DEL ORTO BOTANICO E GIARDINO COLOMIALE DI PALERMO WOLLETTIN DEL R. ORTO BOTANICO E GIARDINO. COLONIALE DI PALERMO “PALERMO - LureRIA EpIrRICE ANT. TanarcHi | Corso Vittorio Emanuele, 875. di Re SITE Dee BOLLETTINO DEL h, ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO ANNO X. Fascicolo 1, 2, 3. Pali nnaio - Settembre 1911. 3 eta Sg n === ==> tipi. mm a A = i a <= == —— — xe al ta a, da, > Saper “e “= “== cagna PAL LiBRrERIA EpITRICE ANT. TRIMARCHI Corso Vittorio n anal, 103] 1911 BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO Si occupa di tutte le questioni che più interessano la Bo- tanica agricola, specialmente siciliana, e la Botanica colo- niale, rendendo conto delle esperienze e colture istituite in questo R. Orto Botanico o nell’annesso Giardino Colo- niale. Pubblica pure relazioni scientifiche relative a piante qui coltivate od indigene, od illustranti collezioni del Museo annesso all'Istituto Botanico. Comprende ancora una spe- ciale rassegna della stampa coloniale agraria. Sovente particolari lavori vengono aggiunti come appendici se- parate dal testo. Si pubblica a fascicoli trimestrali, formanti annual- mente un volume di 200 a 300 pagine, con incisioni in- tercalate nel testo e tavole staccate. Non sì vendono fa- scicoli separati e gli abbonamenti sono annuali. Prezzo di abbonamento all'anno XI. 1912. In Italia î «i Miro.13 — ‘AU’ Eatero ..-._.-«. ‘a Per le domande di abbonamento rivolgersi all’ Editore Antonino Trimarchi , Corso Vittorio Emanuele, i Num. 5375, Palermo. SP sa n GENNAIO-SETTEMBRE 1911 «A BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO , . SOMMARIO : : 1. Il Giardino Coloniale di Palermo e la sua attività durante ; l’ultimo quadriennio 1907-1910 (A. BoRrzi) 5 ; pae: a Orobanche crenata, FORSKAL, e suoi danni in Sicilia (S. Strena)» 14 Note di Teratologia (C. TROPEA) . » 2 Le Querci della Flora Italiana. Haier descrittiva ae Bonzi) » 4l Il Giardino Coloniale di Palermo e la sua funzione in rapporto > gr Di allo sviluppo dell’agricoltura coloniale (A. BORzÌ) . ” > Bf . Intorno all’Arillo di Schotia latifolia, JacQ. (Nota anatomo-bio- logica) (P. LA FLORESTA). . E ° » 83 . Altre piante a nettarii estranuziali id E. MATTEI) . x 90 . Panicum Bossi. Nuova Graminacea della Somalia Italiana (C. TROPEA) . » 100 dl . Sulla coltura delle Palme, iii delle specie di « Wa- : shingtonia», a scopo industriale, in Sicilia (A. Borzì) . » 102 i . Rassegna della Stampa Coloniale Agraria (G. E. MATTEI) » 119 Appendice. Semina anni MCMXI quae pro mutua commutatione è. offeruntur LisrerIA EpIrrtRrICE Ant. TRIMARCHI Corso Vittorio Emanuele, B75 1911 Per ritardi incontrati nella tiratura delle Tavole che ccompagnano il lavoro sulle Querci Italiane, del Pro- ore Borzì, le rimanenti Tavole saranno distribuite 1 prossimo fascicolo quarto. Il Giardino Coloniale di Palermo e la sua attività DURANTE L’ ULTIMO QUADRIENNIO (1907-1910) RELAZIONE alle LL. EE, i Ministri degli Esteri, dell’ sian e della Pubblioa Istruzione del Direttore Prof. A. Bor a poco più di quattro anni, fu istituito presso il R. Orto Botanico di Palermo, un Giardino Coloniale in conformità alle esi- genze delle odierne aspirazioni coloniali e come fine alla conoscen- za del valore economico pratico e scientifico dei prodotti vegetali di origine coloniale. Se la istituzione ufficiale di un campo di col- tura delle piante coloniali ha così breve data, devesi però ricor- dare che sin dalla fondazione dell’ Orto stesso il principio obbiet- tivo dell’istituto fu appunto quello d’introdurre, coltivare, ' miglio- rere e diffondere piante e prodotti vegetali d’importanza economi» ca od industriale. Così il giardino venne a poco a poco ad arric- chirsi di piante non solamente rare o nuove od importanti dal lato Scientifico, ma ancora di specie utili alle industrie ed alla econo- mia. A tal fine sin dal 1819 furono acquistate ed aggregate al- l'Orto Botanico le cosi dette terre della Vigna del Gallo e col me- desimo intento la Legge Prodittatoriale del 19 ottobre 1860 sta- biliva, presso 1’ Orto medesimo, la istituzione di un sone speri- | mentale e di acclimazione per le piante utili. Se noi consideriamo che il còmpito essenziale di un giardino coloniale è quello di promuovere la conoscenza delle produzioni ve- | getali utili e caratteristiche dell’ agricoltura tropicale, mediante e- lungo tempo 1’ Istituto Botanico di Palermo concretasse in sè di fatto i caratteri di una istituzione botanico - agraria coloniale, di modo ve la « Sezione coloniale » di recente istituita venne slosi ; Le 4 vare in esso un copioso materiale di colture d’indole strettamente coloniali, capaci di utili ammaestramenti. nfatti 1’ Orto Botanico di Palermo, dalla sua fondazione ad oggi è riuscito a divenire un attivo centro d’introduzione e diffu- sione nel Mezzogiorno d’Europa di parecchie specie e varietà utili all’agricoltura ed all’orticoltura. Basterebbe citare parecchie specie di Agrumi e fra queste segnatamente il Mandarino, per dimostrare quale sia stata nel passato l’influenza del nostro Istituto a prò della frutticoltura locale. Tale considerazione, se dimostra la opportunità della sede scelta per la istituzione del Giardino Coloniale, dà altresì affida- mento che questi sarà in grado di continuare cotesta benefica in- fluenza, ed anche più efficacemente, per i cresciuti e migliorati mezzi di cui dispone. Infatti qualsiasi istituzione coloniale, deve necessariamente e- stendere con intensità la sua azione anche alla regione ove essa ha sede, ed anche il Giardino Coloniale di Palermo non può esimersene. Ciò in questo caso è tanto più di vantaggio, in quanto che la que- stione agraria meridionale abbisogna di grandi impulsi e di nuove energie, richiedendosi una trasformazione, se non altro parziale, delle attuali colture agrarie. Perciò interessa esporre in succinto i principali risultati già © ottenuti nel nostro Giardino Coloniale, il quale, avvantaggiandosi delle colture preesistenti nell’Orto Botanico, trovasi ora in grado di porgere i proprii benefizi tanto alla agricoltura locale, quanto a quella coloniale. Già pubblicammo un elenco comprendente circa 900 specie, di interesse economico coloniale qui coltivate : ora andremo segnalan- do quelle che, nei trascorsi anni di coltura, diedero risultati più incoraggianti. Piante a Caoutchouc. L’Orto Botanico di Palermo si è dedicato con particolare in- teresse allo studio delle piante a Caoutchouc, nell’intento di assi- curare alla Sicilia il conseguimento di un tale prodotto. Fra le numerose specie coltivate menzioneremo : Fieus elastica 0 Caoutchouc di Assam. È la specie sulla quale l’Orto Botanico ha eseguito numerose ésperienze, constatando la sua perfetta adattabilità al clima di Sicilia e la bontà del prodotto ottenutone, per cui ne ha consigliato la coltura a scopo economico industriale. Se ne hanno molti esemplari, di diversa forza, fra cui interessano quelli ottenuti direttamente da seme. Ficus Vogelii dell’Africa tropicale, ritenuta una delle specie a Caoutchouc più importanti. Nell’Orto Botanico di Palermo si coltivano pure numerose al- tre specie di Ficus, sul cui valore come piante a Caoutchouc non si hanno ancora dati esaurienti. Manihot Glaziovii, o Caoutchouc di Ceara. Da consigliarsi per le nostre colonie, ma non resistente al clima di Palermo. Funtumia elastica. Caoutchouc di Lagos. Dell’ Africa tropi- cale. Non resiste al clima di Palermo, ma assai raccomandabile per le nostre Colonie africane, Kompitsia elastica e Mascarenhasia arborescens. Liane a Caoutchouc del POMIAGASOAT, resistenti al clima di Sicilia Cryptostegia grandiflora o Caoutchouc di Lombiro, del Mada- gascar. Interessante perchè perfettamente acclimatata a Palermo. Euphorbia. Numerose specie, fra cui le Euphorbiae cactiformi dell’Eritrea, pure resistenti a Palermo. Parthenium argentatum, o Caoutchouc di Guayule, del Mes- sico. Notevole ed importante, perchè, coltivandosi da parecchi an- ni, ha mostrato di nulla soffrire dei nostri inverni, quindi ne è consigliabile la coltura, essendo specie che preferisce luoghi ste- rili, sassosi, aridi, e non esige alcuna irrigazione. Fra le piante a Caoutchouc qui coltivate notiamo ancora : Calotropis procera, Clastilloa elastica, Cecropia peltata, Hevea brasiliensis, Melodinus scandens, Sarcostemma viminalis etc. Piante a Gomme ed a Resine. Fra le piante a Gomma ed a Resine abbiamo : Acacia Ge | se specie), Agathis australis, Aloe (parecchie specie), Araucaria i) (5 specie), Callitris quadrivalvis, Cedrela odorata, Cinnamomum | Camphora e zeylanicum , Cycas circinalis, Dracaena i Elacodendron australe e capense, Binealupius Globulos e viminalis, Euphorbia (molte specie), Ficus (molte specie), Myroxylon son- sonatense e toluiferum, Pistacia Lentiscus e Terebinthus, Ter- minalia australis etc, Cotoni. L’Orto Botanico di Palermo ha iniziato colture razionali assai estese di Cotoni, allo scopo di ottenere, mediante selezioni ed i- bridazioni, razze di grande reddito, adattabili alla Sicilia, e pro- babilmente resistenti senza irrigazione. ià si sono conseguiti risultati molto soddisfacenti. Notevoli, fra le diverse razze esperimentate, i cotoni arborescenti Caravonica di "AE stralia, che hanno bene sopportato gli inverni di Palermo. Da se- gnalarsi pure i cotoni Mitafifi (Egiziano) e Mississipi (Americano), già acclimatati in Tunisia, e da questa regione introdotti in Sici- lia. Interessanti altresì i prodotti ottenuti dalle colture selezionate del cotone Siciliano Biancavilla, e gli ibridi ottenuti fra queste ed altri cotoni esotici. In tutto sono stati oggetto di coltura circa 80 varietà o razze, come risulta dalle relazioni inviate al Ministero di Agricoltura lo scorso anno. Da ricordarsi l’alta quotazione che hanno ottenuti parecchie di tali varietà alla Borsa dei Cotoni di Milano , in confronto con il basso prezzo abituale dei Cotoni Siciliani. Molte altre varietà di Cotoni sono attualmente oggetto di col- tura, e fra queste parecchie provenienti da accurate selezioni e da ibridazioni, mentre numerosi campi di prova sono istituiti in varie parti della. Sicilia, al fine di esperimentarne la coltura sotto diffe- renti condizioni di ambiente e dimostrarne la possibilità di colti- vazioni in grande. Tutto lascia sperare che l'iniziativa dell'Orto Botanico sarà coronata da lieto successo. i Piante tessili. Numerose sono le piante tessili coltivate nell’ Orto Botanico di Palermo. Fra le altre meritano particolare osservazione le seguenti: Agave sisalana. Fibre di Sisal. Ha formato oggetto di par- ticolari studii ed esperienze, da parte dell’Orto Botanico, consta- tandosi la sua perfetta resistenza al nostro clima e la bontà dei prodotti ottenuti : ciò è dimostrato dalle fibre grezze e lavorate di Sisal, ottenute nell’Orto stesso. Perciò ne è consigliabile la col- Pa # tè ; Z tura in Sicilia, tanto più che si contenta di terreni mediocri e non abbisogna di irrigazione. Numerose altre specie di Agave sono coltivate in questo Orto, resistendo perfettamente al nostro clima, ma non furono ancora istituite esperienze sul valore industriale delle loro fibre. Da se- gnalarsi l’ Agave Zapupa di recente introduzione dal Messico. - Furcraea e Yueca. — Se ne coltivano parecchie specie, tutte capaci di dare buone fibre tessili, e perfettamente acclimatate a Palermo, Sanseviera. — Piante pure a fibre di grande valore industriale. Notevoli fra le altre una Sanseviera del Benadir, riconosciuta per specie nuova, e la Sanseviera cylindrica dell’Eritrea, direttamente introdotte dal nostro R. Orto Botanico. Washingtonia filifera. — Palma originaria del Nord Ame- rica, di rapido sviluppo e perfettamente resistente a Palermo, ove pure fruttifica. Ha fibre tessili robuste e o sue foglie si prestano per lavori di intreccio. Musa Ensete. — Specie colossale dell’ Abissinia , producente fibre tessili assai fine e pregiate. Alcuni esemplari posti in piena terra, presentano, in soli due anni, dimensioni colossali, dimo- strando una perfetta resistenza al nostro clima. Fra le piante tessili e papirifere, coltivate nel R. Orto Bota- nico, si possono ancora citare le seguenti : ZBoehmeria nivea, Bombax Ceiba, Calotropis procera, Carludovica palmata , Cha- maerops humilis, Chorisia insignis, Corchorus capsularis ed olitorius, Cryptostegia grandiftora, Cyperus Papyrus , Daemia extensa, Edgeworthia papyrifera, Eriodendron anfractuosum, Grewia "Guola specie), Hibiscus (molte specie), Phormium te- nax etc. Piante tannanti. Si coltivano parecchie specie di Caesalpina , di Acacia, di Eucalyptus , ritenute fra le più importanti per l’ alta percentuale | di tannino che contengono, assai superiore a quella presentata dal Sommacco di Sicilia. Adattandosi bene al nostro. ‘clima, e dive-- nendo arborescenti, sarebbero a consigliarsi per imboschimenti | in Sicilia. Di particolare interesse è l’Eucalyptus diversicolor o Karri Oltre a queste notiamo : Coriaria myrtifolia, Corynocarpus laevigata , Diospyros (alcune specie), Enterolobium Timboiia, Gardenia Thumbergia, Pistacia Lentiscus e Terebinthus, Ptero lobium lacerans etc. Piante tintoriali. Fra le piante tintoriali notiamo : Acacia Catechu, Anogeissus lejocarpa, Bixa Orellana, Calpurnia aurea, Coriaria myrtifolia, Crozophora tinctoria, Indigofera cantoria: Lawsonia alba, Ri- vina tinctoria, etc. Piante da rimboschimenti. Una questione vitale per la Sicilia è quella dei rimboschi- menti. Ma per la sua posizione geografica e per le sue particolari condizioni di clima e di terreni, la Sicilia male si presta ad un. regime forestale uguale a quello usato nelle contrade più setten- trionali. Qui occorrono particolari essenze, specialmente atte a re- sistere alla siccità estiva. | Perciò questo Orto Botanico ha istituito particolari studi di esperimenti allo scopo di accertare quali sieno le essenze più con- sigliabili per la Sicilia. Ha in modo particolare constatato come bene si prestino diverse specie dei generi Acacia, Eucalyptus, Casuarina, Grevillea. n. Notevole a questo riguardo é il Myoporum serratum che ha mostrato una resistenza meravigliosa, adattandosi specialmente alle sabbie del littorale. Da segnalarsi pure 1’ Acacia ia i le cui colture hanno dato ottima prova, e nos è pure riuscita nei rimboschimenti delle lave vesuviane. Oltre a queste, come piante a legnami, coltivate nel R. Orto Botanico , sono degne di menzione le seguenti : Acacia (circa 20 specie), Agathis australis , Anacardium occidentale, Anogeissus lejocarpa, Araucaria (5 specie), Argania. Si n, Bambusa (molte specie) , Casuarina (parecchie specie), Cedrela odorata @ sinensis, Corynocarpus laevigata, Diospyros (diverse specie), En terolobium Timboia, Erythrina (parecchie specie) , Eucalyptus (10 specie), Ficus (circa 30 specie), Grontliea Hilliana e robusta 9 Inga Feuillei, Jacaranda mimosaefolia, Laurus canariensis, Olea chrysophylla, Parkinsonia aculeata, Persea gratissima ed indica, Picconia excelsa, Pithecolobium pruinosum, Podocarpus (diverse specie), Sapindus (più specie), Sophora secyndiflora e tetraptera, Tarodium distichum e mucronatum, Vitex litoralis ete Piante industriali diverse. Sono così numerose quelle coltivate nel R. Orto Botanico, che troppo lungo sarebbe il volerle enumerare tutte. /Ne segnaliamo solo alcune delle più importanti. Pyrethrum cinerariaefolium. È la pianta della Razzia, ed i prodotti ottenuti nel nostro Orto Botanico non sono affatto infe- riori a quelli che provengono dalla Dalmazia. Se ne è consigliata la coltura, resistendo perfettamente al nostro clima, ed adattandosi a terreni aridi, sassosi, sterili, ove ogni altra coltura è difficile od impossibile. : Sapindus Mukorossi. — Albero perfettamente acclimatato a Palermo. I suoi frutti contengono abbondante saponina, e si pre- stano per usi economici ed industriali, come lo provano i suoi pro- dotti, ottenuti da materiale fornito dall’ Orto Botanico e lavorato dalla ditta Seyes. Luffa acutangula. — Specie interessante ricavandosi dai suoi . frutti le cosidette spugne vegetali. Piante medicinali Quantunque la coltura di queste piante oftra per la Sicilia un interesse medioere, pure l’Orto Botanico ne possiede un buon nu- mero. Notevoli sono le seguenti : Aloe vera e specie affini. — Perfettamente resistenti al clima di Sicilia, e capaci di un prodotto per nulla inferiore a quello che sì ottiene dall’ Africa Orientale. "i Strophanthus capensis. — Pure resistente a Palermo. » anax quinquefolium o Ginseng. — Le colture qui istituite 10 hanno dato ottimi risultati, quindi è consigliabile, stante il grande consumo che se ne fa delle loro radici nell’ Estremo Oriente, e l’alto prezzo cui vengono pagate. Fra le piante medicinali notiamo ancora : Cassia Fistula ed altre specie, Cedrela odorata, Cerbera Odollam e Tanghin, Cin- namomum Camphora e zeylanicum, Crescentia Cujete, Dorstenia Contrajerva, Dracaena Draco, Erythroxylon Coca, Illicium a- nisatum, Jatropha Curcus e multifida, Panax Ginseng, Phyllan- thus Niruri, Pilocarpus pinnatifolius, Pimenta acris, Strychnos Nuxr-vomica, Tamarindus indica, Vernonia anthelmintica ete. Piante aromatiche. Fra queste meritano segnalazione diverse specie di Piper, la Canfora (Cinnamomum Camphora) , la Cannella (Cinnamomum zeylanicam), il Cacao (Theobroma Cacao) ete. Piante ad essenze. Fra queste abbiamo : Acacia Farnesiana, Citrus (molte specie e varietà), Erythroxylon Coca, Eucalyptus (diverse specie), Gar- denia florida, Osmanthus fragrans , Pelargonium (parecchie specie), Plumeria (diverse specie), Pogostemom Patchouly ete. Caffè. Mm L’ Orto Botanico di Palermo ha pure intrapreso studii ed e- sperienze sulle diverse razze di piante a Caffè , nella speranza di ottenerne qualcuna adattabile alla Sicilia. Perciò ha intrapreso la coltura di numerose varietà di provenienze diversissime ed ora ne possiede una ricca collezione. Vi si notano la Coffea liberica , la Coffea stenophylla e numerose varietà della Coffea arabica. Fra queste alcune provengono dall’ Isola di Borbone, altre dalle mon- tagne della Giammaica, altre infine dal Monte Kenya in Africa, ove dicesi sopportino assai basse temperature. ; e piante sono tuttora troppo piccole per esporle impunemente ai nostri inverni, ma è sperabile, quando avranno raggiunto un sufficiente grado di robustezza, possano bene adattarsi al clima di ]» ii Sicilia. Piante oleifere. Fra queste notiamo : Aleurites cordata, Arachis hypogaea , Argania Sideroxylon , Benincasa cerifera, Carya olivaeformis, Elais guineensis , Elaeodendron australe e capense, Guizotia oleifera, Jatropha Curcas, Madia sativa, Sapindus Saponaria, Sapium sebiferum, Theobroma Cacao, Unguadia speciosa etc. Piante eduli. Questa forse è la categoria più numerosa di piante introdotte ed esperimentate nell’ Orto Botanico di Palermo. Passiamo sotto silenzio le molte varietà di Agrumi, l’Anona Cherimolia, già en- trata nelle comuni colture, 1° Ananas, i Banani etc. Meritano particolare attenzione le seguenti : Mangifera indica. — Numerose varietà provenienti dalle falde dell’ Imalaja. È forse la più importante introduzione ottenuta da questo Orto Botanico. Se ne hanno molte e forti piante che da oltre quattro anni sopportano ottimamente il clima di Sicilia, quindi è sperabile possano in breve divenire perfettamente acclimatate, dotandosi così la Sicilia di un frutto tanto squisito e prezioso, in sostituzione di altre colture meno redditive. Persea gratissima. — Produce frutti eccellenti che maturano perfettamente a Palermo. Corynocarpus laevigata. — Frutti pure eduli. Castanospermum australe. — Il Castagno d’ Australia , sop- porta bene il nostro clima, ma gli individui qui in coltura non hanno ancora fruttificato, pa pe giovani. Carya olivaeformis. — È Pocan-Nut d'America, fruttificante benissimo a Palermo. Solanum muricatum. — Del Perù. Produce grossi fatti eduli, del sapore dei meloni. Preziosa introduzione, essendosi mostrato completamente adattabile al nostro clima : se ne fanno estese col- 12 ture alle Canarie, per l'esportazione dei frutti, quindi è sperabile possa anche per la Sicilia divenire un buon prodotto economico. Fra le piante a frutti o semi eduli, possiamo aggiungere : Benthamia fragifera, Carica Papaya, Diospyros Kaki, Hovenia dulcis; Psidium Guayava etc. Piante feculifere o saccarifere. Fra le piante feculifere o saccarifere annoveriamo : Alocasia macrorhiza, Andropogon Sorghum, Canna indica, Cycas circi- nalis e revoluta, Dioscorea (molte specie), Eleusine Coracana e Tocussa, Eragrostis abyssinica, Ipomoea Batatas, Maranta a- rundinacea , Pachyrhizus angulatus, Pueraria Thunbergiana, Saccharum officinale, Vigna Catjang etc. Fra queste vanno segnalate le colture selezionate di Orzo, e specialmente quelle di Fave, che hanno dato risultati assai buoni, essendosi ottenuti un reale miglioramento nella grossezza dei le- gumi e dei semi, Piante coloniali diverse. » L’ Orto Botanico coltiva anche numerose piante direttamente introdotte dall’Eritrea, dalla Somalia italiana e dal Messico. Vi si ammirano specie utili industrialmente, specie di valore ornamentale e specie di interesse scientifico. A , 7 Notiamo i (Crinum, i Cissus etc. dell’ Eritrea. Di questa re- gione si ha pure il Ficus vasta, albero maestoso , perfettamente acclimatato a Palermo, si hanno alcune Euphorbiae, fra cui inte- ressante l’Euphorbia Schimperi etc. I Del Benadir, ossia Somalia Italiana, si ha una Kigelia, un Capparis e qualche altra specie : da segnalarsi uno Spondias , e la Uvaria Denhardtii, entrambe a frutti eduli. Anche la Sanse- viera rorida, nuova specie. Numerose poi sono le specie del Messico, la cui enumerazione riuscirebbe troppo lunga. L’Orto Botanico di Palermo pubblica, fino dal 1897, un Bol- lettino, a fascicoli trimestrali, il quale si occupa di tutte le que- stioni che più interessano la Botanica agricola, specialmente Sici- liana e la Botanica coloniale, come pure relazioni scientifiche re- lative a piante qui coltivate od indigene od illustranti collezioni (Ch: i Ro Ù ; i ; E n RR E e i gt SI n NA n “i e SIA 13 possedute dall’Orto stesso. Con la istituzione del Giardino Coloniale, questo Bollettino, fino dal 1907, è divenuto anche organo ufficiale del Giardino stesso, e va rendendo conto delle esperienze e delle colture intraprese in esso. Infatti in tutte le Annate fino ad oggi pubblicate trovarono posto numerose relazioni sulle piante a Caout- chouc , sul Sisal, sulle colture di Cotoni, sul Caffè e sopra tutte le altre piante precedentemente citate. Questa fugace rassegna dell’attività del Giardino Coloniale di Palermo potrà io credo valere per dimostrare quale è 1’ attuale tunzionamento di questa Istituzione, quale è l’indirizzo di studi che essa vi propone nell’avvenire, sicché nei riguardi dell’ opera colo- nizzatrice o di qualunque altra intrapresa agricola, che interessi il mezzogiorno o anche le Colonie, possa nel campo pratico, coll’ e- sempio e coll’autorità dell'esperienza, spiegarne un’azione benefica, OROBANCHE CRENATA Forskat. i e suoi danni in Sicilia. Storia e prime notizie in proposito. — Le Oroban- che furono certamente conosciute dagli antichi, però il nome Oro- banche (Opofoy &yet; che strozza gli Orobi, ossia i Legumi) pare fosse dato alle Cuscute, come rilevasi dalla frase : « Oroban- che necat Fabas et Cicer, se circumplicando » in cui la parola circumplicando può bensì riferirsi ad una Cuscuta, non mai ad . una Orobanche. Si è voluto riconoscere \ Orobanche nel Cynomo- rium di PLINIO, e forse vi si riferisce anche la pianta chiamata. dai Greci \hzoc e dai latini Lupum : ciò che sarebbe confermato. dal nome volgare che la Orobanche della fava conserva in Sicilia, cioè Lupa. i A Pare però che gli antichi autori confondessero fra loro le di-. verse specie di Orobanche, non trovandosi in essi indicazioni ba- stevoli per distinguerle. Così nè in RUELLIO, nè in MATTHIOLI nè in altri autori a quelli contemporanei, si trova alcun cenno che possa con certezza riferirsi all’Orobanche della fava. Forse a que sta può ascriversi l’Orobanche da BauHnINIO (Pinar Theatri Bo tanici, 1623, p. 87) chiamata Orobanche major caryophyllum olens stante che i fiori dell’Orobanche della fava realmente odorano garofano, ma un tale odore riscontrasi ancora nei fiori di altre 15 robanche, e dai sinonimi che porta lo stesso BauHINIO, e dalle indicazioni che aggiunge di averla osservata sui generi (Genista, Hieracium, Trifolium, Astragalus etc. appare evidente vi inclu- desse anche altre specie. Invece si può dire con certezza che sì riferiva a questa specie il CUPANI (Hortus catholicus. 1696. p. 160) citando una Orobanche major Caryophyllum olens, imperocchè vi aggiunge il nome Siciliano di Lupa di favi. Ma le prime notizie sicure sui caratteri e sulla biologia della Orobanche della fava, si debbono al MricHELI, il quale pubblicò in Firenze, nel 1723, una Relazioae dell’erba detta dai Botanici O- robanche e volgarmente Succiamele, Fiamma o Mal d'occhio. Poco dopo, nel 1729, il BuxBAuM (Plantarum minus cogni- tarum, Cent. III. 1729. p. 2. tab. II.) raffigurò con il nome di Orobanche major thyrso florum specioso, una specie in cui è fa- cile riconoscere la vera Orobanche della fava, che dice crescere in Oriente, fra i ruderi dell'antica Calcedonia e nell’Isola di Proto. Intanto Linneo, nelle sue Species Plantarum, pur citando la monografia del MicHELI, non distinse l’Orobanche della fava, ma la incluse, assieme alle altre specie affini, nella sua Orobanche major. L’Orobanche della fava fu però bene figurata dal SABBATI (Hortus Romanus. Tom. III 1775. p. 3. tab. II) con il solito nome di Orobanche major Caryophylum olens. Nello stesso anno il FORSKAL (Flora Aegyptiaco-Arabica. 1775. p. 113) deserive, con il nome di Orobanche crenata, una specie che dice crescere a Cairo, e dalla descrizione, quantunque assai breve e deficiente, sembra possibile riconoscere l’Orobanche della fava, come già opinò il BecH. | Pochi anni dopo, nel 1815, Aueusto PiraMo DE CANDOLLE (Flore Francaise. Vol. VI. 1815. p. 393) descrisse una nuova specie, con il nome di Orobanche speciosa, in cui si può facil- mente riconoscere l’Orobanche della fava, In seguito LAPEYROUSE (Histoire abrégee des Plantes des Pyrénées. Suppl. 1818, p. 87) descrisse parimenti come nuova specie un’altra Orobanche, che chiamò Orobanche pruinosa, nella quale si può pure riconoscere l’Orobanche della fava. Però questi diversi autori non rilevarono affatto il parassitismo di questa specie sulla fava, avendo veduto e descritto saggi provenienti sopra altre nutrici. Un tale parassi- tismo fu indicato più tardi dallo ScHuLTZ (in Ann. Gew. Regensb. V. 1830. p. 500) che chiamò la specie Orobanche Viciae-Fabae. In seguito il REUTER, nella monografia delle Orobancaceae (in DE CanpoLLE, Prodromus. Vol. XI. 1847. p. 18) ritenne come 16 specie distinte Orobanche pruinosa ed Orobanche speciosa, collo- cando fra le specie meno note, assai incerte, l’Orobanche crenata del FORSKAL. Da ultimo il Beck MANNAGETTA (Monographie der Gattung Orobanche. In Biblioteca Botanica. Heft XIX. 1890. p. 225) ri- conosce l’identità di tutte queste specie, riunendole in una sola, cui conserva, per priorità il nome di Orobanche crenata. Nomenclatura. — Da quanto si é detto in precedenza ri- sulta che alla Orobanche della fava, spettano i seguenti nomi, per ordine di priorità. Per ognuno si citano solo le opere di in- teresse ea o quelle più propriamente riferentesi alla Flora» Italiana o Sicula a crenata. — ForsKAL, Flora Aeg. Arab. 1775. p. LXVIII e p. 113, non VELL. — BECK von MANNAGETTA G. Ba -Monogr. Gatt. Orobanche. In Biblioth. Botan. XIX. 1890. p. 225. — BecuINOT, in FIORI e PAOLETTI, Flora Analitica d’Italia. Vol. II. 1902. p. 480 Orobanche speciosa. — De CanpoLLE, Flor. Frane. Vol. VI 1815. p. 393, non DretRICH.— REUTER in DE CANDOLLE, Pro- dromus. Vol. XI. 1847. p. 19. — CESATI, PASSERINI e GIBELLI, Senpendo; della Flora Italiana. 1882. p. 331. — CARUEL in PAR- LATORE, Flora Italiana, Vol. VI. 1383. p. 370. — ARCANGELI, Compendio della Flora ARR 1892. p. 527. — Loyacono. Flo- ra Sicula. Vol. IV. 1907. 160. Orobanche pruinosa. — LAaPEYRoUSE, Abròg. des PI. Pyren. Suppl. 1818, p. 87. — Gussone, Florae Siculae Prodromus. Vol. II. 1828. p. 181 et Florae Su Synopsis. Vol. II. 1813. p. 134. — BERTOLONI, Flora Italica. Tom. VI. 1844. p. 437.—REUTER in DE CANDOLLE, Prodromus. XI. 1847. p. 19. O TI Viciae - Fabae, ScHuLTZ, in Ann. Gewddisk Ro- senb. 1830. p. 500. Descrizione e Caratteri botanici. — L’ Orobanche della fava è pianta annua, con bulbo basale piuttosto piccolo, sviluppantesi in uno scapo semplice, robusto, eretto, alto fino a 70. centimetri, incrassato, fistoloso, striato, di colore giallastro o ten dente al ceruleo, raramente porporino, glanduloso-villoso, o qual-. RM RR RR ILE MR SO go AAA e ent ee lat fg ein LIE E ca att nie Ple ei ren ii < Pe a e e e, 4, pa r si i cars eater È che volta glabrescente, ricoperto di squame, numerose in basso e rade in alto. Le squame inferiori sono assai avvicinate, embriciate, larghe, lanceolate, le superiori invece sono più o meno lontane fra loro, strettamente lanceolato - lineari, assai acuminate, tutte poco o molto glanduloso - pelose all’esterno, lunghe circa 3 centimetri. L’inflore- scenza è una spiga terminale, cilindracea, multiflora , acuminata all’apice o rotondata, in alto densiflora e sovente comosa, lassa in basso, qualche volta totalmente lassiflora. I fiori sono numerosi, sessili, bratteati, dapprima eretto - patenti, poi più decisamente pa- tenti, lunghi da 2 a 3 centimetri, raramente più piccoli, potendo ridursi a soli 15 millimetri. Le brattee sono simili alle squame su- periori, strettamente lanceolato - lineari, lungamente acuminate, co- piosamente glanduloso - pelose, spesso bianco - tomentose nel secco, eguaglianti o superanti la lunghezza dei fiori stessi, le estreme sovente sterili, ed allora comose all’ apice delle spighe. Il calice poi è diviso fino alla base da ambo i lati, in modo da risultare formato di due parti affatto libere fra loro, ovate o romboidali alla base, profondamente ed inegualmente bifide o bidentate all’ apice, con lacinie angustissime, lineari, lungamente acuminato - attenuate, subulate o filiformi all’apice, raramente lanceolate, spesso munite lateralmente da 1 a 3 denticoli, tri - plurinervie, divergenti, glan- duloso - pelose o glabrescenti, eguaglianti in lunghezza il tubo della corolla o raramente più brevi. La corolla è relativamente assai grande, in basso ristretta e tubulosa, ampliata e campanulata al disopra della inserzione degli stami, bilabiata alla fauce, di color bianco o pallido, con eleganti venature dicotome e ramose, cerulee o violacee, di rado purpurea, dopo secca di consistenza cartacea e bruna, esternamente alquanto glanduloso - pelosa o più sovente glabrescente : la linea dorsale e- strema che essa forma è curva alla base, poi diritta ed in ultimo, nel lembo, rivolta in alto, con 1’ apice sovente un poco mucrona- to - uncinato. Il labbro superiore è intero o leggermente bilobo, plicato - smarginato, con lobi grandi, larghi, subrotundi, patenti o ricurvi : il labbro inferiore é trilobo, con lobo medio molto più grande , di rado subeguale ai laterali, tutti assai grandi, roton- dati ; ilobi poi di entrambi i labbri sono inegualmente plicato - cre- spi al margine, o più sovente profondamente crenulato - denticulati. Gli stami si trovano inseriti nel quarto inferiore della corolla, cioè da 2 a 3 (raramente fino a 5) millimetri al disopra della sua base, e sono in numero di 4, didinami, con i filamenti dilatati ed au- ranziaci alla base, inferiormente assai pelosi come la sottostante parte della corolla, in alto muniti di pochi o molti peli glandulosi, per lo più brevi, raramente affatto glabri, e con le antere breve- mente acuminate, sovente papilloso - pelose lungo la linea suturale, nel secco pallidamente brune, bianche all’ apice. Il pistillo ha un ovario oblungo - ovoideo, appena glanduloso - peloso presso lo stilo, il quale è breve, lievemente curvato, poco o molto glanduloso - pe- loso, e termina in uno stimma bilobo, con lobi emisferici, divari- cati o confluenti, divisi da un solco trasversale, pallidamente vio- lacei, carnei, gialli o bianchi. Il frutto è una capsula longitudi- nalmente deiscente da ambo i lati, con le valve congiunte per mezzo dello stilo persistente, piane ai lati. Caratteristico è l’odore dei fiori, che si avvicina a quello dei garofani. Varietà. — Per l’ Orobanche della fava Beck von MANNA- GETTA (Monographie der Gattung Orobanche. In Bibliotheca Bo- tanica. Heft. XIX. 1890. p. 225) distingue due varietà principali, cioè a) typica e B) Querini. La prima viene suddivisa in sei forme diverse, cioè 1. typica, 2. lasiothrix, 3. angustisepala, 4. brachystachys, 5. abbreviata, 6. silvestris, mentre la seconda rimane monotipica. Questa ultima viene indicata solo per la Transcaucasia, mentre le altre si trovano . sparse quà e là con il tipo. Affine all’Orobanche della fava è 1'0- robanche Tommasinii, del REICHENBACH, molto più ridotta in tutte le sue parti, da alcuni ritenuta per semplice forma fisiologi- ca, dovuta alla diversità di nutrice, vivendo sulle radici di Com- poste e di Ombrellifere, anzichè su quelle di Leguminose. Area Geografica. — L’Orobanche della fava è assai co- mune in molti luoghi della regione mediterranea : dalla Spagna e dal Marocco si estende, attraverso l'Europa meridionale, fino alla Persia, trovandosi abbondantissima in Italia ed in Grecia : anche in Egitto e nella Transcaucasia si incontra frequente. | Le principali località ove è stata segnalata sono le seguenti. Nella Spagna : in Catalogna, in Andalusia e nell’ex regno di Gra- nata. Nella Francia meridionale, nelle Isole di Hyeres ed in Corsica. In Austria: nel Tirolo, nella Croazia ed in Dalmazia. In Malta, in Grecia, in Candia, in Cipro. In Turchia : presso Costantinopoli, nelle regioni del Mar Caspio e nella Tauria. Nell’ Africa setten- trionale : nel Marocco, in Algeria e nel basso Egitto. In Asia: nella Siria, nell'Asia minore, e nella Transcaucasia. pri sua Per l’Italia è indicata frequente in Liguria, in Toscana, nel Lazio, nella Campania, nelle Puglie e nella Terra d’Otranto. In Sicilia poi trovasi comunissima quasi ovunque, a Palermo, Monreale, Messina, Siracusa, Girgenti etc. Piante nutrici. — L’Orobanche della fava vive parassiti- ca, principalmente, come indica il suo nome volgare, sulle radici della Vicia Faba, ma fu pure riscontrata sulle radici di altre Le- guminose, specialmente Viciee, cioè Vicia melanops, Ervum Lens, Ervum Ervilia, Pisum sativum, Lathyrus Cicera, Lathyrus in- conspicuus, Lathyrus angulatus, Cicer arietinum. Fu pure indicata per parassita di alcune specie di T'rifolium e di alcune specie di Lupinus. Fuori delle Leguminose fu indicata per una Plantaginea, cioè Plantago albicans, per alcune Ombrellifere , cioè Physocaulon nodosus ed Anthriscus nemorosus, e per alcune Geraniacee, cioè Pelargonium e Geranium, specialmente Geranium Robertianum. Biologia. — L’Orobanche della fava, come tutte le altre congeneri, presenta due fasi vitali ben distinte, cioè : 1.° Fase vegetativa, nella quale costituisce un corpo sotter- raneo, bulbiforme, voluminoso, in cui immagazzena grande quan- tità di alimenti sottratti alla pianta nutrice : in tale fase l’Oroban- che esercita con grande intensità la sua azione parassitaria a de- trimento della pianta su cui vive. 2.° Fase sessuale, nella quale sviluppa uno scapo e fusto e- pigeo, che porta fiori e frutti: in essa la pianta consuma i mate- riali precedentemente accumulati, e cessa quasi affatto ogni sua relazione parassitaria con la pianta nutrice. I semi di Orobanche hanno una struttura semplicissima. Il loro embrione, piccolissimo, non presenta alcuna traccia di diffe- renzazione in radichetta ed in fusticino, ed è affatto privo di co- tiledoni : consiste in un gruppo di cellule isomorfe, circondato da un tessuto contenente materiali di riserva. Quando, venuto a con- tatto con una radice di fava, germina, sviluppa un corpo filiforme, si costituito da sole cellule .indifferenziate: ad una delle estremità vi | persiste aderente il tegumento del seme, mentre la estremità op- | posta si fissa alla radice della fava, andando rapidamente ingros- sandosi. Cosi va formando una sorta di tubercolo, nel quale non tardano a differenziarsi dei vasi, che si mettono in diretta comu- nicazione con i vasi della radice della fava, per attingere da quella i nutrimenti. È tanto intima l’unione dell’Orobanche con la radice 20 della nutrice, che riesce quasi impossibile stabilire dove cessi l'e- pidermide dell’una o dove principi quella dell’altra. Poco sopra il punto di sua inserzione 1’ Orobanche sviluppa numerose fibre radicali, grosse e brevi, con le quali abbraccia la radice della fava, e che, fissandosi nel terreno, costituiscono per l’Orobanche il migliore sostegno per tenerla saldamente alc alla nutrice. Poco sopra al punto di suo congiungimento con la radice della fava, si sviluppa una grossa gemma squamosa, della quale dovrà trarre origine il forte fusto, che, attraversato il terreno, porta i fiori alla luce. Generalmente per l’Orobanche della fava ciò avvie- ne tre mesi dopo il germogliamento. Lo sviluppo del fusto e dei fiori avviene in gran parte a spese dei materiali accumulati nella precedente fase vegetativa. Il fusto florale è grosso, cavo, e porta poche foglie squami- formi. I suoi fiori sono grandi ed odorosi. Secondo lo KxnuTH (Handbuch der Bliitenbiologie. Band. II. 1899. p. 211), per la posizione sporgente dello stimma, non può venire in essi l’ auto- impollinazione, ma è necessario il concorso di insetti, specialmente di Api, attratte, oltre che all’ odore, dal miele secreto in abbon- danza dal nettario, che trovasi situato attorno all’ovario. Tuttavia crediamo che in qualche caso anche una autoimpollinazione possa avvenire, forse prodotta dall’accartocciamento della corolla e ripie- gamento dello stilo, quando il fiore avvizzisce, attesocchè per so- lito in ogni spiga di fiori si trovano tutti gli ovarii abboniti. Dopo una diecina di giorni dalla comparsa dello scapo fiori- fero, i primi fiori, cioè i più bassi sono fecondati, e dopo altri dieci giorni, circa, incominciano ad aprirsi i primi frutti. Così in un mese dall’uscita dal terreno, l’Orobanche ha già maturato i suoi semi, spargendoli tutti attorno per il terreno. In questa fase florale 1’ Orobanche si è quasi resa indipen- dente dalla nutrice. Infatti la fava, che dapprima sembrava avere. poco sofferto dal parassita, e continuava a sviluppare fusti e foglie, man mano incominciò a mostrare segni di deperimento : sovente non riuscì neppure a svolgere i fiori, incominciò ad avvizzire, e finì per disseccare. Così l’Orobanche resta padrona del terreno, @ può continuare il suo sviluppo indipendentemente, consumando le sostanze accumulate in precedenza. Non è raro il caso di trovare Orobanche senza alcuna pianta nutrice nelle loro vicinanze, perchè queste ultime furono in precedenza distrutte. Da ciò deriva l’as- serzione che in qualche caso le Orobanche possano vivere di vita indipendente. 21 La vitalità poi degli scapi floriferi di Orobanche è tale che re- cidendoli o strappandoli dal suolo, continuano a vivere, e possono anche sviluppare semi atti a germinare, come avviene quando , strappate le piante dai coltivati, si abbandonano sullo stesso ter- reno. Secondo il GRIMALDI (Sul Orobanche delle Fave. In Nuovi Annali di Agricoltura Siciliana. Anno IX. fase. III. 1898, p.152-167) una sola pianta di Orobanche può produrre oltre ad un milione di semi. Intatti i suoi semi hanno un diametro di mm. 0.8 ed un grammo ne contiene circa 200.000. Siccome una pianta robusta produce una cinquantina di capsule, che contengono parecchi gram- mi di seme, non è esagerato il dire che da una sola pianta se ne possa avere un milione e più. I semi poi, per la loro piccolezza e leggerezza, vengono facil- mente sparsi attorno al luogo di loro produzione, e per il loro co- lore bruno si confondono subito con il terreno in modo da non potersi più riconoscere. ! Un fatto importantissimo relativo alla biologia di questi semi è quello che, dalle osservazioni concordi di molti autori, sembra accertato, cioè che la loro germinazione non avviene se non giun- gono a contatto con le radici della fava. È verosimile quindi che queste radici emettano qualche sostanza atta a determinare la germina- zione dei detti semi. Infatti il PASSERINI (Sopra lu durata di vi- talità dei semi di Orobanche crenata. 1910) trovò che i semi di Orobanche potevano in media restare otto anni nel terreno senza germinare, ma tosto si mettevano in germinazione, appena veni- vano seminate fave nello stesso terreno. Alcuni semi anzi persi- Stettero in tale attesa fino a 14 anni. La conoscenza di questi fatti ci permette di meglio stabilire quali rimedii sieno più razionali per limitare lo sviluppo di questa Orobanche. Entità dei danni. — Se si considera l’importanza che ha in Sicilia la coltura delle fave, si comprenderà facilmente di quanto danno può riuscire un parassita così pernicioso quale è l’Orobanche. Infatti le colture di fava in Sicilia iniziano la rotazione agra- ria, riuscendo più che ogni altra pianta a fornire il terreno di a- zoto, specialmente come sovescio, e forniscono abbondanti raccolti i semi, i quali entrano in gran parte nell’alimentazione del popolo Siciliano. Quindi l’agricoltore dalle colture delle fave ritrae un duplice vantaggio ; buoni raccolti in legumi od in semi, e miglioramento 22 del terreno. Ma, se sopraggiunge l’ Orobanche, i raccolti sono di molto diminuiti, nella quantità e peggiorati nella qualità, e se l’in- fezione è grave, sono addirittura nulli. Da questo ne deriva che nei terreni maggiormente infetti li coltura della fava riesce impossibile, e ia gio anche le rotazioni agrarie ne scapitano. Prova ne è che i terreni non infe- stati dall’Orobanche si locano e si colla a prezzo notevolmente più elevato di quelli che ne sono infetti. Rimedii proposti da diversi autori. — In presenza. dei gravi danni che l’Orobanche apporta ai campi di fave, nume- rosì autori cercarono quali potessero essere i rimedi più efficaci ad ostacolarne lo sviluppo. > Fu dapprima proposto di mischiare al terreno, in prossimità delle fave seminate, del sale, oppure della cenere, ovvero dello zol-. fo : fu pure proposto di intercalare, alle colture di fava alcune fila di cece, o di senapa, o di frumento. Ma questi rimedii empirici risultano affatto privi di efficacia, come era a prevedersi. Il Losacono (Osservazioni sulle Orobanche, ed in ispecie su quella parassita della Fava. Palermo 1880) trovò : 1.° Che 1’ a- zione del sale è assolutamente locale, e perciò non produce che la mortificazione di quell’organo o porzione di organo sul quale esso viene in preciso contatto : 2.° Che questa azione locale non riesce. a distruggere completamente i tessuti, se non quando è accompa- gnata dall’azione dell’acqua e da quella della luce diretta dei raggi solari. Perciò tale autore propone di recidere ciascun fusto di 0- robanche, al suo primo apparire, gettandoli tosto nel fuoco. Così, se non si salvano le fave del medesimo anno, si impedisce che nuovi semi cadano nel terreno a danno delle successive colture. La distruzione poi, col fuoco, delle Orobanche appena raccolte, si | ritiene necessaria, continuando esse a vegetare anche dopo recise, per cui possono ancora maturare frutti e semi. Il CarurL (Sull’Orobanche della Fava. Firme 1894) crede | miglior partito, massime quando |’ infezione è molto estesa, di a- stenersi, per almeno due anni, dal coltivare fave nello stesso cam- po e nel medesimo tempo di non coltivarvi altre Leguminose. In ‘tal modo ritiene che la maggior parte dei semi di Orobanche a biano a perdere la facoltà germinativa. Però questo sarebbe pooo; efficace, in seguito alle osservazioni del PassERINI, dalle quali. ri- sulta che i semi di Orobanche della fava , (CORBErTARO la loro # coltà germinativa per otto a dieci anni e IN GRIMALDI _Pe Orobamche delle Fave, In Nuovi Annali ORIENTE RIS I TA Sg o Hc ROSIE 5 TESI RIZIE di Agricoltura Siciliana. Anno IX. fasc. III. 1898, p. 152-167) i è pure occupato molto di questa questione, senza però riuscire a trovare un rimedio efficace. Egli anzi conclude che « nessun ri- medio è noto per liberare con sicurezza e con poca spesa i terreni fortemente infestati dall’Orobanche ». Consiglia egli pure la estir- pazione della Orobanche , prima che si raccolga la fava, la quale estirpazione, poco dispendiosa, dice riuscire « efficacissima ad im- pedire che il terreno si infesti, ed a liberare i terreni poco infe- stati » Il VENTRI (Rimedio contro l’Orobanche delle Fave. In Nuovi Annali di Agricoltura Siciliana. Anno X. fase. I. 1899. p. 53-57). invece ritiene più pratico attenersi a speciali cure colturali. Egli anzitutto insiste perchè si usi solo concime proveniente da centri non infetti dall’Orobanche, per non diffondere i semi di questa con gli stessi concimi: poi suggerisce di seminare la fava a formelle, interponendo il semi fra due strati del detto concime, ed evitando la rivoluzione delle zolle sovrapposte alle stesse formelle per col- marle. In tal modo ritiene che le radici della fava , estendendosi fra il concime, difficilmente arrivino agli strati del terreno conte- | nenti semi di Orobanche, quindi l’infezione diviene assai più dif- cile. Il FANALES (Le Orobanche delle Fave. In Nuovi Annali di Agricoltura Siciliana. Anno XVII. fasc. IV. 1906. p. 2 13 - 229) tratta della medesima questione, suggerendo egli pure l’estirpazio- ne dell’Orobanche, massime nei terreni ove l’infezione resta limi- tata. Nei terreni poi fortemente infetti vorrebbe si seminassero per più volte di seguito fave da sovescio, assai fitte, per indurre i se- mi dell’Orobanche a nascere : sovesciando le fave assai per tempo si distruggerebbero anche le Orobanche prima del loro completo. sviluppo, e così il terreno dovrebbe restarne liberato, mentre con lo stesso sovescio verrebbe disposto a ricevere colture di cereali. Infine LOTRIONTE (Attenuazione dei danni delle Orobanche nelle Fave. In Nuovi Annali di Agricoltura Siciliana. Anno XIX. fasc. II. 1908. p. 80-103) in seguito a molte osservazioni ed espe- rienze, propone di seminare la fava assai profondamente, affinchè le sue radici si estendano negli strati del terreno non inquinati dai semi di Qeonancha operando in tal modo avrebbe avuto buoni risultati. Molti altri autori hanno trattato di questa questione, ma cre- diamo inutile andare oltre nelle citazioni, tutti ripetendo le me- desime cose, cioè sapone delle Orobanche e seminagione- pro- fonda delle fave. 24 Nuove esperienze iniziate per impedire lo svilup- od dell’Orobanche.— Tutti i rimedi fin qui proposti dagli au- tori, come si è detto, si riducono a pratiche agrarie atte ad allon- tanare dai campi di fava le Orobanche prima della loro fruttifica- zione, ed a porre le fave stesse in condizioni tali che le loro ra- dici non arrivino agli strati del terreno maggiormente infestati dai semi di Orobanche, ma fin qui nessun rimedio fu proposto atto ad uccidere i semi d'Orobanche esistenti nel terreno e così liberarne definitivamente il terreno stesso. Infatti, con le pratiche agrarie suddette, il terreno non resta liberato dall’ Orobanche, ma i semi di questa, che persistono nel terreno, rappresentano un pericolo costante per le successive col- tivazioni di fave, sapendosi quanto dura a lungo il potere germi- nativo dei semi di Orobanche. Anzi con le successive lavorazioni agrarie, questi semi verranno sempre maggiormente mischiati e diffusi nel terreno, per cui riuscirà vieppiù difficile di evitarne il contatto con le pianticelle di fava. Perciò risolsi di iniziare esperienze per trovare un metodo pratico e sicuro atto ad uccidere i semi di Orobanche esistenti nel terreno. Scartato l’uso di sostanze tossiche, di dubbia efficacia stante la durezza degli integumenti seminali delle Orobanche, mi attenni ad un altro metodo. Mi basai cioè sul fatto, bene accertato, che le Orobanche germinano solo quando i loro semi giungono a con- tatto con le radici delle piante nutrici. Non è ancora bene stabilito per quali cause ciò avvenga, ma quasi certamente dipende da par- ticolari sostanze che le radici delle piante nutrici secernono durante la loro vegetazione. erciò, per mezzo delle stesse piantine e radici di fave, composi estratti e gelatine, a vario grado di concentrazione, con le quali bagnai il terreno, in cui aveva già mischiato numerosi semi di O- robanche della fava. Queste gelatine furono pure somministrate in terreni già infetti da diverso tempo dall’ Orobanche, nei quali si era dovuto abbandonare la coltura delle fave, appunto per la grande diffusione che ivi aveva assunto la stessa Orobanche. Il concetto di questi esperimenti fu quello che nelle radici e nelle piantine delle fave, ed in genere di tutte le altre Leguminose su cui vive. parassita l’Orobanche, debbano contenersi sostanze speciali, certa- mente a noi non ancora chimicamente note, le quali sole saranno atte a promuovere l’istantanea germinazione dei semi dell’Oroban- che. L’ intento dunque era quello di provocare mediante 1’ e-- stratto o la gelatina una sollecita germinazione degli stessi sem 26 seguita naturalmente dalla pronta morte delle pianticelle, che non trovavano radici di fave cui aderire. Lo scopo si può dire raggiun- to : infatti seminate dappoi nello stesso terreno fave, queste si svi- lupparono normalmente, senza che neppure una sola Orobanche venisse a molestarle. A questo punto. sono le mie esperienze, e tutto lascia sperare che con un tale metodo si potrà facilmente liberare dall’Orobanche i campi che ne sono infetti. Mi limito per ora a questo semplice accenno , giacché occorrono tuttavia replicate prove in terreni di- versi per meglio stabilire la formula più esatta da adottarsi , e-di queste, che pure ho già iniziato, in vasta scala renderò conto in una successiva comunicazione che sarà seguito alla presente. Distruzione dell’ Orobanche, mediante i suoi naturali nemici.—Attualmente, massime negli Stati Uniti di America, si è escogitato un nuovo metodo di lotta contro gli in- setti nocivi e contro le piante infestanti, il quale metodo ha già dato in molti casi ottimi risultati. Consiste nel ricercare i naturali nemici degli insetti nocivi o delle piante infestanti, sieno altri in- setti oppure crittogame, e favorirne in tutti i modi la loro molti- plicazione, mettendoli in grado di distruggere la maggior possibile quantità di detti insetti o di dette piante nocive. Un esito assai soddisfacente si è avuto introducendo e moltiplicando i naturali nemici di alcune Cocciniglie degli Agrumi, come pure quelli della Diaspis del Gelso : parimenti nelle Isole Hawai èi è ottenuta la distruzione di una pianta fortemente infestante, una specie di Lantana, mediante l’introduzione di alcuni insetti che ne facevano loro cibo. Perciò è da pensare che , anche per l’ Orobanche della fava, Possa essere possibile introdurre e propagare qualche parassita , insetto o crittogama , atto a distruggerla. Mancano però fin qui notizie precise sopra qualsiasi parassita di questa pianta. Solo il GRIMALDI (op. cit. p. 166) dice di aver osservato le larve di un lepidottero a rosicchiarne le capsule e nota ancora esistere dei pic- coli vermi (anguillule) che attaccano la base della stessa pianta : però egli aggiunge che raramente questi ultimi arrivano a far mo- rire la pianta stessa prima che fruttifichi: la loro azione quindi è di poca importanza per il nostro scopo, Sarebbe tuttavia necessario fare più minute indagini, massime fuori di Sicilia, negli altri paesi ove questa Orobanche è frequente, per riuscire a trovare qualche parassita di sicura efficacia. Pari- menti si potrebbero rintracciare i parassiti propri di altre specie 26 di Orobanche, affini a questa, e tentare di assuefarli a vivere sulla stessa. — Mediante simili ricerche forse si potrebbe riuscire a qualcosa di pratico, ma occorre lungo tempo per accertare la reale azione ed efficacia di ogni parassita, mentre urge provvedere con pre- stezza, stante la gravità dei danni che ogni anno produce questa Orobanche in Sicilia. Per tale considerazione ritengo meglio atte- nerci, almeno per ora, al metodo sopra esposto , cioè all’ inocula- zione del terreno, mediante sostanze atte a promuovere una solle- cita germinazione dei semi di Orobanche. DorTtoR S. SIRENA. NOTE DI TERATOLOGIA Descrivo alcuni dei casi teratologici che in vari anni ho a- vuto occasione di osservare, sembrandomi che taluni di essi potes- sero interessare. L’elenco che segue è distribuito per categorie, formate a seconda delle interpretazioni che ho creduto di dover dare a ciascuno dei fatti osservati. Atavismi. 1. Rosacee. Rosa sp. a calice fogliaceo. È un ramoscello normale in tutte le sue parti: solo nel fiore si osserva che i cin- que sepali hanno ripreso la forma di foglie, conservando la lacinia- zione loro propria. — Tale fatto appoggia l’ipotesi che la formazione del calice sia dovuta ad una metamorfosi ascendente, intesa a dare ai sepali una natura direttamente fogliacea, e non una discendenza dalla corolla per sepalizzazione di petali. Ad ogni modo quest’ultima ipotesi, da taluno sostenuta, non trova egualmente ostacolo nel caso osservato, potendosi giungere alla formazione di un organo (fisiologicamente parlando) per varie vie e che quindi, se il calice ha normalmente origine dalle ultime foglie del picca florale, può anche avverarsi ch’esso si origini per sepalizzazione della corolla. i Certo che morfologicamente è da accettare di inno la pri- ma ipotesi, che è la più generale e che trova conforto nel caso os- servato 2. Cucurbitacee. Cucurbita sp. con cirri parzialmente fo- gliacei. Il cirro ha una espansione fogliare da un lato : esso è com- posto da quattro rami corrispondenti a quattro nervature di una foglia. Ma le foglie delle Cucurbitacee hanno cinque nervature : la quinta sarebbe appunto rappresentata dalla espansione fogliacea, la quale completa la disposizione a cinque rami sul cirro medesimo. conferma di ciò sta il fatto che, inferiormente al punto d’at- tacco del lobo fogliare, il cirro mostra’ al microscopio cinque fasci fibro vascolari, mentre che superiormente se ne trovano soltanto quattro. È evidente che uno dei nervi abbia dato luogo alla espan- sione fogliacea. iò, nel mentre. conferma la natura fogliacea dei cirri, in qual- che modo esclude che la formazione di essi possa essere dovuta a peduncoli florali. Ascidi fogliari. 3. Auranziacee. Citrus abyssinica, RiccoB. In un indivi- duo coltivato in vaso ho riscontrato un bellissimo caso anomalo, in una foglia terminante con ascidio. La foglia è di forma normale » ma apicalmente porta una se- conda fogliolina, molto più piccola, foggiata ad ascidio. Siccome le foglie di Citrus sono articolate sopra un picciuolo più o meno alato, può ritenersi che questa anomalia sia dovuta a tendenza di ripetere in alto l’articolazione normale del picciuolo, e che la fogliolina così formata bbia preso la forma di ascidio, pro- babilmente per insufficienza di nutrizione. 4. Geraniacee. Pelargonium macranthum, SWEET. Gene- ralmente gli ascidi si debbono a modificazioni di una sola foglia. Nel caso presente sono due foglie che, avvicinate e saldate assie- me per sinfisi nella regione del picciuolo, hanno dato luogo all’a- | scidio. La formazione di questo è dovuto specialmente ad una delle due foglie, rimasta più piccola, mentre l’altra si è svilup- pata normalmente. Il fatto che la foglia meno sviluppata ha dato luogo all’asci- dio potrebbe far pensare che la sua origine si dovesse ad una de- SR RIST a O a RE ; È 3 SARE 1 TORI AR Re SITA E RIA I LARIO, GER GI di ORIO RT 1 VIE NS IDENRO ‘29 ficienza di nutrizione, cosi come nella maggior parte delle. piante carnivore le foglie sono foggiate ad ascidio. 5. Ulmacee. Ulmus campestris, Linn. In un ramoscello tutte le singole foglie presentano i lobi basilari confluenti e sal- dati, in modo da formare una sorta di imbuto ad ascidio. ; In alcuni anzi, nel punto di saldatura si è costituito un nervo suturale, forse dovuto alla fusione dei due nervi proprii dei lobi basilari. Virescenza. 6. Composite. Bellis perennis, Linn. In una calatide te- ratologica i fiori del disco hanno preso molti caratteri dei fiori fem- minei circostanti. La corolla da gialla é divenuta bianco - rossa- stra (colore incompatibile col giallo): essa è spaccata e non tu- bolosa. Il suo lembo ligulato invece di essere intero, come quello» delle corolle esterne, è costantemente tripartito, mostzantosi quindi tripetalo. Quest'ultimo carattere decide per la natura tripetala delle co- rolle circonferenziali delle Asteree, ottenuta mediante l’ aborto di due petali interni. Sarebbe quindi da ritenersi che le Asteree fos- sero derivate dalle Composite bilabiate. 7. Composite. Centaurea calcitrapa, Linn. Dalla cala- tide anzi che uscirne i fiori, escono rami vegetativi, più o meno abbreviati, con numerosissimi fillomi, i quali presentano tutti i passaggi dalla forma delle vere brattee involucranti a quella delle vere foglie vegetative. 8. Ombrellifere. Daucus sp. In due infiorescenze tutti i fiorellini dell’ombrella presentano costantemente i petali sepaloi- dei e meno sviluppati che normalmente Fasciazione. 9. Composite. Felicia angustifolia, NeES. Sono due rami che presentano un appiattimento lungo 5 mm. che si conti- nua lateralmente in altre calatidi, le quali tuttavia nulla presentano di anormale: le foglie cauline sono però più piccole e quasi in- tiere. L'esame al microscopio conferma trattarsi di una fasciazione, -10. Mirtacee. Melaleuca sp. Un ramo tripartito con fa- sciazione evidentissima e molto appiattito. Una delle divisioni pre- senta torsione elicoidale notevole. Mancano completamente le fo- glie, delle quali non si scorge che l’inserzione. 11. Onagrariacee. Epilobium angustifolium, Linn. Tanto il ramo, che le sue diramazioni sono fasciate. Nulla di anor- male si osserva nei fiori e nelle foglie. 12. Ranuncolacee. Ranunculus bulbosus, Linn. Caule enormemente fasciato e slargato, al punto da divenire di consistenza fogliacea, misurando di larghezza 22 mm. ed appena uno di spes- sore. Anche i peduncoli florali sono fortemente fasciati. 13. Rosacee. Brayera anthelmintica, KuNntH. Un esem- plare proveniente dalla Colonia Eritrea presenta il fusto, largo al- meno tre centimetri, appiattito, con foglie quasi rudimentali: in alto ho notato un marcato.accenno a bipartizione. È un caso di fasciazione non mai notato nel genere Brayera. Sinfisi. 14. Cicadee. Cycas circinalis, Lin. In un cono maschile molto ricco di fillomi ed assai compatto ho trovato numerose squa- me più o meno saldate insieme, per le quali spesso la duplicità era unicamente riconoscibile dal loro apice bipartito. «Che si tratti di sinfisi è dimostrato specialmente dalla grande compattezza di tanti organi in uno spazio cosà ristretto. Anche la disposizione fillotassica conforta tale ipotesi, tanto più | che la maggior parte delle squame anormali si trova alla base del cono, dove la pressione degli organi laterali riesee maggiore. Alcune poi sono appena visibili per una brevissima bipartizio- ne apicale, si che possiamo ritenere come in altre, di origine pure duplice, anche questa bipartizione sia scomparsa, in modo da non potersi più distinguere dalle squame semplici, cioè formate in ori- 2 . gine da un sol filloma. Ciò può farci ritenere come in alcuni casi certe anomalie fil- lotassiche pa procedere dalla sinfisi di due fillomi contigui. 15. Com posite. Tararacum sp. Sono due calatidi vici- nissime all’ apice di unico scapo. Forse si tratta di due ione scenze distinte, confluenti e saldate per gli scapi. : 31 16. Corilacee. Corylus Avellana, Linn. Saldatura dei due lobi basilari in modo che il lembo risulta peltato : forse questa disposizione dimostra la possibile origine di ascidi fogliari, cioé per confluenza e saldatura dei lobi basilari e non tr infossamento del lembo stesso. 17. Crocifere. Brassica sp. Sono due foglie i cui pic- ciuoli crescono saldati intimamente fra loro per una certa lun ghezza, per poi ritornare isolati e distinti. 18. Geraniacee. Pelargonium zonale, L’HerIT. Sono due fiori saldati per la regione del peduncolo, ma nel resto liberi, come lo dimostra la presenza di due talami distinti, ognuno con androceo e gineceo separato. Probabilmente questo caso di sinanzia è dovuto allo eccessivo numero di fiori in una infiorescenza assai compatta, per cui alcuni di essi ebbero nel loro primo sviluppo una parziale concrescenza Le osservazioni fatte al microscopio mi hanno assicurato sulla natura di tale concrescenza : i due fasci fibro-vascolari sono perfet- tamente separati, fra loro ed individualizzati, immersi in un pa- renchina ad elementi tondeggiati. Ciò esclude in modo assoluto la possibilità di uno sdoppia- mento 19. Leguminose. Soja hispida, MoencH. Un frutto di questa specie presentava due carpidii perfettamente saldati fra loro. Ho voluto aggiungere questo esempio ad altri già conosciuti, come materiale in favore dell’ipotesi di discendenza delle Leguminose monocarpidiate da tipi bicarpidiati. 20. Leguminose. Vicia Faba, Linn. Varie foglioline sal- date fra loro a due o a tre per formare unica foglia con picciuolo fasciato. 2. Lardizabalacee. Akebia quinata, Buoni Le foglie di questa specie sono di solito formate da cinque foglioline, asa) gamente picciuolate, partenti da un punto, in modo da assum l’apparenza di foglie peltate. In un individuo di questa specie ho potuto osservare una foglia . nella quale due delle foglioline avevano i loro picciuoletti saldati. A assieme, formando unico picciuolo. Trattasi certamente di una sin- > fisi nè credo po esservi dubbio, come nei pretesi casi di sinfisi in foglie semplici, potendosi ritenere si tratti di fillomi distinti, soverchiamente avvicinati ; siamo di certo in presenza di due lobi contigui di foglia composta saldati insieme nella regione dei loro piccioletti. ; In altra foglia dello stesso esemplare ho potuto osservare sei foglioline invece di cinque: due di esse sono assai piccole, ma non è a ritenersi che derivassero da uno sdoppiamento di sola una fogliolina giacchè le due foglioline occupano una posizione diame- tralmente opposta fra loro. ‘interpretazione di questo caso non è troppo facile : io ho notato solo che una delle foglioline piccole, che dalla posizione e forma del picciuolo parebbe essere la mediana, è anormale ed asim- metrica, il che farebbe credere alla formazione di una fogliolina soprannumeraria quasi compenso del mancato sviluppo di quella normale, 22. Rosacee. Rosa sp. Sinfisi di foglioline, avvenuta in modo che nel complesso la foglia assume forma di una foglia nor- male nella quale per compressione si siano saldate le -singole fo- glioline. i Il contorno della foglia si mantiene quindi simile al normale; con la differenza che le singole foglioline, anzi che essere libere, sono saldate intimamente in un sol pezzo. e stesse nervature decorrono indipendentemente fra loro. 23. Rubiacee. Rubia peregrina, Linn. Importante caso di sinfisi nelle stipole che potrebbe dare una spiegazione in qual che caso di foglie suprannumerarie. n La saldatura delle stipole è tale di fatto da riuscire una buo- na imitazione di foglie normalmente sviluppate. Sdoppiamenti. 24. Asclepiadee. Asclepias syriaca, Linn. Bellissimo caso si sdoppiamento, al quale prende parte quasi tutta la lamina fogliare ; la nervatura mediana di fatto percorre breve tratto della lamina e poi si biforca a piccolo angolo. In corrispondenza allo sdoppiamento il margine fogliare assume una sinuosità per allar- garsi di nuovo e formare poi il doppio lembo, corrispondente alle due diramazioni della nervatura primaria. La foglia assume dunque due apici disuguali, a forma di V. 33 25. Borraginee. Pulmonaria officinalis, Linn. Fiore con ovario quasi doppio, cioè a 6 lobi, anziche a 4, mentre lo stilo resta unico. Probabilmente ciò è dovuto allo sdoppiamento di uno dei due carpidi componenti normalmente il detto ovario. Potrebbe anche darsi si trattasse di una sinanzia di due fiori distinti, ma dal complesso è da preferirsi la prima ipotesi. 26. Calicantacee. Calycanthus floridus, Linn. Sono fo- glie duplicate e triplicate. Dal comportamento delle nervature di queste foglie si arguisce doversi trattare di veri sdoppiamenti, cioè di nervature secondarie che, acquistando forza da SOUREIRIO la mediana, costituiscono apici equivalenti. . Celtidee. Celtis australis, Lixx. Di foglie, tolte na Nest ramo, presentano un duplice apice, con una delle punte maggiore dell'altra. Per questo carattere sembra più verosimile l’ipotesi che si tratti di un genuino sdoppiamento e non di sinfisi. Come è noto le foglie di Celtis presentano, partenti dalla stessa base, tre nervature primarie, o quasi di egual forza, di cui la mediana termina nell’a In una di queste foglie si resta quattro nervature e non tre partenti dalla base; le due interne cortituiscono i due apici. Nel- l’altra foglia pattino dalla base tre sole nervature, ma la mediana tosto si biforca, restando però uno dei ‘rami più laterale e più de- bole; queste due costituiscono i due apici, di cui uno più robusto e mediano, l’altro più debole ed alquanto laterale. Questo conferma in modo evidente trattarsi di sdoppiamento e non di sinfisi. 28. Chenopodiacee. Atripler patula, Lixn. Foglie bi e trilobate. I lobi corrispondono sempre alle nervature principali, | derivanti dalla suddivisione di quella Sirena 29. Cucurbitacee. Coccinia palmata, Coax. In una foglia | di questa specie ho rinvenuto una anomalia : essa presenta due | apici distinti e la partizione del lembo si prolunga fin verso il | picciuolo. Ciascuna metà ha un solo lobo laterale e non due. Ciò | fa ritenere si tratti dell’ aborto del lobo mediano, forse per cau- sa traumatica, con risultante di un falso (?) SIR ERIRA fo- gliare, 30. Cupolifere. Castanea vesca, GAERTN, In questa. foglia * 59 ho. 34 a bipartizione della nervatura mediana è accompagnata dalla forma- zione di due lamine fogliari, separate fra loro fino al punto di se- parazione della nervatura primaria. Nei casi precedenti invece i due lobi risultanti rimanevano saldati. 31. Dipsacee. Dipsacus silvestris, MiLL. La nervatura me- diana, a metà della sua lunghezza, si sdoppia in due, e dà luogo a due v lobi separati, ciascuno dei quali presso l’apice si sdoppia ancora, ottenendosi così una duplicazione ripetuta. 32. Felci. Chenopodium officinale, Lixn. In questo caso la nervatura mediana sdoppiata dà luogo a due altri nervi, dei quali uno solo si sdoppia ancora, in modo che in definitiva la foglia assume. tre apici. 33. Gigliacee. Lachenalia pallida, Arr. Mentre l’infiore- scenza di questa pianta è normalmente semplice, nelcaso da me 0s- servato si avvera, ad una certa altezza dallo scapo, la produzione di altri quattro rami o nuovi scapi, quasi di eguali dimensioni. È supporsi che nel primo suo sviluppo lo scapo risultasse apicalmente spezzato , per cui all’ ascella dei fillomi (brattee) immediatamente sottostanti alla rottura, si svilupparono nuove gemme allo scopo di reintegrare la parte asportata. i 34. Labiate. Salvia glutinosa, Linn. Due lobi, nella me- desima foglia, quasi eguali, saldati fra loro, tranne che per gli pici. Lo sdoppiamento della nervatura si verifica a metà circa della sua lunghezza. di In altro caso della stessa specie lo sdoppiamento si avverav alla base, in modo che la foglia risultava con due nervature prin: .. cipali. x i % 85. Laurinee. Laurus nobilis, Linn. Notevole in quest foglia la divergenza quasi ad angolo retto della nervatura latera proveniente da sdoppiamento della primaria. La foglia assume quit di un aspetto completamente asimmetrico. 36. Leguminose. Vicia Faba, Linn, Trattasi di una fo portante all’apice una sola coppia di foglioline, ognuna profondameni bilobata e terminante in mucrone: i loro lobi sono però asim 35 presenta al microscopio in sezione trasversale alcun indizio di fu- \. sione; inoltre alla base del picciuolo stesso si trovano le due sti- o normali, le quali avrebbero presentato qualche particolare anomalo , ove si fosse trattato di un duplice picciuolo saldato per sinfisi. i Devesi quindi ritenere si tratti di un principio di sdoppia- mento , raggiunto solo in parte, giacchè le due foglioline di cia- ; scuna coppia laterale si sono saldate assieme , simulando una fo- gliolina biloba. Ciò è confermato dal fatto che ciascun lobo termina , con un brevissimo mucrone, mentre rappresenta con tutta proba- bilità quello terminante le foglie normali di Vicia Faba. 37. Menispermacee.Cocculus laurifolius, D.C. Potrebbe dirsi una foglia nella quale si sia parzialmente atrofizzato il nervo mediano, giacchè esso non termina con alcuno dei due apici, ma finisce nel seno formato da essi. In altri termini sono due nervi primari che sì partono dal picciuolo con due apici corrispondenti. 38. Moracee, Morus alba, Linn. Fin dalla base il picciuolo si sdoppia per dar luogo a due foglie, quasi del tutto libere fra loro, tranne che. per breve tratto verso la base 39. Oleacee Olea europea, Linn. Le nervature secondarie sono atrofiche : solo due nervature, di pari forza, danno luogo a due lobi, con profondo seno divisorio. 40. Ranuncolacee, Ranunculus vluititai TEN.Ssono due fiori quasi allo stesso livello in cima ad un solo asse fiorale. È dubbio però se piuttosto che duplicazione si tratti che l’ un fiore termini realmente l’asse primario, mentre l’ altro sia un fiore laterale svi- luppatosi quasi allo stesso livello dell’altro. Sarebbero cioè due fiori di due assi successivi confluenti ad una | medesima altezza. In uno dei fiori notasi inoltre un sepalo trifido. Ciò tenderebbe duale ad accrescere il numero degli organi. Al. R osacee. pe avium, Hosnort. ‘Da un brachiblasto Trattasi denti di un caso di Saponi SERI a confermare lo sdoppiamento , ammettendo una tendenza eee, i tamente raggiunto , an Snmnon cn ola: asa del vi mnenagi i è : 86 con iipetizione parziale del brachiblasto , dal quale appunto pren- dono origine i due nuovi peduncoletti. pi 42. Solanacee. Cestrum Parqui, L’HrRIT. Sdoppiamento® fogliare con doppio apice. Sviluppo normale nelle nervature secon- ì 43. Ulmacee. Ulmus campestris, LINN. Le foglie tutte di un intiero ramo tendono nella metà superiore a sdoppiarsi mercè la for- mazione di due nervature quasi di egual forza; ma la scarsezza di nervature nel lembo intermedio e specialmente la posizione laterale di una delle nervature nella foglia superiore induce a credere si tratti veramente di uno sdoppiamento, per cui una nervatura la- terale è divenuta di egual forza della primaria. | Ciò è confermato dalla fillotassi che non trovasi alterata. 3 Questi sdoppiamenti , tenendo conto dello sviluppo delle ner- i vature mediane in opposizione alle secondarie, possono interpretarsi quale una conseguenza di minore sviluppo di una parte della foglia in confronto alle altre, donde una prominenza in corrispondenza delle nervature principali. Si tratta quindi di una differenza di sviluppo più che di una moltiplicazione vera e propria. Riduzione del numero degli organi. 44. Euforbiacee. Ricinus communis, Linn. In un esem- plare in piena terra ho potuto constatare la presenza di molti frutti bicarpidiati e di conseguenza VIRA e non tricarpidiati o tri- cocchi, come nel caso normale. Seminai due anni or sono alcuni dei semi tolti da frutti bi ‘| carpidiati e ne nacquero piante a frutti bicarpidiati in numero maggiore che nella pianta madre, mostrando come tale anomalia si sarebbe potuta fissare per doi A questo riguardo giova. aggiungere come altre Euforbiacee portino normalmente frutti bicarpidiati , «come ad esempio i Mer- curialis. i 45, Primu Ta acee. Primula Sa Hit. Fiore tetramero anzi che pentamero con calice Fogliata: si Aumento del numero degli organi. 46. Amarillidee, Crinum sp. Tntanpuibi so di pre Gi; 1 3a . 37 lificazione florale. In un fiore il perigonio si presentava composto di sette fillomi petaloidei, il più esterno di essi è il più largo e membranaceo : l’androceo formato di sei stami, ma lo stilo e lo stimma avevano uno sviluppo minore dell’ usuale. Alla base del primo filloma sorgeva un nuovo fiore, assai più piccolo, con ovario normale, ma con perigonio ed androceo in parte abortivi. Ciò di- mostra come all’ascella di ogni filloma, anche di quelli ni possano sempre potenzialmente originarsi nuove gemme, capaci dare origine a nuovi fiori. 47. Asclepiadee. Sfapelia sp. Vi notai un fiore, anzi che pentamero, trimero. Nessun dàto autorizza a pensare ad una si- nanzia di due fiori vicini. Probabilmente si tratta di una moltipli- cazione delle parti fiorali. . Composite. Corcopsis sp. Caso curiosissimo di proli- ficazione florale di interpretazione assai dubbia. Tutti i fiori della calatide hanno assunto uno sviluppo inso- lito, con un lungo pedicello, sì che la calatide risulta trasformata in un vero ombrello semplice. I fiori interni si presentano semplici e tubulosi; quelli esterni invece terminano ognuno in una nuova, piccola, incompleta cala- tide, che nella parte superiore del suo pedicello porta a guisa di brattea un filloma con 3-5 lobi, AdS, simile in tutto alle corolle normali, ligulate. Ciò potrebbe indicare come l’origine morfologica di tali corolle | fosse monofilla, secondo le antiche vedute, ma forse è più esatto il credere che il verticillo corollino sia stato spostato lateralmente . in conseguenza della sua zigomorfia, mentre l’asse florale, per un . eccesso di prolificazione, continuava il suo incremento, ripetendo la formazione di una nuova calatide. 49. Gigliacee. /emerocallis hybrida, Horr. Presenza di un fiore eptamero, anzi che esamero. È un caso di eteromeria florale | per questa specie non ancora segnalato. Lo sviluppo dei sette fillomi tepaloidei e dei sette stami è del tutto normale. 50. Iri dee. Crocus longiflorus, RAFIN. Fiore con otto tepali: |. nel resto è normale. V°è una tendenza al passaggio dalla simmetria trimera a quella pentamera. 5I. Rosacee. Rhodotypus kerrioides, SteB. et Zucc. Va un carpidio sopranumerario , giacchè da quattro in due coppie . decussate sono cinque, sebbene uno di essi assai ridotto. Anche la relativa fillotassi trovasi alterata, passando necessa- riamente alla quintonciale. 52. Rosacee. Cerasus avium, MoENcH. Si tratta di un doppio pirenio, probabilmente proveniente da una sinanzia di due fiori, con fusione incompleta dei rispettivi ovari. Anomalie morfologiche. 53. Araliacee. Hedera Helix, Linn.Numerose foglie irregolaa- mente lobate e partite. Una di esse presenta un lobo fogliare sul mar- gine laterale della foglia, quasi fosse una piccola escrescenza. Penetra in essa una delle nervature laterali biforcandosi a sua volta. 54. Cucurbitacee. Thladiantha dubia, NAauD. Offre un caso di asimmetria fogliare. Due foglie, tolte dallo stesso ramo, presentano uno dei lati normalmente sviluppato e l’altro anormale, quasi abortivo, si che la foglia risulta asimmetrica e curva verso il lato deficiente, come avviene normalmente in qualche Begonia. Le cause, forse trauma- tiche, di.tale anomalia sono dubbie, ma interessa segnalare come siasi ripetuta in due foglie dello stesso ramo, ciò che potrebbe far ritenere che la causa avesse agito sulla gemma, quando le singole foglie si accingevano al loro sviluppo. 55. Crassulacee. Kalanchoa longiflora, Hort. I fiori di questa specie sono normalmente tetrameri, cioè con quattro sepali, quattro petali e quattro stami, e perfettamente actinomorfi. L’esemplare anomalo in parola presenta due soli sepali nor- mali e due petalizzati, di cui uno breve lesiniforme , l’ altro più allungato liguliforme. Quest’ ultimo ha però contratto una breve aderenza con il tubo corollino ed appunto in sua corrispondenza il tubo stesso si mostra intaccato ed aperto, mentre il lembo è dive- nuto un poco zigomorfo e gli stami didinami. Questo caso di dialipetalia postuma incompleta può venire con- siderato per chiarire in alcuni casi l’origine della zigomorfia e con- seguentemente della didinamia. 39 56. Leguminose. Vicia Faba, Linn. In alcune culture selezionate di Vicia Faba ho notato un individuo con fiori colo- rati in violaceo, che in gran parte presentavano varie anomalie, che descrivo Un fiore con tre pezzi liberi di carena » > con due vessilli » >». con tre ali » » con due vessilli e tre.ali » » con vessillo bipartito » >» con due vessilli uniti per la base e carena di tre pezzi saldati assieme » >» con carena di quattro pezzi, due liberi e due saldati » » con due vessilli e carena di quattro pezzi tutti liberi. Queste anomalie potrebbero confermare la supposizione che la Vicia Faba derivi da specie a fiori colorati, sapendosi come spesso le teratologie sieno accompagnate dalla ricomparsa di caratteri atavici. È glie laciniate: queste presentano tutti i gradi possibili di divergenza nei loro lobi, alcuni tendono a dividersi profondamente fino ad as- sumere il grado di foglie composte, altri tendendo ad abortire, in modo che alcune foglie risultano asimmetriche e con un numero minore di lobi. Queste anomalie trovano un riscontro con quanto avviene normalmente in molte altre malvacee , come nel genere ibiscus, assai affine ai Gossypium. È questo il primo caso di Mrnana segnalato nei cotoni. Anomalie nella fillotassi glia ogni due nodi. ri _ 59. Genzianacee. Erythraca Centaurium, ben Le foglie 57.Malvacee. Gossypium p ianum,Cav. Individuo a fo- - 58. Îuiorbiacee. Bucue sempervirens, Li . Foglie ora z opposte, ora alterne. Questa anomalia è dovuta ad sro s una fo- 1, a base sono a coppie: più in alto assumono | la fillotassi terna. 60. Labiute. Teucrits Chamaedrys, Linn. Fillotassi trifilla.. 40 Anomalia fisiologiea. 61. Leguminose. Phaseolus lunatus, Liyn. Alcuni indi- vidui di questa specie presentarono semi che iniziarono la loro ger- minazione dentro il legume, e prima della loro completa maturazione, forse a causa dell’ umidità atmosferica e dell’ abbondante vegeta- zione circostante che abbia impedito una buona aerazione ai sudetti legumi. C. TROPEA, Le Querci della Flora Italiana Rassegna descrittiva Da circa trent'anni vado raccogliendo documenti per la reda- zione di una rassegna monografica delle Querci italiane. Una parte del materiale proviene dalle mie stesse raccolte ed escursioni bo- taniche. Il più importante contributo debbo però alle collezioni dell’Istituto ed Orto Botanico di Palermo, le quali per opera prin- cipalmente dei miei predecessori, VixcENZo TIinEO ed AGOSTINO Toparo , sì sono considerevolmente accresciute di un materiale | preziosissimo in fatto di Querci siciliane. Il TODARO specialmente, attratto da particolare simpatia verso questo genere di piante, in- viava a più riprese in varie parti dell’Isola abili raccoglitori, quali i due CITARDA, il REINA, il BONAFEDE, e si mantenne per tanti anni in continua relazione con intelligenti ed appassionati botano- fili, fra cui basti citare il Dr. Minà PaLumBo di Castelbuono, molto noto per le sue benemerenze verso la Flora siciliana. Il To- |DARO ebbe anche il felice pensiero di introdurre e coltivare nel Giardino Botanico e nel vicino Vivaio Comunale un grandissimo — numero di Querci provenienti dalle diverse parti della Sicilia, sce- gliendo le forme più singolari, sicchè oggi , dopo. circa cinquanta o più anni, una ricca e variata collezione di magnifici alberi di Querci completa le raccolte dell’ Erbario e porge allo studio di. | questo genere una guida molto più sicura di quello che non po- trebbe certamente essere apprestata da’ soli esemplari allo stato Secco. so Oltre a tutti questi vantaggi mi venne anche fatto di estendere le mie osservazioni al materiale di altre parti d’Italia, proveniente in particolare dagli Erbarii dei principali Istituti Botanici italiani, tra i quali mi è caro di rammentare, con gratitudine verso i Col- leghi direttori che m’hanno gentilmente favorito, quelli di Torino, di Firenze, di Roma, di Napoli e di Catania. Con tali mezzi lo studio intrapreso é da ritenere che sia riu- scito abbastanza completo, avendo esso giovato a far conoscere una certa quantità di forme o specie nuove o almeno non ancora se- gnalate dentro i confini della Flora italiana, quali p. e. la Quercus Toza, la Q. vulcanica, la Q. Auzandri, la @. Aucherii, la @. Mirbeckii, ecc. Ma non credo che il lavoro possa dirsi egualmente perfetto, per la natura stessa dell’argomento, che è certo uno dei più difficili a causa dello straordinario, incredibile, potere di va- riazione caratteristico ai rappresentanti di questo genere; la quale particolarità, come sappiamo, trova appena riscontro in alcuni ge- neri divenuti ormai classici sotto questo punto di vista, quali p. e, Hieracium, Rosa, Rubus, ecc. Quando si può disporre, come nel mio caso, di esemplari da erbario in tanta copia e di provenienze le più disparate e rappresentanti un tipo di genere così eminente- mente polimorfo, il lavoro di coordinazione delle differenti. forme di entità sistematiche più piccole le difficoltà crescono e diventano vieppiù insuperabili. Ho sperimentato che a voler procedere oltre nel lavoro, qualunque forza di perseveranza non bastà a vincere quel senso di stanchezza che invade la mente. Si va spesso innanzi edificando con grande fatica per distruggere tosto il lavoro com- piuto, appena entra in considerazione qualche nuovo elemento o trascurato o finora ignoto. Epperò il mio studio è stato in tanti anni interrotto da lunghe pause. Perla molta esperienza acquistata mi è lecito affermare che il Genere Quercus rappresenta la perfetta negazione del concetto di specie. Quando, superate con immensa fatica le difficoltà accennate, sì riuscisse a determinare le differenze fra le moltissime forme e a graduare razionalmente i rapporti sistematici che intercedono fra le medesime e a mettere un po’ di ordine nell’ immenso caos, il risultato finale sarebbe quello che il tutto si troverà disposto in un nu- mero straordinario di gruppi dipendenti gli uni dagli altri in ordine de- crescente. Si avranno delle entità sistematiche di grado differente, sa- 43 ranno — passi la parola — specie massime, grandi, mediocri, pic- cole, piccolissime, ecc. e certamente saranno in tanto numero che il vocabolario non conterrà sufficienti termini per distinguerle e graduarne il valore. Il caso delle specie Jourdaniane trova la sua piena e massima esplicazione su questo campo. Chi volesse procedere con criterii estremamente analitici non riu- scirebbe giammai a compiere un lavoro buono e WHeGrO per le diffi- coltà che vi si oppongono. Basti considerare che non è possibile in certi gruppi p. e. in quello di Q. Robur, nel senso Linneano, trovare due individui distinti dotati di una certa discreta somiglianza così come può accadere e accade benissimo confrontando tra loro due piante distinte di Draba o di Hier acium, poichè in quest’ ultimo caso come termine di paragone entra un nnmero molto limitato di parti, mentre nel primo l’attenzione va rivolta a una immensa e numerosa massa di organi : si tratta, come sappiamo di migliaia o milioni di foglie, di ramoscelli, di peduncoli, di frutti ecc. Ep- però non può recare meraviglia di taluno, che elaborando una cer- ta monografia quercologica con criteri infinitamente analitici, sia riuscito a scoprire due differenti specie nei campioni conservati in erbario e provenienti dallo stesso individuo. Per accrescere valore a queste considerazioni debbo ricordare che trovandomi in favorevoli circostanze di luogo, ho potuto stu- diare gli individui di cinque generazioni di uno stesso albero; il più vecchio dei quali conta un’età di circa 20 anni ed era già - nuto a fruttificazione, il più giovane aveva 7 anni. Tutti offrivano delle differenze notevolissime di diverso grado fra di loro e in con- fronto coll’esemplare da cui provenivano, anche mettendo solamente a confronto le foglie. Tali differenze avrebbero giustificato la co- stituzione di qualche buona varietà. Le particolarità di questa 0s- si servazione , molto ME formeranno più tardi oggetto, di una. - | pubblicazione. In questo mio tentativo ho, cercato di mantenermi sopra una via di mezzo quanto ai criteri di delimitazione dei gruppi, così detti, di specie, anzi preferendo piuttosto di non spingermi troppo » gue nel lavoro analitico e limitare questo alla definizione delle ‘entità di ordine relativamente più elevato. Ho voluto, cioè, soffer- 3 marmi alle vette di più evidente risalto di questo immenso e multi n forme rilievo che ci rappresenta, nei loro naturali vincoli e rap- porti di variazione, il complesso delle forme caratteristiche del | genere Quercus dentro i vasti limiti della loro sn a buzione. Limitando di tutto ata, immenso quadro i di quanto rimane compreso dentro i confini della flora italiana, non restano che poche vette di massimo risalto da percorrere e studiare determinando i caratteri e le possibili variazioni del rilievo stesso onde si abbia una idea completa delle condizioni di diffusione e dei rap- porti che legano fra di loro le molte forme di Querci italiane. Tale studio ci permette a prima giunta di aggruppare in 8 tipi distinti tutte le forme di Querci nostrane, ogni tipo essendo suscettivo di rappresentare e concretare nel suo insieme la fisionomia generale di una stirpe di specie o una specie in un senso molto largo Secondo il mio avviso, le stirpi delle Querci italiane si ridu- cono alle seguenti : 1 1.° Q. RoBur, L. Sp. pl. ed. I, pag. 996. Stirpe eminente- mente nordica; è pervenuta a noi divisa in due rami: quello della Q. pedunculata, Ehr. e l’ altro della Q. sessiliflora. Sm. Que- st’ultimo si è spinto ancor più dell’ altro verso l’estremo Mezzo- giorno intensificando ivi vieppiù la sua diffusione ; soggetto alle influenze del clima meridionale, si é quivi scisso in vari rami. No- tevole fra questi è quello che comprende le forme conosciute col nome di @. laruginosa, Lam. e l’altro che abbraccia le forme della Q. Toza, Bosc. Il primo dei quali nello espandersi sopra una vasta area di diffusione , ora da sè solo, ora mescolato ad altri tipi dava origine ai gruppi distinti coi sie di Q. Tenoreana, Bzì., Q. Cupaniana, Guss., Q. Ucriae, Brì., Q. vulcanica, Boiss. ecc. e forse ancora ad altri; mentre l’altro, limitato sopra una pic- cola estensione del territorio della Francia orientale e del Piemonte,. è rimasto quasi indiviso 2.° Q. LUSITANICA , Webb. nel senso Decandolleano. Stirpe soeridionalà cana dell’estremo lembo della penisola ispanica, | | °-° del Nord d’Africa, estesa fino in Oriente; la sua area geografica non comprende la Flora italiana, ma lambe appena i confini di questa,, come è provato da’ rari esemplari rinvenuti in Sicilia, uno dei quali nel mezzogiorno dell’isola, presso Sciacca. Però la influenza del tipo precedente molto prevalente in questa regione si è resa ‘manifesta in essa, determinando delle variazioni che accusano evi- denti affinità con taluna delle numerose forme della Q. giore e particolarmente colla Q. Cupaniana, Guss. 3.° Q. coNFERTA, Kit. E il tipo di una sitio di ritengo di origine caucasica 0 dell’ Asia centrale, ove ha per rappresentanti più vicini la Q. macranthera, Fisch. del Caucaso, @Q. ata, Bung. e la Q. mongolica, Fisch. della China e della Maio la Q. dentata del Giappone. La @. conferta rappresenta il tipo occidentale di tale gruppo di forme e, per il Banato e l'Ungheria, | 45 giunge sino a noi, in Terra di Lavoro ed in Calabria, toccando quivi il limite estremo della sua distribuzione geografica. Non varca nella sua forma originaria lo:stretto di. Messina, ma giunge nella Sicilia coi caratteri della @Q. insularis, Bzì, che rilevano la influenza esercitata in essa dalle forme doni nell’ Isola, cioè le forme della comune @. lanuginosa. 4.° Q. ILEx, Linn. Stirpe propria del Mediterraneo, estesa dal Portogallo all'estremo mar Nero, raggiunge nei confini della nostra Flora il massimo d’inteènsità, elevandosi anche sui monti helle esposizioni apriche della regione del Castagno. 5.° Q. SuBER, L.; tipo eminentemente meridionale, più spe- cialmente della nine litorale e delle Isole delle parti centrali ed occidentali del bacino del Mediterraneo ; non oltrepassa, verso o- riente, le coste dell'Albania e comprende nella sua area geografica anche l'Algeria. Come tipo relativamente poco esteso, si presenta abbastanza omogeneo e solamente la possibilità di ibridismi con la Q. Cerris o.con la Q. Ilex dà luogo a variazioni che rispondono al carattere delle specie descritte coi nomi di Q. Pseudo - Suber, Santi e di Q. Morisîi, Bzi. Dentro i confini della sua area geo- grafica ed in contatto colla Q. Mirbeckii, Dur. fuori della nostra Flora, in Algeria ha — origine un altro ibrido, la @. numi- dica, descritta dal Tra 6.° Q. CERRIS, D = eminentemente austro-orientale della regione collina e montana ; molto diffusa e dotata di un notevole polimorfismo, si è scissa in rami di varie entità; tra cui il più im- | portante è quello che comprende le forme della così detta Q. au- striaca. È, secondo me, l’unico tipo di Quercia meridionale di ca- rattere montano e meglio atto a vivere in località distanti dal mare e sensibile al clima in tal grado che le foglie, pur dentro i ‘confini naturali della sua area geografica, cadono prestissimo al sopraggiungere dell’autunno., Sotto questo punto di vista la Q. Ro- ‘| bur presenta una maggiore adattabilità alla regione avendo essa. dato origine a tipi di forme a foglie più resistenti al clima inver-. nale del mezzogiorno. Tuttavia non mancano dentro i confini della > : - stessa stirpe esempi di forme meno sensibili al freddo, partecipanti a dei caratteri delle altre querci mediterranee; ed uno di questi. è. -. la Q. haliphloeas Guss, che va appena distinta dal Luo titolo di i varietà. (7° Q. coccrrera, L. Stirpe in modo inclini sui | i del bacino mediterraneo; la sua area di diftusione è molto più estesa ci =. di quella della Q. Suber poichè raggiunge l'estremo Oriente, de rca a non pochi gruppi di sur di variazione asian uant 46 come lo dimostrano i nomi di @. Calliprinos, Well., di Q. Pseu- dococcifera, Desf., di Q. rigida, Kotschy, ecc. La iù importante fra queste è nelle distinta col nome di @Q. Awcherii, Jaub. e Sp. originaria di qualche isola dell’arcipelago greco ed ora rinvenuta nelle Sciare di -Marsala. 8.° Q. AEGyLOoPSs, L. Tipo di stirpe per s0oalledia orientale, la sua area di dil'aîrosio è molto vasta e si estende fino agli e- stremi confini orientali della Asia Minore , della Palestina, com- prende tutta la Grecia, la Turchia, e lambe per pioesliseitio trattò i confini orientali della nostra flora, specialmente gran parte della pianura delle Puglie e la Terra d’Otranto. Estremamente variabile dentro una così vasta area di diffusione questa stirpe ha dato o- rigine a molti rampolli, di cui uno dei più importanti è quello che abbraccia le forme già descritte coi nomi di @Q. Look, @. mace- onica, Q. oophora, ece. e che possiamo benissimo indicare sotto la collettiva denominazione di Q. Libani, Oliv. Questa singolare derivazione giunge sino a noi, ma non con maggiore frequenza del tipo originario, senza però oltrepassare i limiti indicati. uantunque io abbia potuto disporre di grande.copia di ma- teriale, non sono stato in grado di compiere un lavoro critico molto esteso e profondo, come avrei desiderato, onde chiarire il valore di tante e tante denominazioni di pretese specie, onde riboccano le opere descrittive. Non v'è genere di piante ove la sinonimia non offra tanta ricchezza e tanta materia al critico quanto il Genere Quercus. Piuttosto che riferire dei sinonimi sulla fede altrui ho preferito tacere limitandomi a citazioni esclusivamente di mia pro- pria scienza nei casi in cui mi venne fatto io stesso di vedere ed esaminare esemplari autentici. Quanto poi alle citazioni delle località, ho voluto mantenermi sulle generali; se avessi dovuto tener conto di tutti i luoghi di provenienza dei moltissimi esemplari esaminati, sarebbe stato ne- cessario sorpassare i ea di brevità Ssigiol cui mi sono proposto di attenermi. AI specierum. n ‘Lebiolepiattni mihi. Styli breves apice dilatati. Toudioa + maturi ligno anni inserti. Cupula squamis membranaceis vel. tenuibus, brevibus, arcte adpressis tecta. 1° ROBUR. Folia membranacea vel SA coriacea, - A sinnato-vel laciniato-lobata , laciniis. vel lobis apice obtn- n n 47 sis, vulgo autumno caduca, nonnunquam serius vel ante novam frondescentiam. a. Ramuli, foliaque juniora, saepius etiam adulta, aut glabra vel glabrata, aut pube stellata plus minus densa cinerea induta. Cupulae squamae arcte adpressae et eius oram non superantes b. Pedunculi fructiferi plus minus elongati et graciles (formis hybridis exceptis). Glandes perfectae oblon- gae cupula duplo - quadruplo longiores; squamae ma- gna parte concretae et in zonis concentricis saepe e- videnter dispositae. c. Glabra, glabrescens vel parce pilosa. Petioli sub- nulli vel brevissimi. Pedunculi fructiferi longis- simi, graciles, penduli 1 @. peduneulata, EHRH. cc. Plus minus pubescens vel tomentosa. Petioli e- longati. Pedunculi fructiferi breves vel parce e- longati, rigidi 2 Q. intermedia, BERENGER! bb. Pedunculi fructiferi pleruamque abbreviati aut nulli, vel petiolum aequantes. Glandes perfectae cupulam subaequantes vel ea paullo vel duplo longiores, squa- mae magna parte liberae sed arcte imbricatae. d. Ramuli glabri vel glabriusculi, folia parce pube- scentia vel glabrata .3 @. sessiliflora, SALISB. da, Ramuli incano-tomentosi, folia supra sparsim pi- losa vel glabrescentia, subtus pube nie: minus densa cinerea vestita. e. Folia plus minus profunde sinuato-vel laci- niato-lobata. f. Folia mediocria vel parva, sinuato-lobata, subtus griseo - tomentosa, petiolis] dr laminae longis e) 4Q. CIAO TEA Lam. ff. Folia pe. minus ampla, protunde. laci- st arnta ovato-oblonga vel alliphioi obici si | ga, sinuato-pinnatifida, sinubus am- pls. . 5 Q. Ucriae, Bor. gg. Folia ovata vel obovata, lobato-pin- | i natifida, eurton angustis. ta moto ® sedi esopi. basi [om i ; mia, petiolis i _ + laminae ongis 6 i ica, io i HELDR hh. Folia etiam adulta cinereo-to- mentosa , basi rotundata , vel 1 E o = minae dani QQ. Tenoreana,; Boni ee. Folia lobis brevissimis, rotundatis. î. Folia saepius ampla, obovata vel obovato- orbicularia, basi cordata, petiolis — —-7 laminae longis . * od'igitana Gus. ii. Polla TOA oblonga vel elliptico-o- bovata. basi cordata, petiolis + — 3 laminae longis 9 @. Mirbeckii, DurIEAU. aa. Ramali foliaque juniora pube vel tomento Havescente vel fulvo-ferrugineo, vel cinereo-fulvescente, plus minus per- sistente indutae. Squamae cupulae laxe adpressae atque eius oram superantes. x b. Folia mediocria, tomento persistente flavescente, laci- niato-lobata, laciniis angustis, petiolis 4+1—-4- lami- nae longis . 10Q. Toza, Bosco. bb. Folia saepius ili piai pae tel tomento cinereo - fulvo vel ferrugineo. «c. Ramuli foliaque juniora pube ferrugineo demum evanescente, ni subnullis ; Q. conferta, KiraiB. ‘ Rasnali uo etiam adulta, dense cinereo-vel fulvo- tomentosa, Lucas elongati i 12 Q. insularis, Bora. 2° ILEX. Folia coriacea, persistentia , integra, dentata, vel serrata, dentibus mucronatis, vel mucronato-spinosis. a. Cortex nunquam suberosus. Ramuli dense tomentosi. Folia nervis lateralibus vix prominentibus, margine integro vel dentato-spinoso. Squamae cupulae breves, arcte adpressae. b. Arbor cortice grosse sulcato-rimoso. Folia tomento albo, subtus persistente, marginibus planis. 13 Q. Ilex, L. ei pini AL Di PACS A va dee bb . Arbor cortice laevi vel parce rimoso. Folia juniora subtus incano - tomentosa , adulta glabra vel glabre- scentia, marginibus saepius calloso-plicatis 14 a. Auzandri, GREN et GopR. aa. Cortex persia. Ramuli foliaque subtus incano-tomen- tosa, mnervis lateralibus valde prominentibus, margine serrato-mucronato. Squamae cupulae plus minus elonga- tae, sublaxae. b. Cortex crasse suberosus. Folia ovata. Squamae cupulae aliquantulo patulae : 15 Q. Suber, L. bb. Cortex tenuiter suberosus. Folia ovato - oblonga, vel lanceolata. Squamae ur non patulae ; osti fi, Hong. II. Sclerolepidium mihi. Styli lineares apice subulati. Fru- ctus maturi ligno anni praecedentis inserti. Cupula squamis crassis vel crassiusculis, ligneis, plus minus elongatis et ma- gna Pea liberis tecta. 1° CALLIPRINOS. Stio cupulae mediocres. vel breves, sat crassiusculae, plus minus abbreviatae, laxe imbrica- . tae, parce: patentes. Folia parva , coriacea , persistentia, * integra vel spinoso-dentata. a. Arbor vel fratex, ramulis pubescentibus vel incano - to- mentosis, demum plus minus glabrescentibus. Folia etiam . subtus glabra. © —« e 0 . 17 Q. ceoccifera, L. aa, Arbor mediocris, ramulis dense ferrugineo-tomentosis, to- mento na ag foliorum pagina inferiore . ; 8Q. Aucherii, JAUB. et èfivai 2° AEGILOPS. Squamae cupulae magnae, validae, Signo. fe- re planae, valde elongltae , plus minus patentes. Folia ampla vel mediocria , coriacea , membranacea, autumno, tarde decidua. i aa. Folia ampla, subtus incano-tomentosa, wr vel ovato-lan- ceolata, grosse dentato- lobata, petiolis + laminae longis. Squamae cupulae ge Pg agrao patentes vel re- flexae : 4 Q. Aegylops, L a. Folia mediocria vel parva, glabra, ovata vel oblongo - lan- ceolata, crenato-serrata, dentibus longe IGioneB, Lang 50 i lis brevibus. Squamae cupulae breves, crassae, ovatae vel lanceolatae i ; i : 20 Q. Libani, OLIV. 3° CERRIS. Squamae cupulae angustae, longe cylindraceae, varie contortae, saepe reflexae. Folia mediocria, membra- nacea vel coriaceo-membranacea. a. Cortex profunde sulcato-rimosus, nondum suberosus. Folia membranacea, autumno decidua, oblonga , varie sinuato- piunatifida, scabrida vel subtus cinereo- -pubescentia. Sti pulae persistentes . i 21 Q. Cerris, L. aa, Cortex parum livel Fal ovata, oblonga vel sinuato- dentata vel grosse serrata, vere anni seguentis decidua, subtus incano-tomentosa. dici deciduae . . . Pseudo-Suber, Sani .° Quereus peduneulata , EuRH. Arbor. n. 77. Arbor in- Si cortice griseo, primum laevi, demum sublongitudinaliter nec profunde rimoso; ramis patulis, ramulis glabris vel cite glabratis ; gemmis globosis vel breviter ovatis; foliis junioribus subtus parce pilosis vel glabris aut glabrescentibus, subsessilibus aut brevissime petiolatis, obovatis vel oblongo-obovatis, basi cor- dato-auriculatis, auriculis refleris, sinuato-lobatis, lobis utrin- que 4-5, obtusis, integris vel uno alterove dente obtuso insculptis, sinu lato obtuso sejunctis ; fructibus geminis vel paucis pedun- culo longissimo, gracile, pendulo, suffultis; glande perfecta 0- blonga, cupula duplo, quadruplo longiore, squamis magna parte | concretis et in zonis concentricis saepe evidenter dispositis. Q. RoBur, L. Sp. La ed. I. p. 996, pro parte. Q. brutia, TEN. FI. Du V. p. 259 Icox. soa tion! FI. Germ XII, tab. 548. — KorscHy, Eichen Eur. tab. 27. |. HaB.: Frequente in pianura, più spesso nel Nord, in tutta la Penisoli, formante qua e là dei boschi. Apr. Magg . VARIAT: a. M acrophylla, BeR.! Foliis valde amplis.— — b. parvifolia, Bhr.! Foliis multo minoribus quam in typo.— 0, malacophylla, ScHur. Oest. Bot. Zeit. 1860. p. 161. Foliis valde amplis atque mollibus.—d. coriacea, BrcHst. Forstb. 5° ed. p. 211. Foliîs fere coriaceis.—e. eatensa, ScHur. En. pl. Trans. p. 609. Foliis amplis, junioribus parce glutinosis ; fructibus magnis.—f. sublyrata, Ber.! Foliis profunde lo- batis.—g. heterophylla, Borzi, FI. for. p. 156. Foliis in eodem ramulo nonnullis integris, aliis 2-3-lobatis vel ut in typo.— 5I h. rosacea, Becgss. l. c. p. 333. Zoliis varie incisis vel la- ciniatis.—i. salicifolia, Hort. Foliis haud lobatis.—;). Fen- nessi, HoRrT. Foliis modice sed ample lobatis.—k. fastigia- ta, LAMK. Dict. I. p. 725. Ramis adscendentibus comam elon- gatam pyramidalem efformantibus.—1. pendula, Loup. Arb. 1732. Ramis pendentibus.—m. purpurascens, D.C. FI. Fr. suppl. p. 351. Ramis atque foliis junioribus purpurascentibus.—n. 0- paca, ScHur. l. o. p. 610. Foliîs opacis purpureo-nervosis. — o. variegata, ExpL. Gen. suppl. IV. p. 24. Foliîs albo-va- riegatis. —p. microbalana, ScHur. l. c. Glandibus parvis, cylindraceis. — qa. sphaerobalana, ScHuR. l. c. Glandibus brevibus, rotundatis.—r. subglobosa, SCHUR. lc. Glandibus pyriformibus.—s. macrobalana, ScHuRr. l. c. Glandibus e- longatis valde majoribus quam in typo.—t. longepedune w- lata, LascH. Bot. Zeit. 1857. p. 409. Pedunculis valde elonga- tis atque gracilioribus. 8. Thomasii, TEN. FI. Nap. V. p. 259. Ramis foliisque junioribus, saepe etiam certa pubescentibus vel velutinis. Q. Haas, KorscHy. Eich. Eur. t. 2. Icon. TENORE, FI. Ada dal 198. —KoTSscHY, Eichen Eur. tab. 2. HaB.: Piuttosto rara nelle parti più meridionali della Pe- nisola. Apr. «|. VARIAT: a. pendulina, KIT.! Foliis atque ramulis, e- tiam adultis, dense pilosis ; pedunculis valde elongatis fere gla- bris. Q. filipendula, VugoT. Q. australis, HEUFF.—b. pilosa, ScHuR. En. pl. tr. p. 610. Foliis atque ramulis adultis pube- scentibus ; pedunculis mediocribus, pubescent 2.° Quercus intermedia, BéRENGER hb.! Ramulis, pellet; foliisque etiam adultis pubescentibus vel parce tomentosis; foliis auriculis basi planis vel una alterave reflexis ; petiolo 1-10 min. longo ; fructibus sessilibus, vel pedunculo breve vel plus minus elongato rigido suffultis. Caetera ut in arnraa Q. peduneu- lata X sessiliflora, AUCT. Re: I Icon, Icon nostra, tab. Has.: Rarissima nel Gana (BÈRENGER !) e nel Napo- letano (TENORE !). Osserv. È senza dubbio una forma ibrida, abbastanza varia- bile, ma dentro i limiti delle specie progenitrici alquanto ben de- finita. Ne ho osservato esemplari nell’Erbario del BERENGER, e 52 venienti dall’Italia Settentrionale, ed un saggio in quello di TE- NORE, senza località e senza nome. VARIAT : a. sessilis, BER.! Glandibus omnino sessilibus. Q. hybrida, BecHsT. Forstb. 5° ed. p. 211. Nel Veneto (BÈR.!)— b. brevipes, HEUFr. En. pl. Banat. G/andibus breviter pe- dunculatis. Q. hungarica, KIT. Add. p. 49 3.°— Quercus sessiliflora, SALISB. Prodr. p. 392. Arbor me- diocris, cortice fuscescente, profunde irregulariter rimoso ; ramis patulis, ramulis glabris vel glabriusculis ; gemmis ovatis vel ovato-oblongis ; foliis parce pubescentibus vel glabratis, sat am- plis vel mediocribus, plus minus longiuscule petiolatis, basi cor- data vel saepius rotundata vel cuneata, obovatis vel obovato- oblongis, sinuato-lobatis, lobis latis rotundatis, integris vel uno alterove lobulo obtuso insculptis ; fructibus solitarii vel 2-3, ses- silibus vel pedunculo abbreviato rigido suffultis. Icox. ReIcn., Icon. Fl. Germ. XII. tab. 644. — KoTSscHY, Eichen Europ. tab. 32. 3 SrazionE: Sporadica o formante boschi nelle parti più elevate dei monti, in tutta la Penisola: rara in Sicilia. Apr. Magg VARIAT: a. parvifolia, BER.! Foliis multo minoribus quam in typo.—b. sublolata, BeR.! Foliis modice atque bre- -viter lobatis.—c. lobatissima, BER.! Foliis profunde multi- lobatis. — d. crispata, BER.! Foliis lobis sinuato-angulosis atque crispatis.—e. macrophylla, Bèr.! Foliis valde am- plis. hi Esculus, Bert. FI. It. X. p. 215. 8 Virgiliana, TEN. Flor. Nap. V. p. 262. Ramulis disavi nervo medio, subtus, dense pilosis. HaB. : Più dogane sui monti del moda ed in Sicilia. VARIAT: a. purpurea, Borzi. Ramulis, foliisque junio- ribus, purpurascentibus. Rarissima sulle Madonie, in Sicilia. Minà). ua /4.°— Querens lanuginosa, Lam. Enc: I. p. 709, pro var. Q. Ro b uris. Arbor vel arbuscula, ramulis incano - tomentosis ; foliis mediocribus, supra spursim pilosis vel glabrescentibus, sub- tus plus minus dense cinereo-tomentosis, longe petiolatis, petiolo 1—-& longitudinis laminae, utrinque circiter 3-6 nervosis, ovato- oblongis, sinuato-lobatis, lobis regularibis, obtusis vel rarius a cutis, integris vel breviter sinuato-dentatis ; peri siii vel brevissime pedunculatis. Q. pubescens, AuCT. ! 53 Icon. KorscHy, Eichen Eur. tab. 34. HaB. : Molto comune nei boschi fra 300 e 1500 m. in tutta la Penisola, specialmente nel Mezzogiorno e nelle Isole. Apr. Mage. VARIAT : a. microphylla, Borzi. Foliis multo minori- bus quam in typo, 2-5 centm. longis, obovato-oblongis, lobis den- tatis. Veronese (GoIRAN !). — b. Gasparrinii, Borzi. Foltis parvis, 3-5 centm. longis, obovatis, brevissime sinuato-lobatis, petiolo valde brevi. Basilicata (GASPARRINI !). — c. Nicotrae, Borzi. Foliis parvis, 3-6 centm. longis, coriaceo-membranaceis, tarde caducîs,. brevissime sinuato-lobatis , floccoso-tomentosis : glandibus parvis (1). Sardegna (NIcOTRA !). — d. laciniosa, Borzi. Foliis mediocribus, laciniato-lobatis, dense tomentosis, tomento in sicco flavescente } glandibus parum majoribus quam in typo. Etna (Bivona!). — e. pinnatifida, Borzì. Foliis mediocribus, profunde laciniatis, laciniis dentato-lobatis ; glan- dibus mediocribus. Etna (BIvona!). — f. macrophylla, Borzi. Foliis aliquanto majoribus quam in typo, lobis an- gustis, dentato-lobulatis : glandibus parvis. Sicilia (Toparo !). — &. Todaroana, Borzì. Foliis mediocribus, glabrescentibus, coriaceo-membranaceis, lobis integris, oblongo-rotundatis ; frueti- bus numerosioribus in ‘apice pedunculi brevis, rigidi. Nei boschi di Mirto (Toparo !). — h. glabrescens, Borzi. Foliis medio- cribus, ellipticis, cordatis, glabrescentibus, praeter nervo medio, lobis integris. Sicilia (MIxA!). —i. microbalana, Borzi. Glandibus parvis, angustis, brevibus. Con la specie. — j. cra- taegina, Borzi. Foliis mediocribus vel parvis, ovato-lanceolatis, lobis oblongis dentato-lobulatis, sinubus angustis. Sicilia (Mixà!). — k. Proteus, Bonrzi. Foliis valde variabilibus, ovatis, oblon- gis, ellipticis, lobis atque sinubus irregularibus, saepe late re- pando-crenatis. Messinese! — 1. brachyp hylIa, KorscHYy, Foliis brevibus, parce lobatis. Sardegna (NicoTRA !) — m. su d- crenata, Borzì. Foliis parvibus, brevissime atque parce lobatis, Sull’Appennino Modenese e sui monti della Sicilia! — n. purpu- rascens, Borzi. Foliis parvibus, subtus pubescentibus în nervo mediano, atque purpurascentibus. Sicilia ! (1) Per la consistenza delle foglie, le brevi divisioni del contorno, la maniera come cade il tomento dalla pagina inferiore delle 10608; dimostra un certo SNivili nn iito con la Quercus Mirbeckii. È SER 7 5 vat Fan PIRENEI ne RARA D4 5.° Quercus Ueriae, Borzi. Arbor exrcelsa, cortice laeviter unde atque regulariter rimoso, coma ampla, ramulis etiam adultis dense cinereo-tomentosis ; foliis tarde deciduis, am- plis, junioribus tomentosis, demum supra glabrescentibus, sub- tus in nervo medio tantum pilosis, petiola L_ +. lngitudi- nis laminae, ovato-oblongis vel elliptico oblongis, sinuato-pinna- tifidis, lamina basi in lobos duos rotundatos, inaequales, con- tracta, laciniis triangularibus, obtusis, integris vel raro sub a- pice emarginatis, sinubus amplis. Q. vulcanica nebrodensis, BoRrzi in Boll. R. Orto Botanico di Palermo. Vol. IV. p. 47 Icon. Icon nostra, tab. 2 HaB. : Rarissima nei boschi di Valdemone ! in Sicilia, e col- tivata nel R. Orto Botanico di Palermo! Osserv. La Q. Ucriae è senza dubbio una forma che merita un posto distinto dalle altre del medesimo gruppo. Un magnifico esemplare di essa si trova coltivato nell’Orto Botanico di Palermo, e proviene senza dubbio da semi raccolti in Val Demone (Prov. di Messina) ed inviati al Prof. TopARO da qualche corrispondente, o fatti raccogliere probabilmente dal CrrarpA. Ho sempre con grande interesse rivolto la mia attenzione a quest’albero, il cui portamento gli dà un carattere a prima vista molto singolare. La stessa scorza del tronco mostra una notevole differenza rispetto a quella delle altre specie del gruppo delle Roveri, quanto alla scre- polatura sottile e regolare. La chioma è ampia, maestosa e le grandi foglie gli danno un aspetto molto caratteristico. Si aggiunge a ciò il fatto che le foglie stesse non cadono che molto tardi, quasi al principio della primavera, quando cominciano a svolgersi le nuove; anzi talora le foglie vecchie, incartapecorite e giallastre, persistono in parte fino al principio della estate. I ramoscelli sono coperti di un tomento denso di color cenerognolo, il quale persiste anche a tarda età; non così le foglie, le quali conservano la stessa pelurie solamente al di sotto e lungo i nervi principali. È caratteristica per le foglie la forma molto allungata; possono raggiungere una lun- ghezza di 12-15 centim., non compresa la lunghezza del picciuolo, il quale misura da 15 a 18 mm. Il contorno della lamina presenta delle insenature molto larghe ed vai non iui) PESA determinanti la formazione di lacinie che si r verso e terminano in una estremità tondeggiante ; pda volta qualche lacinia si divide in due lievi lobi angolosi. I frutti rispondono nei caratteri generali a quelli delle altre forme del tipo Rovere; nel- l’esemplare di cui è parola appariscono raccolti in parecchi sopra un comune peduncolo ascellare, lungo 2-4 centm., ed abbastanza 55 robusto. Le ghiande superano una volta la profondità della cupola. Ho voluto distinguere col nome di Q. Ucriae questa forma in o- nore del Botanico Siciliano Frate BERNARDINO DA UcRIA, che fu il primo a divulgare e ad applicare il Sistema Linneano allo stu- dio delle piante della flora Siciliana. - Quercus. vuleanica, Borss. et HELDR. ex KorscHY, Eich. Eur. t. 18. Arbor mediocris, ramulis incano-tomentosis ; foliis plus minus amplis, adultis subtus, nervo medio excepto, glabre- scentibus, petiolo elongato 5 ——g longitudinis laminae, ovatis vel obovatis, basi angustatis vel subcuneiformibus, profunde at- que irregulariter pinnatifidis , sinubus angustis. Borzi.in Boll. Orto Botanico di Palermo, Vol. IV. p. 47. Q. appenninà, TINnEO ! HaB. Rara nei boschi di Calabria e della Sicilia. a typica; Borzi l. c. Ramulis glabrescentibus ; foliis si- nuato-pinnatifidis, sinubus valde angustis. Icon. KorscHy, Eichen Europ. tab. 18, 37. Hag., In Calabria (CARDINALE !). f pinnatifida, Borzi l. c. Ramulis dense cinereo - to- mentosis; foliis ovatis, profunde pinnatifidis, laciniis angustis, sub-irregulariter lobato-dentatis, sinubus angustis, supra sparse stellato-pilosis, subtus plus minus lomentorta. Q. Minae ; posi cono, Fl. Sic. IV. p. 372. Icon. Icon nostra, tab. 3. HaB.: Sulle Madonie (MIxA!). . cerriformis, Borzì. Ramulis cinereo-tomentosis } fo- liis pen lutioribus, irregularibus, nn vel emarginatis. : Sulle Madonie (MiA !). o Rv. Alle considerazioni svolte nella mia nota, inserita nel IV. vol. del Boll. del R. Orto Botanico di Palermo, p. 43 e seg., intorno alla Q. vulcanica, debbo aggiungere che -Tigonio di un saggio proveniente dai boschi di Calabria, ed il confronto con gli esemplari autentici originarii, della Grecia, permettono ora di'sta- bilire in modo sicuro il valore ed i limiti di variazione di questa specie dentro i confini della nostra flora. Come carattere tipico di essa rimane la quasi perfetta glabrescenza dei ramoscelli, l'ampiezza della lamina fogliare, anch’essa glabrescente, e che si restringe quasi a cuneo verso la base, mentre il contorno diviene in vario grado pennatofesso, Tuttavia il vario grado di persistenza del to- mento sui ramoscelli e sulle foglie, il maggiore o minore grado di divisione del contorno segnano delle differenze che confermano anche 56 in questa specie il grande poliformismo e la influenza che essa ha subìto nella sua area di distribuzione geografica dalla comune Q. la- nuginosa. La var. ambigua, a questo proposito, è una prova dei molti punti di contatto di essa con quest’ultima specie, e quasi si confonde con le forme macrofille della stessa Q. lanuginosa. 7.° Quercus Tenoreana, Borzì. Arbor mediocris, ramulis in- cano-tomentosis; foliis amplis, etiam adultis, praecipue subtus, cinereo-tomentosis, petiolo brevi LL longitudinis laminae , obovatis vel obovato - oblongis, basi rotundatis vel fere cordatis , atnuoto: -pinnatifidis vel sinuato-lobatisi sinubus angustis , regu- s, laciniis oblongis , obtusis , integris vel sinuato-lobatis. Q. Dalechampii, TEN. Ind. Sem. H. B. Neapol. pro p.! Q. Vir- giliana, TEN. Syll. p. 469, pro p.! Q. amplifolia, dis pro p.! HaB. Abbastanza fioguante nelle parti meridionali della Pe- nisola , fino alla Calabria, ed a Capo d’ Orlando in Sicilia (To- DARO NI B breviloba, Borzi. Foliis subtus fere glabrescentibus , nervo medio excepto, breviter obovatis, sinubus minus profundis, atque laciniis brevibus, sinuato-lobatis AB. Sulle Madonie in Sicilia (Minà!) ed a Monte Cassino ! «canescens, Borzi. Ramulis foliisque tomentosis, lobis brevibus, fere integris vel subermaginatis. Hap.: Sulle Madonie (MINA !). Osserv. Sono state tracciate abbastanza bene le differenze fra questa specie e la Q. vulcanica ; tuttavia rimane evidente che si tratta di forme molto affini, appartenenti senza dubbio alla mede- sima stirpe, la quale si è trovata variamente influenzata da altre forme diffuse entro la stessa area geografica, quali la Q. lanugi- nosa da una parte, e la Q. conferta dall’altra. Specialmente que- st’ultima ha dovuto esercitare una spiccata influenza sui caratteri della Q. Tenoreana, per esempio nelle parti meridionali della Pe- nisola, e nella provincia di Caserta, dove la 2. conferta cresce as- sociata molto frequentemente con parecchie altre forme o varietà della Q. Zanuginosa, da ritenersi possibile una origine ibrida della specie di cui è parola. Taluni esemplari della Q. Dalechampii, TEN. esaminati da me stesso nell’erbario di TENORE, oftrono tratti evi- dentissimi di affinità con la Q. conferta; altri se ne allontanano e mostrano di essere estranei anche alla stessa specie Tenoreana. Essi si accostano o si confondono con le forme a grandi foglie della 57 Q. lanuginosa. Sicchè la denominazione primitiva di @. Dale- champii, non essendo in modo preciso applicabile per distinguere l’insieme delle forme che per i caratteri indicati si distinguono dalla Q. lanuginosa e dalla Q. vulcanica, come anche da altre Querci provenienti dal medesimo tipo delle Roveri, mi è parso con- veniente assumere la denominazione di @. Tenoreana nel senso espresso. 8. Quercus cenno Guss, Syn. FI. Sic. II. p. 606. Arbor mediocris, ramulis incano - tomentosis, foliis saepius amplis, petiolo brevi + —-1ongitudinis laminae, obovatis vel obovato- orbicularibus, basi cordatis, utrinque circiter 5-6 nervosis, lobis brevissimis arcuato-rotundatis, integris, subtus opacis vel sub- glaucescentibus. Icon. Icon nostra, tab. 5. HaB. Nei boschi montani in Sicilia, piuttosto frequente. Magg. Bf amplifolia, Guss. 1. c. p. 607 ex p. Foliis amplioribus . HaB. Con la specie. v. elliptica, BoRzì. Foliis minoribus quam in typo, elliptico-obovatis, laeviter sinuato-lobatis. HaB. Con la specie. è. petiolaris, Borzi. Zoliîs sat amplis, profundius lobatis, petiolo longiori, + longitudinis laminae. HaB. Presso Palermo (Tino !) 9. Quereus Mirbeckii, DuriEo in DucH. Rev. Bot. II. p. 426. var. Sicula, Borzi. Arbor excelsa, cortice fusco rimoso, ramulis glabrescentbils ; foliis cinereo - membranaceis, vere an- nis sequentis deciduis, adultis glabris, subtus pallide cinereo- ar vel fere glaucescentibus, mediocribus, petiolo elongato +-+ longitudinis laminae, oblongis vel elliptico- -obovatis, basi cordatis, utrinque 8-9 nervosis, regulariter crenato - lobatis, lo- bis subaequalibus, brevissimis, rotundatis. Icon. Icon nostra, tab. 6. Hap. Rarissima in Sicilia. Apr. Osserv. La vera Q. Mirbeckii, DurIEU, dell'Algeria, non e- siste in Sicilia nè altrove, entro i confini della Flora Italiana. La forma da me rinvenuta nell’Erbario Palermitano differisce dal ti- po africano, per il numero dei lobi che ne è alquanto inferiore e 58: corrisponde alquanto bene ad una forma proveniente dall’ Algeria, raccolta dal TRABUT, e considerata come varietà paucinervis. Si ha con ciò una tendenza ad avvicinarsi al tipo delle Ro- boroidi meridionali, aventi per stipite la @Q. lanuginosa. Special- mente manifeste sono le affinità con la Q. Oupaniana, dove la lamina fogliare presenta pure spiccata alla base la conformazione cuoriforme, la pagina inferiore tende, specialmente nelle forme gla- brescenti, ad età avanzata, ad assumere una tinta glauca opaca, ed il contorno presenta lievissime lobature tondeggianti. È da ri- tenere che il tipo della Q. Mirbeckii, abbastanza puro nell'Africa settentrionale, passando in Sicilia, abbia subito le influenze delle altre forme di Roburoidi predominanti, quasi da confondervisi. Di ciò mi convincono talune forme quasi di passaggio notate tra la Q. Mirbeckii siciliana, la Q. Cupaniana e la stessa Q. lanu- ginosa. 10. Quercus Toza, Bosc. Journ. Hist. Nat. II. p. 155. Arbor mediocris, radicibus stoloniferis, cortice nigricante profunde ri- moso, ramulis flavo-vel fulvo-tomentosis ; foliis etiam adultis E flavescente, persistente, lea, petiolo elongato, 1 i-i longitudinis laminae , ovatis vel obovatis , laciniato - lo- batis, laciniis angustis, profundis, integris vel saepe sinuato-an- gulatis, sinubus latis, saepe irregularibus ; squamis cupulae lare adpressis, atque marginem superantibus. Q. Tauzin, PÈRS. Euch. II. p. 571. Borziì in Boll. d. R. Ort. Bot. d. Palermo. Vol. IV. p. 40. Q. padebign bla, CoLLa, hb. ped. ! Icon. Bosc, Journ. Nat. Hist. tab. 32 f. 3.—Lamcx. Ill. tab. 779.—LaAGUNA, FI. For. ua tab. 31,.—KorscHY, Eichen Europ. tab. 22. HaB. Sui colli PC. solatt; del Piemonte, in Val di Susa ed altrove. B brachyloba, Borzi l. c. p. 43. Foliis parviusculis, non ultra 5 centim. longis, lobis brevibus, triangularibus, suerte; sime integris, ad apicem obtuse mucronulatis. HaB. Alla Sacra di San isa) in Val di Susa (FONTANA). . glabrescens, Borzi I. c. p. 48. Foliis mediocribus, mae lobatis , lobis angustis , a irregulariter angulato- dentatis, supra glabris, subtus, ad nervos, dense pallide luteo- entosis, coeterum glabratis. Has. In Val di Susa presso Brun (MaTTIROLO e FERRARI !). 59 11. Quercus conferta, Kir. in Schult. Ostr. FI. I. p. 619, Arbor magna, ramulis foliisque junioribus pube ferruginea de- mum evanescente; foliis amplis (10-20 centm. longis, 6-12 centm. latis), petiolo brevi (3-10 mm.) vel subnullo, obovatis vel obovato- oblongis, basi cordatis, utrinque 5-10 lobatis, lobis profundis, apice rotundatis, integris vel anguloso-lobulatis; squamis cupu- lae lare adpressis, ultra marginem productis. Quercus Farnetto, TEN. Cat. H. Neap. 1819. p. 65 et in hb.! Icon. ReIcH. Icon. FI. Germ. XII. tab. 646.—KorscHy. Ei- chen Eur. tab. HaB. In tutta la parte meridionale della Penisola , formando boschi spesso associata al Cerro od alla Rovere, dal Lazio e dal . Gargano, in giù fino in Calabria ed in Sicilia presso Taor- tima Apr. VARIAT. a. minor, Ten. ! Foliis minoribus quam in typo.— b. sublobata, Borzi. Polis lobis brevissimis, rotundis, inte- gris vel fere integris.—c. cerrioides, Borzi. Foltis lobis an- sin atque profundis, irregulariter anguloso-dentatis. 12. Quercus insularis, Borzi. Arbor mediocris, ramulis, fo- liîsque plus minus dense fulvo-vel cinerescenti-tomentosis; foliis majusculis (9-15 centm. longis, 5-7 centm. latis), petiolo elon- gato (12-18 mm.), basi cordatis, obovatis vel obovato-ellipticis, sinuato-lobatis vel pinnatifidis, laciniis valde adproximatis; cu- pulae squamis infimis incrassatis. Coetera ut in praecedenti. Q. vulcanica a typica, Borzi in Boll. d. R. Ort. Botan - lermo. vol. IV. p. 47. Q. apennina, Tinto ! Icon. Icon nostra, tab. 7. HaB. Forma propria della Sicilia. Bf subcinerascens, Borzi. £olzis mediocribus, tomento cinereo- Chan subtus persistente. Ha8.: Sulle Madonie in Sicilia (MINA). Gastrv. La Q. conferta, Krr. verso il Nord della Penisola non si estende al di là della provincia di Roma e nella direzione di Sud non va oltre allo stretto di Messina. Un solo esemplare è stato trovato presso Taormina (Monte Veneretta !) oggi scomparso. Anche in Calabria apparisce rara e non forma giammai boschi di qualche estensione. In Sicilia essa sembra venga sostituita dalla Q. insularis, la cui affinità con essa è resa evidente anzitutto dalla struttura e disposizione delle squame delle cupule delle ghiande, dal tipo di conformazione delle foglie e dalla tendenza della pelu- rie, che riveste i ramoscelli, i picciuoli ete., n assumere una tinta fulva. Per possibili ibridazioni con talune delle numerose forme meridionali della Q. lanuginosa sarà molto verosimilmente deri- vato il tipo subcinerascens, dove il tomento ha un colorito grigio ed è persistente più a lungo che nel tipo. La @. insularis perciò è da considerarsi come il rappresentante insulare e più meridionale della Q. conferta, influenzato più o meno dalla prevalente diftu- sione in queste regioni della Q. Zanuginosa. 13. Quercus Ilex, Lrxx. Sp. pl. ed. I. p. 995. Arbor medio- cris vel arbuscula, trunco recto , cortice cinereo, grosse rimoso, nunquam suberoso; foliis mediocribus vel parvis, junioribus ve- lutino-incanis, adultis supra glabrescentibus subtus dense incano- tomentosis, ovatis, oblongis lanceolatisve, integris vel dentato- spinosis, utrinque 6-10-nervosis, nervis haud vel vix prominu- lis; squamiz cupulae brevibus, membranaceis, plus minus arcte Icox. RercH., Icon. Fl. Germ. XII. n. 1307. — KorscHr, Eichen Eur. tab HaB. Sui colli aridi solatii della Regione dell’ Olivo , fino a quella del Castagno, sporadica o formante boschi, in tutta la Pe- nisola, nelle Isole maggiori ed in alcune delle minori. Apr. Giugn. VARIAT. a. Latifolia, Lopp. Cat. Foliis latioribus quam in typo, ovatis vel elliptico-oblongis (4-8 centm. latis, 9-12 centm. longis); fructibus tune sessilibus, tune pedunculatis.— b. sali- cifolia, Hort. Foliis magnitudine varia, integris vel denta- tis, 4-6-ties longioribus quam latioribus, margine undulatis vel planis.— c. parvifolia, Borzi. Foliis ovatis vel fere rotundatis, valde parvis, integris vel dentatis (1-2 centm. longis), — d. a qu i- folia, D.C. Prodr. p. 39. Foliis utrinque parce pilosis vel fere glabrescentibus. — e. polycarpa, Ten. Syll. p. 472, Foliis variabilibus, fructibus dense glomeratis, plus minus longe pedunculatis.— ft. subocculta, TEN. l. c. Glandibus rotun- datis vel ovoideis, marima parte in cupula inclusis.— g. br a- chycalyx, Borzi. Cupulis valde abbreviatis.— h. microba- lana, Borzi. Glandibus valde parvis.— i. cylindrocarpa, Borzi. Glandibus magnis, apice non attenuatis. — j. conocar- pa, Borzi. Glandibus magnis, apice valde attenuatis. 14. Quercus Auzandri, Grex. et Gopr. Il. Fr. II. p. 119. A praecedente differt cortice laevi vel parce rimoso, foliis subtus incano-tomentosis, adultis glabris vel glabrescentibus, marginibus 61 saepius calloso - plicatis. Q. Ilex X coccifera? @Q. soluntina, Tix. in an. ! Icon. Icon nostra tab. 8. HaB. Presso Solunto, nei dintorni di Palermo (Tino !). Osserv. La Q. Auzandri, Gr. et GoDR. è per la prima volta segnalata nei confini della nostra Flora. Gli esemplari autentici, provenienti dalla località originale, confrontati con quelli raccolti dal TineEo a Solunto, non lasciano alcun dubbio sulla identificazione. Dal Tineo, che ne intuì subito le differenze, è stata indicata con il nome di Q. soluntina, come lo dimostrano i cartellini di pugno di lui che accompagnano gli esemplari della suddetta località. Resta da vedere se questa forma è abbastanza distinta per meritare la considerazione di specie. Certamente al primo aspetto essa rimane ben differenziata dalla Q. Ilex, a cui moltissimo somiglia per la struttura delle cupule. La pelurie però che riveste le squame è più fine e prende quasi un aspetto argentino, come succede nelle squame delle cupule di @Q. coccifera. A quest’ultima la Q. Auzandri mol- tissimo poi si accosta per l’aspetto delle foglie, tanto da giustifi- care il posto attribuito dal DE CANDOLLE alla detta Q. Auzandri fra le molte varietà della @Q. coccifera. Tenendo conto delle affi- nità con la @Q. Ilex con quest’ultima specie, si può dire che la Q. Auzandri rappresenti un tipo intermedio tra l’ una e l’ altra, molto verosimilmente una forma ibrida delle medesime. 15. Quereus Suber, Linx. Sp. pl. ed I° p. 995. Arbor me- diocris, trunco crasso, cortice valde fungoso-suberoso, profunde sulcato , tarda aetate extus nigricante ; foliis parvis vel medio- cribus, ovalie vel ovato-oblongis, subtus stellato-velutinis, încanis, serrato-mucronatis, raro integris, utrinque 3-5 nervosis, nervi- - bus prominentibus ; squamis cupulae e basi ovata plus minus elongatis, superioribus aliquanto laxis Icon. CLusius, Hist. Plant. I. — Korsont, Eichen Europ. tab. 33. HaB. Frequente nella regione marittima di tutta la Penisola, ed anche sui colli e sui monti, fino a 1200 m. nelle grandi Isole, formante boschi di grande importanza. Apr. Magg. i VARIAT. a. integrifolia, Borzì. Foliis fere rotundatis, integris vel obsolete-serratis. — b. crinita, Borzi. Squamis cupulae elongatis, linearibus, extus refleris. — ce. serotina, Borzi. Fructibus serius (saepe autumno secundi anni) mature- scentibus. Q. occidentalis, Gav. — d. brachylepis, Borzi. 62 Squamis cupulae valde brevis, imbricatis. — e. microcarpa, Borzi. Cupulis brevissimis, glandibus parvis. B. Bivoniana, Guss. FI. Sic. Syn. II. p. 604. Foliis ir- regulariter laciniato-lobatis. AB. In Sicilia, sparsa. 16. Quereus Morisii, Borzi in N. Giorn. Bot. Ital. Vol. XIII. p. 10. Arbor mediocris, cortice tenuiter suberoso, grosse atque profunde sulcato-rimoso ; foliis ovato-oblongis vel lanceo- latis; squamis cupulae parum STRA quam in praecedente, nondum refleris. Coetera ut in Q. Suber. Q. Ilex Xx Suber, < Him. Sporadica nei boschi di Leccio e di Sughero in Sar- degna, Sicilia (Ficuzza!) ed a Lipari! Apr. Osserv. La Q. Morisii, come ‘già feci osservare (BoRziì, L’Ilixi-Suergiu o Quercus Morisii, in Nuovo Giornale Botanico Italiano. Vol. XIII. p. 10) occupa un posto intermedio fra la Q. Ilex e la Q. Suber, da giustificare il sospetto che si tratti di una forma ibrida, originata dalle dette due specie. I caratteri anatomici della scorza confermano tale giudizio, meglio di quelli dedotti dalle foglie e dai frutti, per i quali taluni individui riescono difficilmente di- stinguibili a prima vista dalla Q. Suder. 17. Quereus eoceifera, Linn. Sp. plant. ed. I. p. 995. Arbor vel arbuscula, cortice non suberoso, ramulis novellis incano-to- mentosis vel pubescentibus, adultis glabris ; foliis lucidis laevi- bus omnino glabrescentibus, plus minus rigidis vel coriaceis, 0- vatis, ellipticis, marginibus undulato-spinosis; squamis cupulae induratis, plus minus elongatis, praesertim PRA reflexis vel erectis. Icon. LABILLARD., Icon. dec. V. tab. 6 f. 2.—JAUB. et SPACH. Hl.-tab. 69. sioni Eichen Eur. tab. b, B. Non rara in tutta la Regione dell'Olivo, sui colli aridi solatii ed anche a poca distanza dal mare, in tutta la Penisola e nelle Isole maggiori. Apr. Magg. VARIAT. a. integrifolia, Borss. FI. Or. IV. p. 1169. Foliis integris vel subintegris. Nella Sicilia meridionale !—b. C a /- liprinos, WEBB., Iter. hisp. p. 15. oliîs majusculis atque planis ; squamis cupulae erectis. Nella Sicilia occidentale! — c. pseudo-coccifera, Desr. FI. Atl. II. p. 349. Squamis cupulae plus minus reflexis. Colla specie. — d. rigida, D.C. Prodr. XVI. p. 56. Zoliis parvis, rigidis, valde spinescentibus. Marsala ! 18. Quercus Ancherii, JAuB. et SpacH. Il. PI. Or. I. p. 113. Arbuscula vel frutex, ramulis dense ferrugineo-tomentosis; foliis ovatis vel ellipticis, coriaceis, basi cordatis vel rotundatis, den- tato-spinosis, subtus parce pallide fulvo-tomentosis ; squamis cupulae ovatis, ID superioribus gradatim angustioribus, plus minus lari Icon. JAUB. d SPacH., l. c. tab. 58. HaB. Nelle Sciare di Minigla (Tineo !) molto rara Osserv. Considero questa forma come specie distinta dalla Q. coccifera, L., seguendo l’opinione di DE CANDOLLE; però è da notare che i soli caratteri differenziali degni di nota risiedono nell’abbondante tomento fulvo-ferrugineo che investe permanente temente i ramoscelli ed anche la pagina inferiore delle foglie. 19. Querens Libani, OLIv. Voy. t. 32. Arbor mediocris, cor- tice fuscescente minute et profunde rimoso, ramulis junioribus pube minutissima velutina, deinde glabratis ; foliis glabris,, supra lucidis, subtus pallidioribus, petiolo brevi vel plus minus elon-_ gato, ovatis vel ovato-lanceolatis, basi rotundatis, regulariter den- tato-vel crenato serratis, dentibus plus minus longe mucrongtis; squamis cupulae brevibus, crassis, ovatis vel ra lare erectis, vel subrecurvis. Q. macedonica, D.C. Prodr. XVI. p. 50. Q. Look, KorscHy, Eich, Eur. t. 23! Icon. KorscHy, Eichen Eur. tab. 5, 21, 26.—LonGo in Bol- FUR del Naturalista. XI. 1888. tab. I. Boizi in Malpighia. IL. tab. 11. "n Nelle dit ove forma boschi, o sparsa. quà e la Apr. Magg. Osserv. Per la storia della ssopatia di questa specie dentro ‘ confini della nostra Flora, e del suo valore sistematico, debbo. » i ricordare i lavori di A. LonGo, il mio, quelli del D.r MARTELLI e del MATTEI. Mi sia ora permesso di aggiungere che già fin dal Ni 1865, e a varie riprese fino al 1871, AcHILLE BRUNI inviava saggi ; di questa specie al Prof. AGOSTINO TODARO ed anche semi. I primi si conservano nell’Erbario dell'Orto Botanico di Palermo e dagli © © ultimi si sono ottenute delle piante che oggi offrono dimensioni e forme arboree eleganti. I saggi dell’erbario portano la sola indica- ca zione del nome ded « Fragno » con 2A at di « Scano mar 64 i gularis ! ». Il confronto poi dei saggi italiani con quelli provenienti dall’Albania non lascia, come già dissi, alcun dubbio sulla identi- ficazione di questa specie con la Q. macedonica, A.D.C.; oltre ai saggi autentici raccolti dal GrRIsEBACH in Albania, e riferiti da questi alla Q. Aegylops, L., ho potuto esaminare quelli provenienti dalle collezioni del D.r BALDACCI, fatte nel Montenegro ed in Serbia, e la identità è perfetta. Lo stesso dicasi quanto ai saggi provenienti da altre parti dell’Oriente, particolarmente dalla Siria, dall’Arme- nia, dalla Palestina ete. Si tratta evidentemente di una stirpe molto estesa, la cui area di diffusione comprende verso lo estremo nord ed occidente gli Stati Balcanici, 1'Epiro, 1’ Albania e le Puglie, e così essa presenta una infinità di forme di variazioni, che si tro- vano descritte come altrettanti tipi specifici distinti, come lo atte- stano i nomi di Q. Look, Kry., Q. Brautii, LixpL., Q. 00phora, Kry., Q. regia, LixpL., Q. sdibonita; A.D.C., Q ostriaefolia, -BorB. ete. Volendo, a rigore di norme sistematiche, comprendere sotto unica denominazione tutti cotesti nomi e tutte coteste forme, sarà bene adottare quello di Q. Libani, OLIV., che ha diritto alla priorità. 20. Querens Aegylops, Linn. Sp. pl. ed. I. p. 996. Arbor | saepe ingens, trunco erecto cortice griseo-fuscescente, profunde rimoso, ramulis tomentosis, tomento incano-griseo ; foliis amplis, ovatis vel ovato - lanceotatis, petiolo circiter 1-3 longitudinis la- i minae, basi cordatis vel rotundatis, grosse dentato-lobatis; squa- mis cupulae crassis, lignosis plus minus elongatis et saxo su- perpositis, tarde Pedbnstoi vel reflex Icon. KorscHy, Eichen Europ. uti 4,19; 16; 90. Has. Verso l’ estrema punta della terra d'Otranto , scoperta dal BrunI nel 1861. Apr. Magg. v. Stirpe estremamente variabile per il contorno delle foglie. variamente frastagliato, per la &rossezza delle ghiande e per la lunghezza e direzione delle squame di queste. Per quanto poco estesa dentro la flora italiana, anche da noi si notano piccole variazioni, specialmente per quello che riguarda le fine e. 21. Quercus Cerris, Linn. Sp. pl. dd. I. p. 997. Arbor cortice grosse sulcato - rimoso , nondum suberoso; foliis membranaceis , caducis, oblongis, vario modo sinuato-pinnatifidis, pubescentibus aut fere scabridis, vel subtus incano - tomentosis, basi truncatis vel cuneatis; stipulis setaceis, linearibus, persistenitibue. Icon. ReIicH. Icon. Fl. Germ. XII. n. 1816. HaB. Sporadico o formante boschi da solo, da 400 a 1500 m., ed anche più in basso, in tutta la Penisola ed in Sicilia, Apr. Magg. B. austriaca, WiLLD. Sp. pl. IV. p. 454. Foliis oblongo lanceolatis, utrinque 5-6 nervosis, lobato-dentatis, lobis triangu- laribus, obtusis acutisve, integris, parum inaequalibus, sinubus amplis, basi angustatis. Icon. Korsony, Eichen Eur. tab. 20. HaB. Con la Specie. . Gussonei, Borzi. Foliis oblongis vel elliptico - lanceo- latis, subtus incano-cinereis, utrinque 9-10-nervosis, dentato-lo- batis, lobis regularibus, integris vel parce denticulatis, basi ro- tundatis vel cordatis. Q. Haliphleos, Guss. Syn. p. 605 et hb! Has. Sui monti della Sicilia, alla Ficuzza (Tino ! Toparo! LANZA !). l è. roburoides, Borzi. Foliis obovatis vel ellipticis, ner- vis lateralibus utrinque 4-5, sinuato-lobatis, lobis rotundatis, longe petiolatis ; glandibus mediocribus cupulam acquantibus ; squamis cupulae marginalibus liberis, filiformibus, erectis, coe- teris RES basi arcte adnatis. on. Icon nostra tab. 9. dla Nei boschi di Gioja Tauro in Calabria (CARDINALE). Osserv. Fra le numerose forme di variazione del Cerro va in modo particolare notata la var. roburoides, che ho ricevuto da Calabria, col nome di Escolo selvaggio. Ciò è anzitutto prova della grande rassomiglianza di questa forma con la Rovere, come risulta dalla descrizione. Notevole è il fatto che le cupole peste e due sorta di squame, quelle superiori molto sottili, meno l quello che si osserva nel Cerro comune, e diritte; le altre sono ancora più corte e saldate in gran parte con la cupe La quale circostanza avvalora il sospetto che questa forma abbia un'origine ibrida colla influenza di alcuna delle numerose forme della 9: gen. A siliflora o della Q. arde desta 22. Quereus Psendo-Suber, SANTI, Viaggio al Monte din # p. 156. Arbor sat magna, trunco erecto, cortice parce foliis ovato-oblongis vel lanceolatis, sinuato - dentatis vel grosse ; di serratis, dentibus mucronatis, coriaceo-membranaceis, vere annis | sequentis deciduis, subtus incano-tomentosis } atipuble, caducis. Luo = chi D Fontanesii, Gora, ! Q hispanica, mi ai . - o Icon. SANTI, Viaggio tab. 3. — KorscHy, Eichen Europ. tab. 35. HaB. Sporadico sui colli sterili della Regione dell’ Olivo , in tutta la Penisola ed in Sicilia. Apr. 8. castanophylla, Borzi. oliis majoribus, oblongo- lanceolatis, sinuato-dentatis. Q. pseudo-austriaca, LoJsacono, FI. ic. IV. p. 380. HaB. Sulle Madonie, in Sicilia (MINA !). OsseRv. È specie variabilissima come tutte le Querci. Le de- nominazioni di Q. Fontanesii, Guss., Q. pseudo-cerris, LOJACON. (non Borssrer !), Q. hispanica, LAMK., vi sono sinonime. Nella , var. castanophylla si ha una forma di variazione ben distinta che fa pensare alla Q. Afares, Pom., per la grande rassomiglianza. L’esemplare siciliano, raccolto a Vamos sulle Madonie, dal MINA, presenta però una scorza suberosa simile a quella della Q. Pseudo- . suber; il che basta a distinguerla sufficientemente dalla specie a- fricana sudetta, ma la forma più allungata e la maggiore lunghezza delle foglie, non giustifica punto la costituzione di una nuova specie, come ha fatto il Signor LoJaAcoNO, tanto più che l'esemplare citato manca di frutti. Il confronto anatomico dei rami e delle foglie nemmeno giustifica tale giudizio. Va in ultimo notato che in talune forme veramente montane della Q. Pseudo-suber le foglie cadono al principio dell’inverno, mentre in inverni miti ed in località n basse la caduta delle foglie è più tardiva. : A. Borzi Il Giardino Coioniale di Palermo e la sua funzione in rapporto allo sviluppo dell’agricoltura coloniale. Relazione alle LL. EE. î Ministri dell’Istruzione, dell’ Agricoltura e degli affari Esteri. Quantunque la istituzione ufficiale del Giardino Coloniale di Palermo risalga al 1907 ed è perciò troppo breve il tempo onde potere apprezzare i frutti della sua attività e riconoscerne la im- portanza come organo utile allo sviluppo dell’agricoltura nelle Co- lonie italiane, tuttavia è da osservare che esso sin dal suo sorgere si è interamente avvantaggiato delle tradizioni e sopratutto della operosità secolare e delle particolari condizioni dell'Orto Botanico, del quale è parte integrante, anzi si può dire, ne rappresenta una perfetta continuazione nel campo pratico. Difatti quest’ultimo istituto, sebbene sorto con un indirizzo ben - differente da quello proprio ad uno stabilimento agricolo d’ accli- ‘mazione, è riuscito a divenire nei trascorsi centoventi anni della. sua esistenza un attivissimo centro d’introduzione e di diffusione, nel mezzogiorno d’ Europa, di parecchie specie e varietà utili alla agricoltura e all’orticoltura. Basterebbe solamente citare gli Agrumi, e tra questi specialmente il Manderino, per dimostrare quale in- fluenza abbia nel passato esercitato il nostro Istituto Botanico. dl pro’ della frutticoltura iatale a ignaa ca | 68 Ma oltre ai vantaggi di una siffatta secolare preparazione , il Giardino Coloniale di Palermo gode il particalare significantissimo benefizio di potere esplicare la sua azione in un ambiente, che per condizione di natura, per posizione geografica e per Unido spe- ciali alla regione stessa e ai suoi abitanti è del tutto idoneo a di- | venire un grande focolare di attività tanto nei rapporti coll’ agri- coltura coloniale, quanto in ordine ad interessi scientifici e pratici più generali di quelli che possono riflettere la sola nazione italiana. | Notevole è particolarmente il vantaggio della sua ubicazione e posizione in una Città del Mezzogiorno, dal clima tanto celebrato per la sua mitezza e per il regolare decorso delle stagioni; le quali condizioni ci richiamano a luoghi più vicino dell’ equatore. I dati metereologici, registrati per una serie di molti anni, ci dimostrano che la temperatura di Palermo, e specialmente della regione ove sorge l’Orto Botanico, non discende mai durante il mese più freddo al di sotto di 12° ©. in media. Si può dire che in grazia del Monte Pellegrino, che ripara il giardino dalla parte di settentrione, le con- dizioni della temperatura sono migliori di quelle'di altre parti della città di Palermo , a segno che é ‘stato possibile per parecchi anni di coltivare e conservare all’aperto durante l'inverno dei forti esem- plari di Coffea arabica. Le minime temperature invernali indicate per il clima di Palermo raggiungono una durata molto breve e fugace dentro il recinto dell’ Orto Botanico, sicchè la massa della vegetazione offre all’ ammirazione del visitatore nelle sue linee generali il rigoglio e la verità delle forme carniteriatiche della più parte dei paesi tropicali. Non meno evidenti ragioni di opportunità dimostrano i vantaggi della sede scelta per la istituzione del Giardino Coloniale. Difatti per molte considerazioni d’ indole geografica e botanica, si può in complesso affermare che tutta la Sicilia possiede un terreno oltre- modo fecondo allo sviluppo dell’ agricoltura coloniale. Posta a poca | distanza dai confini della zona tropicale, le sue più importanti col- ture agrarie ne risentono la influenza e palesano attitudini mera- vigliose di adattamento alle mutate e mutevoli esigenze delle in- | dustrie moderne e del commercio , tali da potere imporre quella desiderata trasformazione delle attuali colture che in altri paesi di Europa sarebbe vano lo sperare e da effettuarle sotto gli auspici di una istituzione scientifico-sperimentale quale è appunto il Giar- dino Coloniale. A così eccellenti condizioni si aggiungono le felici dinpetiaioi a del carattere della popolazione agricola del paese, per cui l’ambiente stesso, psichico e morale, riesce del tutto favorevole allo sviluppo ; ‘69 e alla educazione di qualità agricole coloniali , meglio che altrove in paesi ugualmente favoriti da clima o da una intelligente orga- . nizzazione sociale. Una istituzione scientifica con intenti pratici, come quella di cui è parola, può di certo rigogliosamente prosperare e rendersi -apportatrice di benefizii, là dove trovi nello spirito delle popolazioni un substrato favorevole di preparazione e risponda na- turalmente ‘alle aspirazioni del paese. È certo che qualunque nuova istituzione che interessi la coltura specialmente se d’ indole pratica agraria, la sua azione con maggiore intensità e più immediatamente è destinata a esercitarsi nell’ àm- bito della regione ov’ essa ha sede. Ed il vantaggio è in realtà notevole, poichè la questione agraria meridionale non concerne semplicemente interessi economici ristretti ad una data regiòne italiana, ma essa riveste un carattere politico sociale molto spiccato, dalla cui soluzione dipende la sicurtà e la grandezza della Patria. ; A tal riguardo non occorrono molte parole per dint che l'agricoltura del Mezzogiorno richiede grandi impulsi e nuove ener- gie. Dinanzi a noi s’° impongono, come è noto, gravi problemi, ed il più urgente è certo quello di conquistare a profitto dell’agricol- tura nuovi terreni, estendendo il dominio di questa su quelle di- sgraziate plaghe. isicnita e-brulle che occupano nel mezzogiorno immense estensioni di territorio. ltre a ciò è necessario iniziare una razionale trasformazione delle colture esistenti, in modo che le nuove fanzionino come ele- menti regolatori e moderatori delle condizioni economiche agrarie della regione, si che la produzione normale risponda alle e del commercio mondiale e a quelle dell’industria moderna. Quanto ai terreni incolti, son convinto che non si tratti di una quistione da risolvere solamente coi sussidii dell’agricoltura o della | Selvicoltura, poichè è necessario il concorso di altre attività, p. e. | opere di sistemazione dei bacini fluviali, arginazione delle sponde dei torrenti, rinsaldamento delle pendici scoscese dei monti e colli, | e simili. Tuttavia è sempre impellente la necessità d’intraprendere | tentativi di coltivazioni, le quali, qualunque esse siano varranno, — se non altro, a rivestire il terreno di vegetali e prioni a nani «che cosa di più importante nell’ avvenire. Occorre ricercare , “diare, porre a profitto la flora dei paesi tropicali e sairopitr; : | Quali si trovano soggetti per natura a un clima molto secco e possono * fornirci copioso materiale adatto al bonificamento dei terreni incolti. Non poche sono ivi le erbe e più specialmente i frutici e gli pre Seen di un eccezionale "- di adattamento. alla secchezza © 0 cy loro caratteri xerofili vanno determinati e riconosciuti per mezzo dell’esperienza e quindi messi a profitto. Non sarà mai troppo l’in- sistere sul principio che 1’ eccessiva e prolungata secchezza costi- tuisce per noi il più grave ostacolo alla estensione delle colture agrarie e che non sia possibile pensare al ripopolamento e imbo- schimento dei denudati aridi colli e delle sterminate distese di terra abbandonate dall’agricoltura, senza una guida sperimentale. A. volere fare nel nostro Mezzggiorno della selvicoltura sul serio , bisogna quasi interamente mettere da parte le regole apprese a scuola o nei trattati, poichè a nulla esse giovano quaggiù, dove la selvicoltura è una disciplina di là da venire e occorre costituire i suoi fonda- menti colla scorta di lunghi studi fondamentali. La quistione della coltura dei terreni incolti è di così grande importanza per l’ avvenire economico agrario delle provincie meri- dionali che essa sola basterebbe a giudicare la ricerca e 1’ attua- zione di eccezionali e straordinari mezzi diretti ad agevolarne la soluzione. E però io son convinto che l’opera del Giardino Coloniale di Palermo possa anche in ciò riuscire molto utile colla introdu- zione di specie esotiche e di interesse. forestale, capaci di adattarsi al clima dell’ Italia meridionale e della Sicilia. Che tale funzione possa essere con profitto esercitata dal nostro Istituto, in mancanza di Orti forestali sperimentali, è dimostrato dagli studi da esso in- trapresi è anche condotti a compimento con esito favorevole sulla coltura dell’Acacia horrida allo scopo di rinsaldare le pendici sco- scese dei colli (Vedi: Boll. del R. Orto Bot. di Palermo, Vol. V. pagina 159) e i molti altri tuttora in corso sulle Casuarine e sul Mjoporum serratum dell'Australia, e sull’ Halimodendron argen- — teum delle steppe caspiche, per la coltura delle sabbie litoranee. Molte e gravi considerazioni sullo stato dell’agricoltura meri- dionale in rapporto colle condizioni del commercio mondiale e colle esigenze della industria moderna, confermano la necessità di una trasformazione, se non altro sine delle attuali colture agrarie. Ciò vuol dire infondere nuovi giovanili vigori alla vecchia e clas- sica nostra agricoltura che vive di un passato di tradizioni e di ratica; si comprende che tale trasformazione non possa essere completa, e non lo sarà mai così da comprendere tutte le attuali. colture del mezzogiorno, giacchè fra queste ve ne sono di quelle. che per propria natura presentano una grande resistenza e bisogna proteggerle ed accrescere il loro valore economico , tali sono p. e. la coltura della vite, dell’olivo, del frumento, ece. Una più estesa trasformazione richiede invece la coltura degli Agrumi, la quale si esercita sui terreni pingui ed irrigui, che potrebbero benissimo con- ai farsi a coltivazioni di carattere tropicale e subtropicale più reddi- tizie degli stessi Agrumi. Tale sostituzione dovrebbe avere lo scopo di contenere nei suoi giusti rapporti colle esigenze del commercio e delle industrie la produzione agrumaria, giacchè è dimostrato, che se anche fosse possibile la esportazione del prodotto sotto una forma chimica qualunque (p. e. quella di acido citrico o di citrato di calce) si renderà sempre indispensabile, ai fini dell’ economia, una razionale limitazione della cultura agramaria. Quando si pensa alla grande estensione che occupano in Sicilia e nelle Calabrie i terreni coltivati di Agrumi, alla loro feracità ed esposizione ad un clima caldo, siffatto problema acquista un’importanza straordinaria ed esso solo basta e merita una particolare considerazione fra i molti provvedimenti da invocare in favore dell’agricoltura del Mez- zogiorno. Il dubbio, se al progresso dell’agricoltura coloniale fossero solo sufficienti delle modeste istituzioni locali organizzate nelle colonie sotto forma di campi sperimentali, è risoluto ora dall’esempio delle altre nazioni coloniali ed io non intendo insistere di più sulla ne- cessità che qualunque sia il sistema che si voglia attuare esso debba sempre far capo ad un centro speciale scientifico dotato di autorità e di larghi mezzi di studio , il quale raccolga e coordini ogni co- noscenza utile al colonista e la renda capace di attuazione. Questo non potrebbe conseguirsi fuori delle normali vie del commercio scientifico e quindi lungi dalla madre patria appunto per tutte quelle ragioni di opportunità e di comodo che sono necessarie al progresso della scienza. Tali motivi sono così impellenti che persino si è cer- cato di vincere, nella istallazione di giardini coloniali fuori d’Italia, le grandi difficoltà del clima mediante un copioso corredo di serre e simili costruzioni destinate a conservare le piante in ambiente artificialmente riscaldato e ciò con immenso. stipendio e cure pa- zienti infinite. Ammesso dunque questo principio , il. Giardino prc di Palermo deve in modo particolare volgere la sua attività all’intro- duzione, allo studio e alla coltura dei prode vegntali di oltreminito al fine di riconoscerne o det i nomica. Qualunque sia la provenienza. di essi non importa, purchè l’utilità venga dimostrata e sperimentata tanto nei rapporti diretti coll’ agricoltura o selvicoltura della madre on uenii a van- taggio dei nostri possedimenti coloniali. Il numero dei vegetali utili cresce tutti i giorni aumentando continuamente i bisogni delle industrie e così anche i mezzi di rac- na e di ricerca sono in continuo procreare. mediante le. agi d- 72 esplorazioni scientifiche. La importanza perciò del nuovo Istituto e i vantaggi che potrà esso recare al paese dipendono dai mezzi di cui esso disporrà al fine di accrescere le vie d’introduzione dei pro- dotti e quelli indispensabili allo studio. È appunto per questo che l’opera del Governo si rende necessaria sotto tutte le forme mate- riali e morali, dirette a procacciare e facilitare la ricerca di siffatti mezzi e ad accrescere le fonti dell’attività del nuovo Istituto. aa A dare una dimostrazione pratica di tali vantaggi basta ripor- tare il nome di parecchie piante di origine coloniale e di importanza economica, coltivate nel Giardino Coloniale, liberamente all’aperto ed in piena terra, senza bisogno di ripari invernali, avvertendo che un elenco più completo porterebbe tale cifra oltre il migliaio, molte delle quali rivelano attitudini di una rigogliosa vegetazione, quasi alle medesime condizioni dei paesi di origine. Piante a legnami.—Acacia (17 specie), Agathis australis, Ana- cardium occidentale, Anogeissus leiocarpa, Araucaria ‘(5 specie), Argania Sideroxylon, Bambusa (molte specie), Casuarina (diverse specie), Cedrela odorata e sinensis, Corynocarpus laevigata, Dio- spyros (diverse specie), Enterolobium Timboua, Erythrina (diverse specie), Eucalyptus (8 specie), Ficus (20 specie), Grevillea Hilliana e robusta, Inga Feuillei, Jacaranda mimosaefolia , Laurus cana- riensis, Olea chrysophylla, Parchinsonia aculeata, Persea gratissima ed indica, Picconia excelsa, Pithecolobium pruinosum, Podocarpus (tre specie), Sapindus (più specie), Sophora secundiflora e tetraptera, Taxodium distichum e mucronatum, Vitex litoralis, etc. Piante tessili e papirifere.—Agave {11 specie), Bombax Ceyba, Calotropis procera, Carludovica palmata, Chamaerops humilis, Cho- risia insignis, Corchorus capsularis ed olitorius, Cryptostegia gran- diflora , Cyperus Papyrus, Daemia extensa, edgeworthia papy- rifera , Eriodendron infrartevetoi | Parona (7 specie), Grewia (civense specie), Musa Ensete, Phomnidai tenax, Sanseviera (4 specie), ucca (diverse specie), etc. Piante tannanti. — Acacia (5 specie), Caesalpinia coriaria ed altre specie, Corynocarpus laevigata, Diospyros (più specie), Ente- rolobium Timboua, Eucalyptus occidentalis Gardenia Thumbergia, Pterolobium lacerans, etc. , 73 Piante tintoriali.—Acacia Catecha, Anogeissus leiocarpa, Bixa Orellana, Capurnia aurea, Crozophora tinctoria, Indigofera tinetoria, Lawsonia alba, Rivina tinctoria. Piante a Gomme, Resine etc. — Acacia (6 specie), Agathis australis, Aloe (7 specie), Araucaria (5 specie), Callitris quadrivalvis, Cedrela odorata, Cinnamomum Camphora e zeylanicum, Cycas cir- cinalis, Dracaena Draco, Elaeodendron australe e capense, Euca- Iyptus Globulus e viminalis, Euphorbia (9 specie), Ficus (7 specie), Myroxylon sonsonatense e toluiferum, Terminalia australis, ete. Piante a Caoutehoue. — Calotropis procera, Castilloa elastica, Cecropia peltata, Cryptostegia grandiflora, Euphorbia (3 specie). Ficus (7 specie), Funtumia elastica, Hevea brasiliensis, Kompitsia elastica, Manihot Glaziovii, Mascarenhasia elastica, Melodinus scan- dens, Parthenium argentatum, Sarcostemma viminalis, ete. Piante ad essenze. — Acacia Farnesiana, Erythroxylon Coca, Eucalyptus (3 specie), Gardenia florida, Osmanthus fragrans, Pelar- gonium (4 specie), Plumeria (9 specie), Pogostemon Patchouly, etc. Piante oleifere. — Aleurites cordata, Argania Sideroxylon, Be- nincasa cerifera, Carya olivaeformis, Elaeis guineensis , Elaeoden- dron australe e capense, Guizotia oleifera, Jatropha Curcas, Madia sativa, Sapindus Saponaria, Sapium sebiferum, Theobroma Cacao, Unguadia speciosa, etc. Piante medicinali. — Aloe (11 specie), Cassia (5 specie), Ce- drela odorata; Cerbera Odollam e Tanghin, Cinnamomum Camphora e zeylanicum, Coffea arabica e liberica, Crescentia Cuiete, Dorstenia Contrajerva, Dracaena Draco, Erythroxylon Coca, Illicium anisatum Jatropha Curcas e multifida, Panax Ginseng, Pyllanthus Niruri, Pilocarpus pinnatifolius, Pimenta acris, Strophanthus campensis, | Strychnos Nux-vomica , Tamarindus indica, Vernonia anthelmin- tica, etc. Piante a frutti 0 semi eduli. — Ananas sativa, Anona Cheri- molia . Benthamia fragifera , Carica Papaya, Carya olivaeformis, Castanospermum australe, Diospyros Kaki, Hovenia dulcis, Mangi- fera indica, Musa sapientium , Persea gratissima , Psidium Gua- yava, ete.o s i PE GITA RI 0 I API AI, RE ERI RG 74 Piante feculifere o saccarifere. — Alocasia macrorhiza , An- dropogon Surghum, Canna indica, Cycas circinalis e revoluta, Dio- scorea (5 specie), Eleusine Coracana e Tocussa; Eragrostis abyssinica, Ipomoea Batatas, Marantha arundinacea, Pachyrhizus angulatus, Pueraria Thunbergiana, Saccharum officinale, Vigna Catjang, etc. Tacendo degli studi intrapresi sulla coltura dei Banani , sui Mangos, sulla Pec-Nut, sulle Anone, sul Ginseng, sulla Noce Avo- cata, ecc., parmi di qualche interesse soffermarmi fugacemente sui risultati delle esperienze di coltivazione delle piante a Caoutchouc, del Sisal e del Cotone. Quanto alle prime é superfluo il dire qual porto importantis- simo occupa la gomma elastica tra i prodotti industriali moderni: le applicazioni di essa, si sa, divengono tutti i giorni vieppiù estese e la produzione non basta alla richiesta. Di qui la convenienza di tentare la coltura anche in Sicilia. Ma questo tentativo non poteva riuscire per la maggiore parte delle specie produttive di gomma elastica, essendo esse proprie di climi tropicali; però una sola specie particolarmente dava qualche affidamento di riuscita, cioè il Ficus elastica, la pianta classica del Caoutchouc originaria delle regioni orientali dall’ Imalaia ed in genere delle contrade relativamente più temperate delle provincie nord-orientali dell’India. Questa spe- cie, già sin dai primi decenni del secolo passato, era stata introdotta nei giardini di Palermo, mostrandosi perfettamente atta a prospe- rare all’aperto ed in condizioni di un rigoglio meraviglioso come lo attestono i robusti individui che si ammirano in molte ville ed anche nello stesso Orto Botanico. Intorno a tale specie perciò si iniziarono numerose esperienze per constatare se anche da noi fosse atta a produrre della gomma elastica ed in tale quantità da potere rappresentare un reddito ri- levante e degno di considerazione , tanto più che da alcuni erasi manifestato il dubbio che questa specie, coltivata in regioni meno calde dei paesi di origine e delle contrade tropicali, fosse deficiente di un tale prezioso prodotto. Le analisi. chimiche a tal uopo ese- guite da competenti laboratori e il giudizio dato specialmente. dalla Ditta PrreLLI e C. di Milano, seguito dalla elaborazione del prodotto stesso, eliminarono tosto tale dubbio, confermando piena- mente il fatto che in Sicilia il Ficus elastica contiene nel suo la- tice del Caoutehouc, che per abbondanza e per qualità tecnica non è affatto inferiore a quello proveniente dai paesi asiatici. Ad avvalorare la convinzione che questa pianta possa trovare nel clima di Sicilia condizioni convenienti alla. sua cultura non dissimili da quelle della regione siga at basti ricordare che 75 le esperienze di cultura o di propagazione sono riuscite in’ modo completo e le nuove piantagioni istituite da quattro anni conten- gono esemplari dell’altezza di quattro metri sopra un diametro di circa 10 centimetri. Al fine di mostrare la possibilità di un conveniente tornaconto si sono associate alle piantagioni di Ficus alcune temporanee col- tivazioni di piante erbacee e altre, e fra queste va segnato il Ba- nano ; e tutto ciò con ana fino a questo momento abbastanza dnliiioati. uanto alle analisi il Caoutchouc contenuto nel latice di Ficus risultò dal 19,25 al 35,75 °/, e nel coagulato dal 57,79 %, all’88,15 %, dipendendo tale quantitativo dalle stagioni e dall’altezza dell’albero da cui proveniva il campione esaminato, così come lo dimostrano le seguenti cifre : Altezza Caoutchouc %, della incisione da terra nel coagulato m. 0,50 86, 50 a 88, 15 » 1,00 82,25 2.00." 79,50 a 79, 80 » 4,00 57,79 Le resine furono trovate assai scarse : ad esempio nel coagu- | lato del campione prelevato il 30 Novembre 1905, si ebbe Fuesima mentra... (Li 19.000, : Uabatehong #.-, >... 89,60%, Weneri.: c.ca i Confrontando poi i nostri dati con “quelli ottenuti in n altri paesi, 0; si trovò una perfetta concordanza: ad esempio il ircriplesti di - Caoutchouc riscontrato nel latice fu il ‘stage Algeria Giava Borneo Palermo (Girard) (Warburg) | (Henriques) 19,25 10,00 a 17,3 a 40,00 35,75 30,00 Da tutto ciò si deduce che la possibilità di coltivare il Ficus elastica in Sicilia come pianta di interesse economico industriale non manca di serio fondamento. ù Un'altra pianta di valore industriale è stata anche oggetto di studii ed esperienze nel Giardino Coloniale, ed è 1’ Agave Sisalana. Infatti questa specie merita una particolare considerazione perchè perfettamente rustica sotto il clima della Sicilia e capace di dare un'eccellente prodotto in fibre tessili, per nulla inferiore a quello proveniente dalle colture dei paesi estra-europei, così come lo di- mostrano i giudizi di persone autorevoli e i saggi di lavorazione eseguiti dalla Società « Tele, Olone e Canapacci » di Palermo. Il suo sviluppo è sotto il clima di Palermo normale ed anche ab- bastanza rapido; però se le piante non raggiungono così presto le grandi dimensioni segnalate in altri climi ciò non è da attribuirsi a difetto, giacchè il quantitativo delle fibre rappresenta una cifra molto rilevante in confronto ai dati che si hanno dalle colture eseguite in altri paesi, così come lo dimostra il seguente quadro : Palermo : . ; i 3.6—6.1 per. ceuto Francia (Riagelmann) . ì 2.8—3.0 . Algeria (Trabut) . —. (Lx > Beda Eritrea (Senni) . : i 14-2.6 » . Africa Or. Ted. (Braun) i 2.4-—3.0. _» | Maurizio (Bonann). ù i 4.1-4.2 » Indie Or. (Gammie) . : 2.4-3.8. » Giava (Treub) . ; i 3.0 » Hawai (Coulter) . , i 2.3—3.3. >» Bahama (Coulter) . : . 3.0—5.0 » Yucatan (Trop. Agr.) . È 4.0 » Queensland (Queensl. Agr.) . 4.0 » New Sonth Wales (Queensl. Agr.) 3.3 » cli ei, 77 Tenendo conto delle scarse esigenze della cultura dell’ Agave Sisalana, potendo essa prosperare in terreni sterili ed incolti, i quali rappresentano nel mezzogiorno delle’ estensioni rilevanti, è da concludere che i risultati esposti meritano molta considerazione. Ricorderò in ultimo che la quistione cotoniera è stata anche oggetto di particolare attenzione da parte del nostro Giardino Co- loniale e continuano ancora ad essere essa rivolte le maggiori cure. La coltivazione del cotone in Sicilia, per quanto risalga ad antica data, non presenta oggi un gran interesse tenuto conto della limitata estensione delle attuali culture cotoniere e della qua- lità delle razze coltivate. Le esperienze colturali iniziate dal pro- fessore TobARO del R. Orto Botanico di Palermo, dal 1868 al 1888 furono ispirate al puro interesse scientifico coll’intento di studiare il limite delle specie botaniche del genere Gossypium. Oltre a ciò, non si aveva a quel tempo alcuna nozione intorno alla possibilità di creare nuove razze per selezione, ibridazione, ecc., sebbene fosse riconosciuto impellente il bisogno di potere sostituire alle varietà di cotone allora coltivate in Sicilia nuove razze di redditizie e nel tempo stesso resistenti al clima dell’Isola. Uno studio attento delle condizioni climatiche e meteorologiche in generale della Si- .cilia in confronto con quelle delle regioni dell'America settentrio- nale, ove il Cotone forma oggetto di estesa coltura, porgeva ba- stevole materia onde intraprendere tentativi di coltivazione anche di razze non ancora esperimentate sotto il clima siciliano; mentre d’altra parte, tenendo conto dei progressi compiutisi in dedi al miglioramento delle razze mediante il grande impulso dato a questa parte della biologia agricola dai cotonicoltori americani, il Giardino Coloniale di Palermo pensò di potersi frapporre un piano di ricerche a eseguire e di iniziarne l’attuazione. Quando ai risultati di tali esperienze dirò che esse, compren- dono non solamente alcune varietà esotiche, quali il Mit-Afifi e l’Abassy dell’Egitto ed il Missisipì dell'America, ma anche il Bian- cavilla, antica razza di cotone siciliano e la migliore fra quelle at- tualmente coltivate. I risultati di tali prove sono abbastanza incoraggianti. Molte altre varietà e forme sono attualmente oggetto di coltura; e fra queste parecchie provenienti da un’accurata selezione secondo il metodo del pedigrée e da ibridazioni, mentre molti campi di prova sono stati istituiti in varie parti della Sicilia al fine di sperimen- tare la coltura sotto difterenti condizioni di ambiente e dimostrare i la possibilità di coltivazioni in grande. Finora abbiamo esaminato la funzione del Giardino Coloniale da un solo lato, quello cioè, che gli conferisce il carattere di un Istituto di coltura e di studio dei prodotti agricoli di origine co- loniale. Però di leggieri si comprende che esso assurge alla im- portanza di un campo sperimentale e dimostrativo qualora si vo- lesse trar vantaggio dalle sue condizioni a beneficio dell’ insegna- mento; di un insegnamento, s’intende, tecnico speciale, adatto a infondere le conoscenze sulle colture di carattere tropicale. Quest’altro indirizzo da introdurre nella nostra scuola agraria è una logica conseguenza dell’odierno attivissimo movimento de- terminato dal bisogno di sviluppare l’agricoltura nelle colonie, della qual cosa ci danno ragione le molte scuole agrarie coloniali sorte all'Estero in questi ultimi anni ed alcune di esse istituite con grande lusso di mezzi e frequentate da numerosi allievi. Forse si dirà che l’Italia, quanto a estensione di territorii co- loniali è in condizioni inferiori ad altre Nazioni e non valga perciò la pena di dare uno sviluppo considerevole al suo insegnamento agrario nel senso di estenderlo molto al di là dai limiti propri al dominio della vecchia classica nostra agricoltura. Questa obbie- zione non ha una grande importanza ; anzi, io credo, che se anche si volesse fare astrazione agli interessi particolari dell’ Agricoltura dei possedimenti italiani dell’Africa, basterebbe solamente conside- rare ciò che l’Italia rappresenta nel movimento dell'emigrazione rispetto agli altri Stati dell'Europa, per riconoscere 1’ opportunità di un insegnamento agrario coloniale. A questo proposito va ricordato che sono appunto le più belle e le più feraci e agricole provincie italiane quelle che pagano il più forte tributo alla emigrazione e ogni anno migliaia tra i mi- gliori e più laboriosi strumenti della ricchezza nazionale, resi inerti dal disagio economico, disertano le campagne e vanno a sacrifi- carsi in lontane regioni al bene altrui. Quali felici disposizioni del temperamento e quanta laboriosità porta seco questa folla di a- gricoltori lo sappiamo. Molti di essi si dirigono verso le regioni più calde della terra ove per sè stessa la natura spiega con mag- giore intensità che nei paesi temperati le sue energie produttive e può quindi ivi l’esercizio dell’agricoltura offrir loro largo campo di svolgere quelle attività che sono consone alla loro educazione. E maggiore sarebbe il numero di quelli che ne seguirebbero lo esempio se le vie dell’emigrazione verso i differenti paesi. 79 egualmente agevoli: sicchè la più”grande parte degli agricoltori emigranti è costretta a dirigersi verso le grandi città e i centri più popolosi e mutar mestiere pur di vivere. Pur restringendo ogni considerazione ai rapporti della popo- lazione agricola siciliana coi paesi dell’Africa settentrionale deter- minati dalla emigrazione, la quistione acquista un importanza ee- cezionale. Bisogna a questo proposito ricordarsi che nella sola Tunisia si trovano dispersi non meno di 120000 siciliani, mentre i francesi non superano la cifra 5000. Ma la o è ancor più ri- levante considerando le pastun morali del nostro contadino. L’I- talia — afferma il FiscHER — possiede nella Sicilia una stoffa di colonizzatori di prim'ordine, la quale non soffre comparazione con alcun’ altra gente e può mettere radici sopra ogni terra e prospe- rare sotto ogni cielo. È un fatto da tutti riconosciuto che i sici- liani sono più laboriosi e sobri e superano i francesi e qualunque altra gente come colonizzatori. Però — come. scrive il SAURIN a proposito dell’ opera colonizzatrice francese in Tunisia - «il sici- liano offre lo spettacolo di una cultura rudimentale, mentre il francese sa valersi dei sussidii della moderna agricoltura». Ora non v’è dubbio che in vista di tali vantaggi e delle particolari relazioni geografiche e anche storiche che esistono fra la Sicilia e i paesi situati lungo la costa settentrionale africana, a partire dalla Tunisia fino alla Tripolitania e Cirenaica, nessuna forza potrà nel- l’ avvenire arrestare la influenza del colono siciliano in quelle parti (1). Ma questa espansione coloniale va regolata, illuminata, sorretta dai benefici di una istruzione che renda possibile la tra- sformazione del lavoro dei figli della nostra Isola in opera di ci viltà e progresso. Certamente una scuola agraria coloniale non può a priori ri- promettersi l’ immediato vantaggio di attrarre a sè e di dare una educazione tecnica speciale completa alla grande massa dei nostri coloni emigranti. Ciò è possibile solo quando le condizioni di per- fezionamento civile, alle quali sarà pervenuto il nostro contadino col concorso di ue mezzi di educazione, avranno reso fecondo. il substrato della sua coscieuza di cittadino. D'altronde, anche con- siderate le condizioni di distribuzione della nostra popolazione agri- cola, sarebbe vano sperare che la istruzione agraria possa eserci- tare effetti utili, rapidi e immediati sulla grande massa di essa. (1; V. O. BrrtaccHi, La Sicilia nel Mediterraneo. Palermo 1900, e E EE ge ge STRO \ 80 Tuttavia, bisogna tener conto iù prima linea delle felici disposi- zioni del talento meridionale e di una possibile benevola influenza capace di manifestarsi indirettamente e col tempo, allo stesso ti- tolo come riconosciamo palesi i vantaggi dei cresciuti mezzi di diffasione della istruzione agraria e specialmente delle scuole pra- tiche di agricoltura. Epperò son convinto che una scuola agraria coloniale debba riuscire di grande pratica utilità come preparazione - di quel substrato di cognizioni necessarie a coloro che abbiano in generale interessi agricoli da esercitare fuori d’Italia, si che l’ope- ra del colono italiano sotto qualunque clima esplicasi , pur lungi dalla diretta influenza politica della madre patria, possa rispondere ai progressi della civiltà e onori il nome italiano. Quali debbano essere le funzioni di questa scuola, i limiti dell’insegnamento da impartirsi e i rapporti di essa coll’attuale in- segnamento agrario è facile precisarlo considerando il carattere proprio alla nostra agricoltura al quale si appoggia tutta la orga- nizzazione dell’attuale istruzione agraria. Epperò va ricordato che l’ agricoltura italiana partecipa manifestamente della natura meri- dionale; le colture che le sono caratteristiche seguono il passaggio tra quelle proprie dei paesi temperati e quelle delle regioni tropicali. Anzi la Sicilia, e una parte del mezzogiorno della Penisola, ap- partengono botanicamente al dominio della flora subtropicale. Il che conferisce alle nostre coltivazioni una ricchezza e varietà che non trovano riscontro nei paesi d’ oltre Alpe; basta ad esempio ricordare la coltura degli Agrumi, del Carrubo , del Sommacco. della Anona, del Cotone, dei Banani, ecc. - È facile immaginarsi come debba rappresentarsi complesso il problema della istruzione agraria coloniale nei paesi pit nordici d’Italia, tali l'Olanda, l'Inghilterra, la Germania. ecc. dove la lo- cale vecchia agricoltura si riduce all’ esercizio di pochi particolari colture, per lo più cereali, qualche pianta da frutta e a quella di alcune specie forestali indigene. Non può quindi meravigliare se di fronte a tali condizioni l'agricoltura coloniale in quei paesi ha raggiunto. così alto grado di perfezione e specialmente estensione da divenire adore una scienza affatto nuova. E così tutto il sistema agrario coloniale di quei paesi esige uno sviluppo più gran- dioso e mezzi di esplicazione efficacissimi e svariati tali da richia- mare tutte le cure e le preoccupazioni dei Governi, di Enti am- ministrativi, di associazioni private, ecc Ma per fortuna ben altre e più tuvoreveli condizioni offre la nostra agricoltura locale, di cui gli effetti si rivelano nell’ educa- zione agraria più vasta dpi svariata a cui provvedono le diverse sI nostre scuole agrarie di qualunque grado e specie esse sieno. Con ciò è reso più agevole il nostro compito e basta sapere con oppor- tunità profittare dei mezzi di cui dispone attualmente 1’ insegna- mento agrario ufficiale, coll’aggiunta di quel poco riconosciuto di carettere speciale e adatto al fine di una cultura agraria coloniale per riuscir a dar vita a un'istituzione utile e confacente allo scopo senza gravi dispendii da parte dello Stato e corrispondente alle esigenze della cultura nazionale. È È mio parere dunque che la organizzazione di una scuola pratica d’agricultura tropicale ad uso dei nostri coloni non può ri- chiedere grandi mezzi di organizzazione molto al di là di quelli propri ai nostri istituti d’istruzione agraria; ma solo la istituzione di alcuni corsi speciali complementari. Se il compito si riducesse a qualche cosa di elementarismo e pratico per attirare unicamente i coloni emigranti e mostrar loro quali sono i prodotti agricoli coloniali di maggiore utilità , come questi vengono coltivati, raccolti, preparati ecc. basterebbero dei semplici corsi dimostativi, forse temporanei, come sono quelli im- partiti dalle così dette scuole d’innesto 0 p. e. quelli istituti dalla Francia nei suoi possedimenti dell’ Africa per insegnare i coloni la estrazione, preparazione , ecc. del Caoutchouc. Sono certo che se a un nostro contadino, intelligente e laborioso com’ è, si mo- strassero delle colture; p. e. di Caffè, anche di piccolissima esten- sione, e avesse egli l'occasione di vedere come esse sono impiantate, governate, ecc., quali sono e come si presentano le malattie a cui è soggetta questa pianta nei luoghi ov'è coltivata, come si raccol- gono e si preparano i frutti, si aprirebbe a lui un nuovo campo di vedute pratiche a cui potrebbe, vedendo, ispirare i suoi piani d’intraprese, qualora fosse obbligato ad abbandonare i suoi agru- meti e le vigne per recarsi nei paesi d’ oltre mare. To credo che la corrente della emigrazione della nostra popolazione agricola, se fosse guidata da siffatti lumi, troverebbe più vasto il campo d’e- spansione, e ciò con maggior profitto e col vantaggio di una sicura prevalenza sui coloni di altri paesi perle eccelleriti sue qualità morali. Ma questo solo non può essere il fine di un’istruzione agraria coloniale completa adatta a spandere i suoi lumi su questi umili strumenti della ricchezza delle nazioni. È necessaria perciò una scuola che accolga coloro che volessero acquistare una coltura spe- ciale più elevata, atta a giovare di complemento a quelle cogni- zioni apprese negli altri Istituti agrarii nel Regno. Si tratterebbe i dunque di un corso complementare nel vero senso della parola, il quale potrebbe benissimo impartirsi in un solo anno da dedicarsi allo svolgimento di poche materie strettamente particolari e guidato da un indirizzo pratico in tutto ciò che possa compartirsi colla natura delle materie stesse. ‘Se dunque, come abbiamo visto , le odierne condizioni poli- tiche, sociali, ed economiche dimostrano la convenienza che anche fra noi cresca e svolga la sua attività un’ istituzione che giovi a diffondere le conoscenze sulle produzioni agricole d’ oltre mare e volga 1’ attenzione dell’ agricoltore verso nuove fonti di ricchezze disperse in lontane contrade, poste direttamente o indirettamente sotto la influenza politica e commerciale dell’Italia, illumini e in- coraggi l’opera colonizzatrice o qualunque altra intrapresa del no- stro agricoltore all'Estero; se, dico, è necessario allargare il campo della istruzione agraria comprendendovi anche lo studio dell’ agri- coltura tropicale, al nostro Giardino Coloniale, come centro di at- tività. pratica e sperimentale, rimane certamente affidata una parte molto importante. Grande è poi nel tempo stesso il vantaggio di una posizione geografica così favorevole allo sviluppo di coltiva- zioni di origine tropicale, nella quale ha sede il nuovo Istituto, e basta a questo proposito considerare a quali ingenti sacrifici e a quante difficoltà si trovano esposte simili istituzioni fuori d’ Italia a causa della inclemenza del clima. Tutto ciò rappresenta, ripeto, un vero beneficio, capace di assicurare all’ Istituto una vita pro- e mubcna al paese, tanto più se esso potrà interamente esplicare la sua azione e abbracciare nell’ambito delle sue funzioni anche lo studio di problemi che interessano la introduzione e la conoscenza di nuove colture d’importanza economica-industriale nel Mezzogiorno. A. Borzi. Intorno all’Arillo di Schotia latifolia, JAcQ. (Nota anatomo-biologica) La Schotia latifolia, JAcQ. è una leguminosa arborescente di media altezza, indigena dal Capo di Buona Speranza, che porta a maturazione semi con arillo voluminoso, giallo, di consistenza car- nosa, il quale , strofinato fra le mani, diventa fortemente attacca- . ticcio. Siffatta formazione conferisce senza dubbio qualcosa di ca- ratteristico ed interessante alla biologia della disseminazione. Di- fatti, se importante deve ritenersi lo studio delle proprietà del seme di conservarsi più o meno lungamente allo stato di riposo, e di resistere alle influenze esterne, ancora importante è la conside- razione degli svariatissimi apparati annessi che hanno per fine la distribuzione della specie a distanza. Sotto questo riguardo l’arillo di $. latifolia, JAcQ, che presentasi come una formazione del tutto | distinta dalla testa sessuale, costituisce un vero apparato biologico rispondente ad una funzione vessillare di adescamento in maniera eccellente Or è lo studio delle attribuzioni biologiche, unito a quello delle particolarità anatomiche del detto arillo ciò che forma argo- mento della presente nota. L’esemplare di Schotia , che cresce in questo R. Orto Bota- | Rico, copresi ogni anno a Primavera di molti fiori, rossi e vistosi, 84 i quali, forse per mancanza di pronubi, abboniscono pochi semi. I legumi che contengono ordinariamente un solo seme maturo, giacchè gli altri ovuli abortiscono durante lo sviluppo, sono de- pressi, con forma largamente ellittica e margini suturali robusti e taglienti. La sutura dorsale è molto larga nella SOIGRA media- na e gradatamente si attenua verso le estremità; inoltre è é percorsa da due piecoli rialzi longitudinali. La satura ventrale invece è più sottile ed uniformemente larga in tutto il suo percorso, presentando anch’essa un breve rialzo, En- trambe le suture convergono all’ apice in una sorta di appendice sporgente, avanzo della base dello stilo. Le valve sono dure , co- riacee, con superficie esterna ruvida al tatto e colorito fulvo cupo. Esse, in corrispondenza all’area seminale, si sollevano in modo da riprodurre fedelmente 1’ impressione del seme; mentre in tutta la rimanente parte combaciano l’una all’altra. I peduncoli che sosten- gono i legumi sono rigidi ed eretti tanto da non rompersi anche sotto l’azione dei venti forti. I caratteri normali dei semi si possono già ritrovare nei legu- mi che abbiano appena raggiunto un terzo delle dimensioni defini- tive. Il tegumento in allora appare bianco e tenero ed il funicolo rivelasi circondato esternamente da una specie di manicotto giallo carnoso ancora poco attaccaticcio. A compiuta maturità il segmento cambia colore, diviene fulvo, liscio e durissimo ; l’arillo cresce di dimensioni conformandosi a cupola ed assume cobirita vivace e pro- prietà di attaccarsi agli oggetti con cui viene a contatto. A ciò si riferiscono le indicazioni di each seed sitting in a cuplike, yellow, fleshy arillus, date per la specie da HARVEY e SONDER (1); di semina arillata trigono globosa nec quadrato compressa di WAL- PERS (2), di semina compressa fumniculo in arillum cupula- tum - carnosum expanso date da BENTHAM e HookER (3) ; di s. kreisfirmig, ohne Ntihrgewebe; Funiculus meist in einen be- cherfirmigen, fleischigen Arillus ausgewachsen, date da ENGLER e PRANTL (4) (1) Harver W. H. and Sonper Ort. Wink. , Flora capensis. Vol. II. Dublin (1861 62) p. 2753-74. (2) WaLpprs Gur. GeRrABD, Animadversiones criticae in Legu- minosas Capensis gp Berolinensis-Halis. p. 12. (3) gperca G. T_HoocKER J. D., Genera Plantarum. Vol. I Para.-H, (4) prua ET PrantL R., Naturl. Pflanz. f. Teil III. Abth. 3 (1894) p. 95-96. ® To Lg, Jane a 00 Il seme liberato dall’arillo, presentasi liscio con margini arroton- dati, durissimo e di colorito fulvo-cupo. Il micropilo, il chilario ed i tubercoli gemini sono ben distinti e molto ravvicinati, costituendo una regione pochissimo estesa clîe rimane, insieme con un’area circo- stante depressa, nascosta interamente dall’arillo. Il segmento se- minale, robusto e spesso, riportasi per i suoi caratteri fondamentali di costituzione a quello delle leguminose in genere. Vi riscontria- mo difatti i tre strati tipici osservati da MATTIROLO e Busca- LIONI (1) e cioè : lo strato delle cellule malpighiane, lo strato delle cellule a colonna e lo strato profondo. Nello strato delle cellule malpighiane troviamo molto sviluppate la cera e le membrane di riyestimento. Scarso è anche il quantitativo di acqua contenuto nei cotiledoni tanto che, avendo tenuto dei semi parecchi giorni in am- biente a temperatura di 45°, la perdita di peso subita non andò oltre i 5 centigrammi. Dopo tale prova non era andata perduta la facoltà germinativa. L’arillo di Schotia latifolia, JACQ. è un arillo funicolare tipi- co, stando alla classificazione di PFEIFFER (typischen funicular Arillen) (2) e come tale proviene da escrescenza uniforme del pa- renchima del Funicolo che si applica sul segmento senza contrarre con esso aderenza. L’esame di un taglio trasversale iu uno stadio giovaniie ce lo mostra, prescindendo dalla regione conduttrice fu- nicolare, costituito di un tessuto di cellule più 0 meno ellittiche le cui cavità contengono, in seno ad una sostanza fondamentale fine- mente granulosa di natura albuminoide, delle gocciolette molto ri- frangenti di aspetto oleoso, colorate in giallo. Queste gocciolette sono costituite di un liquido omogeneo contenuto in un otricolo sottilis- simo di sostanza proteinica. Esso diffondesi rapidamente nel liquido (1) MartIRoLo 0. e BuscaLioni L.. Ricerche anatomo - fisiolo- giche sui tegumenti seminali delle Papilionacee. Torino (C. ctr 1892. (2) PrEIFFER A. , Die Arillargebilde der Pflanzensamen (mit 1 Taf.). Botanische rici fiir Systematik Pflanzengeschichte und — Pflanzengeographie h. v. A. Engler (Leipzig 1890) p. 511. DAHMEN M,, Kisa physiologische Untersuchungen iber den Funiculus der Samen (Inaug. Diss.) (Pringsheims Jahrbiicher fir sterco dite Botanik.) Bd. te Heft. 3. Erlangen 1891. |. Ref. Bot. C. BI. (1892). Bd. LI. p. 389-90 = » in lr ’s Jahrb. Ba XXI. Hoft. 3 e Bd. XXX. 8 (roi fee i e ei a tr Ae iii Le on are ai n A e A A SPRINAIE EPICA MA N 3 “go è S x PARI di osservazione (oleole, glicerina, acqua) impartendo a questo una. tinta gialla caratteristica. Per il suo comportamento in presenza di Percloruro di Ferro, Acido Osmico, Violetto di Anilina di HAu- STEIN (1) rivelasi costituito in massima parte di sostanze tanniche. Evidentemente quelle gocciolette rappresentano particolari ciste tan- nifere che, nel caso in considerazione, trarrebbero origine in seno al protoplasma cellulare conformemente alle vedute di BERTHOLD, KLERCKER, MoLLER ed altri (2). Dapprima sono numerose e pic- colissime ; di poi confluiscono insieme fino a ridursi ad una vacuola unica che occupa quasi la massima parte del lume eellulare. Nelle regioni centrali dell’arillo tale fusione ha luogo molto tardi per cui ci vien dato osservare le cistidi ben distinte in tutte le epoche. Mentre nell’interno delle cellule avverasi la cennata fu- sione, le pareti subiscono una metamorfosi chimica in gomma o so- stanza affine così da conferire a tutto l’arillo quel carattere col- lascente che è fra le proprietà sue più caratteristiche. La trasfor- mazione chimica in gomma si inizia nelle lamelle interne ed a poco a poco estendesi a tutto lo spessore della membrana riducendola ad un sottile straterello appena percettibile. Non interessa le mem- brane delle cellule epidermiche e di alcuni strati ad essi sottostanti. Riesce sorprendente la quantità di tannino contenuta negli aril- li in questione. Basta difatti tenerne uno per alcuni giorni im- merso in un volume di quattro o cinque litri di acqua perchè que- sta si colori intensamente in giallo d’oro. Una piccolissima parte di liquido diluita ancora e trattata con percloruro ferrico od acido osmico annerisce. L’arillo, oltre le proprietà fisico-chimiche accen- nate ha anche di caratteri organolettici propri : esso è di sapore amaro, di quell’amaro che ricorda i cotiledoni dei semi di Lupino (1) PouLsen-PoLi, Microchimica vegetale (1881) p. 42-43. BeHRENS W., Tab. z. Geb. Mikroskopisch. Arb. (1892) p. 139. (2) BerrHoLD G., Studien inber Protoplasma-mechanik. Leipzig 1886 p. 56. Ref. I. B. Jahb. 1886, 1 abth. n.° 2, 16, 24, 25, 52, 66, 94, 96. KLERCKER Jonw. , Studien iber die Gerbstoffvakuden. Tilbinger Inaug-Dissert. 1 MoLLER H., Anatomische Untersuchungen iber das-Verkommen der Gerbsiure. e d. D. b. Gessell. Bd. VI. p. LXVI Pistone, Di alcune cisti tannifere. Nuovo Giornale Botanico ita- liano. Vol. II. (1895) p. 62-69. 87 (Lupinus) (1). Da ciò è permesso congetturare che insieme col tannino si trovino presenti particolari alcaloidi, glucosidi, cui spetta probabilmente il colorito giallo caratteristico accennato. tabiliti sommariamente i fatti fondamentali in ordine alla ori- gine, sviluppo e anatomia degli arilli, prendiamone in considera- zione le funzioni biologiche. Per procedere ad una disamina ac- curata dei rapporti che intercedono fra i caratteri di esso e le con- dizioni dell'ambiente, è necessario rivolgere l’attenzione al modo di comportarsi delle diverse parti del legume, quando questo è giunto a maturità. Anzitutto conviene osservare che la deiscenza dei legumi ha luogo molto tardi e non per divaricamento delle valve secondo la sutura ventrale, com’é il caso comune alla maggior parte delle Le- guminose ; ma per rottura delle valve stesse in vicinanza dei mar- gini suturali. Cosichè questi ultimi restano intieri comportandosi come formazioni rigide dure ed indipendenti. Per intendere bene questo meccanismo giova ricordare che alla parte interna delle valve esiste una zona robusta o di rinforzo costituita da parecchi strati di elementi corti con membrane molto spesse e fortemente sclerificate. Esso nella regione dei margini suturali (ventrale e dorsale) diventa più spessa e conserva la sua continuità anche in corrispondenza all'angolo descritto dai margini medesimi così da renderne impos- sibile il divaricamento. Però questa zona di rinforzo situata ai mar- gini non ha relazione alcuna con quella che trovasi alla faccia in- terna delle valve, dappoichè esiste fra esse una interruzione ove trovasi interposto un tessuto ad elementi larghi e membrane sot- tili. Siffatta interruzione rappresenta una regione di minore resi- stenza costretta a lacerarsi sotto la trazione esercitata dalle parti necrotizzate delle valve. Il distacco di queste è preceduto da con- torcimenti e dall’aprirsi di fenditure irregolari a traverso cui spicca sul fondo fulvo del segmento seminale e delle valve il giallo-vivace ell’ar 0. Allorchè la separazione delle valve è completa e non reno che i due margini suturali che circoscrivono il: seme a guisa di (1) Davis., Uber die Alkaloide der Samen von Lupinus albus und Lupinus sagoustifoline, Ref. Bot. Cent. BI. Bd. LXIX. 1897, pa- gina 454, È, HusEMaNN A., HiL6er A., Husemann Thn., Die Piianzenstoffe. Bd. II, (1884) p. 1031-33. telaio la funzione vessillare dell’arillo raggiunge uno scopo più ele- vato. L’arillo in allora mostrasi come un eccellente apparato di richiamo o adescamento che non può sfuggire all’attenzione degli animali i quali non potranno essere rappresentati in questo caso che dagli uccelli. Stante la esiguità relativa di semi maturati nell’esem- plare esistente in questo R. Orto Botanico, non mi venne dato sor- prendere uccelli sulla pianta in cerca di semi. Non pertanto, da | alcuni fatti sperimentali credo possa argomentarsi che sia quella accennata la funzione biologica degli arilli. Sotto il clima di Palermo mi sono accorto che i semi possono conservarsi per parecchi anni consecutivi sulla pianta cadendo in seguito a raffiche violentissime di vento. Ciò dipende dalla robu- stezza del peduncolo , dalla rigidità dei margini suturali, e dal modo saldo di attaccarsi dei semi al funicolo. Però questo dimostra come sia necessario l’intervento di agenti esterni per determinare il' di- stacco quando non vi concorrano altre cause. Fra le proprietà del- l’arillo ricordiamo la sua igroscopicità ; tenuto in ambiente umido diviene molle, vischioso, grosso, capace di attaccarsi tenacemente agli oggetti con cui venga a contatto. È da supporre che queste condi- zioni si verifichino in natura essendo la Schotia una pianta boschiva. Dopo ciò due ipotesi ci permettiamo fare intorno al modo se- condo cui effettuasi la disseminazione della specie : o che determi- nati uccelli indigeni del Capo di Buona Speranza, allettati dal co- lore dell’arillo corrano alla sua volta, lo distacchino e trovandolo collascente non atto alla deglutizione, lo lascino cadere unito o se- parato dal seme; o che ingoino addirittura il seme operandone in- consciamente la diffusione per mezzo degli escrementi. Questa ul- tima ipotesi potrebbe trovare valido appoggio nella consistenza del segmento seminale e della regione chilariale ; però merita conferma sperimentale ; tanto più che non trova PRETE nei casi di analoga disseminazione citati dagli autori, essendo i semi piccoli (Lespe- deza, Pitecolobium, Prosopis, specie di Inga, Pahudia) (1) a ciò meglio adatti. D'altra parte i semi non ancora perfettamente ma- turi vengono dai Caffri e dagli Ottentotti (2) mangiati ; il che di- mostra che non contengono sostanze velenose. 0) Dda i Li è pi 96. ( » Li. è. p. 488. ATTI È c. p. 534 e seg. i Hur& E., Die Verbreitung d. Pflanzen durch die Exremente d. / 89 Ma altre funzioni potrebbero attribuirsi all’arillo. Ed anzitutto quella voluta da TscHIRTCH (1) per molte Leguminose tropicali con- tenenti tannino, che consiste nel provvedere alla conservazione dei semi fino alla germinazione ed alla sicurezza delle piantine durante i primi stadi di sviluppo, funzionando come sostanza asettica e buona a tenere lontani gli animali. L’arillo di semi posti a germinare, sotto l’influenza dell’umidità si gonfia lasciando diffondere tut- t'attorno grande copia di sostanza gialla che imbratta il terreno ; in seguito esso si rammollisce e disfà al suolo. Questo avviene molto tempo prima che l'embrione si svolga. Alle superiori at- tribuzioni biologiche dell’arillo possiamo anche associare quella di fare attaccare i semi al terreno (KLEBS) (2) quantunque essa me- riti valida conferma. Dai fatti osservati concludiamo che nei semi di Schotia lati- folia, JacQ. l’arillo, per la sua vistosità e per i suoi caratteri par- ticolari, rappresenta un apparato biologico di molta importanza atto ad adescare determinate specie di uccelli per promuovere la dis- seminazione a distanza, fissare i semi al suolo e proteggere le pian- tine durante i primi stadi di sviluppo. P. LA FLORESTA. Thiere I. Pare naturwissenschaftl. Vostrige herausgeg. V. E. Huth., Bd. III 8° 35 pp.—-Berlin 1889. — Ref. B. C. B. prugne Bd. 38 p. 774. (1) TscuIrscH A., Sitz. ber. Preuss. Akad. d. Wissenschaf; 2. FEIFFER. L. c. p. 535. sa (2) SrrasBuRGER, NoLbu., Sour. Trattato di Botanica. Trad. oi i VETTA, p. 80, le Altre piante a nettarii estranuziali. 1. Aracee. Il DELPINO, nella sua classica opera sui nettarii estranuziali (1), non conosceva alcuna ‘specie di Aracee che ne fosse provvista. In seguito il BARONI (2), dietro le indicazioni del BECCARI, segnalò incidentalmente la presenza di nettarii estranuziali sulle foglie di un Arisaema, precisamente negli angoli basilari dei segmenti, sup- ponendo però a torto che potessero avere rapporti con la impolli- nazione dei fiori di tale specie. Ora posso segnalare due altre Aracee provviste di nettarii e- stranuziali, da me recentemente riscontrate nell’Orto Botanico di Palermo. La prima specie è il Philodendron cuspidatum, C. KocH et BoucHÈ, del Messico e del Panama. Alla base di ogni catafillo, per ciascun lato, presenta una serie di due, tre o più foveole se- cernenti, situate lungo una linea orizzontale, ed appena incavate nella restante superficie, si che riesce difficile distinguerle senza un accurato e minuzioso esame: la loro secrezione è fugace, limi- (1) DeLpino F., Funzione mirmecofila nel Regno Vegetale. In Memorie della R. Accademia delle Scienze di Bologna. Ser. IV. Tom. IX. 1888. (2) BaronI E., Osservazioni sopra alcune Aracee cinesi. In Nuovo Giornale Botanico Italiano. Nuova serie. Vol, IV. 1897. p 91 tata nei primi periodi di sviluppo, e l’accesso delle formiche è pure piuttosto scarso. a seconda specie è il Philodendron Lindeni, ScHOTT, della Colombia. In questa specie la funzione mirmecofila è assai più e- saltata. In ogni catafillo si hanno numerosi nettarii, irregolarmente sparsi: sono in forma di foveole ellittiche, cinte da un orlo di co- lore rossastro, e lunghe da uno a due millimetri: in un solo cata- lo ne ho contate più di ottanta. Analoghi nettarii, quantunque più scarsi, si trovano sui picciuoli fogliari. Questi nettarii secer- nano abbondantemente allo stato giovanile, e sono visitati in grande abbondanza da formiche. dunque anche alfune Aracee si debbono includere fra le specie mirmecofile, e forse numerose altre si riscontrerebbero di tali, stu- diandole viventi nei loro paesi di origine. 2. Acantacee. Il DELPINO pure non conosceva alcuna Acantacea a nettarii estranuziali. Più tardi il BuRcK (1) ebbe a constatarne nella TRun- bergia grandiflora : in detta specie io pure li osservai, indipen- deritemente, e ne pubblicai un cenno (2), credendoli non ancora descritti. In seguito, rivedendo alcune collezioni dell’ Eritrea, ebbi modo di accertare la presenza di nettarii in altre Acantacee (3), cioè in alcune specie del genere Barleria : questi nettarii sono si- tuati specialmente sulle brattee e sulle bratteole. (ed e E SERRE Ora a queste Acantacee mirmecofile posso aggiungere un’altra Specie pure mirmecofila, ‘osservata nel R. Orto Botanico di Palermo, e spettante alla medesima famiglia. È la Aphelandra tetragona, NES, della Colombia. Questa specie porta lunghe infiorescenze a (1) Burok W., Beitraege zur' Kennatniss der myrmecophilen Ptlanzen und der Bedeutung der extranuptialen Nectarien. In A4n- nales du Jardin Botanique de Buitenzorg. Vol. X. 1891. p. 99. (2) MarTEI G. E., Osservazioni biologiche sulla Yhunbergia gran ce In Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo. Vol. V. ‘1006; p. 127 6) i MartEI G. E., Altre Acantacee a nettarii estranuziali. In Bollettino del R. Orto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo. Vol. VIII. 1909. p. 197. — MartEI G. E., Esaltazione della funzione mirmecofila nella regione Etiopica. In Bollettino del R. Orto nico e Giardino Coloniale di Palermo. Vol. TX. 1910. Append. II. 92 spiga, con larghe brattee, disposte, prima dell’antesi, in una com- pressa piramide tetragona: ciascuna brattea, sul suo dorso, pre- senta due aree mellifere, abbondantemente secernenti, e molto vi- sitate dalle formiche. Adunque nelle Acantacee abbiamo già tre tipi a nettarii estra- nuziali, cioè T'hunbegia, delle Indie Orientali, Barleria, della Re- gione Etiopica, Aphelandra dell’ America tropicale : perciò questa famiglia viene definitivamente inclusa fra quelle formicarie. Ma la presenza di nettarii estranuziali nelle Acantacee può ve- nire a conferma di una ipotesi già azzardata sulla filogenesi delle Rinantacee. Come è noto”le Rinantacee furono fin qui ascritte alle Scrofulariacee, benchè se ne differenzino per diversi ed importanti caratteri: tuttavia il DeLPINO (1), riprendendo una supposizione di Antonio Lorenzo DE JussIEU, dimostrò, con molti e decisivi ar- gomenti di morfologia comparata, come le Rinantacee si dovessero ritenere per una stirpe procedente dalle Acantacee, avviata al pa- rassitismo , da cui in ultimo sarebbero derivate le Orobancacee. Però fin quì nessuno ha preso in seria considerazione questa ipo- tesi, e si continua a ritenere le Rinantacee come vere Scrofulariacee. Anche il BELLINI (2), pur ammettendo le Rinantacee come sotto- famiglia distinta dalle Scrofulariacee vere, fa procedere quella da questa e non dalle Acantacee. A risolvere la questione, ed a stabilire in modo definitivo la vera posizione delle Rinantacee, si aggiunge il criterio della pre- senza di nettarii estranuziali. Già precedentemente il RATHAY (3) aveva segnalato la presenza di nettarii estranuziali nelle brattee fiorali di alcuni Melampyrum : orbene questi nettarii, per posizione e per forma, sono perfettamente omologhi a quelli recentemente scoperti di Aphelandra, e specialmente a quelli di Barleria. Ciò è argomento di grande importanza, non essendo nota fin qui alcuna Scrofulariacea con nettarii estranuziali. Perciò mi sembra sufficientemente confermata l’ipotesi che le (1) DeLPiNno F., Rinantacee. In Applicazione di nuovi eriterii per la classificazione delle piante. Quarta memoria. In Memorie della R. Accademia delle Scienze di Bologna. Ser. V. Tom. III. 1593, p. 217. (2) BeLLINI R., Criteri per una nuova classificazione delle Per- sonate. In Pigoreà; Annali di Botanica. Vol. VI. 1908. (3) RarHay Em., Ueber nectar-absonderude Trichome einiger Melampyrumarten. în Sitzungsberichte der kaiserl. Ah Wissenschaften. Band. LXXXI. Wien 1880, p. 55 93 Rinantacee, e di conseguenza le Orobancacee, derivino da qualche stirpe di Acantacea, non lontana dalle Barleriee e dalle Afelandree degli autori. Credo di conseguenza sostenibile il seguente schema filogenetico. Solanacee Scrofulariacee Bignoniacee Acantacee Gesneriacee Rinantacee Verbenacee Orobancacee {Labiate Ammessa questa filogenesi, dovremo necessariamente nelle o- pere fitografiche allontanare le Rinantacee dalle Scrofulariacee vere, interponendole invece fra le Acantacee e le Orobancacee. 3. Buettneriacee. Il DeLPINO non conosceva alcuna Buéttneriacea fornita di net- tarii estranuziali, nè, che sia a mia conoscenza, alcuna indicazione in proposito trovasi in autori posteriori. Tuttavia ho potuto osservarne di bellissimi in una specie col- tivata nel R. Orto Botanico di Palermo: questa è la Buéttneria cordata, Lam. del Perù, interessante altresì per lo spiccato mimi- smo dei suoi fiori con quelli di aleune Asclepiadee. Le foglie por- tano nella pagina inferiore, e precisamente sul nervo mediano, in vicinanza al picciuolo, una larga areola mellifera, ellittica, alquanto tinta-di roseo: la secrezione é abbondante e vi accorrono numerose — formiche. L'esistenza di questi nettarii non era sfuggita al CAvA- NILLES (1): egli così infatti ne parla: « Folia.... nervo principali | protuberante atque glandula saepius rubra prope petiolum notato »; i, s e li figura esattamente nella tav. 150 della sua opera. % ‘© (1) Cavaninues A. T., Quinta dissertatio botanica, Parisii, 1788. Questi nettarii per posizione e per forma sono identici a quelli di alcune Malvacee, specialmente di Hibiscus. Ciò dimostra esistere stretta parentela fra le Buèttneriacee e le Malvacee, dalle quali forse direttamente ebbero origine, e non dalle Sterculiacee, come propendono a ritenere gli autori più recenti. 4. Poligalacee. Il DELPINO non ha citato alcuna Poligalacea presentante net- tarii estranuziali : forse gli erano sfuggite alcune frasi del MIQUEL, riferentesi alle glandole fogliari di diverse specie di Xanthophyllum, Poligalacee arboree della Malesia. Piacemi quindi qui riportare le dette frasi, aggiungendo quanto ho potuto osservare in diversi saggi di tali specie, conservati negli Erbarii del R. Orto Botanico di Palermo. Premetto che, mentre il MIiqueL fu accuratissimo nel rilevare e descrivere le glandole esistenti sulle foglie delle specie da lui studiate, autori posteriori, come il KING (in Annals of the Royal Botanic Garden of Calcutta. Vol. V. 1896. p. 136 e seg.) ed il CropaT (in Bulletin de V Herbier Boissier. Tom. IV. 1896 254 e seg.), che pure descrissero numerose altre specie di Xar- . thophyllum, trascurano ogni accenno riguardo ai loro nettarii. In- vece KooRDERS, negli Icones Bogorenses (tasc. 1°, 1897, tab. 2, e fasc. 4°, 1901, tab. 79), ne parla ed ancora ne dà buone figure. Le specie di Xanthophyllum che si possono considerare for- nite di nettarii estranuziali sono fin qui le seguenti : Xanthophyllum acuminatissimum, Mio. Di Giava. Il MrqueL n Annales Musei Botanici Lugduno-Batavi. Vol. I. 1863-84, 276) così si esprime: « Folia basi subtus eglandulosa, sed su- ai ipsa ad petioli insertionem vix non subglandulosa ». Pare quindi possa presentare deboli nettarii, ma non ne ho veduto alcun saggio. XanthophyWlum sumatranum, Mro. Di Sumatra. Il MiqueL (I. c. p. 275) così ne parla: « Folia prope basin (haud semper) nune utrinque nunc altero tantum latere glandula impressa notata, basi ipsa ad petioli insertionem in superficie glandulosa ». Di que- sta pure non ho veduto alcun saggio. Xanthophyllum flavescens, RoxB. Delle Indie e della Malesia. DI MiguEL (1. c. p. 272), prsagiana questa specie allo Xantho- phylum affine, aggiunge: « . . . differt glandulis magis manife- stis ». Anche PHooKER (in Flora 0f-British India, Part. I. 1872, p. 209) per questa specie dice: « Leaves and more or less scat- tered perforated glands (which are sometimes absent) at the axils of the nerves or elsewhere ». Anche di questa non ho veduto al- cun saggio. XanthophyUum paniculatum, BLum. Di Sumatra. Il MIQqUEL (in Slorae Indiae-Batavae, supplementum primum, 1860, p. 393) così si esprime : « Folia a basi acuta, subtus utrinque nune con- cavo glandulosa ». Di questa specie non ho veduto saggio, ma deve essere assai affine alla seguente, propendendo alcuni autori a riu- nirle entrambe. i Xanthophyllum exrcelsum, BLum. Di Giava. Il MroueL (in Annales etc. p. 273) dice : « Folia e basi acuta subtus utrinque ima, passim secus petioli apicem impresso-glandulosa ». KOORDERS e VALETON (l. c. tab. 2), facendone, forse impropriamente, una varietà dello Xanthophyllum affine, aggiungono : « Folia glandu- lis nullis vel 1-2 ima basi laminae vel (in omnibus speciminibus e Java centrali) in apice petioli ». Di questa specie ho esaminato un saggio di Giava, distribuito dallo stesso MiqueL : in esso le foglie presentano, con grande costanza, due nettarii alla base della lamina, costituiti da foveole ellittiche con margine incrassato, e per solito non perfettamente opposte: si osserva pure qualche altra glandulaemellifera sparsa per la lamina stessa. Xanthophyllum adenopodum, Mio. Di Sumatra. Il MiqueL (in Flora etc. p. 393) dice: « Folia infra basin vel in ipso pe- tiolo utrinque Furie prominente concavata aucta». Ed in se- guito (in Annales etc. p. 277) aggiunge : « Petioli plerunque n° utrinque glandula pezizaeformi instructi, vel his deficientibus folii ima basi saepe glandula unica extat». Si tratta adunque di una localizzazione alquanto diversa che negli altri XanthophyUlum, cioè di nettarii bene individualizzati sul picciuolo : tali appunto sono figurati da KoorDERS e VALETON (l. c. tab. 2), i quali, forse ‘a torto, propendono a ritenere anche questa specie per varietà dello. pda e Xanthophyllum affine : io però non ne ho veduto alcun saggio. - Xanthophyllum longifolium, Mra. Di Giava. Da di au- 2° tori ritenuto per semplice varietà dello Xanthophyllum vitellinum; | quantunque si presenti abbastanza diverso. Ne ho veduto un saggio di Giava, distribuito dallo stesso MIQUEL: in esso le polini Lat . _ sentano alla base della lamina, per solito, quattro nettarii, due per lato, ellittici, con orlo rialzato : non ho veduto alcun altro net- tario nel resto della lamina stessa. - , Xanthophyllum vitellinum, BLum. Di Giava. Di esso il MI- QUEL (in Flora Indiae-Batavae. Tom. I. pars 2. 1859, p. 129) dice : « Folia basi saepe utrinque poroso-glandulosa », ed in seguito (in Annales etc. p. 272) aggiunge: « Folia prope basin vulgo utrinque glandula concava instructa ». Anche il VALETON (l. c. tab. 79) così si esprime: « Folia instructa nectariis oblongis paucis raro deficientibus subtus varie dispersis saepe ad basin nervorum inferioruam, nunquam in petiolo ». Di questa specie ho esaminato saggi di Giava, distribuiti dallo stesso MIQUEL, ed ho constatato la costante presenza di 2 a 4 nettarii alla base della lamina, come pure la presenza di altri nettarii sparsi per tutta la foglia: anzi in alcune foglie questi ultimi sono assai numerosi, avendone con- tati fino a 16. È adunque una specie dotata di grande potenza mel- lifera. Xanthophyllum adenotum, M1Q. Di Sumatra. Il MrquEL (in Florae etc. supplementum. p. 393) dice: « Folia e basi biauricu- latim rotundata antice concavata postice convexa utrinque glandu- losa, nunc dorso utrinque concavo-glandulosa », ed in seguito (in Annales etc. p. 275) aggiunge : « Folia subtus haud raro utrinque glandula ua parva instructa ». Di questa specie non ho ve- duto alcun saggio. Xanthophyllum cordatum, BLum. Di Borneo. Il MiquEL (in Annales etc. p. 274) dice: « Folia e basi leviter cordata, subtus- que prope eam subglandulose obducta », ed aggiunge : « Folia sub- tus supra petioli insertionem obiter glandulose obducta (accedente raro glandula vera concava). Di questa specie ho veduto una sola foglia, di Borneo, distribuita dal KortHALS. Presenta poco al dis- sopra della base, cioè presso la prima coppia di nervature secon- darie (escluse quelle basilari), due nettarii abbastanza cospicui, in- sidenti sui nervi stessi e non ascellari a quelli. Qualche altra 0 la, meno cospicua si trova sparsa per la lamina. -Xanfnophgilun affine, KortH. Di Borneo. Di questa specie ‘il MrQquEL (in Annales ete. p. 271) dice: « Folia ad petioli inser- tionem subtus vulgo glanduloso-depressa passimque supra basin u- trinque vel uno latere glandula concava distineta munita ». KooR- - DERS et VALETON (l. c. tab. 2) confermano : « Folia poris glandu- A lee Ma it ripe - 97 losis ad petioli insertionem utrinque vel uno latere vel in apice petioli instructa vel peris plane destituta ». Ne ho esaminato un saggio di Borneo, distribuito dallo stesso KORTHALS: in esso si hanno per ogni foglia due nettarii, assai più grandi che in tutte le altre specie congeneri, sotto forma di foveole ellittiche, lunghe a 2 a 3 millimetri, con ampio margine incrassato, crateriforme : questi‘ due nettarii sono situati più in alto che nelle altre specie, Gioè presso la seconda coppia di nervature secondarie: altri net- tarii, più piccoli, e rotondi, in numero variabile, circa da 2 a 6, sono sparsi per tutta la lamina. È quindi questa una delle specie meglio dotate in fatto di nettarii. Xanthophyllum glandulosum, MERRILL. Delle Filippine. Non conosco la descrizione data dal MERRILL (in Philipp. Gov. Lab. Bur. Bull. XXXY. p. 34) per questa specie, nè ho veduto alcun saggio: però dal fome è verosimile sia abbondantemente fornita di nettarii. XanthophyUum Macintyrii, MUELL. È l’unica specie del ge- nere nativa dell'Australia. FERDINANDO MUELLER (in Fragmenta Phytographiae Australiae, Vol. V. 1865. p. 57) così dice per essa: « Foliis basin versus saepe 1-2 glandulosis, petiolis eglandulosis », ed aggiunge: « Glandulae in pagina foliorum infera conspicuae, interdum plures et tune in parte etiam supera foliis obviae ». i questa specie ho potuto esaminare saggi distribuiti dallo stesso MUELLER : in essi si osserva, presso ogni foglia, la presenza di areole glandulose, ma il loro numero e la loro posizione è estre- mamente variabile : per solito sono in numero di 5. a 6 e si tro- vano di preferenza presso le nervature secondarie, ove queste sì biforcano : il massimo numero che ho riscontrato in una toglia è di 8 glandole, ma sovente se ne hanno molto meno, qualche volta una sola ed anche, in alcune foglie, mancano completamente. Probabilmente anche altre specie di Xanthophyllum presentano omologhi nettarii, ma dalle descrizioni degli autori non ho potuto rilevare altre notizie in proposito, ad eccezione delle predette. Resta quindi accertato che anche le Poligalacee, almeno per alcune specie di XanthophyMlum, delle Indie, della Malesia e del: l'Australia, si debbono includere fra le piante mirmecofile, 5. Artocarpee. Il DELPINO non conosceva ne specie di Ficus fornita di nettari estranuziali. A. MIRABELLA (1) ne riscontrò in diverse spe- cie, coltivate nel R. Orto ani di Palermo, facendone un accu- rato studio. A queste specie io stesso (2) aggiunsi il Ficus vasta, FoRSK., di cui uno splendido e robusto individuo cresce nello stesso . nostro Orto Botanico : questa specie presenta sul dorso del nervo ‘mediano delle foglie, e precisamente verso la sua base, un area circolare, che spicca assai per la sua lucentezza, e che secerne ab- bondantemente, in modo da attirare numerose formic a, avendo esaminato la ricca collezione di Ficus, del Indie e della Malesia, che si conserva negli Erbarii del R. Orto Bota- nico di Palermo, credo opportuno segnalare qualche altra specie, parimenti fornita di nettarii estranuziali. Presso le diverse specie questi nettarii possono occupare diverse posizioni. Anzitutto in al- cune specie si hanno alla base della lamina, lateralmente alla nervatu- ra mediana, due nettarii, cioé uno per lato: ne ho osservati ne Ficus asperior, MrQ., nel Ficus aurantiaca, GRIFF. ete. In altre specie, a foglie con lamina asimmetrica, si ha nella stessa posizio- ne un solo nettario, restando soppresse quello che avrebbe dovuto trovarsi dal lato più stretto della lamina: ciò osservasi nei Ficus uniglandulosa, WaALL., Ficus rostrata, LAMK., Ficus gibbosa, BLUM., Ficus celebica, BLUM., etc. In una specie a foglie assai irregolari, cioè Ficus begoniaefolia, BLUM., o Ficus semicordata, MrQ., varia la posizione ed il numero dei nettarii, alla base della lamina, potendosene avere un solo, due, tre ed anche più, per so- lito tutti, od in prevalenza, da un sol lato, cioè dal lato più largo della lamina stessa. Infine in altre specie, come Ficus benga- lensis, L., Ficus Neumanni, CeLs., etc. si ha un sol nettario sulla nervatura mediana della foglia stessa, omologo a quello già segnalato per il Ficus vasta. Pare altresi che alcune specie di Ficus abbiano a presentare (1) MiraBELLa A., I nettarii estranuziali nelle varie specie di Ficus., In Nuovo Giornale Botanico Italiano. Nuova serie. Vol. II. 1895. p. 340 (2) MarTEI G. E., Esaltazione della funzione mirmecofila nella regione Etiopica. In Bollettino del R. Orto Botanico e Giardino Co- loniale di det Vol, IX. 1910. TT II, E te RN at OR La e A E rr SR I PER A RUTH Lar nei loro rami, cavità adattabili a domicilii di formiche: già nel Ficus myriocarpa, MiQ., i rami superiori sono. rigonfiati, clavi- formi e ripieni di un tessuto leggerissimo, lacunoso, a somiglianza delle spine di certe Acaciae. Ma è specialmente nel Ficus irregu- laris, M1Q., di Celebes, che i rami presentano forti ingrossamenti adibiti, con ogni verosomiglianza, a domicilii di formiche. Nel saggio da me esaminato queste cavità erano vuote, e presentavano un foro di entrata, largo pochi millimetri, ma lungo più di un centimetro, forse praticato dalle formiche stesse. G. E. MATTEI. INSIIINAEINIINIINIINAIAINANI I SG DO 0, 112 LIAMS (1) nel 1876 ne vide in California esemplari coltivati alti oltre 8 metri, ritenuti appunto a torto per W. filifera (Brahea filamentosa). Introdotta in Europa poco avanti il 1883, fu primie- ramente posseduta dallo stabilimento VAN HauTtTE di Gand e di- stribuita con il nome di W. filifera : riconosciuta però pr venne dal WENDLAND (2) descritta con il nome di W. robus L’Orto Botanico di Palermo la ricevette solo nel 1886, SR Stabilimento MERCATELLI di Firenze. Per rusticità e per rapidità di accrescimento è paragonabile alla W. filifera. Coltivasi infatti nelle medesime regioni ove pro- spera quest’ultima, ed anche ad Intra, ove il BECALLI (3) ha po- tuto esperimentarne la perfetta resistenza : egli in ventun mesi ottenne piante alte un metro con quattro foglie ben caratterizzate. A questo proposito lo SPRENGEL (4) dice: « È rustica, bellissima, di rapida e compatta vegetazione : insomma l’ideale di una palma adattata per la estesa coltura nell'Europa mediterranea ». Ed a conferma aggiunge : « In un piccolo giardino, sulla riva del mare, vicino a Napoli, nel 1884 ne feci piantare circa 30 esemplari di un anno, che erano stati coltivati in quello stesso giardino, in va- setti, provenienti da semi. Chi le vedesse adesso (1889) forse non potrebbe credere che tali magnifiche palme abbiano potuto rag- giungere quella considerevole altezza e così grande eleganza in 4 o 5 anni di età. Il terreno del mio giardino è costituito da sabbia della vicina marina e da cenere vulcanica, mescolata con un poco di concime sparsosi nelle annate precedenti da un colono che vi coltivava cavoli e pomodoro. È vero bensì che io vi feci spesso spargere del concime liquido e che cuoprì la superficie del terreno intorno alle palme con sterco vaccino, ma questo era poi tutto. Dell’acqua non ne ebbero in tutta la stagione calda che ben poca. Il giardino è esposto a tutte le furie dei turbini sciroccali e set- tentrionali. Nessun vento, nessuna burrasca gli è risparmiata. Gli (1) WILLIAMS se fan filamentosa in California In Gardener's Chroniche, 1876. p. (2) WENDLAND “i. , Washingtonia robusta, nuova Palma da Te- pidario. In Bollettino della R. Società Tolbana di Orticultura. Anno VIII. 1 sE LIL (8) BncaLLi A.; Piante raccomandabili ( Washingtonia robusta). In petra della R. Società Toscana di Orticoltura. Anno XII. 1887. p. 117. (4) SPRENGEL C. l. c. 113 inverni ultimi furono particolarmente terribili : si ebbero burrasche furiose, pioggie torrenziali, neve, grandine e gelo abbondanti. Ma le mie piccole palme, senza alcun riparo, gloriosamente hanno vinto ogni contrario elemento, ed oggi la più sfrenata burrasca non le danneggia quasi affatto. Non posso perciò abbastanza raccomandare questa palma : essa è per noi un vero gioiello. Sono sicuro che essa supererà qualsiasi ostacolo, e che presto la vedremo piantare anche nella aperta campagna». A Palermo tuttavia è molto meno diffusa della W. filifera. OSTINELLI (1) descrive il forte esemplare che esiste alla Villa TRaBIA. L’esemplare più forte posseduto dal nostro Orto Botanico presenta le seguenti dimensioni : Altezza del tronco: m. 9.50. Circonferenza del tronco presso terra: m. 2,42 Circonferenza del tronco ad un metro dal suolo: m. 1,60 Numero delle foglie : 60. i * * * Un'ultima specie di Washingtonia è la seguente : Washingtonia sonorae, Warsox.—Specie ritrovata nello stato di Sonora a Guayamas, sulle rive del Golto di California, ove però pare esista solo coltivata. Il BeccARI la ritiene dubbia, e forse da aversi come varietà della W. robusta. Nell’Orto Botanico di Palermo se ne ha un esemplare, rice- vuto nel 1898 dallo stabilimento SPRENGEL di Napoli. Piantato in piena terra nel 1902, presenta attualmente le seguenti dimensioni: Altezza del tronco: m. 3,50. Circonferenza alla base: m. 2,60. Circonferenza ad un metro da terra: m. 1,90. Numero delle foglie : 38. * EE A bpllcisioni. economiche.—Gli indiani che abitavano Ia regione ove crescono le diverse specie di Washingtonia, utilizzavano queste P (1) OsrineLLi V, 1, e, 114 per diversi scopi, come riferisce il PARISH (1). Anzitutto con le foglie ricoprivano le loro capanne e specialmente i granai che loro servivano per conservare i semi di cui si nutrivano: con le fibre facevano cordami ed intessevano canestri. Ma l’ utile maggiore lo ricavavano dai frutti, per cui ogni selva di Washingtonia era pro- prietà di una tribù particolare, alla quale spettava il diritto esclu- sivo di raccoglierne i frutti. Questi venivano usati freschi, come alimento, ed anche disseccati per conservarli. Gli indiani usavano pure triturare questi frutti, assieme ad acqua, entro un mortajo di pietra, per ottenerne una pasta molle, ricca di sostanze zuccherine. I semi poi, triturati separatamente, erano convertiti in una sorta di farina, con la quale, impastata e cotta, veniva fatta una sorta di pane: secondo il PALMER (2) questi semi avrebbero qualità ana- loghe a quelli di Cacao. Ad analoghi usi possono venire adibite le specie di Washing- tonia coltivate in Sicilia, presentando queste il vantaggio di una grande rapidità di accrescimento. Crediamo che con il loro legno si potranno fare assiccelle per stuoje e per tramezzi murati, mentre i loro picciuoli possono servire per coperture. Oltre al loro cavolo, che è squisito a mangiarsi, dal loro tronco se ne può ricavare abbondante amido, o sagu, come fu possibile accertare da un prova qui eseguita. I loro frutti, assai abbondanti, potranno divenire articolo di consumo locale, massime come alimentazione degli animali , e dai semi se ne potrà ricavare una sorta di succedaneo al caffè. . Allo scopo di stabilire il valore economico ed industriale dei diversi prodotti ricavabili dalla Washingtonia filifera, farono in- trapresi studii ed esperienze in questo R. Orto Botanico e Giar- dino Coloniale. I prodotti ottenuti figuravano nell’Esposizione Or- ticola Internazionale di Firenze, dello scorso anno. Essi sono : 1. Fibre grezze, atte ad essere utilizzate per molteplici lavori : presentano grande resistenza ed una sufficiente bianchezza 2. Lavori eseguiti con le foglie, specialmente cappelli da Si- (1) PARISH S. B., A contribution toward a knowledge of the ge- nus Washingtonia . n Botanical Gazette. XLIV. 1907. p. 428. ParIsH S. B., The flowers of Waskhingtonia. In Botinica! Gaz- zette. XLVI. 1908. p. 144. (2) PALMER E., Use of Palm fruit as food by Cocupah Indians. In American Naturalist. XII. 1878. p. 598, 115 gnora : per colorito e per leggerezza possono stare a confronto con quelli fabbricati. con altre piante. Germogli conservate sotto aceto. 4. Semi torrefatti, costituenti un buon surrogato del caffè. * * * Uno però dei prodotti di maggiore importanza, ricavabile dalla Washingtonia, è quello del legname, che acquista un vero valore economico ed industriale, se si considera la rapidità con cui que- sta Palma può formare tronchi grossissimi. A questo proposito abbiamo creduto opportuno fare un più dettagliato studio dei caratteri, tanto microscopici , quanto fisici, che presenta il legno di Washingtonia. Caratteri microscopici.—Come in tutte le altre Palme, anche in questa il legno è costituito da una quantità di fasci, sparsi in seno ad un parenchima di cellule quasi isodiametriche. L’ adden- samento dei primi, prevalentemente nella regione periferica dello stipite, fa sì che in questa regione il legno si presenti più com- patto e. duro che non verso la regione centrale. I fasci sono costituiti da un abbondante astuccio di fibre, da due o tre grossi vasi, da poche trachee e da un esiguo gruppetto di elementi liberiani, che, a disseccamento completo , scompaiono. Le fibre dunque costituiscono in totale la grande massa del legno. Colle solite reazioni microchimiche esse si rivelano fortemente impregnate di lignina , mentre lo spessore delle loro pareti è tale da obliterare quasi totalmente il lume. Sottoposte al processo di macerazione dello Schultze esse per- dono la lignina e riacquistano i caratteri microchimici delle ordi- narie pareti cellulosiche. Con questo processo si mettono anche bene in evidenza le caratteristiche finissime striature che ne percorrono longitudinalmente le pareti. 3 i I grossi vasi sono delle tracheidi a parete areolata 0 scalari- forme. ì Le cellule del parenchima hanno invece pareti sottili, abbon- dantemente perforate come quelle del midollo di sambuco. Sono , come si è detto, quasi isodiametriche, meno che in prossimità dei fasci, dove sono allungate trasversalmente. Ampii meati , pieni di aria a completo disseccamento esistono fra di loro, e ciò concorre a dare una consistenza quasi spugnosa: alle regioni dello stipite dove i fasci sono meno fitti, cioè verso il centro. Colle reazioni 116 microchimiche mostrano una modificazione della originaria natura cellulosica dovuta al disseccamento e cioè un leggero grado di li- gniticazione, alterato dalla presenza di tracce di suberificazione. Caratteri fisici ed applicazioni.— Il legno della Washingtonia filifera allo stato fresco è bianco-chiaro, mentre in seguito al dissecca- mento diventa di color giallo-bruno, simile a quello del legno della quercia Rovere. Non presenta lucentezza di sorta, essendo le superfici di taglio molto scabre, data la disposizione sparsa dei fasci fibro- vascolari, i quali restano fra loro separati dal parenchima. Desti- tuito è anche di odori e di sapori speciali. Per il fatto che i fasci decorrono in tutte le direzioni, benché prevalentemente in quella longitudinale, esso é anche poco fissile in quest’ ultima direzione ; ma essendo, d’altra parte, i suoi costituenti, allo stato secco, molto teneri esso si presta invece assai bene al taglio con lame acutis- sime, ottenendosene facilmente delle strisce tanto longitudinali che trasversali La resistenza al taglio ossia la « durezza » del legno é tuttavia maggiore, come è naturale, nella direzione trasversale. Il peso specifico ammonta a circa 0,19 cioè notevolmente in- feriore a quello non solo dei legni comuni da ardere e da opera, la cui densità oscilla, come è noto, da a. 0, 43 (legno da matite) a 1,39 (Pockholz) ma anche a quella dei così detti Legni sugheri che presentano un peso specifico non più basso di 0,21 secondo le indicazioni del Wiesner (1). Con ciò si ha un grado di legge- rezza (circa 0,15) che rasenta quello del Sughero. Ma in confronto a questo offre il vantaggio di presentarsi in blocchi di un volume considerevole da potere giovare ad applicazioni più estese di quello che avviene per lo stesso sughero, specialmente in quei casi in cui sono richieste delle masse voluminose di materia per formare dai galleggianti e simili. Oltre a ciò, date le proprietà fisiche , su accennate , di varie altre applicazioni esso potrà essere oggetto , in vista delle sempre crescenti esigenze delle industrie; applicazioni cui non possono in alcuna guisa prestarsi i comuni iagsa; ed anche lo stesso sughero per il prezzo e per altre convenienze. A quest’ultimo proposito va ricordata la circostanza della possibilità che esso, ridotto in minuta poltiglia mediante appositi disposizioni meccaniche, porga il mezzo (1) Die Rohstoffe des Pflanzenreiches — Leipzig , 1908, Vol. 2°, pag. 1021, 117 di prendere delle forme adatte a foggiare dei fondi di cappelli leg- gerissimi o altri oggetti d’importanza industria Per quanto poi non riesce possibile va una buona pulitura al legno e la superficie di esso si conserva sempre scabrosa, tutta- via non mancheranno delle speciali applicazioni in cui il legno stesso potrà riconoscersi utile. Il ridurlo specialmente in lamine mediante strumenti da taglio a lama larga e la possibilità di sot- toporlo a forti compressioni, rappresentano delle condizioni da cui potrà trarre partito la industria della confezione di varie oggetti, quali, p. e. scatole, giocattoli, ecc. Se poi si potrà impregnare la massa del legno di qualche so- stanza liquida conservativa e spalmare la superficie con vernici o simili materie da togliere quella caratteristica scabrosità e rozzezza che presenta la superficie medesima, si avrà il mezzo di estendere ancor più le applicazioni. Ed una di queste a me sembra molto raccomandabile quella della confezione di assicelle per tendine mo- bili e giranti da riparare dalla troppa luce le finestre. * * * Perciò riteniamo conveniente incoraggiare colture estese di Washingtonia, utilizzandola anche come pianta da rimboschimenti. Non abbiamo ancora dati sufficienti per fare un calcolo sulle spese colturali occorrenti in rapporto ai redditi ottenibili, ma la loro ra- pidità di sviluppo, ed i molti usi cui si prestano, ci danno affida- mento sufficiente sulla possibilità e sulla convenienza di adibire le diverse specie di Washingtonia e massime la W. filifera per col- ture economiche, introducendole nella aperta campagna, come già aveva preveduto lo SPRENGEL, A. Borzi. Rassegna della Stampa Coloniale Agraria. L'acclimazione del « Ficus elastica » in Sicilia. —Siamo lieti constatare che le esperienze eseguite nel nostro R. Orto Botanico e Giardino Coloniale sulla possibilità di fare in Sicilia colture di Ficus elastica a scopo industriale , incominciano ad essere prese in considerazione : non solo si riconosce 1’ opportunità di iniziare simili colture in Sicilia, ma ancora si aggiunge potersene eseguire nella Calabria meridionale, in Sardegna, in Tunisia, in Algeria ed in generale in tutta la regione Mediterranea. Ciò diciamo a pro- posito di un rapporto del Signor G. EnGELHARD, Console Gene- rale di Francia, pubblicato nell’ Agriculture Pratique des Pays Chauds (XI ann. 1911. p, 155). Egli constata come le esperienze, eseguite per iniziativa del nostro Orto Botanico, sopra due specie di Ficus, coltivate a Palermo, cioè il Ficus magnolioides, Borzi, ed il Ficus elastica, RoxB., mentre hanno confermato che il primo ha un latice assai povero di Caoutchouc, hanno posto in evidenza .l’ abbondanza del Caoutchouc nel latice del secondo , quantunque da alcuni si ritenesse che nella nostra regione fosse poco produt- tivo. Perciò, considerando ia prima specie solo di valore ornamen- tale, giustamente egli. conclude essere opportuno di iniziare con la “seconda specie, cioè con il vero Ficus elastica, estese piantagioni a scopo industriale. Infatti rileva come il Ficus elastica si è com- pletamente acclimatato in Sicilia, e comè la sua coltura sia delle 120 più semplici, esigendo un trattamento simile a quello che si pra- tica per gli Agrumi, e soi bene anche la siccità. Ritiene pure che, facendosene colture éstese , la sua acclimatazione possa venire completata, migliorandosene il prodotto, per qualità e per quantità, quantunque anche come fu riscontrato attualmente , sia assai buono e lasci sufficiente margine a guadagni. Questa relazione dell’ ENGELHARDT è importante, perchè con- ferma quanto fu più volte asserito in questo Bollettino , nè può ritenersi sospetta essendo egli residente a Palermo, quindi in grado di aver controllato di persona i fatti cui allude, e di avere osser- vato come procede la vegetazione del Ficus elastica in Sicilia , visitandone le colture ed esaminandone i prodotti. G. E. MATTEI. PI DIARI: OR? *IRIGRE SO) Vo. APPENDICE 1911. BOLLETTINO DELA. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO SEMINA ANNI MCOMXI QUAE PRO MUTUA COMMUTATIONE OFFERUNTUR A GIARDINO BOTANICO E COLONIALE DI PALERMO SEMINA ANNI MCMXI QUAE PRO MUTUA COMMUTATIONE OFFERUNTUR ® Cryptogamae. Equisetaceae. 1 Equisetum * ramosissimum Desf. Europa omnis. Filicaceae. 2 Adiantum aethiopicum Linn. Africa, America, 3 —var. glanduliferum Knze 4 amabile Hort. (1) Plantae siculae sub hoc signo * indicantur. 5 Adiantum * capillus - Veneris D PI Linn, Eur. omn., Asia, concinnum H. B. et K. Ame- rica trop. cuneatum L. et F. Brasilia. —var. deflexum Hort. —var.elegantissimum Hort. — var. variegatum Hort. Cunninghamii Hook. N. Ze- anda. decorum Ho r t.Ha]l].Brasi- lia devonianum Hort. diaphanus Blu m. Chin. Ma- laya. dolabriforme Hook. Brasi- lia. 18Adiantum excisam Knz e.Chili 19 $ 21 fragrantissimum Moore (hybr. ex hort. Hender- son). —var. laciniatum Hort. gracillimum Hort grandipes Hort. hispidulum Sw. Asia, Au- stralia, Africa coi merid. leiriziolà. Hort lapsonianum Hort. Legrandi H ort. lueddemannianum Hort. macrophyllum Sw. Mexico et India occ. Moori Hort. mundulum (—A. cuneatum X A. Pacotti, ex Gard. Chr. 1888. II. p. 388). SoS 26 SEN 88 38 nigrum Hort. 84 Pacotti Hort. 85 peruvianum Kltz. Peruvia. 36 polyphyllum Willd. Colum- bia, Peruvia. 387 -—var cardiochlaena Knze. 88 pubescens Radd. Brasilia. 39 pulverulentum Linn. India 40 setulosum J. Sm. Asia, Au- stralia 41 tenerum Sw. Pera India occ., Peru 42 tetraphyllum Wi i 1 ld. Vene- zuela. trapeziforme Lin n. Messico, India occ., America centr. venustum Don. Afghanista- 45 46 Jamaica. 47 Alsophila australis Br. Austr. 48 excelsa R. Br. Ins. linoy 49 SO * aculeatu - hastulatum (Ten.) Wilesianum Hook, Mexico, Dig ga 50 Aspidium augescens Lin n. Jamaica, caespitosum Hort. decompositam Hort. | falcatum 8 m. Asia centr. 51 apon *Filix- Sidia Bernh. Eu- ropa Fortunei Hort. grandifolium Mett. Nepal. immersumH o o k. India,Java princeps Hort. rigidum Desv. var. palli- dum Hook. Reg.medit., Asia min. 60 verminium, Hor 61 Asplenium*Adiantum-nigrum Linn. Europa omn., Asia, A dia, australe Brack. Australia. *Ceterach Linn. Europa, usque ad Himalayas. diversifolium B1. Java. fabianum Hu mb. Austral. Nidus Linn. var. australa- sicum (Hook.) Austra- lia. obtusatum Forst. var. obli- quum Hook. Nova Ze- landa, etc. *Tricomanes Linn. Europa AI Nel 62 63 omn., etc. 69 umbrosum J. $ m. Ind., Ma- laya ya. virescens Mett. Japonia. viviparum Pre sl. Mauritius r( q1 (ce) et Bourbon. 72 Blechnum brasiliense Desv. Brasilia 73 cartilagineum Sw. Australia. 74 glandulosum Hort. 75 Cheilanthes*fragrans Webb. 76 et Bert. Reg. medit., Asia. 77 Craspedaria serpens F è e. Ind. 78 Cyathea arborea Sm. India. 79 dealbata Sm. Nov. Zelanda, 80 medullaris Sw. Sumatra et Java, 81 Goniophlebium glaucophyllum Knze, India occ., Co- umb. 82 Goniopteris fraxinifolia Swz. m. tropp. 83 Gymnogramme argenteaMett. Peruvia. 84 calomelanos Kaulf. var. chrysophylla Ka ulf. Africa trop. 85 Matthewsii Hook, Peruvia. 86 schizophylla Hort. 87 sulphurea Desv. India oce. 88 tartarea Desv. var. pallidi- pes Hook Peruvia, Me- xico 89 Hypolepis tenuifolia Bern h. alia 90 Lage Gilles Hook. Me- 91 dra L; abill. Nov. Caled. 92 Nephrolepis bostonensisH o r t. cordifolia Pres]. Mexico, Peruvia. 94 exaltata Schott, Japonia, 95. furcata Hort. 96 hirsuta Hort. 97 philippinensis Hort. 98 tuberculata Hort. G all. 99 Osmunda regalis Linn. Eur. 100 veg ser AlcicorneD e s v. Australia. 101 OTT aureum x inn. xico. 102 echo Hook. Poly- co “ x nesi 103 dia Knze, Ins. Philip- in pinae. 104 irioides Lam. N. India et Australia, Africa occ. 105 pustulatum Forst.Austra- lia. 106. *vulgareL i n n.Europa, etc. 107 Pteris aquilina Linn. Eur. 108. #cretica Li n n. Asia, Africa, America centr. merid., Europ. 109 zican "atei var.fol. albo-li» s Hort. 110 destplii Hook. Ins. San- dwich. 11 fd longifolia Linn. Europa rarior, Asia, Africa, Ind. 112 pedata Linn. Am. trop. 113 quadriaurita Retz. var. ar- gyraea (Mo ore) Austra- 114 serrulata Lin n. China, Ja- ponia, etc. 115 Scolopendrium * officinaram Europa, Japonia, A- merica N. 116 * Tre manie Sw. Europa 117 Viene germani Willd. Cosmop. RE Lycopodiaceae. 118 Selaginella caulescens Spr. a Gibs. Am. p. 119 emmeliana Hort. 120 Martensii Spr. Brasilia. 121 —var. fol. variegatis. 122 umbrosa Lemair. Brasi- ia È 123 uncinata Spr. Am. trop. 124 —var. arborescens Hort. Am. trop. 125 Veitchii Hort. | Matsiliaceae. Eragrae. Drammondi A. Br. 1: 127 ira randa Lgs A-c 128 Marsilia quadrifolia Linn. Europa , Asia, America Salviniaceae. 129 Azolla carolinianaW i 111d.Ex 181 Salvinia auriculata A ub ki uiana, Cuba. Gymnospermae. Conifetae. 132 Abies cephalonica Link, raecia. | 138 Callitris quadrivalvis Vent. St Afric. bor. 134 robusta R. Br. Austral. 135 Cephalotaxus drupaceus Sieb.etZucc.Japonia. 136 follicularis Hort. 137 Fortunei Hook. China bor. 138 Cupressus Benthamii Endl. Mexico. 189 fragilis Hort. Mexico, 140 funebris Endl. China. 141 Cupressus glauca La m. Ind. 142 —var. pendula (Herit.). Ind. or. penins. 143 macrocarpa Hartw. Cali- fornia. 144 sempervirens Linn. Europa (nat.) 145 —var. SE Patt Hort. Flor. 146. —var. horizontalis Parl.. Asia 147 Cupressus sempervirens f. expansa Ho 148 —var. pyramidalis Targ. 149 Smithii Hort. 150 thurifera H. B. K. Mexic. 151. torulosa Don. Himalaya. 152 Frenela rhomboidea Endl. Nova Hollanda. 153 Juniperus chinensis Linn. China 154 virginiana Linn. America or. 155 Pinus brutia T e n. Ital. mer. 156 canariensis S m. Ins.Canar. 157 *halepensis Mill. Reg. me- 16. 158 —var. paroliniana Hort. 159 —var Salzmanni Hor 160 nari Poir. a sante s Asi 161 arena OX i "a Himal 162. Markusii Hort 163. Pinaster Solan a Reg. medit | 164 Pinea Linn. Reg. medit. 165 —var. fragilis Parl. 166 pyrenaica La peyr. Europa austr. et or. 167 Sequoia sempervirensE n dl. California. 168 Taxodium mucronatum Te n. Messico. 169 Taxus baccata Lin n. Europa et Asia sept. 170 —var. elegantissima Hort. 171 Thuja gigantea N utt. Amer bor. occ 172 occidentalis Linn. Am. bor., Sibiria. 173 —var. maldensisQuetier. 174 orientalis Linn. China. Japon. 175 —var. aurea Hort 176. var. pyramidalis Ten. Monocotyleae. Allismaceae. 177 Alisma parnassifoliumBa s sì, Europa. 178 *Plantago Linn. Europa, Asia, Am. et Ocean. bor. e 179 —var. arcuatum Mich. 180 —var. lanceolatum Sch. 181 ranunculoidesLinn.Europa. 182 Sagittaria lancifolia Linn. America. 183 sagittifolia Linn. Europa, Amer. bor. Amatyilidaceae. 184 Agave caespitosaT od.Mexico. 185 horrida Lem. Mexico. 186 e Tod. Hab. ? 187 marmorata Roezl. Mexico 188 erat S. Dyck. Mexico. 189 polyacantha Haw. Messico. 190 Rovelliana Tod. Hab? 191 car Perr. Yucat. 192 Alsroemeri haemantha z. et Pav. Chili 198 enon Linn. Peruvia, Chili 194 Amaryllis puerssiag Linn. rom. b. 195 —var. major H. Pa 196Clivia nobilisLindl. fe sus 197 Cooperia Drummondi H e r b. Texas. 198 Crinum asiaticum Linn.As. trop. 199 longifoliumTh u n b.As.trop. 200 Cyrtanthus angustifolius lt. A ei. 201 pnt elegans Tod. Me- ico. 202 i coccineusL i n n. a 208 Hippeastrum vittatumH e r b. eruvia 204Hypoxis sati nn.Am.sept. 205 villosa Linn. Afr. austr. 206 Leucojum autumnale Li nn. medit. 207 Narcissus serotina Lin n. Europa. 208 *Tazzetta Linn. Eur., Asia. 209 Pancratium illyricum Linn. medit., Am 211 vole tuberosa Lin n. Mexico, 212Sternbergia luteaG a w 1.Re g. med, 213 Zephyranthes candida H e r b. Reg. Argentina. ° 214 coccinea Hort 215 longifolia Hem s1. Mexico. 216 robusta Hort. 217 rosea Lindl. Cuba. 220 verecunda H e r b. - Mexico. flraceae. 221 Acorus gramineus Ait. se pon. 222 Ambrosinia *Bassi Linn. Eu: topa. 223 doi Iv, ia Lin- en, Columbia. 224 MA dedi ipo? arg.Reg. medit. 225 Arum *italicamM il].Europa, Reg. medit. 226 macrophyllum Hort. 227 Dieffenbachia picta Schot. Brasil. 228 Richardia africana K t h. ob. b. Spei. 229 —var. robusta H o rt. Bromeliaceae. e € 230 Acanthostachys vienna Link. Brasili 251 Aechmaea coelestis È Morr. America trop. 282 enna Bak. Amer. Top. 288 Billbergia irta Hort. 234 fasciata Ho modesta Hor na 236 speciosa Thnbg. Brasilia. ‘ 237 zebrina Lindl. Brasilia. 238 Dyckia brevifolia Bak. Bra- silia. 259 frigida Hook. Bras. 240 rariflora Schltz. fil. Bra- silia. —var. remotiflora Otto e Dietr. Uraguay. 242 sulphurea C. Koch. Reg. rgentina. 245 Pitcairnia bromeliaefolia erit. Ind. occid. 244 imbionta Regel. Mexico. 1945 Kaw agi a Sahut. Me- 2A4I 246 ge Schiew. Brasi- ia. 247 xanthocalyx Mart. Brasi- lia. i Commelinaceae. 248 Aneilema Forskolei K th. A- inia. 249Commelina vegvivadal i inn. Africa trop. 250 coelestis Willd. Mexico. 251 communis Lin n. China. 292 pond Linn. Reg. TOP. 253 n B t h. Mexico. 254 tuberosa Linn. Mexico. 255 Rhaeo discolor H a n c. Me- xico. 256 Tinantia ran Schiedw. merica trop. obtradescantia nudicaulisH o r t. b 258. pilosa Linn. Amer. bor. 259 virginiana Linn. America ea E 260 Carex*divisa H u d s.Reg.bor. emp. echinata M u rr.Reg.temp. " Australia ton 60 o od. Europa, Prom. b. Spei. follicularia vi, inn. Am. bor *hispida G a u d. Helvet. japonica T h bg. Japon. . laevigata Sm. Europa. multiflora M u hl. Europ. *muricata Lin n. Europa centr. sept., Kurdistan, Novo Mexico. nigricans K i t. Europa. i *pendula H ud ara me- rid. et Reg. medi 26 o 271 Carex remota Lin n. Europa. 272 sylvatica Huds. Europa. Japonia, Nova Hollanda, Ind. occ., Bras., Prom. b. Spei, Europa. 274 Cyperus alternifolius Lin n. Ins. Borbonia. distachyus A 11, Cosmop. trop. flabelliformis Ro t t b.Abys- sinia. glomeratus Linn. Europa, sia temp. laevigatus Linn. Cosmop. rop. *longus Lin n. Europ. me- rid. et Reg. medit., Asia orient. maritimus Poir. Afr. or. *Papyrus Lin n. Sicilia, A- frica or. et occid. planifolius Ric h. Ind. occ. Preslii Par]. Reg. medit tn! Wil]d. Chilì bor, SI 281 Mex 285 Eleocharis "Je: cd Br. Reg. mp. 286 Kyllingia brio Rottb. , Ind. or. et 0ce.; a merid, 287 Schoenus * nigricans Lin n. Europ.omn.; Africa extra- trop., Amer. (Florida et Pensylv.). 288 Scirpus *lacustris Lin n.Eu- —var. zebrinus Hort. Holoschoenus Lin n. Euro- pa omnis, Asia or. *- var. Parlatoris (Bi v.) Sicilia. nodosus R ott. Prom. b. Spei, Chili, Nova Zelan. 289 290 291 cai 298Scirpus proliferR ott. Prom. b. Spei, Nov. Hollanda. 294 *setaceus Li inn. Asia, Europa. Austr., PDioscoreacene. 295 a alata Linn, Asia tro bulbifera Linn. Ind. or., Nova Hollanda. cayennensis L a m. Cayenn. decaisneana Carr. China. divaricata Blanco. Ins. Phylipp. japonica T h b n° Japonia, macroura H a fr. TOP. rupicola K u n t h.Africa au- str. sativa Linn. Reg. trop. sinuata V ell. Brasilia. varifolia Ku nz. Brasilia. 806 Tamnus communis Lin n. Europa, Asia, Afr. me- it. Graminaceae. 307Agropyrum *junceumB e a uv. Europa medit. et merid.,. Caucasus, Africa bor. 308. obtusiflorum R. et S. Batav. 809 strictum Reich. Europa. - 810 villosum Link. Europa, Oriens i 811 net alba Linn. Euro- i 312 legis mi h or. - Boropa, 313 Agrostis nebulosa B o i s s. Hispania. 314 olivetorum Gren. Godr. Gallia. 315 *verticillata Vill. Europa. 316 Aira caryophyllea Lin n.Eur. med. et austr., Africa 317 —*var. Cupaniana (Guss). Gallia, Italia. 318 Ampelodesmos * tenax L k Reg. medit. occ., Africa or. 319 Ammophila * arundinacea. H t. Europa, Am. bor 320AndropogonTichaem umLinn. Ger 321 lira Parl. Sici- lia 322 afitiotas Hort. 328 Torreyanus Steud. Amer. 324 Anthistiria giganteaC a v.Ins. ouzon. 325 prgn aristatum iss. siva austr. et , Afrie 326 ‘orata Lag. din, Lu- isp. 327 es pico enti Beauv. ropa, Ori 328 arndinaria Stmoni Riv. Sega 329 po variegatis H o r t. 330 Arandinala ptgsspnnto rin. 331 Arno "Donax Linn. Reg. 332 395 —var. a Vasluonti Hort. *pliniana Turr. var. mau- ritanica (De sf.) Sicilia, etica, Africa bor. Bae 334 Asperella Pin Humb. Orien 335 Avena batta Brot. Reg. medit.,Asia min,, Arabia, n 8 nt 886 Avena brevis Roth. Euro- pa. *fatua Lin n. Europa med. 337 et australis, Africa bor., Abyss. et Prom. b. Spei, America (n.). 338 nuda Lin n. Europa aùstr. 399 planiculmis Schrad. Eur., Asia bor. 340 sativa Linn. (Culta) 341 sempervirens Vill. Europa, bor s. bor. 342 *sterilis Linn.Reg. medit. 343 Boissiera Pumilio Stapf. ersia. 344 Brachypodium *distachyumR. a merid. et medit., Abyssinia, Aff- ghanistan. 345 *pinnatum Beau v. Reg. medit. 346 ramosum R. et S. var. Bois- sieri (N y m.). Hispania. x *sylvaticam Beauv. Eur., 347 riens. 348 Briza geniculata T h u n b. Africa austr. 349 50 gracilis Hort. *maxima Lin n.Europa me- rid., Africa, Asia oce., ustralia. —var. rufa Steud. media Lin n. Europa med. et merid., Asia med. et Sibiria 353 virens Hc ort. (0) 351 352 354 Bromus arvensis Linn. Eu- ropa, Asia occ. 355 Oriens, Aegypt. giganteus Linn. PARdA Sibiria. 356 397 brachystachysHornung. 5. *macrostachys D e s f. Euro- cd merid. *madritensis:L:i:n n, Regi Li medit. La 359 Bromus *maximus D e s f. Eu- ropa merid. var. Gus- sonii (P arl.). Reg. me- dit. or. 360 *mollis Linn. Europa omn., Asia occ., Africa bor. 361 patulus Mert. et Koch. Europa, Oriens. 362 racemosus Li n n. Ualiforn. 363 rubens Linn. Reg. me- dit. 364 secalinus Linn. Reg. me- ©. dit., Asia bor. 365 *tectoroni Linn. Europa, iens, Asia bor. 366 Cenchrus echinatus Lin n. Cosmop. trop. 367 spinifex Linn. Cosmop. 368 tribuloides Li n n. Am. bor. 369 Chloris ni Kunth. Afric. 370 meccana ini ochst. Aegypt. Arab. 371 petraea Sw. Reg. trop. 372 polydactyla Sw. Americ. È austr 373 radiata Sw. Amer. trop. 874 Coix arundinacea N e e.s.Am. austr str. 375 *lacryma Lin n. Sicil. Ind. niger cucullatumL i nn. min. 377 Corgnphora canescen uv. Europ. und 378 pa schonoide Lam Top. 379 Oynodon Dadi Pers.Co- mop. 380 Datel Ccaporazzzo Linn. Europa om 381 prat s chrad. Oriens. 382 ara *sicula Du m.Eu- 368 Deschampsia caespitosa B e- a uv. Europa, Asia, Ta- smania. ic aa 384 Diarrhena americana B e a u v. Amer. bor. 885 Digitaria sanguinalis Wi g g. urop. 386 Eleusine coracana Ga ertn. pt.; Ind. or., Am. 387 oligostachyaLink.Brasilia, 388. rigida Spreng. Hab? 389 Tocussa Fresen. Abyss. 890 Eragrostis abyssinica Li n k. Abyss. 391 amabilis Wight. Ind. or. Barrelieri D e s v. Eur.med. caroliniana Scribn, Amer. 392 393 megastachya Link. Reg. medit. cosmop. nigra Nees. Ind. or. poecides B e a u v. Reg. medit. peruviana J a c q. Peruy, pilosa B e a u v. Reg. medit. senegalensis Ne es. Afr. 394 395 396 397 398 399 rop. 400Erianthus *RavennaeB e a u v. g. medit., Asia occ., Africa bor., Jamaica 401. --var. Maddeni Hort. 402 —var, violacea H'ort. 403Festuca ampla H'a c k. Hispan. 404 bromoides Lin n.Reg. temp. 405 Vione Pers. Europa, 0- 406 drtonieninà schers.Reg. roca ti inn. Europa, Asia dini Vine ù van = pica > de 407 i liguetinà sn vA, Italia: mis Linn. Europa, A- ca; Asia trop. DA Li, nn. 6 temp. 4183. srigiae Kan eli. Poropa! © Mona det ai 414 Festuca spadicea Linn. Eu- a austr., Reg. Himal. 415 tenuiflora Schrad. Reg. medit. 416 vivipara S m. Reg. medit. 417 Gaudinia gar Beauv eg. 418Glyceria aqui di ahlenb. Reg. bor 419 distans w e h ve en legione: 420 Gynerium argenteum N. ab E. Brasilia. 421 Heleochloa alopecuroides s t. Reg. medit. 422 Heteropogon * hirtus Pers. uropa omnis, Afr. bor. trop. et ano As. or., Amer 423 Holcus lanato Linn.Hisp., Lus 424 an distichén Linn: Cult. 15) nido Linn.(Cult.). 426 jubatumLinn.America bor. 427 *maritimum W it h.Europa, 0. Africa bor., Oriens. 428 *murinum Linn. Europa bor. temp. 429 nodosum Lin n. Reg. bor. temp. 430 tetrastichon L inn. (Culta). 431 —var. Gervasi Hort. Pa- norm., 432 - var. intermedium Hort. Panorm 433 —var. subcernuum Hort, Panorm. 434 —var. Todari Hort, Pa- norm. 435 —var. caerulescens 486 Zeocriton Linn. (Cult.). 487 Koeleria hirsuta G a u d. Eur. 438 phleoides W il1d. var.gran- diflora Bois s. Syria. 439 Lagurus *ovatusLi n n.Europ. austr., Africa bor. 440 Lasiochloa adscendens K t h, Africa austr. = Da 441 Lamarkia *aurea M n ch. Eu- ropa austr., Abyss., Ca- rnia. 442 Lepturus *incurvatus T rin. Reg. bor. austr. 443 san multiflorum La m. ia. 444 celo Michx, Am. bor 445 *Doeddii Linn. Europa, Asia, America. 446 rigidum Gaud. Europa. 447 temulentum Lin n. Europa, Asia, America, Nova Hol- anda. 448 Melica altissima Lin n. Eu- ropa austr., Asia bor. 449 *ciliata Lin n. Europa, a: extratr. occ., Afr. 450 *—var., La a ab da Sicilia, Orien 451. minuta È inn. Dia au- str, 452 DR bromoides Du m. ia 458Miscanthus sinensisA nders. 455 456 .Monerma cylindrica C o s s. r. bor. 457 Muhlenbergia alpestris T ri n. Sibiria. 458 gymmnostyla Nees. ex h. Vratisl. 459 Oryza sativa Lin n. Italia (culta), Asia, America, A- rica, 460 —var. aristata Hort. 461 Oryzopsis *miliacea Lin n. rar. Thomasii (Du b y). Corsica, Sicilia, Italia, Graecia 462 paradoxa N utt. Europa. 463 Panicum coloratum Linn. Afi fr. bor., Austr., Amer. sept. 464 *compressum Biv. Sicilia, 465 Panicum maximum J a c q. Geront. trop. 466 plicatum L a m. Ind. or.,Ins. Mascar, var. fol. arg. va- rieg. 467 repens Linn. Reg. Calid. 468 virgatum Linn. Amer. bor. 469 sg dilatatum Poir. ra ia. 470 Parioli n, R. Br NHL; Pr. -b: Sin —var. Thouarsii Hort. hirsutum Ne e s. Brasilia. latifolium Spr. Reg. Arg. longistylumH ochst.Abys- 471 472 473 474 ia. 475 macrurum T rin. Prom. b. pei. 476 Phalaris #caerulescens D e s f. eg. medit. 477 minor Retz. Graecia, 0- riens. 478 “tuberosa Linn. Reg. me- dit. 479 Phleum asperum Jacq. Eu- “nigi Asia, America, Nov I, 481 Poa abyasinic Jacq. Abys- ‘482 Sac Li inn. Cosmop. 483 compressa Linn. Reg. bor. temp. 484 Polypogon monspeliensis nt s f. Europa austr., eg austr., Chili. a *fasciculataH c k 1. Reg. medit., Africa or. et capensis, Avierica trop. et subtr 486 Secale dervta Linn. Oriens. . 487 Setaria aureo-mirabilis A.B r. Asia tro 488 frumentacea Hort. cl il — 489 Setaria glauca B e a u v.Eur., Asia temp. japonica Py naert. Ja- pon. 491 italica Beau v. Reg. trop. et subtrop. (Culta). longiseta Beau v. Africa trop. macrostachya H. B.K.Austr. trop. E H. B. K. Co- “verita Beauv. Co- mop. 496 Gorghiat re Pers. eg. calid. 497 vulgare P. ers. Reg. trop. et subtrop. (cult. pl.var.). —var. comuum Willd.ex Massaua. 499 Sporobolus indicus R.Br o w. 498 Austral, 500 rp ara rin. it Top. 501Stipa Calamagrosi Whlbg. Europa austr. 502 papposs N. ab E. Montevi- deo 503 504 peli Linn. Europ. *tortilis De sf. Europa austr., Afr. bor., Prom.b. Spei. 505 tortuosa D e s v. Chili. 506 Tricholaena rosea N e e s. Afr. trop. 507 one lcnemgr H. B. K. 508 Tripincum i dti inno Am - 509 ed pratense Per sEu- x S1OTriticum \abyssinicumS teu ca ; Abyss. 511 bicorne Forsk. Aegypt.; | Syria. 512 *cylindricumQ© es.Pass. et ct Gib: Rarope. «| “’ - 532. —var; fol. a BISTriticum dicoccamS echrank. Europa. macrochaeta H o r t. monococcum Linn. Taur. Cauc. *ovatumR a s p. Reg. medit. polonicam Linn, (Cult.). Spelta Linn. Cult.). triunciale R a s p. Europa. *ventricosum Ces. Pass. et Gib. Europa. *villosum Beau v. Europa austr.; Asia or., etc. vulgare Vill. (Cult... —var. compactum(H o s t.). —var. Thaoudor R e u t. 0- riens. 525 —var. turgidum (Linn... 526 Ventenata macra Balans. As. ‘minor 514 515 516 517. 518 519 520 527 Zea Da Li inn. Paraguay. Ubicumque culta. 528 —var. cryptosperma naf. (Bo 529 —var. foveolata Hort. Haemodoraceae. 530 Liriope spicata L o ur. China, Cochinchina. 531 Jaburan Lodd. Japonia. ureo-marginatis. 5330phiopogon neri on. al. 534 japonicus Ker. Japonia, China, Himalaya. 585Sanseviera guineensisWil1d. Guinea, Abyssinia, Yemen. 536 javanica B lum.Java,Prom. b. Spe pel 587 rorida Lanza, Somalia. 538 zeylanica Willd. Zeylon. eo. Itidaceae. 589 Antholyza aethiopica Lin n. rom. pei. 540 —var.praealta (Del. in R e- doutè). 541 *bicolor Ga s pa r. Prom. b. Spei, E nunc apud nos indigen 542 Babiana a asiaaiztolia Sweet. Africa austr. punctata K latt. Prom. b. Spei. (6) 54 544. rubro-cyanea K e r-Gaw1. Prom. b. Spei. stricta K er-Ga wl. Prom. . Spei. —var. albiflora Hort. —var. purpurea H or t. sulphurea: K e r. Africa austr 549 ariana Lari M o- ench. Chi 550 Cypella Hebertii I e r b.Bra- silia 551 Freesia Leichtlini Riratt Prom. b. Spei. 552 refracta Klatt. Prom. b. pel 553. —var. suda Hort. 554 —var. odorata Eckl. 555 Gladiolus angustus Linn. Prom. b. Spei. ica Mill. Reg. Goivili 3 weet. Hab? gandavensis V. Houtt. H ybr. psitacinus H o o k. Africa austr. ramosus Pax t. Hybr. *segetum K e r-G a w 1.Reg, medit, 562 tristis Li nn. Prom. b.Spei. 563 Homeria collinaV e n t.Prom. b. Spei. 561 564Homeria collina var.ochroleuca Delirb..L.0. 565 Iris *alata Poir. Europa austr. 566 caucasica H o f f m. Reg. aucas. 567 dichotoma Pall. Dahuria. 568. foetidissima Linn. Eu- 569 lutescens La m. var. Statel- lae Tod. Hort. Pan 570. neglecta Parl. Hab? 571 pallida La m.Europa merild., Oriens. 572 pseudo-Acorus Lin n. Eu- . ropa tota, Syria. Africa Asia bor 574 virginica Linn. America b 573 pumila Linn, Europa, or. 575 *Xyphium Linn. Algeria, Hisp., Sicilia, Italia. 576Ixia monadelphaD e l ar.Prom. b. S pei. 577 maculata Linn. Prom. b. pei. 578 scariosa Thunb. Africa austr. 579 —var. albiflora Hort. 580 —var. atropurpurea H o r t. 581 Lapeirousea cruenta Ln dl. Prom. b. Spei. 582 juncea Pour, Prom. b. Spei. 583 Melasphaerula gramineaK e r. a Prom. b. Spei. | 584 Moraea irioides Linn. Afr. austr. . 585 sicula Tod. Sicilia. — 586 sisyrinchium Ker-Gawl1. eg. medit:, Oriens, Af- ghan. : 587 Pardanthus chinensis K e r-° ina. . Reg. medit., Gallia 589 —var. grandiflora (Ti n.) Ital. 590 candida Ten. Prom. b. Spei. 591 Columnae S e b. et Ma ur. e-. medit. 592 cruciata E ck]l. Prom. b. pei. 598 *Linaresii Pa rl. Ital., Graecia. 594 longifolia Ba k. Africa au- |. str. 595 purpurascens T e n. Reg me- dit. 596 rosea E c k1l. Prom. b. Spei. 597 Sisyrinchium californicum nd. California. 598 chilensis Hook. America trop. 599 Sparaxis es Ker. (pl. var.). Prom! b. Spei. 600 pri Ke e r. (pl. var.). Prom. b. Spei. 601 tricolor Ker. (pl. vari). Prom. b. Spei. 602 Tritonia crocata K e r. (pl. var.). Prom. b. Spei. 608 sar arie Ker-Gawl. Prom. b. Spéi. Juncaceae. 604 Juncus *acutus Linn. Eu- ropa, Africa bor. 608 Juncus glaucus E h r h. Eu- ropa. 609 cune singgaina Ehrh. t trop. 610 sabot Forsk. Reg. m Reg. e 611 supinus o o en ch. Europ. Am. 612Prionium PalmitaM{ e y.Prom. b. Spei. duncaginaceae. 6183Triglochin *laxiflorum G u s s. Sicilia, Corsica. Liliaceae. 614 Acrospyra asphodeloides Welw. Prom. b. Spei, 615 Agapanthus umbellatus L’H eri t. Prom. b.Spei. 616 -—var. albiflorus Hort. 617Albuca altissima J a c q.Prom. b. Spei. 618 —var. cornuta (DC.). 619 aurea Jac q.Prom. b. Spei. 620 fastigiata Dryand. Prom. b. Spei. 621 tenuifolia Bak. Afr. austr. 622Allium Ampeloprasum Linn. Europa austr., Africa bor., Oriens. 623 carinatum Lin n. Europa. 624 chamaemoly Lin n. Reg. medit. 625 cilicicam Boiss. Asia min. 6 maritimum Torr. Califor. 627 neapolitanum C y r. Reg. medit. — 648 628Allium nigrum Linn.Europ., Oriens. odorum Lin n. Sibiria. oleraceum I\ in n. Europa. Pallasii M urr. Sibiria. Quirino Linn. Reg. me- 629 630 631 632 ae Lin n.Asia min., uropa. siculum U cr. Sicilia. *subhirsatum Linn. Eur. ustr., Africa bor. triquetrum Linn. Europa occ. et Africa bor. *vernale T i n.Europa austr., Asia min. violaceum Willd. Europ. 639 Aloe abyssinica La m. Abys- synia. 640 arborescens Mill. Prom. pei. Dana Va tana choeu 1 Prom Spei. Borziana A. Terr. Abyssi- 641 642 bievilolia Ha w. Prom. b. Spei. 644 caesiaSalm-Dych.Prom. dig. ba Spot. 645 echinata Wil esi Prom. b. Spe pel sicnana. Tod. Hott. Pan. ferox Mill. Prom. b. . b. Spei. humilis Ha w. Prom. b. Spei. latifolia Ha w. Prom. b. Spei. macrocarpa T o d. Hort. an. obscura M il]. Prom. b.Spei. 654 —wvar. intermedia H or t. 655 —var. maculata D e s f. 656. —var. picta Thnbg. p È commutata T o d. Hort. Pan. Spei. frutescens Salm-Dych. Pi DE ai Rage a | ESP ET een ae rom O a a) e Pia PT Ad i 679 Asparagus *, 657 Aloe Paxii Terr. fil. Hort. Pan. 658 percrassa T o d. Hort. Pan. 659 Salmdyckiana Schult. Prom. b. Spei. 660 Saponaria Haw. Prom. b. pol 661 Soliimperi Tod. segg 662 spinosissima H o 663 striata Haw. Sn b. Spei. 664 sulcata Salm.-Dyck. Pr. . Sp. 665 supralaevis H a w. Prom. b. pei. d 666 Todari Borzì, Hort. Pan. 667 Ucriae T e rr. Hort. Pan. 668 vera Linn. Prom. b Spei. 669 Prom. b. virens Haw.,. Spei. 670 spoEmani Liliago Linn. Europa, Africa bor. 671 Apicra asa Hort.Prom. b. Spei. 672 pentagona Willd. Prom. . Spei. 673 virens Haw. Prom. b. Spei. 674 Anthericum Liliago Lin n. Europa, Africa bor. 675 ana rip Hort.Prom. 676 pico W.illd. Prom. b. Spei. co 677 torquata Hort. Hab? 678 Arthropodium paniculatum R. Br. Australia. Linn. Reg. medit. 680. medeoloides Th nb g.Prom. È . Spei. 681 *officinalis Linn. Europa merid. et media, Asia, Africa bor. 682 Sprengerii Regel. Hort. Damm. irta ela a Rd — 16 — VIETA VARONE ENTRE ZA ® 683Asphodeline*luteaR c h b.Reg* medit. or., Algeria. 684 Asphodelus *fistulosus Lin n, Reg. medit. 685 fuer da V iv. Reg. me- .; Ins. Canariae. —var. ramosus Li n n. Eu- ropa austr. 687 Bloomeria gracilis Borzi. Hort. Pan 686 688 Brodiaea congesta S. W a ts. America bor. occ. 689 capitellata Hort. 690 grandiflora S m. Am. bor. occ. 691 laxa S. Wats. America bor. 692 pediatria S. Wats. Californi 693 terrestris K | e L1 log g. Cali- fornia. 694Bulbine annua Willd. A- frica austr. 695 alooides Willd. Prom. b. Spei. 696 frutéscens Willd. Prom. » Spéis: 4. 697Bulbinopsis semibarbataB o r- zì, Nova Holl. 698 Calliproa albida Borzì, N. Holl. 699 Camassia Fraseri Torr. A- merica bor. or. 700 Chlorophytum nepalense . Reg. Himal. 701 —var. foliis variegatis, ort. 02 Markayanum Hort. Hab?. 703 apri *ontummalali inn. ropa. 704 utestini S te e v. Reg. medit. 705 Cupani Guss. Reg. medit. 706 Convallaria majalis Linn. Europa, Asia, Am. bor. 707 Cordyline congesta Steud. Australia. i 708 stricta End]. Aus _ 709 e Nov. Za. — ‘710 pugr Lapp Medic, Grae- . min., Persia, etc. 11 Dasglizion ib Ho Mexic. 712 aa Host 713 Dianella coerulea Sim. var. aa (Kth.). Ta- mania. 714 nni R. Br. Austr. 715 laevis Hook. Austr. 716 Dracaena Draco Linn. Ind. or., Ins. Canar. TW —var. ima Hort. Pa 718 ambrncaifer Jacq. Java, Mau 719 Drimia dl Jacq. Prom. pel 720 A alia v. Mexico. 721 Eucomis punctata A i t.Prom. b. Spei. 722 Funkia ovata S pr. Japonia. 723 Gasteria acinacifolia H a w. Prom. b. Spei. —var. dexstrorsa SI ort. — var. venusta H a brachiphylla Haw. suna pei. astipiana H a w, Prom. b. Spei. nigricans Duval. Prom. b. pei. i obtusifolia H a w. Prom. b. Spei. scaberrima Hor t. subnigricans Ha w. Prom. È ù 732. trigona Ha w. Prom, b. pei. . 733 Geitonoplesium cymosum A. n. Australia, Ins, Pacif. 734 Haworthia attenuata H a w. Prom. b. Spei. 735 —var. clariperla (Haw.). 736 cym ene Schrad. Spei. 787 Haworthia denticulata Ha w. Prom. b. Spei. fasciata Willd. Prom. b. Spei. api Ha w. Prom. b. hybrida Haw. Prom. b. Spei. Krausei B a k e r. Prom. b. margaritifera Ha w., Prom. —var. granata (Ha w.). —var. semimargaritifera Haw.). parva Haw. Prom. b. Spei. Radula Ha w. Prom. b.. pei. Reinwardtii H a w. Prom. b. Spei. rigida H a w. Prom. b. Spei. rugosa B a k. Prom. b. Spei. subfasciata B a k e r. Prom. b. Spei. subulata glia, Dyck. Prom. b. Spe tessellata Ha w. < Pani b. pei. 753 Hemerocallis Dumortieri orr n. 754 hybridaHort.v.aurantiaca. 755 Hyacinthus amethystinus Linn.Hisp., Gallia me- rid., Croatia, Bosnia. 756 —var. albiflorus Hort. 757 *dubius Guss. Italia, Si-- cilia, Dalm.; Graecia, Creta, Africa bor. 758 operculatus Hort. ) 759 orientalis Linn. Reg. me- . dit. . 760 *romanus Linn. Reg. me- dit., o; 761 Webbianus Ny y m. Italia. 762 a coeva Mnch. b. Spei. 763 Lachenalia Cami Leicht]1. ab? 764 contaminata Ai t. Prom. b: pei, (65 isopetala Jac q. Prom. b. pei. 166 pallida Ait. Prom. b. Spei. 767 regeliana Spreng. Hybr. 768 tricolor Jacq. Prom. b. 169 —var. fol. immaculatis Hort. 770 Lilium candidum Li n n. Eu- ropa austr., Transcauc., yria. ql Ponta CEE Linn.. il. Prom. b. Spei. 772 i sailor R. Grah.Reg. rgentina. ©7138 —var. conspicua Baker. 774 —var. violacea Kunth. 775 Muscari albovirens (Botryan- thus albovirens To d. N. gen. 72). H. Pan. 76 Argaei Hort. Graecia? 17% armeniacum Leitch. As. min. 778 botr srpoides Mill. Europa, riens 179 breviscapum Tod. H. Pan. 180. comosum Mill. Europa merid., Africa borealis, Asia occ 781 compactum Baker, Eu- ropa. 782 dilutum Bak. Hab? i 183 graecum Boiss. Graecia. 784 moschatum Willd. Asia. in. 785 neglectum Guss. Europa merid., Africa bor., Asia min. 186 pallens Fisch. Reg. Cauc. 187 racemosum Mill. Byzan- tium, Asia min. 188. — var. atlanticum (Bois s). 789 —var. commutatum Hort. iui AV 790 ve Ziptgtazo Ba: r, Persia, Reg. Cauc, 791 Sera Hort. 792 Nolina recurvata H e m sl. cagare Gallia merid., America, Africa, 793 Ornitbgatm caudatum . Prom. b. Spei, (94 comosum fE inn. Europa medit. or . LI (4 795 —var. contortum (T e n.). Neap 796 graminifoliumT h b g.Prom. Spei. (97 longibracteatum Jacq. rom. b. Spei. 798. montanum T e n. Europa austr., Oriens. 799 —var. byzantinum ng. Oriens. 800 nanum Sibth. Graecia, Asia min. i 801. narbonensis Lin n. Reg. medit. 802 neglectum Parl. Europa. 803 orthophyllum Te n. Italia. 804 contorna vg o dr. Gallia 805 sclloides Jacq. Prom. b. Spe pei 806 “tenuifolium Guss. Gallia erid., Italia, Sicilia, TOraboli 807 thyrsoides Jacq. Prom. b. Spei. 808 umbellatum Linn. Europa et Reg. medit., Africa. bor., America boe. 809 Phiormium tenax F orst. N. 810 Polygonatum officinale Al I ropa, Caucas., Altai. 811 Rohden japonica Roth, Ja- ponia 812 —var. cla variegatis. salt 813 Ruscus * aculeatus Linn. Africa bor., Asia occ., Europa medit. et austr. 814 Ruscus hypoglossum Lin n. Reg. medit., Bithynia. 815 hypophyllum Li inn. Reg. cene Africa bor., Asia go 816 Scilla ali Linn. Eu- ropa, Africa bor., Asia occ 817 algeriensis Hort. . 818 bifolia Linn.Europa, Asia min. 819 Bruni Hort. 820 *Cupani Guss. Sicilia. 821 festalis Salisb. Europa occ. et merid. 822 —a. albiflora Hort. 828 —b. nutans $ m. 824 Filangeri (Tin.). 825 CRT Webb. Ins. 826 begins Mill. Europa austr., Lusit., Hisp., Ita- lia, Gallia, — var. campanulata (P arl.) _ 828 intermedia Gus s. Sardinia, Africa trop. 829 italica Linn. Italia, Gal- lia merid., Helvetia, Ba- dena. 830 lingulata Po.i ir. Africa austr, 831 lusitanica Linn. Lusitan. 832 *peruviana Lin n. Sardinia, Corsica, Sa Italia, ica 839 —*var. RA (Gu ss.) Si- cilia 8984 —*var. Clusii Park) Sici- - lia. 885 —*var. elongata (Parl.) Sicilia. - 836 —*var. Hughii (T in.) Ins, Maretimo (Sicilia). 837 sicula (Tin.). 8838 Semele reo Kunth. In nar. 839 Smilax aspera Lin n. Eur., riens. pu 840 a = Hook. China 841 Tulipa olveta Herb. Eu- ropa. 842 “az ai r, Reg. Himal. 843 za pipe Baker, Prom. b. Spei. 844 haemorrhoidalis Steinh. Prom. b. Spei. 845 Scilla Steinh. Prom. b. Spei. 846 gore viridifolia Jacq. Prom. b. Spe pel 847 Yucca aloifolia Linn. (pl. var.) India occ., Mexico ad Guia bor. Otchidaceae. 848 Aceras *anthropophora R. Br. uropa. 849 Habenaria intacta Bt h. Eu- ropa, Africa austr. 850 DR *abortivuam Sw. ropa med. et merid., Îlpett, As. minor. i 851 ao *lutea C a v. Reg. me- 852 ca Hoglan von. Europa austr. 853 *longicruris Lk.Reg.medit., . Algeria occ. 854 *tridentata Scop. var. lactea (La m.). Europa merid., Africa bor. n 855 Serapias *lingua Linn. Eu- ropa austr. 3 856 —var. albiflora. Musaceae. 857 Canna flaccida Rosc. Ame- rica bor. 858 indica Linn, Cosmop. trop. 859 dg n uiz. et Pav. Per 860 maccoplila Hort. Amer. 861 dc pb Linn. Abyss. 862 Strelitzia Augusta Banks. Prom. b. Spei. Pailmae. 863 “=Fopntoplonia verrai m/s i H. Wendl], Au- 864 Cz oblongata art. Brasilia. 865 Chamaerops *humilis Lin n. (p 1. var.) Hisp., Italia, ica bor 866 Cocos australia Mart. Au- stralia 867 coronata M art. Brasilia. 871 Howea Forsteriana Becc. Ins. Lord Ho 872 Jubaea spectabilis H. B. et K. Chili. i) 873 Livistona australis Mart. Australia. 874 chinensis R. Br. China et aponia 875 Phoenix canariensis(Hort.). Bece. Ins. Canariae. n 19 876 Phoenix dactylifera Linn. 877 reclinata Jacq. Afr. or. et occ. 878 Sabal Adansonii Guerns. Carolina merid., Georgia, Florida. blackaurniana-Glaz. Ind. 879 880 Palmetto Loo È Amer. bor, 881 princeps Hor 882. umbraculifera + art. Ind. occ., Mexico, 883 Trachycarpus excelsus Gay. Japonia, 884 Fortunei G a y. China. 885 Washingtonia filifera H. end, America bor. et. occ. 886 robusta H. Wendl, Ame- rica bor. et occ. Pontedetiaceae. 887 Pontederia loureiriazi Sch. Cochinchina. Restiaceae. 888 Elegia deusta K th. Prom.b. i Spei. Scitaminaceae, 889 Alpinia calcarata Rose. Ind. or. 890 Hedychium coronarium o e n. 891 coccineum Boch. H am. Nepal. 892 gardnerianum Gri ff. Ind. or. 893 Roxburghii B1. Java, 894 villosum Wall. Ind. or. 895 Thalia dealbata F ras. Ame- rica sept. Typhaceae. 896 Typha latifoliaL in n.Europa, sia, Africa bor., Ameri- or. et media. 896 stenophylla F. ht gna, Italia bor., Asi 897 Shutfleworthii Ko o ch et Sond. Europa centr. et Reg. dunubialis. Dicotyleae. ficahthaceae. 898 SA Nati go Poir. ri 899 doll Lin n. Europa au- str C) = Wa 900 Anisacanthus virgularis N. ab E. Nova Hispania, Mexico, Ins. Canariae, 901 —var. mirettianus Hort. 902 Barleria ventricosa Hochst. inia. 903 Daedalacanthus nervosus ders. Ind. Or, 904 Dianthera nodosa Benth. t Hook. lnd. or. 905 tolo etimo (o) 906 Fittonia fo, Hort. 907 dla sagra t. Abyssinia. 908 J i obinia Za Bth. et Hook asilia, 909 superba Hort. 910 velutina Hort. 9l1Justicia furcata Jacq. Me- xico. 912 simplex D. Don. Asia et trop Afr. 913 Mackaya bella Harv. Bra- silia. 914 Ruellia amoena Nees. Au- stralia 915 geinividiione H. B. K. Amer. trop. 916 lactea Cav. Mexie. 917 rosea Hemsl. Mexico. 918 solitaria V ell. Brasilia. 919. speciosa Mart. 920 squarrosa Fenzl America trop. ; 921 ur L - nn. Am. bor., In 922 Toner dea Borzì, Hort. Pan 923. erecta ii Wall. Afr. oc 924 —var. albiflora Hort. 925 reticalata Hochst. Abys- sinia. Amatantaceae. 926 Achyranthes *argentea Lam. var.virgata Moq.Tand. Abyssinia, Nubia, Arabia, Sicilia, Sardinia, Gibralt., Aegypt. Porto Rico, Ja- va, etc 927 lappacea Willd. Java. 928 Acnida tamaricina A. Gra y. Am. bor. 929 ri lanata Juss. Asia rop., Arabia. 930 Altman E° R. Br. Ind, not dev 981 dui sessilis R. Br. Reg. tro 932 Amarantus atropurpureus Roxb. Ind. Or. bullatus Hort. Blitum Linn. Reg. temp. 938 984 et. trop. brasiliensis Moq. Bras. caudatus Linn. Oriens., Africa trop., India o- rient. 995 936 Cararu, Jacq. Hab.? canariensis Bess. Insul. Canar deflexus Linn. Europ. emarginatus Salzm. Reg. trop. frumentaceus Buch. Am. or. ; gangeticus Linn. Reg. trop. —var. tricolor (Linn.). hypochondriacus Lin n. A- merica - 945 melancholicus Linn. China, Japonia, pigri etc. 946 - paniculatus (Linn). M ni India or. “China, a bor. 947 a ve Am. bor. — 2 — 948 Amarantus retroflexusLi nn. m. bor. 949. salicifolius Hort. Ins, Phi- lipp. 950 sanguineus Vell. Bras. 951. viridis Linn. Reg. trop. 952 Amblogyne polygonoides Rafin . bor. 959 Celosia argentea ta inn. Co- smMop. 954 cristata Li inn. India or. x Bombay, Japonia. 955 plumosa Hort. Hab? 956 TA CAT Mocq. 957 Proelichia: ‘oriana Mocq. Am. bor., Ind. occ 958. gracilis Moq. atiarifà bor. 959 Gomphrena decumbens Jacq. Mexico, Bolivia, ete. 960 globosa Linn. (pl. var.) LS or., China, Japonia, Bra 961 Finagran K lotsch. Me- 962 Pupalia sia Mocq. Asia merid., Afr. or. et austr. pa dia Hispa- 963 Patanthem brasiliana Mocq. rasilia, Mexico, Java. 964 pit Moqg. America trop. 965. polygonoides M 0q. Amer. trop. Ampelidaceae. 966 Ampelopsis heterophylla Zucoe. China, Mong., Japonia. . 967 japonica Hort. Japonia. 968 Cissus antarctica Vent. Au- stralia extratrop. or. 969 oblonga Planch. Austral. 970 penna Linn. Afr. 971 Parthonocisn quinquefolia n.) Planch. Ame- rica i et centr. ex- tratrop. 972 Vitis Henryana Wall. Ind. or. Anacatdiaceae. 973 sign «nona Desf. Reg 974 iaia Linn. Reg. me- it. omn., Insul. Cana- rie. 975 *Terebinthus Li n n. Europ. merid., Reg. medit. praes or. et. ins 976 na . inn. Be. medit., 977 nn Solandri E n gl. Australia 978 Rhus *coriaria Linn. Reg. medit., Persia. 979 ann) inn. Reg. medit., Orie 980 lartignia SE inn. Prom. b. i Spei. 981 lucida Linn. Africa au- str. 982 pentaphyllus Des f. Reg. it. 983 sylvestris Sieb. et Zuce. Japon. 984 Toxicodendron Lin n. Japo- | nia e Nippon, America bor 985 nadalatà Jacq. Prom. b. Spei. 986 Schinus dependes Ort. Bra- silla. 987 molle Linn. Peruvia, Bra- silia, Uruguay, etc. fAilnonaceae. 988 Anona Cherimolia Mill. America (?) Apocynaceae. 990 Acokanthera venenata Don. rom. 991 Guaclue rg a bor. 992 Mandevillee SR . Reg. Argentina. 993 Nerium odorum Ait. India bor. 994 Oleander Linn. Reg. me- dit., Asia minor. occ. , cinbia Africa or. 995 Ochrosia elliptica La bill. N. Caled. 996 macrocarpa Hort. Hab? 997 Plumeria acutifolia Poir. 998 Rauwolfia canescens Linn. nd. occ. 999 Vallesia cymbaefolia Hort. ova Hispania. 1000 Vinca rosea Linn. Java, India or. et Philipp., e Mexico, Guya- na, 1001 —var. “aci Hort. 1002 —var. arernd Hort. filtaliaceae. 1003 Acanthopanax aculeatum Seem. As. trop. 1004 Aralia dactylifolia Hort. 1005 leorana C. Ko c h. America bor 1006 spinosa Linn. Amer. bor. 1007 Cussonia triptera Colla Afr. austr. 1008 pedunculatum Benth. America merid. 1009 Fatsia japonica Dcene. et anch. Japonia. 1010 —var. fol. variegatis. 1011 Gilibertia cuneata March. rasilia. 1012 Hedera *Helix Linn. Euro- pa, Ins. Can., India bor., etc. 7 1013 —var. fol. variegatisH ort. 1014 Heptapleurus rigidum S e- ava. 1015 steltzerianum Hort. 1016 para Seem. Ind.. "1017 Orcopazaa pedunculatum 1018 Parri rotundifoliaT e n. x Hort. neapol. 1845. fltistolochiaceae. 1019 Aristolochia iaia art. Bras 1020 Bodamae. Din i & racia 1021 elegans Mast. Brasilia. 1022 fimbriata Cha m. Brasilia 1023 KaempferiW i11d.Japonia. 1024 Pistolochia Lin n,Reg.me- dit. occ, fAsciepiadaceaeéè. 1025 Amsonia Free . Amer. trop. 1026 Araujia are Brot. Peruvia. 1027 megabotamia Do n. Bras. 1028 Asclepias angustifolia Schveig. Mexico. 1029 curassavica Linn. ex An- as Subsp. in hort. one trop. 1030 linifolia. Lag. Mexico. 1031 mexicana Cav. Calif., Me- 1032 Cryptostegia grandiflora . Afr. trop., Ma- da ag. 1033 Cynanchum purpurascens orr. Japon. Pa extensa R. Br. Afr. 1035 Gonciobus niger R. Br. Syr 1086 dslaztisni *fruticosus ex Arabia cult. et subsp. in hortis. 1037.Oxypetalum capitatum rt. Brasilia. 1038 solanoides Hook. Reg. Argentina 1039 SI *srmeca iti n. Bi- si Iberia, Syria, Ita- lia austr. È 1040 Stapotia ambigua Mass. ode ì. Spe 1041 ice T 04, Prom. b. pei. 1042 sn Tod. dar b. Spe 1043 bicolor Hort. 1044 bufonia Jac q Prom, b. Spei. 1045. clypeata Hort. i 1046 ciliolata Tod. Prom. bi Spei. ; 1047 ua conspurcata 1048 1049 1063 1064 1065 . Prom. b. Spei. dvi H ort. Hamburyana H o rt. luxurians H o rt. maculata J a c q. Prom. marmorata Ja c q. Prom. b. Spei. mixta M a s s. Prom. b. Spei. mirabilis Hort. mutabilis Ja c q. Prom. pei Dotiialia Jacq. Prom. b. Spei. parvipunctata Tod. Prom. . Spei. Pica Donn. Prom. b. Spei. rectiflora Hort. rugosa Jacq. Prom. b. Spei. scutellata Tod. Prom. b. pel trifida T od. Prom. b. ‘ Spe pel TR Donn. Prom. b. pei. variegata Linn. Prom. b. Spei p verrucosa M a s s. Prom. . pel. 1066 Vincetoxicum officinale Moench. Europa, aucas. Reg. C 1067 japonicus C. Morr. Japon. Begoniaceae. 1068 Begonia Dregei Otto et 1069 Evansiana Andr. Japon. Dietr. Bras. a). ag 1071 1072 1083 1084 1085 1086 1087 1088 1089 1070 Begonia foliosa H.B.K. Nova G t. Lepidotoe Li e bm. Me- xico. maculata R a d d i, Bra- silia nelumbifolia C h a m. et chlecht. Mexico. ricinifolia A. Dietr. Brasilia. rubro-setulosa A. DC. Brasilia Sandersii H o r t. Hab? Schmidtiana Regel. Brasilia semperflorens L k. et O t t. Brasilia med. et austr. —var. albiflora Hort. —var. erfordiana Hort. Betbetidaceae. 1081 Berberis africana H e b e n-’ Africa austr. 1082 aprirmi Pursh. . bor. visita p C. India O- siii Roxb. Reg. mal. Pescia Lind E Mexico. japonica R. Br. Japonia. nervosa Pursh. Am. bor. . Mexic. occ. tenuifolia Lind]l garis Linn. Europa, 1 vul È g: 1104 Alkanna Mica DCO. Euro- ii pra Bignoniaceae. 1090 Bignonia tweediana Lndl. Brasilia. 1091 Catalpa Taggza Walt. America bor. 1092 KaempieriS ieb. eZ ucc. Japonia. 1093J sei mimosaefoliaD o n. lia, Am. austr. 1094 du da variabilis Bata- i China. 1095 Pithecoctenium muricatum Loc. Brasilia, Am. trop. "1096 cordifolium Mart. Bras. 1097 Tecoma radicans Juss. A- pt. 1098 —var. grandiflora Hort. 1099. serratifolia G. Don. Ins. Carib. 1100 stans Juss. Mexico, Ame- rica. 1101 — var. velutina D C. Bixaceae,. 1102 a a Linn. Amer. 1108 Liu africana Linn. rom, b. Spei Botraginaceae. A pa. 1105 rosea Link. Oriens. 1106 Anchusa capensis Thu nb. 1107 officinalis Linn. Europ. 1108 Asperugo procumbensL i n n, Europ., Oriens. 1109 Borrago * officinalis Linn, Europa austr., Afr. bor. 1110 Cerinthe no Linn. Euro- pa, min lill minor Li. inn. Europa , A- sia min 1112 Cordia aagitioha Roem. et Schult. India occ. 1113 Francisci Grae f. Hort.Ca- sert. 1114 Myxa Linn. Malabar. 1115 Cynoglossum * Columnae Bi v. Ital. merid.,Sicilia, Gissi, Reg. danub. 1116 cheirifolium Linn. Reg. med, occ. 1117 clandestinum Desf, Reg. Medi edit. 1118 Heynei Do n. Ind. Or. 1119 lanceolatam Hochst. Abyss. 1120 officinale Linn. Europa, Oriens. i 1121 * pictum Ait. Europa au- str. medit, 1122 Wallichii Don. Reg. Hi- mal. 1123 Echium arenarium Guss. eg. med. 1124 calycinum Viv. 6: me- dit. 1125 ni Jacq. ea 0a- 1126 station Li inn. Europa, 1127 apanne wi illd. Hisp. mer., Italia ins., Africa bor. ! 1128 *plantagineum Lin ii medit., Europa centr. et gl. mer. occ. 1129 nn laevis Bet Sas 1130 sisi 3. Linn. In- 1131 tivi strietum Phil. ili. 1132 Heliophytum indicomisi inn. Re eg. Argentina 1133 Heliotropium * europaeum, inn. Europa austr. et 1184 curassavicum Linn. Co- smop. trop. 1135 indicumLin n.Geront.trop. 1136 peruvianum Linn. Peru- 1187 Hemizonia corymbosa T o rr. ray. California. permum arvense Linn. Europ., Oriens. 1139 purpureo-caeruleum Lin n. “40 11381 urop., Oriens. 1140 Myosotis sylvatica Hoffm. ar. alpestris (Sch m.). Europa. 1141 pura alba D. C. Europ., Ori 1142 decumbens oench.Reg. me 1143 forces ri isch. Europ., 1144 persa amplexicaulis ispan. 1145 ca Much. Lusit., , Gall., Ital. 1146 Spmphy tom asperrimum Do n. Reg. Caucas. 1147 ra Boiss. Eu- ropa, officinale Li nn. Europa, Sibiria, Bithynia. — var. boemicumF. W.S$ c h- midt 1150 orientale Linn. Byzant. 1151 tamaicense St ev. Ross. 1152 Tournefortia fruticosa O r- g. Mexico. 1158 hirsutissima Linn. Ame- ica bor 1148 1149 zo DE a 1154 Tournefortia messerschmidia Can 1155 Trachystemon orientale D. n. Asia minor. Cactaceae. 1156 Cereus alacriportanusP f e i f. Bras. 1157 1158 1159 1160 Bomplandi Parm. Bras. Martini Hort. monacantus Ho i colubrinus = t ve 0. id cactus). Hab ? 1161 Curtisii O t 1 o. N. Gra- nat. Engelmanni Parry. Ca- lifornia. Ehrenbergii Pfeiff. chinoc.) Mexico. euphorbioides H a w. (Pi- locereus). Amer. austr. Eyriesii Hort. Berol. 1162 1163 (E- 1164 1165 eg. Argent. 1166 FaconostleH o r t.(Echinoc.). Hab? 1167 1168 Jamacaru D C. Brasilia. Lagermanni Hort. (Echi- nopsis). Martianus Zuec. xico. monacanthus Hort. Hab? nigerrimus Link. (Echi- nopsis) Chilì. pentalophus D C.(Echinoc.)» Mexico. . leptacanthus piega Hort.Berol. Hab? 1169 Me- 1170 1171 1172 1173 1174 Poselgeri L e m.{Echinocs). Hab? procumbens Engel. (E- chinoc.) Mexico. 1177 scs speciosus Sweet (E- nocer.). Amer. austr.. 1178 cabrepandu Haw. Ind. 1179 “tren Salm-Dyck. (Pilocereus) Hab? tortuosus Forbes. Reg. Argent. Zuccarini Pfeiff. nopsis) Mexico. 1182 Echinocactus aulacagonus e cult. in hortis, ex 1180 1181 (Echi- Mexico, 1183 rea Lem, Me- 1184 iti ii \ 1185 —var. retina, Pfeif. Merxic. bocasana Paselg. Texas. Bockii Forst. Mexico. centricirrhaL em. 1186 1187 1188 1189 1190 Foersteri Muehlenp f. Mexico. 1191 glauca Dietr. Mexico. 1192 longimamma D C. Mexico. 1198 —var. compacta Hor t, 1194 —var. congesta Hort. 1195 —var. giganthomele Hort. 1196 —var. globosa Hort. 1197 megacantha Salm.Dyck. exico. minima Reichb. Me- xico. rsa S. D. Culta in hortis. —var. major. Neumanniana IL e m. Me- xico. pusilla Sweet. Hab? rhodacantha Sal m-D y ck. 1201 1202 exico. 1204 rhodantha Link.etOtt. Mexico. 1205. uberiformis Z u e e, Mexe. 1206 Opuntia Amyclaea Tenor. Mexie, 1207 Upiintli anacantha H o r t. Hab ? Cholquensis H o r t IA Eng sta m. Am, Dilleni 5 a w. America au- strali | #Ficus- indica Mill. (pl. glaucophylla Wendl. Mexico —var. laevior hyptiacantha H or t. intermedia A. Gra y.Am. Lemaireana Consol. 92 ab? leucotricha D C. Mexico. monacantha H a w. Amer. austr. — vas. prolifera H or t. A- merica austr. e Haw. Amer. cda Engelm. A- . bor. occ. pleno H aw. America dinda te alm-Dyek. Mexico. 1 — var. elongata H or t. Rafinesqui Engelm. A- mer. bor. occ. stricta H a w. America “ austr. —var. altera Hort. tomentosa Salm-Dyc.k. Am. austr. Tuna Mill. Amer. austr. vulgaris Mill. America Dot... 1281 Lio Pugni HookeriW al P ina Ripeti adi Sal mi Dych. Hab? 3 1293 sa Pieiff. Brasio lia, a Galycanthaceae. 1234 Calycanthus occidentalis ok. et Arn. Califor- 1295 Chimonanthus fragrans ndl.Japonia, China, Calyceteae. 1236 Acycarpha tribuloides J u s s. Campanuùlaceae. 1237 Adenophora Lamarcki ch. Sibiria. 1238 marsupiifolia Fisc h, De hur. 1239 trachelioides Maxim, China 1240 Campanula elegans Ro e m, chult. Sibir. *Erinus Linn. Reg. me- dit. medium Linn. Europa austr. punctata L a m. Sibir. Ja- 1241 1242 1243 pon. 1244 pyramidalis Linn. Eu- ropa. Rapunculus Linn. Euro- pa, Oriens, Afr.. si Asia bor. 1245 1246 inni Si it et Sm. talia, Gra 1247 ciaoo ale Benth, Reg. Himal. Blas ia 1248 Michauxia fregi L’Hèrit. Asia min,, Syria. 1249 Specularia falcata A. D C. Reg. medi 1250 speculum A. DC. Europ., Reg. medit. 1251 Trachelium * caeruleum Linn. Italia cont. et Ins., Afr. bor 1252 Wehlbnbergia nutabunda D C. Baetic., Sard., Sici- lia, Calabr. 1258. lobelioides Link. Insul. Madeira, Canariae. x Cannabinaceae. 1254 roma *sativa Li n n.Per- , Italia (culta). 1255 sovr, gigantea Hort. Ca ppatidaceae. 1256 ngi nio *spinosa Li n n. Si- cilia, etc rupestris Sibt. et S m. Italia, Graecia, Hisp. merid., Dalm. 1257 1258 Cleome attiodicra Ho rt, 1259 candelabrum Sims. Hab? fugax S chrad. Hab? gigantea Linn. Amer. austr. graveolens R a f. Amer. bor. juncea Sparm. Hab? muricata Edge w. India. or. 1265 Cleome pungens Willd. iz austr :1266 speciosa R a f. America or. 1267 trachelasperma Hor 1268 Gynandropsis pentaphylla D.C. Cosmop. trop. Caprifoliaceae. 1269 Lonicera brachypoda D. C. Japon. 1270 #canescens Schusb. Si- cilia, Maroccus. 1271 Caprifolium Linn. Europ. austr. 1272 chinensis Hort. Reg. im. 1273 chrysantha Turcez. Sibi- ria. 1274 fragrans Hort. 1275 gibbosa Willd. Mexie. 1276 grata Ait. Am. bor. 1277 *implexa A it, Reg. me- it. 1278 involucrata Banks, A- merica bor. 1279 Japonica Th b g. Reg. Hi- mal. 1280 orientalis La m. Reg. Hi- mal. 1281 punicea H o r t. 1282 Dr rn Regel. Reg. | Am HA i Linn. Sibiria. 1283 1284 Sambucus Ebulus Li n n. i Europa, Caucasus. 1285 nigra Linn. Europa, Asia bor. 1286 Sy Penice microphyl- 1 lus H. B. et K. Mexico. i; 1287 racemosus “ chx. Ame- rica bor. 1288 Viburnum Hartwegi B t h. Mexico, sopra ‘ 1289 edule Hor 1290 lantanoides Di ichx.Ame- ica bor 1291 Slocaticizi ste er-Gawl. Reg. Himal., China. 1292 Tauricum Hort 1293 *Tinus Lin n. Europa au- str. occ., Africa bor. Catyophyllaceae. 1294 Arenaria graminifolia S c h- ra “ Hung., Transsylv., Ross. austr., Sibiria. Fisse (G u ss). Eu- Afr. bor., Asia mi- 1295 1296 cia Vahl. Hisp. et Ital. austr., Afr. bor., Ins. Canariae. 1297 serpyllifolia Linn. Euro- pa, Asia min. 1298 Cerastium arvense Li n n. Reg. temp. bor. brachypetalum D e s f. Eu- ropa, Reg. medit. preverazia Thuill.Reg. mp. et subtropical. chlorifolium Fisch. et y. As. Min. grandifloram Waldst. et n it. Europa or., Reg. 1302 Cau 1303 dii Hort. 1304 Asi 1305 Corrigioa gun Linn. . ropa. s. 1306 Diktithia armeria r# inn Europa, Cancas. 1307 barbatus Linn. n. Europa. ; PRE inn. gira Li 1308 Dianthus Caryophyllus . Europa, Asia min. Carthusianum Linn. Eu- r . min. chinensis Lin n. China, hirtus Will. (tallia, Tau- ria. plumarius Linn. Europa med. praes. or 1309 1310 1311 1512 1313 polymorphus Bi e b. Reg. Cauc. 1314 rupicolus Bi v. Sicilia, I- tal. merid. 1315 squarrosus Bie b. Tauria. 1316 Sternbergii Sibth. Tau- ria. 1817 Gypsophila altissima Lin n. Sibiria 1318 elegans Bieb. Asia min. 1319 paniculata Lin n. Europ., Asia bor. 1320 Hiolostnm umbellatum . Euro 1821 Lychnis luabica Fisch. China. 1322 Coeli - rosa Desr. Reg. medit. 1323 1324 —var. oculata (Ba c k h.). corsica Loisel. Corsica, Pyren yren. dioica Lin n. Europa. divaricata Reichb. Sici- lia, Hisp. fulgens Fisch. Sibir. Flos-Jovis De sr. Helv. merid., La bor., By- zanth. 1325 1326 1327 1328 1329 Githago Sco p. Europa, Sibiria, Graecia, Anat., Pers., ete 1330 macrocarpa Bois s. Reg. medit. 1381 rubrum Hort. 1332 tristis Bu n g. Sibir. 1333 vespertina Si btr. Reg. medit. 13954 ian pica Linn. ; Asia bor 1335 Polsestibrall'opoi iffae La ma Ins. Teneriffa. 1356 Polyearpon Toei ua medit. et Europa sibinie; pn cosm. 1337 bd hispanica Li n n.Reg. ledit., Caucas. 1338 Sagiinai uiritia D. Don. Eu uropa. 1339 ugo cerastioides eg. Casp. 1340 officinalis L inn. Europa, sia occ 1341 persica Boiss. Persia. 1342 rai Li inn. Europa, Asi ;, Sibiria 13453 Silene Luni Willd. Eu- rop. austr. 1344 Armeria Linn. Eur. austr. 1345 colorata Poir. Reg. me- dit. 1346 Cucubalus Wibel. Eu- \ ropa, afr. bor. 1347 damascena Boiss. Pa- laest. 1348 Dilleniana Sc hott. Gal- ia. 1349 distica Wiltd. Reg. med. occ. 1350 gna Hook. Am. bor. 1351 one Si ims. Reg. Cau- cas. 1852 *fruticosa L in n. Graecia, Sicilia. 1353 *fuscata L k. Lusit., Hisp. et Italia seggi Afr., bor., Syria da, 1354 gallica Linn. Hindi A- frica bor. 1355 pui Bor y et u b. Graeci 1356 aa Gmel, Europ. 1357 lydia Boiss. As. min 1358 macrodonta B oi ss. Gra ; ; cia. . 1359 Silene muscipula Linn. Reg. medit. nocturna Lin n. Reg. medit., Africa bor., Asia occ. 1361 odontopetala Fe nz1. As. min., Syria. 1362 orientalis Mill. Oriens. 1363. pauciflora K it. Europ. 1364 pendula Linn. Lusit., Hisp., Italia, Creta et 1365. myrne. ro Linn.Eu- a. 1366 ten Frivald. Ba- nat. rubella Linn. Reg. me- dit., Mesopot. Sartorii Boiss. Cyclad. saxifraga Linn. Europa. 70 Jacq. Reg. me- 1367 1368 Insul. 1369 1370 1371 iù Linn. Europa austr. 1372 vesiculifera J. G ay. Ci- licia. 1373 viscosa Pers. Europ., As. bor 1974 Stllria Hague Linn. Or- bis . fere omnis. 1375. Li - spa ol cria) Ss Ss. specie. 1376 Spergaari cani Presl. ropa. 1977 unica prolifera Sc o p. Eu- rop., Reg. Caucas. Casùuatinaceae. 1378 cporrora distyla Vent. 7 tral. i 1879 btziota Ait. Austral. 1380 torulosa A it; Austral. CI PT Celastraceae. 1381 Celastrus lucidus Lin n. Spei. 1382 scandens Linn. America sept. pei) australeV e n t. Nova Hollanda. 1384 east At et Z ey h, Prom. b. Spei. 1385 ilivifotium Ten. Hab? 1386Euonymus americanusL i n n, Am. sept. 1387 europaeus Linn. Europa. 1388. fimbriatus Wall. Reg. Himal. 1389 japonicus Lin n. fil. Ja- ; onia. 1390 —var. fol. variegatis. Chenopodiaceae. 1391 Atriplex confertiflora S. Am. bor. occ. hortensis Lin n. Cosmop. (Cult.). nitens Sc h k. Europ., O- riens. rosea Lin n. Buropa , Si- biria, Asia. sibirica Li n n. Sibiria. SpoRgiona + F.Muell Australia 1397 Basella rabra i i n n. Asia et Africa i 1398 —var. alba pa fa sal. Chi- 1392 1393 1994 1395 1396 pa Afr. È bor., 1400 maritima Lin n. Reg. Me dit. 1401 Chenopodium album Li n n. Omnis terr. orbis. 1402 ambrosioides Linn. Am. bor. et trop., Europa au- str., Afr. bor. et austr., India or. 1403 Botrys Linn. Europa. 1404 Bonus-Henricus Lin n.Eu- ropa. 1405 foetidum Schrad. Reg. tro 1406 ne Linn. Orbis terr. fere omnis, 1407 opulifoliuam Schrad. Reg. bor. 1408 QuinoaW illd.Am. austr. 1409 viride Linn. Omn. terr. orb. 1410 vulvaria Linn. Europa, Asia 34ll mne Li inn. Europ., As. 1412 diego hyssopifolium Linn. Europa, Am bor. 1413 Kochia arenaria R ot h. Austr., Asia occ. 1414 scoparia Schr ad. Euro- pa, Asia bor. 1415 Ofaiston paucifoliumB a fi n. Am. bor. 1416 Salsola Kali Linn. Reg. bor. et austr. temp. 1417 rosacea Linn. As. med. Sibir. 1418 Spinacia oleraceaL i n n.Ubi- que cult. 1419 Teloxis aristata M 0q. Am, or. Cistaceae. 1420 Cistus cyprius Lam. Ins. Cyprus. e pa LI 1421 Cistus monspeliensis Li n n. Reg. it. 0c medit. o 1422 ladanifer Linn. Reg. Medit. occ. 1423 parviflorus La m. Reg. medit. occ. 1424 polimorphus Wilk. Reg. medit. 1425 populifolius Lin n. Li) medit. occ. 1426 purpureus La m. Oriens. 1427 *salvifolius Li n n.Europa, Afr. bor., Reg. medit., Persia. 1428. vaginatus A it. Teneriff. 1429 Helianthemum Fumana ill. Reg. medit. 1430 guttatum Mill. Europa medit. et austr., Africa bor., Syria. 1181 halimifolium Pers. Reg. medit. 1432 ledifolium Mill. Europa austr. 1483 niloticeum Moench. Eu- ropa et Africa bor., Reg. medit. Caucasus, Persia Armenia. variabile Sp ac h. Reg. medit. Combretaceae. 1485 agi lejocarpa .G. et P. Senegal, etc. Compositae. 1486 Achillea asplenifolia V e n t. America bor. 1438 Achillea Ageratum Linn, Europa. alpina Linn. Europa. lanata S pr. Podolia. magna Lin n. Europa. millefolinm Ledeb. Eu- ropa, Asia min. Ptarmica Lin n. Reg. bor. temp. rosea Waldst. Hungar. sulphurea Boiss. Syria. n Pi sari utt. a bor. 1447 era liiearifoltà T guri et Gray. Texas. 1448 Alfredia cernua Ca s s.Sibir. 1449 Ambrosia artemisioides yen, Peruv. 1450 bidentata Michx.Am.bor. 1451 maritima Linn. Europa, riens. 1452 Amellus annuus Willd. Africa austr. 1453 Ammobium alatum R. B r. Nova Hollanda. 1454 Anacyclus tant DO. Afr. bor., Oriens. 1455 Anaphalis margaritaceno enth, Am. 1456 Andryala integrifolia Li inn. Reg. Medit. 1457 varia Lowe, Reg. Med. 458 —var. candicans Hort. 1459 Anthemis arvensis Lin n. Europa. austriaca Jacq. Ital. bor., Reg. danub., Caucasus. Cotula Linn. Europa, Africa bor., Oriens. peregrina Lin n. Italia, Graecia, Asia min. tinetoria Linn. Europa, 1463 Oriens. 1464 Aplopappus rubiginosus orr.etGray.Amer. : bor. 1465 Aretium majus Bèr.n h. Europa, 1466 Arctium nemorosùs L'ej - ro 1477 Arctotheca repens 5 W end]. Africa austr. 1458 ag e stoechadifolia Africa austr. 1469 Arvezzisie annua Lin n. A: 1470 1471 g. m Drasungilofffi inn. non. a Oriens. 1472 1473 fragrans Hor mutellina Vil i. Europ. 1474 Aster duna Linn.Europa, riens. azureus Lindl. Am. sept. junceus A it. Am. bor. laevis Linn. Am. sept. sino La m. Amer. sept. Novi Belgii Linn. Am. sept. scaberrimus Less. Me- xico. sericeus Vent. America sept. x sibiricus Lin n: Sibiria. . bor. occ. 1493 Asterothrix asperrima0 a s s. riens. 1484Baccharis restò Linn. 1485 vin D C. Chili. 1486 rosmarinifolia H 0 0 k.Chili. 1487 Barnadesia rosea Lindl. austr. 1488 quer “annua Linn. Reg. it. 1489 Lan Linn. A. pleno) Europa, Asia 1490 Berlandiera boni D.C. Am. bo f; 1491 Bidens bipinnata Lin n. Re g. È | 1492 cerrita Linn. Reg. bor. temp. 14983 Bidens chilensis D.C. Chili. 1494 grandiflora Balb. Amer. i austr. 1495 pilosa Linn. Am. austr. India occ. — —var. leucantha (Willd.) quadriseta H o c h st. Afr. trop., Sibir. tripartita Linn. Europ. Warzewictiana Regel. 1496 1497 1498 1499 Guatem. 1500 Blumea longifolia Ho r t. 1501 Brachycome o 1502 Cacalia cunveoleno Ginak. 1503 Blumea SERRA D.C. Reg. Himal. 1504 Borrichia bidentata Hort. 1505 Calendula *arvensis Lin n. ig Ins. Can., 0- rien 1506 visi Des f. Reg. medit. bicoior Raf. Europa O- rie 1508. cristagallis Viv. Reg. 1509 1510 1511 1512 med, fulgida Ra f. Sicilia. maritima G u s s. Sicilia. olgarbiensis Hor t. officinalis L i n n. (fl. pleno) Europa austr. - palaestinaB o iss.Palestin., Mesopot. *stellana Ca v. Sicilia, Afr, 1513 1514 bor. 1515 suffruticosa Vah]1. Reg. i medit. 1516 tripterocarpa Rupr. Me- sopo 1617 Caltisteplus hortensisC o 8 s. Sibiria. 1518 divi Ti osià Adans. Reg. medit., Caucas. 1519 Carduncellus *caeruleus ess. Afr. bor. 1520 Carduncellus lampedusanus Lojac. Lopadusa. i 1521 Carlina lanata Lin n. Reg. 1522 Carthamus lanatus Linn. uropa austr., Asia mi- nor. + 1523 flavescensWilld.As.min., | yria. 1524 leucanthus Hort. 1525 tinctorius Linn.Indiaor., egypt. 1526 Catananche coerulea Lin n. Reg. medit. 1527 lutea Linn. Reg. medit. 1528 Doe turbinata Pers. Afr. ustr. 1529 Cai argentea Linn, - Reg. medit. atropurpurea W a l a st. et Kit. Hungar. Calcitrapa Linn. Europa. 1530 1531 Afr. bor. cerinthifolia Si bth.etSm, — aecia, *Cineraria Linn. Europa. Afr. bor Crocodylium Li nn. Syria. Cyanus Linn. Europa, Reg. Caucas. è depressa B i e b.Reg. Cauc. — eriophora Linn. Gall., lusit. jacea Linn. Europ. medit. | Margherita Ho rt. comes Linn, Eur. ta Hort. pulchra DC. India or. romana Linn. Italia sempervirens Lin n. Lu- sit., Italia. n sicula Lin n. Sicilia. Schouwii D C. Sicilia. *sphaerocephala Linn. Europa medit. spuria Kern. Austria. 1550 Centaurea tauromeritana ss. Sicilia. 1551 verbascifolia Vahl. Ara- ia. 1552 Cephalophora aromatica Sc lì. 1553 Chardinia xeranthemoides s f. Asia min., Per- 1554 Chariois heterophylla Cass. Africa austr. 1555 Chondrilla brevirostris Fisch. etMey,. Sibir. alt. 1656 lo Linn, Europ., As. edit. 1557 Chrysocoma Coma-aurea . Africa austr. 1558 Chryoitiialioi carinatum Schousb. Afr. bor. 1559 caucasicum Per 8 i auc. 1560 cinerariaefolium V i s. Dal- matia 1571 Mokticuni Wi illd. Reg. Cauc., Persia. 1562 corymbosum Linn. Eu- ropa, Afr. bor., Caucas. 1563 disciforme C.A.M e y. Reg. Medit, 1564 fasciculatum 1565 flosculosum Linn. Reg. medit. 1566 Fruticosum Vell. Brasil. 1597 marginatum Hort, 1568 paludosum Poir. Afr. bor. È 1569 Parthenium Bern h. 3 Europa. 1570 persicum Boiss. Persia. 1571 praealtum Y ent. Asia . 159 Sven Linn. Europa, ui . bor., Asia occ. Oéborion Tityhok Linn. Europa, Oriens. — 26-==° 1575 Cladanthus arabicus Cass. Arab 1576 proliferus DC. Afr. bor. 1577 macranthus Hort. 1578 niveus Presl. Europ. 1579 coni ia Roth. I- 1580 Willa H ne Reg. Hi- mal. 1581 copra chilensis S pr. Gu- ian 1582 ai Less. Afr. au- stralis. 1583 scabra Lin n. Ind. or. 1584 Coreopsis Atkisoniana Oort. 1595 aurantiaca Hort. Hab? 1586 auriculata Linn. Amer. 1587 bicolor Bosse. Hab? 1588 coronata Hook. Texas. 1589 Drummondi To rr. et Gray. Toxas. 1590 grandiflora Nutt. Amer, bor. 1591 emana Linn. America 1592 tinotorià Nut t. America sept. 1593 Tripteris Linn. America bor. 1594 ren filifolium Nutt. Cosm 1595Cosmos pinza c av.Am, xico. 1596 candatos E. B. K. India 1597 Cana *hiemalis Biv. v. Reg. me x 1598 rubra tun Ital. Graec. ruta *vulgarisC a s s.Reg. it. 6C00 Cryiostemma calendula- R. Br. Prom, Me. tel 1601 e ai RO Linn, Reg. medit, — LA 1602 Lgar ea Des tf. Me- 1603 Yuarezii, Hort. Mexico. 1604 Dimorphotheca pluvialisM o- en & 1605 Echinops cornigerus DC. India or. 1606 exaltatus Sc hrad. Hun- garia. 1607 persicus Sl e v. Reg. Cauos 1608 aa purpurea M o e n- . Am. bor 1609 Relipta alba sa assk. Co- mopol. 1610 tomilia Lara D C. Asia trop. 1611 Cipe: foetida Hemsl]. xico. 1612 ipa album Linn. Amer. bor. 1613 ar (Lem.)H.P an. Mexic solai H. B. et K. Mexico cannabinum Li n n. Eur., Asia bor. coelestinum Linn. Amer. bor., Ind. occ. cordatum Walt. Hab? Haageanum Regel. Hab? janthinum H e m sl. Me- xico. lucidum Orte g. Mexico. macrophyllum Linn. Am. 1614 1615 1616 1617 1618 1619 1620 1621 trop. 1622 poca lino Klatt. Mexi 1623 pajiolese M 00q: et Sess, exico. 1624 profu . 1625 Felicia angustifolia Nees. frica austr. 1626 aria Cass. Africa au- 1627 Filago pa in n.Europa, a bor., Oriens. 1628 “zia Lin n.Europa, 1629 Filago gallica var. prostrata uct. 1630 Flaveria Contrayerva Pers. m. trop. 1631 repanda La g. Texas, Mex. 1632 Gaillardia aristata $ resl. A m. sept. 1633 lanceolata Michx. Amer. bor 1634 palchella Fouger. Amer. 1635 —var. CE ort.). 1636. - var. picta (Sweet). 1637 Galinsoga brachystefana egel. Ha 1638 hybrida Hort. 1639Gazania pinnataL e s s.Prom. . Spei. 1640 montana Hort. 1641 detto glabram Linn. ropa. 1642 Gaga uliginosum n. Europ., Asia bor. 1643 sala Linn. Afr. austr. 1644 Grindelia humilis Hook. 1645 alif. inuloides Willd. Amer. « 000. 1646 robusta N utt. Calif. 1647 squarrosa Dunal. Am. bor. occ. i ,1648 Guizotia abyssinicaC a s s.A- 1649 Gutierezia gymnospermoides Gray, Amer. bor. 1650 Gynura aurantiaca DC. Jar va. 1651 Helenium microcephalum Mexico 1652 Helianthus annuus Linn. Am. sept. 1653 argophyllus T,orr. et Gray, Texas. 1654 canus Hort 1655 cucumerifolius Torr. A- mer. bor. 1656 Helianthus decapitatus Linn. Amer. bor. 1657 divaricatus Linn.Am.bor. 1658 Se DC. Amer. bor. 1659 una pin D : medit., Oriens 1660 ivaciba tota Wil l d. Au- stralia. 1661 decurrens, Muell. Austr. diosmaefolium Sweet. Austral. lanatum DC. Asia min. *rupestre D C. Reg. medit. *saxatile M o r is. Sardinia. 1666 Helipterum roseum Benth. ai ustral. 1667Helmintia echioidesGa e r tn. uropa. 1668 Hieracium crinutumS i b t h. S m. Sic. As. min. 1669 DR pro Jacq. Me- 1670 ia elegane S m. Austr. 1671 Hyoseris radiata Linn. Reg. medi 1672 Frpochaei laevigate Be . Hook. Afr. bor., > Sio 0. 1673 Inula *graveolens D e s f. Reg. medit. 1674 macrocephala B o is s. riens. 1685. montana Linn. Europa austr. 1676 viscosa A it. Reg. medit. 1677 Iva santhifolia Nutt. Am. È, 1678Jurinea alata Cass. Reg. Caucas. 1679 spectabilis Fisch. et. M e y. Reg. Caue. 1680 Koelpinia linearisP a l 1.Asia occ. et bor. 1681 Krigia caroliniana Nutt. er. bor. 1683 Lactuca quercina Li n n. Europa, Reg. Cauc. oleifera Hort saligna Linn. Europa, Africa bor. occ. Scariola Lin n. Europ., Oriens. virosa Lin n. Europa, A- 1684 1685 1686 1677 sia bor. 1678 Lapsana communis Lin n. uropà, Oriens, Asia min. 1679 Lasthenia glabrata Lindl. Calif. 1680 obtusifolia Ca ss. Chili. 1681 Laya platyglossa A. Gray. Calif. 1682 sur gigantea K el - log g. California. 1683 Brico A. Gray. Cali- fornia. open texanaA.Gray. si iena en Gaertn. medit. 8 1686 Madia ne D.Don.Am. bor. oc 1687 iii Torr.etGray. ca bor. occ, 1689 = ‘Mc olin. Am. bor. 1688 Matricaria maritima Linn. urop. 1690 nigellaefolia DC. Afr. Austr. 1691 Oreades Boiss. Syria. 1692 Melitella pusillaS o mmier. Ins. Malta. 1693 Micropus bombycinus L'a g. Reg. Medit. 1694 supinus Linn.Reg. Medit. 1695 Mikania scandens Wil 7 d. Amer. calid. 1696 Moniadat bipinnatifida C. K 1698 Palafoxia texana D 0. Texas, 1699 Pallenis *spinosa C a s s. . med., Oriens. 1700 Pezezia multifida H o rt. 1701 Picridium vulgare D e s f. edit. 1702 ua ione Poitr. 1703 Pluchea Dicci DC. A- 1704 adorata n” ass. Amer. au- 1705 Paictenico ni ent h. Mexico. 1706 Podalepis affinis So nd. Austral. 1707 dara “Anita Jacq. 1708 Riad ic AI edit. 1799 *—var. polymorphus(D C.). 1710 —*var.tubaeformis(T e n.). 171} setacea Ho 1712Rodigia sommutataS preng. Graecia. 1713 stellatus Gaertn. Reg. medit., Oriens. 1714 Hudbeckik amplexicaulis Vahl, America sept., Maio: i americana H o rt. Hab? fulgida A it. Am. bor. laciniata Linn. America 1715 1716 1717 1718 nasali Bert. Amer. bor. Maximiliana H o rt. Amer, bor. purpurea Linn. America bor. speciosa Wender, Amer. bor. subtomentosa Pursh. A- mer. bor. 1723 Sanvitalia procumbensL a m. xico 1724 Scorsonera angustifolia nn. Europa austr. 1725 Scorzonera laciniata Li nn. medit., Caucas. 1726 Hegivalu hispenicue Linn. Reg. medit. 1727 Senecio aetnensis J a n. Italia. 1728 Anteuphorbium $ c h. Afr. austr. i bicolor T o d. Italia, Grae- cia. *candidus D C. Sicilia. cruenthus D O. Ins. Canar. or Vahl.Reg. me Doria ti in n.Europa austr., Oriens elegans "È inn. Afr. austr. 3 Bert. Europ., Ori graniti Less. Me- nidicia Forsk. Arabia. japonicus S c h, Japonia. Kaempferi DC. Japonia. kleincides O liv. Africa trop. RENDE Bieb. Eu- rop. or., Reg. Caucas. “iaia liceo (Tin.). Ins. Vulcanus. maritimus Linn.Afr. au- str. odorus S c h. Arabia. Petasites D C. America austr. scandens Willd. Reg. imal. subscandens Ho chst. Abyss. *vulgaris Lin n. Europa, (cosmop., inquil.). 1749 Siegesbeckia flosculosa ’ Hèrit. Peruvia. 1750 orientalis Li n n. Cosmop. trop. 1751 Silphium integrifolium x. Am. bor. 1752Silybum marianumGa ertn. Europa. 1753 Solidago ellyptica A it.Ame- rica bor 1)54 macrophylla Herb. Am. or. 1755 sempervirens Linn. Am. sept. 1756 serotina A it. Amer. sept. 1727 sparsiflora A. Gray. A- mer. bor. occid. 1758 Sonchus fruticosum Linn. Ins. Madeira. 1669 maritimus Li n n. Europa» Reg. medit. 1760 *oleraceus Lin n. Comu: pol. 1761 Spilanthes Acmella M urr. Cosm. trop. et subtrop. 1862 Stevia ovata L Mexic. 4 purpurea Pers. Mexic. 1765 3 ee nodiflora Gaertn. Amer. trop. 1766 Vagetoe ul Linn. Me- 1767 Lala var. fl. pleno (Hor t.). _ Linn. America rop. ant isa B. K. Ecla- dor 1770 patala Linn. Mexico. Ma ata Bart]. Mexico. 1772 i: vulgare Linn. ‘ Europa, Asia bor. 1773 Taraxacum officinaleW ig g Reg. bor. et austr. temp. . 1764 serotinum Poir. Eur. or. — 1775 Tarchonanthus camphoratus i ica or. et austr, 1776 drag nu A. di . bor. occ. 1777 Tithonia see A. ay. Mexic. i 1778 Tia D es f. Mexico. 1792. 1)79 Tragopogon pratensisLin n. Europ.,.As. min, 1780 Tridax trilobata Hems]. Mexico. 1781 Trincia tuberosa D C. Reg. medit. 1782 Uropappus ClevelandiH o r t. 1783 Urospermum picroides F.W. Schmidt. Europa austr. 1784 verbesina alata Linn. Am. tro p. 1785 crocata Less. Mexico. 1786 encelioides Bth. etHook. America bor. occ. 1787 virginica Linn. America t sept. 1788 Vernonia altissima Nutt. Am. trop. ripe Michx. A--- meric r. andbelmintic Willd. 1789 1790 erge HiBiet Ki Nova Granata. eminens Bisch. Africa 1791 Or. ; 1798 fasciculata Michx. Am. sept. 1794 profuga De Not. Ame- rica. . 1795 Volutarella Lippii Cass. Amer. austr., Ins. Cana- riae. ; 1896 Xantium spinosum Linn. Cosmopol. 1797 Strumarium Linn. Co- smopol. 3 1408 xanchocepiaom cr o cides Benth. et@@@0 H o 0 k, Mexie. 1799 Zacintha verrucosa Ga er n. 1800 gi ars Jacq. Me- 1801 hybrida Hort. Am. austr. 1802. Base Rgl. America trop. 1803 Zinnia pauciflora Li n n. merica, 1804 verticillata Andr. Me- xico Convoivulaceae. 1805 Argyraea splendensS w e e t. India occ. 1806 ra ug A.Gray. 1807 Gunvol vita altheoides inn. Reg. medit. 1808 farinosus Lin n. Africa. trop. Hermanniae L’Hèrit. Peruvia. mauritanicus Boiss. Afr. bor 1809 1810 pentapetaloides Lin n. Europa austr., Asia min. rhynchospermumHochst. 1811 1812 1813 sabatius Vis. Ins. Cana- rie. 1814 siculus Linn. Reg. me- dit 1815 *tricolor Linn. Europa medit. 1816 undulatus c av. . Reg. me- dit. 1817010 ta®Epichyum Murr. ropa, Asia bor, 1818 Dichondr repens Forst. eg. trop. et subtr. 1819 Evolvulus alsinoides Li n n. eg. trop. et subtr. 1820 Ipomoea Aitoni Lindl, A- frica austr. 1821 atropurpurea Hort. 1822 blepharosepala Hochst. Abyssinia, 1828 coccinea Lin n. Amer. 1824 Ipomoea cordata Hort. 1825 coerulea Ho r t. 1826 curassavica Balb. Hab? 1827 dissecta Willd. Geront. rop. 1828 "n Linn. Amer. 1829 been Jacq. Amphig. trop. 1830 1831 —var. isiperballa (Hort.). hispida Parodi, Para- guai. kermesina H o r t. leucantha Jacq. Am, au- stral 1832 1893 montana H o rt. palmata Forsk. Aegypt. Pe Riedel. Bra- 1834 1835 1836 1837 1838 nl. Hort. rubro-caerulea H o o k. Me- xico. sibirica Pers. Reg. Hi- mal., Asia min. superba Schrank. A- erica triloba Cav. Java. 1839 1840 1841 1842 E Linn. Ins. St. Cruci 1843 zebrina > err. Afr. trop. 1844 Nolana prostrata Lin n. eruvia. 1845Quamoclit coccineaM o enc h. exico. 1846 vulgaris Choisy. Ame- Cornaceae. 1847 Cornus alba Lin n. Sibir. 1848. candidissima M ill. Amer. Or. 1849 capitata W alt. Himalaya. 1850 Cornus fastigiata Michx. . bor. 1851 sanguinea Linn. Europa s. bor. 1852 stricta La m. America bor. Ctassuiaceae. 1853 Arta apolina H o r t. 1854 fruticosa Hort. 1855 Direi Baker, Mexico 1856 Grusoni Hort. 1857 Hookeri Hort. 1858 imbricata Déleuil. Me- xico. 1859 macrophylla Hort. 1860 magnifica Hort. 1861 minor Pall]. Sibiria. 1862 mirabilis Hort. 1863 mutabilis Hort. 1864 navicularis H or t. 1865 nivalis Hort 1866 pachyphyton B aker, Me- xico. 1867 pulverulenta Ba ke r, Ca- lif, 1868 quitensis Dak. Ecuador. 1 usa Baker, Mexico. 1870 roseata Baker, Mexico. 1871 ScheidekeriH ort.Schm t. Mexico. 1872 Selstrianum Hor E: 1873 secunda Bake t; Mexico. 4 Uchri Hor bt. Uhinchi Hor a 1880 arc pepe Wendl. Prom. b. Spei. 1881 nta i Soland) AÎt. . b. Spei. 1882 sosia (Soland.) Ait. Prom. b. Spei. 1883 perfoliata Lin n. Afr. austr. 1884 Kalanchoe cassiopega H o rt. 1885 coccinea Welw. Africa trop. 1886 crenata Ha w. Africa trop. 1887 glaucescens Britt. Africa trop. 1888 integrifolia Ha w. Prom. . Spei. 1889 marmorata $ c hw. Abys- sinia. 1890 Welwitschii Britten, Afr. trop. 1891 Sedum Aizoon Lin n. Si- bir 1892 album Linn. Eur., Asia bor. î 1893 altissimum Poir. Europ. 1794 coeruleum V a h. Reg. medit, 1895 don roidee Moc.etSess. i ex 1896 asa A11. Reg. me- dit. 1897 roseum Sco p. Europa. 1898 spectabile Bor. Japon. 1899 Selskianum Regel. Amu- rens. 1900 Stalii Hort. 1901 *stellatum Linn. Europa 1902 Sempervivum canariense. È Linn. Insul. Canariae. 1903 ciliatum Willd. Ins Canar | 1904 Decorimi Bosh | _‘Î905 cena Haw. Insul. 906 fini H a w. Insul. 1907 Sempervivum glutinosum Ait. Ins. Madeir. 1908 Joungianum W e b b, Ins. 1909 Tillaea muscosa Lin n. Europa, Africa bor. Cruùuciferae. 1910 Alyssum campestre Li n n. uropa, Oriens. 1911 incanum Lin n. Europa, ibiria. 1912 leucadeum Guss. Ital. 1913 murale Hort. 1914 Arabis albida: Stev. Reg. Medit 1915 bellidifolia Jacq. Europ. 1916 blepharophylla Hook. Calif. 1917 Gerandi Bess. Europ. 1918 hirsuta Sc op. Europa, O- | riens, America bor. 1919 muralis Bert. Graecia. 1920 pendula Linn. Am. bor. 1921 Aubrietia e Boiss. Orien 1922 delia DC. Italia, (trae- ; As. min. 1923 Bacharoa arcuata Reichb. Europa, Asia min. 1925 vulgaris R. Br. SRrona, temp. 1926 Biscutella cichoriifolia L o i- i . Pyren. 1927 ciliata D C. Hispania, 1928 *didyma Linn. Reg. me- dit., Persia. 1929 laevigata Linn. Reg. me- dit. ai 1930 Brassica alba Boiss. Eu- ropa oriens. (Culta). 19381 arborea Hort. 1932 campestris Linn. Orb. vet. (Cosmop. Cult.). 1988. cernua H o r t. Hab? 1934 dissecta Boiss. Hispania. 1985 fruticulosa C y r. Italia, Reg. medit. 1936 insularis M o r i s, Sardinia 1987 juncea Coss. Asia temp. et trop. 1938. nigra Koch. Orb. vet.. (Cosmop. cult.) 1939 oleracea Lin n. Cosmop. (culta). 1940 pubescens Linn. Europa austr. 1941 *rupestris Ra f. Sicilia. 1942 Braya supina Koch. Eur. È. 1943 Cakile maritima S c o p. Eu- ropa, Africa bor., Amer. bor 1944 Camelina sativa Crantz. Europa, Asia temp. 1945 splvestis E allr. Europa. 1946 Gepeelia Bus pastoris . Reg. temp. 1947 prcazbene Fries. Reg. mp. 1948 dali Caegapgiisolie, Pers. Am. 1949 hirsuta n inn. fida. Reg. temp. et subtr. 1950 richocarpa H oghst. A- byss “é 1951 Carpi Vellao D@. His 1952 Chairanttua alpinus Linn. | 4x3 2 Scardinav. orens Schousb. /a O 0 PER VETERE e I 1956 Clypeola J IR Linn. R 1957 ud pas Desf,. Lusit., Afr. bor 1958 glastifolia Lin n. Europa. 1959Crambe abyssinicaH o c h s t. Afr. trop. 1960 Diplotaxis scaposa D C. Ins. edus. 1961 erucoides D C. Reg. medit. 1962 muralis D C. Europ. 1963 pu Presl. Aegypt., 1964 tshulfolia. DC. Reg. Me- dit 1965 viminea DC. Reg. Medit. 1966 virgata D C. Hispan., Afr. bor. 1967 Draba aizoides Linn. Eu- ropa, 1968 Eruca cappadocica R e u t. s. min. 1969 orthosepala Lange Hisp. 1970 piedini arabicum m p. Reg. medit. 1971 Lita cuspidatum D C. Graecia, Asia minor., ersia. 1972 Marschallianum Andr. ibiria 1973 ochroleucum DC. Hispa- i nia. 1974 Perofskianum Fisch. et e des Cauc., Af- 1975 Puolidinm syriacum B.Dr Ì Reg. Caspi ._ 1976 Farsetia ocata R. Br. Europ. austr., Oriens. 1677 Golbachia laevigata DC,Asia min., Persia, India. 1978 ia amplexicaulis . Afr. austr. 1979 Hospblis afarstine Linn. i a) vaga: min. 1980 nivea i La zen pubescens ©. 3 A. Mey. Sibir. 1982 Iberis amara Linn. Euro- pa 1983 coronaria H o rt. 1084 esperidifolia H o rt. 1985 aci Linn. Europ. 1986 Rist Linn. Eu- rop. Austr. 1987 Tiùtis alpina A11. Italia. 1988 littoralis S t e v. Taur. 1989 lusitanica Bro t. Lusit. 1990 praecox Kit. Europa. ‘ 1991 tinctoria Lin n. Europ., Oriens. 1992 Lepidium Draba Linn. Eu- ropa, Oriens. 1993 ruderale Lin n. Europa, Oriens. 1904 sativum Linn. Oriens. 1995 virginicum Linn.America or. 1996 Lunaria biennis Moenc h. uropa. 1997 Malcolmia africana R. Br. uropa anstr., Oriens. 1998 littorea R. Br. Reg. me- dit. 1999 mongolica da a xi m, Mon- golia. 2000 re R. Br. Reg. me- 2001 sun *incana R. Br. . var.) Reg. medit. Ho 2004 tricuspidata R. Br. Reg. medit. 2005 Moricandia arvensis D 0. Europa, Reg. medit. 2006 cori none: Less. Reg. Cau i 2007 i ‘perfolitialii in n. Europa, Oriens. 2008 Notoceros orga R.Br. Reg. M 2009 Cedo seppi Hort. 2010 Raphanus Landra Morett. ia. 2011 maritimus S m. Europa occ. 2012 Raphanistrum Linn. Eu- ropa. 2013 sativus Linn. Europa. 2014 Rapistrum Linnaeanum iss. Europ. austr. 2015 perenne All. Europ. 2016 Senebiera multifida Lin n. osmo 2017 Siiapis ME: ochst. Afr. trop. 2018 apula Te n. Europ. austr. 2019 turgida Delil. Aegypt. 2020 Sisymbrium *alliaria Sco p. cea Oriens, Reg. 2021 Sophia. bi in n. Reg. temp. 2022 *thalianum G a y. Reg. emp. 3023 Soccowia balearica Medic. eg. medit. 2024 Vesicaria utriculata DC. Europa, Cucutrbitaceae. 2025 Benincasa cerifera sa avi, sia et Afric 2026 Citrullus Gio 5 c h- ra rica calid. 2027 Coccinia DS Cogn. A- frica rica 2028 Cucumis ui hrenb. Arabia,, Africa trop. 2029 flexuosa Lin n. Geront. trop. 2080. sativus Linn. India or. 2031 Cucurbita coronata Hort. 2032 maxima Duchesne. As. trop., Abyss. 2083. moschata Duchesne. Asia trop. 2034 veglia o Linn. (pl . trop., Oriens. 2035 Cyelanchee ‘axpledena Naud. N. Granata. 2036 i i chrad. Mexico. 2037 —var. edulis (Hort.}. 2088 Ecballium Elaterium A. Ri- ch. Reg. medit. 2089 Lagenaria vulgaris S e r. (pl. var.) Reg. trop. et tubtrop. 2040 Luffa acutangula R o x b, Reg. trop. 2041 striata Schrad. Afr. trop. 2042 Momordica CharantiaL i n n. India or. 20483 Sycios angulata Lin n.Am. bor 2044 Thladiantha dubia Na ud. 2045 Trichosanthes anguinea Linn. Asia trop. 2046 cucumerina H o r t. Japon. Cupuùlifetae. 2047 Quercus Cerris Lin n. Eu- ropa, Oriens. Ilex Linn. Reg. Oriens. medit., 2049 —var. Fordii (Carr.). 2050 —var. macrocarpa G us s.). 2051 —var. parviflora H or t. 2052 —var. pyramidalis Hor t. 2053 incana Ro xb. Reg. Hi-. lanuginosa La m. (non n). Reg. medit. 2055 pedunculata Willd. Reg. medit. et austr., Enropa, riens. 2056 —var. brutia (T e n.). 2057 Quercus polymorpa Ch m s s. et. e c h t. Mexic. 2058 pseudo-Suber S a n ti, Reg. medit , Europa , Oriens. 2059 sessilifora Blume. Ja- pon. 2060 sicula Borzì, Hort. Pan. 2061 Suber Linn. Reg. medit. et Oriens. 2062 tomentosa Willd.Mexic. 2063 Toza Bosc. Europa austr. 2064 virginiana Mill. America Pipsacaceae. 2065 Cephalaria alpina Schrad. Europa. 2066 a R. et S. Bana- 2067 Dirac fullonam Linn. a, Reg. Cauc. 2068 splvestris M ill. Europa, riens 2069 Scabiosa PISTA Wulf. Europa aus 2070 brachyata Sibth. et S m. Europ. austr., As. min 2071 Columbaria Lin n.Europa, Asia bor., etc. 2072 cretica Linn. Ins. Creta, Sicilia. 2073 dra Linn. Graec., As. 2074 limonifolie Vahl. Sicilia. 2075 maritima Li nn. Reg. me- i dit., Ins. Canariae. 2076 —var. grandiflora (Sco p). 2077 orientalis Lag. Oriens. 2078 palaestina Linn. Asia °_° min., Persia. 2079 prolifera Linn. Syria, Ins, Cypras. 4: 2080 Scabiosa stellata Lin n, edit. occ. 2081 Succisa Lin n. Europa, Asia bor. trop. Ebenaceae. 2082 Diospyros Ebenum H oe n. India or., Himal. Eliaeagnaceae. 2083 Fineagnus angritilià nn. Europa, As. bor. 2084 latifolia Linn. Asia trop. 2085 multiflora T h b g. Japonia. 2086 umbellata Th bg. Japon. Eticaceae. 2087 Arbutus Andrachne Li n n. Reg. medit. or. 2088 canariensis Duha m. Ins. anariae, 2089 *Unedo Lin n.Reg.medit., ibern, ci 2090 Erica peduncularisS al is b. Prom. b. Spei. 2091 strieta Don. Prom. * Spei. Euphorbiaceae. 2092 Alkornea ilicifolia M u ell. Australia. 2093 Breynia patens H o rt. 2094 Buxus balearica L a m. Ins. Bal., Sard. Fortunei Carr. 2095 China. 2096 japonica Muell. Japo- nia. 2097 sempervirens Lin Eu- ropa., Oriens., A . fol. aureo-variegatis. 2100 Croton biagi aa eg. Mexico, Cuba. 2101 Gitrosopiv a ici uss. Afr. 2102 fonte cupa oiss. yria 2103 biglandalose Des £ Grae- cia, Asia min. *Bivonae s t eud. Africa bor., 2104 2105 Canar. 2106 ceratocarpa Tenor. Sici- lia 1a, 2107 Mermenzi; Linn. Reg. 2108 dense Linn. Reg. m 2109 Lon Mi ichx. America bo ni: 2110 helioscopia Linn. Europa t Asia e or. 2111 heterophylla Linn. Am. 2112 Ipecacuana Linn. Amer, or. Lathyris Lin n. Europa austr. maculata Linn. America bor. 2113 2114 dalarivn Li ron. ins * a pp 2119 2115Euphorbia marginataP u r sh. Amer. bor. melitensis P arl. Melita. Ornithopus Ja cq. Prom. 2116 2117 ei. peploidesG o u a n. Europa . medit., Africa bor. PeplusLin n. Europa, Asia min. 2118 2120 2121 Pinea Linn. Reg. Medit. piscatoria A it. Insul. Ma- der. platiphylla Lin n. Euro-° pa. 2123 prostrata A it.America bo- realis. Regis-Jubae W e b b. et erth. Ins. Teneriff. 2125 spinosa Lin n. Europ. au- str. 2126 phi Hoppe, Balma- 2127 etero Leschenaultii m. Ins. Malaja. 2128 laica aconitifolia Mi 11. America trop. 2129 urens Linn. America rop. 2130 Mallotus japonicus M uell, pon. 2191 Mercurialis * annua Linn. uropa, Afr. bor. DE) 2132 perennis Li nn. Reg. med. occ. 2133 Phyllanthus angustifolius | Sw. Ind. occ. 2134 1135 montanus Sw. Jamaica. 2136 Ricinus *communis Lin n. —var. elongatus(Steud.). si eg. trop. et subtrop., i apud nos indigenatus. 2137 —var. africanus (Mill.). 2188. —var. arboreus (Hort.). 2139 —var. sanguineus(Hort.). 2140 zanzibarensis Hort. Ficoidaceae, 2141 Mesembryanthemum angu- stum m. b. Spei. 2142 blandam Haw. Prom. b. Ss e 2148 . flor. ro 2144 cina Sa n m - -D yck. Prom. b. Spei. 2145 —var. crassum Hort. 2146 cordifolium Linn. Prom. b. Spei. 2147 conspicuum Ha w. Prom. . Spe. 2148 cultratum Salm.-Dyck. Prom. b. Spei.. 2149. curviflorum a Prom. b. Spei. 2150 depressum : a w. Prom. pei. 2151 difforme Linn. Prom. b. Spei. 2152 detlexum Ait. Prom. b. Spei. 2153 Ecklonia Sal m- Dyck. Prom. b. Spe 2154 geminatum Haw. Prom. pel 2155 heteropetalum Haw. Bi pel . 2156 inaliifioni Ha w. Prom. b. i por: 2157 linguiforme Linn. Prom. b. Spei 2158 —var. latum Ho rt. 2159 pe penna Ha w.Prom.b. Spei. 2160 spectabile Hort. 2161 subincanum Ha w. Prosa, b i -D S pei. : 2162 tricolor Steud, Prom. b. pei. 2163 uncatum Linn. Prom. b. Spei. 2164 spraa Portulacastrum Linn. Reg. trop. 2165 Tenore erystallina L’Herit. Peruvia. 2166 echinata A it. Afric. au- È stral. 2167 expansa M ur r. Australia. Gehtianaceae. 2168 SR, PA Pers. Reg. 2169 ‘rlchella v e rs. Europa, Asia temp. 2170 Lisnanthemum nymphaeoi- offmg.et Link. vata a, Asia bor. 2171 Villarsia ovata Vent. Afr. austr. Getaniaceae. 2172 Erodium cicutarium L : 2173 gruinum Soland. Euro- pa austr., Oriens. | |}. | 2174 malacoides Willd. Reg. © medit., Oriens. 0 2185 atei Li inn. Reg. a: ._ medit. TRE 2176 parvulum Hort. 2177 Salzmanni Hort. 2178Geranium abortivumD eN o t . Reg. medit. ni 179 batrachioides Cav. Raro so "1 pa. 12 — 2180 moli Linn. Am. o 2181 Geranium cinereum Cav. Mont. Pyren 2182 *molle Li n n. Europa, Afr. bor., Asia centr. 2183 pratense Linn. Europa, Asia bor. 2184 sanguineum Linn. Eur., Oriens. 2185 striatum Lin n. Europ. t austr. 2186 tuberosum Linn. Reg. Medit. 2187 villosum Andr. Hab? 2188 WallichianumD.D o n. Reg. Himal. 2189 Impatiens amphorata dgew. Reg. Himal. 2190 pena Linn. Asia Top. 2191 pae Lindl]. Reg. Himal. 2192 parviflora D. C. Turkest., Sibiria 2193 Roylei W a ] p. Reg.Himal. 2194 scabrida D.C. Reg. Himal. 2195 Limnanthes Douglasii R. Br. m. bor. occ. 2196 Oxalis asinina Jac q. (bulb). Prom. b. Spei. 2197 acetosella Lin n.Reg. bor. temp. , 2198 Andrieuxii Hort. 2199 Bowei Lind]l. Prom. b. Spei. Pi 2200 brasiliensis Lo dd. (bulb). Brasilia. 2201 carnosa Molin. Chili. catharinensis H o r t. Hab? 2203 *cernua Thbg. (bulb.). Prom. b. Spei; nune apud nos indigenata et late diffusa. 2204 compressa Li nn. (bulb). Prom. b. $ 2205 ei Tod. (bulb). Afe 2206 Copper To d. (bulb).Afr. ustral, 2207 Oxalis ia Linn. eg. 2208. —var. empoli orti) Reg. trop. 2209 A DOC. Ins. Ma- scar. 2210 puro n acq. (bulb). Afr. 2211 ion 3 acq. Africa austr. 2212 flava Lin n. (bulb). Prom. b. Spei. 2213 floribunda L eh m. Brasi- ia. 2214 —var. albiflora (Hort.). 2215 hirta Linn. (bulb.) Afr. austral. 2216 incarnata Linn. Prom. b. Spei. 2217 ipa Tod. (bulb). Hort. - 2218 Prato B ert. Chilì. 2219 crd dns Lin n. a om. b. Spei 2220 parpurata Jac È (bulb). Prom. b. Spe 2221 Regnellii Miq. » Brasilia. 2222 pepe Cav. (bulb). Mex 2228 variabilia Jac ‘a (bulb). Prom. b. S 2224 valdensis Hor % 2225 Pelargonium acerifolium L’ Hèrit. Prom. b.Spei. 2226 iii Wend]. . b. Spei. 2227 custa Jacq. Reg. 2228 dii Ait. Prom. b. pei. 2229 crenatum Li n k. Prom. b. i Spe. 2230. cucullatum A i t. Prom, b. | Spei. 2231 decipiens Hort. 2232 ficifolium Hoffmgg. Prom. b. Spei 3 Pelargonium iragnsa Pers. Prom. b. Spei. 2234 gibbosum L’ Hi èrit. rom. b. Spei. 2235 inquinans A it. Prom. b. Spei. 2236 jatrophaefolium DC. Prom. . Spei. 2237 leucanthum Hort. 2238 macranthum Hort. Si 2239 malvaefolium Jacq. Prom. 2240 multibracteatumHochst. n. Abyss. ‘2241 papilionaceum A it. Prom. b. Spei. 2242 peltatum Ait. Prom. b. s Spei. _ ‘2243 quercifolium L'Herit. 2244 quinatum Sims. Prom. b. Dper 2245 Radula L’Herit. Prom. b. Spei. 2246 —var. roseum (Willd.). 2247 raduloides Hort. 2248 scandens Eh rb. Prom. b.. Spei. 2249 scutatum Sweet. Prom. b. Spei. elia Ehrh.Prom. b. Spei 2958 terebinthaceum Harv. Promi b.-8 a Prom. b. Spei. ; 2056 Tropacoium majus Linn. de Nova Granata, — 2258 peregrinum Linn. N. Granat. Griatin Jacq. Prom. b. is) pei. 2252 tomentosum 7 a c q. Prom. pei. 2954 adtitolicmo L'Hèrit.Prom. _b. Spei. 2255 zonale L’ Hèrit, (pl. var). 2287 ria ort.Veitch. Giokaisriaeat 2259 Globularia Alypùm Linn. eg. m 4 2260 salicina Linn. Ins. Ma- deira. Halotaceae. 2261 Gunnera bracteosa St e u d. Clili, Hamamelidaceae. 2262 Parrotia Persica 0. A. Me y. ersia, Reg. Cauc. Hydrophyllaceae. 2263 Nemophila corone Fisch. 2264 maculata Benth nia» n 2265. pluclvieo Barton. S chx. Am. bor. — 2967 congesta Hook. ' Tora. 2268 hastaefolia Hort. 2269 Re >. ham. Ame - rica bo: > 2270 tacita Ben th Cali È . bor. occ. 2266 Phacelia bipinnatifida. ‘Mi pu riscida Torr Clifomi. — 2272 Phacelia WhitlaviaA.Gray. California. 2273 Se caracassana H. B. K. Venezuela, Me- xico. Flypeticaceae. 2274 Hypericum androsaemum Linn. Europa, Asia min. 2275 Desetangsii Lamott. 3 Hab ? 2276 elatum Ait. Am. bor. 2277 hirsutum Linn. Europa, ‘ Asia bor. 2278 lanuginosum La m. Asia vd; ia. 2279 Oxyron Hort. Hab? 2280 perforatum Lin n. Europa, As. et Am. bor. 2281 pulchellam Willd. Eu- ropa. quadrangulatum Li n n, Europa. Jlicinaceae. 22883 Ilex aquifolium Lin n. Eu- ropa, Asia o Iliecebtraceae. 2284 Paronychia *argentea La m. Reg. medit. 2298 ua Benth. Borea, 2285 Paronychia arabica D 0. ., Arab., Aegypt. 2286 bonariensis DC. Reg. Arg. 2287 tia Lam. Reg. me- 2288 Vi Lam. Reg. me- il: 2289 Scleranthus annuus Lin n. uropa, As. tem dugiandaceae. — 2290 Carya olivaeformis Nutt. m. bor. 2) 2291 Juglans nigra Linn. Am. or. “Se 2292 regia Linn. Asia occ., Hi- — mal La blaind 2298 Ajuga *Iva Schreb. Reg. medit. Sa 2204 *reptans Lin n. Europa. 2295 nero coerulea Linn. Si a 2296 Ballota siena Benth.o raecia, Asia min. ig 2297. hirsuta Bent h.Hisp., Afr. 2 bor. CA 2299 sati $ Sie ber. Syria. 5; 2300 Dphiia irta B th. 2901 Oolamintha "iiopdium J g. bor., 0- 2302 Calamintha nepeta Savi, Europa, Afr. bor., Oriens. 2303 renda aromaticus B th. In- 2304 ue B t h. India or., Africa austr. lanuginosus Hochst. i Abyssinia. 2306 shirensis G ii r k. Afr. trop. 2307 spicatus B th. India or. 2308 Verschaffeltii Le m. Java. 2309 Dracocephalum maldavicum Linn. Europ., Asia 230 Ot bor. 2310 Elscholtia cristata Willd. p., Am. bor. 2311 Galeopsis pyrenaica Bart], Europa atistr 2312 speciosa Hort. 2313 Tetrahit Linn. Europa, sia bor. 2314 Hyssopus officinalis Li n n. Europa, As. temp. 2315 Jug hispida Pursh. . bor 2316 lalla: peltataF i s ch. y. Reg. Caucas,, Pers. 2317 Lamium * amplexicaule Linn. Europa, Asia bor. 2318 ssa abrothanoides x nsul. Canar. — 2319 dalai Lin n. ra me- dit. occ 2320 Spica Cav. Reg. medit. 2321 stresa Linn. Reg. Me- 2322 ui Leonurus R. Br. Prom. b. Spei. | 2328 Leonurus Cardiaca L i n n. i Reg. bor. temp. - 2524 marrubiastramLin n.Eur., 23 Asia trop. 2325 sibirieus Lin n. Sibiria, ; China, 2326 tataricus Li nn. Asia med. a ‘Bi ae 2327 Leucas martinicensis R. B r. 2328 prc anisatus B t h. er. bor. occ. 2329 ai Benth. As. 2330 Fyoogaa *feuropaeus Lin n. Europa, Asia bor 2991 —var. enthaefolius a b). Gallia. 0332 esa supinum Linn. a austr. 2393 —var. ante (Bois s). 2334 vulgare Linn. Europa, Asia, Africa bor. 2335 Melissa officinalis Lin n. medit., Oriens. 2336 Mentha piperita Linn. Eu- ropa, Asia et Africa bor. 2357 rotundifolia H u d s.Europa, Asia, Afr. bor. 2338 —var. gg ( 2339 »Pulegiom Linn. Europa, Africa et Asia bor. 2340 Coi Linn. Reg. bor. temp. 2541 viridis ti inn.Europa,Asia, Africa bor. 2342 Micromeria approximata chb. Europa medit. 2343 ina Ben th. Ital. me- , Sicilia, Oriens. 2344 Motucl dio bian, ropa austr., Syria. 2345 Monarda BradburianaB eck. 2346 ie "È erv.. sa 2347 ocimoides 2348 mega x u na ti Am. 2349 stri ioni st inn. Pa 2351 nuda Lin n.Europa austr.,. Oriens. 2552 Ocimum Basilcom Linn 2358 Ocimum var. Basilicum bul» atum Hort. 2354 —var.microphyllumH or t. 23855 canum Sims. Africa et Asia trop. carnosum Link.et Ott. cop: SRI, Linn. Ind. SO A. Br. Abyss. micranthum Willd.Am. bor. et austr. 2360 sanctum Linn. Geront. g. trop. 2361 viride Willd.«Afr. trop. 2362 ru Majorana Linn. ropa. 2363 Si Linn. Europa, As. bor. 2964 Perilla arguta B t h. China. 2365 Pezeria multifida Lin n. 2366 Phlomis armeniaca W illd. Asia min. americana Hort sogno la Boiss. Sy- 2367 2368 2369, terraginea Ten. foglia, Gra 2370 na hi inn. Hisp., Lusit. Russelliana Hort. tuberosa Linn. Europa austr., ds or. et bor. 2378 viscosa Po r. Syria. 2374 Physostegia dia utt. Am. bor. 2375 virginiana Bent h. Am. b or. 2376 Plectranthus hadiense Schw. Abyss. 2377 glaucocalyxMa x i m. Reg. Amur. i 2378 longiflorus Bth. Mada- gase. 2379 parviflorus Willd.Austra- lia, Insul. Pacif, — 582 — 2380 Prasium ata: usLin n. Reg. medit. temp. 2881 er limita Linn. Europa, Africa bor., 0- riens. 2382 *vulgaris Linn. Reg. emp. 2383Rosmarinus*officinalisLi nn. edit. 2384 Salvia albida Ja c q. Asia min. 25325 acaulis Hort 2386 amarissima Orteg. Me- 2387 Baumgartenii Hort. 2388 bicolor L a m. Reg. Medit. occ. ‘ 2889 canariensis Li nn. Ins. ariae. 2390. Candelabrum Boi ss. Hi- spania. 2391 ceratophylloides Lin n. Sicil., Aegypt. 2392 clandestina Lin n. Reg. ; edit. 2393 cleistogama Hort. 2394 coccinea Juss. Am. bor. | rop. È 2395 controversa Tenor. Reg Medi 2 2396 iubincosa B t h. Texas, Me-. xico. da 2397 filamentosa Tausch. Am. bor. 2: 2398 glutinosa Linn. Europa — austr., Oriens, Reg. H mal. | 2399 Grahami Bent h. Mexic. 2400. grandiflora Etling. A Minor. 2401 hispanica Linn. Amer. trop. 5: 2402 HorminumLinn.Reg.med. - 2403 —var. bract. albis Hor t.-- 2404 - var. bract. roseis Hort. 2405 -— var.bract.violaceisH 0 rt. 2406 Janthina Ottoet Da ietr. Mexie. Mu g 2407 Salvia interruptaSchousb. Marocc. 2408 pr Thunb. Ja- 2409 Lie Brouss. Am. or., Mexico. ‘2410 laterifliora Hort. 2411 se Linn. America 2419 ACE Te n. Hab? 2413 mexicana Linn. Mexico. 2414. officinalis Lin n. Reg. dit udali Vabhl. Eur. or. porpyrocalyx Baker. Madagase. pratensis Linn. Europa. regeliana Trautv. Cau- casus ringens Sibth. et Sm. 2415 2416 2417 2418 2419 raecila, roemeriana Scheel. Te- 2420 xas, Mexico. 24121 Sclarea Linn.Reg medit., Oriens. 2422 pitt Ker.etGawl. 2423. iaia V ahl. Mexico. 2424 triloba Linn. Europa, 0- a verbenaca Lin n. Europ., ens. 2426 viscosa Jacq. Italia. 2427 Satureja hortensis Lin n. eg. Medit., Oriens. 2428 Scutellaria sihida Linn. tr., Reg. baicalensis G e o r g. abi: ria, Asia or. a Tn Maxim. Ja- on. grericaat Linn. Reg. bor. mp. Rn Linn. America Or. TR 2484 Scutellaria orientalis L i n n. uropa austr., Oriens. 2435 *peregrina Linn. Europa austr., Orien 2436 Tournefortii B t h. Persia, Reg. Cauc. 2487 Ventenati Linn. Nov. G ran. 2488 Sideritis montana Lin n. R medit. 2439 romana Lin n. Reg. me- it. 2440 spinosa La m. Africa au- str. 2441 Sphacele, subhastataB enth. 2442 Stachys annua Linn. Eu- rop., Reg. Cauc. 2443 Bethonica B th. Fnzops: Asia min 2444 Mialliesii N o è, Alger. 2445 sylvestris Hort. 2446 Teucrium Botrys Linn. Europ., Afr. bor. Chamaedrys Linn. Eu- ropa, Asia bor 2447 2448 flavum Linn. Reg. me- dit. 2449 *fruticans Lin n. Reg. me- dit. occ. 2450 Sabpoioata Linn. Euro- pa. Laùuraceae. _ 2A4A5I a cose Linn. Reg - n 2452 copi Borzi. 2453 tea ‘lucidaB lume Iava. 2454 pre indica hi pr Jos: Ca- Hort. > ; — 2476 Legùuminosae. 2455 Acacia armata R.. Br. Au- strali Bi yisnoa F. Muell. Au- stralia Cavenia B ert. Ind. or. Cebil Griseb. Reg. Ar- gent. cyanophylla Lindl. Au- str. —var. latifolia Hort. La A.Cunn. Austra- 2459 2460 2461 ibiza R. Br. Austra- lia decirena Willd. Austra- lia. elata A. Cunn. Austra- lia. 2465 falcata Willd. Austra- ia. gsnaa Willd. Reg. tro 246T gcoptora B th. Austra- 2468 i Willd. Ins. Mase. 2469 n Willd. Prom. b. ant Willd. Austra- ia. Martii Be n th. Brasilia. melanoxylon R. Br. Au- trali stralia.. 73. —var. latifolia Hort. 24 2474 pps Willd. Au- stra 2475 perolia Cunn. Austra- --var. angustifolia H o r t. 2477 — var. Persone, Sehle- 2478 Au- iui F. Muell, stralia. pe 3 2481 2479 Acacia pycnantha Benth. Australia. 2480 cera Bth. Austra- solide A. Cun n. Austra- lia 2482 siii Lindl. Austra- lia. salicifolia Hor t. saligna Vendl. Austra- lia. spadigera C h. etSchb. i ssne A.Cunn. Au- stenogi A.Cunn. Au- ralia Li. Willd. Au- strali 2489Adenocarpus intermediusDC. uropa, Oriens. 2490 foliolosus D C. Insul. Ca- nariae. 2491 Aeschynomene indicaLi n n. nd. Or. 2462AlbizziaJulibrissinDurazz. sia, To —var. speciosa (H or t.). Lebbek Bent h. Geront. 2498 2494 trop. . lophanthaB e n th. Austra- lia. 2496 procera Bt h. Asia trop. 2497 Amorpha canescens N utt. 2495 2598 californica N u t t. Califor- nia. elata Bouchè, Hab? fruticosa Linn. Americ. 2499 2500 sept. herbacea Wa lt. America sept. SEIT monoica E11. 2501 2502 2503 ivi *foetida Linn. eg. medit., Oriens. 2504Anthyllis*tetraphyllaL i inn. la a Vulneraria Lin n. ropa, Oriens, Abyss. 2506 Arnchys hypo ogaea Linn. cult. 2507 Astral aloperamida Sibir., Helv., RISO 2508 boeticus Linn. Reg. me- dit. 2509 chlorostachys Lind].Reg. imal. 2510 excapus Lin n. Europa. 2511 falcatus Lam. Reg. Cau- cas, Sibir. 2512 frigidus A. Gray. Am. bor. 2513 galegiformis Linn. Reg. Caucas. 2514 hamosus Lin n. Reg. me- dit., India Orient., Trans- cauc. 2515 sesameus Lin n. Reg. me- dit 2516 bri barbata Baker. . Or., Malaya. 2517 Bauhinia montana H ort. 2518 porrecta Sw. I 2519 pe Gili Wa a i l. 2520 into Di om b. Nova Gra 2521 Cajanne din Sprengl. 2522 Oalgcotome *infesta Guss. alm. 2523 Camavalia ensiformis D C. trop. > P; la 2624 Corana Chambagu Lam. 2525 Lisio Lam. Sibiria alt. 2526 Hedowskii DC. Sibiria. 2527 soforaefolia Tausch. Hab ? 5 a Poir Si 2529 aaa: iù Deli cz Aegypt. 2530 Cassia bicapsularis Linn, . trop, 2531 Chamaecrista Linn. Reg. bor. et austr. 2532 coquimbensis Vo g. Chili. 2533 floribunda Hort. 2534 glauca La m. Asia trop., Australia. ; 2525 laevigata Willd. Cosmop. trop. 2536 marginata Rox b. Ind. Or. 2537 mexicana Jacq. Amer. trop. 2588 morilandica Linn. Am. bor. 2539 nictitans Linn. America 2540 Relevant Hassk. ava. 2541 Siamea La m. India or., Malaya. 2542 Sophorae Linn. Geront. trop. 2543 stipulacea Ait. Chili. 2544 Tora Linn. Cosmopol. trop. 2545 Ceratonia *siliqua Lin n. Europa austr., Oriens. 2546 Cercis Siliquastrum Linn. Europa, Oriens. 2547 —var. fol. variegatis. 2548 fiecei nali Matt. "a 2549 uu Griseb. Cuba, . 2550 dra Linn. Reg. 2551 su cretica Li nur EA n min. 2552 i ina: Europa i 2553 peg Linn. Reg. Me 6 ; 2554 niodiana Scop. ne eno. 2555 orientale Mill. As. min. 2556 acorpioides | Koch. TAO ersia. Si 2557 Coronilla *valentina Linn. Europa austr. 2558 Crotalaria incana Lin n. m. trop. ; 2559 isus canadensis Hort. 2560 0 La m. Reg. med. ce. 2561 osi Link. Europ. 2562 triflorus L’Hèri t. Europ. 2563 Desmanthus brachylobus Benth. Am. bor. 2564 Desmodium canadense D C. America bor. 2565 Cephalothes Wall. As. trop. 2566 elatum D C. Mexico. 2567 floribundum G. Do n. Reg. Himal. +» 2568 ole Boatt. 2569 scalpo D C. "i Africa TOP. 2570 Doliches cubensis Hort. 2573 Lablab Linn. Reg. trop. 2574 —var. albiflorus Serin g. 2575 nankinense Hort. 2576 ornatus Hort. ° sesquipedalis Linn. Am. 2578 Pinens Linn. Cosmop. 2579 Dorseniam rectum $ e r.Reg. 2580 ersibrina Crista-galliL i n n. 2681 —var. Lai M- Pao 2582 insignis Tod. Hort. Pan. ‘2583 viarum Tod. Hort. Pan. i picta T o d. Hort. 2585 tra oicinals Li inn.Eu- rOpa, a occ 2586 Genista vii DC.Actna. 2587 attleyana Hort. Hab? 2588 ephedroides DC. Insul. Sardinia, Sicilia. 2589 Genista florida L in n. Reg. med. occ. 2590 stilosa G. Do n. Lusita- 2591 Gleditschia caspica D e s f. eg. caspica. 2592 triacanthos Linn.America or. 2593 mes SojaSie bet Zucc. rOp: 2594 Giyeprriza echinata L in n. uropa austr., Oriens. 2595 Halimodeniton argenteum Fisch. Reg. cauc., Per- sia, Asia bor. 2596 Hedysarum *coronarium nn. A 2597 sibiricas Poir. Sibir. 2578 tauricum Pall. Tauria 2599 Hippocrepis unisiliquosa Linn. Reg. medit. 2600 Hosackia Pursiana B t h. America bor. 1601 Hymenocarpus * circinnatus a sa caz Ital.cont., Hi 2602 Indigoera Gorandion R. m. Reg. Hi- mal. 2608. macrophyllo Schum. Afr. trop. 2604 par Roxb. Reg. 2605 lugo duloie Mart. Brasi- 2606 Labornim anagyroides M e- dic. Eor Topa, 2607 lindo abyssinicasHort. 2608 Aphaca Linn. Europa, i -Qriens. 2609 amphycarpos Linn. Eu- Top. 2610 dp era Linn. Reg. e 2611 la Parl. Sicil. 2612 hirsutus Linn. pasta » Oriens. 2618 Lathyrus latifolius Linn. . Europa. 2614 mexicanus Wender. exic. 2615 Nissolia Linn. Oriens. 2616 odoratus Linn. Ital. 2617 sylvestris Linn. Europ. 2618 sia edi inn. Reg. Medit. 2619 Leucaena sine) Benth. 2620 Lotus angustissimus Lin n. u ri 2621 corniculatus Linn. Ge- ront. temp. 2622 coronillaefolius W e b b. Ins. Cap. Virid. 2623 *edulis Linn. Reg. medit. 2624 *ornithopodioides Lin n. Reg. medit. 2625 tenuifolivs Presl. Sicil. 2626 TetragonolobusLiù n.Reg. medit. 2627. uliginosus Schkuhr. urop., Reg. Medit. 2628 ue asa Di inn.Euro- pa È: 2629 Soserant Li inn. Reg. Medit 2630 digitatos Forsk. (L. sentini Gus s.), Sca 2631 hirsutus Linn. Reg.m dit. 2632 Lysiloma latisiliqua Bt h.A- da mer. bor., India occ. | 2633 Medicago *arborea L i n n. Italia, Graecia. Aschersoniana U r ba n. Afr. b i TA Air. DOT. ‘635 BlancheanaBoiss. Sirya. 2636 denticulata Willd. Ge- - ront. reg. temp. et bor. elegans Jac q. Europa. *Helix Willd,Reg. medit. ausrr, lappacea D e s r. Reg. me- dit, hispida Gaertn. Europa 2641 DIE: mollissima R o t h. 2642 murex ‘Willa. Reg. me- dit 2648 similia Guss. Reg. medit. 2644 *orbicularis A 11. Reg. medit., Abyssinia. 2645 goa Linn. Europa, 0- 2646 iii Bert. Reg. medit 2647 tornata Mi ill, Europa au- stralis. 2648 —var. minor Hort. 2649 *truncatula Ga ert n. Eu- 2650 —var. murex Willd. 2651 —var. tribuloides De s r. 2652 Melilotus dentata Pers. Europ., As. bor. 2653 indica A11. Europa, Asia or. 2654 italica La m. Reg. Medit. 2655 leucantha Koch. Europ. 2656 officinalis La m. Europ., ; Asia bor. 2657 sulcata Dest. Reg me- dit. 2658 Mimosa acanthocarpa Po ir. exico 2659 pudica Li inn. Rresilia, 2660 Fpoeueiati) irott. A 2661Onobeyc Caput-galliL dr medit., Caue. Zi 2662 sativa La m. Europa, de i et-hbor. RO 5 e ei i 40009 U c sei asia . 2664 breviflora 7. Di Reg: me dit 2665 bicina ino Europ, . bor. (E, 2666 “RL Desf. Reg: me o dit. occ 266 poringens È s al: z m. mi Mae È 3 “i 2668 Ononis praecox Bia n c. Si- cil. 2669 podi Ser. Reg. Medi- 2670 “eta * compressus inn. Reg. medit. 2671 dpr tuberosus pre . India 2672 Parkinson stulenta L re nn. » trop. 2673 ti anice Benth. Aus 2674 Petteria aremoniaoa Pi esl. 2675 Phasaolu a Hort. 2676 us Schrank. Bra- 2677 erectus Fisch. Hab? 2678 gonospermus Savi, Reg. tro Op. 2679 lunatus Lin n. Reg. trop. (Cult.). . 2680 multiflorus W.illd. Me- xico. 2681 —var. coccineus. 2682 Mungo Linn. Reg. trop. 2683 niger Hort. 2684 oryzoides H o rt. 2685 Ricciardianus T e n. Hab ? 2686 umbrinus Hort. 2687 viridis Hort. 2688 vulgaris Linn. (pl. var.) Cultus. 2689 Wigthianus R. Gra h.Re-. trop. 2690 zebra Hort. 2691 Piptadenia Laser Linn. «©g. Argen 2692 gar “ion si ieb. Reg. s Oriens. 2798 Pre Schrank. Ae- BYPt. 2694 Pithecolohitii pruinosum Benth. Australia. 2695 Pocokia eretica Sering. 2696 Prosopis juliflora D C. Am. trop. 2697 —var. spirocarpa Hor t. 2698 dini nu tetragonolobus . Maurit. 2699 Poonilba *tticor Linn. Reg. medit., Arabia. 2700 macrostachys D C. Calif. 2701 Rhynchosia lineata Bent h. Brasilia. 2002 minima D C. Cosmop. trop. et subtrop. . 2703 phaseoloides D C. America or. 2704 pubescens D C. Abyssinia. 2705 Robinia Pseudacacia Li n n. (pl. var.) Am. bor. 206 macrophylla Spreng. Brasili 2707 Schotia latifolie) a c q.Prom. 2708 cosidlune muricata Lin n. Reg. medit. 2709 a Linn. Reg. 2710 Cas bi inn. Reg. me- it. 2711 distri Linn. Reg. 2712 seuriger gaeta DO. ropa austr. 2713 Saia nr Poir. In or., Malaya, Austra- 2714 Soplsra flavescens A i t. Si- bir. 2715 japonica Linn. Japonia, ina. 2716. secundiflora La g. Me- xico,-. 2717 —var. fl. lilacinis Hort. 2718 tomentosa Lin n. Reg. ca- 2719 Sparto *junceum Linn. Geront. Reg. temp. 220 Sika frutescens R. r. Afr. austr. 2721 Swainsonia greyana Lindl. Australia. 2722 lessertiaefolia D C. Austra- lia 2723 Osborai F.Muell. Au- 2724 “Ape biflora D C. Hab? 2725 Trifolium *agrarium Linn. uropa, Afr. bor. 2726 Alexandrinum Linn. Ae- 2727 *angustifoliumL i n n. Reg. medit., Oriens 2028 *arvense Lin n. Europa, Asia et Africa bor., 0- riens. 2729 cernuum Brot. Lusit. 230 *Cherleri Li n n. Reg. me- it. 2091 fragiferum Linn. Europ., Oriens. 2732 filiforme Linn. Europ., Reg. Cauc. 2733. *glomeratum Linn. Reg medit., Afr. bor 2734 ppabiani Linn. Reg. medit. 2735 vera Bieb. Europ., austr, As. min. 2736 . Michelianum Savi. Eu- rop. austr. 2737 nigrescens Vi v. Europa merid. | 2738 pannonicum J a c q. Europ., Oriens. 2739 PerreymondiGren.Godr. Hispan. 2740 *pratense Linn. Asia temp. 2741 purpureum Loisel. Eu- ropa, Oriens, Asia bor. 2742 *resupinatum Linn. Eu- ropa oce., Reg. mèdit. 2748 *scabrum Lin n. Reg. i medit 2044 *ivelizion Linn. Reg. medit., Oriens. susa: Br 2745 baigunien *subterraneum n. Reg. medit., O- 2746 ‘tomentoenm Linn. Reg. 2747 dei CallicerasF i isch. Re auc. 2748 coerulea Ser. Europa or.. Reg. Caucas. 2749 cretica Boiss. As. min. 2750 Foenum-graecum Lin n. Europa, Oriens. paniculata Lin n. Europa austr., As. min. polycerata Linn. Reg. Medit., Oriens. 2754 Vicia atropurpurea Des f. Algeria. bicolor Willd. Hab ? Bivonae Ra fi n. Sicil. calcarata De sf. Reg. Me- dit., Persia. cornigera Chau b. Gallia. fulgens Battand. Afr. 252 2753 bor. de Sco p. Europa, Orien laeta 0. es. Graec., Sicil. sega Linn. Europ., As. lutea Li: nn. Reg. Medit. macrantha H o r t. ie Linn. Pi it. —var. partatifolie J acq. ia | nissoliana Linn. Europ. Orobus Linn. ico me- dit peregrina Linn. Reg.) ste = dit., Oriens Hugo picta Fiseh or Mero Armeni di pali Bertol. » n talia o sativa bia. Europa, be... . bor., Oriens. fi —var. aere Dos: - bee . D 2774 Vicia sparsiflora T e n o r. I- talia, 2775 striata Bieb. Europa au- 2776 uniiuga A. Br. Sibir. 2007 ‘tricolor Seb. et Maur. Europ. austr. 2778 Vigna retusa W alp. Co- trop. 2779 sinensis Hort. 2780 villosa Hort. Linaceae. 2781 Linum africannm Linn. . austr. 2782 spinum Linn. Europ., 2183 PRAIA Huds. Eu- ropa, Afr. bor 2784 arboreum Lin n. Creta. 2785. corymbiferam Desf. Afr. r. decumbens D e s f. Tuni- 1: 818 —var. grandiflorum. fla grandiflorum Desf. Al- =var. rubrum H ort. humile H o.r t. Lewisii Pursh. Amer. monadelphum Hort. pallescens Bu n g. Sib. Altaic perenne Linn. Reg. bor. temp. 2198 2799 pyrenaicum Hort. regale Hort — We 2800 Linum nervosum Waldst. t Kit. Europ. austr., Oriens. 2801 sibiricam Hort. 2802 strictum Linn.Reg. med., Oriens. 2803 tenue D e s f. Hispan., Afr. bor 2804 usitatissimum Lin n.Eur., iens, Lobeliaceae. 2805 Lobelia bicolor H or t. 2806 Erinus Lin n. Prom. b. Spei. 2807 inflata L ; nn. Am. bor. 2808. laxiflora H. B. et K. Me- xico. 2809 sessilifolia La mk.As. bor. 2810. triquetra Linn. Afr. au- stri Loganiaceae. 2811 B: panda aa Walti .; Burma 2812 a Fresen. A- byssinia, 2818Chilianthus oleaceusB u r c h. frica austr. 1 Lytrhtarìaceae. 2814 Cuphea lanceolata Ait. Me- xi . 2815 Cuphea Llavea Lindl. exic. 2816 procumbens Orte g. Cuba. 2817 viscosissima Jacq. Amer. or. 2318 Lythrum hyssopifolium Cosmop. temp. ira Linn.Reg. trop. temp., Austral. 2820 Nesaea myrtifolia Desf. bin 2819 2821 salicifolia H. B. et K. Am. 2822 syphilitica Ste ud. Mexic. 2823 Olynia cymosa Thunb. Afr. austr. 2824 Sonneratia acida Li n n. nd. or., Malaya. Magnoliaceae. a tulipiferaL i nn, bor, China. PS Magnolia grandiflora L i n n. (pl. var.) Am. bor. Maipighiaceae. 2827Banisteria argentea$ pre ng. mer. austr. 2828 “rd raidue D C. Me- | 2929 Heteroptoris luena lla rica austr. 2830Hiptage tudsbita aertn. Asia trop. sal Li Malvaceae. 2831 Abutilon angulatum Mast. Africa trop. Avicennae Ga e rt n. Ge- ront. trop. crispum Sweet. Reg. 2832 2833 rop. hirtum Do n. Reg. trop. indicam Sweet. Reg. trop. molle Sw e e t. Peruvia. 2837 mollissimum Sweet. Pe- via. 2888 permolle Sweet. Cuba, Florid. 2839 reflexum Sweet. Me- xico. 2840 semicrenatum Hort. 2841 sonneratianum Sweet. Africa austr. 2842 Althaea rosea C a v. Oriens. 2843 sulphurea B o i s s. Persia, _ Affgh. 2844 Anoda hastata C a v. Mexico, India occ. 2845 Sensi Medic. Me- 2846 Wrightii A. Gray. N. Me- xico 2847 Callizhoe digitata. Nutt. Amer. bor 2848Gossypium o herbaseumdi n n. È Asia trop. a 2949 hirsutum da nn. lrn Li; o rop. . 2850 ce Ro ox bi Asia 2851 Hibiscuo Abelmosehuski i n n i? - Geront. trop. n 2852 argentinus Hor mo i 2858 bluinensis Hort. Hab n 2854. via: nn. Geront. 3 rop. al. 2855. Dongo No rt Ei 2856 Hibiscus esculentus Lin n. Cosmop. trop. 2857 filuminensis V ell. Brasil. 2858 age Baill. Ma- 2859 betrophy ll Vent. Au- ‘2860 2861 ig Dehn. Hab. liliiforus Cav. Ins. Ma- scar. Manihot Linn. trop. mexicanum Hort mutabilis Lin n. China. —var. albifloras H or t. —var. fl. pleno Hort, —var. tricolor H o r t. Parkeri Baker, Madag. Geront. 2869 Rosa-sinensis Linn. Ge- ront. trop. 2870 Sabdariffa Linn. Geront. a trop. 2871 syriacus Lin n. (pl. var.) Geront. Calid. Trionum Linn. Geront. 2873 vitifolius Linn. Geront. trop. 2874Kosteletkya hastata Presl. exico. 2875 Kitaibelia vitifolia Willd. Slavon. 2876 Lagunaria Patersoni Do n. Australia. 2877 Lavatera arborea Lin n.Eu- ropa occ., Africa. misirgeatiitore Kellong. alifornia. 287: (e 0) 2879 2880 phoenicea V e n t. Insul. Madera. £ 2881 2882 Sieberi H o rt. Hab ? si Linn. die me- 2883 Nato ninna Cav. Hisp. Ù 2884 oi Za Linn. Eu- ro Li Olbia Linn. Reg. medit. e 2885 Malva silvestris Lin n. uropa As. temp. 2866 Malvastrum capenseG a rc k. r. austr. 2887 glossularioides G a r c k. Africa austr. 2888 virgatum A. Gray. Africa austr. 2889 Malvaviscum mollis D C.Me- xico. 2890 co Pda oench. 2891 Pachira squat Aubl. 2992 ii ‘malvasolia Cav. Burma. 2893 ana hastata C a v. Bra- silia. 2894 —var. cleistocalyx F. M u- Là: 29895 praemorsa Ca v. Afr. au- 286 ne Hochst. Abyssi 2897 pena E B K. Vene- uel. 2898 info Cav. Amer. au- 2999 Sida “nin ict Linn. Cosm. trop. 2900 corchorifolia Tenor. » 2901 intricata F. Muell. Au- str. rhombifoliaLi n n.Amphig. trop. spinosa Linn. Amphig. 2902 2903 trop. triloba C a v. Africa austra- is. 2905 virgata Hook. Australia. 2906 Sphaeralcea angustifolia on. Mexico, 2904 Meiasiomaceae. pre 2907 Centradenia rosea Lindl. exic. TMeliaceae. 2908 Melia arguta DC. Moluce. 2909 Azadirachta Lin n.Ind. or. 2910 Azederach Lin n. Reg. Himal. 2911 —var. sempervirens (Sweet.) 2912 . fioribunda Carr. Hab? Myoporinaceae. 2913 Myoporum punctulatum chlecht. Australia. 2914 serratum R. Br. Austral. Mytitaceae. 2915 Callistemon coccineus F. M uell. Austral. 2916 fulgens Hort 2917 lanceolatum Sweet. Au- stralia, 2918 linearis D C. Australia. 2919 lophanthus Sweet, Au- i > bralia 2920 phoeniceus Lindl. Au- stral, - 2921 rugosus DC. Australia. 2922 Eucalyptus amygdalina L a- bill. Australia. 2923 rr F.Muell. Au- 2924 Giobtu La bill. Austra- 2925 Ban Endl. Au- str 2926. sieverina F. Muell. Au- stralia. 2927 viminalis S m. Australia. 2928 Eugenia littoralis Panc h, Nova Caledonia. 2929 supraxillarisi Spreng. Brasilia. 2930 ignara laevigatumF. 1. Australia. 29831 Melato armillaris S m. ia. 2932 ui Sm. Australis. 83 thymifolia Sm. Austra- lia. a 2934 Myrtus communis Lin n. 2935 —var. baetica (Mil1). -2936 —var. fructis albis. 2937 —var. lusitanica (Wil1d). 2988 - var. romana (H ffms g). 2939 —var. tarentina (Mi1]1). 2940 Psidium cuneifolium T e n. Hab? 2941 pyriferum Linn. Am. trop. 2942 dichotomum W eiu m.Bra- (i N yciaginaceae. 2048 Boehraavia pra dra i Amer. bor, India occ. ic 2944 cigno dichotoma L i. nn. i asi o 2945 Foe Lino da vi o 2946 Mirabilis longiflora Linn. Mexico. 2947 Oxybaphus nyctagineus bor. 2948 violaceus Chois si, Peru- via. 9949 viscosus L’Hèrit. Peru- via. Nymphaeaceae. 2950) garan luteam Willd. America bor., India occ. 2951 Nuphar ua Sibth. et S m. Reg. bor. temp. 2952 Nymphaca chromatella Ho 2953 su »” illd. Asia Africa trop. Olacineae. 2954 Villaresia citrifolia Borziì, Hort. Pa an. 2955 emarginataRuiz. et Pav. Oleaceae. 2956 Fontanesia * LA La bil 1. Bieilia, Asia min., Syria. 2957 Polia angustifolius ; Vahl. Tauria. 2958 excelsior Linn. Europa, Asia bor., Oriens.. 2959 Fraxinus #Ornus L i n n. g. medit., Oriens. 2960 potamophyla H ard.Amer. bor 2O6I iu ibanche Lam. America bor. Prom. 2963 fruticans Lin n. Reg. me- dit., Oriens. 2964 humile Linn. Asia trop. 2965 nudifloram Li nd1. China. 2966. Reevesii H o rt 2967 simplicifolium F orst.Au- str., Ins. Paci 2968 suavissimum Lin im. Au- 2962 Jasminum capense T h b g. pei. 2969 subulatum Hor t. 2970 trinerve Wall. Java. 2971 Ligustrum coriaceumH o r t. 2972 compactum Humbo]1d. et Bompland. Amer. ‘trop. - Pi 2983 buxifolium Ho rt. Hab? 2974 foliosum H ort. ) 2975 grandiflorum Hort.Hab? ì 2976 Ibota Sie b. Japonia. È 92977 ovalifoliam Hsck. Japo- ; nia. 2978 —var. Sieboldii H or t. 2979 Quihoui Carr. China. 2980 robustum Blum. India 2981 sinensis Lour. China. È vulgare Linn. Europa. — 2983 Notelaea excelsa W e bb. et | . Ins. Canariae. | — 2984 Olea SON LamiIns. Mascar., Africa viento ss 2985 AREE sati inn. A 2986 Lon Linn. Reg. meli - Oriens - 1987 fioribunda B th. Insul. Salom 2988 speciosa Ho 2989 Phillyraea sedia Linn. Reg. medit. 2990 Phillyrea latifolia Lin n. Reg. medit. 2991 *media Linn. Reg. me- 2992 Syringa vulgaris Lin n. Transsylv. Onagratiaceae. 2993 Cagno Lane Pursh.A, 06; 2994 legame D ou "i Am. bor. 2995 Epilobiom latifoliumLin n. Reg. bor. Arct. 2996 tetragonum Linn. Eu- ropa. 2997 spia concinnum F i- t Mey. Califor- 2998 Ùe Vino Linn. Ame- rica bor. 2999 Lindheimeri Engelm. Texas. 3000 parviflora Dou gl. Amer. bor. occ. 3001 tripetala C a v. Mexico. 3002Lopezia coronata A n d r.Me- xic o. 3003 racemosa Ca v. Mexico. 8004 Oenothera amoena L e h m. Am. bor . bor. 3005 ammophyla Hort. 3006 biennis Linn. America 3007 cruciata De Vries, Hort. A; i Su 7 | mst. 8008 demissa Hort. 8009 densiflora Lindl. Calif. 8010 Douglasii Hort. 3011 Drummondi H o o k. Ame- rica bor. occ. 3012 gigas De ot ries, Hort. Amst.. 3018 Oenothera glauca Midix. m. bor. 3014 Lamarkiana Hort. 3015 missouriensis Si ms. Am. Or. 0cc. 8016 nanella De V rie s, Hort. Amst. 3017 odorata Jacq. Chilì. 3018 purpurea Curt. Am. bor. 3019 Romanzowii Ledeb. A- merica bor. 3020 rosea A it. Am. sept., Pe- ruvia. 8021 rubrinervis De Vries, Hort. Amst. 8022. Simsiana Ser. Mexic. 8023 stricta Ledeb. Hab? 83024 taraxacifolia Hort. 3025 tetraptera C a v. Mexico. 8026 triloba N utt. Am. bor. C. 3027 viminea Do u gl. Calif. Papavetaceae. 3028 Argemone Barclayana enry.; Mexico. 3029 mexicana Lin n. America - bor,, Mexico. i 3030 —var. albiflora pioli 3031 sn Sweet. Mo 3032 SE Link. ot Ott. ji Mexico LE 8033 Bocconia silania: wild x i China, Japonia. ni. 9086 groups Li nn Me - 085 Chliona Franchetti .-Hoa 8096 cinta Mill. Euro: pa 8087 i9 ed Linn. urp, 8088 Corydalis densiflora P r e s 1. E ; 3039 gno Pursh. Amer. bor 3040 lutea D. C. Europa 3041 seen mana C . California. 3042 crocea BI th. California. 3043 Fumaria abyssinica H r. Abyssinia. 3044 capreolata Lin n. Europa, Africa bor. 3045 megalocarpa Boiss. et Spran. Graecia, Sy- ria. 8046 officinalis Lin n. Geront. temp. 3047 parviflora La m. Geront. trop. 3048 Glaucium elegans F. et M. Persia. 3049 tavum Crantz. Europa, Reg. medit. 3050 luteum Crantz. Europa, . Reg. medit. 3051 quei Heldr. (rae- 3052 dn Sibth. et du Europa, Reg. medit. 8053 squamigerum K a r.etK it. ; As, centr. 3054 Hypecoum grandifloram th. Reg. medit. et Caucas. 3055 pendulum Linn. Europ. Oriens. 3056 procumbens Lin n. Reg. medit., Ma 8057 Meconopsis cambrica V i g . uropa. 3058 Papaver pic Linn. | Europ., Orien 3059 atlanticumBoiss.Afr.bor. 3060 dubium Linn. Europa. 3061 Heldreichii Boiss. As. min. 3062 hybridum Linn. Europa, Syri a; etc, 3065 somniferum Lin n. Grae- cia, Oriens. 3066 Roemeria hybrida D C., Eu- ropa, Africa bor. Passifioraceae. 3067 gerani amabilis Hook. Bras 3068 captari Linn. Am. tro 306 boeralea Linn. Brasil. 3070 foetida Lin n. Brasilia. 3071 gracilis Jac q. Brasil. 3072 palmata Hort. 8073 Vasconcellosia hastata C a- ruel. Brasilia. o o Pedalinaceae. 3074 Martynia annua Linn. America bor. 3075 pn proboscideaG l o x. . bor. 3076 cantico am.etSchlect. exico 3077Sesamum inni i nn.Ind. or. 8078 laciniatum Klein. India or. Phytolaccaceae. 3079 Phytolacca dioica Lin n. Japon. 3080 octandra Linn. Japon. 3081 violacea Hort. 3082 Rivina aurantiaca W.arsz. . austr. : 3083 humilis Linn. America trop. 3084 —var. brasiliensisN o cca. 3085 —var. laevis Linn 8086 —var. purpurascens Sc h- ra 3087 octandra Linn. Amer. trop. 3088. tinctoria H a w. Venez. Walkeri Hort. Pipetaceae. #00 Houttinia cordata T h n b. Himal,, China, Ja- pon. ù 3091 e, RO HB enez 3092. uroca n Bi et Mey. Brasilia. | 3093 Piper geniculatum Swe e t. Ind. or. 3094 Saururus cernuus Li n n. A- ica bo merica . 3095 minimus Hort, Pittosporaceae. 3096Pittosporum eriocarpum R o- Himal. Pegi, ro 3097 Pittosporum heterophyllum Hort. 3098 neegherrense W i g h t. et rn. India or 3099. undulatum V e n t. Austra- ia. 3100 viridiflorum $ i m s. Prom. b. Spei Pianiaginaceae. 3101 Plantago albicans Lin n. Reg. medit. 3102 amplexicaulis C a v. Reg. Medit., Oriens. 3103 arenaria Waldst. et K it. Europa, Asia min. 3104 Coronopus Li n n. Europa, * , Australia. 3105 Cynops Lin n. Europa, Sibiria. i 3106 gentianoides S m. As. min. 3107 Graeca Boiss. Oriens. 3108. Lagopus Linn. Reg. me- dit., Oriens. 3109 lanceolata Li n n. Europa, Asia bor. 3110 —var. romana Hort. 3111 major Lin n. Europa, Am. bor., Asia 3112 Brera “R am. Reg. Ar- 3113 pategniica dia6 9: Amber. i et austr. sà 3114. Psyllium Lin n. Reg. me- o tg Oriens, sg occ. 3115 a Li inn. Amer. bor. Pliatanaceae. 8116 Platanus occidentalisL i n n. Amer. bor. 3117 orientalis Lin n. Europa austr., Oriens. Piumbaginaceae. 3118 Armeria australis Boiss. Hispania. 3119 splendens Boiss. Hispa- nia. 3120Ceratostigma plumbaginoides un fé ina. 8121 Griffitii C. B. C1k. Reg. i Hima 3122 Prcmbagò. aggio Thbg. rom. pei 8123 europaea Di inn. Europa austr., Caucas. 3124 siitvus nà Ledeb. Sibir. Alt. 3125 scandens Linn. America trop. 3126 zeylanica Linn. Geront. trop. 3127 —var. albiflora Hort. 3128 Statice cancellata Bern bh. Dalm., Graecia. 3129 cordata Lin n. fmi me- dit. 3130 elata Fisch. ‘Sibîria, 3131 nar. Gmelini Willd. Reg. Caucas., Sibiria. latifolia S m. Bulgar., Ros- sia, Reg. Cauc. . Am. bor. fruticans W e b b. Ins. Ca- limonium Linn. Europa, Li i 8135 Statice longifolia Thumb. A 8136 scoparia Ho vr t. 8187 tatarica Lin n. Eur. austr., Reg. 8138 tomentella Boi s s. Rossia austr Polemotniaceae. 8189 Cobaea scandens C a v. Me- xico. l 3140 Collomia coccinea L e h m. ll, 8141 grandiflora Dougl. Am. bor. occ. 3142 Gilia n ra Steud, Californ 3148 e Bent h. Ca- iforn. | 3144 aggregata S pren g. Am. bor. occ. 3145 capitata Sims. Amer. bor. 3146 densiflora Benth. Calif. 3147 grandiflora A. Gray. Ca- BL: 3148 incospicua H or t. 93149 Liebmanni G. Don. Ca- lifornia. 3150 laciniata Ruiz. et Pav. Peruv., Chili. 8151 multicaule B th. Califor- ni 3152 sco Fi isch. et Meg. 8153 tricolor B t da California. 3154 virgata Ste ud. Califor- nia. 3155 Phlox Drummondi H 0 0 k. exas. 8156 paniculata Linn. Amer. o di 00 : Poliygalaceae. 3157 Polygala dalmatiana Hort. 8158 grandiflora Walt. Am. bor 3159 lafrtiiolia Linn. Prom. b. Spei. 3160 virgata Thunb. Africa austr. Polygonaceae. 3161 Coccoloba laurifolia Jac q. m. trop. 3162 Emex sig case Ca mp d.Eu- , Africa bor. 3163 Fagopyra esculentum M o- c h. Europa, Asia 3164 coli Gaert. Eur,, Asia bor. 3165 Muehlenbeckia complexa Meissn. Nova Zelan- da. 3166 prakgs Ade Meissn. In- sul Salam 3167 ? Velvendula osare inn. Reg. bor. temp. 3168 iajonizai Meissn. » var. fol. variegatis. 3169 tomentosum Willd. Ge- ront. trop. i iineoa * Acetosa Linn. Asia bor. ropa, « 8171 abyasiniona Jacq. Abys- sinia i 3172 alismaeioliu Frees. Afr. Feste Hort. Brownii C am pd. Austral. bucephalophoras Linn. “Reg. medit.o © © .m 8173 8174 — 8175 LL B@ti 3185 3195 pra za Ho ch Brasi- vii 3176 Rumex conglomeratus Murr. Europa merid., Asia occ. 3177 cordifolius Hornem. urop., As. 3178 crispus Lin n. Hagoni As. bor 3179 PERITI Campd., Am. austr. 8180 divaricatus Linn. Reg. medit. hamatus Hor o Spreng. A- 3181 3182 iano Linn. Amer. bor. orientalis Bern h.Graecia, Asia min., Syria. -—var. graecus (Boi s s). Patientia Linn. Europa 3183 3184 3186 3187 3188. pulcher Linn. Europa, Oriens. purpurea Link. Hab? scutatus Li n n. Europa, Oriens. 3189 3190 Portulacaceae. 3191 agi compréssa. <.< 0» ad. Obi 3192 ovini Lindl. Chili. % 3193 Menziesii as orr. et Gr ra ay. para Am. bor. 3194 Portulaca folionaE, e rG a bian Africa tro Rea lia i: 3196 marginata H. B. ni Das | i 3197 nana Hort. Brasi- © 3198Portulaca oleraceaL in n.Reg. calid. 5199 pis Linn. Am. bor. et 3200 Pa e ngelm. Am. bor. 3201 ri Brig. Vene- zuela. 3202 Talinnm patens W illd.Am. trop. 8203 crassifolium Willd. Am. trop. 3204 purpureum Fisc h. Hab? 8205 i. Willd. Am. 3206 Trisha Portulacastrum nn: America trop. Primulaceae. 3207 Anagallis arvensis Lin n. uropa, Asia temp. 3208 ? 3209 repens Pomel, Alger. 3: linifolia Lin n. Europ. 3211 Cyclamen Coum M il1.Grae- s cia; Oriens. 3212 graecum Link. Graecia. 3213 hederaefolium A ito n. Eu- “ ropa. 3214 vernum Reic h. Reg. me- dit. 3215 Lysimachia Ephemerum Li uropa. 3216 Primula elatior Hill. Eu- DD (de o ropa. 3217 sinensis Sa b. China. RI, O Proteaceae. 8218Grevillea hilliana F. Muell. stralia. robusta A. Cunn. Au- stralia. 3219 Punicaceae. 83220Punica GranatumL i n n.Eu- ‘ropa austr., Ins. Maurit. Ranùunculaceae. 3221 Actaea Ringgit Linn. Europa, Sibiria. » 3222 piana Li inn. Reg. bor. mp. 3223 Fa te *autumnalis Lin n. Europa, Oriens. 3224 aestivalis Linn. Europ. Oriens. 8225 vernalis Lin n. Eur., As. 0% 3226 nego ® prgn inn. eg. ; Oriens. 3227 Lai Di inn. Europa - ete. 2228 narcissiflora Linn. Eur. riens. 3229 Vo ea Linn. America 3230 Auiegia canadense Li n n. Amer. bor. 3231 grata M oly, Europa. 8232. sibirica La m. Sibiria. 3233 vulgaris Linn. Europa, Ori 3234 agri rari Linn. a (Koch... 3235 —var. nea (Bmg... 3236 Clematis recta Linn. Eur. austr. 3237 Vitalba Linn. Europa, Afr. bor., Caucasus. 3238 gp Li inn.Europa or., , Persia. 3239 Delpiniam NARA Linn. . var.) Europa austr. Pe er DC. Reg. mediterr. Consolida Lin n. Europa, Asia bor. elatum Linn.Europa,Reg. 3240 3241 3242 imal. 3243 ea Linn. Europa ustr., Oriens. 3244 Staphisagria Linn. Reg. medit 3245 Ermnthis isranila Salisb. pa. 3246 rca viridis Linn. ia merid. —var. Bocconi Te n. Sici- lia. è 3248Isopyrum fumarioidesL in n. Europa, Asia bor. 3249 Knowtonia gu IA Sims. Afr. aus 3250 Myosurus minimus di inn. 3247 mer. bor. 8251 Nigella arvensis L i n n.Reg. Medit., Oriens 3252 Bungei H ort. 3253 coarctata G m e L Europ. 3254 corniculata D.C. Oriens. 3255 cristata Hort. 3256 damascena Lin n. Reg. Medit. 3257 Garidella Spenn. Eu- a. 8258 hispanica Linn. Hispan., . bor. 3259 orientalis Linn. Oriens. 3260 sativa Linn. Reg. Me- dit. ur var. Russi Bi v Fuadpa merid., Asia occ. 3262 Ranunculus asiaticusL i n n. (pl. var.) Oriens. 83263 aconitifolius Linn. Eu- ropa. 3264 artoceros H o r t. 3265 arvensis Linn. Europà, As. bor. 3266 bullatus Linn. Europa, Persia 3267 queen ica Linn. Europa, ibiria. castellanus Boiss. et u t. Hispania. caucasicus Bie b. Reg. Caucas. Chius D.C. Eur. austr.,As. min cornutus D.C. Syria. falcatus Linn. Europa, Reg. Himal. illyricus Lin n. Europa austr., Reg. Caucas. incrassatus Gu ss. Ital. merid., Sicil. lanuginosum Lin n. Euro- pa, Reg. Caucas. 3276 lomatocarpus Fisc h. et M e y. Oriens. 8277 millefoliatus Va hl. Reg. medit. 3278 *muricatus Lin n. Europa, Oriens 3279 nitidus Hort. e. Linn. Reg. ci Linn. Reg. Cauc., Europa, As. min. pone Linn. Reg. bor. tem sssdons I rantz. Europa, Asia, Africa bor. serbicus V i s. Banat. suberosus H o r n. Amer. bor. Ri ‘8286 Ranunculus umbrosus T e n. Ital. merid. 8287 Thalictruam ambiguum Hort. 3288 appendiculatum Hort. 3289 asplenifolium Hort. 3290 baicalense Turcz. Sibiria baic. 9291 carolinianum Hort. 8292 commutatum Mey. 0- riens. 3293 Cornuti Linn. America bor. 8294 corynellum D.C. America bor. 3295 diffusum Hort. 3296 crassifolium Hort. 2297 dioicum Linn. America or. 3298 elatum Jacq. Europ. 3299 flavum Lin n. Europa, As. bor. 3300 flexuosum Bern h. Euro- pa. 3301. lacero-stipellatum Hort. 83802 majus Dum. Hab? 3308 minus Lin n. Europa, As. et Afr. bor. 8304 nigricans Rchb. Euro- pa. 8305. polygamum H o rt. 8806 pyrrhocarpum Ckodi, Hab ? 8807 purpurascens H o r t. 8308 Schweiggeri S pren g. Eu- FOpa: 3809 simplex Linn. VID, Asia bor. 3310 spurium Hort. Resedaceae. 3311 Caylusea abyssinica Fisc h. et M ey. Abyss. 3812 Reseda abyssinica F reset. NEGA 8313. * alba Linn. Europa, Oriens. 8814 odorata Lin n. Africa bor. . Rbhamnaceae. 3315 Paliurus aculeatus La m. Europa austr., Asia occ. 3816 Pomaderris apetala La bill. Australia. 3317 subrepanda F. Muell. Australia. 8318 Rhamnus Alaternus Linn. Reg. med. 3819 dahurica Pall. Ind. or., Asia bor. 3820 Frangula Linn. Europa, | Asia et Afr. bor. 3330 glabra Hort. 8331. saxatilis Jac q, Europa au- str. 3382 spathulaefolia F. et M. aucasus. ; 3883. tinctoria Waldst.etKit. Burop. or., As. min, 3384 Zizyphus chinensis L a m. ù ina. 3835 Jujuba Lam. Ind. or., Ma- laya. 8836 sativa Gaert n. Reg. me- . dit., Asia temp. Rosaceae. 3337 Acaena prin Lin DE i gent . 3338 detti PRESTA Linn... Reg. bor. temp. 8339 Agrimonia leucantha K ze. Hab. ? 3340 odorata Mill. Europa. 6341 Cotoneaster bacillarisW all. Himal. 3342 horizontalis D cne. China. 3343 pannosa Hort. 3344 Crataegus dani Linn. Asia ;, Persia. 5345 crenulata Ri o x b. Reg. Hi- mal. 3346 Crus-galli Li n n. America bor. 3347 melanocarpa Bieb. 0- riens. 3348 mexicana Moc. et Sess. Mexico. 3349 monogyna Jacq. Reg. dit. 3350 nigra W. et K. Hung. 3351. Oxyacantha Linn. (pl. var). Europa, Asia temp. 3352 Pyracantha Medic. Eu- ropa, 3358 Se Poir. Reg. me- Saaliricbotza japonicaL ind1l. apon., China. 3355 Rxochorda grandiflora 1. China. 3356 Gin Rc F.Gmel.Am. bor 3357 coccineum Sibth. et Sm. Graec., Asia min. 3358 macrophyliumWilld.Am. bor. occ. 3359 nivalis Hort. 3360 rivale Linn. Reg. bor. temp. 3361 pyrenaicuam Mill. Mont. Pyren. 8362 strictum Ait. Reg. temp. Ti 8363. *urbanum Linn. Reg temp. bor., Austr., Nova Zelanda, 3364 Margyrocarpus setosus Ruiz. et Pav. Am, austr. MIL 3365 Neillia opulifolia B t h. et ook. America bor. 3366 Torreyi S. Wats. Am. Or. occ. 3367 Photinia serrulata Lindl. apon., 4 3368 Potentilla BuccaamaC1 e m. Bithyn. Donibeyi Nestl. Chili. glandulosa Lindl. Am. bor. occ. Hookeriana Le hm. Am. bor. nepalensis H o o k. Reg. 3369 3370 3371 3372 “dl Ro 33 pulcherrima Hort. 3374 Poterium polygamum W. et . Europa, Oriens. 3375 spinosum Lin n. Syria. 3376 Prunus armeniaca Lin n. Reg. Cauc. avium Lin n. Europa. Cerasus Linn. Europa, Oriens. Chamaecerasus Ja c q. Eu- ropa austr., Asia min. spinosa L in n. Europa, A- frica bor., Oriens. 9381 Quillaja Saponaria M ol i n. Chili. 3382 Raphiolepis indica Lin dl. ina. 3383 —var. rubra (Lindl.). 3384 japonica Sie b. et Zucc. 3 Japon. 3385 ovata Briot. Japon. 3886Rhodotypus kerrioides $ i e b. et Zucc. Japonia. se 3387 Rosa canina Li n n. Europa, As. temp. SATTA —Gaisiencninibia( eta ni o damascena Mill. Oriens. | pone Linn. mene 3388 8389 3390 Orien 3391 ferox Biob. Asia min., Persia i indica Linn. gl e) Ind. mn 3 3392 3393 Rosa Leucantha H o r t. 83994 mollissima Willd. Euro- pa. 3395 moschata er m. Oriens. _ 8896 multiflora Tn bg. Japon., ina. 3397 rugosa T h n b. Japonia. 3398 sempervirens Linn. Eur,, Oriens, Ind. or. 3399 Silverhielmii Schrenk. Rossia. 3400 Rubus fruticosus Lin n.Eu- ropa. 3401 Spiraea cantoniensis L o u r. 8402 Douglasii H o o k. Am. bor. 3403 media F. Sc hm. Asia bor 8404 salita Krch. et Bo u- c h è, Sibir 8405 multiflora Za ob el, Hab? 8406 . VanhoutteiZ a b e 1.Hybrid. ort. 3407 Stranvaesia glaucescens i . Reg. Himal. Rubiaceae. 8408 Asperula azorica Hort. 3409 orientalisBoiss. As.min., Reg. Caucas. 3410 Coffea IRA Linn. Arab. et Afr. 3411 Crucianella pla Linn. Europa, Asia 3412 maritima Linn. Reg. me- dit. . 8413 Crusea Rubra Bartl. Me- 8414 Galium cinereum A 11. Eu- ropa austr. 3415. *murale A 11. Reg. medit. 8416 nebulosum Hort. uia 3417 Galium tricorne Stokes. urop., Oriens. 3418 oneri Soland. N. 3419 Fnmelia pate Jacq. Am. Top. 3420 a indica Linn. Asia, Australia trop. 3421 Paederia foetida L i n n. Ì , Malaya. 3422Putoria Sahel Pers.Reg. medit 3423 Toadeiciia latifolia Pers. Am. centr. 3424 Rubia *peregrina Lin n. uropa, Reg. medit. 3425 tinctoria L.in n. Europa austr., Oriens. 3426 Sherardia arvensis Lin n. uropa. 3427 Spermacoce tenuior Li n n. America trop. Rutaceae. 3428 Amyris maritima Jac q. m, trop. 3429 Citrus AurantiumLi n n.As. rop. —var. canaliculata S a v. 3431 —var. dulcis Sa v 3432 —var. ellyptica Risso. 3433 —var. limettaeformis R. et Pav. 3434 —var. nicaensis R. et P. 3435. —var. oblonga R. et P. 3436 —var. pyriformis R. et P. 3437. Bigaradia Loisel, Eur. austr. 3438 — var. Consolei Riccob. 8439 —var. crispifolia R. et P. ar. dulcis R. et P. 3441 —var. itheophylla R. et P. 8442 —var. listata Riccob. 8443 Citrus Aurantium var. fa- ciata R. et P. 3444 —var. foetifera R. et P. 8445 —var. salicifolia R. et P. 8446 Decumana Loisel. Asia trop. 3447 —var, Borzii Riccob. 8448 —var. Chadock Riccob. 3449 --var. maxima Riccob 3450 - var. Pompelmos R. et P 3451 —var. Todari Riccob 3452 deliciosa T e n. China? 3453 Limetta Risso, var. Me- larosa Risso 3454 Limonum Risso, As.trop. 3455 —var. abyssinicaRiccob. 3456 —var. aurantiaca S a v 3457 —var. Cajetana Risso 34 —var. canaliculata Risso. 3459 —var. dulcis Presl. 3460 —var. ellyptica Riccob. 3461 —var. striata Risso. 3462 —var. semperflorens Ri c- cob. 3463 --var. Terraccianoi R i c- 3464 —var. vulgaris R. et P. 3465 Medica Linn. var. flo- rentina Risso. Asia merid. 8466 trifoliata Linn. Asia trop. 3467 rpg excavata Burm. Ind. or., Malaya. 3468 Giyoosni trifoliata Spr. Jav 3469 Melicope ternata Forst. Den Murray exotia Linn.Asia, 3471 Phitotheca ui R chb. Sydne 3472 Ptelea siilolinta Linn. Am. bor. 3473 Ruta bracteosa D. C. Eur. austr. 8474 chilepensis Lin n, Reg. | Medi t. Poi {fe 8475 Ruta graveolens Lin n. uropa. 3476 Tribulus terrestris Li n n. mphig. trop. 3477 Zanthoxylon alatumSteud. Pro Spei. 3478 americanum Mill. Am. sept. 3479 Bungei Planch. China. 3480 pterota H. B. et K. India Salicaceae. 3481 Populus ass Linn.Europa, As. 3482 Salix “podiclltaD e s f.Reg. Santalaceae. 9483 Osyris alba Linn. Reg. medit. Sapindaceae. 3484 Se — Linn. ni 0 : So tp Li > Oriani N —var.o obtusifolium(Si i db desi v O et Sm). 8487 Hookeri Micq. Oriens. 3488 italum Lauth. var. nea- Ri Ten. Italia erid, 3489 Acer Lobelii T e n. Europa, Oriens. 3490 monspessulanum Lin n. Europa austr. oblongum Wall. Himal. pseudo-Platanus Lin n. Europa, Oriens. —var. purpureum Hort. trifidum Hook.etHarn. China. 3495 villosum W all. Himal. 8496 Aesculus glabra Will. Am. bor. ” 3497 Hippocastanum Linn. 3498 Caidicipermuin coluteoides n. B. suna America au- str. 8499 ‘Halicacabum Linn. Reg. trop. 3500 hirsutumW illd.Afric.occ. 3501 velutinam Hook. et Am. rasilia. 3502 Cupania tenax B th. Nov. and. 3503 Dodonaea triquetraW e n dl. Australia. 3504 viscosa Jac q. Cosmop. trop. et subtrop. 3505 Koelreuteria paniculata L a- x m. ina. 3506 Negundo aceroides M nc h. Amer. bor. 3507 —var. fol. variegatisH o rt. 3508 californicum Torr. Gray, America bor. occ. 3509 Sapindus manatensis S h u t- tle w, Am. bor 3510 Mukorossi Ga er tn. Asia trop. 3611 —var. carinatum Radl- 3512 Stpbyic trifoliaLinn.Am. 8513: Tnguadi speciosa End]. A Sapotaceae. 3514 Bumelia lycioides Willd Am. bor. 5515 tenax Willd. Madagasc. Saxiftagaceae. 3516 Deutzia scabra Thbg. Ja- ponia. 3517 Heuchera cylindricaD a u gl. m. bor. occ. coulescens Pursh.Am.bor. divaricata Frisch.Am.bor. hispida Pursh. America bor. pilosissima Fisch. et Mey. Calif. sanguinea Engln. N. 8518 3519 3520 3521 3522 ico, meta Michx. America 3523 3524 Rydrange platanifolia Ho 3525 tata coronarius n. Europa austr. 3526 —a. nanus Mill. ‘3527 —b speciosus Hort. 3928 —e. Zeyeri Schradl. 3529 ago Lindl. Ca- 3530 —var. ii Lange. 3531 grandifloras Willd. Am. bor. ‘8532 hirsutus Nutt. Am. bor. 3533 Lewisii Purs h. America bor.’ pubescens H o r t. 3595 verrucosus Sc hrad. Eur. austr. : 3536 Ribes aureum Pursh. Am. r. occ, : 3537 Ribes fasciculatum Si e Db. cc. China, Japon. 3538 —var. chinense. 3539 floribandum Hort. Hab? 3540 Saxifraga crassifolia Lin n. Sibiria. 3541 sarmentosa Lin n. China, 3542 tridactylites Lin n. Eu- ropa, Oriens. 3548 Tolmiea Menziesii T o r r. et Gray. Am. bor. occ. Sctophulatiaceae. 3544 Alonsoa caulialata Ruiz. V et | 3545 Antirrhinum Warscewiczii Regel. Peruv. 3546 Asarina Linn. Europa austr. 3547 *majus Linn, Reg. 1 me- it. 3548 *Orontium Linn. Europa, s. min., Afr. bor. 3549 Rhodium Boiss. Madr. 3550 rupestrem Hort. Odessa. 3551 *sicualum Mill. Sicilia. 3552 uglve Soragna; Linn. Eu- , Afr. bor. 3553 »vis sa Linn. Europa. e sasirrezon scabiosaefolia $ i- . Peruvia. chelidoniaefolia HB.h Ecuador. i 3556 Celsia betonicaefolia D e s f. 3555 Afr. bor. 3557 tortica Linn. Reg. me- 3558 consi bicolor B t h. Cali- forn 3559 Digitale ambigua Murr. Europ., As. occ. 3560. purpurea Linn. Europa RT 3561 sana officinalis Linn, 3562 allori 'Iucida Linn. Afr. trop. et austr. 3563 Linaria bipartita Willd. Afr. occ. 3564 capraria Moris. et De ‘o t. Ins. Caprar. 3565 Cymbalaria Mill. Euro- pa. 3566 spie: Mill. Dalmat., Ori 3567 baterophlia Desf. Reg. 3068 Te D esf. Reg. me- dit 3569 repens Mill. Europ. 8570 -tristis Mill. Hispania. 3571 .viscida Mo enc bh. Europ., ir. bor. 3572 vulgaris Mil]l.Reg.medit., cas. 3573 Maurandia antirrhiniflora exas um 3 3574 scandens D o n. Mexico. 3575 serieta Jacq. Me- xico 3576 os -ragosns A our. Reg. , Chin 2577 Mint lutens Li inn.Am. 3578 fui ini Lehm. Afric. austr. 3579 Ti E. Mey. Afr. ui s560Panownia imperiatis Ss. SIAE Japonia Di 3581 Penstemon ‘Cobaea N uti America AO0GE: LE 3582 Scrophularia acquatica E > Linn. Europa, Caucas. e 3583 canescens Bong. Sibiria alt. 3584 parer Linn. Reg. bor. 3585 peegin Linn. Regan it. 3586 Verbascum macrurum T e n. . mer. 3587 phlomoides Lin n.Europa, Asia min. 3588 *sinuatum Linn. Reg. edit., Oriens. 3589 Thapsus Lin n. Europa,0- riens. 3590 Veronica abyssinica Fre - ì . Abyss. 3591 agrestis Linn. Europa. 3592 prezzss Lindl. Hybr. hor 3593 ASA Linn. Pea bor. temp. 3594 Beccabunga Linn. Reg. bor. temp. 3595 caucasica Bieb. Reg. Caucas. 3596 ceratocarpa C. A. Mey. Reg. Casp. 3597 Cymbalaria Bodar d.Reg. medit., Asia min. 3598 didyma T en. Europa, A- frica. 3599 *hederaefolia Li n n. Euro- pa, Oriens, Africa bor. 3600 longifolia Lin n. Europa, Asia min., Sibiria. 3601 *panormitana T i n. Sicilia. 3602 spuria Linn. Europa. 3603 Zaluzianskya capensis W al- prs. Prom. b. Spei. Selaginaceae. 3604 Dischisma arenarium Africa austr. 3605 Hebenstreitia comosa st. Afr. austr. 3606 dentata Li n n. Africa bor. et austr. 3607 virgata E. Mey. Africa suste Simatrubaceae. 3608 iron glandulosa D e sf. Chin 3609 Gud: iii Linn. Reg. medit. Solanaceae. 3610 Atropa *Belladonna L i n n. ropa, Oriens, Ind. or. 3611 Browallia Czerwinskiana or 5612 demissa Linn. Am. au- str. 3613 viscosa H. B. et K. Am. austr. 3614 —var. grandiflora Hor t. 3615 Capsicum abyssinicum A. . Abyssinica 3616 annuum Li inn. Reg. trop. 3617 cerasiforme Link. Hab? 3618 Chili Hocst. Afr. trop. 3619 corniculatum Li n n. Reg. rop. 3620 pregno Linn, Reg. rop. 3621 n DC. Reg. trop. 3622 Cestrum aurantiacum Lindl. Guatim. 3623 elegans Schlecht. Me- xico. 3624 Endlicheri Mi ers. Peru- via. 3625 fasciculatum Medi c. Me- xico. 3626 foetidum Medic. Reg. medit. ) 53627 Hugelii Hor 13628 ran i Soxiaekt Isul. NEPI RR È E tini iene ; Me 5629 saga roseum H. B. K. 3630 salicifolia Jacq. Vene- uela. 3631 ini Jacq. Hab? 8632 Warszewiczii Klotzsch. America trop. 3633 Cyphomandra betacea endt. Amer. austr. 3634 Datura arborea Lin n. Am. austr. alba Nees. var. africana Matt. Africa trop. Bertoloni P ar]. Reg. me- dit. cornigera Hook. Mexico. dubia Bianec. Sicil. ferox Linn. China fruticosa Horn. tro inermis Jacq. Abyss. laevis Lin n. Reg. med. va Linn. America TOP. quercia H. B. K. Me- ‘xic iti inn.Cosmop. tro P. 8646 Tatula Linn. Cosmop. D P. versicolor Lagerh. Equa- 364 -] tore. 8648Dunalia inermisB o r zì, Hort. an. 8649 Hyosciamus albusL i n n.Eu- ropa, Oriens. 8650 pallidus Waldst.et Kit. Europa, Reg. Himal. - 8651 reticulatus Linn. Asia minatAegypt. 3652 Jochrom inea Scheid. Mex 3658 iero afra Linn. Reg. medit. 8654 chinensis Mill. China. - 8655 Requieni Du n. Hab? 8656 ruthenicum M ur r, Oriens. 3657 Lycopersicum pyriforme Du n. Amer. austr. 3658 Mandragora autunnalis ertol. Reg. Melit. 3659 Nicandra physaloides tn. Peruvia 3660 Nicotiana affinis H o r t. Bra- silia. . 83661 auriculata Bertol. Sar- 8662 cerinthoides H o rt. 3663 chinensis Fisc h., China. glauca R. Grah. Reg. A rg. grandiflora H o r t. Langsdorfii Schrank. Brasil. longiflora C a v. Chili. pont Agardbh. Am. uso Pursh. Am. bor. occ. rustica Lin n. Mexico. suaveolens L e h m. Au- stral. Tabacum Linn. America austr. 8673 —var. grandiflora (H or t). 8674 Nierenbergia gracilisH o o k. Reg. ent. 3675Petunia nin uss. eg. Argen 3676 Physalis snguata Linn. Reg. Cau 8677 curassavica Di id: Vene: zuela. 3678. Francheti Hort. 3679. peruviana Linn. Reg. ca- lid. 3680 uzian rhomboidea Mio. eg. Argent. 8681 Pirito pinnatus R u i- t «Pav. Chili. 3682 Solanum amazonum K er. a wl. Mexico. 3683 auriculatum Ait. Asia tropic. 3684 Solanum Besseri W einm. Cosmopol. 3685 capsicastrum Lin k. Bras. 3686 citrullifolium Willd. N. ranat. 3687 cyananthum D u n. Brasi- ia. 3688 diphyllum Li nn. America trop. 3689 Dombeyi Du n. Peruvia. 3690 Gilo Radd. Hab? 3691 glaucescens Zucc, Me- xico. 3692 glutinosum Dun. Mexico. 3693 Hendersonii Hort. 36594 jasminoides P a xt. Bras. 3695 ana Ten. Asia et A- 3696 macrophyllum Hort. Me- xico. 3697 menphiticum G m el. 0- riens. 3698 minimum Hort. 3699 Melangena Linn.Cosmop. trop. 3700 nigrum Linn. Cosmopol. 3701 —var. miniatam Bernh. 3702. nin Speg. Reg. Ar- gen 3703 ii Linn. Amphig. 3704 pyracanthum Jac q. Afr. trop. 8705 cerca Schum. trop. 3706 Sedortianom Andr.Am. rop. 3007 aa inn.Geront. 8708 ternatum Ruiz. et Pav. Peruvia 3709 intgnatenari Cav. Mexico. 8710 musica Linn. Am BUI nea somnifera D u n. eg. medit., Oriens. 3712 —var. Moriboii Du un. Staphyleaceaè. 3713 Staphylea trifoliata Liu n. Am. hor. Stetrculiaceae. , 3714 Abroma augusta Li n n. As. trop. 3715 Brachychiton acerifolius F. Mu ustralia. 3716 van Prodi, 3 popul eus (R. Br.) Au- vs 3717 vepenz platanifolia Linn. l. China, Japonia. 3718 nici candicans A it. Africa austr. 3719 conglomerata Eckl. et eyl. Afr. austr. i 3720 denudata Lin n. Africa au- str. 8721 venosa Thunb. Afric. . austr. S 3722 Melhania macrophylla Vis. ab? di 8723 Sterculia nobilis Smith. Ind. or Stytacaceae. 3724 Styrax oficinalo Linn. Eu- ” ropa austr., Asia min. ; al Tamaticaceae. 3725 Tamarix chinensis Lo u r. China 3726 gallica Linn. Europa, As., Afr. Tetnsttoemiaceae. 3727 Visnea Mocanera L i n n. Ins. Canariae, Thymeliaceae. 3728 Daphne Gnidium Linn. Reg. medit. Tiliaceae. 8729 Aristotelia MacquiL’H èrit. Chilì. 83730 sg cordata Lam. 8731 Ooraliarai capsularisL i n n. osmop. trop. \ 8732 olitorius Linn. Cosmop. n TOp. 8733 textilis Hort. 8734 CRE Lin n. Geront. rop. nia arborescens R. Br. Nov. Zelan 8736 Grewia asiatica Li inn, Ind. . 3737 Grewia flava D. C. Prom. b. Spei. 37938 nitida Juss. China. 3739 occidentalis Lin n. Africa. 3740 oppositifolia B uc. Ham. imal., Africa or. 3741 populifolia Vah L Abys- nia. 3742 Bperimenità acerifoliaH or t. 3748 africana Lin n, Prom. b. Spei. 3744 palmata E. Mey. Africa austr, 3745 Tilia platyphylla Sco p. uropa. 3746 tomentosa M nc h. var. ar- ea (D C.) Europa. 8747 vulgaris Heyne. Europa, 8748 Triumfetta rhomboidea . Jacq. Africa trop. Umbellifetae. 8749 Apium graveolens Li n n. Europ., Oriens., Ind. bor. occ., if. 8750 nodiflorum Reich. Eu- ropa. 3751Athamanta*siculaL i n n.Ital. rent cegioa oth «Reg. 3753 rin Bie b. Eur. austr., 3754 Bovlein tendhé Spreng, ‘ he Sapiena fruticosum n. Reg. mediti > 3756. quonit Europa, As. bor. > sr reed acuriculata DO, i 8849. coronata D Cc. Europa: i 8850 eriocarpa Des v. saga “% Africa bor. 3851 hamata DC. Reg. medit.. 3852 truncata Betceke, Europa. austr., Oriens. 3853 vesicaria Moench. Reg: medit., Persia, Vetbenaceae. 3854 Callicarpa americanaL i n n. Am. bor. 3855 arborea Roxb . As. trop 3856 cana Linn. As. trop., Austr. 3857 longifolia La m. Malaya, Austr. 3858 .japonica Th bg. Japonia. 3859 Reewesii Wall. China. 3860 Caryopteris Mostacantha Sch hi 3861 Citharexylon setibulatio H. B. K. Peruv. 3862 Clerodendron splendens n. Africa trop. 3863 Duranta brachypoda T o d. Hort. Pan. 3864 3865 glauca Hort. integrifolia T o d. Hort. Pan 3866 miafoplizità Willd. Am, trop. 3867 Mutisii Linn. America trop. 3868 stenostachya T o d. Hort. Pan. 3869 prega Tod. Hort. 3870 Lantana alba Mill. Amer. ustr. 3871 3872 -—var. grandiflora. corymbosa Linn. India occ. 3873. crocea Ia c q. Ind. occ. 3874 indica Roxb. Asia, Afr. trop. 3875 Kisi A. Rich. Abyssinia. 3876 mixta Linn. India occ. 3877 Morettiana Lin n.Ind.oce. 3878 multicolor Le m. Mexic. 3879 pulcherrima Hort. purpurea Horne m. Am, austr, 3881 Lantana nivea Sil e n. oa 3882 3883 3884 Badola Sweet, India occ. rosea R a f. Hab? pod ce Jacq. Africa 3885 3886 3887 3888 au = "W all. India or. tiliaefolia Cham. Brasil trifolia Linn. ds trop. undulata Linn. America trop. 3889 Lippia asperifolia Ric h. m. a i 3890. chamaedrifolia Steud. rasilia. 3891 citriodora H. B. K. Am. austr. 3892 Shuthelwortia pulchella Meiss. Mexie. 3893 Stachytarpheta mutabilis ah1. Venezuela. 3894 jamaicensis Wahl. Hob? 3895 umbrosa Hort. 3896 Verbena Aubletia J a c q. m. bor. 3897 angustifolia Michx. A- 3898 3899 erinoides L a m. Peruvia. hybrida Hort. Hybridum hortense. 3900 officinalis Li n n. Amphig. tem paniculata La m. Amer. bo ‘po stricta Vent. Amer. bor. tenera Spreng. Reg. t ent. venosa Gill. et Hook. Reg. Argent. 3905 Vitex *Agnus-castus Lin n. Europa merid., Oriens. 3906 littoralisi Cunn. Nov. Zel Violilaceae. 3907 Viola odorata Li n n.Europa, di . bor. 3908 —var. albiflora H or t. —var. neapolitana H o r t. 3910 persicifolia Ro th. Europa. 3911 pravissima Hort. 3912 sylvestris La m. Europa, 5 sia tem 3913 suavissima J ord. su hr 3914Viola tricolor Lin n. Europa, ia, America bor. Zigophyliiaceae. 3917 Fagonia cretica Linn. Eur. austr., Oriens, Afr. bor., Am. bor. et austr. Antoninus Borzì BOTANICES PROFESSOR ET HORTI PRAEFECTUS. A. Baldacci D.r HORTI SUDIRECTOR C. Tropea D.r HORTI ADSISTENS G. E. Mattei HORTI CONSERVATOR V. Riccobono HORTULANUS PRIMARIUS A. Riccobono HORTI COLONIALIS HORTULANUS PRIMARIUS a Peli o n, raf r o Pubblicazioni del R. Istituto Botanico di Palermo : CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE Dirette dal Prof. A. Borziì. Comprendono lavori di particolare interesse scienti fico, specialmente relativi ad argomenti di Biologia e di Fisiologia vegetale. Si pubblicano in tempi non determinati, a fascicoli in 8°, con tavole. 2) o $ 7 Vol. I. (esaurito) x » II. in 8° fasc. I-II pp. 1-316. tav. I-XIX L. 28 » III » > di-Ll » 4-993. » 1A » »_ IV, » So cè 1996,» LV 23 » V. (sotto stampa). È © ._ Per acquisti rivolgersi all’Editore Antonino Trimarchi. Corso Vittorio Emanuele N. 375, Palermo. Balletto del R. Orto Botanico e Grardino Coonile di Palermo. Sono in vendita le annate arretrate, I-VIII, al prezzo 2 di Lire 10 ognuna (L. 12 per l'Estero), escluso il fasc. 1-2 - A, dell’anno II, esaurito, di cui si curerà la das ; ia Corso Vittorio Emanuele N 375. Palermo. i ‘La partie commerciale très developpès est in telligibile pour tout le si STUDII ALGOLOGICI Saggio di ricerche sulla Biologia delle Alghe per il Prof, A. Borzi. 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Collaboration speciale : pour les insectes nuisibles, Numero specimen gratis sur demande, BOLLETTINO | DEL A. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIAL DI PALERMO ANNO X. o Gue x } ; 3 Fascicolo 4° Ottobre- Dicembre 1911. | BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO Si occupa di tutte le questioni che più interessano la Bo- tanica agricola; specialmente siciliana, e la Botanica colo- niale, rendendo conto delle esperienze e colture istituite in questo R. Orto Botanico o nell’annesso Giardino Colo- niale. Pubblica pure relazioni scientifiche relative.a piante AS qui coltivate od indigene, od illustranti collezioni del Museo ‘annesso all’ Istituto Botanico. Comprende ancora una spe- ciale. rassegna. della stampa coloniale agraria. Sovente particolari lavori vengono ABgiInb come appendici se- PALRIO dal testo. BI pubblica a fascicoli trimestrali, formanti annual- mente un’ volume di 200 a 300 pagine, con «incisioni in- wa > tercalate nel testo. e tavole staccate. Non si vendono fa- > È: SS vi cà e sa abbonamenti sono annuali. na da Pre di abbonamento all'anno XI. 1912. > DI e ‘tale ie de ua Al Estero _ AS i va SARE | ; Ss Peri 6 Daespde ‘di AP Csa all Editore + "i |. ’1Antonino Trimarchi , - Corso: Vittorio, Emanuele; è, so di Palermo... Per ritardi incontrati nella tiratura delle Tavole che accompagnano il lavoro sulle Querci Italiane del Pro- fessore Borzi, le rimanenti Tavole saranno distribuite nel prossimo fascicolo. LARIO ER mg OTTOBRE - DICEMBRE 1911. Vol. X. BOLLETTINO A. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO SOMMARIO : 11. Il Giardino Coloniale di Palermo e la colonizzazione della Libia (G. SCHWEINFURTH) : 12. Nuova specie di Abutilon della Somalia italiana: /4b. Agnesae (A. BoRzÌ) . 13. Intorno alla biologia della disseminazione nelle specie di Datura (A. BoRzt) 14. Osservazioni sull’Oxalis cernua, Thunb. (F. SA 15. Rassegna della stampa coloniale agraria (G. E. MarTPI) 16. Indice del Volume X . È 1 PALERMO Rae EprrrIce ANT. TRIMARCHI s Corso V ittorio Emanuele, 875 1911 Il Giardino Coloniale di Palermo e la colonizzazione della Libia Dopo la recente conquista della Libia , il Giardino Coloniale , di Palermo accresce la sua importanza, imperocchè diviene neces- sariamente la sede più appropriata per quegli studii e per quegli esperimenti di pratica coloniale, che maggiormente sono diretti a ar risorgere, dallo stato di alibandeno in cui si trovano, le mi- gliori colture nei muovi territorii italiani. A questo dpetalo siamo leti di pubblicare la seguente lettera del celebre africanista GroRGIO SCHWEINFURTH , diretta al Prot. Borzi, in cui appunto si trat- teggia quale dovrà essere l’ importanza del nostro Giardino Colo- niale, quale la sua missione e le sue attribuzioni, nei rapporti con la Libia. i I rapporti geografici e le tradizioni storiche fra la Sicilia e le nuove Provincie Italiane, avvalorano sempre più l’opera del no- stro Giardino Coloniale, e questa lettera ne è la nigi $i . Ds febbraio tore. Li. Caro Signore, Ho letto col più vivo interesse le informazioni che avete avuto. È la bontà di darmi sul progetto d’ ingrandimento del vostro Giar- dino Coloniale, che fino ad oggi per 5 anni non è stato che un’annesso amici eccone di quel ea Giardino Botanico di Bard i di 0 cui Lc mi > 3 122 sono tanto cari, quanto le persone che vi hanno lavorato da ren- dermelo cosi famigliare. Capisco benissimo l’ importanza che un simile Stabilimento avrà per l’avvenire agricolo delle colonie Italiane, e mi permette- rete di farvi in proposito, secondo il mio giudizio, alcune osser- vazioni, che vi prego di accettare colla Vostra benevolenza abituale. Senza dubbio è la Sicilia, che grazie alla sua posizione geografica e per la natura del suolo offre a un tale stabilimento delle condi- zioni eccezionalmente favorevoli, che nessuna regione d’Italia può offrire. In quanto alle condizioni del suo suolo e del clima non ho che ricordare gli esempi di rigoglio tropicale che offrivano alcune piante del Vostro giardino, coltivate e curate come esperimento, per essere convinto che sarebbe li, nella Conca d’Oro, che si ritroverà la terra promessa, dove, si potranno meglio che altrove, provare i meriti delle singole piante di qualità e produzione problematica. Il prodotto più vantaggioso della nostra epoca è senza dubbio il Cotone, poichè il compratore non manca mai. M’immagino dun- que che vi dedicherete principalmente alla coltura del medesimo, e mi auguro che ricominciando ciò che i vostri predecessori hanno lasciato incompiuto in sèguito alle diverse ragioni delle singole e- poche, voi ne ricaverete dei risultati veri e soddisfacenti (1).. La Si- cilia deve prestarsi, e se non alle grandi piantagioni del Cotone, r lo meno a un’eccellente campo di prova, ciò che le esperienze colturali del vostro predecessore, Todaro (iniziate dal 1868 al 1878) ma ispirate piuttosto al puro interesse scientifico credo, abbiano costatato a sufficienza. La mancanza in Sicilia di grandi e estese iantagioni di detto prodotto, servirà a rendere le prove più sicure e incontestabili, sopratutto per la purezza e la scelta delle semenze, l’ ibridazione accidentale, tanto nociva in Egitto, potrà DI facil- mente essere scartata. Il Cotone di qualità superiore, fino ad oggi non è stato colti- vato che nelle regioni subtropicali, i paesi della zona del tropico, propriamente detto non offrendo che del Cotone d’un valore mediocre. Senza dubbio però arriverà un giorno in cui si potrà rimediare a questa deficenza, potendosi infine trovare, o meglio scoprire , sia (1 Di questi esperimenti di coltura del Cotone a scopo pratico il Giardino Coloniale di Palermo se ne occupa appunto da circa 5 anni e i risultati eccellenti ottenuti formano oggetto di varie Rela- zioni pubblicate dal Ministero d’Agricoltura. N. d. R. 123 per selezione, sia per ibridazione curata, una specie di cotone su- periore e confacente anche alla coltivazione in paesi caldi e umidi. Il Giardino Coloniale, colle sue serre, e mercé i diversi mezzi di coltivazione artificiale potrà risolvere questo grande problema dell'Agricoltura tropicale, e l’Italia vi è direttamente interessata. E infatti il littorale della Libia d’ Italia appartiene regionalmente alla zona la più atta alla coltura delle migliori qualità di cotone, ma l’acqua che è indispensabile all’ irrigazione , manca ; o per lo meno mancano colà ancora dei serbatoi da raccogliere l’acqua plu- viale. L'Italia possiede altrove, nell’Eritrea e sopratutto in Somalia (Vallata dell’Ouebi) terreni atti alla coltura del Cotone, coltura che si potrebbe fare sù larghissima scala. L’ irrigazione artificiale vi sarà effettuata più facilmente, ma le sopra menzionate colonie ri- siedono nell'interno dei tropici, di modochè ancora non esiste quella qualità di cotone superiore, che ivi darebbe splendidi risultati. Il litorale dell’Africa del Nord, che appartiene oggi all'Italia per un’estensione di km. 1820, non si presta a estesissime intra- prese di coltivazione agricola, ma dovrebbero essere i piccoli pro- prietari e affittaioli che lavorando la terra coi propri mezzi e colle loro mani renderanno apprezzata la nuova Libia d’ Italia. Su una estensione immensa di terra il colono (se domani saranno 1000, saranno un milione nell’anno 2000) troverà un campo prospero, benché ristretto, onde farvi valere la sua meravigliosa attività e la sua iniziativa personale. Il siciliano, probabilmente vi occuperà il 1° posto, la sua riputazione in Africa essendo ormai stabilita e la sua opera apprezzata, come lavoratore intelligente e infaticabile. In Eritrea quei pochi Siciliani che vi si trovarono all’ epoca del-- l'impresa per cura del Barone Franchetti, hanno sorpassato con successo gli altri coloni che le singole provincie Italiane avevano . a mandato. sia stato fatto fino ad oggi, onde procurare una scelta incompara- — . bile di semenze, come pure di rizomi Culieaigrà 124 L’indigeno si applica e si applicherà sempre di preferenza alla col- tura del Dattero e dei cereali, primo frai quali l’orzo e in secondo luogo il frumento, penniseto e granone. L’ Algeria, come pure la Tunisia, hanno raggiunto in queste colture un’alto grado di pe zionamento , e si possono prendere a modello. L’ esperienza c’ è , non vi è che seguirla. Dopo il Dattero e l’Olivo, restano ancora in gran numero le frutta, che nella regione in quistione esigono una speciale. attenzione, degli studi profondi, e degli esperimenti da fare, ai quali i fran- cesi nell’Africa Settentrionale non vi si sono sufficientemente perfe- zionati. Per esempio il Mandorlo i di cui meravigliosi risultati ottenuti a Homs, a Misurata e altrove, renderebbero gelosi anche i Siracu- siani (1). Detta coltura assai rimunerativa, come dichiarò altra volta il defunto Hans Banks, costituisce nella Libia litorale una specia- lità dei Maltesi stabiliti nel paese. Fra le produzioni di cui si fa sempre gran consumo, vanno annoverate le frutta secche (fichi, pesche, uva passa dd) che sono di grande importanza. Per ciò che concerne l’esportazione invernale per 1’ Europa (prodotti di pri- mizia) le Patate e le Cipolle avranno buona fortuna. Non bisogna dimenticare le frutta fresche e gli agrumi precoci di qualità spe- ciali (per esempio il famoso « Washington navel » che incomincia a maturare in novembre) tali che la Sicilia non potrà produrne tanto presto. Per uno Stabilimento , che ha per fine la conoscenza del va- lore economico pratico e scientifico dei prodotti vegetali di origine coloniale, il mettersi in rapporto diretto coi singoli centri coloniali e colle imprese agricole, il mantenere relazioni attive e amichevoli, a parere mio, è un’obbligo sacro e imperioso, di grandissima impor- tanza, quantunque fino ad oggi la Francia e la Germania non ne abbiano abbastanza tenuto conto. Da per tutto, l’agricoltore è ritenuto come il tipo del conser- vatore, ma l’agricoltura in sè stessa, tale e quale si presenta nella storia dei popoli, é tutt’affatto cosmopolita e avida d’ innovazioni. Esiste una sorta di libero scambio attraverso i secoli, e che con- - tinua ad esistere ai nostri giorni, anzi s’è accentuato maggiormente, Vo nel nostro secolo, secolo del gran movimento, ove i trasporti sono ‘facili e celeri. I popoli si nutrono e si sostengono a vicenda e s’i- struiscono scambievolmente, dandosi l’un l’altro ciò che hanno di me- (1) I migliori mandorleti sono di fatti nella Provincia di Sira- cusa. N. d. R. ® 125 glio. Si tratta di passare in rivista i successi ottenuti dalle altre nazioni che già trovansi sulla via del progresso agricolo, sorvegliando con oc- chio attento i risultati ottenuti nello studio dei varii problemi economi- ci ed agrarii nelle differenti parti del globo. La speciale letteratura che è così diffusa, non è sufficiente al raggiungimento di tale scopo; sarà dunque necessario avere rapporti diretti coi centri esteri, mercé un’assidua corrispondenza, anche per mezzo di agenti in missione permanente, in tal modo si seguirà ogni progresso, avendo libera scelta per l’adattazione locale di ciò che più converrà. Fra i paesi ove l’agricoltura prospera e progredisce ve ne sono diversi che per l’analogia del loro clima e delle condizioni del suolo, possono of- frire, alle intraprese della Libia, esempi eccellenti, e servire di mo- dello a delle gestioni razionali. Dall’Africa del Sud, dall'Australia ed anche dal Messico, vi è molto da imparare, e che l’ ubiquità dell’Italiano fornirà provetti coloni, potendo servire quali interpreti per la Libia, e divenire degl’istruttori per l’applicazione di nuovi metodi. Sarà per essi un nobile scopo quello di trasmettere e di realizzare a profitto della nuova Africa Italiana questi benefici co- loniali, che il vecchio mondo ha saputo assicurare a paesi così lon- tani, ed i coloni faranno risorgere l’ antica civiltà in quelle re- gioni abbandonate da si lungo tempo. Ma è sopratutto nel Nuovo Mondo, nell'America del Nord, ove attualmente si trova il centro degli alti studi d’agricoltura coloniale, la scuola per eccellenza per i bisogni delle colonie Italiane, a cui biso- gua rivolgersi, sopratutto sin da quando colà si occupano del « dry farming » (coltura nei paesi secchi e sprovvisti di piogge). Voi co- noscete i successi ottenuti nel Colorado, nell’Arizona, nella California meridionale, e altrove negli Stati Uniti, grazie all’attività di que- t’ eccellente istituzione , che sotto il nome di « plant industry » è un dipartimento speciale del Ministero d’agricoltura di Washing- ton. Tutti i paesi aridi del vecchio mondo, ove la natura è più o meno desertica, sono stati sperimentati per offrire alle nuove colture dell'America la « fin-fieur » dei loro prodotti. Dall’Algeria e dalla Soria, fino alla Persia ed alla Cina, dette contrade sono state per- corse dagli agenti di Washington, a profitto del « dry farming » americano; e già là si sono ottenute le migliori qualità di Datteri, Olive, Fichi etc.; in tutti i diversi rami dell’agricoltura i risultati cominciano ad essere stupefacenti, e pare che il commercio amori: cano finirà col non avere più di bisogno della produzione del vec- | chio mondo. È dunque facile capire a quale alto grado di utilità pubblica potrà elevarsi il giardino coloniale di Palermo, ee come. 126 i scuola pratica d’agricoltura tropicale e subtropicale, se dei mezzi sufficienti gli venissero accordati dal Governo. Colla luce che propagherà, potrà diventare un vero centro di espansione sul campo della coltivazione, un vero centro di riunione e di emulazione per tutti i coltivatori coloni, un potente aiuto allo sviluppo coloniale ed alla prosperità del paese Permettetemi di ricordarvi alla fine un fatto speciale nella storia dell’orticoltura, che all’ora presente potrà interessare l’Italia. Fra le diverse località della Libia ove il soldato Italiano ha dato e dà prova del suo valore, vi è una regione che dev'essere cara all’or- ticultore, è Derna, in Cirenaica. Son oggi quasi 2 secoli che un viaggiatore francese (RANGER, vi scoperse la Reseda dei nostri giardini, e la introdusse in Europa. Il GRANGER inviò le semenze della Reseda odorata colte nella grande Vallata di Derna, al giardino delle piante a Parigi ed è di là che questa pianticella s'è sparsa in Europa durante la prima metà del secolo 18°. Il D.r TAUBERT nel 1887 fu il primo botanico che dopo il GRANGER fece conoscenza della località, e portò all’erbario BOISSIER a Ginevra degli « specimen » autentici. E grazie alle ricerche di ASCHERSON che questo fatto interessante ha potuto essere assicurato alla storia della Flora Tripolitana. IL suo dev.mo G. SCHWEINFURTH AU’Illustrissimo Signore Signor Professore A. Borzì Palermo. Nuova specie di “ Abutilon ,, della Somalia italiana: A. Agnesae, Borzi. Nel 1907 il Dr. Cesare MacaLUSO, già Direttore dei servizii agrari al Benadir, inviava a questo Giardino Coloniale una prima collezione di piante da lui raccolte nella Somalia Italiana meridio- nale e nell’anno successivo una seconda, insieme a un grande nu- mero di semi e di piante vive. Dalla coltura di queste e dei semi stessi si è ottenuto un materiale di studio che può dirsi piuttosto importante, poichè si riferisce alla Flora di una regione botanica- mente ancora poco conosciuta. In una breve preliminare Relazio- ne (1) inviata a S. E. il Ministro degli Esteri, è stato da me fatto cenno intorno al valore scientifico di tali collezioni. Più tardi circa 200 specie vennero studiate ed identificate dal Prof. MATTEI, ajuto — presso questo Istituto Botanico (2). Una muova specie di Sanse- | (1) Borzi A., Sulla Flora della Somalia palate Italiana. In Bollettino del R. a Botanico e Giardino Coloniale di Palermo Ri Vol. VII, 1908, ul (2) MATTEI G. > Contribuzioni alla fiala della Somalia [talia- na: Centuria Prima e Seconda. In Bollettino del R. Orto Botanico e rdino Coloniale di Palermo. Vol. VII, 1908, p. 85 et 165. 128 verinia fa illustrata dal Dr. LANZA (1); i nettarii estranuziali del- l’Adenia venenata (2) furono oggetto di studio da parte del Dot- tor TROPEA, Assistente presso l’Orto Botanico; una nuova specie di Panicum fa anche da quest’ ultimo pubblicata (3), mentre il Sig. DE STEFANI, riferiva sui. cecidii da lui rinvenuti sullo stesso materiale delle raccolte del MacaLUSO (4). Tuttavia parecchie specie ‘inviate dal MAcALUSO rimangono an- cora inedite, sia perchè insufficienti i saggi che le rappresentano, sia per la mancanza di materiali di confronto e particolarmente di libri, di cui la nostra Biblioteca non era fornita al tempo in cui fu- rono intrapresi i nostri studii di identificazione delle collezioni bo- taniche di cui è parola. Di tali specie non per tanto, quando fu possibile, si è cercato conservare dei buoni e completi esemplari colla coltura , riprendendone lo studio al momento opportuno. In questo caso appunto trovasi la specie del Genere ABUTILON, la quale forma ora oggetto della presente nota. Essa è rappresentata da alcuni\ saggi raccolti dal Dr. MacaLUSO il 22 Agosto del 1907 nella pianura della Goscia e da altri esemplari provenienti dalle colture di questo Giardino Coloniale. I primi portano il N. 117 bis della collezione MACALUSO e vi è notato che la pianta è cono- sciuta dagli indigeni col nome di Balambal. Però è da osser- vare che questo nome in Somalia ricorre molto spesso per indicare piante affatto diverse sistematicamente, ma che soltanto concordano nel carattere di essere coperte di un tomento bianchiccio molto denso. Così fra le piante del MACALUSO questo nome si ripete per altre specie non solamente dello stesso genere Abutilon, ma anche per parecchi Solanum , alcune Convolvulacee (Astrochlaena) ecc. Cotesto fatto trova pieno riscontro anche presso il volgo dei nostri (1) Lanza D., Sanseverinia rorida, nova species somalensis. In Bollettino del R. “Ola Botanico e Fiardino Coloniale di Palermo. Vol. XI, 1910, p. 215. (2) Tropea C., Nettarii estranuziali nelle foglie di Adenia vene- nata, Forsk. In Annali di Botanica. Vol. X, 1912, p. 5. (8) Tropea C., Panicum Bossii, nuova Graminacea della Soma- lia Italiana. In Bollettino del È Orto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo. Vol. X, 1911, p. (4) De SreranI T., I primi Sipresiii della Somalia Italiana. In Marcellia. Vol. VIII. 1908 ‘# 129 paesi, dove un medesimo appellativo serve a indicare differenti specie di piante, purchè esse concordino in qualche carattere pe- culiare molto appariscente. Questo nuovo rappresentante della Flora della Somalia Ita- liana, come da un esame sommario si rileva, appartiene alla. Se- zione Cephalabutilon del BAKER ealla Sottosezione di questa delle Axilliflorae, dovendosi ritenere molto vicino ad: Abutilon Avicennae, GAERTN., A. indicum, Swet. ed A. hirtum, SwET., differenziandosi però da tutte e tre per un complesso di caratteri abbastanza rilevanti, come si vedrà, mentre si allontana moltissi- © mo da tutte le altre specie Africane e Asiatiche del medesimo. gruppo. È da notarsi ancora che l’A. Avicennae, GAERTN., abba- stanza frequente nella Regione Mediterranea, non è stato finora riscontrato nell’ Africa tropicale, mentre l'A. indicum, Sw., pur crescendo anche in Africa, è molto comune nell'Asia, dune si e- stende sino nell’Australia; l'A. hirtum, Sw. è poi una pianta quasi cosmopolita , almeno così sembra , essendo stato notato in quasi tutti i paesi tropicali della terra. Anche queste ultime specie com- prendono parecchie varietà geografiche, ma nel confronto colla no- stra pianta noi ci atteniamo alle desèrizioni e ai caratteri dei saggi africani, per-la provenienza della nostra specie. rattandosi, come meglio vedremo, di una specie ancora non conosciuta dai botanici, sono lieto di poterla intitolare dal nome del Comm. Gracomo AGnESA, Direttore Centrale degli Affari Co- loniali presso il Ministero degli Esteri, come piccolo tributo di ammirazione per l’opera sua intelligente, che con tanto amore egli spende a prò delle Colonie Italiane e come riverente omagiio per- sonale. ‘. Eccone la descrizione : Abuition Agnesae, n. Sp. loi. herbaceus. Radix elongata, lateraliter fibrosa. Cau- sia lis teres, erectus, simplex, molliter velutino-tomentoso, canescens. | Folia alterna, petiolata; petioli longi, teretes, supra leviter ca- i naliculati, ut canles, tomentosi ; stipulae lineares v. subulatae, | caducae; Tonia modice ampla, ‘poaloaibostrnda; profunde. cor- data, sinu basali angusto, apice acuminata, non cuspidata, le viter serrato-dentata, dense hirsuto-:tomentosa ,, pallide virescentia — praecipue subtus, palmato 7-9 nervia, nervis via _prominulis. I Flores satis ampli , axillares, soltiarii,. longe pedunculati ; mei... dunculi petiolo duplo v. ultra longiores, continenti fi fere palio % 130 articulati, ut caules tomentosi; alabastra globosa; calyx velutino- tomentosus, albescens, quinquelobus, lobis trinerviis, ovatis, a- cutis, apiculatis; corolla flava, calice duplo longior, petalis ob- cordatis; columna staminea et stigmata, capitata, petalis breviora. Fructus 20 et ultra-carpidiatus, medio umbilicatus, calyce via longior; carpidia compressa, papyracea, nigrescentia, rotundata, angulo esterno rostrato, rostro brevi, recto, eatus copiose griseo- lanata, semina în quoque loculo 3, reniformia, atra, laevigata, linea ventrali tantum fulvo-barbata. Caules ad cm. 30 longi ; stipulae 4-5 mm. longae ; petioli 3-5 cm. longi; foliorum perfecte evolutorum lamina a petiolo ad apicem 6-7 cm. longa tantundenque lata; pedunculi floriferi 5-6 cm. fructiferi 6-8 longi, articulatio 5 mm. intra calycem sita; calyx floriger 1 cm., fructifer 1,5 longus; calycis lobi 5 mm. longi atque tantundem basi lati; fructus 1-1,5 cm. longus; carpidia 1 cm. longa, 5 mm. lata, 1 mm. crassa; rostrum 1 mm. ongum; semina 2 mm. longa et lata. Volendo precisare le affinità di questa specie dirò che essa ha molta somiglianza coll’ A. Avicennae, GAERTN. per essere una. pianta annuale ed erbacea, a fusto semplice o poco ramoso e velu- tino-tomentoso; per i fiori ascellari, solitarii , gialli e per i carpi- dii nerastri, rostrati. Tuttavia lo stesso A. Awvicennae si allontana dall'A. Agnesae per le foglie con lamina rotondata, cuoriforme alla base, a lobi ravvicinati e lateralmente ricoprentisi, lungamente cuspidata all’apice, irregolarmente e grossolanamente crenate al margine , densamente tomentoso-fioccose ; per i peduncoli sempre assai più corti del corrispondente picciuolo, per i fiori a calice tomentoso-villoso profondamente 5 fesso, a lobi lanceolati , per il frutto di 10 a 15 carpidii, superante del li il calice, per i car- pidii relativamente grandi a rostro assai lungo , esternamente vil- losi e a semi fortemente papillosi. . Agnesae è inoltre affine coll’ A. indicum per avere il ciali ira per i fiori gialli, ascellari, solitarii, per il calice quinquelobato a lobi ovato-triangolari e per i carpidii a rostro piuttosto breve. Però 1.4. indicum è diverso dalla nostra specie per i seguenti caratteri: pianta perenne , legnosa, a caule molto ramificato, stipole quasi falcate, foglie ovali, cuoriformi alla base a lobi così stretti che quasi si toccano, cuspidate all’ apice, disugualmente e profondamente dentate e mollemente velutino - to- mentose; peduncoli florali appena eguaglianti il corrispondente pic- ciuolo; fruttificazioni composte di 15 a 20 carpidii , superanti del 181 doppio il calice, carpidii piuttosto grandi , di color scuro , ester- namente irsuti; semi papillosi. Quanto all’A. hirtum differisce dall’A. Agnesae per i seguenti caratteri : caule glanduloso - vischioso, perenne e lignescente alla base; stipole lanceolate, lamina fogliare pur essa lanceolata, cuo- riforme e con seno ampio alla ‘base, quasi cuspidata all'apice, dop- piamente ed irregolarmente dentata al margine , irsuto-scabra e quasi glandulosa; fiori in ultimo sovente racemosi con pedunculi più brevi del corrispondente picciuolo; calice rossiccio-tomentoso, a lobi largamente ovati; fruttificazioni di 25 o più carpidii di me- diocre grandezza, pallidi, con rostro brevissimo, esternamente pu- bescenti e a semi leggermente papillosi. Da quanto si è detto, questo nuovo rappresentate della Flora della Somalia Italiana è nettamente contraddistinto dalle altre spe- cie affini dello stesso genere Abutilon. A. Borzi Spiegazione della tavola X. Fig. 1. Ramo fiorent >» 2. Una atei » 3. Carpidio maturo isolato NB. Tutte le figure Sipprniià la pianta o le parti di essa in grandezza naturale. == IERRICARIIAEAARRE DITTITTTTT Gattung Brugmansia, Pers. in ENGLER'S Bot. Jahr. Vol. XX - Fasc. 5. (8) Faccio osservare che questa specie di Datura, dai aloe vi. stosi dei fiori, matura regolarmente i frutti nel Giardino Botanico di Palermo, dove ha per pronubi della impollinazione delle Sfingi (4) De CanpoLLe, Prodr. syst. nat. veg. Vol. XIII, Sect, LA pag. 538. ee teris:iche di elimi molto caldi, soggetti a periodi di forti acquaz- zoni, si comprende la efficacia di tali disposizioni. Disfacendosi le pareti del frutto, i semi divenuti liberi pos- sono essere facilmente dispersi dal vento, favoriti in ciò, ora da appendici aliformi, ora dalla particolare loro struttura e leggerezza. Il così detto testa infatti, in molti casi, costituisce. una sorta di mantello, spesso è di consistenza sugherosa. Restando i frutti appesi lungamente ai rami, può anche, se- condo le osservazioni del LAGERHEIM, aver luogo una dissemina- zione endozoica, per mezzo di Uccelli e Chirotteri, i quali frequen- temente vi si aggirano intorno e li perforano beccandoli o mor- - dendoli. II° Gruppo: Eudatura. Frutti capsulari eretti 0 curvi in giù, secchi, deiscenti per più o meno lungo tratto in alto. Specie annue eubiocarpiche. Questo gruppo è benissimo caratterizzato per molte altre par- ticolarità oltre a quelle su indicate. Ciò basterebbe, a mio credere, a giustificare la restituzione alla dignità generica dell’antico Genere Brugmansia, poichè in tal caso i criteri, biologici rispondono a reali importanti caratteristiche cari con ciò non resta che accettare la definizione proposta dal LAGERHEIM Presso le specie della Sezione che si Eudatura, è infatti da notare che i fiori sono sempre eretti; e, salvo qualche rarissimo caso (p. e. D. ceratocaula, ORTEG.), il babo corollino non raggiunge giammai quelle dimensioni così vistose come nelle specie del gruppo precedente. Esse sono piante distintamente sfingofile ; i fiori quindi di preferenza si aprono verso l’ora del tramonto ed allora essi tra- mandono un gradevole intenso odore (1). Oltre a ciò, è da notare che questo gruppo comprende delle piante erbacee di durata annuale, molto diffuse nei luoghi sterili, nei ter- reni ordinariamente smossi, o abbandonati, o spesso sabbiosi, e compiono la loro vegetazione durante il periodo della massima sec- ezza. Allora maturano le loro capsule e segue la disseminazione; di modo che i semi non rimangono molto a lungo allo stato di ri- poso e la loro Lasa s’inizia appena chiuso il periodo delle piogge. : o Di (1) Ho di ili osservato come agente della impollinazione la SERGE Convolvuli. és 135. Particolarmente, dal punto di vista della disseminazione si ha un eccellente criterio per scindere questo gruppo in due distinte sezioni di un valore, anche del tutto naturale sistematico. Esse SONO : I.® Sezione: Stramonium. Le capsule, completamente secche a maturità, deiscono regolarmente in alto, dividendosi in quattro distinte, ma brevi, valve. La posizione dei frutti @ perfettamente eretta, verticale, in modo che la disseminazione si compie per impulso del vento, il quale agitando i rami, provoca l’uscita e il lancio dei semi a una certa distanza dalla pianta madre. Certamente tale distanza deve essere piuttosto breve, tanto più che i rami sono rigidi o almeno privi di una sufficiente flessibilità; le stesse capsule sono sessili o fornite di un peduncolo del resto molto corto e assai robusto. Però è da considerare che un certo impulso, da determinare un discreto allontanamento dalla pianta madre può accidentalmente avvenire per effetto di scosse provocate dal passaggio di animali vaganti, . coll’impigliarsi questi tra i rami e urtando contro le capsule e par- ticolarmente contro i robusti aculei, di cui quasi tutti i frutti delle specie di questo gruppo, sono rivestiti. Questo caso, come ho po- tuto direttamente costatare, è abbastanza frequente nella D. fe- rox, specie molto comune_in Sicilia, tra i campi e lungo le vie di campagna molto battute da buoi e altri animali. Essa cresce du- rante la estate e comincia a fiorire verso i primi di settembre; le capsule sono già mature e deiscenti in ottobre. Allora ha luogo la disseminazione e i semi rimangono allo stato di riposo per tutta la durata del periodo delle piogge e germinano in principio della estate. I semi di tutte le specie appartenenti a questa Sezione ‘sòno. i tondi e schiacciati dai due lati, da prendere quasi la forma di uno | = disco a margini turgidi o tondeggianti. Hanno una tinta nericcia più o meno opaca e sono lisci o lievissimamente granulosi. Pre- sentano da un lato, verso l’alto, sul margine la traccia di una @- sigua fossetta di color grigio corrispondente alla inserzione del fa nicolo e nel tempo Stesso alla posizione del micropilo. Del resto null’altro di notevole offre la loro struttura, nessuna produzione di + | carattere appendicolare che possa corrispondere a un modo di dis- seminazione per mezzo di animali sonici il caso An ri del .* Sezione : Metel. L ial stteri di questo span | 21 consiste nella spiccata mirmecoria di tutte le specie. che vi i appar: - ro In armonia a questo carattere, le us te 136 pesse e carnose in principio di maturazione e nel tempo stesso allora erette, divengono a maturità compiuta secche, si curvano in. giù sul loro breve e robusto peduncolo, e infine si spezzano irre- golarmente in frammenti di differente grandezza, in modo che i semi, caduti immediatamente sotto la pianta madre, vengono poi dispersi e trasportati a maggiore distanza dalle Formiche. Si tratta unque di una stirpe biologica distintissima dalla precedente e per eccellenza mirmecora, tenendo appunto conto dei caratteri della dis- seminazione. Per intenderci sulla estensione da dare a questo gruppo, dirò che esso sistematicamente comprende le due sezioni del Genere Datura distinte dal BERNHARDI nella sua nota Monografia (1) e dal DunAL coi nomi di Dutra e Ceratocaulis. Dal punto di vista sistematico si potranno tenere distinti questi due gruppi per il atto che le specie riferite alla sezione o sottogenere Dutra pos- siedono un calice che si circoncide trasversalmente prima della fioritura, mentre nell’altro gruppo il calice persiste sotto forma di una spata, a somiglianza delle Brugmansia, e solamente si apre nel senso longitudinale per dar passaggio al fiore. Il carattere di bacca attribuito dal WETTSTEIN nella Monografia delle Solanacee delle Planzenfamilien (2) ai frutti dell’unica specie di quest’ul- timo gruppo, la D. ceratocaula, ORTEG. non regge, perché, secondo le mie osservazioni, il frutto presenta a completa maturità i ca- ratteri di una capsula deiscente irregolarmente. Essa è liscia al- l’esterno, verde e leggermente carnosa in principio di sviluppo; la quale circostanza può solo giustificare l’asserto del chiarissimo _ autore. ° Come tipo di questa sezione, assumo la Datura Metel e tanto questa specie, che cresce inselvatichita in Sicilia, quanto la Datura alba, proveniente da semi raccolti nella Somalia, sono state oggetto delle mie osservazioni. Le altre specie, riferentisi allo stesso tipo, sono state studiate sul secco; cioè la D. ceratocaula, e la D. fa- stuosa. La mirmecoria di tutte saga specie merita per un momento la nostra attenzione. È in generale da osservare > che il fenomeno della mirmecoria (1) In Linnaea, VII, litt. 115-144, (2) ENGLER e PRANTI, vol. IV. 3 B, p. 27. 137 comprende, giusta la definizione data dal SERNANDER (1) il com- plesso di tutti quegli adattamenti intesi ad assicurare la dissemi- nazione di frutti o di semi per mezzo delle Formiche. Un impor- tantissimo contributo di osservazioni originali è stato apportato da questo Autore alla conoscenza di siffatti meravigliosi rapporti fra piante e animali. Egli ha in modo particolare il merito di avere chiarito, colla prova sperimentale, e spiegato il signiticato biolo- gico di tutte quelle produzioni proprie di molti semi, conosciute coi nomi di arzllo, strofiolo e caruncola, dimostrandone la impor- tanza come organi di adescamento per le Formiche ; e ciò partico- larmente nel caso in cui esse presentano una Sodisisteist carnosa. Alla quale ultima particolarità si aggiunge spesso quella di conte- nere all’interno dei loro tessuti una materia oleosa capace di eser- citare una forte attrattiva su questi animali; d’onde il nome di eleiosomi proposto dal SERNANDER per indicare tali organi di ade- scamento. ? Forse è da osservare a proposito del’ significato particolare di questa parola, chela materia che forma oggetto di attrattiva per queste piccole bestie non è sempre dell’olio; qualche volta può essere dello zucchero e anche dell’amido, come è il caso nei semi di Datura della sezione Metel, come ora si dirà. Le Formiche sono, come è noto, degli animali molto ghiotti e ricercano, appetiscono qualunque sorta di alimento. Una denominazione più generale si potrebbe io credo riconoscere opportuna e forse la parola epagogo (dal greco èrajoyhg, attrattivo) avrebbe un signi più rispon- dente al concetto. Comunque sia, il lavoro del SERNANDER è il più completo che - si abbia sulla funzione disseminativa per mezzo di Formiche e quantunque ristretto alle piante della Flora europea, esso contiene i fondamenti generali di una monografia di tutti i vegetali mirme- | corici e può servire di punto di partenza a più estese osservazioni. Specialmente la vegetazione dei paesi meridionali, come 1’ egregio | ‘Autore nota, può offrire molta materia di studio su tale argomento; E, | ne sono prova le specie di Datura delle quali è qui parola. — i34 Riferendoci appunto a queste, la spiccata mirmecoria come si ; | è detto, risulta dalla posizione delle capsule, che, a compiuta ma- | turazione, sono rivolte in giù, verso il terreno. I semi non è ne- 000° cessario che cadano a pochi per volta e a intervalli, così come ac- . cade quando l’agente principale della dispersione è l'impulso che a (1) R. SERNANDER, Ertwwrfeiner Monographie der curopichn riesi Stockholm-Uppsala, A Pali. 188. essi ricevono sotto forme di scosse, da parte specialmente del vento, così come si osserva nelle specie della sezione Stramonium Per questa ragione la irregolare maniera di aprirsi delle cap- sule nelle D. Metel, alba ecc. in frammenti talora molto grandi a partire dall’apice, permette che le capsule stesse si svuotino piut- tosto rapidamente. I semi pervenuti a terra sotto la massa degli . organi vegetanti della pianta, possono ben presto allontanarsi tra- sportati dalle Formiche. Essi sono un po’ più ssi di quelli delle specie del prece- dente gruppo, poichè misurano un diametro massimo di 5 mm., mentre negli altri si hanno dimensioni che non superano i 3 mm. La loro forma, nelle D. Metel, alba, ceratocaula e fastuosa, si potrebbe dire brevemente reniforme, od ovale-acuta e fortemente depressa o concava da un lato, colle facce piane, o tondeggianti, oppure turgide, salvo nella regione corrispondente alla incavatura sino alla parte che termina in punta, ove si ha la traccia di una scannellatura più o meno profonda. La punta corrisponde alla po- sizione della radicula e quindi alla regione micropilare, dalla quale precisamente si parte e scorre in giù, lungo il dorso del seme, la detta scannellatura. Questa, nei semi delle specie della sezione Stramonium, è rappresentata da quella esigua fossetta laterale sul cui fondo sbocca l’apertura micropilare; il considerevole sviluppo che essa prende nelle specie mirmecore del gruppo di cui ci occupiamo, potrebbe essere preso ‘anche come criterio sistematico distintivo dei detti due gruppi. Tale | carattere però è sempre in dipendenza delle differenze biologiche che intercedono fra le specie dei gruppi stessi. Difatti l’estesa fossetta dorsale dei semi di D. Metel, alba, ecc. corrisponde alla inserzione di un eleiosoma molto sviluppato, che riveste, non soltanto le pa- reti della fossetta, ma sporge dai margini di questa e si solleva per gran tratto al di sopra della estremità micropilare e in taluni casi anche abbraccia per oltre una metà il contorno trasversale del seme. Tutta la massa dell’organo è di consistenza carnosa e prende un colorito bianchiccio che facilmente risalta sulla. superficie del «seme; la cui tinta varia dal bruno chiaro al nericcio e presenta alla superficie sui rilievi irregolari come sporgenze O) tubercoli (O) croate minutissime. Nei semi allo stato secco Veleiosoma in apparenza manca, ma tenendo a lungo i semi stessi nell’acqua, esso prende a poco a poco to. Per questa circostanza la presenza di quest’organo è finora CI sfuggita alla considerazione degli autori, nonostante il volume con- siderevole che esso presenta. Studiando la struttura dell’eleiosoma, si rileva anzitutto una grande omogeneità. Esso è composto da una massa continua di pa- renchima a cellule tendenti a disporsi in serie o strati paralleli. Verso il centro le cellule offrono una disposizione meno regolare, sono quivi più piccole e divengono sempre più grandi verso la pe- riferia. L’ultimo strato superficiale, a mo’ di una sorta di epider- mide, è costituito da elementi alquanto convessi verso lo esterno. In tutto le pareti cellulari sono sottili, di trasparenza vitrea e in uno stato di tensione notevole a causa dell’abbondante liquido con- tenuto nella cavità. Caratteristica è però la grande copia di amido che le cellule racchiudono. Questa materia si addensa in tutta la cavità; i granuli sono tondi, e non mostrano notevoli differenze di grandezza; misurano da 4 a 7 micr. in diametro. Nessuna traccia di altra sostanza organica ho potuto costatare ; specialmente l’olio vi è completamente assente. È di qualche interesse il precisare il valore morfologico degli eleiosomi. Bene opportunamente il SERNANDER faceva rilevare la confusione che esiste negli autori circa al significato delle denomi- nazioni arillo, caruncola e strofiolo. In sostanza si tratta di produzioni appendicolari di struttura parenchimatica, dipendenti da segmentazione di gruppi più o meno — estesi di cellule provenienti dagli strati superficiali del tegumento . seminale ; il quale processo si effettua a una distanza più o meno variabile dal punto d’inserzione dell’ovolo e può anche procedere a dirittura dalla base del funicolo. Dal maggiore o minore grado di sviluppo che assumono tali produzioni, e dalla posizione loro, derivano svariate disposizioni e forme, il cui valore biologico resta in molti casi ancora da chiarire. Nelle specie di Datura di cui è parola, l’eleiosoma proviene in particolare da un piccolo gruppo di elementi dello strato superficiale dell’integumento dell’ovolo, i quali in seguito a reiterate segmentazioni, vanno a costituire la massa dell’organo. Il centro evolutivo é posto fai la linea dorsale del- l’ovolo e propriamente al punto dove cessa il così detto rafe e si stacca il funicolo. L’ovolo è, come sappiamo, distintamente anfitropo e l’apertura del micropilo viene a corrispondere lateralmente e a una certa distanza dal punto” d’inserzione del fanicolo, in modo che l’eleiosoma si svolge quasi allo stesso livello dell’apertura micropi- lare. Si può dire che questo prenda origine alla sommità del rafe © 0 forse meglio da quella porzione di fanicolo che percorre il dorso ; dell’ovolo nemo con | questo concrescente. In sogni modo il centro — , di formazione é costituito da pochi elementi, i. quali si dividono prima tangenzialmente e quindi per ripetute scissioni radiali, con- tinuano ad accrescersi. Ne deriva quindi una sporgenza mammel- lonare, che si stacca da una sola parte di perimetro dell’integu- mento e poco a poco continuando a crescere si estende in giù e ai . lati per un certo tratto e infine assume i caratteri su descritti. In tutti i casi,-la base del funicolo rimane libera ed esclusa dal pro- cesso formativo. Per effetto di tale modo di formazione, gli elementi dello strato superficiale dell’ovolo, soggetti a siffatto svolgimento, rimangono esclusi dal prendere parte alla formazione del tegumento seminale. Epperò il tegumento stesso presenta nel punto corrispondente alla inserzione dell’eleiosoma una soluzione di continuità, nel seme ma- turo, che riveste il carattere di una depressione in forma di scannel latura, precisamente quella che abbiamo notato sulla regione dor- sale del seme. E di fatti le cellule superficiali del tegumento ovu- lare destinate a costituire in definitivo lo spermoderma, si accre- scono alquanto in volume, ma non subiscono alcuna segmentazione tangenziale, divengono molto grandi, assai convesse al di fuori e cinte in ultimo di robuste pareti, costituiscono intorno al seme un integumento molto compatto e solido. L'ufficio biologico dell’eleiosoma dei semi di Datura, come or- gano di allettamento per le formiche non ha bisogno di una diretta dimostrazione sperimentale, poichè nelle mie osservazioni ho fre- quentemente sorpreso individui di Aphaenogaster.barbara e di La- sius niger in atto di trascinare a parecchi metri di distanza dei semi provvisti di eleiosoma, ed ho potuto anche costatare con quanta attività queste sorta di Formiche si aggirano intorno ai cespugli di Datura Metel e alba, mentre lasciano in disparte i semi di Datura (eroe, i cui semi mancano di eleiosoma. A. Borzì. RENGER sa NI n Br ®- È ‘TIZI OY "9/N2715 “IENA (* PR; L, \k *erog ‘27025 va UE Reg gp liceo bio ce ferri Spiegazione della Tavola XI. È Datura alba, L. Fig. 1. — Una capsula matura in atto di rompersi cdi denis abbandonando i semi sul terreno. bd Un seme isolato con eleiosoma €) sb, tà stesso seme senza eleiosoma 4)- se È «+» 4. — Ovolo fecondato, p; traccia del tubo pollinico, sn; nio — — | Lea >. pilo, f; base del funicolo, g ; area formativa dell’eleio-. , a soma, e; usa dell’integumento destinata a costi- > ; tuire lo lo etrat no solido dal + gu va dal seme (ee 7) Me di — Lo stadio della figura TA più ingrandito. e) » 6, — ‘Lo stadio precedente visto. dal dorso (3) > T— Sezione lungo il tegumento E un seme miaturo © co 5 | ada anche l’eleiosoma (È — Sezione longitudinale di un Se luppato, come nella II | dito. (> . = ‘figura data dallo stesso), quale Linxgo la riporta, è la seguente : Osservazioni sull’Oxalis cernua, Tuuss. I, NOTIZIE STORICHE. L’Oxralis cernua, THUNB. è ormai, dopo poco più di un secolo dalla sua introduzione in Europa, una delle piante più comuni per tutto il bacino del Mediterraneo, anzi in alcune località da febbraio ad aprile prende addirittura il sopravvento su le altre specie. Se fos- simo sicuri dell’esattezza della citazione di LINNEO (1), potremmo dire che il BURMANN (2) sia stato l’autore che primo abbia fatto men- zione di questa specie. La frase del BURMANN _(opntocale alla _ « Oxalis bulbosa, pentaphylla et exaphylla, floribus magnis luteis ». | edizione con la frase: « Foliola obcordata, biloba, s. semibifida, obtusa, cn tenera. Flos flavissimus ». Adunque Linneo nel- Ora le foglie di O. cernua ‘non sono divise in cinque 0 sei foglio- . line; Linneo se ne accorse e sin dalla prima edizione delle sue Ypecies Plantarum defini quest’ Oralis con la frase: « Scapo um- bellifero, foliis ternatis, bipartitis »; e meglio ancora nella seconda 3 IC LinxEO C., Bawoize Plantare, ed. 1è HA pi 484; ed. ga 1762-63, 3 p. 6: LÌ Bonsasti J., Rar. Afr. Plant. Dee. tert. p. 80, t. XXIX. 148 l'epiteto di pentaphylla et eraphylla del BURMANN non scorse dif- ficoltà per connettere la specie del BURMANN alla propria che egli chiamò Oralis pes-caprae. E forse Linneo non aveva torto ne riunire in una l’Oxralis del BURMANN e la sua Qwalis in quanto che, se si toglie quella differenza nei caratteri della foglia, tutto quanto dice il BURMANN ben si attaglia alla specie linneana. Anzi la sinonimia che egli cita da SHERARD: « Trifolium acetosum a- fricanum » e da WITSEN: « Acetosa africana trifoliata », fa sup- porre che la pianta da lui descritta fosse davvero trifoliolata e che, come pensa il RIPPA (1), egli ne abbia improntato la descrizione non dal vivo, ma dalla figura la quale erroneamente la rappresen- tava pentaphylla et exaphylla. Pertanto qualche dubbio resta an- cora intorno all’identificazione dell’ Oralis del BURMANN con quella di Linneo. Per lungo tempo anzi, non ostante l'autorità del grande Naturalista, se ne fecero due specie distinte. Il JAcQUIN (2) fu il primo ad accogliere un’O. Burmanni distinta dalla O. pes-caprae di Linneo, fondandosi appunto su le differenze fogliari. Egli mutuò la descrizione dal BURMANN stesso ed infine aggiunse questa osser- vazione : « LINNAEUS cum Oxalide cernua coniunxit, a qua videtur ob folia quam maxime diversa ». Fra gli altri anche il DE Cax- DOLLE nel Prodromus (3) accetta VO. Burmanni di JACQUIN; tuttavia bisogna dire che, contrariamente all’asserzione del RIPPA (4), prima dell’HaRvEY e SONDER (5) già anche EcKLON e ZEYHER (6) l’avevano riunita alla O. cernua. i a una confusione ben maggiore e più ‘grave si fece in seguito | intorno alla specie linneana. Come abbiamo già detto, LunnEO alla |. nostra Ozalis diede il nome di 0. pes-caprae e la frase datane nella 1* ediz. delle sue Species Plantarum egli precisò meglio nella 2* ediz., talchè non può sorgere dubbio sull’ identità dell’ Oxralis da lui dencciila e quella nostra. Intanto nel 1781 vedeva la luce una dissertazione sulle Oralidacee SOPRA dal THUNBERG a: (1) Rippa G., Ulteriori osservazioni sulla Oratis cernua. ti n Bot: ea lettino del R. Orto Botanico di Napoli, Tom. II, 1904, p. IT (2) Jacquix Nic. Jos., Oralis. Monogr. 1794 p. dl. (3) DE CANDOLLE A. P., Prodromus, 1824 vol. I. pe 695. (4) Op. cit. (5) Harvey et SONDER, Zio sea, 1859-60, Vol. 1 pi 948, (6) EckLoxn et ZevHER, Enumeratio Plantarum Aftigne. Austra- 20 z lis extratropicae, 1836, p. 84. fel (7) TAUNBERG C. Pi; Dissertatio de Sosa 1781 n pa = DSa In quella memoria vengono descritte altre specie di Oralis, fra cui una acaule, con fiori eretti e purpureo -cerulei, alla quale l’autore riferiva 1’ O. pes-caprae, LINN., ed appropriava il nome di O. caprina, chiamando O. cernua la vera O. pes-caprae di Lax- NEO. Non si tratta qui dunque di un semplice cambio e sostitu- zione di nomi, ma di una vera e propria confusione di specie, poichè pel THUNBERG 10. pes-caprae di LinNnEO non corrisponde all’O cernua, ma all’O. caprina. Sino a quell’epoca gli autori erano stati. concordi nel nome linneano, così WANNMAN (1), MuRrRAY (2), REIcHARD (8). Ma com- parsa la sopradetta dissertazione, gli autori non si accorsero della sostituzione di nomi e di specie ivi commessa, e continuarono nella confusione ingenerata dal THuNBERG. Quel che è strano, financo il MURRAY, l’autore della XIII edizione del Systema Vegetabilium, ove aveva accettato la specie definita da LixnEo, nella XIV edi- zione (1784) menziona l’O. caprina e come sinonimo l°0. pes-ca- prae; poi menziona l’O. cernua citando il THUNBERG e non citando Linneo. Cosicchè anche per MurRAY 10, pes-caprae era identica con l’0. caprina e non con la cernua ! Finalmente il JACQUIN (4) si accorge dell'errore del THUNBERG e dice chiaramente che 1’0. cernua non è che VO. pes-caprae di LINNEO ; tuttavia accetta la nomenclatura del THUNBERG, con questo però di Ai che ormai in JACQUIN c’è soltanto sostituzione — di nomi, non confusione di specie. An the il SAvIGNY, nel suo articolo dell’ Encyclopédie Métho- dique (5) vide chiaro nella cosa; anzi, identificata 1'O. cernua, THUNB. con 1°O. pes-caprae, LaNy. dice di ignorare per qual ra- gione il THUNBERG abbia fatto tale sostituzione di nomi Dopo questa fortunata constatazione di JACQUIN e di SAVIGNY ci si aspetterebbe che o si ritornasse alla nomenclatura linneana o per lo meno che, accettata la sostituzione di nomi fatta dal THUN- BERG, sì cessasse dalla confusione delle specie e non si facesse più nti % CARL, Heng. Wannman., Flora capensis. In CAR. TANA Amoenitates Academicae, 1760, vol. V p. 366. (2) Murray, Épicona Veget. Ed. XIII. 1774, p. | (3) Car. LinnaEI, Systema Sai i Editio novissima ste. cu- rante Lol: REICHARD. vol. (4) Op. cit. n. 16, t. 6, ic (5) DARAROK-d: B., Enc. Méth. 1796, tom. IV. p. 685. 145 lO. pes-caprae sinonima dell’ 0. caprina. Ebbene il WILLDE- NOW (1) nell’edizione delle Species Plantarum da lui curata, stam- pata 5 anni dopo l’opera del JAcQUIN e 8 anni dopo l’articolo del- l’Encyclopéedie Méthodique ritorna all’errore del THUNBERG con la relativa confusione delle specie. E diré che cita il JAcQUIN! Lo stesso fa ArroN (2), lo stesso DE CANDOLLE (3), lo stesso DIe- TRICH (4) e così via fino ai nostri giorni. Il DE CANDOLLE anzi ha fatto qualche cosa di più grave, perchè ha distiito un’ 0. ca- prina a scapo ombellifero, 2-4 floro, a fiori eretti e ceruleo-incar- nati (come vedesi l’O. caprina di THUNBERG), attribuendola a LINNEO ; un’O. cernua (cci caratteri dell'O. pes-caprae, L.) attri-" Iioidola (giustamente in quanto al nome) al TAUNBERG, ed un’0. pes-caprae, SAv, identica alla cernua. Cosiechè dopo DE CANDOLLE si ha un’O. pes-caprae, L. ed un’O. pes-caprae, Sav.; ed anche quest’errore si è continuato negli Autori successivi, pi es. DIE- TRICH ed EncLER. Inoltre 1’ 0. pes-caprae , Linn. è stata col- | tivata negli Orti botanici sotto il nome di 0. caprina (JAcQUIN, DE CANDOLLE, ete.). Riassumendo, si può tare il seguente quadro che dà un saggio «ella confusione ingenerata primamente dal THUNBERG : . pes-caprae, L. — O. cernua, VHUNB. (0) 0. pes-caprae, L. — 0. caprina, THusB. O. pes-caprae, Sav. — 0. cpl THUNB. O. caprina, L. — 0. caprina, THUNB O. caprina, HorTt. — 0. cernua, ri (5) Nè qui è tutto. Difatti nel 1824 il Viviani pubblicò il suo Florae lybicae specimen ove, tra le altre piante mandategli da DELLA- CELLA, descriveva una nuova Owxalis sotto il nome di 0. lybica. Ma V° 0. lybica, Viv. non è altro chel’O. cernua, THUNB., come é facile convincersi già dalla stessa descrizione del VIVIANI. (1) CAR. LinnÉ, Species Plantarum ete. eur. n Lup. Winupe- NOW, 1789, Tomo II. p. 787. (2) POSE W. ,Hortus Kewensis. London 1811, Vol. IL (3) Op. cit. (4) Dabavà D., Synopsis Plantarum 1840, CE: 2 p. 1607. (5) In seguito vi furono autori (ate Munsy, Loya- CONO, etc.) che usarono la denominazione di O. cernua, LINN. il Riepa (Su di un’Oxalis spontanea nell’Orto Botanico di Napoli) | crede che l’Oratis Sarai SCHLCHT, sia nient ‘altro che l’O. cer- nua, THUNB Ogni dubbio poi cessa dal tutto se si pensa che ZuccARINI (1) ebbe agio di confrontare in presenza dello stesso VIVIANI l’ esem- plare di DELLA-CELLA, conchiudendone che 1°0. lybica, Viv. non differisce dall’O. cernua, THUNB. Io poi ho potuto esaminare nel- ‘l’Erbario del nostro Orto Botanico gli esemplari raccolti da RE- - VERCHON nel 1882 a Creta ed in Corsica e che egli indica appunto col nome di O. Iybica, Viv.; or quegli esemplari non appartengono ad altra Oralis che alla cernua. Tutti gli autori invero sono d’ac- cordo nell’identificare 1° O. Zybica, Viv. con 1° O. cernua, THUNB., se si eccettua il RipPA (2) che nutre un lievissimo dabbia, del quale io veramente non so rendermi conto, data la chiarezza dei caratteri più importanti riferiti dal ViviANI nella sua descrizione. Cosicchè, essendo una e medesima specie 1’0. Iybica, Viv. e 10. cernua, THUNB.; si è aggiunto un altro nome ai numerosi che si avevano per indicare la stessa specie. Ma il più grave è che il Go- DRON (3) descrive un’Oxralis raccolta in Corsica che egli dà come O. lybica, Viv., la quale però pei caratteri, che egli ne riporta, molto probabilmente va riferita all’O. compressa. Pertanto la deno- minazione del Viviani è altra fonte di confusione. Così stavan le cose, quando il BaLL (4) nel 1878 credette di poter asserire che 1’ O. sericea, LIxN. FIL. (sic) e O. compressa, JAcQ. (sic) (5) non sono che l’una la forma mesostila ; 1’ altra la torma longistila dell'O. cernua, THUNB., cosicchè queste tre forme costituiscono una sola specie. Noi destano ritornare in un para- grafo speciale sul trimorfismo di O. cernua, e perciò ci basti per ora di affermare che il BALL è stato non molto felice e che il suo asserto non è valso ad altro che ad aumentare la lista dei nomi con cui lO. cernua viene designata e delle specie con le quali viene confusa. Da Junta abbiamo detto resta assodato che il nome specifico di caprina appartiene a THUNBERG e non a LiNNEO, quello di pes- caprae appartiene a LINNEO e non a Savieny, che 1°0. caprina, THUNB. è è specie ben distinta dall’O. pes-caprae, Linn., la. quale 1) Zuccarini F. b., Nachirag zu der ce Monograi der Ameri- Hail Oxalis-Arten. Minchen 1831 ‘(2) Op. cit. (3) GRENIER et Gopnos, Flore de' France, 1848. seggi III. p. 326. (4) Bank J., Specilegium Florae Maroccanae 1878, (5) Queste du dora erano state create anch'esse dal Ranco = 147 invece è la stessa cosa con 1’ O. cernua, THuNB. Posto ciò, per la legge di priorità, dovrebbe abolirsi il nome di 0. cernua e rimet- tersi in onore l’altro di O. pes-caprae, LINN., anteriore a quello; ma il nome specifico thunbergiano ha preso talmente il soprav- vento su quello linneano che noi stessi abbiamo. creduto conveniente di lasciare, in quanto al nome, le cose nel loro stato. Però dopo gli esperimenti dell’HiLpEBRAND, dopo gli esperimenti e le memo- rie del RIPPA, dopo il presente mio lavoro, è lecito sperare che cessi intorno all’ O. cernua , THUNB. la deplorevole confusione che per opera del TRUNBERG si é fatta, ma che per merito del JACQUIN e del Savieny si sarebbe dovuta già da gran tempo eliminare. sa La patria d’origine dell'O. cernua, THUNB. è il Capo di Buona Speranza. A quanto noi diciamo soltanto Linneo parrebbe che contradica ; difatti egli afferma nelle sue Species Plantarum che quest’ Oxalis € originaria dell'Etiopia. Ma tale contradizione cre- diamo sia soltanto apparente. Difatti il WANNMAN (1) scolaro di LINNEO e che scrisse nel 1759, cioè molti anni prima della disser- tazione del THUNBERG, e che quindi come unica fonte ebbe forse soltanto il suo Maestro, nell'elenco che egli ci dà delle piante ca- pensi descritte nelle Species Plantarum comprende anche 10. pes- caprae, che poi, come abbiamo detto, fu dal THUNBERG chiamata O.cernua. È chiaro dunque che pel WANNMAN e perciò anche per LINNEO (2), la parola Etiopia girava più ampia che non adesso, in- | tendendo, forse, in generale tutta la parte inferiore dell’ Africa o tutta l’Atrica addirittura ; il che sembrerà ancor meno inverosimile se sì pensa Sn non raro in Linneo di indicare le località con una parola generi Ma il Wale ®) che scrisse dopo il Tuosnno, scopri en (1) O TRES (2) Le "sai Academicae sono ‘qualche cosa di più che ui semplici tesi di laurea composte sotto la direzione di Linneo, perchè 3 il Maestro vi pigliava talora talmente parte che in seguito le ebbe: a considerare quale cosa propria, come appare da varie citazioni che egli ne fa siccome a suoi scritti. (8) Virman re Summa Plantarum, Mediolani 170, P. 198. 148 ; la- contradizione e, ignorando molto probabilmente il lavoro del WANNMAN, non seppe decidersi e nell’indicazione dell’ Habitat mise dei semplici puntini. In tempi posteriori lo ScHWEINFURTH (1) scrisse che IO. cernua è originaria dal Giappone, ma ciò deve credersi semplicemente un lapsus calami. Quando poi si riconobbe che VO. Iybica, Viv. non era altro che 1’ 0. cernua, THUXB., la quale era inoltre così diffusa nel Nord-Ovest dell’Africa, fuvvi chi la credette (CHRIST, CRUGNOLA) indigena anche per 1’ Africa setten- trionale; su questo punto dovrema ritornare fra poco. Il primo autore che accenni alla coltivazione dell’ O. cernua nel nostro continente è il JAcQUIN (2) il quale dice che già si col- tivava, sotto il nome di 0. caprina, nell’Orto. di Kew e in molti altri Orti dell'Europa. Certamente, numerosi essendo gli Orti che la possedevano, l’introduzione doveva datarne da molto prima, e l’ArroNn (3) difatti per l'Orto di Kew assegna l’anno 1757, Nel 1796 compare l’articolo del SaAviGnY_ nell’ Encyclopédie Méthodique, nel quale dice che égli aveva studiato gli esemplari in sicco dell’erbario di LAMARCK, ma quegli esemplari erano stati presi viventi dal Jardin des Plantes, il che significa che nel Jar- din des Plantes l'introduzione non fu posteriore al 1796. In quanto al nostro Orto Botanico possediamo con certezza la data d’introduzione dell'O. cernua, THUNB., che va dal 1790 al 1796. Difatti Fra BERNARDINO DA UcRIA nel suo Mortus R. Pa- normitanus (1789) non fa menzione della nostra Oxalis e. pari- menti G. Tixeo nel suo Index Plantarum Horti Botanici Acade- miae R. Panormitanae del 1790 come nella Synopsis dello stesso . anno; però la Synopsis Plantarum Horti Botanici Academiae R. Ponormilandi del 1796 porta non solo l’O. pes-caprae, ma financo la varietà flore pleno, onde pare.che il TinEo sia stato il primo che abbia posto attenzione alla nuova forma. E qui vorrò osservare che, come il nostro Orto non fu tra gli ultimi ad arricchirsi della nuova pianta, ebbe ancora il merito di conservare a lungo, in quanto al nome, la bella tradizione linneana; soltanto nel 1827 il Tineo figlio (4) accoglie la nomenclatura thumbergiana. (D "ue, G, Florae. Sardoae Compendium, 1884 p. 157. (2 Op. e (3) Op. Fa L’Arron ci fa sapere anche che fu il sa ad in- trodurla nell’Orto di Kew. (4) Tinro V., Catalogus Plantarum Horti R. Panormitani, 1827. ETA Per l’ Orto Botanico di Napoli VO. cernua fu segnalata da TENORE (1) nel 1813 e parimenti per Napoli dallo STELLATI (2) nel 1818; .nel 1821 Gussone (3) la notò pel R. Orto di FRANCESCO DI Bosone a Boccadifalco presso Palermo. Fin qui lO. cernua, THUNB. non è apparsa negli Autori che come coltivata, ma nel 1824 il Viviani (4) la segnala come spon- tanea nella Cirenaica sull’esemplare ivi raccolto da DELLA-CELLA nel 1817. Al qual proposito è utile ricordare il dubbio di AscHER- son rilevato da DURAND e BARATTE (5), che, cioè, l'indicazione di DELLA-CELLA di aver raccolto quell’esemplare nei prati della Ci- renaica non sia esatta e che invece egli l’abbia dovuto raccogliere presso Tripoli, poichè l’ O. cernua in Cirenaica «....... .. auralt sùrement été observée par des nombreux voyageurs qui y ont her- borisé ». Dunque l’O. cernua apparrebbe come spontanea nel 1817; nel 1853 il GrEcH-DeLICATA pubblicava la sua Flora Malilimie nella quale è detto che questa specie era spontanea a Malta fin dal 1811. Perciò la prima osservazione dell'O. cernua come naturaliz- zata cade nel 1811. La notizia data da GRECH - DELICATA ci mette in grado di spiegare come mai l’O. cernua siasi resa indigena anche nella Tripolitania e nelle regioni limitrofe. Malta, a nostro parere, come punto d’approdo di navi inglesi provenienti dal Capo di Buona Speranza, fu la prima località d’introduzione inconsapevole dell'O. cernua che, incontrandovi ottime condizioni di vita, vi si rese tosto spontanea ; e Malta fu poi il centro d’irradiazione per la Tripoli- tania e per altre località del bacino Mediterraneo. Nel 1826 KELAART (6) nota lO. cernua a Gibilterra. Dal (1) TENORE Di, Catalogus Plantarum Horti regi Nenpaitani nd “ annum 1813. (2) SteLLATUS V., Catalogus Plant. quae i in Horo: Botanico ad usum Collegii Modice Unicargia! coluntur. Napoli 1816. — (3) Gussone G., Catalogus Plantaru im quae. asservantur i in sa . Horto Serenissimi Fusi Borbonii etc. Napoli 1821. (4) Viviani D., Florae lybicae Specimen, 1824 p. 24-25. (5) DuranDp et BaratTE., Florae lybicae ge 1010" sa (6) KeLaart EL, Flora sloua London 1 x \ pd 1836 al 1837 Marcot (1) la raccolse nei luoghi coltivati di Zacinto. Nello stesso anno 1887 viene una nuova segnalazione da parte di MoRIs (2) per la Sardegna, il quale scriveva : « Stirps (O. cernua) perennis, promontorii Bonae Spei indigena, circa Orri vulgata et spontanea facta est ». Il TORNABENE (83) è stato il primo ad indicare 10. cernua come spontanea per la Sicilia, dicendo che nel suo Orto è « siffat- tamente diffusa che pare indigena e doversi tenere a vile »; però l'osservazione, rimasta inedita fino al 1872, era stata già fatta dal PARLATORE (4) il quale così narra la prima diffusione dell'O. cer. nua: «To ben rammento quando di questa specie non era nem- meno una pianta vicino a Palermo, e sono anzi stato testimone del modo come essa vi si è introdotta ed estesa, avendo veduto but- tare dal R. Orto Botanico una carretta di spurgo, nel quale erano alcune piante di questa Oralis, nel vicino piano di S. Erasmo.. Ciò fu verso l’anno 1836. L’anno di poi cominciai a trovare quella pianta nel detto piano di S. Erasmo, poi al vicino ponte dell’Am- miraglio, poi nei campi vicini e così di seguito lasciata Palermo nell’anno 1840 e tornatovi nel 1848, nel 1845, nel 1848 e nel 1868, la vidi estesa per molte parti di Sicilia ». Nel 1840 questa specie viene introdotta nella colonia di ADE- LAIDE (5) nell’Australia del Sud, come pianta ornamentale e tosto comincia a naturalizzarsi, tanto che il Prof. DeLPINO (6) mel 1880 potè scrivere : «....... ingombra i giardini e minaccia i campi di frumento. Si moltiplica per bulbilli e non vedesi modo di liberar- sene. Eppure i primi bulbilli si vendevano, dicesi, 2 scellini e più ciascuno. Disgraziato acquisto! ». Nel 1847 l’ O. cernua viene notata dal MunBY To per |’ Al- geria, dove fu scorta «sui margini della strada a El-Biar, proba- . (1) Boissier E., Flora Orientalis, 1867, L I, p. 867. (2) MoriseG. G., Flora Sardoa, 1837, Vol. . p. 962. - (3) TORNABENE F,, Sopra alcuni fatti di Ancionià © e Fisiologia > a vegetale. Memoria 3 ‘1888 (4) ParLatoORE F., Flora Saloni 18%, Vol..V, p. 258. anno di va Flore SAlgie 1847 pi 45. x: Dalla e Wiener Itustrirte Gart n Zeitung» * october 1508, I ss pre Duo Py In Annuario Scientifico Industriale A Treves, da $ 151 bilmente scappata da un giardino ». Ma nella 2* edizione (1866) è detta subspontanea. Nel 1848 cadrebbe la constatazione di GRENIER e GODRON (1), (0 meglio di GopRon, essendo questi l’autore del paragrafo con- cernente le OxraZis) per la Corsica; ma, come abbiamo già in precedenza osservato, 1’ O. lybica del Gopron, raccolta a La Cha- pelle des Grecs presso Ajaccio, è ben altra dall’ O. 2ybica, VIV., alla quale egli l’aveva identificato, dovendo essa piuttosto riferirsi all’O. compress Nel 1851 iL ade (2) indica VO. cernua per la Spagna a Barcellona ; nel 1852 il BoLLE (3) la raccolse nelle Canarie. Nella Géographie Botanique, pubblicata nel 1855, il DE CANDOLLE figlio constata come già lO. cernua siasi propagata in numerose regioni del bacino mediterraneo, fondandosi su la fede dei varii autori che noi già conosciamo, aggiungendone qualche altro : HELDREICH per Mes- sina, WEBB per Barcellona. Nello stesso anno 1855 lO. cernua è raccolta da KorscHYy (4) a Smirne e trovata a Cannes dal THURET, come ne fa fede il Burnar (5). Nel 1858 lo ScHWEINFURTH (6) la ritrova in Sardegna nella medesima località citata dal MoRIS e nel 1859-60 Lowe (7) la segnala a Madera. La lora ‘capensis di Harvey e SoNDER, comparsa nel 1859, dice questa specie assai «comune attorno a Uepeto wa, nei an coltivati, anche con la va- | rietà a fiore doppio. la Catalogna; due anni dopo nel 1866, MavRIZIO BoNNET (9) ne. | constata la presenza a Hyères, a Nizza, a Villafranca, in altre lo- | calità, e sulla fede di Arpoixo dice che trovasi anche a Mentone. Nel 1867 PASQUALE (10) la dice e nell’ nia: Botanico di +: A i. cit. i 2) Lance I., Pogillus Plantarum Hispanicaron. eto. Last (8) Curist H., Spiciligium. Canarienso, i x 99. | (4) Borssrer., Op. cit. e (5) Burnar E., Flore des Alpes maritimes, 1 1996, V. IL - (6) BarbbY G, Florae Sardone Compendium, ra pi 175. ne i er M., In Bulletin. de ta Société. Bota: Botanique de France, > ; IOE Pisavane ‘@. na -Oetalen de R Orto. Botanico ” li, 1 DE Nel 1864 lO, cernua è notata da Cosra y Cuxart (8) per — - 152 Napoli e l’anno appresso la osserva naturalizzata presso Portici. Nella sua breve nota dice: « Questa erba perenne ossalidacea dà belli fiori che adornano i prati artificiali dei nostri giardini ; spon- tanea da molti anni pei giardini e parchi è stata da me osservata nei luoghi sassosi del Granatello di Portici» (1). L’OLIVER (2) nello stesso anno (1868) constaterebbe un fatto importante, perchè narra di aver visto un saggio frammentario di O. cernua fiorito nel Giardino Botanico di Kew da semi che si dicevano spediti dal BARTER dall'Africa tropicale, ma lo stesso OLIVER dichiara che per qualche errore di coltivazione « this species cannot be finally accep- ted as tropical african ». Nel 1869 il FasQqUALE (3) torna a confermare la presenza della nostra Oxralis a Portici dicendo : «..... ex hortis aufuga nunc na- scitur sponte in ruderatis maritimis, Portici al Granatello, abun- ns in viridariis ». Nel 1872 De MarsILLY (4) la indica per la Corsica a Bastia ed aggiunge di non averne osservato alcuna ca- psula, propagandosi ‘essa piuttosto per bulbilli. Importante è la pubblicazione del vol. V della Flora Italica del PARLATORE, comparso nel 1872. In esso si tratta a lungo del- lO. cernua e particolarmente del modo come si è andata natura- lizzando in Sicilia, il che abbiamo noi riferito. Sono indicate anche | nuove località della regione mediterranea, cioè l’ isola di Zante e l'Egitto. Nel 1876 GuBLER (5) indica 1'O. cernua presso Tolone. Nel 1878 il BaLL (6)la trova naturalizzata presso Tangeri nel Marocco e dice che esiste pure alle Canarie, a Madera ed in altre località che noi già conosciamo. Nello stesso anno KRAaUSE (7) la raccoglie a fiore doppio nell’ Oasi di Tripoli. Nell’ anno 1880 WiILLKoMM e LANGE (8) recon è medesima specie come naturalizzata in (1) PasquaLe G. A., Nota su di alcune piante da pochi anni i nALOrAIIAIRA in Piosinsia di Napoli, 1868. (2) OLIVER D., Flora of Tropical Africa, Vol. I, 1868, p. 296. 8) PASQUALE a. A., Flora vesuviana, 1869, p. (4) DE paid L. J. A., Catalogue des plantes "“paucnlaleo de la Corse, 1 (5) Gessi: In Bull. Soc. Bot. de France XXIV. 1877. (6) Bark J., Spicilegium Florae Maroccanae, 1878, p. 388.89. (7) DurAND et BARATTE, op. cit. de 18) WILLKOMM et Lawdz, Prodromns Florae Hiwpanicne,. sare i Vol. III, p. 521, °. RI È 153 varie località della Spagna : ad Ayamonte, Siviglia, Cadice, Malaga ed Almeria. Così pure la dicono naturalizzata alle Baleari ed in Portogallo. Ne citano anche un nome volgare « Matapan », e que- sto prova la sua abbondanza. Più precisamente per le isole Ba- leari BARCELÒ y ComBIS (1) la indica in Majorca: a Palma, Por- topi, la Bona-Nova, Sòller; in Minorca: Mahon. MarÈs e ViGI- NEIX (2) dicono. lo stesso di BarceLò y ComBis. Ancora nel 1880, C. e W. BarBEv (3) trovano lO. cernua naturalizzata all’isola di Cipro. Qui è importante notare che nel 1865 UnGER e Kor- ScHY nella loro Die Insel Cypern non parlano dell’ O. cernua, cosicchè la sua introduzione in quell’isola va lungo quei quindici anni. Nello stesso anno FREUND (4) la raccoglie un’altra volta a fiore doppio nell’Oasi di Tripoli e STECKER a fiore semplice (4). Nel 1881 PasQquaLE (5) conferma il naturalizzarsi di questa specie a Napoli; dice infatti: « È diffasa abbondantemente. nel suolo dell’Orto Botanico di Napoli, nel R. Parco di Portici e tal- volta si vede selvaggia al Granatello ». Nel 1882 REvERCHON (6) raccoglie la nostra Oralis a Creta e nel 1884 HerMANN Ross (7) a Lampedusa. Nello stesso anno AscHERSON (8) dice che essa fu ritrovata ad Orri nel 1858 da ScHWEINFURTH, constatando in pari tempo come si è andata propagando in ‘altre località della Sar- degna, Egli dice: « A prèsent elle est très répandue è Cagliari, dans les promenades, dans les terrains cultivés, au pied des haies d’Opuntia ete. M. MagNUS l’a trouvée à Alghero, où elle formait un tapis vert sous les oliviers ». Noi abbiamo già citato sotto l’anno 1852 il BoLLE dal CHRIST per le isole Canarie ; giunti a questo punto crediamo bene ripor- tare per esteso le parole del CHRIST stesso, pigliandole dallo Spi- cilegium Canariense , comparso nel 1887, anche perchè l’autore. quivi accenna al Marocco ed alla sua opinione che?’0. cernua ab- (1) D. gui BarceLò y ComBis, Flora de las Islas Balé- ares, 1879-81, (2) Îi- si Vimeili. Catalogue raisonné a Plantes Valles: 2. 2 i laires des Iles Baléares, 1880. (3) BarBEy C. et W., PR au Levant ete. 1890, (4) DURAND et BARATTES, o P. È 5; (5) PasquaLe G. A., No sa bo relative alle provincie << meridionali d’Italia, 1881, (6) De Hatacsy E., Gonapectu Florae Graecae, 1901, Vol. L p. 308-309. (7) HerManN Ross., Eine botanische Sodio nach der Inseln Lampedusa und Limosa ia BarBEY G., Florae Sardose Compendio 106. p. 175 154 bia un altro indigenato oltre a quello del Capo di Buona Speranza. Ecco pertanto le parole del CHRIST: « pr. Orotavam Teneritfae l. ASKEN. floribus subduplicibus; ad viam inter Laguman et S. Cru- cem (BoLLE). Eadem copiosa in agro Tingitano floribus simpli- cibus ! et in incultis circa oppid. Calpense! Planta capensis aut introducta aut secuudam stationem atlanticam inhabitans ». Nel 1887 AscHERSON e SCHWEINFURTH (1) danno indicazioni precise per l'Egitto, cioè : Alessandria, Cairo, Esneh. BATTANDIER e TRABUT (2) nel 1888 constatano 1° 0. cernua « très commun près d’Alger ». Nello stesso anno TORNABENE(3) nota come essa « è di- venuta infesta in tutti i luoghi pingui e coltivati di Sicilia», ed il LoJacono (4) dice: « Introdotta e resa oggi la pianta più co- mune ed infesta nell’agro palermitano ed altrove». Nel 1889 è no- tata da GeLMi (5) in Corfù «non rada nelle siepi umide vicino alla città ». Parimenti nel 1889 l’ARMITAGE (6) riconosce come a Malta questa specie fa concorrenza a tutte le altre indigene ; nel 1893 fu raccolta nell’ Attica da HAUSSKNECHT (7); nel 1894 “Hocareuti- NER (8) ne osserva la propagazione in Algeria; nel 1895 il NIco- TRA (9) la indica a Sassari. L’anno seguente BURNAT (10) dice dell'O. cernua: « Aujour- d’hui | 0. cernua se recontre près d’Ospedaletti, Bordighera et Ventimiglia; il est assez fréquent entre Menton et Cannes, sur- tout dans les lieux cultivés, sous les oliviers et souvent fort loin des dfn et des habitations ». Nello stesso anno 1896 BoNNET (1) ren et SCHWEINFURTH ; Illustration de la Flore d’ E- gypte, 1887, p. 2) sno et Trasut, Flore de l’Algérie, 1888. (3) ToRNABENE F., Flora Sicula, 1898, p. 179. . (4) LoJaconO Pozmro M., Flora Sicula, 1888, Vol. I; p. 215. 15) GELMI E,, Contributo alla Flora dell'Isola di Corfù. In Bel. Soc. Bot. It. 1889, (6) ARMITAGE Ho. i ippindi della Flora dell’ Ne di Malta. In It. 1889. 5 Nuovo Giorn. Bot. iu De p HaLcsy. B.; Conspetus ‘Florae Graecae, 1901 Vol... I. 8. (8) Uccidi P. B; (79 la Sud - Oranais, in Annuaire a SA et du Jardin Baanigi ue de Genève 1894, p. 176. i (9) Nicotra L., Osservazioni antobiologiche sull’ Soda cernua. In Bull. Ste Bot. It. 1895, p. 256, (10; BurnaT E., xo du > 155 e BARATTE (1) ne danno l’ habitat per la Tunisia: « Champs, moissons , pàturages , bords des chemins: Carthage, La Marsa, Tunis, La Manouba ». Ancora nel 1896 SoMmmIER (2) dice che a Lampedusa è una vera peste anche lontano dalle colture. Partico- larità importante, le piante a fiore semplice erano scarse in con- fronto di quelle a fiore pieno. Nel 1897 GreREMIccA e Rippa (3) indicano lO. cernua di Procida e. Vivara. Nel 1898 PaLANZA (4) la segnala « presso Bi- tonto, lungo la via di Modugno, al margine di un culto e sul muro a secco contiguo nel fango calcareo rigettatovi dalla strada». Ed aggiunge: « Si è inselvatichita in Calabria e presso Napoli, dove io pure dal 1870 al 1894 ho potuto osservare il progresso della sua diffusione ». Nello stesso anno il Zoppa (5) la indica per il Capo Peloro in Sicilia, dove però, egli dice, era cominciata a diffondersi un vent'anni prima. La Flora analitica di FriorI e PaoLETTI (6) riunisce 1’0. Burmanni alla O. cernua di cui vien detto: «Originaria dei Capo di Buona Speranza, inselvatichita nei luoghi coltivati e lungo le siepi della regione medit. e submont. nel Nizz. Lig. occ. ete., Napoli, Puglie, Cal. Sic., Malta, Sard. e Cors. Fat Eur. Mesià: As. Occ. Afr. bor, Can. Mad.) ». 5 Nel 1901 De HaLacsy (7) nel suo Conspectus Florae Graecae. | dice : « Indigena in Prom. B. S., nunc multis-locis inquilina ; Cor- os eyra: pr. urbem (SAGB.); Cisa (Barn.); Zante (WEISS); At tica: in hortis neglectis Athenarum, ari in herbosis horti 4 tanici (HAuUSSK.); Creta: pr. Kissamos, Canea, Platania, Re- 0 VERCH.) ». A “i. - (1) Boxner et BARATTE., Catalogue raisonné des Plantes va sculaire de la Tunisie, 1896, p. 81. * (2) Sommrer S., Le Isole Pelagie. In Bollettino del R Orto Da. di Palermo, 1896, Vol; V. p. 82, so (3) GEREMICCA e Rippra, La Flora di Procida. e Vivara È della Soc, di Naturalisti, 1597. si (4) Paranza A., Nuove Osservazioni botaniche i in Terra di ani în Bull. Soc. Bot. It. 1898, p. 197. (5) ZopDpa., Di due specie di juta esotiche inelvatichite presso Messina; ; in Bollettino del Naturalista, l' Re ; (6) Fiori e PaoLETTI, Flora analitica d’ Ftalia, 190002, Vol sa 5 (DE HaLacsy E., op. cit. - Poichè il DE HaLacsy si fonda su la fede di altri autori, nelle località da lui riportate l’O. cernua naturalmente fu osservata spon- tanea prima del 1901; però io non ho potuto rintracciare le date che per HAUSSKNECHT e per REVERCHON, ciascuno dei quali è stato già citato a suo luogo. Nel 1908 BeNITO Vicroso nelle sue Plantas de Andalucia di- ceva dell’O. cernua: « Una de las plantas màs abundantes en ri- bazos y campos cultivados » (1) dandone il nome volgare di Om- bliguillos; e l’anno appresso ConcALo SAMPATO a nel suo «fig: da flora portugheza : « Aclimatada e expon , des ouro littoral as Algarve ». Lo stesso SAMPAIO _ “n = 909 l'aveva notato per Odemira, nei campi e sui margini delle strade. Il Sac- CARDO (4) nulla aggiunge di nuovo a quanto noi già sappiamo. Finalmente nel 1910 il DuRranD e BARATTE (5) dopo avere accennato ai nomi di coloro che l’avevano trovata successivamente nell’Oasi di Tripoli, sia a fiore doppio sia a fiore semplice, e dopo avere accennato al dubbio di AscHERSON che il DELLA-CELLA a- vesse raccolto nel 1817 il suo esemplare presso Tripoli e non in Cirenaica, conchiudono: « Originaire du Cap cette espèce est natura- lisée sur la majeure partie du littoral méditerranéen ». Riassumendo le precedenti citazioni, si possono così elencare le date in cui per la prima volta è stata constatata naturalizzata O. cernua nelle diverse regioni già menzionate. 1811 Malta (GRECH-DELICATA) 1817 Cirenaica o Tripolitania? (DELLA-CELLA) da VIVIANI i Dea Gibilterra (KELAART) - Palermo (PARLATORE) —. ui Zacinto (MaRGOT) da BoIssiER (1) Benito Vicroso, Plantas de Andalucia. In Boletin de la So- ciedad Aragonesa de Ciencias Naturales 1 (2) CoxgaLo Samparo, Prodromo da Flora portugheza. In Ax- naes Scientificos da Accidemia Polytechnica do Porto. Coimbra 1909. (3) CoxcaLo Samparo., Flora vascular de Odemira. In Buletin da Sociedade Broteriana. Gotta 1908-09. (4) Saccarpo P. A., Cronologia della Flora Italiana, 1909, 197. i (5) DuranD et Bani. op. cit, ) 1837 Sardegna ad Orri (MoRIS) - 1838 Catania (TORNABENE) 1840 Australia i (Wiener #1. Garten- SI 1847 Algeria (MunBY) 1851 Spagna a Barcellona. (LANGE) 1852 Canarie (BoLLE) da CHRIST 1855 Messina (HELDREICH) da DE CANDOLLE 1855 Smirne (KoTscHy) da BoISssIiER 1855 Cannes .(THURET) da BURNAT 1859-60 Madera (LOWE) 1864 Catalogna (CostA y CUXART) 1866 Hyères, Nizza, Villafr., Mentone (M. BONNET) 1867 Napoli (PASQUALE) 1867 Portici (PASQUALE) 1872 Corsica a Bastia (MARSILLY) . 1872 Zante, Egitto | (PARLATORE) 1876 Tolone (GUBLER) + - 1878 Marocco (BALL) 1878 Oasi di Tripoli, var. a fl. pl. (KrausE)da DURAND eBARATTE 1878 Sicilia al Capo Peloro (ZOpDA) 1880 Spagna ad Ayamonte, Siviglia ‘. Cadice, Malaga, Almeria (WILLKOMM e LANGE) 1880 Baleari e Portogallo (WILLKOMM e LANGE) 1880 Cipro (C. e W. BARBEY) 5 1880 Oasi di Tripoli, var. fl. pl. (FreuND)daDURAND eBARATTE — 1880 Oasì di Tripoli, var. a fiore 1898 Puglie e Calabria (PALANZA) > 1896 Ospedaletto, Bordighera (BUrNAT) co: 1896 Tunisia a Carthage, La Marsa, semplice (STECKER) da DURAND e BARATTE 1882 Creta (RevercHoN) da DE HALAcSY 1884 Lampedusa (Ross) de 1884 Cagliari (AscHERSON) da BanBEY_ 4 1884 Sardegna ad Alghero" (MaGNts) da BarBey - 1887 Egitto: Alessandria, Cairo, tti (= Eeneh (ASCHERSON è Sonne) CA (HaussgNEcaT) da DE (NicoTRA) — . Tunis, La Manouba (Bonnet e BARATTE). 1897 Procida e Vivara | (GRREMICCA @ RIPA) 1900-02 Nizz. Lig. occ. Napoli, Pu- glie, Cal. Sic. Sard, Cors. I- È È noltre naturalizzata in Eur. > merid. As. occ. Afr. bor. (Fiori e PaoLETTI) (1) 1901 Corcira (SAGB.) da De HaLacsy 1908 Andalusia (BENITO VICIOSO) 1908-09 Portogallo ad Odemira (SAMPAIO) 1909 Portogallo, dal Douro litorale ad Algarve (SAMPAIO) II. MORFOLOGIA DELL? « O. CERNUA » L’0. cernua, THUNB. è una pianta vivace rizomatosa , sub- caulescente. La parte sotterranea si approfonda a fittone e per Dress tratto, mandando dei filamenti radicali brunicci, mentre essa è te- nera, succosa e bianchiccia, e. spesso, nella porzione meno uve di un colore rosso vinoso. All’apice esterno il rizoma può portare un cespuglio di foglie quasi radicali all’ascella delle quali nascono degli scapi fiorali che in buonissima parte muoiono appena abboz- zati, sicchè frugando alla base delle foglie, se ne rinvengono i re- sidui sotto apparenza di squamette disseccate. Ma molto spesso il rizoma si continua in un caule di notevole lunghezza, strisciante ed emettente delle numerose foglie alternate, oltre alla rosetta ter- minale. Talvolta il caule strisciante è così lungo che su di esso sì riscontrano non una, ma parecchie rosette di foglie, l’una distante dall’altra, dove si formano degli scapi fiorali proprii. Sul rizoma si sviluppano numerosi bulbilli bianehi, ricoperti di triplice involuero, uno esterno pellicolare, che in seguito acquista color rosso vinoso, uno medio sottile, tenero, che in seguito dissecca e quindi sembra riassorbito, ed uno interno duro, di consistenza come pergamena- cea, che forma per tal modo valido riparo al germoglio durante la stagione invernale e che, disseccando, diviene rosso-scuro. oglie sono ternate e lungamente picciuolate. Nel picciuolo si distingue una porzione stipolata bianchiccia, argentea e mem- branacea ai margini sottili corrispondenti alle stipole, compressa; su di essa si articola la. seconda porzione, cilindrica, di un verde piuttosto carico e quasi uniforme per tutta la sua lunghezza. Le foglioline, e esse stesse al ‘picciuolo per un cortissimo (1) Sebbene Fiori e Paoletti non accennino a nuove località, l'ab- ; 5 biamo voluto comprendere nell'elenco perchè essi riassumono tutte se regioni italiane dove l’O. cernua è onianta: sei picciuoletto fornito, dal lato interno, di piccolissime callosità rossicce, sono obcordato-bilobe, leggermente ciliate, verdi su la pagina su- periore glabra e con piccole macchiettine rosso mattone scuro sparse irregolarmente qua e là; di un verde un po’ sbiadito su la pagina inferiore ricoperta di peluzzi delicati e lunghetti ; la fogliolina ter- minale è un po’ più grandetta delle laterali, a lobi quasi eguali, mentre nelle altre due il lobo confinante col picciuolo è più piccolo del compagno ; raramente accade il contrario. Sulla pagina supe- riore della fogliolina terminale si osserva un solco mediano che decorre dalla smarginatura al cuscinetto rossiccio di articolazione, e sei altri solchi che dai due lati (tre per ciascuno) si dipartono dal primo a disposizione pennata; il paio più basso è meno distinto. A tutti questi solchi corrispondono altrettanti nervi rilevati su la pagina inferiore. Lo stesso si osserva nelle due foglioline laterali, senonchè accade spesso che nel lobo più lungo, essendo meno ar- rotondato, il solco e corrispondente nervo inferiore decorrono lungo il margine o non si presentano addirittura. Lo scapo fiorale nasce, come abbiamo detto, all’ ascella delle foglie. Completamente sviluppato, il che avviene quando i fiori sono pervenuti all’apertura, esso è più lungo delle foglie, ma in misura diversa, cosicchè da scapi quasi eguali in lunghezza alle foglie, si arriva ad altri che ne sono il doppio e più. Con la lun- | ghezza dello scapo varia anche il diametro che alla base oscilla da due a quattro millimetri e va gradatamente diminuendo a mano a mano che ci si avvicina all’infiorescenza. Succulemtto, non glabro, >» © come è stato descritto financo dal PARLATORE , porta delicati pe- ea luzzi orizzontali, più numerosi verso le regioni superiori, che si | Scorgono benissimo guardando contro luce. Il colore è un verde assai meno intenso di quello delle foglie, specialmente verso la re- gione inferiore dove la colorazione si attenua e sfuma nel verde più sbiadito ; la base di inserzione è specialmente scolorata, main | gompenso può assumere talora aspetto leggermente vinoso. In se- guito noi vedremo come quest’ultimo carattere, esteso anche alla base delle foglie e ad altre parti della pianta possa acquistare - spe-. ciale importanza per la diagnosi delle torme-e delle. varietà della 5 È | nostra Owalis. All’apice dello scapo sta una cima che simala na =; Di ombrella, portante da 6 a 20 fiori lungamente pedicellati se aperti. O vicini ad aprirsi e che sbocciano a gruppi successivamente. sr | scapo florale possiede una porzione basale, lunga quasi un cm. ed articolata, sulla quale si impianta, pure articolandosi, la restante © porzione ; perciò lo scapo fiorale di 0. cernua è SEPIEE arti- È 27. | golato, unico esempio di tale struttura, i : p1 ‘— 160 La radice può essere da anche di radici tirauti, bianchi tenere, succulentissime, che, disseccando, si contraggono e tirano a sè i bulbilli i quali per tal guisa, pur se formati in punti ina- datti, verranno a trovarsi alla profondità loro conveniente. Diremo infine che le dimensioni di tutta la pianta, e quindi delle sue parti, sono assai varie, anche confrontando individui a sviluppo completo, e ciò senza cause ben note. Certamente la sta- zione vi avrà grande influenza, affettando per solito gl’individui cresciuti in luoghi sterili un certo nanismo; ma d’altra parte sì vedono frequentemente individui simili venuti in ottimo terreno. In generale, negli individui rimpiccioliti non solo le foglie e gli scapi sono ridotti di dimensioni, ma anche i fiori; però anche qui si osserva un contrasto analogo al precedente, cioè di grandi fiori sopra individui piccoli e viceversa. All’ascella delle foglie, come abbiamo detto, nascono gli scapi. Essi, cavi internamente, hanno varia lunghezza; ad ogni modo, a fiori sbocciati, superano sempre le foglie, di cui possono essere il doppio e più. All’apice lo scapo porta una cima (che, come di- cevamo, simula un’ombrella), essa pure varia pel numero dei fiori che va da 6 a 20, rarissimamente verificandosi un numero inferiore alla inegr cifra, più frequentemente uno superante la seconda. . con pedicelli lunghi e pubescenti, sono ripiegati in basso (mud) in un primo tempo; quando stanno per isbocciare e quando sono già sbocciati, essi sono eretti. La loro organizzazione manifesta spiccatamente il carattere pentamerico delle Dicotiledoni; , il calice quindi è formato di cinque sepali, di altrettanti la corolla, gli stami sono dieci in due aggruppamenti pentamerici, il gineceo ha ovario pentaloculare con cinque stili curvati all’esterno e ter- minanti ciascuno con uno stimma slargato e papilloso. sepali, che in boccio hanno estivazione embriciata ;s sono 0- vato-lanceolati con apice ottusetto e fornito di piccola callosità ros-. siccia, liberi, un po’ convessi all’esterno dove sono pelosetti e di un verde sbiadito. 3 petali, ad estivazione contorta, sono bovti obliquamente, rane all'apice dove si notano leggerissime smerlature ir- regolari, forniti di unghia al di sopra della quale sono connati per 161 breve tratto, gialli, pelosetti sulla faccia esterna, lunghi il doppio o il triplo dei sepali. I dieci stami sono distribuiti, come abbiamo detto, in due ag- gruppamenti pentamerici. I cinque stami di uno di questi gruppi sono un po’ più brevi dei sepali ed alternati coi cinque dell’altro gruppo; alla loro volta un po’ più lunghi dei sepali e forniti di dente diretto in fuori; tutti poi hanno filamenti bianchi, piuttosto appiattiti, connati alla base, dove si trovano dei nettarii special- mente ben costituiti in corrispondenza degli stami lunghi. Le an- tere si inseriscono pel dorso, sono introrse, ellissoidali, smarginate all’apice ed alla base, longitudinalmente deiscenti, eguali quelle dell’uno e dell’altro aggruppamento, gialle, con granelli pollinici pur essi gialli e quasi uguali, un po” più piccoli essendo quelli degli | stami brevi. Il gineceo sta impiantato sopra un ginoforo corto, su cui anche gli stami sono inseriti facendo corona al primo ; l’ovario, pentalo- culare, è verdiccio, con numerosi ovuli pendenti, anatropi, attac- cati all'angolo interno ; con cinque spigoli in corrispondenza dei cinque stili liberi, bianchicci, incurvati all’infuori, più brevi degli stami corti, terminati in stimmi slargati, papillosi, verdicei, opposti ai petali, con due stami fra mezzo, uno corto ed uno lungo. Dicevo che nell’O. cernua gli stami sono distribuiti in due aggruppamenti pentamerici, però gli Autori unanimemente riten- gono chè gli stami formano non due semplici aggruppamenti pen- tamerici, come noi ci siamo espressi, ma addirittura due verticilli. vi È ® . . . . . - . i . Ciononostante bisogna dire che i filamenti dei dieci stami, connati alla base, sono disposti su la medesima ed unica circonferenza in- torno al gineceo, cosicchè in realtà non ci sono nè stami esterni né stami interni, e perciò nè verticillo esterno nè verticillo inter- no, cioè non distribuzione in verticilli, ma, a quanto appare, unico | verticillo di dieci stami. Vero è che le antere degli stami lunghi cadono a strapiombo sull’ovario (mentre i filamenti degli stami brevi rasentano la superficie laterale dell’ovario e possiedono antere ; pueervano la medesima direzione), ma questo fatto è unicamente . dovuto a ciò che i filamenti degli stami a: col | procedere lo< % sviluppo del fiore, s’incurvano verso l’asse fiorale, sino al punto di simulare l’esistenza, per chi. guarda soltanto le antere, di un verticillo interno ; in realtà, come, sopra dicevamo, le basi di tuttii. amenti sono impiantate su la medesima ed unica circonferenza. E perciò noi abbiamo parlato di due aggruppamenti ,. e non ver- ticilli, ea intendendo lasciare sea pre la 333 Stione, III. CLEISTOGAMIA. L'ABBADO (1) nella sua bella monografia intorno alle piante cleistogame cita anche 1° 0. cernua la quale, a quanto egli dice, sarebbe inoltre cleistanterica. Si fonda egli su |’ autorità del NI- COTRA (2), che è stato l’unico o quasi che abbia affermato la clei- stogamia di questa specie. In verità, anche il MATTEI (3) vi ac- cenna, ma per dire che normalmente non si riscontrano fiori clei- stogami in tale Ossalidacea e rimettendosi a quanto asserisce il Nicotra di avere osservato. Se poi anche il Rippa ha ammesso l’esistenza di fiori cleistogami in 0. cernua, non è per averne visto in realtà, ma per ragioni teoriche, per ispiegare cioè con la cleisto- gamia dapprincipio la origine di una capsula rinvenuta dal Nico- TRA e in seguito le due forme, come vedremo, da lui scoperte. Noi diremo nel paragrafo seguente che cosa fosse la capsula del NIcOTRA. In quanto al NicorRA stesso sembra dalla nota a cui allude 1’ AB- | BabO, che egli giudichi della cleistogamia di un fiore fondandosi soltanto su criteri morfologici. Ma una nozione puramente morfo- logica della cleistogamia non ci sembra corrispondere nè ‘al signifi- cato etimologico della parola nè, oltracciò, alle varie modalità con cui ci si presenta la struttura dei fiori sia normali che cleistogami. Vero è che il DARWIN (4) dice che nei fiori cleistogami si hanno riduzioni e modificazioni più o meno considerevoli e, fra altro, i granelli pollinici, che si formano soltanto in piccol numero, hanno membrana trasparente meravigliosamente sottile e rimangono nel sacco dove germogliano, cacciando fuori i relativi tubi che si por- tano su gli stimmi e di là agli ovuli (cleistanteria); ma il DAR- WIN stesso già accenna a certe altre particolarità e molti Autori in seguito hanno portato una ricca suppellettile di fatti pei quali viene scosso il fondamento morfologico della cleistogamia. Così si (l) ABBADO Mi, La Cleistogamia. In Atti della Soc. It. di Scienze Nat. e del Museo Civico «i St. Nat. in Milano; Vol. XLVIII fase. 2°, settembre dr (2) Nicotra L., Osservazioni Antobiologiche sull’ O. cernua. In Bull. della su Bot. It. 1895. (3) MatTEI G. E. Il caso dell'On alis nen In Rivista di teaita, i Matematica e nali Naturali, a. IX, Febbr. 1908, n. 98. (4) Darwin C., Le diverse forme dei for etc. Trad. Hb; per Ca- NESTRINI è MoscHEN, Torino iti RARO » è potuto riconoscere cle morfologicamente la clan oscilla con una varietà straordinaria di attuazioni tra i limiti di un fiore perfettamente adattato alla più rigorosa autogamia e di un fiore perfettamente normale coi relativi adattamenti alla fecondazione incrociata. A questo proposito ecco quel che dice ABBADO : « Par- tendo dai fiori in cui la cleistogamia si manifesta colle modifica- zioni più accentuate, quali una riduzione notevole d’organi, la clei- stanteria etc., noi passiamo per tutta una serie di gradi che ci portano man mano a quei fiori che non presentano modificazione alcuna di parti, ma solo la permanente chiusura del perianzio, e poi ad altri ancora che si fecondano bensì autogamicamente a porte chiuse, ma ciò fanno nei primi stadii dello sviluppo e poi si aprono regolar- mente, presentando una corolla o un perigonio colorato ed emanando anche dei profumi» (1). Questi ultimi fiori, che rappresentano il passaggio immediato ai fiori casmogami, appartengono a Phajus villosus, Stellaria media, Trapa natans, Campanula uniffora, etc. etc. Vi sono poi fiori perfettamente costrutti per la Stanrogamia; ma che rimangono sempre chiusi, e nei quali quindi la feconda- zione è autogama. Il BuRck (2) ne cita numerosi e financo degli interi generi (nelle Anonacee). Così in Myrmecodia tuberosa la corolla resta chiusa per la concrescenza dei quattro petali, ma la secrezione del nettare è normale e, oltracciò, evvi un certo grado di proteroginia e in un primo momento ercogamia. Ciononostante la fecondazione è autogama ed avviene quando i petali allungandosi | trasportano in alto gli stami con essa connati, cosicchè il. polline, dalle antere già aperte, viene a cadere su le papille stimmatiche. Tutti i caratteri dunque dei fiori casmogani adattati alla ete- rogamia (emissione di odori, apparato vessillare, produzione di nettare, nettarostegi, dia casmanteria etc.) si riscontrano in modo più o meno perfetto, o perfetto addirittura, nei fiori cleisto- gami. D'altra parte, a tacere della mancanza di colori vivaci e di | ©dori, anche caratteri proprii dei fiori cleistogami si riscontrano in quelli casmogami. Così la cleistanteria, che parrebbe l’espressione più forte della cleistogamia, é statà osservata da R. BRowx 1) loc. cit. (2) Burck W., Ueber Kleistogamie in veiterem Sinne und dea Knight-Darwin ’sche Gesetz. In Ann. du Jardin na de aan; 1890, Vol. III. p. 125. nei fiori casmogami di Asclepias , da DARWIN in fiori semimo- Li struosi di Malaris paludosa e Aceras anthropophora e nei fiori normali di Neottia nidus-avis, da GOEBEL in fiori, ancora ca- smogami, di Viola silvatica e V. biflora. Inoltre GorBEL ha dimostrato errate le condizioni istologico-meccaniche della cleistan- teria ritrovate dal LERCLERC DU SABLON negando. che vi siano differenze istologiche tra le antere dei fiori normali e dei cleisto- gami. Prescindendo anche dalla summentovata idenblià istologica, non avevamo dunque torto nell’affermare che il concetto morfologico non può essere scelto a criterio unico della cleistogamia, senza dire che esso concetto, come già avvertivamo, non soddisfa punto al- l’esteso significato che alla parola proviene dalla sua etimologia (x\etotà< e Yap) come non soddisfa all’eventuale valore funzionale . del fenomeno. Col criterio morfologico quindi deve andarne con- giunto un altro, quello cioè dell’autogamia. Autogamia dunque e cleistanzia (il criterio morfologico è soddisfatto pur se le mòdifica- zioni si limitano alla semplice chiusura, anche per il solo periodo antecedente alla fecondazione) sono essenziali alla nozione di clei- stogamia e devono coesistere nel medesimo fiore. Allora il fiore potrà dirsi con tutta coscienza cleistogamo. Invece tutte quelle spe- cie (1) che portano fiori sempre chiusi, ma a struttura adattata all’eterogamia, e in cui la fecondazione avviene per mezzo di pro- nubi (calabroni, colibri, etc.) che rodono o violentemente scostano le parti del perianzio, non possono affatto chiamarsi cleistogame. Ma l’autogamia è un « posteriori. Noi l’autogamia in un fiore’ rimasto chiuso non possiamo che indurla, indurla cioè dalla sua fertilità. Ne viene che un fiore cleistogamo dev'essere sempre fer- tile, onde un fiore non fertile non sarà mai cleistogamo, sebbene sia rimasto, sino a secchezza, ermeticamente chiuso. Questa condi- zione sppeo dimostra la mancanza di fiori cleistogami in O. cer- nua. Vero è, come nota il NicorRAa, che molti fiori di questa specie restano chiusi e rudimentali, ma essi sono sempre sterili (vedremo, come abbiamo detto, nel paragrafo seguente che cosa fosse la capsula del NicorRra). Inoltre il carattere rudimentario di cotali fiori non presenta nulla di morfologicamente anormale ; voglio dire che essi sono rudimentali non per sopravvenute Allizioni nello (1) Persia cielstontiti dat molte Dina (MuLLER F.), sentiana Andrewisii (RoBERTSON e WEBB), in un Philodendron, Ara- cea descritta da H, G. ini sviluppo, ma soltanto perchè lo sviluppo si arresta ad un dato i- stante, conservando il fiore i caratteri morfologici normali che allo stadio raggiunto gli competono. Questo fatto della costituzione nor- male di cotali fiori, unito all’altro che essi si hanno quasi soltanto nelle infiorescenze ricche di bottoni, dimostra che unica cansa del mancato sbocciamento di tanti fiori in O. cernua sia l’insufficiente nutrizione. E qui cade acconcio notare come 10. cernua con questi suoi fiori, che per deficiente nutrizione non vengono ad apertura senza con ciò potersi chiamare cleistogami a causa della loro sterilità, sia una specie (e non è l’unica), che dà un forte colpo alla teoria che il GOEBEL ha emesso intorno alla cleistogamia. Quale tentativo antifinalista la semplificazione del GorBEL è geniale. Distrugge egli 3 le differenze morfologiche ed istologiche tra le :due specie di tiori, «quelli ordinarii ed i cleistogami; dimostra, oltre a ciò, come par- ‘ ticolarità proprie dell’una specie di fiori si riscontrano con giore o minor frequenza nell’altra, nega quindi gli adattamenti e per tal guisa gli è facile di escludere fattori cleistogamici più o meno riducibili in categorie finalistiche, unico fattore per lui es- sendo invece la deficienza di nutrizione. Che se talvolta adatta- dee cleistogamici pare che si presentino, quelli non sono adat- enti, ma semplici fatti di correlazione. Che se al GOEBEL sì i (ultimo resto di finalismo nella cleistogamia) comparire i . fiori cleistogami a fine di produrre i semi che i fiori casmogami non avevano potuto dare, egli risponde che è precisamente il con- trario, cioè che i fiori casmogami non producono semi, soltanto per questa causa che i fiori cleistogami ne avevano già prodotto tanti. da avere esaurito le sostanze plastiche! Con ciò egli é costretto ad ammettere (e lo ammette di fatto) che nelle piante fornite di en- trambe le specie di fiori, primi a comparire son sempre i cleisto- gami, anche quando succede (apparentemente secondo lui) il con- trario, essendoché i fiori casmogami che precedono i fiori cleisto- gami in un dato anno. erano stati prodotti nell’anno precedente — * ca i fiori cleiatogami, passando in boccio la cattiva nt he -—_. 23 » de con questo apedichte il "Gonsni. non n scioglie, se . cs vendo noi, la difficoltà, perchè vero è che in questo caso i i fiori Ca i sì ai eviluppano dopo quelli cleistogami, ma dell'ano precedente ; invece rispetto. a quelli dato stesso annò si i sviluppano con antecedenza, cosicchè se questi fiori cleistogami Se | capaci di produrre semi, a fortiori dovrebbero esserlo i casm | che li trani ari le sostanze snade sono ancora intatte! Sr - ca Ma se geniale è la semplificazione antiteleologica del GoEBEL il quale curò di confortarla anche con esperimenti, non è tale da potere assurgere a teoria generale, come è lecito dedurre dal nu- mero di bocci di O. cernua che, appunto per deficiente nutrizione, cadono prima di aprirsi senza produrre semi, fatto del resto non particolare alla nostra Oxralis. D’ altra parte la fecondazione in boccio con successiva apertura del fiore dopo compiuta l’autogamia, è pure contro la teoria del GoEBEL; difatti nel caso in discorso non si può parlare di deficienza di nutrizione, poichè in realtà il fiore viene al completo sviluppo -con corolla o perigonio vivace e financo con emissione di odore; ma, ripetiamo, soltanto dopo avvenuta la fecondazione autogama, il che dà ai fiori con fecondazione in boccio ‘la natura di veri cleistogami. Aggiungo ancora che tutti gli espe- rimenti, da me fatti sotto altro intendimento e di cui parlerò in seguito, inducevano o nell'intera pianta di O. cernua o nella sola infiorescenza. o in un fiore isolato una vera denutrizione; eppure i fiori (quelli che avevano raggiunto un certo sviluppo, poichè i baltoni più piccoli finivano col perire) venivano a sbocciare lo stesso, sebbene (tale era la denutrizione) sempre diminuiti. nelle dimensioni, talora come in miniatura. Nè più accettabile (sia detto qui per completare le nostre idee) appare la teoria del Burog (1), che considera la cleistogamia come una mutazione, potendo sopravvenire il fenomeno, come bene 0s- serva il Loew e la generalità dei Botanici , sotto la semplice ‘azione di un fattore disposto dall’uomo : luce, temperatura, nutri- zione, assenza di pronubi, ete.; dipendendo, in altri termini, il fe-. — nomeno da variazioni dovute alle condizioni ambientali, al cessar — delle quali cessa esso pure. Or un'ipotesi che ha il vantaggio di pre- | scindere dai fattori e di dare del fenomeno, per così dire, una teoria generale, è quella di considerarlo come una pedogenesi ve- getale, complicata per l’ermafroditismo dall’ aut togamia, corrispon- dente alla pedogenesi negli animali. Questa ipotesi, secondo noi, getta una grande luce su la nozione in genere. della: cleistogamia ‘e sul suo sro funzionale. ni BurcK Wii Die ilotation als ea der Kicitogamie. Mn Recueil des Travaux gia pendii vol. II 1806. 167 IV. TRIMORFISMO, Il primo che abbia parlato del trimorfismo dell’ O. cernua é stato, contrariamente a quanto asserisce il Rippa (1), FEDERICO HILDEBRAND (2). Egli, fra altro, dà un elenco di Ossalidacee delle quali aveva visto soltanto due forme nei varii Erbarii da lui esaminati, ma di cui, egli dice, senza dubbio si troverà.la terza forma osservando un maggior numero di esemplari. In questo elenco è compresa ap- punto anche 1’O. cernua che all'Autore si era presentata nell’Er- bario di Berlino in due esemplari longistili e tre brevistili. Questo nel 1865; ma nel 1887 l’HiLDEBRAND (3) già diceva di aver tro- vato di recente a Kew tutte e tre le forme insieme. Come già sappiamo, il BaLL nel 1878 credette di aver ritro- vato la forma mesostila di O. cernua nell’O. sericea e la longi- stila nell’O. compressa. Ma l’HIiLDEBRAND (4) già da molto prima, sin dal 1865, aveva riconosciuto che 1’ 0. sericea è una specie a sè anch’essa trimorfa, di cui egli aveva visto le tre forme (1 indi- viduo brevistilo, 2 mesostili, 2 longistili) nell’Erbario di Monaco, e d’altra parte gli esperimenti di fecondazione con esito negativo, fatti dallo stesso HILDEBRAND (5), di O. compressa con polline di O. cernua e di questa con polline di O. compressa avevano già ‘. dimostrato che queste due forme appartengono a due specie di- stinte. Le. medesime esperienze io ho ripetuto riuscendo a confer- mare quanto l’Hi.DEBRAND aveva detto, cioè che in tali feconda- zioni non si ottiene che un semplice abbozzo del frutto, «senza ab- bonimento di semi. Così per i fatti acquisiti già dell’HILDEBRAND. sì sarebbe potuto riconoscere l’errore del BALL; ma più importante. ancora è la scoperta che ha fatto il: RipPa (6), la scoperta cioè, (1) Rippa G., Osservazioni i Biologiche sall’Owalis ema Teoxn. In Bullett. dell'Orto Bot. della R. Un. di Napoli, 1900, p. ST. °° (2) HrupEBRAND F., Ueber den Trimorphismus der ce aten in der Gattung Oxalis. In Monatsber. der Akademie der Wiss. zu Berlin, a p. 358. gsweise der Oxalisarten. In ica Zeit. . (4) Ueber den Trimorphismu (5) spira iber die mera etc. (6) L (8) Inex, Experimente in ber die esschiochliche, Fortpianzun a È 168 in un prato dell'Orto Botanico di Napoli, di una forma mesostila e di una longistila che già pei caratteri e poi per gli esperimenti di fecondazione compiuti dal ‘RIPPA stesso con esito positivo si dimostrano essere le altre due forme dell'O. cernua , TAUNB Entrambe quelle forme sono meno robuste della forma micro- crostila, con rizoma piccolo, poco profondo; hanno poche foglie in unica rosetta a livello del suolo, assai compatta; le foglioline sono più piccole ed alquanto carnose, meno profondamente obcordate e, in particolare per la forma mesostila, acutamente cuneiformi alla base, quasi glabre nella pagina superiore ed un poco peloso-sericee nella inferiore, sopra di colore verde intenso, sotto di colore pallido vol- gente al porporino , mentre nella forma longistila sono più roton- date, glabre nella pagina superiore ed un poco pelose nella infe- riore, sopra di colore verde intenso, sotto di colore pallido, bian- castro. In entrambe le forme gli scapi sono pochi, gracili, con fiori ‘da due a cinque per ogni ombrella nella mesostila, con due o tre fiori o qualche volta uniflori nella longistila; le corolle sono più piccole che nella forma microstila, (e quindi anche i petali), e più . piccole nella longistila che nella mesostila. La gracilità delle due forme ultimamente rinvenute è stata osservata anche dal RIPPA nella nota preventiva (1) con cui le annunziava; anzi per lui è una delle caratteristiche differenze per le quali le due forme si distin- guono dalla microstila. In una nota successiva poi il Rippa (2) scriveva: «Nella forma mesostila le foglioline, di colorito verde intenso, imm carnose e ° raccorciate, rispetto alla forma precedente (la microstila) non sono macchiettate di rosso se non alla sola base. Quivi si osservano non delle macchioline diftormi, ma piccole zone rossastre, raggruppate in modo da formare qualche volta un vero triangol6 col vertice in alto. Le infiorescenze, per solito più gracili di quelle microstili, portano pochi fiori. Questi hanno una corolla più piccola di quella della forma microstila, di colorito giallo pallido con delle piccole venuzze verdastre. Degli stami, i 5 più lunghi s° incurvano in da li fra pa stili. e gli stimmi. Il gira è ) Rippa G., Osser rvazioni Lola sull’ Oralis a THUNB. In Lu DI Orto Bot. della R. Un. di Napoli, 190, (2) Ripra G. Osservazioni biologiche sull’ 0. cernua, ua In Bollettino della Società di Naturalisti in Ze Anno A vol. a, p. 230, 1902. ” più lungo — degli stami brevi, ma più corto di quelli lunghi. Gli stili sovrat- tutto in basso, hanno dei peluzzi i quali, accostandosi allo stimma, diventano glandolosi. Gli stimmi si terminano con papille discre- tamente robuste e ramificate. La cassula è come quella della pre- cedente (Za microstila), ma contiene un numero maggiore di semi. Della forma longistila dirò soltanto che è molto simile alla meso- stila. Ma, a parte la lunghezza stilare, la differenza maggiore fra queste due forme s'incontra nella lunghezza delle papille stimmali, le quali, benchè meno numerose, sono più lunghe di quelle me- sostili e quasi dicotomicamente divise. Le cassule sono nettamente tetragone e contengono maggior numero di semi ». Per riconoscere tutta 1” importanza della scoperta del Rippa bisogna ricordare che in tutto il bacino del Mediterraneo non è diffasa che la forma microstila soltanto e che inoltre 1’ Orto Bota- nico di Napoli non ha avuto affatto (a quanto lo stesso RiPPA ci fa sapere) comunicazioni di sorta coi luoghi di origine dell’0. cer- nua dove è presumibile si presenti sotto le tre forme. Quindi (e qui è tutta l’importanza della scoperta) le due forme mancanti rin- venute dal RipPa ‘hanno, come egli ammette escludendo in modo assoluto l’ipotesi dell’ introduzione , origine locale per derivazione dalla forma microstila. Il RiPPa al proposito. (esclusa nel modo più assoluto, come abbiamo visto, quella dell’introduzione diretta) ha stabilito due altre ipotesi delle quali l’una deriva le forme me- sostila e longistila da fecondazione legittima della forma brevistila con altre specie affini, l’ altra da fiori cleistogami. La prima di queste due ultime ipotesi viene esclusa perchè le forme rinvenute dal Rippa dovrebbero presentare caratteri d’ ibridismo e tali ca- ratteri non presentano (1). Non resta che la seconda ipotesi alla quale il RIpPA si attiene anche dopo aver egli intuito la. possibi- - lità in natura di produzione di semi da parte di fiori casmogami per tecondazione della forma microstila con sè stessa. Cosicchè, | fallita la prima ragione (la capsula del NicoTRA) per ammettere in O. cernua l’esistenza di fiori cleistogami,. ne è sopravvenuta una altra, cioé quella di dover spiegare 1’ origine delle due forme im-o provvisamente comparse. Ma noi abbiamo visto che VO. cernua, 4 THUNB. non possiede fiori. cleistogami; quindi noi escludiamo an- che l’ultima ipotesi dal RIPPa formulata intorno all’ las delle due forme da lui rinvenute. (1) Rirpa G., Oss. biol. ete. In BudZ, Orto Bot. ete. p. 57,1900, Molta luce parrebbero gettare su la questione le osservazioni dell’HILDEBRAND (1). Egli ha osservato che alcune specie di 0. alis trimorfe, prima sterili perchè esistenti in forme isolate, ad un tratto cominciarono a fruttificare, ottenendosi poi dai semi raccolti rate prnaniat alle forme mancanti. Cos wiei, che esisteva, come 10. cernua, THONB., soltanto alla su microstila e non aveva dato a DARWIN nes- sun seme, all’HiLDEBRAND cominciò col dare degli abbozzi di frutto ‘che ingrossavano un po’ e poi finivano col morire prima che aves- sero potuto abbonire alcun seme; poi una capsula gli diede un se- me che andò smarrito per lo scatto con cui uscì dal suo involucro; finalmente nell’ottobre del 1884 }'HILDEBRAND fu più fortunato a- vendo ottenuto una capsula con tre semi; un’altra capsula con 1 seme maturò al prineipio dell’ anno successivo (1885), mentre al nuovo autunno l'Autore raccolse un 3-4 capsule contenenti 1-3 se- mi perfetti. Or i semi raccolti nell’Ottobre del 11884e nel gennaio del 1885 diedero due piante microstili (cioè la forma genitrice) e due mesostili. Dall’O. lobata, di cui coltivava soltanto la forma mesostila, potè l’HILDEBRAND raccogliere, in singoli fiori, delle ca- psule contenenti esse pure da 1 a 3 semi che diedero le tre for- me (2). Parimenti, molto appresso, il medesimo Autore (8) men- zionò il caso dell'O. Deppei che si è presentata sempre nella for- ma brevistila e che, non ostante la sua sterilità, all'Autore aveva prodotto delle capsule. Ebbene raccolti 1’ HILDEBRAND i semi e mes- sili in terreno, essi germogliarono tosto e il primo discendente che venne a fioritura, fu mesostilo. Fecondando egli 1’ antica forma microstila con la nuova mesostila, allegarono ottimamente dei frutti e il primo discendente dei semi raccolti, venuto a fiorire, presentò la forma longistila r per le foro dell’O. cernua scoperte dal Ripa non po- trebbe addursi una spiegazione di questa fatta? Ma, anzitutto; lO. cernua, THUNB. produce delle capsule ? Il primo, a quia io sappia, che abbia fatto menzione della capsula di O. cernua è é stato i; RANGRE (4). Egli dice. che le Da (1) Hi.pesranp P. o etc. p. 4. (2) HiLbEBRAND F. Ibidem p. 13) Id. Einige weitere B bobazhit tungen und Hope en au 0 xalis-Arten. In Botanisches Centratblatt, Bd. LXXIX, 1899. Le l. (4) loc + Cla £ 171 capsule sono oblunghe, cilindriche, oscuramente pentagone. Questi caratteri sono relativamente molto esatti, ma, essendo incompleti, ci lasciano in dubbio, se non per la pianta a cui riferirle, per lo meno su la loro natura, cioè se provenienti da fecondazione omo- morfa o da fecondazione per incrocio di forme diverse; resta anche il dubbio, non infondato, che il SAvIGNY con la parola capsula non abbia indicato l’ovario persistente per alquanti giorni anche dopo caduta la corolla. Fatto sta però che l’ osservazione del SavIGNnY rimase per lungo tempo isolata ed anche ignorata, perchè difatti nessun autore vi ha accennato, anzi si è detto sempre che cernua siasi propagata così intensivamente e così largamente per tutto il bacino del Mediterraneo soltanto per via agamica, col sus- sidio cioé dei numerosi bulbilli da essa prodotti. * In quanto al TORNABENE (1), che descrisse la capsula di O. cernua, è da dire che egli ha giuocato di fantasia, poichè nes- suno dei caratteri che egli dà, e della capsula e del seme, corri- - sponde al vero, onde é da pensare che il RippA (2) sia nel giu- sto quando afferma che « il Tornabene, per rendere più completa la sua descrizione, abbia ideato i caratteri del frutto ». Nel 1848 il Goprox (33) afferma di aver visto la capsula di 0. Iybica, ma noi già sappiamo che l'O. Iybica del Goprox è 1° 0. compressa. Un'altra menzione della capsula di O. cernua vien fatta nel 1880 da WiLLKomm e LANGE (4); però anche la descri- zione di questi autori ci lascia assai perplessi perchè, come quella del SavianY, accennata con caratteri affatto generali. Nel 1900- vi accennano ancora FroRI e PAOLETTI (5); ma l’aver essi detto che la capsula é a logge polisperme, senz’altra aggiunta , fa sup- | porre anche qui e con ma gior ragione che gli Autori intendano dell’ovario che persiste, come abbiamo detto, per alcun tempo dopo la caduta dei petali; in questo caso sarebbe giusta la denomina- |. zione di logge polisperme. Potrebbe ancor darsi però che FiorIe PAOLETTI conoscessero già la scoperta del Rippa e le capsule da | Questo autore ottenute per incrocio delle forme, capsule. che son © RIE ga, I ee (1) ld F., Flora Aetnea, Vol. I p. 245, 1889, (2) Rippa G., Osserv. biolog. sull’ Oxratis cernua. In Boll. sella: 80c. di Nat. in Napoli, a. XVI, vol. XVI R 280, 1 (8) Op. (4) nu (5) Op. cit. > tutte a logge polisparme; anche quelle della forma. pula In 37 «questo caso quanto dicono della capsula FIioRI e PAOLETTI, non avrebbe per noi importanza. Di fronte al SavienY ed al WILLKoOMM e LANGE, ai quali è da prestare piena fede, ma dinanzi alla cui descrizione si rimane, per quel che abbiamo detto , assai dubbiosi, stanno i moltissimi Autori che della capsula di 0. cernua tacciono completamente (il che significa che essi non l’hanno visto) e i non pochi altri che apertamente dichiarano di non averla potuto vedere. Per tutti val- ga il PARLATORE (1). Cosichè ne venne in ciascuno (anche perché si riconobbe la natura trimorfa della specie) la convinzione della assoluta steritità dell'O. cernua. Ed era così radicata e così forte questa convinzione che quando il NicorRA scoprì a Sassari quel- l’unica capsula, nè il NicoTRA stesso nè il RIPPA seppero pensare ad una fecondazione autogama od omomorfa, ma soltanto alla pro- duzione di fiori cleistogami; anzi questa fu dapprincipio l’unica ra- gione per ammettere in O. cernua l’esistenza di tali fiori. Ma in seguito il RipPA (2) fece esperienze di fecondazione omomorfa con esito positivo in quanto che fra molte fecondazioni qualcuna riuscì fertile. Soltanto allora egli intuì la possibilità del fatto anche in natura ed emise quindi una seconda ipotesi per ispiegare l'origine della capsula del NicoTRA, cioè la fecondazione della forma micro- stila con sè stessa. Or la possibilità intuita dal Rippa ha piena rispondenza nella realtà. Difatti lungo le osservazioni da me fatte quest'anno su 1’ 0. cernua, ho avuto la grata sorpresa di scoprire come questa specie, nella forma microstila sotto la quale si è sempre presentata per tutto il bacino del Mediterraneo, eccetto negli ultimi tempi nei prati dell'Orto Botanico di Napoli, sia tutt'altro che sterile. Le sue ca- psule sono molto numerose, però è da dire che nè tutte le piante nè tutti gli scapi di una singola pianta, nè in generale, tutti i fiori che compongono una cima, sono fertili; voglio dire che molte | piante, almeno nell’istante in cui vengono osservate, si manifestano. completamente sterili, in quanto che non si discopre in esse nes- sun frutto, e molte altre ancora presentano ombrelle le quali pos- siedono capsule più o meno numerose; non è raro il caso che in un’ombrella si formi una sola capesla, come anche é abbastanza frequente il caso che tutti i fiori dell’ombrella siano stati seguiti - (1) Op. cit. (2) RipPa G. loc. cit. 173 da altrettanti frutti. In altre parole, per darne un’idea più con- creta, la frequenza delle capsule è tale che in un’ora in un terreno coperto dall’O. cernua se ne può raccogliere qualche centinaio per- fettamente mature, lasciando indietro le molte allegate, ma che per la maturazione devono ancora attendere. Però deve badarsi al pe- riodo di vegetazione in cui si fa la raccolta. Io rammento che per tutto gennaio, sebbene l’O. cernua fosse abbastanza fiorita, non mi venne fatto di raccogliere nessuna capsula; soltanto dentro la prima decade di febbraio mi fu possibile raccoglierné tre alla Real Favorita, di cui una sola con frutto già maturo ; in seguito ai pri- mi di Marzo ne raccolsi altre due nel nostro Orto Botanico; nu- merosi divennero poi i frutti all’inizio della seconda quindicina di questo mese ; alla fine del mese la produzione delle capsule a- veva raggiunto un limite che poi in aprile non fu superato di molto. Or la precoce fioritura dell'O. cernua, come abbiamo detto, e la tardiva produzione dei frutti, io credo sia stata in parte la causa, almeno negli ultimi tempi (1), per cui sino alle presenti mie osservazioni non si sia discoperta la capsula di questa specie, la quale anzi è stata ritenuta perfettamente sterile e propagantesi per via agamica. Dunque, ora possiamo dirlo senz'altro, la capsula del NicorRra non era che una delle tante capsule che la forma mi- crostila dell'O. cernua produce così abbondantemente per autofe- condazione, cioè per fecondazione di fiori microstili con polline fiori della stessa forma. Se non fosse stato per il preconcetto della sterilità dell'O. cernua, THUNR. il NicorRA sicuramente avrebbe completato le sue osservazioni su la capsula da lui rinvenuta e si sarebbe accorto che quella capsula non poteva provenire da un fiore cleistogamo. Difatti nel frutto di O. cernua, THUNB., eccetto i pe- tali, sono persistenti tutte le parti fiorali: i sepali, i due ordini di cuni - gli stili; cosicchè si riconosce tosto la natura casmogama del fiore da cui esso proviene. Però io, che ho avuto agio di com- piere al proposito osservazioni più estese, ho potuto convincermi della natura casmogama dei fiori da cui provenivano le capsule, per un’altra via non meno sicura; il confronto cioè dei varii stadii della formazione delle —- i ali possono Segui, con gra- (1) Dico almeno negli ultimi tempi perchè non € certo che l’O. cernua avesse prodotto dei frutti al principio del suo isolamento in Europa; anzi tutto lascia supporre che essa sia stata e si sia con- servata completamente sterile sino a qualche vent'anni fa. % 174 duale passaggio, da fiori che ancora portano i petali fino al frutto perfettamente maturo che ha lanciato e continua a lanciare i suoi semi. — La forma microstila dunque di 0. cernua, THUNB. non è ste- rile anche se isolata dalle altre due forme che completano la specie. In qualunque luogo (Real Favorita, Giardino Inglese, Orto Bota- nico, Giardino d’Acclimatazione) ne ho ricercato il frutto, l’ho ri- trovato e sempre coi medesimi caratteri. Come sopra dicevo, se si eccettuano i petali, tutte le parti che costituiscono il fiore, sono persistenti nel frutto di O. cernua, THuNB. La capsula, isolata dal resto del frutto, ha forma oscura- | mente pentagonale bruscamente restringentesi in alto dove s°inse- riscono gli stili. Questi, da incurvati verso l’esterno che erano nel fiore, nella maturità del frutto si raddrizzano dando a questo l’ap- parenza di una lunghezza che non ha. La lunghezza media del frutto, dalla base dell’antico. talamo del fiore alla estremità degli stili raddrizzati è di 7 mm.; frequenti sono lunghezze. minori co- me anche lunghezze agi financo di 11 mm. Il colore del ‘ frutto è verde, anche dopo venuto a secchezza; solo gli stili sono giallicci. La capsula é longitudinalmente deiscente e i semi, ros- sicci, ricoperti di minutissimi bitorzoletti disposti in serie parallele che danno l’idea di successive creste ed avvallamenti, ne fuorescono con iscatto in virti di un involucro che li riveste a guisa di arillo, Ma i semi sono scarsissimi anche nelle capsule più lunghe; essi ‘ vanno da 1 a 3; in casi veramente rari se ne riscontrano 4 o 5; soltanto una volta ne ho contati 7 nella stessa capsula. Conseguenza in parte di questo scarso numero di semi è che la capsula non è mai perfettamente diritta. Difatti, poichè i semi alligano in così piccol numero e tutti da un medesimo lato della capsula, questa si — accresce maggiormente da tal lato, mentre dal lato opposto l’ac- crescimento si arresta o, comunque, è meno pronunciato ; ; ne viene la nota curva d’accrescimento con la concavità dal lato dove l’ac- crescimento è minore o nullo. Questo carattere è così generale che già, poco dopo caduta la corolla, si può prevedere quali dei fiori daranno luogo a frutto ; basta osservare l’ovario : se questo accenna ad incurvarsi, esso porterà ad una capsula. Giunti a questo punto e riconosciuto che 10. cernua, THUNB. presenta un caso identico a quelli osservati dall’HILDEBRAND, cioè di una specie polimorfa che pur è cessata di essere sterile in una delle sue forme sotto la quale si è sempre presentata, ritorneremo alla questione che avevamo già posta, se, cioè, le due forme (la mesostila e la longistila) scoperte dal Rrppa non debbano la loro origine ai semi prodotti dalla forma microstila dell'O. cernua , a- nalogamente ai casi osservati, come dicevamo , dall’ HILDEBRAND; in cui una sola delle forme esistenti in un dato luogo, ha inte- grato la specie producendo per autofecondazione le forme mancanti. Questa ipotesi, per quanto spontanea essa nasca e confortata essa sembri da esempii precedenti, abbiamo noi ragione di escludere. Difatti, almeno venti anni fa il Sig. A. RiccoBono, Giardiniere nel nostro Orto, raccolse delle capsule: di O. cernua , THUNB. senza darvi importanza, e così fece per alcuni anni di seguito, anzi egli iscrisse i semi di questa specie nel Catalogo del semen- zaio dell’ Orto. Egli ebbe a dichiararmi tutto ciò quando io caso, trovandomi ad avere in mano un mucchietto di frutti dell’ O. cernua, glieli mostrai dicendogli in tono di scherzo se avesse vi- sto mai di quella roba. Egli però negli ultimi tempi ha tralasciato di far la raccolta delle capsule di O. cernua, nè possiede più dei semi precedentemente raccolti. Or il Signor RIccoBONO, che io co- nosco per persona seriissima, merita piena fede ; perciò possiamo - esser certi che nell’Orto Botanico di Palermo VO. cernua, THUNB. fruttifica da un ventennio e più. Ma se dai semi così prodotti trag- gono origine le forme mancanti (la mesostila e la longistila) del- lO. ceruua, come mai nel nostro Orto non si sono ancora esse presentate ? Dunque poichè per così lungo spazio di anni e dietro così abbondante produzione di semi, non sono ancora comparse nel nostro Orto la forma mesostila e longistila di O. cernua, bisogna dire che questi semi non sono capaci di produrre le menzionate due forme. Esempio del resto non primo, poichè anche |’ HtLpE- BRAND ne ha citato qualche altro. Ed allora, per risolvere la que- stione, bisogna ricorrere ad un’altra ipotesi. Al proposito ricordiamo come dalla descrizione del RiPPa ap- pare che la forma mesostila e longistila sono delle forme li rispetto alla brevistila. Ciò abbiamo potuto noi confermare avendo avuto occasione di esaminare anche esemplari delle due prime forme, cortesemente dal RiPPA spediti, dietro richiesta, al nostro Orto, essendoci anche sembrato esser la longistila alla sua volta in certo modo meno robusta della mesostila. Ebbene noi diciamo che la brevistila. to longistila. Cotesta conclusione, nata dal considerare il’ diverso vigore delle tre forme e a cui fui costretto dalla necessità di esclu- dere le altre ipotesi, certamente più comuni e meno difficili ad es- sere accettate se contro di esse non print i fatti, venne ino seguito avvalorata dai fiori di O. cernua che raccolsi alla Favorita e che per un caso fortunato mi vennero sottomano. Ignorando la importanza dei fiori che io raccoglievo, non badai a raccogliere an- che Je piante; però dall’altezza e dalla grossezza degli scapi e dalla lunghezza e grandezza delle foglie, come dalla ricchezza in fiori di ciascuna cima, non mi resta dubbio che il corpo vegetativo di quelle piante non appartenesse alla forma brevistila. Disgraziata- mente io non potei tornare sul luogo che otto giorni dopo, e non trovai più nulla, perchè, essendo quello un coltivato a fave, si era fatta la sarchiatura ed il luoto era ripulito. Or quei fiori, raccolti alla Favorita tutti dentro uno spazio di pochi metri quadrati, erano avvizziti (il grado di avvizzimento era vario) prima che si fossero aperti, come dimostravano le tracce dell’estivazione contorta ancora evidenti; però presentavano le di- mensioni, varie esse pure, sotto le quali nel fiore ordinario non . ancora sbocciato la brevistilia è già dichiarata , anzi i più grandi iungevano o quasi la misura di quelli aperti. Ebbene, aprendo ed osservando ‘essi fiori, potei riconoscere che i più piccoli erano longistili, quelli di lunghezza mediocre erano mesostili e i più grandi ancora presentavano una terza forma (quarta rispetto alla brevistila) nella quale il ciclo degli stami inferiori si trovava al medesimo li-. vello degli stili (1). La corrispondenza tra le dimensioni dei fiori il morfismo sessuale era così pertetto che io potevo prevedere il carattere del fiore prima di aprirlo ® Or questi fiori in un punto della base del talamo, interno alla corolla, presentavano una mac- chiolina giallo scura che penetrava nei tessuti. Sicuramente quella era la sede di un qualche fungo che indeboliva lo sviluppo del fiore e ne operava così la riversione della forma. Che poi del resto in quel caso si trattasse di un fenomeno d’indebolimento , lo di- ‘mostrava il fatto che i fiori non erano potuti giungere ad apertura e gli scapi un po’ giallicci, onde è da supporre che il male avesse attaccato non soltanto i singoli fiori, ma l’intera pianta. Anche il (1) Si capisce di leggieri che tal morfismo sessuale non poteva presentare nei fiori in parola i rapporti precisi e regolari che nei fiori normali. Per es. in generale la longistilia era data , oltrechè dalla lunghezza degli stili, dall’ovario clorotico e lungo sit dell’or- dinario. Aggiungiamo che tutti i flori mierostili normali dell’ O. cer- nua passano, più o meno decisamente, nella cosidetta quarta forma nell’ultimo pena del loro sviluppo, people cioè sta per cadere la corolla. 17 Prof. MATTEI ebbe ad osservare i fiori in discorso, venendo e- gli pure alla supposizione che quella macchia fosse di natura fun- gina. Intanto questo punto, cioè della natura delle macchie, non potè esser chiarito per aver trovato ; come ho detto, ripulito il dp dove crescevano le Oralis in quessione. Allora io mi accinsi ad alcuni esperimenti per tentare di pro- vocare artificialmente (per via d’indebolimento, s'intende) la river- sione della forma microstila nelle altre due. Così staccai dalle piante madri un mazzolino di scapi e li misi in acqua soltanto. I primi fiori, quelli cioè provenienti dai bottoni più grossi, sbocciarono senza offrire nulla di anormale nemmeno nella grandezza. In seguito . ogni giorno sbocciarono nuovi fiori, ma a misura che più piccoli erano i bottoni da cui provenivano, più piccoli erano anche i fiori, alcuni anzi erano dei fiori di O. cernua in miniatura ; tuttavia il | morfismo sessuale rimase sempre lo stesso. I bottoni poi più pic- coli perirono prima di aprirsi. In una seconda esperienza, profittando del grande vigore della specie e della grande resistenza che essa offre al disseccamento, raccolsi altri scapi florali e li riposi all’ ombra all’aria aperta ; questa esperienza le cose procedettero come nella prima, ar che i bottoni, periti prima di giungere all’ apertura , furono più numerosi. Più felice fui raccogliendo e mettendo all’ ombra le in- tere piante; in questo caso i bottoni più grossi si aprirono senz’al- tro di anormale che le minori dimensioni del fiore, ma dei bottoni più piccoli, che furono capaci di pervenire all’apertura, qualcuno sì dimostrò decisamente mesostilo. Dopo queste prime prove pen- sai di operare sul fiore senza rimuovere la pianta dal suolo. Feci perciò un taglio sul talamo da un sol lato in piccoli bottoni, tali che la brevistilia non fosse ancora dichiarata; il taglio cicatrizzava ed i bottoni si ripiegavano dal lato della cicatrice, certamente ef- fetto di accrescimento ineguale nei due lati, in quello del taglio e nel suo opposto. I fiori che ne provennero, furono sempre più pic- coli dei normali, alcuni anzi molto più piccoli, e gli stami poi dal lato del taglio erano brevissimi, specialmente quelli del ciclo degli — stami corti. Certamente il risultato qui non era &fRivoco potendosi a =} riferire, oltre che all’indebolimento dovuto al taglio dei fasci che arrestò la libera circolazione della sostanza nutritizia , anche alla ragione meccanica della pressione dovuta al ripiegamento del bot- tone e del fiore sul lato operato. Per evitare questa causa mecca- nica io, invece che tagli unilaterali, operai due tagli simmetrici, ma il traumatismo era troppo violento per permettere lo sviluppo di fiori regolari. Allora ricorsi alle punture fatte sul talamo in cor- rispondenza degli stami brevi, Cosi, interrompendo il fascio con- duttore, la sostanza nutritizia non poteva loro giungere che per la via della diffusione tra cellula e cellula. In quest’ ultimo modo di esperimentare mancò completamente il ripiegamento lamentato nella esperienza precedente e gli stami brevi si presentarono più o meno raccorciati; talvolta i filamenti erano così piccoli che le antere sem- bravano sessili. Notevole che il filamento non presentò mai altra anormalità che la minor lunghezza, segno questo che la puntura era sempre caduta sotto di esso; nè le antere apparivano atrofiche rispetto a quelle degli stami normalmente sviluppati. Così potei ri- conoscere come una diminuzione di nutrimento , cioè una causa debilitante, abbia dato una forma che si potrebbe chiamare me- sostila. Sarebbe stato interessante procedere alla impollinazione dei fiori ordinarii col polline degli stami brevi così ridotti, per osser- vare se all'apparenza di mesostilia acquistata dai fiori operati cor- | rispondesse l’efficacia della fecondazione, ma ciò allora io tralasciai di/fare. Ad ogni modo, anche non dando altro valore ai miei e- sperimenti che quello di semplici tentativi e pur considerando co- me patologici i fiori mesostili e longistili rinvenuti alla Favorita, io non posso non esprimere la convinzione, posto tutto quanto pre- , che un indebolimento nella forma brevistila porti alla pro- Fassi delle altre due forme. In natura ciò accadrà per cause pa- tologiche, come è stato pel caso dei fiori raccolti alla Real Favorita, ma accadrà anche per cause fisiologiche , perchè una riproduzione mica prolungata arreca, come é assodato, lo spossamento della stirpe. Dunque l'improvviso insorgere delle altre due forme nel- l'Orto Botanico di Napoli si spiega per l’indebolimento più o me- no pronunciato della forma brevistila, indebolimento indotto , se- condo noi, dalla prolungata propagazione vegetativa , più che da sfavorevoli condizioni di vita. Certamente, poichè il seme della for- ma microstila si dimostra, come abbiamo visto, incapace a produrre le forme mancanti, bisogna pensare che l’indebolimento agisca al- terando nel corpo vegetativo i rapporti delle forme latenti, perciò anche nel bulbillo; quindi, secondo noi, sono stati dei bulbilli della orma microstila, modificati dall’indebolimento, che hanno dato le altre due forme. Naturalmente non è qui il caso di entrare a discutere le nu- merose questioni (sull’ereditarietà, sul valore funzionale della pro- pagazione agamica etc.) che questa mia conclusione trascina seco. Per chiudere questo paragrafo sul trimorfismo dell'O. cernua di- 179 remo che il RIPA (1), e l’avevamo già accennato, eseguì esperi- menti di fecondazione per incrocio tra le tre forme, e questa anzi fu la dimostrazione più sicura che la forma mesostila e longistila da lui scoperte fossero appunto le forme mancanti dell’ Or le capsule della forma microstila, di cui parla il RIiPPA, sono appunto quelle ottenute per fecondazione col polline di fiori longi- stili e mesostili, tanto che egli sin nelle sue ultime memorie insiste nel dire che lO. cernua, THUNB. siasi cotanto propagata unica- mente col sussidio dei bulbilli. Per queste esperienze d’incrocio il RipPA crede di potere affermare che la forma microstila abbia ca- rattere eminentemente maschile e la mesostila eminentemente fem- minile. Anche il DARWIN (2) fa analoga distinzione per Lythrum salicaria e forse non a torto; ma in quanto all’O. cerrua, pur considerando i risultati delle esperienze del RIPPA, riteniamo che valga anche per essa quel che l’HiLpeBRAND disse per le Owralis trimorfe in generale, che cioè, « bei niherer Beobachtung sehen wir, dass in jeder der 3 Formen zugleich minnliche und weibliche Organe gut ausgebildet sind. Ware di kurzgriffige Form mànn- lich, so missten die Narben verkiimmert sein, was durchaus nicht der Fall ist-wire anf der anderen Seite die langgrifflige Form nur Weiblich, so miisste der Pollen schlecht und wirkungslos sein, und auch dim entspricht der Sachverhalt nicht der Vermuthungen Lin- dley’s und Zuccarini’s (3). » LInpLEY, come del resto scorgesi dal passo citato, contrariamente al DARWIN per Lythrum salicaria ed al RipPA per l’O. cernua, credeva femminile la forma longistila delle Oxalis trimorfe; ZuccanINI credeva, oltracciò, che la forma meso- stila fosse sona Quanto può talora lo spirito di classificazione dell’uomo !. (1) Rippa G., Osservazioni biologiche sulla O. cern Hi, In Bollettino dell'Orto Botanico della R. Università di Napoli; 190) pt. — Osservazioni biologiche su l’Oralis cernua. In Bollettino della So- cietà di Naturalisti in Napoli, 1902, p. 230. (2) DARWIN C., Le varie forme dei fiori ete. p. 112 i (8) Bra F., Ueber den Trimorphismus der Blitten inder | "Gattung Oralis. In Monatsbericht. der Akademie der gprs do Sa 370, su Dem 1866 p. V. LE VARIETÀ DI 0. cernua, THUNB. La prima varietà di O. cernua, THUNB. che sia stata indicata é quella a fiore doppio e l’Autore che per primo la notò fu, a quanto io sappia, G. Tineo. La sua Syropsis appunto, nell’ edi- zione del 1796, sotto l’indicazione, a stampa, della forma ordinaria di O. pes-caprae ne porta un’altra manoscritta di 0. pes-capraé « flore pleno ». Nell’edizione del 1802 il manoscritto è sostituito da un’indicazione a stampa. In seguito questa varietà si riscontra menzionata spesso dagli Autori e per luoghi anche lontani fra loro. Ma col tempo furono segnalate altre varietà : la Namaquana dall’ HARVEY e SONDER (1), l’etnea dal TORNABENE (2), la maculata dal Rippa (3). I carat- teri che il TORNABENE riferisce della sua varietà mostrano come essa non sia altro che VO. cernua che frequentissimamente si pre- senta sotto individui rimpiccioliti a causa forse della stazione. La varietà del TORNABENE dunque, secondo noi, é una delle frequenti sviste di questo Autore. Della varietà da loro scoperta HARVEY e SoNpER danno i seguenti caratteri : smaller, stemless, leaflets ob- cordate, sub-bilobed, below hallaw-dotted, sub-pilose; scapes 2-3 flowered; pedicels glabrescont, = inch long; flowers smaller. ‘ Naturalmente noi, non avendo mezzo alcuno di controllare se la Namaquana sia o no una vera varietà dell'O. cernua, THUNB., ci rimettiamo completamente ai due Autori che 1’ hanno scoperta. La varietà del namaguana è una varietà locale, non essendosi mai altrove riscontrata oltre al luogo dove fu rinvenuta da HARVEY e SONDER. Invece la varietà a fiore doppio è diffusissima, appunto ritro- ‘ vandosi (oltre che al Capo di Buona Speranza) per es. in Sicilia ed a Madera, già fuori del nostro bacino mediterraneo. Una grandissima rassomiglianza corre tra questa varietà e quella maculata scoperta a Napoli dal RippA e così da lui chia- mata per avere l’apice dei sepali macchiato di un rosso scuro 0 (1) Harvey e SONDER, Flora capensis, 1859-60. (2) TornABENE F., Flora Aetnea Vol. I. p. 245. (3) Rippa G., Su di un probabile disagi dell’ Oxcalis cermua, TaunB. Nota Pa In Bollettino rag Società di Naturalisti in Nene anno VIV, . XIV, p. 1, 1900, u di un dai spontanea 0; Botaulco di Napoli. Ibim di anno XIX, vol. XIX p. 171, 1905. 181 porporino. Infatti la parte basale in queste due varietà è identica, eccetto forse la grossezza degli scapi e dei picciuoli delle foglie che è maggiore in O. cernua var. fl. pl. Foglie e scapi poi sono in- tensamente colorati in verde in entrambe le varietà ; le brattee fio- rali ed i sepali hanno gli apici colorati in rosso scuro, come in rosso scuro sono colorati i cuscinetti di articolazione delle foglioline le quali presentano le caratteristiche macchie rossicce. Inoltre si ha ancora rassomiglianza fra 10. maculata, RipP. e la varietà a fiore doppio, nell’abbondanza delle pelurie. Si aggiunga la colorazione rosso scura o vinosa abbondante nei petali esterni della varietà a fiore doppio, e ridotta a semplici venuzze in quelli più interni, co- lorazione che trova perfetto riscontro nelle infiltrazioni vinose ben evidenti nei petali della varietà maculata del Rippa. Insomma in tutto il corpo vegetativo, come financo nella colorazione dei petali, delle due dette varietà corre, starei per dire, identità perfetta. U- nica differenza quindi, astraendo dalla maggiore robustezza della varietà a fiore doppio, è data dalla presenza in 0. maculata, RIPPA, degli organi sessuali : stami e gineceo, che invece sono abortiti nell’altra varietà. E qui dirò che mentre il RIPPA nella nota pre- ventiva (1), con la quale annunziava la forma da lui scoperta, pinava che essa fosse un discendente» illegittimo dell’ O. cernua, THAUNB., in una memoria successiva (2) la elevò alla dignità di una specie a parte trimorfa e triplostaurogama. Ma noi, per tutto quanto abbiamo detto su la perfetta somiglianza dalla varietà a fiore doppio e dell’Oralis del RIPA, crediamo che anche questa sia una varietà dell’O. cernua allo stesso titolo della pleniflora. Aggiungiamo che questa nostra convinzione trova appoggio in una forma da noi osservata nell’Orto Botanico di Palermo dove è coltivata col nome di 0. canescens (3) e che a prima giunta si scam- bierebbe con 1’ 0. maculata del Rippa. Difatti, come quest’ Oralis, ha essa fiori mesostili e sepali macchiati di rosso all’apice, ma di tm rosso più sbiadito. Però tolte queste somiglianze, pur considere- voli, vi sono tra le due forme, quella del RIPPA e quella da me no- tata nel nostro Orto, tali differenze che, se non fosse ia la can i (1) Già cit. (2) Già cit. (3) S'’intende che 1’O. canescens di cui qui parliamo 1 non ha ‘nulla O da da con ]l SS canescens Jacq. 189. - $ ratteristica colorazione dei sepali, quest’ultima Oxalis non richiame- rebbe atfatto alla memoria 10. maculata, RIPPA Anzitutto la colorazione verde degli scapi e delle foglie è in quest’ Oxralis meno carica che in quella del RrpPA, somigliando per questa parte la prima piuttosto alla forma niro dell'O. cernua a cui si avvicina anche per la colorazione delle radici e delle basi delle foglie e basi degli scapi. Inoltre i cuscinetti d’articolazione delle foglioline nell’Oxralis palermitana mancano della colorazione rossiccia, intensa invece nell’O. maculata, RipPA. In quanto alla di- stribuzione ed alla quantità della pelurie l’ Oralis da me notata ha perfetta somiglianza con la forma brevistila dell'O. cernua, con la quale concorda anche pel colore giallo puro dei petali, non incon- trandovisi che qualche volta una infiltrazione vinosa sfumatissima, impercettibile. A tutto ciò si aggiunga che quell’unico carattere, oltre alla mesostilia, pel quale l’Oxalis da me notata a Palermo, richiama tosto alla memoria 10. maculata del RipPA, cioè la co- lorazione rossiccia dell’apice dei sepali, è anche abbastanza atte- nuato in quanto che, come abbiamo già osservato, questa colora- zione nella prima è molto sbiadita. Come vedesi, dunque, grandissima somiglianza corre tra lO. maculata del RipPa e la varietà a fiore doppio; grandissima ne corre tra la forma brevistila dell'O. cernua e la forma a sepali dall’apice rossiccio da me notata a Palermo; somiglianza (mesosti- lia e apice dei sepali colorati in rosso) corre infine tra quest’ultima alis e 10. maculata del Rippa. Evvi dunque un passaggio gra- duale tra tutte queste varie forme e parrebbe che la forma micro- stila dell'O. cernua, THUNB. sia il primo termine di una serie che va a finire nella varietà a fiore doppio attraverso l’ 0. maculata da me rinvenuta a Palermo (adesso si Capadca sata io chiami maculata quell’Oxralis che nel nostro Orto è stata sin’ oggi colti- vata col nome di O. canescens) e l'O. maculata del Rippa. Con ciò non intendo che 1° 0. cernua nelle sue variazioni individuali abbia compiuto realmente questo passaggio graduale, essendo molto probabilmente comparse le varietà l'una indipendentemente dall’altra; cosicchè la gradazione che oggi si osserva più che darci la crono- logia, per così dire, della comparsa delle tre varietà, serve soltanto a chiarire la natura delle forme che noi consideriamo come varietà dell'O. cernua, assicurandoci che esse sono realmente varietà, anche saltuarie, dell’Oxralis summentovata. E proprio in questo sta la massima importanza dell'O. maculata di Palermo, che colma la grande lacuna intercedente tra 1’O. cernua e la varietà maculata del RipPA, simulando così nna nave successiva derivazione fi- 183 logenetica, mentre tale derivazione, secondo tutte le probabilità, non è che saltuaria. A proposito della colorazione rossiccia che così frequente s’in- contra nell’O. cernua (forme e varietà) io ho detto nel paragrat riguardante la morfologia di questa specie,” come tale colorazione, secondo il suo modo di distribuirsi e secondo l’intensità che essa assume, sia un carattere differenziale delle diverse forme e va- rietà (1). Quanto abbiamo detto qua e là dimostra appunto la verità di questo carattere differenziale; per completare adesso quanto già è stato detto, osserveremo che le radici della forma mesostila e longistila sono, per l’intensità, identicamente colorate. che quelle della forma microstila, ma le foglie e gli scapi colorati alla base in rosso vinoso sono più numerosi nella, forma mesostile. che non nella brevistila, e nella longistila più numerosi che non nella me- sostila (nella longistila sfuggono alla colorazione vinosa forse sol- tanto le basi delle foglie più interne). Le radici poi e tutta la parte basale dell'O. maculata di Palermo rassomigliano, e per l’esten- sione e per la debolezza del colore vinoso, alle corrispondenti parti della forma microstila dell'O. cernua y invece le medesime parti nell’O. maculata, RipPa e nella varietà a fiore doppio sono inten- samente colorate (radice e base di ciascuna foglia e di ciascuno scapo), specialmente nell’ultima. Anzi la colorazione vinosa della radice e parte basale è così caratteristica nella variétà a fiore doppio che se si pigliano tutte le altre forme (meno l’O. maculata del RIPPA), e questa varietà, nascondendo tutte le altre parti meno le basi, dalla semplice ispezione di queste si riconosce subito la va- rietà a fiore doppio. Difficile invece riesce riconoscerla per tal modo dall’O. maculata del Rippa per la somiglianza di colorazione che abbiamo detto, non sempre sovvenendo la differenza - di masala che già sappiamo, dei picciuoli e degli scapi. Possiamo così riassumere il vario modo di distribuirsi di. tale ni colorazione rosso vinosa nelle forme e varietà di 0. cernua. Forma microstila : radice principale Liimbii verso o l'iotee- e mo superiore, talora colorazione vinosa as: (1) Questa colorazione rosso vinosa o rosso porporina che voglia dirsi, è frequente nella famiglia delle Oxalidacee ; in alcune specie | Poi acquista una intensità ed una estensione straordinaria, come in O. tropaeoloides e O. lasiandra ; sai sbiadita, poche foglie e pochi scapi -presentanti alla loro base una debole co- lorazione vinosa; cuscinetti d’articolazione delle foglioline rossicci; foglioline con mac- echioline rossicce informi sparse qua e là. Forma mesostila : radice come sopra, foglie e scapi colorati alla base più numerosi; cuscinetti d’ ar- ticolazione delle foglioline come sopra; fo- glioline prive di macchie rossicce, eccetto alla base dove esse formano come un trian- golo col vertice in alto. Forma macrostila : radice come sopra; foglie e scapi colorati alla base ancor più numerosi ; cuscinetti | di articolazione delle foglioline STO sopra ; foglioline come sopra per la forma meso- s Oralis maculata (di Palermo): radice e base degli scapi e ; delle foglie come sopra per la forma mi- crostila ; cuscinetti di articolazione non rossicci, foglioline senza macchie rossicce; apice dei sepali in rosso mattone sbiadito. Owalis maculata, RipPA: radice rossiccia, le basi delle foglie e degli scapi tutti colorate in rosso vinoso intenso ; cuscinetti d’articolazione lo stesso; SATA su le foglioline, apice dei sepali ° in rosso scuro; petali con infiltrazioni vi- nose. Varietà a fiore miti Radice, basi delle foglie e degli scapi, come sopra, ma più intensamente; cusci- netti d’articolazione rosso scuro, foglioline | con macchie rossicce scure piuttosto ampie, apice dei sepali in rosso scuro; petali e- sterni con ampie strisce rosso vinose 0 rosso porporine e scure, petali interni con infiltrazioni vinose più o meno forti, più o meno nare CONCLUSIONI. 1° Possiamo ben dire che, tra le piante trimorfe, quello del- lO. cernua, THUNB. è un caso classico Come già sappiamo, il SAvIGNY è l’unico degli antichi Autori che abbia fatto menzione della capsula di O. cernua; però abbiamo accennato al dubbio che egli avesse visto delle capsule ottenute per incrocio o che avesse indicato come capsula l’ovario persistente per alquanto tempo anche dopo la caduta dei petali. Tutto ciò sem- rerà più verosimile ove si pensi che dopo il SAvIGNY nessuno dei numerosi Autori, anche coscienziosi, che ebbero occasione di par- lare dell’O. cernua, accennò mai alla capsula, anzi ve ne sono pa- recchi che espressamente dicono di non aver potuto trovarla (1). Onde non temiamo di affermare che 1’O. cernua, THUNB. sia stata realmente sterile sino agli ultimi anni, conformemente del resto alla natura trimorfa della specie ed al comportamento di altre consorelle. Ma un caso classico, come dicevamo, resterà quello dell’O. cernua perchè è stata la specie che più a lungo ha conservato quell’equi- librio interno pel quale una forma isolata di una specie polimorfa persiste nell’ inefficacia della fecondazione autogama. Esempio perciò tanto più splendido per dimostrare la potente azione rever- siva che l’isolamento esercita su le specie polimorfe. Su questo punto però adesso non vogliamo addentrarci perchè speriamo di raccogliere altro materiale per potere esprimere, anche col sussidio i quanto sin’oggi si è appreso sull’argomento, alcune nostre con- siderazioni generali sul polimorfismo L’O. cernua, THUNB. non produce fiori cleistogami. 3° L’O. maculata del RirPA non é una specie distinta, ma una varietà dell'O, cernua, THUNB. molto progginà a quella a fiore doppio. 4° Negli ultimi tempi lO. cernua, THuxB. ha snanti un nuovo e potente mezzo di diffusione, cioè quello per semi. - Dot. FRaNcESCO RaPPa (1) Veramente vi sario il TORNABENE che ha descritto la ca- sula di O. cernua, THUNB., ma noi abbiamo visto come egli in ciò avesse giocato di fantasia; WiLLKOMM e Lange poi, per quel che dicono della capsula, appartengono al nostro tempo (1850). Rassegna delia stampa coloniale agraria. Boschi e piante legnose dell’Eritrea (1). — Il Prof. ADRIANO FrorI fu nel 1909 in Eritrea, per incarico del Ministero degli Af- fari Esteri, visitando a lungo tutta la Colonia, con l’obiettivo prin- cipale di riconoscerne le reali condizioni dal punto di vista bota- nico forestale. Ora pubblica, in grosso volume, la relazione dei ri- sultati ottenuti in c'etta esplorazione, risultati non solo di interesse I scientifico, ma ancora di reale utilità pratica. 1a In una prima parte l'Autore tratta della tutela forestale nella Colonia Eritrea, esaminando quali furono le cause che condussero al diboscamento della regione, e quali cause si opposero e si op-- pongono alla naturale riproduzione degli alberi. Le cause prime. — del diboscamento furono le operazioni guerresche , e, ritornata la pace, il bisogno di cercare aree nuove e sempre più estese da met- tere a coltura. Fra le cause poi che si opposero e si oppongono | alla naturale riproduzione degli alberi va considerato anzitutto il modo estensivo di coltura praticato dagli indigeni, senza concimazione, — richiedente lunghi periodi di riposo, per cui vengono successiva- mente poste a coltura nuove superfici : a tal fine se ne ottiene = (1) FioRI ADR., Boschi e piante li dell’ Eritrea. Edizione | dell’Istituto Agicato Coloniale Italiano. Firenzel 912, > p. 177 ill. | diboscamento incendiando tutta la vegetazione che vi cresce, ed appunto così furono distrutti i migliori boschi della Colonia. Un’al- | tra causa di grave momento devesi ricercare nella pastorizia, causa l'allevamento brado del bestiame: gli indigeni, considerando il be- stiame come la loro maggiore ricchezza, fanno il possibile per au- mentarne la quantità, ma poi nulla tentano per aumentare la pro- duzione foraggiera. Ne deriva che le erbe sono divorate prima che abbiano potuto sviluppare fiori e frutti, si che. la vegetazione er- bacea isterilisce, mentre le acque, colà violentissime, compiono l’o- pera di distruzione, asportando il terreno, denudando le roccie. Ma, venuta meno la vegetazione erbacea, il bestiame si rivolge a quella arborescente : i giovani alberi sono mutilati, le piccole piante bo- schive strappate e distrutte: a compiere la rovina i pastori abbat- tono, nei periodi di siccità, tutti gli alberi verdeggianti che incon- trano, per dare agio al bestiame di pascolarne le foglie ed i teneri rami. Anche la necessità di avere legname si aggiunge alle cause predette : dapprima se ne fece gran consumo per la costruzione dei presidii militari mobili, ed anche ora molto se ne richiede per la costruzione delle case a tipo abissino. Parimenti enorme è il consumo richiesto per il funzionamento delle caldaie a vapore, u- sate in alcune industrie, come per le miniere aurifere o per le of- ficine elettriche, e delle fornaci da mattoni e da calci. Il FrorI passa quindi a trattare dei provvedimenti da adot- tarsi per una efficacie tutela dei boschi, rilevando come quelli ora ‘in vigore sono insufficienti, sia perchè tardivamente escogitati ed applicati, sia perchè manca il personale tecnicamente adatto a farli - eseguire. Egli quindi insiste sulle seguenti proposte : 1° Istituzione di un ufficio di ispezione fore- stale, con Sede in Asmara, ed alla dipendenza diretta del Gover- natore, affidato a persona competente ed attiva. 2.° — Istituzione di un corpo di aio di guardie forestali, parte bianche e parte indigene. 3.° — Impianto di vivai forestali, capaci. di fornire i ‘ tutte le atta necessarie be: i lavori di rimboschimenti da ini-o ; ziarsi. RARO in tutte le località ‘adatte, usato. non solo le essenze indigene, ma anche quelle essenze esotiche che hanno già dato buona prove in qualche paaagroo attorno “> DS 188. i abitati : ad esempio diverse specie di Ewcalyptus , diverse specie di 3 d'Australia, tutte le Casuarinae, lo Schinus molle ete. —Tmpianto di parchi ad uso d’arboreto e pian- di d’alberi presso gli abitati. Questi, oltre che per il comodo e l’estetica dei villaggi, avrebbero ancora valore esperimentale per l’ acclimatazione delle essenze esotiche , allo scopo di moltiplicare dappoi nei vivai quelle solo che presentassero affidamento di mi- gliore riuscita. Gli inglesi nelle loro colonie vanno piantando al- beri ovunque ed in tutti i modi, mentre in Eritrea ben poco si è fatto in proposito : tuttavia qua e là si notano promettenti esem- plarf-di Parkinsonia aculeata, di Poinciana regia, di Jacaranda, di Pithecolobium dulce, e di altre essenze, le quali tutte dimo- strano come molte specie esotiche potrebbero prosperare in Colonia. Infine l'Autore tratta della designazione e delimitazione dei boschi da dichiararsi riservati con divieto di pascolo, e delle aree parimenti da vincolare, perchè adatte a rimboschirsi : speciale ri- guardo dovrà usarsi nell’ accordare ulteriori concessioni agrarie, massime per colture cotoniere, allo scopo di impedire la distruzione | delle boscaglie che tuttora vi persistono. Così pure si dovrà op- porre un divieto assoluto all’impianto di nuove caldaie, alimentate con legna, curando anzi, con facilitazioni di trasporto, la sostitu- zione del petrolio 0 del carbon fossile alla legna, in quelle già e- sistenti.. Nella seconda parte di quest'opera il FroRI tratta dei caratteri che presenta la vegetazione arborescente dell’Eritrea. Dopo averci fatto assistere, in modo mirabile e smagliante, alla successione dei paesaggi botanici che si incontrano, procedendo dalle infuocate ed aride spiaggie del Mar Rosso, fino alle regioni più interne della. % Colonia, ricche di lussureggiante vegetazione, viene a trattare mi-. nutamente delle zone climatiche e delle zone di vegetazione della - Eritrea, corredando di molti dati statistici tale importante studio. Sono brevi ma sufficienti nozioni fitogeografiche, opportunissime @ prospettare una figurazione chiara ed esatta delle diverse zone ve-._ getali della Colonia, come pure dei tipi di piante arboree che vi sono caratteristici, ed atte a fornire utili indicazioni intorno alle iR - specie ed alle associazioni vegetali, delle quali riuscirà opportuno promuovere lo sviluppo. L’ Autore riconosce nell’ Eritrea quattro zone di vegetazione, cioè : 1.° — Zona del Sambar e del Bassopiano sudanico, dal mare fino a 600 metri di altitudine, comprendente la sottozona marittima, quella della Dankalia interna, quella del Bassopiano o- rientale od Eritreo, e quella del Bassopiano occidentale o Sudanico. 2.° — Zona della Quolla, da 600 a 1700 metri di alti- tudine, comprendente la sottozona delle Pendici orientali od Eri- tree, e quella delle Pendici occidentali o Sudaniche. — Zona della Voina-Degà, da 1700 a 2400 metri di altitudine, comprendente la sottozona marginale dell’ Altipiano, e quella dell’Altipiano propriamente detto. 4.° — Zona della Degà, da 2400 a 3700 metri di altitu- | dine : quest’ultima è appena accennata nell’Eritrea e con caratteri di transizione. Per ognuna di queste zone e sottozone il FroRI tratta a lungo delle principali piante legnose che vi crescono e degli adattamenti biologici che presentano, procedendo da ultimo ad interessanti confronti fra la flora dell’Eritrea e quella delle finitime regioni bo- taniche, dai quali emerge che nell’Eritrea confluiscono le flore di due provincie o dominii di vegetazione, cioè quello Abissinico e quello Sudanico. Tuttavia la prevalenza è del dominio Abissinico, essendo il maggior numero delle specie di tale regione limitato alla zona che include l’Abissinia, 1’ Eritrea, e la vicina costa Arabica, | né oltrepassando tali confini. Nella terza parte dell’opera il Fiori ci presenta il Catalogo ; delle Piante legnose dell’Eritrea : ma non è un semplice elenco, | bensì sono aggiunte chiarissime diagnosi, accompagnate da brevi | ma sufficienti notizie storiche e fitogeografiche : nitide illustrazioni . ne facilitano il riconoscimento. Questa enumerazione, che forma la parte maggiore dell’opera, si presenta tosto di sommo ‘vantaggio, tanto a chi perlustri, come raccoglitore e naturalista, quelle regioni, che rappresentano ancora un ricco campo di ricerche, quanto al- l’agricoltore ed ‘al tecnico, che limitano la loro attenzione partico- larmente a quelle specie che offrono possibilità di pratiche appli- ‘cazioni, e che fra le specie legnose Eritree si annoverano in così 7 dettagliatamente l'esame Sa ci ll adenizoni di meglio dea le è pricipali cressisciate #3 della Flora Eritrea. Premettiamo che questo Catalogo contempla solo le piante legnose, ma l’aggiunta di quelle erbacee non può di molto cambiare le relative conclusioni : in esso sono annoverate 84 famiglie, comprendenti complessivamente 245 generi e 477 specie. _ Le famiglie più numerose sono: Leguminose con 72 specie, Acan- tacee con 29 specie, Euforbiacee con 24 specie, Labiate, Solanacee, Malvacee e Capparidee con 17 specie ognuna, Gigliacee con 16 specie ; tutte le altre ne hanno un numero minore. I generi più ricchi di specie sono: Acacia con 18 specie, Solanum con 15 spe- cie, Cissus e Barleria con 11 specie ognuno, Ficus ed Euphorbia con 10 specie ognuno, Grewia con 9 specie, Aloe e Loranthus con 8 specie ognuno, Commiphora, Hibiscus, Combretum con 7 specie ognuno : tutti gli altri ne hanno un numero minore. Le principali specie endemiche dell’ Eritrea sono le seguenti: Oxytenanthera Borzii, MATTEI, Hyphaene dankaliensis, Becc., Hyphaene nodu- laria, Becc., Aloe puberula, BERGER, Aloe percrassa, Ton., Aloe macrocarpa, Ton., Aloe Schoelleri, Scawr., Loranthus Sennii, MATTEI, Arceutobium Juniperi-procerae, CHIOVEND., Gyrocarpus Hababensis, CHIOVEND., Maerua Lanzae, FroRI, Rhynchosia Ery- thraeae, SCHWF., Commiphora samharensis, Scawr., Euphorbia Thi, ScHwr., Euphorbia triacantha, EHRENB., Euphorbia infesta, Pax., Pistacia falcata, Becc., Pappia Radlkoferi, ScHwF., Rha- mnus Deflersii, ScHwr., Hibiscus teramnensis, Pax., Melhania Steudneri, Scuwr., Weihea Salvago-Raggii, Carovenn., Jasmi- num bogosense, Becc., Cordia Zedambae, MarTELL., Heliotro- pium abyssinicum, VATKE, Coleus ghindanus, Scawr., Coleus Penzigii, Scuwr., Stachys bizensis, ScHwr., Blepharis brevici- liata, FioRrI, Crossandra Johanninae, FIORI, Barleria Steudneri, CLARK, Rhinacanthus Chiovendae, Fiori, Plectronia bogosensis, MARTELL., Pavetta kerenensis, Becc. Notiamo tuttavia che questo numero di endemismi sarebbe di molto aumentato qualora fossero considerate come entità specificamente distinte molte forme, che il FiorI ha ritenuto per varietà locali di specie ad area più estesa. Inoltre si potrebbero considerare pure come endemiche molte specie che non furono enumerate come tali, solo perchè escono alquanto dai confini politici nella nostra Colonia, penetrando qualche poco in Abissinia. In tal modo il numero degli endemismi Eritrei ver- rebbe agevolmente almeno quintuplicato. Sappiamo poi che è iaia del FioRrI di estendere le sue in-. 191 vestigazioni anche alle piante dei pascoli e dei prati Eritrei, per cui attendiamo presto una nuova pubblicazione che faccia degno seguito alla presente, per completare la conoscenza scientifica e te- cnologica della Flora Eritrea. sx La Flora della Libia (1). — La recente conquista della Libia per opera dell’Italia ha richiamata l’attenzione dei botanici e degli agricoltori sulle attuali conoscenze floristiche delle regioni. aperte alla nostra colonizzazione. Ciò tanto per il desiderio di conoscere quali sono le produzioni naturali di quei paesi e l’utilizzazione che se ne potrebbe ritrarre, quanto per potere, dalla conoscenza della flora indigena, ritrarre norme atte a stabilire quali potranno essere le colture che più vi si adattano. Benchè la Libia sia rimasta fin quì quasi totalmente chiusa all’espansione colonizzatrice e civilizzatrice dei popoli civili, tuttavia le conoscenze che abbiamo della sua flora sono più complete di quello che potrebbesi supporre. Diversi peregrinatori che vi pene- trarono, riportarono, a diverse riprese, ricche raccolte di piante, le quali furono illustrate da distinti specialisti. Così si ebbero le raccolte del DeLLA CELLA, pubblicate dal ViviaNnI, quelle del Da- veAU, del LETOURNEUX e di-altri, che diedero occasione al Cosson di farne importanti pubblicazioni, quelle del RoHLFS e dello ScH- WEINFURTH, illustrate dall’AscHersoN ed altre parecchie. Però le raccolte più complete furono quelle riportate dal TAUBERT, che di- morò a lungo in Tripolitania ed in Cirenaica, per incarico del BARBEY. Queste ultime raccolte specialmente furono utilizzate da Duranp e da BarrATTE nella compilazione del loro Florae Li- bycae Prodromus, che può considerarsi fin qui l'opera floristica più completa concernente la Libia, e che necessariamente dovrà — _ essere consultata da chiunque desidera farsi un concetto esatir aaa ir ok di detta regione. Appunto da tale opera ricaviamo i scruenti | © (1) Duranp ErN. et BaRRATTE G., Florae Libycae Prodromus ou Sega sia des piante: de Tripolitaine. Genéve, Romet, 1910. dati statistici, utilizzando ancora un importante studio, testè pub- blicate dal Prof. Borzi (1) sullo stesso argomento. Ci limitiamo però alle sole fanerogame, essendo le nostre conoscenze relative alla flora crittogamica della Libia ancora troppo incomplete: esclu- diamo pure da. questo studio la flora del Fezzan e quella della Mar- marica, che meno ci interessano, mentre esamineremo separatamente — la flora della Tripolitania e quella della Cirenaica, che presentano sufficenti diversità per giustificare il doversi ritenere distinte. Nella Tripolitania propriamente detta furono fin quì riscontrate 623 specie vegetali, con 331 generi, appartenenti a 70 famiglie. Le famiglie meglio rappresentate sono: Composte con 80 specie, Leguminose con 66 specie, Graminacee con 64 specie. Ogni altra famiglia ne presenta un numero minore. Riguardo alla loro distri- buzione, di queste 623 specie sole 12 sono endemiche della Tri- politania, mentre ben 374 si trovano anche in Italia. Le specie endemiche sono: Silene articulata, S. cryptantha, Paronychia tripolitana, Pituranthos Rohlfsianus, Helosciadium radiatum, Perralderia Garamantum, Anthemis glareosa, Phelypaea compacta, Anabasis gracilis, Iris 8 ih tica, Muscari stenanthum, Vulpia Le- tourneurii. Nella Gres poi furono fin quì riscontrate 813 specie ve- getali, con 368 generi, appartenenti ad 84 famiglie. Le famiglie - meglio rappresentate sono: Graminacee con 85 specie, Leguminose con 80 specie, Composte con 72 specie. Ogni altra famiglia ne pre- senta un numero minore. Per la loro distribuzione, di queste 813 specie ben 50 sono endemiche della Cirenaica, mentre 532 si tro- vano anche in Italia. Le specie endemiche sono : Hypecoum aequi- lobum, Diplotawis cyrenaica, Sinapis cyrenaica, Reseda odorata, R. Petrovichiana, Viola scorpiuroides, V. in u.narica, Polygala | Aschersoniana, Tunica Davaeana, T. cyrenaica, Silene cyrenaica, Telephium Barbeyanum, Hypericum Decaisneanum, Rhamnus libyca, Ononis cyrenaica, On. calycina, Astragalus Taubertianun, Astr. cyrenaicus, Sedum bracteatum, Pituranthos denudatus, .(1) Borzì A., Dati statistici riassuntivi sulla flora della Libia in confronto a quella Siciliana. Pubblicazione del Ministero degli Affari Esteri. Roma 1912, 193 Athamanta Della-Cellae, T'hapsia Silphium, Ferula marmarica, Asperula cyrenaica, Anthemis Tauberti, Anth. cyrenaica, Senecio cyrenaicus, Echinopus cyrenaicus, Lactuca Haimanniana, Cy- clamen Rohlfsianum, Onosma cyrenaica, Linaria angustifolia, Eufragia Vivianii, Orobanche desertorum, Or. cyrenaica, Micro - meria conferta, Nepeta Vivianii, Stachys rosea, Teucrium Bar- beyanum, T'. Davatanum, Statice cyrenaica, Plantago cyrenaica, PI. crassipes, Polygonum induratum, Orchis cyrenaica, Ornitho- galum Barba-caprae, Allium Ruhmerianum, Romulea dba Cynosurus junceus, Poa cyrenaica. Da uno sguatdo complessivo poi alla flora indigena della Libia, emerge che le condizioni di vegetazione della Tripolitania e della Cirenaica sono assai somiglianti a quelle dell’Italia meridionale e specialmente della Sicilia. Però la Tripolitania propriamente detta, infr enzata dalla vicinanza dei deserti Libico e Sabarico, comprende tipi prevalentemente xerofili e scarseggia di essenze boschive: la Cirenaica invece, maggiormente influenzata dalla vicinanza del Me- diterraneo, scarseggia di tipi xerofili, mentre abbonda di essenze - boschive. Ne deriva che la Cirenaica offre una vegetazione mag- giormente affine alla nostra di quella della Tripolitania, e possiamo da questo dedurre che le nostre colture potranno adattarsi bene ad entrambe le regioni, ma troveranno condizioni più propizie per il loro sviluppo iu Cirenaica che non nella Tripolitania propria- mente detta. — s'e - La flora delle arene marittime in rapporto ii ari € rimboschimento delle dune (1).--Un esperto cultore dell’agraria coloniale fu il Dottor PEHR OLsson-SEFFER: egli, svedese di na- scita, dopo avere viaggiato a lungo, a scopo di istruzione, per molti paesi tropicali, fini per istabilirsi al Messico, organizzando g:diri.c gendo Seportanti puastagioni di Caoutchouc: fu colà che, gini ; # (1) OLsson-SeFrER P., Genesis and Development ot Sand For- mation on Marine Coast. The Sand Strand Flora of Marine Conti: Pubblication of Augustana rice i Rock Island 1910, mesi or sono, venne barbaramente trucidato in una insurrezione di rivoluzionarii, mentre pacificamente recavasi in ferrovia a visitare le proprie colture. Fra i molti lavori di botanita e di pratica co- loniale che l’OLsson-SEFFER ha pubblicato, uno, forse l’ultimo, ci interessa in modo particolare, perchè tratta della flora delle arene marittime e conseguentemente delle colture e dei rimboschimenti delle medesime, massime in rapporto alla fissazione delle dune. Nella prima parte 1’ Autore tratta della genesi e dello sviluppo delle formazioni arenose lungo le coste, cioè delle spiaggie arenose, delle dune propriamente dette e dei campi arenosi situati in vici- nanza delle stesse coste, rilevando da ultimo quali sono le condi- zioni di vita che trovano colà le piante. Nella seconda parte l’ Au- ‘tore studia separatamente e minutamente le principali caratteristiche, - dal lato della vegetazione, delle formazioni arenose marittime delle principali regioni del globo. Vengono successivamente illustrate le coste del Mar Baltico, le spiaggie del Golfo di Finlandia, le Isole del Baltico, le coste occidentali della Russia, le coste settentrionali della Germania, le coste meridionali della Svezia, le coste occiden- tali della Danimarca nel Mare del Nord, le dune arenose dell’O- landa, la Scozia, le coste europee dell'Atlantico, presso Plymouth in Inghilterra, e le coste occidentali della Francia, le formazioni arenose delle coste occidentali d'Australia, le dune dell’Australia meridionale, le spiaggie arenose presso Sydney, le arene mobili del Queensland, la Nuova Zelanda, le Isole Hawai, le coste dell’O- ceano Pacifico nell'America settentrionale, la Baja di Monterey, il Sud della California, il Messico e l'America centrale, le coste occidentali di Chiapas, le formazioni arenose di Vera Cruz etc. Bellissime illustrazioni, riprodotte da fotografie, ci presentano l’a- spetto delle diverse dune o formazioni marittime di cui l’Autore va trattando, e dei diversi tentativi fatti per fissarle, con Pinus, con Ammophila e con altre piante appropriate. 2 Infine l’OLsson-SEFFER dà un elenco abbastanza completo delle principali specie fanerogamiche che concorrono a formare la vege- tazione delle coste marittime. Siccome per la maggior parte queste piante presentano caratteri particolari di adattamento e di resistenza, che le rendono atte a vivere nelle dune, a fissarle, e ad iniziarne il rimboschimento, crediamo utile riportare l’elenco di quelle che x riteniamo più appropriate per le nostre regioni: ciò è di grande. interesse non solo considerando l’enorme sviluppo di coste marit- 195 time che presenta l’Italia e la loro improduttività, ma ancora l’e- stensione di nuove coste, occupate da dune; che abbiamo aggiunto con l’annessione della Tripolitania e della Cirenaica. Della famiglia delle Ranuncolacee non troviamo alcuna specie utilizzabile sotto questo aspetto. Delle Dilleniacee sono citate tre specie del genere Candollea, cioè O. glaberrima, StEUD., C. Hue- gelii, ENDL. e O. pedunculata, R. BR., tutte delle formazioni a- renarie dell'Australia : della stessa famiglia si ha. pure 1’ Hibbertia grossulariaefolia, SALISB. parimenti dell'Australia : sono tutti ar- busti o frutici ma difficilmente potrebbero attecchire anche da noi. Parecchie sono le Crocifere marittime, ma nessuna ci sembra adatta al nostro scopo, così pur dicasi delle Violacee. Delle Pittosporacee invece abbiamo la Bursaria spinosa, Cav., il Pittosporum cras- sifolium, A. CUNN. ed il Pittosporum umbellatum, BANKS. et SoL. dell’Australia, di Tasmania e della Nuova Zelanda, arbusti utiliz- zabili anche da noi. Delle Frankeniacee, alcune specie suffrutescenti, possono pure servire allo stesso scopo, sopratutto la Frankenia grandiflora, C. et S. di California e del Messico. Specie poco im- - portanti a tale riguardo sono quelle marittime appartenenti alle Cariofillee, alle Portulacee, alle Tigliacee; alle Linacee ed alle Zi- gofillacee. Forse qualche valore può avere la Correa alba, ANDR. piccolo frutice dell’ Australia meridionale, spettante alla famiglia delle Rutacee. Alle Ramnacee appartiene il Ceanothus thyrsiflorus, Eson. arbusto di California, e la Discaria Toumaton, RAOUL, “lella Nuova Zelanda, che certamente riuscirebbero anche da noi. | Alle Anacardiacee poi appartiene il Corynocarpus laevigatus, FoRST. pure della zona costiera della Nuova Zelanda, il quale ha già dato | buona prova di perfetta resistenza in Sicilia. Molte sono le Legu- minose che crescono nelle arene marittime : fra quelle di maggior Valore troviamo diverse specie di Acacia, e principalmente Ac. re- | finodes, ScRLECHT, Ac. salicina, LinpL., Ac. pycnantha, BENTA., tutte dell’Australia, resistenti pure da noi. Altre Leguminose, fru- | tici od arbusti, analogamente utilizzabili sono : Crotalaria Cun- ninghamii, R. Br. dell'Australia, Gastrolobium spinosum, BENTH. pure dell’Australia, Genista monosperma, Lam. della Regione Me- | diterranea, Lupinus arboreus, Sims. di California, Oxylobium cal- listachys, BENTR. ed Ox. reticulatum, MEISSN. entrambi dell’Au- | Stralia, Ulex europaeus, L. della Regione Mediterranea e qualche | Altro. Poche sono le Rosacee marittime di qualche importanza : più di tutte interessa 1’ Adenostoma fasciculatum, H. et A., ar- busto sempreverde caratteristico delle dune di California. Nessuna specie interessante trovasi appartenente alle Crassulacee nè alle Haloragee ; fra le Rhizoforacee abbiamo la Rhizophora mangle, L. albero trampoliere, frequente in tutte le coste tropicali, ma non abattabile alle nostre regioni. Parecchie invece sono le Mirtacee marittime che potrebbero pure essere utilizzate in Sicilia: fra queste possiamo citare la Cw/ythrix aurea, LinpL., la Kunzea po- mtfera, F. MUuELL., i Leptospermum laevigatum, F. MUELL., L. scoparium, Forst. e L. myrtifolium, SieB., le Melaleuca parviflora, REICH. e. M. ericifolia ; SMITH. etc. tutte Mir- tacee dell’ Australia : aggiungasi la Metrosideros tomentosa, A. RicH. della Nuova Zelanda: quasi tutte queste specie sono resistenti anche in Sicilia. Nessuna specie di qualche valore per lo scopo che ci occupa, trovasi nelle famiglie delle Onagrariacee, delle Aizoacee, delle Ombrellifere, salvo forse l’ Angelica rosaefolia, Hooxk., specie suffruticosa della Nuova Zelanda, appartenente ap- punto alle Ombrellifere. Più importante é il Pseudopanax Lessonii, C. KocH., piccolo albero della Nuova Zelanda, appartenente alle © Araliacee. Fra le Rubiacee abbiamo due frutici, la Coprosma acerosa, A. Cunn. e la C. Baneri, EnDpL. entrambi della Nuova Zelanda. Le Valerianacee e le Campanulacee non presentano al- cuna specie utilizzabile, e poche le Composte, benchè queste ultime comprendino numerose specie marittime. Forse potremo citare alcune Artemisiae , parecchi Aster e principalmente Ast. amxillaris J. MUELL., Ast. glutinosus, BENTH., Ast. ramulosus, BENTH., Ast. Salandri, Hook. dell'Australia e della Nuova Zelanda: ag- giungasi Baccharis pilularis, D. C. arbusto di California, Calo- cephalus Brownii, F. MUELL. arbusto dell’ Australia; Cassinia fulvida, Hoog. e C. retorta, A. CunN, arbusti entrambi della Nuova Zelanda: forse ancora potremo includervi alcune specie d! Corethrogyne e di EriophyUlum della California, e qualche altra. Delle Ericacee abbiamo la Cyathodes acerosa, R. BR. ed i Lew- copogon margarodes, R. Br. e L. Richei, R. BR. arbusti dell’Au- stralia. Poco importanti sono le Plumbaginacee, quantunque qualche i specie di Statice forse potrebbe prestarsi a questo scopo, di nes- suna importanza poi sono le Primulacee. Delle Apocinee abbiamo l’Alyria burifolia, R. Br., piccolo frutice dell’ Australia. Nessuna specie utilizzabile trovasi inclusa nelle Loganiacee, Genzianacee, Idrofillacee, Borraginacee. Delle Convolvulacee forse potrebbe pre- starsi l’Ipomoea Pes-caprae, ROTH. frequente nelle regioni tropi- cali, stante i suoi stoloni lunghi fino 40 metri, ma sembra non resista al clima mediterraneo. Poco importante pure è la Nicotiana. glauca, GRAHAN., Solanacea dell’Argentina, naturalizzatasi lungo le coste dell'Australia, e segnalata anche per quelle della Tripoli- tania. Nessuna Scrofulariacea ha interesse a questo proposito. Delle Verbenacee abbiamo l’ Avicennia officinalis, L. comune in tutte le coste dei paesi tropicali, ma non resistente da noi, e la. Vitex trifolia, L. pure frequente in Asia ed in Australia: aggiungiamo la Vitex litoralis, A. Cunx. della Nuova Zelanda, non elencata da OLSsoN-SEFFER, che ha mostrato una perfetta resistenza in Sicilia. Importantissime poi sono le Mioporinee, specialmente Myoporum viscosum, R. Br., M. serratum, R. Br. e M. laetum, Forsr., dell'Australia, di Tasmania e della Nuova Zelanda, i quali già ‘hanno dato buona prova nei rimboschimenti littoranei della Sicilia, Della Labiate indichiamo solo la Westringia rosmariniformis, SM. piccolo frutice dell'Australia. Nessuna specie di Plantaginacee nè di Nictaginacee ha importanza. Delle Proteacee abbiamo la Ban- ksia marginata, Cav. ed altre specie congeneri dell’ Australia. Delle Chenopodiacee troviamo la Rhagodia Billardieri, R. Br. d’Ame- ‘ rica e dell’ Australia, alcune Salicorniae e la Batis maritima, L. delle Antille e delle Isole Hawai, elevata a tipo di una nuova fa- miglia, quella delle Batidee. Poco interesse hanno le Poligonacee, benchè contino ‘parecchie specie marittime, mentre delle Timeleacee troviamo la Pimelea arenaria, A. CuNN. e la P. prostrata, WILLD., entrambe della Nuova Zelanda, e la . serpyllifolia, ] R. Br. del- l'Australia, arbusti assai importanti, specialmente il primo per i suoi lunghissimi stoloni cordiformi, radicanti alle estremità. Delle Euforbiacee abbiamo l’Adriana tomentosa, GAUDICH. e le Beyera i. opaca, F. MurLL. e B. viscosa, Mio. tutte dell’ Australia. Delle. n Miricacee interessa la Myrica californica, CHAM. appunto di Ca-l o lifornia, e delle Casuarinee la Casuarina quadrivalvis, LABILL. ed altre specie congeneri dell'Australia. Fra le Cupulifere abbiamo È - la Quercus agrifolia, Nèe, delle dune di California. Alle Salica- de ee appartengono molte specie di Salix, per massima. parte Europee, so pure adattabili alle arene marittime. Delle Conifere possiamo citare | la Callitris robusta, R. Br. dell'Australia, il Pinus maritima, — . Lam. che ha dato ottimi risultati nei rimboschimenti delle de, 198 in Francia, ed il Pinus radiata, Don. delle dane di California. Poco importanti per il nostro scopo sono le Monocotiledoni, se si eccettua qualche Ciperacea e qualche Graminacea, in vista delle loro profonde radici e dei loro lunghissimi stoloni: alla prima di queste famiglie spettano diverse sorta di Carex e specialmente lo Scirpus frondosus, BANKS et Sor. della N uova Zelanda : alla se- conda l’Ammophila arenaria, Link e | Elymus arenarius, L. entrambi già utilizzati per fissare le dune, più parecchie altre specie di minor valore. - Da questa ristretta compilazione si rileva quante possono es- sere le piante utilizzabili per i rimboschimenti delle formazioni a- renose marittime e delle dune: molte di esse sono indigene del- l’Australia, e questo ci dà affidamento sulla possibilità di acclima- tarle anche da noi, sapendo come appunto la maggior parte delle piante australiane vegeta bene in Sicilia. aa ‘Le colture cotoniere nell'Africa Settentrionale (1). — Recen- temente alla Camera Francese il Ministro di Agricoltura, rispon- dendo ad una interrogazione rivoltagli in proposito, ebbe occasione di dare minuziose informazioni sullo stato presente delle colture cotoniere nell’Algeria e nella Tunisia. Siccome le colture di Co- toni in Sicilia sono esposte a condizioni quasi identiche di clima e di terreno, che quelle dell’Africa settentrionale, crediamo interes- sante dare un riassunto particolareggiato della predetta relazione, tanto più che le conclusioni coincidono ‘mirabilmente con i ri- sultati ottenuti nelle colture esperimentali del nostro Giardino Co- loniale. La questione della coltura del Cotone nell'Africa settentrionale può essere esaminata sotto due aspetti: 1° al punto di vista pu- ramente colturale : 2° al punto di vista strettamente commerciale. Pane (1) GuirLocHon L., Le Cotonnier en Afrique du Nord. In Jour- nal de la Societé Nationale d° Horticolture de France. 4* Ser. Tom. XIII. 1912, p. 207. $ Colturalmente risulta, in modo generale, e specialmente nelle regioni marittime, che i tipi egiziani si comportano meglio degli americani, resistono meglio alle temperature elevate durante i mesi estivi, e sono sovratutto preferibili quando la coltura è fatta senza irrigazione, dovendo le piante vivere e prosperare solo mediante l’acqua immagazzinata nel suolo in seguito alle pioggie dell’inverno precedente. Riguardo ai tipi americani, questi danno buoni risul- tati nelle colture irrigue o miste. Dalle esperienze fatte risulta che, per i tipi egiziani, le razze migliori sono il Mitafifi ed il Janno- vitch, mentre, per i tipi americani, é il Mississipi. La natura del suolo ha pure azione in proposito. Al Cotone infatti abbisognano terre profonde, di preferenza siliceo - argillose, suscettibili di ricevere una concimazione di 250 a 300 quintali di concime per ettaro. La coltura irrigua richiede una lavorazione di circa 30 a 35 centimetri di profondità, eseguita in Novembre. In Gennajo spar- gimento del concime, e nuova lavorazione incrociata con la prima. Il concime minerale più usato è il superfosfato, che viene distri- buito in Marzo, su tutta la superficie, in ragione di 850 chilo- grammi per ettaro, seguito da una erpicatura. Allora il terreno è assai morbido e pronto a ricevere la sementa. Si semina dal 10 al 20 Aprile, secondo l'esposizione e la natura più o meno argillosa e fredda del suolo. Si ha maggior vantaggio a ritardare la semina fino a quando la terra è relativamente riscaldata, piuttosto che an- ticiparla in seguito ad una pioggia primaverile fredda. I semi sono collocati in buche distanti. fra loro 80 centimetri, sul versante. sud degli argini, i quali sono allineati da Est ad Ovest, e distano | fra loro di un metro. Questa disposizione affretta sensibilmente la germinazione. Da tre a sei semi sono disposti in ciascuna buca, e quando le giovani piante hanno due foglie al dissopra dei cotile- i doni si procede al loro dirado, lasciandone una sola o raramente x due. Durante la vegetazione viene data una irrigazione ogni quin- « ci =. dici a venti giorni, seguita da una ‘erpicatura, ripetuta fino a tanto di che è possibile passare fra le linee. Allorquando le capsule alla base della pianta incominciano ad ingrossare e stanno per aprirsi, le ir-- rigazioni sono date più raramente, fino all’Ottobre, epoca in cui le prime pioggie autunnali e l'abbassamento di temperatura le rendono | inutili. La coltura mista differisce da quella irrigua, solo in quanto | A che le irrigazioni sono sospese quando la piarta è fioritura. Questa coltura viene praticata nei terreni naturalmente umidi, ove un eccesso di irrigazione determinerebbe uno sviluppo eccessivo di fogliame, a detrimento della fioritura e della fruttifi- cazione. Parimenti con la soppressione di qualche irrigazione sul principio della vegetazione, si può ridurre di qualche settimana il | periodo che passa dalla sortita dei cotiledoni allo stato di pianti- cella bene radicata e vegetante normalmente. La coltura a secco infine si pratica secondo le regole del Dry . Farming. Consiste in un lavoro di aratura eseguito in Ottobre e seguito da una erpicatura : un lavoro analogo si ripete in Gennajo o Febbrajo, e con questi l’acqua di pioggia resta immagazzinata - nel terreno, mentre con frequenti erpicature durante la vegetazione, si impedisce che quest’acqua si evapori troppo rapidamente. Così le piante non abbisognano di alcuna irrigazione durante l’estate. Però | per la coltura a secco del Cotone è indispensabile disporre di un terreno che conservi facilmente l'umidità e di essere in una re- gione del littorale, ove le piante usufruiscono di un grado igrome- . trico dell’atmosfera assai elevato, il liga impedisce una loro troppo | attiva traspirazione. . La raccolta si eseguisce dalla fine di Luglio a Novembre e Dicembre. Occorre raccogliere solo quando le capsule sono bene aperte, e la bambagia sta uscendo, ma non bisogna ritardare oltre perchè il vento d’estate, la pioggia d’autunno, facendo cadere la bambagia, la renderebbero inservibile, macchiandola di terra. Ese- guita la raccolta, la bambagia viene collocata per qualche giorno in un luogo nani ma non umido, per farla maturare ie tamente. Dopo eseguito il sicula il coltivatore cerca di Gsliocaso nel ‘miglior modo. Siccome i prezzi del Cotone sono soggetti a specu- lazioni di borsa, i diversi piccoli coltivatori hanno tutto l’interesse di riunirsi in cooperative per presentare tutto il loro. prodotto in . un unico lotto : così, in considerazione della quantità, questo vien. preso in maggiore considerazione, e pagato il suo real valore. Esi- stono ancora delle officine, provviste di sgranatrici, che acquistono dai coltivatori il cotone appena raccolto, al prezzo in corso, e lo conservono in magazzeno per rivenderlo al momento del rialzo. La sgranatura viene eseguita per mezzo di macchine, di cui è ri- °° tenuta meglio adatta la Mac CarTHY GyN. La bambagia poi viene giunta in piena i + compressa in balle, per mezzo di una pressa idraulica. Ciascuna balla deve essere composta di un prodotto omogeneo: ciò è di importanza capitale, massime per i paesi che presentano per la prima volta i loro prodotti sui mercati: si tratta infatti di creare un tipo commerciale il quale indichi a ciascuno l’origine ed il va- lore medio del prodotto. Come oggi si hanno i tipi Sea Island, Mississipi, Upland, Nubari, Yannowich, Mitafifi, Jumel ed altri, ben noti ai commercianti, si POSERO avere in seguito i tipi Al- Pro Tunisino ‘ete. I prezzi di vendita sono estremamente variabili : ini anni or sono erano assai elevati, ma ora hanno subito un forte ribasso. Ai corsi attuali, secondo le colture eseguite, si è ottenuto in Al- geria, per un ettaro di Cotone un utile netto di 600 franchi per le colture irrigue e di 400 e 500 franchi per quelle miste od a secco, Il prodotto diede un minimo di 8 a 10 quintali di Cotone con semi, corrispondente a circa 250 a 350 chilogrammi di pura bambagia, con un costo colturale di 350 a 500 franchi pure per ettaro. Le Spese però di coltura sono assai variabili secondo la regione, la qualità del terreno, ed anche l’abilità del coltivatore. Da queste considerazioni emerge, come conclude il GUILLO- CHon, che la coltura del Cotone può essere incoraggiata in Algeria ed in Tunisia, senza tema di gravi perdite per i coloni, imperocchè | Se questa coltivazione non risulta più utile, causa il ribasso dei prezzi, basta sospenderne la semina, trattandosi di pianta annua. on è, come per la vite, per cui il proprietario. deve immobiliz- zare un forte capitale, di modo ‘che il danno eui va incontro è è più forte e di maggiore durata. Ciò dà ragione dell’estensione che va assumendo la coltura del Cotone nell’Africa settentrionale. Infatti in Algeria i primi esperi-. menti veramente serii furono eseguiti nel 1906, e già pel 1910 Mi avevano 533 ettari coltivati a Cotone, di cui 410 per la regione di È o. Orleansville, con una produzione di oltre 7.000 quintali, cioè ini media da 13 a 14 quintali per ettaro. Nel 1911 gli ettari a coltura cotoniera erano saliti a 779. Nella Tunisia la superficie a Cotone ea è molto minore, essendosi colà iniziate ‘solo più tardi le esperienze relative. e Per la protezione della flora italiana (1).—La questione della protezione delle piante indigene viene ora risollevata dal PAMPANINI, ed è confortante il vederla bene accolta. L’ Autore premette che, se il rimboschimento è suggerito da considerazioni d’ indole quasi esclusivamente economica, la protezione delle produzioni naturali risponde a necessità d’indole scientifica od estetica, perciò è un indizio di più elevata civiltà od almeno della coscienza di essa. Egli riferisce quanto hanno fatto altre nazioni, specialmente gli Stati Uniti d'America, per la protezione delle produzioni naturali: tratta dei ParchiNazionali colà istituiti e dei provvedimenti presi in altri paesi, specialmente per proteggere la fauna. Riferisce anche del Parco Nazionale che la Svizzera ha stabilito nella Valle Cluoza e della protezione speciale accordata a diverse piante rare in alcuni stati Europei. Ciò premesso il PAMPANINI esamina quanto si è fatto in Italia, dalla prima proposta del MamTIROLO nel 1882, fino ad oggi: ri- corda le proposte del GriinwALD, dello SPRENGEL, del LENTICCHIA, la costituzione della Pro-montibus avente per iscopo i rimboschi- menti, ed infine la proposta dell'On. Rosapa per la difesa del pae- saggio. Interessanti sono le notizie che riporta su quanto si è fatto per proteggere in Sicilia il Papiro da una completa distruzione e così pure per proteggere lo storico Castagno dei Cento Cavalli sul- l'Etna. Riferisce infine sul progetto del WiL©zEK di dichiarare Parco Nazionale la Valle di Livigno, finitima al Parco Nazionale Svizzero di Val Cluoza. L'Autore poi passa ad esaminare quali sono le cause di distru- zione della flora. Anzitutto la passione per i fiori spontanei fa BEE che gran copia ne affluisca sui mercati: ricercatissimi sono i ful- > gidi fiori delle Alpi, i Rododendri, l’Edelweiss, le Artemisie. I tu- risti ed i villeggianti ne raccolgono in quantità, 0, facendone a- {1) PaMpPANINI R., Per la protezione della Flora Italiana. Rela-. zione presentata alla Riunione gi delta Società Botanica Italiana in Roma. Feronda 1911, DI > RIO a SATO 8 cib x SEO cquisto, ne eccitano la raccolta per opera delle guide o degli abi- tanti del luogo. Però il commercio dei fiori alpini diventa realmente dannoso quando si tratta di fiori secchi. Tali sono l’Edelweiss e l’Eryngium alpinum. È enorme la quantità che se ne raccoglie sulle nostre Alpi, per mandarsi in Austria ed in Germania, mas- sime del primo: un sol raccoglitore, sulle Alpi Venete, ne accu- mula ogni anno da sei a sette quintali! Dopo ciò non è a mera- vigliarsi se in molte località l’Edelweiss è già scomparso. Un'altra causa di distruzione di alcune piante è la raccolta che se ne fa a scopo industriale, per la fabbricazione di medicinali, e sopratutto di liquori : le specie utilizzate sono poche, ma la loro raccolta è enorme. Si tratta specialmente dell’Arnica, dell’ Aconito, : della Belladonna, del Veratro, della Genziana. Quest'ultima, oltre. che per usi medicinali, viene impiegata per la fabbricazione del- _ ‘Amaro di Udine. Al Monte Velino un incettatore di radici di Gen- - ziana in poco tempo ne mandò in Francia oltre un migliaio di quin- i tali, per cui in tale località la Genziana restò distrutta : dalla Valle Varaita pure un altro incettatore continuò per più anni a spedire ogni anno due vagoni di radici di Genziana, fino a tanto che colà | pure la specie non fu distrutta. Per la fabbricazione dei liquori L | sono pure ricercate alcune specie alpine di Artemisia e di Achillea: in Valle d'Aosta a tale fine ‘un incettatore raduna ogni anno circa _ quaranta quintali di Artemisia spicata, ed altri molti di Artemisia | valesiaca, di Art. mutellina, di Art. glacialis, di Achillea Herba- rota, di Viola calcarata e di altre specie. Se si considera che sono. piante alte appena un decimetro, si può farsi un idea dell’entità della distruzione ! Così pure la raccolta di piante, per essere salGvato nei giar | dini, massime-per inviarsi a tale scopo in Inghilterra, può arrecare deo eseguita senza alcuna regola, esige un consumo inutile di munmterosi — «. individui sopra ben pochi atti ad attecchire. n PAMPANINI porta ; | diversi esempii di razzie di piante alpine rarissime, a migliaia e migliaia, eseguite sulle nostre Alpi per incarico di orticultori stra-- | Nieri. Spesso il danno è aggravato dal fatto che certi orticultori, ci evitare qualche importuno concorrente, pus tutti n. esem- | Plari che non possono asportare. serii danni. Si tratta per solito di specie rare e la loro raccolta, © quando trattasi di piante rare, al fine di elevarne il prezzo, eper | Anche con la raccolta di Exsiccata per Erbarii, possono 4 veri Xi ; - ficarsi gravi danni alla tlora locale, perchè trattasi sovente di piante assai rare: ciò avviene specialmente per opera dei centuriatori, che raccolgono a scopo di vendita. Stazioni di piante rarissime possono essere devastate da troppo ampie raccolte, e la specie é talvolta completamente distrutta, per aumentare il valore degli esemplari preparati. Ciò alcune volte fu accertato : ad ogni modo numerosi sono gli esempii di colonie di grande importanza scientifica distrutte dalle devastazioni dei raccoglitori. Attualmente; come constata il PAMPANINI, in Italia i raccoglitori botanici sono assai scarsi ed i ‘loro nomi danno affidamento che non commetteranno atti vandalici per la nostra flora: tuttavia il pericolo permane : infatti raccogli- tori stranieri, scesi appositamente in Italia o dimorantivi, per in- carico di Società estere commercianti in exsiccata, fanno razzia delle nostre piante più rare, che sono anche le meglio pagate, e sovente temo non sia facile accertare il vero raccoglitore, se essi hanno avuto l’avvedutezza di far figurare un altro nome. Queste, ed altre minori, sono le cause che maggiormente mi- nacciano la nostra flora, perciò il PAMPANINI passa ad esaminare i mezzi più acconci di protezione. Anzitutto la costituzione di Giardini Alpini in pratica non diede quei risultati che era sperabile, e nep- pure le seminagioni artificiali : la semplice propaganda per la difesa . della flora, è pure mezzo di protezione assai debole, non avendo ‘ azione contro i raccoglitori a scopo di lucro : per questi non possono . avere effetto che provvedimenti legislativi. ‘Perciò l'Autore propone che la Società Botanica Italiana facoia pratiche affinchè alla legge per la difesa. del paesaggio, proposta dall’On. Rosapi, sia dato un significato più esteso in modo che 1) consideri - i monumenti naturali anche sotto il loro aspetto scientifico, così che anche la flora vi trovi protezione. Frattanto si dovrebbe “A studiare la possibilità di istituire riserve botaniche per le specie più notevoli nelle riserve di caccia reali, e fare pratiche affinchè la istituzione del Parco Nazionale nella Valle di Livigno serva ef- | ficacemente anche alla difesa ed allo studio della flora. Siamo poi lieti di’ constatare come questa relazione del PAM- © Dr PANINI sia stata ovunque bene accolta. Molte associazioni scienti- | fiche e sportive vi hanno aderito, come pure cospicue. personalità italiane e straniere : diversi comuni si sono offerti di cooperare va- lidamente alla protezione delle piante più minacciate del loro ter- n 205. ritorio : infine parecchi presidii militari di confine hanno emanato | disposizioni atte a risparmiare i Rododendri (ed altre piante sovente usate per far fuoco) e nello stesso tempo atte ad ottenere tosto la segnalazione di qualsiasi vorace raccoglitore che si presentasse in quei paraggi. Ciò è già molto e speriamo che finalmente si raggiunga una efficace protezione delle nostre più rare piante, tanto minac- ciate di distruzione. G. E. MATTEI SIRENA S. — Orobanche « ‘. TroPEA C. — Note di teratologia . Indice del Bollettino del R. Orto Botanico e Giar- dino Coloniale di Palermo. Anno X. 1911. Borzi A. — Il Giardino Coloniale di Palermo e la sua attività durante l’ultimo quadriennio 1807-1910 & >» » + Il Giardino Coloniale di Palermo e la sua funzione in rapporto allo sviluppo dell’agricoltura coloniale » 67 — Intorno alla biologia della disseminazione nelle spe- cie di Datura ; » 132 » » — Le Querci della Flora Tialinnà; rassegna tan : | tiva » » — Nuova specio di Abutilon della e, Tialiaa& Ab. Agnesa » >» — Sulla na delle Palaia: particolarmente delle specie di Washingtonia a scopo industriale in Sici- lia » I02. La FLorEstA P., — iaia all’ safilo di Schotia 'Igtifolia : “a. 88 MarteI G. E. — Altre piante a nettarii estranuziali . i 90 » — Rassegna della stampa coloniale agraria » » 186. ui F. - deine sull’Oxralis cernua s.i-- #° 192 Scuweeunti G. — Il Giardino Coloniale di Palermo e la colo- nizzazione della Libia . sa > » — Panicum Bossii, nuova diamine della Somalia italiana . crenata e suoi danili in Sicilia i ® 14 ; Pa SH A È, i I DI La ARE CONTRIBUZIONI . ALLA BIOLOGIA VEGETALE | . Dirette dal Prof. Ai Borziì. «_— Comprendono lavori di particolare interesse scienti- | | fico, specialmente relativi ad TRENI di Biologia &di-» Fisiologia vegetale. È Si pubblicano in tempi non determinati, a fascicoli cai * E con tavole. , \ co ; DA Vol. I. (esaurito) mes «»* H. in 8°fase. I-II pp. 1-316, tav. T-XIX L. 28 * IL + IND <»--1,998, «DX». 30 IV et ae EVI Vi (sotto stampa). i AS Per acquisti limolzoraì all’ Editore Antonino Trimarchi. SRI . Corso Vittorio Emanuele N. 375, Palermo. i & = e E Sio in Vendita: le anale: dttotinta;. na dal prezzo La 10. ‘ognuna Un: 12 ica Seni. il fasc. A OSTUDII ALGOLOGICI | Saggio 3 ticoralio sulla Biologia. ‘delle Alghe per il Prof. A, Borzi. - - Poge, 1 in:4° pp: VIN. 1:190. tav. 1 9 L Theta (> ». II. » 4° pp. LVII. 121-399. tav. 10—31 L. 65 a ».-< Db, | Phaeophyceae et Cy SISDRYEORE: — con gi tavole LL (in corso d pubblicazione). 4 dea aiuti rivolg ersi all’ Editore Antonino Trimarchi.. o: Viana, Emanuele N. 375. 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Sovente. particolari lavori vengono ‘aggiunti come appendici se- parate dal testo. i Si pubblica a ‘fassicoti trimestrali , formanti annual- mente un volume di 200 a 300 pagine, con incisioni in- | tercalate nel testo e tavole staccate, Non si vendono fa- Prezzo di abbonamento all'anno XII 1918 i Im Italia . du si ra > | | AIl Estero | I ui di zo. x er Per le AA di SATA IAA all Editore È Antonino Trimarchi , - Corso. Ron, Rmanuel Num. 375, + Palermo: - Sol fi N.1,93. GENNAIO - SETTEMBRE 1912 ‘Vol. XI. BOLLETTINO DEL h. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO SOMMARIO: l. La Batata o Patata dolce (G. E. MATTEI) . . . ». pag. 3 2. Aloe Riccoboni, xov. sp. (A. Borzì) i » 18 3. Una pianta frangivento esperimentata in Libia (La DIREZIONE) » 37 4. Sulla coltura del Dattero come Pianta da frutta in Sicilia (A. Borzì) : : : î 4 ». 40 5. Alcune note su varii cecidii (T. De STEFANI) ; » 61 6. Sulla presenza della Formaldeide nei succhi delle Lina: verdi \F. ANGELICO e G. CATALANO) . . » TD ©. L'Icerya purchasi, Mostr. negli sv di soli (T. DE STEFANI) . i Î » 81 S. Corso di culture coloniali tenuto presso il R. Giardino Colo- niale di Palermo durante l’anno 1912— Relazione (A. Borzì) » 88 °. Sulla utilità di una Stazione di Cotonicultura (C. Tropra) » DI + Intorno ad un caso patologico di « Acaropsomi » (G. CATALANO) » 131 ll. Notizie su alcuni zoocecidii della Libia (T. DE STEFANI) . » 144 Appendice È d Semina anni MCMXIII quae pro mutua commutatione offeruntur. Q.his Per una cl a . 4 1- 1.: nr PRI t Ri (F RapPa) A 21 3% spiciali PALERMO LIBRERIA EDITRICE ANT. TRIMARCHI Corso Vitt. Emanuele, 375 1912 Ran titti Watt snoeainos lirici sno attinenti) »è so. so. +0. ‘vo. +0. so. so. *° grin pg Tagan gg goa nnt gagprgrema agg ogni aggagypegginnasenannaggag paesi La Batata o Patata dolce. (Batatas edulis, CHOIS.). Comunemente coltivata in tutti i paesi tropicali o subtropi- cali del globo è la Patata dolce (Batatas edulis, CHOIS.), 0 Sweet Potato degli inglesi, Convolvulacea le cui radici laterali , avven- tizie, si ingrossano, diventano tuberiformi, farinose, rucnlstrine, e servono di gradito alimento. Raramente fiorisce, ed ancor più di rado viene moltiplicata per seme, preferendosi propagarla per pol- . loni o per tubercoli. Se ne conoscono molte varietà, differenziate per la forma “ il colore dei tuberi e per la forma delle foglie. I. — Origine e storia. Grande incertezza esiste sulla origine di questa specie : fin quì pda probabile una sua derivazione da altra specie congenere. # 200 CHorsy I. Da, Cenvolsalacene.: Ri Ds Caxpote, Prodromus ; is Naturalis Regni Vegetabilis, V ol, IL. 1845. a 388. | non si è trovata spontanea in alcuna parte del globo. Ciò farebbe Intanto il genere Batatas, costituito da CROISY (1) è mal = : i finito, presenta caratteri poco costanti, e fu distinto forse più dal- l’aspetto che da vere note differenziali: il carattere dell’ovario qua- driloculare, per la presenza di falsi setti, interposti fra gli ovuli, sovente manca od è appena accennato, mentre ritrovasi in altre specie di Ipomaea, non avvicinabili a Batatas: lo stesso CHOISY ha escluso da tale genere specie che evidentemente vi apparten- gono, mentre ne ha incluso altre che con ogni verosimiglianza non vi spettano. Gli autori moderni lun soppresso il genere Batatas, collo- candone le diverse specie in Ipomoea, in Pharbites ed in Merre- mia. Tuttavia, considerando che parecchie specie presentano in realtà una evidente parentela con la Batatas edulis, queste po- tranno ancora essere aggruppate come genere distinto , in vista delle deduzioni filogenetiche e fitogeografiche cui danno luogo. Que- ste specie, circa venti, sono tutte americane, e precisamente del- l'America tropica, regione Caribea, Brasile etc., ad eccezione di due che si riscontrano altresì fuori del Continente Americano. Ciò rende probabile l’ipotesi che la Batatas edulis sia di ori- gine americana. Non essendosi poi trovata in alcuna parte allo stato spontaneo, può darsi abbia subito profonde modificazioni causa la coltura, per cui non riesca ora facile riconoscerne il tipo primitivo. Secondo Asa GRAY (1) la specie che potrebbesi ritenere corrispon- dente alla forma spontanea della Batatas edulis, sarebbe l’Ipomaea fastigiata, Sweet, delle Isole . Caribee, Gujana e Brasile, specie che CHoIsy non poneva nel genere Batatas ! L’Ipomoea fastigiata, SwEET é indicata ancora per le Indie orientali, ma tanto il MI- QUEL (2), quanto 1’ HooKER (3), asseriscono essere ivi stata intro- dotta dall'America. Ora non so trovare uno scopo che giustifichì questa introduzione, ma piuttosto ritengo si tratti di un ritorno atavico della Batata al suo tipo primitivo, dopo essere sfuggita dalle colture. Ciò comproverebbe la derivazione della Butatas edu- lis da tale specie. Sarebbe interessante appurare da quali fonti il M1QuEL ritrasse la notizia dell’introduzione nelle Indie dell’Ipomoea fastigiata (« Warme gewesten van Amerika, thans in Zuid-Azié verspreid »), ed anche poter comparare saggi dici di questa spe- co (1) e ASA, Synoptical Flora of North America. Vol. II. part. L ; 1858. p. (2) sui I. A. G., Flora Indiae Batavae. Vol. II. 1856. p. 616. (8) Hoors I. D., Flora of British India, Vol. IV. 1985. p. 202. 5 cie con saggi americani, per constatare se presentano differenze, forse dovute alla persistenza di qualche carattere colturale. Comunque sia questa questione, non facile a risolversi, un fatto è certissimo, quello cioè dell’ esistenza della Batatas uil diffusamente coltivata, in parecchie varietà, nell’ America tropicale, al momento della scoperta di questo continente. Quando CRISTO- Foro CoLomBo approdò all’Isola di Cuba ebbe offerto dagli indigeni delle « batatas que son rayzes dulces », ed al ritorno, quando Co- LOMBO comparve davanti alla regina ISABELLA, le presentò, fra i diversi prodotti del suolo americano, anche delle Batate. Ciò & ri- ferito dal GOMARA (1), forse il primo autore che trattò delle piante utili del nuovo mondo. Ovrepo (2) nel 1514 trovò le Batate ab- bondantemente coltivate a San Domingo, ed egli stesso, al suo ri- torno in Europa, le introdusse ad Avila, in Ispagna. PIGAFETTA (3), che accompagnò MAGELLANO nel viaggio at- torno al globo, ricorda pure di aver trovato le Batate copiosamente coltivate al Brasile, nel 1512, aggiungendo che « nel mangiare si assomigliano al sapore delle castagne, e sono lunghe come i navoni ». Intanto coloro che ritornavano dall'America aggiungevano no- tizie sempre più precise attorno alle Batate. Il CLUSIO (4) ne de- scrive tre varietà ben distinte, il NIEREMBERG (5) dice che al Mes- sico se ne coltivavano .cinque varietà. Interessanti notizie ne dà pure il MaRcGRAV (6), ]l quale aveva trovato le Batate, abbon- dantemente coltivate al Brasile. Questo autore accenna alla varia- bilità che si osserva nelle loro radici, alcune allungate , altre ro- tonde, altre di diversa figura : le più frequenti che vide erano e- sternamente giallastre ed internamente bianche, e, spezzate , la- | Sciavano uscire una sorta di latice : altre erano rosse, anche inter- . LoPEZ DE GOMARA Fr., Historia de Mexico. Anvers” 1554. i * ) De Oviebo v VaLDEs G. F., Historia genera y natural de | las Indias. Toledo 1526. p. 46 x i (8) Pioar "RETTA A., Primo vingsio intorno al globo imzionnto: DD CLusIUs i, Rariorum plantarum historia. 1601. p. 77. SA Chea 64. E. Historia naturae maxime peregrinae. Ant- o sen 1635. p. 66. _ (6) Marcaray mA Historia rerum naturalium Brasiliae. er 3 Batavorum 1648. p. 1 6 namente, e, cotte, tingevano le mani in azzurro: tagliate con un coltello questo anneriva. Il MAROGRAV osservò ancora come per mol- tiplicarle gli indigeni usavano farne piccole talee che tosto radica- vano. Dice che, cotte sotto le ceneri, acquistavano un ottimo sa- pore, per cui erano preferibili alle rape: aggiunge infine che i bra- siliani usavano pestare le radici e macerarle in poca acqua, per cui tosto fermentavano, costituendo in tal modo una gradevole bevanda alcoolica. In seguito tutti gli autori, che trattarono delle produzioni na- turali dell’ America, continuarono a confermare colà l’indigenato della Batata. Così lo SLOANE (1) la cita per l'Isola Giammaica, la ME- RIAN (2) per il Surinam, il FEUILLEÉ (8) per il Perù, il CATESBY (4) per la Carolina, I HueHES (5) per le Isole Barbados etc. Da tutte queste relazioni non può restar dubbio alcuno che la Batatas edulis trovavasi abbondantemente coltivata sul Continente americano, prima della sua scoperta. E che la coltura vi fosse e- stesamente praticata da tempo antico si può dedurre dall’esistervi colà parecchie varietà ben distinte e dall’aversi molti nomi indigeni presso le diverse tribù che la coltivavano, nomi che non solo in- dicavano la specie, ma ancora, a quanto pare, le diverse varietà. Il nome più diffuso pare fosse quello di Batatas o Patatas, ricor- dato da tutti i primi visitatori dell'America, dal qual nome derivò poi il nome di Patata, erroneamente trasferito al Pomo di terra. Alle Antille la Batata era ancora chiamata Ajes od Haias, secondo CLusio e SLOANE : quest’ultimo autore ricorda ancora il nome Mawandres ed il DEScOURTILZ aggiunge il nome Maby. Al Mes- sico, pure secondo CLUSIO, era chiamata Camotes od Amotes, nome che si avvicina al nome Cacamotie ricordato da HumBoLDT. Nel- l’Equatore, secondo il SEEMAN, veniva chiamata Cumar. Asa GRAY ricorda i nomi di Ahe, Yeti ed Hetich. (1) SLoane H., Catalogus plantarum quae in Insula Jamaica sponte proveniunt vel vulgo coluntur. Londini 1698. p. bi (2) Merian M. S., Insectes de Surinam., 1705. p. 41. 3) FeuiLLEÈ L., Histoire des Plantes medicinales du Perou et du Chily. III 1725. p. 16. (4) Caressy M., Natural History of Carolina, Florida and the Bahama Islands. II. 1731. p. 60. :5) Hue®mes G., The natural history of Barbados. London 1750. p. 228, i 7 Questi nomi si avvicinano al nome brasiliano di Jetica, riferito da MARcGRAYV: quest’ultimo autore ha ancora i nomi di Omenapo Yeima e di Quinquoa Quiamputo. Al Perù poi secondo il Ge- RARDE ed il NIEREMBERY chiamavasi Apichu e Skirret. L’esi- stenza di tanti nomi diversi conferma l’antico indigenato della Ba- tata in America. D'altra parte nessuna notizia in Europa si aveva della Batata prima della scoperta dell’America. Il primo ad introdurla ed a col- tivarla in Ispagna, ad Avila, nel 1523, fu l’OvIeDo, come si disse in precedenza. Questa coltura però si and6 rapidamente estendendo. Infatti MoxaRDO (1), pochi anni dopo, riferisce che a Malaga ogni anno se ne caricavano da dieci a dodici navi (caravelle) per por- tarle a Siviglia (Hispalim). Ciò è confermato da CLusro, il quale rileva come a Malaga si coltivava in abbondanza: pare che buona parte del prodotto venisse portato in Inghilterra: infatti CLUSIO stesso aggiunge di averne veduto offerte a Londra, nel 1581, e di averne comprato per portarle a Vienna, ma vi giunsero corrotte. Da quell’epoca la coltura delle Batate si diffuse in tutta l'Europa meridionale, passando ancora ai paesi d'Oriente. Ciò é attestato dal RumpHIUS (2) per le Indie orientali: infatti tale autore dice: « Com- munis opinio est Batattas primum per Castilienses ex Americanis regionibus in Manilhas, inde in Moluccas, ac per Portugallos in reliquas porro Indiae Orientalis regiones fuisse introduetas, quod nomen etiam testatur apud omnes fere Orientales populos qui Ba- tattas colunt ». Anche il BLAnco (3) per le Filippine dice : « El P. Antonio Mozo en su apreciable libro de Misiones de Padres Agustinos Calzados de Filipinas afirma que la semilla del Camote ha venido de Nueva Espana ». A questo punto però dobbiamo rilevare che non tutti gli au- tori escludono un antico indigenato della Batata nelle Indie Orien- tali. CHOISY. (4) ad esempio dice tassativamente per questa specie: « Ex India Orientali nata, fere nbique in tropicis regionibus culta (1) MonaRDUS N., Historia medicinal de las cosas que se traen de nuestras Indias Condino Sevilla 1569, p. 84. (2) Rumpuius G. E., Herbarinm Amboinense. Tom. V. 1750. p. 367 b. 130, (3) BLanco M., Flora de Filipinas. Manila 1837. p. 93. (4; CHmorsy I. D., Convolvulaceae. In DE CANDOLLE; Prodromus Systematis Naturalis Regni Vegetabilis. Vol. IX. 1845. p. 388. 8 ob radicem tuberosam edulem ». Ora questa asserzione merita di essere presa in seria considerazione. Anche ammesso un indigenato della Batata in America non si può a priori escludere la sua spon- taneità in qualche regione del mondo antico. Come osserva AL- Fonso DE CANDOLLE (1), le Convolvulacee sono una delle rare famiglie di Dicotiledoni, nelle quali alcune specie hanno un’area, o estensione geografica, estesissima ed anche divisa fra continenti lontani. Nello stesso genere Batatas due specie seguono una tale bizzarra distribuzione. za tener calcolo di diversi autori che accennano vagamente sll'enistenio della Batata nelle Indie, senza dire se spontanea o coltivata, troviamo il RUMPHIUS, precedentemente citato, il quale, |_pur accogliendo la tradizione di una antica introduzione di tale specie per opera degli Spagnuoli e dei Portoghesi, non manca di aggiungere : « Caussa tamen dubitandi superest, quam hodie adeo vulgaris sit, immo in locis, quos nulli unquam inhabitarunt Por- tugalli vel Hispani, uti hic in Amboina, apud saevos Alphorenses in remotis Boeronis montibus habitantes, item in Java et Baleya, ubi Batattas ubique reperitur, immo in multis locis, quos nun- quam frequentarunt vel inhabitarunt Europaei ». Anche il BLANCO, pur precedentemente citato, dopo avere ri- portato l’asserzione del Padre ANTONIO Mozo sull’ origine ameri- cana della Batata, aggiunge: « No obstante este testimonio que es de mucho peso, es mas creible que son indigenas muchas varie- dades de Camote conocidas en las islas y las que seria largo de contar y describir pues pasan de treinta. Todos estos Camotes tie- nen sus nomres propios entre los indios ». LFONSO DE CANDOLLE poi dice, sulla fede di D’ HERVEY SAINT DENIS, che l’Enciclopedia Cinese di Agricoltura parla della Batata, distinguendone diverse varietà, ed aggiunge che il BRET- SCHNEIDER ha constatato come tale specie trovasi descritta per la. prima volta in un libro del secondo o terzo secolo della nostra era. Ciò farebbe ritenere, se trattasi realmente della Batata, che questa | fosse stata introdotta in Cina, da altra regione, in un’ epoca assai anteriore alla scoperta AR Però l’esistenza di nomi indigeni in Asia porta poca luce in proposito. n (1) De CanpoLLe ALr., L’Origine delle piante coltivate, Milano 1888. p. 73, - 9 Il RAEEDE (1) cita i nomi Cananga e Kappa-kelangu : il RumpHIUS il nome Udi Castela, con diversi altri affissi, nome che ricorda certamente l’origine spagnuola (Castigliana) di tali tuberi. Il THUNBERG per il Giappone ha il nome di Zmo, ed il Lou- REIRO il nome Hoan-xy per la Cocincina : il BRETSCHNEIDER poi il nome Kan-chu per la Cina. Il RoxBUuRGH (2) ha due nomi Lal-shukur-kunda-aloo e Suffet-shukur-kunda-aloo, evidentemente composti per indicare le qualità di questi tuberi e non di antica origine. Il WATT raccoglie un buon numero di nomi, la maggior parte però riferentesi alle qualità zuccherine di questi tuberi : fra gli altri sono da rilevarsi i seguenti: Boga, Chelagada, Genasu, Kazwan, Ranga etc. Ritengo però si riferiscano ad altri tuberi e non alla Batata. Il BirpwooD cita un nome Hindustan: Penda- loo, ed il PimpINGTON un nome Sanscrito: Ruktaloo. Quest'ultimo sarebbe il documento linguistico di maggior valore per confermare un antico indigenato della Batata nelle Indie Orientali : secondo PicTET, citato da ALFONSO DE CANDOLLE questo è un nome ben- gali, composto dal sanscrito Rutka, più Alu, nome dell’ Amorpho- phallus campanulatus: si aggiunge però che nei moderni dialetti viene usato per indicare l’Igname ed il Pomo di terra. ‘altra parte è nota la facilità che hanno le popolazioni indi- gene di applicare a specie diverse nomi che prima si riferivano ad altre specie, ed ancora di crearne di nuovi. Non si potrebbe altri- menti spiegare ad esempio 1’ esistenza nell’ Africa centrale di di- versi nomi per la Batata, come Dankali, Doukali, Kiasi, Kin- dolo, Kimhella, Kitaiti, Kitetta, Mankutu, Schumbalino, Veea- zee etc. mentre tutto induce a credere che colà non vi sia mai stata spontanea. Per le Indie orientali però e per la Cina gli argomenti sopra riportati sono di maggior valore, e meritano di essere tenuti in | debita considerazione. Può darsi che le citazioni delle antiche En- ciclopedie chinesi si riferiscano a qualche specie di Igname (Dio- scorea): però l'autorità del BRETSCHNEIDER farebbe escludere un tale scambio. Più facile è ritenere che qualche altra Convolvula- cea, a radici tuberose, abbia potuto servire di alimento in qualche © paese del vecchio mondo, e che in seguito, con l’introduzione della | (1) Rneepe H. A., Hortus Indicus Malabaricus. Vol. VII. 1688. DI ; (2) Roxsure® W., Flora Indica, Vol. I. 1882. p. 483. 10 Batata, si sia fatto confusione fra le varie specie, scambiandone i nomi e falsandone l’indigenato. Tuttavia non è da escludersi a primo aspetto 1’ opinione del MEYER (1) che riteneva esistessero due specie di Batate, cioè una asiatica ed una americana. Però tale autore erroneamente riferisce la specie asiatica alla vera Batatas edulis, descrivendo per distinta quella americana, con il nome di Ipomoea Catesbaei: sarebbe stato più giusto il ritenere l’ opposto. Anche ALFonso DE CANDOLLE crede che la Batata descritta dal ROxBURGH si differenzii da quella americana. Aggiungasi che il THUNBERG (2) descrive la specie del Giappone, come nuova, con il nome di Convolvulus edulis , ag- giungendo che differisce per diversi caratteri dalla vera Batata. Parimenti conviene ricordare che il LouREIRO (3) descrive una specie assai affine alla Batata, originaria del Siam, che chiama im- propriamente Ipomoea tuberosa: questa specie in seguito è ripor- tata dal Don (4) con il nome di Batatas Loureiroi. Una specie poi che facilmente può essere stata confusa con la vera Batata 6 la Ipomoea mammosa, Cnors. di Amboina e della Cocincina. Di essa lo stesso LOUREIRO dice: « Tubera pallide fusca, pilosa, ovato-oblonga, saepe acuminata, intus alba, edulia, substan- tiae tenacioris, nec ita dulcis ut Batatae, et tamen apud indigenos magis aestimantur et carius venduntur ». Riguardo all’indigenato della Batata nel vecchio mondo si ag- giunge un fatto degno di considerazione. Quando il Cook nel suo viaggio attorno al globo, approdò, nel 1769, a Tahiti, e, nel 1770, alla Nuova Zelanda, trovò in tali Sale abbondante- "mente coltivata una Camini simile alla Batata. Questa fu distinta dal FoRSTER (5) con il nome di Convolvulus chrysorhizus. Gli autori moderni sono incerti sul valore reale di questa pianta. L’HoOKER (6) crede possa considerarsi per una varietà della vera (1) MevER G. F, Primitiae florae Essequensis. 1818. p. 103. (2) TaAuUNBERG C. P., Flora Japonica. 1784. p. 84. (3) LouREIRO J., Fora Cochinchinensis. Tom. I. Berolini 1793. p. 138 (4) Dox G., Genota) History of the Dichlamydeous Plants. Vol. IV. 1838. p. 262. (5) ga G., De plantis esculentis insularum Oceani austra- lis. 1786. (6) iii I. D., Handbook of the New Zealand Flora: 1867. p. 760. 11 Batata: il CHoIsy invece propende ad identificarla con l’ Ipomoea mammosa. Ciò però che complica la questione è l’esistenza di nomi indigeni, quali Kumara alla Nuova Zelanda ed Umara a Tahiti, straordinariamente somiglianti, come ha fatto notare il SEEMANN (1), SI al nome dato alla Batata dagli indigeni dell'Equatore, il qual nome è Cumar. Questa circostanza, come pure l’esser menzionata la Ba- tata nell'antica Enciclopedia Chinese, ha fatto pensare ad ALFONSO DE CANDOLLE all’esistenza di antiche comunicazioni fra 1’ America, le Isole australi, ‘e l’Asia, anteriori alla scoperta dell’America stessa, e questa ipotesi è abbastanza probabile. In tal caso bisogna ammettere che la Batatas edulis, genuina, sia stata portata dal- l’America alle regioni più orientali del vecchio mondo, almeno un quindici o venti secoli or sono; stante le profonde modificazioni che ha presentato. Infatti, ammesso che la Batatas edulis sia una forma | ottenuta con la coltura, e derivata dalla Batatas fastigiata, alla sua volta, nei nuovi territorii in cui fu portata si sarebbe frazio- . nata in altre forme, come Batatas chrysorhiza, Batatas Loure- roî, etc. sa Per quanto riguarda l’Italia si hanno notizie abbastanza pre- ise circa l'introduzione della Batata e la sua coltura. i GrovannI TaRrGIONI-TOzzETTI (2) ricorda che FERDINANDO II o Toscana introdusse nel 1630 le Batate a Firenze, facendole col- _ tivare nel Giardino dei Semplici ed in quello di Boboli, e questo .@ il primo dato sicuro che abbiamo della loro introduzione in I Il CasmIGLIONI registra poi la data della loro introduzione a Milano, «che fu nel 1732. GiuLi e XUAREZ poco dopo, cioè nel 1768, la 4a introdusse a Padova nel 1812. | L’introduzione poi della Batata in | Sicilia risata » 1824, nel ib anno fu introdotta nel giardino reale di a: cera come ricorda il GASPARRINI Le A) "RSI B., Flora Vitiensis. 1865-28. D 170. È , fisica della Toscana. Firenze 1754. p. 121. * scienze, AI NOIR DE 1828, * 261. 1 coltivarono nell’Orto Vaticano-Indico a Roma. Il Boxao infine a R (2) TARGIONI-TOZZETTI G., Prodromo della” “erogata e della We S sgh GASPARRINI Sd Sulla coltivazione della Batata. dolce in ni Li _ II. — (Caratteri botanici. Moltiplicandosi la Batata quasi esclusivamente per via agamica, cioé per talee, le piante mancano di radici normali, ma sono prov- viste solo di radici avventizie, le quali nascono numerose ai lati di ciascun nodo del fusto : altre ne nascono pure quà e là sui tu- bercoli. Queste radici sono filiformi, assai lunghe, bianche o gial- lognole. I tuberi sono sferici od allungati, lisci o con venature re- ticolate prominenti, cilindrici o più o meno angolosi: presentano - larghe lenticelle, da cui sovente sorgono nuove gemme. Il colore dei tuberi è assai variabile, bianco, giallastro, dorato o bronzato, roseo, porporino o bruno: internamente per solito sono bianchi o rosei. Secernono un latice abbondante, appena tagliati, e la loro carne è piuttosto solida. _ Il caule della Batata è assai variabile in lunghezza ed in gros- sezza : in alcune varietà non raggiunge l’altezza di mezzo metro. mentre in altre oltrepassa i sei metri, gareggiando con i tralci delle viti. Può essere di color verde, ma più soventé è porporino, massime nelle varietà a tuberi colorati. Presenta abbondanti len- ticelle, e fitta peluria da giovane, che va sparendo con l’età a- dulta. i Le foglie sono cordate, astate, intere, leggermente o profon- damente lobate od incise. I loro apici come pure i lobi possono essere ottusi od acuti, prolungati sovente in una corta punta lin- guiforme : la base è per solito cuoriforme o troncata ed il margine intero. Sovente nella medesima varietà si hanno due sorta di foglie, cioè nei rami sviluppati per primi si hanno foglie intere, semplice- mente cordate, e nei rami successivi foglie astate, lobate o profon- damente incise. La grandezza delle foglie varia pure secondo la varietà, l’età del ramo da cui provengono e lo stato di nutrizione della pianta. La loro nervatura è palmata e presentasi prominente nella pagina inferiore. Le foglie sono glabre o presentano peli sem- plici, poco numerosi. Il loro colore varia dal verde vivo al porpo- rino ed al bruno, e sono più pallide nella pagina inferiore. Il pic- ciuolo per solito è assai più lungo della lamina, superiormente solcato, ed in prossimità sla lamina na presenta una ene i nettarifera estranuziale. I fiori sono piuttosto grandi, riuniti in cime fail per. solito di 3 a 4, portate da peduncoli lunghi, eguaglianti o supe- ranti il picciuolo della foglia ascellante, con pedicelli assai brevi. — Il loro calice, glabro o raramente irsuto, consta di 5 sepali, liberi, 13 subcoriacei, ovali od oblunghi, bruscamente acuminati o subtron- cati, mucronati, gli esterni alquanto più brevi: misurano circa un quarto od un quinto della corolla. Questa è grande, largamente campanulata, con tubo dapprima cilindrico poi ventricoso, ed è di colore roseo 0 porporino, raramente bianca. Gli stami sono inclusi, ed il pistillo presenta un ovario glabro od ispido, a quattro loggie, mediante l’aggiunta di un tramezzo secondario, qualche volta in- completo, con 4 ovuli. Il frutto infine è una capsula quadriloculare, irregolarmente deiscente per valve, contenente 4 semi glabri, eccetto una linea laterale brevemente puberula. III. — Coltivazione. La Batata esige un clima uniforme e subtropicale: quantunque cresca ancora discretamente ad altitudini elevate, riesce meglio, e dà un prodotto più remunerativo, nelle terre basse ed assai calde: tuttavia ha dato prova di buon adattamento anche in località tem- perate e quasi fredde, come nel Veneto, ove la sua coltura ha as- sunto estese proporzioni. Devesi aggiungere che la Batata non teme affatto i venti salati, per cui può venire coltivata con successo in vicinanza del mare. Il terreno più appropriato a questa coltura è quello di allu- vione, cioè siliceo-argilloso, purchè l’argilla non vi si trovi in troppa prevalenza : conviene però si conservi sempre piuttosto asciutto, potendo un eccesso di umidità far guastare i tuberi prima della raccolta. Il terreno deve essere minutamente lavorato, ma non troppo profondo : con una lavorazione eccedente i 35 centimetri si ha un eccesso di sviluppo di radici grosse e filamentose, a detrimento dei | tuberi, e questi pure risultano troppo allungati, per cui aumentano le difficoltà di estrarli dalla terra, Il terreno deve essere anche convenientemente ed abbondantemente concimato : i concimi vege- tali sono i più appropriati per questa coltura: è quindi buona pratica il sotterramento delle erbe che aerea vi crescevano, ©d anche qualche sovescio, eseguito al momento opportuno. Fra i . diversi principii fertilizzanti la Batata si avvantaggia specialmente . dei concimi potassici, e questi conviene sieno somministrati assieme ad una sufficiente quantità di letame: si è ottenuto un ottimo pro- | | dotto usando una concimazione di due parti di letame ed una parte | di Kainite. Anche i panelli di seme di Cotone, rimasti dopo l’estra- |’ zione dell’olio, sono stati usati con vantaggio nella concimazione della Batata , 1a La Batata si può propagare tanto per mezzo di polloni, quanto per mezzo di talee, a propagazione per polloni è di più sicura riuscita, perchè si staccano dalla pianta madre quando hanno già qualche radichetta, collocandosi senz'altro a dimora stabile. Per ottenere polloni bene sviluppati nei primi giorni di Aprile (epoca propizia per iniziarne la piantagione da noi), conviene sotterrare i tuberi di Batata nel mese di Febbrajo, in un luogo bene esposto a sud, o meglio, se si teme qualche freddo tardivo, in un cassone vetrato, sopra un letto caldo. I tuberi vanno ricoperti con circa 15 centm. di terra bene vagliata, ed innaffiati sovente ma non troppo. Dopo una quindicina di giorni la vegetazione incomincia a mostrarsi e quando i fusti hanno raggiunto i venti centm. sono tagliati rasente terra: per so- lito nei nodi inferiori portano piccole radici, le quali assicurano il loro attecchimento. Dopo il primo taglio la vegetazione continua e si presentano nuovi fusti, che pure possono essere utilizzati: così si può continuare il tulle ed il ripianto fino alla metà di Giugno. In tal modo bastano pochi tuberi per eseguire una piantagione di 100 metri quadrati. talee invece si tagliano dai fusti in piena vegetazione, for- mandole della lunghezza di circa 30 centm. e vanno per metà in- terrate, cioé per circa 15 centm. Queste radicano prontamente, anche se il tempo è piuttosto asciutto, anzi una soverchia umidità può farle marcire, ed, appena radicate, continuano a sviluppassi con grande vigore. Tanto per la piantagione dei polloni, quanto per quella delle talee il terreno deve essere sistemato a piccoli argini, distanti 60 centm. l’uno dall’altro: la piantagione si fa sopra gli argini stessi, collocando tanto i polloni, che le talee, alla distanza di 30 centm. in unica fila. Eseguita la piantagione è necessario procedere ad una prima irrigazione : in seguito le irrigazioni vanno ripetute ogni quindici giorni, avendo cura di mantenere il terreno pulito dalle cattive erbe, le quali possono essere sotterrate sul posto. A questo scopo, appena i fusti incominciano a svilupparsi, conviene eseguire una sarchiatura, avendo cura di non staccare le foglie: una seconda sarchiatura può essere necessaria, per interrare i tubercoli, se qual- che forte pioggia li ha scoperti, appianando gli argini. Una pratica — utile è quella di mantenere i tralci sollevati da terra, per impedire Do che emettano radici ai loro nodi, altrimenti ne verrebbe detrimento al normale sviluppo dei tuberi. Sovente, se la stagione fu propizia, la vegetazione diviene oltremodo rigogliosa, per cui, in Agosto, con- 15 viene falciare i tralci, un poco però alto da terra: ciò può eseguirsi senza pericolo di compromettere il raccolto. Il completo sviluppo dei tuberi è raggiunto, nei paesi caldi, circa tre mesi dopo la loro piantagione: da noi è un poco più lento, e conviene attendere fino all’Ottobre per farne la raccolta. L’estra- zione dei tuberi poi deve essere eseguita con molta cura per non ammaccarli o tagliarli : essendo questi di assai difficile conserva- zione, basta una piccola lesione per farli guastare subito. Per bene conservarli è necessario asciugarli dapprima al sole, poi avvolgerli ad uno ad uno con paglia, o meglio stoppa, bene asciutta, e col- locarli in casse o botti che si ripongono in locali la cui tempera- tura non discenda a meno di 8 gradi. Se la coltura fu eseguita in modo appropriato è facile avere tuberi grossissimi, anche del peso di un chilogramma. Però nelle condizioni ordinarie e nei nostri paesi si calcola in media a mezzo chilogramma il prodotto di ciascuna pianta : per cui un ettaro di terreno dà un prodotto dai 180 ai 200 quintali di tuberi. Il loro prezzo va soggetto a grandi oscillazioni, non solo secondo lo stato di loro secchezza, imperocchè asciugandosi perdono molto di peso, ma ancora secondo l’abbondanza o deficienza di altri prodotti agra- | rii, massime delle frutta. Generalmente si vendono da 9 a 14 lire al quintale, ma non è raro raggiungano e sorpassino le 20 lire: ne consegue che il reddito di un ettaro di terreno a Batate può an da un minimo di 1620 lire ad un massimo di 4000 lire: ben s’intende che da queste cifre debbonsi togliere tutte le spese colturali: resta tuttavia sempre un utile difficilmente Aa con altre colture. IV. — Utilizzazione. | Le Batate si coltivano specialmente come alimento, costituendo È PA loro tuberi uno dei cibi più graditi per gli abitanti dei paesi caldi: si mangiano per solito cotte: al Brasile, con la loro fermen- | ‘tazione, se ne ottiene una bevanda alcolica. Servono Nea ape he! . l'estrazione dell’ amido e dello zucchero , e specialmente | sciroppi dolci : possono anche impiegarsi per la distillazione a . l’alcool. Anche i loro fusti possono avere qualche utilizzazione : quelli più giovani e teneri, tagliati a striscie, costituiscono, a quanto Si | dicesi, un’ eccellente insalata, e bolliti si possono usare come le- gume: quelli più duri e liginosi sono un eccellente foraggio per il bestiame : specialmente gli equini ed i bovini ne sono avidi, 000° “Fia quì non si hanno colture di Batata a a none sauna, cei 16 è prevedibile possano sorgerne, specialmente per 1’ estrazione del- l’amido : infatti questo è contenuto nei tuberi nella proporzione del 15 al 30 per cento e la sua estrazione è facilissima: qualche ten- tativo fu eseguito in proposito, ponendosi in commercio il prodotto con il nome di Arrowroot del Brasile, ma pare non abbia avuto seguito. Le Batate contengono anche circa il 12 per cento di zuc- chero di canna, ma la sua estrazione non è facile, trovandosi ac- ‘compagnato da circa il 7 per cento di glucosio , il quale, non es- sendo cristallizzabile, impedisce pure alla maggior parte dello zuc- chero di canna di cristallizzare. Al contrario, stante appunto la presenza di forti quantità di amido, di glucosio e di saccarosio, i tuberi di Batata si presentano molto adatti per la manifattura del- l’alcool, per cui la loro coltura intensiva potrebbe dar luogo a qualche industria di tal genere, G. E. MATTEI BIBLIOGRAFIA GasPARRINI G., Sulla coltivazione della Batata dolce in Sicilia. In Giornale di Scienze, lettere ed arti per la Sicilia. Tom. XXIV. 1828. p. 261. TarGioNI Tozzetti A., Cenni storici sulla introduzione di varie piante nell’agricoltura da orticoltura toscana. Firenze 1853. Ristam- pato per cura del Dott. E. BaroNI. Firenze 1899. p. 40. SagoT P., Sur la culture du Convolvulus Batatas. In Jvurnal de la Societé d’Horticulture de France. 2° Ser. Vol. V. 1871. p. 450. GuiLuion-MaxciLLI E., Il Convolvulus Batatas. In Bollettino della R. Società PIO di Orticoltura. Anno I. 1876. p. 340. Dr CaxpoLre A., L'origine delle piante coltivate. Milano 1883. p. 68. ALroxso Spagna F., Convolvutus Batatas, coltivato nel Giardino di Acclimazione in Palermo, In Atti della Società di Acclimazione 17 e Agricoltura în Sicilia. N. ser. Ann. XXV. Palermo 1885. p. 117. RiccoBono A., Coltura della Patata dolce in Sicilia. In Bollettino lella Società Orticola di Mutuo Soccorso in Palermo. Anno VII. 1909. p. 55. GrortH B. H., The Sweet Potato. In Contributions from the Botanical Laboratory of the University of Pennsylvania. Vol. IV. n. I. 1911. ALOE RICCOBONII xov. sp. A Da due anni è venuta a fiorire nel nostro R. Orto Botanico una specie di A/oe che per diversi caratteri si differenzia da tutte le altre qui coltivate, ed anche, studiata con la monografia del BERGER, comparsa nel Pftanzenreich dell’ ENGLER, non è identi- | ficabile con alcuna delle specie ivi descritte. Si avvicina all’ Aloe | cernua del Toparo, ritenuta corrispondente ad Aloe capitata, BAK. e forse può soigicerarei ibrida fra questa e 1’ Aloe arborescens, MILL, - Tattavia, nulla conoscendo della sua vera origine , crediamo opportuno descriverla come entità a parte, seguendo in ciò l’uso degli autori che si occuparono di Aloe. Perciò la chiamiamo Aloe Riccobonii dedicandola al signor Vincenzo RiccoBono , Capo Giar- zu diniere del nostro R. Orto Botanico, il Besa pr primo richiamò — | l’attenzione sopra questa nuova de i Eccone la descrizione : Aloe Riccobonii, nov. sp. — — Osalis brevi, Sapia erectus, ad 80: cm. altus. Folia ca, 25, dense rosulata, patentia, demum recurva, an- guste lanceolata , sensim et longe acuminata , in aculeum termi- - = nantia, 50 re, longa et 6 centm. lata, carnosa, supra plana, S apice versus tantum subcanaliculata, sube Gava obscure viridia, ad margines aculeis deltoideis repando uncinati, Alavescon- ni = 19 tibus, apice rubescentibus, 2-3 mm. longis, 12-15 mm. distantibus, armata, linea marginali infra aculeos pallidiora vix cornea. Inflo- rescentiae, ca. 60 centm. altae, scapus simplex vel 2-8 partitus, | validus, ancipiter subcompressus, ramis erecto-patentibus, bracteis vacuis parvis, late triangularibus , 7-nervosis, instructis. Racemi ca. 10 centm. longi, truncati, floribus capitatis omnibus nutantibus, pallide luteis. Bracteae florales 8-9 mm. longae, ovato-lanceolatae, obtusae, 5-nerviae , scariosae. Pedicelli 12 mm. longi, stricte pa- tentes. Perigonium, vix basi stipitatum, ca. 33-35 mm. longum, supra ovarium leviter angustatum , et faucem versus ampliatum, segmentis basi breviter connatis, apice non revolutis, obtusis, in- terioribus latioribus. Genitalia ca. per 8 mm. exserta: antherae aurantiacae a stylo demum longe superatae. Capsula ..... n Horto Botanico Panormitano culta. Questa specie, come si è detto, è intermedia fra 1’ Aloe ca- pitata, BAK. e 1’ Aloe arborescens, MILL. e forse ibrida fra di esse. Differisce dall’ Aloe capitata, BAK. (= Al. cernua, TODAR.) per le foglie acute all’apice e terminanti in unico aculeo (non ot- tuse, con 4-6 aculei), più oscuramente verdi, con la linea margi- nale cornea appena distinta, per i denti più distanti e più decisa- mente uncinati. I racemi sono più lunghi, con fiori a pedicelli più brevi ed a perigonio più lungo, con segmenti non revoluti al- | l’apice. Differisce dall’ Aloe arborescens, MiLL. per il fusto breve e meno robusto, per gli aculei colorati in giallo ed un poco rosseg- gianti all'apice, per l’infiorescenza troncata, con brattee assai più — © brevi, per il colore dei fiori giallo-canarino (non aranciato nè rosso). N perigonio è più corto, con segmenti un DE connati alla” . (non completamente liberi). LL ni . far meglio risaltare queste differenze e rendete più acne | come l’Aloe Riccobonii occupi una posizione quasi intermedia le due predette specie, giova riportare le principali misure prese _ su entrambe, confrontandole con quelle che rana la ininicno Losa Ù ò Sd risulta dal ar sini i Li Aloe Aloe Aloe capitata | Riccobonii |arborescens Altezza del caule. ...... 60 cm. 30 cm. 3-4 m. Numero delle foglie . . . . . 20-25 _ 25 30-35 Lunghezza delle foglie. . . . { 25-30 cm. { 50 cm. 65 cm. Larghezza delle foglie . .. . | 5-7 cm. 6 cm. 4-5 em. Lunghezza degli aculei . . . | 2-3 mm. | 2-3 mm. | 3-5 mm. Distanza degli aculei Rae 5-10 mm. [12-15 mm.f{ 20 mm. Altezza dello scapo fiorifero . | 60 cm. 50 cm. 50 cm. Lunghezza del racemo. ...{ 5-6 cm. 10 cm. | 20-30 cm. Lunghezza delle brattee . . . | 5-6 mm. | 8-9 mm. | 15-18 mm. Lunghezza dei pedicelli . . . {| 25 mm. 22 mm. 25 mm. Lunghezza dei perigonii. . . | 25 mm. {33-35 mm. { 40-43 mm. Da questo confronto appare vieppiù probabile l’origine ibrida dell Aloe Riccobonii, per eventuale incrocio dell’ Aloe capitata, BAK. con l’Aloe arborescens, MiLL. ed una conferma dell’ esser questa una forma ibrida può aversi nel fatto che nel nostro Orto Botanico non ha maturato alcuna capsula, quantunque abbondantemente fio- rita per due anni di seguito , visitata con, frequenza da api, ed anche impollinata artificialmente, tanto col proprio polline quanto con quello dei presunti genitori. A. Borziì. LA Pi SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. 1. Pianta intera di Aloe Riccobonii, nov. sp., assai impiccolita. 2. 3. 4. Foglia - gr. nat. 5. Fiore - gr. nat. i 6. Fiore privo del perigonio - ingrand. 7. Pistillo - ingrand. Per una classificazione naturale dei Mesembrianfemi. Il GoeTHE è l’autore di due ipotesi singolarissime le quali nella mia mente, forse per la loro stessa singolarità, sono perfet- tamente associate, per guisa che il ricordo dell’una richiama im- mediatamente ed infallibilmente l’altra: quella della natura seg- mentale del cranio e quella che considera i membri dei varii ver- ticilli florali come trasformazioni fogliari. Veramente, in quanto alla prima ipotesi, nello stato degli studii anatomici al tempo del grande filosofo naturalista si richiedeva ‘la potenza del genio per divinare quello che oggi appare sostanzialmente vero, sebbene ancora abbia bisogno di ulteriore illustrazione; in quanto alla seconda ipotesi, fu anch’essa intuizione del genio, ma anche a quei tempi potevasi. facilmente intuire. E invero, mentre la segmentazione del cranio è stata oscurata dalle seine modificazioni indotte sovrattutto da- gli importanti organi di senso che si sono costituiti nella regione i anteriore del corpo dei vertebrati, difficilissimo riuscendo così il rintracciarla, dovendo ricorrere all’uopo a delicati e squisiti criterii | | di anatomia ed embriologia, la natura fillomica invece delle diverse formazioni florali è ancora evidente sia per quel che ci si presenta nelle condizioni normali sia, e non meno, per i fatti di anomalie. . Ori Mesembriantemi sono un esempio assai splendido di tali Metamorfosi florali, anzi ci dicono qualche cosa di più, cioè che compiutasi la metamorfosi in un senso, essa può ripetersi nel senso opposto, o meglio che oltre alla metamorfosi centripeta può esisterne un’altra centrifuga. Per riuscire più chiaro che sia possibile ri- corderò che l’essenza dell’ ipotesi del GOETHE consiste in ciò che dei verticilli fogliari si sono trasformati in organi di protezione o in organi a funzione vessillare divenendo gl’involucri esterni del fiore, altri verticilli si sono modificati in stami ed altri ancora sono divenuti carpidii. (1) Or ammettendo come vera cotesta derivazione (e non potrebbe mettersi in dubbio senza rinunziare al più alto grado di sintesi raggiunto dalla morfologia botanica) quanto os- servasi nel fiore dei Mesembriantemi ci induce a pensare che essi non solo hanno subito le modificazioni in parola, in senso tanto centripeto quanto centrifugo, come dicevamo, ma che hanno sor- passato la stessa metamorfosi goethiana. È un fatto. molto curioso e da notare che gli stami di molte specie di Mesembriantemi sono colorati, e colorati identicamente alla corolla: se la corolla è aranciata, anche gli stami sono aran- ciati; se la corolla è porporina, anche gli stami sono porporini e così via. Nasce spontanea l’idea che originariamente la funzione vessillare fosse compiuta dagli stami contemporaneamente alla fun- zione sessuale; in seguito avvenne una divisione di lavoro: i ver- ticilli più esterni perdettero il potere sessuale e ritennero soltanto la funzione vessillare. Un'altra trasformazione, e questa volta con direzione non centrifuga, ma centripeta, e con la quale appunto | 81 supera la metamorfosi goethiana, si presenta nel genere Me- sembrianthemum, in quanto che con un’ altra divisione di lavoro gli stami abbandonarono una terza funzione da essi adempiuta, la funzione di richiamo nutritizio col polline offerto ai pronubi, tra- sformandosi i più interni in nettarii. Su questo punto ritorneremo in seguito ; per ora insisteremo sulla evoluzione centrifuga seguita dagli stami, cioè su la loro metamorfosi petaloidea. Invero quasi tutti i Mesembriantemi, specialmente quelli che noi vedremo appartenere alle sezioni meno evolute, offrono tra pe- tali e stami tutte le gradazioni possibili. Nel M. splendens, si es., in cui l’analogia tra stami e petali: si manifesta già pe modo identico di disporsi dei verticilli tutti connati fra loro (quali dei petali e quelli degli stami), ai primi verticilli (quelli dei petali) (1) Questa è la parte o ci fatato dell’ ipotesi quae la. quale, come si sa, è molto più vasta, abbracciando tutte » Mulo zioni di natura las 23 si succedono alcuni altri che comprendono stami, ma questi stami sono a filamento piuttosto largo e lunghi o quasi quanto i petali ; le loro antere sono bianchicce e sterili. Seguono a questi verticilli altri ancora, ormai sempre. di stami, ma i filamenti sono più stretti e più corti e le antere sono meglio costituite; altri verticilli si susseguono i cui stami si presentano, pel rispetto sessuale, in mi- gliori condizioni ancora, e così via sino a verticilli di stami per- fetti con antere gialle e compiutamente fertili. In altri Mesembrian- temi, che sarebbe troppo lungo enumerare, o si presentano le me- desime condizioni ovvero si hanno verticilli intermedi di stami ridotti al semplice filamento. Questi fatti, apparentemente, si po- trebbero interpretare in due modi: o che i petali si siano trasfor- mati in stami o che, viceversa, gli stami si siano trasformati in petali. È vera la seconda ipotesi, primo perché abbiamo, come già si è detto, senza però ancora dimostrarlo, anche nel genere Mesem- brianthemum un altro esempio del potere di trasformarsi che gli stami possiedono (origine dei nettarii), e poi sopratutto perchè nelle succitate forme (M. splendens, ete.) i petali anche più esterni pre- sentano nell’apice bidentato la traccia dell’antica antera. Diciamo subito che cotal metamorfosi petaloidea degli stami ha per noi il massimo interesse. Cotale metamorfosi difatti ci mette in grado di apprezzare l’età relativamente recente della sezione dei Linguiformi. E invero nel fiore del M. linguiforme, M. cultra- tum, M. depressum, ete., i quali poi in sostanza non sono che. varietà di un’unica specie, la costituzione dell’ apparato florale è ben definita con le netta distinzione tra stami e petali: ormai tra questi fillomi non è dato più scorgere alcun passaggio, ed anche | l’apice dei petali non presenta più il solito carattere di bidentato, | comune alle forme primitive. La sezione dei Linguiformi dunque comprende le forme più la mostra conclusione. Piante desertiche o comunque xerofile tutti i | aggiunto il massimo grado di adattamento all’ambiente in quanto. | che il caule si è è raccorciato e reso molto carnoso, e ingrossate i. - perfettamente carnose son divenute le foglie, perdendo. affatto la | pianta il carattere fruticoso o subfruticoso delle specie delle altre ; Sezioni in generale. Si aggiunga ancora la maravigliosa complica- 3 o raggiunge la più alta espressione evolutiva dell'intero genere, come | meglio vedremo nel prossimo nostro lavoro sula disseminazione nei Mesembrian temi | Fecenti, le più evolute. Ma altri fatti ancora giustificano questa. 0 Mesembriantemi, quelli compresi nella summentovata sezione hanno anti | zione nella capsula dei Linguiformi, nei quali la sua. struttura 24 Appare dunque chiaro che la sezione dei Linguiformi com- prende, come dicevamo, le forme più recenti e più evolute. Asso- dare questo punto era per noi di importanza fondamentale. Difatti le specie comprese nella sezione dei Linguiformi hanno fiori senza nettarii; dunque le forme più evolute sono quelle senza nettarii. In questa conclusione consiste l’importanza fondamentale del punto sopra assodato, cioè che le forme della sezione dei Lin- guiformi sono le più recenti e le più evolute (1). opo aver conchiuso che le forme più evolute sono quelle prive di nettarii, passiamo ad altre considerazioni che ci chiariranno come lo sviluppo dei nettarii dei Mesembriantemi ci dà anche lo sviluppo filogenetico del genere e come quindi essi nettarii ci offrono un criterio singolarissimo per una classificazione naturale delle specie del genere in discorso. E anzitutto osserviamo che oltre alle specie (le più evolute) che non possiedono nettarii, ve ne sono di quelle che hanno un nettario unico, a forma di poligono pentagono più o meno regolare, interno all’androceo, coi lati alterni alle logge dell’ovario; altre specie ancora hanno cinque o sei gruppi nettarici corrispondenti alle logge ovariche. Or è facile dimostrare, quando si hanno cinque gruppi nettarici , che il nettario così costituito non è che il net- tario unico pentagonale frazionato in cinque pezzi ; cosicchè le spe- cie possedenti un tale nettario sono posteriori alle specie con net- tario nnico intero. Che tali specie siano posteriori a quelle con nettario unico intero parrebbe legittimo dedurlo da quanto abbiamo detto sopra, poichè se le specie più recenti ed evolute (quella com- nella sezione dei Linguiformi) sono quelle prive di nettarii, si potrebbe credere senz’altro che le specie a nettario frazionato siano un passaggio intermedio per arrivare dalle specie a nettario intero a quelle prive di nettario. Tutto ciò è vero, ma noi potremo dimostrare ancora per altra via che le forme a nettario frazionato sono in realtà forme intermediarie. A questo scopo richiamiamo l’attenzione su un fatto generale che si osserva nel genere Mesem- (1) In verità i Linguiformi sono i Mesembriantemi di più elevata organizzazione che si trovino coltivati nell’Orto Botanico di Palermo; non si può escludere però che qualche altra sezione, per es. gli Sfe- roidei, non rappresenti un grado superiore di evoluzione; tuttavia, evidentemente, ciò nulla toglie alle considerazioni che abbiamo fatte. Vedasi anche quanto diciamo a pag. 34, in commento alla nustra clas- sificazione, 25 brianthemum , la tendenza cioè a fondere le due metà pros- sime di due organi contigui uguali. Ciò appare evidente nella costituzione delle valve della capsula. Queste difatti non sono semplici, ma risultano dalla fusione di due mezze valve, apparte- nenti l’una ad una loggia, l’altra alla loggia collaterale. Allora tutti gli organi che nelle valve così composte si riscontrano dall’un lato e dall’altro della linea mediana non sono che gli organi simmetrici appartenenti alle pareti esterne di due logge contigue. Che poi valve sopradette siano delle valve composte si dimostra con la mas- sima evidenza seguendone lo sviluppo (1) Detto ciò, ritorniamo alla disposizione dei nettarii. Essi, come abbiamo visto, o costituiscono un unico pentagono interno all’ an- droceo, coi lati alterni alle logge, o si presentano in cinque gruppi _mettarici corrispondenti alle logge stesse. Naturalmente nel primo caso, essendo i lati del poligono nettarico alternati con le logge, i vertici saranno opposti, cioè corrispondenti alle logge. Se si im- magina dunque che i bottoncini nettarici dei punti di mezzo dei lati si riducano e scompaiano, si avranno i cinque tipici gruppi nettarici di cui sopra. Già con questa semplice considerazione ci appare che ciascuno dei cinque gruppi nettarici è costituito delle due metà, convergenti al vertice, di due lati contigui dell’ unico primitivo nettario pentagonale. he se poi riflettesi alla tendenza che noi, con lo studio delle (1) Si potrebbe pensare che in tutte le capsule loculicide si abbia appunto tale fusione delle metà contigue dei carpidii, e che quindi essa non costituisca una proprietà esclusiva dei Mesembriantemi. Noi diciamo che l’essere estesa tale proprietà anche ad altri gruppi ve- getali non menoma l’importanza ‘della conseguenza che noi ne trag- ghiamo, cioé della fusione anche delle metà contigue dei lati pel poligono nettarico, anzi, se é possibile, l’avvalora, permettendoci di scorgere in quest’ultima fusione l’espressione particolare di un fatto | generale nel regno vegetale. Potremmo aggiungere che nelle capsule loculicide di Mesembrianthemum non sempre esistono i veri setti loggiali., essendo anzi frequente il caso di capsule uniloculari, il che fa riconoscere come nei Mesembriantemi, contrariamente a quanto succede in altri gruppi vegetali, la fusione delle mezze valve Lg formare una valva composta sia avvenuta indipendentemente | formazione dei setti, ed ha quindi tutto il valore di un fatto sui generis, che spiega anche la fusione nettarica. E superfluo poi notare col DeLFINO che la fusione carpidiale è un fatto mantaione 26 valve della capsula, abbiamo sorpreso nei Mesembriantemi, la ten- denza cioè alla fusione delle metà contigue di due organi eguali er formare un organo unico, questa conclusione riceverà nuova e splendida conferma. Nè qui è tutto. Esistono difatti delle forme in cui il nettario non è costituito ancora stabilmente. Bellissimo e sempio ce ne offre il M. barbatum. Questa specie mi si è presen- tata in tre varietà: una che cresceva in pieno suolo e che dalla relativa piccolezza delle foglie e dall’abbondanza delle spine e dalla apparente rustichezza, può ritenersi come una forma selvatica (1); un’altra aveva aspetto più ingentilito, ma per la grandezza delle foglie, che erano uguali a quelle della varietà precedente, appariva una forma immediatamente derivata dalla selvatica; una terza in- fine coltivata in vaso come la precedente si poteva considerare come la forma perfettamente ingentilita. Dunque di queste tre forme, sotto cui si è presentato al mio studio il M. barbatum, la prima è la più antica, l’ultima la più recente. Or nella forma più recente, la terza, il nettario a prima giunta appare sotto l’aspetto di un pentagono intero ; però con osservazione minuta si discoprono due caratteri: 1° i vertici del poligono sono arrotondati ed ivi la superficie è più ampia della linea del (segno di avvenuta fusione); 2° nel centro di quattro lati si discerue un sottilissimo diastema, ampio al più, o anche minore, come un bottoncino nettarico. Nel quinto lato invece evvi spessissimo con- tinuità perfetta tra i bottoncini nettarici che lo costituiscono. Ma anche» non di rado il quinto lato è diviso esso pure, ed allora i cinque gruppi nettarici possono trovarsi ad una distanza reciproca discreta. Osservando poi la seconda forma, la forma un po’ meno in- gentilita della precedente, si discopre che frequentemente sono due i lati i cui bottoncini nettarici formano una linea continua ; osservando infine la forma selvatica, si discopre 1’ ancor maggiore instabilità del nettario. Ora occorrono fiori il cui nettario sembra costituire un poligono peatagono intero, ora fiori in cui il penta- gono è spezzato in un sol lato, o in due, o in più; ora, caso op-_ vd posto al primo, fiori coi cinque gruppi nettarici caratteristici. In. ogni caso e per tutte e tre le a quando i lati non sono SA (1) Usiamo la parola selvatica per questa varietà perché riteniamo si avvicini più delle altre forme al tipo spontaneo, avvertendo che nel nostro Orto certamente trovasi introdotta e non indigena. 27 spezzati e nella forma selvatica spesso anche quando i lati sono ‘spezzati, i vertici non presentano l’ arrotondamento caratteristico dei singoli pezzi dei nettarii pentameri, ma sono ancora a punta acuta. È chiaro dunque, anche per quest'altra via, che il nettario distribuito in cinque gruppi è posteriore al nettario a pentagono intero ; il primo ha origine dal frazionamento del pentagono, e non basta, ma dalla successiva fusione dei residui contigui dei suoi lati, come è dimostrato da ciò che il vertice appuntito, punto d’incontro dei due lati contigui, si è arrotondato, acquistando ivi il nettario, nella maggior parte dei casi, più ampia superficie. Infine se poniamo attenzione a quel principio generale che la lo- calizzazione di una funzione importa perfezionamento e quindi evo- luzione, ci convinceremo ancora una volta che le forme a nettario frazionato sono più recenti di quelle a nettario intero poligonale. Tutto quanto abbiamo detto per i nettarii pentameri vale per quelli distribuiti in sei pezzi. Anche in questo caso i gruppi net- tarici sono corrispondenti alle logge, e tutto giustificherebbe. l’af- fermazione che un nettario esamero derivi da un nettario intero esagonale, alla stessa guisa che un nettario peniaeno trae origine «da un nettario intero pentagonale. L’induzione è legittima, però le cose sono parecchio complicate dall’esistenza di una forma instabile, in quanto alla costituzione del nettario, e che presenta nettarii pen- -; ‘tameri, esameri ed eptameri. In verità io discoprii questa forma nel nostro Orto in fine di fioritura, tanto che io non potei averne che | Rettario pentamero, ma anche un ovario pentamero con apparato | stilare pure pentamero. Pertanto erano numerosi i frutti ancora - succulenti e numerosi anche quelli trasformati in capsula ; orbene che i gruppi nettarici nel genere Mesembrianthemum sono opposti | alle logge, che, come alla pentameria dell’ ovario corrispondeva e. | pentameria del nettario, così al carattere seppero. se ira, dell’ovario nel frutto e nella capsula p . solo due fiori, i quali furono gli ultimi; entrambi presentarono un - di questi frutti e di queste capsule alcuni erano, in quanto all’o- vario, con carattere, oltrechè pentamero, anche esamero ed cepta-o Lo | mero,; dal che è lecito arguire, anche per quella legge. generale I “ desse il carattere esamerico ed eptamerico del ‘nettario.. ta Poichè dunque esistono forme più 0 meno antiche a carattere Li pentamerico e poichè vediamo comparire questo carattere anche ino 0° 3 forme nelle quali per altro verso l’esameria si è abbastanza stabi. . bilita, il carattere pentamerico in tali forme parrebbe dovuto a sua ea. cosicchè parrebbe che dal tronco comune catad 5 28 di nettario intero pentagonale ne sia venuto per mutazione l’uno e l’altro tipo : il pentamerico e l’esamerico ; mutazione che si ren- derebbe manifesta, se ancor fosse necessario, dalla più ampia oscil- lazione verso il carattere eptamerico e dalla possibilità che nettarii esameri si manifestino in forme decisamente pentameriche, come è stato il caso per due singoli fiori di M. intonsum. Da quanto precede appar chiaro che le forme primitive del genere Mesembrianthemum sono quelle a nettario intero pentago- nale; vengono poi quelle a nettario frazionato coi pezzi nettarici corrispondenti alle logge; succedono infine le forme puramente a polline. Noi ancora non abbiamo accennato ad una importantissima par ticolarità riguardante la costituzione dei nettarii. Già incidental- mente ci è più volte occorso di usare la parola bottoncini per in- dicare le unità prime costituenti sia i nettarii a poligono intero sia i nettarii frazionati. Con ciò si poteva capire che i nettarii di cui parlavamo siano rilevati a guisa di creste più o meno alte, di spes- sore più o meno grande. In verità hanno maggior frequenza i net- tarii rilevati; però si hanno anche nettarii infossati. È bene pre- mettere subito che tali nettarii non sono mai interi, non costitui- scono cioè una doccia continua, ma compaiono sotto forma di con- che isolate; si può così prevedere che, dato il principio della lo- calizzazione di funzione, le forme in possesso di tali nettarii sono relativamente recenti; le forme di passaggio poi ci potrebbero di- mostrare che esse traggono origini da altre a nettarii rilevati. Utile esempio dimostrativo. di quanto diciamo è il M. in cui si hanno cinque nettaroconche, con le superficie secernenti, collegate fra loro da una sottile e bassa cresta, la quale sembra di aver perduto il potere di secrezione. Sotto questo riguardo sono pure notevoli altre specie, come il M. rhomboideum ed il M. Lehmanni, l'uno con cinque pezzi nettarici, l’altro con sei; ma tali pezzi nettarici non sono ancora decisamente fondi nè sono più, d’ altra parte, decisamente rilevati. Il che fa riconoscere, contrariamente al caso del M. splendens, che l’evolu- zione può seguire, oltrechè in un primo tempo, quando cioé il nèt- tario è ancora a poligono intero, anche in un secondo tempo, cioè 29 solamente quando il nettario unico intero si è già frazionato in un certo numero di pezzi (1). on si creda però che le specie a nettaroconche rappresentino le forme tra le più evolute. Difatti il corpo vegetativo porta segni evidenti di organizzazione poco avanzata sia nella natura fruticosa o subfruticosa del caule, sia nella condizione espansa della lamina fogliare, come accade, per es., nel M. cordifolium. Parrebbe dun- que o che la trasformazione in conche dei nettarii crestiformi sia stata assai rapida e seguita da un arresto generale dell'evoluzione oppure che la trasformazione sia stata lenta, ma limitata soltanto o quasi agli organi della riproduzione, cioé alla regione fiorale. Così sì spiegherebbe il contrasto tra gli evidenti caratteri di progresso che si riscontrano nella struttura del fiore, o, più strettamente parlando , del nettario, e i caratteri di antichità del corpo vege- tativo. Così inoltre si spiegherebbe come mai nel M. splendens la metamorfosi petaloidea degli stami sia ancora, come sappiamo, tutt'altro che definita Aggiungiamo infine che mentre i nettarii rilevati non si fra- zionano in meno di cinque pezzi, i nettarii fondi possono presen- tare anche soltanto quattro nettaroconche , come ne è esempio il M. cordifolium. Si noti però che anche le forme a nettarii fondi hanno le superficie secernenti, in questo caso le nettaroconche, — (1) In seguito abbiamo riscontrato un’altra specie somigliantissima al M. blandum, però a fiori bianchi invece che porporini. Ivi il net- tario é intero, ma i cinque lati del poligono sotto la pressione dei cinque margini rilevati delle logge sono divenuti convessi (con la ‘convessità all’esterno); i caratteri della superficie secernente sono identici a quelli del Mi. Lehmanni, eccetto, s'intende il fraziona- mento , cosicché il ping di cotesta se accenna. ad una in nettario forme e quello a pera paterna nel primo tempo. A ggiun- geremo che tutte queste specie da noi citate, o che avremmo potuto "i citare , come intermediarie , si manifestano per tali ancora per un altro sare per la Îivesiatuta cioé costituitasi lungo il margine d’inserzione degli stami, onde, sebbene la superficie secernente, sia Re continua sia frazionata, non siasi ancora decisamente infossata, pu viene a trovarsi già in una incavatura, ricoperta come è dalla due staminale. Ed ancora é degno di osservarsi che mentre il nettario veramente crestiforme ha un colore verde o verde ut in ser sd la superficie secernente é union, 80 corrispondenti alle logge, alludendo, evidentemente, anche con ciò alla loro primitiva affinità con le forme a nettarii rilevati. : Ancora un altro caratterè importantissimo può servirci di guida per discoprire la linea filogenetica seguita dal genere Mesembrian- themum nella sua evoluzione. Ma prima di addentrarci ad esporre questo nuovo carattere è necessario che noi rispondiamo ad un’al- tra questione: donde traggono origine i nettarii nel genere Me- sembrianthemum? Da quali elementi provengono ? Fortunatamente le forme esistenti ci mettono in grado di rispondere a tale questione: i nettarii, come avevamo già ammesso in principio, senza ancora dimostrarlo, sono nient’altro che stami trasformati. Si consideri dapprincipio un Mesembriantemo a nettario pen- tagonale intero. Si riconosce tosto che il suo nettario è interno al- l’androceo, e le disposizioni che valgono per un tale M. valgono per tutti gli altri a 6nettario unico intero. Queste forme ci si sono appalesate, come già sappiamo, per le più antiche. Ritorniamo ora all'esempio citato del M. barbatum. Come abbiamo visto, qui il nettario manifesta il carattere primitivo della specie, e in pari tempo | il lavoro dell’evoluzione a cui soggiace, per mezzo delle sue 0- scillazioni morfologiche. Abbiamo visto anzi che tre sono le forme sotto cui ci si presenta il M. barbatum ed in tutte e tre le forme il nettario non è ancora stabilmente costituito nei suoi caratteri. Nella forma selvatica il nettario lascia riconoscere nel modo più evidente la sua derivazione da un nettario primitivo a pentagono intero. I suoi cinque pezzi, come già sappiamo, sono pochissimo distinti e si può dire che in generale soltanto uno dei cinque lati del poligono primitivo è scisso nel mezzo ; degli altri ora tutti ap- paiono continui, ora questo o quello appaiono spezzati nel punto di mezzo. La forma intermedia somiglia molto alla selvatica anche — 5: per questa estrema variabilità del | nettario, senonchè i lati interrotti sono più numerosi e molto raro è il caso che il poligono sia spez- zato in un lato solo, sebbene per lo meno due pezzi debbano es- sere sempre fusi o trovarsi ravvicinati sin quasi alla completa fo-.. sione ; le distanze poi tra i i pezzi isolati sono più o meno piccole, anche qui manifestandosi il carattere oscillante del nettario ; difatti | talvolta i pezzi sono ben distinti fra loro, tal’altra sono molto rav-. vicinati per guisa che soltanto l’occhio esercitato e con assai at- tenzione può distinguerli fra loro. Nella forma ingentilita la distin- zione fra i pezzi nettarici, già relativamente assai progredita nella forma intermedia, si accentua. sempre più, sebbene nemmeno qui manchino i caratteri d’oscillanza. Tutto quanto abbiamo detto di- mostra all’evidenza la primitività del M, barbatum, comecchè i ca- 31 ratteri del nettario non sono definitivamente fissati, ma ancora pros- simi alla forma primitiva pentagonale, tuttora facilmente ricono- scibile nella continuità perfetta di un numero più o meno grande di lati o nella più o meno piccola distanza dei pezzi costituitisi. Ebbene anche quì il nettario è interno all’androceo, nè, oltracciò, negli intervalli, quando esistono, tra i pezzi nettarici si scorge null’ altro di nuovo : in corrispondenza di questi intervalli la su- perficie dell’ovario é nuda. "Se pertanto osserviamo il M. intonsum ci colpirà il fatto che ì cinque pezzi del nettario sono riuniti da cinque piccole serie di stami i quali sono impiantati su la medesima linea chiusa in cui possono immaginarsi inseriti i cinque pezzi nettarici; in altri ter- mini, se si immagina continuata la linea di un qualsiasi pezzo net- tarico, essa passerà per la linea degli stami che sono a contatto; insomma la linea dei pezzi nettarici e quella delle serie staminali è un’unica linea, che costituisce una linea chiusa ed interna all’an- droceo, come nel caso del nettario pentagonale intero ; l’unica dif- ferenza è questa che nell’ultimo caso la linea è ricoperta in modo continuo da bottoncini nettarici, nel caso invece del M. intonsum la linea è ricoperta alternativamente da bottoncini nettarici e da filamenti staminali. Dal che si riconosce tosto come gli stami non siano che i vicarianti dei bottoni nettarici. Quel che abbiamo detto per il M. intonsum vale anche per il M. Thunbergii ed altri an- cora. È evidente che se nettarii e stami si sostituiscono, essi non sono che formazioni omologhe, cioè i nettarii non sono che degli . Stami trasformati. Pertanto sorge spontanea la domanda : la presenza degli stami nei tratti internettarici è un carattere primitivo o posteriore? Di- fatti potrebbe supporsi che la trasformazione siasi iniziata nei punti e "i, ne i vertici del poligono nettarico e che siasi tarico intero. In questo caso la presenza degli stami nei segmenti rattere primitivo, anche le forme, dove tal carattere si presenta, ella trasformazione nettarica del vera staminale interno, | | di linea internettarici imprimerebbe una nota di primitività ‘alle - forme nelle quali si manifesta, cioè sarebbe essa stessa un carat- tere primitivo. Or noi dina che tutto quanto è stato preceden- © temente appreso ci rende facile di rispondere alla questione. Di — fatti se la presenza degli stami in quei detti segmenti fosse un ca- x g - sarebbero primitive ed anteriori alle forme a nettario poligonale iu- Lo tero; difatti tal nettario non rappresenterebbe che l’ultimo termine “* a poco fino alla completa comparsa dell’ intera linea * ) i (verticillo) degli stami con la relativa comparsa del poligono net. a 32 Però noi abbiamo visto che il nettario poligonale intero im- prime alle forme che lo possiedono, un evidente carattere di origi- narietà. Abbiamo visto difatti che i pezzi nettarici nelle forme a nettario non intero risultano dalla fusione di due mezzi lati conti- gui, fusione che è l’espressione di un fatto non primitivo, ma so- pravvenuto. Dunque, è bene ripeterlo, le forme a nettario spezzato sono più recenti di quelle a nettario poligonale intero ; quindi quelle forme che presentano gli stami negli spazii sci sono Si- curamente posteriori alle altre a nettario poligonale intero. Noi anzi possiamo dire di più; possiamo dire cioè, che tali forme sono anche più recenti. che le corrispondenti coi segmenti internettarici privi di stami. Difatti noi abbiamo avuto occasione di osservare che il M. barbatum è una forma primitiva, per come manifesta l’oscillanza dei caratteri del suo nettario che non è pentagonale nè ancora son chiari e bell’e costituiti i cinque pezzi nettarici. Orbene il M. bar- batum tra i segmenti internettarici, quando esistono, non. porta, come sappiamo, stami. Per converso gli stami internettarici com- paiono nelle forme il cui nettario spezzato ha acquistato carattere di stabilità, cioè in quelle forme che l’evoluzione ha per più lungo tempo tormentate; ciò val quanto dire che tali forme sono, come già affermavamo, più recenti. In un solo caso potremmo dire che . le forme con stami internettarici sono primitive, nel caso cioè che i pezzi nettarici fossero alterni alle logge ovariche e gli stami in- ternettarici opposti alle logge. Allora la trasformazione comparirebbe nei punti di mezzo dei futuri lati del poligono nettarico, fino a che a poco a poco venisse a costituirsi effettivamente questo poligono. Poi per riassorbimento dei bottoncini nettarici in corrispondenza dei centri dei lati e per la fusione dei mezzi lati contigui si sareb- bero avuti gli attuali nettarii polimeri senza stami internettarici, i quali quindi anche in questa ipotesi si dimostrerebbero per più recenti, cioè più recenti dei nettarii interi. Ma tale disposizione, det pezzi nettarici (di pezzi nettarici cioè alterni alle logge) manca fatto, come manca affatto la conseguente disposizione di serie di staîni internettarici corrispondenti alle logge; quindi deve imma- ginarsi che l’evoluzione sia andata dal nettario poligonale intero al poligono spezzato ; da questo, per crescenza di stami internetta- rici, alle forme come il M. intonsum o il M. Thunbergii. Ma se è vero che stami e bottoncini nettarici (noi qui prescin- diamo dalla questione se i bottoncini nettarici siano dei singoli stami oppure dei gruppi di stami) sono organi omologhi e derivati | i secondi dai primi, e se l’evoluzione è andata, come tutto ci dice, nel senso che noi abbiamo esposto, la presenza degli stami inter- . 33 nettarici ci apparisce come una reversione. Pertanto le forme più elevate del genere Mesembrianthemum, come sono i Linguiformi con le varietà cultratum, depressum, ete., non possiedono nettarii; bisogna dunque dire che quì la reversione è stata totale. Ne viene che l’evoluzione nei Mesembriantemi procede parallela ad un’invo- luzione ; si ha in essi una doppia linea: una linea progressiva, ascendente, che culmina nella capsula maravigliosamente compli- cata della sezione dei Linguiformi e nel perfetto adattamento al- l’ambiente del corpo vegetativo delle forme comprese in questa se- zione ; ed una linea regressiva che, per riacquisto di un carattere atavico (mancanza di nettarii) discende sino alla completa perdita di un differenziamento organico, espressione di nna divisione di la- voro, cioè di perfezionamento. Anche qui dunque, nella presenza cioè degli stami internet- tarici, noi possediamo un criterio ancora per riconoscere la linea filogenetica che si sviluppa nel genere Mesembrianthemum. Riassumendo possiamo stabilire nel seguente schema la deri- vazione filogenetica delle forme comprese nel genere Mesembrian- themum : le forme primitive sono quelle a nettario unico intero pentagonale a bottoncini rilevati; da questo tronco comune si di- partirono quelle a nettario frazionato ; anteriormente e posterior- mente al frazionamento del primitivo nettario pentagonale si costi- tuirono le forme a nettarii fondi, cosicchè questi hanno doppia o- rigine : o provengono, cioé, direttamente dalle forme primitive a nettario unico intero pentagonale, o, costituitesi in un secondo tempo, derivano le loro nettaroconche da altrettanti corrispondenti gruppi nettarici rilevati. Ma, mentre le forme a nettario frazionato segui- vano la linea che le conduceva verso la trasformazione in nettaro- conche dei loro gruppi nettarici crestiformi, un’altra linea si dipar- tiva da esse verso le forme anettariche con lintermediazio delle forme a stami internettarici. Tra i Mesembriantemi dunque, dentro i limiti del genere, può stabilire il seguente albero genealogico : 34 Forme a nettario unico pentagonale crestiforme Forme a gruppi nettarici crestiformi Forme a nettaroconche (costituitesi in un primo te Forme a nettaroconche . Forme a gruppi nettarici rilevati (costituitesi in un secondo tempo) con stami internettarici Forme anettariche Ora questo schema filogenetico, oltrechè interessante per sé stesso, è anche importante perchè ci mette in grado di abbozzare già sin da ora una classificazione naturale delle specie costituenti il genere Mesembrianthemum. Questa classificazione, nelle sue grandi linee, è la seguente: Olonettarii (a nettario unico intero pentagonale) Adiastemoni o nettarii rilevati 5 o’di cresta) (senza stami internet- tarici) a mo Meronettarii (a nettario frazionato) Diastemoni i ua | (con stami internettarici) É _ —Adetoconchi (a nettaroconche isolate) Coilomorfi | (a nettarii fondi) \ Detoconchi (a nettaroconche riunite da sottile cresta non secernente) 35 Come tosto scorgesi, i caratteri morfologici si sono sovrapposti ai caratteri filogenetici e la sezione delle forme a nettaroconche abbraccia specie che, secondo il nostro schema filogenetico, sareb- bero molto lontane comecchè alcune derivano direttamente da forme ‘primitive a nettario unico intero pentagonale ed altre da forme a nettario già frazionato. I Meronettarii poi avremmo potuto dividere in Pentanettarii ed Esanettarii, e forse anche in Eptanettarii etc. se avessimo conosciuto maggior numero di specie. Difatti il carat- tere pentamerico ed esamerico, per le forme da noi conosciute, è fortemente stabilito, ma ciò certamente nelle attuali condizioni di cultura in cui si trovano nel nostro Orto. i potrà garentire in- vece che mutate tali condizioni, non varii anche, per la stessa specie, il numero dei pezzi nettarici ? L’incostanza dei membri nettarici è frequente in tutti i gruppi vegetali; l’abbiamo sorpreso, e già lo. sappiamo, anche negli stessi Mesembriantemi; perciò non abbiamo creduto trarre partito da un tal carattere diagnostico Aggiungiamo che a causa del numero EST scarso di forme a noi note, non possiamo per il momento condurre più in- nanzi la classificazione ; ciò non menoma l’importanza dei criterii da noi esposti, perchè essi si fondano su l’osservazione di un suf- ficiente numero di forme, nè quelle che saranno da noi in appresso conosciute altereranno il valore della sintesi attuale. Indubbiamente lo studio di altre forme non avrà altra efficacia sui criterii da noi svolti che di estenderne l’applicazione. Troveremo, ne siamo si- curi, altri criterii; ma questi non saranno in contrasto con quelli acquisiti, bensì li integreranno per rendere possibile la costituzione dei gruppi inferiori sovrastanti immediatamente alle specie; per completare, cioè, la classificazione naturale per ora fermatasi ai gruppi generalissimi. Tra questi nuovi criterii saranno importanti quelli che verranno offerti dalla morfologia della capsula. Il numero delle capsule che noi possediamo non ci permette in questo mo- mento una coordinazione superiore delle differenze e delle somi- glianze che vi abbiamo colte ; tali sono però queste differenze mor- fologiche e tali le somiglianze e staremmo per dire i segni delle affinità, che sin da ora possiamo dire che la conoscenza più larga della morfologia della capsula promette di portare molto innanzi — o: questa prima approssimazione di classificazione naturale di un ge- nere vegetale Co, come il VONDER ie a chiamare i i gr = sembriantemi E Foglio infine aggiungere che dell'altariore rimango mento del gruppo, che noi ci ripromettiamo di fare, avverranno dei grandi spostamenti, come sin da adesso saremmo in grado di p: 86 dimostrare ;} tuttavia sin da ora siamo anche in grado di dire che più di un aggrappamento delle precedenti classificazioni (di HAWORT, di SALM-Dyck, di BERGER) resterà nella nuova allo stesso modo ed al medesimo titolo che parecchi dei gruppi dell’ artificialissima classificazione linneana sono permasi nelle posteriori classificazioni naturali (1). * * * Avevamo consegnato le carte al tipografo quando è venuto a fioritura il M. spectabile, che è quanto di più bello avremmo po- tuto artenderci in conferma della nostra derivazione filogenetica. L’ovario di questa specie è pentaloculare ed il nettario è continuo, senonchè in corrispondenza delle logge si solleva nelle creste ca- ratteristiche del nettario lofomorfo frazionato e alternativamente alle logge stesse si abbassa in cinque striscioline a livello o quasi della superficie dell’ovario. Così si riconosce in fatto che i punti corrispondenti alle logge ed i punti alle logge alterni hanno poten- zialità diverse rispetto alla superficie secernente; che nei primi coteste potenzialità portano ancora alla formazione normale delle creste nettariche e che nei secondi quelle di tal carattere vanno attenuandosi, altre insorgendone in contrasto (forse risveglio delle potenzialità ataviche che porteranno alla produzione degli stami in- ternettarici); donde 1’ atrofizzazione della superficie secernente in questi ultimi punti, atrofizzazione contemplata dalla mente negli altri Mesembriantemi, ma vista in atto nel M. spectabile. DoTrT. Francesco RAPPA. fio Ciò vale a dimostrare che anche il carattere diagnostico su cui le antiche classificazioni si fondano e che è essenzialme dalla natura delle foglie, per quanto labile possa sembrare, ha rela- tivamente un certo valore, e che esso può venire utilmente impie- gato, in sott’ordine agli altri, anche nella nuova classificazione per la costituzione dei gruppi inferiori, hà amò mama mama AMA AMA Amb ARA, ARA AR, Ama si O @ARTITAAROICAITAORITLRLTICOROO dI re—=veeT"vee— re" er—__—”rrvyW rr meg -e e eee 1 Una Pianta frangivento esperimentata in Libia Da quasi un trentennio il Prof. AxroNINO BORzÌ, daiiore di questo R. Orto Botanico e Giardino Coloniale, ha richiamato l’at- tenzione sull’importanza che presenta il Myoporum serratum, R.BR., come pianta per la coltura dei terreni aridi delle parti più calde d’Italia, e specialmente di Sicilia. Egli lo ha sovente raccomandato alle locali autorità forestali, ed appunto, dietro suo suggerimento, ne furono eseguite estese piantagioni nel Messinese, in Provincia | di Trapani, e specialmente sulla spiaggia arenosa della così detta Praja, nei dintorni di Catania, con risultati pienamente soddi- acenti Infatti si tratta di un arboscello veramente prezioso a causa del suo straordinario potere di resistenza e di adattamento alla pro- lungata secchezza, da costituire un materiale di primaria importanza nei casi di colture destinate a preparare od assicurare il rinsalda- mento delle spiaggie marittime, delle dune, dei terreni mobili e scoscesi, ed anche da usarsi come frangivento per riparare o di- fendere le coltivazioni agrarie dalla veemenza dei venti dominanti, mentre il valore ornamentale di questo arboscello è ben degno di een formando esso folte ‘macchie di un bel verde, anche 38 d’estate, di elegantissimo effetto. A tutti questi pregi si unisce quello di una meravigliosa rapidità di accrescimento, quale, si può dire, non si ha esempio in altre piante legnose coltivate od indi- gene del Mezzogiorno, senza dire poi della grande facilità di pro- pagazione. Il Myoporum serratum, R. BR., originario delle regioni austro- . occidentali d’ Australia, fu introdotto in Sicilia nel 1821, dapprima coltivato nel Real Giardino di Boccadifalco, poi nel nostro Orto Botanico : passò in seguito nella coltura ornamentale, diffondendosi nei aa pubblici e privati, specialmente di Messina e di Tra- pani. Causa poi le colture a scopo di rinsaldamento dei terreni li- pia si è andato naturalizzando lungo la costa occidentale del- l’Isola, da Sciacca fino oltre Trapani, di modo che ora abbonda colà nei luoghi sterili e sassosi, sulle ghiaie e nei greti abbandonati dei torrenti, in mezzo agli estesi banchi di calcare tufaceo, così frequenti in quelle parti, lungo gli argini ed i terrapieni delle strade di campagna-e della ferrovia etc. La sua diffusione colà è tale, che ha ricevuto anche un nome volgare proprio, quello di Manopera o Miopera, evidente storpiatura dialettale del suo nome tecnico. Anche in altre parti dell’Isola incomincia a diffondersi, specialmente fra Castellamare del Golfo e Balestrate, ove la Società delle Ferrovie sicule-occidentali ne eseguì estese piantagioni. In seguito alla naturalizzazione di questa specie, lungo la costa occidentale di Sicilia, il Prof. A. BRUTTINI, alcuni anni or sono, in un suo lavoro, comparso nel Bollettino della R. Società To- scana di Orticoltura (Anno XXVII, 1902, p. 199) ne segnalava l’importanza, raccomandandone la coltura. Più estesamente ne trattò il Prof. Borzi, nel Bollettino di questo stesso Orto Botanico e Giardino Coloniale (Vol. VIII, 1909, p. 3), facendone rilevare tutta l’importanza che se ne può ritrarre, non solo come pianta adatta a fissare e rimboschire i terreni aridi e mobili ma ancora come pianta frangivento. Anzi, per consiglio dello stesso Prof. Borzi, il Dottor. B. RoccHETTI ne fece un accurato studio istologico, inse- rito nel medesimo Bollettino (Vol. VIII, 1909, p. 11), dal quale studio emergono tutte le particolarità di struttura per cui Der specie può adattarsi ai luoghi più aridi e secchi. I feliei risultati ottenuti in Sicilia con la colti del Myopo- rum, trovarono un eco in Tunisia, ove tale specie, di recente in- trodotta, fu usata come frangivento nella stazione balneare di Saint- Geral; con ottima riuscita. Ne dà notizie il TRUELLE nel Bulletin de la Societé d’ Horticulture de Punisie (Ann, IX, n. 47, 1910, p. 286), il quale consiglia appunto di Lacod Myoporum 39 in tutti i terreni aridi, come frangivento, per difendere le altre colture e per impedire l’avanzarsi delle dune, insistendo sulla uti- lità che se ne può ritrarre nelle arene rame stante che ben si adatta a terreni con infiltrazioni di acqua salm Il Prof. ADRIANO FIORI poi, nel Bollettino della Società Bo- tanica Italiana (Febbrajo 1912, p. 22), mentre rileva come il Myo- porum serratum, R. Br. sì è perfettamente naturalizzato in Sicilia, e ne fa notare Limiporeni culturale, aggiunge che questa specie « acquista in questo momento un interesse maggiore, perchè può facilitare il problema della fissazione e successiva coltura delle dune mobili della Tripolitania, nella quale regione, sia per il clima, sia per la natura del suolo, dovrà trovare condizioni singolarmente fa- vorevoli di sviluppo ». Ad analoghe conclusioni viene il Prof. BRUT- TINI in un recentissimo articolo , inserito nell’ Agricoltura Colo- niale (Anno VI,1912, p. 331): egli infatti insiste sull’ utilità che il Myoporum ana ; R. BR. può presentare in Libia come pianta frangivento, specialmente per arrestare l’azione deleteria del ibli. Ora siamo lieti di constatare che appunto un esperimento in proposito, con il Myoporum, è già stato eseguito, con ottima riu- scita, in Tripolitania, per cura del nostro Giardino Coloniale. | Questo esperimento fu eseguito alcuni mesi or sono sulla spiag- gia di Bucamez (Tripolitania occidentale) nelle dune mobili attor- nianti l'ospedale di campo. Trattasi di vere sabbie infiltrate, ad un metro di profondità, da acqua prevalentemente salmastra, ove non può svilupparsi quasi alcuna vegetazione. Parecchie diecine di piante di Myoporum, alte oltre un metro e mezzo, provenienti dal nostro Giardino Coloniale, furono colà piantate, subito dopo l’oc- cupazione italiana della detta spiaggia, e tosto attecchirono, mo- strando una perfetta resistenza a quelle condizioni ben poco favo- revoli di terreno e di clima. Siamo poi informati che la vegetazione delle dette piante è continuata normalmente, malgrado la stagione È estiva, di modo che attualmente sono le uniche piante verdi La oa | su quella spiaggia. Ciò conferma esperimentalmente quanto avevano supposto il FroRrI ed il BRUTTINI, cioè l’importanza che può assumere il Myo- | porum serratum, R. BR., come pianta frangivento in Libia. La DIREZIONE Ttliimanon ra mmm sv tira rmenmtani cere ami vi PNT rire amen prints speci ton a INIT mp do »- so. prpernmani RR ai nt SOTUTIIIOITI ha uggpion Sesta ARTE dla MUTU PE sa ni Sulla coltura del Dattero come pianta da frutta in Sicilia. In un mio recente scritto (1), a proposito della coltivazione delle Palme a scopo industriale in Sicilia, facevo osservare che la Palma dattilifera, quantunque atta a produrre frutti /isiologica- mente maturi e semi dotati perciò della facoltà di germogliare fa- cilmente sotto il clima della nostra Isola e anche in molti paesi della regione mediterranea, non ha alcun valore come pianta frut- tifera, poichè la polpa de’ frutti, sebbene per lo più completamente iluppata, non raggiunge quel perfetto grado di maturità, come nei datteri provenienti dai naturali centri di produzione. Ed ag- giungevo che il problema della produzione di Datteri perfettamente commestibili sotto il clima della Sicilia, era stato forse risoluto dagli Arabi, ai quali, com'è noto, si deve la introduzione di questa magnifica pianta in Sicilia ed anche in Ispagna. Difatti le cronache siciliane dei secoli XII e XIII ricordano estesi palmeti nell’agro palermitano, particolarmente nella pianura di S. Giovanni dei Le- : (1) Borzi A., Sulla coltura delle Palme, particolarmente delle specie di Washingtonia, a scopo industriale in Sicilia. In Bollettino del R. Orto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo. Vol. X. 1911, p. 102. 41 prosi e si conoscono persino originali di contratti per la vendita dei frutti, che venivano stipolati in quei tempi (1). Questo argomento merita una particolare e più estesa tratta- zione, poiché, è chiaro, qualora fosse possibile la coltivazione del Dattero come pianta da frutto, specialmente nelle parti più calde della Penisola e nelle grandi Isole, sarebbe certamente cosa molto vantaggiosa per la frutticoltura nazionale. Di tale possibilità ci dànno ragione i frequenti accenni di al- cuni orticoltori intorno a individui di Palma dattilifera coltivati in Liguria o sotto il clima del mezzogiorno della Francia e atti a pro- durre frutti più o meno commestibili per incipiente o quasi com- pleto stato di maturità, anche se vogliamo fare astrazione da con- siderazioni teoriche e dalla applicazione dei principii di selezione, delle mutazioni, ecc. che come sappiamo rappresentano un fattore importantissimo del perfezionamento delle razze vegetali e special- mente delle varietà da frutta Ho voluto esaminare tale problema prendendo le mosse da dati di fatto raccolti in molti anni di osservazione e di esperienza e considerarne la possibilità della soluzione dal punto di vista pratico, È questo appunto lo scopo della presente nota. Senza dubbio, fra tutte le specie della famiglia delle Palme, in particolare del-genere Phoenix, attualmente coltivate da noi e in tutta la regione del Mediterraneo all’aperto, la Phoenix dacty- lifera, o Palma del Dattero, è la più antica, la prima a essere stata introdotta e, come dissi, la sua coltura, prima in Sicilia, poi in Ispagna, è dovuta agli Arabi. Questo popolo, ormai tanto deca- duto o almeno così restio a seguire i progressi della civiltà moderna, ebbe grande parte nello sviluppo dell’agricoltura Siciliana e sì è reso in ciò per molti riguardi benemerito colla introduzione di pa- recchie piante utili e delle relative norme di coltura. Se, come i ricordi storici accennati dimostrano, Palme dattilifere erano già da secoli coltivate nei dintorni di Palermo, ed ora nessuna traccia e- siste di tale coltivazione, il fatto non può di certo attribuirsi a va- riazioni del clima locale. Conoscitori profondi della coltura e di ‘((1) Notasi tuttavia che gli Arabi davano ai Datteri di Spagna e di Sicilia il nome di Datferi acidi: ciò farebbe ritenere non conse- | guissero neppure allora completamente la loro maturazione. Vedasi: Cusa S., La Palma nella poesia, nella scienza e pu storia sicilia- | na. In Archivio storico Siciliano. Anno I. 1873, p. 857. 42 tutte le varietà o razze domestiche del Dattero da secoli e secoli coltivate nei territori da loro occupati, specialmente nella vicina costa del settentrione d’Africa, gli Arabi non potevano ignorare la esistenza di tipi a maturazione precoce dei frutti, opportunemente ottenuti per selezione, e quindi ne dovettero tentare con successo la introduzione in Sicilia. Appunto di tali tipi, come si dirà, forse resta ancora qualche testimone in rari esemplari qua e là segna- lati in taluni giardini dei dintorni della Città, e se precisamente non ne sono i veri rappresentanti, la loro considerazione è molto i- struttiva. Il carattere di una precoce maturazione dei frutti, va anzitutto notato, conferisce alla Palma del Dattero la proprietà che essa possa coltivarsi sotto il clima mite della Sicilia come pianta da frutto. Essa dunque rappresenta condizioni delle più importanti che dob- biamo attentamente esaminare, prendendo le mosse dalla conside- razione dello stato di vegetazione della pianta durante il periodo della maturazione normale in rapporto colla temperatura dei luoghi dentro i limiti della naturale area di coltura della pianta stessa. noto che la Palma del Dattero, come pianta economica, u- tile, cioè principalmente per la produzione dei frutti vegeta den- tro i confini di una vasta zona dal clima secco di carattere tro- picale o subtropicale, estesa da oriente a occidente dalle Canarie all’India, e compresa fra il 15° e il 35° di lat. N. e il 18° di long. Ovest e il 75° long. Est del merid. di Greenvich. Ma essa può anche vivere oltre tali limiti, come si vede in tutti i paesi marit- timi della regione Mediterranea ed anche in luoghi distanti dal mare, senza però che i frutti raggiungano una maturità normale, ed ove può persino sopportare una temperatura invernale di—8° C. come in molti luoghi della Toscana, in Liguria, nel Mezzogiorno della Francia ecc. Poco oltre il 44° di lat. N., si può dire che il Dat- tero raggiunga il limite massimo di diffusione verso il Nord; ma occorre che le piante vengano riparate dal freddo invernale e dif- ficilmente a quegli estremi esse fioriscono. In sostanza la Palma del Dattero si comporta come molti alberi, p. e. il Castagno, il Noce, ecc. i quali sono suscettivi di estendersi e vivere oltre la normale loro zona di coltura, senza mai ager frutti perfetta- mente maturi o anche senza fiorire. Il Dattero, dentro la sua naturale zona di coltura, matura i frutti nel corso dell’annata stessa della fioritura ; il periodo di ma- turazione comprende in media circa 7 mesi, con un maximum di 10 mesi nelle varietà a maturazione tardiva, e un minimum di 5 mesi in quelle a maturazione precoce. Nelle uni ordinarie, 43 la fioritura s’inizia in primavera e secondo i climi, anche fin dagli ultimi di Febbrajo o nei primi di Marzo, come in Egitto. In altre parti del settentrione d’Africa, p. e. in Tunisia, nella Libia ecc. i Datteri fioriscono in Aprile o un pò più tardi, come in Cire- naica, specialmente nelle parti più esposte a Nord (1). e condizioni di temperatura normali necessarie alla produzione di frutti maturi sono state largamente discusse e con precisione indicate da ALF. De CANDOLLE e anche confermate dalla espe- rienza di molti autori che si sono occupati della vegetazione del Dattero nei centri naturali di coltura. Secondo il DE CANDOLLE (2) per una conveniente normale maturazione dei frutti richiedesi una ‘media temperatura annuale di 18,5 a 19° C. mentre una media di 15°,3 è sufficiente perchè la pianta possa vegetare in un dato paese. In tal modo potremmo a priori spiegarci come in tutto il bacino del Mediterraneo, compresa la Sicilia, le parti settentrionali del- l’Algeria e della Tunisia, le coste della Siria, dell’ Asia Minore, ecc. dove la coltura del Dattero non incontra alcuna difficoltà di clima, la maturazione non può essere completa poichè ivi le medie delle temperatura annue non raggiungono perfettamente quelle cifre o tutto al più le rasentano. Riferendoci in particolare alla Sicilia è da osservare, che se i dati ammessi fossero perfettamente esatti, una grande parte dell’I- sola stessa potrebbe benissimo essere sede della coltivazione del Dattero a scopo economico. Infatti, mentre a Palermo la media temperatura annuale è di 17°, 3, e a Siracusa di 17°, 9, a Scicli essa si eleva a 18°, 6, a Catania 18°, 5, e di poco sorpassa Ò 18° a Porto lapo, a Riposto, a Noto e ad Acireale (83). in condizioni molto più favorevoli si dovrebbe trovare a iu dove la temperatura media annuale, secondo il RosTER, è calcolata ” ) | (1) Le Palme da Datteri fioriscono sulle coste della Tripolitania in Aprile, mentre nel Fezzan sono già fiorite alla prima quindicina di Marzo. Nell’oasi di Sinah ed in Egitto, secondo DeLILE, la fiori- tura avviene nella seconda metà di Febbrajo : in quest’ultima regione 1: precoci maturano in Luglio ed i tardivi in n Dicembre, cioé i primi “ian De CanpoLte ALPH., Geographie Botanique raisonnée. Don: - ® Rosrak G., Clinisiologia dell'Italia Torino 1900 s° 901 Li ‘4 Ma tali cifre, non hanno in realtà altro valore che quello di dimostrare che le condizioni del clima della Sicilia . si accostano molto all’optimum richiesto per la maturazione completa normale del Dattero, anzi le rasentano, e che quindi il problema della col- tura di questa pianta allo scopo indicato presenta da noi, special- mente nelle parti più calde dell’Isola, molte probabilità di soluzione qualora fosse illuminato da’ criterii di una razionale scelta di tipi o varietà facilmente adattabili al nostro clima, come poi meglio si dirà. Cotesta grande approssimazione all’optimum è U’ altra parte pienamente confermata dai non rari casi di mediocre e quasi com- pleta maturazione di Datteri segnalata in molte parti della Sicilia, specialmente nel Mezzogiorno (1). Tuttavia possiamo dire, nonostante cotesta grande concordanza delle temperature medie annuali colle cifre indicate dal DE CAN- DOLLE e i casi eccezionali di maturazione ricordati, il Dattero non raggiunge giammai in Sicilia quel grado di maturazione carpologica normale sufficiente richiesto dalle esigenze del commercio. Il che dipende realmente dal fatto che la influenza esercitata dal calore sulla maturazione dei frutti non può estendersi al di là del periodo che decorre dallo inizio della fioritura alla raccolta: sono appunto le temperature comprese dentro questo periodo quelle che unica- mente influiscono sul completo sviluppo dei frutti. Epperò occorre tener conto delle somme di calore che viene usufruito dalla pianta durante quell’epoca, la quale, come abbiamo detto, comprende un decorso massimo di 10 mesi e uno minimo di 5, cioè in media 150-300 giorni. Secondo il De CANpOLLE la somma di calore indispensabile alla normale maturazione dei Datteri importa 5100° C. o una cifra presso a poco non inferiore a questa; il che suppone una tempe- ratura giornaliera non inferiore a 18° C. dal momento in cui s' i- nizia la fioritura fino alla raccolta dei frutti. E poiché nella su- ‘detta somma bisogna considerare che le temperature giornaliere vanno sempre più elevandosi nel corso del periodo estivo e a grado a grado descrescono coll’avvicinarsi dell'autunno, così come espres- (1) Mi è stato a questo proposito assicurato che a Scicli, a Flo- ridia, a Terranova, questi casi non sono rari e che per ottenere re- golarmente ogni anno Datteri maturi ivi si sogliono piantare gli in- dividui di Palma dattilifera in località solatie e a ridosso di qualche muraglia che viene accuratamente imbiancata a ciò n possa riflettere maggior copia di calore, a ero e 15 sione grafica del fenomeno si avrà una curva i cui estremi limiti più bassi posti alla estremità di una medesima orizzontale corri- spondono ai 18° C., cioè alle temperature iniziali e finali del pe- riodo di maturazione. Come dimostrazione, riferisco le somme di calore rilevate dagli autori nei centri di coltura del Dattero più noti in Africa setten- trionale durante il periodo della maturazione : Gabéès (Tunisia) . ‘ i » 5023 C. Biskra (Algeria) 5292 C Gafsa (Tunisia) 5352 C Tangourt (Algeria) v 5597 C Kebili (Tunisia) . È + è 5725 C. Nefta (Tunisia) . é ì . 5726 C. Tozer (Tunisia) . i e é 5758 C. Tali dati valgono principalmente per le varietà con frutti a maturazione normale dentro un periodo di non oltre sette mesi, il quale decorre dall’Aprile a Ottobre ed anche eccezionalmente si protrae fino a Dicembre o Gennajo. Vi sono però delle varietà a maturazione precoce, il cui periodo è alquanto più breve ed e- sige una somma di calore che va dai 4 circa fino ai 4800° C. Esse formano oggetto di coltura specialmente nelle parti più set-. tentrionali dell'Algeria. ettendo a confronto le sudette somme di temperatura neces- sarie alla maturazione normale del Dattero nei paesi su accennati con quelle che si verificano nel corrispondente periodo di matura- zione in Sicilia, si hanno dei risultati abbastanza istruttivi. Riterendomi in modo particolare alla vegetazione della Palma ‘ del Dattero in Palermo, è da osservare che la fioritura s’inizia ordi- — nariamente nella prima quindicina del mese di Maggio e, secondo le annate, ora nella prima decade, ora dopo il 15 dello stesso mese. Precisamente a quell’epoca la media temperatura giornaliera rag- giunge i 18° C. richiesti. Seguita la fecondazione, i frutti abboni- | scono e regolarmente si accrescono e raggiungono le. dimensioni ordinarie normali proprie dello stato di maturità e o caratteristiche | 46 alle varietà a cui appartengono (1), verso la fine dell’autunno o per lo più negli ultimi di Ottobre. Generalmente essi persistono in tali condizioni durante l’inverno. La polpa assume allo esterno una tinta che dal rosso passa a rossiccio-bruno, senza però che di- venga morbida e succosa, conservando un sapore stitico sgradevole simile a quello che prendono le sorbe immature. Raccolte e conservate in luogo secco e caldo, s’inizia un certo rado di maturazione, che però non conferisce mai al frutto quel delicato sapore dolce proprio dei datteri provenienti dai centri na- turali di coltura; trattasi piuttosto di una vera fermentazione quale appunto si effettua p. e. nelle Nespole, nelle Sorbe, ecc. Per lo più rimangono attaccati ai loro grappoli in tale stato di immaturità fino al sopraggiungere della primavera e allora cominciano a cadere sul terreno oppure, secondo le condizioni della stagione e la espo- sizione, la caduta ha luogo molto presto o tardi, in principio della Tenendo conto della epoca in cui la media temperatura gior- naliera, trascorsa la fioritura raggiunge di nuovo il termine 18° sotto il clima di Palermo, si vede che il periodo di sviluppo delle fruttificazioni si arresta alla prima quindicina di Ottobre; per lo più non va oltre alla pra decade. La somma di calore corrispon- dente a questo periodo è stato da me calcolata prendendo come base le osservazioni termometriche relative al quinquennio 1891-1895 e si sono ottenute le seguenti medie : 1891 "Maggio e LA Giugno . - , ; 679,50 dum << . .;-- 810,08 > en 80908 3617,87 23 Settetibro «.°. ——»; ‘718,50. Otto >. 818,09 n Nell’Orto Botanico di Palermo si coltivano diverse varietà di Phoenix dactylifera, e più propriamente le seguenti : cylindrocarpa, 00007 Pa KCYCAnPl, PMICERETRO, TRAI pa sylvestris. Fra le altre specie, dello stesso genere, che vi. i fioriscono e fruttificano, si notano Ph. reclinata, JacQ., Ph. syluestris, RoxB., Ph. canariensis, ANDR., Ph. humilis, RoyLE., Ph. rupicola, ANDERS., Ph. farinifera, RoxB., Ph. robusta, Hook + Wed > TERRACCIANO A., Le Palme coltivate nel R. Orto Botanivo di Palio: Di Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo. Vol, I. 1897. p. 163, 4T 1892 Maggio è ; é 285,66 Giugno i ; . 678,00 Luglio . ì Ù i 814,99 5 Agosto . e ; è 808, 48 3607,73 Settembre . i i 699,60 Ottobre. i t 4 321,00 1893 Maggio 300,08 Giugno 690,30 Luglio , x i 713,75 Agosto . ; i é 805,07 3604,64 Settembre 783,90 Ottobre. 331,54 1894 Maggio 293,26 Giugno 672,00 Luglio . i i 815,30 Agosto . 4 4 i 810,34 3717,51 Settembre . i i 783,60 Ottobre. 4 i s 343,01 1895 Maggio . i i 289,38 Giugno è : x 984,90 Luglio . . ca 817,16 Agosto . signi i 797,94 3665, 64 Settembre . i 5 Mo DI Ottobre 349,06 La media quindi generale relativa al quinquennio 1891-95 ri- sulta di 3642°,67 C. cifra che si accosta a E icraeo data dal Da SA | DOLLE per Palermo e che importa 36509, > . Considerando ora attentamente le medie dei singoli. anni, si nota che il termine medio di 3642° 64 può essere talora sorpas- Sato, come avvenne nel 1894, in cui si ebbe una somma di sui 48 di 3717 (1). In generale si può dire senza tema di errare, che in al- cune parti più calde dell’Isola la sudetta media della somma di calore necessario alla maturazione dei Datteri si mantenga alquanto più alta, da raggiungere o rasentare appena i 3800° fino ai 3900°. Ed in ciò la Sicilia sembra si trovi in condizioni più vantaggiose di molte località dell'Algeria, come Setif, Orano, Fort-National ecc. e della stessa città di Tunisi e anche di Madera, dove le medie di calore non raggiungono la somma indicata per la Sicilia. a tutto ciò possiamo trarre la conseguenza che se il clima della Sicilia non risponde interamente alle condizioni richieste per una normale maturazione delle più importanti varietà di Dattero, esso vi si accosta molto e mediante una razionale scelta delle va- rietà o di tipi noti per la loro singolare precocità, coltivate con cura e accuratamente propagate e conservate mediante riproduzione per mezzo di rampolli, si potrà ottenere il vantaggio di annoverare que- sta pianta fra quelle produttrici, di eccellenti frutta nel nostro clima (2). Se la coltura di tipi a maturazione precoce può essere il mezzo di diffondere la coltura del Dattero nelle parti meridionali dell’ I- talia, allo stesso risultato, son certo, si potrà giungere introducendo nella coltura razze di Dattero a maturazione tardiva e atte a sop- portare il clima invernale durante il periodo della maturazione, nel senso che l’inverno, ritardando o arrestando lo sviluppo dei frutti, permetta che la maturazione si completi al sopraggiungere dell’ e- state. In una parola, trattasi della coltura di tipi a maturazione ritardata e protratta fino al secondo anno dalla fioritura. (1) Alla somma più elevata di calore che si ha in alcune annate, verosimilmente è dovuto il fatto che in alcune località della Provenza qualche volta, come nota il MARTIN, citato dal De Canponue, i Dat- teri maturano, mentre altre volte la loro maturazione resta incom- pleta. Alla medesima causa dovrà ascriversi il fatto che al nord della catena dell’Atlante, nell’ Africa settentrionale, come rileva il DE CaxpoLLe, i Datteri maturano solo in alcune annata. (2) In Algeria ed in Tunisia si trovano diverse varietà di Dat- teri a maturazione assai precoce: sono conosciute con il nome arabo di Es-Sifia ossia Datteri d'Estate, e servono per il consumo locale, non prestandosi all'esportazione. Anzi una di queste varietà fu in- dicata come adatta al clima della Provenza: vedasi De Lannoy, Un Dattier propre è la Region Mediterraneenne. In Revwe Horticole, 1877. p. 32, 49 La possibilità di coltivare delle varietà dotate di tali attitu- dini é in pratica dimostrata dalla esistenza di alcuni esemplari in Palermo di Phoenix dactylifera, che ho avuto occasione di osser- vare nel corso della estate dell’anno passato. I frutti prodotti da essi in alcun modo non differiscono per colore, per dolcezza e per delicato gusto da quelli provenienti dall’Africa settentrionale. Essi sono forniti di semi; il che dimostra anche una perfetta maturità fisiologica. Il fenomeno di una maturazione tardiva potrebbe avere il si- gnificato di un fatto accidentale dovuto forse alla mitezza del clima ed esposizione bene adatta. In tal modo potremmo spiegarci certo tutti quei casi di maturazione di tanto in tanto segnalati dagli autori in varie parti del Bacino del Mediterraneo, e persino nel mezzogiorno della Francia (1); ma negli esemplari di Dattero da me osservati si tratta di un fenomeno del tutto normale che si ri- ‘ pete costantemente ogni anno nei medesimi individui. Bisognerebbe perciò curare la propagazione e la diffusione di questi; si avrebbe anche allora il vantaggio di una produzione di Datteri in epoca in cui questi frutti non sono ancora in commercio. n terzo caso che dimostra la possibilità di produrre datteri (1) È noto come ad Elche in Ispagna (lat. 39, 44) i Datteri ma- turino completamente, si che ne esiste una piantagione di oltre 35.000 gioni più settentrionali, quà e là sono segnalati casi di maturazioni di Datteri con frutti a polpa commestibile. DE CaNDOLLE cita un antico viaggiatore che passando per Barcellona (Spagna) ne trovò di eccellenti maturati attorno a Luca città. In Provenza a Saint-Tropez, secondo MARTIN, i Datteri sovente maturano, richiedendo però un periodo di 14 a 15 mesi Lù fioritura. A Cannes, secondo ROBERT-. frese niao, esiste un albero che ogni anno ne produce di as- - sai grossi, e ben maturi, quantunque di sapore inferiore a quelli d’Africa : sono per solito senza nocciolo. Il MaRrtINS asserisce che alle Baleari pure maturano, ma Mares e VIGINEIX, nella loro Flora i di tali Isole (p. 284) dichiarano che colà i Datteri « ne murissent. | pas completement leurs fruits ». Fu parimenti segnalata per l'Isola di Cefalonia, e DE Ca NDOLLE ne riporta la notizia, una Palma ma- turante completamente i Datteri, ma HELDREICA, nella Flora di tale. Tsola (p. 67), dice esplicitamente per questa specie : « rarius na i ructus non maturans ». Da ciò devesi ritenere che ioni matura | zioni sono irregolari < e ‘sovente non iaicgena 50 perfettamente e normalmente maturi sotto il nostro clima, ed anche in altri luoghi del Mediterraneo, dotati in una temperatura molto più mite della nostra, ci è dato da alcune forme possibilmente i- bride che formano oggetto di coltura qua e là nei giardini. Veramente straordinaria è la facilità colla quale la Palma del — Dattero può dar luogo a ibridi mediante inerociamento con altre specie dello stesso genere. Non poche forme di tale origine sono state spesso descritte dagli orticoltori. La ibridazione ha luogo di solito spontaneamente nei giardini ove spesso trovansi in coltura associate parecchie specie : basta all’uopo che la fioritura si effet- tui allo spesso tempo. Così frequenti sono gli ibridi fra la Phoe- nix dactylifera e la Ph. canariensis ed anche quelli colla P. sy2- vestris e colla Ph. reclinata (1). Poichè le specie del genere Phoenix sono tutte dioiche, così accade che gli ibridi provengono dalle varie combinazioni che pos- sono effettuarsi fra gli individui dell’uno e dell’altro sesso. Si hanno p. e. ibridi derivati dalla fecondazione di individui femminili di Ph. dactylifera da parte di individui maschili di altre specie; oppure viceversa. Ma possono anche avverarsi e combinazioni complicate a segno da prendere origine degli ibridi di tre specie distinte dal tipo P. dactylifera, P. canariensis, P. reclinata. AI) Già avemmo occasione di segnalare la esistenza in Palermo di un ibrido autentico fra Phoenix dactylifera e Ph. canariensis, ot- tenuto dal Sig. E. KUNTZMANN nella Villa WarrakeRr. Vedasi Borzi A., Diagnosi di specie ven o critiche. In Bollettino del R. Orto Bota- nico di Palermo. Vol. I. 1897. p. 49.—Sulla facilità poi con cui avven- gono ibridazioni -_. nelle specie del gen. Phoenix, coltivate nei giardini, vedansi: RicasoLI V., Coltivazione all’aria aperta di piante tropicali e subtropicali. In Bolletti no della R. Società Toscana di Or- ticoltura. Anno XV. 1890. p. 16.—AnpRÈ Ep., Les Palmies hybrides en Provence. In Revue Horticole. 1892. p. 562.—NaupIn CH, Quelques observations sur la fecondation des Palmiers du genre Phoenix. In Revue generale de Botanique V. 1893. p. 97.—RostER G., Una visita ai piace della Riviera da San Remo a Cannes. In Bollettino della Società Toscana di Orticoltura. Anno XXVIII. 1903. p. 6.—CHa- Baub B., Les jardins de la Cote-d’Azur. Toulon 1919. p. 45.—Ricor- dasi anche che verso gli anni 1879 e 1880 le case orticole HAAGE et ScH- mipr di Erfurt e GoperRoy LeBEUF di Parigi, posero in vendita nu- merose piantine di Phoenix, ottenute mediante impollinazioni arti- ficiali. Forse da queste derivano parecchi degli ibridi attualmente segnalati nelle colture. 51 Tutto ciò dimostra la grande facilità, alla quale ho accennato, di prodotti ibridi in questo genere di piante. I nomi di Phoenix hybrida (1), Ph. Mariposae (2), Ph. Simoni (3), e altri ancora che per brevità si tacciono, rispondono a tali prodotti. Importante è la considerazione degli ibridi, specialmente di quelli prodotti mediante incrociamento con specie proprie di climi piuttosto temperati, quali p. e. la Phoenix canariensis e la Ph reclinata, poichè tali forme ci offrono la positiva certezza di otte- nere dei tipi adatti alla produzione di frutti in climi molto temperati, come la esperienza dimostra. Interessa a questo proposito osservare che dopo la Ph. da- ctylifera, la prima a essere introdotta nei nostri giardini e in tutti quelli del mezzogiorno d’Europa è stata la Ph. Canariensis ; ciò segui in un’epoca relativamente molto vicina, cioè precisamente verso il 1868 Secondo il RosTER, i primi semi, provenienti da uno stabili- mento orticolo di Gand, furono messi in coltura dal Sig. VIGIER nella sua villa presso Nizza, mentre secondo il CHABAUD i semi stessi vennero posti in commercio dal Sig. SCHENKEL nell’anno 1871 (4). Da quel tempo in poi la Ph. Canariensis si diffuse rapida- mente nei giardini di tutto il mezzogiorno d’Europa, ovunque molto apprezzata per il rapido suo sviluppo, per la eleganza del porta- ‘mento, da rivaleggiare colla stessa P. dactylifera, e sopratutto per la grande resistenza e adattabilità a climi piuttosto freddi, di lo- calità distanti dal mare. Essa è divenuta nel corso di pochi anni la Palma più comune nella coltura ornamentale, favorita in ciò anche dalla facilità di propagarsi per mezzo di semi, prodotti in grandissima copia. _— (1) AnpRé Ep., Sur une Palmier hybride. In Revue Horticole, i (2) SAUVAIGO Em., Les cultures sur le littoral de la Mediterranée. Paris 1874. i 8) TraBuT L., Arboriculture et cultures ornementales è en Algerie. In Revue Hortie nel de l’Algerie. Tom. IV. 1900. p. i (4) Secondo una nota nella Revue Horticole, 1882 Ù 21, i primi semi di Phoenix canariensis furono posti in vendita dallo stabili- mento VerscHAFFELT di Gand, con il nome di Ph. fenuis. Il San- VAIGO poi porta al 1864 l’epoca in cui es specie fu introdotta nella villa VicieR presso Nizza. 52 E’ inoltre da osservare che la P. Canariensis fiorisce alla stessa epoca della Palma del Dattero; sicchè crescendo essa sovente as- sociata a quest’ultima specie allo stesso scopo decorativo, per la grande facilità colla quale può effettuarsi la reciproca fecondazione fra individui delle dette due specie, ne sono sorte non poche forme indubbiamente ibride, atte anche a conservarsi e propagarsi sia sotto l’ influenza di nuovi incrociamenti, sia per effetto della mol- tiplicazione per mezzo di quei rampolli che spuntano ordinariamente alla base dello stipite. La spontanea ibridazione è sommamente a- gevolata dalla copiosissima produzione di fiori specialmente di pol- line, che il vento disperde in grandi nembi polverosi. Essa diviene sovente la regola quando dentro lo stesso recinto esistono individui di P. dactylifera di un sesso, distinti da individui di P. Cana- riensis dell’altro sesso. L'atto fecondativo diviene completo; i semi abboniscono rego- larmente e sono atti a germogliare, appena posti in condizioni fa- vorevoli. Il fatto che almeno nelle parti più calde del Bacino del editerraneo, ordinariamente una pianta di P. Canariensis nel corso di circa 8.a 10 anni diviene atta a fiorire, permette di se- guire fino a completo sviluppo i nuovi individui ibridi e di rile- vare anzitutto che essi rimangono sterili se non vengono impol- linati. In tal caso i frutti sviluppano soltanto la polpa e il seme vi resta allo stato rudimentale. Però la impollinazione può regolarmente avvenire e specialmente quando nessun ostacolo vi si oppone e gli di essa sono in tutti i casi positivi, sia che i fiori femminei vengano fecondati col polline di uno dei genitori, sia che essa abbia luogo per mezzo del polline di distinti individui maschili della me- desima forma ibrida. Ripetendosi questo processo per varie generazioni, è facile com- prendere quale immensa confusione di caratteri ne deriva dando luogo a indefinibili stadi di transazioni da una specie all’altra; a ciò si aggiunge ancora la tendenza spiccata in tutte le gradazioni che le forme ibride mostrano di ritornare ai caratteri dei proge- nitori. Molti anni di osservazione sopra un immenso materiale di forme coltivate nei giardini di Palermo e di altre parti del Mediterraneo mi confermano vieppiù nel concetto che solamente i vecchi esem- plari di PA. dactylifera, provenienti da colture anteriori alla in- troduzione del P. Canariensis, offrono caratteri di purezza, a meno che non si tratti di forme che per speciali condizioni locali avranno 53 potuto mantenersi lontane da qualunque influenza di soggetti di P. Canariensis. d accrescere questo stato di confusione va rilevato che anche altre specie di Phoenix sono suscettive di dar luogo ad ibridi per incrociamento colla Palma dattilifera o colla stessa P. Camariensis. Cito fra queste specialmente la PA. reclinata, JAcQ. e la Ph. syl- vestris, RoxB., ambedue però non così frequentemente diffuse nella Sao ornamentale come la Palma dattilifera e quella delle Ca- ‘Gli ibridi di vario grado della prima specie colla P. cana- riensis o colla P. dactylifera dovranno probabilmente corrispon- dere ai nomi di P. senegalensis, P. leonensis, ed altri molto dif- fusi nel commercio orticolo. Un ibrido sicuro della P. reclinata colla Ph. Canariensis, è stato da me osservato nel villino del Sig. A. GIAMBALVO, presso l'Orto Botanico. Esso è stato prodotto artificialmente dal giardiniere MARIANO MINNECI, circa 15 anni fa, spargendo il polline di P. re- clinata sopra un esemplare femmineo di P. Canariensis. Attual- mente l’ibrido prodotto fiorisce ogni anno e produce fiori femminei che il detto Sig. MinNnECcI suole regolarmente fecondare mediante il polline dello stesso esemplare mascolino di P. reclinata. Il risul- tato dell’impollinazione è soltanto parzialmente positivo. Alcuni frutti nel medesimo spadice rimangono sterili; altri contengono semi atti a germogliare. In ambo i casi si sviluppa una polpa , per quanto scarsa, ma sempre dolce e commestibile. I frutti sono un pò più grossi di quelli della P. canariensis e dello stesso colore. Anche nel portamento la pianta non differisce da questa, salvo che i picciuoli non sono così robusti, e rilevati in basso nè forniti lateralmente di dense e valide lacinie spiniformi come in quest’ ultima specie, ma piuttosto si accostano a quelli della PA. reclinata. Data la spiccatissima tendenza alla formazione d’ibridi fra le varie specie del genere Phoenix e le straordinarie complicazioni nei caratteri degli individui che ne derivano, riesce molto difficile il risalire alla origine di molte forme coltivate e chiarire il signi-. ficato di tanti nomi diftusi nel commercio orticolo, Il criterio della sterilità non è sempre sicuro per spiegare l’origine, poichè un i- | brido riesce ad essere accidentalmente fecondato anche col polline di uno dei suoi progenitori o con quello di un’individuo della stessa razza, ed è in grado di abbonire. La mancanza di un atto fecon- dativo sembra non abbia molta influenza sulla produzione della polpa, almeno nelle forme ibride, poiché nei i paesi dove. la coltura del dA Dattero è abituale, la impollinazione è riconosciuta indispensabile e costituisce, come sappiamo, quella pratica che somiglia alla ca- prificazione del Fico domestico (1 Per queste considerazioni, io non oso tentare di spiegare l’o- rigine di tante forme indubbiamente ibride e indicarne il valore sistematico; ma soffermandomi a rilevare il valore della polpa e (1) Varie sono le opinioni degli autori intorno alla necessità che avvenga la impollinazione, e quindi un atto fecondativo, perché la polpa dei frutti prenda uno sviluppo normale. La pratica della ca- prificazione su citata, eseguita con molta cura dagli Arabi nel Dat- tero comune, proverebbe tale necessità, come dinanzi ho detto. Però mi nasce qualche dubbio sulla interpretazione di tale processo, per quanto secolare, nei rapporti colla produzione di una polpa abbon- dante. In Sicilia ho sempre notato che mancando la impollinazione, per assenza di piante maschili, nulla si oppone alla formazione di frutti ben polposi; essi naturalmente sono privi di semi, e per questo caragtere appariscono un pò più piccoli di quelli che riescono a es- sere impollinati. Restando inalterato lo spessore dell’inviluppo pol- poso, i frutti fecondi e contenenti semi, presentano un volume mag- giore di quelli che sono rimasti sterili, poichè al volume della polpa si aggiunge quello del seme stesso. Di ciò possiamo benissimo assi- cui trovansi gli organi sessuali nel fiore. Il fatto di frutta carnose senza noccioli segnalato nelle Arance, Nespole, nell’Uva ecc. é a que- sto proposito molto istruttivo ed è stato dagli autori diversamente interpretato, e ritengo del tutto inopportuno lo insistervi. Vedasi a questo proposito : ROBERTSON PROScHOWSKY A., A propos des Dattes sans noyaux et de l’utilità, de la fecondation artificielle du Dattier. In Journal d’ Agriculture Tropicale. N. 94. 1909. p. 126. Rivibre CH., Les Dattes sans noyaux. Idem. N. 98. 1909. p. 228.—RoBeERTSON Pro: scHOWsHY A., Encore les Dattes sans noyaux. Idem, N. 100. 1909. p. 318. Questi autori concordano nel ritenere non necessaria la fe- condazione per ottenere un discreto sviluppo della polpa del frutto. nei Datteri, ma non del nocciolo, nd 55 del suo sviluppo anche in quelle stesse provenienti specialmente dal concorso della Palma dattilifera, con altre specie, credo conve- niente segnalare il vantaggio che potrebbe trarsi in frutticoltura dalla creazione di ibridi in tal sorta con soggetti opportunamente scelti fra le specie più resistenti al clima mite del-nostro paese e della regione mediterranea. A tale scopo soddisfano in modo particolare la P. Canariensis e la P. reclinata. Quest'ultima, quantunque propria dell’Africa equatoriale, è dotata di una grande elasticità come dice il BECCARI, « nello adattarsi a varii climi e a differenti nature di suolo » e può quindi benissimo sopportare i nostri climi, dove essa in fatto cresce rigogliosa e fruttifica abbondantemente. Di siffatte forme spontaneamente sorte nei nostri giardini, due me- ritano particolare menzione come rispondenti allo scopo di una col- tura razionale del Dattero come pianta da frutta, e sono la così detta Phoenix melanocarpa e la Phoenir microcarpa. ella Phoenix melanocarpa e della sua importanza come specie atta a produrre frutta commestibili sotto il clima mite della regione mediterranea si ha notizia fin dal 1893 in una comunicazione fatta dal Signor Léon Dru alla Società Nazionale d’Agricoltura della Francia. La scoperta è dovuta al D.r SAuvaIGO che segnalava la presenza di questo tipo nella Villa HENRY DE CESSOLE, a Nizza (1). I primi frutti furono inviati al NAUDIN, Direttore della villa TAURET ad Antibes, e, presentati alla Società di Agricoltura di Nizza, de- stavano un grande interesse per la squisitezza del gusto e come prova della possibilità di coltivare sotto un clima abbastanza tem- perato una sorta di Dattero a frutti commestibili. Dallo stesso NAUDIN ne furono distribuiti largamente i semi in Francia, in Al- geria, in America, ovunque parve a lui fossero le condizioni di clima favorevoli alla coltura della pianta. Anche a Palermo ne sono pervenuti e oggi si conoscono non pochi esemplari di questo bel- lissimo tipo di Dattero in alcuni giardini della Città. Il Marchese A. DE GREGORIO pure allevò un individuo, da seme originale, ma questo risultò maschile (2). (1) SauvarGo Em., Le Phoenix melanocarpa de la Villa Renty de Cessole. Orleans 1896. (2) De GrEGORIO A., Sulla Phoenix melanocarpa. In Nuovi » nali di Agricoltura Siciliana. Vol XIX. 1908. p. 112. L’autore nota la precocità di fioritura, ma nulla dice se le antere contenevano pol- line : giova ricordare che gli esemplari maschili ottenuti in Algeria di Phoenix Simoni (ibrido tra Ph. reclinata e Ph, canariensis ) hanno Presentato costantemente le antere sterili, 56 Io stesso ho avuto occasione di osservarne un individuo della età di 13 a 15 anni in una villa a Bagheria, nei dintorni di Pa- lermo. Esso era già in piena fruttificazione verso la fine del mese di Luglio; gli abbondanti e voluminosi grappoli facevano bella mostra di sè coi loro frutti copiosi, di una tinta dalle gradazioni dal rosso al rosso-vinoso, al nero, secondo lo stato di maturazione. Sulla stessa pianta, e alquanto in alto, scorgevansi i grappoli delle _ fruttificazioni ancora immature dell’annata stessa. Sicchè risulta evidente che la Ph. melanocarpa rappresenta un tipo di Dattero a maturazione biennale, cioè, i frutti divengono maturi l’anno dopo la fioritura, particolarmente nella estate dell’anno seguente. La tinta nera della buccia è caratteristico dello stato di perfetta maturità. Questa comincia a manifestarsi a chiazze sul fondo rosso-vinoso della superficie del frutto non ancora perfettamente maturo. Le chiazze a poco a poco s’ingrandiscono e quindi tutta la superficie prende una tinta nera. Raccogliendo i frutti al primo apparire delle dette chiazze, nel corso di una giornata o poco più essi maturano. Questa pratica è in tutti i casi da consigliarsi, sia perchè in tal guisa si può convenientemente provvedere alla conservazione ed anche spedizione, sia alla difesa contro insetti specialmente le vespe che avidi del dolciume della polpa deturpano i frutti stessi. I frutti della P. melanocarpa a completa maturità presentano una forma ovale ellittica e misurano una lunghezza di mm. 40-42 sopra una larghezza di mm. 23-25. ell’esemplare da me esaminato essi non mostravano traccia di semi o tutto al più questi erano ridotti ad un esile rudimento. Ciò devesi attribuire all’assenza di altri individui maschili tanto della stessa varietà, quanto di altre specie di Phoenix L’esemplare, nonostante che fosse relativamente sind. ap- pariva molto vigoroso e di dimensioni che difficilmente sotto il clima di Palermo raggiunge la Palma del Dattero comune alla stessa età. Lo stipite misurava un’altezza di metri tre sino alla base della chioma con un diametro di 70 cm. vale a dire esso possedeva quasi la medesima robustezza caratteristica della Ph. canariensis ; Vin- sieme però prendeva l’aspetto del fusto dalla P. dactylifera Rs le basi dei picciuoli non così sporgenti come nella precedente specie. Nelle foglie notavasi ancora una grande somiglianza colla P. dac- tylifera, salvo una maggiore lunghezza e morbidezza nelle lacinie e una lievissima scompostezza senza alcuna tendenza nella fronda intiera a divenire reclinata. Notevole è la presenza di brevi lacinie spiniformi, rigide, molto ravvicinate verso la ‘base del picciuolo, così come presso a poco si osserva nel Dattero delle Canarie, 57 Ritengo assai difficile qualunque giudizio sulla origine e sul valore sistematico di questo tipo di Phoenix. Trattasi di una razza ibrida, oppure di un tipo affatto auto- nomo proveniente da qualche mutazione del comune Dattero ? Nulla prova la sua origine ibrida, poichè il criterio della ste- rilità degli ibridi presso il genere Phoenix è come vedemmo molto fallace : basta che un preteso ibrido o un ibrido certo proveniente da inerociamento artificiale fra due specie, venga fecondato perchè produca dei frutti provvisti di semi. In tali condizioni erano ap- punto i frutti dell'esemplare di Phoenix melanocarpa di cui i semi furono distribuiti dal NAUDIN, appena avvenuta la scoperta di questo tipo nei giardini di Nizza. Secondo lo stesso NAUDIN, è possibile che esso provenga da ibridazione e il chiaro Autore suppone che i progenitori sieno il comune Dattero e la P. reclinata (Ph. sene- galensis}, oppure, meglio, anzicchè quest’ultima specie, la Ph. Ca- nariensis, e come titolo di parentela egli riferisce alcuni caratteri, che invero a me non sembrano abbastanza costanti e sicuri. Il co- lorito rosso corallo dei frutti, che diventa rosso-vinoso più tardi e in ultimo nero, non è punto un carattere distintivo delle fruttifi- cazioni della Ph. reclinata (P. senegalensis), come afferma il SAU- vAIGO, nè tanto meno quello della maturazione biennale. Ciò può dipendere da ragioni di clima, poichè in Sicilia detta specie ma- tura i frutti, regolarmente dentro lo stesso anno della fioritura. Siechè anche questo probabile punto di contatto tra la Ph. mela- nocarpa e la Ph. reclinata non ha alcun fondamento. Quanto alla possibilità che la detta forma rappresenti una qua- lunque distinta variazione delle Ph. dactylifera o meglio una mu- tazione, nel senso del De VrIES, dovuta a condizioni di clima o di coltura fuori della caratteristi zona di diffusione del Dattero, non sarei del tutto. alieno ad ammetterla. Notevole è il fatto che dopo la introduzione fatta di questa forma nei giardini del Mez- zogiorno d'Europa per mezzo di semi, essa si è conservata e mostra di conservarsi collo stesso processo propagativo. Ho motivo di ri- tenere che gli individui di P. melanocarpa esistenti nelle ville di Palermo provengano da semi inviati dalla Riviera negli anni suc- | cessivi alla scoperta della detta forma; da noi essa è propagata. nello stesso modo. La produzione di polloni alla base dello stipite non sembra un fenomeno molto frequente nella P. melarnocarpa. Anche se rari, i detti rampolli dovrebbero essere conservati per servirsene come mezzo di propagazione. Con ciò si avrebbe il vantaggio di potere assicurare la conservazione del: tipo ed anche di migliorarne le qua- 58 lità, come si pratica nella coltivazione della Palma del Dattero co- mune. Se rara è la produzione dei detti polloni, a me sembra pos- sibile e renderla più frequente mediante il capitozzamento del fusto coll’asportazione della chioma. Occorrono allora delle particolari cure per assicurare la emissione di nuovi polloni col circondare di terra la base dello stipite e inaffiando frequentemente la pianta. Con questo processo anche nel Dattero comune si provoca e si affretta la formazione di polloni a vantaggio della propagazione agamica deMa pianta. Il tipo di Dattero a frutti commestibili, che viene ora da me indicato col nome provvisorio di P. microcarpa, mi è stato segna- lato dal Prof. Bonanno - Zuccaro. Esso ci richiama piuttosto alla P. Canariensis, a frutti più grossi più dell’ordinario, fino a 30 mm. di lunghezza, dello stesso colorito e del medesimo gusto dei Datteri e maturanti come questi verso la fine dell’autunno della stessa annata della fioritura. Una leggera rassomiglianza colla Ph. dactylifera è data dallo stipite, lanciato, ma privo di polloni alla sua base, come accade nella tipica Ph. Canariensis. ques forma si conoscono due soli individui femminei coltivati, nella villa di detto Prof. a Cefalù, del tutto isolati, sicchè essi rimangono ste- rili per mancata fecondazione. È da deplorarsi che per la mancanza di semi e per assenza di polloni alla base dello stipite non esista alcun mezzo di propa- gare e diffondere questa interessante forma, la quale quantunque presenti frutti piuttosto piccoli, sarebbe certamente bene accetta nel commercio. In conclusione, la coltura della Palma del Dattero in Sicilia e più particolarmente nelle regioni più meridionali dell’Isola per lo scopo della produzione di frutti maturi, commestibili atti al con- sumo offre la possibilità di favorevole successo, qualora fosse su- bordinata a particolari condizioni nella scelta di varietà idonee a superare, durante il periodo che decorre alla fioritura alla matura- zione, le difficoltà relativamente non molto notevoli del clima. Tale scopo, potrebbe benissimo essere raggiunto: » 1° Colla introduzione e coltura di razze a maturazione precoce. Queste esigendo una somma di calore inferiore a quella richiesta dalla maturazione delle varietà più comuni, presentano le più sicure ga- renzie di adattamento. Infatti essendo la somma di calore necessaria alla maturazione delle varietà comuni calcolata a un minimum di 5100° C. e non superando quella utile per la maturazione di alcune varietà precoci la cifra di 4080°, non sarà difficile il coltivare con 59 pieno successo alcuna di queste sotto il clima della Sicilia dove, come abbiamo già detto, la somma della temperatura, corrispon- denti al medesimo periodo, importano una cifra che oscilla fra e 3800° Si può anche raggiungere lo stesso effetto coltivando delle va- rietà molto tardive e nel tempo stesso atte a superare le basse tem- perature del nostro clima invernale conservando intatti durante quel periodo i frutti attaccati ai relativi spadici per completarne la maturazione alla fine della primavera o durante la estate dell’anno seguente. Con ciò si otterrebbe il lrn di potere diffondere nel mercato dei Datteri maturi in un’epoca in cui ancora mancano quelli di provenienza dall'Africa settentrionale (1). . 2° Diffondendo la coltura del tipo conosciuto col nome di Phoenix melanocarpa, NAUDIN, procurandone la propagazione per mezzo di polloni, ottenuti in quantità con tutti quei mezzi di cui la pratica orticola dispone, evitando con ogni cura la propagazione per mezzo di semi. Con ciò si avrebbero piante atte a produr frutta in poco tempo rimanendo costante il tipo nei suoi caratteri origi- nali, così come si pratica nelle coltivazioni del Dattero comune al fine di evitare lo svaligiamento della razza e affrettare la produ- zione dei frutti in quelle varietà riconosciute molto pregevoli ai fini del consumo e del commercio. Il dubbio che a causa del colore nero dei frutti questo tipo non potrebbe interamente riscuotere le simpatie dei consumatori, non credo abbia molto valore. Ritengo che sarà agevole vincere le possibili difficoltà provenienti da tale condizione, tanto più che la squisitezza della polpa dei frutti costituisce per sé stesso un carat- tere molto importante facilmente apprezzabile dai più. Oltre a ciò maturando i frutti sin dal principio della estate non è lieve il van- taggio. L’abitudine potrà del resto giovare meglio che altro alla - (1) Il numero delle varietà di Datteri coltivate nell’ Africa set- tentrionale è grandissimo, ma difficile a stabilirsi, venendo distinte con nomi diversi secondo le località. Cosson e JAMIN ne indicano 78 per la sola oasi di Ziban (Algeria), PARIS 35 per la nun del Fi- | guig (Algeria), e KEARNEY 49 per la Tunisia. Secondo KRAUSE se ne | hanno 34 a Tripoli, secondo Rrcmarpson 40 a Ghadames , secondo VoceL 87 a Mourzouk e secondo RonLrs 30 a Sokna. Secondo lo stesso RonLFS poi il numero delle varietà di Datteri coltivate nel Fezzan salirebbe alla cifra enorme di ben trecento! Cosi il Fezzan risulterebbe la vera patria del Dattero. a ps 60 diffusione di questa nuova qualità di datteri, così come l'esempio di altre sorta di frutti di recente introduzione ce lo prova. Non occorre aggiungere che la facile adattabilità di questo tipo di Palma al clima più mite di altre parti del Mediterraneo ac- cresce vieppiù la convenienza di assicurarne la diffusione, così come è stato rilevato da molti autori. 3° Procurando, per mezzo di ibridazioni, seguite da opportune razionali pratiche di selezione e di coltura, di ottenere delle razze o varietà suscettive di piena adattabilità al nostro c Dati i progressi che va tutto di compiendo l’arte dello alleva- mento delle piante, non manca certamente a noi il mezzo di rag- giungere tale scopo. Lo straordinario potere di variazione che pos- siede per sè stessa la pianta del Dattero, per cui, come sappiamo, allo stato attuale si contano a centinaja le varietà coltivate, e la facilità colla quale si effettuano delle ibridazioni in tutte le specie del genere Phoenix, si hanno elementi preziosissimi da cui potrà trarre profitto il frutticultore illuminato. Importante soggetto per la creazione d’ibridi allo scopo espresso sarà certamente sempre la Ph. Canariensis, specie che come si disse, si estende al di la della zona calda e secca, propria alla P. dactylifera raggiungendo lati- tudini, dove il clima invernale può talora segnare delle tempera- ture più basse di 10° C. La- scelta di una buona varietà del Dat- tero comune al fine di costituire dei soggetti ibridi profittando dei vantaggi che offre la P. Canariensis, agevolerà il compito del frut- ticoltore, quando egli impiegherà cure razionali e vigorose atte a difendere le nuove generazioni contro le cause di tralignamento, a conservarle e a migliorarle, mediante i lumi della selezione. Considerando che il Dattero delle Canarie diviene idoneo alla ropagazione in pochi anni, spesso in 8 o 10, almeno sotto il clima della Sicilia, la soluzione del problema non esige che una vigile e paziente aspettazione non molta lunga, forse più breve di quella di cui ci porge esempio. la storia di molte comuni varietà di i A. Borzi. TESSERE Alcune note su varii cecidii. I. — Cecidii non ancora indicati dalla Sicilia. l. Acer campestre, L. — Sulle nervature della facce superiore delle foglie sollevamenti da 2 a 4 mm. di diametro, sferici, isolati o riuniti in gruppetti specialmente alla base del picciolo là dove comincia l'espansione fogliare; la loro superficie è ora gla- bra e di color verde o rosso, ora rivestita da peli più o meno serrati brunastri. Ostiolo ipofillo circondato da peli biancastri. Comune al Bosco Dragonara sulle Madonie in agosto. —E- riophyes macrochelus, NAL. (Acaro eriophyidae). 2. Acer campestre, L. — Sulla faccia superiore delle foglie, piccolissimi sollevamenti di appena 1 mm. di diametro, gla- bri, verdi in principio, rossi più tardi. Ostiolo ipofillo ostrui- to da fitti peli bianchi. Ordinariamente si ritrovano numerosi sulla pagina superiore, ben di rado anche sulla pagina inferiore. Comune al Bosco Dragonara sulle Madonie in agosto. —E- riophyes tele sdea. Nar. (Acaro erio- phyidae). 3. Acer campestre, L. — Lembo fogliare normale, senza trac- 62 cia di deformazione, portante sul dorso macchie di peli bre- vissimi in forma di fungo, lucidi, bianchi in principio, rossi 0 bruni più tardi; raramente situati alle ascelle delle foglie. Frequente. al Bosco Dragonara sulle Madonie in agosto. — ? Eriophyes macrochelus var. erinea, TROTT. (Acaro eriophyidae). (SI . Acer campestre, L. — Sul lembo inferiore in nessun modo deformato, alle ascelle delle nervature principali, piccoli am- massi ferruginei di peli lunghi, revoluti, di ugual diametro nel loro percorso. Raro al Bosco Dragonara sulle Madonie in agosto.—? Phyllocoptes acericola, NaL. (Acaro eriophyidae). 5. Acer pseudoplatanus, L.—Sullembo fogliare galla in forma . di pustula comparente su l’una e l’altra pagina, decolorata, rotonda da 4 a 7 mm. di diametro, con camera larvala centrale. | Una galla simile è già nota dalle foglie dell’ Acer campestre. Rara al Bosco Dragonara sulle Madonie in agosto. — C'e- cidomyinae(Dittero cecidomidae). 6. Acer pseudoplatanus, L.—Alla faccia superiore delle foglie, piccoli sollevamenti corniculati da 2 a 3 mm. di altezza e 2 di diametro trasversale; ostiolo ipofillo riccamente ostruito di pe- li bianchi, cinerini o ferruginei secondo l’età del cecidio. Fre- quente al Bosco Dragonara sulle Madonie in agosto.—E- riophyes macrorrhynchus, Na. (Acaro erio- . phyidae 7.Acer pseudoplatanus, L.—Ammassi di peli brevissimi, ad e- stremità clavata in forma di fungo sul dorso della foglia, si- tuati in una depressione anche alle ascelle delle nervature a cui corrisponde, alla parte opposta, una elevazione ben mar- SS circoscritta, nuda e decolorata. Poco frequente al Bosco. Dragonara sulle Madonie in agosto. — Eriophyidae (Acaro eriophyidae). Osservazione : Questa deformazione dal TROTTER, è stata riportata. come una varietà dell’ Erioph. macrochelus che chiamò var. rinea, 8. Acer pseundoplatanus, L. — Sul dorso delle foglie, che non presenta nessuna deformazione ma solo un leggiero imbruni- 63 mento trasparente sulla pagina superiore, ammassi laminari di peli anormali, brevissimi , vellutati , in forma di fungo, da principio verdi, più tardi rossi, a completa maturità bruni. Comune al Bosco Dragonara sulle Madonie în agosto. — ?Eriophyes macrochelus var. erinea i TROTT: 9. Fagus silvatica, L. — Sul dorso della foglia, ammassi di peli corti, formanti delle macchie laminari più o meno estese, bianche in principio, brune più tardi. Comune al Bosco Dra- gonara sulle Madonie in agosto. — Eriophyes nervi- sequus var. naculifer, TroTT. (Acaro eriophyidae). 10. Fagussilvatica, L. — Sulla pagina superiore, peli corti, SA; clavati, disposti lungo le nervature. Raro al Bosco Dra- gonara sulle Madonie în agosto. -Eriophyes nervise- quus CAN. (Acaro eriophyidae), 11. Fagus silvatica, L. — Piccolo cecidio in vicinanza della nervatura mediana, comparente su l’una e l’altra pagina fo- gliare, sulla superiore come cespuglietti di lunghi peli, setacei, raggianti, ferruginosi, inseriti sopra una piccola galla unilo- culare, comparente sul dorso della foglia in un piccolissimo disco di appena 1 mm. di diametro, perfettamente glabra e di color gialliccio. Raro al Bosco Dragonara sulle Madonie in agosto. -O Ligotrophus sp. (Dittero cecidomyidae). Osservazione : Questo cecidio potrebbe essere uguale a quello dello stesso substrato indicato dall'Asia, ma è almeno di metà più piccolo. } 12. Lactuca saligna, L.—Marcata ipertrofia del fusto, ovoidale o fusiforme, spesso avente una lunghezza di 3 a 9 Cent. e i un diametro da 5 mm. a 2 ‘|, Cent. — Timaspis phoenixopodos, Myr. (Imenottero cynipidae). i Osservazione: Noto questa galla perchè conosciuta solamente dalla actuca viminea, L. e ritenuta rara; io invece 1’ ho trovata frequente in contrada Favare sul versante orientale delle Mado- nie in agosto. 13. Populus nigra, L. — Margini fogliari involuti, più o meno — ipertrofizzati e ripiegati sulla pagina superiore, sulla quale di- versi esemplari del cecidozoo si tengono accanto al rotolamento succhiando nel parenchima fogliare. Comune in està lungo i 64 bordi del torrente Bracco allo Zucco. -- Rhinocoia spe- ciosa, FLOR. (Emittero psyllidae). 14. Populus nigra, L. — Noto ora su questo substrato un’al- terazione del cecidio di Penphigus spirothecae, il quale anzic- chè trovarsi sul picciolo della foglia dove il suo arrotolamento a spirale è così bene evidente, si trova collocato dentro il lembo sulla nervatura mediana e potrebbe credersi una defor- mazione del cecidio di Penphigus marsupialis, ma |’ esame degli insetti e la forma speciale del cecidio mi hanno dimo- strato trattarsi di una aberrazione del WERSE di Penph. spiro- hecae. Q taformainisiti indica benela sp pirale or- dinaria che non potè raggiungere, forse perchè non in sede e la fo- glia non ha subito nessuna torsione, ma l’ipertrofia si è sol- levata in due lobi semisferici sul dorso della foglia e senza comunicazione sulla parte opposta. In settembre un solo e- semplare sui pioppi, lungo un torrentello di contrada Sali- nella presso S. Ninfa (Trapani). 15. Rosa canina, L. — Galla sferica, del diametro da 5 a 20 mm. Diversi esemplari spesso riuniti insieme in varia foggia, ordinariamente ricoperti di sparsi aculei più o meno lunghi, spesso anche perfettamente glabri, mai pelosi o capelluti, di color rossastro, portante all’interno una o più camere larvali. Frequente sulle Madonie in agosto e settembre, specialmente sui rachitici cespuglietti in contrada Santotiero.—Rhodites ayri, Sci. (Imenottero cynipidae). Osservazione: Dalle galle di questa RAodites ho ottenuto i se- guenti insetti: Torymus aa 5 10°, 29—60. » is 17—100, » regius 2,14—10°, Pteromalus Rudowi, D. T. 26—9, 29—6°, 8— 3°. Tetrastichus atratulus 8—3°, 29 — 60, 2-10. Tetrastichus nigriceps n. sp. È (1) 290. Euritoma rosae 5—10°, 29—6°, 8—3°. (1) Corpo intieramente di color giallo , corsaletto mica bruno, capo nero. Corpo esilissimo. Hemiteles luteolator 15—5°, 29—6°. Hemiteles sp? 4—5° Sebbene avessi raccolto molti esemplari di questa galla, pure da essi non ho ottenuto che due femmine solamente del cecidozoo, invece ottenni numerosissimi i parassiti sopra nominati. 16. Salvia Sclarea, L. — Sul lembo fogliare, ciuffi di lunghis- simi peli bianchi, specialmente pronunciati sulla pagina su- periore, lanosi, fitti, ammassati in macchiette circolari, pluri- cellulari, sottili, inseriti sopra un piccolo corpo duro (ipertro- fia del lembo) nascosto dai peli e solo sensibile al tatto. Questa produzione non credo possa riferirsi a quella dell’ Erio- pyes Salviae, Nal. indicata da Salvia pratensis, e Sal. silve- stris, dubbiosamente dalla stessa Salvia Sclarea, da Salvia au- striaca, Sal. clandestina, Sal. nemorosa, Sal. Verbenaca, e dalla varietà praecow. In quanto riguarda la Salv. Verbe- naca la produzione anormale dei peli ne differisce grande- mente sia per la loro conformazione, essendo quì i peli molto brevi e testati e la foglia della Salvia Sclarea non presen- tando, per quanto possa essere ricca di peli ipertrofici e di macchie confluenti, estroflessione alcuna. Frequenti sui bordi del torrentello nell'ex feudo Aquila presso Gangi, in giugno. — Eriophyes sp.? (Acaro eriophyide). 17. Silenè inflata, Sm. — Internodii terminali raccorciati, fo- glie e infiorescenza ravvicinate in un ammasso morbido e de- formato. Comune sui monti di Renda in ottobre.—A phi s cucubali, Pas. (Hemiptero aphidide). 18. Tamarix africana, Poir. —- Piccola galla dell’infiorescenza, della grossezza di un piccolo grano di pisello, sferica, risul- tante -dall’ipertrofia e dalla saldatura delle tre logge dell’o- vario, glabra, di color cinereo, un po’ appuntita in alto e qui, per lo spesso, leggermente rosea. Trasformazione del cecido- zoo dentro la galla, il quale ne vien fuori verso i primi di giugno bucando la camera larvale su uno dei lati. Questo ce- cidozoo è animato da un movimento di scatto dentro la galla stessa in modo da farla saltare anche per la lunghezza di un | metro, È singolare il fatto, allorché in maggio, battendo un Y'ama- # 66 | 3 rix cadono nell’ombrello un buon numero di queste galle, allora si resta gaiamente impressionati del loro continuo saltellamento. Comune sui Tamarix lungo tutti i torrenti del territorio di Resuttano e di Gangi, in maggio e giugno. —Nano phies pallidus, OLIv. (Coleottero curculionidae). Osservazione : Da questa galla ho ottenuto il seguente parassita: Pteromalus picipes, Ns. 7—6°, 19. Tamarix africana, Poir.— Piccolo cecidio dell’infiorascenza in forma di carcioffo, scaglie allungate e addossate. Raro nello ex feudo lrosa presso Resuttano in maggio. --C ecidomi- dae? (Dittero cecidomidae). II, — Un cecidio inedito. SAI | | Fig. I. — Foglia di Cynara Cardunculus molto ridotta, portante in g. diversi cecidii del 7y/lenchus dipsaci 67 Cynara Cardunculus, L.—Su tutte le parti aeree della pianta, specialmente sulle foglie, ipertrofie molto sentite della grossezza media di un avellana, di consistenza spugnosa, di forma variabilissima, ricoperte abbondantemente di peli bianchi e comparenti da un lato e l’ altro delle foglie; più sviluppate sul lato dorsale; camera interna irregolare, divisa da vacuoli e da setti tra cui abitano numerosi esemplari di un piccolo verme. Fig. II.—Un tratto di una foglia di Cynara Cardunculus in ng lenchus. za naturale portante in g. diversi cecidii del 7'y Questa galla l’ho trovato Conviene da marzo a giugno in con- trada Corvo presso Gangi e lungo la mulattiera dell’ex feudo Casagiordano ed Albuchia. Le lacinie fogliari specialmente ne sono Soana fornite e la galla si produce sempre sulle nervature e sulle coste fogliari; quelle del lembo poi sono le più grosse e si rinvengono tanto su uno che l’altro lato di esso; sulle foglie sono più frequentemente collocate verso l’e- stremità delle lacinie e nel loro sviluppo complicano non solo il lembo ma anche gli aculei i quali, acquistando uno sviluppo anormale, vengono a rassomigliare alla testa di un uocelletto dal becco adunco. Voler descrivere tutte queste varie forme, che suole acquistare il cecidio, non è possibile, preferisco dare invece qualche figura che più verosimilmente dà l’idea di tali varie deformazioni. @ La sezione mediana di questa galla ci presenta una cavità di forma irregolare e circoscritta da pareti carnosette intermezzata, co- - me ho detto, da setti e pieghe, che formano dei vacuoli più o meno grandi, dove i vermi, per lo più numerosi, si tengono ammucchiati in piccoli gomitoli e dove sono sparse numerose uova. Fig. III. — Un aculeo ipertrofizzato di Cynara Cardunculus in gran- dezza naturale. L’elminto autore di queste deformazioni potrebbe essere lo stesso Tylenchus indicato dal TrÒomas (Ein neues Helmintho- cecidium der Blaetter von Cirsium und Carduus, in Weimar Mitt. bot. Ver. 1896) e dal KteFFER (Synopsis des Zoocecidies d'Europe. in Ann. Soc. Ent. 1901); ma nè 1’ uno nè l’ altro autore indicano la specie; il cecidio da loro descritto poi, men- tre nel suo sviluppo non acquistando due o tre volte lo spes- sore della foglia differisce non poco da quello da me oggi il- Itistrato, il quale è molto prodotto e come ho detto, della gros- sezza di una avellana in media. Tale nuovo cecidio va rife- rito al Tylenchus dipsaci, KUHN. come, per i numerosi esem- plari del verme in tutti gli stadii di suo sviluppo di cui sono venuto in possesso, ho potuto determinare. II. — Cecidii dell’Italia continentale. Abies pectinata, DC. — Alla base delle foglie si ha una forte ipertrofia della grossezza di un pisello, subsferica, provvista di una cavità interna molto angusta, irregolare, circoscritta da pareti carnosette e racchiudente una larva di color rosso-giallo; que- sto cecidio, in un punto della sua circonferenza, corrispondente al lato dorsale della fogliolina, presenta una piega a margini rotondati e strettamente combacianti, la. quale è in diretta comunicazione con la camera larvale. EscHERICH e WimmER nel 1903 hanno reso nota un’altra ipertro- 69 fia della base delle foglie di questa stessa pianta, ma essa non può riferirsi a questa che io descrivo perchè la deforma- zione indicata da questi autori è notata come una leggiera i- pertrofia, mentre questa che io illustro é ben pronunziata e apparente. Fig. IV.—-Ramo di Abies pectinata con galle alla base delle foglie. To ho avuto un buon numero di questi cecidii raccolti in epoche diverse dell’anno e quindi in vario grado di sviluppo, _ e da forma semplicemente bifida della spatula, mentre dalla forma cilindrica del suo corpo può riferirsi al genere Contarinia. Non essendomi stato possibile in parecchi anni ottenere da queste 70 galle l’insetto adulto, non posso su di esso dare altre notizie; mi limito a dire qualche cosa del parassita. La larva di questo parassita nei primi di marzo esce per la fenditura in forma di piega della galla, a cui ho accennato e che si diva- rica naturalmente per lasciare libero il passaggio, e va ad in- crisalidarsi nel terreno da dove esce allo stato perfetto nel corso del mese di aprile e tra i primi di maggio: io ne ho ottenuto un buon numero il 9, 13, 14, 18 e 20 aprile e poi ancora nei primi giorni di maggio. Anche la larva del cecidozoo va per la stessa via ad incrisalidarsi nel terreno, e se non la differisce da quella del parassita il colorito rosso-uovo, chè le due larve sono di colorito agon. se ne allontana grandemente per la sua forma allungata e lindrica misurando essa 5 mm. X 14‘/, mentre quella Caressa è di forma ovale, molto piccola, appena 1 '/ mm.X ‘|, e as- sottigliata verso la sua parte posteriore. Comune nei Boschi di Serra S. Bruno IV. — (ecidii esotici, ) Carissa edulis, Vahl.—Galla dei giovani rami, simile in. gros- sezza e nella forma a quella che la Perrisia rufescens produce sui rametti della Phyllirea variabilis e che come quella è causata da un Cecidomydae. Zaulot, Sett. 1907. — ? Per- risia. Celtis mississipiensis, : Bosc.—-Le identiche galle descritte dal TROTTER, per lo stesso substrato e dovute all’omottero Pa- chypsylla celtidis-cucurbitae, Riley (Marcellia, Vol. II, p. 66, n. 10). America settentrionale, lungo cs Mississipì. Celtisocci d entalis, L.-Galle simili a quelle superiormente indicate, ne diflevisoona per avere maggiore dimensioni e per- ché l’apertura dell’infossamento sulla pagina inferiore non è provvista del cercine robusto e di color più chiaro che si tro- va in quelle. America.—Pachypsylla sp. Celtis occidentalis, L. — - Pioeoliazime pustolette fogliari gialle, portanti un minimo tubercoletto nel mezzo sulle due superficie dell’ una e l’altra pagina. America. — Cec i- domyidae. Osservazione. Queste galle sono forse ag a quelle notate dal ROTTER, in Marceltia, Nob. iL, * 66, n. 71 Celtis reticulata, Torr. — Ispessimento fogliare brunastro, da 5-7 mm. di ARTI appariscente su ambedue le pagine, sull’inferiore vn po’ più che SA superiore e quivi infossato a scodella. Arizona. —? Coc Cinnamomum zeylanicum, Breyn. — Galle epifille, coniche perfettamente levigate, alte appena tre millimetri, loro dia- metro alla base uguale a quello dell’altezza; sul dorso della foglia corrisponde ad esse una piccola pustola con piccolissimo tubercolo nel centro. Camera larvale grande circoscritta da pareti sottili. Ceylon.—Ento mocecidio. Cinnamomum zeylanicum, Breyn. — Galla ipofilla, della grossezza di un grano di pepe, superficie ruvida, con camera interna ripiena di lunghi peli, acuminati, unicellulari; ad essa, sulla pagina superiore, corrisponde una piccola pustola con un piccolissimo tubercolo nel centro. Ceylon. — Eriopyidae. Drimys Winteri, Forst. — Piccolo sollevamento ipertrofico sul dorso del nervo mediano, con foro d’uscita nel centro a i chiari, cavità interna piccolissima. Stretto di Magellano. — Entomocecidio Eragrostis sp. — Piccoli sollevamenti spoliformi, lunghi nel senso verticale, di appena '/, mm. con un diametro trasverso di ‘/,, allineati sull’esile stelo, portante un’apertura centrale crateriforme aperta dal cecidozoo al momento dell’uscita, con- tornata di fini peli sericei. Nell’ interno di questa deformazio- ne si trovano diverse camere larvali a pareti levigate e luci- dissime scavate nel midollo e corrispondenti ‘ognuna ad un sollevamento della superficie. Dentro una di queste camere ho. trovato la spoglia larvale di un imenottero, ma dubito possa trattarsi del cecidozoo. Somalia italiana. — Entomoce- cidio. ” Imbricaria petiolaris, A. D. C.—Ipertrofie lentiformi sul lembo fogliare pronunziate maggiormente or su l’ una or su l’altra pagina, dal lato dove il sollevamento è maggiore questo é co- niforme alto circa due millimetri, con un diametro alla base di tre e provvisto di un’apertura crateriforme i cui bordi sono provvi- sti di quattro raggi disposti simmetricamente a stella, addos- sati sulle pareti declivi del cono, sulla parte opposta invece il 72 cecidio si presenta in forma di piccola lente con un piccolo cono nel centro. Port Louis. -Entomocecidio. Mirochlaena flavescens, Garche — Piccoli e numerosi solle- vamenti conici sul lembo fogliare, sulla pagina inferiore più pronunziata che sulla superiore, qui la parte superiore del co- no è rivestita di peli giallicci disposti a ciuffo; apertura n filla in forma di piccola fessura. Indie Orientali — Erio phyida Medicago truncatula, Gaertn — Galla dei:rametti, fusiforme, centrale o laterale, di color verde gialliccio, lunga 5 - 7 mm., con un diametro massimo di 2-3, pareti carnosette a super- ficie ruvida, racchiudente una larga camera larvale. Dentro questo cecidio non ho trovato che due parassiti disseccati e in parte guasti, un Pteromalus ed un Pezomachus. Tu- nisi, luoghi arenosi presso Gafsa, marzo 1908. — En- tomocecidio Pianta sconosciuta — Numerosi sollevamenti di color rosso venoso e di varia dimensione, non più grossi da 4-5 sparsi sulla pagina inferiore della foglia, concrescenti od iso- lati, per lo più pressati tra di loro, a superficie muscosa, cioè rivestita di peli brevi e fitti; a queste escrescenze, sulla pa- gina inferiore, corrisponde un largo infossamento nudo. io Janerio.-Eriophyidae. V. — (eeidii teratologici. Cynips tinctoria-nostra e Cyn. Stefanii. — Se date deformazioni, causate da alcuni animali o da funghi 0 da batteri sulle piante, costituiscono una produzione patologica di queste, avviene anche il caso che queste produzioni pos- sano, per le stesse cause, allontanarsi dallo sviluppo normale e costituire un caso teratologico proprio.Io ho già registrato aleuni di questi casi (1) ed oggi posso illustrarne altri più singolari. (1) De SreranI T. — Note intorno ad alcuni zoocecidii della Quercus robur e della Quercus suber. In Nat. Sic. Ann. TI. N. 8. pag. 170,1 73 Fra il consociamento di specie diverse di galle di Cynips mi pare notevole quello della galla di Cyrips tinctoria-nostra con una di Cyn. Stefanii che si sono sviluppate sulla stessa gemma di un ra- metto di Quercus pubescens; qui, se il loro sviluppo fosse proceduto con indipendenza una dall’ altra, si avrebbe potuto avere un caso teratologico dipendente da uno sviluppo anormale per insufficienza di elementi nutritizii del substrato, o per la morte precoce del cecidozoo o per un caso traumatico qualun- que, ma la separazione delle due galle sarebbe stata sempre distinta; nel caso che vengo a citare invece la cosa è ben diversa mentre le due galle sono ben sviluppate ma intima- mente l’una attaccata all’altra. Dall’intimità con la quale sono unite le due galle risalta subito il fatto biologico che la Cyn. tinctoria - nostra sia stata la prima a deporre il suo uovo nel substrato, mentre la Cyn. Stefanii l'avrà deposto più tardi; d'altronde ciò è ovvio mentre è saputo che la Cyn. tinctoria-nostra vola sin dal me- se di ottobre, mentre la Cyn. Stefaniî comparisce in dicembre; ma astrazion facendo da questa conoscenza ed esaminando so- lamente il fatto teratologico, si giunge precisamente allo stesso risultato. La Cyn. tinetoria-nostra mostra chiaramente che essa parte direttamente dalla gemma, il suo sviluppo è normale, men- tre l’altra si diparte da un punto del rigonfiamento della pri- ma alla quale è saldata per la base della sua espansione e manca completamente del picciolo. In generale le due galle son ben sviluppate, ma a me pare chiaro che in dicembre , allorchè la Cyn. Stefanii giunse ad inqui- nare la gemma del substrato, questa lo era stata già dalla Cyn. tinctoria - nostra e di più che lo sviluppo della sua galla era iniziato, così che la Cyn. Stefanii dovette deporre il suo uovo sugli elementi gallari in via di sviluppo della prima; se così non fosse stato e se le due specie avessero avuto sulla gemma stessa sede diversa, tanto l’una che l’ altra si sareb- bero svolte separatamente. Intanto da queste due galle ottenni a tempo opportuno i due ce- cidozoi. iis tinctoria- nostra e Cyn. {gi tenia Uso degli accoppiamenti più singolari di galle diverse è quello os- servato sopra un altro rametto di. Quercus pubescens alla cui estremità si trova un gruppo di cinque galle di cui quat- tro sono della Cyn. tinctoria - nostra accoppiate sin dal pe- 74 duncolo e parte dell’ ingrossamento sferoidale due a due, mentre la quinta è intimamente immedesimata con un’ altra galla di Cyn. lignicola così che questa costituisce più dei due terzi dell’altra, mentre l’altro terzo che forma la Cym. tinctoria- nostra pare uscire dagli elementi di quella a cui è sottoposta. In questo strano accoppiamento manca naturalmente il pedun- colo della galla diCyn.tinctoria-nostra e lo sferoide è attaccato al rametto come nella galla di Cyn. lignicola, e questa, mentre pare che abbia avuto il sopravvento su l’altra perchè gli elementi gallari sono più sviluppati, è stata poi quella che non ha dato il cecidozoo mentre ho ottenuto l’insetto perfetto della Cyn. tinctoria - nostra. - a at FEFETIEA dai Vidi pi Se Tage: e Meri REST PRATI calli pene lle” IUPre, "e Rhodites rosae e Rhod. eglanteriae. — Anche le galle di queste due specie ho trovato consociate assieme, due esem- plari della piccola galla sferica della Rhod. eglanteriae sono inserite sul corpo di quella della Rhod. rosae, incastrate tra i filamenti della capelluta galla. Osservazione — Questi casi di consociazione come si’ vede, so- no relativamente frequenti e valgono a provare che varie specie almeno di cinipidi, depongono il loro uovo anche su quelle parti di una pianta che erano già inquinate da altra specie, e dimostrano ancora che gli elementi di una galla sono adatti a poter servire da substrato a galle appartenenti ad insetri di specie diversa. Troposio DE STEFANI PEREZ. OE PESO ENT IO VT, CO Sulla presenza della Formaldeide nei succhi delle piante verdi. Si sa che l’attività specifica dei protoplasmi nelle singole spe- cie vegetali conduce alla formazione di un numero pressocchè in- finito di sostanze organiche, gran parte delle quali sono tutt'ora incognite od imperfettamente conosciute dalla Chimica. È certo però, che ad onta di siffatta specificità, per la quale due specie vegetali, anche molto vicine, possono differire profondamente per le qualità chimiche dei prodotti della loro attività, il processo della assimilazione, ossia, come s'intende in Botanica, la sintesi delle Sossanze organiche ternarie, si compie sostanzialmente in modo i- dentico in tutti i vegetali provvisti di pigmento verde ed esposti in condizioni normali alla luce; talchè l’amido, che è appunto la prima e più importante sostanza organica prodotta nel processo assimilativo si trova sempre nelle foglie di quasi tutte le piante clorofillate, salvo le poche eccezioni a tutti note (Allium, Musae, ecc). Nel tessuto verde delle piante e per eccellenza nelle cellule | piene di corpi clorofillacci delle foglie, nelle quali affluiscono per diverse vie e vengono a trovarsi in contatto l’acqua e l’anidride 76 carbonica, si operano lentamente e silenziosamente le prime rea- zioni chimiche, senza dubbio identiche in tutti i vegetali, data la comunanza della energia, luce e calore solare, delle materie prime, anidride carbonica ed acqua e della clorofilla, messe a disposizione delle piante. Si ritiene generalmente che il fenomeno di sintesi chimica che mette capo all’amido partendo dalla CO, e dall’H,0 proceda per appa, e l’ipotesi fondamentale , che più d’ ogni altra è accettata é quella del BaveR, per la quale, in presenza di acqua, l’anidride ina dia origine all’aldeide ass CO, +H,0=H,C0 +0, la quale polimerizzandosi fornisca l’amido. Ì malgrado la semplicità dell’attraente reazione, essa non ha potuto acquistare il valore di un fatto acquisito per la grande difficoltà di rivelare direttamente in seno ai succhi vegetali tale sostanza, che senza dubbio deve trovarsi in tracce assolutamente minime. Riguardo all’ipotesi su detta, le ricerche sino ad oggi compiute, esaminano il problema sotto punti di vista diversi e cioè : o pro- duzione di amido da soluzione contenente formaldeide, o formazio- ne di aldeide formica da soluzione acquosa di acido carbonico, 0 ricerche direttamente eseguite su succhi di piante per caratterizzare questa aldeide. Al primo gruppo di ricerche va annoverata l’esperienza del BUTLEROW (1), il quale riuscì a trasformare l’aldeide formica in idrato di carbonio facendo agire su di essa l’acqua di calce. Ancora più dimostrative sono le esperienze di W. LoEB (2), il quale ha potuto ottenere per mezzo dell’effluvio elettrico aldeide formica ed acqua ossigenata da soluzioni acquose di anidride car- bonica L’: acqua ossigenata ST piante darebbe origine allo sviluppo di ossigeno. H,C0, + ;H,CO0=H,C0 + ,HO, (1) Ann. der Chemie n. Pharmacie, 12 B., . 295 (2) Zeitschrift f. reactochemie, V, II, sù "748 e 12 pag. 592. 77 D'altra parte il Loew è riuscito a far vivere della alghe (Spyrogira majuscola) ed a dimostrare la formazione dell’amido in assenza di luce ed anidride carbonica ma in presenza del composto bisolfitico della formaldeide. Ad eguale risultato, variando le con- dizioni di esperienza arrivano BOKORNY BOUILHAC e GIUSTINIANI (1). erò sebbene queste esperienze fossero abbastanza dimostra- tive, mancavano le ricerche dirette, atte a sorprendere l’aldeide formica nel momento della sua formazione. Su questo campo vari sperimentatori si sono occupati. Tra questi uno che maggiormente ha studiato tale argomento è il PoLLACCI, il quale in varie memorie pubblicate negli atti del- l’Istituto Botanico di Pavia (Nuova Serie, Vol. 72) e nei Rendi- conti dell’Accademia dei Lincei (V. 16 I, 1907) espone un cumulo di belle esperienze dalle quali ha creduto di poter concludere per la presenza della formaldeide. In data più recente abbiamo le ricerche di USHER e PRIEST- LEY (2) i quali lavorando sulle alghe marine (Ulva enteromorpha), poste prima in acqua bollente, per evitare che 1’ aldeide formi- ca potesse modificarsi nell’assimilazione e poi esponendole al sole, in soluzione acquosa di acido carbonico, ebbero un distillato che dava delle reazioni che ritennero dovute alla formaldeide. Però PLANCHER e RavENNA (8), ripetendo le sr del POLLACCI non ottennero alcuna reazione sicura che potesse dimo- strare la presenza dell’aldeide formica , concludendo na che, pur non avendo alcuna prova positiva, l’ipotesi del BayER non potesse essere abbandonata in mancanza di altre più plausibili. Essi credono che, ammessa la produzione di tale aldeide, questa, appena formata, si leghi con qualcuno dei componenti delle cellule cloro- filliane, in modo da perdere completamente le sue caratteristiche, ovvero che appena formata si polimerizzi. Recentemente poi il CurtIUS e FRANZEN (4), continuando delle ricerche già fatte precedentemente e lavorando su Kg. 1500 di fo- glie di carpino, non preoccupandosi delle reazioni colorate, giacchè queste possono essere comuni ad altre sostanze, le distillano a va- (1) C. R. t. CKXXV (1902) p. 1369 e C. R. XXXVI (1908) p. 1165. * Proceed. Rov. soc. London, Sevie B, V, 77, p. 369 e V. 78. p na ai Rend. Acc. Lincei, 1904 V, XIII, 2* p. 459 La (4) Berlin. Berichte, 45. 1715 - 1718, 78 por d’ acqua e seguendo poi un processo di purificazione con acqua di barite per fissare gli acidi volatili ossidano il nuovo di- stillato con ossido d’argento ed arrivano ad ottenere acido formico che dosano nel rapporto di gr. 0,0008613 per Kg. Naturalmente le ricerche del CuRTIUS sono molto interessanti, ma l’applicazione di un reattivo squisitissimo e specifico per l’aldeide formica alla ricerca di tale sostanza nei succhi delle foglie doveva rivestire una importanza massima per la risoluzione del problema. questo scopo si presta bene il principio attivo glicosidico dell’ Atractylis gummifera del quale uno di noi (1) sin dallo scorso anno, a proposito della ricerca di questo veleno ne aveva posto in rilievo la sensibilità di fronte all’aldeide formica, tanto da riser- barsi l’impiego di tale sostanza glicosidica alla ricerca. dell’aldeide formica nelle piante. Nella su detta memoria sta scritto che la sensibilità è tale da render evidentissima la reazione anche con una soluzione contenente 3 gocce di una soluzione di formaldeide al 0 °|, in un litro di acqua. Il modo di operare è semplicissimo. Tracce di atractilina si trattano con due o tre gocce di acido solforico concentrato; in tal modo nei punti di contatto il glucosi- e bianco, assume colorazione gialla. Or facendo arrivare una goc- cia di liquido contenente tracce di aldeide formica, nel punto di contatto appare, dopo alcuni secondi, una colorazione violetta con essi azzurrognoli, i quali sono più o meno intensi a seconda della quantità di formalde ide. La reazione è specifica, giacchè allo stesso trattamento sono state sottoposte moltissime aldeidi ed anche altre sostanze svaria- tissime senza che nessuna avesse fornito reazione simile. Le nostre esperienze sulle piante sono state numerosissime, confortate sempre da prove di controllo con soluzioni nine di aldeide formica (una goccia di soluz. di formalina al 40 gi un litro d’acqua). È superfluo accennare che la stessa dici sensibilità del reattivo ci ha costretto ad operare con grande cau- tela, specialmente lavorando sui succhi spremuti dalle foglie, dove la miscela di sostanze di cui consta, poteva lasciare ambiguo l'apprezzamento. Per tal ragione noi siamo ricorsi a tuttii mezzi possibili per ottenere una parziale purificazione del Zisa come filtrazione per amianto calcinat ecc.,e credu- DD x (1) Gazz. Chimica anno 1911. V, 1° pag. 79 to indispensabile far seguire per ciascuna specie esaminata, al saggi diretto del succo spremuto dalle foglie, quelle del distillato del succo stesso. Le molte osservazioni, che continuano tutt’ora, eseguite con tutti i metodi e sempre con opportuni confronti, su parecchie spe- cie di piante appartenenti a famiglie svariatissime (Leguminose, “A nictaginee, graminacee, ecc.) ci permettono di asserire Che NEI SUCCHI FOGLIARI DELLE PIANTE VERDI ESISTE L’ALDEIDE FORMICA. Quel che però importava a noi di confermare inoltre con ogni certezza, si era che la presenza dell’aldeide formica nei succhi dei tessuti verdi non è, come si potrebbe anche supporre, devo- luta ad una attività posteriore del protoplasma vegetale, ma è in- vece realmente connessa coi fenomeni della funzione clorofilliana , appunto nel senso fin qui ammesso dall’ipotesi del BAYER. Le nostre ricerche sono state fin dall’inizio dirette a questo scopo, e, benchè tutt’ora esse siano limitate, sono sufficienti tutta- via a concludere su questo punto importantissimo. Quanto si sa intorno all’azione della luce sui corpi clorofillini e sulla funzione della clorofilla stessa, quali fattori indispensabili della fabbricazione dell’amido, dovrebbe valere senza dubbio anche per quel che riguarda la formazione dell’aldeide formica ove que- sta fosse realmente la sostanza intermediaria tra H,0 ed CO, e l’ amido , come vuole l’ ipotesi fin qui ammessa. Cosicchè , nè le piante clorofillate di nottetempo o state sottratte sperimentalmente all’azione della luce, nè le piante parassite prive di clorofilla do- vrebbero contenere aldeide formica. Infatti le nostre osservazioni sui succhi e i distillati di piante tenute per 24 o più ore al buio e quelle su alcune specie di funghi sono state assolutamente ne- gative al riguardo dell’aldeide formica Ci sembra quindi sufficientemente ir, fin da ora che la formazione dell’aldeide formica in seno alle cellule verdi dipende dagli stessi fattori da cui dipende la formazione dell’ amido , cioè dalla clorofilla e dalla luce, restando così accertata l’ intima rela- zione che v’ha tra la sua presenza ed i fenomeni della fotosintesi. Queste esperienze, come ognun vede sono ancora allo stato iniziale, ed è nostro intendimento proseguirle su moltissime piante nelle più svariate condizioni ed in epoche diverse. Le attuali si riferiscono a ricerche fatte nello scorso mese di Settembre e parte di Ottobre, e sebbene il numero delle piante sia 80 limitato, pure le prove sono state numerosissime. Il seguente e- lenco dà il criterio del lavoro compiuto fino ad oggi. A. — Piante esposte normalmente alla luce delle quali è stato sperimentato, con risultato positivo, il succo fogliare direttamente (alle ore 16) ed il suo distillato : Lupinus albus Securigera Coronilla Lathyrus Gorgoni Helianthus annuus Mirabilis Jalapa ebia quinata Zea mays Dolichos albiflorus Mesembrianthemum cordifolium Tropaelum Mayus Lavatera Olbia B — Piante tenute per 24 ore al buio, i cui succhi fogliari e distillati hanno dato reazione negativa : Lupinus albus Securigera Coronilla Lathyrus Gorgoni sa Mirabilis Jalapa Dolichos albiftorus Lavatera Olbia C — Parassiti esaminati con succhi e distillati a reazione costantemente negativa : Psalliota campestris Olii sp. Coprinus sp. Istituti Farmaceutico e Botanico della R. Università di Palermo. F. Angelico e G. Catalano. L’Icerya purchasi, Mostr. negli agrumeti di Bagheria. Questa dannosissima cocciniglia di importazione straniera , già nota per gli agrumeti del messinese e di Catania, è stata an- che notata recentissimamente negli agrumeti di Bagheria. Come si vede essa marcia a passi velocissimi e sarebbe bene che gli a- grumicultori pensassero a difendersi da essa, mentre la sua straor- dinaria moltiplicazione può renderla molto perniciosa; basta dire e essa nel nostro clima compie sino a quattro generazioni all’an- no ed ogni volta depone da 400 a 600 uova. Questa specie di origine australiana è a noi pervenuta o dalla America o dal Portogallo e la prima volta fu avvertita nel Napo- litano, da dove la sua marcia si estese in Sicilia e pare che vada guadagnando terreno ogni giorno di più. Nell’agro di Bagheria è stata osservata in contrada San Lorenzo, Ciancardo ed anche in contrada Solanto, dove alcune piante di manderini sono di già morte e non poche giovani piante di limo- ni sono in via di disseccamento. Questo fatto del deperimento degli alberi in Bagheria ci am- monisce non solo della temibilità di questo insetto, ma anche del fatto che la sua introduzione in quegli agrumeti deva datare da qualche tempo, perché in caso diverso le condizioni delle piante invase non potrebbero essere nel grave stato in cui si trovano ; 82 or chi ci dice che la cocciniglia non si sia “ata oggi in altri a- grumeti, anche in quelli del vicino agro palermitano e monrea- lese ? La propagazione di questa specie è resa anche più facile da un altro fattore, da quello cioè che essa vive su, diverse piante, come sulla vite, sui peri, su diverse piante erbacee e su altre a mezzo delle quali può essere facilmente trasportata da un luogo a l’altro. La specie non può in nessun modo confondersi con nessuna delle cocciniglie che da tempo vivono sui nostri agrumi, essa ne è ben distinta, sia per la sua statura maggiore, sia per un sacco ovigero conca e solcato longitudinalmente, che porta alla sua parte posteriore. Foiuia nae contro tale insetto si conosce un parassita predatore che lo distrugge facilmente in tutti gli stadii del suo sviluppo, cioè in quello di uovo, di larva e di insetto adul Questo tale benefico parassita è un altro insettuccio, un co- leotterino anche esso australiano ma di già introdotto in Italia ed anche in tutti quei paesi dove 6 stata introdotta l’Icerya purcha- si e dovunque ha apportato dei grandissimi beneficii. Or rierini insetto, che chiamasi Novius cardinalis, è quello che gli micultori devono procurarsi se non vogliono vedere perduti i loro limoneti ed in genere i loro frutteti; si rivolgano essi al Governo e probabilmente i loro voti saranno soddisfatti. TroposIo DE STEFANI PEREZ. TETOqMNMUZEZEEZZ"Z» della Toscana 14,82] 6,60] 23,96| — 6,16| 36,20 | 923,2 » del Lazio 15,48] 7,67| 24,30 — 6,00] 35,46 | 804,4 » della Campani ,15| 8,76| 24,12 — 4,30| 37,60 | 918,0 » Tirr. della Calab 17,60| 11,85| 24,65] — 1,45] 36,40 | 709,5 » Jon. della Calabria. | 15,50| 7,55] 24,85| — 4,70) 35,10 |1019,5 » Jonica delle Puglie. | 15,88 _7,61| 24,98j — 3,13) 36,75 |550,5 Medie . | 15,86 8,29] 24,41] — 4,28] 35,76 |873,4 V. Zona insulare niche; n interna. .DBi. 7,71) 24,56} — 2, ,56 | 623,1 marittima . | 18,23] 11,43] 26,01] — 0,98 40,37 |600,5 Sardegna pn interna. | 15,50] 9,06) 24,26| — 5,25) 39,16 | 736,0 - » marittima. | 16,85| 10,23] 24,43} — 2,00] 37,20 |488.6 tools minori . 16, 9,00] 23,86] — 1,60| 32,26 |557,8 Medio 16,42) 9,49] 24,70] — 2,42) 37,50 | 601,2 Sadovo (Bulgaria) . . | 11,84|--0,42] 23.63] — 4,1| 25,6 |5507,9 104 In Bulgaria si coltiva il Cotone su di una estensione di pa- recchie centinaia di Ettari, eseguendone la semina nella seconda metà di aprile o nei primi di maggio, per farne il raccolto fra set- tembre e novembre, vale a dire in un periodo di circa quattro mesi. ; La varietà indigena è detta Haskovo, e dà una mediocre pro- duttività. Ma la Stazione di Sadovo va tentando ora l’acclimatazione di altre razze, ed attualmente ve ne sono in esperimento una quin- dicina, i cui risultati sono riassunti nella seguente tabella : ve È Reddito cotone grezzo as VARIETA (seme e filo) per Ea in SO, Chilogrammi 282 1904| 1905] 1906| 1907| 1908| 1909| 1910 1. Cotone indigeno Haskovo. | 930| 890|1200|1140| 510) 440] 900| 800 2. Del Turkestan ; . |1000| 920| 850|1200| 540] 490| 705| 815 3. Del Texas, È . | '740) 720| 970|1120| 460] 500| 567| 725 è gg 389| 380 560) 443 b. Rol. i ‘ ; 464| 500| 560] 508 6. Malla:citit ‘©. è ; 434| 510| 600] 536 7. Di Brama (Macedonia) . 368| 560| 60| 329 8. Di seres (Macedonia) . 369| 530| 567| 488 9. Cotone a capsule rotonde. 499| 510| 600| 536 10. Noubari. i ; È 520| 317| 418 11 Abiti. 520| 160] 340 e. As i ; È 530] 115| 323 18: AB6, 0; - | 470] 88] 276 14. Jvanovic N. 1 ; . 270| 470) 158 16. Jvanovio N. <““.° 470) 90| 280 105 Dai precedenti dati si traggono alcune importanti osservazioni : 1° La durata del ciclo vitale del Cotone in Bulgaria è ridotta a poco più che quattro mesi: esso si inizia con una temperatura di 12° - 14° e termina quando la temperatura scende ai 3° o. 4°. (Tab. I). La temperatura media annuale è appena 11°.81. 2° Le precipitazioni atmosferiche sono abbastanza scarse, aven- dosi in un anno in media appena 557,9 mm. di pioggia. Notevole inoltre che la distribuzione di tali piogge, avviene quasi egualmente in tutti i mesi, e se mai la scarsezza maggiore è nel periodo della semina e minore in quello della vegetazione. (Tab. II). 3° Delle varie regioni d’Italia ve ne sono alcune con tempe- ratura media annuale vicina a quella della Bulgaria: la maggior parte hanno però una media notevolmente superiore. (Tab. III). elle cinque zone climatiche italiane, nessuna ha media temperatura annuale inferiore alla Bulgaria. (Tab. IV). 5° La quantità d’acqua che in media cade nelle Singole zone è superiore a quella della Bulgaria: in certe plaghe é molto mag- giore. 6° La media delle temperature in gennaio è sempre sopra 0°, mentre in Bulgaria scende sotto 0° 7° La media di t temperatura in luglio è vicina a quella della Bulgaria. 8° Le temperature minime assolute delle cinque zone italiane è superiore per la zona insulare e la zona marittima mediterranea, inferiore per le altre tre zone. Notevole però il fatto che. 9° le temperature massime assolute sono ben maggiori di circa dieci gradi di quelle della Bulgaria, segno che se in Italia vi sono giorni dell'inverno assai più freddi, l’estate è però molto più calda. Dall’insieme delle predette osservazioni si conclude che. delle zone italiane la maggior parte godono di condizioni climatiche mi- gliori che non la Bulgaria. Che se la minima temperatura assoluta € talvolta inferiore essa non può influire su una possi sione delle culture cotoniere , giacchè esse si avverano in. un pe- riodo nel quale non si i il cotone, al quale invece le predette zone possono fornire a suo tempo una maggiore quantità di calore ed una. temperatura più elevata, come lo dimostra il confronto fra le varie temperature massime assolute. È quindi da tentare la acclimazione di razze di cotone in tutta la zona marittima mediterranea, la quale del resto comprende tutta la. costa della Liguria, «della Toscana, del Lazio, della Campania; la costa jonica delle Puglie e della Calabria, e-di que- st’ultima anche la tirrenica. 106 In questa zona le condizioni climatiche sono al certo molto più adatte alla cotonicultura che non quelle della Bulgaria, dove pure esistono culture alquanto estese e dove si vanno facendo e- sperimenti per una maggiore diffusione. Nella tab. V. sono infatti elencati i vari tipi colà esperimen- tati, con risultati abbastanza soddisfacenti. È quindi a sperarsi che, ove si dovessero iniziare in queste zone delle culture di Co- tone, si dovesse servirsi di semi provenienti dalla Bulgaria o dal Turkestan, o da altre regioni a condizioni climatiche affini; onde il cambiamento di ambiente sia almeno favorito dalle migliorate condizioni ed assieme all’acclimatazione sia possibile eseguire una continua e diligente selezione, mercè la quale, si potranno in breve tempo ottenere razze buone sia per la qualità delle fibre che per la produttività. Le attuali condizioni della Cotonicoltura in Sicilia. Si potrebbe dirle con una sola parola : negative La lavorazione del terreno si riduce ad una raschiatura, fat- ta più o meno bene e per numerose volte, giungendo ad una pro- fondità di 10 a 12 cm Lo strumento usato allo scopo è l’aratro a chiodo co- stituito da una punta di metallo, che ricopre l’estremità di un’a- sta di legno, attaccata ad un paio di buoi, o di muli. Questo lavoro di aratura viene fatto in qualche regione ben sette volte, allo scopo di sminuzzare la terra, di renderla permea- bile alla pioggia ed alla umidità atmosferica. Nulla si conosce de- gli aratri moderni, del loro significato, del loro uso. Il cotonicultore sici- liano ignora quanto beneficio possa arrecare il rovesciamento della terra e crede che la lavorazione consista in uno sminuzzamento più o meno perfetto degli ammassi di terra, che le piogge e le radici producono. Inoltre egli arresta la profondità della lavorazione ai - 12 centimetri, nè può fare altrimenti, fino a che non avrà impa- rato ad adoperare altri strumenti. Ciò è troppo poco per una pian- ta che vuole terreni morbidi e permeabili. All’inizio della stagione scarsa di piogge il cotonicultore sici- liano passa sul terreno arato con uno strumento, un non so che fra il rullo rompizolle e l’erpice, che viene chiamato « tavolone ». Esso consiste di una tavola, lunga circa un metro e mezzo e larga quaranta centimetri, alla quale si attaccano, per la estremità, due catene tirate da muli. Questo « tavolone » passando sul terreno, rompe le zolle più grandi, ammassa superficialmente il terreno e 107 vi forma un crosta dura, la quale, con la siccità, dovrà produrre uno strato impermeabile, necessario a proteggere l’acqua, imma- gazzinatasi nel terreno, da una possibile evaporazione. Sul « tavo- lone » posano uno od anche due uomini, allo scopo di aumentare la pressione sul terreno; ai due uomini si aggiunge un sacco pie- no di terra. Strano invero questo metodo: mentre dapprima si è lavorato per ottenere un terreno alquanto soffice, ora si distrugge l’effetto di tale lavoro col passaggio del « tavolone » ! Fatiche, da- naro e tempo sprecato! Talvolta, a seconda delle circostanze, invece del « tavolone » viene adoperata la frasca: si tratta di un ammasso di ramoscelli con foglie secche e consistenti, che viene al solito tirato dai muli e passando sul terreno sminuzza le piccole zolle, polverizzando il terreno. ; i Si tratta di dover rinunciare agli erpici, solo perchè essi co- stano qualche lira, e si preferisce guastare una parte del lavoro fatto! L’erpice nello sminuzzare il terreno lo alleggerisce ancora, mentre il « tavolone » lo sminuzza perchè lo schiaccia, ma ammas- sa il terreno; cosa tanto più dannosa, in quanto la profondità di lavorazione è minima (1). Dopo il passaggio del « tavolone », il terreno viene lasciato a riposo fino al momento della semina. Allora si passa ancora una volta con l’aratro a chiodo, onde rimuovere il terreno e poi si sparge il seme a volata (fig. 4). Anche questa pratica è molto dan- nosa alla buona riuscita della cultura. Basti pensare alle spese necessarie per lo acquisto di oltre un quintale di seme per ogni ettara di terra, tale è l'abbondanza con la quale si esegue la semina nei terreni siciliani. A questo svantaggio se ne aggiunge un altro, dovuto alla irregolarità, con la quale vengono a crescere le singole piantine, in modo che non è possibile eseguire alcuna opera successiva, senza l’impiego di mano d’opera costosa ab- | bondante. Nei campi sperimentali privati mi è stato possibile eseguire ; una cultura con criteri razionali. Il terreno, dapprima zappato pro- fondamente ed a varie riprese, è stato preparato per la semina, di-. sponendolo in solchi distanti 80 cm. fra loro ed ops lg semina in fossette, distanziate di circa quaranta centim : Non sto a ona qui sulla utilità della semina a tosuette (1) Tali pratiche sono in manifesta opposizione con i moderni metodi di culture per terreni aridi (dry E -108 la quale, allineando le colture, ne rende possibili le sarchiature successive con discreta rapidità, facilitandone il lavoro. Ma la mag- giore utilità di tale pratica consiste nel fatto, che si rende in tal modo possibile una selezione fisiologica, che non potrebbe farsi in altro modo. i Quando noi posiamo 7-8 semi nella medesima fossetta, abbia- mo accertato la regolarità della cultura, giacchè, nel peggiore dei casi, uno dei semi darà luogo alla piantina. In ogni modo la loro concrescenza permetterà al debole seme di spaccare il terreno e di germinare, senza temere di marcire. a generalmente la maggior parte dei semi dà luogo alle pian- tine ed il diradamento successivo permetterà di eseguire quella se- lezione fisiologica, che nè l’occhio del più valente sperimentatore, nè la bilancia possono in alcun modo distinguere. — Sono gli ovoli della stessa madre che, pur identici fra loro, daranno poi figliuoli la cui resistenza alle malattie ;, la cui robu- stezza sarà ben diversa. La semina a spaglio , usata in Sicilia, dà invece svantaggi enormi; la vicinanza delle piantine le fa crescere talmente rachiti- che , che esse, nel loro massimo sviluppo, non giungono che a 25-30 cm. di altezza, con 5 - 6 capsule per pianta. E di tali appezzamenti estremamente nani abbiamo molti e- sempi nella stessa pianura. Ora tale scarsa vegetazione, più che alla mancanza di conci- me, si deve alla scarsezza di sole, alla povertà del terreno, essen- do le piante talmente vicine da farsi ombra una con l’altra, to- gliendosi uno dei più essenziali elementi che è la luce. no sviluppo maggiore assumono le piantine là dove l’acqua di irrigazione permette di accelerarne la vegetazione. Così ‘a Dirillo, presso Terranova, il Cotone viene alto abbastanza, come può mo- strarlo l’unita fotografia ma la ricchezza di vegetazione non corri- sponde poi a vantaggi adeguati, per la tarda maturazione del pro- dotto e per la minore bontà di esso. Peggio ancora è per la piana di Catania. doye dell’irrigazione si fa abuso, non tanto per i benefici che se ne vorrebbero ricava- re, quanto per sostituirla alle sarchiature onde impedire che la creta spacchi: la ricchezza dell’acqua, che taglia tutta la piana ab- bondantemente dà a quel po’ di Cotone un aspetto lussureggiante! Pura apparenza e non altro: l’acqua aumenta la vegetazione, ma ritarda talmente la maturazione del prodotto, che questo viene ad essere raccolto di solito fra il gennaio ed il febbraio, ossia -ben 3-4 mesi più tardi. In tal modo non è più possibile seminare il 109 frumento pel nuovo anno. E così il tornaconto culturale subisce un notevole ribasso e la cotonicultura perde giornalmente terreno. a maggiore, che può dare una visita sui luoghi, è data dallo spettacolo desolante delle immense pianure, tenute senza al- cuna vegetazione piuttosto che a cotone! Pianure profonde diecine di metri e di natura alluvionale! culla preferita dalla pianta del Cotone ! E da Terranova a Biscari, a Dirillo, a Vittoria, a Noto, Pa- chino, Melilli... fin su a Catania, immense estensioni di terreno aspettano di essere utilizzate con questa cultura. sta Questa condizione di cose diventa tanto più dolorosa, quanto maggiore è la differenza fra quello che si fa e quel che si dovreb- e fare: le culture eseguite con pratiche razionali nelle vicinanze di Palermo, in terreni pessimi, senza irrigazione, hanno dato ri- sultati veramente stupefacenti. ui le piante, in un clima meno adatto che non sia quello della piana di Terranova, in un terreno argilloso compatto, suscet- tibile a spaccare profondamente durante la stagione estiva raggiun- gono un’altezza media di m. 1.50, pur non essendo state mai ir- rigate, e portano a maturità, entro il novembre, da 80 a 100 ca- psule per ciascuna pianta, mentre là dove terra e clima sono mi- gliori abbiamo le piantine da 5 a 6 capsule, alte non più di 30 cm, E tutto ci è dovuto: 1° alla lavorazione del terreno; 2° al metodo di semina; 3° ai lavori di sarchiatura; 4° alla selezione del seme; 5° alla concimazione. La necessità quindi di diffondere queste conoscenze s'impone. Per quanto le numerose conferenze tenute abbiano fatto presa su molti, ho creduto utile pubblicare una Guida pratica coltivazione del Cotone, che ho affidato ai tipi dell’Hoepli. Il ma. | nualetto, premiato con medaglia d’argento alla Esposizione orticola di Firenze, è già per le mani di molti agricoltori. | Ma ce ne sono pure moltissimi, ai quali non è dato di saper leggere, e che pure sono i veri padroni del terreno: alludo alla sterminata falange dei piccoli mezzadri, ai ns non giunge né la Guida, né la voce del conferenziere. È sempre lo stesso il quadro pense di questo buon. la- . 110 . voratore, che sa dare alla terra tutte le sue forze materiali, geloso custode di quel fardello Ci precetti trasmessogli ereditariamente dai suoi avi e che costituisce tutta la scienza agraria. Esso non può così intendere la debole eco, che da lontano gli giunge dei giorna- lieri progressi della scienza, avviuto in quelle cerchie di azioni per le quali la consuetudine è l’unico incentivo ad agire, il ricordo è la base della speranza, la morigeratezza il piedistallo del tornaconto. Ma da questo ciclo di idee, del quale è imbevuto, nessuno lo smuove e se pure la frase calda e suggestiva di valente oratore riesce a lanciare un guizzo di luce in questo cervello ipnotizzato, essa dura poche ore e la diffidenza sopravviene ed il timore d’es- sere guidato per la via dello sfruttamento lo rende sospettoso ad oltranza, paralizzandone l’iniziato risveglio. Da un lato l’attaccamento alle colture ataviche ed ai metodi usati, dall’altro il timore prodottogli dall’ignoranza, fanno del con- tadino siciliano un massiccio che non si riesce a smuovere: solo l'esempio, il tipo di confronto, l’esperimento fatto sotto i suoi oc- chi può e riesce: in tal caso si dissipano timori e diffidenze e su- bentra un entusiasmo che non distingue nè età, nè sesso. In qualche tratto di terra, nel quale per la cortesia di alcuni proprietari è stato possibile impiantare la. coltura del Cotone con metodi razionali, il risultato sui contadini è stato meraviglioso: essi hanno capito che si parla loro sul serio, che è il loro interes- se quello che vien perorato, ed ascoltano pensosi, per fare poi una serie di domande, per chiedere mille schiarimenti. Vi è qualcosa d’incerto nel loro sguardo : è quel senso di chi vede e dubita di vedere realmente, di chi Da e teme di sognare: tanto ina- spettato è il risultato degli esperimenti ai quali assistono. E questo passaggio rappresenta il tempo che deve distruggere per riedificare! Il confronto fra le condizioni della cotonicoltura in Sicilia ed i risultati ottenuti fa emergere a chiare note quanto si debba e sì possa fare in favore di questa importante cultura; urge quindi che tali risultati, i quali dànno la certezza d’ un avvenire agricolo e- conomico del più grande interesse, siano conosciuti; urge che. campi dimostrativi sorgano, allo scopo di mostrare quali benefici effetti possa arrecare una cultura razionale, e come il rendimento attuale sia ben misera cosa al confronto di quello che potrebbe essere. Purtroppo si tratta di dover rinnovare completamente tutta la cultura, dalla semina al raccolto, dai metodi di selezione a quelli di sgranellatura: vi è tutto un cumulo di errori trasmessi eredi- tariamente, ai quali è necessario porre rimedio energico e pronto: il risveglio, verificatosi oggi in Sicilia, se non € lasciato sopire 111 con una lunga aspettativa, darà pronti ed inaspettati risultati: tutto concorre in questo momento a favorire una azione da parte del Governo ed a renderla proficua : ma non si deve perdere. tempo L’agricoltore del nostro Mezzogiorno non ha bisogno di campi sperimentali, ogni siciliano sa che nelle sue pianure, vicine al ma- re, il Cotone prospera benissimo; egli ha solo il bisogno di sapere come debba coltivarlo; egli ha bisogno di campi dimostrativi, ad un tempo guida ed esempio: campi, che non solo mostrino quali norme debba seguire per una cultura razionale, bensi quali varietà egli possa sostituire alle attuali, quali criteri debba seguire nella selezione del seme, nella scelta del concime, nella lavorazione del | terreno. : Programma della Stazione di Cotonicultura. Le considerazioni fatte rendono all’evidenza la necessità di istituire una Stazione che miri esclusivamente a migliorare e dif- fondere la cultura dei Cotoni, lavoro questo che assorbe molta at- tività, giacchè essa dovrebbe eseguire e sorvegliare tutte le prati- che culturali da marzo a novembre, restando così solo tre mesi da dedicare alio studio tecnico dei prodotii ottenuti. onformemente ai suoi fini, la Stazione dovrebbe avere : 1° Campi sperimentali 2° Campi dimostrativi. Nei primi andrebbero eseguiti esperimenti di selezione, acclimata- zione, ecc., mentre nei secondi, per i quali la Stazione non avreb- be che ad esercitare una sorveglianza direttiva, si penserebbe a diffondere i risultati ottenuti, distribuendo ai privati, che accettas- sero l’impianto del campo, il seme e sussidiandone in qualche mo- do i lavori. Scopi dei CAMPI SPERIMENTALI dovrebbero essere i seguenti : r 1. Selezione del seme a) n Formazione delle pure, ris{ i genze 4 Formazione di ibridi . Acclimazione di nuove razze, 112 5. Studio delle proprietà te niche delle fibre 6. Studio dei concimi 7. Studi sulle malattie 8. Rotazioni agrarie Sen b) LI c) \ 9. Prodotti accessori È 10. Progetti industriali d ) 11. Ricerca delle Regioni potenzialmente cotonifere esto lavoro si dovrebbe svolgere nei campi e coi soli mezzi della Stazione, poichè l’agricoltore non dovrebbe essere informato degli esperimenti che a risultati sicuri. CAMPI DIMOSTRATIVI sarebbero invece istituiti presso i singoli . agricoltori e dovrebbero avere i seguenti scopi : iffondere le buone norme di una cultura razionale, con la introduzione delle culture meccaniche, della selezione, dei concimi, ius norme per combattere le malattie, . Introdurre le razze adatte ai sooreiti ed ai climi, a massi- mo eri 3. Indicare il valore del prodotto e le più convenienti Case industriali che ne potrebbero tare acquisto. tazione avrebbe inoltre l’ ufficio di Consulenza e di pro- paganda, sia col rispondere a tutti i quesiti che si potessero espri- mere sulla cotonicultura, sia diffondendone la conoscenza per mez- zo di conferenze. CAMPI SPERIMENTALI Selezione, formazione di razze pure e di ibridi, acclimazione di nuove razze Chi osservi attentamente una ad una le pina di cotone in una qualsiasi coltivazione, troverà che non tutte si possono rife- rire al medesimo tipo, sebbene l’ agricoltore sostenga di aver se- minato una sola ‘specie. V’è, in fatto, fra una pianta e l’altra qual- che differenza, nella statura, nel colore dei fiori, ecc., che talvolta è poco appariscente, come per la lunghezza delle fibre, la loro re- sistenza alla trazione e così via. ueste diversità vengono a dare alle varie piante risultati dif- ferenti quanto alla qualità ed alla quantità del prodotto, per cui 118 si ricorre a quella pratica, la selezione, che tende a fare scompa- rire le forme più basse e moltiplicare le migliori. alla maggiore o minore omogeneità delle piante di una data cultura si può giudicare quindi della maggiore o minore cura de- dicata nella scelta del seme. Tuttavia per quanta abilità si possa avere nell’applicare i co- muni metodi, la differenza fra le varie piante non assume mai un valore trascurabile, non solo, ma la omogeneità relativa tende sem- pre a scomparire Questo inconveniente è dovuto molto probabilmente alla facilità con la quale si avverano nei cotoni le nozze incrociate, epperò nei semi già selezionati si vengono a trovare delle tendenze a volte poco propizie, poichè essi possono provenire da ovuli fecondati con polline di piante mediocri o del tutto scartate, e quindi contenere i germi di degenerazione che, per atavismo, ripristinando le forme progenitrici, renderanno vana ogni opera di selezione, s’essa non sarà praticata continuamente. nde le differenze, ossia le degenerazioni (ch’io non chiamerei variazioni, perché hanno ben altra origine) si avverano sempre quando non si eviti la staurogamia. Epperò tali difetti si riscon- trano sia col metodo del WEBBER, tanto usato in America, sia con quello più comune da noi della scelta del migliore, sia con le schede a punti o con le schede a descrizione, le quali ultime of- frono gravi difficoltà nella pratica applicazione, l’una per l’apprez- zamento dei singoli caratteri che risente molto della personalità dell’operatore, l’altra perchè richiede lavoro eccessivo per un agri- coltore e non sempre adatto alla sua indole. Tali metodi selettivi hanno inoltre efficacia localizzata, tem- poranea e limitata. ALIZZATA, in quanto che il seme selezionato per un cam A, posto in altro, B, sia pure affine, per clima e terreno, non conserva le modificazioni requisite, tanto che se ne deve ricomin- ciare la selezione. i Questo inconveniente nuoce molto ad una rapida diffusione di buone razze, giacchè l’opera del tecnico non allarga i suoi frutti al di là dei confini della propria azienda e quindi il vantaggio che egli ricava non è estensibile oltre detti limiti. Il commercio dei semi selezionati di Cotone diviene quindi un assurdo col danno dello stesso agricoltore. Questi, di fatto, solo. dopo alcuni anni, potrà contare sopra un prodotto che risponda. approssimativamente ad alcuni dati prefissi; senza considerare che per raggiungere lo scopo può volervi un tempo a volte troppo lungo, \ 1a piso per grandi tenute, dove alla: scelta della razza da coltivare v° è da aggiungere il tempo necessario per produrre quella quantità di seme che sia sufficiente per tutta la estensione. TEMPORANEA, giacchè l’efficacia di simili metodi selettivi ha breve durata e, a rigor di termini, è valida per un solo anno, essendo ‘necessario che l’opera del tecnico sorvegli e diriga di continuo l’andamento della coltura. Ciò provoca un dispendio per l'agricoltore, non certo trascurabile, poichè il lavoro si estende a tutto il raccolto, dovendosi, anno per anno, nei singoli prodotti, distinguere il seme da semina, e questo ini vuole molte setti- mane di molti nomini quando si tratti di culture di qualche esten- sione. Lavoro imperfetto, se affidato in mani poco esperte o troppo costoso se eseguito da pratici, che sappiano qualcosa più di un modesto contadino. Tale difetto mostra all'evidenza come sia fittizio il risultato che si ottiene con la comune selezione, anche quando, alla scelta delle buone piante s’accompagna la distruzione delle cattive, pra- tica questa ch’io ebbi anni or sono a consigliare nella mia Guida per la coltivazione del Cotone e che anche altri, in seguito, ‘hanno messo in evidenza in recenti pubblicazioni, sebbene sotto forma di proposta nuova. LimrraTa, in quanto detta efficacia può esercitarsi entro limi- ti assai ristretti, perchè ammette la coesistenza di molte piante che presentino i caratteri voluti. a ragione di questo inconveniente sta nel fatto che la selezio- ne, nei metodi citati, si riferisce solo ad alcuni caratteri, tra- scurando quasi del tutto gli altri o, per lo meno, ponendoli in secondo ordine. Il risultato quindi di tali selezioni è aftificioso e non natura- le, per lo meno quando si parli di Cotoni. Così per esempio, non sarà mai possibile ottenere da un Cotone a fibre corte, uno a fibre lunghe o indurre una spiccata resistenza al vento, alla siccità, ecc. reare, in altri termini, un tipo di cotone con determinate esigenze, non può essere compito dei comuni metodi selettivi. Sa Non nego che tali metodi abbiano qualche utilità per la coto- nieultura: solo affermo che a tali vantaggi s’uniscono i difetti che omesso in evidenza e principalmente quello di non essere acces- sibili. all’agricoltore, se si eccettui la comune scelta del migliore; 115 fatta troppo empiricamente e con scarsa utilità. Essendo quindi la selezione còmpito di Istituti adatti, a me pare sia da preferirsi quel metodo, ben noto col nome di pedigrèe, i cui risultati nel campo della botanica agraria sono stati della maggiore utilità pratica. a importanza della selezione genealogica ci viene dimostrata all'evidenza dall’interesse che la Svezia ha preso per essa: basti pen- sare al benemerito Istituto di Svalòf, che ha radiato tanta luce nel campo della agricoltura, arricchendo «terminate plaghe incol- te con la creazione di tipi adatti alle eccezionali condizioni am- bientali. L'Istituto riceve annualmente parecchie diecine di. mi- gliaia di lire, specialmente da privati, da Case interessate, delle quali cerca risolvere i quesiti, ed ha a sua disposizione, oltre al nu- meroso personale, vasti terreni per studi sperimentali, una ricca biblioteca, un museo con i quadri di discendenza, una collezione dei più perfezionati e moderni strumenti di selezione ed indagine scientifica. Come risultati basterebbe citare la diffusione della coltiva- zione dell’orzo nelle più settentrionali regioni della Svezia. Quivi “ per merito dell’Istituto di Sval6f si hanno oggi centinaia di chi: lometri quadrati coltivati con questa graminacea, là dove, fino a pochi anni or sono, tale coltura non aveva mai potuto attecchire. Ed in questo Istituto tutto il lavoro di selezione, è fondato sul pedigrèe. Esso, fondamentalmente, si basa sull’isolamento delle piante, onde evitare la staurogamia e sulla scelta di un solo se- me che appartenga a pianta, i cui caratteri rispondano ai deside- rata dell’agricoltore. Detto seme dev'essere coltivato a parte, lon- tano dalle altre piante, onde evitare possibili incroci. Ove ciò, per ragioni di spazio, non sia possibile, sarà necessario rinchiudere la pianta entro una gabbia di rete metallica sostenuta da 4 pali, onde evitare le visite di insetti, che potrebbero danneggiare l’ e- sperimento, impollinando i fiori con polline sei da piante da vicine. : La rete metallica non a il passaggio dell’aria e della luce, che in modo trascurabile e quindi per nulla nuoce alla Anzi che ricorrere alla costruzione d una simile alia spe- | cialmente se si tratta di piante ad impollinazione anemofila si deve ui | avvolgerne i fiori, prima di sbocciare, con carta pergamenata, fino a che non si vedrà che il fiore è stato fecondato dal proprio pol- ‘line. Allora può togliersi la carta, giacchè è evitata ormai la pos- sibilità di qualsiasi incrocio. Nei-cotoni, dove la autofecondazione - ad a semi freli, questo rana non offre alcuna pratica ‘116 difficoltà anche in rapporto alla biologia della impollinazione, di modo che il frutto che si andrà a tormare conterrà certamente semi fertili ed atti perciò a produrre nuove piante. Le piante ottenute da quest’ unico seme, se si impedio la fecondazione con polline estraneo, conservano, per lungo tempo, le caratteristiche fondamentali della pianta madre, anche cambiando ambiente, salvo che non si facciano subire dei passaggi assai con- trastati in tutti i singoli caratteri di un ambiente agronomico. Inoltre è possibile fissare in questo modo qualsiasi tipo, an- che se esso presenti dei caratteri eccezionali. Così per esempio in ‘un campo di molti ettari di terra esposti a venti fortissimi è fa- cile notare la presenza di qualche pianta che mostra di non sof- frirne, ovvero in una estesa piantagione priva di irrigazione di- scernere fra le. migliaia di piante una che mostri eccellente sviluppo ad onta della scarsezza d’ acqua, ovvero ancora fra le piante ac- - climatate di corta fibra trovarne alcune o magari una sola cassula che presenti fibre lunghe, e così via. Ebbene, raccogliendo questo seme, dopo aver isolata la pianta, noi avremo formato una razza, | che potremo fissare per lungo tempo con tutte le sue proprietà. La importanza di una simile selezione risulta evidente a prima ‘ vista, se si ha un pò di pratica della cotonicultura. Ad ogni modo, siccome chi scrive non si dirige solo ai competenti, è bene illu- strare questo concetto con un esempio pratico, perchè se ne possa intendere da tutti la importanza. noto che in Sicilia si coltiva il cotone Biancavilla da mol- tissimi anni. Le caratteristiche di questo cotone sono : produttività : buona lunghezza fibre : 14-16 mm. resistenza alla secchezza precocità : scarsa Tutte le piante, più o meno, presentano i su detti caratteri in modo abbastanza costante (1), tuttavia, osservando attentamente, . non sarà difficile trovare qualche pianta di Biancavilla più pre- coce, ovvero con fibre più lunghe. Ora se si raccogliessero questi semi per coltivarli separatamente si avrebbe un tipo più precoce 0 © (1) Altri caratteri, come: sviluppo, direzione dei rami, colore delle ‘fibre, ecc. sono invece variabilissimi. 117 più pregiato, sempre che si utilizzasse per ciascun caso un solo seme, S'intende che ogni pianta è stata prima isolata, di modo che detto seme non proviene da incrocio staurogamico. Ma se noi invece racco- gliessimo tutte assieme le migliori cassule, le più grandi, e ne facessimo unica cultura, avverrebbe questo che, entrando in giuoco le poten- zialità di ciascuna pianta, dal punto di vista ereditario, si otter- rebbe sempre una media su per giù uguale a quella dell’ intiero campo e, ad ogni modo, ove pure vi fosse un miglioramento, esso sarebbe di effetto transitorio. tenendo conto che appunto la lunghezza della fibre è il maggiore pregio per i cotoni dal punto di vista commerciale , lo sperimentatore che volesse applicare il metodo di selezione genea- logico ai suoi campi dovrebbe aver di mira la attenta osservazione di quelle piante che tendono ad avere fibre più lunghe. In tal caso non riuscirà difficile di trovarne una che abbia magari una cas- sula, i cui semi sono rivestiti di peli eccezionalmente lunghi, per cui detto prodotto viene a rappresentare un notevole miglioramento di fronte alla massa coltivata. Ma in un campo per quanto esteso non sarà possibile trovare quella quantità di semi che presentano fibre lunghe in egual misura e quindi tutto il lavoro si risolve a poche piante, delle quali ve ne sarà una che eccelle sulle altre, Così per essere concreto potremo trovare semi con fibre lunghe 30 mm. Ebbene, se questo seme, unico, viene coltivato lontano da possibili ibridazioni, si otterrà una razza di Biancavilla a fibre lunghe mm. 30 come carattere costante e questa proprietà non si modificherà che solo in seguito alla ibridazione. Onde basterà stare attenti nell’ impedire tale mescolanza per produrre in pochi anni un numero sufficiente di semi selezionati , i quali conserveranno questo carattere in modo sicuro e duraturo. Non si tratta di influire sui caratteri della pianta con mezzi estranei, ma di moltiplicare solo quell’esemplare che possegga una qualche proprietà in modo eccellente, e tale che Ligma dare sicuro damento di ottima riuscita. In tal modo è tacile immaginare come si possa provvedere anche per gli altri caratteri, quali la omogeneità di lunghezza delle fibre, la lororesistenza alla trazione, alla torsione, e così via. Così sarà possibile istituire il commercio del seme selezionato di cotone, di modo che il coltivatore non avrà anche a chiedere, ad esempio , semi adatti per terreni seccagnoli, ovvero resistenti al vento, ovvero precocissimi, e così di seguito. aturalmente questo método di selezione non ARE es- Sere attuato con profitto che da istituzioni adatte e non del. pri-. 118 vato, salvo che questi non disponga di un personale adatto. Ad ogni modo esso non richiede che del tempo, ma poca cura, se si ha modo di tenere ben lontane le piante selezionate da quelle della grande coltura, lavoro questo, del resto, comune anche agli altri metodi di selezione. a ragione che mi spinge maggiormente a pensare che appunto dal pedigrèe la cotonicultura potrà ricavare grandi van- taggi a preferenza di altri sistemi, è fondamentalmente basata sul fatto che al giorno d’oggi non esistono più razze pure di cotoni e ciò per le estensioni delle culture, la diversità dei tipi e la faci- lità con la quale, anche naturalmente, si avverano incroci fra va- rie razze e ancora per lo scambio continuo di semi in tutte le parti dove essi si coltivano. Ciò premesso i tipi coltivati non hanno nei loro nomi alcun’altta cosa che una convenzione: il nome quindi non rappresenta una specie dal punto di vista botanico, ma un ibrido di ibridi, che în determinati ambienti, conserva una certa costanza per alcuni caratteri, sempre pronto però a subire grandi modificazioni, appena si avverino condizioni meteorologiche un po’ diverse da quelle normali, ovvero appena si tenti di estenderne la coltivazione in altri terreni od in altre regioni. Che i cotoni di oggi non siano che ibridi multipli mi viene confermato anche dalla variabilità dei caratteri stessi, non solo, ma alle differenze che un dato campo di cultura presenta fra un anno e l’altro, di modo che è possibile ad esempio di «Taccogliere seme vestito proveniente da seme nudo. Tale variabilità ammette una incostanza che non certo gio- va ai fini di una razionale coltivazione, e danneggia il preventivo dell’agricoltore, poichè influisce anche sulle proprietà tecniche delle stesse fibre e sulla resistenza alle malattie, sia crittogamiche che di origine animale. Or quando nella selezione coi metodi comunemente usati si conserva sempre un certo numero di piante e non si parte da un solo seme si avvera questo fatto che le varie piante conservano sempre, sia pure allo stato latente, un certo numero di caratteri atavici, derivanti dalla loro essenza di ibrido, per cui alla prima circostanza detti caratteri entrano in giuoco e molto spesso col danno dell’agricoltore, giacchè sono appunto le forme più rustiche quelle che meglio si conservano, mentre tutti i raffinamenti del- l’arte della selezione tendono sempre a sfuggire specialmente quan- do contrastano con le condizioni ambientali. Le predette considerazioni mi fanno ancora spiegare perchè gli ibridi che si vanno oggi facendo artificialmente dei cotoni non: 119 abbiano fin ora dato buoni risultati. Giacchè è noto che al secon- do anno od al massimo al terzo, l’ibrido formato degenera nelle for- me progenitrici, di modo che il connubio risulta semplicemente superficiale e non duraturo. Anche per questo fattore di acclimazione, la ibridazione, sarà necessario prima di metterlo in pratica di attendere che la sele- zione genealogica abbia fatto rifare agli attuali cotoni la strada in- versa, ritornandoli ai tipi puri, con tutte le loro caratteristiche. e noi confrontiamo per esempio una pianta di girasole colti- vata in Sicilia ed .una della stessa ‘specie coltivata in Toscana, po- tremo trovare una differenza nella statura, ma il botanico identi- ficherà che entrambe appartengono alla stessa specie, e quindi che i caratteri morfologici si sono mantenuti costanti. a per una stessa massa di seme di cotone coltivato parte in Sicilia e parte nelle Puglie, per esempio, si otterranno due diverse qualità, due diversi tipi, tali che indurranno nella classificazione diversa dei due prodotti, non solo al punto di vista commerciale ma anche da quello botanico. E’ necessario quindi, a mio parere, ove si voglia indirizzare la cotonicultura in modo re verso una razionale meta, di raggiungere, fra gli altri scopi: 1° LA FORMAZIONE DI RAZZE PURE, applicando il metodo di selezione genealogico. Il numero di razze potrebbe essere de- terminato dai principali fattori climatici: numero di calorie, ve- locità dei venti, condizioni igroscopiche e di irrigabilità, ecc., che por- terebbero, rispettivamente, alla formazione di tipi più o meno pre- coci o resistenti al vento ted alla siccità, ecc. 2° LA SUCCESSIVA FORMAZIONE DI IBRIDI, allo scopo di abbinare le caratteristiche dei tipi puri, onde avere, a mo’ d’e- sempio, una razza che resistesse alla siccità ed al vento. LA CONSEGUENTE SELEZIONE con la scelta del più forte, onde evitare le malattie ed accrescere il prodotto. Al propo- sito mi piace di confermare ancora una volta come il miglior mo- do di difendere il cotone dalle malattie sia quello di irrobustire la elenchi sempre più numerosi delle malattie cui è sottoposto il co- tone, quasi mai indicandone i rimedi. Tutte cose che non interes- sano l’agricoltore, cui più che la diagnosi preme la cura: poco im- porta sapere il nome di un parassita, quando non si sappia il modo di combatterlo. E le curiosità della scienza sono in tal caso in contrasto con la pratica, 120: La scelta del più forte sarebbe compito dell’agricoltore; lavo- ro semplice, agevole che non domanda spese speciali. La purifica- zione delle razze e loro ibridazione (1) dovrebbe riguardare invece adatti istituti e potrebb’essere appunto uno degli scopi cui dovrebbe mirare quella Stazione di cotonicultura che da tanto tempo si sa- rebbe dovuto istituire in Sicilia. ormate le razze pure ed assegnati loro i nomi srscifici ver- rebbe di conseguenza la nomenclatura degli ibridi con la unione dei nomi delle forme progenitrici, ovviandosi in tal modo a quel caos terminologico che impera atttalmente sulla denominazione delle infinite forme di cotone. Studio delle proprietà tecniche delle fibre, dei concimi, delle malattie, e rotazioni. E’ noto che il maggior valore di un Cotone è dato dalle pro- prietà tecniche delle sue fibre, ma 6 altrettanto noto come esse siano trascurate o sconosciute dagli agricoltori, pur entrando nel dominio di quei caratteri modificabili, che appunto perciò, devono essere oggetto di studi attenti, onde svelarne le leggi che regolano le loro modificazioni in rapporto all'ambiente, al clima, alla cul- . tura. E’ necessario quindi lo studio dei caratteri che influiscono sul e commerciale delle fibre, epperò sarà d’uopo esaminare : . Le variazioni nella lunghezza delle fibre d’una stessa ui i 2°. Le variazioni nella lunghezza delle fibre d’uno stesso seme. LE 3°. Le variazioni di diametro delle fibre nella stessa cassula. 4°. Le variazioni di diametro delle fibre nello stesso seme. 5°. La omogeneità della fibra nella sua struttura intima. 6°. La superficie di rottura (che, dalla forma, può darci una buona indicazione della rstranato più o meno completa della fibra ls, . La tenacità e la elasticità delle fibre. (1) Sarebbe errore il Riina che ibridare tipi\puri, due a due, varrebbe ritornare nelle attuali condizioni, giacchè i cotoni coltivati sono ibridi multipli, non st ma non si conosce quali siano le for- me progenitrici, (121 8°. Il colore e la lucentezza delle fibre. Siccome tali caratteri p-ssono modificarsi e quindi migliorarsi con adatte concimazioni ovvero con la selezione, riesce evidente la utilità di tali osservazioni, che non si può chiedere certo sia- no fatte dagli agricoltori che, generalmente, sono modesti con- . tadini. Soltanto in questo modo sarà possibile la scelta di concimi opportuni, giacchè di solito, l’agricoltore si lascia guidare soltanto dall’ aspetto esteriore della vegetazione e trascura gli effetti sul valore commerciale del prodotto, appunto perchè questo non è con- trollabile facilmente. Così, per esempio, egli preferirà la concimazione azotata, per- chè, dando più rigoglio di vegetazione, rende l’illusione di una piantagione ottima; ma se egli sapesse che appunto l'eccesso di azoto protrae la maturazione del prodotto, e lo rende impuro, di- minuendone il tornaconto, non esiterebbe a risparmiare le spese e i dann luglio lo studio dei concimi, riflettendo gli effetti su tutta la vegetazione, potrebbe venire in sussidio della terapia vegetale, in modo veramente razionale, ossia prevedendo le malattie col ren- dere robusta la pianta. E forse questo è l’unico rimedio per tutti i | mali del cotone. L’esperienza insegni : là dove per molti anni si coltiva continuamente cotone, senza ch’esso faccia parte di alcuna rotazione agraria, di modo che il terreno esaurisce le sue forze fertilizzanti, noi lo vediamo attaccato da numerosi parassiti, fra le diverse centinaia, mentre dove la cultura non é continua le ma- lattie si riscontrano raramente. osì pure, per alcune sofferenze, come la comune pece, credo possa giovare una energica zappettatura 0, potendo, una buona irrigazione. In alcuni casi ho potuto appunto conoscere il vantaggio di un simile trattamento, il cui effetto è quasi immediato, pur se- guitando a permanere la causa del male, che è appunto la nebbia o il terreno troppo umido e poco permeabile. Tanto ho detto per accennare ad alcuni degli scopi cui dovreb- | be mirare la Stazione, certo però che, con lo estendersi delle cul- ture, si renderebbe necessario un più efficace intervento di tecnici, sia per la ricerca di terreni che, con qualche correttivo, si adat- tassero a culture di cotone, sia ancora dei rimedii, direi profilat- tici, da consigliarsi, onde evitare le infezioni. Sempre allo scopo di rafforzare le piante di cotone, sarà neces- saria la ricerca di adatte rotazioni agrarie, le quali giovino ‘in qualche modo sia sul rendimento complessivo, sia sul miglioramen- 122 to del prodotto nelle sue qualità tecniche e ancora come mezzo per combattere alcuni parassiti e specialmente quelli che, infettan- do il terreno, non se ne allontanano se non con l’uso di rotazioni complesse. Prodotti accessori e studio dei relativi progetti industriali Il miglioramento della produttività e qualità del prodotto non è sufficiente a dare la massima estensione alle coltivazioni di Co- tone: è necessario che il valore del prodotto non sia rappresentato dalle sole fibre, ma ancora si cerchi di utilizzare i fusti (che se non altro serviranno a pagare le spese di estirpazione), le radici (che in farmacia trovano largo smercio), i semi, specialmente que- sti, dai quali l’agricoltore dell’ America può ricavare tutte le spese di cultura e quindi per esso il raccolto di cotone in bioccoli rap- presenta un utile netto. Il cotone che attualmente si coltiva in Sicilia è, per esem- pio, disadatto alla estrazione dell’olio, e quindi della farina (icui panelli sono tanto ricercati), delle bucce, ecc., perchè esso, dopo la sgranatura, conserva ancora tale quantità di peluria, aderente . al tegumento , che oppone insormontabile ostacolo alla estrazione ora se, per citare un esempio, vi fosse una Stazione di coto- zicultura dove l’agricoltore potesse chiedere consigli, sarebbe fa- cile far conoscere che in America, in Germania, ecc. si costrui- scono speciali macchine, dette Linter, le quali servono appunto a questo scopo. Esse ripuliscono il seme completamente di modo che, con l’impianto di mulini per olio, sarà facile utilizzare il seme accrescendone il valore e quindi aumentando il tornaconto del co- tonicultore. Una Linter che lavori 7 quintali di seme al giorno non costa più di 2200 lire, posta in Italia, ed il suo funziona- mento viene pagato dal ricavato in fibre dl 6%), le quali vengo- no utilizzate per la fabbricazione della carta. È vero sì che i seme viene a perdere il 6°/, dal suo peso, ma aumenta il 25 °/o del suo valore, epperò l’utile definitivo di tali impianti è di oltre il 19 °| sul prezzo del seme. i Lo stesso può dirsi per le sgranatrici. Attualmente noi ab- biamo sgranatrici a Sciacca e a Terranova. Esse lavorano tutto il prodotto siciliano, facendone pagare la sgranatura L. 10 per ogni quintale, mentre la spesa reale non supera L. 1 al quintale. 123 È una industria, che ha certo bisogno del suo guadagno, ma, organizzata come è attualmente, mi sembra un ostacolo alla dif- fusione della cotonicultura. è le stesse sgranatrici rispondono alle esigenze moderne, poichè strappano la fibra e quindi ne diminuiscono la lunghezza. Cosa questa che influisce notevolmente sul valore del prodotto. Una sgranatrice a mano, con 12 seghe, lavora circa 1 quin- tale al giorno, e non costa che 350 lire, spesa che potrebbe es- sere sostenuta dal cotonicultore. Così, possedendo ognuno la pro- pria sgranatrice si andrebbe incontro a risparmi notevoli, non solo delle L. 10 per quintale, ma, ed è quel che più interessa, di tut- te le spese di doppio trasporto, fra magazzino e sgranatrice, e di mediazione, ecc. er mostrare la importanza di una simile innovazione credo meglio d’ ogni altro di elencare le spese cui è sottoposto 1 can- taro (1) di cotone prima di essere venduto : Mediazione . i i ; é . L. 0,40 Trasporto alla sgranatura ; ; ; < ‘30,90 Sgranatura ; ; . »10,00 Trasporto dai: magazzino e; pressa 3 È +.» 076 Diritto di consegna al magazziniere i i . » 0,50 Spese per pressa . E F * i i . » 0,65 Tela per imballare PSE : E ci ya Corda per legare le balle i bea ; . o» 0,26 Trasporto dalla pressa al magazzino i ; + ®-0,10) Trasporto bordo . é P î i 1, Assistenza imbarco . i ‘ i È . . » 0,40 Tara Kg. 1,200 circa. ò ì ; «4» 2,00 Totale L.16.40° Se invece il cotonicultore possedesse la sua sgranatrice (2) e- gli andrebbe incontro alle aa spese per cantaro : Sgranatura . : È 1.00 Trasporto alla I, s : i «i. > Db Diritto di consegna del again | i . » 0.50. Spese per pressa . CIS Tela e corda . i ; ; A Lu {i SL Ka Un cantaro, misura siciliana, è 110 rotoli. Ogni rotolo è 800 a legni dati ebbi a conoscere enne mia permanenza a Terranova. 124 Trasporto imbarco bordo e assistenza . .. —. ‘> 0.80 Tara : i : . i : : #00 ? Se si considera che un cantaro di cotone rende all’agricoltore circa 40 lire, riesce evidente il significato di una economia di quasi 10 lire, ossia un aumento nel tornaconto del 25%. E tutto ciò, senza calcolare l'aumento di produzione e di valore che la Stazio- ne riuscirebbe ad ottenere, con l’impianto dei campi dimostrativi Le stesse considerazioni valgono per la industria dell’olio di cotone. Essa non ha attecchito non solo per la tassa interna di fab- bricazione, non solo per la mancanza di Linters, ma anche per- ché il problema non è stato posto in modo conveniente 0 per lo meno non ha richiamato l’attenzione dei capitalisti. La cotonicultura e le industrie derivate sono da paragonarsi agli anelli di una catena, che si sorreggono l’un l’altro: ‘basta‘che uno solo venga a mancare per depreziare l’intiero, epperò è neces- sario di coordinare l’agricoltura con le industrie, perchè entrambe se. ne avvantaggino notevolmente. Così sarà possibile vincere la concorrenza, sia per la materia prima che per i manufatti, per i quali si avrebbe una immediata utilità, a parte ogni altra consi- derazione, con la soppressione delle imposte doganali. IMITA Regioni potenzialmente cotonifere. Scopo. ‘non ultimo della Stasi: dovrebbe essere quello di studiare ed accertare in quali regioni fosse possibile anda la agg ie fuori della Madre Patria. ibia, ad esempio, è una Colonia della quad poco ho in- teso parlare quanto alla possibilità di coltivarvi cotoni, forse per- ché, mi consta, che alcuni tentativi fatti non vi abbiano attecchi- to. Non certo per caùsa del terreno o del clima, ma per ignoran- za di coloro che ne hanno: scelto i tipi fra quelli erbacei, a svi- luppo scarso nel sistema radicale. Tuttavia qua e là si trovano. piante abbandonate, con numerosi rami laterali, veri tronchi, le cui radici si approfondano: oltre due ‘metri nel suolo. a, se appena si ponga mente ‘ad alcune considerazioni di fatto, il problema della cotonicultura in Libia prende un aspetto tutt’affatto differente. Il clima della Tripolitania, in confronto con quello siciliano presenta delle caratteristiche, che, nei riguardi della cotonicultura sì possono riassumere nel seguente modo : 1° Una maggiore durata di giorni caldi. 2° Una maggiore elevazione della temperatura. 3° Un’atmosfera più umida, specialmente durante le ore della notte. Queste tre condizioni evidentemente mettono le terre libiche in posizione avvantaggiata di fronte alle terre siciliane, quanto alla cotonicultura, giacchè per la maggior durata del periodo di caldo sarà possibile coltivare razze meno precoci di quanto si è costretti a fare col clima siciliano, dando così la preferenza a quel- le più produttive e di fire più pregiate. La elevata temperatura durante il giorno e la umidità notturna sono le condizioni di clima per eccellenza ottimi a riguardo della cotonicultura, specialmente là dove manca l’acqua di irrigazione e le piogge scarseggiano. A queste tre condizioni favorevoli per la Libia si oppone però una contraria: cioè la minore quantità di pioggia, senza conside- rare che essa viene a cadere in un periodo di tempo ristretto a poche settimane, al quale seguono molti mesi di siccità. Tale condizione compromette realinente, a mio parere, la ger- minazione del seme ed in seguito anche la vita della pianta, giac- chè, come è noto, il cotone erbaceo ha accrescimento assai lento per cui le radici per alcuni mesi stanno a fior di terra e solo quan- ‘ do le piante hanno raggiunto i 20 - 25 centimetri la radice si sarà approfondita di circa altrettanto, per non oltrepassare mai i 40 centimetri. Questa considerazione è della maggiore importanza al ar- do della adattabilità delle terre libiche non irrigue alla coltivazione del cotone, salvo che non si ricorra alla escavazione di pozzi, alla sistemazione del terreno per la relativa irrigazione, allo impianto i macchinari, che pretendono sempre la esistenza della grande coltura, se. nen sì vuole ammortizzare un ingente capitale. a ren- 0. Il cotone arboreo ha inveceuna lunga durata, onde le spese d’impianto, una volta fatte, non si debbono più ripetere per un periodo di anni abbastanza lungo. Ciò rappresenta una economia non indifferente, pur non con- siderando che in tal modo sarà possibile alla stessa famiglia colo- nica di coltivare una maggiore estensione di terreno. Il cotone arboreo rappresenta inoltre una economia dal punto di vista dei lavori agricoli : le sarchiature che debbonsi ripetere tanto frequentemente nei cotoni erbacei, a lento accrescimento pos- sono ridursi in numero nello impianto della cultura arborea e tra- scurarsi completamente appena le piante, in pochi mesi, | avranno 126 raggiunto l’altezza di un metro. Allora la pianta del cotone si è rinforzata e non teme più la concorrenza delle erbe che crescono al suo lato. Il cotone arboreo, è molto più produttivo di quello erbaceo. Del Caravonica Wool, per esempio, è possibile raccogliere ben più di 25 quintali di prodotto per ettara, quando esso, come vedremo, giunge a completata maturazione. Detto prodotto ha inoltre eccel- lenti proprietà tecniche, fibre bianco - sericee, lunghe mm. 45 a che vengono quotate oltre 350 lire quintale, mentre i cotoni a fi- bre più corte, come quelli coltivati in Sicilia, non oltrepassano le 140 lire quintale con una media di produttività per ettaro di quin- tali 8-9. Il cotone arboreo ha un sistema radicale molto profondo. — Il rapido accrescimento e la profondità di oltre m. 1,50 alla quale giungono le radici, permette a questa pianta di andare a trovare quell’acqua esistente nel sottosuolo senza lo impianto di alcuna pom- . pa, sempre quando, come ho premesso, si tratti di terreni che a detta profondità presentino uno strato umido. E di tali terreni abbiamo grandi estensioni in Cirenaica ed in Tripolitania. n tal modo si economizzerebbe anche nei lavori di sistema- zione del terreno, indispensabili quando si voglia eseguire una cultura irrigua, raggiungendo egualmente lo scopo di dare alla pianta del cotone quella quantità di acque che necessita al suo sviluppo completo oltre la sità alla quale giunge la radice stabilisce la pianta al terreno in modo più solido per cui è prevista anche una ‘maggiore resistenza al vento, ad un fattore cioè della maggiore. importanza in una regione come quella considerata. Io ho più volte espressa la mia poca simpatia per il cotone Caravonica in Sicilia e sembrerebbe strana la preferenza di oggi a chi non consideri le condizioni di clima della Libia. Il cotone Caravonica, di fatto, ha un periodo di vegetazione troppo lungo per il clima siciliano, e quindi il raccolto, anche nelle migliori annate, non può farsi prima-dell’ottobre, ossia quan- do l’inizio delle pioggie guasta il prodotto, sia bagnandolo, sia parzialmente facendolo cadere a terra. Ora il cotone sporco o ba- gnato perde quasi tutto il suo valore, perchè alla sgranatura si rompe, come avviene di tutte le fibre immature. Ma per la Libia le cose stanno diversamente: la maggiore durata della stagione calda permette un limite più esteso nella u-. tilizzazione del prodotto, inoltre la maggiore temperatura ossia il maggior numero di calorie, la intensità della luce assai più forte, ‘ 127 dovranno certamente dare a questa pianta una precocità che non ha nei nostri terreni e quindi il raccolto sarà completato prima del periodo delle pioggie. Resta a risolvere il problema della semina. Essa offrirebbe gli stessi pericoli per i cotoni arborei, se non fosse possibile ri- correre ad un espediente il cui risultato è della maggiore sicurez- za. L'impianto cioè di un vivaio irriguo, o semplicemente innaf- fiabile a mano. Il seme potrebbe ‘essere affidato al terreno verso la fine del febbraio, a fine marzo il trapianto in sito darebbe la mag- giore assicurazione di aver posto le piante nella condizione di com- pletare lo sviluppo. Da quanto ho detto emerge la atilità di una Stazione di coto- nicultura anche fuori dei confini della Madre Patria. Certo che, nel progetto modestissimo ch’io sto per formulare, lo svolgersi di tante attività costituirebbe uno sforzo inadeguato; ma non impos- sibile, specialmente quando si sappiano utilizzare tutti i mezzi di cui può disporre una Istituzione governativa. Quanto ho detto relativamente ad un esempio per la Libia, potrebbe ripetersi in altre circostanze per la Somalia italiana, seb- bène, data la distanza e quindi le spese di viaggio alquanto in- genti, tale parte del programma dovrebbe rappresentare una spe- ranza per l’avvenire, quando accreditatasi presso il Governo una simile istituzione fosse possibile disporre di più ampi mezzi finanziari. CAMPI DIMOSTRA TIVI Alla Stazione, come ho detto, dovrebbero essere annessi dei campi, da istituirsi presso i privati, non allo scopo di fare espe- rimenti, ma esclusivamente per diffondere i risultati ottenuti nei campi sperimentali. Agli agricoltori bisogna mostrar fatti e non parole e i fatti si ottengono dopo l’ esperimento, pratica e non teoria e la pratica non si insegna con le conterenze o le pubblica- zioni, ma con l’esempio. Un solo campo che vada bene riesce più efficace ai fini della propaganda che molte prove delle quali fallisca magari una sola. L'attività dei campi dimostrativi si dovrebbe esplicare in senso puramente pratico e senza alcuna pretesa. Essa potrebbe riassumersi nei seguenti scopi, che sono ap- punto quelli che maggiormente interessano l’agricoltore. La cultura razionale. Troppo lungo sarebbe l’esporre quanto dovrebbe svolgere una Stazione di Cotonicultura in Sicilia, epperò rimando al Capitolo V, la cultura propriamente detta, della mia Guida pratica per la coltivazione del cotone. Poichè, tanto in Sicilia, dove la cultura esiste, tanto dove il Cotone dovrebbe essere introdotto, si tratta sempre di dover dif- fondere, sfortunatamente, le più elementari norme di una cultura razionale : la preparazione del terreno, la semina, le sarchiature e gli strumenti agricoli più adatti, la cimatura, il raccolto , il mo- do di apprezzarne il valore commerciale, ecc., sono tutte pratiche non meno interessanti di quelle per una opportuna correzione del terreno, sia con l'applicazione di concimi, o con la scelta di adatti aratri, 0 coi lavori di drenaggio, ovvero ancora con l’applicazione di quel sistema che impropriamente è detto americano, il dry far- ming, e che spesse volte dà risultati veramente eccellenti. Bisogna insegnare passo a passo il modo di coltivare il cotone e questo sì può raggiungere solo con una assistenza continua. L’agricoltore dovrebbe avere il seme già sperimentalmente trovato adatto ai terreni nei quali dovrà coltivarlo, senza dubbio ‘ nella riuscita, salvo, s’intende, si avverino stagioni eccezional- mente avverse. L'esperienza fatta mi autorizza ad insistere sempre su questo concetto. Di fatto fin da quando, or son cinque anni, fui incari- cato dalla Direzione del Giardino Coloniale di Palermo di iniziare esperimenti e propaganda di cotonicultura, fu mio primo pensiero quello di coltivare a Palermo, nei terreni del'Giardino, uva gran quantità di differenti razze di cotone, ben 108, onde eliminare su- bito quelle che non rispondevano agli scopi prefissi e dovetti così soffermare la mia attenzione su due tipi principalmente, l’egiziano @ l’americano Mississipì, come quelli che meglio risponde- vano alle esigenze del clima siciliano. o dopo il secondo anno di esperimenti credetti opportuno di vi questi due tipi nei campi privati: il primo per terreni asciutti, il secondo per terre fresche e leggere: l’uno a periodo di vegetazione marzo - novembre, l’altro marzo - ottobre. Da allora, in successive escursioni, potei stabilire ben 62 campi sparsi per l'Isola, ma sia per la mancanza di mezzi opportuni, giacchè il mo- desto contributo del Ministero d’Agricoltura al Giardino Coloniale, appena 2000 lire l’anno, è assorbito dagli esperimenti, sia perchè le mie occupazioni per l'insegnamento di agricoltura coloniale, ei 129 miei doveri di assistente e di insegnante in questa Università non mi permettevano di allontanarmi spesso, sia ancora perchè sarei andato incontro a dispendi eccedenti le mie modeste forze, fui co- stretto a non estendere l’opera iniziata, che certamente sarebbe riuscita completamente allo scopo, se non vi si fossero opposte le condizioni predette. Allora proprio vagheggiavo nella mia mente la istituzione di una Stazione di Cotonicultura che, esentandomi da ogni altro la- voro, mi permettesse di dedicare ogni cura ed entusiasmo allo incremento di simile coltivazione, nella quale ho piena fede quanto ai risultati pratici. urante le escursioni fatte, nelle quali ho avuto occasione di conoscere a fondo i bisogni del cotonicultore siciliano, mi sono po- tuto convincere sempre più di quanto sia dannoso il richiedere dal modesto agricoltore una attività che, almeno pel momento, urta contro il più elementare senso di praticità, intendo dire una coo- perazione negli Studi sperimentali. Ricordo di aver avvicinato qualcuno a Vittoria, di coloro che furono invitati dall'Istituto Agricolo Coloniale di Firenze a fare esperimenti, e di averne inteso accettare con poco entusiasmo i metodi usati da questo Istituto, nello studio della cotonicultura. Di fatto esso ebbe ad inviare a ciascun agricoltore molti pacchetti di semi, contraddistinti da numeri e non con la desi- gnazione del nome, dando ogni istruzione per prelevare dati sperimentali in appositi quadri, pieni di moltissime domande, alle quali la massa degli agricoltori non poteva rispondere se non de- dicando tutto il suo tempo negli esperimenti, pur ammettendo che ne possedesse la necessaria attitudine. Questo lavoro, mi dicevano gli sgriolton non è adatto per noi: essi non potevano distrarsi troppo per segnare, pianta per pianta, il giorno della germinazione, della fioritura, il colore dei fiori, il numero dei rami, ecc.. ecc Il fatto dava ragione agli agricoltori: le numerose specie, 10 o 12 circa, affidate ad unico contadino, dinotavano l’ incertezza nella scelta, appunto perchè l’Istituto, non avendo compiuto studi sperimentali in Sicilia, doveva iniziarli ora, ma . . . . . non as- sieme agli agricoltori. Questo è stato il suo torto, che del resto più che dipendere da volontà di uomini è inerente alla sede dell’I- stituto. Il Cotone non è mai cresciuto nè potrà mai crescere sotto il cielo di Firenze, salvo che nelle serre. Ma in questo ambiente artificiale non si può parlare di culture, quando si Vota ricavare un qualsiasi risultato pratico. 130 Il programma da me esposto delimita certamente le linee ge- nerali di una. Stazione, senza entrare in dettagli che andrebbero certo a discapito della chiarezza e, ad ogni modo, fuori dei limiti propostimi nella presente pubblicazione conferma tuttavia della necessità di tale Istituzione , oltre alle considerazioni già fatte, esiste un voto emesso dal Consiglio Superiore dell'Agricoltura, inspirato appunto dai desideri espressi precedentemente di venire in aiuto cioè della diffusione della co- tonicultura. Questo voto ebbe però il torto di restare allo stato di deside- rio, forse perchè non vi fu alcuno che insistette notevolmente nel metterne in evidenza una opportuna attuazione. Nè certo starei oggi a scriverne io, se non mi ci trovassi spinto dalle insistenze di molti proprietari ed agricoltori , ed incoraggiato da persone auto- revoli e competenti. Pror. C. TROPEA sa, s nta AIN PISA AL Intorno ad un caso patologico di « Acaropsomi ». Fra le piante della Somalia italiana meridionale illustrate al- «cuni anni fa dal Prof. MarTEI (1) richiamava la mia attenzione una bella Convolvulacea, la Ipomoea Macalusoi, descritta dall’ Au- tore come specie nuova, la quale presentava nella pagina inferiore delle foglie delle minutissime formazioni glandulari in forma di punteggiature di color bruno (2). La detta specie, introdotta fin da quell’ epoca per mezzo di semi nel R. Giardino Botanico e Coloniale di Palermo e quivi largamente coltivata tanto all’ aperto che in serra, mi forniva co- ‘pioso materiale di studio intorno alle dette interessanti formazioni glandalari. Queste, distinguibili ad occhio nudo, ma meglio ancora con una ordinaria lente d’ ingrandimento, appaiono uniformemente distribuite sulla superficie inferiore delle foglie, ma tuttavia non molto fitte, potendosene contare non più che una dozzina nello. spazio di circa 1 em. quadrato. Più rade ancora vedonsi sulla | pagina superiore. Nelle foglie ancora giovani, in armonia alle mi- ; nori dimensioni ELA im siffatte punteggiature appariscono più | ravvicinate. é Sottoponendo una foglia adulta ad un debole ingrandimento a) Nel Boll. del R. Orto ntanisi e Giardino Goito di Pa- di lermo, anno VII, 1908, p. 85. (2) Vedi la damolilana della specie nell’Op. cit. p. 105. 132 del microscopio si rileva che le formazioni di cui LI è parola non sono che piccoli corpi d’ origine tricomatica, di forma rotonda od appena ellittica, sorgenti in fondo ad altrettante fossette scavate nell’epidermide fogliare. Anche i sepali presentano analoghe formazioni tanto sulla faccia esterna che su quella interna; in quest’ ultima regione però, anziché essere uniformemente distribuite, formano dei gruppi più o meno numerosi ciascuno dei quali giace entro una fossetta co- mune, assai più grande di aa fogliari e visibile nettamente ad occhio nudo. osservazione dei tricomi fogliari fatta su spellature sottopo- ste a conveniente ingrandimento rileva la loro costituzione pluri- cellulare, essendo ciascuno di essi formato da oltre 20 elementi, (Fig. 1); nelle sezioni trasversali tali cellule appaiono di forma al- lungata e disposte come le stecche di un ventaglio attorno ad una cellula basale comune (Fig. 2); talchè la forma complessiva che ha nello spazio l’intero tricoma ricorda quella di un bottone di orolo- gio. La cellula basale poggia su di un gruppo di 3-4 cellule del tessuto sottostante alquanto diverse dalle altre. na consimile organizzazione hanno anche i tricomi dei se- pali pe 3). Le membrane cellulari sono interamente cellulosiche e soltanto quelle esterne delle cellule periferiche e quelle superiori mostrano una leggera cuticola. La cellula basale, che fa parte dello strato epidermico sottostante, è priva di contenuto, mentre le cellule det; 133 tricomi hanno protoplasma abbondante e nuclei grossi. In mezzo a numerose granulazioni proteiche e terziarie spiccano per la loro ri- frangenza delle gocce di una materia grassa. In sezioni trasversali osservate a secco mi fu dato di osservare attorno al corpo del tricoma una sorta di aureola nebbiosa, eviden- temente dovuta a qualche liquido più o meno vischioso sfuggito dal tricoma stesso. Po'chè tale carattere compare nella osservazione in condizioni simili di tessuti nettariferi, ed é indizio della presenza di sostanze zuccherine, volli sottoporre dei pezzetti di foglia alla reazione di FEHLING, la quale diede assai chiaramente la conferma del carattere intravisto. Le prove poi eseguite con la stessa rea- zione su sole spellature della pagina inferiore delle foglie e l’uso del metudo di LiproRrss (1) assicurarono che la secrezione zucche- rina proveniva appunto dai tricomi. uesti dunque non sono che glandule nettarifere, ossia veri nettarii estranuziali, nei quali tuttavia manca lo spazio collettore del secrèto. Appartengono perciò al tipo delle glandule epider- miche ib descritte dal De Bary; infatti il nettare si raccoglie, allorchè il tricoma è interamente sviluppato, nello spazio compreso tra le pareti cellulari esterne e la cuticola, la quale fa equilibrio per un pò alla pressione del liquido che si accumula al disotto, ma poi si spezza e lascia in libertà il Fig. 3 nettare. Quest'ultimo, colando lungo le pareti esterne del tricoma, può raccogliersi nella foveola sottostanfe. Nella faccia interna dei sepali il maggior numero di siffatti tricomi ed il loro aggruppamento in grandi foveole comuni rende la funzione nettarifera assai più esaltata; quivi infatti, più che altrove, Je reazioni eseguite col liquido di FEHLING ma dal copioso precipitato rosso ottenuto una straordinaria abbond di materia zuccherina. Sulle foglie di alcuni esemplari della Ipomoea in discorso, col- tivati, per precauzione, dentro una serra erano state osservate fin dai primi tempi del loro sviluppo, delle piccole escrescenze carnose, bianche, delle quali viceversa non si vedeva traccia negli individui coltivati a piena aria. Il fatto, benchè notato con una certa curio- (1) Vedi in proposito: SrtRASBURGER, Botanische Practicum, 1902 pas 152. 134 sità, non fu oggetto di speciale considerazione e per un pezzo andò dimenticato. Essendosi però nel frattempo ottenuti nuovi individui dentro un’altra serra, sempre da semi originali, la ric»mparsa dello strano carattere anche nelle loro foglie destò il più vivo interesse, poichè non si poteva vedere, ad un esame superficiale, la ragione di siffatto comportamento degli individui tenuti in serra, mentre gli altri coltivati a piena aria seguitavano a non mostrar nulla di simile. Le notate escrescenze, in forma di piccole sferette o di baston- cini alti al più 1 mm. appaiono nella pagina inferiore delle foglie prodotte a mano a mano all’ apice dei rami dei detti esemplari. Per il loro aspetto carnoso, il colore bianco-latteo e per la loro suc- culenza ricordano nell’insieme certe formazioni destinate a servir di pasto alle formiche, note appunto col nome di fruttini da for- miche, delle quali sono stati descritti numerosi esempi in svariati vegetali. Un attento esame delle condizioni con le quali si presentano, però, e meglio ancora lo studio microscopico delle foglie, rivela ben presto il loro carattere di formazioni patologiche. Le foglie molto giovani sono affatto normali e così rimangono finchè raggiungono una certa grandezza. In seguito le descritte escrescenze cominciano ad apparire qua e là, sporadicamente, dap- prima molto piccole, poi più grandi e numerose. Infine il carattere si accentua assai più, le escrescenze raggiungono le dimensioni mas- sime e diventano fittissime al punto da coprire qualche volta l’in- tera superficie inferiore della foglia. Questa in tale stato si manifesta al tatto umidiccia per via dalla facilità con la quale le escrescenze si schiacciano al minimo urto, liberando il liquido di cui son turgide. Fino a questo punto le foglie così affette e tutt'ora piuttosto giovani non manifestano alcun segno di deperimento ; il colorito verde si mantiene cupo ed uniforme e sembra che per il resto esse funzionino regolarmente. Soltanto in sèguito, divenendo adulte, co- minciano ad impallidire, si formano qua e là sulla loro superficie delle chiazze gialle, i margini si accartocciano ed infine cadono del tutto secche al suolo. Esaminando più da vicino come procedono le cose con l’aiuto del microscopio si rileva che le escrescenze sono dovute all'opera di È piccoli acari del genere Laelaps (1) dei quali si trova una numerosa co- lonia fin nelle foglie molto giovani ed ancora del tutto normali. Quivi, come numerose e prolungate osservazioni poterono farmi stabilire, que- (1) Debbo alla cortesia del chiar.mo Prof. T. De Sreran: la de- terminazione della specie riscontrata: L. vepallidus, Kocn. A lui. i rinnovo qui i miei ringraziamenti. 155 sti animaletti assalgono i tricomi nettariferi che sono assai precoci nel raggiungere lo sviluppo completo, e producono con le loro punture piccole lesioni sulla cuticola, dalle quali geme immediatamente ; liquido zuccherino, tosto utilizzato dall’animale. Lo straterello cu- ticolare, così lacerato, finisce in seguito per dissolversi del tutto, forse attaccato da qualche fermento, e lascia il tricoma affatto nudo. Questo allora subisce una rapida ipertrofia che consiste dapprima in un allungamento dei suoi elementi cellulari nel. senso longitu- dinale (Fig. 4) e poscia in una segmentazione tumultuaria, dalla quale traggono origine in definitivo le escrescenze carnose. Allo i stato di completo sviluppo queste sono delle masse di cellule ampie, senza spazi intercellulari, con pareti delica- tissime, senza alcun differenziamento nello strato periferico e ricche tutte egualmente di un contenuto acquoso, in cui si agitano innumerevoli gra- nuli proteici e che tiene in sospen- sione delle grosse gocce di sostanze oleose. Alla costituzione di tali corpi cellulari prende anche parte un pò del tessuto fogliare sottostante al tri- coma (V. fig. 5). La fig. 6 rappre- Fig. 5 senta una sezione longitudinale di uno di tali corpi dopo trattamento con acqua di JAVELLE. Sottoposto il liquido raccolto direttamente da numerosi corpu- 136 scoli alla reazione di FEHLIXG si potè constatarne la evidente na- tura zuccherina dal copioso precipitato rosso ottenuto. elle foglie già abbondantemente provviste di siffatte forma- zioni si trovano, oltre alle forme adulte dell’acaro, anche le ninfe e le ova, depositate specialmente in vicinanza delle escrescenze stesse; il che fa ritenere che queste ultime possano servir di pasto alla discendenza dell’animale, dimostrandosi in ciò molto adatte, data la loro natura zuccherina e la loro ricchezza di contenuto alimen- tare. Per questa ragione e per l’insieme dei caratteri fin qui de- scritti, che ricordano in gran parte quelli delle formazioni da for- miche (perl-driisen, futtkòrper, food-bodies, ecc. degli Autori) le escritte escrescen - ze, sebbene si ri- feriscano ad un caso patologico, posso- no riguardarsi co- me analoghi corpu- stinati agli acari. siffatte formazioni, che chiama acaro- psomi , dice di non conoscersene Figo 0. tutt'ora alcun e- sempio nel regno dei vegetali, cosicché il presente in realtà sarebbe il primo ad essere descritto. Le larve dell’acaro effettivamente possono trarre profitto da tali corpuscoli dovuti all’opera dei genitori, poichè, come si è detto, essi sono molto adatti a servire loro di alimento ; però essi rimangono intatti e quasi normali soltanto per un certo tempo, giacché in séguito degenerano, diventando bruni e vizzi e dissec- cando infine completamente. Esaminati al microscopio in tale stato si trovano invasi da un fungo, il quale, sviluppandosi rapidamente 1) Ueber die Perldrissen des Weinstockes und anderer Pflanzen, negli Atti del Congresso Botanico Internazionale, 1892, pag. 9. invade in breve anche il resto della foglia ed è causa del suo de- perire e della sua caduta. Evidentemente le escrescenze, per il loro carattere ipertrofico sono facile preda del parassita, il quale trova in esse, grazie alla natura chimica del loro contenuto, un eccellente terreno di sviluppo. L’affievolita vitalità della parte poi in seguito all’ipertrofia permette al parassita di estendere la sua azione nefasta su l’intera foglia, che allora comincia a deperire e finisce poi per seccare del tutto. Il danno che pertanto deriva alla pianta non è dunque da im- putare direttamente all'opera sfruttatrice degli acari, come lo di- mostra il fatto già rilevato che le foglie anche abbondantemente coperte di acaropsomi non dànno segno di deperimento, bensi al- l’azione successiva del fungo. Certamente se si potesse escludere l’opera nefasta di quest’ultimo le foglie persisterebbero più a lungo, presentando quasi in maniera normale il carattere loro impartito dall’opera degli acari. Per altro non sembra che questi ultimi pos- sano opporsi al danno che deriva a loro ed alla loro discendenza, epperò anche alla pianta stessa dall’opera del parassita, così che l’utilità loro attribuita verso la pianta ospite, col considerarli quali benefici distruttori di germi e di parassiti, in questo caso non si palesa affatto (1). i può dunque concludere che le escrescenze fogliari degli. esemplari di Ipomoea Macalusoî coltivati in serra sono bensì un prodotto patologico proveniente da alterazioni dei tricomi nettari- feri, del quale tuttavia la pianta non risente direttamente danno. Il complesso dei caratteri chim'ci e morfologici fin qui descritti giustifica, ad onta della origine patologica, la loro interpretazione come corpuscoli alimentari destinati agli acari, ossia, accettando la denominazione del PENZIG, come acaropsomi. suprriuo infine accennare che nelle piante di Ipomoea te- nute a piena aria tali produzioni non compaiono, perchè quivi gli acari non resistono all’azione diretta degli agenti atmosferici Volendo trattare del probabile significato biologico del caso descritto è necessario premettere alcune considerazioni sulla fun- zione delle glandule nettarifere che si trovano sulle foglie della Ipomoea Macalusoi e sulla parte che gli animali, cui tali glandule sembrano destinate, esercitano nell'economia del vegetale Il caso di formazioni tricomatiche che segragano zucchero non (1) Vedi pag. 140. 138 è certamente raro nel regno vegetale, e quantunque tali organi si distinguano per caratteri morfologici dai nettari estranuziali pro- priamente detti, pure vanno compresi fra questi ultimi, riguardo alla loro funzione. È accertato che a causa delle secrezioni zucchérine tali organi richiamano sulle piante che ne sono provviste un gran numero di animaletti, per lo più formiche od altri insetti; e che la loro pre- ‘ senza sui vegetali non sia puramente accidentale, ma dovuta ap- punto al nettare dei nettari estranuziali, lo dimostrano innumere- voli osservazioni anche di antica data, le quali fanno fede che gli insetti od altri animaletti aecorrono su tali piante per trarre pro- fitto del nettare come cibo. Si è voluto ricercare quale ufficio possono èsercitare questi a- nimali, così attratti dalle piante, specialmente al riguardo del van- taggio di queste ultime; e specialmente per le formiche, si è ve- nuti ad importanti conclusioni, poichè si è potuto attribuire ad esse una funzione di protezione verso le piante che visitano, con- tro gli attacchi di altri animali nocivi, come bruchi, coleotteri, ecc. Sono troppo note a tal bropisio le idee di DeLPINO, di BeLT e di moltissimi altri Autori perchè metta conto di parlarne qui espressamente. Esse, mettendo in rilievo sopratutto l'utilità che le piante ricavano dalla presenza sul Joro corpo delle formiche, danno agli organi che servono ad attrarle, cioè ai nettari estranu- ziali o a simili formazioni un importantissimo significato biologico e dimostrano la diffusione e l’efticacia con la quale si compie per mezzo di tali organi la funzione mirmecofita specie in ir tropicali (1). Però, se i nettari estranuziali giovano realmente in tal modo indiretto alle piante che ne sono fornite, non è meno vero che essì -possono attrarre similmente anche animali nocivi o per lo me- no incapaci di giovare in alcun modo alle piante; le stesse formi- che anzi sono state riconosciute nefaste in molti casi, come ad es. ‘quando invadono i fiori e ne sfruttano i nettari destinati ai pro- nubi. Molto opportunamente il KERNER a tal proposito ritiene che i nettari estranuziali Peano anche servire a distrarre da (1) E impossibile, nè è del resto il caso, riferire tutta la ricca letteratura sull’ ani Vedi, per tutte, le classiche Memorie di DeLPINo « Funzione Mirmecofila nel Regno Vegetale, Volumi 1, II, III, nelle Pater della R. Accademia delle Scienze, serie IV, tomo VII, VII e X, Bologna, 1836, 1888, 1859. 139 quelli fiorali certi animaletti, tra i quali anche le formiche, che nessun giovamento ed anzi danno potrebbero recare alle piante (1). In realtà le ipotesi sostenute intorno all’ufficio esercitato da quelle specie di animaletti che sfruttano i nettari estranuziali o altre secrezioni vegetali, sono piuttosto numerose, nè qui é il caso di ricordarle tutte; ma ciò vale a dare una idea della difficoltà di stabilire un principio generale sulla pretesa funzione di utilità at- tribuita comunemente a tali animali verso le piante e che le que- stioni relative vanno piuttosto risolte con osservazioni accurate fatte caso per caso. Così, ad es. il RarHAY, nel 1879 (2) descrivendo dei tri- comi nettariferi in alcune specie di Melampyrum, in seguito a minuziose osservazioni dichiarava di non potere applicare al caso di quelle specie nè le idee delpiniane, nè le spiegazione del KER- NER, e di non aver potuto trovare il vero scopo cui servono in queste piante siffatte formazioni nettarifere. Ancora più problematico è il vantaggio che recano alle pian- te gli acari. Questi piccoli artropodi, como è noto, non soltanto vengono qualche volta attratti temporaneamente sui vegetali da secrezioni adatte al loro nutrimento, ma anche, e più spesso, si stabiliscono definitivamente sugli organi delle piante in determi- nati punti, dove trovano al tempo stesso cibo ed alloggio (acari filtobii). Sono piuttosto comuni gli esempi di piante abitate in sif- fatta guisa dagli acari e le produzioni morfologiche destinate ad albergarli (acarodomazi e simili) sembra che costituiscano in esse un carattere del tutto normale E° stato escluso, e con ragione, che gli acari possano rendere un servizio diretto alla pianta col fornirla di materiali mutritizii capaci di essere assorbiti, per mezzo dei loro escrementi. (3) In- 1) Die Schutzmittel der Bluthen gegen unberufene Giste, 2 Abfinze, pag. 56 e 57. Intorno all’azione nefasta delle formiche ver- sì le piante vedi fra l’altro: F. DeLpino: Sugli artropodi fillobi. (2) Ueber nectarabsondernde ode einiger Maluzipgriniziei in Sitzb. der K.. Akad. der Wissensc h., B. LIA I Abth., aos :3) Vedi, ad es. Ross H. : Sugli domazi di nelle Qontribuzioni alla Biologia Vegetale, Vol 1, Palermo, 1893, . pag. 10; O. PenziG e C. CniasrerA: Contributo alla conoscen- za delle piante acarofile, in Malpighia, anno XVII, Vol. XVII, 1908 pag. 41; B. RoccuettI: Ricerche sugli acarodomazi, nelle Con- tribuz. alla Biol. sega Vol. IV, fasc. hi 1905, Palermo, ecc. ecc. 140 nanzi tutto, nei casi piuttosto rari di assorbimento da parte degli organi aerei dei vegetali si riscontrano sempre modificazioni tali da permettere siffatta tunzione accessoria, come mancanza di cuti- cola e sottigliezza delle membrane cellulari, ecc. mentre fin’ora nulla di simile si è mai riscontrato nelle regioni fogliari abitate dagli acari. i Il LuxpsTtROEM (1) ritiene che il beneticio degli acari verso la pianta che abitano possa consistere nella ripulitura delle foglie dalle materie ingombranti o nocive, come spore di parassiti, delle quali gli acari sarebbero efficaci consumatori. L’ipotes', assai geniale, è tuttavia contradetta da numerosi fatti, non ultimo quel- lo che gli acari stessi sono produttori di materie inutili e dan- nose, giacchè i loro escrementi, che, come si è detto, non posso- no essere assorbiti dalle foglie, richiamano, imputridendo , su queste, numerosi germi e batteri, certamente nocivi. Non mancano d’altra parte osservazioni nelle quali siffatto preteso ufficio ripuli- tore degli acari non si palesa sita il caso poi della Ipomoea Macalusoi da me descritto, come si è visto, pur non potendosi a- scrivere ad acarofilia propriamente detta, non conforta neppure la ipotesi del LunpsTROEM giacché gli acari che ne popolano le foglie, sulle quali determinano la comparsa di un carattere di in- discutibile loro utilità diretta ed indiretta, son si dimostrano ca- paci di evitare la distruzione dell’opera loro ed il conseguente danno della pianta da parte di un fungo! are dunque in ogni caso assai problematico il vantaggio che siffatti animaletti recano alle piante che li accolgono; mentre in verità, la precipua natura dei rapporti tra Animali e Piante consiste essenzialmente in un vero e proprio parassitismo dei pri- | mi rispetto alle seconde, voluto ciò dalla imprescrittibile condizio- ne naturale degli uni, i quali, per provvedere alla conservazione individuale debbono necessariamente esercitare un’azione di conti- nuo sfruttamento dei prodotti delle altre. Per tal modo gli ani-. mali riescono senza dubbio degli efficaci fattori di modificazioni e deformazioni del corpo vegetale, ed il BeccaRI (2) ben a ra- attribuisce loro la stessa influenza modificatrice sulle piante o sui loro singoli organi di quanto si ammette ne abbiano gli agenti fi- sici dell'ambiente, quali l'umidità, il calore, la luce ecc. L’opera (1) Prlanzenbiologische Studien. II Die Anpassungen der Pflan- zen an Thiere, Upsala 1887, in Nova Acta Reg. Soc. Sc., Upsala, serie III (2) O. Beccari: Malesia, Vol. II, Genova, 1884, pag. 60. ‘ i 141 degli animali può dunque spiegare l’origine di certi caratteri, al- trimenti inesplicabili, che si riscontrano sui vegetali, ed in questo ordine di idee rientra appunto la genesi di svariate formazioni ve- getali, quali, per es., gli organi formicarii, le galle, gli acarodo- mazii, ecc. Il BECCARI, a proposito dei nettari estranuziali ammette che in origine le formiche avventandosi violentemente sugli orga- ni vegetali, specie in punti dove si hanno speciali accumulazioni di sostanze zuccherine, abbiano ivi determinato delle lesioni; in séguito, in causa della selezione, la produzione zuccherina potrà essere andata'aumentando e la trasudazione delle parti ripetuta- mente lese essersi resa ereditaria, dando origine all’accumulamen- to del nèttare in organi speciali (1) Questa ipotesi. semplice e chiara ed in perfetta armonia coi fatti che ci è dato di osservare, non è tuttavia accettata dal DELPINO (2), il quale propende a ritenere inesplicabile l'origine dei nettari estranuziali. Le sue obbiezioni però, non sostanziali, riguardano piuttosto la difficoltà che si palesa nell’applicazione della teoria beccariana ai casi di nettari estranuziali assai bene organizzati, date le imperfette conoscenze, che si hanno anche tutt’ ora, sulla storia del loro sviluppo. Egli stesso poi, invocando delle cause intrinseche per spie- garne l’origine, e prima fra esse la infinita plasticità del tessuto vegetale, rende in qualche modo ragione del perchè tali organi possano raggiungere talvolta meravigliose e complicate strutture, pur avendo una origine quasi accidentale. Una questione simile si dibatte anche intorno alla origine de- gli acarodomazii. Sono essi organi automorfici o metamorfici o pro- duzioni di carattere patologico? Il DeLPINO li considera quali nettari estranuziali metamorfizzati ; ma PENZIG e CHIABRERA, Ross ed altri pur riconoscendo che in qualche caso possano avere siffatta origine, ritengono che nella generalità dei casi la genesi loro debba essere diversa. Il LUNDSTROEM (3), con osservazioni ed esperienze dirette ha potuto concludere che tali organi debbono lo loro origine all’azio- ne diretta degli acari, ma che possono una volta formatisi conser- varsi e riprodursi per forza di eredità. La questione merita certa- mente maggiori lumi perchè non mancano osservazioni contradit- . (1) Op. cit., pagg. 29-80. (2) Funzione mirmecofila, ecc. Vol. III, pag. 20. (3) Op. cit. 142 torie, tra le quali la inconstante presenza o addirittura la man- canza di siffatti organi in individui di una stessa specie di rico- nosciuta acarofilia, o magari nei vari organi di uno stesso indivi- duo. D'altra parte si dànno dei vegetali provvisti di formazioni simili ad acarodomazi e che viceversa non albergano alcun ani- maletto. E da ritenere però come assai probabile che gli acari stessi contribuiscano attivamente alla produzione del carattere o semplicemente alla sua accentuazione, dato che esso possa ormai apparire anche spontaneamente, per atavismo, concorrendo così alla sua fissazione attraverso le generazioni. Il caso patologico di acaropsomi da me descritto nella Zpomoea Macalusoi pone sul tappeto una questione simile al riguardo della origine di certi altri piccoli organi vegetali ricercati dalle formiche quali sono i così detti fruttini o corpuscoli da formiche o. mir- mecopsomi, come li chiama il PENZIG. La detta specie di Ipomoea per i suoi caratteri rientra senza dubbio nel novero delle piante mirmecofile. E’ mio debito però avvertire che non ho elementi sufficienti per attribuire a questa designazione della pianta il significato della funzione protettiva del concetto delpiniano. E’ certo che nel paese di origine essa può attrarre coi suoi tricomi nettariferi le formiche, e trarre, forse, dalla presenza di questi insetti sui suoi organi, un qualche van- taggio per la sua conservazione individuale; ma su ciò nulla posso dire con certezza, non avendo notizia di osservazioni in tal senso fatte nel luogo di origine, nè potendo le piante acclimate nel Giar- dino di Palermo costituire materiale adatto a simili osservazioni. Checché ne sia dunque della funzione mirmecofila in questa pianta, il caso degli acaropsomi degli esemplari coltivati in serra, fa rite- nere che anche i fruttini da formiche possano avere una analoga natura originaria patologica, ammettendo naturalmente l’opera di animali differenti dagli acari e probabilmente quella delle stesse formiche. Nel caso descritto, gli acari, attratti sulle foglie della Ipomoea dalla presenza di un cibo abbondante e facilmente ac- cessibile, hanno prodotto sulle foglie stesse con la loro opera atti- va modificazioni ee novo per vantaggio della loro discendenza ; parimenti, seguendo i concetti del BeccaRI, dianzi esposti a pro- posito dei nettari estranuziali, si può ritenere che le formiche at- tratte in origine sui vegetali dalla presenza di speciali accumuli di sostanze zuccherine o proteiche o grasse o comunque adatte al lo- ro nutrimento, avranno prodotto mediante punture e luceratara; delle ipertrofie, resesi in séguito ereditarie. A maggior conforto di siffatta interpretazione è da accennare 145 che lo stesso DELPINO (1) rigettando l’ipotesi del BECCARI sul- l’origine dei nettari estranuziali, ritiene appunto che le punture degli insetti possano produrre delle ipertrofie, le quali, benchè egli non lo ammetta, sono senza dubbio suscettibili, in sèguito al- l’azione prolungata della stessa causa formativa, di comparire poi anche spontaneamente, come carattere ereditario. i n molti casi dove la presenza dei corpuscoli da formiche ap- pare del tutto normale e costante siffatto processo Lira do- vette verificarsi in epoca piuttosto remota. lia spiegazione della natura originaria di queste formazioni vegetali, come a quella dei nettari estranuziali, degli acarodomazi, delle galle, ecc. basta dunque, come si è visto, soltanto la consi- derazione dell’azione esercitata originariamente da corrispondenti animaletti sui tessuti eminentemente plastici dei vegetali; nè nella ricerca di tale origine è assolutamente necessario introdurre il con- cetto dello scopo utilitario da parte della pianta, non potendosi mai stabilire a priori quale parte spetti agli animali nella funzione della conservazione della specie vegetale. E’ bensì vero, come nu- merosi lavori di illustri Biologi fanno fede, che le formiche rie- scono, per le loro attitudini sp: ciali, per i loro istinti bellicosi e per la loro meravigliosa organizzazione sociale, delle efficaci pro- tettrici delle specie vegetali, sulle quali soggiornano temporanea- mente o definitivamente (piante a nettari e a fruttini e piante for micarie), talchè facendo adesione alle idee primi-ramnte esposte d ELPINO, si può parlare realmente di una funzione mirmeco- fila, duacialttenio in piante di paesi tropicali; ma è certamente erroneo il concetto, pur tanto diffuso tra taluni Biologi, che gli or- gani, per i quali questi insetti accorrono sulle piante e che per tal modo riescono indirettamente utili a queste. vengano prodotti « spon- taneamente » dalle piante stesse, quasi che queste fossero «conscie» della utilità che ne dovranno ricavare. A rigor di fatti si può conclu- dere soltanto che essi non sono che delle originarie reazioni o de- formazioni del protoplasma vegetale, divenute per l’azione prolun- gata della stessa causa formativa, ereditarie e costanti. Palermo, Dicembre 1 912. ni G. CATALANO (1) Funzione mirmecofila, ecc. Vol. II, pag. 20. 0 DIDE DEI a n Sax pini NI N init ANI LIAN N Notizie su alcuni zoocecidii della Libia Tra le recenti raccolte di piante fatte dal PRroF. ANTONINO Borzi, Direttore di questo R. Istituto botanico, nel suo viaggio in Libia, mi è stato dato di trovare alcuni zoocecidii che credo bene di illustrare, sia perchè di quella nostra colonia si conosce ben poco delle affezioni teratologiche della' sua flora , sia perché di queste venute in mio possesso alcune non sono neanco note da altre regioni del nord Africa. A questi cecidii aggiungo anche quelli che. il Dorr. MarTEI ha trovato nell’erbario raccolto, pure in Libia, dal Sie. G. CrociveRa, e che ha voluto gentilmente donarmi. | Scorrendo l’importante lavoro del Dott. C. Hovarp « Les Zoocecidies du nord de l’Afrique (1) », dalla Libia non ne trovo notati che solamente due, cioè, un er della Pistacia atlantica, Desr. dovuto al Pemphigus utricularius, Pass. e quello di un Cynipide su Acacia fistula, SCHWEINFURT.. Del primo di questi cecidii gli indigeni si servono per la con- cia delle pelli di capra, che impiegano come otri pel trasporto . è dell’acqua e che usano anche nella tintoria; in Libia, giusta quanto ne dice il Dort. TROTTER (2), chiamano queste deformazioni se 4 (1) Annales de la Société Entomologique de France-Vol. LXXXI, 1912. (2) Fra studii agrologici sulla Libia - Ve E ui zona di ‘des nchi S., Tucci F., De Cillis E., Trotter A.- Ricerche ® —— 145 afs el batum. Il secondo cecidio si rende molto caratteristico pel fatto che la larva di un insetto alla base delle spine stipolari for- ma una galla sferica del diametro di circa 20 mill.; quando l’in- setto ha abbandonato la sua dimora, dopo aver praticato in essa il foro di uscita, la parte tubulosa della spina diviene uno stru- mento musicale da dove il vento fa uscire dei suoni uguali a quelli di una zampogna; per questo gli indigeni chiamano questa pianta sofaàr, cioè flauto. Il TROTTER (1. c.) indica altre poche deformazioni di entomi sulle piante della Tripolitania e cioè i germogli atrofizzati e le fo- glie piccole e accartocciate dell’Amygdalus communis, L., causate dall’Aphis persicae, BovERr, le deformazioni prodotte dalla Schi- zoneura lanigera, HAUSM. su Pirus malus, L., l’accartocciamento delle foglie di Punica granatum, L., per opera dell’ Eriophes gra- nati, CAN. e le galle già citate di Pemphigus utricularius, Pass. Come si vede il materiale cecidogeno che si conosce di quella regione, la meno studiata di tutta l'Africa del bacino mediterraneo, è assai povero, né quanto io posso aggiungervi oggi ne aumenta di molto il numero; ma appunto per la povertà delle nostre cono- scenze dobbiamo far tesoro di ogni notizia onde contribuire ad ac- crescerne le cognizioni. A. Zoocecidii della Flora libica. I. Artemisia Herba-alba, Asso. — Galle sferiche , rivestite di lunghi peli morbidi, cotonosi, bianchi o ferruginei, che cir- condano diverse camere larvali a pareti piuttosto sottili ; spesso diversi esemplari sono agglomerati insieme formando una massa più o meno grande; altra volta sono isolate attaccate su un lato dei rametti i quali vengono circondati quando le galle si ammas- sano. : Questo cecidio dovuto alla cecidomide Khopalomyia Navasi, - e era già noto dall’Algeria, dalla Tunisia, dalla Siria e dalla a. Il Viviani fu il primo a conoscere e figurare tale deforma- | zione, assegnandole per substrato la. sua Artemisia. pyromacha, . che poi non è altro che l'Art. Herba-alba (1). 20: iii ire a (1) Viviani D. — Flora Libycae Specimen sive plantarum enu- | Meratio cyrenaicum, pentapolim, magnae syrteos desertum et regio- | nem tripolitan um incolentium—1824. Genuae. 146 Cirenaica e dintorni di AE ed Ott. 1912. (Leg. Pror. BoRzi). II. Altro cecidio di questo stesso substrato non saprei rife- rirlo a nessuno di quelli già noti; esso è cilindrico con 40 5 mill. di lunghezza su 2 di larghezza, attaccato al rametto largamente per la sua base; le sue pareti sono finamente pelose, guarnite di alcune brattee; la cavità larvale è ampia, allungata e con pareti sottili. Nell’interno di alcune di queste galle, che ho avuto secche, ho trovato un bozzoletto setaceo, ciò mi fa sospettare che esse ap- partengano a qualche microlepidottero. Dintorni di Tripoli e Cirenaica— Sett. e Ott. 1912 (Leg. Pror. BoRzi}). III. Altra alterazione che riscontro su questa pianta è quella sui giovanissimi rami che presentano l’ estremità ripiegata ver- so il basso, con le foglioline aggravigliate e formanti un ammas- so subsferico e compatto. Tale deformazione, sebbene non vi abbia rinvenuto cecidozoo alcuno o resti di esso, secondo me, va riferita ad un Aphididae Dintorni di Tripoli — Sett. 1912 (Leg. PROF. BoRz}). IV. Ancora un’altra alterazione di questa Artemisia si. pro-. duce sui gambi fiorali, dove si riscontra numerosa anche sopra un solo rametto, ora riunita in gruppetti, ora isolata. Essa consiste nella alterazione delle gemme fiorali in forma di cecidio subsferico, grosso in media come un’avellana, attaccato al supporto per una piccola porzione della sua base, coperto di numerose foglioline nor- mali nella sua metà inferiore, mentre sulla porzione superiore le foglioline sono rivestite di fina e fitta pelurie argentina. Questa diversa rivestitura ricopre un rigonfiamento da 2-3 mill. di diametro trasversale con una lunghezza di 4 mill. che con pareti sottili e carnosette racchiude un’ampia camera larvale, su- periormente aperta, ma ostruita da fitti e lunghi peli cotonosi ed argentini. Ogni cecidio non contiene che una camera larvale ed una s0- la larva gialliccia, lunga poco meno di 2 mill. in forma di barilotto, turgida, più assottigliata posteriormente, di 14 segmenti, ognuno adorno sui lati di alcune setole lunghe e ricurve ed altre brevi e diritte; tali peli si osservano pure sul dorso dei primi due e 4 es: 1a Ta pet a Mi ela La tia a fata v> tolto 147 segmenti, mentre il dorso di tutti gli altri 8 nudo; la testa, poco differenziata, è leggermente chitinosa. i questa larva, che riferisco ad una Cecidomyidae, darò una più completa ed esatta descrizione allorchè essa, acquistando la sua maturità, metterà in mostra altri caratteri distintivi che an- cora non sono apparsi. Ain-Zara — 30 Nov. 1912 (Leg. G. CRocIvERA). V. Artemisia campestris, L. — Piccola galla subsferica del- l’inflorescenza, da 3 a 5 mill. di diametro, depressa superiormente; altre volte in forma di cono rovesciato o schiacciata in forma di disco, con la superficie, almeno allo stato secco, radiata da profondi solchi. Camera larvale piccola; foro d’uscita centrale dove ho trovato incagliata la spoglia ninfale di una Cecidomyidae. Dintorni di Tripoli — Sett. 1912 e Pror. Borz}). Questa galla é stata di già indicata dall’ HovARD ( c.) per l'Algeria e la Tunisia. VI. Erodium hirtum, WiLup. — Sulle radici, rigonfiamento della grossezza di un’avellana, a superficie liscia, di forma per- fettamente sferica, a vacuoli interni irregolari, consistenza spugno- sa. Anguillulidae. Dintorni di Bengasi 1883 (Leg. RUHMER.) VII. Ficus carica, L. — Piccola galla sferica, risultante dal- l’ipertrofia del seme dei siconi a fico e dovuto alla Blasto- phaga grossorum, GRAV. Tripoli 191 VII. Helianthemum Lippii, PERS. — Agglomerazione di pic- cole foglie, velate, apparentemente dipendente da clorantia e da cladomania. ? Eriophyes rosalia, NAL. I: Presso la località di Tarhuna Capaci — Genn, 1918 (Leg. G. OrociveRA). | IX, Helichrysum conglobatum, STEUD. — Galla fusiforme delle radici, a superficie rugosa, con grande camera larvale limi- tata da pareti carnosette. Lung. 10 mill., con un diametro tra- __Sversale di circa 6 mill. Questa galla, che ho avuto in un solo esemplare e dove non | ho riscontrato cecidozoo alcuno, dalla sua facies potrebbe essere . attribuita ad un Lepidottero. 148 Dintorni di Tripoli—Novembre 1912 (Leg. Crocr- VERA). Non indicata da nessuna località del nord Africa. X. Fumaria agraria, LAG. — Ipertrofie radicali, sferiche e- subsferiche, della grossezza di un pisello, a superficie scabra e contenenti all’interno piccoli vacuoli occupati da un piccolissimo verme — Anguillulidae. Tarhuna (Tripolitania) — Genn. 1913 (Leg. G. CROCIVERA). XI. Micromeria conferta, Cass. — Cecidio in forma di picco- lo carcioffo all’estremità dei giovani rami, foglioline slargate alla base—Un solo esemplare. Entomocecidio. Dintorni di Derna — Ott. 1912 (Leg. Borzi). XII. Ononis falcata, Viv. — Baccelli ipertrofici, pur conser- vando la forma ordinaria, di color verde, contenenti un’ampia ca- mera larvale dove ho trovato la ninfa d’una cecidomide disseccata che per la dentellatura della armatura cervicale e per la presenza di quella frontale e sternale, riferisco ad un’Asphondylia. eformazione non indicata da nessuna regione del nord Africa. Dintorni di Tripoli — Novembre 1912 (Leg. G. CROCIVERA). XIII. Retana Raetam, WEBB.— Rigonfiamento fusiforme dei rami, della lunghezza di 15 mill. su 405. di diametro trasversale; con una camera larvale ampia, allungata per quanto si estende l’ipertrofia e circoscritta da sottili pareti. In essa non ho trovato che la spoglia di pupa di un dittero attaccata al bordo interno del bucolino di uscita. Probabilmente tale galla è dovuta ad un Mu- scidae. Dintorni di Tripoli. Novembre 1912 (Leg. CROCI- VERA). Anche questa galla non era stata indicata da nessuna regione dell’Africa del nord. XIV. Rubia tinctorum, L.—Ipertrofie radicali, della grossezza da 1 a 6 mill. di forma varia, per lo più irregolari, situate ora su un solo lato delle radichette, ora complicanti tutto il contorno e la parte legnosa, contenenti all’interno una o più camere cilin- 149 driche od irregolari, separate da spesse pareti e provviste da buco- lini rotondi d’uscita. — Helmintocecidio ? Località di Tarhuna (Tripoli) — Gennaio 1913 (Leg. CROCIVERA). ‘ Anche questa deformazione non era stata indicata dal nord Africa. XV. Salicornia fruticosa, L. — 1 noti cecidi della Baldra- tia salicorniae Kieff., consistenti nell’ipertrofia di alcuni interno- dii spesso colorati in rosso. Paludi di Tagiura.— Settembre 1912 (Leg. Borz]). XVI. Sonchus maritimus, L. — Pustolette irregolari e tu- bercoli subsferici sul lembo togliare, rilevati sulle due pagine e più pronunziati su quella dorsale, di 3-5 mill. di diametro, conici o di altra forma, con ustiolo ipo o epifillo che immette in un’am- pia cavità a pareti carnosette e lisce. — Eriophyes sonchi (NAL). Paludi di Ain-Zara —Settembre ed ottobre 1912 (Leg. Borzi). XVII. Tamarir articulata, Vani. — Galla attribuita al microlepidottero Pamene pharaonana, Kok. e intorno alla qua- le riporto quasi per intero quanto ne dice l’Hovarp. (1. c.) per il Marocco, l'Algeria e l'Egitto. Sui rami, e più spesso alla loro estremità, escrescenze irrego- lari di color hei verdastro, della grossezza di un pisello o di quella d’una noce; tessuto spugnoso racchiudente diverse cavità. Galle valifamnenie chiamate Tahaont ed usate nel Vafilet per la | concia delle pelli. La farfalla che dà luogo a queste ipertrofie si ritrova in Bitinia, Egitto ed Arabia. La bibliografia di questo cecidio, dice 1’ HovaRrD è delle più imbrogliate. Nel 1858, dopo di aver descritto la sua Pamene pharaonana trovata in una galla di questa forma, KOLLAR indica una ceci- domia nuova (Cecidomyia tamaricis), di cui dà la diagnosi, come . il vero autore della galla (1858). Un anno dopo, in una nota | Che termina la sua memoria del 1859, FRAUENFELD cita l’osser vazione di KOLLAR, ma egli mantiene la sua Grapholitha notata a pag. 321 come capace di produrre il cecidio (1). BERGENSTAMM i (1) FRAUENFELD G. von — Ueber exotische Pflanzenauswiichse nave von Insecten—Wien, Verh. zool. bot. Ges. t. 9. 150 e P. Low pr FRANK (1896), KERTESZ (1902) citano le indi- cazioni del KOLL Per Winnie (io il lepidottero ed il dittero osservati da KOLLAR sono dei parassiti della galla, di cui il vero autore sareb- be un Phytoptus. Oggi però si ammette con sicurezza che la galla del 7laia o Tamarix articulata, indicata al Marocco e nell’ estremo sud del- l’Algeria sotto il nome di Takaout o d’ Adzba, è ben dovuta a Pamene pharaonana. La sua ricchezza in vino gallico la fa im- piegare per la concia del cuoio, ed ogni anno viene esportata in grande quantità nel ell, a Ylemcen specialmente, dove è vendu- ta da 45 a 50 franchi i cento chilogrammi. Così si è pensato, do- po lungo tempo, a fare prosperare in quest’ultima regione l'albero e la sua galla. Nel 1894 Leroy riferiva nel Bollettin de la So- ciété national d’acclimatation, i saggi di introduzione del Z'ama- rix articulata nel Tell e scriveva: « Quest’albero produce al Ma- rocco una galla chiamata Yacahout, usata nella fabbricazione del cuoio marocchino. Le piante che noi possediamo non hanno an. cora prodotto delle galle. Noi abbiamo provato senza successo di propagare il Cynips della galla di quercia. Lo stesso tentativo fatto con galle fresche di Yacahout daranno probabilmente migliori risultati ». TRABUT e MARÉS, nel 1906 hanno costatato che «il Tamarix articulata è stato, dopo qualche anno, acclimatato nel Tell, sul littorale, dove vegeta ‘benissimo. Ma i tentativi di intro- duzione dell’insetto produttore della galla sono falliti ». Infine, nel 1910, TRaBUT segnala che anche la galla comincia a comparire sul Tlaia della proprietà del Sig. DELOUPY a Saint-Denis-du-Sig. Come si vede, questa è una galla da cui può trarsi molto profitto in Tripolitania dove, a giudicare dai numerosi esemplari che ritrovo sui rametti di Tamarix articulata raccolti dal Sig. G. CrocIvERA in novembre 1912, nei dintorni di Ain- Zara, deve essere molto comune e forse di essa gli indigeni, sl Marocco, in Algeria, nell’Egitto, si servono perla concia delle pelli; d’altronde, siccome in Tripolitania questo Yamarix ve- geta benissimo e in molte località, se ne potrebbe tentare la diffusione con sicuro successo, tanto più che l’insetto autore della galla vi si trova e nulla si oppone ad una sua maggiore diffusione; così, tale pianta, che oltre a questa galla della Pamene pharaonana, produce anche quella dell’altro microlepidottero Amphipalpis oli- veriella, RAG. anche essa ricca di tannino e che probabilmente, sebbene non accertata, deve trovarsi sui tamarici della Tripolita- nia e di tutta la Libia, come si trova su quelli di altre regioni 151 dell’Africa del nord, unite alle altre galle della Pistacia atlantica prodottevi dal Pemphigus utricularius, possono benissimo costi- tuire un discreto campo di sfruttamento. XVIII. Vitis vinifera, L. — Il noto erineo delle foglie do- vuto all’Eriophyes vitis, LANDOIS. Tripoli. — Settembre 1912 (Leg. Prof. BoRrzi). B.--Eleneo dei zoocecidii conosciuti sin’oggi dalla Libia. 1. Acacia fistula 2. Amygdalus communis 3. Artemisia Herba-alba 4 . » » 5. » > 6. » » €. Artemisia campestris 8. Erodium hirtum 9. Ficus carica 10. Fumaria agraria 11. Helianthemum Lippii 12. Helichrysum conglobatum 13. Micromeria conferta 14. Ononis falcata 15. Pirus malus 16. Pistacia atlantica 17. Punica granatum 18. Retama Raetam 19. Rubia tinctorum 20. Salicornia fruticosa 21. Sonchus maritimus 22. Tamarir articulata 23. Vitis vinifera Palermo, gennaio 19183. Cynipidae Aphis persicae, BoYER. Rhopalomyia Navasi, Tav. ! Lepidottero. ? Aphididae. Cecidomyidae. Cecidomyidae. Anguillulidae Blastophaga grossorum, GRAV. Anguillulidae ? Eriophyes rosalia, NAL. Lepidottero Entomocecidio Asphondylia sp. Schizoneura lanigera, Hausw. Pemphigus utricularius, Pass. Eriophyes granati, CAN. Muscidae. Helmintocecidio ? Baldratia salicorniae, KIEFF. Eriophyes sonchi, NAL. i Pamene pharaonana, KoEeF. Eriophyes vitis, LANDOTS. T, DE STEFANI 4 *Q0[L IX ‘194 ‘0U49;v] 1p pvc ing) ; Knz . 4 amabile Hort. PWVot. XI.. APPENDICE 1919. BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO SEMINA ANNI MCMXII QUAL - PRO MUTUA COMMUTATIONE OFFERUNTUR © RM Cryptogamae. E@uisetaceae. 1 Equisetum * ramosissimum e s f. Europa omnis. Filicaceae. 2 Adiantum aethiopicum Li n n. i ica, America, 3 - var. glanduliferum r—————————é T—_—mmÉy -(1) Plantae siculae sub hoc signo * indicantur. 5 meta zero Veneris L «I . Eur. omn., Asia, Africa. America. cennn Linn. var. cilia- m (B1.) Java. stili Chaulf. Chili. concinnum H. B. et K. Ame- crispulum Hort. cuneatum L. et F. Brasilia.. —var. deflexum Hort. —var.elegantissimum Hort, variegatum Hort. decoram Hort. Ha]].Brasi- lia devcatiana Bort,. diaphanus B 1, Java. dolabriforme H o o k. Brasi- lia excisum Knze. Chili. —var. multifdum Hort.. 20 Adiantum falcatum S w.Mexic. 21 ita Mo (hybr. ex hort. Hender- son). —var. laciniatum Hort. gracillimum Hort. grandipes Hort. SR Sw. Asia, Austr. sr merid. 26 ina Ho 27 lapsonianum Ho ont 28 Legrandi Hort. 29 lueddemannianum Hort. 30 macrophyllum S w. Mexico et India occ. 81 Moori Hort. 32 mundulum ( — A. cuneatum Xx A. Pacotti, ex Gard. Chr. 1883. II. p. 388). 88 nigrum Sloane, India. 34 Pacotti Hort. 35 pedatum Linn. America, sia. peruvianum Kltz. Peruvia. polyphyllum W i 11 d. Colum- i bia, da via. pube Radd. Brasilia. sit Linn. India. setulosum J. S.m. Asia, Au- strali ia. tenerum Sw. Mexico, India occ.; Peruvia. India occ., Amer. centr. venustum Do Sa Afghanista- nia, Himalaya. fi Jamaica 45 Alsophila. sustralià Br. Austr. 46 excelsa Mart. Brasil. 47 Aspidium * aculeatum Sw, - var. hastulatum (T e n.} Italia. 48 augescens Linn. Jamaica. 49 caespitosum Hort 50. falcatum: Sw. Asia I. Na- .: Japonia. trapeziforme Li n n. Mexico, 4 Wilesianum Ho o k. Mexico, , va. 33 “ca Genie fraxinifolia Su WE Am. trop. 51 Aspidium * Filix-foemina Bernh. Europa. ortunei H or t. grandifolium M e tt. Nepal. immersum H o o k. India,Java princeps H o r t. rigidum Des v. var. palli- dum H 0 o k. Reg.medit., muoaioa ti DT DI LI min. ; 57 Asplenium *Adiantum-nigrum Linn. Europa omn., Asia, Africa. australe Br a c k. Australia. #Ceterach Lin n. Europa, usque ad Himalayas. 58 59 60 diversifolium B1l. Java 61 fabianum Ho mb. Austral. 62 Nidus Linn. var. australa- — 5: sicum (H 0 0 k.) Austra- x ia. 63 obtusatam Fors t. var. obli- quam Hook. Nova Ze- landa, ete. 64 *Tricomanes Linn. Europa. omn., etc. 65 umbrosum J. Sm. Madeira. 66 virescens Me tt. Japonia. — 67 viviparum Pres 1.Mauritius E et Bourbon. 68 sagre segno Desv. Bras 69. eresse Sw. Australia. 70 0 S w.Amer, centr. - rid. TI Chatantie dici Web b. ì e rt. Reg. medit.; 72 li Lia Sw. Nov. Zelanda. . 73. medullaris Sw. Sumatra et | 75 LI RE argentea . Peruvia. - 76 atomo Kaulf. var. ysophylla Kau lf Udi ei Ho 106 Peruvia» 78 prcenne schizophylla Tit, 79 cpr Desv. India occ. 80. tar Desv. var. pallidi- su Hook. Peruvia, Me- 81 “an tenuifolia Bern bh. Australia 82 Nephrodium endiani Hook. America trop. 83 —var. bipinnatifidum Hort. 84 Nephrolpis cordifolia Presl. ico, Peruvia. 85 dini Schott. Japonia. 86 patens Hort. 87 philippinensis Hort. 83. tuberosa Pz. Cosmop. trop. 89 Osmunda regalis Linn. Eur. 90 i Alcicorne Desv. ustr 91 Palgpelia: a aureum si inn. Mexico. 92 n Hook. Poly- 93 laiaiiocm Jacq. Brasil. 94 grandifolium Sw. Australia. 95 glaucum Knze, Ins. Philip- pinae. iriodes La m. N. India et Australia, Africa occ. Di cruna Forst. Au- È 96 98 Sane inn. Europa etc. 99 Pteris aquilina Linn. Eur. 100 *cretica Lin n. Asia, Africa, America centr. merid., Europa —var.fol.albo-lineatisH o rt. i — var. cristata Hort. 108 peri cea Hook. Ins. San- 101 e ich. > ongbiia Linn. Europa est Asia, Africa, Ind. 105. n Linn. Am. trop. x 106 quadriaurita Retz. var. ar- gyrea (Moore) Anstra- lia. 107 Pteris capiag Linn.China, nia 108. tremula Br. "No Holland. 109 Venzetti H or 110 Scolopendrium * Pics Sw. Europa, Japonia, A- ca N. 111Strutiopteris germanica Wil]d. uropa, Asia, America. Lycopodiaceae. 112 Selaginella emmeliana Van. Mexico, Equat. 113 Martensii Spr. Brasilia 114 —-var. fol. variegatis. 115 uncinata Spr. Am. trop. 116 -—-var, arborescens H or t. m. trop. è Matsiliaceae. 117 Marsilia Drummondi A. Bri ustr. occ. 118 hiliuni Linn. De 10 rica. 119 i Lai ian, a. a, America bol | Salviniaceae 120 Azolla mele Will raxa a a bor. et centr. os indigenata. — CIR, Aliculoides a mk Amer. 122 risa cane A u bI Gymnospermae. Conifetae. 128 Callitris quadrivalvis Vent. Afric. bor. 124 Cephalotaxus drupaceus et Zucc.Japonia. 125 ilicaar Hort. 126 Fortunei Hook. China bor. 127 ie Benthamli End]. fragilis Hort, Mexico. funebris End]. China. glauca Lam —var. peribiiià LI erit). Ind. or. pen Jondura Hor x macrocarpa Hart w. Cali- ornia. sempervirens Linn. Europa nat). —var. globulifera Par]. 135 Asia, Creta 136 —f. expansa Hort 137 —var. 1 rota T arg 138 Smithii Hor 139 torulosa de > OR 140 Frenela rhomboidea E ndl. Nova Hollanda. 141 Juniperus virginiana Linn. merica » 142 Pinus brutia Ten. Europa austr.. canariensis S m, Ins. Uosiay. *halepensis Mil]. Reg. me- dit 145 -— var, paroliniana Hort. 146 var. prolifera Hort, 147 *Laricio Po ir.Europ. austr. et or., Asia occ 148 Pinus Pinea Linn. Reg. Medit 149 —var. imgilo Parl 150 pyrenaica Lapeyr. Europa 151 . austr. et or. Salzmanni Dun. Europa austr 152 Sequoja sempervirens Endl. aliforni 153 Taxodium mucronatum T e n. Mexic 154 Taxus baccata Lin n. Europa et Asia sept. 155 —var. elegantissimaHort. 156 Thuja gigantea N utt. Amer. occ. occidentalis Lin n. Am. or., Sibiria. orientalis Lin n. China, 157 - Japon. 169 —var. aurea Hort. 160 —var. intermedia Hort. 161 —var. pendula Hort. 162. —var. pyramidalis Ten. Monocotyleae. filismaceae. 169 Alisma « parnassifliumBa ssi, 5 ropa. 5 164 ‘Diigo Linn. diciupii Asia, Am. et Ocean. bor ‘et austr. SE 165 —var. arcuatum Mich. 166 —var. lanceolatum Sch. 168 Sagittaria sont Linn. 169 agiWifolia ia Europa, . Amer. i 167 ranunculoidesLinn. Europa. Ln Armatyliidaceae. 170 Agave caespitosa Tod. Mexico. tro! 172 173 174 horrida Lem. Mexico, longisepala Tod. Hab ? mar micracantha S. Dyck. Mexico 175 sisalana Perr. Yucat. u 176 Aleircomeria haemantha itz. et Pav. Chili. 177 Peregrina Linn. Peruvia, Chili. 178 cpl Belladonna Linn. . b. Spei. 179.Ctivia: nobilia Lindl. Afr. austr. 180 Cooperia Drummondi H er b. exas. 181 Crinum asiaticum Linn. As. rop 182 Mito inn Vent. Am. trop. 183 armani coccineusLi n n. . austr. 184 ini vittatumH er b. Peruvia. 185 Hypoxis erecta Linn. Am. 186 villosa Linn Afr. austr. 187Leucojum autumnale Loi n n. medit. eg. me SE cit Narcissus serotina Li n n. Europa. a 189 Pancratiam illyricum Li n n. : medit., America bor. : 191 Polyanthes tuberosa Li inn. Mexico, morata Roez]1. Mexico. 192 Zephyranthes candida Herb. tina 193 194 195 196 coccinea Hort. sulphurea Hort. texana Herb Texas. verecunda Herb. Mexico. fAltaceae. 197 Acorus gramineus A i t. Ja- pon. 198 Ambrosinia * Bassi Linn. uropa. 199 Anthurium magnificum Li n- den, Columbia. 200 Arisar um*valgare Targ.Reg. me 201 eta Mill.Europa, Reg. medi 202 Dieffenbachia ble Schot. rasil. 208 Pinellia tuberifera Ten. Ja- on pon. 204 Richardia africana Kt h. rom. b. Spei. Bromeliaceae. 205 Acanthostachys srobilaces Link. Brasi ; 206 Aechmaea contati È. ” Orr. Ameri 207 veneta B xk: Amer. trop. 208 Billbergia. modesta Hort. © di 209. speciosa T h n b g. Brasilia. 210 zebrina Lindl. Brasilia. 211 Dyckia brevifolia Ba k. Bra- e 212 Dyckia rariflora Sc h]1t z. fil. silia. 213 — var. zine Otto r. Uraguay. 214 rada 0. Koch, Reg. Argentina 215 Kawnskiana Sahut. Me- xico 216Pitcairnia recurvata C:K och. Brasilia 217 porge Schiew. Brasi- 218 canton Mart. Brasi- lia Commelinaceae. 219 Aneilema Forskolei Kt h. A- yssinia. 220 Commelina bengalensisLi inn. Africa trop. 221 coelestis Willd. Mexico. communis Linn. China. 223 graminifolia H.B.K. Mexico 224 nudiflora Linn. Reg. iv trop. 225 scabra Bth. Mexico. 226 tuberosa Linn. Mexico. 227 wa nasa, Hanc. Me- cin Tinantia fugax Schiedw. America trop. 229 Tradescantia nudicaulis 230 pilosa Linn. America bor. 231 virginiana Linn America bor. Cyperaceae. 232 Carex*divisa H u d s.Reg. bor. mp. . 238 Carex*extensa Go o d.Europa, Prom. b. Spei. 234 *hispida 6 a ud. Helvet. 235 japonica T h b g. Japon. 236 laevigata S m. Europa. 237 multifiora Muhl. Europ. 298 *muricata Lin n. Europa centr. sept., Kurdistan, o. 239 nigricans Kit. Europa. 240 *pendula Huds., Europa merid. et Reg. medit. 241 remota Linn. Europa. 242 sylvatica Huds. Europa. 243 Cladium*germanicum Schr. Reg. temp. et subtrop., g. tem ira Nova Hollanda, — d. Ind. oce., Bras., Prom. b. Spei, Babi 244 Cyperus alternifolius Linn. ns. Borbonia 245 distachyus All. trop. Li 216 “guasto Hinx Cosmop. De 247 a Rottb..A4:= byssinia 248 glomeratus Lin n. Europa; Asia temp. de 249 laevigatus Linn. Cosm.. lid calid. - 250 maritimus Poir. Afr. or. 251 seven Hochst. co 252 “gna L'in die A- frica or. et occid. ; 253. planifolius Rich. Ind. ‘060, | 254 Preslii Parl. Reg. medit. 255 vegetus Willd, Chilì bor., Mexico 256. ii ont Rab Reg. t tro p. et trop. x 257 an n nigra Linn. Europ. omn., Africa extra trop., Amer. pri S, ensylv.). fa sui pros di LAT A I Cosmop. — 258 Scirpus *lacustris Lin n. Eu- entr., Asia bor. et Japonia, Australia, Amer. sept. et centr. 259 —var zebrinus Hort. | 260 HoloschoenusLi n n. Europa omnis, Asia or. 261 *—var. Parlatoris (Biv.) Sicilia. 262 nodosus Rottb. Prom. b. 3 pei, Chili, Nova Zelan. ì 263 prolifer Rott rom. b. DI Spei, Nov. Hollanda.. Dioscoreaceae. vi: 264 Dioscorea alata Linn. Asia £ tro _ 265 bonsriensis Ten. Reg. Ar- i senti v 266 bulbifera. Li inn... Ind. or, Nova Hollanda. decaisneana Carr. Caio divaricata Blanco, Ins. “are, a Thbg.Japonia. opposti Griseb. Bra- pentpii Linn. Asia FOp. | apici Kunth. Africa au- _ 293 oa Vell. Brasilia. 274 villosa Linn. Am. bor 275 iui communis Linn. 4 Europa, Asia, Africa med. Gia minaceae. an Seripogon spent Beauv. ; trop. ; 271 Agropyram?i unceumBe a u v. ropa medit. et merid,, Srgiioni Africa bor. e 278 Agrapyrum obtusiflorum R. atav. 279 villosum Thor. Europa. 280 pp alba Lin n. Europa, Asi 281 Pros T hor. Europa. nebulosa Boiss. fc olivetoram Gren. Godr Gallia *verticillata Vill. Europa. 285 Aira caryophylleaL i n n. Eur. med. et aust.,Atrica bor., Abyss., Prom. b. Spei Amer. (n.). 286 —*var. Cupaniana (Gus s). Gallia, Italia. 287 Guss. Europa. interme 288 Airopsis siga; DOC. Eu- Topo 289 «un *.tenax Lk. Reg. med.oce., Africa bor. opinog me cena ig ssd Host. Europa, Am. bor. d *distachyonLinn. Reg. medit. Ischaenum Linn. Geront. * panormitanus Parl. Si- 291 A cilia. strictus Roxb. Asia trop. TorreyanusS t e u d.Am.bor.. 296 pregi iigio Cav. 297 pae a; uh Biv. med. eg. 298 *odoratum Linn. ueog Asia, Africa trop. 209 *ovatum Lag. Sicilia, Luo ; sit., Hisp. - 300 Puelli L ec cet Lamot.Eu- 301 ci "pic venti Bea auv. ropa, Orien 302 aa bulbosum Presl. Euro 303 Arundinaria Simoni Riv. A do a i ina. 304 Aru a epalnsiPri n ; India or. 305 Arundo *Donax Linn. Reg. l edit. 306 —var. fol. variegatis H ort. 307 *pliniana Turr. var. mau- Sd (Desf.) Sicilia, a, Africa bor. 308 Seporla Hat Humb. Ori 309 Avena lalicia Brot.. Reg. medit., Asia min.,Arabia, brevis Roth. Europa *fatua.Linn. Europa med. et australis, Africa bor., Abyss. et Prom. b. Spei, America (n.). montana Vill. Mont. Pyr. nuda Linn. Europa austr. Janna Schreb. Europa 310 311 315 Li. Schrad. Îne. ci Asia bor. 316 sativa Linn. (Cult.). 817 *sterilis Linn. Reg. medit. 318 naso n sai Stapf. 319 Brackypodiun * distachyum R. et S. Europa merid. et mei. s Abyssinia, Aff- anistan. 320 *pinnatum Beauv. Reg. it. 321 ramosum R. et S. var. e (Nym.). Hi- span 322 “spivaticum Beauv. Eur., Oriens 323 Briza genicalata Thunb. ica austr. na gig acida Low Giuli, 325 “lu Linn. Europa merid., Africa, Asia occ., Australia. —var. rufa Steud. 327 media Linn. Europa med. et merid., Asia med. et Sibiria. pg > 328 Briza “ia Linn. Orbis * vetus 829 Bromus arvensis Lian Eu- È ropa, Asia occ. “ad 330 adoensis Hochst. Abys- sinia. brachystachys Horn. 0- riens, Egypt. condensatus H a c k. Europa. *macrostachys D e s f. Euro- pa meri *#madritensis Linn. Reg. medit. * maximus Desf. Europa merid. var. Gussonii (Parl.). Reg. medit. or. *mollis Linn. Europa D. omn., Asia occ., Africa purgans L i n n.America bor. racemosus Lin n. Californ. *rubens Li n n. Reg. medit. *scoparius Linn. Europa austr. 4 sa Linn. Reg. me- cl) dit., Asia bor. «ol squarrosus Lin n. Europa austr., Asia occ., Africa bor. 843 *tectorum Linn. Europa, Oriens, Asia bor. 344 Chaeturus fasciculatusL i n n. Hispan 345 Cenchrus tribuloides Linn. America bor. ; 346 Chloris eni Kunth. A- frica isticopgila Lag. Am. aust: i a Ù Hochet Arabia. a Sw. Reg. trop. plsstnchya W.Am.austr. 351 radia . W. Amer. austr. 352 segni H. B. K. Mexico. 353 Chloridopsis Blauchardiana 349 350 Hort. Tabor. 854 Coix arundinacea N e e sAm austr. 855 Coix *Lacryma Linn. Sicil. I nd. 356 Cornucopia uinn 357 Corynephorus canescens eau v. Europ. austr. 358 Crypsis aculeata A i t. Geront. cucullatum i in. rop. 359 pa Lam. Europa 360 Crnodn Dali Pers. Co- mMop. 361 Aschorsonian Schrad. 362 Daofylia *gomerta Linn. ropa 363 Demazeria siviacsa N ear 364 *sicula Dum. Hora. 365 page caespitosa B e- u v. Europa, Asia, Ta- smania, America. 366 juncea Bea uv. Europa, America bor. 367 Digitaria sanguinalis Wi gg. uropa, 368 *Echinaria dava Desf. eg. me 369 Eleusine coracana Gaertn. Aegypt., Ind. or., Am. | indica Gaertn. Cosmop. rop. et subtrop. rigida Spreng. tristachya Schrank. Reg. Argent. 374 Eragrostis abyssinica Link. yssin, i e Wight. India Bareei Des f. Europa merid. caroliniana Scribn. Amer, bor. megastachya Link. Reg. medit. cosmop. poeoides Bea uv. Reg. medit, oligostachya L i n k.Brasilia. 380 maior peruviana Jacq. Per 381 senegueni Nees. Africa Top. 382 ia thus *RavennaeBe a u y. Reg. medit., Asia occ., Africa bor., Jamaica. 398 —var. Maddeni Hort. 884 —var. violacea Hort. 385 Festuca ampla H a c k.Hispan. 386. *ciliata Pers. Europa, O- riens. dertoniensisA s ch ers.Reg. medit elatior Linn. Europa, Asia 387 gigantea Vill. pegno pa laxa Hort. Alpes a or. 1 391 ligustica Bert. Italia. 392 ovina Linn. Reg. temp. 388 389 390 393 »rigida K unth. Europa bor austr., Afr. 394 spadicea LI inn. Rufopà austr., Reg. Himal. 395 spectabilis Ja n. Italia sept., Tyrolia, Austr. or. 396 tenuiflora Schrad. Reg. medit. 397 uniglumis Du m. Europa. 398. vivipara S m. Reg. med. 399 Gynerium SEA N. ab rasilia. 400 Heteropogon *hirtus Pers. Europa omnis, Afr. bor ft et nia As. or, i Am 401 Holcus clanatuo Lin ni, La usit 402 molli Ciad opa. 408 Hordeum distichon Linn. (Cult.). Li i 404 gere $ ; sE Reg. me- -Giby 405 “nation Wi it clerge, Afri r 406 Hordeum *murinum Linn. uropa bor. temp. 407 cirie Linn. Reg. bor. mp. 408 ria Linn. (Culta). 409 —var. nigrum Willd. 410 —var. pallidum Auct. 411 —var. Todari Borziì. 412 —var. SA Jacq. 413 Zeocriton Lin n. (Cult.). 414 Eeoeteria. phleoide Willd. Syr yri 415 ape "orti inn.Europ. ; Africa bor, 416 Less Meiten Mnch. Eu- ropa austr., Abyss., Ca- liforni 417 Lepturus Sie Trin. eg. bor. austr. so user "IN Michx. 419 rta Lam. Gallia. 420 *perenne Linn. Europa, Asia, America. 421 temuletum Linn. Europa, “nes America, Novaliol: 422 Pigna Buen Loeff]. Reg. medit. 423 Melica altissima Bi inn. Eu- ropa austr., Asia bor. 424 “*ciliata Linn.Europa, Asia extratr. occ., Afr. bor. 425 gra Linn. "ito au- 426 tanti bromoides Du m. Gallia. 427Miscanthus sinensisAnders. ina, Japonia, ete 428 —var. fol. variegatis 429 —var. fol. zebrinis. DE i 430 -— irora Cass. 481 nic alpestris Trin. = = 433 Oryza sativa Lin n. Italia de Asia, America, A- 434 Orsa *miliacea Linn. var. Thomasii (Duby Corsica, Sicilia, Wii: Graecia. 435 paradoxa N u tt. Europa. 436 Panicum bulbosum H. B. K. exico 437 co Linn. Africa bor., Austr., Mirnioa sept. 438 *compressum Biv. Sicilia. 439 maximum Jacq. Geront. trop. 440 inner Lam. Ind. or,,Ins. ar repe nn. Reg. Calid. 442 sr dlsoni Poir. ia. 443 Poni compressum R. Br. Ind. or., N. Holl., Pr. b. Spei. 444 latifolium Spr. Reg. Arg. 445 airone ochst.Abys- nia. 446 macrurum iù Prom. b. Spe pel 447° spicatobi Roem. Reg. trop. 448 Phalaris *caerulescens Des f.. Reg. medit. 449 minor - e tz. Graecia, 0- 450 "See Linn. Reg. me- - dit 451 Pio asperum Yroa. DE 2 ropa, Oriens. 452 Phragmites communis Lin n. Europa, Asia, America, Ho 453 Poa sbyasinica Jacq.Abys-. 454 ua Li inn. Cosmop. 455 Chaixi Vill, Europa, Cauo. 456 Deore monspeliensis Sala: austr., * or. austr., Chili. 457 FEAR ck]. medit., Africa or. et us America trop. et subtr. 458 Secale cereale Lin n. Oriens. 459 Setaria frumentacea H ort. 460 japonica Pynaert. Ja- pon. italica Bea uv. Reg. trop. et subtrop. (Culta). Mngiseta Beau v. Africa 46 n 462 nop. 463 Ex H.B.K. Austr. tro op. + 464 purpurascens H. B. K. Co- smop. 465 RR Beauv. Co- mop. 466 Sorghum halepense Pers, Reg. calid. 467 vulgare Pers. Reg. trop. et subtrop. (cult. pl.var.). 468 —var, cernuum Willd, ex assaua, 469 pete: PIGN R.Brow. Aus 470 Stenciphran glabrumTrin. Littor. 471 Stipa ut Whlbg. Europa austr. 472 gigantea Link. Lusitania. 473 Papposa N. ab E. Montevi- deo. 474 pennata Linn. Europa. 475 *tortilis Desf. Europa. austr., Afr. bor., Prom.b. pei. 476 Tricholaena rosea N e es, A- frica austr. 477 Triodia pulchella H. B. K. exico. 478 Tripsacum dactyloides L i n n, _ Am. sept. &19 Trisetum pratense Pers. Eu- ro pa, _ll — 480 Triticum abyssinicamSteud Abyssinia. Aucheri Parl. Italia, bicorne Forsk. Aegypt., 481 482 yria. *cylindricum Ces. Pass.et Gib. Europa. dicoccum Schrank. Eu- 483 484 ropa. macrachaetus R i c h t.Gallia merid. monococcum Lin n. Taur. Cauc. *ovatum Ras p. Reg. medit, polonicum Linn. (Cult.). Spelta Linn. (Cult.). speltoides H o r t. triticoides Hort. *ventricosum Ces. Pass. Gib. Europa. *villosum Bea uv. Europa austr., Asia or., etc. vulgare Vill. (Cult.). — var. compactum (Host.). Europa austr., Sibiria. 499 Zea Mays Linn. Piet ubicumque culta. 500 —var. cryptosperma (Ronaf.). 501 —var. fol. variegatis. 502 —var. foveolata (Hort.), 503 —var. oryzoides (a ort.). 504 —var. rubra (Hort.) 505 —var. saccharata (Hor t.). 506 —var. translucens (Hort.,). HaemodoraGeae. 507 Liriope spicata Lour. China, Cochinchina, 508 Liriope Jaburan Lo dd. Ja- 509 —var. fol. aureo-marginatis. e intermediumDon, epal. bll pinne Ker. Japonia, a, Himalaya. LI i uineemaisW illd. a, Abyssinia, - Vle = 5153 ua Ww illd. Zeylan. Itidaceae. 514 Antholyza aethiopica Lin n. Prom. b. Spei. —var. praealta (D e 1. in Re- outè). 516 *bicolor Gaspar. Prom. b. pei, ot nunc apud nos 515 indigenata. 517 Babiana I toa weet. 518. Lite Klatt. Prom. b. 519 raro vana Ker-Gaw = . b. Spei. 520 uve K er-Gawl. Prom, b. Spei. 521 —var. albiflora Hort. _ 522 —var. purpurea Hort. 528 tarame punctata Mo- ; a. 524 a ta la t «bui: b. Spei. —var. albiflora Hort. 526 —var. odorata Eckl.. 527 Gladiolus byzanthinus Mi]ll. 525 eg. medit. 528 Colvilli Sweet. Hab? 529 gandavensis V. H outt. Hybr. I . 549 530 Gladiolus psitacinus H o o k. Africa austr. 5381 ramosus Paxt. Hybr. 532 Sgt: Ker-Gawl. Reg. medit 533 tristis ti inn. Prom. b.Spei. 584 Homeria collina V e n t.Prom. 535 —var. ochroleuca Salisb. 536 Iris * alata Poir. Europa , Afr. bor. ; dichotoma Pall. Dahuria. À foetidissima Linn. Eu- ropa centr. et merid., gi As. oce., Ins. Fortunatae. neglecta Parl. Hab? pallida La m. Europa me- rid., Oriens. pseudo-Acorus Linn. Eu- ropa tota, Syria, Africa bor. pumila Linn. Europa, Asia bor. 3 *sicula T o d. (Moraea sicula Tod.) Sicilia. È virginica Lin n. America Or. # è. IO COTTE pesto Melia Recgie, Pata ve, di #Xyphium Lin n. Algeria, --- -Hisp.; RR ria ® 546 Ixia maculata Linn. Prom. 2 pei. 547 paia D. elar. Prom. b ; . Spei. 548 scariosa Thunb. Africa austr. —var. albiflora Hort. 550 —var. atropurpurea Hort. 551 Lapeirousea cruenta Ln dl. | Prom. b. Spei. i 552 Juncea Pour. Prom. bero; pei È 553 Melasphaerula graminea Ker. Prom. b. Spei. # 554 ent nine pr Linn. Afr. 55 Padani chinensis K e r- wl. China. 556 Romulea *Bulbocodium SS, et candida T e n. Prom. b Spei. Columnae $S e b. et Ma ur. Reg. medit. eruciata E c k 1. Prom. b. pei. ligustica Pa rl. Italia. ea Paxil. ltal, Gra ongitlia B ak. Africa au- aan Ten. Reg.me- ramiflora Ten. Reg. med. rosea Ec kl]. Prom. b. Spei. 266 Sisyrinchium californicum ryand. California. 567 Sparaxis bulbifera Ke r. (pl var.). Prom. Spei. 568. grandiflora K e r. (pl. var.). Prom. b. Spei. 569 tricolor K er. (pl. var.). Prom. b. Spei. 570 Migonaa cn Ker. (pl. - ar.). . b. Spei. ba “are “a dii Prom. b. Spei. 572 fenestrata Ker-Gawl. rom. b. Spei. duncaceae. 573 Juncus *acutus Linn. Eu- ropa, Africa bor. 574 -—var. multibracteatus (Sard., S 576 glaucus Eh rh. Europa. . Zu Dj 577 Juncus Sai Ehrh. 578 sablosoe F Fors > pg 579 ip: so oench. Eu- 580 n: nivea DC. Europa me 581 Brioni PalmitaM e y.Prom. b. Spei. duncaginaceae. 582 Triglochin *laxiflorum Gu ss. icilia, Corsica. Liliaceae. # 588 Acrospyra asphodeloides w. Prom. b. 584 Agapanthus umbellatus i t. Prom. b. Spei. —var. albiflorus Hort. 586 Albuca altissima] a c i .Prom. Spei. —var. cornuta Di Cc. ). aurea Jac q. Prom. b. Spei. fastigiata” Dryan d. Prom. b. Spe 587 588 pol 590 tenuifolia B ak. Afr. austr. 591 Allium Ampeloprasum Li n n. uropa austr., Africa ‘iens. snverie Guss. Ital. me- rid. carinatum Linn. Europa. chamaemoly Linn. Reg. medit. cilicieam Boiss. ba min. masitnaia È o r bi Lime 597 Allium neapolitanum C y r. Reg. medit. 598 oleraceum Linn. Europa. 599 roseum *Linn. Reg. medit. 600 rotundum Linn. Asia min. Europa. 601 sphaerocephalum Linn, Europa. 602 *subhirsatum Linn. Eur. austr.,. Africa bor. 603 triquetrum Linn. Europa 604 AN -Europa austr., Asia min 605 Aloe abyasinice Lam. Abys- synia 606 sa botnaeni Mill. Prom. + Spei. 607 Baumialkx gli Prom. b. Spei. 608 baumangivatensis$ c hoe ul. Prom. b. Spei. 609 Borziana A. Terr, Abys- sinia. 610 brevifolia Haw. Prom. b. Spei. 611 caesia re Dyck Prom. b. Spe 612 vic Willa. Prom. b. Spei. 613 elegans Tod. Hab? 614 ferox Mill. Prom. b. Spei. 615 frutescens Salm- Dyck. m. b. Spei. 616 Grenii Bak. Prom. b. Spei. 617 heteracantha Bak. Pr. db. Spei. 618. humilis Haw. TRES b. ; pel. : 619 latitolia Haw. Prom. DI Spei. macrocarpa Tod. H. Pan. 620 621 obscura Mill. Prom. b. Ss pei 622 — var. intermedia Hort. 623 — var. maculata Desf. 624 — var. piceta Thnbg. 625 Paxii Terr.fil. Hort.Pan, Sul, a 626 Aloe percrasssa Tod. Hort. Pa an. 627 Saponaria Haw. Prom. b. Spei. 628 Schimperi Tod. Abyssin. 629 spinosissima Hort. 630 striata Haw. Prom. b. Spei. 631 soccotrina DC. Prom. b. Spei. P 632 supralaevisHaw. Prom. bi Spei. 633 Todari Borzì, Hort. Pan. 634 Ucriae Terr. gf. H. Pan. 635 umbellata DC. Prom. b. Spei. 636 virens Haw. Prom. b. pei. 6:37 Aprica concinna Hort.Prom. b. Spe 638 iassante Willd. Prom. b. Spei. 639 torquata Hort. Hab? 640 Arthropodium paniculatum R. ustralia. 641 Asparagus thcutifolius Linn. Reg. medit. 642 sicotne Linn. Reg. sii 643 medeoloides Thnbg. Prom.. b. Spe pel 644 *officinalia. Linn. Farogli merid. et media, Asia, — Africa bor. i 645 ian Bak . Africa ug Regel. Hort.> Damm. - 647 Asphodeline *lutea Rch b. na Reg. it. or., Algeria. 648 Asphodel us stai Lin. medit. 649 i Viv. Reg. me- si dit., Ins. Canariae. - 6590 — var. mon Linn.Eu. 651 = Talora i seit Borzil. ; Hort. Pan, Sii 653 # 675 Dasylirion gla g E VETTE 652 Brodiaea congesta S. Wats. America bor. occ. capitellata Hort. laxa S. fa ats. 654 America bor. 655 pedonculai S.Wats. Ca- liforn 656 pieyntiina S. Wats. Ca- li 657 Bulbine: annua Willd. A- rica austr. 658 aloides Willd. Prom. b. pei. 659 Bulbinopsis semibarbata B o r- zì, Nova Holl. 660 Calliproa albida Borzì, N. Holl. 661 “acre Fraseri Torr. ca bor. ot; A 662 Miociri eg. Bak. mal. 663 dl variegatis. Ho 664 di Hort. Hab? 665 Sterbergianum Steud. A- rica austr. 666 Colchicum *autumnaleLi n n. Europa. 667 *montanum Linn. Reg. medit. Sesta majalis Linn. ropa. Asia, Am. bor. 669 cantano sinti Ku n- + Brasil. 670 Res Steud. Nova Ze- lan 671 stricta Endl. Australia. 672 terminalisKth, Asia trop., Austral. si = Veitchii Regel. Nov. Zel. 4Danae Laurus Medic. Grae- cia, As. min., Persia, etc. laucophyllum ook, e - - 676 Dianella coerulea Si var- era (Kt st ) Ta. ; ia 677 iv R..B.r. Australia, ‘678 Dianella laevis Hook. Au- stralia. 679 Dracaena Draco Linn, Ind. or., Ins. Canar. 680 — var. È carine Hort. 681 Drimia. cla Jacq. Prom. b. Spe 682 Echeandia ciali C. Mexico 683 Eucomis punctata Ai "i Prom b. pei. 684 Gasteria prepleta Haw Prom. b. Spei. 685. — var. dexstrorsa Hort. 686 — var. venusta Haw. 687 brachiphylla Haw. Prom. b. Spei. 688 carinata Duval. Prom.b. pei. 6389 decipiens Haw. Prom. b. Spei, 690 guttata Haw. Prom. b. Spei. 691 multipunctata Hort.Hab? 692 obtusifolia Ha w. Prom. b. Spei. 693 scaberrima Haw. Prom. b. pel 694 subnigricans Haw. Prom. b. Spei. 695 trigona Haw. Prom. b. Spei. 696 VeZIca Ra Prom. b. pei. 697 Geitonoplesium cymosum A. Gunn. Australia, Ins. Pacif. 698 Haworthia attenuata Haw. Prom. b. Spei. — var. clariperla (Haw. È coarctata Haw. Prom. b. Spei. fasciata H a w . Prom. b. Spei. foliosa Ha w. Prom. b. Spei. hybrida Haw. Prom. b. Bpei. 704 panico Krausei Baker. rom. b. Spei. infanzia Haw. Prom. b. Spei — var. srioata ( W-)a ar. semimargaritifera (Haw.), parva Haw. Prom. b. Spei. planifolia Ha w. Prom. n. pei. Radula Haw. Prom. b, Spei. Reinwardtii Ha w. Prom. b. pei. rigida Haw. Prom. b. Spei. sa Bak. Prom. b. Spei. subfasciata Baker. Prom. b. Spei. subulata Haw. Prom. b. Spei pei tessellata Ha w. Prom. b. pei. 717 Hemerocallis Dumortieri 718 hybrida Hort. v. auran- tiaca Hort. Lorenz. 719 Hyacinthus amethystinus inn. Hisp., (tallia me- rid., Croatia, Bosnia. 720 — var. albiflorus Hort. 721 *dubius Guss. Italia, Si- cilia, Dalm., Graecia, Creta, Africa bor. 722 operculatusLapeyr. Reg. med., Cypros. 723 orientalis Linn. Reg. me- dit. 724 *romanus Linn. Reg. me- dit., Cypros. 725 Webbianus Nym. Italia, 726 aisi cn sn Mnch. Pro LS 727 Lachausbie dae I, eichtl, 728 contaminata Ait. Deda: b. Spei. Cai: a 755 729 Lachenalia hyacinthoides Ja Prom. b. Spei. isopetala Jacq. Prom. b. Spei. orchioides A it. Prom. b. pei. pallida Ait. Prom.b. Spei. a regeliana Spreng. Hybr. tricolor Jacq. Prom. b. immaculatis bi 736 Lilium longiflorum Enbg. apon ina. 737 Massonia anguitifolia Linn. fil. Prom. b. Spei. 738 Metonica Plantii Lond. rom. b. Spei. 739 Milla uniflora R. Gra h. Reg. & È rgentina. 740 - var. conspicua Baker, i 741 — var. violacea Kunth 7 742 Muscari albovirens (Botryan- thus albovirens Tod. Argaei H è botryoides Mill. Oriens. breviscapum Tod. H. Pan. comosum Mill. Europa merid., Africa borealis, Europa, Pi Asia occ, = dilutum Bak. Hab? È I graecum Boiss. Graecia. | gps Guss. Europa merid., Africa bor., Asia min pallens Fi isch. Reg. Caue. racemosum Mill. Byzan- tium, Asia min. — var. stlanticim(Boi iss). — vas. commutatum H o rt. Szowitzianum Baker, Per- 756 Nolina recurvata B e m s 1. Mexico, Gallia merid., | America, « $ | 757 Nothoscordum fragrans Bth. ra: America, Africa. | ‘58 Ornithogalum caudatum c q. Prom. b. Spei. comosum Linn. Europa medit. or. —var. contortum (T e n.). di 759 760 cap. 761 graminifoliumT h b g.Prom. . Spei. 7162 longibracteatum Jac q. Prom. b. Spei. montanum T e n. Europa austr., Oriens. nanum Sibth. Graecia, 763 sia mi narbonensis Linn Reg. medit neglectum Parl. Europa. orthophyllum T e n. Italia. paterfamilias G o d r. Gallia merild., scilloides Ja c q. Prom. b. pei. *tenuifolium Guss. Gallia sro , Italia, Sicilia, Gra dia; dirsi Jacq. Prom. b. italian Linn. Europa et Reg. medit., Africa bor., America 773 Phormium tenax Forst. N. Zeland. ; TA Srl reta officinale A 11. È ropa, Caucas., Altai. T6 Rohdea Japonica Roth. Ja- poma 716 —var. fol. variegatis. 777 Ruscus * aculeatus Lin n. Africa bor., Asia occ. È SE Europa medit. et austr. 718 hypoglossum Linn. Reg. medit , Africa bor., Asia 906%; Madeira. Le 780 Scilla autumnalis Linn, Eu- ropa, Africa bor., Asia occ. 781 algeriensis Hort. 782 bifolia Lin n. Europa, Asia min. 783 Bruni Tod. Europa, Asia occ, 784 *Cupani G uss. Sicilia. 785 festalis Salisb. Europa cc. et merid 786 —a. albiflora Hort 787 —b. nutans Sm 788 Filangeri (Ti n.). 789 hispanica Mill. Europa austr., Lusit., Hisp., Ita- lia, Gallia. 790 intermedia G u s s. Sardinia, Africa tro 791 italica Linn. Italia, Gal- lia merid., Helvetia, Ba- dena. 792 lusitanica Lin n. Lusitan. 798. *peruviana Li n n. Sardinia, Corsica, Sicilia, Italia, frica bor. 794 —*var. candida (Guss.) Sicilia 795 — *var. Olusti Parl .) Si- cilia 796 = pg. elongata ( Parl. ) Sicilia 797 -*var. Hunghi (Rin). s. Maretimo Ala): 798 dali (Tir in. a 799 Semele androgyna Kun th. L- Ins, Canar. 800 Smilax cugri Linn. Eur. 50 Trier irta Hook: China a 802 Lin ipivesit Herb. Bac + i - Sin du — 18—-. 805 Urginea Scilla Steinh. Prom. b. i 806 Veltheimia viridifolia Jacq. rom. b. Spei. 807 - *var. undulata Moench. 808 Yucca aloifolia Linn. (pl. var.) India occ., Mexico ad Carol. bor. Otchidaceae. 809 Aceras *anthropophora R. Br. 810 Habenaria intacta Bth. Eu- ropa, Africa austr. 811 Limodorum *abortivam Sw. n med. et merid., Algeria, Asia minor. 812 Orchis Ulongibrac teata ivon. Europa austr. 813. *longicruris L k. Reg. med., Igeria occ. 814 *provincialisi Balb. Reg. medit., Africa bor, 815 *tridentata Scop. var. Lr (Lam.) Europa erid., Africa bor, 816 Serapias ;iigne Linn. Eu- ropa austr 817 — var. albiflora. Musacene. 818 age flaccida Rose. . Ame- ca bor. 819 tina Linn. Cosmop. 820 uni Ruiz. et Pav. Peruvia. 821 macrophylia Hort. Amer. trop. 822 Musa Ensete Linn. Abys- sinia. Palmae. 823 Archonthophoenix Cunnin- mii H. Wendl. Australia. 824 pred spa Liebm. 825 Chamasdora oblongata art. Brasilia. 826 Cameron *humilis Lin n. ar.) Hisp., Italia, si ica oa or. 827 Cocos australis Mart. Au- stralia. 828 flexuosa Mart. Brasilia. 829 Jubaea spectabilis H. B. et K Chilì 111. 8380 Howea forsteriana Becc. Lord Howe. 831 Livatunà pres Mart. Australia. 882 chinensis R. Br. China et ponla. 833 Phoenix canariensis (H ort.) ecc. Ins. Canariae. 834 dactylifera Linn. (pl. var.) - bor , Arabia, Per- 835 rinata ter. Afr. or. et —“’ 836 stai Adani Guerns. Car na merid., Georgia; | Flo ne . 8387 blackburniana Glaz. Ind. OCG: 1 838 Palmetto Loo È Amer. bor. . 839 princeps Ho 840 vmbracadifr si art. Ind. , Mex . 841 Trachyoarpus oxcelsus Ga ve 842 Trachycarpus Fortunei Gay. ina. 843 Washingtonia filifera H. end.-America bor. et occ. 844 robusta H. Wendl. Ame- rica bor. etffocc. Pontedetiaceae. 845 Pontederia loureiriana S c h. Cochinchina. Restiaceae. 846 Elegia deusta Kth. Prom. ei. Scitaminaceae. 847 vg o Rosc.India 848 Giobba Sii Hook. Siam. i 849 Hedychium coronarium i Koen. Ind.or. _ 850 coccineum Boch Ham. Nepal bo. Nepal. 851 gardnerianum Grif f. Ind, i ; or. i 852 Thalia dealbata Fras.Ame- rica sept. Typhaceae. 853 Typha latifolia Linn. ropa, Asia, Africa bor., America bor. et media, 854 stenophylla F. et M. Rossia, Italia bor., Asia. 855 Shuttleworthii Koch. et Sond. Europa centr. et Reg. Danubialis. Dicotylaeae. flcanthaceae. 856 Acanthus longifolius Poir. uropa merid. 857. mollis Linn. Europa au- 858 Anisacanthus virgularis N. ab E. Nova Hispania, Mexico, Ins. -Canariae, etc 859 — var. morettianus Hort.. 860 Barleria ventricosa Hochst. i Abyssinia. 861 Dianthera nodosa Benth. ok. Ind. or. 862 Fittonia argentea Hort, 863 Hypoester paniculata Hochst. Abyssinia. 864 Jacobinia pohliana Bth. et H Brasilia. 865Justicia furcata Jacq. Me- ico. _ 866 Mackaya bella Harv, Bra silia, i e - 867 Ruellia amoena Nees. Au- stralia. geminiflora H. B. K. Amer. tro i p. 869 lactea Cav. Mexico. 870 rosea Hemsl]1. Mexico. 871 solitaria Vell. Brasilia. 872 squarrosa Fenzl. America tro ; p. ‘878 strepens ai inn. Am. bor,, India or. 874 Thwabengia elegans Borzì, Hort. Pan ‘875 erecta cia Wall. Afr. trop. occ. 876 — ver. albiflora Hort. 877 pesco Hochst. Abys- Amatantaceae. 878 Achyranthes *argentea Lam. var.virgata Mo q.Tand. Abyssinia, Nubia, Arabia, ‘Sicilia, Sardinia, Gibalt., Pig Porto Rico, sa ; , etc. 879 longifolia Hort, Tockio. 880 Acnida grane A.Gray. Am 881 Amarantus sroparparens Rox i rs 882 E Linn. | Reg. tomi. trop. PE Moq. Bras.. caudatus Linn. Oriens, Africa trop., India o- 3 rient. canariensis Bess. Insul. LE 885 | 1886 dolenti Lin Europa. 887 dusii Hort. Saigon. 888 emarginatus Salzm . Reg. trop. 910 rota Griseb. Reg. » 912 Telanthera brasiliana Moc Bras 889 Amaranthus frumentaceus Buch. Ami bor. 890 gra Linn. Reg. tro P. 891 — var. tricolor (Linn.). 892 hypochondriacus Linn .A- merica bor. 898 melancholicas Linn. Chi- na, Japonia, Brasilia, ete. 894 paniculatus (Linn) Moq. gi d. India or., China, America bor. 895 patulus Bert. Am. bor. in Europ. alien. 896 retroflexus Linn. Am r DD Ne, JI or. 3 salicifolius H o r t . Ins. Phi- lipp 898 spinosus Lin. Reg. trop. viridis Linn. Reg. trop. 900 Amblogyne polygonoides afin. Am. bor. 901 Celosia argentea Linn. Co- smop. trop. CSA 902 cristata Linn. India or.; Bombay, Japonia. 7 plumosa Hort. Hab trievna Linn. Am. trop. DA Froelichia floridana M 0 © q Am. bor., Ind. occ. . — 906 gracilis M o q. America bar, i %7 Gomphrena decumbens n acq. Mexico, Bolivia, & No) 908 "e Linn. (pl. var.).. India or., China, Japonia Brasilia 909 Haagoane K10 tasch Me gen 911 Pupalia ia Mocqg. ia merid., Afr. or. et austr. iù Guinea, Hispa- ilia, Mexico, Jar Ampelidaceae. 913 Ampelopsis heterophylla ieb. et Zucc. Chi- na, Mong., Japonia. 914 “grani Rutarutica Vent. Au- ralia exstratrop. or. 915 Partono quinquefolia .)Planch. A- merica de et centr. extratrop. 916 Vitis vinifera Linn. Oriens, India bor. occ. 917 Henryana Wall. India o- rient. Anacatdiaceae. 518 peluria laevigatus . Nov. Zel. 919 Muali iù DA inn, eg. medit. omn, Insul. Canarie, » 920. *Terebinthus Lin n. Europ. RA saggi sorsi praes. or. 921 Dijogsaiom SA Engl. > Australia. | 922 Rhus *coriaria Linn. Reg. i medit., Persia. i 923 laevigata Linnn. Prom. se b. Spei. 924 lucida Linn. Africa au- str. 825 pentaphyllus Resf. Reg. 826 sylvestrisSieb.et Zucc. ii) AJapon, i 927 Rhus Toxicodendron Linn. Japonia e Nippon, Ame- rica bor 928 cdi Jacq. Prom. b. Spei. 929 gr dependens Ort. Bra- 930 pesto L inn. Peruvia, Bra- silia, Uruguay, e 931 terebinthifolius Raddi, Brasil. Anonaceae. 9832 Anona Cherimolia Mill. eruvia, Nova Granata. 983 squamosa Linn. Ind.or., America ?) fAipocynacCeae. 934 Acokanthera venenata Don. Prom. b. Spei. 635 cinta ceapo cannabinum . America bor. 936 Mandorle suaveolens si ]. Reg. Argentina. 937 eda crat AI, Rullo. bor. n 838 Oleander Li n n. LE me-l ne dit. Asia min minor. 000. danbia, Aftica ‘or. Do 989 Ochrosia nia PE) (5 . Caled. ; 940 macrocarpa’ H o rt. Hab? dl rg posa Pouir. Am 941 bioor Ri sa pe Amer. 943 bere et P. . austr. 944 iricolor R. st s P. Peruvia. 945 Vallesia cymbaefolia Hort. ova Hispania. 946 Vinca rosea Linn. Java, India or. et Philipp., Brasilia, Mexico, Guya- na, etc. 947 — var. albiflora Hort. 948 — var. immaculata Hort. flraliaceae, 949 Acanthopanax aculeatum em. Asia trop. 950 Aralia dactylifolia Hort. _ 951 spinosa Linn. Amer. bor. 952 Cussonia triptera Colla Africa austr. 953 Postegiani pedunculatum th. America me- rid. 954 Fatsia Jjaponica Dcene. et 9 : 956 Gilibertia ca March. Brasilia. 957 Hedera *Helix Linn. Eu- ropa, Ins. Can., India bor., ete. 356Meptapleurum rigidum$ e e m. Jav 959 ia Hort. 960 ca Seem. Ind. 961 a rotundifolia Tono L i ex Hort. neapo Aristolochiaceae. 962 Aristolochia brasiliensis art, Brasilia, 963 Aristolochia mes Ding IL Thra 964 elegans M. ast. Brasilia. 965 Kaempferi Willd.Japonia. 966 Pistolochia Linn. Reg. medit, occ, flscie piadaceae. 967 Araujia sericifera Brot. eruvia. 968 megapotamia D on. Bras. 969 Asclepias angustifolia Schveig. Mexico. 970 curassavica Linn. ex An- tillis subsp. in hort. regione trop 971 mexicana Cav. abb, Me- xico. 972 ara niger R. Br. Syr 973 Gemphocarpis *fruticosus Re Br Arabia cult. sp. in hortis. et su 974 Oxypetalum solanoides Hook. Reg. 975 Periploca *graeca Lin n .Bi- rina sg Syria, Ita-. lia 976 Pea * it. Reg. Medit. i Ins. Can ar. 977 Stapelia atrata Tod. Prom. sr pei. 978 \iosior Hott. 979 bufoniaJacq. Prom. bic Spei. ‘980. ciliolata T o d. Tom b. Spei. 981 clypeata Hort 982 conspuronta Wi11d. a : 983 984 - 985 hybrida Hort 986 maculata Jacq. Prom. bi Spei, 987 Stapelia marmorata Jac q. Prom. b. Spei. 988 mirabilis Hort. 989 mixta Mass. Prom. b. Spei pei. 990 parvipunctata T o d . Prom- b. Spei. 991 picta Donn. Prom. b. Spei. 992. rectiflora Hort. 993 rugosa Jacq. Prom. b. Spei pei. 994 trifida Tod. Prom. b. pei. 995. variegata Linn . Prom, b. Spei. 996 verrucosa Mass. Prom. b. pei. 997 Vincetoxicum officinale c h . Europa, Reg. Jaucas. i 998. purpurascens C. Morr. aponia, Begoniaceae. | 999 Begonia nelumbifolia C ha m. È t Schlecht. Mexico. 1000 ricinifolia A. Dietr. Bra- ‘ silia rubro-setulosa A. DC. Bra- silia. i Sandersii Hort. Hab? semperflorens Lh.etOtt. Brasilia med. et austr. — var. albifora Hort. — var. erfordiana Hort. Schmidtiana Regel.Bra- "i silia, n) “ap Betbetidaceae. 1007 Berberis africana He ben - . rica austr. 1008 aquifolia Pursh. Amer. 1009 aristata D C. India orient. 1010 era Roxb. Reg. Hi- 1011 box Lam. Reg ma- gel 1012 Ja bubiion R. Br. Japonia. 1013 nervosa Pursh. Am. bor. 1014 sinensis Desf. China. 1015 spicata Hort. 1016 vulgaris Linn. Europa, Asia. i 1017 Nandina domestica T h u n b. On, ina. Bignoniaceae. 1018 n ento L n d L 1019 Catipa e Walt. "g 1020 e C.A.Me y. China. 1021 gprs Sie bet Zucec. 1022 J; nd PES Don Brasilia, Am. austr. 1023 Pithecoctenium muricatum + ia, Am. trop. 2024 condifotiami Ma, rt. Bras, 1025 Tecoma radicans Juss. A- merica sept. 1026 serratifolia G. Don. Ins. LI 1027 Tecoma stans J u s s.Mexico, America. : 1028 — var. velutina DC. Bixaceae. 1029 Kigellaria africana Linn. Botaginaceae. 1080 Alkanna lutea DC. Europa. 1031 tinctoria Taussch, 0- riens. 1032 Anchusa capensis Thub. Africa austr. 1033 italica Retz. Bea. Me- 4 dit. 1034 officinalis Linn. Europ. 1035 Asperugo procumbens Linn. Europ. Oriens. 1036 Borrago *officinalis Linn. Europa austr., Afr. bor 1087 Cerinthe major Linn. Eu- ropa, Asia . 1088 Cordia francisci Graef. Hort. Casert. 1039 Cynogioseum *Columnae . Ital. merid., Si- cia, Graecia, ieg da- pipi Desf. Reg. Medit. Heynei Don. Ind. Or. *pictum Ait. data au- str. medit. Wallichii Do on. Reg. Hi- mal. 1044 Echium calicinum Viv. Reg. medit. — fia 1045 Echium fastuosum Jac ii Ins riae. 1046 *italicum Linn. Reg. medit. 1047 *maritimum Willd. Hisp. Europa, mer., Italia ins., Africa or. 1048 *plantagineum Li n n. Reg. medit., Europa centr. et Angl. mer. occ. 1049 CIA laevis Roxb. Asia ustralia trop. 1050 cit Linn. India 1051 Bientina indicum Li n n. Reg. Argentina. 1052 Heliotropium *europaeum vi inn. Europa austr. t Reg. medit. 1053 Ravel Gus s. Sic. Graec. 1054 curassavicum Linn. Co- smop. trop. 1055 peruvianum Linn. Pe- ruvia. 1056 Riina barbigera A . ay, Am. po occ. 1057 Litbospermi arven n. Europ. Giuni 1058 sr Linn. Europ., Oriens. 1059 Myosotis spie Schultz. Reg. bor. 1060 intermedia Link.ex chultz, Europ., As. bor., Oriens. 1061 sylvatica Hoffm. v. al pestris (Schm.) Europa. 1062 Nonnea alba D. C. Europ., Oriens. 1063 decumbens Moench. Reg. medit. occ. 1064 flavescens Fisc h. Europ., Oriens. 1065 rosea Link g. Cauc. 10660mphalodes linifolia "Mo ench. Lusit., Hisp., Gall., Ital. 1067 PHRDAGNDE puri - on. Reg. Caucas. € Ag Pri ain SEE AR CIANO dI PIO E ie di: i do Ae - 1068SymphytumofficinaleLi n n. Europa, Sibiria, Bithy- nia. 1068 — var. bohemicum F. W. 1069 tanaicense Stev. Ross. 1070 rara fruticosa O r - Mexico. 1071 iris Linn, A- 1072 Mestrschmidia Sweet. Ins. Can 1073 RE orientale D . on, Asia min. Cactaceae. 1074 Cereus atropurpureus H or t. Hab ? 1075 Bomplandi Parm. ex iff. Brasilia. cirrhiferus La bo ur. (E- chinopsis) Mexie. Duvalli Hort. Hab? (Echinopsis). Eyriesii Hort.Berol]. Reg. Argent. Forbesii Hort. Berol. ex Foerst. Hab? pn Monv. ex Lem. Jamacaru Di (Agr Brasilia, — var. cyaneus Hort. labouretianus > ons.. Mexi xico. Spore H or t.(Echi- nopsis) Mexico. si "H ort. Hab? multiplex Ho rt.Berol. ex Pfeiff. Bras. nigerrimus Link. (Echi- nopsis) Chili, 1108 1089 Cereus ri na Mill. m. na Engelm. (Echinopsis) Texas. subrepandus Ha w. Ind. tortuosus Forbes. Reg. rgent. validus Haw. Am. austr. Zuccarini Pfeiff .(Echi- nop.) Mexico. 1095 Echinocactus aulacogonus em. cult.in hortis, ex 1098 1094 exico. 1096 electracanthus Lem. Mexico 1097 Epiphyllum truncatum aw. Brasilia. 1098Mammillaria anguinea 0 t t.0, exico. Bockii Forst. Mexico. celsiana Lem. Mexic. coronaria Ha w. Mexico. elongata Memsl. Me- 109 1100 1101 1102 o xico. 1103 Foersteri Muehlenpf. 1104 1105 1106 1107 glauca Dietr. Mexico. minima Reich b: e monclava Hor È: Hab ? multiceps S. ni Culta in hortis 1109 1110 IL 1112 — var. major dia 2 preoa Schei dw. Me- Neumanniana Cia: Me- xico. i pusilla Sweet. Amer. rhodaca: nthaSalmDyck. Mexico. i 1113 1114 1115 1116 sspioringize rbodantha . et Ott. Mexico. 1117 var. i Hort. 1118 seîtziana Mart. Mexico. 1119 stella aurata Mart. Me- xico. 1120 one Salm-Dyck. Me- 1121 alive Pro tt . Mexic 1122 zuccariniana Mart. Me- 1123 Opuntn amyclea Tenor. Mex 1124 nad Spreng. Hab? 1125 balearica Hort. 1126 decumbens Sal-Dyck. Mezrie. 1127 DilleniHaw. America au- stralis. 1128. *Ficus - indica Mill. (pl 1129 o. Wend]l. Mexi 1180 Loi Conso i 1138 leucotricha DC. Mexico. 1133 - gessi: scudi Amer. ustr. 1193 — “= prolifera Hort. i America austr. 1134 sfinge Haw. Amer: 1135 ccientati» & n e elm. er. 1136 psendo Tuna al tivi Mexicò 1137 robusta Ww endl. Mexic. 1138 stricta Ha w. América austr. 1139 tomentosa SalmDyek. Am. austr. 1140 Tuna Mill. Amer. austr. 1141 vulgaris Mill. America bor, ii È 1154 pacita Lam. Sibir., hi 1142 Rhipsalis ripete Salm- ych. 1143 ar Haw. Ind. 1144 eta Pfeiff. Bra- silia 1145 Warmingiana K. Schum. rasil. Calycanthaceae. 1146 capta occidentalis ; rn. Califor. 1147 Chimonantu fragrans . ndl.Japonia, China. Campanuiaceae. 1148 ORALI i Lamarcki Fisch. Sibiria. 1149 marsupio Fisch. 1150 tnclii de Maxim. Chin ek Cucapaii elegans Roe m. et Schult. Sibiria. 1152 rig Li inn. Reg. me 1153 medi Linn. Europa, 1155 lin Linn. Euro-. pa, Oriens, Afr. et Asia bor. 1156 a Sì sà t te et Sm. , Gra 1157 Cstonopsi va Bth. Reg. Himal. 1158 Trachelium *caeruleam - Linn. Italia cont. et Ins., Afr. bor. Cannabihaceae. 1159 Cannabis #sativa Linn. Persia, Italia (culta). 1160 — var. gigantea Hort. Cappatidaceae. 1161 raga rupestris Sibt. t Sm. Italia, Graecia, Hisp. merid., Dalm. 1162 Cleome arborea H. B. K. enezuela. 1163 fugax Schrad. Hab? 1164 gigantea Linn. Amer. austr. graveolens Raf. Amer. bor. juncea Sparm. Hab? muricata Edgew. India or serrata Jacq. Ind oc- cid. speciosa Raf. America bo. TL, speciosissima D e p pe, Me- xico, spinosa Jacq. Am. amstr. trachysperma Hort, 1493 die Faggi pentaphylla Cosmop. trop. RI -- Caprifoliaceae. 1174 Lonicera *canescens S © h u- Sicilia, Maroccus. chrysantha Turcz. Sibi- ria. 1176 gibbosa Willd. Mexico. 1177 grata Ait. r bor. 1178 *implexa Ait. gra me- dit. 1179 A- involucrata Banks. merica bor. japoniea Thbg. Reg. Hi- mal. lima Lam. Himal. Ruprectxii Regel. Ame- rica. rica Linn. Sibiria. 1184 Sn Ebulus Linn. Europa, Caucasus. 1185 ge L veg n. Europa, A- 1186 Symphorinrpn microphyl- lus H. B. et K. Mexico. 1187 racemosus ite: Ame- ‘rica bor 1188 ignis Hartwegi Bth. uatemala. 1189 lontani Michx. A- er. bor. 1190 di e e r-G awl. . Himal., China. 1191 pranifoliam dei nn. Am. 1192 n Hort. 1193 *Tinus. Linn.-Europa 4 be | str. occ., Africa bor. - Caryophyliaceae. 1194 Arenaria o. Sch- ra ung., Iicrienti di vi Ross. austr. Sibiria. 1195 a (Gus.) Eu- ropa, Afr. bor., Asia minor. 1196 erre Vahl. Hisp. t Ital. austr. ip Ade. bor., Ins . Can 1197 serpyiioia L Li inn. Euro- pa, Asia 1198 Cerastium arvense Linn. Reg. temp. bor. 1199 brachypetalum Desf.Eu- ropa, Reg. medit. 1200 Rc Fisch.et . As. min 1201 Lia 41 iù mi bl; eg. temp. et subtro- . cal. " pica 1202 oblongifolius Hor 4. 1203 Dianthus barbatus Linn. -. Europa. 12904 banaticus He uff. ex Griseb, Banatus 1205. Caryophyllus Linn. Eu- i ropa, Asia min. 1206 Carthusianum Linn. Eu- 1208 iveni Pia Europa med. p 1209 polomorpha Bi ie b. Reg. Cau 1210 rupicoae Bi vo Sicilia, I. merid. 1211 Oypeohi altissima Lin n. iria 1212 Sarai B ieb. Asiamin. 1214 Lychnis Bungeana Fisc h. 1221 fulgens Fisch. Sibiria. austr. : 1237 colo dla Pata Regia 1215 Lychnis Coeli-rosa Desr. Reg. medit. 1216 corsica Loisel. Obrsinli ren yren. 1217 dioica Linn. Europa. — 1218 divaricata Reichb. Sici- p. 1219 Flos-Jovis Desr. Helv. merid., Ital. bor., By- zanth. £ 1220. Fortunei Hort. 1222 Githago Scop. Europa, Sibiria, Graecia, Anat., Pers. etc. 1223 lapponica Hort.Hamb. 1224 macrocarpa Boiss. Reg. di de medit. 1225 rubrum Hort. 1226 vespertina Sibth. Reg. medit. 1227 Viscaria Linn. Europa A- ; 1228 Palyenpa TeneriffaeLa m. . Tenerifta. 1229 Polpeapon “totraplhiylicim _ eg. medit. Dica omnis. fere cosm. 1230 Sagina maritima D. Do n Euro 1251 na ‘officinalis Li n uropa, Asia occ. 1232 ISS Linn. Europ austr. 1233 persica Bo 1588. Persia. 1234 Vaccaria Linn. Europa, Asia minor., pera” 1235 ]—» sun Linn 1236 ipa wi La Europa 1238 Cucubalus ica i 7 el. Eu ropa, ‘Afr. i 1239 distica Will vs Reg mi i 0Cee; 1240 Silene gina Hook. m. bor. o 1241 *fruticosa Li. inn. Graecia, Sicilia 1242 *fuscata LE Lusit., Hisp. et Italia austr., Afr. bor., Syria. 1243 *gallica Linn. Europa, Africa bor. 1244 lydia Boiss. Asia min. 1245 macrodonta Boiss, Grae- cia. 1246 muscipula Linn. Reg. medit. 1247 nocturna Linn. Reg. medit., Africa bor., Asia occ. 1:48 odontopetala Fenzl. As. min., Syria. 1249 orientalis Mill. Oriens. 1250 pauciflora Kit. Europ. 1251 pendula Linn. Lusit., Hisp., Italia, Creta, et Smyrne. 1252 quinquevulnera Linn. uropa. 1253 Roemeri Frivald. Ba- nat. 1254 Sartorii Boiss. Insul. Cy- clad. 1255 saxifraga Linn. Europa. 1256 vesiculifera I. Gay. Ci- icia 390; viscosa LP ers. Europa, A- a b or 1258 ati “nvtie Linn. Or- bis. terr. fere omnis. 1259 — var. apetala (Ucria) oiss, Cum specie. 1260 a Sara; rubra Presl. 1261 rapuia Da ebell. Eu- TOpa, 1262 Tunica prolifera S co p Europa, Reg. Caucas. |. Casuatrinaceae. 1263 Casuarina distyla Vent. Austral. ; 1264 stricta Ait. Austral. 1265 torulosa Ait. Austral. Celastraceae. 1266 ina lucidus Linn. . b. Spei. 1267 scanon Linn. America 15 actendro australe V e nt. No ollanda. 1269 capeno Pur et Zeyh. 1270 Paris americanus Lin. Am. sept. 1271 europaeus Linn. Europa. 1272 gratia Wall. 126, Him 1273 n Linn. fil.Ja- 1274 — var. fol, variegatis. Chenopodiaceae. 1275 Atriplex colotheca Fries. i uecia. i so 1276 confertiflora S. Wats. i Am. bor. occ. 1277 hortensis Linn. Cosmop. 1278 nitens Schk. Europ., 0- ee ri 1279 Atriplex semibaccata R. Br. Austral. 1280 sibirica Linn. Sibiria. 1281 gn F.Muell. ustral. 1282 Basel rubra “n inn. Asia t Africa t: 1283 -- var. alba Li inn.) Chi- na, Japonia 1284 Beta vulgaris la nn. Euro- pa, Afr. bor., Oriens. 2285 maritima Linn. Reg. me- dit 1286 Chenopium album Linn. nis terr. orbis. 1287 ambrosidoides Linn.Am. bor. et trop., Europa au- str., Afr. bor. et austr., 1288 Bonus-Henrieus Li n n. Eu- ropa. 1289 capitatum Aschers. Reg bor. et austr. 1290 foetidam'Schrad. fe trop. 1291 are È inn. Orbis terr. fer 1292 colin "i chrad. Reg. 1293 Quinoa w in d. Am. au- Ù str. 1294 rec Linn. Europa, a bor. 1295 Crrieporini deg: inn. Europa, Am bor. 1296 aa tamnoides Bi e b. 1297 Kochia arenaria R ot us. , Asia occ. 1298 ani +Europa, — Asia bor. 1299 Salsola Kali:binn. Reg. bor. ot ‘austr. temp. 1300 rosacea Linn. As. med., Sibir. Da Spidacia òleràcea Linn. Ubique cult, a 1302 Teloxis aristata Moqg. Am. Cistaceae. 1303 Cistus cyprius Lam. Ins. Cyprus. ladaniferus Linn. medit. occ. monspeliensis Linn. Reg. medit. occ. terna Lam. Reg. Reg. e pensa W ilk. Reg. medit derigiifttca Linn. Reg. medit. occ purpureus Lam. Oriens. *salvifolius Lin n.Europa, Afr. bor., Reg. medit., 1810 Persia. 1311 vaginatus Ait. Teneriff. 1812 a canum . As. min. 1313 bi: Mi i]. Reg. med. 1314 guttatuam Mill. Europa medit. et austr., Africa bor., Syria. 1315 halimifolium Pers. medit. 1316 .ledifolium. Mill. Europa austr. 1317 niloticam Moench. Eu- topa et Africa bor., essi iaia Persia, 1318 Serro 8 pach. Reg. inedit Regi: Compositae. 1319 Achillea ageratum Linn. uropa. lanata Spr. Podolia. magna Linn. Europa. millefoliuam Ledeb. Eu- ropa, Asia min. n Linn. Europ., Orie a Linn. Reg. bor. | temp. 25 rosea Waldst. Hungar. 1326 Aetinomeris squarrosa N u tt. America bor. occ. 1327 tetraptera D C. Mexico. 1828 Actinella linearifolia Torr. . Texas. 1329 Ambrosia artemisioides Meyen. Peruv. 1330 bidentata Michx. Am. bor. 1931 maritima Linn. Europa; riens. 1332 trifida Linn. Amer. bor. 1333 Amellus annuus Willd. Africa austr. 1334 Ammobium alatum R. Br. Nova Hollanda. 1335 Anacyclus Pyretrum DC. Africa bor., Oriens. 1336 Anthemis arvensis Linn. Eu ropa. aetnensis Schouw. Mont. Aetna. austriaca Jacq. Ital. 1337 1838 1399 Biebrseinian L.Koch. 1340 enni Willd.Eo ropa austr. on ; Reg. danub., Cauca- 1841 Anthemis Cotula Linm. Europa, Afr. bor., Oriens. 1342 palaestina Reut. As. min., Syria. 1343 peregrina Linn. Graecia, Asia min. 1344 perse Linn. Europa; 1345 Aplopappae rubiginosus To tGray. Amer. Or. 1346. e pren repens Wendl, Africa austr. 1347 Arctotis Joi rg. Africa austr. 1348 Arnica longifolia Eaton. Am. bor. occ. 1349 Artemisia annua Linn. ia bor., Oriens. Absinthium Linn. 1350 Eu- rop. *arborescens Li n n. Italia, 1351 Oriens, Reg. medit. 1352 camphorata Vill. Europa austr. 1353 Dracunculus Lin n. i Europa, Oriens. 1354 mutellina Vill. Europ. 1355. pontica Linn. Europa, Reg. Cauc., Song. 1356 Stelleriana Bess. Am. »f tschatha. 1857 vulgaris Linn. Europa, Asia, Afr., Amer. - 1358 Aster azureus Lind t. Am. i sept. 1359 filifolius Vent. Afr. au- 1869 "Sai Hort. ex ni: Heynh. Hab? 1361 junceus Ait. Am. bor. 1362 laevis Linn. Am, sept. 1363 Novi Belgiù Linn. Am. sept. $ 1364 scaberrinus Less. Me xico. ; Bi + 1565Aster sericeusV e n t.America sept. 1366 sibiricas Linn. Sibiria, Am. bor. occ. 1367 Baccharis halimifolia Lin n. Am. bor. 1368 pigmaea DC. Chili. 1369 Scossa Hook, 1370 Bellis duci Linn. Reg. medit. 1871 Pra Linn.(fl. pleno) ropa, Asi 1372 Bellium bellidioides Linn. Reg. medit 1373 Bidene bipinmata Linn. eg. trop. 1374 cernua ” inn. Reg. bor. tem pil 1375 connata Mnhl. Am, bor. 1376 Nova-Caledoniae Forst. N. Kebrid. 1377 pilosa Linn. Am. austr., Ind. occ. 1378 quadriseta Hochst, Afr. trop., Sibi 1379 tripartita Linn. Europ. —-+ frutescens D C. sor: sedi *arvensis Linn. e Ins. Can., 0- 1382 PIRA D'esf. Reg. medit 1383 nr R af. Europa, O- 1384 ristagalli Viy. Reg. 1385 lg Raf. Sicilia. 1886 maritima Guss. Sicilia. 1387 alifatici Host... 1388 officinalis Lin n. (fi. pleno) Europa austr. 1389 gras Cav. Sicilia, A- fr, 1390. velico Vahl. Reg. medit. 1391 Callistephus | e Oss. China, i 1392 Carduncellus Sonica Afr. bor. 1393 Carduus* corymbosus T e n. ia infer. 1394 lampedusanus Lojac. Insul. Lopadusa. 1395 pychnocephalus Linn. Eur dn Reg. medit., Ori 1396 Giuse. i Linn. Reg. medit. 1897 Carthamus flavescens . Asia min., Sy- ria. 1898 glaucus Bi eb. Asia, Per- sia. 1399 lanatus Linn. Europ. austr., Asia min. 1400 leucanthus Hort. 1401 leucocaulus S. et S m. Ar- chip. 1402 ISIPRA Linn. India egyPpt. 1403 Guiindi coerulea Linn. medit. g. 1404 lutea Linn. Reg. medit. 1405 pressi segore Pers. Afr. 1406 Contare atropurpurea st.etKit.Hun- 1407 Ca Linn. Europa, — Afr. bor. Si: 1408 cerinthifolia Sibth. et m. Graecia. 1409 *Cineraria Lin n. Europa, Afr. bor. 1410 Crocodylium Linn. Sy ria. 1411 Cyanus Linn. Europa, 1 Reg. Caucas. 1412 dealbata Willd. Asia Persia. 0 1413 eryophora Linn. Gallia, Lusit. 1414 Centaurea eriospata Linn. ia, î 1415 jacea Linn. Europa med. 1416 melitensis Linn. Europa austr 1417 romana Linn. Italia. 1418 pulcherrima Willd. Caucas. 1419 scabiosa Linn. Europa. 1420 sempervirens Linn. Ita- lia, Lusit. 1421 sicula Linn, Sicilia. 1422 *sphaerocephala Linn. Europa medit. 1423 tauromeritana Guss, $Si- cilia. 1424 it eran Vahl. Ara- 1425 Cephalophor aromatica Schrad. Chilì. 1426 seria xeranthemoides . Asia min. , Per- 1427 Chars heterophylla Cass. rica austr. 1428 Chegancoma Coma-aurea . Africa austr. . 1429 Clover carinatum Schousb 1480 caucasicuam Pers. Reg. Cauc. 14381 cinerariaefolium V is. Dal- matia coccineum Willd. Reg. Cauc., Persi Vicioniia Li: inn.Europa i austr. 1434 corymbosum Linn. Eu- ropa, Afr. bor., Caucas. 1435 decaisneanum Pers. Hab? 1486 disciforme C. A. Wey. Reg. med. fascicualatum Hort. fruticosum Vell. Brasil. indicum Linn. China i Japonia. marginatum Hort. paludosum Pò ir, Afr, bor. 1442 Chrysanthemum Partenium rnh a 1443 persicum Boiss. Persia. 1444 prealtum Vent, Asia min., Persia. 1445 segetum Linn. Europa, Afr. bor., Asia occ. 1446 viscosum Desf. Reg. medit 1447 Cichorium Endivia Linn, Europa, Oriens 1448 mister Linn. ca: Ori 1449 Cradetichue proliferus D C. Afr. bor. 1450 Cnicus aracnoideus Bieb. 1451 benedictus Hort. 1452 niveus C. Presl, Eu- ropa. 1453 scabrum Hort 1454 syriacus Roth. Italia, Oriens. 1455 Valenowskyi Hort. 1456 Wallichi Hook. Reg. Hi- mal. 1457 Conyza *chilensis S pr. Gu- 1458 ivaefolia Less. Afr. au- stralis. 1459 Coreopsis Atkisoniana Hort. 1460 aurantiaca Hort. Hab ? 1461 samitiraraze Linn. Amer. bor. 1462 bicolor Syteno Hab? 1463 coronata Hook. Texas. 1464 Drummondi Til: et Gray, Texas. 1465 grandiflora Nutt. Amer.. bor. 1466 lanceolata Linn. America» bor. N 1467 "nr Nutt. “Îmaticaa 1468 Tipi Linn. America 1469 Cosmidium filifolium N utt. - Cosmop. 1470 ——- bipinnatus Cav.Am. exico. 1471 Cota “obétbniopifolia Linn. ropa, Africa. 1472 Orepis are Linn. Asia. 1473 buxifolia Linn. Sicilia. 1474 hyemalis Biv. Afr. bor. 1475 rubra Linn. Ital. Graec. 1476 ppi *vulgarisC ass.Reg. it. 1477 Criptostemi percorri ce . Prom. b. Spei. 1478 Cynara Cardunculus Linn. Reg. medit. 1479 Dahlia variabilis Desf. Mexico. 1480 apre pluvialis M o- . Prom. b. Spei. 1481 Deha eli Moen- ch. Amer. bo 1482 Echinops comigern DC. India 1483 crt 8 chrad. Hun- gari 1484 dosi Stev. Reg. Canc. 1485 van alba Hassk. Co- mopol. trop. 1486 Famila sonchifolia D C. Asia trop. 1487 Eupatorium album Linn. mer. 1488 aromaticam Linn. Am. bor. 1489 atrorubens (Le m.) H.Pan. calaminthaefolium H. Bet K. Mexico. i Asia bor coelestinum Linn. Amer. bor., csv w al a, Hab? Vanni de Hab? janthinum Hemsl, Me- x1C00, cannabinum Linn. Eur., 1496 Eupatorium lucidumOrte g. exico. 1497 macrophyllum Lin n. Am. rop. 1498 megalophyllum Klatt. exico. 1499 o tt Mocq. et Sess. rina 1500 olaceum 3% af. Hab? 1501 ia abeti Gaertn. eg. medit 1502 Felicia ETA Nees. rica austr. 1503 cr Cass. Africa 1504 Filago ia Linn.Europa, Asia bor., Oriens. 1505 *germanicaL in n. Europa, riens. 1506 Flaveria Contrayerva Pers. Am. trop. 1507 repanda La g. Texas, Mex. 1508 Gaillardia lanceolata M i- ch x. Amer. bor. 1509 pulchella Fouger. Amer. sept. 1510 —var. picta (Sweet). 1511 sorta *tomentosa nch. Reg. medit. 1512 SA pinnatal, e ss.Prom. b. S pei. 1513 Geropogon glabrum Linn. uropa. 1514 Sangue nio undulatum Linn. Africa austr. 1515 Grindelia glutinosa Dun. r. bor. occ. ne Hook. Calif. pie D C. Am. bor. 1516 1517 1518 1519 fot Nutt. California. squarrosa Dunal. Am. bor. occ. 1520 Guizotia abyssinica Ca ss. ica trop. 1521 Gynura aurantiacaD C.Java: 1522 Helenium microcephalum D C, Mexico , . 1523 Helianthus annuus Linn. m. sept. 1524 canus Hort 1525 cucumerifolius Torr. mer. bor garde Spreng. A- 1526 orali. D C. Amer. bor. ce. parviiora Bernh. A- r. bor. 1529 sc angustifolium .- Reg. medit., Oriens, bracteatum Willd. Au- stralia. decurrens, Muell. Austr. diosmaefolium Sweet. Austral. lanatum D C. Asia min. orientaleG a e r t n.Archip., Asia minor. *rupestre D C. Reg. medit. 1536 *saxatile Moris. Sardinia. 1537 Helipterm roseum Bth. Austra 1538 Helmintia i n. Europa. 1639 Hieracium crinitum Sibth. et S m. Sic., As. min. 1540 Humea elegans 8 m. ssnnag 1541 Hyoseris radiata Li Reg. medit. 1542 Hypochaeris *aetnensisB t h, et Hook. Sicilia. 1543 laevigata Bth. Hook. Afr. bor., Sic. 1544 Hysterionica linearifolia rasili ak. 1545 irà purpurea DOC. Mex 1546 Inula riimoids Linn. eg. . 1547 ini Desf. Reg. medit. 1548 montana Linn. Europa austr. 1549 obtusifolia Kern, Reg imal, 1550 Inula viscosaA i t.Reg.medit. 1551 Iva xanthifolia Nutt. Am. Or. 1552 Jurinea alata Cass. Reg. aucas. 1553 Koelpinia linearis Pa ll.Asia occ. et bor. 1554 Lactuca quercina Linn. 1555 1556 saligna Lin n. Europa, Africa bor. occ. 1557 Scariola Linn. Europ., 0- riens. 1558 virosa Linn. Europa, A- sia bor. 1559 Lagascaea mollis C a v.Cuba. 1560 Lapsana communis Linn, ig Oriens, Asia 1561 ini gabrata Lind Ì Calif. 1562 obtusifolia Cass. Chili. 1563 Laya SQ da ook. et Arn. A occ 1564 gulardiides Ho ook et Ar r. bor. occ. 1565 Leontodon Salani Ball. Reg. 1566 linilaipom ua Gray. exas. 1567 08 gen Gaertn. m Reg. 1568 Madia cigno Fi Don. Am. 1569 saliva La Am. bor. OCC, ‘1570 Matricaria africana Berg. Africa austr. 1571 prg DO. dall << a Linn. Europa sai DC. Africa austr. i Baiss. Syria. | 1575 Militella pusillaSommier, Ita, #4 1576 Micropus ‘na Lag. eg. 1577 Mikania ai Willd. Amer. calid. 1578 Montanoa bipinnatifida 0. Koch. Mexico. 1579 Obeliscaria pulcherrima D C. Am. bor. occ. 1580 TROIA maritimum Sch. Reg. medit. 1581 Onopordon macranthum houb. Reg. medit. 1582 Palafoxia texana D C. Texas. 1583 Pallenis * spinosa Cass. ‘ Reg. med., Oriens. 1584 Picridium nam Desf. medit. Reg. 1585 Picris e Bert. Eu- ropa 1586 Caen Dioscorii DOC. A- TOp. pui odorata Die Amer. au- 1588 Podiélianitm paniculatum nth. Mexico 1589 Psiadia glutinosa Jacq. ; ns. Maurit. 1590 Pulicaria disenterica G a- ertn. Eu 3 | 1591 Rhagadiolus Hedypnoides A11. Reg. medit. 1592 e Gaertn. Reg. it. 1593 Rodigia commutataSpren 8g Graecia. 1594 Rudbeckia. mapierionalis Vahl. Amer., Mexico. americana Hort. Hab? fulgida Ait. Am. bor. 1595 1596 1597 laciniata Linn. America bor. 1598 lanceolata Bert. Amer. r. 1599 purpurea Linn. America bor. 1600 speciosa Wender. Amer. bo: T, 1601 a subtomentosa 1602 Suntlin rosmarinifolia n. Europa austr. 1603 vividis wi illd. Europa austr. 1604 Sanvitalia procumbens La m- xico, 1605 Scorzonera angustifolia inn. Europa austr. 1606 laciniata Linn. Reg. it., Caucas. 1607 Sostieni tania Linn. Reg. medit. 1608 mio aetnensis J a n. Ita- 1609 Antenphobium Sch. A- frica au bicolor To a Italia, Grae- cia. *candidus D C. Sicilia. Cineraria D C. Reg. medit. 1610 1611 1612 1613 1614 “dlphinitl Vahl. Reg. Oriens. elegans Linn. Africa austr. grandifolius Less. Mezioni hadiensis Forsk. Arabia. japonicus Sch. Japonia. 1620 Kaempferi DC. Japonia. 1621 Kleinia Less. Ins. Canar. do maritimus Linn. Afr. austr, odorus Sch. Arabia. drei DOC. America : aus scondon Willd. Reg. LR "Sr Mi per PR RNA E ae n a DC. Insulae Ca- Doria È in n.Europ. austr., kleinioides Oliv. Africa trop. *Mandraliscae (Tin.) Ins. ulcanu ima sia Hochst. A A 1629 Senecio *vulgaris Linn. Europa,(cosmop. inquil.) 1630 Siegesbeckia flosculosa L’Hèrit. Peruvia. 1631 orientalis Linn. Cosmop. trop. 1632 Silphium integrifolium x. Am. bor. 1633 trifoliatum Linn. Amer. À Or. nda marianumGaertn. ropa. 1635 solita» ellyptica Ait. A- a bor 1636 macrophyila H erb. Am. bor 1637 PRAIA Linn. Am. sept. serotina A it. Amer. sept. o A. Gray. er. bor. occid. 1640 Sica fraticosus Lin n. ns. Madeira 1641 maritimus Lin n. Europa, Reg. medit. 1642 *oleraceus Linn. Cosmo- 1638 1639 pol. 1643 “tenerrimus Linn. Reg. , medit. 1644 Spilanthes Acmella Murr. Cosm. trop. et subtrop. 1645 Stevia pilosa La g. Mexic. 1646 Tagetes erecta Linn, Me- xico. 1647 n H. B. K. Ecua- dor. trop. 1648 pati riga n. Mexico, 1649 signata Bart]. Mexico. dg Tanacetum vulgare Linn. | Europa, Asia bor. 1651 Taraxacum officinale Wigg. Reg. bor. et austr. temp. 1652 sione Poir. Euro- pa tc 1658 Tarchonanthns camphoratus du i Africa or. et inn austr. 1654 Thelesperma filifolium A. Gray. Am. bor. occ. 1655 Tithonia tagoliliore Desf. Mexico. 1656 diversifolia D C. America. 1657 don pratense Li n n. , Sicilia. 1658 Trincia Lasa DC. Reg. medit 1659 ida *Dalechampi F. Schmidt. Eu- ropa austr. picroides F.W.Schmidt. Europa austr. 1661 Verbesina alata Linn. Am. 1660 trop. 1662 crocata Less. Mexico. 1663 encelioidesB th. et Hook. America bor. occ. 1664 virginica Linn. America sept. 1665 Vernonia altissima Nutt. m. trop. 1666 angustifolia Michx. A- È. 1667 anthelmintica Willd. Himal. 16683 baccharioides H. B. et K. Nov va ranata. eminens Bi isch. Africa bor. fasciculata Michx. Am. —b eNot. America. n 2 Veluiinila Lippii Cass. 26] er. austr., Ins. Cana- 1673 Santi ‘spinosum Lin n. mopol. 1674 ra verrucosaG aer tn. Europa ESS è clegana 3 acq. ate e h m. Brasi- lia. —var. albiflora (Hort.} hirta Lin n. (bulb). Afr. austral. incarnata Lin n. Prom. b. Spei. Majoranae T o d. (bulb). Hort. Pan micrantha B ert. Chili. rg Lin n. Vrdk Prom. b. S Regnellii Mid nia silia. PONT e av. (alb). - 2043 Me 2045 variailia Jacq. - (bulb).. b. $ i ma. pei. 2046 Pelargoniom acerifolium | > è ri t.Prom. b. case ù 7 ‘amplissimum Wendl. Prom. b. Spei. . Cr Jacq. Hel: ustr. i capitatum ai Dai. b. pei crenatum Link. Prom. b. DS) 2051 Pelargoniani decipiensHort. 2052 2053 2054 2070 ficifoliuam Hoffmgg. *Prom. b. Spei. formosissimum Pers. rom. b. i. gibbosum L’ H è èrit. Prom. b. Spe graveolens L’Hèrit. Prom. b. Spei. presti D C.Prom. b. Spei ma nia rit. pete J a q. Prom. b. “iii ochst. Abyss. ; papilionaceum A i t. Prom. . Spei. peltatum Ait. Prom. b.. pei. quercifolium L’Hèrit. Spei. anta Sims. Prom. b. Radu L Hi è rit. Prom. b. Spei. --var. roseum (Willd.) scandens Ehr b. Prom. b. Spei. stenopetalumE h r h.Prom. . Spei. ternatum Jac q. Prom.b. S pei. tomentosum Jacq. Pansa. S 2071 . Prom. b. Spei. 2072 Tropaeolum majus Linn. Peruvia 2078 lobbianumH ort.Veitch. Nova Granata. 2074 peregrinum Linn. N. Granat. b. Spei. 1 vitifolium L’Hèrit.Prom. ei. b. Spei zonale I rara (pl. var). SP gr Giobùulatriaceae. 2075 Globularia Alypum Linn. ; Reg. medit. mila > inn. Ins. deira HFaloraceae. Teti È PIA a DL a Rat 2077 Gunnera bracteosa Steud. Hydrophyliaceae. 2078 Nemophila atomariaFisch. Am. bor. occ. ur 2079 maculata Benth. Califor- nia. SA 2080 artnnig DI arton. Am 2081 Phaceia bipinpatifca x. Am. bor. 2082. 2083 2084 2085 ia. ; » 2088 Wigandia caracassana H. i saggia Hook. Texas. hastaefolia Hort. Da malvaefolia Li ham. Ame rica bor nn: ELE Amer. Or. viscida RO, Califor nia Whitlavia A. Gray. Ca t K. Venezuela, Le | xico, Hypeticaceae. 2089 Hypericum androsaemum Linn. Europa, Asia 2090 canescens Trev.Lusitania. 2091 Desetangsii Lamott. Hab ? 2092 elatum Ait. Am. bor. 2098 hircinum Linn. Europa, Asia bor. 2094 perforatum Lin n. Europa, As. et Am. bor. 2095 quadrangulatum Linn. Europa. Ilicinaceae. 2096 Ilex da Linn. Eu- Topa, Iliecebraceae. 2097 Herniaria hirsuta M ill. | 2099 arabica DC. Sy, Arab., Aegypt. 2100 bonariensis DC. Reg. Arg. ar sr Lam. Reg. me- i 2102 Belerandhus annuus Linn. 2 Europa, As. temp. dugiandaceae. 2103 aias cremano Nutt. 2104 Jaglan nigra Linn. Am. bor 2105 regia da nn. Asia occ., imal. Labiatae. 2106 Ajuga vr Schreb. Reg. 2107 esca Linn. Europa. 2108 Ballota acetabulosa B e n t h. Graecia, Asia min. 2109 hirsuta Benth. Hisp., r. bor. 2110 hispanica Benth. Europa austr. 2111 saxatilis Sieber. Syria, se iniabi 2112 Fabri origanifolium L'Hèri ns. Canar. 2113 Blephilia hirsuta Bth. Ameri 2114 Valamintha è Clinopodium DI ent h. Reg. bor., 0- 2115 pepe Seri, Europa, Afr. 2116 Colene thinensisti ort.Hab? 2117 lanuginosus Hochst Abyssinia. 2118 Persooni Bth. Madaga- scar. 2119 shirensis Gurk. Africa ‘trop. 2120 spicatus Bth. India or. 2121 Verschaffeltii Lem. Java. 2122 siericcntoa maldavica n. Europ., Asia bor. 2123 Plscholtia cristata Willd. op, Am. ; 2124 Galeopsis pyrenaica Bart]. uropa austr. 2125 Tetrahit Linn. Europa, Asia bor. 2126 prc hispida Pursh. America bor. 2127 Hivigar ‘officinalis Linn. uropa, As. temp. 2128 Lallemantia peltata Fisc bh. . Reg. Caucas., Pers sia. 2129 Lamium * amplexicaule Linn. Europa, Asia bor. 2130 Lavandula multifida Linn, Reg. medit. occ. 2131 Spica Cav. Reg. medit. 2132 Stoechas Lin n. Reg. me- dit. 2183 Leonotis Leonurus R. Br. Prom. b. Spei. 2134 Leonurus Cardiaca Linn. eg. bor. temp. 2185 ibirion Linn. Sibiria, 2136 Fasce Linn. Asia med. 2137 Leucas indica R. Br. India orient. 2138 Lophanthus anisatus Bth. me T. 0cc. 2139 rugosus Fisch. et Mey. Chi na. 2140 sinensis Hort. Hab? 2141 Lycopus *europaeus Linn. uropa, Asi pa, r. 2142 Marrubium supinum Linn. Europa austr. 2143 propinquus Fisch. et ey. Reg. Cauc., Persia. 2144 vulgare Linn. Dei, Asia, Africa bor. 2145 Molisse officinalis Linn. Reg. medit., Oriens. Asia, Afr. ; 2149 —var. macrostachya (Ten.). . 2150 *sylvestris Linn. Reg. bor. temp. 2146 Mentha Mirennae Mattei. Insul. Tenus *Pulegium Lin n.Europa, Africa et Asia bor. rotundifoliaH u d s.Europa, or 2I4T 2148 2151 viridis Lin n.Europa, Asini Africa bor 2152 Micromeria a pprcsignali Europa medit. 2153 *graeca Bent h. Ital. me- rid., Sicilia, Oriens. 2154 Molucella spinosa L it nn. Europa austr., S 2155 Monarda camaliot ec ck. Am. bor 2156 Abe N utt. Am. bor. occ. 2157 Mosla japonica Maxim. apon 2158 ocimoides Buc-Ha m. Chin £ 2159 Maps Catari Linn. Eu ropa, Oriens, Himal. 2160 camphorata Boiss. Grae- - cia. i i: 2161 nuda Lin n.Europa austr.,. . riens. È 2162 ucranica Linn. Europa — oce., Asia bor. 2163 Give Basilicam Linn. Asia occ. trop. 2164 —var. bullatum Hor t. 2165 —var. faninum Hort. 2166 —var. microphyllumHort. 2167 carnosum Link. et Ot America trop 2168 Rn Linn. Ind 2169 si Willd. Ari bor. et austr. 2170 sanctum Linn. Geront. reg. trop. 2171 Origanum DictamnusL i n n. reta. 2172 Majorana Linn. Europa. 2173 vulgare Linn. Europa, Asia. bor. 2174 Ortosiphon tomentosus B t h. ndi ient. | ‘2175 Perilla arguta Bth. China. «2176 ocymoides Linn, India or. 217% Pezeria multifida Linn. ina. 2178 Phlomis armeniaca Willd. ia min. 2179 americana Hort. 2180 chrysophylla Boiss. Sy- ria. 2181 ferruginea Ten. Italia, Graeci ecia. 2182 purpurea Linn. Hisp., Lusit. 2183 tuberosa Linn. Europa austr., Asia or. et bor. 2184 ‘viscosa Poir. Syria. 2185 Physostegia via 2186 virginiana Benth. Am. = 2187 Plectranthus hadiense CA Jeae, 2188 sd ig axinn. Reg. Am 2189 Prasium ‘aj Linn.Reg. medit. tem 2190 Prunella Diciniaie Linn. Europa, Africa bor., 0- ; riens. 2191 sd Linn. Reg. 2192 Rosmarinus*ofteinalisl inn. eg. a 2198 Salvia amarissima Orteg. Mexico. 2194 geom Linn. a; x 2195 diidicibiia Linn. Sicilia, Aegypt. 22 2196 Salvia cleistogama DeBory et Paul. Afric. austr. 2197. clandestina Linn. Reg. medit si 2198 coccinea Juss. Am. bor. °. trop. 2199 controversa Ten. Reg. medit. 2200 farinacea Bth. Texas, Me- xico. 2201 filamentosa Tausch. Am. Or. 2202 glutinosa Linn. Europa austr., Oriens, Reg. Hi- mal. 2203 laici Benth. Mexic. 2204 Horminum Linn. Reg. medit. —var. bract. albis Hort. 2206 —var. bract. roseisHort. 2207 —var.bract.violaceisHort. 2208 Janthina Otto et Dietr. " Mexic. 2209 rita Schousb. Ma- occ. 2210 ca Thunb. Japon. 2211 lyrata Linn. America bor. 2212 esa Linn. Reg. 2213 plpstacha Orteg. Me- 2214 ds Linn. Europa. 2215 regeliana Trautv. Cau- Casus. ca rigens Sibth. et Sm. © raecia 2217 roemeriana Scheel. Te- sE . xas, Mexico. i 2218. Sclarea Lina. Reg, me- . — dit., Orie 2219 splendens Ker. et Gael —J} Brasilia. 2220 rin Linn. Europa, 0- 2221 | —var. » verbo (Bro 2222 viscosa 7, ned: Italia. L 2223 Satureja hortensis Linn. Reg. med., Oriens. 2224 juliana ADS Reg. med. 2225 Scutellaria albida Lin n. Europa or., Oriens. 2226 baicalensis Georg. Sibi- ria, Asia or. 2227 dependens Maxim. Ja- pon. golericulata Linn. Reg. bor. temp. lateriflora Linn. America bor. orientalis Linn. Europa ust., Oriens. * peregrina Linn. Euro- pa austr. Oriens Tournefortii Bth. Persia, eg. Cauc. 2258 Sideritis montana Linn. Reg. medit. 2234 romana Linn. Reg. me- dit. 2235 Sphacele subhastata Bth. Chili ilì. 2236 Stachys Bethonica Bth.. uropa, Asia min. 2287 Mialliesii Noé. Algeria. 2238 sylvatica Linn. Europa. 2239 ar Chamaedrys Linn. uropa, Asia bor. 2240 favam Linn. Reg. me- 2241 Sato Linn. Reg. medit, occ. 2242 Scorodonia Lin n. Europa. 2243 Thymus Mania Linn. austr. 2244 Zisipiaat capitata Linn. Reg. medit., Oriens. Lauraceae. 2245 Cinnamomum Camphora ees. et Ebern. China, Japon 2246 Laurus nobili Li inn. Reg. Hort. 2247 lttsontalia i Borziì. Pan 2248 Uda lucida BI ume.Iava. 2249 Persea indica Spr. Ins. Ca- nariae. Leguminosae. 2250 Acacia Cavenia Bert. Ind. or, 2251 Cebil Griseb. Reg. Ar- gent. cyanophylla Lindl. str —var. latifolia Hort. farnesiana Willd. Reg. trop. i horrida Willd. Prom. b. ia. Martii Benth. Brasilia. melanoxylon R. Br. Au- stralia. neriifolia Cunn. li ia. — var. angustifolia Hor t. —var. ciopunnate 9 chle- e Au-. cyclops A. Cu n n. Austra- lia falcata Willd, Australia. i Spei. longifolia Willd. Austra- AuBirsr, 2264 Acacia x: F. Muell. Aust 2265 ia B enth. Au- stralia. 2266 rostellifera Bth. Austra- lia salicifolia Hort. saligna Vendl. Austra- lia stonophila A. Cunn. da Wi illd. Au- stralia 2271 Adenanthera pavonina Linn. Asia trop. 129272 Alana intermedius DC. Europa, Oriens. 2273 foliolosus DC. Insul. Ca- nariae. 2274 Aeschynomene indica Linn. nd. Or. 2275 AlbizziaJulibrissinDurazz. Asia, Afr. trop —var. speciosa (Hort.). lophantha Benth. Au- 2276 stralia. 2278 procera Bth. Asia trop. 2279 Alhagi camelorum - isch. Oriens, Asia c 2280 Amorpha canescens pra utt. m. sept 2281 californica Nutt. Califor- 2282 2288 elata Bouchè, Hab ? fruticosa Linn. Ameriec. t sept. 2284 herbacea Walt. America sept. 2255 SR vega monoica El]. 2286 Anagy de Linn. g. medit., etcega 2287 Anthyllis*t inn Reg. medit. 2288 Vulneraria Linn. Europa, Oriens, Abyss. 2289 Arachys hypogaea Li n n. Reg. trop. cult. — gi 2290 Astragalus alopecuroides Linn. Sibiria, Helvetia. 2291 boeticus Linn. Reg. me- dit 2292 storozbachyi Lind]. Reg. Himal. excapus Linn. Europa. falcatus La m. Reg. Cauc., Sibiria. , frigidus A. Gray. Ame- rica bor. galegiformis Linn. Reg. 2293 229 f=< 2295 2296 ucas. hamosus Linn. Reg. me- dit., India Orient., Trans- cauc. sesameus Linn. Reg. medit. 2297 2298 2299 Bauhinia montana Hort. porrecta Sw. India 2301 Biserrula Pelecinus iu inn. it. 8. 2302 Caesalpinia tinetoriaD o m b. N 2308 Cajanus => S prengl. dia 2304 Calyotome ‘*infesta Guss. Sicilia, Dalm. 2305 Carugana ‘Chambagi Lam. 2306 alia Lam. Sibiria ‘alt, 2807 Redowskii D C. Sibiria. 2808 soforaefolia Tausch. Hab ? 2309 pren Poir Sibir 2310 Cassia susa Sim. Au- stralia. 2811 bicapsularis Linn. Ame- op. Chamaecrista Linn. Reg. bor. et austr. 3 clausseni Bth. Brasilia. laevigata Wil1d. Cosmop. trop. marginata Roxbg. India T, 2316 Cassia mexicanaJ a c q.Amer. trop. 2317 . morylandica Li nn. Amer. 2318 nictitans Linn. America 2319 2320 ReimwardtiiH a s s k.Java. Sophorae Linn. Geront. trop. 2321 stipulacea A it. Chili. 2322 riu *siliqua Linn. austr., Oriens. 2323 da } perni Linn. Europa, Oriens. 2324 —var. fol. variegatis. 2325 toa > Matt. A- 2326 Ternatea Li inn. Reg. trop. 2327 Coronilla cretica Lin n. Eur, or., Asia min. Emerus Linn. Europa austr. montana $ co p. Reg. Cauc. 2328 2329 2 2331 2 mi sia *valentina Linn. Europa 2332 : austr. 2333 Crotalaria incana Linn. m.ttop. 2534 Cytisus canadensis Hor t. 2385 candicans La m. Reg. med. occ. 2336 scoparius Link, Europ. 2337 tie ano Roxbg. 2888 Dalea ua Willd. merica bor. 2339 Desmanthus brachylobus Bth. Amer. bor. 2340 virgatus. LR 11d. Amer. oce. bor. 2341 Dosmodium canadene DO. Am 2542 cepbatote w all. Asia U'Op. 2345 al DC. Mexico. 2344 Desmodium floribundum G. n Himal 2345 morylandicum Boatt. Amer. bor. 2346 Dolichos albus Mattei. So- malia. 2347 Lablab Linn. Reg. trop. - var. albiflorus Sering. 2349 ann saio Linn. Am. è o) ustr. 2350 ea rectum$S e r.Reg. medit. 2351 ivi Crista-galli Linn. Brasilia. —var. laurifolia H. Pan. insignis Tod. Hort. Pan. viarum Tod. Hort. Pan. —var. picta Tod. Hort. P 2352 2953 2354 2355 an. 2356 Galega bStiggrerna a inn. ;, Asia 0 c. 2357 dui .à.. » C. Aet- attleyana Hort. Hab? ephedroides D C. Insul. Sardinia, Sicilia. florida Linn. Reg. med. 2358 2359 2360 occ. Se 2361 stilosa G. Don. Lusita- nia. ; 198 2862 Gleditschia se rviga Desf. eg. caspic 2363 triacanthos Li inn. Ame- rica b 2364 SIR, So Sieb. et . Asia trop. 2365 Halimodendron argenteum ‘ Reg. gaue) Persi ws bor. 2966 Hardenbergia comptoniana Australia. i 2367 Hedysarum *coronerium Linn. Italia. 2368 sibiricum Poir. Sibir. pu pda unisiliquosa . Reg. medit. 2370 Hornkia Pursiana Bth. ca bor. 2371 Hymenocarpus *circinnatus a vi. Sicilia, Ital. cont., Hisp., etc. 2372 Indigofera Gerardiana R. Gra g. i- mal. 2373 polstella Roxb. Reg. Hi-. mal. 2374 Laburnum anagyroides M e- dic. Europa 2375 Lathyrus Agliana Linn. Europa, Oriens. 2376 Clymenum Linn. Reg. medit. 2377 Gorgoni Parl. Sicilia. 2378. latifolius Linn. Europa. 2379 mexicanus Wender. ‘Mexico. 2380. Nissolia Linn. Oriens. 2381 odoratus Linn. Italia. . 2582 setifolius Linn. Europa austr. 2383 sylvestris Linn. Europa. 2384 Lens esculenta Moench. Oriens. 2385 Leucaena glauca Benth. Reg. trop. 2386 Lotus angustifolius Linn. uropa, Oriens. . 2387 arabicus Linn. Africa n b î a or., Arabia. 2388. coninbricensis B ro t. Reg. me trop. *edulis Linn. Reg. me- o dit. | 2391 Jacobaeus Linn. Ins. 4 Cap. Virid. “ornithopodioides Linn. parviflorus Desf. Reg. | med. purpureus Webb. Ins. Cap. Virid Requieni Mauri, Italia. ; tenuifolius P resl. Sicilia, , corniculatusL i n n.Geront. . E 2597 Lotus TetragonolobusLi n n. eg. medit. 2398 Lourea VespertilionisD e s v. Reg. trop. 2399 Lupinus * albus Linn. Eu- ropa austr. 2400 angustifolius Linn. Reg. medit. 2401 digitatus Forsk. (L.-Co- sentini Guss.), Sicilia. 2402 Le Linn. Reg. me- 2403 Losine latisiliqua Bth. Amer. b r. bor., India occ 2404 Modicago *arborea Lin n. Italia, Graecia. 2405 Aschersoniana Urban. Africa 2406 Blancheana B oiss. Syria. 2407 pain ig Willd. Ge- ront. reg. temp. et bor. 2408 istoni D wr nia ;, Asia 2409 ar D C. mus. ail: 2410 elegans Jacq. Europa. 2411 *Helix Willd. Reg. me- dit. 2412 Nene Gaertn. Europa 2413 Escl Desr. Reg. me- dit 2414 Dollinina Roth. Europa, Oriens. 2415 nr Guess Reg. 2416 obici All Hog: , Abyssinia. m 2417 sativa “ inn. . Europa , 0- riens. 2418 mv B ert. n m 2419 ei Mi LI, Europa au- stralis 2 —var. tniao» Hort. i 2421 *truncatula Ga er tn. Eu- o » 24292 —var. murex Will. 2423 -var. tribuloides Desr. 2424 Melilotus alba De r s. Euro- pa, Asia. 2425 dentata Pers. Europ., As. bor 2426 elegans Salm. Reg. med. 2427 gracilis DC. Reg. medit., Asia min. 2428 ron A11. Europa, Asia 2429 ua Lag. Reg. medit. 2430 leucantha Koch, Europ. 2431 officinalis La m. Europ., As. bor. 2452 sulcata Destf. Reg. me- dit 24:33 Mimosa * Cav. Me- 2434 Lù Linn. Brasilia. 2435 pra Pirott Ar- beh 2436 urina Caput i m. ‘ Reg. med., Cau 2437 sativa «ta sui Asia or. et bor 24:38 Ononis La DC. Reg. medit 2459 porrigens Salzm. Maroce. 2440 *pendula De sf. Reg. me- dit. occ 2441 praecox B ianch. Sicilia. 2442 mato Ser. Reg. Medi- 2443 Ornihops * compressus reg. medit. 2444 Palin aculeata Linn. \m. trop. 2445 a Reigaa Presl. 2446 Phessstas pete Linn. Reg. trop. 2447 gonospermus Savi, Reg. trop. 2448 lunatus Linn. Reg. trop. (Cult.). 2449 multifloras Willd. Me- - xico, 2450 —var. albus. 2451 - var. coccineus, 08. > 2A4AT4 sabina LI inn. Reg. 2452 Phaseolus multiflor Will var. lividuai 2453 —var. di 2454 oryzoides Hor t. 2455 Ricciardianus Ten. Hab? 2456 vulgaris Linn. (pl. var.). Cultus. È 2457 Wigthianus R. Grah.Reg. trop. 2457 Pisum elatius Bie b. Reg. med., Oriens. 2458 Jomardi Schrank. Ae- 2459 Pithecolobium pruinosum enth. Australia. 2460 go Have Sering. Cre 2461 Prosopis jultfiora DC. Am. Top. 2462 Sri Lorentz.Reg. Argent. 2463 Psoralea *bituminosa Linn. Reg. med., Arabia. 2464 acaulis Stev. Reg. Cauc. 2465 re go D C. Califor- 2466 Risynekosia Caribaea DC. Am , Ind. oce., Afr. trop. 2487 lineata Benth. Brasilia. — 2468 sro DC. Cosmop. rop. et subtrop. i 2469 aa DOC. America i bor. 2470 Robinia Paeudacasil A inn (pl. var.) Am. bor. 2471 macrophylla Spreng. 2472 Schotia latifolia Jacq.- Prom. b. Spei. 2473 eee a Lin n. me 2475 Li Linn. he medi 2476 Securi inegà Coronilla DO. uropa austr. 2477 Sesbania grandiflora Poir. . or.; Malaya, Austra- 2478 adi japonica Linn. Japonia, China. 2479 secundiflora La g. Mexico. * 2480 tomentosa Linn. Reg. calid. 2481 Spartium *junceum Linn. Geront. Reg. temp. 2482 Sutherlandia frutescens R. fi 2483 Swainsonia atrococcinea Hort. Hab? 2484 Trifolium *agrarium Linn. Europa, Afr. bor. *angustifolium Li n n.Reg. medit., Oriens. *arvense Linn. Europa, Asia et Africa bor., 0- riens. cernuum B ro t. Lusitania. *Cherleri Linn. Reg. me- dit. 2485 2486 filiforme si inn. Europa, Reg. C asa Linn. Reg. medit., Afr. bor. lappaceum Linn. Reg. m ubi Bie ed. ia *” anstr., As. m Michelianum “a avi, Eu- ropa, australis. Mirennae Mattei, Ins. enus., dara Viv. Europa rid. Porremondi Gi Gren.Godr. Hispa; pan La ti inn. Asia mm pirparta Loisel. Eu- | ropa, Oriens, Asia bor. repens Li n n. Geront. bor. t temp. *resupinatum Linn. Eu- ropa occ., Reg. medit.. = DD — 2501 Trifolium *scabrum Linn. eg. medit. 2502 *stellatum Lin n. Reg. 2508 2504 O Linn. Reg. medit 2505 Prison coerulea Ser. ropa or., Reg. Caucas. 2506 dùltana Fisch. Reg. Cauca 2507 cretica È 0iss. nor. 2508. Foenum-graecum Linn. Europa, Oriens. 2509 lorde Linn. Reg. med., Oriens. 2510 Uraria Lagopus DC. Reg. Asia mi- 2611 Vu asropurpuma Desf. 2512 bin Wi illd. Hab? Bivonae Rafin. Sicil. cornigera Chaub. Gallia. faba Linn. Hab? --var, pliniana.T r a b. Alg. fulgens Batt. Africa bor. granditlora Sco p. Europa, Oiens. laeta Ces. Graec., Sicil. lactea Linn. Reg. medit. macrantha Hort. Hab? narbonensis Lin n. DR: medit. —var. serratifolia Jacq. Orobus Linn. Reg. me- dit. peregrina 0 nn. Reg. med., dea: dui ol, I- talia. sativa Linn. Haropa, tricolor Seb. | Europ. austr. 2531 is Catiang Walp. Co- p. trop. 2532 giaba 8 avi, Cosmop. TOp. 2538 rubra Hort. Linaceae. 2584 Linum africanum Linn. Africa austr. 2535 angustifolium Huds. Eu- corymbiferam Desf. Afr. bor. AREA Desf. Tuni- sia, —var. grandiflorum. flavum Linn. Europ. au- u Lewisii Pursh. Amer. bor. nervosum Walldt. et Wit. Europa austr., 0- riens. pallescens Bu n g. Sibir. ltai Altaic. 2545 perenne Linn. Reg. bor. temp. 2546 regale Hort. 2547 strietum Linn. Reg. med., Oriens. 2548 usitatissimum Linn.Eur., riens. Lobeliiaceae. 2549 Lobelia Cliffortiana Linn. America trop. 2550 Lobelia Erinus Linn.Prom. b. Spei 2551 inflata Linn. Am. bor. 2552 laxiflora G. B. et K. Me- 2553 sessilifolia La m. Asia bor. 2554 triquetra Linn. Africa austr Loganiaceae. 2555 Buddleja paniculata Walt. imal., Burma. 2556 polystachya Fresen. A- yssinia. 2557 Chilianthus oleaceus Burch. ica austr. Lythtariaceae. 2558 Cuphea lanceolata A i t. Me- —var. Zimapani E. Morr.. Llavea Lindl. Mexic. strigulosa H. B. K. Ame- rica austr. da 2562 sian Jacq.Amer. 2563 Lythram hyssopifolium . Cosmop. trop. trop. temp., Austral. — 2565 srggrons (RIDE Desf. 2566 tica H. B..K. Ame 2567 Olynia ‘eymos Thubg. Africa austr. Lx; 2568 Sonneratia acida Linn. |©©@©"© Sade 00} sa i Tagnoliaceae. 2569 Liriodendron tulipiferaLinn. m. bor., ina. 2570 Magnolia grandiflora Linn. ar.) Am. bor. Maipighiaceae. 2571 Bannisteria argentea preng. Am. Austr. 2572 Galphimia glauca Cav. Me- xico. 2573 Hiraea macroptera DC. Me- xico. 2574 Hiptage MadablotaGaertn. Asia trop. Malvaceae. 2575 Abutilon hirtum Do n. Reg. tro Op. 2576 indieum Sweet. Reg. trop. molle Sweet. Peruvia. Ring Sweet. Pe- ruvi pacino Sweet. Cuba, id. ori semicrenatum Hort. nneratianum Sweet. Africa austr. | 2582 Althaea rosea Cav. Oriens. | 2583 sulphurea Boiss. Persia, 2E81 sen. pe 2584 Anoda hastata Cav. Mexi- co. Indi 2585 lavateroides Medic. Me- xico. 2586 Wrightii A. Gra y. N. Me- xico. 2587 ua digitata Nutt. er. bor. occ 2588 iui A. deay: Am. bor. i occ. 2589 Chorisia speciosa St. Hill], 2590 gii barbadense nn. Reg. trop. 2591 rent Linn. Asia rop. 2592 alii Roxb. Asia trop. 2598 Hibiscus AbelmoschusLinn. Geront. 2594 cannabinus Li. in n, Geront. tro 2595 2596 Op. Douglasii Hort. esculentus Li n n. Cosmop. 2597 2598 trop. gossypinus Baill. Madag. heterophyllus Vell. Bra- silia. immutabilis Dehn. Hab? liliifloruas Cav. Ins. Ma- 2599 2600 scar. Manihot Lin n. Geront. trop. mutabilis Linn. China. —var. albiflorus Hort. —var. fl. pleno Hort.. —var. tricolor Hort. Parkeri Baker. Madag. Rosa-sinensis Linn. Ge- trop. . (pl. var.). 2609 Trionum Linn. Geront. trop. i 2610 vitifolius Linn. Geront. trop. 2611 Kosteletzkya hastata Pr es 1. M: xico. 2612 Fa vitifolia Willd» 2618:Lagunaria Patersoni Don. Australi 2614.Lavatera uni Li inn. Eu- 2615 2616 phoenicea V:en.t. Insul. Madera. 2617 2618. sieberi Hort. Hab? FIAT Linn. Reg. 2619 Mano Li Cav. Hisp., . bor 2620 Malta ario Linn. Europa 2621. silvestris Linn. Europa s. temp. 2622 Malvastrum capenseGa r ck. Afr. austr. 2623 glossularioides Garc k. Africa austr. 2624 Limense Ball. Peruvia. 2625 virgatum A. Gray. Afri- ca austr, 2626 Malvaviscum mollis D C. Me- xico. 2627 gina multifida Moench. het; 20 Paci sg Aubl. a en Cav. urna. 2630 ia hastata Cav. Bra- sili 1631 praemorsa Cav. Afr, au- 2632: PONE Hochst. Abyssinia. 2633 goa H. B. K. Vene- 2634 init Cav. Amer. an- 2635 Sida corchorifolia Ten. Hab? 2636 intricata F. Muell. Au- stralia. L'e 2637 Sida rhombifolia Lin n. Am- phig. trop. 2638 triloba Cav. Africa au- stralis. 2639 virgata Hook. Australia. 2640 Sphaeralcea umbellata G. Don. Mexico. Melastomaceae. 2641 Centradenia rosea Lind]l. Mexico. Meliaceae. 2642 Melia arguta D C. Molucc. 64: Sendo Linn. Ind. 2644 ni Linn. Reg. Himal. 2645 —var. sempervirens (Sweet 2646 floribunda Carr. Hab? Myoporinaceae. 2647 Myoporum punctulatum Schlecht. Australia. — 2648 montanum R. Br. Austra- ia. Mytsinaceae. 2649 Ardisia colorata Rox b. In- dia or Myttaceae. 2650 Callistemon coccineus F. 2651 fulgens Hort. 26 linearis DC. Australia. 2653 pallidus DC. Australia. 2654 phoeniceus Lindl. Au- IS (io) stral. 2655 Eucalyptus diversifolia F. M u ell. Australia. 2656 + Labill. Au- ralia 2657 ccidntat Endl. Au- 2658 Deta Sm. Australia. 2659 Eugenia littoralis Panch. Nova Caledonia. 2660 supraxillaris Spreng. rasilia. 2661 Leptospermum laevigatum F. Muell. Australia. 2662 Melaleuca armillaris S m. | stralia. 2663 linearifolia Sm. Australis. nua thymifolia Sm. Australia. . lusitanica (Willd). ‘09% —var. romana (Hffmsg). 2670 —var. tarentina (Mil11), SRI ra 2671 Psidium cuneifolium Ten. ab ? 2672 pyriferum Linn. America trop. Nyctaginaceae. 2673 Mirabilis dichotoma ‘Lin n. Mexico. 2674 divaricata Lome, Insaul. adera. 2675 Jalapa Lin n. (pl. var.) Amer. trop. 2676 longifiora Linn. Mexico. 2677 Oxybaphus violaceus hois. Peruvia. Nymphaeaceae. 2678 Nuphar luteum Stbth. et Sm. Reg. bor. temp. 2679 Ryaiphabe stellata; Willd. Asia, Africa trop. Olacineae. 2680 Villaresia citrifolia Borzì, ort. Pan. Olieaceae. 2681 Fontanesia * phillyraeoides ill. Sicilia, Asia min., Syria. 2682 —var. Fortunei Carr. 2683 Fraxinus angustifolius ah]. Tauria. 2684 excelsior Linn. Europa, Asia bor., Oriens. 2685 *Ornus ind Reg. me- dit., Oriens. 2686 Jasminum ion Thbg. rom 2687 fruticans Dina Reg. me- dit., Orie 2688 nudidioratà ù i nn. China. 2689 simplicifolium Forst. A 2690 trinerve Wall. Java. 2691 Ligustrum coriaceum H ort. 2 compactum Humbold. et Bompland. Amer. trop. buxifolium Hort. Hab? n Hort. ifloram Hort. Hab? Milesi Vis. Eu- r opa. ovalifolium Hsck. Japo- nia. —var. Sieboldti Hort. Quihoui Carr. China. robustum Blum. India sinensis Lou r. China. vulgare Lin n. Europa. 2703 Gurroa iper Webb. et Bert. Ins. Canariae, 2704 Olea sunajù Lam. Ins. Mascar., Africa trop. 2705 capensis Linn. Africa austr, un 00 2706 Olea europaea Linn. Reg. med., Oriens. 2707 floribunda Bth. Insul. alom 2708 speciosa Ho 5 2709 zan Ana angustifolia . medit. 2710 latifolia Linn. Reg. me- dit 2711 *media Linn. Reg. me- 2712 spring vulgaris Linn. Transsylv. Onagtariaceae. 2713 Clarkia elegans Dougl. Am. bor. occ. 2714 pulchella Pursh. Amer. bor. occ. 2715 Epilobium latifolium Linn. or. Arct. fra t 2716 tetragonum Linn. Euro- pa. 2717 “rn concinnum t Mey. Cali- Hitala 2718 Gaura biennis Linn. Ame- a bor. 2719 Lindheimeri Engelm. exns. i 2720 parvitliora Dougl. Amer. bor. occ. 2721 tripetala Ca v. Mexico. 2722 Lopezia coronata Andr. Mexico 2723 Oenothera amoena Le hm. 0 | m. bor. 2724 acaulis Cav. Chili. 2725 ammophila Hort. 2726 ‘argentea Hort. 2721 T. E ne: ; Vla di ; N biennis Linn. America bo 2728 Oenothera densifloraL ind]. California 2729 bei. Hook. Ame- rica bor. occ 2730 gigas Hort. Hab? 2731 glauca Mischaux. Am, bor. 2732 laevifolia Ser. Amer. bor. 233 missaurensis ski ims. Ame- rica bor. occ. 2734 odorata Jacq. Chili. 2735 purpurea Curt. Amer. bor. 2736 rhyzocarpa Spreng. A- mer. bor. occ. 2737 Romanzowii Lede b. A- merica 2738 rosea Ait. La sept., Pe- ruvia. 239 rubrinervis De Vries, Hort. Amst. 2740 simsiana Ser, Mexico 2741 striata Ledeb. Hab? 2742 tetraptera Cav. Mexico. 2743 viminea Dougl. Calit. Papayvertaceae. 2744 Argemone platyceros Li n k. et Ott. Mexico. 2745 Bocconia cordata W illd. China, Japonia. 2746 frutescens Linn. Mexico, Peruvia. 2747 Chelidonium Franchetti orti. 2748 laciniatus Mill. Europa. 2749 majus Linn. Europa, As. > IR: | 2750 Corydalis glauca Pursh. Amer. bor. 2751 Eschscholzia californica Cham. California. 2752 crocea Bth, California, dA e 2759 Fumaria ci Linn. , Africa bor. 2754 oticioaia Linn. Geront. mp. 2755 ri La m. Geront. trop. 2756 Glaucium flavum Crantz. Reg. med. 2757 luteum Crantz. Europa, Reg. medit. rubrum Sibth. et Sm. Europa, Reg. medit. Serpieri Held r. Graecia. squamigerumK ar. etK.it. Asia centr. 2761 Hypecoum grandiflorum Benth. Reg. medit. et 2758 2709 2760 Cau 2762 ni Linn. Reg. medit., Arabia. 2763 Meconopsis cambrica V i g. Europa. 2764 ur argemone Lin n. Oriens. 2765 ie Boiss. Afr. 2766 2767 dubium Linn. Europa. Heldreichii Boiss. Asia min. hybridum Linn. Europa, Syria, etc. nudicaule Lin n. Reg. 2768 arct. pavoninumM e y. Afgham., Turkestan. i pinnatifidumM or is, Ital., Sard. i i *#Rhoeas Linn. Europa, | Oriens, Afr. bor. 2773 somniferum Linn. Grae- cia, Oriens. 2774 Roemeria refracta DC. Tau- Passifloraceae. 2775 Passiflora amabilis Hook. Brasilia again: Linn. Amer. TOp, edulis Sims. Brasilia. foetida Linn. Brasilia. gracilis Jacq. Brasil. suberosa Linn. Amer. trop. 2781 Vasconcellosia hastata C a- silia. Pedalinaceae. 2182 sati annua Linn. A- Ri 2783 cc Glox. Am. bor. 2784 sega sn Li inn. d. Phytolaccaceae. 2735 Phytolacca dioica Linn. Japon. 2886 octandra Linn. Japon. 2787 Rivina aurantiaca Warsz. m. austr.? 2728 humilis Linn. America tro 2789 2790 —var. brasiliensis Nocca. —var, laevis Linn. rai Fin 2791 Rivina humilis Lin n.—var. urpurascens Schrad. 2192 ta Linn. Amer. trop. 2793 tinctoria Ha w. Venezuela. Piperaceae. 2794 Houttinia cordata Th n b. Reg. Himal., China, Ja- pon. 2795 rana amplexifolia A. tric. Jamaica. 2796 bind H. B. K. Vene- 2797 magnolia A. Die- trich. America trop. 2798 urocarpa Fisc h. et Mey. rasilia. t. 2799 Piper geniculatum Sweet. Ind 2800 Saururus cernuus Linn. America bor. Pittosporaceae. 2801 Pittosporum igrcenago: Ro- yle. Reg. Him 2802 neegherrense Wi pe t. et A rn. India or. i 2803 ara Vent. Austra- 2804 assi Sims. Prom. b. Spei. i Piantaginaceae. 2805 Plantago amplexicaulis v. Reg. medit., O- riens. arenaria Waldst. et Kit. Europa, Asia min. 2807 Coronopus Linn. Europa, Afr. bor., Australia. 2808. Cynops Linn. Europa, Sibiria. raeca Boiss. Oriens. 2810 Lagopus Linn. Reg. me- dit., Oriens. 2811 lanceolata Linn. Europa, Asia bor. 2812 major Linn. Europa, Am. bor., Asia. 2813 Myosurus Lam. Reg. Ar- gent. 2814 patagonica Jacq. Amer. bor. et austr. 2815 Psyllium Linn. Reg. me- dit., Re Ind. occ. bor 2716 serraria Linn. Reg. me- dit. 2817 virginica Linn. Amer. bor. Platanaceae. 2818 Platanus occidentalis Li n n. Amer. bor. 2819 orientalis Linn. Europa» austr., Oriens. Pilumbaginaceae. 2820 Armeria canescens Boiss. atia. splendens Boi ss. 2821 Hispa- nia. 2822 Ceratostigma plumbaginoides ung. Wa. 2823 Plumbago capensis T h b g. Prom. b. Spei. 2824 europaea Linn. Europa austr., Caucas. micrantha Led e b. Sibiria altaic scandens Linn. America zeylanica Linn. Geront. trop. 2828 Statice cordata Li nn. Reg. medit elata Fi isch. Sibiria. Gmellini Willd. Reg. 2829 auc. latifolia Sm. Bulgaria, 2831 Ross., Reg. Caue. 2832 limonium Linn. Europa;. Am. bor. 2883 longifolia Thumb. Afr. austr. 2234 macrophylla o ouss. Insul. Can 2835 ri Ai i ni Insul. Ca- 2836 ic Linn. Reg. Cauc., Asia med. | 28387 Suworowii Regel. Asia» centr. 10 28388 tatarica Linn. Eur. austr., g. Caue 2839 tomentella B oiss. Rossia austr. Polemoniaceae. 2840 Cobaea scandens Ca v. Me- xico. 2841 Gilia androsacea St eud. Californi 2842 capitata Sims. Amer. bor. 2843 densiflora Benth. Calif. 2844 grandiflora A. Gray. Ca- lif. 2845 laciniata R. et Pav. Peru- via, Chili. 2846 Liebmanni G. Don. Cali- 2847 miei Fi isch. et Mey, 2848 nivalis sera or + 2349 parviflora S pren g. Amer. bor. occ. 2850 tricolor Bth. California. 2851 eo Steud. Califor- 256 Losalia coccinea G. Do n. Mexi 2853 Phlox eni Hook. Texas Polygalaceae. 2854 Polygala dalmatiana Hort. 2855 giro Linn. Prom. Spei 2856 ni grassie 2857 tima Thunb. Africa austr. Poliygonaceae. 2858 Coccoloba laurifolia Jacq. m. trop. 2859 Emex *spinosa C a m pd. Eu- ropa, Africa bor. 2860 Fagopyrum esculentum M o- . Europa, Asia min. 2861 tataricum Gaert. Eur., Asia bor. 2862 Muehlenbeckia complexa Meissn. Nova Zelan- da. 2863 platyclados Meissn. In- sul. Salam 2864 Deizivania Canvolvalià . Reg. bor. temp. 2865 perfolixtia Lin n. India r., Malaya. 2866 tomentosus Willd. Ge- ront. trop. 2867 Rumex * Acetosa Linn. Europa, Asia bor. 2868 alismaefolius Frees. Afr. austr. 2869 australis Hort. 2870 PErownii Campd. Austral. 2871 bucephalophorus Linn. Reg. medit. 2872 conglomeratus Murr. Europa merid., Asia occ. 2873 cordifolius Hornem. Europ., As. bor. 2874 crispus Linn. Europa, As. bor. 2875 cuneifolius Ca m pd. Am. iI austr. divaricatas Linn. Reg. dit. me orientalis Bernh. Grae- cia, Asia min., Syria. 2878 —var. graecus B oiss.) î 2879 Rumex Patientia Linn. Europa austr., Oriens. 2880 pomatus Hort 2881 pulcher Linn. Europa, Oriens. 2882 purpurea Link. Hab? 2883 scutatus Linn. Europa, Oriens. 2884 vesicarius Lin n. Graecia, Africa or. (| Portùlacaceae. 2885 Calandrinia grandiflora 2886 La a et Gray. . bor. occid. 2887 bosigian alito ook. Brasilia 2888 PRCHINIA H. B. K. Vene- zuela. 2889 mucronata Hort. Brasi- lia. 2890 oleracea Linn. Reg. ca- lid. 2891 pilosa Linn. Am. bor. et austr 2892 retusa Engelm. America r. occ. 2893 rostellata Brign. Vene- zuela. i 2894 Talinum patens Willd. Am. trop. 2895 crassifolium Willd. Am. trop. 2896 purpureum Fisch. Hab? 2897 triangulare Willd. Am. trop. Primulaceae. 2898 Anagallis arvensis Linn. Europa, Asia temp. 2899 —var. caerulea Lam. 00 —var. latifolia Linn. 2901 —var. monelli Bieb. 2 repens j er. 2908 Cyclamen hederaefolium i uropa. 2904 vernum Reic medit. 2905 Lysimachia vulgaris Lin n. Europa, Asia bor 2906 Primula elatior Hi Il. Eu- TOpa. 2907 Palinuri Cyrill. Ital. merid. 2908 sinensis Sab. China. 2909 Samolus Valerandi Lin n. Reg. trop Proteaceae. 2910 Grevillea robusta A. Cc unn. ‘ Australia. i PunicaGeae. 92911 Punica Granatum Linn. uropa austr., Ins. Mau- rit. Renutncuùlaceae. | 2912 Adònis *autumnalis Linn. uropa, Oriens. 2913. aestivalis Linn. Europ:, rlensi. 2914. dentata Delile, Europa, r. bor. 2915 Anemone *coronaria Linn. Reg: medit., Oriens. 2916. Hortensis Linn. Europa etc. 2917 virginiana Linn. America bor 2918 Aquilegia vulgaris Linn. Europa, Oriens. 2919 Clematis recta Linn. Eur. austr. 2920. Vitalba Linn. Europa.; Afr. bor., Caucasus. 2921 Daiplinia ‘Ainois Linn. (pl. var.) Europa austr. Consolida Lin n. Europa, Asia bor. 2923 cardiopetalum DC. Reg. med, [ii 2924 peregrinum Li n n. Europa austr., Orien 2925 Staphisagria Li inn. Reg. medit, 2926 triste Fisch. Davuria, Siber. 2927 Eranthis hyemalis Salisb. ropa. 2928 Helleborus viridis Linn. Italia merid. 2929 —var. Bocconi Ten. Sici- lia 2930 Ieegyrutn grip: inn. Europa, Asi 2931 Myosurus minimus ag inn. Amer. bor. 2932 Nigella: arvensis Linn. Reg. med., Oriens. 2933 coarctata Gmieil. Europa: 2934. corniculata DC. Oriens. 2935 puzicezna Linn. Reg. 2936 Garidella Speinn. Euro- pa. 2987 hispanica Linn. Hispania; Africa bor. 2988 sativa Linn. Reg. medit. 2939 Paeonia *corallina Retz. var. Russi Biv. Europa merid., Asia; oct; 2940 Ranunculus asiaticus Li n n. (pl. var.) Oriens. 2941 arvensis Linn. Europ., As. bor. 2942 bullatus Linn. Europa, ersia. 2943 castellanus Boiss. et eut. Hispania. 2944 Chius DC. Eur. austr., As, min. 2945 cornutus DC. Syria. 2946 falcatus IE Europa, Reg. Him 2947 illyricus Li: nn. Europa austr., Reg. Caucas. 2948 incrassatus Guss. Ital. merid., Sicil. 2949 lanuginosum Linn. Eu- ropa, Reg. Caucas. 2950 ARE: x isch. et ey. Ori 2951 ORTA % ahL Reg. medi È 2952 Vai Linpn.FKuropa, Orien 2958 ii Linn. Reg. medit. 2954 polyanthemus Linn. Reg. Cauc., Europa, As. min. . 2955 repens Linn. Reg. bor. temp. 2956 sardous Crantz. Europa, — Asia, Africa bor 2957 Ranunculus trachycarpus si sch. et :Me y. O- 2958 as Ten. Ital. me- rid. 2959 Thalictrum ambiguumHort. Turez. Sibiria baic. baicalense Turcz.Sibiria. carolinianum Hort. commutatum Mey. 0- rien 2960 2961 deli Linn. America bor. dioicum Linn. America Or. flavum Linn. Europa, Asia bor. foetidum Linn. Europa, Sibiria. majus Dum, Hab? minus Linn. Europa; As. et Afr. bor 9 \nigricansiRchb. Europa. 2970 . pyrrhocarpum Ckodi, Hab ? 2971 Schweiggeri.S pren g. Europa. Resedaceae. 2972 Reseda Snia Fresen. Abyss 2973 *alba Li inn. Europa, 0- riens. 2974 canescens A. S. Hil. A- | 2975 odorata Linn.Africa bor. Le, pa Rbhamnaceae. 2076 Paliurus serena: Lam. Europa austr., Asia occ. 2977 Pomaderris cana Labill. ralia 2978 Ssotosten F. M uell. Australia. 2979 aggveri Alaternus Linn. eg. 2980 sabina Pall. Ind. or., Asia bor. Frangula Linn. Europa, Asia et Afr. bor. pages Jacq. Europa 2981 2982 2983 spaini ‘F. et M. Cau casu 2984 Gneo A Lada etKit. Europa or., As. min. 2985 Zizyphus Jujuba La m. Ind. or.;‘Malaya 2986 Rag Wi illd. Africa trop. et Amer. 2987 sativa Gaertn. Reg. ‘medit., Asia temp. ’Rosaceae. 2988 Acaena mispapiglie Li indl eg. Argen i 2989 A Eupesoris Linn. pa. 2992 Cotoneaster bacillaris Walp. Reg. Himal. 2993 horizontalis D.e n e. China, 2994 pannosa Hort, pat gra 2995 Crataegus Azarolus Linn. Asia min., Persia. 2996 Crus-galli ti inn. America 2997 2998 melanocarpa Bi e b. Oriens. monogyna Jacq. Reg. medit. i nigra W. et K. Hung. Oxyacantha Linn. (pl. var.) Europa, Asia temp. Pyracantha Medic. Eu- ropa. 3102 triloba Poir. Reg. medit. 3108 cara Japonica Lindl. Japon., China. 3104 Bxochorda grandiflora . China. 3105 Geum Ere F. Gmel. Am. bor. st Sibth.etSm. gua ug i Hi macrophollm wi vid, Am. bor. 2999 3000 3101 8106 3107 3108 3109 rivale Linn. > bor. temp. 3110 pyrenaicum Mill. Mont. È yren. 8 111 strictum Ait. Reg. temp. bor. 3112 *urbanum Linn. Reg. temp. bor., hub , Nova anda. 3113 Margyrocarpu setosus R. av. Amer. austr. 3114Neillia piano Bth. et ok. America bor. 3115 Torreyi S. Wats. Am. bor. occ. 3116 Photinia aectvara Lindl. Japon., i 3117 Potentilla Dombei Nestl. Chili. 3118 gsm Lindl. Am. 3119 arie Lehm. a bor 3148 3120 Potentilla nepalensis Ho o k. Reg. Himal. 3121 Poterium polygamum W. ot Europa, Oriens. 5122 spinosum Linn. Syria. 3123 Prunus armeniaca Linn. Reg. Cauc. avium Lin n. Europa. Cerasus Linn. Europa, Oriens. Chamaecerasus J a c q. Eu- ropa austr., Asia min. domestica Lin n. Tani eg. Cauc. daro Linn. Europa 3124 3125 3126 3127 3128 3129 spinosa si inn. Europa, Africa bor., Oriens. 3150 Pyrus Sorbus G aertn. Eu- ropa, Africa trop. 9131 Raphiolepis indica Lindl. China. 3182 —var. rubra (Lindl.). 3133 japonica Sieb. et Zucc. apon. 8134 Rhodotypus kerrioides$ i e b. cc. Japonia. 3135 Rosa arvensis H u d s. Eu- ropa. canina Linn. Europa, As. temp. L 3137 damascena Mill. Oriens. A 3188 ferox Bieb. Asia min., 60 Persia. -_D 3139 gallica Linn. Europa; i Reg. Caucas. 3140. glauca Vill. Europa. 3141 indica 1a: inn. (pl. var.) Ind. or., Chin: mollica Willd. Euro- 3142 dealizfiore Tnbg. Japon., | China si inonchati Herm. Oriens. sempervirens Linn. Eur.; — Oriens, Ind. silverhielmii Sc h renk. Rossia 3144 3145 3146 8147 Rubus fruticosus Linn. Europa. 3148 Spiraea Douglasii H 0 ok. America bor. i 3149 media F. Sch m. Asia b or. 3150 mollis C. Krch. et Bo u- chè, Sibiria. 3151 multiflora Zabel. Hab? 8152 Vanhouttei Zabel. Hy- brid hort 3153 adeor glaucescens l. Reg. Himal. Rubiaceae. 8154 Asperula azorica Hort. 3155 e Boiss. As. , Reg. Caucas. 3156 Coffea nssivi Linn. Arab. et Afr. trop. 3157 Crucianella aegyptiaca inn. Europa, Asia 3158 maritima Linn. Reg. me- dit. 3159 e dala Bart]. Reg. 3160 "Frag by ivi Linn. Reg. bor. temp. 3161 cinereum AI1l. Europa austr. 3162 *murale All. Reg. medit. 3163 nebulosum Boiss. Grae- cia, Asia min. 3164 orientalis Boiss. Graecia, Asia min. 8165 saccharatum A 11. Reg. medit. 3166 ric tokes, Europa, Ori 3167 Hamalio. sla Jacq.Am. 3168 Laren indica Lin n. Asia, Australia trop. 3169 ui foetida Linn. India or., Mala 3170 Psichotria emetica Li inn. N. Granat. 3171 Rondeletia amoena H e m sl. 1) exico. 3172 Rubia * peregrina Linn. Europa, Reg. medit. 3173 sonia Linn. Europa Oriens. 3174 en arvensis Linn. Europa. 3175 Spermacoce tenuior Lin n. America trop. 8176 Vaillantia * muralis Linn. uropa austr. Rutaceae. 8177 Citrus Aurantium Linn. As. trop. 8178 —var. canaliculata Sav. 3179 —var. dulcis Sav. —var. ellyptica Risso. 3181 —var. limettaeformis R. et Pav. 3182. —var. nicaensis R. et P. 3183. —var. oblonga R. et P. 3184 var. pyriformis R. etP. 3185 Bigaradia Loisel. Eur. (St) [en s so austr. 3186 —var. Consolei Ricco b. 8187 —var. crispifolia R. et P. 3189 —var. itheophylla R. et P. 8190 - var. listata Riccob. 8191 —var. fasciata R. et P. 8192 —var. foetifera R. et P. 2193 —var. salicifrlia R. et P. 8194 Decumana Loisel. Asia trop. 3195 —var. Borzii Riccob. 3196 Citrus —var. Chadock Ri c- cob. 3197 —var. Pompelmos R. et P. 3198 —var. Todari Ricco b. 3199 deliciosa T e n. China ? 3200 Limetta Risso, var. Me- larosa Risso 3201 Limonum Risso, As. trop. 3202 —var. abyssinica Ricco b. 3208 —var. aurantiaca Sa v. 3204 —var. Cajetana Risso. 3205 —var. canaliculata Risso. 3206 —var. dulcis Presl. 3207 —var. ellyptica Riccob. 3208 —var. striata Risso 3209 —wvar. semperflorens Ri c- co b. 3210 —var. Terraccianoi Ri c- cob. 3211 --var. vulgaris R. et P. 3212 Medica Liun. var. flo- rentina Risso. Asia merid. 3213 trifoliata Linn. Asia rop. 3214 Clausena excavata Burm. Ind. or., Malaya. 3215 sc trifoliata Spr. 3216 Marra exotica Linn. Asia, Austr. trop. 3217 Ptelea ifotiita Linn. Am. bor. 3218 Ruta bracteosa DC. Europa austr. 3219 chilepensis Linn. Reg. med. ico tica Linn. rop 3221 Zan Kas Stend. . Spei. 3222 ftt oe Mill. Am. Pin 3223 Bungei Planeh. China. 3224 terota' H. B. et K. India occ, 3 Salicaceae. 3225 Populus alba Lin n. Euro- ropa, As. bor. 3226 Salix*pedicellata D e s f. eg. bor. occ. Sapindaceae. 3227 Acer campestre Linn. 0- riens. creticum Lin n. Oriens. —var. obtusifolium (Sib- th. et S m). HookeriM ic q. Oriens. italum Lauth politanum Ten. merid. monspessulanum Linn. Europa austr. oblonguam Wall. Himal. pseudo-Platanus Lin n. trifidum H o ok.etHarn. China. 3237 villosuam Wall. Himal. 3238 Aesculus glabra Will. Am. bor 3239 Cardiospermum Holicacabum . Reg. trop. 3240 birnot Willd. gf 3241 Divisa triquetra Wen dl. ustralia. È 3242 Koelreuteria paniculata La- x m. China. i 3243 Negundo aceroides Munch. | A mr, 3 3244 clio aceroides M'u ‘+ fol. nino dn "i 3245 californicum Torr. et ray; America: bor; oce. 3246: Sapindus manatensis Sh u t- lew. Am. bor. 3247 Mukorossi Gaertn. Asia trop. 3248. —var. carinatum Ra dl- 3249 Beeriivica trifolia Linn. Am. bor 3250 Unpibiadia speciosa Endl. Sa potaceae. 3251 Bumelia lycioides Willd. Am. bor. 3252 tenax Willd. Madagase. Saxiftagaceae. 3253 Deutzia scabra Thbg. Ja- ponia. 3254 Heuchera hispida Pursh. merica bor. 3255 pilosissima Fisch. et Me y. Calif. 3256 pena Engln. N. Mex 3257 da » ichx. America bor, 3258 Hydrangea platanifolia ort. 8259 Philadelphus coronarius Linn. Europa austr. 3260 < —a. nanus M ill. — 8261 >». speciosus Hort. 3282 ("vi 3262 Philadelphus coronarius i eyeri Schrad, 3269 gordonianus Lindl. Ca- ifornia 3264 —var. condifotita Lange. 3265 grandiflorus Willd. Am. bor 3266 3267 32 alicini Nutt. Am. bor. pubescens Hort verrucosus Sc wi rad. Eur. austr. 53269 Ribes aureum Pursh. Am. bor. occ 3270 lipari Si ieb. et 3273 Saxifraga crassifolia Linn. ibiria. 3274 sarmentosa Li nn. China, aponia. Sctophuùulatiaceae. 3275 Alonsoa caulialata R. et 3276 koiadri R eg el. Pe- 3277 sacinbimam *majus Linn. medit. 3278 ‘Orma Linn. Europa, min., Afr. bor. 3279 rupestre Bo i ss. Hispania. 3280 *siculum M ill. Sicilia. 8281 Bartsia *Trixago Lin n. Europa, Afr. bor. iscosa Linn. PESA 3283 Calceolaria scabiosaefolia S i- ms. Peruvia. 3284 chelidoniaefolia H. B. K. 8285 Celsia *cretica Linn. Reg. it. 3286 Celsia betonicaefolia Des f. rica 3287 Chelone Lyonii Pursbh. mer. bor. 3288 Collinsia bartiaefolia B th. California 3289 Digitalis ambigua Murr. sin Asia occ. 3290 pur a Linn. Europa. 3291 Coni “oil Linn. Eur FOpa. 3292 goa lucida Linn. Afr. rop. et austr. 3293 SE albifrons S pren g. rica bor., Oriens. 3294 alsinaefolia Spreng. ; Sard., Corsia. 3295 bipartita Willd. Africa bor. occ. 3296 capraria Mor. et DeNot. sul. Caprarie. 3297 Cymbalaria Mill. Europa. 3298 dalmatica Mill. Dalmat., Orien 3299 gens Mill. Europa, Asi 3300 PRTRUIAON Desf. Reg. medit. 3301 macedonica Griseb. Ma- ced. Pere 3302 parpire Mill. Europa | austr, 3303 sibhorpiana Boiss. Grae- 3304 »reflcra Desf. Rel: me- dit 3305 «epena Mill. Europa. 3306 tristis Mill. Hispania. 3307 viscida Moenc h. Europa, Africa bor. 3308 vulgaris Mill. Reg. me- dit., Caucas. 3309 Mecsalia anthirrhiniflora Hum exas. 8310 scandens Don. Mexico. 3311 Nemesia floribunda Lehm. Afric. austr. sin PR 8312 Nemesia tana E. Mey. Africa 5313 Paulownia “impera S. et apon 3314 Porsternoi Cobsea Nutt. America bor. occ. 8815 Scrophularia acquaticaLinn. Europa, Caucas. 8316 conica Linn. Europa, Afr. bor 3317 ip LL Reg. bor. mp. 3318 . alc Linn. Reg. medit 3319 Verbasclnà PES Linn. 3321 Misna Linn. Fon riens. 3822 Veronica arvensis Linn. Europa, Asia et Africa 3323 agrestis Linn. Europa. 3324 Anagallis Lin n. Reg. bor. temp. 3325 Beccabunga Linn. Reg. bor. temp. 3326 Cymbalaria Bo dard. Reg. medit., Asia min. 3327 *didyma Ten. Europa, Africa. 3328 *hederaefolia Lin n. Euro- pa, Oriens, Africa bor. 3329 *panormitana Ti n. Sicilia. 3330 speciosa R. Cunn. Nova Zelanda. prs. Prom. b. Spei. Selaginaceae. 3333 Hebenstreitia comosa Ho c- ; a austr. 8334 dentata Linn. Africa bor. et austr 3335 virgata E. Mey. Africa austr Simatùbaceae. 3336 Ailanthus glandulosa Des f. ina. 3387 Cneorum tricoccum Linn. Reg. medit Solanaceae. 3388 sil *Belladonna Linn. uropa, Oriens, Ind. or. 3339 AU vre Czerwinskiana 3340 divo si inn. Am. austr. 3841 viscosa H. B. et K. Am. n; austr. 8842 —var. grandiflora Hort. 8848 Capsicum abyssinicum A. — Rich. Abyssinica. 3344 annuum Linn. Reg. trop. 3345 conicum Hort. 6 cerasiforme Link. Hab? 3847 Chili Hocst. Afr. trop. po 3350 Cestrum Abelii Hort. 3351 De ns Schlecht. Me- 3352 Bi dlichiai Miers. Peru- via. 3353 fasciculatum Medic. Me- xico. 3854 foetidum Medic. Reg. medit. 3355 Hugelii Hort. 3356 Regelii Planc h. Guatim, 3357 Schotti Sendt. Brasilia. 3358 Warszewiezii Klotzsch. America trop. 3359 Cyphomandra betacea S e n- dt. America austr. 3360 Datura alba Nees. var. a- fricana Matt. Africa tro Op. 3361 Bertoloni Par]. Reg. me- dit 3362 PREC Hook. Mexico. 3363 dubia Bianc. Sicil. 3364 ferox Linn. China. 3365 inermis Jacq. Abyss. 3366 laevis Linn. Reg. med. 3367. Leichkardtii F. Muell. Australia. 3368 metel Linn. America trop. 3369 quercifolia H. B. K. Me- xico. 3870 "i Linn. Co- 3971 Tatala Li inn. Cosmop.. trop. 3372 e Lag 05h; E 3373 wr Mord. Amer. Si 8874 Panis inermis Borzì, Hort. Pan. 38375 Hyosciamus peo Linn. uropa, Ori 3376 sggverra coccinea vg cheid. 3377 Lycium sia sp Reg. medit, 3378 Lycium RequieniD u n. Hab ? 3379 ruthenicum M u rr. Oriens. Csi papera pyritforme n. Amer. austr. 3381 Nicand i . Peruv 3582 Sea wr Hor _ Brasilia. auriculata B e r t. Sardin. chinensis Fisch. China, glauca R. Grabh. Reg. A 3383 3384 3385 rg. longiflora Ca v. Chili. rustica Linn. Mexico. suaveolens Le hm.Austral. silvestris Speg. et Com. Reg. Argent. Tabacum Linn. America austr. —var diflora (Hort). 3392 Nierenbergia frutescensD ur. 3387 3388 3389 3390 Chili. 3393 Petunia sylagialfioni uss. g. Argent 3394 Physalis sngalata Linn. Reg. Cau 3395 curassavica Li inn. Vene- zuela. Franchetti Most. Japon. peruviana Linn. Reg. 3396 3398 phyladelphica Lam. Amer. 3 "78 3399 tesa rhomboidea M i e- g. Argent. 3400 Sapigioris sinuata Ruitz. et . Chili. 3401 RT pinnatus Rui- Pav. Chi 3402 Solanum amazonum K er. Gawl. Mexie. 3408 auriculatum Ait. Asia tropic. 3404 capsicastrum Link. Bras. 3405 cyananthum Dun. Brasi- ia, 3406 diphyllum Linn. America trop. a pad 3407 Solanum Dombeyi D u n. Peruvia. dulcamara Lin n. Europa, Africa bor. Gilo Radd. Hab? glutinosum D u n. Mexico. Hendersonii Hort. jasminoides Pax t. Bras. Lobelii Ten. Asia et A- frica. macrophyllum Hort. Me- 3408 xico. tea Linpn,Cosmop. tro nigrum Linn. Cosmopol. —var. miniatum Bernbh. platense Sp eg. Reg. Ar- nt. gen pseudo-Capsicum Linn. mphig. RA Jacq. Atr. ig H. Wend]. Brasilia. *sodomaeumL i n n. Geront. calid. ternatum Ruiz. et Pav. eruvia. tuberosum Linn. Am. austr. zuccagnianum D u n. Hab? 3426 Withania somnifera D ù n. Reg. medit.; Oriens. 3427 —var. Miziongi Dun. Sterculiaceae. 3428 Brachychiton acerifolius F. M u ell. Australia. 3429 diversifolius Don. var. populneus (R. Br.) Au- stralia. 1 3430 Firmiana platanifolia Li dini fil. China, Janons- 3431 Hermannia candicans Ait. Africa austr. 3432 conglomerata Ec kl]. eyl. Afr. austr. 3433 micans Schrad. Africa et austr 8434 venosa T hunb. Afrie. tr. 3435 Molbania macrophylla Vis. Hab ? 3436 Sterculia A Smith. Ind. Styracaceae. 3437 Styrax officinale Lin n. Eu- ropa austr., Asia min. Tamaticaceae. 3438 Tamarix africana Poi r. eg. medit. 3439 chinensis Lour. China. 3440 gallica Li n n. Europa, As., Afr. Ternsiroemiaceae. 3441 Visnea Mocanera Linn. Ins. Canariae. — 75 — 8456 Thymeleaceae. 3442 Daphne Gnidium Linn. eg. medit. Tiliaceae. 3449 Aristotelia Macqui L’ H è - rit. Chili. 3444 Buettnera cordata La m. eruv. 3445 Corchorus capsularis Linn. osmop. trop. 3446 crenatus Hort. Hab? B44T rc Linn. Cosmop. 3448 NE Linn. Geront. ro 3449 Bata arborescens R. Br. N. Zelan 3450 lata: RENSELA Linn. Ind. 3451 Paesi DC. Prom. b. Spei. malococca Lin n. Insul. icor li 01 Si nitida Juss. China. o occidentalis Lin n. Africa. oppositifolia Buc. da am. ® imal., popolifoie Vv a 3) i by 3457 Sparmannia cri Linn. Prom. — 3458 plat Ney Africa 3459 Tilia de ETA Sco hi Euro ropa. 3460 tomentosa Mnch. var. ar- | gentea a (DC.) rg a | A 3461 Tilia i Heyne. Eu- 3462 duna rhomboidea Jacq. Africa trop. Umbelliferae. 3463 Apium graveolens Lin n. ropa, Oriens, Ind. bor. occ. 3464 nodiflorum Reich. Euro- pa. 83465 Athamanta * sicula Linn. tal. 3466 Bifora Biebersteinii Hort. 3467 radia i ropa aust T., Orie 3468 testiculata Ro » ca Reg. 3469 Bowlesia tenera Spreng. rasilia. 3470 Bupleurum Odontites Li n n. eg. medit. 3471 protractum Hoffm. et Lk. Reg. medit. occ. 3472 semicompositum Lin n. Europa austr. 3473 Carum Amen B. et . cult. sid Caccniie pin Scop. Eu- ropa. 3475 Conium *m lat Linn Europa. 3476 Coriandrum*sativum Linn. Europa. 3477 melphitensis Ten. et uss. Italia. 3478Crithmum*maritimumLinn. uropa. 3479 Cuminum cyminum Linn. Reg. medit. 3480 Daucus australis Po e p. Chili. i 3481 Daucus Carota Lin n. Euro- pa, Orien 3482 maximus Dan f. Reg. me- , Oriens. 3489 crsagion ametistinum n. Europa. 3484 i Linn. Euro- 3485 ebracteatum Lam. Brasi- lia. 3486 *maritimum Linn. Eur,, Asia min 3487 "n Hotrt. 3488 sanguisorba Ch. et Sch. Brasilia. 3489 serra Cham. et Schle- ch t. Brasilia. 3490 Ferula Sosdgioniie Linn. Reg. medit. 3491 gigantea Hort. Hab? 3492 *glauca Linn. Europa austr. 3493 neapolitana Ten. Ital. merid. 3494 Foeniculum vulgare M ill E uropa. 3495 Heracleum Mantegazzianum 3 et Lev Caucas. 3496 Heteromorpha arborescens Cham. et Schlecht. Prom. b. Spei. 3497 agora sicula DC. Reg. 3498 M veti» domata Scop. 3499 dui sivbclona Linn. Europa austr., Afr. bor. 3500 Peucedanum hispanicum End]. Hispania. — 8501 Pimpinella anisum Linn. Graecia. i 3502 Gussonii Bert. Italia. 3505 anti are Koch. med, 3504 Loi i Reut. Sicilia, RR dee ita pi e Pe 3505 Scandix Pecten-Veneris Linn. Europa, Oriens. 3506 Seseli *Bocconi Guss. Si- cilia. 3507 cn Olusatrum Lin n, a, Reg. medit. 3508 Thapsia * rgaic Linn. Reg. m 3509 Tordylium su Linn. Reg. medit. Utrticaceae. 3510 Boehmeria macrophylla D. on. Reg. Himal., Burma 3511 nivea Cand. Asia trop. 3512 Celtis australis Linn. Eu- rs, Asia temp., Ind. 3513 ii Planch. N. Gui- 3514 Seta Linn. Amer. o, 3515 spinosa Spreng.Brasilia. 3516 Dorstenia argentea H o ok. rasilia. 3517 Contrayerva Lin n. Amer. rop. 3518 maculata Lem. Mexico. 3519 Ficus altissima Blum. eg. Himal. bengalensis Linn. India or. benjamina Linn. Asia bor., Malaya. capensis Thnbg. Africa austr. citrifolia Hort. Mexico. 3524 erecta Thnbg. Reg. Hi- mal., China. 3525 glabella Blum. Reg. Hi- mal, 3526 Ficus magnolioides Borziì, Hort. Pan. 3527 populifolia Vahl. Arabia. 3528 quercifolia Roxbg. Bur- , Malay. 3529 religiosa Linn. India o- rient. rubiginosa Desf. Austra- lia. Sycomorus Linn. Asia 3530 3531 bor. 8532 Forskolea angustifoliaRe tz. Ins. Teneriff. 3533 Humulus japonicus Sie b. et Zucc. Japonia. 3534 Morus alba Linn. Asia 3535 nig n. Asia temp. 3536 Parietaria officinalis Linn. E austr., Oriens. 3537 Ulmus campestris Linn. Europa, Oriens. 3038 ago Jacq. Asia mp. 3539 iii atrovirens Re q. Eu- ro pa. — var. grandidentata (M o- 40 ris). 3541 dioica Linn. Reg. temp. bor. 3542 membranacea Poir. Reg. medit. 3543 *pilulifera Linn. var. ba- learica Linn. Ins. Ba- lear., Sicilia. 3544 urens Linn. Geront. temp. Valetrianaceae. 3545 Centranthus nervosus M o- , Cors., S 3546 ruber DC. Earops. 3547 Fedia Cornucopiae Gaertn. eg. medit. 3548 Valeriana officinalis Linn. Europa, As. bor. 3549 Valerianella auriculata D C. ispania. coronata DC. Europa. eriocarpa D e s v. Europa, Africa bor hamata D c. Reg. medit. truncata Betcke, Euro- pa austr., Oriens. vesicaria Moench. Reg. medit., Persia. 3550 Verbenaceae. 3955 Callicarpa americana Linn. Am. bor. 3556 arborea Roxb. As. trop. 3557 cana Linn. As. trop., Austr. japonica Thbg. Japonia. Reewesii Wall. China. 13560 i a H. B. K. Per 3561 Clerodendron spindon Don. Africa 3962 tricotomum T e un x Ja- poi 3563 Duranta | brachypoda Tod. Hort. Pan. 3564 integrifolia Tod. Hort. an. 3565 Mutisii Linn. America tro 3566 stenostachya È od. Hort. 3567 ri Tod. Hort. Pan. 3568 Lantana alba Mill. Amer. . austr. 3569 corymbosa Linn. India 3570 crocea Ja cq. India oce, 3592 5971 Lantana glutinosa Poep. DI Brasi rasil. ; Kisi A. Rich. Abyssinia. leucantha Hort. Asia. nivea Vent. Am. trop. purpurea Horn. Amer. austr. Radula Sweet. India rosea Raf. Hab? speciosa H o rt. salvifolia Jacq. Africa austr. scabra W all. India or. trifolia Linn. America trop. undulata Linn. America. trop. urticaefolia Mill. Mexico. 3584 Lippia asperifolia Ric h. Am. austr. 3585 chamaedrifolia Ste ud. i rasilia. 3586 se H. B. K. Am. 3587 ada pulchella eiss. Mexic 2058 Stachyltarpheta mutebilia Wahl. Venezuela. 3589 Verbena Lo Jacq.o m. bor. erinoides L a m. Peruvia. hybrida Hort. Hybridum hortense, È officinalis Linn. Apia 30990 3591 Jemp. tenera S i; reng. Reg. rgent tricolor v ent. Amer. venosa Gill. et Ho 3597 ina Cunn SRL, ppi 3599 Viola sylvestris Lam. Eu- ropa, Asia temp. 3600 tricolor Linn. Europa, Violaceae. As., America bor. 3598 Viola odorata Linn. Euro- pa, Afr., As. bor. Antoninus Borzì BOTANICES PROFESSOR ET HORTI PRAEFECTUS. A. Baldacci D.r G. E. Mattei HORTI SUDIRECTOR HORTI CONSERVATOR C. Tropea D.r V. Riccobono HORTI ADSISTENS HORTULANUS PRIMARIUS A. Riccobono HORTI COLONIALIS HORTULANUS PRIMARIUS . Pubblicazioni del R. Istitato Botanico di Palermo : — CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE Dirette dal Prof. A. Borzì. | Fisiologia vegetale. Si pubblicano in moi non determinati ; a fascicoli in 8°, con tavole. fe «Mok I (esaurito). e a “0 » II in 8° fasc. DIMMI pp. 1-316. tav. ‘(I-XIX L: 28 de > Ul.e 0 Ti > 3-99. >; (PAR a DI Dr iae SRIL LOS 3; <». V. (sotto stampa). Per acquisti rivolgersi all’ Editore Antonino Tri n Corso. Vittorio. Emanuele N. 375, Palermo, Comprendono lavori di particolare interesse scienti- fico, specialmente relativi ad argomenti di Biologia e di *: ® i È “De Tiiirpiad: d'AgriaittÙre Tropicale, mensuel, illustré, s ’occupe. Si de toutes le questions d’actualité cui penvent i intéresser les hdi : as ‘colonies frangaises, anglaises et ‘hollandaises, ainsi qu’ en Austra! e, dans. les denx. Ameriques, — Articles. inedits sur les cultures è pour. les insectes an #0p io Re ox STUDII ALGOLOGICI Saggio di ricerche sulla Biològia delle ine per il Prof. A. Borzi. Fasc. L in 4° pp. I-VIII. 1-120. tav. 1- 9 L. 29 — » H. >» 4° pp. I-VIII. 121-399. tav. 10 —31. L. 65 a +» II. Phaeophyceae et Cyanophyceae — con molte tavole (in corso di pubblicazione). DE Per acquisti rivolgersi all’ Editore Antonino Trimarchi. Corso Vittorio Emanuele N. 375. Palermo. Ì J OURNAL D'AGRICULTURE TROPICALE Fondé par di VILBOVOHEVITOR 164. ou Jeanne - d’ se Paris (ZIII*) PO vuo {ENTS, PARTANT DU le" sANVIER: Un an 20 fr. © 2 ch a ai A culteurs des pays chauds. su Il donne tous les mois une quinzaine d’articles inédits ott une revue ci mplete des ubbli tions nouvelles (4 pp. de petite texte) > potagòres e et les fruits, dans chaque n numéro. Collaboration speci N umero > specimen grati sur > demande. OLLETTINO R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE BOLLETTINO DEL R. ORTO BOTANICO E GIARDINO COLONIALE DI PALERMO Si occupa di tutte Je questioni che più interessano la Bo- tanica agricola, specialmente siciliana, e la Botanica colo- niale, rendendo conto delle esperienze e colture istituite in questo R. Orto Botanico o nell’annesso Giardino, Colo- niale. Pubblica pure relazioni scientifiche relative a piante . (qui coltivate od indigene, od illustranti collezioni del Museo | annesso ‘all'Istituto Botanico. Comprende ancora una spe- ciale rassegna della stampa coloniale agraria. Sovente particolari lavori vengono SEGR come SPREA se- parate dal testo. Si pubblica a fascicoli trimestrali, formanti annual- mente un volume di 200 a 300 pagine , con incisioni in- tercalate nel testo e tavole staccate. Non si vendono ia seicoli SERARAT:» e gli | abbonamenti sono RIORE -» Prezzo di uit: if XII. 1918 “a Italia i o ao i re is All Ratoro (0-0 44 Per le ana FE PRA Wiieoni? all’ Editore ; | Antonino Trimarchi , | Corso Vittorio Emanuele, . 1 Num. (370, Palermo. up: Sa BONS eagiio di N. 4. pirla DICEMBBE sit Vol. XI BOLLETTINO DEL h. ORTO BOTANICO È GIARDINO COLONIALE DI PALERMO SOMMARIO : 13. Corso pratico di Colture Coloniali (A. Borzi) . ‘ . pag. 3 14. Intorno alla struttura delle radici di Chamaedorea (G. CATA- LANO) * ; 168 15. Sulla presenza della Formaldeide nei succhi delle piante | (F. ANGELICO ‘e G. CATALANO) . ' ‘ F » 165 16. Qualche pensiero sull’Adinamandria (F. RAPPrA) . . >» 171 17. I rapporti fitogeografici fra Creta e la Cirenaica (A. BaLDACCI)» 198 18. Rassegna della stampa coloniale agraria (G. E. MATTEI) . » 202 19. Aggiunte alla Flora della Libia (A. Borzì e G. E. MATTEI) >» 234 20. Indice del vol. XI . . i A . . È » 243 Appendice : Flora Melitensis nova (S. SommieR ed A. CARUANA GATTO). PALERMO LIBRERIA EDITRICE ANT. TRIMARCHI Corso Vittorio Emanuele, 875 1912 Corso pratico trimestrale di Colture coloniali presso il R. Giardino Coloniale di Palermo. Col 30 giugno si è chiuso il corso trimestrale «di colture: eo- loniali iniziatosi il 1° Aprile. Il corso di quest’ anno differisce col precedente fondamental- mente per la scelta e pel numero degli allievi, giacchè sia il me- todo d’ insegnamento, sia la materia svolta sono presso a poco gli» Stessi ; nè sarebbe stato ragionevole ‘apportare delle innovazioni, se .sì tien conto del. profitto che la maggior parte degli allievi ebbe' - a riportare. cadi La concessione di sette borse di studio, delle quali due elargite dal. Ministero dell'Agricoltura e cinque dalla Direzione del di Sicilia, mi hanno permesso di eseguire una scelta di ‘allievi, con criterii che non sarebbe stato possibile attuare senza. l’aiuto . dei sussidi di cui ho potuto disporre. - Dette borse di fatto sono state attribuite a contadini agricol- tori, i quali passano tutta la loro vita nella campagna; nel lieto miraggio di una colonizzazione fatta con criterio di previgenza, più che per necessità di emigrare oltre i confini della Patria. . La concessione delle borse di studio dà una. responsabilità mo- rale agli stessi allievi, i quali non possono esimersi da tutti i la- vori che fossero richiesti, come sarebbe possibile ove essi non ri- cevessero un qualche compenso. I sette contadini perciò non solo hanno assistito alle lezioni con la più assoluta frequenza, ma hanno preso parte a tutti i lavori nei terreni del Giardino Coloniale, oc- cupandosi per sette ore al giorno nelle varie pratiche di una ra- zionale agricoltura, estendendosi in tal modo il beneficio di un in- segnamento che, limitato nel numero dei mesi, e privo di alcun sussidio di conoscenze al di fuori di quelle impartite durante l’ora di lezione, avrebbe certo nel suo attivo una messe di risultati che al confronto appare scarsa e quindi poco proficua. L’impianto dei vivai di Sisal, di Cotone arboreo, ecc., il tra- pianto, la selezione dei semi, le ibridazioni, le modalità varie d’in- nesto, la conoscenza di strumenti moderni applicati alla meccanica agraria, sarebbe stato eccessiva pretesa volerli ottenere con le sole ore di insegnamento, destinate alla parte teorica, che per quanto semplificata e resa accessibile alle più modeste intelligenze, lascia ° sempre debole traccia se non è ribadita continuamente dalla pra- tica esecuzione delle norme acquisite. Dei sette contadini cinque sono uomini maturi (Cefalia Anto- nino, Pollina Ignazio , Spadafora Giovanni - Mazzola Giovanni e Mazzola Gaetano), due sono giovani sui 22 anni : (Salvatore Fer- rara e Vincenzo rso). Antonino Cefalia è conoscitore della lingua araba, per aver lavorato da agricoltore per ben 11 anni in Tunisia, dove il con- tatto con gli arabi lo ha istruito sulla loro lingua. Questa speciale sua condizione me lo fa additare come un agricoltore che potrebbe utilmente essere impiegato come mezzo di propaganda nella nuova Colonia. Salvatore Ferrara è licenziato dalla Scuola Agraria di Castel- nuovo presso Palermo , ed è il solo che abbia delle cognizioni di elementare agricoltura. Debbo subito far notare che il profitto degli altri allievi in confronto al giovane Ferrara non è stato per nulla inferiore, come. arebbe a supporre la mancanza di cognizioni teoriche precedenti, il che avvalora sempre più la utilità del corso, in quanto che il criterio di insegnamento risponde allo scopo della piccola scuola, fatta per coloro che nulla sanno al di fuori delle ataviche cono- scenze di una agricoltura ristrettissima e localizzata alla regione nativa. Tale niet è della maggior importanza, giacchè mo- stra come la piccola scuola sia davvero sufficiente a sè stessa e DI ° 155 risponda allo scopo di presentare allo sguardo dell’agricoltore tutto l’orizzonte agricolo di una possibile colonizzazione, nella quale la co- noscenza delle pratiche relative alla colture seminative non è solo sufficiente, trattandosi spesso di dover utilizzare terreni da tempo abbandonati o del tutto vergini, talora di disboscare, talora di sfrut- tare le risorse naturali, il cui pregio, il cui valore commerciale è quasi sempre ignoto a chi sconosce la vegetazione propria alle terre di paesi caldi. Nessuno quasi dei nostri contadini sa ad esempio che la Gom- ma Elastica si estrae da piante: e tanto più ignora le piante che lo prolucono, nè ha mai avuto occasione di vederne alcuna o di saper il modo di estrarre il latice caucciuifero. Egualmente può dirsi per il Cacao, pel Caffè, per la Manioca, per l’Arachide, ecc. ecc. Le speciali condizioni di clima di Palermo, dove la flora ren- de completo l’aspetto della vegetazione subtropicale e, per alcune piante, tropicale, rendono ii Giardino Coloniale una palestra invi- diabile, nella quale fuori delle serre, epperò in ambiente naturale, le esercitazioni di agricoltura coloniale assumono un valore essen- zialmente pratico e dimostrativo. Il Giardino Coloniale è un lembo di colonia trasportato nei confini della Madre Patria, un campo sperimentale per coltivazioni proprie di paesi caldi, dove, tagliando le acque di irrigazione è possibile riprodurre esattamente le condizioni di siccità del terreno, spesso lamentate nei nostri possedimenti africani, mostrando allo stesso tempo come sia possibile utilizzare terreni aridi e sterili con adatte colture, e designando mano a mano le coltivazioni che | sì addicono per maggiore tornaconto culturale , nelle successive modificazioni dell’ ambiente agronomico , sia cioè per terreni più ricchi, o artificialmente fertilizzati, sia per terreni più umidi od irrigati. In tal modo l’allievo, al quale è stato anche insegnato come si proceda ad una elementare analisi del terreno onde riconoscerne quantitativamente i principali componenti, sarà al caso di scegliere con saggezza le coltivazioni più adatte a quelle condizioni di ter- reno e di clima che andrà a ritrovare in un domani, nel ‘quale > la sua opera di colonizzatore dovesse svolgersi sotto la responsa- © bilità della propria iniziativa, anzi che perpetuarsi soltanto come 0- perosa ed intelligente mano d’opera da servire agli Lacegi di terreni e di vite umane. Anche da questo aspetto sociale Db scopo del corso è enco- miabile. Oltre ai sette donata agricoltori sono stati presenti al corso circa una diecina di Soldati, assai meno dello scorso anno, nel quale raggiunsero il numero di 75. I militari agricoltori del Presidio di Palermo furono scelti fra i più diligenti alle conterenze domenicali ed inviati a questo Giar- dino dietro accordi da me presi con S. E. il Comandante del XII° Corpo d’Armata, che ben volentieri acconsenti che ‘alcuni fra i militari agricoltori del nostro Presidio prendessero parte alle lezioni ed alle esercitazioni di colture coloniali. Tale consenso ha un valore della maggiore importanza morale, giacchè dimostra chiaramente come il concetto di istruire i nostri militari, od. almeno quelli che appartengono a famiglie di contadini ‘ e che ritorneranno alle terre dopo adempiuto l'obbligo di leva, sia ormai accettato ufficialmente. Né poteva essere diversamente, poichè anche coloro i quali siano militaristi intransigenti, debbono convenire che se nelle molte ‘migliaia di soldati alcuni pochi, nelle ore di riposo, alternano le loro occupazioni con lavori di campagna, non può certo influire questa piccola massa a modificare il concetto di disciplina o di do- veri che forma la caratteristica del nostro soldato, mentre che il beneficio che quei pochi possono arrecare nelle. terre conquistate, col divulgare per mezzo dei proprii lavori, le nozioni di agricoltura coloniale è assai più notevole di quel che a prima vista potrebbe sembrare. Gli antichi Romani, la cui opera di civilizzazione non sop- | porta confronti attraverso alla’ storia dei popoli, intendevano la colonizzazione in questo modo , cioè che appunto i soldati con- | quistatori dovevano costituire il nucleo centrale nella nuova terra, «attorno al quale. irradiandosi la luce di civile progresso, doveva diradarsi gradualmente l’atmosfera nebbiosa del selvaggio vinto. L'impianto dei giardinetti, le cure prodigate dai nostri soldati ‘| pur mentre tervevano i lavori di battaglia nelle oasi di Libia, si- gnificano che questo sentimento di amore verso la. terra, questa | soddisfazione di ammirare il frutto del proprio sudore, è talmente ‘innato nell’animo dei nostri contadini, che anche sotto le rigide spoglie di guerriero trovano modo di esplicarsi. Ora, se si consi- deri. ciò, riesce chiaro che il corso di colture coloniali non serva in aleun modo a distrarre il militare dalle sue occupazioni, ma & meglio guidare quei lavori che egli ha già dimostrato di voler compiere indipendentemente da qualsiasi ingentivo esteriore. Una differenza apporterebbe quindi la frequenza da parte di alcuni militari alle lezioni di colture coloniali, quella cioé di mo- >; care l’indirizzo dei loro campicelli, nei quali, anzi che ripetere 157 la medesima agricoltura conosciuta nella loro regione nativa, si so- stituissero altre coltivazioni nuove per loro, ma che per le ‘adatte condizioni di clima potrebbero attecchire ottimamente, mettendo in evidenza i vantaggi delle terre coloniali peri nuovi prodotti, di cui sono capaci, per la maggiore resa economica, ecc Io ho visto, in Libia, alcuni di questi casbpicelii meraviglio- samente curati, in tutti i dettagli, tatti pochi giorni dopo che il vessillo nazionale aveva decretato il possesso di quelle plaghe, ho visto splendere la esuberante vegetazione, ricca di colori, di profumi, di messe ed ho sempre pensato che se a fianco alla piantina di a- grume o di frumento si trovasse una di banano o di arachide, ecc. si potrebbero risparmiare tante lunghe ricerche, sempre dispendiose, e l’opera del militare agricoltore rendersi benemerita anche nei rap- porti con la botanica sperimentale, quale l’acclimazione di nuove specie. Guidato da tali principi, chiesi al Comando di Palermo che nello scegliere i militari da inviare al corso limitasse il numero a non più di dodici, ma che possibilmente fosse ad essi assicurato il modo di frequentare le lezioni con quella assiduità che è sempre intimamente legata alla frequenza. Pochi e buoni, fanno assai più che molti mediocri. E l'indole dei corso non permette che il numero degli allievi sia troppo grande, ; È necessario di fatto tener presente una condizione essen- zialissima, quella cioè della cultura degli allievi, molto mediocre, quando non si tratti di analfabeti, epperò considerare che le no- zioni da impartirsi devono non solo essere chiarite durante la lezione, ma direttamente assimilate dagli allievi, i quali non potendosi ser- vire nè di libri, nè di appunti, sono costretti a ritenere ed affi- dare alla memoria tutto il corredo di conoscenze che si vuol im- partire, Epperò le leioni > sono state tenute sotto Vest di conversa- zione, nella quale gli allievi, rispondendo, non solo assieuravano il discente di aver appreso esattamente i concetti svolti, ma rat- fermavano nella memoria gli stessi concetti, abituandosi con l'ordine nella esposizione all ‘ordine nella esecuzione. i Il programma svolto può sintetizzarsi nel modo seguente Cattà— Terreno —Diboscamento -Modo di Miei Vivaio ione del terreno —Trapianto—Sar- di - Cimatura — Concimi Culture intercalari — Nemici del Caffè —Raccolta—Spolpatura spire nebbazione e lavengioo40 CAZIONE Scelta À neaccatnra va VIIÙ AZIULA UL Cacao — Varietà più importanti —Terreno — Clima—Propa- gazione—Impianto—Alberi portaombre—-Sarchiature — Concimi — Nemici del Cacao —Raccolta — Disseccamento — Passaggi graduali dal seme di Cacao alla cioccolata—Prodotti secondarii. 'Thè—Terreno—Clima—Propagazione— Piantagione — Cultura — Raccolta —Preparazione del The — Essiccamento — Rullatura— Fermentazione—Scelta— Imballaggio. Canna da zucchero — Terreno—Clima — Propagazione— Impianto—Cultura—Raccolta — Concimi—Preparazione dello Zue- chero. Manioca—Terreno—Clima — Cultura—Raccolta — Prepara- zione— Farina di Manioca— Fecola—Tapioca, ecc. anano—Terreno e Clima — Propagazione — Preparazione del terreno — Trapianto — Cultura — Raccolta — Prodotti secon- darii. Dattero Terreno —Clima-. Propagazione — rappliirenea artificiale—Raccolta del frutto — Scelta — Imballagio — Prodot E secondarii : essenze, vino di Palma , surrogati di caffè, mangimi per cammelli, legname da va, cavolo di Palma, ecc. A solita ie Vedo deri — Raccolta — Varietà PAPER i roberizione ed esportazione. Monia Tenente Pepe cazione — Baclolta: RO zione dell’olio. Ficus di gomma sinstion — Caratteri della pianta — : Esigenze per clima. e terreno —Estrazione del caucciù. Cenni su altre da a caucciù. bi. + rio: — Clima — Propagazione — . Sarchiature Po - Taglio—Ulilizzazioni svariate e snediot: accessorii. SR * Cotone —Varii tipi di Cotone— Esigenze di essi per climi, terreni e concimazioni--Scelta e disinfezione del seme — Prepara- zione del terreno —Semina—Sarchiature— Cimatura — Raccolto — Sgranatura — Macchine adatte — Proprietà tecniche delle fibre — Esercitazione sul riconoscimento — Stima del valore — Prodotti secondarii : 1’ olio di cotone —La farina di Cotone — Prodotti ac- cessorii per la fabbricazione della carta e di utensili varii. Sisalana — Terreni e climi adatti — Propagazioni (bulbi e rigetti)—Impianto della cultura—Lavori culturali— Raccolto delle foglie—Sfibratura a mano ed a macchina—Prodotti accessorii. Musa tessile — Clima — Terreno — Propagazione— Estra- zione delle fibre—Essiccamento— Imballagio — Prodotti accessorii. Alfa-Terreno—Clima—Utilizzazione— Propagazione — Rac- colta del prodotto — Metodo algerino , spagnolo , francese , arabo —Vantaggi ed inconvenienti —Scelta delle foglie— Essiccamento— Imbiancatura—Imballagio— Metodi diversi. Per ciascuna delle colture 1° Tassista ha indicato il torna- conto culturale. Sempre tenendo di mira la praticità del corso sì sono svolti anche argomenti di indole generale, trattandone incidentalmente , ma in modo completo per quanto elementare, onde facilmente re- stassero impressi nella mente degli allievi. Così, ad esempio, si è avuto campo di esporre un confronto fra le condizioni di clima nelle nostre Colonie e della Sicilia , di studiare i principali costituenti del suolo agrario , *nllibinsa dosi sulle toro proprietà fisico-meccaniche, quali la leggerezza, il potere igroscopico, ecc.; dei concimi si è dimostrata la efficacia generale i ed in special su6de l’ effetto di ciascun elemento fertilizzante. è tal fine si instituì dagli stessi allievi un esteso campo dimostrati- —. vo, diviso in tante parcelle diversamente concimate, campo che allo stesso tempo servi ad esercitare i iti nella ‘ivizione cc - del cotone, A. proposito della necessità di arricchire il ui mediante le concimazioni si è trattato delle rotazioni agrarie, facendone risal- tare l’ importanza insieme con i concetti generici che le regolano. Sempre sotto forma incidentale si è trattato del drenaggio in e e et rapporto alla impermeabilità del sottosuolo e col potere assorbente e la lunghezza delle radici. Per la utilizzazione dei terreni aridi , Oltre alla designazione delle colture adatte (Sisalana, Alfa, ecc.) si è esposto in termini elementari la maniera speciale di lavorazione (Dry farming) ed, in casi di possibilità di irrigazione, gli altri metodi normali d iattin- gere acqua e le particolari disposizioni del terreno inerenti a tale pratica. Per ogni cultura si sono descritti gli strumenti più adatti e le macchine industriali facendo risaltare la importanza delle cul- ture meccaniche, Profittando delle esperienze di selezione che vengono eseguite secondo metodi razionali moderni per il miglioramento dei prodotti agricoli si è voluto dare una idea anche di questo importante fat- tore del tornaconto in agricoltura mostrando ai frequentatori del corso;1 risultati di tali pratiche che formano da alcuni anni oggetto di studio da parte del Giardino Coloniale. E si è anche a questo medesimo fine messa in rilievo la importanza. della ibridazione. Il tutto, giova ripeterlo, è stato esposto in maniera semplice, chiara, senza alcuna. pretesa cattedratica, in modo da rendere ac- cessibile la materia dell’ insegnamento alle menti poco sviluppate - dei contadini. E che lo scopo è stato raggiunto lo dimostrano tanto le risposte stesse degli allievi alle varie quistioni. loro, rivolte dall’ Insegnante, quanto la pratica da essi dimostrata nella 'esecu-: zione dei lavori loro affidati subito dopo la lezione. Le lezioni furono eseguite quasi sempre all’aperto, per avere così nelle vicine colture. il modo di chiarire agli allievi molti dei concetti che si venivano esponendo e che potevano riuscire oscuri alle loro menti se espressi nei limiti della esposizione didattica. In tal modo unendo la teoria alla pratica del campo si è cer- cato di ottenere dal corso tutti quei frutti di praticità necessarii | per renderlo effettivamente utile e per raggiungere i fini che esposi nella mia precedente Relazione e che fin dallo scorso anno furono. abbozzati. Nel chiudere la presente Relazione sento il dovere di chiedere | una più larga misura nella istituzione di borse di frequenza per gli allievi, in modo che il contributo abbia a significare coi fatti, come le finalità di questa scuola siano riuscite consoni ai criterii | che indussero S. E. il Ministro dell’ Agricoltura ad. accettare la. proposta da me fatta, due anni or sono, di istituire il detto corso. 161 A giustificare la richiesta di maggiori aiuti, faccio notare che le borse di studio di lire 250 ciascuna sono sufficienti per quei contadini che dimorano nelle immediate vicinanze di Palermo , in modo tale che sia per essi possibile pernottare nella propria abitazio- ne. Ma per coloro che trovansi fuori Palermo l’ esperienza ha di- mostrato che tale sussidio non basta a sopperire alle spese di viaggio, alloggio e vitto, durante tre mesi, in una città che offre dispendi © — assai maggiori dai piccoli centri. Si potrebbe osservare che anche l’agricoltore deve contribuire con qualche sacrificio personale, poichè la frequenza alla scuola ri- donda a suo interesse, ma, se si pensi che appunto nei mesi di aprile, maggio e giugno fervono i lavori di campagna più che in altri periodi dell’anno e se si tien conto che per la natura delle coltivazioni che vengono svolte nel corso non è possibile, o per lo meno non sarebbe opportuno anticipare o posticipare l’epoca della scuola, riesce gii abbastanza evidente la compartecipazione dello stesso agricoltore agli sforzi che si fanno per il suo miglioramento morale tendente ad avviarlo ad un sano criterio di colonizzazione, La necessità di permettere a coloro che risiedono lungi da Pa- lermo di profittare della piccola scuola riesce evidente anche ove si consideri che ciascuno di questi contadini, ritornando in paese, ripetendo le cose apprese durante la frequenza al corso, stabilirà intorno a se un piccolo centro di propaganda e l’idea di acquistare delle conoscenze di agricoltura coloniale prima di decidersi ad emi- grare si farà strada sempre più larga e profonda, mentre che li- mitando l’azione di propaganda ai contadini del circondario di Pa [ormo essa sortirà certo effetti minori. dimostrare tale necessità potrei ricordare molti casi nei quali ho dovuto lamentare la più profonda ignoranza di conoscenza dell’ ambiente. agrario dei paesi caldi: basti citare la richiesta fatta dai soldati della Libia di semi di Castagno, ed altre specie di luoghi montuosi e freddi, da coltivare in quelle regioni, per affermare nel modo più soin come la colonizzazione fatta senza il sussidio di preventive conoscenze di agricoltura coloniale possa esser causa di errori , si dissesti , il più delle volte irreparabili, che contribuiscono a discreditare le condizioni di fertilità e il van- taggio di una profiqua utilizzazione dei nuovi possedimenti africani. Colui che va in colonia crede di trovar la terra promessa solo da un punto di vista e cioè da quello di una resa eccessivamente superiore dei terreni in confronto alla resa comune alle terre del paese natio, e non pensa invece che mutando ambiente bisogna anche mutare le colture, e praticare quelle che, atte alle condizioni 162 agronomiche locali, diano il maggior tornaconto all’ intraprenditore di lavori agricoli. Io fido assai che le considerazioni premesse indurranno a migliorare 1’ entità .delle borse di frequenza ed accrescerne il - numero, portando ciascuna almeno alla cifra di L. ; Faccio noto in ultimo che anche quest’ anno il corso è*stato impartito dal dott. Calcedonio Tropea, in maniera encomiabile. Palermo, 10 luglio 1913. Prot. A. Borzì Direttore del R. Giardino Coloniale di Palermo. N iN Von n Vai # ZA RA aa % aan a Valdi DA N Intorno alla struttura delle radici di « Chamaedorea elatior » Nel mio lavoro sulla struttura delle radici delle Palme (1) ve- niva brevemente riferita anche quella delle radici di alcune specie di Chamaedorea, a sostegno della tesi ivi svolta della analogia strutturale tra radici e stipite. ra il chiar. Prof. PirorTA mi scrive facendomi rilevare che la struttura rappresentata dalla fig. 9 della tav. II, descritta nella Spiegazione come appartenente ad una grossa radice di Chamae- dorea elatior, non corrisponde a quella da lui riscontrata nelle ra- dici di questa pianta. Avendo voluto pertanto eseguire una rigorosa revisione del materiale, debbo dichiarare di essere incorso a suo tempo in un accidentale ed involontario errore. La detta figura non appartiene effettivamente né ad una Cha. maedorea elatior, nè ad altra Palma, bensi —come ho potuto ora (1) G. CaraLano — Morfologia interna delle radici di alcune Palme e Pandanacee, in Annali di Botanica, Vol. X, fasc. 2°, 1912 164 accertare dopo lunga e difficile inchiesta—ad una radice di Ficus magnolivides, a suo tempo in corso di studio, e di cui un prepa- rato venne per meno accidente contrassegnato con un cartellino destinato alla Chamaedorea. Lo scambio, del tutto fortuito, restò poscia sufficientemente mascherato dal fatto che non è raro riscontrare nelle radici delle Palme in genere dei cambiamenti di struttura talvolta molto no- tevoli a seconda dell’età del materiale e della regione che si prende in esame. Ed infatti la detta struttura, come si rileva dal testo (p. 84) venne considerata come apparentemente raggiata, attribuendo tale modificazione allo stato adulto della radice. Alle radici delle Chamaedoreae compete quindi soltanto la struttura rappresentata nella fig. 10 della stessa tav. II. Essa è comune tanto alla Ch. elatior, quanto ad altre specie, ed è simile a quella delle edi Palme, presentando un mantello periferico più o meno ricco di gruppi legnosi addensati e fusi tra loro e dei gruppi sparsi in seno al midollo. rof. PirorTA rinnovo qui pubblicamente i miei ringrazia- mente per avermi cortesemente fatto accorto dell’errore. DoTrT. G. CATALANO CET ARS RIINA O GT e E ee I Bafffmee me sp Dic a an: n AIA SAR Sulla presenza della Formaldeide nei succhi delle piante verdi. NOTA di F. Angelico e G. Catalano Nel nostro precedente lavoro sullo stesso argomento (1) veniva esposto un breve saggio di esperienze intorno all’accertamento di- retto della presenza della aldeide formica in seno ai succhi verdi delle foglie liberamente assimilanti alla luce in condizioni normali. La determinazione di tale sostanza, mediante una reazione capace di svelarla direttamente veniva ad assumere, come dicevamo, una speciale importanza, perchè la sua presenza nei succhi dei paren- chimi assimilatori era stata fino allora più ammessa in via di ipo-. tesi che stabilita in linea di fatto. In realtà i numerosi tentativi(2) compiuti intorno a questo genere di ricerche lasciavano assai dubbiosi sopratutto per la insufficienza dei metodi tecnici seguiti e per la difficoltà di avere un reattivo che con l'assoluta specificità riunisse le doti di una massima sen- sibilità e prontezza di azione, dovendo esso venire applicato a un materiale, quale il succo fogliare, non solo assai complesso d (1) Gazzetta Chimica. Anno 43. P. I. (2) Vedi la Bibliografia nel lavoro sopra citato. o e n E gl i E ai LA Ieri Mione o Ie fio “ie et sare CES Nn gi 3 ++ + dr fin She) ‘ 166 punto di vista chimico, ma nel quale d’altra parte l’oggetto della ricerca come si può ben presumere, trovasi in tracce assolutamente minime. Tale reattivo ci fu dato dal principio attivo delle radici di Atractylis gummifera (atractilina) di cui uno di noi si è già occupato dal punto di vista chimieo (1); e l’applicazione di esso alla ricerca della formaldeide nei succhi verdi delle piante, confor- tata naturalmente da ogni sorta di controllo e di verifica rigorosa, diede risultati positivi. L’argomento tuttavia merita altri studi, e come ci ripromet- tevamo nel lavoro dianzi citato, abbiamo prosegtiito le ricerche, che riassumiamo nella presente nota. Le attuali esperienze non esauriscono, ben inteso, l'argomento, restando ancora grandissimo il numero delle piante sulle quali dovrà portarsi l’indagine analitica, ma pur, nel limitato numero di esempi cui si riferiscono, prospettano per la prima volta talune questioni intimamente connesse alla relazione che la presenza della formal. deide nelle piante ha con i fenomeni dell’ assimilazione in generale. È nostro debito avvertire che esse vennero appena sfiorate, opponendosi ad una completa disamina dell’argomento non poche difficoltà di vario genere in rapporto specialmente all’ apprezza- mento delle eventuali variazioni alle quali va soggetto il contenuto in formaldeide nel succo fogliare in piante sottoposte sperimen- talmente a svariate condizioni di vita. | Per queste ragioni, avendo voluto accingerci ad uno studio si- stematico della questione nelle varie condizioni di vita delle piante ed anche nell’intendimento di offrire agli studiosi il modo di estendere eventualmente le ricerche sull’importantissimo argomento, ci siamo curati di eseguire le ricerche oltre, che con l’atractilina, con un metodo assai più alla portata di tutti, suggerito e descritto da S. B. Schryver (2) « Uber di photochemische Bildung von formaldehyd in griinen Pflanzen » e che consiste nel trattare 10 ce. di soluzione contenente la tormaldeide libera con 2 cc. di soluzione recente di ct.) di fenilidrazina all’ 1 °%,, poi con 1 cc. di soluzione al °, di ferricianuro di potassio e finalmente con 5 ce. di acido clori. dn concentrato. Si ha in tal modo una bella colorazione rosso fuxina. La reazione è sensibilissima e, secondo 1’ autore fino alla diluizione dell’ 1 '/,00090- Oltre a ciò abbiamo abbandonato completamente l’uso dei succhi fogliari grezzi o parzialmente purificati per attenerci di o Angelico—Gazzetta Clinica 1911, p. Ia. (2) Pharm. Zeit. 1910 pag. 397. i Asti MA n SIE ene 167 preferenza ai distillati da essi forniti i quali, sebbene non puri, pre- sentano. il vantaggio di essere incolori ed inoltre di accumulare in generale nelle prime goccie la maggior quantità della formal- deide, È stata poi nostra cura, specialmente quando ci occorreva di confrontare due o più saggi, di adoperare sempre identiche quan- tità di materiale e di reattivo rigorosamente misurato. Con queste ed altre cautele che la pratica ci potè suggerire siamo riusciti a rendere paragonabili i risultati delle reazioni offerte da differenti saggi, provenienti da piante tenute sperimentalmente in varie condizioni. Ed eftettivamente ci fu dato di apprezzare in molti casi delle notevolissime ditterenze, tanto nella intensità delle colo- razioni, quanto nell’andamento delle reazioni stesse. nostro intendimento continuare su questi studi, non appena condizioni di opportunità e circostanze di tempo ce lo permette- ranno. Il presente lavoro, ripetiamo, non è che una continuazione per il cui svolgimento completo occorreranno lunghe e pazienti in- dagini. Ci sia permesso tuttavia di esporre i risultati attuali dello studio fin qui compiuto, limitatamente ai fatti positivamente accertati, astenendoci da qualsiasi interpretazione degli stessi. Il modo di operare è semplicissimo. Le foglie raccolte ven- gono triturate in mortaio e poscia torchiate. Il succo che, a secondo i casi, è carico o no di clorofilla, vien posto a distillare ed in tal modo ordinariamente nelle e goccie del distillato si ha la for- maldeide, Impiegando invece l’ dacia si opera, stemperando quite centigrammo di glicoside in poche gocce di acido solforico concen- trato ed al liquido giallognolo si aggiunge qualche goccia del di- stillato del succo fogliare. Dopo alcuni secondi si osserva una co- lorazione violetta con riflessi VETO nel caso della presenza della formaldeide. Variazioni del contenuto in formaldeide nelle varie specie di piante. —È necessario anzitutto dichiarare che delle varie specie di piante (oltre 50) i cui succhi fogliari furono sottoposti ad esame, non in tutte ci fu dato di constatare la medesima intensità di rea- zione a parità di condizioni (ora, giornata, temperatura ra, ecc.). Nella maggior parte delle piante esaminate (Stelleria media, Sisymbrium officinalis, Fumaria sp., Antirrhinum siculum, Ligustrum robu- stum, Parietaria officinalis, Urtica divica,ece.) le prime gocce del distillato dei relativi succhi fogliari forniscono una reazione di color roseo piuttosto pallido, corrispondente all’ incirca a quella che si 168 ottiene con un saggio di formaldeide diluita verso l’1 per 1 La massima intensità di colorito venne riscontrata nel. distillato delle foglie di Datura cornigera e alba, e in quello di Vinca major la minima, cioè più debole della media, in quello di Zea. Mas Musa Ensete, ed assolutamente impercettibile, se non del tutto negativa in quello di Chenopodium murale. Naturalmente le prove venivano condotte su quantità perfet- tamente eguali di distillato facendo uso di reattivo rigorosamente ed egualmente per tutte dosato, ad evitare che le variazioni di in- tensità potessero imputarsi a cause estranee relative alla tecnica del procedimento. Analoghe differenze vennero anche riscontrate già a suo tempo ed ora verificate col metodo dell’atractilina; la reazione riesce di massima intensità e rapidità col succo di Mirabilis Jalapa, Doli- chos albus, Lupinus albus, ecc., minima o del tutto negativa con quello di Helianthus annus. bia fra le varie specie vegetali vi é un diverso comportamento di fronte ai reattivi dell’ aldeide formica, e siffatte variazioni stanno evidentemente in rapporto con unasdifferenza di concentrazione di tal sostanza nei varii succhi. Se ciò proceda da particolare modalità con la quale si esplica in ogni singola specie vegetale l’attività assimilatrice, appare assai probabile; ma è anche possibile che dei fenomeni chimici secon- dari di oscura natura intervengano a modificare variamente l’ori- ginario contenuto in formaldeide. Tuttavia riteniamo che nei pochi casi riscontrati di reazione apparentemente negativa, riguardanti piante verdi, liberamente esposte al sole, si tratti probabilmente, anzichè di vera assenza di aldeide formica, di uno stato di estrema diluizione in cui tale sostanza trovasi nella specie esaminata, talchè riesce impossibile apprezzarne la presenza ; ovvero di una massima suscettibilità di trasformazione nei successivi composti organici che fanno capo all’amido, di modo che non se ne trovi più traccia ap- prezzabile prima del tempo strettamente necessario che va impiegato alla estrazione del succo dalle foglie. Influenza dell’ora sulla intensità di produzione della for- maldeide.—Come si è detto, le variazioni sulla intensità delle rea- zioni fornite dalle varie piante vennero constatate su soggetti rac- colti a parità il più possibile rigorosa di condizioni ‘esterne, e cioè nello stesso giorno, alla stessa ora, esposti egu inline ai raggi solari, ecc. L'ora in cui le piante vengono raccolte ha una particolare im- portanza nel determinare variazioni sul contenuto di formaldeide, come ci tu dato di accertare ripetute volte. In generale la massima 169 intensità di colorito nelle reazioni, e cioè la massima concentrazione di formaldeide venne riscontrata su piante raccolte verso le ore 14-15, cioè nel periodo di massimo riscaldamento giornaliero. Le reazioni scemano invece rapidamente di intensità nelle suc- cessive ore pomeridiane ; così il succo delle foglie di Datura cor- nigera raccolte alle 17,30 non dà che una reazione debolissima, quasi negativa. Anche nelle prime ore antimeridiane si ottengono spesso rea- zioni debolissime o quasi negative e talvolta anche quando già la pianta è pienamente illuminata dai raggi solari. Così nelle foglie di Celastrus lucidus raccolte alle 8 (in un giorno di Maggio) il succo non contiene ancora formaldeide. Viceversa per talune piante non ci è stato dato riscontrare differenze; ad es. i succhi fogliari di Zea Mas danno reazioni de- bolissime, ma perfettamente eguali, tanto se le foglie vengono rac- colto alle 9,30 quanto se alle 15,30. Lo stesso può dirsi per altre specie come Cercis siliquastrum, Ailanthus glandulosa,, ecc. Come si vede, anche su questo punto regna una grande variabilità nel comportamento delle singole specie vegetali, nè può dirsi quindi fin'ora se per tutte sussista una regola generale al riguardo "delle variazioni di intensità del lavorio assimilativo durante le ore del giorno ; tanto più che siffatta intensità è probabilmente influenzata anche da numerosi altri fattori, quali la temperatura, lo stato del- l’aria, la luminosità del cielo, la stagione e così via, dei quali è sommamente difficile, come Han si comprende, tenere contempora- neamente stretto conto. Variazioni relative alle diverse qualità dei succhi che si possono estrarre dalle piante. — L’estrazione del succo fogliare fatta a mezzo di un apposito torchio a vite, previa triturazione delle foglie, fornisce, salvo il caso di foglie provviste di speciali so- stanze coloranti, un liquido denso. intensamente verde, dalla. ‘cui distillatzione si ottiene un liquido quasi sempre limpido di odore caratteristico, per lo più sgradevole. In questi distillati e special- i deide. mente nelle prime gocce va operata la ricerca della. formal L Se le foglie non si sottopongono. previamente A temine: - malgrado ogni energica pressione del torchio, non sprigionan un succo brunastro o chiaro, poco denso e privo di clorofilla; n liquido non proviene. ‘manifestamente dallo stritolamento delle cel- lule verdi, ma ha altra origine. Infatti, osservando. dopo l’opera- zione il tufo si può constatare che la parte verde dello foglie è © pressocchè intatta e tuttora ricca di contenuto acquoso. Il caso si * 170 verifica specialmente in piante a foglie ricche di parenchimi non verdi o di contenuto mucilagginoso , come in parecchie Malvacee. Però anche le piante che cedono facilmente in seguito a smi- nuzzamento delle foglie un succo densamente verde, dopo una pro- lungata ed energica azione del torchio forniscono come ultimo re- siduo un liquido rosso-bruno, senza clorofilla e molto meno denso delle prime porzioni. Cosicchè il liquido che si ottiene dalla torchiatura delle foglie triturate non è costituito dal solo contenuto delle cellule verdi del parenchima assimilatore, main realtà da una miscela di vari succhi differenti provenienti dai varì parenchimi di cui risulta composta la foglia. Data siffatta differenza appariva molto interessante lo studio del comportamento dei singoli componenti della miscela, presi iso- latamente, di fronte ai reattivi della formaldeide. Abbiamo potuto accertare in alcuni casi che la presenza di questa sostanza si li- mita esclusivamente ai succhi provenienti dai parenchimi assimila- tori, cioè a quelli molto densi e decisamente verdi, nei quali è vee quasi tutta la clorofilla contenuta nelle foglie. Praticamente non è possibile apprezzare delle differenze tra le reazioni fornite dalla miscela dei vari liquidi e dal liquido contenente la clorofilla preso isolatamente, e ciò perchè la differenza di diluizione è asso- lutamente minima. Invece molto istruttivo è il confronto con il liquido senza clorofilla, ottenuto senza preventiva triturazione delle foglie. Ad es. le foglie di Acanthus mollis non triturate forniscono al torchio un liquido mucilagginoso, filante, rosso-brunastro, il cui distillato non dà reazione di sorta. Se si distilla invece il tufo rimasto indietro insieme ad un pò di acqua, si ottiene la caratte- ristica reazione, per quanto debole. Parimenti da una miscela di foglie di Parietaria, Urtica, Vinca, Fumaria, ecc. i cui succhi dànno positiva, si ottiene al torchio qua- dora non vengano previamente triturate, un liquido rossastro poco denso, senza clorofilla, il cui distillato dà reazione negativa. Benchè, come è naturale, necessiti su questo argomento mol tiplicare le prove e gli esempi, pare tale fatto potrebbe trovare una sufficiente spiegazione nell’ipotesi espressa da Plancher e Ra- ‘venna (1) che la formaldeide si trova legata alla clorofilla. Da questo prodotto di addizione la formaldeide poi verrebbe staccata o per la distillazione, od operando direttamente sui succhi per azione dell’acido solforico, impiegando come reattivo l’atrattilina. | (1) Rend. Acc. Lincei [5] 13 II. 459. 465. : e Ara ali eni Merlttnrvarranorivatbintidettà abltaatibbatlio;s split DUO mtb ptt {praigponni rn osi gpaggigreoe "ipsggggpin rtbgaiza;nepnnnn Ma Ti MUTO pp ncstfltttt2ctHrerm OCIAILAGIIRIO pico cat attrazioni “| gip sp, ene | Qualche pensiero sull’ « Adinamandria » Come in altri campi, così per la biologia florale tocca agli Ita- liani la gloria di avere iniziato le scoperte e di avere per tal guisa aperto la via agli osservatori. Già poco meno di un secolo prima di K6LREUTER, PaoLo BoccoxE sapeva della partecipazione degli agenti esterni nell’opera dell’impollinazione, mentre, su per giù al tempo del Boccone, AnToNIO MicBELI scopriva il mirabile modo onde si compie 1 dini illiiione in Vallisneria spiralis. Ma, seb- bene l’osservazione avesse dimostrato a questi due osservatori ita- liani la presenza di fiori diversi e financo di individui diversi nel fenomeno dell’impollinazione, pure non sorse allora, nè poteva sor- gere, il concetto funzionale della fecondazione incrociata. KòLREUTER distinse chiaramente un’auto-impollinazione da una impollinazione straniera, quantunque per quest’ultima non avesse creato un voca- . bolo a parte; del resto non ne intuì il significato nemmeno dal lungi. Un pigna si ebbe in SPRENGEL, in quanto che dicendo che la natura per la frequenza della dicogamia e perl’esistenza di molte specie a fiori unissessuali manifestava la volontà che alcuni fiori non fossero fecondati dal proprio polline, veniva a significare, come giustamente crede il Loew, la necessità della fecondazione incrociata. Se invece che una tale interpretazione. metafisica, del resto conforme al pensiero filosofico del tempo, avesse dato lo SPRENGEL ai fatti da lui osservati un significato pretiamente a. 172 turalistico, egli si sarebbe certamente avvicinato di più alla realtà e forse avrebbe stabilito 60 anni prima di.-Darwix il valore fun- zionale dell’allogamia. Se SPRENGEL rappresenta un progresso su K6LREUTER, KNIGHT lo rappresenta su di lui quando formola la seguente legge :. Nes- suna pianta si autofeconda per molte generazioni di seguito. Finalmente il DARWIN raggiunge il centro della realtà dando ai fe- nomeni allogamici un valore funzionale fondamentale. Il K6LREUTER era venuto alla distinzione della impollinazione col proprio polline da una impollinazione col polline straniero pel fatto dell’esistenza di fiori unisessuali e per la scoperta che egli di organi sessuali non maturano contemporaneamente. Questi me- desimi fatti, dei quali gli ultimi farono da lui compresi sotto il nome di Dicogamia, portarono anche lo SPRENGEL alla medesima distinzione ; se non che un fatto nuovo egli ebbe a scoprire ope rando l’impollinazione artificiale di Hemerocallis fulva. Difatti da questa impollinazione egli non ottenne frutto, onde emise l’ipotesi che anche presso le piante omogame può l’impollinazione essere senza successo. Fu dunque lo SPRENGEL lo scopritore di un nuovo fenomeno che in seguito si riconobbe avere una ben grande estensione e che il DEeLPINO designò col nome di Adinamandria. Evidentemente il nome creato dal DeLPINO è abbastanza inadatto perchè pregiudica la natura di un fenomeno sul quale si è stati completamente al buio. E invero Adinamandria vorrebbe dire l'impotenza dell’ele- mento maschile alla fecondazione, quasicchè il fenomeno dipendesse soltanto dal polline; ma questa univoca dipendenza appunto è quel che ancora resta a dimostrare! In altri termini non si è potùto dire finora se il fenomeno dipenda soltanto da un germe piuttosto cle dall’altro o da entrambi insieme ovvero da cause ad essi estranee ma che su essi estendono la loro azione; di qui l’inopportunità di un vocabolo che ha tutta l’aria di aver denise la questione. Ol- tracciò notiamo che la parola ha pel DELPINO un significato gene- rale, comprendendo anche i casi di sterilità nell’incrocio; in ta! caso difatti le nozze sono ancora omocline perchè, trattandosi di individui che si sono propagati agamicamente, costituiscono tutti insieme un unico individuo, ‘l'individuo fisiologico. Senonchè lo KxUuTH, alla stessa guisa che all’autogamia è opposta l’allogamia, ha voluto opporre alla sterilità successiva all’autogamia una steri- lità successiva all’allogamia, non tenendo conto della concezione dell’ individuo fisiologico : la prima chiamò autosterilità (Selbstste- 173 rilitàit), la seconda RIA per il che l’antica parola del- piniana venne ad assumere un significato particolare. Ma alla nomenclatura dello KNUTH si può fare, come è chiaro, la medesima obbiezione che a quella di DeLPINO ed un’altra in più, perchè l’uso di due vocaboli distinti per indicare un fenomeno che prima appariva unico, importa la sostanziale differenza del fenomeno quando segue all’autogamia e quando segue all’allogamia; il che non è ancora dimostrato, anche astraendo dalla concezione dell’individuo fisiologico. Il torto dello KNUTH poi appare ancora maggiore se si pensa che l’avere adoperato un vocabolo particolare, creato già dal DARWIN, per la sterilità nell’autogamia e l’aver ri- serbato il vocabolo delpiniano per indicare l’allogamia sterile, fa- rebbe mostra di significare che nell’allogamia sterile si abbia dav- vero l’impotenza pollinica; il che se si affermasse, sarebbe pure un’affermazione gratuita. Data dunque l’ignoranza che si è avuta intorno alla vera natura dei fenomeni in discorso, si sarebbe do- vuto sempre ricorrere ad un vocabolo unico, come aveva fatto il DeLPINO, ma più discreto che non la parola delpiniana affinchè non si pregiudicassero le cose nella loro realtà. E se io ho dato al mio lavoro il titolo che porta in fronte, é stato soltanto per amore di brevità; vedremo in seguito quale sarà, secondo noi, il vocabolo più Sion valloni desunto da una intuizione dei fatti che sembra risponda alla realtà. sta Lo studio che sinora si è compiuto intorno ai fatti in discorso è monco quanto altri mai e la ricerca non ha mirato a penetrare nell’intimo del loro essere, ma si è contentata di girare intorno ad essi, mantenendosi a debita distanza. Così piuttosto che ricorrere all’esame istologico e citologico dei due germi e loro annessi, piut- tosto che esaminare il potere germinativo del granello pollinico anche in soluzioni artificiali e l’importanza della sua parete, piut- tosto che curare di riconoscere le fasi che il polline adinamandro attraversa su lo stimma mettendole anche in confronto con quelle. del polline efficace (studio importantissimo specialmente nei casi di autosterilità perchè allora uno stesso polline è ‘adinamandro n efficace insieme); insomma piuttosto che ua germi, si sono andate frugando le circostanze più esterne ai fatti ovvero si è voluto trovare un nesso tra l’esistenza dei fatti ed i caratteri esteriori delle specie che ne sono affette. Così secondo H. MiLLER e I. LuBBOCK sono autosterili peilirstoo le specie 174 a grandi fiori o vivacemente colorati; invece nei fiori piccoli l’au- togamia è fertile. Però il DarwIN, che conferma l’autofertilità dei piccoli fiori, nega il nesso rigoroso che il MiLLER ed il LUuBBOCK avevano voluto riconoscere tra grandezza dei fiori e vivacità dei loro colori da una parte e l’autosterilità dall’altra ; cita ad esempio l’Ipomaea, l Adonis ed altre specie. o KNUTH riconosce un rapporto diretto tra }’autosterilità e la riproduzione vegetativa, ma questo rapporto è vero soltanto in parte. Difatti se è vero che piante fornite di ricca e facile riprodu- zione vegetativa (o per stoloni o per bulbi o per rizomi o per bul- billi ete.) sono autosterili, come Ranunculus Ficaria (gemme a- scellari che si trasformano in bulbilli epigei), Lilium bulbiferum, Hemerocallis fulva ete., vi sono anche piante a rapida ed abbon- dante riproduzione vegetativa, eppure autofertili come il Convol- vulus arvensis, l'’Oxalis corniculata, 1’ Ajuga reptans, etc. Se si volesse frugare in fondo a tutti questi rapporti che si son voluti stabilire tra autogamia fertile o sterile e i fattori che abbiamo detto, si troverebbe la preoccupazione biologica come forza ispiratri- ce, cioè la pretesa di interpretare finalisticamente un fenomeno che in sostanza è indipendente da adattamenti o da necessità della pianta. Cotale preoccupazione non si è limitata a stabilire i sopradetti rapporti, ma altri ancora ne sono stati trovati sotto la sua influenza. Così KIRCHNER per le Leguminose ‘ha riconosciuto il nesso che corre tra autogamia e durata della vita, in quanto che maggiore è la durata della vita e più frequente è l’autosterilità, conforme alla spiegazione data dal DARWIN per la frequenza della dioicità tra gli alberi e la rarità della stessa notata dal LEco@ nelle piante annue. Ma le cifre risultanti dalle osservazioni e dalle esperienze, a detta stessa del Ponzo, il quale non è alieno dal dare a questo ed agli altri fattori, specialmente se riuniti assieme, un valore per quanto relativo, non dimostrano decisamente che l’essere le piante perenni od annue basti a spiegare la loro autosterilità od autofer- tilità. Lo stesso dicasi dell'abbondanza dei semi, della forma dei fiori (actinomorfia e zigomorfia, dialipetalia e gamopetalia) della loro durata, del loro colore (se giallo, se rosso, se bianco etc.), della produzione del nettare e simili fattori che darebbero ai feno- meni di autofertilità o di autosterilità un certo' tal quale carattere finalistico. re; olto maggiore importanza invece pare che abbiano quei fat- tori che agiscono dal di fuori più che dall'interno della pianta, eco dl ii i a Cai el ita e e e ale St n oa "a È ae ci de er : 175 quei fattori quindi che danno un’apparenza di stiracchiatura alla interpretazione teleologica o la rendono addirittura impossibile ; quali sarebbero l’epoca di fioritura, la stazione, l'altitudine, la la- titudine. Questi ultimi.rapporti però secondo il Ponzo non tutti hanno un valore per i termini che stanno di fronte, ma per un agente che li accompagna e che è rappresentato dagli insetti. La vera correlazione, secondo il Ponzo, sta fra la frequenza delle vi- site degli insetti e l’efficacia dell’autogamia, cosicchè specie molto visitate sono autosterili e al contrario specie che scarseggiano di visite sono autofertili. Nè questo fatto (è merito del Ponzo stesso l’averlo rilevato) ha un qualsiasi valore finalistico, perocchè non è la pianta frequentemente visitata che rinuncia all’autofertilità di cui non ha bisogno, ma son piuttosto le frequenti visite che ren- dono lo stimma adusato al polline straniero e lo rendono insensi- bile alla primitiva azione stimolante del proprio polline; nei fiori invece a scarse visite il proprio polline non subisce il contrasto del polline straniero nè d’altra parte lo stimma può adusarsi ad uno stimolo che non ha modo d’esercitarsi o almeno d’esercitarsi con energia. Or se la causa delle cause é, secondo il Ponzo, la maggiore o minore frequenza delle visite dei pronubi, gli altri fat- tori sono in relazione a quest’ultimo dei pronubi : essi concorrono all’autosterilità ed all’autofertilità in quanto concorrono a favorire o no la frequenza delle visite. La frequenza poi delle visite agisce, come dicevamo, in quanto che essa nello stimma eccita, se grande, la sensibilità pel polline straniero, persistendo al contrario l’abitu- dine e la sensibilità pel proprio polline ove le visite degli insetti manchino o sieno rare. Certamente tutti questi rapporti in generale o esprimono, come è detto, la preoccupazione biologica, senza della quale forse non si sarebbero scoperti, o comunque dimostrano l’azione che le con- dizioni esterne esercitano sul plasma germinale, ma non vanno oltre. Anche il Darwin ammise la dipendenza, talora veramente grande, del plasma germinale dall’ambiente, ran gna de di stabilire in qualche modo la natura dei rapporti tra le due specie di germi per dedurne » condizione dalla ferito della sterilità della pianta. Un primo. di questi. rapporti intimi fu fatto dal DARWIN con l’ammettere una certa. incompatibilità tra gli elementi sessuali nel caso di sterilità nel- l’autogamia o nell’unione illegittima delle piante eterostili. Eviden- temente le parole del DARWIN non sciolgono la questione perché non danno idea determinata della causa efficiente del fenomeno; e invero cotesta ran tra gli gens sessuali vos — L'A i concetto molto vago che non permette una precisa ideazione dei atti, - Più ‘determinata e precisa è invece l’altra ipotesi del DARWIN, secondo la quale è necessario, affinchè si abbia la fusione dei germi, che esista una certa differenza fra essi. Fra tutti gli individui della medesima specie si ha sempre una certa differenza, che si riflette anche sul germe, tale da permettere la reciproca azione degli ele- - menti sessuali; se manca tale differenza germinale, manca anche è l’unione sessuale. Certo l’ipotesi del DARWIN, oltrechè ingegnosa, è seducente, anche perché sinora è l’unica che abbia tentato di colpire i fatti nel loro intimo; tuttavia quando si cerca di determinare dove stia riposta cotale differenza, si rimane perplessi e si sente tutta la lacuna che ancora esiste nelle ricerche. Difatti se gli elementi ses- suali, oosfera ed anterozoide, fossero sin da principio ad immediato contatto, allora potrebbe dirsi che i caratteri che costituiscono la differenza devono essere localizzati nei due germi, sebbene poi reste- rebbe ancora da risolvere la questione della natura di tali caratteri; ma tra oosfera ed anterozoide è interposto lo stilo col suo stimma e la parete pollinica. Anzi v’ha di più, perchè la cellula costituente il granello pollinico non è l’anterozoide, ma l'equivalente della spora delle Pteridofite. Perciò nel primo momento, quando cioè devono compiersi le prime reazioni, i termini che si stanno di fronte non sono l’oosfera e l’anterozoide, il quale già ancora non s’è formato, ma piuttosto lo stimma e la parete pollinica. Parrebbe dunque che la differenza supposta dal DarwIN dovesse localizzarsi nello stimma e nella parete pollinica. Ma qui, ripetiamo di nuovo, si riconosce quanto scarse sono state le ricerche e come lontane dal punto intorno ‘a cui sarebbero dovute versare. Si sono ricercate difatti, come dice- vamo, le circostanze esterne, non si è esaminato quello che succede nei casi di sterilità nell’ovulo, nel tessuto stilare e stimmatico e nel granello pollinico. Si ha soltanto qualche osservazione isolata. Si sa per es. che in certi casi di autosterilità lo stimma uccide il polline del proprio fiore ovvero che è il polline il quale, cadendo su lo stimma, | uccide il fiore se lo stimma non è quello estraneo; si sa anche per Eschscholltzia che il polline proprio non sviluppa abbastanza il tubo pollinico; ma'da questi pochi fatti nessuno saprebbe risalire alla sopradetta ipotesi darwiniana. Per contrario quei rapporti tra fattori esterni e l’autogamia fertile o sterile, i quali per la conoscenza dei fenomeni hanno, come dicevamo, ben maggiore importanza che non le correlazioni stabilite per la preoccupazione biologica, rendono assai difficile l'interpretazione d dei fatti alla stregua dell’ipotesi del 177 DARWIN. E invero non si saprebbe dire perchè tra le specie pri- maverili si dovrebbe riscontrare una differenza sessuale molto più frequentemente che in quelle estive, perchè molto più frequentemente nelle piante rupestri e dei luoghi aridi che non in quelle di stazioni pingui, perchè soltanto in un primo tempo del periodo vegetativo di una data specie e non per tutto il periodo, compresa la sua ultrà parte e così via. Nè le altre poche conoscenze di fatto che abbiamo intorno allo argomento parlano molto a favore dell’ipotesi del DaRrwIN. Così l’Eschscholtzia, completamente sterile nel Brasile, trasportata in In- ghilterra divenne in parte autofertile sin dalla prima generazione e più autofertile ancora nella seguente generazione; lo stesso avvenne secondo DARWIN e F. MiiLLER anche per Adutilon Darwini, che però nel luogo d’origine è semplicemente autosterile. Col ritorno in patria le piante divenute autofertili in Inghilterra ridivennero sterili sin dalla prima generazione. In che modo accordare questi repentini cambiamenti con l’ipotesi delle differenze sessuali del DARWIN? Come spiegare che germi i quali sarebbero stati molto simili fra loro divengono molto differenti o viceversa che germi molto differenti divengono molto simili col semplice passaggio da un luogo ad un altro? E resta ancora una difficoltà formidabile. Perchè difatti l’ibridismo è tanto più facile quanto più affini sono le specie, cioè quanto maggiori si dovrebbero presumere le somiglianze? Lo stesso DaRrWIN riconobbe la forza di questa difficoltà e modestamente conclude di non saper dire perchè da una parte è necessario che gli elementi sessuali siano differenti per essere fertili, e perchè dall’altra questa differenza, se va ancor oltre, reca uno svantaggio. L’ipotesi del DARW IN dunque, l’unica che per ora si sia avuta come tentativo di spiegare l’adinamandria ricercandone le cause nell’intimo del germe, non basta a togliere il velo ricoprente i fatti che vi si riferiscono. Perciò noi stabiliremo una nuova ipotesi che a prima giunta parrebbe essenzialmente diversa da quella del di ma che poi si ricamoncarà esser quella stessa del sommo Naturalis ista, alla quale però si è dato un contenuto preciso. Perchè. veramente. Si l’ipotesi lst della differenza tra gli elementi ‘sessuali. sx chè sia efficace l’impollinazione non è più quel vago mistico don: cetto dell’incompatibilità tra i due germi nei casi di sterilità; manca tuttavia della necessaria precisione; non si saprebbe. difatti dire, come abbiamo visto, in che cosa consista cotesta differenza tra gli elementi sessuali; la mia ipotesi invece, sebbene sia una concezione affatto diversa da quella del DARWIN, riesce a precisare la diffe- renza ammessa dal DARWIN e quindi ricade in ultimo nell'ipotesi. NSA 3 ABETI Gre = cf e E TR lat A erre, = 178 darwiniana. Ma prima di enunciare la mia ipotesi sarà bene rife- rirmi a certi fatti di comune conoscenza. Se si considera il fatto che da un piccolo seme di una frazione di milligrammo può derivare un albero producente molti chilogram- mi di semi e prima dei semi una quantità straordinaria di fiori e quindi di ovuli e di granelli pollinici e quindi ancora di germe femineo e di germe maschile, ci si persuade tosto come il germe nel vegetale subisce un processo di costruzione. Il germ + può dirsi completo nell’istante in cui l’anterozoide si è fuso con l’oosfera, ma è una quantità infinitamente piccola. L’oosfera fecondata per suc- cessive divisioni forma l’embrione; dall’ embrione, sotto opportune condizioni che fanno germogliare il seme che lo contiene, viene a formarsi la pianta dove l’infinitesima quantità di germe costituita dall’oosfera tecondata, si è dispersa per un corpo vegetativo infi- nitamente grande in suo confronto; su questo corpo vegetativo, in alcuni suoi punti, ricomparirà il germe, ma in una quantità straor- dinariamente grande rispetto alla infinitesima quantità di germe rappresentata dall’ cosfera fecondata. È chiaro dunque che se il germe, facendo astrazione da una genealogia cellulare e da una particolare via germinativa (Aeimbahn) così scarso all’ inizio, di- | viene ad un certo punto della vita della pianta in quantità così grande, nella pianta esiste, per così dire, un laboratorio del germe: la quantità infinitesima di germe non potrebbe divenire quella straordinaria quantità che di fatto diviene, senza che nella pianta non se ne avesse una vera fabbrica. Se poi consideriamo la pianta non nel momento che si sviluppa dal seme, ma allo stato adulto e nel periodo di riposo, quando è dispogliata financo delle sue foglie, e pensiamo che essa a primavera fiorirà con conseguente. grande formazione di germe, apparirà in modo forse ancor più evi- ‘dente come il germe nel corpo vegetale subisca addirittura un processo di costruzione, come la pianta fabbrichi il germe da ele- menti che non sono germe. Si pensi ancora a quegli alberi che. con la potatura vengono ridotti al semplice tronco, dal quale tut- tavia al risveglio primaverile si avrà quel gran rigoglio di fronde. e quella gran produzione di fiori; si pensi ai varii mezzi di ripro- duzione vegetativa (bulbi, bulbilli, gemme, stoloni, una semplice foglia, ete.), riproduzione senza germe iniziale (nel senso che lo abbiamo preso noi di - cosfera ed anterozoide fusi assieme) dalla. quale tuttavia deriverà tanto germe, si pensi ai varii mezzi di ri- produzione artificiale , con cui, in ultima analisi, da un semplice complesso di cellule nia si formerà, come nella riproduzione — vegetativa naturale, una quantità indefinita di germe, ed apparirà fi 179 ancora come la pianta davvero costruisca il suo germe, e comé lo costruisca dal suo soma, indipendentemente da una particolare via germinativa ; è il soma che la pianta trasforma in germe ; questo è quello che emerge dall’ osservazione dei fatti, come allorchè un semplice pezzetto di foglia di Begonia si trasforma in una pianta che fiorisce e fruttifica ; e questo significa che il germe subisce un processo più o meno lento, più o meno rapido di costruzione. Importantissimo è quello che nelle piante pu6 ancora verifi- carsi. Se per es. si decapita un Chelidonium majus quando ha già prodotto i bottoni florali, si forma un nuovo asse sul prolun- gamento di quello reciso e questo nuovo asse produrrà dei fiori e quindi del germe. Così in mille altre piante recidendo le tenere cime su cui, se già non lo fossero, presto o tardi sarebbero spun- tati i fiori, altre ne nascono che daranno fiori e germe. Se intanto esistesse una via germinativa,.la decapitazione della pianta do- vrebbe portare alla mancanza di fiori per l’ individuo decapitato, perchè con la decapitazione, specialmente quando essa si compie allorchè sono spuntati i bottoni florali, si verrebbero ad asportare le cellule che formano la catena ur la quale cammina il germe. La medesima conseguenza potrebbe trarsi da tanti altri fatti, com- presi quelli a cui noi abbiamo accennato più su. Ma ci sia-o no una via germinativa, quello che in ogni caso è fuori di qualsiasi contestazione è che la pianta da una particella infinitesima di germe o addirittura, almeno in apparenza, dal soma, è capace di dare una quantità straordinariamente grande di germe, e per una volta tanto se annua, per un numero indefinito di volte se perenne ; or tutto ciò prova, ripetiamo ancora, come la pianta compie un pro- cesso di fabbricazione del germe trasformando sostanze che non sono germe. Tutto ciò è alla portata di tutti ed è intuitivo e par- rebbe strano che io vi abbia insistito tanto. Ma se tanto io vi ho insistito egli è perchè qui è riposta, come vedremo, l'essenza della x mia ipotesi che vale a dare ragione dei fatti adinamandrici. a osservare intanto che il processo di formazione del germe * è più o meno rapido a seconda le specie. Dal germogliamento del seme può provenire una pianta che dopo poche settimane o dopo | pochi mesi ha già formato tutto il suo germe; altre piante sono bienni ed il germe è da esse formato al secondo anno di vita; altre. sono perenni e più o meno abbondantemente fioriscono ogni anno; però la prima fioritura avrà ‘potuto ritardare, secondo le specie, di parecchi anni dopo la seminazione. Vi influiscono anche le condi- | zioni esterne. Una pianta in terreno piugue frondeggia riccamente e può ritardare moltissimo o) sopprimere. sddirittara la sua ara, 180 la quale in terreno magro avverrebbe sicuramente e talora preco- cemente. Di una pianta si può accelerare il ciclo annuo ponendola in stufa e cosi sotto varie condizioni si potrà avere o un ritardo o un anticipo o una soppressione di fioritura o anche può provo- carsi una fioritura in individui che non sono mai fioriti. Vi influi- sce anche la latitudine, perchè certamente trasportare una pianta da un parallelo ad un altro significa mutare quel complesso di con- dizioni che formavano prima 1’ ambiente interno ed esterno ; così per es. nostri alberi da frutto ai tropici trondeggiano rigogliosa- mente, ma cessano dal fiorire. Dunque le piante fabbricano il loro germe, possono anche cessare dal fabbricarlo, e allorchè lo fabbri- cano posso farlo più o meno lentamente, più o meno rapidamente, e, quel che più vale, più 0 meno completamente. Tutto ciò origina i molteplici fenomeni che hanno riscontro negli animali e che in zoologia pigliano il nome di neotenia, di pe- dogenesi, etc. In certi casi per es. , come il BEGHINOT ha dimo- strato, il nanismo vegetale non è che infantilismo, in cui la pianta, come l’Axolotl tra gli animali, si riproduce prima del suo completo sviluppo ; il CosrERUSs ha notato fatti di pedogenesi tra le piante ed io stesso in altro mio lavoro ho interpretato la cleistogamia come una pedogenesi vegetale complicata dalla fecondazione a causa del- l’ermafroditismo florale, Dicevo che le piante fabbricano il loro germe più o meno lentamente, più o meno rapidamente e più o meno completamente. to vi è uno stadio in cui è facile riconoscere come il germe ancora non è formato dio per es. quando i fiori sono ancora dei piccoli bottoni. Ma quando si ha la formazione com- pleta del germe? L’antesi è il segno certo che il germe è giù for- mato completamente? Qui si ha tutta una scala. Si hanno piante in cui il germe é formato prima che esse divengano adulte (neo- tenia e pedogenesi vegetale); in altre il germe è formato soltanto prima dell’antesi con fiori che non vengono mai ad apertura (elei- stogamia) ; in altre ancora si ha l’antesi, ma il germe è già com. pleto in antecedenza quando il fiore è ancora chinso, come dimostra la fecondazione che si compie in boceio (piante con fecondazione in boccio) ; l’antesi quindi è posteriore alla completa formazione del germe; infine in altre piante ancora la formazione completa del germe coincide con l’antesi. Ma la dicogamia dimostra la pos- sibilità di un altro gradino della scala che abbiamo’ enunciato, cioè di una formazione completa del germe posteriore all’antesi. Difatti nella dicogamia in un primo momento, quando il fiore è già aperto, non è maturo che uno solo dei due plasmi sessuali, o il maschile. 181 (proterandria) o il feminile (proteroginia); l’altro plasma matu- rerà soltanto più tardi, cioè dopo parecchi giorni dall’antesi. Forse osservazioni opportune potrebbero dimostrare anche l’ esistenza di fiori che si aprono prima ancora della completa formazione non di una sola, ma di entrambe le specie di germe: il maschile ed il feminile, la quale avverrebbe sì, ma dopo l’antesi ; e forse esempio di tali fiori saranno alcuni di quelli a lunga durata. Posto ciò anche teoricamente potrebbe prevedersi l’esistenza di un ultimo gradino, cioé di un germe che non solo è incompleto innanzi e durante l’antesi, ma anche dopo l’antesi, e non per un certo tempo, come nella dicogamia e nel caso da me supposto del completamento tar- divo di entrambi i plasmi sessuali, bensì permanentemente sino alla morte del fiore. E la previsione teorica è comprovata dal fatto. Così, per es., nel nostro Orto Botanico vivono diversi individui di Solanum muricatum e Ci Mangifera indica, che fioriscono abbondantemente con fiori completi provvisti di antere, sebbene in Mangifera un po’ atrofiche, ma nelle antere, le quali tuttavia giun- gono alla deiscenza, almeno in Solanum muricatum, non si forma polline o al più qualche granello malandato (1). Nel citato esempio ed in altri non pochi che avremmo potuto arrecare, ad antesi av- venuta non si completa uno solo dei plasmi sessuali (2); i fiori (1) Solanum muricatum, oriundo dall'America meridionale, col- tivato alle Canarie pei suoi frutti squisiti, venne a Palermo in una ventina di individui, dei quali uno solo al primo anno produsse un solo frutto apparentemente normale; da allora, un cinque anni fa, è rimasto perfettamente sterile. — Mangifera Cool coltivata in tutti ì paesi tropicali come pianta da frutto, fu importata nel nostro Orto anch’essa in una ventiui d’individui che son rimasti fin dal primo anno VT Apdiotrgtai sterili; 1° dallo, ne fu fatta un sei anni addietro. ) Avevamo scritto queste parole quando siamo venuti a cono- scenza del lavoro del NANNBTTI: « Sulle probabili cause della parte- carpia del Solanum muricatum è una prova che non esiste una cor-. relazione assoluta non solo tra i ntegrità germinale ed antesi, ma nemmeno tra la prima e la carpogenesi. Intanto farò osservare come le prime osservazioni citologiche sul germe vee come na di la mia sPasaa su la cosidetta «diano : 182 doppii di molte specie ci danno l’ esempio di entrambi i plasmi che rimangono incompleti o che non si formano addirittura anche dopo avvenuta l’antesi. Tutto ciò dimostra che se evvi una corre- lazione tra i varii fatti, che costituiscono l’antesi, e la maturazione del germe, pure tale correlazione non è assoluta e non esiste sem- pre; così il germe può essere già completo prima dell’antesi come può essere incompleto anche dopo l’antesi e restar tale definitiva- mente, almeno nella sua intima struttura, nonostanti le apparenze. Perchè invero come il fatto grossolano dell’ antesi non vuol dire completezza del germe, nemmeno il fatto di ovuli e di granelli pollinici ben formati esternamente potrà voler dire che il germe è completo; potrebbe difatti essere intaccata la fine struttura e fisica e chimica dei due plasmi sessuali dalla quale dipende il loro ca- rattere germinale. Nè ciò deve sembrare strano, perchè se è inne- gabile che il germe subisce, come abbiamo visto, nel corpo della pianta un vero e proprio processo di costruzione, processo che pure abbiamo visto dipendente da molteplici fattori, nulla di straordinario che talora il processo o si arresti o venga alterato o venga soppresso interamente, e si arresti o venga alterato per tntti i suoi caratteri oppure per gli uni piuttosto che per gli altri, in modo, per esempio, da simulare all’ esterno una RI tezza che in realtà manca. Or questo fatto della permanente incompletezza del germe, talvolta ad onta delle apparenze, costituisce il punetum saliens della mia ipotesi su l’adinamandria ; intendo dire che la causa dell’autosterilità e dell’adinamandria de senso dello KNUTH risiedé appunto nella insufficiente formazione del germe. Nella mia ipo- tesi come il fiore con fecondazione in boccio si apre troppo tardi rispetto alla completa. formazione del germe, nelle piante autoste- rili invece ed adinamandre si apre troppo presto, anzi senza nem- meno preludiare la sua apertura alla maturazione germinale con avviene nella donna dello SPRENGEL. ata Ma podizio in che senso debba intendersi una siffatta, insuf- ficienza germinale. Io ho detto che il germe 6 completo soltanto nell’istante in cui anterozoide ed oosfera si fondono ; allora soltanto difatti si inizia lo sviluppo ontogenetico che è il carattere supremo del germe. L’oosfera dunque ed il granello pollinico considerati a solo rappresentano sempre una parte soltanto del germe (interpre- teremo in seguito la pariazeninnelà e sind assolutamente sareb- 183 bero sempre incompleti come germe. Ma non é questa incomple- tezza che dà per effetto l’adinamandria, incompletezza che viene eliminata con la fusione delle due specie di germe : il maschile ed il feminile. L’incompletezza invece dei due germi che porta all’a- dinamandria è quella che è incapace di dare il germe completo anche dopo la loro fusione, supponendola possibile. Il germe com- pleto, risultante dalla fusione dell’oosfera e dell’anterozoide, deve considerarsi, sotto un certo rispetto, come un complesso chimico che normalmente riesce a costituirsi mediante la mescolanza del plasma feminile e del plasma maschile. r se i due plasmi son tali che mescolandosi diano il germe cempleto, capace dello sviluppo ontogenetico, allora essi, incompleti considerati isolatamente, sono invece completi relativamente al complesso chimico fgliania dalla loro mescolanza, capace già, come supponevamo, di sviluppo ontogenetico ; saranno al contrario incompleti se, anche fondendosi insieme, non danno il complesso chimico, l’unità capace dello sviluppo ontogenetico. È chiaro che perchè ciò avvenga non è necessario che i due plasmi sessuali siano rimasti ai primi stadii di loro formazione. Si intende facilmente che due plasmi germinali siffatti anche mesco- lati assieme non posson dare il germe completo, quel complesso chimico e fisico cioè capace dell’ ontogenesi. Ma la medesima in- sufficienza del complesso può derivare anche da due plasmi ma- schile e feminile molto avanzati nel processo di formazione, ove la loro struttura generale sia molto simile. Anche in quia caso evidentemente la somma dei due plasmi non potrà dare il germe . completo capace dello sviluppo ontogenetico. Insomma affinchè dalla loro fusione si abbia il germe completo è necessario che uno dei due plasmi contenga per lo meno la differenza tra il germe com- pleto e l’altro plasma, supponendo per ragione di semplicità che il germe completo sia come la somma del plasma maschile e plasma feminile; è necessario cioè che tra i due rea: corra una certa diversità. i d eccoci così all’ ipotesi daitiniana della differenza - deve di esistere tra i plasmi che si fondono affinchè si abbia una fecon- dazione con successo. Senonchè mentre nella semplice. ipotesi dell DARWIN rimaneva imprecisata la natura di tale ira e - sappiamo in che cosa essa consista. CN E in verità il germe completo, cioè l’oosfera lenga. è uno complesso fisico e chimico. Or questo complesso non potrà ottenersi 3 non solianto nell’ incompletezza iniziale dei due plasmi che si co- pulano, ma anche nel caso di una estrema loro somiglianza, non potendo derivare dalla loro fusione, se pure avvenisse, che un com- plesso simile a loro, perciò un complesso incapace di sviluppo on- togenetico. E’ anche chiaro che un processo di formazione germinale pur molto progredito, ma che abbia dato origine a due plasmi, il maschile ed il femminile, molto simili fra di loro, ricade sempre in quello che noi abbiamo chiamato insufficiente formazione del germe, sia perchè il complesso che deriverebbe dalla loro fusione sarebbe incompleto come germe (cioè rispetto al potere prospettico del complesso come His si esprimerebbe), sia perchè, essendo molto simili fra loro i due plasmi: il maschile ed il femminile, almeno uno dei due sarà incompleto rispetto a quello che dovrebbe essere: o è il plasma maschile molto più feminile e meno maschile di quanto gli spetta, o, viceversa, sarà il plasma feminile molto più maschile e meno feminile di quel che dovrebbe essere ! L'ipotesi dell’insufficiente formazione del germe spiega tutti i fatti che accompagnano od esprimono la cosidetta adinamandria e rende possibile l’interpretazione di altri come la neotenia, la pedo- genesi, la cleistogamia, la partenogenesi, la cessazione della fioritura, la diversa abbondanza dei raccolti nelle varie annate, etc. Come abbiamo visto, la neotenia e la pedogenesi, tanto tra gli animali che tra le piante, sarebbe un caso di formazione perfetta del germe in anticipo; la partenogenesi non è ad altro dovuta che ad un germe il quale riesce a completarsi in un plasma isolato | (si pensi come si svolge il processo di maturazione dell’elemento feminile nei casi di partenogenesi); la partenogenesi artificiale si spiega pensando che lo stesso elemento teminile era già molto prossimo a costituire un germe completo e che basta un semplice stimolo esterno per provocarne l’integrazione con la sola sostanza ovulare; la merogonia, che può considerarsi come una partenogenesi maschile, parla in favore di un plasma maschile anch’esso molto prossimo all’integrazione germinale. La cleistogamia rientra in un caso parti- colare di neocarpia, come dice il BuscALIONI, o di neomorfismo come — con vocabolo ben poco appropriato taluni designano in generale È: fatti di riproduzione giovanile. Difatti essa non è che una pedogenesi con fecondazione, la quale non può dirsi però neotenia a causa dell’ermafroditismo. Nè può farsi l’obbiezione della cleistogamia postuma, perchè senza nemmeno ricorrere ai periodi vegetativi del GoEBEL, pei quali la cleistogamia viene ad essere sempre anteriore alla produzione dei fiori casmogami, ma che a noi sembrano un artificio logico ed uno sforzo dialettico, si sa che quello, che vive. nel corpo di una pianta anche millennare non è che di recente formazione ed ogni singolo fiore, per l’indipendenza delle varie 185 parti dell’organismo vegetale, non è che un individuo a sè, vecchio, anche nelle piante secolari, di pochi mesi o di pochi giorni a seconda che si considera la gemma da cui nasce o il fiore stesso già formato. Così, continuando nell’interpretazione dei fatti dal nostro punto di vista, la fecondazione in boccio è dovuta all’integrazione germinale che avviene innanzi all'antesi. Ma andiamo più particolarmente alle modalità della cosidetta adinamandria. Essa può seguire soltanto all’autogamia (autosterilità dello KNnUTH); vorrà dire che l’insufficienza germinale si verifica soltanto per i due plasmi maschile e feminile del medesimo fiore. Difatti due plasmi che si sviluppano sotto le medesime condizioni, come sono il polline e l’ovulo di uno stesso fiore, è possibile che abbiano il medesimo destino e presentino un ugual grado d’incom- pleta evoluzione (incompleta evoluzione nell’ampio senso in cui io l’ho significata precedentemente); tuttavia ovulo e granello pollinico di fiori diversi, se nati specialmente su individui diversi, potrebbero trovarsi in condizioni abbastanza differenti affinchè raggiungano, ciascuno per conto proprio, un grado di sviluppo tale che ciascuno completi quello che manca nell’altro. Potrà seguire la sterilità non solo all’autogamia, ma anche all’allogamia, (Adinamandria dello KnuTH); vorrà dire che il germe é talmente incompleto, almeno dal punto di vista funziona- le e facendo con lo KNnuTH astrazione dal concetto di individuo fi- siologico, che l’integrazione non può aversi nemmeno dall’unione di due plasmi molto lontani. Questo per es. sarebbe il caso di Hemero- callis fulva, la quale è perfettamente ed ostinatamente sterile an- che impollinando lo stimma col polline straniero (s’intende sempre della stessa specie), almeno per gl’individui cresciuti nel medesimo Inogo. L’apparenza direbbe che il fiore è completo e così l’ovulo ed il polline; ma in realtà o i due plasmi sessuali sono molto incom- pleti financo dal punto di vista della loro evoluzione, ovvero, come sembrerebbe più probabile, i due plasmi sono molto simili tra loro in guisa che nemmeno fondendosi assieme posson dare quel com- plesso fisico e chimico che costituisce il germe completo, spa di iniziare e compiere lo sviluppo ontogenetico. Per le piante polimorfe vale lo stesso principio : i due plasmi maschile e femminile della medesima forma sommandosi non pos- son dare quel complesso fisico e chimico che, come dicevamo, co- stituisce il germe completo capace dello sviluppo ontogenetico. Af- finchè possa costituirsi tal complesso dinamico è necessario che si sommino due pi appartenenti a due forme diverse come nel caso dell’autosterilità dello KNUTH è necessaria la congiunzione di due plasmi appartenenti a due fiori diversi; e non basta, ma le unioni devono essere, come si dice, legittime, cioè tra stimmi e stami al medesimo livello. Si hacno poi particolari circostanze che accompagnano l’Adi- namandria e che renderebbero impossibile la. fertilità della fecon- dazione anche nel caso che i due plasmi maschile e femminile fos- sero completi, supposto che tali circostanze potessero verificarsi anche allora, quali sarebbero la morte del polline per opera dello stimma o quella del fiore per opera del polline; il tubo pollinico che non si forma o resta assai corto. Ebbene anche questi fatti spiega bene l’ipotesi dell’insufficiente formazione del germe; difatti la perfetta reazione dello stimma e del granello pollinico sono il por- tato delle correlazioni che si stabiliscono tra ciascun plasma ed i suoi organi annessi. Va da sè che l’incompletezza del plasma porterà l’in- completezza degli annessi ed incompleti essendo gli annessi non sa- ranno più normali i fatti preliminari che aprono la via alla fusione dei due plasmi. Parimenti cosi spiegasi il fatto che il polline straniero, an- che nei casi in cui l’autogamia sarebbe fertile, piglia il sopravvento sul polline proprio. La maggiore completezza dei due plasmi stranieri porta una più pronta reazione tra gli annessi e quindi una più pronta fecondazione da parte di un granello pollinico piuttosto che di un altro Ma avvenuta la fecondazione per parte di un granello pollinico, l’altro non ha più nulla da fare e muore. Ancora trova spiegazione quello che per DARWIN costituiva una difficoltà insormontabile; cioè che una diversità fosse neces- saria fra i due plasmi sessuali affinchè si avesse una fecondazione con successo, ma una diversità limitata; che se questa diversità . fosse proceduta ancor oltre, si sarebbe avuta di nuovo la sterilità. Nella mia ipotesi la cosa è chiara. Difatti il germe completo rap- presentato dall’oosfera fecondata è un complesso di natura deter- minata. Perchè dai due plasmi maschile e feminile si ottenga questo tal complesso è necessario che essi non siano eguali affin- chè non diano una quantità doppia di sostanza, ma della medesi- ma composizione e struttura ; è anche necessario tuttavia che siano diversi soltanto dentro certi limiti per dare il complesso chimico e fisico costituente il germe completo capace di sviluppo ontoge- tico, e che non è un complesso qualsiasi, ma un complesso. come dicevamo, di natura determinata. Se sono diversi oltre questi li- miti, non potrà derivarne il complesso chimico e fisico che è il germe completo ; non potrà aversi quindi fecondazione efficace. È perciò che gl’ibridi non possono formarsi che tra plasmi appar- 187 tenenti a specie molto prossime fra loro; che è possibile talora l’i- bridismo fecondando il plasma feminile di A col plasma maschile di B e non viceversa (non tenendo conto di certi ostacoli mecca- nici che talora si verificano, come 1’ eccessiva lunghezza stilare della specie fecondata), e che non sempre gl’ibridi sono fertili. In quest’ultimo caso il germe nell’atto della fecondazione si è in- tegrato fino al punto di permettere lo sviluppo ontogenetico, ma non tanto da permettere nell’individuo che ne è provenuto il pieno formarsi degli elementi sessuali. o non m’indugerò a mettere d’ accordo con la mia ipotesi quelle correlazioni che si sono stabilite dai varii Autori tra certi fattori e l’ autogamia, e alle quali io ho accennato dapprincipio, perchè nessuna di esse, come abbiamo visto, ha un valore assoluto. . Difatti si è voluto dire che la durata della vita delle piante o la durata dei loro fiori se grande importa autosterilità e se breve auto- fertilità? Ebbene vi sono piante perenni autufertili come Cory- dalis ochroleuca,» Convolvolus arvensis, Polygala vulgaris, Ta- raracum officinale, Ajuga reptans, etc., e piante annue autosterili come Brassica campestris, Raphanus raphanistrum, Foedia Cor- nucopiae, etc.; piante a lunga durata dei loro fiori e autofertili come Silene sericea, Anemone hortensis, Cyclamen neapolitanum etc.; piante a breve durata dei loro fiori tuttavia autosterili, come Geranium pratense, Hemerocallis fulva etc. Si è affermato che le piante a grandi fiori o vivacemente co- lorati sono autosterili e quelli a piccoli fiori ed incospicui autofet- tili? Ebbene molte specie a fiori grandi e comunque cospicui sono autofertili, mentre, per es. Medicago cartiensis, a fiori incospicui è autosterile. E cosi per le altre correlazioni : piante a semi nu- merosissimi sono autosterili come Orchis e Ophrys, ma essere anche autofertili come Papaver Rhoeas, Anagallis arvensis, Celsia cretica etc., mentre altre come Pyrus communis, Thymus serpillum etc. a pochi semi o anche con un solo seme sono auto- sterili ; piante a rapida ed abbondante riproduzione vegetativa sono avbooterili come Ranunculus Ficaria, Lilium bulbiferum, Hemero- callis fulva, ete, ma anche altre sono autofertili come Canvolvolus arvensis, Oxalis corniculata, Ajuga reptans ete.; molte piante tropi- cali sono autofertili come Canna Warscemriczi, Thalia dealbata, etc. ma molte altre delle regioni polari Jo sono anch’esse. Nessuna, ri- petiamo delle correlazioni stabilite, ha valore assoluto ; ciascuna di esse piuttosto sta a testimoniare come l’autosterilità o l’autofecon- dità siano un carattere particolare delle singole specie senza una dipendenza generale da un dato fattore. Egli è che nessuno dei 188 fattori ritrovati dai vari Autori agisce automaticamente per virtù propria, ma soltanto in cooperazione degli agenti intimi o, per meglio dire, in conformità alle condizioni intime le quali essendo varie da specie a specie e financo, sotto un certo riguardo, da pianta a pianta, non permettono a nessun fattore di dare risultati identici nè per tutte le specie che si trovano sotto la sua azione, nè, talora, per tutte le piante della medesima specie. Egli è che le sopradette condizioni interne ora sono avviate verso una facile integrazione del germe, ora no; uno stesso fattore dunque in certe specie può seguire la medesima direzione delle condizioni interne, in altre opporvisi, in altre ancora restare inerte a loro riguardo ; talvolta quindi basterà o semplicemente che cessi. un certo fattore o che mutì o che un altro se ne aggiunga perché le condizioni in- terne tendenti all’integrazione germinale siano arrestate o al con- trario accelerate con corrispondente manifestazione di autosterilità o di assoluta sterilità in piante fertili ed autofertili e viceversa di fertilità e di autofertilità in piante sterili o ssi par auto- sterili. Per tal guisa trovano facile spiegazione e la mancanza, che abbiamo notato, di una qualsiasi correlazione generale, come tutti i fatti particolari che sull'argomento si sono acquisiti. Così Abu- tilon Darwini autosterile ed Eschscholtzia completamente sterile nel Brasile divengono autofertili in Inghilterra, tornano sterili se riportate in patria. Si tratta d’integrazione di germe impedita in parte o del tutto in un luogo, favorita o provocata in un altro per nuovi stimoli o pel cessar degli antichi. Istruttivo al proposito è l’esempio di Brassica rapa ritenuta autofertile da HILDEBRANDT e KIRCHNER, autosterile da KJAERSKON e FocKkE. Evidentemente tutti questi osservatori hanno ragione; egli è che Brassica rapa in un luogo raggiunge la perfetta integrazione del germe (di qui l’affer- mazione dei due primi) in n altro no, donde 1’ affermazione di KJAERSKON e FoCKE. Certe piante sono-autosterili in un primo periodo della loro fioritura, autofertili completamente in un secondo. Significa che il germe è ancora incompleto nel primo sviluppo florale e che si in- tegra soltanto dopo un più lungo lavoro interno. Quel che accade per certe piante lungo il corso di un anno, può accadere per certe altre in un decorso maggiore. Così il DARWIN osservò che alcune specie divennero, di anno in anno, sempre più autofertili nel cor- so delle sue esperienze. L'’interpretazione ne è analoga. Ancora come i casi precedenti, si spiega quel certo grado di fertilità delle unioni illegittime presso le piante polimorfe quali Primula, Ly- 189 thrum, Linum, Oxalis, e l’improvvisa produzione di capsule in forme isolate di numerose Oxalis, prima assolutamente sterili, 0s- servata dall’HILDEBRANDT. Anche io nel mio citato lavoro ho an- nunziato la fertilità di Oxralis cernua che per più di cent’anni era stata ritenuta perfettamente sterile. Aggiungerò che nell’ultimo pe- riodo ho trovato il frutto di Y’ecoma capensiîs e di Periploca graeca esistenti nel nostro Orto in un solo esemplare e che sono state sempre ritenute sterili. Pare da questi ultimi esempi come davve- ro la pianta faccia uno sforzo per integrare il suo germe finchè alla fine riesce. E invero per una forma isolata di pianta polimorfa o per un solo individuo di una specie stata sempre sterile e per- durati sempre l’una e l’altro nelle medesime condizioni ambientali non saprebbe spiegarsi diversamente la produzione di frutti. Ben- chè il fiore_di tale piante sembri perfetto, pure il germe in esso cortenuto non è completo, non è perfettamente integrato; ma pas- sano gli anni e la pianta riesce finalmente, come sotto uno sforzo continuato ad integrare il proprio germe! Il fatto stesso che pochi dei numerosissimi fiori danno luogo a frutto vale a dimostrare ancor meglio riuanto noi diciamo. Nel caso poi di forme isolate di specie polimorfe potrebbe trattarsi‘ anche di una reversione ; deri- vanti le specie polimorfe, come DaRWIN dice, da altre monomorfe, potrebbe darsi che l’integrazione germinale da loro raggiunta non sia altro che un ritorno, più o meno deciso, verso la primitiva completezza del germe della forma atavica, e perciò io nella mia monografia sull’Oxralis cernua parlavo della potente azione rever- siva che l’isolamento esercita su le forme isolate delle specie po- limorfe. Ad ogni modo però resta chiaro che trattasi sempre di un la- voro intimo che la pianta sterile compie per integrare il proprio germe, sia che trattisi di una costruzione ex novo, sia che tratti- si di ripetere più o meno fedelmente una primitiva integrazione germinale, di cui dovettero certamente restare tracce nell’ antica scissione del germe gompiutasi con la scissione della forma. Chiudendo il presente lavoro vorrò eliminare una difficoltà che potrebbe farsi alla mia ipotesi, cioé che le specie rupestri come quelle di luoghi aridi in genere sono frequentissimamente autofer- tili mentre quelle di stazioni pingui sono in prevalenza autosterili. Parrebbe che se esiste davvero un’ integrazione germinale, le piante rupestri e dei luoghi aridi non dovrebbero riuscirvi o sol- tanto con difficoltà, integrazione che invece dovrebbe essere molto facile per le piante di stazioni ricche di materiali nutritizii; pre- cisamente il contrario di quanto si crede che avvenga. Anzitutto 190 rispondo che nemmeno questa, come sappiamo, è una correlazione assoluta; al qual proposito non vorrò tralasciare di ricordare il ge- nere Mesembrianthemum, il quale, gruppo di piante desertiche o comunque xerofile per eccellenza, pur conta un considerevole nu- mero di specie autosterili o fors’anco completamente sterili come io ho constatato personalmente; in secondo luogo risponderò che tutto e non vale che a confermare vieppiù la mia ipotesi. E in- vero è noto che an terreno ricco di humus porta un grande svi- rn vegetativo della pianta ritardandone o anche annullandone la fruttificazione, mentre un terreno arido accelera la fruttificazione; nulla di strano dunque se condizioni che ritardano od annullano la fruttificazione, val quanto dire la fioritura e quindi la formazione del germe, ed altre che l’accelerano o comunque la favoriscono, diano le une una formazione incompleta del germe (donde l’auto- sterilità), le altre una formazione completa che ha la sua massima espressione nell’autofertilità ! (1) E poi il grande e talora ecces- sivo lussureggiare del soma per le specie delle stazioni pingui non importa un grande consumo di materiali ? Chi dirà che questo con- sumo e spreco di materiali e di sostanze plastiche non vada an- che a danno del germe, il quale quindi o resta soppresso o non riesce a completarsi? Al contrario la pianta rupestre o dei luoghi aridi, invece di fare uno sfoggio inutile di fronde , pare che rac- colga e concentri tutte le sue scarse risorse ai fini più immediati della sua conservazione e perpetuazione nello spazio e nel tempo; perciò le sostanze plastiche, senz’ altra perdita, accorrono verso i punti di elaborazione del germe il quale quindi raggiunge un gr ado d’ integrazione superiore che nelle specie godenti di un ottimo suolo. (1) Anche tra gli animali si hanno casi analoghi. Per es. gli An- fibii prolungano il periodo della loro metamorfosi se le larve vi- vono in ambiente ottimo; l’abbreviano e compiono rapidamente i passaggi verso la forma adulta se le circostanze sono o divengono RATA val quanto dire che l’integrazione del germe, che deve e di pari passo con lo sviluppo generale, nelle circostanze sfa- cHaRit si compie più presto e più facilmente che in quelle favore- voli anche per l’alimento. MIPIRE- PE Taro Pte Re” Ci ARTI pa e Me agi lio MT 191 CONCLUSIONE. Da quanto abbiamo detto precedentemente appar chiaro che i fenomeni autogamici ed autocarpici o la loro soppressione, pur provocati da cause accidentali diverse, sono da ascrivere, assieme agli allogamici ed a varie altre manifestazioni, ad un ordine unico di fenomeni in relazione ad una causa fondamentale pur essa unica, cioè la maggiore o minore completezza germinale. Non si tratta di fenomeni diversi che nell’ apparenza, nella loro sostanza sono identici perchè effetti di una causa identica, il grado più o meno avanzato, ripetiamo, dell’ integrazione germinale, riferito non ai plasmi sessuali isolati, ma a quella complessa unità che è rappre- sentata dall’oosfera fecondata. Nelle piante autofertili l’integrazione germinale é perfetta anche per i plasmi sessuali del medesimo fiore, in quelle semplicemente fertili l’ integrazione è raggiunta soltanto con la fusione di plasmi estranei; nelle specie polimorfe l’insuffi- cienza germinale è ancor maggiore perchè l’integrazione del germe si ottiene con la fusione dei plasmi sessuali estranei, ma non estra- nei perchè appartenenti ad individui diversi, bensi perchè appar- tenenti a forme diverse. Tuttavia le unioni dra essere legittime, cioè tra stimmi e stami al medesimo livello ; nelle altre unioni le differenze germinali divengon troppo grandi, comete all’in- terpretazione datane dal DARWIN che le considerò pon iu agli ibridi, Ma l’integrazione del germe, è bene ripeterlo, non deve mi- surarsi dall’evoluzione di ciascun singolo plasma sessuale, ma dal- l’unità che essi son destinati a costituire con la loro fusione ; la integrazione del germe potrà quindi mancare per una reale insuf- ficienza dei singoli plasmi sessuali come avverrebbe, per esempio, se sì unissero nel caso che fosse possibile, due elementi, maschile e feminile, di un fiore ancora in boccio; ma potrà anche mancare pur in presenza di plasmi sessuali pienamente evoluti, come av- verrebbe per elementi sessuali molto lontani (impossibilità dell’i- brido) o, caso opposto, per elementi sessuali molto prossimi, quali sarebbero quelli nadal al medesimo fiore. Nel primo caso non si avrebbe l’integrazione germinale per la grande diversità degli elementi che si copulano, nel secondo, oltre che per una reale insufficienza pur sempre possibile, anche per la loro grande somiglianza, cosicchè il complesso risultante non è un quid novum, l’intero che deve nascere dalla fusione delle due specie di plasmi sessuali, ma semplicemente il raddoppiamento in quantità della loro sostanza: la sostanza (pur supponendo possibile in tali condizioni la fusione dei due plasmi sessuali) sarà in quantità doppia, ma sempre uguale, uguale cioè alle due uguali o quasi uguali sostanze da cui si suppone derivare. Di qui la giustezza dell’ ipotesi del DARWIN, che i plasmi sessuali, affinché si abbia una fecondazione con successo, debbono , essere in certo modo diversi, diversi (e questo è quello che aggiungiamo noi all’ipotesi darwiniana) perchè l’uno contribuisca quel che manca all’altro per formare il germe integro rappresentato dall’oosfera fecondata, capace dello sviluppo ontoge- netico. Con questa considerazione riesce evidente che ogni e qual- siasi caso di sterilità deve riferirsi ad un’insufficiente formazione del germe, o nei singoli plasmi sessuali o rispetto a quell’unità che essi son destinati a costituire con la loro fusione; il nome più adatto quindi per esprimere i tenomeni che vi hanno tratto, piut- tosto che quelli di autosterilità, adinamandria, etc, i quali o ri- flettono un solo aspetto della realtà ovvero la pregiudicano, è quel- lo di Oligoblastesi, val quanto dire insufficiente formazione del germe, che, secondo la nuova nostra intuizione dei fatti, è appun- to la causa efficiente dei fenomeni in parola. Dott. F. RAPPA. | rapporti fitogeografici fra l’ isola di Creta e la Cirenaica. La conoscenza incompleta sotto l’ aspetto scientifico che si è avuta fino ad oggi della Tripolitania e della Cirenaica ha fatto tra- scurare gli studi di relazione fra quei paesi e 1’ Eurasia. Benchè la Libia sia stata di accesso difficile in causa specialmente del fa- natismo degli abitanti e dell’ assenza quasi assoluta di vie di co- municazione (se si eccettuano le grandi carovaniere del deserto e la piccola rete di mulattiere sull’ orlo mediterraneo), non si può negare che arditi viaggiatori non abbiano percorso in numero no- tevole quelle provincie ormai nostre; ma i loro sforzi per la scienza non hanno ancora potuto portare ai lavori di sintesi, come sarebbe stato necessario, Gli studi di relazione non sono possibili se non con l’analisi più sicura. Nel campo botanico possediamo tuttavia da circa un’anno un’opera molto importante che il Durand e il Barratte (1) ci hanno dato in seguito ai risultati ottenuti dal Taubert nel suo lungo viaggio compiuto nel 1887 nel Nord della Tripolitania, della Cirenaica e della Marmarica sotto gli auspici (1) E. Dura nd et G. Barratte: Florae libycae prodromus ou Catalogue raisonné des plantes de di pai Genève, Impri- merie Romet, 1910. e 194 di Barbey e di Ascherson, i quali, da principio, avevano stabilito di collaborare, per la flora della Libia, all’ opera monu- mentale (rimasta soltanto allo stato di desiderio per la morte del suo ideatore) che il Cosson intendeva di pubblicare intorno alla flora dei paesi compresi fra la Tunisia e l’Egitto. Con quest’opera molto metodica e molto chiara, ricca di nu- merose notizie geografiche, geologiche, fitogeografiche e floristiche, noi abbiamo il mezzo di stabilire che la flora della Cirenaica è collegata più direttamente con la flora cretico - greca e con altre mediterranee che con quella della Tripolitania propria e dell'Egitto. In una comunicazione precedente , io ho cercato di fissare le relazioni fitogeografiche che esistono fra Creta e Karpathos (1) e quindi quelle fra il Peloponneso e la Tracia da una parte e la Caria e la Licia dall’altra, ossia le regioni continentali che stabi- liscono il dominio dell’Arcipelago nel quale l’isola di Creta dimo- stra, in rapporto alla distribuzione della vita attraverso il tempo e lo spazio, un’ importanza assoluta. Io ho sempre ritenuto che Creta non potesse andare disgiunta dalla Cirenaica ed ora l’opera di Durand e Baratte assicura senza dubbio su questo ar- gomento. Le mie considerazioni precedenti si basavano principal- mente sulla presenza del cipresso allo stato selvatico nel Peloppo- neso, in Creta, a Gaudhos e in Cirenaica. Vittorio Simonelli racconta nel suo simpatico vo- lume su Creta (2) di non aver visto e Gaudhos altri alberi fuor che lentischi, cipressi nani, pini d’ Aleppo rachitici e ginepri a frutti tina (Juniperus macrocarpa) che gli indigeni chia- mano ketros. Di questi pochi rappresentanti della flora arbore- scente citati dal Simonelli, il Raulin (3) non ricorda che l’ultima specie e scrive « Il n° y a d’autres arbres que quel- ques caroubiers et figuiers rabougris ; mais certainement il pour- rait en venir de plus beaux dans les parties abritèes des vallons (1) A. Baldacci: Le relazioni fitogeografiche fra Creta e Kar- i pathos, in Memorie della R. Accademia delle Scienze di Bologna, Serie VI, T. III, 1906 (2) V. Simonelli: Candia, Ricordi di escursione, illustrati con fotografie e disegni dell’Autore, pag. 132. Parma, 1897. (3) V. Raulin: poni cpu physique de l’île de Créte, 2 Voll. BerdekKk: Paris, 1869. 195 Dans les sables voisins de la mer, il y a une grande quantitè de genèvriers d’une espéce particulière, dont on mange les fruits qui n’ont pas une saveur dèsagrèable » (1). Questo ginepro è sicura- mente quello visto dal Simonelli (2). parte le altre specie, la cui importanza può apparire scarsa o nulla, il cipresso segnalato a Gaudhos dai suddetti valorosi geo- logi è elemento atto a sostenere i rapporti fitogeografici antichi e recenti che passano tra l’ isola di Creta e la Cirenaica, la quale rappresenta dalla parte libica il pilone del gran ponte eurafricano che scendeva dal Peloponneso. In questo genere di rapporti biso- gna considerare in modo speciale le piante antiche. Il fitogeografo trae aiuto grande dal filogenista , ciò che il Delpino ammise senza restrizioni, con lucidissima visione. « Il filogenista procede a una profonda ponderazione e comparazione dei caratteri morfo- logici e biologici e all’uopo vi associa anche considerazioni di fatti fitogeografici e paleontologici. Evidentemente quesiti di questa na- tura, e questo è processo di vera indagine storica, sono gli uni e l’altro totalmente estranei al morfologo puro e semplice » (3). Per il Delpino, le gimnosperme rappresentano il secondo gradino del terzo gruppo della formola triseriale (polifiletica) in cui razio- nalmente si deve dividere l’intiero regno vegetale, ed è per questo che al cipresso spetta un posto d’onore nel presente studio. Il cipresso (Cupressus sempervirens, L. forma ramis horizon- talibus — C. horizontalis, Mill.) è una specie diffusa in Persia, Asia Minore , Siria e Grecia nel continente eurasiatico , in Cire- naica nell’Africa e nelle isole di Creta, Gaudhos, Rodi e Cipro. Naturalmente, dentro quest’area geografica, la suddetta specie do- veva coprire nelle epoche geologiche passate grandi estensioni nella regione iranica e del mediterraneo orientale, in Asia, Africa ed Europa. Il cipresso, è è proprio dei terreni cretacei di quella vasta regione. Come è facile spiegare la distribuzione di questa gimno- sperma nell’ Asia occidentale, nella Grecia e nell’ isola di Creta, Rodi e Cipro, altrettanto è fl la spiegazione della presenza di essa nella Cirenaica. Questo fatto risulta chiaro col mezzo del qua- druplice anello Morea, Creta, Gaudhos, Cirenaica. (1) Idem: Op. cit, Vol. I, pag. 191. (2) Idem : Op. cit. Vol. II, pag. 859 (3) F. Delpino: Applicazione di nuovi criteri per la classifi- cazione delle pianta; prima Memoria, pag. 7. Bologna, 1888. 196 Nella Grecia, il cipresso abita nella regione montana del Pe- loponneso (1). In Creta, esso è proprio della regione forestale mon- tuosa dai 700 ai 1500 metri sopra il livello del mare nelia catena occidentale degli Aspravouna, donde scende anche ad occupare la zona mediterranea (2). Nell’ isoletta di Gaudhos , il cipresso non può essere che mediterraneo. In Cirenaica, esso è stato segnalato finora nel Gebel Akhdar a 700 e più metri di altezza e poi in molti altri luoghi montani o mediterranei come a Cirene, fra El riba e Margad, fra Zardes e Maraona, a El Amri, nell’ Quadi Keraib dove si presenta sotto forma di atti di 20 metri, poi a Selonta, quindi fra l’ Quadi Zeitoun a Mergi, fra Derna e Bom- ba (3), ossia in tutta la regione. Si tratta dunque di un albero, il quale, nel terreno calcareo, non ha differenza di predilezione fra la zona subalpina nuda, ossia quella che va dai 1500 ai 2500 metri sopra il livello del mare (4) e le zone inferieri, compresa la spiaggia del mare. Non si può peraltro negare che il cipresso, tanto in Ci- renaica, quanto nel Peloponneso e in Creta, come nel rimanente del suo habitat geografico , non sia essenza specifica della zona montuosa forestale. Questa è anche una prova a favore della di- mostrazione dei rapporti fitogeografici greco - libici in cui Creta sta nella guisa di formidabile anello di unione, come è già stato di- mostrato che quell’isola 6 altrettanto o maggiormente degna di con- siderazione nei rapporti fra la Grecia e l’ Asia Minore per la via di Karpathos e Rodi. Le flore del Peloponneso e della Cirenaica sono povere di specie. Per conseguenza, anche la flora insulare di Creta che sorge nel mezzo di quelle due, è relativamente depauperata di specie per le cause ben note che influiscono in senso negativo sulla vegeta- zione delle isole, quanto per l’ aridità del suolo che è scarso di acqua, calcareo in gran parte e assai denudato negli alti gioghi. La fora del Peloponneso non arriva forse a 2000 specie , quella. di Creta non supera le 1600 specie ; finora la flora della Cirenaica (1) Eug. v. Halàcsy: Conspectus florae graecae, Vol. III, pag. 454 Lipsia 1904. (2) V. Raulin: Op. cit. II, pag. 859. (3) E. Durand et G. Barratte: Op. cit. , pag. 279 (4) A. Baldacci: Risultati botanici del viaggio compiuto in Creta nel 1893, pag. 97, Genova 1895. I monti di Sphaklà sopra il limite dei dumeti montani, abbondano di cipresso fino a 1600 m. 197 è composta, secondo Durand e Barratte, di 755 specie e varietà, alle quali vanno aggiunte 47 specie endemiche. Questo to- tale molto modesto salirà indubbiamente con le nuove esplorazioni, ma è da prevedersi che esso sorpasserà con difficoltà il numero delle specie della flora cretica, anche pel fatto che alla Cirenaica mancano le zone alte, le quali portano notevolissimi contributi non solo per qualità, ma anche per quantità alla flora cretica. « Cretae insulae montes in quatuor partes divisi sunt, quarum prima occi- dentem versus sita « Sphatioticis » sive « albis » montibus conti- netur, in quibur « Apopigari » (1388 m.), « Volakià » (2100 m.), « Mauri » (2104), « Haghion Pneuma » (2300), Haghios Theodoros (2375) montes; altera pars in media insula sita « Psiloriti » mon- tibus, in quibus « Ida » (2498 m.) mons, a quo meridiem versus « Kedros » (1802 m.) mons Platypotami valle disiungitur; tertia pars « Lassiti » montibus, in quibus « Aphendi Sarakinos » (1592 metri), « Aphendi Kristos » (2155 m.), « Tsilero » (1583) montes; enique in parte maxima orientem versus spectante « Aphendi Kavutsi (1472 m.) mons » (1). In Cretae nonnullis regionibus huius formationis loco formatio Cupressi esse videtur » (2). La Cirenaica ha la forma di una cupola allungata, leggermente orientata da S.-O. a N.-E. che si abbassa gradatamente dalla costa della grande Sirti, dove raggiunge la sua più grande altezza, fino alla regione di Derna. « Le versant Nord de ce dòme est disposè en une succession de terrasses d’ inégale largeur, parallèles à la còte et séparées les unes des autres par une série de mamelons laissant entre eux de profondes dépressions ; la eréte est decoupée en eroupes arrondies dont quelques-unes atteignent jusq'à 1000 métres d’altitude. La terrasse inférieure ne descend pas en pente douce jusqu'à la mer, elle se termine en falaise à quelques kilo- | métres seulement de la còte où elle envoie de nombreux contre- forts qui finissent en abrupts; de distance en distance de profonds et étroits ravins permettent l’accés des terrasses supérieures » (3). Il fatto della terminazione a ripa nel versante settentrionale cor- rispondente alla profondità di quella costa e della caldaia libica nella quale sorge l’isola di Creta, è la dimostrazione dei rapporti geologici esistenti fra la cupola cirenaica e quest’ultima isola. (1) E. von Halàcsy: Op. cit. I, pag. XIII, Lipsia, 1904. (2) Idem: Op. cit. pag. XXIII. (3) E. Durand et G. Barratte: Op. cit. pag. (4) E. Durand et G. Barratte: Op. cit.., pag. ion. 198 I signori Durand e Barratte hanno studiato con la massima attenzione le diverse specie e varietà della Cirenaica nella loro distribuzione geografica intorno al litorale dell’ intero bacino mediterraneo, spingendo le loro osservazioni fino in Mesopotamia e in Persia. Dai calcoli fatti dai due eminenti botanici si deduce che della flora della Cirenaica attualmente conosciuta, 598 specie si trovano anche in Tunisia, 595 in Algeria, 529 in Grecia, Creta e nelle isole dell'Arcipelago, 524 nell’Italia continentale, in Sicilia e Sardegna, 518 nella Spagna e nell’arcipelago delle Baleari, 506 in Siria e nell’isola di Cipro, 474 nel Marocco, 459 in Egitto, 439 in Francia e in Corsica, 419 in Asia Minore, 395 in Palestina, 378 in Tripolitania, 249 in Persia, 179 in Arabia e 170 in Meso- potamia. Queste cifre sono assai dimostrative e rivelano che la flora della Cirenaica, astraendo dai rapporti diretti che essa ha con quella della Tunisia e dell'Algeria (l’affinità della flora della Cire- naica con quella punico-numidica viene spiegata dall’ analogia del suolo e del clima in concomitanza con gli altri fattori geofisici che cooperaro all’ unione delle flore risultanti nelle diverse direzioni nord-orientali), i paesi di maggiore affinità sono senza discussione Creta e la Grecia, dopo i quali viene l’Italia. Il Durand e il Barratte dimostrano che non sono i paesi più vicini alla Cirenaica quelli che ne condividono sostan- zialmente la vegetazione (l’ Egitto, il suo vicino dell’ Est, occupa 3° posto nella scala dei rapporti, e la Tripolitania propria sta all’ ultimo posto), ma 1’ Europa meridionale. E quindi, a questo proposito, si deduce che la flora cirenaica é stata nelle epoche geo- logiche passate refrattaria a qualsiasi contatto importante con la . flora sahariana, almeno in quella sua grande cupola montuosa che, pur dominando il deserto, continua a mantenere i più sicuri carat- teri mediterranei « Le dòme de la Cirénaique qui rappelle tout à fait ceux de la Tunisie centrale et qui posséde les plantes spéciales des Hauts-Plateaux algériens doit étre considéré comme la partie la plus orientale d’une vaste région interposée dans le Nord de l’Afrique entre le littoral et le désart. Cette région qui fait defaut dans la Tripolitaine a dù disparaître, ainsi qu’ en témoigne l'é- chancrure de la grande Syrte, en mème temps que le large pont continental qui mettait en comunication le Nord de l’Afrique (Tu- nisie, Tripolitaine et Cyrénaique) avec 1° Europe (Italie et Grèce) et l’ Asie Mineure » (1). Il cipresso di Gaudhos si può invocare anche una volta con sicuro profitto. Questo pinnacolo cretico-libico, che arriva appena a 384 metri sopra il livello del mare, attende ancora il suo botanico esploratore ed illustratore, sebbene i natu- 199 ralisti che 1’ hanno visitato, segnalino la sua fisionomia botanica uguale a quella della corrispondente zona mediterranea delle sua isola madre, Creta. ln vece della flora di Gaudhos noi possiamo valerci, senza dubbio con identici risultati, della florula di Gaidhu- ronissi o Gaidharonissi, un altro isolotto satellite di Creta nella sua costa meridionale. Gaudhos sorge a ponente, mentre Gaidhu- ronissi sta a levante dell’isola; quella più al largo, questa più a costa. Gaidhuronissi è nota ai botanici per l'escursione che vi fece l’ Heldreich nel 1846, il quale vi raccolse 41 specie. Di queste sono proprie anche alla Cirenaica le seguenti: Glaucium flavum Crantz (G. luteum Scop.), Cistus parviflorus Lam. Silene sedoi- des Poir, S. succulenta Forsk., Arenaria serpyllifolia L., Pa- ronychia argentea Lamk., Frankenia pulverulenta L., F. laevis L. (F. hirsuta L. var.), Erodium cicutarium L’Herit., Pistacia Lentiscus L., Vaillantia hispida L., Pallenis spinosa Cass., Ci- chorium spinosum L., Echium arenarium Guss., Thymus capi- tatus Hoffm, et Link., Sideritis romana L., Prasium majus L., Teucrium Polium L., Statice echioides L., Limoniastrum monopetalum Boiss. , Plantago albicans L., Rumex bucephalo- phorus L., Muscari maritimum Desf, Juncus acutus L., Lagu- rus ovatus L., Koeleria phleoidos Lamk., Bromus rubens L., Pinus halepensis Mill. Questa proporzione del 60 °/, circa ha no- tevole interesse nella dimostrazione dei rapporti floristici tra Creta e la Cirenaica e sebbene parecchie delle specie suddette abbiano ‘ una larga distribuzione in tutto il bacino mediterraneo, un certo numero è tipico della zona orientale del mediterraneo eurasiatico - africano. Gaiduronissi, d’altra parte, non può avere per la sua al- tezza sopra il livello del mare che la vegetazione mediterranea. Ma quello scoglio, come Gaudhos, come l’isola di Creta e le altre che : sì stendono vicino ad essa a settentrione e a levante, conservano tutte l'impronta terziaria più sicura di essere state parte della re- gione sprofondatasi nel Mediterraneo orientale. È per quell’ istmo lungamente esteso che probabilmente si univa nell’ ultimo periodo di vita la regione libico-mediterranea ora sommersa : esso separava in pari tempo i due bacini del Meditorraneo, avviando dall'Europa verso la Cirenaica le piante proprie di Creta, della Grecia e del-. l’Asia Minore. È ugualmente col mezzo di questo istmo scomparso che molte specie della Russia meridionale e del Caucaso come di altre più localizzate dell’ Italia e della Sicilia sono penetrate in Tunisia, dove la loro presenza è giustificata dall’ area geografica continua nella quale si trovavano prima dello sprofondamento del- l’istmo medesimo. Ciò porta per conseguenza a concludere, d’ac- 200 cordo anche con le affinità delle specie autoctone , che i rapporti botanici della Cirenaica si distribuiscono in un modo quasi uguale entro le due regioni di pari importanza che sono il Nord del ba- cino Orientale (Creta, Grecia, Asia Minore etc.) e il Sud del ba- cino occidentale (Tunisia, Algeria, Marocco). Fra le specie maggiormente atte a dimostrare i rapporti flori- stici tra la Cirenaica e Creta e quindi tra la Cirenaica e l’Europa meridionale orientale, vanno ricordate: Ephedra campylopoda C. A. Meyer, Juniperus phoenicea L., Ranunculus asiaticus L., Fu- maria macrocarpa Parl., Cistus parviflorus Lam. , Silene colo- rata Poir. var. distachya Rohrb., S. succulenta Forsk., S. sedoides Poir., Alsine tenuifolia Crantz var. confertiflora Fenzl, Triade- nia aegyptiaca Boiss., Erodium gruinum L’Herit., 'agonia cre- tica L., Peganum Harmala L., Lupinus Termis Forsk., Ononis Sieberi Boiss, Trifolium formosun Sieb., 7. uniflorum L., Lo- tus pusillus Viv., Scorpiurus muricata L. var., Ceratonia Siliqua L., Poterium spinosum L., Sedum creticum Boiss. es Heldr., Baatiriza hederacea L., Lagoecia cuminoides L., Scaligeria cre- tica Vis., Daucus ila Sibth. et Sm., Rubia Oliveri Rich., Fedia graciliflora Fisch. et Mey., Pter bugiialas papposus Hal., Phagnalon graecum Boiss., Carlina involucrata Poir.. dara Sibthorpiana Boiss. et Heldr., Cichorium spinosum L. Convol- vulus oleifolius Desr., Anchusa aegyptiaca DC., Echium sericeum l., E. elegans Taba Heliotropium sein Willd., Oroban- che Nilo, L., Crozophora verbascifolia A. Juss., Orchis . longicruris. Link., Gagea fibrosa A. et H. Schult., Muscari ma- ritimum Desf., Typha angustata Bory et Chaub., Arum italicum Mill., Aeluropus repens Parl. Questa lista di specie, scelta sopra un numero molto più ri- levante, mostra innanzi tutto che la flora della Cirenaica è essen- zialmente mediterranea, contrariamente a quella della Tripolitania, che è nettamente mediterraneo-subdesertica. La differenza si spie- ga pel fatto che gli altopiani, i-quali dall’Algeria, alla Tunisia, alla Cirenaica costituiscono una barriera contro il deserto e le in- fluenze climateriche equatoriali, sono venuti a mancare con lo spro- | fondamento delle Sirti, o, forse, non esistettero mai nel tratto rap- presentato da questi due grandiosi golfi, sicchè le influenze del Sud hanno sempre trovato aperto in breccia il deserto dinanzi al Mediterraneo. Secondo quello che sappiamo da Durand e Barratte, la flora speciale della Cirenaica risulta formata da un complesso di 287 spetie provenienti da sei regioni principali in contatto con essa. Le specie che la flora Cirenaica possiede in proprio con le sei 201 regioni, sono: I. 88 specie distribuite nel Nord dell’Africa fra l’Algeria o il Marocco e il Sud della Spagna fino all’Egitto e in Siria (10 di queste specie non si trovano che in Tripolitania e in Egitto); II. 72 specie distribuite in Tunisia, in Algeria, al Ma- rocco, in Spagna, in Francia, in Italia ed eziandio in Grecia ed in Asia Minore; III. 37 specie distribuite dalla Cirenaica o dalla Tripolitania fino in Siria (13 di queste specie si trovano solamen- te in Egitto); IV. 35 specie, di cui una penetra in Tripolitania, diffuse in Grecia, in Asia minore e in Siria (8 sono anche proprie all’Italia); V. 33 specie diffuse in Tripolitania, in Tunisia, in Al- geria ed al Marocco; VI. 23 specie diffuse dalla Cirenaica o dalla Tripolitania verso l'Egitto e la Siria, fino in Grecia od in Italia. Comparando i risultati del DURAND e BARRATTE con l’elenco delle specie cretiche del RAULIN e colla flora greca dell’HaLAÀcsy è facile addivenire alla conclusione che i rapporti floristici fra la Cirenaica e l'Europa per la catena Gaudhos-Creta-Peloponneso sono diretti, mentre quelli coll’Europa mediterranea occidentale e coll’ Africa settentrionale occidentale, pur importanti e forse uguali, se non Superiori, in quanto a numero di specie, presentano tuttavia mi- nori tratti di analogia nella fisionomia speciale o, altrimenti, nella caratteristica botanica, che non nel primo. caso. In sostanza, l’isola di Creta e la Cirenaica sono perfettamente unite, per cui anche le specie mancanti all’una o all’altra regione sono sostituite da specie affini estremamente vicine. Pror. ANTONIO BALDACCI. Rassegna della stampa coloniale agraria. Piante a Caoutchouc in Abissinia. — Stante l’abbondanza di piante a Caoutchouc, specialmente liane, esistenti in tutte le fo- reste dell’Africa tropicale, era prevedibile se ne sarebbero trovate anche in Abissinia, paese pure ricco di selve. E già se ne aveva qualche notizia. Infatti il capitano WILSON, per primo, trovò, lungo il fiume Sobat, estese foreste ricche di essenze a Caoutchouc, spe- cialmente nel distretto di Pangmala, nella regione di Anuak. Altre foreste con piante a Caoutchouc furono segnalate verso il nord, nel Tigrè, e verso il sud nel distretto di Bujama, all’8° grado di latitudine nord, all’est dei laghi Zwai e Ceveta. Il fiume Sobat è navigabile dal Maggio al Dicembre, quindi in tale periodo riesce facile da Khartoum giungere a quelle foreste a Caoutchouc. In seguito a queste indicazioni, venne a costituirsi a Londra una società, con il nome di The Imperial Ethiopian Rubber C., avente lo scopo di assicurarsi il monopolio di tutto il Cubdicoaà prodotto nell’ Abissinia e nelle regioni limitrofe. Il capitale della Società è di 150.000 lire sterline (3.750.000 fr.) e la durata delle ' concessioni ottenute è di 25 anni. La società calcola su una pro- duzione di 225 tonnellate di Caoutchouc all’ anno, ciò che appor- terebbe un utile netto di 1.350.000 franchi, e già sono stati fatti i primi invii di un tale prodotto per le vie del Nilo e di Suakim - er Resta però ancora incerto quali sieno le specie segnalate come colà produttrici di Caoutchoue : fra queste è stata indicata la Lan- dolphia Kirkii: pare vi esista pure la Funtumia elastica. Viene anche segnalato un Ficus: a questo proposito giova rammentare 208 che lo SPENCE aveva asserito che in Abissinia trovavasi. il Micus elastica, ma pare difficile si tratti di tale specie: forse sarà il F'i- cus Rocco, WARB. et ScHWEINF. che nelle foglie somiglia realmente al F. elastica, od il Ficus Vogelii, Mra., che produce Caoutchouc di ottima qualità. uttavia, a quanto ne dice il Signor BaLanos, che ha la di- rezione dei lavori di raccolta di detto Caoutchouc, la maggior quan- tità ottenuta proviene da una liana, certamente una Lardolphia, di specie tutt'ora non accertata, ma che pare debba escludersi sia la L. Kirckii. Detta liana si trova in tutte le foreste dell’Abissi- nia, ad una altitudine variabile fra i 2.500 ed i 3.200 metri. In tali regioni si hanno forti pioggie una o due volte al mese, dal- l’Ottobre al Maggio, e pioggie giornaliere continue durante gli al- tri quattro mesi. La temperatura è, in media, di 17 a 20 centi- gradi durante il giorno, ma discende sovente a zero durante la notte. Le liane utilizzate sono in media lunghe da 25 a 30 metri ed il loro tronco, ad un metro dal suolo, misura fino a 35 centimetri di circonferenza. Per ottenere latice, gli indigeni piegano questi tronchi verso il suolo e li mantengono orizzontali mediante corde legate a pali collocati poco lungi. Poi fanno di distanza in distan- za delle incisioni circolari, sotto le quali pongono delle larghe fo- glie a forma di scodella. Il latice così ottenuto viene versato iu re- cipienti di metallo, e lentamente riscaldato al fuoco-per coagularlo. In seguito viene lavato, poi fatto seccare all'ombra per almeno un mese, e sottoposto a fumigazioni. Secondo il Signor BALANOS, la raccolta del Caoutchouc in Abis- sinia procede attualmente bene nelle foreste di Tsima, di Gebo-Ge- bato (Gebo - gomma e (Gebat - bosco) e di Sidamo, ma egli asse- risce esistere, in tutta l’Abissinia, numerose altre foreste abbon- danti di liane a Caoutchouc, non ancora utilizzate, sia per la dit- ficoltà di accedervi, sia per mancanza di personale adatto alla rac- colta ed alla preparazione del latice. Queste constatazioni sono importanti, non solo perchè dimo- strano come l’Abissinia possieda ricchezze naturali ben superiori a quanto prevedevasi, ma ancora perchè lasciano sperare di poter trovare liane a Caoutchouc anche nelle limitrofe regioni, soggette all’influenza italiana : ed una specie, cioè la Landolphia Petersia- na, fu in realtà da noi già segnalata al Benadir, nelle foreste lungo il Ginba; ove ne aveva raccolto saggi il MacaLUSO. * * * 204 Il Caoutehone di (ryptostegia grandiflora. — Con il nome di Lombiro si conosceva fin qui una liana del Madagascar, identi- ficata per la Cryptostegia madagascariensis, Boy. Ora, in seguito a ricco materiale raccolto in detta isola, risulta che lo stesso nome viene dato colà a due specie diverse, cioè nel nord-owest dell’isola, alla vera Cr. madagascariensis, Boy. e nel sud-owest alla Cr. grandiflora, R. BRr., specie che credevasi non crescesse al Mada- gascar, ma che al contrario risulta esservi comunissima. Questa constatazione è dovuta a COSTANTIN e GALLAUD ed a JUMELLE : ne consegue che gran parte del Caoutchouc di Lombiro, massime quello proveniente da Fort-Dauphin, deriva dalla Crypt. grandi- flora. Questa specie non si conosceva allo stato selvatico, ma solo coltivata, come ornamento, in Africa, nelle Indie ed a Cuba. Già qualche ricerca era stata iniziata nelle Indie per utilizzarla come pianta a Caoutchouc, e con buoni risultati: infatti i saggi di coa- gulato ottenuti mostrarono di contenere, allo stato secco, fino 89. 5 per cento di Caoutchouc, e solo 7. 9 per cento di resine : furo- no quotati franchi 9. 60 per chilogramma. Recentemente poi il JUMELLE ha eseguito nuove analisi sui saggi provenienti dal Ma- dagascar, trovando 88. 36 per cento di Caoutchouc, con 10. 58 per cento di resine. Quindi questa liana devesi considerare come una buona specie per la produzione del Caoutchouc, tanto più che i suoi lunghi fusti possono ancora venire utilizzati per le fibre sottili e tenaci, analoghe a quelle di Ramié, che contengono in abbondan- za, e che possono servire per confezionare tessuti. Nel’ riferire queste notizie non possiamo fare a meno di constatare come la Cryptostegia grandiflora resista ottimamente in piena aria al cli- ma di Palermo, e lo prova l’esemplare che trovasi nel nostro Orto Botanico, per cui potrebbe riuscirne utile la coltura in Sicilia, tanto più che, come dice il JUMELLE, non solo cresce come liana atta a coprire muri od a salire su alti alberi, ma ancora, quando non trova sostegni, può assumere la forma di alberello, sia Piante a Caoutehoue in Malesia. — Il Beccari, nella sua re- lazione sopra Borneo, riferisce che colà si ottiene buona produzio- ne di Caoutchouc da due liane della famiglia delle Apocinee, cioè dalla Willoughbeia firma. BL. e dalla Urnularia oblongifolia, STaPF. Egli poi trovò, pure in Borneo, una terza Apocinea, non ancora nota, che produce un latice copiosissimo, facile a coagular- si, e producente un Caoutchouc di qualità veramente superiore : chiamò tale Apocinea Leuconotis elastica. Il BeccARI indica ancora 205 due Menispermacee, il Z'inomiscum petiolare, Mrers. di Singapo- re, ed il Tinomiscum elasticum, Becc. della Nuova Guinea, dal cui latice abbondante si coagula una sorta di Caoutchoue che pare di ottima qualità. Sarebbero interessanti nuove indagini in proposito, non avendosi alcuna altra notizia sulla possibilità di ot- tenere Caoutchouc da qualche Menispermacea. sta La Kompitsio elastica. —È una Apocinea, affine alle Periplo- cae, che cresce abbondante nei terreni alluvionali dell’Owest e del Sud-owest del Madagascar, ove gli indigeni la chiamano Wompitsè. COSTANTIN e GALLAUD, riconosciuto che trattasi di specie e di ge- nere nuovo, ne portano dettagliata descrizione, e JUMELLE insiste sulla importanza di questa pianta come produttrice di Caoutchone : infatti fra le molte Apocinee ed Asclepiadee a Caoutchouc del Ma- dagascar, pare questa una delle migliori, in vista dell'abbondanza e della qualità del prodotto. Il JUMELLE in realtà ha trovato che la-gomma di Kompitsio contiene 68. 62 per cento di Caoutchouc solubile nell’etere, e solo 6. 62 per cento di resine : inoltre il coa- gulato, di color bruno ambra, ha maggiore tenacità ed elasticità di quello di Argalora ossia di Secamonopsis madagascariensis. Il no- stro Orto Botanico ne possiede alcuni esemplari, che hanno mostra- to di resistere perfettamente al freddo dei nostri inverni. Ciò con- ferma la possibilità di coltivare questa specie in Sicilia. Resta però a vedere se, per produzione, potrà da noi dare risultati soddi»fa- centi, dubitandone assai, stante la gracilità dei suoi fusti. * * * La concimazione alle piante a Caoutehone. — Il VERNET, nel suo studio generale sul Ficus elastica, ha insistito sulla necessità di procedere ad abbondanti concimazioni, nelle piantagioni di tale specie, per ottenere un più pronto sviluppo degli - assieme ad un maggiore quantitativo di prodotto. Egli nota che al Ton- chino gli alberi di Ficxs, non concimati, deperiscono “anta ed il loro reddito diviene quasi nullo, nè resistono a lungo alle in- cisioni, mentre quelli concimati, non solo acquistano in breve tem- po dimensioni assai maggiori degli altri, ma sono capaci di una regolare produzione, per lungo numero di anni. AI Tonchino si usa per solito concimarli con concime animale naturale, sommini- strando alternativamente, un anno sì ed un anno no, circa 20 chi- 206 logrammi di concime per albero, in due volte ; alcuni, avendo con- cime in abbondanza, arrivano a somministrarne fino a 80 chilo- grammi per albero, annualmente in tre. volte. Pare, da qualche esperienza, che anche i concimi chimici, massime azotati, abbiano fatto buona prova. La necessità di concimazione per il Ficus elastica si appa- lesa necessaria, se consideriamo che questa specie, come altre con- generi, compie tutto il suo primo sviluppo saprofiticamente, sui rami degli alberi, utilizzando tutti i detriti vegetali ed animali che trova colà accumulati. Ma non solo per il Ficus elastica pare utile la pratica della concimazione, bensi anche per altre piante a Caout- chouc. Infatti dall’/Journal d’Agricolture tropicale apprendiamo che lo STEPHEN ha insistito sulla necessità di praticare abbondanti concimazioni alle piantagioni di /evea, attribuendo appunto alla mancanza di concimazioni i mediocri risultati ottenuti in alcune piantagioni. Sono riportati i pareri di diverse autorità in fatto di piantagioni a Caoutchouc, pareri avvalorati da un buon numero di esperienze istituite a tale proposito. Il signor MAYHIEU non esita a dire che per l’/evea la concimazione favorisce l’ingrossamento del tronco, anticipando l’epoca delle prime incisioni, e rendendo più sollecita e pronta la cicatrizzazione delle ferite e la ricostitu- zione della scorza. In pari tempo, con la maggiore robustezza che gli alberi d’//fevea vanno acquistando, mercè i concimi, offrono una quasi assoluta immunità alle malattie, ed una maggiore resistenza al vento. Secondo EcHERT, da esperienze eseguite a Ceylon, con una concimazione del 4 per cento di azoto e del 15 per cento di potassa, gli alberi di Mevea presentarono un accrescimento assai rapido e uniforme, assieme ad una forte struttura. Il signor ELLIOT, a Singapour, con una concimazione di circa 650 grammi di solfato ammonico e di polvere d’ossa, e di circa 250 grammi di solfato potassico per albero, ottenne un anticipo di due anni nell’inizio delle incisioni : parimenti a Iolore, secondo notizie riferite dallo stesso MATHIEU, una piantagione di Hevea, concimata con solfato ammonico, superfosfato e solfato di potassa, presentò alberi con tronchi aventi una circonferenza del 50 per cento superiore a quelli di altra piantagione di eguale età, ma non concimata. Infine il si- gnor MAUDE, direttore tecnico della Cicely Estate, aggiunge : « Le rendement en later a ètè considèrablement augmentè par la fu- mure: l’écorce des arbres se règénère aussi plus rapidement. > Queste notizie sono sufficienti per dimostrare l’importanza delle concimazioni nelle piantagioni di alberi a Caoutchouc, e ci fanno pensare se per caso non fosse da farne applicazione anche in Sicilia, 207 al Ficus elastica, per ottenerne un più rapido accrescimento, assie- me ad un reddito più elevato. Ad ogni modo, benchè finora non se ne abbiano esperienze attendibili, riteniamo che, fra i concimi chimici più appropriati per le piantagioni a Caoutchouc, sia la Calciocianamide, favorendo essa grandemente lo sviluppo del tessuto assimilatore, al quale sviluppo, secondo indagini recentissime, è proporzionato e subor- dinato quello dei vasi laticiferi. E’ quindi a ritenersi che, nelle piantagioni a Caoutchouc, la Calciocianamide possa dare risultati assai buoni, e sarebbe a desiderarsi se ne facessero serie ed esau- rienti esperienze. sta Il Caffè ne'la Colonia Eritrea. — Dove il Caflè può dare ot- timi risultati è in Eritrea: colà può assumere un forte sviluppo, divenendo fonte di ricchezza per la Colonia e per la Madre patria, Ciò era da prevedersi, essendo la Coffea arabica, contrariamente al nome che porta, originaria delle alte montagne dell’Abissinia, e trovandosi appunto l’Eritrea assai prossima ai luoghi di origine di questa specie. Non tutta l’Eritrea però si presta alla coltura del Caffè, ma, secondo le esperienze eseguite dal BALDRATI, le locali- tà, di detta Colonia, in cui con quasi sicurezza di buon esito si può intraprendere la coltivazione del Caffé, sono quelle che, come Filfil, poste sulle pendici orientali dell’altipiano, o nei valloni che da esso discendono, godono di due stagioni di pioggia, hanno una insolazione molto minore, ed hanno copia di terreni boscosi, espo- sti in modo da non avere il sole se non per una parte della giornata. Da una serie di esperienze colà eseguite il BaLDRATI ha sta- sia — Che il clima delle zone, ‘come Filfil, soggetto a “ gioni di pioggia è atto alla coltura del Caffé. -- Che l’ altitudine ici opportuna. è fra 1000 e M900, —. 3°, — | Che a Caffè teme l'eccesso: di insclemiino e di lumino-- sità e quindi vuole terreni che stiano senza sole qualche ora del giorno ed in qualunque caso vuole essere moderatamente. ombreg- giato. 4°, — Che la piantagione deve essere fatta con scasso a fosse, di metri uno di profondità e larghezza, e disposta in modo da evitare il troppo rapido scorrimento superficiale delle acque. 208 5°. — Che il Caffè vuole terreno organico e quindi è necessa- rio concimare abbondantemente con terriccio smaltito. 6°. — Che è raccomandabile aprire le fosse qualche mese al- meno prima di fare la piantagione. 7. — Che nei primi anni di piantagione è raccomandabile fare moderate irrigazioni, e di conseguenza che è sconsigliabile piantare Caffè nelle località in cui non si disponga di acqua sufficiente. Ciò premesso, secondo il BaLDRATI, la zona che in Eritrea presenta tali condizioni, e gode di due stagioni piovose, è vasta circa 950 mila ettari, misurata in piano : è tutta ricca di boschi e di terreni fertili, e tutte le vallate in essa comprese sono prov- viste di sorgenti continue, di torrenti con acqua in vari punti af- fiorante e perenne, in moltissimi luoghi vi si possono costruire ser- batoi più o meno importanti. Colà si potranno fare numerose pian- tagioni di Caffe Tali piantagioni poi sono tanto più da incoraggiare, se si con- sidera che il Brasile tende ora a monopolizzare quasi tutta la pro- duzione del Caffè e a rendersi padrone dei mercati, e che a Cey- lon sono venute meno le estese piantagioni di Caffè, perché distrut- te dall’ Hemileja vastatrix, di modo che gli inglesi hanno dovuto sostituirle con piantagioni di thè. Per questo è da aspettarsi un lieto avvenire per le colture di Caffé che si volessero iniziare in Eritrea. * *_ * Sull’albero della Canfora. — Una questione a lungo dibattuta è stata quella della possibilità o no di ottenere buon prodotto di Canfora degli alberi di Cinnamomum Camphora coltivati nelle nostre regioni. Per l’Algeria, fino. dal 1892, il TRABUT aveva asserito potersi ricavare ottima Canfora dagli alberi colà coltivati, ma in seguito il RrvieRE ed il GIrRARD, dopo ripetute analisi, riferirono che quegli alberi mancavano totalmente di Canfora: forte di que- ste asserzioni, il BoxNIER se ne prevalse per formulare la teoria che le piante dei paesi caldi, portate nella regione mediterranea, divenivano subitamente improduttive! Però il TRABUT, ripren- dendo tali studii, potè constatare che tanto il RiviERE, quanto il GIRARD, non avevano analizzato foglie del vero Lauro Canfora, 08- sia Cinnamomum Camphora, ma bensì di altra specie, cioè del C7n- namomum inunctum, specie che realmente è incapace di dare pro- dotto genuino, È curioso il constatare come, sempre in Algeria, pr un analogo errore fosse commesso a proposito della produzione del a: “ee 209 Caoutchouc di Ficus elastica: si disse cioé che questa specie colà coltivata era divenuta improduttiva, ma ad un esame più diligente si constatò che si era ritenuto, per vero 'icus elastica, il Ficus magnolioides, specie che realmente non ha mai prodotto Caout- choue! Intanto, ritornando all'albero della Canfora, il TRABUT ottenne, parimenti in Algeria, da semi genuini, appositamente in- trodotti dall’Isola di Formosa, un prodotto abbondante, per nulla inferiore a quello degli alberi coltivati in Asia. Ciò è confermato dal WuxNscHENDORFF, il quale, riprese in Algeria tali esperienze, ne rende ora conto, ed asserisce di avere ottenuto, mediante la semplice distillazione delle foglie, un rendimento dell’ 1.35 per cento circa di Canfora di bella apparenza, per cui, ne risulta pos- sibile la estrazione a scopo industriale. Nè dobbiamo dimenticare che anche il GreLIOLI, operando sopra alberi di Canfora, col- tivati a Portici ed a Napoli, li trovò capaci di buon. prodotto. La coltura del Lauro Canfora da noi, per estrarne il prodot- to, appariva consigliabile, massime dopo che il Governo Giappo- nese, dal 1899, ne aveva monopolizzato l’intera produzione orien- tale. Ma restava un nuovo dubbio assai forte: la scoperta della Canfora sintetica, o meglio di prodotti chimici, i quali, avendo tutte le proprietà della vera Canfora vegetale, possono divenirne buoni surrogati. La scoperta di questi prodotti non mancò di sol- levare un forte allarme, tanto più che attualmente in molte regio- | ni calde si stanno iniziando piantagioni intensive di alberi a Can- fora e che la richiesta di un tal prodotto va aumentando, trovando applicazioni non solo in farmacia, ma altresì. nella fabbricazione del celluloide e nella fabbricazione della polvere senza fumo. La Canfora artificiale viene estratta dall’essenza di trementina, sì che un valente chimico, a proposito delle iniziate piantagioni di alberi a Canfora, ebbe ad esclamare : « Mieux voudrait pout-étre planter des Pins!» Tuttavia il PERROT non ritenne compromesso intie- ramente l’avvenire degli alberi da Canfora; egli così si espresse : « Le Camphre chimique ne tuera jamais complétement son con-. frére, car les sous-produits, comme l’essence de camphre, sont actuellement demandès en quantità coosidèrable par l’industrie des essences, particulierement pour l’obtention du safrol. Il est donc permis, sous les reserves expresses, que nous venons de fai- re, de penser que l’exploitation des Camphriers pourra longtemps sans doute, donner encore des bènéfices importants ». . Ciò che aveva supposto il PERROT si è avverato. La produ- zione della Canfora sintetica non ha potuto sestenere la concorrenza di quella naturale, massime in causa dell'aumento di prezzo del- 210 l'essenza di trementina. Infatti la principale Società costituita per la produzione della Canfora sintetica, sotto il titolo « La Ca m- phre >, nell’ultima sua Assemblea Generale, ha lealmente dichia- rato ai suoi azionisti che era inutile continuare nella lotta, essendo sparita ogni illusione sull’avvenire industriale della Canfora sinte- tica. Così viene a concludere: « Cette fabricution ne pourait se faire, méme dans des conditions plus favorables, qu’à des prix de revient tels qu’ il n’est permis d’entrevoir de ce cotè la pos- sibilità d'une exploitation remunèratrice des brevets que nous avons acquis. Devant la concurrence que font au celluloid le soi- produits ininflammables, le Camphre a vu ses cours baisser sans discontinuer, alors que ceux des matières premières sont restes sensiblement les mémes, et il est à prèvoir que cet ètat de oses ne fera dèsormais que s’accentuer davantage. » In- mis la Canfora sintetica non può cedersi a meno di 7 franchi il ilogramma : ciò era vantaggioso quando la Canfora naturale va- on da 10 a 12 franchi il chilogramma, ma non è più convenien- te ora che la Canfora naturale è discesa a circa 3 franchi per chilogramma. Ritorna quindi a rendersi opportuna la costituzione di piantagioni di Lauro Canfora, anche nei nostri paesi, come già aveva suggerito il GIGLIOLI, * * * Il Nespolo del Giappone. — Se si chiama del Giappone par- rebbe non dovesse esistere incertezza sul suo indigenato colà : tut- tavia forti dubbi sono stati elevati in proposito, ed ora il VILMO- RIN tratta la medesima questione concludendo che non è indigeno del Giappone. Già parecchi autori moderni, che visitarono il Giap- pone, hanno asserito di non avervelo trovato spontaneo ma solo col- tivato in piccola quantità ed in varietà poco pregevoli. Pare piut- tosto debba ritenersi originario della China, ove fino dalla prima metà del secolo XVII fu trovato da MicHELE BoyM, missionario gesuita, autore della prima Flora sinensis. E’ pure ricordato in alcune enciclopedie chinesi, di molto anteriori alle relazioni fra China e Giappone. L’indigenato di questa specie in China è pari- menti confermato dal fatto che, delle 15 o 16 specie conosciute di Eriobotrya, ben 9 sono indigene della Regione Imalaica, 3 della Cina e della Cocincina, ed almeno 2 delle Filippine. Però la diffu- sione di questa specie nel Giappone ed a Giava deve ritenersi di antica data; da tali regioni fu pure in antico portata a Maurizio : verso il 1784 fu introdotta in Francia e nel 1787 in Inghilterra ; 211 poco dopo il Giardino Botanico di Parigi ne mandava piantine a Napoli, ed a Palermo, mentre dall’Inghilterra passava a Malta, alle Bermude ed in altre colonie calde. Al Giappone se ne hanno diverse varietà : la principale, anzi l’unica i cui frutti si vendono sa quei mercati, è detta Biwa. ed ha frutti piccoli, acidissimi, quasi non eduli: forse rappresenta il primitivo tipo spontaneo introdotto dalla China. Un’altra varietà a frutto perfettamente bianco è detta Shiroko-biwva. Una varietà a frutto grosso, piriforme, è detta Z'o-biwa, infine una varietà a frutto quasi sferico, con polpa spessa, dolce, sugusa; è detta Na- ga-to-birva. Fin quì in Sicilia poco o nulla si è fatto per sele- zionare il Nespolo del Giappone, migliorandone la guidi del frutto. Invece in Algeria ed in California si attende. alacremente a tale lavoro di selezione, introducendo da altri paesi le migliori varietà, facendone estesi vivai, e riproducendo solo i soggetti trovati mi- gliori. In tal modo se ne sono già ottenute ben 40 varietà, che differiscono fra loro per essere alberi più o meno produttivi, tolle- ranti la siccità, per la precocità dei frutti, che possono maturare - in Aprile, mentre altri ritardano fino a Giugno, per la ricchezza dei grappoli, per la grossezza dei frutti, che possono raggiungere i 7 centm. di diametro, con un peso di 40 a 50 grammi ciascuno, per la loro forma, rotonda, allungata, a pera o depressa, per il sapore dolce, od acidulo, con profumo più o meno gradevole, per la buccia sottile o dura e resistente, di colore giallo, aranciato, rossastro o bruno, per la polpa fondente o soda, per la presenza di molti o pochi semi, nonchè per la resistenza ai viaggi ed alle scosse. Tenuto calcolo di tutti questi caratteri, in Algeria se ne sono avute razze veramente superiori, massime per opera degli or- ticoltori ARKWIGHT, DAUPLIN, PorcHER, PrADINES ed altri : in California parimenti per opera del Tarr. In Italia si ha solo il tentativo dello SPRENGEL, che ne presentò cinque varietà abba- stanza distinte. Oltre alla selezione si tenta l’introduzione di nuove varietà chinesi o giapponesi: fra queste ultime, a quanto ne rife- risce il TRABUT, fu trovata in Algeria di qualità veramente supe- riore la varietà Zaraka, che porta frutti ben colorati e di grato profumo; dotati di una grande resistenza, per cui possono essere ammassati senza che anneriscano, ed abbandonati a lungo fini-- scono per seccare senza infracidire. Questa varietà è ritenuta la migliore per esportazione a lunga distanza ed appunto in Algeria tendesi a moltiplicarla di preferenza per farne larga sides sui mercati della Francia. È sperabile che anche in Sicilia, ove la coltura del Nespolo 212 del Giappone è divenuta così estesa, si incominci un lavoro di se- lezione, tanto più che è facile riprodurlo per seme, e viene a pro- duzione rapidamente. 1 Nespolo del Giappone poi, quantunque a foglie persistenti, presenta la caratteristica di adattarsi bene ad essere innestato so- pra alberi a foglie caduche, come il Cotogno, l’Azzeruolo, il Bian- cospino ed il Sorbo. Generalmente si preferisce innestarlo sul Co- togno, però si è constatato che sul Biancospino dà frutti più pro- fumati e meno acidi. o otasi infine che dai frutti di questa pianta si può ottenere, per fermentazione e per distillazione una sorta di Kirsch di otti- ma qualità, analogo a quello che si ricava dalle ciliegie selvatiche, sa L'origine della Fava. — Una questione che ha preoccupato parecchi botanici moderni è stata quella di rintracciarne la patria della Fava, non essendosi questa specie ancora rinvenuta in uno stato di vera spontaneità. Gli autori autichi, come TEOFRASTO e DioscorInE nulla dicono della origine della Fava. PLINIO poi sotto il nome e di Faba confonde almeno tre specie ben distinte, cioé : 1°. una specie che dice nascere in alcune isole dell’ Oceano SIE chiamate perciò Fabarie, e che può ritenersi fosse un Pisum od un Lathyrus. 2°. una specie che dice crescere in Egitto,-e che dai caratteri dati, si rivela essere il Nelumbium. 3°. una specie che dice trovarsi spontanea e frequente in Mauri- tania, ma a semi duri in modo da non potersi cuocere. Ques’ ul- tima fu ritenuta essere la vera Fava spontanea. Ma fin quì nes: sun autore aveva trovato la fava in Algeria con indizii tali da ri- tenerla indigena. Ora però il TRABUT viene a segnalare una forma di Fava, che egli, fino al 1893, assieme al BATTANDIER, rinvenne, con tutte le apparenze di pianta spontanea, in Algeria, e precisa- mente nel Serson, presso i centri di colonizzazione di Bourbaki e di Dialar (alt. 900 m.), i cui semi sono raccolti dagli indigeni. Col- tivata alla Stazione Botanica di Algeri, fu potuta studiare in tutti i suoi caratteri, ed ora il TraBUT la descrive con il nome di FA- BA PLINIANA, in omaggio alla narrazione di PLINIO. I suoi carat- teri principali sono: pianta annua alta 15-20 cm., ramificata dalla base : foglie ad 1-2 coppie di foglioline : fiori 2, sessili, ascellari, più piccoli che nella specie coltivata : legumi corti (35 mm. com- preso il mucrone), verdi poi neri, deiscenti per due valve ela- stiche, accartocciantesi e lancianti i semi, i quali sono separati da 218 un leggiero tessuto ‘cotonoso : semi due, nero brillante, sugblobu- losi, depressi dal lato dell’ilo, con un arillo assai sviluppato e ri- coprente un ilo di forma ellittica, assai allungato, pesanti meno di 5 decisrammi da secchi, e misuranti da 6 a 9 mm. nel diametro maggiore. Si distingue dalle varietà coltivate specialmente per le grandi dimensioni dell’arillo : nei tegumenti poi le cellule epider- miche (a palizzata) sono più lunghe cioè 230 u. in luogo di 125 u. Nel legume si ha l'epidermide sdoppiata per uno strato sottoe- pidermico scleriflcato e con uno sclerenchima assai sviluppato negli strati interni: ciò dà una grande resistenza al legume stesso. Que- sti caratteri fanno della Fava di Serson un tipo bene distinto dalla Fava coltivata, il quale assume tutta l’apparenza di pianta vera- mente spontanea : i suoi semi poi si avvicinano assai a quelli rac- colti dall’HEER nelle abitazioni lacustri della Svizzera, da tale au- tore distinti con il nome di Faba celtica nana. Il TraBuT nota infine come la Fava ha nomi indigeni in tutte le lingue del nord d’Africa, venendo chiamata dagli Arabi Iòula; dai Berberi del lit- torale Bavu od Ibion, dai Berberi del Sahara Avuan. Parlando poi dell’area disgiunta di questa specie, ritiene possibile che in qualche località, dopo essere stata anticamente coltivata, sia persi- stita retrogredendo verso il tipo primitivo. La segnalazione di una Fava spontanea, od apparentemente tale, in Algeria, ha grande im- portauza, tanto più che ALronso DE CaNDOLLE, partendo da altri concetti, cioè basandosi su documenti linguistici, era giunto alla conclusione di ritenere l’ Africa settentrionale come una delle re- zioni in cui probabilmente era incominciata la coltura della Fava. Maggiore importanza poi acquista la pianta di Algeria dai carat- teri che offre, abbastanza divergenti da quelli tipici della Fava col- tivata, specialmente dalla perfetta deiscenza dei legumi. Tuttavia credo ciò non basti per accettare senz’altro come assolutamente provato l’indigenato della Fava in Algeria: i documenti linguistici possono riferirsi tanto a piante spont:nee quanto a piante antica- mente coltivate, e la citazione di PLINIO può anche convenire con altre specie di Vicia, ad esempio con la Vicia narbonensis 0 con la Vicia serratifolia, pure frequenti nell'Africa settentrionale, ed a semi parimenti duri a cuocersi. Ho veduto alcuni semi di questa Faba Pliniana, inviati dallo stesso TraBUT all’Orto Botanico di Palermo, e qui riprodotti, e sono stato sorpreso dalla grande so- | miglianza che questi semi presentano con quelli della Faba Bakla, segnalata parecchi anni or sono per le Indie del Dt >HIE, e de io pubblicai, dopo averla coltivata a Bologna, da semi mandatemi gentilmente dallo stesso DE CANDOLLE. Vidi pure semi di Fava 214 provenienti dall’ Abissinia, parimenti assai simili a questi, Ora, ammettendo che sieno forme veramente spontanee tanto la Fava di Serson, quanto quella delle Indie e quella dell’ Abissinia, si dovreb- be concludere che la Fava presenti una area di indigenato con tre centri disgiunti e fra loro lontani. Questa conclusione è poco ve- rosimile. Ritengo piuttosto si debba ricorrere ad un’ altra ipotesi. Lasciando insoluta la questione della prima origino della Fava, credo attendibile il ritenere le predette varietà come provenienti da antiche colture e da lungo tempo naturalizzate, per cui anda- rono spogliandosi di tutti i caratteri culturali. Accettandosi que- sta ipotesi la Maba Pliniana non rappresenterebbe il vero antena- to spontaneo della nostra Fava, ma al contrario un discendente, che ha assunto l’apparenza di pianta spontanea, essendo sfuggito al domino della coltura. Però questa naturaliizzazione della Fava in Algeria devesi ritenere di assai antica data, stante i caratteri proprii che ha assunto. sta Bachi da seta che vivono sugli Agrumi. — Scartabellando diversi libri antichi mi è capitato sottomano la Dissertatio de me- tamorphosibus insectorum Surinamensium, opera antica della si- gnora Maria SiiLLa di MERIAM, che tratta degli insetti del Su- . rinam (Guiana Olandese). Nella prima edizione, che porta la data del 1705, alla tavola 52, è rappresentata una grossissima farfalla, avente circa 21 cen- timetri di apertura d’ali, cioè 1’ Attacus Atlas di LinNEO. bruco di questa farfalla si nutre, secondo quanto ne dice la Merram, delle foglie degli aranci, ed il suo svilupo è rapidissi- mo, potendosene ottenere tre generazioni all’ anno: produce un grosso bozzolo grigio, lungo circa 7 centimetri. Sulla qualità della seta, di cui consta il bozzolo, così si esprime la MERIAM: « fil dont elles composent leur Cocon est fort, ce qui m’a fait croie- re que ce pouroit étre dè la bonne soie: j' en ai beaucoup ra- aes en Hollande ou on Va trouvee telle : de sorte que si quel- quun prenoit la peine d'amasser de ces Chenilles, il auroit de bon vers à soie, et il en tireroit un grand profit ». Naturalmente a quell’ epoca non si doveva-pensare di intro- durre in Europa un tale lepidottero, tanto, più che in Olanda non si coltivano agrumi, nè in Sicilia allora si aveva alcuna preoccu- pazione di crisi agrumaria. In seguito anche in Europa si sono fatti diversi allevamenti 215. di questo bruco, ma nutrendolo con altre foglie, non con quelle d’agrumi, imperocchè è specie oltremodo polifaga. Infatti nelle Indie Orientali, ove pure si trova, si ciba delle foglie di Cannella, di Berberis etc. Il WiLLYy, che appunto ha fatto qualche tentativo di allevamento, dice che di tutti i bruchi da seta selvatici questo è il più facile ad allevarsi. Ma questo lepidottero non è il solo che viva sugli agrumi. Nella seconda edizione della detta opera, che porta la data del I726, la stessa signora MERIAM, alla tavola 65, rappresenta un’al- tra grossissima farfalla, avente circa 17 centimetri di apertura d’ali, cioè l’Attacus Hesperus di Linneo, il cui bruco si nutre delle foglie dei limoni. Come l’altro, cui 6 molto affine, fila un grosso bozzolo bruno, lungo circa 8 centimetri. Sulla qualità della sua seta così si esprime la MERIAM: « Son fil est una espèce de soie qui est plus brillante et en plus d’a- bondace que cela des autres vers a soje, si on pouvoit les nou- rir aussi facilement, ce que neaumoius je ne crois pas que per- sonne ait entrepris » . Anche da questa specie si potrebbero ottenere più generazioni all’anno, imperocchè, secondo il MicHELY, il bruco forma il suo bozzolo solo dopo 15 giorni dalla nascita. Un'altra farfalla, non illustrata dalla MERIAM, il cui bruco pure vive sopra gli aranci ed altri agrumi, è l’ Attacus Awrota del CRAMMER, frequente nell'America centrale. Produce ottima seta e secondo il MrcHELY ha sviluppo rapidissimo, per cui se ne pos- sono ottenere fino a sei generazioni all’anno. Resta quindi accertato che esistono alcune specie di lepidotteri, capaci di fornire buona seta, i cui bruchi vivono sugli agrumi. Ora che tanto si lamenta la crisi cui é esposta l’ agrumicoltura e si propone perfino di distruggere gli agrumeti, per sostituirli con altre colture più redditive, sarebbe da pensare seriamente alla possibilità di introdurre ed acclimatare in Sicilia questi lepidotteri. Riuscendovi si verrebbe a raggiungere al reddito dei frutti un reddito parimenti importante, quello cioè della seta ottenuta dai bozzoli dei bruchi alimentati con le loro foglie : questo reddito dovrebbe riuscire abbastanza rilevante se, come dicesi, se ue po- tessero ottenere diverse generazioni in un anno, cosa cui “Bene sì prestano gli agrumi, essendo a foglie persistenti. > * * per coltivare i Tartufi. — Si conoscono molte specie di Tar- è 216 tufi, ed ognuna ha i suoi particolari pregi: nell’Italia settentrio- nale è assai ricercato il Tartufo bianco (Tuber magnatum) che raggiunge prezzi assai elevati, e consumasi pure in abbondanza il Tartufo rosso (7’uber Borchii), mentre all’estero è tenuto in mag- giore considerazione il Tartufo nero / uber melanosporum) : que- st'ultimo in Francia è oggetto di intensivo commercio. erò la produzione dei Tartufi è molto saltuaria, limitandosi «ila raccolta di quelli che naturalmente crescono quà e là, ed anzi tende a diminuire, per il fatto che i proprietari di terreni, ove crescono Tartufi, sovente distruggono i boschi che danno loro ri- cetto, per evitare i guasti cagionati dai cercatori clandestini. In vista tuttavia della importanza economica e commerciale dei Tartufi, da lungo tempo fu vagheggiata una razionale coltura dei medesimi : molto si è scritto in proposito, molte proposte fu- rono fatte, ma della maggior parte dei metodi vantati non val la pena di parlarne, mancando di qualsiasi serietà : solo in questi ul- timi anni, con una più completa conoscenza della biologia dei Tar- tufi stessi, cioè delle loro relazioni simbiotiche con altre piante, si può dire risolta una così importante questione, ed il MATTIROLO assai ha insistito in proposito. I Tartufi vivono in relazioni simbiotiche con piante arbore- scenti : traggono cioè parte del loro nutrimento dalle radici di quelle, e di conseguenza non si trovono che nei boschi od in vicinanza di piante silvane. Sono specialmente le Quercie, i Pioppi, i Salici, che danno ricetto ed allevano i Tartufi, per cui non si può seria- mente costituire una Tartufaja senza fare una conveniente pianta- gione di tali essenze boschive. tri termini i loro corpi fruttificanti, cioè i veri Tartufi, si trovano alla dipendenza delle radici di tali piante, collegati di fitta rete di ife, ossia di fili micelici, e ricevono da esse buona parte del nutrimento necessario al loro sviluppo. Il Tartufo nero ed il rosso preferiscono le Quercie e le Avel- lane : il Tartufo bianco preferisce i Salici ed i Pioppi, e special- mente il Pioppo bianco (Populus alba). Per formare una Tartufaja occorre avere le piante relative e ciò è facile: seminando quercie, queste dopo non molti anni pos- sono già rendere prodotto, e la cosa è anche più sollecita pian- tando talee di pioppi o di salici. Però non basta avere gli alberi, occorre anche seminarvi i Tartufi. no d-' metodi usati più in antico è quello di interrare, ai piedi degli ..iberi, pezzetti di Tartufi ben maturi, ma raramente si ottengono buoni risultati. Un altro metodo è quello di prepararne 217 artificialmente il micelio e seminarlo presso le radici degli alberi, ma esige minuziose precauzioni che non tutti sanno attuare. TRA adottare quest’ultimo metodo, i nsider hela dei Tartufi può effettuarsi per mezzo di spore e per meszo di co- nidii: serebbe preferibile il primo mezzo, ma la germinazione delle spore è oltremodo difficile, per cui conviene ricorrere agli agenti che ne eno naturalmente la diffusione, ed, anche ottenuta, in pratica non è facile preservare le colture nel loro inizio da numerosi mi- crorganismi che invadono e distruggono il micelio in via di for- mazione. Per ottenere lo sviluppo del micelio dai Tartufi, senza partire dalla spora, si può procedere in altro modo: raccogliere cioè i Tar- tufi non troppo maturi, e, non lavandoli, riporli in quantità in vasi, o meglio cesti, comprimendoli fra foglie secche di Quercia o di Pioppo, o fra truccioli di legno dei medesimi alberi; si ottiene, dopo qualche mese, una massa compatta, cotonosa, bianca, com- posta appunto di denso feltro micelico. Dopo ciò conviene procedere alla sua seminagione. qui, credendosi che il micelio dei Tartufi vivesse solo all’ Lia delle radici di diversi alberi, sotto forma di micorize, senza penetrare nei tessuti legnosi dell’albero stesso, ogni tentativo di coltura fu limitato a collocare il micelio esternamente, in pros- simità delle radici di Quercie o di altre essenze. Espandendo il micelio dei Tartufi in tal modo, si sono avuti sovente buoni risultati, massime se le ife poterono penetrare nei tessuti legnosi degli alberi, passando attraverso lesioni causate alle radici stesse con la lavorazione del terreno. Gli insuccessi furono forse più apparenti che reali : infatti conviene tener presente che lo sviluppo dei corpi fruttificanti, cioè dei veri Tartufi, non av- viene immediatamente dopo la semina del micelio, ma ritarda fino a tanto che questo non è riuscito ad invadere l’albero ed in pro- . porzione tale da poterne attingere alimenti a sufficienza. L’ inizio quindi della produzione può tardare anche parecchi anni, e si espone ad un sicuro disinganno chi crede poter coltivare e raccogliere i Tartufi come le patate ! Ulteriori studii hanno posto però in evidenza che le felullioni simbiotiche fra Tartufi e piante arboree sono più intime di quanto prima credevasi. Già da tempo diversi autori hanno insistito sul fatto che le ghiande raccolte sopra alberi di Quercia produttori di Tartufi, danno origine ad alberi che pure ne prodocono , mentre quelle raccolte sopra alberi che mai avevano prodotto Tartufi, danno origine DI ad alberi che non ne producono affatto. Inoltre si è osservato che talee o gemme di Pioppi o di Salici, usate per iniziare colture di Tartufi, tolte da alberi che ne producevano, e liberamente confi- date al terreno, od innestate su alberi che normalmente non ne producevano, hanno in brevissimo tempo dato origine ad abbon- dante produzione di Tartufi. ome riferisce il MATTIRCLO, si sono perfino ottenuto Tartufi al quarto anno, innestando piante di tre anni di Salici o di Pioppi, con gemme tolte da individui riconosciuti tartufiferi. Da ciò si de- duce che basta una semplice talea, staccata da un albero tartufi- fero, per riprodurre un nuovo albero, capace di sviluppare pronta- mente Tartufi, imperocchè la talea contine già nei suoi tessuti il germe dei Tartufi. Questo dimostra che la sede del astio producente i Tartufi, non è limitata alle ultime ramificazioni radicali, come fin quì si credeva ma si estende ancora al tronco e forse ai rami : il micelio cioè vive normalmente nei tessuti legnosi dell’ albero, nei quali trova gli alimenti adatti al suo sviluppo, od almeno cerca un ri- fugio nei detti tessuti. quando l’eccessiva umidità del terreno lo uc- ciderebbe esternamente, e ne esce, per inoltrarsi ed espandersi nel terreno, solo allo scopo di sporificare, cioè di produrre i veri Tartufi. Ciò è una semplice supposizione, però non confermata dall’analisi microscopica dei tessuti di dette piante : forse occorre ritenere che le ife dei Tartufi stessi si diffondano nei tessuti ve- getali sotto forma di micoplasma, per cui non sono più riconosci- bili al microscopio. Il servirsi di talee; tolte da alberi riconosciuti tartufiferi, è un ottimo metodo, e si potrà adottare per i Salici e per i Pioppi, benchè non sia facile trovarne gran quantità per farne una coltura estesa. Ma la moltiplicazione per talee è poco pratica per le Quer- cie, quindi per queste ultime sarebbe da adottarsi l’innesto, por- tando su ceppaie non tartufifere, gemme di piante riconosciute tali: con l’inuesto si ha la perpetuazione della medesima individualità fisiologica, riprodotta agamicamente, la quale, invasa dalle ife mi- celiche del Tartufo, le trasmette alle radici sane della pianta fun- zionante da soggetto. Ma la conoscenza della persistenza del auioslià dei Tartufi, nei tessuti legnosi dell’albero, sia pure sotto forma di micoplasma, risolve meglio il problema della seminagione del micelio, ci indica cioè quale dovrà essere la via migliore per ottenere buoni risultati. Infatti è facile utilizzare il micelio, massime quando produce sa- profiticamente forme conidiofore, per inocurarlo direttamente, e con DERE 219 ogni diligenza, alla base del tronco od all’inizio delle radici più grosse dell’albero, nel legno vivo, avendo poi somma cura di im- pedire che germi di altri microrganismi possano penetrare nelle esiom e così disturbare il normale sviluppo del micelio tartu- fifero. Jomunque iniziata, rinscendo a produzione, la coltura dei Tartufi elimina una delle più forti difficoltà che incontrava il rim- boschimento, malgrado tutto lo zelo e l’entusiasmo dei suoi apo- stoli. Fin quì i boschi, in Italia, rappresentavano una delle colture meno remunerative, ed i rimboschimenti stessi venivano trascurati, occorrendo attendere, dopo il loro impianto, almeno una diecina di anni, per ottenere qualche reddito, sempre però minimo. Quindi i proprietarii di terreni, che prudenza vorrebbe si rimboscassero, non vogliono persuadersi di perdere l’annuo prodotto, sia pure scarso, di grano, di segala, magari di patate, per sostituirvi pian- tagioni di alberi, con la quasi certezza di non vivere tanto a lungo, per giungere in tempo a vederle in piena produzione. Ma il voler coltivare Tartufi significa ripristinare boschi e selve, non più nella speranza di lontani vantaggi problematici, bensì in vista di un guadagno vicino e sicuro. Quindi con la col- tura dei Tartufi la questione cambia aspetto. Mettendo d’accordo e facendo procedere di pari passo, i rimboschimenti con la colti- vazione dei Tartufi, è possibile ricavare dai nuovi boschi un forte rendimento, fino dai primi anni, e così i proprietarii vengono non solo indennizzati del perduto raccolto, ma anzi dovranno essere ben contenti di sostituirvi una nuova coltura assai più remunerativa, tanto più che una tartufaja, bene costituita, può durare ‘a p zione per oltre venti anni, senza bisogno di grandi cure. È perciò sperabile che davanti al reddito certo e pronto ricavabile dalla coltura dei Tartufi, qualcuno si decida a costruire nuove selve con essenze tartufifere. Il reddito dei Tartufi è molto superiore a quello ricavabile dal legname, e forse sarà la molla che spingerà a rico- prire i nostri monti del verdeggiante manto, loro troppo barbara- mente strappato. Se si pensa che il costo dei Tartufi raramente é inferiore a quello di lire 20 a lire 30 il chilogramma, che non di rado sale fino a lire 60, e che ogni albero a piena produzione può darne an- nualmente diversi chilogrammi, apparirà manifesta la convenienza di istituire, anche in Italia, colture di tale genere. Po * * 220 Deperimento delle viti in Sicilia. — Quando la. filossera com- parve in Europa ed invase l’ Italia e la Sicilia, si presentò come unico rimedio 1’ uso delle viti americane, le quali resistevano in modo completo agli attacchi di tale insetto ; ma dalle viti ameri- cane non si otteneva che un vino detestabile, per cui si convenne di usare dette viti come portainnesto : veduto poi che in massima parte queste viti non convenivano ai nostri paesi, si pensò di ibri- darle con viti nostrane : per far più presto si introdussero ibridi ottenuti in Francia fra viti americane e viti francesi. Ma anche da noi si pensò di ottenere ibridi locali, ed in questa pratica il GrIimaLDI fu il primo ed il più attivo operatore. In questi ultimi tempi poi si incominciò a ricorrere anche agli ibridi produt- tori diretti. Le cose andavauo per la meglio, quando in Sicilia, nei vitigni di nuovo impianto, massime ibridi di americane, si riscontrarono deperimenti assai gravi, di cui non era facile stabilire la causa : si disse dipendere questi dal Roncet, causato dai freddi, primaverili, da una cocciniglia. il Rhizoecus, da alenni acari, il Rhizoglyghus, e l’ Heteroglyus, etc. La filossera vi avrebbe preso parte solo come causa concomitante, ma ben primaria. Ad ogni modo ciò di- mostrava un indebolimento eccessivo nei vitigni, i quali cedevano alla prima malattia che si presentava. questo punto si ripresero gli studi per potére definitiva- mente stabilire da che cosa dipendesse la resistenza deì vigneti a- mericani in confronto agli europei. Il IroviNo riteneva ciò dipen- desse dalla più alta percentuale di ferro, di manganese e di fosfo- ro, il PricHi dall’abbondanza di tannino, il BouTIN, seguito poi dal Comes, dalla maggiore acidità dei succhi vegetali, per la pre- seuza di acidi organici, ossalico, malico ete. Tutte queste ipotesi si basavano sulla convinzione che la filossera non attaccasse certi vi tigni causa la presenza Ci sostanze sgradevoli o nocive ad essa. Il- PicHI invece vuole che la filossera sia attratta alla maggiore ric- chezza di idrati di carbonio, saccarosio, glucosio, fruttosio, i qua- li foruirebbero la migliore nutrizione per l’insetto : da ciò dipen- derebbe che uno stesso vitigno, nei paesi nordici, é poco o punto attaccato dalla filossera, perchè scarseggia di tali idrati, mentre; nei paesi del sud, ne viene facilmente attaccato, perchè, causa il clima meridionale, tale idrati sono in maggior abbondanza. In real- tà devesi ritenere che ogni sorta di piante, se presenta i migliori caratteri di adattabilità per il paese in cui fu ottenuta, trasporta- ta in nuovi ambienti più non è perfetta, ma anzi soggetta a ce- dere alle numerose contrarietà che va incontrando. Da ciò si de- # 221 duce come fosse errore l’avere qui introdotto e diffuso gli ibridi ottenuti in Francia. Nè ha valore il ripetere che il clima dellV’I- talia meridionale e della Sicilia è analogo a quello della Francia meridionale: basta considerare la vegetazione per convincersene. È, se non vogliamo mettere a confronto la vegetazione spontanea, pes- chè i numerosi endemismi possono dipendere da un complesso di altre cause, basterà vedere alcune delle piante naturalizzate, anzi una sola: questa è l’Oxalis cernua, originaria del Capo di Buo- na Speranza, che, come è ben noto , ha invaso tutta la Sicilia : orbene questa stessa specie, benchè introdotta, e sovente inselva- tichita, nella Francia meridionale, non ha mai potuto persistervi a lungo , prova ga che le condizioni di ambiente sono colà are che da noi. a mio parere, altre cause hanno influito al deperimento dei Hi in Sicilia. Come è noto si tratta di ibridi ed in questi ibridi si è cercato di accoppiare la resistenza dei vitigni america- ni con la bontà di prodotto dei nostrani : quando non vi si è riu- sciti in tutto, si sono usati questi vitigni come portainnesto, per innestarvi i nostri, basandosi sul fatto che la filossera riesce noci- va solo alla radice. I Ora forse è entrata in azione una legge ancora poco nota : la disgiunzione degli ibridi. Fin qui si è creduto che la disgiunzione degli ibridi avvenisse solo per riproduzione sessuale ma, se anche per moltiplicazione agamica si ottengono muove varianti, non è da escludere che a lungo andare anche la moltiplicazione agamica pos- sa condurre alla disgiunzione degli ibridi. In tal caso devesi rite- nere, per influenza di ambiente, che i caratteri del genitore loca- le abbiano la prevalenza sopra quelli del genitore straniero, ed ec- co che verrebbe appunto diminuita ed eliminata la resistenza ap- portata dalle viti americane nell’inerocio. Ma possiamo fare anche una altra considerazione. Si tratta di ibridi portainnesto, innestati con varietà locali. È nota l’influen- za del soggetto sull’innesto, ma non si può negare : vcora l’influ- enza dell’innesto sul soggetto. Sono questioni ancora voco studia- re, tuttavia esistono già molti fatti che le provano. Ora, può esse- re ammissibile che quando trattasi di due forme, una iaia ed u- na straniera, manifesti maggiore influenza la locale sulla stra- niera ; ad esempio, se il soggetto appartiene a varietà locale e Viaggia a varietà straniera, facilmente il soggetto manifesterà la sua influenza sull’innesto : ma se, viceversa, il soggetto appartie- ne a varietà straniera e l’innesto a varietà locale, allora si avrà il contrario, cioè l’innesto manifesterà la sua influenza sul soggetto. 222 Quest'ultimo caso sarà meno apprezzabile, ricercando noi le mi- gliori qualità nel prodotto dell’ìnnesto e poco curandoci del sogget- to, ma. potremo rilevarne le conseguenze quando, come nel caso delle viti, anche al soggetto domandiamo particolari prerogative di resistenza etc. A questo riguardo può prestarsi ancora la boni dell’acidità dei succhi: con questa teoria si ritiene che le viti americane, pre- sentando un più alto grado di acidità, riescano disgustose alla fil- lossera, perciò dei loro ibridi si sarebbero allevati e diffusi solo quelli aventi una acidità sufficiente. Ma, dopo investati, con inne- sti ad acidità debolissima, può darsi benissimo che questi, come locali, abbiano comunicato le loro qualita al soggetto, riuscendo a diminuire in esso la primitiva acidità : conseguenza evidente sa- rebbe stato il loro attuale deperimento. Queste sono ipotesi, ed occorrono esperienze in proposito : ma se non possiamo accettare alla leggera tali conclusioni, non pos- siamo neppure con serietà escluderle. Perciò, se verranno confer- mate, si dovrebbe abolire la pratica degli innesti sopra ibridi, pre- ferendosi piuttosto quelli sopra americane puro sangue, a meno che non si riesca a selezionare qualche portainnesto così vigoroso da potere resistere a qualsiasi influenza dannosa dell’innesto. ala La forzatura delle pianto ornamentali. — In questi ultimi ‘anni gli orticultori del sud della Francia e dell’Algeria hanno in- cominciato ad applicare in grande alceani nuovi processi per anti- cipare la vegetazione e la fioritura di molte piante : lo scopo prin- cipale è quello di avere fiori da esportare per il Natale, ma ‘questi stessi metodi possono riuscire utili altresì per altri scopi, special- mente per fare entrare con sollecitudine in vegetazione piante di sviluppo tardivo; quindi interessa anche da noi il conoscere come colà si pratica. Il processo ora piu diffuso, e A stesso tempo più economi- co, è quello dell’acqua calda, e si pratica specialmente per i Lil- la, le Azalee, e per la maggior parte degli arbusti a fioritura pri- maverile. Consiste nell’immergere tutte le parti aeree della pian- ta, fino alla base, escluse le radici, in acqua mantenuta alla tem- peratura costante da 35 a 40 Centigradi, e tenerli in tale immer- sione da otto a sedici ore, secondo la forza della pianta, procu- rando che durante tale periodo, la temperatura dell’acqua non al- menti nè diminuisca : infatti una ssa più bassa non @- x | 223 vrebbe alcun effetto sullo sviluppo delle gemme, mentre una tem- peratura più alta potrebbe danneggiare le gemme stesse, facendo- le abortire. Tolte le piante dall’acqua, vanno riposte per qualche giorno in una serra calda, tenendole riparate dalla troppa luce, poi quando la vegetazione è bene avviata si possono passare gradata - mente in una serra più temperata. Fatta subire questa operazione ai Lilla verso la fine di Novembre, si hanno in piena fioritura per Natale. Così pure si possono ottenere fioriture precoci operando nello stesso modo con le varietà ornamentali di Prunus, con le G/y- cine, con il Viburnun Opulus, con il Cytisus Laburnum, con Forsythia, con le Magnolia a foglie caduche. Anche le Azalee se ne avvantaggiano e così pure molte varietà di osa. n altro processo di forzatura è quello dell’eterizzazione, u- sata pure per i Lilla e per molti altri arbusti da fiori. Consiste nel collocare le piante che si vogliono forzare in grandi casse od altri recipienti ermeticamente chiusi: nel coperchio si pratica una apertura, da potere parimenti a suo tempo rinchiudere completa- mente, sotto questa apertura si sospende un recipiente aperto, o piattello, destinato a ricevere l’etere, contenente cotone per facili- tarne l’evaporazione. Collocate le piante nella cassa e racchiusa questa con mastice, si versa, dall’apertura del coperchio, l’etere nella proporzione di 500 grammi per metro cubo di capacità della stessa cassa. In tale operazione occorre evitare di avvicinare alla cassa oggetti accesi, essendo l’etere infiammabile. Chiusa quindi totalmente la cassa, si lasciano le piante, in tal modo esposte al- l’azione dell’etere, per 48 ore, poi si tolgono accuratamente e ri- poste in terra, se ne continua la forzatura nel solito modo. Tanto con il processo dell’acqua calda, quanto con quello del- l’etere, le piante entrano prontamente in vegetazione, e questa è di molto accelerata, avendosi la fioritura circa un mese dopo l’e- poca in cui ana l’operazione. nche in Sicilia si tentassero questi processi, la cui spesa é Sara operando con grandi quantità di piante, si potrebbero ottenere numerosi fiori durante la stagione invernale, che sarebbe facile esportare a condizioni vantaggiose nelle regioni nordiche: se l'Algeria ne manda in quantità, anche la Sicilia potrebbe entrare in concorrenza; tanto più che ha il vantaggio, su quella regione, di trovarsi collegata con reti ferroviarie ai primarii centri europei. . itengo poi che tali processi si potrebbero applicare anche ad altre piante, oltre a quelle da fiori. Ad esempio potrebbero avvan- taggiarsene certi piccoli arbusti da frutto, come alcune varietà nane di peschi, per ottenerne una fioritura ed una fruttificazione precoce : forse anche certe varietà di viti producenti buone uve da tavola etc. Ritengo altresì che con tali metodi sarebbe facile ottenere una precoce entrata in vegetazione dei Cotoni arborescenti, che in Sicilia si mostrano molto tardivi, e così anticiparne la produzione. * R_* Le Ruggini dei Cereali. — Una delle infezioni che più te- mono gli agricoltori, nelle colture dei cereali, e specialmente del frumento, è quella delle ruggini, causate, come è noto, dalle ge- nerazioni uredosporiche di alcune specie di /wccinia. Sovente queste infezioni acquistano una intensità tale da compromettere l’intero raccolto. Come per tutte le malattie causate da fungilli, il loro sviluppo è più vigoroso e la loro diffusione più rapida nelle località umide, poco soleggiate, massime se vi concorre ancora, per nebbie o per frequenti pioggie, una soverchia umidità atmosferica. Siccome questi parassiti presentano il raro fenomeno dell’ete- roicismo, cioè la loro vita è legata a due piante ospiti diverse, ad esempio per la Puccinia graminis al frumento ed al Berberis vulgaris, si è insistito sulla necessità di allontanare, dalle colture di cereali, la seconda pianta ospite, per evitare la diffusione del- l’infezione da questa al cereale coltivato. E ciò può essere di vantaggio, ma sovente non è sufficiente, massime nei paesi caldi, ove il parassita può “Sn a lungo nella sola forma uredosporica. Si è però osservato in diverse regioni, che alcune varietà di frumento sono più resistenti all’infezione, mentre altre lo sono molto meno: si è quindi pensato di introdurre le varietà più re- sistenti dalle regioni ove furono osservate in quelle ove fanno di- fetto. Sfortunatamente non se ne ebbe alcun vantaggio. Ad esempio i frumenti dell'America del Nord, resistentissimi alla ruggine, in- trodotti nelle nostre regioni, sono fortemente attaccati come i no- stri, se non più. Si è pure notato che la stona va di pari passo con la du- rezza dei rispettivi frumenti : così i frumenti duri, a molto glutine ed a scarso amido, sono molto resistenti alla ruggine, mentre. quelli teneri, a nuoto amido ed a scarso glutine, lo sono molto meno. Ad esempio in Sicilia il Rea/forte, frumento duro, offre un buon grado di resistenza, mentre la Biancuecia, frumento tenero, ne viene deplorevolmente attaccato. Si è tentato a questo proposito di ottenere ibridi fra frumenti duri, resistenti, e frumenti teneri, Vai 226 non resistenti, per vedere di accoppiare in una sola varietà la re- sistenza dei primi con la ricchezza in amido dei secondi. Ma il risultato fu quasi nullo, imperocchè si è constatato che la resiì- stenza alla ruggine si comporta come carattere mendeliano reces- sivo, ed alla seconda generazione, con la disgiunzione dei caratteri, resta appena il 25- per cento di individui resistenti. Migliori risultati si sono avuti con la selezione » purchè ese- guita nello stesso ambiente per il quale si desiderano avere va- rietà più resistenti. Intatti in ogni coltura, fra le miglìaia di in- dividui fortemente attaccati dalla ruggine, se ne nota alcuno im- mune 0 quasi: occorre quindi isolarlo, e, riprodotto con il metodo pedigree , se ne potrà ottenere una razza locale, abbastanza re- sistente Ma pare che si possa anche in qualche modo favorire questa resistenza, e di ciò ne tratta il CoMmES: secondo tale autore la re- sistenza dei cereali alla ruggine è in rapporto diretto all’ acidità dei loro succhi: quanto più questi sono acidi, tanto maggiormente costituiscono un substrato sfavorevole allo sviluppo delle ruggini. Ora l’acidità può essere aumentata o diminuita mediante opportune concimazioni : infatti la somministrazione abbondante di letame, massime in terre calde, accompagnata da qualche irrigazione, ta diminuire fortemente i naturale acidità dei succhi vegetali , ren- dendo le piante più facili ad essere invase dai. parassiti. In certi casi fu notato che l’aggiunta di solfato ferroso, in virtà dell’acido solforico che sprigiona, può neutralizzare le soluzioni alcaline as- sorbite dalle radici, e così rendere più sensibile l’acidità dei succhi. In seguito a queste considerazioni, il COMES conclude che per man- tenere la maggiore acidità nei as vegetali, al fine di renderli più resistenti alle insidie dell'ambiente e dei parassiti, e per con- servare nel terreno una relativa fertilità, mentre occorre escludere ogni concimazione azotata, bisogna invece ricorrere a quella fosfa- tica e specialmente perfosfatica. In tal modo, anche per i cereali, sì avrà una maggicre resistenza alle ruggini, la quale resistenza potrà anche essere resa più costante con opportune selezioni. Resta tuttavia ancora a studiarsi la formula di concimazione più adatta, dal lato del tornaconto, che possa conciliare la diminuita produ- zione, dipendente dall’esclusione dei concimi azotati, specialmente lel letame, con la maggiore produzione dovuta allo scarso sviluppo della ruggine : in pari tempo si dovrà studiare fino a qual punto la esclusione dei concimi azotati può apportare varianti nella De: porzioni di amido e di glutine nei semi. ogni modo pare'che realmente si possa lottare con offiazia contro le ruggini dei cereali. 226 ala La germinazione dei semi duri. — È noto che in diverse piante, massime Leguminose, un buon numero di semi, quantunque posti nelle migliori condizioni per germinare , resistono anche per anni senza presentare segno alcuno di germinabilità. Questi semi furono detti duri e diversi autori si sono studiati per renderne più pronta e più regolare la germinazione. Trattasi sempre di semi forniti di involucri assai compatti, presentanti cellule malpighiane con annessa linea lucida : questi involucri oppongono un ostacolo troppo forte alla penetrazione dell’ acqua, per cui 1’ embrione non può ridestarsi. Già il NoBBE aveva posto in evidenza come basti una lieve lesione negli involucri, la quale arrivi fino alla linea lucida, per far subito germinare qualsiasi seme duro, e l’IPPoOLITO, adoperando soluzioni colorate, aveva constatato che l’ostacolo alla penetrazione dell’acqua è appunto costitnito dalla zona ove trovasi la linea lu- cida, Perciò dapprima il TopARO, poi lo ZIMMERMANN, ed in se- guito altri, pensarono di utilizzare qualche energico reagente che potesse intaccare gli involucri seminali e così render facile l’ac- cesso dell’acqua. agente prescelto fu l’acido solforico concentrato ed i risul- tati ottenuti furono assai buoni, imperocchè molti semi, trattati per qualche ora con l’acido solforico, mostrarono una prontezza ed una regolarità meravigliosa di germinazione. Esperienze decisive al proposito furono lo scorso anno eseguite in America da Love CLYDE e LercHTY ed in Italia dal BIANCHI. In questa pratica si volle riconoscere un fenomeno di natura unicamente chimica : infatti si ritiene .che nelle cellule malpighiane degli involucri seminali la regione costituente la linea lucida sia formata di lignina mentre la regione più interna sia di cellulosa tipicamente pura: ora l’acido solforico concentrato discioglie la lignina, mentre lascia intatta la cellulosa, ed in tal modo viene tolto l'ostacolo alla penetrazione dell’acqua, Però il GoLA recente- mente ha supposto che si debba spiegarsi piuttosto per una intensa disidratazione del tegumento , paragonandosi l’ azione tura, per cui le malpighiane riescono a compiere movimenti igro- © scopici tali da vincere le resistenze che le tenevano immobili, con- seguendo in tal modo una facile penetrazione dell’acqua. A con- gara 227 fermare questa supposizione giungono gli studii del VERSCHAFFELT, pubblicati ora nel Recueil des travaour botaniques Neerlandais. Egli per ottenere la. pronta germinazione dei semi ad imbibizione tardiva usò una immersione per due a tre ore nell’alcool etilico assoluto a 90 gradi, ottenendo con grande rapidità la germinazio- ne dei semi trattati. Una serie di minuziose esperienze gli permi- sero di concludere che l’azione dell’alcool non consiste affatto, co- me si sarebbe potuto supporre, nell’estrazione di qualche sostanza che rendesse impermeabili gli integumenti seminali. Consiste in- vece nella facilità che presenta l’alcool a penetrare attraverso i ca- nalicoli stessi: ma quando sono riempiti di alcool, se vi si aggiunge acqua, questa non incontra più difficoltà, e per diffusione imbeve successivamente tutto il resto del seme , promuovendone così la germinazione. Queste conoscenze sono importanti anche per la pratica agra- ria, potendosi, massime con, il trattamento all’alcool (meno perico- loso di quello all’acido solforico), ottenere una regolare germinazione di quei semi offrenti un’alta percentualità di semi duri ovvero di tardiva imbibizione. Ciò dicasi specialmente per i semi delle di- verse specie di Acacia, fornitrici di tannino, la cui germinazione è oltremodo irregolare. «a Le concimazioni ed i microbi del terreno. — Il Professore C. Lumia, in una serie di pubblicazioni, va svolgendo delle idee affatto nuove riguardo alla vera azione che avrebbero le con- cimazioni rispetto al terreno ed alla vegetazione. Secondo tale au- tore le materie fertilizzanti che si portano nel terreno, più che giovare direttamente alle piante coltivate, influiscono sullo svilup- po dei microrganismi del terreno, la cui attività può poi tornare di grande aiuto alle piante stesse. Egli giunge alle seguenti conclu- sioni : °, I concimi minerali, fosfatici, polti. calcarei ete., ed A cune ira organiche ternarie (carboidrati) esercitano un’azione diretta sui microbi del terreno, dei quali favoriscono lo sviluppo. 2°. I concimi minerali sopra indicati possono essere in parte utilizzati direttamente dalle piante na coltivate (pian- te da reddito) ; ma una più ampia e complessa azione viene da essi doglie a vantaggio delle ta suddette, dopo il loro passaggio attraverso l’organismo dei microbi terricoli, i quali riescono utili alle piante superiori non solo con i prodotti della loro decomposizione, ma anche con le loro specifiche funzioni, quali la fissazione dell’azoto libero, la produzione di ammoniaca, 228 di acido nitroso e nitrico, la produzione di acido carbonico, la so- lubilizzazione del fosforo etc. i concimi azotati, fosfatici , calcarei, occorre aggiungere un altro gruppo di materie concimanti, i concimi carbomnici ternarii, con azione diretta sui tini terricoli e indiretta sulle piante da reddito. °, La concimazione nitrica, da eseguirsi con tutte le cau- tele che scienza e pratica insegnano, ha ragione di essere, quando rivelasi insufficiente, pei fini da raggiungere, la produzione micro- bica dei nitrati: ed essa è quindi la base della coltura intensiva e srt sfruttamento del suol con la cerealicoltura. . La concimazione ammoniacale stimola lo sviluppo batteri- co, e con esso la solubilizzazione dei fosfati insolubili. E così si spiega perchè i nitrati esplicano la loro azione anche in assenza di sostanze minerali, mentre debole è l’azione dei sali ammonici in assenza dei concimi minerali. Solamènte le reazioni chimiche che producono i sali ammoniacali in terreni di speciale costituzione fisica possono determinare un’azione diversa da quella indicata e quindi un esito sfavorevole. 6°. L’azoto del terreno si deve distinguere in nitrico, ammo- niacale, organico ed organizzato : ed analogamente, il fosforo del terreno devesi distinguere in minerale, organico ed organizzato ; avvertendosi che l’azoto organico ed organizzato, il fosforo organico ed organizzato, non obbediscono alle leggi del potere assorbente del terreno e riescono perciò meccanicamente diffusibili. 7°. Il coefficiente assimilatorio, rappresentato in maniera tan- gibile dalla quantità di elementi utili che annualmente vengono a liquidarsi, é la risultante di molte cause, fra le quali sarebbe er- rore il trascurare l’attività microrganica. 8°. Gli esperimenti di concimazione devono prestabilirsi, te- nendo nel debito conto i principii della nuova teoria bio-chimica ; e gli stessi principii vanno tenuti presenti per l’esatta interpreta- zione dei risultati di essi. È da augurarsi si promuovano ulteriori ricerche in proposito, trattandosi di una questione importante per la scienza e per la pratica agraria. * * * La coltura della Canna da Zuechero in a L’annunzio della costituzione di un sindacato in Francia per la coltura della 229 Canna da Zucchero in Provenza, con inizio di colture esperimen- tali a Marsiglia ed a Hyéres, fa risorgere la questione della pos- sibilità di coltivare industrialmente la Canna da Zucchero in Eu- ropa. Fin qui la Canna da Zucchero era considerata come una pro- duzione esclusiva dei paesi tropicali, ritenendosi che nei paesi tem- perati le sole Barbabietole potessero dare zucchero, e la proposta di farne colture in Francia può sembrare temeraria : tuttavia ab- biamo dei precedenti storici che giova ricordare, perchè general- mente dimenticati. Il richiamo inoltre della Canna da Zucchero nelle nostre regioni può essere giustificato ed opportuno nel mo- mento attuale, dacchè la Convenzione di Bruxelles, abolendo i premii di esportazione e di protezione sullo zucchero di Barbabie- tola, e sui macchinarii atti alla lavorazione di quello, ha fatto ca- dere lo stesso zucchero di Barbabietola in uno stato di inferiorità rispetto a quello di Canna. La Canna da Zucchero (Saccharum officinarum) è originaria delle regioni modicamente calde delle Indie Orientali, ed il mondo | greco-romano non ne ebbe che una confusa conoscenza: ne parlano vagamente Trorrasto, STRABONE, Marco VARRONE, SENECA : più espliciti sono DroscorIDE, PLINIO , GALENO, SoLiNno, PaoLO EGiNETA. Per tutti questi autori lo zucchero, piuttosto che un ali- . mento, era considerato come un vga di cui si potevano ot- tenere piccole quantità a caro urono gli Arabi che dalle Indie portarono la Canna da zuc- chero, nel Medio Evo, dapprima in Egitto, poi in Sicilia e nella Spagna meridionale, facendone conoscere il prodotto e rendendolo di uso comune: dappoi, come è noto, passò a Madera, nelle Ca- narie e finalmente nell’ America calda, ove la sua coltura si dif- fuse rapidamente. ondo antichi documenti , l’ introduzione della Canna da Zucchero in Sicilia avvenne verso l’ ottavo 0 nono secolo, ed è sorprendente come vi si adattasse subito, sì da poter venire col- tivata estesamente e con profitto. Gli Arabi chiam»vano lo zuc- chero Sakkar ed ancora, a quanto pare, Cassar (come _li egiziani): anzi questo ultimo nome persiste in alcune località di Sicilia : in seguito troviamo in Sicilia questa pianta distinta con il nome di Cannamele: i trappeti, di forma speciale, in cui lavoravasi lo zuc- chero, detti dagli arabi Mahassar, in seguito ricevevano il nome di Trappetazzi, nome che pure tuttora persiste in diverse località di Sicilia, a conferma delle antiche fabbriche di zucchero di canna che vi esistevano. Ratndio; nel secolo annie il Conte Rucerero scacciò gli + 230 arabi dalla Sicilia, la produzione dello zucchero vi era abbondante, sì che il nuovo conquistatore credette opportuno mettervi una im- sta. Questa imposta fu confermata dall’ Imperatore FEDERICO , segno dell’importanza che occupava questo articolo come produzione locale. Anche sotto il Re GuGLIELMO II, diversi documenti ricor- dano lo zucchero, come pure sotto il Re MARTINO e l’infante GIo- VANNI. La produzione, che pareva per un istante in decadenza, si accrebbe di. nuovo sotto ALFonso il Magnanimo, come risulta dai registri doganali dell’epoca, e gareggiava con quella del frumento, che occupava quasi tutta l’isola. La fama dello zucchero di Sicilia era tale che verso il 1420 il principe reggente di Portogallo , ENRICO, ne domandò al governo di Sicilia piante per introdurle a Madera. L'Imperatore CarLo V poi dispose speciali privilegi per i lavoratori dello zucchero in Sicilia, impedendo che fossero di- sturbati da procedimenti giudiziari, durante il periodo in cui ve- niva lavorato lo zucchero. La lavorazione dello zucchero in Sicilia era molto primitiva , ma tuttavia assai complicata. Piacemi riferire la descrizione che ne fa un autore, che nel 1550 visitò la Sicilia : « Vicino a Palermo, sei miglia, evvi una bella, vaga e dilet- « tosa pianura, ornata di vigne e di campi fertili, ed ameni, ed «abbondanti massimamente da canne, dagli abitanti del paese « dette cannamele, delle quali si tragge lo zucchero ; sono ancora «in questa pianura alti edifizi chiamati Trappeti, nei quali si fa « congelare lo zucchero. Ed entrando alcuno in questi, gli pare «di entrare nelle fucine di Vulcano ; tanto vi si veggion grandi e « continui fuochi per li quali si ani e si raffina lo zucchero; e « sono gli uomini, che quivi si affaticano, si affumicati, lordi, suc- « cidi, ed arsicci, che assomigliano a demoni, anzicchè uomini. « Ora dirò brevemente per quei, che vaghi sono di sapere, come «lo zucchero si tragga e si congeli. Veggonsi adunque molti uo- « mini li quali tagliano in pezzi le canne già dette, che comune- « mente sono lunghe da due a tre piedi, e grosse circa al piè di . «un oncia, e con molti nodi da due in tre once, l’ uno dall’altro « discosto. Ed hanno la scorza dura come le altre canne, ma co- « perta; sono polpose di dentro come di Melica , e quivi sta na- « scosto il dolce liquore ; tagliate in pezzi queste canne, conser- «vano le cime-di quelle, e nel letame le conservano, ove mettono « le radici, le quali alla primavera poi trasportano, e piantano in « terra. E queste crescono, e producono delle altre canne di zuc- « chero, ma per tre anni solamente, e non più fanno frutto. Onde « bisogna ogni tre anni rinnovarle, tenendo il modo, che si è detto. 231 « Quei pezzi tagliati si spremono con torchio nei sacchi, e ne esce « è portato alla caldaia sotto la quale sempre è gran fuoco, e tanto « è lasciato, che, da chi ne ha cura, è giudicato esser cotto. Poi infuso nei vasi, ove si congela; e quando il vogliono bene af- « finare, il cuocono tre fiate, avendone prima colla bocca loro e- « stratto il liquore imperfetto e questo nel vero è grande artifizio, «e grande spesa. Onde mi dicevano quegli artefici, che il cittadino, « che teneva quel trappeto, spendeva cinque mila ducati. Sono an- « cora molti altri trappeti in questi contorni ». Aggiungiamo che verso il luogo dove doveva esistere la fab- brica visitata dall’antore, cioè oltre Romagnolo presso Palermo, si 0s- servano ancora, nella roccia presso al mare, gli incavi lasciati dal- l’estrazione delle grandi macine usate per lavorare lo zucchero. a documenti poi dell’epoca si rileva che i diversi individui, addetti alla lavorazione dello zucchero, ricevevano i seguenti nomi : tagliatores, infantes plancae, insaccatores, lavator saccorum, infan- tes ignis, fucalores etc Quanta differenza dalle officine moderne ! Ma ben presto la produzione dello zucchero in Sicilia andò declinando, si che FiLiPPo II dovette procurare di sostenerla con leggi speciali. La causa di questo deperimento fu l’ invasione sui mercati dello zucchero delle colonie americane, contro il quale la produzione locale non potè sostenere la concorrenza. Infatti i nuovi territorii, vergini di ogni coltura, si prestavano mirabilmente a tale coltivazione, e con la schiavitù e le tratta dei negri, il costo della lavorazione diveniva colà irrisorio. Si tentò dapprima in Si- cilia, nel 1684, di imporre un dazio doganale sullo zucchero stra- niero, e questo fu raddoppiato nel 1732, ma tutto fu inutile. I coltivatori abbandonarono l’uno dopo l’altro la Canna da zucchero, dandosi ad altre industrie. Circa verso la metà del secolo decimot- tavo nella sola fattoria dei Duchi di Monteleone si continuava a lavorare zucchero, più per diletto che per vera industria ; anche attualmente si cela in Sicilia qualche pianta di Canna da zue- chero, ultimi resti delle antiche piantagioni, come ad Avola, nel Comiso , in Spaccaforno e vicinanze, ma per puro diletto , senza alcuno scopo industriale. Quando in Sicilia fioriva la coltura dello zucchero, si ebbe anche in Francia un tentativo di acclimatare la detta Canna. Ciò fu a Hyeres nel 1524 per desiderio di CATERINA DE MEDICI : dap- prima ebbe esito poco buono, ascrivendosi, da documenti dell’e- poca, la mala riuscita a mancanza di irrigazione ed a mancanza di I De . 232 concimi: nel 1574 tale coltivazione fu ripresa ad Avignone, otte- nendosi alfine una certa quantità di zucchero, ma si trovò che le spese erano eccessive in proporzione al prodotto , si che la cosa non ebbe altro seguito. Però, quello che forse tutti ETRE , si è che anche attual- mente esistono in Europa floride piantagioni di Canna da Zucchero. Queste sono in Ispagna, nel Sud dell’Andalusia, lungo la costa di Almeria fino a Gibilterra, specialmente a Matril, Salabrena, Ma- laga, San Pedro Alcantara etc. In tali località si hanno circa quin- dici importanti officine che lavorano la Canna da Zucchero cre- sciuta sul luogo, con una produzione annua in media di venticinque mila tonnellate di zucchero. Queste colture risalgono ‘forse all’e- poca araba, ma certamente furono ampliate o rinnovate nel 1682, quando il Governo di Spagna chiese ed ottenne dal Governo di Sicilia tremila radici di Canna da zucchero, come risulta da docu- menti di quell’epoca. Così, mentre in Sicilia la coltura della Canna a zucchero andava deperendo, nè poteva sost-nere la concorrenza. straniera, in Ispagna si andava rafforzando, e, forse perchè le mag- giori colonie americane erano casa dalla Spagna , resisteva, riuscendo a persistere fino ad o Questi precedenti storici ci Sera come la Canna da Zuc- chero può adattarsi, forse meglio di altre piante, a regioni relati- vamente temperate, e può ancora darvi prodotto. Però resta la questione della convenienza di tali colture in confronto a quelle dei paesi caldi. Questa convenienza dipende da tante circostanze che si possono valutare solo localmente: intanto devesi rilevare che nelle antiche colonie i terreni che si prestavano alla coltura della Canna da Zucchero sono esauriti, quindi la produzione è in continua diminuzione: inoltre, con l’ abolizione della schiavitù, la mano d’opera ha colà subito un aumento considerevole, per cui la convenienza di coltura è di molto cambiata. Ne deriva che, dive- nendo la esportazione più gravosa, anche per i relativi dazii pro- tettivi, ciascun paese cerca di assicurarsi la produzione dello zuc- chero sul proprio territorio, in quantità sufficiente al consumo lo- cale. Per questo non può parere esagerato 1’ ammettere che anche da noi possa esservi }’ opportunità di iniziare qualche coltura di Canna da Zucchero. Il segreto però per riuscirvi dovrà esser quello di saper scegliere qualche varietà sufficientemente produttiva e ben resistente nelle regioni temperate. Infatti sopra parecchie centinaia di varietà di Canne da Zucchero, che si conoscono, alcune impie- gano un tempo maggiore; fino a 18 mesi e più, per giungere @ maturità, mentre altre vi arrivano molto prima, cioè in 10 ad 11 233 mesì : quest'ultime sono le preferibili per i nostri paesi, e, volen- dosi qui fare tentativi di coltura, con qualche speranza di riuscita, sarebbe opportuno ricercare le varietà già acclimatate , fino dai tempi arabi, della Sicilia e specialmente di Spagna. Ora che nell’Italia meridionale, nelle Calabrie, in Sicilia, con i nuovi lavori di rimboschimento , con la costituzione di bacini montani, con lo sbarramento di importanti corsi d’acqua, si rende possibile la irrigazione e la messa in coltura di estese plaghe, quasi abbandonate, forse anche la Canna da Zucchero è destinata a tenere un posto Lygnua nelle novelle colture, e non è esa- gerato il dire che vi è speranza di tornare ad ottenere zucchero indigeno, di vera Canna, come nei remoti tempi di dominazione araba. G. E. MATTEI. ran Bholtsnanniinoni illietlMaatiho int tri ctr inizi sbatti signi stata valli SILA stante Ro ii niet Le Sgr "mp grin "riga ti "ppi tgp goin vas le MMtf{pantggpri {pro AMagaraggginggnin PMgpPafmiataginte ssi ttt ag pat gigi dgr LV ANITRETE 00 ARIDO $$. SOUS de TRIS $$ GO 0 TIIOID Sc AMIN GIOTTO 4 ADE PMR IT +1 Aggiunte alla Flora Libica In un lavoro, di imminente pubblicazione , oltre ad uno stu- dio particolareggiato sull’influenza che le speciali condizioni di suo- lo e di clima della Libia esercitarono sopra la vegetazione, impri- mendole speciali caratteristiche, diamo l’elenco di quasi cinquecen- to specie o varietà di piante indigene di Libia, pervenute al no- stro Istituto e Giardino Coloniale L’Orto Botanico di Palermo infatti trovavasi già da tempo in grado di intraprendere studii sulla vegetazione dell’Africa set- tentrionale : i ricchi erbarii che possiede contengono collezioni as- sai preziose ; da quelle antiche del SamaRrITANI, dello SCHIMPER, del KorscHy, del No£, del FIGARI, a quelle più moderne del KRA- LIK, del LerOURNEUX e di altri per l’Egitto e l'Arabia : le colle- zioni di SIEBER, di REVvERCHON, di BaLpACcCI per Creta, quelle i SYNTENIS per Cipro. Hana poi sono le collezioni di piante dell'Algeria, fra cui citiamo quelle di BATTANDIER, di Cosson, di DeBEAUX, di GANDOGER, di LETOURNEUX, di BaLANSA, di TRA- BUT etc. etc, Dalla Tunisia si hanno le collezioni assai complete del MuRrBECK, del PrrARD etc. Si aggiunga infine che questo I- stituto possiede ancora le collezioni del RUAMER, di Cirenaica, spe- cialmente importanti, imperocché furono illustrate da DURAND e BARRATTE nel loro Florae Libycae Prodromus. Non si dimenti- chi poi l’Erbario Siculo, quasi al completo, comprendente le col- lezioni del Tixeo, del Gussone, del GASPARRINI, del BIvoNA, 235 del Minà PaLUMBO, del CALCARA e di quasi tutti gli altri botani - ci che esplorano la Sicilia : a queste si sono aggiunte le collezio- ni fatte dal SomMIER nelle Isole Pelagie. A lato di queste colle - zioni si ha la Biblioteca floristica posseduta da questo Istituto, che é quasi al completo per quanto riguarda le flore e le monografie della regione mediterranea e dell’intera Africa. Con tanto materiale di studio e di confronto era facile proce- dere ad una completa revisione della Flora Libica. Perciò, appe- na avvenuta la conquista italiana, fu nostra cura di procedere ad uno studio il più completo possibile di quella Flora, cercando di ottenerne numerose essiccata, eseguendo apposite escursioni nella Li- bia stessa, ed incaricando appositi raccoglitori che colà si recavano. Già uno di noi (Borzi) in una esplorazione, assieme al Dot- tor SIRENA, attraverso tutti i territori appena occupati, poté fare importanti raccolte. Poi parecchi ufflciali combattenti ed altri volente- rosi, da noi interessati, ci mandarono copiosi invii di materiale bo - tanico : fra questi siamo lieti di segnalare i tenenti SEGHETTI, Bi-. ‘ SBINI ed il capitano LicastRO ; altre piante ci inviò il Signor DI FeRrRO ed altre pure ci furono donate dal Comm. VaRrvaRro. Ma coloro che contribuirono maggiormente ad aumentare ed a comple- tare le nostre raccolte furono il Signor CROcIVERA, che, avendo posto sede a Tarhuna, raccolse in abbondanza le piante di quella località, fin qui sconosciuta ai botanici, ed il Colonnello ABATINO, il quale, mentre gloriosamente combatteva alla conquista del Ga- rian, trovava modo di strappare le più rare piante al suolo che vedeva per la prima volta sventolare il vessillo italiano. A tutti, che in modo così valido contribuirono a rendere più complete le conoscenze idee della Libia, vadino i migliori nostri. ringra- ziamenti. ln tal modo siamo venuti in possesso di circa 500 specie, in massima parte rappresentate da numerosi saggi, di diverse prove- nienze. Queste raccolte spostano in modo sensibile i dati statisti- ci che precedentemente si avevano relativi alla flora Libica. In- fatti, se per la Cirenaica le nostre aggiunte sono poco numerose, per la Tripolitania sono veramente importanti, venendo ad aggiun- gervi ben 120 entità nuove. Così la flora della Tripolitania pro- priamente detta, risultata di 619 specie dal censimento di DURAND e BARRATTE, salita a 708 specie con le aggiunte di BEGUINOT, VACCARI, NANNIZZI, TROTTER, CHIOVENDA ed altri autori, viene a risultare di 828 specie (o meglio entità) con queste nostre ag- giunte. E crediamo che questa cifra verrà di poco ica eso con le successive esplorazioni. Rimandando l’elenco completo di tutte queste specie, con le relative note illustrative, alla soprannunziata nostra pubblicazione, ci limitiamo a dare per ora alcuni elenchi delle pr be novità floristiche in essa comprese. A. — Specie rare già note in Libia. Andryala spartioides, PoMEL. Apteranthes europaea, MURBECK, Arum cyrenaicum, HruBy Athamanta Della Cellae, AscHeERs. Atractylis serratuloides, S1EB. Biarum Oliveri, BLUM. Centaurea contracta, Vivian. Chrozophora verbascifolia, Juss Colchicum Ritchii, R. BR. Cyclamen Rohlfsianum, Ascuers. Dactyloctenium aegyptium, WiLLD. Erodium guttatum, L’HERIT Erythrostictus punctatus, SCHLECHT. Helianthemum salicifolium, Pers. Onosma cyrenaica, DuraNnD et BaRrRAT. Rhaponticum acaule, D. C. Thapsia Sylphium, Vivian. Varthemia candicans, Borss, Viola scorpiuroides, Coss. B. — Specie nuove per la Tripolitania. Aizoon hispanicum, L. Alsine tenuifolia, CraNTZ. Anthemis Cotula, L. Anthemis rotata, Borss. Biscutella apula, L. Carduncellus eriocephalus, Boss. ‘arduus Gaetulus, POMEL. Caucalis leptophylla, L. Cynoglossum cheirifolium, L. Echinops cyrenaicus, DURAND et BARRATT. 237 Equisetum ramosissimum, L. Erodium cicutarium, L’HERIT. Foeniculum capillaceum, GILIB. Geranium tuberosum, L. Helianthemum aegyptiacum, Min. Leontice Leontopetalum, L. Lithospermum apulum, VAHL. Malcolmia africana, R. BR. Micropus supinus, L. Ophrys speculum, LInN. Phagnalon graecum, Borss. Poa bulbosa, Poterium spinosum, L. Rumer conglomeratus, MURR. Salvia clandestina, L. Tetragonolobus purpureus, MOENCH. Umbilicus intermedius, Boiss. Vulpia inops, HAECHEL C. — Specie nuove per la Libia. Adonis flammea, JAcQ. Alyssum granatense, Borss. et REUT. Anacyclus valentinus, Artemisia glutinosa, J. Gav. Ballota nigra, L Bellis microcephala, LaxG. Biscutella ciliata, D. C Callipeltis Cucullaria, StEv. Carduncellus pinnatus, D. C. Cerastium dichotomum, L. Cerastium siculum, Guss. Chrysanthemum Clausonis, BATTAND. Li TRAB. Colchicum autumnale, L Ctenopsis Pectinella, DE Nor. Daucus muricatus, L. Echinaria capitata, Desr. Echium longifolium, DELIL. (1). (1) Specie già raccolta e distribuita dal RuBMER, ma non ri- portata da DURAND e BARRATTE. 238 Elaeagnus hortensis, M. BIEB. Eragrostis megastachya, LINK. Euphorbia serrata, L. Evax argentea, POMEL. Gagea circinnata, Loup. Gnaphalium luteo-album, L. Isatis constricta, Coss. Lasiopogon muscoides, D. C. Medicago secundiflora, DUR. Melitella pusilla, SoMm. Ormenis mixta, D. C. Panicum miliaceum, L. Papaver dubium, L. Papaver obtusifolium, DESF. Paronychia ATC ore Paronychia Kapela, KER Rubia peregrina, L. Rumexr elongatus, Guss, Scabiosa stellata, L. Schinus terebinthifolia, RADD. edum acre, L. Siderites montana, L. Sparganium ramosum, Hups. Spergularia salina, PRESL. Teucrium fruticans, L. Thymus algeriensis, Borss. et REUT, Valerianella discoidea, LorseL. Verbascum sinuatum, L. Veronica agrestis, L. Veronica Buxbauni, Trx. Veronica hederaefolia, L. Vicia cuneata, Guss. ì C. — Nuove specie. paragus erinaceus, —-Robustus, horridus, globoso erinaceus, ramis intricatim intertextis : cladodiis firmibus, crassis, fascicula- tis, abbreviatis, inaequalibus, spinescentibus, angulato - subtereti- ne 6-10 mm. longis, spina apicali valida, c cornea, flavo-rufescen- : floribus solitariis, colore melleo, pedicellis satis validis, flore iù modice incurvis, ad tertium inferiorem articulatis : perigonio sexpartito, laciniis crassiusculis, angustis, lanceolato-li= 239 nearibus, obtusiusculis, fere aequalibus, internis latioribus, urceo- latim conniventibus : staminibus laciniaram duplo brevioribus : o- vario obovoideo, stylo brevissimo. Ciren. Derna (Borzì, Settembre 1912, fl.). Osserv. Entità ascrivibile al ciclo dell’ Aspr. calato. Astragalus libycus.—Acaulis, virescens, basi crasse lignosùs: foliis 15-jugis, foliolis parviusculis, ovato-orbiculatis, retusis, supra glabris, subtus parce pilosis vel omnino glabratis, ciliatis, rhachide patule albo-villoso : stipulis lanceolatis, acutis, longe ciliatis: ra- cemis 3-5-floris, scapo brevi, patule albo-villoso: floribus flavescen- tibus , pedicellis calyce brevioribus : calyce subglabro , dentibus tantum villosis , tubo 4-b-plo brevioribus : ovario stipitato , stylo glabro : legumine calyce subduplo longiore, biloculare , coriaceo , glabro, oblongo-triquetro, carinato , sutura crasse nervosa , in ro- strum subincurvum abeunte, loculis 3-4-spermis : seminibus reni- formibus, sordide luteis. ripol. Ain-Zara (CRocIveERA, Novembre 1912); Suani-Beni- Aden (ABarIno, Febbrajo 1913); Garian a Bu-Gachir (ABATINO, Febbrajo 1913, fl.) ed a Machil (ABaINo, Aprile 1913, fr.). Osserv. Affine ad Astr. alerandrinus, ma tuttavia ben di- stinto Helianthemun garianienum. — Planta valida, elata, ramosa, ra- mis basi lignosis, erectis, junioribus albo-tomentosis foliis majuscu- lis, infimis ellipticis, coeteris elongatis, lanceolatis nel anguste lanceolatis, planis, margine ondulato-denticuiato non revoluto, su- pra rade pilosis, viridibus, subtus parce tomentosis, pallidioribus vel canescentibus, usque ad 40 mm. longis, 3-6 mm. latis: sti- pulis linearibus, folio multo brevioribus: floribus magnis, specio- sis, in sicco intense violaceis, pedicellis calyce aequilongis, de- mum (post anthesin) recurvatis: calyce subvesicatio, sepalis inte- rioribus ad nervos longe hirto - setosis, setulis albidis vel strami- neis. Tripol. Garian a Bu-Gachir, a Bua -Gamas e di LITTA a Monte Tekù (ABaINo, Febbraio-Marzo 1913, Osserv. Specie insigne, collegantesi con PA vesicarium. Ri- corda nell'aspetto il Teucrium fruticans. Ranuneulus garianicus. — Planta firma, adpresse pubescens, non bulbosa, fibris radicalibus fasciculatis, elongatis, valde incrassatis, 240 napulosis, non ovatis: caule parce ramoso, multifloro: foliis ra- dicalibus ternatim decompositis, laciniis oblongo-lineribus. angu- stis, subobtusis, supra viridibus, subtus pilis albidis adpressis pallidioribus : floribas majusculis, sepalis ovatis, dorso pilosis mar- ginato-scariosis, demum reflexis : petalis obovato-rotundatis, intense aureis : filamentis filitormibus, anthera elongata : stylis lateraliter barbatis : carpidiis..... Tripol. Garian ad Assaba ed altrove (ApatIxo, Marzo-Aprile 1913, fl.). Osserv. Specie insigne, che non ci fu possibile studiare più “ completamente, mancando i nostri saggi di frutti maturi. Scilla africana. — Bulbus mediocris, ovoideus, foliis paucis, brevibus, linearibus , acutis , margine dense lanato-ciliatis , apice breviter inflexis, opacis : scapo brevissimo, basi foliaruam maxima parte tecto: fioribus parvis, in racemum device congesti: bracteis lanceolatis, basi dilatatis, subcordato-amplectentibus, ere- cto-adpressis, extus linea viridula notatis: perigonii phyllis lanceo- latis, basi angustatis , acutis, apice calloso - papillosis : filamentis medio. crassioribus, lucidis : ovario elongato, conico, apice in sty- lum brevem attenuato. Osserv. Prossima alla Se. hemisphaerica (= Sc. peruviana) di cui forse è forma vicariante nell’Africa settentrionale. a. eoerulea.— Foliis latiusculis, basi modice attenuatis, mar- gine forte undulato: floribus in racemum hemisphaericum, bracteis angustis, pedicellos brevioribus, membranaceo - hyalinis : pedicellis filiformibus, elongatis, forte patulis, flore triplo quadruplove lon- gioribus: perigonii phyllis intense coeruleis: igngaic pallide coe- ruleis. Tripol. Garian (ABatINo, Marzo 1913, + libyea. — Foliis angustis , basi valde tag margine - haud dive floribus in racemum subconicum , bracteis latiu - sculis, pedicellos multo superantibus, albidis, modice roseo-suffultis: pedicellis crassis, flore vix longioribus , modice patulis : perigonii phyllis albidis, vel potius dilutissime livido-lilacinis : filamentis pallide lilacinis. Tripol. Tarhuna (CROCIvERA, Gennaio 1913, fl.). Thelysia tarhunensis.— Bulbus elongatus, tunicis membrana- ceis permultis, fuscis, superne ultra collum longe productis, tex- turam fungosam modo spongiae circa plantam efformantibus: foliis | 241 4-5, plane disticis, brevibus, ovato-lanceolatis, valde falcato-recur- vis, sensim angustatis; acuminatis, canaliculato - plicatis, margine albo-cartilagineo-ciliatis, subtus intense glaucescentibus , floribus mediocribus, intense violaceis, spathae foliolis elongato-lanceolatis, hyalino-scariosis, ochroleucis: perigonii tubo gracili, spatham duplo superante , laciniis exterioribus satis amplis , oblongo-lanceolatis, basi longe cuneatis, medio latioribus , deinde subpandurato - con- strictis, tertia parte superiori spathulato-rotundatis, patenti-reflexis, superne in medio carina crassa, aurantiaca, instructis: laciniis in- terioribus minimis, erecto-patulis, anguste lineari-spathulatis , cu- spidatis, sublaceris, pallide coerulescentibus vel albidis : stigmati- bus brevioribus quam perigonii segmenta , lineari-lanceolatis , la- ciniis superne lobos duos triangulares acuto - cuspidatos efforman- tibus: ovario obscure trigono. Tripol. Tarhuna (CroctveRA, Gennajo 1913, BH) Osserv. Affine a Thelysia planifolia. Tulipa Abatinoi.—Bulbus mediocris, elongato-ovatus, tunicis membranaceis, castaneis , ultra bulbi apicem longe productis , intus tertio superiori dense et adpresse rufo - lanatis: scapo va-. lido, erecto, subflexuoso, laevi, unifloro, in sicco anguloso - sul- cato , 3-4 decm. alto, superne 2 mm. crasso , parte subterranea ad 12 centm. et ultra longa: foliis ternis, approximatis, parti in- feriori caulis impositis , erecto patentibus , acutis , can iculatis , margine vix ciliolatis, haud undulatis, glabris, glaucis, caule sub- longioribus, imo 80 et ultra centm. longo, 10-15 mm. lato: flore (etiam ante anthesin ?) erecto, 45 mm. longo, intense luteo: peri- gonii phyllis exterioribus dorso viridulo - fusco , margine vinoso - purpureo tinctis, anguste lanceolatis, acuminatis, subplanibus, basi, parce angustata, glabris, ad 10 mm. latis: interioribus dorso carina viridi lineari saepe instructis , late obovato-ellipticis , subacutis, exterioribus longioribus, tertio inferiore abrupte contractis , valde carinato-concavis, basi utrinque dense sericeo-barbatis : staminibus - luteis, subinaequalibus, phyllis 2 12 brevioribus, filamentis appla- natis, lanceolato - subulatis , supra basin valde dilatatis , sericeo- barbatis, antheris post dehiscentiam elliptico-ovatis, brevibus, pol- line flavo: ovario virescente, staminibus vix breviore, anguste am- pullaeforme, ad apicem attenuato, stigmate triangulari non dilatato, lobis parvis, erecto-patulis, canaliculatis, apice ovarii paulo latio- ribus. Tripol. Garian (ABatINo, Marzo 1913, fl.). Osserv. Entità ascrivibile al ciclo della 7°. sylvestris , affine alle 7. fragrans e T. primulina. Siamo lieti di dedicare questa specie al Colonnello T. ABATINO, che per primo la scoperse aurea,— Foliis latioribus, imo 20 - 25 mm. lato : flore vix minore, ad 4 centm. longo, intense aureo, vel aurantiaco : peri- gonii phyllis fere concoloribus, exterioribus dorso tantum pallidio- ribus, omnibus valde acutis vel cuspidatis: antheris post dehiscen- tiam magis elongatis: ovario staminibus satis breviore. Tripol. Garian (ABATINO, Marzo 1913, fl.). Pur . Queste sono le più importanti aggiunte alla Flora. Libica, dovute alle numerose raccolte che ci pervennero. Esse spostano, come si disse, i dati statistici che si avevano su quella vegetazione, e spe- cialmente pongono in rilievo il fatto che, mentre la vegetazione littoranea della Tripolitania propriamente detta ha caratteri che ricordano la vegetazione saharica, quella dell’ interno, cioè delle alture del Garian, riprende caratteri mediterranei, accogliendo molte delle specie che fin qui, per la Libia, si ritenevano limi- tate alla sola Cirenaica. Resta tuttavia in massima parte Dosi la flora del terri- torio più interno della Libia, fino al Fezzan ed a Ghat: ivi la vegetazione non solo deve pera caratteri prevalentemente sa- harici, ma deve ancora risentire della vicinanza dei tropici , pre- ludiare alla flora lussureggiante del Sudan. Ciò sarà posto in evi- enza da accurate esplorazioni, appena compiuta la conquista ita- liana di tutto il territorio che fin d’ora assume il nome di LIBYA ITALICA. A. Borzi E G. E. MATTEI. Indice del Bollettino del R. Orto Botanico e Giar- dino Coloniale di Palermo. Anno XI. AnGELICO F. e CartaLANO G. — Sulla presenza della Formaldeide nei succhi delle piante BaLpacci A. - I rapporti ipa fra Doh e la Cirenaica . Borzi A.— Aloe Riesobontt: nuova specie » — Corso di Colture Coloniali » — Sulla coltura del Dattero in Sicilia . » e MarTEI G. E. — Aggiunte alla Flora del- la Libia = CARUANA GATTO A. e SOMMIER s. Lo Melitensis nova. CatALANO G.— Intorno ad un caso di Acaropsomi » » —Intorno alla struttura delle radici di Chamaedorea i ; i . ; » » ed ANGELICO F. — Sulla presenza delle Formaldeide nei succhi delle piante DE Srezio T. — Alcune note su varii cecidii » » » —L’ Icerya Purchasi negli Agrumeti di Bagheria Pu — Notizie su Sua Zoovecidii di Lilla (Ea ESE LA pianta ga n nimg o in Libia n » — Semina quae pra SA cossistitatione offeruntur MartEI G. E. — La Batata o Patata dol >». 0° Rassegna della Stampa Coloniale agraria » >» » e Borzi A.— dl Aggionte alla Mio della Libia Rappa F.— Per una classificazione SORT dn no sembriantem » >» — Qualche i toll'Adiza cada ‘ 1912. Pag. 75 e 165 193 18 » 234 Appendice II. ag. 131 . Appendice I. >» d I * 131 SOMMIER S. e CARUANA GATTO A.—Flora Melitensis nova. Appendice II. Tropea C.—Sull’utilità di una stazione di Cotonicultura Pag. 91 Vol, XI. APPENDICE È 1912: BOLLETTINO DEI R. soc BOTANICO E GIARDINO COLONIALE I PALERMO S. SOMMIER et A. CARUANA GATTO Bia MELITENS IS NOVA —>)-0———————— PREFAZIONE. Dovendo, per ii mio studio sulle Isole Pelagie, fare un con- fronto fra la loro flora e quella delle Isole Maltesi, volli accer- tarmi se fossero esaurienti le pubblicazioni intorno alla flora di queste ultime isole e per ciò visitai Malta e Gozo nella pri- mavera del 1906. In 8 giorni d'érborazione (di cui 4 a Gozo), dal 10 al 19 Aprile, trovai non poche piante vascolari mancanti | nella « Flora Melitensis » di Grech Delicata e nei lavori poste- riori a me noti. Conobbi in quell’ occasione a Valletta il dott. Alfredo Caruana Gatto, naturalista che. da molti anni si occupa, con amore e | successo, di ricerche floristiche nelle Isole Maltési. Egli mi fu guida in varie escursioni e mi permise di esaminare il suo er- bario Maltese, Da lui seppi che una parte delle specie da me trovate, che avevo creduto nuove per quelle isole, vi erano da © lui e da altri già state trovate, ed alcune anche pubblicate in note floristiche sparse qua e LI in periodici locali difficili a pro- | curarsi. Divisammo allora, il dott. Caruana Gatto ed io, di dci > in collaborazione una nuova Flora Maltese che riassumesse tutto 3° quanto è stato fin ora scritto intorno a questa flora, coordinan- dolo e completandolo con le nostre proprie osservazioni. Con questo intento tornai a Malta nel 1907, accompagnato | questa volta da Antonino Riccobono, Giardiniere Botanico del- __. l'Orto di Palermo, buon conoscitore della, flora Siciliana, ed 8. Sommer di fish — 0 Cln nà Si 3 i: x 2 PREFAZIONE assiduo quanto oculato raccoglitore, al quale il Prof. Borzi, Di- rettore di quell’Orto botanico, aveva a mia richiesta gentilmente concesso a questo scopo un lungo congedo;.e coadiuvato da Ric- cobono dedicai tutto il mio tempo, dal 18 Aprile al 9 Maggio, ad erborizzare a'Malta, Gozo, Comino e Cominotto (9 giorni a Gozo, due mezze giornate a Comino e una mezz’ora a Cominotto, il resto a Malta). In questa gita ed in quella dell’anno precedente raccolsi assai più della metà delle specie vascolari ora conosciute . delle Isole Maltesi. Dal Dott. Caruana Gatto ebbi poi in comu- nicazione molte piante critiche del suo erbariò e non poche del- l’Erbario Universitario di Valletta, che potei studiare in Firenze coi mezzi che offrono i ricchi erbarî e le biblioteche di questa città. Nel frattempo ci siamo occupati, il Dott. Caruana Gatto ed io, di compilare la Bibliografia botanica Maltese, ed il Caruana Gatto ha scritto le generalità sulle Isole Maltesi contenute nel seguente capitolo. Questa è l'origine del presente lavoro, che è l’indice della ricchezza floristica dell'Arcipelago Maltese allo stato attuale delle nostre conoscenze. Sulle crittogame cellulari Maltesi si avevano fino adesso scarse notizie. La loro, raccolta è dovuta per la massima parte al Dot- tore Caruana Gatto, che è stato coadiuvato, nella loro determi- nazione, per i muschi frondosi dal Prof. Marchese Bottini, per le epatiche dal Prof. Massalongo, per i licheni dal Dott. Jatta, per ie alghe dai Professori Ardissone, Levi Morenos, Mòbius e | Forti, e per i funghi dal Prof. Saccardo. e Mentre ricordiamo con riconoscenza l'opera del compianto Dott. Jatta, esprimiamo vivi ringraziamenti agli altri nostri egregi collaboratori, come pure al Prof. Debono che mise a nostra disposizione per esaminarle le piante dell’Erbario Universitario di Valletta, al Dott. Borg che ci comunicò buon numero di specie da lui raccolte, e al Dott. Giovanni Gulia che ci diede una copia dei quadri analitici di suo Padre con delle annotazioni mano- scritte dello stesso suo Padre che abbiamo avuto occasione di citare per la località di alcune piante. S. SOMMIER. LE SOLE MALITE&SI NOME, STORIA E LINGUA Malta, chiamata prima Ogigia, e in seguito Melita, come si suol ripetere dal latino 72e/ per l'abbondanza e la dolcezza del suo miele! anche oggi molto apprezzato, o, come è più probabile, dal fenicio melitah, salvezza o luogo di salvezza, attesa la sua posizione nel centro del Mediterraneo e della civiltà più antica di cui abbiamo memoria, è stata sempre l’ambito possesso della nazione dominatrice del Mediterraneo. ? Il nome di Gozo, Gaulos dei Latini, che si pretende essere l'isola di Calipso in Omero, si vuole che derivi dal fenicio Got. Comino viene ovviamente dall’ ebraico %a:mmon, in Maltese Remmuna (cumino) e Filfola o Filfla dall'arabo /e/fe! (gra- nello di pepe), per la sua piccolezza. | Fino a poco tempo addietro si riteneva che i Fenicî fossero stati i primi abitatori delle Isole Maltesi e ad essi si attribui- vano i monumenti megalitici di cui si vedono tutt’ ora i gran- diosi ruderi. Ma più recenti studî® fanno rimontare tali mo- numenti ad un epoca di molto anteriore, e cioè almeno al terzo millennio avanti Cristo, e li attribuiscono a quegli stessi Libii che furono i primi abitatori della Spagna, delle Baleari, di Creta e delle Isole Egee. La scoperta e lo studio del meraviglioso 1 « Altera est vicina Siciliae, vulgo Malta dicta.......a i bonitato mellis laudata, indeque Melita ut videtur appellata. » P. CorRNELIUS A LAPIDE (von DEN STERN) Comm, I Act. Apost. Cap. 28 (1684). ? Secondo Albert Mayr invece, Melite e Melita sarebbero le forme | greca e latina del nome dato a Malta dai suoi più antichi abitatori i Libii. 8 MayR A., Die Insel Malta im Altertum. afriheh 1909. — Pam mer P. A Conielbatione to the study of the prehistoric period in Malta. Papers — of the Dribisk School of Rome. Vol. V. N. 3. London 1910. i 4 STORIA ipogeo di Hal Saflieni e degli oggetti ivi contenuti ha ancora più avvalorato tale ipotesi, di modo che oggi si può ritenere che all’epoca neolitica le Isole Maltesi erano abitate. ! Venendo alle epoche storiche, devesi riconoscere che di una oc- cupazione Greca non vi sono traccie sicure. Vi sono invece prove non dubbie di una occupazione da parte dei Cartaginesi, riferita approssimativamente al sesto secolo A. C. Alla dominazione Carta- ginese si sostituì, in seguito alle guerre Puniche, quella Romana, e Malta, prima «civitas foederata », formò parte della provincia di Sicilia, e dopo la morte di Cesare, acquistò la cittadinanza Romana, venendo elevata alla dignità di quirinato e di municipio. I Ro- mani trovarono qui una civiltà già avanzata alla quale sovrap- posero la propria, introducendo le loro leggi, consuetudini, arti e industrie, la cui fiorente vitalità ci viene attestata da Lu- crezio Caro, ? Silio Italico, Diodoro Siculo, 4 Ovidio ® e Cicerone. Fu durante la dominazione Romana che venne introdotto il ‘ Cristianesimo a Malta in seguito al naufragio di S. Paolo. La tra- dizione indica ancora il luogo dove l’apostolo approdò nella Baja di S. Paolo a mare di faccia all’isolotto di Selmonetto, luogo che corrisponde al « Dithalassion » di S. Luca. 1 ZaMMiIT Tarm., The Inhabitants of the Maltese Islands. Daily Malta Chronicle. Euch. Congress Number. April 1913 ®* De Rerum natura, Lib. IV. « Scilicet et grandes viridi cum luce smaragdi Auro includuntur teriturque thalassina vestis Assidue et Veneris sudorem exercita pota Et bene parta fratrum fiunt anademata, ite: IS Interdum in pallam ac Melitensia cr vertunt Eximia veste et victu convivia ludi » ® Lib. XIV. « Romanos Petraea duces, Romana petivit Foedera Calliopolis, lapidosique Enguion arvi, Hadranum, Ergetiumque simal, telaque superba. Lanigera Melite et littus piscosa Calacte ». a 700 A pi * Faet. 19. « Fertilis est Melite, sterili vicina Cosyrae Insula quam Lybici.verberat unda freti ». © Oratio in Verrem, 4, 5. STORIA 5 Colla decadenza dell'Impero Romano i più ritengono che le Isole Maltesi siano state soggette alle invasioni barbariche, ma questo periodo è ancora oscuro ; certo è che nell’anno 870 gli Arabi Aglabiti se ne impossessarono e ne rimasero padroni fino al 1090 quando furono debellati dal Conte Ruggero il Normanno. Nel 1120 le Isole Maltesi furono annesse al Reame della Sicilia. Alla dominazione Normanna seguirono, dal 1194 fino al 1266, quella degli Angioini fino al 1283, degli Aragonesi fino al 1410, dei Castigliani fino al 1530, e da questa data fino al 1798 quella dell'Ordine Gerosolimitano, al quale le Isole furono date in feudo insieme con Tripoli, il 24 marzo 1530, da Carlo V. Sconfitti Mustafà e Dragutto e superato il memorabile asse- dio del quale avevano stretto le cittadelle di Vittoriosa e Sen - glea, il Gran Maestro La Vallette, il 28 marzo 1566, pose la prima pietra della città che dal suo nome fu chiamata Valletta. Il 9 Giugno 1798 Bonaparte comparve innanzi al porto di Malta, l'indomani vi sbarcò e, dopo cessione dell'Ordine, se ne impadroni. Il 2 Settembre scoppiò una insurrezione dei Maltesi, i quali prima ricorsero per aiuto e protezione a Ferdinando IV re di Napoli, poi alla Gran Brettagna, e assistiti dalle truppe Napoletane e Inglesi il 4 Settembre 1800 forzarono i Francesi a capitolare. Quindi le Isole Maltesi passarono prima sotto la protezione della Gran Brettagna e poi, col trattato di Parigi del 1814, sotto la piena sovranità Inglese. La popolazione di Malta e Gozo, secondo l’ultimo censimento del 2 Aprile 1911, è di 228,534 persone (211,564 civili, 9,016 di guarnigione, 7,575 della marina da guerra e 379 di quella mer- | cantile), divisa tra Malta e Gozo nella proporzione di 205,839 in. Malta e 22,695 in Gozo, e con una densità di 1884 persone per miglio. inglese quadrato (2167 a Malta e 879 a Gozo), cioè una delle densità maggiori del mondo. Comino, adibito a lazzaretto, non è abitato attualmente che da 3 a 4 persone. La densità della popolazione rurale però è molto minore, essendo quella urbana e suburbana di 124,759 persone, e quella rurale di 86,808. . Nel 1530, alla venuta dell'Ordine, la popolazione era di 15,000 anime secondo Boisgelin (di 29,659 secondo Miege). Nel 1582, secondo un rapporto dell’ Inquisitore a Gregorio XIII, era di 20,000 ; nel 1667 fu valutata a 53,000 e nel 1828 a 115,945. L'aumento dal 1901 al 1911 fu del 14,52%. id 6 LINGUA * L’idioma da tutti parlato nelle Isole Maltesi è il Maltese che può considerarsi come un dialetto derivato e conservatosi dal- l’Arabo più antico ed è quindi di origine semitica. Come si esprime il Prof. N. Tagliaferro, ! esso ha una individualità tutta sua ed è governato da leggi fonetiche speciali che attestano la sua grande antichità. Nella sua evoluzione, specialmente presso le città, esso ha subito una progressiva infiltrazione di parole italo— sicule. I nomi però delle cose primitive, quali quelli dei feno- meni naturali, delle parti del corpo umano, dei numeri, dei colori, della famiglia, degli animali, piante e località, si conservarono nella loro purezza e si ritrovano identiche nell’Arabo del Nord- Ovest dell’Africa. Così ad esempio abbiamo. Gebla e Gebel = roccia e roccie, Xghara (pron. Sciara) = luogo roccioso incolto, Uied = valle, Ghain = fonte, Bir = pozzo, Rdum = dirupo, Ras = capo, Ramla = spiaggia arenosa, Marsa = porto e luogo dove si raccoglie acqua piovana. E tra le piante: Safsaf= salice, Zebbuj = olivo, Rummien = melagrano, Ballut = quercia, Rihan = mirto, UVarda = rosa, Sofsfa = Ervum Ervilia, Halfa = = Lygeum Spartum ecc. Non tutte le specie hanno un nome maltese e alcuni nomi sono generici, così: Nefel barri vale per tutte le Medicago, Xnien pei Trifolium, Treu pei Melilotus, Teum per gli Allium, Hobbeira pei Chenopodium e Vl Heliotropium Europaeum. Alcuni nomi poi corrispondono perfettamente col significato del loro nome latino e molto probabilmente l’hanno preceduto. Così: Malib it tair = Ornithogalum, Zerrighet il brighet = Plantago Psyllium, Zerrighet il hamel = Delphintum SIAE sagria, Lsien il chelb = Cynoglossum. In varie piante il nome vernacolo è preso dal colore del fiore, per es.: Calendula = Suffeira, Senecio = Cubrita, Anemone = Kahuiela, Diplotaris erucoides = Giargir, Clematis cir rhosa = Baida. 1 TagLIAFERRO N., The Maltese cent Daily Malta chronicle. Euc. Cong. Number, April 1913. LINGUA 7 La lingua Latina, fino dall'epoca Romana fu adoperata negli atti ufficiali, insino a che, dalla sua corruzione in «volgare elo- quio » non ebbe origine, contemporaneamente in Italia e a Malta, la lingua Italiana, che dal suo nascere fu qui la lingua scritta e la colta.1 Anche oggi, malgrado i reiterati sforzi del Governo Inglese, essa rimane la lingua dei tribunali, del pergamo e delle classi colte, alla quale i Maltesi tengono ed hanno sempre tenuto come a prezioso retaggio storico e a significante espressione na- zionale e geografica e che si sforzano in ogni modo di conser- vare. Ma è difficile dire, innanzi alla incalzante pressione go- vernativa, quanto potrà mantenersi. Essa però è un prodotto così naturale, che se anche si riuscisse a bandirla temporanea- mente, ritornerebbe un giorno o l’altro ad affermarsi, più radi- cata e più vigorosa che mai. Il Maltese è scritto con lettere latine, ma esistendovi dei suoni che non si possono esprimere esattamente col nostro al- fabeto, si deve ricorrere, per rappresentarli, ad alcuni accenti e segni speciali ed alla pronunzia diversa di alcune lettere. Grech Delicata nella « Flora Melitensis », adoperò delle lettere speciali, allora adottate dalla Società Medica Maltese, ma oggi queste sono andate in disuso. | Nella nostra flora, nel trascrivere i nomi Maltesi di luoghi e di piante, ci siamo attenuti all’ortografia Maltese generalmente adoperata oggi. L’7% quindi indica un % profondamente aspirata e corrisponde al T Arabo. La stessa % preceduta da 9g (97%) esprime un suono profon- damente gutturale e PEROSA al È, Arabo, così gnar si legge 4ar. La G, g ad unag dolce, come se fosse seguita da una #, così Gneina equivale a Gineina, sigra a sigira ecc. Il KX corrisponde al 5 Arabo ed ha anche un suono guttu- rale, como in Kala che è diverso da Cala. L’U, è un « che precede una vocale ed ha forza di conso- ‘nante; come Uarda. sd 1 Vedasi in proposito: ANTONIO CINI, Origine e progresso della Lingua Italiana in grani ossia La Lingua Nazionale dei Maltesi. Catania, 1904, 8 DESCRIZIONE FISICA Infine in Maltese la X ha un suono diverso da quello che ha in Italiano, e deve pronunziarsi come sec avanti i o avanti e, per esempio in scirocco e in scena, suono che non vi è modo di espri- mere in Italiano quando invece di precedere una vocale precede una consonante. DESCRIZIONE FISICA, GEOLOGIA E FLORA Le Isole Maltesi sono comprese fra il 35° 48’ e il 36° 5' di lati- tudine N., e il 1° 43' e il 2° 8' di longitudine E. del meridiano di Roma (M°*° Mario). Nel loro insieme hanno la forma di una ellisse il cui asse maggiore, lungo 47 chilometri, è in direzione N. 0.- S. E. La loro area complessiva è di circa 318 chilometri quadrati. La più grande e la più meridionale, Ma/ta, è lunga circa 28 chilom., e larga circa 13, con una costa di 127 chilom. ed una superficie di 247 chilom. quadr. La più settentrionale, Gozo, | ha una superficie di 68 chilom. quadr., con 14 !/» di lunghezza e 7 di larghezza, e una linea di costa di 40 chilometri. Quasi nel mezzo del braccio di mare largo circa 4 chilom. chiamato Fifegu, che separa queste due isole maggiori, tro- vasi l'isola di Comino, lunga circa 2 !/: chilom. e larga 1//8, con una costa di circa 10 chilom. ed una superficie di circa 3 chilom. quadrati. AI Sud di Comino sorge, quasi unita ad esso, l’isoletta di Cominotto, che è poco più di uno scoglio, avendo una superficie di chilom. quadr. 0.12. Pochi isolotti minori e scogli, quali Hagra is Seuda e Hagra. tal General presso Gozo, e Ghallis, Selmonetto o Gzejer e Fil- folta presso Malta, trovansi in varî punti vicini alla costa. Il maggiore è 77/fola che ha una superficie approssimativa di chilom. quadr. 0.12, ed è distante dal punto più vicino di Malta circa 6 !/» chilometri. i Dalla Sicilia, la terra più vicina, l'Arcipelago Maltese dista circa 82 chilometri, da Linosa 120, da Lampedusa 150, dal punto più vicino della costa Africana, Tripoli, dista 340 chilometri. La costa S.e O. di Malta presenta poche insenature ed è quasi tutta scoscesa. Essa presenta dirupi che non sono acces- sibili nè dal lato di terra nè dal mare, alti fino a oltre 120 m. La costa N. E. si abbassa in generale più gradatamente verso DESCRIZIONE FISICA 9 il mare e presenta molte e profonde insenature, di cui le prin- cipali sono la Baia di Marsascirocco, il Gran Porto, il Porto di Marsamuscetto, la Baia di San Paolo a mare e quella della Melleha. Le coste di Gozo sono per la maggior parte scoscese, e solo eccezionalmente in pochi punti vanno degradando al mare. Le spiagge della MeZleha, di Birzebbugia e della Gneina in Malta e quelle di Ram/la i Gbira e Marsalforno in Gozo sono arenose. Le coste di Comino sono anche più dirupate, e di esse non sono accessibili che la piccola insenatura di Santa Maria, e la: costa di faccia a Cominotto, ed anche queste non sempre, a causa del mare. Peggio ancora sono gli isolotti di Fi/fola e di Hagra tal General, che hanno pareti quasi verticali ed in , parte anche concave, e sono quindi di difficilissimo accesso. Esaminando la superficie del suolo di Malta, la prima cosa che colpisce è la differenza tra la parte S. e S. E. che è denudata de- gli strati superiori e molto più uniformemente piana, e il rima- nente dell’Isola che forma un altipiano con piccole collinette alla costituzione delle quali concorrono anche degli strati superiori. Simile conformazione ha l'isola di Gozo che è accidentata come quest’ultima parte di Malta o anche più. Ma tanto in Malta che in Gozo le alture non oltrepassano i 250 metri. Un altro carattere saliente è la falla che divide Malta da E. N. E. a 0.S.0., e lungo la quale corre una linea di trincee chiamate « Victoria Lines » che dominano le contrade sottostanti. Oltre a questa falla ve ne sono molte altre più piccole, ed in MaX/uba vi è un avvalla- mento circolare di circa 60 metri di diametro e: 80 di altezza. Gozo e specialmente Malta sono poi solcati da numerose valli chiamate Uiedien (singolare Vied) in Maltese, che formano nella roccia solchi più o meno profondi, ora stretti ora larghi, ma che manifestano una forte erosione dovuta a volumi di acqua. al certo molto maggiori di quanto l’attuale conformazione delle isole potrebbe produrre. Dopo forti pioggie, in alcune di queste valli per poche ore le acque formano delle piccole fiumane che | si riversano in mare, ma che subito dopo si restringono in esi- gui ruscelletti e lasciano delle pozze d’acqua che disseccano completamente durante i mesi estivi. Fiumi, torrenti o veri corsi d’acqua perenni non vi ‘sono, I come non vi sono né laghi, nè grandi paludi, e in conseguenza manca quasi tutta la vegetazione speciale di quelle stazioni. 10 DESCRIZIONE FISICA, GEOLOGIA Fino ai tempi di Grech Delicata, all'estremità del Gran Porto esisteva una piccola estensione pantanosa detta Marsa, nella quale si trovavano piante quali Typha, Sparganium, Lemna, Scirpus lacustris. Esse però, in seguito ai lavori di bonifica in- cominciati nel 1861 ed all'estensione del Gran Porto, sono com- pletamente scomparse da quel luogo, alcune anzi forse da tutta l'Isola. Ancora più recentemente molta acqua venne presa alle sue sorgenti e incanalata, cosicché le terre della Marsa sono an- date sempre più prosciugandosi ed in conseguenza impoverendosi di specie che sino a pochi anni addietro vi abbondavano. L’inca- lanamento delle acque ha esercitato la sua influenza anche in al- cune altre parti dell'Isola, quali Sakzaja, Gnien il Gbir, Uied il Gbir, ecc. ove altre volte l’acqua, da Ottobre ad Aprile, e in alcune vallate per tutto l’anno, occupava un letto abbastanza largo, mentre ora si è ridotta ad un ruscelletto, o non si mani- festa più che con un certo grado di umidità del suolo, come ad esempio a Ghariexem, Gomerino, Fiddien ecc. Pur non di meno in fondo alle valli di Ghaîn il Gbira, Imtahleb, San Martin, Gneina, Bahria in Malta, Xlendi e Migiarro in Gozo, si trova sempre, anche in estate, un poco d’acqua o terra acquitrinosa, con la vegetazione propria dei luoghi umidi. La presa poi delle sorgenti per cui si è resa possibile la ir- rigazione di tratti di terra come in Ghain Tuffiha, Puales, San Martin, Gneina, Uied Gherzuma, Ghirghenti ecc. ha fatto | nascere o estendere negli appezzamenti a zucche, fragole e or- taggi delle associazioni di piante di cui sarà parlato altrove. Si trovano pure delle piccole fosse o vasche sparse qua e là nel contado che conservano acqua durante tutto l’anno; e in fondo alla baia della Melleha per parecchi mesi dell’anno si forma un piccolo pantano (G%iadira) che però in estate è completa- mente asciutto. La maggior raccolta d’acqua allo scoperto é quella artificiale che fu ottenuta a Wied i Kieigha collo sbar- ramento della valle e che d’inverno presenta un volume d’acqua abbastanza rilevante per l'Isola, ma diminuisce molto in estate. fa Tralasciando Abela (1647), Ciantar (1772), Scilla (1747), Ze- rafa (1838) e altri che accennarono più che altro ai fossili e GEOLOGIA 11 alla storia fisica delle Isole Maltesi, della geologia di Malta si occuparono pei primi T. Spratt! ed E. Forbes, ? che gettarono le basi della stratigrafia Maltese. Ducie nel 1854 tracciò la prima carta geologica di Malta, e in seguito A. L. Adams, Falconer, Wright, Davidson, Fuchs e Seguenza illustrarono anche meglio le formazioni delle nostre isole. Infine J. Murray * nel 1890, ha pubblicato il migliore e più comprensivo lavoro sulla Geologia delle Isole Maltesi, che potrà venir consultato, insieme ai susseguenti lavori di J. H. Cooke e di Gregory, e a un recente lavoro riassuntivo del Dott. Giovanni Gulia, 4 da chiunque volesse avere maggiori in- formazioni sulla Geologia del Gruppo di Malta. * I Geologi sono d'accordo nel porre le Isole Maltesi fra le formazioni terziarie. Murray classifica così gli strati dall’alto in basso : 1.° Calcare corallino superiore 2.° Arena verde 3.° Creta blu 4.° Calcare a globigerina 5.° Calcare corallino inferiore. Fuchs, seguito da Gregory, riferisce gli ultimi due all’Oligo- cene (Aquitaniano) e i primi tre al Miocene. Gli altri riferiscono tutti gli strati al Miocene. Si trovano poi, entro breccie e caverne, dei resti quaternari di elefanti, ippopotami, orsi, cervi, cigni ecc., i quali provano in modo non dubbio che le Isole Maltesi formarono parte un 1 SpRATT T., On the Geology of the Maltese Islands. Proc. Geol. Soc. Vol. IV, p. 925, 1 1848. — In., On he Geology of Malta and Gozo, 1854. ? Forprs E., Note on the Fossils found by Lieut. Spratt in the _ several beds of e Tertiary Formation of Malta and Gozo, e Report on the collections of Tertiary Fossils from Malta and Gozo, 1843. ; * Murray J., The Maltese Islands with special reference to their Geo- logical Structure. The Scottish Geographical Magazine. Vol. VI, n.9. + GuLia G., La Geologia ed i Fossili delle Isole Maltesi. Malta 1912. s È comparso un importante scritto sulla Geologia Maltese del Prof. De Stefani quando questo capitolo era già PROTOERA e quindi non se ne è potuto tener conto. Eccone il titolo De STEFANI C., L’Arcipelago di Malta, Hafidiconti della R. Acca- demia dei life; Classe di Sc. fis. mat. e Suona Vol. XXII serie 5a 1° sem. fasc. l° e fasc. 20, 12 GEOLOGIA giorno di una terra assai più vasta che poteva albergare tali animali, e che era verosimilmente unita da una parte all'Africa, dall’altra alla Sicilia, ciò che è anche avvalorato dalla esistenza dei bassifondi situati nel mare che le separa da questi paesi. Il Dott. G. Borg, in un recente lavoro sui resti della flora preistorica di Malta, ! sostiene l'ipotesi che Malta fu divisa dalla Sicilia nel Pliocene e dall'Africa sul principio del Quaternario, ed espone i dati sui quali basa questa sua opinione. Ma il rin- venimento in Sicilia di varie specie di animali dell’epoca qua- ternaria, i cui resti non sono stati trovati altrove che a Malta, potrebbe invece indurre a credere che l’epoca della separazione di Malta dall’Africa, o da una grande terra cui era unita al-Sud, sia stata contemporanea alla separazione dalla Sicilia, se non fu anteriore. Checchè ne sia, la somiglianza, anzi, la quasi identità delle roccie Maltesi con quelle del versante meridionale della Sicilia è fuori dubbio, e anche all'occhio più profano, l'aspetto fisico-botanico delle campagne Maltesi, rammenta vivamente quello dei dintorni di Siracusa, tanto che tra alcune fotografie dei vasti tratti rocciosi presso Priolo e altre prese in Malta, non si può assolutamente trovare differenza alcuna. Le differenze stratigrafiche nelle Isole Maltesi, producendo terreni più o meno differenti, determinano una flora alquanto diversa nelle varie località, a seconda che predomina l'uno 0. l'altro strato. Cosi nei terreni all'O. e N.0. di Malta e in Gozo abbonda spesso la creta, che li rende più umidi d'inverno e più compatti d’estate, mentre nella parte denudata all’E. e al N. E. dove il sottosuolo è calcare a globigerina, vi è nel terreno maggiore quantità di ossido di ferro, ed esso è più sciolto. Accurati esami microscopici e chimici hanno sfatato la leg- genda che la terra vegetale delle Isole Maltesi sia stata anche in parte importata dalla vicina Sicilia. La terra che ricuopre la superficie delle roccie è derivata dalla disgregazione delle stesse, e non ostante la sua poca profondità, che spesso è di meno di 30 cm. e quasi mai più di un metro, è tanto fertile che vi si possono far due e talvolta anche tre raccolte all'anno. Tale fertilità è dovuta al fatto che il terreno va sempre rinnovandosi 1 G. Bor, Remains of the anice, Flora of Malta. Archivum Melitense. Vol. I, n. 20. Malta :) GEOLOGIA i 13 per il continuo sgregarsi della roccia. In varie località vi con- tribuisce inoltre la presenza dei piccoli strati intermedî di no- duli fosfatici. Lo spessore dei varî strati non è uguale, né si incontrano tutti e cinque dovunque. In tutta la parte denudata. dell’ Isola di Malta mancano i tre superiori e prevale il calcare a globi- gerina e questo offre la maggiore estensione. Nelle contrade collinose invece, non è difficile trovarli tutti e cinque sovrap- posti; ma lo slittamento della creta blu assai spesso rende mala- gevole il distinguerli. In buona parte dell’ Isola di Malta, verso il Nord dell’ Isola di Gozo ed in tutta l’Isola di Comino la super- ficie del suolo è formata dal calcare corallino superiore. Lo spes- sore di questo strato varia da pochi decimetri a 80 metri (ad esempio a Comino); l’arena verde non eccede i 15 metri e più so- vente è di pochi decimetri o manca del tutto; la creta non eccede i 6 metri, mentre il calcare a globigerina giunge fino ai 60 metri e il calcare corallino inferiore anche a 120 metri, ma è lo strato che si incontra meno spesso. Caratteristica del calcare corallino superiore è la durezza accompagnata da friabilità e permeabi- lità, del calcare a globigerina la porosità, e del calcare corallino inferiore la compattezza e la durezza. La giacitura di tutti questi strati è generalmente orizzontale, ma dove vi sono falle gli strati si vedono anche, sebbene per non grandi tratti, inclinati. In quanto alla composizione chimica, l’analisi fatta da Murray diede per il calcare corallino superiore fino al 91.90 °/, di car- bonato di calce in aggiunta ad ossido di ferro e argilla; l'arena verde contiene in abbondanza grani di glauconite, acido fosfo- rico e magnesia, e da 28.65 a 89.63 0), di carbonato di calce; nella creta blu la percentuale di carbonato di calce è molto minore e sebbene possa arrivare fino al 30 °, la media fu cal- colata da 2.56 a 5.12 °/,; nel calcare a globigerina la percen- tuale di carbonato di calce varia da 63.20 a 94.73, con traccie di fosfato di calce e carbonato di magnesia, e nei noduli che si incontrano in quattro o cinque strati superiori dello stesso cal- care, il fosfato di calce raggiunge il 30 e anche il 40 °/,; infine il calcare corallino inferiore diede dal 95.66 al 98.58 °/, di car- bonato di calce e traccie di ossido di ferro e sui re 14 GEOLOGIA Nelle Isole Maltesi si sono avuti terremoti di origine proba- bilmente tettonica, connessi colla Grecia e non colla Sicilia come si sarebbe potuto attendere. Infatti quelli di qualche entità eb- bero quasi sempre un epicentro in Grecia o nelle Isole Greche, ed i moti sismici di questa regione, anche non forti, ebbero di solito una ripercussione a Malta, mentre il terremoto così disa- stroso di Messina del 28 Decembre 1908, qui non fu avvertito affatto, ed ebbe per sola conseguenza una insolita marea a più risacche che si produsse sulle nostre coste la mattina del 29. Sebbene la storia registri terremoti che produssero qualche danno nelle chiese ed in altri fabbricati, quelli che si ricordano sono stati tutti abbastanza leggieri per non produrre danni sen- sibili. Due piccole isole rocciose, senza montagne o alture di qual- che entità, lontane dal continente, senza fiumi e con una me- dia pluviometrica molto bassa non lascerebbero supporre la presenza di acque bastevoli a dissetare la numerosa popolazione che le abita ed a rendere possibile l’irrigazione dei campi anche limitata; ma mercè la posizione e natura degli strati ed i lavori dispendiosi fatti dai successivi governi, oggi bisogna riconoscere che l’acqua non difetta, sebbene sia sempre preziosa. Le acque piovane attraversando il primo strato (calcare co- rallino superiore) per le innumerevoli fratture e discontinuità dello stesso, si infiltrano per il secondo strato (arena) quando vi è, e incontrano la creta impermeabile. Qui, sulle alture di Bingemma, Boschetto ed altre, formano dei depositi sotterranei | che danno origine a delle sorgenti naturali. Da queste, fin dal . 1615, per opera del Gran Maestro dell’ Ordine Wignacourt, si provvide di acqua, mediante un acquedotto, l’ area sottostante compresa quella urbana di Valletta, che fin allora non aveva altro che delle cisterne nelle quali si raccoglieva dai tetti piani delle case l’acqua piovana. Queste cisterne del resto sono in parte tutt'ora in uso. A questo primo acquedotto se ne aggiunse poi un altro per fornire acqua al lato orientale dell’isola. E più tardi ancora. si ottenne una notevole quantità d’acqua di buona qualità fa- cendo delle gallerie al livello del mare in uno strato di roccia calcarea molto porosa ed assorbente chiamata « white rock ». 5 GEOLOGIA, CLIMA 15 Queste gallerie si estendono da Marsa a Zebbuj e Casal Siggieui. Con tutto ciò non si è ottenuto acqua sufficiente per |’ irriga- zione. Questa, nelle contrade sorgive, seguita ad essere praticata mediante norie che sono fatte girare da un asino o da un mulo all’uso orientale. Oggi però, per sollevare l’acqua dai pozzi e per riversarla nei campi, si è incominciato a adoperare qualche motore. Il clima delle Isole Maltesi,! senza essere subtropicale come alle volte lo si è voluto chiamare, è abbastanza caldo da Giugno a Ottobre, ma più per la continuità che dà una temperatura media di circa 24° Cgr., che per gli estremi calori. È piace- volmente temperato da Ottobre fino a Maggio, con una media di 19° Cgr. in autunno, di 12°.6 Cgr. in inverno e di 15.5 Cgr. in primavera. La temperatura più bassa nell’ ultimo decennio (1902-1911) è stata di 1°.7 Cgr. il 16 Febbraio 1905. -La brina si vede raramente. La neve si può dire che non cade mai; tutto al più ad intervalli di molti anni, come avvenne in Gennaio e Febbraio 1905, cade per alcuni minuti un poco di nevischio, che si discioglie subito. Il mese più caldo è l’Agosto, sebbene la più alta temperatura all'ombra (36°.9 Cgr.) sia stata registrata il 25 Luglio 1902, e al sole (71° Cgr.) il 8 Luglio 1901. La media dei giorni in cui durante l’anno cade la pioggia è di 84. La media poi dei giorni piovosi per ciascun mese, sempre prendendo l’ultimo decennio (1902-1911), è la. seguente: Gennaio. . 13 Maggio... 2.7 Settembre. . . 4.2 Febbraio . 12 Giugno... 1.4 Ottobre . ... 8.6 Marzo. ... 8.4 Luglio ...05 =‘ —Novembre.. 13. Aprile. 6.f Agosto . .. 08 - Decembre. . 14 Questo specchietto dà una buona idea della distribuzione, du- rante l'anno, delle pioggie che cominciando generalmente in 1 I dati meteorologici mi sono stati in gran parte forniti dal Sig. Cyril Leach, direttore dell’Osservatorio meteorologico della Viren. al ciale mi è em SA qui i miei ringraziamenti. 16 CLIMA | Settembre vanno aumentando con varia intensità e frequenza fino a Decembre, dopo l’Aprile diminuiscono marcatamente, e in Giugno, Luglio e Agosto cessano quasi del tutto. Il mese in cui si ebbero più giorni di pioggia fu Gennaio 1909 con 22 giorni, e nell'anno 1909 i giorni piovosi giunsero a 105. La quantità media annuale di pioggia è di circa 47 cm., dei quali generalmente più di tre quarti cadono nei mesi di Ottobre, Novembre, Decembre e Gennaio ed è quasi assolutamente nulla in Luglio e Agosto. La più grande quantità caduta in un mese fu di 273 mm. in Novembre 1911, e la massima in 24 ore di 138 mm. il 23 Ottobre 1909, quantità eccezionale perchè è raro che in 24 ore si abbia più di 50 mm. La media più alta di umidità fu di 89.2 in Settembre 1907, e la più bassa, di 66.7 in Luglio 1908; la rugiada è spesso molto abbondante. I venti, alle volte forti, qualche volta molto forti (massima velocità osservata in Febbraio 1909 quasi 21 chilometri all’ora), da Decembre a Settembre soffiano prevalentemente da N. 0. e da O., e in Settembre, Ottobre e Novembre spesso da S. S. E. e S.0. Questi ultimi sono ‘umidi, ed hanno un effetto snervante e deprimente, non tanto però quanto lo Scirocco in Sicilia e nel Nord dell’Africa. Da Decembre a Marzo si hanno poi ogni tanto due o tre giorni di vento N.E. tanto forte da impedire alle navi, durante il suo massimo infuriare, l’accesso del Gran Porto. Le prime pioggie di Settembre e Ottobre sono quasi sempre accompagnate da temporali con forti scariche elettriche, raffiche di vento e non di rado da grandine. Da Gennaio a Settembre si hanno temporali solo occasional- mente, in specie dopo lunghi periodi di caldo o durante per- turbazioni atmosferiche che si estendono a tutta questa parte del Mediterraneo. E infatti quasi sempre le nostre notevoli vi- cende atmosferiche sono collegate con quelle di Sicilia e di Tripoli. La grandine cade da 4 a 10 volte l’anno, ma di regola in piccola quantità e di piccole dimensioni; grandinate rovinose per i prodotti, sono rare; tuttavia se ne sono registrate alcune assai forti; ed io stesso ne ricordo una eccezionale, caduta il 19 Ottobre 1898 in cni vi erano dei chicchi della grossezza di CLIMA, COLTIVAZIONI 17 una piccola arancia, tanto da perforare lastre di zinco corrugato e da trapassare le pale dei fichi d’ India. Pe Di circa 75,000 acri che misurano in tutto le Isole Maltesi, inclusi i villaggi e le città, 41,865 sono sotto coltivazione, cioè poco più di metà, il resto è fabbricato o terra incolta, per lo più rocciosa. La coltivazione, sebbene primitiva e non sussidiata da mac- chine agrarie, è molto intensa. Principali oggetti di coltivazione sono il grano, l’orzo (questi due alle volte mischiati insieme), i foraggi e le patate. Vengono poi in minore quantità i legumi, gli ortaggi, il comino, i cocomeri, il cotone e le cipolle. Il gran- turco, il sesamo, il cartamo ed i coriandri sono pure coltivati, ma in piccola quantità. Fra i foraggi la sulla occupa il primo posto, ed in Marzo e Aprile, coi suoi bei fiori porporini essa è uno dei più salienti caratteri del paesaggio vegetale. Sono anche coltivati per fo- raggio lo scorpiuro, tre qualità di vecce, l’orzo verde e il gran- turco. Nell’ alimentazione degli animali hanno una gran parte le carrube che si raccolgono in Agosto. I prodotti più rimune- rativi però ed esportati in maggior quantità, sono il comino, le patate e in alcuni anni le cipolle. Sono stati tentati, ma senza successo, la coltura della canna da zucchero e l'allevamento dei bachi da seta. La coltura del cotone, cging decenni indietro, aveva preso un grande sviluppo, ma ora è diminuita assai. Gli ulivi sono molto trascurati, di guisa che la quantità d’olio pro- dotta è quasi nulla. La produzione del vino invece, è in aumento, ma resta di gran lunga insufficiente al consumo locale. Da un censimento del 1901 risulta che esistevono allora: In Malta «Im Gozo Piante dì carrubio . . . . . 29,402 . . . 1583 TR e a i xo. ..,;; 5 &iS. i," LOT » peri,peschi, susini . 15.245 . . . 50,453 » nespole del dig e a, » «pelto.. Ad i. 73 SB. SOMER et CARUANA GATTO. — Zora Metitensis nova. È 18 COLTIVAZIONI, VEGETAZIONE In Gozo In Malta Piante di agrumi . . . . . 30.168 . . . 1.510 » melagrano . . . . 19.054 . . . 1.410 wW. Hio-.-- 580.196... . . 563.032 » fichi d'India in Malta e Gozo 133.764 divisi quasi ugualmente fra le due isole. In questo censimento non sono comprese le piante che si tro- vano frequentemente nei cortili delle case di campagna, e non è fatta menzione alcuna dei mandorli di cui si può calcolare approssimativamente che esistono 10.000 nelle due isole. Le cifre sopra riportate devono essere assai cambiate dal 1901 in poi, segnatamente per quanto riguarda le viti che sono notevolmente aumentate, e gli agrumi che sono diminuiti a causa della /cerya Purchasi. Si può calcolare inoltre che vi sono circa 75.000 alberi pian- tati in giardini pubblici, lungo le vie ecc. (Pinus Halepensis, Cupressus sempervirens, Aîlantus, Melia, Phytolacca dioica, Schinus terebinthaefolius, oleandri, lecci, tamarici ecc.). A questi vanno aggiunti non meno di 2000 palmizi, fra i quali circa 500 palme da datteri i cui frutti, sebbene maturino, salvo poche eccezioni non sono mangiabili. Nonostante questo, una delle prime cose che colpiscono chi visita le Isole Maltesi è la scarsezza degli alberi e la prevalenza del nudo sasso. Boschi, macchie e parchi estesi non vi sono ; roccia e pietre sembrano predominanti dappertutto, anche più di quanto lo siano in realtà, perchè essendo tutti i campi e giardini cinti da muri a secco, ed essendo questi per lo più divisi e suddivisi in piccole aree, ad una certa distanza, specialmente dove il terreno è in pendio, e dove quindi i campi sono a ter- razze, chi è in basso non vede altro che la successione monotona e uniforme di questi muri. Della antica vegetazione arborea che va sempre più scompa- rendo! si trovano soltanto rare tracce nel fondo di alcune valli fresche come quelle di /m/afileb, Bahria, Gneina, Ghain il Gbira e Ghirghenti, dove si vedono ancora pochi salci ed alcuni pioppi, e sulle pendici rocciose di Ta Ba/du e Ballut dove per- ! CARUANA Gatto, Piante indigene Maltesi scomparse o che scom- pariscono. (Vedi bibliografia). VEGETAZIONE 19 sistono in piccole quantità i lecci. Anche i frutici e suffrutici si trovano oramai quasi esclusivamente o sulle pareti inaccessibili delle rupi marittime o sui declivi delle valli, ed anche qui vanno sempre più diminuendo dinanzi alla voracità delle capre ed alla stolida distruzione del contadino che li adopra come combustibile. Il paesaggio botanico è molto diverso nei mesi in cui cade la pioggia ed in quelli durante i quali la pioggia manca quasi del tutto. Vedendo di Agosto il brullo ed arso aspetto delle polverose campagne, nessuno potrebbe credere di quanta ridente vegeta- zione esse sieno capaci dopo la caduta delle pioggie. Boschi, macchie, estesi giardini e piantagioni di alberi, come dissi, non vi sono, ma un po’ dappertutto in campagna si vede in ogni stagione il sempre-verde cupo dei carrubi, coi rami quasi . sempre adagiati sulla terra, il verde glauco delle opunzie ad- dossate ai casolari o ai muri a secco, cui si aggiunge in estate il fogliame dei fichi ed in minore quantità dei melagrani e dei mandorli piantati a ridosso dei muri e delle abitazioni campestri. Quantunque in estate le nostre isole appaiano riarse ed aride, non si può dire che manchino del tutto di vegetazione. Così dopo la mietitura, in Maggio e Giugno, mentre si schiudono i fiori gialli delle opunzie e quelli vermigli dei melagrani, men- tre lungo le strade il Aentrophyllum lanatum e le Cartina involucrata e lanata tutte impolverate aprono le loro calatidi, fino a Settembre, nei campi si vedono il cotone, il sesamo, i pomidori e nei campi freschi il granturco, i cocomeri, i poponi e le zucche; ed in mezzo a queste piante vegetano, variamente associate secondo le località, buon numero di piante arvensi. ‘| Allora fioriscono, nei luoghi rocciosi: Scilla maritima, Cen- taurea Nicaeensis, Orsinia camphorata, Capparis rupestris, Asperula longiflora e in fondo alle valli più umide e fresche quali Im/ahleb, Ghirghenti ece.: Epilobium Tournefortii e par- viflorum, Pulicaria dysenterica, Mentha rotundifolia, Teu- crium scordioides, Pdnicum repens e colonum, Samolus Va- lerandi, Veronica Anagallis, varie Carex, Arundo Pliniana, Rubus Dalmaticus. Nei luoghi salsi marittimi fioriscono: Ery- thraea spicata, le Atriplex, le Salsola e le Suaeda ; nelle spiaggie arenose: Ambrosia maritima, Pancratium maritimum, Psam- ma arenaria, Euphorbia Paralios e Terracina. Sulle rupi ma- 20 VEGETAZIONE rittime la Cineraria maritima si ricopre di fiori gialli e l'Inwula crithmoides, il Crithmum maritimum e le Statice sono in pieno fiore. Le prime pioggie di Settembre cambiano repentinamente V aspetto delle campagne. La terra bagnata e olente di quel- l’odore che le viene dall’assorbimento dell’acqua al seguito del sollione, dopo pochi giorni incomincia a coprirsi del tenero verde delle graminacee, urticacee, composte e di altre piante di facile germogliamento, e delle nuove foglie di molte specie peren- nanti. Spuntano nei luoghi rocciosi i fiori del Narcissus se- rotinus, della Scilla autummnalis, del Triglochin laxiflorum, si schiudono i capolini della Carlina gummifera, della Bellis sylvestris, e si cuoprono di fiori la Safwreja Nepeta, V Inula viscosa e la comunissima Inula graveolens. Fioriscono ben presto le Diplotaris viminea ed erucoides, il Leontodon minimum ed il Muscari parviflorum. I muschi che durante l'estate avevano accartocciate le loro fronde ed assunto un colore bruno scuro, si espandono e ri- prendono il loro abito verde, mentre sulle roccie e sui muri spiccano più vivaci e nette le tinte dei licheni. Al lichenologo : le Isole Maltesi offrono un campo dei più interessanti. Il pre- dominio delle roccie calcaree, l’uso delle pietre anzi che dei . mattoni nelle costruzioni d’ogni sorta, il modo stesso di fabbri- ‘care le case a terrazza, fa sì che i licheni saxicoli sono di una abbondanza del tutto straordinaria. E così le rupi di corallino superiore si vedono coperte di Dirina repanda, Roccella tinc- toria, Physcia parietina var. aureola e d’altre specie comuni. Le roccie, i muri, i bastioni di calcare a globigerina sono ad- dirittura tappezzati di varie Verrucaria, Lecanora, Opegra- pha, Caloplaca, Diphratora, Toninia, che si cuoprono e si so- vrappongono, specie dal lato Nord, mentre le piattaforme delle | terrazze sono letteralmente coperte dalle Aspicilia, Verrucaria, Physcia e sopratutto dalle Lecanora circinata e gatactina, che per il loro candore spesso somigliano a larghe chiazze di neve. I tronchi poi dei carrubi sono per lo più coperti di Di- rina Ceratoniae, mentre gli agrumi, gli ailanti, i pini ecc., danno una messe interessantissima di Arthonia, Opegrapha, Pertusaria, Lecanora ecc., e gli incavi nelle roccie sono’ spesso tappezzati di Collema, Leplogium e di altri omeolicheni. VEGETAZIONE i 21 Subentrato l’autunno, col continuare delle pioggie, nelle loca- lità rocciose sugli altipiani al di là di Notabile, fioriscono il | Crocus longiflorus, il Colchicum Bertolonii e i fiori del Ra- nunculus bullatus spandono il loro grato odore in tutte le spia- nate rocciose e ruderali, fino presso la Valletta. Fioriscono pure il carrubio, l’ellera, la Spiranthes autumnalis, e il Ranunculus bullatus che seguita a fiorire fino a Decembre, e cuopre intere spianate coi suoi fiori gialli. Alla fine di Ottobre o in Novembre, a seconda dell’epoca in cui si ebbero le prime pioggie, la nota do- minante è data dalla Diplotaris erucoides che fa biancheggiare il piano come per una abbondante nevicata. Poco dopo vi si unisce la Bellis annua, compaiono il giallo della Brassica cam- pestris e della Calendula arvensis, il rosa vivace della Silene sericea, e dovunque sulle roccie s’incominciono e vedere gli eleganti racemi dell’AspRodelus microcarpus. Alla metà di Gennaio compariscono le prime Anemone coro- naria e l’Adonis microcarpus i cui bei fiori spiccano fra i gio- vani grani e sul verde cupo delle foglie della sulla. Anche questi fiori vengono colti dai fioraî e venduti in città. Lo Scorpiurus subvillosus, le Fumaria la Reseda alba e le altre piante di fioritura precoce si aggiungono alla Diplotaxis erucoides e alla Brassica campestris, mentre la Silene sericea e la Fedia Cor- nucopiae formano delle piccole oasi rosee, e dovunque, sui muri, nei campi, lungo le vie, l Oralis cernua gialleggia in una pro- fusione che supera quella di tutti gli altri fiori insieme. Incomincia ora il miglior tempo per raccogliere le varie specie di muschi e di epatiche. Le Potlia, alcune Barbula, Toriula, Rhincos stegium, Phascunì, e Fissidens sono già in frutto, e in mezzo alle mierofite abbondano le Riccia, Tessellina ecc. ; In Aprile è già difficile trovare parecchie di queste Specie, eu | altre sono del tutto finite. Fin da Decembre comincia a fiorire l'Ophrys fan che dura SY} fino ad Aprile e Maggio, e in Gennaio vi sì Auizinagono: l’Orchis saccata, VO. lactea e V' Ophrys bombyliflora. È così si giunge alla metà di Marzo, sempre aumentando il numero delle. fiori- ture che raggiunge il suo massimo fra quest” epoca e la metà di Maggio, venendo in fiore quasi i nove decimi di tutte le specie. > Allora nei giardini gli agrumi si cuoprono di fiori, e nei campi pr ‘edomina il rosso intenso della saga mentre | in mezzo Ano più 292 VEGETAZIONE sta e fra i cereali fiorisce la legione delle piante arvensi. Nei luoghi ruderali l'Urica pilulifera si alza spesso ben più di un metro, e il Silybum Marianum, la Notobasis Syriaca e l’Ono- pordon Sibthorpianum formano dei gruppi ancora più alti, men- tre il Carduus marmoratus, seguito più tardi dal C. pycnoce- phalus insieme alla Galactites tomentosa si vedono in gran copia lungo le strade, sugli argini ed in tutti i luoghi incolti. Alla fine di Maggio e in Giugno le pioggie sono quasi del tutto cessate, e la maggior parte delle specie hanno compiuto il loro ciclo vegetativo. Dopo la mietitura che si suol fare fra Maggio e Giugno, tra le stoppie non compariscono che Zypericum eri spum, Heliotropium Europaeum, Conyza ambigua, Delphi- nium halteratum, Verbascum sinuatum, Crozophora tinctoria, Linaria spuria, commutata e Elatine, Chenopodium olidum, Andrachne telephiifolia; Convolvulus arvensis, Euphorbia pi- nea, Chamaesyce e Aleppica, Cynodon Daclylon e Mentha Pu- legium. Come stazioni si possono distinguere, a grandi tratti, l'arvense, la ruderale, i terreni rocciosi denudati con i piccoli incavi entro i quali si raccoglie l’acqua piovana d'inverno, il fondo fresco è umido delle valli e le loro pareti rocciose, le rupi marine, le spiagge marine, i ruscelli, gli stillicidî, i luoghi paludosi. | La stazione arvense con relativa flora più o meno ubiquista è di gran lunga la più estesa, i terreni coltivati occupando più di metà della superficie delle Isole Maltesi. Vengono. poi i ter- rani rocciosi, per lo più pianeggianti, battuti dai venti, denu- dati ed aridi. Essi occupano la maggior parte dell’area che non è messa in coltura. In Malta essi s'incontrano principalmente dai lati O., N. O. e N., mentre in Gozo ed in Comino hanno il pre- . dominio assoluto. Le piante più caratteristiche di questa stazione sono: Thymus capitatus, Orsinia camphorata, Inula viscosa, Anthyllis Hermanniae, Cichorium spinosum, Euphorbia Spi- nosa, Characias e dendroides, Asphodelus ramosus, Sedum Nicaeense, gli Helianthemum, i Cistus, e meno comuni Rula bracleosa e Periploca levigata. Dove su questi piani rocciosi si accumula un pò di terra, alta per lo più pochi centimetri, vegeta abbondante la microflora di piante piccole per loro na- tura, 0 di dimensioni ridotte per la natura del terreno, quali : Bellis annua, Cerastium glomeratum, Biscutella didyma, St- VEGETAZIONE 93 lene sericea, Alsine tenvifolia, Stellaria media, Erodium cicu- tarium, Tordylium Apulum, Sherardia arvensis, Callipeltis muralis, Vaillantia muralis, Plantago Coronopus e Psyllium, Tillaca muscosa, Evax pygmaea, Campanula Erinus, Meli- lotus sulcatus, Euphorbia peploîides e exigua, Anagailis arven- sis, Rumesx bucephalophorus, Linum striclum e Gallicum, Sideritis Romana, Asteriscus aquaticus, varî Trifolium, Ana themis Urvilleana, Erythraea pulchella, Chlora perfoliata, Draba verna, Echium arenarium, Lepturus incurvatus, Scle- ropoa rigida, Catapodium Siculum, Brachypodium distachyum, Poa annua, Trisetum aureum e tante altre che presentano più o meno marcato il fenomeno del ‘nanismo; ed insieme ad esse alcune bulbose o tuberose quali: Ranunculus Dbullatus, Colchicum Bertolonii, Scilla autumnalis, Allium Chamaemoly e parciflorum, ì Triglochin, le Romulea e Vl Irîs Sisyrinchium le cui stelle celesti, nelle ore meridiane in Aprile, sono il mag- giore ornamento di quei piani brulli. È questa una ben magra vegetazione, ma pure l'industrioso contadino Maltese trova modo di trarne qualche profitto portandovi le sue pecore a pascolare; e contribuendo cosi a rendere quei terreni ancora più brulli. Molte sono le valli fresche in fondo alle quali scorre un ru- scello, che costituiscono una stazione molto caratteristica. Le principali in Malta sono Uied Babu, ÙUied Gherzuma, Ghain il Gbira, Ghirghenti, Gneina, Imtahleb, Ta Baldu, ÙUted In- cita, San Martin, ed in Gozo Xlendi, Uied ir Rihan, Migiarro, Pergla, Migiar. Scini. Nel loro fondo e sulle loro pareti, nei luoghi soltiniti alla col- tura ed alla devastazione delle capre, nell'aria umida e calda, al riparo dei venti, si sviluppa una vegetazione rigogliosa di cui non può farsi idea chi ha visto soltanto gli altipiani rocciosi nudi e i campi circondati da muri a secco fra i quali serpeg- giano le strade polverose. Là si trovano: Clematis cirrhosa, Pistacia Lentiscus, Coronilla Valentina, Psoralea bituminosa, Rubia peregrina, Crataegus oxyacantha e Ruscinonensis, Ro- smarinus officinalis, Rhamnus oleoîdes, Lonicera implexa, Hedera Helix, Erica multifiora, Convolvulus oleaefolius, Phio- mis fruticosa, Smilax aspera, Asparagus aphyllus, Prasium majus, Teucrium flavum e fruticans, Polygonum Persicaria Ficus Carica, Pirus communis, Antirrhinum majus e Sicu- 24 VEGETAZIONE lum, Celsia Cretica, Salix alba e pedicellata, Populus alba e più rare: Anagyris foetida, Rosa sempervirens e Gallica, Myrtus communis, Melissa officinalis, Colocasia antiquorum, ed altre piante, alcune delle quali ho citate a proposito delle epoche di fioritura, tutte specie che in questi luoghi hanno trovato rifugio. Più speciali delle rupi marine sono: Crucianella rupestris, Hypericum Aegyptiacum, Daucus Gingidium, Silene sedoides, Matthiola încana, Inula crithmoides, Crithmum maritimum, Cineraria maritima, Suaeda fruticosa, Centaurea crassifolia, le Statice e poche altre rupicole amanti dello spruzzo marino. Ivi, in luoghi inaccessibili, si vedono pure talvolta, nati sponta- neamente, il fico d’India, il melagrano e il fico. Le spiaggie marine arenose sono rare e poco estese. A Malta ne troviamo a Gneina, Ghadira, Marfa, San Tumnas, ed in Gozo a Ramla e a Marsalforno. Lì trovansi le piante pretta- mente psammofile marine quali: Ambrosiu maritima, Convol- vulus Soldanella, Euphorbia Paralios, Echinophora spinosa, Galilea mucronata, Pancratium maritimum, Medicago ma- rina, Orlaya maritima, Triplachne nitens ecc. Nei ruscelli e sulle loro sponde si vedono Nasturtium offici- nale, Helosciadium nodifloruin, Enanthe globulosa. Pochi assai sono gli stillicidî dove crescono Samolus Valerandi, Adiantum Capillus Veneris, Grammitis leptophylla, ecc., ed assai ridotti in oggi i luoghi paludosi salsi, la cui vegetazione di Juncws ma4- rilimus, I. acutus, Salsola, Atriplex ecc. va sempre più scom- parendo. Stazione caratteristica sono poi, qui come a Lampedusa, le pozze d’acqua che si formano negli incavi della roccia, e che d'autunno albergano una prima flora di Triglochin laxiflorum, Scilla autumnalis, Diplotaxis viminea e Ranuncutus bullatus, per aa poi RAFA piove e rimanere così durante l’in- verno, versifolius, Damasonium, Cal- litriche e Zannichellia. Più tar di, diminuendo l’acqua, insieme ai Nostoc, Collema e Leptogium, danno origine a una flora ora di Bulliarda Vaillantii, Juncus bufonius var. pumilio, Elatine Gussonei ed ora di Sedum coeruleum, Lythrum Graefferi @ Hyssopifolia secondo il rispettivo grado di umidità; e infine, dopo una ultima fioritura di Mentha Pudegiune, si disseccano — ANDE VEGETAZIONE, ESPLORAZIONE BOTANICA 25 Vanno ancora rammentate, come stazioni abbastanza distinte, “i muri a secco sui quali crescono Parzetaria, Umbilicus, Aspa- ragus-aphylius, Geranium Robertianum ed alcune piante rupe- stri; ed i terrazzi delle case sui quali allignano alcune anemo- core. Sugli estesi bastioni e muri delle fortezze poi, crescono in quantità le piante arvensi ed alcune rupestri come Maéthiola incana, Senecio Cineraria, Capparis, Orsinia ecc. A. CARUANA GATTO. Esplorazione botanica delle Isole Maltesi I botanici che hanno esplorato le Isole Maltesi ed illustrato da sè le loro raccolte si trovano citati, con notizie sommarie sul contenuto dei loro scritti, nella bibliografia alla quale dedichiamo più oltre un capitolo speciale. Essi sono, in ordine cronologico: Raccolsero piante e scrissero della Flora Maltese : BoNnamico, Maltese (1670). ! BocconE, Palermitano (1674-1697). CAVALLINI, Maltese (1689). FoRSKAAL, Svedese (1775). — Le sue piante, per la maggior parte almeno, trovansi nel Museo botanico di Copenaga. . GIACINTO (HyacInTHUS), Genovese (1806-1825). DumoNnT D'URVILLE, Francese (1822). —— Le sue piante si leo: i vano nell’Istituto botanico di Caen e nel Muséum di Parigi. ZERAFA (ZERAPHA), Maltese (1827-1831). BRUNNER, Svizzero (1828). | BRENNER, Svedese (1838). NyYMAN, Svedese (1844-1845). AQUILINA, Maltese (1848). ì Le data ad ogni autore, sono o quell dei loro seritti | concernenti la Flora Maltese. co a a ESPLORAZIONE BOTANICA GrEcH DELICATA, Maltese (1849-1853). — Le sue piante. si conservano ancora in parte nell’ Erbario Universitario di Val- letta. Alcune trovansi pure nell’Erbario Centrale di Firenze. Gavino GuLia, Maltese (1855-1888). — Anche di Gavino Gulia si trovano piante nell’Erbario di Valletta ed in quello Centrale di Firenze. CLEGHORN, Inglese (1869), MeEpLYcoTT, Inglese (1870). DuTHIE, Inglese (1872-1875). — Molte delle sue piante trovansi - nell’Erbario Centrale e nell’erbario di uno di noi (S. S.) a Firenze; | ma la collezione principale è nell’Erbario di Kew a Londra. Alcune si conservano pure nell’Erbario Universitario di Valletta. Daveau, Francese (1876). Visitor (pseudonimo), Inglese (1880). ARMITAGE, Inglese (1889). — Le sue piante Maltesi si trovano, in parte almeno, nell’Erbario Generale di Roma. HensLow, Inglese (1890-91). DeBoNo, Maltese (1890). CARUANA GATTO, Maltese (1890-1912). — Le piante da esso rac- colte trovansi nel suo erbario privato a Valletta. GoDpFERY, Inglese (1892). SoMmMIER, Fiorentino (1906-1911). — Le piante da esso raccolte nelle Isole Maltesi si trovano nel suo erbario privato a Firenze. Bor, Maltese (1909). Le sne piante trovansi nel suo erbario privato in Malta. Fra questi, fino al tempo nostro più contribuirono alla cono- scenza della Flora Maltese indigena: Bonamico che scrisse la prima flora di Malta (pubblicata poi da Cavallini); — Zerafa al quale si deve la prima flora Maltese con nomenclatura Linneana; — Grech Delicata che ampliò con- siderevolmente quella flora, disponendola in ordine naturale, ne corresse parecchi errori e ne escluse le piante coltivate che Zerafa aveva menzionate promiscuamente con le indigene; — Gavino Gulia che pubblicò in quadri analitici una parte delle fa- miglie fanerogame Maltesi; — infine Duthie che aggiunse un numero considerevole di fanerogame a quelle sino allora note di queste isole, e particolarmente di Gozo, Comino e Cominotto. . Ma oltre ai botanici sopra citati che illustrarono le proprie raccolte, molti sono coloro che, o soggiornando in Malta, o tran- ESPLORAZIONE BOTANICA oi sitandovi per andare in parti più meridionali o più orientali, vi hanno raccolto piante, e le hanno conservate nei proprî erbarî o le hanno date in Malta a Zerafa a Delicata o a Gulia, o man- date a botanici di loro relazione, come per es. a Linneo, Bertoloni, Gussone, Tenore, Cosson, Parlatore, Todaro. Queste piante in parte sono state menzionate in lavori generali o monografici di varî autori, ma in parte giacciono ancora ignorate in erbarî pub- blici o privati. Diamo qui appresso un elenco di quei raccoglitori di piante Maltesi che non hanno pubblicato alcunchè in proposito, ma di cui ci fu dato vedere delle piante in qualche erbario, o trovare i nomi citati in lavori di altri. Non abbiamo, ben inteso, affatto la pretesa che questo elenco, unito a quello dato alla pagina precedente, comprenda tutti quelli che hanno raccolto piante nelle Isole Maltesi. Notiamo anzi che, nel consultare erbarî an- tichi, come ad esempio quello Webb a Firenze, abbiamo incon-. trato delle piante Maltesi di cui non conosciamo il raccoglitore perchè sulle etichette non trovasi altra indicazione che « Malta ». Raccolsero piante Maltesi ma non ne scrissero : BaLANSA BENOIT, Francese. — Fra le piante distribuite nelle sue exsiccala intitolate « Plantes d’Orient » se ne trovano al- cune di Malta. BICKNELL CLARENCE, Inglese. — Visitò Malta nel Gennaio 1910 e raccolse piante che in parte ci comunicò. CapET DE FonTENAY, Francese. — Citato per Malta nel Pro- dromo di De Candolle e nella Flora Orientalis di Boissier. Di lui si trovano piante Maltesi nei grandi erbarî. CaLcARA PieTRO, Palermitano. — Trovasi citato nella Flora Italiana di Parlatore e successori. Le sue piante si conservano nell’Orto botanico di Palermo e molte si trovano pure nell'Er- bario Centrale di Firenze. Delicata, nella Flora Melitensis (Pre- fazione p. xIv), cita Calcara fra i botanici che visitarono Malta. senza scriverne. D’ALBERTIS ENRICO, Genovese. — Raccolse nel 1879 delle al- ghe marine che furono studiate da Piccone. DonaLpson J., Inglese. — Chirurgo maggiore dell’ esercito in- glese, soggiornò 5 anni in Valletta, dedicando i suoi ozî allo studio 28 ESPLORAZIONE BOTANICA della flora Maltese. Fu spesso compagno di gite di Gavino Gulia. Si trovano alcune sue piante nell’Erbario Universitario di Malta. DJurBERG F. A., fi. — Sappiamo da Wikstròm (op. cit. nella nostra bibliografia, p. 63 in nota) che questo medico della regia marina svedese visitò Malta nel 1823 e ne riportò una collezione di piante che trovasi nel Museo. botanico della R. Accademia delle Scienze di Stocolma. (FAaUcoNNET, Svizzero). — Béguinot (Malpighia XXI p. 261) menziona delle Romulee Maltesi dell’Erbario Fauconnet, conser- vate nell’Erbario Delessert a Ginevra. Sembra però che queste piante furono raccolte da altri e mandate in cambio al Faucon- . net, probabilmente dallo Schlumberger, poichè, da quanto ci scrive il conservatore dell’ Erbario Delessert, il Fauconnet non fu mai a Malta. o FEILDEN H. W., Inglese. — Menzionato da Gavino Gulia come suo compagno di gite botaniche. FIGARI ANTONIO, Genovese. — Abbiamo visto nell’Erbario Cen- trale di Firenze qualche pianta di Malta mandata a Parlatore da Figari Bey nel 1867, raccolta probabilmente durante una sosta fatta in quest'isola nel recarsi in Egitto. GrIMa MicHELANGELO, medico Maltese. — Verso il 1770 inviò alla Società Botanica e di Storia Naturale di Cortona, della quale era Aggregato, un erbario di specie Gaulo-Melitensi. (Seconda | Gavino Gulia, Orazione di laurea). | Gussone GIOVANNI, Napoletano. — Bertoloni (Ann. di Storia — nat. tomo I p. 262) scrive nel 1829 che Gussone, l’anno avanti, | aveva preso a perlustrare Malta, Lampedusa ecc., e (tomo II p. 360) menziona qualche pianta di Malta che gli fu mandata da Gussone. Gussone stesso nella Synopsis FI. Sic. II p. 92 dice di avere raccolto a Malta il Thymus microphylius e (p. 451) di avere mandato a De Candolle la Jasonia glutinosa di quest'isola. Egli stesso però non illustrò le sue collezioni Maltesi, e Delicata non “lo menziona neppure fra i botanici che erborizzarono a Malta. di Hanson Rev. H. e moglie, Inglesi. — Menzionati da Gavino Gulia. - HARTMAN |. F., Svedese — Manzionale da Delicata in Prefa- | zione alla FI. Melitensis. JANKA VicToRr, Ungherese. — Fu a Malta nel 1874. e.vi race - colse delle piante che trovansi in varî erbarî, con etichette sulle. ESPLORAZIONE BOTANICA 29 quali è stampato « Iter Italo-Melitense » e di cui alcune sono citate da Gulia. Egli stesso non scrisse nulla di Malta (vedi bibliografia). \ KeERR Lord WALTER, Ammiraglio Inglese. — Raccolse pulite nel 1890-1892. KRALIK Lou1s, Francese. — Menzionato da Delicata in Pre- fazione p. xIv fra i botanici che visitarono Malta senza scri- verne. KRAUSE GOTTLIEB ApoLF, Tedesco, — Si conservano nell’Er- bario del Museo botanico di Berlino delle piante raccolte nella primavera del 1882 dal Krause, noto per le sue erborazioni in Libia. Sono però poche, come ci conferma il Prof. Ascherson. Ligassi IGNAZIO, Siciliano. — Questo padre gesuita dimorò lun- gamente in Malta da dove mandò a Todaro buon numero di piante che si conservano nell’ Erbario Palermitano. Locano GroreIo, Maltese. — Citato da Delicata (Pref. p. xI) come compagno di Forskaal nelle sue erborazioni a Malta. MARTENS G. M., Tedesco. — Citato da Parlatore « Les Collections botaniques du Musée de Florence 1874 » p. 36, come botanico di cui esistono piante di Malta nell’ Erbario Webb. Narpucci MurMURO, Maltese. — Citato da Boccone nel 1697, per avergli mandato piante di Gozo. NaupI A., Maltese. — Botanico allievo di Giacinto. È da questi menzionato come suo collaboratore, ma non ci consta che vi siano scritti suoi sulla flora Maltese. PAROLINI ALBERTO, Veneto. — Deve essersi fermato a Malta andando in Grecia e nell’Asia Minore. Bertoloni nella Flora Ita- lica vol. II p. 144 dice di avere ricevuto da lui la Crucianetla rupestris di Malta, e vol. VII p. 312, l'Hypericum «Eguptiacum di Malta e di Comino. . PERRY WICKHAM, della regia marina luglose, — Citato da Ga- vino Gulia. PickERING J. P., Inglese. — Citato da Delicata (Prefazione p. XIV). PoRTELLI V. D., Maltese. — Aquilina (op. cit. in bibliografia) dice che il Dott. Portelli fece alla Societa Medica d’Incoraggia- mento di Malta delle letture sulla flora Maltese. Non conosciamo altrimenti questo Portelli. RAULIN tito. Francese. - Trovansi nell’Erbario del Mu-. 30 ESPLORAZIONE BOTANICA séum di Parigi dalle piante raccolte a Malta dal Raulin, autore della « Description physique de l’Ile de Créte ». È probabile che egli si sia fermato occasionalmente a Malta andando a Creta. READE OswaLD, Inglese. — Farmacista. Erborizzò con uno di noi (C. G.) e Godfery dal 1892 al 1896. RicHarD A., Francese. — Si trovano nell’Erbario Centrale di Firenze alcune piante raccolte a Malta da questo botanico, autore del « Tentamen Florae Abyssinicae ». Egli probabilmente avrà fatto scalo a Malta andando in Abissinia. RUHMER GUSTAF FERDINAND, Tedesco. — Si conservano nell’Er- bario del Museo di Berlino delle piante raccolte a Malta nel Di- cembre 1882 dal Ruhmer, nella fermata di pochi giorni che fece recandosi a Tripoli. Esse però, come ci informa il Prof. Ascher- son, non sono numerose, SCHLUMBERGER DANIEL. — Raccolse a Malta. nel 1842 delle piante di cui alcune si conservano nell’Erbario dell'Orto bota- nico di Palermo, in quello Delessert a Ginevra, in quello Bur- nat a Vevey, ed in altri erbarî, e che trovansi talvolta citate in Lojacono Flora Sicala ed in altri lavori. ScHWEINFORTH Giorgio, di Riga. — L’illustre botanico s0g- giornò in Malta come egli stesso ci informa, nell'inverno del 1871-2, e vi raccolse delle piante che trovansi nel suo erbario privato, depositate nell’Orto botanico di Berlino. Alcune trovansi citate in qualche monografia. SICKENBERG E., Tedesco. — Raccolse a Malta, nella primavera del 1876, dei muschi che vennero pubblicati da Baur. Raccolse allora pure delle fanerogame che trovansi in diversi grandi er- barî (per esempio in quelli di De Candolle, di Delessert e di Bois- sier) e di cui alcune sono citate in lavori monografici. SPENCER JAMES Sig."* M., Americana. — La Signora Spencer erborizzò a Malta nei mesi di Marzo e Aprile degli anni 1894 e 1895. Le sue piante sono destinate all’Oberlin College Ohio, negli Stati Uniti d'America, ma alcune si trovano in erbarî pri- vati ed anche in quello Centrale di Firenze. TaUBERT P. H. W., Tedesco. — Questo botanico, recandosi in Libia per incarico di W. Barbey nel 1887, si fermò a Malta nei mesi di Gennaio e Febbraio, e vi raccolse piante che devono trovarsi negli Erbarî Boissier-Barbey. Qualcuna trovasi anche ‘| nell’Erbario Centrale di Firenze. ESPLORAZIONE BOTANICA 31 THURET G., Francese. — Si trovano nell’Erbario del Muséum di Parigi piante di Malta raccolte da Raulin e Thuret. (Toparo AgostINo, Palermitano). — Trovansi molte piante di Malta in varî erbarî, sulle cui etichette è scritto Calcara Todaro. Quest'ultimo però non ci consta che sia mai stato a Malta. Egli non fece altro che distribuire piante Maltesi avute da Calcara e da Libassi. TOSCANELLI VITTORIA, Italiana. — La Signora Toscanelli rac- colse a Malta, nell’Ottobre del 1878, delle alghe marine che sono intercalate nel suo erbario algologico da essa legato all'Istituto botanico di Firenze. Abbiamo fatto lo spoglio dell’ Erbario Tosca- nelli e possiamo quindi citare tutte le specie determinate, da essa raccolte a Malta. WRIGHT C., Inglese. — Naturalista che abitò lungamente in Malta e scrisse varie memorie zoologiche. E citato da Gulia per avergli fornito alcune piante interessanti. Cleghorn scrisse che il Wright aveva delle belle collezioni di piante e di animali delle Isole Maltesi. ZAMMIT GIUSEPPE, Maltese. — Fondatore, nel 1675, dell'Orto botanico di Valletta, è citato da Boccone nel 1697 per avergli mandato piante da Malta. È citato pure da Cavallini nel Pu- gillus e da Gulia nell’ Vragione di laurea. Mori nel 1740 alla età di 94 anni. Vi furono altri botanici di questo nome, poichè, un i secolo dopo la fondazione dell’Orto botanico di Valletta, il De Borch (vedi bibliografia) in una lettera datata da Malta del 28 Dicembre 1776, scrive che vi era allora in Malta « un fameux médecin du pays, qui joignant des connaissances chimiques aux botaniques, et. l’expérience à la théorie, a opéré des prodiges à ce qu'on dit. .Zamit, C'est son nom, ecc. ». 32 L'ORTO È L'ERBARIO UNIV. DI VALLETTA L’Orto botanico e l’ Erbario Universitario di Valletta Nel 1675, fondata |’ Università di Malta dal Gran Maestro Ni- cola Cottoner, venne nominato professore di botanica il Maltese Giuseppe Zammit, monaco dell'Ordine Gerosolimitano e medico rinomato. Per cura dello Zammit sorse allora a Valletta, nei fos- sati del forte di Sant’ Elmo, un Orto botanico il quale però venne abbandonato dopo la morte del suo fondatore avvenuta nel 1740. L'attuale Orto botanico, situato nel suburbio di Valletta detto Floriana, venne fondato soltanto nel 1805 dal Genovese Padre . Giacinto (Hyacinthus), chiamato ad occupare la cattedra di bo- tanica dal primo Governatore inglese Sir Alexander Ball. Al Giacinto succedettero nella direzione dell'Orto i professori S. Ze- rafa, Grech Delicata, Gavino Gulia, e ? finalmente F. Debono, sotto la cui direzione trovasi tutt’ ora. L’Erbario nel quale furono collocate le piante raccolte e ri- cevute dai successivi titolari della cattedra di botanica, conser- vasi nei locali della Università in Valletta. Esso però è in pes- sime condizioni, e rappresenta evidentemente soltanto un residuo di quello che fu; ed anche quanto resta è spesso inutilizzabile per trasposizioni o perdita di etichette, o perchè le piante sono tanto guaste da non essere riconoscibili. È molto deplorevole che non vi si trovino più in stato determinabile altro che re- lativamente poche delle piante di Delicata e di Gulia, e pochis- sime di Giacinto e di Zerafa, e che quindi non vi sia modo di controllare l’esattezza di molti dei nomi che trovansi nei lavori di questi autori, e si rimanga incerti sulla presenza di non po- che specie nella nostra fiora. Non v'è dubbio che adesso gli erbarî nei quali sono meglio rappresentate le piante di Malta sono i nostri due erbarî per- sonali, e dopo di essi quello Centrale di Firenze dove trovansi piante di Grech Delicata, di Gulia, di Duthie e di varî altri botanici, e quello del Dott. Giovanni Borg di Malta. BIBLIOGRAFIA Diamo qui l’elenco dei lavori contenenti informazioni sulla flora delle Isole Maltesi, tralasciando alcune flore generali, al- cune monografie ed altre opere dove trovansi citate piante Mal- tesi solo occasionalmente. Abela Commendatore Fra Gio. Francesco. — Descrizione di Malta con le sue csc ed altre notitie. P. Bonacota. Malta 1647. A pag. 121 troviamo la prima menzione del Cynomorium coccineum nelle Isole Maltesi. L'Autore lo chiama « un’ herba che tira al ver- miglio, non dissimile nel di fuori, et in quanto alla forma a i finoc- chi marini. » Dice che si trova unicamente sullo scoglio chiamato Hagira tal gernal di faccia a Cala Dueira in Gozo, e che è rimedio sovrano contro la dissenteria. Aquilina G. G. — Di alcune piante Maltesi delte volgarmente selvatiche che possono servire di nutrimento all'uomo. Memo- ria letta alla Società Medica d’Incoraggiamento di Malta. In 8° di 15 pag. Malta 1848. L’Autore, medico Maltese, a proposito della carestia del 1847, . enumera molte piante crescenti selvatiche a Malta, che potrebbero, in caso di bisogno, servire di nutrimento, ma che il contadino Maltese non conosce. Questo lavoro non contiene alcuna osserva- zione originale spo Aquilina, Zerafa e Delicata. — Osservazioni Botanico-200- logiche. Atti della Soc. Medica d’Incoraggiamento. Malta 1843. Sotto questa rubrica si trova indicata la fioritura delle piante Mal- tesi più comuni per ogni singolo mese. Ardissone Francesco. — Phycologia Mediterranea. Due vo- lumi in 8° grande di 516 e 324 pag. Varese 1883 e 1886. Sono citate alcune specie di alghe marine delle Isole Maltesi. 8. SOMMIER et CARUANA GATTO. — Zora Melitensis nova. — 8 34 BIBLIOGRAFIA Ardissone Francesco. — Note alla Phycologia mediterranea. Rendiconti del R. Istituto Lombardo, Serie II, vol. XXVI, fasc. XVII. Estratto di 17 pag. Milano 1898. Menziona come raccolte a Malta 10 alghe marine. Ardissone Francesco. — Rivista delle alghe mediterranee. Rendiconti del R. Istituto Lombardo, Serie II, vol. XXXIX, da p. 156 a p. 176. Milano 1906. Indica Ectocarpus confervoides Le Jol. come raccolto a Malta. Armitage E. — Appunti sulla Flora dell’ Isola di Malta. Bull. della Soc. bot. ital. 1889, da p. 495 a p. 500. Firenze 1889. In questo scritto l'Autore comunica le osservazioni floristiche fatte da lui durante un soggiorno di 4 mesi in Malta, nell'inverno 1888-89. Cita le piante più caratteristiche delle cinque stazioni principali che egli distingue nelle Isole Maltesi e che sono: 1° Coltivato, vie ecc.; 2° rupi e vallate sassose; 3° coste precipitose del S. E. ; 40 spiaggie del lato N. E.; 5° depessaioni superficiali che si trvvalio dappertutto dove il sasso tag si scopre in strati quasi orizzontali. Infine dà l’elenco di 33 specie trovate dopo la pubblicazione della Flora Melitensis di Grech Delicata e che quindi, salvo alcune pub- blicate da Duthie e da Gulia, erano ancora inedite per la Flora Maltese Il rev. Armitage fu ancora a Malta nel 1891, ed erborizzò di nuovo con uno di noi (C. G.); ma intorno alle sue raccolte in questa se- ‘conda visita non scrisse nulla. Badger G. Percy. — MHistorical Guide to Malta and Gozo, improved and augmented by N. Zammir M. D. Sesta edizione, in 16”° piccolo di 320 pag. Malta 1879. La prima edizione era del 1838. La parte I° è la storia di Malta. La parte II° è intitolata : De- scription of Malta together with a brief outline of its productions, cli- mate, language ecc. Questa parte contiene un capitolo intitolato Bo- tany scritto da P. pre iii nella sesta edizione quale «era nella prima (vedi Bren è Il lavoro di Badger è e da Delicata (Prefaz. XIII) col titolo di « Description of Malta and Gozo » BaRTH (IL) GazETTA DI MEDICINA E ScIiENZE NATURALI di GA- vino GuLia. In 8°. Tipografia del Corriere. Valletta 1871-1877. Di questa pubblicazione sono comparsi due soli volumi. Il I° (1871- 74) è diviso in 3 annate (anno 1°, 20 e 8°), e va da pag. 1a p. 544. Il II° (1875-77) è diviso in due annate (anno 4° e 5°). L’anno 4° va BIBLIOGRAFIA 35 da p. 1 a p. 156. L’anno 5° che ricomincia con p. l e va fino a p. 20, non contiene alcun articolo botanico In questa pubblicazione, che è oggi molto difficile a procurarsi, trovansi molti articoli botanici di Gavino Gulia e uno di Duthie, .che citiamo sotto i nomi dei loro autori. Baur Wilh. — Beitréige zur Laubmoosflora der Insel Malta. senno 1891, da p. 217 a p. 219. Dresden 1891. 1esta nota è stata riprodotta in Inglese col titolo di A contribution to sh Moss Flora of Malta in Mediterranean Naturalist, vol. I, N. 10, da p. 151 a p. 152. Valletta 1892. È l'elenco di 85 specie di muschi e cinque varietà, raccolte a Malta nella primavera del 1876 dal prof. E. Sickenberger, allora residente al Cairo, e determinate da W. Baur di Karlsruhe e da C. Miller di Halle. Per ogni specie sono indicati i luoghi dove fu raccolta. Il Baur nota la mancanza di rappresentanti dei generi Grimmia e Or- thotrichum. Béguinot A. — Diagnoses Romulearum novarum vel minus cognitarum. Engler's Bot. Jahrb. XXXVIII, p. 327. Leipzig 1907. Viene descritta la nuova specie Romulea Melitensis. Béguinot Augusto. — Revisione delle Romulea dell’Erbario Delessert. Annuaire du Conservatoire et du Jardin botaniques de Genève, 11° et 12° année, p: 144-163. Genève 1908. ! Sono citate le Romulea di Malta raccolte dallo Schlumberger e conservate a Ginevra nell’Erbario Delessert. Béguinot Augusto. — Revisione monografica del genere Romulea Maratti. Malpighia, vol. XXI-XXII. Genova 1908-9. Nella parte II (Enumerazione ed illustrazione sistematica), l’Au- tore cita tutte le specie di Romulee note delle Isole Maltany e dà una più ampia descrizione della R. Melitensis. Béguinot A — Vedi Fiori. Bertoloni Antonio. — Il rimanente. del discorso. sopra la Li - storia ed i progressi della botanica insulare italiana. Annali - di Storia naturale, tomo I. Bologna 18 1829. sr |A p. 261 l’Autore dice poche parole di Boccone, Cavallini e Zorafa, ui come illustratori della Flora Maltese, i l’anno La pi « preso a perlustrare e Malta, e > Lampedusa e; 2 Bertoloni loni Antonio. _ Florae Melilensis Thesaurus sive plan- ;- . tarum atti ue in Melitae Gaulosque insulis aqui. in ni 3 36 BIBLIOGRAFIA digenae, aut vulgatissimae occurrunt ecc. Curante Stephano Zerapha Med. Doct. Fasc. 1°. Annali di St. nat., tomo II. Bo- logna 1829. In questa rassegna del primo fascicolo del Thesaurus di Zerafa, Bertoloni riporta il nome di 62 delle specie indigene, e di 24 specie ‘esotiche citate in quel fascicolo. A causa del modo promiscuo nel quale Zerafa enumera le piante indigene e le esotiche coltivate nei giardini Maltesi, Bertoloni è caduto in alcuni errori, citando come | indigena qualche specie esotica, ad esempio Anredera vesiculosa € Asclepias fruticosa. A p. 859 trovasi la descrizione della Centaurea crassifolia e sono ‘esposte le ragioni per le quali Bertoloni sostituisce questo nome a quello di C. spathulata dato alla nuova specie da Zerafa. A p. 360 è data la descrizione di Hypericum Aegyptiacum, ed a p. 362 quella di Orsinia camphorata, con le ragioni per le quali Ber- toloni toglie ieri ieLicsa specie dal genere Inu/a al quale era stata riferita da Ze Bertoloni Antonio. — Flora Italica, sistens plantas in Italia el ininsulis circumstantibus sponte nascentes. Dieci volumi in 8°. Bologna 1833-54, Sono pochissime le specie citate per Malta in questa opera, perchè Bertoloni menzionava soltanto le piante, che egli possedeva nel suo erbario. Nel vol. XI (Flora Italica cryptogama) non è menzionata alcuna pianta Maltese. Boccone Paulus. — Icones et descriptiones rariorum plan- tarum Siciliae, Melitae, Galliae et Italiae quarum unaquaeque proprio charactere signata, ab aliis ejusdem classis facile di- slinguiigi Auctore Paulo Boccone Panormitano Siculo Sere- missimi Magni Hetruriae Ducis olim Botanico. In 8° di 96 pa- gine con tavole. E theatro Sheldoniano, Oxoniae 1674. In questo lavoro del celebre monaco botanico, si trovano descritte e figurate quattro piante Maltesi: Jasonia glutinosa, Centaurea Meli. — tensis, ion reticulata e Cynomorium coccineum ‘ Come risulta da quanto scrive egli stesso, Bacvonà non solo rice- vette piante da Malta, ma visitò in persona questa isola. Boccone Don Paulo Gentiluomo di Palermo, Botanico del Sere- nissimo Gran Duca di Toscana, Collega dell’Accademia Cesareo Leopoldina Naturae Curiosorum: ed al presente Don SILVIO Boccone Monaco del Sacro Ordine Cistercense della Provincia. di Sicilia. — Museo di piante rare della Sicilia, appa Corsica, ; BIBLIOGRAFIA dé. Italia, Piemonte e Germania. In 4° di 194 pag. con tavole. Venetia 1697. Di Malta sono citate quattro sole piante: Glaux altera palustre, rghum Halepense Pers.) e Asplenium lucidum, undulato Pimpinellae olio: Me- litensis (= Asplenium marinum L Della prima specie dice di averla raccolta da sè. Il Milium peregrinum dice di averlo avuto dal « Capellano Fra Giuseppe Zammit, Medico di molta riputazione, » e l’Asplenium lucidum dal « Signor Narduccio Murmuro, Speziale il quale è dimorato molti anni nell'Isola del ». Boccone Don Paulo. — Museo di fisica e di esperienze, va- riato e decorato di osservazioni naturali, note medicinali, e Ragionamenti secondo î Principij de Moderni. In 4° di 319 pag. con tavole. Venetia 1697. L’Osservazione duodecima (p. 69) è intitolata « Intorno al Fungus Typhoides, coccineus, tuberosus Melitensis ». Vi è di nuovo descritto il Cynomorium coccineum, e ne è data una nuova figura (Tab. 1 p. 56). È detto come questa pianta, creduta da prima speciale a Malta, fosse poi stata trovata nell'isola di Favignana, nelle saline di Trapani e nel vicino isolotto del Ronciglio, a Lampedusa ed a Tunisi, e come dal 1674 in poi se ne fossero divulgate le proprietà medicinali. principalmente contro la dissenteria). Dice che fu già menzionata nel 1647 da Fra G. Abela, Commendatore e Vice Cancelliere dell’Or. dine dei Maltesi nella sua « Descrizione di Malta con le sue antichità ed altre notizie », e che il Dottor Giov. Francesco Buonamico, Fra . Giuseppe Zammit cappellano dell'Ordine Gerosolimitano e medico dello Spedale, ed altri medici e Apart di Malta ne avevano speri- mentato Pefficacia, i Ù Boccone Paolo. — Storia naturale di Maîta. Mantecritio. Gavino Gulia, nella prefazione al suo Repertorio botanico Maltese, dice che esiste un lavoro di Boccone con questo titolo, ma che è rimasto manoscritto. Cleghorn a questa notizia aggiunge che tale manoscritto conservasi nella Biblioteca pubblica di Malta. Per quante ricerche ne abbiamo fatte, non ci è riescito trovare traccia di questo manoscritto di cui del resto non fa menzione Lasa Grech Bellosta DE il quale cita gli altri lavori di Boccone. Boisgelin Louis de, Knight of Malta. — Ancient and modern | Malta containing a full and accurate account of the present ‘. stale of the islands of Malta and Casa n the sati of the 38 BIBLIOGRAFIA Knights of S* John of Jerusalem ete. Due vol. in 8° grande con carte ed illustrazioni. London 1805. Da p. 155 a p. 176 sono dati dei cataloghi di piante Maltesi, che non portano alcun contributo alla conoscenza della flora di queste isole, e dai quali si rileva che l’autore non era botanico. Sono ripro- ‘ dotte le descrizioni di Boccone di Conyza Melitensis (Jasonia glutinesa), Jacea Melitensis (Centaurea), Limonium reticulatum (Statice) e Cynomo- rium. È poi ripetuto l’elenco delle 326 pianta del Cavallini (Pugillus Meliteus). Finalmente è riprodotto l'elenco delle 87 piante Maltesi pubblicate da Forskaal col nome di Florula Melitensis. Da pag. 71 a 74 parla del Cynomorium coccineum e dà una buona riproduzione della figura di questa pianta pubblicata da Micheli nel Genera planta- rum. Descrive l'isolotto dove cresce in abbondanza (che chiama Ha- gira Tal Gernal), il modo originale di accedervi, ele precauzioni prese per assicurare la proprietà di questa pianta medicinale ai gran Maestri dell'Ordine Maltese. È data una ricca bibliografia di lavori concer- nenti Malta a varî punti di vista, anche naturalistici. Bonamicus Joh. Frane. — De fuco spicato coccineo Melitensi, planta singularis et rarissima nunc primum curiosis evulgata. Manoscritto di data ignota, ma anteriore al seguente lavoro. Tratta del Cynomorium coccineum. Di questo manoscritto si conser- vano, nella Biblioteca pubblica di Valletta, due copie. In una delle due, anzichè « De fuco ecc. », è detto: « De fungo Melitensi dissertatio ». ‘ Bonamicus Joh. Franc. — Brevis notitia plantarum quae in Melitae el. Gaulos insulis observantur. Manoscritto del 1670. 3 Sono enumerate 243 specie di piante (secondo Delicata Flora Meli- e e | ss, Giovanni Francesco Bonamico, Buonamico, Bonamici o Buona» mici,! per quanto sappiamo da Grech Delicata nella prefazione ‘ alla Flora Melitensis p. x, era Maltese, medico e cultore di varie scienze. Lo rammenta Boccone in «Icones et descr. ecc. » ed: «Museo di Fisica ecc. » a proposito di piante Maltesi, che Bona- mico fu primo ad indicargli, e dice di lui che era « Medicus eru- ditus.... Vir literaram amantissimus » ed altrove scrive « Medico di lodata ricordanza nella Valletta». Da quanto Boccone scrive della. | Conyza Melitensis (Jasonia glutinosa) si rileva che il Sirino lo ac- SERRE, nelle sue Lagoa a Malta nel 1668. 1 Di questo sb vi sono varie lezioni, Boccone, scrivendo in eona lo chiama Bno- namico. Buonamici roi viene chiamato negli 4 Opuscoli di autori Siciliani, stam- ti a Palermo nel-1760, vol. XI, p. 105 (Lettera suna dell'origine pri glossopietre» Di H occhi di serpe ecc. che si cavano va Isole di Malta e di Gozzo). Allora pare che il Buo- passe fosse Fitesinte siciliano. BIBLIOGRAFIA 39 La sua dissertazione « De fuco spicato ecc, » è rimasta inedita. Ine- dita pure è rimasta la sua « Brevis notitia ecc. »; ma essa ha servito di base al lavoro del Cavallini intitolato « Pugillus Melitensis ecc. ». Il manoscritto si trova in due copie nella Biblioteca pubblica di Malta. Trovasene pure una copia manoscritta nella Biblioteca di South Kensington di Londra, della quale il Sig. J. Britten dà delle interessanti notizie in Journ. of Botany N.° 495, vol. XLII p. 87-88. Quella copia porta il titolo: « Joh. Fran. Bonamici De Plantis quae in Melita et Gaulo observantur ». Una nota che accompagna questo manoscritto di Londra dice: « Ce manuscrit est copié sur l’original de l’auteur, qui était dans la bi- bliothèque du Commandeur de Smitmer (?). Il est è remarquer que ce petit ouvrage quoiqu’imprimé par Cavallini, et sous son nom, n’a point été composé par ce médecin mais par Buonamici, comme le remarque avec raison le père Allegranza (Vita Joh. Franc. Bo- namici med.). On sait par une lettre datée de la Vallette à Malte Kal. Sept. 1670, que Buonamici l’avait dédié è rana «Magri Chanoine de Viterbe ». Borch le Comte de. — Lettres sur la Sicile et sur lile de rara écrites pour servir de supplément au voyage en Sicile et à Malthe de Monsieur Brydonne. Due volumi in 8° di 236 e 256 pag. Turin 1782. Nella lettera XI scritta a Malta il 28 Dicembre 1776 (I° vol. a p. 214-15), l'Autore, evidentemente digiuno di conoscenze botaniche, cita alla rinfusa una cinquantina di piante spontanee e coltivate, designandole soltanto coi loro nomi francesi. A p. 113 dice che l’industrioso ed instancabile contadino Maltese andava a prendere in Sicilia la terra vegetale di cui il vento e le pioggie avevano denudato l’isola, e cercava di trattenerla là dove l’aveva portata mediante i muri a secco che intersecano la campagna in tutte. le direzioni. (Questa fiaba dell’apporto x terra vegetale dalla Sicilia si trova ripetuto da varî autori). —. | Nella lettera XII, datata dall’« Ile de Gozzo» 10 Gennaio 1777 (rok Il. a p. 5), cita alcune piante indigene e coltivate, parla della intro- duzione dall'Africa della Sulla (Hedysarum coronarium) e della Gui- guilina (Sesamo) di cui si ritaviscotta il pane e colla “quale si corgir : olio, A p. 6-7 parla del Fungus M ‘dà, in due tavole, delle buone figure (sotto il nome di Champignons Astringens de Malthe). Sulla tavola è scritto: « Dessiné par l’Auteur»; ma la pianta essendo rappresentata in fiore l'Autore, che era a Gozo al principio di Gennaio, non può averla disegnata dal vero. Dice che il Gran Maestro dell’Ordine di Malta si era riservato il diritto di . distribuire questa pianta, allora celebre per le sue virtù medicinali, _ echea guardia di essa stava un uomo sull’isolotto Rhas el Ginéral 40 ° BIBLIOGRAFIA sul quale cresce. A pag. 14 dice che il prodotto principale dell’isola è il cotone, dopo il quale vengono il frumento, le fave, la canna da zucchero e l’allevamento del pollame e degli animali da macello. Borg J. — Gumming.The Daily Malta Chronicle. Malta 6 April 1896. Il dott: Giovanni Borg, Maltese, attualmente direttore dei Giar- dini pubblici di Malta, parla in questo scritto dei danni prodotti negli aranci dal Fusarium (Fusisporium) Limoni. Borg J. — The Rose-mildew. The daily Malta Chronicle. Malta 19 December 1898. i L’Autore parla dei danni prodotti nei rosaî dalla Sphaerotheca pannosa. Borg G. — /! Biedja « il Mara tal agrumi fil Gzejer Ta- ghuna. In 8° di 110 pag. Valletta 1899. L’Autore tratta delle varietà degli agrumi, della loro coltivazione e delle loro malattie dovute a vegetali e ad animali. ‘ Borg G. — Report on the Sant Antonio gardens and sugges- tions for improvements in the same. In 4° di 19 pag. Malta 1900. Viene rilevato lo stato dei giardini annessi al palazzo di S. An- tonio, e sono dati dei suggerimenti per migliorarli. Borg G. — Diseases of the Orange tree and their treatment. In 8° di 38 pag. Valletta 1901. Parlasi delle malattie delle ia d’arancio e del loro trattamento. Borg G. — The periodical phenomena of plant life in Malta. The Daily Malta Chronicle, 14 e 15 April 1908. Valletta 1908. Sono alcune osservazioni sulla vita vegetativa di varie piante in- digene in relazione alle stagioni e alle stazioni, Nel primo articolo sì tratta delle fanerogame, nel secondo delle cellulari e di alcuni alberi. Borg G. — Nuove stazioni della « Melitella pusilla Somm. » D nell'isola di Malta. — Bullett. della Soc. bot. ital. 1909, p. 102. Firenze 1909. L'Autore annunzia di avere trovata abbondante in una località di Malta questa specie che fino allora era stata segnalata soltanto al Gozo. Propone il nome di var. laciniata per la forma a capolini più grandi, ed a foglie più profondamente roncinate. BIBLIOGRAFIA dl Borg G. — Roses. Notes on Gardening, p. 42. Valietta 1910. Si parla di funghi parassiti delle rose. Borg J. — Remains of the prehistoric Flora of Malta. Archi- vum Melitense, Bullettino della Società Storico-Scientifica Maltese, vol. I (1910), p. 89-49. Valletta 1911. L'Autore rammenta che le Isole Maltesi emersero dal mare durante l’Oligocene, e che facevano allora parte di estese terre che congiunge- vano la Sicilia all’Africa. Secondo lui la se] ione di Malta dalla Sici- lia sarebbe avvenuta nel Pliocene, mentre la separazione dall'Africa risalirebbe soltanto al principio del Quaternario. Da ciò deduce che laflora delle Isole Maltesi, nell'epoca quaternaria e nei tempi in cui fu- rono abitate dall'uomo preistorico, doveva essere essenzialmente Afri- cana, e crede che sarebbe ancora tale, se l’uomo non l’avesse modi- ficata distruggendo molte specie ed introducendone altre dalla Sicilia e dal Levante. Cita poi le piante da esso ritenute relitti della flora quaternaria e preistorica che Malta aveva in comune con l’Africa settentrionale e con le terre ora sommerse che congiungevano Malta all’Africa. Bottini A. — Sulla briologîa delle Isole Italiane. Webbia, raccolta di scritti botanici edita da Ugolino RA vol. II, da p. 345 a p. 402. Firenze 1907. Da p. a p. 870 sono elencati tutti i una allora conosciuti delle Isole Maltesi. Brenner P. — Botany, in Badger, Historical Guide to Malta and Gozo. Description of Malta. Sesta edizione. Malta 1879. La prima edizione è del 1838. Badger informa, in una nota, che il capitolo intitolato PRE (dap. 10 i a p. 74 della 6* edizione) gli venne fornito da Brenner, il quale molto si occupò della Flora Maltese, talchè, dice, sarebbe desiderabile che si pubblicassero tutte le sue osservazioni. In questo capitolo . (che è rimasto quale era nella prima edizione) Brenner descrive brevemente l’aspetto floristico di Malta nelle varie stagioni, e cita alcune delle piante più caratteristiche. Valuta il totale delle fane- rogame a circa 700. Rileva la scarsità delle piante arenicole, la pre ponderanza della famiglia delle Bauiliomente: e la ricchezza dei sazia #0 Trifolium ed Euphorbia. ; Briffa John. — On Ctrysaninenanms. Notes. on pe in Malta, p. 59-60. Valletta 1910. a. (DE ape dei danni sind nei Crisantemi da fanghi part. n "49 BIBLIOGRAFIA Brizi Ugo. — Note di briologia italiana. Malpighia, anno IV, p. 262. Genova 1890-91. Insieme a muschi d’altra provenienza ne sono citati 6 di Malta, raccolti ita uno di noi (C. G.). i Briickmann (1747). — Vedi Cavallini. Brunner S. — Streifzug durch das Ostliche Ligurien, Elba, die Osthiiste Siciliens und Malta, zuntchst in Bezug auf Pflanzenkunde im Sommer 1826 untermommen. In 8° piccolo di 336 pag. Winterthur 1828. Questo racconto di viaggio del medico di Berna Brunner, da p. 256 a p. 326 è dedicato a Malta. Vi sono rammentate molte delle piante che vi si coltivavano per uso tanto economico quanto ornamentale, ma delia flora indigena è detto ben poco. A p. 811 l'Autore parla del Cynomorium coccineum L. A p. 315 della coltura del cotone. Allora pare che la patata non fosse un articolo di commercio per Malta come oggi. A p. 513 racconta, come il De Borch, che viene portata la terra vegetale a Malta dai bastimenti come zavorra. A p. 319 parla dei botanici che scrissero di Malta: Lagusi,! Cavallini, Forskaal, Boc- cone, e cita i loro lavori. Parla in molti punti, e specialmente a p. 300, del frate Scalzo padre Giacinto (che designa soltanto col nome di padre Carlo), allora Professore di botanica alla Università di Val- letta e Direttore di quel Giardino botanico; a p. 320 parla anche di Naudi e di Zerafa. ‘Da p. 288 a p. 290 sono SE alcuni dati dieteotalegioi. > i “Piste. — aggio di bibliografia floristica della | Sicilia e delle isole adiacenti. I° Parte. Nuov. Giorn. bot. ital. (Nuov. Ser.) vol. XV, da p. 93 a p. 178. Firenze 1908. I° Parte. Ibid. vol. XVII, da p. 529 a 562. Firenze 1910. Nella Parte I*, da p. 169 a I71 è data la bibliografia botanica fanero- | gamica delle Isole Maltesi. Sono elencati 35 lavori di 25 autori. Errato è il N°, 764 (p. 170) dove citasi un lavoro di Duthie sulla flora del Monte Generoso che è in provincia di Como, e non ha quindi che vedere con la flora Maltese. — Nella Parte II* (crittogamica) i lavori che contengono piante di Malta non sono tenuti distinti da quelli . nei quali Malta non è citata. 1 LAGUSI, diede Italo-Siculo. Palermo 1745. In tutta l’opera di Lagusi però, Malta. viene rammentata soltanto a proposito di due piante, Antsum (p. 17) e Cuminum syI- | vestre (p. i di cui dis pad si coltivano in Malta. ; BIBLIOGRAFIA i 43 Caruana Gatto Alfredo. — Di alcune pianie rare indigene; nuove varielà e località delle medesime. Il Naturalista Maltese, anno I, p. 7-8. Malta 1890. Sono ricordate le osservazioni botaniche fatte dall’Autore in com- pagnia del sig. Henslow in una serie di escursioni nell'inverno e nella primavera del 1890. Caruana Gatto Alfredo. — Liliacee Maltesi. — Loro enume- razione. — Osservazioni ed aggiunte, Il Naturalista Maltese, anno I, p. 16-18. Valletta 1890. Dopo alcune osservazioni generali sulle Liliacee di Malta, è dato l'elenco delle piante di questa famiglia (comprendendovi le aspara- gacee e le colchicaceae) fino allora conosciute delle Isole Maltesi. Caruana Gatto Alfredo. — Nole botaniche. Il Naturalista Maltese, anno I 1890, p. 38-39. Malta 1890. L’Autore rammenta come Armitage, nei suoi appunti sulla Flora di Malta, abbia espresso l’idea che la grande diffusione di Owalis cernua sia stata causa della diminuzione di Linaria Cymbalaria e di Oxalis corniculata. Mentre consente che la enorme moltiplicazione di Oralis cernua abbia dovuto necessariamente cagionare il deperimento e la diminuzione di molte altre piante indigene nei luoghi invasi da essa, dimostra come tra queste specie non sieno da annoverare la Linaria ymbalaria e la Oralis corniculata. Caruana Gatto Alfredo. — Rare occurrence of Ophrys api- fera in Malta. The Mediterranean Naturalist, vol. I, p. 52-53. Malta 1891 L’A. nota il rinvenimento di questa specie da Armitage in Gneina e da Lord Kerr in Imtahleb e Boschetto, e da lui cogne ssa a Lord t i Kerr in gran numero a Fiddien in Aprile 1891. Caruana Gatto Alfredo. — The « Fungus Melitensis di: "The - inecpanizi gni ‘Naturalist, vol. I, p. 127-129. Malta 1892. | È data una breve storia del Cynomorium coccineum ed è parlato SE delle sue stazioni in Malta e Gozo. % Caruana Gatto Alfredo. È Athinton and colour variation in LA ui Maltese wild flowers. — The Mediterranean Naturalist, vol. IL E p. 276-277. Malta 1892. i I casi di albinismo osservati in piante s'sbigioi sono. riportati di Cna divisi secondo i colori normali delle soa ca a eo: 44 BIBLIOGRAFIA Caruana Gatto Alfredo. — No/es for the month. The Mediterr. Naturalist., vol. II, p. 322-323. Malta, 1893. Sono alcune osservazioni fenologiche per il mese di Febbraio. Caruana Gatto Alfredo. — The vegetation of the house ter- races of Malta. The Mediterranean Naturalist, vol. II, p. 341- 342. Malta, 1893. Sono menzionate varie specie di fanerogame e crittogame raccolte sulle terrazze delle case in Malta. Caruana Gatto Alfredo. — Dello stato presente delle nostre cognizioni sulla vegetazione Maltese. — Atti del Congresso bo- tanico internazionale di Genova del 1892. In 8° grande di 583 pag., da p. 170 a p. 178. Genova 1893. Sono ricordati i botanici che si occuparono della flora Maltese, ven- gono citati i loro lavori ed è rilevato che, se lo studio delle fane- rogame era abbastanza progredito, assolutamente rudimentale era quello delle crittogame. Sono enumerate le 8 pteridofite raccolte dall’Autore, e viene accennato ad alcuni dei caratteri più salienti della flora Maltese. Caruana Gatto Alfredo. — Di a/cune piante indigene scom- parse 0 non ritrovate pù a Malta. — Archivum Melitense, Bullettino della Soc. Storico-Scientifica Maltese, vol. I, da p. 203 a p. 208. Malta 1913. L’Autore cita alcune piante di cui non v’ è dubbio che esistessero in Malta ai tempi di Delicata e di cui è certa la scomparsa per mu- tate condizioni ecologiche. Cita poi molte specie indicate da Delicata e da Gulia che non sono state ritrovate dopo di loro, o perchè indicate erroneamente da questi autori, o perchè saga rare, o infine perchè veramente scomparse. Caruana Gatto A. — The Fauna and Flora of the Maltese Islands. The Daily Malta Chronicle. Special siibiano at April 1913, p. 8-0. Malta 1913. s È dato uno sguardo generale alla flora Maltota, alle stazioni ed alle fioriture, e sono nominate alcune delle piante più notevoli sotto uno od altro riguardo. Sono pure citati alcuni dei lavori che trat- tano della flora Maltese. Caruel Teodoro. Vedi Parlatore. Ca vallini Frid. Philipp. Melitensis Medicus ac Philosophus. _ Duni Meliteus seu Herbarum omnium in insula Melita Sa BIBLIOGRAFIA 45 ejusque districtis enascentium perbrevis enumeratio. Romae 1689. Typis J. B. Melo. Questo scritto, che fa parte del lavoro del Cavallini intitolato Brevis Enumeratio plantarum praesenti anno a Sapientiae Rom. p. simplicium professore ostensarum, è riprodotto in una lettera diretta a Linneo da riickmann nel 1747, e pubblicata in una raccolta di lettere col titolo di) Epistola itineraria LXII exhibens Plantas Melitenses, ad Dominum Carolum Linnaeum ecc. ecc, Rei herbariae hodiernae phosphorum ece. ecc. (in 8°, da p. 674 a p. 691). Il Briickmann dice che questo seritto è rarissimo anche dai libraî d’Italia, e per questo ne manda una co- pia manoscritta a Linneo. È un elenco di 326 specie designate come usava in quel tempo, e quindi difficili, spesso anzi impossibili a iden- tificare. Questo elenco trovasi riprodotto nella « Ancient and modern Malta » di Boisgelin Da Grech Tioliuata (Flor. Melit. p. x) sappiamo che il lavoro del Cavallini non è altro che la « Brevis Notitia ecc. » che Bonamico lasciò inedita, e che Cavallini pubblicò come sua, senza fare men- zione di Bonamico, allungandone solo la prefazione, ed aggiungen- dovi ottantatre specie. Cavallini, allievo di Zammit, era Maltese, medico e frate Geroso- limitano. Cleghorn H. — Notes on the Botany and Agriculture of Malta and Sicily. Transactions and Proceedings of the botanical Society, seduta dell’ 11 Marzo 1869, p. 106-139. (Di Malta è par lato da p. 106 a 123). Edinburgh 1869. L'Autore che soggiornò in Malta i mesi di Dicembre 1867 e Gen- naio e Febbraio 1868, ne dà una breve descrizione, con piccoli elenchi di piante, coltivate e indigene, osservate în varie parti dell'Isola. Fra le indigene non ve ne è alcuna che non si trovasse già citata. nella Flora Melitensis di Delicata. Da p. 112 a p. 114 sono date delle notizie bibliografiche, quasi per intero tolte dalla stessa Flora Me- litensis. Cooke John. J. — Maltese Mosses. The Mediterranean Na turalist, vol. I, p. 174. Malta, 1892. L'Autore cita i 6 muschi di Malta indicati da Brizi en « a ghia », in aggiunta a quelli dati da Sickenberger in Baur. Daveau J. — Excursion è Malte et en Cyrenaique. Bulletin ‘de la Société Botanique de France, vol. 23. Paris 1876. |, | L'Autore (oggi conservatore degli erbarî dell’ Istituto botanico di Montpellier) che si fermò in Malta alcuni giorni avanti di recarsi in Li branca nelle pag. n e 18 dà delle brevissime 1 notizie va pes 7 46 BIBLIOGRAFIA zione dell’isola ed un elenco di 57 piante indigene da esso raccolte, che divide nelle tre categorie seguenti: 1° endroits humides; 2° murs, roches, en un mot, les lieux secs et pierreux; 80 chains incultes et laissés en jachère Nota che il solo tomnagio dell'isola è V'/Hedysarum coronarium. Os- serva che il suolo è in gran parte formato di calcare marnoso, ma che si trova in alcune parti dell’isola la stessa argilla ferruginosa che esiste nel Marocco, in Algeria e in Cirenaica Le 57 piante di cui dà i nomi erano tutte sigla citate da altri in lavori precedenti. Debono F. — Flora analitica Maltese. Il Naturalista Maltese, Rivista di Scienze Naturali, anno I, p. 4-7. Malta 1890. L'Autore, attuale direttore dell'Orto botanico di Valletta, e pro- fessore di botanica nell’ Università, ha pubblicato, sotto questo ti- tolo il quadro analitico dall’ordine delle Ranunculacee, al quale do- vevano tener dietro gli altri ordini, ma che non ha avuto seguito. Delicata. — Vedi Grech e Aquilina. Dolomieu. — Storia naturale di Malta. De Borch (I p. 209) e Boisgelin (I p. xxt1) parlano di questa Storia na- turale di Malta che il Dolomieu (o D'Olomieux) stava scrivendo. Non sappiamo però che essa sia mai stata pubblicata ; nè sappiamo se ne sia stato conservato il manoscritto. Di Dolomieu, distinto geologo e mineralogo francese, che fece parte per breve tempo dell’ Ordine di Malta, esiste un lavoro su Malta stampato a Parigi ed intitolato : Sur La, Dia du climat de Malte. nt D’Urville J. — Enumeratio pluntarum quas în insulis Arcipelagi aut littoribus Ponti Euxini anniîs 1819 et 1820 collegit atque detescit. In 8° picc. di vini e 135 pag. (Estr. da | Mémoires de la Société Linnéenne de Paris, vol. 1). Parisiis 1822: s- L’Autore, ufficiale della marina francese, dedicò i suoi ozî nei porti, durante due crociere in Oriente nel 1819 e 1820, allo studio delle . piante, e pubblicò il risultato delle sue stende in questo lavoro. A Malta pare che fosse alla fine di Aprile 1819. Quest’isola è mén- zionata per 43 delle 907 piante vascolari enumerate da D'Urville. | 5 È descritta in questo lavoro per la prima volta la Micromeria mi- crophylla col nome di T'hymus mierophyllus. 10 Duthie J. F. — Notes on the Flora of Malta and Gozo. The: i o | Journal of Botany British and foreign, 1872, p. 206-210. Lon- . don 1872. Premesse alcune generalità sulla flora di Malta, l'Autore (che fa 1 poi Direttore del ano bonne dell'India acri BIBLIOGRAFIA 47 dà un elenco ragionato delle piante vascolari osservate durante il suo soggiorno di 5 mesi d’inverno e di primavera, 1871-72, nelle isole di Malta e Gozo. Fra queste, 11 erano nuove per l’Arcipelago Maltese, 3 nuove per Malta e 4 nuove per Gozo. Nella nostra Flora indichiamo questo lavoro con Duthie I. Duthie J. F. — On the botany of the Maltese islands in 1874. Parte 1*. The Journal of Botany British and foreign 1874, p. 321- 326. Parte 2° Ibid. 1875, p. 36-42. London 1874 e 1875. Dopo un nuovo soggiorno a Malta e Gozo nei mesi di Marzo e Aprile del 1874, l'Autore espone il frutto delle sue ricerche botaniche nell'Arcipelago Maltese. Nella parte I* descrive le località da lui più particolarmente esplorate, ed enumera, per le principali tra esse, le piante che vi si trovano. A p. 326 dà l’elenco completo delle specie osservate nell’isoletta di Cominotto in Aprile. Nella Parte Il2a è dato un elenco di piante raccolte nel 1874. In questo secondo elenco, 25 specie sono indicate come nuove per l’Ar- cipelago Maltese e 9 come nuove per Gozo. Aggiungendo queste a quelle della nota precedente, sono 36 specie nuove per l’Arcipelago, 13 nuove per Gozo, e 4 per Malta trovate dall'’Autore, cosicchè il Duthie è, dei botanici stranieri, quello che ha portato il maggior contributo alla conoscenza della flora Maltese Nella nostra Flora indichiamo con Duthie II la parte 1° di questo lavoro e con Duthie III la parte 2a, Duthie J. F: — Notes on the flora of the Islands of Malta, Gozo, Comino and Cominotto and localities for some of the more interesting species collected during the months of March and April 1874. Barth, vol. I, p. 542-44. Valletta 1875. Le piante che sono qui citate in ordine alfabetico, si trovano quasi tutte negli scritti di Duthie stampati nel Journal of Botany. Per ciò nella nostra Flora citiamo questo lavoro (Duthie in Barth) sol- tanto per le poche specie che mancano negli altri lavori di Duthie o vi figurano sotto altro nome, o per quelle che msn ga lo- calità diversa o qualche osservazione degna di n Fiori Adriano e collaboratori Paoletti e Wii — Flora analitica d'Italia, 4 volumi in 8° grande (comprendenti un Sp Sor pendice). Padova 1896-1908. i Si trova spesso citata Malta per le specie meno comuni. Nella pre- fazione, a pag. LXX11, sono date poche generalità pula char del di. i Stretto Maltese, .._ Forskaal Petrus. — Flora sii di sive Sp] tiones a quas per Egyptum oe et Arabiam °° 48 i BIBLIOGRAFIA felicem detexit et illustravit. — Post mortem auctoris edidit Carsten Niebuhr. In 4° di 32, cxXVL, e 220 pag. Hauniae 1775. Al principio del suo viaggio, il botanico Svedese Forskaal fece un breve soggiorno nell’Isola di Malta di cui sono dette poche parole nella prefazione a p. 7-8. L’elenco delle 87 piante ivi raccolte (spe- cialmente presso Le Saline), è dato a p. xtI-xIv, col titolo di Fora Melitensis. Qualcuna però di queste specie è coltivata, e qualcuna è di dubbia interpretazione. La pubblicazione del lavoro di Forskaal fu fatta dopo la sua morte, dal suo compagno di viaggio Niebuhr. L'elenco delle 87 piante di Forskaal è riprodotto nella « Ancient and Modern Malta » di Boisgelin. Le piante di Forskaal si conservano nell'Istituto Botanico di Co- penaga, il cui Direttore, Frof. Ranukiaer, ci ha gentilmente for- nito alcune informazioni su quelle Maltesi. Giacinto Padre Carlo, Carmelitano Scalzo. — Saggio dî agri- cottura per le Isole di Malta e del Gozo. Malta 1811 e Messina presso Giovanni Del Nobolo 1811. È un trattato di agricoltura come era praticata allora in Malta, scritto con molta competenza e che rimane fin ad oggi, si può ben dire, l’unico del suo genere. Qua e là l'Autore menziona qualche pianta indigena. Così dice che il « fungo melitense » Cynomorium coc- cineum L. non cresce solamente in Gozo, ma anche in Malta, presso Casale Dingli. Menziona anche Ambrosia maritima, Reseda undulata, Polygonum aviculare, Arum maculatum, Cyperus longus, Ranunculus Fi- carîa, Teucrium Chamaedrys, Hedysarum coronarium, Hypericum per- foratum, come specie dalle quali si può distinguere la qualità del terreno. Ma in VIII capitoli e 275 pagine si occupa particolarmente di agricoltura e orticoltura maltesi. Giacinto. — Vedi Hyacinthus. | Godfery M. J. — Botanical Notes. The Mediterranean Natu- ralist, voi. II, p. 2096-97. Malta 1892. Sono alcune osservazioni fenologiche fatte nei mesi di Ottobre e Novembre del 1892. L'Autore, colonnello nell'esercito inglese, risiedette a Malta dal ù +]. 1891 al 1896 ed erborizzò spesso con uno di noi (C. G Godwin Rev. G. N. — The geology, botany and natural history of the Maltese islanas. In 16° di 80 pag. Malta 1880. Il capitolo II (da p. 17 a 30) è intitolato « Botanical Notes ». Dopo brevi notizie sui botanici che si occuparono della flora Maltese, l’Au- tore parla della flora stessa, copiando in parte quello che ne aveva scritto Brenner e citando alcune pagine di Gulia, prese dall’Alma- BIBLIOGRAFIA 49 nacco per il 1872. Sono fedelmente copiati tutti gli errori anche quelli tipografici, onde resulta evidente che la parte botanica è pu- ramente un lavoro di compilazione. Grech Delicata. — Plantae Melitae lectae secundum syslema Candolleanum digestae. Bihang till Wikstròms Bot. Aars. Beràt- telser om botaniska arbeten och uptàekter for Aaren 1843 och 1844 (Rendiconti dell’Accademia delle Scienze di Stocolma). In 8° piccolo di 15 pag. Stockholm 1849. Grech Delicata, Maltese, fu professore di botanica a Valletta e Direttore dell'Orto botanico dal 1859 al 1880. Il manoscritto di questo lavoro fu mandato dal suo autore a Nyman e da questo presentato nel 1846 all'Accademia delle Scienze di Sto- colma, per cura della quale venne pubblicato nel 1849. È un semplice elenco di 400 specie fanerogame, per lo più senza altra osservazione che l’epoca di fioritura. Soltanto in fondo al lavoro vi sono alcune osservazioni intorno a 18 delle specie elencate. Il lavoro di Grech Delicata è preceduto da una prefazione di J. E. Wikstròm (vedi Wikstròm). Abbiamo citato questo lavoro nella nostra Flora soltanto per quelle specie che Delicata non ha. riportate nella Flora Melitensis, o ha riportate con altro nome. Grech Delicata J. C. — Flora Melitensis, sistens stirpes pha- nerogamas în Melita insulisque adjacentibus hucusque detectas, secundum systema Vaio digestas. In 8° di xvi e 49 pag. Melita 1853. Questo è il lavoro più completo che si avesse fin ora sulla flora Maltese. Vi sono elencate 716 fanerogame con sommarie indicazioni di località ed epoche di fioritura, e con molti nomi indigeni. Nella prefazione si trovano delle notizie bibliografiche sulla flora Maltese. A p. 43 e 44, trovasi, come aggiunta, la nota seguente: Grech Delicata J. C. — Observationes in nonnullas Plantas, quae Melitae sponte proveniunt, auctore J.Carolo Grech Delicata J. U. et M. D. extractae ab opere « Aars-Berettelser om Bota-. niskha pi och RE, IRE, aren 1843 och 1844. Till Kongl. Velenskaps na den 31 Mars aaren 1843 och 1844, af Joh. Em. Wihstrom. | Stockholm 1849. È il titolo delle due pagine sgginne in calce tanto alle Plantae Melitae lectae quanto alla a Flora Mel di Grech Delicata, contenenti alcune osservazioni una 18 delle x apnole mentana in au; due lavori. S. SOMMIER et CARUANA GATTO. — Z7ora aria ve. 4 50. BIBLIOGRAFIA Grech Delicata. — Vedi Aquilina. Gulia Gavino. — Repertorio botanico Mallese contenente î nomi scientifici colle corrispondenti voci italiane ed inglesi delle piante, le quali sono în Malta conosciute sotto una popo- lare denominazione, colla indicazione dei loro usi, delle epoche delle respettive fasi vegetative, del metodo di perpetuarle, con alcune altre istruzioni, aggiuntevi la patria loro originaria e la referenza del sistema Linneano. In 8° di 68 pag., e 10 pag. di errata corr. e indice. Tip. Laferla. Malta 1855-56. Gavino Gulia, medico Maltese, fu successore di Grech Delicata nella cattedra di Botanica e nella direzione dell’Orto Il titolo stesso di questo suo lavoro indica ini icutaiicnto quale ne sia il contenuto. Nella prefazione di 4 pagine è tracciato in suc- cinto la storia della botanica Maltese. Le piante enumerate, un mi- gliaio circa, sono disposte nell’ordine alfabetico del loro nome maltese. Al nome vernacolo seguono quello latino, quello italiano e quello inglese. Perla conoscenza della flora indigena questo «Repertorio » poco o nulla aggiunge a quello che era già noto per la Flora di Grech Delicata. Di questo lavoro trovasi una recensione nel Bullet. Soc, bot. de France 1857 p. 196 Gulia Gavino. — Repertorio di Storia Naturale contenente la | nomenclatura scientifica e popolare degli animali e delle piante che sono conosciuti sotto una denominazione Maltese colla riferenza ai rispettivi metodi naturali e con varie istruzioni | sulla generale loro economia. In 8°. Valletta 1858-59. Questa opera non fu terminata. Si ferma alla p. 246. Il frontespizio porta la data 1858-59, ma gli ultimi fogli, per quanto ci informa il figlio dell'Autore, sono del 1862. Come lo dice il titolo, è un elenco di animali e di piante selvatiche e coltivate, con osservazioni di vario genere. L’ordine seguito è quello alfabetico dei nomi in lingua Maltese. Le piante e gli animali sono elencati promiscuamente. Sos fino alla lettera L. p. 208-9 sono indicate in nota come « sisi F1. Mel. porta » sei specie da aggiungere alla flora Maltese Gulia Gavino. — Stirps Compositarum dine Melitensis (Malte 28 Mai 1869). Bulletin de la Soc. botanique de France, tome XVI, séance du 9 Juillet 1869, p. 253-255. Paris 1869. È un semplice elenco in due pagine delle specie di composte allora — note delle Isole Maltesi. Per ognuna è indicata la frequenza con: BIBLIOGRAFIA bI R. rara, RR. rarissima, C. comune, CC. comunissima. Per le più rare soltanto sono indicate le località dove furono trovate. Gulia Gavino. — Maltese Botany. Il Barth, vol. I e II, 1871-77. Con questo titolo Gulia pubblicava in molte dispense del giornale scientifico « Il Barth », i quadri analitici di 26 famiglie di fanerogame Maltesi. Qualora Gulia avesse completato questi quadri analitici, essi avrebbero costituito una flora Maltese con notevoli aggiunte a quella di Grech Delicata. Ma l'Autore non ultimò questo lavoro, e pubblicò soltanto l’elenco di un’altra famiglia, quella delle Compo- ste, nel Bull. della Soc. Botanica di Francia. Egli stava preparando il manoscritto di una Flora analitica Maltese quando la morte lo rapì alla scienza nella immatura età di 54 anni. Le famiglie pubblicate nel « Barth » sono: Papaveraceae Vol. I, p. 416. Valerianaceae Vol. I, p. 185. Cruciferae Vol. I, p. 378-380. —Asclepiadaceae Vol. ‘I, p. 135. Capparidaceae Vol. I, p. T1. Plantaginaceae Vol. I, p. 19. Resedaceae Vol. I, p. T1. Labiatae Vol. I, p. 403-404. Frankeniaceae Vol. I, p. 71. Chenopodiaceae Vol. I, p. 462. Caryophyllaceae Vol. I,p.16-18. Callitrichaceae Vol. I, p. 116. Malvaceae Vol. I, p. 59-60. Euphorbiaceae Vol. II, p.10-11. Hypericaceae Vol. I, p. 107. Salicaceae Vol. II, p. 10. Geraniaceae Vol. I, p. 48-44. Aristolochiaceae Vol. II, p. 9 Leguminosas Vol. II, p. 30-52. Urticaceae Vol. II, p. 10. Rosaceae Vol. I, 175-176. Najadaceae Vol. I, > 299. Crassulaceae Vol. I, p. 417. Orchidaceae Vol. I, p. 283-284. Mesembryanthemaceae Vol. 2, Liliaceae Vol. I, p. (17419, . 9-10. Gulia Gavino. — Flora, e Flora Maltese. Il Compagno per | tutti durante l’anno 1872 (Almanacco). In 8° PICO, di 193 pag. "Tipografia Anglo-Maltese. Malta 1872. _ In questi due capitoli, da p. 64 a p. 72 dell’ diuianibto Maltese | intitolato « Il Compagno per tutti », Gulia fa un confronto fra la vini di Gozo e della di Malta, panda, E Luzon numero di piante ell’una e dall'altro tenia Nella nostra flora citiamo solo Doe volte questo. ilaria, ‘perchè quasi tutte le specie che vi si trovano sono. menzionate ino altri lavori dello stesso autore. i . Gulia Gavino. — - Sopra un caso di avvelenamento per la Da- 5 tura Metel. Il Barth I, p. 85. Valletta 1872. «Di parla dell’avvelenament to di. quattro ragni che. avevano man- - giato i frutti della Datura Metel. 52 BIBLIOGRAFIA Gulia Gavino. — Aggiunta di piante Maltesi alle famiglie già pubblicate. Il Barth I, p. 134. Valletta 1872. Sono citate come nuove per la flora Maltese Malva hirsuta Presl e Polycarpon alsinefolium DC., trovati da Duthie. Gulia Gavino. — Corrispondenza e Notizie varie. Il Barth I, p. 152-153. Valletta 1872. È dato l'estratto di una lettera del Duthie scritta da Firenze, nella quale sono citati i nomi di alcune piante raccolte dallo stesso Duthie nelle Isole Maltesi nell'inverno 1871-72, e determinate da Parlatore. Seguono alcune osservazioni di Gulia sulle piante citate. Gulia Gavino. — Articolo senza titolo. Il Barth I, p. 421-22. Valletta 1874. In questo articolo sono rammentati una parte dei botanici che raccolsero piante nelle Isole Maltesi e di esse scrissero o mandarono esemplari a botanici continentali. Più particolarmente si parla di Duthie, citando alcune delle piante che esso fu il primo a trovare nelle Isole Maltesi. Si parla poi della visita a Malta di Janka e delle osservazioni da esso fatte negli erbarî ivi conservati. Gulia Gavino. — P/lantae lectae in itinere Gaulitano mense Octobris 1874 a H. W. Feilden et Gavino Gulia. Il Barth I, p. 463. Valletta 1874. È un elenco di piante raccolte a Gozo e Comino, con indicazione di località. Sono citate anche alcune piante di Malta, e due piante degli scogli Ghallis. Gulia Gavino. — Piantae lectae in Ghain Mula et Wied Ghain Rihana, mense Maîi 1875 a J. Donaldson et G. Gulia med. doctoribus. Il Barth II, p. 9. Valletta 1875. È l'elenco di 22 piante delle suddette località. Gulia Gavino. — Notulae botanicae. Il Barth II, pag. 9. Val- letta 1875. Sono date le descrizioni di due specie ritenute nuove: Sagina Me- litensis e Atripler Gussoniana. — Gulia Gavino. — On the botany of the Maltese Islands in 1874 by J. F. Duthie. Part 2». Il Barth II, p. 9. Valletta 1875. È una breve rasuagnA del lavoro pubblicato dal Duthie nel Journal: of Botany. BIBLIOGRAFIA 53 Gulia Gavino. — La Carlina gummifera detta dai Maltesi Xeuk tal Miscta. Il Barth II, p. 21-25. Valletta 1875. È lungamente parlato dell’azione tossica di questa pianta, e della sua storia. Gulia Gavino. — Enumeratio aliquarum plantarum quas vere anni 1876 legerunt J. Donaldsonius et Gavino Gulia în Insulis Melitensibus. Il Barth II, p. 112. Valletta 1876. Sono citate 29 specie con indicazione di località. Gulia Gavino. — / Dott. Donaldson e ta Flora Maltese. 1) Barth II, p. 134. Valletta 1877. È un elogio del Dott. Donaldson, il quale durante i cinque anni che soggiornò in Valletta si occupò con amore della flora Maltese. Viene rammentato come egli fosse il primo a trovare l’Enarthrocarpus pterocarpus. Gulia Gavino. — Flora Italiana. Il Barth I, p. 437, e II, p. 136. Valletta 1877. È un annunzio della pubblicazione della 13 e 2a parte del volume V della Flora Italiana di Parlatore. Viene rammentato come Parlatore avesse ricevuto piante di Malta da Todaro, Calcara, Grech Delicata, Duthie, e dallo stesso Gulia che fece dono al Museo di Firenze del- l’Erbario esposto alla Esposizione Maltese d’industria del 1874, Sono dati i nomi delle 15 specie Maltesi citate in questa parte del lavoro di Parlatore. Gulia Gavino. — Cenni storici dell’ Istruzione superiore | principalmente della Scuola Medica nei tempi dell’ Ordine. ._—. Orazione di laurea. In 8° di 22 pag. Malta 1886. Sono citati alcuni dei medici Maltesi she si Dre | di bota- | nica, fra cui il Grima. Gulia Gavino. — Malta = Colonial fruit. R. Gardens Kew / Bulletin of Mievatangone, information, n 2, pi 234-243. sal ce don 1888. Premesse e alcune considerazioni sulla fertilità del sato; nai. | tura e l’arboricoltura a Malta, l'Autore enumera i frutti indigeni ‘eduli, che sono: Rubus discolor, Ficus. Carica, Crataegus Azarolus, — Crataegus monogyna (mangiato soltanto dai ragazzi e dagli uccelli) __ Mespilus Germanica, Punica Granatum, Ceratonia Siliqua, Olea Euro- | paea. Parla Lion delle piante da frutto coltivate in Malta. D4 BIBLIOGRAFIA Gulia A. — Piante utili Maltesi. Il Naturalista Maltese, anno I, p. 15-16. Malta 1890. L'Autore, dott. Amabile Gulia, fratello di Gavino, in questa nota parla delle coltivazioni del Cichorium Intybus, e dice che a Malta la pianta selvatica viene mangiata in insalata, al pari di Leontodon minimum (Tararacum) e Hyoseris scabra. Gulia Giovanni. — Prontuario di Storia Naturale, conle- nente la nomenclatura scientifica coi corrispondenti vocaboli italiani ed inglesi degli Animali e delle Piante che sono cono- sciuti sotto una denominazione Maltese. Valletta 1889-90. Come si rileva dal titolo quasi identico, questo lavoro ha lo stesso scopo del « Repertorio di Storia Naturale » lasciato interrotto da Gavino Gulia. L'Autore stesso, figlio di Gavino, in cenni bibliografici sulla Fauna Maltese, avverte che il suo lavoro contiene parecchie im- perfezioni che egli intende correggere in una seconda edizione da venire. Gulia Giovanni. — Orchidi Maltesi e ioro coltivazione. Il Naturalista Maltese, anno I°, p. 9-10. Valletta 1890. Sono ricordati dall’Autore alcune delle specie di Orchidee indi- gene più degne di essere coltivate. È notato il fatto che in alcuni anni si vedono in abbondanza certe specie di cui in altri anni si stenta a trovare un esemplare. . ulia Giovanni. — Inforno ad un nuovo habitat della Meli- tella pusilla Somm.— Bull. della Soc. bot. ital. 1909, p. 67. Fi- renze 1909. È detto che il Dott. G. Borg ha trovato la Melitella pusilla a Gozo, in una località diversa da quella dove fu scoperta. Gulia Giovanni. — Le Caracee Maltesi. Bull. della Soc. bot. ital. 1900 p. 68. Sono citate tre Caracee dell’Arcipelago Maltese. > Gulia Giovanni. — Elenco delle pleridofite Maltesi. Bull. della Soc. bot. ital. 1909, p. 220-222. i Sono elencate 14 specie di pteridofite, e indicate alcune località. Henslow G. — Maîtese gardens. Gardners Chronicle 1890 I, p. 447-48 e p. 516. London 1890. : Il Rev. Giorgio Henslow, professore di Botanica a Londra, che fece in Malta due soggiorni di varî mesi, dà, in questo scritto, una breve descrizione dei giardini di Malta e delle piante più cod che vi si trovano. BIBLIOGRAFIA 535) Henslow G. — Decorative wild flowers of Malta. Gardners Chron. 1890 I, p. 611. London 1890. L’Autore dà il seguente elenco delle piante selvatiche di Malta che vengono colte e vendute per uso ornamentale nella città di Valletta : Acanthus mollis, A. spinosus, Adiantum Cappillu s Veneris, Anemone coronaria, Antirrhinum majus, A. Siculum, Arundo Donax, Lio ramosus, Calendula maritima, C. Sicula, Ceratonia Siliqua, Chrysanthemum coronarium, Crataegus Azarolus, Diplotaris erucoides, Erica peduncularis, Fedia Cornucopiae, Ferula communis, Cladiolus segetum, G. communis, Hedysarum coronarium, Muscarî comosum, Iris Germanica, Matthiola incana, Narcissus Tazetta, Nigella Damascena, Ophrys fusca, O. bombyliflora, Orchis saccata, O. tridentata, O. pyra- midalis, O. undulatifolia, Oralis cernua, Pancratium maritimum, Phlo- mis fruticosa, Reseda alba, Rosmarinus officinalis, Salvia officinalis, Scilla Sicula, Sempervivum arboreum, Silene sericea, Tordylium Apu- lum, Tu'ipa PCR Urginea Scilla. Henslow G. — The natural History of Malta. Abstract of a lecture delivered before the Society 81% November 1890. In 8° di 4 pagine. Dopo brevi cenni sulla Geologia e la forma sulle Isole Maltesi, l’Autore da non meno brevi cenni sulla flora Maltese. Henslow G. — On the northern distribution of Oralis cernua Thunh. Proceedings of the Linnean Soc. of London, Session 1890-91, p. 31-36. London 1891. L’Autore riassume in questo scritto quanto si sa della introdu- zione e della diffusione di O. cernua nell’ emisfero boreale, e parla del trimorfismo di questa specie e della sua riproduzione unicamente agamica nel bacino mediterraneo. Nella seduta di Aprile 1891 della Linnean Society (Proceedings p. 9) aveva preannunziato questo suo scritto, presentando alla Società esemplari di Oralis cernua. Henslow G. — The Flora of the Maltese Islands. Moatfart of lecture delivered before the Sena Nat. Science and Microse. Soc. In 8° piccolo di 6 pag. 1894. v L’Autore rileva il carattere siciliano della fora, desi a ci gli elementi prettamente africani. Nota come il numero di generi sia grande in confronto del numero di specie (?%/, secondo lui). Parla delle famiglie e dei generi rappresentati da maggior numero di specie, e ne ricerca le cause. Disti e le sei seguenti stazioni principali: I° Lungo le vie e terreni incolti; 2° fondo e fianchi non coltivati delle vallate (Uied); 3° aree rocciose nude incolte; 4° rive 56 BIBLIOGRAFIA rocciose o arenose del mare; 5° campi coltivati e giardini; 6° acque e luoghi bagnati. Sono dati piccoli elenchi di piante caratteristiche di queste sei stazioni. Hyacinthus Pater F. Carolus Carmelita Excalceatus, Botani- cae Professor ecc., adjuvantibus Augustino Naudi, et Stephano Zerafa. — Plantae insularum Melitae, Gaulos, et Lampedosae. Sei pagine in 8°. Valletta 1825. Hyacinthus, in italiano Giacinto, era frate scalzo Genovese, e fu nominato Professore di Botanica all’ Università di Malta nel 1805 da Sir A. Ball primo Governatore britannico. Il suo « Plantae insularum Melitae, Gaulos et Lampedosae », scritto in collaborazione con Ste- fano Zerafa e Agostino Naudi, fa parte di un lavoro intitolato : « Mezzo stabile di prosperità per le isole di Malta e Gozo » (da p. 37 a p. 42). È un semplice elenco alfabetico di 854 specie fanerogame e crittogame, indigene ed esotiche, senza indicazione alcuna di lo- calità, per cui è impossibile rilevare da esso quali siano le spontanee e quali le coltivate, o se siano dell’Isole Maltesi o di Lampedusa. E neppure nel lavoro in cui questo elenco figura come appendice, è data alcuna informazione in proposito. Solamente da Grech Delicata, Flora Melitensis pag. xI, apprendiamo che tra quelle 854 specie ve ne sono 357 fanerogame indigene di Malta. Come abbia fatto a sa- perlo, Delicata non dice. Dello stessp Autore esiste pure Index plantarum horti botanici Me- litensis anno 1806 (Melitae 1806), opera che non contiene informa- zioni sulla flora indigena Maltese. Hyacinthus — Vedi Giacinto. Janka Victor. - _ Lellera iaia da « La Valletta auf Malta 13 Juli 1874». @sterr. bot. Zeitschrift 1874, p. 254. Vienna 1874. Janka soggiornò in Malta alcuni giorni nel Luglio del 1874. In ‘questa lettera il botanico Ungherese dice soltanto di avere erboriz- zato a Malta in compagnia di Gavino Gulia, e di avere visto fiorita in varî luoghi la Centaurea crassifolia Bert. Saccardo in « La botanica in Italia » a p.186 cita Janka fra gli autori che scrissero di Malta. Ma in nessuno dei lavori citati da Saccardo a p. 91, si parla di Malta. In quello intitolato Dianthus Guliae (pubblicato prima a Malta nel pe- riodico Il Barth 1874, e riprodotto poi a Londra in Journal of bo- tany 1874 p. 388 e a Vienna in (Festerr. bot.. Zeitschr. 1875 p. 84), Janka dedicò quella nuova specie al botanico Maltese Gulia; ma la pianta è dell’Italia continentale (dintorni di Eboli in prov. di Napoli). Gulia in Barth I (anno 3°) p. 421, parla della visita di Janka a Malta e di alcune specie nuove per Malta che i goes botanico Ungherese gli aveva fatto conoscere. BIBLIOGRAFIA DT Jatta A. — Materiali per un Censimento generale dei Li- cheni italiani. Nuovo Giorn. bot. ital. vol. XXIV, e Bull. della Soc. bot. ital. 1892 e 1893. Sono citati i licheni Maltesi che l’Autore aveva ricevuti fino a quell’epoca da uno di noi. (C. G.). Jatta A. — Sylloge Lichenum Italicorum. Un volume in 8° di 623 e XXXIX pag. Trani 1900. Sono citati tutti i licheni allora conosciuti delle Isole Maltesi, quasi tutti raccolti da uno di noi (C. G.). Jatta A. — Lichenes. Flora Italica Cryptogama. Un volume in 8° di 958 pag. Rocca S. Casciano 1909-1911. Ai licheni citati nel precedente lavoro, sono aggiunti quelli rac- colti nelle Isole Maltesi da noi dopo la pubblicazione della Sylloge. Libassi Padre Ignazio. — Catalogo ragionato delle piante che si coltivano nel pubblico e nel privato giardino di S. An- tonio în Malta. Valletta 1870. Questo Padre Gesuita siciliano, che fu professore nel Collegio massimo di Palermo, soggiornò a Malta da dove spedi a Todaro molte piante che conservansi nell’Erbario universitario di Palermo. Lojacono, il quale gli dedica una nuova specie di Euphorbia di Sicilia, dice di lui (FI. Sic. Il parte 22 p. 830) che pubblicò un catalogo ragio- nato delle piante del gruppo di Malta; ma nel lavoro di Libassi si parla soltanto di piante coltivate. Lojacono Pojero M. — Flora Sicula o descrizione delle piante vascolari spontanee 0 indigenate în Sicilia. Im 4°. Palermo. Vol. I parte 1° 1888; parte 2: 1891. Vol. IL parte le 1902; son ® 1904. Vol. III 1909. Sono citate alcune piante di Malta. Massalongo C. — Zoocecidii e Fitocecidii rari o nuovi. ? Marcellia X ( 1901), p. 94-99. Avellino 1911. Sono descritte e figurate le deformazioni prodotte i in quattro . specie 3 di piante Maltesi mandategli da noi (Beta maritima, Carlina gummi» fera, Callipeltis muralis, Sherardia arvensis), da infezione tira e da punture di acarî. 58 BIBLIOGRAFIA Massalongo C. — Nuovi rappresentanti, nella Flora Italica, del genere Riccia. Bull. della Soc. bot. ital. 1913, p. 50-53. Fi- renze 1913. L’Autore che ha studiato le epatiche da noi raccolte nelle Isole Maltesi, ha trovato fra esse una specie nuova Riccia Melitensis, una varietà nuova R. Henriquesii Lev. var. Mediterranea, di cui dà le descrizioni, ed una terza specie R. Lescuriana Aust., nota fin ora soltanto dell’ Europa settentrionale. Medlycott W. C. — In Seddal Ma/ta past and present. Lon- don 1870. Nella Appendice X del lavoro di Seddal, dovuta al Medlycott (come il Seddal informa in prefazione p. vi), vi sono 4 pagine dedicate alla botanica Maltese (p. 339-343). Sono da prima menzionate poche . alghe marine raccolte dal Medlycott e determinate dalla Signora SE Hone qrento le prime alghe neri per Malta. Vengono poi citate a seconda della stagione in cui fioriscono. Sono però tutte, senza eccezione, ara che si trovano nella Flora Melitensis di Delicata, e non è detto che il Medlycott le abbia rac- colte da se, quindi non aggiungevano nulla alla conoscenza della Flora Maltese, e per questo nella nostra Flora non citiamo Med- lycott. Moebius M. — Enumeratio algarum ad insulam Maltam collectarum. La Notarisia VII, p. 1436-1449. Venezia 1892. L’Autore enumera 72 alghe raccolte a Malta nel porto di Marsa- muscetto da uno di noi (C. G.) e mandate al Dott. Levi-Morenos. Premette l'elenco di 12 alghe di Malta già pubblicate da Piccone, e dice che alcune alghe di Malta trovansi pure menzionate nella « Phycologia Mediterranea » di Ardissone. Erano queste, secondo lui, le sole alghe Maltesi fino allora pubblicate (si vede che il Moebius non conosceva il lavoro di Medlycott in Seddal). Murray John. — The Maltese Islands, with special reference to their geologica! structure. The Scottish Geographical Maga- zine, vol. VI (1890), p. 444-488. Edinburgh 1890. Da p. 452 a p. 454, dopo avere parlato del clima, l’ Autore (che visitò le Isole Maltesi a scopo principalmente geologico), nel para- grafo intitolato « Botany and Zoology >», dà alcune notizie somma- rie sulla flora delle Isole Maltesi. Parla poi del terreno e dell’agri- coltura. Nel paragrafo 9 (Bibliography referring to Geology and Soil) sono citati molti lavori di cui alcuni possono interessare il botanico. BIBLIOGRAFIA 59 NATURALISTA MALTESE (IL), RivistA DI SCIENZE NATURALI. Di- rettore propr. Dott. Giovanni Gulia. In 8°. Tipografia Laferla. Valletta 1890. In questo periodico di cui furono pubblicate soltanto cinque di- spense, si trovano alcuni articoli concernenti la flora Maltese. Ci- tiamo, al nome dei singoli autori, gli articoli che presentano qual- che interesse. Naudi. Vedi Hyacinthus. Naudi, Maltese allievo di Giacinto, è citato da questo, nel « Plantae insularum Melitae ecc. », come suo collaboratore. Non ci consta che esista alcun altro scritto botanico del Naudi. Nicotra L. — Le Fumariacee italiane. In 8° di 78 pagine. Firenze 1897. In questa monografia, che si può considerare come una continua- zione della Flora Italiana di Parlatore, sono citate tutte le specie di Fumaria che erano note delle Isole Maltesi all’epoca in cui seri- veva l'Autore. Nyman Carol. Feder. — 0m Maltas Vaarvegetation. Ofver- sigt af Kongl. Vetenskaps-Akademiens Fòrhandlingar, 9 April 1845, da p. 99 a p. 104. Stockholm 1846. L’Autore racconta come il bastimento sul quale dalla Svezia si recava in Sicilia, stesse all'ancora in Valletta dal 2 al 15 Febbraio 1844, ed egli potesse scendere a terra ed erborizzare dal 5 all’11 di quel mese. Dopo avere dette poche parole dell'aspetto primaverile della flora Maltese, dà l’elenco di 73 specie da lui raccolte, e fa qualche — | osservazione sulle piante coltivate. L'A. annunzia una nuova specie di Parietaria la cui descrizione, egli dice, è ancora manoscritta (il che prova che questo lavoro, quantunque porti una data dara fu scritto avanti che il nas eng fosse pn IO Nyman C. Fr. — Observationes in floram Siculam quas itinere anno 1844 adnotavit. Linnaea, vol. SH; da p. 625 a p. 663. Halle 1844. È un catalogo ragionato delle piante raccolte dal Nyman inBicilia e a Malta, nel quale" si trovano citate per Malta le stesse 73 specie che sono elencate nella memoria precedente. Di più vi è la descri- zione della nuova Parietaria populifolia, e sono dati i nomi di 4 muschi raccolti a Malta. ba = BIBLIOGRAFIA Nyman C. F. — Om Siciliens flora, saerdeles med haànsyn till Skandinaviens. Skand. Naturf. motan Fòrhandl., 5 (1847, Kjobenhavn), da p. 457 a p. 488. Stockholm 1849. In questo paragone fra la Flora della Sicilia e quella della Scan- dinavia, sono citate qua e là alcune delle piante dall'Autore osser- vate a Malta. Paoletti Giulio. Vedi Fiori. Parlatore. — Flora IHaliana, ossia descrizione delle piante che crescono spontanee 0 vegetano come tali in Italia e nelle isole ad essa adiacenti, disposte secondo il metodo naturale, vol. I-V, Firenze 1848-1872. — Continuata da Teodoro Caruel, Tanfani e varî altri collaboratori, vol. VI-X. Firenze 1883-1893., ‘Sono citate le piante di Malta note, all’epoca della pubblicazione dei singoli volumi, a Parlatore ed ai varî autori che hanno colla- borato a questa opera. Piccone Ant. — Risultati algologici delle crociere del Vio- Zante. Annali del Museo di St. nat. di Genova, XX, p. 106-142. Genova 1883-4. A p. 141 sono enumerate 12 alghe marine dragate dal Comandante Enrico d’Albertis il 1° Settembre 1879 a due miglia ad E. della punta NE. di Malta, a 80 metri di profondità. Preda A. — Florideae. Fiora Italica Cryptogama, pars II°, vol. I°, fasc. 2° e 3°. In 8° di 462 pag. Rocca S. Casciano 1908-1909. Sono riportate le sten, delle Isole Maltesi che l'Autore ha tro- vate citate in altri lavor Rappa Francesco. — Osservazioni sull'Oxalis cernua tmanb. Boll. del R. Orto bot. di Palermo, anno X, p. 143. Palermo 1911. Nelle notizie storiche esaurienti che dà sulla Oxralis cernua, l’Au- tore riconosce che Malta è il primo luogo dove fu constatata la naturalizzazione di questa pianta Capense. Fra i molti lavori citati dall’Autore non troviamo quello di Henslow Saccardo P. A. — La botanica in Italia. Materiali per la | storia di questa scienza. Memorie del R. Istit. Veneto di Scienze Lettere ed Arti, vol. XXV, N. 4. Un volume in 4° di 233 pag. Ve- nezia 1895. A p. 186 sono citati gli Autori che hanno seritto della botanica di Malta, e a p. 203 si trovano dei cenni storici e bibliografici sull’Orto Universitario in Valletta di Malta. BIBLIOGRAFIA 61 Saccardo P. A. — Fungi ex Insula Melita (Matta), leeti a Doct. Alfr. Caruana Gatto et Doct. Giov. Borg. Bullett. della Soc. bot. ital. 1912, p. 314-326. Firenze 1912. È l'elenco ragionato di 104 funghi raccolti da uno di noi (C. G.) e dal D." Borg, inviati per lo studio al Prof. Saccardo e da questo de- terminati. Fra essi vi sono le 5 specie descritte nel seguente lavoro. Saccardo P. A. — Notae mycologicae. Series XV, in SyDpow, Annales mycologici XI (1913), n. 1. Berlin 1913. L’Autore dà, in questa nota, insieme ad altre, le diagnosi di cin- que nuove specie di funghi di Malta mandategli da uno di noi. Seddal Rev. Henry. — Malta past and present. London 1870. Questo lavoro contiene una Appendice (da p. 339 a p. 348) intito- lata Botany, dovuta, come l'Autore informa in Prefazione a p. vI, al Sig. Medlycott (vedi Medlycott). Sommier S. — Scoperta della Callitris quadrivalvis Rich. a Malta. — Bullett. della Soc. bot. ital. 1906, p. 115. Firenze 1906. E annunziata la presenza in Malta di questa specie africana. Sommier S. — Un gioiello della flora Maltese. Nuovo genere e nuova specie di Composte. Nuovo Giorn. bot. ital. (Nuova Serie), vol. XIV, p. 496-505 e tav. xrv. Firenze 1907. E l’annunzio della scoperta in Gozo, e la descrizione, di una nuova specie di Composte, tipo di un genere nuovo, con osservazioni sulla. sua eterocarpia. Il lavoro è corredato di una tavola. Sommier Stefano. — Le Isole Pelagie, Lampedusa, Linosa, Lampione e la loro flora, con un elenco completo delle piante | di Pantelleria. Firenze 1908. (Comparso in Appendice al Bollet- tino del R. Orto bot. di Palermo, vol. V, VI, VII). Nel « Prospetto delle florule di Lampedusa e di Linosa», a p. 275-6, trovansi alcune notizie bibliografiche, e da p. 277 a 298 evvi una colonna dedicata alle Isole Maltesi, nella quale sono indicate tutte le specie di piante vascolari che le Isole Pelagie hanno in comune con le Isole Maltesi. A p. 310 trovasi un «confronto statistico som- mario fra le flore di questi due gruppi di isole. Sommier S. — Della identità di Lathyrus amoenus Fenzi. e L. Gorgoni Pari. Bull. della Soc. bot. ital. 1909, p. 126-28. Firenze 1909. È confermata la presenza in Malta di scan specie, già indicata dubitativamente da Armitage fino mi 1889 62 BIBLIOGRAFIA Sommier S. — Linaria pseudolaxiflora Lojac., L. Corsica e L. Sardoa. Bull. della Soc. bot. ital. 1910, p. 14-16. Firenze 1910. Viene annunziato il rinvenimento nell’isola di Gozo della Linaria pseudolaziflora Lojac., fin allora conosciuta soltanto dell’isola di Linosa Sommier S. — Due novità per la flora Maltese e Italiana. Bull. della Soc. bot. ital. 1911, p. 76. Firenze 1911. È annunziato il rinvenimento in Gozo del Cornucopiae cucullatum L. ed in Malta del Convolvulus oleaefolius Desv. Tanfani E. — Vedi Parlatore. THE MEDITERRANEAN NATURALIST, A MONTHLY REVIEW OF Na- TURAL ScIENcE. Edited by J. H. Cooke. In 8°. Malta. 1891-93. Gli articoli concernenti la flora Maltese contenuti in questo pe- riodico che ebbe tre anni di vita, si trovano ai nomi dei loro Autori. Visitor (Pseudonimo). — From Naples to Malta. The Gardners Chronicle 1880, 1° semestre, p. 557-58. Londra 1880. L’Autore dice di avere raccolto nel suo soggiorno di 4 giorni a Malta, al principio di Marzo, più di 100 fanerogame di cui neppure una che non si trovi anche sul continente Italiano. Di monocotile- doni ha trovato soltanto 8 specie. Delle specie raccolte sono citate solo pochissime, tutte menzionate nella Flora Melitensis di Delicata. Wikstròm J. E. — Préface in Plantae Melitae lectae di Grech < Delicata. Stockholm 1849. È una prefazione di 6 pagine, scritta in lingua francese, dall’Au- tore Svedese, al lavoro che gli era stato mandato da Grech Deli- cata e che fu pubblicato nell’Aars-Berettelse della Accademia delle Scienze di Stocolma. Vi sono date notizie intorno agli esploratori - della flora Maltese, e sono fatte alcune osservazioni sulla costitu- zione di quella flora e sulle piante trovate da Dumont D’Urville e da Nyman, mancanti all'elenco di Grech Delicata. Zerapha Stephanus: — Florae Melitensis Thesaurus, sive plantarum enumeratio quae in Melilae Gaulosque insulis aut indigenae aut vulgatissimae. 1° fasc. da p. 1 a p. 36, Melitae 1827; 2° fasc. da p. 37 a 86, Melitae 1831. Zerafa (in latino Zerapha) fu medico, già addetto al grande Ospizio di Ischia, poi succedette a Giacinto (di cui era stato collaboratore), come Professore di Botanica nell’ Università di Malta. Il « Florae. BIBLIOGRAFIA i 63 Melitensis Thesaurus » è il primo vero tentativo di una Flora delle Isole Maltesi. Ha però il grave difetto di non distinguere le piante indigene da quelle coltivate per uso economico o per ornamento o per studio nell’Orto botanico, e per di più Grech Delicata (a pag. XII) dice che contiene ben 89 determinazioni errate. L’avere Zerafa enu- merato promiscuamente le piante indigene e le coltivate, è stato causa che alcune specie esotiche sono state erroneamente citate come indigene di Malta nelle Flore italiane di Parlatore e di Fiori. Le specie enumerate nella Florae Melitensis Thesaurus sono 644, di cui 9 crittogame. Delle 635 fansrogame, secondo Delicata (pag. x11), 489 sono indigene di Malta e Gozo, e 146 coltivate. Le piante sono disposte in ordine alfabetico, e di molte è dato il nome Maltese. Fu Zerafa che per il primo, nel Thesaurus, descrisse la Centaurea crassifolia sotto il nome di C. spathulata, nome che era già stato dato ad altra Centaurea da Tenore e che quindi venne cambiato da Bertoloni. Zerapha. — Vedi Aquilina e Hyacinthus. Zodda Giuseppe. — Revisione monografica dei Delfinii ita- liani secondo HuTH, e dei Meliloti italiani secondo 0. E. SCHULZ. Malpighia, vol. XV, p. 342-362. Sono citati per Malta alcune specie di quei due generi. gr Pubblicazioni del R. Istituto Botanico di Palermo: CONTRIBUZIONI ALLA BIOLOGIA VEGETALE Dirette dal Prof. A. Borzì. Comprendono lavori di particolare interesse scienti- fico, specialmente relativi ad AIRDAENI) di Biologia e*di Fisiologia vegetale. Si pubblicano in tempi non. dn ‘a fascicoli in 8°, con tavole. Vol..- I. (esaurito) » H. in 8° fasc. I-II pp. 1-316. tav. IXIX L.. 28 > HH > ric * -1-993, € SRXEI 5 0. e VEC IVIN a 20 + Per acquisti rivolaorti all’ Editore Antonino Trimareht Di ici Vittorio Emanuele N 375, Palermo: i Cn "irta è ri Ù SA i Par "pi L VII. = con.» molte tavol