UP BOLLETTINO DEL — R.ORTO BOTANICO È GIARDINO COLONALE DI PALERMO o < \ ANNO VII. PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicoto Paternò, 18 . . 1908 — RORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO ANNO VII. PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò, 18 i 1908 BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO ANNO VII” (Fasc. 1°, 2°, 3°, Gennajo-Settembre 1908). PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò, 18 = Ò, cin Pra A IL BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO DI PALERMO sarà pubblicato a fascicoli trimestrali di 3 a 5 fogli di stam- pa, con incisioni intercalate nel testo e con tavole ed appen- dici. Gli abbonamenti sono obbligatorii per un anno. Le appendici al « Bollettino » , che sono anche vendibili se- paratamente, saranno date gratis agli abbonati. Prezzo dell'abbonamento annuo (PAGAMENTO ANTICIPATO) In Italia . : ; Lire 8 — Al’ Estero . . a -> 10 — Per le domande di abbonamenti e per il cambio rivolgersi al signor Vincenzo Riccobono, R. Orto Botanico di Palermo. BOLLETTINO DELL’ARBORICOLTURA ITALIANA Periodico trimestrale pubblicato dal PROF. L. SAVASTANO Prof. di Arboricoltura nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. ABBONAMENTO ANNUO Lire 5. Gratis numeri di saggio. Questo periodico si occupa di questioni di viticoltura, olivicoltura, frutticoltura e silvicoltura. Indirizzare vaglia: Prof. LUIGI SAVASTANO. Portici i (Provincia di Napoli) È sor) Ù N.:1-2-3 GENNAIO-SETTEMBRE 1908. VoL. VII = o | x BOLLETTINO DEL DI PALEBMO SOMMARIO: . Le condizioni agrarie coloniali di agro (A. Baldacci) +. paga L’avvenire delle coltur toni in Sicilia (La Direzione) 3. Ulteriori esperienze sta Civ dall’ Agave sisalana in Si- C. Tropea) . Colture coloniali presso il R. det etici di Fugkzina | (La cilia {La Direzione) . » Sulla da della asini Italiani Betilicnale (A. PAU i). >» sig pain i conoscenza di alcuni legnami della Colonia a (L. ni) : # è 5 È » L’Abete pal ar (@: E. Mattei) S s 6 ; Î » Contribuzione alla Flora dell'Isola di Tenos (G. £. Mattei e M. Lojacono, i 3 , ù ; A d > Coltura delle sabbie vesuviane con Acacia horrida (A. De Hel- Le » Rassegna del Lui sirio elloziaia (i 6. E. Ma tei tei) . Contribuzioni alla fiora della Somalia italiana (G. E. Mattei Dia » . Graminacee provviste di nettarii estranuziali (G. /. Mattei e » Direzione) APPENDICE. Le Isole dpr Lampedusa, Linosa, Lampione e la loro Continuazione (;S?. sir). PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò 18 1908 .ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE Le condizioni agrarie coloniali di Ceylan. Gli inglesi sono riusciti a formare di Ceylan, con la loro sag- se ed energica amministrazione spad vera mucosa si pene ci dell'antichità per le: sue ) pietre preziose, le ‘pela; le squame di tartaruga e le s ezie, fra cui occupava allora il primo osto lo zenzero, continuò a richiamare l’ attenzione del mondo sl occidentale fino a noi, particolarmente per la quantità inesauribile delle spezie che essa produce, e Da circa 64 mila chilometri quadrati di superficie, con Corona Hr usato da sepali cp Cey lan trae 1 sue ricchezze dal suolo e dal mare e gli agaa lia saputo mante- nerla, come fu sempre, il grande scalo più comodo per le linee di | navigazione fra l'Europa, l’Estremo Oriente e l'Australia. : Così viene giustificato Lappeliaaro di « cassetta postale » de l’Estremo Oriente, col quale è specialmente conosciuta dagli . Ceylan non poteva non esercitare Sempre una grande attrazio- ne sull’uomo per il suo suolo. Dalla ricerca delle pietre preziose alla lavorazione delle miniere e delle foreste, doveva essere facile il passaggio alla 0 della terra. Infatti quest'isola, detta il giardino dell’ India, per la sua superba vegetazione tropicale, è costituita da un enorme blocco di terreni primitivi (schisti Gilli ni, gneiss, micasisti e quarziti, con qualche granito) che formano un complesso sistema di monti, superanti talvolta i 2500 metri, sui quali è possibile ogni coltura propria di zone temperate ; è ricca . di acque e sorge sull’ asse dei monsoni, che spirano per sei mesi (da ottobre ad aprile) nel senso ordinario degli alisei (cioè da N. E a S. O.), e per gli altri sei mesi (da maggio a settembre) in senso opposto, e quindi il clima, sebbene caldo, vi è generalmente salu- bre e adatto al lavoro. Fino a qualche anno fa Ceylan era, insieme alle altre 1 regioni circostanti, il primo paese dell'Asia per la produzione del caffè. Essa è ancora il primo paese del mondo nella produzione della cannel- ‘la. Il cocco vi si coltiva da secoli per l’olio, del quale si fa nell’In- dia un consumo enorme e viene anche esportato. La canna da zucchero e le chine hanno sempre occupato un posto notevole nei prodotti dell’isola. È stato però in seguito ai buoni risultati della coltura del the che l’amministrazione inglese, convinta di poter portare una rivo- luzione nell’agricoltura isolana, va ingrandendo i giardini botanici e sperimentali esistenti ed ha quene, fattorie sperimentali di primo ordine, in ogni zona dell’ isola. dare il massimo inere- mento posi) a colture nuove, lr a quelle fra le più scr van sono già state bdo assicurate in altri paesi Il the ha veramente giovato al progresso agrario generale di cui gode oggigiorno Ceylan. La coltura del caffè va gradatamente | lasciando il posto a quella del the, la quale, presso che ignota qua- rant’anni fa, si è andata diffondendo specialmente col processo del- coltura intensiva, ad opera delle società anonime; co- sicchè l’isola è diventata il Lu paese del mondo sall'azona zione della preziosa foglia, lasciando ancora il primo posto alla Ci- | sl che, per produzione ed esportazione, qualità e den del da So a questa pianta la sua economia nazionale. © | L’amministrazione britannica fa funzionare il più importante. adi botanico agrario dell’ isola, quasi nel centro montuoso del- isola stessa, a Peradeniya presso Kandy, ove sono possibili le, i di tutte le zone. Molte stazioni botaniche sperimentali dio. pendono da Peradeniya. Così ve n’ha una molta importante verso il piano a Henaratgoda presso Colombo, un’altra ad Hakgala pres- so Nuwara Eliya, a 1800 m. sopra il livello del mare, una terza e' una quarta sorgevano a Badulla nella provincia di Uva e a Anu- rà Kapura nella North Centrale Province : queste due sono state portate a Maha- iluppalama dove nel 1906 si aprì un giardino bo- tanico di piccole dimensioni e dove prima tutto era coperto dalla giungla. Stazion! minori sono quelle di Jaffna ed altre che si vanno aprendo man mano che le necessità si presentano A Colombo sorgono il Museo Ceylanico e l'istituto foresie: a Peradeniya si pubblica il « Tropical Agriculturist» che si occupa delle piantagioni dei cauciù, del the, del caffè, della coca, delle cin- cone, dello zucchero, del cotone, del tabacco, delle palme, del ricino x e di altri prodotti tropi icali. Questo giornale è stato accolto con zi tore del giardino di Peradeniya: contiene le notizie dell’Istituto e «del distretto, oltre Si originali di agricoltori del luogo e ri- riproduce notizie comple ai principali giornali che si occupano di agricoltura tropicale. ran che illustrato e può pretendere di es- i sere uno fra i migliori giornali agricoli PAR Ì. Le società agricole hanno comincia sorgere on nu- mero pes fast dell'is tituto di Perdeisa e ica sue ridi indigeni le frequentano in gran numero, e molti bi senti oggi a Maha- Apple per istudiare i cauciù e il cotone che vi crescono. Le aio di cauciù occupano ora a Ceylan una superficie di 50 mila 1 rebbe an- che molto più vasta, se il capitale dcipcisba dell’isola non fosse i Ì ioni malesi dove il cli 1 guadagni ottenuti dalle piantagioni di cauciù sono da due anni molto forti. : E I vari prodotti oggi in grande sera sono appunto i cauciù , le gomme, le resine etc. Le piantagioni di Hevea aumentano vigo- rosamente ed ora vi sono probabilmente in Ceylan 45 mila acri di terreno con questo solo prodbto, e l’estendersi delle colture proce- | de rapido. L’esportazione è più che raddoppiata: sotto questo pun- to di vista, Ceylan sta diventando una nuova regione dei cauciù le satonio bili. SRI LAdministration Report di Ceylan per il 1905 (Royal Bot: x - 3 Gardens) ‘per i cauciù dà il prezzo medio di 6 scellini e più per annata. Nuove risi pe di i oa nnt. furono impiantati durante l’anno per lavorare i prodotti di Hevea, e si spera di trovare anche altri metodi migliori oltre a quelli at- tualmente in uso. Si nota da qualche tempo in Ceylan un certo interesse per il cauciù Ceara, (Manihot Glaziovii) che è stato nuovamente tentato in diverse tenute. Questa pianta fu sperimentata nel 1880 e nel 1884, ma il prezzo basso, il raccolto povero e l'entusiasmo per il he, la posero in dimenticanza. Ora col maggiore prezzo ottenuto (praticamente è lo stesso che quello di Hevea) è ripresa in con- siderazione, tanto più che cresce a maggiori altezze dell'altra sopra il livello del mare e in contrade più secche. de dell’olio di cocco è aumentato di più di 100.000 cwt. (1 e = Kg. 50,805) benchè non raggiunga ancora il re- cord det a È pure aumentata , la produzione dell’ olio di cin- namomo, sebbene l'esportazione sia variabile. L'olio di citronella è aumentato tanto da raggiungere il raccolto del 1902: anche il suo prezzo è migliorato. Si è molto discusso perchè i fabbricanti privati anno saggi che non sono puri: i privati mon sono capaci di ot- tenere saggi veramente puri e gli olii più fini di Ceylan non resi- stono neppure alla semplice prova Schimmel. In Ceylan si va rinnovando l’interesse per il cotone : i risul- tati degli esperimenti nella provincia North - Centrale non sono an- cora noti, ma si ha ragione di credere in un profitto notevole. La popolazione tuttavia coltiva più volentieri i cauciù e le gomme, che vogliono climi salubri, e pochi si spingono in luoghi malsani, ove si richiedono spese e fatiche, per un prodotto che, come il cotone, è molto meno rimunerativo delle colture suddette. Il cotone Sea sland , ossia il migliore, rende infatti appena la metà del cauciù di Hevea. : Sono in piccolo aumento le corteccie di cinchona in rapporto ai dati del 1903, ma l’esportazione è relativamente poca. Le foglie di coca Ceylan hanno i prezzi migliori e sono molto ricercate dai p tori. La canfora ha prezzi più elevati e, quantunque poco coltivata in Ceylan, promette di essere rimunerativ Molti campagnuoli e capitalisti locali stanno sperimentando il riso dei sessanta giorni di Madras, il quale dà il suo dei due ‘mesi dopo la semina, ma è prematuro riferirne i risultati. zione di caffè è in diminuzione in confronto a cinque anni a ma quella di cocco seccato, di « poonac », di moci di cocco, sono in °) aumento, mentre i prezzi restano normali, così ces questo commer-. cio, malgrado il forte aumento che preso in tutto il aggna si deve considerare in floridissima condizione. n ne tiene il «record » delle colture isolane. L’ esportazione del the verde è tuttora in leggiera diminuzione, ma quella del the . nero sorpassò nel 1905 di 17.000.000 di libbre le cifre precedenti e “rai non si abbiano ancora dati ufficiali, si sa che è in con- nuo aumento. Il prezzo medio è ora di 6.99 d. contro 7.17 d. ni 4. Il dazio fu abbassato di 2 d. la libbra. pn l’esportazione per la Russia, aumenta quella per 1’ Au- stralia ed altri paesi. Il Sig. M. K. BAMBER, che si recò a Formosa 1904 per studiare la questione di nuove razze di the, è riusci- to, almeno apparentemente, a fare in Ceylan del buon the « oolong » con foglie locali; se questa prova sarà praticamente attuabile in gran- de, ne verrà un a aumento assai notevole nella esportazione di the nero ceylanico in America. an pro bue anche ottimo cacao, la cui esportazione si svi- luppa tuttavia leggermente in causa della concorrenza che oppon- gono altri mercati: si può dire che questo prodotto sia destinato a rimanere stazionario, perchè le piantagioni di cauciù di Z/evea (si vanno sica anche quelle di deg procedono atti- vamente. L’ esportazione del cinnamomo è in quasi iisemsibile aumen- to da qualche anno: il cardamomo invece è in notevole diminu- zione. L'aumento delle esportazioni di tutti questi prodotti è reso pos- dela dai continui lavori per sara, in ogni senso, le comuni- cazioni terrestri e marittime; com’è noto l’isola di Ceylan è prov- veduta di una rete di strade ferrate e carrozzabili ed i suoi porti, merevoli minori, sono costruiti coi sistemi più moderni, sicchè pos- sono accogliere senza difficoltà l'enorme flotta dei potenti son e degli innumerevoli velieri che solcano le acque fra l’Occidente e l'Oriente per quella via. L'agricoltura ceylanica ha iniziato il nuo- dare lavoro ad ogni braccio; un novello vigore di vita sussulta con le memorie dei giganteschi traffichi dell'antichità e ferve dal Ponte di Adamo alle cime più alte della provincia di Kandy, dove le pietre preziose del sottosuolo alimentano la foresta della zona tor- ida, fino a quelle delle zone cage dea) i 9 il the, il al cocco si estendono per estensioni vas e competono al- la foresta vergine il primato per il traffico. Lonia riserve forestali del- drola sono ancora molto forti e gu amministrazione non è dimentica come quelli di Colombo e di Galles, per non dire degli altri innu- I vo secolo con un novello fiorire di colture vittoriose, che sapranno. tropoli. D'altra parte vengono continuati i rimboschimenti nelle re- ve gioni disboscate o altrimenti non vestite. osì la vecchia Taprobane simpatizza con l’ aratro e con la scure per infondere vigore di vita nelle sue città che vanno sor- gendo per tutta l’isola e nelle sue ubertose campagne, dove la ric- chezza tende sempre più a diffondersi, dove il popolo quasi non conosce le terribili carestie che sono l’onore dell’India. Ceylan sembra più un’isola neerlandese che inglese. Il clima dell’isola si può dire salubre e normale. Ciò non di meno non mancano gli sbalzi di temperatura e in qualche anno il tempo si mantiene secco, mentre in altri è piovoso. È specialmente durante i periodi a lunghe piogge che l’agricoltura viene a soffrire Li lo sviluppo di funghi patogeni; 1’ Hevea non sopporta bene midità, causa la quale rimangono seriamente danneggiati i suoi Ana anche se non sono attaccati da miceti. i the viene attaccato nelle foglie dalla Pestalozzia guepini, sm., 0 ruggine grigia : questo fungo si presenta talvolta sul pic- ciuolo, così che sfoglia tutta la pianta: verso la fine dell’anno la div è accompagnata dalla ruggine Colletotrichum camelliae, Pete fonia: La Latta Theae, Rac. produce macchiette rosse, poi bianche, ma è poco nociva. 3 Parecchi funghi del genere /osellinia partecipano a sviluppare diverse malattie nelle radici del the : il tipico è esterno e soltanto diata , stre ‘si presenta sotto forma di rivestimenti bianchi. nero dei rami delle piante di the non sembra ancora studia- to sltfeiinizion te. La Nectria haematococca, B. et Br. e la N. di- versispora n. sp. non risentono ancora di alcun rimedio. Pare sem- pre più accertato che v sotiinbiro dei rami potati non sia dovu- | to direttamente a funghi, ma sia causato dal sole e dalla piog- gia; questo danno si può evitare con up concime adatto. La Massaria theicola n. sp. attacca il gambo, prenai i vasi del “D Hevea brasiliensis, e le specie affini, sono iran ime alle cause meccaniche e ai . quelle ‘attaccate dall’ Helminthosporium hev no una macchia bianchiccia, aimzginci orlata di nero. Le foglie . di piante adulte sembrano immuni La grigia è comu plico la Pestalo che cagiona i danni più gravi colla corruzione marginale nelle parti basse diviene interno, fra la corteccia e il legno. In. queste stesse regioni si sviluppa un’altra specie , non ancora stu-_ colpite a Ceylan da malattie. Le foglie dei giovani ra s0ue sensibilissi ffrono i che attaccano i ger- ozzia x ini attacca il caule al colletto, uccide la pianta; è invece in- nocua quando attacca le foglie. Il Glaeosporium brunneum, il Colletotricum heveae ed altre specie consimili sono qualche vol- ta causa dell’ i del germoglio, il quale dapprima in- giallisce, poi mu radice RAR dell’Hevea soffre per un fungo molto af- fio al Foma semitostus, Berk., studiato nel 1904; la Poria vin- cta, B. et Br. e una Hymenochaete sp., affine a quella delle ra- dici di cacao di Samoa, attaccano anche le altre radici. Le malattie dei rami della preziosa cauciuifera si combattono ora felicemente asportando i tessuti intaccati specialmente dalla Megalonectria pseudotrichia, Schw Il frutto di Hevea annerisce e muore (sempre nella stagione umida) in causa di una Phytophtora simile a quella del guscio del cacao. Non soffre che parzialmente quando è attaccato dalla Aste- dici e per il Colletothricum incarnatum, Zimm. che si svolge nel frutto. La Castilloa viene talvolta attaccata nella aa dalla Bo- tryodiplodia elasticae n. sp. che la riduce a una massa molle sedici invasa sa ped di Il detto fungo è : perchè penetri nei tessuti è necessaria una Il cotone è ora libero a Ceylan da malattie serie. Si nota sol- tanto qualche caso di ruggine, dovuta all’ Uredo gossypii, Lagerh. che è causa di precoce scolorazione del prodotto. Il cotone Cara- vonica pare non abbia sofferto nelle foglie per funghi e insetti. Un cdr; arriva a distruggerne le radici, ma fortunatamente è assai a Car di Peradeniya sì stanno studiando le abitudini e la sa delle termiti per stabilire se questi insetti debbano caso contrario, i mezzi più adatti per la loro distruzion . Non sono riusciti gli esperimenti per coltivare i fanghi eduli, in Cey. Nell” inliato di Peradeniya, oltre agli studi accurati di pato- di vegetale e di entomologia agraria, si fanno ogni anno espe- enti e analisi chimiche di grande importanza, specialmente sul- - Ù i industria dei cauciù: a questo scopo il chimico dell’ istituto Mr. A 0. KixosrorD intraprese dall’ aprile 1904 al giugno 1905 una missione par conto della Planters’ Association of Ceylan negli Stati malesi, a Formosa, a Giava, nella Cina e nel Giappone. Si spera che il risultato della missione possa essere noto tra breve. Dal 1905 ad oggi si sono continuati gli esperimenti analitici per migliorare la preparazione dei campi da the. Si spera di sta- bilire i rapporti fra alcuni ingredienti minerali della pianta e quelli che danno qualità e forza al the. Intanto le principali analisi del the dei campi sperimentali e di quello di controllo sono le seguenti: The « Olong ». Le caratteristiche di questo the, quando è preso dalla pianta, dipendono da tre distinti fattori: 1.° produzione di un caratteristico aroma, simile a quello della mela, nella toglia dopo leggiera ossidazione e prima che le cellule siano rotte e il conte- nuto spremuto ; 2.° leggiero « bruciaticcio » dell’ epidermide della foglia durante l’arrostimento; 3.° lieve decomposizione di certi costi- tuenti del the, dovuta allo sviluppo di un fungo sulla foglia, dopo le operazioni preliminari, fungo che sembra una nuova specie di Ste- rigmatocystis. Si tenta ora di inocularne il the di Ceylan, preparato col metodo cinese, per vedere di riprodurre la peculiarità caratte- ristica del the della Cina. La legumina o caseina vegetale della foglia, simile a quella del formaggio, pare che produca come questa, sotto l’azione di funghi, dei corpi sapidi speciali. Cauciù. Le varie analisi compiute in relazione all’età dell’al- bero, dal quale il cauciù venne ricavato, non hanno dato muovi ri- sultati per stabilire differenze. I cauciù di Castilloa e di Ceara (Manihot) differiscono da quelli Parà (Hevea) per maggiore resina. I cauciù di Ceara contengono pure molte sostanze azotate. Per purificare e coagulare il latice sono state scelte la formalina e l’ammoniaca. ia è consigliabile la macchina centrifuga per il latice di Ceylon stato provato, in seguito ad accurati esperimenti, che le Castilloa ele Manihot assorbono molto i costituenti del suolo e perciò impoveriscono le piante vicine. Il the presso le Custilloa si inde- bolisce per l’ombra eccessiva di queste piante e perla deficienza del nutrimento, non per la tossicità delle foglie cadute. L’ ilterra è scesa vittoriosamente anche a Ceylan al mare e al campo. Noi fuggiamo il mare e vogliamo le colonie. Stran |. contrasto per non avere nè l’una cosa nè l’ altra. Eppure, mas gli orizzonti dell’ Eritrea e della Somalia, dietro 1’ orizzonte della terra del Benadir, là dove molti non vedono che la sventura e da morte , potremmo importare con poca fatica anche molti sa Liga a Ceylan. Nelle nostre colonie noi non vi - che valli giallognole e malsane, sabbiose e putride , riarse dal sole, dove la vita sembra spenta e dove lo squallore di morte ha il suo regno: quanta differenza dalla realtà, soltanto che si vo- glia . Le colonie non si tengono per lusso, non debbono es- sere Worsniali; bisogna saperle far fruttare. Le notizie che ho dato su Ceylan, tratte in parte dall’ Administration Report del Giardino botanico di Peradeniya, ammaestrano che per ottenere bisogna dare, o, in altre parole, per ricavare bisogna spendere e spendere bene. Noi non spendiamo e sopratutto non studiamo. Gli inglesi, come in tutte le loro colonie, prima di coltivare a Ceylan il caffè , il the e gli altri coloniali, hanno fatto tutti gli esperimenti possibili. Hanno impiantato un grande istituto agrario botanico e numerose stazioni sperimentali dipendenti; poi hanno scelto, e coltivato esten- sivamente e quindi intensivamente, le piante più adatte a quel suolo, usando di ogni specie di concimi e combattendo le malattie che si presentavano; hanno formato una rete di strade che mette in comu- nicazione ogni punto dell’ isola, anche con i centri più appartati , e legato l’isola alla madrepatria con le più rapide comunicazioni per mare. Chi avrebbe pensato trent’anni fa che Ceylan sarebbe diventato un mercato del cauciù Parà, che ormai è il più rinomato del mon- do ? E chi può disconoscere che le risorse infinite che si è procac- ciato Ceylan in questi ultimi anni non vadano aumentando ogni giorno di più? Studio e lavoro, esperienza e volontà debbono andare sempre A-agcordo nelle intrapreso coloniali. Io domando, anche una volta, *Italia ha mandato a perfezionarsi nei grandi io o altrove, per le colture agrarie coloniali. Se non si provvede allo sfruttamento del suolo coloniale, avranno sempre ragione coloro che consigliano all’ Italia di sbandiasti i suoi possedimenti, perchè noi non siamo fatti per le lupa d’ol- tre Det e colonie, dopo un certo periodo di conquista, devono alla madrepatria. E si fanno fruttare con ini e la zappa, zie dalla mente saggia ! A. BALDACCI. + ANNI) + + Ci» + + CINZIA + + Suzo + + Cna + + duo + + CIMIND > + quauzo + + due + + Gum» + + um» + L’avvenire delle colture cotoniere in Sicilia. Il Prof. Toparo (1) dal 1862 al 1879, si occupò del genere Gossypium sotto un duplice punto di vista, cioè : in primo luogo per meglio definirne le specie, secondariamente per ricavar regole sulla cl di farne colture in Sicilia. alasciando il primo punto, di interesse esclusivamente dana ci conviene ricordare le - conclusioni cui egli venne, per quanto ne riguarda la coltura presso di noi. Riconobbe egli la inferiorità del Gossypium herbaceum rispetto ad altre specie , ed in particolar modo alle razze americane : trovò che il Gossy- pium hirsutum meglio si addice per rusticità alle nostre col- ture, essendo altresì capace di un miglior prodotto. Notò che il maggior ostacolo per queste colture era la siccità estiva , per cui tutte le specie e varietà di cotoni esperimentati esigevano « bagia tale da poter gareggiare con quella che si ottiene dai « cotoni americani, e che in pari tempo si potesse coltivare al- (1) Toparo A., Relazione sulla coltura dei Cotoni in Italia , se- guita da una smisiagità afia del genere Gossypium. Roma 1877-78. «l’asciutto e non richiedesse tanti gradi di calore quanti ne « occorrono per i migliori cotoni d’ America >». Esperimentati poi i cotoni americani a lunga seta, e special mente la Sea Island, trovò che il loro periodo vegetativo è troppo lungo in relazione al clima siciliano. Per quest’ultima varietà egli dice: « Quantunque seminata precocemente, non riesce a maturare « le sue capsule prima che, al termine della stagione estiva, la « temperatura nella notte si sia sensibilmente abbassata, sicchè «la maggior parte di esse non raggiunge mai la completa ma- «turità ». Per cui conclude : « Per poter coltivare con risultato « favorevole la Sea Island, od altri cotoni a lunga seta, nell'I- «talia meridionale ed in Sicilia, occorre una varietà precoce, una «varietà che compia le fasi della sua vegetazione in minor spazio «di tempo di quello che richiedono le varietà sin’oggi state col- « tivate, cioè che maturi completamente le sue capsule prima che « giunga il mese di Ottobre Tale era lo stato della questione all’epoca del TopARO, e tali i desideri che il TODARO stesso esprimeva per una buona riuscita delle colture cotoniere in Italia. Ora la questione è molto mutata: le colture intensive eseguite nell’ America settentrionale, a quell’epoca ad oggi, hanno condotto alla selezione di molte razze particolari, adatte alle diverse esigenze prime gelate, ed in pari tempo non la cedono alla Sea Island per la lunghezza delle fibre. Perciò giova riprendere la questione, e con nuove ricerche, nuove esperienze di coltura, vedere se il cotone potrà finalmente dare da noi buoni risultati. Siccome le migliori razze che tutto lascia supporre possano convenire per la Sicilia e per l’Italia meridionale, sono oriunde degli Stati Uniti d’ nat giova istituire confronti fra il clima di dette regioni ed i 0. Tali confronti na riferirsi a due punti principali, cioè alla durata del periodo propizio alla coltura del cotone, ed alla di- ati a pioggie entro un tale periodo. alla durata del periodo propizio per le colture coto- | niere, O ZIA che negli Stati Uniti si hanno da sette otto mesi in cui il cotone può vegetare, cioè circa dal Maggio al Gen- ‘naio, avendosi colà freddi primaverili più tardivi, ma in compenso prolungandosi a tutto l’autunno ed al principio d’inverno, la buona stagione. Infatti da una statistica, para un periodo di venti anni, e riportata dall’HENRY (1), rileviamo che 1 ultimo freddo primaverile, mortale al cotone, nella zona nord degli Stati Uniti, si ebbe il 3 Maggio, mentre il primo freddo, pur mortale al cotone, nella stessa zona, si ebbe il 2 Febbraio: nella zona media l’ultimo freddo mortale si ebbe il 20 Aprile ed il primo il 4 Gennaio : nella zona sud poi l’ultimo freddo si ebbe il 14 Aprile ed il primo il 18 Dicembre. In Sicilia invece il periodo propizio alla vegetazione del cotone può estendersi dalla metà di Aprile alla metà di Settembre, cioè per circa cinque mesi. Entro un tale periodo le medie mensili di temperatura, fra gli Stati Uniti e la Sicilia, corrispondono assai bene, come risulta dai relativi confronti. Ne deriva quindi che, per intraprendere con successo la col- tura del cotone nelle nostre regioni, con vera speranza di buon e- sito; è necessario ottenere razze precoci, abbandonando tutte quelle che esigono sei, sette o più mesi per il loro sviluppo. Fortunata- mente ora si conoscono molte razze americane, che non esistevano ai tempi del Toparo, le quali, ottenute nell’estremo limite nord della zona cotonifera degli Stati Uniti, compiono tutto il loro svi- luppo in quattro o cinque mesi al massimo : ad esempio il cotone King, del Nord Carolina, è considerato per uno dei più precoci, ed è anche prezioso perchè matura le capsule tutte ad un tempo, evitandosi così che le pioggie autunnali guastino buona parte del prodotto. Continuando il confronto, troviamo che negli Stati Uniti il periodo propizio alla vegetazione del cotone, può essere suddiviso in due stagioni ben diverse: la prima va dalla semina fino verso la metà di Agosto, e presenta un regolare aumento di temperatura, accompagnato da frequenti ed abbondanti pioggie, in modo che il terreno ne resta sempre bagnato. La seconda stagione va dalla metà di Agosto fino alla completa raccolta. In questa la temperatura si abbassa, le pioggie cessano quasi affatto ed il terreno si dissecca : si cioè una siccità abbastanza prolungata e continua. Nel primo periodo le piante di cotone si sviluppano rapidamente, producendo numerose foglie, ed incominciando a fiorire : le abbondanti pioggie, assieme all’alta temperatura, favoriscono una tale vegetazione. Nel secondo periodo al contrario la vegetazione si arresta, subentrando la maturazione delle capsule: la siccità, assieme alla diminuita (1) HenRY Y., Le Coton aux Etats-Unis. In L’ Agriculture pra- tique des pays chauds. Il: Ann. 1902. 15 emperatura, ne promuove la maturazione , inftandio altresi sulla buona qualità del prodotto. In Sicilia al contrario, col. Maggio le pioggie diminuiscono, cessando quasi affatto in Giugno, Luglio ed Agosto, per ritornare abbondanti in Settembre ed Ottobre. Si ha cioè una assoluta insufficienza di pioggie durante il primo periodo, ed al contrario un anticipo di pioggie nel secondo periodo. Per rendere quindi possibile la coltura del cotone in Sicilia, si dovrà provvedere alla deficenza di pioggie durante il Giugno ed il Luglio, con irrigazioni, come usasi in Egitto : il raccolto potrà ancora risultare remunerativo se si avranno razze qui coltivabili, il cui prodotto per quantità e per qualità sia veramente superiore. Però non va dimenticato che agli Stati Uniti si sono ottenute an- che razze resistenti al secco, e forse alcune di queste potranno a- dattarsi alla Sicilia, eliminandosi ancora il dispendio delle invigo mente sulla morbidezza e sulla lucentezza delle fibre, per cui, an- che sotto questo riguardo, sono preferibili le razze assai precoci, le quali, compiendo il loro periodo vegetativo in quattro o cinque mesi, potranno riuscire a maturare tutte le loro capsule entro VA- gosto ed il Settem Seguendo questi i riteniamo che si possano ottenere buoni risultati in Sicilia e nell’Italia meridionale con la col- tura del cotone Questa le in molti paesi, dall’ epoca degli esperimenti del Toparo ad oggi, ha progredito, assai : è quindi giunto il momento in cui si dovranno riprendere gli studii dell’acclimata- zione in Italia di nuove razze, più precoci, più resistenti e più produttive. Nel 1861 il Governo Italiano istituì una Real Com- missione incaricata di introdurre e di esperimentare tutti i cotoni esotici : questa Commissione incoraggiò le colture iniziate a Paler- mo, promosse esposizioni dei prodotti ottenuti in Italia , favorì la pabblicazione di relative relazioni ete. I risultati ottenuti furono assai importanti e lusinghieri, ma poi si trascurò di continuare gli esperimenti in proposito : ora sarebbe desiderabile che nuovamente il Governo riprendesse ad incoraggiare queste ricerche, stabilendo ur campi esperimentali, nei quali si coltivassero tutte le nuove sotiche di cotone, e specialmente quelle che sembrano meglio adatte pre esigenze del nostro clima. Da qualcuna di queste razze, cioè da quelle riconosciute più acclim sti con opportune ibrida- zioni o selezioni, sarà facile ottenere «qualche altra razza locale, che possa accoppiare ad una perfetta rusticità e resistenza al clima Sicilia e dell’Italia meridionale, una vera superiorità di prodotto, sia per la quantità, sia per la qualità. A questo proposito il WIL- DEMAN (1) parlando dell’avvenire delle colture di cotone nei varii paesi, dice che i nostri sforzi debbano convergere piuttosto verso la creazione di nuove razze, che non limitarsi all’introduzione semplice e pura di semi di origine esotica: mediante ibridazioni e selezioni si arriverà ad ottenere per ciascuna regione una razza appropriata alle condizioni locali di terreno e di clima. esto concetto deve prevalere anche per la Sicilia. Mentre le esperienze del Toparo si limitarono a saggi di coltura di razze esotiche, non avendosi allora idee esatte sulla creazione di nuove razze per selezione, ora, approfittando di quanto hanno fatto gli a- mericani, imitando quanto si sta facendo in Egitto, con ibridazioni e con razionali e continuate selezioni, potremo, su nuove basi, ini- ziare una coltura del cotone, in Sicilia e nell’ Italia meridionale, intensiva e remunerativa. Nel momento attuale la questione coto- niera preoccupa i principali stati del mondo : è quindi opportuno che anche l’Italia porti il suo contributo di studii e di esperienze in proposito. LA DIREZIONE Ulteriori esperienze sulla coltura dell’Agave Sisalana in Sicilia. i anni or sono, la Direzione di questo R. Orto Botanico, dir rendendo conto di esperimenti di coltura e di sfibratura dell’ Agave È Sisalana, concludeva con l’asserire che tali esperimenti assicura- ; vano « categoricamente che lAgave Sisalana trova in Si- « cilia condizioni di esistenza non gran fatto dissimili da quelle È « che sono in Florida ed in altre regioni, ove felicemente è stata « introdotta , e quindi può essere adibita a arno estese pianta- « gioni a scopo industriale od a recingere i campi e rinsaldare « gli spalti, invece della comune zabara > In seguito, si intrapresero nuove colture e si eseguirono ulte- riori e più esaurienti esperienze, delle quali appunto ora intendiamo ‘. rendere conto. Ciò arriva tanto più opportuno in quanto che, mentre eravamo per i questo studio, siamo giunti a conoscenza (1) Terracciano A., Coltura ed usi dell’ Agave Sisalana. Nel Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo. Anno II. fasc. IN -IV. 1899. p. 91. 18 alcuni dubbi mossi dall’egregio Prof. BaLDRATI (1) sulla conve- nienza di coltivare 1’ Agave Sisalana in Sicilia. Il BALDRATI infatti così si esprime : « Nel 1900 fu introdotto « îl Sisal in Algeria a Roniba, ma l’esito non è stato economi- « camente molto confortante, onde oggi dall’ Algeria non si espor- «tano che piccole quantità di fibra di Agave americana, « sotto il nome di Aloe. Si sperò anche di poter introdurre il « Sisal in Sicilia, esperimenti decisivi non furono fatti, ma se « bastasse a giudicarne l'impressione che io ebbi personalmente « delle poche piante adulte esistenti a Palermo, riterrei inutile «ogni tentativo. Ciò é confortato del resto dalla opinione del .« WEBER, che în una sua relazione alla Società di acclimatazione « frane, precisando l’origine ed il carattere tropicale dell’ «gave Sisalana, dichiarava temerario il tentativo di accli- « matarlo in Algeria. Le mie personali osservazioni conferme- «rebbero le vedute di WEBER: il clima dell’altipiano eritreo fra «1900 e 2000 metri può in qualche modo paragonarsi al clima « di Palermo, ed a tale altitudine io ho potuto constatare che «l’Agave Sisalana ha sviluppo troppo lento e tardivo ». Ora l’asserzione del WEBER, che il Sisal sia pianta esclusiva- mente tropicale, non ci pare comprovata dai fatti, anzi diverse col- ture di Sisal, in regioni estratropicali, dimostrerebbero il contrario. Già il DopGE (2) asserisce che nella Florida, ove il Sisal fu introdotto verso il 1836, si è diffuso con rn rapidità, mas- sime nelle parti centrali del paese, anche fuori delle colture, a di- spetto degli incendi e della folta vegetazione spontanea : ciò dimo- stra che vi ha trovato ottime condizioni di vita, ed è ben noto che il clima di tali regioni è poco diverso di quello di Sicilia. BERNEGAU (3) poi segnala la frequenza del Sisal nelle isole Canarie, specialmente a Orotava, ove la fibra è comunemente uti- lizzata per usi domestici: questa pianta colà si sviluppa ancora ad altitudini ove i banani non sono più coltivabili: or giova notare che (1) perio I.; L’Agave Sisalana, Nell’ Agricoltura coloniale. Ann. L n. 1. 19%. p. b (2) Sua CH. R., A descriptive Catalogue of useful Fiber > plants of the World . In United States Department of Agriculture, 1897. (3) BERNEGAU IL .; in 7ropenpflanzer del Maggio 1904.—-Confr. Le Sisal aux Canaries. Im Journal d’ Agriculture tropicale. 5° Ann. n. 45. 1905. p. 95. il clima delle Canarie è assai simile a quello di Sicilia, come lo conferma il fatto che le piante spontanee in tali isole, vegetano be- nissimo anche da noi, all’aperto : anzi da noi anche il Banano ve- geta bene e fruttifica. Nel Basso e Medio Egitto, come cilea il MOSSERI (1) esi- stono già piantagioni di Sisal, assai redditive, il cui prodotto viene venduto a Londra, e nessuno vorrà negare che le regioni del Basso Egitto assomigliano assai per clima a quelle di Sicilia, come già dimostrammo a proposito del Zicus elastica. Resterebbe l'Algeria, per la quale fu asserito che le colture di chouc, non era attendibile, essendosi in seguito verificato che gli alberi incisi erano di Ficus magnolioides e non di Ficus elastica: fu asserito pure che il Cinnamomum Camphora in Algeria non conteneva canfora ma si verificò anche questa volta che trattavasi di un errore, appartenendo le foglie analizzate al Cinnamomum inunctum, e non al vero Camphora ! Or, dopo questi curiosi equivoci, non si può del tutto esclu- dere che il Sisal coltivato in Algeria spetti ad altra specie o va- rietà. Il TRABUT (3) infatti, in un suo articolo sul Sisal, dice che questa specie si adatta benissimo al clima dell’Algeria, ed anzi pro- pone di estenderne le colture : il JUMELLE (4) poi assai di recente, (0 MosserI V., Le pagge en ion In Journal d’ Agriculture n. 1906. (2) Trapur L., "te gi i Ficus elastica dans la region. mediterraneenne. » Revue Horticole de V Algerie. XI-e Ann. bi da TTANDIER I., A. Camphre et Camphiers en . in. Bebé re” Pe È DIA XIe Ann. n. 2. 1907.— TRABUT cd Le Camphrier la production du Camphre en Algerie. In MW Revue | Horticole de rta XIe Ann. n: 3. 1907. ; (8) TraBur L., Le Sisal. In castani Horticole de V Algerie. Tom. | V. 1901. p. 126. 4) JumeLLE H., Les Ressources agricoles et forestieres des Colo nies Francaises. Marseille. 1907. p. 34. (e È pa pur constatando una non perfetta acclimatazione, ascrive la poca estensione assunta dalle colture di questa specie in Algeria alla dit- ficoltà di procurarsene piantine, le quali sono vendute a prezzi ec- cessivamente elevati. D'altronde in Algeria non si prova gran bi- sogno di coltivare piante tessili, avendosi spontanee graminacee a fibra, come Stipa tenacissima, Lygeum Spartum, Ampelodesmos tenax, ed altre. Che sia facilmente successo colà una confusione fra diverse specie di Agave, si può forse ancora dedurlo da un altro fatto. Il Fasro (1) che molto si è occupato della industria delle fibre d’Agave in Algeria, specialmente sotto il punto di vista delle mac- chine più appropriate per farne l’estrazione, dichiara che in Al- geria esistono, ei dice spontanee, due sorta di Agave amer icana, di cui la prima, detta A rv Aloe bleu, sarebbe a quanto pare la vera nostra zabara : la seconda invece, a quanto ne dice il Fasio, ha spine tiaigioali minute e più regolarmente disposte, foglie più nervose e più rigide, di un bleu assai pallido : spezzate queste tramandano un odore caratteristico simile a quello delle foglie di vero Sisal, odore che manca affatto alle foglie dell’ Agave ameri- cana : il suo rendimento poi in fibre è del tre e mezzo per cento, eguagliando così quello del Sisal, e le fibre stesse sono rigide e brillanti, non leggere, cascanti ed opache come son quelle dell’A- gave americana. Or questi dettagli, benchè incompleti, ci inducono a ritenere che l’Agave in questione non sia affatto una varietà del- l'americana, come vuole il Fasro, ma piuttosto una forma del rigida, forse la vera elongata. Ed è importante il tener nota che in Algeria non solo cresce bene, ma ancora vi si è diffasa in modo da ren l’aspetto di pianta spontane ; fino ad un controllo an più rigoroso, si può ben Sa pis l’Agave coltivata in Algeria come Sisalana, e che si è mostrata sensibile al clima, fosse un’altra specie, forse l’ Agave vivipara, che pur coltivasi quà e là per l’estrazione della fibra. nfatti, commercialmente parlando, col nome di fibre di Sisal, si intendono non solo quelle provenienti dalla vera Agave ROTA ma ancora quelle provenienti da altre specie affini, il cui controllo non è facile, massime per chi non è versato negli studii botanici. Anzitutto la Sisalana vera è considerata come varietà dell’A- (1) Fasio F. in Manx et Suntbs., La culture du Sisal dans le Tea Districte de V° Inde. Alger 1906. sar orbene all’Agare rigida spetta anche la elongata, e s data alla sua volta presenta sei sottovarietà o razze coltiva ben distinte fra loro: la vera Sisalana è per solito chiamata Sisal salana, mentre nel Yucatan si coltiva di preferenza la elongata : tuttavia le fibre di entrambe sono in commercio col nome di Sisal. Così pure le fibre di Sisal che provengono dall’ Africa Orientale spettano in gran parte alla elongata e non alla Sisalana. Col me- desimo nome di Sisal si denotano ancora le fibre provenienti dal Messico, le quali, circa per nove decimi, sono estratte dall’ Agave heteracantha od Istle e dall’ san lurida, anziechè dalla Sisalana: parimenti il nome di Sisal vien dato alle fibre provenienti dalle Indie e specialmente dal Tonchino, le quali derivano in massima parte dall’ Agave Cantula, ritenuta corrispondente all’ Agave vi- vipara. Queste cito ci portano anche a ritenere probabile che la varietà di Sisal, riscontrata poco resistente nell’altipiano dell’E- ritrea, possa essere altra cosa che la vera Sisalana coltivata a Pa- lermo, come ce ne avverte anche persona che vide sul posto le col- ture africane e le nostre. 3 Il maggiore appunto che si fa alla coltura dell’ Agave serra: in Sicilia, sarebbe quello del suo sviluppo tardivo e lento, in con- fronto allo sviluppo che assume in altri paesi. In realtà a î diversi autori troviamo dati assai contradditorii Fas loro. Ad esempio nel Yucatan si ha una durata media delle piante di 14 a 15 anni: nel Sylhet questa par ridotta a o 12, nelle regioni interne del- l'Africa Orientale Inglese, ad esempio a Nairobi, è di 8 a 10, ed infine, secondo il MAIN (1) nelle gioni littoranee della SME Africa Orientale Inglese risulta di appena cinque anni. Ciò forse dipende dalla maggiore o minore ii con cui si incominciano a raccogliere le foglie nei varii paesi. Infatti nel Yucatan, ed in ge- nerale nei paesi a grande produzione, le prime raccolte incominciano verso il’ sesto anno, nel Sylhet al quarto anno, e nelle regioni lit- torali dell’Africa Orientale Inglese al secondo anno. Pare «quindi che una prematura spogliazione delle piante di tutte le loro foglie adulte, le predisponga alla fioritura prima del tempo normale, ac- : (1) Main F.. Longevité des prata In Journal d’ et Tropicale. 8° Ann. n. 73. 1907. p. 22 corciando il loro periodo di vità, a detrimento della continuità della raccolta. Inoltre una vegetazione così affrettata, mentre favorirà lo sviluppo dei tessuti parenchimatici, ostacolerà quello dei tessuti meccanici, a scapito della quantità e della qualità della fibra che ne risulta. Palermo si ha una durata normale delle piante di 12 a 15 anni, che coincide con quella riscontrata nel Yucatan e ciò dimo- stra come qui la Sisal abbia trovato condizioni di vita assai ana- loghe a quelle dei suoi paesi d’origine : questo pur ci dimostra come Ciò premesso vediamo qualche confronto fra i risultati otte- nuti a Palermo e quelli avutisi in altre regioni: questi confronti dovranno essere estesi sulla lunghezza delle foglie, sul loro peso e sulla percentuale delle fibre ottenute. Sulla lunghezza delle foglie abbiamo questi dati : (1) PROVENIENZA LUNGHEZZA Orto Botanico di Palermo . Th, 4:90 estremi mi: 79 95D1 Giard. Col. di Francia/ med. di l 6 fogli e m. 0.85 dr 0: 40° T-140 Staz. di Asmara med. di | 6 foglie m. 0.84 (1) SexxI L., Note sulla coltivazione dell’Agave in Colonia Eri- trea. Nell’ Agricoltura coloniale. Anno I. n. 3. 1907. pi 212, — RinGELMANN M., Essai d’une machine d défibrer. Im L’ Agriculture pratique des pays chands. 1re Année. 1901, p. 298. Sul peso delle foglie abbiamo : PROVENIENZA Peso (e tremi Kg. 0.719 — 1.099 Orto Bot. Palermo . mad di 16 foglie Kg. 0.918 Giard. Col. di Frane. med. 6 fg. Kg. 1.276 (e estremi Kg. 0.051 — 0.520 Staz. di Asmara ‘media di “16 6 foglie Kg. 0.310 Variabile pure è il rapporto del quantitativo di fibre contenu- to nelle foglie con il peso delle foglie stesse. Anzitutto noteremo che in inverno le foglie di Sisal sono di un terzo più pesanti che in estate, per una maggior quantità di acqua che contengono, come in generale sì verifica in tutte le pian- te grasse, di modo che la proporzione delle fibre col peso risulta più debole in inverno che in estate. Può influire anche la qualità del terreno: ad esempio il dora (1) trovò che nelle Isole Hawai il Sisal in terreno calcareo poroso dava un rendimento quasi uni- forme, oscillante dal 3.0 al 3.5 per cento, mentre in terreno arido la variabilità era maggiore, passando dal 2.37 al 3.25 per cento. Interessanti dati in proposito sono riferiti dal BRAUN (2), per l'Africa Orientale Tedesca, come appare dal seguente quadro : (E CONERR E. E.; >» nno of Sisal in Hawaii. Hawaii lg 1 Station of Honolulu. Bulletin n. 4. 1908. i (2) BRANN K. , Die prin ihre Kultur und Veriondung mit na Beruehsichtigung von Agave ipa ar. Sisalana. In Der Pfianzer. I. Jahrg. Amani. 1906. p. 209 et seg. REGIONE FOGLIE RENDIMENTO Nord all’ombra Bro al sole 24—-3.1 > giovani 2.7-3.0 » adulte 3.1 —-3.3 » adulte 2.7 » da cui risulta che nellla parte meridiornale di detta regione il red- dito è minore di quanto si ottiene nella parte nordica, e così pu- re minore è resciute si è adattata a vivere in terreni umidissimi, modificando anche i Cn istologici delle sue foglie, si che diversi autori ritengono possa trattarsi di un’altra specie. Infine anche il metodo di estrazione può influire : il SENNI in- fatti trovò per l’Eritrea le seguenti proporzioni : SFIBRATURA PER ESPERIENZA PERCENTUALE La 14% a DI di » do 3.6 » 43 ; Do Db. 6.1» cioè una dia di 3.4 per cento. Però in queste n si ri- leva un progressivo aumento nella percentuale, dalle pri e alle ul. cui veniva a perdersi una minore quantità di fibre: secondaria- mente dall’essere state eseguite queste esperienze in epoche diver- "i cioè le prime sul fine dell’inverno, quando le foglie pesano di ù per maggior acqua che contengono, e le ultime verso l’estate, Riba te toglie pesano meno, e di segna la proporzione, sp | temente, risulta maggiore. Anzi l’ultima espedienza fu fatta co: foglie di pianta fiorente. Ora paragonando i risultati avuti in Palermo, con quelli indicati per altre regione, possiamo riassumerli nel seguente quadro, che in massima parte andiamo rilevando dalla sopra citata mon nografia del BrAUN: non abbiamo creduto mita quelli della prima espe- rienza eseguita a Palermo, perchè, fatta con mezzi inadeguati, non dava una idea esatta della produzione. | REGIONE PERCENTUALE |ESPERIMENTATORE | Palermo 3.6— 6.1 Orto Botanico Francia 2.8— 3.0 Ringelmann | Algeria 3.5 — 4.6 Trabut Eritrea 142.6 Senni Africa Or. Ted. 2.4—-3.0 Braun -Maurizio 4.1 4.2 Boname Indie Or. 2.4-3.8 Gammie. Watt. Giava 3.0 Treub Hawai 2.3 — 3.2 Coulter Bahama 3.0—5.0 Coulter Yucatan 4.0 The Trop. Agric. Queensland 4.0 The Queensl. Agr. New South Wales 3.3 The Queensl. Agr. Da questo ma appare che il quantitativo di fibre, contenuto — foglie di Agave sisalana, varia da un minimo di 1.4 ad un mas- o di 6.1 per cento del peso delle foglie. La media poi di tutte le 2.6 con una media di 2.2 Così i dati ottenuti a Publ riguardanti la durata della pian- ta, la lunghezza delle foglie, il loro peso, il quantitativo percen- tuale delle fibre, coincidono con quelli ottenuti nel Yucatan e que- sto ci dimostra come la Sisalana, contrariamente all’asserzione del WEBER, trovi in Palermo ila assai vantaggiose per il suo ailappo, Il suo Limp di vegetazione, non troppo accelerato, - da ESE edge er come in altri paesi, è piuttosto di vantaggio che di danno, influen- do sulla qualità e sulla quantità della fibra, imperocchè così il tes- to meccanico può svilupparsi normalmente, evitandosi un ecces- sivo sviluppo di quello parenchimatico. Ciò accertato resta a studiarsi ancora la questione economica, cioè il tornaconto reale di queste colture. Ma anche su questo pun- to non può sorgere alcun dubbio, e principalmente per due ragio- ni. La prima è che i Bollettini mensili sul valore della fibra di Sisal, per gli ultimi anni, pubblicati da VAQUIN e SCHwEITZER nel Journal d’ Agriculture Tropicale, mostrano come questa fibra sia sempre ricercata, mantenendosi il prezzo fra gli 80 ed i 96 franchi per quintale : le differenze in meno od in più dipendono dalla mg- giore o minore purezza della fibra stessa e dalla uniformità di sua lunghezza. Attualmente quelle di provenienza Messicana, mal pre- parate, tendono ad abbassare, mentre quelle di provenienza Afri- cana, preparate con più cura, si mantengono elevate, oscillando il loro prezzo sui 90 franchi per quintale. seconda considerazione da farsi è questa: la pesi per la Sicilia dovrà diventare la vera pianta dei terreni aridi, secchi, roc ciosi, non irrigui, che male si prestano ad altre sitio In detti terreni questa Agave prospera meravigliosamente, come la comune abara. Ne risulta che una piantagione di Sisalana in detti ter- reni, ancorchè, per le accidentalità del suolo, eseguita in modo ir- regolare, rappresenterà sempre un guadagno non indifferente, per- chè ottenutasi in luoghi da cui nulla, o quasi nulla, potevasi ri- cavare. E servirà ancora a ricoprire di vegetazione luoghi ora nu- di, preparando così il terreno per rimboschimenti con altre essenze orestali. Ma anche in altre località può venir sgrate la Sisal: ram- mentiamo a questo proposito la pratica che usasi in Egitto, come ci viene riferito dal MosserI (1). Colà il en verso il 1894, ebbe la felice idea di piantare il Sisal, in quinconce, su due 0 tre fila, lungo alcune linee ferrate del Basso e Medio Egitto: riuscito bene questo primo tentativo, 1’ Amministrazione delle Ferrovie Fei ziane non ha cessato di continuare simili piantagioni, sempre lun- go le linee ferrate, di modo che ora possiede già più migliaia di piante di Sisal, in pieno crt Se ne possono vedere ottimi (1) Mosseri V., Le Sisal en Egypte. In Journal d’ Agriculture Tropicale. VIe Ann. ai 248. esemplari lungo la linea Mansura - Tantah, come pure lungo la li- nea Cairo Alessandria. L’ Amministrazione delle Ferrovie Egizia- ne così realizza buoni guadagni, da zone di terreno che prima era- no inutilizzate, vendendone annualmente il prodotto sul mercato di ondra. Queste colture in Egitto hanno anche posto in rilievo un’altra proprietà dell’ Agave Sisalana, quella cioè di potersi adattare ai terreni un poco salati. Ciò ci dimostra come una simile coltura sarebbe da imitarsi anche in Sicilia, non solo lungo le linee ferrate all’interno, ma ancora lungo quelle del littorale, ed in genere in tutte le zone marittime, alquanto salate, attualmente prive di qual- siasi vegetazione utilizzabile. 15) dalle pioggie torrenziali. Le siepi di Agave costituiscono valide barriere, che si oppongono al trasporto dei materiali terrosi, ed in breve diventano limite di solide terrazze in cui si accumula il terreno trasportato dall’alto : sotto le stesse piante di Agave poi, protetta dall’ombra delle loro foglie , e dalla conseguente umidità, trova ricetto una bassa vegetazione che contribuisce maggiormente alla fissazione del terreno. Certamente anche in Sicilia, con 1’ Agave Sisalana , si potrebbero ottenere analoghi risultati, per un gra- duale rimboschimento di regioni ora sterili e nude. sive, almeno per colture accessorie, merita un posto distinto, perchè perfettamente rustica al nostro clima, e capace di un buon prodotto, per nulla inferiore a quello che da una tal pianta si ot- tiene in altri paesi. Il suo sviluppo qui è normale, e non lento, Se si tien calcolo che corrisponde a quello ritenuto normale nei suoi paesi d’origine, e sembra sol lento in apparenza, perchè para- gonato allo sviluppo troppo rapido assunto in altre regioni, ove un tale sviluppo alla fine ridonda a tutto scapito della qualità e della quantità della fibra prodotta. LA DIREZIONE, (1) (Marx F.), L’Agave et le reboisement. In Journal d’ Agricolture Tropicale. 8° Ann. n. 84. 1908. p. 189. Sulla Flora della Somalia Italiana Meridionale. RELAZIONE A $. E. IL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI. Il Dottor Cesare MacaLuso Direttore dei Servizi Agrarii al Benadir, raccoglieva nella Somalia Italiana Meridionale, e più. propriamente nel territorio di Goscia, lungo la sponda si- nistra del Giuba, campioni i piante spontanee e coltivate, semi, legnami altri prodotti vegetali, naturali o votililo: nati secondo l’ uso indigeno. tutto veniva, rimesso a que- sto R. Orto Botanico. L’ erbario contiene 189, piante parecchie delle quali disgraziatamente sono mal preparate ed ammuffite, es- sendosi trovato il MacaLUSO privo di carta e di quanto altro oc- corre per raccolte botaniche : per questo il loro studio riesce non facile. I semi sono circa di cinquanta sorta, cui si è potuto aggiun- gerne qualche altro, tolto dai saggi d’erbario. I campioni di legname sono 40. Si aggiungono tre provette i campioni di latici, ed al- cune altre con fiori o frutti in alcool od in formalina, campioni di | fibre tessili, fra cui una stuoia, qualche cordame, ed infine alcune piante vive di una Sanseviera. Avuto questo materiale, i semi furono tosto cana messi nel terreno, ed alcuni, già nati, promettono buona riuscita. passò poi all'esame dei saggi di erbario, ma, questo riehaeda tempo, ed anzi per parecchie specie non sarà possibile una determi nazione. I campioni di latice furono De cunniuri analisi alla Ditta PireLLI di Mi 0. Riservandoci, dopo completatone lo studio, una completa illu- strazione di questo materiale, crediamo ‘opportuno anticiparne una o A lia e breve relazione, utilizzando anche le note manoscritte che accom- pagnano i singoli saggi. Quantunque si tratti di una raccolta piut- tosto esigua, tuttavia offre un interesse abbastanza grande, essendo la prima collezione botanica che proviene dalla Somalia meridionale, per cui possiamo già farci un concetto relativamente esatto di una flora fin qui inesplorata, e così già incominciare a vedere quali piante potranno dare prodotti utilizzabili od esportabili : è quindi assai da apprezzarsi l’ opera del MacaLUSO ; Il quale, benchè privo di mezzi, ha potuto farci intravedere la flora del Benadir. Infatti la conoscenza delle principali caratteristiche di una tal flora, può ammaestrarci sulle colture più adatte alla regione Bena- diriana. Ad esempio rileviamo l’ esistenza di molti tipi tropi- cali, assai affini ad altri proprii delle Indie Orientali: cioè si ha nella detta flora un carattere affatto tropicale, proprio di regioni con la flora della Colonia Eritrea, in cui troviamo in preponderanza tipi mediterranei, rivelanteci una regione temperata, montuosa, asciutta. Ne dedurremo di conseguenza che al Benadir saranno pos- sibili molte colture proprie di regioni tropicali, quali ad esem- pio le Indie e la Malesia, colture che male riuscirebbero in Eritrea. Dopo ciò, ecco quanto di più interessante troviamo nel soprac- cennato materiale. paridee notiamo la Gimandropsis pentaphylla (volg. Mungo-Mun- 90), a fiori violetti, usata sovente come ortaggio: alcune specie di Capparis, a frutti eduli, fra cui la Capparis galeata (volg. Boro 0 Dubà), la Boscia somalensis (volg. Geri o Degier) ed un’altra Boscia, forse nuova, entrambe fruticose, a foglie mangiate dal be- stiame. Trovasi pure una Polygala. ra le Malvacee abbiamo la non comune Thespesia. Danis (volg. Cobon), la Sida grewioides (volg. Ada-dei), una Pavonia, due Abutilon e parecchi Hibiscus, alcuni anzi con fusti contenenti forti fibre, atte a formare cordami. Vi si coltiva dagli indigeni VHibiscus esculentus, ed abbiamo pure, proveniente dalle colture della concessione Carpanetti, il Gossypium barbadense. Le Ster- iacee sono rappresentate dalla interessante Waltheria indica (volg. Fit-Ginni), il cui fusto contiene fibre tessili, riconosciute recentemente dall’Istituto agronomico di San Paolo, come assai re- sistenti. elle Tigliacee poi abbiamo due specie di 7riunfetta, con frutti eriofili, il Chorcorus trilocularis (volg. Ghed-Madi), di cui gli indigeni mangiano le foglie cotte, e che potrebbe anche essere uti- lizzato per le fibre della scorza atte a fare tessuti, analoghi a quelli di juta indiana, ed un altro Corchorus, forse nuovo: vi si trovano anche ben sei specie di Grewia, i cui frutti sono mangiati dagli indigeni, ed hanno alquanto il sapore degli azzeruoli : è noto che le fibre della corteccia, in molte specie di Greria, sono assai ro- buste e possono servire per legare qualunque cosa. Fra le altre specie notiamo la Grewia villosa (volg. Chebesch) ela Grewia Pranchetii (volg. Lebù o Debì): un’altra specie di Grewia è forse nuova. i Ampelidee troviamo il Cissus quadrangularis (volg. Uas- sili) ne il Cissus tenuicaulis (volg. Armillei). Fra le Meliacee abbiamo lo strano Xylocarpus Granatum (volg. Scelàle), albero di grosso fusto, in precedenza non segnalato per le rive del Giu- ba, con frutti alla base grossi come palle di cannone, deiscenti , contenenti semi assai grandi, irregolarmente poliedrici, avvolti da un largo tessuto suberoso, che loro serve da galleggiante. Le Burseracee poi sono rappresentate da due specie di Com- miphora : l'una porta frutti mangiati dagli indigeni : l’altra, forse nuova, porta frutti simili a prugne, ma contenenti una polpa assai acida, più dello stesso limone. Forse si potrà utilizzare la resina di queste specie, essendo noto come da piante congeneri sì ritrae la vera mirra o balsamo degli arabi. Vi è pure una Boswellia, certamente nuova, la cui corteccia si sfoglia dal tronco a guisa di carta; forse se ne potrà ricavare una sorta di incenso, come dalle altre specie di Boswellia. Delle Celastrinee si ha 1’ Elaeoden- dron aethiopicum (volg. Guggà) a frutti, mangiati dagli indigeni, di sapore gradevole, rammentante quello delle giuggiole. I frutti poi di una specie di Spondias sono sovente venduti sui mercati locali. Numerosissime sono le Leguminose : anzitutto fra queste tro- viamo una diecina di specie dei generi Yephrosia, Indigofera e Crotalaria, alcune delle quali costituiscono buoni foraggi. Pari- menti si dicono foraggiere alcune specie rampicanti di Vigna edi Rhynchosia, abbondanti nella regione, ed una Olitoria. Seguono "tre: sa di Sesbania, una Aeschynomene, e ) Agathi AIR forse colà importata dagli inglesi, TI recentemente segna- lata come spontanea anche in Er La Caesalpinia Bonducella (volg. Gurunguriu) abbonda nel bacino del Giuba, e gli indigeni ne utilizzano i grossi e lucidi se- mi per ornare il collo dei loro bambini, a guisa di coralli. Si col- tivano poi dagli indigeni parecchie sorta di fagiuoli, fra cui il Pha- soeolus Mungo, la Vigna Catiang, alcuni Dolichos etc. Abbonda ure il Zamarindus ‘indica (volg. Raghai), in tutta la regione, erò con una forma ben diversa da quella dell’Eritrea, cioè a frutti piccoli, cilindrici, sovente con strozzature moniliformi : questi frutti sono venduti sui mercati locali per uso medicinale. Lungo le rive del Giuba trovasi anche, rampicante nelle boscaglie, una grossa Canavalia. Negli stessi luoghi abbonda il Pferocarpus lucens (volg. Mabungo), la cui corteccia è adoperata dagli indigeni per legare le capanne. Troviamo poi la curiosa Dichrostachys nutans (volg. Dik-dar) Mimosea con lunghe infiorescenze cilindriche, por- tanti alla base fiori violetti, neutri, di sola funzione vessillare, e superiormente fiori gialli, ermafroditi. Il vero genere Acacia è rappresentato da cinque specie, alcune delle quali producono gomma, ma questa dicesi assai scura e di qualità poco pregiata. Le loro corteccie cara altresì essere uti- lizzate come materia tannante. Troviamo infine una Poinciana e due specie di Cassia : la corteccia di una di queste ultime, cioè la Cassia abbreviata (volg. Urmè o Rabai), è adoperata parimenti per conciare le pelli. Coltivasi la Parkinsonia aculeata. e Lecitidee sono rappresentate dalla Barringtonia racemosa (volg. De-Quen), albero di bellissimo aspetto, della cui corteccia gli indigeni si servono per fare corde: ha una infiorescenza specio- sissima , di vero valore ornamentale. Delle Blattiacee abbiamo la Sonneratia acida (volg. Ghet-Magna) e delle Litrariee vere una specie di Ammannia. Delle Rubiacee troviamo una Ixora, una specie di Diriehletia, forse nuova, e qualche altro tipo non facile ad identificarsi. Seguono due specie di Ombrellifere, cioè il Ca- rum copticum (volg.. Gummur-hurtui), ed il vero Foeniculum capillaceum, i cui usi sono ben noti. Si hanno pure due Combre- tacee. Delle Cucurbitacee troviamo il Cucumis dipsaceus (volg. Fi- ci 3 x potrebbe efficacemente sostituire la Coloquintide, ed naria, dai cui frutti si ricavano grossi recipienti per li- quidi sì grrna poi alcune varietà di Angurie. Alle Passiflora- cee appartiene l’ Aderia aculeata, curiosissima per essere pianta a fusto carnoso ed afillo : viene mangiata dai Cammelli. Le Composte sono scarsamente RSI : ne troviamo ap- . pena dieci specie, le quali pure sono, a quanto pare, poco utiliz- zate dagli indigeni. Le foglie di una Lactuca, indigena, sono man- giate come insalata, e trovate gustose dagli europei. Con il succo di una Vernonia gli indigeni fanno una sorta di inchiostro: con i rami di altra specie fabbricano cesti per la pesca nel fiume. Col- tivasi anche il Carthamus tinctorius (volg. Astur), dal cui seme si estrae olio. Delle Salvadoracee la nota Salvadora persica (volg. Adei, e Rummei i piccoli rami) è abbondante nelle boscaglie e nelle dune: gli indigeni adoperano i piccoli rami, a guisa di spazzolette per la cura dei denti, che con tale pratica, dicesi si mantengono bianchissimi: i piccoli frutti poi della medesima specie, di sapore alquanto piz- zicante, sono mangiati pure dagli indigeni, e, egg si vendono sui mercati locali. Importante è la presenza di una Genzianacea , la Enicostema latiloba (volg. Ejole), che vien già velenosa per il bestiame. Circa otto specie rappresentano le Convolvulacee: una Ipo- moea, rampicante a grandi fiori aranciati, marginati di scarlatto, è di vero valore ornamentale: della Jpomoca blepharosepala (volg. Ba- saî) gli indigeni mangiano le foglie cotte. Vi si trova anche la Cressa cretica (volg. Daren). Si coltivano colà due sorta di [pomea Batatas, l’una a tuberi bianchi, grossi, e l’altra a tuberi rossi e piccoli. Delle Solanacee troviamo un Lycium, una Datura e due specie di Solanum, di cui una velenosa e l’altra producente frutti di colore rosso chiaro e di sapore dolce e pizzicante, mangiati dagli indigeni. Coltivasi altresi il Capsicum abyssinicum ed il C. coni cum (volg. Filfil-Ghedut), assai usati dagli indigeni come condi- mento. Importanti sono le Apocinee: fra queste troviamo anzitutto la Carissa edulis (volg. Or-Gabat), le cui bacche sono comunemente mangiate dagli indigeni. Interessante è l’ Adenium coetaneum ( volg. Agon o Sen-Sciup) arbusto di vero valore ornamentale, che ricorda molto il genere Plumeria: ha tozzo e grosso, molto ramifi- cato, alto un metro e mezzo Lee e produce nymerosi e grandi cinea, poteva supporsi italo Vasi ialivie, per cui il MacaLuso stimò opportuno mandare anche un campioncino dello stesso latice: però l’analisi compiutane dalla Ditta PIRELLI dimostrò non avere alcun ‘interesse industriale : infatti il latice stesso ha dato il 33.5 per cento di prodotto di coagulazione, il quale consta di Resine : si ? ; 2 4 85-%/, Composto affine alla Gutta. È . 1950/5 100 — Se questa specie non contiene Caoutchouc, un’altra Apocinea, raccolta pure dal MacaLUSO, è invece considerata come buona specie Caoutchouifera : essa è una Landolphia e propriamente la Lan- dolphia Petersiana : la sua esistenza nella Colonia è di vero in- teresse, non essendosi fin qui indicata con sicurezza la presenza di alcuna pianta a Caoutchouc nell'Africa Italiana. È una liana, vol- garmente conosciuta col nome di A4rgole, che il MacALUSO dice crescere abbondantissima nelle boscaglie lungo le rive del Giuba , presso Giumbo, e produce fiori bianchi di odore gradevolis- simo, rammentante quello del gelsomino. Stante la confusione che regna nel genere Landolphia, sotto l'aspetto della identifi- cazione scientifica delle diverse specie a Caoutchouc, non è fa- cile ricavare dagli autori dati sicuri sul valore del suo coagulato. Tuttavia il JUMELLE (Les plantes à Caoutchouc et a Gutta. 1898 p. 58) dice che da questa specie si ricava il Caoutchouc nero di Mozambico, ed anche il WARBURG (Les plantes a Caoutchouc. 1902 p. 227) lo conferma, quantunque ritenga si tratti di Caoutchoue di qualità piuttosto scadente. In questa disparità di pareri sarà utile istituire ricerche ed esperienze, sulle località ove la pianta cresce abbondante, per accertare il valore reale del suo prodotto. : Si notano poi alcune Asclepiadee, di cui gli indigeni adopera- no gli steli e le radici a guisa di spago per legare le -capanne. Alla stessa famiglia appartiene anche la Calotropis procera (volg. Bò) abbondantissima specialmente nella zona littoranea della Colo- nia: da questa si ricava la ben conosciuta seta vegetale, ottima per imbottire guanciali, ed anche utilizzabile con vantaggio per la fabbricazione della carta. | Delle Bignoniacee si ha una Kigelia, affine alla aethiopica, ma a frutti della metà più piccoli: con la corteccia del suo tronco gli indigeni fanno cordami e stuoje. Si coltivano poi più varietà di Sesamum, a semi bianchi ed a semi. neri, dai quali ricavasi olio; Il Pedalium Murex (volg. Ca-ghar) sta a rappresentare le Pedalinee, e gli indigeni lo utilizzano a scopo medicinale, Le Sero- fulariacee e le Labiate sono qui rispettivamente rappresentate da una sola specie ognuna. Delle Verbenacee abbiamo due specie di Vitex, una Prina e qualche altro tipo, non bene identificabile : trovasi pure la nota Avicennia officinalis ( volg. Sciovri), il cui fo- 35 gliame è mangiato volentieri dal bestiame bovino : è da tener pre- sente che il legno di questa specie ha la particolare prerogativa di resistere a lungo all’azione corroditrice dell’acqua di mare, e che la sua corteccia contiene abbondante tannino, per cui nell’ America del Sud viene impiegata su larga scala per conciare le pelli. lcune Acantacee sono mangiate dal bestiame come foraggio: vi si trova pure la elegantissima Blepharis edulis (volg. Jamarug) le cui foglie, benchè spinose, sono mangiate da giovani dagli in- digeni. La Macrorungia formosissima (volg. Mordissù), a lunghi fiori ornitofili, aranciati, è di vero valore ornamentale : gli indigeni oi, con i piccoli rami di questa specie, fanno le loro penne da scrivere Una Boerhavia rappresenta le Nictaginee. Seguono tre Ama- rantacee, fra cui un Achyranthes, e l’Aerua lanata (volg.. Fusi- Fusi), poi una Lorantacea ed una Aristolochia. Delle Euforbiacee troviamo l’ Euphorbia granulata (volg. Ghed-Anole) il cui latice è adoperato dagli indigeni contro le pun- ture degli insetti. Il MacaLuso ha mandato pure ‘campioni di la- Socotrana : però questi due campioni, inviati per analisi alla Ditta PIKELLI furono riconosciuti privi di interesse industriale: il loro coa- gulato è assai fragile, anche a cu ordinaria, e consta di resine in grande quantità e di omposto affine ‘alla Gutta. Si hanno poi tre specie di Piylioatii una Jatropha, ed una Tragia: quest’ultima coperta di peluria urente. Vi è coltivata la Manihot utilissima (volg. Mohogo) come pure alcune varietà di Ricino. Del- le Miricacee infine si ha la Myrica africana (volg. UVaramole), il cui frutto è mangiato dagli indigeni, nota altresì come antel- mintico. Notiamo poi una Connnelima, ed un Asparagus. "Di valore ornamentale è la G/oriosa virescens (volg. Bavari), interessante per avere, come le sue ‘ congeneri, l’apice della foglia prolungato in si anche due specie di Aloe, forse affini a quelle che crescono a So- cotra, e che forniscono le migliori qualità di Aloe del commercio, ‘ma giunti in troppo cattivo stato per la determinazione. Due specie di Cymodocea abitano il vicino mare. La Zypha angustifolia (volg. Dahar) abbonda lungo le rive del Giuba, e gli indigeni 1’ ntiliz- zano per farne stuoje e per coprire le capanne. La Sanseviera Schimperi (volg. Ascul) abbonda pure in tutta la regione, massime nella zona littoranea (a Gonderscia, presso Merca, ne esiste una estesa macchia, con piante a foglie lunghe usualmente 60 centm.): gli indigeni si servono largamente della sua fibra per farne corde e specialmente stuoje, le quali ultime sono adoperate a guisa di basti per i cammelli, gli asini ed i buoi, e servono pure a sostituire il nostro materasso nei letti indigeni. alme abbiamo la Phoenix reclinata (volg. Meidé), con le cui foglie gli indigeni fabbricano stuoje assai belle e mor- bide : troviamo pure quattro specie di Hyphaene, affini alla The- baica, non ancora ben note, le cui foglie sono analogamente uti- lizzate per fare stuoje e sacchi, e potrebbero, come altrove, essere anche impiegate per la confezione dei cappelli di paglia. elle Ciperacee troviamo una sola specie, forse. nuova. Alle Graminacee appartengono diverse specie di Pennisetum, di Pani- cum, di Chloris, di Eragrostis e di Aristida, di valore foraggiero: una Chloris raggiunge l’altezza di 80 centimetri e più. Con gli steli secchi di Eleusine Coracana gli indigeni fanno pure stuoje. Il Saccharum aegyptiacum abbonda lungo le rive del Giuba, e raggiunge un'altezza di 3 metri e più. Vi si trova pure una Phra- gmites : i semi poi di un Sorghum, spontaneo, sono mangiati dagli indigeni in tempo di carestia. Si coltiva la Dura in due varietà, e così pure una varietà di Zea Mays. esto è quanto rileviamo da un primo esame delle collezioni inviate dal MacaLuso. Abbiamo voluto farne menzione essendo il primo contributo botanico che ci viene da una tale regione, mentre ci riserviamo, in seguito, una più completa ed esauriente illustra- zione del detto materiale. Questo tuttavia ci indica le ricche energie naturali di cui di- spone la colonia, le quali, meglio studiate, potranno utilizzarsi a profitto di quelle applicazioni da cui dipende il valore agricolo ed economico della regione. ; A. Borzi. Contributo alla conoscenza di alcuni legnami della Colonia Eritrea. (Seconda Nota) ‘Questa nota fa seguito ad altra già apparsa in questo Bollet- tino (vol. IV, fasc. II. p. 89), ed è la conseguenza di studi ulte- riori da me condotti sopra legnami della Colonia Eritrea e che ho avuto occasione di osservare durante un viaggio compiuto in quella regione. Gli stessi concetti che seguii nel primo mn sono stati di bei in questo. Sole differenze sono le segue .° Sono state escluse le citazioni delle aree Da diffusione; x © Ho ripetuto o ho compilato delle aggiunte alle diagnosi riportate nella prima nota, ha in seguito ai muovi studi, ho care o completare; 3.° Nelle osservazioni , ora la parte originale, ho radunato tutto quanto è stato scritto da altri sulle qualità tecnologiche Lima legname, citandone l’autore; 4.° Ho escluso dalle nuove diagnosi i pesi specifici e le rea- zioni coloranti, che mi riserbo presentare alla fine del lavoro in apposite tavole. Come accennavo nella precedente nota, in molte diagnosi si no- teranno, nei caratteri descrittivi, differenze notevoli a seconda degli esemplari, e anche ciò si riscontrerà paragon: nando le diagnosi da me compilate con quelle di altri autori, la ragione va ricercata nelle differenze indotte dalle diverse condizioni orografiche e cli- matologiche delle aree di diffusione delle singole specie, eccezional- mente notevoli in Colonia. Lungi da me l’idea di presentare un lavoro completo, e ciò perchè me ne è mancato il tempo e il modo, non ho in animo se non di radunare gli sparsi appunti per fornir materiale ad altri che dopo di me vorrà occuparsi di studiare la xilografia eritrea. Acacia abyssinica, Hochst. Nome volgare:—ciad. orteccia spessa, 3-5 mm., aderente nel secco con ritidoma di- squamantisi irregolarmente-Squame gialle con tono marrone-chiaro, irregolari finissime pellucide.—Legno differenziato. zione trasversale. —Durame di 2 cm. di diametro, rosso- ciliegia chiaro, a margine netto. Alburno giallo-chiaro. coon an- nuali non ben distinti, varianti da 5 a 10 mm. Vasi grossi, isolati aggruppati, sparsi, aperti, con anello più chiaro di parenchima ti Raggi (alla lente) fini, numerosi, diritti, difformi. Se- zione longitudinale. —Durame a confine irregolare. Pori grossi ben visibili per contenuto nerastro, gommoso. Legno poroso (1). Osservazioni. — Cespug He age ed albero, ma come tale non frequente. Fusti grossi, ramificati, ed alloracon corteccia spessa, runastra, con grosse formazioni ‘° Parere Acacia ethaica, Schwfth. Osservazioni. — Legno adatto pei suoi disegni a lavori arti- stici. In sezione trasversale le zone annuali sono macchiate di giallo e bruno. Legno a grana fine e di grande resistenza. Adattatissimo per l'ebanisteria, e molto usato, come quello di tutte le acacie per carbone da fucina (ScHWFTH.). | Legno solido e pesante, fibra fina, facile a lucidarsi e abba- (1) Diagnosi ricavata da un tronco di 12 cm. di diametro. stanza facile a lavorarsi. Buon legno per pezzi da macchina (BAL- sparo molto per legname da ardere, trovandosene i in sufficente petra nella zona est dell’altipiano. - Acacia Senegal, Willd. Nome volgare : — cantab. D Albero o alberello. — Legno ditferenziato, a grana grossa Sezione trasversale. — Zone di 2 !,-3 mm., non ben visibili, per zone secondarie che le rendono ara Pari grossi, sparsi, numerosi, isolati od accoppiati, con parenchima perivasale, aperti. Raggi finissimi irregolari, discontinui. Sezione longitudinale tan- genziale.—Vasi grossi con contenuto gommoso, nerastro. Sezione longitudinale radiale. — Durame nerastro o rosso-scuro, alburn giallo-chiaro con venature nerastre. Osservazioni. — Legno venato, striato, in alcuni punti zigri- nato, di bell’effetto. Quest’albero nel Cordofan fornisce una gom- ma, ma in Eritrea tale secrezione non si ha (SCHWFTH). Acacia spirocarpa, Hochst. osservazioni. — Il MET ricavare ottime corde (ScHw ma ad ombrello, sand da una serie di tronchi secon- dari (2-5), che divergono dalla base e con corteccia chiara. molto fibroso e da esso si possono Albizzia amara, Boiv. Nome volgare : — sobcand. Corteccia spessa fino a 3 mm., marrone-rossiccia, continua, 0- paca, scabra, con lenticelle trasversali, lunghe e strette, aderente nel secco. Legno indifferenziato, gialliccio 0 marrone-chiaro con zone più brune, mediocremente pesante , abbastanza duro e compatto. : Sezione trasversale. — Zone d accrescimento non ben distinte, irregolari, ca ondulate, divise le une dalle altre da una linea finissima di parenchima più chiaro (1). Pori grandi, o quasi (1) Sembrerebbe che ogni corner e annuale dovesse com- prendere due zone, di cui la seconda, l'esterna, più stretta della ‘ prima. in una sola serie continua all’inizio della zona o sparsi, isolati o a gruppi di 2-3 nel resto dell’anello, aperti e caratterizzati da una ampia zona di tessuto perivasale. Raggi finissimi, visibili appena, continui, uniformi, diritti o un pò ondulati. Astuccio midollare per- manente. Sezione longitudinale. — Specchi finissimi, giallicci (1). sservazioni. — Il legno si lucida e si polisce bene. Alla se- zione di taglio, fresca, si presenta giallo-chiaro con leggero tono bigio. L’età approssimativa della pianta di 6 cm. di diametro è di anni 10, quindi l’acerescimento medio annuale sarebbe lentissimo. Albero alto fino a m. Legno chiaro resistente a disegni marmoreggiati, usato in oostruzione per lavori da carpentiere (ScHwFTH Albizzia anthelmintica, Brongn. Osservazioni. — Negli esemplari giovani lo strato corticale della corteccia è finissimo, con periderma verde e con libro giallastro. Corteccia scabra, bigia, a fibra lunga e resistente, ricca di grosse lenticelle, biancastre, desquamantesi con placchette regolari, fini. Tronchi di notevoli dimensioni, di buona consistenza e facile a lavorarsi (BALDRATI). La corteccia contiene una grande quantità di gomma e un ‘ principio particolare analogo agli alcaloidi (BRONGNIART in Boll. Soc. Bot. de France, 14-XII-1869). pestati (IA Ge Pi — ansè, LA nota 5a pa di 20-25 cm., e alti 10-12 m. diritti, regolari. Corteccia grigia, sotto marrone chiara, spessa 2-3. mm. scabra, prima unita quindi con fenditure longitudinali, aderente nel fresco, distaccantesi nel secco. Squame di ritidoma scarse, ir- regolari, grigio-marrone-chiaro o grigio-brunastre. Legno duro, pe- sante, a grana fine, compatto, differenziato. (1) oa ricavata dall'esame di un tronco di 6 em. di dia- met; ( 9) Diagnosi ricavato dall’esame di esemplari di diversa RS nienza, tonali iste iii eli dilata SARO CSA RGS one trasversale. —Durame a contorno netto, irregolare, ma ben distinto, occupante circa */,-!/, del tronco, color. bruno-nera- stro o marrone. Alburno grigio-gialliccio o grigio-scuro con tono olivastro. Anelli e pseudo-anelli caratterizzati da tessuto compatto, di colore più carico, alla fine dell’anello e per abbondanza di pori all’inizio, ma non ben distinti e perciò difficili a determinarsi. Pori aperti o chiusi, finissimi, difformi, alcune volte appena visibili ad occhio nudo, isolati o accoppiati, sparsi nella zona, alcune te riuniti in serie radiali (@ catenella), più chiari del. colore fonda- mentale del legno. Raggi invisibili ad occhio nudo, molto numero- si, finissimi, diritti, interrotti. Sezione longitudinale-tangenziale.— Tracce dei pori. Raggi invisibili. Sezione longitudinale -radiale, — Pori visibili. Specchi finissimi. In alcuni casi nulla è visibile della struttura del legno. ; Osservazioni. — Bel legno che sopporta bene la lucidatura e la politura. o come in molti altri legnami della Colonia Eritrea ancano ben nette distinzioni fra gli anelli, corrispondenti agli ac- crescimenti annui, o per meglio dire nell’anello si vengono ad in- barporre pseudo-anelli caratterizzati all’inizio dai pori più numerosi iù grossi e da colorazioni più chiare. L° Anogeissus lejocarpa cresce in due zone climatiche ben distinte, l’una caratterizzata da un periodo di piccole piogge primaverili e da un periodo estivo di grandi piogge (Regione dei Bogos e dei Mensa), 1’ altra zona caratterizzata da grandi piogge invernali e da piogge, di natura temporalesca, durante il periodo estivo (Medrì del Carnescim e in genere dello Hamasen). Tenuta presente l’area di distribuzione e anche che 1’ Anogeis- sus è pianta sempreverde, per cui rapidamente può passare da un periodo di riposo ad un periodo di attività, riuscirà chiaro a com- prendere, come suppongo che avvenga, la formazione del legno e come spieghi la presenza, non sempre riscontrantesi, di pseudo-a- nelli, caratterizzati dall’essere più stretti li duelli veri e non mpre ben delineati, dall’esame del seguente specchietto : “send o ofmu 07uawt9sa1998 oT[ap oportad op euorzenutz -u09 0 oponiod aquapaoa1d [ou opeuunqne oqrioaeunad OQRIZIUI BIS IS OYI OSO [Ou ‘osouSo[ o][oue ,[{®p QuTtuLIA JT, 310918 Tp oportad 24904] TP —— ‘isenb o onu 09ueur “sano ‘ ao tp ezuo (orvonem ajpue ond a]9) ofpoue-opnosd 0g b 9) SÌ Pel | D Q E # ‘ 4 E ‘uu Tp oso ur ‘o ‘osoude[ QIVOURUI QIVOUBUI AYIUB nÉ] \{ o[[oue,][ep QuorzeutIO] © OIZIU] apue ouossod 9y) 1A9Se 1]e1odmwa], | vuossod ao quearmd a8801d 9]00914 o PE = ‘isenb o ojjnu 073 uowi i e = -10S9.1998 Q7 9 UIBAISS909 NS ‘00, fi Fa a osouda] 0][eue,[[®p QUTuLIa], w310018 Ip oported apuwig) DI £ È Hill È ‘osoudA] ST ox[oue, [ep ouo1zBuLto; © OTZIU] ipeuioAUI FF Ipugts) sans adFord 1purip osouSa] OFuOUrTOs9I9OR ]]®p | owerdmge []op Tpepuanio 10Ipuo ougtdm e ]{op 1[eruep1ooo T01pue | oquewrepuy IRPIpa. OP ITSRUSEIO 4 VSE 1dt3]8,[[9p I[B3UOpI 1OIpuog La irregolarità delle piccole piogge e dei temporali estivi, in alcuni casi la sas poca importanza, in altri la loro assoluta man- canza, , edi i periodi di siccità che in alcuni casi interrompono coa le na piogge, fanno sì che i caratteri del legno, per uesta specie e per molte altre ancora, siano estremamente vari e gli accrescimenti risultino non ben distinti. L’Anogeissus è albero di belle dimensioni e A i suoi tronchi diritti e regolari potrebbe fornire legname da costru Il legno è solido, tenace e facilmente ra ( ui rei Ser; Del. (1). olgare : — mogà. PO di cre fino a 60 cm. Corteccia spessa da 6 a 13 mm., internamente giallo-chiara, esternamente grigio-bruna, di- staccantesi nel secco, da giovane continua, scabra, un pò sugherosa, successivamente con ritidoma a placche aderenti, irregolari, quasi rettangolari. Fusti regolari, alcune volte però eccentrici o contorti, alti 4-7 m. Legno non molto pesante, a grana fine, duro, abbastanza omogeneo, non differenziato, gialliccio, alcune volte con striature concentriche brunastre altre con tono marrone-chiaro 0 rossigno. Midollo visibile in esemplari giovani. Sezione trasversale.—Pseudo-durame, quando ‘esiste, marrone- chiaro. non ben delineato e alburno gialliccio. Accrescimenti o an- nuali o corrispondenti ai periodi di umidità ( (pseudo-anelli), di varia grandezza alcune volte fino a 12 mm., altre volte molto stretti, a margine ondulato, alcune volte ben distinti, altre a inizio confuso. Inizio dell’accrescimento caratterizzato da una linea di parenchima continua, comprendente una o due serie di pori, in alcuni casi larga in altri strettissima, appena accentuata. Fine dell’accrescimento alcu- ne volte manifesto per una colorazione marrone più carica del resto del legno. Pori 0 piccoli 0 grandi, chiusi o aperti, pan O) > raggruppati, quest'ultimi o in serie continua all’inizio dell’accrescimento o riu- piti in serie serpeggianti semplici o doppie, a ai bin prat ra- e. Raggi difformi, continui 0 interrotti, finissimi, appena visi- bili ad occhio nudo, molto numerosi, di color giallo-chiaro, alcune (1) Ripeto la diagnosi di questo legno, già riportata nella prima nota, poichè ho avuto occasione di avere molto altro materiale di confronto da studiare. 44 volte fra loro raggruppati tanto da formare fasci di raggi di 3-4 mm. di spessore. Sezione longitudinale-radiale. Legno indifferenziato, con specchi ben visibili, isolati o raggruppati, alti fino a 5 mm regolarmente disposti, numerosissimi, più chiari del legno, lucidi è forma quadrata o rettangolare. Sezione longitudinale-tangenziale.— Raggi bruni, numerosi, regolarmente disposti, di forma ellittica, alti fino ad 1 mm Osservazioni. —Legno facilmente lavorabile, che acquista bel polimento, sopporta la verniciatura. Potrebbe essere pregiato per gli specchi ampi, molto ornamentali. Adatto per mobili. Il fusto alcune volte è attaccato da un insetto che scava gallerie sotto la corteccia, altre volte si riscontra con carie al centro. Anche questa è una pianta a lento accrescimento, poichè ho riscontrato in un esemplare, proveniente da paese soggetto a due stagioni di piogge, 46 accrescimenti, corrispondenti molto proba- bilmente a più di 23 anni, in un tronco di 18 cm. di diametro, il che arebbe un accrescimento annuo medio diametrico uguale a mil- limetri 7 - La zona di diffusione di questa pianta è essa si riscontra 1.° zona delle colline (Saati, Sabarguma) con un solo periodo di piogge invernali, alcune volte scarse o mancanti; 2.° zona delle pendici orientali dell’altipiano con due stagioni di piogge, una invernale della durata di 3-4 mesi, ed una estiva di natura temporalesca di breve durata, che alcune volte può anche mancare; 3,° zona: delle pendici occidentali dell’altipiano, con un periodo primaverile di piccole piogge, che può essere poco intenso o può anche mancare, e un periodo estivo di grandi piogge. In relazione a queste condizioni vegetative così varie si com- prende come debba esssere pure variabilissima la struttura del le- gno e la dimensione che raggiunge la pianta. Alcune volte si trova sotto l'aspetto di arbusto. Secondo ScHWFTH, e ScHIMPER, viene usato per buri da a- ratro e nel Sudan per selle di asini e cammelli. osi che ne dà ENGLER è la seguente: Albero di me- dia Sera Il legno duro è usato per mazze e bastoni. Da un molto varia, poiché . esemplare di 10 em. risultava un legno duro, ben colorato, pe- sante. La dorici fondamentale è bruno - oro, magnifica. aggi stretti, numerosi, giallo - chiari. Anelli annuali scuri, solo appena visibili. Le fibre sono sufficentemente lunghe, a stru grossolana, che appariscono alcune volte ruvide sulla superficie po- lita. Tale legno potrebbe aver valore per la sua struttura come le- | gname da opera Il BALDRATI dice che il legno è giallo-roseo e che si presta per lavori al tornio. Per dimostrare quanto sia pericoloso il credere che il valore commerciale di una pianta con una grande area di diffusione, resti invariato nei vari luoghi, e per conseguenza quanto sia pericolosa l'opinione che le piante che in altri paesi hanno pregi li debbano avere anche nella nostra Colonia; o viceversa, citerò qui alcune qualità del Balanites che difficilmente si ritroverebbero negli esem- plari della Eritrea Nel Soudan esso ha un peso specifico uguale a uno mentre in Eritrea non supera 0.750, nel Senegal è un albero di ma generalmente un cespuglio, nell’ enclave di Lado come rs può raggiungere i 15 m. d’altezza, con 3 m. di circonferenza a un metro dal suolo e si ramifica a circa 3 m. da terra, formando una chioma rotonda che può raggiungere i 50 m. di circonferenza. Boscia angustifolia, A. Rich Osservazioni. — Corteccia oi come se avesse avuto il trattamento con il latte di calce. Albero alto 2-5 m. con chioma raccolta e molto ridotta. Tronchi con diametro di m. 0,40-0,50. Buon legno, compatto, pesante, facile a lavorarsi ed atto ad essere ben lucidato (BALDRATI). Calotropis procera, bi Br, Nome volgare :—in abissino ghindà, in arabo osciar o usciar. Tronchi di 0.07 - 0.20. Corteccia bianco - gialliccia, sugheroso farinosa, spessa, a placche irregolari, invecchiando spesso sai Legno indifferenziato, leggerissimo, tenero, a grana molto grossa, appena tagliato bianco-gialliccio, poi leggermente più scuro. Astue- cio midollare grosso, persistente, infine vuoto. Tronco irregolare Sezione trasversale.—Accrescimenti larghi, rag sula numerosissimi, riuniti a 2-3, che si confondono con la struttura grossolana del legno, irregolari, numerosi all’inizio dell’acrescimento. Sezione longitudinale.—Vasi visibili, larghi, a contenuto latiginoso. Fibre corte, contorte. Osservazioni. —Legno che si lavora male in senso trasversale 46 alla fibra; sopporta la lucidatura. Tronchi di limitate dimensioni in altezza e in diametro, poichè la pianta, che è arbustiva, difficilmente supera i 5 m. d’altezza, con diametro di Il legno dà un buon carbone per polvere da sparo (ENGLER). Celtis Sp. Nome volgare :—generico y0a. Corteccia spessa, grossa, unita, grigia: Legno duro, compatto, a grana fine, pesante, indifferenziato, color grigio-chiaro. Sezione trasversale — Accrescimenti o pseudo - accrescimenti, ben distinti per 2-3 serie di pori in linee riunite e continue di pa- renchima perivasale. Pori grossi, aperti, uniformemente sparsi nel resto della zona, riuniti a 1-3 da parenchima gialliccio, molto nu- merosi. Raggi fini, difformi, un pò ondulati numerosi e conti- nui (1) Combretum Sp. Tronco di 0.125 di diametro. Corteccia fine, 0,5-2 mm., bru- nastra, con formazioni ritidomatose a losanga o rettangolari, molto allungate, superficiali. Legno compatto a grana fine, bigio, con Sezione trasversale.—Accrescimenti quasi regolari, ciau da linee brune, vari per ampiezza. Pori e raggi invisibili alla lente. Osservazioni. — Il genere Combretum contiene specie arboree, forestalmente importanti. Commiphora, Sp. Nome volgare:—arncuà (generico). Tronchi di 0.10 - 0.14 di diametro. Corteccia verde - chiara, erbacea, fine, distaccata nel secco. Legno leggerissimo, tenero, a grana molto grossa, grigio - chiaro, indifferenziato, con linee con- centriche di colorazione più scura. Tracce di astuccio midollare. ione trasversale.—Accrescimenti ampi, abbastanza regolari, non ben distinti. Linee di parenchima perivasale concentriche, con- (1) Diagnosi ricavata da un tronco di 13 cm. di diametro. 47 tinue, brunastre, con pori grossi ben visibili. Raggi grossi, appena visibili qua e là. Sezione longitudinale. —Specc chi alti, radi. Osservazioni. — Legno che difficilmente si lavora. Superfici di taglio lucide. Alberelli o arbusti di poca importanza. Cordia Sp. Nome volgare: —cheruà. Tronchi di 0.12-0.15 di diametro. Corteccia prima fine, unita, molto aderente, quindi disquamantesi, con placche irregolari, ret- tangolari per il lungo o a losanga. Tronchi alcune volte regolari, altre no. Legno compatto, duro, differenziato, a grana fine. Sezione trasversale.—Durame bruno-grigiastro, alburno grigio- chiaro, l’uno dall’altro nettamente distinti, benchè a contorno ir- regolare. Accrescimenti difformi, a limite ondulato, mal distinti. Pori chiusi, ug da un ampio parenchima Ponza grigio - chiaro, riuniti in una o due serie continue o interrotte, concentri- che; ondulate all’inizio dell’accrescimento. Questa disposizione ca- ratteristica non apparisce nell’alburno perchè il parenchima periva- sale è con esso concolore. Raggi grossi, difformi, continui, un pò ondulati, quasi invisibili al termine dell’accrescimento, formanti n fitto reticolato giallo-chiaro. Sezione longitudinale.— Specchi alti = a 1 mm., ondulati, bruni. Osservazioni. — Bel legno da lavoro. lordia mezza R.-Br. Nome volgare :—auhò. Corteccia, in dito giovani, brunastra internamente, bigia esternamente, con numerose lenticelle trasversali, ampie che ren- dono la corteccia scabra, successivamente spessa fino a 5 mm., in- ternamente fibrosa e brunastra, esternamente grigia, con formazio- ni ritidomatose irregolari e squamette fini, piccole, caduche. Si di- stacca nel secco. Legno leggero, poroso, con fibre langhe e resi- stenti, uniforme. ione trasversale. — Legno grigio - chiaro. Accrescimenti vi- sibili, perchè limitati esternamente da una zona di parenchima di colorazione più carica, priva di vasi. Pori numerosissimi, aperti, grossi fino a '/, mm. Raggi grossi, diritti, molto numerosi. Sezio- ne longitudinale.—-Pori che appariscono per un contenuto nerastro Specchi piccoli (1). Croton macrostachys, A Rich. ù Albero di 10-15 m. di altezza con diametro fino a 90-00 cm. ccia spessa, fino a 5 mm., grigia, con fenditure che limi- tano lisca retidomatose, quadrangolari, da giovane bianca-grigia- stra, farinosa, molto simile a quella della Calatropis procera, da cui si distingue per le fenditure meno accentuate. Legno leggero, bianco- grigiastro, unito, ma poco compatto, indifferenziato. Astuccio midol- lare presente. Sezione trasversale.—Zone difformi, ondulate, confuse. Pori molto variabili in grandezza, isolati, di tinta più carica del resto del legno, sparsi nella zona, alcune volte riuniti in linea regolare e continua all’inizio dell’accrescimento. Raggi appena visibili alla lente, pochi, difformi, ondulati o diritti, interrotti sservazioni.—È una pianta che raggiunge grosse dimensioni Chioma largamente ramificata, albero di 20-25 m. di altezza. Corteccia scabra con placche irregolari, sugherosa, spessa, lucida. Legno sufficentemente duro, tenace e pesante, bianco giallastro o giallo-chiaro, a grana grossa, con anelli bruno - scuri. Rapido ac- crescimento. Si lavora facilmente, sopporta bene il polimento acquistando una grande lucentezza. Buon legname per costruzioni, per mobili e per lavori fini (ENGLER, SCHWFTH., BALDRATI). bergia melanoxylon, Guill. et Perr. Osservazioni. — Schweinfurth dà per questa pianta dimensio- nî di 6-10 m. d’altezza con tronchi fino a 50 cm. di diametro. Io non ho visto tronchi superiori ai 20 - 25 cm. e quello che è più impo: cuaR quasi mai diritti o completamente sani. Il BALDRATI dice che solo in alcune località del Barca vi sono ancora boschi di questa pianta. (1) Diagnosi ricavata dall’esame di un tronco di 9 cm. di dia- Dobera glabra (Forsk.) Jussieu. Nome volgare:—gursà. bero o alberello a tronco diritto, xi 4-5 m., con diametro di 0.190,95. Corteccia spessa 2-3 m anco-grigiastra, con fen- diture nerastre, numerose, limitanti se piccole, ei ngolari non superiori od un cm. di lato. Corteccia alerente nel fresco, distaccantesi nel secco. Legno poroso, iidiftalniane. | poco compat- to di color giallo-chiaro. Sezione trasversale.—Anelli e pseudo-anelli confusi, accennati appena qua e là. Pori difformi, numerosi, grossi fino a mm. 0.7- 0.8, aperti, riuniti da linee concentriche continue di parenchima. Raggi invisibili o appena visibili (alla lente), numerosi, finissimi. Sezione longitudinale.—Tracce di numerosi vasi concolori, vuoti. Specchi (alla lente) pochi, corti e par Osservazioni. — Legno che è difficile a lavorarsi trasversal- mente, mentre longitudinalmente sopporta bene la politura e la lu- cidatura. Fieus syeomorus, L. Corteccia cuoiforme con grosse lenticelle trasversali lunghe fino ad 1 cm., caduca nel secco. Osservazioni. — Accrescimento nei primi anni lento. Un tron- co di 9.5 cm. di diametro presentava 35 zone di accrescimento. Ficus vasta, Forsk. (1) Corteccia spessa 4-5 mm. continua, rugosa, con epidermide biancastra persistente. Si distacca nel secco. Legno quasi bianco ap- pena tagliato. Sezione trasversale.—Pori Sport; grandi, alcune volte disposti in linee di parenchima concentriche. Sezione longitudinale. —Gli specchi, piccoli e fini, appariscono qualche volta nella parte ester- na del tronco. Osservazioni. Albero di grandissime proporzioni, senza uguali in Colonia: a Marhanò ve ne è uno, che cresce su terreni sterili, alto 20 m. con una circonferenza del fusto di m. 11 e con rami che hanno fino ad un 1 m. di diametro e 22-25 m. di lunghezza. (1) Completa la diagnosi pubblicata nella 1.3 nota, 50 Hyphaene tebaica, Mart. Nome volgare:—arcochebei. Albero con ramificazione dicotomica ben marcata, con fusto di 15-20 m., con diametro fino a 60 cm. Tronco diritto, slanciato, con la prima ‘Rcbtionzione a 4-8 m. Corteccia bruna, con formazioni ritidomatose longitudinali, regolari, interrotte trasversalmente, che si distaccano irregolarmente. Legno di mediocre pesantezza, grigio- sporco, poco compatto in senso diametrico, elastico e resistente in senso della lunghezza. Sezione trasversale.—Fasti giovani a struttura uniforme; fusti vecchi in decomposizione al centro, restando le fibre (fasci) prive di tessuto connettivo. Fasci circolari, nerastri, alternati con altri di color bigio sporco, gli uni e gli altri grossi, dello spessore di 1-2 millimetri, perfettamente chiusi. Sezione longitudinale.—Le fibre appariscono come lunghe striature longitudinali. Fibre elastiche e tenaci, ma poco resistenti quando la forza agisce per dividerle le une dalle altre. Osservazioni. — Legno ottimo per costruzione, di molta durata specie se tolto dal contatto della terra. Si lavora male risultando il taglio a superficie scabre. Molto usato per costruzione di case, sia da solo, sia insieme con la muratura. Si tornisce bene. Forma boschi estesissimi, esclusivi, nella valle del Barca e al- trove. Il legno è molto poroso e assorbe facilmente acqua, infatti do- po la immersione di 1-2 minuti in acqua si ha un aumento percen- tuale in peso che va da 4,5 a 8,1. cassa anse Jacq. Bece. Ain ‘mint, a fino a 6 m., con fusto che raggiunge i 40 cm. di diam Legno leggero, sia bigio-sporco, a grana molto grossa, di ni compattezza. Fibre lunghe e resistenti. arte mediana dei fusti meno compatta della esterna. Il legno apparisce alla sezione trasversale, verso l'esterno, punteggiato di bruno (fasci vascolari), nella parte interna le fibre sono concolori. er: sezione longitudinale i fasci appariscono come striature brune qui solo nella parta esterna. grant — Il legno non si lavora bene. Cresce isolata- mente o riunito in boschetti. Rhamnus Staddo, Rich. Nome volgare : zaddo Arboscello o arbusto. Corteccia brunasta, esternamente uasi nera, scabra, con placche irregolari, sotto gialla-olivastra Osservazioni. — Corteccia della radice gialla Rhus abyssiniea, Hochst. Nome volgare : amus. Arbusto o alberello che può raggiungere anche i 3-4 m. Osservazioni. — Legno fresco bianco o roseo, che diventa pre- sto color rosso-sangue o bruno-carico. Contiene un principio colo- rante. Sull’altipiano il legno è una preziosa fonte di carbone (ScHWwFTH e BALDRATI). osi glaucescens, A. Rich. volgare:—tetalè, tatalò. Pi — Albero con corteccia bruna, fogliacea. Legno ben distinto in alburno e durame, che occupa più della metà dello spessore. Il legno è pesantissimo. L’alburno è bruno - chiaro, leg- germente roseo ed è della più grande durezza. Il durame è dhe duro ed è di una magnifica colorazione rosso - bruna. La superficie di taglio è liscia e lucente (ENGLER). Rhus Sile: sf ome volgare generico:— Arbusto o alberello alto 92 m. 7 Pea bigiastra e sottostante periderma rossiccio isservazioni. — tai di mediocre pesantezza e durezza, color giallo chiaro, interrotto da punteggiature fini bianchiastre. Midollo e raggi non visibili, anelli annuali poco appariscenti; legno cen- trale più duro e pesante; sebbene non vi sia una vera formazione si lascia facilmente tagliare, l’interno è di straordinaria durezza, nel primo la superficie di taglio è liscia, opaca, nel secondo è sca- bra, ossea, lucente (ENGLER). 52 Salvadora persica, Garcin. Nome volgare :—addai. Corteccia finissima (1 mm.), liscia, a fibra lunga, senza lenti- celle, bianco-grigiastra, polverosa, distaccantesi nel secco, con pic- cole squamette di ritidloma caduche che alcune volte mancano. Gli accrescimenti annuali della corteccia sono regolarmente distinti e alcune volte si distaccano, quasi altrettanti cilindri. Legno bianco- gialliccio, con tono marrone-chiaro, indifferenziato, tenero, leggero, spugnoso. Midollo persistente. Sezione trasversale. —Anelli annuali larghi. L'inizio della zona è caratterizzato da una serie di grossi vasi, in tal numero che con la stagionatura e la lavorazione avvengono soluzioni di continuità fra le zone. Del resto i pori sono difformi, grossi, aperti, isolati 0 riuniti, ugualmente sparsi nella zona. Raggi numerosi, difformi, continui, più o meno ondulati (1) Osservazioni.—Pianta di accrescimento rapido: un fusto di me- tri 0.085 di diametro dimostrava avere 3-4 anni di età. Arbusto o alberello. Sesbania punetata, D.C. Osservazioni. — Arboscello alto 2-3 m. (Schwfth). Arbusto, alberello o albero fino a 6 m. bruno-chiaro-uniforme con tono giallastro. Le fibre sono lunghe ed elastiche, la struttura è straordinariamente uniforme. Duramen fine e poco sviluppato. Il legno si lascia tagliare facilmente in tutte le direzioni e acquista una superficie abbastanza liscia o appena lucente. Il carbone po- trebbe servire per la fabbricazione della polvere. Nell’Africa occi- dentale è apprezzato nei lavori di uso domestico (ENGLER) Sterenlia tomentosa È et P. ome volgare:—darill Albero di 4-8 m. di «ra con diametro di 40 cm.; corteccia rosso-marrone, e ritidoma pellucido che si stacca irregolarmente in fogli sottilissimi di consistenza cartacea. Corteccia spessa 4-6 mm. con lenticelle, fibroso-sugherosa. Legno leggerissimo, di color bigio- (1) Diagnosi ottenuta dall’esame di tronchi da 6 a 8 cm. di dia- etro. bruno, molto poroso, tenero, indifferenziato, con midollo persi. Sezione trasversale.—Accrescimenti di 5-7 m., distinti allo ini- zio da una serie di pori continua. Pori aperti, grossi, numerosi, sparsi nella zona. Raggi invisibili. Osservazioni. — Sopporta male il polimento, specie in senso trasversale. Ho avuto occasione di confrontare il potere assorbente di que- sto legno con quello di un legno americano, che si usa molto in elettricità per questo suo carattere, che va unito ad una estrema leggerezza. Il legno di Sterculia dopo 30 minuti di immersione nell’acqua aveva assorbito il 18,18 0/0, dopo 90 minuti il 22,73 00 ; il le- gno americano, col quale veniva confrontato, dopo un'ora aveva assorbito il 161,99 00 del proprio peso. Legno inadatto a qualsiasi applicazione. Stereospermum dentatum, A. Rich. Nome volgare: —arghesana. Albero alto 10-15 m., con tronco diritto, di diametro di 0.30 - 0.40. Corteccia fibrosa, spessa 2-3 mm., bigia-cenere, con super- ficie liscia, aderente, con una consistenza quasi coiforme. For-. mazioni ritidomatose come nel gen. Platanus, con placche quasi ovali o a losanga- ovoide, a distacco completo e a margini curvi. Legno indifferenziato, non molto pesante, duro, a grana media, di color bigio-chiaro, con tono marrone e con pseudo-durame marrone- carico, forse inizio di necrosi. Tronchi giovani (0.09) con tracce di ione trasversale.—Accrescimenti o anelli confusi 0 distinti, quasi della stessa ampiezza, manifesti per una colorazione più ca- rica alla fine della zona, regolari. Zona di accrescimento annuale data da due anelli. Pori chiusi, grossi, in linee circolari, riuniti da zone di parenchima, strette, ondulate, di color più chiaro del resto del legno, alcune volte i pori sono privi di parenchima perivasale, ma sempre in linee concentriche continue, ondulate, in minor nu- mero o mancanti alla fine dell’anello. Raggi appena visibili alla lente e alcune volte solo nella fine dell’anello, fini, discontinui, di- ritti, numerosissimi o radi. Sezione longitudinale radiale.— Legno bigio-chiaro con venature longitudinali più cariche. Tracce di vasi. Specchi fini, numerosi , piccoli, orientati secondo linee radiali on- dulate. b4 Osservazioni. — Accrescimenti spesso eccentrici. Legno che non acquista un buon polimento, di mediocre qualità. Secondo ScHIMPER è un buon legno da costruzione. Legno pe- sante e molto duro, giallo-intenso con leggero tono rossastro, che, per numerose punteggiatere e linee bruno scure, è di grande valore, Midollo piccolo. Raggi e anelli appena visibili, fibre dala lunghe e ruvide, struttura uniforme, a grana bella e molto grossa Strychnos Lochna, Rich. Nome volgare:—lohua. Tronco di diametro di 0.10. Corteccia spessa 2-3 mm., fibrosa, continua, con tono marrone, lenticelle piccole (112 mm.),tondeggianti, sparse. Fusto profondamente solcato nel senso longitudinale. Legno indifferenziato, abbastanza pesante, compatto, non molto duro, bian- chiccio con tono grigio o grigio - marrone-chiaro Sezione trasversale.—Accrescimenti irregolari, stretti, visibili, per una colorazione più carica all’ esterno. Pori piccoli, isolati, chiusi, conformi, regolarmente sparsi, molto numerosi, lucidi. Raggi appena visibili con la lente, finissimi e discontinui. Syzygium owariense, (P. Beauv.) Benth. in Hook-fil. Osservazioni. — Albero alto fino a 20 m. e più. Dopo il Mi- musops è il più ilo della Colonia. Da esemplari adatti, essendo il legno di ottima qualità, si possono ricavare travi molto grosse Il legno è duro e resistente (ENGLER, ScHwFTH). Tamarindus indica, L Nome volgare:—tommar. Albero di grosse dimensioni, con tronchi alti 10-25 m. e con etro di 0.40 - 0.80. Corteccia grigio-bruna, irregolarmente ri- tidomizzantesi. Legno giallo-chiaro, indifferenziato, che con la sta- gionatura e lucidatura prende un colore marrone-scuro (cioccolata). ezione trasversale.—Accrescimenti annuali larghi al massimo uniformi, distinti in due pseudo-anelli, di cui l’interno più suc lucido al taglio e l’esterno opaco. Raggi finissimi, molto numerosi, interrotti. Pori solo visibili alla lente, pochi, chiusi, o- pachi con parenchima più chiaro. Sezione longitudinale. Vasi ben . visibili, che appariscono come lenticelle o come striature marrone- chiaro sul fondo marrone scuro del legno. Raggi invisibili. Osservazioni.—Bellissimo legno, che acquista un pregio anche maggiore con la lucidatura. Albero di 20-30 m. spesso com 8 m. di circonferenza, col por- tamento della quercia. Il durame si incontra solo nei vecchi tron- chi ed è purpureo e di limitate dimensioni. L’alburno è giallo, lu- cente, con anelli colorati in rosso, finamente granulato è duro. Il durame è molto durevole e di peso specifico superiore ad 1. In In- dia ha grande valore, quantunque per la sua durezza sia difficil- mente lavorabile. Ha un alto potere calorifico, quasi più di ogni altro legname. Per ponti e in genere per tutti quei lavori pei quali oc- corre molta resistenza e durevolezza, è molto adatto. Quantunque nell'Africa orientale non si abbia la formazione di durame, tuttavia il legno dei grossi tronchi serve ugualmente a numerose applica- zioni (Travi, travicelli, tavole ecc.) (ENGLER). Tarchonanthus camphoratus, L Corteccia grigio-brunastra, scabra. servazioni — Albero o arbusto alto se a 5 m. Legno ab- bastanza pesante e duro, giallo-chiaro con tono leggermente verde. Anelli bruno-scuri. Duramen facilmente dida Mido poco visibili. Fibra lunga ed elastica. Grana fine. Si fende facil. mente. Legno apprezzabile per la sua bella colorazione (ENGLER) Legno molto duro a grana fine, alburno chiaro, cuore bruno- carico con anelli di accrescimento biancastri. E’ facilmente lavora- bile e acquista buona politura (SCHWFTH.). Terminalia Brownei, Fres. Nome volgare: veibà. Tronchi di 9-35 cm. di diametro—Corteccia bruno-rossiccia 0 grigio-marrone, internamente giallastra, spessa 2-4 mm., scabra, con profonde formazioni ritidomatose aderenti, di forma rettangolare lon- gitudinalmente, irregolari. Legno a grana fine, marrone- olivastro molto chiaro, indifferenziato, alcune volte con pseudo-durame di tinta più carica, pesante duro. Sezione trasversale. Accrescimenti invisibili o non ben distin- ti o distinti, di ampiezza varia da 3 a mm. Pori aperti, diffor- mi, o riuniti in linee concentriche, ondulate e discontinue, o isolati, de di varia grandezza nel diversi esemplari, alcune volte più nume- rosi verso l’inizio dell’anello, muniti di zona parenchimatosa. Raggi finissimi, difformi, molto numerosi, discontinui, Sezione longitudi- nale. Legno uniforme con striature nerastre. Raggi stretti e pic- coli, appena visibili con la lente. sservazioni — In alcuni esemplari il tronco è irregolare, ec- centrico cnn ic scanalature longitudinali. Albero di belle di- mensioni, di 8-10 m. di altezza e con tronchi di 30-40 cm. Legno che si lavora e ae acquista pregi con il polimento e la lucida- tura. uesto albero ha una area di diffusione presso a poco simile a quella dell’ Anogeissus lejocarpa e come quello ha le stesse carat- teristiche della formazione legnosa. Qui si riscontra che a zone ampie i 10-14 mm. (corrispondenti al periodo delle grandi piogge), si al- ternano zone di 4-6 mm. (corrispondenti al periodo delle piccole piogge o dei temporali estivi). Anche questa è una pianta sempre verde, e che completa il periodo vegetativo nella stagione di mas- sima siccità. Trichilia emetica, Vabl. Nome volgare:—gummeé. Corteccia nerastra, distaccantesi nel secco, spessa fino a 7 mil- limetri, sugherosa, profondamente solcata da strie circolari e lon- gitudinali, che limitano placche ritidomatose, aderenti, di parecchi centimetri di lato. Legno indifferenziato, a grana grossa, grigio- scuro. Sezione trasversale.—Pori numerosi, di diversa grandezza, aperti. Sezione longitudinale.—Legno marrone-chiaro con striatu- re più scure (vasi) e con specchi, più chiari, che appariscono qua e.là (1): ; Osservazioni. — Non è un bel legno e sopporta mediocremente il polimen 7 uno ideal più grossi alberi della regione, alto fino a 20 m. e con tronchi di diametro maggiore di un metro. Legno rossastro- chiaro, leggero, molto omogeneo e abbastanza solido. Fornisce le migliori tavole da costruzione. (1) Diagnosi ricavata dall'esame di un tronco di 10 em, di dia- metro, 57 Legno utilizzabile e prezioso per costruzioni e per barche (Ex- GLER). È Ximenia americana, L. Nome volgare:—mellau. Tronchi di 0.05-0.15 di diametro. Corteccia spessa 6-8 mm. sughe erosa, "con profonde placche ritidomatose, aderenti, di forma quadrangolare, quasi regolari e provenienti dall’intersezione di re- golari anelli trasversali con linee longitudinali, rossigna internamen- te e marrone- brunastra esternamente. Legno pesante, marrone- chiaro, compatto, a grana fine, indifferenziato, alcune volte con pseudo - durame, dato da colorazioni più cariche. Sezione trasversale. — Anelli irregolari, distinti appena da una colorazione più carica, corrispondente alla fine dell’anello, al- cune volte a margine un pò ondulato. Pori sparsi, aperti, con pa- renchima discolare, in serie radiali di 8-10, conformi, continue, on- dulate, vicine le una alle altre, in modo da formare una trama quasi continua, alcune volte anastomizzate. Raggi appena visibili, numerosissimi. Sezione longitudinale.—Specchi visibili. Colorazione del legno uniforme. Osservazioni. — Bel legno che con la politura e lucidatura prende un color rosso-vinoso tendente al marrone, ma senza nessun caratteristico p. Secondo îl Sr Sioiian (Waldvvirtschaft und Holzkunde, p. 393) ha un peso specifico di 0.9196, un 3° di ceneri di 0.73, e una potenza calorifica # di 0.9129 Alberello o arbusto. Legno assai ao e che si usa al- cune volte in sana del Sandalo (ScHwFTH., BALDRATI). - Zizyphus Spira - Christi, Willd. Nome volgare : ga Tronchi di 0.10-0.30, x diametro, Corteccia spessa, con forma- zioni ritidomatose rettangolari, color grigio-sporco o marrone, distac- cata nel secco. Legno non molto pesante, duro, compatto, a grana fine, a lunghe fibre, indifferenziato. Sezione trasversale.—Colorazione marrone-chiaro, alcune volte con zone concentriche più scure. Accrescimenti o conformi o dif- formi, distinti da una zona parenchimatosa alla fine dell’anello. Po- ri chiusi o aperti, difformi, piccoli, uniformemente sparsi sulla zo- na. Raggi invisibili ad occhio nudo, numerosissimi, tanto da occu- 58 pare quasi tutta la superficie, continui o interrotti, finissimi, un pò ondulati. Sezione longitudinale. Specchi finissimi e corti, che fanno apparire il legno quasi zigrinato. Striature longitudinali di colorazione più carica. Osservazioni. — Bel legno che si polisce e si lucida bene. Al- bero o arbusto, contorto, difficilmente diritto, ad accrescimento lento: un tronco di 15 centimetri di diametro era dell’età apprpssimativa di anni 26. L. SENNI. L’Abete delle Nebrodi. Fino a tempi, relativamente recenti, le alte montagne della Sicilia erano rivestite da dense selve, formate, almeno in parte, di conifere : l’antico scrittore NILO dice che vi crescevano cedri, ci- pressi e pini, diritti e maestosi, i cui rami servivano per fiaccole, ed ABU- ALÌ aggiunge che fornivano altresì Mon legname per costruzioni navali (1). Ora queste selve sono quasi distrutte e di conifere spontanee in Sicilia restano più pochi e miseri campioni : fra le altre essenze poi, l’abete può considerarsi come scomparso pressocchè totalmente icerche sulla sua anteriore diffu- dall’isola: perciò si intrapresero r sione in Sicilia e sulle caratteristiche particolari che eventualmente to giova ricordare che il ToRr- poteva presentare. A questo proposi NABENE (2) crede che il cedro, menzionato dagli antichi scrittori come comune in Sicilia, altro non sia che l’ abete, il cui portamento quello del cedro del Libano, o meglio an- Pare che l’abete nell’isola fosse ancora frequente sul principio del secolo XVIII., come rileviamo da un’opera manoscritta, fora di Sicilia, in 16 volumi, conservata nella Biblioteca Comunale n: TORNARENE PF, Flora Sicula. 1887. p. 80. Ax; Atari P: ; Storia dei Mussulmani in Sicilia. Vol, II. 1872. 60 di Palermo, trascritta da AnroNIO Boxanxo e da AnroNIO GERVASI, ma ritenuta copia del testo che il CuPANI aveva approntato per il suo PAMPHYTON (1). La frequenza dell’abete in altri tempi si può ancora dedurre dalla presenza in Sicilia di alcuni nomi volgari, non corrispondenti affatto è a quelli con cui in altri paesi, è nota questa specie. Îl CUPANI (2) infatti e l’UcRIA (3) notano il nome di Arrulu eruci-cruci, che al- lude certamente alla disposizione decussata dei rami, e forse alla medesima allude l’altro nome di Arvulu caccia-diavuli : i medesimi autori ricordano pure un terzo nome, cioè Arvulu di S. Filippu, forse perché cresceva presso San Filippo di Agirò, come lo confer- merebbe un vecchio saggio d’erbario, raccolto da GiusEPPE Tixro. L’UorIiA nel 1789 scriveva di tale specie : «habitat in Monte Maronis a li Pini» senza nulla aggiungere se raro o comune : tut- tavia verso la fine del secolo XVIII e sul principio del secolo XIX doveva essere ancora frequente in Sicilia, imperocchè fu rinvenuto da diversi raccoglitori, in più località, come lo attestano parecchi saggi d’erbario, raccolti verso quell’epoca : infatti Vincenzo TixEo lo rinveniva a Polizzi, ivi, alla Serra dei Pini lo raccoglieva il BrvoNA, ed ivi pure, dalla Colma dei Pini, lo riportava il Mixà PaLumBo: GiusEPPE TINEO poi, come si è detto, lo rinveniva presso San Filippo di Agirò Ma" verso la metà del secolo scorso era già raro: il Gussoxe (4) perciò scriveva, nel 1844, che trovavasi nelle Madonie, non man- cando di aggiungere: «sed nunc fere destructa». PARLATORE (5) al- tresì, nel 1867, asseriva che «nasce sulle alte cime dei monti delle Madonie in Sicilia, a circa 2000 m. di altezza, alla Serra dei Pini, dove è però raro, essendovi stato in gran parte distrutto, e dove l’ho veduto piccolo e senza frutti, vicino a Petralia Sottana ed al- trove ». E poco dopo, nel Prodromus (6) lo confermava scrivendo che (1) Bowanno A. et Gervasi A., Pa amphyton Siculum, sive Hi- storia plantarum Siciliae. — RIOT in 16 volumi, conservato nella Biblioteca Comunale di Palermo (2) CUPANI F., Hortus cao 1696. pi (3) BeRxARDINO AB UCRI IA, Hortus Regius na 1789. (4) Gussone J., Synopsis Florae Sicutae. Tom. II. 1844. p. 616. (5) pisana F., Flora italica. Vol. IV. 1867. p. 68. (6) ORE F., Coniferae. In DE CANDOLLE: Prodromus. Tom. XVI. pars. 2. pr ni 420. , cresce «in Nebrodibus Siciliae, prope verticem ad Serra dei Pini, ad 6000 ped. elev., rara et raro fructifera ». Infine, nel 1887, il Torxa- BENE (1) dichiarava tale specie essere « totalmente scomparsa, per il diboscamento delle Madonie e delle Caronie ». Nell’Erbario Siculo di questo R. Orto Botanico si conservano i saggi autentici raccolti dai due Tinro, dal Brvona e dal Minà Pa- LUMBO, saggi or menzionati, tutti senza frutto. Altri saggi analoghi si conservano pure nell’erbario Siculo del Gussone, presso l’Istituto Botanico della R. Università di Napoli: anzi uno di questi esem- plarini, con porzione di cono, fu, con gentile pensiero, dal Prof. Ca- vara, donato al nostro Orto, affinchè fossero completati i saggi quivi conservati. L’esame accurato di questi esemplari ci riservava una gradita sorpresa: si potè infatti constatare che l’Abete delle Nebrodi non era il vero Abies pectinata, D. C. ma bensi un’altra specie, che, per i caratteri fogliari si avvicinava assai all’Abies numidica, CARR. del- l'Africa settentrionale. Dapprima, non conoscendo il cono, ritenemmo che realmente si trattasse di una tale specie, ma in seguito, veduto l'esemplare Gussoneano, dovemmo escluderlo, avvicinando la specie di Sicilia all’ Abies. Apollinis, Link, di Grecia, al quale tuttavia non potevasi dire identica. La questione si faceva assai interessante, ed era desiderabile ve- derne nuovi e più perfetti saggi, possibilmente freschi, restando speranza che qualche pianta, sfuggita alla generale distruzione, ve- getasse ancora nell’isola. Dicevasi anzi che un albero secolare di a- bete cresceva nella selva dei Cappuccini presso Petralia Sottana, e colà appunto pareva convenisse fare qualche ricerca, avendo il PAR- LATORE asserito di averne veduto in quelle vicinanze giovani piante. Perciò il Prof. Borzì, con sollerte premura, incaricò una sua allieva la Dottr. RosaLga MIRABELLO, colà residente, di farne indagini: costei potè constatare che l'esemplare in questione era morto, e ne giaceva il tronco da anni abbandonato sul suolo: a conferma ne inviò al nostro Orto una sezione «di ramo, che attesta delle dimensioni co- lossali assunte dall’ intero albero. Assumendo poi informazioni in proposito essa seppe che un contadino, certo GIUSEPPE DI Mata, so- pranominato Erbuario, conosceva VArvulU AR A incarica- tolo di portargliene qualche saggio, ne ebbe infatti i fres chi, con sole foglie, e con Piaapasasre che proverivalo all’unico aber tuttora superstite, il quale disse trovarsi precisamente sul Monte Cervo, presso la Valle dei Pini, in territorio di Polizzi Generosa : secondo le indicazioni che fornì detto contadino, tale albero è assai danneg- giato dalle intemperie, con il tronco per circa sei metri nudo e li- scio, e la chioma ampia, alta quanto la metà del tronco. Pare quindi non abbia l’aspetto piramidale caratteristico del vero Abies pectinata. Se tali indicazioni sono esatte, ii ge sarebbe l’unico ed ultimo superstite dell’Abete delle Nebro vuti i rami freschi, tolti da Lal e con il materiale d’er- bario già citato, potemmo meglio procedere allo studio di questa specie, restando maggiormente convinti che si tratta di una entità realmente nuova, ben distinta da tutte le altre affini. Potemmo con- frontarla con saggi di Abies numidica, CARR. di Algeria, distribuiti da BATTANDIER e TRABUT (n. 500), con saggi di Abies Apollinis, HELDR. di Grecia, distribuiti dall’HELDREICH (n. 601), con saggi di Abies Pinsapo, Borss. di Spagna, distribuiti da REVERCHON (n. 382) e da HuerEr, PorTtA e RIGO (n. 1), con saggi secchi e freschi di prove- nienza coltivata e con numerose figure, nonchè con le descrizioni originali di tutti gli Abies ascritti al gruppo del pectinata. Frattanto il Losacoxo (t), pubblicando un nuovo volume della sua Flora Sicula, vi comprese ancora questo Abies, come varietà nuova dell’ Abies pectinata, col nome di var. nebrodensis. Ma dall'esame at- tento di tutti i caratteri per noi resta escluso che possa ascriversi quale varietà all’ Abies pectinata. Nello studio delle Conifere si è voluto dare molta importanza , per distinguere le specie, ai caratteri istologici delle foglie, perciò conveniva procedere anche ad un tale esame. Infatti dapprima il BER- TRAND (2), dopo il Ramsay (3), ed anche recentemente ASCHERSON e GRAEBNER (4) hanno insistito sulla possibilità di distinguere le (1) Lozacono Posero M., Flora Sicula. Vol. II part. 2. 1907. 401. 2) BertRAND C. E. N ote sur le genre fono In Bulletin de la Societé Botanique de Wrc: Tom. XVIII. p. 376. — BERTRAND C. E., Anatomie comparte des tigei et des sn chez les Gnétacèes et les -Conifoves. In Annales des Sciences Naturelles. Botanique. nd ser. Tom. XX. 1874. p. 5. (3) Ramsarv W., 4 Bevizion of the 0a Ls Abies. Im Proceedings of the Royal = scale Sez. II. vol. 1876. p. 673. (4) AscHERSON P. et GRAEBNER P., dea der Mitteleuropai- schen Flora. I Band. 1896. p. 190 specie di Conifere dai soli caratteri istologici delle foglie: anzi il FEDTSCHENKO (1) dapprima, poi il TRABUT (2), costituirono nuove spe- cie di Abies, differenziandole per i loro caratteri istologici fogliari, benchè non ne conoscessero la fruttificazione. Tuttavia dapprima il MAHLERT (3), poi recentemente il Guixier ed il MArre (4) rilevarono come questi caratteri abbiano solo un valore molto relativo, varian- do secondo la posizione donde furono prese le foglie, secondo 1’ età della pianta etc. Ora, senza instistere troppo sulla importanza dei ca- ratteri istologici, ma ritenendo che questi possano concorrere, assie- me ai morfologici, per meglio circoscrivere le specie, noteremo che le foglie dell’Abete delle Nebrodi, nella loro sezione trasversale, si allontanano abbastanza da quelle del tipico Abies pectinata , mentre ripetono assai bene i caratteri istologici di pr dell’ Abies cephalonica, Link, massime per avere da sei a dieci fila di stomi in ciascuna zona argentata della loro pagina inferiore: sono però alquanto più schiacciate, con le dette zone stomatifere più rientranti, avvici- nandosi per tali caratteri a quelle dell’ Abies numidica, Carr. La forma esterna altresì delle foglie , nell’ Abete delle Nebrodi, ripete assai bene quella dell’ Abies cephalonica. Esse sono infatti corte, gros- se, rigide, tondeggianti vu e non bifide, con le zone argentate meno biancheggianti, e si trovano rivolte quasi in ogni senso, e non disticamente pettinate. L'Abete delle Nebrodi si differenzia pure dal- 1° Abies pectinata per i rami giovani glabri e non fittamente pelosi e per le gemme coperte da un sottile strato di resina, e non nude, avvicinandosi all’ Abies cephalonica anche per tali caratteri. I coni poi, dall’unico ed incompleto saggio Gussoneano che pos- sediamo, sono assai piccoli, circa la quarta parte della grandezza nor- male di A del tipico Abies pectinata , e per la loro forma cilin- drica, senza alcuna tendenza alla sferica, rassomigliano molto a quelli” dell’ por Apollinis, HeLDR., che da molti autori è ritenuto come varietà dell’Abies cephalonica, anzicchè a quelli di quest’ultimo. Sono infatti strettamente cilindrici, con le squame quasi romboidali, meno (1) FEDTSCHENKO B., Note sur lee Coniféres du Turkestan Russe. In Bulletin de l’Herbier Boissier. Tom. VII. 1899. n. 3. p. 185. @) Trasur L., Sur Za presence d'un Abies nouveau au Maroc (Abies marocana). In Bulletin de la Societé Botanique de France. Tom. 906. p. 154. (3) Manrert W., Beitrdge zur Kemntniss der Anatomie der Laub- Pin hanno cioè assunto abitu i xerofilia, pite : sono, come dicono daria e na (3) « essence de lamine ossia specie i cui semi crescono sen 1) vasti À., Centuria prima 0 bota: 2, quas in horto reg o e OSE ad stirpes Lhc novas vel rariores illu- strandas Sun . 1806. n. 96. Non potuto consulta 2) In osservanza all’art. 48 delle Regole i nomenclatura botanica ni nale, si va dai moderni ciflictman ndo il n di Abies alba, MiLt. in sostituzione a quello di Abies pectinata, D.C. Osserviamo tuttavia che tale nome fu usato dal MILLER {The Gar. eners Dictionary ed XIII. 1768, p. 1) più quale nome complessivo anzicchè riferito ad una sola specie. Ad esempio egli aggiunge di franc. pag. 3): «...... les plus beaux de ces arbres croissent è pré sent sur le Mont Olympe, d’ou j’ai recu des cones qui ua: plus d’un pied de longueur: Tournefort, dans la relation de son voyage, fait mention des Sapins du Mont Olympe, comme ètant les plus beaux arbres du Levant». Ora appunto GunaaSi cnr 1. c. pag. 185), visitando ]’ poten a e raccogliendo m | bete che vi cresce, hanno constatato che si tratta” ia dla Nord- manmiana, SPACH, e non -; vero pectinata, D.C. Perciò, trattandosi opportuno conservare a quello il nome di Abies pectinata, Db: (8) GuIxIRR P. et on da te. p.i86. > ® pe in questo studio, di ben precisare l’abete dell'Europa centrale, dif- erenziandolo dalle altre forme della regione mediterranea, capa di x aa ati 66 in luoghi denudati e scoperti, mentre quelli dell’ Abies pectinata ti- pico esigono, nel loro primo sviluppo, l’ombra tutelare di alberi adulti, non importa se della loro specie o di altre. Anche le loro foglie ri- gide, volte per ogni verso, e non disticamente pettinate, lasciano vedere un adattamento a regioni ove la neve è più poco a temersi, ed ove la luce è più intensa. L’Abies Nordmanniana, SPACH., avrebbe poi alla sua volta dato origine ad una nuova entità locale, cioè al- l’Abies Equi-Trojani, Ascu., il quale, come rilevarono GuINIER e MAIRE (1) è più prossimo all’ Abies Nordmanniana, SPACA, che all’A- dies pectinata, D.C. Forse dallo stesso Abies Nordmanniana, SPACH, dipende l’Abies cilicica, AxtOIN., entità ancora più meridionale, del Tauro e del Libano, ben distinta per avere le brattee delle squame incluse, e non sporgenti od uncinate. Alla sua volta 1’ Abies ce- phalonica, Link, avrebbe dato origine ad altre entità locali, cioè all’ Abies Apollinis, Lixk, dell’ Epiro; della Tessalia e dell’ Eu- bea, all’ Abies Reginae- Amaliae, HeLpR. (2), dell’ Arcadia, ed al- l’Abies Panachiica, HeLDR. (3), dell’ Acaja. Or appunto l’ Abies nebrodensis (LOJAC.) NOBIS, può essere considerato come una enti- tà locale, sicula, di pari grado di queste ultime. Non è fuor di proposito che l’Abies numidica, CARR. (4) o Abies baborensis, Coss., dell'Algeria a torto ascritta all’Abies Pinsapo, Borss., possa dipen- dere pure da queste ultime entità, quantunque con coni a brattee incluse. Forse ancora all’Abies numidica, CARR. si collega 1’ Abies maroccana, TraB., testè segnalato per la catena dell’Atlante, quan- tunque di quest’ultimo non si conosca ancora la fruttificazione. L'A- bies Pinsapo, Borss., di Spagna, ci pare poi specie a parte, collate- rale ma non dipendente dall’Abies numidica, nè dall’ Abies cilicica, quantunque con queste ultime combini per i coni a brattee incluse e non sporgenti: ma questo può essere un carattere svoltosi indi- pendentemente in più stirpi, per facilitare la disseminazione in paesi secchi e caldi, potendosi in tal modo il cono più prontamente disgre- gare sotto l’azione del vento. Per le suddette considerazioni biologico - geografiche, crediamo giustificato il seguente schema filogenetico degli abeti della regione mediterranea. (1) Gursrer P. et MaIRE R., (2) HeLDREICH TH., Ueber = neue arttnitigohe Tanne. In REGEL: Gartenflora. 1860. p 313. (3) tti e Tr. , Zur Kenntniss der Griechen Tannen. In ReGEL: Gartenflora. 1861. p. (4) CARRIERE C., Abies Muinidicd. In Revue Horticole. Tom. XXXVII. 1866. p. 106. — Cossoxn E., Rectification relative à reo numidica. In Revue Horticole. Tom. nn 1866. p. 106 e ti. ttee sporgen | pectinata, D.O. fa ; Ù i (Europa centrale) i X i Lo Ì i f Nordei ann jana, Bpaéh oooidentale).“. << (Regione mediterranea orientale) : (Epiro, Tessalia, Eubea) o sii ha "etico che, almeno un albero, ne vive ancora in Sicilia, è da au- gurarsi che questa specie venga preservata dalla totale distruzione: ciò è tanto più opportuno trattandosi di specie arborea che potrebbe utilmente essere impiegata per rimboschire le montagne dell’ isola, ove già un tempo vegetava comune, G. E. MATTEL, © 9 ©d-_@as_@agratatr@a_@-@@® Contribuzione alla flora dell’isola di Tenos (Cicladi). Diligenti raccoglitori andarono con cura esplorando le numerose isolette che fanno corona alla Grecia, riportando larga messe di pre- ziose raccolte. Ma queste isole sono pressocchè infinite e talmente sparse, che alcune restano tuttora poco note, per quanto ne riguarda la vegetazione : perciò riesce utile qualunque manipolo, ancorchè lieve, che si possa aggiungere al già conosciuto. Fu quindi con piacere che vedemmo un erbarietto proveniente dail’Isola di Tenos, delle Cicladi, preparato dal Reverendo Padre Gesuita FrancESCO MIRENNA, in seguito al desiderio mostrato dal Prof. Borzi, il quale giustamente aveva rilevato come la flora della detta isola fosse ancora poco nota. Questo piccolo Erbario non con- tiene gran numero di specie, ma in compenso parecchie di quelle che vi si trovano, non risultano indicate per la detta isola : infatti manca ogni citazione in proposito nelle opere classiche del BorssieR, del- l’HELDREICH, del ChauBARD et Bory, del WrIss, dell’HaLacsy, e degli altri autori che illustrarono la flora greca. Una Mentha poi, del gruppo della viridis, presenta caratteri così insoliti da obbligarci a ritenerla senz'altro per nuova. RETE IE RA LCA PI SIIT ORE Perciò Folli o opportuno dare il breve elenco delle piedi com- | prese nel suddetto erbario. Clematis cirrhosa dla a è Sprammerianus Boiss, sita senior rta, S. et Sm. ola unguiculata, Desr. Hypericum pira Geranium duran: Vis cidum, Mm, Onoali diacantha, Bra. Trigonella Spe Boss. Medicago sa È Trifolium treat L. Psoralea bituminosa, L. Ornithopus ; Vicia spuria; RAr. : Poterium spinosum , L. — Lote con foglie nella pagina infe- Tione: See assai prelato di e non pira come negli esem- iani faz oe Tocai “speci L. Lagoecia cuminoides, L Hedera Helix, L. — Di questa specie, comune ovunque, 1’ Ha- Lacsy (F/. Graec. I. 694 > Pea : « non indicatur in insulis 4 merci ». Galium saccharatu Erigeron pere rada Borss. entha integerrima, Nosis, sp. nov. Undique gla- berrima, obscure viridis, caule ramisque strictis, laevigatis, vix an- gulosis, teretibusque : foliis infimis..... caulinis ac supremis petiolo brevi, gracili, vix 2-3 mm. longo, limbo e basi vix attenuato, lineari, integerrimo, apice sensim attenuato, acuminato, supra laevigatissi- mis obscurioribus, subtus pallidioribus fere omnino glaucescentibus, nervibus vix prominulis, costa nitida, parce elevata: florescentia spicato-paniculata, axibus floralibus gracillimis, spicis brevibus, oblon- gis, in anthesin dein obtusatis , verticillis imis 1-8 vix remotis ac distinetis, floribus densissime confertis, bracteis imis basi vix dilatatis, sensim subulatis, glabris, adscendenti subulato falcatis : calycibus maturis tubo ovato, lobis lanceolato-cuspidatis, parcissime breviterque ciliosis: corolla discolore, sive ex sicco albido - violacea, ad lobos maculis intensis violaceis tincta, lobis longe oblongato-ob- tusis, staminibus longe exsertis, antheris intense purpureis : glandulis ad calyces parcissimis, ad folia numerosis subtus aureis impressis, sub vitro vix evidentibus, sed copiosis.—Species distinetissima, singularis, cum nulla alia nobis nota comparanda,certe inter virides enumeran- da, praecipue Menthae inarimensi atfinis. Folia maximo modo integer- rima aliquanto sub lente vix atque nec vix denticulo more callo in- structa, odor suavis illo Menthae viridi gratissimo. Folia more instar foliola Viticis Agni-casti similia. Thymus capitatus, HorrM et Lixk. Thymbra, L. “ent Valerandi, , ba nti gni Koet. Aira caryophyllea, L. ch officinarum, WiLLD. Adianthum Capillus-veneris, L. G, E. MartEI E M. Losacoxno Posero. Coltura delle sabbie Vesuviane con Acacia horrida,R.Br. Ho richiamato altrove, su questo Bollettino, ca del fo- restale sulla importanza della coltura dell’ Acacia Rorrida come pianta atta ad assicurare il rinsaldamento dei sioni mobili, aridi si anche montani del Mezzogiorno d’Italia, nonostante la sua prove- nienza dalle regioni tropicali dell’Africa, alla facilità di propaga- zione, alla straordinaria rapidità di accrescimento e alle pochissime cure culturali che essa richiede. Allo scopo di estenderne vieppiù la conoscenza, l’Orto botanico di Palermo ha intrapreso una larga distribuzione di semi ed ora son lieto di riportare quì, integralmente, una breve relazione dell’egregio Signor Ispettore forestale del Ri ole ; ; ELGU d’imboschimento da lui eseguiti delle lave e sabbie Vesuviane im- piegando l’Acacia horrida. Essi pienamente confermano i dati delle mie esperienze, ma li estendono ancor di più dimostrando la capa- cità di adattamento di questa pianta a terreni di natura vulcanica. Mi auguro per ciò che in avvenire saprà l’ Amministrazione fore- stale trarre più esteso partito da gnestialinto; così utile alla selvi- coltura meridionale. he B. Durante la sa izione invernale del 1907, allo scopo di tentare un’ esperimento di coltivazione dell’ Acacia haeridh: R. Br., che in Sicilia ha dato Splendid DSS fu eseguita la semina di 74 grammi di seme nel vivaio di Somma, a circa 250 metri sul livello del mare. lantine si mantennero sempre vegete, però, durante la stagione estiva, si credette conveniente inaffiarle qualche volta, mas- sime nel periodo dei calori intensi, allo scopo di prevenire lo ine- vitabili perdite. esito fu soddisfacentissimo, e, durante il mese di febbraio del corrente anno, furono tutte prelevate dal vivaio, nel numero di 4 migliaia, e Ibllgoate a dimora in diverse località del monte Somma e Vesuvio. È stata sperimentata la coltura a Boscotrecase, mettendone a dimora n.° 1000, a circa m. 600 sul mare, in località esposte a mezzogiorno ed in terreni tutt’ altro che fertili, anzi aridi addirit- tura. Altre 500, a m. 650 sul mare, furono trasportate sul monte Somma, lungo la strada Osservatorio - Ottaiano, con esposizione a ittrione, ed anche colà sono tutte attecchite. Un esperimento su più vasta scala è stato eseguito ad Ottaiano, essendone colà state collocate a dimora n.° 2500, in località esposte in parte a sud-est ed in parte ad est. | Anche nella Valle dell’ Inferno, a poca distanza dalle fu- marole del Vesuvio è stata eseguita una piantagione di 200 esem- plari, sul riempimento della briglia del Vallone del Fico, piantan- dole a filari, ed alternandole con piantine di Robinia Pseudo-acacia. Sebbene dall’epoca del trapianto fino ad ora non abbiano usufruito delle benefiche piogge primaverili, perchè da circa tre mesi non piove, purtuttavia si mantengono sempre vegete, mentre quelle di Robinia, in causa dei calori intensi e del forte vento, che nella Valle dell'Inferno spira, hanno le foglie avvizzite, Molte piante dell’ Acacia horrida, che n appena collocate a dimora, doversi seccare, < dopo circa un mese dal; tra- pianto, hanno dato segno di essere ancora vegete, ed ora sono ri- gogliosissime. Se si tien conto che i monti Somma e Vesuvio sono rione di uno strato abbastanza rilevante di lapillo, nel quale dette p: vegetano benissimo, sarebbe consigliabile l'estensione della sn di Acacia horrida, se agevole fosse il potersi procurare le piantine su vasta scala ni il loro costo non fosse rilevan Caserta, 27 Laglio 1908. A. DE HeELGUERO, Rassegna della Stampa Agricola Coloniale. Altre cuni “ nba — In uno dei evasi fa- scicoli riferimmo tativi che ora si stanno compiendo al Messico per dots zare i Parthenium argentatum, come ture istituite in questo R. Orto Botanico, da circa due anni, risulta la perfetta rusticità del Guayule al clima di Palermo. Dopo quanto scrivemmo , numerosi altri ‘brevetti sono stati ac- cordati, al Messico ed. agli Stati Uniti d’ America, sui pro- cessi per l’ estrazione del Caoutchouc di Guayule a scopo indu- negas, San pg: Potosi e Cendral. Il Caoutchouc contenuto nella pianta varia varia al Messico dall’8 al 10 per cento, mentre le.resine arrivano fino al 27 per cento: per la sua estrazione si usano tan- da I. M., Guayule Rubber. In Bulletin of Miscellaneas | _’striale: già si contano colà oltre venti officine intente a tale lavo-. t, razione : 2». FE importanti sono a Torreon, Saltillo, Ocampo, Go- mez, Palaciò, La Grumidora, Parras, Las Delicias, Cuatros Cie- 76 to i mezzi meccanici quanto quelli chimici : dà buoni risultati la soda caustica, previa una breve macerazione, e come solvente si adopera di preferenza il solfuro di carbonio. La preparazione di una tonnellata di Caoutchouc di Guayule importa in media tranchi. Questo Caoutchouc si avvicina assai per le sue qualità a quello di Castilloa, ed usasi specialmente in mescolanza con altri Caout- chouc di qualità migliore. Il suo valore oscilla, secondo la purez- za, in relazione ai metodi usati nel prepararlo : quello ottenuto con mezzi meccanici viene venduto a circa 4 franchi per chilogramma, mentre quello ottenuto con mezzi chimici fu venduto 6 fr. 25 in Francia, e raggiunse 7 fr. 15 ad Amburgo, sempre per chilogram- ma. È da ritenersi che anche questi prezzi saranno superati, qua- lora sieno resi più perfetti i metodi di sua estrazione. Ora si cerca pure di utilizzare i prodotti secondarii, cioè le resine, che furono riconosciute di buona qualità, ed i residui dei fusti: questi ultimi er la confezione della carta. Speriamo di veder presto iniziate, anche in Sicilia, colture razionali di questa specie, veramente uti- le, come già ne furono intraprese, su larga scala, negli Stati Uniti d’America. * E * Un nuovo albero a Caoutehoue. — Nell'ultimo numero della Quinzaine Coloniale (1) troviamo la notizia della scoperta al onkino di un nuovo albero produttore di Caoutchouc. Questo albero fu trovato dal Dottor EBERBARDT, addetto alla Missione Scientifica permanente dell’ Indo - Cina, e DuBARD , che ne ebbe esemplari autentici, fu riconosciuto appartenere alle Ar- tocarpee e precisamente al genere B/eekrodea, di cui si cono- scevano solo due specie, una di Madagascar ed una di Bor neo : fu chiamata quindi Bleekrodea tonkinensis. Cresce nelle Pro- vincie di Bao -Kau, di Bao-Lac e di Cao-Bang, ove torma dense selve : in alcune foreste il 40 per cento della “gen arborea è rappresentato da questa specie: essa presenta quindi un grande vantaggio sul Ficus elastica, delle medesime regioni, il quale cre- sce sempre sporadico. Secondo lo scopritore, il Caoutchouc di Blee- krodea, facile a coagularsi, può a con quello del Parà, (1) Perrot Em., Un nouvel arbre à Caoutchouc au Tonkin. In 15 Wpotssiiino Coloniale. XI Anne, n. 21, 1907, p. 930, «l ossia di Hevea. Queste notizie sono di grande importanza, potendo, se verranno confermate, contribuire alla floridezza della regione in cui fu scoperta la Bleekrodea tonkinensis, ed anche delle altre re- gioni in cui tale specie potrà venire coltivata * * * nuova specie di Manihot producente Caoutehone. — Nell'ultimo numero del Journal d’Agriculture Tro ius ical, lo CHE- VALIER (1) descrive una nuova specie di Manihot che si col- tiva nell'Africa occidentale, e precisamente nel Giardino sperimen- tale di Camayenne, presso Conakry, nella Guinea francese : crede- si però originaria del nord del Brasile. L’ autore chiama questa specie Manihot Teissonnieri, e dice che si distingue principal- mente da tutte le altre congeneri, per il frutto, che è una bacca e non una capsula. Produce un latice color giallo vivo ed un Caout- chouc pe giallo, che dicesi di qualità non inferiore a quello del nihot Glaziovii. Si promettono ulteriori studii sulla reale im- portanza economica di questa pianta. * * 0a Liane a Caoutchoue in Malesia. — Il Beccari, nel suo in- teressante are Velle foreste di Borneo, nota come si abbia colà buona produzione di Caoutchouc da due Jahg della famiglia delle Apocinee, cioè dalla WiMloughbeia firma, BL. e dalla Ur- nularia oblongifolia, Stapr. Egli poi trovò, pure in Borneo, una terza Apocinea, non ancora nota, che produce un latice copiosis- pope facile a coagularsi in Osbutelivno, di qualità veramente supe- Partito e biancastre di sotto, portanti solo da due a quattro nervi laterali che si riuniscono in un forte nervo marginale : ha fiori lunghi un centimetro, riuniti in piccole cime te t con corolla quadrilo- bata, gialla, e frutti del diametro di 3 centimetri, globosi, con 4 semi. Il BeECCARI indica pure due nanni il Tinomiseum (1) Chinv alien A., Un nouveau Manihot à Caoutchouc. In vee. 36m ture tropicale. 8° Ann. 1907. n. 78, p. 856. petiolare, Miers. di Singapore, ed il Yinomiscium elasticum, Bcc. della Nuova Guinea, il cui latice abbondante tosto si coagula in una sorta di Caoutchouc, che pare di ottima qualità : sarebbero in- teressanti nuove indagini in proposito, non avendosi ancora alcuna indicazione sul Caoutchouc di Menispermacee. Pat Estrazione meccanica del Caoutehone di Liane. — Il Fau- CHERE (1) ha avuto occasione al Madagascar di sorprendere una comitiva di indigeni, raccoglitori di Caoutchouc, mentre lo prepa- ravano , e descrive il metodo da essi usato, che interessa assai di riferire. Essi tagliano le liane in pezzi lunghi circa mezzo metro, che fanno macerare in recipienti pieni di acqua, per qualche setti- mana : in tal modo la scorza subisce un principio di decomposizione per cui si separa agevolmente dal legno. Allora, isolate le scorze, le pestano in un mortajo da riso, poi le sottopongono a parecchi li vaggi di acqua calda. Dopo il quarto lavaggio per solito il Caout- chouc è sufficientemente puro per esser venduto agli incettatori, che ne fanno esportazione. Piante a Caoutehoue in Abissinia.—In seguito alla costituzione di una Società per lo struttamento delle riserve naturali a Caout- chouc, nell’Impero Etiopico e regioni vicine, il The India Rubber ournal dà interessanti dettagli sulle piante a Caoutchone dell’Abis- sinia. Fu il capitano WILSON che, per primo, trovò, lungo il fiume Sobat, estese foreste ricche di essenze a Caoutchouc, specialmente nel distretto di Pangmala, nella regione di Anuak. Altre foreste con piante a Caoutchouc sono state segnalate verso il nord, nel Tigrè, e verso il sud nel distretto di Bujama, all’8° grado di la- titudine nord, all’est dei laghi Zwai e Ceveta. Il fiume Sobat è na- vigabile dal Maggio al Dicembre, quindi in tale periodo riesce fa- cile da Khartoum giungere alle foreste a Caoutchouc. Resta anche (1) FAUCHERE A., Extraction mécanique indigène du Caoutchouc des écorces. In Journal d’ Agriculture tropicale. 8° Annèe. n incerto gigli sieno le specie segnalate come colà RN di Vasto fra queste è stata indicata la Landolphia Kirkii: pare vi esista pure la !untumia elastica. Viene anche segnalato un Ficus: a questo proposito giova rammentare che lo SPENCE a- veva asserito che in Abissinia trovavasi il Ficus elastica, ma pare ifficile si tratta di tale specie : forse sarà il Ficus Rocco, WARB. et Moltiplicazione del Fieus elastica. — Secondo il PERROT (1) moltip prendere rami, nè troppo hi nè giovani , e tagliarli in frammenti con poche foglie ognuno : è preferibile fare questa operazione verso sera, lasciando esposti all’ ar a notte i diversi pezzi così ottenuti, e ciò per itare l’uscita luno suggerito di immergerli per un momento nell’ acqua calda. Dopo si debbono accartocciare le foglie su loro stesse, legandole in alto con un filo: si piantano poi le talee così preparate, poco profondamente, in un terreno composto per due terzi di humus e per un terzo di sabbia di fiume, ove non tardano a produrre radici. * * * In catalogo di istrumenti per i coltivatori di Caontehoue. — Il catalogo testè pubblicato da Van pER KERcKHove, di Bru- xelles, è, come scrive il Journal d’ Agriculture repo; un ca- talogo non comune, imperocchè l’autore è uno specialista assai ri- commer ciante qualunque: egli quindi ha escogitato gli istrumenti che secondo i veri bisogni che si incontrano nella pratica, e ne riferisce con argomenti scientifici, interessanti e persuasivi. Il col- tello. per incidere le scorze degli alberi a Caoutchouc, è molto ra- | zionale : così pure l’apparecchio speciale, semplice e di facile uso, (1) PerroT E., Sur la e des ca à Caoutchouc. In La Quinzaine olot iale. XII° . 1908. p. 20. menti esclusivamente destinati alla produzione del Caoutchouc , e l’autore si è reso benemerito riempiendo questa lacuna, Le specie di Caffè a Madagasear.— L'isola di Madagascar, e le isole vicine, Mascarene e Comorre, danno ricetto ad un buon numero di specie del genere lag Nelle Mascarene crescono la Coffea macrocarpa, A. RicH. ela C. Mauritiana, LAMK., e nelle Comorre la Coffea Humboltiana, BAILL. e la C. rachiformis, BAILL. Del Madagascar si conosceva la sola Coffea brachyphylla, RADLK., quando il DUBARD, pochi anni or sono, fece conoscere della ae sima regione le Coffea Bonnieri , O. Gallieni, C. Mogeneti e C. Augagneuri. Ora poi lo stesso autore (1) ne aggiunge altre due, cioè Coffea. Alleizetti e O. madagascariensis , DRAK. Così sono già undici le specie di Coffea note in tale fa non si può però prevedere se queste avranno probabilità di essere prati- camente utilizzate nelle colture coloniali, essendo anche, per parec- chie, poco noto il loro valore in caffeina : anzi pare che alcune ne manchino affatto. * E * Nuova specie di Coffea. — Viene segnalata dallo CHEVALIER una specie nuova di Coffea, scoperta nell’ Africa occidentale . seni viene imposto il nome di Coffea humilis. È una pianta alta pochi decimetri, formante piccoli cespugli nel fondo dei boschi: ciascun piede porta solo due o tre frutti, i quali però, dalle analisi fatte, (1) Dusarp M. > Les Caféiers sauvages de Madagascar. In Bol- letin du Museum National d’Histoire Naturelle de Paris. Ann. 1907. n. 4. p. 9 di vita potrebbe venire vantaggiosamente coltivata in regioni che mal si prestano alla coltura della Coffea arabica o della Coffea liberica, specialmente all'ombra di altre colture arboree, Per combattere un parassita del Caffè. — Come è noto, 1’ 7/e- mileia vastatrir è un fungillo microscopico che attacca con grande virulenza le piante di caftè nei paesi caldi, producendo gravi danni alle piantagioni. Mentre la vera Co/fea arabica viene decimata da questo parassita, si è notato che la Coffea liberica , nei ae ove cresce ona na spontanea, cioè nell'Africa occidentale, ne. mostra affatto refrattaria, quantunque anche in tale regione n piante di Coffea arabica ne sieno fortemente colpite. Ciò ha fatto pensare che la Coffea liberica abbia una speciale meno a re- sistere a tanto flagello, ed i coltivatori si sono affret intro- durla in altri es ma disgraziatamente nelle nuove ca questa specie non si è più mostrata refrattaria, venendo alla sua volta colpita dalla Hemileia. Allora si è escogitato di ricorrere a nuove introduzioni di semi dai paesi d’origine, supponendosi che le piante, divenute non più refrattarie, avessero degenerato, o quanto meno provenissero da qualche varietà meno robusta: ma anche le nuove colture non si mostrarono affatto refrattarie. Perciò il WILDEMAN (1) studia ora la questione sotto un altro aspetto affatto nuovo.Volen- dosi egli rendere ragione del perchè la Coffea liberica nel suo paese d’ origine resista alla Memileia , cerca quali differenze pre- senti questa specie a confronto della Coffea arabica : a questo pro- posito il WILDEMAN ferma la sua attenzione sulla presenza, nelle foglie della prima, di acarodomazii assai grossi, sotto forma di ta- sche profonde e pelose all’ ascella delle nervature principali, men- tre la Coffea arabica ne presenta solo di assai piccoli e quasi ru- dimentali. Ora 1’ autore ricorda Li i del LUSPOrADA ; che La acari, i quali hanno stabile dimora negli acarodom agii delle fo- ;. possano attendere alla difesa “delle foglie stesse, Misia dalle crittogame , di cui ricercano le spore per farne loro cibo : (1) WILDEMAN (DE) E., Graines de ses propres cultures ou grai- ng originaires d'autres regions? In Journal d’ Agriculture tropicale. ° Annèe. n. 78. 1907. p. 358, Ri emploi è des cultures intercalaires et la sd onduite des irrigations. In Journal 0: 1900; p. fi perciò, anche in seguito all’ osservazione che, nei paesi ppt: le foglie provviste di acarodomazii sono per solito esenti da parassiti vegetali, egli ritiene possa accadere lo stesso per la Coffea liberica. Per questo, l’ introduzione di semi dal paese d’ origine a nulla gio- verebbe: occorre introdurre anche la specie di acaro che ne abita le cavità fogliari. Per ciò il WILDEMAN propone di studiare la questione sotto questo nuovo aspetto , facendo anche qualche esperienza pra- tica di tale genere. Se ciò viene confermato, convien dire che non sempre la proibizione di introdurre piante vive da altri paesi può tornare utile, anzi, nel caso presente , ostacola la buona riuscita delle culture, Par” La lotta contro i parassiti del Cotone. — I maggiori gua- sti nelle piantagioni di cotone, nei paesi caldi, sono causati dalle larve di un lepidottero (Prodenia littoralis, BoIsD.), note col nome di «Boll -worm». Essendo una specie assai diffusa, capace di più generazioni all’ anno, i danni che produce sono sovente enor- mi. Si è tentato in vario modo di porre un treno alla sua mol- tiplicazione., ma i rimedii diretti a distruggerla apportarono pochi risultati pratici. Studiandone però i suoi costumi si è accertato che la specie vive di preferenza nelle giovani spighe di mais, e che passa al cotone solo quando non trova più mais in piena vegetazione: per- ciò le prime generazioni primaverili di detto lepidottero si nutrono di mais, mentre le generazioni estive ed autunnali, dopo il raccolto del mais, si nutrono del cotone. Si è quindi tentato di liberare le piantagioni di cotone da questo dannoso parassita, mediante colture intercalari di mais, ed i risultati ottenuti furono ottimi: a tale scopo la seminagione del mais deve essere ritardata, e devesi eseguire in più tempi successivi, in modo da aversi piante di mais in piena fio-. ritura ad ogni nuova generazione del lepidottero. Infatti le farfalle, quando sono per deporre le uova, vengono attratte dalle piante di Lon che preferiscono come cibo; e non si curano di quelle di co- tone. Avutosi nel mais lo sviluppo delle larve è facile distruggerle, seri rucia i le piante mentre altre piantine di mais, seminate i attendono le successive generazioni del lepidottero stesso. n Bada % che rende conto di questo nuovo modo di iran f (1) Bar LLAND E., La lu tte ea les parasites du Cotonnier par d’Agricu Iture tropica cale. 8° Ann, i danni del ZA, nota come una tale pratica abbia ERE pe Sidi risultati tanto negli Stati Uniti d'America, quanto nel « —’‘’Queensland, e come ora venga proposta per le colture del Dahomey ; > e del Basso Niger. Lo stesso autore osserva pure che questi lepidot- ts teri preferiscono le lotalità alquanto umide, quindi accorrono al Co- tone specialmente nei periodi in cui viene irrigato. Ciò fu accertato ° “dal DraPRR in Egitto : perciò, conoscendosi le epoche in cui avviene la nascita delle farfalle, per ogni generazione, si propone di evitare in tali epoche le irrigazioni periodiche, anticipandole o ritardandole di qualche giorno : se ciò non è possibile in un vasto territorio , viene suggerito di limitare, durante detti periodi, le irrigazioni a poche e strette località, ove convergerebbero tutti i lepidotteri della specie temuta, per cui ne riuscirebbe più facile la distruzione. * RE Illustrazioni della Flora del Congo.. — Si è pubblicato il secondo fascicolo del volume II. degli Etudes sur la Flora du. Bas et du Moyen-Congo del WiLpeman. Oltre a numerose descri- zioni di nuove specie, contiene 32 splendide tavole: notiamo, fra le piante più interessanti illustrate,la Randia myrmecophyla la Sanseviera cylindrica , la Clausena anisata, il PhyMlanthus api: laris, la Pogonia umbrosa, l’Asystasia longituba, la Dorstenia Lujae, la Dorstenia psilurus, il Bulbophyllum purpureorachis, la Dracaena Kindtiana, ed il Crinum purpurascens var. angustilobum. Parecchie figure nel testo chiariscono meglio le caratteristiche di alcune spe- cie : interessanti sopratutto sono le figure delle cavità cauline di Randia myrmecophyla, costituenti alloggi a formiche. Fa sopra fibre tessili. —L'Istituto Agrolnide di San Paolo (1) nel Brasile, ha istituito alcune snap sulla resistenza x << sur E, spal i resistencia das di do ni plantas texteis em no padre RIE de Sao Paulo. 8° Sx n. 7. 1900. p I 84 di diverse fibre tessili, che giova qui riferire. Di speciale impor- tanza sono le cifre ottenute per alcune specie, il cui valore come piante tessili, non era fin quì noto: citiamo anzitutto fra queste una Sterculiacea, la Waltheria indica, che cresce anche nel Benadir, ed alcune Malvacee dei generi Mibiscus, Urena, Wissadula. Sarebbe a vedersi se convenisse introdurne la coltura anche da noi. Nel segueute quadro perciò riassumiamo i dati raggiunti nelle or citate esperienze : DIAMETRO DELLE CORDE FEST nn ASCIUTTE INUMIDITE mm.|mm.| mm. 1.5|2.5| 3.5 Agave sisalana 11. 5|16. 5|37..0 » vivipara 22. 5|25. 0 Cannabis sativa .. 17. 0|24. 01 Corchorus capsularis 29. 0 Furcraea gigantea . 34. 0 20. 0/36. 0 Hibiscus ficifolius . 20.3 24. 2/82. 3 >» unidens . 20. 5 11. 722. 5| 15. 5|31. 5/22. 5/27. 0) 24, 0 27.0 Musa teaxtilis . . || Raphia Ruffia Wi heria indica 24.0 (42. 5 47. 5 5 5 5 0 5 ti 2 | Linum usitatissimum ) 0|39. 2|68. s|es. 3/47. 0 o 3 5 0 0 0 Contribuzioni alla Flora della Somalia italiana. CENTURIA PRIMA. L’Egregio Dottor CesarE MacaLUSO, Direttore dei Servizi a- grarii al Benadir, raccoglieva, specialmente nella Goscia, buon numero di piante, che inviava al nostro Istituto Botanico. Invitato dal Prof. Borzi ad occuparmi del loro studio, ne pre- sento ora una prima centuria, in attesa di farne seguire altre, quando avremo ricevuto, dal MacaLUso, il nuovo materiale che egli ci promette. conoscenza della flora africana ha fatto, in questi ultimi rr rapidi progressi: regioni, da poco aperte alla civiltà, ci hanno rivelato le ricchezze della loro lussureggiante vegetazione spo; a peter nuove pubblicazioni si aggiungono, completando le sar noscenze in proposito. Però siamo ancora lungi dall’aver tutto con- templato : restano vaste zone di territorio inesplorate, delle cui flore nulla sappiamo. Una di queste lacune ci è precisamente offerta dalla alia meridionale : la flora di tutta la Somalia, in genere, è poco nota: tuttavia, per le parti settentrionali di tale regione, abbiamo le preziose raccolte del Rrva e del RoBECCHI, che, studiate da validi specialisti, porsero occasione al PiroTTA di farne una serie di contribuzioni assai interessanti. Invece, per la Somalia me- ridionale, per quanto mi consta, le piante inviate dal. MacALUSO sono le prime che vengono a farcene conoscere la flora. Nè questo può recar meraviglia, se si pensa allo stato quasi sel- vaggio in cui fin qui si è trovato tale paese, ed alla poca sicurezza che ancora vi regna. Perciò l’illustrazione di queste piante, quan- tunque poche, acquista una speciale importanza, non solo per le de- uzioni economiche che se ne possono ritrarre, ma ancora per le considerazioni fito-geografiche che ne conseguono. rincipali e più caratteristici tipi, riscontrati fra le rac- colte del MacaLuso, risulta che la Flora del Benadir, e più pro- priamente quella del bacino del Giuba, ha molta affinità con la flora el Mozambico, ed in particolar modo con quella del bacino dello Zambese. Questa flora trova un riscontro con quella delle Indie O- rientali : parecchie specie vi sono identiche, ed altre si trovano so- stituite da entità oltremodo affini, quasi direi, vicarianti. Ciò con- ferma la supposizione che entrambe queste flore abbiano avuto un origine comune, forse per la presenza di continenti intermediarii, ora sommersi lcune' pia; inf poi, raccolte dal MAacaLUSO, si prestano 2 altre considerazioni. Parecchie specie, massime arboree, ad abbastanza estesa, non sono così uniformi ed omogenee come por prima si credeva, ma bensi presentano più forme, che possono a- vere il valore di entità locali o geografiche. Lo prenonia TER (1) ha trovato che il Baobab (Adansonia digitata), che dapprima. si ri- teneva quale specie unica, estesa in tutto il continente africano, presenta invece forme distintissime, che possono considerarsi come forme geografiche, vicarianti, le quali vanno sostituendosi a vicenda nelle diverce regioni del vasto continente africano. Tutto recente- ‘mente poi il BeccARI (2) ha trovato che, mentre dapprima si cre- deva che la Palma Dum (Hyphaene thebaica) fosse specie unica, questa presenta invece numerose forme locali, talmente divergenti fra loro, che egli non ha esitato a descrivere, in numero di dodici, come altrettante specie. Seguendo questi concetti io pure ho tro- vato differenze tali, massime nei frutti, di alcune piante, ritenute monotipiche, che do creduto opportuno frazionarle. Così il Yama-. a: Cttevacaea e Les Baebabi de Lafrgadi continentale. In Bul- Societè Botanique de France. Tom. LIIl. 1906, p. 480. RI 0., Le Palme Dum od Hyphaene, e più ug 33, qu dell'Africa Italiana. In Agricoltura Coloniale. I. ann PO REATI rindus del Benadir ha frutti toto coelo diversi di quello del- l’Eritrea : il medesimo si dica per due forme di Xigelia: anche lo Xylocarpus del Benadir non può dirsi completamente identico a quello delle Indie orienta o poi, anche in sale tipi, distinte alcune specie nuove, che mi sembrono bene caratterizzate e sostenibili. Ho incluso infine in questa prima cetitaria, alcune specie coltivate dagli indigeni, essendo interessante, nei paesi primitivi, il rilievo delle specie che, forse da tempo immemorabile, vi si coltivano : a questo proposito piacemi constatare che nel Giardino Coloniale, annesso al nostro Orto Bo- tanico, si esperimentano ora parecchie sorta di piante, coltivate ap- punto al Benadir dagli indigeni, da semi inviati dallo stesso MA- CALUSO : queste piante forse non avranno valore economico, nè po- tranno ssaa con quelle dei nostri orti: ma sono preziosi do- cumenti per la ricerca dell’origine delle piante coltivate, rappre partenti verosimilmente forme ancestrali, meno perfezionate delle nostre. E’ quindi utile studiare queste pure, prima che se risca- no, imperocchè, come è noto, nelle regioni di recente conquista, le specie coltivate dagli indigeni, dopo pochi anni, cia il luogo a varietà importate, economicamente migliori. Ho infine riportato, per molte specie, i nomi volgari raccolti dal MacaLuso : questi possono avere una duplice importanza : bo- tanica, per istabilire la recente importazione di specie apparentemente indigene: etnografica per confermare i reciproci rapporti consanguinei delle varie popolazioni che abitano l'Africa orientale. Tuttavia noto che questi nomi indigeni hanno sovente un valore molto rela tivo, non i essendo esclusivi di quella data specie, ma la potendosi applicare in molti paesi, l’HMibiscus esculentus, viene al Ben A anche a ben tre altre specie di Hibiscus, affatto distinte dall’escu lentus. Ciò dimostra come colà, a questo nome, si sia data una comprensione più generica che s ca. Ecco intanto l’enumerazione delle prime cento specie identifi cate, fra quelle raccolte dal MacaLUso. Non credo essere caduto in au ma, se tuttavia fossi incorso in qualche inesattezza, lo si a- a allo scarso materiale di confronto ed illustrativo avuto a mia Siino ed al non aver ricorso a specialisti per la conferma delle determinazioni, nonchè allo stato deficente di aio dei saggi agitati TIFACEE 1. Typha slang e . Sp. pl. I. 971. DuRAND et ScHINZ, Consp. Afr. V. 471. Browx, in OLIV. Flor. trop. Afr. E 100, ENGLER, in PiroTT. Ann. Ist. Bot. Rom. TL 19.var. VIA RoHRrB. in Verhand. Bot. Ver. Brandenb. XI. Local. Isola degli di (Goscia): 4. IX. 1907 (n. 165). Pianta palustre, abbondante lungo le rive nel Giuba : si incontra anche abbondante sullo Scebeli, nel territorio di Merca. Nom. volg. Dahar NAJADACEE. 2. (ymodocea ciao murata ex ASCHERS. in Sitzb. Ges. Na- vrf. 1867. 3. DurAND et Scuinz, Consp. Flor. pa ; 5 BENNETT, in OLIV. Flor. trop. Afr. VII. 229. Local. Makase (Brava): 25. VII. 1907. Presso la costa, a poca profondità. i 3. Cymodocea isoetifolia, Ascuers. in Sitzd. Ges. Naturf. Fr. IA 1867. 3. DurAND et ScHInz, Consp. Flor. Afr.v 501. BeNNETT, in OLIV. Flor. trop. Afr. VIII. 229. cs NGLER, in PrrotT. Ann. Ist. Bot. Rom. VII. 13. Local. Gonderscia (Merca): 26. VI. 1907. Presso la costa, a poca profondità. GRAMINACEE. 4. Saccharum spontaneum, L. Mart. 2. 183. DURAND et ScHINZ, Consp. Flor. Afr. V. 694. Local. Giumbo (Goscia): 30. VIII. 1907 (n. 175). Abbondantissimo lungo le rive del Giuba e dell’Uebi Scebeli: raggiunge l’al- tezza di 3 metri e più. Nom. volg. Dum. Osserv.I nostri esemplari si erro maggiormente alla subsp. indicum, Hack. (in D. Prodr. contin. VI. 114), non ancora riscontrata in Poe che alla subsp. aegyp- tiacum, HAcK., cui vengono ascritti tutti gli esemplari di provenienza africana. Ciò attesta sempre più la stretta a- nalogia che esiste fra la flora somalense e quella indiana. I villi poi involucranti sono assai più lunghi che in tutti i saggi, da me veduti, di altre provenienze. 5. — Sorghum, Bror. Flor. Lusit. I. 88. var. hale- nsis (L.) HAcKEL, in D.C. Prodr. contin. VI. 501. Dn HIov. in PiroTT. Ann. Ist. Bot. Rom. VII. 60 Local. Rasa 24. VIII. 1907 (n. 160). miei nei sti d’acqua e lungo le rive del Giuba. Nom. aci Macadei. 6. Panicum colonum, L. Syst. veg. X. 870. DuRAND et ScHINZ, ‘onsp. Flor. Afr. V. 742. CHIov. in PrrotT. Ann. Ist. ot. Rom. VI. 165. Local. Giumbo (Goscia): 3. IX. 1907 (n. 167). Nella piana. Nom. volg. Os-curtumole. . Panicum ii L. Sp. pl. 56. DURAND et ScHINZ, Consp. Flor. Afr. 744. CHiov. in PiroTT. Ann. Ist. Bot. aa VI. a Local. Giumbo (Goscia): 18. VIII. 1907 (n. 166). Nella piana. Nom. volg. Os-sugùl. 8. Chloris virgata sg SraPF, in THiseLtox DyER, Flor. ‘ap. VII. 641. Chloris multiradiata, HocWsT. in Flora. 1855. 204. DURAND et ScHINZ, Consp. Flor. Afr. V. 861. CHiov. in PrrorT. Ann. Ist. Bot. Rom. VI. 170. Local. Terda (Goscia): 22. VIII. 1907 (n. 162). Abbondantissi- ma ovunque : in luoghi freschi raggiunge l’altezza di 80 centm. e più. Nom. volg. Os-anole. 9. Eragrostis ciliaris, Link. Hort. bot. berol. I. 192. DURAND et ScHnz, Consp. Flor. Afr. V. 881. CHrov. in PrroTT. Ann. Ist. Bot. Rom. VI. 172. Local. Giumbo (Goscia), 3. IX. 1907 (n. 170). Si riscontra tanto une che nella piana. Lis sirg Os-ghelufei. 10. Cenchrus ciliaris, L. Mant. plant. II. 320. Pennisetum ci- liare (L.) Link. Hort, Berol. I. 213. DuranD et ScHINZ, 90 Ù Ò z oa Consp. Flor. Apr V. 775. Chiov. in PirotT. Ann. Ist. ot. Rom. Loca]. Giumbo iboscia): 99. 30 VIII. 1907 (n. 161. 174). Abbonda nella piana, ed anche quà e là sulle dune. Nom. volg. Os-geret ed. Os-demer. Osserv.I nostri esemplari, per avere fusto lignescente alla base, e molto ramoso in alto, potrebbero paragonarsi al Penni- setum polycladum, CÙHiov. (1. c. 167), ma le glume, as- sai dissuguali, escludono possa trattarsi di tale specie. 11. Phragmites vulgaris (Lam.) Crep. Man. fl. Belg. IL. 345. URAND et ScHINZ, Consp. Flor. Afr. V, 876. Local. Giumbo (Goscia): 14. IX. 1907 (n. 163) Palustre, abbon- antissima ovunque, nei luoghi dove si trova acqua. Nom. volg. Dila, e Delè a Kaitoi nel territorio di Merka. PALME. 12. Phoenix reclinata, JAcQ. Fragm. I. 27. t. 24. DuRaND et HINZ. Consp. Flor. Afr. v. 455. WRIGHT, in OLIV. Flor. trop. Afr. VIII. 103. Local. Giumbo (Goscia): 15. IX. 1907 (n. 157). Abbondantissi- mo lungo le rive del Giuba. Nom. volg. Meidé. 13. nido bemgpe ice? Brcc. in Ag gricolt. Colon. TI. 1908. Local. fto a sn di abgtin (Goscia) : 1907 (soli frutti). Nom. volg. Osserv. Il dacia cita 1 H, Sai Lie da micra come probabilmente spettan na varietà della phaene ifera, BEcc. vas halo invece, della Pi ocalità, sono ascrivibili alla Hyphaene benadirensis, BECC., specie tuttavia assai affine a quella. Forse crescono en- rambe promiscuamente. Il nome poi volgare Bar, che il BECCARI cita come proprio dell’Hyphaene sphaerulifera, h C.. Var, gosciaensis, Becc. +3 Seconi e indicazioni che accompagnano i nostri esemplari, viene dato, nella Soma- lia, indifferentemente a tutte le forme di Myphaene. ni pieno agisci Becc. in Agricolt. Colon. II. 1908. 167. * ni i a Local. Giumbo (Goscia): 1907 (soli frutti). . Nom. volg. Bar Hb. aj È osta Brcc. in Agricolt. Colon. II. 1908. 17 Local. una vl (Zona litoranea): 1907 (soli frutti). Nom. volg fa Fupbanio ra Becc. in Agricolt. Colon. TI. 1908. 172. Local. dino (i 1907 (soli frutti). Nom. volsg. Osserv. ll dea cita questa specie solo. per il British East Africa, al di là dei confini della nostra colonia. Ritengo tuttavia sicura la determinazione, imperocchè i frutti, rammentanti la forma dei Lycoperdon, corrispon- dono esattamente alla descrizione ed alla figura data dal BeccARI: noto però che la loro superficie è minutamente granulosa, ed il loro colore esterno è bruno nerastro: forse potranno costituire una varietà, lievemente distinta. GIGLIACEE. 17. Gloriosa Vieri, LIDL. Bot. iva, g- t. 2539. BAKER, in OLIV. 1 lor. trop. Afric. VII. Local. Giumbo (Goscia) : IX. tesi (n. 190). Rampicante, nelle boscaglie delle dune e della piana: si nota anche nel ter- ritorio di Brava e di Merca Nom. volg. Banari. Osserv. ExGLER (in PrrottT. Ann. Ist. Bot. Rom. IX. 243.) cita per la Somalia due varietà di questa specie, princi- palmente caratterizzate per le foglie molto strette: gli e- semplari Benadiriani invece hanno foglie assai larghe, po- tendosi di conseguenza avvicinare alla varietà platyphyl- la (KLOTZSCH) Duranp et SCHINZ, regi Flor. Afr. a 417. ia WiLLp. Sp. piani H.- 102 Biiad i OLIv. Flor. trop. Afr. VII. 434. var. Ruspolii, ExcL. in PirorTt. Ann. Ist. Bot. Rom. IX. 245. — «—»— wo 9a Local. Giumbo (Goscia): 10. IX. 1907 (n. 71). Arbusto frequente nelle boscaglie delle dune. Nom. volg. Urunlei o Ergiek. AMARANTACEE. 19. svi lanata, Juss. Ann. Muss. II. 131. MoqQuixn, in D.C. rodr. XAIT.-H. 308. Local. Pd (Goscia) : 22. VIII. 1907 (n. 92). Abbondante su tutte le dune, anche del territorio di Brava. Coltivata e fiorita, da seme originale, nel R. Giardino Coloniale di Palermo. Nom. volg. Fusi-fusi, Cisasi a Brava, NICTAGINEE. 20. Boerhavia vulvarifolia, Por. una = 55. Enet. in Pr- ROTT. Ann. Ist. Bot. Rom. IX. Local. Giumbo (Goscia): 9. VIII. 1907 "E 147). Comune nella piana e nelle dune. Nom. volg. Dedepto. NIMFEACEE. 21. pigri guai L. Sp. pl. I. 511. Ourv. 2. n Afr. . DUR. et ScHInz, Consp. flor. Afi Local. ao dii 22. VII. 1907 (n. - Serna in tutti i luoghi paludosi della colonia, specialmente a So- blalle, nel territorio di Brava Nom. volg. Mungiù o Bocore. CAPPARIDEE. 99, e ia (L.) D.C. Prodr. I. 238. OLIV. Flor. trop 84. numi pentaphylla, ScHR. in Rorn, sa pri Mag. bot. III 10. Grue, in Pir. Ann. Ist. Bot. Rom. VI. Ù Dur. et ScHINZ, Consp. flor. dAfri L 164. Local. Margherii (Goscia) : 23. VII. 1907 (n. 107). Abbon- n nei dintorni del Giuba. Coltivata e fiorita, da me originale, nel R. Giardino Coloniale di Palermo. Nom. vo ol g. Mungo-mungo. Osserv. n nome generico Podicettbria; godrebbe della priorità su quello di Gynandropsis, ma deve essere ripudiato, in os- servanza all’art. 20 delle Regole della Nomenclatura bota- tica internazionale. 23. Capparis galeata, FrESEN. in Mus. Senck. II. 3. OLIv. Flor. trop. Afr.. I. 96. DuRr. et ScHInz, Consp. flor. Afr. Local. Giumbo (Goscia): 10. IX. 1907 (n. 52). Arbusto di un metro e mezzo o eni nelle zone calcaree. Nom. volg. Boro 0 Du 24. Boscia somalensis, GrLG, in Pir. Ann. Ist. Bot. Rom. VI. 91. ESTAL. in Bull. Boîss. VI. app. II. 134. Dur. et ScHINZ, Consp. at Afro 42, Local. Giumbo (Goscia): IX. 1907 (n. 29). sa ianiscetio delle e, alto circa metri uno e mezzo: si riscontra anche se dun Nom. volg. dan ) Lig LEGUMINOSE. 25: Dichrostachys nutans, BextH. in Hook. Journ. Bot. IV. 353. OLIv. Flor. trop. Afr. II. 333. HARMS, in PIROTT. Ann. Ist. Bot. Rom. VII. 86. Local. Lai (Goscia): 2. IX. 1907 (n. 63). Abbondante nel bacino del Giuba, ed anche nella piana (Awai) del ter- È ritorio di Brava. Nom. volge. Dik-dar. 26. Acacia per WiciD. Sp. pl. IV. ‘1085. OLiv. Flor. trop. ; -Harms, in Prrort. Ann. Ist. Bot. Rom. Local. Torda Wa 29 VII. 1907 (n. 67). Albero dil media - abbondantissimo lungo la carovaniera iulle- Torda. Si riscontra anche nella carovaniera greggi nel territorio di Brava. Nom. vole. Dugar 0) DEE 97. Alan tortilis, Hiviai Arzn. IX. 81. Our. Flor. trop. Afr. Local. pre (Goscia): 8. IX. 1907 S. 68). Albero, ‘con chioma’ Ss ad ombrello, abbondantissimo ovunque: sulle dune del territorio di Brava raggiunge i 10 m. e più di altezza. Nom. volg. Agap. Osserv. urea specie sostituisce in Somalia, quale vicariante, l’Acacia planifrons, W. A. della vicina penisola Indiana. 28. Acacia Macalusoi, mini. Arbor Facaglis cortice cinerea, pube- rula, fulvo lenticellata, aculeis tribus, infrastipularibus, brevibus, basi ampliata, lateralibus erectis, mediano in- curvo, nigrescentibus : foliis 8-12 jugis, rbachidi puberula, basi glandulam cyatiformem, stipitatam, ferente: foliolis 20-25 jugis, oblongis, obtusis, supra viridibus, glaucescen- tibus, subtus pallidis, cinereo-tomentosis, pilis. flavidis longioribus, 4-5 mm. longis, 1 mm. latis: spicis axilla- ribus, solitariis, folium aequantibus, cylindraceis, pedun- culo longiusculo, puberulo, 60-80 mm. longis, 12 mm. superantibus, staminibus infinitis, longe exertis : legumi- nibus longe pedunculatis, plus minus erectis, late lineari- bus, planis, compressissimis, subfalcatis, basi breviter a- cutis, apice rotundatis, acuminatis, + pena ‘sog ; ) glaucis, 14 centm. et ultra longis, 20-25 mm. ; Local. dino (Goscia): 3. IX. 1907. (n. 65). pata Pi alto fusto : cresce anche sulle dune di Merca e di Brava Nom. volg. Dammal. Osserv. Appartiene certamente al gruppo dell’ Acacia Vereck, UILL. PERR. ma da tutte le specie affini, a me note, differisce ci per il numero delle foglioline e per la forma assai caratteristica del legume. Dedico poi questa specie all’ottimo Dottor CESARE MacaLuSO, ; rae- coglitore delle piante che formano oggetto alla presente nota. 29. Tamarindus somalensis, mIHI. Arbor..... leguminibus fusco ci- | nereis, brevibus, fere rectis, cylindraceis, non compressis, nec costatis, saepissime torulosis, cortice duriuscula, ex- | fus minutissime granulata, 10 centm. longis, nec ultra, 2-3 centm. latis: seminibus ellipticis vel rotundatis, com- ressis, rugulosis, fusco - rubenti tibus, 13 mm. longis, _15 mm. latis. Locali Giumbo , (Godi): IX. 1907. (n. 33). Abbondante in tutti due i sn dello Scebeli e del Giuba. «Nom. volg. Raghai. Osserv. LA ge gli adipe in nostro possesso sieno in- completi, per quanto riguarda le foglie, e manchino affatto di fiori, pure la forma dei frutti e dei semi è così carat- teristica, che giustifica la loro individualizzazione in entità specifica distinta. I frutti del Tamarindo dell’Eritrea (1) sono toto coelo diversi, e credo che anche quest’ ul- timo, possa esser tenuto distinto, tanto da quello del Be- nadir quanto da quello delle Indie. Qui pure, a mio pa- rere, si tratta di forme geografiche, locali, ben caratteriz- zate, ‘che errore sarebbe volere riunire in una sola 30. Cassia corone L. Sp. pl. 539. OLIv. Flor. trop. Afr. dI . HARMS, in PiroTT. Ann. Ist. Bot. Rom. VII. 87. Local. Tao (Giadia): 1. VIII. 1907 (n. 101). Abbondante nelle vicinanze del Giuba. Nom. volg. Ghed-demer. > 31. Cassia abbreviata, OLIv Flor. trop. Afr. II. 271 Local. Giumbo (Goscia): 8. VIII. 107 (n. 62). ro alto circa metri; cresce sulle dune, anche nel territorio di Brava, ‘ nella strada Kalankal-Makase Nom. volg. Unnè 0 Rabai. 32. Cassia zambesiaca, dra Flor. trop. Afr. II. 280. Local. Torda ( (Goscia) : . 1907 (sine numero). Coltivata e Lo0b1 nel R. ente Poidiliate di Palermo, da semi Nom. vo sa g. ngn" 33. Parkinsonia aculeata, L. Zort. Cliff. 157. 13. OLiv. Flor. # (1) Tamarindus erythraeus, mini. Arbor.... leguminibus vo-rubiginosis, elongatis, falcato-incurvis, compresso applanatis, RA. alte costatis, nunquam m torulosis, cortice tenui, piva laevi, subglabra, 15-20 o longis, 3 centm. latis: seminibus elongatis, longe triangularibus, fere dentiformibus, parce compressis, laevibus, nitidis, 15 mm, longis, 8 mm. latis. Inter Adi Baro et Mai Albo, Erythreae, Sopeti 1906, legit L. SENNI, — trop. Afr. pre 267. HARMS, in PiroTT. Ann. Ist. bot. Rom. VII Local. Giumbo ORO 15. VIII. 1907 (n. 69). Introdotta dagli inglesi a Jonte: anche a Mogadiscio : vegeta splendida- mente in terreno sabbioso. 34. Caesalpinia pulcherrima, Sw. Obs. 166. OLIv.. Flor. trop. Afr. Il. 262. Local. Jonte (Goscia): 8. VIII. 1907 (n. 66). Coltivato dagli inglesi nella riva destra del Giuba. Nom. volg. Mallinnì. 35. Caesalpinia capiti RoxB. Flor. Ind. II. 357. OLIvV. Flor. trop. Afr. Local. Giumbo ai i 1907 (n. 3). Alberello abbon- dante nel bacino del Giuba. Nom..volg. Gurunguriu. 36. Crotalaria retusa, L. Sp. pl. 1004. BakER, in OLIV. Flor. trop. Afr. II. 13. HARMS, in PrroTT. Ann. Ist. Bot. Rom. VI. 89. Local. Torda (Goscia) : 22. VIII. 1907 (n. 114). Abbondantis- sima in tutte le piane della Goscia. Coltivato e fiorito, da. seme originale, nel R. dino Coloniale di Palecno: Nom. volg. Sciuruf-riuruf. ( Robbie a Giumbo). 37. Tephrosia nubiea (Borss.) BAKER, in OLIV. Flor. in Afr. D. Local. Giimbo (Goscia): 9. VIII. 1907 (n. 149). Nelle dune e ‘nella ds Si trova anche nel territorio di Merca e di Nom. vo 1 g. I ed Uan-erì. 38. Sesbania cena, (L.) BAKER, in Hook. Flor. Brit. ua 15. var. eoecinea, BAKER, l. c. Local. du (Goscia): 8. VIII. 1907 (n. 70). Trovasi anche a Jonte, riva destra del Sa: Probabilmente introdotta agli inglesi. —- ‘Osserv. Meg indicata recentemente dal CHIOVENDA (in Pr- . Ann. Ist. bot. Rom. VIII. 423) per l’Eritrea, du- tati vamente come spontanea : forse, diffusa dagli iagloni | nei loro possedimenti, si va naturalizzando nelle regioni limitrofe. 39. tari Lia Der. Prode. II. 265. BAKER, in OLIv. rop. Afr. II. HARMS, in PiROTT. Ann. Ist. Bot. pi > 93. Local. Giumbo (Goscia): IX. 1907 (n. 41). Alberelli di 3 m. circa, abbondanti nelle vicinanze del fiume Giuba ed anche nella piana. Nom. volg. Bal. 40. Sesbaria gita D. C. Prodr. II 265, OLIv. Flor. trop. Afr. 135. Harms, in PiroTT. Ann. Ist. Bot. Rom. VILié » Local. Giumbo (Goscia): 8. VIII. 1907 (n. 137). Erbaceo, ab- bondantissimo nelle piane del Giuba e dello Scebeli: rag- giunge in alcuni punti i m. 2.50 di altezza. Coltivato e fiorito, da seme originale, nel R. Giardino Coloniale di . O) 3 Palermo. Nom. volg. Ghed-gajan. Al. Clitoria albiflora, xtHI. Herba humilis, caule volubili, tenui, ongitudinaliter sulcato, adpresse strigoso-pubente : fo lis 5 - foliolatis, stipulis lanceolatis, stipellis lesiniformibus, brevibus, petiolo longiusculo, foliolis ovatis, acutiusculis mucronatis, basi rotundatis, glaucescentibus, subtus pil raris, praecipue ad nervos, «conspersis, ciliolato- scarsi is » (o ps (o da B' d =) iò ] bi Ri. n 8 a (ne) Di = 7 ti papuloso pilosiusculis, sinubus glandulosis, supra macula obscura evanescente notato, basi urceolato, intus mellifero, voso, intus medium macula citrina notato, concavo, parce expanso, lobis lateraliter cucullatim convergentibus, 35 mm. longo, 20 mm. lato : alis brevibus, convergenti- crassatis, eveniis, valvis. planibus, testaceis, parce ug os extus tectis, apice longe rostrato, 60-80 mm EUFORBIACEE. » “1 ; ROME, sagra i: Flor. segui. Arab. 94. Pax, i Bot. 1 Local. rt pr 9 = VII. 1907 n 113). Comune. Nom. volg. Ghed-Anole. 48. Euphorbia Lemaireana, Borss. in D.C. Prodr. XV. 2. 81. Local. Giumbo snagpd 1907 (n. 179). Nom. volg. Ka 49. Euphorbia senta BaLFr. in Proc. Roy. Soc. Edimb. RIL::936 Local. Giumbo (Goscia): VIII. 1907 (n. 81). Albero molto ra- ificato, con foglie carnose: trovasi anche nelle dune di Tua e Brava Nom. volg. Domòk. 50. Tragia rr L. Sp. pl. 980. var. cannabina, MuLL. ARG. in D.C. Pradri XV. 2. ws PAx, in PIROTT. Ann. Ist. pai Rom. VI. 184. Local. Giumbo (Goscia): 4. IX, 1907 (n. 90). Abbondantissimo tanto nelle dune che nella piana: si trova anche nei ter- | ritorii di Merca e di Brava. Il fusto e le foglie sono ri- coperte di peluria che irrita la pelle, appena ne viene a contatto. * Nom. volg. Anania. 51. Phyllanthus me L. pr sa 1392. Pax, in PIROTT. Ann. Ist. Bot Vi Local. bimbo rendi 26- pa VII 1907 ti 103. 109). die nuale, erbaceo, abbondante sulle dune e nella piana. Col- tivato e fiorito, da seme originale, nel R. Giardino Colo- niale di Palermo. Nom. volg. Muriole. 52. nt salnania, PoHL, Picnt bras. I. 32. Muri. Arc. i n D.C. Prodr. XV i o Local. pri (Coscia): x “vii 1907. (n. 82). Coltivata, non estesamente, in tutti e due i bacini dello Scebele ‘e del Giuba. Nom. volg. Moògo. DETTE RT MR, SPERARE DI METEO, SIE TI somalensis, MIRI. Arbor elata, dioica, ramulis fuscis, . teretibus vel parce sulcatis, glabris, lenticellatis : foliis al- ternis, parviusculis, coriaceis, longe petiolatis, petiolo a- pice minute biglanduloso, ovatis, vel ellipticis, basi obtu- siusculis, apice rotundato vel attenuato, crenatis, glaber- rimis, subtus pallidioribus, penninervibus, mervis secun- dariis utrinque latere 6-8, petiolo 13-14 mm. longo - longo, 25-30 mm. lato: stipulis lanceolatis, parvulis: floribus minutissimis, m is ad ax n latis, concavis, obtusis, Fl siii, pallide margina- i inoso-resinosis, tardius persistentibus, dense imbri- catis, demum subdistantibus : calyce fere nullo, obscure 3-fido : staminibus 3, in centro floris liberis, filamentis longiusculis, antheris didymis, loculis separatis, diver- pa ovarii rudimento nullo : floribus foemineis.....: fructibus...... Local. Ansa (Gods): VII. 1907. (n. 18). Albero alto 8-10 m. abbondante nel bacino del Giuba, con fusto contenente tice. Nom. volg. Uarancole. Osserv.—Credo potersi ascrivere con certezza al genere Apo- rosa, per i caratteri dei fiori maschili, quantunque man- chino tanto i fiori femminei quanto i. frutti, escludendo ia comprendersi nel genere Antidesma, di Pa una ie fu già segnalata per la Somalia. Fin qui tutte lo specie conosciute di Aporosa sono della Regione ine alesica, ma non deve sorprenderci .1’ esistenza di una specie anche nell’Africa orientale, sapendo quali stretti rapporti congiungono le due flore, tanto più che .i loro frutti, drupacei, possono essere con facilità portati a di- stanza dagli uccelli. AMPELIDEE. 54. Cissus quadrangularis, L. Mant. 39. Vitis quadrangularis Wal. Cat. 5992. Baker, in OLIV. Flor. ss Afr. I. 299. Local. Giumbo (Goscia): 10. IX. 1907. (n. 91). Abbondantissim 0 nelle pony delle dune e della piana. Nom. volg. Uassilà 55. Cissus tenuifolia, HrynE in WALL. Cat. 6022. PLanoH. in rodr. Contin. V. 563. Local. Gino (Goscia): 8. VIII. 1907 (n. 144) rampicante. Nom. volg. Armilloi. Osserv. — Specie solo indicata per 1’ India: la sua presenza in Somalia, è prova della affinità che passa fra le due flore. TIGLIACEE. .- Trinmfetta cpv anivi JacQ. Enum. pl. Caraib. 22. Mast. in OLIV. Flor. Trop. Afr. I. 257. ScHum. in PIROTT. Ann. Ist. bot. Rom Local. Giumbo (Goscia): 28. VII, 1907. (n. 131). Abbondante specialmente nelle dune. Callivsio e fiorito, da seme ori- ginale, nel R. Giardino Coloniale di Palermo. Nom. volg. Os-Aran. . Grewia reca WiLLD. in NEUE. Sehrift. Gesellsch. Berl. 205. Mast. in OLIv. Flor. trop. AfreI.°2 Sc. in Pirort. Ann. Ist. bot. Rom. VII. 33. Local. Giumbo (Goscia): IX. 1907. (n. 32). Grosso i frequente : si riscontra anche nel territorio di Brava Nom. volg. Chebesch 58. ('orchorus Sercagoi L. Mant. 77. MastERS, in OLIV. Flor. Trop. Afr. I. 262. Local. Coumma (Gocia): 24. VIII. 1907. (n. 115). Abbondante: cresce pure a Kaitoi nel territorio di Merca, ed Awai, nel territorio di Brava. Nom. volg. Ghed-Madi. MALVACEAE. 59. guroe rape (GuILL. et Pesi Masr. in OLIV. Flor Afr.I. 183. Ab. intermedium, HocHsr. in Scenes, — tr. flor. “Aeth. 49. Local. Torda (Goscia): 22. VII. 1907. (n. 117). Abbondantis- simo ovunque, da Mogadiscio a Giumbo e da Kaitoi nello fato a a i | Scibeli a Gelid nel Giuba. Coltivato e fiorito, da seme o- riginale, nel R. Giardino Coloniale di. Palerano! Nom. volg. Balambal. 60. ser e L. Sp. pl. 695. HocHR. Ann. Cons. Genèv. H. sinuatus, Cav. Diss. II. 147. t. 52.f.2. Local. ui (Gioagiali 22. VIII. 1907 (n. 54). Trovasi lungo la strada Giumbo-Torda. Coltivato e fiorito, da seme ori- ginale, nel R. Giardino Coloniale di Palermo. Nom. volg. Bahamia. Osserv. Specie fin qui non indicata per 1’ Africa RA quan- tunque frequente in Madagascar, nelle Indie, a Malesia ed in Australia. Ciò conferma l’affinità della ara soma- lense con la flora indiana. 61. ur Sage WILLD. Enum. pl. hort. Berol. 736. MAST. . Flor. trop. Afr. I. 201. H. Surattensis, L. var. e HocHR. Ann. Cons. Genèv. IV. 112. var. microcarpus, MIHI. A typo praecipue differt pe- dunculis brevioribus, corolla parva, intense flavida, cap- sula inclusa, calycis multo breviori. Local. Giumbo (Goscia): 3. IX. 1907 (n. 55). Assai abbondante Coltivata e fiorita, da seme pn nel R. Gia rdino Coloniale di Palermo Nom. volg. Bahamia. _Osserv. Essendo l’Mibiscus surattensis, e le specie ad esso affini, assai variabili, non ho creduto dover distinguere questo come specie nuova, quantunque abbastanza si dif- ferenzii dal vero furcatus. 62. Hibiseus uso L. f. Suppl. 308. MastERSs, in OLIV. op. Afr. I. 205. HocHR. in Ann. Cons. Genèv. IV $ Local. Giumbo (Goscia): 27. VII. 1907 (n. Lia Frequente to nelle dune che nella piana. Nom. volg. Bun-iri. 63. ea gioie L. Sp. pl. 696. MastERS, in OLIV. Flor. Trop. Afr. Lacaf Giumbo ds: 1. IX. 1907 (n. 56). Coltivato quà e là, anche a Mogadiscio, Merca, Brava, Gobuin, dagli a- rabi, ma non dai somali. m. volg. Bahamia. 64. A incana, Cav. Diss. IL. 83. t. 35. f. 3. MastERS, in OLIV. Flor. trop. Afr. Local. Gitbo (Goscia) : I IX. 1907 (n. 156). Nella piana. Nom. volg. Balambal. 65. Phvapenla Danis, OLIv. in Hook. Je. pl. t. 1336. GARCK. in . Gart. Berl. II. 337 Local. 6 (Goscia) : VIII. 1907 (n. 19). Albero di media taglia, cresce nelle boscaglie delle dune e della piana: fiori giallo > con petali ruvidi ed assai ispessiti. Nom. volg. Cobo 66. Gossypium barbadense, L. Sp. pi. 693. MASTERS, in OLIV. Flor, Trop. Afr. I. 210. Local, Torda (Goscia): 22. VIII. 1907 (n. 89). Coltivato. STERCULIACEE. 67. RA americana, L. Sp. pl. 673. Mast. in OLIV. Flor. > Afr. I. 235. ScHum. in PIROTT. Ann. Ist. Bot. fi . VIL Local. Gianibo esi 26. VIII. 1907 (n. HA das trova tanto nelle dune, che nella piana, vicino al Giu Nom. Volg. Fit-ginni. PASSIFLORACEE. 68. sa aculeata, (OLIv.) ExGL. Bot. Jahrb. XV. 572. HARMS, ROTT. Ann. Ist. Rom. VII. 98. Local ambo Tore (Goscia) ; VII. 1907. (n. 4). Nelle boscaglie delle dune e della piana del Giuba. Nom. volg. Gurunlè 0 Agirot. . LITRARIEE. 69. Ammannia senegalensis, LAamk. I22ustr. I. 812. var. mul- tiflora, (RoxB.) HrerN, in OLIV. Flor. Trop. Afr. Il Local. (Hiaimbe (Goscia): 10. IX. 1907 (n. 152). Abbondantis- sima in luoghi paludosi. Nom. volg. Agatter. E TR SE: PAIR BOE IE EOETASN TE SORT ROLO BLATTIACEE. 70. Sonneratia E. L. fil. Suppl. 252. Hiern, in OLIV. Flor. trop. . var. mosambicensis, (KL.) MIHI. Local. Giunto (Go oscia): IX. 1907 (n. 27). Albero alto circa 6 metri, sibonizate lungo le rive del Giu Nom. volg. Ghet Osserv. Credo L° paz abeti già saggrarne quale specie dal KLOTZscH (in PETERS’ Mossamb. Bot. 66, t. 12), suffi- centemente distinta da ae: ioni per costituirne una buona varietà geografica. LECITIDEE. eL Spi ee racemosa, RoxB. Hort. Beng. 52. Lawson, in . Flor.. trop. Afr. II. 488. Local. di (Goscia): 8. IX. 1907 (n. 51). Si riscontra quà e là lungo le rive del Giuba. Nom. volg. De-Quen. OMBRELLIFERE. 72. Foeniculum capillaceum, GiLiB. Flor. Lithuan. IV. 40. Local. Giumbo (Goscia) : 29. VIII. 1907 (n. 129). Si nota ra- ramente in qualche posto d’acqua. 73. Carum copticum, BextH. et Hook. Gen, plant. I. 891. HIERN, in OLIv. Flor. Trop. Afr. II, 12. Local. Giumbo (Goscia: 8. VIII. 1907 (n. 141). Abbondante nella piana, raro nelle dune. « Nom. volg. Gummur-hurtui. GENZIANACEE. 74. Ernicostemma lla N. E. Browx, in OuIv. Flor. trop. Afr. IV..I. 564. Local. Giumbo ua 1907 (n. 123). Si nota quà e là sen dune e nella piana. Nom. volg. Esòle. APOCINEE. 75. Carissa edulis, VAaHL, Symb. I. 22. SraPr. in OLIVv: Flor. Trop. Afr I. 89. Local. Torda (Goscia): VIII. 1907 (n. 2). Arbusto spinoso, ab- bondantissimo Fx boscaglie. Nom. volg. Or-Gab 76. Landolphia Petersiana, DvER, in Xer. vate 1880. 42. STAPF, in OLIV. Flor. trop. Afr. IV. Local. Giumbo (Goscia): IX. 1907 (n. 21). Ranpite abbon- antissimo nelle boscaglie lungo le rive del Giu Nom. volg. Argole 77. Adenium coétaneum, StAPF, in OLIV. Flor. trop. Afr.. IV. I. 227 Local. Giumbo (Goscia): 12. IX. 1907 (n. 53). Arbusto a fusto tozzo e piuttosto grosso, molto ramificato, alto un metro e mezzo circa. Nom. volg. Agon o Sen-Sciup. ASCLEPIADEE. 18. rela congnii ATT. porn _Kew. 2. II 78. Brown, in LIV. Flor. trop. Afr. . I. 294. ScHom. in PiroTT. vas Ist w Rom. VI di 38. Local. Giumbo (Goecia}i 1907 (n. 187). Fisenagn spe- cca sulle zone littoranee della Colonia Nom. volg. B CONVOLVULACEE. 79. Ipomoea Macalusoi, mtHI. Perennis, lignosa, alte scandens, stolones bimetrales et ultra ferens, caule pallido, parce puberulo, foliis longe petiolatis, petiolo villosiusculo, mm. longo, ovato-rotundatis, breviter acutis, mucronatis, basi ample ss integris, glaberrimis, subtus minutis- sime atro-punctato-glandulosis, 110 mm. longis, 140 mm. latis ; floribus axillaribus, laxe cymosis, cyma subsessili, peas gracilibus, 18 mm. longis; calyce sepalis latis, oblongis, obtusis, anguste membranaceo- -marginatis, dorso ninutissime sola apice creo 15 mm. lon- gis, 10 mm. tati Aivorla i speviosa, ni laete aurantiaca, rubro-marginata, calyce triplo vel qua- druplo torta glabra, lanoso-ciliata, ad 60 mm. et ultra longa, staminibus filamentis basi dense lanatis: capsula....: seminibus globoso-angulatis, obscuris, minutissime, prae- cipue ad basin, adpresse flavo puberulis, 7 mm. longis, 5-6 mm. latis. Local. Giumbo (Goscia) : 3. IX. 1907 (n. 80). Rampicante co- mune in tutte le zone delle dune, da Merca a Giumbo, e probabilmente anche per le dune interne di Mogadiscio. Nom. volg. Gheresiat, a Giumbo, Ghulbani, Bissigh, a Mo- gadiscio Osserv.—Dedico questa bellissima specie all’ottimo Dottor CE- SARE MacaLuso, raccoglitore delle piante che formano oggetto alla presente nota. Questa Ipomoea pica nora alla sezione Lejocalyr, ma si differenzia da tutte le altre che BAKER e RENDLE descrivono per 1° A- frica tropicale, rivelandosi così quale specie nuova. 80. an Pescenprae (L.) Sweet, Hort. sub. 2.289. HALLIER, . Ann. Ist. bot. Rom. VII. 281. Ip. biloba, rana ur: Aeg. Ar. Pa BAKER. et RENDLE in OLiv; Flor. trop. Afr. IV. I. 172. Local. Giumbo (Gaga): 12. VII. 1907 (n. 76). Pianta stri- sciante, comune lungo le rive del Giuba, dove forma estesi tappeti verdi, di bellissimo effetto, peri suoi fiori campa- nulati di color rosso granato. Nom. volg. Ararek. 81. Convolvulus mierophyllus, SieBER ex SPRENG. ,Syst. I. 611. AKER et RENDLE in OLIv. Flor - fra IN. LU Local. Giumbo (Goscia) : 10. IX. 1907 iù 156). Afibvpala nella piana, e si trova speso quà e là nelle dune. Nom. volg. Ambole 60. Cesa ei, L Sp pl 1. 28 Bueer et Rexpie in . Flor. trop. Afr. IV. I. Local. Ginbo Sensi 6. VIII. 1907 @ 146). Comune nelle vicinanze del Giuba.. Nom. volg. Perc VERBENACEE. 8 d. pitone gn L. Sp. pl. 110. BAKER in OLIV. Flor. trop. Afr. V.332. Local. Giumbo Puo VIII. 1907. (n. 28). Albero di media taglia, abbondante lungo le rive del Giuba. Nom. volg. Sciovri. 84. Vitex segno dal Sp. pl. 638. BAKER in OLIv. Flor. trop' Local. cx ni VII. 1907 (n. 5). Nella piana del Giuba. Nom. volg. Ghed-Ad, o Ghe-Sciamad. 85. Priva leptostachya, Juss. in Ann. c- Paris. VEE: 0. BAKER in OLIV. Flor. Trop. Afr. V. 285. Local. Torda (Goscia): 21. VIII. 1907 (n. 97). Cresce nella piana ed anche nelle dune. Nom. volg. Deg-degù, 86. Premna resinosa, ScHAUER, in D. So Prodr. XI. 637. BAKER. in OLIV. Flor. Trop. Afr. V. 289. Local. Giumbo (Goscia): IX. 1907 (n. 50). Arbusto frequente sulle dune. Nom. volg. Ghada-ghada. LABIATE. 87. Leueas mierantha, GurKE in EngL. =. XXII. 136. BAKER, in OLIV. Flor. trop. Afr. V, 487 Local. ca (Goscia) 22. VIII. 1907 È 171). Si nota quà e macchie, a -. Coltivata e fiorita, da seme o- duale nel R. Giardino Coloniale di Palermo. Nom. volg. ni rsra SOLANACEAE. 88. Datura alba, NeES. in 7rans. Linn. Soc. 17. 18. Dux. in D.C- Prodr. XIII. I. 541. D. fastuosa var. alba, CLARK. in Hook. FI. Brit. Ind. IV. 243. WrIeHT, in OLIV. Flor. trop. Afr. IV. II. 257. var. africana, mini. A 109 typo praecipue differt foliis majoribus, longe petiolatis, usque ad 28 centm. longis, sinubus inter lobos obtusis, floribus maximis, pedicellis brevioribus, calyce cylind valde longo, ad 8 centm. et ultra, corolla extus glaber- rima, nec ullo modo puberula, ad 18 centm. longa, ca- psula brevissime aculeata. Local. Giumbo (Goscia) : 1907. (n. 188). Abbondantissima ovun- que. Coltivata e fiorita, da seme originale, nel R. Giar- dino coloniale di Palermo. Nom. volg. Bo-oror-giu. Osserv. La Datura alba, NEES. è buona specie, delle Indie O- rientali, ben distinta dalla Datura fastuosa, L., cui viene da alcuni autori riunita. La forma africana poi si dif- ferenzia principalmente per avere il calice più lungo e per la corolla esternamente affatto glabra: ha fiori assai spe- ciosi, di color bianco latteo, sul tardi cangiantisi in bruno RK tal senza cpl ombra di porporino. 89. La nda: Mrers, in Ann. Mag. Nat. Hist. 2. XIV. HT, in OLIV. Flor. trop. Afr. IV. II. 254. Local. Ci. Ga IX. 1907 (n. 46). Cespuglio spinoso, abbondante in tutte le dune : si riscontra a Mogadiscio, Merca, Brava etc. 90. Capsicum abyssinicum, A. RicH. Tent. Flor. e Il. 96. WriGnT in OLIV. Flor. Trop. 4 DI. Local. o (Goscia) : IX. 1907 w 186). Coltivato in pic- a scala in tutta la regione. Nom. sa: Filfil-ghedut. BIGNONIACEE. 91. Kigelia somalensis, mini. Arbor...... fructibus mediis, brevibus, oblongis, subtetragonis, basi plano-truncatis, apice rotun- datis vel brevissime acutis, extus pallide flavescentis, glandulis paucis, nigris, notatis, 15-20 centm. longis, centm. latis: seminibus minoribus, angulosis, griseis, sublucidis, 8 mim. longis Local. Mogadiscio: I. 1908. gar. frutti). Nom. volg. Sag. Osserv. Benchè possediamo soli frutti di questa pianta, pure credo poterla distinguere per nuova, non corrispondendo alle specie note di tal genere, a meno che non risulti i- dentificabile con qualcuna delle specie di Kigelia descritte recentemente dallo SPRANGUE (in OLIV. Flor. Trop. Afr. IVa e seg.) per le quali o non si conosce il frutto, o viene descritto troppo brevemente. Ritengo che qui pure si tratti di forme geografiche, come rilevai per il 7ama- rindus : noto pertanto che il frutto della Xigelia, che cresce nell’ Eritrea (1) è toto coelo diverso da questo, per cui, fino ad uno studio più completo del genere, par- mi razionale tenerle separate. PEDALINEE. 92. Pedalium Murex, L. Syst. X. 1123. SrAPF, in OLIV. Flor. Pop: Afr IV. LE: DAI Local. Torda (Goscia): 22. VIII. 1907 (n. 143). Abbonda nella pianura. Nom. volg. Ca-ghar. ACANTACEE. 98. Blepharis linearifolium, Pers. Syst. II. 180. CLARK. in OLIv. or. trop. Afr. V. 100. Limp. in Prrott! Ann. Ist. ot. Rom. VI. 76. Local. Giumbo (Goscia) : 10. IX. 1907 (n. 154). Specialmente sulle dune. Nom. volg. Jamarug. RUBIACEE. 94. Diriehlaetia Borziana, mini. Frutex, ramis fuscis, glabriu- sculis, floralibus, oppositis, valde abbreviatis: foliis lan- ceolatis, basi longe angustatis, petiolatis, acutis, coria- ceis, margine revolutis, supra scabridis, subtus pu- (1) Kigelia erytraeae, mIHI. Arbor....fructibus maximis, e- longatis, cylindraceis, teretibus, basi longe constrictis, apice acutis, extus valde pallidis, pieeta numerosis, concoloribus notatis, ad 50 centm. longis, 7 centm. latis: seminibus majoribus, api poreetha. opacis, 1. mm. longis. In Erythraea, loco non notato legit L. SENNI berulis ad nervos, 40 1 mm. Res 810 mm. latis, stipu- lis tricuspidatis, vaginam amplam pilosam formantibus : i o floribus in fasciculos terminales ad 9, pedicellis brevibus, tia filiformibus, calyce in fructo unilateraliter accrescente ‘et È cireumeirca expanso, alam subpeltatam, membranaceam, È glabram, rm e 1a a i a coronantem, o 18 mm. lon n Local. Sulla mita de Torda ( (osi VIIL pra (n. 10). Ar- i busto abbastanza frequente ; Nom. volg. Jusciack Osserv. Dedico questa specie al chiarissimo Prof. A. Borzi, direttore del R. Istituto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo. Il genere Dirichletia è limitato alle coste orien- tali dell’Africa, ed alle isole di Socotra e Madagascar :' forma molti endemismi, per vero assai affini, ma sufficien- SI temente differenziati fra loro. A_Madagascar il BAKER e È. lo SCHUMANN ne hanno distinte ben sei forme diverse, a > ' Socotra il BALFOUR ne distinse tre, e sulle coste orien- tali dell’Africa il KLOTZSscH ed il HIERN ne distinsero altre tre: a queste ultime si aggiunge la presente. Si dovranno diffondersi, in causa del loro apparecchio disseminativo 39 areonautico. Questo genere però non è affatto rappresentato nella penisola indiana. CUCURBITACEE. 95. Cuenmis dipsaceus, EgRENB. in NauD. Ann. Se. i 14, XI. 25. HookER in OLIv. Flor. Trop. Afr. II. 543. Local. Giumbo (Goscia): IX. 1907 (n. 189). ant ovun- que : si nota anche lungo la costa e nei dintorni di Mo- Nom. volg. Firari. 96. pasiragin vera Ser. in D.C. io III. 299. HookER Flor. Trop. Afr. II Local. Pda (ian: 1907 (n. asta sal sovente. Col- tivata e fiorita, da seme originale, nel R. Giardino Colo- — niale di Palermo. Nom. volg. Bor-ubo. rice È ACT nà 112 COMPOSTE. 97. Eclipta alba, Hassk. PI. Jav. rar. 528. HrerNn, in OLIv. Flor. trop. Afr. III. 373. Local. Giumbo (Goscia): 9. VIII. 1907 (n. 148). Abbondante® nella piana ed anche sulle dune. Coltivata e fiorita, da seme originale, nel R. Giardino Coloniale di Palermo. Nom. volg. Ghed-agindi. 98. Spheranthus Ligincazionna OLiv. et HIERN, in OLIV. Flor. EL Local. Torda (Goscia): hg a 1907. (n. 108). Nella piana. Nom. volg. Akim-beret. vO, rn Preega: L. Sp. pl. 830. OLIv. et HIERN, in Flor. trop. Afr. III. 439 Local. ra uti 25. VILE: 1907 (n. 183). Coltivato dagli indigeni, ma in poca quantità. Nom. volg. Astur. 100. Dieoma gnaphaloides, mint. Herba elata, ramosissima, ramis purpureis, arachnoideo-lanatis, foliis alternis, linearibus, subspathulatis, minutissime serratis pra arachnoideo- viridibus, subtus albo-tomentosis: capitulis ese brevissime pedunculatis, bracteis linearibus, acuminatis, u spinescentibus, puberulis, albo-marginatis: receptaculo fo-: veolato : achaeniis retrorso-villosis, pappo longiusculo, setis. lumoso-ciliatis. Local. Torda (Goscia): 21. VIII. 1907 (n. 96). Abbondante nella. piana, si riscontra anche nelle dune. Nom. volg. Bisciar. ‘Osserv. Affine alla Dicoma tomentosa, Cav. G. E. MATTEI. Graminacee provviste di nettarii estranuziali. NOTA PREVENTIVA. carso è il numero di Monocotiledoni provviste di nettarii e- stranuziali: secondo i calcoli approssimativi del DELPINO rappre- senterebbero circa un ventesimo del numero totale delle piante mirme- cofile, cioè sarebbero circa 160 specie: fra queste la maggior parte trovasi nelle Smilacee, poi vengono molte Iridee, musi Orchidea, qualche Gigliacea, infine ni specie di Dios ee, Musa- cee, Asparagacee, ed una Emodoracea. Nessuno ve ine viento fin qui la presenza di nettarii pesi nelle Graminacee, anzi per la speciale costituzione di queste piante, era poco a supporsi che ne avessero presentato. Quando alcuni mesi or sono, esaminando piante dell’Eritrea, raccolte «dal Dott. SENNI, fummo sorpresi di trovare in una Graminacea, cioè nell’ Eragrostis Braunii, SHWEINF, all'apice del culmo, in prossimità della pannocchia, un largo sia di colore melleo, che, quantunque si trattasse di esemplari secchi, aveva tutta l'apparenza di essere vero nettario. Esaminatone poi alcune sezioni, ci diedero la reazione caratteristica dello zucchero, ra ancora altre specie sono fornite di nettarii, e, da qualche frase in- clusa in alcune descrizioni, potemmo pure dedurre che anche in diverse altre specie, da noi non viste, probabilmente si trovano ana- loghi nettarii. In queste ricerche, fummo meravigliati nel riscontrare co- me una delle specie più comuni presso di noi, la Eragrostis mega- stachya, Link, sia, fra tutte le congeneri, quella fornita del mag- gior numero di nettarii, localizzati per soprappiù in diverse re- gioni della pianta stessa: però dal ricco materiale di erbario esa- minato, rilevammo che la presenza di nettari in tale specie non è costante in tutti gli esemplari: mentre alcuni ne hanno una straordinaria abbondanza, altri ne mancano quasi totalmente. Ci parve che il loro numero e la loro potenza andasse aumentando negli esemplari provenienti da regioni calde, e fosse quasi nullo in quelli di regioni fredde: anche l’Eragrotis Braunii, SHwEINF., qui coltivata, presentò nettari molto più ridotti a paragone di el riscontrati negli esemplari africani, da cui provenivano i semi. Sul vivo poi tanto in quest’ultima, iano nell’Egrostis megastachya, LINK, potemmo constatare una copiosa secrezione mellea a con- ferma id quanto ci avevano rivelato le reazioni microchimiche Giova perciò esaminare nell’ Eragrostis megastachya, L1ixk, in quali regioni sono localizzati i nettarii estranuziali. Queste re- gioni sono almeno sei o sette, tanta è la potenza mellifera in al- cuni esemplari di detta specie. Anzitutto nei nodi caulini, subito sotto alla guaina, si trova sovente un anello millifero : questo varia di a ampiezza e di potenza, non 1 solo da un individuo all’altro, ma volta è flavescente, bruno o nereggiante. Quando esiste, si ricono- sce facilmente sulla sua superficie qualche minuscola cristallizza- zione zuccherina. Sottostante a questo anello, ed alla distanza di circa un millimetro, si trova sovente una seconda zona mellifera, costituita da molte foveole, irregolari, per solito allungate, e più o meno fail fra loro. Quando sono confluenti formano un vero anello, ontorni però irregolarissimi : in qualche caso, come in alcuni ius dell’Africa australe, questi nettarii si presen- tano più numerosi, scendendo assai più basso dalla consueta zona mellifera. > seconda regione di nettarii estranuziali è la guaina fo- gliare, nella sua superficie esterna : essa qualche volta si presenta. affatto priva di qualsiasi nettario, ma più sovente ne porta in di- screto numero ; questi possono essere piccoli e foveolati o più co- spicui e quasi ciatiformi. Si possono trovar sparsi per tutta la su- x ti perficie, ma generalmente si incontrano localizzati lungo la nerva- tura mediana che forma la carena della guaina stessa. In alcuni esemplari sulla medesima guaina, ma in alto, presso la fauce, e PERC ai due lati, cioè nella regione di congiunzione del lembo fogliare, si trova pure una superficie differenziata, verosi- rado se ne trovano di piccolissimi, ciatiformi, numerosi ed avvici- nati, lungo i margini degli stessi lembi fogliari: gli esemplari da noi veduti vivi questi nettarii marginali avevano una debole se- crezione, ma, dall’esame di numerosi esemplari d’erbario, crediamo . che nel maggior numero dei casi abbiano valore di colleterii. egione però più ricca di nettarii estranuziali in questa specie è la sommità del caule, subito sotto all’infiorescenza : quivi si trovano sovente, non però in tutti gli esemplari, numerosi net- tarii ciatiformi, a contorno rilevato ed irregolare. Per solito sono numerosi da una parte e scarsi o mancanti dall’altra: assai sovente confluiscono fra loro, formando un anello irregolare, più o meno obliquo, raramente completo, a contorni molto variabili. In esem- plari dell’Africa australe, questi nettarii si trovano sparsi e nume- rosi per tutta la parte superiore del caule, scendendo, dalla zona loro propria, fino all’orlo della guaina fogliare più alta. Piccoli net- tarii ciatiformi si trovano qualche volta sulle rachidi e sui pedicelli delle spighette, ma il più sovente mancano affatto: assai numerosi e cospicui potemmo osservarli così situali in uu esemplare prove- niente dalle Indie Orientali. In altri esemplari sui pedicelli delle spi- ghette si trovano anche traccie di anelli melliferi incompleti. Infine qualche nettario ciatiforme si può riscontrare, in a cuni pz anche sulle carene delle glume e delle glumelle: quelli di ta gione da noi veduti in esemplari viventi avevano una i aisi secrezione. Tale è la localizzazione dei nettarii e: nada E - stis megastachya, Linx. Dall’esame di materiale d’ erbario con- statammo che gli esemplari di Sicilia, di diverse Dia sono generalmente ben provvisti di tali nettarii, mentre quelli dell’Italia continentale per solito ne presentano in minor numero e più deboli. Negli esemplari poi prevenienti dall’Eritrea trovammo due forme distinte: una con pannocchie a rami corti, ascendenti, e con spi- ghette avvicinate, olivacee, largamente provvista di nettarii, e l’al- tra con pannocchie a rami lunghi, più divergenti, e con spighette allontanate fra loro, pallide, priva affatto di nettarii. Forse uno studio profondo di tutte le forme di Eragrostis megastachya, LINK porterebbe alla distinzione di alcune stirpi provvisti di nettarii da altre mancanti. Volemmo perciò riscontrare che ne dicono gli autori, ma in tutte le flore europee da noi esaminate non trovammo il menomo acceno ad un tale carattere. Solo nella recente flora ita- liana di FroRI e PAOLETTI troviamo la indicazione di foglie con tubercoli glanduliformi al margine per distinguere la Eragrostis poeoides, P. B. e la E. megastachya, Link (considerata come va- rietà) dalla E. Barrelieri, Dav. nche HookER nella Flora delle Indie Orientali, e STAPF nella Flora capense, accennano a questo carattere. Però tali autori sono propensi a riunire specificamente l’Eragrostis poeoides, P. B. alla Eragrostis megastachya, Link, mentre a noi sembrano specie sufficentemente distinte.. In realtà nei numerosi esemplari di Era- grostis poeoîdes P. B. da noi veduti non si ha traccia alcuna di nettarii estranunziali, neppure sul margine fogliare, mentre più o meno sempre ne esistono nella vera Eragrostis megastachya, Link. Oltre alla Eragrostis megastachya, che di tutte le congeneri è la meglio fornita di nettarii, anche altre specie pare ne presentino a giudicarne dalle descrizioni degli autori: però in alcune non è escluso che la secrezione mellifera sia sostituita da una secrezione viscida o resinifera. In realtà il CnIoveNDA dice per la Eragrostis viscosa, TRIN. che le guaine secernono presso la fauce un liquido vischioso, gial- lastro. Lo STEUDEL per l’Eragrostis retinorrhoea. STEUD. dice : culmis..... demum plus minus viscosis, ed aggiunge: viscositas culmi et ramorum non est character specifice distinetivus, etiam în aliis speciebus, v. c. Er. gum scan NEES, Er. glutinosa, SwARTZ, Er. porosa, NEES, In realtà per l'Eragrostts . NEES, è detto : culmo circa nodos Vegnanzae ore pilosas viscoso : per la Eragrostis glutinosa, SwARTZ è detto : vaginis viscosis.... spiculis plus mi- nus glutinosis, e per l’Eragrostis porosa, NEES è detto : culmo infra genicula cingulo pororum viscoso. Lo StAPF, poi per l’E- ragrostis annullata, RENDLE nota: culmus.... with a viscous ring below each node; pedicels.... with a viscous ring at the middle. L’HackEL poi per l’Eragrostis emarginata, Hack. dice: culmi infra nodos cingulo oblongorum muniti : per 1’ Eragro- stis hereriensis, Hack, dice: culmi... infra paniculam annulo viscoso praediti : per l’Eragrostis ramosa, Hack. dice: laminae... margine et nervo medio subtus saepe glandulis elevatis munitae: 117 ed infine per l'Eragrostis membranacea, Hack. dice: vaginae.... carina nervisque quibusdam intramarginalibus glandulis impres- sis notatis. Da questi brevi cenni appare come certamente nel genere E- ragrostis l'esaltazione della funzione mirmecofila deve essere assai estesa. L’argomento merita quindi, per la sua speciale uaar uno studio assai più accurato e completo, ‘al quale, del resto già da tempo accudiamo, il primo di noi curandone la palla pata gica e biologica, l’altro quella istologico-chimica. Frattanto, dando queste brevi notizie preliminari, dobbiamo anche aggiungere qual- che cenno sul significato biologico di questi nettarii. Le gramina- cee sono piante in qualche modo adattate a servir di pascolo ai mammiferi erbivori e piuttosto che sottrarsi al loro dente, ne limi- tano l’azione col crescere compatte e con la produzione di numerose foglie filiformi: ora essendo noto che la difesa delle formiche non solo è diretta contro i bruchi ed altri insetti fitofagi, ma ancora contro i mammiferi erbivori, sembrerebbe un controsenso la pre- senza in qualche graminacea di nettarii estranuziali. Perciò dob- biamo ritenere che in queste specie abbia un altro significato e nere le formiche nella parte inferiore della pianta, per impedire che salgano alle infiorescenze e ne asportino i semi come sovente avviene in altre piante, ad esempio negli Amaranthus. verrebbe confermato dalla mancanza di nettarii nelle pian- tine giovani di Eragrostis megastachya, Lixk, e dalla frequente sostituzione in altre specie di produzioni viscose a quelle mellifere, costituendo appunto gli anelli viscosi una barriera insormontabile per il transito delle formiche. G. E. MATTEI e C. TROPEA. Colture coloniali presso il R. Orto Botanico di Palermo. Da poco più di un anno veniva istituita presso 1’ Orto Bota- nico di Palermo una « Sezione Coloniale » in conformità alle esi- genze delle odierne aspirazioni coloniali e come fine alla conoscenza del valore economico pratico e scientifico dei prodotti vegetali di origine coloniale. Se la istituzione ufficiale di un campo di coltu- ra delle piante coloniali ha così breve data, devesi però ricordare che sin dalla fondazione dell’ Orto stesso il principale obbiettivo dell’istituto fu appunto quello d’introdurre, coltivare, migliorare e diffondere piante e prodotti vegetali d’importanza economica od indu- striale. Così il giardino venne a poco a poco ad arricchirsi di piante non solamente rare o nuove ed importanti dal lato scientifico, ma ancora di specie utili alle industrie e alla economia. A tal fine sin dal 1819 furono acquistate ed aggregate all’Orto Botanico le così simo, la istituzione di un campo sperimentale e di acclimazione per le piante utili. Se noi consideriamo che il compito essenziale di un giardino coloniale è quello di promuovere la conoscenza delle produzioni ve getali utili e caratteristiche dell’ agricoltura tropicale, mediante e- sperimenti di coltura, e far si che tale nozione si diffonda e giovi di guida all’agricoltore colonista, dobbiamo ammettere che già da lungo tempo l’Istituto Botanico di Palermo concretasse in sè di DI ENT CITE SRI 119 fatto i caratteri di una istituzione botanico-agraria coloniale, di modo che la « Sezione coloniale » di recente istituita venne a tro- vare in esso un copioso materiale di cu d’indole strettamente n, capaci di utili ammaestram do sotto saio tutte quit “data di antica data pro- mosse dal nostro Orto Botanico ed-ora diffuse per tutta l’Isola, ed nche altrove, quali quelle del Mandarino e altre qualità di Agrumi, del Nespolo del Giappone, ecc. ricorderemo quelle del Banano, ella Persea gratissima, della Carya olivaeformis — Pek Nut— dell’Anona Cherimolia, ecc. Oltre a ciò sono dovuti al nostro I- stituto gli studii sull’Agave Sisalana, destinati a dimostrare come questa pianta possa vantaggiosamente coltivarsi nel Mezzogiorno d’Italia e sia capace di un prodotto abbondante e pregevole. Il nostro Istituto propose anche l’ Acacia horrida come pianta vantaggiosa nei rimboschimenti, e le colture di tale specie, iniziate sulle lave vesuviane, hanno dimostrato la perfetta adattabilità di detta specie : introdusse la Mangifera indica, la quale ha dimo- strato una perfetta rusticità al nostro clima, e promette di riuscire un importante albero da frutta per la Sicilia, come lo è per altre regioni calde. Questo Istituto pure intraprese esperienze sulla pos- sibilità di poter ottenere Caoutchouc in Sicilia dal Ficus i da altre specie, ed i risultati furono assai felici: a tale propo- sito adi anche dal Messico il Guayule (Pas ihezioni argen- tatum) pianta a Caoutchouc dei luoghi aridi, che ha dimostrato di resistere completamente al nostro clima, apportando abbondante fioritura e fruttificazione. Riprese poi le colture cotoniere, che furono oggetto in altri tempi di numerose esperienze, si propone con appropriati ibridazioni e consecutive selezioni, di ottenere un tipo di Cotone che unisca ad una perfetta rusticità una abbondante produzione : a questo scopo si stanno esperimentando cotoni indi- geni, come il Biancavilla, e cotoni stranieri, americani ed egiziani, compresovi anche il Caravonica d’ Australia. Fu pure introdotto e coltivato con esito felice il Ginseng: si è altresi rivolta l’atten- zione alle colture del Caffé, cai arietà provenienti da regioni relativamente temperate, il cui clima si avvicina molto al nostro. Numerosi Istituti botanici e coloniali, da ogni parte della terra, sono in relazione col nostro Orto, inviandoci semi e piante da esperimentare: fra quelle utili di più recente introduzione no- tiamo il Mani ihot Glaziovii, il Zingiber officinale, il Castanosper- mum australe, l’Eucalyptus occidentalis, la Funtumia elastica, fl | il Phellodendron amurense, la Sanseviera cylindrica, ed altre molte. Importanti collezioni di semi si ebbero dal Messico, inviati dal Dottor Ross. Molte specie furono introdotte dall’Eritrea, prin- cipalmente per opera del Colonnello AMEGLIO, si che le piante della nostra colonia costituiscono ora un buon nucleo in forti esem- plari : furono esperimentate graminacee foraggiere dell’ Eritrea, vi pure dalla Rhodesia per mezzo o del Meo ed altri molti re- nendo numeroso materiale per la formazione di un Museo Co- loniale. Da quanto siamo venuti esponendo risulta quindi esser già possibile estendere un elenco delle principali piante coloniali, ca- paci di utili prodotti che questo Giardino possiede: le divideremo in categorie, secondo i prodotti stessi, indicando quelle che meglio resistono al nostro clima. I. Piante a legnami. 1 Acacia abyssinica, HocHst. (Abissinia). 2 » albida, DeL. (Africa boreale). 3 » arabica, WiLLD. (Africa tropicale) 4 » Catechu, WiLLD. (Africa tropicale) 5 ». Cavenia, Hook. (America meridionale) 6 » cyanophylla, Lixpi. stop ia). È » albata, Lixk (A 8 » falcata, WiLup. dati I 9.» heterophylla, Wiup. (Isole Mascarene) 10» horrida, Wiuup. nni australe). li » linearis, Sims. (Austra 12 >». longifolia, WiuLp. was ia 13 16» pycnantha, BENTH. Signal ia). 121 18 Aesculus Hippocastanum, L. (Oriente 19 Agathis australis, SALISB. (Nuova Zelanda). (1) 20 Ailanthus glandulosa, Dese. (China, Giappone). 21 Albizzia Julibrissin, Borv. (Asia tropicale). 22 » Lebbek, BENTH. (Africa tropicale). 23 Anocardium occidentale, DI (America meridionale). (2 24 Anogeissus lejocarpa, G. P. (Africa tropicale). 25 Anona squamosa, L. do Orientali). 26 Apodytes dimidiata, MrJ. (Africa australe). 27 Araucaria Bidwilli, ook (Australia). rasiliana, LAMB. (Brasile). 29 » ‘ookti, R. (Nuova Caledonia). 30 » Cunninghami, Art. (Australia). 31 celsa, R. BR. (Isola Norfolk). 32 CA RAS Roem. (Marocco). 33 Bambusa arundinacea, ReTz. (Indie Orientali). macroculmis, Rrv. (Indie Orientali). 35 SE acerifolius, MuELL. (Australia). 36 37 » populneus, R. BR. (Australia). 38 Broussonetia papyrifera, VeNnT. (China, can 39 Bumelia lycioides, WiLLD. (America boreal » tenax, WiILLD. (America boreale). a. 41 Caesalpinia tinctoria, DomB. (Nuova Granata). 42 Carya olivaeformis, NuTT. (America settentrionale). Casuarina equisetifolia, ForsT. (Malesia). » 9A SreB. (Australia). orulosa, DRYAND. (Australia). Catota bignnioi WALT. Rea boreale). sone vi dna: (Gi Cedrela odorata, L. (America scio » sinentit; Juss. (China). Cinnamomum Camphora, mena (China, Giappone). 1 Citrus Aurantium, L. (Asia tropi » Bigaradia, toni. (Asia tropicale); x pira o D (1) Legno di Kauri. na (2) Legno di Acajou. (8) Legno di ferro 57 » Limonum, L. (Asia tropicale). 58 » Lumia, Riss. (Asia tropicale) 59 Medica, L. (Asia tropicale) 60 Cuccia laurifolius, D.C. (Giappone). 61 Cocos fleruosa, MART. (Brasile). 62 Cordia Myxa, L. (Egitto). 63 Cornus capitata, WaLL. (Imalaja). » stricta, LAM. (America boreale). 65 Corynocarpus laevigata, Forst. (Nuova Zelanda). 66 Cryptomeria japonica, Dox. (China, Giappone). 67 Cussonia triptera, CoLL. (Africa australe). 68 Dalbergia Sissoo, RoxB. (Indie Orientali). Diospyros Ebenum, Koex. (Indie Orientali). (1) » Kaki, L. (China, Giappone). » oa Hocusr. (Africa tropicale). » virginiana, L. (America settentrionale). Dodonaea viscosa, JACG. (Africa tropicale). 74 Dracaena Draco, L. (Isole Canarie). dad @RRS S 75 Elaeagnus argentea, PursH. (America boreale). 76 Elacodendron eigia PancH. (Nuova Caledonia). apense, EckL. (Africa australe). 78 Enerotbian, Timboia, MART. (Brasile). 79 rya japonica, LinpL. (Giappone). 80 Priodlendron anfractuosum, D.C. (Indie Orientali). 81 sia: corallodendron, L. Sea tropicale). viarum, Top. (Australia Ecatyptu amygdalina, LABILL. (ORE, it 83 84 ralia). 85 » diversicolor, MvuELL. (Australia). 86 G tralia). 87 ja 88 » occidentalis, a pre (1) Legno d’Ebano. — Eucalyptus rostrata, ScHL. (Australia). » viminalis, LABILL. (Australia). > Euonimus japonicus, L. (China, Giappone). 92 Ficus Afzelti, Dom. (Africa tropicale). 93 asperifolia, Mi. (Africa tropicale). 94» benghalensis, L + (Asia tropicale). % si 99.» elastica, RoxB. (Asia tooglicnte); 100.» gibbosa, BLum. (Asia sa ). 10Î- >». tadica, L. ca trop 102» infectoria, WiL in Wopicalo). 103.» magnolioides, Bonzì (Australia'?). 104.» nervosa, HAyn. (Asia tropicale). 105.» reclinata, DesF. (Australia 106» religiosa, L. (Asia btopicala). 107» rubiginosa, Desr. (Australia). 108. » Rumphii, Bum. (Imalaja). 109. » Schimperiana, _ (Abissinia). 110 » ves L. tto). 111 » tinctoria, ForsT. (sole della Società). 112 » vasta, Forsr. (Abissinia). 113 Gilibertia Tea Mart. (Brasile). 114 Gingko biloba, L. (China, Giappone). 115 Gleditschia caspica, Desr. (Caucaso). 116 triacanthos, L. (America settentrionale). LILY Grevilla tiltiana, ci (Australia). 118 robusta, Cunx. (Australia). 119 Gue data s, L. (Africa). 120 Gymnoclados sinadeneie, Lam. (America settentrionale). 121 Hovenia dulcis, THUNB. (China, Giappone). 122 Inga Feuillei, D.C. (Perù). 123 Jacaranda mimosaefolia, Don. (America australe). (1) (1) Legno di Palissandro. 124 125 126 127 panta 45 Hi 46 47 48 [seal enna 149 150 151 152 153 158 Jubaea spectabilis, H. B. K. (Chili). Juniperus virginiana, L. (America settentrionale). Kiggelaria africana, L. (Africa australe). Koelreuteria paniculata, LAaxm. (China). Lagerstroemia indica, L. (Indie Orientali). Lagunaria Patersonii, Dos. (Australia). Laurus canariensis, Wal (Isole Canarie). Ligustrum lucidum, KocH. (Giappone). Liriodendron tulipifera, L. (America settentrionale). Liquidambar styraciftua, L. (America settentrionale). Livistona australis, MART. (Australia). » chinensis, R. Br. (China). Maclura aurantiaca, a (America settentrionale). Magnolia grandiflora, L. (America settentrionale). Melia arguta, D.C. Sr Molucche). zedarach, L. (Imalaja). ay pra PORTS ScHL. (Australia). serratum, R. BR. (Australia). Negundo aceroides, MoENCH. (America boreale). Olea chrysophylla, Lam. (Africa tropicale). | Olinia use Santo (Africa australe Osma » SIEB. (Gstpponsi Parkinsonia ae L. (America tropicale). Parrotia persica, Mey. (Caucaso, Persia) Paulownia imperialis, ca (Giappone Persea g gratissima, GAERTN \. (America piede. Phellodendron amurense, RuPR. (Amar). Phoenix dactylifera, L. (Africa settentrionale). » reclinata, JAcQ. (Africa tropicale). Photinia serrulata, LinpL. (Giappone). Picconia excelsa, D.C. (Isole Canarie). 159 Pinus canariensis, Sw. (Isole Canarie). 160. » excelsa, WaLL. (Imalaja). 161. » Zongifolia, RoxB. (Imalaja). 62. » Montezumae, LAmB. (Messico). 163 Pircunia dioica, M0Q. (America australe. 164 Pithecolobium pruinosum, BENTH. (Australia). 165 nina: eriocarpum, RoyL. (Imalaja). 56 16 eugenioides, CunN. (Nuova Zelanda). 167 » tenuifolium, GAERTN. (Nuova Zelanda). 168 » Tobira, Art. (Giappone, Ly 169 undulatum, VENT. (Austra 170 pa Avrai L. Son fici L, lis, L. (Orien 172 Podi uri a tate ia australe). 173 ertifolia, SO: (Imalaja 174 da Dox. (Nuova Zelanda). 175 i oriio apetala, LaBiLL. (Australia). 176 Prosopis juliflora, D.C. (Messico). Lor » Nandubey, LORENTZ (Argentina). 178 Quercus Aegilops, L. (Oriente). dio » incana, RoxB. (Imalaja). 180 ss Prg HL. (Messico 181 s, Art. (America Cettcuteitatale)i 182 Quillata Paone MotLin. (Chili). 183 Raphiolepis indica, LixpL. (China). 184 Rhus typhina, L. (America settentrionale). 185. » undulata, JAcQ. (Africa australe). ins Robinia Pseudo-acacia, L. (America settentrionale). 189 Sabal Palmetto, R. S. (Florida). 190 pena emarginatus, VARL. (Nuova Granata). Mukorossi, GAERTN. (Asia ati agi e 195 Schotia latifolia, Jacq. (Africa australe). 196 Sequoja sempervirens, ENpL. (America settentrionale). 197 Sophora japonica, L. (Giappone). n Sophora PT Lag. (Messico). » tetraptera, Mint. (Nuova Zelanda). co Sterculia platanifolia, L. (China, Giappone). 201 Strelitzia Augusta, THuNB. (Africa australe). 202 Tarodium distichum, RicH. (America settentrionale) 20 mucronatum, TEN. (Messico nol 204 Tilia ei D.C. (Oriente). 205 Trachycarpus excelsus, WENDL. Giappone). 06 Villaresia citrifolia, Borzi (America settentrionale ?). 2 207 Visnea Mocanera, L. (Isole Canarie). 208 Vitex litoralis, CUNN. (Nuova Zelanda). 209» trifolia, L. (Asia tropicale). 210 Washingtonia filifera, WENDL. (America settentrionale). 211 Zanthoxylon americanum, Mit. (America boreale). 2 Zelkova acuminata, Bianen: (Giappone). 218 Zizyphus Jujuba, Lamx. (Africa tropicale). o [de IH. Diaaito tessili e papirifere. 214 Abrus FRE Li (Regioni tropicali). 215 Abutilon indicum, Sweet. (Indie Orientali). 216 Adansonia digitata, L. (Africa tropicale). 217 Aerua lanata, Juss. (Africa tropicale). 218 n americana, L. (America Wigan (1). 21 applanata, Lem. (Messi 0). 224 >» macracantha, Zucc. (Messico). 225. > mexicana, LAmKk. (Messico). 226 » rigida, Mir. (Messico 0). 227 » Sisalana, Ene, pg DI - (1) Fibre di Zabara. (2) Fibre di Sisal. Meta PRIA 298 goa vietare; L. (Messico). Vea 229 Aloe arborescens, Mii. (Africa australe ). 230 Althaea rosea, Cav. (Oriente). 231 Ananas sativus, ScHULT. (America tropicale) 232 Anona squamosa, L. vena Orientali). 233 Asclepias curassavica, L. (America australe). 234 » syriaca, L. ( deci settentrionale). 235 Bambusa sessi Rerz. (Indie Orientali). 236 Bauhinia purpurea, L. (Indie Orientali). 237 Beaumontia grandifora WaLL. (Indie Orientali). | 238 Bia Orellana, L. (America australe). 239 Boehmeria nivea, Bani (Asia tropicale). 240 Bombax Ceiba, L. (America australe) 241 Broussonetia papyrifera, VeNTt. (China, Giappone). 242 Calotropis procera, Arr. (Africa tropicale) (1). 243 Cannabis sativa, L. (Indie sel (2). 245 Caryota mitis, Lour. esia). urens, L. (Indie Orientali). 247 Cecropia peltata, L. (America tropicale). 248 Chamaerops humilis, L. (Regione mediterranea). 249 Chorisia insignis, H. B. K. (Perù). 250 Chorchorus capsularis, L. (Asia tropicale). 251 » olitorius, L. (Asia tropicale) 252 Crotalaria retusa, L. a tropicale n 253 Cryptostegia aria a, R. BR. (Africa tropicale). 254 Cycas circinalis, L + (Isole Molucche). 205 Capra bn È. (Egitto). a 256 Daemia extensa, R. BR. (Africa i. 257 Datisca cannabina, L. (Imalaja).. 258 Edgeworthia papyrifera, SIEB. arie Giappone) . 259 Elaeis guineensis, Lorca (Africa tropicale). 3) (1) Seta vegetale. (@) Fibre di 3 : Paglia di Panama i (® Fibre di Juta. pid Vita siii 260 Eleusine Coracana, GAERTN. (Indie Orientali). 261 Eriodendron anfractuosum, D.C. (Asia tropicale) (1). 262 Fatsia papyrifera, BextH. (China). 263 Ficus benghalensis, L. (Asia tropicale). 2 indi » indica, L. (Asia tropicale). 265. » infectoria, WiLLD. (Asia tropicale). 266 religiosa, L. (Asia tropicale). 267 Ha Bedinghausii, KocH. (America australe). 26 » cubensis, VENT. as tropicale). 269 » elegans, Top. (Messico). 270 » gigantea, VENT. (America tropicale). 271 » Lindeni, Iioow. (Nuova Granata). 272 » longaeva, KARM. (Messico). 273 » Selloa, KocK. (America australe). site ct 274 Sr ari io L. (America tropicale). 27 ense, L. (America tropicale). 216 » im . (Indie Orientali). 27 » i) n (America tropicale). 278 » a RoxB. (Indie Orientali). 279 Grewia ian È . (Indie Orientali). 280 » flava, D. 0. (Africa australe). 281 » itida, JUSS ina (Ch 284 » populifolia, VAHL. (Africa tropicale). 285 » tiliaefolia, VAHL. (Indie Orientali). 286 Hibiscus cannabinus, L. (Indie Orientali). i 287 » esculentus, L. (Regioni tropicali). ; I» ficulneus, L. (Indie Orientali). 3 289» furcatus, Wil. (Africa tropicale). + 290 » gossypinus, THUNB. (Africa tropicale). È 291 » mutabilis, L. (China). . ; 292 » Rosa-sinensis, L. (Asia). 209.» Sabdariffa, L. (Indie Orientali). 294 » tiliaceus, L. (Africa tropicale). 295 Hyphaene thebaica, Mart. (Africa tropicale). (1) lt 296 Karatas Yalgina, Ant. (Brasil e). - 297 » purpurea, ANT. (Brasile). 298 » spectabilis, ANT. (Brasile). 299 Kyllingia brevifolia, RotTB. (Regioni tropicali). 300 Lagetta lintearia, LAMK. (Antille). 301 Linum usitatissimum, L. (Oriente) (1). o Luffa acutangula, RoxB. (Indie Orientali). 303.» aegyptiaca, Miri. (Africa). 304 Malvaviscus arboreus, CAv. (America australe). 305 Musa Ensete, GMmeL. (Africa tropicale). 306 Paederia foetida, L. (Indie Orientali). 307 Pandanus humilis, RUMPH. fe Orientali). » utilis, BORY. Sa Parkinsonia aculeata, L. (America ropical). 310 Pavonia ragni Cav. ( erica aus 311 Phoeni: lis, BucH. (Indie Orien 312 » dci , Li (Africa arnesi 313 >» reclinata, Jiog: (Africa tropicale). 314 Phormium tenax, Forst. (Nuova Zelanda) (2). o 315 Saccharum officinarum, L. (Regioni tropicali). 316 Sanseviera cylindrica, BoJ. (Africa tropicale). dii.» guineensis, WiILLD. (Africa tropicale). 318 » Schimperi, BAKER. (Africa tropicale). 349.» zeylanica, WiLLD. (Indie Orientali). 320 Sapindus Saponaria, L. (America boreale). 321 Sechium edule, Sw. (Antille). 322 Sparmannia africana, L. (Africa australe). 323 Stephanotis La Broex. (Madagascar). 324 Theobroma Chess, È (America tropicale). 325 Triumfetta rhomboidea, Jaca. (Atrica tropicale). 326 Washingtonia filifera, Wexpi,. (America Moe cana), 327 Yucca aloifolia, L. apri er lamentosa, L. (America settentrionale). 329 > Gloriosa, L. (Aero settentrionale). (1) Fibre di Lino. (2) Lino della Nuova Zelanda. II.—Piante tannanti. 330 Acacia arabica, WiLLD. (Africa tropicale). Ci » atechu, WILLD. (Africa tropicale) 332» dealbata, Link. (Australia) 333» Farnesiana, WiLLD. (Africa tropicale). 334 » melanoxylon, R. BR. (Australia) 335» pycnantha, BentH. (Australia). 336 Aesculus Hippocastanum, L. (Oriente). 337 Albizzia Lebbek, BeNTH. (Africa tropicale). 338 Anacardium occidentale, L. (America meridionale). 339 Anona squamosa, L. (Indie Orientali). 340 Bauhinia purpurea, L. ‘(Indie orientali). 341 Caesalpinia coriaria, WiLuD. E australe). (1) 342 » Sappan, L. (Asia tropica 343 tinctoria, DoMB. (Nuona case) 44 Calia Fistula, L. (Asia tropicale). 345 » glauca, LAMK. (Asia tropicale). 346 Casuarina pra L. (Malesia). 847 Coriaria myrtifolia, L. (Regione mediterranea). 348 Corynocarpus lanvigatà: Forsr. (Nuova Zelanda). 349 Diospyros Ebenum, Kors. (Indie Orientali). 350 » mespiliformis, HocHSsT. (Africa tropicale). 351 » virginiana, L. (America settentrionale). 352 Enterolobium Timboia, Mart. (Brasile). 353 Eucalyptus diversicolor, MuELL. (Australia). (2) 354 Ficus n 1 - (Asia tropicale). 355» indica, L ccà tropicale). 356.» religiosa. » (Asia tropicale). 357 Fraxinus ercelsior, L. (Regione mediterranea). 358 Gardenia Thunbergia, L. (Africa australe). (1) Divi-divi. (2) Karri. 359 Impatiens glandulifera, Arx. (Ceylon). n Juglans nigra, L. (America settentrionale). » regia, L. (Oriente). 362 Maclura aurantiaca, NuTT.: (America settentrionale) 363 Mangifera indica, L. (Indie orientali). 364 Pistacia Lentiscus, L. ira mediterranea). 36. erebinthus, L. (Regione mediterranea). 366 Pierolobiusa lacerans, R. Br. (Abissinia). 367 Punica Granatum, L. (Oriente). i. 368 gra ua L. urea Q). dla 369 incana, RoxB. L. (Imalaja). 370 » gone LaAmk. (Haga mediterranea). 371 » polymorpha, ScHL. (Messico). 372 » Robur, L. (Europa). dIOLE > virens, AIT. (America settentrionale). è 374 Rhus Cotinus, L. (Regione mediterranea). 375» coriaria, L. (Regione mediterranea). (2) 376 >» typhina, L. (America settentrionale). 377 Tamarindus indica, L. (Asia tropicale). 378 Tamarix africana, Por. (Regione mediterranea). b Srblico., chinensis, Lour. (China da 380 » . gallica, L. (Regione mediterranea). 381 Trema orientalis, BLUM. (Asia tropicale). IV.— Piante tintoriali. 382 Acacia Catechu, WiLLD. (Africa tropicale). 383 Alkanna tinctoria, TAuscH. (Oriente). 384 Althaea rosea, L. (Regione mediterranea). 385 Amorpha fruticosa, L. (America settentrionale). 386 Anacardium occidentale, L. (America meridionale). 387 Anogeissus lejocarpa, G.P. (Africa tropicale). (1) Vallonea. (2) Sommacco. 132 388 Berberis vulgaris, L. (Regione sins 389 Bixra Orellana, L. (America meridionale). 390 Broussonetia papyrifera, VENT. (China, Giappone). 391 Caesalpinia echinata, LamK. (Brasile). 392 » Sappan, L. (Asia tropicale). 393 » tinctoria, DAMB. (Nuova Granata). 394 Calpurnia aurea, BAk. (Africa tropicale). 395 Carthamus tinctorius, L. Orient 396 Casuarina sog Forst. (Malesia 397 Ceanotus americanus, L. (America settentrionale) 398 Coriaria myrtifolia, L. (Regione mediterranea). 399 Coronilla Emerus, L. (Regione mediterranea). 400 Crocus sativus, L. (Oriente). (1) 401 Crozophora tinetoria, Juss. (Regione mediterranea). 402 Dalbergia Sissoo, RoxB. (Indie Orientali). 403 Datisca cannabina, L. (Asia temperata). 404 Gardenia grandiflora, LouR. (Cocincina). 405 Genista tinctoria, L. (Regione mediterranea). 406 Hibiscus tiliaceus, L. (Oriente). 407 vitifolius, L. (Oriente). 408 paena tinctoria, L. (Asia tropicale). ( 409 Isatis tinctoria, IL. (Regione Ra “ 410 Lawsonia alba, LAmk. (Oriente). 411 Maaura aurantiaca, NuTT. (America settentrionale). 412 Mangifera indica, L. (Indie Orientali). 413 Phytolacca decandra, L. (America settentrionale). 414 Rhamnus cathartica, L. (Regione mediterranea). » Frangula, L. (Regione mediterranea). 416 » tinctoria, WaLDST. (Oriente). ni Zafferano. (2) Indaco. (8) Gnado. 417 Rivina tinctoria, HAM. (Venezuela). 418 Rubia tinctorium, L. (Regione mediterranea). 419 Sambucus nigra, L. (Regione mediterranea). 420 Sapium aucuparium, JAcQ. (America tropicale). 421 Sophora japonica, L. (Giappone, China). V. — Piante a gomme, a resine ete. pe Acacia albida, DeL. (Africa boreale). arabica, WiLLD. (Africa tropicale). (1) iu » asi WixLD. (Africa tropicale). 425.» Firnesiana, WILD. (Africa tropicale). 426. » horrida, WiLLD. (Africa australe). 03 tortilis, HAYN. (Africa tropicale). 428 Adone digitata, L. (Africa tropicale). 429 Agathis australis, SALISB. (Nuova Zelanda). (2) 430 Albizzia Lebbek, BENTH. (Africa tropicale). 431 Aleurites cordata, SteuD. (China, Giappone). 432 Aloe abyssinica, Lamk. (Abissinia). 433. » arborescens, Miur. (Africa australe). 435. » macrocarpa, Top. (Abissinia). 436. » percrassa, Top. (Abissinia). 437 » Schimperi, Ton. (Abissinia). 438 » vera, FORSK. BEE tropicale). 439 Anacardium occidentale, L. (America meridionaie). 440 Araucaria Bidwilli, Hook. ( Australia). 443 » Cunninghamii, Arr. (Australia). 444 >» ercelsa, R. Br. (Isola Norfolk). 445 Bixra Orellana, L. (America meridionale). 446 Brachychiton acerifolia, MUELL. (Australia). 447 Caesalpinia sepiaria, RoxB. (Asia tropicale). 448 “er indicus, SPRENG. (Indie orientali). (1) Gomma arabica. (2) Gomma di Kuri. 134 449 Callitris quadrivalvis, Vent. (Africa boreale) 450 Carica Papaya, L. (America tropicale) 451 Cedrela odorata, L. (America australe). 452 Sapore sd Camphora, Nets. (China, Giappone). 453 zeylanicum, NEES. 454 Cibus Aurantium, L. (Asia tropicale). 455» decumana, Murr. (Asia tropicale). 456. » Medica, L. (Asia tropicale). 457 Cycas circinalis, L. (Malucche). 458 Dracaena Draco, L. (Isole Canarie). (1) 459 Elaeodendron australe, VENT. (Australia). 460 » capense, EckL. (Africa australe). 461 Eriodendron aufractuosum, D.O. RI, SEGUI, 462 vg a Globulus, LABILL. (Australi 463 viminalis. LABILL. (Anti) 464 Euphorbia abyssinica, GmEL. (Abissin 465 466 » Cactus, EHRENB. Africa Orie 467 » canartensis, L. (Isole Canarie). 468 » Lemaireana, Borss. (Africa tropicale). 469 » nertifolia, L. (Indie Orientali). 470 » Schimperi, A (Africa orientale) 471 » tenuirama, ScHwr. (Abissini 472 » Tirucalli, L ST tropicale). 473 Ficus altissima, BLum. (Malesia). 464 » benghalensis, L. (Asia tropicale). 475 » indica, L. (Asia tropicale). 476» religiosa, L. (Asia tropicale). 477 Grevillea robusta, CuNN. (Australia). 478 Liquidambar styraciftua, L. (America settentrionale). 479 Mangifera indica, L. (Indie Orientali). 480 Melia Azedarach, L. (Imalaja). 481 Myroxylon toluiferum, H.B.K. (America tropicale). (1) Gomma di Drago (2) Gomma d'Euforbio. 482 Pinus canariensis, Sw. (Isole Canarie). » excelsa, WALL. (Imalaja). 484 » longifolia, RoxB. (Imalaja). 485» - Montezumae, LamB. (Messico). 486 Pistacia Lentiscus, L. (Regione mediterranea). Terebinthus, L. (Regione mediterranea). 488 Prosopis juliflora, D.C. (Messico). 489 Rhus succedanea, L. (China, Giappone). 490. » wvernicifera, D.C. (Giappone) 491 = emarginatus, VAHL. (Nuova Granata). 392 Sarcostemma ici R. Br. (Africa tropicale). 49: chinus molle, L. (America tropicale). 494 Sterculia foetida, L. (Asia tropicale). 495 Styrax officinale, L. (Oriente). 496 Terminalia australis, CAMB. (Brasile). VI. — Piante a Caoutehoue. 497 Calotropis procera, R. BR. (Africa tropicale). 498 Castilloa elastica, CERR. (America SO 499 Cecropia peltata, L. (America tropica 500 LAprerega grandiflora, R. BR. (Africa tropicale). 501 Euphorbia Cactus, EHRENB. (Africa orientale). 50: » canariensis, L. (Isole Canarie). 503 » Tirucalli, L. (Africa tropicale). 504 Ficus altissima, BLum. (Malesia). 505. » denghalensis, L. (Asia tropicale). 506» elastica, RoxB. (Asia tropicale). (1) 507» indica, L. (Asia tropicale). 508» rubiginosa, Dese. (Australia). 509. » È salto . (Egitto). 5I0 Vogelii, M1Q. (Afro tropicale). bIl A elastica, STAPF. (Africa Aaa (1) India Rubber. 136 512 Hevea brasiliensis, MuELL. (Brasile). (1). 513 Kompitsia elastica, Cost. (Madagascar). 514 Manihot Glaziovii, MueLL. (Brasile). (2) 515 Mascarenhasia elastica, ScHUUM. (Africa orientale). 516 Melodinus scandens, Forst. (Nuova Caledonia). 517 Parthenium argentatum, A. Gray. (Messico). (3) 518 Periploca graeca, L. (Regione mediterranea). » laevigata, Att. (Regione mediterranea). 520 Sarcostemma viminalis, R. Br. (Africa tropicale). VII. — Piante ad essenze. 521 Acacia Farnesiana, WiLLD. (Africa boreale). 522 Acorus Calamus, L. (Indie orientali). 523 Artemisia Absinthium, L. (Europa). D24 Citrus Aurantium, L. (Asia tropicale). e). 532 Ohrysanthemum cinerariaefolium, Vis. dia), 533 Conwvallaria majalis, L. (Oriente). 534 Erythroxylum Coca, Lam. (Perù). 535 sata amygdalina, RIE (Australia). 536 citriodora, Hoox. (Australia). 537 » < Globulus, Lai. (Australia). 538 Gardenia florida, L. (China). ei Caoutchoue di Parà. (2) Caoutchoue di Ceara. (3) Guayule. 539 Heliotropium peruvianum, L. Perù). 540 Hyacinthus orientalis, IL. (Oriente). 541. Irîs florentina, L. (Regione mediterranea). 542 Jasminum grandiflorum, L. (Imalaja). 543 » odoratissimum, L. (Isole Azzorre). 544» officinale, L. (Indie Orientali). 545 » Sambac, Arr. (Asia tropicale). 546 Laurus nobilis, L. (Regione mediterranea). 547 Lavandula “odiare Cav. (Regione ceco 548 » era, D.C. (Regione medite 549 Lippia cirio H.B.K. (America Lovin): 550 Melissa officinalis, L. (Regione mediterranea). 551 Mentha piperita, L. (iagiohe mediterranea). 552 » viridis, L. (Regione mediterranea). 553 Myrtus communis, L. (Regione mediterranea). 554 Narcissus anni L. (Regione mediterranea). 555 Tazetta, L. (Regione mediterranea). 556 Ocimum Basilicum, L. (Oriente). 557 siena Dictamnus, L. (Isola Creta). 558 Majorana, L. (Oriente). 559 Corsu fragrans, Lour. (Imalaja). 560 Lhu0o: agg capitatus, Arr. (Africa australe). 561 odoratissimum, Att. (Africa australe). 562 » Radula, L'’HeRIT. (Africa australe). 563 » roseum, Att. (Africa australe). 564 Peumus Boldus, MoLix. (Chili). 565 Plumeria acutifolia, Poir. (Messico). alba, L. (Antille), bicolor, R. P. (America meridionale). erù). lai, So o ca Se e Hu mei in®if. ii er tricolor, R. P. (Perù). 574 Pogostemon Patchouly, PeLLET. (Indie Orientali). 575 Polianthes tuberosa, L. (Messico). 576 Prunus Laurocerasus, L. (Oriente). 577 Reseda odorata, L. (Regione mediterranea). 578 Rosa centifolia, L. (Caucaso). 59 » CARI MILL. (freno 580» gallica, L. (Oriente). DBE <>» i . (Indie Orientali). schata, HeRM. (Oriente). 583 Lira sea L. (Regione mediterranea). Ru 5 ‘uta picasa nn mediterranea). reolens, L. (Oriente). e Salvia oficinali s, L. (Regione mediterranea). » . Sclarea, L. (Regione mediterranea). im Satureia hortensis, L. (Oriente) 589 Syringa vulgaris, L. (Oriente). 590 Thymus Sepyllum, L. Fosa mediterranea). 591 Trigonella Faenum-graecum, L. (Oriente). 592 Viola odorata, L. (Regione mediterranea). VII. — Piante oleifere. 593 Adansonia digitata, L. (Africa tropicale). 594 Aesculus Hippocastanum, L. (Oriente). leurites cordata, StEUD. (China, Giappone). 596 Anacardium occidentale, L. (America meridionale). 597 Arachis hypogaea, L. (America tropicale). 598 Argania Sideroxylon, R.S. (Marocco). 599 Argemone mexicana, L. (America settentrionale). 600 Benincasa cerifera, SAV. (Asia tropicale). 601 Brassica eni L. (Europa). 602 603 » Napus, L. ( 604 » nigra, KocH. (Europa) 605 D oleracea, L ur 606 » Rapa, L. (Europa). 607 Camelina sativa, CRANTZ. (Oriente). 608 Cannabis sativa, L. (Indie orientali). 609 Carthamus tinctorius, L. (Oriente). 610 Carya olivaeformis, NurT. (America settentrionale). 611 Caryota urens, L. (Asia tropicale). 612 Celastrus serratus, HocHsT. (Abissinia). 613 Chrysophyllum Cainito, L. (Antille) 614 Citrus Aurantium, L. Sa SE 615 Corylus o L. (Eur 616 Riot Melo, L. (Indie sala 60lic. sativus, L iso e Orientali). 618 Guicirdita marima, H. (Asia tropicale). di9: soa Pepo, L, (Africa bipin le). 620 Datura Metel, L. (America tropicale). 621 Elaeis guineensis, JAcQ. (Africa tropicale). 622 Elaeodendron australe, Vent. (Australia). 623 capense, Eck1. (Africa australe). 624 Riviera anfractuosum, D.C. (Asia tropicale). 625 Glaucium flavum, CrANTZ. (Regione mediterranea). 626 Gossypium arboreum, L. (America tropicale). 627 » barbadense, L: (America tropicale). 628 » herbaceum, L. (Indie ori i). 629 » religiosum, L. (America tropicale). 530 » — vitifolium, RoxB. (Indie orientali). 531 Guizotia oleifera, D.C. (Africa tropicale). | 632 Helianthus annuus, L. (America settentrionale). Heritiera littoralis, Arr. (Malesia). Hernandia sonora, L. (Indie orientali). 635 Hibiscus Abelmoschus, L. (Indie orientali). » cannabinus, L. (Indie orientali). 637 Hura crepitans, L, (America meridionale). (ep) $ È VS) 638 Jasminum pr Arr. (Asia tropicale). 639 Jatropha Sc. . (America tropi 640 Juglans nes > falianiza -sébiaiutriaao da Gi o» 3 fila). 140 642 Linum usitatissimum, L. (Oriente). Livistona chinensis, R. fn (China). 644 Luffa aegyptiaca, MiLL. (Africa tropicale). : 645 Madia sativa, MoL, aa meridionale). 646 Melia Azedarach, L. (Im 647 Momordica i sa (Asia tropicale). 648 Nicotiana Tabacum, L. (America tropicale). 649 Nigella satina L. (Regione mediterranea). 650 Ocimum Basilicum, L. (Orien 651 » sanctum, L. (Africa i 652 Olea chrysophyla, Lamk. (Africa tropicale). 653» europaea, L. (Oriente). 654 Papaver somniferum, L. (Criente). 655 Paulownia imperialis, S. 4. (Giappone). 656 Pinus canariensis, Sw. (Isole Canarie). 600%: excelsa, WALL. (Imalaja). 658. » longifolia, RoxB. (Imalaja). 659.» io LamB. (Messico). 660 neg, L. (R ago mediterranea). 661 Piciicia Lisio, L . (Regione mediterranea a 662 Pogostemon Heyneanus, BeNTH. (Indie Orientali). 663 Pongamia glabra, VENT. (Asia tropicale). 664 Ricinus communis, L. (Africa tropicale). 665 Sapindus saponaria, L. (America mera ga Sapium sebiferum, RoxB. (Indie Orientali). samum indicum, L. (Asia Sa 668 Sterculia foetida, L. (Malesia D D , 669 Zamarindus indica, L. (Asia tropicale). 670 Theobroma Cacao, L. (America tropicale). 671 Ungnadia speciosa, ENDL. (Tenas). 672 Vanilla planifolia, AnpR. (Antille). IX. Piante medicinali. 673 Abrus precatorius, L. (America tropicale). 674 Abutilon indicum, SwEET. (Indie orientali). 675 Acacia arabica, WiLuD. (Africa tropicale). 676 » Farnesiana, WiLLp. (Africa boreale). 677 Acorus Calamus, L. (Indie orientali). 678 Adansonia digitata, L. (Africa tropicale). 679 Adianthum Capillus-veneris, L. (Regione mediterranea). 680 Aerua lanata, Juss. (Atrica tropicale). 681 Agathis australis, SALISB. (Nuova Zelanda). 682 Albizzia Lebbek, BENTH, (Africa tropicale). 683 Allamanda cathartica, L. (America tropicale). 684 Aloe abyssinica, LAMK. (Abissinia). 685» africana, Mint. (Africa australe). 686 » arborescens, Mi. (Africa australe). 687 » commutata, Top. (Africa tropicale). 688 » ferox, Mit. (Africa australe). 689» macrocarpa, Top. (Abissinia). 690 » percrassa, Top. (Abissinia). n Anacardim occidentale, L. (isserio meridionale). 696 a one mexicana, L. (America settentrionale). 697 aromi Absinthium, L. (Regione mediterranea). 698 Asclepias curassavica, L. (America tropicale). 699 Bambusa arundinacea, Rerz. (Indie orientali). 700 Bauhinia purpurea, L. (Indie Orientali). 701 Brassica nigra, KocH. (Europa). 702 Brunfelsia americana, L. (America tropicale). 703 Bryonopsis laciniosa, NauD. (Asia tropicale). 704 Caesalpinia pulcherrima, Sw. (Asia tropicale). 705 Cajanus indicus, SPR. (Indie orientali). 706 Canella alba, MuRR. (Antille). 707 Canna indica, L sa tropicale). 708 Cannabis sativa, L. (Indie orientali). 709 Capsicum pallio, Ricu. (Abissinia). 789 740 741 » annuum) L. (America tropicale). » conicum, MEy. (Guyana). » Sonntag L. Eni tropicale). Carica Papaya, L. (America tropicale). Caryota urens, ii: (Asia tropicale). Cassia Fistula, L. (Asia tropicale). » laevigata, WILLD. (America tropicale). » marginata, RoxB. ser orientali). » di... L. (Anti » ora, L. (America si Casuarina ana ForsT..( Malesia a). Cecropia peltata, L. (America tropicale). Cedrela odorata, L. (America australe). Cerbera pino GAERTN. (Malesia). » anghin, Hook. (Madagascar). 5 ta Camphora, NeES. (China, Giappone). » zei pinto NEES. Ve esia). Cith we, JAcQ. (Antille). Crui 00 na pus: Sela (Africa tropicale). Citrus Medica. L. (Asia tropicale). Cleome viscosa, L. (Asia tropicale). Clitoria ternatea, L. (Asia tropicale). Coccinia indica, WicuT. (Indie orientali). Coffea arabica, L. (Africa tropicale). » liberica, Hrerx. (Africa tropicale). >» mauritiana, Lamk. (Isole Mascarem). Colchicum autunnale, L. (Europa). Colocasia posta ScHvrT. (Asia Foblealtk Crescentia Cujete, L. (America tropicale e). Daemia ertensa, R. Br. (Africa tropicale). Datura alba, Ners. (Africa tropicale). » fastuosa, L. (Indie orientali). » Metel, L. son tropicale). » Stramonium, L. (Regione mediterranea). Tatula, L. (Afrioi tropicale). 745 FR viscosa, JAcQ. (Africa tropicale). 746 Dorstenia saggia L. (America tropicale). 147 Dracaena Draco, L. (Isole Canarie). 748 Eriodendron cotanto DC. De PA 749 va Coca, Law. (Perù). 3 pei Globulus, agg rea a). minalis, LABILL. (Austral nn a Schimperi, ina (Africa cen 753 Frarinus Ornus, L. (Regione mediterranea). Fn Gloriosa abyssinica, RicH. (Abissinia). superba, L. (Asia tropicale). » Gratiola officinalis, L. (Regione mediterranea). 757 Guazuma tomentosa, H.B.K. (America tropicale). 758 Helicteres Isora, L. (Asia tropicale). 759 Hemerocallis fulca, L. (Oriente). 760 Hibiscus Sabdariffa, L. (Asia tropicale). 761 Hiptage Madablota, GAERTN. (Asia PIPA, 762 Hura crepitans, L. ia: merica tropicale). x 763 Hyoscyamus albus, L. (Regione mediterranea). x 764 » niger, L. ia ATE i 765 Illicium anisatum, L. (Giappone). 766 Iris florentina, L. (Regione mediterranea). 767 ssi Curcas, L. (America pra: dB» multifida, L. (America tropica 769 Wir virginiana, L. (America SORA, 770 Justicia Gendarussa, Burm. (Asia tropicale). 771 Kyllinga brevifolia, RorTB. (Africa tropicale). 772 Laurus nobilis, L. Hegiase mediterranea). 773 Linum usitatissimum, L. nte). TIA Lippia nodiflora, MicHx. (Regione mediterranea). 775 Liquidambar styraciftua, L. (America settentrionale). 776 Mangifera indica, L. sane orientali). 777 Melia Azedarach, L. (Imalaja). 778 Menyanthes trifoliata, L. o 09 agent erotica, L. (Asia tropicale). 780 Nerium Oleander, L. (Regione mediterranoa). 781 Nicotiana Tabacum, L. (America tropicale). 782 Ocimum Brasilicum, L. (Oriente). 7 » canum, SImS. (Africa tropicale). 784 » sanctum, L. (Africa tropicale). 785 Panax Ginseng, Mev. (China, Giappone). 786 Papaver somniferum, L. (Oriente). 787 Pavetta indica, L. (Asia tropicale). 788. Persea gratissima, è (America tropicale). 789 Phyllanthus Niruri, L. (Regioni tropicali). 790 Pilocarpus pennatifolius, Lem. (Brasile). 791 Pimenta acris, Kost. (Indie Orientali). 792 Pluchea odorata, Cass. (America australe). 792 sa rosea, L. (Indie orientali). zeylanica,. L. (Indie orientali 795 ioegena glabra, VENT. (Asia tropica ale e), 796 Prunus Laurocerasus, L. (Regione mediterranea) 197 Psidium Guajava, L. (America tropicale). 798 Punica Granatum, L. (Regione mediterranea). 799 Rauwolfia canescens, L. (Antille). 800 Ricinus communis, L. (Africa tropicale). 801 Russelia juncea, Zuoe. (Messico). 802 Ruta bracteosa, L. (Regione mediterranea). » graveolens, L. (Oriente). 804 Sarcostemma viminale, R. Br. (Africa tropicale). 805 Stiegesbeckia orientalis, L. (Indie orientali). 806 Spilanthes oleracea, L. (Regioni tropicali). 807 Strophanthus capensis, D.C. (Africa australe). 808 Strychnos Nux-vomica, L. (Indie orientali). 809 Styrax officinale, L. (Regione mediterranea). 810 Tamarindus indica, L. (Indie orientali). 811° Tecoma stans, Iuss. (America settentrionale). 812 Thea sinensis, L. (China, Giappone). 13 Theobroma Cacao, L. (America tropicale). 814 Thevetia lui Juss. (America tropicale). 815 Urginea maritima, BAK. (Regione mediterranea). ; 816 Vernonia anthelmintica, WILLD. (Imalaja). | 817 Vinca rosea, L. (America tropicale). 818 Vitex trifolia, L. (Asia tropicale). 819 Withania somnifera, Dux. (Oriente). 820 Zingiber officinale, L. (Indie orientali). X.- Piante a frutti e semi eduli. 821 Achras Sapota, L. (America meridionale). 822 Anacardium occidentale, L. (America meridionale). 823 Ananas sativus, SCHULT. (America tropicale). n) 824 Anona Cherimolia, Miur. (America tropicale). 825 » squamosa; L. (Antille). 826 Arachis hypogaea, L. (America tropicale). 827 Araucaria Bidwilli, Hook. (Australia). 828 » brasiliana, LAmB. (Brasile). 829 Arbutus Unedo, L. (Regione mediterranea). 830 Benthamia fragifera, LispL. (Imalaja). 831 Carica Papaya, L. (America tropicale). 832 Carya olivaeformis, NuTT. (America settentrionale). 833 Castanospermum australe, CUNN. (Australia). 834 Ceratonia Siliqua, L. (Regione mediterranea). 835 Citrus Aurantium, L. (Asia tropicale). 836 » deliciosa, TEN. (Asia tropicale). di. . ca 838 Cocos fleruosa, MART. (Brasi RIT 839 Corynocarpus laevigata, FORST. (Nuova Zelanda). 840 Dioon edule, Linpi. (Messico). 841 Diospyros Kaki, L. (China, Giappone). 842 Eriobothrya japonica, LispL. (Giappone). 843 Ficus Sycomorus, L. (Egitto). su Gingko biloba, L. (China, Giappone). 845 Hovenia dulcis, Tuuss. (China, Giappone). | 846 Mangifera indica, L. (Indie orientali). 847 Musa sapientum, L. (Asia tropicale). 848 Opuntia Ficus-Indica, MILL. (America settentrionale). 849 Pandanus odoratissimus, L. (Indie orientali). 850 » utilis, Borx: (Madagascar). 851 Persea gratissima, GAERTN. (America tropicale). 852 Phoenix dactylifera, L. (Africa settentrionale). 853 Pistacia vera, L. (Regione mediterranea). 854 Psidium Guaina, L. (America tropicale). 55 Punica Granatum, L. (Regione mediterranea). 856 Tamarindus indica, L. (Indie orientali). 857 Theobroma Cacao, L. (America tropicale). 858 Zizyphus Jujuba, LAMmk. (Africa tropicale). 859 » Lotus, LAMK. (Regione mediterranea). 860 » sativa, GAERTN. (Regione mediterranea). XI.—Piante feculifere e saccarifere. 861 Adansonia digitata, L. (Africa tropicale). 862 Alocasia macrorhiza, ScHoTT. (Asia tropicale). 863 Andropogon Sorghum, Brot. (Africa tropicale). 864 Beta vulgaris, L. (Regione mediterranea). 865 Boussingaultia iaselloGica. H. B. K. (Equatore). 866 Canna indica, L. (Indie orientali). Caryota urens, L. (Asia tropicale). 868 Colocasia antiquorum, ScHoTT. (Asia tropicale). 869 Lo circinnalis, L. (Isole Molucche). i 870 revoluta, THuNB. (Giappone). 871 fica esculentus, L. (Regione mediterranea). 872 Dioscorea vera (Asia ssi 873 » cay bb 874 » use go (Giappone). » fica EneL. (Africa tropicale). 876 » va, L. (Regioni tropicali). 877 Dolichos Lab (A (Regioni tropicali). 878 “ro nesia GarRTS. (Africa e 79 Tocussa, FRESEN. (Abissinia). i 5 880 iapionie Abyssinica, Link. (Abissinia). ii 881 Fraxinus Ornus, L. (Regione mediterranea). 882 Ipomoea Batatas, Porr. (Regioni tropicali). ni 883 Maranta arundinacea, L. (America meridionale). 884 Patligrditone angulatus, RicH. (Asia tropicale). 885 Phaseolus lunatus, L. (Regioni tropicali). 8 » mu SEA, WiLLD. (Messico). 887 » Mungo, L. (Regioni tropicali). È Ulgarts, A 889 Ki Thunbergiana, BeNtH. (China, Giappone). Li 890 Saccharum officinarum, L. (Regioni tropicali). 891 Sechium edule, Sw. (Antille). | 892 Solanum tuberosum, L. (America tropicale). n 893 Vicia Faba, L. (Regione mediterranea). i 894 Vigna Catjang, WALP. regioni opta). i 895 Zea Mays, L. (America sigle. LA DIREZIONE a pa: È STUDII ALGOLOGICI : So - RICERÙ: BIOLOGIA DELLE ALGHE per A. Fasc: Is in-4° pp: VIN: -1-1290; tav 19 Lo 5 » II: »:4° ‘pp. I-VIII: 121:399. tav.1003f Li. 65 — è SHE, TRGROLIENIE et Cyanophyceae con 20 tavole (in corso di pubblicazione). Per acquisti rivolgersi: V. RiccoBono PR. Orto Bot. Palermo. R. Istituto Botanico di Palermo: CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE, dirette da A. Borzt. Vol. -1. in 8° tasc. EL pp. I-VII-192. tav. 1-VI L.12 > bh,» e DI, 1-316. »- IF» > IV + sh » LAT CAN » 10 Per acquisti rivolgersi: V. RiccoBono R. Orto Bot. Palermo Y di ri — ri Y Do (ee) JOURNAL DAGRICULTURE TROPICALE Fondé par J. VILBOUCHEVITCH 21. Rue Hautefewille. PARIS (VI°) ABONNEMENTS PÀRTANT DU le" JANVIER: Un an 20 fr. Le Journal d’agriculture Tropicale, mensuel illustré, s’occupe de toutes le questions d’actualité qui peuvent intéresser les agri- cultours des pays chauds. Il donne tous les mois une quinzaine d’articles inédits et une revue compléte des pubblications nouvelles (3 pp. de petite texte). La partie commerciale très developpès est intelligibile pour tout le monde et toujours interessante. Nombreux collaborateurs dans les colonies francaises, anglaises et hollandaises, ainsi qu’ en Australie et dans les deux Ameriques. — Articles inedits sur les cultures potageres et les fruits, dans chaque numèro. Collaboration speciale pour les insectes nuisibles. Numero specimen gratis sur demande. #17 pi SCSt A VE e ver Pai tl ve Va Leti si pira tt aiar (DR BOLLETTINO DEL A, ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO ANNO VII. (Fasc. 4.° Ottobre - Dicembre 1908). PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò, 18 1908 STUDII ALGOLOGICI: SAGGIO DI RICERCHE SULLA BIOLOGIA DELLE ALGHE per A. Borzi Pasc. Lim 4 pp. Vill 1120; tav. L-9° Li 29 I. >» 4° pp. bo 121- 399. tav. 10 —31 L. 65 — +: eflb= Di pby — con 20 tavole (in corso da ‘paliviicazione) Per acquisti rivolgersi: V. RiccoBoxo. f. Orto Bot. Palermo. R. Istituto Botanico di Palermo : i ALLA BIOLOGIA VEGETALE, dirette da A. Vol: E:in-:8°-fase. I. pp-1-VII:192. tav. 1-VI L.12 x.« LIM.» 1-316:-251-XX- 5:28 s-LH,» »: L'E» L93993 > EXE »90 a EV EL » LL LEV » 10 Per acquisti rivolgersi: V. Riccoroxo. R. Orto Bot. Palermo. JOURNAL D'AGRICULTURE TROPICALE Fondé par J. VILBOUCHEVITCH 164. Rue Jeanne - d’Arc. Paris (XIII) ABONNEMENTS PÀRTANT DU le" JANVIER : Un an 20 fr. Le Journal d’agriculture Tropicale, mensuel illustré, s'’occupe de toutes le questions d’actualité qui peuvent intéresser les agri- cultours des pays chauds. Il donne tous les mois une quinzaine d’articles inédits et une revue compléte des pubblications nouvelles (3 pp. de petite texte). La partie commerciale très developpès est intelligibile pour tout le sci et ne sereni Fabre quot dans les nsi qu’ en Australie et dans les deux Ameriques. — Articles ica sur les cultures potageres et les fruits, dans chaque numèro. Collaboration speciale pour les insectes nuisibles. Numero specimen gratis sur demande. N. 4. OTTOBRE DICEMBRE 1908 VOL. VII. BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO SOMMARIO: . Esperienze sulla coltura del « Cotone Caravonica » (A. Borzì) p. . Contribuzioni alla fiora della Somalia italiana. Centuria se- conda (G. E. Mattei) . Le piante erbacee e suffruticose, a a ornamentale, della flora sicula (G. Zodda) i. Intorno a due varietà di Citrus, lina introdotte in Sicilia (V. Riccobono) . È ; é » È . Rassegna della stampa agricola coloniale (G. E. Mattei) . . Indice del vol. VII PALERMO IPOGRAFIA .PRIULLA Vicolo Paternò, 18 1908 Esperienze sulla coltura del Cotone Caravonica Relazione a S. E. il Ministro d’Agricoltura, Industria e Commereio. Il Dottor DAvID THOMATIS, residente nel Queensland, ha da alcuni anni richiamato l’attenzione dei coltivatori tropicali sopra tre varietà di cotoni, da lui ottenute in Australia, le quali presen- tano la caratteristica di essere piante a fusto legnoso, arborescente, viventi parecchi anni, e di conseguenza capaci ogni anno di dare nuovo prodotto : la bambagia dicevasi più abbondante e di qualità migliore di quella degli altri cotoni: citavasi un rapporto assai fa- vorevole di un expert americano, il Dottor BOTTEMLEY, che visitò | pure. stato migliorato, mediante selezioni eseguite in Australia. Infine il Caravonica silk, assicurasi essere un ibrido fra i due precedenti, ottenuto e moltiplicato dallo stesso THOMATIS, ed offe- rente un discreto grado di fissità, come avviene anche — gli altri ibridi di Cotone. Queste tre sorta di Cotone, per quanto riguarda i semi, si differenziano come segue : aravonica wool: semi tutti liberi fra loro, piuttosto grossi, assai gibbosi, non rostrati, di colore bruno scuro, nudi, con breve ciuffo di peli giallastri all’apice. ravonica silk: semi sovente aderenti a due o tre, alquanto più piccoli che nella varietà precedente, meno gibbosi, alquanto rostrati, di colore nerastro, con breve ciuffo di peli giallo- verdastri all’apice e alla base. aravonica kidney: semi aderenti fra loro, da 5 a 7 o più, ancora più piccoli, di colore perfettamente nero, con rivesti- mento, per breve tratto, di peli cortissimi, verdastri, verso la loro ase. Per questi caratteri, e specialmente per essere i semi a bam- bagia tutta egualmente lunga, e facilmente distaccabile, per cui il seme resta nudo, si può stabilire che il Caravonica wool appartiene certamente al gruppo della Sea Island, ossia al Gossypium barba- dense. Caravonica kidney poi, per i semi tutti aderenti fra loro, va situato nella sezione ,Syrnspermia del Toparo, ed appar- tiene al Gossypium brasiliense, Macr. Il Caravonica silk infine, tenendo per i caratteri il giusto mezzo fra il wool ed il kidney, si rivela come realmente ibrido fra i due, e lo conferma la signi- nte caratteristica dell’avere i semi sovente riuniti a due od a tre, per solito con qualche brevissimo pelo verdastro, come osservasi nel kidney. Sulla scinzagietari e sulla sinonimia delle diverse specie ascritte al genere Gossypium, regna la massima confusione, sia per il di- verso valore che gli autori assegnano ai caratteri da quelle pre- sentati, sia per i numerosi ibridi che ne sa sia infine per la . arbitraria applicazione degli stessi sinonimi, a forme fra loro di- versissime. Tuttavia seguendo l’opera recente i WATT (1) possiamo per i cotoni Caravonica, applicare i seguenti nomi, e relative ci- tazioni d’autore. Caravonica wool. Gossypium barbadense, L. o in E° ye praga Sp. pl. I. 1753. p. 693. ParL. Sp. 866. p. 48. t. III (in parte). Top. sug; Cot. 1877-78. p. 234 (in parte). DS ot plant. 1907, p. gii va il Pa wool appartiene al Gossypium Li. L. resterebbe a ricercare a quale varietà si può ascri- vere : infatti il vero cani adense, conosciuto comunemente col no- mo di Sea Island e coltivato in abb ondanza negli Stati Uniti d’A- ravonica, ma lo stesso WATT ci avverte essere pressocchè impos- sibile riunire in varietà ben definite le numerose forme che questa pecie presenta, per cui non possiamo addentrarci in una tale que- stione. Tuttavia l'aver stabilito che il Caravonica wool, pur ap- partenendo al G. barbadense, L., si differenzia dalla vera Sea I- sland, ci può meglio far comprendere come la pianta del THOMATIS, rinvenuta nel Messico e selezionata in Australia, abbia potuto svolgere caratteri particolari, massime nella qualità delle fibre costi- tuenti la bambagia pe ne avvolge i semi. Caravonica kidney. Gossypium brasiliense , MAcr. FI. Jan 1837 I. p. 72 Top. Rel. Cot. 1877-78 p. 265-2 67. 6. IV. Wat. Cott. 93 1907. p. 293-315. G. peruvianum, aL Cott. Ind. 149-150 (in parte). SEEM (non ParL.) FI. Vit. 1865. p. 21- sù racemosum, Top. (non Potr) l. c. t. XII. f. 35. G. reli- giosum, PARL. (non L.) Sp.. Cot 1866. p. 54. t. 4. ALIOTT. Riv. Goss. 1903. p. 44-47 (in parte). Il carattere della sinspermia è stato dagli autori male inter- pretato : le specie che da un autore sono dette sinspermie, da un altro sono dette non sinspermie: ciò fa si che la loro sinonimia lungi. Notiamo solo che il carattere della sinspermia, più che un | adattamento biologico, ci sembra una deformazione teratologica, | resasi stabile in qualche stirpe, per cui non è difficile che in date circostanze e ri il carattere atavico dei semi di- - sgiunti. Caravonica silk. Gossypium barbadense , L. 4 G. brasiliense ACF, ata Seminate in vaso, in questo R. Orto botanico, le tre sorta di cotone Caravonica, nel Maggio 1907, nacquero tutte assai pronta- mente ed assai robuste, ma nel trapiantamento in piena terra, il vane ed il silk resistetterò bene, mentre il kidney venne a mo- ; per causa che non fu possibile precisare : tornato quest’ultimo a seminare, di nuovo nel trapiantamento perì, si che rimasero solo il wool ed il silk. Notiamo però che nella primavera di quest'anno, senainate tutte tre le sorta, direttamente in piena terra, resistet- il tero bene, ed anche kidney continuò a vegetare al pari delle altre due: si può quindi arguire che questa ultima varietà è più refrattaria delle altre due ad essere trapiantata. Durante la pri- mavera e l'estate dello scorso anno nendo loro qualche irriga- , for zione, tanto il wool che il silk acquistarono un grande sviluppo, superando però il primo in altezza l’altro; fu facile distinguere il Wool per le foglie orizzontali a lobi larghi e poco profondi, men- tee il silk presentava foglie quasi pendulé, con lobi più stretti e più profondi. Verso l’autunno il wool, con fusto assai grosso e per massima parte legnoso, aveva raggiunto una altezza di m. 3,10 mentre il silk restava alquanto più =. In quell’ epoca però sopraggiunse un forte vento, accompagnato da violenta grandine, che devastò in gran parte, abbattendole e din le piante del Caravonica, per cui fu necessario ri alla meglio, sostenendole con pali. Ciò dimostra che nelle colture questo cotone dovrà fin da princi- pio essere sorretto da pali tutori; in realtà anche gli altri cotoni temono assai il vento, ma i danni per questo risultano più rile- epoca ‘pure, tanto il wool che il silk incominciarono a fare qual- che fiore, ma le capsule non riuscirono a maturare, per il soprag- ir del freddo: ciò è normale se si considera che furono se- ti ben tardi, e che erano piante nel aaa anno di età 7 cioè veri loro periodo n divenendo esse realmente tti solo negli anni successivi. L'inverno sr: 1908 fu relativamente mite: tuttavia si ebbero ana brine ed anche qualche gelata, quantunque di breve durata. Le piante del Caravonica, lasciate senza alcuna potatura, perdettero tutte le foglie, e si ebbero anche morte le cime dei xami superiori, però le parti legnose resistettero x pi i L ; ps 2 d bene, e, venuta la a entrarono prontamente in vegetazione, se ando vigor gemme, che diedero luogo a rubusti rami. rso il giugno di ques il wool venne a fiorire, mentre il silk incominciò a fiorire solo verso il settembre: entrambi furono lasciati senza cimature, necessarie nelle colture razionali di cotone, per vederne il loro completo sviluppo : ne derivò che lo sviluppo vegetativo prese il sopravento, a detrimento della produzione delle capsule: infatti, mentre i rami continuavano ad Sapori produ- cendo nuove foglie , i primi fiori prodotti cadevano a terra senza abbonire il frutto. Tuttavia sulla fine di agosto si du le prime capsule mature del wool e la produzione continua fino al giorno ' oggi: al contrario per il silk solo ora, cioè verso la da metà di novembre, si hanno capsule vicine a maturità. Si notò poi che le capsule del wool, appena mature, si aprono completamente, ed, essendo pendule, lasciano prontamente cadere a terra tutta la loro produzione, sì che è necessario provvedere ogni giorno alla raccolta di quelle che vanno aprendosi. sta Tenuto calcolo dello sviluppo presentato dalle piante del Co- tone Caravonica, in questo R. Orto botanico, in paragone a quello di altre sorta di Cotoni, sottoposte alle medesime condizioni di col- tura, possiamo presentare i seguenti quadri, notando però che i dati relativi ai cotoni americani od egiziani, qui posti quale con- fronto, non possono avere che un valore molto relativo, trattan- dosi di poche piante, forse troppo avvicinate fra loro nella coltura. ed in condizioni certamente poco favorevoli di vegetazione. Altezza del fusto. Caravonica wool coltivato in Palermo Caravonica silk coltivato in Palermo Caravonica kidney coltivato in Palermo. Georgia. Jannovich Mitafifi . Sea Island Abassy . Louisiana Upland : Biancavilla di 1 anno|di 2 anni Piante | Piante . 2,80 |m. 4,20 1,95 | » 3,70 > — PE ge Sigla Circonferenza del fusto alla base. Piante | Piante di 1 annojdi 2 anni Caravonica wool coltivato in Palermo . . | mm. 75 | mm. 200 Caravonica silk coltivato in Palermo . È 2 (DO |» 980 Caravonica kidney coltivato in Palermo . 42 _ a questo rilevasi che il Caravonica, massime nel secondo anno, ha raggiunto nelle nostre colture un’ altezza maggiore di tutti gli altri cotoni: la differenza è specialmente rilevante se lo parago- niamo con il Biancavilla, sorta di cotone dei più pregiati e oggetto di coltura in varie parti di Sicilia. La circonferenza del fusto le- gnoso del Caravonica è poi paragonabile a quella di altri arbusti o frutici, ma non possiamo farne il confronto con le altre varietà americane od egiziane, e tanto meno con il detto Biancavilla, es- sendo tutte queste ultime piante annue ed erbac Riguardo alla produzione possiamo fare il Is del solo Ca- d ik v ravonica wool, essendo il s enuto a fioritura troppo tardi. Per nere asta troviamo, al sioni attuale e già raccolte, ben mature. . . n. 148 Gipui sulla riv abbastanza grosse pi ta ere in tempo a maturare . ss. n.198 Capsule enni Cile e Totale delle capsule prodotte n. 366 Dobbiamo però considerare che, non essendosi eseguita la ci- matura della pianta, come i pratici consigliano, molti dei ira fiori vennero a cadere senza produrre Su in causa del grani sviluppo vegetativo assunto dalla pianta. 156 Il peso poi della sola bambagia, fu trovato in media, per cia- scuna capsula del Caravonica wool essere di gr. 4,55 iguardo alla lunghezza delle fibre ed al loro diametro , fa- rono eseguite molte misurazioni dalla Dott. ROCCHETTI, assistente presso questo Istituto, tanto per il Caravonica wool e silk, quanto compartivamente per il Biancavilla, che riportiamo nei seguenti o, a A MEDIE del seme | Sommità del seme Wiriossiva TTT ——_——__ = ——__m TTT O << n — — 4 du LE | AE £ | £ È si. Sil Pt 5,3 |&| F 3 s 23 | 23 Ss Rf dle i cs L S a at Si 3.) $ li 5 e 8 fa | È $ sE: FE 3 Ei s è" |-853 sa # © È } do De © | BF | Sa | È E È; CECO. Ao CARAVONICA WOOL. . Regione apicale della capsula | 32, | 0. 0440 | 0, 0326 | 0. 0204 | 0. 03253] 35.4 0. 0397 | 0. 0312 | 0. 01988) 0. 0302 Regione media |. . - della capsula 33.8| 0. 03976| 0. 03214) 0. 01846) 0. 02982] 39. | 0. 03976) 0. 03266| 0. 01562| 0. 02934/0. 030108| 36.3 i Regione basale 1 «della capsula 34.8] 0. 03976] 0. 03124 0. 01512] 0. 02887|42,8) 0. 03976] 0. 02982] 0..01988| 0. 02982 CARAVONICA SILE. n, egione apicale della capsula 24,21 0. 0355 | 0, 0312 | 0. 0142 | 0. 0263 |29. | O. 0840 | 0. 0284 | 0. 0142 | 0. 0255 © Regione media | ue ; . della capsula. 27.6] 0. 0369 | 0..0284 | 0. 0142 | 0. 0265 |30.9 0. 0326 | 0. 0284 | 0. 0142 | 0. 0251 | 0. 0259 ‘Regione basale | ; della capsula 98.2/ 0. 0355 | 0; 0284 } 0. 0142 | 0. 0260 |31. | 0. 0355 | 0. 0284 | 0. 0142 | 0. 0260 - BIANCAVILLA. ._. Regione apicale i i della capsula "i 118.6] 0. 0411 | 0, 0369 | 0. 0071 | 0. 0284 |19,6| 0. 0440 | 0. 0383 | 0. 0071 | 0. 0298 . Regione media È dell Barge 20. | 0. 0452 | 0, 0340 | 0. 0071 | 0. 0288 |21. | 0. 0426 | 0. 0355 | 0. 0071 | 0. 0284 | 0. 02807} 20.3 | «Regione basale i e lla capsula 18.8) 0, 0397 | 0, 0326 | 0. 0071 | 0. 0265 |23.8] 0. 0397 | 0. 0326 | 0. 0071 | 0. 0265 Dai precedenti dati si deduce : Per il Caravonica wool: 1.° Le fibre poste alla sommità dei semi provenienti dalla basè della capsula presentano una maggiore lunghezza di quelle situate alla base del seme medesimo e appartenenti a semi della regione media e Sag della stessa capsula. 2°. Anti media delle fibre in generale è di mm. 36,4 con un massimo di m 3.° La media ve dello spessore delle fibre è di mm. 0,3011 Per il Caravonica silk: 1.° Le fibre apicali dei semi posti alla base della capsula sono più Jangls, ma la differenza in confronto al caso del Caravonica wool è meno sensibile. 2.° Le fibre presentano una lunghezza media di 28, 42 mm. 3.° La media totale dello spessore delle fibre è di mm. 0,0259. Mettendo a confronto le precedenti cifre, con quelle date da di- versi autori per altre sorta di cotoni, si hanno i seguenti dati, cioè È (ci Par ne, È 9 f LEUR LE 2 g El È Le È 3 AE 3 |13--|LA-4-A Bianosciliai i 0.0. de HR a 2.0 Caravamen wool i: (0 Cip; 36.4 |28-44| 30 |14-49 Uarevoniea dl; 0-0 28.4 |22-35| 25 [14-49 Bes-baland..../-. 0.0, 8080-00 A UA Deorgia. -—. 0... 140 LS 21900 Upandi n 42. |35-59| 22 |13-32 Louisiana . . . . ... ... |48 [46-51 17 [18-22 Mad...) 0. 0 Mit-Afifi ii 41092, G|17-40) 93 (19354 so st | Da questo confronto si rileva che la lunghezza della fibra del Caravonica, tanto wool che silk, è più rilevante di quella del Bian- cavilla, avvicinandosi molto a quella dei cotoni Egiziani Abassi e Mit-Afifi : il diametro poi delle fibre stesse nel Caravonica silk si avvicina assai a quello dell’Abassì, mentre nel wool ne è alquanto superiore, Sc: anzi nella media quello di tutti gli altri Co- toni, posti a confro u pure nai la resistenza alla trazione e si ebbero le Sg cifre, per il solo Caravonica wool, in — dodici prove grammi ee wu e ge III rooogogroH- Sì JwO cioè una media di gr. 6,8, sc dalle fibre senza rompersi, media CTRSRORGINE a bale generalmente presentata dai cotoni Di fr ai dati su esposti, credo utile porre in rilievo quelli dedotti dallo esame del prodotto proveniente direttamente dalle colture del Signor THOMATIS. Essi sono i seguenti : WOOL SILK origina- | colt. a |origina- | colt. a rio. |Palermo| rio. |Palermo Lunghezza della fibra mm. 35. Si 36. 40 Pari 29 28. 42 Lato 7 PA mm. | 29.30 30. do L20061: i 25.9 Rapporto tra il peso ; la den e dll de dell ie di seme . - 35. %o 35. lo 38. °o 204 79, 160 1. Seme di Cotone Caravonica Wool, dalle colture del R. Giardino Botanico e Coloniale di Palermo, 2. Seme di Cotone Caravonica Wool, dalle colture originarie del Dottor THOMATIS, 3. Seme di Cotone Caravonica Silk, dalle colture del R. Giardino Botanico e Coloniale di Palermo. ; 4. Seme di Cotone Caravonica Silk, dalle colture originarie del Dottor THOMATIS. x e vedesi nessuna differenza è stata rilevata confrontando i peso della bambagia rispetto a quella del seme. Tuttavia questo risultato non può dirsi definitivo, poichè la produzione di questa qualità di Cotone è stata molto scarsa. giore se valgano le figure qui o che ansa) semi di one Caravonica Wool (fig. 1 e 2) e silk (fig. 3 e 4) ottenuti n nostre colture , e LRULI con quelli bt provenienti dalle colture del Dottor THOMATIS. Questi esperimenti di colture sono anche troppo scarsi, tropp® limitati, per poterne trarre conclusioni definitive sull’adattabilità del Cotone Caravonica al clima di Sicilia, e sull’ opportunità di ef- fettuarne estese colture. Tuttavia dallo sviluppo assunto e dall’aver contrade del sud della Sicilia, prospicienti il mare africano, ove l’inverno è ancora più mite che da noi. Delle due varietà pare preferibile il wool A la maggiore robustezza e per la fioritura più precoce, per cui è,-possibile avere la produzione prima delle sistema adottato per tutte le altre colture cotoniere Si dovrà curare di sostenere le piante con Lin (ga evitare i danni che può loro recare, massime nel primo anno, la violenza dei venti, essendo i rami abbastanza Sai come dii di una vegetazione molto rigogliosa. Infine sarà necessaria una spe- ciale attenzione nella raccolta del prodotto per dante che, a ma- | turità, cada al'suolo, imbrattandosi di terra. Fin qui, nelle colture cotoniere, si sono preferite le varietà annue, potendosi coltivare, come usasi in Sicilia, in rotazione con cereali o con leguminose: ma la produzione dei cotoni annui è generalmente troppo scarsa, per cui l’utile resta minimo, ed i col- tivatori di qui preferiscono al cotone, altri prodotti più redditivi. Ora la scarsezza del prodotto sarebbe evitata, adottandosi il Cara- vonica, che offre una fruttificazione ben più abbondante di tutti gli altri cotoni ; però dobbiamo considerare che nel primo anno la produzione del Calavà 4 è pressocchè nulla: ma questa deficienza viene compensata dalle minori spese culturali che si esigono negli anni successivi, potendo il Caravonica continuare a’ produrre per parecchi anni di seguito. Troppo arrischiato sarebbe ora il voler fare qualche conto anche sen sul rendimento del Caravonica. Tuttavia, a a 163 titolo di ipotesi, Vagadsa sui risultati ottenuti in questo Orto, capsule: la bambagia con semi, per ogni cap pesa in media 4,55, quindi per ogni pianta si ha un tot. i bambagia con semi ,50; essendo poi la proporzione della bambagia ai semi del 35 per cento, si ha una produzione di bambagia, senza semi, per ogni pianta di gr. 557. Stante lo sviluppo che assume il Caravonica, nelle colture si dovrebbe tenere uua distanza, fra una pianta e l’altra, non minore di m. 2, quindi in un ettaro tro- verebbero posto n. 2500 piante di questo cotone. Calcolando a 350 capsule la produzione media annuale di ciascuna pianta, si avrebbe per ettaro un totale di 875.000 capsule: risultando poi, sempre nella suddetta proporzione, una produzione di 557 gr. di bambagia senza semi, per ciascuna pianta, si avrebbe per ettaro, sopra 2500 piante una produzione di Kg. 1392.500 di bambagia senza semi. Volendosi dare un valore approssimativo a questa produzione dob- biamo ricercare quale è il valore attuale del cotone: questo varia secondo le qualità e le provenienze : da un minimo raggiunto cotone del Bengala, che attualmente è di 96 fr. il quintale, an- diamo gradatamente ad un massimo raggiunto dalla Sea Island, extra fina, che attualmente è di 480 franchi il quintale. Per il ita di provenienza australiana fu venduta all’Havre, recente- mente, per 330 franchi al quintale : però tale prezzo ci sembra ec- cessivo, per quanto riguarda la qualità ottenuta in Sicilia: osser- vandosi infatti che, per i caratteri delle fibre, il Caravonica wool, qui raccolto si avvicina assai ai buoni cotoni egiziani, e sapendo che il valore dei medesimi varia attualmente da 172 a 224 franchi per quintale, possiamo nre rnitezenia al vero assegnare al Cara- vonica un valore medio chi il quintale, cioè di L. 2,00 al chilo. Ora, essendosi calcolata una produzione di Kg. 1392,500 P tiva, sarebbe il sta lordo per ettaro del Cotone Caravonica in Sicilia, e forse potrebbe anche riuscire maggiore nel sud dell’Isola, ‘ ove non sono a temersi freddi invernali troppo intensi. Concludendo riteniamo che occorrano nuove e più estese espe- rienze per giudicare del vero valore che possono avere le colture del cotone Caravonica in Sicilia : tuttavia possiamo fin d’ora in- coraggiarne qualche tentativo di prova, massime nelle regioni più ngi , parendoci possa riuscire abbastanza resistente al no- tro clima e di reddito abbastanza ToMUDSTAHVO, Resta però un’ultima questione. Essendo il Caravonica cotone di grande reddito e di lunga durata, ed avendosi in Sicilia Cotoni, già assuefatti al nostro clima, come il Biancavilla, il Terranova, il Caltagirone etc., perchè non potremo tentare, con opportune ibri- dazioni di ottenere nuove varietà, intermedie fra queste due, le quali ritraessero dal Caravonica la abbondanza del prodotto e dal Biancavilla, od altre sorti siciliane, la resistenza al clima? I Wix- DEMAN (1) recentemente, a proposito di cotoni africani, insisteva sulla opportunità che i nostri sforzi debbano convergere piuttosto verso la creazione di nuove razze di cotoni, anzicchè limitarsi al- l’introduzione semplice e pura di semi di origine esotica; mediante ibridazioni e selezioni, egli diceva, si arriverà ad ottenere per cia- scuna regione una razza appropriata alle condizioni locali di terreno e di clima. ià altre nazioni attendono a colture esperimentali di Cotone. La Sicilia e tutto il mezzogiorno d’Italia offrono condizioni favore- voli a tale industria. Sarebbe quindi opportuno che, specialmente in Sicilia, simili tentativi venissero estesi con accurato metodo scien- tifico, Chia pig della nostra agricoltura meridionale. Faccio perciò voti all’E. affinchè voglia incoraggiare una tale serie di esperimenti, ci vile selezione ed ibridazione, allargando e di- sciplinando i pochi qui iniziati, mediante l'istituzione di qualche campo iii Ne. 1 il Governo Italiano istituì una Real Commissione incaricata di introdurre e di esperimentare tutti i cotoni esotici: i risultati ottenuti, massime a Palermo, furono incoraggianti, ma si limitarono alla semplice coltura di razze ’ Straniere, non - avendosi possibile, come lo dimostrano, per altre piante, i brillantissimi ri- sultati ottenuti dal De VrIEs, dal BURBANK, dal NiLsson,.in altri campi dell’industria agricola. Di conseguenza l’istituzione di una stazione sperimentale di cotonicoltura dovrebbe avere il compito di studiare la creazione di razze bene resistenti al nostro clima e di forte reddito, da moltiplicarsi in e regioni meridionali, a prafereniai di niro colture, con vero vantaggio della agricoltura italiana, ed io son certo della riuscita. Prof. A. Borzi (1) WILDEMANN dae E., A propos, de, la. He des Sari ci 0 1608, tropicale. I d XII Ann. N. 5.p. 198. © Paris i ; Contribuzione alla Flora della Somalia italiana CENTURIA SECONDA. Come ci aveva promesso, il Dottor CEsARE MacaLUSO, Diret- tore dei Servizi agrarii al Benadir, inviò a questo R. Istituto Bo- tanico una nuova collezione di piante della Somalia Italiana, prin- cipalmente raccolte nei territori di Brava, di Merca e di Mogadi- scio. Comprende circa 230 numeri, però alcune specie sono dupli- cate, ripetendo qualche tipo già avuto nella precedente collezione di piante della Goscia. Altre specie, raccolte in saggi deficenti, male si prestano ad una sicura identificazione. Tuttavia molte sono bene riconoscibili, ed appunto con questo .nuovo materiale, e con altre specie della Goscia, restate precedentemente pasa, presento que- sta seconda centuria. Ho dovuto elevare ad entità nuove pa tipi abbastanza divergenti dalle altre forme congeneri fin qui note : ciò non deve meravigliare, trattandosi, come dissi in precedenza, di una flora quasi sconosciuta, vi reo proveniente da un vasto terri- torio rimasto qui inesploral La revisione poi di. uso nuova collezione mi ha sempre più convinto delle intime relazioni ehe esistono fra la flora dell’Africa ‘orientale e quella della Penisola indiana: parecchi tipi sono iden- tici, altri si debbono ritenere come vicarianti: ciò confermerebbe l'igottal che esistessero, in epoche non remote, territori intermedii colleganti le due regioni. In attesa di caggni flantrari tutto il ia inviatoci dal * 166. Dottor MACALUSO , presento intanto questa seconda centuria, che offre qualche interesse per una migliore conoscenza della vegeta- zione di questa nostra fertile colonia. ALISMACEE 101. Burnatia enneandra, MicHeL, in D. C. Monogr. Phan. II DURAND et ScHINZ, Consp. Flor. DA V. 488. WRI- GHT, in OLIV. Flor. trop. Afr. VII Local. Giumbo, Goscia, abbondante nei nu Talia (senza numero) : . 1907. Osserv. Pianta fornita di grosso rizoma, sferico, feculaceo, forse GRAMINACEE 102. Panieum repens, L. Sp. pl. II. 87. DuRrAND et SoHINzZ, Consp. Flor. Afr. V. 760 Local. Giumbo, Goscia, nella piana (G. n. 169): 3. IX. 1907. Coltiv a e fiorito, da seme originale, nel R. Giardino Co- loniale di 0. Nom. volg. 0s-la 0 Os - rovadi. 103. Panieum Fatmense, HocHsT. et StEUD. in Un. Itin. Arab. RP dg acrotrichum, StEUD. Syn. Gram. 100. r. Agow. n 4a. ScHmp, PI. Locali Dintorni di Mogadisco, in terreno sabbioso (Mo. n. 63); Osser. Sorcisponde © con gli esemplari dello ScHIMPER, di A- inia (n. 2241, nell’ erbario dell’ Istituto di Palermo) Ì el ST TAI OE O RIA, Magi, MOTI AEREI MPI MAP PA vi it fia + 1} Foe at PE PA RIDI I RE IDE 104. Panicum Borzianum, mini. Planta annua, caespitosa, culmis Leni pi ei St LI Ro MER Local. Nom. bi-tripedalibus, basi decumbenti-radicantibus s, mox erectis multinodosis , replicato - ramosis, tenuibus , anguloso - sal catis, glabris, dense ad nodos villoso - piubenintibi iarum vaginis latis, striatis, glabris, ad margines pilis longis albidis dense ciliatis, laminis brevibus (30 - 40 mm. longis, 5-7 mm. latis), lanceolatis, longe acutis, adpresse piloso-scabridis, marginibus minutissime calloso-serrulatis, parce, praesertim basi, ciliatis : racemis ad decem, alter- nis, sessilibus, rhachidi parce ampliata, longitudinaliter striata, ciliolato - scabrida : ini minusculis, in singu ulo racemo ad viginta, biseriatim imbricatis, opacis, virescen- tibus, lanceolatis, acuminatis: liialio minimo, ampliato crasso, breviter denseque piloso : gluma inferiore age ma, pellucida: glumellis floris pena e ; ovalibus, rotundatis, ui ruguloso-stri ; mucronem setaceum feren e albo - “ vescentibus. » P Dintorni di Merca, en pil abbondante (Me. n. 10): 6 907 volg. 0s-galim - uenis. Osserv. Specie affine al Panicum trichopus, HocHsT., ma suf- ficientemente distinta : forse, per la villosità della glumella este (in Ann. Ist. Rom. VII. 62), ma ha la gluma infima as- sai più corta della spighetta, e le spighette stesse più o cole, in confronto di quelle presentate dal saggio di IH. n. 1656), e non maggiori come do PER Abyss. il n. e come in realtà si trovano in alcuni esem- plari dell’Eritrea, raccolti dal SENNI. Inoltre il colore - ver- dastro non “eee delle spighette fa tosto questa specie dalle affini. Dedico questa al chiarissimo Prof. A. Borzi, direttore del R. Istituto epr sten lermo. i è 168 105. sig von typhoidenm, DeLIL. FI. d’Egypt. 17. t. 8. Local. Dintorni di pra coltivato scarsamente dagli indi- geni (Mo. n. 42): Nom. volg. Mauele. 106. ona Sieberiana, TRIN. in SPRENG. Neue Entdeck. 10 6 = . CHIOv. in PirOTT. Ann. Botan. Local. — presso Mogadisco, in terreno sabbioso (Mo. n. 49): V. 1908. o Nom. volg. Metro. 107. Aristida Adsensionis, L. Sp. pi. 82. CHiov. in PiROoTT. Ann. Botan. V. 65. Local. Torda, Goscia, nella piana, abbondantissima (G. u. 158): 22. VELI 7 Nom. volg. Os - garda. 108. pifi marginatus (StEUD.) Ricu. Tent. Flor. Abyss. . DurAND et ScHInz, Consp. Flor, Afr. V. 821. Local. dui sulle dune di Scialambò (Me. n. 11): 4. VII. 1907 Nom. volg. Umbussi. 109. Pinin: Lpriilinoe 3, Bi Gram. 212. CuIov. in PI- nn. Botan. V. Local. sus earn cr piana (G. n. 168): 3. IX. 1907. Nom. volg. Os-gir 110. razr coracana (L). GAERTN. so fr uet. I. 8. DURAND et; HINz, Consp. Flor. Afr. V. 8 Local. Cole nei dintorni di Moga PIO . n. na V. 1908, a Brava, dagli Abgall (Br. n. 39): 1907. Nom. Li g Uembo. 111. Dactsloteniam Lera clip cn Cova, Flor. Diss. in Ann. Nat. 18. . DuranD et ScHInz, Consp. Flor. i VE 869. ... in PirorT. Ann. Ist. Rom. VI. 172. var. villosum, MIHI. A typo differt vaginis foliisque omnino longe, atque dense, albovillosis. Local. Mogadiscio, nella zona littoranea (Mo. n. 75): VI. 1907, Nom, volg. 0Os- hurbonada, 3 CIPERACEE 112. a pilosus, VAHL, pi II. 354. DURAND et hci nsp. Flor. Afr. V. 571. CLARK. .in OLIv. Flor. da op. Afr. VII. 352. Local. Brava, nei luoghi umidi (Br. n. 67): VII. 1907. Nom. volg. Gomor GIGLIACEE 113. Asparagus africanus, Lam. Encycl. I. 295. DuRAND et ScHINZ, Consp. Flor. Afr. V. 281. BAKER, in OLIv. Flor. Trop. Afr. VII. 433. EnGL. in PirotT. Ann Ist. Rom. IX. 245.—Asp. abyssinicus, HocHsT. in ScHImP. PI. Ce 919. Local. Merc, sulle dune di Scialambò (Me. n. 45): 3. VII. 907. Nom. du Bakar. EMODORACEE 114. Jero ce BAKER, in OLIv. Flor. Trop. Afr VII. Local. pr nella zona litoranea (Mo. n. 177)..20. VI 1907. Coltivata, da piantine originali, nel R. Giardino Coloniale di Palermo. Nom: volg. Ascul. Osserv. Assai affine alla Sanseviera Ehrenbergii, SCHWEINF. ex BACKER, in Journ, Linn. Soc. XIV. 549, di cui po- trebbe essere semplice varietà. Specie ancora dubbia, non conoscendosene i fiori. ARISTOLOCHIACEE 115. Aristolochia Petersiana, KLOTZscH, in Monatsber. d. K. A. Wissenschaft. Berlin. 1859. 599. DucHarTR. in D. C. Prod. XV. 1. 483. Local. Giumbo, Goscn, nelle —: (G. 173) : 5. IX. 1907, Nom. volg. Hengabai - 170 CHENOPODIACEE 116. ala ef ul Borss. Diagn. II. 4. 73. BaLF. Bot. So- 257. Local. ve sulle dune (Me. n. 37): VII. 1907. Nom. volg. Ghed - ad. Lis: saga ea Forsk. Flor Aeg. Arab. 70. EneL. in Pi- OT . Ist. Rom. IX. 246. Local. “i sulle dune (senza numero, in formalina) : V. Nom. noe Diluk. AMARANTACEE 118. Amarantus retroflexus, L. Sp. pl. 1407. Local. Dintorni di Mogadiscio (Mo. n. 13): VI. 1907. Nom. volg. Rasu - demer. 119. eroe aspera, L. Sp. pl. 295. . Giumbo, Goscia nella piana e sulle dune (G. n. 119): 26. VIII. 1907. Nom. volg. Bori CDR. 120. Aerua Ruspolii, LoPR. in PrrotT. Ann. Ist. Rom. IX. 18. Local. Mogadiscio, nella zona litoranea, abbondante (Mo. n. 10 en, bl): VI 1907. V. 1908. Nom. volg. A 121. Celosia populifolia, Moo. in D. C. Prod. XII. 2. 239. var artemisioides, MIBI. A typo differt paniculis multifioris , floribus minoribus, adpressis, rhachidem omnino occultan- tibus, sepalis brevibus, stramineis , paz sub anthe- si non aequantibus, stigmata fere integro Local. Merca, sulle dune e specialmente nella piana (Me. n. 2): 907 Nom. Fark: Ni - ho. a pe i rare e NICTAGINEE 122. o TR Cav. pra # 7. t. 112. EneL. in PrrorT. Ann. Ist. Rom. IX. Local. Mogadiscio, ron zona oi A n. 79, anche in for- malina) : VI. 1 FITOLACCACEE a, 123. Gisekia Berna L. Mant. II 562. OLIv. Flor. Trop. Afr. IL 593. Local. pie abbondante pra dune della zona COSHAIA (Mo. n. 40 et n. 98): VI. 1907. Nom. volg. Agna. AIZOACEE < 124. Trianthema dana: L. Mant. I. 70. OLIv. Flor. Trop. vAfr JI. 5886 Local. Mogadiscio, sulle dune (Mo. n. 56): VI 1907. Nom. volg. Ghemen. "O PORTULACACEE 125. dici oleracea, L. Sp. pl. 445. Otv. Flor. Trop. Afr. up Local. pei sulle dune (Mo. n. 110): VI 1907. CAPPARIDEE 126. Polanisia strigosa, Boser. srdunla N66 o XX. 56. Cleome strigosa, OLiv. Flor. Trop. Afr. I. 80. Local. pole ng nella zona litoranea (Mo. n. DI 23. VI. 1907, 27. Boscia flaveseens, Int. Frutex ramis teretibus , Junioribus. 173 sato, cum margine ipso confluente, 6-7 centm. longis, 3-4 centm. latis : floribus : fructibus globosis, ma- gnitudine cerasi, ba monospermis, flavo- tomentosis, gynophoro parce elon Local. Giumbo, Goscia, stile sE (G. n. 12): VIII. 1908. Nom. volg. Ohio. Osserv. Si da. subito per le foglie larghe, ovali, fiave- scenti nel secco : la loro struttura anatomica si avvicina a quella della pr Hildebrandtii, GiLe, ma la loro forma ne è completamente diversa 128. Courbonia nummularifolia, MIRI. Frutex ramosus, ramis di- varicatis, sulcatis, angulosis, viridibus, glabris: foliis mem- branaceis, laevibus, late ovatis. sive nummulariformibus , basi cuneato - obtusis, apice rotundatis, apiculato - mucro- natis, integris, glaberrimis, fere glaucescentibus, 5 - ner- vis, 24 mm. longis, 20 mm. latis, petiolo 5 mm. longo : floribus axillaribus , solitariis, pedicello 19 mm. longo : calycis tubo cylindraceo, ad 5 mm. longo, lobis 3, ovato lanceolatis, acutis, submucronatis, 8 mm. longis, 4 mm. latis, valvatis, glabris, margine tantum tomentosulis: an- nulo in fauce calycis brevissimo, lobulato : staminibus mul- tis, filamentis liberis, fexuosis: ovario utrinque attenuato, gynophoro 22 mm. longo: fructibus..... Local. Brava, sulle dune stabili (B. n. 48): 12. VII. 1907. Nom. volg. Dah-cagiab Osserv. Affine alla Courbonia decumbens, BroNGN. (Physan- themum glaucum, KLOTZSCK, in PETERS, Reis-nach Mos- st. Rom. fra gli altri caratteri, dalla prima per le foglie più roton- date, per il tubo alii assai più lungo, e per 1’ anello interno meno sviluppato : dalla seconda per le foglie non coriacee, non cordate: da entrambe per i rami verdeg- gianti, profondamente solcati ed angolosi. MORINGEE 129. Moringa Borziana, mini. Frutex ramulis junioribus teretibus crassiusculis, cortice glabra, brunneo rubescente: foliis bi- pinnatis, 3-4-jugis, rhachidi ad 20 centm. longa, articu- lata, pruinosa, foliolis longe pedicellatis, pedicello 12-15 mm. PA, ER sà Mandi 1 Local. Nom. Osser longo, ovatis vel ovato - lanceolatis, basi breviter vel bre- vissime angustatis, apice rotundato, mucronatis , integer - rimis, utroque glabris, nervis vix prominulis, 25-30 mm. longis, 18-20 mm. latis : fioribus racemosis, bracteolatis, Fistozie petiolatis, sepalis ovatis, glabris, margine tan- um tomentosis, dee majoribus late linearibus, fere spa- dci I. capsula siliquiformi, eis Bignonia- cearum DISTA pendula, lineari, trigona, rostrata, tri- valvi, glabra, extus brunneo-cinerescente, fere pruinosa, intus pellucide membranacea, uniloculari, polysperma, 22 centm. longa, 2 centm. lata : seminibus trigonis, late tria- latis, alis tenue uianinia 30 mm. longis, 15 mm. atis. Giumbo, Goscia, nella piana, rara (senza numero) : VIII volg. Sefeur. v. Del genere Moringa si conoscevano tre sole specie, due delle Indie ed una della Nubia e dell'Arabia: recentemente P I x due della Somalia. La presente, molto diversa da tutte le ltre, viene a completare la serie, facendo sempre più scor- gere i caratteri di affinità che esistono fra la flora soma- lense e quella indiana. Dedico questa specie al chiarissi- mo Prof. A. Borzi, Direttore del R. Istituto Botanico di Palermo. LEGUMINOSE 130. coi pantera i BeNTH. in Hook, Journ. Bot. IV. 332. Local. in . Flor. Trop. Afr. IL 325. gn n spiaggia (soli semi, senza numero): VII. 1907. E: Bauhinia tomentosa, L. Sp. pl. 375. OLIV. Flor. Trop. Afr. Davao Wo sf. Brava, nelle dune e sulla piana Si n. A: 14. VII se, Den - bilel. 132, Aeschynomene india, L. Sp. pl. 713. BAKER, in OLIv. Flor. Trop. Afr. Il. 147. 174 Local. Giumbo, Goscia, nei pressi del Giuba (G. n. 102): 27, VII: 1907. Nom. volg. Kalankal. 133. ident Tropeae, mraI. Annua, erecta vel prostrato diffusa, anguloso-sulcato, piloso : foliis trifoliolatis, stipulis pati setaceis, petiolo tenui, elongato : foliolis oblongo linearibus, obtusis, integris, supra intense viridibus, gla- brescentibus, subtus pallidioribus, adpresse albo - pilosis : racemis lateralibus, oppositifoliis , sessilibus , densiforis, ris et di dicellatis, calyce lobis lanceolatis, acutis, pilosis : petalis flavescentibus, vexillo aurantiaco : leguminibus fere sessi- libus, adpressis, subpendulis, inflatis, dorso compressis, parce pubentibus, 12-14 spermis: TE brunneis , rugulosis. Local. Torda, Goscia, sulle dune e nella piana (G. n. 93) : 22 07. Coltivata da seme originale, e fiorita nel R. Giardino Coloniale di Palerm Nom. volg. Scialak- scia Osserv. Specie vicina a Cr. era HocHsTt. ed a Cr. melilotoides, STEUD., ma tuttavia da entrambe ben di- stinta per i caratteri sopra notati. Dedico questa specie all’egregio Dottor ate TROPEA, del R. Istituto Botanico di Palerm 134. Medicago sativa, L. Sp. pl. 778. Local. Coltivata, a Merca, in terreno sabbioso (senza numero): 8. VII. 1907 135. apo arrecta, Hocnst. in ScHimP. Plant. Abyss. BAKER, in OLIV. Flor. Trop. Afr. II. 97. HARMS, ne Ann. Ist. Local. po nella piana Ba n. 210): 12. VII. 1907. Alghe i 3. VII Torda, Goscia, nella piana del ‘Gui @. n. 99). Pt 1907. Giumbo, Goscia, nella piana e sulle dune (G. n. 112): 15. VHI. 1907. Colli e fiorita, da seme originale, nel R. Giardino coloniale di Palermo. Nom. volg. Man-eren a Giumbo; Bue - De a Margherita; Ellan - gin a Torda, ed Ellan - eligin a Brava. sti dpr Tephrosia incana, GRAHAM, in arri Cat. 5644. BAKER, in i LIV. Flor. Trop. Afr. H. 123. Hans, in PrROTT, «AS Rom: NI: I Local. prata Goscia, nella piana e sulle dune (G. n. 124): 1907. Nom. vo Cra Dargha - marei o Derka. 1007 Alysicarpus Macalusoi, mini. Planta annua, pusilla, caulibus iatim decumbentibus, pilis validis, albis, strigosis , te- ctis : stipulis scariosis, flavo - venosis, lanceolatis, albo- ciliatis, petiolum aequantibus: foliis brevi tiolatis, unifoliolatis, vel supremis saepe triofoliolatis, foliolo ter: minali elliptico - subrotundo, emarginato, basi sub-cordato integro, coriaceo, nervibus Sali prominentibus, supra sn e subtus minutissime atque parce puberulo, pilis lon- oribus ad nervos, 5-8 mm. longo, fere aequilato, folio- tis oribus parvis, proximatis, pedicellis brevibus, capillaribus, calyce io: piloso, sepalis lanceolatis, angustis, striatis, apice pilis al- bidis, longioribus, floccosis, corollam aequantibus: legu- minibus 3- ni articulatis , articulis subglobosis, compressis, transverse irregulariter rugoso - era minutissime pa- ; pilloso - scabridis vel fere glabri n Local. Merca, nelle dune (Me. n. 59): 3. VIE 1907. Osserv. Dedico questa specie al Dottor CesaRE MAcALUSO, rac- coglitore delle piante che formano oggetto sla presente turia. 138. Zornia diphylla, Pers. Syn. IL. 318. Barer, in Otrv. Flor. sn me Il. 158. HaRxS, in PiRoTT. Ann. Ist. Rom. Local. a valle dune fe n. 104): VE 1907. 139. Derris uliginosa, BentH. in PI. Jungh. L 252. Baker, ino OLiv. Flor. Trop. Afr. II. 245. Local. Hospice abbondante nelle boscaglie , Sulle! rive del . Giuba, a Giumbo, Goscia (G. n. Spe VII 1907, Nea volg. Mabungo. 140. Physostigma venenosum, Barr. in Trans. R. Soc. Edinb. . XXII. 310. BAKER, in OLIV. Flor. Trop. Afr. II. 191 Local. Mogadiscio, sulla spiaggia (soli semi, senza numero): VII. 141. Vigna sinensis (L.) EnpL. ex Hassk. PI. Jav. rar. 386 AKER, in OLIV. FI. Trop. Afr. II. 204. Local. Coltivata presso Margherita, ed altrove, nella Goscia (Soli semi senza numero). Coltivata da detti semi, e fiorita nel R. Giardino Coloniale di Palermo. Nom. volg. Dir-afeul, 0 Dir - ghedut. 142. Dolichos Lablab, L. Sp. pi. 1019. BAKER, in OLIv. Flor. Trop. Afr. II. 210. Harms, in Digofr. Ann. Ist. Rom - 97. var. albiflorus, SerING. in D. C. Prod. sap 401. Robustior alte volubilis, pubescens, foliis maximis, race- mis elongatis, multifloris, floribus speciosis, eburneis, in sic è fa resssa a gioni Us. boc xl: Coltivata dagli indigeni (soli semi) : coltivata e > da detti semi, nel R. Giardino Coloniale di Palerm ZIGOFILLEE 143. sibile simplex, L. Mant. I. 68. OLIV. Flor. Trop. 85. EnGL. in PIROTT. Ann. Ist. Rom. VII. 14. Local. i. sulle dune (Mo. n. 33, anche in formalina): 907. Nom. volo Cahal. 144. Sri terrester, L. Sp. pl. 386. OLIv. Flor. Trop. Afr. 288. ExGL. in PiroTT. Ann. Ist. Rom. VII. 15. Local. "Mogaliacio s- zona litoranea pe n. 107): VI. 1907, Brava, sulle e (b. n. 2} d9 51907. Nom. volg. un» BURSERACEE 145. Commiphora benadirensis, wr. Frutex ramulis adproxima- tis, patentibus, omnibus acute spinescentibus ; Junioribus dee flavo - velutinis, aliis glabrescentibus, fere pruinosis, carado e cinerea, demum neo obtectis : folii in ramulis elongatis , trifoliolatis , petiolo hirto, 8 mm. longo, foliolis atfifine hispidis, mediano lidi romboi- fere 3-5 lobo, 18 mm. longo, 15 mm. lato, lateralibus multo minoribus, cani crenulatis, 5° mm. longis, 4 mm. latis : fatina ua : drupa axillari, solitaria, pedi- cello brevi, crassissimo, 2 mm. longo, sepalis persistenti- us 4, brevissimis, ovatis, 1 mm. longis, globulosa, apice n Pepe magnitudine oleae parvae, cortice glaberrima, lbo - pruinosa, 10 mm. longa, 7 mm. lata, exocarpio de- } i mum bivalve Suhisclnta, caduco, mesocarpio arilliformi , tenui, persistenti, pyrenam circumtegente, basi tetragono, i -- c sa ranieri 4-partito , ui _pyre- am, am, apiculatam, efform Local. ‘ MApadiiio. Dblndii te nelle dune (Mo. n. E; er frutti in formalina): V. 1908. Nom. volg. Ana- ana- ess. POLIGALEE 146. Polygala multiflora , mInI. Frutescens, ramis non strictis, pube adpresso crispulo, viridi, obtectis: foliis brevissime petiolatis, sub-erassis, obovatis, basi angustatis, ob dense multifloris, bracteis persistentibus, ovato - acutis pedicellis alis brevioribus, puberulis: sepalis ovato-rotun- datis : alis latis, ad apicem angustatis, acutis, basi abrupte minum e aliformibus cr albidia, alal a gis latisq Local. _Strada dee Giumbo a Torda, nella Goscia (G.n, L6) 21, Nom. vt Mnbict: Osserv. Specie assai affine alla Polygala obtusissima, HocHsT CHoD. nta Polygal. 322), ma tosto riconoscibile la i rami divaricati, per i racemi multiflori e densiflori, e ‘per le ali più o Se acute, 178 EUFORBIACEE 147. Mierocoeca Mercurialis, BeNTH. in Hook. Nig. Flor. 502.— eci abyssinica, HocHsT. in ScHImp. PI. Abyss. Sa; Local. Ditioni di Mogadiscio, nella zona litoranea (Mo. n. 65): VE. 190% 148. sin ha An L. Sp. pl. 1006. MuLL. in D. C. Prodr. X 1080. Local. Detti di Mogadiscio (Mo. n. 59): VI. 1907. Nom. volg. Antelmeluc. 149. >. Jatropha Sabdariffa, ScHw. Beitr. Flor. Aeth. 37. cal. Giumbo, Gioscia, sulle dune (G. 140): 8. VII. 1907. Ni om. volg. Su- hinii. 150. Croton Veitehianum, AxpRÈ, in Mouvem. Hortic. 1867. 70 et in IM. Hort. d4. Local. Merca, zona lilivinbiog (senza numero): VII. 1907. Manca ogni altra indicazione, e consiste in sole foglie, ma certa- mente si tratterà di esemplari coltivati , essendo questo Croton ritenuto spontaneo delle isole del Pacifico. 151. Rieinus communis, L. Sp. pl. e var. mierocarpus, MuLt. in Erode. XV.-2. Local. Coltivato a Giumbo RE semi, senza numero). ANACARDIACEE 152. mg indica, L. Sp. pl. 200. OLIv. Flor. Trop. Afr. Local. goa presso Brava, nella piana, forse coltivata (senza nu- meri va 15. . 1907. SAPINDACEE 153. nic mierocarpum, H. B. K. Nov. Gen. Sp. 104. ER, in OLIV. Flor. Frog. ‘Afr. +. 418. Local, loda abbondante nella zona litoranea (Mo. n. 61 et n. 109); V. VI 154. Sehmidelia minutiflora, xo. Arbor ramis glabrescentibus , c atro-cinereis, lenticellas permultas ferentibus , Jjunioribus i pilis strigosis tectis: foliis longe petiolatis , petiolo ad 3 centm. et ultra longo, subglabrescente, trifoliolatis, folio- lis sessilibus, terminali maiori obovali, apice plus minus ob- tuso vel rotundato, basi sensim attenuato-cuneato, lateralibus multo treviogibabi ellipticis, subobliquis, basi fere rotun- datis, omnibus margine obsolete undulato-crenatis, supra, in sicco, nigrescentibus, nitidis, fece pallidioribus, parce pilis brevibus adpressis ad nervos tantum ferentibus, a- carodomatiis omnino destitutis : inflorescentia ; Utin non- nullis congeneris, Lari cune longe peduncolata , folia rag superante, laxiflora: floribus minimis, eis Schmide- ubifoliae fere dimidio: scia in cymulas sessi- e pnediilionio dispositis, ideoque spicas elongatas forman- tibus, rachi pilosiuscula, pedicellis brevibus, sepalis parce pilosis , petalis calycem paullo prete ; staminibus vix exsertis, ovario pilosiusculo : fructibus...... Local. Giumbo, Goscia, nella piana (senza Ea VIII. 1907. Nom. volg. Umbadi. Osserv. Appartiene al gruppo della bra rubifolia, Hoc- HST. ed è specialmente affine alla Schmidelia bre (GILG.) in ENGLER ’s Bot, DI XXVII. 423, dalla quale tuttavia si differenzia principalmente per le foglie lungamente picciolate, per le infiorescenze superanti.la fo+ glia corrispondente e non densiflore, e per gli altri carat- teri sopra notati. RAMNACEE 155. Fisypie S Spina - Car, Wii. Sp. pl. I. 1105. HEMSLEY . Flor, Trop. Afr. I. 380. Local. chase nella zona litoranea, abbondante in. terreno sabbioso, con acqua a (Mo, n. 4) I. 1908. (Mo. n. 41, pianta giovine): 1908. Nom. volg. - a Brava pa detto. dagli srobi Elb. 156. Cissus era mr. Scandens ,, exsiccatione, nigre-. scens, cale crassiuscalo, teret, articaato, minerali se oto crassato, cortice brunnea, non glandulosa, in ramis junio- ribus griseo - pubescente, demum glabrescente, lenticel- lis permultis obtecta: cirrhis laevibus : foliis crassibus carnosis, 8 foliolatis, eas Bryophylli calycini fere referen- tibus, breviter petiolo ad 8 mm. longo, stipulis adpressis, late lanceolatis, subfalcatis, margine minutissime glandu - loso - denticulatis, albo-ciliatis, foliolis sessilibus ;, cen- trali majori, omnibus late obovatis, basi cuneatis, apice ob- tusis vel rotundatis, margine grosse crispato serratis, su- pra glabrescentibus, subtus minute puberulis, centrali 50 mm. longa, 35 mm. lata : cymis amplis, repetito-dichoto- mis: floribus minimis, pedicellatis, tetrameris , corolla i- naperta medium versum contracta, apice clavato - quadri- loba, petalis demum patentibus : bacca globosa, pisi majo- ris magnitudine, rubro-violacea, monosperma, minutissime giiseo - pubescente. Local. Mogadiscio, abbondante nella piana e sulle dune (Mo. n. 102: anche frutti in formalina): VI. 1907 Ossev. Appartiene alla sezione Cyphostemma e si approssima al Cissus cymosa, ScHUM. et THONN. ma ne resta distin- to per le foglie trifogliate, più piccole, più corte e più carnose, di forma affatto diversa, per le stipole, per la grandezza del frutto etc. TIGLIACEE 157. Corchorus Baldacci, xrrt. Parennis, basi lignescens, diffuso- ramosus, ramis compluribus, radiatim adscendentibus, vix ad 30 cm. longis, brunneis, juniòribus tomentosis : foliis alternis, petiolatis, petiolo 4-plo longioribus, lineari ellip- ticis, obtusis, basi modice angustatis, 15-25 mm. longis, 4-5 mm. latis, supra parce stellato-pilosis, viridibus, sub- tus dense tomentosis, albicantibus, stipulis setiformibus: floribus solitariis, axillaribus, minutis : capsulis ellipticis, obtusis, sulcatis, 10 mm. longis, 4-5 mm. latis, pedunculo articulato, apice incrassato , pilis stellatis dense floccoso- x tomentosis, trilocularibus: seminibus nigrescentibus, renifor- : mibus, minutissime papulosis. Local. Giumbo, Goscia, sulle dune e nella piana (G. n. 111). Coltivato, da seme originale, nel R. Giardino Coloniale di Palermo. Nom. volg. Os-agare. Osserv. -fredioo questa specie si amico Var a Bar-o DAccI, dell’Istituto Botanico di Palermo, ben noto pere- grinatore botanico. + 158. Triumfetta abyssinica, ScHUM. in i, Hochgeb. 298. et in PrroTT. Ann. Ist. Rom. VII Local. Torda, Goscia (G. n. 105): 21. va 1907. Nom. volg. Adzul. ‘’ MALVACEE 159. ed ia. ca et PeRrR. Flor. Seneg. I. 71. Ma- ERS, in OLiv. Flor. Trop. Afr. I. 182. Local. "Torda, GRA nella piana (G. n. 106) : 21. VIII. 1907. Mogadiscio, sulle dune (Mo. n. 70): VI. 1907. Nom. volg. Ada-dei 160. Pavonia arabica, HocHst. ex StEUD. Nom. IL 2. 279. Ma- STERS, in OLIV. Flor. Trop. Afr.I. 1 Local. Dintorni di Mogadiscio, nelle dune Mo. ur 10-42): 1907. 161. Pavonia zeylanica, Cav. Diss. INI 184. MasrERs, in OLIV. or. Trop. Afr.I. 192. Local. Mogu, nella zona litoranea, sulle dune (Mo. n. 83): 162. Pavonia propinqua, Garcx. in ScawEINF. Beitr. Flor. Aeth. I. 55. Masters, in OLIv. Flor. Trop. Afr. I. 191. Local. Torda, Goscia, nella piana (G. n. 1): VIIL 1907. Mer- ca, nella piana e sulle dune (Me. n. 18): 2. 1907. Nom. volg. Sov-dur a Torda; Agher-heret a Merca. 163. E regni WiLup. Sp. pl. mm 811. MasTERS, in Flor. Trop. Afr. I. 202. var. tri (DEL.) Ho cHR. in Ann. Cons. Genèv. IV. 1 Local. Brava, nella piana e slo dune 3 n.90): 14. VEIL È Nom. Suit. Her: sagar. 164. prtni Aponenrs, SPRAGUE et Horoamsos, in Kew-Bul- 182 Local. Giumbo, Goscia, nella piana e sulle dune (G. n. 139): Nom. volg. Ellan- irì. 165. DR hirtum, SwEET, so Brit. I. 53. MasTERS, in Fior. Prop: Aft4- 181. Local. Scsi nella zona litoranea e sulle dune (Mo. n. 39): 1908 Nom. volg. Balambal, 166. Abutilon rotundifolium, a Frutex pedalis, caule lignoso, a basi ramoso, ramis teretibus, favo - tomentosis : foliis, petiolo usque ad 8 centm. È agi o, elliptico-reniformibus, late cordatis, obtusis vel eximie rotundatis, obscure crenatis, utriusque parce flavo-floccoso-tomentosis, viridibus, 4 - 5 . : stipulis Sa to- mentosis, tarde caducis, ad 4 mm. longis: floribus axil- aribus, solitariis, pedunculo longo, supra medium arti- culato : calyce cyathiformi, tomentoso, subvirescente, pro- funde 5-lobo, lobis ovatis, acutis, tare cuspidatis : corolla flavida: capsula flavo-viridia, dense floccoso - tomentosa , cylindrica, truncata, parce umbilicata, carpidiis 10, bre- vissime apiculatis, SI3 fere duplo longiora, 8 - 10 mm. longa, 10-12 mm. lata: seminibus in quoque carpidio 3, subreniformibus, da brevissime scabro - poi losis, leprosis. Local. Mogadiscio, pa Le (Mo. n. 38): VI. 1907. Nom. volg. Achin Osserv. Affine all’ Rea n fruticosum, GuiLL. et PERR. FI. Seneg. I. 73, tosto differenzia per l’ indumento fioccoso- glo: e non sericeo-cinereo, per le foglie ro- ndate e non ovato-acute, e per gli altri caratteri sopra menzionati. ct 1 [e] [=] Usi gi D VA Dì Q (0) B a E fi o Ga n n 167. Gossypium Nanking, Meyex, Reise. IL 323. var. Bani, Warm, The wild and cult. Cotton. 131. Local. Gin-Falla, nel territorio Matan, dintorni di Nondato coltivato dagli indigeni (Mo. n. 32) : 2. VI. Nom. volg. Suf. 168. Gossypium obtusifolium, RoxB. Hort. Beng. 51. var. afri- canum, WATT, The wild and cult. Cotton. 153. E, SA Ap PA ME ETRO ‘Meat Local. Mogadiscio, zona litoranea, sulle dune, spontaneo (Mo. n. 52): VI. 1908. Nom. volg. Suf. Osserv. È importante la presenza di un cotone spontaneo nella Somalia, tanto più che le fibre della sua lana sono estre- mamente sottili e sufficientemente lunghe. Sarà utile, se- guendo i consigli del WILDEMAN (in Quinzaine Coloniale XII Ann. 199), intraprenderne colture, per ottenerne i- bridi con altre razze importate. BOMBACEE . n: 169. rn on È 54 pl. 1190. MasrERs, in OLIv. 3 rop. 212. Local. Mogu ne w in formalina): VI. 1908. Nom. vo ag. TAMARISCINEE 170. goa articulata, VaÒUL, Symb. II 48. f. 32. OLIV. Flor. Afr. I 151. ExL. in Prrort. Ann. Ist. Rom. vu 21. Local. Margherita, Goscia , nella piana PRESTE numero): VIII » L907 Nom. volg. Dokan. RIZOFORACEE 171, RT sog tve Lam. Dict. VI. 169. OLIv. Flor. Ha fr. I, Local. Mogadiscio, sulla iaia (Mo. n. 113, soli frutti) : VII 1907. CIA 172. Terminalia Catappa, L. Mart. IL 519. Lawson, in Oumv. 5: Flor. Trop. Afr. IL. 416. Local. donne nella zona litoranea Oto. n. 6): V. 1908. importata da Zanzibar. SALVADORACEE 173. Dobera Maealusoi, mrui, Arbor elata, trunco cylindrico, fir- mo, ligno compacto, ponderoso , cortice parce scutellatim rugosa, albicantia, ramis teretibus, inermibus, glabriuscu- lis, rugosulis : foliis oppositis, petiolatis, petiolo ad 3 mm. longo, ovatis vel lanceolatis, coriaceis, integerrimis, basi sub-truncatis vel angustatis, apice acuto, utriusque pile glaucescentibus, sub vitro. pilis minimis, papulosis, nervi- us in sicco prominulis, 50-60 mm. i 25-85 mm. latis : floribus parvis, spicato - paniculatis, calyce 4 - fido, petalis 4 liberis, calycem fere aequantibus , staminibus 4, longe exsertis, nutantibus, pistillo ud brevi, co- nico : fructu coriaceo, oleae magnitudine, ellipsoideo, ob- tuso vel apice obscure bilobulato, dei angulato , mo- nospermo, 20 mm. longo, 10 mm Local. Sg iscio (Mo. n. 60): V. 1908. pa, (B. n. 25): 10 1907. Giumbo (G. n. 38): IX. 1907, Albero piutto- sto alto, con tronco grosso e tozzo, a Recta, nelle ) dune e nella piana, tanto del bacino dello Scebeli, quanto di quello del Giuba, tosto riconoscibile per il caratteristi co colore verde-glauco del suo fogliame. A Dei-Garas, mezz'ora a sud di Margherita, sulle rive del Giùba, se ne trova un esteso bosco. Nom. volg. Garas. Osserv. Dedico questa specie al Dottor CESARE MacaLuso, rac- coglitore delle piante elencate nella presente centuria. Que- x stralbero è una delle essenze ue più importanti del- valore industriale, e forse anche venire utilizzato per tra- versine ferroviarie (1). (1 Shin le gi del Dottor DR dra alberi han- | no una altezza media di m. 5 a 6, con un diametro del tronco di 70 ad 80 centm. ossia una circonferenza di m. 2. A circa: le ramifica- zioni incominciano a circa 2 metri dal suolo, edi i rami hanno circa _ 20 a 25 centm. di diametro, Il legno ha il co di 0,93 : pre- 174. cut persiea, Garomn. in Aet. Angl. 1749, ex L. Am . III. 121, et Sp. pl. 122. ExeL. in Prr OTT. du Tot ve TX. 255. BakER, in OLIv. Flor. Trop. Afr. Local. Brava di n. 3): 12. VII. 1907. Giambo (G. n. 20): 907. Albero di media taglia, abbondante sella bo- a: sulle dune si presenta sotto forma di arbusto ce- spuglioso. Nom. volg. Adei e Rummei i rami. ASCLEPIADEE 175. Daemia extensa, R. Br. in Mem. Wern. Soc. I. 50. Browx, in OLIV. Flor. Trop. Afr. IV. I. 387.—D. all ingiù e nell insieme costituiscono un Labiate. Teucrium Polium, L. colle numerose sue varietà (/uteum, la- pianta, sino ai calici. Ama le stazioni rupestri, specialmente se calcaree, ed è resistentissima alla siccità. Prestasi per bordure. Sideritis sicula, UcRIA.—Somiglia per l’abito alla precedente di cui ha abitudini analoghe. Colla precedente può sostituire la comune Santolina Chamaecyparissus. Salvia triloba, L. f. — Forma grossi cespugli tondeggianti e bianco-lanosi. Potrebbe coltivarsi a gruppi, o anche isolata, per circoscrivere aiuole. S.Horminum, L.—Bella specie annuale, che in cima al caule e ai rami porta un elegante ciuffo di brattee, vivamente colorate di vio- laceo e rosa. Di grato effetto se coltivata a prato o a bordure. $S. Gussonei, Bss. — Bellissima specie bianco-lanosa, propria di luoghi calcarei, aridi e rupestri, prestasi, come la S. friloba, per gruppi isolati o per circoscrivere pete e aiuole. or o Onites, L. — Può gole, come l’affine O. , di cui ha portamento e abitudini analoghe, ma è ancor più pane di essa alla siccità. Rubiacee. Asperula odorata L. — Questa specie, di grato odore sec- lucide, disposte a 4-8 per verticillo. In Sicilia vegeta sugli alti monti da 1209 m. in sopra, però si può coltivare anche al piano, purchè si disponga di un suolo ricco di humus, Curcurbitacee. Bryonia dioica, Jaca. e B. acuta, Dese. — Entrambe queste o di rapido sviluppo; senza dubbio sono molto più belle dell’ Euimulua japonicus, così ingiustamente preferito dai nostri giardinieri. Amano terreno ortense comune e richiedono rari i iron Composite. Senecio Cineraria, DC. colle molte sue varietà bicolor, gibbo- sus, nebrodensis, PERSI etc.).— Il tipo è estesamente coltivato dai giardinieri, ma anche le varietà lo meritano, specialmente la | nebrodensis, dalle foglie elegantemente lirate, candide in ambedue le pagine, come tutte le altre parti della pianta. Da coltivarsi a gruppi in luoghi arenosi scoperti. Diotis candidissima, DesF.—Pianta propria delle nostre spiag- ge, ove forma spesso grossi cespugli candidi e compatti. Potrebbe introdursi nei giardini per coprire monticelli o terrapieni o scarpa- te arenose. Helichrysum rupestre, D. C. colle varietà panormitanum , ; stramineum, pendulum , siculum, compactum, etc. e H. saratile, Mor. v. litoreum (Guss.) e v. Errerae (TIN).—Sono i nostri semprevivi, non meno belli, per la fulgidezza delle brattee. a dell’H. orientale, del quale esigono cure molto minori. . Amano le stazioni rupestri, specialmente calcaree o mais e na na ra N ia Sd lica, - portamento al Sene- cio Cin eraria,. ma viene bene anche nelle stazioni rupestri e forse lio in queste che nelle arenose ; per lo che è adatta ad essere or lungo le rampe, sulle scogliere e, in genere, nelle stazio- ni rocciose. C.tauromenitana, Guss.—-Specie endemica di primo ordine del- la flora sicula, bella, oltre che per i vistosi capolini gialli, per le sue foglie ampie, carnosette, lucide, lirate e per l’eleganza supre- ma delle brattee oli pettinato - frangiate. Molto adatta per le stazioni rupestri aride e calcaree Messina, dicembre 1908. Dottor GIUSEPPE ZODDA. Intorno a due varietà di Citrus recentemente introdotte in Sicilia I, Nella splendida villa del Comm. Grosuk dieta vidi nf tificata la varietà di Citrus che sto per descrive Per quanto rilievo da una nota pubblicata dal Marchese Ax- ToNIo DE GREGORIO, nei Nuovi Annali di Agricoltura Sicilia- na (fasc. IV, 1900), essa fu qui introdotta per mezzo del Sig A. PaTON, in seguito al desiderio del sullodato Marchese e ad Comm. 6. WHITAKER, i quali, con lodabile zelo, continuano ad oc- cuparsi dell’introduzione di nuove piante utili, allo scopo di mi- gliorare sempre più le condizioni economiche della nostra orticul- tura. Questa varietà è il Grape - fruit degli Americani, rana a quanto dicesi, dalla Giammaica. A mio parere è una buo rietà da coltivarsi a scopo di collezione ; essa si distingue dalle al- tre varietà di C. Decumana, pei fette con mesocarpio tenue e per la polpa molto più fina, nonchè, per l’abito generale della pianta, somigliante a quello del nostro arancio comune. Il Grape- fruit fu riconosciuto fin dai tempi di RuMPHIUS, il quale, nel suo Erbario Amboinense ne descriveva i caratteri e gli usi; Risso e PorrEaU posteriormente lo chiamarono C. Pom- pelmos racemosus e finalmente ROEMER lo classificò botanicamente, chiamandolo C. Decumana var. racemosa. 211 Quest’ ultimo autore, quantunque abbia dato al Grape - fruit un nome botanico, non può dirsi del tutto esatto, avendo conser- vato il nome di racemosa, riportandolo da RIsso e PorrEAU, sen- za considerare il suo vero significato. agglomeramento dei frutti nei Citrus, non è un carattere da potersi ritenere costante in una data varietà ; ma per solito av- viene con facilità in quasi tutte le varietà di Agrumi; difatti la pianta qui coltivata, portò solamente frutti isolati, quantunque non se lia, per cui lo chiamo: litrus Deeumana, MuRR. var. Patoniana , RiccoB. Sinonimi: Aurantium verrucosum, RuMmPH. Herb. Amb. vol, II, p. 115, fig. 35. - Pompelmos racemosus, Riss. et Porr. p.-99: C. Decumana var. racemosa, M. I. RoEM. Mon. Hesp. p. 67. C. Bigaradia Pompelmos, De GREG. Nuovi Ann. di Agri- coltura Sîc. fasc. IV, an. 1900. crizione: Rami con piccole spine e con giovani riget- ti verde - lucenti ; foglie obovate, attenuate all’apice, con margine seghettato e piccioli alati; fiori non veduti, ma, dalla descrizione di Risso e PorrEau, sono di uguale grandezza , colore e odore della specie ; frutti globosi, leggermente concavi alla base e del diam. a cm. 9 a 10, presentanti spesso alla sommità un segno circolare; . buccia liscia con qualche protumberanza, giallo rubescente a matu- rità completa ; mesocarpio bianco, spugnoso, spesso mill. 6a 8, a- marognolo ; polpa pallida, succosa, agro-doleiastra, amarognola e poco gustosa, con 10-12 logge e semi che abboniscono. Quanto alla utilità di cui parla il Marchese DE GREGORIO di questa varietà, consigliandone la cultura estensiva nella nostra pla- ga, io credo che il tentativo riuscirebbe infruttuoso, sia per l’espor- tazione dei frutti, di cui ho constatato la poca resistenza, sia per tanto che, dopo averne mangiato, resta sul palato una impressione di amaro, che non è molto gradevole, 212 Tale cultura ha attecchito è vero in America, ma credo spe- cialmente come un economico sostituto del nostro Citrus Aurantium, del quale colà non si fa estesa coltura, anche perchè i frutti ivi non raggiungono tutte le eccellenti qualità che noi ben conosciamo nei nostrani, e che li rendono molto ricercati. E RoEMER nella sua monografia sulle Rutacee, descrive un C. Decumana var. pyriformis, il quale, per la forma dei frutti, molto avvicina alla mia qui descritta, con la differenza che quella di RoEMER presenta la polpa rossa e per questo carattere pare che debbasi riferire ad altra varietà. Però la descrizione di ROrMER è troppo incompleta, di modo che ora non posso decidere se realmente sono due varietà distinte. In ogni modo, per non accrescere ancora più confusioni, che non sono poche nel genere Citrus, distinguo questa col nome di C. Decumana var. conifera. o introdotto questa nuova varietà in questo R. Orto botanico di Palermo, il 20 Aprile 1903, gentilmente avutala dal Sig. Diret- tore della R. Scuola di Pomologia di Firenze, ove viene coltivata col nome di Bergamotto piriforme. faccio senz’ altro seguire la descrizione : €. Deeumana, MvurR. var. eonifera, RiccoB. Rami inermi con giovani rigetti verdi; foglie obovato - oblun- ghe, ta cen con margini jmbpritamisata dentati e con pic- cioli alati; fiori robusti, di media grandezza, odorosi, del diam. di em. 3, o bianohi leggermente punteggiati in verde esternamente; frutti in forma di cono o di pera, del diam. di cm. 7-8, con mam- mellone spianato e poco sporgente; buccia o con glan- dole piuttosto piane; mesocarpio bianco , spesso cm. 1, poco spu- gnoso ed amarognolo; polpa succoso - acida, amarognola, di colore paglino-pallido, a 10-12 logge e molti semi che abboniscono. Vincenzo RicéoBoNo Rassegna della Stampa Agricola Coloniale. L’avvenire del Caoutehone. —Il Caoutchouc, dopo avere rag- giunto un prezzo largamente remunerativo "oe i produttori, è da circa tre anni in continuo ribasso, di che tante importanti imprese, incominciate con lieti auspici, CIARA ora a sostenersi. Attualmente questo commercio è minacciato da una nuova crisi : il maggior consumo di Caoutchoue in questi ultimi anni era rap- presentato dai pneumatici delle automobili e delle biciclette : ora, con l'invenzione delle ruote a raggi elastici, i pneumatici restano soppressi, quindi vien meno uno dei maggiori consumi di Caout- chouc. Tuttavia si presenta un nuovo impiego di questa ta sostanza: . quello di formare le stoffe impermeabili dei palloni dirigibili : già la casa HUTCHINSON di Parigi, ha istituito, nelle sue officine, un di che grande ne sarà il consumo, ora che la navigazio raggiunto un perfezionamento lr da ritenersi entrata nella fase definitivamente Sa ep --.... si Wie; attra peso Gp deg at dio po di Ra ui ua strarre il pes Partheni gentatum, 3 un laborioso periodo di crisi, come nota il LABROY (1) in un re- cente articolo. Ciò dipende in gran parte della crisi monetaria de- gli Stati Uniti, e dalla depressione generale verificatesi in questi ultimi tempi nel mercato del Caoutchouc: questo ribasso si è ve- rificato principalmente nei Caoutchouc di qualità inferiore, e quello di Guayule in particolar modo ne ha risentito danno : infatti dopo aver raggiunto 7 franchi al chilo nel 1907, è disceso ora a soli 4 franchi e 50. Si aggiunga, che nelle vicinanze delle officine le ri- serve naturali di Purthenium argentatum sono esaurite, per cui me praticavasi per il passato, ma bensi tagliandone il fusto presso terra, all’avvicinarsi della stagione delle pioggie : in tal modo si ottiene da ogni pianta una nuova vegetazione, utilizzabile l’anno seguente. Poi si è pensato di farne colture razionali: diversi ten- tativi di seminagione sono bene riusciti, e si è constatato che l’ac- crescimento delle piantine è molto più rapido di quanto credevasi: secondo i fratelli EscoRar, direttori della Stazione agraria di Ciu- dad Juarez, le piante di seme possono dare prodotto fin dal terzo anno, ed anzi l’Ingr. E.DELAFOND, erpert nell'industria del Guayule, dice che fin dal secondo anno di coltura si può ricavare un ab- bondante prodotto, il quale altresi, da piccole prove fatte, risulta di qualità superiore a quello ricavato dal Guayule spontaneo. Cre- diamo queste indicazioni esatte, concordando con i risultati otte- nuti nel nostro Giardino coloniale, come riferimmo in un numero precedente di questo Bollettino. ta Studii anatomici sul Guayule. — Sulla anatomia del Parthe- nium argentatum si aveva solo un breve lavoro di FRON e FRAN- COIS (2): ora ci perviene un muovo studio in proposito, dovuto al (1) Lasroy O., La situation du Guayule. In Journal d’ Agri- culture Tropicale. 8° Ann. n. 86. 1808, p. 232. (2) Frox et FRANCO , plante a Caoutchouc du Me- IS, Le guayule cique. In L’Agricolture pratique des pays chauds. 1.° Ann. n. 1. 1901, p. 105. 215 Dottor Ross (1). Questo studio completa il precedente, ed accurate illustrazioni dimostrano i dettagli della struttura del fusto e della foglia nel Guayule, allo scopo principalmente di precisare la loca- lizzazione delle cellule e dei vasi secretori che contengono il Caout- Una nuova pianta a Caoutehoue. — Recentemente il Profes- sore C. E. pe MELLO GERALDES, dell’ Istituto Agronomico di Lisbona, segnalò una nuova pianta a Caoutchouc, 1° « Ecauda » 0s- sia Raphionacme utilis, Asclepiadea tuberosa originaria di Ben- guela. Ora lo STAPF (2) pubblica dettagliate notizie relative a questa specie, deducendone che realmente contiene un buon quantitativo di Caou sp perfettamente utilizzabile. Crediamo sia la set pianta a Caoutchouc erbacea, con grossi tuberi, che si conosca. Sapendo con quanta facilità si coltivino e si moltiplichino È piante tuberose, sarà da vedersi se di questa pure si potranno fare col- ture razionali ed intensive. Pari Le palme Dum dell’Africa Italiana. — Fino a pochi anni or sono credevasi che in tutto il continente africano esistesse una sola specic di palma Dum, cioè l’Hyphaene thebaica. Ciò era dovuto coltà per la loro raccolta e conservazione non sono poche, rac- coglitori preferirono non occuparsene. Tra iante elevate, n è facile raccogliere i fiori: inoltre sono dioiche ed è anche meno facile che un raccoglitore pensi a conservare infiore- scenze dei due sessi: poi le foglie hanno dimensioni enormi che non si prestano ai consueti formati degli erbarii. Però in questi timi anni si è avuto qualche materiale più completo ed il Dot- # (1) Ross H., Der anatomische Bau der mexikanischen Kautschuk- ; « Guayule ». In Berichte der LEE utschen Botan ua Gesell- schaft. Band XXVI a. 1908 n. 3 p. 2 (2) Stapr 0. , Ecauda Rubber. ag Toni Bulletin. 1908, n. 5. p. 209, tore BECCARI (1) ha potuto su di esso stabilire che nella sola A- frica orientale esistono ben 12 specie di Hyphaene, sufficientemente f ifferenziate: la maggior parte di esse abita la Somalia. Di ognuna v: di queste specie viene figurato il frutto e viene data nna minuziosa da ed esatta descrizione. Seguono poi interessanti notizie sulla Me- FI demia Argum, altra palma, affine alle Hyphaene, fin qui mala- > mente conosciuta, della Nubia, in via di estinzione. * E E Studii scientifici sui cotoni. — Il genere Gossypium è uno dei più difficili dal lato sistematico. Si hanno numerose forme che, prese isolate, sembrano ben distinte, ma ad uno studio ui mi- ; nuzioso finiscono per confondersi fra loro in modo che si è tentati A a riunirle tutte in una o poche specie. Infatti il pia (2), che nel 1866 studiò questo genere, ridusse tutte le forme allora conosciute a sette soltanto. Il TODARO (8) però, ritornando su un tale genere, costitui un numero molto maggiore di pia ricono- scendone per sostenibili ben 54. Più recentemente l’ALIOTTA (4) ri- prende il concetto del PARLATORE, riducendo a cinque to specie di Gossypium: a queste però dubbio aggiungerne qualche altra che egli ha escluso dal genere: per questo autore tutte le specie co- stituite dal ToDARO non sarebbero che ibridi, ottenuti con la col- tura, fra le cinque che egli ammette n importante studio sul genere oi ium è re n- temente eeroo dal WATT (5). Per questo autore le Sa e di ‘Cotone so; tenibili sarebbero 28, con numerose varietà. Egli parte dal ui che fra pochi tipi primitivi, in Ance lontane, prima (1) Beccari 0., Le Palme Dum od Hyphaene e più special- mente quelle dell'Africa Italiana. In L’Agricoltura coloniale. Ann. II. n.8. 1908. (2) Lu F, » specie dei cotoni. Firenze 1867. “8 Toparo A., Sulla coltura dei Cotoni in Italia, seguita da una monografia del genere Gossypium. Roma 1877-78. i | °— (@ ALiorta A., Rivista critica del genere Gossypium. Negli a Annali della R. Scuola di di Agricoltura di Portici. Ser. II. Volume V. Li © Warr G., The wild and cultivated cotton plants of the world. ancora che si incominciasse la coltura del da debbono essere avvenute naturalmente unioni ibride, c i produrre una di- scendenza fertile, e per questo appunto si cio attualmente forme che per i loro caratteri passano dall’una all’altra con insensibili | varianti. Ma considerando che costituiscono tuttavia entità distinte, egli non vuole riunirle, evitando così la confusione che risulta da una troppa limitazione nel numero di specie presso il ai Gos- sypium. Il lavoro del WATT è importantissimo , tant e alle minuziose descrizioni pesi sora ndide tavole. lTuetnti le roducenti i s autopti con- servati nei principali erbarii. on si annunzia un i studio sul enere Gossypium del TyLER (1). Questo autore partendo dal concetto che i nettarii estranuziali presso le diverse specie di Co- tone, erano organi poco soggetti a variare con la coltura, impe- rocchè non interessavano affatto i coltivatori, si è basato sulla for- ma, sul numero, sulla posizione e sugli altri caratteri che ear tano questi nettarii, per procedere ad una classificazione natu del genere Gossypium. In tal modo ne distingue 19 specie, ag- gruppate in 4 sezioni diverse. n A (e) (e) O (e°) (oF pie) Li n E. D 8 (e°) n n 2 D 3 * * * La Prosopis Talia alle Isole Hawai. — Da una breve nota del WILDEMAN (2), rileviamo come questo albero, introdotto nelle Hawai, ha colà Sopra grandi estensioni, dapprima senza valore per la coltura. Esso raggiunge sovente un’altezza dai 30 ai 40 metri e fornisce un eccellente legno da riscaldamento e da lavoro: è anzi divenuto il principale combustibile di quelle e pregiato per il suo rapido accrescimento e per la facilità con cui si molti- plica. I suoi fiori contengono un miele di buona qualità : i suoi frutti infine sono ricercati dai cavalli e dal bestiame, riuscendo n nti per 1sse. quest’albero, attraversando il loro tubo digestivo, non sono uccisi, ma bensi acquistano maggiore facilità di germinazione. A questo proposito rammentiamo che anche a Tunisi, secondo (1) TyLER P. I., The Nectaries of Cotton. Washington (2) WILDEMAN 05 1 E., Le Sierra juliflora. In La PRRIADZI Coloniale. 12. Ann. n. 20. 1908. p.9 il BARRION (1) diverse specie di Prosopis hanno. dato ottimi ri- tati nelle prove fatte, ed ora si propo gli esemplari coltivati in questo Orto Botanico ed in quello di Napoli , e resistendo egregiamente al secco, sarebbe da incoraggiarne la coltura anche presso di noi. i G. E. MATTEI. : Indice del Bollettino del R. Orto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo. Anno VII. 1908. BaLpaccI A. — Le condizioni agrarie e coloniali di Ceylon DE 8 Rzi A — Esperienze sulla coltura del Cotone Cara » 149 o » » — Sulla flora della Spena Fiuliene nialifianale » 29 Direzione — Colture coloniali presso il R. Orto Botanico di Palermo . 118 » — L’avvenire delle cita soli in i Sicitia » 12 » -_ sa nen sulla coltura dell’ xe na in Sic 14 HELGUERO (de) A. _ are e aifitie: vesuviane con PR 73 horrida ‘ MarTEI G. E. — Contribuzioni alla ‘fora della Binialia ita- iana. Centuria a » wi i Contar seconda. » È i È È » 165 59 » » » MATTEI G. E. — Rassegna della stampa scola ESA (Altre notizie sul Guayule. — Un nuovo menti per i coltivatori di Caoutahone — Le specie di Caffè a Madagascar. — Nuova specie di Coffea. — Per ragni n un parassita del Caffè. — La lotta contro i parassiti del “ae ugo della flora del Congo. — Esperienze sop tessili) 5 ag. MartEI G. E.—(L’avvenire del Caoutchouc. — Ulteriori IRA sul Guayule. — Studi senen sul Guayule.— Una nuova pian aout- lme Dum dell’Africa ita- liana. — a scientifici sul Cotone. — La Proso, esita alle Isole Hawai) » » e Loyaco a i Pei M. — Gontribuzione alla flora sten Tola "di Teno » e TROP! — Graminacee provvista & ri ariano Nota preventiv Riccogono V. — Sena rno a due varietà di “Citeus, e introdotte in Sicilia SENNI L. ira to alla conoscenza di uni OA miao Nite: Da: Fsopnia neta . » Zoppa G. —Le p va fogliame or- ani, della flora sicula . RO, ‘ APPENDICE. SomxreR ST. — Le Isole Pelagie, Lampedusa, Linosa, Lampio- P ne, e la loro flora. Continuazione e fine. IL BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO DI PALERMO ‘sarà pubblicato a fascicoli trimestrali di 3 a 5 fogli di stam- pa, con incisioni intercalate nel testo e con tavole ed appen- «dici. Gli abbonamenti sono obbligatorii per un anno. Le ‘appendici al « Bollettino», che sono anche vendibili se- paratamente, saranno date gratis agli abbonati. Prezzo dell’abbonamento annuo (PAGAMENTO ANTICIPATO) In Italia i : È Lire 8 — All’ Estero . 3 2 > 10 — Per le domande di abbonamenti e per il cambio rivolgersi -al signor Vincenzo Riccobono, R. Orto Botanico di Palermo. BOLLETTINO DELL’ ARBORICOLTURA ITALIANA Periodico trimestrale pubblicato dal PROF. LL SAVASTANO Prof. di Arboricoltura nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. ABBONAMENTO ANNUO Lire 5. Gratis numeri di saggio. Questo periodico si occupa di questioni di viticoltura, olivicoltura, frutticoltura e silvicoltura. Indirizzare vaglia: Prof. LUIGI SAVASTANO. Portici (Provincia di Napoli) RR FIERE STU TE3) ci goa sq i ipib “A Ri: ale vien meal mec rt nen DOLLEFTINO DEL A, ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO ANNO VII Perri PALERMO ANTONINO TRIMARCHI, EDITORE Corso Vittorio Emanuele N. 375 1909 STR eterne BOLLETTINO DEL A. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO ANNO VIII. 5 CSA 2 È! NE, - È a dA) “| 9 (4 PALERMO ANTONINO TRIMARCHI, EDITORE Corso Vittorio Emanuele N. 875 1909 DI ni Ca jo ! RETI td co È d. pa 5. 1 Ronn SA (la BUS BOLLETTINO DEL hi, ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO ANNO VII Fascicolo 1°, 2°, 3°, Gennaio-Settembre 1909. PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò 18 190) IL BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO DI PALERMO sarà pubblicato a fascicoli trimestrali di 3 a 5 fogli di stam- pa, con incisioni intercalate nel testo e con tavole ed appen- dici. Gli abbonamenti sono obbligatorii per un anno. Le appendici al « Bollettino», che sono anche vendibili se- paratamente, saranno date gratis agli abbonati. Prezzo dell’abbonamento annuo ( PAGAMENTO ANTICIPATO) In Italia . 3 3 Lire 8 — All’ Estero . : ; » 10 — Per le domande di abbonamenti e per il cambio rivolgersi al signor Vincenzo Riccobono, R. Orto Botanico di Palermo. BOLLETTINO DELL’ ARBORICOLTURA ITALIANA Periodico trimestrale pubblicato dal PROF. L. SAVASTANO Prof. di Arboricoltura nella R. Scuola Superiore di Agricoltura in Portici. ABBONAMENTO ANNUO Lire 5. Gratis numeri di saggio. Questo periodico si occupa di questioni di viticoltura, olivicoltura, frutticoltura e silvicoltura. Indirizzare vaglia: Prof. LUIGI SAVASTANO. Portici (Provincia di Napoli) La tavola uccompagnante il lavoro del Dottor Zodda, sarà distribuita con il prossimo fascicolo. N. 1-2-3 GENNAIO-SETTEMBRE 1909. Von. VIII, BOLLETTINO DEL A. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO SOMMARIO: 1. Il Myopo atum, R. Br. e sua importanza Slitte (A. Bor zi) ; pag. 2. Note prg sul Mfajorid RAI R. Br. . Rocchetti) . 2 3. Il Bambù ‘dell Eritrea (G. E. Mattei i) È . Piante -Saraclorae: int prece nel R. Orto Botanico e Giar- iale soit o (La Preti i olt 6. Effetti sua dui del 28 dicembre 1908 sulla Jugolicine nei dintorni di Messina - 90, a) . Plantae sa a L. Senni ann 905- o7 ul A gnoverunt D. Lanza et G. E Da ttei è 8. Sui principî uu Atractylis gummifera a (MASTICOG NA) (F. Angelico) - A 9. Acacie africane a spine mi iimaiccàà sl (G ‘Mattei ei) 10. Rassegna della “ui Coloniale A n x G. E. Matt # 11. L'Istituto Agricolo Coloniale Italiano e la sua attivit PALERMO TIPOGRAFIA PRIULLA Vicolo Paternò, 18 1909 Il Myoporum serratum, R. Br. e sua importanza culturale. Il Prof. A. BRUTTINI, in un suo lavoro comparso pochi anni fa, sul Bollettino della Società Toscana d’ Orticoltura (1) segnalava importanza del Myoporum serratum R. Br. come pianta per la coltura dei terreni aridi delle parti più calde d’Italia. L'argomento è di grande interesse per il forestale, non meno che per l’agri- coltore e per l’orticoltore, ed io sono tentato d’insistervi. Trattasi infatti di un arboscello, d’origine esotica , veramente prezioso & causa del suo straordinario potere di resistenza e di adattamento alla prolungata secchezza, da costituire un materiale di primaria importanza nei frequenti casi di colture al fine di preparare 0 as- sicurare il rinsaldamento delle spiaggie marittime, delle dune, dei terreni mobili e scoscesi ed anche per riparare o difendere le col- di accrescimento, quale, si può dire, non si ha esempio in altre piante legnose coltivate o indigene del Mezzogiorno, senza i dire poi della grande facilità di propagazione Per tutte queste considerazioni ai solo interesse pratico. mi è (1) Ann. XXVII, fase. 7°, 1902. ta parso utile intraprendere uno studio particolareggiato sulle condizioni vita caratteristiche del Myoporum serratum, mettendone in rilievo niche che le sono proprie in ordine sudette. Convinto che colla pia a di siffatto metodo, rigorosamente scientifico, possa essere di gran lunga agevolata la soluzione del grave problema della scelta e Lal'unit delle specie legnose a determinate condizioni di luogo, ho incitato la Dr. Bice Roc- CHETTI a compiere uno studio anatomico - biologico (0 anatomo - fi- siologico, come suol dirsi) piuttosto completo della pianta di cui è parola, i risultati del quale, pubblicati nelle pagine seguenti del presente Bollettino, rappresentano un documento, secondo me, ab- bastanza istruttivo per dimostrare su quali fondamenti istologici ed organici in generale riposa cotesto meraviglioso potere di adat- tabilità alla secchezza e come possa tale elemento di studio fornire un’eccellente scorta per la determinazione a fini pratici di quegli intimi rapporti che legano l’organismo della pianta al suo ambiente. a Mioporacee in generale rappresentano un tipo di piante per eccellenza caratteristiche delle arene litorali e delle grandi pianure sabbiose salse delle parti austro - occidentali dell’ Australia o almeno in quelle regioni esse raggiungono il maximum della loro espan- sione geografica (1). Però a queste loro qualità di piante adattate a un suolo ricco di salsedine, esse aggiungono quella di una sta doppia qualità di adattamento rende appunto le Mioporacee sas pregevoli come materiale di coltura delle sabbie litorali e nel- lo stesso tempo di tutti quei luoghi aridi sottratti all’azioneimme- diata del mare. A que sto riguardo, fra le molte piante xerofile della Hora Medi- | ferranea di carattere litoraneo, io non conosco tipo che come le Mioporacee concreti in. contemporaneamente e così spiccata- mente ambedue coteste particolari attitudini. Lo stesso Fico d’India, che nei nostri paesi, può ben considerarsi come la espressione più perfetta di una pianta resistentissima alla secchezza, e vediamo perciò sulla nuda roccia, sulle aride lave vulcaniche, ece., pur prosperare | coltivato con ogni cura cura sulle arene marittime, sia anche in punti al riparo delle azioni delle onde, cresce molto a disagio, si eleva a clg vita. Allo stesso titolo va ricordato il | 0) L. Duexs, Pfandervelt von West - Australien , Lepizig 1906. Ginepro Coccolone gni macrocarpa Sibth). che all’opposto del Fico d’India offre in modo esclusivo i caratteri di una pianta tipicamente ii, epperò utilissima come materiale di coltura delle dune e di simili formazioni Per esperienza da me fatta, alle stesse Mioporacee per il modo loro di comportarsi, si accostano moltissimo le specie di Casuarina, anch’esse di origine australiana e suscettive di adattarsi a vege- tare sulle sabbie marittime, ed anche in luoghi aridi discosti dal a . La piccola famiglia delle Mioporacee nei nostri Orti Botanici e giardini è per lo più rappresentata da qualche specie del genere Myoporum, anzi più comunemente dal solo Myoporum serratum, r., la cui straordinaria variabilità porgeva occasione di com- prendere nei suoi vasti confini un buon numero di altre forme indicate coi nomi M.insulare, viscosum, glandulosum, tuberculatum.adscen- dens, etc. etc. e descritte talora come buone e distinte specie (1). È specialmente del mezzogiorno, altri rappresentanti di questa stessa famiglia, cone tenuto conto delle loro esigenze biologiche e delle affinità del clima dei paesi loro originarii con quello del mezzo- giorno d’Italia e pong cieli delle grandi Isole, niuna difficoltà offrirebbe, ne son certo, da noi la loro coltura a vantaggio di tutti quegli immensi tratti di Gui “brlli, aridi e scoscesi che da secoli e secoli attendono nei nostri paesi di essere tolti dallo stato deso- lante in cui si trovano. Tali specie sono rappresentate da alberi, talora di ragguarde- vole statura, robusti e dalla chioma folta e sempreverde; molte assumono i caratteri di arboscelli o di frutici densi e cespugliosi. Tutte poi sono contraddistinte da meravigliose disposizioni atte a preservare l'organismo dalla eccessiva traspirazione e renderlo in tal pos roduzio! racchiusi dentro glandule piuttosto voluminose, le quali prendono l’aspetto di verruche sporgenti sulla superficie dei rami e di punti trasparenti vedute sulle foglie, quasi fossero qu ueste attraversate da ‘1 ion a questo Loan BeNnTHAM, Flora Sbisiroliensti. Vol. V. p: 2.e seg. FERD. VON i Ma Description a. illustr. of the Myoporinous | Plants of Jota 1886. mi pori riadi di(carattere cui allude il nome della famiglia). protette dalla Altre specie sono soverchia siccità da uno spesso strato di vernice, o resina che ri- veste tutte le parti giovani, la quale so- stanza può anche in qualche caso pro- dursi in tale quantità da trovare un u- tile impiego industriale, come p. e. nel Myoporum platycarpum , R. Br. (1). In altri casi, onde rendere più efficaci siffatte disposizioni difensive, gli organi si ricoprono di una densa pelurie. Così. come vedesi, quasi tutte le Myoporacee meritano moltissima consi- derazione specialmente nei paesi meri- dionali, dove fatta anche astrazione della loro adattabilità alla coltura di terreni aridi >» sabbiosi potrebbero offrire utile materiale da bruciare e scaldare forni 3 fornaci da calce, da laterizii, ecc.. mate- riale che diviene tutti i giorni più raro a causa dei continuati dissodamenti. A questo titolo va richiamata la no- stra attenzione in particolar modo al My0- porum serratum, R. Br., poichè que- sta specie può ormai vantare il dritto alla cittadinanza siciliana, dopo che da circa un secolo, introdottavi colla coltura a scopo scientifico ed ornamentale, ha trasferito il suo domicilio. nella nostra Isola dalle regioni austro-occidentali dell’Australia, segnalandovisi, come sì è detto, per molte particolari benemerenze. La storia della introduzione del M. serratum in Sicilia ci dita questa pianta per la prima volta coltivata l’anno 1821 Real Giardino di Boccadifalco, presso Palermo (2) col nome di Myoporum glandulosum , Spin.. Certamente essa fu diretta- mente introdotta dall'Inghilterra, ad- nel dove quella specie si era già 1) Maipex, in Jonrn. of Chem. Soc. Vol. 55 Vedi Gussoxe Catalogus Plantarum in R. Horto in Boccadi- (2 falco 181, p. 48, vs -R SA Ki resa in qualche modo familiare nei giardini ‘botanici, sin dal prin- cipio del secolo. Dal Giardino di Boccadifalco il M. serratum passò poco dopo nell’Orto Botanico di Palermo e già il suo nome figura nel Catalogo di questo, edito nel 1827 dal Prof. VIincENZO TINEO, insieme ad altre specie dello stesso genere. È da ritenere come certo che da quel tempo fino a mezzo se- colo fa la detta pianta non si era gran fatto diffusa. al di fuori dell'Orto Botanico di Palermo. Nel 1869, essendo stato rifatto e quasi messo interamente a nuovo il giardino pubblico di Messina, il M. serratum vi figura fra le piante introdottevi a scopo deco- rativo e non v'ha dubbio sulla sua provenienza da Palermo, pro- ‘ga diffusione buzione dì piante d’interesse ornamentale fuori dell’ ambito dello TINI scrive nella sua citata nota intorno alla introduzione del Mioporo a Trapani, essendovi stato colà portato dal Capo - giardi- niere municipale, avendone egli avuta una piantina dall’Orto Bo- presso il. volgo. La costa occidentale dell’Isola, da Sciacca fino oltre a Trapani, è in particolare la regione ove quest’arboscello si rinviene con molta frequenza, coltivato per lo più nei luoghi ste- proprio, quello di Manòpera evidente storpiatura dialettale di Myo- porum © l'industria di farne dei vivai e metterne in commercio delle piantine già comincia ad essere esercitata qua e là da con- tadini e con qualche vantaggio. Oltre la costa occidentale dell’Isola, il Myoporum si è in questi ultimi anni diffuso colla coltura in varii punti del litorale, special- mente fra Castellammare del Golfo e Balestrate, ove, per iniziativa della Società delle ferrovie sicule-occidentali, sono sorte delle pian- tagioni lungo la spiaggia al fine di porre riparo al rapido avan- zarsi delle sabbie litorali in quella località. Ivi il M. serratum cresce rigoglioso in densi boschetti, di un bel verde associato in gran parte al Juniperus phoenicea, e lo stato eccellente delle col- ture da me visitate pochi anni fa, dimostra Vieppiù la grande utilità di questa pianta come materiale di coltura delle sabbie litorali. Un'altra importante proprietà è quella della straordinaria ra- pidità di accrescimento, il quale, si può dire, nei nostri climi è continuo quasi tutto l’anno, salvo che durante i mesi più freddi si rallenta alquanto. In conseguenza le piante raggiungono nel corso di un anno delle dimensioni relativamente notevoli. Il BRUTTINI, nel suo citato lavoro, segnala un’altezza massima di m. 1,50 a cui possono giungere le piante dopo un anno di vegetazione e quella di 4 metri per piante di tre anni di vegetazione. Tutto ciò è anche confermato dalle mie osservazioni. L’accrescimento diviene più lento al di là del 5° anno, le di- . La facoltà di emettere copiosi polloni è anche una proprietà caratteristica del M. serratum, come giustamente è stato rilevato dal BrurTINI. Essi spuntano dalla base del tronco e tanto più frequente è la produzione di questi, quanto più il tronco è avan- zato negli anni e quanto più esso è soggetto a lesioni e mutilazioni. Si può quasi esser certi che le cause determinanti tale produzione - risi nei processi traumatici che sono l’effetto della dette mu- | tilazioni. Sicchè la pianta non solo sopporta benissimo la potatura profonda e copiosa, ma anche se ne avvantaggia dando luogo a | poderoso sviluppo di nuove rimesse e cosi aumenta il suo valore pone n come materiale per far siepi e barriere a difesa dei pode- ri dal v teri utili particolari intorno alla propagazione e Rtl zione di questa pianta sono contenuti nel citato lavoro di BRUTTINI; state e provvedono benissimo all’ordinaria propagazione della pianta, e basta seminarle appena raccolte, giacchè i semi non conservano a lungo le loro facoltà germinative. A causa del nocciolo osseo, che involge questi, la germinazione è ordinariamente alquanto ritardar ed occorrono da tre a sei mesi prima che il germoglio spunti la terra. Ho notato spesso che con maggiore facilità e più prontamente nascono i frutti spontaneamente disseminati in natura in confronto a quelli colti e seminati appena maturi. Attivissimi agenti della disseminazione sono gli uccelli e se ne scorgono, gli effetti nei frequenti casi di germogliamento spon- taneodei semi in luoghi distanti da quelli dove la pianta cresce allo stato di coltura. In tal modo si osserva spiccatissima la tendenza nella pianta stessa a passare allo stato selvatico, così come dimo- strano non pochi individui che crescono in questo Giardino Bota- nico. Un altro mezzo efficacissimo atto ad assicurare la propaga- zione è quello per talee. A tale ufficio si prestano molto bene i rami di uno a di pochi anni purchè sieno lignificati. Il processo di lignificazione d’altronde si sa comincia di buon’ ora, quindi posso no essere ‘e impiegati come talee anche i ramoscelli di un anno. Il- Vi i questa maniera di propagazione è rilevante, assicuran- do essa l’ impiego di soggetti più robusti e di maggiore sviluppo di quelli che a parità di tempo si sogliono ottenere colla molti- plicazione per mezzo di semi, Oltre a ciò il è raggiunto in un tempo molto più breve. Per la formazione di talee ben robuste e bene fornite di ra- > per esperienza da me fatta , si può scegliere qualunque sta- ss dell’ anno quando si ha a disposizione un terreno capace di essere irrigato, come dovrebbe essere i destinato a fare dei vivai. La qual cosa dimostra quanto sia utile la umidità del suolo. Per questa cage di suol preferire la stàgione umida per prepa- rare le talee; più spesso si fanno alla fine dell’autunno o in prin- cipio della pia Le talee emettono nallici Ai Poche dotiiminio ; dd accade con grande facilità e te difficilmente dei rai su Per que- sto motivo sarei disposto a cons: igliare. di servirsi direttamente di talee da piantarsi a posto, quando Je si di luogo lo vani tano; si avrà così il vantagio di risparmiare tempo e affrettar opere di rinsaldamento dovute alla coltura di questa pianta. DO in particolar guisa sarebbe consigliabile nel caso di piantagioni lungo la | spiaggia del mare e sulle rive dei no Note anatomiche sul Myoporum serratum, R. Br. (1) ano, oggetto di questo studio alcune ricerche sugli organi hi di i del Myoporum serratum, R. Br., le quali sono state ; da me eseguite per consiglio del prof. Borziì, coll’intento di appro- fondire vieppiù le conoscenze intorno alla vita di questa pianta, molto pregevole dal punto di vista pratico, specialmente per la sua Lai ti xerofilia. L'indirizzo di queste ricerche s’ispira appunto al concetto della importanza dell’indagine anatomica come fonte per attingere i lumi necessarii a chiarire e illustrare gli intimi rapporti di causalità che legano l'organismo al suo ambiente, In tal guisa, per servirmi delle stesse parole del detto chiar.° Professore, l’anatomia, posta a ser- vizio della fisiologia e della biologia vegetale, perde quel carattere n "orgia che nella sua forma puramente descrittiva di solito ri- , per assumere quello di una nozione di notevole valore scien- - e sopratutto. pratico, quale guida alla conoscenza delle parti- colari esigenze biologiche dell’individuo e norma per determinarne le. condizinni d di vegetazione. | Apparato integumentativo. erre tessuto in în tutti gli organi aerei rag- giunge una grande semplicità essendo costituito da un solo strato (1)°V. E 9A DE pin Il a servatum, R. Di e sua importanza culturale. di cellule, 3 cara od anche rettangolari, con “gi cpu esterna . ispessita e cuticolarizzata. Nella pagina inferiore delle foglie le cel- lule epidermiche sono più piccole che nella pagina superiore, men- tre appariscono allungate in senso longitudinale nell’epidermide del sto. Del resto non vi si riscontra alcuna di quelle svariate pro- duzioni che ordinariamente da essa prendono origine, quali peli. cera, sostanze coloranti od altro ; si presenta perfettamente glabra e lucente, e per via dei suoi ispessimenti conferisce alle foglie una consistenza quasi coriacea. a lucentezza e la presenza di una cuticola abbastanza spessa, sono caratteri in perfetta armonia colla vita del Myoporum. Difatti, trattandosi di una pianta propria di luoghi sabbiosi esposti a lunghi eriodi di secchezza, la cuticola assume una parte importante come lari esigenze xerofile della pianta stessa. Molto verosimilmente lo Stesso agg cato, in ordine alla funzione traspiratoria va attribuito no contenuto nelle saltate epidermiche che i reattivi rilevano biente vivendo questa pianta, come si è detto, in luoghi caldi ed in esposizioni solatie, giacchè mediante tale disposizione i raggi solari vengono riflessi , e rimane così attenuata la traspirazione per cui gli organi acquistano un notevole potere di resistenza al dissecca- nto Va poi ricordato che le cellule epidermiche -sono molto traspa- renti e che per il carattere del loro contenuto sono atte a funzionare da serbatoi acquifer È da notare ancora che la cuticola della epidermide fogliare, per quanto presenti un certo grado di spessore, è tuttavia permeabile e capace di essere attraversata dall’acqua, la quale proprietà è molto importante, come dirò in seguito, dal punto di vista biologico. Periderma.—Irami del Myoporum, come si disse, in uno sta- dio giovanissimo, sono coperti dalla sola epidermide però ben pre- sto questa cede il posto al periderma. È importante il notare che la formazione del periderma si manifesta molto precocemente e prima ancora che si siano manifestate delle lesioni | nell’epidermide. Sicchè sezionando dei ramoscelli di cui i tessuti si trovano ancora (1) Seguo in ciò l’ opinione espressa dal Prof. Borzì nel suo corso di lezioni a proposito della funzione pila del tannino con- tenuto nelle cellule dti di molt te piante allo stato primario, si può osservare all’esterno l'epidermide conti- nua e priva di screpolature, mentre al di sotto trovasi la faccia peri- dermica in iii parallele tra loro, risultando da ciò una regolare disposizione delle cellule peridermiche in file radiali. Le divisioni delle cellule meri- stematiche non si compiono nei primordi contemporaneamente su tutta l’estenzione del ramo, sicchè l’anello fellogenico è in prin- cipio interrotto; in seguito si stabilisce una perfetta continuità. A misura che aumentano le divisioni tangenziali si formano dei tra- mezzi radiali e cosi il periderma si allarga gradatamente e le file primitive si sdoppiano. Si ottengono in tal modo degli strati di 1 ue intercellulari. Esse nel loro ulteriore sviluppo premono sull’epider- mide e sugli strati soprastanti che si sfogliano e cadono. Essendo proprietà fisica essenziale delle pareti sugherose la loro impermeabilità ai gas e ai liquidi specialmente, si capisce come la formazione di un periderma così precoce debba riuscire som- mamente utile alla pianta, poichè non soltanto tale tessuto eserci- terà una efficace protezione meccanica sui tessuti sottostanti, ma li preserverà anche dalla eccessiva traspirazione, come l'hanno dimo- iosì Il periderma delle radici non mostra alcun cifra notevo- le per quel che riguarda la sua struttura anatomica e il suo svi- luppo, in confronto a quello del fusto. Apparato meccanico. Collenchima. — Questo tessuto è assai sviluppato costituen- do esso per intero tutta la massa della scorza. Lo si rinviene im- mediatamente al disotto dell’epidermide e si dispone in strati con- tinui, giammai in fasci distinti come pet lo più accade. Quanto ai (1) H . Ross— ‘ontribuzioni alla conoscenza del periderma. Mal al pighàa 1889-90, Vol. E P- 518 e sgg. Continuazione Malpighia 189%0- 91, Vol. 4, Pag. 83 e gg. (2) M. H. DouLior — Recherches sur le périderme. Annal, d, Sc. Nat. S. T,T. 10, Ann 150, pg. 325, 14° suoi caratteri differisce .dal tipo comune, vale a dire le cellule che lo compongono non presentano i caratteristici ispessimenti parietali agli. angoli, interni, ma le pareti stesse sono uniformemente ispes- site, assai rifrangenti, brillanti e con riflessi azzurrognoli. Del re- sto esse risultano di cellulosio puro tanto che, trattate con cloruro di zinco jodato, si gonfiano notevolmente e si colorano in violetto: la stessa colorazione si ottiene con la tintura di jodio ed acido sol- forico. Le cellule di questo tessuto viste in sezione transversale presentano un contorno quasi sferico senza però aderire perfetta- mente tra di loro, sicchè la convessità delle loro pareti determina la formazione di spazi intercellulari triangolari o quadrangolari. Il contenuto cellulare è dell’abbondante protoplasma senza traccia al- cuna di clorofilla. È da notare inoltre che tratto tratto negli strati più profondi del collenchima, gli spazi intercellulari si ingrandiscono considerevolmente dando luogo a delle ampie lacune e. perimetro poligonale, all’interno delle quali non dirado scorgesi qualche cel- | lula affatto isolata o tutta al più riunita e aderente alla parete della lacuna stessa per mezzo di un brevissimo ed angusto istmo cel- lulosico. Secondo gli autori, la presenza di meati intercellulari è da ritenersi come rara nel collenchima; il VESQUE (1), nel suo studio sull’anatomia comparata della scorza, rammenta di avere riscon- trato tale particolarità soltanto nel genere Scopolia delle Solanacee ed in alcune Composite. Un collenchima così ricco di lacune fa- rebbe pensare che nel caso del Myoporum, oltre alla funzione meccanica, esso potrebbe assumere quella importantissima di gio- are come serbatoio d’acqua. Tale idea trova riscontro nel concetto del MiLLER (2), il quale definisce il collenchima «un tessuto ac- quifero che acquista precocemente la sua funzione meccanica ». Altri autori tra cui il CoHN (3), dopo una serie d’ importantissime ri- cerche, sono venuti alla conclusione che le pareti cellulari del col- lenchima contengono bensì una notevole quantità d’acqua, ma che è esso non è punto un tessuto di provvigione acquifera. (1) Vesque — Anatomie comparte de l’écorce. Ann. d. Sc. Nat. S. 6, T. 2, p. 82 e sg. An. 1875. (2) C. MiLLeR — Ein Beitrag zur Kenntniss der Formen des Collenchyms. Berichte der deutschen botanichen Geselschaft. BA.VIII, (3) J. Conn — Beitréige zur Physiologie des Collenchyms. Pring- sheim’s siasi fiir wissenschoftl. Botanik. BA. XXIV, Heltt. I. p. 145 acquosa di violetto di anilina. opo 24 ore, sono state eseguite delle sezioni trasversali a qualche certa dalla parte immersa, ed esaminando queste osser- vavo che non solo il tessuto vascolare era ripieno del liquido in parola, ma questo, filtrando attraverso le pareti cellulari, avea riempito in direzione centrifuga anche gli spazi intercellulari della scorza. La qual cosa certamente prova che il collenchima è capace di immagazzinare acqua quando la pianta è in grado di assorbirne a sufficienza dal terreno, per custodirla e preservare i tessuti dal disseccametto. Anche nel breve picciolo delle foglie si nota una spessa fascia di collenchima il quale circonda i fasci, ed in tutti i suoi carat- teri esso non differisce da quello della ‘scorza, dei rami e del fusto. Sclerenchima.— Intorno a questo tessuto poco mi resta a dire; il suo pini è assai scarso : manca completamente alle foglie e alla scorza primaria e soltanto forma esili cordoni e- sterno dei fasci liberiani secondari tanto nel fusto e nei rami quanto nella radice. Apparato della nutrizione. a) Radice ;sema assorbente. —A causa delle particolari con- dizioni dell’amiente in cui vive il M m si comprende la ne- luppo. Epperò l’insieme delle radici costituisce un plesso molto es e ramificato così come normalmente si osserva nelle piante che vi- vono nei deserti e nelle Dune (1) e in generale in tutti i luoghi sabbiosi ed aridi. In corrispondenza a tal carattere troviamo dei peli assorbenti piuttosto lunghi, incolori, molto fitti ed abbondanti. Essi sono inol- tre semplicissimi, a cavità continua in tutto il loro percorso e so- vente a contorno irregolare e, tratto tratto si allargano e diven- gono tortuosi per restringersi poi bruscamente; caratteri che chia- (1) Warmine — Okologische Pfanzengeographie, 1896. ramente rivelano le condizioni di secchezza e di sterilità dell’ am- biente. $ o di nota è il fatto che molto di buon.ora, al di sotto della zona a pillifera radicale, si forma lo strato stano ipodermico costituito da unica serie di cellule poliedriche, più grandi che le precedenti, allungate nel senso radiale e intimamente unite fra loro per le facce laterali. In mezzo a queste se ne distinguono alcune per le loro pareti sottili e trasparenti e per la grande copia di pro- toplasma in esso contenuto. Tali elementi corrispondono a quegli descritti dagli autori col nome di cellule di passaggio, ed hanno, Del resto nulla di notevole offre 1’ anatomia della radice nei rapporti colle qualità xerofile di questa specie. Noterò solamente tI che la formazione del periderma è molto precoce. b) Foglia Come si è già detto, il Myoporum è pianta di climi meriodio- Si soggetti a periori di irregolari e forti acquazzoni alternantisi n — siccità : non è quindi privo di interesse il ricercare se o no, per mezzo degli organi aerei, compiersi l'assorbimento rea Bo dell’acqua sotto forma di pioggia, di rugiada, ecc. ondo quello che ne riferiscono coloro che hanno viaggiato nei paesi meridionali (1), la condensazione del vapore acqueo at- mosferico sotto forma di rugiada è un fenomeno molto esteso più che nelle contrade temperate. Da ciò si comprende l’importanza di questo fattore biologico e geografico per quelle piante proprie di climi ; rappresentando essa una sorgente copiosa di attività per l’organismo. L'opinione universalmente accettata è che l’acqua piovana, e così pure la rugiada possano ordinariamente pervenire alla pianta per n via delle foglie avendo queste la facoltà di assorbire il liquido e bagna. Non mancano però di quegli autori che sip sa lb: poi oichè, secondo il loro giudizio, se un ramo rso nell’acquna si mantiene fresco egli è che non trattasi dla un vero (1) BoussingauLT — Economie rurale. 2° Édition. t. II, p. 717. O- pera citata dal DucHaRTRE in PRecherches corseiaznna mentales sur les | rapports des plantes avec » rosée et scr ESTERO: O ma piuttosto di un fatto dipendente dall’impedita peg AA (1) si propose di studiare tale quistione e di determinare fino a quali limiti possono gli organi aerei dei vegetali assorbire l’acqua piovana; ma in seguito ai risultati delle sue e- sperienze estese a piante di natura e di consistenza diversa, veniva alla conclusione che gli organi aerei viventi, appartenenti a piante intatte e provviste di radici, non assorbono punto l’aqua delle pre- cipitazioni atmosferiche e nemmeno la più piccola particella di questa, se tenute immerse nell i ì Ma se delle foglie staccate e tuffate nell’ acqua ne assorbono per zzo di una o dell’altra pagina, ciò dipende da una specie di imbibizione nda perchè accanto alla parte della foglia che rimane esca per effetto del suo contatto con l’acqua, quelle che non go- dono di di bi ben tosto disseccano. Per mezzo di altre esperienze il detto autore ha cercato di provare che le piante soul per il calore solare non ripigliano la loro freschezza durante la notte allorchè son coperte di rugiada. les plantes vivantes, sans étre absorbèe directement par elles. Il CAILLETRT (2) si è occupato anch’esso di risolvere la qui- stione se le foglie possano assorbire l’acqua allo stato liquido. A- il suo stato normale di vita, non assorbe l’acqua liquida che bagna le foglie, ma questo assorbimento comincia tosto che il vegetale, in seguito al disseccamento del suolo, non può più ricevere per mezzo delle sue radici, una quantità d’acqua sufficiente. | Dello stesso parere è il BoussinGauLT (3), ed anche gli studi (1) Mob sso Espériences sur l’absorption de l’eau par 1856, p. 221-223. M. P. DucHARTRE — Recherches experimentales sur snbietp co ag tes avec la rosée et les brouillards. Ann. d. se. bt IV. so x XV, (1861), p. 109. (2). M. L. CarLLeTET — Les feuilles des plantes peuvent-elles ab- goti farti liquide ? Ann. d. sc. nat. V. S., t. 14 (1872) pagi- na 2 si . BoussIinGAULT — Agronomie, Chimie agricole et Physiologie. 1878. Cit. dal Van TreGHEM iu Zraitè botanique p. 337. 18 ostacoli, assorbire l’acqua che le bagna così che do a grande siccità, la pioggia e la rugiada penetrano Gis bialta elle SER stesse e restituiscono loro la turgescenza già venuta meno Nel caso particolare del Myoporum i risultati delle esperienze da me istituite confermano appunto il suesposto principio. Essi sono riassunti nel seguente quadro : ae | at..l Gua ess lan ei it SE of | n09 cs (85) GS. | EER dg ESE pete Sig die e ROSI Neg Riga wE 22” 89 [SE icir-25) Cos na 0-8 sd Deb RM Ss pe ii SA Sin Ro Ta aa EBS Ca Da 29 Oa [23° De 6. n Rsa de ST 1°. (gr. 0,522/gr. 0,439|gr. 0,083/gr. 0,574 gr. 0,135 gr. o 052 s| 2°. |» 0,522 > 0,445» 0,077| » 0,58 0,135 0,058 | 3° |>» 0,471) » 0,4 |> 0,071|> 0,484/ » 0,084| » 0,013 = 48. |» 0,443) > 0,38 | > 0,063| » 0,47 | » 0,09 | » 0,027 | 5 | » 0,432 » 0,337 > 0,095) > 0,451) » 0,114| » 0,019 ea 6°. | » 0,534 » 0,461/ » 0,098] » 0,541| » 0,080| » 0,007 = Pl LD » 0,43 0,07 | » 0,506] » 0,076) » 0, sf 8°. |» 0,652» 0,516 » 0,136] » 0,74 | » 0,224| » 0,0 -£] 92. |» 0,644) > 0,499| » 0,145] » 0,66 | » 0,161] » 0,016 S| 108. |> 0,62 |> 0,474» 0,146] » 0, » 0.16 » 0,02 - |» 0,624 » 0,495f » 0,129] » 0 » 12%. | » 0,543) » 0,445] » 0,098| » 0, S| S| 12. |gr. 4,48 |gr. 3,743 gr. 0,737/gr. 4,5. [gr. 0,757/gr. 0,02 sj 2% |» 4,23|> 3,737» 0,493 > 4,38 |> 0,693] » 0,10 ia 3,813 398 0,52 | » 3,84 | » 0,56 | » 0,04 #0 4. |» 7,2 |> 6,379» 0,821|> 7,646] » 1,267) >» 0,446 4 Dà. |» 9,455)» 8,01 1,445] > 9,93 | » 4,18 | » 0,475 era 680/355 al 307 | > 7,399] » 1,649] » 0,579 S' 7. |» 6,425] » 5,315] » 1,110 » 6,84 | » 1,525) » 0,415 Bela 7,34 | » 6,22 » 1,12]» 7,75» 1,53 | » 0,41 —_ (1) G. VoLkENs — Die Flora der aegyptisch - arabischen Wuste. Berlin 1887. (2) E. GreGoRY. — Comparative Anatomy of the Filz-like Haîr- covering of Leaf-organs, Ziùrich, 1886. 3), A. Borzi — L’acqua in rapporto alla vegetazione di alcune scerofile mediterranee. Negli Atti del Congresso botanico interna- zionale, 1892. (4) W. PrEFFER — Physiologie végétale. Tome I, 1905. Nel fare queste esperienze, recidevo delle foglie o dei rami con foglie perfettamente vegete, assicurandomi con attenta osservazione che esse fossero del tutto prive di lesioni; ne chiudevo la superfi- cie del taglio con paraffina fusa e le pesavo ; indi le lasciavo av- vizzire esponendole per qualche tempo sul davanzale di una fine- stra del laboratorio e le ripesavo. Si notava così una diminuzione nel peso sisi Allora le tenevo immerse per 24 ore circa nel- l’acqua, fin tant; o che, a giudicarlo dall’ apparenza, non avessero osta il primitivo turgore. Ritirate quindi le stesse foglie dal bagno, le lasciavo per alcuni minuti completamente allo asciutto in un sabina oscuro e alquanto fresco. Così sulle foglie e sui rami non rimaneva traccia di acqua e ne potevo verificare il peso esat- tamente. Le cifre da me ottenute in queste successive esperienze, ci mostrano che se le foglie avvizzite vengon mer; u ne assorbono ed acquistano il primitivo pd di turgescenza e, quel che più importa, la quantità di liquido immesso è superiore quello contenuto allo stato normale, ossia al momento in cui esse vengono distaccate e pesate. o voluto anche, come dianzi fu detto, istituire una serie di esperienze allo scopo di mostrare se la detta pianta sia dotata anche della facoltà di assorbire il vapor acqueo atmosferico. A tal uopo sceglievo dei rami con foglie ben vegete e Lo di lesioni cri miche, li lasciavo al solito appassire e li pesavo dopo av al- mata con paraffina fusa la superficie del tasti Indi KA esponevo direttamente all’azione del vapor d’acqua, sospendendoli liberamente entro una campana di vetro capovolta sopra una bacinella con acqua, e riponevo il tutto all’oscuro. I risultati ottenuti mediante de terininazione del peso sono Ls del tutto negativi, poichè in tutti i verificati non si otuto constatare un aumento di peso in rami recisi, muniti di yo ed esposte lungamente al va- pore acqueo. La qual cosa non è conforme a fe si osserva in alcune piante, specialmente erbacee, di climi caldi di cui la vege- tazione si compie nel periodo della stagione secca, presso le quali | da molti autori è stato rilevato un notevole assorbimento di vapore ‘acqueo da Leni degli organi aerei. Nel caso del Myoporum, è da ibilità ritenersi che la possi di assorbire acqua allo stato liquido, è una proprietà possibilmente in armonia con le condizioni di na- i tura sotto le quali si compie la vegetazione di questa pianta nei paesi ove essa è | iginaria e nelle località che : te carat- terizzano il suo habitat, essendo ivi frequenti i forti acquazzoni che si alternano a Dea spino di secchezza. e) Sistema conduttore Senza entrare nei più minuti particolari. della struttura del- l’apparato conduttore tanto dei fusti, quanto delle radici, ricorderò la relativa notevole ampiezza dei vasi (trachee e tracheidi), i quali sono suscettivi di raggiungere un diametro persino di 60 y, spe- cialmente le tracheidi sono quelle che presentano tali estremi di dimensioni. Questo carattere è di una certa importanza per la pianta di cui ci occupiamo, la quale vive in terreni aridi ed esposti sovente a prolungata secchezza. Secondo il KERNER (1) il movimento di. un liquido in un canale è tanto più difficile quanto più stretto è il canale medesimo perchè in questo caso una quantità relativamente grande di liquido aderisce alle pareti interne di esso. Se si vuole quindi che il liquido si muova con una certa velocità, bisogna allargare il canale, perchè allora sarà piccola la superficie di adesione rispetto alla maggiore massa di liquido che circola in esso. Sicchè questo adattamento del sistema conduttore, è il più idoneo per porre le radici del Myo- porum in grado di trasmettere rapidamente alle foglie traspiranti, sia la scarsa quantità di acqua di cui possono usufruire nelle grandi profondità del terreno, sia la grande massa liquida che loro forni- scono le piogge torrenziali. d) Sistema dassimilatore Nei rami giovanissimi gli strati esterni della scorza conten- gono Seo Sa naturalmente essi concorrono alla funzione dell’assimilaz esta però rimane nelle sue forme tipiche sempre devoluta al sistema delle foglie, la cui lucentezza e intensa colorazione verde sono la espressione dell’esaltato loro potere assimilativo in armonia alle condizioni geografiche particolari a questa specie. Nulla di notevole offrono le foglie nei loro caratteri struttu- rali, salvo una marcata riduzione dei meati aeriferi del parenchima lacunoso, carattere del quale sarà messa in rilievo la importanza più oltre considerando le qualità di uesta specie Per maggiore chiarimento va detto che le foglie si riferiscono (1) KERNER — La vita delle piante, Vol. I. pag. 334. . 21 al tipo di struttura bilaterale e che del palizzata si contano al più tre strati di cellule cilmdrico - oblunghe, molto strette e serrate, i detti strati si possono ridurre a 2 od anche uno solo. Il parenchima lacunoso è invece più spesso e vi si contano da 5-6 strati di cellule. Apparato aereatore. Stomi.— Si sa che funzione essenziale del sistema aereatore è quella di permettere lo scambio tra l’ambiente e l’interno della pianta di quei gas necessari alla assimilazione ed alla respirazione. Ma un’altra importante funzione vi è devoluta, dovendo esso prov- vedere anche alla traspirazione. Si capisce quindi come questo sistema esercita una » paro ri- levantissima in tutte quelle piante che vivono in luo caldi ed aridi, dove una traspirazione eccessiva potrebbe costituire un peri- colo piuriitioinio per la vita dell’organismo, qualora questo mancasse di mezzi atti a regolare la emissione del vapor acqueo. Gli stomi, come nella maggior parte delle piante che crescono nei deserti, sono distribuiti senza ordine apparente su ambedue le pagine fogliari, senonchè il loro numero è molto più copioso su quella inferiore. Su ques ta infatti se ne trovano in numero di 100 per per mmq. Pochissimi stomi ho potuto anche riscontrare sull’epider- mide che riveste i giovani rami, ma la precoce formazione del pe- riderma li rende presto inutili e rimangono a funzionare soltanto ord delle foglie. er questa ragione si può dire che il numero degli stomi è Rina assai scarso quando si pensi alla straordinaria quantità i di tali organi che in generale si notano sull’epidermide delle pian ombrofile. Siffatto carattere è comune a quasi tutte le xerofite , anzi secondo il diletta (1), il numero degli stomi è indice del grado di secch i luoghi ove cresce una data pianta, poichè | quanto più sr Fai grado altrettanto ridotto è il numero degli stomi. Viste di faccia, le cellule di chiusura dello stoma sono reni- formi e più piccole che le altre cellule dello strato superficiale della foglia; si notano inoltre intorno ad esse tre cellule annesse a (1) Warmine, — Op. cit. 22 pareti sottili ed a contorno sinuoso: tanto queste, quanto le cellule stomatiche contengono clor Visti gli stomi in sezione BRA le non presentano nulla di anormale; si osservano disposti allo stesso livello delle cellule epi- Bond, e presentano una camera d’aria molto angusta. Quest’ul- timo carattere è certamente in armonia colle qualità xerofile della pianta. Sappiamo che, secondo il MoHL (1), le cause che determinano in generale l'apertura e la chiusura degli stomi, fatta eccezione delle Graminacee, risiede nel fatto che le cellule stomatiche allar- gano l’ostiolo per effetto della loro turgescenza e conseguentemente la chiusura si effettua per il seguito avvizzimento di esse. Questa proprietà si può constatare anche nello stesso Myoporum per mezzo di una semplicissima esperienza, la quale consiste nello staccare un pezzettino di epidermide ed osservarla successivamente in acqua ed in una soluzione acquosa di zucchero di canna; nel primo caso gli stomi mostrano un contorno pressochè circolare, mentre nel se- condo, per effetto dell’azione contraente della soluzione, si nota che le dette cellule cambiano forma, s’allungano e l’ostiolo si chiude. Sicchè effettuandosi tali condizioni in natura, gli stomi vengono a rappresentare un eccellente mezzo regolatore della traspirazione, restando chiusi o aprendosi a secondo del grado di umidità del- l’ambiente. Considerata la circostanza che le foglie sono in grado di assorbire l’acqua che le bagna, è da supporre che questa possa anche immet- tersi attraverso le aperture stomatiche, visto che l’umidità accresce il loro grado di turgescenza e dilata gli ostioli. i intercellulari.— È stato già n e a pro sito della struttura delle foglie, che il sistema degli intercellalari nel Myoporum è pochissimo sviluppato. + Anche questa sorta di adattamento occorre con frequenza in tutte le xerofite. Va a questo proposito notato che molto si è di- scusso sul significato fisiologico dei detti meati e specialmente sui rapporti di essi colla funzione assimilativa e colla traspirazione. i ni autori ammettono che il loro scopo principale sia quello di rendere più attivo il processo dell’ assimilazione favorendo gli scambi fra l’aria che liberamente circola in essi e le cellule assi- - milatrici. Altri autori, tra cui dA @), nel maggiore o a (1) H. V. Moni — Quelles sont a causes qui déterminent la di- intro et le resserement os stomates ? An. d. Sc. Nat. S. IV, T. VI 000 p. 162 e sgg. ® arr Fig i laneoeatatazo i 1904; » 890, x . inore sviluppo degli spazi intercellulari riconoscono lo sforzo del . mesofillo ad accrescere o diminuire la traspirazione secondo che lo richiedono le condizioni dell'ambiente. Di quest’ultimo parere non è il VOLKENS (1) il quale, avendo studiato la struttura di un certo numero di piante che crescono nei deserti, ha potuto constatare che molte di esse, oltre a possedere contraddistinti mezzi di pro- i tezione contro i danni di una eccessiva traspirazione, presentano p un tessuto assimilativo con grandi spazi intercellulari del tutto si- mile a quello che si riscontra nella maggior parte delle piante che Vaggiens in contrade ricche di pioggia. nto egli però non nega che alcune piante xerofite possano limitare gli spazi intercellulari al fine di diminuire la tra- spirazione. E tale appunto iò credo debba essere lo scopo di così grande riduzione dei meati aeriferi osservata nel mesofillo fogliare : del Myoporum, poichè rappresentando questi il posto dove compiesi la evaporazione, la superficie traspirante non può essere soltanto misurata da quella che è direttamente a contatto con l’atmosfera, ma devesi anche nel vagiie includere la superficie delle pareti di tufti gli spazi intercellul sa resto è noto, come Lian abuso asserisce, che la 5 uantità di vapor acqueo eliminato da tutta la foglia, è in ragione dello sviluppo degli spazi intercellulari del parenchima spugnoso ; n tal modo gli adattamenti delle piante ai climi aridi od umidi trovano perfetto riscontro nel detto sviluppo restando provato che se le piante, per scampare al pericolo del sisseccamento, sono co- strete a diminuire l’intensità della traspirazione, debbono altresi convenientemente ridurre le dimensioni e il numero dei meati ae- riferi; mentre d’altro canto, se influiscono favorevoli condizioni di si umido, rimane accresciuta l'intensità della traspirazione con corri spondente aumento dei relativi tessuti, e non sono rari i casi in cui tutto il mesofillo della foglia consta di tessuto spugnoso Apparato escretore. sà a) Glandule oleifere- Caratteristica dei Myoporum ser- | ratum, così sì com come d gli alto ti della stessa lia, è la p di gla; dule Fip ll’interr del parenchima delle fo- (1) VoukeNs— Op. cit. p. 73. 24 lie ed anche della corteccia primaria dei rami. Esse si riscontrano anche nel midollo degli stessi rami e persino nel felloderma delle radici. Tali formazioni, com’è noto, dànno alle foglie l’aspetto di es- sere sparse di piccole areole pilfuniae, che sui rami sporgono spesso sotto forma di verruche trasparenti. Il grande sviluppo che assu- mono le dette glandule in questa famiglia le ha segnate già da uu pezzo all’attenzione degli autori. Tuttavia per quello che riguarda Avendo io stessa seguito passo a passo il loro sviluppo, ho potuto constatare che nascono secondo il tipo delle glandule schi- zogene, ma pervenute al loro stadio definitivo di sviluppo si com- portano come quelle a svolgimento lisigeno; onde si possono consi- derare come glandule di natura mista. A questo punto le mie osservazioni concordano con quelle del BRIQUET (1). Esse dimostrano che lo stadio .schizogeno consiste altri elementi vicini, si divide successivamente in otto cellule figlie che si addossano strettamente le une alle altre per lasciare tra loro la cavità iniziale della glandula. Queste cellule escretrici in seguito si moltiplicano per mezzo di setti radiali e tangenziali, i quali ul- timi aumentano il numero degli strati concentrici di cellule. Nello stadio lisigeno le pareti delle cellule c mitano la cavità interna della glandula, si ispessiscono, si gonfiano enormemente, subiscono come un processo di gelatificazione. E ello spessore di tali è ne pareti, così profondamente modificate nella loro sostanza, che ap- pariscono le prime goccioline di olio etereo. Le membrane diven- gono bentosto indistinte e, dissolvendosi in una specie di gelatina, si diffondono nelle cavità centrale e si mescolano alle gocce di olio in essa contenute. La gelatificazionne si può allora estendere simul- taneamente o successivamante a tutte le pareti delle cellule escre- trici interne e degli strati seguenti, e così la glandula si ingrandisce sempre più. La presenza di siffatti organi secernenti degli olii eterei è spesso frequente nelle xerofite, però non si sa bene ancora qual relazione esista tra la secchezza del clima e del suolo e la produ- (1) J. BriqueT — Recherches anatomiques sur l’appareil végétatif des Phyrmacées, Stilboidées , Chloanthoidées et Myporacées. in Bull. de la Soc, botan. de France. Tom. 43, p. 745, Paris 1896. dee I gu Ce FI. 25, zione di tale SERRI nonchè quale utilità questa offra alla pianta che ne è provv Secondo il veci (1) gli olii eterei si evaporano più facil- mente dell’acqua e costituiscono attorno alla pianta un’atmosfera profumata, e questa sarebbe molto meno capace di lasciar passare il calore raggiante che l’aria pura, cosicchè essi contribuirebbero a diminuire cn e con esso la traspirazione. ) ino.—È molto abbondante nel Myopor rum. osta come si può osservare in i plaza e longitudinali pra nei vari organi della detta pianta, non si trova RI dita Ùa, ro condotti o serbatoi speciali, ma in cellule le quali non sono per nulla differenziate e conservano la loro forma originaria. Tali ele- menti si osservano nell’ epidermide del fusto e delle foglie, e in tutto il parenchima fondamentale dello stesso fusto compresi i primi due o tre strati di scorza immediatamente sottoposti all’epidermide e i primi due o tre strati del midollo contigui alla regione interna dei fasci legnosi. Il contenuto di essi apparisce costituito da una gli autori hanno istituito in proposito, non si è finora riusciti a chiarire quale sia il suo significato fisiologico e quale importanza abbia per le piante. È possibile però che esso agisca da isolante e serva da moderatore della traspirazione. c) Peli resiniferi. Non è privo d'’ interesse la conside- razione del come le giovani foglie in via di SEA si difendano irazi no tutte invischiate di una materia lucida brunastra, appic- cicaticcia. Questa facilmente si scioglie in alcool e la soluzione pren- de uno tinta rosso vinoso che, lasciata all’aria, diviene sempre più intensa. Da tale comportamento non è a dubitare che trattasi di una materia resinosa. La sua produzione dipende dalla presenza di abbondantissimi peli sparsi sulla Son della regione perse dei rami e delle due pagine fogliari. Ogni pelo è costituito da un corpo nale formato da due bre- vi articoli sormontato da quattro cellule secretici disposte in un sol piano, di forma per lo più ovoidali viste in profilo. Un sottile stra- (1) WARMING — Op. cit. to cuticolare riveste e collega insieme le dette cellule, attraverso il quale si diffonde il prodotto della secrezione che si versa sulla epidermide circostante. tasi ancora che le regioni epidermiche da cui sporgono i detti organi Li una lieve depressione a mo’ di fossetta. In tal guisa l’apparato secernente è al suo completo e, stante la fre- quenza dei peli di cui è parola, e 1’ abbondanza della materia se- creta, tutta la estremità dei rami, compresi i picciuoli e le basi elle pavia foglie, si trovano ricoperte dalla detta materia in una maniera affatto caratteristica. mento dei descritti organi è limitato alle parti na- scenti dei rami; quindi cessano di scernere il loro prodotto e nelle regioni più vecchie si rinvengono avvizziti, vuoti e deformati. Non v’ha dubbio sulla loro funzione come moderatori della traspirazio - ne, anzi come tali essi assumono un’importanza molto spiccata. Ossalato e Carbonato di Calcio. — Tutte le cellule che costituiscono il midollo dei rami più giovani, conten- gono uno o più cristalli di Ossalato di Calcio sotto forma di sferiti, druse, rafidi, otteadri semplici, tedraedri, etc. facilmente determina- bili per il loro contorno ben distinto. Piccole druse e granuli di Os- salato calcico ho notato anche sparsi qua e là senza ordine alcuno nelle cellule dell’ epidermide, nella scorza e nel parenchima delle foglie. Ma quello che è più importante da rilevare è il fatto che il parenchima delle foglie presenta le pareti leggermente infiltrate di una certa quantità di carbonato calcico : portate infatti al calor rosso delle sezioni piuttosto grossolane di una foglia, di essa non rimaneva che una specie di scheletro costituito di una cenere bian- castra la quale sotto l’azione di un acido minerale si scioglieva con effervescenza. Il detto sale si riscontra anche nel fusto, ma in mi- nor quantità. I rivestimenti di carbonato calcare, come risulta dagli studi del KoHL (1), sono un eccellente mezzo di protezione contro il peri- colo del disseccamento, poichè essi hanno la facoltà di limitare il potere traspiratorio degli organi che ne sono provvisti. E così non resta alcun dubbio sul significato fisiologico e bio- logico di tale disposizione, considerando le squisite proprietà xero- file della peg di cui è oggetto questo studio. (1) Koxn. ee nen agi Untersuchung der Kalksalze Kieselstiure în nze. CONCLUSIONI. I fatti principali dedotti dallo studio anatomico del Myopo- rum serratum e dalle ricerche sperimentali istituite concernono due ordini distinti di fenomeni. Gli uni riflettono i mezzi per regolare pra corrano alla funzione “dello teri dell’acqua, come espedien- te per aumentare le risorse della provvigione acquifera , carattere questo che concorda colle squisite qualità xerofile della pianta, e dimostrato in altri moltissimi casi di specie egualmente caratteristi- che di località aride e di climi esposti a prolungata secchezza in- terrotta da radi e forti acquazzoni, e contraddistinti da abbondanti aaa atmosferiche notturne sotto forma di rugiada u agli adattamenti diretti a regolare e moderare la emis- sione Frag vapore acqueo, i riguardano l’apparato integumen- tativo e consistono nella ae ione di una cuticola mne spes- sa, liscia e lucente, e di abbondante materia tannica all’ interno delle cellule epidermiche nonchè di un periderma molto precoce che circonda completamente i rami. In armonia alle dette disposizioni sta il fatto che gli stomi mancano o sono rarissimi sui giovani rami e il loro numero è relativamente scarso nelle foglie. ltre a ciò è stato rilevato, studiando 1’ anatomia della foglia, che il sistema degli spagii. intercelluri è pochissimo sviluppato. t oleifere contenute nel parenchima. fogliare e in 29 della cor- teccia e. idollo dei rami. Anche l’ abbondante produzione di tannino contenuto tanto nei tessuti periferici, quanto in quelli più profondi, nonchè i depositi e le infiltrazioni di materia calcarea nelle pareti cellulari dei parenchimi delle foglie e del fusto, sono da resiniferi, che ricoprono quelle parti e versano na loro superficie il prodotto della > attività in tale copia da formarvi uno — e impenetrabile stra Studiando iena delle glandule oleifere, che sono così ca- ratteristiche della —- della Myoporacee, abbiamo sa E esse nascono sod il tipo delle glandule schizogene, ma, perve- nute al loro definitivo stadio di svolgimento, si comportano come nn di origine lisigena. u venendo a studiare la distribuzione e la funzione del coltenchima, mediante esperimenti di assorbimento di liquidi la via dei vasi, restando così dimostrato che il collenchima è in grado di contenere dell’acqua proveniente dallo esterno, quando la pianta è messa nelle condizioni favorevoli di assorbirne a sufficienza e di conservarla a lungo come espediente di difesa contro il dissec- camento. In delia il Myoporum serratum presenta in tutte le sue particolarità anatomiche e fisiologiche i caratteri della più spiccata xerofilia, come del resto è provato dalla sua cultura nei terreni aridi e in tutte le località esposte a prolungata secchezza. Dot. Bick ROccHETTI. Il Bambù dell’Eritrea (Oxytenanthera Borzii, nov. sp.) Il QuartiN - DiLLox, nel suo viaggio in Abissinia, dal 1838 al 1840, raccolse una Bambusea, che fu successivamente ritrovata sponde del fiume Tacazzè, nella provincia dello Schire, presso Tchè- ‘latchèkannè ed Aderbati. Questa Bambusea fu dal RicharD (1) nel 1851, descritta come nuova, con il nome di Bambusa abyssinica : tale autore anzi non mancò di rilevare che costituiva una sezione distinta, nuova nel genere Bambusa, sezione cui diede il nome di Scirpobambos. Fu in seguito riportata, come Bambusa, dal WALPERS (2), dallo StEUDEL (8) e dallo SCHWEINFURTH (4). L’HocHSTETTER però, negli exsiccata dello SCKIMPER, Plantae Abyssinicae, Ed. II. HomeNAcKER. 1852. n. 501, propose di tra- sferirla al genere Schizostachyum, genere che realmente offre qualche carattere in comune con la sezione Sci mbos, e chiamò di conseguenza la specie Schizostachyum opinnna Ricn. ) HocHsT. (1) Ricnarp A., Tentam. Florae Abyssinicae. Tom. II. 1851.p.439. (2) WAUPERS G. G., Annales botanices systematicae. Tom. IMI. 1852-58. p. 781. (3) SteupeL E. G., Synopsis plantarum glumacearum. Pars L Graminaceae. 1855. p 330, (CI 3 Soli G., Beitrag zur Flora Aethiopens, 1867. p. 298. 30 Il Munro (1) poi, nel 1868, rivedendo manograficamente la tribù delle Bambusee, ritenne che la specie abissinica, in unione ad alcune altre delle ce csi spettasse realmente ad un ge- nere nuovo, cui diede il nome di Oxytenanthera. Così la specie africana divenne pe abyssinica (Ricn.) Munro, Tutti gli autori successivi riconobbero questo genere : infatti lo troviamo ammesso, da BENTHAM et HookER (2), da HackEL (3), da BAILLON (4), da SCHWEINFURTH (5), da DURAND et ScHINZ (6), da GAMBLE (7), da THONNER (8). Il Muxro ritenne altresi la specie abissina fosse abbastanza distinta dalle congeneri indiane, per cui suddivise il genere Oxytenanthera in due sezioni assegnando alla prima il nome già istituito dal RicHarD di Scirpobambos. Troviamo però una contraddizione palese, imperocchè il MunRo alla sua sezione Scirpobambos assegna per carattere quello di avere come infiore- scenza « capitulum densiflorum in ramis terminale » mentre il Rr- CHARD aveva assegnato alla sua specie il carattere di avere come infiorescenza « capitulis lateralibus superpositis, terminali majore et quasi spicam vastam, interrupte verticillatam efformantibus ». Questa contraddizione faceva supporre che in Africa esistessero più specie di Oxytenanthera confuse fra loro. Infatti nel 1895 lo SCHUMANN (9) ne descrisse una seconda con il nome di Ox. ma- crothyrsus : in seguito il PILGER (10) ne descrisse una terza col nome (1) Munro D., A. Monograph of the Bambusaceae, including de- conte 6A all the species. In Transactions of the palio Society. 1868. p i do et tibia, Genera plantarum. Vol. INI. part. 2. 1883. p. 1219. (3) HackeL E., Gram in PORT ind: PranTL, Die Natiir- lichen Pflanzenfamilien. pr ei 2 Abt. , (4) pa AILLON H., Graminees. In pa de Deusi Tom. XII. 1892. p. 245. (5) "Soesiavoarà O 3 Abyssinische Pflanzennamen. 1893. (6) DuRAND et Sine, Conspectus Florae Africae. Vol. V. pf 45. (7) GamBLE I Sa The Bambuseae of Britisch India. In duna 1 . 1896. p. 68 ed i o0KeR I. D., Flora of Britisch India. Vol. VII. 1897. p. 400. (8) ThonxeR FR., Die Bliltenpflanzen Afrikas. 1908. p. 94. (9) ScHUMANN K., in EnGLER, Pfanzenwelt Ost-Afrika. 1895. p. pon dor: esa Tia ENGLER ” sx Botan. Jahrsb. XXXIX. 1907 | 31 di Or. Braunii, ed infine il CHIOVENDA (1) ne descrisse una quarta con il nome di Or. ruwensorensis : quest’ultima però è ancora di posizione incerta, non conoscendosene i fiori. aragonando la descrizione data dal RicHarp per la sua L8a abyesinica, con quella data dal Munro perl’ GARE specie sopra i saggi fioriti raccolti dal QuARTIN - DILLON e dallo ScHIMPER, mentre il MunRo dei primi saggi non ne vide alcuno, e dei secondi, come egli stesso attesta, vide « folia tantum». Al con- trario vide saggi fioriti raccolti dallo SckwEInFcURTK a Gallabal-Ma- tamma (n. 2511), saggi che naturalmente non poteva aver visto il RICKARD. Questa confusione di due specie, in realtà ben distinte, dive- niva tanto più possibile stante il fatto che la descrizione del Ri- cHaRrD è abbastanza breve, con qualche inesattezza e lacuna per quanto riguarda i caratteri florali, e sovratutto manca di qualsiasi misura od accenno relativo alla grandezza delle spighette, carattere i grande importanza nelle Bambusee, massime nelle specie del genere Oxytenanthera. Diversi viaggiatori che percorsero l’Eritrea, prima e dopo l’oc- cupazione italiana, non mancarono di rilevare l’esistenza colà di una Bambusa, senza però por saggi adatti ad un cirurazra scientifico. Sapendosi che ua esisteva 1’ Oxytenanther abyssinica, fa ritenuto che si trattasse della medesima specie, se- guendosi l’uso comune di non controllare quelle piante credute mo- notipiche, come è accaduto per l’ Adansonia, per l’Hyphaene etc. Anche il BALDRATI (2) la cita con un tal nome , dicendola « copio- sissima nelle vallate e sui poggi della regione del Barca, del Marèb e dell’Anseba » senz'altro aggiungere. Recentemente poi il SENNI, nelle sue interessanti raccolte botaniche dell’Eritrea, conservate presso l’Istituto Botanico di Palermo, riportò alcuni rami fioriti di una Bambusea, rinvenuta sul Monte Aresechia, sopra Elaberet, nel Dembesan, da 1800 a 2060 metri di altitudine. Provvisoria- mente noi pure la ritenemmo per Oxytenanthera abyssinica, stante che questa era l’unica specie indicata per la regione, ma in seguito, al confronto con i saggi autopti dello SCHIMPER, trovano che si trattava di tutt'altra cosa. (1) Ciovenpa E., Poaceae novae in Ruwenzori Africae monte collectae. In PirorTA, din ti di Botanica. VI. 1907. p. 147. BaLpratI I., Catalogo illustrativo della mostra Eritrea all’e- di Ravenna. 1904. p. Infatti, mentre i saggi dello ScHIMPER, presentano « capitulis superpositis, quasi spicam interrupte verticillatam efformantibus », come aveva bene asserito il RicHARD, quelli del SENNI reo «capitulis solitariis in ramis terminalibus ». Si tratta della me- desima differenza riscontrata fra la descrizione del RicHARD e quella del Munro. Inoltre le spighette fiorenti nei saggi dello SCHIMPER, sono lunghe appena 8 mm., quelle dei saggi del SENNI sono luni ghe ben 40 mm. Ora appunto il Muxro nella suddetta descrizione parla di spighette lunghe da 12 a 20 linee, vale a dire circa da a 32 mm. Risulta da questo che verosimilmente il MunRO ebbe in esame saggi della specie raccolta dal SENNI, scambiandola per quella del RicHARD: infatti da tutta la lunga descrizione del MunRO appare come l’autore si sia sforzato di conciliare i caratteri con- tradditorii che riscontrava fra i saggi esaminati ela descrizione del RICHARD: ne è risultato una descrizione ambigua, che male si a- datta tanto all’una quanto all’altra specie. In realtà, contemplando le due sezioni istituite dal MuxRO nel genere Oxrytenanthera, la specie del RicHARD dovrebbe figurare nella seconda « spiculae in verticillis secus ramos dissitis, aggregatae » e non nella prima « spi- culae in capitalis, saepe terminalibus, dense aggregatae ». Ed in UARTIN - DiLLon e da ScHIMPER, e descritta dal RicHARD, men- tre la specie, almeno in parte, SREAIRI dal MuxRO, e nuovamenta raccolta dal SENNI, dovrà venire radiata, o meglio, circoscritta nei suoi veri termini, ricevere un altro nome. Sorge però il dubbio che quest’ultima non sia identificabile con qualcuna delle Oxytenantherae ultimamente descritte. Infatti tre nuove specie di Oxytenanthera furono testé segnalate per l'Africa. Ox. ruwensorensis, CHiov. nulla si può dire con si- abyssinica (RicHARD) spetta indubbiamente alla specie raccolta da Qu PiL6., che potrebbero corrispondere alla specie dell'ibritroa. Con- viene quindi esaminare i caratteri presentati da queste, per poi pro- cedere al confronto con le descrizioni date dagli autori genere Oxytenanthera, è specialmente dna per ‘avere spighette con uno 0 i fiori, di cui uno solo ermafrodito e fer- tile, mentre nell’affine genere Gigantochloa le spighette sono multi- flore. Queste spighette in Oxytenanthera sono formate da numero- vuote e si può ritenere rappresentino le prime glume di altrettanti fiori rimasti sterili. Quando a maturità, la spighetta, contenente la cariosside matura, si distacca, viene accompagnata da un certo nu- ero di glume, restando quelle inferiori aderenti al ramo, di modo dai anche dopo cadute tutte le spighette, l’infiorescenza è rappre- sentata da un globo di glume vuote. I fiori, con sei stami mona- delfi , in alcuni casi portano una seconda gluma bicarenata, in al- tri ne mancano. Per solito in ogni specie é costante il numero dei fiori per ciascuna spighetta, come pure é costante il numero delle ume che accompagnano la a nella sua caduta. Negli e- semplari dello ScHIMPER si hanno spighette formate da tre sole glu- me, di cui la prima vuota, e le altre due portanti ciascuna un fio- re: entrambi i fiori sono provvisti di gluma bicarenata: il fiore inferiore è maschile, il superiore ermafrodito. Negli esemplari del gluma bicarenata, essendo questa, per quanto ne riguarda la fun- zione, sostituita dalla sesta gluma : l’unico fiore è ermafrodito, ma presenta una spiccatissima proteroginia: infatti quando emerge lo stilo, gli stami sono ancora inclusi, con il loro tubo cortissimo, e, È 9 abbastanza ingrossato, incomin- a lo scarso numero delle spighette 16, pis scono CL cariossidi, in rapporto al loro numero totale. Un'ultima differenza si rileva nella forma delle antere, che, negli esemplari dello ScHIMPER, non sono mucronate, mentre in quelli del SENNI terminano in una lunga ap- pendice acuta, alquanto piumosa. Queste differenze, unite alla for- ma delle infiorescenze, ed alla grandezza delle spighette, sono suf- Veniamo ora al confronto con le altre specie di Oxytenanthera, segnalate per l'Africa. La descrizione della Oxytenanthera macrothyrsus, K. ScHUM. è molto laconica. L'altezza del culmo rilevata dallo ScHuMmaNN in 5 ad 8 metri potrebbe convenire con la specie dell’Eritrea, ma l’in- fiorescenza è affatto diversa, dicendosi: «glomerulis 10-15, ramis elongatis obsidentibus, ulterioribus in paniculas amplas, more quasi Dendrocalami verticillati, conflati »: abbiamo cioé infiorescenze costituite da verticilli sovrapposti, come negli esemplari dello ScHIm- ghezza di 15 a 17 millimetri, mentre quelle degli esemplari dello ScHIMPER sono lunghe appena 8 millimetri e quelle del SENNI so- no lunghe ben 40 millimetri. Anche per queste dimensioni la 0- xytenanthera macrothyrsus si avvicina maggiormente alla vera Ox. abyssinica che non alla specie dell’ Eritrea. Infine è detto che ogni spighetta cade accompagnata da tre sole glume, e questo ca- rattere pure trovammo negli esemplari dello SCHIMPER, mentre in quelli del SENNI ogni spighetta cade con sei glume. Non è detto poi nella descrizione se queste spighette sieno uniflore o bifore, né se i fiori portino o no glume bicarenate. Perciò, pur rilevando la grande affinità che intercorre fra la Oxytenanthera macrothyrsus e V'Ox. abyssinica, la posizione della prima, per deficenza di questi ultimi dati, resta ancora dubbia: tuttavia si può con assoluta sicurezza ritre cie dell’Eritrea, ma la forma dell’infiorescenza ne risulta ben di- versa. Infatti dicesi: «inflorescentia ad ramulos terminalis spici- formis : spicularum fasciculi discreti, juniores approximati, tum magis distantes », avvicinandosi per tale carattere agli esemplari dello ScHIMPER, ed allontanandosi totalmente da quelli dell’Eritrea. Le spighette, calcolandosi la lunghezza delle singole glume, impe- rocchè non ne é data la lunghezza complessiva, e specialmente ba- sandoci sulla misura della gluma superiore, sarebbero lunghe circa da 18 a 23 mm. o poco più, superando in ciò del doppio quella dell’Oxytenanthera abissinica, e restando quasi della metà più brevi di quelle della nostra specie. Neppure è detto il numero delle glume che accompagnano la spighetta quanto cade, ma dicendosi che ne porta due sole di vuote e che ve ne ha altre due contenen - ti un fiore ognuna, è presumibile, sieno quattro, a meno che non ne esista un’altra dopo l’ultimo fiore, come nella specie dell’ Eri- trea: ciò però non pare, essendo detto che entrambi i fiori hanno la rispettiva gluma bicarenata. Infine viene aggiunto che le antere sono all’apice setoso - caudate. Per questi caratteri anche 1’ Oxyte- nanthera Braunii si avvicina all’Ox. abyssinica, pur Ai pompa distinta, mentre differisce totalmente dalla n isulta quindi che, di tutte le specie di renne fi qui è ERO ROOT Ù IE O | note, solo quella dell’Eritrea ha le spighette in capolini terminali, mentre tutte le altre presentano le spighette in verticilli sovrap- posti, compreso la Ox. abyssinica, contrariamente a quanto ne dice il MuxRo, che, come si è detto da principio, confuse due specie in una. Per questo carattere forse la nostra Bambusea potrebbe di- venire tipo di un genere distinto, affine al genere Cephalostachyum, ma mancadomi diversi altri caratteri, specialmente quelli delle ca- riossidi mature, non posso completamente rilevare le note conver- genti e divergenti fra questi generi. Perciò ritenendo, come lo è realmente, per vera Oxrytenanthe- ra abyssinica, quella distribuita dallo SCHIMPER e descritta dal RicHarD, senza oltre insistere sulla descrizione del MuNRO, possiamo con tutta sicurezza ritenere la specie dall’Eritrea, riportata dal SENNI, come totalmente nuova, diversa da tutte le altre fin qui de- scritte. Interessa quindi dare le descrizioni dettagliate di entrambe, a prima riferentesi agli esemplari dello ScHIMPER, la seconda a quelli del SENNI Oxrytenanthera abyssinica ( RicHaRD ) MuNRO. emend. «Culmo arboreo, lignoso ramulis verticillatis » : foliis vagina glabra , laevibusque , angusta , forte nervosa , marginibus piloso ciliata , lamina RG NERE apice acuto, fere mucronato- spinescenti, basi rotundata, sed imo fere in petiolum brevissimum dio subtus prominente, flavido, marginibus minutissime serrulato scaberrima : spiculis minimis, oblongo-conicis , acutissimis , ses- silibus, numerosissimis, verticillatim conglomeratis , capitulis superpositis , fere spicam vastam interruptam efformantibus , : m cronatis, superioribus sensim longioribus, acutissimis, rigide spi- nescentibus, multinervis, perfecte convolutis, obscure ciliatis, mi- nutissime, praecipue ad summum, pubentibus, omnibus vacuis, duo- 8 S scente, stylo elongato, piloso-hirto, apice saepe circinatim recurvo, Ro simplici, rie daria e Folii vagiria 80 m au ai 36 20 mm. latum: spicula florens 8 mm. longa, 2 mm. lata. Valde proxima Oxytenantherae Stochsti, Muxro, Indiae Orientali. — A- byssinia, in provincia Schire (ScaImPER II n. (0) Distinguendo poi la specie dell’Eritrea come nuova, piacemi dedicarla al Chiarissimo Prof. A. Borzi, Direttore del nostro Giar- dino Botanico e Coloniale. ccone la descrizione : tenanthera Borzii, MATTEI, nov. sp.—Culmo arboreo, li- gnoso, pallide stramineo, dense puberulo, a parce verticilla- tis, teretibus, fere glabrescentibus vel infra nodos, praecipue ad in- florescentiam, puberulis , foliis vagina glabra, pruinosa, angusta, laeviter nervosa, marginibus parce pilosa, lamina lanceolato-lineari apice acuto, basi abrupte rotundata, atque imo fere in petiolum la- tum decurrentim attenuata, utrinque glabra, pruinoso- glaucescenti, nervo medio incospicuo, marginibus parcissime scabridis : spiculis maiusculis, lanceolatis, subcompressis, acutis, sessilibus , numero- sissimis, in capitulis, omnibus terminalibus, dense aggregatis : flo- ribus in spiculis solitariis, hermaphroditis : spicularum glumis spi- raliter imbricatis, infimis numerosissimis, brevibus, latis, apice fe- re acuto, piovosa, superioribus valde longioribus, acutissimis , longe spinescentibus, multinervis, piloso-ciliatis, dense, praecipue ad summum, pubentibus, omnibus vacuis, duobus supremis, florem amplectentibus : glumis 6 cum spicula secedentibus : staminibus 6, filamentis in tubum primum ovarium vix excedente, demum lon- gum tenuem connatis, antheris exsertis, longe plumoso-apiculatis : ovario subconico, fere glabrescente, stylo longissimo, piloso-hirto , stigmate simplici: caryopsi nondum matura pallida, oblonga, apice attenuata, sulco laterali praedita. Culmus 8-15 m. altus, 4-5 centm. diam., internodiis ad 30 centm. Spicularum capitulum, spiculis in- clusis, ad mm. latum : spicula florens 40 mm. longa, 5 mm. lata. Tia fi Thwaitesii, MunRo , Indiae Orien- , sed spiculis non verticillatim conglomeratis. Spiculae eas Gi- Lala macrostachyae, KuRrz. referunt, sed unitlorae. — Ery- trea, in Monte Aresechia, ad Elaberet, in Dembesan, altitudine 1800 — 2060 m. (SENNI). Così distinta questa specie © costituisce una delle essenze legno- se più importanti e caratteristiche dell’Eritrea, meritevole di essere meglio studiata e specialmente diffusa mediante la coltura. Secondo il BALDRATI si presta assai bene come materiale per tende da cam- rc ae a e 7 sistono bene, per utilizzarne le canne in lavori agrarii. Sapendosi altresì che i semi delle Bambusee hanno un alto valore alimentare, ed essendo quelli di questa specie lunghi almeno 12 mm. , cioè ab- bastanza grossi, non è escluso che, da una razionale DI se ne potesse ritrarre utile anche sotto questo aspetto. In tal modo le specie di bambusee fin qui rinvenute nel con- rata africano salgono a 22, di cui credo interessante aggiungere l’elenc Mirocalamoa barbinodis , FRANcH. in Moror, Journ. Bot.1889. — Congo. a alpina, K. ScHum. in ENGLER, Pfanzenw. Ost. Afr' 1895 = AfreTrop. Or. Arundinaria Fisc, | K. ScHum. in ENGLER ’s Bot. Jahrb. . 1900. p. 351. — Afr. È. ARI sutaià, RR Bamb. Gard. p. 100. — Afr. ustr. arsntinario tesselata (NEES) MuNnR. in Transact, Linnean So- . 1868. SraPF in THISELTHON-DyYER or. Ca- a vol. VII. 1900. p. 747, et in Kew Bulletin. 1909. pa- gina. 59.—Nastus tessellatus, NEES, Agrost. Capens.—Afr. austr. Arundinaria Tolange, K. rr in ENGLER ’s, Botan. Jahrb. cd 900. p. rop. Oxytenanthera “abyavinica (Rion). IRR in Transact. Linnean Society. 1868.—Bambusa abyssinica, RicHARD, Tent. Flor. Abyss. m 1851. p. 439. WaLpERS, Annal. bot. II. 1852-53... p. 781. SteuDEL, Syn. plant. Glum. T. 1805. p. 390,— Abiss. Oxytenanthera Borzii, MATTEI nov. spec. — Eritr Oxytenanthera pinta PiLG. in ENGLER ’s, Bot. Fuld XXXIX. 1907. p. 601. — N d. Oxytenanthera leg PA Riog K. ScHum. in ENGLER, Pflanzenw. Ost. Afr. 1895. p. 117. — Afr. Trop. Or. Oxytenanthera (?) ruwensorensis, CHIOV. in PrrotT. Ann. Botan. VI. 1907. p. 147. — Afr. Trop. Atractocarpa carni, FraxcH. in Bonx, Rev. Gen. Bot. 38 1887. p. 465, et in Bull. Soc. Linn. Paris. I. 1897. p. 675. Atract. congolensis, DuranD et ScHInz, Consp. Florae. A- fr. V. 1894. p. 945. — Congo. Puelia acuminata, Pie. in ENGLER ’s Bot. Jahrb. XXX. 1903. p. 123. — Afr. Trop. Puelia ciliata, FRANCH. in Bull. Soc. Linn. Paris. I. 1880. pagina 74, et in Bull. Soc. Philom. Paris. ser. VIE, ATI. 11887, p. 673. — Gabon. Puelia Schumanniana, PrLe. in ENGLER ’s Bot. Jahrb, XXX. 1903. p. 123. — Afr. Trop. Puelia subsessilis, P1L6. in ENGLER ’s Bot. Jahrb. XXX. 1903. . 123. — Afr. Trop. Oreobambus Buchwaldii, K. ScHum. in Notizblatt. Bot. Gart. Berlin. I. 1897. p. 177. — Usambara. bambus macrostachys, K. ScHum. in ENGLER ’s Bot. Jahrb, 1897. p. 336. FrancHET in Bull. Soc. Linn. 1898. p. 18.— amerun. Guadella densiflora, PiLe. in ENGLER ’s, Bot. Jahrb. XXX. 1903. p. 123. — Afr. Trop. Guadella marantifolia, FRANcH. in Bull. Soc. Linn. Paris. I. 76, et in Moror, Journ. Bot. 1889. p. 305. Gabon. Guadella Zenkeri, Pio. in ENGLER ’s Bot. Jahrb. XXX. 1903 p. 123. — Atr. Trop. Bambusa capensis, RupR. — B. Balcooa, RoxB. SraPF. in THI- 1900 seLtoN-DyER W. T., Flora Capens. vol. VII. ; Pi 747. — Afr. austr. A queste forse possiamo aggiungere qualche altra specie. Così ScHInz in Pflanzenwelt Deutsch-Sùdwest-Africas. I. 1896. p. 28, segnala una Bambusea non determinata. LEMAIRE pure, in Le Bam- bou. 1. Ann. 1906. p. 41, dice di aver incontrato nell'Africa cen- trale parecchie sorta di Bambusee : anzi dai dettagli, non scienti- fici, che riferisce in proposito, Houzean pe LE uce che dal bacino del Congo, a quello dell’alto Nilo, debbano aversi al- meno sei diverse specie di Bambusee, non ancora note scientifica- | mente. Sa i «| _‘’1Per questo è raccomandabile ai viaggiatori ed ai coloni, che vi- | sitano le diverse regioni dell’Africa, a volere, ogniqualvolta incon- adatti. ad un : completo Lidia scientifico , trattandosi di un nere in cui molte specie facilmente trovansi confuse fra loro, stante l’u- niformità del portamento e della forma delle foglie, e la rarità di fioritura che presentano. G. E. MattEI. Spiegazione della Tavola. 1. Ramo fiorifero e fruttifero 2. Glume di una spighetta 3. Spighetta fiorifera 4. Cariosside quasi matura Tutte in grandezza naturale. Piante recentemente introdotte nel R. Orto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo Agave Zapupe, TRELEAS. in Trans. Acad. Science. St. Louis. Vol. XVIII. n. 3. p. 32. — Il Messico è la patria delle Agave a fibre tessili, e le fibre che se ne esportano, con diversi nomi, pro- vengono notoriamente da specie diverse: ma l’identificazione bota- nica di queste specie non è facile. Generalmente si ritiene che quelle conosciute più propriamente con il nome di fibre dî Hene- quen provengano dall’ Agave rigida, Mir. var. elongata , JAC. e quelle conosciute con il nome di fibre di Sisal dall’ Dad ri- gida, MiLL. var. sisalana, PrRR. Si ha poi il Sisal di Vera-Cruz, che proviene, a quanto dicesi, dalle Agave atrovirens, KARW Salmiana, OtT., lurida Art. e mexicana, LAm., assai grandi dimensioni: si hanno parimenti le fibre di Istle, che provengono credesi dalle Agave heteracantha, Zuco., Lecheguilla ToRrR., Proselgerii, SALM-DycK, lophantha, ScHIED. ed altre spe- cie affini, tutte di dimensioni assai minori. Quasi tutte queste specie prosperano nel nostro Orto Botanico, in piena aria, e po- trebbero prestarsi per colture industriali in Sicilia, ma fin qui non si sono istituite esperienze sulla qualità e sulla quantità delle loro fibre, ad eccezione, come è noto, per l’ Agave Sisalana, che diede risultati assai incoraggianti, come da vario tempo andiamo et {21 Pa (o) (©) n. © a 5 n een A ten Li * ira È preponete » n. 8. 1909. p. 29. 4 riferendo. Recentemente però si segnalarono altre fibre, conosciute al Messico con il nome ‘di fibre di Zapupe e provenienti dalle re- gioni di Vera Cruz e di Victoria: ne riferirono nei loro rapporti il Console generale degli Stati Uniti LESPINASSE, ed il Vice-Con- sole d’Inghilterra, GREEN, entrambi residenti a Tuxpan, nello stato di Vera Cruz. Secondo questi rapporti, a quanto ne riporta 1’ A- griculture pratique des pays chauds (8° Ann. 1908. n. 60. p. 184) «le Zapupe est une fibre peu connue et tres peu saperne; mais que l’ on dit très supèrieure meme au sisalana : il n° y a encore que deux plantations, munies d’extracteurs è vapeurs ». In seguito a queste notizie, il prof. WILLIAM TRELEASE (1) di St. Louis, che da tempo attende allo studio delle Agave, insistette per avere saggi delle specie che producono le vere fibre di Zapupe, allo scopo di procedere alla loro identificazione: gli fu facile ra- dunare molto materiale, ed ora pubblica il risultato degli studii intrapresi al propos nzitutto ss she sì possono distinguere ben sei specie di- verse, tutte nuove, che egli distingue con i nomi di Agave Zapupe di Agave Endlichiana, ossia iîxtle zapupe; di Agave aborigenum, ossia wild zapupe e di Agave Derweyana, ossia green zapupe. Di tutte però risulta più abbondantemente coltivata, e capace di ren- dere buone fibre, la prima, quella cioè cui ha giustamente conser- vato il nome genuino di Agave Zapupe. ultima. specie merita di essere moltiplicata e diffusa * * * e nelle Indie : sn vd A Arabia, in Egitto ed al Capo di Buona error la ea di ia anche (1) TreLEASE W., The Maria Fiber as Zapupe. In 7ransactions of the same cpu Paini sari Lonin. Vo. urne ai 42 in: Sicilia. Infatti, avutone semi dal Benadir, per mezzo del dot- HE ga 2 , ha ottima riuscita, nel nostro Giardino Colo- e "agent fino dal primo anno. Produce grossi Dt ran, 7 ad 8 centimetri, con semi sormontati da abbon- dante seta, la quale si potrebbe adoperare agli stessi usi della ge- nuina seta vegetale ricavata da altre piante, e già esistente in com- mercio. Ma l’importanza maggiore di questa pianta pare consista nelle forti fibre contenute nel suo fusto: queste, secondo il WIL- DEMAN (in Notices sur des plantes utiles etc. Vol. II. p. 117), possono vantaggiosamente sostituire il lino : nell’esposizione di Ma- dras, del 1855, figurarono tessuti confezionati con queste fibre, i quali furono favorevolmente apprezzati e premiati, ma da allora pare si sia trascurato di farne speciale studio. Nelle Indie la Dae- mia extensa ha anche fama di pianta medicinale. Pat Calotropis procera, Arr. Hort. Kew. ed II. 2. p. 78. — È la specie pria la vera seta vegetale, appartnente alle Ascle- piadee, e come la precedente, ricevuta dal Benadir, per mezzo del Dottor lia Trovasi comune ii ‘nell Africa Tro- Non è una nuova introduzione, essendosi altra volta coltivata anche in Sicilia, ma da anni non se ne avevano presso di noi piante viventi: coltivata in questo R. Giardino Coloniale vi ha preso un buono sviluppo, ma non è ancora fiorita. La seta vege- tale, che si estrae dai frutti di questa specie, può vantaggiosa- mente sostituire il Kapoch delle Indie , come materiale da imbot- tire: dicesi anche che, mista a cotone, possa venir filata per con- fezionare tessuti. * * * Phellodendron amurense, RuPR. in Bull. Phys Math. Acad. Petersb. XV. 1857. p. 373 — È un grosso albero, appartenente alla famiglia delle Rutacee, il cui tronco si riveste di uno spesso strato di sughero, utilizzabile come quello della Quercus Suber. Essendo originario delle regioni del fiume Amur, riesce perfetta- | mente rustico da noi, come lo provano i giovani soggetti ag in questo Giardino Coloniale. Resterà a vedersi se, per rapidità vegetazione, o per entità di produzione, sia da preferirsi alla vera . 1 * * * RAI australe, A. Cunx. in Hook. Bot. Misc. I. p.o 241. ande albero, della famiglia delle Leguminose, proprio dell’ i orientale e perdita donde questo Giar- dino Coloniale ricevette direttamente i semi. Già abbiamo piante abbastanza robuste e perfettamente spinti » nostro clima, quindi è sperabile possa in seguito costituire, per la Sicilia, una buona essenza forestale, analoga al Castagno. Infatti i suoi grossi semi, arrostiti possono essere mangiati come le castagne, delle quali ap- punto hanno la forma e la grandezza. sa Maranta arandinacea, L. Sp. pl. p. 2. — Specie colti vata in grande alle Bermudi, alle Antille, nel Sud degli Stati U- = al Brasile, nelle Indie, in Malesia, al Nata tal, alla Riunione a Maurizio. Il nostro Giardino Coloniale ne ha ricevuto piantine ui Stabilimento ViLmorin di Parigi, che già promettono bene e preeritano una rigogliosa vegetazione. Dai rizomi di Maranta si di ricava 1’ « Arrow-root» sorta di fecola, di digestione facile e valore nutritivo assai elevato, usata specialmente per l’alimenta- zione dei bambini e dei malati. È specie che preferisce climi tem- perati ed umidi, e terreno leggiero con sottosuolo permeabile: si ripro- duce per frammentazione dei rizomi, e la raccolta si effettua circa dopo un anno dal principio della coltura. ca Solanum muricatum, Arr. Hort. Kew. I p: 250. — È il così detto Pipino o Pepino del Perù, coltivato rari alle Isole Canarie ed a Madera. Diviene fruticoso, esige copiose irrigazioni, e generalmente sE a fruttificare dopo nove mesi dalla sua piantagione a dimora s I suoi frutti hanno sa du di un uovo e sono lunghi circa 15 porporine: nel gusto somigliano ai meloni cantaloupe e la loro polpa ha la consistenza di quella di una pera ben matura. I fo- lag pa visitano le Isole Canarie ne sono golosi, ragione per ti acquistano su quei mercati um prezzo elevato. Re- pATRIREE se ne sono iniziate colture i iragaoni e si è "caga constatare la perfetta resistenza dei suoi frutti ai lunghi trasporti: infatti, essendosene eseguite spedizioni dagli Stati Uniti a Londra, vi giunsero in ottimo stato di conservazione. Ciò dimostra come potrà anche divenire un non disprezzabile articolo di esportazione. Anche in Italia se ne fa qualche piccola coltura, specialmente a Firenze, ove fu introdotto dal Direttore di quell’ Istituto Botani- co, ed ove già alcuni di questi frutti sono portati sul mercato. Lo scorso anno appunto a Firenze, il nostro Direttore ebbe occasione di vederne, e, con premurosa sollerzia, procurò che ne fossero su- bito inviate al nostro Giardino Coloniale parecchie piantine: queste giunte in ottimo stato, già accennano a fiorire. Speriamo che an- che in Sicilia, come nelle Canarie, questo frutto possa prosperare, come un succedaneo non disprezzabile di altre colture, da noi poco redditive, Mangifera indica, L. Sp. pi. 200.—Come annunziammo a suo tempo questo Giardino RO "i nel 1906, dal Comm. Bopro, R. Console d’Italia a Bombay, un cospicuo dono di oltre un cen- tinaio di piante viventi di Mango ( Mangifera indica ) scelte fra le più pregiate varietà che si coltivano nelle indie ed innestate su non dire freddo. Infatti da quell’epoca ad oggi dette piante, alcu- ne in vaso altre in piena terra, hanno sopportato benissimo ; ne nostro Orto Botanico gli inverni di Palermo, senza alcun riparo, nè hanno mostrato la menoma sofferenza per le minime tempera- ture qui avute, fra cui anche qualche lieve gelata. Ciò lascia sup- porre che si potranno perfettamente acclimatare in Sicilia, potendo col tempo divenire una delle principali colture fruttifere dell’isola. In realtà è noto come il Mango sia uno dei frutti più squisiti dei paesi caldi, abbondantemente coltivato in tutte le colonie , ove è assai ricercato e gustato dagli europei. Ora si cerca, con Siti lari mezzi di conservazione , di portarlo sui mercati di Londra e di Parigi, e già qualche ida partita vi fu venduta a prezzi molto alti. Ne consegue che, potendone avere la produzione in Sicilia, ‘con maggiore facilità potrebbe venire inviato su quei mercati, di- venendo una coltura assai redditiva per l’isola. * *#* Polen elastica, Const. et GaLL. C. R. Acad. Se. si p. 1555. — È una Apocinea, affine alle Periplocae, che c bondante nei terreni alluvionali dell’ Owest e del Sud - Sede “i vo, ne portano dettagliata Ninni e JUMELLE (2) insiste sulla importanza di questa pianta come produttrice di Caoutchoue : in- fatti fra le molte Apocinee as Prete a Caoutchouc del Mada- gascar, pare questa una delle migliori, in vista dell’abbondanza e della qualità del prodotto. JUMELLE in realtà ha trovato che la gomma di Kompitsia contiene 68. 62 per cento di Caoutchouc solubile nell’etere, e so- lo 6.62 per cento di resine : inoltre il coagulato color bruno am ha E tenacità ed elasticità di duello di Angalora ossia Secamono, 13 madagascariensis. Lo scorso anno questo Giar- MORIN di Parigi: essi germinarono prontamente, costituendo forti piante volubili. a di queste, a titolo di prova, furono lasciate all’aperto nel decorso i nea e resistettero completamente al freddo, senza riportarne alcun danno. Ciò dimostra la possibilità di colti- vare questa specie in Sicilia. esta però a vedere se per produzione potrà da nòi dare ri- sultati soddisfacenti, dubitandone assai , stante la gracilità delle piante. LA DIREZIONE - (1) Consraxrix I et GaLLanD Li ion, pel novum ca i. ocearum. In C. R. Acad. Sc. Paris. CKLII. 1906 p. 1555. = (2) JumeLLe H., L’Angalora et x Kompitso, lianes a du Sud-ovest de Madagascar. In Le Caoutchouo et de Gute V.e Ann. n. SA - SAR tn un (I al Intorno ad alcune. specie critiche del Genere Furcraea coltivate nel R. Orto Botanico di Palermo. Sono grato al nidi Tee W. TRELFASE, Direttore del Giar- dino Botanico di S. ; per avere, con sua lettera privata, ri- chiamato la mia La sulla bibliografia e sul valore di alcune specie del Genere FMurcraea, originarie di questo R. Orto Botanico, e di avermi dato la occasione di compierne uno studio critico. Una di queste specie è la Furcraea albispina, per la prima volta descritta dal BAKER nel Gardeners Chronicle (1) come ap- punto proveniente da Palermo e quivi, secondo la sua affermazione, coltivata precisamente con quel nome. econdo l’insigne Autore, la F. albispina presenta il carattere di una forma piuttosto nana, con foglie brevi (un piede fino a un piede e mezzo di lunghezza) ed uno scapo anch'esso relativamente corto, con panocchie florali poco ricche e fiori solitarii. In complesso la pianta assume la fisionomia di una forma a sviluppo incompleto, quale si osserva sovente in individui soggetti a coltura forzata in ambiente ristretto 0 in vaso e che perciò il BAKER ritenne affine alla Y. depauperata, Jac. e alla F. undulata Jac. (1) Vol. XIV, Nov. 1893, p. 584. 47 Fatta una rigorosa inchiesta tanto sulla origine della pianta di cui è parola, quanto del suo nome, nulla mi é stato possibile ac- dei giardinieri più anziani hanno potuto porgere alcun indizio che sia stata mai oggetto di coltura da noi una specie di F'urcraea con ati cida, Hort. Con questa denominazione vennero infatti inviati dal mio in- signe predecessore, Prof. TopARO, al Giardino Botanico di Kew dei saggi, che secondo l’opinione del DRUMMOND (1) sembrano ap- partenere a due differenti specie del genere Furcraca delle quali l’una potrebbe riferirsi alla /. atrovirens, JAC. e GOEPP. Tale invio ebbe luogo posteriormente alla pubblicazione della Monografia del BAKER, sicchè quel nome non figura in quest'opera né si sa qual valore esso abbia. Però il DRUMMOND afferma, seb- bene dubitativamente, che sia sinonimo di 7. Bedinghausi. Fortunatamente le collezioni del Giardino Botanico di Palermo contengono ancora dei rappresentanti viventi di F. flaccida e, per quanto allo stato sterile, l’esame di essi ci permette di precisare un po’ meglio il valore di questa specie. Anzitutto va osservato che la 7. flaccida dell’ Hortus Panor- mitanus si distingue da tutte le altre specie in coltura per la sta- tura più piccola. Anche coltivata in piena terra le foglie non su- perano mai una lunghezza di 40 cm. In media la lunghezza delle foglie adulte importa 35 cm. ed il numero di queste in esemplari di più anni oscilla da 12 a 18. Esse prendono una tinta verde ‘scuro punto lucente, anzi perfettamente opaca. Sono ristrette e piano-convesse alla base e a poco a poco si allargano verso il mezzo (1) Z'he literature of Fureraea with a Synopsis of the known spe- cies. — In Missouri Bot. Gard., 1907, p. 26. ù fogliare assume dalla sua metà inferiore in su una forma profon- damente scannellata, mentre i margini tendono a decorrere in di- rezione ondulosa senza che risalti sulla pagina inferiore un qual- siasi rilievo longitudinale a mo’ di costola. Notisi ancora che le perficie affatto glabra. Quanto al margine, nelle piante da me esa- minate, le foglie offrono brevi e rarissime dentellature spinose di orma triangolare, di color verdiccio pallido alla base, e brunastro sE in alto. Però in grande prevalenza sono le foglie affatto intiere: si | potrebbe quasi dire che questa sia appunto la caratteristica della specie di cui è parola. Tuttavia si sa quanto sia difficile lo am- mettere in modo assoluto siffatto carattere nelle specie del genere Purcraea a causa della grande variabilità che offre il margine delle foglie, carattere che ordinariamente dipende da ragioni di età. o non ho avuto occasione di esaminare piante fiorenti di 7. fiaccida, Hort. Pan. ma il Capogiardiniere di quest’Orto mi assi- cura che esse assumono un aspetto molto differente da quello di tutte le altre specie di Fucraea da noi coltivate, a causa anzitutto delle minori dimensioni dello scapo e pei fiori più piccoli in tutto e solitarii sugli assi della infiorescenza e forniti di un peduncolo cortissimo od affatto sessili. In materiale conservato in alcool ho po- S fiori in confronto a quelli della 7. pubescens, Ton. della N. gi- gantea, Vent. della 7. elegans, Top. e con quelli della stessa /. lunghi 15-18 mm. sopra una larghezza di 12 mm. circa. In complesso è mia opinione che la Y. flaccida dell’Hort. Pa- 4 normitanus sia da ritenersi come forma affinissima alla F. depau- perata, JAc., se non del tutto identica a questa, per quanto possa giudicarsi considerando attentamente la diagnosi che dà il JACOB (1) di detta specie. ; - o Senza dubbio non molto notevoli sono le differenze che con- traddistinguono la stessa Y. depauperata dalla F. ondulata, Jac. ; Il solo carattere di qualche entità che io abbia potuto rilevare presso quest’ultima specie è lo essere le foglie nella loro pagina ‘ inferiore alquanto scabre. Oltre'a ciò il margine presenta delle AR undulata. Jac. I sei pezzi del perigonio sono di forma oblungo-ovale, 2 o) GG A. Jacos., Verruch zu einer systematischer Ordnung der Agaveen. \burg, 186: 3. : # dentellature spinescenti più copiose e più robuste. Rimangono sem pre le dimensioni ridotte delle parti vin ad attestare della grande affinità della /. undulata colla erat Ora, se ben riflettiamo su quanto a il BAKER nel citato scritto intorno alla grande somiglianza della pretesa F. albispina con queste due ultime specie e consideriamo che giammai é stato oggetto di coltura nel nostro Orto Botanico una specie di F'ureraea per lo ig con tal nome, giusta quanto . rilevasi dai registri, e, come dissi, secondo la testimonianza di vecchi giardinieri, re- sta De di dubbio che la Fpreraca faccida in pf rn debba considerarsi come identica a /. albispina, BAKER ltre a ciò a evidente che «la stessa /. flaccida non ha nulla di somigliante colla 7. Bedinghausi, nè può considerarsi identica con ro come il DRUMMOND suppose. esterebbe a vedere come mai sia sorto il nome di /. albi- spina ea la sua paternità all’Orto Botanico di Palermo, se esso sia lo effetto di un errore di scrittura o di uno scambio di cartellini avvenuto a Kew, oppure si abbia a supporre che il ‘Prof. TopaRO avesse ritenuto conveniente mutare il nome di 7. flaccida alla sua specie, sostituendolo con quello di albispina, al momento in cui egli inviava il materiale da studio all’Erbario di Kew, dimenticando poi di eseguire la correzione nei registri del Giardino. La a di tale questione é molto difficile, poiché dopo la morte del Toparo nessuna . traccia è rimasta della corri- spondenza scientifica privata dell’insigne Direttore dell’ Orto Paler- ‘ mitano a disposizione dell’Istituto. Un'altra questione a proposito di Furcraca merita la nostra considerazione. Il Prof. W. TRELEASE nel richiamare, come dissi, la mia at- tenzione sul significato della denominazione /. albispina emetteva la congettura che /. altissima, Top. Hort. Panorm. ined. ela su- detta Y. albispina, BAKER fossero la stessa cosa, colla sola diffe- renza che quest’ultima forma, per. effetto della coltura forzata in vaso, può avere assunto dimensioni del tutto ridotte, mentre nella /F. altissima si ha il tipo di una forma piu robusta e vigorosa in. tutte le sue parti, dovuta alla salga» in pin + terra. Il Prof. TRELEASE fi fonda sulla “a che esiste n tteri di struttura ua margine . gliare nelle dette due uni: il quale, secondo il FRANCESCHI, ra | F. altissima è munito di piso si e rare dentellature ure spinescenti s0- miglianti a quelle del margine re della F. albispina. To 1 non conosco = ie mo Paisco, n gi del. ; della sua descrizione, ignorando se egli abbia avuto a sua disposi- zione esemplari autentici della Y. altissima. Disgraziatamente fino a questo momento manca una descrizione originale di questa specie. La prima volta il suo nome figura di volo ‘ nella monografia del Toparo sulla 7. pubescens (1) senza alcuna indicazione. A Più tardi, nell’appendice all’Indea seminum dell'Orto Botanico : di Palermo per l’anno 1888, pag. 6. leggesi il seguente cenno: « Pourcroya altissima, Top. ined. Hort. Bot. Pan. cum icone— - Delevanti hort. — Species altitudine i insignis, magis elata quam 5 t: pi gigantea. Folia ratione generis angusta. Mox in Hort. bot. È enda ». Il proposito del Toparo di pubblicare la descrizione e la fi- A gura della Y. altissima non ebbe mai alcun esito. Nemmeno il 3 TERRACCIANO (2) che pure raccolse materiali di osservazioni intorno a questa specie durante il suo soggiorno presso l’Orto Botanico, mantenne la promessa di renderne di pubblica ragione la diagnosi descrittiva. ulla quindi, possiamo dire, si sa intorno al valore di questa specie. La descrizione del FRANCESCHI, a quanto pare è molto breve 3 e vaga, ammesso poi che essa si riferisca a materiale originalmente ò autentico. Secondo il DRUMMOND, i saggi conservati dall’erbario sicuri per la determinazione; le foglie sembrano simili a quelle di sE giovani piante di #. macrophylla, Hook. fil. Tale identificazione sembra a lui probabile confrontando la descrizione che dà il FRAN- cESscHI di tale pianta. Io sono dolente di non potere colmare la lacuna lasciata dal cd mio compianto dipen, collo esporre una descrizione partico- lareggiata dalla . altissima. momento in cui mi sono accinto n: a redigere questa nota la road di un magnifico esemplare esi- È stente | in do terra era già da molto tempo finita e sui rami della gigantesca infiorescenza non rimanevano che pochi grossi bul- si billi. Le pa dell'immenso cespo erano ormai secche. Debbo per- di ciò rimettere anch’ io ad altra occasione una dettagliata descri- So da - (1) A; Toparo, Sopra una nuova specie di Foureroya, Palermo 1879, E, Ki x A _ @® Cfr. Bollett. del R. Orto Bot. di Pal. Ann. II p. 136. ca 51 Tuttavia un esame superficiale permette fin d'ora di esprimere un giudizio abbastanza sicuro sul valore di questa specie, tanto più che mi si è offerta la opportunità di stabilire dei confronti con altre ai parimenti coltivate e fiorenti nello stesso tempo in que- sto Giard La ve altezza a cui giunge lo scapo della F. altissima ci richiama alla fioritura dalla Y. gigantea, VENT.; ma nella prima lo scapo stesso si eleva inganno ancor di ma e può arrivare ad una altezza persino di 15 metri. Continuando il confronto a due esemplari fiorenti di F. al- tissima e di F. gigantea, si nota che le foglie, “aan in am- bedue suscettive di raggiungere una lunghezza di 3 a 4 metri, sr l’ultima sono più spesse e più larghe (fino a 20 cm.), molto rofondamente scannellate e più ampie verso la metà inferiore, mentre nella 7. altissima il perimetro fogliare assume una forma lineare grado a grado più stretta dalla base in su. Inoltre presso quest’ultima i robusti denti marginali, spigosi, adunchi e curvi in su, si dispongono a distanze che variano da un minimo di cm. 1,5 a un massimo di 10 cm. la qual cosa non accade nella F. gigantea, dove le spine marginali sono più vicine , e stanno limitate per lo più lungo il margine della metà inferiore della dna divenendo più rare a segno da mancare affatto nelle foglie superi tevole è il confronto fra le foglie poste ii alla base . scapo, da. potersi considerare delle vere brattee. Nella F. gigantea esse presentano un lembo di forma ovale, brevemente lanceolata e ristretto ilgmiito alla base, con esili denti spinosi li- mitati alla parte dilatata del lembo stesso, mentre nella F. altissima il lembo delle sd ita; è bislungo e lungamente lanceolato, con | spine marginali robuste ed ‘estese fin quasi all’apice dell’organo. Oltre a ciò le He PER confrontate con quelle Serio appa- riscono più larghe (sino a 10 cm.) presso quest’ u ultima specie; mentre si uguagliano le une alle altre nella F. ae Nel ritenere la specie indicata dal ToDARO Le distinta dalle altre congeneri e fin qui annoverate e segnalate come tali nel la- voro del Drummonp, debbo ricordare che la sua affinità sembra molto evidente colla 7. macrophylla dianzi citata, come può de- dursi da un » diagnosi caratteri- stica di questa specie, riportate dall’HookER. Epperò sarei disposto a considerare come sinonime le due denominazioni, va la pre- ferenza a quella di O sebbene di più recente po rispetto a an proposta dal Toparo, e ciò in omaggio al prin- cipio che i nomi specifici non accompagnati da nas descrittive non dp. il diritto alla na. a A. a; Effetti del terremoto del 28 dicembre 1908 sulla vegetazione nei dintorni di Messina. Si sostiene da alcuni che i terremoti producano sulla vegeta- zione effetti benefici, in riguardo tanto alla germogliazione dei semi quanto all’accreseimento delle piante ; il Gorran (1) ricorda diversi autori, i quali parlano di sviluppo straordinario della pa e di raccolto abbondante, verificatisi in seguito a terrem Pur troppo anch’ io ebbi la triste sorte di assistere = terre- moto, forse il più disatroso fra quanti ricordi la storia, e, quando lo scoramento e il dolore mi si lenirono, volli anch’ io "veder ere se vazioni attente sulle piante dell’Orto botanico di quella città, in ogni mese, dai primi di gennaio alla fine di maggio. In seguito alle mie osservazioni i fatti, che potei constatare in modo indubbio, sono: 1° Le essenze legnose si sono comportate come negli altri anni, sia in riguar o alla = della vegetazione che in riguardo alla fioritura ; 2° Nelle piante erbacee notai una vegetazione, spesso, ma non sempre dig oca dell’ordinario, specialmente in quelle dei siti PIA ombreggiati, un lieve ri- (1) Gorran , / ferremoti e la vegetazione. In Bull. Soc. Bot. It. 1892, p. 103. tardo (7 a 15 dan) nell’inizio della fioritura e un rimarchevole prolungamento del periodo antesico. — Notisi pertanto che l’inver- no, marzo incluso, fu quest’anno singolarmente freddo; mentre piogge sbben ati: caddero in tutti i mesi, fino a tutto maggio, tranne una breve pausa in aprile Si è ben lungi quindi dal poter asserire che i fatti, da me ri- scontrati sulle sole piante erbacee, siano dovuti all’azione del ter- remoto, o, come è molto più conforme al vero, alle condizioni me- teoriche, distinte da freddo e umido, le quali appunto favoriscono lo sviluppo del sistema vegetativo, ritardando e prolungando il pe- riodo antesi dii lo sviluppo di elettricità, che pare che accom- pagni sempre. le scosse sismiche (e queste, che si contavano a centi- naia nei primi giorni, continuano tutt’oggi quasi giornalmente), a- vrà esercitato un’azione sulle piante; non è possibile discernere d’altro canto quale e quanta questa sia stata. Nelle pagine seguenti mi occupo pertanto degli effetti del ter- remoto da un punto di vista affatto diverso. L’orrenda catastrofe produsse sensibili mutamenti nella confi- gurazione del suolo, avendo determinato formazione di nuove sta- l’epicentro sismico, sia per le ricerche floristiche minuziose, che vi praticavo da molti anni e in ogni stagione, avesse offerto, meglio . di ogni altro, condizioni particolarmente favorevoli a far riconoscere gli effetti prodotti sulla vegetazione dal tremendo disastro. Scelsi perciò quella striscia di terra piana, falcata, che forma l’ampio e naturale porto di Messina e che prende il nome di Brac- cio di S. Ranieri. L’illustre sismologo giapponese OMORI opina l’e- picentro di questo terremoto trovarsi verso la metà dello Stre fra Messina e Reggio, sicchè questa striscia di terra è la più vi- ‘cina ad esso di tutto il litorale calabro-siculo e gravissimi effetti ebbe a risentirn Il terribile i vi produsse un abbassamento generale , sensibile specialmente in una vasta porzione e tanto da pila sotto il - nu mare, le cui acque ancor oggi la gna Il maremoto, che segui lo sconvolgimento tellurico , p | dal canto suo ponte totale e ripetuta tre o quattro se in pochi secondi di quel terreno, essendosi il mare sollevato di quattro o cinque metri sul livello ordinario. Per tali cause quella vegeta- 54 i zione venne a contatto di grandi quantità di sali marini, dei qua- n li non ne = non risentire l’influenza. nde meglio comprendere i mutamenti, prodottisi nella vege- tazione di nel si è mestieri esporre qual essa si fosse nel tempo anteriore al disast e parti possono distinguersi nel Braccio di S. Ranieri, la prima, a al sud, è compresa fra due fossati artificiali, occupa- ti dal mare; la seconda, molto più estesa, è compresa dal rimanen- te e si chiama particolarmente la Spianata di S. Banieri. Oltrechè i a prima porzione è occupata quasi per intero dal grande fab- bricato della Cittadella, che dal lato dello Stretto si estende sino al mare, lasciando qua e là, ove gli angoli dei grossi bastioni rien- trano, piccolissimi tratti di spiaggia afitoici, essendo battuti dal 1A mare, anche mediocremente agitato. Dal lato del porto invece, fra È questo e le mura del forte della Cittadella, vi è una strada abba- I stanza ampia, lungo i margini della quale si sviluppa una vegeta- zione ruderale. Vegetavano quivi e vegetano ancora elygonum Cynocrambe, Urtica membranacea copiosa, Parietaria officinalis v. Judaica, Euphorbia Peplus, E. helioscopia , Mercurialis an- nua, Malva nicaeensis, M. microcarpa, Geranium molle, Ero- dium malacoides, E. cicutarium, Cerastium glomeratum, Stella- Di ria media, Arenaria serpyllifolia v. leptoclados, Sagina apetala, a Spergularia rubra, Cardamine hirsuta, Alyssum maritimum, Sisymbrium officinale, Fumaria capreolata, Papaver Rhoeas, A st gallica, Polycarpon tetraphyllum, Amarantus deflexus, Po- lygonum aviculare, Rumex bucephalophorus, Chenopodium al- 3 urbicum, Roubieva multifida, Medicago litoralis, Tri- folium scabrum, T. resupinatum, Galium murale, Sherardia arvensis, Fedia Cornucopiae, Carthamus lanatus, Centaurea Cal- citrapa, Carduus pycnocephalus, Calendula arvensis, Bellis an- nua copiosa, Filago gallica, Senecio Sert Hypochaeris aetnen - sis, Hyoseris radiata, Andryala sinuata, Campanula Erinus, Momordica Elaterium, Anagallis arvensis v. phoenicea, Plantago ritis nen Linaria reflera, Veronica didyma, Solanum nigrum, us albus, Echium plantagineum, Lagurus ovatus, Tri- ina aureum abbondante, Koeleria phleoides, Lamarchia aurea, Poa annua, Bromus sterilis, Vulpia ligustica, Seleropoa rigida Brach cara datare Hordeum murinum, Juncus bufonius, Arisarum vulgare e qualche altra specie da considerarsi piuttosto come avventizia Le mura, esposte alla salsedine marina, danno ricetto ad una flora rupicola, fra cui predominano gli elementi alofili, pur non es- sendo esclusivi. Su di esse vegetavano e ancora si mantengono F'- cus carica, Thelygonum i catene Euphorbia Peplus, Mercu- rialis annua, Geranium molle, Reseda alba v. fruticulosa, Cap- paris rupestris, Brassica pa uticulosa, Alyssum maritimum, Si lene gallica, Arenaria serpyllifolia v. leptoclados, Stellaria me- ia f. apetala, Chenopodium urbicum, ola si renti da Lotus cytisoides abbondante, Sedum stellatum, S. aca, S. dasyphyllum abbondante, Cotyledon U den PR Pn pi- peratum, Crithmum maritimum abbondante, Galium murale, Cen- tranthus ruber abbondante, Carlina Lastra , Gnaphalium luteoalbum presso uno stillicidio, Phagnralon saratile, Inula visco- sa, Hypochaeris aetnensis, Hyoseris radiata, H. scabra, Sonchus tenerrimus, Picridium vulgare abbondante, Campanula Erinus, Veronica Cymbalaria, Hyosciamus albus, Calamintha Nepeta , Poa annua, Lamarchia aurea, Scleropoa rigida, Brachypodium distachyum ecc. Un ponte in fabbrica, pr nel i immetteva nella seconda porzione di Braccio di S. , la così detta Spianata; oggi vi si accede per un ponte in era costruito dai militari alquanto più al sud del primo, dopo la distrazione di questo. Nella Spianata sono da considerare : una prima parte occupata da edifici (n. 10-13, 16-19, 27 delle figure); una seconda costitui- ta da spiaggia arenosa (n. 9, 26) o rocciosa (n. 20, 21); una terza occupata da aree coltivate (n. 8, 22); una quarta da terrapieni con vegetazione spontanea (n. 6, 14, 15); una quinta parte, la più estesa costituita da suolo naturale (n. 5, 7, a 25); una sesta da una depressione (n. . Di queste sei parti la prima interessa poco dal lato bota- nico, [ile solamente i muri più vetusti danno ricetto ad un ’e- sigua vegetazione ruderale e alofila. Sui muri del forte del Salva- tore e su qualche altro si sviluppano Parietaria officinalis v. ju- ica, Mercurialis annua, Capparis rupestris, Matthiola incana — forse inselvatichita, Lotus cytisoides, Crithmum maritimum, Hyo- seris radiata, Sonchus tenerrimus, Hyosciamus albus e poche al- tre. > flora di ra stazione Testi immutata dopo il disastro. parte è costituita: 1° dalla spiaggia arenosa (n. x a) a Bait lungo lo Stretto ; 2° da un cantuccio posto dalla parte di terra del bastione, in gran parte distrutto nel disastro, che univa la Lanterna alla Cittadella, all’ estremità sud di esso (n. 9 5) ; 3° da un tratto di spiaggia bassa afitoica posta dal lato del porto (n. 26); 4° da un litorale roccioso di origine artificiale, su cui ergevasi il forte del Salvatore (n. 20, 21). Il tratto, indi- cato col n. 26 è oggi interamente sommerso per parecchi decime- tri e così pure quello indicato coi numeri 20 e 21 ; quello indicato col n. 9 d. è anche in gran parte sommerso, e i pochissimi metri quadrati emersi sono afitoici. Quivi cresceva una vegetazione psam- mofila e alofila non ricca di specie, ma folta abbastanza ; così lun- go la riva del mare si aveva Atriplex hastata , A. portulacoides, Suaeda maritima, Salicornia fruticosa, Spergularia media, Cakile mariîtima, mentre un po’ discosto dal mare viabbondava l’ Euphorbia Peplis. Di queste specie oggi non esiste che qualche raro individuo. Degli spazii segnati con (9 a) sono quasi affatto sommersi quelli a- diacenti al forte del Salvatore, mentre il rimanente , pur non es- sendo scomparso, è stato profondamente sconvolto. Questa stazione arenosa ospitava una discreta quantità di specie psammofile, alle quali nei punti più discosti dal mare si mescolava un buon numero di elementi arenario-xerofili e ruderali, diffusi per buona parte nell’adiacente prato littorale. Frale specie prosperanti sul suolo mobile della spiaggia vi si trovavano Ewphorbia Peplis, Cakile maritima, Matthiola sinuata, Medicago marina, M. lito- ralis, Lotus cytisoides, Vicia varia, Xanthium spinosum, Picri dium vulgare, Sideritis romana, Echium arenarium, Convolvulus Soldanella ecc.; ma là dove il suolo era alquanto consolidato ed elevato sul oli del mare a questi elementi si univano 7'helygo- num Cynocrambe, Parietaria officinalis v. diffusa, Euphorbia Pe- plus, E. helioscopia, Mercurialis annua, Malva microcarpa, Ge- ranium molle, Erodium macari E. cicutarium, Oxalis cer- nua, Papistrumrugosum, Brassi yssum maritimum, Capsella Bursa pastoris, Fumaria Mobellala Papaver Rhoeas, Glaucium flavum, Silene gallica, Cerastium glomeratum, C, se- midecandrum, Spergularia rubra, Paronychia argentea, Amaran- tus retroflexus, Chenopodium urbicum, Rumex bucephalophorus, Medicago tribuloides, Trifolium stellatum, T. subterraneum, Thapsia garganica, Galium murale, Vaillantia muralis, She- rardia arvensis, Carlina involucrata, Calendula arvensis, Se- necio vulgaris, Bellis annua, Anthemis mixta, Eri sea Sa Filago gallica v. tenuifolia, Scolymus hispanicus, Hedypnoi. eretica, Andryala sinuata, Campanula Erinus, 5 pece ica E- laterium, Plantago Lagopus, P. Bellardi, P. Psyllium, Anagal- lis arvensis v. phoenicea, Salvia Pa ionraer v. clandestina, Mar- rubium vulgare, Verbascum sinuatum, Echium plantagineum, gurus ovatus, Cynodon Dactylon, Avena barbata, Vu ulpia ligu- stica, Hordeum murinum, Aegylops ovata, Arisarum vulgare ed altre importanza ecologica minore. L’ira mare quivi sconvolse ogni cosa, abbattè un lungo tratto del ia e ne trasportò i resti sino a circa cento metri entro terra; asportò una quantità rilevante della stessa spiaggia e con essa quanto di piante e semi vi si trovavano; per tale scon- volgimento la spiaggia, che stava a ridosso della parte oggi cerol- lata del bastione è diventata afitoica; solo qua e là dove rimasero frammenti del suolo consolidato , sopravisse qualche gramo indi- viduo di Cynodon Dactylon, Plantago Coronopus, Glaucium fla- vum ecc., notai inoltre frustuli secchi di Trifoliwm subterraneum di Poa annua, di diverse. Medicago indeterminabili, di Carlina involucrata, di. Scolymus hispanicus ecc. In corrispondenza al tratto del bastione non atterrato gli effetti farono meno disastrosi; si produsse in alcuni punti asportazione di materiali, in altri insabbiamento, tutti gli elementi floristici si fe- cero più rari e alcuni non li osservai più; fra questi ricordo Eu- phorbia helioscopia, Malva microcarpa, Oxalis cernua, Brassica vo Sira Fumaria flabellata, Carlina involucrata, Anthemis mix- s Erigeron crispus, Momordica Elaterium, Anagallis arvensis v. Aulo Marrubium vulgare, Avena barbata. prevedibile che, cessata la causa determinante di questi rin si ristabilisca l’antica vegetazione nelle stazioni ri- maste immutate, mentre si svilupperà una flora propria delle sab- bie mobili là dove queste hanno occupato il posto del suolo con- solidato. Le parti sommerse, naturalmente, ospiteranno una flora marina. 3. I tratti occupati da aree coltivate constano del Cimitero dei Protestanti (n. 8) e di due appezzamenti di terreno, messi da cinque anni, a coltivazione dai militari (n. 22). La vegeta- zione del cimitero dei protestanti risentì relativamente poco la de- leteria influenza del maremoto, stante che il detto cimitero è posto sopra un terrapieno alto da m. ca a 1,80 sul livello del suolo circostante. Anch'esso fu interr totalmente; porzione del muro di cinta, spettante lo ini sbbegr: alcuni monu- menti e lapidi funerarie rotte e asportate; alcuni alberi ornamehtali, spezzati o divelti; ma, nell’assieme, la vegetazione non risenti molto e specie ivi balena nessuna, eccezion fatta di quelle ate o spezzate, mori per l’azione dei sali marini, quasi 58 però, specialmente tra i frutici e suffrutici, ebbero strinato il fo- gliame, le piante pertanto riparavano prontamente questi danni colla nuova vegetazione; notai fra esse Pelargonium zonale, P. in- quinans, Nerium oleander, Biota orientalis, Acacia farnesiana, Arundo Donax, Rosmarinus officinalis ecc. Nessun mutamento apprezzabile riscontrai nella vegetazione SRAAtaDSA, che ivi cresce e assi 0- rirono soltanto alcune specie annue, particolarmente dal lato ‘dello Stretto. Il motivo, per il quale le piante di quest’area RARE sal- varsi, deve ricercarsi nell’ elevatezza del suolo, che insabbiamento soverchio, mentre il suolo consolidato poca LE assorbì di acqua marina. Le due aree, segnate col n. 22, giacciono su fondo naturale. Una siepe di fil di ferro e, per un tratto di circa 200 metri, un muro le separavano dal terreno circostante. In entrambe le aree si coltivavano la vite, già andata a male, Pinus Pinaster, Robinia Pseudo-Acacia, Tamarix africana, T. gallica, Saccharum ae- gyptiacum, oltre qualche albero isolato da frutta (pesco, su- sino des li alberi, piantati in file piuttosto serrate, erano collocati in sa conche, separate le une dalle altre per mezzo di rilievi, ciazione artificiale di specie pratensi, costituita di elementi pro- venienti dal preesistente prato littorale. A dire il vero non tutti gli elementi del prato littorale preesistente si erano mantenuti in giore, altri si erano ridotti infine erano scomparsi. Fra i primi ricordo particolar a a Dactylon, che in quel suolo ombreggiato e rimosso espandevasi rapidamente coi suoi lunghi stoloni. Fra gli elementi scomparsi ricordo Thapsia garganica e molte fra le specie più spiccatamente lucivaghe, come Sideritis ro- mana , Hedypnois polymorpha, Calendula nni Bellis an- nua, T'illaca muscosa, Cerastium semidecandru Questa vegetazione erbacea, composta quasi "degli stessi ele- menti, che costituivano il prato litorale della Spianata come in questa formazione; valga quindi per essa uasito di in appresso a proposito dei danni sofferti dalla flora del prato suddetto. Entrambe le aree furono invase dal mare in quel terribile momento e le piante ne furono coperte, tre o quattro volte in un minuto, fino alla cima. Il terremoto inoltre vi produsse un ‘abbas- samento sensibile particolarmente dal lato che guarda il porto abbassamento che produsse l'immersione della parte limitare verso il porto, talmente che numerosi tamarici (7. africana e 7, gallica) stanno tuttora immersi nell’ acqua del mare senza mostrare alcun segno di deperimento. A. maggior ragione i tamarici emersi non ebbero a soffrire minimamente ; nè soffersero le robinie (Robinia Pseudo-Acacia), diversamente si comportarono i pini (Pinus Pina- ster), poichè i più giovani individui perirono, i più robusti ebbero morte le foglie, che assunsero una tinta bruno - giallastra, ma si rimisero con una nuova vegetazione abbastanza inoltrata nei primi di maggio. Ho voluto pertanto esaminare le alterazioni patologiche, pro- dottesi nei rami e nelle foglie di questi pini morti e sopravvissuti e l'esame fatto mi ha dato i risultati seguenti. ; Le sezioni trasversali praticate su rami morti di uno e di due anni lasciano riconoscere che le alterazioni per quanto abbiano de- terminato la morte dei tessuti, non sono molto distinte. rotoplasma si mostra Btaccato dalla parete cellulare, rat- trappito e racc in grumi di forma irregolare di col -ca- rico, quasi arancione. Nei rami vivi la contrazione del contenuto cellulare ca, questo ha una tinta molto meno carica, di un color giallo-pallido, fatta eccezione per qualche cellula, la quale ‘offre lo stesso aspetto come nei rami morti ed è da presumere che anch'essa sia morta. Queste cellule, manifestamente morte, sono i- solate, rare e trovansi in maggioranza fra gli elementi del libro in = del cambio. tando i preparati col jodio si nota la quasi totale scom- parsa at mentre nei viventi, lo si ritrova in discreta quan- tità nel parenchima posse e, in quantità molto minore, negli altri ei quali erano già entrati in vegetazione da qualche tempo ed avevano sviluppato le nuove foglioline. Coi sali di ferro si ha in tutti i rami una lieve tinta brunastra, il che accenna a piccole quantità di tannino, infine col sudan mM sciolto in cloralio, non si incontrano che pochi o fortemente colorati in rosso cupo. : Da td rami quindi le alterazioni di qualche rilievo sono sù ie distruzione dei granuli d’amido e dalla morte del 60 protoplasma il quale però non ha subito alcuna di quelle degene- razioni frequenti dopo la morte (1). Dei rami morti alcuni presentano le foglie completamente dis- seccate, e di color giallo-bruno, altri le presentano tali per una porzione più o meno grande a cominciare dall’apice, rimanendo u- na breve porzione basale colorata di un verde alquanto più pallido che nelle foglie normali. Anche nei rami viventi, i quali cominciavano già ad emettere all'apice nuove foglie, le foglie adulte si presentano secche ed a brunite in una porzione apicale, la quale però è più breve della basale rimasta di color verde. Le sezioni praticate nelle parti morte lasciano vedere alterazioni simili a quelle, che riscontrasi nei rami rapidamente morti: il protoplasma cioè è coartato, qualche volta addossato alle pareti, tal’altra staccato, di color giallo-bruno. Chi- micamente comportasi come quello dei rami, la tintura di jodio non in queste foglie presenza d’amido; non vi si riscontra asso- aan clorofilla i sarebbe potuto sospettare che la clorofilla fosse ancora pre- sente nelle parti rimaste verdi, ma l'esame microscopico rivela al- l’opposto che anche qui essa è distrutta; solamente le pareti della cuticola sono tinte. in verde; il protoplasma è morto ; nella parte legnosa dei fasci si notano rarissimi granuli di giotto: Ciò prova che le cellule son. n e la clo, a si è diffusa, impregnando la cuticola, che ha appurito la propr ua di fissare siffatto pigmento, come dimostrò il CORRENS Nella parte bruna manca su colorazione verde della cuticola o perchè la morte della clorofilla è stata così rapida da non essersi potuta. diffondere. o perchè, essendo questa parte morta da tempo più lungo, il pigmento verde ha ivi subito più profonde alterazioni sotto l’azione della luce e si è decomposto. 4. I terrapieni, sui quali si sviluppava in parte ancora, una vegetazione spontanea, sono uno costituito (n. 6) dal cimitero ab- bandonato dai Francesi, e gli altri tre (n. 14 e 15), di costruzione — recente, per servire ai tiri al bersaglio. i Sul primo, che ripete la sua origine dall’epoca della costru- zione del forte della Cittadella (sec. XVII) trovavasi dominante (1) Zola, Pathologische- Pietre a 1903. p. 264-265. 2) ConneNs in Sita. der k. Wissensch. Akad. Wien. Band. 97. si ; o 61. l’Hippomarathrum siculum (1). Numerose erano le specie, che ri- vestivano questo terrapieno e ricordo fra queste: Urtica membra- nacea, Parietaria officinalis v. judaica, Euphorbia terracina, E. Peplus, E. helioscopia, Mercurialis annua, Malva niceaensis, M. microcarpa, Geranium molle, Erodium Montagne: E. cicu- tarium, TIPO terrestris, Brassica a pre ; Alyssum marì- timum, Capsella Bursa pastoris, Fumari: alii F. agraria, F. parviflora, “Pa aver Rhoeas, P. dubium, Delphinium haltera- tum, Stellaria media, Cerastium glomeratum, Arenaria serpylli- olia v. leptoclados, Sagina apetala, Silene gallica, Tunica ve- lutina, Polycarpon tetraphyllum, Chenopodium urbicum, Polygo- num aviculare, Rumer bucephalophorus, Medicago rugosa, M. lappacea, M. tribuloides, M. litoralis, Trifolium scabrum, T. subterraneum, T. ala T. resupinatum, T. t tosum, T. suffocatum, T. ca ; Lotus edulis, L. ornithopodi L. @ apagideze Psoralea tana, Vicia sativa, V. varia, Dau- cus Carota, apsia garganica, Tordylium apulum, Galium sig Sherardia arvensis, Fedia Cornucopiae, Scabiosa mari- tima, Carlina iuvolucrata, Centaurea Caleitrapa, Carduus py- Li Calendula arvensis, Senecio vulgaris, Bellis annua, Asteriscus spinosus, Anthemis mirta, Evax pygmaea, Filago gallica v. tenuifolia, Chrysanthemum segetum, Scolymus hispani- cus, Hypochaeris aetnensis, Hedypnois eretica, Thrincia tuberosa, Picridium vulgare, Sonchus ag ra Andryala sinuata, Cam- panula Erinus, O. dichotoma, Plantago Bellardi, P. Lagopus, P. Coronopus, P. Psyllium, Mentha Pulegium , Calamintha Nepeta, Salvia Verbenaca v. clandestina, Sideritis romana, Mar- rubium vulgare, Scrophularia peregrina, Veronica didyma, An- tirrhinum Orontium, Linaria commutata, L. reflera, Echium plantagineum, Cerinthe aspera, Convolvulus italicus, Lagurus ovatus, Cymodon Dactylon, Aira Cupaniana, Avena barbata, Koeleria phleoides, Lamarckia aurea, Poa annua, Bromus ma- xrimus, B. sterilis, Vulpia ligustica, Scleropoa rigida, Brachy- podium distachyum, Hordeum murinum, Aegylops ovata, Cype- rus rotundus, eg divisa, sad um vulgare, Allium Cha- maemoly, Romulea Bulbocodium ecc. guito al ga i luogo è stato. adibito per sep- coi Di quasiasi mi occupai estesamente nel mio lavorò vegetazione del Miapiagat In Atti Accad. Zelanti, Acireale, n 1 pellirvi una parte delle vittime estratte dalle macerie, in conse- guenza di che il suolo è stato rimosso per lo scavamento di grandi fosse e la vegetazione si è ridotta ad una striscia sottilissima, lar- ga qualche decimetro lungo i muri di cinta. Per ciò che riguarda gli effetti causati dal maremoto nulla potei quivi notare, la stazione declive, elevata circa 3 metri sul mare e la posizione distante dallo Stretto impedirono certamente l’invasione totale da parte del mare. i altri tre terrapieni ospitavano ed ospitano ancora una flora srt molto simile a quella del precedente, ma qualche specie che in questo si trovava, in quelli è sempre mancata; fra esse manca la specie dotate (Hippomarathrum siculum) e mancano inoltre Euphorbia terracina, Malva microcarpa, Tribulus terre- stris, Brassica adpressa, Fumaria parviflora, Papaver dubium, Tunica velutina, Trifolium subterraneum, T. resupinatum, T. tomentosum, T'. suffocatum, Psoralea bituminosa, Asteriscus spi- nosus, Evax i maea, Sonchus tenerrimus, Mentha Pulegium, Aegylops ovata, Cyperus rotundus, Allium Chamaemoly, Romulea Bulboco o vi cresce all’ incontro più abbondante Momordica Elaterium d’indole ruderale. Anch’essi non ebbero a risentire eftetti dannosi da parte del terremoto. . La quinta porzione, la più estesa fra tutte, è costituita da suolo pianeggiante, una parte (n. 5, 7) occupata qua e là da pic- cole e poco pronunziate depressioni è di natura fisica arenosa, ma discretamente consolidata. a il Lanternino e la Lanterna si a- veva una piccola duna alta sino a circa 2 metri sul livello del mare e segnava il limite interno della spiaggia (n. 23), mentre a sud e a nord del Bacino stendevasi un tratto basso, il quale nella parte sud più immediata al mare era soggetto a inondazioni du- rante l’alta marea (n. 24, 25). Tre formazioni pertanto occupavano questo territorio: un prato litorale (n. 5 e 7), una vegetazione dunicola (n. 23) e una lagunare (n. 24,25). Il prato, la più estesa fra le tre, era abbastanza uniforme e caratterizzato da un’associazione di Carex divisa; qua e là si ave- ‘vano piccole depressioni superficiali, nelle quali le acque bag si rata qualche giorno e dove vegetavano alcuni rappresen tanti della microflora precoce, tali Erodium cicutarium, Bellis an- nua, Tillaca muscosa, Alchemilla Aphanes , eran are- narium, È didyma, cid rie suffocatum, T. scabrum, Poa annua Nelle “a asciutte, consociate a Carex divisa erano Cy- nodon Dactylon , la più abbondante fra tutte, poi Euphorbia Peplus, Geranium molle, Alyssum maritimum, Biscutella lyrata, Silene gallica, Stellaria media, Paronychia argentea, Rumex bucephalophorus, Medicago marina, M. rugosa, M. lappacea, M. muricoleptis, M. minima, M. litoralis, M. Helix v. spinulosa, Trifolium subterraneum, T. arvense, T. fragiferum, T. resupi- natum, T. glomeratum, T. nigrescens, T. campestre, Vicia varia, Sherardia arvensis, Calendula arvensis, Senecio vulgaris, $. ver- nus, Erigeron crispus, Evax pygmea, Filago gallica v. tenuifoliu, Hypochaeris aetnensis, Hody ypmois cretica, Hyoseris scabra, Crepis bursifolia, Andryala sinuata, Salvia clandestina, Sideritis ro- mana, Echium para, Anagallis arvensis v. phoenicea, Ro- mulea Bulbocodium, Dactyloctenium aegyptiacum, Lagurus ova- tus, Gastridium australe, Gaudinia fragilis, Avena barbata, Koeleria phleoides,: Vulpia ligustica, Bromus sterilis, Hordeum murinum ecc. Questa stazione, calpestata in tutti i sensi e con frequenza dall’uomo e dagli animali non poteva ospitare una vegetazione di essenze legnose o di erbe ingombranti, vi si sviluppava perciò una flora pratense a foglie radicali ed a fusti bassi, prostrati. Qualche scarso rappresentante di tali specie (.Scabiosa maritima, Scolymus hispanicus, Verbascum sinuatum, Verbena officinalis ecc.) che vi si trovava, non si propagava e acquistava un portamento non naturale, sviluppando fusti bassi con rami brevi, adagiati o avvicinati al suolo. Per la siccità estiva quasi tutte le specie annuali seccavano verso maggio o giugno, rimanendone alcune a sviluppo estivo (Dactyloctenium, Amarantus defferus) e alcune specie perenni , particolarmente adattate a quella stazione (Care divisa, Plantago Coronopus, Medicago marina, Paronychia argentea, Cynodon Da- ctylon, verso la spiaggia Spergularia media, ivi perennante, colla var. pusilla della Plantago Coronopus. Sul cordone di basse dune svolgevasi una fitta associazione di Thapsia garganica, della quale profusa trovavasi la var. messa- nensis. Le ampie foglie di questa ombrellifera coprivano quel suolo e sotto di esse sviluppavasi una folla di specie erbacee, in mag- gioranza annue , fra le quali abbondavano le: arvensi , quasi tutte a fioritura RT Non vi ttavano oi ma lo sviluppo di essi era limitato dalla sinergia speci ensi; queste, giovandosi dell’ombra tta lle foglie della Yhapsia e dalla conseguente freschezza del ra maggiore che nell’aperto prato, sviluppavano un rigoglioso sistema vegetativo e protraevano la fioritura per un tempo più lungo che non le consorelle del prato. Influiva favorevolmente su tale rigo- ni <, [ep si B 3 Ri di - 1 è glio di sviluppo il fatto che questa stazione era poco battuta dal- l’uomo e dagli animali, si che vi si rendeva possibile lo sviluppo normale sia dell’ingombrante Yhapsia, che di altre erbe erette come Carthamus lanatus, Carlina involucrata, Verbena officinalis, o con foglie carnose come Momordica Elaterium ecc. Oltre le predette sviluppavansi quivi Myosotis arvensis, Poly - pogon monspeliensis, Crepis bulbosa, Mentha Pulegium, Lolium perenne ecc. ste e la maggior parte delle specie viventi nel prato, ec- cettuate Z'illaea, Alchemilla e poche altre microfite, costituivano a vegetazione dumicola. La parte del Cimitero francese, indicata col n. 7, oggi com- pletamente sommersa, albergava una vegetazione vilffatto simile a quella del prato, colla differenza che ne erano escluse le piccole specie (Alchemilla , Tillaea, la var pusilla di Plantago Corono- pus ecc.) e acquistavano normale sviluppo le alte (Verdascum si- nuatum, Verbena officinalis) come nell’associazione delle dunicole. La formazione alofila costituiva una macchia lagunare, che, nella manifestazione sua più tipica, occupava il basso spazio inon- dato periodicamente e in parte dal mare, Vi si potevano distinguere due associazioni: una in alto grado alotila, dominata da Salicornia fruticosa e che occupava la parte soggetta a periodiche inondazioni, l’altra, più interna, dominata da Juncus acutus e d’indole in sen igrofila, ma con infiltrazione di numerosi elementi ruderali e alo L'associazione di Salicornia ar una folta vegeta- zione di Spergularia media, Frankenia laevis, Atriplex portula- coides, Suaeda maritima, Hordeum maritimum e Lepturus cylindricus; seguivano poi Cakile maritima, Spergularia rubra, Malva microcarpa, Plantago Coronopus, Juncus bufonius, J. a- cutus ecc. Nei luoghi più discosti dal mare, non soggetti a inon- poro periodiche, e perciò con soprasuolo asciutto e debolmente to, l'associazione precedente era grado grado sostituita da quella i Juncus acutus, che col suo apparato radicale profondo attin- geva dal sottostante suolo l’acqua necessaria. Fra i pungenti cespi di questa specie si asilava un buon numero di specie erbacee, fra cui alcune marcatamente igrofile come Mentha aquatica, M. rotun- dfelia,; M. Pulegium, Poa trivialis, Polypogon monspeliensis, Veronica Anagallis, Rumex cong glomeratus, mentre fra i giunchi . nei siti più rilevati e asciutti notavansi Crepis bulbosa, Calamin- tha Nepeta, Picridium vulgare è moltissimi elementi del prato li- torale. 65 Assieme a queste fanerogame vi era presente qualche interes- sante briofita; così lungo la strada, che conduceva al Lazzaretto Pottia commutata, Byum atropurpureum, Riccia insularis, Fu- naria convera, Tortula muralis ecc. li effetti del disastro furono quivi molto superiori che altrove. L’invasione totale del mare, ripetutasi tre o quattro volte in po- chi secondi, vi portò una quensili rilevante di sali marini, e, fra i cloruro di Ls il quale produsse la morte della maggior parte degli elementi pratensi. Per di più l’abbassamento del suolo determinò la sommersione quasi totale dello spazio compreso fra il Lazzaretto, il Bacino di carenaggio e il Cimitero dei Francesi e, persino, della parte di questo segnata col n. 7; diede origine inol- e ); a 15) e rese Lar sola l’acqua della depressione indicata col n. 28. ul’ ella mia prima visita, negli ultimi di aprile, notai con sorpresa pa lo sviluppo delle poche specie annue presenti era singolarmente arretrato, difatti appena allora fiorivano Geranium molle, Erodium rin Alchemilla Aphanes (questa rarissi- ma, mentre prima formava un esteso apr Tillaca muscosa (molto rara), Zrifolium ‘suffocatu ecc. mentre negli anni prece- denti d: ciclo vegetativo di queste specie era quasi al termine, ineltre ‘ botanico di Messina, e delle campagne adiacenti, pur avendo su- bito qualche ritardo nello sviluppo, erano in pieno fiore o in frutto. Esso non può essere spiegato altrimenti che ammettendo che gl’in- dividui, sviluppati in autunno, siano morti in seguito all’inonda- zione e che poscia ne siano germogliati altri, allorquando le ab- ti precipitazioni atmosferiche ebbero disciolto e asportato dalla saperci del suolo l'eccessiva muss di cloruro di sodio, im- i dal mare. A. elementi, che costituivano l’antico prato litorale, quelli Cynodon Dactylon, Si che si sia diffuso maggiormente per la mancata concorrenza di altri elementi consociali periti. Si manten- ero quasi colla medesima intensità le specie dominanti Carex di- visa, Plantago Coronopus, Medicago marina, Paronychia argen- tea, tutte perenni 0 perennanti e solidamente infisse al suolo per 66 il lungo fittone, di cui sono provviste. Gli altri elementi divennero rari o rarissimi. Oltre a tali modificazioni in seno alla flora locale preesistente, l’invasione del mare portò su questa stazione una quantità rilevante di ghiaia e sabbia, laonde si è sviluppata una flora psammofila co- stituita da quelle specie, che occupavano prima la spiaggia adia- cente al bastione sopra ricordato. Abbattuto questo dall’impeto del mare, insieme alla sabbia, furono importati ‘nel prato i semi di queste piante, che subito vi germogliarono ; fra esse vi crescono promiscuamente agli antichi inquilini Glaucium flavum e Cakile maritima, da prima specialmente abbondantissim Devesi ritenere pertanto che la comparsa » tali elementi nta evidentemente determinata da una causa affatto ecce- zionale, man mano venga a diminuire di intensità e forse a scom- parire, non ripetendosi più (è da augurarlo) la causa determinante. Le pioggie e i venti spazzeranno a poco a poco dall’antico prato lo strato di sabbia importata e i vecchi inquilini, meglio adattati delle specie psammofile al suolo consolidato, riguadagneranno il perduto, sostituendosi a queste. Si ricostituirà così lentamente e in parte la flora primitiva, dico în parte , perchè le rive della nuova palude e dei nuovi fossi non ospiteranno più le specie pratensi, ma le a- lofile e le psammofile ed invero alcuni di tali elementi vi si sono di già insediati come Spergularia media, Cakile maritima, Atri- plex hastata; laddove degli antichi inquilini soltanto il Cynodon Dactylon persiste e immette i suoi stoloni nell'acqua salmastra. rima di occuparmi delle altre formazioni debbo ricordare la nuova comparsa di qualche elemento, il Melilotus elegans, in un solo individuo, importatovi probatilzzanie dai cavalli o dall’uomo stesso. nche l’associazione di 7hapsia apt agai fu grandemente devastata; la piccola duna sulla quale s° impiantava fu quasi per intero asportata e il sito ne è oggi abbassato di circa 60 centimetri in media e occupato da sabbia mobile; sui pochi e ridotti blocchi rimasti permane la specie dominante, ma gli altri elementi o son divenuti rari o sono scomparsi; non ritrovai più Myosotis arvensis, Veronica arvensis, Polypogon monspeliensis, Poa trivialis. Sul nuovo tratto Sabbia non si è stabilito ancora alcuna specie psam- Dell’associazione di Juncus acutus la parte posta a nord del Bacino di carenaggio rimase immutata, mentre quella posta al sud si sommerse quasi totalmente, insieme all’associazione di Salicornia fruticosa, e dall'acqua marina sporgono orai grossi ciuffi pungenti di Juncus acutus. ristretti spazii rimasti emersi crescono Spergularia media, Tvodkenia laevis, Atriplex portulacoides , Salicornia fruticosa, uaeda maritima, qualche raro Cynodon Dactylon e rarissimi Hordeum maritimum e turus. 6. La nea nesso col n. 28, era di origine recente e artificiale; poichè e a formata collo scavamento fattovi per to- gliervi i soi per cn al dei due terrapieni (n. 14) così si era scoperta la falda acquea e vi si era impiantata una vegeta- zione di Juncus acutus e Panicum repens. Oggi quell’acqua da quasi dolce è diventata salmastra, ma i due antichi inquilini vi crescono lo stesso. merge chiaro da quanto si è esposto che tanto il terremoto quan to il maremoto o separatamente o in concomitanza abbiano prodotto sensibili mutamenti sulla vegetazione. L’abbassamento del suolo lungo parte della spiaggia e in una vasta porzione prossima ad essa, ha fatto sì che la stazione da ter- restre sia diventata marina. Tale mutamento di stazione non ha danneggiato il Juncus acutus, sebbene in parte immerso nell’acqua, il quale fiorisce e fruttifica normalmente: mentre le alofite più basse sono perite per il fatto stesso della sommersione, sopravvivendo nei siti emersi; medesimamente sono perite le specie psammofile là dove la spiaggia è rimasta sommersa. Nell’assieme l’antica vegetazione lagunare, procedendo dal mare verso la terra, è oggi rappresentata dal solo Juncus acutus som- merso fino a una certa altezza, ad esso si unisce quindi la Sali- cornia fruticosa, anch'essa sommersa in parte, e presso la linea di emersione vengono quindi le altre alofite (Sserpulabia media, uaeda maritima, Atriplex portulacoides, Prankenia laevis ecc.); le ruderali, le psammofile ecc. sono scomparse. Là dove le depressioni non comunicano col mare, si sono col- mate di acqua salmastra. Di questo liquido una parte certamente vi pervenne coll’inondazione e questa aveva lo stesso grado di sal- e dell’acqua marina; in questa elevata salsedine è stata mitigata dalle copiose precipitazioni atmosferiche, alle quali quindi deve ascriversi una seconda parte del liquido; una terza infine pro- viene de dalla falda acquea sotterranea. ° Il di salsedine presentato dall’acqua di queste depres- sioni è Lu. abbastanza accentuato; esso difatti ha impedito lo sviluppo alle specie non alofile, che preesistevano nel sito corri- spondente alle attuali rive delle depressioni stesse. Allo stato at- tuale l’unica specie fra le preesistenti, che si è adattata alle nuove. 68 DÌ condizioni è il Cynodon Dactylon, che, come tutte le ruderali, è capace di sopportare forti soluzioni saline 1 Su quelle rive salse nuovi inquilini ora si sono stabiliti, come Cakile maritima, Spergularia media, Glaucium flavum, immi- grati nel momento del maremoto dalla vicina spiaggia a sud della Lanterna, ove appunto erano diffusi. L'azione del terremoto, in conclusione, si è esplicata colla nuova formazione di una stazione marina e di una paludoso salmastra. Il maremoto ha esplicata invece la sua azione in a modi ma in parte concomitanti, e cioè uno, indiretto, collo differenti, sconvolgimento della spiaggia sabbiosa e era del olo interno consolidato ; l’altro, diretto, per mezzo dell’acqua e sieme ai materiali del terreno, per il che Panta prato littorale è stato invaso da siffatti materiali vegetali; si è costituita così so- vrapposta alla precedente, una stazione arenaria, la quale ha per- messo la germagliazione e lo sviluppo delle specie psammofile im- attecchimento di questi nuovi inquilini è stato certamente favorito dalla morte di molta parte dei vecchi, morte, determinata sia dall’ insabbiamento che dalla tossicità del cloruro di sodio, a prescindere dall’urto potente di quelle enormi masse liquide riversantesi sopra di essi. Sulle essenze legnose l’inondazione produsse effetti varii; nes- sun danno essa arrecò ai tamarici (Yamarix africana e T. gallica) e alla Robinia, mentre produsse la morte nei pini marittimi gio- vani e fece perio il fogliame nei più vecchi. Per i tamarici la spiegazione è ovvia, stante l’indole alofila di queste piante, come già dissi, n esemplari vegetano e fioriscono pur avendo im- mersa nel mare l'apparato radicale e parte del tronco. Per la ro- binia, non alofila, la resistenza deve spiegarsi col fatto, che questa speciè in quell'epoca era in perfetto riposo e priva di foglie, onde la quantità di cloruro di sodio, da essa assorbita, dovette essere nulla o estremamente limitata, Il pino marittimo, sebbene sia un'essenza largamente coltivata è è Nella spiaggia fra Aci Castello e Aci rezza osservai questa specie in posto, ove veniva del tutto sommersa dai marosi e colle foglie affatto secche; in aprile e maggio emise nuove foglie e in giugno iniziò la propria desi normalmente lungo le spiaggie, non può considerarsi come essenza alofila. La struttura delle foglie di questa specie, differisce molto da quella presentata in generale dalle alofite, messa Signa in oe dal BATALIN. (1) ed esposta largamente dal WARMING (2). Quest’au- tore, esaminati diversi tipi strutturali, pai in dalle foglie. per alofite di tutta le terra, riunisce queste in 16 gruppi, ma nessuno di essi tipi può addirsi a questo pino; la struttura delle foglie di esso è improntato a una xerofilia affatto diversa da quella, che so- gliono presentare le alofile e difatti questa specie vegeta sulle dune e nei litorali sabbiosi, ma non propriamente in siti lagunari, inon- dati dal mare. D'altro canto, come tutte le specie dunicole e are- i Î Ei strati, scleroso, canali resiniferi, struttura centrica ecc.) che prov- vedendosi di un lungo fittone radicale, il quale si affonda moltis- simo nel suolo arenoso, come in Eryngium maritimum, Echino- phora spinosa, Medicago marina ecc. sino ad attingere lo strato permanentemente umido del sottosuolo. Oltre che alla siccità questa specie è certamente in grado di resistere, ad una modera e- dine come > altre ds psammofile; ma l’improvvisa inondazione, e raggiu un'altezza tale da coprire sino alla cima le piante alte due a na metri, vi o tale quantità di cloruro di sodio da produrre la morte o gravi perturbamenti nella vita di tali piante. Questo sale difatti, contenuto nell’acqua del nostro mare in proporzione alquanto superiore al 3 0j0, venne, per la natura sab- biosa del suolo, ben presto e in massima parte a contatto colle radici ed, ammettendo che vi sia giunto in soluzione del 2, 5—3 050, la pressione osmotica esercitata da esso sulle radici dovette aggi- rarsi 5 e 18 atmosfere, Per questa pressione, superiore a quel- la esercitata dagli ordinari liquidi circolanti in tale stazione, una eccessiva di cloruro di sodio penetrò nell’interno delle piante di pino producendo gravi perturbamenti nel contenuto cellulare e persino la morte rapida. Le alterazioni anatomiche difatti, che ho riscontrato sia nei rami che nelle foglie, consistenti nella distruzio- (1) BaraLin, Wirk Chl dia ; spora herbacea L. In Bull. du nen internat. de Botanique # d’ Hortic. reunt. a St. Petersburg, le 5 - 15 mai > p. 219-232, S. Aioi 2 Viasad Halofyt-Studier. In K. Dansk. Vidensk. Selsk:. Sker., 6 Raekke, naturv. vaio Afd. VII, 4, Kiobenhayn 1897. p.184. ne dei cloroplasti, nella riduzione e scomparsa dell’ amido, nella coartazione del protoplasma, sono precisamente quelle, che si ri- scontrano nelle piante morte repentinamente. Non potendosi invocare in questo caso la diversità delle specie per spiegare gli effetti differenti del cloruro di sodio (1) sulle piante di pino marittimo, devesi cercare la spiegazione nella conformazio- ne stessa degl’individui. I più giovani di essi, dotati di un apparato radicale più superficiale dovettero risentire al massimo grado l’a- zione del cloruro di sodio; poichè 1’ acqua marina , stante il poco spessore del terreno sie; potè cedere a questo una quan- tità minima di questo sale. Le radici dei pini giovani vennero per- ciò tutto ad un tratto a contatto con un liquido per esse eccessi- vamente salso, e così si ebbe la morte di questi esemplari. L’ ap- parato radicale, invece, degli adulti, essendo più profondo, risenti la salsedine in grado tale da non essere letale. Nè devesi preter- mettere che l'apparato radicale in queste piante, e specialmento in questa specie, sia grandemente sviluppato; esso, probabilmente , nelle piante adulte attingeva ivi la falda acquea sotterranea (2) e allora è chiaro che l’azione della salsedine sia stata risentita in \ grado minore da esse, le quali, per quanto danneggiate nel foglia- me e un pò in alcuni elementi anatomici dei rami, potettero s0- pravvivere. Dai fatti sopra esposti e dalle considerazioni fatte possono trar- si le PaGustH conclusioni : 1° non è provato l’effetto benefico del terremoto sulla vegeta- zione ; 2° il terremoto, producendo abbassamento del suolo, ha dato rigine a nuove stazioni saline e salmastre, con conseguente cam- comi nella vegetazione LE ’insabbiamento, prodotto dal maremoto, ha prodotto lo sta- ata 4° la morte di elementi pratensi, e negli individui più giova: ni di Dia Pinaster ; e i danni subiti da questa specie nel fo- (1) Soia: Pflanzenge ographie. Tena 1898. p. 97. (2) Scavando alla profondità di tre metri rent vi si incotra la falda acquea debolmente salmastra , tanto da essere mira be- Fatada cogen. ‘che vi risiedono, TIES " e: ; 71 gta si debbono al cloruro di sodio contenuto nell’ acqua marina che E: ha inondati ; 5° la È opposta dalla Robinia contro la salsedine si | deve allo stato di riposo, in cui trovavasi questa specie ,. mentre - quella dina dai tamarici è dovuta alla natura alofila di essi. Istituto botanico della R. Università di Catania. Giugno 1909. Dr. GIUSEPPE ZODDA Spiegazione della tavola Fig. 1.* Braccio di S. Ranieri prima del 28. XII. 1908. Fig. 2.* Braccio di S. Ranieri dopo il 28. XII. 1908. 5 Porte della Cittadella 2. Spiaggia sta sibi: 3. Strada ordina 4. Strada da e SPE dei ferry-boats. 5. Prato litorale. n Cimitero dei a in terrapieno. . Idem su fondo naturale. ; Cimitero dei alati” 9. RIE con flora psammofila. 10. Lanti Hi Eaiicio “del Tiro a segno. 12. Casa del custode del Tiro a seguo. 13. Lanternino della Spina. . 14. Terrapieni per il Tiro a segno. 15. Idem abbandonati. 16. Lazzaretto 17. Bacino & ai carenaggio. 18. Stazione di SI delle A 19. Forte S. Salva 20. Spiaggia senz rocciosa, Recinto Sofivito soi essenze leale: Associazione di Thapsic garganica. Associazione di Juncus acutus ed essenze non o debol- ‘mente alofile. i i a ; Associazione di Juncus acutus con essenze alofile in alto d PA Plantae erythraeae a L. Senni annis 1905-07 gira Recognoverunt D. Lanza et G. E. Matte I. RANUNCULACEAE (recogn. Lanza). 1 ara Se L. Sp. 543, subsp. Y Thumbergii O. KrzE. Di ai Srteun. Nomencl. bot., ed. 2.*, I, 380. OLIv. I, 6. DuraND et ScHImz I, 7.—C. triloba THumB. FI. Cap. 44l. Seraè : Zelliman super. (Adi-Barò). IX, 1906. fl. (n. 1). THUMBERG (loc. cit.) suam €. trilobam dicit «s imilis ali- quatenus DILLEN. Eltham. Tab. 119, fig. 145», quae icon re vera bene cum planta nostra con- venit, sed decriptio Dilleniana aliquantum recedit prae- sertim ob foliis glabris et glaucis, dum in speciminibus nostris folia utrinque viridia et manifeste pubescentia. 2. Rana aquatilis L. Sp. 556, var. caespitosus Coss. et . Atl. de la FI. des env. de Par. pl. II, fig. 5.— a gun TuurLL. Gopr. Mém. Acad. Natioy 1839, 21 et fig. VI. — R. aquatilis var. succulentus KocHK Syn., ed. 2.2, 13. Pons in N. Giorn. bot. ital. Nuova ser. V, 234. — R. peltatus var. E TA WILLK. et LxGE. Pr. > hisp. II, a ue fluviatilis var. caespitosus Guss. FI. Sic. syn. I Hamasen: > Fai. 14, IIL 00 A. et fr. (n. 2). Forma terrestris, in Abyssinia adhuc non indicata. Optime con- venit cum exicc. KorscH. pl. Pers. austr. n. 410. 3. Delphininm dasyeaulon FrEsEN. in Mus. Senck. II, 272. RicH. I, 8.0 I, 11. ScoHwnr. Beitr. 78 et Samml. 177. PeNzIG 20. NO 216. DuRrAND et ScHINz I, 29. — Exicc. ScHmp. III, 1897, Bogos: Inter Cheren et Ela-Bared. 29, di 1906. fl. (n. 4). Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. fl. (n. Il. MENISPERMACEAE (recogn. Mattei). 4. a dependens Hocrsr. in ara 1844, 21. RicH. I, id, . I, 41. ScHWwxF. Beitr. et Samml.179. MAR- TELLI Vi PeNZIG 20. DURAND a: ai I, 45.—Exicc. ScHimP. II, 654. Samhar: Sabarguma. III, 1906. fr. (n. 55). Specimen mancum, defoliatum, dubie huic speciei adscribendum. III. FUMARIACEAE (recogn. Lanza). 5. Fumaria abyssinica HAMMAR Monogr. Fumar. 19 et tab. VI. HaussK. in Flora 1873, 492. — F. officinalis Li. var. abyssinica DurAaND et ScHinz I, 67. — Exicc. ScHIMP. II, 1347. Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. fr. (n. 5). IV. CRUCIFERAE (recogn. Lanza). 6. Pare Larogio HocHst. ex RicH. I, 18. OLIv. I, 60. ÎR 225. ScHwNF. Samml. 184. DuRrAND et ScHINZ si 8 Sambhar: : Sabarguma. III, 1906. fr. (n. 6). Plantae cultae in Horto bot. panorm. e seminibus hujus specimi- nis flores apetalos et tetrandros tulerunt, uti WELWITSCH in Guinea legit, secundum OLIv. loc. cit. 1, rated rta FiscH. et Mey. in Linnaea XIII, 109. . Beitr. 75 et Samml. 183. EnGLER 224. — Bras- sica lu Hdi Boiss. in Ann. Sc. Nat., Sér. 2.9, XVII, 86. OLIv. I, 66. MARTELLI 1. PeNZIG 20. DURAND et ScHinz I, 120. — Exicc. ScHImP, II, 1099 et 2360. — ar. abyssinieum Ricw. I, 24. A typo distinctum ob foliis profunde pinnatifidis. Sambhar: Sabarguma. III, 1906. fl. et. fr. (n. 7). 8. si cina DC. Syst. II, 631. RicH. I, 24. OLIv. 67. EnGLER 223. DuRAND et ScHINZ 5 124. ca Chiaia 15, I, 1906. fl. et fr. (n 59, er ligne ‘anon (L. Sp. 647 sub 7hlaspide) per I, 20. OLrv. I, 68. ScHwNF. 70 Da Li a Encuns 226. DURAND et SCHINZ I, pi Hamasen: Asmara. 5, X, 1906. fr. (n. 9). 10. Lepidium ruderale L. Sp. 645, subsp. intermedium Rion. I, 21 pro sp. Bogos: Inter Cheren et Ela- Bared. 29, VIII, 1906. fl. et Hamasen: Leona 5; X, 1906. fl. et fr. (n. 10). L: intermedium RicH. ab auctoribus omnibus uti synonimon ad inciso-dentatis, ràcemis fructiferis laxioribus, petalis bene evolutis rubro-violaceis .calyce parum longioribus et prae- cipue siliculis duplo majoribus apice vix emarginatis et stylo persistenti exerto apiculatis. Habita; foliis et ma- x ece idem ac L. africanum DC. ex ic. DELESS. II, ni 73? 11.—var. alpigenum (Ricw. I, 22 pro sp.) OLIv. I, 69. ExGLER 223. RAND et SCHINZ 38. Hamasen: Asmara. 24, XII, 1905. fr. (n. 12). V. CAPPARIDACEAE (recogn. Lanza). 12. quan monophylla L. Sp. se Ricrx. I, 26. ScHwNr. Beitr. 10) I, 76. MARTELLI 2. ENGLER 227. DURAND et a I, 159. — C. svi ata StEUD.—Exicc. ScHIMP. I, Bogos: Cheren. 28, VIII, 1906. fl. et fr. (n. 13). Folia lineari- lanceolata, 9-15 mm. lata, 4-8 cm. longa, apice acuto sensim attenuata, basi obtusa vel levissime su superiora et floralia fere linearia C. cordata Burca. in DC. Pr. ci 239; è OLIv., Rica. aliisque ; pro synonimo ad C. monophylam L. relata, collatis speciminibus a ScHImP. (pl. t. Agow. n. 2222) «in Berg- niederung am Tacazè, zwischen 3000’ und 4000’, Gur- sata» lectis, satis, saltem uti var., differre videtur foliis multo minoribus, basi latiore plus minusve cordata et apice mi- nus attenuatis, superioribus et floralibus ovato-lanceolatis. 13. grin rsa ca (L. Sp., ed. 2, 938 sub Cleome) HRANK in EM. et fear n ag. Bot. III, tab. du et ma I, 164. ScHwxr. Samml. 185. lesi 227. 2.—G. denticulata DC. loc. cit. — G. palmipes DC. in DeLess. Ic. II, tab. 1.-Exicc. ScHImp. Ed. Hohen. 631. Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. fl. et fr. (n. 14). Beni-Amer: In valle superiore fluminis Sciotel. 4, VIII, 1906. fl. et fr. (n 15). Folia saepius 7- rarius 5foliolata, foliolorum petioli basi inter se cohaerentes, siliquae angustae. His notis convenit cum G. palmipede DC., quae tamen vix pro var. . pentaphyllae habenda. Character petiolorum cohaeren- tiae plus minusve invenitur in omnibus speciminibus omnium regionum vel cultis, ideoque nullius momenti. 14. Maerua racemosa Lanza. Nov. sp. Frutex ramis subvirgatis, andino glaber praeter sepalorum mar- gines tomentosos. Folia omnia ifoliolata, subcoriacea, utrinque cum ramis junioribus glauca, bale petiolata, elliptica, basi rotundata, apice rotundata vel saepius e- marginata minutissime mucronulata, nervis margini paralle- lis supra vix prominentibus subtus omnino inconspicuis. lores in racemos saepius elongatos numerosi. Pedicelli re- tubuloso plus minusve aequilongi. Sepala elli- ei acuta, receptaculo plus aequilonga P. etala obovata in unguem longiusculum sensim attenuata, apice obtusa vel acutiuscula, sepalis dimidio vel ultra breviora. Androphorum receptaculum superans, stamini- bus co sepalis 2-3plo longioribus. Gynophorum stamina subaequans, ovario cylindraceo, stigmate n° ao quidem pera non racemosa, quia non terminalis; eius in apice aliquod foliolum notatur, ne post anthesin augetur, dum axis evolvitur.) Pertinet sectioni «Streblocarpus» Ar. $b. foliis 1foliola- x (Pax in EncL. et PrAaNnTL Natiirl, Pflanzenfam, 2, 234), in qua M. oblongifolia RicH. et M. ae iniobieù Gut: Prior a nostra, cui valde affinis, differt foliorum forma, nervatione et magnitudine, alone depressis, pe- talis oblongo - linearibus acuminatis. Altera foliis valde majoribus , inflorescentia, pedunculis calycibusque dense puberulis, petalis suborbicularibus mucronatis breviter clavatis. Beni-Amer: Agordat. 17, V, 1907. fl. (n. 16). Nom. vulg. adai. 15. a Painarige ForsK. Fl. Aegypt. - Arab. 68. RicH. I, OLIV 89. ScHwNr. Beitr. # # Samml. 192. Pi- ROTTA Da DURAND et ScHINZ I, Beni-Amer: Agordat. 17, V, 1907. fl. “i tr, (mA): 16. Sadata farinosa Forsk. FI. Aegypt.- Arab. 68. RicW. I, 30. LIV. I, 89. ScHwnF. Beitr. 66 et Samml. 193. MaR- TELLI 3. PENZIG 21. DURAND et ScHINz I, 170. PrroTTA 263.— C. dubia . Pr. I, 244. — Exicc. ScHIMP. sine n. et 1852, n. 619. Beni-Amer: tod Agordat et Damba. 3, VIII, 1906. fl. (n. 18). Forma parvifolia, intense glauca. 17. Boscia angustifolia RicHn. in GuIiLL. PERR. Rich. FI. Seneg. T et tab. II, fig. 2. Pibonti 266.—Ezxicc. Stan IMP. n. et III, n. 1835. Hamasen: Inter Ghinda et Filfil. 28, V, 1906. fl. (n. 297). 18. puner* teorpa Hocnsr. i in KorscHy Fl. Aethiop. exice.ScHWNF. inch. B. senegalensis MARTELLI 4, PENZIG 21, ScHwnr. Samml 192 ad hanc aut ad sequentem referendae, non ad veram speciem LAMARKI Beni-Amer: Dorotai. 30, VII, 1906. fr. (n. 20). Nom. vulg.: hamtò. 19. Boseia firma RapLK. in Sitzb. Akad. say Sa (1884), 62. PesraLOzzI Gatt. Boscia 62. PIROTT 78 Beni-Amer: Agordat. 15, V, 1907. fr. (n. 19). Nom. vulg.: hamtà. 20. presse ro OLIv. I, 93. ScHwnr. Samml. 192. DURAND s 172. PESTALOZZI Gatt. Boscia 101. PIROT- TA n Dembesàn: Brancaga. 29, V, 1907. fr. (n. 21). Nom. vulg.: avò. 21. ida recisi (Forsk.) PAx in EnGL. PRrANTL Pflanzen- ; 2, 281 et fig. 139. PIROTTA 261.—Sodada deci- da FoRrsx. FI. Aegypt.-Arab. 81. ScHwxr. Beitr. 74. DE- LILE FI. Aegypt. tab. 26.— Capparis aphylla RoTH. Nov. pI. sp. 238. OLrv. I, 95. DURAND et ScHInz I, 173.—C. Sodéda È . Br.—Exicc. ScHmp., Ed. Bohaialk, n. 2203. Beni-Amer: A pdl. TV; 1004 A: ta 23).— Tdi Agordat; et Damba. 3, VIII, 1906. fr. (n. 22).—Sciotel. 3, VIII, 1906. fr. (n. 24.).— Dorotai. ui VII, 1906. fr. (fi. 25). Exemplaria spinis paucis et minutissimis. 22. ig di 2-3 LaAmK. Dict. I, 606. RicH. in Gui. . RicH. Fl. Seneg. Tent. I, 23 et Tent. FI. Abyss. È ‘30, dir. I, 96. ScHwxF. Hera 68. MARTELLI 4. Du- RAND et ScNz I,--1/6.. Prrotra 2620. polymorpha sa in GUILL. Prosa; RicH. FI. Nenag: Tent. I, 24 et A Filfi. 24, XI, 1906. fr. (n. 26). — Ghinda, HE 4907. fl. (n. 27). Nan ina: anidel. 03. genti sc Forst. Prodr. fl. ins. austral. 35. OLIv. 9. Pax in EnGL. PRANTL Pflanzenfam. DLE: 2, p_.997, va et fig. 137. DURAND et; SoHINz I, 177. Porn 261. —C. Adansonii DC. Pr. I, 243. Rios, in GuILL. PERR. RicH. Fl. Seneg. Tent. I, 25 et Tent, FI. Abyss. I, 27. —C. laeta DC. loc. cit. Bogos: Cheren. 13, V, 1907. fl. et fr. (n. 28). VI. RESEDACEAE (recogn. Lanza). 24. logia abyssiniea (FRESEN. in Mus. Senck. II, 106 sub Reseda) et MEy. Ind. sem. hort. Petrop. VII, RicH. pen OLrv. I, 103. ScHwnr. Beitr. 65. ENGLER 228. iu 21. DURAND et Sonmnz I, 179. PrroTTA 258.—C. canescens var. abyssinica ScHwNF. Samml. 195.— Astro- carpus abyssinicus HocHst.—Exicc. ScHmp. I, 103 et Ed. Hoh 937. Bogos: Inter Char “ Ela-Bared. 29, VIII, 1906. fl. et fr. (n. 29). 29. c- canescens L Syst. veget., ed. XIII, 368 sub Reseda) i Eta Mém. Réséd. 29. OLIv. I, 102. MARTELLI 5. inaio pa ScHnz I, 179. PrRoTTA 25 Bogos : Cheren. 25, I, 1906. fl. et fr. (n. 30). Iter Cheren et Ela-Bared. 29, VIII, 1906. fl. et fr. (n. 31). VII. BIXACEAE (recogn. Lanza). 26. dgr spinosa vige Fl. Aegypt-Arab. 103. RicH. in GuILL. . RicH. Fl. Seneg. Tent. I, 82 et tab. 10. OLIv. I - una 5. DURAND et ScHIxz I, 115. Hamasen: Filfil. 24, XI, 1906. fr. (n. 32). Nom. vulg.: hu- guatì, hegot. VII. PITTOSPORACEAE (recogn. Lanza). ‘27. Pittosporum abyssinieum DELILE in Ann. Sc. Nat., Sér. 2°, cu. I, 41 et tab. XI. OLIv. I, 124. ScHwNF. ‘ Beitr. 41 et Samml. 2083. PeENZIG 22. ENGLER 233. Pr- ROTTA 257.—Exicc. ScHIMP. n. 336 et II, 1122 Hamasen: Inter Adi-Nefàs et Mai Dorfu. ENCI9U7 A. ( (n. 299). IX. POLYGALACEAE (recogn. Lanza). 28. Polizza Paniere Ricn. in Ann. Sc. Nat., Sér. 2°, XIV, ta a Di sa et tab. XXVII, fig. 19-20. MARTELLI 6. PeENzIG. 22. ENGLER 281. ScHwxF. Samml. 298. Hamasen: Asmara. 26, IX, 1906. fl. et fr. (n. 144) et 2, X, 1906. fl. et fr. (n. 145).-Addichè. 15, XI, 1906. fl. et fr. (n. 146). 29.— var. minor CHODAT op. cit. Hamasen: Filfil. 24, XI, ee s° et fr. (n. 147). 30. dure ai DCO. Pr. I, 326. CHopaT Monogr. + 381 e . XXXVII, fig. 22-23. OLIv. I, 129 pro È fac “x granulata (2. granulata HocusT, * in exicc. ScHimp. II, 1225. RicH. I, 39) CHODAT op. cit. 333 — forma macrophylla. Folia magna (usque ad 8 cm. longa, 3 cm. lata), lanceolata, basi et apice angustata; alae orbiculares (circa 7 mm. diam.) A specimine Schimperiano citato differt tantum foliis multo majoribus et exactius lanceolatis. Hamasen: Filfil. 26, IV, 1906. fl. et fr. (n. 148). 831. Polygala erioptera DC. Pr. I, 326. ChopaT Monogr. Polyg. î tab. XXVIII, fig. 1-4.—P. triflora OLIv. I, 128. ENGLER 280. (non L. sec. CHODAT). — var. abyssinica . 344. Dembesàn: Diga 29, V, 1907. fl. et. fr. (n. 149). 32. —var. virgata ERRENB6G. ex ScHwxF. Samml. 297.—P. triflora B: erecta OLIv. I, 129. — Exicc. ScHImP. sine n. Bogos: Cheren. 25, VIII, 1906. fl. et fr. (n. 150 33. Polygala abyssinica R. Br. in SALT. Voy. ex FRESEN. Mus. Sencki II, 273. CHopart Monogr. Polyg. II, 388 et tab. XXX, fig. 1-4. Rich. I, 37. OLiv. I, 130. ScHwxF, Beitr. 41 et Samml. 298. MARTELLI 6 . PenzIG 22. EN- Bogos: Cheren. e 1906. fl. et x (n. 152). —Inter dei et Ela-Bared. 29, VIII, 1906. fl. (n. 151 Dembesàn: inte sarda et Ela-Bared. 26, I, 1906. fl. et fr. (n. 158). Hamasen: ili IX, 1907. fl. et fr. (n. 154). X. CARYOPHYLLACEAE (reoogn. Lanza). 34. dune bar RicH. I, 44. ENnGLER 211. ScHwxF. Samml. —S. Schweinfurthii RoHRB. est forma macrior. Rea Addichè. 15, XI, 1906. fl. (n. 34).—Adi-Nefàs. IX, Rigo 8). 35. Cerastium vulgatum L. FI. suec. 158. OLIv. I, 140. ENGLER 212. ScHwne. Samml. 174. Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. fr. (n. 35). 81 36. SA aula Ce Sp. 272 sub A/sine) CrR. Char. comm. 6. ENG “Pe sen: FilfI i IV, 1906. fl. et fr. (n. 36). 37. Alsine Schimperi HocHsr. ex Ricu. I, 47. ScHwxr. Beitr- 58. ENGLER 214.—Arenaria Schimperi OLIv. I, 142.— Al- sine filifolia Scawxr. Samml. 175 (saltem quoad plantam erythraeam) non FoRsK. nec VAHL.—Exicce. ScHIMP. II, 549 et. pl. t. Agow. 2396 Hamasen: Asmara. 26, IX, 1906. fl. et fr, (n. 37). Specimen nostrum cum Schimperianis omnibus sa ibus con- venit, sed paullo robustio ScHwEINFURTH A. Schimperi E os: ad Arenariam Alifoliam : pi connata sunt, quod character FoRSKAL tribuit suae A. E vino et icon VAHLI (Symb. 33 et ALL) è WEINFURTHIO citata plurimis notis ab A. I omnino discrepant. 38. Arenaria serpyllifolia L. Sp. 423. OLiv. I, 142. Penzio 22. B. glutinosa Kock. ScHwxF. Beitr. 58 et Samml. 175. ENGLER 214. Bogos: Cheren. 22, V, 1907. fl. et fr. (n. 42). Hamasen: Sabarguma. II, 1906. fl. et fr. (n. 38).—Filfil. 26, IV, 1906. fl. et fr. (n. 39). —Ghinda. II, 1907. fl. et fr. (n. 40). —Asmara. 26, IX, 1906. fl. et fr. (n. 41). 39. ignoro nora (L). Asca. ScHWNF. Beitr. 60 et Sam- 175, = 9. Hamasen: Asmara. 5, X, 1906. fl. et fr. (n. 4: 40. degni sg ideuna (L. Sp. 89 sub MoWlugine) L. fil. l;-116. OLiv. I, 144. ScHWNF. Beitr. È e Samml. 176. EneLER 215.—Exicc. ScHImp. I, 292. Hamas pa- Filfil. 24, III, 1906. fl. et fr. (n. 43). —Asmara. 2, X, 1906. fl. et fr. (n. 44).-Adi-Nefàs. X, 1906. fl. et fr. (n. 45). 41. Polycarpaea corymbosa Lamx. Dl. II, 129. OLrv. I, 145, Penzie 22. Scawxr. Samml. 176.—P. eriantha HocHsT. ex RicH. I, 303. ScHwxr. Beitr. 59.-Exicc. ScHIMP. 149; II, 1517 et pl. t. Agow. 2 Bogos: Clero 23, «VILE 1906... a 46). Beni-Amer:_In vulti superiori fluminis Sciotel. 4, IX, 1906. fl. » fr (n. 47). XI. PORTULACACEAE (recogn. Mattei). 42. Portulaca oleracea L. Sp. 445: RicH. I, 800. Otav. I, 148. ScHwxF. Beitr. 62 et Samml. 170. PENZIG 22. Hamasen: Filfil. XII, 1906. fl. et fr. (n. 49). Beni-Amer: Agordat. 17, V, 1907. fl. et fr. (n. 48). 43. Portulaca agri A sy 78. OLIV. I, 149. PRNZIG 22. SOHWNF. i Hamasen: Filfil. x pe fl. et fr. (n. 50). et XII, 1906 H. et. fi (n, n 44. Talinum portulacifolium (Forsk. Fl. Aegypt. - Arab. 103 sub rygi. SCHERS. ex ScHWNF Samml. 172. - Talinum . ScHwNr. Beitr. 62. PeENZIG 22.—Exicc. ScHImP. PI t. Agow., n. 2184. Bogos: Cheren. 25, VII, 1906. fl. et fr. (n. 52). XII. TAMARICACEAE (recogn. Lanza). Borss, Fl. Or. I, 777. OLrv. I, 151. Penzio 22. Pr. Beni-Amer: Agordat. secusflumen Carobel. 15, V, 1907. fl.(n.53). 46. Tamarix nilotica EmreNBERG in Linnaea II, 269. Borss. FI. Or. I, 775. PeNzie 22. PrrorTA 260. — 7, erge DC. Guii. et PERR. FI. Seneg. Tent. I, 309.—Exice. GarLLarD. PI. Syr. n. 543 b Sahmar: Inter Zula et Arafali. IX, 1906. fl. 293). A. T. gallica L. var. abyssinica Houisr. ia: Ed. 2. AIR e Hohenak. [1852] n. 728) quae RicH. ad 7. senegalen- sem . et PiroTTA ad 7. niloticam EHRENB. uti sy- nonimon referunt, videtur diversa habitu robustiore, co- intensius glauco-cinereo, foliis brevioribus basi latius amplezicanlibus dense imbricatis , floribus in spicis den- sissimis. XII. HYPERICACEAE (recogn. Lanza). 47. Hypericum intermedium STEUDN. ex RicW. I, 95. OLIv. I, 155. ScHwNF. Beitr. 44. PeENZIG 23. ENGLER 306. SA ScHmp. III, 1509. Ed. Hohenak. 2458. Hamasen: Asmara. 26, IX, 1906. fl. (n. 54). XIV. MALVACEAE (recogn. Mattei). 48. Sida urens L. Syst. ed. X, 1145. Masters in OLIv. I, 179. — Exicc. ScHImP. 598. Hamasen: Filfil. 24, XI, 1906. fl. et fr. Nom. vulg.: segot. (n. 56). 49. Sida triloba Cav. Diss. I, 11. MasreRs in OuIv. E 179. . permutata HocHsT. ex RicH. I,77.—Exicc. ScHIMP. 7 ai Fi 1906. fl. et fr. Specimina et microphylla. (n. 58). Le Addichè. 15,II,1906. fl. et fr. (n. 58). 50. Sida Sobiaiperiana HocHst. ex RicH. I, 66. MasteRs in 0- LIV. I, 180. PenziG 23. ENGLER 300. —Exice. ScHIMP. I, si et 305. Hamasen: Ghinda. 29, XII, 1905. fl. et fr. (n. 59).—Asmara. 26, IX, 1906. fl. et fr. Nom. vulg.: tefrerià (n. 60). — Adi-Nefàs. IX, 1907. fl. et fr. (n. 61). 5I. Sida nr Sp. 683. Ricn. I, 64. Masters in OLIv. I, 180. MARTELLI 7. Bogos: fumi Chessa et Ela-Bared. 29, VIII, 1906. fl. (n. cai Dembesàn: Inter Az-Teclesan et Ela-Bared. 34; VII, fl. (n. 63). Exemplaria omnia inermia. 52. Sida eng L. Sp. 684. Ricu. I, 65. Masters in OLIV. Scawwr. Beitr. 57. Penziò 23.—S. riparia Ho- cuHst. — Exicc. ScHImP. sine n. Dembesan: Ela-Bared. X, 1907. fl. et fr. (n 64). Nom. vulg.: deche dah Specimina nostra tion a Schimperianis et ab aliis ex Ma- deira et ex Cuba foliis multo majoribus (ad 10 cm. longis et 4 cm. latis), floralibus superioribus sublineari- bus (ad 6 cm. longis et 1 cm. vel minus latis). 53. Sida grewioides GuILL. et PeRrR. Flor. Seneg. Tent. I, 71. IcH. I, 64. ScHWwNF. Beitr. 57. MasTERS in OLIV. «I, . a. genuina HocHRrEUT. Malv. nov. in Ann. d. Cons. d. Gen. VI (1902), 37. — $S. subrotunda HocHsT. ined. — Exicc. ScHIMP. ed. Hohenak., 1091 et sine n.; pl. t. Agow Parce ramosa, ramis elongatis , adscendentibus, lignosis, api- e eis : foliis ovato - oblongis , obtusis, minute sata subduplice denticulatis, umdique pallide flavo-cane- us oribus longiuscule pedicellatis, calyce sub “. longiusculo, turbinato-oblongo, sepalis lanceolatis, acutis: carpidiis (e specimine ScHIMPERI) -subglabris, dorso obscure costatis, rugosis, alveolis, confluentibus, ‘a- pice mucronibus duobus divergentibus, longis, villo rufo obtectis. Beni-Amer: In valle superiore fluminis Sciotel. 4, VII, 1906. fl. (n. 65 54. — f. miérophylla HocmreUT. loc. cit. Suffrutex parvus , caulibus a basi multoties ramosis , ramis subsessilibus, calyce sub anthesi gita rotundato , cyathi r formi, sepalis late triangularibus : carpidiis p pilosis dorso profunde costatis, undique alveo non uomi, apice mucronibus duobus, non divergentibus , sede fere revibus, minime villosis. x Hamasen: Asmara. 26, IX, 1906. fl. et fr. (n. 66). 55. Abutilon longipes MarTEI Nov. sp. Erectus, non ramosus, dense atque brevissime cinereoveluti- l teres. Folia longe petiolata , late suborbiculari- nervia dia, adpresse stellato - pilosa , subtus cinereo - albicantia, brevissime atque dense tomentosa. Stipulae angustae, li. neares, acutae, valde longae, erectae vel saepius falcato- recurvae. Flores sat magni, in axilla foliorum superiorum solitarii, valide pedunculati.. Pedunculi valde longi, pe- tiolum duplo vel ultra superantes, infra apicem articulati, minime, geniculati, fructiferi horizontaliter arcuato-proten- si. Calyx pallide tomentoso-canescens, amplus, segmentis late lanceolatis, acutis. Corolla lutea calyce duplo longior. Capsula calyce aliquantum longior, supra abrupte con- cava, patelliformis, stellatim rostrata. Carpidia 20 - 30 in orbem axi circumpositam coalita, ad maturitatem nigre- scentia, lateraliter rufo-villosa, superne longe acuminato- di- vergentia, birostrato-aristata, ros is extus recurvis, val- vis chartaceis, prius margine superiore dehiscentibus, de- mum facile omnino ab axi secedentibus, loculis 3spermis. Semina subreniformia, fusca, punctulata, pilis stellatis brevissimis parce conspersa. Species insignis ad A. indicum Dov. accedens, sed foliorum carpidiorumque forma satis distincta; in hoc folia sunt inora, scabri uscula , auriculis basilaribus non con- tata, pedunculi breviores , capsula apice plana nec con- cava, nom mnigrescens, carpidiorum rostra brevia recta. Foliis valde convenit cum A. longicuspide HocHsT., s in hoc flores paniculati, carpidia non rostrata. Ca) sg ula autem et floribus solitariis cam A. Avicen ne GAERT. 0 venit, sed in. hoc pedunculi florales mt) at rum rostra non extas recurvata, folia minus tomentosa, hirsutiuscula, margine irregulariter dentata. Hamasen: Filfil. 24, XI, 1906. fl. et fr. (n.67). Nom. vulg.: zada. 56. Pavonia Schimperiana HocWsr. ex RicH. I. 52. MASTERS in OLrv. I, 192. 86 Hamasen: Inter Uochi et montem Savur. 24, III, 1906. fl. et 68). Nom. vulg: chirimaltel. 57. Hibiseus intermedius Ric®. I, 58. MasTERS in OLIv. 4,198. REUT. Rev. d. genr. Hibise. in Ann. d. Cons. de Genève IV (1900), 94 —Z. trionoides HocHSsT. ined. — Exicc. ScHimp. pl. t. Agow., 2211. 8. aristaevalvis (GARCKE pro sp.) HocHREUT. loc. cit. Bogos: Cheren. 23, VIII, 1906. fl. (n. 69). 58. Hibiscus calyphyllus Cav. Diss. V, 283 et tab 140. HoCHREUT. op; cit. 94.—H. calycinus WiLLD. Sp. pl. III, 817. Ma- STERS in OLIv. I, 202. ExGLER 301.—7. owariensis PAL. D. BEAUV. Flor. Owar. II, 88 et tab. 117.—H. grandi- folius, H. mucrocalyx et H. subtrilobatus HocHST. ined. —H. calycosus Ric. I, 62.—-Exice. Scamp. II, 510 et PI. 19: Hamasen: Filfil. 26, IV, 1906, fl. (n. 10). Nom. vulg.! segot. Forma subglabrescens 59. Hibiseus Ludwigii ExL. et Z. Enum. pl. Afr. austr. 39. Ma- TERS in OLIv. I, 203. ExGLER 301. HOcHREUT. op. cit., 1.-H. macranthus HocHst. ex RioW. I, 55. SSAA ScHIM 1883. Demhesàn: Ela-Bared. X, 1907. fl. (n. 71). Nom. vulg.: sukot. 60. Hibisens mieranthus L. fil. | Suppl. 308. MasreRs in OLIv. I, 205. lo) . 82. Hamasen: Filfil. 24, XI, 1906.f. et fr. (n. 72).—Ghinda. II, 1907. fr. (n. 75).—Inter Uochi et montem Savur. 24, III, 1906. fl. et fr. (n. 73). —Asmara. 26, IX, 1906. fl. et fr. (n. sn Nom. vulg.: chercurautel. 61. Adina digitata L. Sp. 1190. DC. Pr. I, 478. Gui. PERR. et RicH. FI. Seneg. Tent. 1,76. Ricx. I,72. MASTERS in OLIv. I, 212. MartELLI 8. PENZIG 924. CHEVALIER, Les Baobabs de l’Afr. cont. in Bull. Soc. bot. d. Fr. ì P. 122% 1906 Dembesàn: Brancaga. 24, ; 1906. flores tantum (n. 282). Nom. vulg.: dimà. win X, 1907. folia tantum (n. 283). 87 XV. STERCULIACEAE (recogn. Mattei). 62. Stereulia cinerea Rick. I, 74 oa Pt XVI. ScHwxr. Beitr. + ASTERS in OLIv. I, Hamasen: Secus flumen Barresa. n 1906. folia tantum (n. 66). ; Nom. vulg. tambuk 63. sata cn HocHsT. ex Ric I, 74. ami in OLI . ENGLER 304. a] Sc HIP. II, D ua Lu Vado X, 1907. fl. et fr. (n. 77). XVI. TILIACEAE (recogn. Lanza). i 64. Grewia ca Van Symb.I, 33. MasrERS in OLIv. I, SM 246. ScHwNF. Beitr. 46 et 236. MARTELLI 9. Penzig 24. Ù, — G.. ribesifolia HocHSsT. in sched. excc. ScHIMP. pl. t. A- gow., 2202. Folia laete virentia , ovato - rotundata, basi plus minus ve cor- data, apice saepius acuta, grosse irregulariter denta- to - crenata et saepe subtriloba , utrinque scabriusculo- | pubescentia, 5nervia. Petiolus longiusculus , CAO ni Bogos: Cheren. 13, V, 1907. fl. (n. 79). Beni- Amer: Inter Agordat et Damba. 3, vIL ‘1906. ni da 78). 65. Grewia membranacea RicHn. I, 90. ScHwxF. Beitr. 46.—G. re- ticulata HocHST. in sched. exicc. SCHIMP. pl. t. Agow. 2138. Folia obscure virentia , ovata, acuta, basi rotundata, aequaliter dentato - crenata, 8nervia, utrinque sed praecipue subtus pubescentia. Petiolus mediocris, tomentosus. Hamasén: Ghinda. II, 1907. fr. (n. 80). 66. Grewia crenata HocHsT. in sched. exice. ScHImP. pl. t. gow, n. Folia obovato- rotundata bas sub-cuneata, aequaliter minute serrulato- ata, inque glabra et subtus subglaucescentia, 3- Bnervia. PN brevis, pubescens. Beni-Amer: Inter Agordat et Damba. 3, VIII, 1906. fl. et fr. (n. 81). 67. Grewia Petitiana Ricn. I Hamasen: Subter montem a versus puteos Maha-bar. IX, 1907. fl. et fr. (n. 82). Nom. vulg.: ovd. Media inter G. carpinifoliam Juss. et G. bicolorem Juss. Species ab auctoribus recentioribus non relata. Index Kewensis eam ipsularum Philippinarum tantum incolam dicit. Exem- plaria nostra optime omnino cum descriptione RICHARDI conveniunt. 68. Grewia sr Juss.. Ann. Mus. IV. 90 et tab. 50, fig. 2 Ric ; 85. Borss. FI. Or. I, 844. ENGLER 297. Bogos: det 13, V, 1907. fl. (n. 85). Nom. vulg.: haber —Angustia Sciabab. 27, VII, 1906. fl. (n. 84). Nom. n habenè. Hamasen: In valle fluminis Maldi. VI, 1906.f. et fr. (n. 83). Nom. vulg.: messequà. 69. Grewia Liver WiLup. Nov. act. nat. cur. 1818, p. 205. DC. Pr. I, 512. OLIv I, 249. ScHwxF. Beitr. 47. MARTELLI LL ta 24.—G. corylifolia RicH. in GuILL. PERR. RicH. Fl. Seneg. I, 95 et tab. 20.—G. echinulata DEL. 2 —Exicc. ScHImp. II 1278. Demhesàn: Ela-Bared. X, 1907. fl. et A Sn 86). Samhar: Sabarguma. III, 1906. fr. 70. Grewia ferruginea HocWsr. ex Ricu. I, 87. OLrv. I, 251. SCHWNF. Bas 46. MARTELLI 1l. Pevzio 24. ENGLER 97 — Exicc. ScHmp. I, 183. Hamasen: Addichè. V, 1906. fl. (n. 88). Nom. vulg.: senquia. Fide omnium auctorum valde variat foliorum magnitudine. Exem- plaria nostra et Schimperiana citata, quae omnino con- veniunt, folia praebent 2 ‘|, - 6.cm. longa, incluso petiolo. 71. Triumfetta flavescens HocHsr. ex RicW. I, 82. OLIv. I, 255. ScHwnr. Beitr. 47. MarTELLI 11. PENZIG 24. Hamasen :Ghinda. 15,I, 1906. fl. (n. 89). Nom. vulg.: sadà duak. 72. Corchorus triloeularis L. Mant. 77. OLIv. I, 262. PenzIe 24. — €. serraefolius BuRCcHELL ex RicH. I, 79. Mensa: Flumen Ghirghir. 26, IV, 1906. fl. et fr. (n. 90). XVII. LINACEAE (recogn. Mattei). 73. Linum liburnienm Scop. FI. carn, ed. 2,1, 280.— L. corym- bulosum ReIcHB, FI. excurs. 834.—Exice. ScHIMP. sine n, 89 Hamasen : Asmara. 2, X, ‘1906. fl. et fr. (ui. 91). alt ti versus puteos Muho- bar. IX, 1907. fl. (n. 93). Specimina macriora. Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. fl. (n. 92). Specimina macriora. XVIII. ZYGOPHYLLACEAE. i Zygophyllum sp. Undique hirsuto - tomentosum, caulibus albis, foliis cinereis; floribus speciosis maximis (petal. circa 2 cm. long. , . lat 13 mm Forma insignis, ob Satin defectum canoni Sahmar: Inter Zula et Arafali. 15, IX, . fl. Nom. vulg.; quaitò baarì. XIX. GERANIACEAE (recogn. Mattei). 75. Monsonia gn DC: Pr. 1,:638..-.QLiv.. 1,290. ScHwNF. Samml. 270. ENnGLER 275. — M. Upon E MEYER in OL I, 115. ScHwxr. ‘Beitr. più PENZIG 25.—Exice. ScHimP. II, 1222 et pl. t. Agow, 2 Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. fl. et fr. ne ‘95)Adi-Nofhs. IX; 1907. fl. et fr. (n: 96). 76. Geranium maseatense Borss. Diagn. Ser. I, 59 et FI. Or. I, 882 HWNF. Samml, . — G. favosum HocHST. ex RicH. I, 117. OLIv. I, 291. — Exicc. ScHIMP. anno 1852, n. :468 et pl. t. Agow., 2253. et..2253 a. Bogos: Inter Cheren et Ela-Bared. 29, VIII, 1906. fl. et fr. {oi Sepp Hamasen: Ghinda. II, 1907. fl. et fr. (n. 98). 77. Geranium pico Borss. Diagn. Ser. I, VI, 30. et FI. Or. ar. omphalodeum LAanGE Ind. sem. Haven. 1865, qu Samml. 279. — G. ptychospermum HocusT. ent . ScHmmp. pl. t. Agow., 2490. lin, Sana: III, 1906. fl. et fr. (n. 99). — Filfil. 26, IV, 1906. fl. et fr. (n. 100). — Ghinda. II, 1907. fl- et. fr. (n. 101). 78. Oxalis cornienlata L. Rag 435. OLiv. I, 296. EnGLER 277. ScHwxr. Samml. Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. fl. et fr. (n. 103). Addiché. 13, XI, 1906. fl. et fr. (n. 102). — Ghinda. II, 1907. fl et fr. (n. 104). 79. Impatiens tinetoria Rick. I, 120. OLIv, I, 302. ENGLER 293. NZIG 25. ScHwNF. 340. Hamasen: In valle fluminis Maldi. 24, III, 1906. fl. (n. 105). om. vulg.: hanù. XX. RUTACEAE (recogn. Lanza). 80. Citrus Limonum Risso in Ann. d. Mus. d’hist. nat. XX, 201. amasen: Inter Uochi et montem Savur. I, 1906. fl. (n. 106). Nom. vulg.: narige. 81. Citrus Bigaradia LorseL in Duram. Arb. ed. nov. VII, amasen: Filfil. XI, 1906. fr. (n. 107) et II, 1907. fr. (n. 109). — Prope montem Savur. 4, XII, 1906. fr. (n. 108). XXI. SIMARUBACEAE (recogn. Lanza). 82. Balanites aegyptiaca DEL. Fl. Egypt. 77 et tab. 28. RicH. » 93. OLIv. I, 314. ScHwxF. Samml. 278. MARTELLI 13. — Exicc. Scam. pl. t. Agow., 2334. Beni-Amer: Flumen Sciotel. 3, VIII, 1906. sine fl. nec. fr. (n.111 83. Brucea antidysenterica Miri. Fasc. t. 25. Ricu. 1, 128. 0: LIV. 09. ENGLER 279. — Exiec. ScHmp. I, 234. goa Addii 15, XI, 1906. fl. (n. 110). Nom. vulg.: buhobo, XXII. OCHNACEAE (recogn. Lanza a). 84. Ochna inermis (Forsk. a aegypt.-arab. 204 sub Evonymo) ScHwxr. ex PENZIG 2 Bogos: Inter Cheren et. La 29, VIII, 1906, fr. (n. 113). — Angustia Sciabab. 27, VII, 1906. fr. (n. 112). Nom. vulg.: selibaticò Hamasen: Filfil 26, IV, 1906. sine fl. nec fr. (n. 114). Nom. g.: ciaat. ieri XXIII. MELIACEAE (recogn. Lanza). 85. Trichilia emetica VanL Symb. I, 31. Rion. I, 107. OLIv. GuiLL. PERR. RicH. FI. Seneg. I, 126. MARTELLI 16. PeNzIG 26. a+ Beitr. 43 et Samml. 295. DC. Monogr. phanerog. I, Hamasen: Filfil. 24, XI, i, no (n. 115). XXIV. OLACACEAE (recogn. Lanza). 86. Ximenia americana L. Sp. 497. RicH. I, 92. OLtv. I, 346. GuirL: PeRR. Ricn. Fl. Seneg. I, 102. ScHwNF. Hana 153. MARTELLI 16. PenzIG 26. ENGLER 200. —Ximenia laurina DeL. in Ann. Sc. Nat. va Sér. XX, ScHwxF. Beitr. 43. — Exice. ScHImP. II, 8 Bogos: Cheren. 13, V, 1907. fl. (n. 117). pon; Valy: muloo. Dembesàn: Brancaga. 29, V, 1907. fl. (n. 116). Nom. -@ Hamasen: In valle fluminis Maldi. 15, VI, 1906. fr. Nom. vulg.: mellau (n. 118) XXV. CELASTRACEAE ( recogn. Lanza). 87. Pie senegalensis ( Lamx. ) Lors. in EnGLER. Bot. . XVII, 541. Scnwxr. Samml. 335. — Celastrus SAR LamK. Dict. I, 661. RicH. I, 133. OLIv. , 861. Scuwnr. Beitr. 41. PenziG 26. ENGLER 290. — mnosporia montana RoxB. sec. MARTELLI 17. Stirps valde variabilis cuius formae sequentes in collectione no- stra extant : var. inermis f. chartacea Lors. loc. cit. Scmwxr. loc. cit. — Exicce. ScHmp. II, 1598. ‘Dembesin: In valle Baloà. 24; VI, 1906. fl. (n. 119). Nom. .vulg.: argudì. 88.— var. spinosa Lors. loc. cit. Scawxr. loc. sit _ Celastrus obovata HocHsr. — Exico. Soup. I, 2 pià Secus flumen Barresa. III, 1906. a (n 120). pi g.: argudì—Zaulot, prope puteos Maba-bar. IX, 1907. rgudì. (n. museo Nom. val a 84. Gymnosporia serrata (Hocxsr.) Lors. loc. cit. ScHwNF. loc. cit.— Celastrus serratus HocHSsT. ex RICH. L'dol. LIV. E 362. Penzio 26. ENxGLER 291— FExicc. SoMmp. III, 1908. ): PR PRC Filfil. 24, XI, 1906. fr. (n. 122). Nom. vulg.: atiati. 90. Gymnosporia arbutifolia (Hocwsr.) Lors. loc. cit.—Celastrus — HocHsT. ex RicH. I, 133. OLIV. I, 363. En- GL 91. ScHwwr. Beitr. 41. — Exicc. ScHmp. pl. t. 106 2246. Hamasen: Adi-Nefàs. IX, 1907. fl. (n. 123). Nom. vulg.: at-at. XXVI. RHAMNACEAE (recogn. Lanza). 9I. Zizyphus Spina-Chvisti x Sp. 195 sub Rhamno) Wiun. Sp. s 1105. RicH, I, 136. HeMSLEY in OLIv. I, 380. MaR- TELLI 18. ScHwxF. Beitr. 41. PENZIG 27. sa 296. — Exicc. ScHImP, III, 1798 et ann. 1854, par O VIII, 1906. fl. (n. 124), et 25, 1 sii ih 126). Nom. vulg.: gabà. Mensa: -Lue Sella Magasas et Ela-Bared. VI, 1906. fl. (n.125). 92. Rhamnus prinoides L’HrRrIT. Sert. Angl. 6 tab. 9. HEMSLEY OLiv. I, 382. EneLER 295. RA. pauciflorus HocHsT. ex RIcH. I, 137. — Exice. Scamp. II, 1276. Hamasen: In monte Savur. 24, III, 1906. sine fl. nec tr, An 197), 93. Rhamnus Staddo Ricu. I, 138. HemsLEY in OLIv. I, 382. MarTELLI 18. Panzia 27. ENGLER 295. Hamasen: In valle Maldi. 24, III, 1906. fr. (n. 129). Nom. vulg.: soddo. — Asmara. 26. ‘IX, 1906. fr. (n. 128). Nom. vulg. zedò. 94. Helinus mystacinus (Arr. Hort. Kew. I, 266. sub Rhamno) E. Mey. NDL. Gen. 1102. Fasci in OLiv. I, 385. EvneLeR 295. PeENZIG 27. — H, scandens RicH. I, 139. (excl. synon. Willemetia scandens EkL. et Zevy., quod ad H. ovatum E. MEy. pertinet) et tab. 31 sE qua tamen fructus erronee laevis). ScHwxr. Beitr. 40. — Exice. ScHmp. II, 1548 et ann. 1854, n. 355. Hamasen: Filfil. 26, IV, 1906. fl. (n. 258). Aa Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. fl. et fr. (a. 252). XXVII. AMPELIDACEAE (recogn. Lanza). 95. Cissus quadrangularis L. Mant. 39. WiLup. Sp. I, 657. DO. I, 628. PLANcHON in DCO. Monogr. phanerog. V, 509. Rich. I, 109. ScHwxr. Beitr. 83. ENGLER 296. PENZIG i: PO E] bed B [of ©) 5 Pi) Die DO Ut G [o») Le kei (e) ° DI + i _ 50 . BAKER in OLIV, I, 299.—Exicc. ScHIMP. ed. II. Hohenak. (1852); n. 230. Beni Amer: Inter Agordat et Damba. 3, VIII, 1906. fl. (n. 130). Nom. vulg.: alche XXVII. SAPINDACEAE (recogn. Mattei). 96. afro rigo H. B. K. Nov. Gen. Sp. pl. 104. Ba n OLiv. I, 418. ScHwNr. Samml. 337. AL- MAGIA in ren 114. — C. truncatum ur Li 101, Ha isee Montes Dig - Digta. III, 1906, fr. (n. 1 97. Cardiospermum canescens di PI. Asiat. rar, I, 14 et tab. n OLIV. I, 418. MARTELLI 22. PENZIG 27. o deri a. ALMAGIAÀ in PiROTTA 114. -- C. clematideum RicH. I, 100. ScHwxrF. Beitr. 42.—Exicc. CHIMP. sine n. Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. fl. et fr. (n. 132). 98. DE eo HocHst. ex Rion. I, 108. BAKER in LIV: . ScHwNF. Beitr. 43. ao 27. — Allo- a rubifolius ENGLER 299. ScHwxFr. Samml. 338. —Exice. ScHImP. pl. abyss. 24, 654 et 16183; it. abyss. III, 1669; ed. Hohenak. 1613; pl. t. +6 2141. Bogos: Cherer: 23; VIII, 1906-41. (h.- 1 Hamasen: Montes Dig- Wei III, 1906, * E 136). — Filfil. XH;-1905: fl. (di 1 Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. fl. E 133). 99. Dedo viseosa L. Mant. I, 228. RicH. I, 103. BAKER in OLiv. I, 433. ScHwNr. Beitr. 42 et Samml. 340. MaR- TELLI 22. Penzia 27. Engler 293. e in PIROTTA 113. — Exice. ScHmp. I, 314 et II, Hamwasen: Filfil. 2, II, 1906. fr. (n. 137). sua vulg.: tassos. XXIX. ANACARDIACEAE (recogn. Lanza). 100. Rhus glanceseens Ric®. I, 143. OLiv. I, 437. Penzio 28. NGLER 289. ScHwxF. Samml. 333. ALMAGIA in PIROT- TA 120.—RA. undulatum RicH. 145 et ScHwxF. Beitr. 83, non Jacq,—Exice. ScHmmp. II, 711 et ann. 1854, n. 545. Hamasen:Inter Adi-Nefàs et puteos Dorfu.IX,1907. fl. (n. 188). —Zaulot, versus o Maha-bar. IX, 1907. fl. (n. 139). Nom. vulg.: 101. — Pareti STEUD. ex e: I, 438. ENnGLER in DO. phanerog. IV, 444. MARTELLI 23. ENGLER 290. nei Samml. 333. ian in PrroTTA 120. — AA. viminalis RicHn. I, 142 et ScHwnr. Beitr. 33, non VAHL, a qua tamen vix distincta.—Exicc. ScHIimP. III, 1627. Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. fr. (n. 140). 102. Rhus falcata (Beccari) Penzio 28. ALMAGIA in PIROTTA 1. — Pistacia falcata Beccari in MARTELLI 24. Hamasen: Inter Adi-Nefàs et puteos Dorfu. IX, 1907. sine fl. nec fr, (n. 141), 103. Odina fruticosa HocHsr. ex RicH. I, 141. OLIv. I, 446. MAR- TELLI 24. ScHwnF. Beitr. 284 et Samml. 384. PENZIG 27. EnGLER 288.—Exicc. ScHImp. II, 707 eted. Hohenak., 2120. Bogos: Inter Cheren et Ela-Bared. 29, VIII, 1906. fl. (n. 143). Dembesàn: Inter Az-Teclesanet Ela-Bared. 26, I, 1906.fr.(n.142). XXX. PAPILIONACEAE (recogn. Lanza). 104. igor hirsuta (GurLL. et PERR. FI. Seneg. tent. I, 170 et SCHWNF. Beitr. 22 sub Xerocarpo) BAKER in O I, 7. ScHwnr. Samml. 223. CHIOvENDA in PiROTTA 997.—Ezice, ScHmp. pl. t. Agow. 2267 Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. fl. et fr. (n. 155). 105. Crotalaria podocarpa DO. Pr. II, 133. Ricz. I, 158. Ba- KER in OLIv. II, 17. Caprai in PiroTTA 400. Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. fl. et fr. (n. 156). 106. vista nero Hocusr. in ScHImP. exice. nak. — C. Barkae Scawnr. Samml. si Fri VENDA in dan 400. Bogos: Cheren. 25, VIII, 1906. fl. et fr. (n. 157). 107. cea spinosa HocHst. ex RicH. I, 156. Baker in OLIV. I, 17. Penzi6 29. ScHwxF. Samml. 228. ENGLER 244. I, in PrroTTA 88 et 399.-Exicc. ScHIMmP.III, 1540. Hamasen : Filfil. XII, 1906. fl. et fr. (n. 158). Specimina Schimperi supra citata aliaque quae ex Erythraea vidi sunt humilia, indurata, uagne spinis robustis RAI Nostrum vero valde elatius, omnimo her- baceum, ramis exilibus rd spinis tenuissimis ino- cuis, foliis majoribus et undique pubescentia valde minore. Habitus inde multum diversus, sed characteres omnino conformes. Probabiliter planta loco pingui umbroso enata. 108. Crotalaria senegalensis BacLE in DC. Pr. II, 133. GuiLL. PeRR. et RicH. FI. Seneg. Tent. I, 165. BAKER in OLIV 31. Penzie 29. ScHwxF. Samml. 224. CHIOVENDA in PIRoTTA 82 et 399. Bogos : Cheren. 25, I, 1906. fl. et fr. (n. 159). 109. piceno Steudneri Scuwxr. in Lie zool. bot. Ges. XVIII, 651. BakER in OLIv. II 30. Penzie. 29. ue ENDA in PrroTTA 400. forma si Bogos: Cheren. 25, VIII, 1906. fl. et fr. (n. 160). Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. n. 161). In nn SCHWEINFURTHI, foliola merca ara aa ice basique acuta '/, poll. longa et ‘| poll. lata; in e- sog aribus nostris foliola elliptica vel sk. cuneata apice plus minusve obtusa latitudine longitudinis suae ter- tiam vel dimidiam partem puede Caeteri characteres omnino optime conveniunt. i 10. Crtatri astragalina Hocnsr. ex RicW. I, 155. BAKER ino 7. II, 43. Penzie 29. ScHwNF. eo 7 et Samml. sua di 248. iii in PiroTTA 80 et 398.— Exicc. ScHimp. III, 1495 et ed. Hohenak. 2352. forma 1.° ScHwne. Samml. loc. cit. Hamasen: Montes Dig-Digta. III, 1906. fl. (n. 162). ll. — forma 3.2 ScHuwxF. Samml. Mensa: Flumen Ghirghir. 26, "2 sg fl. et fr. (n. 163). 112. e i JAUB. et SPACH, IIustr. PI. Or. BAKER in OLIv. II, 45. ScHWNF. . D, à Li. 228. PENZIG 28. Hxéraa 248. CHIO- VENDA in PiroTTA 83 et 401. — A. — Tephrosia modesta STEUD. a) forma caespitosum. Caules breves numerosi coespitosi. Foliola angusta, inferiora elliptica, superiora linearia. Pu- bescentia sericeo-argentea. Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. fl. et fr. (n. 165). — Adi- Nefaàs IX, 1907. fl. et fr. (n. 164). modestum HocHsT. 113. — - forma diffusum. Caules ramosissimi valde or con dif- usi. Foliola elliptica. Pubescentia paucior Bogos: D° Cheren et Ela-Bared. 29, VIII, 1906. A. et fr. n 166). 114. Ononis reclinata L. Sp. ed. 2.2 1011. 8. minor Moris. Fln Sard. I, 422. Borss. Fl. Or. II, 61. ScuwxF. Samml. 229. — 0. reclinata L. ENGLER 250. — O. Cherleri DESF. RicH. I, 161. BAKER in OLIv. II, 48. ScHwxF. Beitr. 15. ChioveNDA in PrrortA 403. — 0. parvula StEUD. — Exicc. ScHIMmP. ann. 1854, n. 270. Hamasen: Asmara 26, IX, 1906. fl. et oi (n. 168) et. 2, X, 1906. - et fr. (n. 169).—Adi-Nefàs. IX, 1907. fl. et fr. (n. 167). 115. Medicago lupulina L. Sp. 779. Baker in Our. II, 51. ScHwwxF. Beitr. 15 et Samml. 230. ENGLER 250. Uso: VENDA in Pirotta 83 et 404. Hamasen: Ghinda. 29, XII,1905 fl. et fr.(n.170).Nom.vulg.:messi. 116. Medicago minima (L. Sp. 780 pro var. M. polymorphae) BartaL. Cat. piant. Sien. 61. f. longiseta DC. Pr. II, 178. BAKER in OLIv. II, 51. ScHwnr. Samml. 229. ENGLER 251. CHIOVENDA in PrroTTA 84 et 404.—M. recta WILLD. —M. graeca HorxÈM. RicH. I, 165. ScHwxF. Beitr. 15. Hamasen: “durata 26, IX, 1906. fl. et fr. (n. 172). — Adi - Nefàs. IX. 1907. fl. et fr. (n. 171). 117. Medicago hispida GaeRT. Fr. II, 349. g. apiculata (WiLLD. pro sp.) URBAN Monograph. 74, Hamasen: Ghinda. 29, XII, 1906. fr. (n. 174).—Asmara 24 XII, 1905. fr. (n. 175). —Adi-Nefàs. X, 1906. fr. (n. 173). 118. — x. denticulata (WiLLD. pro sp.) URBAN loc. cit. Hamasen: Asmara. 26, X, 1906. fl. et fr. (n. 176).-Adi-Nefàs, X, 1906. fr. (n. 177).-Addichè. 15, XI, 1906.fl.et fr. (n. 17 119. nico indica L. Sp. 765 sub 7rifolio) ALL. FI. ped. I, HIOVENDA in PiroTTA 404. — M. parviflora DESF. a , 166. BAKER in OLIv. II, 52. ENGLER 251. Hamasen: Asmara. 2,X, 1906.f1. et fr.(n.179).Nom.vulg:jemanderi. 120. Trifolium arvense L. Sp. 769. RicH. I, 166. BAKER in O- Iv. II, 54. ScHwNF. Beitr. 20 et Samml. 231. PENZIG 41. ENGLER 255. seo in Pirorta 84 et 405 — Exicc. ScHimP. III, Hamasen: da +26, DI, mera fl. et fr. (n. 180). ovo ri et fr. (n. 182).—Filfil. 26, IV,1906. fl. e dr A phi —ln valle Maldi. 24, III, 1906. fl. et fr. % 121. Trifolium multinerve RicH. I, 175. BAKER in OuIv. II, 56. EnGLER 255. CHIOVENDA in PirorTA 405. — Trigonella multinervis HocHSsT. et STEUD. — Lorospermum multi- nerve HocHsT. — Exice. ScHImP. I, 300. Hamasen: Asmara. 26, X, 1906. fl. et fr. (n. 184). 122. Trifolium agrarium Por. Hist. pl. palat. II, 342. Gis. et BELLI Riv. sez. Chronosem. 14. CHIOVENDA in PIROTTA non L. — 7. campestre ScuREB. — Exicc. ScHmpP. 36 Bogos: Cheren. 22, V, 1907. fl. et fr. (n. 1 Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. fl. et fr. (n. 187). —Addichè 15, XI, 1906. fl. et i (n. 186). — Filfil. 26, IV, 1906. fl. et fr. (n. 185). 6 dia ERO IX, 1907. fl. et fr. (n. 1 123. Trifolium simense FrESEN. in Flora XXII (1839), 49. RicH. I, 171. BakeER in OLiv. II, 57. ENGLER 253. rana in PrrorTA 85 et 406. E cri “ Asmara. 2, X, 1906. fl. (n. 190). Ce et foliolorum petioli in specimine rsa minus pilosi quam n descriptionibus auctorum et in specimine Schimperiano, 98 124. Trifolium polystachyum Fresen. in Mus. Senck. II, 50. var. contractum LAnzAa— 7. contractum HocHsT. in sched. exicc. SCHIMP. n. Differt a typo: caulibus gracilioribus, multo brevioribus; foliis magis sculo; stipulis minoribus; capitulis ovato-oblongis. In 7. polystachyo FRESEN. typico (exicc. Schimp. 1071) caules. elongati, folia majora, distantia, foliolis ol longo-lanceolatis.mucronatis, spicae cylindricae. pecimina nostra conveniunt cum specimine Schimpe- riano citato «in Siimpfen auf den Bag Bohait EL 0’ bei Demerki, 27 Oct. 50» lecto. Hamasen: Asmara. 26, X, 1906. fl. (n. 191). Nom. vulg.: messì. 125. Trifolium subrotundum StEUD. et HocHsT. ex RicH. I, 172. BAKER in OLIv. II, 59. ScHwxr. Beitr. 20. ENGLER 251. CHiovenDa in PirortA 85.—Exicce. ScHImp, I, 303. Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. fl. (n. 192). Nom vulg.: messì. 126. Helminthocarpon abyssinicum RicH. I, 200 et tab. XXXVI. AKER in OLIv. II, 60. ScHwxr. Beitr. 9 et Samml. 231. Pevzia 30. ExGLER 256. CatoveNnDA in Prrorta 85 et 408. — Antopetitia cancellata HocHst. — Exicc. SCHIMP. III, 1544 et ed. = a 2103. Hani: Asmara. 26, 1906. fr. (n. 195).—Filfil. 24; II, 1906. fr. (n. 194). ne IX, 1907. fl. et fr.(n. ‘198). 127. Lotusbrachycarpus Hocxsr. et StEUD. ex RicW. I, 177. BA- i in OLIV. II, 62. Penzio 30. ScHwxF. Samml. 233. candpe 256. CHIovENDA in PirottA 86 et 409. Hamasen: Subter montem Bizen, versus puteos Maha-Bar. IX, 1907. fl. (n. 196). — Adi-Nefàs. IX, 1907. A. (n. 198). Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. fl. (n. 197) ati lalambensis Scuwxe. Samml. 235. Penzia 30. CHto- a in PrrortA 86 et 409 pro sp. Bogos: rene Cheren et Ela-Bared. 29, VIII, 1906. fl. (n. 207). 129. Lei Srna I. Mant. 104. Ricn. I, 177. BAKER in OLIV. II 62. ScHwnr. Beitr. 14 et Samml. 234. ENGLER 256. CHioveNnpa in PiroTTA 85 et 409. 99 Hamasen: Sabarguma. III, 1906. fl. (n. 199). —Montes Dig - Digta III, 1906. fl. (n. 200). — Filfil. 26, IV; 1906. fl. et fr. (n. 201). — Ghinda. II, sg fl. et.fr. (n. 202) — Adi-Nefàs. IX, 1907. fl. (n. 203). 130. Lotus cornieulatus L. Sp. 775. var. Schoelleri ScHwxF. Samml. 231 pro sp. Forma montana a formis alpinis soa et orientalibus diversa. Intermediis ad typum tran Hamasen: Inter Uochi et Rina Savur. 24, I 1906. fl. et fr. (n. 205). —Ghinda. 29, XII, Dit A. et fr, (n. 206). — Filfil. 24, III, 1906. fl. et fr. (n. 205). 131. Indigofera ambelacensis ScHwNF. Samml. 237. Bogos: Cheren. VIII, 1906. fr. (n. 208). 132. una parvula DeLILE in CArLL. Voy. 38 et tab. 3, x RicH. I, 180. BAKER in OLIv. II, 81. ScHWNF. cme 239. ENGLER 257.—I. endecaphylia JACQ. var. par- vula CHIOVENDA in PIROTTA 89 et 412.-Exice. ScHmP. 1076. Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. _ (n. 209). 133. ani rei vicioides JAUB. et SPAcK, Illustr. pl. or. V, tab. . BAKER in OLIv. II, 81. MARTELLI 25. CHIOVENDA in WA 415. I. agowensis HocHsT.—Exicc. ScHIMP. pl. t. Agow. 2243. Bogos: Cheren. 25, VIII, 1906. fl. (n. 210). 134. me Vi viscosa LAmK. Dict. III, 247. DC. Pr. II, 227. rort. DC. loc. cit.—I. lateritia WiLLD. DC. loc. cit. I. consanguinea KLotzscH in Peters Mossamb. Bot. 50 — I. minutiflora Hocust. — I. inqua HocHsT. Exice. Son. INI, 1475; ann. 1854, n. 279; ed. II, Hohenak. ann. sisi . 2000 et sine n. Bogos: Cheren. 15, VII, 1906. fl. (n. 212). Dembesàn: Ela-Bared. DE, 1907 A. ctf. (n. 211). latissimi territori incola (afr. trop., Ind. or., Austral. trop.) # et valde variabilis, quod facile intelligitur e multis syno- nimis et discrepantià descriptionum auctorum. pecimen nostrum ex « Ela-Bared » est planta humilis (cm.10 alta), e basi ramosa; dense foliosa, undique du plici indumento obtecta, nempe pilis aliis simplicibus albo-seri- ceis strigosis adpressissimis, aliis, intermixtis glanduloso- capitatis aa us. Foliola parva (5-6 mm. longa, 2-3 mm. lata), 7-13 in quoque folio, obovato- -elliptica, apice rotundata, glauca, pagina inferimto indumento duplici su- pra descripto tecta, superiore pilis simplicibus strigosis adpressis ceva tantum. Racemi breves pauciflori. Specimina Schimperiana sub n. 279 et 2000 nomine I. viscosa sunt valde elatiora ac robustiora, foliis floribusque majoribus, racemis multo longioribus et multifloris. elius cum specimine nostro ex « Ela-Bared » convenit specimen australiense (Port Darwin, legit.F.von MUELLER), gracilis pauciflora, foliola autem lineari-lanceolata vel om- nino linearia, et acuta (10-12 mm. longa, 1-2 mm. lata); bene convenit cum E: Schimperiano sine n. nomine I. minutiftora HocH Forma altera dh specimen Schimperianum sub n.1475, nomine I. propinqua Hocxst.; altera icon WieHTI loc. cit. Stirps ulterius studenda in plurimis isoaiii inibus omnium nomine regionum oriundis, ad formas diversas definiendas. 135. Indigofera side iii Jaco. Ic.rar. tab. DLXX. Ricu. I, AKER in OLIv. II 96. ScHwxr. Beitr. 13 et Samml. 241. MARTELLI 26. ENGLER 259. CHIOVENDA in TROTTA 88 et 412.—I. Schimperiana Hocust. — Exice. ScHmp. III, 1689. Bogos: Cheren. 25, VIII, 1906. fl. et. fr. (n. 213). 136. Indigofera arrecta HocHusr. ex Ricu. I, 184. BAKER in OLIv. II, 97. SchwNF. Beitr. 12 et Samml. 242. Mar- TELLI 26. PeNZIG 30. EnLER 259. CHiovenna in Pr- ROTTA 88 et 411. — Exice. ScHImP. E t. Agow. 2248. Hamasen: Ghinda, II, 1907. fl. et fr. (n. 214). 137. dirt anthylloides HocHst. ex BAakER in OuIv. II, +. ScHwxr. Samml. 246. CHIOVENDA in PIROTTA 92 et sa — T. apollinea Ric®. I, 187, non DC. — Exice. ScHImP. III, 1614 et ed. Roba 2008. Hamasen: Babergulii III, 1906. fl. et fr. (n. 215). 138. Tephrosia incana Gratam in Walt. Cat. 5644. BAKER in OLIv. II, 123. CHIOVENDA in PIROTTA 93. WIGHT, Ic. pl. Ind. or. II, tab. 371. Hamasen: Sabatgniaia, III, 1906. fl. et fr. (n. 216). 139. Sesbania punetata DC. Pr. II, 265. Rich. I, 191. BAKER Liv. II, 133. ScHwxF, Beitr. 17 et Samml. 248, PeNZIG 31. CHIOVENDA in PirROTTA 94 et 424. Hamasen: Ghinda. II, 1907. fl. et fr. (n. 217). 140, Astragalus abyssinicus StEUD. ex RicW. I, 193. BAKER in OLiv. II, 138. ENGLER 261. ScHwxr. Beitr. 6 et Samml. 249. Dindvarba in PirorTA 424. — Exicc. ScHIMP. ed. HI Hohenak. (1852), 252. Bogos: Inter Cheren et Ela-Bared. 29, VIII, 1906. fl. (n. 218). 141. Astragalus venosus HocHsr. ex RicH. I, 193. BAKER in OLtv. II, 137. Penzi6 28. ScHwxr. Samml 249. ENGLER 261. CHIOVENDA in ; 95 et 425. Hamasen: Filfil. 24, III, 1906. fl. et fr. immatura, (n. 219). Serene nostrum. mediocriter convenit cum descriptionibus Ri- HARDI et BAKERI, sed plurimis. notis ‘ert ab exicc. esa II, 1067 «in districtu Memsach ad radices mon- tium prope Genniam» lecto. In nostro foliola multo angustiora, fere linearia; stipulae valde minores, ovato-lanceolatae non auriculatae, inferio- res vere minutae (2-3 mm. long.), acutae, superiores multo majores. (8-10 mm. long., 3-4 mm. lat.) acuminatae ; ra- cemorum peduneculi folia valde superantes; calyx glaber dentibus e basi ovata en Sziotaciani | glabrum; "3 semina 8-10; caulium et folioru — In exice. ScHimp. citato foliola pus vel. ca sti- pulae magnae foliaceae eximie auriculatae acutae, inferio- res ac Lo nt ino ip ov varium fusce- . scenti SCEnLti alyci o di i pron dd 102 circa 4; foliorum pubescentia minor; caules glabrescentes. Hisce notis plantae videntur satis diversae, sed quia unicum specimen cuiusque observavi, specifice dividere non audeo. Cl. BuxGE (monogr. Astrag. I, 6 et II, 4) ab A. venoso SreUD., cui tribuit «ovarium glaberrimum 6-7 ovula- tum, pedunculi folium subaequantes» et cui refert exice. ScHimp. I, 241 et II, 1067, distinguit A. atropilosus TEUD., cui tribuit « ovarinm fuscescenti-pilosum 8-11 0- RITA pa folium superantes » et cui refert exicc. cHImP. I, 190 et 372, sed tale discrimen cum exempla- ribus supra descriptis non: convenit. Formae Sa studendae. 142. spy agro HocHst. ex RicH. I, 194. — B. Peleci- L. .f. lej as CHIOVENDA in PIROTTA 96 et 426. Missa won ar IX, 1906. fr. (n, 220). — Adi-Nefàs. ww Humilis (7- -15 cm. alta), du leguminibus ellipticis utrinque ob- tusis vel apice subacutis, glaberrimis, margine integerrimo plano vel vix crispulo. 148. pacino sein L. Sp. 745. f. breviaculeata Bart. e l’Alger. 285. audi < un pr V, 1906. fl. et: tr. (n. 222). —Adi-Nefàs. , 1906. fl. et fr. (n. 223). Legumina arcte contorta ut in S. subvillosa L. genuina ; aculei densitate: et longitudine similiores eis S. sulcatae. Optime convenit cum specimine algeriense a BATTANDIERO lecto, in herb. horti bot. panorm. servato. 144. Ormocarpon bibracteatum (StEUD.) BAKER in OLTv. II, 148. HWNF. Samml. . CHIOVENDA in PIROTTA 96 et 427. — Acrotaphros bibracteata StEUD. ex Ricu. I, 207 et tab. XX Hamasen: Inter Ghinda et Filfil. 28, V, 1906. fl. et fr. (n. 224). 45. Stylosanthes mueronata WiLLp. Sp. III, 1166. DC. Pr. IL 318. VoeeL in Linnaea XII, 68. BakER in OLIv. IL 157.—$S. setosa HAarv. et Sonp. FI. Cap. II, 217. Bogos: Cheren. 23, VIII, 1906. fl. (n. 225). 146. Vicia sativa L. Sp. 736, è. angustifolia Server in DO. > Pr. II, 361. RicH. I, 197.—V. angustifolia L. Amoen. IV, 105. RorH Tent. fl. germ. I,310. CHIovENDA in PiroTTA 97.—V. sativa L. var. abyssinica (ALEFELD) BAKERin OLIv. II, 172. ScHwxF. Samml]. 251. ENGLER 264. Hamasen: Asmara. 26, IX, dis fl. et fr. (n. 228) et 2, X, 1906. fl. et fr. (n. 227). Nom. Ring seberè anciuà. — Addichè. 15, XI, 1906. se (n. 229). Nom. vulg.: seb- berè encioà —Adi-Nefàs. IX, 1907. fl. et fr. (n. 226). 147. gotta Leo Rerz. Obs. III, 39. Rich. I, 199. Ba- 7 , 174. ScHwxr. Samml. 251. CHIOVENDA in aa 97 et 431. ENGLER 265. Hamasen: Asmara. 26, IX, 1905. fr. (n. 230). 148. Abrus ont - SO 533. GurLL. PERR. RicH. FI. Seneg Dn . BAKER in OLIv. II, 175. MARTELLI 28. beva a 252. ENGLER 266. CHIOVENDA in PIROTTA 431. Hamasen: Filfil. 24, III, 1906. fr. (n. 231). 149. Se Ternatea L. Sp. 753. RicH. I, 210. BAKER in OUIv. CHWNF. Beitr. 6 et Gaia: 252. CHIOVENDA in esi 97 et 431. Bogos : Cheren. 25, VIII, 1906. fl. (n. 232). — In angustia Sciabab. 27, VII, 1906. fl. (n. 238). 150 Vigna membranacea Rick. I, 219. BagER in OLrv. II, 197. ScHwxrF. Beitr. 21 et Samml. 262. PexzIG 31. ENGLER 269. CHIOVENDA in PiroTTA 98 et 437.—Exicc. ScHIMP. ann. 185 +. 261. Hamasen : Secus flumen Barresa. III, 1906 fl. (n. 234) — Ghinda II, 1907. fl. et fr. (n. 235). 151. Hem vexillata (L. Sp. 724 sub Phaseolo) BeNTH. in MART. IH, M - Bras. XXIV, . BAKER in OLIV. 199. Mar- TELLI 28. Rara 269. ScHimp. Samml. 262. CHIOVENDA in PIROTT — V. tuberosa RicH. I, 217, et tab. Dembesàn: Sace IA) 31, VI 1906. fl. et fre. (n. 236) Forma caulibus glabrescentibus. 152. Rhynchosia flavissima Hocasr. ex BAKER in OLIv. II, 219. Penzie 30. ScHwxFr. Samml. 255. EnGLER 272. CHIO- VENDA in PiROTTA 101 et 442.—RA. sennaarensis Ho- CHST, ex SCHWNF. Beitr. 17 et in Verh. d. zool. bot. Ges. zu Wien XVIII, 655.—Exicc. ScHIMp. pl. t. Agow. 2244. Hamasen: Inter Ghinda et Filfil. 28, V, Li fr. o 231) Arbaroba. 4, X, 1906. fl. et fr. (n. 238). 153. Rhynchosia pid ScHwxr. Samml. 258. CHIOvENDA in Piro 101 et 440. Hamasen: Filfil. a III, 1906. fl. (n. 239). 154. Dalbergia melanoxylon GurLL. et PerR. FI. Seneg. tent. I, ab. 53. RicH. I, 232. BAKER in OLtv. II, 533. ScHwxF. Beitr. 8 et Samml. 250. MARTELLI 30. PENZIG 29. CHIOVENDA in PrroTTA 102 et 443. Hamasen:In valle Maldi. VI, 1906. fl. (n. 240). Nom. vulg.: Zibè. Dembesàn : Ela-Bared. X, 1907. sine fl. nec. fr. (n. 241). GUILL. et PERR. ac BAKER foliola, petioli et pedunculi dicunt glabri; in speciminibus nostris contra petioli, pedunculi ac picicÙ axes pubescenti - hirti pilis brevibus densis , foliola utrinque puberula pilis brevibus adpressis, ad ner- vos densioribus. 155. Calpurnia so en ) BakER in Oviv. II, 252. PENZIG 28 - Samml. 222. EnGLER 273. CHIOVENDA in PIROTTA io et 444. — Virgilia aurea Lam. Ill. tab. CCCXXXVI, fig. 1. Rion. I, 234. ScHwwr. Beitr. 21— Exice. ScHimp. 2073. Seraè: Zelliman super Si -Barò) IX, 1906. fl. et fr. 7 242). om. vulg.: hez Dembesàn: Brancaga. 59, v. 1907. fl. (n. 243). Nom. vulg.hezaus. XXXI. CESALPINIACEAE (recogn. Lanza). 156. toe n FRESEN. in Flora 1839, p. 53. RicW. I, Iv. II, 273. ScHwxF. Beitr. 4 et Samml. 219. Fu 29. ENGLER 248. CHIOVENDA in Pirotta 103 et 446.—Exicc. ScHimp. INI, 1485 Mensa: Inter Sella Magasas et Ela-Bafedì XI, 1906. sine fl. nec fr. (n. 244). Nom. vulg.: amba ambò. 157. Cassia occidentalis L. Sp. 377. Ricw. 1, 261. OLIv. II, 274. ScHwxr. Beitr. 4 et Samml. 219. ENGLER 243. CHTO- VENDA in PIROTTA 104 et 447, Hamasen: Filfil. XII, 1906. fl. (n. 245). 158. Cassia dr Sp, 376. RicH. I, 250. OLIv. II, 275. ScHWNF. Beitr. 4 et Samml. 221. PENZIG 29. CHIOVENDA in Pr- roTTA 104 et 447. — Exicc. ScHImP. ed. II, Hohenak. (1852) n./1034 et 1759 Beni- Amer: Agordat. 15, V, 1907. fl. et fr. (n. 246), Nom. vulg.: sonò. 159. Cassia obovata CoLLap. Hist. Cass. 92 et tab. 15, fig. A. BarKA Monogr. Senna 46 et tab, III. RicH. I, 249. OLIV. II, 277. PenzIG 29. ScHwnF. Beitr. 4et Samml. 220. ExGLER 248. CHiovenDA in PrroTTA 103 et 447. Bogos: Cheren. 25. I, 1906. fl. et fr. (n. 248). Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. fl. (n. 249). Amasen: Ghinda. 15, I, 1906. fl. et fr. (n. 247). 160. Lao pirsr sa L. Sp. 34. Ric®. I, 248. OLtv. II, 308. ScHW eitr. 5 et Samml. 218. MARTELLI 31. PENZIG 31. von ENDA iu PiroTTA 445.—T. occidentalis GAERT. Fruct. II, 310 et tab. 146.—T.officinalis HooK. in Bot. Mag. tab. 4563.—7. erythraea MATTEI in Boll. Ort. Bot. Palermo VII (1908), 95. Bogos: Cheren. 22, V, 1907. fl. (n. 251). Seraè: Inter Adi- Bad et Mai Albo. IX, 1906. fr. (n. 250). om. vulg.: humor. Formae extremae fructus Tamarindi a cl. MATTEI loc. cit. pro speciebus distinctae, nominibus 7. somalensis et T, ery- hi vera valde diversae. Tamen, cum una in alte- ram sensim formis intermediis transeat et nullum in herba nec in floribus sit discrimen, specifice distinguere nequeo, et omnes ad 7. indicam L., stirpem fructibus polymor- phis, referre opinor. XXXII. MIMOSACEAE (recogn. Lanza). 161. pri nutans So Syn. II, 266 sub Mimosa) ENTH. in Hook. Journ. Bot. IV, 253. OLIv. II, 333. 39. chrostachys GuiLi. et PerR., RicH. I, 246. — Desman- thus nutans, D. leptostachys et D. trichostachys DC.— Mimosa glomerata Forsk. Descr. pl. aeg. arab. 177? Hujus stirpis variabilis in collectione SENNII duo occurrunt formae satis diversae: a. typica. Ramuli juven., petioli ac pedunculi patenter hirti; fo- liola adpresse pubescentia marginibus ciliata; calyces pu- bescentes. Petiolum folii primarium breve. Pinnae 8-12. Foliola in quaque pinna 15-20 juga. Spicae cum pedun- culo folio longiores. Haec forma omnino convenit cum bue NOME, II, 704. Dembesàn: Brancaga. X, i .Hamasen; Adi-Netàs. X. 30 i (n. 256). 162. g. grandifolia. Ramuli, folia, pedunculi, calyces glabri. Folia multo majora, pinnis 4-8, foliolis in quaque pinna 15-22 jugis. Spicae cum pedunculo folio breviores. Nectaria du- plo longiora. Quamquam in hac forma pinnae sint pauciores et foliolorum jugi in quaque pinna numero fere aequales eis formae prae- cedentis, tamen folium multo majus ob petiolo primario lon- i multo brevior re — Hisce no- tis, glabritie idest et foliorum amplitudine, habitus valde diversus. aa Inter Ghinda et Pif. 28, V, 1906. fl. etfr. (n.256). vulg.: gonò 163. Seca mellifera (VAHL, Sg II, 103 sub Mimosa) BENTA. 00K. Lond. pa Bot. I, 507 et in nera of Linn. dae BI: 340. ScH XXXV, 365, Beitr. sa et Fiati a Mot 32. tua 240. CHIOVENDA in PiROTTA 106 e Mensa: Flumen Ghirghir 26, IV, 1: ia * % 258). Nom. vulg.: ebentib à. Beni- Amer : Flumen Sciotel. 3, VIII, 1909. fl. (n. 257). Hamasen: In valle fluminis Gret-Arbà. 26, IV, 1906. (n.259). Nom. vulg.; ebentiba. Folia omnia pinnis 2 jugis et pinnae foliolis 1jugis. In speciminibus e «Sciotel» spicae foliis coetaneae; in speciminibus e « Gret-Arbà » spicae foliis praecociores, dum fioratio op- time evoluta, nullum adhuc adest folium. 164. Acacia laeta R. Br. in SaLr Abyss. App. 65. Ricw. I, 244 BenTH. in Hook. Lond. Journ. Bot. I, 508 et in Trans. Linn. Soc. XXX, 517. ScHwnr. in Linnaea XXXV, 367 SO SIR : i > È SA ii et tab. XIX- sani prc Kotsch. 1 et tab I-II;? Samml. 217. OLIV:- FE, Beni- Amer: ot ‘Sciotel. 3, VIII, 1906. fr. (n. 260). Nom. vulg.: chentibà. Folia omnia pinnis 2jugis et pinnae floliolis 2jugis. ec. CHIOVENDA in PirortA 107, A. laeta ScHwNF. loc. cit. est A. mellifera BENTH. 165. cori venosa HocHst. ex RicH. I, 244, BENTH. in Hoox. So Bot. V, et in Trans. Linn. mira dr y-Hj 34L: Salva. in Linnaea XXXV. 371 et Samml. va MARTELLI 32. — A. sanguinea HocHST. ex RicH. I, 545. ScHwNF. in Linnaea XXXV, 364. Dembesan: Ela- Bared. X, 1907. fr. (n. 261). 166. Acacia Verek GuiLL. et PerR. FI. Seneg. tent. I, 245 et tab. 56. OLiv. II, 342. ScHwnFr. in Linn 374 et tab. XXII bis. fig. a et Reliq. L'ilech. 3 et le III. MARTELLI 33. CHIovENDA in PIROTTA 450. Hamasen: Filfil. 2, II, 1906. fr. (n. 263) et 24, XI, 1906. fl. (n. 262). Nom. vulg.: centibà —Inter Ghinda et Filfil. 28, V, 1906. fr. (n. ). 167. >> Suma (RoxB. FI. Ind. II, 563 sub Mimosa) KuRz n BRANDIS For. Fl. 187. BeNTH. in Trans. Linn. Soc. , 19. ScawNr. Samml. 362. CHIOVENDA in PIROTTA 452. Harms in Notizbl. des K. bot. Gart. z. Berlin IV, 210 et fig. 7.—A. Catechu ScHwxF. in Linnaea XXXV, 362. OLIv. II, 344, MARTELLI 33; non WILLD.—A. campy- O0HS È Bogos: Cheren. 29, V, 1906. fl. (n. 226). Nom. vulg.: gomorò. Dembesàn: In valle Baloà. 24, VI, 1906. fl. (n. 265). 168. Acacia abyssinica HocHsT. ex BeNTH. in Hoo€. Lond. Journ MV. et in Trans. Linn. Soc. XXX, 510 et tab. 70. ScHwxr. in Linnaea XXXV, 320 et Samml. 210. OLIv II, 347. CHIOVENDA in Preofrà 105 et 449.--A. sipho: carpa HocHsT. ex RicH. I, 240. —Exicc. ScHmp. II, 522. Hamasen: Addichè. 15, XI, 1906. fr. (n. 267). Nom. vulg.: ciaà. 169. per Orfota Lan coi pl. aeg. arab. 177 sub Mimosa) HWNF. Samml. 213. CniovenDA in PrroTTA 107 et 451, —A. nubica pra in Hook. Lond. Journ. I, 428 et in Trans. Linn. XX, 511 et tab. 70. ScHwxr. in Lin- naea XXXV, 337 n II, 348. A. pterygocarpa Hocxsr. ex RicH, I, 239.—Exicc. ScHmP. ha t. Agow. 2186. Dembesan: Ela-Bared. 24, NE o ne 70). rr rag Ghirghir. 26, IV, . da 268). ni-Amer: Flumen Seiafei 3, ni 1906. fr. (n. 269). ai da pertinent varietati «erythraea» ScHwNF. in Lin- aea loc. cit. 170. Acacia etbaica Scuwxr. in Linnaea XXXV, 330 et tab. VII-VII et Samml. 213. BENTH. in Trans; Linn. Soc. XXX, 510. OLIv. II, 349. Penzie 28. CHIOVENDA in PIROTTA 106 et 449. Esouen 241. Dembesàn: Brancaga. X, ded 23 Seraè: Zelliman super. du IX, 1906. fr. (n. 271). Nom. vulg.: serau Hamasen: Ziarlot, versus puteos Maha-bar. IX, 1907. sine fl. nec fr. (n. 272). Auctores folia dicunt glabra. In speciminibus nostris petioli et ra- chides uti ramuli novelli, pedunenli et leguminum stipites indumento brevissimo denso adpressissimo griseo tecti, foliola minutissime lepidoto- -punctata. 171. Acacia spirocarpa HocHsr. ex Ricu. I, 239. BeNTH. in Trans. Linn. Soc. XXX, 505. OLIv. II, 352. ScHwxr. in Lin- naea XXXV, 322 et tab. IV-VI et Samml. 207. MaR- TELLI 34. PENZIG 28. ENGLER 241. a in Pr- ROTTA 107 et 451.—Exicc. ScHAMP. II, Bogos: o par x Ela-Bared. 24, VI, To fi (n. 278). m. vulg.: Mensa: : Fiunen di 26, IV, 1906. fr. (n. 276). — Inter lla Magasas et i. VI, 1906, fl. (n. 274) Deal Ela-Bared. 24, VI, 1906. fl. (n. 275). Hamasen: In valle Maldi. VI, 1906. fl. (n. 279).—Zaulot, ver- sus puteos Maha-bar. IX, 1907. sine fl. nec. fr. (n. 277 172. Albizzia amara (Rox8. Corom. PI. HH, 13; tab. 122 i Mimosa) Borvix in Eneycl. XIX Sigole II, 33. BEN ù Hook. Lond. Journ. Bot. III, 99 et in Trans. a oc. XXXV, 567. OLIv. II, 356. MARTELLI 34. PENZIG ScawxF. Samml. 207. CHIOVENDA in Prrorta 108 et dB Acacia sericocephala FENZL in Flora 1844, p. 312. ssa ha. È I i 109 — Albizzia sericocephala BeNTH. in Hook. Lond. Journ. Bot. III, 91. ScHwNF. Reliq. Kotsch. 6 et tab. V-VI.— Inga sericocephala Ricu. I, 236.—Exice. ScHmp. II, 883. Dembesàn : Brancaga. X, 1906. fl. (n. 280). Hamasen: In valle Maldi. 15, VI, 1906. fl. (n. 281). XXXII. ROSACEAE (recogn. Mattei). 173. Rosa per R. Br. in SALT Trav. Abyss. App. 64. LinpL. Ros. Monogr. 116. PeNZIG 31. Petrg in PI- ROTTA 122.—P. moschata MILL. var. abyssinica CREPIN in ENGLER 239.— R. Schimperiana pu et ScHIMP. ex RicH. I, 261.— Exicc. ScHIMP. Dembesàn: Inter Amba Dehrò et Uochi. III, “i fl. (n.284). XXXIV. CRASSULACEAE (recogn. Lanza). 174. TIE ERA RoyLE Illustr. Bot. Himal. 222. BRITTEN . II, 386. Penzie 32. ScHwnr. Samml. 197 — ra Spare) (ni GCrA. Lt Ind. DI em. rOp. 54. — Com- ma Leni Sena Ba 20. — Disporocarpa pen- tandra AscHERS. in ScHwNr. Beitr. 271. — Thisantha abyssinica Hockst. — Exicc. ScHmp. III, 1599. et ed. Hohenack. 2445. Hamasen: Addichè. 15, XI, 1906. fl. et fr. (n. 300). 175. Crassula alba FoRrsK. descr. fl. aeg. arab. 60. ScHwxr. Samm]. 197.—C. abyssinica Ricn. I, 309. BrIrTEN in OLIv. II, 388. Pexzia 31. EnGLER 231.—0. pubescens R. BR. f. glabrata HocHST. — e vaginata et R. dichotoma HocHsT.—-Exicc. ScHIM Hamasen: Inter Adi-Nefas et a Dai: IX, 1907. fl.(n. 285). XXXV. COMBRETACEAE. (recogn. Lanza). 176. Temaiiaba ea FrEsEN. in Mus. Senckenb. 1837, p. 152 ROTTA 112.—7. hemignosta STEUD. Da confertifoia RicH. loc, cit. — Exice. ScHIMP. IL, 879.0 110 Bogos: In angustiis Sciabab. 27, VII, 1906. fl. (n. 287). Nom. vulg.: > Hamasen: Secus flumen Barresa. ILL, 1906. fr. (n. 288). Nom. vulg.: vaibà — In. valle Maldi. VI, 1906. fl. (n. 286). om. vulg.: uaibà. Stirps variabilis otiomali forma, magnitudine et indumento. In spe- ciminibus e « Sciabab » folia subtus pubescentia; in spe- ciminibus e « Valle Maldi» dense albido-sericea; in spe- ciminibus e « Barresa», quae formam satis distinctam constituunt, folia majora, latiora, glabriuscula; in omnibus apice plus minusve acuminata vel omnino obtusa 177. tg leiocarpa GuiLL. et PERR. Fl. Seneg. tent. I, tab. 65. RicH. I, 269. Lawson in OLIv. II, 418. uc 36. PenziG 32. ScHwNF. Beitr. 24.— Conocar- pus leiocarpa DO. n III, 16.—0. to HocuHsr. —Ezxicc. ScHimP. ed. II Hohenack. (1852), 1 Hamasen: Secus ce ea III, 1906. fl. et di (a 289). Nom. vulg.: han 178. is aa aculeatum Vent. Choix d. pl. 58. Lawson in I, 423. MARTELLI 36. ALmAGIA in PrroTTA 109. SS aculeata DC. Pr. III, 18. RicH. I, 269. SCHWNF. Beitr. 27. PeNZIG 32.—Exicc. ScHIMP. II, 881. Hujus stirpis quam maxime variabilis in collectione nostra formae tres sequentes distingui possunt: a. Forma fruticosa; foliis et floribus coetaneis. Hamasen: Montes Dig-Digta. III, 1906. fl. (n. 290). 179.—b. Forma fruticosa, flores ante folia gerens. Hamasen: Inter Ghinda et Filfil. 28, Vi 4906; H. (n.291). Nom. vulg.: affot. ‘180.—e. Forma sarmentoso-volubilis, fiores ante folia gerens. Hamasen: In valle fluminis Grat-Arbà. 26. IV. 1906. fl. (n. 292). Nom. vule.: caitò. Foliorum forma et ramorum foliif. ac florif. “= sunt notae nullius momenti ob summa variabilitate 181. Combretum trichanthum FrEsEN. in Mus. Senckenb. II, 155. RioÒ. I, 264. Lawsow in OLIv. LI, -491,- Penzio 32. ExcLer 812. ALMAGIA in PrrortA 111. C. Rippellia- i li num RicH. I, 267. ScHwxF. Beitr. 26. - ScHIMP. II, 2); Hamasen: Inter saragà et Filfil. 28,-V, ma fr. (n. 998). Nom. vulg.: abel 182. pnt Sagra RicH. I, 268 et tab. XLIX. Lawson H, . MARTELLI 36. ALMAGTIÀ in ra 111. —_ SU ana ed. II Hohenack. (1852), 6 Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. fr. (n. 294). 183. Combretum Hartmannianum ScHwxr. Beitr. 24 et tab. III, g. A. Lawson in OLIv. II; 431. PeNnzIa 32. Beni-Amer: Inter Agordat et Cheren. 12,V, 1907. fr. (n. 295). XXXVI. LYTHRACEAE (recogn. Mattei). 184. Woodfordia floribunda SaLisB. Parad. Lond. tab. 42. var. abrata HreRx in OLIv. II, 481.—Grislea uniflora RicH. I, 281, et tab. LII. Penzi& 33. ALMAGIÀ in PIROTTA 125. Dembesàn: Ela-Bared. 24, VI, 1906. fl. et fr. (n. 296). XXXVII. CUCURBITACEAE (recogn. Mattei). 185. Momordica aggira HocHsr. ex RicH. I 292. Hook. in : (0) I, 536. CogNniavx in DC. Monogr. Phanerog. III È - 431. MARTELLI 38. PENZIG 33. Aisasrnà i in PIROTTA 128. Hamasen: Filfil. XII, 1906. sine fl. nec fr. (n. 301). 186. Momordica foetida ScHum. in Troyx. PI. Guin. 426. Co- GNIAUX op. cit. 451. ENGLER 406. ALMAGIA in PIROTTA 128. — M.: Morkorra RicH. I, 292 et tab. LIII. Hook in OLIv. II, 538. PeNzIG 33. Hamasen: Filfl. 24, III, 1906. fr. (n. 302). XXXVIII. AIZOACEAE (recogn. Mattei). ; 187. gn Cerviana (L. Sp. 272 sub Pharnaceo) SERINGE in r. I, 8392. RicH. I, 48. ScHwnF. itr. 61 et . — Exicc. Scu. pl. t. Agow. 2157. Beni- Amer: Flumen Sciotel. 3, VIII, 1906. fl. et fr. (n. 303). 188. Glinus lotoides L. Sp. 463. ArmaRrt in Prromra 144. —Mol- lugo hirta TaumB. Pr. Cap. 24. se gra 40.— Mollugo Glinus RicH. I, 48. ScHwxF. Beitr. 61, et Samml. 168. OLIv. II, 590. Penzie 34. i lotoides CLARK. in Hoox. FI. Brit. Ind. II, 662. Beni - Amer: Agordat. DE V, 1907. fl. et fr. (n. 304). XXXIX. UMBELLIFERAE (recogn. Mattei). 189. Pyenoeyela abyssinica HocHsr. ex Rick. I, 333.—P. glauca HrerN in OLiv. III, 8. ENGLER 817. ARMARI in PIROTTA 5 non LinpL. in RoyLE Ill. Himal. PI. 232 et tab. —Exicce. Scam. III, 1534. Haec species i palebia; habitu Scabiosae Columbariae L. , ab aucto- ribus recentioribus pro P. glauca LixpL. habetur. Sed ex descriptione atque icone LINDLEYI, ut recte notavit Ri- CHARD, nostra ab illa differt foliis omnibus radicalibus, Lili. laciniis trifurcato- divaricatis, linearibus, cylin- draceis, acutis nec obtusis; caulibus brevibus, scaposis, aphyllis, puberulis nec hispidis; petalis exterioribus valde majoribus. Qua re species altera, optima videtur. Hamasen: Asmara. 24, XII, 1905. fl. et fr. (n. 327) et 5, X, 1906. fl. et fr. (n. 30 05). 5 190, Pimpinella simensis (Hocusr. sub ZHelosciadio) BENTH. et 00K. Gen. PI. I, 895. HrERN in OLIv. III, 14. ENGLER ‘318.—Sium simense et. S. verr ucosum gi in RIcH. I, 324. ScHwNF. Beitr. 85.—Exicc. ScHIMmP I, Seraè: Zelliman super. (Adi-Barò) IX, 1906. fl. et Pa di 306). 191. Pimpinella hirtella Ricu. I; 328. Scuwxr. Beitr. 85. danni Hierx in OLIv. III, 15. ENGLER 818. su in PrrortA 148; non L. Sp. 264. — =. hirtelleza HocH di . ScHImp. ed. IT Hohenack. Hamasen: Filfil. 26, IV, 1906. fl. (n. 307) Cum exiccato ScamePERi optime convenit, sed minime cam eis P. peregrinae Europae australis. Ab hac differt praecipue caule inferne purpurascente, parce ramoso; foliolis omni- bus non coriaceis, apice angustato-acutis nec subrotundis, impari non trifido, grosse atque regulariter crenato-mucro- natis nec irregulariter duplice dentatis, supremis lanceolatis inciso - serratis minime linearibus; umbellae radiis ad 15 nec ta capillaribus basi non incrassatis , glabrescenti- u ec hirtulis. Ad. nana PENZIG 34 quam valde accedit, sed prae- cipue differt numero umbellae radiorum. 192. Torilis africana (TuuMB. Pr. Cap. 49 sub Caucalide) SPRENG. Pugi , 55 et in ScHoLt. Syst. VI, 486. Rion. I, 332. ScHwxF. Beitr. 85. ENnGLER 323. ARMARI in PIROTTA 148.— Caucalis nera HrerN in OLIv. III, 26; non (L). Curt. FI. Lond. ed. I, fasc. 6, tab. 23.—Exice. ScHImP. ed. Hohenack. A et ed. II: Hohenack. 2036. Hamasen: Asmara. 26, IX, 1906. fl. et fr. (n. 310). —Adi-Ne- fas. X, 1906. fl. et fr. (n.309). — Filfil. 26, IV, 1 (dla ; Seraè: Inter Adi-Barò et Mai Albo. IX, 1906. fr. (n. 311). 193. Anethum graveolens L. Sp. 263. Somwxr. Beitr. 84. Ex- 321. — Perc graveolens BENTH. et HooK. Geni, PL: 1, 919. RN in OLIv. III, 19.-— Anethum se- getum RicH. I, 05 n L. Mant. 219, quod n Ridol- fia segetum iaia —Exicc. ScHImp. III, 1879. Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. fl. 312) Seraè: Zellimàn super. (Adi-Barò) IX, ‘1906, fl. et fr (n. 318). om. vulg.: eilan. XL. RUBIACEAE (recogn. Lanza). 194. Oldenlandia senegalensis (Crax. et ScHLECHT. in Linnaea nega “Satana x Hl sa: fl. et fr. (n. 316). —Ghinda. IL 190%. Het È (n. 3) Beni- ex La valle superiore —< Sciotel. 4, XI, 1906. fl. et fr. (n. 315). 0. senegalensis et O. Schimperi pro speciebus distinckia c censeo non 114 possint haberi. Discrimina ab auctoribus indicata summò- pere levia, incerta et variabilia, et, uti jam monuit AR- MARI loc. cit., saepe in ipso specimine notae unae ac al- terae speciei tributae inveniuntur. 195. Oldenlandia abyssinica (HocWsr. sub Hedyotide et sub Ko- hautia) HtERN in OLIv. III, 57. ENGLER 396. ARMARI i in PiroTTA 151.—Hedyotis abyssinica RicH. I, 363. — H. senegalensis RicH. I, 362, non alior — Exicce. ScHIMP. II . Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. fl. et fr. (n. 317). — Zaulot, versur puteos Maha-bar. IX, 1907. fl. et fr. (n. 318). 196. Oldenlandia corymbosa L. Sp. 119. Hrerx. in Otrv. II, 62. MARTELLI 42. ENGLER 396. ARMARI in PIROTTA 152— n (Kohautia?) ‘pesery HocHsT. ex RicH. I, 362. . ScHimP. III, 152 divo Fi KG. :26,..IV, ri fl. et fr. (n. 819). 197. Randia dumetorum (Rerz.) Lam. Ml. II, 227 et tab. 156, fig. 4. HrerN in OLIv. III, 94. Gardenia dumetorum Rerz. Obs. II, 14. ScHwxF. Beitr. 135 et tab. III, fig. B. Ricz. I, 354. Hamasen: In planitie Salomona. 2, II, 1906. fr. (n. 320). 198, degl sex VAHL Symb. III, 36. Rica. I, 353. HIERN n OLIV. s 148. PENZIG 35. i - 43. reroiang E 24, XI, 1906. fl. (n. 321). 199. Pavetta gardeniaefolia HocwWsr. ex Ricw. I, 353. HrerNn in Otrv. II, sa SCHWNF, Beitr. 138. PevziG. 35. ENGLER 400. ARrMARI in PrrorTA 153. — Exicc. ScHIMP. ed. HE Hohenack. dea; 1141. Bogos: Cheren. 25, VII, 1906. fl. (n. 323). Hamasen: Inter Adi-Nefas et puteos Dorfu. IX, 1907. fl. (n.322). 200. Borreria hebecarpa HocWst. ex Rict. I, 347. ScuwsF. Beitr.134. ARMARI in PIROTTA 153,— Riina acoce hebecar- pa Ouiv. in Trans. Linn. Soc.XXIX, 89. Hrerx in OLIv. II, 26. Rico, ScHmP. ed. II. Hohenack. (1852), 1712. PORRO e ame, 115 Bogos: Cheren. », VIII, 1906. fl. et fr. (n. 324). 201. Pg prgn sapa RicH. I, 348. HreRN in OLIV. I 44. ENGLER 402. Si Tear et torna 29, VIII, 1906. fl. (n. 325). Ann, petra eum, parce ramosum, ramis inferioribus caulem aequantibus. Caalis ramique tetragoni, obtusanguli, in- na elongatis, pilis albis patentibus hirsuti, praecipue in parte superiore. Folia opposita, lanceolata, apice angustata et acuta basi attenuata, utrinque parce pilosa pilis brevibus albis adpressis, supra viridia et sub lente albo-punctata, subtus pallida, margine scabriuscula, nervis subtus prominentibus. S “= e herbaceae in vaginam latam profundam piloso- rsutam connatae, laciniis in quoque latere 5 filiformibus, tas dilatatis, exterioribus brevioribus Flores numerosi, 1 cm. circa longi, in capitulis ses- silibus terminalibus vel axillaribus densis congesti, vagina stipulari foliarum subiectarum paîtim tectis. ycis dentes aequales, lineares, acutissimi, hirsuto- ciliati , corollae tubo dimidio breviores. Corolla coerulea, glabra, inferne anguste tubulosa , superne ampliata in- fundibuliformis, lobis triangularibus acutis. Stamina exerta in sinubus inter corollae lobos inserta. Ovarium subgla- brum; stylus stamina aequans, stigmate bigloboso. — Saepe ad latera capituli capitula duo minora inve- niuntur cum eo quasi confusa, quodque foliis duobus inoribus angustioribus, cum majoribus alternis, praeditum. Nomen si [podematium, huic plantae a RICHARDIO tri- butum Hypoder Di receptum et inter synonima Nephrodii rejectum. Ipse Ri- CHARD posterius (II , 286) genus Orchidearum pariter Hypodematium vocavit, quod est Lissochilus R. BR. . 202. Hypodematium Erythraeae Lanza Nov. spec. Annuum, herbaceum, humile, e basi ramosum, ramis inferioribus (circa 4) canile dimidio vel ultra brevioribus. Caulis ra- mique tetragoni, acutanguli, etna internodiis brevibus, bis ite - pilis al irregulariter patentibus hirsuti Folia opposita, air apice heuvitai acuta, basi parum attennata, supra subglabra, subtus pallidiora sub- hirsuta praesertim ad nervos vix prominentes, margine scaberrima. Stipulae membranaceae, pellucidae, glabrae, in vaginam brevem connatae, laciniis in quoque latere 3, mediana lineari, lateralibus triangularibus multo bre: vioribus. Flores minuti (3 mm. circa longi), 8-10 in capitulis terminalibus et axillaribus sessilibus congesti, foliis plu- rimis densis radiantibus quasi verticillatis cinctis. Calycis dentes 4 sub anthesi subaequales, subtrian- ares, acuti, ciliati, corolla parum breviores; post anthe- sin accrescentes, in fructu valde inaequales. Corolla fla- Vescens ulosa, superne subventricosa, lobis brevibus gulato-alatum, pubescens, superne pilis longis albis rigidis hirsutum. Capsula hirsuta, praecipue in parte superiore. Semina psilliformia, fusca, nitida, granulosa, a latere sulcata, in sulco tenuiter flavescenti- -papillosa; arillo parvo albo, carnoso. —Flores re vera solitari axillares, in glomerulis (potius quam in capitulis veris) congesti ob summam proximitatem folioram axillantium. Hamasen: Asmara. 26, X, 1906. fl. et fr. (n. 326). XLI, DIPSACEAE (recogn. Lanza). 203. Seabiosa Columbaria L. Sp. 99. RicH. I, 368. HrerN in OLIv. «HI, 252. san 404, Dr dive in PIROTTA 234. —Exicc. ScHImP. I, Inter Cheren et ce , VIE, 1906. fl. (n. 329). PAS A Asmara. 2, X, 1906. “g @ 330) XLII. COMPOSITAE (recogn. Mattei). ia Rueppelli (Hocusr. ex Ricu. I, 372 sub Ethulia) font in n Wat Praserge festi Gutenb. 1840, p. 119, tab ; ; me: ScHwxr. Beitr. 150. | 475. OLIV. et HIERN H7 in OLIv. III, 263. ExeLER 413. CHIOVENDA in PiROTTA 453. — Exicc. ScHIMP. sine Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. fl. n fr. (n. 328). 205. Vernonia abyssinica ScuuLTZ ex RicW. I, 379. OLIv. et Hinrx in =; LIV. III, 288. ScHwxr. Beitr. 161. PenziG 38. EN- R 415. CHIovENDA in PIROTTA 164 et 454, — Exicc. Lu di; ne et 389. Hamasen: Asmara. 5, X, 1906. fl. et fr. (n. 329). Specimina haec ab eis ScHIMPERI foliis minoribus, tomentosis, prae- cipue subtus, minute et; regulariter serratis differunt; sed plantae cultae in Horto bot. ili ex horum se- minibus folia multo ampliora ostenderun 206. Vernonia Quartiniana RicH. I, 379. VATKE in Linnaea XXXIX (1875), 477. OLIv. et HreRN in OLIV. III, 287. ENGLER 414. CHIOVENDA in PrroTTA 455. — Linzia vernonioides ScHuLTz ex WALP. . II, 948. Rega ScHImp. I, 5. Seraè: Zelliman super. (Adi- Pers) IX, 1906. fl. (n. 330 Bracteis anthodii minime reflexis, a speciminibus farai tai recedunt. 207. Ageratum conyzoides L. Sp. 839. DC. Pr. V, 108. OLiv et HieRN in OLIV. II, 300. ScHwnF. Beitr. 141. CHIO- VENDA in PrrotTA 456. Hamasen: Sabarguma. III, 1906. fl. et-fr. (n. 332).—Secus flu- men Barresa. III, 1906. fl. et fr. (n. 331). 208. Prearecniaa sapaipenifelia (BLume. Bijdr. 918 sub ula) DC. Pr. V, 372. ScHwNxF. Beitr. 145. VATKE in oi < (1875), 480. OLIv. et HIERN in OLIV. 303. EnGLER 416. CHiovenpa in PiroTTA 166 et 456, —Dicrocephala abyssinica o ex RicH I, 385. —Exice. ScHimp. I, 87 et II, Dembesàn : Az-Teclesan. 31, VII, 1906, fl. (n. 333). Hamasen: Adi-Nefàs. De; 1906. fr. (n. 334). 209, apra abyssinica SCHULTZ ex RicH. I, 383. VATKE in Lin- CuiovenDa in FIRONTA 166.—Exicc. Scanie. Hi 1763. 118 Nomen genericum « Felicia », quamvis recentius, conservandum est Juxta indicem nominum genericorum utique conservando- rum secundum articulum vicesimum regularum nomencla- turae botanicae E Hamasen: Asmara. 26, IX, 1906. A. et fr. (n. 335). — Adi- Nefàs. IX, 1907. fr. Da 36). 210. Psiadia Lean (DC. Pr. V. 323 sub Nidorella) VATKE ter. bot. Zeitschr. XXVII, 196. ENGLER 421. — - P. nun JAUB. et SPacH. Ill SI: or. IV, p. 85, tab. A 352. VATKE in Linnaea XXXIX (1875), 484. OLIV et HieRN in OLIv. 3 319. MARTELLI 45. PENZIG 37. CHiiovenDA in PrroTTA 170. — P. resiniflua (DC. Pr. — 282 sub Baccharide) ScHuLTZ ex ScHwNF. Beitr. —Exicc. ScHIMP. sine n. daria : Zaulot, versus puteos Maha-bar. IX, 1907. fl. et fr. (n. 337). 211. Conyza Hochstetteri ScHuLTZ ex Rica. I, 387. VATKE in Linnaea XXXIX (1875), 484. OLiv. et HIERN in OLIv. so ILL, 312. Penzie 36. ENGLER 418. CHIOVENDA in PrroTTA 3 168 et 457. Erigeron Hochstetteri ScuwNF. Beitr. 147. —Exice. ScHmmp. I, 162. i Dembesàn: Az-Teclesan. 31, VIII, 1906. fl. et fr. (n. 338). i 213. persa strieta WrLL. Sp. III, 1922. OLIv. et HIERN in LIV. IN, 318. MARTELLI 45. PeNnzIG 36. ENGLER 420. DC. Pr. V, 383. -- 0. Schimperi ran ex RicH. 386. VATKE in Linnaea XXXIX (1875), 482. —Erigeron Schimperi ScuwxrF. Beitr. 147. — Ezxice. ScHIMP. pl. . sine n. gow Hamasen: Adi-Nefàs. X, 1906. fl. et fr. (n. 339). È 213.—var. macrorhiza— 0. macrorhiza SCHULTZ ex RicH. I, 387. VATKE in Linnaea XXXIX (1875), 485.— Erigeron macro- rhizon ScHWxF. Beitr.147.— C.Schultzii Hocusr. —Exicc. ScHimp. ed. Hohenack. 2355 et ed. IL Hohenack. 1104. Hamasen: Asmara. 26, IX, 1906. fl. et fr. (n 214. Conyza incana (Vani Symb. I,-72 sub Erigerone) WILLD. T III, 1937. VaTKE in Linnaea XXXIX (1875), 481, % ; K 119 OLiv. et HrerN in OLIv. IÎII, 318. ExGLER 420. CHTO- VENDA in PIroTTA 167 et 458.—C, leucophylla SCHULTZ ex RicH. I, 386. PeNzIG 36. — Erigeron leucophyllus ScHwNF. Beitr. 147.—Exicc. ScHimp. 2354. Hamasen: Asmara. 26, IX, 1906. fl. (n. 341). 215. uni demna (L. Amoen. IV, 289 sub Baccharide) , 450. VATKE in Linnaea XXXIX (1875), 487. dar Pi tranda in OLIv. III, 329. MARTELLI 45. PENZIG 37. EnGLER 422. CHrovENDA in PrrotTA 173 et 462.— Conyza Siaggzona ScHwNF. Beitr. 144. sso baccha- roîdes RicH. I, —Exicc. ScHImP. I, Hamasen: In valle pate IV, 1906. fl. et fr. sn BUI). 216. Filago germanica L. Sp. ed. II, 1311. Ricn. I, 432. Ourv. et HreRN in OLIv. III, 336. ENGLER 422. nei in PIROTTA 174 * è — Filago abyssinica ScauLTZ.—Exie ScnimpP. III, 1913. amasen: Asmara. ‘ne EX, 1906: (1; 949). Specimina depauperata, pumila. 217. Phagnalon nitidum FrEsEN. in Mus. Senck. I, 81 et tab. IV, fig OLIv. et HreRN in OLIv. III, 338. ENGLER 423. CHIOVENDA in PiroTTA 175 et 463.—Ph. abyssinicum ScHuLTZ ex RicH. I, 396. ScHwnF. Beitr. 153.— Ph. hy- poleucum SCHULTZ ex ite loc. cit. — Exicc. ScHIMP. ed. Hohenack. nOi 854, 2 Hamasen: Asmara. 26, IX, 1906. A. et fr. (n. 344). 218. Achyrocline luzuloides (ScHuLTZ ex ScHwNF. Beitr. 149 sub Coni pra VATKE in Oester. bot. Zeitschr. 1875, p.326. , 340. ENGLER 424. CHIOVENDA ea 175 et 463. — Helichrysum luzuloides SCHULTZ. —A. glumacea MARTELLI 46 sue Penzie 35, non OLIV. et HIERN.-- Exicc. ScHmmp. II, 76: a. typiea—Caule elato bu ramoso; o longiusculis an- guste linearibus, acuminatis; anthodiis angustis in cymas laxas corymbosas vel niaicalaa confertis, bracteis exte- rioribus lanceolatis acutis, albidis. Bogos: Inter Cheren et Ela-Bared. 29, VIII, 1905. fl. (n. 345), Dembesàn: Inter Ela-Bared et Az-Teclesan. 31, VIII, 1906 (n. 347). Hamasen: Ghinda. 15, I, 1906. fl. (n. 346). Forma foliis latioribus. 219. — f. alpina Mrar—Caule minus elato, basi parce ramoso vel simplici; foliis breviusculis latioribus, oblongo-linearibus subacutis; anthodiis aliquantulo majoribus, in cymas den- sas i ettormantes confertis, bracteis exterioribus o- bovatis, obtusis stramineis. Hamasen: Asmara. 5, X, 1906. fl. (n. 348). Una cum forma foliis angustioribus. 220. Live lena a ScnuLrz ex Rica. I, 431. et. HrERN in OLrv. III, 342. CHIOvENDA in Pi- Rotta 176. Dembesàn: Az-Teclesan. 31, VIII, 1906. fl. et fr. (n, 349). Ad sequentem valde accedens; differt praecipue involucri bracteis rufis nec pallidis, fere aequalibus. 221. Gnaphalinn luteo-album L. Sp. 856. DC. Pr. VI, 230. Ricn. 430. ScHwxr. Beitr. 149. VarkE in Linnaea XXXIX (1875), 490. OLIv. et Hrern in OLrv. III, 343. ca ExGLER 425. CHIOVENDA in rin "ua Hamasen: Filfil. 24, III, 1906. H. et fr. (n. 3 Specimina a basi ramosissima, caulibus radiatim ie ad e accedentia, sed bracteae pallidiores, valde inaequales w ian 222. Gnaphalium Unionis ScHULTZ ex ScHWwNF, Beitr., 150. Qu et naea XXXIX (1875), 490; non L.-Exicc. ScHimp. II, 1179. Species optima a G. uliginoso L. statim dignoscenda involucri bracteis internis lamina alba, subpetaloidea, angusta, a- i cuta, radiante, ferè ut in Antennaria, stona Hamasen: Adi-Nefàs. X, 1906. fl. et fr. (n. so du speciei formam. elatiorem SA C: ira 121 223. Helichrysum foetidum (L. sub Gnaphalio) Cass. Diet. Se. Nat. XXV, 469. RicH. I, 426. VATKE in Linnaea XXXIX (1875), 492. OLIV. et Hrern in OLIv. III, 352. PrNZIG 36. EnGLER 428. CHIOVENDA in PIROTTA 177. — Gnapha- lium diga xi Sp. 851. ScHwxF Beitr. 148.—Exicc. ScHImp. II, Hamasen: iui 35, XI, 1906. fl. et fr. (n. 354). 224. Pulicaria crispa (Forsk. Fl. Aeg. Arab. 150 sub Astero) BENTH. et Hook. Gen. PI. II, 336. VATKE in Linnaea XXXIX (1875), 494. OLiv. et HrerN in OLIv. III, 366. CHIOVENDA in PrrorTA 179. — Francoeuria crispa Cass. Diet. Sc. Nat. XXXIV, 44. RicH. I, 400. ScHwxr. g. 2 È Hamasen: Filfil. 24, XI, 1906. fl. et fr. (n. 355). A specimine ScHIMPERI nostra differunt foliis latioribus, subspa- thulatis, minime crispulis, glabrescentibus. 225. —var macrocephala Mrrr. Omnino nt in Specie, sed pro ma- gnitudine anthodiorum (duplo majorum) insignis. Hamasen: Filfil. 24, XI, 1906. fl. (n. 356). Cum specie. 226. Pulicaria undulata (L. Mant. 115 sub Inula) DO. Pr. V, ta) 65. MartELLI 46.—var. orientalis (JaUB. et SPACH. mi. pl. or. IV, 65. Borss. FI. or. III, 203 pro.sp.) TERRAC- CIANO in Ann. tti bot. la ‘V, 107. CHIOVENDA in PiroTTA 179.—? var. Ehrenbergii ScawNF. ex PENZIG 37. Mensa: Flumen Tara 26, EV, 1906. fl.. et fr. (n. 357). 227. Pola abyssinica VATKE in Oester. bot. Zeitschr. 1875, p. 327. OLIv. et HrerN in OLiv. III, 377. CH{OVENDA in PrroTTA 182, — Non Wirtgenia abyssinica ScHULTZ:ex Wacp. Rep. VI, 146. Ric®. I, 411, nec Aspilia abyssi- nica (ScHuLTZ) OLIv. et Hierx loc. cit. Hamasen: Ghinda. 29, XII, 1000: fl. (n. 358). 228 dA sapa (ScuuLTZ ex RicH. I, 412 sub Wirtgenia) t HIERN in OLIv. II, 379. MARTELLI 46. CaIo- NENDA in PrrortTA 182. — Exicc. ScHImP. i 1684 et ed. II Hohenack. 1441, 122 Bogos: Cheren. 25, VIII, 1906. fl. et fr. (u. 360). Hamasen: Ghinda, 15 I, 1906. fl. (n. 359). 229. Spilanthes Aemella (L. Sp. 901 sub Verdesina) MuRR. in 34. Hamasen: Asmara. 5, X, 1906. fl. Gli 361). 230. Guizotia a (L. fil. Suppl. 383 sub Polymia) Cass. in Dict. Se. Nat. LIX, 248. VATKE in Linnaea XXXIX Senna 496. OLIv. et HIERN in OLIv. III, 385. —G. o- leifera DC. in Mém. Soc. Genèv. VII, 5. RicH. di 405. ScaWNF. Beitr. 150. — Exicc. SoHIMmP. ed. Hohe- nack. 340. Hamasen: Ghinda. 29, XII, 1905. fl. et fr. (n. 362). — Nom. vulg.: ghelghele. 231. Mierolecane abyssinica (SoHULTZ in Flora 1842, p. 440 sub Chrysanthello) BENTH. et Hook. Gen. pl. II, 384. VaT- l KE in Linnaea XXXIX ds 497. OLIv. et HIFRN in 3 OLrv. III, 386. ExGLER 43 2 Hamasen: Filfil. 26, IX, 1906. o et fr. (n. 364). — Ghinda. 15, I, 1906. fl. et fr. (n. 363 Achenia Der brevi cupuliformi pilvaii nec aristis vel setis coro- | na ribuntur, ut etiam delineata sunt in ENGLER und - “na Hacial: Pieroni: IV,5, p. 240, fig. 118 0., sed specimina nostra setas 2 filitormes, more Voreopatdta, o- stendunt, qua re hoc genus potius in Coreopsidem ipsam includendum puto 232. Coreopsis sp. Hamasen : Adi-Nefàs. X, 1906. fl. et fr. (n. 365). Da sinpata omnes hujus generis in Africa tropica lectae achenia bia- istata habent, nec calva ut in nonnullis speciebus Ame- ricae. Specimen nostrum achenia calva ostendit, qua re vel species nova, vel, ut Galinsoga atque Flaveria, ab America allata, vidéos: sed, dum unicum atque mon- cum esset, duninà mandi 233. Chrysanthellum indieum DC. Pr. V, 631. Deess. Ie. IV, tab. 39. RicH. I, 416. ScHwxF. Beitr. 143. VATKE in Lin- naea XXXIX (1875), 501. HorFrMANN in ENGLER und 3 PranTLIV, 5, p. 244.—C. procumbens OLIV. et HIERN in OLiv. III, 395 atque MARTELLI 47; non PERS. Syn. pl. II, 471, nec DC. Pr. V, 630. — Hinkerhulera Kotschyi SCHULTZ o. in ignore XXIV (1841), 42.—Exice. KoTscHy Teli Nub. Bogos: Cheren. 25, VIII, don fl. et fr. (n. 366). Dembesàn : Ela-Bared. X, 1907. fl. et fr. (n. 367). Mihi dubium manet an haec species afra cum indica includenda denuo Gitai PR FREE DU: ? (Continua). N. B. — Le citazioni di ENGLER senza indicazione di opera si riferiscono alla Hochgebirgsflora des tropischen Afrika , quelle di MARTELLI alla Florula Bogosensis, quelle di OLIveR alla Flora of tropical Africa , quelle di PenziG alle Piante raccolte în un viaggio botanico fra i Bogos ed i Mensa, quelle di PrIROTTA alla Flora della Colonia Eritrea, quelle di RicHARD al Tentamen florae abyssinicae, quelle di DuranD et ScHnz al Conspectus Florae Africae. Le citazioni di ScHWEINFURTH Beitr. e Samml. si riferiscono ai Beitrag zur Flora Aethiopiens e Sammlung arabisch-aethiopischer Pflanzen. Alianza ui te ri Sui principî dell’Atractylis gummifera (Masticogna). separazione, specialmente quando si pensi ai mezzi limitati di cui si può disporre in un laboratorio. Ad ogni modo esse valsero, in base a numerose analisi, a sta- a, naturalmente, l’interesse principale che per me presentava (1) Gazzetta Chimica, Vol. 36 p. 2.* p. 636. idem ( P. 688. (3) Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo. Anno V.-1906, 186, - % FASE 125 questa pianta, riguardava lo studio del principio velenoso, sia dal punto di vista tossicologico, che dal lato della sua costituzione. Per tale ragione, due anni or sono, assieme al Dottor PITINI (1) ne intrapresi la ricerca tossicologica, mettendo a profitto rea- zione trovata dal LE Franc, e che consiste nel trattare ù pre con acido solforico concentrato. In tal modo esso svolge odore di acido Verna ed assume una colorazione violetta. ta colorazione, secondo il LE FRANC, è passeggera, giac- chè dopo qualche ora la massa prende una tinta biancastra opali- na: se poi si eleva la temperatura, anche per poco, o si aggiunge grande eccesso di acido solforico, si carbonizza (2). Solo in seguito, nel vol. 76 dei Comptes Rendus, p. 439, par- lando dell’atrattilina, prodotto di scissione con alcali, dice che l’a- cido solforico concentrato la discioglie, colorandosi in giallo d’oro, colorazione che, sotto l’influenza di una leggera elevazione di tem- peratura, vira al rosso porpora, e, dopo, al bleu-violaceo. Questa reazione, aggiunge, è caratteristica per gli atrattilati e per i f a- trattilati. Invece io ho trovato che la colorazione è stabile, e che riscal- dando con acido solforico, dapprima si ha un liquido rosso-bruno, a potassico, e tale colorazione si conserva intatta per molte ore, senza un lieve accenno a cambiamento di colore. risultati di queste esperienze ci dimostrano che mercé l’aiuto di questa reazione si può sempre constatare la sua presenza ai vomito e nel contenuto gastrico intestinale, mentre si ha risulta negativo Facendo le ricerche sui i singoli organi dando origine ad acido solforico, acido valerianico , una sostanza zuccherina, ed un prodotto di natura acida, che il sudetto autore chiama resina; ed io avendo a disposizione alcuni grammi di prin- bera in questa scissione , come pure a quale classe degli idrati di carbonio appartiene la sostanza zuccherina che si ricava. (1) Gazzetta Chimica, Vol. 37 p. 446. 5 Journal de Pharmacie et de P cheie; 1869. S. IV. t.9 p. 85. 126 Durante queste ricerche ho avuto occasione di trovare altre due reazioni, delle quali una, a secondo il modo di operare , .presenta un comportamento diverso, tanto da sembrare come se fossero due reazioni diverse. n seguito a queste ricerche ho potuto stabilire che nella scis- sione si forma un esoso, che ho caratterizzato sotto forma di osa- zone (1), e che l’acido valerianico è il normale, giacchè esso bolle a 185-186°. Della materia resinosa non è stato possibile occupar- mene, giacché aspetto di potere intraprendere lo studio appena ne avrò a disposizione una discreta quantità, che attualmente ho in corso di estrazione. Scissione del veleno. rammi 10 di principio attivo furono sospesi in gr. 100 di a- cido solforico, in soluzione doppio-normale, e poscia la massa fu posta a b. m. bollente; dopo circa venti minuti il liquido si intor- massa amorfa. Il liquido fu separato per decantazione, e posto in Così avevo un liquido etereo, che conteneva la maggior parte dell'acido valerianico, un residuo solido, che fu messo da parte, ed un liquido acquoso acido, riducente, nel quale dovevo carat- terizzare l’idrato di carbonio. nuovamente con etere, il quale, dopo averlo seccato con solfato di anidro, fu distillato frazionatamente. — : (1) Come feci rilevare nella mia prima nota, per ebollizione del principio attivo con HCI. D. 1,10 si formano piccole quantità di fur- furolo, 127 o avere scacciato il solvente, passarono alcune gocce di a- cido valerianico bollente a 185-186°, punto d’ebollizione dell’acido normale. Idrato di carbonio. — Al liquido acquoso acido si e acqua di barite, fino a reazione neutra e tal modo si separò il solfato di bario, che dopo riposo venne filtrato. Il liquido, di color rossastro, fu quindi evaporato nel vuoto, fino a piccolo volume, ed il residuo si pose nel vuoto su acido solforico, fino a che assunse consistenza sciropposa. o scopo di separare l’idrato di carbonio da piccole quantità di sali che ancora vi erano, trattai, nella stessa capsulina, con qualche pezzettino di ghiaccio e filtrai; poscia evaporai il filtrato mante- nendolo nuovamente nel vuoto su acido solforico. Si ottenne così uno sciroppo, lievemente colorato in rossastro, fortemente riducente a caldo. Una porzione di esso fu sciolta in 5 poca acqua, ed acidificata con acido aceti ico; poscia vi aggiunsi un i eccesso di sabiciond di acetato di fenilidrazina e ri ai a b. m. Dopo circa un’ora, per sfregamento delle pareti del tubo, cominciò a separarsi l’osazone cristallizzato. Il prodotto, raccolto e lavato abbondantemente, dopo cristallizzazione dall’alcool, si ebbe in aghetti gialli, che fondono a 204-205°. Si tratta quindi del f glucosazone. Le analisi diedero uo: concordanti con la formola : CO NNHO) gr. 0. 0970 di Nea cMaltero ce. 13.5 di azoto alla temperatura di 22° ed alla pressione di 749 mm. (corretta). Trovato N °/, 15.87 Calcolato 15.64. Nuove reazioni. Il veleno dell’ Atractylis gummifera oltre che colla reazione del Le FRANC, può ricercarsi anche con altre da me scoperte, molto più sensibili e più pronte 1). Il reattivo consiste in acido solforico concentrato, contenente qualche goccia di soluzione di formaldeide, e poi ac e ad un cristalluzzo di sostanza si aggiungono gocce di reattivo, si nota da principio odore di acido valerianico, e la massa si colora semplicemente in lo. ora si iunge goccia di acqua, in modo che il contatto dei due liquidi avvenga lentamente, non appena essi si incontrano, a forma di raggio e solo nel punto in cui si pratica la reazione, appare immediatamente una bellissima colorazione azzurra intensa; per nuova aggiunta di acqua 128 tutta la massa piglia lo stesso colore, e diluendo con parecchi cen- timetri cubi di acqua si ha un liquido limpido, colorato in azzurro, che si mantiene inalterato per diversi giorni. Per trattamento con alcali la colorazione scompare, per ricomparire per acidificazione. soluzione, osservata allo spettroscopio dà un indebolimento pifi nella 0 più rifrangibile, e non si può notare sistenza di una vera banda di assorbimento. one può ra anche in altro modo, cioè aggiungen- do Li dra solforico, e poscia qualche goccia di soluzione di for- maldeide, ma è sempre da preferirsi la prima maniera, perché rie- sce più caratteristica però la reazione si conduce in modo inverso, allora il veleno della masticogna può riuscire un reattivo squisito per la formaldeide. traccia di sostanza si tratta con alcune goccie di acido solforico concentrato, e poscia vi si aggiunge una o due gocce d’acqua, che contiene piccolissime quantità di formaldeide. Allora, nei punti di contatto, dopo qualche secondo , appare una bella colorazione variopinta, in zone distinguibili, violetto lilla, azzurro sbiadito e rosso, che va sempre più rinforzando. A parità di condizioni, ag- giungendo solo acqua, si ha semplicemente colorazione giallognola e solo dopo circa mezz'ora compare una debole colorazione violetta. Come già dissi, questa reazione può utilizzarsi per rintracciare pc Aagaa quantità di formaldeide; basti il dire che io ed altri iamo potuto notare la presenza della formaldeide in un litro dI che conteneva solamente tre gocce di soluzione di formalina del commercio (40 °|;). A tale diluizione altri metodi falliscono. In proposito accennerò alla speranza di potere utilizzare que- sta VI per ricercare la formaldeide nelle piante. ntemporaneamente furono istituite. delle prove con alcune aldeidi grasse (etilica, propilica, valerianica, enantica, glicerica, e poi il glucosio) ma si ebbero reazioni negative : solamente nel caso delle ultime due si ebbe un accenno di colorazione rosea. Il reattivo (acido solforico e formaldeide), com'è noto, si presta anche per la ricerca della codeina e della morfina , però, oltre al fatto che il veleno dell’Atractylis nelle ricerche iui calaaiihe si cerca su porzione dell’estratto alcoolico, dopo averlo alquanto de- purato, la colorazione dei detti alcaloidi appare in assenza di acqua, giacché la colorazione che si forma non è stabile quando si diluisca la 2) Oltre a questa iso, mi è stato mi trovarne un’al- tra, non inferiore per sensibilità e per bellezza. I Io ho trovato che alcune aldeidi aromatiche, che avevo a mia O e che contengono nella loro molecola un ossidrile libero o eterificato, quando in soluzione acquosa vengono aggiunte alla so- luzione solforica del principio attivo, danno origine ad una splendida colorazione rosso - fucsina, che, variando la concentrazione, può assumere colorazione rosso- ‘abbeimipiià, o rossa con tendenza un po’ al violetto. Diluendo con acqua si hanno delle soluzioni colorate ; per ag- giunta di alcali la colorazione sparisce, per ricomparire acidificando. o provato il piperonalio, la vanillina, l’acido opianico, l’aldeide p. veli le sole che avevo a mia disposizione, e tutte danno nettami a reazione e lo stesso comportamento. erò, oltre a queste, operando nelle stesse condizioni, ho os- servato da la danno il furfurolo , l’ aldeide cinnamica, 1’ aldeide salicilica, ma le colorazioni di queste ultime due non sono stabili alla aan con acqua. on è improbabile che la reazione opportunamente applicata, possa riuscire utile nella ricerca delle ossi-aldeidi aromatiche, giac- ché quelle provate, anche in miscuglio con altre sostanze, danno sempre, ed in maniera sicura, la reazion a soluzione colorata ottenuta con l’aldeide p. ossibenzoica fu sottoposta all’esame spettroscopico : con soluzioni debolissime si 0s- serva solo indebolimento di tutto lo spettro. on soluzione più concentrata si osserva una banda nel verde nettamente veri la posizione dell’asse corrisponde alla lunghez- za d’onda U. A. D- i nota che, mentre la reazione del LE FRANC e quella della formaldeide si ottengono soltanto sul principio attivo che non ha subito processo di idrolisi, quest’ultima reazione si osserva an che nettamente nel prodotto di scissione ottenuto dal trattamento del veleno con acido solforico diluito. iò lascia sperare che essa permette di potere riscontrare o prodotto tossico anche negli organi, nei quali colle altre due ni precedenti non era possibile di riscontrarlo, ciò che mi ri- devi di fare in seguito. Queste reazioni da me scoperte assieme a quella del Le FRANC permettono ormai di riscontrare questo veleno anche in quantità minime, e ciò è interessante, specialmente quando si pensi che, scor- rendo Ù letteratura di questa pianta, si riscontrano molti casi di avvelenamento o accidentali, o forse dolosi, e che finoggi sono ri- masti impuniti per mancanza di metodi di ricerca. Prima di chiudere questa nota, sento vivissimo il dovere di ringraziare l’illustre Prof. GUARESCHI che gentilmente mise a mia disposizione i volumi IX e X, serie IV, anno 1869 del Journal de Pharmacie et de Chemie°, che non m’era stato possibile avere prima; ciò mi permise di rendermi esatto conto delle complete ri- cerche fatte da Le FRANC, giacché la letteratura da me raccolta nella LR memoria era veg) soltanto ai riassunti che si tro- vano nel gi di ERDMANN (Journal fiir praktische chemie, anno 1860, N. Di e nel ni « Die Glykoside » del D." I. I. L. van Rux ed alle due memorie dei Comptes Rendus N. 67 e 76. (Lavoro eseguito nel Laboratorio di Chimica Farmaceutica della R. iversità. Palermo Un F. ANGELICO. Acacie africane a spine mirmecodiate. L'esistenza di specie del genere Acacia, con ispine adattate a tue ilio di formiche, fu scoperta dal BELT (1) nel ro SMITH Sa n: un adattamento analogo in una Acac dell'Africa del Sud. n precedenza lo ScHWEINFURTH (3) aveva notato l’esistenza iui regione del Nilo di una Acacia a spine e- normemente ingrossate alla base, cave, e con un foro permettente il passaggio di piccoli animali : egli però ritenne che queste spine fossero la dimora di larve di insetti, che le perforassero al momento della loro uscita, come generalmente avviene nelle galle: egli non accenna affatto a possibili relazioni con formiche, e distingue la pianta a spine ingrossate come specie a parte, chiamandola Acacia Fistula. L’OLIVER (4) poi, seguito dalla pluralità degli autori, riu- nisce specificamente questa Acacia alla Acacia Seyal, aggiungendo: « The stipular spines are very subject to a monstrous dilatation at the base, awing to insect purcture ». Il DELPINO (5) tuttavia, pa. (1) BeLT T., The naturalist în Nicaragua. 1804. p. 218. @ ; (5) DeLPINO F., pighia. Vol. II. 1889. p ragonando la forma di queste spine a quella di altre Acacie a spine | mirmecodiate, ritiene che non si tratti di larve di insetti, ma bensì di un vero adattamento a formiche. Recentemente debbo alla cor- tesia del Prof. EmERY la segnalazione di un altro caso di Acacia a spine mirmecodiate, esistente nell'Africa orientale: fu descritto dallo svedese SsòstEDT (1) per l’Acacia zanzibarica, ma non co- nosco il lavoro originale. n somigliante caso di Acacia a spine mirmecodiate ho avuto testé occasione di esaminare, rivedendo il materiale botanico rac- colto nel Benadir dal MacaLuSso. Si tratta di alcuni rametti di una Acacia rinvenuta a — sulle dune, di determinazione impossi- bile per mancanza di fiori e di frutti. Presenta coppie di pi normali, aghiformi, e circa due centimetri, e, ad intervalli coppie di spine straordinariamente ingrossate, lunghe 8 a 9 centi- metri, con un diametro massimo di oltre due centimetri. Queste spine sono in forma di corno, differendo in ciò da quelle descritte dallo ScHWEINFURTA, che sono sferiche alla base e bruscamente ristrette in ispina Hide: una sola delle due comunica con l’esterno, per un piccolo e rotondo foro, ma entrambe comunicano fra loro per una piccola apertura interna: quella presentante il foro d’en- trata presenta una cavità unica, mentre l’altra, per solito (non sem- pre), presenta un tramezzo che la suddivide in due celette, le quali tuttavia comunicano fra loro mediante un piccolo foro praticato nel tramezzo stesso. Così questo domicilio di formiche è suddiviso in tre camere bene distinte. Ciò fa ritenere che le spine normal- mente non sieno cave, ma che le formiche stesse ne scavino le ; celette adibite a loro abitazione; resta però sempre dubbia la loro prima origine, cioé se sieno SERIA prodotte dalla pianta così ossate, o se il loro esagerato sviluppo sia dovuto a stimoli pra- ticati dalle formiche stesse. Nel primo caso sarebbe giustificato tene- re specificamente distinte le piante fornite di un tale adattamento, i mentre ciò non si potrebbe fare, qualora risultasse vera la seconda ipotesi. Nelle specie americane a spine mirmecodiate, come risulta an- che da. colture qui eseguite con semi provenienti dal Messico, le spine si presentano costantemente assai ingrossate, e piene di tes- suto leggerissimo, in modo che alle formiche riesce agevole il ri- (1) SsésreDpr A. —_—- und Ameisen auf den Ostafri- kanischen Steppen. In Wissensc, h. Ergebn. d. Schwedeschen Zool. Exp. nach d. Kilimandjaro. 1908, durle a cavità abitabile. Anche una specie del Sud - Africa, cioè l’Acacia horrida, che ritengo pure mirmecofila, ha ica spine enormi, lunghe 10 centimetri e più, imflate, ripiene di tes- suto midolloso : anzi in queste spine si ha superiormente, verso la ase, un’area allungata, meno ispessita, che forse si presta per co- stituire il foro di entrata. Nella specie del Benadir invece, di cui sto trattando, si hanno iena ad intervalli, spine sottili e spine mirmecodiate, come nell’Acacia Fistula: ciò potrebbe in- dicare una loro origine non pra ma provocata dalle formiche stesse. ? In una delle spine da me avute in esame si conservavano an- cora alcune spoglie di formiche, le quali furono riconosciute dal rof. EMERY appartenenti alla specie Orematogaster Chiarinii, EMERY, specie comune in Somalia, già rinvenuta dallo SJòstEDT nelle spine di Acacia zanzibarica. Come è noto, anche al Nicara- gua il BELT osservò una specie di Crematogaster ere - le ‘spine di Acacia cornigera, ed il DELPINO (1) pure, a Bologna, tenne perforate da un Crematogaster alcune spine della n Acacia. Pare adunque che le specie del genere Crematogaster, di preferenza ad altre formiche, si adattino ai domicilii delle spine di cacia: in realtà una specie indigena, il Crematogaster scutella- ris v scava analoghi nidi nelle corteccie sugherose di Quercus Sub G. E. MATTEI. (1) DeLPIno F., Funzione mirmecofila nel Regno Vegetale. Part II. In Memorie della R. Accademia delle Scienze dell'Istituto di Bo- logna. Ser. IV. Tom. X. 1889. p. 122. (2) Emery C., Le formiche e gli alberi in Italia. In CA Ann. VI. n. 19-20. 1908. p. 158.— MarTEI G. E., Le formiche e le piante. In Bollettino della Società Orticola di Mutuo Soccorso in Palermo. Ann. VII. n. T, 1909. p.:9, Rassegna della Stampa Coloniale Agraria. Altre notizie sul Fieus elastica.—Nella rivista Le Caout- chouc et la Gutta-Percha si sta pubblicando un importante studio sul Ficus elastica, elaborato da GIORGIO VERNET (1), addetto al- l’Istituto Pasteur di Natrang, nell’ Annam, nel quale studio sono riportati numerosi dati statistici dei risultati ottenuti in Indo-Cina. Siccome la coltura di quest’albero interessa anche la fessore Borzi (2), crediamo opportuno darne un sunto, che può servire quale confronto con i risultati ottenuti a Palermo. Il VERNET nota che non é possibile fare un paragone fra il Ficus elastica e l' Hevea brasiliensis, essendo quest’ultima l’es- senza a Caoutchouc più preziosa dei paesi caldi: tuttavia il Ficus elastica non è trascurabile, potendo vivere in regioni temperate, ove l’Hevea non cresce : devesi infatti considerare che se un paese non (1) VernEr G., Efude général sur le Ficus elastica. In Le Caout- chouc et la Gutta-Percha. 6. Ann. 1909. n. 60 et seg. (2) Borzi A., Studii ed esperienze sulla coltura del Fico da gom- ma elastica in Sicilia. In Bollettino del R. Orto Botanico di TMO. Vol. IV. 1905. p. 59 e p. 155. Vol. V. 1906. p. 51. Consultasi ancora: Bollettino Ufficiale del Ministero di Agricoltura, 1906 ed Atti del Con- gresso Agrario Nazionale în Catania. 1907. p. 468, è punto del Ficus elastica in quelle regioni in cui, per altitudine o per latitudine, non può essere coltivata 1’ e- vea. E questo fu pure detto per la Sicilia. n seguiremo il VERNET nella minuziosa descrizione che pre- senta, del Ficus elastica, per non ripetere cose già da noi rias- sunte. roviamo invece assai importante lo studio dei laticiferi di Ficus pei potendosene ritrarre qualche norma pratica circa il modo ed il tempo di estrarne il latice. I vasi laticiferi in questa specie sono sa sotto l'epidermide e più propriamente nella scorza e nel libro : essi corrono paralleli fra loro, nel senso longi- tudinale del tronco, senza mostrare alcuna traccia di anostomosi : sono per solito contornati da fasci fibrosi assai resistenti. Ne de- riva che, per estrarre il latice, le incisioni nella scorza del tronco debbono essere profonde in modo che intacchino anche il libro e debbono venir eseguite con abbastanza forza e con istrumenti suf- ficientemente taglienti per recidere i fasci fibrosi che contornano i latici feri stessi. Avviene poi che, non essendo i laticiferi anasto- mizzati e trovandosi paralleli per tutta la lunghezza del tronco, quando, con le incisioni, sono recisi, si vnotono prontamente di tutto il latice che contenevano e non sono più capaci di produrne di nuovo, ma momentaneamente si riempiono, per potere osmotico di un liquido acquoso, privo affatto di Caoutchouc: ciò rende inutile la pratica di frequenti, successive, incisioni in una stessa regione ‘del tronco. Infatti dopo recisi i laticiferi, non è più possibile una ina autosutura, ma succede la cicatrizzazione delle loro estrem gliate, interrompendosi definitivamente ogni comunicazione la loro parte superiore e quella inferiore, cioè diventano inutilizzabili per la pianta. Per rimpiazzare quindi i laticiferi recisi la pian deve svilupparne di va ma questi, solo dopo qualche — possono essere pronti e i di latice : è quindi necessario man- . tenere una distanza dae lunga, fra i periodi di incisione di uno stesso albero. Si osserva ancora frequente il caso che nei oi) poco sopra al luogo ove la scorza fu incisa, si sviluppan ici avventizie, le quali raggiungendo prontamente il suolo; ri- Imera: in pr breve tempo i rapporti fra la parte superiore del tronco ed il terreno, ui un sistema posi di lati- ciferi. x » I vasi laticiferi dei rami sono invece affatto indipendenti da quelli del tronco, di modo che è è possibile ricavarne latice, anche come un individuo a sè, che riceve dal tronco solo l’acqua ed i principi necessarii al suo sviluppo. Infatti i rami emettono sovente radici avventizie, le quali, raggiunto il suolo, stabiliscono una diretta comunicazione con il terreno : mercè queste radici, che tengono il luogo di nuovi tronchi, i rami facilmente si possono rendere indi- pendenti, sopprimendo ogni comunicazione con il tronco primario. iguardo poi alle esigenze del Ficus elastica con il clima e con il terreno, il VENRET riporta tabelle statistiche dimostranti la quantità annua e mensile di precipitazioni acquee nelle diverse lo- calità dell’Indo-Cina, ove trovansene estese colture. Colà le preci- pitazioni variano da mm. 1281.2 a mm. 2588,6, con un periodo di siccità variante da 2 a 6 mesi. otiamo che in Sicilia le precipitazioni sono più scarse, cioè in media di soli mm. 779.4, ma qui nei giardini si Reppiace con l'irrigazione alla loro deficenza: il periodo però di siccità è circa uguale, potendosi calcolare a Palermo di 4 a 5 mesi circa, di cui due con quasi assoluta mancanza di pioggie. In Indo-Cina il Ficus elastica dimostra di adattarsi a qual- siasi terreno, dipendendo forse questa sua indifferenza dal fatto che passa la sua prima età allo stato epifitico: pare però cresca più rapidamente in terreno argilloso, profondo : esige sempre gran quantità di sostanze organiche, cui erasi abituato durante la sua vita epifitica. uesto scopo si praticano copiose Sr tre specialmente con concime cn due o tre volte all’anno, nella proporzione di circa 20 chilogrammi per volta e per pi Senza queste concimazioni lo siuipo degli alberi sarebbe debole e lento, e di conseguenza anche il loro reddito assai scarso. La moltiplicazione del Ficus elastica, in Indo-Cina, viene ef- fettuata, come altrove, per talee, per margotte e per seminagioni. Le seminagioni si eseguiscono sopra sabbia finissima, senza inter- rare il seme, o meglio sopra muschio, entro chassis mantenuti a temperatura abbastanza elevata: i semi nascono irregolarmente, : solo dopo oHta mesi sono pronte ad essere collocate a a stabile, ma è preferibile attendere il secondo anno, se sono destinate a regioni boschive. in rag sono le notizie più importanti che il VERNET va esponendo relativamente al Ficus elastica. Quando avremo il se- guito di detto studio, ne continueremo la recensione. * * E Il Fieus elastica a Giava—Da un rapporto del KERBERT, riassunto nel Journal d’Agricolture Tropicale (1), rileviamo interes- santi dettagli sulla coltura del Ficus elastica a Giava. Questi hanno una particolare importanza dopo che alcune Società della Malesia, attendenti alla coltura delle piante a Caov utchoue, avevano manife- stati dubbi sul reale valore del F'icus elastica in confronto con l’Hevea brasiliensis. È vero che in alcune piantagioni il Ficus e- lastica, collocato forse troppo rado, ha dato risultati inferiori a quelli ottenuti nelle attigue piantagioni di Hevea, ma non dobbiamo dimenticare che il Ficus elastica è di molto a rustico dell’ Mevea, resiste meglio agli insetti ed alle malattie, è più vigoroso, e si a- datta a regioni sto elevate o più temperate di fueco cui può ere- scere l’Hevea, è più facile ad essere inciso e viv e più a lungo; tutte queste qualità, in molti luoghi lo near preferibile all’ He- vea stessa. Inoltre la qualità del suo Caoutchone può rivaleggiare con quello del Parà, come lo provano i prezzi che va raggiungendo sui mercati. Forse però il Fi icus elastica si può mostrare alquanto deficente per il quantitativo di produzione, ma anche a questo ri- guardo é facile ottenere serii miglioramenti, utilizzando, per le fu- ture piantagioni, soli semi o margotte ricavati da quegli individui riconosciuti più produttivi: sappiamo infatti che, forse con mag- giore divergenza di quanto succede in altre piante, nel Ficws ela - stica si hanno individui quasi privi di caoutchouc, ed altri che ne contengono in grande abbondanza: ora una selezione sopra questi ultimi individui dovrebbe dare ottimi risultati. Ciò premesso, riferendoci ad una recente piantagione istituita a Giava, e precisamente a Bandjaran, della vastità di oltre mille ettari, troviamo essere colà il Ficus elastica stato collocato in quin- itato; a 7 metri di intervallo, mentre nelle prime piantagioni i ini- ziate a Giava era tenuta, fra un albero e l’altro, di metri, ciò che rendeva minimo il numero na a capienti in un (1) Kant trà Pics elasti ntation de Bandjaran. In page Tropical > DI. 1909. p. Al 4 ettaro di terreno. La località di Bandjaran è prossima al mare, su un suolo vulcanico, rosso, mobile, di facile lavorazione ; le preci- pitazioni acquee vi raggiungono annualmente i 3500 mi ini Gli alberi costituenti questa piantagione variano alquanto fra loro, a- vendo alcuni la scorza bianco grigiastra, ed altri color marrone ; inoltre parecchi presentano un particolare aspetto avendo i ram affatto penduli. Manca però ogni notizia per sapere se a queste varianti corrispondono pure diversità nell’accrescimento o nella pro- duzione Relativamente alla questione se nell’inizio delle piantagioni sieno preferibili piante da seme o margotte, il KERBERT, confron- tando gli uni e gli altri, nota che i migliori alberi per grandezza e per elenganza di portamento provengono da seme: tuttavia crede si debbano preferire le margotte, sia perchè costano meno, vedendosi a Giava un Ficus elastica di seme, alto un metro, 12 centesimi mentre uno di margotta, alto fino m. 1,50 si vende soli 2 cente- simi. Inoltre le giovani piantagioni eseguite con margotte sono meno alla portata degli erbivori e si ramificano più LORI appor- tando più presto l’ombreggiatura del terreno: in pari tempo le loro ramificazioni sono più rade, ciò che permette di dare all’albero una forma più regolare, ottenendosi una maggiore facilità di incisione. Infine con le margotte si ottengono piantagioni più uniformi. e piantagioni furono iniziate con individui dell’altezza di 75 centimetri ad. un metro, tolti dalle pepiniere: ad ognuno fu lasciato un tratto di radice di almeno 60 centi metri, e questa con un poco di terra venne conservata avvolta da foglie di banano fino al mo- mento della piantagione. Dopo piantato ciascun Ficus, fu ricoperto il suolo attorno al suo > piede, con er per impedire il disseccamento del terreno. Nei primi due anni l permisero colture intercalari di piante elevate, per parent nu delle erbe, e principalmente as ee (Imperata arundinacea). Si ebbe poi cura di lasciare i tronchi nudi fino all’altezza da in quelli da margotte : i primi pare sviluppino in quantità radici aeree ed i secondi molto meno. Circa al sesto anno le loro chiome erano abbastanza larghe da toccarsi scambievolmente, di modo che tutto il terreno ne restò ombreggiato. Nel 1907 poi furono incisi, a Bandjaran, per la prima volta, molti alberi dell’età da cinque a sei anni, e diedero una media di 200 grammi di gomma ognuno, la quale fu trovata contenere 1’84 | per cento di Caoutchouc e solo il 10 per cento di resine. Questi 2 23° dh; landi 139 risultati dimostrano che detta PRA trovasi in condizioni fa- voreyolissime, avendo il ROMBURGH, icus elastica di eguale età ottenuto appena 13 grammi di Caou suite ognun * sE Stato attuale lata produzione del Caoutehoue di Guayule— L’India Rubber d porta alcune interessanti notizie sulla pro- duzione del G eo) , ed anche il MassELON (1) ne riferisce estesamente. Riassumiamo quindi queste notizie, trattandosi di ar- gomento che interessa direttamente la Sicilia, ove il Guayule (Par- henium argentatum) potrebbe essere coltivato con profitto. In realtà impresa, ed alla competenza delle persone poste a capo di questa ndustria. In nessun altro paese la produzione del Caoutchouc ha raggiunto un grado tanto alto: infatti nel 1907 furono esportati dal Messico oltre cinque milioni di chilogrammi di Caoutchouc di Guayule, e nel solo primo semestre del 1908 ne erano già stati esportati oltre tre milioni. Ciò dimostra l’importanza della produzione del Guayule. Una sola società di exploîtation ha pagato n proprietario un mi- lione e mezzo di franchi per tutta la produzione del Guayule nei suoi dominii, a patto di eseguirne la raccolta solo man o che lo esigano le richieste. E di questi contratti ne furono fatti parecchi altri, con altri proprietari In tal modo le Società. essendosi assicurato il diritto di rac- colta per grandi estensioni dove cresce il Guayule, non sono ob- bligate ad affrettarne la preparazione e la vendita, ma possono at- tendere il momento in cui: la produzione andrà diminuendo, e di conseguenza ottenere migliori prezzi. Infatti il Caoutchouc di Guayule, r certe sue speciali particolarità, è preferito in alcune industrie a quello di altre piante, ed essendo divenuto di uso comune, = tinuerà a venire richiesto. anche quando la produzione naturale Messico andrà esauriendosi Dal Bulletin dii de Bruxelles poi rileviamo che il va- lore attuale del Caoutchouc di Guayule è di franchi 4.80 a 5.20 (1) MasseLox E., Etat de la production du agro Giigipule Îo La: Quiseaine Golontale. XII Ann. n. 3. 1909. 100, 140 per chilogramma: allo stato grezzo, e di franchi 8.50 a 9 per chi- logramma allo stato purificato. Però pare che siasi ora trovato colà un metodo facile e poco costoso per depurare. il Caoutchouc di Guayule durante la sua estrazione dalla pianta. Se ciò è esatto, l’utile per i produttori sarebbe raddoppiato, vendendosi ora detto Caoutchouc quasi unicamente allo stato grezzo. Ad ogni modo il mantenersi i prezzi del Guayule elevati, mentre quelli di altre piante a Caoutchouc subiscono spaventevoli ribassi, dà buon affidamento per l'avvenire di queste colture, aa Ancora sull’anatomia del Guayule.—Mentre il Ross(1)pub- blicava un —. studio sull’anatomia del Parthenium argen- tatum, di c lamo tenuto parola in un precedente numero di questo Potletino, il LLoyD (2) presentava al Congresso del Caoutchouc, una memoria sul medesimo argomento, frutto di ricerche eseguite all'Istituto CARNEGIE di Washington. I risultati concordano pienamente, e confermano le precedenti scarse osserva- zioni di FRON ed FraNCOIS (3) e di ENDLICH (4). ‘Mentre nelle altre piante a Caoutchouc questa sostanza tro- vasi disciolta nel latice, e quindi limitata al sistema dei laticiferi, nel Guayule trovasi disciolta nel succo cellulare, e aa in tutte le cellule del tessuto fondamentale, ossia del midollo, dei raggi midollari, della corteccia primaria e del penna legnoso: e abbondano il fusto e le radici, mentre trovasi assai scarso e quasi manca nelle foglie e nelle infiorescenze. I nai secretori invece , che si trovano numerosissimi nelle piante di Guayule, contengono un olio essenziale ed una resina, ma mancano affatto di Caoutchouc. Importante è la constatazione via le piante di Guayule (1) Ross H., Der anatomische Bau der merikanischen Kautschulk- planze Guayule. In Berichte der Deutischen Botanische Gesellschaft. Band XXVI. 1908. n. 3. p. 248. (2) WRIGHT H.; Le Guayule. In Le Caoutchouc et la Gutta-Per- cha. Hide. i DI 1909. p. 2584. (3) FroN et FrancoIS, Le Guayule, plante a Caoutchouc si Me- xique. A LE pratique des pays chauds. 1. 1901. p. 74) et S., Caoutchouc de Guayule. In Journal d' Agriculture Tropicale. V. Ann. n. 54. 1905. p. 368. zi 141 cresciute in terreni acidi sono ricche di Caoutchouc, mentre quelle allevate con abbondanti irrigazioni ne scarseggiano, Pere però le resine sempre. abbondanti tanto nelle une che nelle altre. Ciò dimostra che non esiste alcuna relazione fisiologica fra la produzione delle resine e quella del Caoutchouc : resterebbe così confermata l'opinione di HARRIES, che il Caoutchouc sia un prodotto di tra- sformazione degli zuccheri. L'autore poi ritiene che nel Guayule abbia l’ufficio biologico di costituire una copertura impermeabile, per trattenere più a lungo l’acqua nella pianta, e ciò è probabile. Non siamo però d’accordo questo Orto Botanico, piantine di Guayule incominciarono a fiorire al secondo anno, raggiungendo l’altezza di cinquanta centimetri, e continuano a svilupparsi rapidamente. D'altra parte osservazioni di altri autori, sulle colture istituite al Messico, mostrano nel Guayule uno SRI ben più rapido di quanto credevasi da principio. Il LaBROY (1) infatti riporta l’opinione dei fratelli EscoBAR, direttori della Stazione agraria di Ciudad Juarez, i quali, in n ad e- sperimenti fatti, assicurano che le piante di seme di Guayule pos- sono dare prodotto fino dal terzo anno, e riporta altresi l'onisione ll’Ing. ELAFOD, easpert nell industria del Guayule, il im Caoutchouc. Se analoghi risultati si sono ottenuti nelle colture Hevea, che impiega molti anni prima di fiorire, ciò sarà tanto più facile in quelle uayule, che incomincia a fiorire al secondo anno. Tuttavia, anche senza queste selezioni!, riteniamo che la coltura di questa specie possa dare buoni risultati. * * E Il Caoutchone di Cryptostegia grandiflora.—Con il (1) LaBRoY O., La situation du pg In Journal Aprica ture Tropicale. VII. Ann. n. 86. 1908. p ; 142 nome di Lombiro si conosceva fin qui una liana del Madagascar, iden- tificata per la Cryptostegia madagascariensis, Boy. Ora, in seguito a ricco materiale raccolto in detta isola, risulta che lo stesso nome viene dato colà a due specie diverse, cioè, nel nord-owest dell’isola, alla vera Cr. madagascariensis, Boy. e nel sud-owest alla Cr. grandiflora, R. Br., specie che credevasi non crescesse al Mada- gascar, ma che al contrario risulta esservi comunissima. Questa constatazione è dovuta a COSTANTIN et GALLAUD (1) eda JUMELLE(2): ne risulta che gran parte di Caoutchouc di Lombiro, massime quello proveniente da Fort - Dauphin, deriva dalla Crypt. grandiflora. Questa specie non si conosceva allo stato selvatico,ma solo coltivata, cerca era stata iniziata nelle Indie per utilizzarla come pianta a Caoutchouc (3), e con buoni risultati: infatti i saggi di coagulato ottenuti mostrarono di contenere, allo stato —° fino 89. 5 per cento di Caoutchouc, e solo 7.9 cento di r : furono quo- tati franchi 9.60 per dialoga Porn suine poi il JUMELLE ha eseguito nuove analisi sui saggi provenienti dal Malagascar, trovando 88.36 per cento di Caoutchouc, con 10.58 per cento di resine. Quindi questa liana devesi considerare come una buona specie per la produzione del Caoutchouc, tanto più che i suoi lunghi fusti possono ancora venire utilizzati per le fibre sottili e tenaci, analo- ghe a quelle di Ramiè, che contengono in abbondanza, e che pos- sono servire per confezionare tessuti. Nel riferire queste notizie non possiamo fare a meno di constatare come la Cryptostegia gran- diffora resista ottimamente in piena aria al clima di Palermo, e lo prova l’esemplare che trovasi nel nostro Orto Botanico, per cui potrebbe riuscirne utile la coltura, tanto più che, come dice il JUMELLE, non solo cresce come liana atta a coprire muri od a sali su alti alberi, ma ancora, quando non trova sostegni, può assumere la forma di alberello (1) CosrantIN et GaLLAUD, Note sur quelques Asclepiadées du Lele In Soveria du Museum d’ Histoire Naturelle. Paris 1906 n. 6. (2) JowecLe H., Le Cryptostegia grandiflora dans le Sud-Owestde Ma tagica In Le Caoutehouc et la Gutta-Percha. V. Ann. n, 57. 1908. p. 2410. (0) Cryptostegia grandiffo vane. A India. In Bulletin of the Imperial Institute. binton 1907. n. 4. p. 489, * * * Pavimentazioni in Caoutehoue. — Il Marx (1), in diversi ar- ticoli, insiste sulla opportunità di sostituire nelle pavimentazioni delle strade, al legno il Caoutchouc, o per dir meglio blocchi di ag- glomerati, in cui il Caoutchouc entra nella proporzione del 10 per cento. Un primo esperimento fu fatto già da anni alla stazione di Enston, ossia di San Pancrazio, a Londra, con blocchi dello spes- sore di 5 centimetri, ottenuti alla pressione idraulica, e basati so- pra una fondazione in cemento Recentemente, cioé dopo ventun anni dall’impianto, si è cre- duto conveniente di sostituirli con blocchi nuovi, e si è trovato che il loro logoramento era al massimo di 15 millimetri, nei soli punti di maggior frequenza. Perciò la ditta MAcInTOSH, che provvede alla loro sostituzione, ha stimato opportuno di ridurre lo spessore dei nuovi blocchi a soli 4 centimetri. In seguito a questi buoni ri- sultati, recentemente venne anche pavimentata con blocchi di Caout- choue la Corte de Pciiragiinto a Londra. Viene rimproverato alle pavimentazioni in Caoutchouc il loro costo eccessivo : tuttavia da calcoli fatti, questo risulta solo tre volte più caro di quello delle pavimentazioni in legno: or, considerando che le pavimenta- zioni in legno durano in media quattro anni, mentre quelle in possono venire utilizzati, nella preparazione dei blocchi, anche Caout- chouc di qualità scadente o rigenerati: crediamo altresì che a questo scopo pani riuscir bene anche la gomma delle Euphorbiae cactiformi, di cui abbiamo tanta abbondanza nell’Eritrea, la qual gomma, pur contenendo una forte percentuale in Caoutchouc, non ha ancora ricevuto applicazioni industriali veramente pratiche. Re- centemente poi l’India Rubber i. e Le Caoutchouc et la. Gutta - Percha hanno interessanti li sull’impiego del Caout- chouc per fare pavimentazioni sirena delle abitazioni, in so- - (1) M ; Pavage en Lai In Journal d’Agriculture Tropicale. = n n. 83. 1908. 147.-MA1N F., Le prix du pavage en ucrai In Journal Pepica Tr 8. ‘opicale. Ann. n. 83. 1908. p. 147.—- MAIN F., Pavage en Ca ran In Journal d’Agri- Rare "Prapicie: le. 9. Ann. n. 91, 1909. p. 30 4 stituzione dei comuni tappeti. Queste pavimentazioni di lunghissima durata , e di bell’ aspetto, per elegantissimi disegni a diversi colori, sono assai raccomandate sotto l'aspetto della comodità e dell’igiene : infatti nessun germe di malattia può trovarvi domicilio, ed il loro lavaggio riesce facile e perfetto. Sono specialmente indi- cati per uffici pubblici, banche, ospedali, chiese, piroscafi etc. Re- centemente la chiesa di Santa Maria a Newark (New - Yersey) fu pavimentata in tal modo. Se il loro costo è piuttosto elevato, la loro durata è cosi considerevole, che da ultimo riescono più a buon mercato di qualsiasi altra pavimentazione: inoltre sono meno soggetti ad incendiarsi che le pavimentazioni in linoleum, e su di essi dif- ficilmente si scivola. L'allume come coagulante del Cavutehone di Castilloa. — Come è noto il latice di Castilloa è fra i meno facili a coagularsi, perciò interessa segnalare un processo descritto dallo SCHMIDT (1), che dicesi assai rapido. Si usano recipienti di ferro alti circa un metro e del diametro di mezzo metro, in cui sono versati circa 10 chilo- grammi di latice, prima passato ad un filtro per toglierne i detriti di radici e le altre impurità : al latice viene aggiunta tanta acqua da riempiere il recipiente e si lascia il tutto in riposo per una notte. Al mattino seguente la parte più densa del latice trovasi separata dall’acqua, la quale ha preso un colore verde scuro. Allora con un tubo aspirante si toglie tutta l’acqua ed il latice così depurato si versa in altro recipiente contenente una cucchiajata di allume in polvere sciolta in due litri d’acqua. La coagulazione del Caoutchouc diviene allora perfetta: non'resta che eliminare l’acqua e, lavorando con le mani il Caoutchoue, che ha la densità della crema, farne delle sorta di focaccie: quando queste hanno assunto sufficiente den- sità si tagliano in istriscie che si lasciano asciugare per due giorni. Da ultimo queste striscie si riuniscono in balle di 25 chilogrammi, pronte per la spedizione. (1) MasseLon E., La coagulation du later de Castilloaau «moyen de l'alum. In La Quinzaine Coloniale. XIII. Ann, n. 4, 1909 p. ddl. 145 La coltura dell'Agave Sisalanaa Giava—Il DR.KrUyrFP (1), del Giardino Botanico di Buitenzorg, pubblica interessanti dettagli sulla coltura dell’Agave Sisalana a Giava, che crediamo opportuno riassumere. Infatti questa coltura ha assunto a Giava un grande sviluppo, potendosi calcolare estesa colà a più di diecimila ettari di terreno. Due sono le varietà di Sisalana ivi coltivate: l’una-è 1° Agave Sisalana tipica, a foglie non spinescenti lungo il margine, e l’altra è l’Agave elongata , a foglie spinescenti lungo il margine: questa ultima viene preferita non solo perchè dà un rendimento maggiore re; ma anche perchè le sue fibre sono più fine. Entrambe queste varietà vegetano bene, tanto nei terreni aridi e secchi quanto in quelli umidi, come ad Fs, a Buitenzorg ove ogni anno le precipitazioni acquee arrivano a 5 metri. Si prete piantare rigetti laterali delle isa anzichè bulbilli, perchè di più facile attecchimento: quelli della var. elongata danno i migliori risultati. Le piantine sono poste a dimora stabile quando hanno raggiunta un'altezza da 30 a 50 centim. e sono poste per solito ad una di- stanza 1,50 per ogni verso. La raccolta delle foglie inco- mincia al terzo od al quarto anno: si ricono no pronte gradi sulla verticale : un altro carattere per riconoscere se si pos- sono tagliare è la comparsa di macchie bianche sui loro aculei. Si tagliano di un sol colpo, e, quando trattasi della var. elongata, seguono alcune operaie che tagliano da = foglia i due margini spinescenti. Le foglie sono poi raccolte in pacchi di cinquanta o- gnuno, che vengono portati prontamente ille fabbriche: se si hanno piante cresciute irregolarmente, le loro foglie sono riunite in pacchi separati , a secondo delle diverse loro dimensioni. Si usano mac- chine sfibratrici di grande capacità, specialmente le « Prieth » Da esperienze fatte parebbe che una macerazione delle oneri, n qualche giorno, prima di lavorarle a macchina, fosse utile. Il s che contengono le foglie di Agave è di una estrema ‘iidità e cor- rode prontamente tutti i metalli, eccettuato il bronzo , per cui le macchine esigono speciali cure dic manutenzione, per non essere in breve rese inservibili. Uscite dalle macchine, le fibre sono lavate e seccate al sole. Si consiglia di sottoporle ad una macerazione di (1) De KRurFF ”- La colture du Sisal a 2 In Journ al d’A griculture Tropicale. IX. Ann. n. 91. 1909. p. un giorno o due per togliere tutti i detriti vegetali, i quali, con la loro presenza, ne causerebbero l’ingiallimento: con tale lieve ma- cerazione le fibre restano invece bianchissime. Infine sono com- prese in balle di 125 e 150 chilogrammi l’ una. La durata delle piante è di sei ad otto anni, poi fioriscono: la var. elongata vive circa due anni più dell’altra: asportando 1’ asse fio- rifero al suo apparire, la pianta può essere conservata in vita per un altro anno. Il rendimento di fibre nella vera Sisalana è del 3 al 4 per cento, nell’ elongata del 4. 2 per cento: la loro produzione è circa di duecento quintali per ettaro, che, al prezzo di 60 franchi per quintale, danno un reddito lordo di dodicimila franchi. aa La coltura delll’Agave Sisalana alle Isole Hawaii, —Da una recente pubblicazione di A. MARQUES (1) apprendiamo che anche alle Isole Hawaii il Sisal si sta esperimentando con buoni risultati. Infatti colà, mercè l’iniziativa ed i capitali degli americani, V’agri- coltura fa rapidi progressi: l’ industria che vi ha preso maggiore sviluppo è quella della canna da zucchero, poi viene quella del soave e subito dopo quella delle a tessili, specialmente il Sisal. serva l’autore che il momento è opportuno per procedere a vaste ia i Sisal. Infatti, come é noto il Sisal ha fatto del Yucatan la più ricca provincia del Messico, quantunque fosse la più arida, ed i coltivatori di Sisal hanno colà realizzato in pochi anni fortune considerevoli. Ciò è dovuto all’importanza acquistata Sisal, in comparazione alle altre piante tessili, non solo perla sua adattabilità ai terreni aridi , ma ancora per la superiorità in leggerezza, Taenttarza, lucidezza, e resistenza della sua fibra, che non indura aria, e che sopporta una tensione di 3 a 4 chilo- raggiunto la massima potenzialità possibile in queste colture. Ivi le. « haciendas » adibite alla coltura del Sisal hanno proporzioni gi- gantesche: quelle di meno di 7000 ad 8000 ettari sono considerate {1) Marques A., Colture du Sisal pig Iles d'Hawati. In L'Agri- culture pratique Pe pays chauds. VIII. Ann. 1908, p. 181 et:seg. 147 come piccole : ve ne ha una ventina che arrivano a 12000 ettari, cinque o sei raggiungono i 17000 ettari, ed una sorpassa i 25000 ettari. Malgrado ciò il Yucatan da solo non basta a soddisfare tutte le richieste degli Stati Uniti. Perciò, essendosi constatato che lo stato di Sinaloa, sulla costa occidentale del Messico, si presta egualmente bene che il Yucatan, per la coltura del Sisal, i capitalisti americani hanno colà acqui- stato estensioni enormi di terreno per adibirlo a questa coltura: una sola Società, presso Topolobampo, ne possiede un « campo » di alimentare di Sisal gli Stati Uniti. Ma prevedesi che anche produzione totale di questo Stato sarà inferiore al consumo: perciò non potendo gli Stati Uniti produrre il Sisal sul loro stesso territorio, vanno cercando di farne colture in altre regioni: a questo scopo appunto furono intraprese estese colture di Sisal alle Isole Hawaii. Veramente fino dal 1893 erano state iniziate in dette isole pianta- gioni di Sisal, e, stante la buona loro riuscita, nel 1898 si era co- stìtuita per dette colture una Società, sotto il nome di « Hawai- ian Fiber C.°», con sede ad Ewa nell’ Isoladi Oalu. La lo- calità era bene appropriata, perchè situata in una piana costituita ‘ da vecchi banchi di calcare madreporico , compatto, sterile ed im- proprio ad altre colture, presentante cioè condizioni di suolo e di temperatura identiche a quelle del Yucatan. Ottenuti nuovi inco- PE risultati , il capitale sociale, all’inizio di 35000 dollari, é stato portato a 100000 dollari, cioé a mezzo/milione di fran- chi. Ora comprende 850 acri di terreno a Sisal, e poco lungi, in- dipendentemente, già si è iniziata un’altra coltura di Sisal di 3000 acri. Questo ha incoraggiato altri capitalisti ad intraprenderne col- ture e altre isole dell’arcipelago delle Hawaii, e già se ne an- n piantagioni in tutte le maggiori, e perfino nella piccola isola dai eserta ed arida di Lanai. Per conoscere poi la bontà della fibra ottenuta, dalle colture di Ewa furono inviati campioni alla bri di cordami TuBBs e C. di San Francisco, e la ri- sposta fu superiore fr la stessa ditta TuBBS si offrì di comperare annualmente tutta la produzione , fino alla concorrenza di mille e duecento vata al prezzo da 150 a 200 dollari tonnellata , corrispondente cioè da 75 a 100 franchi per q sata mentre il valore medio della fibra di Sisal è calcolato in 60 fran- chi per quintale. Quest’ alto prezzo viene giustificato dalla cura presa dalla Hawaiian Fiber C.° dimettere in commercio solo prodotto 148 di prima scelta, eliminando tutte quelle partite di fibre che potreb: bero nuocere all’apparenza ed alla qualità della merce. enendo ai dettagli colturali, noteremo che, contrariamente a quanto si è adottato a Giava, alle Hawaii si preferisce la vera va- rietà Sisalana alla varietà elongata, quantunque la quantità del prodotto sia alquanto minore, asserendosi che la fibra è di qualità migliore, cioé più lucida, più forte e più lunga. Le piante sono collocate alla distanza da m. 1.50 a mì. 2:40” posa a dimora delle piante, quando le foglie passano dalla posizio- ne verticale alla orizzontale, e vanno ricoprendosi, massime al mar- gine, di macchie giallastre. Il tempo migliore per la raccolta è'du- te la stagione secca , contenendo le foglie meno di mucillagine e per conseguenza una proporzione maggiore di fibre. In realtà un grande vantaggio nelle colture di Sisal è quello di non avere epoca obbligatoria per la raccolta : le foglie possono persistere a lungo sulla pianta senza deteriorarsi, e la loro raccolta può essere ritar- data anche di 10.a 12 mesi, se vi si oppone la stagione troppo umida, o se scarseggia la mano d’opera. Ogni pianta adulta pro- duce annualmente da 30.a 40 foglie, per la durata di 6 ed:S:anni. Queste sorio lavorate con macchine .« T odd» di grande potenzia- lità, con motori della forza di. 20 cavalli; la percentuale delle fibre ottenute in rapporto al peso totale della foglia è del:4.al 5 per cento, e la loro lunghezza è di circa 90 centimetri. Si ‘utilizzano x le fibre più corte come crine vegetale e la polpa filamentosa. che resta, disseccata, può servire per la fabbricazione di una: carta da io, assai tenace e difficile a strapparsi, che ha l’apparenza: imballaggi di essere oliata. La polpa poi più molle è utilizzata come concime per le'stesse piante di Sisal. Resta però, come grande imbarazzo per queste la» vorazioni, il liquido acre e caustico, spremuto dalle foglie, di cui occorre sbarazzarsi subito, corrodendo tutto ciò cui viene in con- delle colture di Sisal alle Hawaii, ma si può:già asserire consi curezza che questi sono assai maggiori di quelli ottenuti dalle pian- tagioni di canna da zucchero. Infatti, come dice l’autore, « les ré- sultats d’Hawaii confirment que, en vue de la quantité extréme- ment pauvre des terrains dont le Sisal se contente au besoin, et de la grande simplicité, è la fois de sa colture et de 1’ extraction de sa fibre, l’industrie du Sisal, sous une direction d’exploitation con- venablement POR, judicieuse et pratique , est indubitable- ment l’une des plus lucratives connues, et elle a certainement déjà enrichi tons les ila quì l’ont entreprise sérieusement ». sa Il Balsamo di San Salvatore. — Ap. Toxpuz (1) ha pubbli- cato un interessante articolo sopra la pianta che alla Costa Rica produce il Balsamo nero di San Salvatore , esponendone la de- scrizione, la coltura, il modo usato per estrarne il balsamo, e la sua azione fisiologica. È una Leguminosa distinta con il nome di nsonatense , PEREIR. ossia Myrorylon Pereirae , KLoTZSscH, affine al Myroxylon toluiferum , ., il quale ultimo produce il vero Balsamo del Perù: acquista dimensioni di vero albero, alto da 15 a 20 metri, e produce pannocchie di fiori bianchi, cui succedono frutti di forma assai caratteristica, quasi PRIEST Cresce piuttosto frequente nell’ America centrale, mas- sime nello stato di El Salvador. Se ne estrae un balsamo di color rosso scuro , di odore gradevole, e di sapore acre, piccante, persistente. I solo stato di E Salvador ne esporta annualmente per circa un milione di frane Viene estratto mediante incisioni nella scorza del tronco, che vengono poi coperte da bende: queste s’imbevono de el balsamo, che Sovente viene adulterato con l’ aggiunta di olio di ricino, di olio di mandorle o di altri olii, ma è facile riconoscere l’adulterazione: infatti, aggiungendo acqua calda, ed agitando il tutto, il vero hal- samo va a fondo, mentre gli olii galleggiano. Serve ad usi di pro- N 4 1) Toxpuz Ap., 1 Dako de HI Salvador. In Boletin de la Sociedad Nacional de Agra de Costa Rica. Anno II. n. 12. p. 274. i fumeria, ed anche ad usi medicinali : Seni come buon sti: molante nelle malattie delle vie respiratorie, ed usato anche per curare ferite, massime in causa delle sue proprietà pn Il nostro Giardino Coloniale ha ricevuto semi di questo prezioso al- dalla Sociedad Nacional de Agricultura de Costa Rica, e spera potere acclimatare anche in Sicilia detta specie, trovandosi fin qui le piantine, che ne sono nate , in rigo- gliosa vegetazione. L’ istituto Agricolo Coloniale Italiano e la sua attività. L'Istituto Agricolo Coloniale Itatiano, te- stè sorto in Firenze (Viale Principe Umberto N. 9), e diretto dal Dottor Gino BarToLOMMEI GIoLI, ci comunica che con il prossimo N bre darà principio al corso di studii teorico-pratici all’esercizio di imprese agricole in regioni aperte alla colonizza- zione. Le materie di insegnamento, efficacemente avvalorate da eser- citazioni pratiche sui terreni, nelle stufe, nei laboratori, nel museo, nella biblioteca, sono : = Degna coloniale—2. Botanica coloniale — 3. Elementi di scienze naturali applicate—4. Geografia economica e storia delle Colonie—8. Zootecnia coloniale e igieue del Bestiame—6. Entomo- logia agraria — 7. Chimica tecnologica—8. Elementi di ingegneria coloniale, estimo e cen — 9. Igiene del colono e pronto rso—1 e niere (Inglese, francese o spagnuolo). All’oggetto di rendere più agevole ed » tempo stesso più solida la preparazione di buoni agricoltori coloniali, l’Istituto recluta tra i li- cenziati dalle Scuole pratiche e speciali di Agricoltura e dalle sezioni di Agrimensura e di Agronomia dei RR. Istituti tecnici i suoi alunni, i quali potranno, con un breve corso sine di studio in- tensivo, mettersi in grado di corrispondere alle esigenze profes- sionali dell’agricoltore coloniale. Potranno pure essere ammessi come © — i alunni effettivi coloro i quali, avendo frequentato un corso di studi " qualsiasi, sostengano un esame complementare sulle materie stabilite o: dal programma di licenza delle scuole pratiche di agricoltura e non Ù comprese negli studi già fatti. corso ha principio col primo di Novembre ed ha termine col ZA 31 Dicembre del 1910. Un periodo di vacanza sarà accordato nei i mesi di Luglio e Agosto. È Al termine del corso hanno luogo gli esami sopra le materie ; insegnate: sostenuti questi felicemente, gli allievi ricevono il diploma di licenza. Molte altre notizie sugli scopi. e funzioni della Scuola, sulla posizione dell’Istituto, sulle condizioni per l’a:nmissione degli a- ii lunni effettivi e degli uditori, sulle tasse scolastiche ecc. possono Ha trovarsi nel Programma che la Segreteria della Scuola invia gratis a richiesta. sa Il nostro Giardino Coloniale, che ha per precipuo scopo quello di diffondere la conoscenza delle colture coloniali , n l’ importanza economica, non può che rallegrarsi dell’ attività che va dimostrando 1’ Istituto di Firenze , ed augurarsi che le nostre migliori energie giovanili accorrano a consacrarsi ad un ordine di studii tanto promettente, atteso che, con lo svolgersi economico delle nostre Colonie, ogni giorno si rende più palese il bisogno di elementi adeguatamente preparati alla vita coloniale. Oxytenanthera Borzii nov. sp. F. Fontana del. Maerua racemosa b/ 6 Lanza If - Grewia populifolia Vahl. Grewia membranocea Rich. i ab. III. . PL. ERYTHR. = crenata Hochst. Grewia Petitiana ic PL. ERYTAR si da Rich. Li Ss emen . ® 2: H. sphaerostigma fr. valvae ptum. o fr. se; ARTI SRI; KG LÀ =» È = È Viss e abi sat \ | Vazii pa stipulae . £ ® = 0 rg) oo E £ — s © o È a. Wu Mn RE I STUDII ALGOLOGICI: SAGGIO DI RICERCHE SULLA “BIOLOGIA DELLE ALGHE per A. Borzì. Fasc. I. in 4° pp. I-VIII. 1-120. tav. 1— 9 L. 2d — II. » 4° pp. I-VIII. 121-399. tav. 10 —31 L. 65 — >» III. Phaeophyceae et Cyanophyceae — con 20 tavole (in corso di pubblicazione). Per acquisti rivolgersi: V. RiccoBoxo. R. Orto Bot. Palermo. R. Istituto Botanico di Palermo: CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE, dirette da A. BoRzi. > Vol. ‘’L-m:8° fasc. I. pp. I-VII-192. tav. 1-VI L.12 i va >il» 1-316. > —1-XIX » 28 $«-Bl. + e. bili? 1-393. >» 1-XIX >» 30 + 14 — Per le domande di abbonamento rivolgersi all’ Editore Antonino Trimarchi, Corso Vittorio Emanuele, Num. 375, Palermo. NOA, OTTOBRE - DICEMBRE 1909. Vol. VIII. BOLLETTINO DEL h, ORTO BOTANICO È GIARDINO COLONIALE DI PALERMO SOMMARIO: —_ 2. Risultati fg colture selezionate: 7° Mordeum sativum ROPEA È pag. 3. Colture ua di Gassasi. del R. diabtiza Bota- nico e Coloniale di Palermo , durante l’anno 1909 (A. Bozzi) . È 3 È È . ‘ > Il 14. Il Chrysomphalus dictyospermi var. pin- nulifera, MasH. negli agrumeti siciliani i oi i gt DS) w (T. DE STEFANI) 0. > 189 15. Altre Acantacee a nettarii estranuziali e. E. MATTEI) v--19% 16. Altre Graminacee a nettarii (G. E. MATTEI) ». 199 17. Rassegna della stampa bui agraria (G. E. be » 207 18. Studii sulle Cattee del R. Orto Botanico di Palermo (V. RICCOBONO) » 215 19. Plantae Erythraeae a L. PARE annis 1905 - o7 legna Continuatio | ne D. Lanza et G. E. MATT i < è = È » 267 20. Indice del Lia vIII ° j ; i . i £ » 209 PALERMO ANTONINO TRIMARCHI, EDITORE Corso Vittorio Emanuele N. 375 1909 Risultati di colture selezionate. Di Hordeum sativam L. : Da qualche tempo l’attività di questo Istituto è rivolta a studi sicurare il depuramento delle medesime di fronte al tralignamento dovuto a lunga coltura non accompagnata da razionale scelta delle sementi. Formano principalmente oggetto di questi studii: cereali, fave e cotoni. Essendo stato incaricato (1) di occuparmi direttamente di alcune di queste esperienze, ne riassumo nella presente relazione i risultati essenziali. > spataii trattisi di ricerche le quali esi- gono parecchi anni di cure per affermarne la importanza e sicurez- za dei risultati, tuttavia “nell intento di dimostrare quali sono i metodi da noi seguiti trovo opportuno riassumere i dati ir al primo anno di esperimento culturale di cui è stato oggetto una varietà di orzo delle più comuni nella coltura. etta varietà proviene dalla Maremma toscana e ci è stata (1) Ri i o vivamen inte il Chimo ind AB ; Direttore di questo Istituto che, nell’affidarmi la direzione di sesti studi, ha vo- luto ancora una volta compiacersi di addimostrarmi quella stima » insieme dei semi ho tolti alcuni che presentavano carat- teri anormali. Duna seminati a parte, in cinque gruppi dettero i seguenti tipi, di spig Tipo A: Spiga distica, allungata, appianata, con reste diritte. Glume a maturità eguaglianti la metà delle cariossidi, lineari, lanceolate aristate, resta eguagliante la parte dilatata. Cariossidi 18, in due serie alterne, giallo-pallide, ovato-elittiche. Glumetta con 5 nervature color violaceo, nervature scabre. Reste erette, 12 cm., appianate, scabre a ritroso, ritorte alla base, più fortemente quelle delle glumette superiori. Tipo B: Spiga polistica, breve, ovale, con reste patenti, lieve- mente ondulose. Glume lineari - lanceolate, con resta eguagliante o superante le spighette. Cariossidi da 13 a 40, brevemente ovali. Glumetta con cinque nervi scabri, color giallo pallido. Reste lunghe da 8 a 10 cm. Tipo C: È intermedio fra i due predetti, in quanto che le spighe tendono ad essere polistiche in alto solo o in parte della spiga. | (1) Vedi La Rivista Agricola, Anno II, fase. 18, 20, 22, 24, 25, 26, 27. Anno AS. | Ricorderanno i lettori dai a questo proposito, alcuni agricoltori della Toscana, avevano osservato che, seminando orzo, si aveva dell’a- vena, specialmente in seguito a ripetuti tagli. Il prof. MarTEI attri- bui giustamente 1° ad un mimismo nei semi di avena, che, fa- Tipo D: Spiga polistica, cernua, con fiori inferiori neutri o ma- schili. Glume ovato-ellittiche, lanceolate, aristate, a resta superante la spighetta matura. Glumette 5-nervie, gialle, sfumate di violaceo, nervi più inten- samente violacei Reste patenti nelle spighette inferiori mature, erette nelle supe- riori, da 5 a 9 cm. Cariossidi ovato - acute, da 15 a 30. Treo E: Spighe mature sub-erette. Del resto eguali al tipo D. I semi raccolti dalle piante su descritte furono seminati l’anno queste colture hanno ancora bisogno di tempo perchè le loro con- clusioni possano portarsi con sicurezza a conoscenza. ‘ Pel momento mi sembra di poter asserire che il tipo A non sia per l’Hordeum disticum var. nutans SCHUBL, ed il tipo B sia I Hordeum herasticum var. parallelum Koxe. Gli altri tipi non mi sembrano perfettamente avvicinabili ai vari noti dagli Autori. | Forse, segnitando le colture, si potranno bene identificare oppure distaccare delle forme botte molto probabilmente per mutazioni. bai sede esse formeranno oggetto di particolare attenzione, potendosi i medesime rinvenire dei tipi di importanza co lturale. sto "a semi normali dettero Spighe normali : esse furono sottopo- tura (P). o dei semi ‘) contenuti (N). Densità nen spiga iga (DI). Ogni spiga é gliata alla base, T) pesata. Determinatone il numero di semiè stata poi chiusa in una busta, sulla quale si è segnato il peso e il numero di semi. Divi- dendo il primo numero per il secondo, si ottiene la densità, ossia, . approssimativamente, il peso medio di un seme di ogni spiga. È D è quindi uguale — X 100. N Eseguite queste determinazioni per tutte le spighe, esse sono state registrate, come nel 1.° quadro. A partire da un punto O si tirano due rette perpendicolari fra loro: 07, 02, e si segnano sulla 0y tanti segmenti uguali, suina corrispondere ad ognuno di essi una data densità, disponendole ordine crescente da o verso y. Da ciascun punto in tal modo de- terminato si innalzano le perpendicolari ad 0y. Poi, a partire sem- pre da O, si segnano sulla oz tanti segmenti uguali e ad ognuno di essi si fa corrispondere un peso. Nel quadro 1° i numeri in carattere grande corrispondono ai grammi, quelli in caratteri piccoli ai deci- grammi. Così per le densità i numeri grandi rappresentano intieri, i piccoli segnano la cifra decimale che segue. In tal modo l’appros- simazione è fatta alla prima decimale. i ai vari punti segnati sulla oz si innalzano le perpendicolari, ad oz le quali, tagliandosi con quelle precedentemente costruite, formano un assieme di quadratini uguali. Si prenda poi una busta qualsiasi, nella quale sia contenuta una spiga, e si leggano le indicazioni scritte. Siano ad esempio : ù P=gr. 2;D=3,6;N=34 Sulla 0y si cerca la D 3,5 e sulla oz il P 1,2; si innalzano le due perpendicolari ; esse si cos e vanno a formare due dei lati di uno dei quadratini: in questo quadratino si scrive il nu- mero corrispondente al numero di semi della spiga Si passa poi ad altra busta, determinando il suo sisi e segnandovi dentro il rispettivo numero di semi. In tal modo cia- scun quadratino viene a rappresentare una spiga, il cui numero di semi è segnato dentro, la cui densità è segnata sulla 0y dal punto perpendicolare abbassata dal quadratino, e il cui peso n spiga è d- sulla 0z nello stesso modo. Quando due o più spighe hanno lo stesso peso, la stessa den- cità bi di ame ivani lo stesso numero di semi, debbono venirsi 157 a ritrovare nello stesso quadratino. Così, esaminando ‘il quadro 1° a D=5, P=1,8 corrispondono ben 6 spighe, av enti tutte 37 semi, ed a D=41 1 P=1 due spighe entrambe con 24 se Ora è evidente che il posto da assegnare oli una spiga sarà tanto più a destra quanto più densa è la spiga, e tanto più in alto quanto è più pesante. Onde le migliori spighe saranno da scegliere fra le più in alto segnate: quella fra esse che occuperà il posto più a destra sarà la migliore fra tutte. Così tutte le spighe sulla medesima verticale s'intende hanno la stessa densità, e tutte quelle sulla medesima orizontale hanno lo Stesso peso. | tal modo si ha il vantaggio di prender di mira non un ca- rattere soltanto, come avviene nei comuni poligoni, ma tre : P. Dj nella —- tavola. ottenere praticamente la D, sapendo il peso della spiga e il numero dei semi, si opera nel seguente modo. Sia P—= 1,8 N= 37 È 1. 8XH00 180 D=—X.10 =_= _ _% circa N 37 37 Si moltiplica PXX100 perchè il quoto risulti di un numero in- tero, anzi che di un numero decimale: quest'operazione, del resto, non altera il valore della densità, alla quale si deve dare il valore di un rapporto e non di una quantità reale, come sono N e Esaminando un pò attentamente questo quadro noi vediamo che fra D, P ed N esistono rapporti di dipendenza strettissimi: le spi- ghe più pesanti sono quelle che hanno densità maggiore, ossia semi più grossi e in altri termini il peso è direttamente proporzionale alla densità ed al numero dei semi di una spiga. La densità più frequente è fra 4 e 7: il peso più frequente fra 1 e 3, Le spighe a peso superiore a 2 non hanno mai densità infe- riore a 4. Quelle con peso superiore a 3 o 4 non hanno densità inferiore a 5 o 6 rispettivamente, Di fatto i quadrati (D 3-4: P 2-3); (D 3-5: P 3-4); (D 3-6: P 4-5) sono vuoti. Ciò conferma il fatto che fra D e P esistono rapporti propor- zionali ristretti entro limiti determinati, giacchè ad un peso grande non corrisponde una densità piccola. osì è vera anche la reciproca e cioé che ad un peso piccolo non corrisponde mai una densità grande, come lo dimostra il fatto che i quadratini a destra in basso (P 1-2: 7-9) sono vuoti, salvo un solo caso rappresentato da P 1,4; D 8,9; N 16, 158 RI La maggiore frequenza è rappresentata dalla diagonale della tabella, nella quale si può anche notare che nei quadrati prossimi all’O la media nel numero dei semi per spiga si aggira intorno a Len mentre nei quadrati di mezzo > giunge oltre i 45 per sorpassare i 52 negli estremi. Queste osservazioni hanno nn grande valore pratico, giacchè esse ci dimostrano che ) ed N sono inversamente proporzionali fra loro ma non rispetto al peso della spiga: ossia aumentando il peso aumenta la densità ed anche il numero dei semi. Ossia le Ag più pesanti hanno più semi e questi sono più grossi. Onde P, D, N sono direttamente proporzionali fra loro, ma, a parità di peso, ha densità è inversamente proporzionale al numero dei semi. Quin fra le spighe più pesanti sarà più densa quella a numero minore di semi, giacchè, come abbiamo detto, la ori rappresenta pra- ticamente il peso di ciascun sem o voluto insistere wi su iaintà concetto di densità, giac- chè noi lo abbiamo adoperato per il seme, mentre, di solito , viene adoperato per la spiga. Così, per esempio, si suol dire che di due spighe della stessa lunghezza è più densa quella che contiene il maggior numero di semi. Ora, praticamente, la lun- ghezza della spiga o il numero dei semi non hanno tanta impor- tanza quanto il peso della spiga e la grossezza dei semi; anzi fra due spighe di egual peso è più utile commercialmente quella ha semi più grossi sebbene in minor numero. Così indicando con N il numero dei semi e con d la grossezza di essi avremo : Nidi Ma ciò che in modo assoluto preme nelle colture, e che costituisce la mira dell’agricoltore, è l’aumento del peso della spiga, giacchè essa, in effetto, soddisfa alle condizioni di un reale miglioramento produzione. Ma il peso dipende da due fattori, i quali pur variando fra loro possono portare al medesimo risultato. Così 30 Xda = Pio Ny; X d; Sv Pioo Nioo X di = Pio ui X dio = Pico ossia il peso della spiga (rendimento) rimane il medesimo pur a- “Fendi NEL RI 200; 1; ed = 2, 4, 1, 100, che pratica mente vale il dire che due spighe di egual peso possono avere un numero diseguale di semi, e che sarà più redditizia quella.delle, due spighe-che avrà minor numero di semi, essendo di conseguenza più grossi. Quindi fra due spighe PsNs Kdby P=Niag Xd(y +») sarà più conveniente la seconda ; a densità maggiore della prima. Questo fatto è vero in quanto che sia provato che lo stesso peso di semi dà una maggiore quantità di glutine, se il peso è ot- tenuto da semi più grossi (1). Ora essendo tanto più grossi i semi (a parità di peso della spiga) quanto più esiguo è il numero di essi, fra due spighe di ugual peso conterrà più glutine quella i cui se- mi siano più grandi. Teoricamente quindi il maggior rendimento è per la spiga # N, X divo = Po0 ossia per la spiga il cui unico seme fosse tanto grande da superare in peso la somma di numerosi altri presi assieme in altra Spiga. La seguente tabella dà ragione della precedente affermazione. Peso di 1000 Peso di Percentuale in peso Tirri SEMI ; i ; = semi glutine | glume glutine glume Piccoli |gr. 31,90|gr: 25,4 | gr. 6,50 79,6 20,4 64% 73 o Grossi |gr. 68 gr. 58,50 | gr.9,50| 86 14 Essa ci dice che per 100 grammi di semi piccoli vi sono 79.6 di glutine e 20,4 di glume mentre per gli stessi 100 grammi di semi grossi vi sono 86 di glutine e 14di glume, ossia quasi 6. cen- tesimi e mezzo di guadagno per ogni lira di prodotto. fra il peri. 0° trovato che l’uno cresce proporzionatam n tener | conto di questo coefficiente nella determinazione del rendimento di glutine per ciascun achenio. ; : ei 160 Allo scopo ora di poter determinare il peso medio delle spighe in questa prima semina, onde confrontarlo con quello dell’anno suc- ‘cessivo, per poterci accertare dei miglioramenti acquisiti, dovremo fare la somma dei singoli prodotti parziali ottenuti moltiplicando ciascun peso per il numero di semi nei quali esso è stato riscon- trato, e dividere poi questa somma per il numero totale dei semi. Il quoto sarà il peso medio di una spiga. Nelle tabelle seguenti il primo numero rappresenta il peso, il secondo rappresenta quante spighe si son trovate di quel peso, il terzo segna il prodotto fra iprimi Le varie cifre sono state Ba dal quadro 1.° L-X-3 1:39, 3— X 4= 12, 1,1 X 4= 44 3,1 X 6= 18,6 1,2 X 12= 13,4 3,2 X 6= 20,2 1,3 X 5B= 6,5 38 X 4= 18,2 14X 5= 70 34X 1= 24 1,5 X 7= 10,5 35 X B=17,5 1,6 X 138 = 22,8 6 Xx. 8 = 10,8 1,7 x. 9= 15,3 -gtX 2,04 1,8 X 14 = 25,2 38X 1= 3,8 1,9 X 12= 22,8 3,9 X 4= 15,6 2-—X 5= 10,0 4- Cie 21X 4= 84 41X 2= 82 2,2 X 12 = 26,4 42X 1= 42 23 X 8=18,4 i3 x 3 = 19,6 24 X 9 = 21,6 44X 2= 8,8 2,5 X11= 27,5 45 X 1= 45 2,6 X 14 = 36,4 4,6 27 X14= 37,8 4,7 2,8 X 6= 14,8 48X 1= 48 2,9 X 10 — 29,9 Sommando tutti i numeri della seconda colonna si ottiene il numero totale di spighe, mentre la somma di tutti i prodotti segnati sulla terza colonna rona il peso totate di tutte le spighe. Onde : \ Peso di tutte le spighe insieme Peso medio della spiga = Numero delle spighe ed eseguendo le operazioni indicate avremo Peso di tutte le spighe — gr. 541. 8 onde Peso medio della spiga = Con lo stesso metodo determiniamo la densità media. Nella prima colonna si segneranno le singole densità, nella seconda il Numero delle spighe — 226 226 Ti = 2, 397. . numero di spighe di quella densità. nella terza il prodotto. s’intende sono anch'essi tratti dal quadro 1.° Questi dati SLI 3,2 3,3 3,4 3,5X 2 3,6 3,1 6,2 X = 43,4 d= DbI A = 42,5 4 —=.26,0 S -19,8 6.== 40,2 La densità media sarà data dalla somma di tutti i prodotti parziali ottenuti, divisa peril numero delle spighe. Questo si ottiene sommando i numeri della seconda colonna, e dev'essere uguale a quello già ottenuto nel determinare il peso medio, e uguale al nn- mero di spighe segnate nel quadro 1.° Onde * Somma dei singoli prodotti di densità cd Densità media = di: Numero delle spighe (0g ed eseguendo le operazioni indicate : Somma delle densità = 1187,9 Numero delle spighe = 226 1187,9 Densità. media. = ——_ = 5,256 226 a Volendo ottenere la media del numero dei semi si può, senza prolungare troppo i conti, dividere il peso medio per la densità media ossia : ; i Numero medio di semi per 239700 ogni spiga = — 46 circa. 5256 Dalle 226 spighe segnate nel 1.° quadro furono seminate (1) a fine ottobre 1908 le seguenti spighe, delle quali trascrivo le ca- ratteristiche di peso, densità e numero di semi. 6 62 66. - (1) Il terreno ‘nel quale furono fatte le seminagioni è piano, e- - su al sole, = a gone ricco di sostanze azotate e di carbonati. ; Questo 1.° gruppo, appartenendo alla*parte più elevata e a de- stra del quadro 1.°, raccoglie le migliori spighe. ontemporaneamente fu seminato a parte un secondo gruppo, di nice con pochissimi semi. | ri semi furono trascurati. te intanto del 1.° gruppo, ossia di ille spighe migliori, dalle quali avremo un rendimento maggiore nella coltura. Già dalla robustezza ed altezza delle piante si distingue un notevole miglioramento ed io con piacere ricordo le parole di un distinto agricoltore nell’ammirare la vigoria delle piante, la gros- sezza delle spighe, la pienezza di esse, tanto che egli confessò non aver mai visto un orzo tanto bello E di fatto le grandi spighe, pesanti pei grossi semi, mostra- vano anche all’occhio profano tutta la loro lussereggiante ricchezza. Pervenute a maturità e raccolte, furono sottoposte alle iden- tiche determinazioni dell’anno precedente. Così per ciascuna si de- terminò il peso, il numero di semi e la densità, trascrivendo poi > nel quadro II le varie indicazioni, seguendo in ciò perfettamente lo +. stesso procedimento adoperato per costruire il quadro I e che è «credo inutile ripetere are In questo ; scsontlo quadro (1) si sickaho subito alcuni fatti ; im- portantissimi. 1.° Resta confermato che la maggioranza dei semi segue la dia- gonale, ossia che D. P. ed N. sono l’uno funzione dell’altro. @ Furono omessi i quadratini D 3-4; P 1-2 non essendovi in questa raccolta spighe con tali caratteristiche. Si tenga conto di ciò ee a de de 2.° Non vi sono densità inferiori a 4, mentre nell’anno pre- cedente essa giungeva fino a 3. 3.° Non vi sono pesi inferiori a 2, mentre nel I quadro si giungeva fino ad 1. Ciò vale quanto ‘dire che si sono natural- mente eliminate tutte le spighe scarse e quindi poco redditizie. 4.° Mentre nel primo anno il peso massimo era 4,8; nel se- Sa arriviamo fino a 6 con 87 semi di densità 8,7. i 5.° Anche la densità è aumentata giacchè da 9,2 è passata a9;5. 6.° Il peso della. maggior parte delle spighe del 1.° anno o- scillava fra le 3 in peso, mentre nel 2.° anno è compresa fra 3 e 4. 7.° La densità nella maggior parte delle spighe è aumentata. 8.° Il numero dei semi che raggiungeva il massimo dipoco più del 60, ora supera 1’80. Le conclusioni a cui siamo venuti sono molto incoraggianti a seguitare l'esperimento per altri anni, sulla stessa strada, augu- randoci che i passi da giganti seguitino nella stessa misura. Intanto per determinare numericamente i vantaggi raggiunti da questo anno di cultura selezionata, bisognerà conoscere le medie di peso, densità, e numero di semi, come si è fatto per il passato, onde far risaltare dal confronto l’entità del miglioramento. Allo scopo seguiremo lo stesso metodo tenuto in precedenza. Così per trovare il peso medio della spiga segneremo nella prima colonna i singoli pesi con a fianco il numero di spighe cor- rispondenti, traserivendone il prodotto nella terza colonna. La somma dei prodotti è il peso complessivo di tutte le spighe. La somma dei numeri della seconda colonna indica il numero delle spighe. fd 18 3,2.X 8 - 21X 8= 638 $8.X 52 22xX 2= 44 94 XK 8 2,3 E 92 PIO XI DA 3= 7,2 3,6.X 5 2,56X 4 = 100 RIA 2.6 da 1: MON ti A. Ti i 5 2,8 { 2 i 4 104 Eseguendo le operazioni avremo Peso complessivo di tutte le spighe = 402,4 Numero di tutte le spighe = 121 Peso medio = Parimenti, per determinare la densità media, segneremo nella prima colonna le varie densità, a fianco il numero di spighe, e in ‘terza colonna il prodotto, come si è fatto per il 1° quadro. 4. bi da dI xD 84 DORIA = 8° 44 XS 19°9 +bix. 2 = 90 i to, 14,0 4,8 Xx 3 = 144 ASX de dA b-XxX 7. — 80 bid 1072 dC = 26,0 d-X-bi=26.6 4x 9 — 43,2 O == 3865 816,8, dx 4 = 8 SX 85, 464 SX 144,3 GIUUANAA I 409,4 121 = 3,325. &x BEH 6,2 X 4 Hi Vaud Donde la somma delle densità = 705,8 Il numero totale di spighe = 121 donde i ;) Densità media — —— = 5,887 121 Coi dati ottenuti, e nel sprer visto, possiamo dedurre : i 332500 Media del numero di semi per ogni spiga = — ue ai le varie medie ottenute dal 1.° e dal 2. quadro Bk tabella dira r confronto ci rappresenteranno il ade reale ap- portato alla coltura gia mercè il metodo eo, ; differenza | differenza assoluta O da TS | 2. raccolta | ‘5,807. |- 0,681 0,988 2.° Se un tratto di terreno dava 100 chili di orzo, lo stesso tratto ne dà 114. 3.° La grossezza ed il peso della spiga è aumentata, giacché i semi, oltre ad essere più grossi (4/), sono aumentati in numero di quasi 4/,. Le conclusioni a cui siamo ora giunti riassumono sotto una for- ma numerica quelle ricavate dalla osservazione dei quadri, esposte a pag. 12 e 18 Ci sembra perciò che questi metodi non siano per nulla a tra- scurarsi, visto che i benefici che essi apportano sono assai notevoli, tanto più che per necessità di cose non possiamo ancora avere a disposizione dei laboratori iz quelli che la Svezia vanta. Nè essi del resto possono dare a noi più dell’ esempio , giacchè i risultati ottenuti, i miglioramenti da ca apportati, non valgono per i no- stri paesi, dove pare, non abbiamo fatto buona riuscita i semi se- lezionati con le colture pedigrèe provenienti dal laboratorio di Svalof. In Lev pagine ho voluto font rai i due quat, come ra di mirare a , mentre coi soliti. Soltgiai si mira ad un solo di PSE In tal in0do 11 tetnpo sprint) per raggiungere un miglioramento è ridotto di molto ed i tati fin dal primo anno, parlano chiaro sulla bontà del metodo. sa Abbiamo visto come semi buoni diano spighe migliori. Ora me semi cattivi diano spighe iori. Dal quadro 1.° sb ia tolto un secondo gruppo di spighe, con le seguo ca- ratteristiche È, D. Wi À 2,8 9,3 30 B 2,2 9,2 24 - è OCA 8,9 16 I semi di queste tre spighe furono seminati anch’ essi in fine ottobre 1908, nelle medesime condizioni del primo iii e di- stanti assai da questo. 168) SSR La spigaA.dette 28&pighe. Ne indico appresso le caratteristich Ri N. at N. 0,8 16 0,4 9 S 0,7 ina 0.4 9 Oé: 13 0,4 9 0,6 12 0,4 8 ; 0,6 12 0,4 8 0.6 1 0,4 8 0,6 10 0,4 7 0,5 10 0,5 9 0,5 100 0,3 7 0,5 9 0,3 7 0,5 9 0,3 6 0,5. 9 > 0,3 6 0,5 qs 0,3 6 (0,4 9 0,3 6 su Là spiga B'dette 21 spigh e, le:cui caratteristich isti e sono © È de 21,8 Peso medio = -— = 1 21 421 Numero medio di semi per spiga = ar — 20 100 Densità media = -—— = 5 ; 21 La spiga ( dette 15 spighe, caratterizzate come qui appresso: 170 D. De Po Da PN: È 1908 19,8 30| 9,31 2,2 24| 9,2|1,4 | 16| 8,9 1909 [0,49] 9| 5,4| 1 | 20] 5 |0,64| 14| 4,7 4,8|0,76| 2| 4,2 rS Differenza | 2,81| 21| 3,9) 1,2 La coltura dunque peggiorata, e di molto, essendosi perduto in media: 2,914 1,2+ 0,76 fi ee = pr, 1,42 per ogni spiga. 3 Z+4-+2 ————____m= N. 9 semi per spiga. 3 3,9+4,84+ 4,2 Liz e iu 2-4,8 di densità, 3 I semi cattivi dunque tendono a peggiorare, onde, se non si opera la e avviene che il valore medio della cultura non si acc Scienza (1). Palermo, Ottobre 1909. D." C. TROPEA (1) Esso è confortato a priori dalla considerazione che se tutti mi tendessero a migliorare sarebbe resa inutile la selezione, giac- chè le colture andrebbero sempre di bene in meglio, anche se > ; nate a se stesse, noi ci contenteremo di giungere a purificar una buona razza ed a rendere almeno costante la produzione, im Quadro I. sl/{ |: i) n Des Une 32 ii 1. ____ E I | | | | | CICTEi R | | Lo | | SISI IRE DE ARR PIE SIOE La 108 ID I ISO | 03 [tp PPT PE I 3 ES “ 3 R PI ELESSE AE la o aero ge Tgr Nov 190 al agi ann (7° E R Î4 R 8 sd 2|9|8]s*8] |8]) # ” g 8 si (5) R G * C 8 | |a sl |a Ba s|a a » 8 [fel pasto Mica n EA | i & z|S g/3|s Fa [8 a|® aa z & 8 R a la n Bb, & 3 3 & E Lani sure 35] 36 | 33 || s8 {38 33 | BI 33 31 i _— B | af TE > Gi 8 be: x 1 | A, * d Si Es il s i i» ; I | : | wr i ù pare eni I | | I [nad Ms ea i | | il bal | | 8 # s | tte] mirra ni T dr | | | so | n | Lal I | | | I | È) D o CE alla Lo] Ct A e | © (e e 8 ud S| "I ‘| “i “Tal Li pi ci ti 21 i 1 Densità % L | | g | | 8 I () ben{ a|_8 li et “i E ii >) E 8 È & O , & 8 & lo 2 ” 3 fr S (©) a © 15 Sg £ z A RAR 8 -|-- 79 n È fi 5 Ea 8 Colture esperimentali di Cotoni del R. Giardino Botanico e Coloniale di Palermo durante l’anno 1909. Relazione a S. E. il Ministro di A. I. C. Nella relazione dna (1) sui risultati ottenuti dalla col- tura del Cotone Caravonicain questo R. Orto Botanico, si concludeva ii il di di istituire una serie di col- ture esperimentali estese a diverse altre sorta di Cotoni, da ese- guirsi con rigoroso metodo La dere di ottenere, me- diante selezioni od ibridazioni, razze completamente resistenti al nostro clima, da sostituirsi alle altre colture i ormai poco redditive. A tale scopo, nel corrente anno 1909 si fecero nuove colture sperimentali, con diverse sorta di Cotoni, scelte fra quelle che si ritenevano potessero presentare una buona riuscita. Per ‘alcune si usarono semi raccolti nell’Orto stesso , e provenienti dalle colture dell’anno precedente (1908), avendosi così già una prima, riprodu- zione locale, che dava affidamento di più facile acclimatazione da 1) Boll. del R. Orto Bot. e Giard. Coloniale, Palermo, Ann. VII, fascicolo 4.° p. 149, noi: e queste furono : Caravonica Wool, Caravonica Silk, Bian- cavilla, Upland, Abassy, Mitafifi. Per un’altra varietà, che van- tavasi di merito superiore, si ebbero semi dallo stabilimento VIL- MORIN, e questa fu la varietà Noubary. Infine si ebbero , mercè la cortesia del Signor CH. PRETRÈL di Tunisi, semi di due varietà già da diversi anni acclimatate in Tunisia , cioè le varietà Mississipi e Mitafifi. Queste due sorta attrassero specialmente la nostra attenzione, e furono coltivate in maggiore quantità e con particolare cura, in vista delle condizioni di clima assai somiglianti che esistono fra la Sicilia e la Tunisia. % Furono infine esperimentati alcuni pretesi ibridi, ottenuti l’anno precedente senza castrazione; ma le colture di questi ultimi risul- ono per quest'anno troppo limitate, per potersene ritrarre qual- siasi conclusione sul loro valore. varietà così esperimentate furono le seguenti : “ A. Cotoni annui erbacei : 1. Biancavilla di Sicilia:da semi riprodotti nell’Orto. 2. Biancavilla di Sicilia: da semi ricevuti da Pachino. 3. Mississipi: da semi ricevuti da Tunisi. 4. Upland: da semi riprodotti nell’Orto, 5. Abassy: da semi riprodotti nell’Orto. 6. Mitafifi: da semi riprodotti nell’Orto. 7. Mitafifi: da semi ricevuti da Tunis . ; 8. N oubary: da semi ricevuti dallo Stabia VILMORIN. : B. Cotoni perenni, legnosi. 9. Caravonica Wool: da semi di provenienza d’Australia . 10. Caravonica Wool: da semi riprodotti nell’Orto. 3 11. Caravonica Silk: da semi di provenienza d’ Australia. 12. Kidney: da semi di provenienza d’Australia. Stando TA del WATT (1) queste Varietà spetterebbero alle seguenti specie : (1) Warr G., The wild and cultivated Cotton Plants of the World. London 1907. Gossypium hirsutum . ; È regno G. mexicanum © . : . ; and, Mississipi G. peruvianum . i . 5 Shu _ Noubary G. barbadense i Carav G. brasiliense ; £ : : Kiduey Tuttavia nelle nostre colture , forse perchè composte di razze impure od ibride, non vida alcun carattere per distinguere il Gossypium mericanum dal G. hirsutum , salvo pare nel colore della lanuggine che ricopre i semi, che dovrebbe essere bianca nel primo e verde nel secondo, ma che in realtà varia moltissimo da individuo ad individuo , avendosi tutte le gradazioni dall’ uno al- l’altro colore: anche TopARO (1) nota la nessuna attendibilità di tale carattere. Non troviamo scopa alcun carattere per distin- guere il G. peruvianum dal G. barbadense , salvo forse che il primo si presenta da noi come pianta annua , ed il secondo pere- nizza e diviene frutescente : ma sappiamo che in Egitto anche il Mitafifi, ascritto al G. peruvianum, perennizza e lignifica, potendo dare cp continuativo per più anni onseguenza crediamo più tato ‘anna dal lato pra- tico, seguire l’HENRY (2), l’ALIOTTA (3) ed altri autori moderni, i quali, come dapprima il PARLATORE (4), Pam due tipi prin- cipalissimi di Cotoni, cui vanno avvicinate, come varietà o come ibridi, tutte le altre pretese specie. Questi due tipi sarebbero il Gossypium hirsutum ed il Gos- sypium barbadense. Crediamo tuttavia potersi tenere separato an- che il Gossypium brasiliense perchè fornito di caratteri tosto ri- conoscibili , massime per i semi di ciascuna loggia riuniti in un corpo unic al dini variano entro una certa latitudine, dipendendo ciò dai diversi ibridi più o meno composti che presentano : tuttavia (1) Toparo A., Osservazioni sopra talune specie di Leva colti- vate nel R. Orto Balanito di Palermo. Palermo 1863. p. (2) HeNRyY Y., Le coton aux Etats-Unis. In gra pra î 3 3 SA S| S ST sè PER I°] (3) ALroTTA A., Rivista critica del genere $ Capa: In Annali della R. Scuola superioré di Agricoltura di Portici. Ser. II. Vol. V. 1 (4) PARLATORE F., Le specie dei Cotoni. Firenze 1866. 174 non trovammo alcuna forma veramente intermedia, potendosi tutte agevolmente ascrivere all’uno od all’altro. Seguono i caratteri differenziali riscontrati in essi. I° Tipo: Gossypium hirsutum. Pianta irsuta. Foglie suborizzontali, a lobi ovati, gli inferiori ‘convergenti verso la regione apicale, e seni poco profondi, ottusi, cordate alla base, con divergenza dei rispettivi lembi : lobo mediano indiviso : nettario estranuziale unico per foglia. Fiori con filli del calicetto a contorno ovato-lanceolato, abbastanza più lunghi che larghi: calice a cinque lobi prominenti, assai distinti, subtriangolari: corolla espansa, a petali color bianco crema, senza alcuna macchia basilare, cangianti in roseo carico alla chiusura : stimmi poco superanti gli stami: pistillo normalmente di cinque carpidii. Capsula eretta : se- mi grossi, quasi cilindrici, tutti liberi fra loro, rivestiti (oltre alla bambagia) di una peluria appressata di colore verde Spettano a questo tipo i cotoni americani detti a corta seta, come l’ Upland ed il Mississipi: vi spetta pure il cotone siciliano detto Biancavilla. II° Tiro : Gossypium barbadense. Pianta glabra. Foglie subpendule, a lobi lanceolati, gli inferiori divergenti verso l’esterno, e seni profondi , acuti, cordate alla base con accombenza dei rispettivi lembi: lobo mediano indiviso : net- tarii estranuziali tre per foglia. Fiori con filli del calicetto a con- pettano a questo tipo i cotoni americani detti a lunga seta, come il Sea Island, ed i cotoni egiziani, comel’Abassy, il Mitafifi, il Noubary. Spetta pure a questo tipo il Co- tone Caravonica Wool, mentre il Cotone Caravonica Silk offre caratteri di transizione con il tipo seguente, essendo torse ibrido fra i due, | 175 III° Tipo. Gossypium brasiliense. Pianta quasi glabra. Foglie pendule, a lobi lanceolati, gli in- feriori assai divergenti verso l’esternò, e seni profondissimi, acuti, cordate alla base, con accombenza dei rispettivi lembi : lobo mediano con due o più lobuli verso la sua parte basale ; un solo nettario estranuziale per foglia. Fiori con filli del calicetto a con- torno rotondato, egualmente lunghi che larghi : calice a cinque lobi prominenti, assai distinti, ottusi: corolla largamente campanulata, a petali color giallo pallidissimo, tendenti al crema, senza alcuna macchia basilare, non cangianti colore alla chiusura: stimmi lunga- mente superanti gli stami : pistillo sempre di tre carpidii. Capsula eretta od orizzontale: semi di ogni singola loggia, più o meno riu- niti in un corpo unico, senza peluria appressata. Spettano a questo tipo i cotoni sud-americani come il Kidney. Veniamo quindi a trattare separatamente di ognuna delle va- rietà quì esperimentate e dei risultati ottenuti. Rileviamo che le diverse colture quì istituite variarono alquanto nella estensione e nell’epoca di seminagione, per ciò, per potere confrontare fra loro i diversi risultati ottenuti, credemmo opportuno ridurre ognuna a 100 metri quadrati di superficie , calcolando il periodo di vegeta- zione nel numero di giorni che passarono dalla semina alla matu- razione delle prime capsule. Potemmo poi gentilmente ottenere in- formazioni sul yalore commerciale di queste varietà dalla Borsa dei Cotoni in Milano. Biancavilla. Con il nome di Cotone Biancavilla si coltiva nel sud della Sicilia una varietà abbastanza pregiata, caratterizzata prin- cipalmente per avere isemi ricoperti di un feltro di lanuggine verde fortemente aderente. Spetta certamente al tipo Gossypium hirsu- tum, ma non si ha alcun ricordo storico della sua provenienza. Il cotone, a quanto pare, fu introdotto in Sicilia verso il decimo se- colo dagli Arabi, ma è verosimile che allora si trattasse del Gos- sypium herbaceum, di origine indiana, senno il Gossypium hirsutum si crede originario d’America. ando però verso il 1862, cavisa la guerra americana, i prezzi del cotone subirono un forte rialzo, furono in Sicilia, come attesta il TopARO (1), introdotti cotoni americani, e specialmente il Loui- siana, che si trovò il più adatto al clima di questa regione , so- stituendoli alle antiche colture di Gossypium herbaceum : infatti il TopaRO trovò coltivati in Sicilia tanto il Gossypium herbaceum quanto il Gossypium hirsutum, mentre di recente l’ALIOTTA (2) che pure studiò questi Cotoni, ascrive il Cotone coltivato in Sicilia esclusivamente al Gossypium hirsutum. Per cui pare che questa ultima specie siasi definitivamente sostituita al Gossypium herbaceum , formando la varietà indigena detta Biancavilla: di conseguenza questa sarebbe un vero Cotone americano, proba- bilmente ascrivibile al Louisiana, da circa una cinquantina di anni acclimatato in Sicilia. iancavilla furono eseguite in quest’Orto due coltu- re, una con seme quì riprodotto, ma ottenuto lo scorso anno dalla Piana di Catania e l’altra .con seme ricevuto direttamente da Pa- chino. Lo sviluppo delle piante ed i risultati ottenuti furono pres- socchè identici. Seminate rispettivamente il 1° ed il 24 Aprile, le piante raggiunsero un’altezza variabile da m. 0.40 a m. 0 60, sor- passata solo da pochi individui, che, in posizione più ombrosa ed umida, arrivarono a m. 1.20. La fioritura cominciò in Luglio, rag- giunse il massimo verso la metà di Agosto, venendo a terminare nel Settembre. Le prime capsule mature si ebbero il 22 Agosto, continuando la maturazione dapprima lentamente, poi più rapida, per tutto Settembre, Ottobre e Novembre. Così si ebbe un minimo di 144 giorni dalla semina alla prima maturazione. È agguagliando le nostre colture a m. q. si calcola un rac- colto di Kgr. 11. 714 pari a Qi 11, 71 per ettaro. Le fibra della bambagia furono riscontrate lunghe da mm. gian e e si trovò che la bambagia senza semi corrispondeva al 28 per cento del peso complessivo del prodotto. Però in un campione di Cotone Biancavilla coltivato a Terranova, e cortesemente trasmessoci dal Signor Barone SERGIO, la bambagia corrispondeva al 30 per cento. Dalla Borsa dei Cotoni di Milano ci fu poi quotato questo Cotone a lire 160. per quintale. Di conseguenza, essendosi calcolato un prodotto (1) Toparo A., Relazione sulla coltura dei Cotoni in Italia. Ro- ma 1877-78. p. 14. (2) ALIOTTA A., Rivista critica del genere Gossypium.In Annali della R. Scuola Superiore di Agricoltura dì Portici. Ser. IL. Vol. V. i 2 177 de Qu 111 per Ettaro, la sola bambagia si ridurrebbe a Qli 3. 37, che al o prezzo darebbero, per Ettaro, un reddito lordo di L. 524. Wa nastro colture però si è trovato, tanto in quelle eseguite con seme riprodotto che in quelle eseguite con seme da Pa achino, che esistevano piante con semi grossi, ricoperti da un folto feltro verde e piante con semi alquanto più piccoli, quasi nudi: queste ul- time erano ancora più gracili : un caso analogo si é riscontrato per Il Cotone Mississipi quì coltivato, di cui parleremo in seguito. Può darsi che ciò dipenda da una degenerazione. Infatti il LasTEYRIE (1) trattando delle colture di Cotone, esistenti in Sicilia, dice : « Com- me le graine que l’on retire de la plante du Coton que la Sicile produit tautes les années dégènére, et cesse de donner du Coton de la meilleure qualité, l’éxpérience a appris que, pour que cette pro- duction continuàt a étre supérieure, il fallait tirer la graine de Co- ton de Malte. C'est par cette raison que les cultivateurs siciliens che il TopARO (2) nota la facilità che hanno i semi di Gossypium hirsutum, coltivati in Sicilia, a li agn dal feltro che li ricopre «rimanendo perfettamente glabri ». Egli non dà a tale carattere alcuna importanza, tuttavia se ne serve si distinguere dal Gossy- pium hirsutum una varietà intermediur Una conferma che si tratti di una vera di ci viene data dall’ inferiorità del prodotto presentato dalle capsule a semi nudi. In queste ultime infatti la bam mbagia presenta sa più fiac- che e più corte, soltanto da mm. '/ ig aaa EL; modo che la Borsa dei Cotoni di Milano ci ha quotato questa ni bambagia Lire 120 il Quin intale, mentre quella del genuino Biancavilla fu quo- tata, come si è detto, L. 160 il Quintale. Mississipi. È un cotone americano, appartenente a quelli detti di corta seta, e spettante al tipo dia hirsutum; si avvicina molto al no- stro Biancavilla dal quale dia principalmente per il fel- "a LasrevRIE (DE) Ca. Pa., Du Cotonier et de sa coltre, Pari a io Agi Relazione sui cotoni pra al R. Orto Botanico i Palermo nell’anno 1864. Palermo a PRIMARI, tro che ne ricopre i semi, che è bianco grigiastro e non verde. Que- sta varietà fu da varii anni introdotta a Tunisi, ove diede buoni risultati, ed appunto i semi usati nei nostri esperimenti ci furono gentilmenti concessi dal Signor CH. PRETREL di-Tunisi, provenendo dalle riproduzioni colà ottenute. ssendoci giunto molto tardi il seme, la seminagione in questo rto fu eseguita solo 1'8 Maggio, cioè quando gli altri Cotoni e- rano già abbastanza sviluppati : tuttavia il Mississipi dimostrò una grande rapidità di vegetazione, raggiungendo tosto le piante delle tre colture cotoniere. L'altezza massima poi di queste piante fu di circa m. 1. 50, cessando, con la fioritura, ogni ulteriore inere- Il Mississipi presenta quindi sugli altri Cotoni esperimentati è vantaggi di una grande precocità di sviluppo, di un pronto e- saurimento degli apici vegetativi, per cui si rende superflua la cimatura, e dì una maturazione assai affrettata delle capsule. Inoltre la raccolta di queste è facilissima, essendo erette come nel Biancavilla, bene visibili stante il colore bianco della loro bambagia, e disarticolandosi alla mienoma trazione. Ragguagliando poi le nostre colture a 100 m. q. si calcola un raccolto di Kgr. 11. 950 pari a Qli 11. 95 per ettaro, cioè di po- co superiore a quello del Biancavilla. Le fibre furono riscontrate ‘ abbastanza forti e lunghe circa mm. %,,: si trovò pure che la bam- bagia senza semi corrispondeva al 34, 36 per cento del peso com- plessivo del prodotto. Tuttavia in un campione dello stesso Cotone coltivato a Pachino, e gentilmente trasmessoci dal Signor Barone SERGIO, riscontrammo una percentuale del solo 30. 5. Di conseguenza, essendosi calcolato un prodotto di Qli 11. 95 per ettaro, la sola bambagia sarebbe di Qli 4. 09: questa dalla Borsa dei Cotoni di Milano ci fu quotata a Lire 180 il Quintale, per cui si avrebbe per Ettaro un reddito lordo di Lire 737. 64. a Nelle nostre colture poi si trovarono piante con semi a feltro più o meno verde e non grigiastro , forse corrispondenti ad ibridi naturali ottenuti con il Biancavilla, e piante con semi nudi, cioè quasi privi del feltro caratteristico sottostante alla bambagia, forse se ai i 179 dovute ad una degenerazione analoga a quella indicata per il Bian- cavilla. Non avendo però raccolto separatamente questi ultimi, non ci fu possibile istituire confronti riguardo alla qualità ed al valore della loro bambagia. Upland. È una delle mi igliori varietà americane, spettante certamente al tipo Gossypium hirsutum. È molto affine al nostro Biancavilla e le piante quasi non si distinguono, salvo per un maggiore sviluppo, per vegetazione più rigogliosa e per fioritura più abbondante : i semi sono rivestiti da un feltro grigio, come nel Mississipi. La coltura eseguita quest'anno, con semi riprodotti nell’ Orto stesso, fu troppo limitata per poterne trarre conclusioni attendibili, Seminate il 31 Marzo le piante raggiunsero l’altezza massima di m. 1. 20, ma dui. sarebbero cresciute di più se in condizioni più propizie. La fioritura durò dai primi di Agosto a tutto Set- tembre, e le prime capsule maturarono il 25 Settembre, continuando la maturazione molto lentamente. Così dalla semina alla prima ma- turazione passarono giorni 179, cioè un ritardo di 35 giorni rispetto al Biancavilla; a questo però può aver contribuito la posizione om- breggiata in cui fu posta la coltura. erciò non stimammo opportuno, sopra questi scarsi dati, di cedere a calcoli sui risultati attendibili dalla coltura di questa UATE solo trovammo che la percentuale della bambagia, rispetto al raccolto complessivo, era del 36 per cento. Abassy. Varietà egiziana, ritenuta assai pregiata e spettante al tipo Gossypium barbadense. Si avvicina molto al Cotone Mitafifi, dif- ferendone specialmente per la bambagia di colore bianco. La coltura eseguita in quest’ Orto fu con semi qui riprodotti da precedente coltura dello scorso anno. Seminato il 1.° Aprile le piante raggiunsero in Agosto una altezza media da m. 0.60 a me» tri 1.40, arrivando qualcuna fino a m. 1.80. La fioritura incominciò a fine Luglio, primer ndo la massima intensità verso la metà di n continuò per l’Ottobre ed il Novembre. Passarono quindi dalla se- mina alla maturazione della prima capsula 165 giorni, avendosi così un ritardo di 25 giorni in confronto al Biancavilla. La fibra della bambagia fu trovata forte e regolare, quantunque piuttosto 180° corta, arrivando solo a mm. !/, : notasi però che in Egitto, se- condo l’HENRY (1) la lunghezza media della fibra dell’Abassy è di m. °5j;, : Ciò può far ritenere ad un principio di degenerazione nelle Lu qui istituite. guagliando poi le nostre colture a 100 m. q. si calcola un Nene, di Kg. 12,133, pae gr 12,13 per ettaro. La proporzione della bambagia al peso totale è del 30 per cento, quindi avremo per ettaro Qli. 4.05 di pura delega: Questa ci è stata quotata dalla Borsa dei Cotoni di Milano L. 150 per quintale: di conse- guenza si avrebbe per ettaro un reddito lordo di L. 606.60 Mitafifi. Ritenuto per il migliore cotone egiziano, tosto riconoscibile per il colore caratteristico, leggermente fulvo, della sua bambagia : ap- partiene al tipo Gossypium barbadense. In questo Orto Botanico se ne fecero due colture: ‘una con seme riprodotto nell’Orto stesso, ma ricevuto lo scorso anno dallo . Stabilimento VILMORIN e probabilmente ra importato dal- l’Egitto: l’altra con seme ottenuto da Tunisi, gentilmente inviato dal Signor CH. PRETREL, e proveniente dalle riproduzioni eseguite con buoni risultati in Tunisia. a coltura eseguita con questi ultimi semi, cioè di provenienza di Tunisi, fu iniziata in ritardo, ossia 1’8 maggio, causa l’averne solo allora ricevuto i semi. Tuttavia le piantine mostrarono grande rapidità di sviluppo e presto uguagliarono quelle provenienti da seminagioni più precoci. Le piantine variarono in altezza da m. 1 a m. 1,50, alcune raggiungendo anche i m. 2, con una vegetazione assai PEA A metà Agosto erano già in piena fioritura e questa continuò pèr tutto il Settembre, andando decrescendo in Ottobre. È v DE [=] (Sh [| Dez) ii ci [=] te È (o) @ Ò° (©) S. do (A [=] E Du D =É d = SD Di [o E 3 [a É Pi bam- bagia fu trovata di buona qualità, fina, lucida, tua della lunghezza di mm. 5%,,, e si riscontrò che la proporzione della sola bambagia al peso totale era del 32.69 per cento. Notiamo che nelle colture a Henry Y., Le Coton dans d’Afrique occidentale. In L’ Agri- colture pratique des pays chauds. ILL Ann, 1904. p. 451, 181 eseguite a Pachino con il medesimo seme, secondo un campione trasmessoci gentilmente dal Signor Barone SERGIO, la detta propor- zione si eleva al 35.5 per cento, dimostrandosi così capace di for- nire nel sud della Sicilia un prodotto anche migliore che a Pa- lermo. Ragguagliando poi le nostre colture a 100 m. q. si calcola un raccolto di Kgr. 20.900 pari a Qli. 20.90 per ettaro. Nella propor- zione del 32,69 per cento la pura bambagia corrisponde quindi a Qli. 6,83 per ettaro. Questa dalla Borsa dei Cotoni di Milano ci fu quotata L. 210 per quintale, di conseguenza si può calcolare un reddito lordo di L. 1432.72 per ettaro, cifra quasi tripla di quella calcolata per il Biancavilla. Il Mitafif, da seme di Tunisi, si è mostrato abbastanza pre- coce, da stare a pari con il Biancavilla, e seminato più per tempo avrebbe potuto dare anche risultati migliori. A differenza del Mis- incremento dei rami. Ha però il difetto di maturare le capsule molto lentamente, per cui il raccolto va molto a rilento. Questo pure è ostacolato dalla posizione quasi pendula che assumono le ca- psule, per cui la bambagia finisce per cadere a terra; inoltre avve- nendo, in precedenza della maturazione, il disseccamento delle brattee del calicetto, il loro colore armonizza con quello della bambagia, rendendo poco visibili le capsule mature: avviene pure facilmente che frammenti di brattee secche si mischiano alla bambagia, ren- dendola così di qualità peggiore. L'altra coltura di Mitafifi fu eseguita con semi qui riprodotti e provenienti callo Stabilimento VILMORIN. Lo sviluppo delle piante fu circa identico a quello della coltura ora descritta, ma alquanto più lento. Seminate il 1° Aprile, raggiunsero una altezza da m. 1.50 m. 1.75, fiorendo in Agosto e Settembre: le prime capsule ma- . turarono il 16 Settembre e la maturazione segui molto a rilento : Quest'ultimo però dalla Borsa dei Cotoni di Milano ci fu quo- si di > uagliando questa seconda coltura a 100 m. q. si calcola un raccolto di Kg. 13,522 pari a Qli, 13,52 per Ettaro: ciò corri- 182 sponde a Qli. 4,51 di pura bambagia, che al detto prezzo darebbe un reddito lordo di L. 992.22 per ettaro. Di conseguenza il Mita- fifi originale mostrasi non solo più tardivo, ma ancora inferiore in quanto a produzione di quello riprodotto a Tunisi, quantunque la bambagia abbia ottenuto una quotazione lievemente superiore. a è una nuova prova della opportunità, nella introduzione di varietà esotiche, di ottenere seme dai paesi più limitrofi, ove già si acclimatarono. Noubary. Varietà egiziana, spettante al tipo Gossypium barbadense: ri- cevutone il seme direttamente dallo ranno ViLmorin. È varietà. in tutto simile al Mitafifi, da cui non.è possibile distin- guerla. Questa coltura quindi non ha presentato alcun interesse. Se- minata il 24 Aprile, le piante raggiunsero un'altezza da m. 1 a m. 1,50: incominciarono a fiorire nella seconda quindicina di A- gosto, avendosi la massima fioritura in Settembre. Le prime cap- sule maturarono ii 2 Ottobre, avendosi così un sila di a 161, con un ritardo di giorni 17 sul Biancavilla. creduto inutile istituire ricerche sul suo valore culturale, Lioni identico al Mita Caravonica Wool. Per n cotone vedasi quanto fu scritto nella relazione pre- cedente (1). Appartiene certamente al tipo Gossypium barbadense, e molto si avvicina, per la qualità della bambagia ai Cotoni egi- ziani. Dicesi cresca spontaneo al Messico, ed abbia subito una ac- curata. selezione in Australia, per opera del Dottor THoMATIS. i questa varietà abbiamo continuato ad avere in coltura le piante arborescenti, che avevano già prodotto lo scorso anno, entrate quindi nel terzo anno di età, ed altre piante giovani, riprodotte da seme raccolto dalle suddette. Le piante adulte passarono assai bene l’in- verno, il quale però fu abbastanza mite: la loro entrata in vege- tazione fu assai tardiva, e tardiva fu pure la fioritura; di conse- (1) Borzi A., Esperienze sulla coltura del Cotone Caravonica. In Bollettino del R. “Orio. Botanico e Giardino Coloniate di Palermo Anno VII. 1908. p. 1 - 183 guenza anche la maturazione delle capsule avvenne con grande ri- tardo, avendosi le prime mature il 10 Ottobre. Ciò è a tutto de- trimento della bontà del raccolto. Forse però in località più soleggiate e calde si potrà ottenere un e di entrata in vegetazione e conseguentemente anche di fioritura Le nuove colture invece, eseguite con seme qui riprodotto, si mostrarono più precoci. La loro semina avvenne il 1° Aprile ed in Agosto si avevano già piante alte m. 2 e più. Alcune presero grande sviluppo vegetativo non producendo alcun fiore, mentre altre erano già in fioritura alla metà di Agosto: da queste ultime incominciarono a maturare capsule il 4 Ottobre, continuando in buon numero. Così presentarono un periodo di 187 giorni dalla semina alla prima ma- turazione, cioè un ritardo di giorni 43 in confronto al Biancavilla. Però, nelle piante qui riprodotte, le capsule erano molto più piccole, ed il colore della bambagia non più bianco perfetto, ma vonica Wool sia un ibrido con qualche Cotone egiziano, e che, ri- prodotto qui, abbia presentato un parziale ritorno atavico ad uno degli antenati. Infatti poste a confronto capsule raccolte sulle piante di tre anni con capsule raccolte sulle piante di un anno, trovammo le se- guenti notevoli differenze. ® $ o ‘got o f=] (ci Uri P_@|R 2 ups ge SES SE gSo deo 0 sue Wightianum gd La "da Pachino 0 X Abusy lu cx » » QX Caravonica { Q X Mississipi g quali vantaggi potrebbe pre- ‘sentare per precocità e per produttibilità in confronto al nostro Bian- CAPSULE OTTENUTE — i sr Senza castrazione |Previa castrazione _ 2 1 1 n si E È da 79 1 3 i — 1 i 2 ca ca —_ di rari 1 _ 1 2 1 n 1 1 de. tw 1 9 E HO a ad 187 è un totale di 57 Capsule ottenute mediante impollinazione preventiva castrazione. verse, in 14 delle quali entra il Biancavilla come uno dei genitori. Riassumiamo nel ture di quest'anno: CONCLUSIONI i cui 44 certamente riuscite perchè sottoposte ad una ueste corrispondono a 25 combinazioni di- seguente quadro i risultati ottenuti dalle col- rOpIEEEGEBE La a IE ew e S scheda”) p DR e oe Lo SIEDE 8a Sd Bi a Face e Re (e) (e) Qu Lea Ar SD O_o i Ò (o ni dis © Bi é #13 Bia a È 8 er see i Papa Rae Bi vicg at ca E: oc 3 ® . D E] 5 ag 3 ie se i sd s See Giorni di vege- fb o sar | Ed md 0 6 do - Tzinde z Le _ o» s » ® |D2 Produzione per of w toe o [E = © à By Piero & 2 Bio ® o - Proporzione -l a > 5 Pol Dio i Co) ‘e della bambagia Lunghezza & 8 ale + e - B/B gh P—Plivesggpea = LE 2 ir] n x delle fibre 5 Valore per Sa, 8 I © © | é È 5 s Soa Quintale ct i Si ù > © © sè 3 Lt È S $$ Di & | &: | Reddito lordo per A 4 BREA Ed $ SS ig Sie Ettaro Si deduce che : 1.° — Il Biancavilla è una varietà abbastanza buona, ma poco produttiva e sogge egen 2.° — Per ero sono preferibili i osa già acclimatati unisi, Mississipi ed il Mitafi — Per dui è preferibile il Mitafifi, la cui bamba- gia pure ha ricevuto un prezzo più elevato di tutte le altre varietà. n complesso i risultati di queste prime esperienze culturali sono abbastanza istruttivi. Essi dimostrano anzitutto che bisogna essere molto cauti nell’affermare la nostra piena fiducia nella coltura del Cotone arboreo, specialmente nella varietà Caravonica, poichè que- sta razza mostra una tendenza a degenerare sotto il nostro clima. Tuttavia, essendo i risultati sopra riportati ottenuti da piante di un anno e venendo questa varietà a pieno prodotto solo al secondo anno, è necessario attendere al prossimo anno per poterne giudicare più a- deguatamen bastanza incoraggianti appariscono invece i risultati delle col- ture di razze egiziane e specialmente del Mitafifi. È noto come i Cotoni egiziani, introdotti negli Stati Uniti, abbiano prontamente de- generato, per cui l’avere qui dato buona prova lascia sperare di poterli acclimatare in Sicilia con successo. Per la conferma però di questi risultati occorrono colture più estese, che appunto eseguiremo nel prossimo anno. Dagli ibridi prodotti, presentando come punto di partenza il Biancavilla, abbiamo pure da nutrire qualche speranza. Infine la nostra attenzione è rivolta ai prodotti di una rigorosa e razionale selezione, al fine di ottenere delle varietà più adatte al clima secco ese di sviluppo precoce e più produttive di quelle nostrane. Ma, per una selezione veramente seria, occorrono colture abbastanza estese salle quali potere operare, e queste appunto sono già predisposte per il prossimo anno. 1. A. Borzi Il Chrysomphalus dictyospermi var. pinnulifera Mask. negli agrumeti siciliani. Gli agrumeti siciliani del piano cioè, delle così dette marine o meglio della zona littoranea, sono generalmente infesti da un buon numero di cocciniglie che ne deturpano l’aspetto, che ne di- sturbano le funzioni fisiologiche, che ne deprezziano grandemente il prodotto. Gli esperidi sono la sede preferita della Mytilaspis citricola, della Parlatoria zizyphi dell’ Aspidiotus hederae e di altre specie di questa dannosissima famiglia che costituisce la peste anche di non poche altre piante. E come se gli agrumi si- ciliani non fossero sufficientemente danneggiati da questi insetti ; oggi un’altra cocciniglia temibilissima viene ad essere scoverta sugli esperidi dei dintorni di Messina e di Catania dove ha rag- giunto una grande diffusione. Certamente si trovano in migliori condizioni gli agrumeti di collina; qui le dannose cocciniglie molestano punto o poco le piante; ‘forse il clima, man mano che i giardini si elevano, va perdendo le condizioni favorevoli allo sviluppo di questi insetti e vediamo di fatti il frutto di tali giardini indenne dal male così, che in commercio esso è preferito a quello del piano, anche perché più ru- stico e più resistente ai lunghi viaggi. 190 Le cocciniglie, che in Sicilia col nome volgare di rugna, di bianca, di cuttuneddu, di pidocchiu, di tartaruchedda magagnano gli agrumi, é necessità che siano efficacemente combattute, la lotta contro di esse deve essere incessante e deve costituire una delle pratiche principalissime nella difesa delle piante, direi anzi chela guerra a questi insetti, come a tutti quelli dannosi, deve essere una delle occupazioni più importanti dell’agricoltore. A che servireb- bero le zappature, le concimazioni, gli inaffiamenti, la pota, la ri- monda quando poi il prodotto non può vendersi perchè deturpato e guasto dagli insetti? Intanto a me pare che gli agricoltori, e nel caso odierno gli agrumicultori, non rivolgono seriamente contro le cocciniglie la loro attenzione, non reclamano quei provvedimenti che per lo spesso, chi ne ha il dovere, non prodiga come sarebbe giusto e che val- gono ad impedire la loro diffusione, ad evitare l’introduzione di specie esotiche. E dico ad evitare l’importazione di specie esotiche perchè un certo numero di queste cocciniglie e delle più dannose che ora abitano le piante siciliane, sono molto recentemente venute a noi dall’estero, e questo fatto non sarebbe certamente avvenuto se si fossero adottate quelle misure di garenzia che alcuni studiosi di entomologia agraria hanno consigliato. L'introduzione nell’isola della Diaspis pentagona, quella odierna del CArysomphalus di cui dirò più sotto, e quella di altre specie ne sono esempio molto di- mostrativo. Le cocciniglie esotiche sono venute a noi con l’introduzione di piante straniere, specialmente a foglie persistenti; or se queste piante si fossero assoggettate a scrupolosa disinfezione forse oggi non a- vremmo ragione di muovere lagno veruno, forse non avremmo in casa l’inimico; gli agrumi che sono una delle più importanti col- ture dell’isola forse sarebbero indenni della Parlatoria zizyphi afri- cana, della Mytilaspis citricola cosmopolita ma importata in Sicilia, del Chrysomphalus dictyospermi var. pinnulifera americano giun- tocci oggi, e forse si potrebbe scongiurare la minacciata invasione della Aonidiella aurantii scoperta a Napoli e Roma dal Dottor LeonarpI e nello scorso 1909. osservata dal Dottor MARTELLI maggiormente diffusa, negli agrumeti di Napoli stesso. Il Dot- tor MARTELLI anzi preoccupandosi dello estendersi di questa spe- cie, ha pubblicato recentemente, nel numero del 26 Sett. scorso del giornale Vesuvio di Portici, una nota, riportata poi dal Gior- 191 nale di Sicilia, con la quale richiama su questa cocciniglia l’atten- zione degli agrumicoltori specialmente liguri e siciliani come quelli che di essa hanno più da temere. Ma i lagni non cavano un ragno dal buco, e sarebbe bene che proprietari e agricoltori, specialmente in questo momento che il prezzo degli agrumi è assai avvilito, intensificassero la lotta contro le cocciniglie, perchè tra i danni di questi insetti e la poco richie- sta in commercio del prodotto agrumi, rendono la loro condizione assai precaria. Noi attualmente assistiamo ad un fatto gravissimo nell’isola, a quello cioè, dell’avvilimento della proprietà coperta ad agrumi, per essa non si trovano acquirenti e come ho detto, il prodotto non trova collocamento, mentre poi le tasse e le spese di coltura. cor- rono lo stesso. Le cocciniglie esotiche importate in Sicilia hanno trovato cli- ma favorevolissimo al loro sviluppo e in poco tempo, nella zonalitto- ranea, si sono propagate straordinariamente. Da notizie assunte circa l’odierna invasione del Chrysomphalus dictyospermi var. pinnu- lifera sugli agrumi di Messina pare che esso fosse stato avvertito circa tre anni addietro solamente su alcuni manderini, disposti a spalliera lungo un muro, nel giardino del Sig. GrusePPE LO GIUDICE fa Vincenzo di quella città, da dove il male andò sempre più dila- gando invadendo molti agrumeti prossimi alla distrutta città. A questo punto è bene far rilevare che altri giardini molto prossimi alla proprietà Lo GIUDICE, ma da essa divisi da una stradella fian cheggiata da muri, sono perfettamente indenni. La prima notizia della presenza di questa eocciniglia in Sicilia la ho avuta dall’agronomo Sig. F.VrrALE il quale, leggendo la nota del Dott. MARTELLI riportata dal Giornale di Sicilia intorno all’ Aoni- diella aurantii ‘osservata a Napoli, si ricordò di una cocciniglia vista a Messina dallo aspetto esterno in qualche guisa rassomigliante a questa specie, e dietro mia preghiera mi procurò alcuni campioni sui quali fu possibile accertare che trattasi del Chrysomphalus di- ctyospermi, Mors. var. pinnulifera, MasH; fu allora che io ne diedi notizia nel N. 655 della Gazzetta Commerciale 1909. Intanto anche il Prof. AnT. Borzi, Direttore del R. Orto Bo- tanico di Palermo, inviavami altri campioni provenienti pure da Messina dal giardino del fratello Ing. Lurcr e sulle foglie e i 2 | frutti di quest’ altro campione la cocciniglia vi si trovava cos uu 192 numerosa che realmente la superficie dei limoni e quella della la- mina fogliare superiore scomparivano sotto le incrostazioni dei nu- merosi follicoli degli insetti. Questa cocciniglia fu scoperta per la prima volta in Italia dal Prof. BERLESE nel R. Orto Botanico di Firenze nel 1896, più tardi fu osservata dal Dott. LEONARDI a Roma; ma tanto nell’uno che nell’altro paese non ha assunto quello sviluppo allarmante che oggi si costata negli agrumeti dei dintorni di Messina e di Catania che costituiscono un focolaio di infezione di dove l’insetto può espan- dersi per tutta l’isola. Un caso simile è avvenuto in Francia, dove questa stessa specie, limitata dapprima a Canne e al golfo Juan, ha invaso oggi la re- gione di Nizza, di Hyéres e di altri paesi; si è già notata nella Spagna con rapida progressione e probabilmente a quest'ora essa trovasi anche in altri paesi. Il Chrysomphalus in parola, di cui ignorasi esattamente l’epoca di sua penetrazione in Sicilia, pare che sia originario della regione neo - tropicale, il Prot. MAaRrcHAL della R. Stazione Entomologica di Parigi ci apprende che esso si trova abbondantissimo alle Antille, nelle Indie occidentali, nell'Asia tropicale. Rappresento molto ingrandita l'aspetto esterno di questa coc- ciniglia nelle sue tre forme principali e in rapporto alle sue dimen- sioni, così in a raffiguro il follicolo femmivile, in d quelllo de] maschio, in e quello della larva. 60 300 Questi follicoli, nella femmina adulta sono di color gialliccio, leggermente coniformi, con una zona centrale più chiara e con la superficie estrema del cono dello stesso colore 0, come succede spesso, più oscura; negli individui giovani cioè, nelle larve, essi sono molto più oscuri e vanno solo schiarendo man mano che crescono in età In queste due forme i dischi o follicoli che ricoprono l animaletto non sono sempre a contorno perfettamente circolare, ma più o me- no sinuato a seconda che diversi individui sono a contatto e si pi 193 giano o altre specie o un ostacolo ne impediscono il regolare an- damento. Il follicolo maschile é dello stesso colore di quello della fem- mina adulta, ma più piccolo, più allungato e con la zona più chia- ra e il piccolo cono, più oscuro, ad una delle sue estremità. Ho voluto anche dare la figura di un frutto di limone e di una Joglia per mostrare il grado che ha raggiunto l’infezione sugli e- speridi del messinese, e faccio notare che questi non sono isolati e rari, ma è così che in maggioranza le piante sono attaccate. Il Prof.re BeRLESE che ha indicato e fatta conoscere questa cocciniglia col nome di CArysomphalus minor così la descrive: «Foemina lutea, obpyriformis, postice subacuta , Trullarum «Fabrica Ohr. ficus subsimilis. Pectina post tertii paris trullas, « peculiaris fabricae, basi latiora, denique laminulam cultriformem «longam, gerentia, utrinque duo. Disci ciripari circumgenitales « perpauci, antico — laterales 3-4, postico laterales 2-3 vel 2-1. « Longitudo comporis 750 y, 194 « Folliculi (foeminei) badii, nitidi, conico — convexi, basi di- «scoidales, ad 1,100 y, long (1) ». Ma io non ho notato tutti i gravi danni che questa cocciniglia reca agli agrumi, essi sono molto notevoli e nessuna delle specie che da tempo si trovano sulle aurautiacee ha mai riuscito a tanto, e di fatti, se per la Mytilaspis, per l’ Aspidiotus, per la Parlatoria etc. i limoni e le arance venivano rifiutati nel grande commercio, pure trovavano un certo sfogo nel piccolo e nell’industria locale: ma gli effetti prodotti dal Chrysomphalus sono più disastrosi per- chè, sotto l’azione dei numerosissimi individui che investono le fo- glie, queste finiscono con lo staccarsi e cadere al suolo; in tal modo la pianta viene grandemente indebolita e la fruttificazione povera e malandaca. È necessario quindi contro questa cocciniglia ingaggiare una lotta seria, e ben condotta tanto più che essa, oltre che su. gli a- grumi, vive pure su diverse altre piante, come il Pandanus gra- minifolia, VEvonymus japonica, il Myrtus communis, V Hedera helix, il Buxus sempervirens , le Magnolie ed altre, e di. più, allo stato larvale nudo cioè, non ricoperta dal disco ceroso, per- dura pochissimo tempo; difatti, dopo appena un’ora della sua schiusa si fissa e comineia a ricoprirsi dello strato ceroso che la rende in- vulnerabile agli insetticidi; inoltre, in questa specie, la deposizione delle uova nello stesso individuo non è sinerona, ma si prolunga invece per circa un mese, e siccome le larve sono già belle e for- mate dentro 1’uowo, man mano che questo viene emesso, ne vengono fuori per tutto “quel tempo e la cura quindi con gli pes riesce lunga e punto facile. Nel periodo primaverile quindi, all’epoca cioé della deposizione delle uova e della schiusa delle larve della prima generazione e più tardi della seconda, l’osteggiare questa specie coi mezzi artificiali riesce molto difficoltosa, frutto migliore invece potrà ottenersi con la cura invernale e vedremo fra poco come essa deve essere ese- guita. Per glistudii del Prof. MARCHAL noi sappiamo che il Chrysom- phalus di cui ci occupiamo ha due generazioni sotto il clima di 1) Rivista di Patologia vegetale — Vol. IV. pag. 346-1896, Di Pu Ù ” i si I biso 195 Parigi, nel nostro più meridionale, probabilmente, potrebbe averne anche tre e la grande moltiplicazione, che in breve tempo si è av- vertita nel messinese, pare giustificare tale opinione; ma su ciò in in Sicilia manchiamo ancora di studii. E’ questa una cocciniglia venuta in Europa dall’ America, come d’altronde diverse altre sue consorelle, senza la compagnia dei suoi nemici naturali, così che essa nel nostro paese, come in Francia, come nella Spagna, si moltiplica in piena sicurezza e riesce più dannosa che non nei suoi paesi di origine. I trattamenti curativi invernali quindi sono bene intesi, questi con la cocciniglia non possono uccidere il parassita di essa che non vi si trova, si pos- sono quindi adottare con piena coscienza. Se tra i nemici naturali del Chrysomphalus in Europa man- cano i parassiti, gli insetti carnivori avrebbero in qualche modo potuto riuscire loro di danno, ma i predatori europei non hanno avuto nessuno effetto sulla dannosa cocciniglia e su di essi quindi non possiamo fare assegnamento, invece pare che un grande utile potremo ottenere impiegando alcuni parassiti e predatori esotici; questi nel loro paese di origine tengono in freno diverse cocciniglie tra cui il CArysomphalus in parola che difatti colà non riesce così numeroso come da noi. i, Studii speciali sul proposito sono stati fatti particolarmente dal Prof. SILVESTRI di Portici, il quale ha intrapreso appositi viaggi all’estero, non risparmiando né cure né spese, onde poter portare 0 far venire nel nostro paese questi parassiti e predatori tanto utili; egli recentemente ha pubblicato una specie di relazione su quanto ha fatto a tale intento, e fortunatamente i suoi sforzi sono stati co- ronati da un felice esito perchè alcune specie si sono ‘benissimo acclimatate in Italia (1). Il SIiLvESTRI, ‘convinto dalle osservazioni fatte che i soli paras- siti endofagi o viventi dentro il corpo delle vittime, e quelli ecto- fagi o viventi sul corpo di queste, pure avendo una grandissima importanza, non riescono a limitare efficacemente le dannose coeci- niglie, rivolse anche la sùa attenzione ai parassiti predatori, trovò che questi sono di una validità grandissima: di fatti questi insetti, (1) F. SILVESTRI, riali it gii in n Italia nel 1909 per com- ere la Diaspis pentagona T (Estratto dal Bollettino della So- cietà done Agricoltori Italiani, *1909); 196 x allo stato di larva o di immagine, distruggono uova, larve e adulti di cocciniglie specialmente della tribù Diaspine. L’egregio professore nei suoi viaggi raccolse di questi insetti e così, dalle isole Hawai, man- dò in Italia esemplari di Ohilocorus circundatus e di Orcus chalybaeus che disgraziatamente giunsero morti, importò dalla California molti esemplari di RYizobius lophantae ed altri parassiti dal Giappone e dall’Africa meridionale. Uno dei predatori introdotto dal Giappone è il Ohilocorus Kwwanae, coccinellide ritenuto in quel paese un attivissimo distruttore della Diaspis pentagona ; questo coleottero attacca pure altri diaspini come 2’ Aonidiella aurantii ed altre specie. Un'altra coccinellide, a cui il professor SILVESTRI attribuisce im- portanza grandissima, è il Rhizobius lophantae recentemente spe- ditogli dall’entomologo della Colonia del Capo, Sig. CHR. P. Lou- NSBURY; tale coccinellide si è benissimo moltiplicato in Italia ed esso è stato distribuito nelle seguenti località: Novara, Cuneo, Al- benga, Savona, Casale Monferrato, Como, Cuggiono, Gallarate , Somma Campagna (Verona), Crema, Mantova, Piacenza, Terracina, Acerra, Catona, Palermo. Questa specie di coleotterino si ciba di uova, di larve e di a- dulti di Diaspis facendone una vera strage. Nella prossima primavera, oltre al Rhizobius lophant no introdotte in Sicilia altri di questi predatori e parassiti utilissimi per combattere la Diaspis dei gelsi e tutte le altre Diaspine degli agrumi; il professor StLvesTRI me lo ha promesso. Se poi i proprietarii e gli agrumicultori volessero ricorrere contro le cocciniglie ai mezzi artificiali di lotta il Sig. FONDARD, alla scuola d’agricoltura d’Antibo in Francia, ha esperimentato diverse solu- zioni ed ha trovato che le più energiche sono i polisolfuri alcalini. Le piante infeste di Chrysomphalus dictyospermi trattate con po- lisolphuro a base di soda e di potassa al 4 per 100 hanno dato la mortalità in insetti del 73,85 per 100. Questo insetticida dissolve i follicoli degli insetti e da ottimi risultati. necessità però che la soluzione venga preparata fresca perchè da un giorno all’altro essa, al contatto dell’aria si altera, e perde le sue proprietà. epoca più opportuna per eseguire tale trattamento è nei mesi invernali e propriamente in quelli di gennaio e febbraio. TErOD. DESTEFANI PEREZ . Altre Acantacee a nettarii estranuziali. ; Il DeLPINO (1) ella magistrale sua opera sulla funzione mir- | mecofila, non cita alcun erempio di Acantacea a nettarii estranu- ziali. In seguito il BuroK (2) ne osservò nella 7hundergia gran- diflora, ed in questa stessa specie furono pure da me, indipen- dentemente, osservati e descritti (3). Ma cen restava un esempio | isolato nella magi delle Acantacee. - timamente però, rivedendo, assieme al Dottor LANZA, il ma- | teriale raccolto a SENNI nell’Eritrea, ebbi occasione di riscon- trare un altra Acantacea, con nettarii estranuziali. Si trattava di una Barleria, ascrivibile alla Barleria trispinosa, e raccolta fra va ce. e Filfil. In essa la sede dei nettarii è else cioè sulle do (O) Deremso È. Fagin siitniecoie. nel Regno Wii della R. Accademia delle Scienze di ie te ; foglie, sulle brattee e bratteole e sui calici: i nettarii consistono in numerosi tricomi ciatiformi, pedicellati, pluricellulari. Quelli fo- gliari sono situati sulla pagina inferiore del lem o, verso il pic- giolo, circa in numero di una ventina per foglia. Numerosi sono sulle brattee e sulle bratteole, e numerosissimi sui calici, massime verso la regione marginale dei due sepali esterni Rivedendo allora altri esemplari d’erbario, Adlerai che omolo- ghi nettarii esistono in altre specie di Barleria, tutte però ascri- vibili alla sezione Prionites e tutte provenienti dalla regione Eri- treo-Abissinica. Infatti nelle medesime localizzazioni ne i la Barleria diacantha, NeES. e la Barleria eranthemoides, R. La specie meglio fornita pare sia quest’ultima, e la meno ua la prima: nell’ultima nominata può ritenersi che tanto ogni brattea, quanto ognuno dei sepali più esterni ne porti almeno un centi- najo. Saggi poi di Barleria Prionites, provenienti dalle Indie, pare ne manchin Così resta ius l’esistenza di un altro gruppo di Acanta- cee provviste di nettarii estranuziali, e resta confermato sempre più il grande sviluppo assunto dalla funzione mirmecofila nella regione che si estende dall’Eritrea all’Abissinia, esistendo colà molti tipi melliferi, appartenenti a generi ed a PRECI che altrove ne sono normalmente sprovvisti. ; G. E. MATTEI IZIAZIAIASIANNIISIA n non consen OIYVYPTISNSSSISDISSPIPÉAIPIISTPPPLPRPLA ad vev vu voy wo vor ver ver vo vor ver Altre Graminacee a nettarii. x Da lungo tempo è conosciuta l’esistenza di toveole sulle glu- me di alcune specie di Andropogor, ma nessuno, a mia conoscenza, si curò di indagare quale ne potesse essere il significato bio- logico. LinxEo (1), per primo, descrive tali organi vellinsa (sub Zolco) pertusus, notando come esistano solo sulla gluma e- sterna dei flosculi ermafroditi e non di quelli maschili : erronea- mente però li scambia per veri fori (donde il nome di pertusus alla specie) anzicchè ritenerli per foveole: infatti parlando di dette glume dice « exteriore pertuso in medio foramine rotundo » ed ag- iunge « flosculi hermaphroditi foramen speciem distinctissimam ab omnibus reddit ». 0 dopo PaLISOT DE BEAUVOSS (2), eni detta spe-. cie, delinea a le foveole esistenti sulle dir (1) Linnno C., Mantissa plantarum. Ed. II. 1771. i 301. | (2) PaLISoT DE BEAUVOIS AMBR., . i d’une nouvelle Ag graphie. 1812, Ph XXIII. fig. II. a, b, 200 DELILE (1) poi scopre pure in Egitto, di un’ altro Andropo: con organi analoghi, che i molto appropriatamente, chiama passa opogon foveolatus. Di esso dice: « sa valve exterieure presente au-dessou de son sommet une fossette qui aussi à l’impression que l’on pourroit faire avec une téte d’epingle ». Ed aggiunge: « Linné a donnè à une espece d’Andropogon le nom d’Andropogon pertusus, è cause d’une fossette, près du sommet de la valve esterne de ses calices, tout-à-fait semblable è la fossette qui fait uu des prin- cipaux caracteres de 1’ Andropogon foveolatus. Ces deux Andropo- gon forment un groupe ou une section que cette fossette caracte- rise. Les èpis sont simples dans l’ Andropogon foveolatus, et fa- scicules presque en ombelle dans l’Andropogon pertusus ». ICHARD (2) in seguito, per l’Abissinia, descrive una nuova specie di Andropogon, che chiama Andropogon insculptus, cui dà er carattere « valvula exteriore versus partem superiorem in fo- veola profunde exsculpta » ed aggiunge: « comme dans l’ Andropogon faveolatus de DELILE, la valve exterieure de la lepicene est mar- quèe, vers la rèunion du tiers. supérieur avec les deux tiers infe- rieurs, d’une petite fossette arrondie ». STEUDEL (3) cita Andropogon pertusus, WiLLp. delle Indie Orientali, Andropogon faire DeLIL. d’Egitto, d’Arabia ete., Andropogon insculptus, Hocust. di Abissinia, aggiungendovi una nuova specie, Andropogon na cui assegna il carattere . di avere la gluma inferiore del flosculo maschile « dorso grosse 2-3 foveolato ». Gli altri autori posteriori nulla aggiungono di maggiori dettagli in proposito “vic Alle spesi però di Andropogon presentanti foveole sulle glu- me, se ne deve aggiungere un’altra, endemica di Sicilia. Già pri- ma GUSSoNE (4), poi PARLATORE (5), avevano indicato presso Pa- (1) DeuiLe AL. R., Flore d’ Egypte. 1813. pag. 16. et PL dd 2. (2) Ricnarp A., Tentamen Florae Abyssinicae. Tom. IL 1851. . 458, 8) SrEUDEL BR. 6. Biala plantarum graminacearum. 1855. Pi tO) Gosetini! G., Florae Siculae Symopsis. Vol. I. 1842. p. 168. dh ) Ronin, Flora Palermitana. Vol. I. 1845. p. 268. È 201 lermo alle Falde di Monte Pellegrino, l’esistenza di un Andropo- gon, che ritennero fosse l’ Andropogon angustifolium, SIBTH. et SMITH., senza nulla rilevare della esistenza di una foveola sulle sue glume. Ciò fa meraviglia, agua quanto il GUSsonE fosse esatto e minuzioso sulle sue osservaz In seguito lo stesso PARLATORE n i) Sia trattarsi di spe- cie nuova, chiamandola Andropogon panormitanum, e come tale l’inserì anche nella sua Flora italiana (2), ma nulla aggiunge re- lativo al carattere delle foveole. n conoscenza e sistemazione di questa specie e delle ins rai Ì, veole, bisogna venire all’opera magistrale sulle Lupi dell HACKEL (8 Quest’autore anzitutto, basandosi sul carattere dell’infiorescenza semplice o fascicolata, colloca in due sezioni distinte 1’ Andropogon foveolatus, DEL. e 1’ Andropogon pertusus (L.) WiLLD. Ciò forse è artificiale, sembrandomi ben difficile che un carattere tanto singo- lare, come quello di queste foveole, possa essersi manifestato in- dipendentemente due volte nello stesso genere: credo dovrebbesi piuttosto seguire il consiglio di DELILE; che stimava fosse carat- tere sufficiente per farne una sezione a parte. Comunque 1 HACKEL all’ Andropogon foveolatus assegna due varietà, cioè 1° genuinus elle E Capo Verde, itto, Nubia i Abissimia, Eritrea, A- ; die - spighette maschili mancano di foveole, mentre nella seconda sono esse pure foveolate. L’HACckEL poi raggruppa in una sola specie, cui assegna il nome Linneano di Andropogon pertusus, tutte le altre entità so- pra menzionate. Suddivide però questa in molte varietà, cioè 1° genui- nus delle Indie Orientali, di Ceylon, dell’Affehanistan, dello Yemen, di Maurizio, Timor e Giava: a neo tomi un sola foveola per la gluma del fiore ermafrodito foveole per quella del fiore maschile; 2° Wightii, delle” cu perline i; 3° vegetior, (1) ParLatoRE F. in Diario del nono congresso degli Scienziati italiani in Venezia, Seduta del'16 Settembre 1847. 1 In DE CANDOLLE, ui Phanerogamarum. Vol. VI. 1889. » 402 et p. 479, & P ind Fi Si iS [o] N $ S S dell’Africa tropicale orientale, con le foveole come nella varietà 1°; 4° panormitanus, proprio di Sicilia; 5° Zongifolius delle Indie Orientali; 6° capensis dell’Africa australe, con. le foveole come nella varietà 3°; 7° insculptus: questa varietà viene suddivisa in due, cioè l’una, trifoveolatus, dell’ Abissinia e dell’Africa centrale, con glume a tre foveole, e l’altra, bifoveolatus, delle Indie Orien- tali, con glume a due foveole; 8° decipiens dell’ Australe, orse l’aggruppamento di tutti questi Andropogon, come va- rietà di una sola specie, 6 eccessivo: si tratta realmente di forme ffini, ma il concetto biologico del numero delle foveole, ed il con- cetto geografico delle loro aree, giustificherebbe di tenerle distinte, come frammenti od irradiazioni, divenute più o meno endemiche, di un tipo antico, già abitante la regione Indo-Africana, e forse le supposte terre scomparse dell'Oceano Indiano. d ogni modo è più questione di nomi che di sostanza, e po- tremo, senza danno della sistematica, chiamare Andropogon per- tusus la forma delle Indie Orientali, Andropogon insculptus quella dell’Africa tropicale, Andropogon capensis quella dell’Africa au- strale, Andropogon decipiens quella d'Australia ed Andropogon panormitanus quella di Sicilia. A riguardo di quest’ultima, giova notare di quanto interesse geografico sia l’irradiazione di una entità di questo gruppo Indo- Africano nel Mediterraneo e precisamente in Sicilia. Infatti V'An- dropogon panormitanus è localizzato in una piccola zona di roc- cie, esposte perfettamente a sud, presso le falde di Monte Pelle- ino, ed invano si ricercherebbe altrove. Vive assieme ad altre specie interessanti, fra cui le seguenti: Brassica rupestris, Dian- thus rupicola, Rhus pentaphyllum e Rhus divicum , Scabiosa eretica, Centaurea cinerea e Centaurea Cineraria, Helychrysum panormitanum, Convoleulus Cneorum, Panicum compressum, tre. Queste specie si ritrovano per massima parte in regioni più meridionali, cioé in Africa od in Oriente, 0, se differenziate in entità locali abbastanza distinte, ritrovano in dette regioni le for- e più affini da cui verosimilmente provengono. Forse questa par- ticolare fora di Monte Pellegrino si deve ritenere come rappresen- nte un frammento di antica flora, persistito attraverso le moder- ne sistemazioni topografiche che andò subendo la Sicilia , ricordo africano e con le regioni d’oriente. Così 1” Andropogon panormi- tanus sarebbe un discendente, con caratteri neomorfici , dell’ An- 208 dropogon pertusus o meglio dell’ Andropogon insculptus, giun- toci dall’ Africa tropicale. Aggiungasi che presenta pure abitu- dini di pianta tropicale, in quanto che si trova esclusivamente nelle rupi volte a mezzogiorno e fiorisce serotinamente, cioè da Set- tembre a Dicembre. Così resta giustificata la presenza in Sicilia di un Andropo- gon con glume a foveole, mentre le altre specie presentanti tale caratteristica sono tutte tropicali. a a quale è il valore biologico di queste foveole ? vedendo le piante dell’ Eritrea, raccolte dal SENNI, e spe- nigi studiando diverse specie di Andropogon, mi imbattei in una forma che potevasi riferire all’Andropogon insculptus, quan- tunque a glume costantemente unifoveolate e non bi-o trifoveo- late, come sono generalmente descritte : quelle anzi dei fiori ma- schili erano costantemente efoveolate. Del resto ritengo che il nu- mero delle foveole possa variare nello stesso esemplare, come ap- pare anche dall’essiccata dello ScHIMPER (Plantae Abyssinicae. che . II. Hohen. 1852. n. ciò non interessa: quello mi sorprese in detto SPERI fu spago la foveola esisten- te sulle glume, del cui ufficio non sciva a rendermi ragione. In quei tempi studiava, assieme al rca TROPEA, i nettarii e- stranuziali di Eragrostis, e per analogia supposi potesse essere un nettario , quantunque la sua ubicazione rendesse poco verosimile questa ipotesi. Tentammo qualche ricerca istologica, ma il cattivo stato di preparazione degli esemplari rendeva ciò malagevole, e le reazioni sul secco si presentavano poco sicure, stante la quantità correvano osservazioni sul vivo. ora mi rammentai dell’ Andro- pogon panormitanus che presenta analoghe foveole, e, decisi di ri- volgere su esso le mie indagini. Ma sfortunatamente nell’ anno scorso ogni mia ricerca di tale specie fu vana, e disperava anche quest'anno di ritrovarla, quando , in seguito a mia insistenza, il Signor ANTONINO RiccoBoNno riuscì a trovare, poco lungi dalla località classica, una nuova stazione della specie, e me ne portò un buon numero di infiorescenze fresche. Queste erano bellissime, di un brillante colore atropurpureo , caso insigne fra le Gramina- cee, ed in piena fioritura. Essendo rimaste conservate fra fogli di carta erano piuttosto appiattite, ma, messe con i loro culmi nell’ac- qua, tosto rinvennero, espandendo orizzontalmente i loro rami: e ciò, incidentalmente , prova come i cuscinetti ascellari delle infio- rescenze di Graminacee, abbiano la funzione, mercè il loro turgo- re, di divergere i rami delle infiorescenze stesse , DEI i bisogni AR o disseminativi, secondo già supposero RONCATI (1) e RIpPA erò che maggiormente mi sorprese fu il trovare tutte le RANE delle glume completamente ripiene di miele, in modo da ormare goccioline lucenti che sovente si estendevano oltre gli orli stessi della foveola : l’abbondanza del miele si spiega stante il tem- po trascorso dalla raccolta delle piante, e l’aver tenuto queste al- l’oscuro, riparate da ogni insetto. Che si trattasse di vero zucchero, proveniente per secrezione dalle foveole, non poteva essere dnbbio , e le ricerche istologiche e microchimiche istituite a questo proposito dal Dottor TROPEA lo confermarono ampiamente. Infatti, ad un mediocre ingrandimento, si osserva che il tessuto costituente le pareti della foveola offre una grande somiglianza con quello già osservato nei nettarii delle Eragrostis (3). Esso è dato da elementi equidiametrici, disposti sa serie, assai più piccoli di quelli del tessuto circostante, il quale è formato da cellule allungatissime, con pareti a contorno ondulato. In sezione trasversale si hanno le solite cellule allungate, che co- mer, quanto il Reatti ina gilera: ng, Va-Naftolo, ete Non può ae restare il menomo dubbio che non si tratti di secrezione zuccherina, e di conseguenza che le foveole sieno veri e proprii nettarii. Ma, ciò ammesso, saranno essi estranuziali o staurogamici? Se nel primo caso, dino essere in relazione con formiche, se nel secondo con mosche o con altri animaletti pronu- bi. Non ho potuto fare osservazioni în loco e quindi accertare da (1) NrcoLosI RoNcaTI F., Di un particolare organo dell’ infiore- scenza del Papiro. In Bollettino dele Accademia Gioenia. Fascicolo _ LXXXVII. 1906. (2) Rippa G., Su di uu organo particolare delle Ciperacee e delle age igioni In Bollettino del R. Orto Botanico di Napoli. Vol. II. fase. 2. 1908. a MarrEI G. E. e Tropea C., Ricerche e studii sul genere E- ragrostis, in rapporto ai nettarii lap gag In Borzì, Contribu- zioni alla Biologia Vegetale. Vol 909 » quali animali sieno qui frequentati, se pure in Sicilia vi ha qual- che animale che li frequenti , stante la stagione molto tardiva di loro sviluppo. Avendosi in altre Graminacee la presenza di netta- rii estranuziali, come rilevammo in molte specie del genere Era- grostis , non è strano possano esisterne anche in altri generi di questa famiglia Però la loro presenza, sulle glume di Andropogon, al momento della fioritura, indica una difesa temporanea, delle sole infiorescenze, contro mammiferi erbivori, pascolanti, mentre, quan- do la pianta non è in fiore, manca di qualsiasi difesa. upposi per un istante che potessero anche tunzionare per net- tarii staurogamici, ma non ho potuto averne alcuna conferma : non sarebbe strano che si avesse qualche Graminacea entomofila (ciò credo possa essere il caso di alcune specie del genere 7r richolaena), tanto più che il LAGERHEM (1) rilevò ancora l’ esistenza di Cipe- racee entomofile , certamente per adattamento postumo. Nel caso dell’ Andropogon panormitanus , si avrebbe , unito alla presenza dei nettarii, una funzione vessillare abbastanza accentuata nel co- lore atropurpureo delle infiorescenze (2): i singoli rami di queste si dispongono orizzontalmente, in modo da rivolgere tutte le foveo- le mellifere verso la parte superiore, cioè volte al cielo, riuscendo così più accessibili all’appulso di insetti : lateralmente sullo stesso piano, ed un poco rialzati in alto, si presentano gli stimmi, peni- cillati, e di un bel colore porporino : dai palchi superiori pendono le antere offrendo la possibilità di lasciar cadere il polline sugli animaletti sottostanti. Le infiorescenze poi in questa specie hanno un principio di ginodioecia, essendo alcune prevalentemente com- poste di fiori femminei, con pochi fiori maschili intercalati, ed al- tre prevalentemente composte di fiori maschili: le prime sono as- sai più frequenti di queste ultime. Un carattere accennante ad en- tomofilia mi fu dato osservando queste infiorescenze, tenute col (1) LAGERHEIM (VAN) G. Note sur une Cyperacée entomophile. In Journal de Botanique. Tom. VII. 1893. p. 181. (2) Veramente il colore atrc purpureo delle infiorescenze potrebbe dipendere da cause non biologiche, riscontrandosi ance! ein altre Gra- minacee a fioritura serotina, come ad esempio nel Pi sum, specie senza nettarii, che cresce assieme a questo Alsdronogon: rilevo tuttavia che anche esemplari dd ndropogon pertusum tropi- cali, o il medesimo colore. 206 culmo nell’acqua, sul principio della deiscenza delle antere: il pol- line usciva stentatamente, persistendo alquanto presso i pori di dei- scenza delle antere stesse, e si presentava sotto forma di massule, composte di 5 a 6 granelli od anche più, quasi viscide e facilmen- te adesive : la superficie interna delle antere appariva alquanto spalmata di sostanza mucillagginosa, dalla quale appunto i granelli pollinici ritraevano la loro viscosità: infatti, toccando con un pen- nellino un’antera, al principio della sua deiscenza, era facile aspor- tare massule di polline che vi restavano aderenti. Questi sarebbe- ro stati caratteri della più perfetta entomofilia , ma risultarono di breve durata, imperocchè , osservate le medesime infiorescenze più tardi, sotto il sole, le antere erano divenute secchissime , ed il polline pulverulento, a granuli perfettamene disgiunti, potevasi as- portare al menomo soffio, come in tutte le piante anemofile. Devesi perciò ritenere che anche questo Andropogon è, almeno prevalente- mente anemofilo , potendo solo eventualmente aver luogo qualche impollinazione ‘ entomofila, nelle prime ore del mattino, se vi ha accesso di insetti ai Dettarii, e se nonsono cacciati dall’ intervento delle formiche. Già si hanno esempii di altre piante con adatta- menti misti, anemofili ed entomofili, come in alcune Oleacee etc., quindi non è del tutto assurdo ammettere un principio di entomo- filia Sg > questa specie. erò l’ufflcio principale di questi nettarii credo sia quello di difesa, come sopra ho esposto. Accertato così che nell’ Adropogon panormitanus, le foveole delle glume sono veri nettarii, offrenti abbondante secrezione, per analogia, dobbiamo ritenere che anche le foveole riscontrate in al- tre specie di Andropogon abbiano il medesimo significato. Sareb- be perciò interessantissimo avere dettagliate notizie sugli animaletti che nei paesi tropicali vanno visitandole , per meglio accertare il loro significato biologico, trattandosi di un gruppo di specie origi- narie di paesi tropicali, ed essendosi di conseguenza venuta colà a costituire questa funzione. G. E. MATTEI Rassegna della Stampa Coloniale Agraria L'Agave zapupa in ngn all’Agave sisalana. — Già da alcuni a anni fu richiamata l’attenzione sulle fibre di Za pupa al: div Kew Dulioli (1906. p 190-192; > 1907, p. 396-400) ne ha riferito in a Regnava però Lino ta RA sulla provenienza botanica di i fibre, quando il FRELEASE (1), avuto in esame numerosi saggi questo Orto Botanico alcuni ‘bulbilli della specie che si ritiene mi- gliore, per tentarne la coltura in Sicilia (2). (1) Trevease W., The Mexican Fiber Agave Known as Zapupe. In Transactions of the Academy of Science of St. Louis. Vol. XVIII n. 8.:1909: pi (2) MATTEI pei E., Piante recentemente introdotte nel R. Giardino Co i di Palermo. In Bollettino del R. Orto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo. Vol. VIII. 1909. p. 40, Ora il MrLLWARD (3) aggiunge importanti ragguagli sulla coltura e sulla utilizzazione di queste Agave: altri ragguagli pure sono forniti dal GOMEZ (1), e dal D’UTRA (2): ci sembra quindi opportuno riassumere queste notizie, nell’eventualità che le dette Agave possano bene prestarsi per la coltura in Sicilia, o meglio nelle nostre colonie dell’Africa orientale. Infatti, provenendo da località calde del Messico, sottoposte a clima tropicale, ove l’a- tmosfera resta sempre calda umida, e non oltrepassando i 500 metri di altitudine, è difficile che l’ Agave Zapupa possa adattarsi al clima temperato e secco della Sicilia, ma pare assai probabile che possa trovare analoghe condizioni climateriche nelle regioni poco elevate del Benadir, ove l’atmosfera si mantiene costantemen- te umida. Le specie di Zapupa, ritenute migliori riguardo alla produzione delle fibre, sono, secondo la determinazione del TRE- LEASE, le seguenti: Agave Zapupe od Estopier, perni De- weyana o Tantayuca ed Agave Lespinassei o Tep ntla. a loro principale caratteristica consiste sala ‘foglie as- . sai più strette di quelle dell’ Agava Sisalana, ma molto più nu- merose e più lunghe: infatti raggiungono e sorpassano la lunghez- za di m. 1.50, mentre nel Sisalana sono lunghe appena un metro: ia lo ie delle piante è rapidissimo e queste sono estre- mamente robuste e rustiche. Ogni pianta sviluppa annualmente da 6 a 8 rigetti e vive da 10 a 15 anni, producendo da ultimo un lungo scapo florale, provvisto di 1000 a 2500 bulbilli Per la loro coltura si preferiscono al Messico terreni leggeri, sabbiosi, in cui siasi eseguito un buon drenaggio. I migliori sono quelli in declivio, ove l’acqua non può stagnare: infatti, se a que- sta Agave è indispensabile un atmosfera umida, essa non sop- porta affatto l’umidità eccessiva del suolo, per la quale prontamente imputridisce. Sopporta invece molto bene la siccità del suolo, mas- sime se l'atmosfera si mantiene relativamente umida. Perle nuove piantagioni si usano i bulbilli ed i rigetti: questi ultimi danno i (3) MitLwarDp R. H., Culture et Sleigi du Zapupe au Me- rique. In Journal ent Tropicale. IX Ann. n. 99. 1909. ( Gomez G., Le Zapupe, Agave tertile du Poca In L’Agri- culturi pratique. des pays chauds. IX-Atn. 1909. n . 81. p. 466. ai D’'UTRA G., 0 Zapupe e sua cultura. In Baletim SRI tura. Sao Paul, 10.° Ser. n. €. 1909. p. 535 migliori risultati. Si staccano dalla pianta madre quando hanno rag- giunto i 40 a 50 centm. di altezza, preferendosi quelli a base o- voidea e di color ‘ne giallastro, con foglie verde scuro, tendente al bleu, e coperte di una glaucedine biancastra, massime alla loro pagina inferiore: prima di piantarli si espongono per qualche giorno in unluogo secco, evitandosi in tal modo la loro putrefazione, che facilmente potrebbe seguire qualora fossero piantati subito dopo il loro distacco dalla pianta madre. Le piantagioni si formano fila, più o meno distanti, lasciando fra di esse qualche viale per rendere facile la circolazione ed il raccolto. Le piante sono pronte per il primo taglio dopo due soli anni o poco più dalla pianta- gione, mentre per il Sisalana occorre aspettare dal settimo al de- cimo anno. Si riconosce che le foglie paonsa essere tagliate quando, È 1 Lo sviluppo poi delle foglie è così rapido che se ne possono fare tre tagli all’anno. In media si calcola al terzo anno una produzione di 125 a 150 foglie per pianta: questo numero va alquanto dimi- nuendo fino al settimo od ottavo anno, fermandosi ad una media di 100 a 120 foglie per anno, fino alla morte della pianta. Se si considera che l’Agava Sisalana, nei paesi caldi, produce in me- dia 25 foglie all’anno, e da noi anche meno, è facile constatare la quantità maggiore di produzione dell’Agave Zapupa, pur es- vi di Sisalana rende in media 28 grammi di fibra, una foglia di Za- upa ne rende appena 14 cioè la metà: ma 25 foglie di Sisalana, prodotto annuo, corrispondono solo a Kg. 0,700, mentre da 1 120 in di Zapupa, prodotto annuo, ri er da Kg. 1.400 a 1,680, cioè oltre il doppio di p . Si calcola quindi che a coltura dell’Agave Zapupa (e specie Me ni) possa rendere in media per ogni acre di terreno da due e mezzo a tre tonnellate di fibre, le quali hanno attualmente un valore commerciale di 700 franchi per tonnellata. Queste fibre sono estratte con macchine u- suali, e messe in commercio dopo essiccate al sole: sono fine, bianche, forti e soffici: servono specialmente per la confezione di cordaggi i nde resistenza, e di tessuti robustissimi. Uno dei loro re- quisiti migliori è la resistenza e la durata nell’acqua di mare, su- periore a quella di qualsiasi altra fibra fin qui conosciuta. Divise i meccanicamente si ottengono fili brillantissimi e flessibili, come quelli di seta, per cui si spera possano ancora servire per farne n Sisalana. Questi sono i vantaggi che l’Agave Zapupa ottre sul- gave Sisalana, stando almeno alle sopracitate relazioni; resta a CS 210 vedersi se coltivato in altri paesi, lontani da quello di sua origine, tale Agave conserverà queste sue caratteristiche. * * Ibridi di Cotone riprodotti per talee. — Il Warr (1) nella sua magistrale opera sui Cotoni dà grande importanza all’imbrida- di Cotoni: anzi ritiene che molte di quelle, ora distinte come vere specie, abbiamo avuto naturalmente ed in tempi remoti una tale origine. All’ibridazione anche il WILDEMAN (2) si appoggia per tentare la creazione di nuove razze appropriate a singole regioni. Però l’HENRY (8) dichiara assolutamente dannosa la pratica del- l’ibridazione, ottenendosi individui assai variabili gli uni dagli altri nella lunghezza e nella groscezza delle fibre, mentre il pregio principale di qualsiasiCotone è la omogeneità: a conferma del suo asserto 1’ HENRY cita l’esempio degli Americani, i quali, dopo avere tentato numerose i- bridazioni, abbandonarono tale pratica , per ritornare alle semplici selezioni dei tipi riscontrati migliori. La ragione, dell’insuccesso La ibridi dipende dalla facilità con la quale, quando sono di re- cen rm: N realtà anche fra gli ibridi si ritrovano sovente individui di grande pregio, per la qualità e la quantità della bambagia, ma riesce assai difficile fissarne i loro caratteri, nelle riproduzioni per seme. Una conferma a questo proposito ci viene offerta dal Cotone Caravonica, il quale è un ibrido assai recente, ottenuto dal Dottor THOMATIS (4) in Australia, e riscontrato di buona qualità anche dal Prof. (1) War G., The rild and eultivated Cotton Plants of the Werld. London 1907. (2) WILDEMANI gi E., A propos de la culture des Cotoniers en A- frique tropicale. In sape fa Coloniale. 12 Ann. 1908. p. 199 (3) HENRY Y., dr Coton dans l’ serre occidentale. In L’ Agri- culture pratique i pays chauds. II ) BorromLey G., Cotton-growing in A Mora 1905. — THomartis D., Ca rivonica Cotton. In The Queensland agriculturiste Journal. 1908. p' 278 et 571.—MAarx F,, di Viren Caravonica. In Journal d’ Agriculture den VeA:; ‘49; 1905. p. °C Soysa I. W. C., Caravonica Cotton in Voga In The CIS 4 griculturiste. Vol. XV. 1906. p. 350, —ETHERINGTON I., Caravor Borzt (1). Questo Cotone, coltivato alla Nuova Caledonia, ha mo- strato grande tendenza a degenerare, come riferisce il MAIN (2) ed anche nelle colture istituite presso il nostro Orto Botanico, co- me. riferisce il BoRrzì (3), le piante riprodotte si sono allontanate dal tipo primitivo, assumendo caratteri assai affini al Cotone Mitafi- fi, con diminuzione nel rendimento. Ad ovviare a questi inconve- nienti il Krauss alle Isole Hawai, come riferisce il LABROY (4), ha tentato con successo la riproduzione dei Cotoni frutescenti per mezzo di talee: queste della lunghezza di 20 a 25 centimetri, fn- rono piantate in piena terra, come usasi per i magliuoli dei vitigni, ed i risultati furono assai buoni, ite per i Cotoni Sea Island e Caravonica, che diedero circa il 50 °/, di attecchimento. Tale ratica però, tentata in questo Orto, diede risultati poco soddisfa- centi. In tal modo il KRAUSS spera di potere moltiplicare gli individui riscontrati migliori fra gli ibridi, senza tema di loro degenerazione. Egli anzi aggiunge che il Caravonica si presta bene anche per in- nesti a scudetto sopra altri Cotoni legnosi: noi pure riteniamo che anche la pratica dell’innesto possa, in certi casi, essere utilizzata non solo nell’intento di moltiplicare date varietà di Cotoni, e di prolungare la durata degli individui, ma ancora per ottenere indi- vidui più rustici ed entranti più precocemente in vegetazione: a questo fine gli innesti non dovrebbero essere eseguiti sopra altre piante di Cotone, ma bensì sopra altre Malvacee rustiche, quali ad esempio gli Mibiscus Cotton. In The LE Agriculturiste. Vol. XXV. 1906. p. 673. — THOMATIS D., Les mérites des Cotons de Caravonica. In Journal de Agriculture Tropicale. VI. Ann. 1906. n. 56. p. 62. — THomatIs D., Spini. Cotton. In The Tropicale Agriculturiste. Vol. XXVI. 1907. . 262. — ZIMMERMANN A., Ueber Caravonica - Baumrrolle. In Der 23. 1907. p. 462. (1) Borzi A., Esperienze sulla coltura del Cotone Caravonica. In Bollettino del R. Orto Prrnimnna e Giardino Coloniale di Palermo. Vol. VII. fasc. 4. 1908. p. (2) Mar F., Le Pant Caravonica en Nouvelle Caledonia. In Journal d’ Agriculture Tropicale. IX Ann. n. 97. 19 do 220. (8) Borzi A., Colture esperimentali di Cotoni nel R. Giardino Coloniale di Palerino: In Bollettino del R. Orto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo. Vol. VIII. 1909. p. 171. ; w: LaBroy O., Application du bouturage à la sélection du Co- ton. In Journal d > Agriculture Tropicale. IX. Ann. 1909. n. 98. p. 254 212 * *_* La virescenza nei fiori di caffè. Dapprima a Giava, poi al frutti. A Giav RCK, e nel Tonkino il CRAMER e U- cHAIS hanno studiato t ipagir piaziona il Journal d’ iu tropicale (1) poi ne ttagliatamente. Però non e viene data alcuna spiegazione sufficiente sulla causa delle la'nentate virescenze: escluso che si tratti di crittogame infestanti le piante, si è ritenuto che possano avere influenza sull’aborto dei fiori le pratiche culturali, massime le abbondanti concimazioni, le soppres- sioni irrazionali dei rami, la scarsità di ombreggiatura, etc. rediamo tuttavia che queste condizioni sfavorevoli possano favorire lo sviluppo dell’alterazione, ma non esserne la causa prima: per solito le virescenze sono causate dalla presenza di animali pic- colissimi, massime acari, nelle regioni florali, come è facile con- statare in tante Crocifere. Causa la loro estrema piccolezza sovente forma di scopazzi o di cladomanie, dipendono da parassiti agenti a distanza. Per solito quando una larva qualsiasi si annida nel midollo di qualche pianta, specialmente nella regione del colletto so- vrastante alla radice, eroe a cui prende origine tutta l’architet- tura dell’individuo, questa non riesce più a svilupparsi regolarmente come scopazzi o cladomanie, e nelle regioni florali come virescen- ze, con aborto degli organi più interni. Casi simili furono accer- tati in diverse specie di Picris, di Brassica, nel Juncus lampro- carpus, nel Trifolium repens etc. Ne hanno riferito estesamente (1) Geco eb ToucHars, Liworinint des fleurs du Cafejer au Tonkin. In Journal d’Agriculture Tropicale. IX Ann. 1909. n. 101. 827. 213 il MASSALONGO (1), il. DeLPINO (2), il Ripa (3), il MOLLIARD (4) ed altri autori. Ciò rende probabile che anche la virescenza dei a distanza. Già il CraMER ha osservato che queste virescenze nel Caffè sono sovente accompagnate da scopazzi, « balais de sor- ciére » : ciò sarebbe un indizio molto forte della presenza di insetti localizzati nel midollo della pianta. Lo stesso autore nota altresi che i rami e le radici delle piante di Caffè sono sovente intaccate da parassiti, come la Pentatoma plebeya, il verme bianco, etc. r non è difficile che a questi parassiti, o ad altri consimili, sieno dovute le virescenze e gli scopazzi sopra menzionati. Se nuove e più diligenti osservazioni, che solo si possono fare su S confermeranno questa supposizione, resterà più facile o il metodo di lotta per allontanare questi dannosi parassiti. Sa Nuova pianta a Coutehoue.—Diverse recenti pubblicazioni (5) danno ragguagli sopra una nuova pianta a Caoutchouc, recente- mente scoperta nell’Africa australe, e precisamente nell’ Angola, verso l’alto Zambese. È chiamata dagli indigeni Ecanda, e sitratta (1) Pr C., Scopazzi di natura parassitaria osservati in iante di Pic o ides. In Bollettino della Società Botanica Taba: "tane: 104; (2) DeLPINO F., Padani di Picris purea In Bollettino della Società ener drag >. «200. (3) Rippa G.; S u di un caso di LR dovuto a paras- sitismo. In Bollettino ” a Orto Fender Napo. Tom. II. 1904. pag. 101. (4) MoLLiaRD M., Virescences et proliferations florales produites par des parasites agi à distance. In Comptes Rendus de VAca- demîe des Sciences. Tom. 139. 1904. p. 930. — MoLtiarD M., Nowu- veau cas de virescence florales produite par un parasite localiaà dans le collet. In Bulletin de la Societè Botanique de France. Tom. 253. 1906. p. 50. (5) Srapr O., Norman J. T. et BoopLe L. A., Ecanda urea (Raphionacme utitis). In Kew Bulletin, 1908, p. 209 et 305: 1908, p. 32 WILDEMAN (DE) E., Raphionacme ari Asclepiadacèe produisant x Caoutchouc. In te Caoutchouc et la Gutta-Perche, 5. Ann. 1908. n. 55. p. 2285. 214 di una Asclepiadea, cui Brown e SrAPF, del Giardino Botanico di Kew, hanno dato il nome di Raphionacme utilis. È una pic- cola pianta erbacea, ritenuta bienne, provvista di grossi tuberi : quelli di un anno misurano in media 10 centm. di diametro, con un pt di circa 300 grammi, e quelli più sur raggiungono i 14 centm. di diametro ed il peso di circa 600 grammi. In questi tu- beri si concentra abbondante latice, ricco di Cico infatti l’analisi del coagulato ottenutone ha rivelato 1’88 per cento di Caout- chouc puro, con solo il 4 per cento di resine , proporzione vera- mente minima per quanto riguarda queste ultime, in confronto al- l’alto tenore di resine associate per solito ai Caoutchouc di altre piante. Questa Raphionacme è la prima pianta a Caoutchouc, di cui si possano utilizzare le parti sotterranee : pare poi che la sua coltura debba riuscire facilissima, come in generale quella di tutte le piante a Caoutchouc. Si ritiene altresì debba riuscire redditiva, potendosene, secondo i calcoli del GERALDES, ricavare da un ettaro ben 111.111 piante, pesanti 27.778 tonnellate, capaci di dare su- bito al primo anno 125 chilogrammi di Caoutchouc : questa coltura avrebbe quindi il vantaggio di portare un buon prodotto fin dal primo anno, a differenza di tutte le altre colture di piante a Caout- chouc , per le quali deve passare un lungo periodo di attesa dal loro inizio alla realizzazione dei primi prodotti. me poi questa specie cresce nell’altipiano centrale dell’An- metri dell’Eritrea, fim offre condizioni di ambiente assai somiglianti. Non sarebbe poi esagerato il tentarne anche in Sicilia qualche esperi- mento di acclimatazione. G. E. MATTEI Studii sulle Cattee del R. Orto Botanico di Palermo. Palermo e le sue adiacenze offrono particolari condizioni di clima e di suolo, per cui numerose piante esotiche, coltivate qui in piena terra, presentano una vigorosa vegetazione, ed abbondan- temente fioriscono e fruttificano, formando la meraviglia dei nume- rosi forestieri che visitano la Sicilia, Infatti le stesse nen nel continente e nelle altre regioni d’ pere vivono stenta te, ben- chè riparate d’inverno, e difficil e fioriscono. A E pra buisce il clima di Palermo, mite ca pn la cui temperatura solo eccezionalmente si abbassa fino a zero, come pure la mancan- za quasi assoluta di nebbie, e Ge moderazione dei venti, trattenuti dall’anfiteatro di montagne, che cinge la pianura palermitana, e dalla vicinanza del mare: si aggiunga che il sottosuolo è ricco di acque, per cui il terreno, formato da depositi alluvionali, rimane sempre un poco umidiccio. Numerosi sono quindi le ville ed igiardini, pubblici e privati, ricchissimi di rare piante, le quali, con la loro o: orosa vegetazione danno al forestiere l’impressione di regioni picali. Sovra tutti però di gran lunga primeggia l’Orto 1° = la quantità ve- ramente grande di specie rare e belle, in esemplari di grande svi- luppo, che destano interesse non solo agli scienziati ma an- cora ai profani: ciò si deve alla cura posta dai diversi Direttori dell'Orto stesso, e specialmente dell’attuale Direttore Prof. A. Borzi, 216 di volere incessantemente aumentare il numero già ingente di specie qui coltivate, introducendone sempre di nuove, dalle più lontane regioni. Questo Orto Botanico quindi porge qui un materiale vivente di studio, che difficilmente si potrebbe trovare in altri giardini d’Eu- ropa, e numerosi studii, pubblicati da insigni botanici, sopra piante qui coltivate, stanno a testimoniare la ricchezza e l’importanza delle ì nostre collezioni: Io pure in diversi articoli ho richiamato l’atten- ‘ zione sopra alcune piante rare di questo Orto Botanico, come le Pal- me, gli Agrumi, le Plumerie ed altre. Una delle collezioni però che ha maggiormente attirato sem- pre la mia attenzione, pe al cui studio mi sono da parecchi anni dedicato con assiduità, è quella delle Cattee. molto tempo si andò quì riunendo il maggior numero pos- sibile di Cattee, di modo che ora costituiscono, per numero e per rarità di. esemplari, una delle più complete collezioni esistenti in Eu- ropa. Causa la mitezza del clima di Palermo, la maggior parte di esse resistono bene all’aria libera, in vaso od in piena terra, ove crescono rigogliose, formando dei massivi arborei di sorprendente bellezza : poche, in vaso, vengono d’inverno riparate da semplice tettoia. Per la maggior parte fioriscono e fruttificano, rendendosi così facile il loro studio, mentre nelle altre regioni d'Europa male si presentano ad essere studiate, avendo nelle serre uno sviluppo deficiente e raramente colà fiorendo Ritengo perciò interessante il presente studio sulle Cattee di questo Orto Botanico, avendo potuto sul vivo completare o correg- gere quanto dicono gli autori per molte specie, fino ad oggi in- completamente conosciute. Per far questo mi sono limitato esclusiva- mente allo studio delle specie venute in fiore, sospendendo quello delle altre, pure qui coltivate, fino a tanto che non se ne presenti la fioritura Di dal specie, oltre alle citazioni bibliografiche ed alla sino- nimia, da me potuta accertare, ho creduto opportuno aggiungere una dulcis della pianta a sviluppo completo, dei fiori, e dei frutti quando mi fu possibile vederli, aggiun LE sg altre osserva- zioni e notizie che volta per volta erano necessarie on posso chiudere questa breve sassoni senza rendere al chiarissimo Prof. A. Borzi, Direttore di questo Regio Orto Bota- nico, i miei più sentiti ringraziamenti per avermi indirizzato ed incoraggiato nella compilazione di questo lavoro Al tempo stesso rivolgo il pensiero ed un VESTE al ‘Prof. AcHILLE TERRACCIANO, oggi Direttore del R. Orto Botanico di 217 Sassari, che durante il tempo del suo assistentato in Palermo, con vigile cura seguì amorosamente i miei studi. Infine ringrazio Prof. G. E. MATTEI, che pure mi prestò assistenza e consigli nella elaborazione di questo lavoro. Classificazione delle Cattee. Gli autori ascrivono a questa famiglia oltre 1000. specie, ma molte di queste sono ancora incerte, non conoscendosene affatto 0 solo imperfettamente la fioritura. Ne deriva di conseguenza che, mentre dapprima erano classificate in pochi generi, man mano che molte andarono fiorendo furono giudicate atte a costituire nuovi generi, si che ora questi ascendono a circa 40, e certamente altri se ne potranno separare, quando conosceremo i fiori ed i frutti di diversi tipi fin quì non fioriti. LinNEO infatti riuniva tutte le Cattee, da lui conosciute, nel ge- nere Cactus, facendone [caga sezioni, cioé 1°, subrotundi; 2°, e- retti, Geggia 3°, repenti, radicanti; 4°, compressi, articolati. Tusio, nel 1768 Mrs: distinse come vero genere il genere tica poi nel 1812, HawoRrTH distinse Mammillaria , Rhipsalis, Opuntia, Epiphyllum e Pereskia : Lixk nel 1822 costituì il genere Melo cactus , nel 1827 il genere Echinocactus , e nel 1831 il genere dii DE CANDOLLE nel 1834 istituì il genere Hariota : PrEIFFER nel 1837 distinse il genere Disco- cac CARINI istituì il genere Echinopsîis, lo SCHWEINWEILER il genere riocarpus, e LEMAIRE i generi Pilocereus ed Anhalonium. Nel 1839 MIQuEL costituì il genere Phy2ocereus. Nel 1843, EHRENBERG istituì il genere Pelecyphora, e nel 1845 SaLm - DycK il genere Pfeiffera. Nel 1848 ENGELMANN istituì il genere Echinocereus ed HooKER il genere Leuchtenbergia, mentre nel 1850, SALM-DyrcK distinse igeneri Nopalea e Malacocarpus. In seguito LEMAIRE nel 1860 costitui il genere Aporocactus e nel 1861 il genere Cleistoca- ctus. PHILIPPI nel 1872 distinse il genere Zriosyce e nel 1883 il genere Maihnemia: ConsoLE nel 1897 fece il genere Myrtilloca- ctus e SCHUMANN il genere Pterocactus.. BERGER nel ‘1905, isti- tuì il genere Epiphyllanthus, e, PSA il genere Cereus, ne distinse diverse sezioni, che potrebbero benissimo costituire altret- tanti generi bene caratterizzati. Infatti, recentemente, BRITTON e Rose, basandosi in massima parte sul lavoro del BERGER, distin- sero da Cereus e da Pilocereus ben quindici generi muovi, cioè : Rathbunia, Pachycereus, Nyctocereus, Lemaireocereus, Lophoce- 218 reus, Peniocereus, Hylocereus, Selenicereus, Weberocereus, Wer- ckleocereus, Acanthocereus, Leptocereus, Heliocereus, Wilcoxia e Bergerocactus. a successiva costituzione di tutti questi generi, dimostra co: la conoscenza delle piante, appartenenti alla famiglia delle Guiiai; sia andata lentamente completandosi, per li autori, massime antichi, non è possibile trovare alcuna soddisfacente classificazione di esse. Per solito furono distinte secondo i c: sto, © frutti. Ne deriva anche che la sinonimia delle Cattee è molto com- ta, essendosi diverse ao ascritte ora all’uno ed ora all’al- tro dei suddetti generi, a seconda che se ne andavano completando le conoscenze dei loro caratteri. primo a proporre una classificazione delle Cattee fu A. P. DE CANDOLLE (nel Prodromus. Vol. III. 1828. p. 457)il quale divise la famiglia in due tribù, cioè Opuntiaceae, con ovario a placen- tazione parietale, e Ahipsalideae, con ovario a placentazione assile. Suddivise pure i generi Cereus ed Opuntia in diversi sot- togeneri o sezioni. Detto autore seguì la medesima classificazione nella monografia delle Cattee (Revue de la famille des. Cactées Paris 1829) pubblicata poco dopo MrQuEL invece nel 1830 (Genera Cactearum. In Medico- Bo- tanical Society of London) propone una nuova chipsifioione, ba- imperocchè presenta già, nelle sue a generali, le divisioni am- messe dagli autori moderni. Egli divide anzitutto le Cattee in due sottofamiglie, a seconda che Li nanna tubulosa (0 campanulata) oppure corolla rotata, senza tu ueste ultime ascrive i generi ariota ed Opuntia, con lobi ai liberi, diritti, e Pereskia con lobi stimmatici aggregati, subspirali. Suddivide poi la prima sot- tofamiglia in'‘due tribù, a seconda che presentano i fiori ascellari alle areole, come nei generi Mammillaria e Melocactus , oppure insidenti sulle areole stesse: questa ultima tribù viene ulteriormente suddivisa in due sottotribù: la prima presentante fiori actinomo e la seconda presentante fiori zigomorfi : a quest’ ultima spetta il genere Epiphyllum. Alla prima invece spettano i generi Echinoca- at Echinopsis, Cereus e PhyUocereus, distinti fra -loro per il bo fiorale lungo o breve, e per la corolla campanulata od imbu- iforme. Dopo MIQUEL, persia autori ppbiunine di iaia, senza però apportare alcuna seria proposta dallo 219 stesso MriqueL. Così dicasi di PFEIFFER (Enrumeratio diagnostica Cactearum. (Berlino 1837), di SALm - DycK (Cactaceae in Horto Dychiano cultae. Bonn 1850), di LABOURET (Monographie des Cactées. Paris 1853) e di ENGELMANN (Synopsis of the Cactaceae of the United States. 1856). BENTHAM ed HooKER (Genera plantarum. I. 1867. p. 846). pur seguendo. in parte il MiquEL, ne modificano la classificazione suddividendo le Echinocacteae (che corrispondono alle dello stesso MIQUEL) a seconda che presentano il caule breve, com da una costa (Plyllocactus, Epiphyllum). Questa classificazione viene seguita da LEMAIRE (Les Cacteés. Paris 1868), ed ancora, salvo l’inversione di alcune tribù, da BAILLON (Cactacées. Nella Histoire des plantes. Vol. IX. 1886. p. 28). Finalmente ScHu- MANN (In ENGLER e PRANTL, Die natiirlichen Pflanzenfamilien. III Teil. 6 Abt. 2. Leipzig 1894) ci porge una classificazione assai più completa, seguendo però nelle linee generali quelle di MIQuUEL e di BENTHAM ed HookER. Egli distingue le Cattee principalmente per la forma dei fiori e per quella dei fusti, tenendo anche riguardo alla inserzione dei fiori rispetto alle areole ed alla loro posizione sul fusto. Non potendo riportarla per intero, rimando il lettore alla suddetta opera, ove trovasi dettagliatamente esposta. Darò solo in riassunto Lita con il quale detto autore dispone i diversi ge- neri, ed è il seguente: la ge Dino ia: Cereus Pilocereus Cephalocereus Phyllocactus ! Echinocacteae ‘ ! Echinocereus Malacocarpus Melanocactus Melocactus Leuchtenbergia iii — __— pa ie gl i E SÉ nm È È | Cereoideae Mammillaria Mammillarieae Pelecyphora Ariocarpus | Pfeiffera Cactaceae \ Rhipsalideae ‘ Hariota Rbhipsalis Opuntioideae Opuntieae SER Opuntia Nopalea \ Peireskioideae Peiresticae Peireskia Dopo lo ScHUMANN non si ha altra classificazione dettagliata delle Cattee: seguirò quindi in massima parte questa classificazione, non potendo addentrarmi in uno s sudio di nuova classificazione, che richie- derebbe più tempo di quello che io non disponga e troppo si allontane- rebbr dai confini che mi sono proposto. Tuttavia per alcuni generi, e specialmente per i gene.i Cereus, Pilocereus ed altri affini, cre- do opportuno attenerm' alle recenti classificazioni proposte da BER- GER (A systematic rev. sion of the Genus Cereus. Nel Missouri Bota- nical Garden. XVI. 1905. p. 57) e da BrITTON e RosE (The ge- nus Cereus and i.5 allied în North America. In Contr. U. 8. Nat. | Herb. XII. 1909. p. 418) come non solo delle più recenti, ma mutamento, massime per ascrivere ad altro genere alcune Specie ri- maste fin qui dubbie, per mancanza di loro fioritura nei nostri Per questa ragione anzi costituisco un nuovo genere, intermedio fra Aporocactus e Cleistocactus, che chiamo Borzicactus dedican- 221 dolo al chiarissimo Prof. A. BoRzi, direttore di questo R. Orto Botanico. Darò poi per ogni specie le necessarie indicazioni bibliografi- che, rimandando il lettore che volesse fia lo studio alle magistrali opere del LEMAIRE, del OURET e specialmente dello CHUMANN : così pure citerò le principati figure pubblicate nel Bo- tanical Magazine del CurtIS, nelle Plantes grasses di DE CAx- DO ReEDOUTÈ, nella Flora de serres et jardins de Europe; sanini MWustration Borticole del LEMAIRE, nel Garterflora del REGEL, nella Revue Horticole , nel Refugium Botanicum del SAUNDERS, nel The Gardeners Upronbla ed in altre opere, consultando le quali il lettore potrà facilmente riconoscere le specie da me enumerate. Tribù 1.8 — Cereoideae echinocacteae. Con il nome di Echinocacteae lo SCHUMANN riunisce i generi Cereus, Pilocereus, EpiphyUum, Echinocereus, Leuchtenbergia ed altri affini. Tralasciando noi il genere $ SPIRA la cui unica es qui non ha mai fiorito, troviamo che gli altri generi sono allo ScHUMANN classificati in tre gruppi o sottotribù, abbastanza n. caratterizzati specialmente dalla forma dei loro fusti. Cioè: Sottotribù 1.° — Cereus e generi affini. — Fusto allungato, cilindrico , angoloso o costato , articolato, ramoso, sovente a orma di cn Sottotribù 2.*— EpiphyUum e generi affini. — Fusto allun- gato, appiattito, alato, fogliaceo, articolato, ramoso. Sottotribù 3.° — Echinocereus e generi affini. — Fusto accor- ciato, sferico, clavato od a forma di corta colonna, più o me- no angoloso o costato, non articolato. Sorto Triù 1.2 A questa sottotribù appartiene l’ antico genere Cereus, com- prendent oltre 250 specie, molte delle quali si coltivano nel no- Orto Botanico e sovente vi fioriscono. Stante la i Siad di caratteri che queste presentano, gli autori moderni sono andati man man frazionando il genere Cereus in parecchi al- tri, di cui alcuni assai bene riconoscibili. Credo quindi opportuno seguire il BERGER, tenendo ‘generica- ‘© 229 mente separati i principali tipi distinti da questo autore. Perciò ritengo come veri Cereus gli Eucereus di BERGER, e non i Pi- ptanthocereus, come vorrebbero BRITTON e RosE (in Botarisches Centralblatt. Band. III. n. 46. 1909. p. 523), trovandosi questi ultimi benissimo caratterizzati e limitati. Si possono quindi distinguere nel seguente modo i diversi ge- neri, che credo potersi qui includere. I. Fiori molti per ciascuna areola. Myrtillocactus II. Fiori solitarii nelle areole. A. Fiori più o meno notturni, sempre actinomorfi, salvo qual- che volta per gli stami che si trovano declinati sulla re- gione inferiore del perigonio. a. Fiori non apicali, grandi, esclusivamente notturni, a tubo lungo e molto squamoso : stami per lo più numerosi, inseriti sul tubo, formanti una camera ade più o lunga, ma sempre stretta : o della Lu. della fauce perigoniale. PR erigonio con squame minute, nettamente di- fioritura, circo larmente alla sua inserzione sull’ovario: frutto nudo, coronato dalle vestigia dello sti curvato. 'iptanthocereus X X. Perigonio con squame grandi, o peli e se- tole, non caduco dopo la fioritura, ma pa cantesi e persistente : frutto mai nudo. ©. Squame dell’ovario e del tubo fogliacee, accrescenti in dimensioni con la matura- zione del frutto, senza lana, nè peli, nè se- tole alla loro ascella: fusti triangolari, sar- mentosi, radicanti. Hylocereus O 0. Squame dell’ovario e del tubo non fo- gliacee, sempre con lana, peli o setole. 1. Tubo del perigonio con peli o lana, ma non con setole nè spine. a. Ovario e tubo non spinoso ma più o meno densamente ua da peli arricciati: frutt to, iner- me, peloso. Trichocereus rio spesso con poche spine, e con lana bianca, copiosa: tubo zi De] È Ul M 223 lanato all’ascella delle squa- me: frutto rosso, spesso spinoso, con pulvilli più o meno promi- nenti. Eriocereus 2. Tubo del perigonio con peli o lana, ma sempre con un maggiore o minore numero di squame setolose : frutto più o meno aculeato. Cereus b. Fiori in vicinanza dell’apice del fusto, con dispo- sizione a corona o subunilaterale, RA notturni o diurni, a tubo breve, e brevi squame: stami meno numerosi, curvati nella loro parte basale, re- stringentesi intorno allo stilo in modo da formare una camera nettarifera piuttosto breve e larga: stilo per solito più lungo della fauce perigoniale t. Fiori strettamente tubulosi. Stenocereus T +. Fiori campanulati. Pilocereus B. Fiori a perigonio più o meno zigomorfo, preferentemente diurni. . Tubo largo, cron cai compresso: lacinie petaloi- del brevi : stamie stilo esserti. Oreocereus XX. Tubo setto più o meno curvo, poco compresso: stami inclusi 0 poco esserti. ©. Perigonio largamente tubuloso, leggermente cur- vo al disopra dell’ovario : lacinie petaloidee piut- tosto larghe e patenti: ovario setoloso. Aporocactus O O. Perigonio strettamente tubuloso, più 0 meno curvo al dissopra dell’ovario : lacinie petaloidee strette e sovente brevi : ovario lanato Xi o del perigonio poco curvo, con orifi- zio ito largo : lacinie prora pa- icactus >. e.@ Tubo del perigonio assai curvo, con ori- fizio strettissimo : lacinie petaloidee non pa- nti. Cleistocactus Gen. 1.° Myrtillocaetus. UMANN in ENGLER und PRANTL, P/lanzenfam. yrtillocactus, ScHuw. III. Teil. 6. Abt. a. 1894. p. 178 (nomen nudum).—CoxsoLE, in Boll. R. Ort. Botan. Palerm. Vol. I. 1897. p.8.—BERGER, in Missour. Botan. Gard. Vol. XVI. 1905. p. 63 (ut sectio ge- neris Cereî). 224 CARATTERI. — Fusto con areole spinose, senza peli nè sca- glie setolose , quelle della regione fiorifera non differenziate dalle altre. Fiori numerosi per ogni areola, bianchi, assai piccoli, acti- nomorfi, diurni : tubo breve, con espansione subrotata, a lacinie poco numerose, largamente patenti : stami esserti, formanti con la loro base una camera nettarifera assai breve. Bacche piccole , subsferiche, purpureo-violacee, liscie, non squamose. na sola specie del Messico, e della California. se ne differenzia per il modo di fioritura e per i caratteri sopra citati: risulta quindi essere questo un genere perfettamente natu- rale e conservabi Sprils.o DIRI caga ConsoLE in Boll. R. Ort. Bot. Palerm. Vol. 9. Sinonimi: Cereus pisa , MART. in PrEIFr. Enum. 1 1837. p. 90. — KaRrsT. in Bericht. Hive Bot. Gesellsch. B. XV. 1897. p. 12. taf. IL. fig.I. — ScHum. Cact. 1903. p. 104. g. ; Fusto verde-oscuro, nella nuova vegetazione glauco , arbore- scente, ramosissimo, articolato , al vertice alquanto inclinato , con solchi profondi; coste 5-7, ottuse, con areole distanti fra loro cm. 3, provviste di corto tomento bianco nella nuova vegetazione, caduco in seguito, e di 5 spine brevi, radiali, da mill. 5 a 8, ed una cen- trale, robusta, compressa alla base a forma di pugnale, lunga cm. 2 circa; le spine sono rosso-oscure nella nuova vegetazione e diven- gono cenerine in seguito. Fiori piccoli, riuniti da 5 a 10 nella stessa areola, inodori, ro- tati, con lembo espanso, d nel completo sbocciamento di Cin. 2 | ® 9 lo, tubo o con poche squame piccolissime, angolato, stretto alla bas ù largo verso l’apice, lungo mill. 8, verde-purpurascente; ovario "o biidito: allittico, di mill. 6-8, con due 0 tre piccolissime squam Lacinie 15 , brevi, aliacaita in tre serie, obovato - oblunghe, le esterne col duo ed apice verde - purpurascente , le intermedie debolmente colorate, le interne concave , bianche col dorso verde. Stami esserti, con filamenti tenuissimi e antere giallo-pallide; stilo di uguale altezza degli stami; stimma con 5 brevi divisioni li- neari, bianche. ; bacca ellittica o piriforme lunga cm. 1 ‘/, pruinosa, 225 purpureo - violacea, polpa rossa con numerosi semi piccoli e neri. Fiorisce di giorno, Luglio-Agosto. 8 3 g 5 ParRIA: Messico e California. —var. pugionifera, KaRsT. l. c. p. 12. taf. II fig. 1*— OssERvazioNI: Differisce dalla specie per la fioritura più tardiva, per le bacche orbicolate e per le spine più robuste, specialmente la centrale. Gen. 2.° Piptanthocereus RIRERRRIOORESRA, BERGER, Revis. gen. Cereus. In Missour. Bot. ard. Vol. XVI, 1905, p. 70 (pro subgene Sinonimi: Cereus, Barron et RosE, The gen. gn North. Amer. In Contr. U. S. Nat. Herb. XII. p. 413. CARATTERI: Fiori vistosi, notturni, caduchi con disarticola- zione in vicinanza dell’ ovario, nudi, con poche e minute squame verso la parte superiore allungata dell’ovario ; tubo allungato im- butiforme con poche e piccolissime squame, più grandi e più lun- ghe in vicinanza delle lacinie esterne ; lacinie larghe, acute o ro- tondate, per solito bianche o rosee; i numerosi, spesso recli- nati; stilo di uguale lunghenza o leggermente più lungo, con nu- merosi stimmi; frutto oblungo o globoso, nudo, colorato, profonda- te ombelicato all’apice, sormontato dallo stilo ea polpa sso bianca. PATRIA : Specie arborescenti o fruticose , native delle regioni situate verso l’Oceano. Atlantico, dell’ America tropicale fino al- l’Argentina e delle Antille Sp. 1.° Piptanthocereus azureus (BeRr6. 1. c. p. 71) (1). Sinonimi: Cereus azureus,PARM.in PrEIFF..En. p.86.—K. ScHum. Mon. Cact. p. 118, fig. 26.—LaB. Mon. Cact. p. 340.—C. Seidelii Lenm. in S. D. Cact. hort. Dyck. p. 51 et 200. usto verde-scuro da adulto, verde - cianeo nella nuova vege- tazione, alto cm. 80, attenuato all’apice, con 5-6 coste sinuate e (1) Nella disposizione delle specie conservo l’ordine alfabetico, ritenendo superfluo procedere ad ulteriori classificazioni. < OSRD6 convesse; areole distanti fra di loro circa cm. 3, quelle presso l’a- pice sono provviste di lanuggine lunga e grigia, caduca in seguito, con 6-8 spine brevi, gracili, grigie e. disuguali, varianti da mill. 4-8, con una centrale lunga cm. 1 '/,; nella nuova vegetazione le spine sono nere Fiori inodori, imbutiformi, con diam. del lembo nel completo sbocciamento di em. 14; tubo lungo cm. 10, glabro, verde-oliva, lucido, leggermente curvo alla base e con piccole e poche squame, lanceolate presso le lacinie esterne; ovario glabro squamoso, squa- me brevi. Lacinie in più serie, le più esterne lanceolato-acuminate, di colore marrone-dorato al centro e bianche ai margini; le interne spatolato-acuminate, bianche con la nervatura mediana prominente e verdastra. Stami con filamenti verdastri, che non oltrepassano il lembo del fiore ed antere giallo-zolfo: pistillo con stilo verdastro e con stimma a 15 divisioni lineari. Frutti non visti. Fiorisce di notte, Giugno— Luglio. PATRIA : Brasile meridionale. Sp. 2. Piptanthocereus Beneckei. Sinonimi: Cereus Beneckei, EnRB. in Botan. Zeit. (1844) II p. 885.— Lap. Mon. Cact. p. 367.—K. ScH. Mon. Cact. p. 103, fig. 22.—C. farinosus, Haag. in S. D. Allg. Ge. XIII, n. 355. (1845). Fusto colonnare, ramoso in basso, verde-oscuro, pruinoso per pruina bianca, la quale è più manifesta verso l’apice, alto m. 1,50, attenuato all’apice, con 8 a 9 coste gibbose, ondulate, compresse ed ottuse, con solchi profondi e stretti; areole sopra le gibbosità, distanti i di loro centm. 2 e ‘/,, provviste di tomento breve e nero, edi la 2 spine centrali, lunghe da mill. 4 a 6,; poche sono le areole provviste di spine. Su iori con odore poco gradevole, imbutiformi, con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 5; tubo glabro, lungo cm. 4, verde-rossastro, solcato, squamoso; squame brevi, lineari, che sono più lunghe a misura che si allontanano dall’ovario e di colo- reroseo-oscuro; ovario tubercolato, squamoso, glabro e pruinoso. Lacinie brevi, in due serie, spatolate, reflesse, le esterne ro- seo-oscuro, bianco-sporco marginate, le interne ineguali anch’esse È E : : ) 3 e f ta 227 Stami con filamenti bianchi e con antere giallo-pallide, poco più alti della fauce del periarizio; pistillo con stilo esile e bianco, stim- ma con divisioni brevi e lineari. Frutti non visti Fiorisce di co Ottobre—Novembre RIA essico SSERVAZIONI. — n C. Beneckei, per la prima volta fiorito in questo R. Orto Botanico, è specie bellissima per la forma ca- ratteristica del cuor e rana per la pruina bianca che co- pre l’apice dei ram EHRENBERG, & b'unibie mi risulta, descrisse la pianta senza vederne i fiori, ed io son lieto di portare, pel primo, alla cono- scenza una descrizione più completa, ed avere specialmente con- fermato che va classificata in questo genere. LABOURET, descrive due forme di questa specie, l’una col nome di C. beneckei portante nelle areole da 2 a 9 spine brevi, e l’altra col nome di C. Beneckei var. farinosus di S. D. portante solo 2 spine. Quest'ultima corrisponde alla mia descritta ma; siccome il avere importanza per distinguerla come varietà. Perciò sono del parere di ScHUMANN il quale riunì queste due forme in unica specie. Sp. 3.2 Piptanthocereus Chalybaeus (Bere. 1. c. p. 71). Sinonimi: Cereus Chalybaeus, OTTO in ForsT. Handb.382, ed. II. 702.—S. D. Cact. hort. Dyck. p. 45 et 201—ScH. K. Mo- nog. Cact. p. 120, fig. 27.—LaB. Mon. Cact. p. Fusto colonnare, ramoso, verde-scuro da adulto, e cerulescente 20 nuova vegetazione, alto m. 3, con 6-7 coste compresse, ot- e leggermente sinuate; areole distanti fra di loro cm. 2, prov- a di tomento cenerino che in seguito diviene grigio, con 8-10 spine radiali, nere, ineguali in lunghezza, varianti da cm. 1-2, le , cm. 7, con squame brevissime lungo il tubo, foliacee, obovato-ro- tondate in vicinanza delle lacinie esterne; ovario glabro con brevis- sime squame avvicinate fra di loro. inie in più serie, spatolate, le esterne rosse - scure, le in- termedie bianco-rosee, e le interne bianche, con mucrone molle. 228 Stami con filamenti verdastri, che non oltrepassano il lembo del fiore, ed antere giallo-pallide; pistillo con stilo verdastro e con stimma a 14 divisioni lineari giallo-pallide. Frutti non visti. Fiorisce di notte, Luglio-Settembre. PATRIA : Repubblica Argentina. Sp. 4.* Piptanthocereus Forbesii (Bere. 1. c. p. 71). Sinonimi: Cereus Forbesii, Orto in S. D. Cact. hort. Dyck. 844. — LaB. Monog. Cact. p. 362.—K. ScHuM. Mon. Cact. p. 111. (1903). — C. haematuricus, WrB. in Cat. Reb. Fusto colonnare ramoso, alto m. 2.50 verde - scuro, con rami validi, nei giovani rigetti cerulei e pruinosi, con 5-6 coste convesse, crenate, e solchi larghi e spianati nei rami adulti, stretti e pro- fondi in quelli giovani; areole distanti fra di loro cm. 3 !/, prov- viste di tomento breve, cenerino nella nuova vegetazione, caduco in seguito con 3-5 spine radiali, robuste, nodose alla base, cadu- che, lunghe da cm. 1-3, ed una centrale validissima da cm. 8-10; le spine nella nuova vegetazione sono nere e divengono brune nello stato adulto. Fiori solitarii, inodori, imbutiformi con diam. del lembo a completo sbocciamento di cm. 12, tubo glabro, verde-lucido, lungo cm. 8, curvato leggermente alla base, con squame brevissime, lon- i loro lungo il tubo, foliacee e rotondate in vicinanza delle lacinie esterne, con margine rosa-pallido; ovario glabro con squame piccole ed avvicinate fra di loro. inie in più serie, le esterne spatolate di colore rosa-scuro, le interne spatolato—acute, rosa-pallido, fimbriate con breve mucrone molle. Stami con filamenti bianco - verdastri, che non oltrepassano il lembo del fiore, antere giallo - pallide; pistillo verdastro poco più alto degli stami con stimma a 18 divisioni lineari assago Bacca levigata, ovaliforme, con piccole e rare , diam. misurato al centro della bacca, di cm. 4, violacea, profoniament ombelicata all’apice, con stilo persistente ; mesocarpio molti semi i Fiorisce di notte, Luglio —Agos PATRIA : “ua. LL. Sp. 5.° Piptanthocereus Hankeanus (Bere. 1. e. p. 71). Sinonimi: Cereus Hankeanus. WEB. Cat. hort. Gruson. — K. ScHum. Mon. Cact. p. 88 (1903). Fusto colonnare, semplice, verde - chiaro, ceruleo nèi giovani rigetti, alto m. 1.50, con 4-6 coste crenate, compresse, con solchi profondi nei giovani rigetti, spianate e larghe negli adulti; areole distanti fra di loro centm. 2 */,, provviste di tomento breve, cene- rino, che diviene grigio in quelle adulte, con 3 spine rigide, ra- diali , nodose alla base ed inserite al disotto dell’ areola , lunghe cm. 1-2, ed una centrale robusta lunga cm. 3-4. Esse sono gialle con punta nera nella nuova vegetazione e divengono brune in quella adulta. Fiori inodori, imbutiformi, con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 10; tubo solcato, glabro, verde-lucido, lungo cm. l’ovario che é glabro; presso le lacinie esterne le squame sono fo- liacee, verdi, marginate di roseo. acinie in più serie, spatolate, le esterne rosa-scuro, le interne bianche, a sfumate di roseo presso l’apice fiore, si giallo -pallide ; pistillo verdastro poco più alto degli stami con 14 stimmi a divisioni lineari giallo pallide. Frutti non visti. Fiorisce di notte, Luglio. PATRIA: Repubblica Argentina. Sp. 6.° Piptanthocerens Jamacaru (Bro. 1. e. p. 71). Sinonimi: Cereus Jamacaru, A. P. DC. in S. D. hort. Dyck. p. 336. —LaB. Mon. Cact. p. 363.—K. ScHum. Mon. Cact. p. 112, fig. 25. Fusto colonnare, valido, ramoso, verde-glauco, alto m. 5, con 6-7 coste compresse, ica profondamente solcate; areole distanti fra di loro cm. 4, provviste di tomento grigio e con 12-14 spine giallognole, radiali, ano disposte e di diverse grandezze, che variano da cm. 1-2, le centrali 2-4 più robuste, lunghe da cm. 3-4; in basso le spine laterali si allungano fino a cm. 3 circa, le centrali fino a cm. 8 e sono nodose alla 230 Fiori inodori, imbutiformi, con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 15; tubo glabro, solcato, verde-lucido, lungo cm. 14, con piccole squame, a forma di punti rossi lungo il tubo, foliacee ‘presso le lacinie esterne, con margine rosa-scuro ; ovario glabro, con piccole squame, avvicinate fra di loro. Lacinie in più serie, le esterne spatolate, verdi, leggermente marginate di rosa-scuro, maggiormente brune verso l’apice, le inter- medie bianche con fascia verde al centro, le interne anch’esse bian- che, “n cigliate, con mucrone molle. tami con filamenti bianco-verdastri, che non oltrepassano il lembo del fiore ed antere giallo-pallide; pistillo verdastro a stimma appena più alto degli stami, con 14 divisioni lineari giallognole. Bacca ovata oblunga, glabra, levigata, con stilo persistente fino a maturità avanzata, lunga cm. 10, con diam. di cm. 6, a polpa granulosa, bianca, e numerosi semi neri. Fiorisce di notte, Luglio-Ottobre. PATRIA : Brasile. OssERVvAZIONI : K. SCHUMANN riporta come sinonimo del ©. Jamacaru il C. lividus di PrErrr. ed il C. Perrottetianus di LEMAIRE. Questi, quantunque abbiano caratteri affini al C. Jama- caru, pur tuttavia ritengo si debbano tenere distinti, in seguito —var. caesia, Hort OSSERVAZIONI : n dalla specie por le lacinie del fiore più brevi ed obova Fiorisce di mbe; Luglio-Ottobre. —var. cyanea, Hort. Pan. OssERVAZIONI : Differisce dalla specie per le lacinie più brevi, e più strette dalla base fino a poco più della metà della loro lun- ezza e dilatate verso l’apice; differisce altresì per il colorito cianeo nella nuova vegetazione. i Fiorisce di notte, Luglio-Ottobre; (1) Cereus lividus, corna in Curtis. Bot. pe fig. 575. — Ce- reus Perrottetianus, Lem. Iconog. Livr. 4°, fig. 8 281 —var. glauca, Hort. Pan. SSERVAZIONI : Differisce dalla specie pei fiori con tubo molto lungo e robusto . < le lacinie interne più lunghe gradatamente mbe all’apic orisce di #08) Luglio-Ottobre. Sp. 7.* Piptanthocereus Labouretianus. Sinonimi: Cereus Labouretianus, Mart. Cat: hort,—K, ScHUM. Mon. Cact. p. 112. Fusto colonnare, ramoso, articolato alto m. 2.50,verde-scuro nella nuova vegetazione, verde glauco in basso, a 5-6. coste compresse e-a- cute, convesse in basso; arsole distanti fra di loro cm. 4, provviste di tomento bianco il quale diviene cenerino in seguito, con 3-5 spine lunghe cm. 1 circa, ineguali, radiali, rosso-giallognole nella nuova vegetazione ed in seguito cenerine; spina centrale unica più robusta e lunga cm. 3 circa. Fiori solitarii, inodori, imbutiformi, con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 12; tubo lungo cm. 8, glabro, sol- cato, verde pallido, curvo alla base, squamoso; squame brevissime ed avvicinate sopra l’ovario, lungo il tubo poche e brevissime, folia- cee in vicinanza delle lacinie esterne; ovario pueone glabro. Lacinie in più serie oblungo—lanceolate, le esterne verdi con margine roseo, le intermedie rosa - scuro, le interne genza con sfumature di rosa pallido al centro, fimbriate, con mucrone lungo Stami con filamenti verdastri che non oltrepassano il’ lembo el fiore, antere pi tnt pistillo poco più alto degli stami con stilo. verdastro e stimm ivisioni lineari giallognole. levigata iii con piccole e rare squame, diam. misurato al centro della bacca, di cm. 6 di lunghezza da em. a 8, violacea, con stilo persistente fino a maturità completa; me- socarpio violaceo, e molti semi neri. Fiorisce di notte, Luglio-Agosto. RIA .:? re .coltivato in questo Regio Orto Botanico é identico a quello che. MartIUs dedicava a. LABOURET e non potendone averela deseri- 232 zione originale , non posso decidere sul sinonimo. Tuttavia stu- diato l'esemplare qui fiorito, credo di non riunirlo a quello da me ritenuto per C. Forbesii, perchè molto ne differisce, sia pei fiori, come per l’abito generale della pianta. Sp. 8.° Piptanthocereus peruvianus (Bere. 1. c. p. 71). Sinonimi: Cereus Peruvianus, Mic. Gard. Diction. ed.VIII, n. 4. — K. ScHuMann, Mon. Cact. p. . — LaB. Mon. Cact. p. 351. — DC. PI. Gras. vol. II, fig. 49 Fusto ramoso, verde - cupo, alto m. 2, con 6-8 coste legger- mente convesse, con solehi poco profondi; Ae distanti fra di loro . 2, provviste di lanuggine grigia, caduca in seguito, e 5-6 spine radiali lunghe cm. 1, una centrale di cm. 2, giallognole nella nuova vegetazione e grigie in seguito. Fiori inodori , imbutiformi con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 10; tubo glabro, verde-lucido, solcato, lungo cm. 8 con squame a lungo il tubo, arrotondate e foliacee in vicinanza delle lacinie esterne, di colore verde in basso, rosa-scuro in alto, con breve mucrone molle; ovario glabro con piccole squame, avvicinate fra di loro. Lacinie brevi, strette alla base, dilatate presso l’apice, leg- germente acute, con breve mucrone molle, fimbriate superiormente; le lacinie esterne sono rosso-scuro, le interne bianche, con sfuma- ture leggermente rosee verso l’apice. Stami con filamenti verdastri che non oltrepassano il lembo del fiore, antere giallo-brune; pistillo con stilo verdastro cop più alto degli stami, stimma gialla pallido a 12 divisioni linear Bacca sferica, leggermente ovata, levigata, giallo - i del diam. di cm. 5, polpa granulosa, bianca e molti semi neri. Fiorisce di notte, Luglio- -Settembre. PATRIA : Brasile, Antille, Messico OSSERVAZIONI : ca riscontrato * figure nel DC. PI. Gras. fig. 49 e nel VEL. FI. Fluminensis, fig. 18-19, con la pianta ve- nuta in fiore in questo R. Orto Botanico di Palermo, questa ne differisce per il fiore con squame brevissime e lontane fra di loro lungo il tubo, mentre nelle figure riscontrate le squame sono em- briciate e foliacee in tutta la lunghezza del tubo. A mio parere, resta esattà la denominazione di C. Peruvianus alla pianta qui fiorita, essendo convinto che le figure di DC. e di VEL. non siano 233 molto esatte; tanto vero che LaBOURET nella sua monografia a p. nulla accenna riguardo alle squame del tubo, e lo stesso K. SCHUMANN a p. s descrivendo il C. Peruvianus, ammette la variabilità in forma e grandezza delle squame medesime. —var. monstruosus, DC. Prodr. Syst. Nat. v. 3, p.464.—K. ScH. Monog. Cact. p. 115.—LAB. Monog. Cact. p. 351. OSSERVAZIONI : Differicio dalla specie per avere il fusto mo- struoso e con solchi irregolari, confluenti, e le .coste con protuberanze prominenti. Sp. 9° Piptanthocereus Spegazzinii (Berg. 1. c. p. 71). Sinonimi: Cereus Spegazzinii, WeB. in M. # IX. pag. 102.— K. ScH. Mon. Cact. suppl. pag. 42, fig. Fusto tenue, alto m. 1,50, attenuato all’apice, eretto e sem- plice fino all’altezza di circa un metro, ramoso in alto con rami incombenti e ascendenti, verde-cerulescenti, bianco-variegati, con 4 coste ondulato-gibbose; sopra le gibbosità vi sono le areole, prov- viste di pochissimo tomento bianco, e 3 spine nere, robuste alla base, dritte in avanti e lunghe mill. 6; spesso una quarta spina esce dalla parte inferiore dell’ areola, e questa è più breve e curvata in basso; di rado le spine sono cinque ineguali ma non ol- trepassanti la lunghezza sopra detta. Fiori inodori, imbutiformi, con diam. del lembo a completo sbocciamento di em. 9; tubo glabro, verde-rossastro, lungo em. 8, curvo alla base, con poche e brevi squame rosso-scure lungo il tubo, queste sono foliacee ed oblungo-lanceolate presso le lacinie esterne, con fascia verdastra al centro; ovario glabro con poche e brevissi- me squame parimenti rosso-scure. Lacinie in più serie, le esterne lanceolate, rosso-scure con mar- verde, le intermedie rosee marginate di verde, le interne bian- cha spatolato acute, con margini ondulati e fimbriati. Stami con filamenti bianchi che non oltrepassano il lembo del fiore e con antere giallo - pallide ; pistillo con stilo bianco - roseo, stimma con 12 divisioni lineari, bre Frutti non visti. Fiorisce di notte, Luglio-Settembre. PATRIA: Paraguay. 234° Sp. 10° Piptanthocerets validus. Sinonimi: Ceres validus, HAw. iti LaB. Mom. Catt: p. 363. usto “comit valido, verde - na cenerino nella nuova vegetazione, alto m. rtamoso con 5-7 compresse, ottuse, è) se, con cold profondi e dilatati; a lontàne fra di lorò centrale da cm. 1-2; le spine sono rosso-giallognole nella nuova vegetazione, grigie in seguito Fiori ihodori, imbutiforihi | con diam. dél lembo'miél completo sbocciamento di cm. 15, tubo glabro, verde-lucido, solcato, lungo centimetri, 10 con piccole e poche squaitie folisicee; rotoridate e brevemente acuminate in vicinanza delle lacinie esterne, verde con margine rosso-scuro, maggiormente verso l’apice; ovario glabro con poche e piccole squame avvicinate fra di loro. Lacinie in più serie, spatolate, le più esterne verdi, rosa- scure all’apice, le intermedie bianche, verdi al centro e roseo-sturo all’apice, le interne perfettamente bianche, con ititicronie molle. Stami con filamenti verdastri, che non oltrepassanò' il letnibiò del fiore, antere giallo - scure; pistillo verde, poco più' alto degli stami, con 14-16 divisioni lineari verdi. Bacca ovale, giallo-levigata con apice oimbilicato € stilo pèrsi- stente fino a maturità avanzata, polpa granvilosa bianta con molti semi neri. Fiorisce di rotte, Luglio-Ottobre. PATRIA: e OSSERVAZIONI : In piena terra si coltivano ih questo R. Ortò botanico numerosi esemplari di C. validus, dei quali alcutii soitò grandissimi e di sorprendente bellezza. Liotti @ p. d sua monografia considera il C. validus di Haw. dome sinonimo del C. Jamdacaru di DO., trovo! vai che gli esemplari qui colti- vati e fioriti, nulla hanno di comune con questo ultimo, quiridi ir- terigo doverli tenere distinti; trovo tuttavia che la destrizione del- l’HawoRTH, e riportata anche del WaLpeRS, è troppo breve ed incompleta per permettere una sicura identitazione Gen. 3.° Hylocereuss Hylocereus (BERGER, Revis. gen. Cereus. In Missour. Bot. Gard. Vol. XVI. 1905. FOA Dea subgenere).—BRITTON et. RosE The Gen. Cereus, pr Contr. U. S. Herb. XII. 1909, pà 413. Sinonimi: Cereus, Auct. CARATTERI. — Fiori imbutiformi, assai larghi e vistosi, bian- chi; ovario e tubo con squame più o meno larghe, sovente foglia- cee, senza lana, peli o spine: lacinie del perigonio numerose: stami numerosi, declinati: stilo con numerosi stimmi: frutto rotondo, co- perto con squame larghe, sovente fogliacee: polpa bianca. PATRIA: Piante a fusti triangolari, sarmentosi, radicanti, dell’A- merica centrale e delle Antille. Sp. 1° Hylocereus triangularis, Brirrox et Rose l. c. p. 413. Sinonimi: Cereustriangularis, Haw. Syn.180—D.C. Prodr. v. 3 p. 468. — LaB. Mon. Cact. p. 395. — SCHUMANN, Mon. Cact. p. 157. — Cactus triangularis, Linn. Spec. pl. ed I. p. 468 — Curt. Bor. Mac. fig. 1884—Vell. FI. Flum V, fig. 24. Ramosissimo, rami articolati tortuosi radicanti, verde lucidi, con tre coste acute e compresse, lungamente crenate; areole nel sepo delle crenature, distanti fra di loro cent. 3. provviste di poco tomento bianco, caduco e di 3 spine nere, rigide, e robuste alla base, lunghe da mill. da a 5; spesso le spine sono da 4-5 con la inferiore curvata i Fiori inodori, pi ente grandi, imbutiformi, con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 35; tubo glabro squa- moso, lungo cent. 15, leggermente curvo alla bee verde pallido; squame sul tubo lunghe centimetri 7, lanceolato-acute, verdi; ova- rio glabro, squamoso , squame a base larga cm. 2 ‘|, lanceolate ed embriciate. Lacinie in più serie, le esterne reflesse, lineari-lanceolate, verde pallide, le interne anehe larghe al centro ed attenuate alle due ‘estremità, con mucrone m Stami con filamenti 53 antere giallo-pallidi, pistillo con stilo ‘molto robusto, giallo-pallido, più alto degli stami: stimma con 25 divisioni lineari, giallo-pallide. Bacca ovata, purpurea, leggermente stretta all’apice, glabra, squamosa, del diam. diem. 8,a squame con larga base; lunghe cm. 5, spatolate: mesocarpio granuloso, bianco e molti semi neri. Fiorisce di notte. Settembre. ATRIA : Messico. Gen. 4.° Trichocereus. perg BERGER, Revis. gen. Cereus. In Missour. Bot. Gard. .. XVI. 1905. p. 73 (pro subgenere). Sinonimi: Cereus, AucT. CARATTERI : Fiori vistosi, notturni, bianchi o bianco-rosei, im- butiformi; ovario e tubo con squame più o meno densamente em- briciate, acute, dalla cui ascella sorgono in grande abbondanza lun- ghi e ricurvi peli lanosi, mai setole; lacinie del perigonio numerose; stami numerosi e declinati: stilo di uguale lunghezza, con nume- rosi stimmi; frutto rotondo, squamoso e peloso con il perigonio più o meno persistente. Sp. 1.° Trichocereus macrogonus (Bere. 1. c. p. 83). Sinonimi: Cereus macrogonus, Orto in Cact. hort. Dyck. 46 et 203. — LAB. Monog. Cact. p. 352. —K. ScHUMANN. Monog. Cact: p. 11b. Fusto alto m. 3, ramoso in basso con rami tortuosi, ascen- denti, che misurano l’altezza da m. 1 a m. 2, verde-scuro, nella nuova vegetazione cenerino, con 7-8 coste convesse, rotondate, leg- ermente sinuate e con una ve a forma di V sopra le areole: a- reole distanti fra di loro cm. 2, provviste di tomento grigio e 8-10 spine brune, radiali, che variano in lunghezza da mill. 5 a cm. 2, una centrale, spesso due, lunghe 4 cm., le spine nella nuova vege- tazione sono giallo-brune e di logan maggiore, specialmente la centrale che si allunga fino a em. circa. Fiori inodori, imbutiformi, del diam. del lembo a completo sboc- ciamento di cm. 12; tubo lungo cm. 7, verde, solcato squamoso e lanug- ginoso, squame lungo il tubo brevi, quelle presso le lacinie esterne oblungo- lanceolate; ovario con squame embriciate, verdi andina lune alla base. 237 Lacinie in più serie, le esterne oblungo-lanceolate verde-pallido, più scure verso l’apice, le interne obovate, bianco—puro, con breve mucrone molle. Stami con filamenti bianco - verdastri, che non oltrepassano il lembo del fiore, antere bianco-giallognole: pistillo con stilo bianco- verdognolo, che oltrepassa per poco gli stami e con stimma a 15 divisioni lineari giallognole. Bacca verde-oscura, sferica del diam. di cm. 5con base dila- tata ed appiattita, squamosa, squame embriciate con apice libero e molta lana lunga nera che le avvolge; mesocarpio bianco con piccoli e molti semi neri. Fiorisce di notte: Settembre. TRIA : aio Ta pianta qui fiorita è un bellissimo esemplare caratteristico, i cui rami si allungano, curvandosi pel troppo peso sul pn poscia, rialzandosi verticalmente, formano delle bellissi- é c e in vicinanza del fusto principale. Questo spe- ciale ciato non fu dai diversi autori accennato, forse perché de- scrissero piante troppo giovani. Sp. 1° Trichocereus Spachianus (BERG. 1. c. p. 73). Sinonimi: Cereus Spachianus, LEM. Hort. I. 22. — LaB. Monog. Cact. p. 324.—K. ScH. Monog. Cact. p. 67. Fusto alto m. 11,50 cespitoso, verde scuro, con 12-14 coste avvi- cinate, convesse e con solchi poco profondi; areole distanti fra di loro cm. 1, provviste di tomento bianco, che in seguito diviene e. nonchè 7-8 spine gracili, giallo - brune, radiali, di diverse altezze, da . 5 a 10, una centrale pe più lunga di un centi- MOLE ia aki le spine nello stato adulto sono grigie. Fiori inodori, imbutiformi. con Sea del lembo a completo sbocciamento di cm. 15; tubo lungo em. 8, verde-lucido, curvato leggermente alla base, con squame embriciate ed acuminate; in vi- cinanza delle lacinie esterne le squame sono lanceolato-acuminate, con poca lanuggine nera e lunga alla loro base; ovario squamoso, squame avvicinate fra di loro , con molta lanuggine nera e lunga alla loro base. ? . Lacinie in più serie, le esterne falciformi, verdi sfumate roseo- scuro; le intermedie spatolate, bianche leggermente rosee; le interne ‘bianche, obovato-ottuse, ciliate all’apice. tami con filamenti verdastri che non raggiungono la metà della lunghezza delle lacinie, con antere giallo-zolfo; pistillo con stilo robusto, bianco, che oltrepassa la lunghezza delle lacinie; stimma a 15 divisioni lineari e giallognole. Frutti non visti. Fiorisce di notte, Giugno-Luglio. PATRIA: Repubblica Argentina. Gen. 5.° Friocereus. Eriocereus, BERGER, Revis. gen Cereus. In Missour. Bot. Gard. , 1905, p. 74(pro subgenere). Sinonimi: Cereus, Auct. CARATTERI: Fiori grandi, imbutiformi, notturni, bianchi al centro ; ovario rotondo , con squame deltoidee , acute ; tubo con dipniae: somiglianti, ma più larghe e più remote, portanti alla loro ascella più o meno copiosa lana, ed in alcune specie setole o spine; lacinie interne bianche, esterne verde-rosee; stami numerosi decli- nati; frutti rotondi, con il perigonio più o meno persistente, rossi, a pulvilli prominenti, squame un poco accresciute, con lana e so- vente spine alla loro IR polpa bianca. PATRIA : Specie a duniti per solito procumbente, originarie del- l'America meridionale. Sp. 1° Eriocereus Bonplandii (BeRrGER 1. c. p. 74). Sinonimi : Cereus Bonplandii, PALM. in sa En. 108. K. ScH. Mon. Cact. p. 135; Suppl. p.45. — LaB. i Cact. p. 392. Ramoso, con rami articolati tendenti ad appoggiarsi, spesso «con qualche articolazione e coste a spirale, poco attenuate all’apice, verde-scuri con 4 coste complanate, leggermente acute e brevemente crenate, areole distanti fra diloro cm. 3, provviste di poco e breve tomento cenerino, che in seguito diviene grigio , con 8 spine. ra- diali , robuste e di varie lunghezze, da mill. 5 a cm. 1, le cen- trali 1a 3 robuste, lunghe da cm. 3 a 5, giallognole con punta scu- ra, in alto provviste di due spine rosso brune. Fiori inodori, imbutiformi con diam. del lembo a suoni ‘sbocciamento di cm. tubo solcato, squamoso, lungo cm. 12, curvo a base, ed. rubescente in basso , con poca lanug- gine alla RETE squame che sono lanceolato - acuminate, rube- stenti e più larghe presso lé lacinie esterne: ovario Penne sprpi con brevi squame disposte a spirale. nie in più serie, le esterne lineari-lanceolate, acuminate; di fa rubescenti, le intermedie patenti verdi, leggermente rosee, le interne dritte in alto, bianche, largamente cuneate; con l’apice fimbriato e con breve mucrone molle. i con filamenti verdastri, che non oltrepassano il lembo del fiore e con antere RES, PA pistillo con stilo verdognolo, più alto degli stami, stimma a 18 divisioni lineari, verdognole. Bacca globosu; del =. di cm. 5, leggermente depressa, om- belicata all’apice, color magenta-scuro, squamosa, lanugginosa, con tu- bercoli prominenti ed avvicinati fra di loro; mesocarpio bianco, gra- nùlòso ‘e molti semi neri. Fiorisce di notte: Luglio-Agosto. PatRrIA: Paraguay. Sp. 2.° Eriocerens l'avendishii, Sinonimi: Cereus Cavendishii, SaLm. Hort Dyck. p. _ K. ScH. Mon. Cact. Suppl. p. 40. — Laz. og «= pi 371. Fusto dapprima colonnare, in seguito ramoso, articolato, con raitii tendenti ad appoggiarsi, verde- pallidi , 5 coste com- presse acute, lungamente ondulato-gibbose, con “ areole sopra le gibbosità, distanti fra di loro da cm. 2 a 3, provviste di breve to- mento cetierino, caduco, e di 7-8 spine radiali, robuste, nodose no, mettre quelle nascenti sono di colore verdognolo fasciate di Scuro. Fiori inodori, imbutiformi, con diam. del lembo nel com- pléto sbocciamerito di cm. 12, tubo solcato, inflato all’apice, verde- pallido in alto, verde-roseo in basso, lungo em. 12, squamoso ed aculeato; squame lungo il tubo distanti fra di loro, con 4-5 spine esili, e breve tomento bianco. alla base di esse; ovario tubercolato squamoso, aculeato, parimenti con spine e tomento: bianco alla base delle squame. Lacinie in più serie, le esterne verde pallido, leggermente rosee, lanceolato-fasciate e reflesse, le interne lanceolate, bianche, Patenti, coù apice tenne e canalic © Stami diritti, oltito passati il pini delle lacinie, con Fiamenti 240 bianchi e con antere giallo-pallide; pistillo robusto, verdastro, più alto degli stami, stimma con 12 lunghe divisioni lineari, giallo- pallide. Frutti non visti. Fiorisce di notte, Luglio. PATRIA : ? Sp. 3. Eriocereus Jusberti (Bere. 1. c. p. 74). Sinonimi: Cereus Jusbertii, LaB. Cat.—K. ScH. Mon. Cact. p. 137-138, Fig. 32 Fusto dapprima colonnare, in seguito ramoso con rami ten- denti ad appoggiarsi, verde-scuro, con 5 coste; nella nuova vege- tazione le coste sono compresse, ottuse, ondulate, con solchi larghi nei rami adulti appiattite e di forma cilindrica; o da cm areole distanti fra di lor ; iste di breve ento cenerino e di 7- in i, radiali e robuste alla base, lunghe il a 5, le centrali sono solitarie, qualche volta 3-4 lunghe cm. 1 circa, esse sono tutte nere nello stato giovane, ce- nerine con punta nera, nello stato adulto e rosso-scure nascenti. Fiori con poco odore, piuttosto sgradevole, con diam. del lembo nel completo sbocciamente di cm. 12, tubo dritto, lungo cm. 10, verde-roseo, squamoso, con poca lanuggine alla base delle squame; squame con disposizione a spirale, lanceolato-acute, più lunghe presso le lacinie esterne, verde - rosee; ovario squamoso, leggermente la- nugginoso, con squame avvicinate fra di loro, verde-rosee. acinie in più serie, le esterne patenti, lanceolato - acute a margine ondulato, verde-roseo scuro, le intermedie dritte, spatolate bianche, leggermente fimbriate, le interne pure senti; largamente an leggermente fimbriate e con margine ondulato mi bianco-verdastri con antere giallo pallide, ade con stilo reni verdastro, più alto degli stami; stimma con 12 divi- - sioni lineari, verde- -palli e. Fiorisce di notte, Giugno-Luglio. PATRIA: mesta Argentina. Sp. 4° Eriocereus Martianus. Sinonimi: Cereus. Martinaus, Zucc. in Flora XV. 66 (1832). —Hoox. in ug Mag. fig. 3768. —LaB. Mon. Cact. p- 386.—K. Sca. Mon. Cact. p. 143. ESITO CRA Ret SARTI I pasa PRESE 241 moso;, con rami tenui, tortuosi, scandenti e radicanti, con ci rape su cui si trova un ciuffetto di setole rosso mattone oste acute, ondulate, leggermente gibbose, areole sopra le gibbimiti. distanti fra di loro da cm. 2 a 8, provviste di tomento scuro e\di 6 a 8 spine, robuste alla base, le radiali da mill. 2a 4 le centrali da 1 a 3, della m medesima altezza, cenerine nei rami a- ulti e brune nei nuovi riget Fiori inodori, con diam. ‘del lembo nel Co sbocciamento di em. 9, tubo lungo em. 9, dritto, solcato, squamoso, di colore rosa-scuro, aculeato, con qualche setola: in vicinanza delle lacinie esterne le squame sono allungate e lineari: ovario tubercolato, con areole sopra itubercoli, provviste di spine filitormi e avvicinate fra di loro. Lacinie in più serie, patenti, inflesse e canaliculate all’apice: le esterne lanceolate, strette, con apice acutissimo, rosa scuro, le interne più larghe, lanceolate, bianche sfumate di rosa-pallido, an- chiesse con se acutissimo. mi con filamenti di uguale lunghezza del lembo , bianchi con antere giallo pallide; pistillo con stilo bianco, che oltrepassa in altezza gli s nes stimma con 18 divisioni lineari e bianche. rutti n isti Fiorisce di notte, Giugno-Luglio. PATRIA : Messico Sp. 5.° Eriocereus Martinii (Bere. 1. c. p. 74). Sinonimi: Cereus Martinii, Lap. Annal. Soc. d’hort. Haute Garonne (1854). —A. Dupuis in Revue hort. 1860 Fig. 123 125.—K. ScH. Mon. Cact. p. 141.—C. monacanthus, CAT. CeLs. ann. 1853. Ramoso, con rami tortuosi, attenuati all’apice, parda.:rabegoanti; e 5-6 coste, polizza pronunziate, ondulate e gibbose ; nei rami adulti le coste scompariscono ager di Ca e le gibbosità assai ala con i a spirale; areole sopra le gibbosità provviste di breve ego dicano e di 5 a 6 spine radiali, che variano in lunghezza da mill. 2 a 10, ed una o due centrali da cm. 2 a 3, cenerine con punta SORIA; ‘nei giovani ri- getti le spine sono giallognole con punta sc Fiori leggermente odorosi, ilari con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 12; tubo solcato, leggermente curvo alla base, lungo cm. 12, squamoso lanugginoso e setoloso ; le squame sono brevi, acute, rosso scure, con disposizione a spira, - 242 più lunghe a misura che si allontanano dall’ovario, lanceolate in vicinanza delle lacinie esterne; ovario tubercolato, squamoso ed a- culeato. acinie in più serie, le esterne lanceolate, reflesse, verdi, le intermedie cana lanceolate con fascia verdastra al centro, le in- erne anch'esse bigacto, largamente cuneate, con mucrone breve e oll mi con filamenti verdastri e con antere giallo-zolfo ; pistillo con stilo verdastro, stimma a 15 divisioni lineari, anch’ esse ver- dastre B globosa, tubercolata, lanata , aculeata e setolosa, atte- nuata all’apice, di color magenta-scuro e del diam. di cm.4 a 5; me- socarpio bianco, PaGRI0Io, + con molti semi neri. tin OSSERVAZIONI : Il C. m ona, che K. ScH. unisce al C. Martinii, trovasi coltivato in ques . Orto Botanico. Venute le due specie contemporaneamente in pen ho potuto rilevare che esse si differiscono per lievissimi caratteri, da non poterle tenere se- parate. Dalle mie osservazioni rilevo soltanto che i rami del C. mo- nacanthus variano, essendo alcuni tenui, con spine brevi ed esili, altri conformi a quelli del C. Martiniî. Perciò, ponderato le lievi differenze, mi associo al parere di SCHUMANN Sp. 6.° Eriocereus platygonus. Sinonimi: Cereus platygonus, OTTO in S. D. Cact. hort. Dyck. 45 et 199.—K. ScH. Mon. Cact. p. 99. fig. 19.—LaB. Mon. Cact. p. 338. Ramoso, con rami tenui, tortuosi, attenuati all’ apice, alcuni cilindrici, altri o: con s coste; nei rami cilindrici le coste sono appiattite , in seguito i piane restando solo linee longitudi- nali che le egaia o; pars distanti fra loro da cm. 1 a 2, prov- viste di breve tomento cenerino e da 10 a 15 brevi spine radiali; le centrali sono solitarie , e talvolta si allungano fino a em. 2; le areole sopra irami con coste ondulate e gibbose, sono distanti fra di loro da em. 4 a 5, provviste anch’esse di tomento breve, ce- nerino e da 4 a 7 spine robuste, alcune radiali, altre divergenti di varie lunghezze, da mill. 5 a cm. 2, una centrale più robusta di cm. 3 circa. 243 Fiori con odore poco gradevole, imbutiformi con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 12; tubo squamoso, brevemente lanugginoso, lungo cm. 10, leggermente curvo alla base, verde- oliva; squame rosso-oscuro, piccole in vicinanza dell’ovario, gradatamente più grandi mano mano che si allontanano da uan ovario tuber- colato squamoso, con poca bi all Lacinie in più serie, le più esterne a Shu lineari, acu- minate, reflesse e rosso-oscuro all’apice, le interne bianche, lunga- mente cuneate, patenti , verdastre nella pagina inferiore , seghet- tate verso l’apice con mucrone molle Stami con filamenti bianco-verdastri ed antere giallo-oscuro ; SA poco più alto degli stami, con stilo bianco- erdantoo e stimma n 14 divisioni lineari giallo-pallide. rutti non visti. Fiorisce di notte, Luglio-Agosto. PATRIA : Sri Messa in confronto la descrizione di SCHUMANN e di LABOURET con la piante coltivata e fiorita in questo R. Orto Bo- tanico, sotto il nome di C. platygonus, trovo molti caratteri dif- ferenti che hanno una certa importanza; quindi suppongo che, tanto ScHUMANN quanto LABOURET, descrivessero una pianta troppo gio- vane; difatti il fusto primitivo che è quello cilindrico, corrisponde alle due descrizioni ed alla figura riportata da ScHUMANN, mentre i getti secondarii se ne allontanano per le coste ondulate, gibbose e con spine più robuste. Sp. 7.° Eriocereus subrepandus. Sinonimi: Cereus subrepandus, Haw. Sega p.78.—K. ScHum. Cact. p. 95.—LaB. Mon. Cact. 336. Fusti eretti, tenui, con apice rotondato-ottuso, ramosi alla base, alti cm. 60 di color verde-scuro a 9-10 coste ottuse, rotondate, leg- germente inflesse sopra le areole, con solchi brevi; areole distanti fra di loro em. 1 '/, provviste di breve tomento bianco e di 10-12 spine radiali irregolarmente disposte, le quali variano in lunghezza da mill. 4 a cm. 1 '/,, e sono tutte bianche con punta scura. Fiori inodori, con diam. del lembo nel completo sbocciamento sol gnole lineari-lanceolate, acuminate ed a spirale lungo il tubo, più allungate presso le lacinie esterne; ovario tubercolato con piccole squame verdi-giallognole e poca lanuggine alla base. Lacinie in più serie, le esterne oblungo-lineari, reflesse, sfu- mate di verde e roseo, le intermedie e le interne bianche, erette e più larghe, con margine superiormente dentato e con mucrone lungo e molle. Stami con filamenti bianchi in basso e verdastri in alto, non oltrepassanti le lacinie del fiore, e con antere giallo-pallide; pistillo con stilo verdognolo di uguale colore dei filamenti, oltrepassante in altezza gli stami; stimma a 10 brevi divisioni lineari, giallo-ver- dognoli. i Frutto, bacca sferica poco ristretta all’apice, con diametro da cm. 4-5, tuberculata con brevi squame lineari, lanugginose alla base; frutti di colore giallo-limone, a maturità completa Set con mesocarpio bianco , granuloso e molti semi neri e picco Fiorisce di nasa Agosto. ATRIA : Messic OSSERVAZIONI : K. SCHUMANN riunisce le due specie C. repan- dus e O. subrepandus, mentre l’HawoTH le tiene separate. Non ‘avendo veduto esemplari del vero C. repandus mi resta dubbio se realmente differiscano fra loro, come parebbe confermato dalle de- scrizioni del LABOURET ; l’esemplare fiorito ‘in questo giardino cor- l’apice, quest'anno in un giovine getto si è sviluppato attenuato «come dicesi sia nel vero C. repandvs. La ragione principale delle non DERE inesattezze che spesso si mostrano nella famiglia delle Cactee, sta in questo che le de- scrizioni, che i diversi autori danno delle varie specie, non sono mai complete, nè sufficientemente estese da dare un concetto defi- nitivo di ogni singola specie: ciò ingenera spesso confusioni, in modo che di diverse specie se ne fa sovente una sola, essendo quasi im- possibile il confronto, per la esiguità dei dati descrittivi. Tutto ciò contribuisce sempre più a confondere la mente del classificatore, in modo che non ne riesce nulla di vantaggioso per la Scienza. Sp. 8.° Eriocereus tephracanthus (BERG. l. c. p. 74). Sinonimi: Cereus tephracanthus, LaB. in Rev. Hort. IV. ser. IV. p. 25.—K. ScH. Mon. Cact. p. 80, Fig. 15. Fusto alto m. 1,50, ramoso, verde-scuro con 6-8 coste spianate con selchi brevemente pronunziati che scompariscono a misura che avviene la nuova vegetazione; per cui la parte costa del fusto prende forma cilindrica ; areole distanti fra di loro em i provviste di tomento Sa e 6-8 spine radiali DE variano in sta ghezza da mill. 5 a cm. 2, una centrale lunga cent. 3; esse sono bianche con punta scura nella nuova vegetazione e divengono gri- gie nello. stato adulto. con poco odore, imbutiformi, del diam. del lembo nel completo sbocciamento di em. 16; tubo lungo cm. 8, leg- germente curvo alla base, verde, solcato, squamoso, lanugginoso! squame acute are e alla base, rosso-scure in vicinanza delle la- cinie esterne, oblungo-lanceolate ; le squame alla base hanno lanug- gine bianca e lunga; ovario + squame brevi, avvicinate fra di loro, anch’esse lanuggino e. acinie in più serie, le ed ga lanceolate, patenti, cur- vate lateralmente all’apice, verde-scuro, più marcato verso l’apice; le intermedie rette in alto, Do -spatolate, bianche con margine ondulato e con :nucrone breve e molle ; le interne largamente obo- vate, strette verso la base, anch’esse bianche con mucrone molle. Stami con filamenti bianco-verdastri, che non oltrepassano il lembo del fiore, antere giallo-pallide ; pistillo con stilo verde che oltrepassa di poco gli stami; stimma a 16 divisioni lineari, giallo- pallide. Fiorisce di notte, Settembre-Ottobre. ATRIA : Bolivia. OSSERVAZIONI : Come risulta dalla citazione di SCHUMANN, La- BOURET descrisse il C. fephracanthus nella Rev. Hort. che non ho potuto consultare, ma dal confronto della ina riportata dallo ScHUMANN con la pianta quì fiorita, trovo che corrisponde esatta- mente, nonchè con l’infiorescenza che lo stesso SCHUMANN descrive nel suo supplemento a p. 27. Sp. 9.° Briocereus tortuosus (Berg. l. e. p. 74). Sinonimi: Cereus tortuosus, FoRrB. in OTTO, AUg. VI, p. 35 (1838). —LaB. Mon. Cact. p. 372.—K. ScH. Mon. Cact. p. 139.—C. atropurpureus, Hocay. Cactencult, p. 91. oso, rami articolati, tortuosi, verde-rossastri con 6 coste Lio ondulate, areole distanti fra loro cm. 3, provviste di breve tomento bianco e caduco, con 6 a 8 spine radiali, rigide, nodose alla base, che variano in lunghezza da cm. 1 a 4,le centrali soli- tarie, rare volte 4 più seg leo cm. 4; da giovani le spine sono rosso-oscure, in seguito vengono cenerine, 246 Fiori con odore poco gradevole, imbutiformi, con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 12; tubo lungo cm. 10, curvo alla base, verde-oscuro, solcato, squamoso, brevemente lanug- ginoso, setoloso; squame brevi, acuminate, rosso-corallo, con dispo- sizione sul tubo a spirale, si ingrandiscono a misura che si allon- tanano dall’ovario, colorendosi di un vérde-rossastro: ovario tuber- colato, aculeato, squamoso, squame lanceolato-acute, lanugginose alla cinie in più serie, le esterne riflesse, lanceolato-acute, verde- oscuro vanta al roseo, le intermedie bianche, spatolato-acute, le interne anch’esse bianche, cuneate, con margine ondulato e mucrone molle. Stami con filamenti verdastri che non oltrepassano la fauce del perigonio, antere giallo-zolfo: pistillo con stilo verde, stimma a 15 divisioni lineari verdi. Bacca globosa, brevemente attenuata all’apice ove trovasi una cicatrice del perianzio avvizzito, ee fino alla quasi maturità del frutto, del diam. di em. 5 a 7, colore magenta-oscuro, con tu- bercoli prominenti, sormontati i sai provviste di breve tomento bianco e con 3 a 5 spine da mill. 5 a 10, rigide: mesocarpio bianco, granuloso con molti semi neri. Fiorisce di notte, Agosto-Settembre. PATRIA : Repubblica Argentina. Gen. 6.° Cereus, Cereus, MicL. Gard. Dict. Tom. II. 1785. p. 303 — vl PI. Succ. p.178,(1812).—Lasour, Monog. Cact. p. 341,(1853).— BENTH. et Hook. Gen. pl. par. I. p. 849, (1867). rai Lem. Cact. p. 66 ( )— ENGLER et PRANT. Nat. nz. Fam. > V. III, 6-6-a, p. 175 (1895). K. ScHum. Monog. Cact. p. 46, (1898), (pro parte, charact. emend.). Sinonimi. Eucereus, Nyctocereus, Selenicereus, i cagiee Acanthocereus, Heliocereus, Phyllocereus, BERGER, l. c. p. (pro subgener.).—Selenicereus, BRITTON et ROSE, l. c. p. Ai. CARATTERI. Fusto più o meno eretto, cilindrico, costato o sar- mentoso e radicante : fiori per solito notturni, bianchi o rosei, as- sai grandi e con lungo tubo : ovario e tubo con numerose squame, Io deltoidee, acute, quelle del tubo più larghe e più distanti, ti alla loro ascella peli, lana, o setole, più o meno rigide : ESTRAE A ETA RO PIC, LIO o UU NOREITRR VETRI i ROVTO Va ERO 247 tubo imbutiforme , piuttosto stretto : lacinie interne del perigonio numerose : stami formanti una camera nettarifera larga e lunga; frutti più o meno rotondi e rossi, coperti di spine, sovente riunite in gruppi decidui. PATRIA : Specie prevalentemente dell'America centrale, e delle regioni sini verso l’Oceano Pacifico, dalla California e dal Mes- sico, fino al Venezuela ed al Brasile, e nelle Antille. OSSERVAZIONE : Conservo, come BERGER, il nome di Cereus a questo gruppo, come quello corrispondente alle specie più anti- camente conosciute con tale nome, non sembrandomi giustificato il volere assegnare questo nome ai Piptanthocereus, come pretendono BrITTON e Rose Sp. 1.° Cerenus ambiguus, D. C. Prodr. III. p. 467. Fusto tenue, eretto, ramoso in basso, verde-scuro, leggermente attenuato all’ apice, ove trovasi un ciuffo di spine setolose brune, con 11 coste umili e convesse; areole distanti fra di loro mill. 8. provviste di tomento scuro e di 12 a 15 spine lunghe da mill. 4 a 8, gracili e setolose , irregolarmente disposte nelle areole e con direzioni diverse. iori inodori, imbutiformi, con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 15 ; tubo eretto, glabro, verde leggermente roseo, ta lungo cm. 15, sguamoso e setoloso fino a metà della sua lunghezza ; le squame sul tubo sono brevi con disposizione a spirale , Work e di colore rosso - scuro; ovario tubercolato, portante sopra i tubercoli le areole, che sono provviste di tomento bianco e di molte setole pungenti Lacivie in più serie lanceolato-ottuse, patenti, con apice re- flesso; le più esterne verde-oliva, le mila esternamente pur- PRESA le interne tutte bianche. S n filamenti bianchi e con antere giallo-zolfo , non ol- co e di molte spine setolose; il perigonio avvizzito persiste a lungo all’apice e da ultimo cade lasciando l'impronta del tubo; polpa pur- \ purea e pochi semi piriformi neri del diam. di mill. 2 Ha È e si notte, Luglio-Settembre. i: PATRIA cina 1 : II C. ambiguus di DC. da molto. tempo col- tivato in questo R. Orto Botanico col nome di C. splendens, fu dallo SCHUMANN considerato come sinonimo di ©. serpentinus. Fi- no ad un certo punto non sarei stato lontano di tenerlo come tale, ma per il fatto che il suo fusto è sempre eretto e con lanuggine breve nelle areole, se ne allontana, per cui credo si possa tenere separato, riprendendo il nome di C. ambiguus datogli da DC. il quale tuttavia lo considerò come specie dubbia. Difatti lo stesso nome ci indica la difficoltà che ebbe l’autore nel riunirlò coù una o altra delle specie già conosciute. Sp. 2.° Cereus DINA, Karw. in PrEIFF. En. p.109—K. ScH Mon. Cact. p. 98; et Suppl. p. 28-29.—LaB. Mon. Cact. p. 374. i io Cc. psn , OTTO in PrEIFF. p. 107-108.— . Mon. Cact. p. 98. — LAB. Mon. Cact. p. 375. — ava Baraniensis, BERGER. l. c. p. 77. Ramoso, a rami articolati, tendenti ad appoggiarsi, verde-scuri, lucidi, con 3-4 coste acute e leggermente ondulate; areole distanti ra di loro cm. 3 e mezzo, provviste di poco tomento bianco caduco nei giovani rami, e di 6-8 spine rigide nodose alla basé, di varie lunghezze, da mm. 4 a 10; le spine centrali ordinariamente sono tre, spesso 4, di rado una più robusta, lunghe em. 2 circa, cene- rine con punta scura , nello stato giovanile giallognole con punta scura. Fiori inodori, IdR con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 15; tubo glabro, verde-pallido, solcato, lungo cem. 13, diritto, mire curvo alla - Arr a e squa- me' disugnali, con pun ura, le quali s’ in iso a misura che si allontanano tiri ovario, saldandosi alla Hide "delle lacinie e- Sterne ; ovario squamoso, a squame piccole con breve lanuggine alla loro base. Lacinie in più serie, corte e patenti, le più esterne sono di colore scurò lineari Malibbolata: le intermedie verde scure , le in- terne bianehe: con filamenti bianchi e con antere giallo-pallide, distri- buite' attorno la farce' della corolla, pistillo con stilo robusto, bian- co} di uguale altezza degli stami; stimma con 14 divisioni lunghe, ti. Fiorisce di notte: Luglio-Agosto. 'A'PRIA rica centrale. Sp. * 5 sa grandiflorus, MiLL. Dict. Tom. IL p. HR . Mon. Cact. p. 144, Fig. 34.--LAB. Mon. Gi p. 386. _ fia Bot. Mag. Fig. 3381. — REG. FI. p. 541, fig. nera, (1893). Sinonimi: Cactus grandifforus, Linn. DC. PI. ng: Fig. Al. —Selenicereus grandiflorus, BERGER. l. c. >. —BRITTON et Rose, l. c* p. 413. Ramoso, con rami articolati, tortuosi, scandenti e radicanti, ver- de-pallido, atetnati all’ apice e provvisti di un ciuffetto di setole cenerine ; 5-6 coste umili compresse spesso appiattite ; areole distanti fra % tbro da cm. 2a 3, provviste di poco e breve to- mento cenerino caduco, e da 4 a 12 spine scure , radiali , rigide, lunghe da mill. 2 a 4, le centrali solitarie, spesso 4 e molte se- tole della stessa lunghezza o appena più lunghe. Fiori grandissimi che odorano di vaniglia, col diam. del lem- bo. nel completo sbocciamento di cm. 25, tubo lungo cm. 15 di colore terra di Siena naturale, solcato, squamoso, con lunga lanug- gine e setole alla ‘base delle squame : squame lineari ad uncino, verdi con ni pallido e con disposizione sul tubo a spirale, ra- atamente più lunghe a misura chesi allontanano dall’ovario; ovario n portante areole provviste di lanuggine e di setole pun- genti Tuna in più serie, le esterne reflesse, lineari-lanceolate , di colore terra di Siena naturale , le intermedie bianco-giallognole diritte, le interne anch’ esse diritte bianche , lungamente Ganeatà, dentate all'apice, con mucrone breve e molle. Stami con filamenti verdastri, bianchi verso l’apice e con an- tere giallo-zolfo; ni di uguale altezza fede stami, con stimma lineari Frutti no Fiorisce di notte, Luglio-Agosto. Pa —var. Uranos, Wet. Hort. lind.. OA Lee i ha BT atta ce corrispondono al C. grandiflorus, ne —_ __L D | rami più esili con ue più sera | neate. 250 Ritengo perciò accettabile l’opinione del WEBER, riferita dallo ScHUMANN a p. 145, secondo la quale il C. Uranos dovrebbe considerarsi solo come varietà del C. grandiflorus. Sp. 4.° ii Macdonaldiae, Hook. in Bot. Mag. Fig. 1707.— K. . Mon. Cat. p. 149—FI. des Ser. IX, Fig. 896-897. Sinonimi: Selenicereus Macdonaldiae, BERGEN 1]. c. p. 76.— BrITTON et Rose l. c. p. 41 moso, con rami tortuosi, scandenti, radicanti, verde-rube- scenti, attenuati all’apice, con sopra un ciuffetto di setole brune, e con 5 a 6 coste gibbose, lungamente ondulate, acute nei giovani getti, appiattite nei rami adulti; areole sopra le gibbosità, distanti fra di loro da cm. 3 a 4, provviste di poco tomento o setole ce- nerine, con 4 brevissime spine, raramente 6 binate, sora ingros- sate alla base, una centrale di pg altezza, tutte cenerin iori grandissimi , inodori col diam. del lem ui pa sbocciamento di cm. 30; tubo squamoso, setoloso, Rare solcato, rvo alla base, verde-roseo, scuro, cm. ; squame brevi, n disposizione a spirale lungo il tubo, lineari—lanceolate in vi- cinanza delle lacinie esterne, provviste alla base di setole ; ovario tubercolato, squamoso, aculeato e setuloso Lacinie in più serie, lunghissime, le esterne lineari-lanceolate, reflesse, roseo-scuro, le intermedie patenti, falcate, giallo- lori e rosee verso la base, le interne bianche, spatolato acute, liate all’apice, con lungo mucrone molle. Stami con filamenti bianchi ed antere giallo-zolfo; pistillo con stilo bianco, robusto, più alto degli stami; stimma a 20 divisioni, lineari allungate, giallo-pallide. rutti non visti. Fiorisce di notte, Giugno-Luglio. PATRIA : Honduras. Sp. 5.° Cerens Mallisonii, Horr. ex PrEIFF.—K. ScH. Mon. Cact. 43 Ramoso, con rami tortuosi, tenui, scandenti, verde-lucidi, at- tenuati all’apice su cui trovasi un ciuffetto di setole filiformi gial- lognole ; 7 - 8 coste umili, ondulate, gibbose ; areole sopra le gibbosità distanti fra di loro cm. 1, provviste di breve tomento bianco e da 12 a 20 spine radiali, rigide, da mill. 2 a 4, giallo- gnole da giovani e scure quando sono adulte , le centrali variano da 1 a 4 e sono di uguale altezza. 251 Fiori inodori, imbutiformi, con il diam. del lembo a completo sbocciamento di em. 10; tubo rosso , rugoso , lungo em. 3, squa- moso, setoloso; squame lineari-lanceolate, più grandi a misura che si avvicinano alle lacinie esterne, provviste alla base di breve to- mento di setole filiformi; ovario squamoso e setoloso Lacinie in più serie , rosso-vivo, le esterne lanceolate le in- terne spatolato-acuminate. Stami con filamenti rossi al centro e con antere gialle; pistillo con stilo anch'esso rosso, stimma a 10 divisioni brevi e gialle. Dia non Visti. DI ce di giorno, Maggio Giugno. AZIONI : Secondo SCHUMANN questo Cereus è un ibrido fra il ni e lo speciosus, ottenuto la prima volta dal giardiniere MALLISON, in Inghilterra. Sp. 6.° Cereus nycticalus, Lk. in Verh. Gartenb. X. 372 (1834) Fig. 4. — LaB. Mon. Cact. p. 387 — REG. Gart. FI. p. 92-93 (figura nera) 1892.—K. ScH. Mon. Cact. p. 146, Fig. 35(poco esatta) —C. nycticalus, LK. var. Peanii, RiccoB. amoso, con rami articolati, tortuosi, radicanti, verde-porpo- rascenti, attenuati all’apice, su cui trovasi un SE di setole cenerine ; 4-6 coste acute , spess ianate , Cc nno al O) una forma cilindrica o qua siasi west fisioi fra di loro da m. 1 a 2, provviste di breve tomento bianco e di 6, raramente 8, spine radiali, rigide, robuste alla base, da mill. 2 a 3, e da poche setole appena più lunghe, caduche, nonchè una spina cen- trale spesso mancante. Fiori inodori, grandissimi, col diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 25: tubo curvato alla base, squamoso, lanug- ginoso, solcato, lungo cm. 15; le squame sono agri lungo il tubo, verde-scure con apice roseo; sono più lunghe e più grandi in vi- cinanza delle lacinie esterne, provviste di lunga ae e di se- tole alla loro base; ovario tubercolato squamoso, lanugginoso e se- Lacinie in più serie, le esterne lunghe, linoasi, lanceolate, re- pistillo con stilo robusto, che oltrepassa gli stami in altezza; stimma a 15 brevi divisioni, lineari, giallo-zolfo. 252 Frutti non visti. Fiorisce di notte, ae: ATRIA: Haiti, Messic —var. ue Bequin SSERVAZIONI : ui dalla specie pei rami più robusti, pei fiori più grandi e per le lacinie interne pe largamente cu- neate. Sp. 7. Cereus saxicola, Morone. in Ann. New-York. Acad. VII, 121. — K. ScH. Mon. Cact. p. 137. Ramoso, con rami tenui, cilindrici, tortuosi, attenuati all’apice ed ivi provvisti di un ciuffetto di spine filiformi di colore roseo- scuro, con 8-9 coste umili e appiattite; areole distanti fra di loro m. 1, provviste di tomento scuro, caduco, e di 8 spine esili, ri- gide lunghe da mill. 3 a 5; le spine centrali sono solitarie e qualche volta in numero di 2 a 4, queste, in varie areole qua e là lungo i rami, si pe fino a cm. 2 ed anche a cm. 3: sono tutte ce- nerine, con punta scura. Rena imbutiformi con diam. del lembo a completo TE di cm. 10, tubo glabro, lungo cm. 9 solcato, curvo alla base, verde-roseo, squamoso: squame brevi, rotondate, con l’a- pice roseo-scuro, foliacee presso le lacinie esterne : ovario glabro, brevemente tubercolato, squamoso. Lacinie in due serie, le esterne lineari-lanceolate, acute, verdi passanti al rosso-porpora, le interne bianche, inflesse, con apice canaliculato, più o meno lineari e di varie lunghezze. Stami con filamenti bianchi oltrepassanti in altezza la fauce del lembo, con antere giallo-pallide ; pistillo con stilo bianco-ver- dastro; stimma con 12 divisioni lunghe, lineari, bianche. Frutti non visti. . Fiorisce di notte, Luglio. PATRIA :? —var. —anguiniformis, RiccoB. OSSERVAZIONI : Questa Pe, ione da lungo tempo. in ricerche abbia fatto, non ho potuto trovare alcuna sua descrizione, per cui la ritengo tuttora inedita. Però, confrontata col C. sacicola trovo che ne differisce solo per qualche lieve carattere, le n ro 253 te per il fiore più piccolo, con squame pure:più piccole, ed'in par- ticolar modo per il tomento cenerino delle areole. Per questo ri- engo che sia da considerarsi come varietà del C. saricola , con- servandole tuttavia il nome con cui era coltivata e diffusa Gen. 7° Stenocereus. Stenocereus, BERGER, evis. gen. Cereus. In Missour. Bot. Gard. Vol. XVI. 1905, p. 70 (pro subgenere). Sinonimi. Cereus, AUOTOR. CARATTERI. Fiori strettamente tubolosi da 4 a 5.cm., lunghi, rossicci o più spesso scuri: ovario con squame deltoidee, e con pochi peli setolosi o scarsa lana tubo con squame allungate, nude, appressate : lacinie piccole, spatulate e lanceolate, reflesse o incurve stami non esserti, numerosi, inseriti a metà del tubo, ove Dein un distinto Malo stilo non esserto : fusi globosi, da 3 a centm., n polpa rossiccia PATRIA re specie del Undici Sp. 1. Stenocereus stellatus, BERGER, l. c. p. 66. Sinonimi: Cereus stellatus, PFEIFF. Fusto cespitoso alto m. 2,50, colonnare, con apice rotondato, inclinato all’apice, rami anch’essi colonnari, verde-gaio nella nuova vegetazione , verde-oscuro quando sono adulti; coste da al gibbose, ottuse e crenate, con areole distanti fia di loro cm. 1, ‘provviste di tomento bianco, caduco e a 12 spine esili, e radiali, qualche volta divergenti, da mill. 5 a 10, spine i 3, lunghe cm. 1 172; le spine sono dapprima Diniicho e igie poi. Immediatamente sopra le areole una linea divergente e profonda divide le gibbosità delle coste. Infiorescenza apicale a fiori inodori, tubolosi, con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 3; tubo squamoso, setoloso, lungo em. 4, verdognolo presso la base; rosa-oscuro il resto, alquanto car- noso ; ovario squamoso, setoloso, squame piccole verdi, con apice rosso-oscuro, setole più numerose che nel tubo. inie brevi, reflesse, in due serie, spatolate, le esterne rosa- pallido, le interne rosa-oscuro ed incurve. mi con filamenti bianchi, che non oltrepassano o appena la fauce del perigonio , cov antere giallo-pallide ; pistillo con stilo, anch’esso bianco, che attraversando il n rt va ad inserirsi 254 in fondo alla nettaroconca; stimma con divisioni brevi, lineari, giallo- pallide Frutti non visti. Fiorisce di giorno e resta sbocciato circa tre giorni, Agosto- Settembre. PATRIA : Messico centrale. —var. Tenellianus, LEM. OSSERVAZIONI : Differisce dalla specie per le coste maggiormente convesse, per le gibbosità delle coste meno rilevanti e per le spine più robuste, lunghe e di colore cenerino. Gen. 8° Pilocereus. Pilocereus, LEMAIRE, Cuct. gen. 1838, p. 6.—LAB. Mon. Cact. — K. ScHum. Mon. Cact. 1898, p. 168. Esse ET PRANTH. Nat. Pflanz. Fam. III, 6 — a. 1895, p. 179.—BERGER, l. c. p. 69. CARATTERI: Infiorescenza apicale, con disposizione a corona o subunilaterale. Fiori campanulati, lucidi, di odore sgradevo- le; tubo brevissimo glabro, o con pochissime e brevi squame, rare volte con molte squame e setole; ovario glabro, quasi nudo, rare volte con molte e piccole squame : lacinie corte e poco espanse, reflesse: stami numerosi, non reclinati, formanti una camera net- tarifera piuttosto breve e larga : stilo per solito lungamente esserto, con brevi stimmi. Le globosi, nudi, sormontati dal perigonio e: e dis; PATR ; gole Lal America centrale e delle Antille. Sp. 1° Pilocereus euphorbioides, RumpL. Forst. Handl. ed. IL p. 658. Sinonimi: Cereus euphorbioides, Haw. eat p. 75.—LaB. Mon. Cact. p. 357.—K. ScH. Mon. Cact. Fusto alto m. 4, colonnare, con apice rotondato, inclinato al itato verde-pallido, con solchi stretti e profondi; coste da 8 a impresse, acute e crenate; areole distanti fra di loro em. 1, nu di molto tomento Lisio nella nuova vegetazione, il gni EMIR RE DOTE diviene grigio in seguito e da ultimo scompare, e con 6-8 spine esili e divergenti, senza ordine nell’areole e di varie lunghezze, la inferiore lunga fino a cm. 4, le superiori brevi e caduche in se- guito. Le spine dapprima sono rosso-cenerine con punta oscura, più in là sono tutte grigie. Infiorescenza subapicale. Fiori con odore poco gradevole, campa- nulati col diam. dellembo nel completo sbocciamento di em.. 6; tubo squamoso giallo-verdognolo, squame lunghe ed embriciate con solchi longitudinali in tutta la superficie, apice reflesso , ispessito, specialmente nelle superiori; ovario con' brevi squame anch'esse sol- cate e con poche setole alle loro ascelle. Lacinie brevi, in due serie, reflesse, le interne spatolate, fim- briato-incise, rosee con margine pallido trasparente; le Sage o- bovate, con sp rotondato, rosa-oscuro e margine pa tami con filamenti bianchi, antere giallo-pallido, Do più alti della fauce de ) perigonio ; pistillo esserto, con stilo bianco e disco nettarifero alla base dello stilo, breve e poco ispessito, pe lognolo, stimma capitato con brevissime lacinie lineari, giallo- pallide. Bacca ovata, squamosa, setolosa , coronata dal perigonio av- vizito e persistente; le squame sono saldate per intero, all’ apice portano da 1 a 6 setole capillari; diam. del frutto cm. 3 172, sol- mi neri. e di notte, i fiori si avvizziscono dopo parecchie ore del giorno RA Agosto-Settembre. TRIA : America tropicale; Messico. Sp. 2° pena exerens, K. ScH. Nat. pe II. 6.-a p. 181, ScH. Mon. Cact. p. 184, fig. 39. — BERGER, l. c. p. ag Sinonimi: Cereus tilophorus, PreIrF. in Allg.Gz. III. p.380, (1835), En. 100. Fusto colonnare, alto cm. 80, alquanto robusto, rotondato al- l’apice con 7 coste ottuse, crenate ; areole distanti di loro cm. 1 172, provviste di breve lana oscura e di 6 a 8 spine radiali robuste e di varie lunghezze, da mill. 3 a 5, spina centrale soli- taria lunga cm. 2 12 circa; le spine sono tutte cenerine, nella nuo- va vegetazione giallo-oscure. Fiori con odore poco gradevole, campanulati, con diam. del lembo nel it sbocciamento di cm. 5; tubo lievemente solcato, carnoso, breve, glabro, verde-pallido, con pochissime e brevi squame, le q ali aumentano di numero e sono foliacee ed acute in vicinanza delle lacinie esterne; ovario glabro con rare squame. acinie brevi in due serie, spatolate, reflesse ; le esterne bianco- verdognole, le interne tutte bianche. S mi con filamenti bianchi e con antere giallo-pallide, che non oltrepassano la fauce del perianzio; pistillo esserto, con stilo bianco- verdognolo, disco nettarifero bianco, ispessito attorno alla base dello stilo, stimma giallo-pallido con divisioni lineari e brevi. Frutti non visti. Fiorisce di notte, Agosto-Settembre. PATRIA: Messico e Brasile. . 3° Pilocereus Hermentianus, Lem. ET Cous. in IMustr. hort. XIII, fig. 469.— Scu. K. Mon. cact. p. 186, — BERGER, Ir en. Fusto tenue, colonnare, alto m. 1.50, cilindrico e ramoso, con apice rotondato, coperto da un ciuffetto di lana bianca e. con 16 a 18 coste umili, ottuse, crenate; areole distanti fra di loro-mill. 8, provviste di brewe lanuggine cenerina più oscura nelle areole a- iori con odore poco gradevole, cnmpamlat con diam. del poco gr lembo nel completo sbocciamento di ; tubo breve, glabro ri- stretto alla base, inflato in vicinanza sli carnoso, verde-pal- lido, con piecole:e rare squame verso la base, le quali sono foliacee presso le lacinie esterne; ovario levigato e glabro. Lacinie brevi, ottusiuscole, reflesse, in due serie; le esterne verdi al centro roseo-pallido marginate, le interne maggiormente rosee e più strette. Stami con filamenti bianchi e antere giallo-pallide, che non ol- trepassano la fauce.del.perigonio, pistillo .esserto. con. stilo bianco; disco. nettarifero ispessito’ attorno alla base dello stilo, nettario ; formato dalla base degli stami; stimma:con divisioni li- neari brevi e bianche. Bacca subsferica, verde-pallido, del diam. di cm. 8;; il peri- gonio avvizzito ai alla sua sommità fino a aio tant com- bianco Plota ; mesocarpio e molti semi neri. Fiorisce di notte e resta aperto fino alle ore meridiane del giorno successivo, Agosto-Settembre. PATRIA Sp. 4° Pilocereus TOA LEM. in Revue hort. 1862, p. 428, fig. 38-41 — Mon. Cact. p. 182. Li Tinta, Cact. p. 64-65, fig; È n _ iù E PRANTL; Pflanz. III. 6a p. 180, fig. 59. Sinonimi: Pilocereus leucocephalus, Pos. in AUg. Gz. XXI, p. 126. Fusto colonnare, ramoso, rami divaricati, glanco-pruinosi nella nuova vegetazione, con 7-8 coste compresse e crenate; areole di- stanti fra di loro cm. 1 circa, provviste di lunga lana bianca af- fascellata, che avvolge il fiore nel boccio, e di 8 a 10 spine esili divergenti lunghe da mill. 5 a 10; spine centrali 1 qualche volta 2, lunghe cm. 2 circa; le spine nella nuova vegetazione sono tutte iori odore poco peer “a con diam. del lembo nel completo sane di cm. 6; tubo glabro e breve, carnoso, verde , tendente al rosso- van con qualche brevissima squama, verso le lacinie esterne le squame sono foliacee, legger- mente acute, rosso-oscuro; ovario glabro e carnoso, avvolto di lunga lana proveniente dalle areole. Lacinie spatolate, brevi e reflesse, biseriate, colorate in rosa pallidissimo. Stami con filamenti bianchi saldati lungo il i rimanendo brevemente liberi presso Sit pistillo esserto con stilo bianco; stimma capitato giallo-pallido con brevissime divisioni lineari; disco nettarifero rosso, ispessito du la base dello stilo; nettarostegio anch’esso ispessito, formato dalla base degli stami. Frutti non visti Fiorisce di notte, Soliera PATRIA : Messico Sp. Pilocereus strietus, Ri a First. Handb. ed. IL 687. K. ScH. Mon. Cact. p. 1 Sinonimi: Pilocereus Haworthii, Cons. in LEM. Rev. hort. 862, p. 428. — C. strictus, DC. Prodr. II, p. 465. — Las. Mon. Cact. p. 349. Fusto ramoso, colonnare, con apice acuto provvisto da un ciuf- fetto di setole e di peli lanosi e con 8 coste ottuse a solchi poco profondi; areole distanti fra di loro cm. 1, provviste di tomento cenerino nella parte inferiore del fusto, bianco nella nuova vege- tazione; nonchè di 9 spine esili di varie lunghezze da mill. 5 a 10, spine centrali 2 a 4 lunghe cm. 1 172, cenerine nelle areole adulte e giallo-oro nella nuova vegetazione. Alcune areole lungo il fusto sono provviste di lana lunga e grigia. Fiori con odore poco gradevole, campanulati, con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 3; tubo breve, carnoso, verde-rubescente, con rare e piccole squame verso la base, foliacee e rotondate in vicinanza delle lacinie esterne ; ovario glabro con brevi e ZA: squame. acinie brevi, in due serie reflesse, le esterne spatolate, verde- dt le interne lanceolate, roseo-pallido. tami con filamenti bianchi e con antere giallo pallide, che non di la fauce del perigonio ; pistillo esserto con stilo verde- roseo presso l’apice e bianco il rimanente; disco nettarifero rosso ispessito attorno alla base dello stilo; stimma con divisioni brevi lineari Bacca globosa, leggermente depressa, glabra, del diam. di cm.3, rosso-oscura, con stilo avvizzito persistente fino a maturità avan- zata; polpa granulosa color magenta e molti semi neri. Fiorisce di notte, mantenendosi aperto anche il mattino se- guente, Settembre-Ottobre PATRIA: Coste del Sud America. Gen. 9. Oreocereus, Oreocereus, BeRrG. 1. c. p. 64. Sinonimi: Pilocereus, LEM. in Rev. hort. 1862 p. 428.— Clei- stocactus, WEB. in ROLAND-GOSsELIN, Les Cleistocactus, 1904, pe 16: CaraTTERI: Fiori con tubo molto largo, lungo da 5 a 6 cm., carnoso, squamoso e lanugginoso, compresso alla base, quasi diritto e rotondato verso l’apice ; lacinie brevi, reflesse, spatolate, legger- mente espanse, di colore rosa-pallido; ovario compresso, coperto di brevi squame, acute, embriciate, con lunghi peli lanosi alla loro a- scella; stami numerosi, inseriti lungo il tubo ed al fondo di esso, apuagimati o più lunghi delle lacinie; stilo molto esserto, con circa 8 corti stimmi; frutto globoso leggermente piriforme, squamoso e i - PATRIA : Bolivia. ERO REA ZOSTE: 0 fa vo. 259 Sp. 1° Oreocerens Celsianus, Bere. 1. c. p. 64. Sinonimi: sca Celsianus, Lem. l.c. p.428.— Cleistocactus Celsianus, WEB. p. 16. Fusto colonnare, lanugginoso, alto m. 2, robusto, verde-glauco con apice rotondato coperto di lunga lana bianca, con 16 coste crenate ed ottuse; areole infossate, distanti fra di loro cm. 5, sopra cui trovasi una linea divergente molto profonda, che fa notare le grandi gibbosità delle coste; le areole sono provviste di lunga lana la quale gradatamente diminuisce nella parte inferiore del fusto, nonchè di 8-9 spine, radiali, rigide, subulate, nodose alla base. e le spine centrali variano da 1 a 8 più robuste, lunghe cm. 2 1 2, sono tutte di colore bruno, leggermente pialibgatle quelle della nuova vegetazione. Fiori inodori obliquamente labiati ; tubulosi con diam. del lembo nel completo sbocciamento di cm. 3; tubo lungo cm. 6, car- noso, squamoso, lanugginoso, compresso alla base e rotondato verso l’apice, di colore fragola-schiacciata; le squame lungo il tubo sono embriciate con apice libero, aid: acute, più allungate presso le lacinie esterne; ovario lanugginoso, verde alla base , compresso, con brevi squame anch’esse embriciate e libere alla sommità Lacinie brevi, reflesse, in due serie, spatolate, di colore rosa- pallido più carico verso l’apice. Stami esserti, con filamenti bianco-sporco inferiormente e di colore chermesino verso l’apice; pistillo lungamente esserto con stilo bianco-verdastro e chermesino nella metà superiore ; disco nettari- fero verde ispessito attorno la base dello stilo , nettarostegio rosso anch’esso ispessito ; stimma verde con 10 divisioni brevi lineari. acca sferica, leggermente piriforme, del diam. di cm. 5, solcata, ombelicata, rea squamosa, lanugginosa, con polpa granulosa e molti semi n Fiorisce dig giorno, ed i fiori restano sbocciati circa 48 ore, Set- tembre-Ottobre. PATRIA : Ande della Bolivia. OssERvazIONI : Il Pilocereus Celsianus fa da WEBER, come rilevasi da RoLAND-GOSSELIN ascritto al genere Cleistocactus. Però ne differisce assai per il tubo largo, quasi diritto, un poco com- mente esserto. Per questi caratteri ho creduto meglio seguire la clas- sificazione del BERGER, il quale ne fa un genere a parte. —var. lanuginosior, SALM. DycH. Sinonimi: Pilocereus fossulatus, LAB. in Rev. hort. IV. ser. IV. p. 25, (1855 OssERVAZIONI : Differisce dalla specie per le spine più robuste giallo-oro, e per la lana più copiosa sopra l’apice del fusto. Gen. 10. Aporocactus. Aporocactus, Lem. in IMWustr. Hort. XII. 1860, p. 67.—BERGER, L 0 pi82. Sinonimi: Cereus, AUOTOR. puo 1: Fiori piccoli, brillantemente rossi; ovario globoso, densamente coperto di squame deltoidee e di lunghi e bianchi peli e setole; tu ho sottile, leggermente inclinato sopra all’ovario; laci- nie lineari , spatolate e patenti, zigomorficamente disposte, alcune rialzate ed altre reclinate, in modo da formare duelabbra; filamenti inseriti presso la base del tubo, esserti ; stilo piuttosto ini con . 5 a 7 stimmi rossi. Frutto globoso, piccolo, rossiccio, squamoso e setoloso ; polpa verde-giallastra; semi non tanto numerosi , rosso- bruni, obovati. PATRIA : Messico. Sp. 1° 3a Se Lem. in Illustr. Hort.VII. 1860 — BERGER l. Sinonimi: Cereus flagelliformis, MiLr. Dict. ed.VIII, n. 12 (1768).—K. ScH. Mon. Cact.p.142.—LaB. Mon. Cact. p. 383. — Cactus flagelliformis, Linn.; DC. PI. Cras.fig. 40—CuRT. Bot. Mag. fig Ramoso, con rami scandenti, tenui, cilindrici, attenuati all’a- pice, formetonii da un ciuffetto di setole roseo-porpora; coste da 8 a 12, umili, formate da una serie di piccoli tubercoli ; areole molto ravvicinate fra di loro, provviste di poco e breve tomento scuro e di 8-10 spine radiali, setacee, aurate, con 3-4 spine centrali appena più lunghe. Fiori inodori, irregolari, imbutiformi con diam. del lembo a 261 completo sbocciamento di cm, 8; tubo squamoso, lanugginoso, seto- loso, lungo cm.5, gracile, solcato, rosso-scuro; le squame sono piccole rosso-scuro e s’ingrandiscono presso le lacinie esterne; ovario squa- moso, lanugginoso e setoloso Lacinie spatolate, rosso-purporescenti, revolute, le superiori diritte, le inferiori reflesse con mucrone molle. tami esserti, con filamenti rosa-pallidi e con antere giallo-zolfo; pistillo di -. pra degli stami, con stilo rosa-pallido, e stimma con 5 divisioni brevi e lineari, rosse. utti non Vis a di sg Maggio-Luglio. PATRIA : Mess Gen. 11. Borzicactus. Borzicactus, RiccoB., nov. gen. (1). CARATTERI: Fiori con tubo lungo da cm. 4 a 5, leggermento zigomorfi ; tubo squamoso, lanugginoso, con orificio largo: lacinie brevi lanceolate, reflesse, ad espansione leggermente labiata, di co- lore rosso-scarlatto tendente al viola; ovario con piccole squame verde pallido, portanti alla loro ascella lunga e copiosa lana: stami esserti rosso-pallido verso l’apice, con antere violacee ; pistillo es- serto, più alto degli stami, con 8-10 stimmi casto Bacca pic- cola, globosa , con piccole squame e lunga lana alla loro ascella ; polpa bianca e numerosi semi neri (2). TRIA : (1) Volendo dedicare questo bel genere di Cattea al Prof. A. Borzì, Direttore di questo R. Orto Botanico, a cui si deve l’introduzione fra noi di tante rare Cattee, era mio desiderio di Signa marle Borzia. Ma siccome esiste già un genere Borzia, mi avvalgo dell'Art. 24 delle regole della nomenclatura botanica, racom. DS d., in cui é detto che i nomi di persona possono essere accompagnati da un prefisso o da un suffisso. Esistono già esempii dinomi così formati,come i generi Ba- keropteris, Englerodaphne > Pag Lerophaeni, Otiverodora,Philippimalva ed altri; anche recentemente BrItToN e Rose costituirono, per le stesse Cattee, ir eberoce Be quindi può ritenersi conservabile duale il nome di Borzicactus ché ora. propongo. 2) Borzicactus, Ricco8. nov. gen. Flores tubo elongato , fauce ampla laeviter obliqua, laciniis petaloideis solito ovario parce squamoso, axillis suna 1° lanatis : staminibus exsertis, sa gi 8-10 - radiato. Bacca parva, sphaerica, parce squamosa, l 162 Sp. 1. Borzieactus Ventimigliae, RiccoB. nov, spec. Fusto tenue, semplice, colonnare, alto m. 1.50, verde-oscuro, con apice leggernente attenuato; solchi poco profvdi; sinuosi, con 8-9 coste crenate, ottuse nella nuova vegetazione, in seguito le co- ste si appiattiscono leggermente. Sulle coste nello spazio che re- sta fra una crenatura all’ altra sono ben distinte varie linee che formano un esagono , nel cui centro si trovano le areole, che di- stano fra di loro cm. 2, provviste di breve tomento bianco , il quale scomparisce in seguito , e di 8 a 10 spine esili, poco pun- genti, fascicolate, divergenti, lunghe da mill. 5 a 10, una centrale anch'essa esile, lunga cm. 2; nella nuova vegetazione le spine sono rosso-oscure con base giallognola, nello stato adulto sono tutte ce- nerine. Sopra le areole trovasi una linea ben pronunziata a forma di V, la io fa notare chiaramente le crenature. i tubolosi con odore poco gradevole, Seppi zigomorfi col o del lembo nel completo sbocciamento di cm. 3; tubo lungo cm.4, rosso-scarlatto, squamoso, lanugginoso, squame appres- sate al tubo che si allungano a misura che si allontanano dall’ o vario, munite alla loro base di poca lana lunga, bianco-oscura; o- vario con piccole squame verde-pallido, avvolte da lunga e copiosa lana bianco-oscura. Lacinie brevi in due serie, leggermente labiate, le esterne lan- ceolate, reflesse, rosso-scarlatto, le interne cuneate, nella metà in- feriore rosso-pallide, nel rimanente rosso-carico tendente al viola. Stami esserti bianchi fino a due terzi della loro lunghezza, nel rimanente rosso-pallidi, con antere violacee; pistillo esserto più alto degli stami, con stimma a 10 divisioni radiali, brevi e verdognole. Bacca sferica del diam. di cm. 2, squamosa, squame brevi provviste alla base di lunga lana a -oscura; polpa bianca e nu- merosi semi neri (1). isce di giorno ed i fiori rimangono sbocciati circa 48 ore, Luglio eten RIA : Quito. ) Borzicactus Ventimigliae, RiccoB. nov. sp. =. tenui, sim- Sa 89 angulato, angulis simuosis, areolis a linea fere hexagonali ‘in nelusis, junioribus tomentosis, dein corista petto 8-10 fa- latis, divergentibus. Floribus laciniis exterioribus lanceolatis, reftexis aiiacina: cuneatis, rubro-violaceis, OssERVAZIONI : Ho voluto dedicare questa bellissima e nuova specie all’Ill.mo Gost: LUIGI VENTIMIGLIA che, oltre ad avere pub- licato una monografia sulle cattee, ha trascorsa la sua vita nel raccogliere nuove specie onde arricchire sempre più la sua nume- rosa cai che coltiva con la massima passione ed arte nel tempo stess Il a trovasi in questo R. Orto Botanico da circa 17 anni, col nome di Cereus (spec. di Quito) proveniente dallo Sta- bilimento dei Sig. DAMMANN e Venendo in fiore quest'anno, ho potuto osservare che non ap- partiene al Genere Cereus, differendone per diversi caratteri, come si può rilevare dalla sopra riportata descrizione, e che non è è nep- pure ascrivibile ad altri generi già conosciuti. a principio supposi che fosse un Cleistocactus, e conoscendo che. esisteva un lavoro del WEBER, pubblicato da RoLAND-GOSsE- LIN, sopra tale genere, mi rivolsi a quest’ ultimo per chiedergli diclicna. Egli uiitilaiote mi forni, oltre della pubblicazione suddetta, molte preziose informazioni in proposito. Riscontrate al- lora tutte le specie descritte dal WEBER mi convinsi maggiormente che non corrispondeva con alcuna, confermandomi nel pensiero che si trattasse realmente di una specie nuova. Volli anche inviare un fiore ed un ramo al RoLawD per aver- ne il suo autorevole parere: egli allora manifestò il dubbio che po- tesse appartenere al Cleistocactus sepium od al CI. Roezlii, Specie che dicesi abbastanza variabile. Però dal confronto delle descrizio- ctus flagelliformis : ora quelli di quest’ultima specie sono con tubo piuttosto breve e lacinie assai lunghe, mentre qualit della nostra specie sono più piccoli, con tubo più lungo e lacinie più brevi. Perciò, messe a confronto queste differenze, ritengo si tratti realmente di specie distinta. Da questo però risulta che al genere Cleistocactus furono ascritte anche specie. con fiori Der parta a tubo più largo e quasi diritto, ed a lacinie espanse, flesse. Questi caratteri appunto, riscontrati nella sai specie, mi indussero a fondare il genere Borzicactus, non potendosi includere le specie che li presentano nel vero genere CHleistocactus, quale tu costituito dal LEMAIRE: ma, appunto per questo, ritengo si dovranno 264 togliere dal gen. Cleistocactus anche il CI. sepium ed il CI. Roe- zlii ed includerli nel genere Borzicactus. In quanto poi al Cleistocactus Celsianus di WEBER ossia Pi- locereus Celsianus di LEMAIRE, differisce tanto dai veri Cleistocactus quanto dal genere Borzicactus, per cui resta giustificato conservarlo di stinto nel genere Oreocereus, proposto dal BERGER, come dissi in precedenza. i Gen. 12. Cleistocactus. Cleistocaetus, Lem. in IWustr. Hort, VIII. 1861. p. 35. Sinonimi: Cereus, AUCT. CARATTERI: Fiori strettamente tubulosi, curvati ad %, con fauce obliquamente zigomorfa ; ovario globoso o subgloboso ; tubo coperto di numerose squame, piccole ed appressate, lanose alla loro ascella; lacinie Di lanceolate, appena espanse; filamenti inseriti sotto alla metà del tubo, esserti in alto ed aggruppati contro il labbro superiore; stilo poco più lungo degli stami. Bacca globosa o lobosa, piccola, rossa, con squame brevissime e poca lana, ds ta dagli ultimi resti del fiore ; polpa bianca, semi piccoli e neri punteggiati. PATRIA : Diverse cn dell'America meridionale, cioè della Bolivia e dell’Equato Sp. 1.° Cleistocaetus areolatus. Sinonimi: (Cereus areolatus, MuRLENPr. Cat. Hort. 1860— ScHum. Cact. p. 0. Fusto tenue, ramoso in basso, con apice attenuato, terminato da un ciuffetto di spine setolose, giallo-oscure , con 14 coste ben distinte, eg da solchi poco profondi, areole distanti tra loro da mill. 5 ad 8, sopra ciascuna di esse si hanno due solchi, obli- quamente divergenti, in modo che le coste appariscono come areo- late, le areole sono provviste di breve tomento giallo-bruno il quale sparisce in seguito, nonchè da 5 a 10 spine esili e radiali, lunghe da mill. 3 a 6, una centrale cm. 2, tutte giallo-oscuro. Fiori tubolosi, inodori, zigomorfi, con tubo tomentoso e pic-' colissime squame di colore magenta. A partire dalla base il tubo va gradatamente assottigliandosi, rimanendo all’apice un piccolo o- 265 rificio, labiato; ‘ovario tomentoso , con piccolissime squame avvici- te fra loro, con disposizione a spirale Lacinie brevissime, diritte e lanceolate, le inferiori leggermente recurvate, di colore magenta-oscuro. Stami con filamenti rosei, leggermente esserti, con antere gial- lo-bruno; pistillo esserto, poco più alto degli stami, con stilo gial- lognolo; stimma con 8 brevi divisioni lineari e verdi. Bacca sferica del diam. di cm. 1, tomentosa coperta di pic- colissime squame di colore magenta ; polpa bianca e molti piccoli semi neri. Fiorisce di giorno, eifiori restano sbocciati per circa 48 ore, Agosto-Settembre. Sud-America OssERVAZIONI: Il Cleistocactus areolatus per quanto mi risulta da pochi anni fiorisce in questo R. Orto Botanico, e son lieto perciò portare per primo una descrizione completa e di avere riconosciuto che è ascrivibile al genere Cleistocactus, giacchè i diversi autori, ignorandone i caratteri del fiore, classificarono la pianta sopra de- scritta come vero Cereus, basandosi certamente solo sui caratteri del fusto, come spesso accade quando non fu veduta la fioritura. cd questa causa mi sono deciso a non descrivere Cattee senza ve- erne i fiori su piante viventi, giacchè anche in erbario non riesce meno difficile il compito a determinare una specie con fiori dis- seccati. Sp. 2. Cleistoeaetus Baumanni, Lem. Dl. Hort. VIII. p. 35. — BERGER, l. c. p. 82 Sinonimi: Cereus Baumanni, Lem. Ill. hort. 1844. p. 126 et 315. — K. ScH. op. cit. p. 133.—LAB. op. c. p. 379. Fusto ramoso in basso, tenue, alto m. 2,50, terminato con a- pice appuntito e con un ciuffetto di spine stila giallognole, con 12 a 14 coste umili ed ottuse; nei i ndari e nella nuova vegetazione, le coste sono più avvicinate con spine setolose, areole con varie distanze fra di loro, da mill. 5 a cm. 1‘|,, nda se sono in vegetazione nuova 0 invecchiata, provviste di tomento grigio e da 16 a 20 spine radiali giallognole, più tardi grigie, esili e lun- ghe da mill. 3 a 8, spine centrali da 1 a 3 subulate, lunghe cm. circa. Fiori tubulosi, inodori, zigomorfi, con tubo lungo cm. 5 la- nugginoso, setoloso econ brevissime squame rosso-scarlatto: ovario con brevissime squame, coperto di Sn bianca co; n Zi "0 di Lacinie brevi, labiate, le esterne lanceolate, le interne spato- late, tutte di un rosso-viv Stami esserti con sint rosso - pallido in basso, rosso-vivo in alto e con antere rosee tendenti al lilla; pistillo esserto più alto degli stami, = stilo pt stimma con brevi divisioni li- neari verdastr Bacca sha, lanugginosa con brevissime squame, rosso-bruno, attenuata verso l’apice, del diam. di cm. 1, con polpa bianca e molti semi piccolissimi punteggiati neri. Fiorisce di giorno , e i fiori restano sbocciati tre giorni circa, Luglio-Settembre. PATRIA : arr Urugay, Paraguay. —var. COSI Sinonimi: Cereus É Lem. var. sn. Re /SCA. op. c. pag. 133.—C. colubrinus, OTTO în Hort. Berol. 1842. OssERVAZIONI: Differisce dalla specie per le spine più robuste lunghe di colore rosso-oscuro, nonchè per le bacche allungate e più grosse. —var. favispina. Sinonimi: Cereus SIIOA, Lem.var. favispina S.D. in Scn. op. c. p. 133. OSSERVAZIONI : Differisce dalla specie per le spine gialle più robuste, per le coste più cate È) rotondate. N Riccorono real Plantae erythraeae a L. Senni annis 1905-07 lectae. Recognoverunt D. Lanza et G. E. Mattei. (Continuazione; vedi fasc. prec. p. 73) 234. Bidens quadriseta HocHsr. ex OLIv. et Hrerx in OLIV. II, 393. CHIOVENDA in PirRoTTA 186.—B. abyssinica Sérgioz « Rep. VI, 167 Rica. I, dgr var. quadriseta scan ScHWNF. Beitr. 142. — B. pilosa L. Sp. 832 var. quadriseta (HocHsT.) ExGLER 437. Exicc. ScHmmp. pl. t. Agow. 2181 et 2324.— var. slabrata (VATKE in Lin- naea XXXIX (1875), 500 pro var.B. abyssinicae SCHULTZ, Hamasen: Ghinda. 15, I, 1906. fl. et fr. (n.368). Nom. vulg.: ghelghele - meschel.—Culta etiam in horto bot. panormi- tano, e seminibus a SENNI lectis. A specie longe differt glabritie, anthodiis duplo minoribus, bracteis brevioribus minime lanatis, achaeniis gracilioribus.In herb. horti bot. panorm. specimen observavi a ScHIMPERO lec- tum, sine nomine nec unt quod omnino cum nostris convenit. 235. Galinsoga parvifora Cav. stà II, 4 Hamasen : Ghinda. 29, XII, 1905. fl. % 369). Galla etiam in Horto bot. panorm. e seminibus a SENNI — i clear in Africa tropica lecta. Certissime advena. ue 268 236. Flaveria repatida Lac. Gen. sp. nov. 33. A. Gray Syn. FI. of North Amer. I, 354. Hamasen: Sabarguma. III, 1906. fl. et fr. (n. 370). — Secus flumen Barresa III, 1906. fl. et fr. (n. 371). Species mexicana, nunc per orbem saepissime advena, sed in A- frica tropica nondum inventa. Cl. THONNER (in Die Blii- tenpflanzen Afrikas, 1908, p. 617) eam ex Aegypto tan- tum includit. 204, gra abyssinica I. Gav in-SoHwxr. Beitr. 142. CHIo- Da in PrrorTA 186.—A. Cotula RicxH. I, 418. Var- KE in Linnaea XXXIX (1875), 501. OLIv. di HiERN in OLiv. INI, 396. ExGLER 437, non L. Sp. Dembesàn : Az-Teclesan. 31, VIII, 1906. fl. > * (n. 372). Ab A. Cotula L. plane recedit receptaculo omnino paleato, a- chaeniis acutis costatis, nec tuberculatis , fere duplo majoribus 238. Anthemis tigrensis I. Gay ex RicH. I, 418. — A. abyssi- nica I. Gav var. sf CHioveNnDA ‘in PIROTTA 187. — Exicc. ScHimp. III, Hamasen: Adi-Nefàs. X, 1906. 3 et ta; (n. 373). 239. Gynura erepidioides e in Hook. Niger FI. 438. VaT- KE in mu naea XXXIX (1875), 502. OLIv. et HIERN in OLiv..III, 403. agi 36. ENnGLER 438. CHIOVENDA in mene 187.— Senecio crepidioides AscHERS. in SCHWNF. Beitr. 155. — S. diversifolius RicH. I, +5 non Dv- MORT. nec WALL. — Exic CHIMP. Hamasen: Sabarguma. III, 1906. fl. et fe (a. 374). 240. Cineraria Schimperi ScHuLTz ex BENTH. et Hook. Gen. pl VATKE in Linnaea XXXIX (1875), 508. OLIv. et pe in OLtv. IMI, 404. ENGLER 489. Cipmeda i in PirortA 188.—Senecio lyrati-partitus ScHuLTZ ex RICH. : 439. ScHwNF. Beitr. 156. PeNzIG 37.—Exicc. SCHIMP. ed. Hohenack. 1843. Hamasen: Ghinda. 29, XII, 1905. fl. et fr. (n. 375). Nom. vul. : ghelghelle - mesichal. — Inter Uochi et montem Savur. 24, III, 1906. nondum florens (n. 376). Nom. vulg.: ghelmessichè. — Asmara, 26, IX, 1906. fl. et fr. (a. 877). 24. Senecio abyssinicus ScnuLTZ ex Rica. I, 438. Varke in Linnaea XXXIX (1875), 506. OLiv. et HIERN in OLIV. II, si MARTELLI 48. ENGLER 440. — Exicc. ScHIMP. II, 21 Bogos: de 25, VIII, 1906. fl. et fr. (n. 378). 242. I gigi ScHuLTZ ex ScHwNF. Beitr. 158 et 6 t Hrery in OLrv. III, 412. ENGLER 441. nà ui ig I, 438 et VaTKE in Linnaea XXXIX (1875), 505, non L. Sp. 867.---Exicc. ScatmP. III, 1873. Seraè : Zelliman super. (Adi - Barò). IX, 1906. fl. et fr. (n. 379).—Inter Adi Barò et Mai Albo. IX, 1906. fl. et fr. (n. 380). 243. dre osttliza ScHuLTZz ex RicH.I, 434 et tab.LVIII.OLIv. ERN in OLIv. III, 413. MARTELLI 48. — Exicc. SL TI, 161 Bogos: In angustiis east 27, VII, 1906. fl. (n. 381). 244. a varians ni I, 453. ScHwNF. Beitr. 143. VATKE n Lin XXXIX (1875), 512. OLIv. et HierN in Da TI, 436. ua 451.— Plectocephalus cyanoides Borss. Diagn. Ser. 2*, III, 62.-— Exicc. ScHIMP. ed. 22 Hohenack. 1981 ex parte. Hamasen: Asmara. 5, X, 1906. fl. (n. 382). 245. Sonchus asper HiL. Brit. herb. I, 47. ENGLER 456. CHTO- VENDA in PrroTTA 201. Hamasen: Asmara. 24, XII, 1905. fl. (n. 383). 246. Lactuca goraeensis (Lamk. Enc. III, 397 sub Soncho) ScHuLTZ i . III, 452. L. Petitiana RicH. I, 462. VatKkE in Linnaea XXXIX (1875), 515.— Microrhynchus octophyllus Hocgsrt.—Exice. ScHimp.' III, 1448. Bogos: Cheren. 23, VIH, 1906. Hl. (n. 334). A specimine SCHIMPERI nostra differunt quoad plantae gracilitate, foliis parce amplexicaulibus, optime runcinatis, saepe an- Sa in summo caule fere nullis, anthodiis mi- nori 247. Reichardia tingitana (Desr. FI. atl. IT, 220 sub Picridio) Abh. 33. ScHwwr. Beitr. 154. OLIv. et HIERN in OLIv. II, 455. MARTELLI 48. Penzig 37. ENGLER 55.—var. abyssinica (HocHst.) CHIOVENDA in PIROTTA 199; non var. abyssinica (HocHsT. ex si - VII, 18 atque Ricu. I, 466) AscHeRrs. in ScH loc. cit., c VATKE in Linnaea XXXIX (1875), "56. — Hxice. ScHImP. 2107. Hamasen: Asmara. 26, IX, 1906. fr. (n. 385). Reichardia arabica HocHust. e specimine ScHmmPERI (Un. itin. n. 838) a nostra praecipue differt quoad planta mul- ticaule, foliis latioribus, rotundioribus, minus spinulosis , nthodiis numerosioribus, paulo majoribus ete. 248. psp cari Rueppellii SCHULTZ in Flora XXV (1842), 440. HiERN in OLIv. III, 456. ExGLER 456. CaTo- VENDA in PrrorTA 200 sub Soncho. Hamasen: Asmara. 24, XII, 1905. fl. (n. 386). XLII. CAMPANULACEAE (recogn. Mattei). 249. iii glandulifera HocHsr. ex Ricn. II. 8 et tab. LXIV. HemsLEy in OLIv. II, * MARTELLI 49. ENGLER 409. DI CAPUA in PIROTTA Bogos : Cheren. VIII, 1906. Pa “a fr. (n. 387).— In angustiis Sciabab. 27, VII, 1906. fl. et fr. (n. 388). 250. denise paia (Rome. Nov. pl. sp. 140 sub Den- a) VATKE in Linnaea XXXVIII (1874), 699. ENGLER 408. Dr ia in Prrorta 236. — C. Schimperi Ho- cHsr. ex RicH. II, 2. — Ci hirsutum Epew. in Linn. Trans. XX, 81. HemsLEY in OLIv. III, 472.— Wahlen- bergia pera sagre —Exice. ScHimP. ed. 2% Ho- henack. 1852, n. Hamasen: Filfil. 26. no 1906. fl. et fr. (n. 389). 251 Wahlenbergia etbaica VATKE in Linnaea XXXVIII (1874), 700. HemsLEY in OLIV Hamasen: Ghinda. II, 1907. hi (n. 390). - 252. Campanula rigidipila SrEUD. et Hocnst. ex Ricw. II, 3. 271 HemsLEY in OLIv. III, 482. PENZIG. 38. ENGLER 410. Di CaPuA in Prrorta 285. — Fxice. SéHIMP, ed. 2.4 sf + 24, II, 1906. fl. et fr. (n. 391). —Addichè. 15, XI, 1906, fl. (n. 392). Specimina inaequalia, sed parva, manca, non amplius determinanda. XLIV. ERICACEAE (recogn. Lanza). 253. Erica arborea L. Sp. 353. Ricu. L}:12. Otiv.. LI, 483, Penzie 38. EnGLER 324. DI CAPUA in PIROTTA 201. E. acrophya FRESEN. in Flora 1838, p. 604, — Brio ScHImp. II, 668. Hamasen : Adi-Nefas, IX, 1907. fl. (n. 393). XLV. PLUMBAGINACEAE (recogn. Lanza). 254. Plumbago zeylanica L. Sp. 151. RicW. II, 204. OLIv. II, 486. ScHwxr. Beitr. 164. ExGLER 332. DI CAPUA in PirortA 203. Borss. Fl. Or. IV, 875. —P. auriculata CHST., fide RicH. — Exice. ScHIMP. ed. 22 Hohenack (1854), 1354. Dembesàn: Ela-Bared. X, 1907. fl. et fr. (n. 394). In exemplaribus nostris folia subtus leviter glaucescentia apparent. < XLVI. PRIMULACEAE (recogn. Lanza). ; 255. Anagallis arvensis L. Sp. 148. pr II, 16. OLIv. III, 490 Li ScHwnr. Beitr. 86. ExGLER 330.—Exice. ScHmmp. III, 1872.—var. eoerulea (LamK. pro Lay FI. or. IV, 6. PenziG 38. Di CAPUA in PrroTTA 203. Hamasen: Asmara. 2, X,; 1906. fl. et fr. sa 395).— Addichè. 15, XI, 1906. fl. et fr. (n. 346). XLVII. MYRSINACEAE (recogn. Lanza). 256. ria afrienttà L. Sp. 196. RicH. II, 19. BakER in i , 493. ScHwxr. Beitr. 86. MaRrTELLI 49. PEN- ZIO. Hamasen : Fil i In valle Maldi. DA HE 1906 o (n. 398). —Nom. y ge conii ca IX, 1907. fr. (n.399). Nom. e XLVII. SAPOTACEAE (recogn. Lanza). 257, Sideroxylon oxvacantha Barr. in Bull. Soc. Linn. Paris (1891) 948. EneLER Monogr. Afrik. Pflanzenfam. VIII, 28 et tab. VIII.—-S. saganeitense ScHWNF. in schedulis, teste ENGLER. Hamasen: Inter Adi - Nefas ct Dee Dorfu. IX, 1907. fl. et ir. 433.. Nom. vulg.: davesa XLIX. EBENACEAE (recogn. Lanza). 258. Euclea Kellan HocHusr. ex RicW. IT. 24 et tab. LXVI. HiERN in OLtv. III, 514. GuRKE in ENGLER PA, Ost. Afr. C. 305. Penzie 39. EneLER 332. Dr Capua in Pr- ROTTA 206.—Myrsine Kellau HocHst.—Kellaua Schim- peri DC. Pr. VIII, 290. — Exicc. ScHimp. II, 1078 et ed. Hohenack. 2076. _ Hamasen: Asmara. 2, X, 1906. fl. 7 (n. 401). Nom. vulg.: kellau. — In valle fluminis Maldi. 24, III, 1906. sine fl. nec fr. Nom. vulg.: Kellau (n. 400). 259. Diospyros Reginiereia HocHst. ex RicW. TI, 24. Higrx. . in OLIV. HI, 518. GurckE in EneLER Pf. Ost. Afr. €. 305. SCAWNF. “Beit. 85. MARTELLI 50. Penzio 39. DI Capua in PrroTTA 206. — Exicc. ScHimp. II, 655. Bogos: Inter Cheren et Ela-Bared. 24, VI, 1906. fl. Nom. rul.: aiè (n. 402) L. OLEACRAE (recogn. Lanza); 260. Jasminum bogosense Beccari in MARTELLI 51. Bogos: Angustia Sciabab. 27, VII, 1906. fl. (n. 403). 261. Jasminum mauritianum Boyer ex DC. Pr. VIII, 310. Ba- KER in DvyER IV, I, 10.— J. tettense KLOTZ. in Peters Mossamb. I, 284. MARTELLI 51. PENZIG. 39.—J. gratis- simum DerLETS Voy. Yemen 162 et ScHwNF. exicc. — J. abyssinicum var. gratissimum? Di Capua in Pi- | ROTTA 20%. Bogos: Cheren 25, I, 1906. fl. et fr. (n. 404). 262. Jasminum floribundum R. Br. in SaLt Voy. Abyss. App. 63. Ricw. II, 27. BAKER in Dver IV, I, 18. MARTELLI 52. ScHwNF. Beitr. 134. PeNZIG 39. ExGLER 384. DI CAPUA in Pirorta 207. — Exiec. ScHIMP. III, 1515. Hamasen: Asmara. 26, IX, 1906, fl. Nom. vulg.: abbi zel- lim. (n. 405). 263, — forma decipiens Di CAPUA in Prrorra 208, — J. offici- nale SCHWNF. exiec. non L. Dembesan : Ela-Bared. X, 1907. fl. (n. 406). 264. Olea mas ssa Hn.. 77. Rion. H; 27 BAKER in DyER IV, . GILG. in ENGLER Pf. Os. Afr. C. 308. fano i 184. MARTELLI 52. PENZIG 39. Ex- GLER 333. DI CAPUA in Pirorta 207. — Exice. ScHIMP. P II, 945. i SS Hamasen : Inter Adi- Nefas et puteos Dorfa. IX, 1907. fl. Di. (n. 407). LI. SALVADORACEAE (recogn. Lanza). 265. Salvadora persica L. Sp. 122. DC. Pr. XVII, 28. Baker in DvER IV, I, 23. ENGLER Pf. Ost. Afr. C. 310. ScHwxF. Beitr. 163. Penzic 39. TERRACCIANO in Ann. Istit. Bot. Roma V, 106. Di bla UA in PiroTTA 210. — Exicc ScHImP. pl. t. Agow. 2 Beni- Amer: Agordat, 13, ra 1907. fr. Nom. vulg.: adai. (m. 408). LII. APOCINACEAE (recogn. Lanza). 266. Carissa edulis Vant Symb. I, 22. Ricn. II, 30. Srapr in DyER IV, I, 89. ScHwxr. Beitr. 133 et 245. Penzio 39. EnGLER 340. Di Capua in PiROTTA 212. — Ardui- nia edulis SprENG. Syst. I, 669. K. ScHuM. in ENGLER Pf. Ost Afr. C. 315. — Exice. ScHimp. ed. II. Hohe- nack. (1852), 156. Hamasen: Asmara. 15, II, 1906. fr. Nom. vulg. : agam. (n. 409). — Filfil. 24, XI, 1906. fl. et fr. Nom. vulg.: agam. (n. 410). — In valle Maldi. VI 1906. fl. Nom. vulg.: agam. (n. 411). 267. Acokanthera Schimperi me.) ScHwxr. in Bull. ‘800. Ar 2° 274 Ital. X (1891) n. XI- x, 12. Sraprr in DvER IV, I, 93. EnaLER 340.— Carissa Schimperi DC. Pr. VIII. 675. RicH. II, 31 et tab LXVIII. ScHwNF. Beitr. 133. — Carissa abyssinica R. Br. in SALT. Voy. Abyss. App. 64. Di Capua in PirorTA 213.—Acokanthera abyssinica K. ScHum. in ENGLER. et PranTL Pflanzenfam. IV, ni 126 et fig. 49 B et C; et in ExGLER Pf. Ost. Afr. C. 315. Strychnos abyssinica HocH — Carissa pr ROSS HsT. in Flora XXVII (184), 08 — Exicc. SCHIMP. E, siii Filfil. 24, XI, 1906. fr. Nom. vulg.: mebte. (n. 412). LIIIL ASCLEPIADACEAE (recogn. Lanza). 268. Kanahia laniflora (Forsk.) R. Br. in Mem. Wern. Soc. N. E. Browx in DyER IV, I, 296.— Asclepias laniflora Forsk. Fl. aegypt.-arab. 51. VAHL Symb. I 23 et tab. VII. — KXanahia Delilei Decxe. in DC. Pr VII, 237. RicA. II, 34. K. ScHuw. in ExGLER Pfl, Ost. Afr. C. 323 etin Ann. Ist. Bot. Roma VII, 37. MARTELLI 54. PENZIG 40. ENGLER 842. DI sa in rie 214. Hamasen: In valle Maldi. VI, 1906. fl. 269. Pentatropis eynanchoides R. Br. in SALT.Voy. Abyss. App.64 N ROWN in DyER IV, I, 380 (qui specimen SALTI vidit et signo! refert) nec alior.—P. spiralis (FoRSsK. FI. aegypt.-arab. 49 sub Asclepiade) Decne. in DC. Pr. ; 536. VATKE in Linnaea XL (1876), 2183. K. ScHum. in ENnGLER et PrantL Pflanzenfam. IV, II, 258 et fig. 73, P-Q. PenziG 40. ExGLER 342. DI CAPUA in PIROTTA 216.—P. cordata Hocust. in schedula pl. abyss. ScHIMP. sine loco speciali nec n. Mensa: Flumen Ghirghir. 26. IV, 1906. fl. (n. 4 in ENGLER et Limnstani sirena IV Hi, 226. N..E, Browx in DyER IV, > Pa Litio viminale (L. Syst. veg. 257 sub Cynancho) R. di - BR. in Mem. Wem. Soc: I, 51. Ricw. HI, 34. ra vile ie e 275 Browx in DyER IV, I, 384. MartELLI 54. PeNzIo 40. ENGLER. 342. Di Capua in PIROTTA 216.—S. aphyllum HocHsT. Hamasen : Arbaroba. 4, X, 1906. fl. Nom. vulg: alegihibei. 415). 271. Marsdenia spissa S. Moore in Journ. Bot. 1901, p. 260. N. E. Brown in DyER IV, I, 420. — Pter ygocarpus d- byssinicus HocHsT. in Flora 1843, p. 78. Walp. Rep. IV, 491.—ZHoya africana DecxE. in DC. Pr. VIII, 639. RicH. II, 46. VATKE in Linnaea XL (1876), 217. — — Dregea africana MartELLI 55. PeNzio 40. — D. a- byssinica K. ScHum. in ENnGLER Pfl. Ost. Afr. C. 326 et in ENGLER et PranTL Pflanzenfam. IV, II, 293. Di CAPUA in PrROTTA 219. Exicc. ScHImp. II, 1366. Hamasen: Filfil. XII, 1906. A (416). 272. Caralluma retrospiciens (EHRENB. in Abhandl. Acad. Berl. 1831, p. 33 sub Desmidorchide) N. E. Brown in Gard. ine. XII (1892), 370 et in DveR IV, I, 480. — QC. respiciens K. ScHum. in ENGLER et PRANTL Pili fam. IV, II, 278. Di CAPUA in PrroTTA 218. — Bouce- rosia Rùsseliana CouRB. ex BroGN. in Bull. bot. France VII (1860), bag et in Ann. Sc. Nat. Sér. 4. XVII, 143 et tab. 7. ScHwnF. Beitr. 128. PENZIG 39. Beni-Amer: Agordat. i V. 1907. sine fl. nec fr. (n. 418). — Dorotai. 30, VII, 1906. fl. Nom. vulg.: jasemdir. (n. 417). LIV. LOGANIACEAE (recogn. Lanza). 273. Nuxia dentata R. Br. in SALT Voy. Abyss. App. 62. BENTH. in DC.Pr.X, 435. RrcW. II, 124. BAKER in DrER IV,I,513. ExeLER 335. PeNzIG 40. GiLe in ExGLER Pfl. Ost. Afr. C. 312. Dr CAPUA in PrroTTA 211.—Lachnopylis oppo- sitifolia Hocast. DC. Pr. IX, Exicc. ScHImP. II, 1714. age Bogos: Inter Cheren et Ela-Bared. 24, VI, 1906. fi. Nom. vulg.: meteré. (n. 419). i ; LV. BORAGINACEAE (recogn. Lanza). ra. Cordia abyssinica R. Br. in SaLr Voy. Abyss. App. 64. Rion. IL 80. Baker et WrieHr na gia 276 ScHwxrF. Beitr. 117. Penzio 41. ENGLER 8351. ARMARI in Prrorta 155.— Varronia abyssinica DC. Pr. IX, 469, —Exicce. ScHImP. III, 1935. Seraè: Zelliman super, (Adi-Barò). IX, 1906. fl. Nom. vulg.: auhi. (n. 420). 275. e Legno DC. Pr. IX, 480. Rica. II, 81. ScHWxF. ARMARI in Priora 155. —C. A si; —Cornus sanguinea ForsK. Fl. aegypt.-ara non L.—Exicc. ScHmmp. pl. abys.. 789. et pl. t. AE 2288. Beni- Amer : Agordat. 13, V, 1907. fr. (n. 421). Similis C. quercifoliae KLOTZScH in PETERS Reise Mossamb. 247 et tab. 43 et C. Rothii RoEm. et ScHUL- tab. 20. (C. senegalensis var. Pelida HocHsT. in SCHIMP, pI. t. Agow. 2180) connectunt. Formae omnes citatae stir- pem unicam latam constituunt , in qua C. subopposita et C. crenata formae dissitae bene distinctae, C. quer- cifolia et C'. Rothii formae intermediae. 276. Ehretia abyssinica R. Br. in SALT Voy. Abyss. App. 64. FRESEN. in Flora 1838, p. 608. DC. IX, 506. RioH. II, 82. BAKER et WrIGHT in Dyer IV, II, 23. ENGLER Hamasen: Zaulot, versus puteos Maha-bar. IX, 1907. 277. Heliotropium zeylanieum Lamx. Eneycl. III, 94. BAKER et WRIGHT in DvER IV, II, 81. GuRKE in ENGLER PA. Ost. Afr. C. 336. WienT Ic. tab. 892. ARMARI in PIROTTA 156. Forma angustifolia. — H. subulatum HocHST. ex VamKE in Linnaea XLIII, 316. MARTELLI 59.— Tourne- fortia subulata HocHst. ex DC. Pr. 5: , 83. ScHwnr. Beitr 117. — Exicc. ford isso et 1466. Bogos: Cheren. VIII, 1906. fl. et fr, (n. 423). 278. a cinerascens StEUD. ex DC. Pr. IX, 534. RicH. o BAKER et WrIGHT in Dyer IV, II, 39. Mar- - ; ; n. 425). Seraè: Zelliman super. (Adi- Barò). IX, 1906. fl. et fr. (n. 424). i 279. epidio tia HocWsr. ex DC. Pr. IX, 546.VaT- * n Linnaea an 317. Scuwxr. Beitr. 115. AR- o MARI in basa 157. — Exicc. ScHmp. pl. t.- Agow. 2326. Bogos: Cheren. VIII, 1906. fl. et fr. (n. 426). — agent gi ren et Ela-Bared. 29, VIII, 1906. fl. et fr. (n. 4 280. Heliotropium longiftorum Hocusr. et Sreup. BAKER et 7, II, 41. GURKE in ENGLER. Pfl. Ost. Afr. C. 337. ArMmARI in PrrottA 158. — Melio- phytum longiforum DCO. Pr. IX, 555. Hamasen: Ghinda, 15, I, 1906. fl. et fr. (n. 428). 281. gie ta aging VATKE ex ENGLER 353. BAKER et n DvyER IV, II, 52. — Echinospermum latifo- si ps ex Sa II, 89. ScHwxr. Beitr. 114. Penzie 41. — Exicc. ScHimp. ed. II Hohenack., 1447. Sambhar: Sabarguma. II, 1906. fl. et fr. (n. 429) 282. a CES segna da I, 556 sub Dioclea) ‘Pr. DX. 94: Ross. ‘0 13. BAKER et PRESO in DyER IV, II, 56. Sn Bale 114. PENZIG. 41. TERRACCIANO in Ann. Istit. bot. Roma V, 104, AR- MARI ‘in PIiROTTA 161. — Ti lutea ARMARI loc. ‘ cit. — Toxostigma luteum Ricu. II, 86. ScHwNF. LI, Bogos: ar Cheren et Ela - Bared. 29, VIII, 1906. fl. et 431). RAR. Asmara. 5, X, 1906. fl. et fr. (n. 480). 283. Anchusa affinis R. BR. in Sarto Voy. Abyss. App. 63. i nD 354. ed. II, Hohenack. ps 381. Demnbesaàn: Az-Teclesan. 31, VIII, 1906. A. et fn. (1. 432). Di LVI. CONVOLVULACEAE (recogn. Mattei). 284. sogpt oblonga BERNH. in Flora XXVII (1844), 880. var. mor WRIGHT in Dyer Fl. Cap. IV, II, 82 et FI tw Afr.IV, II, 66.—? F. iN ExGLER 344. PEN- ziG. 42. DI Cardia in PIROTTA Hamasen: Asmara. 24. XII. 1905. fl. ie 434). 285. fiore alsinoides L. Sp ed. 2. 892. CHoIsy in DC. P. DG SOHWNF. . 93. MARTELLI 61. Hrpust 46; FR in ENGLER si Ost. Afr. C. 328. DI CAPUA in PiroTTA 222. BAKER et RENDLE in ona EV Pb —.E. gni HocHst. ex RicH. II, 75. Hamasen: Ghinda. FC 26LE 190D.-H; “#g @ 436). Bogos: Cheren. vatt 1906. fl. et fr. (n. 435 286. Conveliulas agrestis (HocHsr. in BucHIne. Verz. n. 73 sub Ipomaea) HALLIER in EneL. Jahrb. XVIII, 101. Dr Ca- PUA in PiroTTA 229. BAKER et RENDLE in DyER IV, II, 95. — Evolvulus agrestis ScaHwNF. Beitr. 92. En- GLER 345. — Convolvulus siculus RicH. II, 73, non L. —'Ezxicc. ScHImP. 2378. Hamasen: Asmara. 26, IX, 1906. fl. et fr. (n. 439). —Ad- dichè. 15, XI, 1906. fl. et fr. (n. 438). — Adi-Nefàs. IX, 1907. fl. el fr. (n. 487). (Continua) ERRATUM Pag. 89. ZygophyIlum lege Tribulus __—T====eeeeeeeYerr/rvwvWrYrvWUaeWvmuvuernvaa= -=<=<=|7|{=—==Zz========—raxx——=—=-r.:iieoe::::::: <-> =<<<-*==*=*;=<*=-*-* *@—<—* Indice del Bollettino del R. Orto Botanico e Giar- dino Coloniale di Palermo. Anno VIII. 1909. AxnGELICO F.—Sui principii Di Atractylis gummifera . Borzi A. — Colture esperimentali di Cotoni del R. Giardino Botanico e Uglomiale di Soinby durante l’ anno » >» — DM a serata, R. Be. e sua importanza colturale » » — Intorno ad leo Jueoin rio dell genere Fur craea coltivate nel R. Orto Botanico di Pale De SrEFANI T. —— Il Chrysomphalus e var. pinna fera, MAsH. negli agrumeti sicilian Lanza D. e Macra EI G. E. — St SPERO a SA pa annis 1905-07 lec A » MarTEI G. E. — Acacie scesa) a spine mirmecodiat - » » » — Altre Acantacee a ne i es it , » » » >» — Altre Graminacee a nettarii f » » » » — Il Bambù dell’ Eritrea » Riccopono V. — Studii sulle Cattee del R. Orto Batalibo di Palermo » RoccHeTTI B. — Note custom sul Myoporehli perc, R. Br. Tropra C. — ria di stan Wii. L Han sa- Zoppa G. ue ti Lala 1 i o del 28 Dicembre "1908" ia vegetazione nei dintorni di Messin Pag. 124 CA] e e recentemente Sa nel Lo Orto Bota-. nico e pei Coloniale di Palerm . Pag. 40 - RASSEGNA DELLA STAMPA. iano ADERIRE, _ Altre notizie ul Ficus — Il Ficus elastica a Gia Stato ainzia della un del Cuditaficno di da Guayule. — Ancora sull’ anatomia del Guayule.— 1 Caoutchouc di pps ‘ostegia rd —Pavimenta- zioni in Caoutchouc. — L’ allu come coagulante . del Caoutchouc di Castilloa. ea coltura dell’ Agave | sisalana a Giava. — La coltura dell’Agave sisalana alle e pa — Il Balsamo di San Salvatore. — LA Zapupa in sostituzione dell’ Agave sisa- lana. — "bri di Cotone riprodotti per talee. — La virescenza nei fiori di Caffè. — Nuova pianta a Caoutehoue ; SSR p. 184, 207 0006:L 01998 DALE Ì i Ki c=% ' TI Degni } — 0006 / ) D[OOS Bi MOLLE ULAZA = 4 PCR Fi x 1111} "22 HI VA 9 sa_W//, 4, Y, va ‘4 8 la/i o : 417) RACC UE % DA VA 1, Mu: De /r Alf MESSINA Die] Fontana I F I-1av. 7. Palermo. Vol. VI li Ol, 7. R. Orto Bot. e Giard. Bo. Biserrula I Trifolium | polyst achyum Fresen. foli um ‘ig; mi * i contractum Hochst. ee ec. Fontana lit. F. Jasminum Tab. VII. PL. ERYTHR Sideroxylon da oxyacantha Baill. ii F. Fontana lit. dia io SR ALLO 7 dtt Tab. VIII. PL. ERYTHR. seta Loser et flos, calyce ablato ochidiata Blepharis rupicola £ng/. F. Fontana lit. Pubblicazioni del R. Istituto Botanico di Palermo : CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE Dirette dal Prof. A. Borzì. Comprendono lavori di particolare interesse scienti- ‘fico, specialmente relativi ad argomenti di Biologia e di Fisiologia vegetale. 4 Si pubblicano in tempi non determinati, a fascicoli in 8°, con tavole. Vol. I. (esaurito) » II. in 8° fase. I-IIl pp. 1-316. tav. I-XIX L. 28 ». Lib a +-.I[ikP-a--d:390, 0». IX[X = 30 i dt D'dre »-.Ill__+ 1286.» I-VILH- >-20 Per acquisti rivolgersi all’ Editore Antonino Trimarchi. Corso Vittorio Emanuele N. 375, Palermo. Bollettino del R. Orto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo. Sono in vendita le annate arretrate, I-VIII, al prezzo «di Lire 10 ognuna, escluso il fasc. 1-2 dell’anno II, esau- rito, di cui si curerà la ristampa. 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