ELS - Y Ù a - x LPIGHIA | * RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA REDATTA DA O. PENZIG Prof. all’ Università di Genova ` .A. BORZI R. PIROTTA Prof. all’ Università di Messina Prof. all’ Università di Roma in collaborazione con molti Botanici Italiani e Stranieri. Anno Il — Vel. H Mo. Bot. Garden, 1893 MESSINA Epirori GAETANO CAPRA & C.° Tipograri 18-20-22, Via Peculio — via Procida, 7-9-11 via II Tutti Santi, 26 1888-1889. INDICE Lavori originali. NE p. punti intorno ad alcuni sferoscristalli : p per la biologia del Coniothyrioum (Speg.) Sae . geris O. Le ped behia da dubbi Cocos ? . veneti novi vel critici . ZI A. Wémiüdode delle radiei laterali nelle Maucossledont Cont e fine.) (Tav. I, VII) Sullo sviluppo del il'iabhacocca dae La Quercus macedonica DC. in Italia Syd xp. so othecium Pirottae Borzi . . Ancora della Qu B ercus io DC. Rca arg cha nuovo ascomicete dell’ sea uma oNI S. Contribuzione allo nfudia; del genere Achlys ver bacia: .ridacee (Tav. VIII e jn una pianta di o F. Osservazioni yes i bii doceo e M sorgento " iota lis ga officina CE: stagna p "Muten la id meccanica della fl- d senem iege SE We OMS ) siie moschata vini in Sicilia. icho Wont t ul slo della Pai is Tal. Je ni | valore specifico della Pleospora Sarcinulae e della PI. Al- ternariae Gib. Gri x oniribtgioné alla binlogia del inde Epicoccun 1 oLo 0. e R. Pir otra. Enrico Antonio De Bary . F. Sulla forma ascofora del Penicillium candi rati mieroscopici E Saccarpo P. A. Funghi delle Ardenne contenuti nelle TE Pagi rauennae POG 18, 284 E TERRACCIANO A. Intorno at dello poc sa de Spena Gi lo PE rappresentano in Italia (Tav. XIV, CERA È 273. Rassegne. Cavara Fm. Sulla Flora fossile di Mongardino _ Appunti di Patologia vegetale e Ea a E W Das RE ce baia è UOTE E l Fra Soa neue Mycorhiza-Form ll — ber Ursprung und Sehicksal dai: Salpetersäure | in dir E sa : GnEaG W. H. Anomalous eos s in the roots iat. Cjan Spes manni A. HAUPTFLEISCH P. E OB ind Hüllgallert du Dosmidiaccen è JonawsoN C. L Studien über die Pilzgattung Taphrine ‘KLeBaHN H. Ueber die Zygosporen der Conjugaten LeBLOIs A. Recherches sur l'origine et le opponat dii canaux sécréteurs et des poches séerétrices: . LUNDSTROEM A. Die .Anpassungen der Pflanzen an Thiere MassaLoxGo C. Ueber eine neue Species von Taphrina . . MÜLLER K. e phloémstündige Secretkandile der Unibellitoreii und Araliaceen OLIVER F. y On- the CRAS development E affinities of T. ra- pella Oliv., a new genus of Pedaline E Overton C. E. Ueber den Conjügationsvorgang be a n Preut P. Alcune osservazioni sui tubercoli radicali delle Leguminose Reess M. und C. Fiscu. Untersuchun * rg E ih: LM ScHENK. Fossile Pflanzen aus der Albourskette, RETRE T von Tietze rit SCHIMPER ‘A. F.W. Ueber Kalxoxalatbildung i in den ed i OR Van TrecneM Pn Sur le second bois primaire de la racine ; Toxr G. B. e Levi D Flora SR della Neben III. L6: Clo- roficee > FARA Wi x Deva of ‘North ii Lia Ts2urteu A Ueber die Entwickelungsgeschichte einiger Suetotbahiltop und die Genesis ihrer Secrete DE a H. Le coófficient isotonique d la elychring VurtLEMIN P. Sur une maladie des eu 1887 E E . E gdalées observée en Lorraine * . EAER West F. H. T. C. Les prémiers états des vacuoles $ — Die Vermehrung der normalen Vacuolen mora "Theilung A ber u nkórne Woronin M. Ueber die ‘Sclerotienkrankheit der Vacolhioutearex : 410 Addenda ad Floram italicam. " BELLE S. Carduus nutans var. ail Belt 265 E — Sopra alcuni Hieracium . OLA E MM IT 342 (Ute - Viola lancifolia PN EM 343 E Località nuove lle dudihiaua forulenta Mor. a T2 ck 343 Wolffia arrhiza wu n SN QOL NUMEN E 45 lghe nuove per r Italia e T Mu Pow | 45 Chara brionica . EVE RR Se 124 Nuove località del sonia vizzero-italiano . . . . . . 125 — Aggiunte alla Flora del Trentino . . . . . . . . 125 > binae DE =: ; "RUPEE ETE 125. Eryngiu MU S TRE OT HEC Filago rr Uus à in n Lipari e palo ATE Vicia lutea in Sicilia Dose Wirt DNE NI INSULE 172 Carex Grioletii . . Us pp Ies 906 —. Cyperus globosus e Firona Subai pa uj eur I 266 | Tulipa connivens e T. n Wap M cU ed Wie Tulipa Passeriniana e 255.09 Vaccinium Myrtilius e M CE austriacum ‘nell’ Ap- 1 penino Toscano E Rcx V INI 267 Quercus Fri Longo E DE E 267. RA mE TIT 517. X Gennaria diphylla u Dave P Re E — Digitaria paspaloides Duby . . . . . . . — Muellerella ulpa (EN ALME A (— Stachys lwsitanica SLM Lr ped — Piante nuove per la Saldo i CA c A: Herniaria hirsuta o — Aggiunte alla Flora del (tos. Ticino Aggiunto alla Flora del Trentino e dell’ libi i Sar rporum species « 6 ASA holepidun. is Entoloma nidorosum e Cortinarius infrac ; e quaedam italicae editione rsa Florae Ro E ` B . - H B - - . E Notizie. ORA 2c d Forme giovanili di alcune Conifere Poi A Ax Dia "s Microtecnica : s 518 y 268; 349, 427. 272, 353, 434, 521 EAT EE GUEF RO TORE ERE TNT E ut TW 3 E m] TIC UMAEPIGMIA _- Appunti intorno ad alcuni sferoeristalli del D." P. BACCARINI. Raccolgo in questa nota alcune osservazioni intorno a certe so- stanze che, in seguito all'azione dell'alcool, precipitano nei tessuti vegetali sotto forma di noduli a struttura fibroso-raggiata. Esse riguardano principalmente la forma e la distribuzione loro nel corpo della pianta; poichè le reazioni microchimiche eseguite , se valgono a stabilire qualehe differenza o qualche rassomiglianza con altri corpi meglio conosciuti, sono ben lontane dall’ illuminarei sulla loro natura e sulle loro funzioni. L'indirizzo delle mie attuali occupazioni mi toglie, almeno per Ora, di potere più addentro ricercare il problema, e ciò valga di scusa al carattere preliminare che questa comunicazione presenta. Sferocristalli della Bignonia venusta Ker. Io mi sono già in un altro mio lavoro (') incidentalmente oc- cupato degli sferocristalli di Bignonia venwsia; cosicchè le brevi notizie che io ho raccolte intorno ad essi serviranno ad un tempo di complemento e di rettifica. Ebbi occasione di osservarli la prima volta in Roma nei gio- (1) P. Baccarini, Contrib. allo studio dei colori nei veg. — Ann. Ist. Bot., Roma, 18:5, vol. II, p. 10 (in nota). Tav. I, fig. 16-17. 2 P. BACCARINI, vani bottoni fiorali conservati sotto spirito, ed ho poi l'anno de- corso accuratamente ricercate sotto questo punto di vista tutte le parti vegetative e fiorali della pianta, valendomi degli esemplari coltivati negli Orti Botanici di Roma, Genova e Pavia. La forma- zione degli sferocristali è costantemente determinata dall’ alcool , ma non si avvera in tutte le parti della pianta, né in tutte le epoche dell' anno. Io ho per oltre un anno, a diverse riprese ed in tutte le sue fasi, osservato l'esemplare dell' Orto Botanico di Pavia, senza otte- nerne mai sferocristalli in nessuna sua parte, qualunque fosse il grado di concentrazione dell’ alcool impiegato e la durata del trat- tamento, ed oggi ancora i frammenti di questa pianta che conservo sotto spirito fin dai primi mesi del 1886 ne sono liberi del tutto. È da notarsi per altro che l' esemplare di Pavia, non ostante il suo aspetto perfettamente normale e la sufficiente robustezza, non ha ancora fiorito. Anche sugli esemplari di Genova e di Roma le mie ricerche tornarono del pari infruttuose per tutto il periodo vegetativo della pianta, e solo dal giorno in cui si iniziò la formazione degli or- gani fiorali fino al termine della fioritura ho ottenuti abbondanti sferocristalli nelle diverse parti del fiore, nei peduncoli fiorali, nelle foglie, e nei rami della zona fiorifera. Le foglie inferiori dei rami fioriferi, i rami che non portavano fiori, i sarmenti e le radici della pianta, anche in quest’ epoca ne erano privi del tutto; cosicchè si può ritenere che la sostanza pre- cipitata dall’ alcool nei tessuti di questa Bignonia si forma soltanto durante la fioritura negli organi fiorali e nelle loro adiacenze. Nei giovani rami fioriferi io li ho trovati quà e là sparsi senza ordine apparente per gli elementi del midollo, dei raggi midollari e della corteccia; rarissimi li ho osservati nel lume delle trachee, rari nelle cellule epidermiche; non ne ho avvertiti mai nei peli ri- gidi e glandulari dei rametti erbacei. Abbondantissimi nelle foglie normali (della regione in fiore si APPUNTI INTORNO AD ALCUNI SFEROCRISTALLI 3 intende) vi si incontrano di preferenza nelle cellule epidermiche delle due pagine, nel tessuto a palizzata e lungo i fasci conduttori ; dove si affollano sulle trachee rivestendole di uno strato non interrotto ed otturandone il lume; vi scarseggiano nel tessuto spugnoso. Nelle brattee , nella rachide della infiorescenza e nel peduncolo del fiore aumentano di numero. Degli elementi del fiore il calice ne è ricco in tutte le sue parti più assai della corolla, dove, ancora frequenti nel tubo, e sempre accumulati lungo il cammino dei fasci conduttori divengono ra- rissimi nelle divisioni del lembo; gli stami ne posseggono gran numero per tutto il filamento e per il connettivo, pochi nelle pareti dell'antera, nessuno, per quanto ho osservato, nei granelli di polline; per altro, nei giovanissimi stadii, le pareti delle loggie prima di dif- ferenziarsi nei diversi strati cellulari ne erano ricchissime, mentre le cellule madri non ne presentavano traccia. Sono straordinariamente abbondanti nel gineceo dove fittamente si accumulano dentro le cellule dell’ovario, delle placente e degli ovuli, diminuiscono alquanto nello stilo, e nella sua estremità rigonfia scarseggiano. Al momento dell’ antesi le papille stigmatiche ne sono intieramente prive, e gli ovuli stessi, che prima ne possedevano gran copia, ne mostrano appena qualche traccia alla base. Questa Bignonia, per quanto io mi sappia, non fruttifica fra noi, e dopo caduti i fiori ogni traccia di sferocristalli scompare anche da quelle regioni della pianta, dove poco prima abbondavano. Io ho pure avuta occasione di esaminare a diverse riprese altre Bignoniacee e cioè gli organi vegetativi e fiorali di Bignonia ca- preolata L., B. grandiflora Jacq., B. sanguinea Hort., Tecoma capensis Don., T. radicans Juss, T. stans (L.) Catalpa Bungei, C. A. Mey. C. syringæfolia Sims, Pythecoctenium buccinatorium Dec. e gli organi vegetativi soltanto di B. Tweediana Lindl., B. jasminoides Thbg., B. brevifolia; ma, per quanta diligenza abbia usata, non ho più rinvenuta traccia delle formazioni in questione. ; 4 P. BACCARINÍ, Questi sferocristalli vengono abbastanza presto precipitati dall'al- cool; cosicchè dopo poche ore d' immersione possono ottenersi entro i tessuti della pianta perfettamente formati; hanno forma di noduli arrotondati, giallastri, energicamente rifrangenti la luce, a struttura fibroso - raggiata, ma privi di qualunque stratificazione concentrica. Sono per lo più dimezzati ed adossati alla parete della cellula. pel lato piano e, non ostante la grande loro rassomiglianza, differiscono per la grossezza relativa, la compattezza delle fibre che li costitui- scono, la presenza o l'assenza, almeno apparente, di un involuero membranoso. Negli organi di vegetazione sono d'ordinario molto compatti, cosicchè non sempre la loro fine striratura si può seguire fino al centro, il quale però non mi sembra, come nei casi illustrati dallo Hansen, (!) occupato costantemente da un vero nucleo amorfo. Anche la fine pellicola che lHansen (°) ed il Porra (°) hanno riconosciuta attorno ai loro sferocristalli non è in questi costante ; poichè lad- dove taluni noduli accennano colla loro superficie liscia ed unita, e col terminare dei loro aghetti al disotto della superficie stessa ad un reale involucro membranoso, altri colla superficie ispida per le punte degli aghi che terminano liberamente nel lume cellulare, mo- strano di esserne privi. Lungo i fasci conduttori delle foglie prendono forma di piccoli ciuffi allineati, dentro le cellule vicine , sulle pareti esterne delle trachee; ed anche nei tessuti del calice, della corolla e degli stami prendono il più delle volte l'aspetto di druse a radi elementi aghiformi prolungantisi nell’ asse longitudinale della cellula. Negli elementi dell ovario tornano di nuovo a divenire com- patti ed al momento dell'antesi in ognuna delle cellule tuttora gio- (1) Hansen A., Ueber Spherokrystalle negli Arb. des. Bot. Inst. 3% Wurzburg — Dritter Band Heft I. Leipzig 1884, p. 107, 114. (5) 1. c., p. 106. (3 Prrorta R., Sugli sferocristalli del Pithecoctenium clematideun Gris. — Estratto dal Vol. II. fasc. 2° dell’ Ann. dell’ Ist. Bot. di Roma, 1886, p. 8. APPUNTI INTORNO AD ALCUNI SFEROCRISTALLI 5 vanissime, piene di plasma e povere di succo cellulare si nota una piccola sfera formata da un gran numero di aghetti perfettamente distinti e di uguale lunghezza. La sottile membranella periferica è qui riconoscibile con molta evidenza, e qualche volta vi si può di- stinguere ancora un nucleo amorfo centrale. Nel maggior numero dei casi ogni cellula del parenchima pos- siede un solo di tali aggruppamenti cristallini; ma non è raro tro- varne anche parecchi minuti in luogo di un solo grande, ed allora, oltre allo appoggiarsi sulle pareti, rivestono i cromatofori e le mag- giori granulazioni del plasma, assumendo la forma di sfere compatte. Grosse concentrazioni invadenti più cellule ad un tempo, così frequenti e caratteristiche dell’ inulina, si osservano qui piuttosto di rado, e sembra che tale aggruppamento degli aghi cristallini in un nodulo solo attorno alle pareti comuni delle cellule vicine carat- terizzi principalmente le pareti di qualche spessore ed i tessuti meno ricchi della sostanza in quistione, poichè negli organi laminari e dove essa è molto abbondante lo sferocristallo di una data cellula è per lo più, anche nella sua orientazione , indipendente da quelli delle cellule vicine. Ho pure cercato di seguire il modo di formazione di questi noduli sia trattando sotto il mieroscopio coll’ alcool sezioni dell’ o- vario e della corolla, sia immergendo i tessuti nell’ alcool diluito; e nell'un caso e nell’altro ho per lo più osservato un denso intor- bidamento del protoplasma, quasi si formasse nel suo interno un fine precipitato pulverulento. Se questo intorbidamento fosse deter- minato da granuli solidi o da minute goccioline non ho potuto verificarlo in causa della sua tenuità; le fine sezioni conservate anche per lungo tempo nello spirito forte non presentarono mutamento di sorta, mentre il precipitato ottenuto dentro gli organi intieri, serbati sotto spirito debole, si andò lentamente concentrando ed ordinando in aggruppamenti sferoidali confusi e mal definiti dapprima, chiari ed a contorni netti più tardi. Con minore frequenza ho veduto sotto l azione dell’ alcool sepa- 6 P. BACCARINI, rarsi delle gocciole brillanti fluide o semifluide, le quali poi a poco a poco si andarono irrigidendo e trasformando in globuletti cristal- lini; e questo appunto avveniva là dove gli sferocristalli erano più compatti ed a superficie liscia. Non mi sembra quindi generalizzabile del tutto il processo di formazione proposto dall’ Hansen (') poichè qui, nel caso della Bignonia, la primitiva separazione degli sferocri- stalli sotto forma di grosse goccie liquide rivestite di speciale mem- brana avviene con molta incostanza, ed il più delle volte invece essi sembrano formarsi per la lenta concentrazione di un precipitato so- lido finissimo ; il qual concetto trova un appoggio nella mancanza di una membranella avviluppante in tutte le forme a drusa od a ciuffo. I due modi di genesi possono, a mio avviso, come nel nostro caso, coesistere l'uno accanto all’ altro, e soltanto dai rapporti in cui la sostanza cristallizzabile si trova coi componenti il succo cellulare ed il protoplasma , e collo stato fisico delle cellule, rapporti che possono variare da tessuto a tessuto e da cellula a cellula, sarà determinato piuttosto l uno che l'altro. Questi sferocristalli al polariscopio coi nicols incrociati appaiono brillanti in campo oscuro, e solo le sfere compatte quando vengono esaminate nell'olio di garofano presentano una croce d'ombra si- mile a quella dell' amido, benché meno netta: formazione di anelli colorati non vi si osserva mai. Una volta precipitati dall' alcool sono insolubili nell' alcool stesso e nell' acqua si a freddo che a caldo, nell' etere, nel cloroformio, nel benzolo e nella glicerina. L'acido acetico glaciale a freddo ed a caldo à inerte sopra di essi anche se la sua azione venga protratta a lungo; l'acido picrico, citrico, ossalico e tartarico sono ugualmente inerti. L’ acido osmico in soluzione all’1 */, sembra imbrunirli solo leg- giermente. L'acido cromico in soluzione al 5 °/, li scioglie in qualche ora alla temperatura ordinaria e molto rapidamente a caldo. (*) I. c., pag. 104-108. APPUNTI INTORNO AD ALCUNI SFEROCRISTALLI 7 L’ acido solforico concentrato li scioglie istantaneamente indu- cendo nel liquido circostante una colorazione giallo d’oro vivissima, e se si ha avuto cura di scegliere per l'esame delle sezioni intie- ramente libere di ossalato di calce (al che si riesce abbastanza bene valendosi della corolla o del giovane ovario) non si ottiene poscia aleun precipitato aghiforme di gesso, contrariarmente a quanto avevo già altrove asserito. Diluito, quest'acido opera con molto minore energia, finché alla diluizione del 6 °/, nell’ acqua è quasi inattivo. L’ acido cloridrico diluito non ha sugli sferocristalli alcuna azione visibile nó alla temperatura ambiente nè a quella di ebollizione ; con- centrato li schiarisce dapprima, forse per l'azione esercitata sulle sostanze albuminoidi incluse tra i singoli aghetti, e dopo lungo tempo e quando sia in eccesso li scioglie. Quest’ azione dell’ acido clori- drico però non è ben determinata; poichè mi è avvenuto talora di ottenere una soluzione abbastanza sollecita degli sferocristalli delle foglie normali e del fusto; mentre per quelli dei giovani bottoni fiorali non la ho ottenuta che dopo lungo tempo (3-4 giorni) e solo di rado completa. i L’ acido nitrico diluito ha una debole azione solvente; concen- trato e fumante, specialmente se aiutato da leggiero riscaldamento li scioglie con svolgimento di bolle gasose senza che si formi al- cuna colorazione speciale; perchè la soluzione avvenga completa è però necessario che l’ acido si trovi in grande eccesso. La soluzione di potassa al 5 ?/, ed al 10 °/, scioglie rapidamente queste formazioni tingendo il liquido in un bel giallo pagliarino; ed anche al 0, 33 */, questo reattivo è tuttora abbastanza energico. La soda caustica si comporta allo stesso modo, L'ammoniaca, specialmente dopo lunga digestione rende molto più evidente la loro struttura screpolandone la massa nel senso del raggio e distaccandone fra loro i singoli aghetti delle forme a pen- nello; ma vera soluzione non sembra produrre. I carbonati alcalini sono inerti del tutto, qualunque sia il tempo pel quale la loro azione viene prolungata. 8 P. BACCARINI, Il bieromato potassico appare dapprima inerte a freddo ed a caldo su questi sferocristalli; ma, se le tenui sezioni che li contengono ven- gano abbandonate entro il vetro d’orologio in un eccesso di reattivo, dopo qualche ora scompaiono. Il liquido di GEBLING ed il reattivo cuproammonico sono pure dei solventi attivissimi e durante la soluzione, anche in questo caso, compare una colorazione giallo-scura attorno alle sezioni. I co- lori d’anilina ed i preparati jodici non esercitano sopra gli sfero- cristalli azione di sorta; soltanto il clorojoduro di zinco li ha in qualche caso lentamente disciolti. Io ho pure tentata la reazione indicata dall’ HrLeer (') per la esperidina ; ho cioè trattate con una soluzione di potassa al 2 "/, un gran numero di fine sezioni di Bignonia, ho evaporata a secco la soluzione, poi aggiunto acido solforico diluito e riscaldato; ma non ho ottenuto le tinte speciali dal rosso al violetto caratteristiche per l'esperidina. Il molibdato ammonico non determina attorno alle sezioni ricche di sferocristalli precipitato di sorta, e neppure li scioglie, salvo il caso nel quale venga addizionato di acido nitrico; allora si ha lo svolgimento di bollicine gassose e la scomparsa degli sferocristalli. La reazione dell’ acido solforico esclude la presenza della calce; la reazione del molibdato ammonico esclude la presenza del fosforo, e cade quindi da se il mio antico supposto che qui potesse trattarsi di un fosfato di calce. Con molto maggior ragione può forse sostenersi l’ identità di questi sferocristalli con quelli osservati dal Prof. Pirotta nel P. cle- matideum: le affinità naturali delle due piante; la grande rasso- miglianza che gli sferocristalli presentano nella loro struttura e nella maggior parte delle reazioni chimiche appoggiano questo con- cetto; poichè non mi sembra che le leggiere differenze osservate nel comportarsi coll'ammoniaca, col bicromato di potassa e coll'acido () HusEMANN und HrLeer, Pflansenstoffe, p. 851. APPUNTI INTORNO AD ALCUNI SFEROCRISTALLI 9 cloridrico sieno tali da sollevare serie obiezioni, tanto più che si tratta di reazioni microchimiche nelle quali l'azione del reattivo si esercita ad un tempo sul corpo che forma oggetto di studio e sui tessuti che lo racchiudono. Sferocristalli della Campanula Cervicaria L., Tra- chelium cosruleum L. e Specularia Speculum Alph. D. C. Nell’ anno passato il ch. Prof. Prrorra richiamava la mia at- tenzione sopra alcuni sferocristalli da lui osservati nel corso di altre ricerche nella Campanula Cervicaria L. e nel Trachelium coru- leum L. e mi invitava a farne oggetto di studio. Oltrechè nelle due specie indicate io li ho trovati abbondantis- simi. nella Specularia Speculum Alph. D. C. ma non ne ho rinve- nuta traccia nelle altre Campanulacee osservate e cioè: Campanula Rapunculus L., C. rapunculoides L., C. Trachelium L., C. fo- liosa Ten., C. glomerata L., C. fragilis Cyr., Wahlenbergia gra- minifolia (L.), W. tenuifolia DC. f., Jasione montana L., Platy- codon grandiflorum DO. f. Gli sferocristalli di queste piante per la loro forma, struttura e reazioni chimiche si accordano così bene con quelli sopradescritti della Bignonia da non potersi sotto questo riguardo in alcun modo distinguere; ma presentano invece differenze notevoli dal lato della loro dispersione entro i tessuti. Essi fanno assolutamente difetto nei semi e compaiono nella plantula, soltanto dopo che la quarta o la quinta foglia epicotiledonea' è già sviluppata : sono allora piut- tosto rari e si limitano alle cellule epidermiche che circondano gli stomi. Col crescere della pianta però aumentano notevolmente di nu- mero e si estendono a tutti i tessuti parenchimatosi delle foglie e del fusto, ma non della radice che ne resta in ogni sua parte co- stantemente priva. I numerosi sferocristalli che vi si osservano 10 P. BACCARINI, constano di inulina e con quelli dei quali è ora quistione non ànno nulla a vedere. Entro le foglie radicali e caulinari abbondano nelle cellule epi- dermiche di ambedue le pagine, dove si addossano principalmente sulla parete esterna, nel parenchima a palizzata e nel tessuto spugnoso (e più in questo che in quello) e sono particolarmente numerosi sul tragitto dei più minuti fasci vascolari. Questo fatto, già osservato a proposito degli sferocristalli della Bignonia, è in queste Campanulacee percettibile con straordinaria nettezza; poichè i sottili fasci restano coperti da una serie non interrotta di minute druse a pennello regolar- mente inserite ad angolo retto sulle pareti laterali dei vasi. È sempre dal lato delle trachee che si osserva la massima potenza di questo ri- vestimento, e non di rado anche il lume delle trachee stesse è dal precipitato cristallino per qualche tratto otturato. A misura però che i minuti fasci del parenchima si vanno raccogliendo in nerva- ` ture alquanto più grosse, la ricchezza degli sferocristalli va decre- scendo, finchè lungo la nervatura mediana della foglia se ne osservano pochi e limitati quasi esclusivamente alle cellule epider- miche corrispondenti. r All’ interno dei laticiferi ne ho osservati di rado, ed' allora stra- ordinariamente allungati chiudevano per gran tratto lo stretto lume del vaso. Nel fusto non si incontrano più in copia uguale alle foglie: ma . abbondano ancora nella epidermide, nelle cellule basali dei lunghi peli rigidi della C. Cervicaria e della S. Speculwm; nel paren- chima verde ipodermico della corteccia e nella guaina amilifera del cilindro centrale; men numerosi, ma pure frequenti si notano nei raggi midollari e nel midollo; scarsi nei tessuti legnosi dove sem- brano limitati alle sole trachee; rarissimi negli strati profondi della - corteccia e nel libro. Gli internodi più elevati del fusto ne son più ricchi degli inferiori e l' apice vegetativo stesso ne è qualche volta fornito. Nel fiore giovane s'incontrano dapprima soltanto nei petali; più APPUNTI INTORNO AD ALCUNI SFEROCRISTALLI 11 tardi nel calice e negli stami, e nel fiore adulto in tutte le parti; non però tutti i verticilli ne posseggono in egual proporzioni ; poi» chè nella Campanula Cervicaria e nella Specularia Speculum riesce facile il riconoscere che nel fiore aperto il calice n'è più ricco della corolla, dove molte volte s’ arrestano alla parte inferiore del tubo, e l'ovario è più ricco degli stami e delle altre parti del fiore. Negli stami gli sferocristalli sono abbondanti lungo il filamento ed in.special modo nell’ epidermide dell’ antera; mancano costantemente invece nelle cellule madri e nei granelli di polline: nell’ ovario abbondano sul dorso delle loggie, nelle placente , nello stilo, e nei tegumenti dell'ovulo e nel sacco embrionale dove si accumulano spesso attorno alle cellule antipode; son rari all’ incontro nei tramezzi delle loggie e nelle papille stigmatiche. Dopo la fecondazione per altro questa sostanza va gradatamente diminuendo nell’ ovulo, finchè nel seme maturo non se ne trova più traccia quantunque nelle pareti ovariali se ne osservi ancora. Anche in queste piante, come nella pee venusta, la strut- tura degli sferocristalli varia a seconda dei tessuti dove si sono deposti; cosi nella epidermide, nella corteccia, nel midollo dei rami giovani e lungo i fasci vascolari delle foglie hanno per lo più la forma di druse ad elementi aghiformi perfettamente distinti; diven- gono alquanto più compatti nel palizzata e nello spugnoso; ma i singoli aghetti dello sferocristallo terminano ancora liberamente nel lume cellulare; nelle cellule epidermiche delle foglie assumono invece più spesso la forma di noduli a superficie liscia, e sembrano rico- perti da una membrana limite. Il più delle volte quelli delle cellule contigue restano indipen- t denti tra loro; ma non è infrequente il caso, specialmende nel pa- renchima corticale del fusto, nella corolla, e nello ovario, di trovarli adunati in noduli più grossi. Sferocristalli piccoli e molto compatti si osservano negli elementi delle pareti della antera. Le forme compatte, ancora abbastanza frequenti nel Trachelium coeruleum, divengono nelle altre due specie molto più rare, e sono 12 P. BACCARINI, in gran parte sostituite dalle disposizioni a pennello con radi ele- menti aghiformi, Con ciò pure s'aecorda il modo di origine; poiché mentre nel Trachelium si può osservare sotto l'azione dell’ alcool un’ abbon- dante formazione di gocciole giallastre e lucenti; nella Specularia e nella Campanula si ottiene molto più spesso l’intorbidamento del protoplasma per un precipitato solido finissimo. In quali rapporti questa sostanza della Bignonia e delle Campa- nulacee si trovi colla pseudoesperidina studiata dal Boronin (') non potrei dire; poichè da una parte le poche indicazioni riassunte dallo STRASBURGER (*) nel suo trattato nè sono sufficienti alla diagnosi di un corpo, né si attagliano perfettamente a questo, e dall’ altra I’ i- dioma nel quale il Boropin ha steso il suo lavoro mi ha tolto di consultarlo con frutto. Anche il problema del suo ufficio nella economia vegetale resta completamente insoluto; poichè le ipotesi alle quali la sua localiz- zazione nella Bignonia avrebbe potuto aprir l'adito, son dovute po- scia cadere di fronte alla dispersione diversa nel Pythecoclenium e nelle Campanulacee. | Giova peró fin d'ora tener conto di due fatti non privi di una certa importanza; e cioó che gli sferocristalli si formano di prefe- renza negli organi giovani e fortemente illuminati come le foglie ed i fiori; e che tendono costantemente ad accumularsi sul tragitto dei fasci conduttori. Se qui si abbia di fronte una sostanza elaborata ed utilizzabile per la nutrizione dell’ individuo, od una sostanza di escrezione re- sta tuttora a vedere. Pochi fatti soltanto parlano forse in favore di quest ultimo supposto; giacché le piante messe in condizione di non potere in alcun modo assimilare non hanno subita mai nessuna (1) Boronin I., Sitzber. d. bot. Sect. d. Gesell. der. Naturf. in St. Petersburg (Sep. Abdr.) 21 aprile 1883. (C) SrRAsBURGER E., Das Bot. Practicum; 2a ed. — Jena 1887, Reg. IV, p. 651. APPUNTI INTORNO AD ALCUNI SFEROCRISTALLI 13 diminuzione apprezzabile nella loro ricchezza in sferocristalli da quelle viventi nelle condizioni normali. Così ad es. i rami in fiore di Bignonia speditimi da Genova a Pavia, e mantenuti per parecchi giorni entro scatole di latta ermeticamente chiuse, erano ugualmente ricchi in sferocristalli dei rami dello stesso esemplare immersi dietro ‘mia richiesta nell’ alcool direttamente sul luogo; le piante di Cam- panula Cervicaria, speditemi pure in scattole di latta da Pavia ad Avellino, erano al momento del loro arrivo ricchissime di sfero- cristalli, mentre l'inulina era intieramente scomparsa dalle ra- dici, ed alcune piantine di Specularia Speculum mantenute per dieci giorni continui allo scuro avevano già al quarto giorno con- sumata tutta la riserva d'inulina; mentre al decimo giorno le proporzioni degli sferocristalli in quistione erano tuttora apparen- temente immutate. Qualunque significato per altro si voglia attribuire a questi fatti, ogni ipotesi sarà sempre priva di base fino a che la natura chimica di tale sostanza resterà sconosciuta. Sferocristalli della Daphne Laureola L. Anche nella Daphne Laureola io ho ottenuto pel trattamento coll’ alcool ad ogni epoca dell’anno un abbondante formazione di sferocristalli entro i tessuti delle foglie, dei giovani rami, dei fiori e dei frutti; i rami adulti di oltre un anno, il fusto e la radice mi hanno costantemente dati risultati negativi. Nella parte più bassa dei rametti fogliferi gli sferocristalli sono rari e limitati agli strati esterni della corteccia ; ma a misura che si sale in alto ne com- paiono buon numero anche negli strati profondi, e più in alto an- cora se ne formano nel midollo, nei raggi midollari, nel legno e nel libro fino a poca distanza dal meristema apicale. All’interno delle fibre e dei vasi essi hanno forma allungata e dimensioni mediocri; nel parenchima dei raggi midollari sono più arrotondati ed occupano buon tratto della cellula che li contiene ; 14 P. BACCARINI, nel midollo e nella corteccia si raggruppano qua e là senz’ ordine apparente in grossi noduli ricoprenti parecchie cellule ciascuno. In singolar modo ne sono ricche le foglie nella epidermide di ambedue le pagine foliari, nel palizzata e lungo le nervature mi- nori. Nelle cellule epidermiche gli sferoeristalli sono molto compatti, dimezzati e si addossano il piü delle volte colla superficie piana sulla parete cellulare esterna; nel palizzata, più piccoli, meno com- patti e da tutte le parti completi, riposano sul fondo della cellula in modo che nelle sezioni sembrano quasi allineati; nello spugnoso formano di preferenza dei grossi noduli raggianti attorno agli an- goli delle cellule contigue come già nella corteccia e nel midollo del fusto. Entro il fiore abbondano negli elementi epi- a quelli ipodermici del lato esterno del perigonio; scarseggiano in quelli del lato interno, son rari nei filamenti degli stami e nelle pareti della antera; man- cano del tutto nelle cellule madri e nei granelli di polline; fre- quenti nelle pareti dell'ovario, diminuiscono nello stilo e più ancora nello stigma e nell'ovulo adulto. Nel pericarpio dei frutti maturanti e maturi si notano abbondantissimi specialmente lungo i fasci fibro- vascolari, ma negli ovuli già fecondati e nel seme fanno per intiero difetto. Questi sferocristalli non mostrano più la variabilità caratteristica di quelli in antecedenza descritti; il loro colore è di un giallo ran- ciato più o meno intenso a seconda della varia grossezza, la forma di noduli compatti a superficie liscia o leggermente scabra e di aspetto lucente; molte volte lasciano scorgere con grande nettezza un nucleo centrale amorfo dalla superficie del quale irradiano finissimi aghetti cristallini di uguale lunghezza ricoperti allo esterno da una sottil membranella ; ma non mostrano anche dopo lungo tempo al- cuna altra distinzione in strati concentrici. La loro genesi avviene (per quanto io ho osservato) quasi co- stantemente nel modo indicato dall’ Hansen, poichè nel massimo numero dei casi l’ alcool determina la separazione dentro le cellule APPUNTI INTORNO AD ALCUNI SFEROCRISTALLI 15 di gocciole brillanti e d'aspetto oleoso, le quali più tardi si radden- sano in noduli solidi della struttura descritta; solo eccezionalmente mi venne fatto qualche volta di osservare I intorbidamento del protoplasma caratteristico per le Campanulacee, il che va pure d'accordo col fatto che nella Daphne gli sferocristalli ad elementi radi e di ineguale lunghezza sono scarsissimi. Sferocristalli del'Anagyris fotida L. Nell’ Anagyris fætida L. il BoropiN (') dapprima ed il Profes- sore MamTEL (°) di poi, hanno osservata la presenza di una so- stanza precipitata dall’ alcool sotto forma di masse a struttura fi- broso-raggiante e riferita da essi ad esperidina. Queste sferiti fanno (come il MartEL ha già avvertito) difetto nella radice; son rare nel fusto e nei rami adulti, frequenti nella corteccia dei rami giovani, nelle foglie, nei fiori e nei frutti; hanno color giallo-bruno e dimensioni abitualmente maggiori di quelle fino ad ora descritte. Nelle foglie predominano lungo le nervature dove presentano la nota struttura ed orientazione, nel parenchima a palizzata e spu- gnoso dove si aggruppano al centro di ciascuna maglia del reticolo vascolare in un grosso nodulo solo; nella epidermide inferiore dove si accumulano nelle cellule peristomatiche irradiando tutto attorno alle cellule semilunari (le quali ne restano abitualmente prive); scarseggiano nella epidermide superiore, e mancano nei peli. Nel peduncolo, nel ricettacolo fiorale e nel calice sono in ogni parte abbondanti ; nella corolla limitati alla parte estrema dei pe- tali attorno alla terminazione dei fasci; negli stami il più delle (1) I. Boronin, l. c. p. 12. (®) E. MARTEL, Sulla struttura e sullo sviluppo del frutto della Anagyris fetida L. — Estratto dall’ Ann. Ist. Bot. Roma, Vol. II, fasc. 29, 1886, p. 4, tav. III, fig. 10-11. 16 P. BACCARINI, volte mancano del tutto e nel giovane ovario si raccolgono lungo la nervatura dorsale e le due ventrali. Più tardi durante l’antesi, quando già nelle pareti dello ovario compaiono i fasci trasversali di commessura, gli sferocristalli si ac- eumulano sul loro tragitto e non più lungo i tre principali; ed una volta sviluppatosi, dopo la fecondazione, lo strato fibroso del peri- carpio essi restano limitati allo esterno di questa zona fibrosa; poichè nei tessuti posti all'interno se ne osserva qualche traccia nella sola epidermide. Negli ovuli non ancor fecondati son rari; ma poscia aumentano notevolmente di numero ammassandosi di preferenza nelle vicinanze del rafe, nei tegumenti e nello endosperma ; io però non ho avuta occasione di esaminare i semi maturi. La struttura di questi sferocristalli non differisce molto da quelli della specie antecedente: vi si notano anche qui predominanti le forme compatte con nucleo centrale amorfo e membranella avvilup- pante; ma il colore è alquanto più cupo, e più che nella Daphne abbondano le sferiti composte ; cioè i grossi cumuli di sferocristalli in punti vicini e con orientazione comune. Le reazioni microchimiche di questi sferocristalli e di quelli della Daphne concordano perfettamente tra loro e colle reazioni note per lesperidina dei giovani frutti di arancio (!); è da notare soltanto che la facilità colla quale i noduletti cristallini si sciolgono nell’acido acetico bollente va decrescendo dalla Daphne agli aranci ed alla Anagyris, per la quale ultima la soluzione avviene solo con molta lentezza e non sempre completa; io quindi ritengo per esperidina la sostanza cristallina di queste sferiti della Daphne e dell’ Anagyris confermando per quest’ ultima pianta i risultati del BomopiN e del MARTEL. (1) Husemann unD Hiccer., l c. — D! W. PrerrerR, Hesperidin ein Be- standtheil einiger Hesperidineen, nelle Bot. Zeit. 1874, pag. 532. — D." O. PENZIG, Sopra alcuni Glucosidi dellé Auranziacee. Estratto dal vol. 8 degli Atti della Società Veneto-Trentina di Scienze Naturali, 1882, pag. 6. I te Um LOVE WI UE 5% REM ERI OP PENNA 15 E. APPUNTI INTORNO AD ALCUNI SFEROCRISTALLI 17 Giunto così al termine di queste brevi notizie giova dimandarsi se la indicata distribuzione degli sferocristalli precipitati dall’alcool corrisponda e fino a qual punto alla dispersione reale della sostanza disciolta. Il PFEFFER nel suo fondamentale lavoro sull'esperidina degli aranci esprime la opinione (*) (alla quale pure il PENZIG si accosta) (°) che i fenomeni di diffusione concomitanti ‘alla penetrazione dello alcool la raccolgano in alcuni punti dove cristallizza; cosicchè non si possa dalla distribuzione degli sferocristalli trarre alcuna diretta conseguenza sulla distribuzione dell'esperidina disciolta. Questa obbiezione è certamente di molto valore, specialmente nel caso che si tratti di organi di un certo volume, e nei quali la pe- netrazione dell'alcool procede gradualmente e con relativa lentezza; ma negli organi sottili a tessuti molli ed erbacei, come i rami tut- tora verdi, le foglie ed i fiori, che nel nostro caso sono la sede normale della sostanza in quistione, e nei quali la penetrazione del- l'alcool procede rapida e contemporanea da tutte le parti, queste alterazioni debbono essere molto meno sensibili, tanto più che il precipitato , sia allo stato di gocciola , sia allo stato di polvere fi- nissima, si forma subito al contatto coll'alcool. Che questa distribuzione degli sferocristalli s'accordi con quella della sostanza sciolta, anche altri fatti concorrono a provare ; così ad es. nelle foglie di Daphne (che per essere alquanto più spesse meglio si prestano) io son riuscito a separare sopra frammenti di una certa estensione le due epidermidi dal parenchima interposto, e in queste parti così separate ho "ottenuta la stessa distribuzione di sferocristalli che nelle foglie intiere ; nelle foglie di Campanula Cervicaria io ho per lungo tratto isolate dal parenchima circostante (per quanto era possibile) qualcuna delle nervature secondarie ed immersele nell’ alcool vi ho ottenuto il caratteristico rivestimento (1) PrEFFER, L c. pag. 587. C) Penzia, l. c. pag. 4. 2 Malpighia, vol. II, anno II. 18 P. A. SACCARDO, di sferocristalli, il che prova che la sostanza cristallizza in posto e non vien trasportata per l'azione dell’ alcool dai tessuti vicini. Coll’ essiccamento tra carta bibula si formano dentro le cellule non più degli sferocristalli (io ho provato in questo modo la Bi- | gnonia venusta e la Daphne laureola); ma delle masse solide, ton- - deggianti, lucenti di un giallo più o meno scuro, nelle quali non ho riconosciuta struttura cristallina di sorta; esse sono però indubbia- | mente formate dalla stessa sostanza degli sferocristalli; poichè nelle | reazioni colla potassa e cogli acidi si accordano perfettamente con essi, e la loro distribuzione è perfettamente la stessa : io mi credo i quindi autorizzato a ritenere che i fenomeni di diffusione determinati — dallo alcool sieno in questi casi meno notevoli di quello che si po- | trebbe supporre; e che la distribuzione degli sferocristalli corri- - sponda sensibilmente a quella della sostanza disciolta. Avellino 31 agosto 1887. Funghi delle Ardenne contenuti nelle Cryptogame | Arduenne della signora M. A. LiBERT. — Riveduti da | P. A. SACCARDO. (Continuaz., vol. I, p. 459). * SPHJEROPSIDERE. 144. Phyllosticta ? Arnice (Lis.) Fuck., Coniosporium Arnicc Lib. Crypt. IV, n. 382, (1837). Peritheciis minutissimis hemisphæ- ricis, nitidis, atris, maculas orbiculatas efformantibus ; sporulis . . . -- non visis. Ad folia Arnica montana. 145. P. Libertig Sacc., Conzosporiwm Viole Lib. Crypt. IL D. k 148, (1832). Peritheciis minutis, globosis, atris in maculam orbicu- larem atram stipatis, poro pertusis, 80-90 u. d.; sporulis ellipsoi- | b! FUNGHI CONTENUTI NELLE « CRYPTOGAMJE ARDUENNA » 19 deis perexiguis 1-1, 5 v 0, 7-1, hyalinis. In pag. sup. foliorum subvivorum Viol@ odorate. 146. P. coniothyrioides Sacc., Ascochyla Cytisi Lib. Crypt. II, n. 156, (1832). Epiphylla; maculis suborbiculatis cinereis, ambitu umbrinis; peritheciis globulosis, fuscis, poro apertis, cirris rubescen- tibus; sporulis elliptico-oblongis, 5 v 3, demum subfuligineis. In foliis Cytisi Laburni. 147. Phoma deusta Fuck., Spheronema Rhinanthi (Somm.) Lib. Crypt. III, n. 263, (1834). Ad caules et capsulas Rhinanthi. 148 P. Lingam (Tone) Desm., Sclerotium spherieforme Lib. Crypt. III, n. 237, (1834). In caulibus Brassica oleraca rubræ siccis. 149. Phlyctena vagabunda Desm., Ascochyta caulium Lib. Crypt. III, n. 248, (1834). In caulibus Plantarum. 150. Dothiorella Fraxini (Lim.) Sacc., Ascochyta Fraxini Lib. Crypt. I, n. 48, (1830). Erumpenti-innata, difformis, atra; stromate ambiente effuso ; peritheciis erumpentibus, connatis, globosis, papil- latis; cirris albis; sporulis ovato-oblongis, 26-30 ~ 12, granulosis, hyalinis, basidiis brevissimis suffultis. In cortice Fraxini excelsioris. 151. D. strobilina (Lig.) Sacc., Ascochyta strobilina Lib. Crypt. III, n. 150, (1832). Erumpens, rotunda, epidermide lacerata cincta, stromate nigro; peritheciis immersis, confertis, minutis ; ostiolis globosis; cirris albis; sporulis cylindraceis utrinque rotunda- tis, 12-15 v 2, 5-3, hyalinis, basidiis plus dimidio brevioribus acicu- laribus suffultis. In pag. exteriore squamarum Abietum. 152. D. latitans (FR.) Sacc., Ascochyta Vaccini Lib. Crypt. I, n. 47, (1830). Ad folia dejecta Vaccinii Vitis-idae. 152. Ceuthospora phacidioides Grev., Ascochyta Agrifolit Lib. Crypt. IV, n. 351, (1837). In foliis siccis Jlicis Aquifolit raro in caulibus Vince. 153. Placospheria Urticæ (Fr.) Sacc., Xedaria Urtica (Fr.) Lib. 20 P. A. SACCARDO, Crypt. I, n. 62, (1830), Rhytisma Urticæ Fr. Ad caules Urtica dioice. Sporule fusoideæ, curvule, 20-25 v 4, granulose, hyalin®, basidiis teretiusculis 15-18 v 3 suffulta. 154. Cytospora ferruginea Desm., Lib. Crypt. III, n. 265, (1834). In ramis Pruni Padi et Sorbi Aucuparic. 155. C. Pinestri Fr., Lib. Crypt. III, n. 266, (2834). In foliis dejectis Pini silvestris. 156. C. foliicola Lise. Crypt. I, n. 64, (1830). In foliis emortuis Hedera et Vince. 157. C. tumida (Pers.) Lib. Crypt. II, n. 170, (1832). In ramis quercinis. 158. C. ehrysosperma (Prns.) Fr. Lib. Crypt. II, n. 169, (1832). In ramis siccis Populi. 159. C. Aucuparia Lis. Crypt. II, n. 168, (1832). In ramis exsic- catis Sorbi Aucuparice. Sporule allantoides, breves, 3-3,5 v 1. 160. Vermicularia minuta (Link) Lib. Crypt. IV, n. 350, (1837). Exosporium minutum Link. In caulibus Herbarum. Sete peri- thecii aciculares basi bulbillose, septulate, 150 4 5; sporule cy- lindraceo-fusoidez v. subclavate, utrinque obtusiuscule, 20-22 v 4, continue. 161. Pleosporopsis strobilina (A et S.) Oerst., Perichena strobi- lina Fr., Lib. Crypt. IV, n. 377, (1837). Ad squamas Abietum. — Aceciduis forte affinior. 162. Ascochyta Pisi Lig. Crypt., I, n. 59. In leguminibus foliisque Pisi sativi. 163. A. Dianthi Lis. Crypt. II, n. 158, (1832). Epiphylla; ma- culis indeterminatis, pallidis; peritheciis minutis, fuscis, poro aper- tis; cirris albis; sporulis oblongis v. ovato-clavulatis, utrinque rotundatis, constricto — l-septatis, hyalinis, 10-16 w 5. In foliis lan- guescentibus Dianthi barbati, socia Puccinia Arenaric (Schum.) DC. FUNGHI CONTENUTI NELLE « CRYPTOGAMJE ARDUENNA » 21 164. A. Vici Lis. Crypt. III, n. 356, (1837). Epiphylla; maculis subrotundis, rubellis, margine prominulo atro-sanguineo circumscrip- tis; peritheciis minutis aggregatis, poro apertis, nigris 90-100 “u. d.; cirris albis; sporulis ovato-oblongis, utrinque obtusis, l-septatis, le- niter constrictis, 12-15 v 4-5, hyalinis. Ad folia Viciæ sepium. Asc. Orobi Sacc. ab hac vix differt. An huc quoque Phyllosticta Vicice Cooke ? 165. Actinonema Padi (DC.) Fr., Asteroma Padi DC., Lib. Crypt. I, n. 60, (1830). In foliis languidis Pruni Padi. 166. A. Rose (Li.) Fr. Asteroma Rose Lib. Crypt. I, n. 61, (1830). In foliis languidis Rosarum. | 167. Diplodina Hippocastani (Lis.) Sace. Ascochyta Hippocastani Lib. Crypt. II, n. 151, (1832). Peritheciis sparsis, tectis, globosis, rufo-fuscis, ostiolo orbiculari apertis; cirris albis; sporulis fusoideis rectis v. cuvulis, 20-22 v 3, 5, tenuiter v. spurie l-septatis, non constrictis, hyalinis. In cortice ramornm Aesculî Hippocastani. 168. Septoria /Esculi (Lis.) West. Ascochyta Aesculi Lib. Crypt. II, n, 154, (1832). In foliis Aesculi Hippocastani. 169. S. quercina Dzsw., Ascochyta quercicola Lib. Crypt. IV, n. 358, (1837). In foliis Quercus. 170. S. silvicola Desm., Ascochyla Anemones Lib. Crypt. II. n. 159, (1832). In foliis Anemones nemorosæ. 171. S. Robinie (Lis.) Desm., Ascochyta Robinie Lib. Crypt. IV, n. 357, (1837). In foliis Robinie Pseudacacie. 172. S. Crategi Kickx, Ascochyta Ox yacanthoe Lib. Crypt. II, n. 152, (1832). In foliis Cratægi Oxyacanthe. 173. S. effusa (Lis.) Desm., Ascochyta effusa Lib. Crypt. IV, n. 355, (1837). In foliis Pruni Avium. 174. S. Virgaurea (Li5.) Desm., Ascochyta Virgawrec Lib. Crypt, I, n. 55, (1830). In foliis languidis Solidaginis Virgaurew, 22 P. A. SACCARDO, 175. S. Heraclei (Lis) Desm., Ascochyla Heraclei Lib. Crypt. — - I, n. 51, (1830). In foliis languidis Heracle? Sphondyhi. i 176. S. Ribis (Lis. Desm., Ascochyta Ribis Lib. Crypt. I, n. 53, (1830). In foliis languescentibus Ribis nigri. 177. S. stipata (Lis.) Sacc., Ascochyta stipata Lib. Crypt. IV, n. 354, (1837) Epiphylla; maculis magnis orbiculatis fuscis ; pe- ritheciis dense sparsis, prominulis , globosis, poro apertis; cirris tenuissimis, hyalinis ; sporulis fusoideis, curvatis, 7-9-guttulatis. Lib. — l. c. — Ad folia Pruni Padi. Sporulas non vidi. Sept. Pruni Ellis forte huic affinis. 178. S. cornicola (DC.) Desm., Ascochyta Corni Lib. Crypt. 1, n. 58, (1830). Splweria cornicola DC. In foliis Corni sanguinee. 179. S. Podagrarie Lascu, Ascochyta Ægopodii Lib. Orypt. I, n. 49, (1830). In foliis ZEgopodii Podagrarie. Sporule 70-80 v 3,5, 9-6-guttulatze. 180. S. Chelidonii (Lis.) Desm., Ascochyta Chelidonii Lib. Crypt. n. 97, (1830). In foliis languescentibus Chelidonii majoris. 181. S. Calamagrostidis (Lis.) Sacc., Ascochyta Calamagrosti- dis Lib. Orypt. II, n. 157, (1832). Epiphylla; maculis lineari- bus albis; peritheciis nigris ore orbiculari apertis; cirris albo- flavescentibus; sporulis filiformibus rectis curvulisve, 45-55 w 1-1, 5, hyalinis. In foliis Calamagrostidis silvaticæ. Peraffinis Septorie graminum Desm. 182. S. Convolvuli (Lis.) Desm., Ascochyta Convolvuli Lib. Crypt. I, n. 56, (1830) excl. synon. In foliis languidis Convolvuli sepium. Sporule 40-50 « 1. 183. S. Fragariz (Lis.) Desm., Ascochyta Fr per Lib. orit IL, n. 155, (1832). In foliis Fragaric vescc. 184. S. Grossularie (Lis.) West., Ascochyta Grossularie Lib. Crypt. III, n. 250, (1834). In foliis Ribis Grossulariæ. FUNGHI CONTENUTI NELLE « CRYPTOGAMJE ARDUENNA » 29 185. S. Rose Wesr. Ascochyta Rosarum Lib. Crypt. I, n. 50, (1830). In foliis Rosa tomentosce aliarumque. 186. S. ramealis R. et Desm., Ascochyta Ruborum Lib. Crypt. III, n. 247, (1334). In ramulis Rudorum adhuc vivis. 187. S. Petroselini (Lis. Desm., Ascochyta Petroselini Lib. Crypt. III, n, 252, (1834). In foliis Apii Petroselini. 188. S. Menyanthis (Lis.) Desm., Ascochyta Menyanthis Lib. Crypt. III, n. 251, (1834). In foliis Menyanthis trifolate. 189. S. Sedi (Lrs.) West., Ascochyta Sedi Lib. Crypt. II, n. 249, (1834). In foliis Sedii Telephi. 190. S. Lysimachie (Lis.) West., Ascochyta Lysimachie Lib. Crypt. IIT, n. 253, (1834). In foliis Lysimachie vulgaris. 191. Phleospora Oxyacanthe (K. et S.) Wallr., Ascochyta Cra- legi Lib. Crypt. IV, n. 353, (1837). In foliis Crategi Oxyacanthæ. 192. P. Aceris (Lis.) Sacc., Ascochyta Aceris Lib. Crypt. I, n. 54, (1830). In foliis langnidis Aceris Pseudoplatani. 193. Phleospora Ulmi (Fr.) Wallr., Ascochyta Ulmi Lib. Crypt. l, n. 52, (1830). In foliis languescentibus Ulmi campestris. 194. Labrella Heraclei (Lis.) Sacc., Cheilaria Heraclei Lib. Crypt. III, n. 254, (1834). Ad caules ZHeraclei Sphondylii siccos. Sporule fusoideæ, curvule, 28-32 v 5-6 binucleate, spurieque l-septatae, hyaline. 195. Labrella ? Agrostidis (Lis.) Sacc., Cheilaria Agrostidis Lib. Crypt. I, n. 63, (1830). Maculis fusco-albescentibus aut nullis; pe- ritheciis immersis, utrinque prominulis , ovatis elongatisve , atris, rima longitudinali dehiscentibus ; cirris albis; sporulis fusoideis , biguttatis (Lib ). In foliis Agrostidis vulgaris. Sporulas ipse non vidi. 196. Leptostroma hysterioides FR. Lib. Crypt. IV, n. 375, (1837). Ad caules herbarum. 24 P. A. SACCARDO, FUNGHI CONTENUTI ECC. 197. L. maculans Lig. Crypt. IV, n. 375, (1837). Maculis minu- tis oblongis confluendo elongatis e fibrillis radiantibus ortis, nigris ; peritheciis minutis nitidis, atris, subrotundo-elongatis, poro subri- moso dehiscentibus ; sporulis Species, ignota fructificatione, omnino dubia. 198. L. Luzule Lis. Crypt. I, n. 75, (1830). Peritheciis rotundis subumbonatis, nitidis, nigris, secedentibus, contextu perithecii mi- nutissime celluloso; sporulis fusoideis, minutissimis, 5 v 1, rectis. In foliis Luzule maximæ. 199. Leptothyrium alneum (PEns.) Lib.. Crypt. IV, n. 361, (1837), Sacc., Syll, III, p. 227, Xyloma alnevim Pers., Melasmia alnea Lév. Ad folia Alni glutinosc epiphyllum. 200. L. vulgare (Fm.) Sacc., Leptostroma vulgare Fr., Lib. Crypt. II, n. 166, (1832). Ad caules plantarum plurimarum. 201. L. acerinum (Kunze) Corda L. disseminatum Lib. Crypt. IV, &. 900, (1837); sub Pilidio. Amphigenum, disseminatum , rotundum, fuscum, ab initio clausum dein rimis dehiscens ; pulpa albida; sporulis fusoideis, cirris, utrinque acutis, 13-15 v 1,5-1,7, hyalinis. Ad folia delapsa Aceris Pseudo-Platani. 202. Leptostromella pteridina Sacc. et Roum. — Huc spectare videtur Leptostroma longissimum Lib. Crypt. III, n. 259, (1834), (cujus sporulas videre non contigit, que vero, teste Libertia, sunt longissima pluriguttata). 203. L. juncina (Fn.) Sacc., Leptostroma juncinum Fr., Lib. Crypt. III, n. 260, (1834). In calamis Junci effusi et conglomerati. 204. Dinemasporium hispidulum (Scurap.) Sacc., Vermicularia hispida Lib. Crypt. IV, n. 347, (1837), an et Todei?. Excipula Vermicularia Corda Ic. fang. III, p. 29, f. 77. In ligno. Sambuci nigra et Populi Tremule. Conidia in speciminibus jam vetustis fere mutica, ut cl. Corda pinxit, sed in vivo certe apiculata. 205. D. hispidulum (ScHRAD.) Sacc., var. herbarum Cooke, Vermicularia strigosa Lib., Crypt. IV, n. 349, (1837). -Ad caules verni non visis, In culmis Secalis. S. CALLONI, GENERE ACHLYS NELLE BERBERIDACEE 25 herbarum siccos. Sporule 18-20 w 2, 5-3, utrique breviciliata , hyalinge, granuloss. 206. D. graminum (Lrg.) Lev., Vermicularia graminum Lib. Crypt. IV, n. 348, (1837). Ad folia graminum arida. 207. Ephelis Poe (Lis.) Sace., Dacryomyces Poe Lib. Crypt. II, n. 135, (1832). Peritheciis discoideo-hemispheericis, minutis, initio albis, macule subquadrate nigre insidentibus, collabascendo conca- vis, virescentibus ; excipulo fusco radiato-parenchymatico; sporulis filiformibus, curvulis, dense fasciculatis, 25-30 v 1, hyalinis; basidiis brevibus angustis. Ad folia emortua Po@ sudetice. ( continua). Contribuzione allo studio del genere Achlys nelle Berberidacee per il D." Silvio Cartoni. (Tav. VIII-IX ) Il genere Achlys della famiglia delle Berberidacee, pur delimitato da caratteri importanti, conta solo due specie, disgiunte in due con- tinenti per ampia barriera di mare. La specie più anticamente co- nosciuta è l’ AcAlys triphylla, DO. Questa si presenta, nella sua linea caratteristica, come una piantina da 40 a 60 centimetri alta, vivace per rizoma da cui sorgono: 1° poche foglie dal lungo pe- ziolo nudo, coronato da ampio lembo flabelliforme, di 3 foliole ses- sili, cuneate ; 2° da un fusto aereo, afillo, eretto, terminato da una Spica di fiori giallastri, odorosi, pseudo-aclamidei, dalle nozze asso- . lutamente dicogame. Alligna spontanea dentro i boschi di conifere della costa occidentale dell America nordica, dal capo Mendocino all'isola Vancouver (!). (1) Auc.-PynAM. DE CANDOLLE, Systema regni vegetab., vol. IL p. 35; W--J. HookEm, Flora bor. americ., vol. L, p. 30. 26 S. CALLONI, La seconda specie, l’ Achlys japonica, Maxiw., ha sua patria nel Giappone, dove la scopriva TscHonosky nel 1865, dentro i bo- schi subalpini del principato di Nambu del Nippon boreale M E specie affinissima , « closely resembles », come dicono BREWER e SERENO Warsow, alla specie americana (°). Le differenze, infatti, vertono soltanto sul ricamo del margine. delle foglie un po’ diverso, e sulla spica interrotta. La variazione delle foglie e delle inflore- scenze nelle Berberidacee, sempre notevole, fin nel ciclo d'una spe- cie od anche d'una varietà, m’ ispirano il dubbio, che la specie giapponese potrebbe anche essere varietà dell' americana. Le osservazioni, che qui riassumo, ho desunto unicamente dal- l esame dell’ Achlys triphylla, su esemplari dell’ Erbario generale del prof. ALPH. DE CanpoLLe; in Ginevra. Come si tratta di caratteri importanti, e strettissima affinità collega la pianta americana al- l'Achlys japonica, è evidente che varrà per l' una quanto è detto della specie sorella. Nell'insieme, i fatti constatati convergeranno à meglio delineare il genere AcAlys così importante nella famiglia che l’ accoglie. | l. Evoluzione della foglia. La gemma fogliare sviluppasi sul rizoma, all'ascella del residuo basilare d'una foglia dell'anno precedente; d'una lunghezza di circa l centim., assai allungata, ha, per rivestimento esterno, robuste scaglie embriciate, mucronate , convesse sul dorso, percorse, dalla base al vertice, da 7 o più costicine, tutte convergenti, in alto, ad un mucrone smussato, che forma il vertice della scaglia (fig. 1). L'ultima scaglia interna è più grande dell’ altre, biancastra, esile, (1) Maximowrez, Mélanges biolog., 6, p. 260 in Bull. de l'Acad. impér. de S. Petersbourg, vol. XII, 1868; FrancHET et SavaTIER, Enumeratio plantar Ja- ponicee, l* part, p. 25. C) BREWER et SERENO Warson, in Asa-GRAY, Botany of California, vol. I pag. 16. GENERE ACHLYS NELLE BERBERIDACEE 27 4-nervata ; i suoi margini esterni s' abbraccian tra loro, di modo che essa avvolge le giovani parti interne, a mo’ di tunica protet- trice (fig. 2, sc.) Dentro, stanno 4 o più fogliette, inserte a spira sul cormo. Ta- lora, all’ ascella della foglia maggiore, è una gemmina, con rive- stimento di scaglie sottili, larghe, triangolari, attenuate al vertice, strettamente abbracciantisi sul margine libero (fig. 4). Nell’ invo- lucro protettore, la foglia evolve cosi: appare sul cormo un’ emi- nenza mammillare emisferica (fig. 5), la quale, presto, cresce mag- giormente nel senso verticale e sul lato che guarda l’asse del punto vegetativo, sì che l'emisfero diventa cono (fig. 6). L' accrescimento dominante s'accentua vieppiù. Intanto, sulla superficie convessa in- terna della foglia rudimentale, ad !/, dalla base e ad '/, dal vertice, si formano centri di moltiplicazione cellulare più attiva; sporgono ‘ quindi due piccoli rialti emisferici (fig. 7, s, l). La foglia embrio- nale resta cosi divisa in tre regioni distinte: basilare, media, api- cale. Sulla regione basilare evolverà più tardi la stipola; le regioni, media ed apicale, si tramuteranno nel lembo. I rialti s’ accrescono meglio; poco a poco, sulla linea ventrale delle regioni basilare e media si manifesta, procedendo dalla base al vertice, un lieve solco longitudinale, che, presto, si fa più profondo e divide ciascun rialto in due altri secondari e laterali. A questo punto, la foglina è, dal lato del cormo, costituita da 5 eminenze tondeggianti, 2 più grandi basilari, 2 mediane minori, coronate da una terza apicale (fig. 8). Il solco più s'affonda e guadagna anche la linea mediana del cono apicale, che si fa concavo all'interno. I processi secondari aumen- tano maggiormente, sui punti di massimo rilievo. Il solco si fa val- lecola e le mammille laterali e mediane si comprimono , a foggia di creste. In pari tempo, il cono terminale si fa concavo all’interno. S'abbozza così, nell’ insieme, come una foglia assai carnosa, forte- mente convessa all'esterno e concava all'interno, col suo margine libero pentalobato (fig. 9). In progresso di sviluppo, la parte libera superna di ciascun lobo 28 S. CALLONI, basilare si protende, verso l’asse del cormo ed in alto, in una cresta triangolare, ottusa, che segna il rudimento della stipola (fig. 10, S). In pari tempo, l’ insenatura, separante i lobi basilari dai lobi me- diani, ha fatto posto ad un ponte: s'è accusato un brevissimo e grosso peziolo. I lobi mediani si individualizzano , intanto, sotto forma di auricula (fig. 10). La stipula vieppiù s'avanza in alto, in- curvandosi dal lato opposto del peziolo, il quale si fa più snello. I | lobi della foglia, prima auricolari, sono ora cieloidi e rappresentano le due foliole laterali (fig. 11). Il lobo apicale cresce maggiormente sul margine esterno e si fa concavo all'interno, disegnando la terza foliola carnosa. Poi, le due stipule s'allungano assai e s'appuntano, in forma di falce fenaia: il peziolo, largo alla base, quindi. atte- nuato, ha la lunghezza della stipola. Le fogliole laterali s'espan- - dono ai lati, a ventaglio, fino a mascherare, dai lati e sul dorso, la fogliola terminale, che s'asside piegata e protetta sott’ esse. Sul. lembi, appajono le prime traccie di nervature. $ Un po’ sopra il punto d'inserzione della stipula, è comparsa una linea circolare, segnante come un'articolazione che separa la foglia in una porzione basilare, munita di stipole ed in una seconda dal peziblo coronato da 3 foliole (fig. 12). La foglia veste ormai la sua forma caratteristica. Nello sviluppo ultimo, le stipole si fanno rudi- mentali, mentre il peziolo s'allunga assai, le fogliole fortemente s'amplificano e, su di esse, le nervature disegnano un reticolo à vasti poligoni. i L'evoluzione descritta per l’ Achlys ha tratti di rassomiglianza : con lo sviluppo della foglia nella Je/fersonia diphylla e mette quindi in evidenza un legame d'affinità tra i due generi. Ma, stanno sem- — pre differenze importanti, tra le quali prima la seguente: Nella f Jeffersonia, il differenziamento del lembo non si compie sulla plaga laterale interna del cormo fogliaceo, ma è affatto circoscritto alla sua porzione culminante. Merita nota quella linea di articolazione tra la parte basilare stipolata della foglia e la parte superna, che porta il lembo. É 3 GENERE ACHLYS NELLE BÉRBERIDACEE 29 questa una caratteristica che richiama, precisamente, quanto av- viene ne' Berberis, dove la foglia adulta pur consta d'una parte basilare, con stipole, sulla quale s'articola la base del lembo, atte- nuato in peziolo. Talora, ne’ Berberis, sui primi anni di vita, mas- sime poi nelle foglie che si sviluppano nella piantina, appena sortita dalla fase di germinazione, si osservano foglie, nelle quali, tva la parte basilare e superna, s'interpone un lungo peziolo. Foglie simili osservai anche in Mahonia, coltivata, di un anno circa d'età. La foglia semplice dei Berberis rappresenta dunque una foglia di tipo composto, ma ridotta ne’ suoi elementi. Forme antiche di Berberis, indicate, nei terziarii d'Elvezia e di Francia, da HEER e de Sa- PORTA ('), sono Mahonie. Analogamente, la foglia d'AcAlys dev’ es- sere una forma ridotta di una foglia più complicata, propria ad altre specie, nei periodi primi di divergenza dal cespite antico. Così, l'articolazione accennata rivela, da un lato, una affinità nuova del genere AcAlys coi Berberis, conferma dall'altro quella impronta di vetustà che già gli deriva dall'essere costituito da due specie affinissime disgiunte da vasto mare. 2. Perigonio. “W. J. Hooker (3) nella descrizione sviluppata ch'egli dà della Specie americana di Achlys, afferma recisamente: « Calyx 0, corolla 0. » Soggiunge, che « after lhe strictes examination both of jung and more advanced flowers I can find no trace of a floral covering ». Gli auiori successivi s' attennero al parere di HooKER. L’ AcAlys americana è dunque aclamidea. MaxiwoWicz, FRANCHET e SAVATIER non accennano mai a perigonio, descrivendo la specie giapponese. () Hem, Flora tertiaria Helvet., 3, p. 195, tav. 155; De SAPORTA, Étude sur la végétation du S.E. de la France à l'époque tertiarie, 2me part. Parigi 1866, pag. 58, () W. J. Hooker, Flora bor. americ., l, p. 30. 30 S. CALLONI, Questa mancanza di perigonio, che pur distingue ed isola r Ach- lys da tutti gli altri generi della famiglia, è dessa assoluta? Vi stanno contro la legge di antotassi, l' analogia cogli altri gruppi delle Berberidacee, dove, sempre, si osserva un perigonio di parec- chi verticilli, un calice, sovente preceduto da calicolo, una corolla, con spazi variamente differenziati in nettàri, all'intento di nozze incrociate, a mezzo di pronubi alati. In una mia nota inserta sugli Archives di Ginevra, nel novembre scorso, dove mettevo in risalto la assoluta dicogamia dell’ Achlys , accennai di passaggio, alla ne- cessaria esistenza di un perigonio purchessia, di caducità precocis- sima, o abortente, per témpo, nella evoluzione del fiore. Altre analisi m'hanno convinto, che un perigonio esiste, per quanto rudimentale ed in arresto di sviluppo. Se si osserva, a debole lente, un fiore ancora inserto sull'asse. si scorge un anello biancastro, che s'alza in rilievo dalla superficie rossiccia dell'asse e ricinge l'androceo, con il quale non ha aderenza di sorta (fig. 13, 14). Al microscopio, l’ anello appare ondulato sul margine libero; è composto da un parenchima di cellule simili non sostenute da trachea di sorta. Si tratta dunque veramente d'un pe- rigonio rudimentale, abortito in fase precoce d' evoluzione. Un organo rudimentale presuppone sempre altri tempi, altre forme, nelle quali, esso attingeva sviluppo completo. Dissi, come l’Achlys abbia impronta di vetustà. Si distingue dall’altre Berberi- dacee ermafrodite, per essere francamente proterandra, quindi di- cogama, pronubo il vento. È adattazione peculiare, nell’ anemofilia, . l'assenza d'un perigonio che sempre oppone qualche ostacolo alle correnti di polline. Questi fatti m'ispirano l'ipotesi, che rami anti- chi del gruppo Achlys presentassero forme con calice e corolla nettarifera, a somiglianza dell’altre Berberidacee, quindi entomofili. Sopravvenendo mutazioni nell'ambiente, scomparendo particolari insetti ch'erano pronubi adatti, il fiore diventò anemofilo. L'adatta- zione utile, pronunciandosi nelle generazioni successive , calice € corolla decaddero nella funzione loro; inutili, anzi d'incaglio al GENERE ACHLYS NELLE BERBERIDACEE 31 nuovo modo d’impollinazione, poco a poco degradarono e si fecero rudimentali, non apparendo altrimenti, nelle specie attuali, che quale ricordo d' uno splendore che fu. 3. Stami. Scarse ed imperfette notizie si trovano negli autori, in merito agli stami di AcA/ys de' quali metteró qui in rilievo, specialmente la forma e il modo di deiscenza. Nel fiore dell’ Achlys , l'androceo consta di 6, più sovente di 9, qualche volta anche di più stami, sempre in numero multiplo di 3. Il filamento, lungo quanto o più del pistillo, gracile, depresso, gla- berrimo , s’ espande in un connettivo subquadrato, largo più che lungo, dall’estremità tronca lievemente connessa o concava (fi. 15-17). Poche trachee traversano il filamento e terminano ingrossate a clava, presso il vertice del connettivo. L’antera, schiettamente dorsale, estrorsa, biloculare a matu- ranza, è, in più giovane età, quadriloculare. Due coppie di loggie stanno allora disgiunte, sui margini del connettivo, dal lato dorsale (f. 15-17). La parete esterna di ciascuna coppia appare come una calotta obovata, costituita da cellule fibrose, la quale s'adagia sul dorso e sul margine esterno del connettivo, quasi a modo di vetro d'orologio. La superficie libera della colonna di parenchima che ha generato il polline, forma la parete interna. Un solco longitudinale, che corre dalla base fin quasi al vertice della calotta, la scinde, a un di presso, in due metà o valve, delle quali l'interna è appena un po’ più ampia. Ciascuna valva chiude all'esterno una loggia. In corrispondenza del solco, non si differenziano cellule fibrose ed i margini contigui delle due valve sono saldati alla colonna interna di parenchima. I grani, assai numerosi, di polline s'annidano quindi in 4 cavità, a sezione semilunare. Nell'antera vicinissima a matu- ranza, la calotta bivalve, per l'elasticità delle sue cellule fibrose , si fa più convessa e maggiormente si solleva lungo il soleo longi- 32 S: CALLONI, tudinale. Cosi, il labbro interno di ciascuna valva si stacca dal parenchima sottostante e vi lascia una ‘cicatrice (£..21, c) visibi- lissima anche dopo la caduta del polline. I margini contigui delle 2 valve restano tuttora riuniti da poche cellule semplici , frapposte alle fibrose e ricoperte, all'esterno, dall' epidermide. Le due loggie allora diventano comunicanti, simulando una sola loggia, subuni- loculares , come ben dice HookER ('). A questo punto, l antera è biloculare ed in deiscenza imminente. L'antera descritta sembra, di primo acchito, duplice, gemella, si che Hoo€ER (*) diceva: « Anthere globose didyme, loculis dorso distinctis ; facie superna connectivo nullo » (?). In realtà, non si tratta che di una sola antera, di cui l'aspetto caratteristico è ma- scherato dallo spostamento delle loggie, per sviluppo esagerato di connettivo. L'antera dell'AcAys è semplice e va ricondotta al tipo ‘delle antere a scatto, proprie delle Berberidacee tipiche, come Ber- beris, Epimedium , Leontice, dove le loggie sono quasi contigue e le coppie di valve separate appena da una lamina esile di connettivo. La valva interna dell'antera di Achlys corrisponde alla valva scat- tante nei Berberis ; la seconda a quella che, nella deiscenza, rimane, di regola, saldata al connettivo. D'altronde, si osservano, talvolta, nell Achlys, antere, con sì moderato sviluppo di connettivo, da ri. cordare le normali de’ Berberis (f. 15). La deiscenza dell’antera presenta due momenti caratteristici: la separazione e lo spostarsi delle valve. Maturo il polline abbondante, le valve di ciascuna mezz'antera, sospinte dalla massa pollinica tur- . gescente e dall’ elasticità, che loro deriva dalle cellule fibrose, vin- cono la resistenza, delle poche cellule semplici, che ancora tengono. unite le loro labbra interne. Queste si staccano, procedendo dal basso : all'alto e spostandosi sui lati (f. 18). Nello stesso tempo, le labbra ————inm (!) Hooxzm, l. c, Ibid. (©) Tbid, GENERE ACHLYS NELLE BERBERIDACEE 33 laterali esterne si disgiungono dal connettivo, sempre dal basso al- l'alto. La valva esterna, meglio elastica per cellule fibrose più robuste, si stacca dal connettivo su tutta quanta la linea d’ inserzione (fig. 19) gira verso l'interno del fiore (transversim) e in pari tempo, verso l'alto (a basi sursum) ('), descrivendo un arco di 90° (fig. 20, 21). Il movimento verticale è ben più accentuato, sicchè la direzione ri- sultante s' avvicina alla verticale e la valva si drizza sopra il con- nettivo. La valva esterna si stacca dal connettivo, solo di '/, od al più, della '/, di sua lunghezza, quindi descrive un mezzo giro allo interno: la sua porzione libera s'eleva un po’ in alto, spostandosi lateralmente (f. 22). Tale è lo spostamento delle valve, ch’ esse si dispongono nel piano di simmetria dello stame. Così tutta la super- ficie interna della loggia è messa a nudo e la caduta del polline, pur favorita dall'urto conseguente al moto delle antere, è totale, ad utile evidente delle nozze incrociate per il vento. L'antera dell'AcAlys s'apre dunque per 4 valve, poichè ciascuna loggia è deiscente per due valve distinte. Da questo lato, l Achlys si scosta dalla maggioranza delle Berberidacee, dove l'antera s'apre per il sollevarsi di 2 sole valve dorsali mediane, le laterali restando costantemente saldate al connettivo. L'AcAlys s'approssimerebbe meglio a certe Berberis dell America equatoriale, dalle antere qua- drivalvi, nelle quali, peró, le valve laterali non solo girano dallo esterno all'interno, ma si sollevano dal basso all'alto, descrivendo un angolo di 45° od anche di 90°. L'antera dell’ Achlys sarebbe quindi intermedia, nella maniera di deiscenza, all'antera bivalve della maggioranza de’ Berberis ed a quella quadrivalve, ad esempio della Berberis quindinensis dell'America tropicale. Le antere quadrivalvi disgiungono l’ Achlys da gruppi che gli sono, per altra impronta affini, come Jeffersonia, Diphylleia, CaulophyUum tutti con antera a- prentesi per 2 valve. Emerge da quanto esposi, come l'evoluzione della foglia affratelli nie C) Hookza, Z. c. 3. Malpighia, anno II, vol. IL 34 S. CALLONI, GENERE ACHLYS NELLE BERBERIDACEE l'Achlys al genere Jeffersonia , mentre l’ articolazione del giovane peziolo e l'antera quadrivalve lo avvicinano ai Berberis. Da questi generi, l’Ach/ys grandemente si scosta, per altre importanti pecu- liarità. Esso si stacca da tutti gli altri generi della famiglia, per il perigonio rudimentale. Queste complesse affinità e divergenze sa- lienti avvalorano, sempre più, l'ipotesi, già suggerita dalla distri- buzione delle due specie del genere, dal peziolo articolato nell’evolu- zione della foglia, dal perigonio rudimentale, che l'AcA/ys rappre- senti un ramo il quale evolse precocemente dal cespite archetipo E dalla famiglia delle Berberidacee e fu, un tempo, più ricco di forme delle quali due soltanto videro l'epoca l' attuale. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE VIII e IX. . Scaglia esterna della gemma. Gemma aperta, per mostrare le giovani foglie f; sc scaglia interna. . Giovani foglie sull’ asse spogliato dalle scaglie. Scaglina di gemma giovanissima. E Primo rudimento di foglia sul cormo. 4 Altro rudimento di foglia, a sviluppo più avanzato. Prime intumescenze alla superficie interna della foglia rudimentale. Differenziamento della stipola e del lembo. 3 a wo. dA > > » >» più avanzato. 10. Giovane foglia crassa, con stipola s e lembo trilobato / e V’. 11. Foglia più adulta, con lobi laterali coprenti parte del lobo apicale. ; 12. Giovane foglia, con stipole, peziolo e lembo; a, linea d'articolazione; f, rudimenti di nervatura. 13. Porzione basilare, ingrandita, del fiore, veduta dì profilo; p perigonio; sf, stami; 0, ovario 14. » veduta per di sotto. 15. Stame veduto dall’ esterno. » » dal lato dell’ ovario. a largo connettivo. Ep 18, 19, 20, 21. Antere ingrandite, nei diversi momenti di deiscenza. ENRICO ANTONIO DE BARY 35 | Enrico Antonio De Bary Il giorno 19 gennaio 1888 dopo dolorosa e lunga malattia, mo- riva a Strasburgo Antonio Enrico De Bary Professore e Direttore del Laboratorio Botanico (!), nato a Francoforte nel 1831 addi 26 gennaio. Con lui si è spenta una delle più ammirate esistenze di scien- ziato, una delle più forti tempre d'uomo, una delle glorie della Germania moderna. L’ originalità delle vedute, la coscienza e l’ acume delle fortunate osservazioni, la profonda versatilità dell’ ingegno, la fecondità del lavoro, destarono l’ ammirazione universale, e valsero a procurargli quell’ aureola di giusta stima e di profonda ammirazione da cui fu circondata la sua esistenza. La gentilezza e l'affabilità nei modi, l' ingenuità di un animo Veramente grande, capace di sentire altamente la sua missione, chiamarono attorno a lui d' ogni parte del mondo una schiera di giovani volonterosi, che oggi riconoscenti e sconsolati piangono amaramente la perdita irreparabile del maestro e dell’ amico ; pe- rocché nel calmo ambiente del Laboratorio l’ Autore di tante opere applaudite era per loro padre amorevole, amico affettuoso e provato. Il fascino che egli esercitava, sorgeva naturale in chiunque aveva campo di conoscerlo intimamente; di carattere uguale con m () A. E. De Banr laureato in medicina, abilitato come Privato docente di Bo- tanica in Tübingen nel 1853 veniva nominato Professore straordinario nell’ Uni- Versià di Freiburg in B. nel 1854 e Professore ordinario nella stessa Università nel 1859, Nella stessa qualità insegnava quindi in Halle (1867) e in Strasburgo (1872). 36 ENRICO ANTONIO DE BARY tutti; amorevole e paziente educatore, sapeva parlare al cuore ed alla mente, sapeva infondere, senza artifizi, la fede e l' entusiasmo nella scienza. L'ansia dolorosa con cui furono seguite le fasi della sua lunga e terribile malattia e le lagrime sincere che l'hanno accompagnato nel sepolcro, attestano tutto quanto l'amore e l affezione che egli seppe meritarsi. Lo spazio e l'indole di questo ricordo non ci permettono di occuparci delle sue opere, note a tutti i botanici. I volumi sulla Morfologia, Biologia e Fisiologia dei Funghi, il Trattato d'ana- tomia comparata degli organi vegetativi delle Fanerogame, l'enorme numero degli scritti di carattere. vario comparsi nella Botanische Zeitung di cui era da 20 anni direttore, le fortunate ricerche sul pleomorfismo dei Funghi, sui Bacterii, sui Mixomdiceti, sulle Alghe, sulle Felci; la teoria algofungina dei Licheni, i lavori sulla Simbiosi, sulla sessualità dei Funghi, le raccolte, le lezioni ecc. ecc. l' ordinamento del nuovo laboratorio bolanico di Strasburgo (che conta fra i primarii del mondo) le conoscenze linguistiche e lette- rarie, le illustrazioni infine che uscirono dalla sua scuola stanno e staranno a monumento imperituro del suo colossale sapere. L'influenza esercitata dal De Bary nella Scienza è stata quella di un sommo ingegno, e come tale rimarrà impressa nella storia. A lui infatti ed ai suoi seguaci, dobbiamo l’ odierno risveglio degli studi anatomobiologici che hanno elevato la botanica, che prima languiva nel convenzionalismo sistematico, a rango di scienza vera. A lui dobbiamo la nobile febbre delle intime ricerche organo- genetiche che domina oggigiorno, la morfologia vegetale ritornata ai sani principii malpighiani. A lui dobbiamo infine, se allo sterile studio degli effetti si è sostituito anche in botanica il fecondo studio delle cause e delle relazioni direttrici che legano lo sviluppo e Ja vita dei vegetali. Il metodo sperimentale, quale fu introdotto nelle sue ricerche dal Professore De Bary, non ebbe influenza passeggiera, ma diede e RASSEGNE 31 darà certo splendidi risultati , perché basato sopra solidi principii aspira senza curarsi di teorie preconcette e teleologiche all' intima ragione dei fatti e non si appaga della conoscenza sola delle forme; studia il modo con cui si sviluppano gli esseri, ritraendone ammae- stramenti sicuri, capaci di condurre a vere scoperte alle quali certo non avremmo mai potuto aspirare seguendo lo studio sistematico ordinato cogli antichi criteri. Il 20 ottobre 1880, numerosissima schiera dei suoi allievi con- venuti d'ogni parte del mondo celebrava a Strasburgo il 25° anni- versario della sua nomina a Professore; nessuno di noi certamente pensava allora che sette anni dopo nella pienezza delle forze, nel vigore della intelligenza ci avrebbe abbandonati in così triste e dolorosa maniera ! À noi che abbiamo avuto l'onore di conoscerlo intimamente e di ammirare i pregi della delicata anima sua, ci sia concesso questo sfogo del cuore, come un vale supremo alla sua venerata memoria, come un mesto segno di riconoscente affetto, di profonda stima e di immenso dolore, a cui siamo certi parteciperanno tutti i bota- nici italiani, Dott. ORESTE MATTIROLO Prof. RomuaLDo PIROTTA. Rassegne M. Reess und C, Fisch.: Untersuchungen über Bau und Lebesge- schichte der Hirschtriffel (Elaphomyces). — Bibliotheca Botanica, fasc. 7, Cassel 1887, 4.° 24 pp. ed una tavola cromolitografata. Le nostre cognizioni circa la vita e lo sviluppo delle Tuberacee sono tuttora così incomplete, che dobbiamo dare il benvenuto ad ogni lavoro che contribuisca ad illustrare meglio la storia di questi interessanti miceti. I sigg. Reess e Frscm nel 38 RASSEGNE presente lavoro espongono i risultati delle loro diligenti ricerche intorno al modo di svilupparsi d'alcune specie di Elaphomyces (E. granulatus ed E. variegatus ) , ricerche che furono iniziate e continuate già da parecchi anni. Il micelio delle dette specie d’ Elaphomyces si riscontra sulle radici dei Pini (Pinus sylvestris), rivestendole d'un indumento continuo, ma non molto compatto, di colore bian- castro - giallognolo: anche nel terreno, fra le radici infette, spesse volte si trovano dei cordoni e dei fili formati dal micelio degli Elaphomyces. Le sue ife penetrano nei tessuti delle radici soltanto fin dove si estende il parenchima corticale; rare volte anche più in là dell'endodermide; ed allora la vita della radice resta assai conpromessa, mentre nell’ altro caso, quando il micelio è limitato alla cor- teccia della radice, il fungo non sembra esercitare un’ influenza molto nociva. Dagli interstizj cellulari le ife penetrano anche, per mezzo di succhiatoj o austorj, nell’ interno delle cellule parenchimatiche, e vi si ramificano ; e spesse volte anche al semplice contatto con un'ifa, le membrane cellulari subiscono un’ ipertrofia locale, che si manifesta nella genesi di piccole protuberanze o nodetti i quali si stendono verso l'interno della cellula e possono facilmente essere scam- biati con veri succiatoj. Esternamente la presenza del parassita si conosce anche, oltre che all’ indu- mento micelico sopra detto, alla ramificazione anormale, singolare delle radici infette. Esse prendono, per lo sviluppo di numerose radicelle avventizie, brevis- sime e tozze, un aspetto coralloide affatto analogo a quello conosciuto per le | radici delle Cupulifere invase dalla Mycorhiza. Specialmente dove dal micelio nasce un corpo fruttifero, le ramificazioni delle radici si fanno più fitte, più fre- quenti; ed intrecciandosi fra di loro formano una specie d'involucro proprio, assai caratteristico, tutto attorno ai giovani frutti del fungo. Questi si sviluppano per lo più riuniti in numero piuttosto considerevole, aggruppati a veri « nidi» come li chiamano gli Autori; ed è facile trovare radunati nello stesso gruppo dei frutti nei più svariati stadi di sviluppo. Lo svolgimento dei frutti è stato studiato estesamente dagli autori, ed offre non pochi dati importanti. Benché i primissimi stadj della loro formazione non siano stati rintracciati, sembra certo che i concettacoli fruttiferi degli Elapho- myces si generino come semplici produzioni del micelio, senza che si formino in precedenza degli organi sessuali differenziati. Si vedono semplicemente le ife intrecciarsi e ramificarsi da formare dapprima un piccolo globetto, presso a poco del diametro di 0, 25 mm., nel quale poi si differenzia una corteccia esterna, giallastra, più densa (il peridio) ed un tessuto centrale (la gleba), di colore rossastro-violetto. Crescendo il concettacolo, nella corteccia pure si distingono due strati, uno più esterno, giallastro, ed uno interno, bianco. Coll'avanzare della maturazione dallo strato esterno della corteccia si innalzano dalle verruche più o meno convesse, A RASSEGNE 39 irregolari, che nell’ E. granulatus restano molli, composte di tessuti teneri, men- tre nell’ Elaph. variegatus acquistano consistenza dura, quasi legnosa, per la preferenza in esse di numerose serie di cellule selerotizzate. Intanto, ingranden- dosi sempre più il frutto, il tessuto centrale, la gleba, non segue di pari passo tale accrescimento: il suo tessuto si fa sempre più rado, con numerose e grandi lacune fra i singoli fiocchi micelici, fino a che al posto dove prima era la gleba, vediamò appena una specie di capillizio, formato appunto dai residui del tessuto centrale. È soltanto allora che viene manifesta la formazione di ife ascogene: e queste nascono (ciò che finora non era conosciuto, o era stato mal inteso) dallo strato interno del peridio. Le ife ascogene sono riunite in cordoni, che presto, acere- scendosi, si ramificano, e finiscono per riempire con un pseudo -tessuto tutta la cavità interna del frutto. All'estremità dei « cordoni ascogeni », uniti in gruppi irregolari, nascono gli aschi, terminali o laterali sulle singoli ife, ed hanno forma pressocchè sferica. Gli autori descrivono poi con molti dettagli lo svolgi- mento e la struttura delle ascospore; però non hanno potuto studiarne i primi stadj , cioè le prime divisioni del nucleo originale negli aschi. Tutti i tentativi di far germogliare le spore, riuscirono infruttosi, per quanto gli Autori abbiano adoperati i più varj mezzi all’ uopo; e qui dunque resta an- cora da riempirsi una lacuna vasta nelle nostre cognizioni: gli autori non credono all'interpretazione, data da alcuni micologi, che cioè le spore delle tuberacee ab- biano perduto definitivamente per ragioni biologiche, la facoltà di germogliare, e credono che pure si possa riuscire una volta o l'altra ad ottenerne lo sviluppo. In ultimo accennano pure alla quistione, sollevata negli ultimi anni, della simbiosi fra i fanghi radicicoli e gli alberi da cui sono ospitati. Non dànno un giudizio ben deciso in proposito, pensando che finora le nostre cognizioni non permettono di formularlo: ma insistono però sul fatto che, il micelio degli Elaphomyces studiati, non è guari indispensabile per la nutrizione e per lo sviluppo del pino. O. PENZIG F. A. F. C. Went: Les premiers états des vacuoles — Archives Né- erlandaises des Sciences exactes et naturelles — Tome XXI p. 283. Gli studi del WENT sui primi stadi dei vacuoli si rannodano a quelli intra- Presi sulle pareti dei medesimi dal De-VRIES e che videro la luce or sono due anni sotto il titolo: Plasmolytische Studien über die Wand der Vacuolen (PRING- SHEIM's Jahrbücher, Bd. XVl). Anzi la relazione tra questi due lavori è tale, da 40 RASSEGNE riuscire cosa impossibile il parlare dell’ uno senza tener conto dell’ altro. Le 08- servazioni del Wzwr, più che altro, sono infatti una continuazione di quelle compiute dal Dg-Vnrgs, si basano quindi sulla scoperta fatta da quest’ ultimo di una parete propria a tutti i vacuoli. Per I addietro si ebbe dei vacuoli una idea molto semplice e che perchè tali appunto fu ritenuta generalmente per vera. Negli individui giovani il plotoplasma riempie completamente la cellula, ma durante l accrescimento cominciano a mostrarsi delle goccioline di liquido cellu- lare, che possono in seguito raccogliersi e fondersi tra loro, costituendo ciascuna di esse ciò che fu chiamato un vacuolo. Una opinione così semplice regnò fino a questi ultimi anni. Fu è vero da parecchio tempo constatata in alcuni casi la presenza di una parete intorno ai vacuoli, anzi HANSTEIN ne sostenne la necessità, però a questo fatto non si diede mai un significato di generalità, nè fu ad esso attribuita grande importanza. La scoperta adunque di una parete che limita co- - stantemente tutti i vacuoli e che deve essere ritenuta per le sue funzioni un organo speciale del protoplasma spetta indubitatamente al DE-Vnrzs, I mezzi, con i quali si puó giungere alla visione di queste pareti, sono molteplici, ma tutti peró si basano sopra un solo principio: nella maggiore tenacità di vita e resistenza che posseggono le pareti tra i rimanenti organi del protoplasta, cosicchè in vari modi si puó giungere ad uccidere i secondi, lasciando ancor vive le prime. Se sì pongono dei tagli, fatti in giovani tessuti , in una soluzione contenente una piccola quantità di sostanza venefica, se si riscalda il preparato lentamente fino all’ mentre il protoplasma si scioglie, esse persistono con una rlabilità. Un altro metodo adoperato dal DE apparenza di inva- -VRIEs e che dette migliori risultati, fu quello della plasmolisi ottenuto per mezzo di varie soluzioni saline, tra le quali quella di nitrato potassio in proporzione del dieci per cento, Aggiungendo al liquido della sostanza colorante, come p. e. della eosina, si riesce a disciogliere e a colorare il protoplasma, lasciando intatte e libere le pareti dei vacuoli, le quali possono conservare per molto tempo le loro facoltà vitali. La funzione di questi organi starebbe principalmente in ciò, che essi costituiscono intorno al contenuto cellulare una parete interna senza comunicazione , imper- meabile per le materie in esso disciolte, e che permetterebbe quindi anche l’accu- mulamento di quelle sostanze, che senza una parete sarebbero dannose alla vita del protoplasma. La produzione quindi e l’ aceumulamento delle sostanze osmo- tiche dei contenuti cellulari non sarebbero altro che funzioni di questi organi. Partendo da questo concetto, come lo ScHIMPER usó la voce amiloplasti e il MEYER la voce trofoplasti, il DE-Vnrxs dà alle pareti dei vacuoli il nome di to- estremo limite della vita, le pareti dei vacuoli si mostrano tosto, poichè | init a t—wET T biz TE oun ALS NINT S RASSEGNE 41 noplasti, derivante dalla voce rovos, turgore, cioè a dire: organi produttori del turgore. Sulle funzioni e sulle proprietà dei tonoplasti il De-Vrres compì lunghi studi che qui riesce impossibile il riassumere anche brevemente. Basterà soltanto accennare alla intima analogia che esisterebbe tra le pareti del protoplasma e i tonoplasti, cosicchè fenomeni di contrazione in presenza di un forte mezzo disidratante, di elasticità, di resistenza agli agenti nocivi, grado di permeabi- lità per varie sostanze e molti altri speciali modi di comportamento sareb- bero comuni ad ambedue questi organi. Perciò che riguarda la loro funzione l analogia è ancora più manifesta. Ambedue infatti sono impermeabili o quasi, come sopra si è detto, per determinate sostanze sciolte, e per ciò proteggono le parti del plotoplasta, con le quali son in contatto, dagli agenti nocivi in modo molto efficace; ambedue segregano con la loro libera superficie determinate ma- terie, che, o possono essere depositate allo stato solido, come la cellulosa, o pos- sono essere libere allo stato liquido, come per esempio gli acidi organici accumulati nel succo cellulare. Da ultimo ambedue possono funzionare in determinati casi come organi autonomi di movimento. » Gettate cosi dal De -Vntrs le basi di questo importantissimo ‘studio, il WENT ne ripete le osservazioni, le estende maggiormente e completa l' argomento. Egli sì fa a studiare principalmente la origine dei tonoplasti, il loro modo di molti- plicazione nella cellula, le sostanze principali disciolte nel loro contenuto, e sotto tutti questi rapporti dà delle cognizioni del tutto nuove e interessanti, modifi- cando ancora delle vecchie opinioni che si avevano pei vacuoli come p. e. quella della loro spontanea formazione. Tutte le cellule contengono dei vacuoli, essi provengono sempre dalla divisione di vacuoli preesistenti, e si moltiplicano in questa guisa, trasmettendosi dalla cellula madre alla cellula figlia: ecco alcuni tra i più importanti risultati ottenuti dal Wenr. Perciò che riguarda la presenza dei vaeuoli in tutte le cellule dei vegetali, egli rivolse. principalmente la sua attenzione su i meristemi di numerose specie; e mediante l' uso di una soluzione di zucchero in proporzione del 3 o del 5 per cento, poichè nell’ acqua semplice il contenuto della cellula à disorganizzato, ne giunse a constatare quasi sempre È esistenza, per il che , tenendo conto delle molte difficoltà di osservazione che sì incontrano specialmente allorchè il plotoplasma è troppo refrangente o troppo granuloso, il W NT crede di poter dare a un tal fatto il carattere della generalità. Le stesse osservazioni estese anche alle crittogame vascolari e a molte specie di funghi, dettero consimili risultati. I fenomeni di divisione e di fusione dei vacuoli, che possono alternamente succedersi a brevi intervalli nella medesima cellula, furono anche constatati e dimostrati dal WENT mediante numerose osser- 42 RASSEGNE vazioni. I miceli si „prestano molto bene a questo scopo , poichè in essi si può osservare direttamente la cellula isolata, mantenendo il fungo nelle normali condizioni della sua esistenza. Seguendo adunque per parecchio tempo il compor- tamento dei vacuoli nell'interno di una cellula, sì scorgono questi due fatti; che da un lato un vacuolo primitivo può per divisione generarne dei nuovi, e che dall’ altro più vacuoli esistenti nella cellula possono fondersi tra loro in uno solo. Nei granuli di polline, negli embrioni e nei meristemi di più specie, che sarebbe troppo lungo il menzionare, si riscontrano gli stessi fenomeni. Da ultimo avendo l' Autore trovato, mediante qualche osservazione nelle cellule del Cladosporium herbarum e dela Cucurbita Pepo una relazione tra la formazione di nuovi vacuoli per segmentazione dei preesistenti e la divi- sione della cellula, egli è indotto a pensare non essere cosa inverosimile l’ am- mettere come regola generale, che la divisione della cellula è preceduta dalla divisione del vacuolo, o che almeno i due fenomeni hanno luogo contempora- neamente. Partendo da questi concetti, rimane necessariamente esclusa l'ipotesi di una spontanea generazione dei vacuoli in seno al protoplasma, ed il WENT combatte per l appunto quei fatti, che sembrerebbero confortare una tale ipotesi. Egli dimostra con osservazioni, che non possono qui essere esposte, che in tutti i casi, nei quali si crede scorgere una formazione spontanea dei vacuoli, non si ha a fare che con tonoplasti già esistenti, i quali spesso si celano tra le granu- lazioni del protoplasma e che in presenza dell'acqua si rigonfiano e si rendono in tal modo manifesti quasi improvvisamente, lasciando cosi credere alla loro spontanea formazione. Un solo caso farebbe eccezione, e questo si mostrerebbe allorquando dei nuclei o dei eromatofori sono posti in contatto con l' acqua. Il fatto constatato da molti e autorevoli osservatori è dal WENT spiegato in modo, che io credo pienamente plausibile. Egli infatti sostiene a ragione che mediante l’azione dell’acqua su questi organi del protoplasma, non tarda a sopraggiungere in essi un cambiamento dapprima e in seguito una disorganizza- zione, per il che i supposti vacuoli, che si formano in tali condizioni, non possono aver nulla di comune con i vacuoli normali che si trovano nella cellula e che hanno speciali funzioni da compiere. : Con rincrescimento non posso neanche dilungarmi sull'ultima parte, che riguarda la presenza di più vacuoli in una stessa cellula, e dove l Autore espone dei fatti del massimo interesse per la fisiologia vegetale. Contro l'opi- nione generalmente invalsa egli trova che nella cellula oltre un grande vacuolo, ne esistono quasi sempre degli altri minori, il contenuto dei quali può essere differente. Così nelle cellule epidermiche della Camellia japonica si trova Un Ti n ir RASSEGNE 43 vacuolo di grandi dimensioni, accompagnato da altri minori ; applicando degli opportuni reagenti si riesce a scoprire come il vacuolo maggiore contenga tan- nino, mentre gli altri ne sono affatto privi. Partendo da questi e da altri fatti il WzwT emette l'ipotesi che le vescicole tanniche non siano altra cosa che dei vacuoli. Nelle cellule dei petali o degli stami di più fiori la differenza di contenuto t dei diversi vacuoli è anche manifesta, poichè mentre alcuni di essi possono essere incolori, altri invece possono presentare un’ accumulazione tale di ma- teria colorante, che questa spesso si isola in gruppi di cristalli. Ora da tutti questi fatti si trae una deduzione atta a portare nuova luce sulla funzione dei tonoplasti. La presenza di vacuoli a diverso contenuto in una stessa cellula non può essere spiegata con l'ipotesi di una diversa composizione chimica delle varie parti del protoplasma, poichè, oltre all’ essere questa una idea molto inverosimile la diffusione dei vacuoli, anche se aventi lo stesso contenuto, in tutta la massa protoplasmatica, dimostra chiaramente essere un tale concetto insostenibile. Lo accumulamento adunque di sostanze differenti nei diversi vacuoli non può essere altro che un prodotto di speciali funzioni dei varî tonoplasti, e ciò viene a confermare precisamente le idee del De -Vrres su tale argomento, che io ho esposto brevemente nel principio di questa rivista. Gli studi adunque del De -Vrres e del WENT hanno aperto un nuovo campo alla investigazione ed hanno certamente recato una contribuzione non indifferente alla difficile conoscenza delle varie parti costituenti la cellula e delle laro funzioni. C. Acqua. Schenk: Fossile Pflanzen aus der Albourshette, gesammelt von F. Trerze. (Bibliotheca Botanica, fasc. 6, Cassel 1887, 4° 12 pp., con 9 tav. lit.). La maggior parte dei vegetali fossili qui descritti ed illustrati fu raccolta dal sig. Terze nella Persia settentrionale, e specialmente nelle vicinanze di Hif, di Tasch (fra Schachrud ed Asterabad) e sul monte Siodsher; altro materiale delle stesse località ebbe l'Autore da Ponte e da GOEBEL. I resti vegetali non sono molto ben conservati, ma abbastanza completi per concederne la classificazione scientifica; giacciono in un’ arenaria verdastra o rossastra, mista con schisti argillacei e con istrati carboniferi, appartenenti alla formazione liasica, e più propriamente al- l'epoca distinta col nome di « retica ». L'Autore ha potuto riconoscere ventotto Specie distinte, di cui quattro (Pecopteris persica, Adiantum Tietzei, Pterophyl- lum Tietzei, e Dioonites affinis) sono nuove: tutte appartengono o alle Critto- me NOTIZIE game vascolari, o al gruppo delle Gimnosperme, con prevalenza delle Cicadee. Furono trovate undici Cicadee, otto Felci, sei Conifere e due Equisetacee; per cui pare che quella Flora (come generalmente si vede nelle Flore giurassiche) abbia avuto un carattere tropicale. È pure degno di nota che molte delle specie ri- scontrate nella Persia si sono potute identificare con altre, ritrovate in analoghi strati della Franconia bavarese, di Scandinavia e del Tonchino; sicchè sole sette specie sembrano proprie alla stazione persiana. Le nove tavole aggiunte al la- voro illustrano con nitidezza le specie descritte nel testo. O. PENZIG. Notizie Addenda ad Floram italicam. Picea alpestris Brigg. Secondo B. SrEIN (Gartenflora, 1887, p. 346) la Picea alpestris Brügg , distinta dalla P. ezcelsa DC e nota anche agli abitanti con nome speciale, si riscontra molto diffusa nelle Alpi svizzere tra i 1300 ed i 1950 m.s. m. e non manca alle regioni italiane, trovandosi nel versante meridionale dei Grigioni, nel Trentino, sul lago di Como etc. Is. P. x Due nuove Iris italiane X Gennaria diphylla Parl. Questa interessante Orchidea, propria della parte occidentale del bacino del Mediterraneo e che si spinge fino a Madera ed alle Canarie, non era stata indi- cata per l' Italia, che nell’ isola della Maddalena, dove la raccoglieva da tempo il Mons, formando questa località il punto più orientale di distribuzione della specie. Piü tardi veniva raccolta nell' isola di Caprera e recentissimamente dal NOTIZIE 45 ReveRcHON in Sardegna a S. Teresa nel circondario di Tempio (BaRBEY, Fl. sard, comp. p. 58 e Rouy, Boll. soc. bot. Fr. XXXIV, 1887, p. 287). . RE X Digitaria paspaloides Duby. Questa graminacea rizomatosa, originaria della Carolina e della Virginia, fu introdotta in Europa col mezzo dei bastimenti mercantili. Osservata nei dintorni di Bordeaux fin dal 1824 vi si acclimatizzò cosi bene, che a poco a poco si dif- fuse in una vasta regione. Oggidi essa trovasi in tutte le zone marittime del sud-ovest della Francia, nella valle della Garonna e del Lot; fu trovata anche nel dipartimento delle Deux-Sévres e in quello dell’ Hérault, e passati i Pirenei s' avanzò nella Gallizia al nord della Spagna (J. Lamia, Journ. hist. nat. Bordeaux, Séance 30 avr. 1885 — WicLKomm et Laner, Fl. Hisp. I. p. 45 — Nyman, Cosp. FI. europ. p. 788 ). Nessuno però ha mai indicato finora, ch'io sappia, questa pianta, come acclimatizzata in Italia. Essa però vi vive e prospera già da parecchi anni. Primo a raccoglierle fu il Prof. CHIAPPORI verso il 1870 nelle fosse delle mura fuori porta Pila a Genova, e dopo di lui il CANNEVA le raccolse sempre e ne potè seguire il rapido diffondersi. Infatti qualche anno fa la vide nel letto del Bisagno vicino alle località indicate, poi lungo la strada di porta Pila al torrente Sturla, qua e là a macchie. Quest’ anno poi le raccolse nel torrente in altri due Punti. Nei fossi delle mura è ora diventata pianta quasi esclusiva. Vegeta rigogliosa nei luoghi umidi e nei fossati, adatta anche ai secchi, ri- ducendosi assai di dimensioni e non sollevandosi quasi da terra. Non corre dubbio, che anche a Genova sia stata importata dei bastimenti mercantili. R. PIROTTA. X La Wolfia arhiza Wimm, indicata finora per la Toscana, per il Napoletano e dubbiamente anche per la Corsica, veniva da me recentemente raccolta a Ca- tania nelle pozze d’acqua degli orti in vicinanza della città e nelle vasche del R. Orto Botanico. Borzi. X Alghe nuove per l'Italia : PUR Phoeothamnion confervicolum Lagerh. — Questa interessante piantina, 8co- perta dal sig. G. LAaERHEIM nelle acque dolci di vari laghi della Svezia e No- Vergia, cresce. copiosa nelle paludi di Ortora presso Messina (leg. febr. 1881 e 1887 ). Chlorotylium cataractarum Ktz. Specie comune in tutta l| Europa centrale, frovasi ad Alì presso Messina (leg. aug. 1883). Aphanochaete confervicola Rabh. Nota per la Svizzera ( Rabh.); Vaucheria nella palude di Ortora vicino Messina (leg. jan. 1888). vegeta sulle Bonzi. 46 PICCOLA CRONACA Piccola Cronaca — Ad onorare la memoria di A. W. ErcHLER, morto lo scorso anno in Berlino, si è costituito un comitato allo scopo di raccogliere i necessari fondi per il col- locamento di un busto dell'illustre defunto nelle sale del museo botanico di quella città. Il Dottor Opoarpo Beccari e il Prof. T. CanuEL- facenti parte di detto Comitato, sono incaricati a raccogliere le oblazioni per l’Italia. — Apprendiamo con vivo rammarico che il nostro amico Dott. O. BECCARI si è deciso a sospendere i suoi studi e ogni relazione botanica. Noi non vogliamo indagare i motivi che hanno indotto l' egregio Uomo a questa spiacevole risolu- zione. Segnaliamo il fatto come assai doloroso per la Scienza e per la Botanica italiana della quale egli tanto onorevolmente ha saputo coi suoi studi e con la sua straordinaria operosità tenere alto il prestigio. Notiamo ca con piacere le dimostrazioni di stima delle quali il D.” BeccarI è stato segno in qu occasione da parte di molti botanici stranieri, specialmente dell Inghilterra tanto che gli amministratori del fondo BEeNTHAM (Sir J. HookeR, Prof. OLIVER, Pro- fessore W. Dyer) gli elargivano la somma di L, 1000 a titolo d’ incoraggiamento morale per la continuazione dei suoi studi. A queste nobili manifestazioni di simpatia noi aggiungiamo le nostre e in nome dei botanici italiani amici e am- miratori del valente Uomo ci auguriamo che dall’ Istituto di Studi Superiori di Firenze, fortunato proprietario delle ricche e preziose collezioni riportate dal BeccARI dai suoi viaggi, ci venga una parola che ci rassicuri e che ci tolga la spiacevole impressione di questa cosi dolorosa risoluzion — L’ Académie des sciences Ta sua adunanza pia del 26 dicembre 1887 aggiudicava i seguenti premi 1) Premio DESMAZIERES: Ti fra il Prof. ArpIssonE per la sua « Phyco- logia mediterranea » e il sig. DaNGEARD per le sue due memorie « Recherches sur les organismes inférieus » e « Recherches sur la famille des Volvocinées ». 2) Premio MowrAGNE: al sig. BouDIER per 1l memorie sui Funghi. Premio BARBIER: ai sigg. HECKEL e SCHALGDENHAUFFEN per varie memorie di botanica medica — Il sig. iint intraprenderà nel corso di questo inverno un’ escursione botanica alle isole di Sandwich. Le piante raccolte saranno determinate dai si- gnori SERENO WarsoN ed EATON e messe in vendita al prezzo di 10 a 11 dollari la centuria. Le sottoscrizioni si ricevono presso il Dottor KEck in Aistersheim. — Il Signor Wanwsronr (Neu Ruppin, Germania) in collaborazione con variî afagnologhi ha “n. us od di una raccolta di Sfagni secchi europei, vendibili a L. 30 la — Siamo siii id i signori T. Durant e F. BENECKE, i quali, come annunziammo, ognuno per conto proprio, attendeva alla pubblicazione di un BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO 47 Index generum Phanerogamorum secondo i Genera di HOOKER e BENTHAM, si sono associati insieme per elaborare in comune il detto Index che verrà pubblicato dagli Editori Frat. Borntràger di Berlino. — È stato messo a concorso per titoli il posto di prof. ordinario di Botanica vacante nella R. Università di Sassari. Il termine utile per la presentazione delle domande chiudesi il 20 giugno corrente anno. — Si annunzia il progetto di costituzione di una Società italiana di micro- $copia per iniziativa di vari insegnanti delle Università siciliane. — Il signor D." H. Ross, assistente al R. Orto botanico di Palermo è stato incaricato dalla direzione del « Botanisches Centrallblatt » di eseguire le riviste elle pubblicazioni italiane riguardanti l'anatomia, la fisiolo dus e la morfologia vegetale. Egli prega quindi gli Autori di volere inviargli copia dei lavori, riguardanti questa materia, per poterne rendere conto nel suddetto periodico. — Si annunzia la morte di Asa Gray, Prof. a Cambridge (Stati Uniti d'Ame- rica del Nord), avvenuta verso gli ultimi di gennaio 1888. Bollettino Bibliografico Lavori Botanici Italiani Trattati, Atlanti, ecc. - Anatomia, Morfologia, Fisiologia, UT, fuite Sika del regno 5 ogotale, ed., Torino, 1887. ALBINI G. Sulla segregazione dei vegeta- LIEBLER S. * Cibi di Botanica, li. Rendic. Accad. Sc., Napoli, A. XXVI, Napoli, 1887. 1887, fasc. 5-6. Macisruzuas C. Elementi di Botanica ad — Sullo s du di materia e di forza 0 delle Scuole normali, tecniche za vegetali. Ibid. Ser. II, vol. 1, 1887. ott ; Roma, 1888. DeLpino F. Fiori doppi (flores pleni) ÜwBowr G. Manuale di Storia naturale em. Acc. Sc. Bologna, S ad uso dei Ginnasii e dei Licei, Parte I. t. VIII, 1887. : Botanica descrittiva, 7° ediz, Milano, Garpocci B. Dell'assorbimento dell’acqua euh nelle piante. Boll. Soc. Tosc. Ortic., XII = ld. id. Parte III, Struttura e funzioni 4. cede arme e degli animali, 72 ediz., Gucci P. Cenno intorno ad alcune ricer- Milan 1887. che sull rop eie globulus e sullo "s rimi elementi di Storia naturale e se n ue Atti Soc, iY 1887, di igiene pi le scuole tecniche e ma- verb., vo gistrali. ete 48 LicopoLi. G. ppm. i semi della Cobaea scandens. Cav. Rend. Acc. Sc. Napoli. A, XXVI, DUM finc. 5-6. MarcaccI A. Azione degli aeni "d piante, sulle fermentazion I alla luce e nella oscurità. Atti Da Tom Sc. natur. Pisa, Proc. verb. vol. 1887, p. 285. Morini F., Contribuzione alla Morfologia dei cirri della Vite. Nota preliminare. Bologna, 1887. coi fenoscopiche sulle piante pubblicate per cura del Ministero ài Agricoltura. Roma, 1887. Pica P. Sull’ inspessimento della parete ial cellule dieran dei piccioli fo- gli aleune Araliacee. Atti Soc. Pisa, vol. VII, 1887, PrgorTA R. Sul genere Keteleria di Car- riére. Boll. Soc. Tosc. Ortic., a. XII, 1887, p. 269. PiutTI A. Nuove ricerche sulla Aspara- gina. Gazz. chim. ital., XVII, 1887, n. 3. Tallofite. Barta J. B. Liste des champignons nou- vellement observés dans le departe ment des Alpes nie SIE. ) Bull. Soc. mycol. France. T. III, f. 2 BERLESE A. N. et A UÉRE C. Con: tributiones ad floram mycologicam lu- niania, Rev. mycol., IX, 1887 161 CASTRACANE Fr. Contribuzione ir Flora dia atomacea african na. Di e dell o- ontif. nuovi mine pi Sess. 20 marzo 1887. CELorTI L. Micet i del parco e dintorni della Seuola desio nale di Agricoltura di ——— Bodit 1887, c. tav DE Toni G. et Levi G. Schemata gene- rum Floridearum, pag. 27-30, tav. XIII. pater A; H, 1887. CO all'Algologia cato ab bid., p. 337. MarTtIROLO O. Histra di ie nuove specie di Tuberacee italia em. po. Se. vens Ser. I, t. XXXVII 1887, c. 2, BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO Morini F. Ricerche sopra una nuova Cada. Mem. Acc . Bologna. Ser. IV, t. VIII, Sess. 27 E T887, ALDA L. Intorno alle cosidette Muffe delle terme di Valdieri. Nota preventiva. Notarisia , A. II, 1887, 33. Vincenzi L. Sul Ila costituzione chimica del Bacillus mn Arch. Sc. med., vol. XI, 1887, p. 153. FE dada E, Briofite. BOTTINI A e uiri dell'Isola del Giglio. N. Giorn. bot. ita 887, p. 265. NopaAY (du) 0. Notice bryologique sur les environs de Nice. Rev. bot., t. VI, 1887, 2-64. Pteridofite. STAUB M. Kleine peo thologische Beitrige. Ber. deuts. botan. Gesellsch. à s 1887, p. 220 Fanerogame — Flore. ARCANGELI G. Alcune notizie eom la Flora italiana. Atti Soc. Tosc. Sc. natur. Proc. verb., v. V, 1887 wm 137. ArtzT A. Zur flora von Schiuderbach in Südtirol. Deut. botan. Monatschr. V, 1887, p. 98. BareLLI A. Seconda contribuzione alla Ma umbra. Perugia, jet : Beccari O. e esi e pa puane descritte ed aieia 7e sole). csv sia, vol. III, fase. III, 1887, c. 23 ui et GnEMLI. Genre Rosa. Revi- sion de groupe des orientales. ps 1887. CaLtoni S. Sulla flora culminicola di Pizzo di ta Ann. Club. alpino. ti- cin. 1886, p. 137. Bellinzona, 1887. — Naturalisation du Co je il com- L. prés Lugano. Arch. Sc. Phys. srr Genéve, III S., t. 18, [897, n. 8, a. pl. CarveL. F. Flora italiana, vol. VII, p. b (Rubiacee, Loniceracee, Valerianacee,. Dipsacee per E. pod Firenze 1887. CHopor R. Notice sur les Polygalacées et e doi Toa g’ Er eet rch. Sc. d'Orient Phys . Ge- néve, t. ‘18, "1887, n. 29. < BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO Freyn J. Meine dritte Tirol Fahrt. Oe- ster. pa Zeitschr., XXXVII, 1887, 389. KroxnFELTD M. Ueber die Morbmeiteng der Typha rei K. et S. Sit k. bot. Gesellsch. Wien, XXXVIL ar v ded. LenTICCHIA A. Alcune notizie scientifiche sulla Val Colla (Canton Ticino). Bel- linzona, 1887 MartELLI U. Le Dilleniacee malesi - papuane delle collezioni Beccari. J lesia, vol. III, fasc. III, 1887, p. 161, (fine). — Rivista critica delle specie e varietà ipo e del genere Statice. Firenze, MarrE: G. E. Di un raro tulipano esi- stente nelle vicinanze di Bologna. Bo- logna, 1887. Porta P. Stirpium a insulis Balearium anno 1885, collectarum pagg N. Giorn. bot. ital., XX 1 7, p. 276. STAPF O. Mm neue [Iris-Arten. Voriand. k. “tag . bot. Gesellsch. Wien, 1887, P- STROBL G. Flora des Etna. Oester. Zeitschr., XXXVII, 1887, p. 287, 320, 360, 395, 433. Wirra "x À. (von). Monographie e Gattung Hedaeranthus. Denschr. Akad. Wiss., os i II Abth, 1887, m. 1, Taf. Teratologia e Patologia vegetale. ÅRCANGELI G. Sopra alcune alterazioni osservate in una pianta di Ecballion elaterium Rich. Atti Soc. i DE nat., Pisa, Froc. Verb. V, 1887, p. 136. ia P. Sulla Wess dei grappo- li. Le america . VI, 1887. P. 213. Alba 1887. BerLESE A. N. Alcune idee sulla flora micologica car gelso. Boll. Soc. Ven. Trent. Sc. nat. Padova, t. IV, n. t 1887. CanevaRI A. Parassiti animali del fru- mento. I’ Italia Agricola, Milano, 1887. Cavara F, Sulla vera causa della ma- lattia sviluppatasi in alcuni vigneti di Ovada, Milano, 1887. Cain D. La dids ontro la Per Spora. Istruzioni e e Alba, 1887. 4 Malpighia, vol. II, anno II. 49 — Brevi cenni intorno ai caratteri delle principali malattie della vite, ete. Le Viti Americane. Alba, 1 887. — LANE DS sulla malati dei grappoli SANE Min. Agr., IX, 1887, Carron S. La Peronospora ed i suo medii nel dew Boll. Soc. Vitic. ital., IL, 1887, p. 542. CuBowI G. Ma dalla Vite isses da improvviso gig mento di t. Enol. REA oL — Le galle Plemeaziche ip foglie di vie abel a Ghiff: 1 Lago mag- giore. Ibid., 5l. LIA Poronospora dei grappoli. Ibid., p. 591, 614 Cusini G. Dei rimedii contro la Perono- spora viticola e della loro influenza sulla composizione dei d e dei vi- ni. Atti Congr. naz. bot. Crittog. Par- ma, fasc. I. pesa RENE Va- "di 1887, NI P. Contro la Paronospová pel 1887. Ravi vigo, 1887. FawaLES F. M. La malattia della PORA sulla Vite a Caltagirone. Agric. merid., 309. , » P Fnümaur T. L'acqua nei suoi rapporti coi o ica contro la Peronospora viticola. Rass. Vit. Enol. Con gliano, I, ‘1887, p. gn E. Malattia del enlcinb : causa & medii. Varese, 1887. NOS adt ga Peronospora. N. R Vitic. Enol. Conegliano, I, 1887, p. 277, Jarra G. e Savasrano L. L'Anomala Vitis. Studii. Bull. Nat. Napoli, I, ‘1887. Lars G. Applicazione dei sali di rame al preservamento delle viti contro la FUE Ln Atti Acc. Pontifi. N. Lin- cei. À vol. XL, Sessione del 20 marzo Marc®esi G. La Peronospora e mezzi pratici per combatterla. Milano, 1887. Massa C. Il black-rot Pena o la nuoya malattia delle viti. na, 1887. MATTEI E. ie usd o Nota, 1887. NDO . Il Millerandage o aborto degli acini. N. Rass. Vit. Enol. Cone- gliano, A. I, 1887, Mo. Bot. Garden, 1993 50 Picur P. La Peronospora umbelliferarum Dante sulle foglie della Vite. Atti Soc. Tosc. Sc. nat. Pisa, Proc. verb. V, 1887, p. 258. — Sulla fitoptosi della Vite. Ibid. p. 260. Prrorta R. Sulla malattia dei grappoli (Coniothyrium Diplodiella Sacc.). Le iti americane. A. VI, 1887, Alba. — Ancora sul Coniothyrium dei grap- poli. Ibid. Portacor E. Delle principali malattie della Vite e dei mezzi per combatter- le. Milano, 1887. — Di un fatto chimico, il quale dimo, stra, che il solfato di rame non dalle uve passare A vino, ete. Rendic- Ist. lo LA Lett. Ser. Il, vol. XX- ‘1887, p. 413. Savasrano L. Della cura della gommosi e carie degli agrumi. ja Com. Agr Napoli, vol. IV, 1887, V. — a Se VEN degli agrumi. Boll, Scc. r. Napoli, vol. KISS RTL i ns rimenti di inocu iir del bat- terio della tubercolosi dell'olivo. Ibid. CER La MPa. oria , Sup. [de vol. VI, fasc. "IV, 1887. SeLLetTI P. La fillosseronosi. Novara, 1887. Toanpr A. e Componi.E. Della Perono- spora. Schio, 1887. Tonini L. Nozioni intorno alla Perono- pee etc. deos VALLESE S. Seccume e iudi delle fo- glie della Vite. gue merid. X, 1887, p. 282. Paleontologia vegetale. BLEICHER et FrrcHE. Note sur la flore pliocéne de Monte COS Nancy, 1887. pe F. I tripoli marini della e gut Boll. Soc. geol. ital., vob V, CAVARA A da fossile di Mongardino du) Mie Acc. Sc. ente im Ser. IV, I, 1887; e 3, tav dili E. Il travertino di Fiano — Boll. Comit. geolog. A. 1887, n. 3-4. — Sopra alcuni fossili idis tro- vati ne! tufo grigio di Peperino presso Tubareelopis ipertrofia e tumori , Il, Mem Ann. Sc. BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO Roma. Boll. Soc. geolog. ital., vol. VI, 1887, fasc. 2. — La Vitis vinifera Larga nei dintorni EC" Roma. Ibid., fasc. 3. Lanzi M. * Diato ata Cava men Liner c La A cis fossili della via Flaminia sopra la tomba dei Nasoni. Ibid., A. XL, 3 ic. 18 ss. 9 d 6. Roma 1887. — Le Diatomee DEI = terreno bur. ternario di Rom . Istit. Botan Roma, III, 1, 1887, p. cao MarranI G. e PARONA n tag Fossili tor- toniani di Capo Mar n Sardegna. Atti Soc. ital. Sc. nat. Milano, vol. XXX, P. RISTORI G. Filliti nei travertini della Sugherella presso Rio (Isola d' Elba)- Boll. Soc. Tosc. Sc. natur. Proc. verb. V. 1887, p. 117. Botanica medica e farmaceutica. ALESSANDRI P. E. e Macai L. Acque po- tens considerato come bevande del- lu e dei bruti. Milano, 1887. asa G. A. Contributo v studio del Buxus sempervirens. Atti Soc. Tose. Sc. nat., Pisa, Mem. VIII, t II, 1887. BARBERIS 0. api cere alla Formaco- pea italiana, ece. Tor BancELLINI D. Sulle ERES tossiche e sigdicina li "e ee oglio. L' Orosi. A. X, fasc. II, Fire , 1887. voi G. Ueb. ein. neuen en ogenen Microphyten an Memschen . d. Thieren. d se Bacter. w- Poeti. IPB, RH, — Ueber die Cultur is Lepra tacilen m ua f. Hygiene. B. HI, 1887. P- cans R. Aleune particolarità di di- buzione, morfologia e color azione del Bacillo della Lepra. Gazz. Ospit, 1887, p. 500. CawEsTRINI R. Uno sguardo attraverso i microbi. Padova, 1887. — e Morpurco B. Sulle pv del Ba- cilus Komma. Atti Ist. . Sc. Lett. Ser. VI et. V, disp. 6, 1887. ATE CP Pe ERMINIA BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO t A. Mucormicosi in mano affetta da Peoro girne Genova, 1887, e. 3, tav, Dx GIACINT Ssp Opuscolo illustrato sulla conformazio e intima ed embriologica dei Liga rg pi an ED 1887. Fazio E. Microrganismi delle acque mi- nerali. Giorn. intern. Sc. ined., 1887, p. 753. GENERALI G. Actinomicosi in un A bue tti Soc. natur., Modena. Ser. III, vo- 1887. GERI A. Sul veleno della Crepis lacera : studi e ricerche sperimentali. Napoli, GRILLO E. Sugli effetti nocivi del prin- cipio segalino sull'organismo animale. Avellino, 1887. inn. G. Contribuzione allo studio dello edere della erisipela. Arch. Sc. med., vol. XI, 1887, p. 157. MANFRED i De Ir eccedenza del gra nell’ Mon Made ne dei mier gii patogeni, come causa di yos rien della loro virulenza. Atti Ace. Lincei i ne Ser. IV. Rendic., Vol: lit fasci- Id. Manr uio i aestivalis. Lo Spe- ri mintale, 1887, aprile. PAGLIANI L., RA A. e FRATTANI F. Contribuzione allo $ tudio di micror- ga id olo. Milano, 1887. TEXEIRA G: Ala e notizie sul Carica papaia e sul suo principio, la papaina 9. papaiotina. Bullett. Farm. Roma, 1887. Vanni. Presenza di yit pren nel vena od di due malati di tetano: ri produzione “a coltura ete. aida tale, giugno “pred Vincenzi L. Ric rcle sperimentali sul Koch. Bull. Acc. . XIII, 1887, p. 438. ZaGARI G. ficti nze sulla concorrenza Vitale dei microrganismi’ ete. Giorn intern. Sc. med., 1887, p + GLK Botanica Pula orticola, industrial Sog rd italiana , testo, fasc. VI. ori RÉ E, [RES nitida, Du 2 Tosc. Ortic, XII, 1887, p. 304 51 ARCANGELI ks Sulla fioritura dell’ Euryale fero Atti Soc 2 . Pisa. ac vol. VII, £ Gi 2. ASSENZA > , Sulla rtieazione del Car- rubbo. Ed. Noto, 1887. ri D. desti istrianum (fine). Bull. Soc. Tosc. Ortic., XII, 1887, p. 149 BeLTRANE G. La Palma-Dattero eni emi- sfero settentrionale dell’ Afri ne taggi Hironó gli ‘abitanti. Atti Ist. Ven. S . Ser disp. zio elle migliori viti americane a produzione diretta e porta- i j ine, 1887. BraccirorTI A. Flora dei giardini pub- blici e viali di Spezia, cm catalogo sistematico e ragionato elle pia c BREDEMEIER U. Abies diri a ook. (ividiutura, 1887, p. 327, c. iliustr. Cappi G. L^ dé Exc di coltivazione, etc., Milano, 1887. CARPENE G. ix Kockia scoparia. Ann. Com. Agr., Conegliano, Il, 1886. Co- negliano, 1887. s e lave, il terreno e e la loro omnia Spettat del io e dei Campi Flegrei. Napoli, oo B. B Orchidee da piena ter- a. Bull. Soc. Tosc. Ortic., XII, 1887, ^n 7. D'Ancona C. ne ger magnifica, ibid., c. ta dd , Danesi L. 1 C. Ricerche su gli agrumi: vata composizione dei frutti degli agrumi. Palermo, 18 De Toni G. B. Intorn dal alcun ni alberi ei Padova. Vol. III, disp. IV, 1887 FawcurorTI C. Dizionario forestale. Son- d. GanBocor A. Alcuni cenni sopra il Di- Loma i Bull. Soc. Tosc. Ortic., XII, 1 — La L appa basse. e ia Lappa co- ^ nintititle. Ibid. p. 281. — Osservazioni sopra aleuni saggi dnd tud di piante nell'Orto Bo- x 52 tanico della R. Università di Pisa. Ibid., p. 306. Gerini C. Dei prati e dei pascoli no delle Provincie di Sondrio. Sondrio 1887. gp Dnus Viti americane Riparia . N. Riv. Vit. Enol. Cone- S lico: SE -]887, — La potatura ide. Ibid. 404, 430, 475. — Viti americane. Ibid. 369. ubbio sulle viti americane. Ibid- rm E co ipedium Carrièrei. Bull Soc. Ortic., XII, 1887, p. 152» È sis vmi Lunarponi A. Manualetto popolare di Selvicoltura. Parte 1, Rovereto, 1887. OTTAVI E. Le es americane. Casale, 1887. PrercrossI G. Nuova une di Cuphea A c. Tosc. Ortic., XII, 1887, : deo: A; pas Walkeri. Ibid. p. 286, Rippa G. "na nuova varietà di Rosa. ibid. 190. Rosa G. Origini e vicende dei cereali. Dias 1887. Saccanpo P. A. Sopra un ragguardevole individuo di So platanifolia in un Giardino E: Padova. Atti Ist. Ven. Sc. e Lett. Ser. VI, t V, disp. 8-9. Venezia, d SILVESTRI G. Le erbe dei icm e dei pa- scoli italiani. 3 ediz. Tor 1887. STRADELLI G. Coltura dine N. Rass. My Enol. Conegliano. T. 18, 87, 05. p Succr A. Della nuova sorgente d'azoto Vip cem e della siderazione. Ibid., p Tamaro D. Fruttieoltura razionale. Ca- sale, 1887. Ucortwr G. Dei Tigli. Bull. Soc. Tose. Ortic., XII, 1887, p. 312. — Dei Platani, ibid. p. 389. Winter L. Cenni fisiologici tope Phoe- nix dactylifera, ibid. pag. 193, c. tav. BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO Microscopia — Tecnica microscopica, Amati G. Sopra una soluzione di carmi- nio ail carbonato di soda. Zeitschr f. wissensch. Mikroskopie, IV, 1887, p. 50. to degli oggetti microscopici nelle V projettate. Zoolog. Anzeig., 1888, n. 248. MartinoTTI G. Le sostanze resinose e la conservazione dei preparati microsco- pici. Zeitsch. wiss. Mikrosh., IV. 1887. ManriNorrI G. e RESEGOTTI La Un me- todo per jender bend le figure ca riocinetiche, ib g A. I recenti progressi della Tecni- a del ia Riv. scient. indu- sala. A. XIX, n. 7-8. Firenze, 1887. Varia L T. L’ Orto ed il Museo Botanico di Firenze era scolastico 1885-86. Eno sine s I ‘1887 p. “518. De Sarto F. Studi sul Darwinismo. Na- poli, FLicxicer F. A. Italienische Beiträge für Geschichte der Pharmacie und : i e Phar . 19. sti e progressi degli Istituti sciene i dell’ Università di Modena nello sitio decennio. (Istituto Botanico ). Modena, sf IsseL A. Bibliogratia scientifica della Li- guria. I. Genov Sen ‘dragon = Microbio. Giornale tt. Com . scient. di Genova A X. 1887, Ses I. fasc. II-IV. Ricci V. La terra e gli esseri terrestri. Appunti di geografia generale. Mila- no, 1887. TornaBENE F. Hor tus pente R. Uni- versitatis studiorum Cat 1887 e. 3. tab. . Catin® Prof. A. BORZI, Redattore responsabile. ADE BARY E 2. MAP 0 Formazione delle radici laterali nelle Monocoti- ledoni. — Ricerche di A. Borzi. m (Continua. v. pag. 550, vol. 1). Evidentemente esso non è che un una figliazione diretta della cellula centrale esagonale, che abbiamo notato nei primordi della costituzione del giovane cono di vegetazione, occupante una posizione speciale e distinta per forma e per dimensioni fra gli elementi co- stituitivi della iniziale area d’ inserzione. Detta cellula acquista una perfetta individualizzazione tosto iniziata la formazione dello strato generatore della scorza e della calittra. Le iniziali della scorza sono.senza dubbio i 4 elementi centrali che rivestono la sommità del pleroma e derivati dalla scissione ra- diale e longitudinale della cellula centrale dello strato superficiale del cuscinetto meristematico iniziale. Esse hanno una forma cubica. Sulla sezione longitudinale mediana di un giovine cono di vegeta- zione si contano due sole iniziali. Quivi si vede come esse sì con- servino costantemente indivise nel senso tangenziale, mentre, appena singolarmente scissesi mediante tramezze alterne radiali e longi- tudinali, solo i segmenti esterni loro subiscono una prima divisione tangenziale. Ciò ha per iscopo di costituire il dermatogeno. Sicchè durante lo sviluppo di una radicella notiamo come il pleroma , la scorza e la calittra acquistino una perfetta indipen- 5. Malpighia, anno II, vol. II. 54 A. BORZÌ, denza. Una volta costituiti, questi tessuti crescono per virtù di propri elementi iniziali. Questi sono in numero di 4 nella scorza e situati tutti allo stesso livello sulla sommità del pleroma. Il derma- togeno non è che una dipendenza della scorza. Il pleroma accrescesi per virtù di una sola iniziale avente la forma di una piramide tronca a base trigona o esagonale. Dalla di- visione laterale che si fatto elemento subisce derivano i tessuti del cilindro assile. Resta in ultimo da esaminare come si comporta l'endoderma della radice madre durante la costituzione del cono di vegetazione della nascente radicella. i Rappresentando la cuffia un organo di protezione di capitalissima importanza per la radice, è evidente che la sua differenziazione do- vrà farsi di buon’ ora. Tuttavia nei primissimi istanti della genesi della radicella , quando il giovine meristema non ha ancora acqui- sito la sua fondamentale costituzione, a riparare alla mancanza della cuffia interviene l' endoderma costituendo torno torno al cuscinetto radicale una guaina continua. Precisamente sono le 4 cellule endo- dermiche giacenti immediatamente al: di sopra delle prime cellule rizogene del pericambio quelle che subiscono tale metamorfosi. A tale uopo, quasi forzate dalla sottoposta cellula, esse si solle- vano ed adattansi sul contorno esteriore del nascente cuscinetto meristematico. A misura poi che il giovine cono di vegetazione si forma e differenziasi nelle sue parti fondamentali costituitive , esse estendonsi in larghezza, rivestendo e seguendo tutto il contorno convesso del meristema. Il loro contenuto spicca per abbondante copia di plasma e per la presenza di un grosso nucleo. Delle ca- ratteristiche ripiegature delle loro pareti radiali non esiste piü al- cuna traccia. Le 4 cellule, nel passare a tali nuove fasi di sviluppo, debbono probabilmente andare soggette ad una sorta di ringiovanimento, in modo che, scioltasi o scomparsa la originaria parete, tutto il con- ienuto si organizza in un nuovo elemento. FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 55 Lo sviluppo in supercie della guaina si compie nel modo se- guente : Le quattro cellule stanno disposte in croce, in maniera che i loro setti interni divergono quasi ad angolo retto. Dopo essersi un po’ accresciute in superficie, esse subiscono una divisione trasversale mediana, in modo da derivare 8 elementi disposti a 2 a 2 in quattro serie consecutive. Seguitando l' accrescimento in superficie dell’ in- tiera guaina le 4 cellule delle due serie centrali tornano a spartirsi nel senso longitudinale con un setto perpendicolare all'ultimo piano secante. Allora la guaina rimane costituita da 12 cellule, delle quali 4 nel mezzo, situate in corrispondenza del punto più elevato del na- scente cono e le altre poste alla periferia. Le cellule centrali sono per ordinario suscettive di sviluppo più rapido che le adiacenti. Ben tosto infatti, cresciuto il volume del meristema sottoposto, tornano a dividersi in modo che rimane sempre nel mezzo un nuovo gruppo di 4 elementi. — Normalmente lo sviluppo della guaina si arresta appena defini- tivamente costituito il cono di vegetazione della giovine radicella. Sicchè poche nuove divisioni tangenziali e radiali si succedono ; tutto al più le 4 cellule centrali, di rado anche le 8 successive, si sdoppiano nel senzo superficiale, mentre le altre restano indivise, s'ingrandi- scono e rimangono vuotate alla superficie della cuffia. La guaina non è che una formazione transitoria che riveste temporaneamente il nascente cono di vegetazione. Appena attra- versata e perforata la corteccia della radice madre essa sparisce | Sfogliandosi. CYPERUS PAPYRUS L. Anche qui notiamo nelle radici di una stessa pianta la fascia pericambiale ora del tutto continua, ora qua e là interrotta dagli elementi del legno. Varia anche quindi la posizione dell'area d'in- Serzione di una radicella. 56 A. BORZÌ, Lo sviluppo delle radicelle non presenta nulla di notevole in con- fronto a quello che abbiamo di già rilevato studiando lo Scirpus lacustris. Anche qui la cuffia vien segregata di buon'ora dallo strato superficiale del cuscinetto meristematico iniziale. La scorza possiede 4 iniziali distinte dalla cuffia e dal pleroma e che vanno man mano differenziandosi in periblema e dermatogeno. In giovanissimi coni di vegetazione ho visto il pleroma terminare . al suo apice in un segmento cuneiforme nella sezione mediana lon- gitudinale e fortemente convesso in alto, a lati interni disuguali. Fa- cendo delle sezioni trasversali in modo da comprendervi la sommità del pleroma ho notato nel centro di questo un elemento esagonale circondato da 6 cellule. Ho pure in esso rilevato le tracce di una prima divisione (Tav. I, f. 6) Anche nel C. Papyrus parmi fuor di dubbio ritenere che il pleroma cresca al suo apice mediante un elemento unico di forma pressochè piramidata, e, quel che più monta, che questo elemento si rinnovi in via indefinita conservando sempre la stessa posizione. Le divisioni che seguono non debbono essere esattamente parallele alle faccie laterali; e ciò necessariamente per la nota legge d'inci- denza delle pareti in organi nascenti, secondo il principio enunciato dal SAcus. Per quanto irregolarmente si dispongano i piani di scis- sione essi hanno sempre per obbietto di conservare inalterata la costituzione ternaria primitiva del cilindro pleromico. La struttura dell’apice del pleroma varia secondo lo spessore della sommità vegetativa. In coni radicali relativamente grossi la sommità del pleroma apparisce più allargata e tondeggiante. Quivi però sempre notasi il detto elemento centrale più sporgente, a pareti obblique per quanto disuguali. CAREX SERRULATA GAND. — C. DISTANS. L. t . La fascia pericambiale è qui costantemente interrotta dagli e- lementi del silema a distanze regolari di 5-7 cellule. Le radicelle FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 57 quindi sempre nascono dirimpetto ai fasci floemici. Nei casi da me studiati l'area d’ inserzione comprendeva tutti gli elementi pericam- biali interposti fra due consecutivi fasci silemici. Lo sviluppo ha luogo come nei casi precedentemente studiati. Durante le prime fasi di formazione il cuscinetto meristematico si seinde al solito in due strati; quello superiore alla sua volta torna a suddividersi tangen- zialmente separando le iniziali della scorza da quelle della cuffia. Co- testa scissione comprende /w/f? gli elementi superficiali del cuscinetto. L’ accrescimento successivo della scorza si compie mediante 4 i- niziali. Ne’ coni giovanissimi ho notato all'apice del pleroma una cellula cuneiforme a faccia superiore molto convessa. AGROSTIS ALBA L. La guaina rizogena è continua; però le cellule pericambiali (in numero di 2-3) prospicienti ai fasci silemici. sono molto piccole. La formazione di una radicella procede dalle 2 cellule del pericambio che stanno rimpetto al floema, le quali sono molto grandi, L' endodermide di buon’ ora inspessisce le pareti dei suoi elementi massime dal lato tangenziale interno. L'area rizogena rimane costituita nel modo normale. Ordinaria- - mente consta di 7 cellule di cui 1 centrale. Dalle cellule periferiche nasce una scorza rivestita da dermatogeno, l’ una e l altro di natura primaria. L'elemento centrale, per una divisione tangenziale (dopo essersi convenientemente dilatato e spartito in croce) separa le 2 (o 4) iniziali della scorza da quelle della cuffia il cui numero sale tosto a 8. È evidentissimo l'accrescimento del pleroma mediante una cellula a divisioni obblique. L'endodermide forma una guaina che si sdoppia all’ apice. La nascente radicella dissolve il tessuto ambiente nell’attraversare la radice madre. 58 | A. BORZÌ, Molto istruttivo è lo studio della formazione delle radici laterali di questa pianta per la dimostrazione della perfetta diversità tra’ tessuti derivati dalle iniziali periferiche dell’area rizogena e quelli aventi origine dall’ iniziale centrale. ARUNDINARIA JAPONICA Thbg. II pericambio forma uno strato continuo torno torno al cilindro assile. Le sue cellule sono più piccole di quelle della soprapposta endodermide. Tuttavia, confrontate tra di loro, presentano notevoli differenze ; così, più grandi appariscono quelle prospicienti ad ogni fascetto floemico. Per altro, ciò non influisce menomamente sulla iniziale posizione delle radicelle, in quanto che queste nascono co- stantemente dirimpetto agli elementi spirali del legno. Tutte le cellule della guaina pericambiale, salvo quelle destinate a costituire l’area rizogena, sono soggette a sclerosi, che col tempo diventa sempre più pronunciata. I primordi della genesi di una radicella sono identici a quelli descritti per la formazione delle radici laterali di altre Graminacee » e Ciperacee. La indipendenza dei tre tessuti primari si stabilisce di buon'ora e conservasi inalterata anche nei meristemi adulti. AI centro dell’apice convesso del cilindro pleromico osservasi prevalere per forma e sovente anche per dimensioni, un elemento particolare a cui potrebbesi benissimo assegnare l'ufficio d’ iniziale speciale del cilindro assile. In radici più voluminose cotesta funzione pare venga adempiuta da un maggior numero d iniziali derivate dalla divisione longitudinale radiale del precedente elemento. Le iniziali della scorza, in numero di 4, si distinguono sin dai primordi per notevoli dimensioni rispetto agli altri elementi. Fin dalla prima costituzione dell'area rizogena si può agevol- mente determinare come le diverse iniziali sieno diretta figliazione di unico elemento primordiale centrale di detta superficie. Le altre FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 59 cellule pericambiali rizogene generano, lungo i fianchi del nascente cono di vegetazione, alcuni strati di cuffia e di scorza. Durante la genesi della radicella le poche cellule dell’ endoder- mide della radice madre prospicienti all’ area d’ inserzione s' accre- scono per formare una guaina temporaria, che rimane soltanto sem- plice nel suo spessore verso i margini. Nell’ Arundinaria macrosperma Ait., nella Bambusa gracilis Retz. e B. arundinacea Retz., gli stadi di formazione e di sviluppo delle radicelle sono identici a quelli suddescritti. Corx Lacryma L. CENCHRUS SPINIFEX. L. In queste piante non ho rinvenute differenze sostanziali nel modo di formazione dei tessuti primarii dei coni radicellari rispetto alle precedenti specie studiate. Nella Coix Lacryma, sebbene il più delle volte il pericambio costituisca una fascia continua, le radicelle nascono rimpetto agli elementi del libro, essendo in quella regione le cellule rizogene più grandi. L'indipendenza dei diversi tessuti fondamentali del corpo radicel- lare si stabilisce prestissimo nel modo suddescritto e resta inalterata fino a sviluppo definitivo. L'endodermide della radice madre, al punto di formazione della nascente radicella, si accresce per costituire, al solito, una guaina protettrice temporaria, che resta di un solo strato verso la periferia; nè giammai in questa regione esso tessuto prende parte alla for- mazione dell’ epidermide del giovine meristema, come è stato osser- vato dal Janczewski nella formazione delle radici laterali di Zea. 60 A. BORZÌ, POTAMOGETON CRISPUS, L. “TRIGLOCHIN BARRELIERI, Lois. SAGITTARIA CHINENSIS, L. BUTOMUS UMBELLATUS, L. Dopo le ricerche del JAanczewSKI sullo sviluppo delle radici la- terali di Sagittaria sagittefolia L., e di Alisma Plantago L., poco mi resta da dire. Le mie osservazioni estese a due altri rappresen- tanti di queste stesse famiglie delle Alismacee e Najadacee (H. B) dimostrano come il tipo di genesi delle radicelle sia il medesimo dentro i confini di tali gruppi. Il Triglochin Barrelieri Lois. non è certo una pianta molto adatta per lo studio della formazione delle radici laterali, poichè scarse ramificazioni presentano d’ ordinario le radici principali. Tuttavia, . dai pochi casi osservati, sono in grado di affermare che il processo di sviluppo non differisce da quello particolare allo svolgimento delle radicelle di Alisma Plantago L. Lo stesso dicasi in generale per le radici laterali della Sagittaria chinensis L. Lo studio è qui però più agevole essendo copiosamente ramificate le radici principali. Notasi specialmente come la forma- zione di ogni radicella proceda costantemente dagli elementi posti verso la base del meristema terminale della radice madre, elementi che sono tuttora dotati di massima attività. Insomma i primordi della genesi delle radicele vanno ricercati in seno a tessuti non ancora compiutamente differenziati, come abbiamo osservato nella . Pontederia e come vedremo tosto in molte Aroidee, in modo che all’ uopo occorre fare a dirittura delle sezioni di coni vegetativi di radici madri. L’area rizogena trae la sua origine da tre o quattro serie pericambiali longitudinali consecutive; gli elementi si dispon- gono come nella Pontederia cordata e si svolgono centrifugamente a partire da 2 o 4 cellule centrali iniziali. Queste, dopo essersi con- | FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 61 venientemente accresciute in altezza, si scindono trasversalmente, separando le iniziali della scorza da quelle del cilindro assile. Lo stesso ha luogo negli elementi periferici; soltanto quivi siffatta scissione effettuasi dopo che le dette cellule si sono divise nel senso longitudinale. D'allora in poi l'accrescimento del nascente meristema procede per attività delle iniziali. Le iniziali della scorza, accresciute di numero per seguite divi- sioni radiali, separano tangenzialmente i primi elementi della cuffia. Intanto lungo i fianchi del cono la scorza, proveniente dagli elementi rizogeni periferici, si differenzia in dermatogeno e periblema. Nulla di notevole presenta l ulteriore sviluppo della radicella. L` endoderma della radice madre si accresce durante il descritto fenomeno per costituire una guaina protettrice attorno alla cuftia. Lo studio della genesi delle radicelle di Potamogeton crispus offre molta difficoltà per la semplicità ordinaria delle radici prin- cipali. Non ostante ho potuto istituire in proposito qualche ricerca la quale pienamente conferma quanto mi era dato osservare nel Triglochin Barrelieri. Allo stesso tipo di formazione e di struttura caratteristica delle radici laterali di Alisma e Sagittaria vanno riferite le radicelle di Botomus umbellatus L. per quanto mi è dato dedurlo da particolari ricerche. TERZO TIPO Sommità vegetative delle radicelle costituite da due sorta d’iniziali distinte : le une comuni generatrici del periblema, del dermatogeno e della calittra, le altre del pleroma. Nei casi finora studiati e caratteristici del 2° tipo in ispecie , le iniziali (2, 4 o in maggior numero) della scorza non subiscono unicamente che delle divisioni laterali radiali per dar luogo alla 62 A. BORZÌ, formazione del dermatogeno lungo i fianchi del nascente cono di vegetazione. Posto che in corso di sviluppo dette iniziali, senza perdere sì fatta facoltà, acquistino altresi quella di potersi scindere anche nel senso tangenziale generando al di fuori uno strato di elementi caliptrogeni e sèguiti poi in maniera indefinita questo processo di innovazione e di accrescimento della cuffia, il cono radicellare sarà costituito da due istogeni distinti soltanto, vale a dire, il pleroma conserverà intera la sua indipendenza dagli altri tessuti confusi come sono, all’ apice di questo in unico istogeno. Questo caso è precisamente particolare ai coni vegetativi delle radicelle di molte Aroidee. Quando avverasi tal modo d' incremento, per quanto la scorza e la calittra assumano tutti i caratteri di un tessuto unico, rivestiente la sommità del cilindro pleromico, tuttavia una certa divisione del lavoro istogenico osservasi nelle iniziali destinate a rigenerare detto istogeno, specialmente allorchè il numero di queste è superiore a 4, così come scorgesi in coni di vegetazione a vertice alquanto largo. Supposto che all’apice del pleroma esistessero 2-4 iniziali, come è il caso di meristemi terminali di radicelle assai soitili-o nascenti, allora dette iniziali si scinderanno alternativamente nella direzione longi- tudinale (radiale) e tangenziale, rigenerando da un lato la fascia corticale (col relativo dermatogeno) e verso lo esterno aumentando la cuffia. In tal guisa tali elementi fungono da vere iniziali comuni. Ma se il loro numero cresce, allora solo le iniziali periferiche con- serveranno questi caratteri, mentre quelle centrali conserveranno solo la facoltà caliptrogena. Quest’ ultima particolarità è molto frequente, poichè le radici delle Aroidee sogliono raggiungere un diametro alquanto rilevante a partire dal vertice. La formazione del dermatogeno presenta notevoli varianti. Ora esso apparisce un’ immediata dipendenza del periblema e prende origine appena avvenuta la completa differenziazione di questo. A volte invece i tessuti, in seno a cui formasi la epidermide, non hanno " — o DELLE RADICI: LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 63 alcun carattere particolare di calittra o di scorza, 0 al più i primi elementi dermatogenici appariscono semplicemente come segmenti interni di una stessa cellula calittrogena. Ciò si può spiegare come una formazione di epidermide assai ritardata, dipendente dalla scorza, le cui iniziali, prima di costituire il detto tessuto , sì spar- tiscono tangenzialmente per la rinnovazione dei diversi strati della scorza medesima. RICHARDIA AFRICANA, Kunth. Lo sviluppo delle radicelle presenta anzi tutto questo di notevole che le sue fasi iniziali si compiono in tessuti non ancora compiuta- mente differenziati. A tal’ uopo occorre sezionare radici madri a brevissima distanza dai loro coni di vegetazione. I primi stadi for- mativi delle radicelle si rinvengono sovente a circa '/j, di milli- metro di distanza dall'estremo apice e procedendo verso la base si puó seguire comodamente i graduali passaggi di sviluppo. Lo spazio peró che intercede íra il punto di formazione di una radicella e quello di sua: uscita dalla scorza della radice madre è notevole; in radici a sviluppo normale cotesto intervallo importa 10-15 centimetri. Dal quale calcolo puossi avere una misura dell’incremento intercalare subito da una stessa radice. Verso i punti di formazione la radice madre si presenta tuttora rivestita della propria calittra ; gli elementi conservano la normale primaria orientazione; abbondano peró di plasma; le pareti cellulari sono sottili. Gli strati corticali interni sono ancora suscettivi di Segmentarsi in direzione tangenziale. In quel momento parimenti compiesi la differenziazione della fascia endodermica; però i suoi elementi, ripieni di plasma , provvisti di grosso nucleo, rivestiti di sottilissima e omogenea membrana, distinguonsi appena per la lor forma pentagonale (visti su sezioni trasversali) e per la loro posi- zione alternante da quelli della fascia pericambiale. Gli elementi vascolari del cilindro assile possiedono pareti perfettamente liscie 64 A. BORZI, e sottili; sicchè assai difficile riesce sulle sezioni trasversali fissare la posizione di detti elementi. Lo svolgimento di una radicella procede costantemente dalle cellule pericambiali prospicienti agli elementi vascolari del legno. Esse cellule si accrescono lievemente in altezza con ordine centrifugo a partire dell'elemento il più immediato al fascetto legnoso. Sovente "l'elemento vascolare giace in posizione alterna, accollato all'angolo interno fatto da due cellule pericambiali contigue. Ciò non ostante l'ordine di svolgimento segue sempre centrifugamente e comincia da una delle due cellule rizogene su dette. Iniziato cotesto movimento incrementale, le cellule pericambiali immediatamente seguenti, svolgonsi pur'esse in altezza e cosi anche le altre che seguono. In tal modo formasi a poco a poco l'area d'inserzione nel nascente meristema radicellare. Detta superficie abbraccia 5 serie longitudinali consecutive di cellule rizogene. Gli elementi di una serie si alternano con quelli della contigua, come puó facilmente rilevarsi esaminando delle sezioni longitudinali. La forma di tali cellule, diviene, in conseguenza delle mutue pressioni cui sono esposti gli elementi medesimi, esagonale. La superficie d' inserzione della radicella allora apparisce costituitg da un numero determinato di cellule a contorno esagonale, cosi disposte: una cellula centrale, 6 periferiche immediatamente seguenti, e 12 esterne : in tutto si contano 19 elementi, orientati come nella fig. 8 (Tav. n). É bene fin d'ora notare come da si fatta orientazione primor- diale degli elementi del nascente meristema dipenda essenzialmente dalla disposizione curviseriata che assumono gli elementi del cono di vegetazione. adulto. Si avverta ancora come le cellule componenti detta superficie non hanno tutte lo stesso valore morfologico. L'e- lemento centrale tende di buon ora ad assumere un carattere speciale distinguendosi dalle altre cellule per maggiori dimensioni. Da tale cellule infatti direttamente prendono origine le iniziali rinnovatrici della sommità vegetativa. Lo svolgimento successivo che subiscono gli elementi finora con- FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 65 siderati segue sempre in direzione centrifuga a partire dalla cellula centrale. Quest'ultima, raggiunta un'altezza doppia della primitiva si scinde traversalmente in due segmenti eguali. Il segmento posteriore è di natura esclusivamente pleromica; da quello superiore prendono origine le iniziali comuni della scorza e della cuffia. Le cellule rizogene susseguenti pur esse seguono lo stesso sviluppo e si spartiscono nella medesima maniera. I segmenti pleromici rapidamente si accrescono in lunghezza e poi si scindono nel senso longitudinale. Quelli superiori restano invece corti e, dopo essersi allargati alquanto, si spartiscono longitudinal- mente a croce. Le quattro cellule derivate dal segmento centrale esterno assumono immediatamente i caratteri d'iniziali della scorza. Il loro numero resta limitato a 4, almeno provvisoriamente, finchè l’attività di esse limitasi alla rigenerazione della scorza medesima. Intanto a partire dalla base comincia la primordiale scorza a differenziarsi in periblema e in dermatogeno. Cotesta differenziazione ha luogo in direzione centripeta. Il dermatogeno assume prestissimo il carattere di un tessuto del tutto indipendente dal periblema. Non ancora -iniziate le su descritte fasi di evoluzione delle cel- lule pericambiali, le cellule dell’ endoderma corrispondenti all’ area rizogena, unite a quelli dei due strati interni corticali o di uno solo accennano ad ingrandirsi assumendo a poco a poco un notevole sopravvento sulle altre circostanti. Per attività di tali elementi ‘ viensi rapidamente a costituire intorno al giovane cono, non ancora rivestito di cuffia, uno spesso inviluppo, che tende sempre più a estendersi e a rivestire intieramente il meristema dalla sua base al sommo vertice. Cotesto tessuto rappresenta indubbiamente una vera cuffia primordiale conservando i suoi elementi indefinita atti- vità rinnovatrice. Sicchè, esaminando una radicella in tali condizioni di sviluppo vi rinveniamo bell'e costituiti i suoi quattro tessuti fon- damentali. Soltanto il dermatogeno manca di proprie iniziali; del resto, cuffia, scorza e cilindro assile appariscono nettamente delimi- 66 A. BORZÌ, tati. L' incremento loro effettuasi per attività propria che gli ele- menti ancora conservano. Tuttavia notasi sempre crescente la ten- denza a concentrarsi cotesta attività in alcuni elementi. Così, gli articoli superiori delle serie pleromiche primordiali, rimasti più corti e larghi, rapidamente si spartiscono nel senso lungitudinale prolun- gando le serie primitive ed aumentandone il numero. In tal guisa l accrescimento del pleroma acquista la sua forma normale. Gli arti- coli apicali evidentemente fungono da iniziali rinnovatrici di sì fatto istogeno. Per divisioni longitudinali che essi subiscono, il loro nu- mero si accresce; e poichè lo sviluppo segue in ordine centrifugo, l' apice del pleroma conserva sempre la sua forma convessa primi- tiva. In ogni modo la indipendenza del pleroma dagli altri tessuti non presenta in tale stadio alcun dubbio. Lo stesso dicasi della scorza. La sua costituzione procede rego- larmente in via centripeta per continuate divisioni pericliniche che i suoi elementi primordiali subiscono; per divisioni radiali e longi- tudinali segue contemporaneamente il suo aumento in superficie. Intanto lo strato esterno si differenzia in dermatogeno, mentre per attività delle su descritte iniziali, nuovi elementi corticali vengono aggiunti. i Nel tempo medesimo la cuffia completa la sua costituzione : si inspessisce e cresce in superficie costituendo intorno alla nascente radicella un continuo inviluppo. La massima attività incrementale sembra in tale stadio localizzata negli strati interni. Quivi i segmenti nuovi formati appariscono più frequenti e maggiormente stretti. Evi- dente peró apparisce la indipendenza della cuffia dal corpo radicale. Se la nostra osservazione si arrestasse a questo punto e da si fatta elementare condizione volessimo trarre dei criteri per renderci conto della definitiva strutttura dei coni vegetativi delle radici late- | rali di quest' Aroidea, perverremmo a risultamenti del tutto erro- nei; imperocchè appoggiandoci non solo alle osservazioni di TREUB (') () Op. cit., p. 31 e seg. FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 67 e a quelli del FLamaùLT sulla struttura delle radici embrionali, ma anche alle mie proprie, nei coni di vegetazione adulti di questa pianta e di altre Aroidee il solo pleroma presenta una perfetta autonomia. Seguendo infatti lo sviluppo delle radicelle di Richardia in uno stadio successivo al precedente noi rileviamo gradatamente la scor- za perdere la primitiva autonomia. Ordinariamente quando ciò ha luogo la nascente radicella resta ancor per picciol tratto compresa dentro il parenchima corticale della radice madre. Avvicinandosi questa nuova fase noi scorgiamo cresciute fino a 8 o 12 le iniziali della scorza per ripetute divisioni radiali e longitudinali e disposte in unico strato sulla sommità del pleroma. A queste seguono im- mediatamente delle partizioni tangenziali cui vanno soggette sol- tanto le iniziali interne, e i nuovi segmenti si aggiungono tosto agli strati interni della cuffia: gli altri elementi iniziali seguitano a scindersi e a generare i nuovi segmenti laterali, che si appongono a quelli di scorza preesistente. D'allora in poi l'ineremento del cono vegetativo rimane stabi- lito nella sua forma definitiva. Può, nel corso di sviluppo ulteriore, crescendo il diametro della radicella, aumentare anche il numero delle iniziali della cuffia e della scorza; resterà però sempre distri- buito il lavoro incrementale fra le iniziali centrali e quelle perife- riche derivate da comuni elementi d’indole corticale. Esse iniziali formano evidentemente, in coni adulti, uno strato più o meno esteso secondo il diametro della radice, e che riveste la sommità del pleroma. Molto somiglianti sovente per grandezza e per forma agli elementi rigeneratori di quesio istogeno con questi si confondono e parrebbe addirittura che tutti i tessuti del meriste- ma avessero delle comuni iniziali. Tuttavia l'ordinaria posizione al- ternante che i detti elementi rigeneratori assumono è sufficiente a stabilire a priori uno stacco evidente tra l'apice del pleroma e il restante meristema. Per quanto esteso possa essere lo strato rigeneratore della cuffia 68 A. BORZÌ, e della scorza, le iniziali periferiche, poste lateralmente al ver- tice del pleroma , servono esclusivamente allo accrescimento della scorza. Progredendo verso l'interno esse perdono per gradi insen- sibili cotesta facoltà, assumendo definitivamente la funzione di rige- nerare la cuffia. Molto istruttivi sono i tagli mediani longitudinali di conì vege- tativi di Dracunculus vulgaris Schott. Quivi, nei casi da me os- servati, sembra che iniziali proprie ed esclusivamente servienti allo incremento della scorza non esistano, imperocchè verso i lati del vertice del cono vegetativo, al punto preciso dove comincia la differenziazione del periblema, notiamo gli elementi iniziali partirsi anche nel senso tangenziale rigenerando nuovi segmenti di cuffia. E questa facoltà essi conservano parecchio tempo, in modo che, a maggiori distanze dal vertice del meristema, dove suole lo strato esteriore del periblema prendere i caratteri di dermatogeno , gli elementi di detto strato seguitano a scindersi nella direzione tan- genziale: dei due segmenti generati, quello interno appartiene al dermatogeno, l'altro alla cuffia. In conclusione, lo sviluppo e lo accrescimento dei meristemi terminali delle radicelle di Richardia africana compiesi in due maniere' diverse secondo la età di una stessa radicella. Nei pri- mordi il pericambio della radice madre costituisce il pleroma ed il periblema, che rimangono perfettamente indipendenti e si accrescono per attività propria e poscia d'iniziali distinte. Il dermatogeno de- riva dall'esterno strato periblemico. Una sorta di cuffia provvisoria formasi in tale stadio per metamorfosi e incremento delle cellule endodermiche e di quelle appartenenti allo strato corticale interno della radice madre attorno il nascente meristema. In uno stadio ulte- riore e definitivo d' accrescimento, soltanto il pleroma conserva la sua primitiva autonomia e accrescesi per attività d'iniziali situate al suo apice. Le iniziali del periblema invece, cresciute allora di numero, assumono contemporaneamente l'ufficio di generatrici della cuffia definitiva del meristema radicellare; soltanto quelle situate lateral- FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 69 mente al vertice del cono vegetativo conservano la primitiva fun- zione di rigeneratrici della scorza. La cuffia primordiale persiste ordinariamente anche nei coni adulti e si aggiunge agli strati di calittra definitiva estendendone il suo percorso lungo i fianchi del cono medesimo. Le ricerche che ebbi occasione di estendere ad altre Aroidee confermano completamente siffatte conclusioni. Le specie studiate sono: Dracunculus vulgaris Schott, Colocasia antiquorum, Kunth, Arum pictum. L. Arisema sp. ex India, Arisarum vulgare Targ., Ambrosinia Bassi L., Amorphophallus Rivieri e bulbifer hort. Costantemente le prime fasi di svolgimento si compiono all’interno del meristema terminale della radice madre, od almeno in regioni di questo dove la differenziazione del pleroma in cilindro assile non è ancora compiuta. Condizione indispensabile per la genesi di una radicella è che la fascia pericambiale abbia raggiunto il suo completo differenziamento. Nei coni di vegetazione delle radici delle Aroidee ciò ha luogo assai di buon’ ora. Specialmente al momento in cui il pericambio si differenzia dai tessuti ambienti, gli strati corticali interni continuano a sdoppiarsi. Nella Colocasia antiquorum p. e. durante i primi cambiamenti cui soggiacciono le cellule del peri- cambio, la fascia endodermica non si è ancora separata dallo strato corticale interno. Sicchè in tale pianta alla formazione della cuffia primordiale, dovuta costantemente a metamorfosi delle cellule endo- dermiche unite a quelle corticali interne, prendono parte per intero siffatti elementi tuttora indivisi. Detto tessuto ha quindi lo stesso significato che nella Richardia. Comunque le iniziali della scorza primordiale sieno il più delle volte in numero di 4, tuttavia nell Arisæma sp. da me studiato, cotesto numero apparisce raddoppiato e le cellule disposte in due strati. Dallo strato inferiore, ho notato, prendere origine degli strati 6. Malpighia, anno II, vol. IL 70 A. BORZÌ, di scorza a sviluppo centrifugo, da quelle superiori degli strati del medesimo tessuto a svolgimento centrifugo. Il periblema delle altre Aroidee, che parimenti suole apparire costituito da serie che internamente si sdoppiano in direzione cen- tripeta e verso lo esterno seguono uno sviluppo centrifugo, presenta verso il suo vertice delle iniziali distinte per ambo queste due sorta di serie. Le iniziali, destinate agli strati interni, poste come sono in immediato contatto colle iniziali della regione laterale del ver- tice pleromico, si confondono facilmente con queste ultime. Esse hanno però origine da sdoppiamento tangenziale d’ iniziali corticali situate sopra unico strato, di che ci si può agevolmente accertare seguendo lo sviluppo del pleroma fino al sommo apice del meristema. Nei casi molto frequenti in cui ciò avviene, è da notarsi, come la differenziazione delle due regioni pleromiche suol precedere quella del dermatogeno. Questo tessuto allora comincia ad acquistare la sua perfetta indipendenza tanto dagli strati interni della cuffia, quanto dal pleroma, ad una distanza piuttosto notevole dal sommo vertice del cono vegetativo. Sebbene negl" indicati punti di formazione sogliono quasi con- temporaneamente prendere origine molte radicelle, tuttavia parecchie non giungono a completo svolgimento e rimangono allo stato rudi- mentale. Tali radici occorrono frequenti nella Richardia, in regioni assai distanti dal cono di vegetazione, accanto a radici laterali ormai | adulte. Esse constano del pleroma e della scorza iniziale i cui ele- menti hanno perduto la facoltà di ulteriore svolgimento. Delle cel- lule componenti la originaria cuffia, quelle che direttamente derivano da metamorfosi dell’ endoderma presentano delle pareti esili, soveri- ficate e provviste di quelle particolari ripiegature che sono carat- ‘ teristiche delle cellule del normale endoderma (Tav. III, fig. 16). Dobbiamo in ultimo osservare come il suddescritto processo di formazione delle radici laterali delle Aroidee trovi perfetto riscontro FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 71 nella maniera particolare di svolgimento che seguono le radici em- brionali di esse piante. Appoggiandoci specialmente alle belle ricerche del FLAHAULT è da notare, come nei primordi della formazione di ra- dici siffatte, il pleroma e la scorza presentino i caratteri di tessuti del tutto indipendenti tra di loro e dalla cuffia. Quest'ultima, prende la sua prima origine da metamorfosi dell’ epidermide dell’ asse em- brionale; la scorza si accresce per attività di poche iniziali. Più tardi queste assumono anche l'ufficio di rigenerare la primordiale cuffia; il meristema raggiunge allora la sua normale definitiva struttura. Come vedesi , cotesto modo di svolgimento non differisce essen- zialmente da quello che seguono le radici laterali. Rivolgendo spe- cialmente la nostra attenzione alla cuffia, è da notarsi che durante lo sviluppo embrionale, anche ha luogo la formazione di una cuffia temporanea per metamorfosi di cellule epidermiche. E poiché alla formazione di tale tessuto, durante lo sviluppo delle radici laterali, sogliono prender parte gli elementi dell'endoderma della radice madre, risultano evidenti le omologie fra epidermide embrionale ed endoderma, od almeno puossi concludere, che in ambo i casi la costituzione della cuffia primordiale, sia dovuta ad elementi del si- stema integumentativo. Rappresentando l endoderma una sorta di epidermide interna della corteccia, il fatto può essere argomento di qualche raffronto morfologico. In ogni modo, cotesta sostituzione della epidermide embrionale all'endoderma durante la genesi delle radici è un fatto assai importante in vista della sua generalità come meglio sarà detto altrove. . t 72 A. BORZÌ, QUARTO TIPO Apice del cono vegetativo con iniziali comuni generatrici del pleroma, del periblema, del dermatogeno e normal- mente anche della cuffia. I precedenti tipi sono caratterizzati anzi tutto dalla costante in- dipendenza del cilindro assile dagli altri istogeni fondamentali del meristema radicellare, sieno pur questi distinti fra di loro del tutto (1 tipo) o in parte (Il tipo) od anche confusi in unico gruppo d'iniziali ` (III tipo). I casi che passeremo ora in rassegna, per quanto svariati in alcune particolarità d' ordine secondario, dimostrano la possibilità che il pleroma presto o tardi perda cotesta originaria autonomia, e i propri elementi iniziali concorrano anche alla rigenerazione della scorza e talora pure, nel tempo stesso, della cuffia. Quello che sopratutto merita a priori la nostra attenzione stu- diando lo svolgimento delle radicelle di cui il cono di vegetazione adulto appartiene a si fatto tipo d’accrescimento e di costituzione, è la particolare maniera di origine del cilindro assile rispetto agli |, altri istogeni. Come regola quasi generale noi osserviamo infatti che il pleroma suole differenziarsi assai di buon’ ora in confronto agli altri istogeni fondamentali del nascente meristema. Dalle prime fasi di svolgimento alla completa costituzione del cono di vegetazione decorre un tempo più o meno notevole, durante il quale gli elementi rizogeni trasformansi in serie rettilinee, scorrenti serrate e parallele tra di loro. Coteste serie procedono dallo sviluppo di determinate cellule pericambiali, sia il pericambio costituito da semplice o da multipla serie di elementi, e costituiscono una superficie a contorno regolarmente circolare la quale, pel seguito incremento longitudinale della radice madre, diviene bentosto ellissoide. Il centro dell’ area ` rizogena risponde in generale esattamente al punto di massima pro- pinquità al fascetto legnoso della radice madre stessa. Tutti gli ele- FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 73 menti assumono una forma esagonale più o meno pronunciata , e stanno orientati in serie curvilinee facenti capo ad unico elemento posto al centro preciso della superficie. Lo sviluppo dell'area rizogena procede costantemente in dire- ziono centrifuga a partire da quest’ ultima cellula. Ampliandosi, au- mentano i punti di contatto di essa col sistema fascicolare della radice madre. ‘A misura che gli elementi pericambiali entrano a far parte del- l area rizogena, accresconsi in altezza e man mano si trasformano in serie pleromiche, tramezzandosi tratto tratto, a varie distanze, in successivi articoli. Questi, in corso di sviluppo, divengono più lunghi alla base e a poco a poco decrescono in lunghezza procedendo verso lF apice. Quivi accennano visibilmente ad ampliarsi e qualche volta anche si scindono longitudinalmente in croce aumentando il numero delle serie pleromiche. Seguendo lo accrescimento con tale ordine deriva ben presto dalla longitudinale concrescenza delle varie serie pleromiche un cuscinetto di forma emisferica o brevemente conica. Esse serie sono disposte in ordine decrescente di altezza attorno unica serie centrale. Quelle laterali soglionsi spartire e suddividere longitudinalmente molto più rapidamente che la serie del centro, destinata a generare le iniziali rinvovatrici del cono di vegetazione. Dagli articoli esteriori delle serie laterali prendono origine alcuni strati di scorza e di cuffia che, già tin da’ primordi, rivestono i fianchi del nascente cono ancora prima che si sia, in maniera definitiva, stabilito lo sviluppo inere- mentale del meristema mere? l'attività delle sue speciali iniziali rigeneratrici. Questo è il piano fondamentale di struttura che regola la pri- mitiva costituzione delle radicelle di molte Monocotiledoni. Rivol- gendoci adesso allo studio delle singole modalità di formazione in diversi rappresentanti di tale classe di Fanerogame apparisce 4 priori evidente la necessità di suddividere questo tipo in due sotto-tipi di- stinti, secondo che il cono radicellare è rivestito da una cuffia del 74 A. BORZÌ, tutto indipendente dai restanti istogeni, oppure se tale indipendenza non esiste in alcuna guisa indicata dal menomo rapporto istoge- nico. Come esempio di coni radicali riferibili al primo sotto-tipo io non conosco finora che quelli delle radicelle di molte Iridacee e forse di tutti gli altri rappresentanti di questa stessa famiglia. Per quanto cotesta particolarità apparisca di non lieve valore morfologico, te- nendo conto della speciale origine della cuffia, in siffatti casi a me sembra abbastanza giustificato il considerare tale condizione morfolo- gica come una semplice modificazione di uno stesso tipo comune di struttura e formazione, cui per eccellenza vanno riferiti i meristemi radicali delle Gigliacee, Amarillidacee ecc. come meglio poi si dirà. Epperò le radicelle delle Iridacee, quanto a costituzione del meri- stema, appartengono a questo medesimo tipo normale e generale. A) Calittra distinta in tutta la sua estensione dagli altri istogeni del cono radicellare. SPARAXIS VERSICOLOR, hort. A] punto di formazione di una radicella le radici madri non presentano aleuna notevole particolarità quanto alla struttura loro fondamentale. I tessuti sono ormai differenziati; la fascia pericam- biale costituisce una zona continua, semplice, ad elementi ricchi di protoplasma, alternantisi con quelli dell' endoderma. La genesi di una radicella va studiata a circa un centimetro di distanza dal vertice delle radici madri. La ricerca dei primordi e di tutti gli stadi consecutivi è agevole, stantechè le radici presentano copiose ramificazioni laterali. Il tipo di formazione delle radicelle risponde esattamente, nelle sue fasi fondamentali, a quello stesso caratteristico delle Gigliacee, Amarillidacee etc., vale a dire, anche qui la genesi di una radice TE 3 ek ES a. Ls. x Mem dn e e e e i ini e aa IONE rcr E = ail a Sie ri ne ei a a FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 75 laterale comincia colla costituzione di un cuscinetto d’indole pleromica. La formazione procede dagli elementi pericambiali prospicienti e più vicini agli elementi spirali del cilindro assile della radice madre ; ciò al solito in via centrifuga. Ne derivano così delle serie, al mentre crescono in altezza, tendono a slargarsi in alto e a biforcarsi. Gli articoli periferici, rimasti più corti e molto più larghi di quelli interni, a poco a poco si differenziano in parecchi strati di scorza. Dalla serie centrale, per divisione longitudinale in croce dell’ arti- colo superiore, derivano ben presto quattro cellule iniziali comuni generatrici della successiva scorza e del cilindro pleromico. Tali elementi, visti sopra sezioni longitudinali mediane, presentano una . forma rettangolare col maggior diametro steso nel senso della lun- ghezza del meristema. Così iniziasi l accrescimento del nascente cono radicellare. La formazione dell’epidermide procede assai di buon'ora; nessuna, per quanto lieve, modificazione notasi a quell’ epoca in seno al cu- scinetto pleromico. Quando si segue infatti lo sviluppo di una radi- cella, sin dalle sue fasi più elementari, osserviamo che, mentre le prime serie rizogene rimangono strette e s' innalzano compatte e serrate per costituire un unico fascio, quelle di ultima formazione (periferiche) tendono invece a restar più corte ed assai larghe. Tosto gli articoli superiori di queste ultime si segmentano nel senso per- pendicolare alla superficie del cono di vegetazione, derivandone degli elementi d'indole manifestamente epidermica. La formazione dell'epidermide comincia a partire dela base e procede in via centripeta verso il vertice. La cuffia presenta di buon'ora tutti i caratteri di un tessuto perfettamente indipendente dalla scorza: esso infatti deriva esclusi- vamente dalle cellule endodermiche della radice madre prospicienti all’ area d' inserzione della radicella e si accresce per continuo sdop- piamento tangenziale che i suoi élementi subiscono a partire da quelli situati nel centro. Tali divisioni sono tosto seguite da segmen- tazioni nel senso della larghezza, in modo che, mentre cresce lo 76 A. BORZÌ, spessore della cuffia nella sua regione centrale, essa aumenta altresì in superficie. A sviluppo inoltrato, l'attività rigenerativa della cuffia rimane localizzata ai suoi elementi interni, mentre quelli superficiali restano a poco a poco inerti, dopo essersi accresciuti di numero. La cuffia conserva sempre una perfetta indipendenza dal sotto- posto corpo della radice, il che puossi facilmente rilevare sezionando per lungo dei coni adulti; ma l' accrescimento di essa ha luogo per continuata divisione tangenziale degli elementi interni. Il medesimo piano di struttura e di accrescimento regola i coni radicellari in istato definitivo di sviluppo; il cilindro pleromico tende man mano a confondersi con la scorza quanto più ci avviciniamo | al sommo vertice. Quivi cessa ogni limite apprezzabile fra pleroma e periblema e notiamo quattro cellule in forma di parallelepipedo situate in posizione verticale al contorno del vertice nella regione centrale del medesimo. Esse, a dedurlo dall'esame di meristema gio- vanili, evidentemente derivano dalla divisione longitudinale in croce dell'articolo superiore della serie pleromica centrale. Dette iniziali, per segmentazioni tangenziali posteriori dànno origine ad elementi isodiametrici, i quali stabiliscono una perfetta continuità fra la regioue interna del periblema ed il vertice del cilindro assile. I primi segmenti laterali sono destinati a costituire gli strati esterni del periblema ed il dermatogeno. La individualizzazione di questi due tessuti ha luogo immediatamente, appena il segmento separasi dalla relativa cellula iniziale, mediante una partizione tangenziale: l'elemento superiore *rappresenta la prima cellula dermatogenica; il sottoposto appartiene al periblema (Tav. V, fig. 25, 26, 27). FERRARIA UNDULATA, L. bol Anche presso questa pianía il tipo di formazione e incremento delle radicelle presenta moltissimi punti di contatto con quello che abbiamo rilevato nella Sparaxis versicolor. Gli elementi rizogeni TE dabas Xu e VETRO SPIONE PA ENTE UTI EST Sia. SPIE, SERE INQUIT E EE Em EN FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 77 sono assai più grandi e ci porgono un mezzo opportunissimo per controllare i precedenti risultati. Le serie pleromiche tendono a slargarsi assai di buon'ora al- l apice, prima ancora che in esse manifestinsi delle divisioni tra- sversali. Lo slargamento è più pronunziato in quelle della regione centrale. Esse però restano assai corte, tutto al più formate di 4 articoli. I diversi tessuti del meristema si individualizzano come nel caso dianzi descritto. Dalle serie centrali hanno tosto origini quattro iniziali del pleroma e periblema; dagli articoli apicali delle seguenti serie svolgesi uno strato di periblema primitivo che si ispessisce in direzione centripeta. Le ultime estreme serie del cu- scinetto, rimaste assai corte, si segmentano nel senso trasversale (tangenziale); il segmento superiore, per ripetute divisioni longitu- dinali (radiali) inizia la formazione di uno strato di dermatogeno che d'allora in poi, a partire dai fianchi del cono radicellare, svol- gesi protraendosi verso il vertice di questo. La cuffia prende il suo sviluppo dalle cellule endodermiche della radice madre prospicienti al nascente meristema. L' incremento procede in direzione centrifuga. La massima attività rinnovatrice è localizzata negli elementi interni centrali. Cotesto tessuto con- serva una perfetta indipendenza per tempo assai indefinito. In coni esilissimi sembra che l’attività incrementale operisi per efficacia di 4 iniziali, cui debbono il loro sviluppo il pleroma e il periblema ; il dermatogeno si differenzia molto presto a brevissima distanza dalle iniziali. In coni più voluminosi apparisce aumentato il numero delle iniziali e quindi il vertice del meristema presenta una superficie più larga. Quivi scorgesi chiaramente che la rige- nerazione dell’ apice del pleroma compiesi per segmentazione tra- sversale delle iniziali. I primi segmenti laterali di esse iniziali, benchè destinate alla rigenerazione della scorza, possono peraltro fornire al pleroma nuovi elementi; sicchè i limiti tra questi due tessuti restano sovente indecisi lateralmente al vertice. I segmenti interni della cuffia, dotati di massima attività rige- 78 A. BORZÌ, nerativa, appariscono corti e strettamente addossati alle iniziali co- muni; con questi però d'ordinario si alternano; tuttavia in alcuni casi i rapporti di posizione sono tali da rendere possibile la suppo- sizione che detti segmenti interni centrali della cuffia possano pren- dere anche origine dalie dette iniziali. GLADIOLUS CARDINALIS, Hort. G. sEGETUM, Ker. Prescindendo da lievi varianti relative alle dimensioni degli ele- menti rizogeni, anche qui la formazione e l'accrescimento delle ra- dicelle compiesi secondo il tipo comune alla Sparaxis versicolor e alla Ferraria undulata. | ) Nel GI. segetum Ker. quando le serie primordiali del cuscinetto meristematico sono composte di quattro articoli, i tre inferiori ap- partengono al pleroma. In tal guisa cominciasi a pronunziare una certa riduzione nella lunghezza delle serie del pleroma, la quale sempreppiù accentuasi in altri rappresentanti delle stesse Iridacee, come ora vedremo. Ignis PsEUDo-Aconmus, L. GERMANICA, L. E I. FÆTIDISSIMA.. L. Il genere Iris è importante perchè, il fipo di genesi delle ra- dicelle fin'ora descritto, raggiunge nelle sue specie il massimo grado di semplificazione. Lo sviluppo primordiale procede al solito dalle cellule primordiali prospicienti i fascetti legnosi. Gli elementi rizo- geni in ordine centrifugo, dopo essersi cenvenientemente accresciuti, in altezza, si spartiscono trasversalmente. I segmenti posteriori rap- presentano degli elementi d'indole pleromica. Dal segmento esterno della cellula centrale, derivano le iniziali generatriei della scorza e si pasti nica 2 PRIA AD ET RAP AI PERLE E TN RD iati. nri nn FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 79 del cilindro assile ; dagli altri segmenti esterni prende origine la scorza di cui lo strato esterno, a partire dai fianchi del nascente meristema, si differenzia in dermatogeno. La cuffia, come nelle altre lridacee, deriva esclusivamente della endoderma della radice madre e conserva sempre la sua indipen- denza, rinnovandosi ed accrescendosi per divizione dei suoi elementi interni centrali. Appena avvenuta la prima differenziazione della scorza e del cilindro assile, lo sviluppo dei due tessuti procede alcun tempo in una maniera indipendente ; per incremento intercalare e per seguite partizioni trasversali, gli elementi iniziali del pleroma si trasformano in serie del tutto semplici. Nel tempo stesso il segmento superiore. della cellula rizogena centrale si scinde, per due divisioni successive longitudinali, in quattro cellule figlie, che divengono tosto delle ini- ziali rigeneratrici della scorza e più tardi anche del pleroma. Successivamente, con ordine centrifugo, i segmenti esteriori delle cellule rizogene si differenziano in scorza. Essi dividonsi subito tan- genzialmente e quindi, a partire dal di fuori, nel senso radiale; così man mano la scorza prende il suo sviluppo. Il dermatogeno, come si disse, procede dagli elementi esteriori della fascia periblemica. Gli elementi interni invece d’ ordinariamente si aggiungono a quelli del pleroma primitivo prolungandone le serie. L' incremento ulteriore dei coni vegetativi sembra compiersi in parte per attività delle quattro iniziali ed in parte per quella degli elementi già formati. Dette iniziali distinguonsi per dimensioni re- lative cospicue e per la loro forma di parallelepipedo. Esse sono suscettive per un certo tempo di dividersi nel senso della lunghezza (radiale) rigenerando ed accrescendo la scorza. I primi segmenti sepa- rati scindonsi tangenzialmente ; il segmento esteriore si differenzia in dermatogeno; l'altro torna a bipartirsi nella stessa direzione: così prende inizio la fascia periblemica. Sulle sezioni longitudinali Questa apparisce formata da serie che si biforcano regolarmente e continuatamente a misura che ci allontaniamo dal vertice. 80 A. BORZÌ, Durante questo stadio manifestasi assai evidente l'attività del pleroma iniziale ; le sue serie, per ripetute divisioni trasversali, si accrescono rapidamente in altezza, in modo che il cilindro assile ri- veste tutti i caratteri di un tessuto interamente indipendente dalla scorza. Lo esame di coni maggiormente sviluppati dimostra come siffatta attività non suole oltrepassare certi limiti e, tostochè esaurita la rigenerazione dell’apice pleromico, compiasi col concorso delle sud- descritte iniziali della scorza. A questo proposito le mie osservazioni concordano con quelle del TREUB, solamente in parte ; però esse con- fermano la opinione di questo botanico, secondo la quale, il meristema radicale delle Iridacee stabilisce una transizione tra il tipo di struttura e d' incremento delle sommità vegetative delle radici delle Gigliacee da un lato e delle Greminacee, Ciperacee, Giuncacee etc. dall'altro. Intimi punti di contatto fra i coni radicali di queste ultime piante e quelli di Iris Psewdo-Acorws esistono considerando la cuffia, la quale presenta una perfetta indipendenza dagli altri tessuti primarii. Anche la temporanea indipendenza del pleroma dalla scorza accenna a nuova affinità. Come presso le radici delle Gigliacee, Amarilli- dacee etc., gli elementi del cilindro assile e quelli della seorza non offrono aleuna discontinuità verso il vertice. Quivi notiamo un grande numero di iniziali disposte in unico strato (tav. IV, fig. 24) intorno alla sommità del pleroma. Esse derivano dalla partizione longitudinale delle precedenti 4 cellule rigeneratrici della scorza. Il loro numero cresce da 4 a 16 a 32; quelle interne (centrali) assumono allora la funzione di rinnovare ed accrescere il vertice del cilindro assile. Questa facoltà man mano esse perdono procedendo verso la periferia; le iniziali di tale regione sono esclusivamente destinate alla rigene- razione e allo incremento della scorza. Prima però che in maniera definitiva stabiliscasi questa divisione del lavoro istogenico le 4 ini- ziali promiscuamente adempiono l'ufficio di accrescere il pleroma e la scorza. La cuffia, come si è detto, accrescesi per attività dei suoi ele- A. BORZÌ, 81 t menti iuterni. Questa condizione è soddisfatta fin dai primi istanti dello svolgimento della radicella. A sviluppo compiuto i coni pos- siedono un vero strato caliptrogeno distinto dalle iniziali comuni del cilindro assile e dal periblema, formato da unica serie di cellule che a queste si sovrappongono (tav. IV, fig. 24 c). Detti elementi il più delle volte giacciono in posizione alterna colle iniziali medesime; in ogni modo, tali sono i rapporti di posizione di queste con gli elementi rigeneratori della cuffia da escludere ogni sospetto che fra questi due tessuti esistano genetiche relazioni, come venne supposto dal TREUB. Aggiungasi pure la particolarità che le cellule caliptrogene sono or- dinariamente il doppio più larghe delle iniziali. L'attività di detto strato scema a misura che ci allontaniamo dal vertice del meristema : allora gli elementi, suscettivi solo di accrescersi in volume, appari- scono molto distesi in larghezza e schiacciate nel senso tangenziale. Gli altri elementi egualmente inattivi della regione centrale della cuffia, cresciuti in dimensione, assumono una forma isodiametrica. Da tutto cio che abbiamo esposto rilevasi la grande importanza dello studio delle sommità radicali delle specie del genere Iris; so- praiutto degno di considerazione è il fatto, che nei primi stadî forma- tivi esse seguano lo stesso tipo di genesi proprio delle radicelle delle Graminacee, Ciperacee etc. e come questo si sia successivamente modificato, accostandosi sempre più alla medesima forma di struttura e di incremento dei coni radicali delle Gigliacee, Amarillidacee etc. Questi fatti credo non siano privi di qualche valore, segnatamente dal punto di vista filogenetico, non potendosi altrimenti spiegare che in forza di ereditaria attitudine coteste varie manifestazioni delle leggi di sviluppo. B) Cuffia non distinta dal vertice del cono di vegetazione. LILIUM CANDIDUM L. t La formazione delle radicelle è in questa specie molto impor- tante, vuoi per le varianti che essa presenta in confronto delle altre 82 A. BORZÌ, Gigliacee, vuoi per le ragguardevoli dimensioni che gli elementi meristematici raggiungono, onde assai agevole riesce orientarsi sulle diverse fasi di svolgimento. Nulla di notevole presentano le radici madri all’epoca della for- mazione delle giovani radicelle. Il pericambio costituisce una zona continua di elementi subrettangolari nella sezione trasversale, ed un poco più piccoli di quelle endodermiche. Lo sviluppo di una radicella comincia sempre dalle cellule rizogene prospicienti ad un fascetto legnoso, le quali si accresconò nel modo ordinario per formare, in ordine centrifugo, un cuscinetto pleromico. Però le serie tendono a restare assai corte e a slargarsi molto di buon’ ora all’ apice. Questo aumento di volume degli articoli apicali è tosto seguito da spartizione longitudinale, in modo che i nascenti meristemi sogliono prestissimo assumere una forma emisferica molto pronunciata. Evidentemente questo modo di sviluppo comincia dalla serie centrale; sicchè le seguenti serie laterali, a misura che si ac- crescono, prendono una posizione divergente ad arco verso l' esterno; ciò secondo il noto principio formulato dal Sacnms. Mentre in tal guisa accrescesi il nascente meristema, gli articoli superficiali tendono lentamente a slargarsi e a restar corti, mentre quelli interni divengono sempre più manifestamente larghi, conser- vando il primitivo spessore o tutto al più questo diminuisce per se- guite bipartizioni longitudinali. Dagli uni si passa gradatamente agli altri in maniera evidentissima e si deduce che le serie pleromiche hanno la tendenza di subire delle modificazioni nella regione loro superiore. Tali modificazioni hanno per obbietto la genesi dei tessuti esterni del cono radicale e segnatamente del periblema. Abbozzata così la prima costituzione del cono radicellare, vediamo immediatamente cominciare |’ ispessimento della scorza e le serie pleromiche allungarsi dippiù guadagnando maggiormente in altezza. Mentre così iniziasi l'accrescimento vediamo costituirsi la cuffia. Questa prende evidentemente la sua origine dalle cellule esterne del vertice del meristema, o per meglio dire, le cellule esteriori della d n a2 MD rM an i cL IO SAI EINE ET E CT ri Ee FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 83 regione apicale del periblema assumono tosto la funzione di cuffia. Tanto nei primordî, quanto negli stadî successivi e quelli adulti uno stacco, per quanto lievissimo, tra cuffia e periblema non esiste. Bensi notasi come le cellule corticali della regione centrale del cono, a misura che ci allontaniamo dagli strati interni periblemici, divengano sempre più grandi, perdano mano mano gran parte del proprio con- tenuto e le pareti si ispessiscono maggiormente, acquistando delle proprietà particolari ed una consistenza colloide e colorandosi rapi- damente in violetto per azione della tintura di jodio. In complesso questa esterna regione del periblema riveste tutti i caratteri di una vera cuffia. In corso di sviluppo non mutano siffatte condizioni e la caliptra conserva sempre tutte le proprietà di un vero tessuto di dipendenza dalla scorza, anzi si potrebbe meglio dire che in tale stadio ciò che per funzione e per morfologici caratteri puossi indicare con questo nome, non sono che gli strati esterni della scorza medesima. Gli e- lementi, che tale regione compongono, assumono una forma pressochè isodiametrica, perdendo la primitiva disposizione seriale, mentre lungo i fianchi del cono si presentano disposti in istrati e di forma tabulare. Riguardo alla genesi dell'epidermide è da notarsi un fenomeno assai importante: vale a dire, nei primordi della costituzione di una radicella il dermatogeno prende la sua origine dalle cellule endo- dermiche laterali ad esso meristema. Più tardi, a sviluppo inoltrato siffatto tessuto deriva dagli strati laterali esterni della scorza ; le particolarità di tale sviluppo sono le seguenti : Quando comincia Ja formazione del cuscinetto pleromico, le so- prastanti cellule dell' endoderma della radice madre rapidamente si accrescono, acquistano un contenuto abbondante di protoplasma, as- sumendo una forma cubica a faccie esterne molto convesse. Ben tosto siffatti elementi si segmentano nel senso radiale. Il nascente cono rimane così avvolto da una sorta di guaina che con- servasi semplice in tutto il suo percorso. Mentre continua lo svol- gimento del cono radicellare, séguita pure con eguale rapidità lo » 84 A. BORZÌ, RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI accrescimento in superficie di detta guaina ; però questo incremento manifestasi con maggiore intensità negli elementi situati verso la base del nascente cono e lungo i fianchi di questo. Queste stesse cellule s' ingrandiscono dippiù, si dividono ripetutamente nel senso radiale, dando origine a cellule molto strette e fortemente convesse allo esterno. Le altre cellule della guaina, corrispondenti al vertice del cono, restano invece immutate nelle condizioni primitive. In tale stadio l'intera guaina apparisce nettamente scissa in due regioni: l' una centrale, apicale; l'altra laterale. Quest’ ultima rappresenta l’epider- mide del giovine meristema; l’altra persiste alcun tempo semplicissima per costituire una sorte di tunica temporanea destinata a proteggere il sommo vertice della estremità vegetativa della radicella. Lo svi- luppo di detto strato dermatogenico comincia costantemente ad una certa, benchè lieve, distanza dalla base del giovine cono, e man mano, a partire da tale regione, tutte le cellule successive (salvo come si è detto, le apicali) si trasformano in elementi epidermici. Al punto dove arrestasi questo svolgimento e comincia la guaina protettrice, stabiliscesi una linea di demarcazione ben netta, determinata da una vera interruzione che i due tessuti subiscono in quella regione. In- fatti ivi le nascenti cellule epidermiche, venute in contatto ai primi elementi della guaina, seguitano a svolgersi e a crescere di volume, forzando questi e sporgendo un po’ al di fuori dal contorno dell'in- tiero cuscinetto, in modo da prendere una posizione inclinata verso lo esterno. Così stabiliscesi una perfetta continuità fra gli elementi epidermici d’indole endodermica e quelli interni definitivi di natura periblemica. Ciò ha luogo più tardi. Gli elementi esterni della scorza prossimi al punto dove cessa il suddetto strato epidermico, assumono allora tutti i caratteri degli elementi dermatogenici. D’ allora in poi la formazione del dermatogeno segue a spese delle cellule della regione laterale superiore del periblema. Se non che, mentre una parte di tali elementi divengono cellule epidermiche, altri entrano a far parte Ea dieta sce E x CEU, LARE die " Mc nti Sia S RS ua RENE S IA RET NI S D Ma das ELT INT EN e SE See an ele O. BECCARI, LE PALME INCLUSE NEL GENERE COCOS 85 della. cuffia, prolungando questo tessuto lungo i lati del cono radi- cellare. : Quando si fanno sezioni longitudinali mediane di coni adulti, tali condizioni di struttura risaltano in maniera evidente. Ivi scor- gesi come a misura che gli strati centrali della scorza direttamente si trasformano in cuffia, lungo i lati dànno luogo a nuovi strati di calittra, mentre quelli internamente posti, svolgonsi in epidermide. Se la sezione è ben fatta si possono agevolmente seguire le graduali modificazioni delle cellule corticali in cuffia ed in dermatogeno. Riassumendo : Nel Lilium candidum le serie pleromiche iniziali dànno origine al periblema: gli strati esteriori di questo si convertono in cuffia. L'endodermide della radice forma lateralmente al nascente cono di vegetazione il dermatogeno e nella regione del vertice un’ esile guaina protettrice temporanea. A sviluppo inoltrato e definitivo, l'incremento della sommità vegetativa di una radicella ha luogo per mezzo d' iniziali situate all'apice del cilindro pleromico, le quali, mentre rinnovano il ci- lindro stesso, generano il periblema; gli strati centrali esterni di questo si convertono in cuffia; quelli laterali esterni in dermato- geno e cuffia. (continua). Le Palme incluse nel genere Cocos Lus. Studio preliminare di OpoARDo BeccARI. (Continuaz. ved. vol. 1, pag. 454). Subgen. ARECASTRUM. Tutte le specie di questa sezione molto si rassomigliano fra di loro, e sono forse da considerarsi come varietà di una o due specie grandemente variabili e molto diffuse in causa dei frutti circondati 7. Malpighia, anno II, vol. II. 86 O. BECCARI, da polpa edule, ricercata dagli uomini e dagli animali. Il C. Ro- manzoffiana è il più anticamente descritto, ed è quindi quello in- torno al quale occorre raggruppare le forme affini; ma per uno studio critico di queste mì occorre un materiale più completo di quello che mi sia stato possibile di riunire fino a qui. Perciò mi limito presentemente alla enumerazione delle specie (così chiamia- mole per ora) che ritengo debbano appartenere alla sezione Areca- strum, senza troppo discuterne il loro valore. 19. Cocos Romanzoffiana Cuaursso in Choris, Voyage pitt. aut. du Monde, p. 5, t. V et VI, (1822) et in Flora, VI (1823), par. I, 226. — Mart. Hist. nat. Palm., II, p. 127, tab. 88 f. VII, et vol. III, p. 331. — Kunth, Enum. pl. III, p. 286. — Wendl. in Kerch. Palm., p. 241. — Hook. in Report R. G. Kew, 1882 (1884), p. 241. — Drude Zn Mart. Fl. bras. vol. HI, p. II, p. 419, tab. XCII (excl. fig. II). Abit. — Presso il Porto di Santa Catharina, nel Brasile meri- dionale. Osservazioni. — Essendo questa la specie piü antica della se- zione, è quella che più di tutte occorre ben conoscere, per sta- bilire definitivamente qual valore abbiano le altre. È specie in- completamente descritta, ma di essa mi son potuto fare un assal giusto criterio, dietro l'esame di un frammento di esemplare che ritengo autentico. Di fatti nell Erbario di Pietroburgo si conserva un ramoscello dello spadice fiorifero di un Cocos (sotto il nome di C. butyracea), che porta l'etichetta « E Brasilia, Eschscholts ». Ora è noto che Eschscholts fu compagno di Chamisso nel viaggio ai mari australi (Laségue, Musée botanique p. 213). Il ramoscello in — discorso porta molti flori 9 attaccati, ma ancora giovani ed inaperti, ciò che impedisce un esatto confronto con gli esemplari più svilup- pati che io possiedo delle altre specie affini; corrisponde però egre- - giamente alla figura 2 della tav. VI del « Voyage pittoresque » ; LE PALME INCLUSE NEL GENERE COCOS 87 di L. Choris, figura da Drude riprodotta nella tav. 92 della « Flora brasiliensis ». Non posso quindi in alcun modo dubitare che tale ramoscello non appartenga all’esemplare tipico del C. Romanzoffiana. Per mezzo di tale documento spero di potere in seguito bene riu- scire ad identificare questa specie ed a sbrogliare la sinonimia dei Cocos della sezione Arecastrum. A ciò tanto più facilmente spero di riuscire, in quanto che il chiarissimo sig. Fritz Miiller, mi ha fatto sperare di eseguire delle ricerche speciali sui Cocos della regione, dove appunto fu per la prima volta scoperto il C. Roman- zoffiana. 20? Cocos australis Mart. Palm. Orbign. (1847), p. 95, t. 1, f. 2 et t. 30 C, et: Hisl. nat. Palm., III, p. 289 et 324. — H. Wendl. in Kerch. Palm., p. 240. — Drude in Mart. FI. bras., v. III, p. II, p. 420 (partim?). — Hook. în Report R. G. Kew, 1882 (1884), p. 72. Abit. — D'Orbigny scrive che questa Palma cresce (od almeno cresceva) all'imboccatura del Paranà un poco al di sopra di Buenos- Ayres, dove aveva fatto dare il nome di Rio de la Palmas ad uno dei bracci del fiume. Da questo punto d'Orbigny non la osservò più sino al 29° gr. di Lat. S., ricomparendo da Corrientes sino alle Mis- sioni. Aggiunge che si mostrava ancora nelle vicinanze di Caacaty, presso il Rio di Santa Lucia ed il Rio Batel. I Guaranis la chia- mano Pindo. I frutti hanno una polpa dolce edule, molto gradevole. Osservazioni. — I Cocos che si coltivano nei giardini, special- mente nella regione mediterranea, sotto il nome di C. australis , appartengono tutti alla sezione Butia, e non hanno nulla che vedere col vero Cocos australis, il quale a quanto sembra ha la più gran- de rassomiglianza con alcune delle forme riferite da Barbosa al C. Geribà e forse non differisce dal C. Romanzoffiana dal C. plu- mosa. 88 O. BECCARI, 21?? Cocos Datil Gris. et DRupE în Gris. Symb. FI. Argent., 1879, p. 283. — Drude in Mart. Fl. bras., v. II, p. II, p. 419, tab. XCIII. Abit. — Repubblica Argentina, dove s'incontra nelle isole e nelle selve lungo le sponde dell'Uraguay presso la Concezione, e sul Rio Paranà presso Buenos-Ayres (Dru de). Osservazioni. — Riferisco questa specie sull'autorità di (Drude), ma a me sembra che appena possa cader dubbio sulla sua identità col C. australis. Io non valgo a scorgere differenze fra le figure R. R. (rami di spadice) e le analisi dei fiori o" e 9 delle tavole XCII e XCIII (vol. III, p. II) della « Flora brasiliensis », dal Prof. Drude attribuite, quella della prima tavola, al C. Romanzoffiana, e quelle della seconda al C. Dai. : 22? Cocos plumosa (non Lodd.) Hoox. f. in Bot. Mag., t. 5180 (1860), et in Report R. G. Kew, 1882 (1884), p. 72. — Arcangeli in Bull. Società Toscana d’Ortic., III, 1878, p. 214. — H. Wendl. in Kerch. Palm., p. 241. — Drude in Mart. FI. bras., v. II, p. II. p. 412. — Cocos comosa (non Mart.) Parla- tore, Les Collect. bot., tab. II. Abit. — Brasile meridionale ? Osservazioni. — Descritta la prima volta da Sir J. Hooker sopra un individuo d’incerta provenienza, fiorito nel Giardino reale di Kew. Di questo esemplare, per la cortesia del Prof. Thyselton Dyer e del Prof. Oliver, ho potuto esaminare un frutto e dei ramoscelli fioriferi. Dietro di che avrei fortissimo motivo di ritenere che al C. plumosa si dovesse riunire il C. Geribà B. R. Ma rimane ancora da verificare se veramente il C. plumosa differisce dal C. Roman- zoffiana e dal C. australis. i i Mat alle pinne LE PALME INCLUSE NEL GENERE COCOS 89 23? Cocos Acrocomioides Drope in Mart. Fl. bras., v. MI, p. II, p. 409, tab. LXXXVII, f. HI. — Cocos Geribà (forma syl- vestris) Barb.-Rodr., Les Palmiers, p. 24 et. 29, fig. a in tab. physiognomica, et tab. IIT, f. 4, a, b. Abit. — Brasile — nella provincia di Matogrosso lungo il Rio Miranda o Mondego affluente del Rio Paraguay (Drude). Osservazioni. — Barbosa Rodriques considera il C. Acrocomioi- des (probabilmente non a torto) come una semplice forma silvestre del C. Geribà. A me poi sembra che non sia facile precisare per quali caratteri si distingue dal C. plumosa Kook. f. f 24?? Cocos Geribà Bars.-Ropr. Protesto — app. p. 43 (1879) et: Les Palmiers, p. 27, f. 6, in tab. physiognomica et tab. III, f. 5, a, b, c, et E 6, a, b, (1882). — Drude in Mart. Fl. bras., t. III, p. HI, p. 403, in clavis analytica. — Cocos Martiana Dr. et Glaz. in Mart. Fl. bras., v. III, p. II, (1881) p. 418, t. LXXXVIII et LXXXXIX. Abit. — Sembra una specie molto diffusa nel Brasile, dove a quanto pare si trova bene spesso anche coltivata. Barbosa la indica di Minas Geraés, di Rio Grande do Sul e del Paranà. Dice che è conosciuta col nome di Geribà o Gerivà, ed a Rio de Janeiro più specialmente con quello di Coco de Baba de Boi. Osservazioni. — Secondo Barbosa è una Palma molto variabile per la maggiore o minore ampiezza della chioma , e per la forma e le dimensioni dei frutti. E coltivata, sotto varii nomi, in molti giardini della regione mediterranea, dove fiorisce e non di rado frutüfica in pien'aria. I suoi semi con leggiere variazioni di forma e di grandenza si trovano in commercio, nei cataloghi degli orti- coltori, sotto i nomi di C. flexuosa, Romanzoffiana, Dalil, plumosa, coronata, lapidea e botryophora. Il nome di C. Martiana Dr. et Gl. deve considerarsi come sinonimo di C. Geribà. Ma resta ancora 90 O. BECCARI, a dimostrarsi se la specie a ‘cui da Barbosa-Rodriques è stato ap- plicato questo nome, realmente differisca dal C. Romanzoffiana Ch. e dal C. plumosa Hook. f. Nelle osservazioni al C. coronata ho di già avvertito come mi sembrino appartenere al C. Geribà le fig. I, II e le analisi 1-7 della tab. 81 della « Historia naturalis Palmarum » di Martius. — Ho esaminato gli esemplari distribuiti da Glaziou coi nn. 8056 (citato da Drude), 13294, 13295, 15560. (in h. Petr.). 25. Cocos acaulis DRupE in Mart. Fl. bras., v. II, p. II, p. 426, tab. XCVII, fig. II. Abit: — Brasile: Sui monti della Serra Douro nella prov. di Piahuy, e nella prov. di Goyaz fra la città di Goyaz e Cuyaba. (Dr). — Riferisco a questa specie dei frutti inviatimi da Spegazzini e raccolti lungo il Rio Ibieuy nelle montagne dell' interno del Pa- raguay, sui confini del Brasile. - Subgen. Burra — (Arecastrum, Subsect. Micrantha Dr.). 26. Cocos capitata Mart. Hist. nat. Palm., II, p. 114, tab. 78-79, et tab. Z XVI, f. IX, et vol. III, p. 324. — H. Wendl. in Kerch. Pal., p. 241. — Drude « Mart. FI. bras., v. III, p. II, p. 324. Abit. — Brasile. Martius dice frequente il C. capilala nella Prov. di Minas Geraés sui monti nel deserto fra la Serra de S. An- tonio ed il Rio Jequitinhonha; più raro nella regione dei Diamanti. Dagli indigeni à chiamato Cabesudo o Coqueiro azedo. Drude, che indica altre località per questa specie, aggiunge il nome indigeno di Butia. Questo nome nella provincia del Rio grande do Sul è assegnato a dei Cocos, i qual se non sono identici, sono affini al C. capitata , al C. schizophylla ed al C. eriospatha. Sono queste specie che passano nei giardini coi nomi di C. australis, Gertneri e Blumenavia. (Vedi: Gartenflora, XXX (1881), p. 103; et XXXII (1882), p. 244, non che la Revue Hort., 1881, p. 64). n.o VAN a T9 RIESI ii Key NET n NES. ME LE PALME INCLUSE NEL GENERE COCOS 91 27. Cocos eriospatha (Mart. mns.) Drude in Mart. FI. bras., 2, III, p. IL, p. 424. Abit. — Brasile: nei campi arenosi della Provincia del Rio LA Grande do Sul. Anche questo è chiamato Butia dagli indigeni. Osservazioni. — Ho potuto riconoscere questa specie in grazia al D." Henriques, che da Coimbra me ne ha inviati i fiori freschi ed i frutti maturi, tolti da un individuo coltivato sotto il nome di C. australis. I frutti sono come ciliegie un poco depresse, di color giallo sfumato di rossastro, con polpa abbondante acidula, contenenti un nocciolo subsferico, eguale a quello delle figure 10-12 della tavola unita a questo scritto, ma un poco più piccolo. Ritengo che sia questa la specie che più comunemente si coltiva in pien' aria nei giardini coi nomi di C. australis e di C. campestris. Dei frutti di questa medesima specie, sebbene un poco più grandi di quelli menzionati e con un seme delle dimensioni e forma di quello rap- presentato nelle ora citate figure, ne ho ricevuti dal sig. Naudin dalla Villa Thuret a Antibes e dal Barone Valiante da Napoli. 28. Cocos leiospatha Bans.-R odr. in Rev. de Hort., II, (1877) p. 24 c. ic. (non vidi) et: Protesto-append. p. 44, cum. ic. xyl. — Drude in Mart. Fl. bras., v. III, p. IL p. 423, tab. XOVLI fig. 1l. Abit. — Brasile nella Prov. di Minas Geraés. Nei campi pietrosi della Serra do Agua-pé a 1160 metri sullivello del mare (Barb.- Rodr.) Nome indigeno Coqueiro do Campo. Osservazioni. — Ho riconosciuto questa specie in alcuni indi- vidui che hanno fiorito sino dall'anno 1886 nel Giardino pubblico presso l’ Albergo dei Poveri a Genova. È anche questo uno dei Cocos che passa sotto il nome di C. australis e più spesso forse sotto quello di C. Bonnet. 92 O. BECCARI, Var. D angustifolia DRupE in Mart. Ft. bras., v. III, p. Il, p. 423, tab. XCVI, p. II. : Abit. — Brasile: nella prov. di Minas Geraés presso Lagoa Santa (Dr.). 99. Cocos schizophylla Mart. Hist. nat. Palm. Il, p. 119, tab. 84 et 85, T. f. IV et vol. III, p. 324. — H. Wendl. in Kerch. Palm., p. 241. — Drude in Mart. FI. bras., vol. III, p. II, p. 422. — Hook. în Report R. G. Kew, 1882, (1884), p. 72. — Cocos Aricuì Prinz. v. Neuwied. Reise in Brasil., I, 272. Abit. — Brasile: Nella provincia di Bahia, p. e. presso Camamü e Bahia, non che in varie altre località (Mart.); a S. Jorge dos - Ilheos (Dr.) — Nome ind. Arzrì, Aricurì od Alicurì. Osservazioni. — Non essendo conosciuta la struttura interna del frutto, rimarrebbe alquanto incerta la sezione in cui deve essere collocata, se le affinità con le altre specie della sezione non elimi- nassero i dubbii. 30. Cocos Jatay Mart. Palm. Orbign., p. 93, t. 1, f. 1, t. 30 B; (?) et: Hist. nat. Palm. III, p. 289 et. 324. — H. Wendl. è Kerch. Palm. p. 241. — Drude in Mart. Fl. bras. v. IIL, p. II, p. 421 tab. XCIV et XCV. Abit. — Nella Repubblica Argentina: nella provincia Concordia (Dr.)e lungo i flumi Paranà, S. Lucia e Batel nelle provincie Corrientes ed Entre Rios (D' Orb.) Drude lo cita anche del Brasile senza esatta località. Osservazioni. — Un grande esemplare di questa specie si col- tiva nell'Orto botanico di Napoli. Di questo esemplare il professore (1) Nel testo si cita la fig. C, che appartiene al C. australis, per il quale s (di cita invece la fig. B appartenente al C. Yatay. Questa trasposizione spiega forse ‘a la confusione accaduta intorno a questi due Cocos. LE PALME INCLUSE NEL GENERE COCOS 93 Pasquale mi ha comunicato de’ saggi che corrispondono bene con la descrizione e le figure citate della ** Flora brasiliensis ,,. Secondo alcuni semi a me comunicati dal sig. Naudin, a questa specie ap- partiene un Cocos che fruttifica in pien' aria a Monte Carlo. Riferisco al Cocos Jatay anche il Cocos mammillaris del ca- talogo 1887 dei signori Dammann di Napoli. Mantegazza (') ha fatto conoscere le proprietà antelmintiche dei frutti del Cocos Jatay; ecco quanto egli scrive: « La virtà antelmintica di questo frutto fu scoperta casualmente dai soldati argentini. Il colonnello Martinez comandante di Nogoyà, mi raccontò che nelle guerre civili contro Oribe il suo corpo do- vette passare alcuni giorni su la sponda destra dell'Uraguay in un Bosco di palme che lasciavano cadere a profusione i loro frutti. Negli ozii del campo i suoi soldati si misero a rompere il nocciuolo e a mangiarne la parte carnosa che contiene e che è assai sapori- ta, e molti di essi con grande stupore videro poco dopo ne’ loro escrementi grande quantità di Lombrici, di Ossiuri e di Tenie, ciò che fece credere ai più ignoranti che quel frutto potesse generare dei vermi. Martinez dopo d’allora consigliò a molte persone affette da elminti l' uso di quel frutto e ne ebbe il più felice successo. « Questo piccolo Cocco si può mangiare in grande quantità senza che faccia male, e senza che produca mai alcun effetto purgante. Per chi non voleva occuparsi a snocciolarlo, feci preparare delle emulsioni estemporanee macinando il frutto con l'acqua e ne ebbi un buon risultato. « Le mie poche osservazioni non mi danno il diritto di preci- sare il valore antelmintico del Cocos Jatay, e di determinare se sia più attivo del Melagrano, della Felce maschio, del Kusso e degli altri tenifugi meno noti che ci vengono dall'Abissinia. Questo frutto però non dovrebbe essere dimenticato, perchè è di sapore piacevole, () Sull' America meridionale. Lettere mediche del Dottor Paolo Mantegazza, (Milano 1858), p. 162. 94 0. BECCARI, di facile digestione e se ne potrebbe avere in gran copia a poco prezzo, essendo in quei paesi comunissimo. D'altronde l’ astuccio quasi lapideo in che sta chiusa la sua parte carnosa deve preser- vare a lungo la sua virtü ». SPECIE DUBBIE. 31? Cocos botryophora Marr. Hist. nat. Palm., II, p. 118, t. 83 (ex parte ?), 84 et 101 f. 2 (non Palm. Orbign. pag. 98 et excl. ic. III in tab. 73, Hist. nat. Palm.) — Drude in Mart. FI. bras., III, p. II, p. 408 (pro parte?) et excl. syn. C. Geribà Barb.-Rodr. — Barb.-Rodr., Les Palmiers, p, 23. — Syagrus botryophora Mart. Hist. nat. Palm., III, p. 292 (partim) et p. 324 et tab. 166 f. III, 1-9 (partim?) et Palm. Orbign., p. 133 (pro parte) — H. Wendl. în Kerch. Palm. p. 257. — Allalea gran- dis Hort. fide Hook. in Report R. G. Kew, 1882 (1884) p. 72. Abit. — Al Brasile nelle foreste, sopratutto littoranee, nella provincia di Bahia a Caxoeira, Camamù, Engenho da Ponte, e lungo i fiumi Peraguacu e Rio das Contas (Mart.) Dagli indigeni è chia- mato Pati o Patioba (Mart.). Osservazioni. — Ho collocato il C. botryophora fra le specie dubbie per le contradizioni a cui danno luogo le varie figure che di questa Palma ha pubblicato Martius, secondo le quali per i fiori 9 dovrebbe esser collocata fra gli Arecastrum, e fra le Gla- ziova per i frutti. I rami fioriferi dello spadice, raffigurati nella iavola 83 del Martius, le analisi del fiore 9 sulla medesima tavola (fig. 6-9), e quelle dell'ovario nella tav. 166 f. III, 1-4, si riferi- scono indubbiamente ad un Cocos, che a mala pena potrebbe di- stinguersi dal C. Geribà B. R. Però lo spadice fruttifero della menzionata tav. 83 ed i frutti staccati che vi si vedono raffigurati, in mancanza di analisi che ne rivelino la struttura interna, poco o nulla ci istruiscono intorno alla sezione a cui debbono apparte LE PALME INCLUSE NEL GENERE COCOS 95 nere. Se però le figure III, 5-9 della tav. 166 (sempre dell’ Historia naturalis Palmarum), son di fatto dimostrative dei frutti portati dallo spadice raffigurato nella tav. 83, ogni incertezza sparirebbe, rivelando tali figure la struttura tipica dei frutti di una Glaziova; ma in tal caso bisognerebbe ammettere o che il C. botryophora porta i frutti di una Glaziova ed i fiori di un Arecastrum, o che tale specie è stata fondata sopra elementi eterogenei. Mi sembra inoltre che il frutto raffigurato nella tavola XXX, D del Palmetum Orbignyanum , e da Martius riferito al C. botryo- phora, notevolmente differisca tanto da quelli espressi nella tav. 83, quanto dall'altro della tav. 166 f. III. Per tal motivo, in via prov- visoria, ho proposto un nome specifico nuovo per il Cocos di D'Or- bigny, sperando in tal modo di attirare sopra di esso lattenzione dei viaggiatori, e facilitarne il ritrovamento. La fig. III, nella tav. 73 D della Hist. nat. Palm. mi sembra poi che rappresenti lo spadice del C. lejospatha Barb.-Rodr. V. f ensifolia Drude in Mart. Fl. bras., v. III, p. II, p. 409. Abit. — Nel Brasile a Bahia (Glaziou n.° 8088). Osservazioni. — Gli esemplari citati di Glaziou corrispondono perfettamente, per i rami fioriferi degli spadici, alla fig. I, tab. 83 del Martius, la quale come sappiamo dovrebbe rappresentare il C. botryophora. Yo non saprei specificamente separare detti esemplari da quelli del C. Geribà B.-R., dai quali differiscono solo per i seg- menti delle fronde più dritti, per i ramoscelli dello spadice più si- nuosi a zig-zag, e più angolosi, e per flori 9 più grandi. L'ovario e lanoso, e bene corrisponde a quello della fig. III 1-4 tab. 166 del Martius. | (continua). 96 P. KOTURNITZKY, Apparato per illustrare la teoria meccanica della Fillotassi. — Lettera del professore P. KoruRNITZKY al pro- fessore F. DELPINO. (Tav. X). Chiarissimo Signor Professore ! Vi prego d'accettare i miei più vivi ringraziamenti per il cortese invio del vostro lavoro: « Teoria generale della fillotassi ». Le mie occupazioni, come professore all’ Istituto tecnologico, mi obbligano, malgrado il mio vivo desiderio, di differire il piacere di dedicarmi al profondo studio del vostro lavoro fino a quest'estate, potendo allora disporre più liberamente del mio tempo. Per ora mi permetto soltanto di farvi la descrizione del modello costrutto da me, del quale voi fate menzione nella nota alla pagina 127 del vostro libro. La de- scrizione di questo modello si trova nel XII volume dei « Lavori della Società dei Naturalisti di Pietroburgo » (1881), del quale faccio l’ estratto seguente : « Ci si rappresenterà chiaramente la relativa posizione delle sferette , se costruiremo un modello, il quale stabilisce la relativa posizione. dei loro centri. É molto facile di costruire questo modello servendosi degli ordinari tubi di vetro adoperati in chimica (di circa 4"" di diametro) in modo seguente : « Tagliamo i detti tubi in parti di lunghezza uguale (p. e. di 150%); facciamo passare in tre di questi tubi un cordoncino e lo leghiamo in modo che si ottenga un triangolo equilatero 1, 2, 3 (Tav. X, fig. 1). Poi facciamo passare in tre seguenti tubi i cor- doncini che formano il nodo 4, e leghiamo le estremità a, b, € dei cordoncini sulle sommità del triangolo 1, 2, 3. Otterremo un TEORIA MECCANICA DELLA FILLOTASSI 97 tetraedro, il quale stabilisce la relativa posizione dei centri delle prime quattro sferette 1, 2, 3 e 4 dell'apparato DeLPINO. « Egualmente come abbiamo fissato il nodo 4 ai nodi 1, 2 e 3, fissiamo anche il nodo 5 ai nodi 2, 3 e 4, ecc. Avremo un sistema di tetraedri sulle sommità dei quali si trovano i centri delle sferette dell’ apparato DeLPINO. « Mi sono convinto che è sufficientemente stabilita in questo modo la posizione dei nuovi centri sul modello, per aver un’ idea chiara delle qualità dell’ apparato. « Certamente che il modello proposto da me non si distingue né per perfetta esattezza, nè per eleganza, ma è molto facile ad eseguirsi ed é di'poca spesa. « Oltre a questo, i tubi di vetro, i quali stabiliscono la posizione dei nodi (o centri) disegnano abbastanza chiaramente i tre sistemi delle spire, delle quali parla il Prof. DeLPINO. « L’ esame geometrico prova che i centri di tutte le sferette dell’ apparato DeLPINO si trovano sulla superficie laterale d'un ci- lindro retto, avente base circolare. Il raggio di questo cilindro è facilissimo a determinarsi. Disegniamo infatti (fig. 2) un triangolo equilatero 1, 2, 3, i lati del quale siano uguali al diametro delle sferette. « Dividiamo l'altezza 2h di questo triangolo in 5 parti uguali; allora il centro della base del cilindro si troverà nel punto distante i di al- tezza dalla sommità 2. Il raggio sarà quindi = E di altezza del triangolo. « Indicando il raggio con r e il diametro delle sferette (o il lato del triangolo) con d, avremo: ni e d = 0,51961524 d = cirea 0,52 d, « Disegnando la circonferenza del cilindro cercato e rappresen- tandoci mentalmente il cilindro stesso, ósserviamo che bisogna voltare il triangolo 1, 2, 3 presso la sua altezza 2h, affinché le sue sommità — - 1 e 3 si dispongano sulla superficie del cilindro. 98 P. KOTURNITZKY, TEORIA MECCANICA DELLA FILLOTASSI « L'angolo che forma il piano del triangolo 4, 2, 3 col piano della base del cilindro sarà — 39° 13’ 53", come si può provare facendo il calcolo. « Appena che le sommità del triangolo 1, 2, 3 sì troveranno collocate sulla superficie del cilindro (fig. 3), sulla stessa si troverà anche la sommità 4 del tetraedro, la base del quale è il triango- lo 1, 2, 3; lo stesso dicasi per le sommità di tutti gli altri tetraedri. « Inoltre mi sono convinto che veramente tutte le sommità dei tetraedri si trovano sovra una stessa spirale generatrice. « Calcolando l'angolo di divergenza (f) troviamo che: 0 = 131° 48' 37", = 474517", con esattezza fino !/,, d' un secondo. « Accettando questa grandezza dell’ angolo come completamente esatta, otteniamo : į — £053 — 129600000 « Esprimendo questa relazione con una frazione continua (*), ot- teniamo il seguente approssimativo valore dell’ angolo di divergenza : pog a A L i LI a E TE a Vi prego di accettare, Egregio signor Professore, l espressione della mia profonda stima e riconoscenza. Pietroburgo 93 febbraio 1884. Vostro devotissimo i PaoLo KoTURNITZKY I1 fet lo - i +++t5+tytiatitste T N. BERLESE, FUNGI VENETI NOVI VEL CRITICI 99 Fungi veneti novi vel critici, auctore Doct. Avausro Na- POLEONE BERLESE, Instituti Botanici Patavini adjutore. (Continuaz. v. pag. 536, vol. 1.). B. Hvpronguopnu Fr. 12. Volvaria bombycina Schaeffer Fung. Bav. et Palat. tab. 93. — Bizzozero Flora Veneta Crittog., I, p. 63. — Quélet Champ. du Jura et Vosges, p. 144. — Briganti Historia Fung. R. Neap., tab. 34, fig. 1-6. — Krombholtz Natur. Abbildung., tab. 23, fig. 15-21. — Fries Syst. Myc. I, p. 277. Hymen. Europ. p. 182. — Saccardo Syll. Hymen., I, p. 656. Agar. incarnatus Batsch Elench. Fungor., p: 51, n. 32. Sporae ovoideae, roseo-violaceae, bi-quadriguttulatae, in apicu- lum minutum desinentes, 7*5; basidia clavata, saepe clavato- capitata, guttuligera, 30-35 v 7-9; sterigmata acicularia, minuta; cystidia majuscula, clavata, sursum vero attenuato-rotundata, basi in pedicellum pro ratione exilem desinentia, 100-120 v 25-12. (Tab. I, fig. 1.). ' Habitat ad basim trunci Populi angulatae humosam in Horto Botanico Patavino. — Species in regione Veneta semel tan- tum inventa a cl. Martens (Mart. Reis. nach Vened. II, 648 sub nomine Amanite incarnate Pers.) prope vicum Dolo prov. Ve- netiarum ad truncos Castanearum (Confr, Heufler Enumer. Crypt. It. Ven. p. 64 et Saccardo Mycol. Venete Specim. p. 70). 13. Eccilia Mougeotii Fries Hymenomyc. Europei p., p. 212. Var. minor Saccardo in litteris (Tab. I, fig. 2). 100 N. BERLESE, Pileo e convexo umbilicato, violaceo-fusco ; lamellis lilacinis; stipite violaceo, fibrilloso, basi intense fusco; sporis ovoideo-angu- latis, conspique apiculatis, crasse uniguttuligeris, 7 v 9, roseis. Habitat ad terram humosam inter Muscos in Horto Botanico Patavino. — (BizzozERo). C. DERMINI Fr. 14. Inocybe asterospora Quélet Quelq. espéc. nouv. de Champ. p. 50. — Voglino Observat. Anal. Fung. p. 28, tab. IV, fig. 29. — Saccardo Syll. Hymen. Vol. I, p. 780. Agaricus asterosporus Cooke Ill. Brit. Fung. tab. 385. Spore globose, tuberculoso-stellate , subferrugine, 7-10 v 4-6; basidia clavata, 4-sterigmica 25-29 v 7-10; sterigmata acicularia, 3 v 1; cystidia fusoideo-ventricosa, apice atro-verrucosa, 58-64 v 12-18. Habitat ad terram circa arbores in Horto Botanico. — (VoGLINO, E). 15. Hebeloma testaceum Batsch Elench. Fung. tab. XXXV, fig. 198 a-c. — Voglino Observat. Anal. Fung. p. 29, tab. IV, fig. 30. — Quélet Champ. du Jura et Vosges, p. 250. — Fries Hymenom. Europ. p. 238. — Cooke Ill. Brit. Fung. tab. 408. — Saccardo Syll. Hymen. vol. I, p. 793. c E e | | | i | | | Spore ellipsoideze, saepe inzequilaterales, deorsum apiculatze, sub- È ferruginee, 8-10v 4-5; basidia clavata, 4-sterigmica, 33-35 6-8; 1 sterigmata acicularia, 2-3 v 1. i Habitat ad terram in silvaticis Horti Botanici Patavini ( VoGLINO, l. c.). | E 16. Hebeloma elatum Batsch Elench. Fung. pag. 11, tab. | XXXII; fig. 188. À — Voglino Observat, Anal. Fung. p. 30, tab. IV, fig. 32. FUNGI NOVI VEL CRITICI 101 — Gillet Hymenom. Franc. p. 527, (cum icone) Tab. An. Hym. p. 116. — Fries Hymenom. Europ. p. 241. — Saccardo Syll. Hymenom. Vol. I, p. 800. Spore ellipsoidez, inszquilaterales, utrinque apiculatee, ochraceo- ferruginez, 11-14 v 7-9; basidia clavata, basi brevissime stipitata, 4-sterigmica intus guttulata , 34-41 v 10; sterigmata acicularia , 6-9 v 2-3. Habitat in locis silvaticis Horti Treves, Patavii. 17. Flammula lenta Persoon Synop. method. Fung. p. 287. — Voglino Observat. Anal. Fung. p. 31, tab. V, fig 3. — Gillet Hymenom. Franc. p. 533 — Tab. An. Hym. yp. 116. — Fries Syst. Mycol. I, p. 253 — Hym. Europ. p. 246. — Cooke Ill. Brit. Fung. tab. 440. — Saccardo Syll. Hymen. Vol. I, p. 815. Spore ovate ellipsoidez, inszequilaterales, dilutissime flavescentes, 7-10 v 4-5; basidia clavata, 4-sterigmcea acicularia, 2-3 v 1; cy- stidia obolavata, basi rotundata vel obtuse acuminata, 47-54 w 10. Habitat ad terram inter folia emortua Fagi prope Vicentiam. D. PRATELLI fr. 18. Agaricus campestris Linné S. Nat., n. 1205. — Var. umbrinus Fries Hymen. europ. p. 280. — Voglino Observat. anal. Fung. p. 35, tab. 5, fig. 39. Agar. camp. var. pratensis vaporarius Vittadini Fung. mang. p. 47-58, tab, VIII, fig. 1-8. Spore ellipsoide@, fusco-purpures, 7 x 5; basidia clavata, 2-ste- rigmica, 21-24 v 7; sterigmata acicularia, 4 v 3. Habitat in pratis umbrosis Horti Botanici Patavini. — (VoariNo). 19. Psilocybe cernua Vahl Flora Danica tab. 1005, fig. 1. — Voglino Observat. Anal. Fung. p. 37, tab. V, fig. 43. — Quélet Champ. du Jura et Vosges, p. 147. 8. Malpighia, anno II, vol. II. 1029 N. BERLESE, — Fries Syst. Mycol. I, p. 171. — Cooke Ill. Brit. Hymen. tab. 574. — Saccardo Syll. Hymen. Vol. I, p. 1053. Agaricus farinulentus Schaeffer Fung. Dav. et Pal. fig. 205. Ag. Alneti Schumacher Enumerat. II, p. 280. Spore ellipsoidee, ineequilaterales, basi apiculate, fusce, 10-12 v 6-7; basidia clavata, apice inflata, 4-sterigmica, 18-19 v 8-9; sterigmata acicularia, 2-3 v 1; cystidia fusoidea, basi obtuse acumi- nata, 36 v 8-10. Habitat ad ligna putrida in Horto Botanico Patavino. (VocLINo). 3 20. Psathyra pellosperma Bulliard Champ. de France tab. 561, fig. 1. (ex errore sub.) Psilocybe. — Voglino Observat. Anal. Fung. p. 38, tab. 5, fig. 44. — Cooke Ill. Brit. Fung. tab. 577 (ex errore sub Psilocybe). — Var gracilis Fries Hymenom. Europ. p. 305. — Saccardo Syll. Vol. I, p. 1061. Spore ellipsoide® , basi apiculate , fuligineo-atre , 10-14 v 5-7, basidia clavata, 4-sterigmica, 16-23 v 5-6; sterigmata acicularia , 21; cystidia obclavata, apice longe cylindracea , 50-54 v 10-14. Habitat ad terram humosam in silvaticis Horti Pacchierotti Patavii (Voglino, 4. c.). 21. Coprinus pseudo-plicatilis Voglino Observat. Anal. Fung. p. 42, tab. V, fig. 50. — Saccardo Syll. Hymen. vol. I, p. 1109. : Pileo tenerrimo, campanulato, umbonato, mox hiascente, sulcato, . plicato, furfuraceo, luteo-griseo, 0,8-1 cm. crasso, umbone luteolo ; - lamellis adnatis, fuligineo-nigricantibus ; stipite gracili, lanato, albo, | deorsum incrassato, floccoso, 2, 5-4 cm. longo, 1 mm. crasso; spor ; ris oblongo-ellipsoideis, saepe inæquilateralibus , fuligineo-atris, | 6-8 v 3; basidiis clavatis, 4-sterigmicis, 14-16 v 6-7 ; sterigmatibus | acicularibus, 2-3 w 1; cystidiis crassis, clavatis, basi leniter attenua- tis, 50-75 v 12-25. FUNGI NOVI VEL CRITICI 103 Habitat ad fragmenta lignea in calidariis Horti Botanici Pa- tavini. — Ad basim fungorum juniorum adest Ozonium, ex hyphis septatis, fiiiformibus, fasciculatis , ochraceis, 2-4 u crassis efforma- tum. — Affinis C. plicalili a quo lamellis adnatis, pilei colore, nec non magnitudine sporarum recedit (Voglino, l. c.). PYRENOMYCETEX Fr. em. De Not. 22. Anthostoma melanotes B. et Br. Var. longiascum Ber- lese Fungi Moric. fasc. II, p. n. 3, tab. III, fig. 1-7. — Berlese et Voglino Addit. ad vol. I-IV Sylloges, p. 46 Stromate crustaceo , effuso, ligno parum prominenti, vel ejus superficie nigrificante ac maculas elongatas, aut subrotundas, saepe confluentes, fuscescentes vel tandem nigricantes, opacas, efficiente, postremo intus quoque nigro limitato; peritheciis majusculis, de- presse globosis, omnino in subiculo furfuraceo , flavido immersis, laxe sparsis, ostiolo exerto, minutissimo, integro, conico vel hemi- spheerico, nitidulo, tandem perforato instructis; ascis cylindraceis, longissime pedicellatis, 190-200 v 6-7 , p. spor. 70-75 w 6-7, apice 1-2-foveolatis, paraphysibus filiformibus, simplicibus obvallatis, tunica crassiuscula preeditis, octosporis; sporidiis oblique monostichis, ob- tuse fusiformibus vel ovoideis, rectis vel rarius nonnihil ingequi- lateralibus, 10-12 x 5, fuligineis, sepe biguttulatis. Habitat in ligno decorticato et indurato Mori albe, Fiumi- cello Italie borealis. 23. Leptosphaeria fallax Berlese Fungi Moricole Fasc. IV, n. 3, tab. III, fig. 1-4. — Berlese et Voglino Add. ad Vol. I-IV Syll. p. 415. Peritheciis minutis, atris, sparsis, globulosis, ostiolo minuto pa- pilliformi, epidermidem perforante, poro minuto pertuso donatis, tectis, dein epidermide secedente liberis superficialibusque , '/, !/, mm. diam., contextu minute parenchymatico, fuligineo; ascis cylin- 104 N. BERLESE, draceo-clavatis, breve abrupteque stipitatis, paraphysibus filiformi- bus, simplicibus cinctis, 60-70 v 12, octosporis; sporidiis recte distichis, fusoideis vel biconoideis, rectis vel subinde in:equilatera- libus, 5-septatis, ad septa przcipue ad medium constrictis , loculo medio superiore incrassatulo, utrinque acutiusculis, 28 v 4-5, flaveo- lis, eguttulatis. Habitat in ramulis emortuis Mori albe, Fiumicello Italie borealis. Affinis Leptospherie Medicaginum, a qua sporidiis enu- cleatis, loculo medio crassiore, etc. differt. 24. Teichospora spectabilis (Fabre) Saccardo Sylloge. Py- renomyc. vol. II, p. 299. Decaisnella spectabilis H. Fabre Ess. sur le Sphér. de Vaucl. p. 112, fig. 64. ! — Berlese Fungi Moricolx fasc. II, n. 2, tab. II, fig. 1-10. Peritheciis basi ligno exarido plus minusve insculptis, sparsis, nunc solitariis, nunc 2-3 inter se coalescentibus, globoso-conoideis, ad latera compressiusculis , rugosis, quandoque exasperatis, opaco- atris, modo papillatis, papilla brevi et egregie nitida, modo vertice obsolete umbilicatis, !/, mm. diam; ascis cylindraceis, brevissime crasseque stipitatis, tetrasporis, 180 « 20-22; sporidiis oblique aut recte monostichis, oblongis, utrinque rotundatis, junioribus oblongo- ovoideis, initio hyalinis granulosisque, dein luteis, 3-7-septatis, opa- * cis, septis longitudinalibus crebre fenestratis, 45-50 v 15-18; para- physibus gracilescentibus, filiformibus, guttulatis. Habitat in ligno indurato, axarido Mori albe, Fiumicello Italie borealis. Ascos octosporos, a cl. Fabre visos, nunquam mihi - invenire contigit. 25. Ophiobolus Antenoreus Berlese Fungi Moricol. Fase. IV, — n. 6, tab. VI, fig. 6-9. — Berlese et Voglino Addit. ad vol. I-IV Syll. p. 421. Peritheciis sparsis, minutis, atris, epidermide tectis, globoso-co- noideis, ostiolo cylindraceo teretiusculo, crasso, sursum: rotundato, FUNGI NOVI VEL CRITICI 105 poro pertuso, longiuseulo, prominente donatis, '/,-'/. mm. diam. , ascis longissimis, cylindraceis, sursum rotundatis, aparaphysatis, sepe apice arcuatis vel flexuosis, subsessilibus , octosporis, 180-200 v 4, sporidiis filiformibus, ascos longitudine s:equantibus, rectis flexuosisve, continuis, guttulatis, 180-200 v 15, pallidissime luteis. Habitat ad ramulos emortuos putridosque Mori alb: in R. Horto Botanico Patavino. — Ophiobolo Hesperidis affinis a quo sporidiis longioribus, guttulatis differt. Magnitudine ascorum spori- diorumque statim ab aliis distinguenda species. 26. Ophiobolus collapsus Ell. et. Saec. Var. moricola Berl. Fungi Morie. fasc. IV, n. 6, tab. VI, fig. 1-5. — Berlese et Voglino Add. ad vol. I-IV, Syll. p. 421. Peritheciis sparsis, macula nulla insidentibus, primo tectis dein epidermide secedente liberis superficialibusque . basi setis nonnullis, fuligineis, cinctis, minutis, '/, mm. diam., atris, nitidis, globoso- conoideis, ostiolo minuto, vix papillato, non setigero preeditis, demum collapsis; ascis cylindraceis vel cylindraceo-clavatis, in. stipitem brevem attenuatis, subinde curvatis flexuosisve, 100-110 « 8; oc- tosporis; sporidiis filiformibus, rectis vel curvulis, subinde arcte arcuatis flexuosisve, 9-12-pseudoseptatis, circa medium noduloso- incrassatis, 90v 3, in asco dilutissime flaveolis ; paraphysibus nullis. Habitat in ramulis emortuis, demum decorticatis Mori alb, Carpesica, agri Tarvisini. — A typo sporidiis crassioribus, vix lu- teolis, distinete pseudoseptatis, matriceque differt. 27. Lophiostoma elegans (Fabr.) Saccardo Syll. Pyr. vol. II, p. 702. : — Berlese Fungi Moric. fasc. I, n. 3, tab. III, fig. 8-14. Navicella elegans Fabre Ess. sur le Sphér. de Vaucl. p. 69, fig. 36. i Peritheciis late sparsis, cortice duriore insidentibus, plus minusve immersis, globoso-conicis, rugosiusculis, atris, '/,-'/, mm. diam., 106 N. BERLESE, FUNGI NOVI VEL CRITICI ostiolo brevi, crasso, rima fisso; ascis cylindraceis, breviter stipitatis, paraphysibus septatis obvallatis, 160-170 v 14-18, octosporis; spo- ridiis oblique monostichis vel irregulariter distichis, navicularibus, — initio hyalinis et plasmate bipartito tandem 5-septatis, ad septa vel saltem ad medium leniter constrictis, septis secundo et poenultimo subinde extimis appropinquatis; loculis ultimis subhyalinis, ceteris fuligineis, crasse uniguttatis, vel pluriguttuligeris, 38-47 v 12. Habilat in corticibus fissis et exsiccatis, ad basim truncorum Mori albe, Fiumicello agri Patavini. Sporidiis minoribus atque non appendiculatis a Lophiostomate Julii precipue distinctum. 28. Lophidium fenestrale (Cooke et Ellis) Saccardo Sylloge Pyrenom. Vol. Il, p. 715. e — Berlese Fungi Moricol. Fasc. II, n. 6, tab. III, fig. 1-11. - Berlese et Voglino addit: ad vol. I-IV, Syll. p. 260. : Lophiostoma fenestrale Cooke et Ellis in Grevillea VI, p. 12. Peritheciis subsuperficialibus , subinde ligno immersis, sparsis, E subglobosis, */.-1 mm. diam., rugosiusculis, ostiolo lateraliter com- presso, sepe elongato donatis; ascis clavatis, prelongis, crasse tunicatis, apice foveolatis, in stipitem brevissimum, nodulosum de- | sinentibus, paraphysibus filiformibus, crassiusculis obvallatis, 210-220 v 24-27, octosporis; sporidiis subdistichis, raro oblique monostichis, | obtusis, fusiformibus, 11-15-septatis, medio constrictis, loculis 3-4 septulis longitudinalibus divisis, 58-60 v 17-19, primo pallidis, dein flavo-rufescentibus, tandem fuligineis, opacis, junioribus cribrose : guttulatis, septo medio divisis, longioribus, 60-64 v 18, hyalinis. Habitat in ligno decorticato induratoque Mori albe socia Tei- chospora spectabili, Fiumicello agri Patavini. d (continua). A. POLI, LA GELATINA DEL KAISER 107 La gelatina del Kaiser adoprata per disporre in serie i preparati microscopici — Nota di microtecnica, del D." Aser Port. La gelatina glicerinata , o miscuglio di gelatina e glicerina, consigliato dapprima da NorpsrEDT, poi dal KarsER per la conser- vazione dei preparati di certe alghe, dei granuli di polline e di amido, delle spore, ecc. e per fissare la struttura del protoplasma e la disposizione dei corpi clorofillici (!), fu in seguito usata su vasta scala per la conservazione dei preparati botanici, e raccomandata ad ogni passo dallo SrRAsBURGER nel suo classico Botanisches Practi- cum. L'HawsEN (°) però giustamente osserva che, sebbene questa sostanza sia molto adatta per la conservazione di alcuni preparati, non lo è, in generale, pei tessuti, perchè, oltre all'avere sempre una colorazione giallastra, non permette mai l'espulsione completa delle bolle d' aria. D' altra parte, uno dei grandi vantaggi della gelatina in confronto della glicerina liquida, che ordinariamente si adopra, è quello di conferire una maggiore solidità al preparato e di renderne molto piü facile e sicura la chiusura coi mastici : poiché la glicerina, che sfugge sempre un po' di sotto al vetrino, è difficile a togliersi completa- mente e bene, ed impedisce l'adesione del mastice. Per questo l’ Hansen consiglia di chiudere i preparati montati in glicerina, prima con una leggera pennellata di gelatina, e di ap- plieare poi sopra questa il mastice. In tal caso la gelatina (ossia il miscuglio del KaIsER), si mischia benissimo colla glicerina di cui (!) Cfr. PourseN-Pout, Microchimica vegetale, Torino 1881, p. 46. (°) D? A. Hansen, Eine bequeme Methode zum Einschliessen mikroskopi- scher Präparate — Zeitschr. f. wiss. Mikroskopie, Bd. III, 1886, p. 482. 108 po Ww SAGE può esser bagnato il vetro sul contorno del preparato, fissa abba- Stanza bene il vetrino, e si puó poi compiere la saldatura col mastice nero ordinario, il quale aderisce allora perfettamente. Ho sperimentato anch'io questo metodo, e lo trovo comodo e di. perfetta riuscita. Molto migliore è dell'altro raccomandato da FRAN- COTTE ('), pure per i preparati montati in glicerina, e che consiste nel fare la prima saldatura colla paraffina fusa. Prima di tutto, come il FRANCOTTE stesso avverte, l'uso della paraffina richiede sem- pre che il vetro sia prima perfettamente netto da glicerina ; poi io 3 irovo l'applicazione della paraffina molto pià incomoda di quella della gelatina. - Ho ricordato qui il metodo di Hansen, perché, dopo l'esperienza che ne ho fatta, ho creduto bene raccomandarlo a quei botanici che non l'avessero ancora sperimentato. Ma l'oggetto di questa mia Nota è un'altra applicazione della gelatina glicerinata , che io trovo utile e non so che altri abbia provato: voglio dire per faci- litare la montatura dei preparati in glicerina, e specialmente per disporli in serie. Il grande numero di sostanze raccomandate per tener in posto i preparati da disporsi in serie (*) ci sta ad indicare che la solu- zione di questo problema di microtecnica offre parecchie difficoltà pratiche, specialmente quando si tratta di preparati da conservarsi | a secco (nel balsamo del Canada, nella resina di Dammar, nel Li- | quidambar, ecc.) Si consigliano p. es. l’ albumina, varie soluzioni contenenti gomma arabica, varie resine , ecc. Ma per i preparati botanici da montare in glicerina trovo molto conveniente la gelatina 93 del KAISER. : Sul vetrino porta-oggetti, prima di disporsi il preparato o i preparati, si dà una leggera pennellata (con un pennello molto (1) D.* P. FrancoTTE, Manuel de technique microscopique — Paris, Lebé- gue, p. 249. (€) Cfr. p. es. FRANCOTTE, op. cit. pag. 321 e seg. LA GELATINA DEL KAISER 109 piccolo) di gelatina (precisamente fusa, s'intende), o si danno tante pennellate nei luoghi che dovranno essere occupati dai preparati : questi vi si depongono sopra col pennello, e facilmente aderiranno alla. gelatina, e quindi al vetro. Se non aderissero subito, quando il preparato è all'ordine, prima di mettersi la glicerina e di chiu- derlo, si scalda leggermente* (la gelatina glicerinata fonde a 45° ed anche meno) e poi si lascia di nuovo raffreddare. Si aggiunge poi la glicerina e si cuopre col vetrino, nel modo solito, senza pe- ricolo che i preparati si spostino. i Questo metodo è comodo anche quando si debba montare un solo pezzo, poichè tutti sanno che, dopo aver collocato il preparato in mezzo al vetro, non si riesce talvolta ad impedirgli di sportarsi, e magari di venire a collocarsi proprio sul margine del vetro, allorchè si applica questo sulla glicerina. Nello stesso tempo la gelatina glicerinata adoperata per fissare il preparato in quantità così piccola, è così facilmente diffusibile nella glicerina, che, dopo averci reso il servizio di tener fermo il preparato, non dà nessun disturbo ed è come se non ci fosse. Dal Gabinetto di Storia Naturale del R. Istituto Tecnico di Piacenza. Gennaio 1888. 110 RASSEGNE Rassegne G. B. De Toni e D. Levi: Flora Algologica della Venezia - INI, Le Cio roficee. — Venezia, 1888. : Argomento quanto mai importante é senza dubbio la sistematica trattazione delle Cloroficee. Chi si accinge ad un lavoro di questo genere si troverà di contro a- parecchie difficoltà e prima fra tutte la incompleta conoscenza della morfologia | e dello sviluppo di moltissime forme. Sicchè, a voler procedere alla cieca, seguendo _ le orme del RaBENHORST si corre il rischio di far cosa troppo imperfetta. 3 I signori De Toni, e Levi, elaborando questa terza parte della « Flora algo- - logica della Venezia » che comprende le Cloroficee, hanno mostrato tutta la ] buona volontà di saper fare da se e di voler far bene. Non è quindi per col loro se, a mio credere, lo studio propostosi non sia riuscito scevro di qualch pecca. Se i chiarissimi Autori avessero, p. e., tenuto molto conto di alcuni lav speciali comparsi dopo la pubblicazione dell'informe compilazione del RABENHORST, - avrebbero di certo aggiunto dei pregi notevolissimi al loro lavoro. É noto infa come gli studii dello Scamrtz sui cromatofori delle alghe abbiano di gran lun facilitato l'opera dell’ algologo sistematico, mettendo in rilievo il grande valore dei caratteri desunti da siffatti organi. Così è che, secondo il ‘mio avviso, se gli egregi Autori avessero tratto abbastanza partito da tali criterii, i gruppi da 1 costituiti o accettati. avrebbero avuto una base più sicura, più naturale, più co! forme ai progressi ed ai bisogni dell'odierna algologia; si sarebbero, v. gT., acco! che assai disparati sieno i legami presunti fra le forme di Schizogonium e le Ut thric; così pure, e se avessero attinto bastevoli lumi ai recenti scritti del Ro VINGE, del WILLE, del LAGERHEIM, ete. la limitazione dell'intrigatissimo 8% Conferva, tal quale è stata da loro fatta, sarebbe stata maggiormente semplifica ed avrebbero evitate talune inesattezze. Con ciò non intendo muovere grave al punti agli egregi Autori: l'argomento, ripeto è di molto difficile e i pP cedenti sono assai poco confortanti per chi voglia fare mediocre lavoro; 98° dire — questa è la mia opinione — che chi si accinge a tale intrapresa gnerebbe addirittura che dimenticasse molti volumi algografici che per manc? RASSEGNE 111 di meglio corrono fra le mani di ognuno come le fonti più autorevoli, e comin- ciar da capo senza scrupoli e riguardi. Per lunga esperienza acquistata per- severando da più anni in studii di tal genere mi sono convinto di ciò: basti dire che circa tre quarti di generi stabiliti o accettati dal RABENHORST non hanno ragione di esistere; di pochi la sistematica ubicazione non lascia nulla che ridire, Davanti a questo stato miserando in cui versa l'Algologia la miglior cosa che si può fare quando specialmente si ha il piacere di ammirare nei signori Dx Toni e Levi, due giovani volenterosi, intelligenti ed entusiasti per questo ramo della Crittogamologia, che di augurarsi di veder meglio concentrata la loro attività a ricerche originali riflettenti lo sviluppo e la morfologia di organismi, come appunto le Cloroficee e altri affini, tanto complicati nella loro esistenza, colla certezza che uno studio sì fatto riesca ad assicurare alla Scienza e partico- larmente alla sistematica delle alghe dei vantaggi più reali e più immediati, de' risultamenti di cui il valore nè per forza di tempo nè per volontà umana potrà cambiare. Bonzi. B. Frank: Ueber neue Mycorhiza-Formen. Nei Berichte der deut- schen botanischen (Gesellschaft, con 1 Tav., Heft 8 Berlin 1887. Intorno a pochi altri argomenti si è fatto in questi ultimi anni un lavoro di ricerca pari a quello compiutosi intorno alla importante quistione delle ora cosi dette Mycorhize la cui scoperta ufficiale per opera del Prof. G. GrpELLI data dal 1883. L’ estesa letteratura, che fra gli altri annovera lavori di GrseLLI, FRANK, REESS, Rxess et Fisca, Boupier, BeNEcKE, MÖLLER, KAMIENSKy, GROsGLIK, WAHRLICH, MartIROLO, THomas, KERNER etc. ete. si è arricchita in questi giorni (18 No- vembre 1887) di un notevole nuovo lavoro dovuto al solerte Professore dello Istituto di botanica fisiologica in Berlino B. FRANK. È argomento di questa nota lo studio di alcune forme di Mycorhize non ancora descritte e differenti assai da quelle già precedentemente esaminate nelle Conifere, nelle Cupulifere e famiglie vicine e nella Monotropa hypopitys. L'Autore prima di entrare in materia ricorda brevemente le caratteristiche anatomiche e morfologiche proprie alle Mycorhize già conosciute, le quali for- mano attorno al corpo radicale un involucro continuo comunicante però organi- camente coi tessuti interni per mezzo di quelle ife, le quali scorrendo fra le cellule epidermoidali, si portano nell’ interno della radice attorniandone ivi sem- plicemente gli elementi cellulari. Le radici affette da Mycorhize hanno in 112 RASSEGNE relazione alle normali un accrescimento limitato in lunghezza ed un’ abbondante 1 ramificazione, che dà loro il caratteristico aspetto coralloide, Ricorda l'attività 3 funzionale delle Mycorhize la quale, secondo le note idee dell A, si risolve E in una simbiosi tra radice e fungo e discorre quindi dei caratteri secondarii proprii alle Mycorhize, caratteri i quali possono in diverso modo, non solo variare nella stessa specie, ma anche in uno stesso individuo. Fra queste vanno specialmente ricordate le caratteristiche che hanno rapporto | i colla potenza dello strato micelico, colla colorazione della membrana degli elo- 3 menti micelici, colla natura, struttura, della superficie delle Mycorhize, colle 1 relazioni che contraggono gli elementi durante il loro sviluppo e finalmente colla pigmentazione ( bianca, rosea, violetta, rossa, gialla, bruna.) che si osserva 1 frequente. 1 La breve ed interessante rassegna riassume le attuali cognizioni morfologiche È sull’ argomento, prepara mirabilmente il lettore alla esposizione dei nuovi risul- tati che vengono in seguito comunicati, e dà ragione delle divisioni proposte - dirette a specificare lo studio delle differenti Mycorhize. E Se, come dice il Frang, daremo il nome di Ectotropiche a tutte quelle forme di radici a Mycorhize nelle quali il fungo trovasi esternamente e di Endotro- piche a quelle nelle quali occupa l'interno di certe cellule radicali, dovremo considerare i tipi seguenti :- : A) Mycorhiz®e ectotropiche. A queste appartengono : 1°) Le Mycorhize ordinarie a ramificazione coralloide, già descritte. 29) Le Mycorhize a lunghi rami aventi dd gra laterali paragonabili ai tricomi radicali. Questo tipo speciale venne = volte osservato dall’ A. nei distretti tartu- fiferi del Sud- Hannover sopra le radici del Fagus sylvatica. Le radici affette da queste Mycorhize macroscopicamente poco differiscono nel loro aspetto dalle radici normali, mentre, esaminate al microscopio, appaiono invece rivestite da un involucro fungino pseudo-parenchimatico , stratificato, assai spesso; e gli pseudo-tricomi radicali si rivelano formati da fasci di filamenti micelici che si svolgono perpendicolarmente dall’ involucro fungino. Le ife in questi pseudo-tri- comi (!) decorrono parallele, ordinate in un piano e strettamente unite, cosi da rappresentare delle specie di lamine, le quali vanno a grado a grado restringendosi (1) Che possono raggiungere una lunghezza di 1 1{2 a 2 mill. RASSEGNE — 113 dalla parte basale verso l’apice, poichè le ife, comportandosi analogamente ai peli radicali, si attaccano alle particelle del suolo. Questi organi, ritiene l' A. appaiono non solo morfologicamente analoghi ai tricomi radicali, ma devono pure esserlo funzionalmente. 39) Mycorhise del Pinus Pinaster del Capo B. S. Le radici affette dalle Mycorhize descritte in questa sezione, sono abbastanza riccamente ramificate e si distinguono per il loro singolare aspetto dovuto a nu- merose produzioni laterali analoghe alle produzioni tricomatose, ma molto più grossolane, per cui la radice acquista un aspetto paragonabile a quello di una coda di volpe. Al microscopio si constata che gli organi laterali in discorso, altro non sono che vere radici, le quali in numero e posizione sostituiscono i tri- comi radicali ordinarii. Queste radici corte e sattilissime, formate da pochi elementi vascolari ed epi- dermoidali sono ricoperte du un involucro spesso (t) di filamenti mjcelici. In questo caso adunque abbiamo radici laterali vere, ricoperte da Mycorhizs le quali per posizione e funzione devono sostituire i tricomi radicali, dovuti qui, dice l’ A. alla riunione funzionale dei due simbionti. Nota il Frang, che le radici del Pinus Pinaster, coltivato nel giardino bota- nico di Berlino, non fanno vedere le accennate particolarità, ma sono ricoperte nel modo solito da un involucro di Mycorhize. B) Mycorhize endotropiche. Mycorhise delle Ericacec — Le radici capillari e relativamente lunghe di queste piante (nelle quali già dal 1885 l’ Autore aveva constatato la presenza deile Mycorhize ) sono ridotte anatomicamente ad una grande semplicità, cosi che risultano generalmente formate da una epidermide che ricopre un fascio vascolare ridotto pur esso, a cui si aggiungono uno o pochi strati corticali (nelle radici maggiormente sviluppate), mancano i peli radicali, e le cellule epi- dermoidali, quasi isodiametriche, sono relativamente voluminose assai e rappre- sentano la parte principale della radice. La loro parete è inspessita, mentre la loro interna cavità appare riempita da una massa incolora, non omogenea, la quale, alla osservazione attenta, si rivela formata da un intreccio serrato di fi- lamenti micelici, come si osserva nel pseudoparenchima degli selerozii. Nel maggior numero dei casi sono i filamenti estremamente minuti, così da lasciar dubbio sulla loro natura, la quale in molti altri casi risulta invece evidentis- RR Lo spessore dell'involucro uguaglia circa il diametro dell'asse interno formato dagli elementi radicali. 114 RASSEGNE sima. Protoplasma e nucleo non sono più visibili nelle cellule quando sono riempite dal micelio. 1 L’ A. si estende quindi sulle condizioni anatomiche dell'apice di queste radici cosi modificate, nelle quali si osserva una cuffia ridottissima poche iniziali del Pleroma ed un'iniziale unica a tre faccie per il Dermatogeno. I filamenti micelici si internano anche nel lume delle cellule apicali. Oltre a questi si osservano pure filamenti micelici numerosi i quali, passando fra le cel- lule stesse o negli spazi intercellulari, si portano verso la superficie radicale esterna ( Vaccinium oxycoccus ). Non tutte però le cellule epidermoidali si os- servano costantemente invase dal micelio. S L'Autore passa quindi in rassegna le specie delle Ericaceæ nelle quali os- i servó questi speciali fenomeni, ed i luoghi di loro raccolta. Segnaleró fra questi i generi: Andromeda, Vaccinium, Ledum, Empetrum, Calluna, Rhododen- ; dron, Azalea. 8 Si tratta qui adunque, secondo l' A. di un caso di simbiosi abbastanza gene- 3 ralizzato e differente da quelli noti finora, paragonabile piü perfettamente ai casi normali di Mycorhiz®e ectotropiche. Mycorhizwe delle Orchidee umicole — L'Autore ricorda qui la nota e rego- 4 lare presenza, nell'interno delle cellule costituenti il parenchima corticale delle ; radici e dei rizomi di molte Orchidee, di noduli di filamenti fungini. Parla spe- | cialmente delle osservazioni fatte al riguardo dal WanRLICH, comunica i risultati : delle sue ricerche coll'intendimento di completare la conoscenza esatta della 3 presenza di questi filamenti nelle cellule; descrive il modo loro di comportarsi | in rapporto agli elementi che li ricettano o li attorniano, e discorre della loro natura e struttura istologica. Da tutte queste osservazioni di dettaglio, che qui sae rebbe superfluo riferire in disteso, l'A. prende argomento a prova della sua tesi. 3 che, cioè, anche in questi casi, si tratti di relazioni simbiontiche tra fungo e E pianta, relazioni paragonabili a quelle degli altri casi sopra riferiti, fondandosi specialmente sui criterii seguenti, ricavati dalla osservazione dei fatti: E 1.° I corpi plasmatici delle cellule radicali, ed i filamenti fungini in esse - contenuti vivono senza recarsi danno o disturbo reciproco come accade nei casi di parassitismo vero. 2.° La radice ed il fungo si trovano in uno stato di comune sviluppo. 3.° Il fungo è strettamente legato a quegli organi che nelle Orchidee servono ad assorbire il nutrimento. 4. L'orientazione delle cellule che contengono i filamenti fungini nella ra- dice è sempre tale, che esse necessariamente devono costituire l' anello di tran- - sizione tra le sostanze da assorbirsi e l' apparato conduttore della radice. RASSEGNE 115 5.° Le Orchidee prive di Clorofilla, nelle quali il trasporto delle sostanze carburate è solamente possibile dall’ Humus del substratum, sono normalmente provviste di abbondanti Mycorhize nel più perfetto stadio di loro sviluppo. La discussione di queste frasi chiude I’ importante lavoro del FRANK e vale a dimostrare, secondo le vedute dell’ A. che le Mycorhize delle Orchidee ser- vono come organo di assimilazione. L'importanza di questo eccellente lavoro va specialmente annessa (secondo , il mio modo di vedere) alla rassegna minuziosa e completa dei caratteri morfo- logici proprii tanto alle Mycorhize, già note, quanto a quelle che l'A. ci fa conoscere, più che alla spiegazione che egli, anche in questo lavoro, dà intorno al valore biologico essenziale delle stesse Mycorhize, D." ORESTE MattIROLO. A. Lundstroem: Die. Anpassungen, der Pflanzen an Thiere. (Nova Acta Reg. Soc. Upsal. Ser. III). Upsala 1887, 49 88 pp. con 4 tav. lit. Quantunque già varj autori (Beccar, DELPINO) abbiano accennato occasional- mente ai rapporti intimi che esistono fra molte piante e fra acari microscopici che le abitano, le nostre cognizioni in proposito finora erano molto limitate, ed è un merito incontrastabile del Dott. LuwpsTROEM (già conosciuto ai botanici per le sue belle ricerche sugli adattamenti delle piante alla pioggia ed alla rugiada) d'aver trattato per la prima volta in esteso, e con molta acutezza e criterio, un argomento così interessante, aprendo, si può dire, un campo nuovo alle ricerche biologiche. Tutta la prima parte del lavoro « sugli adattamenti delle piante ad animali » è dedicata ai rapporti esistenti fra gli acari e le piante, ed in ispeciale modo allo studio dei « domazj » (deyririov casetta), cioè alle parti o agli organi di certi vegetali, adattati in modo particolare per servire da stabile dimora o come rifugio diurno agli acari. Esiste una vera simbiosi fra questi animaletti ed i loro ospiti, dalla quale entrambi traggono del vantaggio. Gli acari sono ospitati dalla pianta in luoghi determinati, in veri nascondigli in forma di ciuffi pelosi, di fos- Sette o borsette semi-aperte, e trovano anche di che pascersi sulla superficie della Pianta: viceversa poi rendono un servizio non piccolo ai loro ospiti colla stessa loro nutrizione, consistendo il loro cibo in gran parte di spore o anche del mi- celio (dove questo è superficiale) di funghi parassitici. L' Autore ha studiato da questo punto di vista un grande numero di piante x“ 116 RASSEGNE appartenenti a varie famiglie, e crede di poter stabilire cinque diversi tipi di do- È mazj, cioè: F a) Ciuffi di peli, sempre sulla pagina inferiore. delle foglie, per lo più negli 1 angoli formati da nervature di diverso ordine (esempio: T'ilia ep Strychnos 1 Gardneri ecc.). È b) Pieghe o orlature speciali nel margine delle foglie, della rachide; nelle dentature fogliari ecc., come nel Quercus Robur, Ceanothus africanus ed in ale — - cune specie di Ilex e Schinus. | c) Fossette o depressioni nella lamina fogliare, glabre. (Coffea arabica, Co- prosma Baweriana) o munite di peli protettori (Psychotria daphnoides , —— e lanceolata, Rhamnus glandulosa). : d) e) Borsette più profonde, foggiate in varia maniera (El@ocarpus oblongus E Lonicera alpigena, Eugenia australis). A Bisogna però osservare che in varj casi l'Autore indica per domazj acarici A delle formazioni che da altri autori vengono interpretati quali nettarj estranuziali É destinati per le formiche; ed i dettagli anatomici ch’ egli dà per alcuni domazj, lasciano supporre che realmente al fondo di questi venga segregato un liquido zuccherino. Potrebbe ben darsi per altro, che tale secrezione zuecherina sia desti- nata, in dati casi, piuttosto per gli acari che per le formiche. Certe famiglie mostrano maggiore tendenza per « l’acarofilia » che altre: così p. es. le Rubiacee, Tiliacee, Oleacee, Bignoniacee, Lauracee e Cupulifere; ed 1 LS è degno di nota che l’acarofilia è più accentuata nelle zone calde e temperate; — che nelle zone fredde: tanto più che lo stesso fatto si avvera, secondo i recenti | studj di DeLPINo, anche per le piante mirmecofile. Importante è anche il fatto — che domazj acarici furono riscontrati finora solamente in piante legnose (alberi ed arbusti), e mai in piante erbacee o annue. L'Autore passa in rivista un gran numero di piante acarofile, ordinate siste- maticamente, indicando per ogni specie o genere la forma dei domazj osservati, | per passare poi a considerazioni generali sulla natura dei domazj j e sulla loro importanza per le piante. È strano come egli abbia seguito quasi completamente il ragionamento, e sia giunto alle stesse conclusioni come recentemente BEOCARI (Malesia, vol. II, 1884) e DeLPINO (Funzione mirmecofila nel Regno Vegetale), senza che egli ne abbia potuto consultare le opere recenti. Egli considera in complesso i domazj come formazioni analoghe in certo móda alle galle ed ai cecidj, cioè causate in seguito ad un’ irritazione locale la quale | sarebba prodotta dalla presenza d'acaridi. Ma mentre i cecidj e le galle in gene- | rale si formano direttamente, in seguito ad un immediato impulso, o ad una | lesione ricevuta, i domazi nelle piante acarofile si sarebbero già resi ereditar), ` RASSEGNE 117 precisamente come dice BeccarI (l. c., vol. II, p. 58) per la Cecropia e per aleune Lauracee « l'acariasi, accidentale per le piante con fitopto-cecidj, in questo caso è diventata ereditaria ». I domazî si formano nelle piante acarofile anche senza l'intervento di aeari, in esemplari che con tutte le precauzioni furono isolati senza che. gli acari potessero accedervi. Tale isolamento non é cosa tanto facile, daeché gli acari sogliono già portarsi sui frutti o sui semi delle loro piante ospitatrici, per attaccarne poi gli organi vegetativi subito dopo il germogliamento. I domazî però, per quanto ormai ereditarî, sono ancora soggetti nel loro sviluppo all’ influenza degli acari, dacchè l'Autore ha osservato in piantine (Rhamnus Alaternus) o in rami (Coprosma, Psychotria) privi d’acari, che i domazî erano assai meno pronunciati; e se per molto tempo l'accesso di acari a quelle piante era impedito, i domazî venivano sempre più ridotti, e fi- nalmente abortivano totalmente nelle nuove foglie formate. Da ciò si potrebbe conchiudere che quell’ adattamento speciale delle piante acarofile sia un acquisto di data relativamente recente. Oltre che per il loro carattere ereditario, l'Autore distingue i domazî dai cecidj anche per un altro motivo, cioè perché i primi sono P espressione di una « simbiosi mutua », con apparente vantaggio di ambidue i conviventi, mentre nella « simbiosi antagonistica », dalla quale vengono prodotti i cecidj, uno solo dei due organismi interessati gode degli adattamenti effettuatisi, e perciò la « simbiosi antagonistica » si avvicina d’assai al vero parassitismo. Tanto per i cecidi come per i domazi si possono discernere quelli causati da animali (zooce- cidî e zoodomazi) ed altri prodotti dalla simbiosi di due vegetali ( fitocecidi e fitodomazi; ed ancora in questi ultimi si potrebbe far qualche distinzione, a se- conda che l'inquilino à un fungo ( micocecidi e micodomazi) o un'alga ( fico- cecidi e ficodomazî ). Riguardo all'importanza degli acari per le piante ospitatrici fu già detto sopra, che probabilmente gli acari si rendono utili, facendo pulizia sulla super- ficie della pianta, e togliendone sopratutto le spore di funghi parassitici. Viene in ajuto a tale opinione il fatto, ehe la grande maggioranza di piante acarofile con domazi ha le foglie glabre o almeno glabrescenti: i vegetali che nel rive- stimento di peluria, pubescenza o tomento posseggono già in certo modo una difesa naturale contro l'attacco di funghi parassitici, hanno minore bisogno di stabilire sulle loro foglie un servizio particolare di vigilanza o di pulizia, con un corpo di guardie formato da acari. È lasciata aperta ancora la quistione, se le piante possono trarre anche un vantaggio diretto dalla presenza degli acari, assorbendone gli escrementi per la propria nutrizione, od utilizzando per l'assi- milazione l’ anidride da essi esalata nell'atto respiratorio, 9. Malpighia, anno II, vol. II. 118 RASSEGNE La seconda parte del lavoro tratta del mimismo in alcuni frutti e dell’ etero- carpia d'aleune Fanerogame ( Calendula , Dimorphotheca ) , nonché dei nettarj | estranuziali di aleune piante mirmecofile: ma viene portato poco di nuovo in- torno a tali argomenti. | Sono notevoli peró le osservazioni dell' Autore intorno alla diffusione dei semi di Melampyrum per mezzo delle formiche. Questi semi imitano nella - 3 forma esterna, nella grandezza, nel colore perfettamente i bozzoletti delle ninfe | di formica, volgarmente dette « uova di formiche »; e caduti in terra vengono | [ sollecitamente raccolti da queste, e portati nei formicai, sòtterra, dove facilmente — germogliano. Riguardo alle piante mirmecofile da lui studiate ( Populus tremula , alcune Viciez ) l'Autore va perfettamente d’ accordo colle osservazioni e conclusioni di DELPINO. 4 Basterà questo breve sunto per dimostrare che l’ opera del sig. LUNDSTRÜM , specialmente in quanto riguarda le piante acarofile, deve essere annoverata fra le pubblicazioni più rimarchevoli di biologia della nostra epoca. O. PENZIG. - Van Tieghem Ph.: Sur le second bois primaire de la racine. — Nel Bull. Soc. botan. de France, t. XXXIV, 1887, p. 101. Il continuo estendersi delle nostre conoscenze anatomiche ed istologiche mo- stra sempre più, come certe così dette leggi di struttura non esistano in natura e - le classiche distinzioni fra i diversi membri della pianta dal punto di vista ana tomico (ed anche da quello morfologico) siano erronee e soltanto un mezzo pio o meno opportuno per ridurre le nostre conoscenze scientifiche a sistema. Una nuova prova ce ne dà il valente anatomico di Parigi. Egli ha trovato che in molte Dicotiledoni e Gimnosperme ed in poche Monocotiledoni e Crittogame vascolari la struttura primaria della radice è diversa da quella tipica, classica, general- mente indicata, Nelle radici di queste piante cioè, dopo essersi formati i raggi vascolari e le masse cribrose a loro interposte, prima che cominci la produzione del legno secondario, certe cellule del parenchima congiuntivo che sta tra un raggio vascolare e l'altro ed all'interno dei gruppi cribrosi, aumentano di V lume, ispessiscono e lignificano le loro pareti e si differenziano in fine in tanti vasi. La differenziazione procede dai raggi vascolari verso i gruppi cribrosi in | senso tangenziale e si formano quindi delle linee o gruppi di vasi tra un raggio e l'altro, che possono o meno toccare il raggio stesso e spingersi fino al grupp? i aci RASSEGNE ; 119 cribroso. Queste produzioni, di origine primaria, ma diversa da quella dei raggi vascolari, costituiscono per il Van TreGHEMm il secondo legno primario. Vi sono dunque delle radici che nella loro struttura primaria posseggono sol- tanto dei raggi vascolari centripeti, alterni in gruppi cribrosi, ed altre che pos- seggono inoltre déi gruppi vascolari centrifughi addossati alla faccia interna dei gruppi cribrosi, Il Van TrgGHEM, con una nomenclatura, che a me non pare trop- po opportuna, chiama le prime radici monossili, cioè fornite di soli raggi vasco- lari centripeti costituenti il primo legno primario o il protorilema; le seconde diplossili, cioè fornite e di protorilema e di gruppi vascolari centrifughi costi- tuenti il secondo legno primario o metazilema. A questo secondo gruppo appar- tengono, come si disse, molte Dicotiledoni e Gimnosperme, poche Monocotiledoni (forse in esse il fatto è più esteso secondo le mie osservazioni) e poche Critto- game vascolari. .. Si comprende facilmente che nelle radici monossili abbiamo un solo periodo di produzione primaria degli elementi dei vasi; nelle diplessili invece ne abbia- mo due successivi. Sî comprende pure di leggeri, che i rapporti reciproci di po- sizione e disposizione degli elementi del legno e dei legni primarii e di quelli del legno secondario debbono essere nei due casi diversi. R. PIROTTA. Detmer W. Das P/lanzenphysiologische Practicum. Anleilung zu pflanzenphysiologische Untersuchungen. — Jena, 1888. A chi si occupa di fisiologia o per ragioni di studio o per quelle dell’ inse- gnamento sono note da un lato l utilità grande d'avere alla mano i metodi e i processi e gli apparecchi per eseguire esperienze da laboratorio o di corso, dal- l’altro lato le non piccole difficoltà che si incontrano per poterli conoscere. Si deplora che non si abbiano per la fisiologia quei manuali tanto utili, che si pos- seggono per l istologia e l' anatomia, quali sono, per ricordare i più noti ed usati, quelli del PouLsEn, del BEBRENS e sopratutto dello SrRAsBURGER. Conveniva ricor- rere o alle grandi opere de! SAcus, PFEFFER, del DETMER od ancora alle memorie speciali. Col Practicum testé pubblicato il DETMER si riempie la deplorata lacuna e ` soddisfa al bisogno lamentato. La natura del lavoro non si presta, lo si comprende facilmente, ad una ri- vista analitica. Mi limiterò quindi a dire, che il libro abbraccia tutto il campo della fisiologia, la nutrizione, l' accrescimento, i movimenti provocati dall’ azione di stimoli ete.; illustrando tutti i principali processi e fenomeni. Il testo è chiaro, ^ e facile anche per chi non ha grande famigliarità colla lingua tedesca, ed è 120 ninna illustrato da numerose figure intercalate nel testo in parte nuove o che non riscontrano anche nei migliori trattati. È pregio speciale poi di questo Practi- A cum la semplicità delle esperienze e degli apparecchi suggeriti, conservata sem pre, salvo pochi casi relativi specialmente ai fenomeni di movimento. Non v'è dubbio che questo lavoro del chiaro fisiologo sia di una grande op- portunità e di utilità incontestabile, e che esso debba sempre trovarsi e sul ta volino dell’ insegnante e su quello dello sperimentatore. R. PIROTTA P. Pichi: Alcune osservazioni sui tubercoli radicali delle Legumi- | nose. (Nota preliminare presentata dopo l’ Adunanza). Dal Ga- binetto di Botanica della R. Università di Pisa, gennaio 1888. Con questo titolo il signor P. PicHr presenta al pubblico botanico una not: preliminare che ha rapporto alla questione controversa sui tubercoli radicali delle rilevare al signor Prcur alcune inesattezze che egli potrà appurare e rettificare nel lavoro che ci promette e nel quale, siamo certi, avrà maggior cura segnare i lavori di A. N. Lunpsrròm e di H. MamsHALL che hanno pure stret- tissimi rapporti col suo. Il signor Prcnur afferma (pag. 1) che noi con BRUNCHORST, TscHIRCH, BENCEKE, : FRANK riteniamo che essi tubercoli siano altrettanti serbatoi di materiali nutri- tizi di riserva, considerando i corpuscoli che si trovano negli elementi cellulari — del tessuto parenchimatico più interno come altrettanti leucoplasti. 3 Che da noi si sia lasciato in sospeso la vera natura dei bacteroidi, pur incli- nando a crederli, con BnuwcHonsT, elementi di riserva, non vi ha alcun dubbio, ma sta però il fatto che giammai abbiamo osato paragonarli a leucoplasti. Se poi l'Autore credette opportuno, tanto per prender data di preannunziare. che egli aveva constatato nei corpuscoli ad Y immersi in una goccia di siroppo. di saccarosio la comparsa di piccole cellule sferiche che suppose fossero spore Y noi gli faremo osservare che abbiamo del pari osservato lo stesso fatto. (V. Mal- pighia, Anno I, fasc. X-XI ()), ma non avendo questi granuli giammai dato segno (1) « I metodi di colorazione colle aniline chiariscono poi ancora altre particolarità; alle estremità delle branche spesso si vede un punto più intensamente colorato, quasi voglia accen- nare alla presenza di spore a questi punti (RA ». (V. ivi) « Dopo alcuni giorni dell'innesto, compariva una spiccata granulazione dei bacteroidi , a , rimanevano quindi immutati per tutta la durata delle osservazioni » (V. ivi) RASSEGNE 121 di vita, sospettiamo invece che sieno il risultato di alterazioni avvenute nei bac- teroidi mantenuti a lungo nel mestruo di coltura. Crediamo poi utile a questo riguardo ricordargli il lavoro del LuxpsTROM nel quale sono esaminate, discusse, figurate queste produzioni analogamente osservate (da lui ritenute come granuli di Proteina o di Caseina ?) o del quale potrà ripetere gli esperimenti nelle col- ture che egli ci promette. D'altra parte se il sig. Picur « trova strano che nei lavori recenti non si faccia più parola degli ifi altra volta osservati in questi tubercoli dall' ERIKSSEN, » noi con più ragione troviamo strano che egli non abbia letti i lavori fra gli altri di Tscurgcu, H. MarsHaL Warp, M. A. F. L. S. (on the Tubercular swellings on the Roots of Vicia Faba — Philosophical Trans. of Linn. Soc. London. Vol. 178, 1887, Tav. 32, 33). Kny, (Bot. v. Prov. Brandeburg , Sitz., 26 aprile 1878) di LuwpsTRÓM (Botaniska Sektionen af Naturvetenskapliga i Upsala — Seduta 26 aprile 1887 — Refer. Bot. Centralblatt. N. 5, 6, 1888 con tavola) e di molti altri, ove avrebbe trovato quanto gli aggrada sopra questo argomento. Noi pure nella nostra nota abbiamo fatto cenno delle Ife di ERIKSSEN : solo non abbiamo creduto opportuno di parlare della tumultuosa divisione cellulare per cariocinesi che ha luogo nei tubercoli appena accennati e delle propagini che le ife inviano negli spazii intercellulari delle porzioni di radici non rigonfiate che intercedono fra tubercoli vicini. In conclusione, avendo il sig. Prcnr nella sua nota preventiva portato niente altro che una conferma a fatti già abbastanza noti, attendiamo l esito delle sue colture per deciderci a rimanere nel gruppo di BruncHoRST e di FRANK 0 a di- sertare nel campo di WiaANDp raccomandandogli pertanto 1a lettura degli Autori perchè non si abbia a ripetere nella memoria sua (annunziata dalla nota preven- tiva) la descrizione di fatti che sono da troppo tempo noti ai botanici. R. Orto Botanico di Torino . Marzo 1888. D." Oreste MaATTIROLO. Lurer NAPOLEONE BUSCALIONI. W. Trelease: A Revision of North American Linacec. — Dai Trans. of the St. Louis Accademy of Science, Vol. V, n. 1, June 28,. 1887, pp. 7-20, con PI. IH, IV. Questa memoria contiene una descrizione sistematica delle Linacee dell’ Ame- rica Settentrionale, destinata a far parte delle future opere di Botanica sistema- tica dell’ Asa Gray. 122 RASSEGNE Merita di esser qui riferito, per la sua importanza biologica, il fatto deserit dall’ Autore nei seguenti termini: Le specie di Linum del Nuovo Continente sono tutte esclusivamente omogone e nettamente endemiche ad eccezione di una. E questa è il L. Lewisii Pursh. (Fl. Am. Sept., I, 210) delle montagne e pianure dell’ ovest, dagli autori recenti riferita al L. perenne L. del Vecchio Continente (L. perenne var. Lewisii, secondo Eaton e WRIGHT). E I rappresentanti europei di questa specie, sebbene variabili, vengono general- 1 mente compresi in una specie unica, talvolta distinti in varietà. Le varietà ame- j ricane debbono anch’ esse considerarsi come rappresentanti di una sola specie, né differiscono essenzialmente dalle forme europee, se non per un paria biologico. i Secondo DarwIN (Journ. of Linn. Soc. Bot., VII, 1863, p. 75, ed in vari T della sua opera « The different Forms of Flowers in Plants of the same Spe- cies ») e HirpEBRAND (Halle Zeitschr. Ges. Wissensch. 1864, XXIII, 511) il L. perenne del Vecchio Continente è eterogono dimorfo, a fecondazione inerociata necessaria. La pianta americana non sembra invece eterogona. Parecchi esemplari corrispondono alle forme longistile di una specie dimorfa, ma si trovano anche fiori cogli stili non più lunghi degli stami, ed un esemplare fu osservato, cogli stili che appena raggiungevano la base delle antere. Secondo MEEHAN (Bull. Torrey Bot. Club., 1887, VI, 189 [L. Lowisii]) e GRAY Amer. Journ. of Sci., 1878, 3 or, XV, 222) la specie Americana è autogama. Sembra dunque che le forme di un’ unica specie, originariamente sparse sulla regione settentrionale dei due continenti (esclusa però l’ America orientale), sì siano poi differenziate sino ad acquistare la eterogonia nel Vecchio Continente, o perderla nel Nuovo; il che è forse più probabile. i Riportiamo qui sotto, dalla stessa memoria del TRELEASE, l'indicazione delle principali pubblicazioni riferentisi all’ impollinazione, struttura, ecc. dei Linum. ; Per l' impollinazione: ALEFELD, Bot. Zeit., 1863, XXI, 281 (indicazione del dimorfismo in perm specie). DARWIN, luoghi sopra citati, e Amer. Journ. Sc. and Arts, 1863, 2 ser. "Y XXXVI, 279. DeLPINO, Ulteriori osservazioni, II, (2). 94 (staminodi nettariferi). FniTsOH, Beobachtungen über Pflanzen deren Blumen sich täglich öffnen % i schliessen (epoca dell’ apertura e chiusura dei fiori del L. usitatissimum). Gray, Luogo sopra citato. Er c RE Ra RIS RASSEGNE 123 HensLow, Trans. Linn. Soc. Bot., 1877, n. s, I, 357. (L. catharticum). Pop. Sci. Rev., 1879, XVIII. HiLDEBRAND, luogo sopra citato, e Bot. Zeit., 1864, XXII, 1. (L. perenne). Kocs, Synopsis Flor. Germ. et Helv. (notata la eterogonia di parecchie specie). MEEHAN, luogo sopra citato. i MiiLLER, Befruchtung der Blumen, 167. — Weitere Beobachtungen, 219 (ani- mali visitatori del L. wsitatissimum). PraAwcHON, Hooker's Journ. of Bot., 1848, VII, 274. 175, fiori di L. salsoides e L. Lewisi). Tuowsow, Trans. Bot. Soc. Edinburgh XIV, 102 (L. monogynum). TnEvrRANUS, Bot. Zeit. 1863, XXI, 189 (nota sulla eterostilia). Ursan, Limnea, XLI, (n. Folge, VII), 609 (specie omogone dell'America me- ridionale) — Verhand.. Bot. Ver. Brandenburg, 1881, XXII, 18 (sulla Reinward- tia) — Cfr. Just's Bot. Jahresber. V, 442, 739; VII (D, 130; VIII (2) 123. Sulla struttura degli invogli seminali: GAERTNER, De Fruct. et Semin. Plant., II, 146, tav. 112, fig. 11. Hanz, Landwirthsch. Samenkunde, 950, fig. 80. HiLpEBRAND, Bot. Zeit. 1872, 909. HorwEmTER, Kön. Sáchs. Ges. Naturwiss. 1858, 20, tav. 1, figl: NAEGELI UND KRAMER, Pflanzenphysiol. Unters., 1-3, tav. 27, ?8. NosaE, Handb. Samenkunde, TT, 78, fig. 81. SEMPELOWSKI, Beitr. z. Kenntniss des Baues der Samenschale — Thesis — Leipzig 1874, 3, tav. 1, fig. 1-3 Sulla germinazione dei semi di lino oleosi: Jorissen, Bull. Accad. Roy. Belg. 1884, VII. D." A. Porr. . PUE me eru ATI PEPEN jf idus MATS y aa 9 Di bal "i 3 SENSN SEN Notizie Addenda ad Floram italicam. Muellerella thallophila è un nuovo Lichene parassita dell'Aspicilia Em nerea Nyl. che il sig. AnNorp ha trovato a Panereggio nel Trentino (. Flora, 1888, p. 14). ^ Km x Dal Chiarissimo Dottor Porta, Medico a Cereseto ( Monferrato) con altre — Tuberacee importanti, ricevetti addi 15 settembre 1887, il Pachyphloeus melano- — ganthus ul. questa la prima volta, per quanto io mi sappia, che viene osservata i Italia questa rara specie, ottimamente descritta e figurata dal TuLasne, ( Fungi V fig. IV Parimenti come raccolti nel territorio di Asti in Piemonte (30 dicembre 1887) segnalo la presenza del T'uber dryophilum Tul, specie assai vicina al Tw | Borchii Vitt. e con questo forse finora confuso. Il T. dryophilum, da me osser- vato in Piemonte, concorda perfettamente nei suoi caratteri colla specie magi- stralmente descritta dal TuLASNE nei Fungi hypogei a pag. 147, (Tav. V, fig. e Tav. XIX, fig. VIII). E qui mi si porge occasione di rivolgere calda preghiera ai botanici Italiani, perché mi vogliano gentilmente comunicare le specie raccolte o conservate ne erbarii che io mi offro di determinare, per poter riuscire col loro valido aiu a completare la Monografia delle Tuberacee italiane , alla quale sto lavorando da alcuni anni. Torino, R. Orto Botanico. D 0. MATTIROLO. X Una nuova specie di Chara è stata rinvenuta dal signor SraPr nelle pozze acqua salmastra all'isola di Orsera presso Pola e distribuita col nome di C. brio- nica negli Exsiccata della flora austro-ungarica del Kerner (n. 1585). x Secondo il JankA (Mag. nov. Lapok, 1886, p. 149) la Stachys germanica avuta dal LEVIER e raccolta nel luglio del 1875 negli oliveti del Monte Pisano, presso Asciano, sarebbe la S. lusitanica Brot., secondo lui, ben distinta dalla ee Bri. NOTIZIE ; 125 Deduciamo dai Neue Beiträge zur Flora der Schweiz del GremLi (Aarau, 1887) le seguenti indicazioni topografiche che interessano la Flora della regione ticinese e di «Itri punti del confine svizzero-italiano : Coronopus Ruelli All. : Lugano. — Draba Zahllbruchneri Host: Pizzo Padella. Ulex europeus L.: a Lugano. — Cytisus nigricans L. var. nana Favrat: a nti. en Pyrus Aria X Chamemespilus prin agi di Plutta. Phyteuma Charmelii Vill.: M.te k Pedicularis Sumana Sprngl.: M.te Generoso. — P. cespitosa X tuberosa Jigg.: S. Gottardo. — P. incarnata X cespitosa Jigg.: S. Bernardo. Bartsia alpina L. var. parviflora Charp.: Val d'Arosa. — Euphrasia Christi Favr.: Valle di Maggia. Amarantus spinosus Scop. — A. apes ese Locarno. Euphorbia verrucosa Scop.: M.te S. Gio Bzi. x Da aggiungersi alla flora del Trentin i Ranunculus glacialis L., var. rale Reiehb.: Sasso di Cappello (J. OSsTERMAIER in IX, i d. bot. Ver. Landshut 1886). Rosa alpina L. f. setosa Ser. e f. levis Ser. — R. rubella Sm. — R. pomi- fera Herm. f. Grenieri Chr. — R. tomentosa Sm. f. subglobosa Bak. e f. scabriu- scula, Bak, — R. rubiginosa L. f. umbellata Chr. e f. comosa Chr. — R. micrantha Sm. f. permixta Dés. e f. polyacantha, Borb. — R. agrestis Savi f. robusta Chr. e f. pubescens Rip. — R. graveolens Gr. — R. tomentella Lem. f. nov. ene tina Gelmi, — R. canina L. f. lutetiana Lém. e f. dorsi Mér. — R. glauc Vill. f£. complicata Chr., f. myriodonta Chr. e f. subcanina Chr. — R. deci Thuill. f. platyphylla Chr. , f. trichoneura Chr. f. irt aus Burn., e f. nov. tormentilloides Gelmi, — R. coriifolia Fries. f. venosa Chr. f. complicata Chr. — . repens Scop. var. Bonon lean BR var. pseudoreptans Rouy e var. oipe Rouy. — R. gallica lejostyla X repens Dalla Torre. — R. Hau- smanni Golmi. — (GeLMI, Le Rose del pube 1886). Athamanta vestina Kern., in Val di Vestino e in Val di Ledro (KERNER Sched. ad fl. exsic. etc. IV. — Molopospermum peloponnesiacum Koch. in Val di Vestino. Primula intricata G. et. G., a Condino. — P. digenea, Kern. P. ciliata Mor. ambedue in Val di Ledro (KERNER Le. Sfar rheetica Kern. (ibid.). Solidago cambrica Huds. a Campidello (OsTERMAIER l. c.). Pedicularis elongata Kern. a Vallarsa (StEININGER, in Bot. Centrbl.). Ophrys integra Sace. a Pergine (GeLmi Bull. Soc. Ven. Trid. 1886). X + Ritornando da un escursione in Casentino il 10 settembre dello scorso anno, in compagnia del Prof. H. STILLER, mi veniva fatto di raccogliere alcuni esem- plari di Colchicum alpinum DC sui prati presso il Monte Consuma. Questa nuova località permette di ritenere che tale pianta abbia un'area distributiva piü 126 | | NOTIZIE estesa in Toscana, mentre finora come estremo limite meridionale della sua dif sione era stato indicato l'Appennino Pistojese. (Vedi T. CanuEL, Prod. Borzi, X Note di Microtecnica. Dalle Notes de Technique microscopique del Prof. P. FrancoTTE (Bullet, de la Soc. Belge de Microscopie — III° année — n. 7 [séance du 30 avril 1887] — pp. 140-158) togliamo quanto puó interessare anche i Botanici: X Inclusione nella cera vegetale. — L’ A. raccomanda l inclusione nella cera vegetale, in taluni casi preferibile alla celloidina ed alla paraffina, perché queste devono essere poi eliminate dal preparato col toluolo, lo xylolo, la benzina, il cloroformio, od altre sostanze, che alterano o fanno scomparire i colori alla ani- lina, nel caso che il preparato fosse stato colorato; mentre la cera vere i toglie col semplice alcool, operando alla temperatura di 50°. dei bacterî nei tessuti, sebbene essa presenti qualche inconveniente, perchè, p esser troppo facilmente fusibile e sempre untuosa, si rammolisce con fc non permette dei tagli più sottili di 1/,,) di millim, X Appar ecchio per disidratare i pezzi da montarsi in balsamo o in paraffina. ^ Si suole operare la disidratazione dei pezzi, passandoli successivamente in alcool sempre più puro, e finalmente in alcool assoluto. Ma il difficile sta appunto nel- l'avere dell'aleool pape ed aen che, anche essendolo, si approprî troppo rapidamente il vapor acqueo dell’ a Il Prof. hacia usa perciò " os apparecchio semplicissimo, che. pare raccomandabile : : ro un vaso a bocca larga egli pone del bu anidro di rame e dell’ al- cool assoluto. Per la bocca del vaso, e per mezzo di un sughero introduce ui tubo di vetro cilindrico, nel quale si died poi mettere i pezzi da disidratare. Questo tubo è chiuso inferiormente da un pezzo di pergamena artificiale be i teso, ed immerso per un certo tratto nell'aleool del vaso. Dentro il tubo si me! dell’ alcool a 94°. Vi si introduce il pezzo da disidratare, e si chiude supone mente con una lastrina di vetro. Con questo metodo la disidratazione è graduale e perfetta. Attraverso | membrane di pergamena avviene diffusione dei liquidi e dopo qualche pes nno 100°. Fy "wd accade, si introdurrà nel tubo un piccolo alcoolometro gradan 94 L'alcool del tubo va vuotato e rinnovato ogni volta che si fa l’ operazione quello del vaso serve per moltissimo tempo, ed abbiamo così il vantaggio di sempre l'apparecchio pronto. Quando si adopra è bene aver cura che l'alcool tubo e quello del vaso siano allo stesso livello. La ragione è facile a capirsi. NOTIZIE | 127 L'apparecchio nella sua forma più semplice, era già stato usato e descritto da ScHULTZE (Archiv f. mikroskopische Anat., 1886), ma il Prof. FrancoTTE ne ha fatti costruire sopra suo disegno, e fra le altre cose raccomanda di sospendere nel vaso, per mezzo di mussolina, della calce viva, per facilitare la disidratazione dell'aria che sovrasta l'alcool. j na volta conosciuto il principio, ognuno può farsi I apparecchio con molta facilità e modificarlo a proprio piacere. X L' Atropina si trova nella radice, nel fusto, nelle foglie e nel frutto della Atropa Belladonna, ma non in tutti i tessuti. É localizzata specialmente nella epidermide ed in prossimità dei fasci liberiani, e sembra diminuire e localizzata chie: ma quelle che riescono meglio nelle ricerche microchimiche , cioè quando sì tratta di esaminare delle sezioni (tra le quali devono preferirsi le longitudinali) del vegetale al microscopio, sono le seguenti: Coll’ ioduro potassico iodurato. Si produce nelle cellule un precipitato bruno, che dopo un po’ di tempo mostra dei cristalli stellati a splendore metallico. Coll'acido fosfomolibdico. Si ottiene un precipitato giallo chiaro (Cfr. A. DE Wzvnz, Localisation de l'atropine — Bullet. de la Soc. Belge de Miscrosc. — XIV ann., n. 1, 29 ott. 1887, p. 19). A. Port. X Notizie di teratologia. Il Prof. P. Magnus, sotto il titolo Ueber Verschiebung in der Entwickelung der Pflansenorgane (Sitzungsber. d. Gesellsch. naturforschender Freunde, Jahrg. 1887, pp. 108-112; seduta del 20 luglio 1886) descrisse aleuni casi di infiorescenze con ramificazioni di ordine superiore od inferiore al normale. Aleuni esemplari di Veronica spicata, raccolti da lui presso Montpellier, por- tavano , all’ ascella delle brattee, dei grappoli invece che singoli fiori. In alcune Composite, Cirsium arvense, Cineraria (Pericallis) dei giardini, i fiori della pe- riferia sono sostituiti da capolini marginali. In alcune Ombrellifere si trovano om- brelle composte al posto di ombrelle semplici, ed anomalie simili si riscontrano nell’ Armeria vulgaris ed in alcune Bromeliacee (Vriesea psittacina Lindl., Til- landsia cæspitosa). La Veronica officinalis, che dovrebbe portare i fiori su assi del terzo ordine, presenta delle forme anormali, nelle quali piccoli racemi si sostituiscono ai fiori, in modo però che nella parte superiore dell’ infiorescenza essi fiori sono portati da assi del quarto ordine, e nella parte inferiore da assi del quinto ordine. | Questa specie di spinta o spostamento (Verschiebung) si manifesta in senso retrogado in esemplari di Gewm rivale portanti i fiori sopra assi del prim'ordine invece che del secondo, e nel Prunus cerasus, con retrocessione dal terzo al secondo ordine. x tag |^ PICCOLA -CRONACA Il sig. GruLio D’ ARBAUMONT comunica ora alla Société francaise de Bota- nique di aver pure osservato in alcune varietà coltivate di Pelargonium, la tanique » — sa VI, 1887, p- n. 193 e 273). IIS Piccola Cronaca — Annunziamo la pubblicazione di una Rivista delle Scienze Botanica che vi si legione, non possono gran “ay RA tutti REA che « per pro fessione o per diletto » si occupano di Botanica; potranno però impensierirli s riflettono come talvolta possa la Scienza, nella sua serietà e nel suo rigore, p gere argomento a mere fantasticherie. Così abbiamo il diritto d’interpetrare qu pochi articoli di sistematica, fisiologia ecc. contenuti nel secondo fascicolo di questa Nuova Rivista, ed evidentemente ispirati ad una scienza o che ha fat il suo tempo o non ua che in libri men che serii: Ciò diciamo a difesa í qualche rispettabile nome di persona, tanto cara alla scienza italiana e che figur fra i collaboratori; e GR a giovani volenterosi, i quali nel nome —— " della Scienza ci parlan i propongono con ls loro « assiduità » di gio « ai progressi e all’ cio della botanica » è bene, anzi dovere, dire la v rità. Ci er che nel lodevole intento che questa pubblicazione rispo ai suoì fini vi davvero a diffondere la Scienza, anche in forma popolare, © i suoi iden prices con pari entusiasmo alla ricerca di quei mezzi ini ad assicurare duratura e veramente proficua esistenza al loro periodico. — Per iniziativa della R. Società toscana di Orticoltura si é costituita 1D Firenze una Società botanica alla scopo di diffondere e promuovere il p degli studi botanici in Italia. Alla felicissima idea di raccogliere in unica glia tutti coloro chei in Italia attendono al culto dell'amabilis Scientia, noi faccia nazionali e che l’opera sua risponda in maniera efficace e duratura al bene e | incremento we studi botanici italiani. — A ‘successore del defunto illustre Prof. De Bary nella cattedra di Botani e pirina dell Orto botanico dell’ de di Strasburgo è stato chiamato nostro egregio collaboratore Prof. Conte SoLms-LAUBACH. — Il DI K. Prantt professore di Botanica nell’ Istituto forestale di As burg è stato chiamato ad adempiere lo stesso ufficio nell’ Accademia forestali 4 Neustadt-Eberswald. À ite! * BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO Bollettino Bibliografico Lavori Botanici Italiani Trattati, atlanti ecc. Guerra E. Sunto di Storia naturale. Mi- lano, 1 FELOINI A. Quadri sinottici di Morfo- logia vegetale, da servire agli alunni degli Istituti tecnici. Jesi, 1887 Anatomia, Morfologia, Fisiologia, Biologia, CasrRAcANE F, Quale sia l estensione della vita vegetale nelle profondità del mare. Atti Congr. Crittog. Parma, (1887), Fasc. II, p. 118. Morini F. Intorno ad una speciale de- generazione delle leuciti, Mem. Accad. Sc. Bologna. Ser. I. t VII, 1887. Bologna, 1888, PeLACANI L. Fillotassi fiorale. Studi, Bol- lett. Naturalista. A. VIL, p. 146, 164. Siena, 1887. SPrcA M, Studio chimico dell’ Aristolochia "pomi Atti Istit. Veneto, T. V, Ser. VI, disp. X, 1887 Tassi F, Il liquido secreto dai fiori del Rhododendron arboreum. Siena, 1888. ZANNIOHELLI A. Le nozze gs ros Reggio Emilia, 1887, c. 2 Tallofite, ARNOLD, e Prini n. sp. Flora, 1888, BERLESE N, A. n. nouveau genre Pel- tosph&eria (Pyren. rasis Rev. my- col. X, 1888, p. 17, c. tav. BerLEsE N. A. Monografia" dei generi Pleospora, Clathrospora e Pyrenophora. » G. Bot. ital. XX, 1888, p. 5, c. 8; tav. (contin.). — Intorno ad alcune specie poco note del genere Leptospheria. Atti Soc. Ven. Trent. Sc. natur. Padova, 1887. Vol. X, fasc. II, c. tav. Borner E. et FLAHAULT Ch. Concordance . des Algen Sachsen's et Europa's de L. Rabenhorst avec la Revision des Nostocacées hétérocystées. Notarisia, 1888, p. 387. CasTRACANE F. Saggio sulla Flora diato- macea delle cosidette muffe delle terme di Valdieri. Ibid., pag. 384. D'agunpo G. Sulla colorazione dei terreni di coltura dei microrganismi e sui nuovi caratteri biologici che possono rilevarsi. Atti Soc. tosc. Sc. nat. Pisa, Proc. verb., 13 nov. 1887. De Tow: G. et Levi D. Liste des Algues trouvèes dans le tube digéstif d'un tétard. Bull. trim. Soc. botan. Lyon, V, 1887, p. 67. — Flo. Aleolodiin della Venezia. P. III, (cloroficee). Atti Ist. veneto Sc. Lett, V, Ser. VI, disp. X, 1887. GASPERINI G. La biologia e più special- mente il polimorfismo di varie specie di Ifomiceti. Atti Soc. tosc. Sc. nat. isa, Proc. verb., 13 nov. 1887. Hanseire A. Alge nove acque dulcis, Notarisia, 1888, p. . Hauck F. Neue und kritische Algen des aes Meeres. Hedwigia, 1888, XXVI, 5. I5; — Die Charaeeen des Küstenlandes. Ibid., p. 117 ; ManrrepI L., BoccarpI G. e JAPELLI G.. Influenza dei microrganismi sullinver- sione del Saccarosio. Giorn. intern. Sc. med. 1888, PeRrRoncITO E. e Vs L. Sulle co- sidette muffe delle terme di Valdieri. Atti Congr. Crittog. Parma, fasc. II, p. 115, c. tav Picar P. Elenco delle Alghe toscane. Atti .. Soc. tosc. Sc. nat. Pisa. Vol. IX, fase. 1, 1887 SACCARDO P. A. Un nouveau genre des Pyrenomycètes. Rev. mycol., X, 1888, p. 6, c. tav Briofite. Srrosi G. Flora des Etna: Anhang. Oe- sterr. botan. Zeitschr, XXXVIII, 1888, . 24 e 58 Fanerogame, Flore pues Flora ligustica. Giorn. Lett. nvers. scient. Genova. A. X, fasc. vu -XI, 1887. Beccari O. Nusve specie di Palme re- centemente scoperte alla Nuova Gui- nea. N. Giorn. bot. ital., XX, 1888, CAT, Gino J. Indice dei generi delle piante rinvenute nel modenese. Atti Soc. na- tur. Modena, Rendic, Ser. III, vol. III, 1887. De Toni E. Note sulla Flora friulana. Cronac. Soc. alpin. friulani A. V-VI, 1887-88. Germi E. Neue Standorte einiger selte- ner Rosen des italienischen un südti- rolischer Flora. Deuts. botan. Monats- chr, VI, 1888 Luzer. Herborisation au Val di Priora BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO : Lor, iere POL Iw fente EVERY, ENS PE ABITA I dim E : ian ge ‘nt E M LESE d È (Tessin septentrional). Bull. Soc. botan. E France, i * Rouy G. Notes sur la HEINE bota- .— nique de l' Europe. Ibid., p. 32. E SiMouKar L. Fiume Flori Mag. nòven. | Lapok, 1888, Teratologia e Patologia vegetale. CxnLETTI G. B. Le malattie dei vini ed a R. Stazione di Patologia pe 3 Bull. Soc. Vitic. ital. A. : p- Comes 0. Il marciume delle radici nei E vigneti di Angri. Ann. €. : Portici. Vol. V, n III, ‘1888. È Cusoni G. La Peronospora dei grappoli. Atti Congr. Crittog. Parma. Fase. ll, | Uu * l : MancnzsE G. Le acean malattie dei — vini e mezzi pratici per agi Cor: — riere del Villaggio, Milan E. Picur P. Alcune osservazioni sui tuber- — coli radicali delle Leguminose. Pisa, - 8. E Rizzuro A. Biologia della Peronospora - viticola e modo di combatterla. Sciacca, 1887 Sorta R. F. Note di Fitopatologia det- tate agli alunni del R. Istituto fore- stale di Vallombrosa. Firenze 1888, ^: l vol. con atlante di 11 tav l Trevisan V. Se sia vero che il bacillo imetrofo (Micrococcus prodigiosus di certi autori) proceda sempre come agen- Sc. e Lett. Ser. Il, ZeccHini M. e Riva tro la Peronospora della vite. Asti, 1888. Paleontologia vegetale. Bozzi L. Sopra una specie pliocenica di Pino trovata a Castelsardo in Sarde- gna. Atti Soc. ital. Sc, nat. Milano ; BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO . De SrErANI C. Le ligniti di Castelnuovo di Garfagnana. Bull. Com. geolog., 1887, fasc. luglio-agosto. SQUINABOL S. Nota preliminare su alcune impronte fossili nel carbonifero supe- riore di Pietratagliata. Giorn. Soc. Lett. Convers. Scient. Genova. A. X ; 1887, fase. VI, VII. Botanica medica e farmaceutica. Borponi-UrrRrEDUZZI G. L'esame batterio- logico del ghiaccio in rapporto colla pubblica igiene. Milano, — Ueber den Proteus hominis ciali tus und über eine neue durch ihn erzeugte Infectionskrankheit des Men- schen. Zeitschr. f. Hygiene. B. III, 333 GaLLENGA C. Generalità sui microrgani- smi dell’ occhio in condizioni normali. Boll. d’ Oculist. A. IX, LucareLLO L. Analisi batterioscopica delle acque potabili di Genova. Mem. Accad. d. Di un ifomicete della pelle dei pellagrosi. Atti ongr. Crittog. Parma. Fasc. II, 1887, p. 125, c. tav. Mancuso-Lima G. Donifibute allo studio elle acque siciliane. Palermo, 1887, c. tav. Parona E. Sulla concorrenza vitale t tra il bacillo del tifo ed il bacillo del car- bonchio. Giorn. internaz. Sc. mediche, 1887, p. 793. Ponto G p io Il piantagione degli alberi nell’ interno Mes: città in rap- porto colla sanità pubblica e coll'abel- limento. Cuneo, 1887. RivoLta S. Un'altra volta sulla priorità dell Actinomice. Giorn. Anat. e Fisiol., 6. TAPANI A. I microrganismi e la medicina moderna. Prelezione. Firenze, 1888. Morra E. Botanica ‘orticola, agraria, industriale. tosc. Orticolt., XIII, D'ANCONA C. ae; n p. 20, BeccaLI A. Idesia anioni seg Soc, P. ec Y. df TU sd rs Viti americane, N. Rass. Viticolt. Soc. Tosc. Orticolt. A. XIII, 1888, p. 43. Pucci A. Aponogeton distachyon Thbg. Ibid., XII, 1887, p. 368, c. tav. TanranI E. Sul Hyacinthus corymbosus. Ibid., A. XIII, p. 40, c. tav. UgoLInI G. Dei Celtis. Ibid., p. 45. Microscopia, Tecnica microscopica. Porr A. Sul modo di valutare ed indi- croscopiche. Lo Spallanzani. Roma, 1887 — Sulle misure dell' ingrandimento dei disegni degli oggetti microscopici. Atti Congr. Crittog. Parma, 1887, fasc. II, Varia. dustriale. A, XXIX 1887-88, "Born di C. Anfoeso). Milano, 1888. Borzi A. se Pietro em botanico, e dell'opera sua nell' eo messinese, Orazione inaugurale. pow 1888 CERMENATI M. La Valtellina ed i natu- listi. Memoria bibliografica, Fasc. I. Sondrio, 7. Ànnna aggio di una bibliografia agricola e forestale del Canton Ticino. L'Agricoltore ticinese, 1887. Rome a. L'o origine e la continuità della | gresso della Menia” 'dalla “e c vita. Riv. di Filosof. scientifica. Ser. II, del mondo (!) ai tempi moderni. vol. VI, 1887, p. 705. - Torigine dell'agricoltura in Italia. LART L. Compendio storico del pro- poli, 1887. . ESS $25 a D CS 9, © LYS US » OS Y XS, VI x $a NS Q IT) BS do etus asara fe AA T LE ^m si L] dee 3 pass x A Q M jd Silvio Calloni ad nat, delin. Malpighia, Vol. Il Fig. 13 === Malpighia Vol H? =- MRE .. Sullo sviluppo del Mischococcus confervicola NAEG. — Nota di A. Borzi Molto incomplete sono le nostre conoscenze intorno alla biologia del genere Mischococcus. Le osservazioni del NAEGELI (') non si riferiscono che a pochi dettagli morfologici intorno alla forma ar- busculoide sotto la quale ordinariamente si rinviene il M. confervicola sul corpo di varie Conferva, Vaucheria, Edogonium, ecc. Val la Pena dunque rivolgere la nostra attenzione allo sviluppo di tale alga quale ho potuto studiare su materiale vivo raccolto in vari punti della Sicilia e altrove sul Continente italiano. Le fasi di svolgimento del Mischococcus confervicola Nàg. com- Prendono due periodi distinti caratterizzati da altrettante forme di- Verse che le colonie presentano quanto al modo di aggregazione degli elementi ed allo sviluppo loro. In ogni caso però la vita dell’orga- nismo è legata a un substrato, spesso organico, vivente la pianta cui aderisce in ogni tempo per produzione di consistente gelatina con- formata in stipite più o meno depresso, o calliforme, come poi si vedrà. Oltre alle citate forme di Alghe su cui le colonie di M. confervicola Sogliono crescere tenacemente appiccicate, vanno ricordati i fusti, Ti (1) C. NarGELI: Gattung. einzellig. Algen, Zürich, 1849 p. 80-82. 10. Malpighia, anno II, vol. II. 134 A. BORZÌ, i picciuoli e le foglie di Marsilea, Salvinia, Myriophyllum, Pota- 1 mogeton, e d'altre piante Vascolari d' acqua dolce. Qualunque sia la fase di sviluppo sotto la quale vien conside- [ rata quest'Alga, le sue cellule presentano sempre la medesima e 1 identica struttura, variino pure le dimensioni e sia in qualehe guisa anche la forma alquanto differente. 1 Ogni cellula possiede una membrana, sottile, trasparente, liscia | e che i reagenti rivelano di natura cellulosica; anzi spesso basta la semplice azione della tintura alcoolica di jodio per comunicarle una bellissima tinta turchina. Torno torno alla parete stanno addossate 2-4 placche clorofillacee, nel caso più semplice, una sola. I contorni di esse rimangono con nettezza delineati il più delle volte ricorrendo a forti ingrandimenti, ma meglio se si trattano le cellule con acqua leggermente jodata o col liquido del KrErxENBERG. Il numero dei eromatofori varia secondo la grandezza delle cellule. Importante è il fatto, già segnalato dal NareELI ('), che i cromatofori mancano di pirenoide. In mezzo al limpido protoplasma fanno spicco pochi gra- nuli lucidi, amorfi, di natura indeterminata ; il jodio non accenna - per nulla a presenza di sostanza amilacea e se deposito di materiale nutritizio d’ indole ternaria ha luogo nel contenuto cellulare , es80 effettuasi sotto forma di minutissime gocciole oleose, e ciò segnata- mente in quegli elementi destinati alla conservazione dell organismo e pervenuti allo stato di vita latente. Sicchè in complesso le cellule di Mischococcus ripetono una struttura che fondamentalmente con- corda con quella dei generi Conferva Lagerh., Chlorothele Bà, Bumilleria Bzi, Sciadium A. Br., Chardciopsis Bzi, ecc. Esaminando il genere Chlorotheciwm Bzì, avremmo occasione di rilevare iden- tiche armonie. Ogni cellula di Mischococeus è provvista di nucleo, che il liquido (). ...; Chlorophyllblàschen wurde noch nicht beobachtet . . (NAEGELL op. cit. pag. 81), eri atta SULLO SVILUPPO DEL « MISCHOCOCCUS CONFERVICOLA » 195 del KLEINENBERG rapprende e condensa e ne rende assai distinti i contorni. Esso occupa una posizione spesso esattamente centrale e sembra sostenuto alle pareti della cellula mediante ligamenti pro- ' toplasmatici. Del resto ogni altra particolarità morfologica sfugge alla diretta osservazione per via dello esiguo volume degli elementi. Uno stadio di sviluppo che finora è sfuggito all’ attenzione del- l'algologo è quello in cui l'alga consta di elementi protococcoidei riuniti a gruppi tetradici e formanti nello insieme delle colonie ade- renti per esteso tratto col substrato. Questa fase precede ordinaria- mente la forma dendroidea sotto la quale, come dissi, si conosce ed è stato descritto il Mischococcus confervicola. Riesce facile rilevare i rapporti che corrono tra le due forme mediante ripetute colture avvalendosi delle note camere umide del Van Trecnem alquanto modificate. Come mezzo di riprova mi son giovato» di culture in proporzioni più vaste dentro acquari. È Lo stadio protococcoideo è contraddistinto anzitutto da elementi 2 volte o poco più grandi di quelli normali alla forma dendroidea ; di più, essi sono ovali o ellittico-ovali e stanno appiccicati al substrato mediante la parte più slargata che funge però benissimo da base in opposizione alla regione superiore più stretta. La differenza tra la base e F apice spicca altresì maggiormente considerando la distribu- zione particolare dei cromatofori. Questi infatti lasciano uno spazio del tutto trasparente sotto l'apice che pare occupato da limpidissima linfa; la parete stessa di detta regione apicale sembra più attenuata. Cellule siffatte si moltiplicano in via vegetativa per indefinita partizione longitudinale con piani di scissione che si alternano solo secondo due direzioni; derivano così rapidamente delle colonie di elementi distribuiti in unica serie sulla superficie del substrato. Si può seguire agevolmente tutte le particolarità di detto sviluppo a partire da un solo elemento iniziale fino alla costituzione di una colonia assai complessa. Tale elemento aderisce ordinariamente con molta tenacità al corpo p. e di una Vaucheria, per mezzo di un 136 A. BORZÌ, breve cercine di materia gelatinosa estremamente translucida. Le due successive divisioni longitudinali si seguono con grande rapidità a tal segno da render possibile il sospetto che si tratti di una vera moltiplicazione tetradica simultanea. Le quattro cellule figliali si delineano tosto nettamente all’interno della membrana della propria cellula madre assai trasparente com'è; evidentemente la loro lar- ghezza importa la metà del diametro trasversale della cellula madre, epperò il lor volume rappresenta la quarta parte di quello dello elemento originario. Ma ben presto esse crescono per raggiungere le dimensioni della cellula iniziale ; segnatamente la parte basale loro è quella che deve subire un accrescimento relativamente signi- ficante, mentre l'altezza di essi elementi non presenta alcuna diffe- renza rispetto a quella della cellula madre. Allora la parete di questa si scioglie all’ apice. Essendo essa in questa regione, come notammo, assak esile, la dissoluzione ha luogo rapidamente; non cosi nel réstante contorno; anzi quivi scorgiamo nella membrana la tendenza di fondersi in gelatina alquanto consistente, opponendo cosi una certa resistenza alla pressione esercitata dalle cellule figliali in via di crescenza. La forma di accrescimento, e le condizioni am- bienti sono tali da provocare una dislocazione forzata dei nuovi elementi dalla lor sede verso l alto , cosicchè essi lentamente sci- volano al di fuori senza potersi interamente liberare dalla membrana della cellula madre: Questa allora, trasformata in una sorta di callo gelatinoso assai corto, rimane a costituire alla base della gio- vane colonia un vero e tenace sostegno per cui quest’ ultima aderisce al substrato. La sostanza onde è formato detto sostegno è di una estrema tenuità e trasparenza ; il jodio non le rende alcuna colo- razione ; debolmente si colora sotto l'azione del verde di metile. Essa ha però la tendenza a gonfiarsi rapidamente. Gli elementi adulti di una colonia così formata ripetono la stessa forma e le medesime dimensioni della cellula iniziale. Visto di pro- filo un gruppo tetradico siffatto vi si nota nelle singole cellule squisitissima la tendenza a divergere dal loro comune punto d' in- M D y 4 A leale See SULLO SVILUPPO DEL « MISCHOCOCCUS CONFERVICOLA » 137 serzione in modo che ciascuna di esse assume una posizione obbliqua, essendo l'apice di essi elementi rivolto al di fuori; cosi che la normale passante per il centro geometrico dell’ intiera colonia non ‘risulta affatto parallela all'asse mediano longitudinale di ogni cellula, come avverrebbe nel caso che queste fossero collocate in posizione perpendicolare al substrato. In complesso, supponendo che per i detti assi passassero dei piani fino a raggiungere il centro della comune base d’inserzione ne deriverebbe una figura di piramide rovesciata a 4 faccie laterali, il cui vertice corrisponderebbe al detto centro della base medesima. Più esattamente detta figura rappresenta un ‘segmento di sfera a base quadrata. Questa considerazione è utilissima per renderci conto a priori della particolare conformazione che assumono a sviluppo inoltrato le colonie sottoposte a continuato e indefinito crescimento della maniera sopradescritta. A tal'uopo è negessario rivolgere la nostra attenzione a colonie il cui sviluppo compiesi fin dai primordi e séguita sempre in ma- niera indefinita in un mezzo scevro d ostacoli, come p. e., alla superficie dell’ acqua, giammai quindi sopra un substrato solido di adesione. Questo caso non sarà forse normale, ma ho potuto ripe- tutamente verificarlo nei miei acquari, dove una enorme quantità di germi delle iniziali colonie vaganti nell’ acqua anzichè soffermarsi e stabilirsi sulle pareti del vaso o sul corpo alla specie di Vaucheria messa a coltura in quei recipienti, erano rimasti galleggianti sul livello dell’ acqua formandovi una tenuissima pellicola verdiccia. In tali condizioni, da giovani colonie tetradiche di Mischococcus deri- vano successivamente delle associazioni di 16, 64, 256 , 1024, 4096 ecc. elementi. Si consideri intanto che ogni generazione ha la prio substrato sollevandosi sul livello tendenza di spostarsi dal pro i à visto nella costituzione di gruppi di questo, così come abbiamo gi tetradici isolati. Ogni generazione di recente origine soprapponesi à quella d' ordine precedente mediante produzione di nuova copia di materia gelatinosa. Cosi, mentre cresce la superficie di quel segmento di sfera, aumenta il suo raggio. Però durante tale sviluppo, I asse 138 A. BORZÌ, longitudinale mediano di ogni elemento figliale tende a divergere dalla normale passante per il centro dell'area d'inserzione della co- lonia d'ordine precedente, il chè fa si che la superficie d'inserzione degli elementi dell'intera colonia assuma una curvatura più pro- nunziata. Durante lo accrescimento ulteriore della colonia, ripetonsi le medesime identiche condizioni di spostamento e di disposizione ` degli elementi di successiva formazione; l'angolo di divergenza di ogni cellula dalla tangente alla sua base d'inserzione, resta quasi pressocché dello stesso valore di prima; la curvatura esagerasi mag- giormente, e ne deriva tosto una superficie esattamente semisferica su cui stanno allineate in unico strato le diverse cellule componenti la colonia. P TOES TP RENE 3 i PIETE EA L RE i PECTUS a Lie a E a i S In corso di sviluppo, continuando l'aumento in superficie di così fatta colonia non seguito da adequato proporzionale accrescimento in lunghezza del relativo raggio di curvatura, i margini della colonia. E tendono a incontrarsi pericostituire in ultimo una vera sfera cava di regolarità pressoché geometrica. Il descritto processo non risponde a mere interpretazioni teo- riche; esso è pienamente giustificato della diretta osservazione dei fatti. Nelle mie colture ho visto frequenti di siffatte colonie: esse avevano la forma di sfere, misuranti persino 50-70 mier. La ge latina che serviva di cemento alle cellule costituiva uno strato periferico abbastanza consistente; del resto, il centro scorgevasi ripieno d' aria, : La costituzione di identiche colonie galleggianti alla superficie dell'aequa ignoro se abbia luogo spontaneamente in natura. Ho peró spesso rinvenuto degli ammassi sferoidi di cellule di Mischo- coccus aderenti al corpo di Vaucheria , Œdogonium ecc. nelle paludi di Ortora, ma aventi un origine diversa. Secondo le mie osservazioni le prime fasi di svolgimento di siffatte colonie si com- piono in contatto ad un substrato organico, vivente, p. e. frequente- mente sul corpo di una Vaucheria. Se la superficie di contatto è relativamente molto estesa le colonie vi costituiscono degli aggrup- 3 vate Ti (5 SULLO SVILUPPO DEL « MISCHOCOCCUS CONFERVICOLA » 139 pamenti semisferici, dei veri cuscinetti. Normalmente, aumentando il volume della colonia, codesto cuscinetto riesce a cingere torno torno, in tutta la sua spessezza, un filo di Vaucheria. Quando il substrato offre una superficie di sviluppo assai limitata, l'adesione delle colonie è temporanea; però nulla osta perchè in corso di sviluppo, restando in parte appiccicate al detto substrato, si organizzino in colonie più o meno sferoidi. Fra mezzo ai fili di Vaucheria mi è occorso di frequente os- servare di tali cumuli di cellule di Mischococcus, che parevan quasi vi si trovassero li a caso dispersi. Siffatte colonie costituivano delle masse sferoidi aventi persino un diametro di 5 mill., assai molli, di un color verdiccio, paragonabili a veri otricelli delicatis- simi ripieni di una materia gelatinosa estremamente diffluente, quasi liquida e del tutto trasparente. Verso la periferia tale so- stanza appariva alquanto consistente servendo di cemento ai vari elementi della colonia. In complesso, lo sviluppo vegetativo delle colonie palmelliformi di Mischococcus porge occasione di rilevare una maniera di svol- gimento molto singolare, e segnatamente come per mezzo di un pro- cesso reiterato di divisione alternantesi secondo due sole direzioni dello spazio sia possibile la formazione di aggregazioni di forma esattamente sferica. Il caso non credo trovi finora riscontro in al- cun altro organismo. Nelle condizioni poco favorevoli a cui l’ Alga trovasi d'ordinario esposta nelle colture, lo sviluppo vegetativo delle colonie si arresta prima che le associazioni abbiano raggiunto dimenzioni notevoli. Allora l ulteriore svolgimento affettuasi per mezzo di zoospore. Per quanto io sappia, zoospore presso il genere Mischococcus non sono state finora osservate e descritte da alcuno. 1l NAEGELI (') e il RapeNHORST (?) accennano solo alla presenza di tali germi de- (5 Op. cit. (9) Flor. eur. Alg., eic. p. 94. 140 À. BORZI, rivanti dagli elementi della forma dendroide, ma nulla ci dicono intorno ai caratteri particolari di essi. Secondo le mie osservazioni, le cellule delle colonie su descritte, compiuto il loro svolgimento vegetativo, diventano dei zoosporangi: così in via agamica compiesi per mezzo di germi mobili la diffu- sione della colonia medesima a grandi distanze. Gli zoosporangi non sono differenti dalle cellule vegetative quan- to alle dimensioni e alla forma loro. Da ogni zoosporangio prendono origine 2-4 zoospore, oppure: non di rado una sola, le quali vengono immediatamente messe in libertà per dissoluzione della cellula madre nella regione apicale Nei primordi, le zoospore, guadagnata l' apertura, rimangono aleun tempo attaccate ai margini di questa, dibattendosi, agitandosi, rivol- tandosi in tutti i sensi, quasi trovassero un ostacolo ad allontanarsi. Ció induce a credere che i germi al momento della loro uscita trovinsi coinvolti da una certa quantità di muco differenziato in vessichetta o sacco; ma la tenuità e il grado di trasparenza di questa sostanza è tale da sfuggirne la presenza alla diretta osser- vazione; nè meno l’impiego degli ordinari reagenti porge in questo caso utili risultamenti. Le zoospore, esaminate libere nell’ acqua ambiente, sono delle piccole massicelle ovoidi provviste nella estremità anteriore rostrale, ch'è d'ordinario assai corta e trasparente, d'un esilissimo ciglio. Questo importa 2-3 volte la lunghezza dell'intiero corpo del germe e durante il movimento giace proteso in avanti. Ogni zoospora possiede sovente 2 cromatofori parietali distinti; il restante proto- plasma apparisce trasparente e sparso qua e là di minutissime gra-, nulazioni opache. Nulla accenna alla presenza di un ocello rossigno; esiste bensì lateralmente, un po' al di sopra della regione rostrale, un piccolo corpo a contorni distinti, disciforme, d'un colorito nericcio e che in vista della sua costante presenza in tutte le zoospore esaminate ed alla sua posizione, parmi possa indicarsi come un vero ocello; cosi come scorgesi nelle zoospore della Bumilleria e di poche altre Alghe affini. a RIERA CX EN] CO ET LT NAE ERR ESSI Áo ES o SULLO SVILUPPO DEL « MISCHOCOCCUS CONFERVICOLA >» 141 Il diametro lungitudinale delle zoospore varia da 2 a 6 micr.; tuttavia nessuna ragione fisiologica giustifica la distinzione di esse in micro- e macrozoospore. Come nella più parte dei casi la luce esercita una energica azione direttiva sul moto delle zoospore. Il fototactismo positivo di queste si manifesta con molta evidenza collo accumularsi di essi germi sulle pareti degli acquari direttamente esposte alla luce. Il moto delle zoospore cessa normalmente dopo un quarto d'ora circa e comincia tosto la germinazione. Naturalmente durante questa fase il corpo di germe, perduto il ciglio, si cinge q’ un’ esile mem- brana; si accresce a grado a grado e così trasformasi per costituire l'elemento iniziale di nuove associazioni palmelliformi. . Seguendo lo sviluppo dell' organismo attraverso questa medesima fase si nota a un certo tempo la tendenza nei singoli elementi delle colonie a scindersi nella direzione perpendicolare al proprio asse lungitudinale (parallela al substrato). Per via di questo cambiamento nella direzione dei piani di divisione e mediante nuove successive ‘modificazioni nascono delle colonie d’ aspetto dendroide quali sono state descritte come caratteristiche del genere Mischococcus. Ordinariamente ogni associazione di tal sorta procede dalla ger- minazione di zoospore; qualche volta anche direttamente i singoli elementi vegetativi delle colonie si trasformano in cespuglietti den- droidi; ma quest’ ultimo caso sembra piuttosto raro. Ho seguito in tutte le sue particolarità il graduale svolgimento di una colonia siffatta a partire dell’ elemento proprio iniziale. Le «mie osservazioni confermano in gran parte tutto ciò che in via d'induzione è stato dal NAEGELI supposto per spiegare la origine e lo accrescimento di ogni cespuglietto di Mischococcus. Fermata la nostra attenzione sopra una zoospora germinante si nota anzitutto come la sua adesione al substrato si stabilisce me- diante una sorta di callo gelatinoso abbastanza consistente, spesso cortissimo, di forma cilindrica, un po’ dilatato in basso, Il grado 142 A. BORZI, di consistenza di detta produzione cresce sempre piü e col tempo 3 vi si rendono manifeste delle striature concentriche. i Conservando la sua forma primitiva sferica, la cellula si divide tosto trasversalmente in due elementi figliali, i quali immediata- mente si arrotondano e lentamente si spingono in alto abbandonando la parete della cellula madre. Questa all’ uopo si scioglie all’ apice. 3 A volte l'elemento iniziale non subisce alcuna divisione e intera- 3 mente, per semplice innovazione, si cambia in unica cellula figliale. E In altri casi per due successive divisioni, di cui la prima trasversale, , l'altra longitudinale, prende origine un gruppo di 4 elementi i quali i pur essi tendono ad abbandonare la parete della cellula madre, e E scivolando attraverso l apertura apicale della stessa, si dispongono E in serie al di sopra di questa. Qualunque sia il numero delle cellule figlie, esse restano connesse sull’ orlo dell’ apertura donde sono venute fuori mediante un grosso 2 stipite di trasparente gelatina. Questo cresce a poco a poco in altezza n allontanando sempre più e sovente considerevolmente dalla loro 1 sede primitiva le cellule figliali medesime. In tutti i casi esse rimangono connesse in serie lineare semplice — sorrette dal detto stipite. La connessione ha luogo per interposizione di un istmo di gelatina, molto diluita dapprima e che sempre più si assoda. Cotesto braccio gelatinoso è breve, talora anzi brevissimo ; o talmente ridotto in dimensioni in modo che le cellule si trovano b in immediato contatto tra di loro. Per lo ampliamento successivo della colonia, ogni cellula torna a dividersi nel senso trasversale e i due elementi figliali tendono — tosto ad abbandonare la membrana della propria celllula madre e scivolano al di fuori. Se non che la dissoluzione della parete di questa non puó effettuarsi in alto come prima, che solo negli oe menti apicali; sicchè le due cellule figlie, derivanti da questi ultimi, sì dispongono subito in serie al di sopra dei medesimi sorretti dalla solita formazione gelatinosa stipitiforme che sempre più si allunga e consolidasi. Nelle cellule sotto-apicali la dissoluzione della pei 3 : x : SULLO SVILUPPO DEL « MISCHOCOCCUS CONFERVICOLA » 143 brana non può effettuarsi all’ apice, poichè su questo s'inserisce immediatamente il grosso braccio gelatinoso che congiunge le due cellule madri tra di loro, nè all’ opposta estremità per la presenza del comune stipite. La dissoluzione quindi ha luogo lateralmente in un punto qualunque, a destra o a sinistra, oppure della regione anteriore o posteriore; più specialmente la membrana si scioglie in un punto posto immediatamente al di sotto dell’ apice. Le due nuove cellule figliali appariscono tosto allineate l' una dopo l’altra nella medesima direzione, portate del proprio comune stipite gelati- noso, che assume perciò una posizione divergente dallo stipite pri- mitivo. ; In queste condizioni il cespuglietto vedesi costituito da un primo ordine di ramificazioni; si hanno in ispecie due ramuli: ognuno di essi termina al suo apice con due elementi disposti in serie nella direzione dell’ asse longitudinale del ramulo medesimo. Uno dei due ramuli, quello terminale, è posto nella continuazione dello stipite primitivo; l'altro sottoposto vi si parte da questo in posizione divergente. : Lo sviluppo ulteriore segue nella stessa maniera e a grado a grado complicasi la successione dei ramuli, ampliasi il cespuglietto. Il nu- mero dei ramuli laterali corrisponde all’ età relativa dei singoli elementi. L'azione eliotropica nel senso positivo della luce fa si che l'angolo di divergenza di ogni ramulo da quello di ordine precedente divenga più o meno ottuso o acuto. Tanto le membrane degli elementi materni, quanto gli stipiti si consolidano sempre più in corso di età: In complesso, durante la formazione di un cespuglietto dendroide di Mischococcus la direzione dei piani di scissione delle cellule ri- mane invariabilmente sempre la stessa. Non ne derivano delle colonie seriali semplici per la speciale costituzione di stipiti gelatinosi nel modo come abbiamo visto; hanno luogo bensì per questa ragione delle deviazioni particolari in modo che ne nascono delle ramificazioni. 144 A. BORZÌ, Queste sono paragonabili ai pseudoramuli di molte Cianoficee (p. e. 3 Tolypothrix, ecc.). Si formerebbero delle serie semplici qualora ogni 4 elemento non si dividesse ma solamente, per via d' innovazione, si 1 trasformasse interamente in un nuovo elemento figliale. Questo caso | é peró assai raro e si riscontra solo nei primordi della costituzione - di un cespuglietto. I Anche la divisione di ogni cellula in 4 cellule figliali è pure uno fenomeno non tanto frequente. In ogni modo, avvenendo ciò, at- | crescesi la complicazione della colonia. Quando si esamina attentamente *una colonia cosi fatta, attra- | verso il descritto sviluppo, si nota anzitutto negli elementi della | ultima generazione la tendenza a rimpicciolirsi. Se l ampliamento | seguitasse lungo tempo in maniera indefinita l’ impicciolimento della cellula supererebbe i limiti della possibile conservazione delle colonie. Fortunatamente l'ulteriore sviluppo dendroide si arresta colla pro- È duzione di zoospore. Ogni cellula allora si trasforma direttamente | in un zoosporangio. Ciò avviené subito senza che sia il fenomeno preannunziato da alcuna fase preparatoria. Solamente si nota nelle cellule pronte a svolgersi in zoospore un certo marcato distacco tra j la membrana e il contenuto. Questo immediatamente si organizza | in una zoospora; molto di rado, e ció in cellule relativamente più grandi, si formano due zoospore. 1 Le zoospore escono per una larga apertura circolare praticata attraverso la membrana della. propria cellula madre. In breve tempo tutti gli elementi di una colonia dendroide sl ; svolgono in germi mobili; allora sciolgonsi lentamente gli stipiti — gelatinosi, e delle colonie medesime non rimane più alcuna traccia visibile. In tale circostanza notasi come l'ordine di soluzione dei | diversi ramuli è quello medesimo della loro età: così, prima spari- : scono quelli di ultima formazione, indi successivamente gli altri che | seguono. Il sostegno basale della colonia sovente persiste alcun tempo, SULLO SVILUPPO DEL « MISCHOCOCCUS CONFERVICOLA » 145 i a posto, quasi inalterato. Tutto ciò dipende dal diverso grado di consistenza della gelatina e quindi dall'età diversa dei singoli ra- muli, essendo tale materia suscettiva di consolidarsi vieppiù col tempo. Le zoospore sono perfettamente identiche a quelle provenienti dalle colonie palmelliformi, sebbene ordinariamente più piccole: do- tate al solito di fototactismo positivo si accumulano su tutti i punti del substrato più esposti alla luce. Le ricerche istituite all’ uopo di accertarmi del modo ordinario di svolgimento di siffatti germi mi davano anzitutto per risultato la sicurezza che essi cooperino direttamente alla moltiplicazione delle descritte colonie dendroidi. Infatti, pervenuta in contatto, p. e., ad un filo di Vaucheria e cessato il moto, ogni zoospora, senza punto ingrandirsi, e dopo avere assunta una forma esattamente sferica, svolgesi in maniera da dar luogo alla costituzione di un nuovo ce- spuglietto. Se non chè, a dedurlo dalle colture, cotesto mezzo di riproduzione non sembra bastevole a corservare l' organismo in una maniera duratura: già le colonie di seconda generazione ap- pariscono dotate di uno sviluppo lento ; le cellule sono molto im- picciolite; gli stipiti scorgonsi alquanto raccorciti. Si può quindi ritenere che tale forma di moltiplicazione non basti a rinvigorire l’ organismo e che una nuova fase sia necessaria che intervenga ad assicurarne meglio la conservazione. La possibilità che siffatto modo di svolgimento si arresti per dar luogo a una nuova fase di sviluppo è dimostrata dalla cir- costanza che talune zoospore, cessato il moto, anzichè svolgersi re- golarmente in nuove colonie dendroidi, lentamente periscono e si disorganizzano. Questo fatto da me parecchie volte notato nelle colture in camere umide, non convalidato dalla diretta osservazione di fenomeni di copulazione, parvemi nel 1883 (epoca alla quale ri- montano le mie prime ricerche sulla biologia di quest'Alga) doversi attribuire all'azione di parassiti; nel corso dell' inverno del 1887 146 A.BORZÌ, SVILUPPO DEL « MISCHOCOCCUS CONFERVICOLA » acquistavo però la certezza che siffatta disorganizzazione delle zoo- ` spore di Mischococcus, dipendesse da una speciale differenziazione | fisiologica dei germi medesimi. fa Infatti, per quanto non differenti per dimensione, per forma ed : in tutte le condizioni loro morfologiche dalle zoospore normali à E sviluppo agamico, alcuni di questi germi rivestono i caratteri di | vere cellule sessuali. Due sole volte mi è occorso di sorprendere le prime fasi della funzione sessuale; ma sgraziamente non ho potuto seguire interamente tutte le particolarità graduali del feno- - meno. A quanto pare la copulazione ha luogo tanto lateralmente - per la regione rostrale quanto per un punto qualunque della su- - perficie del corpo del germe: I cigli rimangono immutati durante la copulazione; così ho potuto qualche volta sorprendere dei germi - con 2 cigli inseriti assai irregolarmente. Quello però che parmi sicuro è che le zigospore germinino immediatamente in contatto à un substrato opaco, non avendo giammai osservato svolgimento di colonie a sviluppo dendroide sulle pareti rischiarate degli acquari, bensi sul fondo e sulla Conferva messa a vegetare nell’ acqua del recipiente. È d'uopo quindi ammettere che le zigospore sieno dotate di fototactismo negativo; il chè è confermato da ragioni di ana- - logia. Importante è il fatto che ho potuto ripetutatamente verificare, che dalla germinazione delle zigospore procede direttamente lo sviluppo di una colonia palmelloide. Sicchè la fase sessuale avrebbe l ufficio di ricondurre |’ organismo alle sue primitive condizioni di sviluppo. Le particolarità della germinazione delle zigospore non E nulla di notevole e degno di menzione. Soltanto durante la prima | fase scorgesi come il germe, conservando la primitiva forma sferica si accresce insensibilmente restando tenacemente attaccato al sub- | strato; indi il contenuto si scinde nella maniera e della forma sud | * descritia per dar luogo a uma colonia palmelliforme. : O. BECCARI, LE PALME INCLUSE NEL GENERE COCOS 147 Riassumendo i precedenti risultati , il completo sviluppo di un individuo di Miîschococcus confervicola puossi schematicamente rap- presentare nel modo seguente : Zigospore colonie globoidi palmelliformi | Te”, (macro)zoospore divisione vegetativa LL rain ee ec L Fase agamica colonie à js dendroideo Prog S AE gnis de | | ` gamete (micro)zoospore II. Fase sessuale | copulazione Zigospore Le Palme incluse nel genere Cocos Linn. Studio preliminare di OpoarDo BECCARI. (Continuaz. e fine, ved, pag. 95). 32? Cocos Orbignyana Becc. — Cocos botryophora Marr. Palm. Orbign., p. 98, tab. IV, f. 3, et tab. XXX D. (non Mist. nat. Palm., II, p. 118). — Syagrus botryophora Mart. Palm. Or- bign., p. 133 (partim). Abit. — Nella Bolivia nelle vicinanze di Santa Crux de la Sierra , principalmente presso Bibosi, per un esteso tratto delle sponde del Rio Piray e del Rio Grande. Si trova ancora nelle 148 O. BECCARI, vicinanze di San-Xaverio de Chiquitos e de San Joaquim de Mo- xos. — A Santa Crux è chiamata Sumuquz. I Guarayos la cono- scono col nome di Yata?, ed i Brasiliani del forte di Beira con quello di Palmito-molle (Mart. ex Orbigny). j Osservazioni. — Drude (in Mart. Fl. Bras. vol. HI, p. II, p. 410), | che pure si è accorto delle differenze che il C. botryophora del Palm. | Orbign. offre colla specie omonima della Hist. nat. Palm., crede di poter riferire la prima al C. Acrocomioides; ma questo è indub- biamente un Arecastrum, mentre la figura del frutto nel Palm. — Orbign. rammenterebbe piuttosto quello di una specie della sezione | Glaziova, prossima al C. oleracea. 33? Cocos Orinocensis Spruce, Palme Amaz. in Journ. Linn. Soc. XI, (1869), p. 161-165. — Drude in Mart. Fi. Bras. v. M, p. Il, p. 427. Abil. — Presso i confini orientali della Colombia, sui monti granitici del fiume Orinoco, lungo le cataratte, fra le foci del Rio : Vichada e del Rio Meta. Si dice essere un oggetto molto conspicuo n sulle colline a Maypures ed a Cerro de Mono. (Spruce). | Osservazioni. — Essendo ignota la struttura interna del frutto | rimane di sezione incerta. : 34? Cocos speciosa Bann.-Ropn. Enum. Palm. nov., p. 39. °° H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 241. — Syagrus spectos@ - Barb.-Rodr. Protesto-app., p. 49. " Abit. — Lungo i fiumi Capin e Pixuna nella regione littoranea | delle Amazoni al Brasile. Dagli indigeni è chiamato Pupunha-rant — (Barb.-Rodr.). Osservazioni. — Specie molto dubbia inquantochè descritta dalle sole fronde. LE PALME INCLUSE NEL GENERE COCOS 149 35? Cocos pityrophylla Mart. Palm. Orb., p. 99, t. 3, f. 2, et Hist. nat. Palm., III, p. 290 et 324 (Cerorylon?) — H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 241. — Drude in Mart., Fl. Bras., v. III, p. II, p. 428. : Abit, — Bolivia, prov. di Yungas. A cirea 2600 metri sopra il livello del mare nel versante orientale della Cordilliera de la Paz, nelle vicinanze di Carcatua. Osservazioni. — Palma molto dubbia anche genericamente. Descritta dalle sole fronde, e sopra le note ed i disegni di d' Or- bigny. 36? Cocos? crispa H. B. et Kunth, Nov. Gen. 1, 302. — Mart. Hist. nat. Palm., Ill, p. 324. — Kunth, Enum. pl. III, p. 287. — H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 241. — Sprengel (Syst. veg., II, 141) cum Cocoe oleracea Mart. compinxit. Abit, — Nell Isola di Cuba, fra l’ Havana e Regla (Mart.). Osservazioni. — Palma dubbia anche per la posizione generica. 37? Cocos Balanse Naup. in Belgique Hort., 1877, p. 190. Abit. — Paraguay (Balansa). Osservazioni. — Il nome di C. Balanse è stato da Naudin provvisoriamente assegnato ad una specie di Cocos nato da semi raccolti da Balansa, e che forse appartengono alla specie che fu distribuita col N. 4773, nelle Pl. du Paraguay, 1874-77. SPECIE ESCLUSE ORTICOLE OD INDICATE SOLO DI NOME E NON DESCRITTE. 1. Cocos aculeata Sw. (non Jacq.) = Acrocomia lasiospatha Mart. (fide Gris. Fl. brit. West. Ind., p. 521). 1l. Malpighia, anno II, vol. II. 150 0. BECCARI, 2. C. arenarius Gamez, Acl. Olysip., 1812, p. 61, (vide Belg. hort., VI, p. 106. — Diplothemium litorale Mart. 3. O. Attaleoides Hort. — Revue hort., 1850, p. 250. Patri Quid ? 4. C. australis Horr. — Sotto questo nome si comprendono id cune specie coltivate nei Giardini, le quali non debbono certamente riferirsi al C. australis Mart. (dela Sezione Arecastrum), ma a specie della Sezione Butia. Sono queste per lo più il C. eriospatha Drude ed il C. lejospatha B.-R. à 5. C. Blumenavia Horr. — HaacE ET SCHMIDT in Gartenffort XXX, (1881), p. 103; et XXI, (1882), p. 244. — Revue hort., 1881, p. 64. — Bullett. Soc. Tosc. d' Ortic., 1881, p. 79. — Hook. in Report. R. G. Kew , 1882, (1884), p. 72. Abit. — Cresce fra gli 800 ed i 1200 metri sopra il Livello del mare, nelle montagne della Provincia di Santa Catharina nel Brasile meridionale, dove il termometro scende talora a 10-12 gr. cent. sotto zero. — Riceve il nome di Butia. Il Dott. Blumenau stesso (Gartenflora, XXXI, p. 244) rii ne che il C. Blumenavia debba riferirsi o al C. capitata es i od al C. eriospatha Dr. 6. O. Bonneti Horr. Linp. — IMlustr. hort., 1881, p. 16. - Hook. în Report R. G. Kew, 1882 (1884), p. 72. Abil. — Brasile meridionale — Alcuni individui che io ho visto coltivati nei Giardini con questo nome, erano da riferirsi al C. ljoe ‘spatha B.-R. | 7. O. Butesi Hort. — Gardeners’ Chr., v. XXIII, 1885, p.49. Solo nome. Patria ? 8. C. butyracea Mur. in Linn. suppl. 454. — Kunth. Eni» E pl., Il, 286. — Mart. Hist. nat. Palm., III, p. 324. = = Ses butyracea Karst. | Abit. — Nuova Granata. LE PALME INCLUSE "NEL GENERE COCOS 151 9. C. butyrosa (L.) Man. Arruda da Camara = Attalea humilis Mart. 10. C. Chilensis Morina. — Jubæa spectabilis Humb. et Kunth. 11. C. Chirita Hort. — Diplothemium maritimum Mart. (fide H. Wendl. Ind. Palm., p. 17). 12. C. elegantissima Linp. — Ilustr. hort., 1881, p. 16, (solo nome). | Abit. — Amazone. » 13. C. Fernambucensis Hort. — Revue hort., 1849, p. 155. Vedi C. Pernambucana Hort. 14. O. frigida Linp. — Illustr. hort., 1881, p. 16. Abit. — Brasile meridionale. 15. C. fusiformis Sw. — Acrocomia lasiospatha Mart. (fide Gris. Fl. brit. West. Ind., p. 521). 16. C. Geertneri BLumenEAU in Gartenfiora, XXX, (1881), p. 103; et v. XXXI, (1882), p. 244 cum icone xyl. — Revue hort. 1881, p. 64. — Bullett. Soc. Tosc. d' Ortic., 1881, p. 79. Abit. — Nella regione marittima della provincia di Santa Ca- tharina e di Rio grande do Sul, nel Brasile meridionale. È chiamato Butia dagli indigeni. E certamente una specie della Sezione Butia e probabilmente da riferirsi, secondo lo stesso Dot- tor Blumenau, al C. leiospatha Barb.-Rodr. p angustifolia Drude. 17. ©. Guacuyule Liesm. in Oversigt over det Kong. danske- Vidensk. Selskabs (1845), p. 9 et in Martius, Hist. nat. Palm., III, p. 323. — Walp. Ann., III, p. 473. — H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 241. — C. Cocoyule Karwinski in Mart. Le Abit. — Nelle selve della costa occidentale del Messico ad un altezza di circa 1200 piedi ; frequente a Guatulco (Liebm.). 152 0. BECCARI, Da esame dei disegni originali del frutto, comunicati gentilmente dal Prof. Lange, mi sembra poter riportar con abbastanza certezza il C. Guacuyule al! Attalea cohune Mart. Hist. nat. Palm., v. MI, p. 300, tab. 167, f. IV, la quale però io non saprei distinguere dalla A. amydalyna Humb., B. et K., . Nov. Gen., I, p. 310, t. 95-96. 18. C. Guineensis L. (excl. syn. SL). — Bactris Plumeriana Mart. (fide Gris. Fl. brit. West. Ind., p. 520). 19. C. gummosa Horr. — Revue hort., 1882 , p. 244. Solo nome. 20. C. indica Royle, Illustr. bot. Him. mount., p. 395. — Quid ? 21. O. Jatta Horr. — Copernicia robusta H. Wendl. (fide H. Wendl. Ind. Palm., p. 18). 22. C. Kotchoubeyi Lip. — Illustr. hort., 1881, p. 16. Solo |. nome, Abit. — Brasile merid. 23. O. latifolia Horr. — Bactris sp. (ide H. Wendl., Ind. Palm., p. 18). 24. ©. (?) lapidea GAERTN. Fruct. et Sem., 1, p. 16, t6; f 1. — Mart. Palm. Orbign., p. 102 et: Hist. nal. Palm., II, p. 290 et 324. — H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 241. — Lt thocarpus cocciformis Ott. Targioni-Tozzetti, Osserv. botan., Dec. VI, p. 22, reimpr. ex Mem. della Soc. ital. della Sc. di Mo- dena, vol. XX, (1831). — Attalea funifera Mart. TARGIONI (l. c. P. 21) ha benissimo riferito il Cocos lapidea di Gerin. all Attalea funifera, ed ha osservato che il frutto ora porta un seme solo (come in quello figurato da Gærtner) ora 2, ora 3. Io ho esaminato i frutti studiati da Targioni e tutti mi sembrano da riferirsi all’ Attalea funifera e non solo in parte come credette Mart |. c. LE PALME INCLUSE NEL GENERE COCOS 153 25. C. lapidea Horr. (non G:ertn.) — Revue hort., 1876, p. 407, 1877, p. 236. — Revue de l’hort. belge, 1884, p.228; 200 e. ribà Barb.-Rodr. 26. C. longifolia Hort. — Revue de l'hort. belge, 1884, p. 223. = Attalea excelsa Mart. (fide H. Wendl. Ind. Palm., p. 9) 27. C. (Syagrus) majestica Horr. — H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 257. — Quid? 28. ©. Maldivica Gmel. Syst. Nat., Il, p. 569. — Lodoicea Sechellarum Labill. 29. C. mammillaris Horr. — Cat. Dammann, 1886.= C. Yatay Mart. 30. C. maritima Hort. — Revue hort., 1882, p. 244. (Solo nome). Quid ? 31. C. maritima Comm. — H. Wendl. in Kerch. Palm., p. 240. — Lodoicea Sechellarum La Bill. 32. C. Maximiliana Horr. — Revue hort., 1881, p. 233, et 1881, p. 24. (Solo nome). — C. Geribà Barb.-Rodrig? 39. C. Molini MimsEL in Gaud. Bot. de la Bonite. Introd. parte 1%, p. 183. — Jubæa spectabilis H. B. 24. C. Naja ARRUDA DA Camara Discurso sobre a utilidade de Jardins, p. 35. = Allalea speciosa Mart.? (fide Mart. Hist. nat. Palm., c. II, p. 298). 35. C. nana GRIFF., Notule ad plant. asiaticas, p. IIl, p. 166. Non sembra che una varietà nana del Cocos nucifera. 36. CO. Nypa Lour. Fl. Cochinch., 694 (edit. Willd). = Nipa fruticans Thunb. i 37. ©. Normanbyi W. Hinr, in Rep. Brisb. Bot. Gard., 1874-6 (ex Benth. Fl. Austr., VII, p. 142). — Normanbya Muelleri Becc. 38. C. Pernambucana Lopp. — Hook. in Report R. G. Kew, 154 O. BECCARI, — Syagrus botryophora Mart. (ide H. Wendl. Ind. Palm., p. 18, 38). 1882 (1834), p. T9. Abit. — Brasile. Non descritta. 39. 0. ovata Lopp. — Desfont. Cat. plant. H. R. Paris., 1829, p. 29. — Quid? 40. C. Piassaba Hort. — Revue de l'Hort. belge 1884, p. 223. — Solo nome. Quid? i 41. O. Rossii Hort. — Attalea Cohune Mart. (fide H. Wendl. Index Palm., p. 4). 42. C. reflexa Honr. BrroL. — Syagrus reflexa H. Wendl. Ind. Palm., p. 38. — Quid? 43. O. regia Lism. in Ovestigi over det Kong. danske Vi- densk. Selskabs, (1845), p. 9 et in Mart. Hist. nat. Palm., II, p. 323. — Walp. Ann., III, p. 473. — H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 241. Abit. — Nelle boscaglie del Messico orientale fino ad una al- ` tezza di 2500 piedi, frequente ad Antiqua, Tolomone, S. Carlos, Colipa (Liebm .). Di questa specie, ho visto alcuni fiori Q e dei disegni del frutto. € Non é certamente un Cocos; mi sembra piuttosto una specie di Attalea. 44. O. regia (non Liebm.) Linden Illustr. hort., 1881, p. 16. — Quid ? Abit. — Messico. 45. O. sylvestris Hort. — Mart., Hist. nat. Palm., lll, p. 324. — H. Wendl. in Kerch., Palm., p. 242. Non descritta. 46. C. (Syagrus) Tamaca Linp. — Illustr. hort., 1881, p. 16. Abit. — Colombia. Non descritta. 47. ©. Urucuru Hort. — Attalea excelsa Mart. (fide B. Wendl. Ind. Palm., p. 18). LE PALME INCLUSE NEL GENERE COCOS 155 48. O. venatorum Porre in Mart., Hist. nal. Palm., HI, p. 325. — Attalea venatorum H. Wendl. in Kerch. Palm., p. 201. 49. ©. ventricosa ARRUDA (Steud. nomencl.). — Quid? 50. O. vinifera Mart., Tab. Z., III, f. XVII-XIX. (Euterpe) et vol. III, p. 324. — Gaussia vinifera H. Wendl. 51. C. (et Syagrus) Wallisii Limp. — Illustr. Hort., 1881, p. 16. Solo nome. Abit. — Amazone. 52. C. Yurumaguas Horr. Linpen. — Iustr. hort. 1881, p. 16. — Revue Hortic., 1885, p. 232. (Solo nome). Abit. — Yurimaguas nella provincia Amazonas del Perù orien- tale. 53. CO. Xochipatli HernanpEZ, Rerum med. Nov. hisp. — Secondo Decaisne (Flore des Serres, v. XXIII, p. 116) é stato dato questo nome a dei tuberi di una Composta. SPECIE FOSSILI l. Cocos Faujasii Bronen. in Ann. du Mus. , V. 1, p. 245, t. 99; Prodr., 191. — Burtinia Faujasii, Mart. Hist. nat. Palm., v. I, p. LXVI. 2. Q. Burtini Bronen. Prodr., p. 121. = Burtinia Cocoides Mart., l. o. 3. O: annulatus Ber. — (Vedi Just, Bot. Jahresb., 1873, p. 466). Nota. — Quando le pagine precedenti erano di già state consegnate per la stampa, mi sono giunti, da varie parti, nuovi materiali per lo studio dei Cocos, dei quali non mi sono potuto valere in questo scritto. Colgo però questa occasione per ringraziare il sig. ScHWACKE, che mi ha comunicato specie inte- ressanti del Brasile ed i signori Cm. Naupin, Prof. M. Cornu, Dott. HENRIQUES, 156 R. PIROTTA, EN Toparo, Prof. PasquaLe, Prof. Penzie ed il Barone VALIANTE, che mi nno is messo saggi di specie che hanno fiorito o fruttificato nelle Serre o nei Giar SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA IX (vol. 1°) Fig. 1. Barbosa Pseudo-Cocos Becc. — Sezione trasversale di un nocciolo o frutto maturo spo- gliato del pericarpio. Fig. 2. Rhyticocos amara Becc. — Sezione trasversale di un nocciolo. Fig. 3-5. Cocos (Glaziova) coronata Mart. — f. 3, nocciolo intiero; — f. 4, sezione longitudinale del medesimo ; — f. 5, sezione trasversale mediana. 4 Fig. 6-9. Cocos (Arecastrum) Geribà Barb.-Rod. — f. 6, nocciolo intiero; — f. 7, sezione longitudinale del medesimo ; — f. 8, sezione trasversale mediana ; — f. 9, sezione come la pre- cedente, ma eseguita al di sopra della metà. Fig. 10-12. Cocos (Butia) eriospatha Drude. — f. 10 nocciolo intiero; — f. 11, sezione longitu- dinale del medesimo; — f. 12 sezione trasversale (da semi messi in commercio da Vilmorin col nome di C. Campestris). Fig. 13. Diagramma di un nocciolo di Cocos evoluto regolarmente, come si presenta spesso nelle specie della sezione Butia. Fig. 14. Diagramma dimostrante come in un ovario di un Cocos, le loggie sterili vengono spinte verso la parete dell'endocorpio dalla loggia fertile. Fig 15. Diagramma del nocciolo di un Cocos con un sol seme. Le lettere indicano: a loggie sterili o loro traccie; — b loggia fertile; — c luogo occupato dalle vitte; — € endo- carpio; — f albume; — g embrione; — h ostiolo dell’ embrione. N. B. Meno i diagrammi convenzionali, tutte le figure sono di grandezza naturale. Per la storia dei batteroidi delle Leguminose Nota di R. PIROTTA. Le numerose notizie bibliografiche riportate negli ultimi lavori sulla natura dei tubercoli radicali delle Leguminose non fanno cenno, ch'io sappia, di un lavoro, secondo me storicamente importante, scritto sull'argomento dal GasparRINI. Il PriLLIEUX (1879) senza citare la fonte, dice soltanto che GaspaRRINI li credeva « des ra- dicelles avortées et renflées, » e tutti gli altri ripetono lo stesso. PER LA STORIA DEI BATTEROIDI DELLE LEGUMINOSE 157 Quanto poi alla struttura ed al contenuto, mentre tutti ricordano le opinioni e le osservazioni di ErIKSssEN e di Woronin, per tacere dei più recenti, nessuno accenna a quelle del GasPARRINI. Pare a me pertanto opportuno, doveroso anzi richiamare alla memoria il lavoro dell’ egregio nostro botanico. Esso porta la data del 1851 ed ha per titolo: Osservazioni sulla struttura dei tubercoli spongiolari di alcune piante leguminose. (Atti Acc. Sc. Napoli, t. VI, 1851, c. 1 tav.). Il GASPARRINI dopo aver ricordati i lavori del De CanpoLLE (1825), del TRINCHINETTI (1837) e del CLos (1848 e 1850), accenna alla costanza di forma dei tubercoli in certe specie, nota che le leguminose legnose li presentano soltanto sulle radici giovani, ne stabilisce la natura ra- dicale, constatando la presenza di vasi in rapporto con quelli della radice, e conclude che derivano da spongéole abortite e dà loro il nome di tubercoli spongiolari. Descrive quindi e figura egregiamente i tubercoli nel Melilotus italica, Lupinus thermis e Robinia Pseudacacia , accennando alla loro presenza in molte altre leguminose erbacee e nelle Acacia melanoxylon, Lebbek, grandiftora, longifolia e Mimosa Julibrissin. Nota che nella Robinia non vivono forse più di un anno, che in ‘tempo d'inverno si trovano vuoti; constata che non vi è forellino o fessura alla superficie déi tubercoli completamente formati: de- ‘scrive la struttura loro, facendo rilevare la differenza da quella delle radici su cui nascono, e ne segue lo sviluppo fin dalla germi- nazione del seme. “= Ma ciò che a me pare più importante è quanto scrive intorno al contenuto dei tubercoli, e vale la pena di riportare le sue pa- drole: « Le cellule (dei tubercoli di Melilotus) siano corticali, siano midollari, contengono una sostanza uniforme, in apparenza semi- fluida mucilagginosa, finamente granellosa siccome d' ordinario si vede in altre piante; ma in realtà costituita da corpiccioli cilin- drici, confervoidei, diritti o leggermente curvati, lunghi da 0,066 — — 0,012 mm.: di raro qualcuno è biforcato. Il iodo li fa diventar 158 A. BORZÌ, gialli ; il numero delle loro articolazioni varia da tre a sei; molti hanno una estremità più ingrossata dell’altra quasi in sembianza di capo. Tra per questo e per un certo modo che si scorge in essi nell’ uscire dalle cellule a prima giunta, sembrano fitozoarit an- zichè altro: ma non vi abbiamo scoperto organi di movimento , ed il loro moto puramente molecolare è accresciuto dalla forza con cui le cellule, dopo essersi imbevute d'acqua, mandano fuori il loro contenuto e dalla spinta , che l'acqua nel medesimo tempo riceve. Le cellule midollari oltre a ciò contengono, segnatamente presso i vasi un discreto numero di granelli di amido ». Simili sono i corpiccioli dei tubercoli del Lupino, che descrive pure e figura, rilevandone le differenze, ed aggiunge, ciò che se confermato sarebbe interessante, che i corpiccioli semplici o bre- vemente ramificati si trovano anche (nel Melilotus) nelle cellule midollari del fusto ed in quelle del parenchima esteriore della radice. Finisce coll’ escludere che siano lenticelle o gemme sotterranee e sostenendo invece per la loro posizione laterale, per la durata temporanea ecc., che sono radicette abortite in fin da quando spuntano , serbando l' intrinseca proprietà della radice a volersi diramare. La Quercus macedonica Alph. DC. in Italia Nota di A. Bomzi (Tav. XI). A pag. 338 del I vol. di questo periodico si annunziava la sco- perta fatta in Italia della Quercus macedonica A. DC., dovuta ad alcuni agenti forestali residenti nelle Puglie. L'illustrissimo Signor Comm. G. C. Sremoni, Ispettore superiore dei Boschi, ebbe la cor- tesia di raccogliere per me varie interessanti notizie in quelle pro- LA « QUERCUS MACEDONICA » ALPH. DC. IN ITALIA 159 vincie intorno alla diffusione e vegetazione di questa pianta del tutto nuova ai botanici italiani e di favorirmene dei saggi. Trat- tandosi di una specie assai rara e imperfettamente conosciuta parmi valga la pena spendervi qualche parola accennando ai suoi caratteri e al suo valore sistematico. La Q. macedonica veniva per la prima volta raccolta dal GRISEBACH presso Vodena e Prisdrem in Macedonia e nell Albania, associata al Cerro, e dal medesimo indicata nel classico Spic. fl. Rom. (p. 333) sotto il nome di Q. Aegilops L. Gli esemplari ori- ginali esistono ancora nell’ Erbario dell’ Istituto botanico dell’ Uni- versità di Gottinga e debbo alla gentilezza del Prof. Conte Sorws- LauBacH la comunicazione di vari frammenti in proporzioni adeguate per potere stabilire dei conforti coi saggi italiani e assicurarmene della identità. Più tardi OrpHANIDES rinveniva questa medesima specie nella stessa località originale di Vodena in Macedonia e ne comunicava dei saggi al BorssieR; onde il nome di quel botanico lo troviamo ricordato insieme a quello del GrIsERACH, nell'babitat della Q. ma- cedonica che segue alla descrizione di quella pianta a pag. 1172 del 4° volume della Flora orientalis. A. DE CanpoLLE, elaborando la monografia del gen. Quercus Per il Prodromus non potè avere sott'occhi che i soli ‘esemplari raccolti dal GRrISEBACH e conservati nell’ Erbario del BorsstER, dei quali egli si serviva pér elevare a tipo specifico la pianta griseba- chiana indicandola col nome di Quercus macedonica (Arrn. DC. Prodr. EYL 2*-p. 90). É molto probabile che i saggi comunicati dal GmisEBACH e dal- l OrpHANIDES al Borsster non erano in buone condizioni e tali da permettere un giudizio sicuro sul valore specifico di quella forma, onde lo stesso BorssrER, dopo averne data una succinta descrizione (Flor. or., IV, pag. 1172), soggiunge: Species ex paucis juniori- busque speciminibus nota, an glandes maturae cupulá inclusae?... E questa medesima dichiarazione vediamo integralmente riportata 160 A. BORZÌ, dal WeNzI& nel recente lavoro sulle Querci Mediterranee e del- l'Oriente (*); il che prova ancor meglio la rarità della pianta del GRI- SEBACH, in modo da mancarne dei saggi nelle ricche collezioni che il sig. WENziG ebbe agio di studiare in tempi pòsteriori alla pub- blicazione della monograflia del De CANDOLLE. A quanto io sappia, all'infuori del GRISEBACH e ORPHANIDES nessun altro botanico ha raccolto questa stessa pianta o vista viva; soltanto il Pancic ne ha segnalata la presenza nel Montenegro e i saggi ivi raccolti, che egli medesimo comunicava al GRISEBACH, Si conservano tuttora nell’ Erbario dell’ Università di Gottinga ed io stesso ho potuto esaminarli. Del resto la Quercus macedonica manca alla Flora delle limitrofe provincie della Bosnia ed Erzego- vina (°) ed è notevole il fatto della sua presenza nel territorio Barese e Leccese, onde la sua area di diffusione, non ostante s'in- terponga per vasto tratto il Mare Adriatico, apparisce maggior- mente estesa verso ponente e quelle provincie italiane ne segnano il limite estremo occidentale. Come ultimo confine settentrionale della sua area distribuitiva va notato il Montenegro ed in Italia la provincia di Bari, imperocchè questa pianta manca interamente alla provincia di Foggia. Verso mezzogiorno la Q. macedonica non sembra estendersi al di là della Macedonica e dell’ Albania. Giusta le informazioni attinte dagli agenti forestali, la Quercus macedonica cresce piuttosto abbondante nella Provincia di Bari e in quella di Lecce e talora in tal misura da costituire da se sola dei boschi di qualche estensione. E fa meraviglia perciò considerare come la sua presenza non sia stata fino ad oggi segnalata dai non pochi botanici che hanno erborizzato in quelle parti, nè dal TENORE € dal GussoxE specialmente, e tanto più se si riflette alle spiccate O T. Wenzie, Die Eichen Europa's, .Nord-Africa's und des Oriens. Nel Jahrb. d. k. botan. Gartens und bot. Mus. Berlin, IV, p. 179-213. C) D^ GinTHER Bzck, Flora von Süd-Bosnien und der angrenzenden Herce- govina — Nei Annal. d. k. k. naturhistor. Hofmus., Il, p. 57, Wien 1887.. E "a LA « QUERCUS MACEDONICA » ALPH. DC. IN ITALIA 161 sue differenze in confronto alle altre comuni specie di querci no- strane. Nelle provincie italiane indicate, la Q. macedonica vegeta tanto in piano quanto sui poggi elevandosi sino ad un altitudine massima di circa 400 m. Preferisce i terreni di consistenza tenace, argillosi o calcarei e d’ ordinario un’ esposizione meridionale , specialmente nelle località più elevate. Spesso vive associata alla Quercus Ilew L. ed alla Q. sessiliflora Ehr.; di rado forma boschi da se, come a Noci nel Barese. Trovasi piü o meno diffusa in provincia di Lecce nei territori di Taranto, alle Murge, nei Comuni di Ceglie-Messa- pico, Martina-Franca , Mottola, Castellaneta, Laterza e Ginosa, sovente con qualche prevalenza sulla Rovere e sul Leccio. In generale si può dire tenendo conto delle indicazioni ricevute dagli agenti forestali, la Quercus macedonica sembra in Italia ristretta alla parte più montuosa di quei paesi posti ai confini delle provincie di Bari e Lecce e forse come centro di tale area va considerato il territorio compreso sotto la denominazione di Murge che risponde alla parte più montana e accidentata della Provincia di Lecce, cui appartengono i territori di Laterza, Ginosa, Martina-Franca, Mottola, Castellaneta ecc. di cui una continuazione sono quelli di Noci, S. Chiara, S. Domenico, S. Candida, Gioja dal Colle, ecc., in Provincia di Bari, dove la detta specie di querce parimenti vegeta. Nell’ insieme l’ area di diffusione della Q. mace- donica in Italia è compresa tra 40° 50’ e 41° 10' di L. B. e 34° 20' e 35° 30" di Long. In tutti questi paesi la Q. macedonica è conosciuta sotto il nome di Fragna, appellativo probabilmente corrotto di Farnia col quale si sogliono di ordinario indicare in diverse provincie d’ Italia forme, sovente differenti, di Querci a foglie caduche. Essa raggiunge delle dimenzioni arboree per lo più non insigni- ficanti, quali quelle di un Leccio e di una Rovere. Così talora il tronco, misura una circonferenza di tre metri sopra un'altezza che varia da 10 a 13 metri. 162 A. BORZÌ, Nelle applicazioni industriali la Q. macedonica, occupa un impor- tante posto accanto alle altre specie di Querci indigene ed il suo legname viene reputato dello stesso valore impiegandolo nella fab- bricazione di doghe, di viti, di mozzi di ruote, di stortami per barche ecc. senza che se ne faccia alcuna esportazione. Venendo a dire de’ caratteri botanici della Q. macedonica, le indicazioni, per quanto concise, che ne danno il DE CANDOLLE e il BorssieR sono in generale bastevoli per formarci un concetto chiaro del valore specifico di questa forma e per distinguerla dalle altre affini d'origine orientale. Taluni particolari desunti dallo esame di non pochi e più completi saggi avvalorano vieppiù tale giudizio non ostante la grande difficoltà che presenta spesso lo studio delle numerose forme appartenenti a questo gruppo cosi eminentemente polimorfo com’ è il genere Quercus. La estrema variabilità, che le foglie presentano rispetto alla estensione della lamina, alla lunghezza dei picciuoli, alla forma e al grado d incisione del contorno ecc. confermano un fatto ben noto in altre specie congeneri più diffuse e meglio conosciute. Co- stantemente come in tutte le Querci le foglie delle giovani e vigo- rose rimesse delle ceppaie offrono un lembo notevolmente ingrandito (Tav. XI, fig. 5) e che si restringe a grado verso l'apice per finire una punta aguzza; il margine presenta delle incisioni pià pronunciate e acute; il picciuolo è molto raccorciato e quasi nullo. In generale la lunghezza di si fatte foglie importa centimetri 10 o 12, vale a dire una dimensione 2 o 3 volte maggiore della normale. Le foglie sono in gioventü al disotto coperte di un finissimo feltro di peli stellati, i quali in corso di sviluppo si diradano sem- pre più, avvizziscono e poi cascano lasciando perfettamente nuda la superficie. Tuttavia possono più o meno persistere anche a tarda età. Nelle descrizioni citate è con molta precisione indicata la forma delle lamine fogliari ; anche il fatto che le foglie cadono a inverno inoltrato è stato rilevato dal Bossier e come si può facilmente 20 certarsene osservando dei rami al momento dell’ antesi ( Tav. XI, fig. 2). EVE, iiei LA « QUERCUS MACEDONICA » ALPH. DC, IN ITALIA 163 Quello che gli autori dicono della forma, grandezza e disposizione della squame della cupola non può ritenersi come una condizione del tutto costante. Varia certo la forma della squame dalla forma ovale alla lanceolata e lineare progredendo dalla base verso i mar- gini della cupola; ma restando quasi sempre inalterate queste pro- porzioni, notasi talora un certo sensibile raccorciamento o viceversa un notevole allungamento, e come tutte diritte e rivolte in alto e quasi embriciate, così pure tutte ricurve all'infuori e uncinate pos- sono presentarsi le squame (Tav. XI, fig. 4). In ogni caso esse sono schiacciate alquanto e spesso quelle inferiori assumono l’aspetto fogliaceo conservando la normale consistenza Jegnosa. Quanto alle affinità, la Q. macedonica rappresenta indubbiamente una forma specifica ben distinta che al tipo originario della Egilope attinge parecchi caratteri. Dalla vera Q. Aegilops L. differisce fon- damentalmente per la scarsissima, a volte nulla, peluria della pagina inferiore delle foglie, sicchè il colorito di queste non varia che molto poco dal verde pallido al più; è diversa altresì per la forma più schiacciata delle squame della cupola, senza dire delle inferiori dimensioni delle ghiande. Allontanandosi da questo tipo la Quercus macedonica si accosta ad altre non poche forme orientali, non ancora ben delimitate, per la regolare e poco pronunciata divisione del contorno delle foglie e per la forma, direzione e consistenza delle squame delle cupole, quali p. e. la Q. Libani Oliv., la Q. Brant Lindl., Q. castanecfolia C. A. Mey. ete. Una delle forme alle quali la nostra Querce maggiormente si avvicina è la Q. Look Kotschy. Il solo carattere che confrontando diligentemente gli esemplari di queste due forme ho rilevato fino ad un certo punto sufficiente a stabilire una certa diversità è il maggior grado di persistenza di un fino, per quanto rado, tomento sui rami e sulla pagina inferiore delle foglie, onde si distingue sovente la @. Look: tuttavia si può dubitare del valore di questa particolarità considerando come talvolta possano le foglie e i rami divenire assai presto quasi glabri; della Qual cosa ci si può benissimo assicurare esaminando il saggio della 164 A. BORZÌ, « LA QUERCUS MACEDONICA » collezione del Korscuy segnato col n. 172 (!) Per questa conside- razione io oserei affermare che le differenze che corrono tra la Q. macedonica e la @. Look non sono di tal valore da consentire una separazione così sostanziale di queste due forme ritenendole | come due-distinte specie. Forse con ragione la Q. Look rappresenta - una semplice varietà geografica della nostra pianta, una forma più orientale della medesima. Un esame più diligente, fatto sopra ricco | materiale ed ex vivo, sarebbe certo da raccomandarsi per la com- pleta soluzione di questa quistione. : Messina 23 febbraio 1888. SPIEGAZIONE DELLA TAV. XI. Fig. 1. Ramoscello fruttifero (4) f ap E » 2. Ramoscello ad amenti maschili (4 ) » 3. Porzione di un amento maschile e ) x » Una ghianda con cupola a squame uncinate (4) >» 5 Ramoscello provenibnte da ceppaja (i) RASSEGNE 165 Rassegne Dott. Fridiano Cavara: Sulla Flora fossile di Mongardino. Studi stratigrafici e paleontologici. (Memorie della R. Accademia delle Scienze dell Istituto di Bologna , Serie IV, Tomo VII ed VIII; 1886-87). Con 6 tav. litog. La Flora pliocenica è imperfettamente conosciuta sì per le poche regioni esplorate, come pel numero di piante, il più delle volte scarso, quivi raccolte. I principali lavori sono quelli del GaupIN e del Ristori sul pliocene del Valdarno, del SorpELLI sulle argille plioceniche della Lombardia, del Saporta sui tufi pliocenici di Meximieux e sulle ceneri eruttive dell’antico vulcano di Cantal, del NarHoRsT sul pliocene di Mogi nel Giappone. È a deplorarsi che l’Italia abbia data una scarsa contribuzione a detta Flora, mentre come ben dice l’HrER (Recherches s. les climats et la végétation à l'épo- que tertiaire; pag. 66), la nostra penisola presenta quasi tutte le divisioni del paese terziario succedentisi pressochè senza interruzione dall’ eocene al diluvio; ed in ognuno di questi terreni si riscontrano erbari più o meno ricchi: lo studio di questi, potrebbe risolvere importantissimi problemi riguardo alle successive fasi della vegetazione terziaria del globo. Molto a proposito quindi ci giunge una pregevolissima Memoria del Dottor Cavara relativa alla flora pliocenica di Mongardino (località della zona collina Bolognese); lavoro questo altamente interessante per la eccezionale importanza scientifica delle filliti di Mongardino e per il retto giudizio sempre dimostrato dall'A. nell’ interpretazione delle proprie numerose osservazioni. Detta Memoria è corredata da 6 tavole disegnate ed incise dall'A. stesso, le cui accuratissime figure possono sostenere il confronto colle migliori prodotte dagli altri autori. Giusta le ricerche del CarRARA i diversi piani geologici di mi stra costi- tuiscono la serie seguente procedendo dal basso all'alto: 1^ Argille scagliose con calcari ed arenarie. 2° Marne bianche, corrispondenti alle marne di S. Luca, Paderno, Chiusa di Casalecchio. 12. Malpighia, anno II, vol. II. 166 RASSEGNE 3 Marne turchiniccie intercalate alla massa ofiolitica con foraminifere, Li- mopsis e coralli. 4.° Molassa quarzosa con ciottoli incrostati da balani. 5) Marna cenerognola a foraminifere, impronte vegetali e Aturia. 6.9 Sabbie compatte grossolane a Ostrea cucullata. 7. Argille turchine sabbiose fossilifere, e sabbie gialle marnose a filliti, Felsinotherium e Tursiops. Gli avanzi vegetali descritti dall'A. sono stati rinvenuti nelle sabbie marnose e costituiscono circa una sessantina di specie che sono le seguenti : Griffithsia ? pliocenica Cavara; Pinus Massalongii E. Sism.; Phragmites oe- ningensis Al. Br.; Posidonia Caulini Kónig. pliocenica Cav.; Quercus Drymeja Ung., Q. ilex L., Q. Lonchitis Ung., Q. Lucumonum Gaud., Q. mediterranea ? Ung., Q. neriifolia A. Br., Q. pedunculata Willd. pliocenica Cav. , Q. Scilliana Gaud., Q. tephrodes Ung.. Q. Carueliana Cav., Fagus Feronie Ung., F. sylvatica L. Castanea Ungeri Heer, C. vesca Gærtn. pliocenica Cav.; Salis angusta. A. Br, S. tenera A. Br., Populus balsamoides Goepp., P. leucophylla Ung., P. nigra L. pliocenica Cav., P. tremula L.; Liquidambar ....; Platanus aceroides Gopp.; Planera Ungeri? Kov., Ulmus Bronnii Ung.; Ficus multinervis Heer ; Apollo- mas canariensis Nees, Phoebe Capelliniana Cav., Laurus canariensis Webb. plio- cenica- Sap. et. Mar., L. nobilis L., pliocenica Cav., Persea radobojana Etting., P. speciosa Heer, Oreodaphne Heeri Gaud., O. protodaphne Webb., Cinnamomum“ lanceolatum Ung., C. polymorfum A. Br., C. Scheuchzeri Heer; Olea europæa L. pliocenica Cav., Fraxinus Ornus L.; Diospyros brachysepala A. Br., D. pro- tolotus Sap. et Mar. ; Andromeda protogæa Ug.; Acer integrilobum O. Web.; Sapindus dubius Ung., S. falcifolius A. Br., S. grandifolius Eng.; Pittosporum ....; Ilex Falsani Sap. et Mar.; Rhamnus acuminatifolius O. Web., R. Aizoides ? Ung., R. Decheni O. Web.; Iuglans acuminata A. Br.; Terminalia radobojensis Ung.; Crategus Ovyacantha L. pliocenica Cav.; Amygdalus persicifolia Web.; Sophora.... — La descrizione di ciascuna specie, elaborata dall’A., è accompagnata da una ricca sinonimia e da molte note ed osservazioni. Tale reperto di filliti, offre all'A. opportunità per entrare in alcune importanti considerazioni botaniche e paleontologiche intese specialmente a chiarire le rela- zioni della Flora pliocenica di Mongardino colla Flora omonima di altre località d'Italia e fuori, nonchè colle flore anteriori e posteriori (miocenica, quaternaria, attuale). Queste considerazioni conducono l| A. ad una circostanziata discussione delle diverse teorie dirette a spiegare le grandi mutazioni climatologiche e fito- IO VS RI VI DFE LIA RASSEGNE 3 167 geografiche che si verificarono in tutta l’epoca terziaria fino al presente. Ne rias- sumiamo le principali conclusioni. La presenza di dette piante nel pliocene di Mongardino dimostra nel modo più evidente che il carattere dominante delle flore plioceniche si ha nella fre- quenza di specie tuttora viventi proprie della zona temperata, associate a molte i cui rapporti di parentela colle attuali sono evidenti; inoltre, mancano comple- tamente o quasi parecchi tipi vegetali i quali vivevano in Europa durante il periodo miocenico e che ora si rinvengono soltanto nelle regioni calde e tro- picali del globo (Palme, Fichi, Proteacee, Araliacee, ecc.). L'A. mediante un Quadro sinottico, mette in evidenza gl'interessanti rapporti esistenti fra la Flora fossile di Mongardino e quella ben nota di Oeningen, di Meximieux, della Toscana, dei depositi quaternari e la Flora attuale. 26 specie sono comuni con Oeningen, 10 con Meximieux, 8 con giacimenti quaternari ; circa !/; delle filliti rappresentano specie tuttora viventi: vi sono poi parecchie specie non ancora state segnalate nei depositi pliocenici. Circa la metà delle piante studiate dal Cavara sono incontestabilmente ter- ziarie e di queste parecchie risalgono ai piani inferiori del miocene, all'oligocene e persino all’ eocene (es. Quercus mediterranea, Q. tephrodes, Sali» angusta , Cinnamomum polymorphum, Sapindus dubius, ed altre). La persistenza di tali forme attraverso un così lungo periodo di tempo, dimostra che la temperatura sì abbassava con grande lentezza e regolarità e che si è mantenuta pressochè invariata l'umidità atmosferica ; in tali miti e quasi uniformi condizioni climato- logiche, molte forme vegetali non si sono sensibilmente modificate nei loro caratteri. È un fatto importantissimo la coesistenza nel giacimento di Mongardino di Cupulifere, di Lauracee e di piante a tipo subtropicale (Sapindus, Terminalia , Sophora); tale concomitanza accenna evidentemente alla distribuzione per zona di questa Flora terziaria ed all'esistenza di condizioni climateriche assai diverse da quelle che presiedono alla vegetazione attuale nell'Italia centrale, e dimostra in determinati punti una piü elevata temperatura ed un grado maggiore di umi- dità atmosferica. Secondo l'A., le Lauracee, aleune Querce sempre verdi a tipo americano, il Liquidambar, ecc., fanno assegnare ai dintorni di Bologna durante il periodo pliocenico una temperatura media annuale di -++ 18° a 209; ora, la temperatura media annuale di Bologna essendo + 139, 5, ne risulta una diffe- Tenza di circa 5°, Tale diminuzione di temperatura già bene progressivamente manifesta nei piani del miocene e causa prima della scomparsa di tante essenze vegetali dal- l'Europa centrale, si connette con un fenomeno universalmente rieonosciuto che ebbe il suo massimo d'intensità alla fine del periodo pliocenico e cioè l'epoca glaciale, 168 RASSEGNE E quì il Cavana, riferendosi alla Flora miocenica di alte latitudini boreali (Irlanda, Spitzberg, Groenlandia, America del Nord) studiata dall’ HEER, ricerca gli effetti del periodo glaciale in detta Flora, esplicantisi colla migrazione delle specie artiche verso latitudini più basse. — Sarebbe stata molto utile, per la com- pleta intelligenza di questi fatti, una più ampia e circostanziata illustrazione della bella teoria di Asa Gray, avente per base la vegetazione miocenica delle località artiche e riferentesi appunto all’ era glaciale ed alla successiva comparsa di un periodo di riscaldamento che ha ricondotto al Nord detta Flora esiliata. Con tale teoria si spiega non solo la grande analogia esistente fra le flore terziarie del- I Europa e le attuali dell'Asia, America del Nord e delle Canarie, ma eziandio I unità di origine, di essenza e di sviluppo della Flora arborea delle 5 regioni in eui si divide la zona temperata artica e cioó la giapponese-manciurica, ima- laiana-altaiea, europea, nordamericana atlantica e nordamericana pacifica; unità, la quale è altresì provata dalla costante presenza di alcuni tipi generici (Abies, Larix, Juniperus, Cupressus, Salix). L'Europa non essendo collegata con terreni tropicali, ed anche per la direzione da Est ad Ovest delle sue principali catene di montagne, ha dovuto soffrire più delle altre regioni pel periodo glaciale, d'onde è risultata la grande depauperazione della presente Flora arborea d'Europa specialmente in confronto a quella mongolico-giapponese. Fra le specie più importanti nuove per il pliocene, raccolte dall’ A. nel gia- cimento di Mongardino, meritano speciale menzione la Posidonia Caulini, la Castanea vesca , il Laurus nobilis, ' Olea europea ed il Crategus oriacantha. La presenza della Castanea vesca nel pliocene, la quale però non potè essere rigorosamente assicurata in causa della deficienza del materiale, potrebbe contri buire alla soluzione dell’ interessante quesito relativo all’ origine ed alla patria del castagno, che si ritiene venuto dall’ Asia e coltivato da antichissimo tempo in Italia. É pure molto importante la scoperta del Laurus nobilis, egregiamente dimostrata dall’ A.: è quindi inesatto l'asserto del Saporta che il L. nobilis non si trovi fossile oltre il quaternario. Riguardo poi all’ Olea europea, pur troppo lA. non ne ha con sicurezza accertata l'esistenza, non avendo avuto a sua di- sposizione che un esemplare di fillite unico ed incompleto; il DE CANDOLLE; propende ad ammettere che questa pianta sia stata naturalizzata nei nostri paesi, non essendosi essa rinvenuta nei tufi della Francia meridionale, della Toscana, né della Sicilia, dove si osservò la presenza del Lauro, del mirto e di altre piante attualmente viventi. In tale importantissima questione è quindi a sperare che la scoperta di nuovi materiali, aggiungendo nuovi dati ai fatti osservati dal- l'A., possa condurre alla sicura constatazione dell’ ulivo nel littorale felsineo del mare pliocenico. RASSEGNE c 2080 Poniamo termine a questa recenzione, lieti di poter mettere in rilievo che la notevole quantità di nuove ed interessantissime contribuzioni che il CAVARA ar- reca alla Flora pliocenica, l’ erudizione e la sana critica che Il’ A. appalesa nelle grandi e complicate quistioni delle cause dell'attuale distribuzione geografica dei vegetali e l' ordine mirabile che regna in ogni parte del lavoro, non ci fanno esitare un istante a riguardare questa Memoria del CAVARA come degnissima di” figurare accanto ai più importanti lavori di paleofitologia pubblicati nell’ ultimo decennio, Fausto MORINI. W. H. Gregg: Anomalous Tickening in the roots of Cycas See- manni, Al. Braun. (Annals of Botany , vol. I, n° 1, p. 63, pl. VI). L’Autore dice di aver trovato nelle radici di Cycas Seemanni un accrescimento anomalo, che crede non sia stato sin qui segnalato, non solo in questa specie, ma in nessun altra Cicadea, tranne che dal MeTTENIUS (Beitr. fur Anat. der Cycadeen, 1860) di cui riporta le parole seguenti a proposito della C. revoluta : « coll’ avanzare in età della radice, cessa l'attività del primo anello cambiale, ed esso si rinnova per mezzo di un anello periferico, e procede l accrescimento successivo in pieno accordo con quello del fusto ». A dire il vero, per la C. revoluta, il fatto fu segnalato anche da me, in ap- pendice ad un mio recente studio sulla struttura delle radici anomale delle Di- cotiledoni (Ann. Ist. Bot. Roma, v. III). Ma per la scarsità del materiale di cui disponevo, io non potei che darne una descrizione sommaria, mentre l' A. qui si estende anche allo sviluppo. Di più, nella specie da me esaminata, l’ anomalia consisteva semplicemente nella comparsa di cambi successivi nel parenchima del periciclo, mentre nella C. Seemanni a detta dell’ A., i fatti sarebbero più complessi. La struttura anomala venne da lui osservata soltanto nella radice principale della pianta e per un tratto di soli 20 a 40 mm. di lunghezza a partire dal fusto. Essa consiste essenzialmente nella formazione di zone cambiali addizionali, allo esterno del cambio normale, ma lo sviluppo avviene in due modi, dei quali uno limitato ad una radice sola, l' altro comune a tutte quante le radici osservate. In quest’ ultimo caso , la struttura primaria normale della radice essendo im tipo diarco , lo sviluppo anomalo incomincia colla produzione di apap: cambiali nelle cellule del pericambio che stanno a breve distanza dai confini del cambio normale. Altre divisioni avvengono da ambi i lati, nelle cellule che 170 RASSEGNE stanno immediatamente all'esterno del floema normale ed in quelle immediata- mente adiacenti alle estremità del cambio normale, sicchè in definitiva si forma un anello cambiale completo, fatto internamente dal cambio di origine normale, esternamente dagli strati più recentemente formatisi. Siccome questo processo va avanti di pari passo nei due fochi della radice, cioè da ambo i lati delle forma- * zioni vascolari primarie, si formano due anelli cambiali completi. La: porzione anomala di ciascuno di questi anelli cambiali, produce numerosi strati di xilema esternamente e una quantità di floema internamente, di modo che si formano ai lati della lamina vascolare primaria, due cerchie legnose racchiudenti il proprio floema. In questa orientazione rovesciata dei prodotti di attività del primo cambio anomalo, sta la caratteristica di questa struttura. Più tardi si forma il secondo cambio anomalo. Esso provierfe dagli strati più esterni del tessuto pericambiale e produce una cerchia di fasci interrotta soltanto di fronte ai due raggi vascolari. primari. Quanto al primo modo di sviluppo anomalo, l'A. osserva che la struttura pri- ` maria della radice che lo presenta, è identica a quella delle altre. Il cambio normale forma un anello completo intorno ai gruppi vascolari pri- mari. Prima che questo anello si chiuda completamente compare, nel modo dianzi esposto, il primo cambio anomalo, senza contrarre adesioni con quello. I prodotti della sua attività generatrice sono pure rovesciati. Osserva come i successivi strati cambiali funzionino simultaneamente e come le peculiarità di struttura di queste radici non abbiano alcun riscontro nel fusto di questa Cycas che ha trovato perfettamente normale. Conclude : 1° che tutte due le anomalie procedono dalle cellule del pericambio. 2° che il primo cambio anomalo ha principio nelle porzioni più interne di esso, mentre l’ opposto avviene per il secondo cambio anomalo. 3° che l'orientazione dei tessuti anomali interni è rovesciata. 4° che l'orientazione dei tessuti anomali esterni è regolare. Lo sviluppo ulteriore di questi tessuti anomali non ha potuto seguire per deficienza di materiale. - C. AVETTA. NOTIZIE 171 Notizie Addenda ad Floram italicam. Nei dintorni d' Alba e precisamente nei castagneti delle colline di S. Quirico notai abbastanza frequenti nell'ottobre scorso, l’ Entoloma nidorosum (Fries) Quél. ed il Cortinarius (Phlegmacium) infractus (Pers.) Fries, le e specie, per quanto io mi sappia, non erano ancora state riscontrate in Ita Così pure devo far notare la presenza in Italia della Pistoi Wn (Lash) Quél, che trovai in Ci. quantità nei boschetti di pioppo lungo la riva destra AI del Tanaro presso D." P. VoaLino. X Il Prof. P. GENNARI indica le seguenti piagte come E per la prima volta . in Sardegna (Append. ad Index Semin. Hort. Calar, pe crassifolia Thore — Portoscuro arene vade misia vulgaris L. — In selve E Bolotona. ES edu hyacinthoides Parl. — Fessure delle rupi calcari, Cagliari a S. Tenere. (BarBEY, Fl. sard Comp., p. 61, la din (m dell'isola Maddalena. R. P.). umes maximus Schreb. — Selve a Bolotona Senebiera pinnatifida DC. — Cagliari, cd nelle arene. Verbascum thapsiforme Schrad. — Selve a Bolotona. Zappania repens Bert. — Paludi a Porto Vesure. X L' Eryngium creticum Lam., indicato dal Nyman uc 317) per la Grecia, Turchia e Dalm azia, veniva raccolto dal Conte C. Cosra-ReeHINI a Livorno, fuori Porta Vittorio Emanuele. Bonzi. RE X Nelle vicinanze di Trapani ò raccolto Quy te bach. aia. Gus. è 1 Re nopodium murale L. var. pruinosum Guss. — o al Ronciglio (importante località formante parte del ramo meridionale del pies di Trapani) quasi in- Selvatichita ed abbondante la Medicago arborea L. — Sul monte Erice poi è notato come nuove: l Andropogon panormitanum Parl., la Linaria triphylla Mill., l' Ophrys sit Willd. — Da Paceco (villaggio poco distante da Trapani) ò il Gladiolus dubius Guss. X 172 NOTIZIE Una forma notabile di Linaria ò rinvenuto vicino x Tee di Trapani , che probabilmente è una varietà della comune L. a Desf., con fiori più grandi, odorosissimi, di viola, ma sbiaditamente SEON alla DA con foglie brevi, ovatorotondate, per lo più quasi verticillate. L' ó contraddistinta con il nome precario di var. fragrans; ma è degna di ulteriore studio e forse costi» tuisce una buona sottospecie. x A Vallelunga esiste la Fumaria Petteri (Guss. non Rchb.) e in Valdemone la Corydalis densiflora Pr. delle quale ò veduti gli esemplari raccolti dal Professor TopaRo. X Non credo inutile la seguente addizione di località messinesi relative ad al- cune e vascolari, località non indicate nella pregevole Synopsis del Pro- fessor Topa PEAME AERE leptophylla Desv. — San Michele, Campo inglese, Torre. Cheilanthes acrostica (Tod.) — Montescuderi, Giampilieri, Milazzo, Messina al Santo e a Athyriu aan Roth. — Messina alla contrada Scala. Polysticum pallidum Tod. — Messina alla contrada Scala e a Batassari. Cystopteris fragilis Bernh. — Giampilieri, Fondachelli. Osmunda regalis L. — San Michele. Previste lusitanium L. — Castanea delle Furie. Equisetum maximum Lk. — S. Stefano di Briga, Casazza del re, Campo in- glese, Scala ed altrove. Equisetum ramosissimum Desf. — Credo sian da iscriversi ancora moltissime località o meglio tener questa come specie molto comune. L. NICOTRA. x Per la provincia di Messina son pure da notarsi: l Oenothera biennis L., la Tamarix gallica L. e la Matthiola incana DC., abbondanti a Tremestieri; il Tanacetum vulgare L. fra Naso e Brolo; l Jobs banaticus Koch. presso Tortorici, la Bellevalia fomana Rchb. a Patti. A. FICHERA. X Filago ria Guss. indicata per la Basilicata, veniva da me raccolta uri Isola di Lipari Bonzi. NE ‘ Come specie del tutto nuova per la Sicilia rammento la Vicia lutea L. da me raccolta in luoghi erbosi presso Messina nel corso di questa primavera. È da notarsi che la forma alla quale alludo non ha nulla che fare colla V. hirta Balb. che, com'é noto, da alcuni autori viene considerata come una semplice varietà della precedente: e che lo stesso D.” NicorRA (Prodr. fl. mess., p. "i indica come pianta della provincia di Messina Bonz X ia i si Vc 1208 7 y. MADRE Ue us NOTE NOTIZIE 173 Note di Microtecnica. Microchimica dei Licheni. — Il sig. B. J. FORSELL (K. Akad. Wiss., Wien, XLIII, 1886, pp. 219-30) ha sperimentato sopra un certo numero di Licheni e di Fun- ghi alla ricerca della lignina colla reazione della floroglucina ed acido iere ma ha sempre avuto risultati negativi. Alcuni licheni invece, come Lobari patata, colla gomma arabica, col cotone e collo zucchero di canna, tal reazione non può ritenersi come indizio sicuro della presenza di lingina. L' A. trovò che gli ifi dei Licheni prendono talvolta una leggera colorazione rossa coll’ acido sol- forico solo, senza indolo. Ma questo fatto egli spiegò colla conversione della li- chenina in zucchero per l'azione dell’ acido, poichè allora lo zucchero dà la rea- zione di Raspail coll’ acido solforico in presenza degli albuminoidi. (Dal Journal of the Royal microscopical Society, 1887, p. 126). x Nuovo reagente per la coniferina. — Il fenolo, e poi la floroglucina (WIESNER) coll’ acido cloridrico, erano i reagenti sin qui adoperati per riconoscere la coni- opera ferina. IL D" Hans Motisc®a (Ber. der Deutsch. Bot. bias das. n, IV, 1886, Pp- 301-5), propone il timolo, da adoperarsi nel modo seg Si prepara prima una soluzione al 20 9/, di timolo nell a assoluto. Si bagna con essa il preparato, e si aggiun nge tanto acido cloridrico da tria gio d spazio ancora libero fra la lastrina copri-o — ed il porta-oggetti. In minuti si manifesta, se c' è coniferin na, un color e, che tosto olio al i azzurrognolo od all’ azzurro; e se si opera alla is diretta del sole, il colore diventa quasi immediatamente celeste cupo. Meglio ancora, se alla detta soluzione al 20 0/, si aggiunge tanta acqua quanta ne prende senza intorbidarsi, e poi dei cristalli di clorato potassico in eccesso; dopodichè si lascia il liquido a sè per parecchie ore e poi si filtra. Una carta contenente tracce di coniferina, bagnata con questo liquido e con una goccia di acido cloridrico concentrato, in pochi minuti, anche nell’ oscurità perfetta, diviene verde azzurrognola. Questo reagente, esperimentato sopra le sezioni del fusto di un centinaio di piante, legnose ed erbacee, ha sempre dato risultati soddisfacenti. In tutte le sezioni, soltanto le parti lignificate sono divenute azzurre; prima le pareti degli ree del pe poi del midollo, e finalmente del libro (Dal Journ. of the + S., 1887, p. 166.). X Nuove reazioni per lo zucchero. — Il D. Mouscou (K. Akad. Wiss. Wien, XCI, 1886, pp. 912-23) fa osservare che le soluzioni di zucchero, (eccettuata l inosite), si colorano immediatamente in violetto coll’ aggiunta di alcune gocce di una soluzione al 15-20 0/, di «-naftolo ed un eccesso di acido solforico ; e che ]' aggiunta di aequa produce un precipitato, pure di color violetto intenso. Se all’ X -naftolo si aggiunge del timolo, il colore della soluzione diviene rosso-r%- 174 i NOTIZIE bino, ed il precipitato coll’ acqua rosso-carmino. In questo modo si può scoprire 10, 000,000 di zucchero. Gli idrocarbonati ed i glucosidi dànno la medesima rea- zione, ma molto più lentamente, L'A. propone quindi di ricercare lo zucchero nei tessuti vegetali in questo modo: — La sezione, non troppo sottile, si tratta sul vetro porta-oggetti con una goccia di soluzione alcoolica al 15-20 9/, di «-naftolo, e poi con due o tre gocce di aeido solforico concentrato. Se la sezione contiene zucchero, in meno di due minuti appare la ses violetta. Se si tratta di altri idrati di carbonio, la colorazione appare dopo un quarto d'o mezz’ n pratica sarà bene fare la prova sopra des sezioni, una delle quali si farà bollire per qualche minuto nell’ acqua; poi si trattano tutte e due col reagente e, se c'era zucchero, la sezione che non fu bollita si colorerà immediatamente. (Dal Journ. of the dg M. S., 1887, pp. Il naftolo (Cio Hy OH) è un derivato della naftalina (Cj) Hg), il quale si pre- senta Sila due modificazioni isomere. L'X-naftolo cristallizza in aghi bianchi di splendore serico, del sistema monoclino o, che hanno odor debole di fenolo e sa- pore caustico. La sua polvere provoca lo starnuto. Fonde a 290°, bolle a 380°, ma sublima già scaldando leggermente ed è facilmente volatilizzabile coi vapori di acqua. I corpi ossidanti, come l’ ipoclorito di calce e il cloruro di ferro, colorano dapprima la sua soluzione acquosa in violetto, poi picis fiocchi dello stesso colore. i LEMMER, Trattato delle combinazioni del Car L’ &-naftolo è insolubile nell’ acqua fredda. Si scioglie pn a calda a 70° nella proporzione di 0,4 per 1000ce, La soluzione di naftolo nell’ acqua calda si colora in violetto. Si può disciogliere 10 grammi di %-naftolo in un litro d’acqua aleoolizzata, contenente 400" d'alcool assoluto. Nei liquidi, nella proporzione di 0,10 per 1000 esso impedisce lo sviluppo di molti microbî (Cfr. J. Mawimoviteh, Des propriétés antiseptiques du naphtol-a. Comptes rendus des séances de l’acad. de France, t. CVI, 1888, pp. 366-8) Queste proprietà delle soluzioni di &-naftolo, che diventano violette con tanta facilità, fanno dubitare che questo reagente possa servire con tanta sicurezza à riconoscere la presenza dello zuechero. Torna anzi opportuno il rammentare ai microscopisti ciò che il prof. UNNA dimostrava recentemente a proposito di alcune sostanze coloranti (Arch. f. Mikr. Anat, XXX, 1887, pp. 38-48), che cioè non tutte le reazioni chimiche che si avverano fra due corpi, si ripetono allorchè essi si adoprano come reagenti pei tessuti animali o vegetali. O piuttosto, nel tessuto si trovano spesso sostanze, delle quali non conosciamo la presenza, o l'azione loro sul reagente adoprato, che possono indurre in errore nelle conclusioni che crediamo poter trarre dagli effetti del reagente medesimo. x Fissazione e colorazione dei nuclei. — Il sig. D.* H. CAMPBELL (Bot. Gazette. XII, 1887, p. 40) dà alcuni suggerimenti per M buona riuscita di queste opera- zioni. Le esperienze dell' A. furono eseguite principalmente sulle cellule madri degli spermatozoidi di e felci, ma egli assieura che si ottengono buoni: risul- tati anche sui nuclei dello pint vegetative. - E 1 È INDICE i 175 Per fissare i nuclei, i protalli di felee venivano posti in una soluzione acquosa di acido cromico o picrico, o di cloruro mercurico: la prima all’1 per 100, le altre concentrate. In queste soluzionii protalli devono restare per una o due ore (nel sublimato corrosivo anche meno). Quelli fissati coll'acido cromico o picrico E esser lavati M nd. in aequa, prima di colorarli ga ancora n m u prepirati in sublimato corrosivo si possono trasportare nell’ alcool Li da rimarranno per parecchie Per colorare i wei i migliori reagenti sono l'ematossilina ed il cloruro di oro. Il segreto della buona riuscita nella colorazione coll’ ematossilina sta nello usare una soluzione molt diluita, (tre o quattro gocce della soluzione ordinaria l g in alcool a 50°, 70° ed assoluto, tenendoli mezz’ ora in ciascuno. — volanti basta montarli in glicerina; i preparati permanenti si aa in olio di umm e Hin in Balsamo del Canadà (sciolto nel cloroformio uro d'oro il método è più semplice, e doflippondé molto bene pei CORR enn coll'acido pierico o cromico, non con quelli fissati per mezzo del cloruro mercurico. Alcune gocce di soluzione a1 per 100 di cloruro d'oro si mettono in un mezzo vetro da orologio di acqua distillata, ed i preparati vi si lasciano da una mezz'ora ad un'ora, tenendo la soluzione allo seuro. (STRASBURGER raccomanda l'aggiunta di una traccia di acido cloridrico ; ma, coi preparati fissati all’acido cromico o picrico, purché ben lavati, l'A. ritiene inutile l'aggiunta del- l’acido cloridrico). I e si lavano poi bene, tenendoli esposti alla luce, e sì montano in glicerin Col materiale Part in acool l'ematossilina corrisponde Jati (Dal Journ. of the R. M. S. 1887, p. 687). X Modo di preparare le sezioni di fusto e di radice, — Nelle sue ricerche Es origine delle jus Eds ce briga il signor A. LeMAIRE (Ann. delle Sciences Nat. nique], 886, pp. 172-4) trovò che le sezioni LE mente indurite “n alcool non erano le più sani a causa della contrazione del protoplasma ; neppure trovò conveniente l'uso del cloruro caleico, oltredichè la presenza del tannino è anch'essa un si SERI all'esame di dette sezioni. Egli raccomanda perciò il seguente procedim i La sezione si pone prima nella MNT di nb sodico conosciuta sotto il nome di acqua di Labarraque , finché le sostanze coloranti sono interamente distrutte ed il nucleo protolamati dissolto, mentre le pareti cellulari riman- gono intatte. Ciò richiede u mmersione della durata di circa 15 a 20 minuti; di questa soluzione, poi si passano nell'aleool assoluto, e finalmente nell'olio di Sarofano, finchè, raggiunta che abbiano la voluta trasparenza, si montano nel 176 PICCOLA CRONACA Balsamo. Le sezioni così preparate sono notevolmente chiare, e si possono con- servare per molto tempo. La montatura in glicerina non corrisponde egualmente ne. Questo procedimento si può applicare allo studio di tutti i tessuti meristemali. (Dal Journ. of the R. M. S. 1887, p. 164). La montatura e conservazione dei preparati in Balsamo del Canadà, sebbene sia in generale preferibile a tutte pei preparati da conservarsi a lungo, non è la più comoda nelle ricerche che richiedono la preparazione e lo studio immediato i un grandissimo numero di sezioni, le quali poi non si conservano tutte. La disidratazione del preparato e la sua chiusura nel Balsamo sono operazioni sem- pre lunghe e noiose, che, quando si può, si cerca di evitare. Per questo dubito che il metodo consigliato dal sig. LEMAIRE, se proprio richiede la chiusura in Balsamo, sarà da pochi seguito. i Metodo per far sezioni nei tessuti vegetali delicati. — Il sig. W. A. HASWELL (Proceedings Linnean Soc. of. New South Wales, 1, 1886, p. 489) raccomanda, per far le sezioni di oggetti delicati (protalli di felei, fronde di alghe delicate, foglie sottili e flessibili di piante erbacee, ecc.) il metodo seguente : Il pezzo da sezionare , se fresco, si pone per una giornata in una soluzione densa di gomma arabica; se conservato in alcool, prima di passarlo nella gomma si tiene per alcune ore nell’ acqua. Dei pezzetti di carota si tengono per altret- nessuna difficoltà nell’ acqua, dove il preparato vien pur lavato dalla gomma. (Dal Journ. of. the R. M. S. 1887, p. 338) D A. Port Piccola Cronaca sal Professori R. PIROTTA e A. Mont sono stati promossi a professori ordi- nari di botanica, il primo nell’ Università di Roma, l’altro in quella di Modena. — ll D L. Bwna è stato nominato assistente all’ Orto Botanico di Parma. esi Dal sig. G. B. Dg Towr sarà intrapresa la redazione di una Sylloge Alt rum omnium hucusque cognitarum destinata a raccogliere in unica opera, 5°- guendo un determinato ordine sistematico, tutte le diagnosi delle Al he o le osservazioni diagnostiche che si sono fino ad oggi pubblicate. La caratteristica PICCOLA CRONACA 177 de diversi gruppi (famiglie, tribü, generi, specie, ecc. saranno date in idioma fiehe, quante sono le specie descritte, per disporli ux xq: richiesto e così consegnarli direttamente alla stampa. A tal'uopo egli rivolge calda pre- ghiera agli Autori perché si compiacciano a voler favorirgli un doppio esemplare dei loro scritti. La felicissima idea del sig. DE Towr è degna d'encomio, e noi ci auguriamo che all'egregio Autore non manchi l'efficace concorso di tutti coloro che s'interessano di questo importante ramo della Crittogamologia. — Per cura del Municipio di Venezia si é pubblicato l'elenco delle collezioni algologiche che il compianto ficologo G. ZawaRDiNI legava al Museo civico di quella Città. Questo lavoro è frutto dei diligenti studi dei signori D." G. B. E Toni e D." D. Levi cui veniva affidato il difficile incarico di riordinare quelle pregevoli raccolte. Il volume, oltre alla era sistematica delle varie specie componenti: la collezione Zanardiniana, contien esteso cenno biografico dello illustre Algologo, accompagnato da ritratto, Nu dal Prof. G. MeNEGHINI, la relazione sull’ ordinamento di quelle raccolte, ed alcune notizie intorno alla for- mazione, ai pregi, al valore di esse. Sia lode all'onorevole Giunta Municipale di Venezia per le cure colle quali intende alla conservazione di quelle preziose col- lezioni e ai chiarissimi redattori che hanno così egregiamente adempiuto il loro incarico. — Il sig. nd Barpaccr (Bologna, fuori Porta Zamboni) intraprenderà nel mese di maggio prossimo un'escursione botanica nelle regioni slave della penisola Li (Krivoscie, Erzegovina, Montenegro, Albania, La na allo scopo di far conoscere meglio la flora di quei paesi tanto ricca di specie rare e non ancora sufficientemente note. Le piante raccolte saranno messe in run in ragione di L. 100 ogni collezione di 260 specie. — La Società botanica italiana nella sua adunanza dell'11 marzo ultimo deli- berava che s "intraprendesse la pubblicazione di un supplemento al Prodromo della Flora toscana del Prof. CARUEL, nel quale fosse compreso tutto quanto dopo la stampa di questo lavoro è stato pubblicato riflettente quella Flora, e coll'aggiunta di quanto d'inedito esiste nei vari erbari pubblici e privati. A — Si è di pops la XIX Centuria della Mycotheka marchica edita dal Dottor .SIOW, - morto in età di 53 anni il D Prof. H. Lzrrexs, Direttore dell’ Istituto a dell’ Università di Graz. — Il le aprile cessava di vivere il D." J. E. PLancHoN, professore di Botanica e Direttore dell’ Orto botanico a Montpellier. 178 BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO Bollettino Bibliografico Lavori Botanici Italiani Anatomia, Morfologia, Fisiologia i Blelugi 1 G. Continuazione delle iena geri segregazione dei vegetabili. Ren Acc. Sc. Napoli, A. XXVII, fasc. 1l, 2 1888. ARCANGELI A. Sull influenza della luce nell’accrescimento delle foglie. E Gior- nale bot. ita BrrLvcor G. Sulla formazione. dell'amido nei granuli di clorofilla. Le Staz. sper. agr. ital. XIV, 18 TÉ E 8. Sull’ influenza del flusso elet- trico n sviluppo dei vegctali aclo- rofillici. Staz. sper. agr. ital. XIV, " 18 n MARTELLI U de dei Se dell’ a pum indica. N. Gio bot. ital. XX. 1888 Mzwozzt is Ricerche chimiche Wes ger- J ne del Phaseolus vulgaris. Att. som va IV. Rendi T Val IV, fasc. III. Roma, 1888. SestINI F. Del fu negli esseri viventi. Atti Ace. ae Firenze. Ser. IV, vol. X, — Della Gora chimica del cardo per la lana MM Prep Studii e ricerche grar. Pisa, Fase. VII, 1896.87. Pise, 1888. TaNrFANI E. Nota cimo sul frutto - e sul seme delle ew: N. Gio bot. ital. XX, 1888, aa. IRR G. Sulla fermentazione pana- DA ti Soc. tosc. Sc. nat. Pisa. Vol. IX, — Sul Saccharomyces minor Eng. N. G. bot. ital. XX, 1888, p. 303. Apa F. Le Alghe marine della Terra del fuoco Eos dal Professore Spegazzini. Ren stit. lomb. Ser. II, XXI, 1888, p. 208. Barra I. B. Suite des champignons nou- er iaia dans le pie ent s Alpes maritimes, c. mycol. Frase T: y fasc. 3 1887. ESE Monografia dei generi pv Clathrospora e Pyrenophora (contin). N. Giorn. bot. ital. XX, 1888. p. — et ROUMEGUÈRE C. Champignons nou- veaux du Tonkin recemment’ recoltés alansa. Rev. mycol. 1888, a. pl. B. Intorno ad alcune diato- mee rinvenute nel tubo intestinale di una ita ygon violacea pros ne pa Adria- tico. Atti Ist. Ven. T. VI, Ser. VI, ; P. 49, DE Mt G. — Manipolo di Alghe porrum raccolte dal sig. A. F. Moller (contr. prima.) Notarisia, III, 1888, l. — Conspectus generum ` Chlorificearum qund hueusque cognitarum. Ibid. — Sopra un curioso ra Ayer o a A N. Giorn. bot. l XX, 1888, p. e LEVI D. Pugillo di Aube tripoli- du Rend. A Lincei. Vol. IV; fasc. V, — L’ Algarium "Zanardini. e 1888. KrnoHNER 0. Süsswasser-Algen n Be- Jahre 1886 sol p. j BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO cresce nell’ acqua dolce. Notarisia. A. III, 1888, p. 429, Eu wia F. Pilze; in Ber e etc. sopra citati. Ber. botan. deut. Geselisch. 1887, p. CL 1888. Lu» XX, Berlin MENU. P. Characeen. ibid. , p. CLXVI. MartELLI A. Anomalia. del Ae orien utero dell Agaricus coales 9). N. Giorn. bot. ‘ital. XX, 1888, adl G. Revisione del genere Tu- CASU Atti Soc. Ven. Trent. Sc. t. Padova. Vol. XI, fasc. I, 1887. Padova, 1888. di Nuove spigolature per la fi- dalai della dE Notarisia, III, 1888, 2 437. SAccaRDo P. A. e PaoLETTI G. Myce mala us. Fon nghi della Penisola tai Malacca raccolti nel 1885 dal Atti Ist. E AI. B. Bou. Lett. T. VI, Veneto. Sc. 1888, c. 3 tav. color ir C. Les daro ara Ann. Soc ge argent. T. 24. Bue nos EAST 1887 = Trufas argentinas (Tuberaces argentine). Ibid. — Fungi patagonici. Boll. Academ. Cienc. Cordoba. 1887. Ibid. id. a des Etna (Lichenes). SN bot. Zeitschr., XXXVIII, 1888. Briofite. BorriNI ks Appunti di briologia toscana (sec. s Mr Giorn. bot. ital., XX, LP Mieruir U. Sulla Lejeunea inconspicua Pavor #4 Catalo ogu e des Hepatiques du Mon n t-Blanc. Rev. bryol., 15, 1888, Pina A. Ceratodon dimorphus sp. n. ay . ve P. e BortINI A. Prime Muscinee ell iius a Lit N. Gior. bot. ital., , 1888 sa TROBL des E a (Musci et xe Zeitschrift , .95e aub- Tor- fund Leber- . Commission v. . Ber. deut. bot 1; 1887, p. CLX. Berlin, "88. 179 Pteridofite. KravoeL H. Zur Kryptogamenflora von ü l UERSSEN C. Pterido ophyta : Ber. Flora v. Deutschl. Be. deut. bot. Gesellsch., a p. i rai gi 1888. uova PID del- ro Maclot tion NG., bot. ital, XX, 1888, p Fanerogame-Flore CARUEL T. ien generi delle Apiacee. N. ital, XX, 1888, p. 314. n. FREYN, pud T. perd SARHEIN, JÆGGI. n Ber. d. Commission and. Ber. deut. botan. Gesellsch. , 1887, p. LXXIX. Lissa 1888. MLI À. a: P zur Flora d. Baiia. Aar ERNER À. Oestorreichs-Ungarn oan zenwelt, in Oesterreich, in Wort Bild. Wien, 1886 — et WzrrsTEIN R. Florenkarte v. Qe- sterreich-Ungarn. t Atlas v . Oesterreich. Wien, 1l Jerrer C. Ein Frühlingsausflug dalmati- nische Küste. Oester siga n. Zeischr. d 1888, p. cor R. Nota sulla conse seat Saut. raetal al Monte ayei 6 a Marca Gior. bot ; XX, 3 ites à la fiore de France de tes signa e depuis 1855, fasc. l, Estr. du Nato: 1 SAUTER F. Zwe ue formen von Poten- tilla. Oesterr. d ot Zeitschr., XXXVII, 1888 è Teratologia e Patologia vegetale. Bnrosr G. Esperienze per combattere la della vite eseguite nel- (terza ui Milano 1888. malattie e quali s il Laboratorio gr Db Milano , 1888. : 180 BOLLETTINO Cavara F. Intorno al dien cetmento dei grappoli della vite: Per a viti- cola, Coniothyrium Diplodiella , j ^ qiiis italici, Milano, AT I G. ad segna fregia, Boll. Not. Agrarie, 1888, p. RAZZI-SONCINI. Peronospora, della vite. Risultati degli sperimenti fatti per ni rimedii contro la pruna eges de nen serie di esperien Agr. Modena, 1887, A. “VII. [Pn ‘1888, Mancini 0. Ampelomiceti della famiglia N. Ri nol. MARTELLI U. Anomalie del frutto della Carica ona N. Giorn. bot. ital., XX, 1888, p. 307. gi di alcune espe- rienze contro la Peronospora. ss Staz. sperim, agr. ital, XIV, 1888, 0. Contribuzione alla tera- tologia vegetale. N. Giorn. bot. ital., DE. 1888, p. 261, c. 4 tav GUN o Peronospora ed Erinosi. Ca- sale, dis ix F. Sopra alcune galle rinvenute sui tralci e se La oLI A Peronospora dei grappoli Riv. scient, industr., XX, 1888, F renze, Savastano L. Orange Blight o Garden Chron. Ser. III, t. 1I, 1888, p. 267. Paleontologia vegetale. De SrEFAN: S. Sulle ligniti della valle del Serchio, Atti Acc. lues orgof. Ser. VI, vol. > disp. 4*. Fire 7. PoRTIS Sulla sc donna delle piante fossili sai nci di Viosene nell'alta m" Prof. A. BORZI, Redattore responsabile. BIBLIOGRAFICO valle del Tanaro. Boll. Com. Mr d'Italia, 1887, n. 11 12, Roma, 1887. Botanica medica e imc Foà e Bonome. Di un microtito patogeno per l’uomo o per gli we . Giorn n Medic. Torino. A. 51, n. 1, To- — "Sulla biologia del Proteo capsulato. Ibid., id. MALERBA P. e Sanna-SaLARIS. Su di un iroonia trovato nell’urina uma- na, alla quale E i ne consi- erris vischiosa. cc. Sc. Na poli. A. XXVII, Per 1-2, 1898. Massa. C Esperienze di parassitologia. Atti Soc. nat. Modena. Rend. Ser . Ill, vol. II. 1887. ulla infezione di anten. glaucus Tua sangue. Ibid., Vaccari À. Lo dritto. Rassegna Sc. mediche A. III, n. 2. Modena, 1888. Botanica orticola, ciae e industriale. pc oni xa Viti americane. N. Ri- vist tic. Enol. ital., II, 1888, p 172-1 GRILLU U dise vità orticole. Bull. Soc. iu , XIII, 1888, p. 117, c. itus G. Studii Shinee agta hu Equiseti considerati e piante da foraggio. Studii e Ricerche pdt Chim, agrario R. Univers. Pisa, fasc. 1, 1886-87. Pisa, dedi MARTELLI U. e Sommier S. Sui di una Cham ui. e sull’ Hes di questo genere con eni. Giorn. bot. ital., XX, 1888, deos A. Am maryllis Contessa Marianna ambray-Digny. Bull. Soc. Or- tic, miti 1888, p. 120, c. tav. eoi. SPRENG d. Hyacinthus corymbosus L. 68. — Cva Coum Mill. var. fl. pl. Ibid, p. 116. — Pn = mem RY A ETE eR T ; se : b ' ve aa APR : j pM NM ! pe CS 32 SI : E ^ ESI PS A % II , 0 / Va 1 pighia Y A d E. MALPICHA |... Contribuzione alla biologia delle Epatiche. Movi- menti igroscopici nel Tallo delle Epatiche Mar- chanties. — Ricerche del D." Oreste MATTIROLO. (Tav. XII, XII). Le osservazioni raccolte in questa nota tendono allo studio di un singolare fenomeno di alto interesse biologico, che si riscontra in aleuni generi di Epaliche Marchantiec. 1) fenomeno in discorso é intimamente legato alle proprietà igroscopiche inerenti ai tessuti vegetativi di queste Bryophyle, per cui esse chiudono colla sec- chezza e riaprono colla umidità dell’atmosfera il loro tallo, sospen- dendo, in relazione a questi movimenti, le funzioni fisiologiche anche per periodi di tempo assai lunghi. Erborizzando in Rodero (Prov. di Como) e precisamente sul Monte di San Maffeo, ebbi campo ad osservare sopra vasta scala i fatti che ora ci interessano. Là dove nei declivi, tra le pietre, Sui muri esposti a Sud, trovavo dopo la pioggia abbondantissima la Grimaldia dichotoma Raddi, non mi riusciva più di vederla negli stessi luoghi, dopo lunghi periodi di secchezza. Colpito da questa strana sparizione risolsi di studiarne le cause, e riconobbi tosto, che la Grimaldia non scompariva già dal punto di stazione, ma che invece colla secchezza atmosferica il suo tallo diminuiva grandemente di volume e si ripiegava in modo , che la superficie Superiore verde veniva per questo fatto nascosta dall’ accartoccia- mento dei margini liberi ricoperti dalle scaglie nere; e che il tallo 13. Malpighia, anno II, vol, IL LU CCP 182 0. MATTIROLO, cosi ripiegato lungo (V. Tav. XII, fig. 6-7) la Iinea assile e rimpic- ciolito appariva come una lineetta scura poco distinguibile dal cir- costante terreno. L’ esame di questo fenomeno finora soltanto superficialmente notato da alcuni autori, che si sono occupati della sistematica e della anatomia delle Epatiche (') (come anche seppi per gentile comu- nicazione dell’illustre e compianto LerreEB), morto improvvisamente a Graz il 5 Aprile di quest'anno) deve naturalmente aver riguardo a parecchi momenti importanti. Occorre quindi studiare in capitoli speciali: 1° La struttura anatomica del tallo vegetante. 2° La sede del movimento, 3° La causa del movimento. 4° Le modificazioni prodotte negli elementi e nei tessuti. 5° La spiegazione meccanica di detto movimento. 6° Quali sieno le Marchantiez dotate di movimenti nel tallo. 7° Suo valore biologico. 8° Confronto coi fenomeni analoghi conosciuti nel regno vegetale. Le osservazioni vennero fatte sopra numerosi esemplari viventi (provenienti dalla località sopra accennata) di Grimaldia dichotoma Raddi, estese quindi e controllate sopra materiali viventi od essicati dei generi compresi da GOTTSCHE, LINDENBERG, e Nges, nella loro classica Synopsis Hepaticarum, fra le Marchantiec (2). Ringrazio i Prof" GiBELLI, Prrorta, MassaLonco e KLEBS, per gli aiuti e i materiali gentilmente concessimi durante il corso di questo lavoro. () Biscnorr, Bemerkungen über die Lebermoose, Vol. Ak. XVII. Part. II. 1835. Pag. 1031, parlando della Grimaldia barbifrons Bisch. così si esprime: Frons insignita est singulari, forti, balsamico odore, qui et planta sicca permanet eius- que inventionem in statione tunc quoque sublevat, quum tempore calido easiccata viz oculis agnoscenda est. (*) GOTTSCHE, LINDENBERG et NEES AB ESENBECK, Syno psis Hepaticarum. Ham- burgi 1844, pag. 509 a 577. CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 183 Struttura anatomica del Tallo Il Tallo della Grimaldia dichotoma Raddi non presenta dal punto di vista anatomico notevoli particolarità di struttura. La Grimaldia, come le Marchantiece in generale, così uniformi nel complesso dei loro caratteri vegetativi, è dotata di un tallo sdraiato orizzontalmente sul terreno, protetto da scaglie di colore violaceo scuro nella parte ventrale provvista delle due sorta di rizoidi ; fornito invece nello spessore dei tessuti della parte dorsale di cavità aerifere comunicanti coll’ aria ambiente per numerosi stomi semplici, che attraversano la sua epidermide superiore (V. Tav. XII, fig. 1). Per quanto ha diretto rapporto coll’ origine degli elementi, coll’ accrescimento loro, colla maniera di ramificarsi del tallo, a scanso di inutili ripetizioni io mi riferisco ai lavori di BrscHorr ('), HorwgrTER (?), GogBEL (°), Vorar (*), ecc. e in special modo di LerrGEB (5), le cui conclusioni ho potuto esattamente confermare colla guida delle sue preziose osservazioni. L'esame anatomico noi lo limiteremo quindi alle sole produzioni normali del tallo vegetante, e lo faremo adattandolo al punto di vista che hs, inferesse per il nostro studio. (1) Brscnorr, loc. cit. 1835. C) HorwzrsrER , Vergleichende Untersuchungen der höherer Kryptogamen. Leipzig, 1851. C) GoxsEL, Lehrbuch der Botanik von J. Sacus — IV. Edizione Leipzig, 1882. (4) Voter, Beitrag zur vergleichenden Anatomie der Marchantiaceen. Bot. Zeit., 1879, N. 46-47. (©) Lerrars, Untersuchungen über die Lebermoose, VI Heft. Graz, 1881. — Die Athemòffnungen der Marchantieen. Berich d. Wien. AK. 1880. In tutti questi lavori, oltre alla parte bibliografica, il lettore potrà me i. dettagli anatomici, di cui potesse essere vago. Nella Grimaldia lo accrescimento 184 O. MATTIROLO, Nel tallo vegetante della Grimaldia possiamo distinguere tre strati principali che indicheremo coi seguenti nomi : 1° Strato epidermoidale. (Epidermis, Vorer) (!) 2° Strato assimilatore (ChlorophyUhaltige-Schichi, Volt). Questi due strati corrispondono alla Luftkammerschichie und Athemöff- nungen di LEITGEB. 1 3° Strato meccanico. (Chlorophylifreie-Schichi, VoraT). A questo si riferiscono gli strati indicati dal LerreEB coi nomi di Intersti- tienloses Gewebe und ventrale Rindenschichie. Strato Epidermoidale. L'epidermide della Grimaldia dichotoma è formata da un solo strato di cellule, (Tav. XII fig. 1 E) ricoperto da un tenue velo cuticulare (dello spessore di 1 a 2 microm.) resistente all’ azione dell’ acido solforico e dell’ acido cromico, come è carattere della cuti- cula tipica, di cui manifesta tutte le reazioni. Il velo cuticulare non rare volte presenta finissime granulazioni. Il processo di cuticu- larizzazione si estende leggermente anche alle membrane di quelle cellule che circoscrivono verso le cavità aerifere le aperture stoma- si fa per mezzo di cellule apicali, che si trovano in fondo ad una insenatura del margine del tallo (Scheitelbucht, LeITGEB) mascherata dalla sporgenza delle scaglie. La ramificazione avviene per dicotomia apicale e per gemme che si svolgono nella parte ventrale del tallo. C) Ai lavori di LimPRICHT — ( Kryptogamen-Flora von Schlesien) — MIRBEL (Recherches anatomiques et physiologiques sur le Marchantia polymorpha) VoraT (loc. cit.) Lxrrazs, (loc. cit.) MonL, PnawTL, specialmente dobbiamo oggi, se le caratteristiche anatomiche del Tallo delle Marchantiee possono già sino ad un certo punto di approssimazione condurci ad una diagnosi delle specie. Vedremo nel corso di questo lavoro (pag. 208) perché non si possano accettare tutte le conclusioni enunciate con questo intendimento in special modo dal Vorer nelle sue tabelle. CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 185 tiche. La cuticula negli individui ben sviluppati è facilmente visi- bile per una colorazione giallo-chiaro. Le cellule epidermoidali hanno figura poliedrica (Tav. XIII fig. 1) con le pareti laterali diritte, le superiori e le inferiori invece legger- mente arcuate; verso la parte assile del tallo hanno le massime dimen- sioni (circa 30 microm.)e le pareti generalmente normali alla super- ficie superiore del tallo, mentre verso i bordi assumono proporzioni più deboli e sono per lo più obbliquamente dirette. Fra le cellule, nei loro angoli di contatto si notano degli inspes- simenti particolari, che danno al tessuto epidermico l’ apparenza come di un tessuto collenchimatoso. (V. Fig. 9 Tav. XII 7, Tav. XIII.) Questi inspessimenti alcune volte non si limitano esattamente agli angoli di contatto degli elementi, ma si fanno uniformi tutto attorno alle cellule. I depositi che abbiamo figurato tanto in sezioni longitudinali quanto in sezioni tangenziali, e di cui avremo (V. Tav. XII, fig. 1,7 — Tav. XII fig. 9-10} poi in seguito ad occuparci, concedono agli elementi epidermoidali il doppio vantaggio di una grande rigidità ‘ degli spigoli, congiunta ad una grande capacità di pieghettatura , essendo normali e non inspessite le pareti superiori ed inferiori. Nelle cellule epidermoidali è riconoscibile un nucleo, granula- zioni plasmatiche, con rari corpi clorofillini, succo cellulare, granuli di amido, e non infrequenti quegli speciali corpi oleosi (Oelkórper) studiati dal PrEFFER (') e caratteristici delle Epatiche. Gli Stomi sono assai semplicemènte conformati (°); mancando du- rante i processi di loro formazione le pareti divisorie parallele alla superficie della epidermide, manca in essi necessariamente l'antica- mera caratteristica degli stomi dei generi Marchantia e Preissia fra le Epatiche Marchantieæ. Verso il poro o punto di apertura () Prerrer, Flora, Bot. Zeit. 1884 È) Corrispondono agli stomi semplici Einfache Oeffnung , einfache Athe- moffnung di Leitgeb; pag 12, loc. cit. 186 0. MATTIROLO, stomatica l'epidermide si solleva leggermente a mo’ di cupola e le sue cellule diventano sempre più piccole, quanto più si avvicinano al limite di apertura, che circondano a guisa di cerchi concentrici (!). (Tav. XIII. fig. 1). Per quanto ha rapporto all’ origine e allo svi- luppo degli stomi e delle cellule epidermoidali in genere, non starò qui a ripetere quanto già scrissero LErraEB e Voler fra gli altri; ricordo solo, che secondo i calcoli del Vorer (che ho potuto veri- ficare) non si incontrano più di 6 a 10 aperture stomatiche nel campo di visione del microscopio (°). Le reazioni chimiche (acqua iodata, Cloruro di zinco iodato, iodio e acido solforico, Reattivo di Sch- weizer, Idrato di potassa, Acidi solforico e cromico, Aniline, Flo- roglucina, Carbazol, Cloruro di Anilina ecc.) dimostrano chiara- mente, che la sostanza, di cui è costituita la membrana delle cellule epidermoidali ed i depositi di inspessimento, non risulta formata da vera. cellulosa, ma sibbene da cellulosa modificata corrispondente nei suoi caratteri microchimici al gruppo delle cellulose mucificabili (verschleimende-Cellulose). Il Cloruro di zinco iodato riesce ancora in qualche caso (non sempre) a dare una pallida colorazione. — La colorazione invece dell’acido solforico coll'iodio è costante. Strato assimilatore. Lo strato assimilatore è compreso fra l’epidermide, da cui net- tamente si distingue, e lo strato meccanico col quale insensibilmente si continua. (Tav. XII, fig. 1, A). Mancano in questo strato le camere d'aria libera , proprie ad altri generi di Marchantieæ (°). Quivi il tessuto assimilatore appare come irregolarmente attraversato da un sistema di concamerazioni C) V. Le figure specialmente di Voigt, loc. cit. C) V. Il metodo adoperato dal Voigt, loc. cit C) V. LxrrGEB, loc. cit. pag. 13. CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 187 di varia ampiezza; perocchè dalle pareti stesse (") delle camere (assai bene riconoscibili nei talli giovani) si sviluppano in esse delle serie lineari di cellule che le dividono senza regola in numerosis- simi scompartimenti incompleti. Ne risulta quindi a termine di svi- luppo un numero di concamerazioni incomplete assai maggiore del numero degli stomi. Le colonne cellulari assimilatrici mandano aggetti laterali, ter- minando libere nelle cavità aerifere al disotto dell’ epidermide, e presentano nei loro elementi quasi confervoidi numerosi granuli clo- rofillini (nei quali si riscontrano i tipici movimenti), nuclei , mate- riale plasmatico e derivati (amido), succhi cellulari ecc. Le loro membrane sono caratterizzate dalle stesse proprietà chimiche delle membrane delle cellule epidermoidali. Non si colorano col cloruro di zinco iodato che in modo poco evidente, ma, come quelle, assu- mono invece intensa colorazione coi preparati iodici e coll’ acido solforico; dimostrano insomma dal complesso delle reazioni micro- chimiche sopranotate, come esse ugualmente sieno formate da cel- lulosa modificata e mucificabile, e quindi dotate per eccellenza della proprietà di rigonfiarsi coll’ acqua. In queste cellule non fanno di- fetto i corpi oleosi, che avevamo già notato nelle cellule epidermoidali. In relazione alla forma stessa del tallo le colonne assimilatrici, che occupano la porzione centrale, sono dirette normalmente alla superficie epidermoidale, mentre le colonne laterali sono obliquamente dirette dalla parte assile verso il bordo libero superiore. Strato meccanico (°). Lo strato meccanico, le cui cellule non sono però affatto prive di granuli clorofillini specialmente nel tratto, che si continua col v) Specialmente dalla parete che si continua col tessuto assimilatore. 2 C) A scanso d'equivoci indicando con questo nome, che i criterii anatomici Potrebbero far giudicare improprio, questo tessuto, che altrimenti si potrebbe 188 0. MATTIROLO, t tessuto assimilatore, è caratterizzato in particolar modo dalla forma dei suoi elementi non più allungati ma quasi sferici o leggermente po- liedrici, strettamente uniti fra di loro, (Tav. XII, fig. 1, M) e quindi privi di meati intercellulari. Nuclei, plasma e granuli crorofillini poco numerosi, granuli d'amido specialmente nei talli in: piena vege- tazione e corpi oleosi si incontrano normalmente nel lume cellulare. Le cellule che occupano la parte superiore dello strato mecca» nico, hanno membrane sottilissime, alcune volte debolmente inspessite * agli angoli; quelle, che confinano all’ esterno cogli elementi corti- cali, hanno invece parete più spessa e si continuano poi insensibil- mente cogli strati fortemente cuticularizzati, dai quali hanno origine le scaglie colorate in violetto scuro, che rivestono e difendono la superficie ventrale del tallo, ed i filamenti rizoidali caratteristici (a membrane liscia ed a membrana presentante inspessimenti punti- formi) delle Marcanthiee, che si svolgono nella regione assile della parte ventrale in diretto contatto col terreno. Anche gli agenti chimici dimostrano la differenza fra gli strati corticali e gli strati interni del tessuto meccanico. Le membrane degli elementi degli strati interni a parete sottile - assumono già quasi sempre una colorazione leggermente violacea trattate col cloruro di zinco jodato ; si colorano in bleu coll’ iodio e l'acido solforico, mentre non si colorano col cloruro di anilina, colla Floroglucina, col Carbazol ecc. e si distruggono invece nel- l'acido solforico e nell'acido cromico, dimostrando essere costituite da tipica cellulosa mucificabile e squisitamente sensibile all’ azione dell’ acqua, quando si trovano allo stato di secchezza. Le cellule degli strati corticali e gli elementi costitutivi delle scaglie colorate in (Tav. XIII, fig. 6) violaceo scure invece rispon- chiamare motore, lo facciamo per non introdurre termini nuovi e per segnare la concordanza di funzioni, che appare evidente tra questo tessuto e il tessuto meccanico propriamente detto dei vegetali superiori, nei quali si manifestano ana- loghi fenomeni (Graminacee). Il tessuto motore delle Epatiche Marchanties è l esatto rappresentante del tessuto meccanico. CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 189 dono assai diversamente agli agenti chimici, con cui si provano; resistono all’azione dell'acido cromico e dell'acido solforico mostran- dosi fortemente cuticularizzate. Vedremo in seguito quale sia il valore meccanico risultante da questa differenza degli elementi, che formano in complesso lo strato cosidetto meccanico nella Grimaldia dichotoma e nelle specie dei generi vicini, di cui avremo a discorrere a proposito dei movimenti igroscopici del tallo. Per quanto ha rapporto all'origine, al modo di sviluppo di questi elementi cellulari rimandiamo il lettore ai lavori altrove citati. Importa notare qui di passaggio negli elementi di questo strato (Tav. XII, fig. 8) la presenza di colonie di MNostochinee , che tro- vai non infrequenti in molti individui, senza che nelle cellule vicine a quella o a quelle, in cui si trovava il parassita, si osservasse alcun sin- tomo di reazione provocata dalla sua presenza. Le colonie di Nosto- chinee erano in certi luoghi di stazione frequentissime sulla super- ficie del suolo. È questo un nuovo caso di Simbiosi da aggiungere a quelli osservati e descritti in altre Epatiche (Anthoceros, Blasia) dal JawcEwskv (!) e dall’ Hooker; nella Gunnera e nelle Cycas dal ReINKE (?), nell’ Azolla dello SrRAsBURGER (*) e dal De Bary (^), ai lavori dei quali mi riferisco. (1) JancEwsKy, Zur parasitischen Lebensweise des Nostoc lichenoides. Bot. Zeitung, 1872, n. 5. — Le parasitisme du Nostoc lichenoides. Ann. Scient. Nat. Serie 5, Tom. XVI, 1872. C) ReInKE, Morphologische Abhandlungen. Leipzig, 1873. (3) STRASSBURGER, Ueber Azolla. Jena, 1873. (*) A. De Bary, Die Erscheinung der Symbiose. Strassburg, 1879; G. KLEBS, Ueber Symbiose ungleichartiger Organismen, nel Biologisches Centrallblatt , IL, vol. n. 10; MarrIRoLo, La Simbiosi nei vegetali , nella Rivista di Filosofia scientifica. Anno III, n. 1. 190 0. MATTIROLO, I. Sede del movimento Conosciuta cosi la struttura anatomica del tallo della Grimaldia vegetante, importa ora studiare il meccanismo del movimento e prima di tutto occorre conoscere la sede anatomica di detto movi- mento. A questo scopo operai nella seguente maniera : Le fronde di Grimaldia vegetanti, previamente liberate con cura dal terreno, venivano portate in un essicatore, nel quale dopo pochissimo tempo operavano il loro movimento di chiusura. Il tallo si ripiega nell’essicatore così come avviene nelle condizioni naturali, in modo che, rialzandosi i margini liberi verso la linea assile, gra- datamente a seconda dei casi in meno di un'ora (in relazione alla maggiore o minore quantità di acqua) rimane assolutamente chiuso nei modi indicati dalle figure. (Tav. XII, fig. 2 a 5). La superficie verde non è più visibile, ed in sua vece la parte ventrale, che riesce così esterna, si mostra ricoperta dalle caratteristiche scaglie colorate in violaceo scuro. (Tav. XII, fig. 1, S). Tutta la fronda, prima allar- gata, verde, si riduce, terminato il movimento, ad una linea scura brillante avente dimensioni minime in paragone a quelle del tallo vegetante aperto. Notisi però che, avvenuta la chiusura, i margini sì ricoprono per breve tratto o combaciano strettamente fra di loro, e che le scaglie scure, le quali normalmente sporgono sul bordo libero del tallo, rendono la chiusura più efficace intrecciandosi od applicandosi contro alla superficie esterna delle scaglie del lato, che ha subito la curvatura maggiore. Per giungere quindi a determinare il punto preciso in cui ha sede il movimento accennato, operai appropriate eliminazioni degli ` elementi costitutivi del tallo, ed osservai : CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 191 1. Che il movimento si manteneva tipico e costante, anche quando esportavo tutta la superficie o meglio lo strato epidermoidale. 2. Che il movimento si manteneva tipico e costante, anche quando oltre allo strato epidermoidale esportavo (^) anche tutto il tessuto assimilatore. | 3. Che lo strato epidermoidale, liberato dai suói rapporti nor- mali coi tessuti sottostanti, trasportato nell'essicatore, si essiccava corrugandosi irregolarmente, e non presentando il movimento ca- ratteristico di curvatura, quale si osserva in esso sull' individuo intatto. = 4. Che lo strato epidermoidale congiunto allo strato assimilatore nell’essicatore si corrugavano (come nelle condizioni naturali) irre- golarmente nel modo indicato e senza le curvature tipiche. Da queste osservazioni ragionevolmente quindi fui condotto a dedurre, che la sede del movimento del tallo nella Grimaldia risie- deva negli elementi dello strato meccanico, il quale, anche se libero dagli altri strati, operava sempre il tipico movimento di chiusura (°) Le osservazioni di controllo, ripetutamente fatte col trasporto del materiale preparato dallo stato di secchezza a quello di umidità e viceversa, mi condussero alle stesse conclusioni , che, cioè, la sede del movimento sta nel tessuto meccanico, e che gli altri tessuti , quantunque eminentemente igroscopici, non hanno assoluta impor- tanza nel meccanismo del movimento. Mentre però lo strato assimi- latore per le sue proprietà può favorire ancora il movimento totale, lo strato epidermoidale invece subisce passivamente l'influenza dello strato meccanico, come vedremo poi studiando le modificazioni che subiscono gli elementi dei tessuti nei momenti principali, in cui si manifesta l’ allargamento e la chiusura del tallo. Aggiungo ancora che ottenni le conclusioni testè riferite tanto () Con mezzi appropriati tagli, raschiature, diligentemente fatte sotto il mi- eroscopio di dissezione. ; €) Come lo provano le più attente misurazioni. 192 0. MATTIROLO, sperimentando sopra materiale vivente quanto sopra materiale da lungo tempo conservato in erbario, in cui era assolutamente esclusa qualunque influenza di forze vitali. III. Causa del movimento La causa del movimento non è legata ad alcuna delle proprietà vitali dell’ individuo ; essenzialmente le differenze di turgescenza attiva, le quali sono funzioni dei tessuti vivi, non entrano a spie- gare la ragione di questo movimento, il quale si manifesta tanto negli individui viventi quanto in quelli morti ed essicati. Il fenomeno in discorso dipende esclusivamente dalla proprietà delle membrane cellulari mucificabili capaci di rigonfiarsi esagera- tamente in contatto dell’ acqua, come lo mettono fuori dubbio le seguenti osservazioni : li movimento ha luogo indifferentemente alla luce come nella oscurità. Il movimento ha luogo in presenza dei liquidi acquosi che si adoperano più comunemente per arrestare le funzioni vitali. Nell’ alcool commerciale come nell’ alcool assoluto, qualora sia addizionato di alcuni volumi di acqua (), il movimento ha luogo sia negli individui secchi ma viventi, sia in quelli morti e conser- vati da lungo tempo. Basti qui ricordare che il movimento tipico si ottenne in queste condizioni anche in individui di Targionia Michelii Corda, raccolti dallo ALLIONI nel 1795! (?). C) Su nove parti di alcool assoluto ed una di acqua le frondi secche di Grimaldia si aprirono, ma non interamentente, dopo mezz’ ora. (*) Conservati nel suo Erbario ora proprietà del R. Orto botanico di Torino. CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 193 Nell'aequa iodata come pure nelle soluzioni acquose di deutoclo- ruro di Mercurio il movimento si osserva rapidissimo e tipico, ciò che lo dimostra senz’altro estraneo affatto alle proprietà vitali del- l'organismo vegetante, e legato semplicemente (come pure dimostra la mancanza di movimento nell’alcool assoluto), alle proprietà della cellulosa eminentemente mucificabile, di cui risultano composte le membrane degli elementi dello strato meccanico. La resistenza al liquido di ScHwEITZER, il modo di comportarsi col Cloruro di zinco iodato, colle preparazioni iodiche e coll’ acido solforico, colla floroglucina, Carbazol, acidi solforico e cromico ecc. ecc. dimostrano abbondantemente questa loro natura, la quale è la sola causa assoluta del movimento. IV. Modificazioni degli elementi e dei tessuti durante i movimenti igroscopici Esaminate la sede e la causa del movimento, importa ora cono- scere quali sieno le modificazioni principali, che subiscono il tallo e gli elementi che lo compongono, durante le alternative di secchezza e di umidità. Per misurare dapprima in complesso le modificazioni di forma e di volume generale del tallo nei due stati, operai nel modo seguente: Le sezioni fatte trasversalmente sopra materiale essicato venivano disegnate esattamente colla camera lucida di Nachet (osservandole in olio e direttamente ponendole sotto ad un vetrino coprioggetto), e quindi venivano trasportate in una goccia di acqua nella quale si lasciavano una ventina di minuti sino a che si fosssero comple- tamente rigonfiate ('). Collo stesso mezzo si operava il disegno Vs e n () Si tenevano le sezioni in acqua per tutto questo tempo, onde il movi- Mento, che pure si dimostra istantaneo nelle sezioni, potesse essere assolutamente 194 O. MATTIROLO, esatto del tallo allargato. Col curvimetro ordinario venivano poscia sviluppati i contorni dei due disegni e misurati col doppio decime- tro. Le singole osservazioni ripetute per 15 casi e consegnate nella tabella I° che fa seguito, ed il calcolo fatto della percentuale d'al- lungamento, ci danno quindi una idea abbastanza esatta degli allun- gamenti totali, che subiscono i contorni ed il diametro del tallo, e ci permetterebbero pure di calcolare, sino ad una certa approssi- mazione, con tutta facilità gli aumenti di volume. TABELLA I. © DIAMETRO LUNGHEZZA LUNGHEZZA | DELLO STRATO EPIDERMOIDALE] DEL CONTORNO CORTICALE SUPERIORE ESTERNO manici cagione Secco | Bagnato | All. °/, | Secco | Bagnato | All. °/ | Secco | Bagnato | All. 9/, 40 TI 92.50 | 93 115 23. 65 17 23 35. 29 4l 69 68.29 93 112 20. 43 Ef 26 52. 94 n ÁÀ — = LT — ——- Media di allungamento | Media di Allungamento | Media di Allungamento dell'Epidermide 65.47 9/,| dello strato corticale e- | del Diametro maggiore sterno 20. 14 9/.. del Tallo 71.87 ?/? completo. In natura invece sulle fronde ; dove l'aequa arriva lentamente per diffusione, si impiegano da 20 minuti ad l ora a seconda dei casi, perché il tallo sia aperto ed allargato. (1) Le osservazioni furono fatte con Microscopio Hartnack. Ocul. 3. Ob. 2. Cam. Lucid. Nachet.. = Ingrandimento circa 40 diam, CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 195 Le percentuali così ottenute ci dimostrano quindi che il tallo si rigonfia in ogni senso, ma non uniformemente, quando dallo stato di secchezza passa a quello di umidità. Avuti questi risultati complessivi, sottoposi le sezioni ad un esame più minuto, per calcolar le differenze di allungamento nei diametri verticali dei singoli strati. Le misurazioni vennero fatte direttamente col micrometro oculare. TABELLA II. STRATO EPIDERMOIDALE STRATO ASSIMILATORE STRATO MECCANICO DIAM, VERTICALE DIAM. VERTICALE DIAM. VERTICALE Seeco | Bagnato | All °/ | Secco | Bagnato | All. 9/; | Secco | Bagnato | All. */, 10 10 =- 7 13 85.71 | 20 33 65. — 10 101/,2| — 9 15 66.66 | 17 30 76. 47 10 M, — 7 13 85.71 9 22 144. 44 10 10 — 8 14 79.— 15 25 66. 66 10 10 — 10 15 50.— | 18 25 38. 88 10 10 _ 10 18 60. — 21 33 57.14 10 10 — 10 15 50. — 15 25 66. 66 10 10 — 15 20 33.33 | 12 25 108. 35 10 | 10 — 10| 15 |50—-{ 25 | 40 | 60.— Te _ — 9 17 88.88 | 23 37 60, 87 vs — — 14 20 42.86 | 10 20 120, — va rp — 8 14 75. — 10 20 120, — 7 a — ll 15 36,36 | 10 27 170, — m — — 10 15 50. — 5 20 30. — "im - — 8 14 75. — 5 22 34. — Gu oL ME RENE e ee el Dee can e Media di allungamento | Media di Allungamento | Media di E D GU |. 900% 61. 63 9/, 119. 63 */, ———— ( Le osservazioni furono fatte con Microscopio Hartnack. Ocul. 2 mier. Ob. 8. caleolato in 0.0033. Le os- Il valore di ciascuna divisione micromillimetrica va stesso microscopio Servazioni sugli strati assimilatore e meccanico son fatte collo ma coll obbiettivo 4. Il valore di ciascuna divisione è di 5 microm. 196 O. MATTIROLO, I risultati percentuali riferiti nella seconda delle tabelle valgono a confermare sperimentalmente le osservazioni fatte antecedente- mente intorno alla sede del movimento. Infatti : mentre le cellule dello strato epidermoidale non variano quasi di dimensioni nel loro diametro verticale, e si allargano soltanto nel diametro trasverso nel passaggio dal secco all’ umido, seguendo in ciò la legge dimo- strata specialmente dai lavori di NAEGELI (') noi vediamo che lo strato assimilatore (di cui è impossibile segnare i limiti netti verso il tessuto meccanico) subisce già una forte retrazione colla siccità, e che la massima retrazione invece si osserva proprio negli ele- menti meccanici capaci di allungarsi complessivamente ed istanta- neamente anche in alcuni casi dal 170 a 144 lo quando vengano portate le sezioni in una goccia di acqua. Le modificazioni subite dagli elementi dei diversi strati si pos- Sono studiare esaminando direttamente in olio di mandorle o di ulivo le sezioni fatte sopra materiale secco , 0 facendo arrivare (sotto al microscopio) sulle sezioni un velo di acqua, col quale mezzo si sorprendono le successive modificazioni che subiscono gli elementi. In generale colla essicazione gli elementi cellulari collabescono fortemente e in special modo quelli del tessuto meccanico ; il loro corpo plasmatico contraendosi si fa torbido, opaco, spesso, eviden- temente più scuro che nello stato normale di turgescenza. Le pa- reti delle cellule (in specie dello strato assimilatore) si increspano si ripiegano irregolarmente. I contorni dei granuli clorofillini non- () NazamLt, Botanische Mittheilungen, ll vol. 1886. München, pag. 88 e seguenti. (Raecolta di tutti gli scritti minori del NAEGELI). Secondo tale legge una cellula distesa, e in questo caso considerando la sola epidermide è adattabile ancora l'enunciato, quantunque in natura, quando gli strati sono fra loro riuniti sì manifestino pressioni che alterano assai il valore dei movimenti naturali di ciascun elemento isolato, colla essiccazione (Wasserentziehung) si accorcia più fortemente nel suo diametro trasversale che nel diametro verticale o longitudi- nale, il quale invece in alcuni casi, secondo le osservazioni di NAEGELI, può in queste condizioni ancora allungarsi. CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 197 chè il contenuto cellulare in molti punti non sono più riconoscibili, stretti, confusi come sono nel corpo plasmatico. Nei punti, in cui il sacco plasmatico contratto non aderisce più esattamente alla mem- brana, si nota nel lume cellulare la presenza di aria, come ha con- staitato pure lo SCHRÖDER (') in casi analoghi di tessuti viventi ma | essicati. Coll'aequa, istantaneamente quasi, le cellule si gonfiano, le mem- brane pieghettate si raddrizzano, le bolle d'aria contenute nel lume cellulare vengono scacciate, perchè le cellule stesse vanno riacquistando rapidamente la loro turgescenza normale, e il plasma riprende le sue proprietà ; come lo provano i fenomeni di plasmo- lisi, che le soluzioni saline e zuccherine possono in esso nuovamente richiamare, e come ce lo provano i movimenti dei granuli clorofil- lini, che dopo alquanto tempo si possono ottenere variando le in- tensità luminose (°). Le cellule dello strato epidermoidale inspessite a mo' di collenchima (nel modo descritto), mentre hanno una grande rigidità degli spi- goli (*), conservano pure una notevole capacità di pieghettare quelle membrane, che rimangono relativamente sottili. Queste cellule quindi possono seguire con tutta facilità i movimenti di chiusura e di allar- - gamento del tallo, piegando e sviluppando nuovamente le mem- brane non inspessite, appena la turgescenza rinasce colla umidità , e ciò senza che ne possa avvenire la loro rottura. Il movimento, che osserviamo nelle cellule dell'epidermide della Grimaldia, si può esattamente paragonare ai movimenti che si no- () G. ScarònER, Ueber die Austrochnungsfühigheit der Pflanzen. Untersu- chungen aus dem Botanischen Institut zu Tübingen, Il vol, 1 fascicolo, pag. 1. (©) PreeFER, Pfianzenphysiologie, vol. IL, pag. 392 — Bewegung der Chloro- Dhyllkórper — V. lavori di STAHL e letteratura dell’ argomento. (Œ) Posseggono queste cellule le proprietà delle cellule dimostrate dall'AMsRow: Ueber die Entwick. und die mechanischen Eigenschaften des Collenchyms, nei Princesa. Jahrb. XII, 1879-1881 pag. 473. collenchimatiche 14. Malpighia, anno II, vol. IL 198 O. MATTIROLO, tano nella cassa del mantice di un Armonium, quando alternati- vamente si allarga o si restringe per prendere aria. Le figure segnate nella tavola XIII 1, 2, 3, 4, 5, o meglio uno. sguardo ad una sezione, alla quale sotto al microscopio si faccia arrivare un po’ d’acqua, dimostrano in modo evidentissimo questo curioso processo, che ha luogo sotto l'influenza attiva della contra- zione e dell'allargamento degli elementi dello strato meccanico. Che poi il movimento dell’ epidermide sia passivo, e non possa avere importanza attiva nei fenomeni di chiusura del tallo, lo di- mostrano le osservazioni sopra riferite ed il fatto osservato, che cioè lo strato epidermoidale, liberato dai suoi normali rapporti cogli strati sottostanti, si corruga irregolarmente, ma non si chiude co- me avviene invece nel tallo normale. Gli elementi dello strato assimilatore colla essicazione si modifi- cano specialmente, in quanto ha rapporto al loro diametro trasver- sale. Essi collabescono fortemente, e le colonne risultanti dalla loro sovrapposizione si restringono talmente, che nelle sezioni praticate sopra materiale essicato tutto il tessuto assimilatore appare come spugnoso. Appena umettate le sezioni, si nota in esse il rigonfiarsi istan- taneo degli elementi cellulari, per cui le cellule riprendono le loro forme e le loro relazioni normali, l'aria che si trovava in esse scompare, e lo strato appare tale come lo abbiamo descritto. Le cellule dello strato meccanico si trovano anch’ esse ridotte colla essicazione in tutti i loro diametri, e lo strato essicato appare quasi come omogeneo, e in esso difficilmente si possono differenziare le membrane delle singole cellule. Notiamo però, che gli elementi corticali, dai quali hanno origine le scaglie colorate in violetto scuro, comecchè formati da materiali cuticularizzati, non si alterano quasi colla essicazione, e che quindi per rapporto alle facoltà igroscopiche dobbiamo distinguere nello strato meccanico due sistemi di elementi aventi proprietà diverse: Il sistema formato dalle cellule a membrane sottili e mucifica- CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 199 bili, occupanti lo spessore dello strato, è eminentemente igro- scopico : Il sistema corticale invece resistente, a cellule con membrana inspessita e cuticularizzata (specialmente nella parte loro esterna) occupa la periferia dello strato, si continua colle scaglie ed è affatto privo di valore igroscopico. M Spiegazione meccanica del movimento Il movimento, come ampiamente lo provano le osservazioni fatte, ha dunque sede nel tessuto meccanico, e quivi sta in dipendenza del differente valore delle proprietà igroscopiche degli elementi che lo compongono. La ragione meccanica del fenomeno emerge chiaramente dalla esatta conoscenza di queste proprietà del tessuto meccanico (accer- tate d'altronde dalle molteplici reazioni chimiche sopra riferite), composto di due sistemi cellulari, l’ uno; l'interno, di gran lunga più sviluppato e più rigonfiabile; l’altro, l’ esterno, poco o punto muci- ficabile. i Lo studio delle alterazioni di forma che subisce in complesso il tallo della Grimaldia, quando dallo stato di secchezza lo si tras- porta nell’ acqua, si può sino ad un certo punto paragonare a ciò che avviene considerando due lamine metalliche saldate per una loro superficie comune e fatte di sostanze diverse, curvate in modo da rassomigliare nel loro contorno a quello della sezione del nostro tallo allo stato secco. Supponiamo che queste due lamine abbiano uno Spessore iniziale abbastanza piccolo relativamente alla loro lunghezza, e sia la uds interna molto pià dilatabile della lamina esterna. Nel riscaldare il sistema la deformazione che ne risulta è regolata da tale legge, EY * Mur ipe Seo e at VO UR e Si x È 200 0. MATTIROLO, * che in ogni elemento del sistema la forza che nasce dalla dilata- zione termica faccia equilibrio alla forza di elasticità propria dello | stesso sistema; le lamine, dilatandosi, quella interna molto più del- © | l'altra, invariabilmente unite come sono si distenderanno, si apri- | ranno e prenderanno a poco a poco la forma allargata di coppa. | Il tradurre tale legge in linguaggio assolutamente preciso, quale | sarebbe il matematico, esigerebbe la conoscenza, più completa di quello che non si abbia, delle forze collegate alle modificazioni di forma, che entrano in funzione nell’atto in cui si svolge il fenomeno e delle quali si dovrebbe tenere stretto conto per riuscire ad una spiegazione matematica soddisfacente. VI. Quali Marchantiacece sono dotate di movimenti igroscopici. Le osservazioni finora esposte hanno rapporto alla Grimaldia dichotoma Raddi; ma non è già questa l’ unica specie fra le Mar- chantiec nella quale si osservino i movimenti igroscopici descritti. Lo studio di confronto fatto con materiali vivi ed essicati ci ha fatto conoscere che fra le Marchantiee i movimenti igroscopici del tallo sono caratteristica proprietà di molte specie appartenenti a generi diversi, e sono tipici in quelle forme munite di scaglie brune alla superficie ventrale, viventi in luoghi aridi sui monti, in stazioni soleggiate, fra le roccie e fra le pietre dei muri, come abbiamo potuto convincerci ricercando il loro « habitat » nei trat- tati, nelle Flore, negli Elenchi e negli esemplari d’ erbario. La rivista delle specie esaminate comprese nei generi mantenuti da GOTTSCHE , LINDENBERG e Nees nella loro Synopsis Hepaticarum servirà a generalizzare l'importante fatto osservato, il cui valore biologico sarà in seguito discusso. Le ricerche si fecero traspor- tando direttamente negli essicatori le fronde vegetanti o quelle CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 201 ricavate da materiale essicato (!), le quali, prima sottoposte all’azione prolungata della umidità, avevano ripreso la loro forma caratteristica. L' accertamento della loro vitalità si faceva coltivando gli indi- vidui dopo gli esperimenti, e cimentando le loro cellule (dopo tra- sporto in acqua) con soluzioni saline e zuccherine per provocare in essi i fenomeni plasmolitici. Risulta da queste osservazioni che a talli analogamente confor- mati (quantunque proprii a specie tenute per altri rapporti separate dai sistematici ) viventi in condizioni analoghe di stazione , corri- spondono analoghe proprietà igroscopiche, e che fra le Marchantie® esaminate, i generi, Grimaldia, Targionia, Fimbriaria, Reboulia, Plagiochasma presentano movimenti tipicamente paragonabili a quelli descritti nella Grimaldia dichotoma. MARCHANTIACEA: LUNULARIEZA. Lunularia, Micheli. Lunularia vulgaris, Mich. RABENHORST. Hepaticze europe®, leg. Jack. 1862 N. 262 » » » » » » » Kohl. 1878,» 647 » » » » » » » Cesati. 1869, » 480 » » » » » » » Curnow. 1866,» 409 » » » » » » » Currington 1862,» 162 » » » Esemplari viventi ricevuji dal Prof. MASSALONGO. » » » » raccolti nel R. O. botanico di Torino. Questa specie si comporta per quanto ha rapporto ai movi- menti igroscopici analogamente alle Marchantiee a fronda al- largata, si corruga cioè irregolarmente colla secchezza. — La re- trazione si osserva specialmente nelle cellule del tessuto meccanico, per cui il tallo colla siccità diminuisce in special modo nel diametro (® Proveniente in special modo dalla celebrata collezione di Rabenhorst e Gottsche; Hepatice europee. 202 0. MATTIROLO, verticale. — (Vedi nei lavori citati di Vorer e LEITGEB le caratte- ristiche anatomiche del tallo). La Lunularia vulgaris, Mich. (L. cru- ciala Dmrt) è abitatrice di luoghi ombrosi ed umidi, PraarocHasMA, L. Ldbg. Otiona, Corda. Plagiochasma italicum, D. Ntrs., (Otiona italica. Dmrt. — Erbario Critt. Ita- liano, N. 15, leg. Baglietto, 1857. » » » Rab. Hep. Eur., N. 85, 1857, leg. Balgietto. > Rousselianum, Mont., Got. et Rab. Hep. Europ., N.398, leg. " Paris, (Algeria), 1866. Nel genere Plagiochasma si osservano fenomeni igroscopici iden- tici a quelli della Grimaldia a cui la struttura del tallo è parago- nabile. Le cellule epidermoidali sono inspessite agli angoli; gli strati assimilatori e meccanico sono conformati identicamente a quelli della Grimaldia. Quanto alle caratteristiche anatomiche più delicate vedi Voier e LerTGEB loc. cit. I Plagiochasma vivono sulle rupi (*); sono, come si legge nella citata, « Synopsis »: Plantæ colo calidiori adscriptee. Tre specie vi- vono in Europa meridionale ed in Africa; le altre abitano il Messico, l India orientale, il Perù, il Chili e la nuova Zelanda. IECORARIEJE, Nees. ab Es. MARCHANTIA, Lin. Marchantia polymorpha, Lin., Materiale vivente, R. Orto botanico, Torino. » » » Rab. Hep. Europ., N. 142, leg. Sauter, 1860. » » » Mass. Hep. ital. ex, N. 21. Nella Marchantia polymorpha, le cui caratteristiche anatomiche furono studiate diligentissimamente dagli autori, notasi la mancanza () Nei muri a secco. BAGLIETTO (In muris competribus). E + UN 4 E Per IM = "eten" wl ^ do PN i Puri uy À pow Ta AE 2. 510 1374 ia E 227 E Cor "hu" è CIAM RM 35 FS ANN a c Sor a CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 203 di scaglie brune, una estesa superficie a rizoidi e conseguentemente un esteso tratto di tallo legato al terreno per loro mezzo. I mo- ‘vimenti igroscopici come nella Fegatella e negli altri generi a tallo allargato, viventi in luoghi umidi, non «sono molto manifesti e si riducono ad una corrugazione irregolare della fronda: la re- - trazione provoca una diminuizione nelle dimensioni verticali del tallo, notevole specialmente lungo la linea assile, dove gli elementi sono in maggior numero stratificati. La sospensione di vita dura breve tempo; nell’essicatore le cel- lule perdono la loro naturale turgescenza, le fronde appassiscono e muoiono dopo pochi giorni. Le Marchantie in generale vivono in luoghi umidi ombreggiati. PrEISsIA, Corda. Preissia commutata, N. ab E. Rabenhorst. Hep. Europ., N. 481, leg. Rab., 1870. » » » » > N.141,leg. Gottsche, 1860. » » » » » » N.330,leg.Schindermajr, 1864. » » » Erb. Critt. Ital. N. 116. leg. Franzoni, 1858. » » » Erb. Orto botanico Torino, 1856, leg. De Notaris. » » » Rab. Hep. Europ. N. 5, leg. Jack, 1854. L'azione della siccità si manifesta con fenomeni paragonabili a quelli che si osservano nella Marchantia e nella Fegatella, nelle specie in genere prive di scaglie brune e con tessuto meccanico assai ridotto. Vedi particolari anatomici nei lavori di VoreT e LEITGEB. Vive nelle stesse località della Marchantia, colla quale ha comuni i caratteri istologici della fronda. SAUTERIA; Nees. Sauteria alpina, Nees., Rabenh. Hep. Europ. N. 615, leg. Arnold, 1877. e s e NM hg. Ang 1872. Sauteria suecica, Lindb.,, » » » N. 347, leg. Lindberg. 1865. Ai particolari dati da Nres, VOIGT, Lerrar8, sulla struttura del tallo rimando il lettore: qui constato la presenza di scaglie inco- 204 : i O. MATTIROLO lore ed il modo irregolare di contrazione del tallo per l'essica- r zione. La Sauleria per questo riguardo si può paragonare alla Marchantia. DumortIERA, Reinw. Dumortiera hirsuta, R. Bl. et N. ab E. (sterile) N. 562 raccolta dal Sig. L'Hermi- nier alla Guadalupa, pubblicata nel 1863. Di questo curioso genere, che appare a prima vista tanto diffe- rente dalle tipiche Marchantiee , ho potuto osservare solo alcuni esemplari e di una sola specie. Le sezioni convenientemente trat- tate con potassa confermarono i fatti diligentemente descritti dal LeITGEB (loc. cit.), il primo che ne abbia dato (anch’ egli sopra materiali secchi ) una descrizione anatomica sufficiente a spiegar- ne la vera natura. Anche nella Dumortiera hirsuta osservai le due specie di rizoidi, resti di scaglie e rimasugli del tessuto assi- milatore, come descrive il LzrraEB. Per quanto ha rapporto ai movimenti igroscopici la Dwmorliera a talo allargato può para- gonarsi alla Marchantia, per quanto si può giudicare da esemplari in cattivo stato di conservazione. La retrazione che si manifesta nel tessuto meccanico, più attiva verso la linea assile, dove sono numerosi gli elementi, a parete inspessita, provocò un rialzo poco marcato delle parti laterali del tallo. FEGATELLA, Raddi. Fegatella conica, Corda, Rab. Hep. Europ. N. 4. » » » Dal Prof. Massalongo, esemplari vivi. » » » Dal R. Orto botanico » » Conocephalus conicus, Dmrt. Massalongo, Hep. Ital. N. 13 e 43. Di questo genere, di cui ebbi ad esaminare numerosi esemplari viventi, non starò a ripetere le caratteristiche anatomiche descritte dagli autori. Per riguardo ai movimenti igroscopici la Fegatella CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 205 si comporta come la Marchantia. Alcune misurazioni fatte col - metodo seguito per quelle della Grimaldia stabiliscono, che l'azione della essicazione si fa sentire specialmente sulle cellule del tessuto meccanico, e si compendia in una diminuzione del diametro verti- cale del tallo. Nella Fegatella, che vive in luoghi umidi sui mar- gini dei fossi e delle fontane, mancano le scaglie caratteristiche dei talli eminentemente igroscopici. RepouLIAa, N. ab E. Reboulia hemisphorrica, Raddi, Rab. Hep. Europ. N. 44, leg. Cesati 1856. » » » e » » N.586, leg. M. Paris 1873. » » » Erb. critt. ital. N. 181, leg. Baglietto 1858. » » » Orto botanico Torino, leg. Panizzi, 1854. » » > Massalongo, esemplari viventi. Idem (Hep. Ital. N 70). Il tallo della Rebowlia hemisphoerica, Raddi (Asterella hemisphe- rica, Beaur) è analogamente costituito a quello della Grimaldia (!) e degli altri generi, coi quali ha comune i movimenti igroscopici. Le cellule epidermoidali sono munite di inspessimenti agli angoli a mo’ di collenchima come nella Grimaldia dichotoma e dànno ori- gine a stomi semplici. Lo strato assimilatore e lo strato meccanico, il primo con colonne assimilatrici e larghi spazii aerei, sono para- gonabili a quelli della Grimaldia, colla quale ha comune le scaglie identicamente conformate. Vive nei luoghi montuosi sulle pietre e tra le pietre dei muri. (1) Tanto che il Linpensere ebbe a classificarla fra le Grimaldie col nome di Grimaldia hemisphorica V. Hep. Europ. pag. 106, N. 2 — Diar. bot. Ratisb. 1833, 1, pag. 175, N. 2 — Hisen. Hep. Germ. exic. l, N. l. 206 0. MATTIROLO, GRIMALDIA, Raddi. Grimaldia dichotoma, Raddi, Esemplari viventi, leg. Mattirolo, 1886-87-88 Monte - di S. Maffeo, Rodero (Prov. di Como). » » » Prof. Massalongo, esemplari viventi, Ferrara 1888. » » » Rab. Hep. Europ. N. 517, Arnold 1871. » » » »-o» » N. 368. Piccone 1865. » » » dd» » N. 65, Cesati 1857. » » » Erbario Orto botanico, Torino. » » » Massalongo, Hep. Ital. N. 97. ra dedi Rab. Hep. Europ. N. 83 h. Arnold 1860. » » » » N.261 Lohse 1863, Erb. Critt. Ital. a 268, Serie 1° leg. Carestia 1861. Queste due specie, che abitano presso a poco luoghi identici di stazione ( esposte al sud ) fra le roccie, tra le pietre dei muri, di. una delle quali è stata fatta ampia descrizione anatomica, si com- portano identicamente colla secchezza e colla umidità della atmosfera. La struttura del tallo è in esse quasi identica, eccezione fatta degli inspessimenti delle cellule epidermoidali, del valore del quale carat- tere differenziale verrà discusso a proposito della Targionia. Alcune specie del gen. Grimaldia vivono nel Chili. DuvaLia, N. ab E. Duvalia rupestris, Nees, Rab. Hep. Europ. N. 182, Arnold 1861. » » » Erb. critt. it. N. 414, Cesati 1857. Di questo genere, che sembra comportarsi come la Marchantia, ho esaminato esemplari troppo meschini. FIMBRIARIA, N. ab E. Fimbriaria pilosa, Nees., Rab. Hep. Europ. N. 161, Milde 1860. » » » Erbario critt. ital. 464, Serie 1* Daldini 1860. » » » » » >» 956, Carestia 1861. Movimenti e tessitura del tallo paragonabili a quelli della Gri- maldia. E qui ripeterò l osservazione, discussa a proposito della CONSERVAZIONE SULLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 207 Targionia, per quanto ha rapporto agli inspessimenti epidermici , variabili nelle differenti specie di uno stesso genere. La Fimbriaria pilosa Nees differisce per questo riguardo dalla Fimbriaria Lin- denbergiana Corda descritta e figurata dal Vorer. Qui gli inspes- simenti angolari ed annulari delle cellule epidermoidali sono molto marcati. Il tessuto assimilatore è poco differenziato nelle forme dei suoi elementi, che sono presso a poco uguali a quelli del tessuto meccanico, dalla parte corticale del quale si originano le solite scaglie brune. Le Fimbriarie vivono nelle regioni montuose tropicali ed estratropicali. TARGIONIEZ. Targionia, Micheli. Targionia Michelii, Corda, (Targionia hypophylla, Lin.) Rab. Gott. Hep. Europ. N. 546 Curnow 1871. » » » Erbario, R. Orto botanico, Torino. De Notaris 1856. » » » Massalongo, Hep. Ital. N. 19. » » » Inter lapides eundo ad Villafranca (Nizza) leg. Allioni 1795! (Erbario Allioni). I movimenti igroscopici in questo genere di piante sono identici per ampiezza e per potenza a quelli, che abbiamo osservato nel genere Grimaldia. Abbiamo qui pure un tallo con dimensioni analoghe e caratteri anatomici esattamente paragonabili a quelli della Grimaldia. La separazione e la relazione dei tre strati sono qui pure evidentissime , ed eccettuate alcune differenze, che si os- servano nello spessore, nelle dimensioni degli elementi, non esistono differenze veramente apprezzabili, tolta quella già notata da Vorot dipendente dalla diversità di diametro dell’ apertura stomatica, assal più grande nella Targionia Micheli , che nella Grimaldia bar- bifrons. E qui devo ricordare che la distinzione stabilita da Vorer di queste due spécie in rapporto al modo di inspessimento delle mem- 208 0. MATTIROLO, brane (') delle cellule epidermoidali sono distinzioni che perdono di valore, perchè non sono costanti nè nelle altre specie del genere, nè in uno stesso individuo. Avendo coltivato a lungo la Grimaldia dichotoma in condizioni diverse di tempo, di umidità, di luce, mi sono assai facilmente po- tuto convincere che il modo di inspessimento delle membrane epi- dermoidali è variabilissimo, e che sta in diretta dipendenza del loro modo di vita. Mantenuta costantemente in un ambiente umido, gli inspessimenti in discorso tendono a scomparire, finchè dopo qualche tempo svaniscono affatto. Lasciate invece all’ aperto, colle naturali alternative di secchezza, di pioggia, di sole, gli inspessimenti si man- tengono evidentissimi, ma differenti da quelli già descritti da VoreT nella Grimaldia barbifrons. Questo carattere adunque, se vale a distinguere la Targionia Michelii dalla Grimaldia barbifrons, non vale egualmente a distinguere i due generi, poichè già nella Gri maldia dichotoma troviamo un tipo intermedio. Dagli esperimenti di coltura sopra ricordate si può poi ancora ragionevolmente in- durre, che anche in altre specie la costanza di questo carattere non sia regolare, specialmente se si giudica anche da quanto il VoreT stesso accenna nel suo lavoro, cioè che la Lunularia vulgaris vivente nelle serre non (pag. 734, loc. cit.) presenta gli inspessi- menti, che si osservano negli elementi epidermoidali della stessa specie vivente invece all'aperto, e che le forme delle epatiche sud- europee non hanno sempre costanti detti inspessimenti (Voror, loc. cit., pag. 734). C) Angolare nella Targionia Micheli, annullare invece nella Grimaldia barbifrons, Pa CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 209 VII. Valore biologico dei movimenti igroscopici nelle Epatiche Esaminate e discusse le cause anatomiche e meccaniche del movi- mento igroscopico delle Epatiche Marchantiez, dobbiamo ora anche occuparci del suo valore biologico. Come abbiamo già ripetutamente notato alla superficie ventrale delle Epatiche igroscopiche, troviamo come carattere costante la presenza di scaglie più o meno sviluppate, colorate per lo più in vio- laceo-scuro , persistenti ('), cuticularizzate, tali insomma nel com- plesso della loro struttura da fornire un apparato protettore vali- dissimo al tallo, da cui traggono origine. Nello stato normale di vegetazione, quando l’ambiente è suffi- cientemente umido, il tallo rimane sdraiato sul suolo, a cui è legato dai rizoidi, e le scaglie brune sono rivolte verso il terreno. Nello stato di secchezza atmosferica invece le parti laterali del tallo si elevano e si ripiegano, i margini liberi di esso vengono à toccarsi ed a coprirsi in parte verso la linea assile del tallo, e allora le scaglie vengono a coprire e valgono a proteggere tutta quanta la superficie esterna del tallo. Nello stato normale di vegetazione la superficie epidermoidale Munita di stomi e tutto il sistema assimilatore si trovano diret- famente esposti all’azione della luce, e le funzioni quindi si compiono | hormalmente, come normalmente pure hanno luogo i movimenti dei granuli clorofillini, gli scambi dei gaz, la formazione degli elementi Muovi,... i fenomeni infine di ricambio dei materiali, proprii al vege- tale vivente. Nella posizione di secchezza invece, i sistemi assimilatori e la iecore o PE () Nel gen. Dumortiera le scaglie appaiono caduche. 210 0. MATTIROLO, parete epidermoidale rimangono assolutamente fuori dall’ azione dei raggi luminosi, i quali vanno invece a cadere sulla superficie bruna delle scaglie, e quindi rimangono così sospese le funzioni fisiologiche normali. Colla umidità si ha quindi regolare vegetazione e formazione di nuovi elementi, immagazzinamento di materiali nutritizii ecc. ecc. Colla secchezza invece si ha relativa sospensione di vita, sospen- sione di attività formatrice e nutritiva. Che realmente sia questo in ultima analisi il valore biologico dei movimenti igroscopici delle Marchantieæ ce lo provano i seguenti esperimenti. Nel maggio (13) 1887 si posero in appositi essicatori (preparati con acido solforico) numerose zolle esattamente pesate, sulle quali si trovavano in ottime condizioni di vegetazione i talli della Gri- maldia. dichotoma Raddi. Dopo alcuni giorni dacchè si era veri- ficata la chiusura dei singoli talli si procedette a nuova pesatura e così di seguito, sino a tanto che il peso di ciascuna zolla rimase costante; ciò che significava, che esse avevano raggiunto nell’ essi- catore il grado assoluto di secchezza. | Dopo un paio di mesi, previa pesatura, da cui si rilevò che il peso erasi conservato costante, si ritirò una di tali zolle e la sì sottopose (') direttamente all’azione dell’ acqua, alla pioggia e si constatò che le Grimaldie così trattate si aprivano normalmente (2), come le altre tenute in identiche condizioni (ma nell’ ambiente del laboratorio fuori degli essicatori), e che per dippiù vegetavano come le altre tenute all’ aperto e lasciate quivi sottoposte alle naturali alternative di umidità e di secchezza, () Notisi che secondo gli esperimenti di ScHRòDER Joc. cit. la morte avviene più prontamente nei vegetali mantenuti negli essicatori che in quelli lasciati li- beri in natura in condizioni analoghe, C) Alcune invece venivano Portate in ambiente umido e non direttamente in acqua. Non si notò differenze fra i due trattamenti, quantunque le ultime zolle sperimentate non si sottoponessero mai direttamente all’ azione dell’ acqua. x CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE .- 211 Dopo cinque mesi nuove zolle vennero provate nella stessa ma- niera e con identici risultati, e così dopo 6, 7, 8, 11 e 12 mesi, che tanti decorsero dall’ epoca dello esperimento al giorno d' oggi. Traserivo dal diario d' osservazione i dati relativi alle tre ultime os- servazioni come quelle più interessanti. le Il materiale vegetante venne portato nell’ essicatore addi 13 maggio 1887 — peso 15, 69. — Nei mesi successivi mantenne il peso costante di 13, 00 grammi (compreso il vetro d'orologio su cui era posata la zolla). Portato in ambiente umido (28 febbraio 1888) si ravvivó, vegetó come prima e vive tuttora (maggio 1888). So- Spensione di vita 8 mesi e 15 giorni! 2* Il materiale vegetante portato nell'essicatore addi 13 mag- gio 1887 — Peso 12, 29 (compreso il piattino) — Peso costante, per tutta la durata dell’ esperienza 10, 77. gram. — Portato in ambiente umido (18 aprile 1888) si ravvivó, vegetò e vive tut- fora rigogliosamente. Durata della sospensione vitale ll mesi e 9 giorni! 3* Nell’ essicatore 13 maggio 1887. — Peso 16, 49. — Peso costante 12, 78. — Trasportata in ambiente umido, (13 maggio 1888) si riaprì e vegeta rigogliosamente. Durata della sospensione vitale nell’ essicatore 12 mesi! La sospensione di vita finora sperimentalmente provata di 180 mesi, durante i quali rimasero nell’essicatore le Grimaldie coi talli assólutamente chiusi, sta a prova del valore dei movimenti igroscopici per la economia vitale di questi individui, sottoposti, come vedremo, per le normali condizioni di loro stazione ad alternative lunghe di secchezza e di umidità; e notisi ancora che altre zolle mantenute in ambiente di Laboratorio per la durata di mesi, al gelo, al sole, mantennero la loro vitalità inalterata finora (quasi 18 mesi): TE ini () Durante la stampa di questa nota ho potuto unean m ai domi dei materiali rimasti, che al 13 giugno 1888 erano viventi e inalterate ra seryen- zolle lasciate così 13 mesi nell’ essicatore. Liv di 0. MATTIROLO, Il rinnovamento di queste esperienze (') dimostrerà sino a qual punto possa durare questa strana sospensione di vita, di cui si conoscono pochi altri esempii, in corpi vegetanti (*), se si eccettuano i fatti consimili accertati, e che si osservano nelle forme ripro- duttrici Spore delle tallofite e Crittogame vascolari; Semi delle Fanerogame. Lo ScHRODER nel suo eccellente lavoro Ueber die Austrocknungsfühigkeit der Pflanzen, edito nel 1886, nei ren- diconti delle osservazioni fatte nell’ Istituto botanico di Tübingen, diretto dal PFEFFER, registra attentamente tutto quanto conosce la scienza a questo riguardo. Da questo lavoro è prezzo dell’ o- pera ricavare i dati che hanno rapporto alle Epatiche da lui citate e sperimentate, rimandando il lettore vago di maggiori dettagli ai capitoli speciali, dove sono successivamente esaminati sotto que- sto punto di vista i differenti tipi vegetali. SCHRÖDER (*) riporta da HormerstER (Allg. Morph. der Gewüchse, 1868 pag. 555), che la Metzgeria furcata muore dopo due settimane di essicazione. Osservò che la Radula complanata era morta in parte dopo aver sopportato un mese di essicazione e che le sue parti rimaste ancora in vita non resistettero poi; che la Riccia glauca e la Riccia fluitans aveano perduto le facoltà vitali dopo pochi giorni di dimora nell’essicatore, e che la Lunularia vulgaris e la Marchatia polymorpha erano più resistenti, ma che dopo un mese erano assolutamente morte, I propaguli di queste ultime specie, secondo SCHRÓDER, resistono anche tredici settimane essicate all'aperto, e non più di dieci settimane nell'essicatore. Finalmente constató che il tallo della Corsinia Marchantioides resistette 7 mesi essicato in Erbario e cirea 8 mesi all' aperto, e che le spore delle Epatiche essicate soffrono in modo che dopo l'essicazione si devono per lungo (!) Che per mancanza di materiale, omai tutto sperimentato, dovetti sospen" dere. C) Crassulaces, Cacteæ, Isoetes... V. SCHRÖDER, loc. cit. C) Loc. cit. pag. 14, Lebermoose. CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 213 tempo mantenere umide per farle germinare, mentre normalmente germinano dopo pochi giorni. I movimenti in discorso, che dànno all’ individuo la facoltà di sopportare alternative anche lunghe di secchezza e di umidità, sono fenomeni, la cui origine devesi naturalmente ricercare in un progres- sivo adattamento alle condizioni dei loro abituali luoghi di stazione. Noi vediamo infatti, nei rappresentanti delle Marchantiea, che ad una uniformità di struttura anatomica molto marcata, non corri- sponde invece uguale facoltà di resistenza alla secchezza atmosferica, e che questa loro facoltà specifica è legata alle condizioni di vita propria a ciascuna specie. Le forme di Epatiche Marchantiee (come quelle delle Grami- nace, V. appendice), che vivono in luoghi montuosi, in climi tro- picali, sottoposte, come lo sono naturalmente alle alternative di secchezza e di umidità, hanno in generale tipici movimenti igro- scopici; sono per la maggior parte munite di scaglie brune persi- stenti, hanno tessuto meccanico assai sviluppato, qualità che fanno assolutamente difetto in quei rappresentanti, che vivono e prosperano in condizioni affatto diverse, sviluppando un tallo allargato fra i muschi o in luoghi perennemente umidi. Lo stesso modo di comportarsi della Grimaldia dichotoma man- tenuta artificialmente in atmosfera continuamente umida dà ampia ragione alle proposizioni sopra enunciate. In queste artificiali con- dizioni si ottiene in pochi mesi una forma di tallo differente assai dal tallo normalmente descritto. La pianta si adatta mirabilmente alle nuove condizioni; scompaiono in essa di grado in grado gli inspessimenti caratteristici delle cellule epidermoidali , diminuisce in essa la potenzialità dello strato meccanico in paragone à quello delle piante viventi naturalmente all’ aperto , la fronda si allarga 8 nello stesso tempo le scaglie brune caratteristiche si riducono con evidenza di dimensioni e di numero (1). CI ERN (1) In alcune colture, dopo alcuni mesi, le scaglie scomparivano sulle gio- nde, Vani frond 15, Malpighia, anno II, vol. II. 214 0. MATTIROLO, I movimenti delle Marchantiee, oltre a rendere la pianta atta a sopportare le alternative di secco e di umido, oltre ad impedire in esse gli effetti di una troppo rapida perdita di acqua, e favorire la durata vitale sospendendone nei periodi di secchezza il ricambio di materiale, servono ancora a fare in modo, che nello stato di sec- chezza, a tallo rinchiuso, esse possano resistere vittoriosamente alle varie altre influenze degli agenti esterni e specialmente ad aumenti rapidi di temperatura, assai meglio che nelle condizioni normali di vegetazione, quando le cellule, nelle quali si conservano inalte- rati i fenomeni di turgescenza, non potrebbero resistere: e ciò viene sperimentalmente dimostrato. Ho mantenuto per circa mezz’ ora in un recipiente di vetro immerso nell’ acqua bollente alcune zolle di Grimaldia con talli essicati da molti mesi, e questi hanno sopportato egregiamente la prova. Messi poi in camera umida e bagnati si riapersero i talli, e pochi giorni dopo diedero origine a nuove fronde, e notisi che la temperatura nell’ interno del recipiente (nella parte assile) rag- giunse 94° centigradi ! Di quanta utilità sia questa facoltà di resistenza ai repentini salti di temperatura ('), e a temperature elevate nelle Marchantie® appare evidente, se colla scorta della Synopsis Hepaticarum e delle - Hepaticæ Europee (°) facciamo una rapida rivista delle stazioni abitate dalle specie appartenenti ai generi Plagiochasma, Reboulia, Grimaldia, Fimbriaria, Targionia, In questi generi si contano 49 specie; di queste, 9 solo sono proprie all’ Europa centrale, 5 sono caratteristiche del Sud Europa, 85 invece abitano i paesi caldi. (Africa 7, America 16, Asia 10, Australia 2). Fra le 16 specie Americane, 13 appartengono ai paesi dell’ America del Sud e spe- cialmente vivono nel Chili , nel Perù, nel Messico , regioni carat- terizzate da lunghi periodi di siccità e dalle massime temperature. C) A questo riguardo confronta ScHR6DER loc. cit. Laubmoose, pag. 14. C) Dumortier, Hepatice Europe, 1875. CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 215 Quanto poi alle ultime cause, che motivano questa facoltà della sospensione temporanea dei processi vitali, poco oggi di assoluto si può dire al riguardo. La vera causa deve ricercarsi nelle pro- prietà inerenti al plasma. Infatti nelle Epatiche, come anche nei Muschi () non incon- triamo le caratteristiche proprietà, che sono ritenute tali da spie- gare la sospensione dei processi vitali nei semi e nelle spore, nei quali abbiamo pareti resistenti, materiali nutrizii in abbondanza e poca quantità di acqua. Nelle Epatiche in discorso abbiamo invece membrane sottili , debole quantità di materiali di riserva, abbondanza di acqua, eppure notiamo in esse sospensione e resistenza vitale notevolissime, essendo queste piante capaci di sopportare anche una lunga permanenza in un ambiente privo di acido carbonico come sperimentò SCHRÖDER nella Funaria hygrometrica (^). La presenza dei corpi oleosi (BRAUN, Betrachtungen über die Erscheinung der Verjüngung in der Natur, 1850) () e di ma- teriali di riserva, che potrebbero servire anche ad impedire una forte collabescenza delle membrane, la deficienza di acqua nei tessuti, come osserva FaLKENBERG (Die Algen im weitesten Sinne, in SCHENK. Handb., II, vol.) nelle zigospore, se appaiono avere qualche utilità in questo fenomeno, pure non sono condizioni assolutamente neces- sarie, perchè nei Muschi (*) e nelle Epatiche mancano affatto o sono poco evidenti queste condizioni. | I misteri della vita sono sempre in dipendenza assoluta del pla- sma, la eui intima conoscenza rimane purtroppo ancora avvolia da . Un velo misterioso. A questo riguardo si potrebbero formulare ——— () Scuröner, loc. cit. () Inew, loc. cit. pag. 45, 14 giorni furono mantenute le Funarie in Sto ambiente e poi rimasero ancora secche per alcune settimane. C) Si tratta di semi. (*) Scmnópzn, loc. cit. que- 216 0. MATTIROLO, teorie evoluzioniste, immaginare spiegazioni teleologiche , le quali apparirebbero a tutta prima soddisfacenti; ma non potrebbero se- riamente rispondere alle naturali obbiezioni, che risultano dalla osservazione di un fatto, che si manifesta ugualmente nelle più differenti condizioni. È meglio fermarsi al punto in cui ragionevol- mente ci è concesso di osservare e di fare serie deduzioni. VII. (Appendice). Fenomeni analoghi conosciuti nel Regno Vegetale. Il fenomeno ora studiato nelle Marchantieze non costituisce un fatto isolato nel regno vegetale, imperocchè le stesse cause devono naturalmente determinare identici effetti anche in altri tipi, come realmente avviene in natura. I mezzi che servono a raggiungere lo scopo di rendere possibile la vita in condizioni atmosferiche e topografiche difficili, in climi dove durano lunghi periodi di siccità, in luoghi di stazione arsi dal sole, dove è a volte manchevole l’acqua, dove repentini si ma- nifestano gli sbalzi di temperatura e i moti atmosferici, dovevano pure naturalmente estrinsecarsi con adattamenti svariatissimi ten- denti nelle diverse piante a raggiungere in ultima analisi identici effetti. In natura due categorie di fatti provenienti da cause differenti concorrono allo stesso scopo. In una di esse l'agente del movimento risiede nelle proprietà vitali dell'individuo e in special modo nei fenomeni di turgescenza cellulare; nell'altra invece il movimento è dovuto esclusivamente alle proprietà fisiche di certi tessuti, e si manifesta quindi anche negli individui , in cui cessarono da tempo le funzioni vitali. CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 217 La seconda categoria di fenomeni è quindi la sola paragonabile a quella che abbiamo osservato nelle Marchantiacee, e di essa sola- mente ci occuperemo, riassumendo brevemente i fatti osservati e stu- | diati specialmente nei lavori di ScHWENDENER ('), HABERLANDT (°), PFEFFER (°), WEINZIERL (4), WESTERMAIER (5), ZIMMERMANN (^), SACHS (*), AmBRONN (5), TscHIRcH (°), RarHay (!°), Figrsog (V), NaragLi (^), SrEiNBRINCK (!*) ed altri, i quali si sono in peculiar modo occupati delle importanti proprietà del sistema meccanico nei vegetali. Nelle Muscineæ e specialmente nel genere Polytrichum fra le () ScawENDENER, Das mechanische Princip. Berlino. () HanERLANDT, Physiologische Pflanzenanatomie. Leipzig, 1884, e lavori varii citati in essa. i (9) Prerrer, Pflanzenphysiologie, Tom. 1 e II. Leipzig, 1881. () WEINZIERL, Beiträge sur Kenntniss der Festigkeit und Elasticitàt ecc. Sitz, Wiener Akad, 1877 — Tom. LXXVI. Č) WesrERMAIER, Beiträge zur Kenntniss des mechanischen. Gewebesystems. Monatsber. A. K. Berlin, 1881. (€ ZiwwERMANN, Ueber mechanische Einrichtungen zur Verbreitung der Sa- men und Fruchte ecc. PRiNGsHEIM Jahr., XII, 1881; Moleculür-physicalische Un- tersuchungen, nei Berich. deut. Bot. "Ges. Band I, pag. 533 e seg. C) Sacus, Vorlesungen uber Pflanzenphysiologie. 2? Ediz. Leipzig, 1887. (8 AMBRONN, loc. cit. 0) TscmimcH, Beiträge zw der Anatomie und dem Einrollungsmechanismus einiger Grasblitter. PniNGsHEI Jahrb., XIII, 1882. (9) RatHay, Ueber Austrochnungs und Imbibitionserscheinungen der Cyna- reen Involucren. Sitz. Wiener Akad. Vol. 83, 1881. (1) FrrrscH, Ueber einige mechanische Einrichtungen in anatomischen von Polytrichum juniperinum Wild. nei Bericht deut. Bot. Gesell., Band I, pag. 83. (3) NagagL: e ScHwENDENER, Das Mikroskop. 2° Edizione. Leipzig, 1877 ; Botanische Mittheilungen. München, 1866. (B) STEINBRINCK, Unters. Uber das Aufspringen einige cafpien. Bot, Zeit, 1878, N. 36 a 39; — Ueber den Oeffnungsmechanismus der Hülsen, nei Berich. d. deut. Bot. Gesell. Band 1, pag. 271; — Ueber einge Fruchtgeháuse die ihre Samen in Folge von Benetsung freilegen, nei Berich. der. deut. Bot. Gesell., pag. 339 e 360. Bau y trockener Peri- 218 0. MATTIROLO, Bryacec, secondo gli studii di G. FrrTscH ('), osserviamo movimenti analoghi a quelli delle Marchantiee e dovuti evidentemente alle stesse cause meccaniche. Questi movimenti hanno per effetto di rialzare contro l’ asse le foglie e ripiegarne i margini in modo da - presentare così un riparo contro ad una troppo rapida essicazione e ad una troppo grande perdita di acqua, la quale certamente po- trebbe danneggiare il sistema assimilatore. La causa del movimento, come lo dimostrano ampiamente gli studii di FrrtscH, ha sede nel tessuto meccanico rappresentato da due sistemi di stereidi decorrenti lungo la linea assile della foglia: il superiore di essi, formato da membrane di una cellulosa più pura (comè dimostrano i reagenti. - V. FinsTOH, loc. cit., pag. 92) e quindi più rigonfiabile dell'inferiore. Il primo colla siccità si contrae più fortemente dell’altro e più nel senso trasversale che in quello longitudinale, onde ne risultano movimenti speciali, per cui le foglie si rialzano contro al fusticino ed i loro margini si accartocciano. Le foglie delle Graminacee e specialmente di quelle viventi, come le nostre Epatiche in luoghi aridi, in climi tropicali, nelle steppe, possiedono pure la facoltà di chiudersi col giungere della siccità e di riaprirsi coll'umidità dell'atmosfera, precisamente come ci fu dato osservare nelle Marchantiee; e questa loro facoltà (dovuta a proprietà igroscopiche del tessuto meccanico), che si nota pure negli esemplari da lungo tempo conservati negli erbarii, é come nelle Epatiche assolutamente estranea alle funzioni vitali secondo ebbe a dimostrare recentemente il TscHIRcH. (°) Disposizioni curiose esattamente descritte dall’ autore tedesco, e che qui non ci è concesso riferire un po’ in disteso (*), agevolano (1) G. FrarscA, loc. cit. (?) Così nella Macrochloa tenacissima , Psamma arenaria, Stipa capillata Triodia pungens ecc. ecc. e molte altre. V. TrscHIRcH. loc. cit. C) V. a questo riguardo la relazione interessante fatta dal KeRNER von MA- RILAUN, nel 1° Volume della Pflanzenleben, Leipzig, 1881, sopra questi fenomeni meccanici, | CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 219 questo movimento, e difendono nel tempo stesso nelle piante viventi ‘il sistema assimilatore dalle pressioni, che avrebbe a subire durante il movimento di chiusura avente sede nel sistema meccanico. Spe- ciali fenditure longitudinali sulla superficie fogliare superiore divi- dono il tessuto in tante specie di prismetti longitudinali, che si avvicinano nel momento della chiusura e si allontanano invece quando si apre la foglia. Questi prismi si muovono sopra speciali articolazioni fornite da grosse cellule (Cellules bulliformes) credute invece causa del movimento dal loro scopritore DuvaL-Jouve (^) aventi contenuto acquoso, pareti tenere e facilmente pieghevoli, che tappezzano il fondo di dette fenditure. I movimenti prodotti dalla essicazione e dalla umidità negli in- volucri delle Composite (°) in genere, scientificamente studiati dal Signor Rarmay nel 1881, si possono paragonare a quelli da noi os- servati nelle Marchantiece ; perocchè anche qui si tratta di feno- meni indipendenti affatto dalle facoltà vitali, e dovuti essenzialmente alle proprietà igroscopiche del tessuto sclerenchimatoso regolarmente disposto nella parte mediana al disotto dell’ epidermide esterna delle foglie involucrali interne. La chiusura di detti involucri colla umi- dità e il loro riaprirsi colla siccità dell’ atmosfera sono d' altronde fenomeni volgarmente noti nelle nostre campagne, dove essi si impiegano a scopi igrometrici; così, la Carlina acanthifolia di Allioni delle nostre vallate alpine è un igrometro sensibile usato da tempi immemorabili dagli alpigiani. Le osservazioni del RATHAY (?) () Duvat-Jouve, Histotawie des Feuilles des Gramineés, Ann. des Scien. Nat. 6° Série tom. I, 1875. €) Tra le Composite, nelle quali si osservan movimenti igroscopici parago- nabili ai citati, vanno annoverati specie di generi: Carlina, Helychrysum, 6 Phalium, Centaurea, Echinops, Cirsium, Carduus, Onopordon, Lappa, ecc. ` @) V. E. Ratmay, loc. cit. In questo lavoro trovasi indicata la relativa letteratura: I lavori di HıupesranDT. (Ueber die Verbreitungsmittel der Compo- sitenfrüchte , Bot. Zeit. 1872; BISCHOFF , Lehrbuch der Botanik II vol.; NOBBE, Handbuch der Samenhunde; Kerner, Die Schutzmittel des Pollens; WALDSTEIN, è 220 0. MATTIROLO, da me ripetute in questa occasione, mi convinsero della verità delle sue conclusioni, e non mi lasciano dubbi sulla causa del fenomeno in discorso, il quale si osserva pure in esemplari da lunghi anni conservati in erbario. Finalmente a puri fenomeni igroscopici di un altro ordine biolo- gico devesi pure la torsione caratteristica delle ariste delle Geraniacee dei generi Geranium, Erodium, Pelargonium. In alcune specie di questi generi le Ariste dei semi ( Grannen degli autori tedeschi) si attorcigliano a spirale colla secchezza e si distendono colla umi- dità, provocando movimenti, che alternandosi colle vicende atmosfe- riche, determinano l’ affondarsi dei semi nel terreno, sussidiati in questo loro movimento dalla disposizione e direzione opportuna dei numerosi peli, che permettono loro di addentrarsi facilmente nel terreno, mentre ne impediscono la loro estrazione. La colossale letteratura riferentesi a questo speciale argomento, volgarmente noto così da aver dato occasione alla fabbricazione di igrometri abbastanza sensibili, ( V. KERNER, loc. cit., pag. 579) che ho potuto sperimentare, merita un brevissimo cenno, che può servire a dimostrare l'enorme cammino fattosi in questo genere di studii, la cui origine data da pochi anni. HILDEBRANDT, (!) Hax- STEIN, NAEGELI, SCHWENDENER, F. DARWIN, STEINBRINCK, ZIMMERMANN, per non citare che i più serii, si sono interessati dell' argomento , la eui spiegazione ebbe varie vicende, e che oggi si riassume nelle conclusioni di Zimmermann (loc. cit., pag. 575), la cui esattezza ho potuto constatare seguendo i suoi dati sperimentali. Come analoghi fenomeni vanno registrati (*) quelli descritti pure Descriptiones et icones plantarum rariorum Hungarice , ecc. ecc.). Sullo stesso argomento hanno specialmente rapporto alla spiegazione del fenomeno dal punto di vista biologico. V. specialmente la discussione delle differenti opinioni. () HILDEBRANDT, loc. cit. HawsTEIN, Verh. nat. Verein. Rheinl. West. 1868, NAEGELI e SCHWENDENER, loc. cit.; F. DARWIN, Trans. Lin. Soc., Seconda Serie Bot. I, pag. 158. ZIMMERMANN loc. cit. C) Vedi a questo riguardo anche Prerrer, P/lanzenphys. vol. II — Kapitel VI — Krummungsbewegungen, pag. 283 . a M EBA T TENA CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 221 diligentemente dallo ZIMMERMANN, (loc. cit., V. letteratura) nelle ariste delle Graminacee dei generi Avena, Stipa ecc. (*); la torsione che sì osserva nei legumi di alcune Papilionacec dei generi Orobus , Lathyrus, Caragana , Lupinus , ecc. (ZIMMERMAMN, HILDEBRAND, STEINBRINCK , loc. cit.); T espulsione dei semi nelle specie del ge- nere Oxalis (ZIMMERMANN, loc. cit., pag. 574); i movimenti che si osservano nelle capsule di molte Caryophyllacee , Primulaceæ , Serophulariaceze , Euphorbiacez , Mesembryanthemec (DuTROCHET , SrEINBRINCK, HILDEBRANDT, Kraus (*) RATHAY), per cui esse si aprono in eorrelazione allo stato igrometrico dell'atmosfera ; l'apertura di molte antere (?); i movimenti nei pappi di aleuni semi; l'aprirsi e il chiudersi della strana Rosa di Gerico (Anastatica hierochuntina (*) Lin.); i movimenti dei Peristomi di ‘molti muschi e degli elateri delle spore nelle Equisetine, e da ultimo i numerosi fatti igrosco- pici che si notano nelle alghe, nei funghi e nei Licheni. ————— () Analoghi movimenti di torsione si notano nelle sete della Funaria e di altri Muschi; Wicuura, Jahr. Wiss. Bot., vol. 2°, 1860, pag. 198, e nei filamenti di Erineum, Cramer in NaEaELLt, Pflanzephys. Unt., 1885, Heft 3, pag. 28 — nelle ife di Peronospora, dove il movimento serve a gettare le spore da parte; De Bary, Morph. Phy. der Pilze, 1884. i (È) STEINBRINCK, loc. cit. ; HILDEBRANDT, Joc. cit. e Die Schleuderfrüchte und ihr in Anat. Bau begrundeter Mechanismus, nei Princesa. Jahr., V. IX; Kraus, Ueber den Bau der trockener Pericarpien, nei PRINGSH. Jahr., vol. IX; RATHAY, loc. cit.; Dvrrocnet, Mémoires. Brüssel., 1831. ©) Mour, Vermischte Schriften 1845,. pag. 62; CHatin, Compt. rend. 1870, 70, V. p. 644. () De CawpoLLE, Physiol, Vol. Il, pag. 246. 222 0. MATTIROLO, CONCLUSIONE Dalle osservazioni sopra esposte risulta che nelle Epatiche Mar- chantiec e più precisamente nei generi: Plagiochasma, L. e Ldbg. Reboulia, N. ab E. Grimaldia, Raddi. Fimbriaria, N. ab E. Targionia, Micheli. si notano nel loro tallo movimenti assolutamente dipendenti dalle proprietà igroscopiche dei tessuti, che lo compongono. La causa del movimento si riferisce essenzialmente alle proprietà igroscopiche degli elementi dello strato meccanico. Il tallo in rela- zione alla secchezza dell’ atmosfera si ripiega rialzando i bordi liberi, ricoperti sulla superficie ventrale da scaglie brune, verso la linea, assile , in modo che i margini liberi si riuniscono e si ricoprono, sottraendo così completamente il tessuto assimilatore alla influenza dei raggi luminosi, e mantenendo l individuo in uno stato di so- spensione funzionale, che può durare periodi assai lungi (°). In questa posizione il tallo è atto a sopportare variazioni notevoli e repentine di temperatura senza risentirne danno; continuando poi a vegetare normalmente appena si ritrovi in condizioni convenienti di umidità. Il fenomeno dei movimenti igroscopici nelle Marchan- tieæ è motivato da un progressivo adattamento alle condizioni na- turali di stazione, in cui si svolge la vita dell’ individuo. Torino, R. Orto botanico, Maggio 1888. C) Sperimentalmente per la durata di tredici mesi è provata finora la sospen- sione funzionale. CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DELLE EPATICHE 223 SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. TAVOLA XII. id E e di un Tallo vegetante di Grima/dia dichotoma, Raddi (Ingrand. circa 40). Figura a — contorni e dimensione degli elementi disegnati colla camera lucida di Nachet. sue od epidermoidale. A il š assimilatore. M, >» meccanico. s » E sapiente "nó elementi corticali. izoidi inspessiti isc Fig. 2. «Aa dello stesso Tallo ‘viali (La figura 2. Papst sunitin la stessa sezione dise- gnata al N. 1 prima di cuni in una goccia d' acqua Ingrandimento uguale al prece- dente. — Figura schematica — I contorni e le dimensioni disegnate come sopra. Valgono Fig. 3-4-5. Sezioni di Talli mantenuti in atmosfera secca. (G. dichotoma). Ingrandimento debole. Principali posizioni di chiusura. Disegni schematici. al 6-7. Tallo normale allargato e Tallo ripiegato (G. dichotoma). Dimensioni natur Fig. 8. Colonia di Nostochinea in un cellula del tessuto meccanico, (G. dichotoma). fienda: 400 circa Fig. 9. karone tangenziale dello strato epidermoidale di una Grimaldia dichotoma , Raddi. p grandimento circa 400. Confronta questa figura con quella della tavola seguente N. 7. — Inspessimenti annulari Fig. 10. Sezione siena dii come la precedente per dimostrare la disposizione degli inspessimenti. Vedi fig. 7, tav. XIII. È TAVOLA XIII. Fig. 1. Sezione verticale dello strato epidermoidale nella Grimaldia dichotoma, Ra inspessimenti corrispondenti a quelli che si vedono nelle sezioni tangenziali; v. Tav. xi, fig. 9 e 10. (Tallo vegetante); S, cellula stomatica. Ingrand. circa 450. Fig. 2. Cellule epidermoidali della stessa specie, durante il ' di essicazione allo stato normale — Ingrand. 400. (Nel Tallo normale Fig. 3. Cellule e epidermoidali della stessa — ores che hanno quasi rag normale di secchezza (in Tallo normale). Ingrand. Fig.. 4 Cellule epidermoidali della stessa specie, in Sidi normale di male). Ingrand. c. s. Fig. 5. Modificazioni successive delle cellule epidermoidali i p vegetazione normale a quello di secchezza. Fig. schematic 18. ion o giunta la posizione secchezza (in Tallo nor- assaggio del Tallo dallo stato di Fig. 6 UN te corticale dello strato —Ó , Cellule normali mucificabili dello strato mecca . Cellule ira cuticularizzate e igo "ing in e scuro. Da questi elementi cor- ticali kanuo origine le scaglie. Ingrad. circa Fig. 7. Sezione de eI epidernide as QUASI dichotoma, Raddi. Confronta questa colle figure 9 e 10 della t "n is cedente. A, Inspessimenti ran PW » ann i- ipd . circa 4 450. ure furono = segnate in i rd From : Nachet ed in parte con quella Le di "ala — CNR di Hartnack. Obb. 2, 8, 10 (im. a 224 F. MORINI, Sulla forma ascofora del Penicillium candidum LINK. — Nota del D. Fausto MORINI. Per quanto è a mia conoscenza, due solamente sono le specie di Penicillium di cui si conosce la forma ascofora: l una è il P. glaucum Link (P. crustaceum Fr.), l altra è il P. aureum Corda; la prima è stata studiata dal BrEFELD ('), la seconda dal VAN TIEGHEM (°). I caratteri delle diverse fasi evolutive degli sclerozi ascogeni di detti fungilli, si possono considerare come identici , qualora si ec- cettui una piccola differenza nello sviluppo ulteriore dei primissimi inizi delle ife ascogene. Nel P. aureum, i due corti rametti mice- liali , reciprocamente contigui nel senso della lunghezza, i quali si rizzano sul substrato e si contorcono a spira l' uno sull'altro, ma- nifestano una uguale evoluzione perché entrambi dànno origine a numerose ife ascogene. Invece, nell' altra specie, queste ife sono germogliate, secondo il BREFELD, da uno solo dei detti ramuscoli, il quale quindi rappresenterebbe un vero Ascogonio, Nello scorcio del febbraio u. s., osservai sulla buccia di un seme di Quercus pubescens Willd. una formazione di minute punteggiature giallo-pallide, insidenti sopra una specie di lasso indumento bianca- stro, costituito da ife miceliali spettanti al Penicillium candidum Link. Esaminati al microscopio, i più evoluti di questi corpuscoli mo- stravano la struttura caratteristica degli sclerozi. Ora, non avendo io incontrata altra vegetazione all’infuori del P. candidum, più o meno (1) O. BrEFELD, Botan. Untersuchungen ii. Schimmelpilze; Il Heft. C) Van TreGHEM, Bull. soc. bolan. de France: XXIV; 1877. SULLA FORMA ASCOFORA DEL « PENICILLIUM CANDIDUM > 295 rigogliosa in alcuni punti, in altri più o meno esaurita, io ritenni non azzardato il giudizio trattarsi di una incipiente formazione degli sclerozi ascogeni di detto fungillo. In causa dell’ estrema scarsità di specie di Penicillium nelle quali è nota la forma ascofora, cre- detti di qualche interesse intraprendere lo studio delle varie fasi evolutive degli sclerozi dianzi accennati, nell’ intento di apportare una contribuzione alla biografia della forma più elevata in orga- nizzazione delle menzionate Mucedinee; riservandomi infine di pro- cedere ad una sicura e diretta constatazione rapporto al nesso generico della forma gonidiale coll’ ascofora. Nonostante le più pazienti osservazioni sulle singole ife compo- nenti il lasso contesto miceliale del P. candidum, non potei scor- gere traccia alcuna delle fasi evolutive primordiali degli sclerozi. Evidentemente, la produzione di questi era già terminata ed il micelio, esaurita la propria attività scleroziogena, non era più idoneo che a nutrire i numerosi sclerozi, più o meno sviluppati, ih esso costituiti. Gli sclerozi più giovani che mi venne dato di osservare, erano formati da un’ agglomerazione pseudoparenchimatosa non molto densa, di color luteolo-pallidissimo, misurante in diam. circa « 80-110. E da questo stadio in cui incominciano le mie ricerche. Anzitutto la mia attenzione fu rivolta allo studio degl’ inizi dell’ apparato ascogeno : impiegai diversi mezzi di rischiaramento delle ife corticanti e specialmente il metodo del KrHLMAN, ma non Potei mettere in rilievo altro che un glomerulo irregolarmente glo- buloso, occupante press'a poco la porzione centrale del peritecio e costituito da un intreccio molto rado, nel quale era possibile se- guire per breve tratto il decorso delle singole ife. Tale glomerulo Presentasi benissimo differenziato dal contiguo apparecchio pn Perocché le sue ife sono provviste di membrana esilissima ed inco- lora, sono divise in corti articoli lievemente rigonfiati e contengono 226 F. MORINI, un plasma molto denso e pressochè omogeneo, ricco di sostanze proteiche; nei fili involgenti, oltre alla fissazione di speciali carat- teri nella membrana dei segmenti, massime di quelli più esterni, si nota in questi un plasma pochissimo denso ed in gran parte costi- tuito da idrati di carbonio (glucosio specialmente). Quantunque le mie ricerche dirette alla scoperta dei primordi delle ife ascogene, riuscissero costantemente senza risultato, tut- tavia riterrei prematuro l affermare recisamente l abolizione dei ramuscoli contorti a spira, sì evidentemente dimostrati dalle belle ricerche di BreFELD e di Van TrecHEM nelle due specie già indi- cate. Forse il troppo fitto pseudoparenchima corticante , I imperfe- zione dei mezzi d'indagine di cui io poteva disporre, o meglio ancora la precoce regressione ed il consecutivo riassorbimento dei ramuscoli anzidetti concretatosi durante la formazione del delicato e globoso intreccio filamentoso ora descritto , hanno impedita la diretta constatazione degl'inizi delle ife ascogene. Sembrami quindi fondatissima la congettura che i primordi degli sclerozi in esame siano perfettamente omologhi morfologicamente e fisiologicamente con quelli degli sclerozi del P. glaucum e P. aureum. La successiva evoluzione degli accennati corpuscoli, rivela una serie di fatti molto interessanti. Mentre lo strato involgente pro- gredisce nel suo accrescimento e s'ingrossa sempre più, l'aggrega- zione ifica centrale si sviluppa maggiormente, diventa più densa, perde infine la forma globulare e manifesta una vera ramificazione, per la quale gruppi di ife, pur conservandosi reciprocamente in- trecciate, si addentrano nello strato corticante , disciogliendo gli. elementi di questo che incontrano nel loro cammino, e talora giun- gono fino a poca distanza dallo strato cellulare periferico. Le diramazioni ifiche anzidette, si mostrano capaci di un ulteriore accrescimento affatto indipendente dal glomerulo primitivo: nella grande maggioranza dei casi, la potenza formativa preferentemente si concentra nella loro porzione terminale, perchè quivi i segmenti delle ife si moltiplicano attivamente e si addensano reciprocamente, sia ubi a SULLA FORMA ASCOFORA DEL « PENICILLIUM CANDIDUM > 227 quindi detta porzione aumenta in volume e costituisce un cumulo pseudoparenchimatoso tondeggiante, nel quale, più si procede verso il centro, l aggregazione si fa più rilassata. Parecchie volte, in questa particolare direzione di sviluppo, spiegata dal glomerulo pri- mitivo, si rileva una progressiva atrofia del tratto basilare che connette le secondarie formazioni pseudoparenchimatiche col pri- mordiale glomerulo ; atrofia, la quale ordinariamente conduce al completo isolamento delle menzionate formazioni. In questa fase, i peritecii misurano in diam. circa m 190-260. Stabiliti detti fatti, i peritecii procedono con una certa rapidità fino ad un certo grado di sviluppo, raggiunto il quale essi passano in un periodo di quiescenza, per cui si comportano come veri scle- rozi. Le cellule esteriori s'ingrossano notevolmente, la membrana loro , acquista un ingente spessore quà e là rilevantissimo ed un colorito lie- vemente luteolo; il loro contenuto è acquoso ed ha perduto in gran parte il glucosio. Invece, gli elementi del cumulo pseudoparenchima- toso centrale e delle ramificazioni di questo si conservano piccoli, a membrana esilissima e con un plasma ricco di sostanze proteiche ; in questa fase avanzata, riesce molto malagevole e spesso anche impossibile seguire un decorso anche breve delle ifé della parte centrale dei cumuli: quindi in detti elementi, sembra concentrata quasi tutta l’attività vitale. Gli strati cellulari più esterni del pe- ritecio subiscono un processo di degradazione, pel quale si trasfor- mano in un detrito granulare giallognolo , che resta aderente in tutti i punti della superficie periteciale, sotto forma di un involucro Protettore di uniforme grossezza (u 8-11). Tali speciali differenziazioni e la progressiva diminuzione della attività formativa dei cumuli interni differenziati, ci annunziano la imminenza della sospensione di ogni ulteriore sviluppo nei periteci: ? dopo un breve tempo, questi entrano in uno stato di vita intente, per cui si esplicano come veri sclerozi. Le dimensioni di questi oscillano fra mm. 0, 40 e 0, 68; la loro forma è irregolarmente globosa, sono giallognoli, ed il tempo da essi impiegato onde rag- 228 i F. MORINI, giungere questo stadio, partendo dalle prime fasi che io potei oe — servare era in media da 3 a 5 settimane. Il periodo di quiescenza non è molto lungo e giammai supera le 2 settimane. E qualora gli sclerozi si trovino in condizioni di umidità e temperatura favorevoli, la vita in essi si risveglia e ben presto perviene ad un grado di attività molto rigogliosa, la quale è esclusivamente localizzata nei circoscritti cumuli pseudoparenchi- matici già studiati. Un fatto che subito emerge con molta chiarezza, è la tendenza marcatissima all'indipendenza reciproca, all'autonomia negli elementi di dette agglomerazioni. Elementi isolati, oppure piccoli gruppi di cel- lule (in generale sotto forma di corte ife), si disgregano gli uni dagli altri, s' ingrossano, diventano molto turgidi, e ben presto una parte delle relative cellule (massime quelle asseriate in fili brevi) si segmen- tano trasversalmente ripetute volte, per cui si costituiscono ife lun- ghe talora u 60-68: ciascun articolo ifico ha la potenzialità di germogliare (il più delle volte direttamente, in alcuni casi sopra ramuscoli secondari ) una insaccatura laterale , la quale mediante un setto basilare, si separa dal segmento antecedente. Tale gemma s ingrossa ngtevolmente, acquista forma ovoidale e si organizza in- fine in un asco il cui diam. longit. è di circa m 24-30: le ascospore sono 8 in ciascun asco e sempre conglobate, sono ialine, incolor!, hanno forma lenticolare allungata, e la loro membrana è pressochè interamente liscia; misurano in diametro longit. u 6 !/,-9, nel ira Sverso m 3 ‘/,-5. Queste proliferazioni ascogene si producono in numero notre lissimo. Il pseudoparenchima corticante, nonchè i segmenti delle ife fertili i quali non partecipano alla formazione degli aschi, vengono utilizzati per la nutrizione degli elementi entrati in una tanto TF gogliosa attività formativa; e da questi vengono progressivamente digeriti, assorbiti ed assimilati ('). In ultimo, si costituiscono peritec C) Questa dissoluzione dell' : iiid forma sviluppo, ed osservantesi eziando nella SULLA FORMA ASCOFORA DEL «€ PENICILLIUM CANDIDUM » - 299 a parete molto esile, ridotta ai pochi strati cellulari più esterni ed all’ indumento periferico formato da un compatto detrito granu- lare; la cavità è tutta occupata da innumerevoli aschi. In una fase di sviluppo più inoltrato, la membrana della quasi totalità degli aschi si discioglie e viene assorbita dalle ascospore, le quali cosi possono pervenire a perfetta maturità. Trasportando alcune ascopore in una gocciola di liquido zucche- rino, si ottenne una germinazione molto sollecita ed una produzione di abbondanti flocci di P. candidum. Istituendo ora una comparazione fra le diverse fasi della forma ascofora del P. candidum e quella della forma omonima del P. glaucum e P. aureum, si possono mettere in rilievo i seguenti fatti principali. 1.° Considerazioni morfologiche, biologiche e filogenetiche, indu- cono ad ammettere colle maggiori probabilità che i primi rudi- menti delle ife ascogene del P. candidum si effettuino come nel P. glaucum e P. aureum. 2» É una congettura plausibilissima che in una fase molto pri- mitiva di sviluppo, detti inizi si atrofizzino e scompaiano intera- mente, 3.° Nel periodo che da questa scamparsa procede fino al punto in cui gli selerozi si dispongono a passare alla vita quiescente , la ulteriore evoluzione delle ife ascogene, germogliate dai ramuscoli primordiali, subisce una notevole deviazione in confronto a qae si osserva nelle due specie congeneri. Nel P. glaucum , dal paio di ife spirali nascono brevi e numerosi fili ascogeni, i quali sono — ascofora degli altri due Penicillium, dei gen. Aspergillus e Ster yi npo , dell Erysiphe graminis ed E. Galeopsidis ricorda nella sua essenza e Pann fisiologica, una parte dei fenomeni osservati dal VAN Tanem nella digestione dell’ albume e del perisperma. 16. Malpighia, anno II, vol. II. 230 F. MORINI, ben tosto involuti da un denso contesto sviluppato dalla formazione ifica produttrice dei rami spirali anzidetti, nonchè dalle ife adiacenti. 7 I filamenti ascogeni si allungano, si segmentano e penetrano in tutte — le direzioni nel tessuto corticante: a questo stadio, il peritecio si trasforma in uno sclerozio. Invece nel nostro fungillo, le ife asco- gene costituiscono dapprima un glomerulo di fili intrecciati molto lassamente , il quale giammai si mantiene semplice od indiviso, ed i gruppi di ife che da esso si diramano nel tessuto corticante , in non pochi casi si isolano e si rendono affatto indipendenti, e così hanno origine parecchi neocentri ascogeni. 4° La quiescenza nel P. glaucum dura da 6 ad 8 settimane; nel P. candidum 2 settimane al massimo; essa mancherebbe nel P. aureum. 5.° Nel P. glaucum con molta evidenza si può riconoscere che dai filamenti ascogeni nascono due sorta di ife, le une non svilup pano asci, sono molto esili, s' insinuano e si ramificano fra le cellule corticanti, disciolgono queste e ne assorbono il consecutivo prodotto; in tal modo esse fungerebbero da apparecchio nutritore dell’ altra categoria di ife, le quali germogliano corti e grossi rametti di vario ordine; gli ultimi di questi danno origine a numerosi e piccoli aschi asseriati. L' evoluzione delle ife ascogene nella nostra specie, prè- senta parecchie importanti differenze: a) abolizione assoluta dei fili assorbenti; b) giammai gli aschi si producono in una disposizione asseriata ; c) col progredire dello sviluppo degli aschi, questi disciol- gono il tessuto involgente e la parte delle ife ascogene rimaste inattive, 6.° La membrana delle ascospore del P. candidum, eccetto al- cune lievissime asprezze, si può considerare come liscia; per contro nel P. glaucum essa si presenta notevolmente scabra. Nonostante le differenze che emergono dalla precedente comp? razione, le forme ascofore delle 3 specie di Penicillium si devono considerare come reciprocamente omologhe nelle corrispondenti prin- cipali fasi evolutive. SULLA FORMA ASCOFORA DEL « PENICILLIUM CANDIDUM » 231 Sono molto interessanti gli stretti rapporti di affinità che vin- colano le forme ascofore dei Penicillium con quelle dei gen. Asper- gilus e Sterigmatocystis. Il grado più semplice verificherebbesi negli sclerozi ascogeni dei Penicillium, anche perché i primordi delle ife fertili non sono differenziati l’ uno rispetto all’ åltro ; poscia si pro- cede agli sclerozi degli Aspergillus ed a quelli delle Sterigmato- cystis ( S. nidulans ) ; gli ultimi rappresentano una transizione ai periteci degli Eurotiwm, nei quali notasi eziandio il fatto della spiccata differenziazione negl’ inizi ascogeni. Il valore di tali affi- nità non viene punto diminuito dalle differenze d' organizzazione delle ife gonidiali: nei Penicillium , queste sono più semplici e si presentano ramificate secondo il tipo cimoso; invece nei gen. Asper- gillus e Sterigmatocystis, ma più specialmente nell’ ultimo, si sono attuati caratteri congrui per una più lata propagazione dei relativi fungilli, caratteri i quali sono coordinati ad una cospicua formazione di elementi direttamente sporigeni. Non credo di andare molto lungi dal vero affermando che le anzidette forme ascofore considerate sotto il triplice punto di vista morfologico, biologico e filogenetico, possono arrecare un impor- tante contributo per la soluzione dell’oscurissima questione relativa alla storia dell’ evoluzione degli Ascomiceti. Sono evidentissime le omologie delle indicate forme ascofore con alcune Ginnoascee , specialmente con quelle saprofitiche ; anzi, partendo dalle forme infime, cioè dai gen. Eremascus, Ascotricha, Ascodesmis, En- domyces, Gymnoascus, Ctenomyces, noi possiamo scorgere la via che più probabilmente è stata seguita nell’ evoluzione filogenetica degli Ascomiceti: d'altra parte, tutte le fasi vitali dei Gymnoascus e Clenomyces sono perfettamente omologhe con quelle dei periteci dei gen. Penicillium, Aspergillus e Sterigmatocystis. E se noi sup- poniamo che l’ apparato involgente dei gruppi di aschi, molto lasso e lacunoso nei Gymnoascus, alquanto più stipato nei Ctenomyces, 232 F. MORINI, i si condensi in modo da dare origine ad un pseudoparenchima, la i forma ascofora così prodottasi non sarà nei suoi tratti essenziali completamente identica a quella delle tre Mucedinee precedenti? Riguardo agli antenati degli Ascomiceti, due sono le congetture maggiormente probabili che si possono istituire ; ritenendo, cioè, le Floridee, ovvero le Mucorinee, come le forme stipiti dalle quali sa- rebbero discesi detti funghi. Non poche ragioni, che ora non sarebbe opportuno svolgere, fanno propendere per la seconda opinione: pre- scindendo da parecchi fatti di maggior importanza, la natura delle formazioni filamentose gonidiofore degli Ascomiceti, appoggia vali- damente l'ipotesi di questa discendenza. E sotto tale punto di vista le Gimnoascee hanno un particolare interesse , annoverandosi fra esse parecchie forme che presentano rilevanti affinità con alcune Mucorinee e più specialmente il gen. Eremascus, il quale mostra una notevole omologia coi Piptocephalis. In detto ordine di idee, delineato a grandi tratti, non si presenta in generale molto difficile la costruzione di uno sviluppo filogenetico degli Ascomiceti : anzi in parecchi punti, questo può raggiungere un alto grado di razionalità. Dalle Gimnoascee e forse in corrispondenza al gen. Endomyees, si distaccano le Exoascee: i gen. Ascotricha ed Ascodesmis molto prababilmente rappresentano gli antenati delle Pezizee; infine le forme Gymnoascus e Ctenomyces conducono con una serie di transizioni molto evidenti alle forme ascofore delle specie di Peni- cilium , Aspergillus e Sterigmatocystis. Dalle Pezizee sarebbero scaturite la Elvellee, le Ascobolee ed i Discolicheni (e da questi i Pirenolicheni); alle Ascobolee con molte probabilità si collegano in linea discendente le Patellaviee ed a queste le Facidiee e le Stictee ; le Isteriacee continuerebbero il ramo delle Facidiee. Ritornando alle Perisporiacee, dagli selerozi ascogeni delle Mu- cedinee più volte ricordate e dagli Eurotium (nelle quali forme tutte, gli aschi si sviluppano senz'ordine entro il tessuto corticante e sono In questo disposti in un’ aggregazione irregolare ) per Wma SULLA FORMA ASCOFORA DEL PENICILLIUM CANDIDUM 233 parte si perviene alle Erisifee e per l'altra al gen. Cephalotheca ed a quelle Tuberacee nelle quali si osserva una sola lacuna spo- rifera (!) e poscia alle rimanenti specie di questa famiglia; in una terza direzione di sviluppo si giunge alle forme che presentano con sufficiente chiarezza un ordinamento imeniale nello strato ascigeros In queste ultime forme, qualora alla sommità dei periteci si veri- fichi la costituzione di un ostiolo, noi ci troviamo già nella giuri- sdizione dei Pirenomiceti. Dalle Sferiacee sembrano essersi concretati come rami collaterali le Ipocreacee, le Lofiostomacee e le Dotidea- cee; queste ultime si sarebbero distaccate dalle Sferiacee a periteci composti stromatici. Tutti questi svariati rapporti di affinità si CATO raffigu- rare nel seguente quadro di classificazione : Eremascus Gimnoascee Exoascee Pezizee Perisporiacee Sa i pe Elvellee | Ascobolee Discolicheni ^ Tuberacee Sferiacee ; à : e Pirenolicheni | Patellariee Ipocreacee Lofiostomacee Dotideacee Facidiee Stictee Isteriee Non mi nascondo che talune di queste concessioni genetiche non possono andare esenti da critica e quindi hanno un carattere di nni () Sono interessanti le analogie organiche che i gen. Hydnocystis , Hydno- tria e Genea hanno coi Discomiceti tipici e specialmente colle Pezizee. nr RENI e 90d . P. A. SACCARDO, provvisorietà. La ragione ne è manifesta: fra alcuni determinati — gruppi troppe sono le forme estinte oppure a noi ancora ignote, per cui troppo profonde sono le lacune che quelli separano ed in conseguenza in essi la parentela è molto dubbia od almeno in alto grado remota. Un fatto importante emerge dalle precedenti considerazioni, ed esso è la parte principale che hanno i Gimnoasci e le Perisporiacee nella storia dell' evoluzione degli Ascomiceti. Funghi delle Ardenne contenuti nelle Cryptogam® : Arduenne della signora M. A. LIBERT. — Riveduti da P. A. SACCARDO. (Continuaz. e fine, vol. II, p. 25). 208. Discella carbonacea (Fr.) B. et Br., Pilidiwm carbonaceum (Fr.) Lib. Crypt. IL, n. 160, (1832). Ad ramos Salicinos. 209. Actinothyrium graminis KUNZE, Lib., Crypt. II, n. 165 (1832) Ad folia graminum. 210. Discosia artocreas (Tones) Fr., Discosia faginea Lib. Crypt. IV, n. 845, (1837). Ad folia delepsa Fagi. 211. D. strobilina Lis. Crypt. IV, n. 346 (1837). Ad conos dejectos Abietis excelsc. 212. Polystigmina rubra (Pers) Sacce., Ascochyta rubra (P. ers) Lib., Crypt. IV, n. 392, (1837). Ad folia Pruni spinosc. MELANCONIEx. 213. Myxosporium incarnatum (Desm.) Bon., Nemaspora incarnala . Kunze?, Lib., Crypt. III, n, 262, (1834). In cortice Populorum. FUNGHI CONTENUTI NELLE « CRYPTOGAMJE ARDUENNA » 230 214. M. griseum (Pers) Sacc. Nemaspora grisea Pers., Lib. Orypt. IV, n. 389 (1837). Ad cortices Corylorum. Conidia oblonga, basi apiculata, intus granulosa, dilutissime luteola, 26-28 — 10. 215. Gleosporium arvense Sacc. et Penz. — E diagnosi huc vi- detur spectare Leptothyrium Veromice Lis. Crypt. IV, n. 362, (1837) cujus exemplaria sunt imperfecta. Vidi e contra sporulas filiformes eurvulas, spurie 3-seplatas, 30-35 = 2, 5, ad Septoriam quamdam spectantes. 216. G. Ribis (Lis.) Mont., Leplothyrium Ribis Lib. Crypt. IIT, n. 258, (1834). Ad folia Ribis rubri. 217. G. Fragarie Lis. Mont., Leptothyrium Fragarie Lib. Crypt IL, n. 162, (1832). In foliis Fragarüe vesce. 218. G. Tremule (Lis) Pass., Leptothyrium Tremule Lib. Crypt. II, n. 161, (1832). In foliis Populi tremulc. 219. G. Carpini Lig. Crypt. III, n. 256 (1834). Ad folia Carpini Betuli. : 220. Agyriella nitida (Li) Sace. Syll. III, p. 731, Agyrium ni- tidum Lib. Crypt. III, n. 235, (1834). Ad ramos siccos Pruni Padi, Rubi fruticosi. 221. Naemospora microspora Drswe Lib. Crypt IV, n. 388 (1837). Ad cortices Quercus, Sorbi, Piri. Conidia allantoidea, innumera, 4—1. 222. Melanconium betulium S. et K., Didymosporium elevatum Lib. Orypt. IV, n. 391, (1837) ex parte, an et Linkii? In ramis exsiccatis Betule albi. Conidia ovoidea, 10-12 = 8-9, fuliginea. 223. Didymosporium profusum (Grev.) Fr., Didymosporium wa vatum Lib. Crypt., n. 391, (1837) ex parte. In ramis Alni glut- nosæ. Conidia constricta, didyma, utrinque rotundata, 9-11 e 7-8, asse biguttata. m Betulæ Lib. fuliginea, septo tenui v. spurio divisa, sed cr 224. Marsonia Betulæ (L18.) Sacc., Leptothyriu Crypt. II, n. 163, (1832), nec Gleosporium Betula Fuck., Sacc. 236 P. A. SACCARDO, Syll. III, p. 714. Maculis irregularibus, subradiatis, fuscis; acervulis — epiphyllis gregariis, planiusculis , oblongo-difformibus, subinde con- fluentibus, fuscis, rugosis, basi tandem circumscissis ; conidiis oblongis, rotundatis, basi obtuse angulatis ingquilateralibus, l-septatis, dein constrictis, 17-22 — 8-10, granulosis, hyalinis. In foliis Betwle albe. Affinis M. Castagnei, et M. Populi, sed satis diversa videtur natura macule et proportione conidiorum. 225. M. Populi (Lis.) Sacc., Leptothyrium Populi Lib. Crypt. III, n. 257, (1834). Ad folia Populi nigra. 226. M. truncatula Sacc. Huc verisimiliter referenda est sec. diagnosin Cheilaria Aceris Lib. Cript. III, n. 255 (1834) sed exemplaria omnino imperfecta adsunt et commixta cum Leptothyrio acerino. | 221. M. Juglandis (LiB.) Sacce., Leptothyrium Juglandis Lib. Crypt. II, n. 164, (1832). In foliis Juglandis regie. 228. M. Daphnes (Dzsw. et Ros.) Sacc., Leptothyrium Mezerei Lib. Crypt. IV, n. 360, (1837). Ad folia Daphnes Mezerei. 229. Steganosporium piriforme (Horrw.) Corda, Stilbospora piri- formis Hoffm. Lib. Crypt. III, n. 295, (1834). In cortice Aceris Pseudo-Platani. 230. Stilbospora angustata Pers. Stilbospora macrosperma Pers. Lib. Crypt. IV, n. 390, (1837). In cortice Carpini Betuli. Conidia. 35-40 — 14-15. Verosimiliter utraque species Persooniana statum unius typi sistit. 231. Cylindrosporium Padi (Lis) Karst. Ascochyta Padi Lib. Crypt II, n. 153, (1832). In foliis languidis Pruni Padi. Conidia filiformia 45-62 — 9. hyalina. 232. Cryptosporium Neesii Corna., Libertella alba Lib. Crypt. IV. n, 364, (1837). In cortice Alni glutinose. 232. Libertella faginea Desu., Nemaspora crocea Pers.? Lib. Crypt. II, n. 261, (1834). In cortice Fagi. t i | yw FUNGHI CONTENUTI NELLE « CRYPTOGAMJE ARDUENNA » 237 233. L. betulina DEsw. Lib. Crypt. IV, n. 363 (1837). In cortice Betula. Conidia bacillaria, falcata, 16-19 = 1. HyPHOMYCETEX 234. Sporotrichum fallax Lig. Crypt. II, n. 187 (1832) Mycelio effuso, fibrilloso-byssino ; hyphis ramosis, densissime intricatis, septatis albis; conidiis ereberrimis, minutissimis, (1, 5 # d.) globosis, primo aureis, tum sulphureis, demum albis. Lib. l. c. In fagetis ad folia dejecta, truncos et radices herbarum muscorumque. Habitus fere Himantic. 235. Monilia cinerea Box., Oidium fructigenum Lib. Crypt. n. 82, (1830) Auct. p. p. In fructibus Pruni putrescentibus. 236. Cylindrium Luzula (Lis.) Sace. in Rev. Mycol., Psilonia Luzule Lib. Crypt. IV, n. 386, (1837). Ad folia. Luzulee maximæ. 237. Oidium Tritici Li. Crypt. IV, n. 385, (1837) Sace. Syll. IV, p. 46. Ad folia viva Agropyri repentis. 238. Trichothecium roseum (Pzns.) Fr., Lib., Crypt. 1, n. 78, (1830). Ad corticem et ligna arborum. 239. Torula graminis Desm., Lib. Crypt. IV, n. 392, (1837). In foliis graminets siccis. 240. Zygodesmus fuscus Corda” olivascens Sace. Mich. II, p. 585, Sporotrichum olivaceum Lib. Crypt. II, n. 186 (1832) an Link. Ad folia dejecta, muscos etc. in fagetis. 241. Goniosporium puccinioides (K. et S.) Link., Lib. Crypt. HI, n. 283, (1834). In foliis aridis Caricum. 242. Arthrinium sporophleum K. et S., Cript. IV, n. 384, (1837). In foliis aridis Luzule albide. 243. Camptoum curvatum (K. et S.) Link, Lib. Crypt. L 3.79, (1830). In foliis aridis Scirpi silvatici. 238 P. A. SACCARDO, 244. Dematium hispidulum (Pers.) Fr., Dem. graminum Lib. Crypt. III, n. 284, (1834). Ad folia graminun arida. 245. Cladosporium Asteroma Fuck. Huc verisimiliter spectat Oidium radiosum Lib. Crypt. HIT, n. 285, (1836), exemplaria vero nimis imperfecta. In foliis vivis Populi Tremule. 246. Fusicladium pirinum (Lrs.) Fuck., Helminthosporium Pi- rorum Lib. Crypt. IL, n. 188, (1832). In foliis adhuc vivis Pir Mali e& P. communis. 247. Phragmotrichum Chailletii (R. et S.) Lib. Crypt. II, n. 296, (1832). In pagina exteriore squamarum Abietum. 248. Phylledia punicea (Lis.) Sacce. Syll. IV, 661, Z/losporium puniceum Lib. Crypt. III, n. 282, (1834). Ad Museos. 249. P. faginea (Lrs.) Sacc. Syll. IV, p. 661, Zllosporzwm fagi- | neum Lib. Crypt. IV, n. 185, (1832). Ad folia putrescentia Magi silvaticæ. 250. Hymenula ciliata Fr., H. vulgaris Lib. Crypt. 11, n. 136, 1832. Corda Sc. fung. et plurim. Ad caules Urtice dioicæ. Non vel vix ciliata hinc nomen specificum ineptum et potius dicenda Hym. elliptica (Pers). ex Tremella elliptica Pers. M. E. I, p. 109, quæ, teste Li- bertia, huc spectat. Conidia allantoidea 5-5, 5 — 1, basidiis bacilla- ribus, subinde furcatis, 18-20 — 1 suffulta. 251. H. rubella FR., Lib. Crypt. II, n. 137, (1832) Sace. Syll. IV, p. 670. Ad folia exsiccata Airæ cæsapitosæ et Junci effusi. Conidia 6-8 — 1,5, tam copiosa ut videantur ab initio catenulata et tunc species ad Cylindrocollam nutaret. 252. Cylindrocolla Urtice (Pers) Bon., Dacryomyces Urtica (Pers.) Nees, Lib. Crypt. I, n. 31, (1830). Ad caules siccos Urticæ et Solani tuberosi. 253. Mlosporium coccineum Fr. Lib. Crypt. III, n. 281, (1834). In Lichenibus arboreis. FUNGHI CONTENUTI NELLE « GRIPTOHAME ARDUENNE » 239- 254. |. carneum Fr. Lib. Crypt. IV, n. 383, (1837). In Peltigera canina. 255. |. roseum Fr. Lib. Crypt. I, n. 77, (1830). In Lichenibus arboreis. — 356. Tubercularia confluens Pers., Paol., Rev. Tub., p. 8, t. IV, f. 9-10 T. Pinastri Lis. Crypt. III, n. 296, (1834), nec Corda Ic. fang. III, p. 33, fig. 84. In foliis Pini silvestris dejactis. 257. Volutella ciliata (A. S.) Fr., 'V. stipitata (Lib.) Sacc., Psi- lonia stipitata Lib. Crypt. III, n. 287, (1834). In caulibus herbarnm putridis. 958. V. Festuce (Lre.) Sacc., Psilonia Festucæ Lib. Crypt. IIT, n. 286, (1834). In foliis aridis Festucæ silvatice — Psilonia nivea Fr., Lib. Crypt. IV, n. 387, (1837) videtur revera opus insectorum, ut cl. Cooke opinatur. 259. Fusarium Equisetorum (Lis.) Desm., Sacc. Syll. IV, p. 718, Hymenula Equiseti Lib. Crypt. HI, n. 236, (1834). In Equeseto limoso frigore necato. Specimina omnino immatura; basidia sepe furcata, 20-25 — 1,5; conidia (non evoluta) ovoidea, 247-9 260. Myrothecium gramineum Li. Crypt. IV, n. 380, (1837), Sacc. Syll. IV, p. 752. In gramineis putrescentibus. MyCELIA STERILIA. 261. Sclerotium compactum DO. Lib. Orypt. I, n. 34, (1830). In- tra pedunculos, supra receptacula et semina Helianthi annui.* 262. Sclerotium pezizaforme ScHUM. Lib. Crypt. II, n. 140, (1832). Ad folia dejecta Fagi silvaticæ. 263. C. tectum Fr. Lib. Crypt. IV, n. 335 (1837). Ad radices Dauci et legumina Phaseolorum. 264. C. Sepa Lis. Crypt. Ill, n. 238, (1834). Intra squamas bulbo- rum Alli Cepe putridorum. 265. C. Punctum (Cuev.) Lib. Crypt 1, n. 37, (1830). In foliis dejectis Convallarim Polygonati et C. verticillate. . 240 P. A. SACCARDO, FUNGHI DELLE ARDENNE EC. 266. S. eurotioides L18. Crypt. II, n. 138, (1832). In cortice coriario sub dio coacervato. 267. S. mycetospora Ners Lib. Crypt. IV, n. 334, (1837). In cor- lice coriario sub dio coacervato. 268. S. durum Pers. Lib. Crypt. I, n. 35, (1830). Ad caules plantarum exsiccatos. 269. S. Tulipe Li. Crypt. I, n. 36, (1830). Ad caules, pericarpia et semina Tulipe Gesneriana. 170. S. fibrillosum Lis. Crypt. II, n. 139, (1832). In cortice coriario sub dio coacervato. Ex hoc Sclerotio Agaricus arvalis sepe oritur, observante Dom. Libertia. 271. S. Clavus DC., Spermedia Clavus Fm. Lib. Crypt. II, n. 142, (1832). In glumis Secalis pluriumque graminum. 272. Rhizoctonia Muscorum Fr. Lib. Crypt. II, n. 141, (1832). Ad radices Muscorum. 213. R. Brassicarum Lis. Crypt. III, n. 240, (1834). Ad radices Brassice oleracea rubra. PHYTOPTOCECIDIA. 274. Erineum Padi Res. Lib. Crypt. III, n. 290, (1834). Ad folia Pruni Padi. 275. E. elandestinum Link, Libert Crypt. IV, n. 396, (1837).. Ad folia Crategi Oxyacanthæ. 276. E. Aucupariæ Kunze, Lib. Crypt. I, n. 81, (1830). Ad folia Sorbi Aucuparice. 277. E. roseum ScHurz., Lib. Crypt II, n. 190, (1832). Ad Betule alba. 278. E. fagineum Link, Lib. Orypt. IT, n. 189, (1832). Ad folia Fagi silvatice, N. BERLESE, FUNGI NOVI VEL CRITICI 241 279. E. nervisequum Kunze, Lib. Crypt. I, n. 85, (1830). Ad nervos foliorum agi suvatica. 280. E. purpurascens Link, Lib. Crypt. III, n. 289, (1834). Ad folia Aceris campestris. 281. E. punctiforme Li. Crypt. II, n. 191, (1832). Ad folia Sa- licis capre. Fungi veneti novi vel critici, auctore Doct. AueUsro Na- POLEONE BERLEsE, Instituti Botanici Patavini adjutore. (Continuaz. e fine v. pag. 106, vol. 2°). DISCOMYCETEJE Fr. 29. Morchella rimosipes De Candolle FI. Franc. II, p. 214. — Fries Syst. Mycolog. Vol. II, p. iL — Krombholz Schw. tab. 19, fig. 1-5. — Cooke Myeogr. (Discomye) tab. 85, fig. 322. Morchella Mitra Lenz. tab. 16, fig. 67. Phallus Gigas Gmelin Sys. II, 1448. Mitrophora rimosipes Léveillé in Ann. Sc. Nat. V, p. 250. Habitat ad terram humosam in hortis, Padova (Legit et bene- vole comunicavit Prof. R. PANEBIANCO ). ; 30. Ciboria vinosa Berlese et Saccardo. Ascomatibus maju- sculis, firmis, lentis, disco latente vinoso, 2-4 mm. lato ; extus ru- guloso, glauco-roseo, stipite subtili, 7 mm. alto, fusco; ascis clavatis, longe stipitatis, basi noduloso-incrassatulis, apice rotundatis, jprepur- sibus filiformibus, ramosis cinctis, 65 w 7-8; octosporis; sporidiis ir- 242 N. BERLESE, regulariter distichis, ovvideo-elongatis, utrinque obtusiusculis, muticis, 7-8 v2, 5-3, hyalinis (Tab. XIII, fig. 10). Habitat ad stipitem Angiopteridis tasmanianae in Horto Botanico Patavino. TUBERACEJE Vitt. 31. Balsamia vulgaris Vittadini Monogr. Tub. p. 30, tab. I, fig. II, et tab. V, fig. VI. — Tulasne in Ann. Se. Nat. tab. XIX, et Fungi hypog. p. 123, tab. IV, fig. IV, et tab. XV, fig. I. — Corda Anleitung p. 110, et Icones Fung. V, p. 27, et VI, p. 59, tab. X, fig. 99. Obs. Asci oblongo-ovati , paraphysibus septatis omnino cincti, obtusi, deorsum in pedicellum longum attenuati, 65 x longi, octospori; sporidiia, lineari-cylindrica, levissima , utrinque obtusa, 28-30 v 10, guttulis tribus magnis, nec non aliis minoribus repleta. Habitat ad terram argillosam , Padova (P. VoaLino ). Odore gravissimo , tetro, fere murino , acerbato äeremque corrumpente , nec non forma sporidiorum agnoscendum. SPHÆROPSIDEÆ Léy. 32. Dendrophoma teres Berlese Peritheciis sparsis, primo epidermide tectis, dein ea secedente subliberis, basi hyphis fuligineis, torulosis, articulis inaequalibus inter et intus fibras decurrentibus cinctis, globoso-conoideis , contextu laxe parenchymatico, fuligineo , minutis, 100-120 u diam., poro pertusis; sporulis in cirrum saepe expulsis, ovoideo-elongatis, utrinque rotundatis, 3 v 1, 5, enucleatis, hyalinis; basidiis teretibus , fusoideis , denticuligeris, vel in ramis brevibus, subinde furcatis divisis, 20-30 v 2-3, 5. a diia aE MN rege qe là o MU e i FUNGI VENETI NOVI VEL CRITICI 243 Habitat in ramulis emortuis Mori albae, Fiumicello agri Patavini. Perithecia hyphis mycelicis repentibus, lignum atro in- quinant. (Tab. XIII, fig. 11). 33. Dendrophoma Mori Berlese Peritheciis sparsis, minutis, ligno decorticato, exarido immersis, parte superiori tantum emer- gentibus, conoideis, vertice poro pertusis, pellucidis; sporulis ovoi- deis vel sphaeroideis, enucleatis, 4-3 v 3, hyalinis ; basidiis pro ratione longiusculis, 40-50 v 3, 5, subcylindraceis, septatis, articulis ad septa - et ad apicem dentem minutum gerentibus. Habitat in ligno emortuo Mori albae, Fiumicello agri Pa- tavini. 34. Dothiorella Mori Berlese Fungi Moric. Fascic. I, n. 8 fig. 1-5. — Berlese et Voglino Addit. ad Vol. I-IV Sylloges p. 318. Erumpens, epidermide lacerata cincta; peritheciis aggregatis vel in stromate nidulantibus, vix papillatis, atris; nucleo albido, pulposo; sporulis ovato-oblongis, episporio crassiusculo donatis, in- tus granulosis vel minute guttulatis, hyalinis, 28-30 v 12-14, conti- nuis; basidiis filiformibus, crassiusculis, brevibus, hyalinis, junioribus abice inflatis, guttuligerisque, 20-30 v 3-4. Habitat in ramis corticatis, emortuis Mori albae et M. nigrae, Fiwmicello agri Patavini. (Tab. XIII, fig. 12). 35. Dothiorella endorhodia Berlese Fungi Moric. Fasc. I, n. 8, fig. 6-10. — Berlese et Voglino Addit. ad Vol I-IV Sylloges. p. 319. Peritheciis 3-6 aggregatis, in stromate tecto, dein epider- mide seissa, erumpente nidulantibus, atris, perforatis, globosis vel mutua pressione angulatis, nucleo amoene roseo praeditis, de- mum evacuatis; sporulis ovato-blongis , episporio crassiusculo do- natis, granulosis vel pluriguttulatis, continuis, dilute roseis, 25-28 ¥ 10-12; basidiis brevibus, crassiusculis, junioribus apice inflato , guttuligero, 20-25 v 3-4, hyalinis. ' 244 N. BERLESE, Habitat in ramis crassioribus, emortuis Mori albae, Padova (Prof P. A. Saccarpo). (Tab. XIII, fig. 13). Species perpulchra ! Peritheciis nucleo laete roseo donatis mox dignoscenda. 36. Sphaeropsis Mori Berlese Fungi Moric. Fasc. I, n. 9, fig. 1-6. — Berlese et Voglino Add. ad Vol. I-IV Sylloges, p. 321 Diplodia Mori Plurim. Auctorum. Peritheciis sparsis vel leniter gregariis, basi cortice insculptis, epidermide elevata dein fissa cinctis, atris, globosis, saepe collapsis, in ostiolum breve, conicum productis , ![,- |, mm. diam. ; sporulis oblongo-ovatis, saepe basi attenuatis, subinde, plasmate bipartito, loculo medio, valde irregulari praeditis, 15-18 « 10-12, saturate oli- vaceis; basidiis hyalinis brevibus, crassiusculis. Habitat in ramis corticatis Mori albae in toto agro veneto socia Diplodia Mori. Si species haec eadem ac Diplodia moricola C: et Ellis sit, brevitate diagnosis ab auctoribus praedietis (Confr. Grevillea et Saccardo Syll. III, p. 351) datae mihi incertum est, sed certe speciei Cookeanae, quae vero non sub genere Diplodia bene militare viidetur, peraffinis apparet. (Tab. XIV, fig. 14). — ' 37. Sphaeropsis tabacina Berlese Fungi Moricolae Fascie. I, n. 9 fig. 12-15. — Berlese et Voglino Add. ad Vol. I-IV Sylloges, p. 321 Peritheciis superficialibus , sparsis vel leniter gregariis, crusta stromatica, atra insidentibus, globosis, atris lucidis, in ostiolum cylindrieum vel cylindro-conicum , subinde longiuseulum et altitu- dinem perithecii aequans desinentibus, !/.-!/, mm. diam.; sporulis ovoideis, episporio crassiusculo praeditis, guttulatis, continuis, laete cinnamomeis ; basidiis nullis vel obsoletis. Habitat in ligno putri Mori albae, Fiumicello agri Patavini. Ligno valde nigrefacto, peritheciis acute papillatis, sporulis ochraceo- lutescentibus statim dignoscitur. (Tab. XIV, fig. 15) FUNGI VENETI NOVI VEL CRITICI 245 38. Aschochyta moricola Berlese Peritheciis minutis, '/, mm. diam., epidermide tectis, ostiolo vix emergentibus, contextu ochra- ceo-fuligineo, celluloso, globoso-conoideis, sparsis; sporulis subfusoi- deis, utrinque acutis, medio uniseptatis constrietisque, loculo supe- riore vix turgidiore, 10 « 3, pallidissime lutescentibus. Habitat in ramulis emortuis Mori albae, Fiumicello agri Pa- tavini, socio Conzothyrio fuscidulo. (Tab. XIV, fi. 16). 39. Ascochyta Elaterii Saccardo Michelia I, p. 166 Var. Cucurbite Sacc. et Berl. Maculis vagis, emarginatis, irregularibus, ochraceis ; peritheciis sparsis, minutis, 180-200 » diam., poro pertusis, contextu fuligineo; sporulis subeylindraceis vel ovoideo-elongatis utrinque rotundatis, 18-20 v 3, 5, uniseptatis, non constrictis, raro septulis duobus prope apicem basimque divisis, subhyalinis. Habitat in caulibus exsicatis Cucurbitae prope Padova (Biz- zozeRO). (Tab. XIV, fig. 17). : 40. Rhabdospora curvula Berlese Peritheciis sparsis, epider- mide tectis dein ea rupta emergentibus, conoideis globosove-conoideis, atris, !/.-'/, mm. diam., ostiolo obtuso, crasso donatis ; sporulis cylindraceis, curvatis, flexuosis vel uncinatis, subtilissimis, hyalinis, 25-28 v 1-2, enucleatis, continuis ; basidiis ramosis, cylindraceis , Septatis, versus basim latioribus, 25-50 x 1-1, 5, basi 3 u crassis. Habitat in ramis emortuis Mori albae, Fiumicello agri Pa- tavini. (Tab. XIV, fig. 18). HYPHOMYCETEZE Martius P. m. p. 4l. Cephalothecium roseum Corda Ic. Fung. Il, fig. 62. Var. arthrobotryoides Berlese. (Tab. XIV, fig. 19). Caespitulis velutinis, densiusculis, roseis, effusis; hyphis sterilibus repentibus, hyalinis, sinuosis, ramosis, septatis , fertilibus erectis , longitudine variis, rectis, basim versus subinde parum latioribus , Vi. Malpighia, anno II, vol. Il. 246 N. BERLESE, apice vesiculoso-denticuligeris subinde (raro) addito nodulo denticu- lifero etiam ad medium vel prope apicem, ibique ipha plerumque subgeniculata, 150-200 u longis, 5-7 u crassis, dilutissime roseis; conidiis ovoideo-elongatis, iis Trichothecii rosei similibus, uniseptatis sursum rotundatis, basique in apiculum, saepe obtusum desinentibus, ad septum vix constrictis, enucleatis, loculo superiore vix turgidiore, denticulis hypharum radiatim insertis, dilutissime roseis, 20-22 w 9-10. | Habitat in ligno putri, udo Mori albae, Fiumicello et Padova, haud nimis frequens sed non rarissimus. A typo hyphis capitato-den- ticuligeris differt. Cl. Corda de vesiculis et denticulis nullam in Iconibus fecit mentionem , et si huius rei causa mala vel insuffi- ciens fungilli perscrutatio adscribenda sit, non mihi certe hoc loco statuere factum est. Verisimiliter fungillus cordeanus meus erit, sed discrepantia figurarum non mihi hoc statuere licet. Noduli qui subinde, (raro) ad medium vel prope apicem hypharum fertilium inveniuntur hoc genus, vel melius speciem hane meam ad Arthro- botritem superbam: appropinquantur, et ut genus Cephalosporium nihil aliud esse nisi status evolutivum vel inferius generis Gonalo- botrytis puto, ita genus Cephalothecium (hyphis apice incrassato-den- ticuligeris) formam evolutiorem esse Arthrobotrytis opinor, ut Ce- phalothecium istud (hyphis apice non inerassato-denticulosis) sistit formam evolutiorem , verticillato-sporigeram Trichothecii; de quo conferatur etiam Harz Hyphomye. 42. Gonatobotrys microspora Rivolta Parass.: p. 490, fig. 203. — Saccardo Syll. fung. omn. Vol. IV, p. 159. Alba, minuta; mycelio repente, continuo ; hyphis fertilibus "m continuis, 70-80 x 2-3, hinc inde noduloso-inflatis; nodulis minute papilligeris ; conidiis obovatis, basi subapieulatis , in papillis nodu- lorum insertis et subcongestis, 6-7 v 2, 5-3, hyalinis. Habitat in ligno decorticato putri Mori albae in Horto Bo- tanico Patavino. (Tab. XIV, fig. 20). FUNGI VENETI NOVI VEL CRITICI 247 43. Ramularia Heraclei (Oud.) Saccardo Fungi It. tab. 1008 et Syll. IV, p. 205. — Var. Apii-graveolentis Sacc. et Berl. Maculis sparsis va- riis, aridis, brunneis, hyphis longiusculis, cylindraceis , continuis , apice denticuligeris, 70-80 v3; conidiis cylindraceis, continuis 22 v 4, 5, demum uniseptatis et tum 38 v 3,5-4, hyalinis. Habitat in foliis vivis Apii graveolentis, Padova (BizzozERo). 44. Circinotrichum inops Berlese Fungi Moric. Fascic. III, n. 5 fig. 1-4. — Saccardo Sylloge, Fung. omn. Vol IV, p. 314. Minutum, effusum, velutinum, dense olivaceum ; hyphis sterilibus erectis parce septatis, minute verrucosis, 150 w5, basi olivaceis , sursum pallidis, apice hyalinis, parce ramosis; ramis patulis, diva- ricatis, longis, rectis, apice hamatis subulatisque, continuis; basidiis brevibus, crassiusculis, hyalinis, 7 v 3, conidia subeylindracea, utrin- que rotundata, 14 v 2, hyalina gerentibus. Habitat in ligno emortuo, putri Mori albae, Padova. A Cir- cinolr, maculiformi in primis differt hyphis verruculosis, ramis paucis, longis, apice tantum hamatis. (Tab. XIV, fig. 21). 45. Stachylidium griseum Berlese Fungi Moric. Fase. lI, tab. 9, fig. 1-8. l — Saccardo Syll. Fung. omn. Vol. IV, p. 332. Caespitulis griseis, effusis, lanuginosis , densis; hyphis sterilibus repetite septatis, repentibus, fuscis; fertilibus erectis, stipatis, superne ` ramoso-intricatis, septatis, pallidis, apice hyalino, inferne sinuosis, fuscis, 500-700 v 5; ramis inferioribus alternis , superioribus bi-tri- verticillatis, in ramulos secundarios et tertiarios bi-triverticillatos divisis; ramulis extimis capitulo sphaeroideo , magnitudine vario, hyalino, pellucido terminatis ; conidiis ovoideis, minutis, in capitu- lum congestis, muco obvolutis, 6-7 + 3, hyalinis. Habitat in ramis putrescentibus, cortice orbatis Mori albae Padova haud frequens. — Totus fungillus exclusis conidiis, minu- 248 N. BERLESE, . SA tissime et vix conspicue verruculosus. — Species perpulchra, habitu 5 magnitudineque mox distinguenda (Tab. XIV, fig. 22). 46. Cercospora Bizzozeriana Saccardo et Berlese. Maculis albidis, margine obscuriori, subtili cinctis, orbicularibus vel con E difformibus, !/.-'/, em. diam., caespitulis hypophyllis, parcis; hyphis fasciculatis, continuis, noduloso-conidiferis, dilute fuligineis, sursum pallidioribus, 80-90 v 4-5 ; conidiis longe cylindraceis, apice TONS datis, crebre septatis, nodulis insertis, rectis vel vix flexuosis, 120-126 v 5-7, subinde (minoribus) 50-60 u longis, hyalinis. Habitat in foliis vivis Lepidii latifolii, Padova (Bizzozeno) A C. Armoraciae conidiis non cuspidatis, hyphis tortuosis, 109 conidiferis differt. Speciem hanc memorie dulcissimi amici Jac. Biz- Zozeri, atra morte studiis Botanicis immature correpti, sacratam voluimus. (Tab. XIV, fig. 23). 47. Isaria micromegala Berlese Fungi Moricol. fase. III, | n. 3, fig. 1-5. — Saccardo Sylloge Fungorum Vol. IV, p. 591. S Minuta, alba; stipitibus crassis, 300-400 v 30-50, raro furcalis, ex hyphis pluribus, sursum ramosis, septatis, hyalinis, coalitis effor- matis, sursum clavato-ramosis, basi incrassatis; conidiis pro genere magnis, ovoideis, vel subsphaeroideis, 18-20 v 15-17, minutissime ob- tuseque papillatis, hyalinis. | Habitat in disco putri Mori albae nec non aliarum arborum frondosarum , Padova haud frequens. — Micromegala dicta, d planta exigua, conidia vero proportione magna. — Isariae albidae affinis, a qua stipitibus minoribus differt. (Tab. XIV, fig. 24) 48. Illosporium ampelophagum Berlese et Saccardo Add. ad vol. I-IV. Syll p. 389. ul Sporodochiis erumpenti-superficialibus, albidis, globoso-pulvina vel confluendo elongatis, 1/.-1/, : is dense il mm. diam., ex sporophoris de tricato-stipatis efformatis; sporophoris tortuosis, ramulosis, bo septatis, l FUNGI VENETI NOVI VEL CRITICI 249 hyalinis, basi subinde per ganglia sporomorpha, ellipsoideo-inaequalia, 18 v 10, uni-biseptata esalescentibus; conidiis ovato-ellipsoideis, con- tinuis, hyalinis, 7-10 v 4-5, acrogenis, subinde (germinando?) api- culatis. i Habitat in pedunculis et pedicellis languidis Vitis viniferae ustione solis correptae in Agro Veneto. 49. Patellina rhodotephra Berlese Fungi Moricol. Fasc. I, n. 2, fig. 1-13. — Saccardo Syll. Fung. Vol. IV, p. 678. Sporodochiis orbicularibus vel ovoideo-applanatis, saepe confluendo difformibus carnoso-ceraceis, stromate subcupulato erassiusculo, ci- nereo, margine candido cinctis; disco amoene cinnabarino, convexo, nitido grabro, caduco: conidiis ovoideis, biguttatis, quandoque acu- tiusculis, 6 3, hyalinis; sporophoris filiformibus, furcatis vel parce alterne ramosis, basidio clavato, subinde plasmate bipartito granuloso suffulits; ramis sporophororum 25-40 v 2-3. Habilal in cortice et ligno putri Mori albae, Fiumicello Agri Patavini et S. Donà di Piave Venetiarum, Perpulchra! Patellinae ilalichromae Speg. affinis a qua magnitudine condiorum et sporo- phororum coloreque sporodochii recedit. (Tab. XIV, fig. 25). 50. Patellina cinnabarina (Sacc.) Spegazzini Fungi Arg. Pag. IV, n. 360. — Berlese Fung. Moric. Fase. I, n. 2, fig. 14-22. — Saccardo Syll. Hyph., p. 678. Hymenula cinnabarina Saccardo in Mich. Il, p. 175, Fungi Italici tab. 800, Sporodochiis patellulatis carnosuli s, marginatis , '/, mm. diam., subsparsis, epixylis, disco vivide cinnabarino, stro- mate cupuliformi, candido vel pallido cinctis ; conidiis ovoideis , 34, 5v2, guttulatis, hyalinis, in sporophoris filiformibus , fasci- culatis, simplicibus vel parce ramosis, 20v 1-1, 5, aeque hyalinis acrogenis, Habitat in ligno denudato Mori albae et Platani Fiumicello, 250 ‘A BORZÌ, Agri Patavini et S. Donà di Piave Venetiarum, Autumno satis fre- — quens precipue in Moris. (Tab. XIV, fig. 26). EXPLICATIO TABULX (Cfr. Vol. I). TABULA XIII. | TABULA XIV. Fig. L | Fig. 14. Spheropsis Mori. > 2. Eccilia Mougeoti rar. minor. » 15. Spheeropsis tabacina. » 3. Anthostoma melanotes var. longiascum. | » 16. Ascochyta moricola. » 4. Leptospheeria fallax. » 17. Ascochyta Elaterii var. Cucurbite. » 5. Teichospora spectabilis. | > 18. Rhabolospora curvula. ^ 6. Ophiobolus collapsus, rar. moricola. | » 19 ^ 7. Ophiobolus Antenoreus. ^ 8&8. Lophiostoma elegans. | » 20. Gonatobotrys microspora. » 9. Lophiodium fenestrale. » 21. Circinotrichum inops. » 10. Ciboria vinosa. | > 22 Stachylidium griseum. » 11, Dendrophoma teres. » 23. Cercospora Bizzozeriana. » 12. Dothiorella Mori. » 24. Isaria micromegala. » 13. Dothiorella endorhadia, | » 25. Patellina rhodotephra. » 26. Patellina cinnabarina. Chlorothecium Pirottæ, Bzì Ricerche di A. Borzi. In un lavoro del sig. MARTEL (!), ebbi di già occasione di dare una succinta descrizione di questo nuovo genere accennando anche alle sue affinità. AIN epoca però in cui per la prima volta veniva diretta la mia attenzione allo studio di questa nuova Cloroficea mM erano sconosciute varie altre forme di Sciadiacee , nè il materiale posto a mia disposizione era bastevole a ricerche più estese, anche allo scopo di assicurarmi maggiormente dell’ esattezza dei risultati delle prime indagini. Nell'agosto del 1886 mi si offriva la favorevole "URL () Contr. all Alg. rom., nell’ Ann. Ist. bot. Rom., I, p. 190. , Cephalothecium roseum. tar. arthro- otryoides. COM cage RM EN CHLOROTHECIUM PIROTTA 251 occasione di rinvenire la stessa forma di alga sugli steli som- mersi di varie piante acquatiche e segnatamente di Potamogeton natans erborizzando sulle sponde del fiume Ciane presso Siracusa. Ond'é che adesso con maggior sicurezza mi è dato di poter por- gere più estesi dettagli sulla morfologia e sullo Nriluppo di questa importante Sciadiacea. Come presso il Mischococcus confervicola Nàg. (') lo sviluppo del Chlorotheciwm Pirotta, comprende due differenti periodi, caratte- rizzati da altrettante particolari forme degli elementi costituenti l'organismo. Però a voler prescindere da tale considerazione in qualsiasi momento della sua esistenza venga studiata l alga, le cellule presentano perfetta identità nella struttura loro fondamen- tale. Così è che in tutti i casi la parete di esse apparisce sottile, trasparente, liscia, ma ben distinta dal contenuto. Per azione della semplice tintura -alcoolica di jodio assume una colorazione turchi- niccia alquanto pronunciata. Sulla superficie interna della membrana stanno addossate 2-4 placche clorofillacee indicate da contorni ben netti e di un bel color verde. Ogni placca ha la forma ‘di un dischetto a perimetro al- quanto irregolare qualche volta un po' più inspessito verso il cen- tro, del resto perfettamente omogeneo nella sua massa ; mediante l'impiego di reattivi ci si assicura della completa assenza di pirenoidi. Il numero dei cromatofori in ogni cellula può ridursi ad uno sol- tanto , oppure superare quello normale di 4: ciò dipende dalle di- mensioni e dalla età delle cellule. Il protoplasma ambiente ha piuttosto l'aspetto di una linfa lim- Pidissima , in mezzo alla quale spiccano minutissime ed irregolari granulazioni solide, opache, dotate ordinariamente di moto browniano. Esse resistono all’azione di aleuni acidi minerali; si conservano del tutto scolorate trattati col joduro potassico, cloruro di zinco jodato nie C) Vedi Malpighia, vol. Il, fasc. IV, 1888. 252 A. BORZE, ecc. Questi ultimi reagenti mettono in rilievo “la presenza di un piccolo nucleo di forma lenticolare, che sostenuto il più delle volte da sottili cordoncini protoplasmatici scorgesi situato verso il cen» iro della cellula. | Fatto degno di nota è che ogni cellula inanca della piü esigua traccia di provvigione amilacea; la sostanza ternaria sembra venga depositata sotto forma di olio a dedurlo dalle minutissime gocciolette che copiose si osservano nelle cellule a sviluppo sospeso o esposte a forte insolazione. In questo secondo caso la materia grassa si coaduna in una ò poche masse occupanti gran parte della cavità cellulare. Tutte le fasi di svolgimento dell’ alga si compiono in contatto al substrato il quale per lo più consiste nella superficie sommersa di varie piante d' acqua dolce, spesso Fanerogame ; talora anche giovano di appulso a quest organismo il fusto e le foglie di Mar- silea e gli stessi fili di una qualche Chetomorpha. L'adesione al substrato ha luogo mediante un cortissimo soste- gno che si dilata in basso a mo’ di disco intiero o lievemente cre- nellato, costituito di una materia gelatinosa, solida, cui la tintura di jodio comunica una leggerissima sfumatura in turchino. A tarda età lo stipite presenta sottilissime striature concentriche visibili sotto forti ingrandimenti. Notasi pure, a somiglianza dei sostegni degli Ophiocytium , dei nascenti fili di Conferva bombycina Ag. ec come al momento in cui stabiliscesi |’ adesione tra l'alga ed il suo substrato, dai margini del disco venga segregata una materia rosso brunastra, resistente all’ azione di reagenti e avente i caratteri di ossido ferrico. In uno stadio iniziale della vié a di questo organismo scorgiamo le cellule isolate, qua e là sparse sul substrato e costituenti, ognuna da per se, un individualità perfetta, così come avviene negli Ophio- cytwm, nei Characium, ete, Ogni elemento ha una forma obovale più o meno allungata, in modo che allora grandissima è la rasso- e di P Jm PORA Dieci ici E CHLOROTHECIUM PIROTTA 253 miglianza dei diversi individui con le cellule dei Characium. Non credo perció improbabile che questo organismo sia finora intera- mente sfuggito all'attenzione degli algologi e quindi si trovi forse descritto sotto questo generico appellativo, sebbene nessuna delle forme rappresentate nella classica opera di A. Braun ('), vi corri- sponda esattamente. In questo stadio assai distinta spicca la forma dei singoli cro- matofori in ciascuna cellula ; il loro numero varia da 2 a 8 secondo le dimensioni degli elementi medesimi e si nota con molta evidenza come ogni placca clorofillacea derivi dalla spartizione trasversale di altra preesistente ; così a grado a grado il numero dei cromato- fori cresce da 2 a 4, a 8. Ogni cellula si restringe alquanto verso la base e quindi bru- scamente si dilata in una sorta di dischetto. Le dimensioni, delle cellule, misurate al momento in cui comin- ciano le prime divisioni del contenuto, variano: quanto alla lun- ghezza da 14 a 40 n; circa alla larghezza di 10-18 m. La membrana, dapprima abbastanza tenue, assume in corso di sviluppo un. certo spessore per quanto esiguo, ed una notevole ri- gidità. Nonostante, sotto forti ingrandimenti, essa manifestasi del tutto omogenea. La tintura di jodio colora più intensamente la sua re- gione superficiale. Gli elementi, appena raggiunte le indicate normali dimensioni , si dividono per dar luogo a colonie di un aspetto quanto mai ca- ratteristisco. Allo avvieinarsi di questa fase, scorgesi subito il conte- nuto scomposto, per reiterate divisioni trasversali, successivamente in 2-4-8-16 elementi di forma globoide. Le prime divisioni avvengono per un certo tempo nella direzione trasversale e ne nasce così una semplice serie di 2, 4, 8 cellule allineate all’interno dell'elemento primordiale. In questo momento sembra che la mem- brana della cellula madre si differenzi in due strati distinti; uno $» * ^ 9 9 * 9 «RÀ eai C) De Algis unicell., ete., Berolini, 1855. 254 A. BORZÌ, esterno solido, rigido ed incapace di estendersi, di ampliarsi ; l’altro interno che rapidamente si scioglie in molle e trasparente gelatina. Mentre le cellule figliali, per seguite e continuate bipartizioni, au- mentano di numero, lo strato esterno della parete cellulare, forzato dal cresciuto volume del contenuto, si rompe sollecitamente verso l'apice nella direzione trasversale, e ne deriva una sorta di oper- culo precisamente come osservasi nelle cellule degli Ophiocytiwm : se non che questo non si distacca ed isolasi completamente, ma vien tosto sospinto in alto dallo strato interno della membrana, il quale, appena avvenuta la deiscenza, si distende formando una sorta di sacco trasparente dentro eui rimangono inclusi gli elementi fi- gliali. Tanto l’ operculo, quanto il restante lembo posteriore della membrana della cellula madre restano tenacemente aderenti al con- torno di detto inviluppo nei punti originari d' adesione. Con altre parole si potrebbe dire: mentre il contenuto si scinde successiva- mente in 2, 4, 8, 16, ecc. parti formasi intorno a queste un inviluppo gelatinoso, dentro cui essi elementi restano inclusi; crescendo il volume di detto integumento a misura che seguita la moltiplica- zione di siffatti elementi, la parete della cellula madre, forzata ne- cessariamente dall'aumentato volume del contenuto, è costretta à scindersi e si apre verso l apice mediante una sorta di operculo. Cotesto processo di moltiplicazione cellulare ha per oggetto la costituzione di colonie palmelliformi, di forma e di dimensioni varia- bili, le quali per tutto il tempo della loro esistenza rimangono ade- renti al substrato nella sede primitiva. Le cellule si moltiplicano rapidamente restando sempre coinvolte dentro il deseritto saeco gelatinoso. Questo conserva indefinitamente la sua primitiva trasparenza e prende più tosto l'aspetto di una ganga mucosa diffluentissima a contorno definito, cui la tintura di Jodio non conferisce alcuna apprezzabile colorazione. Le cellule sono suscettive di dividersi secondo le tre direzioni dello spazio; però i piani di scissione non si alternano con regolare successione. Ond'é che talora ne nascono delle serie cellulari sem- CHLOROTHECIUM PIROTTJE 255 plici o multiple del tutto od in parte, oppure degli ammassi globoidi piü 0 meno regolari. Le colonie non raggiungono giammai delle dimensioni tali da rendersi visibili ad occhio nudo. Qualche volta misurano una lun- ghezza minima di 50 u. Le dimenzioni ordinarie oscillano fra’ 70 e 100 y. Compiuto lo sviluppo vegetativo delle colonie, le singole cellule divengono direttamente degli zoosporangi senza punto subire alcuna alterazione nella forma loro primitiva. Notasi bensì qualche volta un lieve aumento in volume, specialmente in quelle cellule desti- nate a generare 4 zoospore. Le zoospore svolgonsi a 2-4 in ogni cellula; raramente si forma una sola zoospora. Nelle cellule destinate a fungere da zoosporangi si nota di buo- n'ora nel contenuto la tendenza ad allontanarsi alquanto dalle pareti e di concentrarsi in unica massa sferoide a contorni ben distinti , la quale d'ordinario si spartisce trasversalmente e dà origine a due simili masse, oppure la divisione séguita fino a costitursi a spese del contenuto di unico elemento quattro analoghe massicelle. Queste, rappresentano altrettante zoospore di cui spiccano ormai gli ocelli colorati in rossigno più o meno sbiadito. Mentre il contenuto delle cellule vegetative si organizza in z00- Spore, comincia lentamente a sciogliersi la gelatina ambiente; la parete degli zoosporangi si scioglie pur essa parzialmente da un lato e ne deriva un'apertura di grandezza sufficiente per il pas- Saggio dei germi. L'uscita di questi ha luogo rapidamente, e cin lé zoospore si disperdono nel liquido ambiente. Talora per la in- completa dissoluzione della gelatina circostante, i germi, nella loro uscita, rimangono temporaneamente impigliati dentro l'inviluppo "t mune delle colonie; e quivi agitansi contraendosi e deformando il loro corpo a mo’ di un'ameba fin tanto che riescono a superare l'ostacolo ambiente 256 A. BORZÌ, Le zoospore, esaminate libere, hanno l'apparenza di piccole mas- ` sicelle ovoidi con la regione rostrale trasparente e lievemente spor- gente. All'apice di questa osservasi wn solo ciglio tenuissimo di cui la lunghezza importa cirea una volta e mezzo quella dell’ intiero corpo della zoospora. Al di sotto del rostro scorgesi un minutissimo ocello rossiccio e poche granulazioni lucide, irregolari; àvvi poi un ampio cromatoforo parietale che segue il contorno convesso della opposta estremità. Senza tener conto del ciglio, la lunghezza del corpo delle sin- gole zoospore varia da 3 a 5 m. Anche le zoospore di Chlorothecium sono dotate di fototactismo positivo. Il loro moto, favorito da opportune condizioni di luce, dura circa un' ora. À Come diretto prodotto dalla germinazione delle singole zoospore pervenute in contatto al conveniente substrato, notasi costante- mente la costituzione di nuovi elementi isolati in forma di Cha- racium. La germinazione ha luogo tosto che il germe è pervenuto allo stato di quiete. Esso aderisce al substrato mediante la estremità rostrale. Il ciglio sparisce sollecitamente. Le colture fatte su porta- oggetti scoperti dimostrano come il ciglio stesso venga ritratto dal germe al momento della germinazione. Durante la germinazione, le zoospore, cinte da distinta parete, s'ingrandiscono progressivamente mentre sparisce ogni traccia di ocello. Allora copiose appariscono delle minutissime gocciolette oleose per scomparire poi quasi del tutto a sviluppo compiuto. All'epoca delle mie prime indagini ogni studio rivolto alla ri- cerca delle fasi sessuali mi riusciva infruttuoso. Il materiale che potei procurarmi in seguito mi porgeva la occasione colmare tale lacuna. Coltivando delle zoospore su porta-oggetti scoperti ed escavati: - CHLOROTHECIUM PIROTTJE 251 a pozzetta nel centro, si osserva talora come alcuni germi, prima che cessi il moto, tendano a riunirsi in gruppetti a 3 a 3, oppure spesso in coppie e poi gradatamente a fondersi in un corpo unico. La fusione ha luogo irregolarmente come si può benissimo dedurlo dal tumultuoso agitarsi dei germi venuti in contatto. I cigli restano del tutto liberi. Compiuta però la copulazione cessa subito il movi- mento e ne nascono degli elementi sferoidi, i quali rimangono adesi sul fondo del vetrino. Non avendo potuto fare opportune ricerche intorno alla disper- sione delle zigospore nella naturale stazione dell’ alga, parmi solo che in via di congettura si possa ammettere che una volta co- stituiti, tali germi si portino sul fondo della palude e quivi, tra- scorso un certo periodo di ibernazione, si svolgano. Le mie colture provano che questo periodo è necessario alla conservazione dell’ organismo e perchè avvenga la germinazione delle zigospore, richiedesi un certo preventivo intervallo di riposo. Infatti allo scopo di evitare la possibile distruzione di tali germi per parte di bacterî e altri parassiti nel caso di prolungato soggiorno di essi in acqua, avevo creduto opportuno di conservare i porta-og- getti adoperati nelle colture e contenenti alcune centinaia di zigo- spore allo stato di vita latente, in un ambiente perfettamente secco ed al riparo da forte insolazione e della polvere. In tali condizioni le zigospore si sono conservate intatte durante l’ autunno e l’ inverno del 1886-87, e nei primi di marzo, rimesse la zigospore in ambiente umido, essendo la temperatura dell’ aria circostante di circa 16° C., potei osservarne la germinazione. Le zigospore mature ed allo stato di vita latente sono delle pic- cole cellule globoidi misuranti un diametro medio di 7-10 micr., involie da una membrana piuttosto spessa, ma liscia e trasparente. Dentro la cavità si osservano poche e grosse gocciole di materia oleosa, miste a altre granulazioni minutissime irregolari , il tutto in modo da mascherare e rendere quasi invisibile il contorno dei cro- matofori, sicché tutta la cellula assume un colorito verde assai pallido. 258 A. BORZI, Durante la germinazione il contenuto riproduce a poco a poco i primitivi caratteri particolari alle cellule vegetative per scomparsa delle gocciole oleose, ed immediatamente si organizza e si spartisce in due massicelle sferoidi. Queste divengono altrettante zoospore come si rileva subito dall’ apparizione degli ocelli rossicci. Cosi ogni zigospora acquista i caratteri di un vero zoosporangio. La uscita delle zoospore ha luogo mediante rottura della parete della cellula madre nella direzione trasversale in due metà per- fettamente eguali, nello stesso modo come una scatola di tabacco. Il lembo superiore si solleva a mo' di coperchio, resta diva- ricato e permette la uscita dei germi, oppure si separa tosto total mente e si disperde nell’ acqua. Un integumento speciale alle zoospore, che le coinvolga, non è visibile in quel momento; ma si può facilmente arguire che esso esista, ma molto attenuato e trasparente, in quanto che detti germi, avvenuta la rottura della membrana, sembra debbano superare un qualche ostacolo prima di rendersi completamente liberi e sporgendo fuori dell' apertura si rivoltolano, si agitano e poi rapidamente si allontanano quasi posti in libertà per il subitaneo scoppio del sacco gelatinoso dentro il quale trovavansi coadunate. Sullo stesso porta-oggetti ho potuto seguire lo sviluppo delle zoo- spore; però di un piccol numero di esse poiché, stante la presenza di bacteri, appena arrestato il moto i germi stessi prontamente disor- ganizzavansi. Non ostante, dai casi osservati, deducesi con sicurezza che tali germi servano al ritorno dell' organismo alle primitive con- dizioni comportandosi cosi nella identica guisa come i germi non copulati. Riassumendo i dati suesposti, dobbiamo anzitutto rilevare come intime affinità legano questo genere al Mischococcus corfervicola. In ambo queste due forme di Cloroficee lo sviluppo compiesi me- diante due fasi distinte. Nel Chlorolhecium Pirollce gli elementi da principio nascono isolati, a mo' di Characium, in contatto al sub- strato. Il ritorno a questa forma di sviluppo esige la costituzione CHLOROTHECIUM PIROTTE 259 di colonie palmelliformi e di germi mobili unicigliati da queste derivanti. In via agamica tali germi riproducono direttamente e sollecitamente la forma primitiva; avvenuta la copulazione fra essi, ne nascono de’ zoosporangi ibernanti. Le zoospore, che da questi pren- dono origine, servono, come le precedenti, a ricondurre l’organismo alla originaria forma. In tal guisa evidente apparisce la importanza della moltiplicazione sessuale rispetto a quella agamica presso questo organismo. Le zoospore possono funzionare da gamete e lo adem- pimento di questo solo ufficio presenta all’ alga il vantaggio di poter garentire la propria esistenza attraverso le variabili e soventi sfa- vorevoli condizioni dello ambiente. Lo schema dello sviluppo del Chlorothecium Pirottae è il se- guente : Individui vegetativi isolati a mo’ di Characium Colonie palmelliformi puri d Zoospor - ^r zoogamete funzionanti anche da Zigospore ibernanti (Hypnospore) Zoospore . — e — €— 00—9À Individui vegetativi isolati a mo’ di Characium. 260 i RASSEGNE Rassegne C. E. Overton: Ueber den Conjugationsvorgang bei Spirogyra — Nei Ber. d. deutsch. bot. Ges. Berlin, 1888, fasc. 2°, pag. 68-72, con tav. H. Klebahn: Ueber die Zygosporen der Conjugaten — Ibidem, fasc. 4°, pag. 160-166, con tav. Risultamenti quanto mai istruttivi porge la diretta osservazione dei fenomeni di copulazione in organismi inferiori. A tal'uopo degno della più alta considera- zione è il processo della fecondazione presso la Zignemacee studiato in tutte le sue più minute particolarità. Intorno a tale argomento si riferiscono i due annu — ciati lavori di cui i risultati ci piace qui di riassumere brevemente. E Secondo le ricerche del sig. OvERTON, nella Spirogyra Weberi, al momento della fecondazione, i bracci di connessione fra le due cellule sessuali si formano e accresconsi con una velocità di 3 mier. all'ora; in 24 ore giungono in imme- diato contatto. Durante l’ accrescimento scorgonsi numerosi minutissimi granuli, trasportati dalla corrente protoplasmatica, muoversi lungo le pareti di dette ap- pendici. Le cellule di uno Schizomicete — il Bucterium termo — contenute dentro il liquido della preparazione si scorgevano allora muoversi e cingere la sommità di queste. L'Autore crede di poter ciò spiegare come lo effetto di una certa at- trazione che una particolare sostanza segregata dalle pareti esercita sulle dette cellule, la quale poi determinerebbe quella necessaria azione direttiva onde le sommità dei due "bracci pervengono esattamente in contatto (1). Il sig. OvERTON è pure d’avviso che la reciproca contiguità dei due elementi sessuali appartenenti a due fili vicini non determini la formazione delle due appendici di connessione, poiché possono prendere origine eguali bracci in fili del tutto isolati. Quanto si (1) Il Rer. si permette di dubitare di questa interpretazione, mentre lo accumularsi di batteri sugli apici dei due bracci puossi benissimo ritenere dipenda dallo stato di deliquescenza delle mem” brane in quelle regioni, e dalle condizioni chimiche particolari alle pareti, favorevoli alla nutri- zione degli elementi del parassita. * de i i ii a nn I an ci n ee ea caratteri sessuali delle due cellule che si conjugano, nulla, si può dire, a priori esista di prestabilito in maniera preciso. Nella Sp. communis si osservano dei gruppi di quattro cellule di cui le due di mezzo, alquanto rigonfiate, si compor- tano da elementi femminili. Secondo lo stesso A., il passaggio del contenuto delle cellule maschili attra- verso l’ appendice di comunicazione può spiegarsi come un fenomeno puramente fisico. Al momento in cui compiesi quell’ atto le dette cellule assorbono dell’ acqua mentre il protoplasma segrega una materia gelatinosa ; allora il corpo protoplasma- tico ritraesi dalle pareti, prende una forma ovoide e viene respinto e immesso dentro il tubolo connettore. Per le stesse ragioni fisiche il protoplasma dell’ ele- mento femminile si contrae e assume un contorno ellissoide. In forza della pres- sione esercitata dalla materia gelatinosa fondamentale il contenuto delle cellule maschili muovesi e scorre dentro il braccio connettore. Avvenuta la fusione dei due corpi protoplasmatici, la zigota prende la sua forma definitiva e si cinge di una membrana cellulosica. Il sig. OvERTON ha potuto in ultimo verificare la fusione dei due nuclei ser- vendosi di appropriati mezzi di fissazione e di colorazione del contenuto delle na- scenti zigospore. Ricorrendo a tali espedienti gli è riuscito agevole rilevare i graduali stadi di fusione; venuti in contatto i due nuclei, i filamenti di eroma- tina sembrano accrescersi a spese dei nucleoli fin tanto che questi totalmente spariscono. Allora la membrana delle zigospore assume uno spessore più pronun- ciato e si rende sempre più impenetrabile all’azione dei reagenti coloranti. Le ricerche del sig. Overton se hanno il merito di aver messo in rilievo vari importanti dettagli morfologici relativi al processo della conjugazione nelle Spirogyra mancano di ogni valore di novità per quello che spetta la costituzi delle zigospore a fecondazione” compiuta, essendo stato già fin dal 1879 notato dallo Scamitz (Sitzb. d. niederrh. Ges., 1879, p. 367) il fatto che al momento della copulazione i nuclei delle due cellule sessuali si fondano in unico nucleo. ricorrendo a mezzi rischiaranti , riusciva à one Infatti lo stesso Scumitz, più tardi, rilevare nelle zigospore mature la presenza di un solo nucleo. confermata dalle nuove indagini del signor aminate in differenti mature di Questa medesima particolarità è KLEBAHN estese a zigospore di varie specie di Spirogyra, es stadi di maturazione. Secondo lo stesso botanico anche le spore alcune specie dei generi Zygnema, Mesocarpus e Cylindrocystis possiedono un o segnalato dal medesimo signor g. Ivi osservansi due nuclei rima allungata solo nucleo. Ma più che mai singolare è il fatt KLEBAHN nelle zigospore del Closterium Lunula Ehrb distinti provvisti del relativo nueleolo; essi hanno una forma dapp 18. Malpighia, anno II, vol. Il e stanno situati a notevole distanza l'uno dall'altro; e tale posizione conservano anche a completa maturità; se non che allora la loro forma diviene sferoide. Come facilmente comprendesi, quest'ultima circostanza è degna della più alta conside- razione di fronte alle odierne morfologiche conoscenze cui appoggiasi la dottrina della fecondazione. Se veri sono i fatti descritti dal sig. KLEBAHN il processo della fecondazione non presupporrebbe sempre come conditio sine qua non la materiale fusione dei nuclei delle due cellule sessuali; si avrebbe così nel caso della co- pulazione del Closterium Lunula un’ eccezione alla regola generale. Epperò ‘dl spontaneo sorge il desiderio di nuove indagini che ci tolgano ogni dubbio. Par- ticolamente è da considerarsi come, giusta. le ricerche dei signori OvERTON e | KLEBAHN, fra la materiale riunione dei due corpi protoplasmatici e la fusione dei; HI corrispondenti nuclei decorre un certo tempo assai variabile nelle diverse Zigne- macee studiate (escl. Closterium). Il sig KLEBAHN cita dei casi di zigospore di Spirogyra a parete inspessita e in istato inoltrato di maturazione aventi i due nuclei non interamente fusi in un corpo unico ma semplicemente avvicinati e accollati l’ uno presso l'altro. Ciò posto, è possibile il sospetto che i due nuclei distinti delle zigospore, in apparenza, mature di Closterium Lunula si riuniscano | — poi più tardi in unico, quando cioè il germe ha raggiunto la sua completa ma- turazione ; e il criterio di tale carattere, non può essere dedotto da mere esterne particolarità, ma solo dal grado di sviluppo delle facoltà germinative proprie al germe in parola. Epperó, io credo , sarebbe da ricercarsi quale sia la struttura delle zigospore al momento della germinazione, come, cioè i dui nuclei si com- portino allora, se rimangano tuttora distinti, oppure al sopraggiungere di quella fase si fondano insieme. Borzi. Frank B: Ueber Ursprung und Schicksal der Salpelersáure in der Pflanze — Nei Ber. d. deut. botan. Gesellsch. Bd. V. 1887. (Berlin 1888), p. 472. La questione dell' origine , del luogo e del modo di impiego dell' azoto ali- mentare delle piante, in causa della sua grande importanza scientifica e pratica è stata una delle più dibattute, e specialmente negli ultimi anni fu soggetto di una serie di ricerche interessantissime per parte di chimici e di fisiologi. Mal- . i grado ciò non si è fattò ancora grande cammino, e le opinioni più 0 meno suffragate dai fatti sono tuttora assai diserepanti. Recentemente però si è en trati in un nuovo periodo di ricerca, fecondo senza dubbio di importanti risul- tati, poichè si è ricorso al sussidio di sostanze che, fornendoci delle reazioni possibilmente caratteristiche, ci permettono di riconoscere sotto quale forma lo azoto è introdotto nel corpo della pianta e di seguirlo attraverso il corpo stesso. .. Un importante contributo a questo studio è stato non ha guari portato dal FRANK col lavoro, che ci proponiamo di riassumere. Per risolvere i quesiti che egli si è proposti, si è valso della reazione alla difenilamina primamente usata dal Motisca, vale a dire, della colorazione azzurra che il solfato di difenilamina induce nei nitrati (e nei nitriti), che è sensibilissima e che, secondo lui, non è modificata dalle ordinarie sostanze corftenute nel vegetale. Studiando col soccorso di questa reazione il seme e le piante coltivate nelle sue condizioni ordinarie di terreno, in liquidi nutritizii contenenti azoto ed in altri privi di azoto, a di- versi stadii di sviluppo, alla luce e nelle oscurità, ed operando tanto sulle piante che i chimici trovarono ricche di nitrati, come su quelle che essi ne ritenevano prive, è giunto alle seguenti conclusioni : lo L’ azoto è introdotto nelle piante verdi normali sotto forma di acido nitrico ; la pianta è incapace di produrre acido nitrico nel proprio corpo; in e — Mentre in fatto le piantewiventi nelle essa, cioè, non ha luogo nitrificazion a difenilamina, condizioni normali di terreno gli hanno presentata la reazione all nutritizii contenenti nitrati; eliminando come pure quelle coltivate in liquidi che nella oscurità delle gli alimenti azotati, ovvero coltivando, sia alla luce, n sale ammoniacale ed avendo cura di piante in liquidi nutritizii contenenti u o, non ha mai avuta la impedire che la nitrificazione avvenisse nel liquido stess reazione. Egli pertanto conclude, che le piante presentano i nitrati nel loro corpo soltanto nel caso in cui siano forniti sotto questa forma alle radici, e dichiara erronea l'opinione di BERTHELOT e ANDRÉ, modificazione, di quelle di LreBIG e di ScuLösING, che le piante siano capaci di nitrificare, vale a dire, di produrre dell'aeido nitrico a spese dei sali ammoniacali dal suolo, dell'ammoniaca del- l'aria od anche dell' azoto libero dell' atmosfera. 20 Tutte le piante contengono nitrati, anche quelle nelle quali analisi chimica non ve li avea ritrovati. La loro distribuzione però pianta, ma anche nelle diverse la semplice è diversa non soltanto nelle diverse parti del corpo della piante, che si possono a questo riguardo distinguere in due gruppi, ricche e povere di nitrati, non senza però presentare i passaggi dall’ uno all’ altro. — il Frank ha potuto constatare che tutte le nitrati nelle condizioni normali di negli apici vegetativi Col sussidio della nota reazione piante, siano erbacee o legnose contengano vegetazione : essi mancano però costantemente nel seme, della radice e del fusto e nelle giovani foglie. j Però alcune piante, le ricche di nitrati, li presentano anzitutto nell’ epider- mide delle giovanissime radici, poi mano mano nelle cellule della corteccia pri- maria sottostante, quindi nelle radici sempre più adulte, alla base del fusto poi su su per tutto il fusto ed i rami, nel picciuolo delle foglie e nelle loro nervature principali ; il mesofillo ne manca costantemente. La regione fiorale ne è pur di regola priva, e la reazione in tutta la pianta diminuisce e scompare di solito all’ epoca della fruttificazione. Il FRANK spiega la presenza di una quantità considerevole di nitrati in queste piante, ammettendo che esse nel periodo vegetativo ne intro- ducano una quantità superiore al bisogno del momento e che ne mettano il so- pravanzo in riserva allo stato di nitrati nelle cellule del parenchima corticale e midollare, le quali in fatti ne contengono la maggior quantità. Questi nitrati di riserva sono poi impiegati all’ epoca della fruttificazione, nella quale occorre un grande impiego di materiali azotati. In altre piante invece, e pare siano la maggioranza, in quelle stesse che se ` ne credevano prive e che egli chiama povere di nitrati, Il acido nitrico è pure assorbito e lo si può riconoscere nelle giovani radici; ma esso scompare ben | presto, probabilmente perchè subito impiegato alla produzione di sostanza orga- nica azotata,*opinione suffragata dal fatto, che quelle piante, che nelle condizioni normali di vegetazione non presentano mai nitrati nelle loro parti aeree, offrono invece la reazione alla difenilamina, se vengono coltivate all' oscurità in liquidi nutritizii contenenti nitrati. Relativamente ai nitrati dunque le piante si possono dividere in due gruppi, le povere di nitrato, quelle che nelle condizioni normali non accummnlano nel loro corpo sali nitrici, ma li impiegano subito dopo il loro assorbimento ; e le ricche di nitrati, nelle quali per contrario i sali nitrici intro- dotti sono in parte accumulati come materiale di riserva in determinati tessuti. Fra i due gruppi si trovano peró forme di passaggio. Infine il FRANK avrebbe trovato, che le piante, le cui radici presentano le micorize, non assorbono ni- trati, forse perchè ricevono già dal micelio del fungo la sostanza organica a70- tata; il che tornerebbe ad appoggio della sua nota teoria delle micorize. 3.9 L’ impiego dell’ acido nitrico assunto dalla pianta come alimento azotato non ha luogo nei tessuti verdi delle foglie ; bensì nelle piante ricche di nitrati può farsi in tutti gli organi attraversati dai fasci conduttori e precisamente nelle cellule del parenchima; nelle piante povere di nitrati si compie già nelle radici. Il FRANK giunge a questa conclusione, che urta contro l'opinione generalmente ammessa, considerando anzitutto, che ls dimostrata mancanza della reazione alla difenilamina nelle cellule verdi della foglia e la sua presenza nelle vicine nerva- ture non sono sufficienti argomenti per dedurne, che i nitrati dalle nervature passino nelle cellule verdi e vi sieno immediatamente decomposti ed impiegati. Questo passaggio non fu mai dimostrato, ed il FRANK ritiene più probabile, che alla stessa guisa che per le cellule degli apici vegetativi della radice e del fusto, È di ile een ae NOTIZIE 265 anche le cellule verdi posseggano tali proprietà osmotiche da impedire l'accesso ‘alle soluzioni nitriche, che potrebbero forse essere superflue, disturbatrici o nocive per la ben nota funzione delle cellule stesse. Osserva ancora, che nelle piante povere di nitrati, questi non giungono mai nei tessuti verdi e il loro impiego ha luogo senza dubbio nelle radici. Egli ha inoltre dimostrato sperimentalmente, che le piante ricche di nitrati, le quali presentano la reazione, dalle barboline radicali alle nervature fogliari, tolte dal terreno colla massima cura e portate in Ifquidi nutritizii privi di nitrati, questi scompajono dalle radici esistenti man mano, che se ne sviluppano di nuove, mentre rimangono nel fusto anche dopo quattro settimane. I nitrati dunque non migrarono alle foglie, ma furono impie- gati alla formazione delle nuove radici. Egli mostra infine sperimentalmente, che togliendo le condizioni per l assimilazione del carbonio, non ha luogo accumulo e manifestazione dei nitrati nelle celluie verdi, come dovrebbe avvenire, se essi realmente si portassero alle foglie per esservi impiegati, in unione agli idrati di carbonio in esse prodotti a formare la sostanza organica azotata. Non vi ha dunque né migrazione, nè impiego dei nitrati nei tessuti verdi del parenchima fogliare. R. PIROTTA. Notizie i Addenda ad floram italicam. Carduus nutans var. latisquamus Nob. Questa varietà speciosissima venne raccolta nei pressi di Crissolo (Saluzzo, Alpi Cozie), in una escursione fatta al M. Viso nel luglio dello scorso 1887, i cui risultati vennero pubblicati nel Bollettino del Club Alpino Italiano dal D. Oreste M OLO. Il Sig. GremLI, conservatore dell’ Erbario Burnat a Nant-sur-Verey, al quale la comunicammo ci scrive in proposito: « Carduus nutans var. . +. +. =» - > à « Nous possedons la meme forme des Alpes Maritimes ou elle est assez re- pandue. C'est probablement le C. nutans var. spinosissimus Lor. et Barr. Fi- Montp. p. 365. = C. macrocephalus S. Am. non Desf. Cette forme est peut-etre aussi le C. nutans var. longispinus Moris. Fl. Sard. IL, p. 475. Nous ne posse- dons de C. macrocephalus Desf. qu'un ex. de Sicile de Toparo (Fl. sic. rar. 18. * Malpighia, anno II, vol. II. 266 NOTIZIE n. 421) cité par Nyman à l'éspece de DEsFoNTAINES. D' aprés Moris le C. ma- - crocephalus Desf. a les capitules deux fois plus grands que le C. nutans var. — longispinus, mais dans la plante distribueé par TopaRo ils sont au contraire beau- coup plus petits ». Abbiamo studiato per quanto ci fu possibile su esemplari autentici questa sinonimia, ma abbiamo dovuto convincerci che finora questa varietà non venne descritta. Il C. nutans var. spinosissimus di Lor. et € in dpud è pe come sinonimo del B. macrocephalus di St. AMANDE non può e la nostra pianta. RxrcHENBACH in fatti ( Icon., Vol. , p. 93), la riunisce addirittura al tipo) LoreT et ance: scrivono della Ms varietà « Plante à feuilles tres-rap- prochées » mentre la nostra varietà non presenta questo carattere. La varietà glia di Moris da noi studiata in numerosi saggi del suo Erbario, conservato nel Museo botanico Torinese, non corrisponde affatto alla pianta raccolta a Crissolo. d'uopo dire però che essa, è molto diffusa e più del tipo nelle Alpi Ma- barii però la imo _ confusa col tipo sotto dus nomi (C. nigrescens, €. sci den o col nome di Carduus nutans v sistono nell' prem vile del R. O. B. T., gsi raccolti probabilmente dal BaLBIS ed annotati da SÉRINGE cui furono comunica Il cartellino di icit porta la seguente nota a AE della nostra va- rietà « Elle a beaucoup de rapports avec le C. nutans. DE CANDOLLE n° à rien e bien clair sur cet individu ». I e eese sono ancora più esagerati nei caratteri che li distinguono dal tipo, no "1 siano quelli annotati da SÉRINGE sopra tutto nelle dimensioni del vitri e prm NN antodiali. Diamo oet la caratteristica di questa varietà « C. ar. latisquamus Nob « Foris "itd. con rachide larga e nervature prolungate al margine in spino giallognolo lungo e robusto molto più che nel tipo. Peduncoli abbre- viati. Capolini enormi (il doppio e più del tipo), emisferici, i eretti. Squame üstódiali subeguali in lunghezza ai flosculi del centro, nei capolini bene svilup- ati (lunghe da 20 mill), larghissime (fino ad 8 mill. ed in media 6) fo- gliacee, poco rigide, pubescenti ». R. Orto Botanico di Torino, 95 maggio 1888. D.” S. BELLI. X Il Prof. O. Penzie ha ritrovato e raccolto in grande quantità la Cares Grio- letii Róm. a Pegli in Liguria, i B. X ‘ BaGLIETTO è stato raccolto il raro Cyperus globosus All. (noto DE l T m. dalle Rive del Varo presso Nizza e della Roja a Ventimiglia) fra Voltri ed Arenzano. Nella stessa località il medesimo D." BAGLIETTO rinve- NOTIZIE 267 niva la Fuirena pubescens Kunth., pianta della Corsica e trovata già anche in Liguria dal GENNARI. B. X Apprendiamo che il Signor Marrer raccoglieva sui Acta presso Bologna la Tulipa connivens Levier e la Tulipa strangulata Reb., piante finora note dei dintorni di Firenze. B. X Anche dal Sig. BaLpacci è stata raccolta la.Tulipa Passeriniana Levier a Lucignano in Provincia di Piacenza, pianta rarissima, rinvenuta per la prima volta dal Prof. PasseRINI nella stesso località, nè da poi più ritrovata. X Il Sig. Lupoyico PiccroL1 ci comunica che sui prati del M. Secchieta, presso Vallombrosa, crescono frequenti il Vaccinium Myrtillus L. e il Doronicum austriacum Jacq., piante del tutto nuove per quella regione dell’ appenino toscano. Questo fatto è notevolissimo poichè trattasi evidentemente di una innovazione avvenuta di assai recente data in quella flora, non essendo stata giammai avvertita colà la presenza di quelle gni nè dai non pochi botanici che ànno di continuo visitato la Vallombrosa, né da me stesso, che dal 1869 in poi vi ho soggiornato per 10 anni occupandomi frana dello studio di quella flora. Bonzi Quereus Fragnus, Longo. l Sig. Anprea Lonco ( Bull. del Naturalista, n. 6, giugno 1888) avendo raccolto sulle colline tra la provincia di Bari e quella di Lecce una specie 1 uerce, chiamata da quegli abitanti « fragno » e non essendogli riuscito di « classificarla » colla scorta delle flore italiane, né avendo mediante le « poche Ma tutto quent transeat; deploriamo l’ santa dal: Signor Longo, ma sopra- tutto ci duole se dovessimo attribuirlo al fatto da lui lamentato che in alcune università d' ie gli Erbari « sono custoditi » con molto « mistero ». In ogni modo la bella tavola che accompagna quel cenno descrittivo è degna di lode. Bonzi. 268 NOTIZIE Note di Microtecnica. ampada a gas ad incandescenza di AUER, per lavorare al Microscopio — pel pro D. K. BùRKNER di Gottinga. (Zeitschr. f. wissenschaftliche Mikroskopie — n W. J. BrunENs — Bd. IV, Braunschweig, 1887, Heft 1, pp. n D." BùRKNER raccomanda l'uso della lampada AvER perché ha, sopra tutte le altre lampade a gas ed a petrolio, i vantaggi di una luce intensa, ma non Ye deg assai bianca e senza troppa irradiazione di calore. lampada per uso di Microscopia deve poter fornire una luce pee ich intensa (in generale non Sudan ma nello stesso tempo che agli e non stanchi l'occhio in causa della a poca diffusibilità e del bag perc del campo del microscopio coll' sibi È poi di grande importanza il colore della luce, la gno sarà tanto piü preferibile per quanto piü é bianca. a lampada di AvER dà una luce anch'essa piuttosto ricca di raggi gialli, ma in confronto delle luci delle lampade ordinarie è bianchissima. Si può del resto dices i raggi gialli adoprando per la lampada un tubo di vetro leggermente rro. ph il BuRKNER questa lampada -i irraggia poi così poco calore, che anche per questo riguardo é preferibile alle altre. Ed egli non esita a dire che soltanto le lampade Epison ad incandescenza possono i concorrenza. La lampada di cui parliamo non è che un comune bruciatore BUNSEN a gas, sulla fiamma del quale si tiene sospeso, podiénte un filo di platino ed un so- stegno laterale di grosso filo di ferro, una specie di cappuccio, prima incenerito, fatto di nitrati di Cerio, Didimio, Lantano ed Ittrio. L'altezza di questo cappuc- cio al disopra della fiimma può essere regolata a piacere, ed è esso che riscal- dandosi all’ incadescenza emette luce. x Nuova soluzione di Carminio — Le varie soluzioni di Carminio fin qui adottate servono generalmente a mettere in evidenza i nuclei protoplasmatici. Se per caso 1 eolorazione, (come si fa e es. col Pierocarminio), per rendere visibili e distinti tanto il protoplasma che i nuclei. ll D.* KurrscHizkv dell'Università di Charkova (Cfr. l. c., pp. 46-48) propone una soluzione acida di Carminio al Cloralio idrato, la sida colora nello stesso tempo tutte le parti del preparato, ma con gradazioni di colore diverse, talchè esse parti restano distinte. Lavando il preparato in una soluzione di allume al 2 ‘o il suo we passa dal rosso ad un bel violetto, ed i nuclei sono messi maggior- mente in evidenza. Si 2 che in tutte queste manipolazioni bisogna sempre "a acqua distilla Per prepararlo si menta una soluzione così composta : Cloralio idrato Acido cloridrico e 0/3 cn cm. 3 na do È ME E VI RIESI E RI TINI, e RO : | NOTIZIE 260 Vi si introduce del Carminio solido, 0, 75 a 1,5 gr., secondo il grado di concentrazione che si desidera, e si scalda all'ebollizione durante un'ora od un'ora © mezzo, avendo cura che il liquido non consumi, p. es. coll' introdurre nel tu- racciolo del matraccio un lungo tubo di vetro. Si lascia poi raffreddare lenta- mente, e dopo 24 ore si filtra. A. adopra questo liquido nelle ricerche di istologia animale. Ma è quasi certo che potrà rendere dei servigi anche nell' istologia vegetale, e perció lo rac- comandiamo ai botanici, perchè ne facciano la prova. x Un'altra soluzione di carminio al carbonato sodico è raccomandata dal Dottor +. Cuccati dell'Università di Bologna (Cfr. l. c., p. 50). Essa richiede però, come È altre, lo scoloramento successivo coll'aleool acido. Non metto in dubbio i suoi i rati nella nota citata e che non è il caso di riferire qui, ma forse i Botanici non vi troveranno nessuna ragione per preferirla alle altre numerose soluzioni di carminio. MIR sia ne riferisco il modo di preparazione, colle stesse pa- role dell' autor « Acqua tiepida ja in; AO « Carbonato RR F EERE gr. 20 « Sciogli e metti al fuoco. Aggiungi carminio ottimo polverizzato gr. 5, agita « il miscuglio e cuopri. Quando bolle to gli dal fuoco e aggiungi alcool assoluto « em. ? 30. Lascia raffreddare in vaso semichiuso e il giorno dopo filtra su carta « bibula e aggiungi a poco a poco al liquido filtrato cm. ? 300 di ‘acqua resa « acida con em, 98 di soluzione acquosa di aede acetico al 20 9/,. Poi aggiungi « cloralio idrato gr. 2. Decolora con alcool em. ? 100, acido cloridrico em. 3 1 ». X Picrocarminato di sodio — (Cfr. N. LówENTAHL., Un nouveau procédé pou préparer le picrocarmin — Anat. Anz. Bd. II, 1887, n. 1, pp. 22-24, e Zeitschr. f. wiss. Mikr. Bd p. 79). Sì prepara una sia sodica di carminio in questo modo: Mi e 100 Idrato sodico solido. gr. l Carminio polverizzato » 0,4 Si scioglie la soda pins e si aggiunge il Carminio, il quale si scioglierà in qualche ora, in 24 ore alla più lunga, se a freddo; in 10 a 15 minuti, se a aldo. Si filtra, pra caso dopo raffreddamento ed aggiunta dell’acqua eva- porata Si p questa soluzione con altrettanta (100 cm. 3) acqua e vi si gra a poco per volta 20 a 25 em. ? di una soluzione di acido picrico Vs Si forma dapprima un intorbidamento , che tosto sparisce; im sparisce più lenta- Mente, poi diviene definitivo. Si aggiungono alcuni em, ? di acido in eccesso, e £9 NOTIZIE si lascia stare per circa un'ora; poi si filtra due 0 tre volte sullo stesso filtro, finché il liquido passa limpido. Si concentra infine coll' evaporazione x Le sostanze resinose e la conservazione dei preparati microscopici — Dott G. MartINnoTTI di Torino — (Zeitschr. f. wiss. Mikrosk. Bd. IV, 1887, del J pp. 153-159) — Nell'istologia rende utili v ome sostanza conservatrice dei preparati, la resina Dammar, che in certi ca i belenbile al Balsamo del Ca- à. La resina Dammar si scioglie, a i dopo in parti eguali di tremen-. tina e di i a caldo. Questa soluzione che ha grandi vantaggi, perchè lascia vedere le minime particolarità di struttura nei preparati, ha pur troppo l’ incon- veniente di intorbidarsi dopo qualche tempo. A togliere questo inconveniente il DI MARTINOTTI si è so alla ricerca di un altro solvente per la resina Dam- mar, e sembra abbia ottenuto soddisfacenti resultati col xilolo. Ecco come si prepara questa soluzione : P « chiuso, e poi si filtra. Si raccolgono circa 70 gr. di liquido, che si fanno eya- « porare a bagno-maria fino ad avere 45 gr. (od un po’ meno) di sostanza. Lo « scopo di questa concentrazione è di lasciare nella soluzione la minore possibile « quantità di xilolo, cioè appena quel tanto ehe è necessario a mantenere di- « sciolta la resina Dammar: una ma giore r Weis di xilolo nella soluzione, « secondo la mia esperienza, non è da raccomandare » (l. c., p. 156, in nota). Nel concentrare la soluzione, essa ingiallisce, ma non perde mai, neanche col tempo, la sua limpidezza. Per adoprarla la si diluisce con essenza di trementina. L'aggiunta della trementina oltre gli altri vantaggi ha anche quello di togliere, almeno in parte, il color giallastro alla soluzione xilolica; colore che si potrebbe in questo modo togliere anche totalmente, ma non conviene pot aggiungere troppa trementina, e d'altra parte esso non dà nessun disturbo ed à sempre meno in- tenso di p delle ordinarie soluzioni di Balsamo del Canadà. a pure sperimentato dei solventi pel Balsamo del Canadà, per ottenerne delle a più bianche delle ordinarie (in cloroformio, essenza di trementina, Mp xilolo, ecc.) e con un indice di rifrazione più basso. Egli crede aver trovato un buon solvente nella essenza di spigo rettificata, che si toglie dalla iu Spica. [L'A. ha trovato eccellente quella preparata a Parigi dal Do- RORIEZ, sotto il nome di « Essence d'aspic reetifióe »]. « Il Balsamo del Canadà « sciolto in questa essenza è ene incoloro, fluido, e, quello che è più impor- « tante, fornisce preparazioni elegantissime » (l. c., p. 159) X Conservazione dei preparati eme l applicazione del vetrino cuopri-oggetti » per C. WzrcERT di Francoforte S. M. (Cir l. c., pp. 209-210). Quando si hanno da conservare grandi preparati i vetrini cuopri-oggetti vanno facilmente soggetti a rottura se sottili, non corrispondono bene (coi forti ogget- tivi) se grossi, e costano sempre molto. Sarebbe quindi molto utile e comodo, in tali casi, il far a meno “del i ti. NOTIZIE me ‘RA È stato suggerito, pei preparati in Balsamo del Canadà, o nella resina Dam- mar, di lasciar senz'altro disseccare la resina. Ma oltrechè questa ci mette molto tempo prima di divenir perfettamente secca anche alla superficie, ed intanto ci si attacca la polvere, essa forma poi uno strato troppo grosso ed ineguale L'A. propone che, dopo aver schiarito il preparato col carbolxilolo (da lui consigliato in altra sua Memoria [Cfr. lo stesso Zeitschr., Bd. III, 1886, p. 480]) ed assorbito il liquido colla carta asciugante, si stenda sul preparato un sottile strato di vernice da negative dei fotografi. Questa si consolida subito, ma in ogni caso si può affrettarne il disseccamento con un leggero riscaldamento. Si ripete l'operazione, sovrapponendo cioè altri strati di vernice sopra al primo, finchè la superficie non è perfettamente liscia. Di solito bastano tre strati. Secondo la qualità della vernice, l'operazione si compie in una o poche ore. Questo metodo non si puó i ai preparati colorati con colori d'anilina, mus il earbolxilolo li scolor redo che sarebbe bene pes la composizione della vernice da adoprarsi, N i fotografi ne usano diverse. X : Un metodo semplice per render visibile il toro (disco centrale) delle punteg- giature areolate — pel D. A. ZIMMERMANN di Lipsia — (Cfr. 1l. c., pp. 216-217) L'A. ha sperimentato l'ematossilina sopra le sezioni del legno delle Conifere, ed ha trovato che essa colora intensamente, oltre i nuclei cellullari, anche la membrana primitiva, e specialmente il toro, delle punteggiature areolate. Es preferibile adoprare il materiale sarta in alcool, sebbene la reazione possa riuscire anche su pezzi freschi 0 secc Il preparato cosi colorato si lava in vane] poi in alcool, si schiarisce nell'olio di garofano e si chiude nel Balsamo. Questa diversità di colorazione fra la membrana primitiva delle punteggiature ed il resto della parete cellulare fa pensare ad una differenza di natura chi- mica, E siccome l ematossilina colora le membrane di cellulosa pura (Cfr. GiLtay, Arch. Néerland., LXVIII), sembrerebbe che la membrana delle punteg- giature areolate fosse di cellulosa pura. Ma sta il fatto ch' essa si colora anche colla floroglucina ed acido cloridrico, (Reaz. della lignina). L’ Ematossilina adoprata dall’ A. proveniva dal Laboratorio di GRüBLER. et Piacenza, dicembre 1887. Dr. A. Porr. 272 PICCOLA CRONACA Piccola Cronaca x è stato nomi- — 1 DE vasi PicHI, assistente presso l'orto botanico di Pisa, è nato, in seguito a concorso per titoli e prova esperimentale di Me professore di botanica nella R Scuola di Enologia e Viticultura in Coneglian — Il D. CrIsrororo Gosi, è stato promosso a professore ordinario di botanica nella I. R. Università di Pietroburgo. — Al D." J. Ursan, custode dell’ Orto botanico di Berlino, venne conferito il titolo di Professore. — Annunziasi ‘una nuova ristampa della Synopsis der Deutschen und Schweizer Flora del Kocs, diretta dal Prof. D." E. HaLLIER, col concorso di molti botanici della Germania. — Il 4 agosto di quest'anno si aprirà in Colonia una Esposizione interna- zionale di Orticoltura; le diverse sezioni comprendono: 1° Giardinaggio, 29 Pre- dotti vegetali, 5° Costruzioni ornamentali da giardinaggio, 4° Attrezzi ME 59 Fiori recisi, 6° Collezioni orticole, 7° Bibliografia orticola, 8° Apicoltur — Il Consiglio di Direzione della Società botanica italiana ‘ha stabilito cho la prima riunione generale dei Socî di quel Sodalizio abbia luogo il 10 settembre di quest’ anno a Firenze, nel giardino della R. Società toscana di Orticoltura. (Via Bolognese, n. 9). In quella stessa ricorrenza, avrà luogo una pubblica Espo- sizione orticola e segnatamente nei giorni 7 e seguenti, fino al 13 dello stesso mese di settembre 1888. — La Società botanica di Francia terrà quest'anno la sua sessione straordi- naria a Les Corbieres, nel corso del mese di giugno. — Col 1° luglio il Prof. D Conte Sotws-LauBAcH assumerà la Redazione della Botanische Zeitung associandosi al D." WORTMANN. Prof. A. BORZI, Redattore responsabile. Malpighia, Vol Il Fig. 1. ig.5. p tssolia-Torìin 1 A e dis. attirolo Aar O.M ner i m d zs S Es È Sm a | | en m xs 1 MES. ts a Fig. 4 | | | PRATI h 1 p HA a 1 NÉE S t-- È Lit.Salussolia - Torino O.Mattirolo dis. DE a MALPICHIA S. Intorno al genere Eleocharis ed alle specie che lo rappresentano in Italia. — Nota del D." AcartLe TERRACCIANO. . (Tav. XIV) Non pare del tutto inutile ritornare allo studio delle Eleocharis italiane trentasei anni dopo che ne fu per prima trattato dal Par- LATORE (!); col materiale aumentato da nuove raccolte se ne può oggi meglio stabilire — per le affinità maggiori — i caratteri spe- cifici ed allargare la distribuzione geografica. Di ambedue, pigliando le mosse dall'ultimo lavoro del sig. CLARKE (*) sulle specie europee, mi occuperò qui con quella esattezza e parsimonia che per me si possono. Solo, poichè i sottogeneri e le sezioni ritenuti dal CLARKE e dal PARLATORE e pur corrispondenti nell’ insieme ai generi stabi- liti dal Nees von EsENBECK (°) non mi sembrano abbastanza natu- rali, premetterò poche osservazioni bastevoli a spiegarne l'instabilità ed il bisogno de’ nuovi caratteri nei nuovi confini, che ho stimato loro imporre. — Trattando di forme indigene, muovo sempre da esse, nè da esse mi diparto: le esotiche cito a tempo e per memoria, ché non è mio intendimento rivenire sui pregevoli studii sistema- C) PanLATORE F., Flora italiana ecc., vol. IL, pp. 60-70. Firenze 1852. (3) CLARKE C. B., Eleocharis R. Br., species in Europa vigentes recensuit... in Journal of Botany, september 1887, vol. XXV, n. 297, pp. 267-271. C) NeEs von EsenBECK: Uebersicht der Cyperaceengattungen, in Linnaea, vol. IX, pp. 273-366. Halle 1835. 19. Malpighia, anno II, vol. II. ERE A PEL IE RAE M OL 274 A. TERRACCIANO, tico del BoeckELER (') e morfologico del Pax (°). Non mancano all'uopo considerazioni generali ed osservazioni anatomiche, massime sulle specie nostre più critiche; ed ho quindi discusso la classifica- zione proposta ed adottata, per quanto almeno possa valere altrui in un lavoro monografico di maggiore interessamento. Ad ogni specie, con breve frase diagnostica, sono aggiunti i si- nonimi e le figure non citate dal PARLATORE, nè non le principali varietà e le variazioni stesse dovute ai differenti habitat. I quali, anzi che ricorrere ai molti lavori o su tutta la Flora italiana o su questa e quella regione, stimai dover studiare negli essiccati e soli riferire ; a tale uopo ho consultati, gli Erbarii generale e Cesati del R. Museo botanico di Roma, Tenoreano e Gussoneano presso il R. Orto di Napoli, Webb e Centrale italiano di Firenze, Balbis e | generale di Torino, di Genova, privati del Prof. Caruel, del D Penzig, mio. A questi due, ai signori D." Ross in Palermo e Prof. Pasquale di Napoli da cui ebbi alcune piante siciliane, al Prof. Pirotta, che cortesemente mi procurava e libri ed essiccati, rendo ora le grazie più sentite. | Roma, R. Museo botanico, maggio 1888. È 1. Il CLARKE (°) divide le Eleocharis europee nei due sottogeneri Eleogenus Nees ed Eueleocharis : quello a stilo bifido con sezioni | | di specie o « stolonifere perennes =` E. palustris R. Br., caduca (1) BóckELER O., Die Cyperaceen des Kónigl. Herb. zu Berlin, in Linnea, : vol. XXXVI, quoad, Eleocharides, p. p. 418-475. Berlin 1869-70. . C) Pax F., Beiträge zur Morphologie und Systematik der. Cyperaceen in Englers Botanische Jahrbücher fur Systematik ecc. volume VII, pp. 287-318, | Leipzig 1886. 3 (3) Op. cit. GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 275 Schult. ,» ovvero « radices fibrose — E. ovata R. Br., carniolica Koch, atropurpurea Kunth », — questo a stilo trifido con « Aci- culares (Scirpidium Nees) = E. acicularis R. Br., amphibia Dur., » e con « Multicaules — E. multicaulis Smith ». Ambedue corrispondenti nelle linee generali alle sezioni proposte dal PARLA- TORE (!) con « stylus trifidus, achenium triquetrum » l'una, e « stylus bifidus, achenium compressum » l’altra: mentre poi E. atropurpurea Kunth di rado, e più E. ovata R. Br., e palustris R. Br., hanno sulle medesime spighette fiori a stili trifidi ed achenii triquetri più o meno compressi ai lati, ed Æ. multicaulis Smith e carniolica Koch stili bifidi ed achenii biconvessi. Nó andó esente da simile contraddizione il Kuntu (°), che su 39 specie a « stylus plerumque trifidus » nove ne . descrisse con stili bifidi ed achenii biconvessi — E. capillacea Kunth, intermedia Schult., macra Kunth, debilis Kunth, glaucescens Schult., maculosa R. Br., palustris R. Br., consanguinea Kunth, Sellowiana Kunth; e su nove a « stylus plerumque bifidus » tre con stili trifidi — E. congesta Don, pellucida Presl, constricta Schult, e cinque bifidi e trifidi al tempo stesso = £. atropurpurea Kunth, ovata R. Br., capitata R. Br., obtusa Schult., geniculata R. Br., — E per vero, essendo trimero il diagramma tipico delle Eleocharis, la- chenio biconvesso-obovato e lo stilo bifido sono dovuti od all’ aborto d'un carpidio od a disuguale sviluppo dei tre primitivi: gli stami restano sempre immutati di numero, tranne per E. capillacea Kunth, exigua Roem. et Schult., consanguinea Kunth con 2 od 1, e per E. capitata R. Br. con 3 o 2 —, mentre poi nella medesima specie e fino sui medesimi individui non di rado si alter- nano frutti lenticolari con accenno ad una terza faccia più o meno perfettamente sviluppata, e fiori bi-tristili a stili varii tra loro di forma ed altezza. Questi fatti, di nessun valore tassonomico, vanno quindi esclusi persino dai caratteri specifici : tuttavia, riscontrandosi (1) Op. cit. È) KuntH: Enumeratio plantarum, p. 139-157. Stutgardise. 1827. 276 A. TERRACCIANO, con certa frequenza, in quali relazioni stieno con altri atavici o nuovi di adattamento e nelle forme o del medesimo genere o di generi affini (Pentasticha Turez., Dichromena Mich., Psilocarya Torroja come abbiano a collegarsi nella ricerca dei nessi genetici onde pure sono stretti, mi parrebbe opera più utile lo studiare. Conscio forse della variabilità numerica degli stili e del loro rap- porto costante sulla forma degli achenii, il NEES vox ESENBECK (‘) con più sano intendimento aggiunse alle sue ripartizioni un carattere desunto dalla figura della stilobasi, e quali generi autonomi, pur ri- tenendo l’ Eleocharis R. Br., a « stylus bi-trifidus, bulbo baseos rugoso persistente, cariopsis abovata = E. palustris R. Br., multi- caulis Smith, uniglumis Link, » istituì Eleogenws a « stylus bifidus, bulbo baseos calloso in fructu persistente, uu biconvexa, lævis- sima, atra — E. ovata R. Br., atropurpurea Rth., »; Scirpidium a «stylus trifidus, basi bulbosa persistente , caryopsis biconvexa, laevis — XE. acicularis R. Br., »; Limnochloa a « stylus trifidus, bulbo baseos cartilagineo compresso coloratoque in fructu persi- stente. » — Neanche dessi però reggono abbastanza alla critica. In fatti un esame, per quanto superficiale e solo intorno alle specie nostre, ci farà trovare stilobasi triangolari , a cuore rovesciato , compresse, dilatate irregolarmente, quasi nulle ed a piccolo ro- stro ottuso in E. palustris R. Br., caduca Schult., nebrodensis Parl., — depresso-lenticolari, bulbose, submitrate, sessili in Æ. multicaulis Smith, uniglumis L. K., ovata R. Br., — affatto brevi, mucroniformi, ottuse ed a spuntoncino in E. acicularis R. Br., — appena incrassate in E. carniolica Koch, — depresso-orbicolari in E. atropurpurea Kunth. Mutabili nella sezione stessa, nè raro il caso per una me- desima specie (^) poichè dipendenti in gran parte dalla quantità e dal modo di saldarsi dei carpelli, offrono solo sotto il punto di vista della continuità e della persistenza sull’achenio un valido ca- (1) NEES v. ESENBECK : op. cit, p. 293-94. © BENTHAM et Hooker: Genera Plantarum, III, p. 1047. Londini 1883. l i È A A n GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO CECO 277 ; rattere generico. Il quale muove così da un dato biologico, essen- dovi uopo della comparsa dapprima di strati cellulari intermedî tra. frutto e stilo affinché questo s' ingrossi alla base senza legnificarsi e poi di selerenchimi per determinarne la caduta: e questa zona mec-. canica, a seconda che si formi od aderente all’ achenio o più in alto, delimita variamente una parte superiore inutile, da un’ altra inferiore coriacea e necessaria o per la disseminazione o quale mezzo protettore. Il KunTH quindi dapprima, e così di mano in mano quanti seguirono sino al Pax ('), ritornarono al genere Eleocharis istituito dal Rogert Brown (°) i generi del Ners v. EsENBECK, che tennero solo per differenziarlo in sezioni: — e gli è per questo che, togliendo da Fimbristylis Vahl., dove le posero i signori BENTHAM et Hooker (?), da Scirpus Linn., secondo il BòcKE- LER (5, e da Psilocarya Torr., in cui ora. le metteva il Pax (°), le forme aggruppate sotto Oncostylis Nees. anche ad Eleocharis R. Br. riporto e ne formo: un sottogenere col medesimo nome. Le glume infatti sono qui embriciate e spirali con la inferiore più breve, e sterile, — gli stili ora bifidi ed ora trifidi, a base o bulbiforme o più o meno incrassata, sempre persistente e con l’ ovario continua, — - e gli achenii biconvessi o trigoni, lisci, punteggiati o rugoso-striati (^). (1) Pax F., Cyperaceae in « Die Natürlichen Pflanzenfamilien ete. » p. 112, Leipzig 1887. (3) RoseRT Brown: Prodromus Flore Nove Hollandie etc. Londini 1810. (3) BENTHAM et HoogER: op. cit., p. 1049. (f) BóckELEn: op. cit., p. 477 e 736-768, in vol XXXVI. () Pax: op. cit, ( Gli è sotto questo punto di vista, che in una medesima linea genetico- sistematica pongo Psilocarya Torr., e Dichromena Mich., rappresentati comples- sivamente da 12 specie abitatrici dell'America tropicale e boreale, e separo da Scirpus Linn. anco le forme della sezione Baeothryon Ehrh. Come i due. primi per le americane , ^cosi le seconde segnano il passaggio dalle Scirpeae nostre alle nostre Rhynchosporeae. Infatti la squama inferiore sterile, lo stilo dilatato e continuantesi con gli spigoli dell’ achenio la figura di questo, fanno di Scirpus 278 A. TERRACCIANO, In Eleocharis, quale io intendo, ovario e- stilo dapprima si con- | | fondono: poi quello s’ ingrossa in giù restringendosi all’ apice, dove si continua breve tratto più o meno cilindrico, e questo in tale: punto subito e bruscamente s'allarga ed ingrossa alla sua volta per restringersi quindi e continuare filiforme sino alle divisioni stimmatiche. Fra ambedue né articolazione esiste, né dove l'uno cominci e l' altro si arresti è possibile stabilire: la quale cosa giu- stamente e primo osservò il KunTH (!) Avvenuta la fecondazione, due processi contemporanei succedono; la sclerificazione dell' o- vario passante ad achenio unilocolare ed ‘uniovolato, l'inflaccidi- mento e la caduta della colonna stilare riducentesi a spuntoncino od a lieve depressione sulla base bulbiforme. La quale, anche inflaccidita, diventa coriaceo-papillosa o rugosa o come longitudinalmente papil- alpinus Schleicht., coespitosus Linn., da una parte, di Sc. pauciflorus Lightf., parvulus Róem. et Schult., fluitans L., dall'altra, due gruppi d' un medesimo ge- nere che mette capo, e li comprende, per questo ad Jsolepis controversa Steud, Sc. setaceus L., Savii Seb. et Maur., Mine Tod.. nigricans Spr., supinus L., per quello a Blysmus compressus Panz., rufus Link, Eriophorum vaginatum L., al- pinum L., Scheuchzeri Hpe. Si passa così, e così abbiamo poi Rhynchospora fusca Röem. et Schult., alba Vahl., Schænus nigricans L., ferrugineus L., ecc. — Da ciò segue che, mentre trovo giusto il criterio adottato dal D." Ep. PALLA (Ueber Gattung Scirpus, — in bot. Discuss, am 16 März. ex Verhandl. d. kais-kónigl. zool. | bot. Geselschaft in Wien, XXXVII Band, II Quartal, p. 49, Wien 1888) nel mettere Sc. fluitans con Isolepis controversa ecc. come io faccio, ed insieme, sotto Trichophorum Pers, lo Sc. cæspitosus, alpinus, Eriophorum alpinum, escludo poi da Eleocharis lo S. parvulus e pauciflorus ; e le ragioni le ho già dette e non stimo dieno luogo a critica maggiore. Perciò ricordo solo un recente lavoro pubblicato del sig. N. HriLmar Nilsson col titolo « Scirpus parvulus Roem. et Schl., och dess närmaste fórvandtskaper i var flora » (in Botaniska notiser fòr ar 1888, utgifne af C. F. O. Nordstedt, Häftet 3, p. 139-47, Lund 1888), dove, esposte le affinità reciproche, si descrivono Scirpus parvulus e Sc. (Eleocharis) acicularis con una varietà nuova submersa. () KuntH: Considération générales sur la famille des Me (Mém. du Mus., II, p. 150). Carver T. I generi e le specie delle Ciperoidee europee. Firenze 1866. "d GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 279 loso-striata, con vallecole e sollevamenti più o meno visibili: più larga del peduncoletto, in cui essa stessa el achenio si continuano, o vi si piega intorno coprendolo del tutto mentre di sopra ora si deprime — E. nebrodensis Parl., caduca Schult., ed ora si solleva in varia forma terminata sempre a punta = E. palustris R. Br., uniglumis Link, o tenendovisi distinta si innalza a cono ora subi- tamente — E. acicularis R. Br., amphibia Dur., ed ora circon- data da breve cercine — E. multicaulis Smith., carniolica Koch. Solo in E. atropurpurea Kunth fra le nostre specie, è quasi nulla all apice dell’ achenio slargato , accostandosi per tale modo agli Scirpus Savii Seb et Maur., setaceus Linn., Minae Parl. L'unica differenza però che tra Eleocharis intercede ed Onco- stylis sta nella infiorescenza, costantemente a spiga solitaria e-termi- nale per quello, a spighe lassamente ombrellate o capitato-depresse con altre laterali più o meno sessili o peduncolate intorno ad una centrale e con squame inferiori sterili prolungate in involucro per questo. Il passaggio graduale dell’un modo di essere all’altro ne rende più chiare le affinità ed i rapporti col monostachismo tipico, che nelle Scirpeae si genera dal rapido sovrapporsi ed addossarsi sullo ultimo internodio vegetativo di molti internodii portanti a spira squame fiorifere. In E. multicaulis Smith, carniolica Koch, fra le indigene , ed in E. tenuissima Bcklr., japonica Beklr., fusco- _ sanguinea Bcklr., sub-vivipara Beklr., sub-prolifera Steud!, vivi- para Link, marginulata Hochst! ex herb. Webb., afflata ibid!, tra le esotiche, sulla medesima pianta si hanno anche culmi a spiga composta per fiori basilari vivipari e non, con peduncolo o nullo o lunghetto, numerosi o pochi. Sicchè,. pur rimanendo terminale la spiga principale, due 0 più fiori possono allungarsi su assi proprii divenuti alla loro volta centri di altre spighette, e, quando codesti assi nuovi conservino la disposizione spirale tipica e l'achenio e lo stilo non mutino, non è perciò alterata l'architettura del genere. Nelle forme ombrellate o quasi solo le prime due o tre squame sterili maggiormente sviluppano , acquistano figura e caratteri fo- SRL CE RE ES : 280 A. TERRACCIANO, gliari, costituiscono involuero: e tale modificazione morfologica, sem- pre in rapporto con la funzione primitiva aumentata di parti per accresciuto bisogno di protezione, offre un carattere costante al sottogenere. Né per vero nelle poche Oncostylis Nees, tipicamente monostachie, viene mai meno, né compare nelle pluristachie per anomalia tra le vere Eleocharis R. Br. Senz altro quindi il genere, allargato cosi nei proprii confini, na- turalmente va ripartito in due sottogeneri: Eweleocaris Nobis = Eleocharis R. Br., ed Oncostylis Nobis — Oncostylis Nees. — In questo ultimo, le cui note distintive corrispondono e quelle date da tutti, vanno quindi distinte tre sezioni dal modo dell'infiorescenza: Oncostylidiwm Nobis, con forme americane a spiga solitaria e terminale, — Pleurostachys Nobis, per più spighe solitarie o fasci- colate, subterminali o laterali al culmo, che oltre più o meno vi si continua e le protegge, siccome in alcune Bulbostylis Kunth (!) ed in? Pentasticha Turez., — ed Euoncostylis Nobis, giusta le descrizioni del NEES e dei signori BENTHAM ed Hooker. Lasciandone la disamina a chi se ne voglia occupare più di proposito, mi fermo intanto all’ altro. . i 2. — Trovati insufficienti ed esclusi i caratteri presi dallo stilo e nella forma e nel numero, le sezioni del KuwTH, che includono () Quando si ha spiga terminale con squama inferiore sterile più lunga e spatiforme, per lo stesso fatto, che determina l'infiorescenza composta, si possono avere due o più spighette sull'asse medesimo e laterali: con l'aumentato numero quindi, se restano sessili dànno luogo al glomerulo o capitolo, se peduncolate al- l ombrella. — Pentasticha Turez, offre tutti questi passaggi morfologici, mentre lo stilo con l'ovario continuo ed incrassato alla base e persistente, e T achenio acutamente triquetro parrebbero avvicinarlo a specie di Limnochloa: io però non ho potuto studiarlo bene per mancanza di essiccati. La variabilità della infiorescenza 1-3-5-9 — stachia e la disposizione delle « glume quinquefariam imbricate », che pure si riscontra nelle Eleocharis quadrangulata R. Br., spiralis R. Br., mutata R. Br., dell’ Erbario Webb, unici caratteri a tenerlo in piedi, farebbero credere trovarsi innanzi a forma locale africana, ibrida o no. GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 281 la primai generi Eleocharis, Choetocyperus e Scirpidium del Nees., - la seconda Eleogenus N. v. E., la terza Limnochloa N. v. E. ('), — e così via via quelle proposte e seguite fino ai signori BENTHAM ed Hooker di Lémnochloa N. v. E., Scirpidium N. v. E., Heleo- genus N. v. E. (?), non hanno uno stabile fondamento tasso- nomico. Io stimo che, in quanto agli organi della riproduzione, solo il modo onde i carpelli si saldano e si architettano a sviluppo compiuto può offrirci l'addentellato a qualcosa di più fisso e più sicuro. Le specie, che hanno achenii ad angoli (2 o 3 che sieno) ottusi od ottusamente prominenti, epperciò obovato-triquetri e len- ticolari o subrotondi e piriformi — amblygoniocarpos , ovvero acuti epperció costoliformi, a lati convessi o quasi piani == 02/go- A^iocarpos, costituiscono la sezione Eleocharidium; le facce lisce 0 presso che, cancellate o reticolate, granulate o tubercolate, punteg- giate o zigrinate — quantunque non manchino i passaggi dall’ un modo di essere all'altro, questo spesso prevalente su quello sino nella medesima spiga —, possono valere fra’ caratteri specifici. Quando ai due o tre spigoli, ottusi od acuti, si aggiungono longi- tudinalmente alle facce striature più o meno prominenti, tubercolate o striate frammezzo per traverso, si ha la seconda sezione Tra- chycarpidium. Per terza ritengo Limnochloa Nees., che, seb- bene a frutti turgidamente convessi, grandi, striati siccome alcune forme incluse nelle due precedenti, se ne distingue già per l’ abito medesimo. ." Nel resto non si può badare molto nè alla figura generale delle spighette, nè alla forma, al colore ed alla innervazione delle squame, quantunque dapprima il KouNTH ed i signori BENTHAM ed HooKER in ultimo vi abbiano insistito, poichè fin presso un medesimo indi- viduo variabili con gli stadii di sviluppo, col tempo di matura- C) KunTH, Op. cit. (*) BENTHAM et Hooker, l. c. Pax F., Die Cyperaceen, p. 112. RE Da 282 A. TERRACCIANO, zione, con gli habitat, col posto che occupano. L'architettura di una spiga dipende dalla distanza relativa dei fiori e dalla grandezza delle squame, i cui rapporti mutano dalla base all apice. Indeter- minato l’asse, indefinita è la produzione dei fiori, che cessano poi per spossamento e col cessare impiccioliscono sempre più: la diffe- renza del loro sviluppo rispettivamente all’ asse dà quindi luogo a spighe ovate o cilindriche, ottuse od acute, a squame più larghe o più lunghe, più acute o più rotonde. Nè sono a tacere condizioni locali e di terreno e di clima che, determinando arresti o rapidità di accrescimento, possono assai più modificarle. La spiga di E. palustris R. Br. varia dal mezzo ai tre centimetri quasi, sì da potersene di- stinguere forma normales con altre maiores, minores, reptantes sia dalle infiorescenze e sia dalle relazioni fra queste e gli organi vege- tativi, e forme australes per caratteri nuovi indotti dalla stazione. L’ E. caduca Schultes, in Sicilia assume un portamento con quello insieme di note tutte locali, da doversene distinguere quale va- rietà sicula — gracilescens, che, per quanto lontana dal tipo, dal tipo medesimo non può disgiungersi: del pari E. ovata. R. Br. con la var. sessitensis dell alveo della Sesia, ecc. ecc. Anzi indi- vidui di E. palustris R. Br. var. minor sogliono spesso confon- dersi con £. ovata R. Br., che è micro e macrostachia alla sua volta, o con E. carniolica Koch, la quale nell’ agro torinese assume pro- porzioni identiche ad E. multicaulis Smith , cui si accosta, e non di rado presenta quasi intero l'aspetto di E. amphibia Dur.; — à questa, giudicando ad occhio e croce, talvolta si riferirebbero forme lussureggianti di E. acicularis R. Br., siccome quelle raccolte dal Bubani a Ravenna e che io ho incluso nella var. fluitans ; — cosi fra E. multicaulis Smith, ed E. uniglumis LK., fra E. ovata R. Br. di luoghi aridi ed E. atropurpurea Kunth degli acquitrini su terreni crassi. Eppure siffatte specie spettano a sezioni ed a sottosezioni abbastanza distinte. — Gli è perciò che le tre divisioni proposte e seguite dal BoECKELER (') non hanno altro valore se non per con- (! BoECKELER: op. cit., p. 419. LJ fs GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 283 - siderare anche la disposizione delle squame « subdistichis v. tri- piris » nella prima e « pleiospiris » nella seconda — ambedue corri» spondenti alla mia E/eocharidium con alcuni lievi mutamenti — , ed « evidenter spiraliter dispositis, latis, obtusissimis » nella terza, che per la maggior parte abbraccia L?mnochloa N. v. E., et auct. omn. Nè, per quanto più elaborato e tenga spesso pur conto della superficie esterna e della forma generale degli achenii con il numero delle setole ipogine e degli stili, l'ordinamento del sottogenere E/eo- charis = Eueleocharis Nobis, proposto dallo CHAPMAN (!) trova nelle spighe « cylindrical, scarcely thicker than the soft cellular culm » od appena e solamente « thicker than the culms » una forte ragione di esistere. La prima sezione, che comprende Lim- nochloa, è la meglio definita e ben chiara: ma le altre due ciascuna a spighe più grandi dei culmi, ora considerandosi gli stili 2-3 fidi con achenio lenticolare in una ed ora le setole e gli stili trifidi e l achenio lenticolare nell’ altra senza unità d' indirizzo, hanno certamente dell’ arbitrario e del poco stabile. Ad esempio, messe da parte le forme del frutto non mai lenticolare quando si hanno tre stili siccome per E. capitata R. Br. ecc., in E. acicu- laris R. Br. e striatula Desv., si trovano 3-4 setole o nessuna, 6-4-3 o niente in E. palustris R. Br., 4-6 o nulla in Æ. chætaria Roem. et Schultes, e marginvlata Hochst.; né conto E. albibracteata Nees et Meyen, rostellata Torr., emarginata Klotz., nodulosa Schultes con 4-6, — ed E. sulcata N. ab. E., tenuis Schult. con 3-4, e così via via. All altro sottogenere Chætocyperus, che è lo stesso Chetocyperus e Scirpidium N. v. E., corrisponde bene la mia sezione Trachycarpidium a culmi gracili, capillari, e squa- me trispire, sottili, membranose, con i caratteristici achenil. Sulla innervazione delle squame, — meno in Limmnochloa che ne è caratteristica, essendo desse sempre rigide, romboidali ottuse o troncate-rotonde all’ apice, membranaceo-marginate , a bordi ialini 0) Chapman: Flora South. Unit. States, p. 514-19. New York 1883. 284 A. TERRACCIANO, interi o laceri, finamente nel dosso molticostate per striature sottili, rettilinee quasi parallele, e disposte sulla spiga crassa, lunghetta, ottusa, densa come a fascie compresse con angoli visibili e chiara- mente in spira, — non può farsi nemmeno alcun fondamento. Un solo cordone fibrovascolare vi penetra dall’ asse, che forma la carena, e tramezzo il parenchima, formato da cellule allungate diritte dap- prima e ripiegantisi a destra ed a sinistra di poi verso i margini, si arresta alla metà od ai due terzi al più: altro vascolarizzamento non è apprezzabile, nè che in Eleocharidium e Trachycarpidium si riscontri ho potuto constatare. Essendo desse a spirale — di + ordinariamente, poichè di A in E. acicularis R. Br., uniglumis Link. di 5- in E. ovata R. Br., palustris R. Br. (!), — l’inferiore copre di un piccolo tratto la superiore: — nelle spighe cilindriche od oblunghe restano per due terzi almeno libere, ‘e la loro figura è più o meno piana di sopra ed acutamente rilevata alla nervatura dorsale; nelle ovate od obovato-pauciflore, agglomerandosi sull’ asse molto accorciato, sono come rigonfiate dall'ovario e divengono quindi navicolari a carena alquanto appiattita e come trinerva. In una se- zione trasversale, condotta possibilmente nel quarto inferiore 0 verso la metà, ce le mostra, in modo tipico, costituite da doppia epidermide, la superiore sottile e la inferiore più grossa, le quali, con lacco- starsi ai margini, ispessiscono e si addossano fortemente, — € da un parenchima, che ne occupa quasi un terzo entro cui corre il cordone vascolare abbastanza povero di elementi, e termina all un lato ed all'altro in cellule ispessite confondentisi con l epidermi- de. — Come per ció, v'ha poco di preciso anche pel colore, dal verdognolo scuro al giallastro cupo ed al rosso bruno, fino sulla medesima spiga e nelle diverse sue parti. In Æ. multicaulis Smith. ed uniglumis Link, dove sono ordinariamente rossobrune orlate di bianchiccio, ve n° ha a dorso ora verdiccio e cenerino , ora di (©) ErcaLeR: Die Blüthendiagramme, I, p. 116-17, Leipzig 1875. Pax F., Beiträge zur Morph. und System. d. Cyp., p. 288. # vio cs yas SO Pu A VN i ^ Reni ES Dep Lupe EUS ; EET S Pe un 5 ry Ca RIT i GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 285 uno scuro più intenso; — in E. palustris R. Br. e caduca Schult., talvolta fulve, talaltra con linea verde nel mezzo e cenerognolo- rossicce ai lati; — in E. acicularis R. Br., quasi sempre bianco- ialine, spesso rosso-giallicce e rossastre nel mezzo. Tra il margine, la carena e lo spazio interposto non mancano gradazioni, mutabili col diversi stati di maturità e di luogo, che perciò le escludono sino dai caratteri specifici. Invece il divario tra le fertili e le ultime, inferiori, sterili, offre un carattere diagnostico di maggiore momento. Queste, sem- pre più consistenti, e, per quanto mutabili di colore e di inner- vazione, la quale vi perviene numerosa e direttamente dal calamo, sempre dalle altre diverse per figura, sono o più brevi della spiga ed ottusette o quasi, o, se d'essa variamente più o meno lunghe, mucronato-spatiformi. Nel primo caso, che comprende le forme della sezione Eleocharidiwm, o abbracciano, ciascuna di per sè, la metà della base della spiga; e sono più piccole, fra loro iden- tiche, piane, subrotonde = £. palustris R. Br., allungate, care- nate appena — E. ovata R. Br., atropurpurea Kunth, erette, navicolari o lanceolato-ovate = E. caduca Schultes; — od una sola, l'esterna, quasi tonda o cordiforme o più o meno lanceolato-navi- colare, l'avvolge del tutto, mentre l'altra interna ne è del doppio più grande od uguale, a volte sterile, ordinariamente fertile — E. multi- caulis Smith., uniglumis LK., carniolica Koch, Spesso in E. palu- stris R. Br., ed affini se ne hanno quattro difformi, dovute a sdop- piamento delle due primitive, epperò due a due sul medesimo piano : spesso in altre specie altre se, ne succedono , secondo la spirale ti- pica, ed allora non hanno, come la prima, le striature del culmo, la figura, la consistenza. Non mostrando quindi nè la diretta con- tinuità caulinare nè la funzione biologica protettrice — al pari della gluma nelle Graminacee — sono da considerarsi sterili per aborto casuale di fioretti, e non vanno prese in esame. In Limno- chloa v'ha identiche disposizioni, che, per il numero relativa- mente scarso delle specie, non mette conto rilevare. — Nel secondo 286 A. TERRACCIANO, poi, anche circondandola diversamente, una sola si allunga a spa- tice, la supera o no, si continua indi per un certo tratto sino a restringersi in mucrone ottuso: tali molte Oncostylis Nees e Bul- bostylis Kunth, le quali, per quanto ho detto innanzi, sono incluse fra le Eleocharis del sottogenere Oncostylis Nobis. Qui però la spiga fa con la squama, che è parte integrante del culmo, un an- golo di divergenza più o meno visibile, epperció segna il primo passo alla infiorescenza laterale: i nostri Scirpus alpinus Schleicht. , ecspilosus Linn., Savii Seb. et Maur., Mina Tod., setaceus L., etc. bastano a dimostrarlo. — E su ambedue i casi insisto, siccome di- pendenti da altro fatto biologico notevole del culmo, il quale, mentre in Pleurostachys oltre la spighetta segue per tratto più o meno lungo e con varia forma da un lato a crescere, in Eleochari- dium e Limnochlou arresta con essa il proprio sviluppo. Due specie sole ho potuto esaminare, corrispondenti però a’ due tipi di Eleocharidium sopra accennati: identica la struttura e la forma, si può quasi con sicurezza applicare alle altre specie affini la mede- sima origine. Sull'ultimo internodio vegetativo del culmo fertile, che è ovato-acuto, esternamente ben presto si disegna nel mezzo e dal mezzo in giù a destra ed a sinistra o solo ad un lato una lieve depressione, costituita da cellule a pareti sottili ed in uno o due strati: internamente gl’ internodii si moltiplicano, le squame s' ad- dossano e si forma così la spiga, la quale, sviluppando, si fa poi strada attraverso l'apertura prodottasi nel senso della depressione primitiva. Ne seguono quindi o l' unica o le due squame inferiori sterili a margini membranosi e flaccidi, lunga pezza persistenti 0 sempre: diverse dalle altre fertili per natura ed origine, entrano nella categoria delle formazioni a spata, e squame sono chiamate impropriamente. ; 3. — Qualunque sia la struttura intima degli organi vegetativi aerei, i quali, se le gravi difficoltà d'aver piante vive non si Op- ponesse, sarebbe molto utile ricercare, la presenza di setti trasversali nel culmo serve bene a scindere Lémmochloa da Eleocharidium. b E GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 287 E ciò perché in questa sezione ed in Trachycarpidium si ha un solo internodio vegetativo, internamente spugnoso e quindi un unico setto terminale al cominciamento della spiga, — ed in quella gli internodii sono parecchi e, con l'essere più o meno numerosi, variamente lunghi a seconda delle specie, separati da tramezzi com- pleti in corrispondenza d' ogni nodo così costituito. — D' altra parte su questo appunto riposano le differenze anatomiche; poichè, per quanto grossolanamente osservata, la struttura generale delle Eleo- charis è: una epidermide composta di cellule grandi alterne con piccole, contro le quali ultime si appoggia un cordone meccanico, costituendosi per tal modo alla periferia una serie interrotta di cor- doni separati dalle altre cellule epidermiche grandi, — un palzzata continuo, più o meno sviluppato massime in corrispondenza dei fasci, — una serie unica ed interrotta di fasci, — un parenchima. ln sezione trasversale condotta verso la metà della lunghezza dell’ in- ternodio di una Lemnochloa si osservano: la forma irregolare dei cordoncini meccanici, poligonali quasi, slargati alla base e più attenuati in alto, — il palizzata sviluppatissimo ed in duplice serie, cui direttamente si addossano i fasci, riuniti dal lato. interno da una zona regolare e continua di parenchima limitante una grande lacuna centrale unica, e separati fra loro da lacune piccole e rego- lari. Ciò per Eleocharis consanguinea Kunth, geniculata Roem. et Schult. — Per Eleocharidiwm , pur conservandosi identico il tipo generale di struttura dei fasci, questi, anco in unica serie, si pre- sentano entro una cerchia a contorno più o meno irregolare ed ondulato, e circondati da cellule più o meno collenchimatiche, che vi appoggiano contro e formano un reticolo limitante delle grandi e piccole lacune, — il tessuto meccanico è costituito da serie più regolari di cordoncini meccanici, — ed il palzzzata , manifestis- simo, è raddoppiato e confluente in corrispondenza dei fasci. A questo tipo si riferisce E. palustris R. Br., cui spettano le sue varietà ed E. caduca Schultes, ovata R. Br., atropurpurea Kunth, sebbene per le due ultime una differenza esista nella riduzione del 288 A. TERRACCIANO, numero dei fasci, e la seconda sia molto più affine alle forme ausira- les della prima. Un altro tipo sarebbe a stabilirsi per E. uniglumis Schult., al quale si rapportano E. carniolica Koch, multicaulis Smith; e qui il contorno della sezione trasversale — condotta come in tutte a 5 cm. sotto la spiga — è più regolare, il palizzata con- tinuo e meno sviluppato, le lacune limitate dal tessuto che occupa la parte interna più piccole e più numerose salvo quelle tra un fascio e l'altro, abbondante il collenchima entro cui stanno immersi i fasci. L’ uno passa nell’ altro mediante E. atropurpurea R. Br., carniolica Koch. — Poco chiaro mi riesce Trachycarpidium, dove E. acicularis R. Br., parrebbe priva di palizzata: altre specie non ho potuto studiare, e tale nota per ora sembra caratteristica. Essendo però qui, morfologicamente considerati, i culmi setaceo-capillari, com- presso-tetragoni, solcato-striati, quali con lievi modificazioni si riscon- trano in Eleocharidium, le maggiori dissomiglianze stanno appunto nella riduzione del lume interno e dei fasci. In quest’ altra poi i culmi sono spesso decisamente angolosi o cilindrici, lisci o striati, non sì però che sui medesimi individui non se ne abbiano di cilindrici inferiormente e di sopra angolosi o vice- versa. Sicchè, potendosi sotto ciascuna delle forme tipiche aggrup- pare buon numero di specie, con l'esempio del BorcKELER e del CHAPMAN, non é fuori proposito stabilire, per ciascuna sezione, delle suddivisioni a culmi angulati v. basi tantum, e culmis teretes, sub- teretes v. basi tantum, notando che i subangulato-teretes od i sub- terele-angulati vanno posti tra quelli se angolosi alla base, e tra questi se qui lisci solamente. Piuttosto le vagine afille, che inferiormente li circondano, potreb- bero offrirci qualche buon carattere, poichè in relazione con l’origine dei culmi stessi: ma le osservazioni, che ho potuto istituire, non mi hanno menato a fatti di qualche momento, tra per la variabi- lità e per l'imperfezione loro su gli esemplari studiati. In generale o sono tutte cilindriche e continue, nei margini e solo aperte ed obliquamente troncate all’ apice ora ottuso , ora con breve punta, GENERE « ELEOCHARIS E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 289 ora tringolare, ora prolungato in linguetta, — o tali le superiori e le più basse aperte da un lato, epperò spatiformi: quest’ ultimo modo di essere spesso è effetto di adattamento locale, siccome in E. palustris, la quale dalla forma normalis alla maior vi passa gradatamente. Nondimeno ciò insieme con il calore ed il numero, per quanto alla loro volta mutabili, mi sembra doversi prendere in considerazione nella diagnosi specifica. — A cui non poca luce offre il rapporto d'accrescimento fra i culmi fertili e gli sterili, i quali, quando cominciano a mostrarsi sui nodi degli sto- loni, sono esternamente avviluppati da una guaina chiusa d'ogni parte, mentre altre, una o due o più, se ne formano di sotto e cir- colarmente. Queste sono le guaine afille e troncate, onde ho già par- lato. Appena sono essi comparsi, facendosi strada attraverso la prima che lateralmente si lacera o fende, sui fertili e sugli sterili si disegna la spiga: lenta d’ accrescimento rispetto al sottoposto in- ternodio vegetativo, ben presto si ingrossa in quelli, si atrofizza e riduce a due o più squame ricoprentisi a boccio in questi. I quali spesso mancano del tutto, spesso si presentano sul finire dello stolone o nel principio e sono quindi per lo più assai lunghi e pochi, spesso circondano in vario modo i fertili ora moventi dal medesimo nodo ed ora dal consecutivo molto ravvicinato e sono più brevi. Identiche osservazioni, nelle quali anomalie pur si riscontrano, non è faci le compiere sulle piante senza rizoma apprezzabile, dove il numero degli sterili è sovente più numeroso, senza ordine almeno: visibile, senza correlazioni. Anzi ciò avvalora un altro dato morfologico-sistematico che prendo nello stabilire per ciascuna delle sottosezioni un duplice aggruppamento di specie in stolonifere o lungamente rizomatose ed in cespitose od a rizoma abbreviato, perenni le prime, annue-bien- nali o (?) le seconde. Invero cotale fusto sotterraneo, indeterminato per l'allungarsi dall'apice donde sviluppano i culmi superiormente e le radici inferiormente a ciascun nodo così costituito, ha internodii ora cortissimi e quindi culmi e radici affastellantesi, ora lunghi ed 20. Malpighia, anno II, vol. II. A. TERRACCIANO, orizzontali o discendenti con culmi e radici distanti fra loro: sto- loni v' ha sempre, ma il rapporto degli internodii è così costante per ogni gruppo e le forme dj transizione sono tanto ben definite da certe specie, che non senza errore si può distinguere un rhizoma stoloniferum repens, — da un rhizoma abbreviatum, cospitosum, cui molti danno il nome di radix fibrosa con la quale in certo modo si confonde. 4. Sicchè, riepilogando in un quadro schematico i caratteri fi- - nora presi in esame, avremo : Eleocharis R. Br., emend. et auct. Subg. I. EvELEocHaRIS Nobis, = Eleocharis auct. omn. Sectio I Eleocharidium Nobis, = Eleocharis et Eleogenus Nees, — culmi intus spongiosi v. fere, squam:e arcte imbricate, 3-pleiospiree plerumque uninerves, achenia laevia v. punctulata, pyriformia v. biconvexa v. triquetra. Subsectio I Amblygoniocarpos Nobis, - achenia angulis obtusis v. sub- rotundis. A. squama infima spiculae basin dimidium amplexans. a. rhizoma stoloniferum repens. + culmi angulati v. basi tantum + + culmi teretes v. subteretes, striati v. basi tantum. b. rhizoma cæspitosum v. radix fibrosa. + eulmi angulati v. basi tantum + + culmi teretes v. subteretes, striati v. basi tantum.” B. squama infima spicule basim omnino amplexans. a. rhizoma stoloniferum, repens. + eulmi angulati v. basi tantum ++ eulmi teretes v. subteretes, striati v. basi tantum. b. rhizoma cæspitosum v. radix fibrosa. + culmi, angulati v. basi tantum ++ culmi teretes v. subteretes, striati v. basi tantum. Subsectio II. Oxygoniocarpos Nobis, - achenia angulis prominulis, acutis | i v. costuliformibus, ; | A-B, a-b et reliqua uti in praecedente. UN A ud ev sd GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO Sectio IL. Trachycarpidium Nobis, = Chetocyperus et Scirpidium Nees, 4, — culmi tenues, parce striatuli, achenia longitudinaliter multi- costata, transversim v. striata v. tuberculata. A-B, a-b et reliqua uti in precedentibus. Sectio IIl. Limnochloa Nees, sensu ampliore, — culmi septis transversis interrupti, squame distincte pleiospirze et 3-plurifarie, multinerves, achenia turgide biconvexa, magna, striata, A-B, a-b et reliqua uti in precedentibus. Subg. II. OncostyLIs Nobis, — Oncostylis et Bulbostylis Nees, - Oncostylis Boeckeler, Linn, XXXVI, 736., — culmi cæspitosi, foliati. Sectio I. Oncostylidium Nobis, = Oncostylis Nees p. p., - Bulbostylis Kunth, En. Pl., 250 p. p. quoad species monostachyas, - Oncostylis & Boeckeler, op. cit., n. 100-109, — spicula solitaria terminalis, squama infima vacua spieulam v. fere sequante v. paullo longiore. Sectio IL. Pleurostachys Nobis, =? Pentasticha Turez., - Oncostylis D Boe- ckeler, 2. c., n. 110-123 — spicule 2 v. plures lateraliter fasciculate, squa- mis infimis vacuis una vero maiore foliacea, altera aut :equali v. minore, omnibus e culmo elongatis. Sectio II. Euoncostylis Nobis, = Oncostylis Yy Boeckeler , l. c., n. 124-34 — spiculæ laxe umbellatz v. capitato-depresse, una vero semper centro-ter- minalis, omnes vaginis infimis vacuis in involucrum foliaceum v. fere pro- tractis tectæ. II. Le Eleocharis italiane spettano tutte, meno Æ. acicularis R. Br. a Trachycarpidium, “alla sezione Eleocharidium, quasi con eguale proporzione distribuite fra Amblygoniocarpos = E. palustris R. Br., caduca Schult., uniglumis Schult., multicaulis Smith., ed Oxygonio- carpos = E. ovata R. Br., atropurpurea Kunth, carniolica (Koch) Parl. Per il che, secondo il recente lavoro del Clarke (°), manche- rebbe solo E. amphibia Dur., sinora trovata a « Bordeaux, Urgel!-. in Landes et in sestuariis fluminis Garonne, Clarke! - à la Bastide dans les vaseux de la Gironde submergés à chaque marée, Matelay ! (1) Op. cit., 268. 292 A. TERRACCIANO, ex herb. Cesati » perchè la nostra flora avesse poi tutte le specie spettanti all'Europa. Ma potrebbe anche esser dessa un prodotto di adattamento di forma straniera, colà accidentalmente introdotta. Contro l opinione di molti sistematici, come differenziata da E. palustris R. Br., io tengo E. uniglumis (L. K.) Schult. ; oltre la squama inferiore sterile unica sempre e subrotondo-allungata , eretta, più lunga e più coriacea, abbracciante tutta la base della spighetta, ha i culmi, più rigidi e più profondamente striati nè così spongiosi all’interno nè così slargati in fine e poi ristretti sotto la spiga come in E. palustris R. Br. L’ achenio stesso vé più grande, talvolta triquetro per la presenza di tre stili, sub- rotondo e come acutamente ristretto in giù, dove appare solcato, ‘d'un giallo-bruno più carico e punteggiato a serie longitudinali , e la stilobasi crassa, compressa, più larga che lunga e quasi marginata di bianchiccio; mentre nell'altra questa è lateralmente appiattita, lunga più che larga, e quello lucente o no, giallo-ver- diccio o fosco, variabilmente crespo. Vi si aggiunge la distribu- zione geografica, che ne limita l’area dalla Svezia e Norvegia con l'Irlanda e la Gran Brettagna pel Belgio alla Francia settentrionale . ed occidentale da una parte, per la Germania e la Russia media alla Boemia ed Austria, Ungheria, Croazia, regione danubiale dal- l’altra; per la Liguria e la Dalmazia penetra in Italia, di cui abita la parte settentrionale, dalle valli alpine a quella bassa del Po, scen- dendo a Pisa ed a Livorno e più giù nell'Agro romano ed Ostia e Terracina. — E l'E. palustris R. Br. invece è diffusa da un capo all'altro della penisola, modificandovisi peró in vario modo. Sebbene abbia tenuto conto delle forme maior, reptans e minor — sotto la quale ultima a torto è stata sempre messa E. uniglumis (L. K.) Schult., — aggruppate in un’ unica normalis, tuttavia quella au- stralis merita maggiore considerazione. Trovata finora ai prati di Pollino in Calabria e comunemente in Sicilia, se non pure in Cor- | sica e Sardegna, comprende le specie finora descritte come solo dell’Africa settentrionale, ed a seconda delle stazioni fra noi va di- c A A A 3 GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 293 t . stinta in una forma italıca che è il tipo descritto da me ed una minor che è la vera E. palustris var. reptans del Parlatore herb!: questa per alcune note si congiunge ad E. nebrodensis Parl!, la quale ne stimo varietà insigne ed anello di passaggio con E. ca- duca Schultes. L'E. caduca Schult., data sinora dell’ Egitto e della Sardegna, posso con sicurezza indicare del lido di Spezia, e della Sicilia con dubbio per mancanza di essiccati completi : nondimeno il confronto fra esemplari autentici di Scirpus caducus Delile! e quelli favo- ritimi dal D.” Ross da Palermo per E. ovata e col medesimo nome conservati nell’ erbario siculo del Gussone, che come tali li descrisse (Guss., Syn. fl. sic., I, 47), non sembra dar luogo a maggiori esitanze. Ad ogni modo, come aveva notato il Parlatore, l E ovata R. Br., va esclusa del tutto dalla flora siciliana. — Anche senza entrare in particolari anatomici, sommariamente si osserva una certa unità di struttura fra essa ed E. nebrodensis Parl., tra questa è la forma minor della E. palustris p australis ; mentre quella italica è molto più affine con E. palustris a normalis forma maior. La minor della normalis con la var. reptans passa al tipo della E. uniglumis Schult., la quale, rispetto ad E. palustris R. Br., mostra nella sezione tra- sversale un contorno più regolare, un palizzata di cellule più grandi e più tondeggianti, una riduzione nel numero dei fasci, e più piccole e più numerose le lacune limitate dal tessuto che occupa la parte interna del culmo ed in cui i fasci sono immersi. Sicchè i rapporti genetici, onde tali specie sono congiunti, si possono esprimere così: E. uniglumis Schult., E. palustris R. Br. X normalis igit uai forma minor y B È. o = bos p. australis » italica -~ 7 var. nebrodensis Parl., E. caduca Schult: A. SERENO; Per architettura esterna d'achenio, per abito generale ed identità i. della squama inferiore sterile abbracciante tutta.la base della spiga, | per alternanza di numero degli stili sui medesimi individui, per . quasi identica distribuzione geografica E. multicaulis Smith., tiene molto di E. uniglumis (Link.) Schult., e geneticamente vi si col- lega: la sua presenza oggi nell'Agro Romano, in Toscana e Sardegna sì rapporta agli estremi limiti orientali di adattamento quando, sul E finire del terziario, dall’ Europa più settentrionale si estendeva alle | isole Azzorre ed all’ Africa boreale per l Inghilterra, la Francia, la Spagna. Dall’ altra parte la comunanza delle viviparità e proli- ferazione nei fiori basilari alla spiga la congiunge ad E. carniolica, — (Koch) Parl., quasi forma locale dal Piemonte alla Carniola-Carinzia- Ungheria-Prov. Banate: non molto dissimile ne è l’abito, simile la stilobasi, identico l'achenio comparato a quelli di esemplari digini. — Certamente la struttura di ambedue è presso a poco identica e si riferisce a quella già descritta per E. wniglwmis Schult., sicchè le tre forme nè anatomicamente nè geograficamente possono sepa- rarsi fra di loro. Tipo è la prima, l’ultima di più recente differen- ziamento con caratteri comuni ad essa e ad E. palustris R. Br.: E. carniolica Parl. potrebbe considerarsi ibrida, chè, in quanto alle costole acute delimitanti nei frutti i due carpelli primitivi e spesso pel portamento e la coincidenza degli habitat, molto anche si accosta ad E. ovata R. Br. Questa è presso noi limitata fra Torino, Gozzano, Vercelli ed il lago Maggiore, mentre E. altropurpurea Kunth da Vercelli pel Ticino e Pavia si distende sino a Verona e forse più ‘oltre, rappresentando cosi un fatto di progressione geografica degno di nota. L' una rara. in Europa e d'origine affatto meridionale e diffusa per quasi tutto il mondo dalle regioni tropicali africane alle asiatiche, australiensi e d'America, l’altra settentrionale e continuantesi nell'Asia con E. capitata R. Br., ambedue stimo in una medesima scala di af- finità, che ad E. palustris R. Br. le collega per E. caduca Schult, e per E. carniolica (Koch) Parl. ad E. multicaulis Smith. L'E. E "S DUM valo ab RIA, v GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 295 Zanardinii Parl. ritengo per ora, non avendo potuto esaminare se non il solo esemplare autentico - abbastanza incompleto - del PAR- LATORE, forma locale, sul lido veneto, di E. atropurpurea Kunth. — Il tipo stesso di struttura è in E. ovata R. Br. molto simile a quello di E. palustris R. Br., ed in E. atropurpurea Kunth in-, termedio fra questo e l altro di E. wniglumis Schult. L'E. acicularis R. Br. dalla valle del Po scende sino al Padule di Bientina, ed ai laghi romani, siccome lE. smullicawlis Smith; la distribuzione identica di queste due forme fa assegnare loro una vita fitopaleontologica rimontante all'epoca medesima. Tut- tavia intorno a siffatto ordine di idee poco o nulla di preciso può dirsi e per le difficoltà medesime del soggetto e per le mancanze di studii in proposito a causa di insufficienti avanzi fossili. Giudi- cando per analogia con altre forme e di Cyperacee e di monoco- tileloni, messe in confronto le presenti stazioni con le affinità geo- logiche in periodi anteriori, si potrebbero ritenere esistenti in Eu- ropa nel terziario le sole E. palustris R. Br. dappertutto, oltre il 50° lat. Nord E. acicularis R. Br. dall’ Islanda ed isole Britan- niche alla Siberia ecc., ed E. multicaulis Smith più verso occi- dente dalla Scandinavia merid. alle isole Azorre. Col sopraggiungere e finire del glaciale queste due rimasero, allargando e rimutando pure i proprii confini, morfologicamente immutate, l'altra si diffe- renziò in E. uniglumis (L. K.) Schult. nelle stazioni nordiche ed E. palustris b australis in quelle dove la temperatura si mantenne ' ancora elevata. Col ritornare delle condizioni nuove e più uniformi E. palustris È australis viguadagnó terreno verso il pord, e diede luogo ad « normalis, che colà è sempre meno abbondante di E. uni- glumis (L. K.) Schult., con le sue forme. Abbiamo perciò tre tipi geografici, che sono pure anatomo-mor- fologici, intorno a cui le altre specie variamente si congiungono. Cercando di esprimere il meglio possibile siffatti rapporti genetici , propongo il seguente quadro : ug y SAVAA ‘MH "apnuqos vonppoW x (‘pie d) sisuepo4qou ‘ava . DE, a0ujur : P : 2:7 Mot PME sis *anq piquuduo gr... wnq9v]SolO€UI “IVA 5 xi Si[vd)snv e ) a aout € “qed (U90H) 0977024409 ‘7 anyos snungb n 4 10upu wuoj | W *VUVIVIN d “yug SI'INVOLLION ‘i | EM N » m ui | stremaou » vuÁSIp vwo vag y siniisova 'g GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 297 Conspectus Eleocharidum italicarum. ELEOCHARIS R. Br., emendat. et auct. EvELEocHARIS (subgenus) Nobis, — Spica solitaria terminalis. Sectio IL. Eleocharidium Nobis, — Achenium laeve, 2-3 convexum. Subs.: 1. Amblygoniocarpos Nobis — Achenium angulis subrotundis. A. squama infima vacua spiculae basin dimidium amplexans. a. rhizoma longe repens. E. palusiris R. Br., . forma maior, cm x. normalis Nobis, > mnor, var. reptans. ( forma ztalica, — P. australis Nobis , | » minor, | ' var. nebrodensis. b. rhizoma subczspitoso-repens. E. caduca Schultes, — var. gracilescens Nobis, B. squama infima vacua spiculae basin omnino amplexans. a. rhizoma longe repens. E. uniglumis (Link) Schultes, b. rhizoma abbreviatum, caespitosum. E. multicaulis Smith. , — var. Mariana Nobis, Subs.: 2. Oxygoniocarpos Nobis, — Achenium angulis acutis. A. squama infima vacua spiculae basin dimidium amplexans. a. rhizoma abbreviatum, caespitosum. E. ovata R. Br., — a. normalis. Nobis, E. obata b. italica Nobis, i T — — forma Sessilensis Nobis, — var. humifusa Nobis, E. atropurpurea Kunth, — x normalis Nobis, — — var. minor Kunth, --—-. D. Zanardinii (Parl.) Nobis, B. squama infima vacua spiculae basin omnino amplexans. a. rhizoma abbreviatum, caespitosum. E. carniolica (Koch) Parl., — var. macrostachya Becklr., dor. TUN iK Sect. II. Trachycarpidium Nobis — Achenium longitudi- D. naliter multicostatum, transverse striatum. E. acicularis ER. Br, — var. fluitans Schur, IM I. EveLEocHARIS (subgenus) Nobis, v Eleocharis R. Br., Prodr. fl. n. holl. , 80; Rund. Enum. pl., II, 139; Heleocharis Letisb., Ess. Cypér., i Sect. I. Eleocharidium Nobis, — squamis pleiospiris, ache — nio laevi v. pene rugoso-crispo, 2-3 convexo. p Eleocharis et Eleogenus Nées von Esen., Uebers. Cyp. gaitungen, 5 in Linnaea, IX, 294; Boeckeler, Cy p. in Linnaea, XXXVI, 419, b. p. m. p. Subs: «È Amblygoniocarpos Nobis , — achenio angulis j subrotundatis. j A. squamis infimis vacuis duobus, aequalibus v. fere, una- quaque spiculae basin dimidium amplexante. M uic E + spicula oblonga, squamis ovato-lanceolatis , acutiusculis - v. obtusis. ] a. rhizomate longe repente. GENERE « ELEOCHARIS > E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 299 © 1. E. palustris (L.) R. Br., — achenio obovato, interdum subor- biculato, utrimque turgide convexo, marginibus rotundato-obtusis, laevi v. obsolete rugoso-crispo, brunneo, rufo aut fuscescenti-luteo, styli basi persistente ovato-acuta v. abbreviato-subcordata, compla- nata, pallida, v. subhemisphaerico-mitriformi, magis longa quam lata coronato. R. Brown, Prodr. fl. n. holl., in adnot; 80; Bertoloni, Fl. ital., I, 305; Parlatore, Fl. ital., II, 61; Cesati, Passerini, Gibelli, Comp. fl. ital., 97; Arcangeli, Comp. fl. ital., 728. — Scirpus, Bulbostylis, Elaeocharis, Heleocharis, Clavula palustris auct. omn. Ic.; — Th. Nees, Gen. fl. germ., II, t. 18, fig. 1-16; Leighton, fl. Shrop., 33, t. 2, fig; 1; FL dan, t. 273; Host, Gram, III, 38, t. 55; Lam., Ilustr., I, 138, t. 38, fig. 1; Leers, Fl. herbor., 10, t. 1, fig. 3; Sowerby, Engl. bot, t. 131 ; Sturm, FL, III, t. 9; Reich., Ic. fl. germ., XVIII, 37, t. 296, fig. 704; Anders., Cyp. Scand., 10, t. 2, fig. 22; Bentham, Brit. fl. II, t. 1076; Baxter, Brit, bot., VI, t: 436, fide Pritzel; Thomè, FI. deutsch., I, t. 105. Habit; — in paludibus, fossis, pratis udis et calcareis et siliceis, ad fluminum et lacuum ripas Italiae continentalis et insularis , a regione salsa marituma ad montes (2000 m. v. ultra). Maio et junio, augusto et septembri. a. normalis Nobis, — E. palustris auct. omn. Como (Comolli! F.) (!), fondo. Toce al lago Maggiore (26 aug. 1886, Armitage! Terr. Locarno alla Maggia (Ricca! F.), Santa Lucia presso i bagni di Bormio in Valtellina (3 sept. 1871, Levier! F.), Torino (Del Ponte! F. — ? 1815 Tor. — 1785, ex R. h. b. T. AL lioni in fl. n. 2559, Tor.), Alba (1815.! Tor.), Monte Cenisio al lago () F. = herb. Florentinum, Ces. = herb. Cesati. G. = » Genuense, Car = >» Caruel. Tor. = >» Augustae Taurinorum, P. = » Penzig. R. = » Romanum, W. = » Webb. N. = »- Neapolitanum, Terr. — » Terracciano. 300 A. TERRACCIANO (3 aug. 1862, Rosellini ! Ces. — 22 jul. 1876, Arcangeli! F.) ed alla i Gran Croce (29 jul. 1854, Parlatore! F.), San Bernandino ai Gri- gioni verso Campo dei fiori (18 aug. 1873, De Notaris! R.), Ver- - celli (jul. 1849, Cesati! Ces. G.), Menocca ( Rota! G.), Roasenda (1862-1866, Malinverni! Ces.), Pavia (12 nov. 1879, Penzig ! P. — Badaró! 1820, G.) a valle Salimbene (18 jun. 1876, Canneva! R.) e rive del Ticino (Rota! G.), Mantova alle valli della Sermide (majo 1853, Magnaguti! F. Car.) e di Ostiglia (Masi! R.) ed al lago (Bar- bieri ! F.), Carmignano (Montini! F.), Bassano (Montini! F.), Verona ( Manganotti! F.) a San Pancrazio (Massalongo! F.), Valsugana al Borgo nel Tirolo italiano (Ambrosi! F.), Torniale (Tommasini! F.), Belluno (Venzo! R. F.), Modena ( majo 1875, Gibelli! R. ), Rimini (17 sept. 1863, Caldesi! Car.) Soleschiano nel Friuli (4 jul. 1886, Di Brazzà! Terr.) Varo (9 maj. 1845, Barla! F.), Albenga. (majo 1869, Piccone! R. — julio 1841, De Notaris! G. — jun. 1851,? G.), fiumana di Andora (Ricca! F.) e Bisagno presso Genova (Savignone! F.), Portomaurizio alla fiumana di Caramagna (aug. 1839, Berti! F.), Sestri levante (majo 1843, De Notaris! G.), Montal di Torriglia (jul. 1843, De Notaris! G.); — appennini Toscani (jul. 1841, Savi! F.), alveo della Cecina presso le Saline (Amidei! F.), Monti Pisani a San Giuliano ( 31 maj. 1856, Caruel! F. Car), Monte Senario (16 sept. 1851, Caruel! Car.), San Pellegrino (Caruel! Car.) tra Poggio a Caiano e San Mauro (18 maj. 1852, Caruel! Car.), Firenze verso Pratolino (12 jun. 1842, Parlatore! F.), ghiacciaia di Tespiano (6 maj. 1866, . Bucci! F.), presso Lucca al lago di Bientina (Parlatore! W.), Gros- seto alla piana (jun. 1844, Ricasoli! F.), ed all’albarese (9 apr. 1843, Parlatore! F.); — Spello sul Monte Subasio (26 jul. 1886, Frizzi! Terr); — Martignano presso Bracciano (24 apr. 1886, Brizzi! Ter.), Roma (Fiorini-Mazzanti! F. R.) a villa Madama (Mauri! R.) alla Farnesina (apr. 1886, Pelosi! R.) fuori porta San Lorenzo (19 apr. 1885, Pelosi! Terr.) ed a Tor di Valle (1 apr. 1860, Rolli! R.) lago dei Tartari (jun. 1829, Sanguinetti! R.), Ostia (majo 1830, GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 301 Sanguinetti! R.), Nettuno sulla spiaggia (25 majo 1857, Rolli! R. — 5 maj. 1885, Brizzi! Terr.), paludi Pontine a Ponte Bianco (4 jul. 1874, De Notaris! R.), ad Astura (23 maj. 1857, Rolli! R.), lungo Rio Torto - alla Mola - al lago di Paola - dovunque nel Promontorio Circello (! 18-25 maj. 1888, R.), canale Morticino - Torre Badina - stagni presso Terracina (! 27 maj. 1888, R.), Carroceto presso Roma (majo 1887, Pelosi! R.), Maccarese (aug. 1886, Pelosi! R.). Monte Matese al lago (jul. 1871, Terracciano N.! Terr.), Sora al lago di Posta (jun. 1874, Terracciano N.! Terr.), pressi del lago di Fondi (! 27 maj. 1888, Terr.); — Ischia alle Chianole del Testaccio (12 maj., 2 aug. 1852, 22 apr. 1853, Gussone! N.), Napoli al Pascone (aug. 1809, Gussone! N.); — Balvano (Barbazita! N.); — Barletta alle Saline (? W.); — al fiume Angitola in Ca- labria 1 (6-7 maj. 1877, Arcangeli! Biondi! F.). Sicilia (Parlatore! F., Calcara! F., Gussone! N.), Paternò (apr.1845, Tornabene! N.), Fiume grande (Gussone! N.), San Domenico a Can- netra (Nicotra! Terr.), fra Caronia e Mistretta (Nicotra! G.), Man- danici (jun. 1844, Gussone! N.), Gurgo di Ddingoli a Cotrano (13 jun., Gussone! N.) Palermo (Todaro! Tor. G. Terr. F. — et in Exs. fl. sic., n. 125, Ces. F. R.) all'acqua dei Corsari (Parla- tore! F.), Avola (Bianca! F.). Aiaccio (majo 1848, Requien! F.), Cavallo (Requien! F.), Boni- facio (Requien ! F. G.). Obsery. — E. polymorpha et amphibia, rhizomate repente; culmis plurimis, fasciculatis, rectis, subcompressis, spongiosis, crassiu- sculis v. tenuibus, basi vaginis aphyllis, membranaceis transverseque truncatis cinctis, superne leviter ampliatis, et dein ad spicam con- strictioribus; spica erecta, acutiuscula v. subconico-lanceolata, varia, squamis e basi ad apicem sensim minoribus acutioribusque. Inter plantas luxuriantes in aquis crescentes maiores, et extra aquam macriores humilioresque minores , praecipue et bene distinctze occurrunt: : TERME ees LIRE, STARE IRR qi 302 A. TERRACCIANO, forma maior Ten.! mss., — culmi 12-20 poll. et ultra, molles grosse striati, superne compresso - subtrigoni, sub spica constrie- tiores; spica maxima, ovato-lanceolata, oblonga v. conica, saepe gri- A seo-fusca, glumis acutiusculis, setis inaequalibus; rhizoma longe E repens, crassum. ; E. palusiris var. major Ten! mss., ex herb. H. R. Neap; E Bmge, 2197, fide Schur, En. pl. Transs., 690: — var. elatior Rolli! 3 mss. — var. longistachya Terracc!, Peregr. bot. Terr. Lav., IV, 1 120; — var. aquatilis Schur, l. c. et var a, in Sert., n. 2906. Habit; — Padova (1842, Bracht! F.), rive del Po ad Albignola . (Rota! G.), padule di Fucecchio (9 maj. 1878, Arcangeli ! F.), Poggio a Caiano (Beccari! F.), Modena (majo 1875, Gibelli ! F.), Nettuno (majo 1857, Rolli! R.), Albenga (?, G.), risaie lombarde (Malinverni! Ces.), Caserta (Gussone! N.), lago del Matese (Tenore! N.), Mindurno (Terracciano N! Terr.). ann d als drei forma minor Nobis, — culmi 6-8 poll., tenuiores, rigidi, steriles È numerosi, apice arcuati, basi dense fasciculati, cæspitosi ; spica minor, | lanceolata v. ovato-oblonga, omnino brevis v. pauciflora, glumis basi — fere obovatis, apice acutis. E. palusiris var. minor Schrad, Fl. germ. , 1, 127; Parlatore, l. c.; Cesati, Passerini, Gibelli, l. c.; Arcangeli, l. c.; Schur, l. €. et var. b-c in sert., n. 2906; — var. pumila Lge, Willkomm A et Lange, Prodr. fl. Hisp., I, 131. — Huic? Scirpus varius et tenuis Schreb, in Schweigge et Körte, Fl. Erlang., 11, 12, 159. si Habit; — Montalone nella Valsugana (Montini! F.), Roman —— presso Bassano (Montini! F.), monti sopra Givoletto (Belli! 20 jul. 1887, Tor.), Boscolungo a Maurici (4 jul. 1863 et 11 jul. 1857, Par- latore! — 3 aug. 1847 et 10 Jul. 1857, Targioni-Tozzetti! F.), la- ghetto della Spella a Monte Subasio (26 jul. 1886, Frizzi! Terr.), Gravina (Tenore! N.), Cilento (Gussone ! N), Puglia (jan. 1848, Gasparrini! F .), Monte Baldo a Prabazar (sept. 1879, Goiran! Ces,), Lucca (maj. 1861, Beccari! W.), valle di Andora (Badarò! G.), | GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 303 Menocca (Rota! G.), presso Daila nell’ Istria (Tommasini! F.), lungo un torrente alpino a Domodossola (majo 1888, Rossi! R.). Var. reptans Parl., — culmi tenuissimi, magis arcuati, striolati, vaginis longioribus, basi fusco-purpureis, rhizoma ramosum, ramis plurimis, longe repentibus, Parlatore, Fl. ital., II, 62, quoad carachteres; Arcangeli, l. c.; Cesati-Passerini-Gibelli, l. c.; — Scirpus reptans Thuill., FI. Paris., I, 22. — b. minor Cosson et Germain, Fl. Env. Paris, 607. — b. salinas? Schur, l. c., et var. d. in Sert., n. 2906. Habit; — Bordone in una risaia (28 sept. 1864, Malinverni! Ces.), rive del Ticino (Rota! G.), luoghi umidi a Boscolungo (3 aug. 1857, Parlatore ! F.), presso il Po (Piotta! Tor.) ed alla Madonna del Pilone (Molineri ! Tor.). Distrib; — per totam fere orbem terrarum, a planitie hemi- sphzrii borealis ad montes regionum calidarum, ubicumque in udis et toto anno v. hieme tantum paludosis. P australis Nobis, — culmi crassiores, flaecidi, fere glauce- scentes, basi dense crespitoso-fasciculati, purpurascentes, vaginato- Squamati, vaginis 2-3 v. ultra, quadam maiore uno latere producta, subtilissima , apice rotundata, quadam minore lacera, brevissima , fertiles sterilibus breviores; rhizoma parce v. longe stoloniferum, stolonibus in nodos incrassatis, confertis et fibrillis numerosis præ- ditis; spica varia, potius parva, squamis distincte albo-membrana- ceo-marginatis, carina viridula, apice flaccidis qua de re obovatis; achenio fusco v. nigrescente, styli basi minore. E. striata Hochst! et sororia Nees, var.? in Schimper, Iter abyss., n. 1331, (W!), — E. sororia? Kunth, Enum., II, 148, — E. crassa C. A. Meyer, in A. Becker, Fl. Wolg:e infer., fide Beeckeler, in Linnza, XXXVI, 466; — E. milrocarpa Steud.,?; — E. ca- pensis N. ab Esenb., hb. fide Beckeler, 1. c. : Observ; — Occurrit vero forma major, jam a Beeckelerio sub E. palustri R. Br., confusa; huic ferme spectant Scirpus limosus 304 A. TERRACCIANO Schrad, Lémnochloa limosa N. ab Esenb., herb. Eleocharis limosa Schult., — et E. Dregeana Steud., Syn., 78, Boeckeler, l. c., — In Algeria et Tunisia vulgata est: forma italica Nobis, — culmi magis reptantes, elongati; reliqua uti in descriptione. Habit: — Fra Caronia e Mistretta (Nicotra ! G.), Siracusa e Catania (sept. 1845, Parlatore! F) et huc illuc in Sicilia simul cum specie typica nec non in Corsica; — Mt. Pollino presso la casina Rovitti in Calabria (aug. 1886, Terracciano N! Terr.) et forsitan per Italie meridionalis litora in paludosis calidioribus. forma minor Nobis, — culmi plerumque recurvi, numerosi, tenuiores. E. palusiris b. minor Parlatore, Fl. Panorm., 1.63, et FI. Pa- lerm., 1. 304; — E. palustris c. reptans Parlatore! herb, et p. p. FI. ital., II, 62. — Media inter E. palustrem R. Br., et E. caducam Schultes; an huic E. palustris var. minor Battandier in literis? Habit: — Sicilia sulla strada che dal Gurgo di Ddingoli và alla Piana dei Greci (sept. 1845, Parlatore ! F.); Calabria ai piani di Pollino (julio 1877, Huter-Porta-Rigo! ex itin. III, ital, n. 757, F.) e mt. Pollino alla mandra Rovitti (aug. 1886, Terracciano N! Terr.). Var. nebrodensis Nobis, — culmi subteretes, plures, steriles recurvi, floriferi parvi, erecti; spicula ovata, brevis, obtusa, squamis obtusis, adpressis; achenio styli basi complanata, obtusa, magis lata quam longa, margine albo-suberenulato cincta, coronato. E. nebrodensis Parlatore!, Fl. ital., II, 63; Cesati-Passerini-Gi- belli, 1. c.; Arcangeli, l. c. ; Strobl, FI. d. Etna, in Flora, 1880, n. 38, p, 397. Habit; — in elatioribus montosis Siciliæ, sine loco (Calcara! F., — majo 1850, Tineo! Terr.), Madonie al piano dei Velieri (jul. Gussone! N.) ed al piano della Battaglia (Parlatore! Minà! F.); nuper sui piani di Pollino ad circiter 2000 m. nella Calabria Co- GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 305 sentina (julio 1885, Terracciano N! Terr.) et ad Aizer, 2000 m. sul Djurdjura in Algeria (jun. 1884, Battandier! R,). Distrib: — per Africam borealem, /Egyptum presertim et Abyssiniam, ad Caput B. S. usque. b. rhizomate subceespitoso-repente. 2. E. caduca (Delile !) Schultes, — achenio nigro, levi, nitido, obovoideo, pyriformi, subcompresso, apice obtuse-depresso, stylobasi conica, pallida, e rachi dentata deciduo. Schultes, in Rem et Schult., Syst. veget., Mant., II, 88; Kunth, En. pl., II, 151 : Clarke, Eleoch. Europ., in Journ. bot., XXV, 268; — H. caduca Boissier, Fl. or., V, 388, — E. capitata (Willd.) R. Br., Prodr, fl. n. holl., 225 p. p., — H. capitata Bæckeler, Cyp., in Linnæa XXXVI, 461, p. p., — H. ovata Barbey ! FI. Sard., 63, et Cat. Sard. n. 1453!, in herb. Taurinensi, — E. uniglumis Miller! exs. Barbey, nec non Cat. Sard. n. 1452, ibid., — Scirpus caducus Delile! Aeg., 1, 9. Ic; — Delile, Aegypt., 9, t. 6, fig. 2. Habit; — in paludosis prope Porto Scuso Sardiniæ (Mueller ! exs. et. mss., Tor.) et in uliginosis littoris Spediæ (Bertoloni ! G.). Observ; — E. perennis, cæspitosa, radice pallida, tenui, sto- lonifera , parce repente, haud squamata, surculis crebris, longis, culmi sfere 5-8 cm., erectis, confertis, teretibus striatisve, crassiusculis subspongiosisque, basi vaginis brevissimis obsitis, summa altero latere producta, fere lanceolata ; spica 5 mm., ovoidea v. ovato-oblonga, nuda, densa, glumis arcte imbricatis, oblongo lanceolatis obtusiusculisve , pallide brunneis et dorso anguste viridibus, imis vacuis maiori- bus, inter se æqualibus , lanceolato-navicularibus, medio late viri- dibus, setis 5-6 paullo achenium superantibus v. tertia parte longio- ribus, scabris, ferrugineo-rubris. Var. gracilescens Nobis, — culmi graciles, elongati, 5-15 cm. fere, teretiusculi, substriati. Scirpus ovatus Gussone! Syn. fl. Sic., 1, 48; — E. palustris var., Gasparrini exs!; — E. ovata Todaro, exs! — Confer Parlatore FI. ital., II, 65, observationes ad E. ovatam. 21. Malpighia, anno II, vol. II. 306 A. TERRACCIANO, Habit: — in uliginosis et ad stagna, Caronia al Gurgo di Bassano (Gasparrini! N.) Caronia (Todaro! misit. Ross! Terr.). Observ: — Haud procul dubio hæ loca refero, quum nec flores perfectos nec achenia observare potuerim: desiderantur specimina meliora. An E. palustris D. australis forma gracilescens ? Distrib: — in ZEgypto inferiore ad Damiatam, Syriam, et ad El Chayeh in Oasi magna, uti ex Boissier loc. cit. B. squama infima extima vacua, spiculæ basin omnino amplexante, alterna intima fertili maiore, sæpius sterili minoreque. + spieula oblonga, squamis apice subrotundis v. ovatis. a. rhizomate longe repente. 3. E. uniglumis (Link,) Schultes , — achenio subrotuhdi ovato, utrimque leviter compresso, marginibus rotundato-obtusis, dilute brunneo, subtiliter striolato v. dense punctulato, basi styli rema- nente ovato-conica, brevi, obtusissima v. complanata, rugoso-pallida marginulata v. papillis albidis cincta, magis lata quam longa co- ronato. Schultes, in Rom. et Sch., Syst. Veget. Mant., II, 88; Parlatore, FI. ital., IT, 64; Ledebour, Fl. Ross., IV. 245; Grenier-Godron, Fl. Fr., III, 380; Cesati, Passerini, Gibelli, 1. c.; Arcangeli, l. c.; Nyman, Consp. fl. Europ., 767; Schur, Enum. pl. Transs., 690; — E. multicaulis De Notaris, herb. Gen., et Rep. fl. lig.;; — H. uniglumis Rchb., Fl. germ. exc., 77; Koch., Syn. fl. germ., 738; Willkomm et Lange, Prodr. fl. hisp., I, 131; Boissier, Fl. or., V, 386; — H. affinis C. A. Meyer in A. Becker, Pl. Wolg:e infer., ex Flora, 1858, p. 413, obs. et exs. 160, fide Nyman, l. c.; — H? conica Presl, fid. Schur, l. c.; — Clavula uniglumis Dumort., Fl. belg., 143; — Scirpus uniglumis Link; — Eleocharis palustris, Ledeb., p. p. et. auct. Ross. Ic; — Sturm., Flora, 78, tab.; Reichb., PI. critic., II, 319 et Ic. fl. Germ.. XVIII, t. 296, f. 703; Anders, Cyp. Scand., 10, t. 2; fig. 23; Syme, Eng. Bot., X, t. 1587 fide Clarke. — An huic 5. acicularis Fl. Dan., t. 167? T S. GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 307 Habit; — in paludosis et locis humidis, montanis et campestri- bus, Italiae borealis usque ad agrum romanum. Maio - iunio, Augusto - septembri. Monte Cenisio (Huguenin! Tor.), Cuneo, Monferrato a Ponte dei Prati (?, Tor.), Vercelli (3 sept. 1866, Cesati! Ces.), Pusiano (30 maj. 1834, Cesati! Ces.), Bosisio (5 jun. 1860, Cesati! Ces.), Lomellina (Cesati ! Ces.), Bollate nell'agro Milanese (Bracht! F.), Val Furva in Valtellina a St. Caterina (jul. 1876, De Notaris! R.), Verona a Caldiero (Massalongo! F.), valli di Campo trentino (Perini! F.), Valsugana, in Tirolo italiano, alla valle di Sella presso Borgo (jun. Ambrosi! F.), colli Berici a Vicenza (26 apr. 1880, Penzig! P.), Carmont (Tommasini! F.), isola Veglia a Fiume (29 jun. 1869, A. M. Smith ! F.). Appennino di Praggia in Liguria (jun. 1843, De Notairs! G. sub E. mullicauli), Monti di Chiavari (aug. 1855, Caldesi! Car.), Albenga (jun. 1851,? G., — jul. 1841, De Notaris! G.), palude di Renco (8 jun. 1849, De Notaris! G.), Civitanova al fiume Chiento nelle Marche (aug. 1878, Ricci! F.), Pisa a Castagnolo (3 jun. 1863, Beccari! W. — 3 maj. 1865, Caruel! Car. — 21 mart. 1874, Cesati! Ces.), presso la ferrovia Livornese (24 maj. 1864, Marcucci! Car., — 22 maj 1864, Savi! Car.), Ostia (majo 1831, et jun. 1832, Mauri! R.), Torre Olevola e lago di Paola al promontorio Circello (!, 19-24 maj. 1888, R.), Monte Matese (aug. 1876, Pedicino! R.). Observ; — E. gracilior, culmis teretibus, fasciculatis, firmis, striatis, subspongiosis, basi vaginis aphyllis brunneis, oblique trun- catis obsitis. Differt ab E. palustri var. minore , cum qua valde confusa, culmis certe maioribus et æqualibus, elatis, rigidis; spica oblonga, subovata, pauciflora, primum acutata, squamis infimis duo- bus, alternis, extima minore, vacua, subrotunda, alia maiore, lan- ceolata, nune vacua, plerumque fertili, reliquis arcte imbricatis , ovatis, pene obtusis, intense fuscis v. rubescentibus, raro pallidis , stylo bi-trifido. — Inter E palustrem et E. multicaulem, cui stylo sepe trifido accedit, media: qua de re £. multicaulis De Notaris , 308 A. TERRACCIANO ob radicem stoloniferam quamquam floribus stylo trifido, ad E. uni- glumem referenda est. Huic vero, sed pro varietate insigni, E. Wat- soni Babington, jam a Clarke sub E. palustri var. descripta. Distrib: — hactenus per Europam borealem precipue notata, idest Scand. (excl. Lapp?), Island. Scot. Angl. Belg. Batav. Germ. Gall. (excl. Medit.?), Austr. Hungh. Transs. Croat. Dalm. Styr. Bohem. Bosn. Hercz. Serb. Tyrol, Ital. bor., nec non Hisp. bor. et Lus., auc- torum fide. b. rhizomate abbreviato v. radice fibrosa. 4. E. multicaulis Smith, — achenio pyriformi v. obovato-trigono, marginibus obtusis, prominentibus, laeviusculo, viridulo, flavo v. atro fusco, nitido ac absolete punctulato-rugoso, styli basi remanente ab- breviato-pyramidata v. triangulari, subconcolore, basi marginata, magis longa quam lata coronato. Smith, Engl. fl., I, 64; Parlatore, op. cit., 68; Cesati, Passerini- Gibelli, l. c.; Arcangeli, l. c. ; — Scirpus, Eleocharis, Heleocharis, Clavula, Limnochloa multicaulis auct. omn. Ic; — Fl. Dan., t. 1923; A. St. Hilaire, in Desv. Iourn. bot., III, t. 21; Sowerby, Engl. bot., t. 1187; Reich., Ic. fl. germ;, XVIII, t. 296, fig. 702; Anders, Cyp. Scand., t. 2, fig. 24; Chaub., Act. Soc. linn. Bord., t. 19, fide Gren-Godr., in Fl. Franc., III 380-81 ; Bentham, Brith. 11, IL, t 1097. Habit; — in iurfoso-paludosis Hetrurie, Agri Romani et Cor- sice. Maio-julio. ; Lago Sibolla ad Altopascio (17 jul. 1875, Aiuti! F.), Agro Pi- sano (21jun. 1861, Beccari! F. W.), Pisa a Palazzetto (16 maj. 1864, Marcucci! Car. Massa Macinaia nel Monte Pisano (27 maj. 1861, Beccari! F.) e nei rigagnoli dei castagneti (28 maj. 1860, Beccari! W.), Appennino di Lucca (Puccinelli! F.), palude di Bientina (majo 1842, Savi! F. Ces. Tor. — Beccari! F., — Ca- ruel! F.), fonte Bagnaia al prom. Circello (!, 24 maj. 1888, R.); Corsica a Bonifacio (Requien ! F.). - EE ; "e GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 309 Observ: — E. caespitosa , radice fibrosa, fasciculata ; culmis fasciculatis, teretibus v. obsolete angulatis, basi vaginis aphyllis 2, oblique truncatis , acuminatis obsitis; spica ovato-oblonga, erecta, fusca, subprolifera, squamis recte imbricatis, ovato-oblongis, apice rotundato-obtusis margineque hyalino-albidis , subcarinatis, infima orbiculari. Ob stylum 2-3 fidum varietates genuina et digyna (in Grenier et Godron, l. c.) et ob flores basi proliferos vivipara (Borbas! exs., — Willk. et Lange, Prodr. Fl. Hisp., I 131), quae cum specie frequentissime ac promiscue occurrunt, excludendae videntur. Var. Mariana Nobis, — culmi gracillimi , multicostato-striati basi dense fasciculati, steriles fertilibus plerumque longiores, fertiles apice tantum incurvuli; rhizoma cæspitosum v. late fibroso-reticu- latum, fibris fibrillisque numerosissimis, brunneis flavescentibusve, ad culmos grosse confertis; spica parva, acutata, pauciflora, squamis subacutis, intense viride-carinatis, achenio parvo squamis-- v. > styli basi subconico-triquetro-tricostulata, achenio + v. + annulo continuo prominulo cincta. i Habit:— in arundinetis ad aquas salsas del Lago di Paola al Promontorio Circello (! 21 maj. 1888, R.). Observ : — Dulcissime ac dilectissimæ meæ Mariz-nune cogno- mine Celano-hane varietatem dicatam volui, ut carum nomen, animo meo quam maxime jucundum, hoc quoque opus referat. — Varietas ferme insignis, et anatomice prwsertim ab omnibus dissimilis: an Species propria ? Distrib: — ex insulis azoricis, Marocco et Africa ad Tunis per Hispaniam, Lusitaniam , Galliam bor.-occ. med. et Hetruriam mec non Agrum romanum ad Germaniam bor. med., Belgium, Brit. Norv. Suec. Slesv. Batav. Lithuan. Banat. Transs. Ross. med., Huic complures accedunt species, quae quibusdam notis sat differre, qui- busdam autem arcte affines videntur; geographice vero sub una tandem amplectendas E. acutam R. Br., gracilem R. Br., Cun- ninghamii R. Br., cylindrosiachydem Beklr, (iudicio etiam Clarissimi Clarcke) carniolicam Koch, etc. etc. propono. 310 A. TERRACCIANO, Subs.: Il. Oxygoniocarpos Nobis, — achenio angulis acutis. A. squama intima vacua spiculae basin dimidium amplexante. + spicula ovoidea, squamis obtusis. a. rhizomate abbreviato v. radice fibroso-ceespitosa. 5. E. ovata (Roth.) R. Br.; — achenio obovato v. subpyriformi, compresso v. turgide-lenticulari , marginibus acutis, laevi, nitido, fusco, ferrugineo v. stramineo, basi styli persistente abbreviata, trian- gulare-mitriformi, sque lata ac longa, fusca coronato. R. Brown, Prodr. fl. n. holl., 80 in adnot. ; Bertoloni, op. c., 807; Parlatore, op. cit, 65; Cesati, Passerini, Gibelli, loc. cit.; Ar- cangeli, op. cit. 729; — E. obtusa Schultes in Roem. et Schultes, Syst. Mant, II, 89; — Scirpus, Bulbostylis , Elecocharis , Eleogenus , Cavula ovata auct. omn. Ic; — Nees, Fl. germ., II, t. 18, fig. 17-20; Fl. Dan., t. 372 ; Host, Gram. austr., II, t. 56; Rchb, Ie. fl. germ., t. 295, fig. 700-701; Anders, Cyp. Scand., II, t. 2, fig. 25. Habit: — in humentibus, palustribus et sylvaticis humidis, nec non in locis hyeme inundatis et ad aquarum stagnantium margines, rara, Italiae borealis, Julio-septembri. p. italica Nobis — E. ovata auct. ital. Piemonte (Rosellini ! Car. — ? jul. 1829, W.), Gozzano (aug. 1856, Franzoni! Ces) a Briga (aug. 1856, De Notaris! G.), Locarno à Mappo sul lago (sept. 1870, Franzoni ! F.) ed alle seghe del Roncaccio (6 sept. 1864, Franzoni! F. Car.), Angera sul Verbano ( vedova Rampoldi ! ? F.), colli di Torino (1809, Tor.) e Torino presso la mandra (1824, Bertero! Giusta! G.), Vercelli nell’ alveo della Sesia (jul. 1849, Cesati! Ces. G.). Observ: — E, ewspitosa, annua, radice fibrosa, culmis teretiu- sculis, inzequalibus, fasciculatis, striatis, erectis, subcompressis, basi vagina aphylla oblique truncta obsitis; spicula erecta, obtusa, ovato- ellipsoidea, subrotunda v. lato-ovata aut ovoideo-subglobosa, multi- flora, squamis arcte imbricatis, adpressis, apice rotundatis, dorso GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 811 virentibus, subcarinato-convexis, infimis vacuis minoribus, inter se æqualibus v. fere, semiamplexantibus,,demum leviter deflexis v. po- tius sub spicae pondere rectis. Loci natura variat culmis longioribus brevioribusque, spicula maiore minoreque. Forma Sessitensis Nobis, — culmi numerosi, glaucescentes, ste- riles fertilibus longiores; spicula constrietior, brevis, pauciflora, setis ^ sub 6-8, achenio subrotundo-obtusato, stylobasi acuta. E. ovata var. Cesati! herb. mss. Habit: — nel delta della Sesia (Cesati! 26 sept. 1862, Ces.). Var. humifusa Nobis, — humilis, solo adpressa, culmi gracillimi, inzequaliter longi, ceespistosi, spicula avoideo-acutata. Inter E. ovatam R. Br., et atropurpuream Kunth media. Habit: — tra Feriolo e Gravelona abbondante (16 sept. 1886, Armitage! Terr. R.). Distrib: — Europa centralis a Gallia (excl. mer. mer., occ.) et Belgio ad Helvetiam et Italiam borealem, a Germania et Ross. med., ad Austr. Bohem. i Pennsylv. Morav. Hungh. Slavon. Transs. Croat. Dalm. Caucasum usque. In Asia perrara, ubi E. capitata provenit, sed in America boreali, fere tota, usque ad Ind. Occ. et ins. Sandwich , diffusa ; huc illuc formae endemicae et praeclarae varietates occurrunt, inter quas etiam E. atropurpurea haud errore locanda videretur , quae per iropicos Asiam, Americam, Africam, Australiam incolit. 6. E. atropurpurea (Retz,) Kunth, — achenio obovato, utrimque turgide convexo, marginibus acutis, laevi, atro v. atrocastaneo, styli basi persistente parva, depressa v. subpatelliformi , orbiculari v. subhemisphaerica, pallida coronato. Kunth, Enum. pl., II, 151; Parlatore, op. cit., 67; Cesati, Pas- serini e Gibelli. 1. c. ; Arcangeli, 1. c.; — £E. Lereschii Steud., Cyp., 80; — E.? erralica Steud., l. e. — Scirpus, Eleogiton, Isolepis, Heleocharis, Elaeocharis, Eleogenus atropurpureus auct. omn. Ic; — Rchb., Ic. fl. germ., XVIII, t. 295, fig. 699. Habit; — in locis sabulosis inundatis et humidis. Junio-septembri. 312 A. TERRACCIANO a. normalis Nobis, — E. atropurpurea Kunth, Var. minor Kunth, l. c.; Parl., l. e. — E. atropurpurea auct. ital. Vercelli a sinistra della Sesia (jul. 1860, Cesati! F. Car.) e nel delta (jul. 1863, Cesati! Ces.), Lomellina (1831, Cesati! Ces.), Ti- cino presso Pavia (jan. 1845-46, Rota! G. F. Ces.) nei boschi (Rota! F. — sept. 1879, Penzig! P.) e nei campi (? jul 1843, Ces.) e verso St. Sofia (20 nov. 1879, Penzig! P.); Verona oltre San Pancrazio (sept. 1877, Goiran! R.), di là del Lazzaretto (aug. 1876, Goiran! Ces.), dintorni della città (aug.-novemb. 1876, Goiran! Ces.). Observ: — E. gracilis, laete virens, dense caespitosa, radice tenuiter fibrosa; culmis capillaribus, rectis v. recurvis, subangulato teretiusculis, leviter sulcatis, basi vaginatis, vaginis aphyllis, summa subacuminata; spicula ovata, parva, obtusa, subrotunda, squamis mi- nimis, oblongo-ovatis, apice rotundato-obtusis v. raro acutiusculis, carinato-navicularibus, inferioribus caducis. Ludit maior et minor, quae cum specie promiscue crescunt. Distrib: — in Italia boreali ab agro Sessitensi ad Venetum et in Helvetia ad lac. Leman, sat rara; cætera per Africam tropi- cam cum Mauritio, Asiam in Ind. or. a Cabul usque ad Zeylaniam, nec non Senegambiam, Ceylan, Cordofan, Macao, Australiam et Ame- ricam tropicam a Brasilia ad Floridam et Neo-Mexicum vulgaris. È Zanardinii (Parl.!) Nobis, — achenio aterrimo, pyriformi convexo, marginibus fere obtusis?, quam in praecedente maiore, apice compressiusculo, styli basi persistente acuta, obovato-conica, vix magis longa quam lata coronato. E. Zanardinii Parlatore, op. cit. 67; Nyman, Consp. fl. Europ., 767 ; Cesati, Passerini, Gibell, l. c. ; Arcangeli, l. c. Ic.; — Nulla. Habit: — in sabulosis ac paludosis di Porto Gruaro in pro- vincia di Venezia ( Parlatore! da Zanardini ' F.), Guastalla al Po (Nyman, l. c.). Observ: — E, spicula minore, brevi, pauciflora , culmis - GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 313 capillaribus, erectis, fasciculatis. — Habitu E. acicularidis R. Br.; forma tamen E. atropurpurec R. Br. maior videtur, et cum ipsa affinis sed haud confundenda. B. squama infima vacua, minore, spiculae basin omnino am- plexante. a. rhizomate repente. + spicula‘ oblongo-acuta, squamis subrotundis v ovatis. 7. E. carniolica (Koch) Parlatore, — achenio obovato, basi angustato, utrimque turgide convexo, marginibus acutis, laevi, olivaceo , styli basi persistente majuscula , conica, basi constricta , magis longa quam lata coronato. Parlatore, op. cit., 66; Cesati, Passerini, Gibelli, 1. c. ; Arcan- geli, l. c. ; Nyman, Consp. fl. Európ., 767; Schur, herb. Transs, et Enum. pl. Transs, 691 ; Clarke, op. cit., 269; — H. carniolica Koch, Syn. fl. germ., (ed, II) 853; —? Scirpus gracilis Salzm., fide Rchb. Ic; — Reich., Ic. fl. germ., XVIII, t. 294, f. 698, p. p. | Habit: — in turfoso paludosis et inundatis Italiae borealis. Majo - junio, augusto - septembri. Al San Carlone sopra Meina sul Lago Maggiore (10 sept. 1863, Ball! F.), alto Novarese a Gozzano nella valletta del Tempiasco (4 aug. 1856, Franzoni! F. Car. Ces. — De Notaris! G. Ces. ), nelle paludi del Molino (leg. De Notaris, Parlatore ! F.), colli di Briga (sept. 1848, De Notaris! G.), nel Vercellese a Vercelli ed Arboro . (Cesati! Car.) ad Albano (21 jun. 1864, Malinverni! W.) ed a Roasenda (14-18 maj. 1862, Malinverni! W. Ces.), sulla Sesia (aug. 1849-1856, Cesati! Ces.). Observ: — E, viridis, cæspitosa, radice fibrosa, tenui, culmis teretibus , gracilibus, setaceis, copiosis, dense ceespitosis, obsolete quadrangulis, leviter compressis, basi vaginis apiculatis , aphyllis, viridibus, angustis obsitis; spicula oblongo-acuta, constricta v. cylin- draceo-acutata, squamis remotiusculis, oblongo-ovatis, apice breviter angustatis, obtusiusculis subacutisve, margine pallidis, subtiliter strio- latis, floribus basi sepe viviparis. — Habitu E. amphibiæ Dur., sed 314 A. TERRACCIANO, achenio distinguenda; E. ovale R. Br. et mullicauli Smith arcte affinis et vix media, an hybrida? videtur. Forma swpe occurrunt vivipare, macriores majoresque, tamen, ex Boeckeler, mira Var. macrostachya Bcklr., — culmi elongati, ad pedem v. ultra, spicula elongata, oblongo-lanceolata, nigro-viridula, multiflora. Beckeler, Cyp., in Linnea, XXXVI, 425. Habit: — Torino (Bertero! F.) a Casalette (10 jul. 1887, Belli! Tor.) e nei colli (1809? Tor.) abbondante (erb. Tor. sine loco) ed a Praglia di pianezza (Chevallier! Ces.), Vercelli (jul. 1860-62 Cesati! Ces.) a Cascina Ronza (jul. 1859, Cesati! Ces.) forme vivipare, ed alla cascina nella valle di Baragia (21 jun. 1864, Malinverni! Ces.), Gozzano a Tempiasco (4 aug. 1856, Franzoni! W.). Distrib: — ab agro Pedemontano in Italia boreali per Styriam, Dalmatiam, Croatiam, Carnioliam usque ad Hunghariam. Sect. II. Trachycarpidium Nobis, — squamis trispiris | v. subdistichis, achenio longitudinaliter costato, inter costas horizon- taliter striolato v. tuberculato. Scirpidium Nees v. Esenb., op. cit, in Linneaea, IX, 293; — Aciculares (pro sectione) ex Clarke, op. cit., in Journ. of bot., XXV. 200; — a, ex Boeckeler, Cyp., in Linnea, XXXVI, 419, p. m. p. 8. E. acicularis (L.) R. Br., — achenio obovato-oblongo, teretiu- . Seulo v. obsolete-trigono, haud compresso, longitudinaliter multico- stato ac transversim subtilissime Striatulo, nitidulo v. stramineo- pallido, styli basi remanente minima, conica, coronato. R. Br., Prodr. fl. n. holl., 80 in adnot. ; Parlatore, op. cit., 69; Cesati, Passerini, Gibelli, 1. c.; Arcangeli, op. cit., — E. costata Presl. Fl. Cech., 11; — Scirpus, Cyperus, Isolepis, Scirpidium, Limno- chloa, Chætocyperus, Clavula , Heleocharis acicularis auct. omn. Ic; — Bocconi, PI. sic., t. 20 ; FI. Dan., II, t. 287 ; Sturm, Deutsch, EL, HL sec E V Hb Svensk, Bot., t. 605; Curt. Fl. Lond., IV, t. 49; Sowerby, Engl. bot., t. 749; Host, Gram. austr., III, t. 60; GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 315 Reich., Ic. Fl. germ., t. 294, fig. 695-96-97; Anders, Cyp. Scand., ‘ t. 2, fig. 26; Th. Nees, Gen. pl. fl. germ., II, t. 19; Leighton, FI. Shrop., t. 3; Benth, Brith.fl. ill., II, fig. 1075; ete. Habit: — in limosis et arenosis humidis Italiae bor. et me- die, nec non in Corsica junio-julio, augusto-septembri. Locarno alla Maggia (sept. 1886, Ricca! F.) alla riva del lago (sept. 1870, Franzoni! R.) ed a Muraldo (aug. 1864, Franzoni! 1863, 1865, F.), Ivrea (30 jul. 1866, Carestia! F.), lago di Garda (Cle- menti! F.), fondo Toce al lago Maggiore (26 aug. 1886, Armitage! Terr), M. Rosso (aug. 1879, Cuboni! R.) spiaggia di Pallanza sopra la Darsena (4 nov. 1873, De Notaris! R.) e di Intra presso il ponte di Pallanza (2 nov. 1876, De Notaris! R.), valli Ostigliesi (Masi ! R.), nel Pavese: sul Ticino al Borgo presso Pavia (1 oct. 1866, Canneva! R.) e nei boschi inondati (Moretti! F.) allo sbocco del Gravelone (1820, Badarò ! G.) ed a Pavia (12 nov. 1879, Penzig ! P.), Torino al Rotore (?, Tor.), Vercelli (jul. 1849, 1862, 1865, Cesati ! Ces. G.), nel Mantovano presso gli argini dell’ Oglio a Sassuolo (Puglia! Car.), Parma (Jan! cat. 47, 5, Terr.), Monte Baldo a Basiano (aug. 1873, Goiran! R.), lago di Debardò (Tommasini! F.), canale d'Altopascio al palude di Bientina (8 aug. 1861, 1862, Bec- cari ! F., — aug. 1840, Savi ! Car.), colli del Monte Pisano (jun. 1847, Savi! Ces), palude di Stracciacappa presso il lago di Bracciano (31 jul. 1887, Pelosi R), rara nelle fonti al prom. Circello (! 19-25 maj. 1888, R.), lago di Nino in Corsica (Requien ! F.). Observ; — E. viridis, dense caespitosa, rhizomate tenuiter repente, culmis sulcato-tetragonis, capillaribus, fasciculatis, vagina unica oblique truncata, aphylla, saepius fusco-sanguinea cinctis ; spicula terminali subovata v. oblonga, apice acutiuscula, pauciflora, brevi, glumis trispiris, ovatis obtusiusculisque, margine pene sca- riosis, nunc albo-viridibus, nunc fusco-purpureis. Variat in locis aquosis profundioribus culmis valde elongatis, usque ad pedem , validioribus, et in siccis rhizomate magis repente, culmis brevioribus, rigidis: quum formae maiores habitu sensim ad E. amplubiam 316 A. TERRACCIANO, Durieu migrent, sat distincta habenda est, dum minores frequentius cum specie occurrunt, Var. fluitans Schur, — rhizoma ramoso-fibrosum , ramis longe repentibus, culmi elongati, flaccidi, gracillimi, interdum plus minus, pro specie, crassi, spicis fuscis v. ex viride-fuscis. Schur, En. pl. Transs., 691; — var. natans Schrad, fide Schur, l. c., — var. longicaulis H. Watson in Clarke, Eleoch, in Journ. bot. XXV, 270, — Scirpus pauciflorus Dumort. , apud Bluff. et Fingerh., Comp., I, 1. p. 90. Habit: — Vercelli a Cascina Ronza (sept. 1854, Cesati! Ces), agro Torinese (7 jul. 1844, Del Ponte! F.), Mantova (Barbieri! F.), Padova (Morettini! F.), agro Ravennate alle Glorie ( jun. 1829 , Bubani! F.). Distrib: — per totam fere Europam ab Islandia, Scotia, Anglia per Galliam et Belgium ad Hispaniam bor., unde ad Cor- sicam et Italiam borealem ae. mediam, Illyriam, Croat. Austr. Hungh. Serb. et Ross. merid.; ad Germaniam vero e Scandinavia et Russia subartica provenit. In Asia boreali et media, usque ad laponiam et Chinam (India excepta.); sat vulgaris in America fere tota, sept. et austr. precipue (!). () Observatio — Quoad specierum omnium descriptarum synozima, que apud Kunth et Beeckeler, Parlatore et Bertoloni inveniuntur, pretermisi; quæ- , dam vero, quum prætium operis existimavissem, iterum notavi. GENERE « ELEOCHARIS » E SPECIE CHE LO RAPPRESENTANO 317 Index specierum et synonimorum (') Bulbostylis AW WENN SM. vri O i e palustria Sto. 7... ne l Chætocyperus . = Aneulans Nees >» ada 8 Clavula — acicularis Dumort ........ 8 s mulbeaulis pe 7.4.7 5 4 — ovata pc T 5 — palustris > Se NET. l — uniglumis PE Liu 2 oi 3 Cyperus acicularis Wither ..... 8 Eleocharidium Nobis Elæocharis Ledeb., Eleocharis R. Br. — australis (6) Nobis. oaas l — aquatilis Schur (x) dex I E E — acicularis B. Br. — atropurpurea Kunth .... 6 e caduca Schwllet. | «ui 2 =-tapitata R. Br. . vv xs * s*—Gathiolica Park... 7 s QDEPAERECEVER a roe o 8 — crassa C. A. Meyer (8) vw vy l — Dregeana Steud (È ism ie a -- elatior Rolli (4)... ......- l — fluitans Schur (Q) ........ 8 — glaucescens Schult (B) . . . . . — humifusa Nobis (B). c- 5 — italica Nobis (Bye ......- l S » 5 e 0 0 + 9 t? * ) Nomina specierum synonimorumque, descripsi, hie solum inveniuntur: species v. varie maiore impresse sunt. Eleocharis limosa Schult (x) n.» 1 — Lereschii Steud. ......... 6 — longicaulis Watson (x) BRA 8 — longistachya AP Ra E... l EAEE T l — macrostachya Boeck, E i, —- Mariana Nobis ......... 4 — minor Schrad (x) P quce l — Coss. Germ (x) l A UR I TO 1 — multicaulis Smith....... — » De Notaris .. 3 — naüuns Schrad 0; +. + n — nebrodensis Parl. (B). 2x] s obtusn SOME. 2s ders 5 — ovata MC AIIP 5 lustris k Br... +++. l — palustris Ledeb. ........- 3 — pumila Lge (X). . ........ l — reptans Parl. Lag s E l — salinas Schur (X) ........ l — sessitensis ais (0) iei — sororia Nees V2) -sesa dodo — striata Hochst (6) QA E e v l >» Kunth -ee il da _ uniglumis Schultes ..... 3 = Watsoni: Bab. s pula e — Zanardinii Parl. (D) . 4 Eleogenus Nees. : — atropurpureus Nees ... que in hae III parte aut notavi aut tates descriptz italico charactere 318 M. LOJACONO POJERO, Eleogenus ovatus Nees ..... n° 5 Isolepis atropurpurea R. et S. . . n? 6 Eleocharidium Nobis. Limnochloa Eleogiton — acicularis Reichb......... 8 — atropurpureus Dietr ....... 6 — multicaulis Reichb. ....... 4 Eueleocharis Nobis. Scirpidium Nees Heleocharis Letisb, — aciculare Nees.......... (o — alus C. A. Meyer <;..... 3 Scirpus L. - acicularis Koch. ......... 8 * acicularia Li... a 8 == atropurpura Koch... 6 — atropurpureus Reichb ...... 6 —.caduca Boite... .<..:.., 2 — eadueus Delle ..... 23 2 se capat Boech. ......... 2 -— gracilis Salam .......... 7 — carniolica Koch. ..... í T — multicaulis Smith. ........ 4 s> Conica Proh iov eva d-+ «4 E E ..... 4 0 5 —'multicaulis Lindl. ........ 4 me-palastria D... ar l oTa Darby E EN 2 — pauciflorus Dumort. ...... 8 — vou E ao a 2 — reptans Thuill (x). .... 4 l _ SL le 5 | — tenuis Schreb (x). ........ — ia "is EE RO TE IT. l — varius Schreb e Ww Xe KLARE l 2. tufigloania Boch... illl. 3 — uniglumis Link. ........% 3 Isolepis Trachycarpidium Di areata 7 — ‘acicularia: Sehe ohe 72777 cd 8 Sulla Rosa moschata Mu. in Sicilia. Nota di M. LojAcoxo PoseRo. I due recenti lavori dei signori BuRNAT e GREMLI sul genere Rosa « Observations sur quelques Roses d'Italie » e « Genre Rosa Observations du groupe des orientales » nel fare una novella luce sulle intricate forme di questo genere nei suoi componenti del Bacino Mediterraneo, hanno giustamente attirato l'attenzione degli specialisti rodologhi sulle forme di Sicilia, ed addimostratone l'estremo interesse. I lavori del BunNaT citano infatti in Sicilia, forme o varietà che si vogliono, il cui studio ha dato agio ai dotti specialisti, di dare un più esatto e completo significato a questi gruppi il cui centro di Li diffusione & nella regione mediterranea. SULLA « ROSA MOSCHATA ? MILL. IN SICILIA 319 I lavori degli autori sopracitati riflettono in gran parte i nuovi materiali di Sicilia accumulatisi da un 40 anni a questa parte, grazie alle ricerche di non pochi botanici, i quali nonostante la loro valentia, non hanno potuto peraltro limitarsi nella nomenclatura delle Rose che alle vecchie norme delle definizioni Linneane ed alle determina- zioni del Gussone. Spettava oggi ai signori BurnaT e GREMLI il ripresentare le Rose Siciliane sotto il nuovo aspetto che i recenti studî vi hanno apportato. Il sig. BuRNAT ha reso oggi dunque un vero servizio alla cono- scenza delle Rose di Sicilia, spingendoci alacramente a un accurato e minuto esame delle rare forme che possediamo. Dopo ció mi sono rivolto infatti alle Rose ed ora credo potere fare oggetto di questa nota la Rosa moschata Minr., della cui problematica esistenza in Sicilia ed in varie regioni mediterranee come la Provenza, l’ Al- geria, si è fatto sino a poco tempo addietro argomento di vivace discussione. I signori BurnaT e GREMLI (Observ. R. d'Ital.), sostengono essere essa di Sicilia. Stabiliscono poi la sua sinonimia colla Rosa sem- pervirens D e B di Gussone (Syn. Fl. Sic., I, p. 561). Procureró di provare che c'é un equivoco. Mi affido sulla cogni- zione avutami della R. sempervirens in una gran parte dell'Isola e nei luoghi autentici assegnati dal Gussone alle sue varietà. La var p ha assegnata la località « Palermo al Parco », contrada prossima a Palermo battuta e ribattuta annualmente da ogni raccoglitore e dove non è verosimile che sino ad oggi fosse rimasta inosservata a noi, tanto più trattandosi di una specie vegetale così appariscente. È vero che al Parco, negli identici siti, Gussone trovò la Lonicera pubescens che nessuno dopo di lui ha più ritrovato ; però il caso non è precisamente l'istessó, perchè nella località gussoneana, in luogo della R. moschata MiLL., si è trovata una R. sempervirens con tutti i caratteri assegnati da Gussone alla sua var. pop; onde c'à ragione a ritenere che tale pianta sia la vera var. del Gussone la quale non é altro poi che una varietà della comune R. 320 L. LOJACONO POJERO, eempervirens. Che l'autore della Synopsis del resto la chiami « R. moschatae simillima » non deve far meraviglia; ciò vuol dire che tale sua var. era qualche cosa di vicino, di vicinissimo , alla R. moschata , ma non l’ identica cosa; quale ultima pianta pare che Gussone dovea ben conoscere per instituire tra la sempervirens e la specie del MILLER un paragone. Ciò posto, passiamo alla R. panormitana Tod. ritenuta da BURNAT, ,GREMLI, CHRIST, CREPIN etc. sinonimo di R. sempervirens D e ÈR di GussoNE. Credo di essere nel caso di conoscere il significato della R. pa- normilana, prima per averne visto non pochi saggi autentici nel- l'Erbario siciliano dell'autore stesso, poi per avere raccolto io mede- simo detta Pianta alla « Molara » località data alla R. panormitana da Toparo nelle sue Centurie, ed infine per averla avuta non molti * mesi addietro, mostrata dallo stesso sig. Prof. Toparo. La località « Molara » e più precisa, ma chi dice Parco com- prende nella vaga determinazione anco la Molara che vi sta vici- nissima. Con tali mie idee sulla R. sempervirens e varietà gussoneane, e sulla R. panormitana Tod. all'epoca della pubblicazione della mia Cent. VI. PI. Sic. variores l'anno 1882-83, sotto il num. 543, evulgai Rosa sempervirens floribunda, e sotto il num. 544 Rosa panormitana latifolia corymbosa; quest’ ultima non esattamente tipica, essendo di località differente « Madonie, a Montaspro ». Nel 1885 mandai al sig. BurnaT la collezione delle Rose sici- ciliane, ove con i concetti riferiti, trasmisi tutte le forme siciliane della R. sempervirens, più una Rosa in due soli saggi posseduta da questo nostro erbario coll’indicazione Madonie, Porcari, specie sin- golare per quanto bella che io riconobbi per la vera R. moschata Mill. guidandomi colla scorta del Prodromo Candolleano. La R. moschata Mill. crescea dunque in Sicilia! Non tralasciai anno per anno di farne ricerca, ma invano. Fu più tardi nel set- tembre 1885 che visitando il tanto poetico eremo di S. Guglielmo SULLA « ROSA MOSCHATA » MILL. IN SICILIA EE. | (Castelbuono) fra le varie cose esotiche coltivate nella siwa di quei Reverendi preti, mi cadde sott'occhio uno stupendo ceppo di Rosa, solitario in un appezzamento, móndo, rimóndo, curato. Era senza fiori, ma subito la riconobbi per l'istessissima pianta delle Madonie Pongcamr serbata nel nostro Erbario, per quell'istessa mandata al sig. BURNAT. Come non riconoscerla ? Nel 1886 ricevei il bel lavoro del BurnaTt. Non è a dire quanto restai meravigliato leggendo i suoi apprezzamenti sulle nostre R. sempervirens e tanto maggiormente colpito del disaccordo delle nostre opinioni che il BurnaT convinto dei miei errori più volte ripete a proposito « les nombreuses confusions commises » da me sia nelle mie Centurie, sia nella determinazione dei saggi della collezione di Rose inviategli dal nostro Museo Panormitano. Confu- sione infatti ci era ed estrema. Ma da chi e come avea potuto essa provenire ? Fu primo mio pensiero per chiarire la quistione andare a Ca- stelbuono, ed in luglio andai a raccogliere nel solito chiostro, stu- pendi saggi in perfetta fioritura della magnifica Posa. Gli ampii corimbi portavano molto spesso da 40 a 50 fiori della stessa dimensione della R. sempervirens e dell'istesso candidissimo colore. Essi sono molto odorosi. Caratteristici sono i lunghi e gra- cili pedicelli pubescenti ed articolati, i larghissimi sepali caudati , caduchi nel frutto, sebbene sino a tardi persistenti. Il frutto è piccolissimo, ellittico. Il fogliame per tanti caratteri si distinguerebbe fra cento foglie di Rose a prima vista. Non ha la consistenza solita coriacea delle vere sempervirentes, non è lu- cido come in quelle. Le foglioline indipendentemente dalla forma, ‘ dentatum, e dell'indumento della pagina inferiore, imprimono tanto più alla foglia una caratteristica, perchè a differenza delle comuni sempervirentes esse (in 3 jughi) sono uguali in dimensioni non escluso l’ impari. Nelle prime è carattere molto comune quello di avere le foglioline dei jughi inferiori molto più piccoli, ingran- dendosi verso l’ apice della rachide; onde la foglia nel totale ha 22. Malpighia, anno II, vol. IL 322 M. LOJACONO POJERO, un Ambito ben diverso che nella R. moschata. Il piede unico che si trova a S. Guglielmo è vetusto. La tradizione vuole che sia stato il Santo stesso che l'abbia portato e piantato in quel luogo scelto a passarvi la sua vita cenobitica. Peró é questa una delle solite infondate credenze. Da quanto ho potuto rilevare pare molto probabile che la Rosa fosse stata por- tata dal Piemonte da un altro frate un tal Fr. Barr. Ricci, vis- suto e morto al 1802 nell’ eremo, in grande odore di santità. Il ceppo addimostra chiaramente un secolo su per giù di esistenza. Secondo mio pensiero fu quello di spedire due saggi al signor Burnar della Rosa in parola; disgrazia volle che essi andassero confusi nell’ Erbario stesso del mio egregio amico al quale imman- tinente ne spedii un altro. Nell'ottobre testé scorso il sig. AUG. GREMLI degnavasi rispondermi. « La R. inviata al sig. BurnaT è la R. mo- schata Mill., vedansi le differenze tra R. sempervirens e moschala: Burn, et GREMLI, Ros. de l Italie, p. 8 » (!). Non potevo dubitarne! Nonostante le autorevoli sentenze dei chiarissimi autori, io ero sicuro d’ aver saputo ben distinguere sin da tempo abbastanza remoto le sempervirentes f e PE di GUSSONE, e sapevo che la R. panormitana era appunto una di queste forme mulliflore del tipo comune e nient’ altro che una varietà. Ed al- l'epoca dell’ invio al BugNaT, della collezione del nostro museo, dava solo ai due saggi segnati Madonie Porcari cioè a questa che oggi ho trovato nella selva di S. Guglielmo, il nome di Æ. mo- schata Mill.! Ho voluto agire con tutta prudenza. Ho voluto chie- dere all'autore stesso della R. panormitana, or son pochi giorni, il suo parere sulla R. moschata e R. panormitana. M sig. prof. (£) Il sig. Gremli degnavasi aggiungere: « Les folioles de vôtre plante sont « un peu plus velues qu'elles ne le sont general, dans le R. moschata, on trouve « méme souvent des poils sur le parenchyme. Les dents vers la base des fo- « lioles montrent souvent 1 ou 2 et méme 3 glandes (elles sont general simples « et denueés de glandes dans la forme normale », DOOR ia IAA v. 2 7 EA SULLA « ROSA MOSCHATA » MILL. IN SICILIA - Topbaro gentilmente ha tirato fuori un grosso fascio ove su un primo foglio, etichettata « R. panormitana » ci era la var. della sempervirens del Parco e della « Molàra » e poi un 40 fogli di stupendi saggi della Rosa di S. Guglielmo tipica, non dico tipicis- sima perché invero le foglioline differivano alquanto dalla pianta di S. Guglielmo, per essere più ristrette ed allungate. Il Prof. TopARo mi raccontava ció che io non sapevo. Che tanti saggi furono da lui fatti (per le sue Centurie Siciliane) da piante da lui allevate nel suo giardino a Capàci dove egli portò la R. moschata, dal R. Orto Botanico ove tanto tempo si era coltivata; tanto a Capàci quanto al nostro Orto, la R. moschata oggi è estinta, cosicchè c' è ogni ragione di credere che la sola in tutta Sicilia oggi esistente , sia quella di S. Gugliemo. Senza dubbio che la provenienza di queste piante coltivate a Palermo devesi a rami o a semi venuti da Ca- stelbuono. È chiaro ora il comprendere in forza di quale equivoco i si- gnori Burnat e GremLi e con loro CHRIST, CREPIN, DESEGLISE e tutti i rodologi hanno dovuto sostenere l'esistenza dela R. mo- schala in Sicilia, non solo, ma anco stabilire la sua sinonimia colla R. panormitana Tod. e per conseguenza colla var. f della R. sem- pervirens di Gussone. Il Prof. Toparo per pura materiale svista e null’ altro, ha lasciato correre sotto l'etichetta N. 1080 della sua Flora Sicula exsicc., una prima volta la pianta di Molara, R. pa- normitana Tod., R. sempervirens p floribunda Guss., poi per con- fusione la sua pianta di Capàci progenie indubbia del vecchio sti- pite dell Eremo di S. Guglielmo e l’ equivoco ha fatto il giro del mondo .... Era naturale che il sig. BURNAT gridasse contro le mie confu- sioni e che tutte le mie determinazioni di =è: panorinitana dovet- tero sembrargli false ed appena mere forme della R. sempervirens, ritenendo giustamente, avere per esatti i saggi autentici dell'autore, i quali disgraziatamente sotto panormitana nascondevano la vera R. moschata. 324 M. LOJACONO POJERO, SULLA « ROSA MOSCHATA » Il sig. Buryat parla di saggi autentici del GussoNE, ma dal materiale esaminato e da lui citato (Observ. Roses d'Ilalie, pag. 6) mi pare emerga che tali saggi siano tutti di provenienza siciliana. Egli cita infatti: Per R. sempervirens D Guss: 2 esemp. di Palermo (R. mo- schala prox. sub. R. sempervirens var. D floribunda, Guss., Prodr. et Syn. — 1 esemp. Tod. FI. sic. exsice. sub. R. panor- mitana Tod., enum. fl. sic. ined., = R. sempervirens floribunda Guss. 1 esemp. ex Herb. Florentino R. panormitana Tod., R. mo- schata, sec. Crépin. i Per R. sempervirens PÈ Guss., Syn, fl. sic. p. 56. — 2 esempl. Herb. Sicil. Gass. di Palermo, — R. moschata Mill — 1 esemp. ex herb. Mus. Palermo, R. moschata Nebrodes (Il saggio dei due conservati in questo Erbario, tenuto con l indicazione Madonie Porcari, da me studiati e battezzati francamente R. moschata Mill., e mandati al BurnaT colla collezione del Mus. di Palermo !). La conclusione di quest’ articolo si è: che la R. panormitana di Molara ha per sinonimi R. sempervirens B e Q di Gussone. Che queste non sono che mere var. del tipo. Che la R. moschata è cosa che non ha che fare colla R. panormitana perchè sotto questo nome la specie del Miller fu distribuita dal Todaro per un mero sbaglio. Che la R. moschata infine è pianta coltivata, forse in atto nel solo Eremo di S. Guglielmo. Le conclusioni non sono poi di gran portata; ma si è sempre vivamente dibattuta la que- stione dello indigenato della R. moschata in Europa e valeva la pena di escluderla almeno per la Sicilia. Ho dovuto poi esporre con ogni minuziosa prudenza le ragioni militanti all’ escluderla ed a chiarirne l'essenza, trattandosi di dover contradire opinioni auto- revolissime come quelle sostenute da note autorità, in fatto di Rose, quali quelle del BugNAT e del GrEMLI, della cui amicizia mi onoro. Palermo 18 novembre 1887. P. BACCARINI, BIOLOGIA DEL « CONIOTHYRIUM DIPLODIELLA » 325 Appunti per la Biologia del Coniothyrium Di- plodiella (Speg.) Sacc. — Nota di P. Baccarni. In una mia pubblicazione anteriore (*) io ho descritto con qualche dettaglio la formazione dei concettacoli fruttiferi del Coniothyrium Diplodiella e le alterazioni che esso produce sui grappoli dell’ uva. Da allora in poi il fungo ha acquistata così in Francia che in Italia una diffussione non posseduta dapprima, ed è divenuto oggetto di studio per parte di micologi italiani e stranieri. Ciò non ostante la sua biologia resta ancora in gran parte sco- nosciuta, ignorandosi del tutto se comprenda altre forme metage- netiche oltre la nota picnidica, e sotto qual forma attraversi l'inverno e si perpetui sull’ ospite. | | In queste condizioni ogni fatto accertato intorno alla sua biologia, ogni definizione dei punti controversi intorno alla sua natura non manca di interesse, perché puó aprire la via a migliori scoperte per parte di sperimentatori più avveduti o più fortunati, e viene quindi opportuna anche questa notizia sulle ricerche condettivi in- torno quest’ anno. | Io mi era proposto un triplice scopo, e cioè da un lato vedere quale fosse la sorte degli acini infetti che cadono sul suolo, dallo altro mettere in chiaro se il parassita possa attaccare allo infuori dei grappoli altri organi della vite; e dall’ altro infine esaminare nelle culture artificiali la struttura e lo sviluppo del micelio e dei - pienidii, e ricercare le eventuali forme metagenetiche del fungo. Il materiale adoperato mi venne fornito dal ch. Prof. PIROTTA di Roma , e consisteva in qualche grappolo ucciso dal fungo nella ultima infezione di Ovada. (C) P. Baccarini, Intorno ad una malattia dei grappoli dell’ uva. Milano, Tip. Bernardoni di C. Rebeschini e C., 1886 e Sulla malattia dei qun ( Giornale le viti Americane), N. 11, 1887. o LC. P. BACCARINI, N- Nella maggior parte degli acini il parassita non era entrato. ancora nello stadio di fruttificazione ed in pochi soltanto mi venne dato di trovare dei picnidi perfettamente maturi. Ad esaminare qual sorte spettasse agli acini malati che M condizioni normali cadono sul suolo, io ne ho sin dal principio dello : inverno abbandonati buon numero a diverse riprese in balia delle | influenze atmosferiche esterne, seguendone con cura i mutamenti. In tutti i casi il parassita restava inalterato, qualunque fosse | il suo stadio di sviluppo, sino a quando la stagione si manteneva 4 asciutta; ma non appena essa diveniva umida o piovosa, gli acini ` si ricoprivano di una multiforme vegetazione fungosa, dalla quale - concettacoli e stroma venivano ben presto soprafatti ed uccisi. Allo esame microscopico la disorganizzazione del tallo del Coniothyrium | riusciva evidente, e nelle condizioni, anche più favorevoli ad un ulteriore sviluppo, il micelio non dava più segno di vita, e molte volte le stesse spore mature non germogliavano più. i Le indagini microscopiche e le coltivazioni istituite hanno semp. escluso che le muffe incontrate sugli acini (muffe appartenenti del resto alle più note forme di ifomiceti , quali Mucor, Rhysopus » Penicillium, Polyactis, ecc. ecc.) avessero rapporti metagenetici - col Coniothyrium. Invece negli acini conservati asciutti il tallo del parassita è rimasto fino ad oggi perfettamente vitale: basta somministrargli | infatti un liquido di coltivazione adattato ; perchè 1 concettacoli | immaturi rapidamente si completino, ed il micelio si distenda nel liquido nutritivo cireondando l'acino tutto all’intorno di una spess? | areola giallastra, la quale non tarda a coprirsi di numerosi picnidii. Se però questi acini vengano portati non più in un liquido zut- cherino, ma nell’ acqua di fonte, i fenomeni accennati non si avo verano altrimenti, ed il micelio del fungo non tarda a divenir preda di processi di putrefazione come negli acini abbandonati all "aperto. - Questo fatto dal punto di vista biologico non è forse privo di qualche importanza , poichè sembra dimostrare che lo incompleto . BIOLOGIA DEL « CONIOTHYRIUM DIPLODIELLA » > 327 sviluppo del fungo nella maggior parte degli acini malati sia dovuto allo esaurimento del materiale di nutrizione, e dall'altro che nelle condizioni naturali gli stroma infruttiferi non possano funzionare da organi di ibernazione, poiché quando anche giungano a superare i rigori dell’ inverno, non trovano poi in natura la primavera se- guente tali materie nutritive che permettano loro un ulteriore svi- luppo e la formazione delle spore. Gioverà del resto intorno a questo punto ripetere le esperienze con maggiore larghezza, specialmente in quei luoghi dove lo osser- vatore non abbia a temere che i germi del parassita da lui sotto- posti ad esame possano, ad onta delle precauzioni adottate, diffondersi a danno dei vigneti vicini. Le ricerche che avevano per oggetto di stabilire se il fungo potesse attaccare oltre ai grappoli altre parti delle viti, sono con- sistite in ripetuti tentativi di inoculazione del fungo sopra alcune viti delle varietà Fiano ed Aglianico cresciute in vaso, sopra diverse talee di varietà non determinate fatte sbocciare nell'acqua, e sopra alcuni tralci di viti americane e nostrali distaccati dalla pianta e fatti vegetare per qualche tempo nell’ acqua. In questi tentativi si portava tra le foglioline leggermente di- variate delle gemme in fogliazione, o sulla superficie di una foglia già aperta una goccia di acqua di fonte ricca di spore di Conio- thyrium in germinazione, e si avvolgevano i picciuoli, i tralci ed i < cirri con dei frammenti di carta bibula bagnata, sulla quale si erano fatte in precedenza germinare le spore. Le piante venivano in se- guito mantenute per qualche giorno in un atmosfera umida e calda. Le prove vennero continuate dal mese di marzo a tutt'oggi; ma in nessun caso io ho potuto osservare la penetrazione dei germi in questi punti. di tentata infezione; in nessun caso ho potuto av- vertire aleuna sofferenza od alcuna alterazione, anche soltanto locale, nelle piante o nei loro organi trattati in tal modo. All'incontro dopo il secondo giorno si potevano già raccogliere dalle goccie d'acqua deposte sopra le foglie o dai frammenti di P. BACCARINI, carta bibula sopracennati le spore germinate coi loro tubetti gr: sottili, a contenuto estremamente acquoso e spesso decomponentisi indizio evidente della assenza delle condizioni opportune alla pene- trazione del fungo nell’ interno dei tessuti. | Parrebbe quindi che si potesse arguire da queste esperienze come un’ infezione di Coniothyrium sugli organi di vegetazione della vite. non sia direttamente possibile, e che i casi di alterazioni sui tralci. | osservati da Foex e Ravaz a Bollene (!) sieno in realtà dovuti com gli autori suppongono al risalire del micelio dal peduncolo verso il sarmento attraverso i tessuti interni. i I tentativi d'infenzione sono riusciti infecondi anche sul grappolo. fin verso alla prima metà di luglio; ma da quella epoca in poi, e -cioè appena iniziati i processi di niaturazione dell’ uva sono stati coronati sempre dal risultato. 2 Il D.” Cavara (*) basandosi principalmente sul fatto che le ino fenzioni tentate direttamete sugli acini gli riuscivano soltanto quando | vi introduceva nella polpa le spore attraverso una ferita, esprime | | l'opinione (appoggiata a quanto sembra anche dal PriLLIEUX) (°) che la poncirazione x qun del DOSEN abbia luogo soltanto nel frutto attraverso il peduncolo. Senza porre in dubbio la realtà di questo processo, e pur am- mettendo che l'attacco sulla rachide del grappolo sia il più importan dal lato economico ed agrario, io non posso accedere intieramen alla ar lepras esposta; poichè ho iai acortan s il | () Forx et Ravaz, Sur V invasion du Coniothyrium Diplodiella, — en 1887. Comptes Rendus. Tome CV, p. 885. : C) F. Cavara, Intorno al disseccamento dei grappoli della vite. Tip. Bernardoni ece. ecc., 1886, p. 16. ; (3) E. PrILLIEUX, Raisins malades dans les vignes de la Vandet. Rendus. Tome CIV, octobre 1886, e Les Maladies de la vigne, en 1887; Soc. Bot. de France, 1887. Tome.... bd. AV. molti casi la facoltà di aprirsi la strada attraverso la spessa cu- ticola dell’acino. Io non sono riuscito in causa dello spessore dell’ epidermide, e della sua stretta aderenza cogli strati sottostanti a mettere in chiaro i punti di penetrazione dei tubetti germinativi; ma per via indiretta ho potuto accertarmi con un semplice artifizio che questa penetra- zione può indubitatamente avvenire. Ho cioè distaccati dal raspo gli acini imperfettamente maturi con un taglio netto attraverso il peduncolo, e ne ho poi ricoperta una larga zona basale con una goccia di paraffina fusa. - In questo caso, perché l’ infezione riuscisse, i tubetti di germi- nazione delle spore seminate sul tratto non ricoperto dalla paraffina dovevano necessariamente attraversare l'epidermide per giungere all’ interno. Le uve sottoposte a questa prova appartenevano alle varietà Mo- rillon, Pinot noir, Moscalella e Luglienga e nella grande maggio- ranza dei casi avendo cura di mantenere gli acini in camere umide per 24-36 ore dopo la semina delle spore, ho potuto ottenerne nel termine di sei o sette giorni dei picnidii perfettamente caratte- rizzati (!). - In tutte le coltivazioni artificiali che ho, quasi senza interru- zione, continuate dall’inverno passato a tutt'oggi, ho costantemente ed esclusivamente ottenuta la forma picuidica, quantunque abbia avuto cura di variare le condizioni di nutrizione e d' ambiente. Le coltivazioni venivano fatte sia mettendo a germogliare in tempi e circostanze diverse le spore raccolte ciascuna volta diret- tamente dagli acini malati; sia riproducendo con cura i discendenti di una delle prime culture, che ho potuto seguire così sino alla quindicesima generazione. $ C) In ulteriori esperienze le quali continuano tuttora ho però potuto accer- tare che esistono diverse varietà di uve nelle quali la buccia degli acini non si lascia attraversare dal tubetto di germinazione delle spore. (Nota aggiunta durante la stampa). | 2. pu pd nc BACCARINI, Dei diversi substrati nutritizii adoperati non si mostrarono adat ti alla alimentazione del fungo l'estratto di sterco cavallino, le prugne e le ciliegie fresche, le fette di patate e d'arancio sbollentate nel- | l’acqua: le coltivazioni invece giunsero sempre a fruttificare feli cemente nei decotti d'uva fresca e secca, di prugne, di pere, di mele, nel liquido nutritivo pei saccharomyces del DETMER (') adai | zionato del 5 ?/, di acido tartarico, sugli acini d'uva fresca sezi nati ad intieri, sulle fette di mele sbollentate nell’ acqua, e sulle - fettoline di midollo di sambuco imbevute di qualcuno dei e summentovati. Alla temperatura di 5°-8° le spore germogliano con molta len- - tezza, giacchè occorrono non meno di tre giorni per la formazione di un breve tubetto: tra i 12° ed i 15° il fenomeno avviene molto . più sollecito, ed alla temperatura di 18°-22° si compie con notevole. rapidità poichè bastano tre o quattro ore alla formazione di un germoglio discretamente lungo e talvolta ramoso. Il processo di germinazione presenta molte analogie” con m" : | indicato dal GiseLLI per le stilospore della Pleospora sarcinulae (*); spora assorbe dell'acqua ingrossando notevolmente di volume; po! l'esosporio si fende generalmente di lato, e il contenuto della ce lula ravvolto dal sottile endosporio vien fuori attraverso la fenditu formando una bozza jalina, irregolarmente rotonda, grossa talvolta. quanto la spora madre, e nel suo centro munita di un minuto cor puscolo brillante ed irregolarmente rotondo. Sui fianchi di questa protuberanza prendono poi origine dopo una breve pausa uno o due d filuzzi jalini che si allungano serpeggiando per il substrato. L’ accrescimento del micelio procede poscia , se il nutrimento: e la temperatura gli son favorevoli, con somma rapidità; i fili di ge! » 57. a her: () W. DETMER, Das pflanzenphysiologische praktikum. Jena, 1888, (?) G. GrseLLi ed L. GmrerrNI, Sul Polimorfismo della Pleospor barum Tur. Arch. Trien. del Lab. Critt. Pavia. Vol. I, Milano, 1874, P Li tav. VIII, fig. 2. ew BIOLOGIA DEL « CONIOTHYRIUM DIPLODIELLA > © 331 minazione si segmentano ben presto trasversalmente in articoli di varia lunghezza, i quali alla lor volta si allungano alquanto per ^ accrescimento intercalare, e si ingrossano sin oltre il doppio del diametro originario; peró non tutti in eguale maniera; ma qual più e qual meno, e danno poi frequentemente origine a dei rami di varia grossezza. -Il sistema di ramificazione del tallo è a mio avviso costantemente monopodiale; poichè l'allungamento dei fili del micelio avviene per il loro articolo apicale più lungo degli altri ed alquanto appuntito, ed i rami si formano quasi costantemente sui lati dei segmenti in- termedii più prossimi all’ apice e quindi più giovani. Più di rado questi rami si formano a spese della cellula termine del filo e in questo caso il loro punto di origine si trova general- mente situato verso la base della cellula gemmante, la quale però non tarda a dividersi in due con una parete trasversale immedia- tamente al disopra della nuova gemma, cosicchè questa resta inse- rita sul fianco di un breve articolo intermedio. In molti casi questo segmento subito dopo la sua separazione dalla cellula madre si al- lunga per accrescimento intercalare nel tratto sottoposto al nuovo ramo, il quale viene così spostato verso l’alto ed acquista la stessa posizione dei rami nati sugli articoli intermedii, dove la bozza ra- meale compare sempre immediatamente al disotto del tramezzo superiore del segmento. Molto frequentemente avviene che uno dei rami prenda uno sviluppo prevalente sul membro generatore, dando origine a delle forme simpodiali; ma non mi sembra giusto riferire tali simpodii ad un processo dicotomico, come interpreta il D." Cavara ('); perchè essi sono in tutti i casi accennati delle formazioni laterali, ed hanno — () l c, p. 18 — (Nella tav. IV, fig. 1 e 9 il D.” Cavara figura alcuni casi. di queste dicotomie; ma il micelio disegnato ha dei caratteri cosi distinti da quello del Coniothyrium che non sarebbe forse inopportuno qualche dubbio sui suoi legittimi rapporti con questo fungo). CS AAC SENE P. BACCARINI, i ít i un valore morfologico diverso dall’ asse principale che li ha dotti. ło non ho osservato nelle condizioni normali dei casi di ve dicotomia, (nei quali cioè l'apice vegetativo dopo essersi ingr sato alquanto si biforca contemporaneamente in due rami di ug valore morfologico) che molto raramente; essi divenivano inv frequenti ed abituali quando il substrato nutritivo del Tone formato da soluzioni troppo condensate. Così pure i diverticoli e gli austorii che il D." Cavara (') d e figura come proprii del micelio del fango in quistione , non. vennero mai osservati né nella polpa degli acini d' uva , né ne altri substrati di coltivazione. E Le giovani ife sono formate da cellule a membrana sotil jalina ed a contenuto omogeneo e brillante ; quelle adulte hanno membrane cellulari alquanto più spesse, leggiermente giallo-verda- stre, esternamente gelificabili, ed il contenuto cellulare finamen granuloso e men rifrangente. Esse vegetano costantemente sommerse nel liquido di cultura o nello spessore del substrato nutritizio senza spingere mai dei rami aerei nell'atmosfera della camera di cultu e col loro rapido accrescimento, la fitta ramificazione, e le frequenti anastomosi danno origine ad una pellicola giallastra più o me robusta ed a superficie liscia. Quando le condizioni di vita sieno favorevoli allo sviluppo. fungo, si possono già sin dal terzo giorno dopo la semina delle spore avvertire alla superficie di questa pellicola i primordii delle frut ficazioni, le quali poi progrediscono rapidamente ; cosicchè al quin mento le spore, benchè distaccate dal loro basidio sono jaliné, ancora mature e restano generalmente per qualche tempo 1° chiuse nella cavità del concettacolo , finchè non abbiano acquisti la colorazione scura e la maturità germinativa. Il tempo necessa C) 2. c., p. 18-19. tav. IV, fig. l-9 a — 10 a. BIOLOGIA DEL « CÓNIOTHYRIUM DIPLODIELLA » a questa metamorfosi délle spore varia a seconda dei casi: il calore e l'umidità lo raccorciano, la siccità ed il freddo l allungano, e le spore jaline mantenute per lungo tempo all'asciutto, perdono poi la facoltà di maturare e di mutar di colore. Il modo d'origine dei concettacoli fruttiferi, quale io ho potuto osservare presenta molta analogia con quello descritto dal BAuKE per i picnidi della Pleospora polythrica ('); ma non mi ha mo- strati mai quei fatti singolari che il D." Cavara descrive nel suo citato lavoro (°). Nei casi più frequenti sulle ife di mezzana grossezza si osservava- no degli articoli intermedii talora isolati, talora, e più spesso, riuniti due a due, e talora anche disposti in serie continua di sei o sette; i quali per il loro protoplasma più denso, granuloso ed opaco si lasciavano facilmente distinguere dagli altri contigui. Qualunque fosse del resto il loro numero, essi divenivano la sede di un rapido accrescimento, aumentavano di volume in modo da sporgere note- volmente oltre la linea del filo e quindi si segmentavano irregolar- mente dapprima secondo una sola direzione, in modo da dar origine ad un gruppo di elementi vario di forma a seconda del numero e della posizione degli elementi formatori. Il più delle volte però questo gruppo si presentava di forma rotonda od elittica ; perchè proveniva da una coppia sola di cellule iniziali. In altri casi ancora questi primordii delle fruttificazioni non pren- devano più origine direttamente dagli articoli di un filo; ma invece da loro produzioni laterali. Si formavano allora sui fianchi di alcuni segmenti contigui delle piccole bozze le quali si separavano ben presto con un tramezzo dalla cellula generatrice, ed ingrossatesi rapidamente entravano, come nel caso precedentemente descritto, in una fase di attiva segmentazione. Anche qui il numero degli elementi iniziali ea () Vedi A. De Bary, Vergleichende morphologie und biologie der Pilze, p. 267. C) 1. c., p. 19-20, tav. IV, fig. 7. { P. BACCARINI, del concettacolo era prevalentemente di due, e talvolta la lo disposizione e la loro forma ricordava abbastanza davvicino quell: di un oogonio e di un pollinodio ; ma io non ho mai avvertito in nessun caso qualche fenomeno che potesse alludere ad atti sessu e neppure il semplice riassorbimento delle pareti comuni alle cellule iniziali osservato dal GrBELLI per i picnidii della Pleospora Sarci- nulæ ('). | Costituitosi cosi per segmentazione questo gruppo di collalani ove. nelle adiacenze del nuovo corpo si trovi scarsità di fili micelici p come è frequentemente il caso nelle culture frazionate ad una poche spore, dove il tallo prende uno sviluppo molto limitato, e. qualche volta anche indipendentemente dalla relativa robustezza del tallo; la formazione del concettacolo non procede più avanti, la membrana delle cellule del gruppo acquista un colorito più scuro, .€ dei contorni più netti che gli elementi vicini, ed il loro contenuto diventa più chiaro e sembra riassorbirsi. ` Tali formazioni che possono quindi considerarsi come "— rudimentali arrestatisi alle prime fasi del loro sviluppo non sono | da questo momento più suscettibili di produrre un corpo fruttifero; 3 ma dopo un periodo di riposo più o meno breve possono allure di nuovo in ife vegetative. Se invece al disotto del gruppo o nelle sue adiacenze sì trovino in buon numero dei fili di micelio, lo sviluppo del concettacolo pro- cede rapidamente. Gli elementi sopraindicati seguitano a segmentarsi attivamente in tutte le direzioni dello spazio, e contemporaneamen dalle ife vicine sorgono e vi s' addossano de’ processi digitiformi gran numero, i quali l'avviluppano da tutte le parti. i ? Una volta che la corticazione del nodulo centrale è comincia riesce molto difficile seguirne le fasi ulteriori; perche le ife corti m canti opache lo nascondono perfettamente, ed i diversi metodi í si colorazione, compreso quello del Kihlmann, colorano tutti gli ele : menti del gruppo in eguale maniera. () L. c. p. 89. BIOLOGIA DEL € CONIOTHYRIUM DIPLODIELLA » 2335. - — Io mi sono valso invece con molto successo del metodo dell'OrT- MANN ('). Coltivando il parassita sopra fettoline di midollo di sambuco imbevute di un liquido nutritivo, era possibile, dopo l’indurimento coll’ alcool e l’ acido osmico , ottenere attraverso i giovani picnidii delle fine sezioni, e mettere così in chiaro i rapporti tra gli ifi cor- ticanti e quelli centrali, i quali tuttochè strettamente avviluppati dai primi se ne potevano distinguere abbastanza bene per il diametro maggiore ed il più intenso annerimento coll’ acido osmico. Le ife corticanti intrecciandosi fittamente e segmentandosi per traverso formavano ben presto uno strato pseudoparenchimatico , la potenza del quale dipendeva generalmente da condizioni esteriori: così quando il concettacolo cresceva alla superficie libera del sub- strato nutritivo, là regione corticante restava limitata a sei o sette piani di cellule; ma, quando esso andava a svilupparsi sotto ]'epi- dermide degli acini d' uva o delle fette di mela non mondate, la sua corteccia diveniva molto più robusta, e dava origine a quelle formazioni stromatiche che ho già prese altra volta in esame (°). Durante lo svolgersi di questo processo di corticazione, e spe- cialmente nelle ultime fasi, riesce molto difficile distinguere il limite preciso tra le due sorta di elementi corticanti e centrali, ma con un poco d’ abitudine, specialmente seguendone le mutazioni succes- sive ed aiutandosi col metodo dell’ OLTMANN sopraccennato, si giunge a stabilire che gli ultimi costituiscono alla base della formazione un cuscinetto convesso verso la parte superiore che si confonde in basso cogli elementi sui quali l' appoggia. A questo punto il concettacolo entra nella sua fase definitiva , e cioè nello spessore della regione corticale alla distanza di tre o quattro assise di cellule dal cuscinetto centrale, si delinea una ca- lotta sferica colla convessità all’esterno, la quale in basso si confonde (! F. OLtmanN, Ueber die Entwickelung der Perithecien in der Gattung Chaetomium — Bot. Zeit., 45, Jahrgang, 1887, p. 226-227. (9 1. c. p. 5, fig. 6-7-8. “P. BACCARINI, gradatamente cogli. elementi basali della formazione. A tal uopo gli elementi corticanti che si trovano sulla superficie indicata ingrandiscono alquanto, e si segmentano una o due volte in dive- zione tangente alla superficie stessa, dando origine, a due o ie assise di cellule irregolarmente poligonali, intimamente unite fra loro ed a contenuto più denso delle circostanti e leggermente gial- lastro. : Le membrane cellulari delle due assise esteriori si inspessiscono e colorano in scuro più o meno presto, mentre il loro contenuto si riassorbe; ma le cellule dell’ assisa interna restano jaline, e più | tardi nella parte saliente della convessità si allungheranno in sot- tili processi, obliqui verso l'alto, a formare le perifisi attorno al- l ostiolo. Il modo d'origine di questo mi è rimasto oscuro. Il peridio del concettacolo è in tal modo costituito e tutto il tessuto stromatico tagliatone fuori, dopo l’inspessimento delle assise - i esteriori, muore e si decompone; ma già prima che tale inspessi- — mento sia cominciato, quando cioè il concettacolo può ancora per distensione dei suoi elementi aumentar di volume, si riassorbono i AI tessuti corticanti rimasti accerchiati dalla parete, lasciando posto - alla cavità del picnidio; e dal cuscinetto centrale si allungano | in. questa cavità, allineandosi regolarmente gli uni accanto agli altri | un gran numero di processi bacillari che costituiscono i ee ec l'apparecchio sporigeno del fungo. ki E A questo punto il picnidio ha acquistata la sua struttura defi- | nitiva, e raggiunge più o men rapidamente a seconda delle condi- — zioni esterne lo stato di maturazione, caratterizzato principalmente dal colore oscuro del peridio e delle spore. Ld AE CONCLUSIONE Volendo ora riassumere in poche pius i risultati di queste ricerche si puó cóncludere : I. Le fruttificazioni del Coniothyrium che al sopraggiungere dell’ inverno sono rimaste immature sugli acini difficilmente possono avere un ufficio per la propagazione del fungo; ma la piü parte restano vittime delle intemperie e delle muffe che vi si sviluppano sopra. II. Il parassita sembra attaccare esclusivamente i grappoli, e rispettare gli organi di vegetazione della vite; e l'attaeco può av- venire direttamente sul raspo ed anche sugli acini. HI. Il sistema di ramificazione del tallo è nei casi normali co- stantemente monopodiale. IV. Nella formazione dei picnidii non vi ha mai una fusione del contenuto delle ife generatrici in una nubecola di plasma gra- nulare; nó la consecutiva formazione, nel seno di questa, di un tessuto parenchimatoso dal quale derivino concettacoli e stroma come vuole il Cavara, ma i picnidii si formano nel modo soprade- | scritto; e cioè il loro apparecchio sporigeno deriva dalla segmen- tazione di una o più cellule iniziali ed il peridio e la sovrincombente formazione stromatica dall’ intreccio e dalla segmentazione di un gran numero di processi digitiformi provenienti dalle ife vicme. Avellino 15 agosto 1888. 23. Malpighia, anno II, vol. II ‘BIOLOGIA DEL « CONIOTHYRIUM DIPLODIELLA » | 337 Rassegne P. Hauptfleisch: Ze/lmembran und Hüllgallerte der Desmidiaceen — Inaug. Dissert. — Greifswald, 1888, pag. 80 in 8° con 3 tra doppie. Questo lavoro del sig. D." HAUPTFLEISCH, va segnalato all'attenzione del morfologo per gli importanti risultamenti cui l'A. è pervenuto studiando le membrane cel i lulari e gli inviluppi gelatinosi delle Desmidiacee. I fatti rilevati non hanno però | E soltanto un valore generale; interessano altresì moltissimo la filogenesi di questa — E famiglia di Alghe. Cosi almeno a me sembra ben riflettendo su talune armonie morfologiche, le quali trovano qualche riscontro sulla struttura delle pareti di lulari delle Diatomacee. Riassumeró brevemente i principali risultati di queste ricerche: 1? Le cellule delle Desmidiacee sono costituite da due metà non pori mente mede il piano di semmetria dell’ una non corrisponde a que. dell' al k 2.0 a membrana consta di due pezzi distinti, vere valve, capaci di essere a separate sotto una certa pressione, le quali stanno aggiustate l’ una sull’ altra. : mediante i margini loro molto assottigliati. Fa eccezione il gen. Spirotænia di an cui le membrane sono di un sol pezzo. Al contrario presso molte specie dei generi. : Penium e Closterium le pareti presentano oltre due pezzi, ordinariamente quattro. ; : 3.° Durante la divisione delle cellule la incipiente membrana prende origine D al di sotto dei punti di contatto delle due valve sotto forma di piccolo corpo a cellulosico cilindrico, che crescendo ed estendendosi disgiunge e allontana le due E. valve. Soltanto ciò non si osserva in alcune specie di Closteriwm ; ivi la parete — sì spezza trasversalmente in prossimità de’ margini delle due valve, mentre : al ) ; di sotto del punto di frattura svolgesi la membrana filiale. Compiuta la fme zione del setto trasversale le due cellule figliali si accrescono dal lato del sotto i medesimo , che tosto si scinde ia due distinte laminette raggiungendo eo his cellula la sua perfetta individualizzazione. Per via di questa particolarità la paret? * : di ogni cellula conserva la primitiva costituzione: delle due valve, l'una Tap senta la parete figliale che rimane aggiustata ai margini della parete della cellula - : madre nel modo come dianzi si disse, 4 Le membrane delle cellule delle Desmidiacee sono spesso attraversate da . sottili - canaletti, segnatamente nei casi in cui la superficie di dette pareti appa- risce sparsa di minute papille, creste, aculei, etc. Notevole è il fatto segnalato dall' A. come all'interno di tali canaletti il protoplasma v'immetta di filamenti che terminano all’ apice in una sorta di turaeciolo destinato ad ostruire l’ aper- tura. In tutte quelle specie a parete apparentemente liscia l'A., ricorrendo a ' forti ingrandimenti, è riuscito a determinare la presenza di minutissime punteg- giature senza però acquistare la certezza che esistano identiche perforazioni. 54 Il secreto gelatinoso che cinge la più gran parte delle cellule delle Desmi- diacee è costituito da una materia egualmente gelatinosa avente la forma di ca- lotte o di prismi, i quali corrispondono esattamente allo sbocco dei cennati pori, confluiscono lateralmente insieme formando un inviluppo continuo. Spesso siffatti prismi sono attraversati da fascetti di sottilissime fibrille le quali prendono ori- gine immediatamente dagli inspessimenti in forma di turacciolo sopra ricordati e dopo attraversata la „massa gelatinosa vanno a sporgere al di fuori a mo' di cortissima punta. 6.° Le calotte e i prismi di materia gelatinosa trovandosi allo sbocco dei ca- naletti, l' A. opina che questi ultimi debbano servire di veicolo alla sostanza gelatinosa medesima segregata dal corpo protoplasmatico. Pori, filamenti proto- plasmatici, turacciolo e fibrille costituiscono un apparato molto complesso per potersi a priori affermare a quale altra speciale fanzione esso debba adempiere nella vita dell’ organismo. In conchiusione, le ricerche del sig. HAUPTFLEISCH sono, come vedesi, di una capitale importanza ; segnatamente la particolare struttura delle membrane, delle cellule, delle Desmidiacee accenna a non lontane analogie colla costituzione delle pareti, delle cellule, delle Diatomacee. E se ció non bastasse, altri fatti e sopra- tutto le somiglianze che corrono nella forma di moltiplicazione sessuale, sareb- bero sufficienti condizioni per chiarire maggiormente i rapporti sistematici che legano le Desmidiacee alle Diatomacee. Bonzi. Leblois A, : Recherches sur l'origine et le dévéloppement Wes Ca- naus sécréleurs et des poches sécrétrices. Ann. des. Sc. Nat. Bot., 7* sér., t. VI, pp. 247-330, pl. VII-XII. L' Autrice, dopo aver esposto la bibliografia deli iere dde e messo in rilievo il disaccordo che esiste tra i diversi osservatori, specialmente riguardo al modo di origine dei saechi e dei canali secretori, studia separatamente le famiglie di Piante che posseggono soli sacchi secretori, quelle che hanno canali e sacchi secretori insieme e quelle che presentano soli canali secretori , avendo rig anche alla loro distribuzione nei diversi membri della pianta e nei. div tessuti di questi membri. Termina il lavoro con delle osservazioni sulla funzior dei vasi laticiferi. Le famiglie prese in esame sono 13 in tutto, con 21 generi, e di esse 4 partengono al primo gruppo, con soli sacchi secretori (Mioporee, Mirtacee, Ru; 3 tacee, Mirsinee), 4 al secondo (Composte, Ipericacee, Clusiacee, Aroidee) e 5 al terzo (Cannacee, Aainertianeo, Simarubee, Pittosporee, Butomee). Le conclusioni a cui è giunta sono le seguenti : 1.9 I canali secretori ed i sacchi secretori hanno la stessa origine Adda nica, cioè si formano gli uni e gli altri per allontanamento e mai per distru- zione di cellule. Se si tratta di un sacco secretore, una cellula madre unica si divide in quattro cellule figlie che, crescendo , lasciano tra di esse un meato. Per succes- siva divisione di queste cellule si accresce lo spazio intracellulare per lo pi tondeggiante e si forma una parete di cellette piccole, che versano nel medesimo. l olio essenziale da esse elaborato. Se esiste una fila di cellule madri, esse danno luogo, collo stesso processo, i ad un lungo spazio intercellulare ossia ad un canale secretore. 2.0 Il tessuto secretore è un tessuto vivente. Infatti le cellule che limitano il canale o il sacco secretore e ne formano | come la parete, sono fornite di plasma e di nucleo e posseggono sempre la fa- coltà di moltiplicarsi. Ciò è dimostrato anche dalla produzione tardiva di tilli nei canali secretori di alcune piante quali Ailanthus, Dipterocarpus, Brucea. 3° In generale esiste attorno al canale secretore una guaina pr otettrice speciale che puó presentarsi sotto diversi aspetti. Le cellule che limitano il canale o il sacco secretore per lo più si segmen- tano anche tangenzialmente in modo da costituirgli una parete multipla à strati di cellule radialmente appiattite. Anche senza inspessire le loro membrane queste. cellule piccole e numerose fanno maggior resistenza che un numero minore di strati o uno strato solo di cellule grandi. Ma per lo più esse inspessiscono anche la loro membrana, o ‘soltanto radial mente (Eucalyptus callosa) o uniformemente tutt’ attorno ( Brucea forrugino@, Schinus molle). 4.° Non esiston mai sacchi secretori nella radice. Quindi nelle piante che hanno soli sacchi secretori questi si trovano o con temporaneamente nel fusto e nella foglia ( Mioporee, Mirtacee, Mirsinee , tribù delle Aurantiacee tra le Rutacee) o quasi esclusivamente nella foglia (eri dol - e | RASSEGNE | : ^. 841 Boroniee e Diosmee tra le Rutacee dove questi organi secretori sono sempre più abbondanti). Nelle Mioporee i sacchi secretori sono localizzati nella corteccia e nel mi- dollo del fusto e nel parenchima fogliare. Nelle Mirtacee si trovano nella sola corteccia del fusto e nel parenchima della foglia, sotto l’ epid@rmide della pagina superiore. Tra le Mirsinee alcune presentano i sacchi secretori del fusto limitati alla corteccia (Mirsine); altre ne hanno nella corteccia e nel midollo (Choripetalum); persino nel genere Ardisia certe specie appartengono al primo tipo certe altre al secondo. Le Auranziacee posseggono sacchi secretori nella corteccia del fusto e nel parenchima fogliare. Le Boroniee e le Diosmee quasi soltanto nel lembo fogliare, ma tanto nel palizzata che nel lacunoso. 5.9 Allorché esistono sacchi secretori e canali secretori insieme, questi si tro- vano preferibilmente nella radice e nel fusto, quelli nella foglia. Tra le piante che appartengono a questo secondo tipo (Composte, Ipericacee, Clusiacee, Aroidee), le Ipericacee offrono il miglior esempio di questo fatto, I ca- nali midollari restano nel fusto, i corticali penetrano bensì nel picciolo, ma si arrestano prima d’ arrivare al lembo. Tuttavia questa regola pare che sia capace di numerose eccezioni, poichè le Composte, le Clusiacee e le Aroidee contengono canali secretori in tutti i loro membri, anzi in una Aroidea, l’ Homalomena rubescens, il fusto non ha che sacchi secretori. Nella terza categoria di piante con soli canali secretori ( Cannacee, Anacar- diacee, Simarubee, Pittosporee, Butomee), le Anacardiacee ne posseggono in tutti i membri della pianta, localizzati nelle porzioni liberiane primarie e secondarie dei fasci; le Simarubee ne presentano nel fusto al margine interno dei fasci, e nel parenchima fogliare; le Pittosporee ne hanno dappertutto, nel periciclo della radice, nel periciclo del fusto di fronte ai fasci e nelle regioni cribose dei fasci stessi, poi nel parenchima fogliare; le Butomee ne sono prive nella radice e ne Posseggono invece nel parenchima corticale del fusto e del picciolo, infine le Cannacee non ne presentano che nel midollo della parte sotterranea del fusto. Astrazion fatta di queste differenze nella loro distribuzione nei ‘membri della pianta, sacchi e canali secretori sì rassomigliano del tutto, e per l'origine e per lo sviluppo e per la funzione e per i prodotti che contengono. 6^ Passando poi a parlare della differenziazione, per lo più precocissima , di questi organi e della loro funzione evidentemente escretrice, poichè le oleoresine che contengono non vengono più direttamente utilizzate della pianta, l’ Autric paragona con i vasi laticiferi, a proposito dei quali crede di poter stabili nel caso ordinario i laticiferi costituiscono un tessuto secretore ed il latice formato specialmente da sostanze secrete. Ora è noto che molti autori, il T&ÉcU il FarvnE, il TREUB, l' HABERLANDT, e da noi il PiRorTA e il MARCATILI, d natura del latice e dai rapporti di posizione dei laticiféri coi tessuti vicini, i tengono quello principalmente come una sostanza nutritizia o di riserva e ques come organi di trasporto di detta sostanza. L’ Autrice è tratta, forse prema mente, alla conclusione accennata da alcuni fatti osservati nella Scorzonera hisp: nica, che non sono certamente favorevoli alla opinione contraria, come a di la comparsa del latice pochi giorni dopo la germinazione della piantina, ils ‘continuo aumentare in quantità anche mettendo la pianta al buio o facendo ge minare i semi nell' oscurità. Peró riconosee che mancano ancora i dati sperimentali per precisare lui dei laticiferi. ^' — - * C. AvETTA. Notizie Addenda ad Floram italicam. Gen. Hieracium. | Sez. Aurella Fries. Sottosez. Glauca Fries. Epic. 66. H. Burnati Arvet T. in litt. — Burnat et GremLI, Cat. Hier. Alp. mar., p. Fu ritrovato a luglio 1887 dallo scrivente nella località classica data ‘ Autori, e più abbondante ancora al Lago dello Schiattour (0 Ischiatour) 80] Vinadio ( Alpi Lage dne e affinità di questa bella specie sono indicati succitato catalogo dei signori BuRNAT e GRE Sez. Italica Fr. epie. p. 107. p H. Srna Arvet T. in bull. Soc. Dauph., 1876 = H. prom ar., p. 39 Jt NA colli di aree rga e dell ma seen dallo scrivente — Colli Mom (Aequi-Alessandria) dal compianto Prof. DeLpontE nel cui erbario | nome di H. Sabaudum. em E se Sottosez. Picroidea Arvet T. class. p. 12. H. viscosum Arvet T. Supp., p. 26 (1876) BurnaT et GmEMLr. Cat. Hier. Alp. Mar I, Bucselio dallo scrivente nelle Alpi di Vinadio lungo il Rio di S. Bernoni, presso i bagni di Vinadio, (Alpi marittime) agosto 1887. . ramosissimum Schleich. in herb. Hegetschweiler = H. crissolense Borss et REUT. — BuRNAT et GREMLI, l. c., 0. b Nea BurnaT et GREMLI, l. c., p. 21. Questa specie colla var. ) venne raccolta, dagli Autori del Catalogo, nel 1883. Lo scrivente la trovò piuttosto rara, oltrechè nella località classica, al Colle del- 2800 l'Argentera lungo le roccie del Vallone di Pourriac, C = circa) nell'agosto 1887. Sez. Pulmonaroidea (Koch. syn.). Sottosez. Vulgata. Fr. epic. 89. H. cæsium f. laciniatum HEcETSCHW. Rarissimo lungo le ghiaje del torrente dei PERS di Vinadio (Alpi Marittime) raccolto dallo scrivente nell’ agosto Sottog. Pilosella. (c. cymella - Burn. et Gr.) H. sciadophorum ise PN: hybr. ; mosum X Auricula. Questo ibrido sidente delle due specie sunnominate fu trovato dal Giar- diniere Capo del R. O. B. T. M. Defilippi, presso Soperga. Gli autori della Mo- nografia del G. Hieracium indicano per l’ Italia vie località quali le Alpi Marittime (Limone), ed il monte Baldo nei Tirolo meridi i I saggi furono dona, in vicinanza delle iui incrociate. H. proealtum var, Zisianum. Burnat et Gremli, l. c., p. 3. = H. Zizianum Tausch. pe Lungo le ghiaie del pra Ischiattour o (Schiattour) presso le Terme di sa dio (Alpi marittime). 2.° Sui Colli di Torino presso Mongreno (colline aride marnoso-argillose). Raccolti dallo scrivente. Sez. Intybacea, (Koch. Syn. II, p. 527) - H. lantoscanum Burnat ET GREMLI T. c. p. 22. Raecolto dallo scrivente lungo le ghiaie del Rio di S. Bernoni (Vinadio - Alpi marittime — Agosto 1887. — Tutte queste specie mancano nelle Flore italiane. Gen. Viola L. Viola lancifolia Thore — Raccolta dal D." Piolti (del Museo Mineralogico di Torino) sul monte Musiné. (Alpi Cozie). Manca nelle chida italiane. Località nuove per la Saxifraga florulenta Moretti (Valle della Stura). Monte Arduch sopra il Gias dei Pastori — Monte Fon- tamil. Regione Fons soprana e sottana — Gorgiette soprane — Roccias di Ber- gemolo sopra il Colletto dell'Anpione mm R. Orto Botanico — Torino 25 maggio 1888. D. S. BELLI. è Brassicæ qusdam italicæ, e ditione præsertim flore Romans, B. incana Ten! — ho raccolto nel 19-21-24 maggio 1888 a Torre del Fico, — al Precipizio, alla Torre di Paola fra le rupi presso il mare sul Promontorio Ci» cello. Nel nostro erbario ve n'ha un esemplare del medesimo luogo a San Fe . lice SancuInETTI! V. 1829 (Sanc., Plant. Rom. cent. III, p. 93, n. 211, e FI, Rom. prodr. alter., p. 517; BERTOL., Fl. ital., VIL, p. 150), e molti della « rupe di Pen | niea roscia sopra il lago d'Albano » RoLi! V, 1863; i quali habitat sono finora — i più nordici della specie. Poichè, se è pei monti nell’interno della penisola, essa | è indicata comune fra le rupi di Balvano, in Basilicata, dal BarBAZITA (Sagg. Fl Luc., p. 68) alle Armi e Vetrice, e della Valle del Muto a Piedimonte d' Alife i y tu n . Valdemone, Val di Noto a Militello », sembra limitata ai pressi di Napoli TENORE, i Orsini, selva dei Camaldoli TENORE! Gussone! 1813, BERTOLONI, G. C. Grorpano! — V. 1882, Capo di Coruoglio verso i Bagnuoli Tenore! Peprcino! IV. 1868, - VI. 1873, Astroni Gussone! IV. , isola di Ischia ed isolette minori TENORE, — Gussone! V. 1830, V. 1834, III e V, 1851, Miseno Tenors monte di Cuma di là — da Pozzuoli Woops! Gussone! IV. 1827, ed ai pressi di Salerno dai monti di — Castellammare Gussone! V. 1836, HELDREICH, e di Capri Grraupi, Tenore, Het | DREICH , PASQUALE! a San Liberatore Gussone! V. 1851, ed Acropoli TENORE. Sul versante Jonio fu sinora osservata a Capo di Stilo PasquaLe! ed a Gallipoli | io padre con dubbio per le « rupi — della Banchina di Sant’ Agostino sulla costa di Sperlonga » (op. cit., l c) Et riferita alla B. incana |. inarimensis Guss.!, alla quale pure sembra spettare — Groves. — La B. rupestris Rar., data da mi uno dei due esemplari col nome di B. rupestris Rar., conservati nell'erbario OESATI- e raccolti a « Monte Volterrajo all'Elba » Marcucci! V. 1867, quantunque molto si 2 accosti a B. arborea Mitt., in Herb. Cesarı ex H. Brayd. L'altro, sebbene 22 incerta determinazione per la mancanza dei fiori e l'imperfezione dell' essiccato s ; pare essere tutt’ altra cosa e, dai carattefi della siliqua e delle foglie basilari, v riferirsi a B. balearica Bap.; siccome forma degna di maggiore studio lo FACCIO. mando ai botanici toscani. n e Masor. Andando più ad occidente e pur sotto le medesime latitudini 9 sempre per campi arenosi incolti e per le sabbie del littorale è nella Catalogna cire in Spagna, donde scende a Murcia in Cartagena, per diffondersi nell’Andalust | in Cuevas de Verra, Albox, Vera, Lubrin, Cabo de Gata, Almeria, Dalias, otrib . $ x det: D pu UU iii si . Malaga, ecc. (M. CoLmetro, Enum. pl. penins. Hispano-Lusitana, I, 234), nel Porto- ; M gallo a Faro G. MacH. Di qui passa alle coste settentrionali Algerine, e dalle provincie di Orano e di Algeri sempre con crescente proporzione piuttosto per parte interna diviene comunissima nella Tunisia e Cirenaica alta e bassa dalle coste alle pni, dai campi all’ altopiano (Cosson, Comp. Fl. Atl., II, p. 102, TmasuT et BATTANDIER, Fl. d'Alg., I, p. 56): epperciò vive nella Sicilia meri- dionale ad Mia Butera, Vittoria, Spaecaforno, Scoglitti , sui Terranova Gussone! Tenore! Toparo! fra Alicata e Terranova alla Tor i Falconara poi sul continente è a Cotrone Gussone! V. 1824, Caporizzuto GussoNE!, Basilicata a Bernalda G. C. GrorDANO, Torre a mare GUSSONE !, in Terra d’ drok a Patinisco e Gallipoli Groves, di Bari a San Nicolò e San Girolamo Gussone! 1843, a San Francesco nelle arene, al lago di abi verso Torre Pietra Hrms. . Romani — Non oserei affermare quanto ʻe e tale forma spetti al bacino Maditirraioo: certo che sotto la medesima bibo ne di 309-409 va dalla Libia all’ Egitto, alla Palestina e Siria littorale, donde all’ Arabia Petrea, Mesopotamia, Persia sul mar Caspio, ed in giù per la stessa Persia all’ isola Karech del Golfo pd rsico, KraLIcH! 1842, valli superiori del We Beloutchistan ed India — dove è coltivata massime nel Western Tibet — d'una parte, dall’ altra alla Iberia caucasica HóNACKER! Lankoran HóNACKER! us minore a Smirne, Grecia Phalerum HkrpREICH! ad Thoricos Laurii et Porto-Nhapthi HeLDREICH! Creta e Kissamos ReveRcHOoN! 1884, Zacinto Mazziari. Sicchè dal 109-909 long. or. di Ferro tocca in Catalogna, Corsica, Roma e Caucaso i suoi limiti nordici, con dd joe massimi di diffussione p^ bacino mediterraneo occidentale l'uno e nella Meso opotamia, Prov. caucasiche, Persia boreale e Caspio l' altro: sub costine paci marittimo quello. Non è im- probabile che il Caspio, il Golfo Persico, il mare Mediterraneo avessero avuto fra loro relazioni maggiori un tempo, quando cioè il genere Brassica rappresen- tava uno dei tipi arborei di Crucifere rene sparso dalle isole Canarie al Turkestan. B. PRESI Cyr., — comune lungo la va fra Porto d’ Anzio e Nettuno, dove primo la trovò. il sig. RoLLi! 24 maggio 1857 e poscia io col Prof. PIROTTA il 13 marzo 1887 — 3-4 marzo e 13 maggio 1888, ed abbondante fra le rupi calcaree del Promontorio Circello a n del Fico! 19 maggio 1888, donde è- indicata pure dal SANGUINETTI (v. Prod. Fl. Rom., p. 517): nel itte erbario ve n'ha di Terracina SANGUINETTI ! nd 1830, — habitat dato dal BERTOLONI (Flora ital., VIL p- 160) per invio della signora FIoRINI-MAZZANTI —, strada fra Itri 9 Sperlonga Terracciano N.! 1871, ed io! 27 maggio 1888, Gaeta Terracciano N.! V. 1873, Formia lungo la via che mena a Gaeta TERRAccIANO! (v. TERR., Peregr. bot. Ter. Lav., IV, 68), dintorni di Napoli Pepicino! Gussone! (nel mio erbario. privato), CesatI!, ai Camaldoli F. fra IIL 1877, a San Rocco Peprcino! II. 1865, a Fuori Grotta GuiLLARDOT! [V. 1855, nei campi Flegrei Frorrni-Maz- ZANTI! IX. 1849, a Soccavo Cesari! III. 1868, IV. 1877, Pozzuoli Mauri! 1825, - CgsATI! VI, 1868, Cuma presso Arco Felice! V. 1885 e nella Pineta di Pattia Sotto Licola! VI. 1886 (ex herb. meo), Ischia Gussone! Pepicino!, ruderi di Pompei RoLti! IX. 1871, falde del mo PasqUALE! (ex ipsius herb.), CESATI! 1868, Pino in Calabria ultra 12 Ascansata! v. 1877. — rale è più o meno diffusa pei colli aridi arenosi e per le siep Sannio va e X. 1868, Puglia TENcnE, Barletta Bruni; Basilicata a Pomarico rorpano, Otranto Groves, Reggio PasquaLe, MAcCRIATI; e vi proviene certa- mente diim Sieilia, dove e nei coltivati e sui monti ed accosto alle vie cresce ‘abbondante si da essere usata quale nutrimento pari alla B. oleracea L. Sotto | la medesima latitudine che in Italia, questa specie abita le coste Spagnuole in E Catalogna en los montes de Cabrera y Mataró, Cadaqués, Vallvidrera, entra Rosas . y Llausà Valencia, Murcia cerca de Archena y Monteagudo, Andalusia in Gra- - nada, Almeria, Cuevas de Vera, Alpujarras cerca de Laujarón, Salobrena, falde | de la Sierra Tejeda, e del Portogallo en la Ribera de Cea (COLMEIRO , 0p. cit, , p. 241), e WiLLKomm et Lance, Prodr. fl- Hisp., IV. 59-60). 1SD., tua In Francia trovasi abbondante sólo nei Pirenei orientali lungo le vie depuis AE le Vernet de Perpignan jusq'*à Pia e Rivesaltes (Rouy, Suites å la FI. d. France, "i ) D nó, che io mi sappia, altrove sino alla Stazione ferroviaria di Orbetello — Poria! VI, 1885, il quale habitat sembra per ora perigi ed il più setten- - trionale: della Sardegna è data del Capo Figari BAR Secondo il Cosson (op. cit., p. 190) dessa "it chatta alla costa settentrio- | nale africana nella forma tick, trovandovisi invece le varietà Mauritanica, Nu- — midica, Cossoneana, radicata, leucantha. Lasciando stare le tre ultime, dalla de scrizione cossoneana messa a confronto degli essiccati nostri, trovo che le due . prime debbano considerarsi sotto la medesima specie, perenn nanti e suffruticose, maggiori nelle dimensioni, glabre od ispidule a causa della stazione. Il CIRILLO stesso (Plant. rar., p. VII, fig. 1), notò: « caulis inferne lignosus, teres, p pope o sono — terram contortus, siccus, ete. »; ed in quanto ai fiori quelli di primavera piü gran i che d’ autu Sic., II, osservó nelle glabrizie una differenza fra gli essiccati di Sicilia *: d' Africa; e questa per vero si ee fra quelli delle sabbie marittime e e degli. scogli aridi, e quelli dei coltivati. — Sicchè la nostra specie sarebbe limitata. F e interamente Ea bacino Mer vini occidentale, fra 109-35? long. or. d. erro, | e 359-43? lat. boreale. II. Al medesimo gruppo della B. incana Ten! appartengono B. macrocarpa Gue.! | alla flora — siciliana: nè per ragioni geografiche e morfologiche al tempo stesso se ne pe | affatto glabra e B. villosa Biv. villoso-bianchiecia, ambedue proprie sono disgiungere B. rupestris Raf. indicata finora solo della Sicilia, e B. attt laris Mo * Jv D e Tt unno, anzi b pianta stessa è è più lussoreggiante dall’ aprile — is FOE HS i da varii agenti tellurici e meteorici a seconda delle varie regioni, ci inducono a vederle collegate sotto un: unico tipo, d' origine ger antico, arboreo all'epoca terziaria, diffuso dalle isole Canarie par la Spagna e l' Africa boreale alla Sicilia e Sardegna. Tra le forme africane e le Scito intercedono relazioni e passaggi molto piü chiari che non con le nostre, le quali sembrano come prodotti ultimi di adattamento in epoca abbastanza recente. B. rupestris Raf. segna il punto di transizione fra il primo tipo e secondo, che ha per prototipo B. Tournefortii T a mezzo della B. Robertiana Gay. indicata già d’Italia dal Nymann. Qui spetta B. Valentina Dec., che il Gussone (Syn. fl. Sic., II p. 198) riporta di icol e pae esistono essiecati negli erbarii napolitano e del Cesati; e qui la maggior parte delle specie abitatrici sulle coste spagnuole ed alniino-bafoni. - fruticulosa Cyr. intermedia fra Brassica e Sinapis, e B. obtusangola Bert. con Pollichii Schmp. e palustris Pir. passanti ad Erucastrum, non presentano ma di ció a miglior tem Intanto ecco qui i Pap fra le specie in esame: t \ B. incana B v » ape ORT tag * OLERACEA De TE 4. | » macrocarpa— Robertiana ' — B. TOURNEFORTII » rupestris | Valentina | 5 rinaei * ete. ' R. Museo botanico di Roma, luglio 1888. A. TERRACCIANO. x Nei pioppeti lungo la via del Tanaro e nel piano Biglini presso Alba, notai nei mesi di maggio e giugno corrente anno abbastanza frequente si Velvaria ; hypopitya (Fr.) Quèl, come pure comunissima la Leptonia aede Quel). Jug boschetti di acacia lungo il Tanaro presso il Cimitero di Alba raccolsi nel mese di giugno la Leptonia Turci Bres.; in un pas; presso la C. Rocca (Alba) osservai abb. comune nel mese di maggio il Panaolus sphinctrinus (Fr.) Quél., specie tutte non ancora state riscontrate in Italia. D. P. VogLINo. SE * t Geranium abortivum De-Net. Nel lavorò « sulla istologia del tegumento seminale e sul valore dei ca- "atteri carpologici nella classificazione dei Geranii Italiani », con molto stu dio redatto dal D.' De-TonI, a pag. 36, discorrendosi sul valore specifico da attribuirsi patata osservare di ase specie i carpelli ed i semi maturi, pe i nell’ unico esemplare esistente nell’ Erbario del R. Orto Botanico di Padova, Di sapeva cosa pensare a riguardo di detta specie, abbenchè porti giudizio, che s nient’ altro che una forma mostruosa o semplice cemente i una varietà del G. m di cui un solo esemplare esiste nell' Erbario pip di questo R. Orto senza però citazione di stazione di sorta; questo saggio è identico agli esempl raccolti dal GASsPARRINI a Rosarno Vm class. D e corrisponde poreon al influisce il carattere puramente accidentale, che il G. abortivum possa aver sentato i fiori polipetali e gli stami ridotti. Il Losacono quindi essendo dello stesso avviso del GUSSONE, non (olio colo dei caratteri florali, che rappresentano nient'altro che un casuale ed anorn sdoppiamento corollino, tien fermo a non rispettare la priorità del nome imp dal De NoTaRIS. Come il constatò PARLATORE, la vera affinità che s'abbia il G. abortivum si è col G. molle, sebbene fanno male quegli autori che da Vistani in poi ve: ne hanno riferito come vat. grandiflora; poichè detta specie in esame da ; presenta mirabilmente fusi i caratteri del G. molle, in quanto alle foglie c G. pyrenaicum Lin. in quanto all'infiorescenza ed ai fiori; sicchè è erroneo chi marla macropetala. Quanto poi alla figura del werd non si capisce, come acconcian osserva il Lozacowo, il perché sotto il nome di G. villosum Ten. si offra u cosa le mille miglia lontana dal G. AT figurato nella Flora Napolitana A cui gli autori lo riportano al G. pyrenaicum, ma che in verità è difficile minare cosa sia. TrwEo riporta il sinonimo del REICHENBACH al G. brutium, certamente sotto l'impressione della fig. 4880 delle sue Icones. Il GussoNE, n si comprende come v'abbia voluto vedere una simiglianza col G. asphodeloi che non ha nulla di comune. Rifer endo il G. abortivum al brutium, stabilire la seguente sinonimia: = G. BRuTIUM Gasparr. in Rend. Acad. Sc. Nap., v. 1, p. 49, n. 1843. abortium. Guss. Syn. Fl. sic, add. p. 850 in cale. deser. “posta loc. * € pag. » Part; FI. Ital, v. V., p. 203. De Not. in Bibliot. Ital., v. n p. molle Linn. var. | | Vis., Fl. Dalm., II, p. 212. grandiflorum. : molle B abortivum. Cesat. Pass, Gib. FL Ital., Comp., p, 752. villosum. | Reichenb., Jc. Fl. Germ. et Helvet., tab. 4880. P. Quanto poi al tegumento seminale s' oppone al vero il De Toni, E risce: seminibus an revera subtilissime reticulatis, poiché sebbene siano oo i seminibus levibus,. pure si presentano: sub forte lente levissime vix ro Palermo, R. Orto Botanico, luglio 1888. P. DA id LI NOTIZIE © Note di Microtecnica. Crediamo, utile, à schiarimento di aleuni metodi descritti nel fascicolo V della Malpighia, di dare alcune notizie sulla essenza di spigo consigliato dal D." MAr- TINOTTI e sul carbol-xilolo del WEIGERT. Sull' essenza di spigo troviamo, nei Comptes rendus des séance de l'Acad. de France, t. CVI, 1888, n. 8, pp. 551-3, una memoria dei sigg. R. Vorry et G. BOUCHARDAT (Sur l' essence d' aspic), colle notizie seguenti : L’ essenza bruta contiene una notevole proporzione di acqua acida pe acido . formico ed acetico). i endola a distillazione frazionata sotto 190°, tra 155° e 160° distilla un carburo terebentenico C,, Hg, nella proporzione ti 10 gr. per 5 Kg. di essenza; tra 160° e 176° si hanno mis sx in proporzione pieco- 6° .lissima; tra 17 0° distilla più del decimo dell’ esse Il prodotto di das ultima distillazione ha. una dai ‘di 0, 935 ed è destro- giro. La composizione chimica è C,, Hig Os. La densità del vapore è 5, 4. Si può AR per raffreddamento, e se ne here una sostanza cristallina che fonde 0° o poco più, quasi perfettamente inattiva alla luce polarizzata. Vorry e BoucHAaRDAT, che l' hanno poi ottenuta anche artificialmente, ( V. Comptes rendus, n. 10, 3-5. Sur le Medo reproduction artificielle de ? aney ou aal T propongono di chiamare terpane questa sostanza che, sotto i nomi di chineolo, eucaliptolo, PERASA spicolo, ece., è stata estratta da vari riot naturali. Il earbol-zilolo di WrIGERT (Ueber Aufhellung von Er aus Cel- loidinpráparaten , settschr. f. wiss. Mihroskopie , Bd. III, 1886, pp. 480-1) non è che un miscuglio di 3 vol. di xilolo con 1 vol. di acido carbolico (ac. fenico) puro (liquefatto). Il miscuglio deve essere perfettamente disidratato o, e l'A. T r assicurarsene, in un vasetto da F gr. mette del solfato ramico perfettamente anidro fino all'altezza di 2 cen. e, dopo aver riempito col precedente sta agita il tutto. Lasciando poi a sè, n e va al fondo, ed il liquido si decanta e si conserva in bottiglia chiusa. L'A. adopra questo liquido per schiarire i preparati inclusi nella celloidina, x: come dictom nella Nota precedente, (fasc. V della Malpighia), non si adoprare coi preparati colorati con colori basici d'anilina, bensì con quelli Man all’ i od al Carminio. x verde di metile impiegato per conoscere la reazione chimica e la morte dell cellule. — Il Prof. Mosso, che da qualche tempo fa studi speciali sui corpu- scoli del sangue, nella sua Nota IX (Rendiconti della R. Accademia dei Lincei, Ser. 4°, vol. IV, fase. 89, [seduta del 22 aprile 1888], pp. 419-27), tratta delle Au che 9 possono se ervire : a riconoscere la morte delle cellule, e cita in i fine x buch, II, 1887, p. 625), adoprato pure dallo SrRAsBURGER per colorire le figure cariocinetiche dei nuclei, ece, Zellbild. und ZA. gu Aufl. 1888, p. 141, e Botanisches AE MN, in vari luoghi) e da altri (V. PouLsEN-PoLi, Microchim, vegetale, X n La soluzione generalme iei: adoprata dall' A. é fatta sciogliendo il verde me- tile nella proporzione del 0,2 °/, in una acta acquosa all'l °/ di cloruro sodico. Il titolo di quest’ ultima soluzione può però variare, a seconda della re- | sistenza delle cellule da studiare, dieu una soluzione troppo acquosa le altera. : leucociti del sangue si comportano in questo modo: 5 rima resistono all' azione doni, poi prendono una tinta uniforme boil mente Sani che diventa più intensa, passa all’ oscura, e finalmente diviene - verde smeraldo. ven le cellule che si trovano in condizioni normali di vitalità non sio lasciano colorire, e resistono alla imbibizione delle sostanze coloranti anche - che la colorazione dipende da un fatto chimico, il quale si modifichi col s i cesso. di necrobiosi. L' a trovato infatti che se l’alcalinità delle cellule è molto ginada s questa distrugge il verde metile che tende a penetrare nel loro corpo; e perciò T la evans delle cellule in violetto sarebbe indizio di debole alcalinità. udiato l'azione del verde metile anche sul protoplasma contrattilo | delle Lao art Sui peli dei fiori della Tradescantia virginica e sulle spore — della Ulva lactuca. L’ effetto del verde metile, egli dice, è micidiale. Se all' ac — qua di mare, nella quale si muovono le cwn si aggiunge un po’ di v e i metile al 0,2 °/ sciolto nella stessa acqua marina, le zoospore si colorano. è zm fermano immediatamente. Il contenuto diventa alto: ed alla superficie ap- mette di ritornare, in una prossima Nota, sull’ I MOM studiando i fenomeni della necrobiosi nelle cellule vegetali. X Il Prof. S. H. Gage di Nuova-York, considerando che i forti oggi qu non sono forniti di correzione, sono dall'ottico, corretti per una data gross é rivolto a ciascun costruttore di Mieroseopi, domandando per di vetrino e quale lunghezza di tubo ciascuno intendeva corretti i propri tivi. Ma siccome ognuno ha un modo suo di misurare la lunghezza del tubo egli ha pure chiesto che, sopra un diagramma da lui inviato, sciascuno indicasse A questo proposito il Prof. Gaee fa voto perchè si adotti da tutti un'unica lun- ghezza di tubo. Ma il difficile sta nel metter d’accordo i vari costruttori non solo, ma anche i vari gusti dei Micrografi. Inoltre, per avere una base ottica mente fissa, cioè una lunghezza tipo, che abbia sempre il medesimo valore ot s bisognerebbe prendere la così detta lunghezza ottica del tubo (*); “perchè 5, ed mache: ^ Cfr. A. Port, Recenti progressi nella teoria del Micros«opio. Firenze, 1887, p . Por, Sol modo di valutare ed indicare razionalmente gl' ingrandimenti " Miro Lo Spallanzani, anno XVI, 1887, pp. 508-18. NOTIZIE gione materiale del tubo, comunque misurata, non ha sempre lo stesso var lore ottie bas sia, finche i vari costruttori correggeranno i loro ian pei grossezza diversa del vetrino, e per diversa lunghezza del tubo, è utile crografi conoscere questi elementi, necessari al buon uso dei vari peer Quindi, senza entrare in particolari sull'argomento, poichè non tutti gli ottici dànno nei loro cataloghi queste indicazioni, riportiamo qui le tabelle del Prof. Gage pubblicate nel periodico « The re » (VIII, 1887, n. 10, pp. 289-93, l fig.) e riprodotte nel « Journal of the R gi io Society » (1887, pt. 6, decembre, pp. 1022 e 1029), jest nel « Zeitschrift f. wiss. Micro- ‘scopie » (Bd. V, 1888, Heft. 2, pp. 209-13). È 2 TABELLA indicante la grossesza del vetrino e la lunghezza del tubo del mi- croscopio, per le quali sono corretti gli oggettivi dei vari fabbricanti di micro- scopi, coll’ indicazione delle parti che ciascuno d' essi intende comprese nella lunghezza del tubo. Parti í che E si intendono i mu ta Lunghezza Grossezza I-II dem del vetrino ooo (vedi*figura) in mm. in mm. c y me» i J. Grunow, New-York .... 203 0,25 da | Nachet et Fils, Paris ..... 146 o 200 0,10-0, 125 : i a-d | Powell and Lealand, London 254 0,25 bi lc C. Reichert, Wien ....... 160-180 0,15-0,18 EPI W. Wales, New-York... ... 254 0,25 i : i Bausch and Lomb optical Co., E Bobhoslet. A. XX , n. 13; Milan 18 SIRAGUSA i C. Ricerche sul geotropismo, Palermo, 1888. Succi A. yes dei er sulla vegeta- zione. N. Rass c. Enol., Coneglia- no, À. II, p. 2 Tallofite BonarpI E. Intorno alle Diatomee del lago d' Idro. Trg Scientif. Pavia, 1888, 1 ma DE Toni G. vision of the Genus Vol. ss eii — Notizie sop e del genere Fromont Nori II, 1888 p. 517. AGRUM L. Le Dia acee della wr a B. Da Doissansia Cornu. Journ. of Mycology, A m 8, p. 404. — S del Lago Santo Modenese. orno alla determinazione delle specie batteriche secondo NE ger, ossia mediante i caratteri des dalla loro eultura. Boll. Scientif., Pavia, dicembre 1887. MaarELLI N. pih una forma singolare di Agaricus. N. Giorn. bot. ital. XX, sa 1088, p. E. ^ ManteLLI N. Due fanghi nuovi dell’ agro — bellunese, ibid., pag. i AI C. Ueber e neue Species — n Taphrina. Botan. pes XX 1888, p. 389. Rxiwscn P. F. Familie Polyedriarum Mo- su gens ia. Notarisia, IIl, 1888, p. 483, ab. S P. A. S e Fungorum om- acoanoo og ngoram ci Myxomycete:e , ce Fischer E. | Toni G. B., Berlese A. N., Pa tavii, 1888. SrrosL G. Flora des Etna (Lich., Al- gae, Fungi). Oster. botan. Zeitschr., XXXVIII, 1888, p. 161. Briofite. Sn J. Bryum SE n. sp. Rev. bryolog. 1888, p. Bozzi L. “Maschi della ` Provincia ups via. Arch. Labor. Critt., Pavia, Vo la DI di | Fanerogame — Flore. AnmTzT A. Zur Flora von Schleuderban in iind Deut. botan. Monatse VI, 1888, : Basrert V. Flora ligustica. Giorn. Bee lett. Aper scientif., Genova, ^- I Sem., fas D AMATO F. Il ra Jaai g Italis e ATE sione sul Monte Corn Wo seg ODAR > eco notizie sulla 0 388, . N. Gio . ital. XX, 1 5 3 n ia. Bob — Go A, Nuova specie di Quere e "lett. Nat ral Siena, A. Vill, BE p. 81, BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO MaccHiati L. Prima Spr Asi alla ci Sy Viggo Atti Soc. natur. Ser. T vol VII, "1888, — Diaz alla a del Ges 880. . Gior. bot ital. XX. 18 8, p. 418. MARTELLI U. Contribuziono alla. flora di Massaua. 7. 9. — Webb, justis florule æthyopico- egyptiacre, l. — ed cea massdonie a. L, c. p. 427. MATTI O. Un'escursione poses £s nel Hot Ct gr db "del Viso. vr Alpino ilaliano, Vol. XXI, 1887, 54. SowwreR S. Una Genziana p per l Europa. N. Giorn. bot. ital [DEA p . 424, TANF tak Cenno sulla ro ux lc. altimetrica dell’ Olivo in Italia — Su tre piante nuove o rare per la Posa, ibid., p. 387. vece e Patologia vegetale. causa del I eronospora sig vite, Ri- cerche chimiche. N. Ras . Vitic. Enol Conegliano, A. II, 888, - 209. Cusoni G. Per combattere la Perono- spora. Boll. Soc. Vitic. ital., A. III, 1888, p. 253. — Sopra una Td malattia delle Rose. .. Boll. Not. A 888, p. 804. Rose. Sta , Vol. XIV, 1888, p. 205 I G. La Peronospora dei rappoli nell" Italia 888. o g^ U. So ci Vizio. sE A.I 8 — Rasseena critt E ug de piii n. Boll. Not. Agr. i onI G. B. Notizia sopra un caso di fasciazione caulinare. Bull. Soc. Ven ent. Sc. natu ur., Padova, t. IV, Es , 1888 u’ più efficaci rimedii contro della vite. Staz. sper. XIV, 18 C. Sopra una forma particolare delle viti. Bull. Soc. nat 3, a denominazione della ite: Funghi viticoli. 355 N. Rass. Vit. Enol., Conegliano, A. Il, 1888, MENEGHINI S. Difendismoci dalla Pero- nospora. ibid. p. 315. PERRONCIT TO E. e MaGGtoRA A. "gebe 2 , 1888. vite in rap- stadi colla Seloltà "dell epoca della po- tat Paleontologia vegetale. De STEFAN: S. Andentungen einer pa- làozoischen flora in den Alpi marit- time. Verhandl. k. k. geolog. Miche: anst. Wien, 1888, n. Risrori E. Filliti i "nei travertini delle PR ege Rio (Isola d' Elba). Atti Soc | Oe. gu Pisa, Proc. verb., Vol. V. ese 217. ; SquINABOL S. Con eo alla flora fos- sile dei terreni omini d della Liguria. I Fucoidi ad Elmintoidee. Bull. Soc. geol. ital., Roma, Botanica medica e farmaceutica. me x Sulla lepra dei polmoni. Arch. Sc. XII, 1888, er; EDUZZI G. La coltivazione del bacillo della mde ibid., p. 53. i Leprabacillen. Zoitsch. £ L’Ercolani, per. di Medic. Veter., I, 1888, n. 1. Campana R. Alcune particolarità di di- stribuzione, morfologia e colorazione del bacillo della lepra. Mem. Acc. med., Gen A. 1887, Genova, 1888. Hola Sulla c i mi- neorrenza vitale de Wis ejes nell’ organismo degli ani- mali. Atti Soc. Tosc. Sc. nat., Pisa, pgp verb., Vol. VI, 1888. AFAFA E. e CELLI A. sn infe- malarica. “Moni ig A vieliche Vol. XII, 1888, n. 8. PELLACANI P. Tdraetis canadonsis e idra- stina. Mem. Acc. med., Genova, A. 1887, Genov: insere C. Ricerche. i ie ieri shui yrans. pru 1888, fasc. p È 57. 356 SeIMENI E. Ricerche sardi n5 a sul- l'ipopio. VI, f. V- Tommasi-CrupELI F. Ti “bacio della ma- laria. Atti Acc. esas Ser. IV, Ren- dic., vol. IV, 1888, fasc. VII. ZASSLEIN T. Biolo ogia der bacillo virgola in rapporto con le varie fasi della nA demia colerica e con le varie pie Acc 1887, Genova, 1888. — Nuove ricerche sul bacillo virgola. Ibid. — orticola, agraria industriale. ARCANGELI G. Sul Kefir. N. Giorn. bot. ital., XX, 1888, p. 381. Beccati A. Della coltara dei Cyclamen. Bull. Soc. Tosc. Ortic., . 908. Booekdépxi C. Prime note sulla resistenza alla stagione e sulla rei di aleune piante dei pressi di Cun . Giorn. bot. ital., XX, 1888, (14. ENTLEUTNER F. Die A vòn Südtirol. Verhandl. zool. Gese € Wien. XXXVIII, 1888, Abb p. oae A. Iris stylosa v. speciosa. Bull. Soc. Tosc. Ortic., XII, 1888, .. 165. — e Cazz ZUOLA F. Foraggi italiani o piante foraggere coltivate in Italia, Tor 1888. — pr Viti americane, N. Riv. Vitic. Enol. Conegliano, A. II, 1888, p. 231; 325, M — Ibridaz , p. 254. Micosi cm "Caratteri delle principali varietà di viti, che si coltivano nei dintorni di Arezzo. . N. Giorn. bot. ital., , greca» A. nutrizione delle piante coltivate ; venione di G. Tomasoni. Cividale, 1888. evccr F. Rivista agraria meteorologica dell'anno 1887. Bull. Soc. tosc. Ortic., XIII, 1888, p. 215. Í(—— BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO MineroLi E. I funghi. Loro utilizzaziot e conservazione. Italia agric. XX, 1888, —— 15. id Dani Della rsen Ibid; "i cel SPRENGER C. Il Crocus- — e d ! à. Boll. Soc. Tosc. Ortie. bare e d., p, 151. A — I iet. [mensi Ibid., p. 170. 2 — opna geranioides R. Ibid. p. 201 — on tea alba. Ibid. p. 206. TANFANI E. a all’ Haekea laurina. Ibid. p. 108 c ; UGOLINI G. Dell Olmo. Ibid., p. 203. Microscopia e tecnica microscopica. ; AsEvoLr E. Il fenolo nella tecnica micro- — scopica. Riv. intern. Medic. Chir. Na- poli, I, 1 ; pr CAPRANICA. Fotografía istantanea dei pre- Atti Acc. Lincei, t. 284, 188 Cuccati G. Sopra di ematossilina. Zei Mikroskopie. B. NU p jp cuni articoli intorno GarBINI A. Di M alla tecnica del micr ey ser È f. wissensch. Mikrosk. V., 1888, 1 E ab MaxaEnr C. Sulla Pro della ge- latina web" e j is ps. i yer : Ser. IV, voler È : . Riv. p Port A. Note p a een Ù T 3 industr., À. bersi Prof. A. BORZI, Redattore responsabile. Inghilterra Belgio francia I> lf Li cà rufo ru ASS E UK e PREIS eo TAX e E S P hus 7 pagna € Portogallog arocco Azorri * ; e Pe Y Spagna 4-9" n DELI Db Portogallo è 2 ANEQ æ . carniolica Koch =æ uniglunis Schult. nebrodinsis Past A Terracciano delin, L. MAPCA ° Sul polimorfismo della Pleospora herbarum TuL., e sul valore specifico della Pleospora Sarci- nulæ e della Pleospora Alternari di Gr BELLI © GRIFFINL — Ricerche sperimentali del D ORESTE MATTIROLO. Alcuni giudizii ripetutamente svolti dal sig. Dottore Augusto Naporrone BERLESE (!) nella sua recente Monografia dei generi Pleospora, Clathrospora e Pi yrenophora, a proposito del valore e dei risultati ottenuti finora dalla moderna micologia, hanno moti- vato le ricerche che formano oggetto di questa nota. Dimostrare con un esempio pratico l’importanza degli studi spe- rimentali fatti nel campo stesso del genere Pleospora; indicando quali siano i vantaggi che il sistematico può da essi ritrarre per giungere alla conoscenza morfologica scientifica; ecco lo scopo delle osservazioni, i cui risultati presento oggi ai lettori della Malpighia, e che hanno riguardo al ciclo evolutivo della Pleospora herbarum. L’ Autore della Monografia del genere Pleospora, di cui non intendo fare una rivista critica, trattando di alcune specie delle quali molti botaniei ebbero già ad occuparsi, non fa parola degli Studi fatti in proposito. Egli motiva questo suo silenzio col dire: che questo fallo non si deve allribuire nè a dimenticanza nè a ina () A. N. BerLesE, Monografia dei generi Pleospora, Clathrospora e Pyreno- phora. — Nuovo Giornale botanico italiano, Firenze, 1888, N. 1 e N. 2 con 10 tavole. *4 Malpighia, anno II, vol. II. LI * 358 0. MATTIROLO, trascuratezza : lo studio della melagenesi dei Funghi anche dopo i lavori fatti è ancora bambino. Sul polimorfismo dei Funghi — regnano ancora tanti dubbi, tante incertezze, tanti punti oscuri, che sarebbe stata addirittura una temerità l esporre dei giudizi, | che colle odierne cognizioni non sarebbero stati che avventurali : (pag. 100); e finalmente tanta è l incertezza in questioni melage- - : netiche di questa natura che io credo assolutamente inutile il par- — larne (pag. 56). i: A me parve invece tanto utile ed istruttivo lo studio della que- stione e così importante la definitiva soluzione del problema, e TH tenni cosi inesplicabili le cause per cui regnavano ancora le note | controversie, che mi decisi a tentarne lo studio. Gli insperati risultamenti ottenuti colle coltivazioni fatte, se non altro, spero, varranno a dimostrare che la completa soluzione di questa questione metagenetica tanto incerta, tanto dubbia, tanto oscura, secondo il parere del sig. BERLESE, data già dal 1873 e che avvenne appunto per opera dei signori GIBELLI e GRIFFINI di cui era cosi semplice ripetere gli studi, pigliando le mosse da nuovi - punti di partenza. | Alla storia dettagliata della questione, che valga à delineare i nettamente i risultati già ottenuti dagli Autori, farò seguire la re- : lazione minuta delle ricerche sperimentali appositamente istituite. I. Pochi argomenti di pura micologia diedero origine à così grande numero di lavori speciali come quello che ora ci interessa ; poche osservazioni diedero alla teoria’ del polimorfismo nei Pirenomicett una dimostrazione più chiara. Ws Coi lavori dei fratelli TuLAsNE che contano fra i fondamenti — della scienza, colle favolose concezioni di Harrier, colle affermi e ricerche | zioni molte volte gratuite di FuckeL e sopratutto coll dr MRI e SUL POLIMORFISMO DELLA « PLEOSPORA HERBARUM TUL. » ECC. 359 sperimentali di GIBELLI e GRIFFINI, Bauke, DE Bary, KoHr, ci tro- viamo oggi in possesso di una serie di fatti ripetutamente dimo- strati, i quali ci permettono già di veder abbastanza chiaro nella sistematica e nel valore biologico delle forme che compongono il ciclo di sviluppo della Pleospora herbarum di PERSOON. La storia di questa questione che dobbiamo riassumere va divisa in due periodi. Il primo è caratterizzato dai lavori di TuraswE (!), HaLLIER (°), FucKEL (°), i quali basandosi più sulla concomitanza foriuita delle forme, che Sopra dirette osservazioni, ebbero ad esa- gerare le idee del pleomorfismo. ll secondo invece, inaugurato da GipELLI e GRIFFINI (*) seguito da Bauge (°), De BARY (°), Kont (? si fonda sopra dirette osser- vazioni. A) Secondo le idee dei Fratelli TuLASNE (loc. cit., 1863) la Pleo- spora herbarum conta nel suo ciclo di sviluppo 6 forme principali; di queste, 2 periteciali e 4 conidiali. () L. R. TuraswE e C. TurASNE, Selecta Fungorum Carpologia, Tom. IL, pag. 260 e seg. Parigi 1863. () HALLIER, Untersuchungen d. pflanz. Organ. welcher die, unter d. Namen GaTTINE bek. Krank. d. Seidenraupen erzeugt. Postdam, 1868. — Die Muscar- dine des Kieferspinners. (Zeit. für die Parasitenkunde, Vol. I, pag. 18). ` C) L. Fucker, Symbole Mycologice, pag. 130. Wiesbaden, 1869, () GrseLLi e Grieeini, Sul Pleomorfismo della Pleospora herbarum, Archivio triennale. del Laboratorio di Botanica crittogamica della Università di Pavia. — Milano, 1874, pag. 53 e seguenti. () H. Bauge, Beiträge aur Kenntniss der Pycniden, Dresden, 1876; Nova acta der K, Leop. Car. AK., Vol. XXXVII, N. 5; Iovem, Zur Entwickelungs- geschichte der Ascomyceten; nella Bot. Zeitung., 1877, N. 20. (°) A. De Bary, Vergleichende Morphologie und Biologie der Pilze. Leipzig, 1884. C) F. G. Kom, Ueber den Polymorphismus von Pleospora herbarum, Tulas. Botanisches Centrallblatt, Vol. XVI, N. 1, 1883, pag. 26. 358 0. MATTIROLO, trascuratezza : lo studio della metagenesi dei Funghi anche dopo i lavori fatti è ancora bambino. Sul polimorfismo dei Funghi regnano ancora tanti dubbi, tante incertezze, tanti punti oscuri, che sarebbe stata addirittura una temerità lU esporre dei giudizi, — che colle odierne cognizioni non sarebbero stati che avventurati 3 (pag. 100); e finalmente tanta è l'incertezza in questioni melage- " neliche di questa natura che io credo assolutamente inutile il par- | larne (pag. 56). 3 A me parve invece tanto utile ed istruttivo lo studio della que- : stione e così importante la definitiva soluzione del problema, e ri- : tenni così inesplicabili le cause per cui regnavano ancora le note | controversie, che mi decisi a tentarne lo studio. | Gli insperati risultamenti ottenuti colle coltivazioni fatte, se non altro, spero, varranno a dimostrare che la completa soluzione di questa questione metagenetica tanto incerta, tanto dubbia, tanto oscura, secondo il parere del sig. BERLESE, data già dal 1873 e che avvenne appunto per opera dei signori GIBELLI e GrIFFINI di — cui era così semplice ripetere gli studi, pigliando le mosse da nuovi punti di partenza. | Alla storia dettagliata della questione, che valga a delineare — nettamente i risultati già ottenuti dagli Autori, farò seguire la nod lazione minuta delle ricerche sperimentali appositamente istituite. - : I. Pochi argomenti di pura micologia diedero origine a così grande o numero di lavori speciali come quello che ora ci interessa ; poche osservazioni diedero alla teoria’ del polimorfismo nei Pirenomiceti una dimostrazione più chiara. : a i fondamenti > lle afferma" - e ricerche | Coi lavori dei fratelli Turasne che contano fr della scienza, colle favolose concezioni di HALLIER, CO zioni molte volte gratuite di FuckeL e sopratutto coll SUL POLIMORFISMO DELLA « PLEOSPORA HERBARUM TUL. » Ecc. 3601 come indicarono GIBELLI e GRIFFINI, coll Alternaria tenuis descritta e figurata da Nzzs (') e Corpa (°). B) Il sig. HaLLIER (1868) annovera ancora nel ciclo di sviluppo della Pleospora herbarum, oltre alle forme ammesse dal TuLASNE molte altre forme secondarie da lui ottenute colle coltivazioni! cioè le forme primitive pebrinose (Corpuscoli del Cornalia) il Penicillum grande, il Rhyzopus nigricans e finalmente come germi elementari! il micrococcus e le sue derivazioni in mycothrix e bacteri !! (°). C) Finalmente un anno dopo (1869) il FuckEL emise ancora il sospetto che le forme di Epicoccum dovessero appartenere alla Pleospora. Sono adunque 13 forme che secondo gli autori citati si dovevano incontrare nel ciclo evolutivo di una sola specie ! D) Come si scorge dalla accennata rivista era abbastanza intri- cata la questione, e dopo tali lavori urgeva assoluto il bisogno di appurare la verità dei fatti, e ciò tanto più dopo le strane asser- zioni dello HaLLIER, che avevano così inaspettatamente sorpreso il publico scientifico. A questo compito importante si accinsero i signori GIBELLI e GRIFFINI nel 1873 con numerose (*) ed accuratissime ricerche, ese- guite con materiale di semina ricavato da periteci di Pleospora herbarum Tul. determinati dall’illustre Prof. PassERINI, sviluppatisi naturalmente sopra steli morti di Gelia e di Physospermum aqui- legifolium. (1) System der Pilze, Tav. V, fig. 68. (®) Flore illustrée des Mucédinées d' Europe, Tav. VII. (5) Sperimentalmente venne dimostrato, come era ragionevolmente da sospet- tarsi, che tutte queste forme non hanno aleuna relazione genetica colla Pleospora. Vedi i lavori di Geru, MagsrRr e CoLomso, nell’ archivio citato. (4) 89 coltivazioni. 362 0. MATTIROLO, Dalle ascospore estratte dai Periteci della Pleospora proveniente dagli steli del Physospermum, osservarono lo sviluppo di filamenti micelici dai quali ebbero origine conidi analoghi a quelli della Al- ternaria tenuis di NeEss; esattamente quindi paragonabili ai co- nidi descritti dal TULASNE (forma conidiale IV); e da questi nuove forme Periteciali (!), analoghe a quelle dalle quali avevano estratto le spore per le coltivazioni. Dalle ascospore estratte invece dai Periteci sviluppatisi sulla Gea (in 33 coltivazioni) si ottennero sempre conidi paragonabili a quelli descritti da TuLAsNE (forma conidiofora II) identificabili col Ma- crosporium sarcinula di Fries; e anche nuovi periteci (in 20 col- ture) identici a quelli da cui si estrassero le spore messe in colti- vazione. Questi risultati, "costantemente ottenuti, operando colle più mi- nute cautele, condussero gli Autori a sospettare che vi fossero diffe- renze periteciali nelle forme classificate fra la Pleospora herbarum dagli Autori e trovarono infatti che le ascospore dei Periteci, (i quali sono per i caratteri esterni quasi identici fra di loro) (C); sviluppatisi dal Physospermum, da cui si avevano conidi di Alternaria, erano notevolmente più piccole di quelle contenute negli aschi della forma sviluppatasi sulla Gala, che avevano invariabilmente dato origine à conidi Sarcinule. Mentre le prime misuravano da jj: m.m. in larghezza (microscopio di Beltle) e da oes m.m. in lunghezza; ave vano le pe dimensioni più grandi, cioè da ur m.m. in lar- ghezza e “© m.m. in lunghezza, un maggior numero di loculi ed un "— più elittico che ovato (V. loc. cit.). Mai avvenne che dallo stesso micelio si originassero le due forme. Le spore di minori dimensioni, ottenute parecchie volte nelle culture diedero sempre conidi di Alfernaràe, mentre quelle a dimensioni maggiori fruttificarono sempre con Sarcinule. () Ottenute complessivamente in 23 colture. () Vedi pag. 93 del citato lavoro di GrseLLI le differenze periteciali. SUL POLIMORFISMO DELLA « PLEOSPORA HERBARUM TUL. > Ecc. 363 Dalle ascospore grandi, che fornivano Sarcinule, ottennero gli Autori due volte la produzione di Periteci picnidiferi, le cui mi- nutissime stilospore dànno tutto l'aspetto e le dimensioni dei cor- puscoli di Cornalia ; nè in ulteriori coltivazioni e ricerche riusci- rono più ad ottenere altre forme paragonabili a quelle descritte dal TuLAsNE; nè dalle due forme ascofore ottennero mai, nelle colture pure, la produzione del Cladosporium; il quale, dove si sviluppava, come forma accidentalmente concomitante, lasciava riconoscere di- stintamente il suo punto di partenza estraneo affatto al ciclo evo- lutivo della Pleospora herbarum. Dal complesso delle osservazioni di GiBELLI e GRIFFINI mem quindi che la Pleospora herbarum di Persoon o di TuLasNE com- prende due specie concomitanti, fino allora confuse insieme dagli autori, ma distinte per caratteri costanti, alle quali rispettivamente diedero i nomi di Pleospora Sarcinule, GIBELLI et GRIFFINI e di ` Pleospora Allernaric, GIBELLI et GRIFFINI e che finalmente il ciclo evolutivo di queste due specie si può riassumere nel modo seguente: Pleospora Sarcinulie, (Gibelli e Griffini)? | Pleospora Alternarie, (Gibelli e Griffini). Periteci (Pleospora). a (Pleospora). Conidi (Macrosporium Sarcinula). p (Alternaria). Dea | Periteci. Pienidi Periteci. Da queste ricerche risulta poi ancora che le forme di Clado- sporium (Conidiale I, Tulasne) non appartengono al ciclo della Pleo- spora, e che la forma a macroconidi didimi (conidiale II, Tulasne), è indubbiamente da riguardarsi come un primo stadio di sviluppo della, forma a Sarcinula (Conidiale IIT, Tulasne). Le ricerche di GIBELLI e GRIFFINI servirono così a rettificare i confini ed il valore delle forme già note; poichè, meno il Cladospo- rium, le forme descritte da TuLasne vennero riscontrate 2 siei delle due Pleospore, distinte e descritte nelle loro osservazioni. 364 O. MATTIROLO, La esclusione assoluta delle stramberie di HALLIER prive affatto “a di fondamento scientifico e delle forme ad Epicoccum sospettate dal FuckeL nel ciclo della Pleospora herbarum è stata pure am- piamente dimostrata dagli autori con numerose e appropriate serie di coltivazioni pure. D) Bauke (1876), nel suo lavoro sui Picnidi, si occupò pure, tra le altre, anche delle coltivazioni delle ascospore della Pleospora herbarum, specialmente dal punto di vista dei rapporti genetici tra Periteci e Picnidi; poichè le idee di TuLaswE, per cui Picnidi e Periteci dovevano essere riguardati come produzioni dipendenti da uno stesso micelio e non come forme esattamente autonome, appa- rivano allora dubbiose dopo il celebre lavoro del compianto De Bart sul parassitismo dimostrato del genere Cicinnobolus (!). Dalle ascospore della Pleospora egli tentò di ottenere picnidi e viceversa, dalle Stilospore dei Picnidi cercò di riavere Periteci. Dalle ascospore effettivamente ottenne due volte Picnidi, e dalle Stilospore : ebbe senza eccezione sempre Picnidi e finalmente dai conidii ottenne nuovi conidii. Egli stabilì con questi suoi lavori che Picnidi e co- nidii non sono forme evolutive indispensabili del ciclo fra due con- secutive generazioni periteciali, e che dalle Ascospore si possono ottenere direttamente anche Periteci, senza forme secondarie inter- calari. x Finalmente nel 1877 occupandosi il Bauke (Bot. Zeit. loc. cit.) più particolarmente della Storia di sviluppo degli Ascomiceti, ritornò - allo studio della Pleospora, ottenendo i risultati e le seguenti forme nel ciclo evolutivo della specie in questione. 1° Peritecii e dalle ascospore di questi ; 2° Picnidi. ; 3° Conidi a forma di Sarcinula. (Macrosporium degli A). 4° Conidiia forma di Alternaria (Sporidesmius Alternaria degli A). = (1) A. DE Bary e M. Woronin, Beiträge sur Morphologie und Physiolog — der Pilze. Dritte Reihe. Frankfurt, 1870, pag. 53 e seg. SUL POLIMORFISMO DELLA « PLEOSPORA HERBARUM TUL. » ECC. 365 5° Forme non ancora descritte di Microconidii e forme caratteri- stiche di Micelii scleroziati (Dauermycelknauel). Bauke assevera di aver ottenuto dalle Ascospore indifferente- mente due serie di colture; una caratterizzata dai Conidii di Alter- naria accompagnati due volte da Picnidi ; l altra invece specificata dai conidii di Sarcinula con regolar concomitanza di Perileci; e che nelle due serie di colture si svilupparono forme particolari di microconidii. Da queste sue osservazioni il Bauke viene condotto ad ammet- tere che alla stessa specie appartengano due micelii aventi pro- ‘ prietà differenti: « jedenfalls, dice A., geht aus den angeführten « Thalsachen hervor, dass in dem vorliegende Falle zwei Myce- « lien von verschiedener innerer Beschaffenheit zur derselben « Species gehören », cercando di spiegare questa sua idea coll’ am- mettere, cioè, che nella Pleospora herbarum si tratti realmente di due generazioni indipendenti, per sè stesse rigorosamente separate e che senza una regola riconoscibile si alternano, e di cui una è caratterizzata dai Periteci, l'altra dai Picnidi ('). Va però notato ancora dopo tutto, che in una coltura dove aveva seminato molte Ascospore nello stesso tempo, osservò le forme co- nidiali di Sarcinula e di Allernaria, ma però sopra differenti mi- celii : « sichtlich an einem getrennten Mycel, denn eine Verbindung « zwischen beiden war durchaus nicht nachzuweisen , obwohl « das Präparat sonst für diesen Zweck sehr geeignel gewesen « würe » (pag. 322, loc. cit.). Riassumendo adunque, possiamo ora stabilire le differenze ed il parallelismo tra le osservazioni di Bauke e quelle anteriori di Gi- BELLI e GRIFFINI; osservazioni che per molti riguardi si confermano (1) Scrive il Bauge: « Dies erklärt sich aber auf einfache Weise, wenn wir « es hier mit zwei selbständigen Generationen zu thun haben, welche, in sich « streng geschieden, ohne eine erkennbare Regel aufeinander folgen, und deren « eine die Perithecien, di andere dagegen die Picnidien darstellen », (pag 323,4 loc. cit.). 366 0. MATTIROLO, a vicenda e si completano per quanto ha rapporto alla pura osser- vazione dei fatti, non alle spiegazioni di essi. Le forme osservate, tranne i microconidii ed i micelii scleroziati, duraturi (Dauermycelien) sono le stesse; la differenza nei dati di osservazione dipende unicamente da ciò che mentre GIBELLI e GRIF- FINI ammettono (secondo le mie proprie osservazioni come vedremo con tutta ragione dimostrata) una dimorfia nelle Ascospore e nei Periteci relativi, classificati dai sistematici fra quelli della Pleospora herbarum Tul, BAUKE ammette invece una specie di dimorfia , un valore differente inesplicabile dei micelii provenienti dalle stesse Ascospore, che egli ritiene come appartenenti ad una sola, unica e distinta specie di funghi. i Noto?ancora, che le ricerche di BaukE confermano l’ esclusione del Cladosporium dal ciclo evolutivo della Pleospora. E) Il Kont (Strassburg 1883), colpito dalla divergenza dei ri- sultati degli osservatori precedenti, stabili una nuova serie di col- ture giungendo ai risultati che io cercheró di riassumere brevemente. I. Nelle colture pure, dalle Ascospore osservò la produzione di. un ricco reticolo miceliare, dal quale ebbero origine Sarcinule e Periteci. Il materiale proveniva da Periteci sviluppatisi sopra piante di Levisticum officinale Koch e le ascospore avevano dimensioni uguali a quelle assegnate alle spore di Pleospora Sarcinule dagli autori italiani. II. Dalla stessa pianta estrasse conidi di Alternaria e li sotto- pose a numerosi esperimenti di coltura in differenti menstrui, 0$- servando come dai conidi di Alternaria si sviluppava ricca rete miceliare dalla quale provenivano masse di nuove Alternariæ. Lo stesso risultato ottenne nelle sue culture col variare le con- dizioni esterne, nutrimento, umidità ecc. dell’ ambiente di coltura. III. Sul Levisticum officinale finalmente osservava l'A. la pre senza di picnidi; coltivatene le stilospore ottenne da esse conidii di Alternaria e nuovi Picnidi, i quali non ottenne mai in numerosis- sime colture direttamente dalle Ascospore, come descrivono GIBELLA SUL POLIMORFISMO DELLA « PLEOSPORA HERBARUM TUL. » Ecc. 367 GRIFFINI e Bauke. Reputa quindi il KonL, che nelle colture di BAUKE, ove si ottennero per due volte i Pécnidi, sia questo risultato dovuto alla accidentale presenza in esse di alcune stilospore facil- mente sfuggite alla osservazione per la piccolezza delle loro dimen- sioni. Anche il KoHL nota che qua e colà egli osservò la presenza di Pienidi nelle colture che davano Sacirnule ma senza mai po- terne stabilire esattamente la loro vera dipendenza. Una sola volta osservò sul Levisticum dei Periteci , nei quali si contenevano spore in tutlo uguali alle altre (bei sonst. ganz gleichem Aussehen), ma aventi dimensioni minori (pag. 30, loc. cit.), corrispondenti quasi a quelle assegnate da GiBELLI e GRIFFINI alle ascospore della Pleospora Alternarive, ma pure anche da queste ottenne conidi di Sarcinula e Periteci. IV. Secondo le osservazioni di KoHL, concordanti con quelle sopra citate degli altri autori, tanto il Cladosporium come l Epi- coccum non sono da ascriversi al ciclo evolutivo della Pleospora. V. Le forme microconidiche descritte dal Bauke non vennero mai incontrate nelle colture di Konr. Da tutte queste osservazioni conchiude l'A. a pag.31; « appare « a me evidente che l’ opinione degli autori italiani sia quella con- « forme al vero (der Wirklichkeit zu entsprechen); perché mai sino « ad oggi si sono potuti constatare stadii di passaggio tra le forme « a Sarcinula e quelle ad Alternaria; e che in conseguenza si deb- « bano riguardare le due forme conidiali come appartenenti a due « specie assolutamente differenti di Pleospora, come è opinione degli « autori italiani. Aggiunge quiudi, che egli non ha potuto trovare la forma cor- ripondente alla Pleospora alternaria di GigeLLi e GRIFFINI: Ich habe die der Pleospora Alternarie zugehörigen Perithecien nicht auffinden können. 1 Picnidi che i citati osservatori trovarono in dipendenza della P. Sarcinula; io, dice lA, non li ho trovati che in relazione colle forme a conidii di Alternaria. LI 368 . 0. MATTIROLO F) Le osservazioni registrate in vari punti (') dal De Bary nel suo celebre libro confermano le conclusioni di Komt e stanno in favore delle osservazioni di GIBELLI e GRIFFINI. Il De Bary accetta i nomi introdotti nella scienza da GIBELLI e GRIFFINI (pag. 268, fig. 118) e nella breve rassegna che egli magistralmente ci da sulle fasi evolutive e sulla controversia à proposito del ciclo evolutivo della Pleospora herbarwm, conchiude dicendo , che secondo i criterii desunti dalla analogia cogli altri funghi, la massima probabilità sta dalla parte delle idee emesse dagli autori italiani; « nach analogie anderer Pilze ist die grós- sere Wahrscheinlichkeit auf Seiten der italienischen Autoren (pa- gina 250). Ciò che invero appare strano è l' assoluto silenzio e le curiose asserzioni mantenute anche dai più accreditati fra i sistematici. a riguardo delle forme metagenetiche della Pleospora herbarum. Infatti : M. G. Cooke (°) (1871) nel suo Handbook of British Fungi de- scrive la Sphæria herbarum, Pers., psogianuolo senz’ altro come forme evolutive: Conidia — Cladosporium herbarum, Link! Macroconidia — Macrosporium sarcinula, B. et. Br.! Pycnidia — Myxosporium orbiculare, Berk ! Stylospore — Phoma herbarum, West. ! Ascospora — Pleospora herbarum, Rab. ! P. A. KansrTEN (?) (Mycologia Fennica, Pars secunda. Helsingfors 1873) annovera come forma picnidifera della Pleospora herbarum Rab. il Phoma herbarum West! e come stato conidico il Clado- sporium erbarum, Link! (! Vedi registro delle specie citate, loc. cit. C) M. C. Cooke, Handbook of British Fungi, pag 896, vol. IL Q) P. A. Karsten, Mycologia Fennica, pars. Il, pag. 71. Formam conidife- ram sistit Cladosporium herbarum, LINK. SUL POLIMORFISMO DELLA « PLEOSPORA HERBARUM TUL ». Ecc. 369 P. A. Saccarpo (') (1883) nel volume II dei Pyrenomyceti re- gistra, due forme conidiali ed una forma spermogonifera, « Status conidicus sistit Alternariam tenuem Neess et Macrosporium com- mune, Rabh. Status spermogonicus : Phoma herbarum, West. G. BizzozzeRo (*) (1885) registra la Pleospora herbarum senza far parola degli stadii metagenetici. G. WINTER (°) (1885) dopo una accurata descrizione della Pleo- spora herbarum, Pers., prega il lettore vago di conoscere gli studî fatti sul pleomorfismo di questa specie, di rivolgersi alla Biologia dei Funghi del compianto De Bary (ivi pag. 248), accennando però al fatto constatato che il Cladosporium herbarum non è compreso assolutamente nel ciclo evolutivo. A. N. BERLESE (*) (1888) nel lavoro già citato scrive le seguenti parole : « Avrei ancora da dire qualche cosa sugli stadi conidici « e pienidici di questa specie. Or bene il conidico è conosciuto « dopo gli studi accurati dei Prof. GigeLLI E GRIFFINI ed è dato « da un Macrosporium ; il picnidico si dice sia la Phoma her- « barum, ma è una mera ipotesi ». Almeno avesse mantenuto l'A. consentaneo alle dichiarazioni soprariferite, un assoluto silenzio | sulla questione! dopo che da quindici anni era già stata dimostrata dagli autori che egli cita la perfetta indipendenza tra Phoma e Pleospora. (1) P. A. Saccaspo, Sylloge Fungorum , Pyrenomycetes, vol, Il, pag. 247, 1883 — idem, Fungi italici autographice delineati, Padova, 1877, 1886, fig. 545 e fig. 1207, Q) G. Bizzozzero, Flora veneta crittogamica, parte I. I Funghi, Padova 1885, pag. 269. C) G. Winter, Rabenhorst's Kryptogamen Flora, Erster Band., II Parte, pag. 504. « und erwühne nur, dass das allverbreitete Cladosporium herbarum, das seit Tulasne allgemein für die Conidienform der Pleospora herbarum ge- halten wurde, nicht hierher gehórt ». (*) A. N. BERLESE, loc. cit, pag. 99 e 100. 370 0. MATTIROLO, II. Dato così uno sguardo al lavoro già fatto, occorre ora descrivere il piano di ricerca e le operazioni eseguite per giungere a discer- nere il vero nell’ apparente disordine dei risultati ottenuti dagli autori. Per definire la questione, l’ unica via razionale era quella fon- data sopra un esame attento di materiali indiscutibilmente ritenuti classici, e sopra ben dirette coltivazioni di questi stessi materiali. I risultati ottenuti dopo una lunga serie di tentativi infruttuosi, spero, varranno a raggiungere lo scopo prefissomi, e a dimostrare nello stesso tempo di quali e quanti riguardi e minuziose precau- zioni debba circondarsi chi si vuole adoperare nel campo della mi- cologia sperimentale. Le ricerche fatte ebbero specialmente riguardo : I. A stabilire se anche negli esemplari classici si, trovasse sem- pre una sola forma di Pleospora; o se invece non si fosse posto mente a specie concomitanti, per caratteri esterni analogamente conformate e tra di esse facilmente soggette a confusione; stabilire quindi l' identità e la sinonimia di queste forme. IL A coltivare le forme osservate nei predetti esemplari per verificare il valore e la dipendenza delle forme metagenetiche già descritte dagli autori. Per gentile compiacenza del Prof. G. GiseLLI, io disponeva di un materiale ricchissimo, proveniente dalle più classiche colle- zioni, ('), determinato dai più valenti micologi. () I materiali esaminati provenivano dalle collezioni seguenti : SaccARDO, Mycotheca Veneta. De TuHüMEN, Mycotheca Universalis. Erbario crittogamico italiano. Collezione privata Passerini. Erbario del R. Orto Botanico di Torino. Erbario privato Gibelli, SUL POLIMORFISMO DELLA « PLEOSPORA HERBARUM TUL.» ECC. 371 L'osservazione diretta rispose egregiamente alla prima que- stione. . Studiando 12 esemplari classici ('), (che ora si conservano nel R. Orto Botanico di Torino) mi accadde di trovare che otto di essi, avevano tutti i pezzi del materiale che formava il substratum, invasi dai soli periteci della Pleospora herbarum Rabh. TuLasne (Pleo- spora Sarcinule di GIBELLI e GRIFFINI, grosse form, De Ban); ma che per lo contrario, in quattro esemplari (°) la Pleospora Sar- cinula o PI. herbarum tipica era accompagnata da un'altra forma periteciale esternamente analoga ad essa, ma differentissima invece per i caratteri dell’ apparato sporifero. Questa forma concordava perfettamente con quella descritta da GisELLI e GarrrINI e da loro indicata col nome di Pleospora Al- lernarie. Le differenze esterne fra le due forme sono a dir vero assai lievi, epperò facilmente si confusero assieme; ma pure, con un po di pratica, si riesce a distinguerle agevolmente anche pei caratteri esterni; osservando il loro modo di svolgersi in serie e la maniera con cui l'epidermide della pianta ospite li ricopre ancora a matu- rità, se si tratta di periteci essicati; e la presenza o la quasi to- tale assenza di una papilla in cui si continua I ostiolo quando si esaminino materiali mantenuti qualche tempo in camera umida e quindi rigonfiati. Se si procede poi all’ esame analitico, le E costanti che da esso ne emergono sono tali e tante da concedere pienissima ra- gione ai botanici italiani, che descrissero e limitarono esattamente queste due specie concomitanti, le quali io non dubito di affermare () Il substratum di questa si componeva dei tronchi di: Asparagus offici- nalis, Allium Porrum, Amaranthus albus , 'Rhagadiolus stellatus, Melilotus officinalis, Dioscorea bulbifera, Phoeniculum dulce, Gilia sp. (®) Queste forme concomitanti io le trovai sopra materiale ricavato dalla Gilia sp. Marrubium vulgare, Dipsacus sp., Physospermum aquilegifolium. 219 O. MATTIROLO, abbia pure intraveduto il TULASNE riguardandole come variazioni del tipo; se mi è lecito formulare un giudizio sulla fede della figura 8 della tavola XXXII della celebre Carpologia (vol. cit.). Alle due forme evolute o periteciali le quali nello stesso tempo fruttificano e si associano in molti casi sullo stesso substratum, si convengono le seguenti caratteristiche differenziali che ho diretta- mente derivato dall’ esame fattone sopra i materiali indicati. Pleospora herbarum, Auct.Pleo- spora Sarcinule , GIBELLI e GRIFFINI. Perithecia ambitu rotundata, nigro- carbonacea, sicca umbilicato-depressa, sparsa vel subgregaria, epidermide pri- mitu texta, dein ea perfossa, nudata; vel raro epidermide adhuc velata, ostiolo papilla prominenti przedita. Asci elliptico-ovati vel obovati, cras- si, in pedunculum brevem incurvum attenuati, octospori. 120-160 ssepius 135 mierom long. 35 » » Paraphyses filiformes, septatee, ascis longiores. Sporæ distice vel ad basim asco- rum monosticee, elliptieze vel oblonge, interdum media in parte leviter con- stricte ; ambitu Cymatopleure solec inter Diatomaceas, foere referentes — utrinque rotundate, tranverse, septem- septate, septis, murali modo, divise in 20-30 loculis, flavæ vel fuscze. 30-42 scepius 36 microm. long. BM > B. OO Mb Pleospora Alternariae, GIBELLI e GRIFFINI. Perithecia ambitu rotundata, nigro- carbonacea, sicca umbilicato-depressa, seriales vel raro solitaria, epidermide fissa striseformi inflantia, ostiolo mi- nuto vix papillato preedita. Asci numerosi, cylindraceo-clavati vel cylindracei in pedunculum brevem incurvum attenuati octospori. 90-115 scepius 105 microm. long. 12- 16 » t. Paraphyses filiformes, septatze, ascis longiores. Spore monosties raro, subdistic@ ovato-ellipticie paullulum, media in parte, constrictee, utrinque conico-ro- tundate, transverse quinque-septat£?; murali modo divise in 10-14 loculis, subflavze vel fuscidule. 18-24 scpius 21 microm. long » lat. SUL POLIMORFISMO DELLA « PLEOSPORA HERBARUM TUL. » Ecc. 373 Risulta adunque dalle osservazioni ora riferite , che realmente come indicarono GiBELLI e GRIFFINI, molte volte confusero gli au- tori nella Pleospora herbarum due specie distinte per se stesse; e che una di queste concorda pienamente colla Pleospora Alternaria degli autori italiani. Queste due specie però, è d'uopo avvertire, non vanno riguar- date come forme nuove; imperocchè già nel 1869 il Fucker nelle vori di a alla ra le principali sinonimie dei nomi proposti da GrBELLI e GRIF- FINI, possiamo annoverare le seguenti (!). Pleospora Sarcinule — GIBELLI e GRIFFINI (1873). Spheria herbarum — Pers. Synops. Fung., pag. 79. Pleospora herbarum — Rasun. Herb. Myc., Ed. II, n. 54. Pleospora herbarum — TULASNE, loc. cit. et Auctorum. Pleospora herbarum — Cooke, SaccarDo, KARSTEN, WIN- TER, BERLESE, ecc. () Vedi nel lavoro citato del signor BERLESE la estesa sinonimia di-queste due specie, La Pleospora Alternarie di GiBELLI E GRIFFINI è ricordata tanto dài signori BERLESE e VoGLINO come specie autonoma a pag. 169 delle loro Addi- menta alla Sylloge Fungorum dell illustre SaccarDo, quanto dal signor BERLESE nella Monografia citata (pag. 56) come sinonima della P. infectoria di FUcKEL 25. Malpighia, anno II, vol. II. x SUL POLIMORFISMO DELLA « PLEOSPORA HERBARUM TUL. » Ecc. 373 Risulta adunque dalle osservazioni ora riferite , che realmente come indicarono GiBELLI e GRIFFINI, molte volte confusero gli au- tori nella Pleospora herbarum due specie distinte per se stesse; e che una di queste concorda pienamente colla Pleospora Alternarie degli autori italiani. | Queste due specie però, è d'uopo avvertire, non vanno riguar- date come forme nuove; imperocchè già nel 1869 il Fucket nelle Symbolæ mycologica (pag. 132), cinque anni prima dei lavori di GIBELLI e GRIFFINI, descriveva la sua Pleospora infectoria alla quale si deve evidentemente riferire la Pleospora Alternarie; come sperimentalmente ho dimostrato, come giudicando dalle figure e dalle descrizioni ha rilevato il sig. A. N. BERLESE, e come finalmente risulta dai confronti fatti sulle descrizioni degli autori e sopra ma- teriali essicati di collezione. . Noi crediamo però, indotti dalla utilità pratica, di adottare la nomenclatura dei signori GIBELLI e GRIFFINI perchè fu già ufficial- mente adottata dal DE Bary e perchè essa concede al botanico un richiamo mnemonico efficace ed esatto, ricordando la fase più ca- ratteristica del loro ciclo evolutivo. Fra le principali sinonimie dei nomi proposti da GIBELLI e GRIF- FINI, possiamo annoverare le seguenti (!). Pleospora Sarcinule — GIBELLI e GRIFFIN (1873)... Spheria herbarum — Pers. Synops. Fung., pag. 79. Pleospora herbarum — Rass. Herb. Myc., Ed. II, n. 54. Pleospora herbarum — TULASNE, loc. cit. et Auctorum. Pleospora herbarum — C00KE, SACCARDO, KARSTEN, WIN- TER, BERLESE, ecc. () Vedi nel lavoro citato del signor BERLESE la estesa sinonimia di queste duè specie. La Pleospora Alternarie di GiBELLI E GRIFFINI è ricordata tanto «dai signori BERLESE e VoGLINO come specie autonoma a pag. 169 delle loro Addi- menta alla Sylloge Fungorum dell'illustre SaccarDo, quanto dal signor BERLESE nella Monografia citata (pag. 56) come sinonima della P. infectoria di FucKEL 25. Malpighia, anno II, vol. II. 374 0. MATTIROLO, Pleospora Alternarîe — Genti e GRIFFINI (1873). Pleospora herbarum — TULASNE, ex parte. Pleospora infectoria — FuckeL, (1869) Symb. Myc., pa- gina 132, tav. III, fig. 23. Spheria infectoria — Cooke, Brit. Fung., pag. 897. Pleospora infectoria — SaAccARDO, WINTER, KARSTEN, BERLESE, ecc. Riconosciuta cosi obbiettivamente la presenza di queste due specie distinte e concomitanti, ricorsi alla prova delle loro colture; ma, invece di fare semine con spore tolte da periteci viventi con- fusi assieme sullo stesso substratum, ricorsi invece a materiale da seminazione ricavato da Periteci di Pleospora herbarum tipica e di Pleospora infectoria della cui determinazione non potevo avere dubbi, raccolti in tempo e località differenti. Le colture furono fatte in camera umida direttamente in deco- zione di fimo sterilizzata. Pochissime furono le spore seminate in ogni coltura, onde poterne così attentamente e progressivamente seguire lo sviluppo e controllare le osservazione e le caratteristiche osservate già e descritte dagli autori citati. Le semine fatte con materiale forse da troppo tempo conservato in Erbario (Collezioni SACCARDO, THÜMEN, PASSERINI) (!) non condussero per piü riprese à j risultati di sorta e ci volle costanza e prove replicate per giungere ad ottenere, coì materiali di cui disponevo, anche Ja germinazione della Pleospora infectoria , la quale ottenni poi colle spore dello. esemplare publicato dal Prownranr nella Mycotheca Universalis di TuüwEN al N. 856, e raccolto in Inghilterra nel 1873 e quindi 18 anni prima delle presenti prove di coltivazione ! Non so assolutamente spiegarmi il perchè dell’ assoluto silenzio mantenuto al riguardo della Pleospora Sarcinule sua compagna. A pag. 92 il sig. BERLESE — cita una Pleospora herbarum GiseLLI e GRrIFFINI ma non fa menzione della Pleospora Sarcinule dimenticata anche nella Sylloge Fungorum. () Aleuni esemplari erano già da 20 anni in collezione! SUL POLIMORFISMO DELLA « PLEOSPORA HERBARUM TUL. » Ecc. 375 Non entrerò a descrivere i particolari osservati negli stadi ini- ziali di germinazione, per non ripetere fatti osservati e descritti minuziosamente con cura e fedeltà somma da GIBELLI e GRIFFINI, Bauke , KoHL, ecc., ai lavori dei quali rimando il lettore ; io mi accontenteró qui di trascrivere invece per sommi capi i risultati principali, come risultano dal diario d' osservazione. Pleospora herbarum (*) Tur. Le spore quando germinarono, germinarono presto, e presto assai dai tubilli germinanti, si originó una ricca rete miceliare ramificata dentro al liquido di coltura e numerosi rametti liberi fuori del liquido, ramificati a loro volta in altri più piccoli in modo di assumere un aspetto cespuglioso. Sopra questi rametti più o meno lunghi si svolsero abbondanti le forme conidiali a Sarcina. La comparsa dei conidii aveva luogo nelle colture pochi giorni dopo la germinazione della spora, alcune fruttificarono a conidii anche solo dopo quattro, cinque giorni dalla semina. Le Sarcine così ottenute rigerminarono subito. Nelle culture fatte ottenni solamente forme conidiali, e siccome queste sole inte- ressavano le mie ricerche, così non continuai ulteriormente le- col- ture variandone le condizioni esterne per ottenere Periteci e Picnidi osservati già da buon numero di autori, e definitivamente acquistati alla scienza come stadi del ciclo evolutivo. della Pleospora avente conidi sarciniformi. Pleospora Alternarie. Le ascospore seminate, provee me è stato detto, dalla Pleospora infectoria raccolta sopra colmi () Le spore seminate le ricavai da Peritecii determinati dall' illustre profes- sore PASSERINI. ^ 376 i 0. MATTIROLO, di Triticum vulgare nel 1873 dal sig. PLownianr. Le spore semi- nate il giorno 6 giugno (nelle ore antimeridiane) in molte goccie di coltura germinarono dopo poche ore. Le spore prima di germinare si rigonfiavano moltissimo, i loculi si facevano quasi sferici, per cui la spora assumeva l'aspetto di una massa di piccoli sferettine. I primi conidi di Alternaria si otten- nero il giorno 8 mattina, cioè dopo soli due giorni dalle semine fatte. Il modo di germinazione, la formazione della rete miceliare ric- chissima, i rami eretti che portarono i conidii e il modo singola- rissimo e tipico con cui si svolsero numerosissime catenule di Aller- naric sulle nostre colture si fece in maniera esattamente identica a quella già osservata e descritta dagli autori, per cui non starò a ripetere fatti già noti e troppo ben descritti. Le catenelle di Allernarie si fanno per vegetazione abbondan- tissima, si biforcano con una certa regolarità e molte volte la loro produzione ha luogo con una decrescenza graduale di volume per cui, come accennano anche GrBELLI e GRIFFINI, diventano molto più piccole, Je ultime formate hanno qualche loculo appena e sono tali da simulare quasi le catenelle delle spore di un Cladosporium. Oltre alla formazione dei Conidi, abbiamo ottenuto nelle colture lo sviluppo di numerosissime forme picnidifere; ed è questa la prima volta che, senza incertezze, si osserva la produzione di queste forme direttamente da micelio proveniente dalle ascospore della Pleospora Alternarice. Le osservazioni del De Bary e di Komt che confermano cuni dubbi; emina il L L'e- la le pienamente questa nostra osservazione, lasciavano ancora al non essendo certo della determinazione del materiale di s De Bary (1), e non avendo ottenuto forme ascofore il KoH voluzione del ricettacolo a picnidio che abbiamo seguito in tutt sue successive fasi, si fece pure in modo identico a quello magistral- (!) « Bestimmung wegen Mangels der Perithecien nicht sicher » dice il DE Bary a pag. 188, v. Fig. 118 e 119, loc. cit. ^ SUL POLIMORFISMO DELLA « PLEOSPORA HERBARUM TUL. » Ecc. 377 mente descritto dal DE Bary e accuratamente studiato nei lavori di BaukE, EIDAM, GIBELLI e GRIFFINI, su questo speciale argomento; cosicché, a scanso di inutili ripetizioni e di figure superflue, rimando anche qui il lettore ai lavori citati e specialmente alla descrizione del De Bary pag. 267. I Picnidii anche qui si fecero per accrescimento intercalare di alcuni tratti del micelio filamentoso, nel quale per successive divi- sioni dirette in ogni senso, si differenziarono delle forme cellulari ; il corpo che ne risultò era generalmente poi attorniato dai filamenti micelici vicini, i quali pure concorsero alla formazione della parete. Nuove seminagioni riprodussero conidii di Alternariae e Picnidi. Forme periteciali non ne ho potuto osservare nelle mie culture, essendo daltronde con questi risultati definitivamente risolta la - questione che aveva interesse per me, non ho aspettato di riconfer- mare anche questo punto del lavoro di GiBELLI e GRIFFINI e non ho più seguito l ulteriore evoluzione delle culture. CONCLUSIONE. i Risulta dalle osservazioni sopra riferite concordanti esattamente con quelli di GiseLLi e Grirrini che nella Pleospora herbarum, quale era descritta anticamente dagli autori, si confondevano due forme specifiche distinte, e che per conseguenza le forme evolutive osservate finora non appartengono tutte ad una sola specie. La confusione lamentata si deve senza alcun dubbio alla pro- miscuità delle due specie di spore nelle colture. Infatti De Bary e Konr, i quali attentamente sperimentarono, ottennero risultati co- stanti, nè mai ebbero i conidii a Sarcinula confusi con quelli di Alternaria, nè mai da questi’ ottennero quelli e viceversa. Non di- scuterò l'idea di Bauke del dimorfismo funzionale miceliare (Vedi Pag. 8) emessa da questo autore nello intendimento di spiegare 378 O. MATTIROLO, risultati che erano poi così semplicemente spiegabili colla osservata dimorfia delle spore. ‘Il ciclo evolutivo delle due specie si può riassumere nel quadro | seguente, nel quale noteremo a lato di ciascuna forma pleomorfica osservata, i nomi di quegli autori che nelle loro coltivazioni dimo- strarono sperimentalmente il nesso genetico derivato dalla forma ascofora principale. Alle due specie già assieme confuse apparten- gono adunque e sono finora riconosciute le forme seguenti: PLEOSPORA SARCINULZ, Gibelli e data ALTERNARI&, Gibelli ni. e “a herbarum , Tulasne et Ple canna nei arca erro Autoru Pleospora vulgaris, Niessl. Vota ascofora Macrosporium sarcinula (Con Forma conidiale ria nidia didyma, Tulasne) Tulasne, tennis, g (Gibelli e Griffini, Gibelli e er Bauke, De Bary, Matti Kohl, Mat i 7 a conidiale Forma picnidifera, (Mattirolo). Forma picnidifera (Tulasne, tea Baucke, Gibelli e Griffini). dee e (Gibelli Forma ascofora (Gibelli e Grif- fini, Bauke, Kohl). Forme microconidiche (Bauke). | Forme di micelii scleroziati (Bauke R, Orto botanico, Torino, 6 giugno 1888. mec RTI ERIS RE NE RA + A. BORZÌ, « QUERCUS MACEDONICA ALPH. DC. > . 379 Ancora della Quercus macedonica Alph. DC. Nota di A. Borzi. Avrei volentieri rinunziato di tornare a discorrere della Quer- cus macedonica se una nuova pubblicazione del sig. ANpREA Longo ('), a proposito di questa pianta, non mi riguardasse personalmente. Il sig. Loco, come i lettori di questo periodico sanno, e l’ au- tore della Quercus Fragnus, denominazione da lui proposta per distinguere una forma di Querce, di recente rinvenuta nel Barese e già nota col nome di Q. macedonica Alph. DC. Ora in questo nuovo scritto egli si è proposto di rivendicare a se la priorità della scoperta della Q. macedonica in Italia, e di dimostrare che la sua Q. Fragnus è ben altra cosa che la specie Decandolleana. Quanto ad appagare il suo primo desiderio di far noto di avere egli per la prima volta richiamato l'attenzione dei botanici italiani, avendola egli solo raccolta e non altri nel Barese, è ben poca cosa che egli chiede, ed io sarei lietissimo di potere affermare di essere stato tratto in errore attribuendo ad agenti Iforestali la scoperta della nuova Querce, oppure anche di dichiararmi un mentitore — cosa che il sig. Loco non vuol maliziosamente supporre — as- serendo , come ho fatto (*) e faccio di non avere mai saputo che in quella quistione c’ entrava il suo nome anche per poco, nome che io ho imparato a conoscere solo da due mesi in qua, leggendo il primo articolo sulla pretesa nuova specie. Vorrei, ripeto, procu- «rare al sig. Longo questa piccola compiacenza : tanto, ciò non guasta la sostanza del fatto che già ci è noto un nuovo rappresentante (©) Vedi Bull. del Naturalista, Ann. XII, n. 7, pag. 101-103, Siena, 1888. C) Vedi Malpighia, vol. I, pag. 338 e vol. Il, p. 967 380 A. BORZÌ, della Flora italiana. Ma sgraziatamente la storia della scoperta di quella pianta e la parte che vi ho preso, non mi permettono di essere così compiacente; e mi domando, come va che il sig. LoNGo, dopo essersene ricordato, dimentica di avere io continuamente fatto menzione di saggi ricevuti dal Comm. G. C. SrEMoNI, di essermi io sempre appellato alla fede, all’ autorità di questo esimio funzio- rio ed egregio botanico? A che pro' dunque il rifare una storia «molta oziosa, mettendo in ballo il nome del Prof. PassERINI e il mio, sospettando equivoci, dubitando della buona fede di questo 0 di quello, armeggiando intrighi orditi a suo danno? Egli & chiaro, il Comm. Srgwowr nella sua doppia qualità di alto funzionario della Amministrazione dei Boschi e di botanico avrebbe potuto certo ap- prestargli bastevoli schiarimenti sulla provenienza degli esemplari di Q. macedonica a me favoriti nell’ ottobre del 1886, e colla scorta delle relazioni particolareggiate degli agenti residenti nei distretti dove quella pianta cresce, sarebbe stato in grado di rassicurarlo in tutto. Io non ho bisogno di rivolgermi a quell’ egregi' Uomo per tranquillare maggiormente il sig. Longo ; ma ho il diritto di sup- porre che il signor Comm. SteMONI poteva benissimo possedere saggi di quella pianta per averli lui medesimo raccolto o fatto raccogliere dai suoi impiegati, senza neppure conoscere che già al mondo vi fosse un certo sig. Longo. Sicchè non parmi di dovere dire al- tro per convincere il sig. Longo che anche senza l'intervento di lui avrebbero potuto sicuramente i botanici italiani far Ja conoscenza colla Q. macedonica. Non metto però menomamente in dubbio il racconto che agi ci dà della scoperta della sua Q. Fragnus, nè il come, nè il quando gli venne fatto di rinvenirla, e le vicende che poi seguirono, e le ; ragioni e metodi di studio scelti per determinarla; tutto sommato," il sig. Longo è stato ben disgraziato in ogni cosa. Onde se nulla mi resta da aggiungere a quanto già dissi in due precedenti pub- blicazioni sulla provenienza degli esemplari di Q. macedonica da me studiati, se di nessuna sconvenienza ho da scolparmi e difen- « QUERCUS MACEDONICA ALPH. DC. » 387 dermi, debbo solo deplorare che questo eccessivo sentire di sè stesso abbia spinto il sig. Longo a trascendere ad affermazioni ben gravi, supponendo il Comm. Siemon, me ed altri capaci di aver travisato la vera storia della scoperta di quella pianta a discapito del suo merito, Venendo a dire della seconda parte dello scritto del sig. Lowao non credo valga la pena spendervi troppe parole. Se il genere Quercus per il suo spiccato polimorfismo può invero porgere facile argomento ad ampia discussione e il valore sistematico di. questa o di quell'altra forma, che ad esso vanno ascritte, lascia spesso nella mente del monografo esperto non lievi dubbi, un esame com- parativo e minuzioso dei saggi italiani di Quercus macedonica e di quelli provenienti della Grecia avrebbe potuto forse offrire ma- teria all’ egregio autore di sostenere con maggiore efficacia la sua tesi sull’ autonomia specifica della Q. Fragnus di fronte alla specie Decandolleana. Ma il signor Longo si è messo sopra ben’ altra via, scegliendo un terreno assai malagevole, massime per chi vi si af- fida senza il sussidio di sufficienti conoscenze in fatto di Querci. Cosi è che egli prendendo esclusivamente come punto di partenza delle sue argomentazioni le brevi frasi diagnostiche contenute nel- l'opera del DecanvoLLE e nella Flora orientalis del Boissier crede di avere interamente raggiunta la meta. Ma sgraziatamente, pare che egli non abbia interamente letto quelle diagnosi o si sia limi- fato a verificare che quegli Autori collocano la Q. macedonica nel gruppo delle specie a foglie persistenti e con ghiande maturanti al secondo anno. Se si fosse data la pena di leggere per intero Quei cenni descrittivi, avrebbe di certo appreso che i pochi saggi di Q. macedonica esaminati dal BotssreR e dal De CanpoLLE erano alquanto incompleti, ma però sempre in condizioni tali da potervi fondare degli apprezzamenti sicuri intorno al valore specifico della 382 i A. BORZÌ, forma di cui è quistione ; onde il BorssrER si affretta a dichiarare che trattasi di una specie nota da esemplari a frutti immaturi. Non è quindi da meravigliarsi se qualche minima particolarità morfologica sia sfuggita all'esame di quei botanici, oppur se taluna espressione non ritragga fedelmente o taccia qualche carattere di ordine secondario, tale, p. e., « lo essere la nocciuola più o meno inclusa o esserta », la tomentosità apicale che la stessa nocciuola presenta, il diverso grado di sporgenza [dei resti stimmatici, ecc. Se il De CanpoLLE e il Boissier avessero potuto tener di scorta nelle loro diagnosi esemplari meno imperfetti, quali quelli raccolti più tardi nel Montenegro dal Panic e che io stesso possiedo, avreb- bero rimediato a queste minime lacune o incertezze, senza il bisogno di costituire una nuova specie. Il sig. Longo, ripeto, si è messo sopra un terreno ud sicuro. Come si fa egli a voler pretendere di stabilire la identità specifica di qualche forma traendo solamente partito da alcuni dati descrittivi, da poche frasi che pur si vogliono precise, correttissime non pos sono giammai riuscire materialmente a darci un’ immagine fedelis- sima di un oggetto così complesso e variabile nella sua architettura qual’ è una pianta superiore? Ma secondo il sig. Lonco questo metodo va preferito à quell'al- tro più sostanzialmente pratico del confronto ed esame materiale dell’ oggetto medesimo, perchè, egli dice « spesso gli esemplari sec- chi sono alterati e non presentano chiari certi caratteri » ; onde non gli sembra impossibile che io mi sia ingannato nel dichiarare la nuova Querce rinvenuta nel Barese , identica alla Q. macedonica. E così pure avranno dovuto essere tratti in errore il BUSER, il BanBEY, il MARTELLI e quanti altri hanno seguito il mio metodo confermando la determinazione da me data. Io non dimostrerò al sig. Longo, riferendomi al caso particolare di cui è quistione, infondate le sue apprensioni sul valore dei saggi dissecati che si ebbe la fortuna di esaminare; non prenderò sul serio le sue argomentazioni per quanto le deduzioni che potrebbero « QUERCUS MACEDONICA ALPH. DC. » 383 trarsi, includano un rimprovero al mio indirizzo, insinuando che io abbia proceduto con molta leggerezza col fondare dei raffronti su materiale alterato, deteriorato, ed inadatto a ogni studio. Desidero piuttosto rispondere ad un’ obbiezione circa la maturazione delle ghiande nella Quercus macedonica, obbiezione che parmi senza dubbio di un certo valore di fronte alla importanza sistematica che si suole attribuire a siffatto carattere. I saggi di Q. macedonica provenienti dalla Grecia, dalla Erze- govina, dal Montenegro etc. esaminati dal DE CANDOLLE, dal BOISSIER, da me, da altri, presentano le ghiande attaccate alla porzione di ramoscello di penultima formazione. Lo stesso osservasi negli esem- plari italiani; il che è stato fedelmente notato anche dal sig. Loco tanto nella bella figura, ond'é corredato il suo primo lavoro, quanto nel cenno posteriore. Quivi di fatto leggesi che « il fragno porta i frutti maturi sul legno dell’anno antecedente », espressione che ad lileras corrisponde a quanto il De CanpoLLe dice della maturazione dei frutti di quel gruppo di specie cui la nostra Q. macedonica si riferisce (fructus maturi ligno anni prioris inserti). Dunque a rigor di logica tra il Fragno del signor Longo e la Q. macedonica del DE CanpoLLE non esiste alcuna differenza rispetto al carattere di cui è parola. | Però il sig. Loxco vuole a forza trovarvi una diversità e senza avvedersi della madornale contraddizione in cui casca, dopo fale premessa , dichiara che nel suo Fragno le ghiande maturano al prim’ anno. Eppure egli ha ragione! Infatto, a volere essere imparziali e far risaltare quale parte di merito abbia il sig. Longo in questo affare della Q. macedonica, mi occorre far notare come cotesta contraddizione includa la solu- zione di una quistione ben importante, intorno alla quale, ricordo, di aver già speso qualche parola (°). () V. Malpighia, Ann. I, p. 336 384 , A. BORZÌ, « QUERCUS MACEDONICA ALPH. DC. » Il sig. Longo senza saperlo, colle sue affermazioni contraddittorie, porge la conferma di un fatto già da me segnalato in alcune Querci mediterranee ed orientali, il quale sempre più attenua il valore sistematico dei caratteri desunti dalla maturazione delle ghiande e a cui si è voluto dar troppo peso dai monografi del genere Quercus. Maturando i frutti della Q. macedonica al primo anno e tro- vandosi essi all’ epoca della maturazione sopra una porzione di ramo di penultima formazione, si dovrà conchiudere che detta porzione sì sia formata nello stesso anno della maturazione ; sicchè erronea- mente dal De CANDOLLE è stata considerata codesta parte fruttifera come produzione dell'anno precedente. Così è infatto, a dedurlo da osservazioni dirette sulla Q. Suber, Q. coccifera, Q. Aegylops , Q. Calliprinos, ece.: i primi ramoscelli che si svolgono in prima- vera portano quasi esclusivamente dei fiori ed anche in parte delle . foglie; più tardi nello stesso periodo vegetativo, a estate inoltrata o nel principio dell’ autunno, sullo stesso ramoscello nascono nuovi getti, i quali sono per regola generale soltanto fogliferi. Essi svol- gonsi normalmente, si allungano, non opponendo aleun ostacolo il sopraggiungere del mite inverno. Se si svelle quindi un ramoscello fruttifero le ghiande avranno I apparenza di essere attaccate sopra una porzione di ramo, la quale non appartiene alla vegetazione m corso; per.cui l'esame di siffatti esemplari staccati, disseccati @ conservati in erbario potrà facilmente indurre nell’ errore e far giudicare la durata del periodo di maturazione come biennale. Perciò non può meravigliarsi il sig. Longo se il De CANDOLLE ed altri considerano la Q. macedonica come specie a frutti matu- ranti al secondo anno. Io sono certo che troppo scarso sia il numero di quelle specie che si possono tali ritenere; e divido pienamente i dubbi del PAR- LATORE. Sulla importanza di quel carattere (!) In ogni modo, visto che i frutti del Fragno sono ligni anni prioris inserti, per Se () Flor. ital., IV, p. 176. ` F. DELPINO, I BATTERIOCECIDII IN UNA PIANTA DI GALEGA Ecc. 385 virmi della espressione dello stesso DE CANDOLLE, tradotta letteral- mente dal signor Longo, sostituiamo alla parola ann? il termine vegelalionis, sparirà ogni contraddizione e ci convinceremo che Q. Fragnus e Q. macedonica (o Q. trojana Kotschy, come vuole il MaR- ` TELLI), sono la stessa cosa anche dal punto di vista della matura- zione dei frutti. In conclusione, son certo che il sig. Longo non prenderà da mala parte.queste mie osservazioni, dettate dallo interesse della giustizia e della verità e non vorrà fraintendermi. Mi auguro poi che la sua attività scientifica sorpassi di gran lunga i limiti segnati da questi due lavori sulla Q. macedonica, e le persone da lui direttamente offese coi suoi dubbi, colle sue con- iraddizioni, saranno sempre lietissime del suo efficace concorso al bene ed allo incremento della scienza; non troveranno nulla che invidiargli. Montecatini, 20 agosto 1888. Osservazioni sopra i batteriocecidii e la sor- gente d’azoto in una pianta di Galega of- ficinalis di F. Derpivo. Verso il principio del decorso marzo, fervendo vivaci diatribe intorno alla natura dei tubercoletti che si osservano nelle radici delle Leguminose , più per mia istruzione che per altro fine, volli fare alcune osservazioni nell’ orto botanico di Bologna. Estratte le radici di alcuni Trifogli e di qualche altra Leguminosa, e rilevati i caratteri esterni ed interni di dette protuberanze, per quanto si può fare coll'ajuto di una forte lente d'ingrandimento, nacque Subito in me la impressione ela convinzione dette escrescenze essere veramente di natura patologica, cioè veri cecidii. Tanto piu che ne 2986 F. DELPINO, riscontrai aleune invecchiate ed evacuate, le quali erano munite al vertice d'un foro pulitissimo e regolare, prestando facile argomento a credere che per tal foro fossero passati all duro gli abitatori delle protuberanze medesime. Sottoposto poi all'esame microscopico (con ingrandimento di circa 400 diametri) il contenuto delle protuberanze, osservai cellule parenchimatiche ingrossate, piene zeppe dei soliti corpuscoli batte- riiformi, notati da tanti autori, e i quali mi parevano, animati da un lentissimo moto di spostazione e traslazione. Sceso di nuovo in giardino, per avere altro materiale, m'imbattel in un robusto individuo, benchè piccolissimo, di Galega officinalis, il quale era nel preciso punto che cominciavano a sbocciare e a svilupparsi le sue gemme, in numero di dieci all’incirca. Lo estrassi con cura, ponendo attenzione di offendere il meno possibile le sue radici, che erano assai vigorose, benchè poco voluminose. Le lavai nell’ acqua fino a che perdessero tutte le particelle terree. Erano riccamente fornite di grosse e giovani protuberanze. Esaminato il contenuto di una di queste, lo vide consistere per intiero di corpuscoli batteriiformi , alquanto svariati nelle dimen- sioni e nella figura , ora subglobulare ora alquanto allungata, 18 guisa ‘da far credere che ciascuno di essi avesse ad essere costituito, o da uno soltanto o tutt'al più da due o tre elementi cellulari. Risolvetti allora di coltivare tale pianta, dentro un bicchiere, in acqua naturale (bastantemente pura, dedotta per condotto dal torrente Setta) mutata con molta cura una volta al giorno. Dopo all'incirca una settimana di coltivazione, ove la pianta cominciava a svolgere vigorosameute le sue gemme, e a pullulare un grande numero di radici, esaminai di nuovo il contenuto di una o due protuberanze, e con mia sorpresa constatai che i cor puscoli avevano cambiato figura e carattesi. Erano tutti diventati regolarissimi ed uniformi. Avevano tutti una forma bacillare eguale; visibilmente costituiti da otto elementi cellullari ; qud molto al- lungati. x 1 BATTERIOCECIDII IN UNA PIANTA DI « GALEGA ECC. » 387 La maggior parte erano rettilinei, alcuni curvilinei, altri cur- vati ad S. Forse uno o due fra molte migliaia avevano forma di ipsilon o di T. Ma mi è parso di constatare che siffatte figure abnormi non hanno altro significato, salvo quello che, essendo detti bacilli agglutinativi ai loro due capi, qualche volta accade che al- cuno di essi si appiccica ad un altro, in guisa da far luogo alle su indicate figure. Mi sembravano muoversi con un legerissimo moto di trasposi- zione e traslazione. Almeno più volte feci la prova di fissarne due per lungo tempo, e rilevai che non serbavano la stessa distanza, ma o si accostavano o si scostavano, benchè lentissimamente. Ripetei le osservazioni per un seguito di giorni, notando sempre fenomeni affatto identici. Allora pensai di troncare una delle radici munite di tubercoli, e di porla in acqua, tutti i giorni rinnovata, prevedendo che detti corpuscoli non potendo più nutrirsi, avrebbero presentato altri caratteri. E infatti dopo tre o quattro giorni ave- vano ancora l’ apparenza di essere vivi; ma i bacilli, ben pochi eccettuati, si erano disciolti in cellule isolate tondeggianti ; svelando così un altro carattere di batterii veri; i quali, se sono in colonie lineari, quando viene a mancare l alimento, tendono a isolare le loro cellule, per poterle mutare in germi. Nel frattempo la mia pianta, benché'nutrita di sola acqua, si sviluppava con meraviglioso vigore, svolgendo otto robusti rami, e un ammasso di nuove radici, un principio di coda di volpe. Ma nessuna di queste nuove radici era munita di tubercoli. Ei vecchi tubercoli, quelli delle vecchie radici, essendo stati sacri- ficati alle giornaliere esperienze, dovetti porre un termine alle osservazioni riguardahti la loro natura. In conclusione non potei esimermi dal proporre il quesito: una planta nutrita di acqua semplice, depauperata anzi totalmente pri- vata dei suoi magazzini di sostanza nutritiva, come poteva svilup- parsi con un vigore tanto straordinario ? La soluzione del quesito non è difficile. Basta ammettere che la 388 F, DELPINO. ipotesi, secondo cui i tubercoli radicali delle leguminose siano ma- gazzini di sostanza nutritiva, è destituita di ogni fondamento. E non solo essa è annichilata dalla sovraddotta esperienza, ma lo è anche dal fatto che le protuberanze invecchiando si evacuano me- diante un poro apicale. E che sorta di magazzino d'alimenti sarà mai quello che nel momento del maggior bisogno apre la porta, e sperpera fuori tutto il suo contenuto? | E se questo non bastasse per convincere d'assurdità la tesi annonaria sostenuta da tanti, gioverà riflettere che di siffatti tu- mori se ne formano dei bellissimi e grossissimi nell’ epoca della - prima germinazione dei Fagiuoli, delle Fave e delle Veccie. Ora à assurdo che la pianta provveda a mettere in serbo sostanza alimen- tare nel preciso punto, in cui ha luogo il maximum del suo con- sumo e il minimum della sua produzione. E se questo non basta soggiungeremo ancora che siffatti tuber- coli si trovano altresì nelle radici di alberi grossissimi, come sarebbe la Robinia Pseudacacia ; e che pare assolutamente assurdo come vegetali di così grande statura, producenti tanta ricchezza di foglie, fiori e frutti, richiedano poi dei magazzini alimentari tanto minu-, ziosi e ridicoli, e tanto lontani dal centro di consumo. Che cosa adunque sono cotali escrescenze ? Sono senza dubbio d’ indole patologica. Sono speciali cecidii. Ma quale sarà l’ agente produttore di essi? Sarà un mixomicete come è stato dichiarato da alcuno ? Sarà un fungo come è stato dichia- rato da altri? Sarà un batterio, come vuole il mio assistente signor Marrer? Per me credo che quest’ ultimo si apponga al vero, e, se, ulte- riori ricerche confermeranno le sue vedute "e le sue ben intese esperienze, resterà nella scienza il nome di batteriocecidii, proposto regolarmente da lui. Ma ritorniamo alla nostra pianta di Galega. Poiché per la Scomparsa dei presunti magazzini annonarii era definitivamente chiusa la serie delle nostre sperienze intese a chia- I BATTERIOCECIDII IN UNA PIANTA DI GALEGA ECC. 389 rire la loro vera natura, la magnifica vegetazione di una pianta così malamente nutrita e priva per di più di magazzini di albumina, era un fenomeno tale da invitare ad aprire una nuova serie di ri- cerche ancora più interessante della prima. Rivolgemmo adunque tutte le nostre cure a così importante soggetto, rinnovandogli l'acqua puntualmente ogni giorno, espo- nendolo a ragionevole alternativa di luce solare diretta o diffusa, proteggendolo dalle irradiazioni notturne eċc. Passarono così parecchie settimane e la mia pianta, lungi dal deperire, acquistava sempre maggior vigore, sviluppando otto rami TObustissimi, una massa enorme di radici, foglie bellissime e inoltre, negl'internodii della breve regione rizomatica, una quantità di na- scenti gemme avventizie. Lo sviluppo poi delle radici era tale che io mi vidi costretto a cambiarla di vaso ben quattro volte, sempre aumentando le di- mensioni del vaso, assegnandole da ultimo un recipiente di vetro della capacità di oltre due litri. ; Intanto s’ imponevano alla mente due importanti problemi o quesiti. Da ove ricavava la mia pianta il suo alimento minerale? Da ove ricavava l'azoto, che fra tutte è la sostanza più indi- Spensabile e difficile ad aversi ? Quanto a risolvere il primo quesito, giova aver presenti i dati Che seguono. In media posso calcolare di avere somministrato ogni giorno alla pianta da un litro e !/, a 2 litri d’acqua del torrente Setta; acqua che ha nome di essere potabilissima ed è assai pura. Contiene per altro i sali soliti a trovarsi nelle acque dei fiumi , e Sopra tutto una certa, benchè lieve eccedenza, di solfato di calce. Adunque la pianta non poteva patire difetto nè di calce nè di zolfo, e probabilmente neanco di magnesia e di ferro. ll difetto dovea invece verificarsi quanto alla potassa e quanto al fosforo ; vale a dire quanto alle due sostanze minerali che sono le più im- Portanti per la vita vegetabile. 26. Malpighia, anno II, vol. II. 390 di hr F. DELPINO, Per ciò poi che riguarda la sorgente dell'azoto, si riesce ancora - a una perplessità più grande. Risulta dalle analisi le quali furono fatte, che l’acqua del Setta non contiene nè ammoniaca nè nitrati, salvochè in quantità inap- prezzabili. Pensare che l’ azoto contenuto inizialmente nella pianta fosse bastato a cotanto sviluppo di cellule, di tessuti, di organi, é pensare l’ impossibile e l’ assurdo. S'imagini che la pianta stava da prin- cipio comodamente in un bicchier d’acqua, e che da ultimo sviluppò un enorme cespite obconico del diametro di circa un metro, con otto robusti virgulti della lunghezza di circa ottanta centimetri ciascuno. Il pensiero clie detta pianta possa aver avuto la facoltà di fis sare il libero azoto atmosferico, è risolutamente contraddetto da tutte le esperienze fisiologiche le più attendibili e sicure. Qual fu adunque per la nostra pianta la sorgente di azoto? Del quale del resto non mostrò giammai di soffrire deficienza ? Prima di proporre al riguardo le nostre conclusioni, terminiamo la storia di questa coltura. Lessi in parecchi trattati di fisiologia vegetabile che quelle pinta alle radici delle quali si nega l'azoto, dopo aver vegetato per qualche tempo, languiscono e non tardano a perire. Quest' affermazione, verisimilmente dedotta da coltura di piante nell' acqua , è affatto in opposizione al risultato della nostra espe- rienza. A che deve essere attribuita questa differenza nei risultati ? Credo di non errare attribuendola al metodo che ho tenuto nel rinnovellare l’acqua alla pianta. Se io mi fossi limitato soltanto a pulire le pareti del vaso e a mutar l’acqua, il mio esperimento sarebbe senza dubbio andato fallito e la pianta dopo alcun tempo di languore avrebbe dovuto senza fallo perire. Il putridume avrebbe infallantemente invaso la massa delle radiei con danno irreparabile e perentorio. Ad ovviare così fatto malanno , ogni volta che mu = Ae Cas d^ ME EEN TANN PPT TERN BIRSPS INR EAE E E, ID I BATTERIOCECIDII IN UNA PIANTA DI GALEGA ECC. 391 tava l'acqua, estraeva tutta la pianta colla massima delicatezza, e per un buon quarto d'ora manipolava la massa delle radici, con gran cura di offenderle il meno possibile, sotto un forte getto di acqua, esponendovele per tutti i lati. Cosi, mediante un lavamento tanto accurato, erano trascinate via tutte le impurità e tutte le formazioni putride e batteriche che ogni giorno erano iniziate, e le radici ne riuscirono sempre pulitissime e vigorosissime. Con questo sistema la pianta si vedeva prosperare ognor più e così passò , oltre il mese di marzo, anche quello di aprile e di maggio. Se non che verso i primi di giugno, mi accorsi che qualche fogliolina cominciava a seccare. Certo questo è dovuto, pensai fra me, a deficienza di potassa; e per non compromettere l'esito della esperienza , che si appalesava importante principalmente per il ri- guardo dell’ azoto, aggiunsi, per 48 ore soltanto , tre cucchiajate di cenere. Quest’ aggiunta rialzò non poco il vigore della pianta, che proseguì il suo regolare sviluppo. Dopo un 20 giorni circa, essen- dosi riprodotto il caso che alcune foglioline , senza nessuna appa- rente ragione, perivano improvvisamente, aggiunsi ancora, ma per sole 24 ore, due cucchiajate di cenere. Queste due somministrazioni sono le uniche che feci alla pianta durante l'intiero periodo della coltura. Intanto verso i primi di luglio la mia pianta, dopo avere svi- luppato otto vigorosi rami, si dispose a fiorire, e la fioritura fu magnifica, per nulla inferiore a quella che riscontrai pure in tal tempo presso due individui, cresciuti all'aperto in un buon terreno. Dopo ció mi attendeva che una regolare fruttificazione avesse a succedere alla fioritura. Ma vennero deluse le mie aspettative. I singoli fiori, dopo avere persistito per alcuni giorni sul nativo ra- cemo, l'un dopo l’altro cascavano tutti, per disarticolazione del pedicello. 392 F. DELPINO, Qual'è la vera o almeno la principale causa del mancato abbo- | nimento dei frutti? Una causa è verisimilmente la insufficienza del fosforo e della magnesia, che moltiplicate esperienze attestano affluire e concen- trarsi nelle ragioni fruttificanti delle piante. Ma non oserei affer- mare che questa sia la cagione esclusiva od anche principale. Senza dubbio debbe essere entrata in giuoco anche la mancata impollinazione staurogamica per opera d’ insetti apiarii. Ho verifi- cato che la Galega officinalis è costrutta come tutte quelle papi- lionacee (Lotus, Vicia, Genista ecc.) dove la visita dei fiori per parte degli insetti ha per necessario ed immancabile effetto di con- ‘tundere, vuoi per urto, vuoi per confricazione contro l'addome del pronubo, le papille stimmatiche, e di agglutinare il polline alla parte contusa. Mi venne pure in pensiero di instituire degli esperimenti in proposito. Ma era troppo tardi. Sulle cime dei racemi tanto della pianta coltivata quanto delle due piante all'aperto vi erano ancora alcuni fiori; ma, quando i virgulti della mia pianta pensai Œ in- tralciare con quelli della pianta all’ aperto , il forte della fioritura era di gran lunga passato, e i pochi fiori residuali furono totalmente trascurati dagl insetti. Veduta questa deficienza di pronubi, per quanto la mano del- l'uomo non può imitare che assai male la loro azione (almeno nelle papilionacee), procurai d’ impollinare stimmi della mia pianta con polline di fiori delle piante cresciute all'aperto; ma, sia per là imperfezione delle mie manipolazioni, sia per la languidezza di quella postuma. fioritura, l’unico effetto che ottenni fu che, tra i parecchi ; fiori impollinati artificialmente, un solo mostrò di sentire l'azione del polline, rimanendo per qualche tempo, anche dopo cascata la corolla, aderente al racemo; ma poi tini anch'esso col disarticolarsi e cascare. Si rimane pertanto in dubbio se la mancata fruttificazione sia LE I BATTERIOCECIDII IN UNA PIANTA DI GALEGA ECC. 395 dovuta principalmente alla deficienza di fosforo, oppure alla non avvenuta staurogamia per parte di apidi. Tale è la storia di una sperienza seguita casualmente, senza nessun prestabilito divisamento salvo quello di procurarmi una sem- plice personale istruzione sovra un punto intorno a cui vigeva grande controversia; sperienza, la quale, malgrado l’incompletissimo modo con cui venne condotta (intorno a che nessuno può ragione- volmente muovermi rimprovero), non ostante, se non erro, ha dato dei risultamenti, i quali meritano di essere divolgati e conosciuti. E in primo luogo è stato messo in sodo un fatto che interessa in alto grado la fisiologia vegetale; cioè che in date condizioni la grande sorgente d'azoto per le piante dev'essere l'ammoniaca atmosfe- rica, la quale, sebbene esista nell'atmosfera in tenuissime proporzioni, pure per una spiccata diffusione elettiva passa nell'acqua, ed è avi- damente assorbita dalle radici: col quale fenomeno si trova in per- fetta armonia l'enorme sviluppo delle radici, tutte le volte che Queste vengano in contatto con abbondante massa d'acqua. In secondo luogo è constatato che una leguminosa può vivere benissimo e prosperare, anche quando sia affatto destituita da ogni produzione di tubercoli radicali. Per lo che rendesi inevitabile la conclusione che siffatti corpuscoli non possono valere e funzionare come organi inservienti a immagazzinare sostanze alimentari e di riserva; che anzi sono formazioni parassitiche e dannose, poniamo che i danni da essi perpetrati siano di poco rilievo e per nulla compromettenti la vitalità delle radici da essi assalite: e ciò in grazia della loro piccolezza e della limitata loro moltiplicazione, essendo simili in questo alle galle e ai bedeguar, che ben poco danneggiano le quercie e le rose su cui vengono. Altri fenomeni d’ accessoria importanza ho potuto per r esperi- mento mio constatare. Avendo coltivata la pianta in vasi di perfetta trasparenza, ho constatato che la luce, anche la diretta luce solare con quelle potentissime radiazioni che sogliono aver luogo nei mesi di giugno e di luglio, non esercita la menoma influenza nociva sulle 394 + . BORZÌ, 5 radici. Ho constatato che di notte tempo le foglie, i picciuoli e — tutti i tessuti vivi della pianta erano in stato di sommo turgore e rigidezza. Ho constatato che in tal tempo, se la pianta veniva esposta all'aspetto di un cielo serenissimo , tutte le foglioline , mercé sva- riate flessioni dei picciuoli parziali e generali, riescivano a nascon- dere la massima parte della loro superficie, presentandosi all'aspetto celeste di costa e non di piatto, mostrando per tal maniera di te- mere molto gli effetti della radiazione notturna. Finalmente ho constatato verso la fine dell’ esperimento, che le foglie da ultimo avevano perduto quasi del tutto la facoltà di orien- tarsi e disporsi nella maniera più consona all’ esigenze della loro vita, come si arguiva facilmente dalle disordinatissime loro dire- zioni. Per altro non potei decidere se questo fatto era dovuto alla penuria dell’ alimento minerale, oppure alle continue spostazioni à cui dovette soggiacere la pianta durante il lungo periodo di quella artifiziale coltura. Bologna addì 25 novembre 1888. Formazione delle radici laterali nelle Monocoti- ledoni. — Ricerche di A. Borzi. (Continuaz. v. pag. 85, fasc. III. PHORMIUM TENAX Forst. Secondo il TREUB (*), le radici di questa pianta, come di molte altre Gigliacee, possiedono de' meristemi a iniziali generatrici della cuffia distinte da quelle comuni formatrici del corpo radicale. Le mie osservazioni in proposito non confermano tale opinione. La esistenza di comuni elementi generatori del cilindro pleromico, della (1) Op. cit, p. 13 e seg. FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 395 o scorza e della cuffia può essere benissimo dimostrata in sezioni per- | fettamente longitudinali mediane. La rapida differenziazione del ci- lindro assile dalle comuni iniziali può invero lasciare sovente dei dubbi su cotesta dipendenza di detto istogeno dagli altri tessuti primarii. Quando si esamina un grande numero di sezioni si riesce facilmente a risolvere la quistione. Delle iniziali comuni poste sul sommo vertice del cilindro assile poche si trasformano in pleroma, e sono quelle esattamente centrali: il loro numero importa sovente 4 e si dividono tosto in direzione periclinica: i segmenti posteriori entrano immediatamente a far parte del pleroma ; gli altri segmenti si scindono tosto nel senso anticlinico. Da ciò deriva un apparente e profondo distacco tra la ragione pleromica e gli altri tessuti. Si aggiunga a ciò il fatto che la differenziazione degli altri istogeni non avviene che molto tardi e compiesi a notevole distanza dal vertice del cilindro assile. i In altre Gigliacee (p. e. Scilla, Allium, etc.) dove la differen- ziazione di quest’ ultimo tessuto ha luogo meno rapidamente, e alla formazione di esso prendono parte un maggior numero d’ iniziali, la esistenza di comuni elementi generatori dei quattro tessuti pri- mari della radice non lascia il menomo dubbio, così come può fa- cilmente giudicarsi gettando uno sguardo alla fig. 33 della tav. VI. Ma quello che sopra tutto interessa nella ricerca delle prime origini di coni vegetativi, così costituiti, è il fatto che la dipendenza della cuffia dalle iniziali del corpo radicale è una condizione che scorgesi stabilirsi nel corso dello sviluppo del meristema. Seguiafho infatti lo svolgimento di una radicella fin dai suoi primordi. Nulla -di notevole offrono le radici madri ai punti di formazione delle radici laterali. Il pericambio , che d’' ordinario costituisce una fascia perfettamente continua costituita da un solo strato di elementi, suole qualche volta in contatto cogli elementi floemici dar luogo a uno sdoppiamento delle sue cellule nel senso tangenziale. Tutti i particolari relativi alle prime fasi di formazione delle 396. ide veces .A. BORZÌ, radicelle concordano in generale con quelli suddescritti salvocchè - l endodermide della radice madre non entra per nulla a prender parte alla formazione della epidermide primitiva del nascente cono, come nel caso del Lilium candidum. Il cuscinetto pleromico iniziale si forma nella stessa guisa e le sue serie si allungano o sollevansi sull’ area rizogena con maggiore rapidità e si forma un tutto più voluminoso e relativamente molto tardi cominciano gli articoli pe- riferici ad assumere i caratteri di periblema. Ancor più ritardata è la differenziazione dell'epidermide che compiesi a spese degli elementi corticali della base del cono. In istadio di sviluppo inoltrato l’ accrescimento del meristema apparisce compiersi per attività di un picciol numero d' iniziali, ordinariamente 8, disposte a 4 a 4 sopra due strati sul vertice. Dalle iniziali superiori derivano gli strati esteriori del pleriblema e il dermatogeno ; le iniziali inferiori rimangono in comunanza cogli elementi del periblema interno e della sommità del pleroma. Durante questa stessa fase di svolgimento, la cuffia assume i caratteri di un tessuto del tutto indipendente dal nascente corpo radicale. Essa deve la sua origine a metamorfosi delle cellule endo- dermiche prospicienti alla regione rizogena della radice madre unite a quelle che costituiscono lo strato interno della scorza della radice medesima. Questi ultimi elementi si differiscono dagli altri della medesima natura corticale per le dimensioni inferiori esaminati su tagli trasversali. La cuffia si forma fin dai primi istanti in cui compiesi la costituzione dell'area rizogena e il suo svolgimento segue di pari passo quello del cilindro pleromico primordiale. A ta- luopo gli elementi endodermici e corticali destinati alla sua forma- zione s' ingrandiscono, sdoppiansi nel senso tangenziale, si scindono quindi radialmente seguendo il contorno del nascente corpo radicale. Per quanto intimo il grado di aderenza fra' due tessuti formativi della calittra, restano però alcun tempo visibili i limiti di essi tes- suti a causa delle maggiori dimensioni delle pareti cellulari comuni. La perfetta dipendenza della cuffia dalle iniziali generatrici del de FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 397 periblema, tal quale si rinviene in coni adulti, ammessa anche dal TnEUB, avvalora il sospetto che le condizioni d’incremento descritte debbano in corso di sviluppo del tutto modificarsi, perdendo la cuffia la sua primitiva indipendenza, caso particolare anche ad altre Mono- cotiledoni. Io non sono stato abbastanza fortunato nelle mie ricerche per potere ciò stabilire colla scorta della diretta osservazione. La in- duzione però dà completa ragione a questo modo di vedere, non po- tendosi altrimenti spiegare siffatta contraddizione tra la struttura primordiale di coni nascenti e quelli adulti. Si avrebbe quindi nelle radici di Phormium tenax la costitu- zione di una cuffia transitoria d’ origine corticale ed endodermica nel tempo stesso, destinata a essere più tardi sostituita da una ca- littra definitiva d’indole pericambiale. AGAPANTHUS UMBELLATUS, L'Hér. Le grosse e carnose radici di questa pianta possiedono un ci- lindro assile relativamente esile. I coni di vegetazione adulti pre- sentano una costituzione del tutto identica a quella delle specie su citate. Lo svolgimento delle radicelle segue come presso il Phormium lenas e iniziasi colla formazione di un cilindro pleromico piu tosto voluminoso di cui gli elementi periferici rivestono a poco a poco i caratteri di periblema e di cuffia. >H dermatogeno prende origine a una certa distanza dal vertice da elementi d’ indole periblemica. La differenziazione della cuffia è contemporanea a quella della scorza. A differenza di quanto abbiamo notato nel Phormium tenax gli strati corticali interni della radice madre non prendono alcuna parte alla formazione della calittra; la stessa endodermide si com- porta alquanto diversamente; i suoi elementi prospicienti all’ area rizogena si accrescono momentaneamente per formare torno torno . al nascente cono un’ esile guaina, fugacissima. Una particolarità degna di nota è questa che mentre il giovine 398 i i A. BORZÌ, meristema si svolge e s'insinua dentro il parenchima cortieale della radice madre, le cellule di quest'ultimo tessuto, a misura che ven- gono in contatto col cono stesso, subiscono delle reiterate divisioni — trasversali formandovi all'intorno un tessuto a elementi prismatici o cubici molto irregolarmente distribuiti. Alla sua costituzione pren- ‘donoe parte tutte le cellule della scorza a qualunque regione esse appartengano, purché si trovino.a contatto colla nascente radicella. Il modo come questa formazione avviene darebbe a supporre che si tratti di un fenomeno dovuto a lesioni provocate dallo sforzo che fa il meristema collo insinuarsi e spingersi dentro il paren- chima della scorza; fenomeno che potrebbe paragonarsi a una sorta di moltiplicazione cellulare che trova perfetto riscontro nella genesi di tessuti sugherosi. Però trattasi di una analogia assai lontana, imperocchè durante siffatto fenomeno le tramezze degli elementi descritti non manifestano la reazione della sostanza sugherosa. DraceNA HENDERSONI, hort. CORDYLINE STRICTA, Endl. In queste due specie la fascia pericambiale presenta una strut- tura particolarissima: essa consta di un doppio strato di elementi. Nella Cordyline stricta talora di faccia ai fascetti fibrosi detta zona - apparisce costituita da tre serie di cellule; ma ‘può ridursi anche ad unico strato, massime dirimpetto ai fasci xilemici. Maggiore regolarità presenta invece nella’ sua costituzione il pericambio delle radici di Dracæna Hendersoni. Checchè ne sia, la genesi delle radicelle compiesi in ambo queste piante nella iden- - tica maniera e secondo il tipo delle altre Gigliacee, almeno ne' suoi | tratti fondamentali. Costantemente i primi accenni delle radicelle sono rappresentati dalla rapida evoluzione di tutti gli elementi peri- cambiali prospicienti a un fascetto legnoso in serie pleromiche, che crescono strette, serrate, costituendo un cuscinetto piuttosto volu- minoso. Per molto tempo detta massa meristematica conserva por FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 399 ratteri primitivi di pleroma; indi gli articoli periferici delle serie, biforcati ed ampliati, acquistano i caratteri di scorza e cuffia. Dal vertice del cilindro pleromico iniziale vengono separate le iniziali generatrici del periblema e della calittra e così il cono raggiunge la sua definitiva struttura. Durante lo svolgimento deseritto le cellule endodermiche della radice madre s’accrescono rapidamente formando torno torno al nascente meristema una guaina protettrice costituita ora da doppia serie di cellule (Draccena), ora da una semplice serie (Cordyline). AGAVE MEXICANA, L. FoURcROYA GIGANTEA Vent. è. Delle diverse specie del genere Agave che ebbi opportunità di esaminare, solo l’ Agave mexicana porgevami molto favorevole occasione di studiare completamente lo sviluppo delle radicelle , essendo d'ordinario le radici provviste di abbondanti laterali rami- ficazioni. Le radicelle prendono origine a notevole distanza dal cono di vegetazione delle radici madre in tessuti completamente differenziati. Le cellule pericambiali sono molto grandi in confronto a quelle dell’ endoderma. Visibilmente più ampie appariscono quelle prospi- cienti i fascetti legnosi. Questi, al momento della genesi di una radicella, constano di 3-4 vasi spirali. I fasci librosi sono formati di 6-7 fibre floemiche cingenti un unico vaso cribroso. Il parenchima interfasciale componesi di doppia serie di elementi poliedrici relati- Vamente assai piccoli. Notevole & il fatto come le cellule interne della scorza limitanti coll’ endoderma tendano prestissimo alla sclerosi (fig. 34, tav. VI). Il fenomeno manifestasi alcun tempo prima che cominci la forma- zione delle radicelle. Per una singolare correlazione però le cellule corticali prospicienti all’ area rizogena futura conservano le pareti sottili, cedevolissime. La sclerosi néi restanti elementi procede con * Po 400 USA; BORZÌ, grande rapidità e mentre il nascente meristema non ancora consta 4 dei suoi fondamentali istogeni, gli elementi sclerenchimatici presen- tano una parete molto spessa, e finamente striata che il jodio colora in un giallo intenso. Durante cotesto processo l' endoderma conserva le sue pinoli molto esili e rimane fortemente compresso e deformato dallo sviluppo delle cellule corticali. Lo sviluppo del cuscinetto compiesi regolarmente in ordine cen- trifugo a partire dagli elementi prospicienti un fascetto legnoso. L’ aria rizogena durante il suo svolgimento abbraccia successiva- mente 3, 5, 7 fascetti vascolari nelle radici madri dello spessore ordinario di 1, 2 — 1, 5 mm. Mentre ampliasi l'area, gli elementi | rizogeni si trasformano in serie pleromiche disponendosi in ordine decrescente di altezza attorno la primitiva serie centrale. A misura ` che si elevano, le serie si spartiscono trasversalmente in articoli successivi. Gli articoli verso l apice tendono a divenire più corti e ad ingrossarsi. In tal guisa mentre la serie centrale conservasi di- ritta in tutta la sua estensione, quelle laterali tendono alla sommità a deviare dalla normale direzione divergendo ad arco verso lo esterno. Cotesta deviazione accentuasi sempre più nella serie più lontana dal centro. Il cuscinetto prende allora una forma emisferica. L'ampliamento degli articoli apicali è seguito da spartizione lon- i gitudinale dei medesimi; il che effettuasi in due direzioni. Dal complesso dei primi articoli di tale regione deriva tosto uno strato | continuo che riveste tutta la superficie del meristema. Esso rappre senta indubbiamente i primi rudimenti della cuffia almeno nella stä | porzione laterale e centrale; verso la base i suoi elementi appar- - tengono alla scorza. L’ accrescimento ulteriore di detto strato ha luogo rapidamente prima in superficie, a cominciare dalla sua Te gione centrale mediante nuove partizioni longitudinali che le sue cellule subiscono. Mentre ciò effettuasi gli articoli pleromici sottoposti, maggior A menie ampliati, accennano a differenziarsi in scorza soggiacendo : & i r i A. BORZÌ, RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 401 prima ad una divisione trasversale (tangenziale). I diversi strati della scorza s'individualizzano in direzione centripeta. Quindi il segmento esteriore, appena separato, si scinde tosto per lo lungo, e quando i nuovi elementi si sono alquanto accresciuti, alla stessa divisione soggiace il segmento sottoposto. Neila stessa guisa comportasi la sommità della serie centrale ; quivi però gli elementi separati tangenzialmente sembrano di spet- tanza della cuffia e sono destinati ad accrescere gli strati interni di questo istogeno; quelli interni evidentemente persistono allo stato di iniziali destinate, per nuove divisioni centripete, a diesen oie la Serie pleromica centrale. Negli stadi così primordiali nei quali noi esaminiamo il meristema nascente delle radicelle di Agave mexicana, gli articoli delle serie la- terali sottoposte alla nascente scorza possano anche in ordine cen- tripeto generare nuovi elementi pleromici prolungando le serie esi- stenti, mentre in direzione centrifuga aggiungono altri strati alla Scorza preesistente. Cotesta attività rinnovatrice tende sempre più in corso di sviluppo a restringersi agli elementi spettanti alla som- mità della serie pleromica centrale. Laddove così non fosse si avrebbe un continuato indefinito ispessirsi della scorza dal suo lato interno ; il che non risponde ai fatti. Coteste cellule iniziali, mentre il cono è in istadio giovanile, si limitano a 4: indi crescono fino a 12 oppure ancora a più, secondo la grossezza della radice. In ogni modo da esse dipende l'incremento dei coni di vegetazione e in particolar guisa esse agiscono rinno- vando l'apice del pleroma, ispessendo dal lato interno la cuffia mentre dai loro lati prende sviluppo la scorza. Quando si ànno 4 iniziali ; interamente esse prendono parte alla formazione di tali tessuti; nel caso di un maggior numero di iniziali, quelle della pe- riferia sono destinate a rinnovare solo la scorza, le altre generano il pleroma e la cuffia. Noi vedremo in altre Monocotiledoni riferibili à questo stesso di tipo di formazione come cotesta partizione del 402 | RASSEGNE uda. lavoro istogenico puossi per gradi insensibili acquisirsi dalle inire comuni quando esse siano numerose. Il dermatogeno rappresenta lo strato esterno della scorza; esso acquista la sua individualità assai di buon’ ora. I primi elementi dermatogenici restano sempre perfettamente indipendenti da quelli della cuffia. i L'attività rinnovatrice di questo tessuto resta quindi sempre - limitata al suo centro; donde risulta che questo tessuto non suole prendere uno sviluppo considerevole nè si prolunga gran fatto lungo i fianchi del cono. Gli elementi laterali si estendono bensì in lun- | ghezza, ma tosto perdono la loro connessione e rapidamente sfal- — dansi gli strati che essi costituiscono. (Continua) Rassegne H. De Vries: Le coéfficient isolonique de la glycérine, Archives Néerlandaises, t. XXII, 1888, pp. 384-01. Sono note le ricerche del Prof. Dg Vries sopra le cause della turgescenza delle cellule e quindi sui fenomeni osmotici del protoplasma e della parete cel- lulare. Per stabilire in qual proporzione certe soluzioni saline o altri liquidi agi- scono come disidratanti sul contenuto cellulare, egli ha ricorso al fenomeno della plasmolisi Sperimentando su cellule epidermiche della nervatura mediana della pagina : inferiore delle foglie di Tradescantia discolor, e riferendo la proporzione del — corpo disciolto al suo peso molecolare, egli trova che la sostanza, che si potrebbe dire in maggior grado plasmolitica è il salnitro. Il liquido che si ottiene scio» | gliendo 0, 13 del peso molecolare del salnitro (il peso molec. è 101), espresso - in grammi, in un litro d' acqua, è isotonico col succo cellulare della cellula spè% — rimentata, cioè, con quel grado di concentrazione vi è equilibrio diosmotico » attraverso la parete cellulare, fra la soluzione esterna ed il succo cellulare. Se invece la soluzione è più diluita, essa passa dentro la cellula in copia maggiore di quello come escono i liquidi cellulari, e si ha turgescenza della ` cellula; se la soluzione è più concentrata, l' acqua del liquido cellulare passa in maggior copia verso l'esterno, e si ha contrazione del protoplasma, ossia plasmolisi. Stabilito che il nitrato potassico è l’ agente plasmolitico più potente (sempre riferendo la concentrazione della soluzione al suo peso molecolare), l’ A. chiama coefficienti isotonici delle varie sostanze, dei numeri che esprimono in sostanza i poteri plasmolitici di queste sostanze, riferiti a quello del salnitro preso come eguale a 3. Lo zuechero di canna p. es., dà una soluzione isotonica colla citata soluzione di salnitro (0, 13 del peso molec., cioè gr. 13, 13 per un litro d’acqua), e quindi agisce come questa sulle cellule epidermiche di Tradescantia, allorchè lo si discioglie nella proporzione di 0, 215 del suo peso molecolare (che è 342), cioè di gr. 73,53 per un litro d'acqua. Il rapporto fra le concentrazioni isotoniche sarebbe dvi Ks 215 a 0, 13, cioè a 0, 602. Il coefficiente isotonico dello zucchero di canna è dunque 0, 602 di quello del Salnitro, e prendendo questo = 3, il primo è dunque eguale 1, 81 (1). Per la determinazione di questi ceefficienti isotonici De Vries ha sperimen- tato, come abbiamo detto, sulle cellule epidermiche di Tradescantia discolor ; HAMBURGER ( Onderzoezingen van het physiologisch Laboratorium der Utreoht- sche Hoogeschool, 3% serie, IX, 1884, p. 26) ha fatto ricerche analoghe sopra i corpuscoli sanguigni, ed ambedue hanno pubblicato delle tavole dei coefficienti delle varie sostanze. sperimentate (De VRIES, l c., p. 912). La questione ha grande importanza per la fisiologia vegetale, e siccome la glicerina non figurava ancora tra i corpi sperimentati, egli ha fatto recentemente delle ricerche anche su questa sostanza. È noto che la glicerina, al pari degli zuccheri ed altri idrati di carbonio, non va considerata solamente come reagente plasmolitico, ma anche come ali- ——— (1) Cfr. Dg Vries, Eine Methode zur Analyse der Turgorkraft, nei PRINGSHEIDM'S Jahrbücher, Bd. XIV, 1884, pp. 427-601 I numeri da noi citati sono le medie di varii esperimenti fatti dall' A , e riportate da lui „nella suddetta memoria, a pag. 453. Non sappiamo perchè il DEgTMER nel suo Pifanzenph. Practieum (p. 100) citi dei numeri un po’ diversi, attribuendo allo zucchero di canna un coeffi- ciente isotonico di 1, 77. Il De Vares poi, nel riunire i suoi risultati in una tabella (Z. c., p. 512), attribuisce allo Fatina di canna il coeff. 1, 88 (e così nella tabella riportata in fondo al lavoro del quale ci Stiamo per occupare, Archives ete., p. 391), perché esso numero è la media di due valori, il Primo (1, 81) ottenuto col metodo da noi citato, il secondo (1, 95) trovato con altro metodo (Die “= lytische Transport-Methode , l. c., pag. 465 e seg., e, per lo zucchero di canna , pagine RASSEGNA 403 | í 404 RASSEGNE mento delle piante. Un pezzetto di foglia verde, dal quale si sia fatto scomparir i l'amido tenendolo qualche tempo all'oscurità, deposto alla superficie d’ una so- luzione di zucchero puó, nell'oscurità, fabbricare della fecola; ed A. MEYER (Bildung der‘ Stárkehórner in den Laubblittern aus Zuckerarten, Mannit und Glycerin, Bot. Zeitg., 1886, numeri 5 a 8, pp. 81, 105, 129, 145), mostrò che alcune foglie, specialmente quelle di Camelia suaveolens, assimilano facil- mente la glicerina, formando della fecola (Ł. c., p. 133). G. KLEBS (Beiträge zur Physiologie der Pflanzenzelle , nei Berichte der deutsch. bot. Gesell., V, 1887, Dp. 181-8) ha sperimentato sopra un Zygnema ed ha trovato che quest' alga può assorbire della glicerina e fabbricarne della fecola. De Vries ha trovato lo stesso per la Spirogyra nitida, la quale, alla temp. di 20° a 25° C., dopo un soggiorno di 48 ore nella glicerina allo scuro, ha fabbricato un quantità notevole di amido. Cosicchè si possono coltivare queste alghe per settimane intere nella oseurità, nutrendole di una soluzione di glicerina. Quanto all’ azione plasmolitiea della glicerina, KLEBS (7. c., p. 187) fece sa- pere che, avendo plasmolizzato colla glicerina delle cellule di Zygnema, la pla- smolisi, dapprima assai intensa, spariva a poco a poco. De Vrres ha ripetuto la esperienza sulla Spirogyra nitida e su varie piante vascolari, ed ha trovato che . sempre la plasmolisi ha luogo, ma nella maggior parte dei casi sparisce poi più o meno presto, riacquistando le cellule il loro turgore. Ció significherebbe che la glicerina passa con certa facilità, attraverso il pro- toplasma, nel succo cellulare; il che non si verifica in generale per Ie altre - sostanze, le quali, se pur sono innocue al protoplasma, lo attraversano molto , difficilmente. Lo stesso fenomeno fu però osservato anche dal Janse (Plasmoly- tische Versuche, an Algen nel Bot. Centralbl., VIII, 1887, n. 40, pp. 21-6), spe rimentando con soluzioni di salnitro e di cloruro sodico su delle Chaetomorpha è Spirogyra. [^ Siccome A. Mzvzn, nelle esperienze sopra citate, ha notato che in generale. le specie ehe assimilano piü faeilmente una sostanza, sono quelle che, nella vita ordinaria, possono produrre la stessa sostanza , se ne potrebbe concludere per analogia, che la glicerina fosse più sparsa di quello che si crede nel regno ve : getale. Comunque sia, la cosa merita di essere studiata. E siccome nelle esperienze di questo genere bisogna tener conto della concentrazione delle soluzioni rispetto a, quella del succo cellulare, sarà utile conoscere il coefficiente isotonico della — glicerina. ; Le foglie di Begonia manicata sono quelle che, in tutte le esperienze precedenti fatte dell’ A., mostrarono maggior resistenza al passaggio delle soluzioni attraverso — il protoplasma. Ciò si verificò anche per la glicerina, mentre la Tradescantia 4 deo La * RASSEGNE 405 scolor non presentava, nella glicerina, che una plasmolisi transitoria. Perciò le esperienze per la determinazione del coefficiente isotonico della glicerina furono eseguite sulla citata Begonia. Il risultato di queste esperienze fu che una soluzione di glicerina nella pro- porzione di 0, 22 del suo peso molec. (che è 92), e cioè gr. 20, 24 per ogni litro d' aequa, è isotonica con una soluzione di salnitro contenente 0, 13 del suo ‘ peso molec., e quindi il rapporto fra le due concentrazioni isotoniche è 0, 592, ed il coefficiente isotonico della glicerina è 1, 78, poco diverso da quello delle altre sostanze sin qui sperimentate dall’ D A. PoLI. A. F. W. Schimper : Ueber Kalkowalatbildung in den Laubblittern. — Bot. Zeit. Bd. 46, 1888, p. 65 (N. 5-10). Il presente lavoro è sotto ogni rapporto degno d’ attenzione e per la copia e l’importanza dei fatti che l'autore pone in rilievo, e per il punto di vista dal quale vengono presi in esamé alcuni dei più importanti problemi della fisiologia vegetale. Passata in rassegna la letteratura sull'argomento, ed accennate in succinto le prineipali teorie ed ipotesi emesse finora intorno alla funzione fisiologiea del- lossalato di calce, l'autore passa ad esporre le sue osservazioni, le quali ven- nero condotte per lo più sopra foglie intiere decolorate coll'aleool e schiarite colla prolungata immersione in una soluzione di idrato di calce al 160 °/,. Solo nel caso di foglie molto spesse ed opache ha ricorso alle sezioni. Dopo stabilito che la diffusione dell’ ossalato di calce è così grande nel regno vegetale, che solo poche famiglie ne sembrano prive, e che alla luce polarizzata Si riesce a porlo in evidenza anche nelle membrane cellulari delle piante che a Prima vista ne sembrano manchevoli, dimostra che la quantità di questo sale di calce aumenta nelle foglie coll’ età in — lento e costante, e ne ennt tre formazioni diverse. Si ha, cioè, una prima porzione di ossalato di calce, che egli designa col nome di primario, la quale si forma nelle foglie tuttora in accrescimento, è indipen- dente dalla luce, dalla clorofilla e dalla traspirazione, e non è suscettibile di accrescimento e modificazioni ulteriori. A questa formazione primaria che sembra derivare da ignote vicende delle sostanze organiche nei tessuti meristematici appartengono principalmente i rafidi. ?7. Malpighia, anno II, vol. H. | $ ‘quali vengono decomposti nel corpo della pianta; e la calce, dopo ‘ceduti alla | 406 RA SSEGNE Una seconda quantità di'ossalato, che l'autore chiama secondario, si forma durante il periodo dell’ attività funzionale della foglia, e presenta stretti rapporti colla luce, la clorofilla e la traspirazione. Di questo si è principalmente M ; T autore. | Una terza quantità di ossalato (ossalato di calce terziario) indiani si accumula . nelle foglie poco prima della loro caduta in seguito alla trasformazione dell’ os- salato di potassa.solubile in ossalato di calce insolubile, onde dar campo alla: potassa di migrare sotto altre combinazioni nei tessuti del fusto. . È Dall’ esame comparativo delle foglie a diverse età del loro sviluppo risulta - come si è già detto, che la quantità di ossalato di calce aumenta progressiva- mente, e che questo aumento è direttamente collegato all’ azione della luce, perchè le foglie soleggiate ne contengono maggior copia di quelle esposte all'ombra; e nelle foglie mantenute al buio non si verifica aumento di sorta. d Dalla distribuzione dei cristalli nelle foglie variegate, e dalle esperienze sta- bilite in proposito deriva che Ze cellule non verdi sono incapaci di qualunque produzione di questo sale, e che tale prerogativa spetta alla clorofilla sotto la influenza della luce. Il fenomeno per altro è assolutamente distinto ed indipen- | dente dalla assimilazione; ma presenta stretti rapporti colla traspirazione, tantochè 3 nelle foglie che non traspirano ogni formazione di'ossalato s’ arresta. 3 Contrariamente alla opinione più in voga questo sale presenta una grande mobilità, perchè formatosi in origine nelle cellule a clorofilla (e questo è im- ; portante), si ridiscioglie e va ad accumularsi in appositi elementi, quai ad es. le fibre a concamerazioni cristalline lungo le nervature. : Stabiliti cosi questi fatti, l'autore tenta di coordinarli in modo da gettare l qualche luce sullo ufficio fisiologico dell’ ossalato di calce. Per mezzo di coltiva 3 zioni comparate in soluzioni nutritive ora normali ed ora prive di taluni elementi — essenziali e principalmente di sali di calcio e di combinazioni azotate giunge alla conclusione che l'ufficio della calce nella economia vegetale è quello di permet- — tere la migrazione degli idrati di carbonio, sia rendendo permeabili a questi le — membrane cellulari, sia entrando a formare cogli idrati stessi delle ‘combinazioni p che possano diffondersi attraverso le membrane. Il fatto sul quale principalmente ; | si fonda tale concetto è questo che le piante vegetanti in soluzioni nutritizie privo — di sali caleari continuano ad assimilare attivamente; ma l'amido vi resta accumuü- — lato nelle cellule verdi, e non vien trasportato in nessuna parte fino à che us soluzione nutritizia non sia addizionata di sali calcari. - La calce delle piante deriva principalmente dai nitrati assorbiti dal suolo! pianta gli acidi nitrico, fosforico e solforico coi quali era combinato, e e dopo aver E RASSEGNE 407 resa possibile la migrazione degli idrati di carbonio, viene fissata e resa inerte dall’ acido ossalico a tal uopo prodotto. I nitrati che la reazione della Difenilamina svela nelle foglie principalmente lungo il picciuolo, le nervature e le guaine dei fasci provengono secondo V au- tore direttamente dal terreno e giungono alle foglie inalterate e vi si accumulano per esservi poi decomposti dai tessuti verdi. Come si vede questa conclusione è diametralmente opposta a quella del FRANK il quale opina che l'impiego dell’ a- cido nitrico non abbia luogo nei tessuti verdi della foglia; ma i fatti che l’ au- tore adduce in pro della sua tesi non mancano di valore. Le foglie di Chenopo- dium Bonus-Henricus e Pelargonium zonale poste a vegetare in soluzioni nor- mali hanno vissuto per lunghe settimane aumentando di volume e di peso, fatto che non si è verificato per le soluzioni prive di nitrati e ‘di calce. Le foglie di Sambucus nigra cresciute all’ ombra le quali dànno lungo le nervature un’ intensa reazione di nitrati se vengono distaccate dal ramo e conservate in camere umide, dopo due o tre giorni non presentano più alcuna reazione colla. Difenilamina. Risulta quindi che le foglie utilizzano realmente i nitrati. Dall’ esame comparativo di piante e di rami mantenuti allo seuro od esposti alla luce risulta che la decomposizione dei nitrati nelle foglie avviene solo sotto l influenza dei raggi luminosi, e dall’ esame comparato della ricchezza in nitrati delle foglie verdi esposte alla luce, di quelle conservate all’ ombra, di quelle clorotiche e variegate, risulta che le foglie conservate all’ ombra, le clorotiche e le fascie incolori delle variegate sono costantemente più ricche in nitrati delle foglie. o loro parti normali direttamente illuminate dal sole. La ragione sta in ciò che nelle parti non verdi i nitrati non trovano impiego, e vi restano accumulati, mentre nelle parti verdi vengono sotto P influenza della luce distrutti a misura che giungono dal suolo. Conseguenze di questa distruzione sono da un lato la formazione di sostanza organica azotata; e dall'altro la precipitazione della calce sotto forma di ossalato. Così si spiega come questo sale si formi costantemente nelle cellule verdi e sotto l'azione dei raggi solari. La conclusione finale quindi alla quale giunge l’ autore, conclusione avvalorata anche da precedenti ricerche nella formazione della materia proteica nelle foglie, si può compendiare in questa frase: L'ossalato di calce secondario delle piante proviene dalla decomposizione dei nitrati per opera della clorofilla sotto V in- fluenza della luce. La prima conseguenza di questa teoria è che anche la for- mazione della materia proteica avviene nelle cellule verdi sotto l' azione dei raggi solari. P. BACCARINI. 408 RASSEGNE F. W. Oliver: On the structure, development, and affinities of Tra- pella Oliv., a new genus of Pedalineae. — Annals of Botany, vol. II, n. 5, giugno 1888, 40 pag. in 8°, con 5 tavole doppie. L'uniea specie del nuovo genere Trapella, Tr. sinensis, originaria dalle parti centrali della China, à una pianta molto interessante tanto per la sua co- struzione morfologica e per le sue affinità, quanto per certi dettagli della sua struttura microscopica. L' autore del presente lavoro ce ne dà una minuta de- scrizione , ricca di fatti nuovi ed importanti per l'anatomia comparata dei ve- getali, La Trapella sa è una specie annua abitante nelle acque dolci, stagnanti, a dal portamento d'una Trapa, benché nessun legame di parentela la avvieinia —— questo genere. La rassomiglianza, già grande per le parti vegetative, si estende anche alla struttura del frutto che è indeiscente, monospermo, e munito di cinque valide spine arcuate. La pianta porta due sorta di fiori : gli uni piccolissimi, à corolla molto ridotta, con due antere fertili e collo stimma sessile — fiori clei- stogamici, — nei quali la fecondazione avviene sotto il livello dell’acqua; gli altri grandi, della forma comune alle Pedalinee , ma coll’ ovario infero. In questi si trovano quattro stami di cui i due posteriori soltanto sono fertili ; hanno forma alquanto curiosa, essendo il loro connettivo allargato in forma di disco circolare, E | peltato , sulla faccia superiore del quale sono collocate le due antere, di strut- tura usuale. I due stami sterili differiscono un po’ dai fertili anche per l' inser- * zione delle antere. Nel gineceo è notevole lo stimma, non bi-lamellato come | nelle altre Pedalinee, ma foggiato a croce. Nell’ ovario si vedono due logge, di cui l'anteriore di solito resta sterile, mentre nella posteriore nascono due ovuli pendenti, anatropi, inseriti all’ apice della loggia stessa. Uno di questi ovuli è sempre sessile, mentre l' altro è portato da un funicolo piuttosto lungo; e sêm- bra un fatto costante che soltanto l'ovieino sessile resti fecondato e si sviluppi ulteriormente, mentre l'altro abortisce : cosi il frutto, che teoricamente. dovrebbe contenere quattro semi, in realtà si riduce a monospermo. Le cinque spine arcuate, disuguali fra loro (P anteriore e le due postero sono più grandi), nascono sull’ ovario sotto l'inserzione dei lobi calicinali ed ab — ternanti con questi ; l’autore pare non abbia avuto opportunità di accertarne i valore morfologico. Nell’ organogenia del fiore nulla avviene che si discosti dall’ ordinario. Invece è assai singolare lo sviluppo degli ovuli. e precisamente la formazione e r ulte- RASSEGNE 409 è riore comportamento del sacco embrionale. Gli ovuli sono anatropi, come fu già detto; ma non è bene accentuata la rafe, terminando il fascio fibrovasale del funicolo subito all’ estremità di questo, dove comincia il corpo dell'ovulo. Un solo integumento circonda la nocella assai piccola e più tardi si confonde interamente con essa. La formazione del sacco embrionale ha luogo nel seguente modo: nella nocella è preformata una sola cellula archisporiale, che più tardi si divide in due cellule figlie, di cui l'una (quella diretta verso il micropilo ) diventa cellula madre del sacco embrionale. Entrambe queste cellule si suddivi- dono un'altra volta nello stesso senso : di modo che in un certo stadio nel tes- suto dalla nocella riscontriamo una serie lungitudinale di quattro cellule, di cui la prima situata verso il micropilo tosto si ingrandisce di molto, e si trasforma in sacco embrionale. Le due cellule intermedie di quella serie restano piccole, e più tardi anzi si schiacciano e se ne perde quasi la traccia, L' ultima cellula invece subisce pure un accrescimento notevole, specialmente in lunghezza, e piü tardi si divide per un setto longitudinale in due cellule strette, molto allungate, che di solito furono ritrovate ricchissime di protoplasma e talvolta ripiene di amido. L'autore inclina a vedere in quella coppia di cellule un organo speciale di nutrizione, una specie di succhiatore destinato a provve- dere il sacco embrionale e l'embrione stesso di alimento, tolto dal tessuto nocellare e dallo integumento. Non poterono essere studiate per mancanza di materiale adatto, le fasi del sacco embrionale precedenti la fecondazione, e la formazione delle varie cellule nude nel suo interno. Negli ovuli già tonih si trovò un embrione della solita forma dicotiledone , appeso ad un embrioforo piuttosto lungo, com- posto d’ una serie di 5-6 cellule. L’ embrione giovane è circondato da un endo- sperma bene sviluppato, che però un po’ alla volta, col crescere dell’ embrione, . viene consumato in modo che nel seme maturo non ne resta che una membrana sottile (6-8 stati cellulari) sotto il guscio seminale. Anche nel genere affine Pe- dalium, che dagli autori in generale è indicato come avente il « semen ewal- buminatum » l autore constató la presenza d'una simile membrana d'origine endospermica. Non tutta la cavità peró del saeco embrionale é riempita dallo endosperma. Verso il micropilo si riscontra uno spazio libero, riempito di abbon- dante protoplasma, e nel quale si ficonoscono due nuclei cellulari. L' autore suppone che siano le cellule sinergidi che dopo la fecondazione si ingrandiscono tanto da formare il cosidetto « synergidal tubercle » che puó essere forse con- siderato pure esso come un organo di nutrizione per l' embrione crescente. Simili fatti, del resto, si riscontrano anche negli ovuli dei generi Lathraea, Pedicularis, Veronica , Lamium ; ed anche nel genere Hippuris lo sviluppo degli ovuli pre- senta alcune analogie con quelli della Trapela sinensis. Il « tubercolo sinergi- 410 | À RASSEGNE dale » è separato dal resto del seme da uno strozzamento circolare , al quale; nell’ interno del sacco embrionale, corrisponde una specie di diaframma, formato da 6-8 strati di cellule à pareti inspessite, a lume stretto, appartenenti ancora all' endosperma. : Nell' anatomia'delle parti vegetative poco à degno d' essere rilevato. Nel caule occorre una zona continua di tipici vasi erivellati nella parte floemica del cilindro centrale ; del resto la struttura à quella solita dei cauli sommersi, con riduzione considerevole del sistema conduttore. Le foglie sottomesse differiscono, oltre che per la forma, anche per la struttura delle foglie galleggianti: queste ultime sono provviste di stomi sulla pagina superiore, e portano certe ghiandole formate da quattro cellule, molto simili a quelle che si trovano anche in altre Pedalinee. Tanto le foglie galleggianti , come quelle sottomesse, mostrano nelle erenature del margine fogliare degli idrostomi e delle « ghiandole acquifere » (water- glands) che mettono in comunicazione diretta il sistema conduttore coll’ ambiente, | similmente come nelle foglie del genere Callitriche. Riguardo all’ affinità del genere Trapella sembra fuori di dubbio che sia da ascrivere alle Pedalinee ; tanto per il numero e la posizione degli ovuli, quanto per la natura del frutto « curiously appendaged, lignified, not dehiscent fruits »; anche la presenza di quelle ghiandole 4-cellulari, comune a tante Pedalinee , conferma tale giudizio. Il lavoro à SA un buon numero di disegni egregiamente bene eseguiti. O. PENZIG. M. Woronin: Ueber die Sclerotienkrankheit der. Vacciniebeeren (Ent- wickelungsgeschichte der diese Krankheil verursachenden Scle- rotinien) — Mémoires de lAccadèmie Impériale des Sciences de. S. Petersbourg. VII* Serie, Vol. XXXVI; N. 6, con 10 Tavole, agosto 1888. L'apparizione di un nuovo lavoro del D” M. WoroNIN, costituisce un fatto vu importante nella scienza e tale da obbligarci a darne subito un resoconto ai let tori della Malpighia. I risultati ottenuti dall'insigne botanico russo, educato alla scuola del com" — pianto Prof. De Bary, di cui fu nello stesso tempo intimo e prezioso amico ê p diligentissimo discepolo (sino dai tempi in cui il celebre Professore si trovava — a Friburgo i/B., 1853-59), illustrano un punto interessantissimo di micologia sp “di rimentale. E Il lavoro fatto con tutta la diligenza possibile, avvalorato da una non interotta i serie di esperimenti e di colture, per ogni riguardo attendibili, reso più attraente % RASSEGNE es 411 ancora da 10 nitidissime, accuratissime tavole, veri modelli del genere, tratta di una malattia dei Vaccinii caratterizzata dalla presenza di sclerozii particolari. La Prefazione, che riassumeremo in poche parole, ci dà conto dell'origine e del piano del lavoro. Nell'anno 1859, nel II volume della sua Flora del granducato di Baden il DOLL descriveva una speciale varietà di Mirtillo, che egli indicava col nome di Vac- cinium Myrtillus B. leucocarpon. Venti anni dopo lo ScHRóTER, avendo esaminato nelle stesse località la pretesa | varietà descritta dal DòLL, trovò che era dovuta alla presenza di un fungo allo stato scleroziale. Lo ScumóTER, avendo coltivato detti sclerozi, ne otteneva (1879) una Peziza che egli indicò e descrisse nell’ Hedwigia col nome Peziza baccarum. Dopo il lavoro di SCHRÒTER, se si ecceltuino gli esemplari pubblicati nel 1885 dal KrIEGER nei « Fungi Saxonici » (fascicolo I, N. 45) nessuno più si occupò del fun- go del Mirtillo. Nell’ estate 1884 il Woronin trovò la stessa: malattia in Finlandia e non so- lamente sul Vaccinium Myrtillus ; ma ancora sul Vaccinium Vitis Idea, V. owy- coccos e V. uliginosum. La descrizione aceurata di queste quattro, differenti specie, di funghi ché come tali si ebbero a dimostrare, la loro completa storia di sviluppo, la descri- zione dei differenti stadii evolutivi, formano il tema dell' interessante lavoro che stiamo per riassumere occupandoci come fa'T'A. di ciascuna specie separatamente. Sclerotinia Vaccinii, WOoRONIN Nella primavera (fine di maggio, principio di giugno in Finlandia) si incon- trano nelle Foreste frequentemente degli individui di Vaccinium Vitis Idea, i quali mostrano i giovani ramoscelli ammalati. I giovani rami e le loro foglioline assumono (specialmente le foglioline alla loro sola parte basale) una colorazione brunastra, e appaiono quasi fossero essicate. ` Sopra certuni di questi rami e di queste foglioline si nota un rivestimento pulverulento bianco o giallognolo che al microscopio appare farmato da speciali conidii interessantissimi per la loro forma e differenti assai dai tipi sinora osservati. Va notato che tanto i rametti, quanto le foglioline che portano conidii, esa- lano un odore intenso e soavissimo di Mandorle, odore che ha uno scopo speciale nei rapporti biologici del fungo in questione, La fruttificazione conidiale di questa Sclerotinia ha qualche cosa di analogo a quella di ana Torula o di una Monilia. I fili micelici (di cui vedremo il modo di addentrarsi nei giovani rami) si svi- luppano dapprima nella zona cambiale e nel tessuto midollare dei giovani rami, 412 RASSEGNE poi invadono il tessuto corticale e si portano in gran copia verso l'esterno, dove sì dividono per numerosi siparii traversali e formano così una specie di pseudo- parenchima, dal quale hanno poi origine le catenule di conidii. L'A. fa precedere alla descrizione del reperto patologico una accurata deseri- zione anatomica dei rami sani e segue attentamente con minuziosa descrizione il modo con cui si sviluppa la malattia. I filamenti micelici provenienti dall'interno della parte ammalata, si dirigono verso la periferia di essa e quindi, dopo aver formato il pseudo-parenchima, di cui abbiamo tenuto parola riescono liberi e dànno origine, per numerose strozzature, a filamenti torulosi speciali, come si osserva nella Torula fructigena di PERSOON. Per un certo periodo di tempo, in questi fili torulosi non si osservano divisioni, e in ciascun gavozzolo i metodi di tinzione lasciano riconoscere ancora un piccolo ` nucleo. L’ accrescimento è apicale e non raramente si osservano bipartizioni e tricotomie dei filamenti. Poi, sostando l' accrescimento terminale, i membri del filamento, contempo- ` raneamente; per mezzo di tante pareti trasversali, si separano l'uno dall’ altro e ciascuno si riveste di una membranella propria. e Quando le pareti traversali divisorie si sono già alquanto ingrossate, allora appare, proprio nella metà di ciascuna di esse, un punto lucente, come un pic». colo cono avente l’apice rivolto verso la cavità del conidio e la base sulla su- perficie di contatto delle due membrane, I due piccoli coni, toccantisi quindi per la base, formano nella parte centrale delle membrane una specie di figura lenticolare, la quale va mano mano allungandosi ed accrescendo in modo da riu- scire a vincere l'aderenza delle due membrane divisorie; cosicchè queste si stac- cano finalmente ed i due conidii rimangono per qualche tempo aderenti solo per gli apici dei corpi lenticolari e poi se ne staccano, liberi affatto. L' A. indica col nome di « disjunctores » questi speciali tratti di unione fra i conidii, perchè realmente disgiungono le catenule primitive. Questi « disjunctores » non sono tutti uguali in dimensione; constano di ma- teriale cellulosico e quando i conidii si fanno liberi, rimangono fra di loro per un certo tratto di tempo attaccati, poi si distruggono. Questa interessante maniera di fruttificazione si osserva, come descrive l Ax anche nelle altre specie di Sclerotinia da lui esaminate, e costituisce un fatto non ancora noto nel campo della micologia. Noi non seguiremo il WORONIN nella minuta analisi di casi analoghi (nei quali però non si osserva la presenza dei disjunctores) osservati e descritti nelle Alghe, nei Funghi (!) e nei peli di ua labello di Maxillaria dal JANSE. (1) Nei generi, Tavula, Monilia, Chroolepus. RASSEGNE 418 I eonidii maturi hanno la forma di un limone (se si aecettua il conidio ter- minale). Hanno dimensioni che variano da 0,0308 a 0,0420 in lunghezza, e 0,0196 . & 0,0252 in larghezza. à; La membrana cellulosica dei conidii à incolora e poco inspessita, il contenuto finamente granuloso. Appena staccati e maturi, i conidii possono germinare. Nell’ acqua pura (distillata) la superficie dei conidii si riveste di piccoli spo- ridii sferici incolori (0, 0028 — 0, 0040) che hanno l'aspetto quasi di spermazii e mostrano nel loro interno una goccia risplendente oleosa. Nell' acqua non assolutamente pura invece questi conidii mandano un corto filamento il quale nello stesso modo si ricopre di numerose piccole sferettine È notevole che tanto meno l acqua è pura, tanto più i filamenti provenienti dai conidii si allungano. Se invece che nell'aequa, si seminano in decotto di frutta, allora si originano lunghi filamenti settati, ramificati, che formano una ricca rete miceliare senza dare mai origine alle sferettine sopra ricordate, e nella quale i filamenti termi- nali si rigonfiano a guisa di grossa sfera (!). Ma quello che è più curioso an- cora è il fatto che questi micelii, trasportati in acqua distillata, danno nuova- mente origine alle piccole sferettine, o sporidii; i quali appaiono in certi casi originarsi da sterigmi di piccole dimensioni aventi la forma di ampolline. L'A. enumera quindi diligentemente i casi, già conosciuti, nei quali si osservò la produzione di simili corpuscoli, cóme descrissero TuLasne, De BARY, BREFELD, ZoPr:e molti altri, fra cui anche il sottoscritto. Come negli altri casi citati, anche in questo, non riusci all'A. di farsi un concetto del valore di questi sporidii. Dalle esperienze sopra riferite si vede che i conidii danno filamenti miceliei solo quando germinano in liquidi contenenti materiali nutrizii. In natura succede un fatto assai curioso. I] lettore ricorderà che in principio di questa relazio bbiamo nnato all'odore gradevole di mandorle che esalavano i rametti invasi dal parassita. Mosche ed api ronzano continuamente attorno a questi Mirtilli e attirate dall’ odore, si caricano di conidii e vanno a depositarli sullo stimma insieme ai granuli pollinici. Sullo stimma i conidii ger- minano col polline e il filamento micelico settato seguendo il cammino del bu- dello pollinico, (che non raramente accompagna) si porta " mieropilo, invade l'ovulo e vi si ramifica. (1) La quale in un caso si fusero insieme formando una specie di psendo-parenchima che ri- cordava quello notato nei rami giovani e nelle foglie infette dal parassita. 414 RASSEGNE I filamenti però riusciti nell'ovario per questa via non si limitano ad inva- dere l'ovulo, ma si distribuiscono anche nella cavità ovarica, dove rigogliosamente | ramificandosi, anastomizzandosi, formano un denso strato miceliare che impedisce l'accrescimento degli ovuli e che a poco a poco prende l'aspetto di micelio sf roziato. I filamenti micelici invadono poi anche il pericarpio del frutto. ed è nella parete ovarica che si ramificano e danno poi origine ad un vero sclerozio. Va no- tato per riguardo a questo sclerozio un fatto importante. Una goccia di soluzione iodica determina nelle sezioni dello selerozio una colorazione bleu, fenomeno questo la prima volta notato in uno sclerozio. Nel protoplasma dei filamenti lo stesso reagente determina la reazione di ERRERA, la conosciuta reazione dovuta alla presenza del glicogeno, che si manifesta con una colorazione giallo-bruna. Lo sclerozio, che si sviluppa nelle giovani bacche infette, presenta tutti i ca- ratteri di un tipico selerozio. Le bacche attaccate dal parassita, invece di giun- gere a maturazione, si mummificano, e si staccano dalla pianta e cadono al suolo donde rimangono senza notevoli mutamenti per tutta la durata dell'inverno sotto alla neve. Alla primavera, subito dopo lo squagliarsi delle nevi, negli sclerozii si osser- vano al disotto della corteccia, nello strato midollare, numerosi noduli dai quali si svilupperanno i bacinetti ascofori. Va notato che l' A. non potè osservare un apparato sessuale, una specie di ascogonio in questi primordii come lasce- rebbero supporre molte osservazioni analoghe fatte per riguardo allo nie di apparati ascofori in funghi consimili. Il Woronin crede che anche in questo caso si debba trovare qualche accenno ad un apparato sessuale, ma non potè riuscire a decidere la quistione. Nello sclerozio della Sclerotinia Vaccinii, come in quello. della Peziza sclero- tiorum, si osservano i fatti già descritti nei lavori di BREFELD, MATTIROLO, e DE Barr, ai lavori dei quali si riferisce per questo punto l’ Autore. Anche in que sto caso dei molti noduletti primordiali che si osservano nello strato midollare, solofuno o due si sviluppano ulteriormente e dànno origine a piccoli stili sE rati in castagno-bruno dalla sommità dei quali poi si sviluppano i bacinetti ascofori. Gli apoteeii giovani hanno una forma campanulata dapprima, poi si appiat- tiscono si fanno quasi imbutiformi, poi, a termine di sviluppo, presentano il bordo arrovesciato come si osserva nella Sclerotinia sclerotiorum. Quando si sviluppano gli apparati ascofori si ha la produzione di numerosi rizoidi ©, a filamenti dico- nella (1) Questi rizoidi non si osservano finora, [mancano nella Sclerotinia sclerotiorum » ti Peziza Curreiana nella Peziza tuberosa, nella Peziza Fuckeliana che si comportano per mol riguardi analogamente a quanto si descrive per questo sclerozio. 3 3 RASSEGNE 415 tomi, i quali prendendo origine della base dello stilo, devono servire, secondo l'A., come organi di sostegno e nello stesso tempo come organi di assorbimento di materiali nutrizii. È curioso il fatto notato dall'Autore, che si trovano in primavera scarsissimi le Sclerotinie ascofore, là dove in autunno abbondantissimi erano caduti gli sclerozi, poiché numerosi selerozii vengono avidamente ricercati e divorati da- gli insetti e dalle lumache. Quando l'apparato ascoforo è completamente formato, allora non rimane altro degli sclerozii germinanti che la pura parte corticale. L’imenio dei calicetti ascofori della Sclerotinia Vaccinii, consta di parafisi e di aschi, i quali sembrano avere origine differente. Mentre gli aschi, come nella Sclerotinia sclerotiorum, sembrano svilupparsi dalle ife centrali, le mt abbiano anche qui origine dalle ife esterne del nodulo primordiale. Le parafisi sono fine, semplici o ramificate dicotomicamente e settate ; pre- -sentano la loro terminazione un po’ rigonfiata a mo” di clava ricoperta da una massa bruna, resinosa, quale si osserva in altri funghi e in alcuni Licheni. Gli aschi contengono otto spore di uguale grossezza, Le spore mature hanno l'aspetto come di piccoli cilindri arrotondati alle due estremità; ‘misurano 0,0140 a 0,0170 mill. in lunghezza: 0, 0056 a 0,0090 mill. in larghezza. Le spore vengono come nella Sclerotinia sclerotiorum e in molte altre Pezize e Discomiceti, ejaculate con forza nel modo descritto già dal De Bary. Le spore ejaculate, sono attorniate da un rivestimento gelatinoso la cui origine non è bene accertata dall'A., rivestimento che scompare poi rapidamente sotto l'influenza dell’acqua. Le ascospore, come i conidii, germinano diversamente a secondo del substra- tum nel quale si coltivano Nell' aequa pura, dopo 5-6 ore e certe volte dopo 10-20 c ore, germinano origi- nando piccole sferettine o spermazii analoghi a quelli provenienti dai conidii. In decozioni nutritizie invece germinano dando origine a filamenti rigonfiati irregolarmente. Nella decozione di giovani germogli di Mirtillo le spore danno origine ad uno o apiü fini filamenti. Come ha potuto direttamente provare con puris PA. i giovani germogli di Mirtillo vengono infettati in Primavera (fine di maggio, principio di giugno in Finlandia) dalle ascospore ejaculate dal bacinetto fruttifero della Sclerotinia. Le ascospore sull'epidermide, dànno origine a due piccoli filamenti, i quali non entrano mai nella pianta ospite passando per le aperture stomatiche; ma invece penetrano nei tessuti interni attraversando ‘direttamente una delle cellule ragni moidali, o infiltrandosi nei punti di contatto di due cellule vicine. t . 416 RASSEGNE Appena entrati nel tessuto dell'ospite i filamenti si dirigono verso i fasci vascolari; essi ne seguono il decorso e cosi si sviluppano ulteriormente nei tes» suti portandosi poi dall'interno della pianta verso la periferia, ciò che è stato detto in principio. Come si comporti nei tessuti, come svolgansi i conidii, come germinino, diano origine agli sclerozi è stato detto nella prima parte di questa relazione sommaria. Sei tavole fra le dieci che ornano la memoria trattano della Sclerotinia Vac- cinii il cui ciclo biologico è perfetto. II Woronin dimostra in questo suo lavoro una somma cura dei più minuti particolari, un profondo studio del soggetto, una copia non comune di co- gnizioni istologiche. Il ciclo biologico della Sclerotinia Vaccinii come è descritto © dall’ A. può essere raccomandato come modello nel genere di questo studio. IL Sclerotinia Oxycocci, WoronIN. Lo sviluppo della Sclerotinia Oxycocci è presso a poco identico a quello della specie precedente. La malattia si osserva quivi al tempo della fioritura; i carat- teri patologici sono presso a poco identici a quelli descritti. I conidi coi disgiun- tori sono più grossi; misurano 0, 0252 a 0, 0280. mm. in lunghezza e 0, 0168 a 0, 0224 in larghezza. Germinano allo stesso modo nei diversi substrati e dànno in modo perfettamente analogo origine allo sclerozio. Da questi sclerozii hanno luogo nel modo indicato le piccole Pezize un po diverse di forme ma fornite di rizozidi esse pure. Differenze notevoli si incontrano nell’ apparato ascoforo. Le otto spore contenute negli aschi sono di diversa grossezza. Mentre quattro sono grosse, quattro altre sono più piccole. Le grandi hanno 0, 0121 a 0, 0143 di lunghezza. Le piccole invece misurano 0, 0088 di lunghezza 0, 0033 a 0, 0044. mm. di larghezza. Le spore piccole non sono capaci di germinare e si distrug- : gt inando gono presto; mentre invece le quattro spore grandi si comportano germinando analogamente a quelle della Sclerotinia Vaccinii. PCI . ` "^ y H , 1 rya L’ affinità tra queste due specie è grandissima ; anzi secondo l’ A. sı osse in natura una specie di inerociamento ; perchè, non raramente accade, che i c0- nidii di questa specie propria del Vaccinium Oxycoccus, vengano o MS ne stimma di un Vaccinium Myrtillus. Ciò non pertanto la costanza delle diferen morfologiche e l’ imposti di ottenere tra le due specie indistintamente l’ incrocio, fa decidere l'A. a consi derare la Sclerotinia Oxycocci come vera specie. Aleune considerazioni sulla malattia dell’ Oxycoccus macrocarpus di PERSON 9 Cran-Cerry coltivata dagli Americani, che l'Autore reputa ‘affetto da una me studiato dall'A. in modo che io oserei chiamare RASSEGNE 417 lattia consimile, sviluppatasi in questi ultimi anni, e il consiglio di rimedio cu- rativo infallibile, quale quello di distruggere le bacche infette in estate, chiudono questo secondo capitolo. i III. Sclerotinia baccarum, ScHRÒTER. Questa specie, trovata dallo ScumórER nel 1879 e considerata già dal Dört come una speciale varietà della pianta ospite, si sviluppa presso a poco identica» mente alle specie già descritte, infettando solamente parte dei giovani cauli e non le foglioline. I conidii sono sferici e non più limoniformi; presentano disgiuntori minutis- simi. Ciò che è assai curioso è il loro modo di comportarsi nell’ acqua distillata. Mentre i conidii delle due specie precedenti, come è stato detto, davano origine a quelle piccole sferettine o spermazii, questi nell’ acqua distillata non germi- nano affatto. i I conidii vengono nel solito modo, portati sullo stimma, dove germinano e dànno poi gli sclerozii nell’ apparato ovarico. Dallo sclerozio hanno origine le piccole Pezize; ma giova notare che queste sono prive di rizoidi e che rimangono sempre campanulate, nè mai allargate come nelle precedenti specie. Come nella Sclerotinia Oxycocci anche qui abbiamo negli aschi 8 spore di cui quattro piccole e quattro grandi; le prime assoluta- mente non capaci di germinare. Le spore grandi hanno 0, 0154 a 0,0198 mm. lunghezza e 0, 0044 a 0,0088 di larghezza. Le spore grandi hanno forma elittica e in certi casi sono un po’ appianate da un lato. Dalle esperienze dell’ Autore risulta, in questa specie, le ascospore degli aschi trasportate sullo stimma della pianta ospite, possono dare origine all'infezione, la quale avrebbe quindi anche luogo senza il bisogno dei conidii, come si osserva di fatto, secondo l’A., in un altra forma di Sclerotinie dei Vaccinii. # IV. Sclerotinia megalospora, WoronIn. Questa specie vive sul Vaccinium uliginosum e prende il nome dalla gros- sezza delle sue ascospore. Quanto ai conidii coi disgiuntori minutissimi, al loro modo di germinare alla maniera con eui succede l'infezione, tranne minime dif- ferenze, si comporta come le specie esaminate. Il tessuto scleroziale in questa specie riempie tutta la cavità del frutto. La Peziza o lo Pezize che si sviluppano sono prive di rizoidi. Gli aschi contengono la spore di straordinaria. grossezza , e di uguale sviluppo; misurano 0, 0196 a 0,0252 mm in lunghezza, 0, 0140 a 0,0160 d/m di larghezza. Le spore non appaiono trasparenti ; appena ejaculate sono provviste di un invoglio gelatinoso, che scompare nell’acqua, dove molte di 418 RASSEGNE esse si rompono lasciando uscire il plasma, fenomeno che secondo l'A. non è normale, ma dovuto a un irregolare processo diosmotico. L’ ulteriore sviluppo di queste spore è analogo a quello già descritto per le altre specie di Sclerotinie. Alla storia biologica di queste quattro specie fanno seguito alcune conside- ` razioni dell’ Autore sopra alcune altre forme di malattie, caratterizzate pure da sclerozi in cui egli osservò già, o crede, si debbano osservare identici fenomeni, che indica ora, col proposito espresso di studiarli in progresso di.tempo. + Sopra frutti di ciliegio mummificati osservò una formazione scleroziale con conidii muniti di disgiuntori analoghi a quelli delle selerotinie descritte. L'Autore crede questa formazione dipendente dallo Acrosporium Cerasi, Rabh. trovato dal Braun (1853) sopra frutti mummificati di ciliegio. Sul Prunus Padus in primavera osservò pure sulle giovani foglie o nei gio- vani rami, fruttificazioni conidiali analoghe a quelle delle Sclerotinie munite pure di disgiuntori. I conidii di queste specie germinano sullo stimma del P. Padus e dànno pure origine a specie di sclerozii, a frutti mummificati dai quali parimenti si svilup- pano piccoli bacinetti di una minuta ed elegante Peziza. Come nei frutti del ciliegio; anche in quelli mummificati di P. Padus in camera umida ha luogo una abbon- dante produzione di conidii. Conidii analoghi a quelli delle Sclerotinie osservó pure l'A. sopra foglie gio- vani e sopra frutti mummificati di Sorbus Aucuparia dai quali ottenne in pm Sue mavera un bacinetto ascoforo stipitato privo di rizoidi, Il WoronIN terminando il suo lavoro passa ancora in rassegna altri esempi di funghi che devono avere stretta parentela colle Sclerotinie e fra queste rico — diamo ancora la Torula ( Oidium, Monilia) fructigena ed alcune altre forme vicine, di cui peró sinora non vennero osservate i calicetti ascofori; e finalmente forma» ù zioni scleroziali trovate dall'A. nei frutti di Alnus e di Betula, dagli ultimi delle >: quali ottenne numerose, fine Sclerotinie, fornite di rizoidi. È L’ Autore si riserva di studiare ulteriormente lo sviluppo di queste epo interessantissime; e di questi lavori, appena pubblicati, non mancheremo farne cenno sulla Malpighia. * R. Orto Botanico, Torino. D." O. MATTIROLO. RASSEGNE | 419 : D.: Fridiano Cavara: Appunti di Patalogia Vegetale — Milano, Tip..Bernardoni di C. Rebeschini e C.°, 1888, p. 14, tav. 1. L'autore in questa memoria discorre dell'azione patogena e dà i caratteri diagnostici di alcuni asi che hanno in quest anno attaccate diverse piante culturali. Uno di questi è il Dendrophoma Marconi Cav. (n. sp.) che ha ipio gli stili della Cannabis sativa in quel di Forlì producendo nelle solcature degli steli delle maechiette cenerognole cosparse di puntini neri (picnidii) e disorganizzando col suo micélio i tessuti corticali e le fibre del libro, che rendono cosi preziosa la pianta. Sul Trifolium repens: L. ha trovata frequente nel Pavese la ilbidiió Trifolii (Bern. Fuck., che egli vorrebbe in base, a caratteri esclusivamente mor- fologici, identificare colla F. Medicaginis (Lib.) Sacc. Sui Tulipani coltivati nell’ Orto Botanico di Pavia ha studiata una malattia che si ripeteva da qualche anno con singolare persistenza, ed è prodotta da una nuova specie di Botrytis: la Botrytis parasitica Cav. della quale ha trovato lo sclerozio identificabile collo Sclerotium Tulipe Lib., ma non la forma ascofora. Deserive pure un nuovo genere di Melanconiea, il Basiascum Eriobothrye Cav. trovato sulle foglie di Eriobothrya japonica provenienti da Caserta; una Sferopsidea incontrata sulle bacche degli ulivi a Pegli, il Plenodomus Oleæ Cav.; ed una nuova Pestalozzia, la Pestalozzia Banksiana sulle foglie della Banksia Robur ? coltivata per ornamento a Pavia. : BACCARINI. C. J. Johanson: Studien über die ma Taphrina - — Bot. Centralblatt, 1888 N. 7, 8, 9, p. 222, 287. C. Massalongo: Ueber eine neue ' Species von Taphrina — Ibidem, N. 26, p. 389. Il genere Taphrina sarebbe, secondo il SADEBECK, caratterizzato dal fatto che la conservazione della specie puó venire ottenuta, oltrecché per mezzo delle spore, anche per mezzo del micelio svernante nei tessuti dell' ospite; cosicchè si avrebbe qui a che fare con un genere di funghi perenni. Il Jonanson studiando le specie del genere indigene della Svezia ha Lu stabilire che esiste in realtà un certo numero di specie nelle quali il micelio non sverna dentro i tessuti dell'ospite, e per le quali quindi l'infezione si rinnovella tutti gli anni. 420 RASSEGNE Tali sarebbero la T. carnea Johan. parassita sulle Betala nana e B. carnea; la T. Sadebeckii Johan. parassita sull’ Alnus glutinosa; e la T. Betula (Fuckel) — Johan. A queste giova aggiungere la T. Ostryc scoperta dal Prof. MASSALONGO à Tregnago presso Verona la quale manca essa pure di micelio perenne. Le carat- teristiche per le quali le specie di Taphrina annuali si distinguono dalle perenni vengono dal JoHANSON e di accordo con lui dal MassaLowco fissate nel modo se- guente; e cioè mentre nelle specie perenni l'infezione risale lungo il giovane ramo attaccandone tutte le foglie in serie acropeta ed estendendosi dal picciuolo al lembo, nelle annuali non tutte le foglie di un getto vengono attaccate; ma aleune soltanto e senz'ordine, ora in alto, ed ora in basso, e si può molte volte seguire l'infezione dall’ orlo della foglia verso il picciuolo, in modo che la parte | LS € sana, mentre la parte terminale è malata. Inoltre nelle specie perenni si può facilmente rinvenire il micelio nei tessuti dei rametti e delle gemme dell’ ospite, il che non si avvera mai nelle specie an- nuali; anzi in talune di esse, la T. carnea e la T.Osbrye ad es. il micelio ver- rebbe totalmente impiegato nelle formazione degli aschi. Il JoHANSON non ha potuto stabilire direttamente in qual modo, le spore di aderente al ramo Taphrina attraversano l’ inverno, ma pensa che svernino nel terreno sotto le fo- - glie, e trova un appoggio a questa veduta nel fatto che la T. carnea attacca . soltanto i rami ed i cespugli bassi. In questo lavoro si occupa ancora dei caratteri sistematici di alcune specie nuove (quali la T. alpina sulla Betula nana: la T. bacteriosperma pure sulla Betula nana, e la T. filicina sulle fronde di Polysticum spinulosun) 0 critiche e della distribuzione geografica di questi funghi. Egli trova che la loro distribuzione dipende in generale da quella dell’ coli però talune possono avere un area di distribuzione più limitata delle specie ospiti; tali ad es. la T. nana. T. alpina. T. bacteriosperma e T. carnéa. i La penisola Scandinava possiede 21 specie di Taphrina cinque delle quali non comuni all’ Europa. Quattrodi queste e cioè le T. nana, alpina, bacterio- sperma e carnea vivono parassite sulla Betula nana; egli le considera come i E specie glaciali che avrebbero migrato col loro ospite nella Scandinavia probabil- mente dalla Groenlandia verso la fine del periodo glaciale. BACCARINI. RASSEGNE 421 A. Tschirch: Ueber die Entwicklungsgeschichte einiger Sekretbe- hälter und die Genesis ihrer Sekrete — Berichte der Deutsch. Bot. Gesell. Band. VI, 1888 p. 2, Tav. 1. In questo studio l'autore, esposti in succinto i diversi modi di formazione delle resine e delle gomme, passa a descrivere la formazione dei serbatoi secre- tori di diverse specie di Copaifera e dello Styrax Benzoin. I serbatoi resiniferi delle Copaifera, nei quali si raccoglie il balsamo del Co- paive prendono generalmente origine in seno al parenchima legnoso; e quelli dello Styrax Benzoin dagli elementi dei raggi midollari del legno e del libro. Il loro modo d'origine à in tutti i easi il medesimo, e perfettamente para- gonabile a quello dei serbatoi resiniferi di molte specie di Conifere quali Abies; Thuja, Dipterocarpus, ecc. ecc. Nelle cellule iniziali del serbatoio si avverte dap- prima un grande accumulo di granuli d'amido e di materie proteiche, poscia compaiono delle gocciole d'olio o dei granuli di resina i quali rapidamente cre- scono di numero e di mole. La dissoluzione e consecutiva resinificazione delle membrane cellulari comincia di poi, e si dissolvono prima gli strati d’ inspessi- mento e solo più tardi le lamelle mediane. Si forma così per origine lisigenica une cavità che rapidamente ingrandisce per la dissoluzione degli elementi peri- ferici. L'autore, avendo esaminato solo del materiale conservato in erbario, non ha potuto seguire le modificazioni chimiche che si compiono nella membrana durante questo processo; ha solo accertato la scomparsa della lignina appena la resinifi- cazione comincia. Il fatto che le lamelle mediane si sciolgono solo qualche tempo dopo degli strati secondarii d'inspessimento, potrebbe fare a prima vista supporre che la for- mazione dei canali abbia un origine schizogenica; perché la loro periferia si mo- Stra occupata da uno strato di elementi a pareti sottili; ma un' indagine accurata dà ben presto ragione di questo fenomeno. Questa dissoluzione della membrana é quindi, secondo l'Autore, un fatto se- condario dovuto all’azione solvente di qualche corpo formatosi nelle cellule ini- ziali del canale e nel canale stesso; ma non mai una modificazione morfologica della membrana; come si verifica invece per le mucilaggini gommose di molte piante. Per quanto riguarda l'ufficio di questi canali, l' Autore tende a considerarli soltanto come dei semplici serbatoi di resine e di balsami, nei quali la secre- zione acquisterebbe la sua definitiva conformazione, e erede che le sostanze re- sinificabili non vi si producano, ma vi affluiscano dai tessuti vicini. BACCARINI, 28. Malpighia, anno Il, vol. II. 422 . NOTIZIE. Notizie e Addenda ad Floram Italicam. Scirporum species e sectione Isolepidum. I. P p rre B. ROIO SE: eM pci: EOM CUI LE. È pi a A e ogni LAT IN l. Scirpus nervosus BoECKELER (Cyp. in Linnaea, vol. XXXVII, p. 484) var. campanus Nonis, = Isolepis fuscescens TERR. N., herb.! et Peregr. fl. Terr. Lav., II, 106, — Sc. Savii var. digynus TERR. N., herb. !, — I. nervosa Rick. et HOCHST, : 5 | ex Cesati in herb.!: — culmi graciles, striati, fasciculati, compressi, rigidi, basin — 2-3 vaginati, vaginis rubescentibus preangustis, membranaceis, acutis; spicule parve, obovate, squamis atrocastaneis, nervulosis, carinato-navicularibus, carina : i: virente, pene albo-marginatis; stylus apice 2 fidus, setze hypogine O!, stamina — — 2-9, achenium oblongo-compressum nec raro leviter triquetrum, opacum, brun- E neum, sub lente minutissime punctulatum, punetulis haud seriatis. Planta pusilla. k l Majo-Junio. , È In paludosis littoris Campanis et Prov. Romane: Castelvolturno nelle arene —— umide presso una pozza d’acqua sul littorale, Majo 1873, TERRACCIANO N.! herb. di i et Peregr., l. c., — spiaggia di Mondragone, Majo 1883, Terracciano N.! herb., — pineta di Castelvolturno, Majo 1873, Terracciano N.! herb., — promontorio " | Circello verso la pen Manoia, Majo 1888, ipse legi!, — Ostia, Junio 1832, ; Mauri! E La specie tipica trovasi in Abissinia, la quale a me pare alla sua volta una — | forma estrema dello Scirpus Savii Ses. et Mauri!, che abita l'Europa occidentale 3 : ed australe — Spagna, Portogallo, Francia occ. mer., Inghilterra occ. mer., Irlanda, - Italia dalla Liguria alla Sicilia e nelle isole maggiori, Dalmazia, Albania; Pow : govina, Montenegro, Grecia, Peloponneso, Rodi, Creta —, dove forse provenne — | dalle Isole Canarie ed Azzorre e di Madera, e donde si diffuse per tutto il bacino — | africano mediterraneo dal Marocco per l'Algeria e Tunisia e Tripolitania alla : e Cilicia nell’ Asia Minore. Tranne le squame e le foglie, poco o punto differiscono b. nella struttura degli achenii, i quali nello S. Savii S. et M. sono « orbicolato-obovati, - trigoni od alla base angustato-triangolari , con tubercoli minuti-scabri-seriati - ; (BoECKELER, op. cit., p. 502), e nello S. nervosus Borur. « oblunghi, compressh — minutissimamente punteggiati » in relazione al numero dei carpelli e degli stili NOTIZIE i 423 che sono due. Io però in un precedente lavoro « IT genere Eleocharis e le specie che lo rappresentano in Italia » ho dimostrata l'insufficienza dei caratteri specifici desunti dagli stili, attribuendo invece agli angoli ed alla struttura delle facce carpellari un valore più grande: nè stimo ora insistere, perchè le due specie si riuniscano in una. — Molto affini alla varietà innanzi descritta sono gli esemplari di S. Savii S. et M. osservati di Sicilia, e che piuttosto vanno riferiti allo S. nervosus BcKLR. e ne costituiscono il termine di passaggio. La mancanza di molto materiale non mi fa pronunciare parola sulla distribuzione di tale nuova forma siciliana, a cui do per sinonimo Isolepis sicula PresL, Cyp. et Gram. Sic., p. 13, et Sc. Savii Guss., p. p. in Syn. fl. Sic., I, p. 49. Sicchè propongo: Scirpus nervosus BCKLR., op. cit., p. p. a. abyssinicus Nonis, = Isolepis nervosa HocnsT., — Ricu., ff. abyss., p.499, — Schimp., iter abyss, II, 551, — I. fuscescens STEUD., p. 92 D. campanus Nosis, = I. fuscescens Terr. N.!, l c., — I. nervosa Cesati! — 8S. Savi p. digynus Terr. N.! herb. Y. siculus Nonis, = Í. sicula PRESL, l. c., p. p, — S. Savii %. Guss., l. C., p. p. 2. Sc. setaceus L., var. clathratus RcnB., Deutsch. Fl., ser. I, vol. III-IV, p. 37, tab. 301, fig. 713, — culmi tenues, longe ultra spiculam elongati; spicula parva, squamis nervulosis, viridibus v. atrocastaneis, albo-marginulatis, obtusis, carinatis; achenium complanatum v. fere, nune obovatum, longitudinaliter striatum v. ru- goso-striatum, rubescens. Planta humilis, czespitosa, spicis et radicibus a S. setaceo L. et S. Savii S. et M., achenio nec non radicibus? a S. supino L. differt. Junio-Septembri. In paludosis maritimis Italie meridionalis: al Salto di Fondi, Junio 1883, Terracciano N.! — Pesto e Persano, Junio 1836, Gussowe! sub nonione S. Savii S. et. M.; — et in Agro Vercellensi (Augusto 1855-1857, Septembri 1849 Cesari !) ad ccenosa prope fl. Sessitem sinistrorsum, 20 Septembri 1848, Cesati! et nelle sabbie della Sesia, 1? septembri 1849, Cesarr!; —et in Liguria ad Albenga 12 Junio 18,?. Evidentemente è questa una forma di transizione fra lo S. setaceus L. e lo S. supinus L., la cui area geografica non è ancora ben definita perchè poco co- nosciuta. Ad ogni modo , fra noi, scende più giù dello S. setaceus L., limitato alle paludi ed ai luoghi umidi dell'Italia superiore, e la stimo identica allo S. setaceus dato dal BorssreR (fl. or., v. p. 379) per gli arenosi marittimi di Phalero dell’isola Seriphos. Devono qui riportarsi 0 no gli individui che il Par- LATORE (Flora italiano, II, p. 86), riporta del lido di Venezia e della costa occi- dentale italiana a San Remo e Dolcedo? — Tra essa e la specie tipica intercede una varietà minor, a cui corrisponde la figura 711, tab. 301, del REICHENBACH, e che 424 NOTIZIE nel nostro erbario è indicata per « Acqui, nel letto dello Bormida, a valle, Ago sto 1867, CEsATI!, — Oldenico, umidi di Sesia, Maggio 1862, MALINVERNI ! ». Del vero S. setaceus L. ho esemplari di « Oldenico, stagni del Bordone, 19 ; Settembre 1863 e 30 Giugno 1864, MaLinverni!, — Val Intrasca, lungo la fiu- | ; mana Scarsa, 9 Agosto 1875, De Noramis!, — Vercelli, oltre Sesia, nei paduli — — attigui al fiume, Maggio 1862, Cesatı!, — in valle Brosii, BELLARDI !, — prope Dego, Junio 1811, BERTERO! » — Il PAnLATORE lo indica della provincia di Como, del Piemonte, della Svizzera e del Tirolo italiano, dell' appennino Lucchese a _ : San Pellegrino ed a Vorno presso Lucca; ed è infatti pianta molto nordica, vi: vendo in Europa dalla Scozia ed Inghilterra, dalla Danimarca e Svezia meridionale ai luoghi alpini della Spagna e del Portogallo per il Belgio e la Francia da una parte, alla Grecia per la Germania — Svizzera — Austria-Ungheria — Prov. Danubiane dall'altra. Dalla Russia passa alla Siberia, scende alle rive del Caspio e provincie vicine, va giù nelle Indie boreali, si arresta nella Nuova Olanda, dove ; pur vive lo S. Savii S. et M.; che sia nell' Africa settentrionale s' ignora, è per certo a Madera e nell'Africa australe. — A Tolosa nella Francia meridionale fu trovata una I. gracillima Konrs, che il Nyman (Consp. fl. Europ., p. 766) ritiene quale sottospecie: io non l'ho veduta, ma stimo trattarsi d'una forma palustre e di luoghi ombrosi, simile agli esemplari di Val Intrasca già ricordati. Tuttavia nella sistemazione delle variazioni specifiche la pongo così: Scirpus setaceus L., p. p. x. normalis Nosis, = S. setaceus L., — Isolepis setacea R. Br., forma minor Nosis, — S. setaceus RcuB., fig. 711, tab. 301. » palustris Nonis, D. gracillimus Nonis, = I. gracillima Kours., in Oe. b. z., 1869. Y. clathratus Rcus., l. c. K 3. Sc. supinus L., var., minimus Boiss, fl. or., v. 380, = S. pollicaris DEL., | 3 IL, P. 71, — pollicaris, omnibus partibus diminutus. Majo-Septembri. 3 Abunde in turfoso-paludosis, mari proximis et hyeme inundatis, tra San Felice — Circeo e la Macchia di Terracina, a Piscina di Campo di Croce, via di Fonte | Bagnara, pressi di Piscina Manoia, 22-24-95 Majo 1888, ipse legi!; — est etiam a Pavia, 1841, PrccaroLi! 1842, Rota! La specie abita l’ Europa media, rara nei Pirenei e nella Francia e Svizzera e Baden, donde passa alla regione Danubiale ed alla Grecia e nelle provincie Cau- casiche sino alla Siberia Altaica ed all'India: è nell'Egitto con le forme minima — e digina, e nell'Africa tropicale ed australe — Guinea — Senegambia — Capo di Buona Speranza — Madagascar — Nuova Olanda. Per l'Italia, agli habitat citati NOTIZIE 425 dal PARLATORE, aggiungo: Benaco in provincia di Verona, Julio 1872, Gorran!, — Ceraino in valle Athesiaca, Octobri 1873 e 1879, GotRAN !, — spiaggia di Intra presso il Ponte di Pallanza, Septembri 1876, ed al piano del bersaglio, Septem- bri 1874, De Noranis!, — Oldenico, Augusto 1864, e Vercelli ad Sessitem super pontem, Augusto 1855, Cesati!, — Gazzuolo, D’ Anco!, — Rivoli, BrroLt! — Varia molto nelle dimensioni e nel numero delle spighe e nella lunghezza del culmo oltre le spighette: le seguenti forme possono però ritenersi ben definite : Sc. supinus L., p. p. x, normalis Nosis, = S3. supinus L., — I. supina R. Br., forma digyna Nosis, = S. supinus Y. digynus BOISSIER, l. c. — S. uninodis DeL., Descr. Eg., p. 132, tab 6, fig. 1, » palustris NoBrs, — maxima, culmis, elongatis, crassis. var. minimus BOISSIER, l. c. p. glomeratus Nosis, — spiculee numerose, maxime. Il. Da tutto ciò segue che lo Sc. supinus L. e Sc. setaceus L., sono due specie ben distinte, e che lo Sc. nervosus BcKLR. deve essere annoverato tra lo S. Savii S. et M.; a questo si riferiscono, quali sottospecie, S. Mine Top. e Sc. contro- versus (I. controversa STEUD.). Mettendo a base delle note differenziali gli achenii ed i culmi, avremo: A. Culmi capillares , a, squama infima vacua v. spieulam æquans v. parum longior, 1. achenium tuberculatum, tuberculis seriatis, v. pene punctulatum. S. Savii Ses. et MAURI! a. normalis = S. Savii auct., — achenium tuberculis scabris, seriatis. forma maior , » campestris, » littoralis, p. fuscescens — S. nervosus BokLR., etc. — achenium sub lente minutissime punctulatum v. fere. Confer quod de hoc jam ante scripsi. forma Abyssinica , > Sicula, » Campana, Y. filiformis Nosis, — achenium scabrum v. pene irregulariter punctulatum. x 426 | NOTIZIE forma Todaroana = S. Mine Top., — squame margine denti- culate (Sicilia). > controversa = I. controversa STEUD (Creta). ‘b, squama infima vacua multoties spiculam longitudine superans, T Vd 2. achenium longitudinaliter costatum S. setaceus;L., (confer quod jam scripsi). forma normalis, Li > gracillima, : » clathrata, B. culmi crassi, fistulosi. 3. achenium transverse rugosum. PI wt E n rico S. supinus L., (confer quod scripsi). forma normalis, » glomerata, AI f. fuscescens si collega geneticamente lo Sc. setaceus L. clathratus RCHB., ed al y. filiformis lo S. setaceus a. normalis, che si succedono poi ancora geo- graficamente. Lo S. supinus L. si congiunge allo S. setaceus per aleune forme | montane, gracili ridotte da ragioni di località, mentre per B. glomeratus fa pas- — saggio a S. mucronatus, che pongo in altra sezione. Avremo allora: e: p i a. normalis a : # — littoralis — B. S. Savii De b. fuscescens ——[-&. setaceus p clathratus— Ge — campanus— i c. filiformis S.'setaceus X. normalis |—S. supinus, forme mo gr | var. minor S. supinus Tis Roma, R. Museo Botanico, Novembre 1888. ACHILLE TERRACCIANO. X I Gasterolicheni. uo Il Mass ha recentemente scoperto, che i licheni appartenenti ai generi — ` Emericella e Trichocoma, delle isole della Sonda, di Ceylan, del Nepal, del o Sikkim ete., sono funghi del gruppo dei Gasteromiceti , che vivono simbiotica- mente con alghe. Pertanto si conoscono ora Ascolicheni (Discolicheni e Pirenoli- cheni) e Basidiolicheni (Imenolicheni e Gasterolicheni). R. P NOTIZIE 427 La sessualità degli Ecidiomiceti. Il dubbio che il peridio o frutto degli Uredinei ecidiferi fosse il prodotto di un atto sessuale, pare ora risolto, avendo il MassEE recentissimamente trovato nell’ Ecidio del Ranunculus Ficaria, che appartiene al ciclo di sviluppo della Uromyces Poae Rab., che il giovane micelio produce da fili diversi un pollinodio ed un oogonio, dal quale ultimo, dopo la fecondazione, procederebbero i fili, che daranno luogo ai basidii ed al peridio dell’ Ecidio. Questo modo di formazione somiglia assai a quanto avviene in certi ascomiceti. Le osservazioni del MASssEE, senza dubbio importantissime, sono peró ancora assai incomplete, e l'argomento merita che altri ancora se ne occupi. Se questa origine dell'Ecidio fosse confermata per altri casi, allora gli Uredinei senza Ecidio dovrebbero forse considerarsi come forme perfettamente apogame. R. P. X Note di Microtecnica Micron invece di Micromillimetro. — Fu stabilito dalla Associazione Britan- nica e poi accettato dal Congresso internazionale di elettricità, ‘che i prefissi mega e micro, davanti al nome di un’ unità di misura, servano ad indicare re- spettivamente un multiplo eguale ad un milione di volte l'unità, ed un summul- : tiplo eguale al suo milionesimo. Cosi, nelle misure elettriche, un megaohm si- gnifica una resistenza elettrica eguale ad un milione di ohm, ed un microfaraday una capacità elettrica eguale ad un milionesimo di faraday. Anche il Comitato internazionale dei pesi e delle misure ha accettato questa nomenclatura, ed ha stabilito che il microgramma, (da indicarsi abbreviatamente con y), sia il milionesimo di gramma, o il millesimo di milligramma ; il mi- crolitro ().) sia il milionesimo di litro, ecc. Siccome però, per le misure lineari, la parola micrométro, (milionesimo di metro, ossia millesimo di millimetro, n), è stabi- 4 è soggetto a confondersi coll’ altra micròmetro, di significato diverso, sì lito di chiamare micron il millesimo di millimetro. I micrografi, ed i biologi in generale, che sono abituati a chiamare micro- millimetro il millesimo di millimetro, mentre la parola significherebbe milione- simo di millimetro, *faranno bene, per evitare ogni confusione ed uniformarsi alla nomenclatura adottata nelle altre scienze, a sostituire la parola micron alla parola micromillimetro. Ciò, del resto, si fa già in Germania e fu anche accettato dalla « Royal Mi- eroseopieal Society » di Londra, in una seduta del passato aprile. X : f 428 NOTIZIE Apparecchi riscaldatori e raffreddatori pei preparati microscopici. — Sotto — il titolo Warm and Cold Stages il « Journal of the . (1887, p. 299- parecchi fin qui proposti per riscaldare o raffreddare il preparato mieroscopico durante l'osservazione. Ve ne sono ad aria calda, ed a riscaldamento per mezzo dell’ elettricità. Nel 1° fasc. del 1888 (febbraio), ad acqua calda, per conduzione lo stesso periodico descrive un apparecchio ad acqua calda, proposto da H. Dewrrz (Einfachen Apparat sur Erwärmung und i Abhühlung von Objecten unter dem Mikroskop. — Archiv. f. mikrosk. Anat. Bd ^3 XXX, 1887, p. 666-8 Cfr. anche « Zeitschr. f. wiss. Mikroskopie, Bd. V, 1888,. p. 59-60). Esso è assai sempliee di costruzione, non sul vetro porta-oggetti, e al di sotto del benché piccolo, ed un altro vetrino. Senza riprodurre la figura, del resto molto brutta, della memoria originale, possiamo dire in due parole di che si tratta, L’ apparecchio consiste di una scatola d’ metro di 8 cm. Metà della scatola ha metà, è alta soltanto 7 mm. Le due metà comunicano però liberamente fra loro. Nel coperchio della metà più alta sono due fori: uno, più grande, serve ad in- trodurre l’acqua, ed i pezzetti di ghiaccio quando si vuole raffreddare l’ appa- recechio invece di scaldarlo; pel foro più piccolo si introduce il termometro. La metà più bassa porta un solo foro circolare nel coperchio, ed un altro eguale, e verticalmente corrisponde nte al primo, nel fondo. Questi due fori sono chiusi da lastrine di vetro. Sulla lastrina superi cia del liquido: conservatore, serve ad illuminare ]' speriamo di farci intendere! ottone () in forma di disco, del dia- l altezza di 3 cm., mentre l'altra ore si mette il preparato, con una goc- recchio, l’ aequa interposta, e la lastrina superiore. L'acqua viene scaldata con una lampada a spirito, per mezzo di un tubo metallico saldato lateralmente presso il fondo della scatola, e coll’estremità libera aperta e rivolta all’ insù, perchè l’acqua non esca. : : X Camere a gas e camere umide. — R. M. S., 1888. pt. 2, april, pp. 287-91), troviamo descritte e figurate le prineipal ^ d . i e 1 forme di camere o cellule immaginat fino ad oggi per far ricerche microscopi che in atmosfere artificiali. ii X (1) Il « Journ. of the R. Micr. Soc. » dice di piombo (lead. ) (t). Royal Microscopical Society » - 2 318) pubblicava una breve storia e descrizione dei principali ape — eir € su di esso il vetrino copri-oggetti. La luce che | oggetto, passa attraverso la lastrina inferiore dello appa . Nello stesso periodico (Journ. of M i sotto il titolo Gas and Moist Chambers, 1. ma non lo metteremmo tra i mi- gliori, perchè il preparato dev’ esser collocato direttamente sull’ apparecchio e 2 preparato sta uno strato d’acqua, ILLI ER. ctae ENR NOTIZIE 429 Sostanze adesive (!). — Tra le sostanze usate in Microtecnica per fissare i preparati sul porta-oggetti, le preferite sono: la gomma lacca, il collodione ‘e l albumina (2). Quando si tratta di oggetti colorati in toto è preferibile a tutte la soluzione alcoolica di gomma lacca, ed il D. P. Mayer (Internat. Monatsschr f. Anat. u. Physiol., Bd. IV, 1887, Heft 2 — Cfr. anche Zeitschr f. wiss. Mikroskopie, Bd. IV, 1887, p. 76) raccomanda il seguente metodo per la fissazione dei pre- parati sul porta-oggetti mediante la detta soluzione di lacca. Si scalda il vetro porta-oggetti a 50° C. circa e si spalma una o due volte, per mezzo di una bacchetta di vetro, colla soluzione di gomma lacca. Appena il vetro è raffreddato e lo strato di lacca indurito e non più attaccaticcio, vi si dispongono i preparati asciutti, aggiustandoveli bene e comprimendoli legger- mente con una spatola elastica, di corno o di metallo. Si espone la lastrina così preparata al vapor d’etere, adagiandola in un tubo cilindrico di vetro ben chiuso alle due estremità e disposto orizzontalmente o leg- germente inclinato, affinchè il preparato non peschi nell’ etere. A capo di un mezzo minuto circa la sezione sarà satura di etere. Il preparato si scalda poi a bagno-maria per scacciarne l etere, si PEN la paraffina, e si finisce di montare nel modo solito. Il vantaggio di questo metodo parsa nel potere aggiustare bene i preparati sul porta-oggetti, il che non si può fare quando la sostanza che serve a fissarli aderisce subito, e si è obbligati a lasciare il preparato come va va, anche se non è nella posizione la più opportuna. Quanto al collodione, il D.** MAYER osserva che i preparati disposti sul porta- oggetti con questa sostanza adesiva comporteranno bene o no il trattamento col- l'alcool e coi liquidi acquosi, secondo la qualità del cotone fulminante adoprato per fare il collodione. Quando le sezioni devonsi colorare sul porta-oggetti, la sostanza adesiva de- V' essere l’ albumina , invece del collodione. Essa si compone allora cosi: Bianco d' uovo gr. 50, glicerina gr. 50, salicilato sodico gr. l. Si mischia bene, si filtra e si conserva in vaso ben chiuso. Gli altri antisettiei non corrispondono | così bene come il salicilato sodico. (Dal « Journ. of the Royal Micr. Soc. », 1888, pp. 159-60. : X (1) Dividerò d'ora innanzi queste Riviste di Microtecnica secondo le speciali quinis Ds si riferiscono, p. es: fissazione, conservazione, inclusione, colorazione , ecc. , nella convinzione di far cosa utile per coloro cui può interessare questa rubrica del nostro periodico. 3) Io consigliai recentemente, per i preparati botanici, la gelatina del Kaiser (v. pag. 107 di questo periodico), 430 o NOTIZIE Fissazione e conservazione delle forme istologiche — Su questo argomento il D. KurrscHrTZKY dell’ Università di Charkoff pubblica nel Zeitschr. f. wiss. Mikroskopie (Bd. IV, 1887, pp. 345-9), un'importante memoria (Zur Kenntniss der modernen Fixirung- und Conservirungsmittel) , della quale crediamo utile riportare qui le conclusioni. Abbiamo già avvertito in altra occasione quanto sia necessario andar cauti nell’ uso delle sostanze coloranti e dei reagenti tutti della Microtecnica, essen- doci il più delle volte ignote le combinazioni ch’ essi possono dare colle sostanze che, a nostra insaputa, possono trovarsi nei tessuti. L’ A. fa giustamente osservare a quali inconvenienti si vada incontro talvolta, coll’ uso di taluni fra i reagenti che servono a fissare p. es. le figure cariocine- tiche. Citiamo fra gli altri l' acido cromico, il quale, secondo l'A., dà colle so- stanze albuminoidi un precipitato dall’ apparenza di un tessuto, e che m quindi condurre ad interpretazioni errate. Importa dunque, prima di appigliarsi ad un metodo di fissazione piia che ad un altro, tener conto delle proprietà dell’ oggetto da studiare, affinchè i resultati delle combinazioni chimiche fra il reagente ed i componenti dell’ og- getto non siano presi per particolarità di struttura di quest’ ultimo. Senza dabie il problema è di difficile soluzione, perchè le proprietà chimiche dei componenti i tessuti ci sono in generale poco note. Ciò non toglie che si possano seguire delle norme generali, che l'A. così espone: a) Nella fissazione si devono assolutamente impiegare reagenti, che non diano colle sostanze albuminoidi dei precipitati con apparenza di tessuto. Tali sono, à quanto sembra, i sali erottici, il solfato ramico, il cloruro mercurico , ed alcuni altri sali. m b) Tutti i reagenti che, come l'acido cromico, danno coll'albumina dei preci- pitati imitanti i tessuti, non si devono € o almeno il loro uso dev' esser soggetto ad una prova preventiva. c) Le miscele fissative devono contenere un acido organico diluito, p. es. acido acetico, che rende insolubile la nucleina, e fissa perciò i nuclei. Se l'acido è concentrato può però sciogliere la nucleina. E d) Sarà bene che la miscela fissativa contenga dell’ alcool, che è anch'es50 un buon fissativo, purchè lo si adopri prima diluito, poi gradatamente più con centrato, e facendo agire l'alcool concentrato per poco tempo, altrimenti e$$0 . produce una completa disidratazione dell’ albumina ed altera permanentemente hz forme. (Per questa ragione l'alcool non dovrà usarsi come sostanza conser” vatrice). e) La fissazione deve sempre durare il minor tempo possibile. NOTIZIE 431 A) In seguito alle precedenti considerazioni, l'A. consiglia il seguente metodo per la fissazione. | In alcool debole (509) si pone ‘ad libitum del bieromato potassico e del sol- fato ramico finamente polverizzato. Tenendo il tutto nella oscurità assoluta, in 24 ore una parte di questi sali sarà disciolta. Con ciò si ottiene un liquido tra- sparente di color giallo verde, che si acidifica, prima di adoprarlo, con 5 a 6 gocce di acido acetico per ogni 100ce di liquido. In questa miscela, sempre tenendola allo scuro perchè i sali disciolti non precipitino, si mette l'oggetto da fissare, per 12 0 24 ore secondo la grossezza e la consistenza. Poi si mette l'oggetto in alcool più concentrato, pure per 12 o 24 ore, secondo la grossezza, e poi lo si seziona a mano o col mierotomo. | B) Per la conservazione dei pezzi è da escludersi l'alcool, che per lunga azione altera troppo le forme, come pure l’acido cromico e i liquidi che lo con- tengono, il liquido di MùLLER (!) ecc. L’A. ritiene che non si possano chiamare veramente sostanze conservatrici, se non quelle che non agiscono in nessun modo sugli albuminoidi e non produ- cono nessuna ulteriore alterazione, dopo che gli oggetti sono stati fissati. A que- ste sostanze si possono ascrivere l’ etere, il ailolo, il toluolo e poche altre. Naturalmente tutto quanto è stato detto fin quì si riferisce principalmente alle ricerche di istologia fina, dove è necessaria la fissazione delle forme proto- plasmatiche, delle mitosi nucleari, ecc. x Metodo per rendere evidenti le figure cariocinetiche. — I dottori G. MARTI- NOTTI e L. ReseGorTI di Torino propongono (Zeitschr. f. wissensch. Mikroskopie, Bd. IV, 1887, pp. 326-9) un nuovo metodo per mettere in evidenza specialmente le mitosi nucleari, preferibile, secondo loro, a quelli già noti del FLEMMING e del Bizzozzero. : Come sostanza fissativa preferiscono l’ alcool, (ed anche pei tessuti vegetali è preferibile, purchè si usino le cautele delle quali abbiamo parlato sopra), come sostanza colorante la saffranina. Il procedimento è il seguente : Si fissano i tessuti coll’ alcool assoluto. Le sezioni microscopiche rw ay lorate lasciandole cinque ‘minuti in una soluzione acquosa satura di saffranina, donde si portano in una soluzione idro-alcoolica di acido cromico 9, pe e nere il differenziamento del colorito (fra i nuclei in riposo e quelli in mitosi ). Piena ccm 1 (1) Il liquido di MünLgR si compone di 100 p. di acqua, 9 di bieromato potassico, e 1 p. di solfato sodico. ^M tte, (2) Di eui il KuLrscHITZKI esclude però l’ uso, per le ragioni vepradie 432 NOTIZIE Quest' ultima soluzione si prepara mescolando una parte (in volume) di soluzione acquosa di acido cromico all’ 1 per 1000 con nove parti di alcool assoluto. In questa diluitissima soluzione le sezioni sono lasciate da un mezzo minuto ad un minuto, smovendole nel liquido, poi sono portate nell’ alcool assoluto ed ivi disidratate , e nello stesso tempo liberate dall’ eccesso del colorito, poi rese trasparenti nell’ olio di bergamotto, ed infine esaminate e conservate nella ver- - nice Dammar. i In questo modo riescono tinti in rosso vivo i filamanti cromatici ed i veri nucleoli, il protoplasma e la sostanza intercellulare restano scolorati, i nuclei in riposo si colorano in rosa pallido. La soluzione idroaleoolica di acido cromico deve essere preparata volta per volta. Qualche volta è utile adoprare una soluzione più forte di acido cromieo, (p. es. 2 vol. di soluzione acquosa all’ 1 per 1000 di acido cromico sopra otto vol. di aleool assoluto); tal altra giova diluire la soluzione aequosa di saffranina. L'olio di bergamotto per schiarire il preparato è preferibile all’ olio di garo- fano, perchè quest’ ultimo rende troppo pallido il colore delle mitosi. X Sostanze coloranti — Per colorare le pareti cellulari delle Alghe Sifonate viventi. — Il D." Nort (Bot. Zeit., XLV, 1887, pp. 473-82) indica il metodo se- guente per colorare le pareti cellulari delle alghe sifonate, senza ucciderle, collo azzurro di Berlino o di Turnbull. Una parte di acqua marina si diluisce con due di acqua dolce, e vi si discioglie tanto ferrocianuro potassico, da darle il peso specifico dell'acqua di mare. Si prepara un secondo liquido con due parti di aequa marina, una parte d'acqua dolce, ed alcune goccie di cloruro ferrico. Questa soluzione va Med di fresco ogni volta che se ne ha bisogno. Se si vuol adoperare l'azzurro di Turnbull si useranno le soluzioni di ferro- cianuro potassico e lattato di ferro. Per ottenere la deposizione dell'azzurro di Berlino si passerà la pianta dalla acqua marina alla soluzione di ferrocianuro potassico (1 a 3 secondi), si laverà poi con acqua marina e si immergerà per !/, a 2 secondi nella soluzione ferrica. - La pianta si agita poi di nuovo per un momento nella soluzione di ferrocianuro, — e finalmente si lava in aequa marina abbondante. Bisogna sempre avere cura che il cianuro sia in eccesso, affinchè il cloruro ferrico non giunga mai in contatto col protoplasma allo state di cloruro ferrico. Ripetendo l'operazione si può dare alla membrana un bell’ azzurro di 2 moge tono si desideri, NOTIZIE 433 Se la pianta non sarà stata danneggiata da questo trattamento, il colore az- zurro sparirà in poche ore; il blù di Berlino sarà scomparso, e il ferro rimane. Mettendo la pianta in una soluzione di ferrocianuro potassico acidulato con acido cloridrico, il colore azzurro sarà ripristinato al posto di prima (Cfr. « Journ. of ` the Royal Micr. Soc. » 1888, pp. 516-7, e « Zeitschr. f. wiss Mikr. » Bd. IV, 1887, p. 409). X Soluzione di Saffranina coll'olio di anilina. — Il D." V. Bases di Bukarest (Ueber Safraninlüsung. mit Anilinòl — « Zeitschr. f. wiss Mikr. >, Bd. IV, 1887, p. 470) indiea un nuovo modo di preparazione della soluzione di saffranina nel- l'olio d'anilina, diverso da quelli noti e da lui stesso consigliati in altre sue pubblicazioni A 100 p. di acqua si aggiunge della polvere di saffranina in eccesso e 2 p. di olio d’ anilina. Il miscuglio si scalda a 60-80, e poi si filtra per filtro pre- ventivamente bagnato. Si ottiene cosi un liquido chiaro, di color rosso intenso, che si puó adoprare anche per due mesi, senza che si alteri. Questo liquido colora le sezioni microscopiche quasi istantaneamente, e si presta con molto vantaggio per tutti i tessuti, e specialmente per mettere in evidenza le cariomitosi. In certi casi è utile far succedere alla colorazione con questo liquido il trattamento collo iodura potassico iodurato (metodo di GRAM), p. es. per gli ifomiceti, per certe figure cariocinetiche anormali, ecc. X ; Tintura acida di Campeggio. — Ad una parte di soluzione satura di cloruro calcico in alcool a 50° si aggiungano otto parti di una simile soluzione di allume. Al miscuglio si aggiunga dell’ estratto di Campeggio del commercio, finchè vi se ne discioglie. Si lasci il recipiente in luogo freddo e tranquillo per qualche giorno, sì decanti il liquido, che offrirà già un bel colore, e per ogni cento parti se ne aggiungano 80 di soluzione acquosa all’ 1 p. 100 di acido acetico. Si lasci stare per un giorno o due, poi si filtri e si conservi in recipiente a tappo smerigliato. (Cfr. « St. Louis Med. and Surg. Journ. ». LIV, 1888, p. 165, e « Journ. of the R. Micr. Soc. », 1888, p. 517). Piacenza, novembre 1888. D: A. Port. Errata-Corrige Nel fasc. VII-VIII, pag. 349, linea 6 dal fondo, invece di: si legga: Ca5 H3, CL Ng Zn D 494 — : PICCOLA CRONACA Piecola Cronaca — Il D. Fausto Mor, Assistente alla Cattedra di Materia Medica nella Regia Scuola Veterinaria di Bologna à stato nominato, in seguito a concorso, Pro- fessore straordinario di Botanica nella R. Università di Sassari. — Il D.* Osvarpo Kruca, che nello scorso anno nm otteneva un posto di studii di perfezionamento nella Botanica presso la R. ersità di Roma, ha vinto uno dei posti di studio all'estero. Egli si reca nei eiusmo. dei Professori STRASBURGER e PFEFFER. i ` è costituita in Roma una Sede della Società Botanica Italiana. Di essa sono ind eletti il Prof. R. PrRRoTTA presidente , il iis S. CuBONI vice-presi- dente, ed il D." C. AvgrTA segretario-economo. — La seconda riunione generale della Società Botanica Italiana si terrà nel venturo autunno in Roma. — Si sono pubblicati la Centuria XLVII dei « Fungi selecti exsiccati » del sig. ins RoMoUGUÉRE, ed il fasc. IX dei « Musci Fennice essiccati » del signor V. F. BrorHERUS. — Il noto sfagnologo sig. C. WARNSTORF di Neuruppin (Germania) attende alla pubblicazione di una « Sphagnologia universa ». Al’ uopo egli rivolge preghiera a tutti i Direttori di Musei ed Istituti Botanici e Briologi perchè gli favoriscano il necessario materiale e segnatamente in fatto di Sfagni esotici. — Sarà iniziata dai sigg. Prof. G. Briosr e D F., CAVARA una pubblicazione del titolo « Funghi parassiti delle piante coltivate ed utili » che consterà degli esemplari essiccati, di un disegno relativo, della descrizione e dell’ indicazione dei rimedi contro la malattia cagionata del fungo. Uscirà in fascicoli di 25 fogli vendibili al prezzo di L. 6, 50 I uno per l'Italia e L. 7, 50 per l’ Estero. Si pub- blicheranno 4 o 5 fascicoli all’ anno; in tutto circa 20. — Il D: S. Vines è stato nominato professore di Botanica nell’ Università di Oxford, ed il D." F. W. OLIVER all’ « University College » di Londra. — È morto a Bagnacavallo il D." P. Busawr, il noto Autore della « Flora Virgiliana ». — Il 3 febbraio cessava di vivere G. SEGUENZA, Professore di Geologia nella R. Università di Messina. Per quanto la sua operosità si fosse concentrata agli studi di Paleontologia guadagnandosi fama splendidissima, la sua perdita lascia un vuoto nel campo della Botanica della quale si era reso benemerito colle sue raccolte ed esplorazioni in Sicilia e Calabria. È d'augurarsi che il suo Erbario privato non vada disperso. . BOLLETTINO. BIBLIOGRAFICO 335 Bollettino Bibliografico Lavori Botanici Italiani Trattati, Atlanti, Carpi G. La Botanica de nelle scuole secondarie. c. 140, tav. color., Milano, Comes O. Botanica generale ed agraria. Napoli 1889. FeLcini A. Appunti di Storia Naturale applicati all’ agricoltura. Jesi, 1888. SARTORI G. Prospetto di organografia ve- getale come guida al primo studio delle piante. Lodi, 1888. Anatomia, Morfologia, Fisiologia, iologia. Acqua C. Contribuzione allo studio dei eristalli di ossalato calcico nelle piante. Ann. Istit. Botan., Roma, lll, p. 109. ALESSANDRI P. E. e RES G. Studi sperimentali sull'azione fisico-chimica del solfato di rame sopra le foglie della — Influenza della luce nell’ accrescimento delle foglie. N. Giorn. Bot. ital. XX, 1888, p — Sul germogliamento dell'Ewryale fe- rox Sal. ibid., p. 467. AvETTA C. Ricerche anatomo-istologiche sul fusto e sulla radice dell’ Atraphazis spinosa L. Ann. Istit. Botan. Roma, III, p. 141, c. 1 tav. — Contribuzione all’ anatomia ed alla istologia delle radici e del fusto dello 107 leptopus Hook. ibid., p. 148, 2t pore "AC A Le gemme della Pircunia dioica. Ibid., p. 122, c. 2 tav. Borzì A. pp peri nelle Felci. N Giorn. bot. ital., XX, 1888, p. 477 Bracer F. Sull azione del solfato di ferro sulle piante. Le staz. sper. agrar. ital., 7 p. Bnrosr G. Intorno alle sostanze minerali nelle foglie delle piante sempreverdi. Milano, 1888 Cocconi G. Contribuzione allo studio dei nettarii mesogamici delle Caprifoliacee Mem. Accad. Sc. Bologna, Ser, IV, t. IX, 1888. EwTLEUTNER A. F. Die periodische Le- benserscheinungen der Pflanzenwelt bei Meran. Oesterr. Bot. Zeitschr., XXXVIII, 1888, p. Losacono-Posero M. Del corso dei bu- delli pollinici js cavità ovarica, Os- servazioni sugli ovarii inferi di alcune Iridacee. Naturalista Siciliano. A. VII, 1888. Maccaiati L. Fisiologia degli organi di nutrizione delle piante v beim al- l agricoltura. Firenze, — Xantofillidrina. N. Giorn. "dot. XX, 1888, p. 474. Marcacci A. L'azione degli alcaloidi nel regno vegetale e animale. Annali Univers. Perugia, A. III, ital., 1887-88, vol. II. "ManrEL E. Sullo sviluppo del frutto del Paliurus australis Ann. Istit. bot. Roma, III, p. 136, c. 2 tav, MarriRoLo 0. Sopra alcuni movimenti igroscopici nelle Epatiche Marcantieze. Atti Accad. Sc., Torino, XXIII, 1888, adun. 17 giugno PigorTA R. Sulla stuttari delle foglie 436 BOLLETTINO dei Dasylirion. Ann. Istit. botan., Ro- ma, III, p. 170, c. 2 tav. SEsTINI F. Di alcuni elementi chimici rari a trovarsi nei vegetabili o non ancora in essi trovati ed in ispecie del glucinio rispetto ad alcune piante coltivate. Staz. agr. ital., i : Tallofite.. BarLsamo F. Homonymis Algarum in plantis animalibusque tentamen. Na- Sulle Diatomee di alcuni laghi ‘italiani. Bullett. Scientif., Pavia, 1888, n. 2 Bonzi A. Taio Cymbalarize, nuo- vo Ascomicete. N. Giorn. bot. ital., XX. 1888, p. 452. Camus F. Phyllosticta Camusiana, Sacc, n c. natur., Modena, Mem. : nre nouveau (Hangsgirgia) d'Algues aériennes. Bull. Soc. botan., Belgique, 1888, C. R. des Séances, p. 154. — Sopra un nuovo genere di Trente- chlia ace, Noiarisi, 1888, p. 582. HanGserre A. Synopsis generum i. nerumque Myxophycearum ( Cyan phycearum) hucusque cognitarum. Tbid. 584 p. 584. LaGERHEIM G. Sopra alcune alghe d'acqua - dolce nuove o rimarchevoli. Ibid. pa- Masi L. Intorno ai battorii della gran- xu Bollett. scientif., Pavia, 1888, ma stato O. Intorno al valore specifico ella Pleospora sarcinule e della P. alternarie di GiBELLI e di GRIFFINI. Atti Accad. Sc., Torino, XXXIII, Disp. XIII-XV, 1888 MassaLouao C. Sulla a germogliazione del- le sporule delle Saropaideo, iorn., bot. ital, XX, 1888, p. 4 MICHETTI L Baca intese ad BIBLIOGRAFICO ottenere che l Italia ox la sua Li- chenografia. Ibi PasseERINI G. Diisaód. di ye nuovi. Nota III, IV, Rend. Acc. Lincei. v.4, fasc. 3, 4, 1888. pe SACCARDO P. A. Sylloge fungorum om- — 3 varieze, Tremelline®, collaborant. J. Cu- — BONI et V. Mancini) Patavii, 1888. — — Sylloge etc. Vol. VII, Pars. II (Usti- : sasa et Uredineze auct J. ; Toni). Patavii, 1888. sl VogLino P. motrici di due Agariein. | 3 italiani. Atti Accad. Sc., Torino, vol. : XIII, disp. dis XIV, 1888, c. 2 tav. 2 Briofite | Massaroxao C. Osservazioni critiche sulle | specie e varietà di Epatiche italiane create dal De NOTARIS. gott Istit. bo- tan., Roma, Ill, p. 157, ; SrEPHAN: F. Porella RE r . Flora, . 1888, p. 496. Fanerogame - Flore. Arver-Touver C. Les Hieracium des | Alpes oreet ou occidentales d'Eu- — rsione al monte Termi- i N. Bia botan. ital, XX, 1888, : p. i : — Terza contribuzione alla Flora umbra. | È. Perugia, 1888. i Bozzr L. Sopra alcune piante americane | : naturalizzate nei dintorni di Pavia. : Atti Soc. ital. Sc. natur., vol. XX XXI, 188 8. te DeLPINo F. Applicazione di nuovi criteri | per la classificazione delle piante: pri - | ma memoria. Mem. Acc. Sc, Bologna, - ; Ser. IV, tom. IX. : : Ganpocer M. Herborisations au Sr Bull. Soc. botan., France, XXXV p. 185. | FLicne. Note sur les formes du gono p Ostrya. Ibid., p. 180. i T. CaruEL. Vol. panulacee, Jasminacee, Disisódi per anfani. Firenze, 18 PrccioLi L. Guida alle escursioni bota- ParLatore F. Flora italiana, continuata da VII, P. I: Cam Riv. forestale, A. XI, 1888, p. 49. PrgRoTTA R. Intorno ad una sensitiva del- l Argentina. Ann. Ist. bot., Roma, III, p. 132, c. tav. Teratologia e Patologia vegetale. BeRLESE A. N. Lo sviluppo dei parassiti vegetali, Atti Soc. Ven. Trent. Sc. Na- wur, IV, n 8. — Fungi moricole. Fasc. V, Padova, 1888. — Sopra due parassiti della vite per la prima volta Mk in Italia. N. Giorn. bot. itol., XX, p. 4 Brrosr G. Hlonoó Us rideo fatte nel Laboratorio di Botanica crittogamica di Pavia nei mesi di aprile e maggio 1888. Boll. Not. Agrarie, 1888. pagi- na 1701 — Rassegna delle ricerche fatte nel La- boratorio di Botanica crittogamica di Pavia nei mesi di giugno e luglio 1888. lbid, p. 1867 e 1895. Camus J. Alcune nuove osservazioni te- ratologiche sulla Flora del Modenese. Atti Soc. natur. ; Modena, Mem. origin. Ser. III, vol. Vil Cavara F. Appunti di SRO vege- tale. Milano, 1888, Comes O. Sulla ion seed apparsa sulle uve nella provincia di Napoli. : prie en Incoragg. Sc. natur., 1888, i Fl CuronI m ini di malattia dei vegetali presentati alla R. Stazione di Patolo- gia vegetale di Roma durante il mag- Bio e il luglio 1888. Boll. Notiz. agr., 1888, p. 1703, 1869. — La Peronospora ed i mezzi usati per combattere nei dintorni di Alba e di ?9. Malpighia, anno II, vol. II. BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO 437 Val Barolo. N. Rass. Vitic. Enolog. ital., A. II, 1888, 25. — Le malattie dei grappoli. Ibid., p. 613 e Boll. Soc. Vitic. ital, 1888, p. 555. Mancini E. Imélkomieéti- viticoli. Ibid., p. 442. ruris E. Della Peronospora e del o più economico ‘e razionale di punc. Milano 1888. Port A. Peronospora dei grappoli, Black- rot, Coniothyrium Diplodiella. Giorn. d'Agricolt. del Regno d'Italia, Bolo- gna, 1888. c. 2 tav. color SPRENGER C. Di una metamorfosi del ' fiore della Sparmannia africana. Bull. Soc. tosc. Ortic.. XIII, 1888, ; Paleontologia e Geografia vegetale. Sacco B. Note di Paleoienologia italiana, Atti Soc. eui kii nat., XXXI, 1888, p. 151, A qum so e farmaceutica. Amapas S. Esame batterioscopico della acqua della Reitana. Atti Accad. Gioe- nia Sc. natur., Ser. III, t. XX, 1888 — Ricerche chico sole loséogicks sb: s0- pra talune acque potabili della città di Catania. Ibid. — Dell’ azione di alcuni olii essenziali sullo sviluppo dei microorganismi delle acque potabili. Ibid. BELSANTI e PAscAROLO. Sopra una nuova’ specie di batterio patogeno in mate- riale tetanigeno. Giorn. Accad, med, Torino, A. 41, 1888, n. 6. Bonarpr E. La Bittatiotarayia. Bollett. Scientif., Pavia, marzo 1888. CATTANEO A. e Monti A. I parassiti della malaria e le alterazioni dégedétitive dei globuli rossi. Atti XII Congr. me- dico, Pavia, CELL: A. Delle nisi sostanze alimen- tari considerate come terreno di col- tura di germi patogeni. Bollett. R. Acc. Medica di Roma, A. XIV, 1888, p. 310. 438 BOLLETTINO Corpi G. B. Il bacillo e la fermenta- zione del Jequiriti, IZ Morgagni, vol. XXX, agosto 1888. FERRARI A. e Corsini E. Sull azione RO) e sulla morfologia del bacillo piocian ma, ALERBA © m NNA- Barai Ricerche sul gliscrobatterio. Rendic. Accad. Sc., Na- poli, Ser. II, vol. 1888, fasc. 6. MavucERI A. Variazioni numeriche dei microrganismi dell’aria. Atti Accad. Gioenia di Catania. er Tl, t. XX,1888. VASSALE S. Sulla coltura pura di un ba- cillo patogeno isolato da un caso di nefrite nelle gravide. Rass. Sc. med, £5 5 Ricerche sperimentali col bacillo elia del ock. Boll. R. Ac- cad. Medica di Roma, A. XIV, 1888, ZAGARI G. La coltura dei microrganismi anaerobii. Giorn. internaz. di Scienze mediche, 1888, p. 218. Botanica orticola, agraria, industriale BecaLLI A. Sul genere Andromeda. Bull. e D CARIAGGI G uso industriale. Campobasso. CarLucci M. La potatura uide delle viti. Staz. sperim. agr. ital., XV, p. 305. D'Awcowa C. Pithecoctenium buccinato- rium. Bull. Soc. Tosc. Ortic., XIII. ^. 6 + DecoppeT P. L'O i famiglia, ossia la coltivazione paso degli ortaggi ete. Milano, 1888. GASPERINI S. Il Leghbi o vino di Palma. N. Giorn. bot. ital, XX, p. 445. BIBLIOGRAFICO Grazzi Soncini. Viti americane. N. Rass. — 1 A. II, 1888, p. 385. Vitic. Enolog. ital., HiLLBRAND U. Alcune specie del genere Iris per fioritura pede Bull. Soc. tosc. Ortic., XIII, JoLy C. Castagno sio dell’ isola di Soc. Tosc. Orticolt., t P. Alcuni appunti per servire alla Monografia della Vitis vinifera. Pavia Savastano L. Oak contribuzione alla cimatura della vite. Stazioni sperim. agrarie ital, XV, p. 259. SPRENGER C. Nascondi pachybulbos Dur. Gartenflora, T. 37, 1888, p. 465, c. tav. IE Wer Lon Rn — Crocus Imperati Ten. var. purpureus — | mm. Ibid., c. tav. — Cyrthanthus Mochemii Hook. Ibid. , p. Ortic., XIII, 1888, p. 263. — Dell'ZEseulus Hypp castanum La Tid, p. 293. — Una vite nuova. Ibid., p. 298, c. incis. y 6v tav. — Bignonia venusta Ker. Bull. Soc. tosc. UgoLini G. Del Castagno d’ India. Ibid, — k Dell’ gone gli alberi frut: E 9. A tiferi. Bologna, Microscopia - Tecnica microscopica. Porr A. Le microscope et sa théorie. Revue de Botan., 1888, p. 20. Note di microscopia pa Scient. Industr., XX, p simo di riproduzione fotografica sezioni istologiche. Zeitschr. f wisse- —— schaft. Mikrosk., V, 1888, p. Prot. A. BORZI, Redattore responsabile. Riv. . 2. MACPIGHIA =: Sopra un erbario di Paolo Boecone, conservato nello Istituto Botanico della R. Università di Genova. — Studio di O. PENZIG. « Quidquid a viris præclaris proficiscitur, summo- « pere colendum, custodiendum, vulg A. BgRTOLONI, Mise. Bot., XVII, p. 4 Parecchie sono le collezioni di piante disseccate che ci sono ri- maste del celebre botanico italiano Don Paoro BoccoxE, e vari autori hanno assoggettato tali raccolte a studi particolareggiati. Cosi il Prof. MoretTI in una lettera al Dott. C. Virrapini, pubblicata nella Minerva Ticinese del 1830 (*), ha dato dei ragguagli sopra due vo- lumi di piante secche raccolte dal PADRE BoocoNE, che esistono tuttora nella I. R. Biblioteca di Corte di Vienna, nonchè sopra un fascicolo di impronte vegetali fisiotipate, rilevate dallo stesso Boccone e da lui dedicate all’ Imperatore Leopoldo Primo. Nel 1856 l'illustre An- Tonio BERTOLONI senior illustrò (*) un altro erbario di P. BoccoNE, « Raccolta di piante osseruate et imbalsamate nella Città, e fuori delle mura di Genova, l’anno 1676 », che per molto tempo era conservato nel convento de’ Cappuccini a Genova, ed ora è di pro- prietà dell’ Università di Bologna (°). (1) Sopra alcuni erbari del Padre Boccone conservati nell’ Imperiale Biblioteca di Vienna. — Lettera del Prof. Moretti al sig. Dottor Carlo Vittadini. Pavia 1530. (2) Miscellanea Botanica XVII, dissert. lecta in conventu. Academic Scien- tiarum Instituti Bononiensis habito XVI Kal. mart. A. D. MDCCCLVI. Q) Tale raccolta col titolo Reliquie Horti Sicci Ligustici fu donata all'Orto Botanico di Bologna dal Bertoloni stesso, il quale l'aveva avuta in regalo dal 30 Malpighia, anno II, vol. H. 440 0. PENZIG, La relativa memoria del BERToLONI, essendo piuttosto rara, ri- mase sconosciuta al sig. Eom. Bonner, il quale nell'anno 1883 (!) pubblicò un cenno sopra altri tre erbarî Bocconiani, conservati nelle collezioni botaniche del Museo di Storia Naturale di Parigi. Di questi erbarî uno specialmente ha importanza considerevole, perché con- tiene gli esemplari originali per molte incisioni della nota opera del Boccone. « Icones et Descriptiones rariorum plantarum Sicilie, Me- lile, Gallia et Italie (London 1684). In tutto dunque finora si conoscevano del Boccone sei erbari- diversi, di cui uno solo in Italia. Scopo delle seguenti pagine è di illustrare un altro erbario di P. Boccone, che appartiene all'Istituto Botanico di questa Università, ed al quale finora non si era prestata l’attenzione che meritava. Era già conosciuta al BeRTOLONI l'esistenza di questo erbario del BoocowE, dedicato alla regina Cristina di Svezia. Egli l'aveva visto (come narra nella memoria sopra citata del 1856) in casa, del suo amico GrIOLET, benemerito cultore delle scienze botaniche. Dopo la morte di questo l’erbario passò nelle mani di E. Vincenzi, il quale lo regalò all’ illustre Dom. Viviani, insegnante le Scienze Naturali nell’ Università Genovese. Pare che da quell’ epoca in poi tale prezioso volume sia rimasto completamente dimenticato fra le collezioni del Gabinetto botanico ; chè nella primavera decorsa lo disseppellii sotto un grosso strato di polvere, giacente abbandonato in cima ad uno degli scaffali del Gabinetto: : eppure è una collezione ben ricca di pregio, tanto per il Prof. I. Mojon di Genova, durante il suo soggiorno in questa città nel 1811. Non rappresenta però che la metà (il 1° ed il 4° fascicolo) della collezione originale, che era composta, a dire del Bertoloni, di quattro fascicoli. Il secondo ed il terzo fascicolo non sono più stati trovati, malgrado le minute ricerche che ne fece il Bertoloni a suo tempo e che io stesso intrapresi durante l'anno decorso. ; (1) Enom. BonneT, Etude sur un herbier de Boccone conservé au Muséum de Paris. — (Bulletin de la Soc. Bot. de France, Tom. XXX, pag. 213; Séance du 8 juin 1883). SOPRA UN ERBARIO DI PAOLO BOCCONE ECC. 441 nome dell'autore quanto per il numero di specie che contiene, essendo la raccolta più numerosa, più ricca di specie che sia conosciuta del Boccone. È costituita da un grosso volume in folio (altezza 42 cent., lar- ghezza 28 cent., grossezza 15 cent.), legato solidamente in pergamena bianca, con cinghie di cuojo, e composto di 148 fogli di carta grossa, forte, senza alcuna marca di fabbrica (flligrana) visibile. Sul retto del secondo foglio è scritto dall’ autore stesso il titolo e la dedica dell’ opera : Studio di Piante rare, e curiose per scuola e Modello perpetuo degli Huomini Letterati Dedicato Alla impareggiabile Pietà, Prudenza Dottrina e Regia Magnanimità della Sacra Real Maestà della Regina di Suetia. Da Paolo Boccone Gentiluomo di Palermo in Roma l’anno 1678. Il Boccone dunque, come aveva dedicato tre fascicoli delle sue raccolte al Principe di Condé (') ed altri due all’ imperatore Leo- poldo Primo d'Austria, aveva destinato questo volume per la regina Cristina di Svezia che a quell’ epoca dimorava in Roma; ma pare che la consegna non abbia mai avuto luogo; nella dedica stessa sono state cancellate, indubbiamente dallo stesso Boccone (col mede- simo inchiostro, e sopra le parole scritte ancora di fresco) le parole « impareggiabile Pietà, Prudenza, Dottrina e Regia Magnanimità della », sicchè coll’ aggiunta (visibile) di un A all'articolo, la dedica è stata semplificata, da suonare puramente « Dedicato alla Sacra Reale Maestà » ecc. (!) Vedi Bonner, l. c. 442 O. PENZIG, i Le piante disseccate si trovano fissate sul retto dei singoli fogli. con striscie larghe 1-3 centim., ingommate, della stessa carta come i fogli del volume stesso. Questi sono numerati, trovandosi scritto il relativo numero in cifre arabe (ancora dalla stessa mano del Boccone) nell’ angolo destro, in basso, del retto. Tale numerazione però non è esatta, andando soltanto dall'l al 140; e ciò perchè dopo il foglio 65 per un errore involontario il Boccone aveva ricominciato la numerazione col 61, invece di prò- cedere regolarmente. Vi ha rimediato, aggiungendo un « b » al numeri 61-65 che venivano dopo il foglio 65; e dopo il 65° con- tinua senza altra deviazione. É pure doppio il numero 18, esistendo prima un foglio colla cifra 18, e poi un altro colla cifra 18°. Così si sa che il numero dei fogli numerati è 146 invece di 140, come sembrerebbe dalla numerazione dell’ autore. I due primi fogli del volume (1 foglio bianco e quello della de- dica) non portano numero. Per un capriccio — o per una causa Ha a me non riesce di spiegare — l’autore, benchè abbia scritto la dedica sul secondo foglio del volume, comincia la numerazione dei fogli dalla fine del libro; ed anzi ha scritto sul verso dell'ultimo foglio di propria mano: « Apertalur a Tergo ». Certamente questa disposizione è stata stabilita dall'autore prima di aggiungere i nomi alle singole piante, dacchè leggiamo sul foglio 82 il nome d' una « Anagallis aquatica tertia », mentre le altre due Anagallis aquatica precedenti si tro- vano sopra un foglio che col solito modo di paginazione verrebbe assai dopo il foglio 82, ma che in causa della paginazione inversa porta il numero 35. Molti fogli portano sulla stessa pagina due o anche tre specie diverse di piante ; sicchè il totale delle specie riunite nel volume ascende a 188. Ma pur troppo questo numero oggidì non è più completo, dacchè da molti fogli furono strappate le piante e sovente anche le sche- dine, scritte dal BoccoNE stesso, da mano sacrilega. Quarantatré SOPRA UN ERBARIO DI PAOLO BOCCONE ECC. 443 specie sono state asportate completamente ; e di dodici specie i resti conservati non sono sufficienti per permetterne la classificazione esatta. Le specie ancora riconoscibili alla massima parte sono fane- rogame; due sole sono Crittogame vascolari. Vi si trova anche un'alga marina ed una Spongia. A tutte le piante contenute nell'Erbario l'autore ha apposto con propria mano il nome latino, scrivendolo sulle striscie di carta che servivano a fissare gli esemplari. Sono denominazioni spesse volte conformi alla nomenclatura binaria (Seseli Massiliense — Sloechas arabica — Asphodelus fistulosus — Dictamnus cretica — Tithy- malus Characias — Cytisus hirsutus ecc.) — o che si riferiscono ad autori più antichi (Terebinthus Matthiolii — Paliurus Lobelii — Sanamunda tertia Clusti ecc.), ovvero tengono luogo del nome brevissime frasi diagnostiche (Thlaspi semper virens Iberidis folio — Thymelea foliis argenleis serici instar mollibus ecc.). Per aleune specie conservate nell'erbario fu già tentata la clas- sificazione, trovandosi scritti a lapis alcuni nomi moderni di piante accanto a parecchi esemplari. Non ho potuto constatare dalla cal- ligrafia, a chi sia dovuto questo principio di studio. . Diró ancora poche parole sulla relazione del nostro Erbario cogli scritti del Boccone e colle altre raccolte da lui fatte. Pochissime relativamente sono le specie dell’ erbario, che siano già precedentemente state descritte dal Boccone. Sono appena cinque, cioè la Bignonia capreolata, Solanum sp., Podospermum laci- niatum, Phagnalon saxatile ed Iberis semper florens. Tre di queste specie, cioè la Bignonia, il Solanum e l’ Iberis, si trovano pure collo stesso nome nell'erbario di piante rare italiane del Boccone conservato a Parigi, e che venne minutamente illustrato dal Bonnet; ma sono le uniche specie che questo erbario abbia in comune col nostro. Invece si trovano dodici specie del nostro erbario anche nella raccolta di piante Ligustiche (cioè nei due fascicoli che solo si co- 444 O. PENZIG, noscono di questa raccolta), sia collo stesso nome, sia colla denomi- nazione leggermente differente (!). Di eió e di altre particolarità terró conto nelle note apposte a varie specie nella seguente enumerazione delle piante contenute nel nostro erbario. Ho conservato in questa l'ordine dell’ erbario stesso, notando anche lo stato di conservazione de’ singoli esemplari, e le lacune esistenti. l. — Ranunculus Aquaticus foeniculi folio Bocce. — Ranun culus aquatilis L. — Vari esemplari grandi, fioriti. 2. — Spongia arborescens maritima, Bocce. — É un bello esemplare d'una specie del genere Chalina Brok. (secondo la deter- minazione fatta dall'illustre Prof. VoswER): una specie molto si- mile, se non identica, trovasi figurata in Tab. 50, fig. CD, e de- scritta in pagina 92 degli Icones ecc. del BoccoNE, col nome di « Spongie ramose varietas ». 2°. () — Nasturtium pumilum uernum Bocc. — L’ esem- plare manca del tutto, e non ne è conservata che la striscia di carta col nome di Boccone: accanto ad essa è scritto con lapis Lepidium procumbens L. — è dunque probabile che vi sia stata attaccata tale specie, e levata via soltanto in tempo più recente. 3. — Ferrum equinum capitatum, Bocc. — Hippocrepis comosa L. — Varî esemplari completi, con radice, fiori e frutti. La stessa specie si trova, col nome di « Ferrum equinum » anche nella Raccolta di piante ligustiche del Boccone, N. 24. 4. — Manca l’ esemplare. 9. — Terebinthus Matthioli Boce. — Pistacia Terebinthus L.; un rametto con pochi rimasugli di foglie. C) Non essendo finora state illustrate in esteso le altre raccolte Bocconiane di Parigi e di Vienna, non ho potuto farne il confronto colla nostra collezione. C) Ho segnato con un asterisco le specie che si trovano insieme ad un'altra sullo stesso foglio. ‘lv de SOPRA UN ERBARIO DI PAOLO BOCCONE ECC. 445 5. * — Paliurus Lobelij Boce. — Crategus Pyracantha Pers., piccolo rametto con quattro foglie, in parte guaste. 6. — Gentiana Asclepiadis folio Boce. — Gentiana ascle- piadea L.; due germogli non fioriti. — 6° — Caryophyllata montana Bocc. — Geum rivale L.; con fiori e frutti. 7. — Seslii Massiliense Bocce. — Due frammenti di foglie ra- dicali d' una Ombrellifera, insufficienti per la classificazione. 8. — Tragopogon laciniatis folijs Boce. — Podospermum laciniatum Koch; piccola piantina coi capolini passati di floritura. Questa specie si trova menzionata collo stesso nome e coll’ ag- giunta del nome d' autore Cor. (CoLonna) nel catalogo di semi of- ferti dal Boccowne nel 1668 (). 8. — Laurus alexandrina fructu pediculo insidente mir- thifolijs Bocc. — Ruscus racemosus L., rametto con infiorescenza alquanto difettosa. 9. — Ageratum siue Eupatorium Mesuse Bocc. — Achillea Ageratum L., due esemplari fioriti. 10. — Tithymalus amygdaloides hirsutus minor Bocce. — Euphorbia epithymoides Jacq., tre esemplari con frutti immaturi. ll. — Thlaspi semper virens Iberidis folio Bocc. — Iberis semperflorens L., ramoscello fiorito. Esiste anche nell’ Erbario del Boccowk illustrato dal BowXET (N. 7), col nome di Thlaspi latifo- lium platycarpon Leucoii folio, e collo stesso nome la specie è de- scritta e figurata negli Icones plant. rar. del BoccoNE a p. 55, Tab. 29, fig. BDF. (1) « Elegantissimarum plantarum cultoribus nee non observatoribus perdoctis, quibus forte desunt infrascripta semina, nunc recentia offeruntur, et communiean- tur honesto pretio per Paulum Boccone Panormitanum Sieulum Serenissimi Magni Hetruriæ Ducis Botanicum modo diversantem in civitate » — Catanae 1668. ll nostro Boccone dunque in quell'epoca vendeva anche « ad onesto prezzo » semi di piante spontanee e coltivate, nonchè esemplari vivi di piante, come risulta dalle offerte fatte nel catalogo ora citato, che del resto è rarissimo, è 446 0. PENZIG, 11 * — Manca l'esemplare, e sui frammenti delle striscie di carta sono decifrabili solamente poche lettere che non permettono alcuna conclusione sul nome della pianta deficente. 12. — Virga aurea Limonij folio Bocc. — Ramo sterile di pianta d'incerta classificazione ; probabilmente esotica. 13. 14. — Mancano del tutto. 15. — Manca la pianta, e sulle estremità della striscia parzial- mente strappata si legge: Phy ...... sfolijs. A quanto pare, fino a poco tempo fa, esisteva ancora in quel luogo la pianta ora mancante, in modo che era dato di identifi- carla a chi studiava le piante di quell' erbario: ció risulta dall' inscri- zione in lapis aggiunta al nome originale Bocconiano « Phyllitis laciniato folio Clus. 2, 213. Asplenium Scolopendrium L. var. E. » Anche nella raccolta di piante genovesi del Boccone è conser- vato (al N. 27), con quello stesso nome del CLusto, un campione dello Scolopendrium officinarum L. var. cristatum ; e nel « Museo di piante rare » ecc. la stessa varietà è descritta e figurata nella Tav. 102, col nome di « Lingua ceruina polyphylla polyschidos ». L'autore l’ aveva vista nel « Horto Regio di Semplici a Parigi - nel fauxbourg di S. Victoire l’ anno 1674 ». 16. — Stoschas Arabica Bocce. — Lavandula Stechas L., due piantine fiorite, con radici. 17. — Sanamunda tertia Clusij Bocc. — Passerina hirsuta L., ramo sterile. 17°. — Helleborus niger trifolius Bocc. — Manca la pianta; ma dall'impronta colorata lasciata sulla carta si vede chiaramente che non si trattava dello Helleborus niger L.; le tracce corri- spondono più davvicino ad alcune foglioline dell’ Act@ea spicata o simile pianta. | 18. — Peucedanum majus Italicum Bocc. — Gli scarsi resti conservati (alcune foglie e steli, senza fiori e frutti) non permettono esatta classificazione del vegetale a cui appartengono. 18^ — Gentiana maior lutea Boce. — ,Gentiana lutea L., foglia ed infiorescenza. SOPRA UN ERBARIO DI PAOLO BOCCONE ECC. 447 19. — Chamsenerion Gesneri Bocce. — Epilobium angustifo- lium L., due steli fioriti. 20. — Manca la pianta, che a giudicare dai piccolissimi fram- menti di foglie ancora conservate, poteva essere una Achillea o Anthemis. | | | 21. — Thymelaea folijs argenteis serici instar mollibus Bocc. — Passerina Tartonraira Schrad., rametti sterili e fioriti. La medesima specie è conservata nella raccolta di piante Genovesi (ma non è una specie dei dintorni di Genova) del Boccone, al N. 37, col nome di « Tymelea siue Tartonraire ». 21.' — Manca del tutto. 22. — Heptaphyllum argenteum Bocc. — Alchemilla alpina | L., due piantine con radici, senza fiori. Anche questa specie si ritrova, collo stesso nome, nella raccolta ora citata del Boccone, al N. 43. 23. — Manca del tutto; ma sembra essere stata qualche La- biata, a giudicare dall'impronta lasciata e da alcuni miseri rima- sugli (due calici) rimasti fra le pieghe della carta. 24. — Sideritis, siue Tetrahit Bocc. — Stachys recta L., in- fiorescenza. 25. — Trifolium siliquousm purpureum Bocce. -— Cleome violacea L., piantina con fiori e frutti. 26. — Manca la pianta; sui resti della striscia di carta si legge sh odorato ». 27. — Clematis tetraphylla americana Bocc. — Bignonia capreolata L., ramo sterile, con foglie. Questa pianta sembra aver interessato in modo speciale il nostro autore, dacchè si trova con- servata col nome sopra indicato, anche nell’ Erbario Bocconiano di Parigi illustrato da E. Bonner (in pag. 13) e fu da lui descritta ed illustrata a pag. 31, Tab. 15, fig. III R. — Il Boccone nel luogo citato dice di questa Bignonia « Florentie vidi in hortis illic pe- ramconis ». 21. ' — Manca del tutto. 448 O. PENZIG, 28. — Apocinum siue Periploca angustioribus folijs Bocc. — Periploca greca L., ramo fiorito. Dal nome dato da Boccone alla sua pianta si poteva presumere che si trattasse della Peripl. angustifolia Labill. (P. levigata All.) specie siciliana; ma è la vera P. greca L., in forma tipica. 29. — Aster Conizoides odoratus Boce. — Inula squarrosa L., estremità florifera, a capolini ancora chiusi, piccoli. Nella raccolta di piante ligustiche del BocconE trovasi col nome di « Aster conyzoides » la Inwla hirta L. 29 * — Manca. ; 30. — Doria Narbonensium Lobelij Bocc. — Rametto ste- rile di una pianta a me sconosciuta, esotica. | 3l. — Lotus tetragonolobus Camerarij Bocc. — Tetrago- nolobus siliquosus L., estremità fiorita. 3l*. — Flos passionis Hederae folio Boce. — Passiflora sp., vicina alla P. foetida Cav., ma non classificabile con certezza dal campione assai difettoso (senza fiori, con poche foglie). 32. — Acetosa vesicaria Bauhini Prodromos Boce. — Ru- mex vestcarius L., due rami con frutti. dia E strappata la pianta col relativo nome; i frammenti di foglie rimasti attaccati alla carta sembrano — la Salvia officinalis L. 33. — Bellis Tanacetifolio Bocc. — - Anthemis austriaca lacq., esemplare molto sviluppato, forte. 34. Heliochriso Syluestri similis Bocc. — Manca la pianta, ma da alcuni rimasugli di foglie ancora conservati potei constatare che era il Phagnalon sawatile, specie che col nome di « Heliochriso sylvestri similis, tota viridis » è figurata in tab. 109 e descritta in p. 145 del « Museo di Piante rare » ecc. di P. BoccoxE (Venetia 1697). 35. — Beccabunga, siue Anagallis aquatica rotundo folio Bocce. — Veronica Beccabunga L., ramo con infruttescenze. 35”. — Anagallis aquatica longioribus foliis Boce. — Ve- ronica Anagallis L., con fiori e frutti. SOPRA UN ERBARIO DI PAOLO BOCCONE ECC. 449 36. — Stoechas crispo folio Boce. — Lavandula dentata L., due rami fioriti. 37. — Asphodelus fistulosus Bocce. — Asphodelus fistulosus L., esemplare fruttifero, completo, colle radici. 38. — Manca la pianta, che dai. frammenti di foglie ancora con- servati si direbbe esser stata una Scabiosa, probabilmente la Sc. candicans o specie simile. 39. — Gramen supinum articulatum spica myuros Boce. — Lepturus incurvatus Trin., pianta intera, grande, colla radice. 40. — Manca. 40. *— Dictamnus creticus Bocc. — Origanum Dictamnus L., ramo sterile ed infiorescenza. 41. — Carduus bulbosus Boce. — Manca la pianta. 41. * — Aster montanus tomentosus lutens Bocce. — Manca la pianta. 42. — Muscus maritimus pinnatus Bocce. — Sphacelaria scoparia Ag. (!) esemplare piuttosto forte, lussureggiante. 42°. — Manca. 43. — Rapunculus angustifolius spicatus Bocce. — Phy- leuma nigrum L., pianta intera. 44. — Alnus nigra Dodonæi Boce. — Rhamnus Frangula L., ramo con foglie e fiori. 45. — Manca la pianta, che forse (a giudicare da frammenti di foglie) poteva essere una Scrophularia. 46. — Aster Verbasci incano folio Bocce. — Manca la pianta. 47. — Pliosella montana Fabij Column® Bocc. — Hieracium praealtum Vill., pianta completa. | 48. — Serratula ......... is folijs Bocce. — Manca la pianta, e parte della striscia portante il nome. 49. — Manca tutto. () Devo la classificazione di questa specie alla gentilezza dell' amico Pro- fessore Piccone. 450 O. PENZIG, 50. — Onobrichis, siue Caput Gallinaceum Bocce. — Onobry- chis sativa L., pianta fiorita. 5l. — Tithymalus Characias Bocce. — Euphorbia Characias L., pianta con infiorescenza. 92. — Dorychnium Monspeliensium Bocce. — Dorycnium suffruticosum Vill, due esemplari fioriti. La medesima specie è conservata col nome uguale al N. 68 della raccolta di piante Genovesi di P. Boccone. 53. — Manca tutto. 54. — Trifolium stellatum capitulo echinato Bocc. — Trifo- lium stellatum L., una pianta fiorita, ed un’altra maggiore coi capolini fruttiferi. " 55. — Manca tutto. 56. — Manca. 96'. — Esula dulcis tuberosa radice Bocc. — Pipiak bia Sp» non classificabile per la scarsezza del campione (due pianticelle gio- vani, non fiorite). 57. — Citisus Hirsutus Bocce. — Cytisus hirsutus L., ramo fiorito. 57°. — Geranium Mirridis folio, siue Mirrida Plinij Bocc. — Erodium cicutarium L’ Hérit., pianta con fiori e frutti. 58. — Fraxinus Matthioli Bocce. — Fraxinus Ornus L., ramo con infiorescenza. | 99. — Bcabiosa montana frigidarum regionum Boce. — Cephalaria leucantha Schrad., un ramo con varie paja di foglie, ed una piccola piantina, non fiorita, colla rosetta radicale di foglie. Nelle « Reliquiæ Horti sicci Ligustici » del Boccone trovasi al N. 19 la: stessa specie, coll’uguale nome; il quale (< frigidarum regionum » ) non sembra troppo adattato per la Ceph: leucantha, specie eminen- temente meridionale e che ama anzi i luoghi caldi, aridi. 60. — Filix florida siue Osmunda Boce, — Osmunda regalis L., una fronde giovane, sterile, ed una fertile. 61. — Digitalis purpurea Verbasci folio Boce. — Digitalis purpurea L., una foglia ed un’ infiorescenza. SOPRA UN ERBARIO DI PAOLO BOCCONE ECC. 451 62. Rubeola saxatilis Bocc. — Galium parisiense Lam., varj esemplari completi. — Nella tab. 101 del « Museo di piante rare » ecc. è figurata una « Rubeola saxatilis alpina » che sembra rap- presentare il Galium sylvestre Poll. 63. — Gratiola, sive Gratia Dei Bocc. — Gratiola officinalis L., pianta fiorita. 63°. — Petroselinum macedonicum Bocce. — Resti d'una specie di Ombrellifera non classificabile. 64. — Manca la pianta e la cedoletta: col nome; ma i pochi resti conservati lasciano riconoscere una specie di Stachys, proba- bilmente St. üalica Mill. . 65. — Veronica spicata Bocc. — Veronica spicata L., due esemplari fioriti. 61". — Angelica maior odorata Bocc. — Angelica nemorosa Ten., foglia radicale incompleta. 62». — Jacea capite spinoso purpureo Bocc. — Manca la 63», — Cirsium Dodonsi Bocc. — Manca la pianta: alcuni peli del pappo fiorale, ancora aderenti al foglio di carta, mostrano che si trattava realmente d'una specie del genere Cirsium. 64» — Solanum lethale Boce. — Atropa Belladonna L., ra- metto con fiori. La stessa specie, designata con uguale nome (che era comunemente: usato dagli autori medio evali) esiste anche nella raccolta di piante genovesi del BoocowE, al N. 12. 65°. Styrax Matthioli Boce. — Styrax officinals L., due rami fogliati: le foglie sono più larghe che nella forma tipica. 66. — Pistacium Matthioli Boce. — Rhus typhina L., piccolo ramoscello con quattro foglie. 66°. — Buglossum sylvestre semper virens Bocc. — Ca- ryolopha sempervirens Fisch., pen rametto fiorito. 67. — Manca tutto. 68. — Phalangium Dodonæi Bocc. — Anthericum Liliago L., due piante fiorite. 452 O. PENZIG, . 69. — Helleborus niger vulgaris Bocc. — Helleborus niger L., una foglia. 69°. — Manca tutto. 70. — Idem. 71. — Trifolium album rectum hirsutum Bocc. — Doryc- nium hirsutum Ser.; due rami fioriti. 72. — Gramen tremulum majus Bocc. — Briza maxima L., uno: stelo fiorito. 72°. — Gramen tremulum Bocc. — Briza minor L., due piantine fiorite. 73. — Ononis lutea sive Natrix Plinii Bocc. — Ononis Na- trix L., ramo fiorito. 73*. — Angelica silvestris -Bocc. — Angelica silvesiris L., ramo con infiorescenza. 74. — Cistus annuus flore guttato Bocc. — Helianthemum guttatum Mill., due piantine fiorite. 74°. — Clem. . . Clusij Boce. — Manca la pianta e parte della schedina ad essa appartenente. C. Clusius nella sua opera « Ra- riorum Plantarum Historia », nel L. I, p. 121 e seg. (Ediz. di Aniwerpiæ apud Joannem Morelum 1601 ) descrive e figura col nome di « Clematis » una specie di Vinca e tre vere Clematis (Cl. Viticella L., Cl. cirrhosa L., e Cl. integrifolia L.) ; ma nell'er- bario del Boccone non resta alcuna traccia della specie riferita dall'autore ad una delle Clematis di Clusio. i 75. — Smilax aspera Bocc. — Smilax aspera L., ramo con frutti immaturi. 76. — Cistus mas Matthioli Bocc. — Cistus albidus, L., ramo fiorito. 76°. — Cistus foemina Lacuns Boce. Cistus salvicfolius L., ramo fiorito. 77. — Saxifragia antiquorum Bocc. — Tunica saxifraga Scop., varie piantine fiorite. 18. — Dentaria ...... Bocc. — Mancano la pianta e parte della scheda. e TT s. i or SOPRA UN ERBARIO DI PAOLO BOCCONE ECC. 453 79. — Thymum vulgatius Bocc. — Thymus vulgaris L., ramo fiorito. 80. — Sideritis aruensis Bocce. — Stachys annua Bertero, pianta fruttifera. 81. — Manca tutto. 82. — Scorpioides Leguminosa Bocc. — Ornithopus com- pressus L., piantina fruttifera. 82". — Anagallis aquatica tertia Boce. — Samolus Valerandi L., piantina con frutti (!). 83. — Thalictrum montanum Bocc. — Thalictrum sylva- licum Koch, pianta intera con fiori. 84. — Potamogeiton latifolium Boce. — Potamogeton na- tans L., pianta fiorita. 85. — Laurus alexandrina Bocc. — Ruscus Eiee L, ramo sterile. 86. — Linum Syluestre Piceæ folio tenuissimo Bocc. — Linum angustifolium L., pianta intera, grande. i 87. — Bellis globularia Bocc. — Globularia Willkommi Nym. (Glob. vulgaris Auct. plur., non L.), esemplare molto alto, forte. 88. — Antirrhinum latifolium luteum Bocc. — Antirrhinum latifolium L., due infiorescenze, ora prive di fiori. 89. — Anonis frutescens minima perennis Boce. — Ononis minutissima L., due piantine complete. Nella raccolta di piante genovesi il Boccone conservava la stessa specie, al N. 62, col nome di « Ononis frutescens erecta non spi- nosa genuensis. 90. — Napellus Matthioli Bocc. — Aconitum gini Li due rami senza fiori. Anche questa specie esiste nella raccolta ora citata, al N. 36 col semplice nome di Napellus. 91. — Manca tutto. 92. — Trifolium capite ovato Boce. — Trifolium vesiculosum Savi, pianta fruttifera. () Vedi i numeri 35 e 35*, le prime due « Anagallis aquatica ». 454 O. PENZIG, 93. — Ammi officinarum verum Bocc. — Ptychotis hetero- phylla K., numerose piantine fiorite. 94. — Vincetoxicum latifolium Bocc. — Cynanchum Vin- cetoricum Br., due esemplari con fiori e frutti giovani. 95, — Scrophularia retuso folio amplo fiore Bocce. — Manca la pianta. 95°. — Scrophularia aquatica Boce. Scrophularia Ehrharti Stev., piccolo ramoscello con pochi fiori. ; 96. Brunella laciniatis folijs Bocce. — Brunella laciniata L., pianta intera: esemplare appartenente ad una varietà assai distinta - per forte e vigoroso sviluppo 97. — Geranium Batrachioides Boce. — Geranium sangui- neum. L., ramo fiorito. 08, e Hotmin:i. i. Boce. — Manca il resto della scheda e la pianta. 99. — Jacea montana tenuifolia Bocc. — Centaurea sp., vicina alla C. paniculata e forse identica ad essa; ma essendo con- servati soltanto alcuni ramoscelli sterili, la classificazione non può essere certa. : 99°. — Jacea capite Pini Bocc. — Lewzea conifera DC., ramo con un capolino terminale quasi del tutto guasto. 100. — Thyssellinum Bocc. — Peucedanum Oreoselinum Mill, una foglia radicale. 100 *. — Oreosellinum Bocce. — Physospermum aquilegifolium Koch, due foglie radicali. ; 101. — Esula major siue Pitiusa Bocc. — Euphorbia ver- rucosa Jacq., due rametti fioriti. 102. — Eruca palustris tenuifolia Bocc. — Nasturtium pa- lustre L., due esemplaretti fioriti. 103. — Abrotanum fcemina Hispanicum Rorismarini foliis Bocc., — Manca la pianta. 104. — Abrotanum fcemina f. ... is tere.. . . Bocce. — Manca la pianta. SOPRA UN ERBARIO DI PAOLO BOCCONE ECC. 455 105. — Con .... us supinus argente ....0.... lis Bocce. — Manca la pianta: la denominazione completa era forse Convolvulus supinus argenteus orientalis. 106. — Libanotis Theophrasti maior Bócc. — Laserpitium latifolium L.?, foglia radicale. 107. — Millefolium creticum Prosperi Alpini Bocce. — Al posto di questa specie sono rimaste soltanto pochissime fogliuzze , che sembrano appartenere alla Santolina Chamecyparissus L. 108. — Alsine Plantaginis folio Bocc. — Mahringia trinervia Clairv., due piantine fiorite. 108°. — Selinum montanum pumilum Bocce. — Manca la pianta; l'impronta da essa rimasta lascerebbe supporre che si trat- tasse della Neogaya simplex Meissn. 109. — Cochlearia Bocc. — Cochlearia officinalis L., piccolo ramo d’ infiorescenza. 109°. — Lamium Scutellaria dictum Bocc. — Manca la pianta; alcuni calici d' essa però, rimasti fra foglio e foglio, indicano che si trattava d'una vera specie di Scutellaria. 110. — Pseudocytisus Clusij Bocc. — Adenocarpus parvifo- lius DC., tre piante fiorite. Il Clusius veramente non ha dato ad alcuna pianta il nome di Pseudo-Cytisus; la specie qui conservata corrisponde al suo Cytisus I o Cytisus II, in pag. 94 dell'edizione di 1601 (Antwerpe, ap. Joannem Moretum). 111. — Scorzonera angustifolia Bocc. — Scorzonera humilis L., pianta con frutti. . Hr. Ohamzedrys spuria Bocce. — Veronica Teucrium L., due piantine. 112. — Draba siue Nasturtium Babilonicum Bocc. — Le- pidium Draba L., tre piante fruttifere. 113. — Daucus 2. Matthioli siue Saxifragia Venetorum Boce. — Brignolia pastinacefolia Bertol., parte d'una foglia radicale. Hi Ophioglossum siue Lingua serpentina Bocce. — Ophioglossum vulgatum. L., due esemplari fertili. 31. Malpighia, anno II, vol. II. 456 O. PENZIG 114. — Tithymalus Cyparissias Bocce. — Euphorbia Cypa- rissias L., esemplare fiorito. 114". — Esula Scabiosa Gesneri Bocce. — Euphorbia Cypa- rissias L., deformata dall’ Aecidium Euphorbie. 115. — Marum Cortusi Boce. — Teucrium Marum L., ramo fiorito. 116. — Malva Betonicae folio Bocc. — Manca la pianta. 117. — Nummolaria Matthioli siue Borissa Caesalpini Bocc. — Lysimachia nummularia L., un esemplare fiorito. | 118. — Manca tutto: dall'impronta sembrerebbe esser stata un' Ombrellifera. 119. — Genista tinctorum Boce. — Genista tinctoria L., ramo - fiorito. 119*. — Chamaegenista Bocc. — Genista genuensis Pers., rami fioriti. 120. — Dorychnium Plateau sive Convolvulus argenteus Bocce. — Manca la pianta, ma alcune foglie conservate per caso mostrano che vi era il Convolvulus Cueorum L., in una forma a foglie piuttosto larghe. È strano l errore di scrittura o meglio di ricopiatura, commesso» da un dotto come era il Boccone, di « Pla- teau » invece di « Platearî », come evidentemente doveva essere ; errore appena compatibile per un copista di antichi manoscritti. 121. — Erica Clusij Bocce. — Erica sp., manca la pianta. 121 *. — Convolvulus spicesfolius Boce. — Convolvulus can- tabrica L., ramo con varie infiorescenze. 122. — Pentaphyllum supinum hirsutum Tormentill® flore Boce. — Potentilla opaca L.?, piantine incomplete. 122*. — Ophris, sive Bifolium Matthioli Boce. — Listera ovata RBr., pianta fiorita, senza radici. 123. — Linum sylvestre annum, Halimifolio flore flave- scente Bocc. — Linum campanulatum L. due esemplari fioriti. 124. — Onobrichis purpurea angustifolia Bocc. — Manca la pianta. SOPRA UN ERBARIO DI PAOLO BOCCONE ECC, 457 125. — Rubia Myrthi folio undulato — Rubia peregrina L., pianta fiorita. 126. — Rubia maior altera Myrthi lato brevique folio Bocc. — Rubia peregrina L., var. B. lucida (= Rubia lucida L., R. Boc- coni Petiver, R. splendens Ten., Rub. peregrina var. latifolia Mor., Rub. peregrina var. Bocconi Arcang.) rametto sterile. 126. — Rubia major angustifolia Bocce. — Rubia tinctorum L., ramo fiorito. 1?7. — Rubia quadrifolia hirsuta semine dupplici hispido Bocc. — Galium rotundifolium L., pianta completa, speciosa. 128. — Polygonum maritimum scorpioides flore albo Bocc. — Sullo stesso foglio stanno uniti un esemplare di Corrigiola lilloralis L. ed uno di Corrigiola telephiifolia Pourr. 129. — Alyp .... — Manca il resto della scheda e la pianta ; ma da alcune fogliette rimaste si vede che la specie ivi esistente era la Globularia Alypum L. 130: — Helleborine lato perfoliato folio Bocce. — Epipactis latifolia All., pianta senza radici, coi fiori in boccio. 130°. — Helleborine angustifolia Bocc. — Cephalanthera ensi- folia Br., pianta fiorita. 131. — Herniaria sive Herba Turca Bocce. — Herniaria in- cana Lam., alcuni caudiculi fioriti. 131°. — Valeriana minor Bocce. — Valeriana officinalis L., infiorescenza. 132. — Stachis verbasci folio nigricante Bocc. — manca la pianta. 133. — Cistus Plantaginis folio Bocc. — Helianthemum Tube- raria Mill, pianta intera. 134. — Viola tricolor Boce. — Viola tricolor L., con fiori e . frutti; 134. — Tormentilla oblonga radice Bocc. — Potentilla Tor- menlilla Scop., due esemplaretti colla radice. 458 0. PENZIG, 135. — Aster folijs ad florem rigidis Bocc. — Pallenis spi- nosa Cass. ramo con un capolino. — La stessa specie si ritrova ‘ nella raccolta di piante Genovesi del Boccone al N. 4, designata semplicemente come « Aster ». 135°. — Aster Austriacus caupitulo hirsuto Bocc. — Inula hirta L., pianta con un capolino. — Anche di questa specie esiste nell'erbario ora citato un esemplare (al N. 2), colla denominazione di « Aster conyzoides ». 136. — Solanum spinosum undique tomentosum Boce., So- lanum sp., vicina al Sol. amazonicum, ma che dai resti conservati nel nostro Erbario difficilmente si potrà classificare con piena si- curezza. La troviamo descritta e figurata a pag. 8 e 9 (Tav. 5, A) degli « Icones et Descriptiones plantarum rariorum etc. » del Boc- CONE, col nome di « Solanum spinosum maxime tomentosum ». La stessa denominazione porta un esemplare di Solanum sp. (pure non classificato con certezza da E. BoNNET) che è conservato a pagi- na 38 dell' Erbario di « Plantes Rares, que Paul Boccone Sicilien a apportées d'Italie », esistente nel Museo di Parigi. — Nella sua opera sopra citata il Boccone dice d'aver visto questa pianta a Firenze. 137. — Thlaspi Amaraci folio Bocc. i rc argenteum Vitm., quattro piantine fiorite. 138. — Saponaria Sphoerula Bocce. — Rametto sterile di una pianta a me sconosciuta, con foglie sparse, ellittico-lanceolate, acu- minate, e coll’asse distintamente alato da decorrenze fogliari. 139. — Anemone trifolia Bocce. — Anemone trifolia L., due piantine con frutti. 140. — Pseudocytisus numolari® folio Boce. — Cytisus sessilifolius L., due rami fioriti. Come si vede, la massima parte delle piante qui conservate ap- partengono alla Flora mediterranea; alcune certamente sono di Si- cilia (Rumex vesicarius, Angelica nemorosa, Iberis semperflorens ecc.); altre si direbbero della Penisola iberica (se non erano colti- SOPRA UN ERBARIO DI PAOLO BOCCONE. 459 vate: Lavandula dentata, Cleome violacea ecc.). Genista genuensis, Alchemilla alpina ed altre specie che sono comuni al nostro erba- rio ed a quello Genovese del BoccoNE, accennerebbero forse alla provenienza di parecchie piante dalla Liguria; ed infine vi troviamo anche varie specie esotiche e coltivate nei giardini italiani (Bigno- nia capreolata, Solanum sp., Passiflora, « Saponaria sphoerula » ecc.). Genova, Luglio 1888. REGISTRO ALFABETICO DEI NOMI USATI Abrotanum foemina Hispanicum Ro- rismarini folio Abrotanum foemina fo S is tere. Acetosa vesicaria Bauhin è HONMUM e E DI Alnus nigra Dodon®ei ....... Alsine Plantaginis folio Alypum Ammi officinarum verum ..... Anagallis aquatica “i folio. Anagallis aquatica longiore folio . Anagallis aquatica tertia Anemone trifolia . ......... Angelica odorata maior Angelica Lidl UU DES M a. Anonis frutescens minima perennis Antirrhinum latifolium luteum. Apocinum Asphodelus fistulosus ....... Aster austriacus capitu!o hirsuto Aster conizoides odoratus.. |.. Aster foliis ad florem rigidis . Aster montanus tomentosus luteus Aster Verbasci incano folio * 000.» Ww; £c b M e S M A i O AO Beccabunga 7 89 DA BOCCONE Bellis Globolatta >. car eoe aa 87 ellis Tanacetifolia. ........ 33 Bifolium Matt ue HT ori SAIDI. Sid iii 117 Brunella laciniatis foliis...... 96 Buglossum sylvestre sempervirens 66 * Caput gallinaceum . ...... va DU Carduus bulbosus ..... is 41 Caryophyllata montana ...... e* Chamaedrys È 111 Ühamaegenista ........... 119 * Chamaenerion ag vou Quy 19 Cirsium Dodonei ...... 63b* Cistus annuus pd uti. 74 Cistus v En PW EP DI ne 74 * Cistus foemina Lacune ...... 707 Cistus mas Matthioli ....... 76 Cistus Plantaginis folio I 133 Citisus: Joreutus 0244 «UE Clem (atis....) Clusij . . . .-...- 74 Clematis tetraphylla americana 27 PO RO oo rn 109 Convolvulus argenteus. ...... 120 Convolvulus spicæfolius PE DMM PA by Con (volvul) us supinus argente 460 (us) o (rients) hs. i. ...... 105 Daucus secundus Matthioli . . . . 113 MIRI 78 Dia aaan E a 40 Digittalis purpurea Verbasci folio 61 Doria Narbonensium Lobelij... 30 Dorychnium Monspeliensium . . . 52 Dorychnium Plateau. ....... 120 NE e LUCERE T EVA 112 Be Ue. o eoe Li 121 Eruca jelita tanvifolia CIA 102 Esula dulcis tuberosa radice . . . 56 ERU MEI. o 101 Esula scabiosa Gesneri ........ 114 Eupatorium Mesu®e......... 9 Ferrum i siga eapitatum .... 3 FUR HORAS. I lll EI. 60 Flos ieh Hederæ folio ... 31 Fraxinus Matthioli......... 58 Genista tinctorum ......... 119 Gentiana Asclepiadis folio .... 6 Gentiana maior lutea ....... 18.* Geranium Ratrachioides. . . . .. 97 Geranium mirridis folio ...... ur Gramen supinum articulatum spica Myuros o -on qo LL uL. 39 Gramen tremulum ......... da * Gramen VER BO, rl 72 Gratia: D. VV t 63 diétióla kx oy ow URN d uin 63 Heliochriso syluestri similis ... 34 elleborine angustifolia. . . . . . 130 * Helleborine lato perfoliato folio . 130 Helleborus niger trifolius. . . . . 17 Helleborus niger vulgaris. .... 69 He uersus argenteum . .. .'. 22 Horba larei sosa 2c 4 131 Honiara sha 131 Bona. v i 0) 98 Jacea Capite pini. ......... w^ Jacea capite. spinoso purpureo... 62b* Jacea montana tenuifolia . . ... 99 O. PENZIG, Lamium Scutellaria dictum . . . . Laurus alexandrina. . . . . . .. . Laurus a lrina fructu pediculo insidente myrthifolis . . . ... Libanotis Theophrasti maior , . . Lingua serpentina ......... Linum sylvestre annuum Halimi- folio flore flavescente. . . ... Linum sylvestre Pices folio te- HIO UL... ous vn Lotus Tetragonolobus Camerarij . Malva MIT fold civ Marum Cortus S RR RAN E TA $19 4 a, & "9. $4 4 9 5 9 W € bh M v ^ Ww... 9 e$ d Museus marinus pinnatus . Napellus Matthioli ......... Nasturtium babilonieum ..... Nasturtium pumilum vernum .. Name Poli. ond OROS 1I. ea 1 ed Onobrichis purpurea augustifolia Ononis lutea ro delis Ophri *- 4€ Wi v.a M Qu $i Le Wo wd Ww P. A WT el) BR 4 4 9 ww *9 TE o Ae b ow wo. E UN £o". cw M o* ww. M. m. M, Wo WC Ww * € » w- . Ww € M Pond Phy (llitis laciniatis) foliis . . Pilosella montana Fabii Columns omn Matthioli Pitiu . A ii SE M € € .6 € V. 4 NICA 9 ii Papini maritimum scorpioi- Ib 12 des flore albo IE E y TUE $ fe c2 * SOPRA UN ERBARIO DI ‘PAOLO BOCCONE ECC. o vadis latifolium bia 84 Pseudoc Dagati 110 ca IRA numolarie folio. . 140 Ranunculus Aquaticus foeniculi folio de i^ n spieatus 43 ubeola s ubia maior RUE myrthi lato Mrevique folio +, 4 ess 126 Rubia maior angustifolia. . . . . 126 Rubia myrthi folio nudulato . . . 125 Rubia quadrifolia hirsuta semine l * diipplici hispido .- s smee s 27 Sanamunda tertia Clusij . . .... 17 Saponaria sphoerula ........ 138 Saxifragia antiquorum. ...... 77 Saxifragia Venetorum ....... 113 Scabiosa montana frigidarum re- Blum ... lla 59 Seorpioides Leguminosa...... 82 corzonera angustifolia ...... 111 Serophula GURA. vu x ora 95 * Sero EAD, retuso folio amplo Kad oA Ward ua od EA 95 Sentellaria (aac ME ACT Wis 109 * Selinum montanum radiis. 108 Serratula,... tia foliis ...... s. 48 Seseli Massi hens. uox and 7 TANI RURSUM ONUS URN 24 Sideritis N'üphEEC. ea) 80 PAGE sapori LL. UD C424 75 solanum lothale o sos 0 64b* Solanum spinosum ubique tomen- sum Spongia arborescens ........ Stachis verbasci folio aironi Ra II. nS Stoechas crispo folio... ..... DSkyrax Matthioh .:... ces Terebinthus Matthioli Tetrahit Thalictrum montanu hlaspi Amaraci fo lio o. Thlaspi sempervirens jberidisfolio Thymelea foliis argenteis serici instar mollibus .. Pio dt runs Thysse Silea «ae 9.9 $ Ww M o£ *. e o www» «9. 4». Tithymalus Characias 4. ..... Tithymalus Cyparissias Tormentilla oblonga rad Tragopogon laciniatis foliis. . . . Trifolium album rectum hirsutum Trifolium Capite ovato Trifolium siliquosum purpureu Trifolium stellatum capitulo ide nato Wo.» wow "Ve RII» d. V. e e s Valeriana minor Veronica spicata Mauer ds latifolium Vt M s Viola trico Virga aurea Ld folio lara PIA AI ce I E St MP s b P d o4 CR de I UR AN Tibymahs aseo e hirenbdé INDICE dei nomi scientifici delle piante contenute nell' Erbario Achillea Ageratum L........ 9 Aconitum Napellus L........ 90 Adenocarpus parvifoius DC. . .. 110 Aecidium Euphorbie Fr. ..... 114 Alchemilla alpina L: .......- 22 Alyssum argenteum Vitm. .... Anemone trifolia L. .......- 139 Angelica nemorosa Ten. ..... 615* Angelica sylvestris L. ..... sr è. Anthemis austriaca Jacq. .... 33 Anthericum Liliago L. .....- 68 Antirrhinum latifolium DC. ... 88 462 O. PENZIG, SOPRA UN ERBARIO DI PAOLO BOCCONE Asphodelus fistulosus L. ..... 37 Genista tinctoria L. ........ 119 Atropa Belladonna L. ....... 64b* Gentiana asclepiadea L. ...... 6 Gentana tutea:Li i... 18b Bignonia capreolata L. ...... 27 Geranium sanguineum L.. s... Brignolia pastinacæfolia Bert. .. 113 Geum fivaleL. ;.. 7... "A E. Briza maxima L. .......... 72* Globularia Alypum L. ....... 129 Briza minor L. . . ..... s... 72. Globularia Willkommi Nym. ... 87 Brunella laciniata L. ....... 96 Gratiola officinalis L. ....... 63 Caryolopha sempervirens Fisch. . 66 * Helianthemum guttatum Mill. .. 74 Centaurea paniculata L. ..... 99 Helianthemum Tuberaria Mill... 133 Cephalaria leucantha Schrad. Helleborus niger L. ........ 6 i: d Cephalanthera ensifolia Rich. .. 130 * 2 ; Herniaria incana Lam. ...... 131 ur HU rens ene ten 63) Hieracium preealtum Vill. .... 47 Go dd tA ei m ione Le ie Cistus salvisefolius le Sp 2 uA T NE semiperfiorene 1; 7 Cy 2s T UNE BEC di ong ns 74 Ius hirta Le cis v a 185 * vacui nore e ns e louis squarfoto Li iii 29 Cochlearia officinalis L....... 109 arie A pem per 2 Laserpitium latifolium L. . . ... 106 PU e QUEM MIC METER Lavandula dentata L........ 36 Soroen dd DG Er M LCS 128 ans Stechas T: 2: vi 16 Corrigiola telephiifolia Pourr. . . 128 Lepidium Draba Li... 112 Crataegus Pyracantha Perg o2. Du Lepidium procumbens L. . . . .. 9 * Cy nanchum Vincetoxicum Br. . . 94 Lepturus incurvatus Trin. . . ... 39 Cytisus hirsutus L. Apure yin DI. Lube > 99 * Cytisus sessilifolius L. ...... 140 Linum ii Huds 86 Digitalis purpurea L. ....... 61 Linum campanulatum L...... 123 Dorycnium hirsutum Ser... ... 7i 2 Ja ovata Br. «e MU UE Hm Doryenium suftruticosum Vill... 52 Lysimachia nummularia L.. . . . 117 Epilobium angustifolium L. .;. 19 Meehringia trinervia Clairv . . . 108 Epipactis latifolia All... ..... 130 Nasturtium ‘palustre L. . ..... 102 TNR V IIIS 121 ali Mari 108 * Erodium cicutarium L'Hér. ... 57* xd P e c Euphorbia Characias L. . . . . .. . : e, neu na » Onobrychis sativa Li: < ro... 50 Euphorbia Cyparissias L... ... 114 ; Neg i _ : Ononis minutissimaL.. ...... 89 Euphorbia epithymoides Jacq. .. 10 i : * Gnome Nani E. c lus 73 Euphorbia verrucosa de LA . 101 È : Bain 4n. idol 56 * Ophioglossum vulgatum L..... 113 P puo QUERIES Origanum Dictamnus L. ..... 40 * Fraxinus Onus Li... 58 Ornithopus compressus L. . . . . . 82 > M Osthunda regalia Le. >.: i 60 Galium parisiense Lam. ...... 62 Galium rotundifolium L. ..... 127 Pallenis spinosa Cass. . . . . . .- 135 Genista genuensis Pers. .. . ... 119 * Passerina hirsuta L......... 17 0. MATTIROLO, CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DEL GENERE EPICOCCUM 463 Passerina Tartonraira Schrad.. ora Periploca greca L. Physospermum aquilegieefolium K. Phyteuma nigrum L. .*..... Pistacia Terebinthus L.. ..... apatia. iui Potentilla Tacas Scop. . Ptychotis heterophylla K.. .... Ranunculus aquatilis L ..... Rhamnus Frangula Lol 035-0 BENE DphAL... Ll. Ruscus Hippoglossum L. ..... Ruscus racemosus L. ....... Pun officinalis Li... Samolus Valerandi L........ Santolina Chamecyparissus L. . i * » wW o A »* oc * oo w w o * 0 Scabiosa candicans Jord.. . |... TNR bars Sw.. Scorzonera humilis L........ Serophularia Ehrhart Stev. Somiollaga Bi s AERA RS Smilax aspera L. ... Caes L8 MAT Ws ego ano s. a AEN | COSAS. “odi NK t. MUS a, MU, Si MI AU, a s o» Oe Mo SI SM) icum Koch. . . . Trifolium stellatum L. ...... Trifolium vesieulosum Savi ... Tunica saxifraga Scop. ...... Valeriana offieinalis L. Veronica Anagallis L.. ...... Veronica Beccabunga L. Veronica spicata L. Veronica Teuerium L. Viola tricolor L b ^ Wo RUP Ru ee pud . 109 g Contribuzione alla biologia del genere Epicoccum — Nota del D." Oreste MaTTIROLO. Il desiderio di completare lo studio del Polimorfismo del genere Pleospora (D, mi indusse a ritentare la coltivazione di una forma, caratteristica di Epicoccum, onde ricercare le ragioni, per cui, mal- () O. MartiRroLo, Sul Polimorfismo della Pleospora herbarum, Tul. e sul va- lore specifico della P. Sarcinule e della P. Alternarie di GIBEL e GRIFFINI, Malpighia Vol. II, Fasc. IX, 1888. 464 O. MATTIROLO, grado le osservazioni negative di GIBELLI e GRIFFINI (') (1874) e di Konr, (1883) (?), si continui ancora oggi dai Micologi ad accen- tuare l'opinione vagamente espressa dal FucKeL (1869) (°), che gli Epicoccum possano essere forme dal ciclo evolutivo delle Pleospore. La concomitanza di questi due tipi fungini, che si osservano cosi frequenti in natura, dovuta alla loro straordinaria abbondanza e al loro adattamento a snbstrati identici, motivò l'idea di FUCKEL il eui esame forma l'oggetto di questa nota. Ho ripetuto parecchie volte nelle più diverse condizioni, sopra un'altra specie assai comune le coltivazioni che GiBELLI e GRIFFINI avevano fatto sull’ Epicoccum herbarum, raccolto dal compianto MALINVERNI e non ottenni, come essi, nessuna altra nuova fruttifi- cazione. Forme evolute perfette o sessuate, come si vogliono chia- mare, non si rintracciarono mai: nè tanto meno sì notò una rela- zione qualsiasi con le diverse forme appartenenti al ciclo delle Pleo- . spore. Siccome, da una parte il genere Epicoccum è ancora biologica- mente e sistematicamente ben lungi dall’ essere studiato e dall'altra alcune differenze si osservano nei risultati di queste colture, mi sono deciso a pubblicarne una descrizione sommaria, sia a conferma delle conclusioni illustrate già da GIBELLI e GRIFFINI, sia per con- fortare i loro risultati con nuovi esempi e concorrere a sradicare uno dei tanti errori che la concomitanza fortuita delle forme ha ingenerato nella Micologia. La specie del genere Epicoccum presa in esame in queste col- C) Sul polimorfismo della Pleospora Herbarwm, Tul. Archivio triennale del Laboratorio di Botanica crittogamica della R. Università di Pavia. Milano 1874. C) Il Konr, (Uber Polymorphismus von Pleospora herbarum, Tul. Bot. Cen- tralblatt, vol. XVI 1883 N. 1) dice di aver coltivato pure l Epicoccum in diffe- renti substrati senza aver trovato mai alcuna relazione colla Pleospora. (3) L. FuckeL, Symbole Mycologice. Wiesbaden 1869, pag. 130. « Ich möchte her die Vermuthung aussprechen dass wohl fast alle ». « Formen von Epicoccum als Macroconidien hierher gehòren ». CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DEL GENERE EPICOCCUM 465 tivazioni è l’ Epicoccum neglectum. Desm. (') del quale si creò un numero esagerato di forme basandosi sulla varietà delle matrici più che sulle reali differenze specifiche. Le colture vennero fatte in camera umida nella decozione di fimo. I conidii di semina vennero tolti da sferettine nere di Epicoc- cum (Sporodochii, Aut.) misuranti da 150 a 200 micromill. di dia- metro, che si svilupparono abbondanti sopra Cariossidi di frumento. La prima semina si fece alle ore 12 ant. e alle ore 4 pom. già si notavano i primi tubetti germinatori; i quali si svilupparono in numero vario, tre, quattro, cinque .... da altrettanti cellette in eui, a termine di sviluppo, come vedremo, sono divisi i conidii stessi. Nel secondo giorno i tubi germinanti si allungarono e appav- vero gia abbondantemente ramificati; alcuni. ramuscoli si eressero perpendicolarmente al substratum. Nel giorno successivo i filamenti micelici continuarono a svol- gersi e a ramificarsi rigogliosamente e in generale, dopo tre giorni dalla semina, si notavano già nelle colture i primi inizii della for-- mazione dell’ apparato gpnidiale. Durante tutto il periodo preparatorio , di tre giorni in media , non mi fu dato mai osservare nell’ Epicoccum neglectum. Desm. la colorazione giallastra dapprima e violetta di poi, osservata e descritta dai signori GIBELLI e GRIFFINI nei filamenti micelici principali e nel liquido di vegetazione che li attornia (7). Colorazione che i predetti osservatori incontrarono costante nelle loro colture fatte con altra specie di Epicoccum, nelle quali persi- steva sino a fruttificazione completamente sviluppata. Le fasi primordiali di sviluppo hanno origine quando nel micelio dapprima omogeneo si sono formate minutissime granulazioni pla- (') Vedi per la determinazione di questa specie la frase caratteristica di De- SMAZIERES, Annales des Sciences Naturelles, II Serie vol. XVII pag. 95 anno 1842. Saccardo, Sylloge Fungorum vol. IV. 737 e principali collezioni classiche essicate. C) Questa differenza può dipendere forse dal diverso mezzo di coltura. 466 0. MATTIROLO, smatiche; quando il micelio si è riccamentente ramificato sino a for- mare nel liquido di coltura un intreccio abbastanza fitto di fili settati. I primordii hanno ordinariamente origine sopra quei rami eretti, che o si portano addirittura fuori del liquido di coltura, o scorrono sulla sua superficie. Sopra certi determinati tratti di questo micelio e a brevissima distanza l'uno dell'altro, prendono origine numerosi piccoli gozzetti, i quali dapprima conservano le dimensioni ed il colore del filamento da cui traggono origine, poi, mentre prendono una colorazione de- bolmente giallastra, vanno a mano a mano ingrossandosi alla estre- mità. Un sipario trasversale divide quindi |’ estremità, rigonfia a guisa di una sferettina dal pedicello, non raramente biforcato, che la so- stiene. Tutti i rametti si comportano, ingrossando alla estremità, nella indentica maniera, cosicchè a poco a poco il tratto di micelio che li porta va assumendo un aspetto coralloide mentre si colora deci- samente in giallo-bruno. Di questi tratti fruttiferi se ne osserva un numero vario per ciascuna coltura, in relazione al numero pjù o- meno grande dei co- nidii posti a germinare. Su alcune se ne osservano sino a 10. Al primo sipario, che divide l estremità ingrossata dal pedicello, in generale un altro ne sussegue, che serve a separare il pedicello del filamento d'origine, e finalmente altri ancora si formano in quei casi in cui il pedicello si ramifica. La sferettina terminale, continua quindi a rigonfiarsi mentre si colora sempre piü decisamente in bruno; la sua parete si copre di minutissime granulazioni, le quali danno al conidio omai maturo l'a- spetto caratteristico paragonabile a quello di certe clamidospore ge- neralmente classificate dagli Autori nel genere Sepedonium, Link, colle quali anzi assai facilmente si possono confondere quando av- viene di incontrarle staccate e libere nelle preparazioni. Nei tratti di micelio coralloide di cui abbiamo discorso, la pro- e CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DEL GENERE EPICOCCUM 467 t duzione delle sferettine è così abbondante, che appena hanno esse raggiunto le dimensioni di conidio maturo, riescono a toccarsi le une colle altre formando come un rivestimento continuo al tratto di mi- celio dal quale ebbero origine. Si ha in ultima analisi la formazione di un piccolo cuscinetto , la cui parte basale riesce formata da una specie di pseudo-paren- chima risultante dai numerosi peduncoletti assieme stipati, i quali assumono una colorazione rossastra nella loro parte basale, che poi sfuma gradatamente in bruno verso la periferia dove si trovano i numerosissimi conidii bruni a parete granulare di cui abbiamo se- guito il modo di formazione. Mentre i conidii vanno maturando, si svolgono nel loro interno nuovi siparii, per mezzo dei quali la cavità primitivamente unica diventa poliloculare, risultando poi i conidii perfetti come lobati, per- chè ciascuna delle cellette interne fa leggiera proeminenza alla pe- riferia (!). Il primo sipario si dirige longitudinalmente; partendo dalla base d’attacco del conidio, decorrendo più o meno ire divide la sferettina in due metà presso a posso uguali. A questo fanno seguito simultaneamente 0 successivamente due nuovi siparii inseriti sul primo e che vanno da questo alla periferia, cosicchè la cavità del conidio rimane divisa in quattro segmenti , specie di quadranti raramente uguali. Poi altri siparii si formano ancora nello stesso modo tanto che la sferetta conidiale risulta in eonclusione divisa in un numero differente di loculi disuguali, 6 ge- neralmente, i quali rappresenterebbero altrettante vere cellette, per- che munite di parete propria, tenute assieme dall'episporio cuticu- larizzato che le avvolge. Queste cellette dalle quali poi hanno origine in numero vario i tubi o filamenti di germinazione si possono facilmente studiare colla schiacciatura leggera operata sopra il vetrino coprioggetto. () I conidii maturi si pigro perciò ‘lontanamente paragonare alle spore di certe Ustilaginec dei generi, Sorosporium Rud. Urocystis Rabh, e affini. LI 468 0. MATTIROLO, CONTRIBUZIONE ALLA BIOLOGIA DEL GENERE EPICOCCUM I macroconidi dell’ Epicoccum così formati si staccano a matu- ranza con grande facilità, mentre una piccola porzione irregolare del filamento pedicellare rimane loro aderente a guisa di uno sti- pite. Le coltivazioni ripetute molte volte cercando artificialmente di variare le condizioni di nutrizione, di luce, di temperatura condus- | sero invariabilmente a risultati idendici a quelli già ottenuti nel 1878 dai Professori GIBELLI e GRIFFINI. Anche per l’ Epicoccum neglectum come già per la specie coltivata dai predetti autori, non si ottennero altre forme evolutive diverse dai macroconidii; ciò che però non esclude che in differenti condizioni di colture diverse ancora da quelle finora tentate, non possano svi- lupparsi nuove forme più evolute o perfette le quali ci permettano di acquistare un concetto sistematico, più chiaro di quello che ab- biamo oggi, sul valore di queste forme curiose e comunissime di ifomiceti. i Quello che realmente a me premeva di constatare colla ripeti- zione degli studi di GIBELLI e GRIFFINI è il fatto, che dopo tante coltivazioni condotte sopra differenti substrati in condizioni diverse sì sia riuscito sempre a risultati identici i quali lasciano ragione- volmente supporre che non esista una relazione biologica qualunque tra le forme del genere Epicoccum e quelle del genere Pleospora. Che anzi, avendo io espressamente tentato di coltivare assieme, in colture frazionate, queste due forme per giungere a sorprendere le relazioni che per avventura potessero esistere fra di loro, ottenni sempre la riproduzione delle due forme conidiali (Pleospora alter- narice. GIBELLI e GRIFFINI) Pleospora Sarcinule GIBELLI e GRIFFINI) nella stessa cultura; ma queste erano assolutamente libere l’ una dall'altra, né esisteva legame di parassitismo probabile od altro qualsiasi legame biologico fra di esse. In questa occasione rilevo pure una giusta frase dell’ Illustre Sac- CARDO. Avendo esaminato per queste ricerche abbondante materiale di Erbario mi sono dovuto convincere subito che se per il complesso cen wee mm, SISI ai Lc TRAP TEN A. BORZÌ, BARGELLINIA, NUOVO ASCOMICETE DELL'ORECCHIA UMANA 469 delle forme, come dice il SaccaRDO, il genere Epicoccum costituisce un genus pulchellum, e bensì vero purtroppo che « revisione ana- lytica maxime eget ». (Sylloge Fungornm — Vol. IV, pag. 736). A mio debole parere, le misurazioni fatte in numero troppo li- mitato di individui; l'assegnamento soverchio sulla differente colo- razione dei conidii (notisi che nelle coltivazioni questa differenza è assai variabile a seconda del substratum e del grado di maturazio- ne); lo studio di un numero forse limitato di individui, per quanto ha rapporto al loro modo di distacco dal pedicello (così vario nelle coltivazioni negli individui di una stessa specie); hanno ingenerato la confusione sopra lamentata ; mentre hanno dato origine ad un nu- mero esagerato di specie e di forme distinte con nomi particolari , le quali si dovranno ridurre a pochissime, quando si tenterà uno studio biologico comparato di questi tipi curiosi così affini per i loro caratteri morfologici esterni. y CONCLUSIONE Queste ricerche confermano quelle di GIBELLI e GRIFFINI e di KouL e lasciano con tutte il rigore scientifico indurre, che assolu- tamente non esista relazione biologica tra le forme del pue Epi- . coccum e quelle del genere Pleospora. Torino, R. Orto Botanico, 6 dicembre 1888. Bargellinia, Nuovo Ascomicete dell’ orecchia umana. — Nota di A. Borzi. Nella primavera del 1884 fui colto da leggiero malore al con- dotto auricolare esterno dell'orecchia destra. A capo di una set- timana si manifestava in quella regione una sensibile escoriazione accompagnata da abbondante secrezione di una materia quasi mu- 470 À: HOR2Í, cosa assai diluita e scolorata, in mezzo alla quale scorgevasi un corpo d'aspetto ‘polveroso, nero, a mo’ di fuligine. Persistendo il malore ed essendosi anzi alquanto aggravata quell’ affezione, credetti utile, prima di ricorrere alle cure del medico, di esaminare al microscopio quel prodotto. Io fui allora molto maravigliato di scor- gere in mezzo a quella massa mucosa dei corpi sferoidali, delle vere cellule a parete spessa, scabrosa e di un colore bruno intenso, ora disperse e isolate nella ganga del substrato e coinvolte da elementi epidermici staccati dalla regione ammalata, ora sostenute da delicatissimi filamenti jalini. Trattavasi evidentemente di un fungo e la mia attenzione venne rivolta a precisarne la posizione sistematica e di tentarne delle colture. Dalle ricerche istituite ho tratto la sicurezza che tale organismo non sia stato ancora descritto e che certamente rappresenti una forma ben interessante che indicherò col nome di Bargellinia mo- nospora in omaggio a persona amica, il D.* D. BARGELLINI di Fi- renze, egregio cultore di micologia e valente otojatra. Il micelio di questo nuovo micete non offre nulla di particolare. Si compone da una serie di ife delicatissime, Jaline, misuranti tutto al più 3 & in diametro, provviste di abbondanti ramificazioni late- rali che nell’ insieme costituiscono un plesso assai rado e irregolare I setti transversali si frammettono a distanze disuguali , spesso grandi, senza che al punto d’ incidenza di essi si formino delle stroz- zature. Dette tramezze sono poi molto sottili e di difficile rilievo verso le regioni più giovani delle ife. Quindi il contenuto cellulare apparisce assai denso, a mo’ di una massa quasi omogenea e gri- giastra, che col tempo, come si vede nelle regioni più adulte, si riempie di ampie vacuole e di gocciolette di materia grassa. Le fruttificazioni si formano in una materia semplicissima. Alcuni ramuli di ife si^ acerescono insensibilmente all’ apice as- sumendo l'aspetto di una clava. La regione così accresciuta, si separa tosto dalla restante mediante un setto trasversale; indi seguita a ingrandirsi per divenire a poco a poco globosa. In ultimo BARGELLINIA, NUOVO ASCOMICETE DELL'ORECCHIA UMANA 471 formarsi un vero asco che per la sua costituzione non trova alcun riscontro in altre forme della classe degli Ascomiceti. Avvicinandosi ogni asco alla maturazione, la sua parete comincia ad assumere dei contorni più distinti, mentre nel suo interno si disegna un'ampia areola alquanto più pallida e avente la stessa forma circolare dell’ asco medesimo , del quale segue l'interno perimetro senza però confondersi con questo, restando anzi separata da una ‘stretta fascia costituente un vero e continuo rivestimento sulla faccia interna delle pareti. Detta areola rappresenta una nascente spora -ed il periferico indumento non è che quella parte di protoplasma dell asco che non prende parte alla formazione della spora stessa — caso assai frequente presso gli Ascomiceti. In uno stadio più avanzato di sviluppo si scorge bell'e costi- tuita la spora e immersa dentro un plasma tenuissimo, quasi scolo- ‘ rato, mentre la parete dell’ asco è divenuta più spessa , alquanto scabra e sfumata leggermente in brunastro. Dentro il contenuto della spora cominciano ormai a fare spicco alcune gocciole di ma- teria oleosa. Durante la maturazione, il setto trasversale per cui l’ asco si era di buon’ ora separato dal ramulo ifico generatore, s’ ispessisce Con- siderevolmente sporgendo verso la cavità per costituire una sorta di callo avente un importante ufficio biologico, come ora si vedrà. Gli aschi maturi si staccano per la loro base dalle ife che li hanno prodotti, restando come traccia della primitiva inserzione detto corpo calliforme. Questo, essendo in quel punto interrotta la continuità della membrana dell’ asco, è destinato provvisoriamente a chiudere l'apertura che ne resterebbe, agendo come un vero turacciolo. Le pareti degli aschi maturi sono alquanto spesse e di colore intensamente bruno, ricoperte da finissime scabrosità. Esse resistono all’azione dell'idrato potassico a freddo, ma si scolorano interamente gonfiandosi leggermente. Lo stesso reagente scioglie bensì rapida- mente il corpo calloso suddetto. Quest’ ultimo piglia una leggera 32 Malpighia, anno II, vol. II. 472 A. BORZI, tinta azzurrognola per azione del cloruro di zinco jodato; mentre la membrana dell’ asco resta quasi immutata. Ogni asco contiene wna sola spora nella piü parte dei casi os- servati, la quale è perfettamente globoide; ha una parete alquanto sottile ma distinta, colorantesi in giallo per azione della tintura di jodio. Dentro il contenuto scorgonsi delle gocciole oleose. Gli aschi maturi misurano un diametro che varia da 8 a 10 p, mentre quello delle spore importa 5-7 m. Meno frequente è il caso di aschi contenenti 2 spore. Ma la con- siderazione di tale particolarità è importante per la esatta interpre- tazione morfologica degli aschi normali monospori. Io debbo a tali casi, relativamente rari, la fortuna di aver potuto evitare un er- rore considerando, come avevo fatto sulle prime, tutto intiero un asco quale una semplice spora a episporio spesso e scabroso, come si osserva nelle così dette clamidospore. D'altro canto, interpretando in tal guisa le fruttificazioni della Bargellinia monospora, la ricerca della sistematica posizione di questo micete ci avrebbe condotti assai lungi dalla meta e forse, senza un esame attento delle fruttificazioni, saremmo stati indotti a credere che si trattasse di una forma riferibile agli Ifomiceti e più particolarmente affine ai Sepedonium (!) o simili. La formazione delle spore in aschi dispori dimostra che una delle due spore, può, durante lo sviluppo, restare sopraffatta dall'altra, e prendendo il sopravvento una sola di esse, l'asco stesso rimane a maturità monosporo. Eccezionalmente ambo i germi giungono a perfetta maturazione e sono capaci di germinare. Questa osser- vazione potrebbbe avvalorare il sospetto che la riduzione nel nu- mero normale delle spore dentro gli aschi di alcuni Ascomiceti (!) La rassomiglianza con alcuni Sepedonium è grandissima; quando l' asco considerasi come una semplice spora avremmo una perfetta identità con queste ultime forme, Epperò oserei dubitare se il Sepedonium osteophilum Bonord., micete parassita delle penne e delle ossa dei polli, sia piuttosto un Ascomicete riferibile al genere Bargellinia anzicché un Ifomicete, come vogliono i micografi. BARGELLINIA, NUOVO ASCOMICETE DELL'ORECCHIA UMANA — 473 (p. e. Eryphe sp., Microsphera sp., Uncinula sp. Phyllactinia) possa attribuirsi ad aborto di alcuni di essi germi per pressioni subite durante lo svolgimento. Le spore germinano sollecitamente dentro glicerina molto diluita od in una soluzione di zucchero di canna. Esse restano sempre dentro lasco, nè la parete di questo subisce alcuna modificazione ; soltanto il corpo calloso sopra ricordato si discioglie prontamente e serve di passaggio al filamento iniziale micelico. Nel caso di aschi bispori ambo le spore emettono un filamento che attraversa detta apertura. Ho seguito l’ allungamento dei fili miceliali durante 24 ore; essi cominciavano a ramificarsi restando ripieni di abbondante proto- plasma, in modo da mascherare intieramente i setti trasversali. Mentre procede l'accrescimento dei fili scompariscono le gocciole oleose del contenuto delle spore e quindi la cavità si riempie di vacuole. In filamenti molto lunghi mi accadde di notare la produzione di una seconda forma di organi di moltiplicazione, consistenti in celluli ovoidi, incolore, misuranti un diametro longitudinale di 4-5 p, generate lateralmente all’ apice del ramuscolo ifico per semplice germinazione. Io credo che esse rappresentino dei veri conidi capaci di germinare; ma di ciò non ho potuto direttamente assicurarmi, avendo dovuto sospendere le mie indagini distratto da altre cure. Il valore patologico di questo micete non saprei definirlo con pre- cisione. Le mie osservazioni non sono state dirette a risolvere tale qui- stione. M' interessa solamente chiarire la posizione sistematica di esso. Secondo quanto si è detto, le spore della Bargellinia monospora nascono per lo più solitarie dentro veri aschi globoidi. Resta per- ciò fuor di dubbio che questo Fungo debba essere collocato nella classe degli Ascomiceti. La presenza poi di aschi isolati, non aggre- gati, cioè, in plessi determinati, quali si riscontrano nei Perisporia- cei, nei Discomiceti, Pirenomiceti e nei Tuberacei è un carattere 474 A. BORZI, che il nuovo micete possiede di comune con tutti i Gimnascei e precisamente esso deve rappresentare una forma delle più semplici come è delle più singolari per la costituzione degli aschi e per lo estremo grado di riduzione di questi ultimi organi. Volendo ancora meglio precisare le sue affinità occorre che io mi riferisca agli Endomyces, Eremascus, Eremothecium e sopratutto ai due nuovi generi Oleina e Podocapsa di recente descritti e figu- rati dal Van THIieGHEM nel Journal de Botanique (*) del sig. Monor. Nella prima di queste due ultime forme il tallo si compone di ife strette, tratto tratto tramezzate e ramificate , serpeggianti sul substrato. Verso la fine del periodo di vegetazione alcuni ramuscoli di ife danno direttamente origine a veri aschi in una maniera af- fatto semplice: la porzione superiore, cioè, di ogni articolo ifico si rigonfia sempre più, oppure emette una laterale protuberanza, riem- piesi di abbondante protoplasma mentre si separa dalla restante ca- vità cellulare mediante un setto trasverso, trasformandosi così in un grosso asco sferico dentro cui svolgonsi otto spore ovali o globoidi, incolore. Nell'altra forma descritta .(Podocapsa), la sem- plificazione è pure egualmente manifesta; tuttavia notasi un sistema micelico che può raggiungere uno sviluppo assai esiguo (P. palmata) oppure piuttosto copioso, (P. diffusa) da cui prendono origine dei corti ramuli ascogeni differenti da quelli vegetativi, e terminanti in un asco ovoide contenente otto spore fusiformi. Confrontando i caratteri di questi due nuovi miceti, con quelli particolari al genere Eremothecium di recente da me stabilito (°), resta meglio chiarita la posizione sistematica di quest’ ultima forma come quella del genere Bargellinia. Nell’ Eremothecium . Cymba- larice i| micelio raggiunge uno sviluppo abbastanza copioso e fra (1) Oleina et Podocapsa deux genres nouveaux de l'ordre des Ascomycétes, an- no 1, N. 19. C) Nel Bull. della Società Botan. ital. ottobre 1888, p. 452 e seg. BARGELLINIA, NUOVO ASCOMICETE DELL'ORECCHIA UMANA 475 ramuli ascigeri e quelli vegetativi non esiste alcuna differenza nè per posizione, nè per forma. Verso la fine del periodo vegetativo ogni articolo terminale dei ramuli micelici può direttamente trasfor- marsi in asco. Sicchè, prendendo anzitutto come punto di partenza siffatta particolarità, il genere Eremothecium apparisce indubbia- mente più affine alle Olezna anzichè alle Podocapsa. Dalle due specie di Oleina note l' Eremothecium Cymbalaria differisce poi segnatamente per la forma degli aschi e delle spore e per il numero di queste. Quanto al genere Bargellinia vale la stessa considerazione. Esso presenta affinità maggiori colle Olezna, come per i generi Endo- myces Eremothecium, ed Eremascus non essendo per nulla diffe- renziati i ramuli vegetativi da quelli fruttigeni. La presenza poi di aschi monospori e del tutto indeiscenti basterà facilmente a distin- guere la Bargellinia monospora da qualsiasi altro fungo Exoasceo. Questa particolarità è senza dubbio di non lieve valore morfo- logico, stante la circostanza che essendosi il numero normale delle spore ridotto a uno, l'asco intiero è rimasto affatto indeiscente e colla sua membrana spessa, cutinizzata, forma un inviluppo resistente intorno alle spore di cui le pareti non hanno puson che uno sviluppo esiguo. In nessuna delle forme note e riferibili al gruppo degli È Exoascei la riduzione in numero delle spore nei singoli aschi raggiunge tale minimum. Nel gen. Endomyces solamente notansi 4 spore per asco; negli altri il numero delle spore importa 8; eccezionalmente presso l' Eremothecium Cymbalarie si hanno degli aschi a nume- rose spore. Compendiando ora tali confronti ed estendendoli ad altri generi affini abbiamo il seguente schema: A) ramuli micelici ascigeri non differenti da quellli vegetativi. aschi laterali, 4spori ecc. . . .......- Endomyces, REESS. Eremascus, EIDAM. aschi terminali 8spori ...... Oleina VAN THIEGH. aschi intercalari e laterali, 8spori . . . - 476 A. BORZÌ, aschi terminali, polispori. ........ Eremothecium, Borzì. aschi terminali monospori indeiscenti. . . . Bargellinia Borzi. B) ramuli ascigeri differenti da quelli vegetativi. Podocapsa VAN THIEGH. In cotesto schema sono stati esclusi da ogni considerazione da un canto gli Ascomyces e gli Exoascus, dall'altro i Gymnoascus e Cienomyces. I primi rappresentano le forme più primordiali degli Ascomiceti, le più semplici, ove la riduzione del sistema vegetativo ha raggiunto il maximum di semplificazione. Gli altri includono le forme più elevate di questa classe le quali colla spiccata tendenza che possiedono gli aschi ad associarsi in plessj accompagnati e coinvolti da ife accennano ad evidenti passaggi ai gruppi superiori a fruttificazioni angiocarpiche e gimnocarpiche. Riassumerò in ultimo la frase diagnostica del nuovo genere Bargellinia. BARGELLINIA, n. gen. B. mycelio late effuso, hyphis tenerrimis, hyalinis irregulari- ler ramosis, subaequalibus et remote septatis, ascis solitariis, ter- minalibus, exacte globosis, membrana crassiuscula , minulissime, tuberculato-scabra, plus minus intense fusca, indeiscente, sporis globosis vel subglobosis, solilariis vel raro binis in singulo asco, membrana tenui, laevi, contento olaginoso. B. monospora n. sp. — Hypt. lat. 2-3 u; asc. diam. 8-12 u; sp. 5-7 p. Hab. in excreato catarri meati auditivi externi hominis: Messanae. | Messina, Novembre 1888, A. BORZÌ, RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 477 Formazione delle radici laterali nelle Monocoti- ledoni. — Ricerche di A. Borzi. (Continuaz. e fine, v. pag. 85, fasc. II-III). Durante le fasi di sviluppo suddescritte, l' endodermide della ra- dice madre non subisce alcun cambiamento e se le sue cellule mo- - mentaneamente ci accrescono, non accennano però ad alcuna di quelle modificazioni che abbiamo rilevate studiando la genesi delle radicelle di altre Gigliacee. Così allora formasi una guaina protettrice di durata efimera , di cui sparisce ogni traccia prima ancora che il nascente cono attraversi per intiero la scorza della radice madre. SANSEVIERA ZEYLANICA, Willd. Le fasi iniziali di formazione delle radicelle compionsi in tessuti assai distanti dal cono di vegetazione della radice madre e quindi profondamente differenziati. In tali regioni ormai la epidermide non presenta più alcuna traccia di peli o questi persistono rari e avvizziti. Le cellule dell'epidermide stessa appariscono completa- mente soverificate. Il sottoposto strato sugheroso è ridotto ad un solo strato di elementi molto grandi. Le cellule dell’ endoderma , provviste delle normali loro ripiegature lungo le pareti radiali, pre- sentano una forma del tutto regolare ed alternansi con quelle del pericambio, le quali uguagliano per dimensioni. Queste conservano tuttora scarse tracce di protoplasma: sulle sezioni longitudinali ap- pariscono un po’ più corte di quelle dell’ endoderma. I fasci legnosi ri- sultano da 5-7 vasi spirali. I raggi parenchimatici intervascolari , sebbene composti di 3-5 serie di elementi, sono assai esili, essendo le cellule loro molte piccole. Per questa circostanza i fasci giacciono 478 A. BORZÌ, a brevi distanze in modo che nell’ area d’inserzione di una radicella, per quanto poco estesa, possono essere compresi relativamente molti fasci (spesso 7, di cui 4 xilemici). Le radicelle si svolgono costantemente dirimpetto ai fasci xile- mici. Le modificazioni che a tal’uopo gli elementi del pericambio subiscono, si manifestano, al solito, in ordine centrifugo. Ogni cellula a partire dell’ elemento immediatamente prospiciente al fascetto xi- lemico si accresce prima nel senso dell'altezza ed a misura che si solleva tratto tratto si tramezza trasversalmente. Ne derivano così in pochissimo tempo delle serie del tutto semplici poste in ordine descrescente d'altezza a partire da un punto centrale e costituenti - nell’ insieme un cuscinetto a contorno convesso e più precisamente di forma emisferica. La base di detto pulvinulo si presenta pur'essa lievemente con- vessa per il seguito maggiore accrescimento delle serie centrali, restando così in quella regione il prospiciente fascetto xilemico spo- stato e deviato dal suo normale percorso rettilineo. La base me- desima del cuscinetto, vista su tagli tangenziali, apparisce di forma ellissoide. Essa è in via di continuo ampliamento coll’ aggiungersi di nuovi elementi rizogeni alla sua periferia. Così a poco a poco completasi e raggiunge la sua normale costi- tuzione l'area d'inserzione della radicella. Netevole è però questa circostanza, che mentre ciò accade, in seno ai tessuti del nascente meristema nulla accenna ad alcuna di quelle normali differenziazioni che abbiamo rilevato riguardo lo sviluppo delle radicelle di altre Mo- nocotiledoni riferibili ai primi tipi; tutto quell’ insieme di elementi presenta anzi una regolarità estrema di struttura, essendo ‘formato da serie cellulari perfettamente diritte e quasi aventi lo stesso spes- sore in tutto il loro percorso. Cotesto complesso meristematico in tali fasi iniziali riveste i caratteri di un vero pleroma in modo che parrebbe che la formazione di questo tessuto dovesse precedere quella degli altri istogeni del cono di vegetazione. Le fasi preparatorie della formazione di tali tessuti ci si mani- FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 479 festano colla tendenza che assumono le serie centrali del cuscinetto iniziale a dilatarsi e quindi a sdoppiarsi all’ apice. È facile spesso ri- levare come punto di partenza di cotesto nuovo modo di svolgimento sia la serie posta perfettamente nel mezzo e corrispondente al fascio legnoso centrale. Il dilatamento della sommità è sovente considere- vole. A cotesto amplificamento tien dietro subito una completa par- tizione in croce del relativo articolo. Le serie laterali tendono pur esse a ingrossarsi all'apice e quindi a scindersi. Le altre serie re- stano quasi indifferenti o di poco si accrescono. In ogni modo, al momento in cui succedono tali modificazioni, la originaria dispo- sizione rettilinea delle serie comincia a subire una profonda altera- zione; l'apice del nascente meristema apparisce più prominente; le serie, già da rettilinee e parallele e quasi perpendicolarmente di- sposte come erano sulla base d’inserzione della radicella, vedonsi da una certa altezza in poi divergere verso l'esterno curvandosi più o meno sensibilmente ad arco. Un certo distacco fra i tessuti della . regione superficiale e quelli interni comincia allora a rendersi ap- prezzabile. Verso lo interno di detto strato superficiale gli elementi non presentano più una perfetta delimitazione da quelli decisamente di natura pleromica e gli uni e gli altri si confondono insieme. La massima attività rigeneratrice è sempre limitata al sommo apice, od almeno è costantemente questo il punto di partenza di quelle ulteriori modificazioni cui il meristema dovrà soggiacere. Dal modo ulteriore di comportarsi del meristema si deduce che, mentre gli elementi della regione esterna seguitano a crescere ed a spartirsi nel senso tangenziale, alcuni di essi, costituenti un unico strato alla superficie dell’intiero meristema, si separano e iL proprietà calittrogena; gli altri invece persistono per costituire la scorza del giovine cono vegetativo. | della corteccia deve senza dubbio reciso e netto tra ambo questi La differenziazione co- La formazione della cuffia e essere contemporanea. Un limite p tessuti non esiste negli stadi i più iniziali. 480 A. BORZÌ, mincia dal centro, in modo che, appena compiuta, vediamo la cuffia comporsi di parecchi strati nella sua regione centrale, mentre alla periferia essa riducesi ad una sola serie di elementi. I rapporti di questi ultimi colle cellule sottoposte, oramai differenziate in derina- togeno, dimostrano chiaramente che la cuffia non può essere dovuta; ad altro che a umo sdoppiamento degli elementi superficiali del cusci- netto pleromico. Mentre differenziasi e si accresce la cuffia completasi la for- mazione della scorza. A una certa distanza del centro, gli elementi di quest’ultima vanno differenziandosi in dermatogeno. Tuttavia i limiti fra pleroma e corteccia restano sempre indecisi e in coni pervenuti a sviluppo più avanzato sembra addirittura che le interne serie periblemiche gradatamente si confondano con quelle del cilindro assile o che si trasformino in queste. Lo sviluppo del périblema essendo centripeto, cotesta circostanza pare molto verisimile. All’ apice poi del cilindro pleromico la continuità degli elementi corticali con quelli assili ap- parisce ancora manifesta. Ivi la scorza scorgesi ridotta a 4 soli ele- menti. Questi sono disposti a eroce sopra unico piano; sulla sezione lon- gitudinale mediana se ne vedono due soli. Lateralmente tali cellule si seguitano cogli strati esteriori della scorza dai quali superficial- mente poi individualizzasi il dermatogeno. Al di sotto di dette iniziali ne scorgiamo altre 4, le quali hanno di comune cogli strati esterni periblemici i lati esteriori. Quelli interni si confondono esattamente cogli elementi superiori del cilindro assile. Anche in questa stessa regione le cellule dell’ interna regione periblemica presentano una perfetta continuità con quelle del pleroma. Tenuto insomma conto della forma e dei rapporti di contiguità le sopra dette 4 cellule iniziali inferiori parrebbe che contemporanea- mente fossero di dipendenza della scorza e del cilindro assile. Io non credo d'ingannarmi quindi considerandole come iniziali comuni della scorza (strati interni periblemici) e dell' asse pleromico o meglio delle FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 481 speciali cellule pleromiche generatrici della scorza. In complesso si avrebbero 8 iniziali, d'origine pleromica, di cui quattro superiori esclusivamente generatrici degli strati esterni del periblema, del der- matogeno e della cuffia, e 4 inferiori che, conservando sempre la loro indole pleromica, rigenerano e rinnovano l'apice del cilin- dro assile, dando contemporaneamente origine agli strati interni del periblema. Poco mi resta da dire della parte che prende l'endoderma ai fenomeni su descritti. Esso, cioè, come nella più parte dei casi stu- diati, nel punto corrispondente alla nascita di una radicella, s'ac- cresce in superficie e segue il nascente meristema nelle sue fasi evolutive. Le sue cellule conservano anche a sviluppo inoltrato le stesse primitive proprietà; l'aumento in volume che subiscono è troppo esiguo e non si tramezzano che solo radialmente formando così uno strato unico che resta intimamente connesso soprapponen- dosi alla cuffia della nascente radicella. Trattasi però come al solito di una formazione di fugace durata. Durante queste fasi le cellule, che vi soggiacciono, conservano tuttora visibili i caratteristici ispes- simenti delle loro membrane, almeno in tutti i casi da me osservati. PANDANUS UTILIS, L. É la sola specie della piccola delle Pandanacee che ebbi la oppor- tunità di studiare. Lo svolgimento delle radicelle compiesi, come nella pià parte der casi, in tessuti molto distanti dal cono di vegetazione. Ivi oramal non esiste piü alcuna traccia di peli radicali; lo strato engbonos consta di tre serie concentriche di elementi di cui gli esteriori um ampii. All’interno del parenchima corticale scorgonsi qua e là iso- lati dei fascetti di fibre sclerotizzate. Le stesse fibre notansi alla Nulla di notevole presenta l'endoderma. continua di cellule presso che e endodermiche. Assai stretti periferia di detta regione. Il pericambio costituisce una fascia regolari ed eguaglianti all'incirca quell 482 A. BORZÌ, appariscono i raggi parenchimatici intervascolari, sicchè i fasci librosi e xilemici giacciono a brevissima distanza. Tutti gli elementi parenchimatici del cilindro assile tendono facilmente alla sclerosi. Questo fenomeno già comincia a manifestarsi all'epoca della for- mazione di una radicella. Naturalmente gli elementi destinati a prender parte alla costituzione del nuovo organo vi vengono esclusi. La genesi di una radicella comincia colla costituzione di un me- ristema esclusivamente pleromico. Esso è formato da serie cellulari semplicissime, le quali si elevano diritte e serrate in direzione per- pendicolare dall’ area d’ inserzione della nascente radicella per dar luogo, come nei casi della Sanseviera e di altre Gigliacee, a un vero cuscinetto di forma semisferica. Punto di partenza della for- mazione di detto meristema sono le cellule pericambiali prospicienti un fascetto legnoso. Lo sviluppo ha luogo, come sempre, centrifu- gamente ; compiuto il quale, la base del cuscinetto comprende nel suo perimetro ellissoide 5-7 fascetti vascolari. Una particolarità degna di nota è che le serie silemiche non raggiungono mai una notevole altezza esaminato il cuscinetto al momento in cui comincia la formazione degli altri tessuti meriste- matici radicali. Le serie centrali che, come si sa, sono le più lun- ghe, non contano allora che tutto al più 8-10 articoli. Raggiunte dunque la serie del centro tali dimensioni iniziasi la formazione della calittra e della scorza. Anche in ciò notiamo una rassomiglianza coi fenomeni che caratterizzano la formazione delle radicelle nelle Gigliacee. Essa consiste in ciò, che la comparsa e differenziazione della cuffia e della scorza avviene contemporanea- mente. À tal uopo gli ultimi articoli apicali delle serie pleromiche tendono ad assumere una certa indipendenza; aumentano subito di altezza e, dopo essersi lievemente ingranditi, si segmentano longitu- dinalmente con due tramezze successive perpendicolari tra di loro. Normalmente codesto svolgimento non si estende a tutti gli articoli apicali delle serie, restandovene del tutto esclusi quelli periferici. Questi restano indivisi, ma insieme agli altri costituiscono alla su- ` FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 483 perficie del cuscinetto pleromico una fascia continua distinta. Detta zona tosto sdoppiasi nel senso tangenziale. Lo strato superiore rap- presenta la cuffia; quello inferiore la scorza. Lo accrescimento dei due tessuti segue d'allora in poi in ma- niera affatto indipendente. Massima è l'attività rigenerativa loro nel centro. A partire da questo punto le cellule della cuffia, dopo essersi accresciute, si segmentono. Spiccata è in esse la tendenza di sdoppiarsi nella direzione longitudinale. Cotesto modo di partizione ha luogo sempre all'apice appena il corrispondente articolo ha rag- giunto una determinata larghezza. Alla divisione longitudinale se- guono partizioni tangenziali. Più attivo e completo è cotesto svol- gimento al centro; gli articoli periferici non subiscono che qualche divisione tangenziale. In tal modo si solleva l'apice del nascente meristema. Mentre aumenta lo spessore della calittra, al suo centro si com- pleta la differenziazione dello strato inferiore in corteccia, Le cellule centrali di tale strato si accrescono tosto, divengono più lunghe, leggermente si allargano, indi dividonsi nel senso lon- gitudinale. Così nascono le iniziali speciali della scorza. Gli articoli, sebbene si svolgano pur essi rapidamente, si differenziano tosto in dermatogeno e periblema. Come scorgesi da quello che si cuscinetto pleromico prende una parte principale nell’ orientare gli elementi costituitivi del meristema. Seguendo detta serie in tutto il suo percorso, a partire dalla base fino alla sommità del giovine cono vegetativo , essa fa l'impressione di un asse che si mantiene sem- plice e diritto fino all’ apice del pleroma e che poi, a ripetutamente e successivamente si è detto, la serie centrale del a misura che attraversa la scorza e la cuffi biforea. Cotesta continuità della serie centrale pleromica risulta assai manifesta facendo delle sezioni lungitudinali di giovani coni. Ivi si scorge che la prima biforcazione avviene dentro da ron corticale; normalmente, nei casi da me osservati, alla divisione longitudinale della cellula iniziale corticale segue una completa par- 484 A. BORZÌ, tizione tangenziale. Sieché le iniziali della corteccia, in una sezione longitudinale mediana, risultano 4, disposte a due a due sopra due piani consecutivi (quindi 8). Una seconda biforcazione effettuasi all’interno della cuffia dopo es- sersi le cellule ingrandite e moltiplicate mediante divisione tangenziale. In coni a sviluppo più inoltrato si trovererebbe aumentato, sulle sezioni longitudinali, il numero delle biforcazioni. Noteremmo però sempre una perfetta continuità fra la serie centrale pleromica e dette divisioni. Si troverebbe però sempre ridotto a 8 iniziali il nu- mero delle cellule formative della scorza, disposte come si è detto a quattro a quattro in due piani. Sebbene una perfetta indipendenza stabiliscesi ben presto tra i tre tessuti fondamentali del cono, è molto probabile che cotesta indipendenza non si conservi a lungo o difinitivamente. Secondo il TREUB, i detti tessuti avrebbero delle iniziali comuni. La quale opi- nione io credo di dover dividere fondandomi sulla osservazione di meristemi adulti. Ivi notansi frequenti divisioni tangenziali nelle 4 iniziali superiori della scorza. Da esse derivano dei segmenti di cuffia stretti, serrati che rimangono a bella prima situati in direzione parallela a quella delle iniziali medesime. In siffatti meristemi non meno evidenti risaltano i rapporti ge- netici tra il cilindro pleromico e la scorza, almeno cogli elementi iniziali interni della medesima. É d' uopo quindi ammettere che quella indipendenza che fin da’ primordi della costituzione del me- ristema radicellare, pare si stabilisca in maniera positiva tra i tre tessuti primari, cessi più tardi e lo accrescimento compiasi allora per virtù di comuni iniziali, ridotte queste‘a 4 o a 8 o a più. Seguendo la regola generale i giovani meristemi terminali delle radici di Pandanus si cingono fin dalle prime fasi di loro svol- gimento di una guaina protettrice, dovuta a metamorfosi delle cel- lule endodermiche soprastanti al cuscinetto pleromico iniziale. Detta guaina, a compiuto sviluppo, risulta di un solo strato di elementi. FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 485 PHGNIX RECLINATA, Jacq. — PH. LEONENSIS, hort. — PH. DACTY- LIFERA, L. CHAMAEROPS EXCELSA, Thbg. — CH. ELEGANS, hort. Cocos FLEXUOSA, Mart. SABAL UMBRACULIFERA, Mart. PRITCHARDIA FILAMENTOSA, Seem. 2 j Tutte coteste forme sono state argomento delle mie ricerche. Lo sviluppo delle radicelle procede dapertutto secondo il medesimo tipo o con lievissime varianti di dettaglio assai insignificanti da una parte; dall’ altra però non senza importanza dimostrando esse per quali vie e con quale graduale procedimento può alle volte compiersi il pas- saggio da un tipo di formazione radicale ad un altro. Le Palme porgono, secondo me, un istruttivo esempio del come nulla trovasi di determinato dentro i limiti di uno stesso tipo di svolgimento radicale. Dirò anzitutto con qualche particolarità della formazione delle radi- celle di Phoenix reclinata, Jacq. Il meristema terminale delle radici di questa specie è stato argomento di speciali considerazioni da parte del sig. TreuB. Parmi utile perciò prender come punto di partenza anche nel nostro esame questa pianta stessa e vedere, per altre vie, di controllare le ricerche dello stesso sig. TREUB. Anche qui la genesi delle radicelle va studiata in tessuti radi- cali differenziati e distanti del cono di vegetazione. Nulla di note- vole offrono le cellule pericambiali. Lo sdoppiamento della fascia pericambiale, già segnalata dal TREUB nelle grosse radici della Phæ- nix reclinata e del Cocos flexuosa venne da me altresì notato nella Chameerops excelsa e nel Sabal umbraculifera. Non è però, a quanto pare, un fatto che possa influire sul modo di svolgimento delle radicelle. Quello che mi è parso costante è la circostanza che le cellule pericambiali prospicienti a’ fasci floemici sono più piccole delle altre della medesima serie. 486 A. BORZÌ, Lo sviluppo di una radicella comincia, come nella più parte dei casi studiati, dalle cellule prospicienti ai fasci legnosi. Punto di partenza è sempre una cellula delle più contigua a un fascio xilemico, la quale si accresce tosto in altezza e dividesi per mezzo di setti trasversali in due successivi articoli. Con ordine centrifugo e nella stessa maniera seguono a svolgersi gli elementi successivi iniziandosi così la formazione del cuscinetto meristematico, la cui base, ellissoide, è percorsa da 5 fascetti vasco- lari nelle radicelle di mediocre spessore. A sviluppo compiuto l'area rizogena, conta (almeno nei casi da me studiati) 7-9 serie cellulari trasversali ed 11-13 longitudinali. È sempre qui possibile ridurre gli elementi della base del cuscinetto ad un tipo di disposizione geometrica regolarissima , avente per centro una cellula esagonale. La struttura del meristema è fino a questo momento molto semplice: le serie si elevano diritte, senza punto ramificarsi, Immediatamente comincia la individualizzazione del corpo ple- romico e la sua differenziazione dalla scorza. Allora gli drticoli su- periori iniziali appariscono insensibilmente slargati verso l'alto. Più spiccata è cotesta tendenza nella cellula superiore della serie cen- trale. Raggiunto un determinato volume, quest’ ultimo elemento si spartisce longitudinalmente con due successive tramezze e ne deri- vano 4 cellule centrali, che sono le iniziali comuni generatrici della scorza e della cuffia. Gli articoli terminali successivi presso a poco si comportano nel modo stesso; però in essi non ha luogo che una sola.partizione longitudinale. Gli altri articoli che seguono sempli- cemente s'inspessiscono e restano temporaneamente intieri. Come conseguenza di tali divisioni, il cuscinetto radicellare ap- parisce scompartito in due regioni; una interna, d' indole pleromica, l'altra periferica. Da quest’ ultima, mediante una nuova partizione tangenziale, prendono origine la cuffia, al di fuori, la scorza al di dentro. Evidentemente l’ attività incrementale ulteriore del cono si ma- I FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 487 nifesta son spiccata prevalenza al suo sommo vertice, essendo ivi collocate le 4 iniziali. Mentre però una delimitazione netta e precisa si stabilisce di buon’ ora tra il cilindro assile e il restante corpo radicale, così non avviene per la scorza e per la cuffia e i rapporti di questi tessuti sono tali da essere indotti ad ammettere che lo sviluppo e il rinnovamento successivo di essi dipenda soltanto dall’ attività delle 4 iniziali suddette. Naturalmente, come sempre, gli altri elementi posti intorno a queste ultime e derivanti dalle cellule laterali dell’ area rizogena primitiva, negli stadi elementari in cui noi consideriamo ora il me- ristema, pigliano parte allo ispessimento del cono generando sui fianchi e intorno al vertice di esso degli strati di scorza e di cuffia. Ma ben presto questi tessuti non prendono ulteriore sviluppo, e la attività del cono rimane legata a quella delle iniziali. A me sembra quindi che la dipendenza della cuffia e della scorza da iniziali comuni possa con sicurezza stabilirsi. E questa medesima attitudine conservano esse iniziali, a quanto pare, a sviluppo com- . piuto del cono ed in maniera definitiva. Ad avvalorare questa mia opinione basta rammentare che le osservazioni del signor TREUB e quelle del FLaHauLT confermano pienamente tale circostanza. Per quanto evidente il grado d’ indipendenza dell’ asse pleromico dalla scorza nei primordi della costituzione del cono di vegetazione, altrettanto indecisi più tardi divengono i limiti segnatamente all' a- pice del meristema. L' opinione del sig. TREUB che il cilindro assile abbia le stesse iniziali della scorza parmi ben giustificata. Se s] esa- mina infatti attentamente la struttura della regione centrale della Scorza in coni piü tosto giovani, praticandovi delle sezioni lon- gitudinali mediane vi scorgiamo le su rammentate iniziali situate su due piani. Le 4 iniziali superiori (solo 2 visibili nella sezione longitudinale) di forma rettangolare, quasi egualmente esigue come le vicine cellule, stanno in intime relazioni cogli strati esteriori del periblema ; esse certamente ne sono gli elementi generatori, Le 33. Malpighia, anno II, vol. II. 488 A. BORZE, 4 altre cellule iniziali sottoposte, sebbene situate sopra uno stesso piano, non presentano quella regolarità che vedemmo nelle altre; segnatamente le loro pareti interne non sono giammai in direzione parallela a quelle esteriori, anzi tendono spesso a disporsi obbliqua- menie presentando una perfetta comunanza cogli elementi apicali del cilindro assile. Questi precisamente appariscono come segmenti di esse iniziali. Le loro facce laterali stanno invece in connessione colle cellule degli strati interni del periblema. Verosimile quindi sarebbe ammettere che le 4 iniziali inferiori avessero l'ufficio di generare la scorza interna e di rinnovare ed accrescere la sommità del pleroma. | L’ endodermide segue passivamente l’ incremento del nascente me- ristema; le sue cellule, forzate dal sottoposto cuscinetto, si distendono da prima circondandone il contorno. Prive di contenuto protopla- smatico, esse non sono suscettive di sviluppo, vengono distirate, si lacerano senza dar luogo alla formazione della nota guaina. Tanto nelle altre specie di Phoenix studiate quanto in quelle del . genere Chamærops , lo sviluppo e lo accrescimento delle radicelle segue secondo le modalità su esposte. In tutti i particolari si puó dire esse vi concordano. In generale potrebbesi dir lo stesso dei generi Cocos e Pritchar- dia. La sola variante consiste in ció che la differenziazione del cilindro pleromico é assai netta fin da' primordi. Importante è anche per questa stessa ragione lo sviluppo delle radicelle di Sabal umbraculifera. Quivi, appena le cellule pericam- biali prospicienti ad un fascetto legnoso hanno raggiunto un'altezza doppia della primitiva, si segmentono tangenzialmente verso il mezzo. La porzione loro esterna è destinata alla costituzione della cuffia. Il resto rappresenta il pleroma e la scorza. Lo sviluppo del meristema essendo centrifugo, prima a dar luogo a cotesto svolgimento è la cellula iniziale immediatamente contigua al fascio silemico. Durante il suo accrescimento in altezza essa tende ad allargarsi all’ apice. Tosto divisa, l'articolo superiore assume una spiccata indipendenza - FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 489 da quello sottoposto, e allora, dopo essersi adeguatamente ingrandito, sì scinde longitudinalmente mediante due successive tramezze, alter- nantisi ad angolo retto, in 4 nuovi elementi figliali. Questi segui- tano a segmentarsi tangenzialmente. Così comincia a differenziarsi la scorza, mentre gli articoli adiacenti derivati dalla segmentazione tangenziale delle altre cellule pericambiali pur essi si scindono una sola volta nel senso longitudinale e poi in quello tangenziale. Poscia comincia la separazione dei primi elementi della cuffia. Intanto all’ apice del pleroma si osserva unica cellula fungente da iniziale propria. Quanto alla completa esclusione delle cellule endodermiche dal prender parte alla formazione della guaina protettrice intorno a nascente meristema, notato nelle specie del gen. Phoenix può dirsi lo - stesso per le specie di Chamerops. Non così pei generi Cocos, Prilchardia, Sabal. Quivi la più parte delle cellule endodermiche corrispondenti all’ area di formazione di una nuova radicella non subiscono alcuno svolgimento, soltanto una o due di esse, corrispon- denti alla regione apicale del nascente cono vegetativo, s'ingrandiscono e tendono ad avviluppare il meristema di una sottile guaina. Questa però resta assai corta; nonostante persiste alcun tempo aderente agli strati superficiali della cuffia. Trattasi dunque della formazione di una guaina protettrice assai esigua. In complesso, nelle Palme noi troviamo accentuata fin dai pri- mordi della genesi di una radicella la indipendenza del cilindro assile dagli altri tessuti primari del cono radicellare, mentre questi ultimi dipendono dall’ attività di iniziali comuni. Il pleroma si ac- cresce allora per virtü di unico elemento iniziale o di pochi ele- menti di tal sorta posti al suo sommo apice. Molto tardi stabiliscesi una perfetta comunanza di elementi iniziali, al vertice del corpo e dicale, dalla cui attività dipende l’ accrescimento del cono. Per cui fra la struttura di coni nascenti e quelli adulti esiste una notevole differenza ; tutti i tessuti si confondono in unico istogeno sul ver- tice del meristema radicale , così come è stato osservato dal FLa- HAULT nelle sommità vegetative delle radici embrionali, 490 A. BORZÌ, Di più: lo studio della genesi delle radicelle nelle Palme mette pure in rilievo un’ altra circostanza, che, cioè, le prime fasi decor- rono in una maniera affatto semplice paragonabile a quanto ab- biamo osservato nella più parte delle Monocotiledoni. Se la indi- pendenza della cuffia si fosse stabilita fin da quei primordi, e tutto il meristema non avesse di poi modificato la sua forma di cresci- mento, i coni. radicali delle Palme avrebbero dovuto certamente riferirsi al secondo tipo. La presenza di iniziali comuni a tutti i tessuti primari del cono di vegetazione notasi in radici adulte; ma difficile riesce il preci- sare il momento quando il meristema raggiunge tale costituzione. Io non credo che in ciò vi sia qualcosa di determinato e quindi non resta esclusa la possibilità che il cilindro assile resti lungo tempo indipendente dalla scorza. L'epidermide non è che una dipendenza degli strati esterni del periblema, e prende origine nella maniera nota. Nelle Palme abbiamo cominciato a notare la tendenza nei tre istogeni fondamentali del meristema radicellare di assumere fin dei primordi una spiccata indipendenza fra di loro. Ma tale condizione cessa ben presto e il cono, in maniera definitiva, si accresce per virtù di comuni iniziali. In altre Monocotiledoni tal fatto apparisce me- glio accentuato e a sviluppo più avanzato ancora i coni vegetativi adulti offrono tali modificazioni. Un esempio di ciò ce ne porgono le Cannacee. E se qui il fenomeno si manifesta con una certa co- stanza, in altre Monocotiledoni le cose avvengono diversamente e si danno coni in cui il tipo di crescimento definitivo scorgesi alte- rato con tutte le parvenze di un fatto meramente eccezionale o del tutto accidentale. - Così è nelle Musacee e Zinziberacee. Tali casi vanno raccolti e presi in considerazione perchè se non altro dimostrano la possibi- lità di un cambiamento nella forma incrementale iniziale o tipica. FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 49] Lo esame di coni di vegetazione di radicelle adulte e embrio- nali di varie Cannacee permette di rilevare a prima giunta una indipendenza trai tre tessuti primari del meristema. Di questo av- viso sono il Janczewski, il TREUB ed il FLaAHaULT. Tale è infatti l'impressione che si riceve anche esaminando delle radicelle al mo- mento della loro uscita dalla scorza della radice madre. Tuttavia è da notare come il TrEUB nel riferire le sue ricerche sulle sommità vegetative delle radici di Phrynium villosum confessa che quivi la cuffia « non fa l’effetto, come presso le Graminacee, le Ciperacee, le Giuncacee etc. di essere un tessuto che non abbia nulla di comune col corpo radicale » Egli ha però creduto di dovere ammettere l’ indipendenza soltanto perché non ha osservato delle divisioni tangenziali nelle iniziali della scorza. Quanto ad altre Cannacee, e segnatamente alla Canna indica, lo stesso sig. TREUB ritiene pos- sibile che una demarcazione netta e distinta tra la cuffia ed il peri- blema manchi. Lo ScHWENDENER nel suo lavoro, altrove citato, mentre appunto ammette cotesta indipendenza’ nega invece quella del cilindro assile dalla soprastante scorza, almeno in un'altra Cannacea del gen. Maranta. i Davanti a tali dispareri nuove ricerche possono essere utilissime. Riferendomi alle quali a me sembra che nella più parte delle Can- nacee, se non in tutte, il cono di vegetazione delle radici possieda tipicamente tre sorta d’iniziali distinte, ma che tale organizzazione subisca delle varianti a sviluppo assai avanzato e lo accrescimento definitivo si compia per mezzo d'iniziali comuni. Questa certezza io ho acquistato considerando la struttura delle Sommità radicali di varie specie di Canna è della Maranta sisi Ivi una precisa delimitazione tra il cilindro assile e la scorza " è parso non esistesse e par che le poche iniziali poste al vertice del pleroma si scindano cedendo dei segmenti a quest’ ultimo tessuto, mentre al di fuori rinnovano gli strati interni della cuffia. 492 A. BORZI, Non posso dire con precisione l'epoca verso la quale compiesi questo passaggio; tuttavia dalla figura allegata si può, almeno quanto ai rapporti della scorza colla cuffia, arguire come ciò avvenga in maniera positiva in radicelle pervenute a svolgimento inoltrato e che tali relazioni tra le iniziali della scorza e gli altri tessuti non sì stabiliscano con norma determinata allo stesso tempo anche nei coni radicali di una stessa specie. Lo studio particolare della formazione delle radicelle in varie specie di Canna (C. coccinea, C. lutea, C. glauca) conferma tali dati. Lo sviluppo delle radicelle va studiato nelle sue fasi iniziali a breve distanza dal cono di vegetazione delle radici madri. Quivi i tessuti sono pervenuti a completo differenziamento. Il legno è rap- presentato da un esile vaso spirale. Le cellule pericambiali conser- vano tracce di protoplasma: esse sono il doppio o triplo più lunghe di quelle dell’ endoderma con cui regolarmente alternano. Del resto nulla offrono di notevole. | Le radicelle prendono origine dalle cellule pericambiali prospi- cienti a un fascetto xilemico. Le prime fasi non si allontanano dalle regole ordinarie. Lo sviluppo è al solito centrifugo a partire da un unico elemento, il più immediato agli elementi del legno. In breve si costituisce un'area rizogena avente per centro una cellula esa- gomale cui fan corona altri 6 elementi; questi alla lor volta sono circondati da 12 altre cellule. Nelle radici da me esaminate ho riscontrato costantemente co- testa struttura e disposizione dei nascenti coni di vegetazione prov- visti dei fondamentali loro tessuti. Coll’ aggiunta di nuovi elementi periferici cotesta superficie suole ampliarsi; le nuove cellule vanno a inspessire la base del giovine meristema e quindi hanno l'ufficio di aumentare la mole dei tessuti connettivi. L' ampliamento è però assal limitato; sebbene l’area di inserzione definitiva sia piccola , tuttavia, stante la grande contiguità dei fascetti vascolari, la radi- cella, a sviluppo compiuto, posa colla sua base sopra un’ arca percorsa da 5 fasci di cui 2 floemici. FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 493 A misura che formasi centrifugamente l’area rizogena i diversi elementi che prendonvi parte s'accrescono in altezza seguendo lo stesso ordine centrifugo. Segnatamente la cellula centrale svolgesi con molta rapidità sollevando e spingendo contro l'endoderma il suo apice ingrossato e tondeggiante. Il cuscinetto assume prestis- simo un contorno convesso. Appena le cellule raggiungono un’ altezza pressochè tripla della primitiva subiscono una prima divisione tangenziale: così, di ogni cellula, derivano due segmenti, di cui quello esteriore è ordinaria- mente più corto ma nello stesso tempo più largo dell' altro sottoposto. Coteste due distinte regioni del nascente cono di vegetazione rappresentano: quella esterna, la scorza non ancora separata dalla cuffia, l'altra, il pleroma. Un limite netto tra i primi due tessuti si stabilisce ben presto mediante un nuovo sdoppiamento tangenziale che l'interna regione ben tosto subisce. Siffatto ordine col quale vengono formati i tre tessuti fonda- mentali del cono di vegetazione di una radicella trova pieno riscon- tro in molte altre famiglie di Monocotiledoni (Graminacee, Cipe- racee ecc). Tenendo conto dell’ estensione dell'area rizogena al momento in cui il meristema differenziasi nei suoi tre tessuti fondamentali si comprende chiaramente come la cuffia debba a quell'epoca essere costituita da 12 elementi periferici, di 6 mediani ed uno centrale. L'attività moltiplicativa di dette cellule scema a partire dal cen- tro. Infatti dall' elemento centrale derivano ben tosto, per successive partizioni radiali e longitudinali, 16 nuove cellule, le quali rappre- sentano la cuffia definitiva, mentre dalle altre cellule circostanti non nascono che degli stati provvisori di calittra che si seen a quelli primi. Queste cellule si scindono solo in 2-4 nuovi elementi figliali. Gli stessi fenomeni di moltiplicazione si compiono "^ — corticale. Qui soltanto l'elemento centrale si spartisce per ruine radiale seguita, da una longitudinale, in 4 nuove cellule. Le conti- 494 -A. BORZÌ, gue cellule periferiche, destinate a formare degli strati di scorza provvisoria, si dividono pur esse nello stesso modo. Anche gli iniziali elementi del pleroma s' estendono ed a par- tire dalla base subiscono delle divisioni longitudinali. Le cellule del- l'apice, in numero limitatissimo, ordinariamente 7, di cui una nel mezzo, si mantengono corte. Esaminando delle radicelle in stato più inoltrato di sviluppo alla sommità della scorza scorgiamo 6 cellule iniziali situate in triangolo. Questo triangolo ha presso e poco i lati uguali; il suo centro ri- sponde all'apice esatto dal cono ed al. centro geometrico della cel- lula centrale dell'iniziale area rizogena; solo nella cuffia il numero delle iniziali apparisce 4; mentre il pleroma ne conta una sola al suo vertice. Tornando ad esaminare siffatte cellule su sezioni longitudinali esse distinguonsi per dimensioni relativamente maggiori dalle cellule vicine. La lor forma somiglia a quella di un cuneo; la parte ristretta risponde alla sommità del pleroma. Il loro ufficio d’iniziali è reso manifesto dalle pronte divisioni che subiscono. Mediante una prima divisione tangenziale sul lato esterno vengono aggiunti nuovi segmenti a quelli preesistenti della cuffia. Per via di successive laterali segmentazioni accrescesi la scorza. Intanto la parte loro ristrettita, interna, spartiscesi pur essa per co- stituire la sommità del cilindro assile. Nella fig. 38 sono rappresen- tate coteste condizioni. In conseguenza di ciò tali cellule sarebbero delle iniziali comuni a' tre tessuti fondamentali della radice. Gettando uno sguardo complessivo sugli elementi costituenti la cuffia di un meristema terminale adulto , l'ordine e la disposizione in serie verticali che vi si nota in essi, i rapporti di essi colla sommità del corpo radicale non lasciano aleun dubbio sulle gene- tiche relazioni dell'intiero tessuto colle medesime cellule generatrici dalla fascia corticale. Per il pleroma non è difficile venire ad una medesima conclusione. Un limite preciso tra gli elementi della sua sommità e le cellule dell’estremo apice del corpo radicale assoluta- FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 495 mente. non esiste; si scorge addirittura come le descritte iniziali vanno completamente a confondersi cogli elementi del sommo apice del cilindro assile stesso. ! Da tali indicazioni dunque risulterebbe compiersi la formazione delle radicelle delle specie di Canna per esclusiva attività delle cellule pericambiali e per opera d’ iniziali distinte. Il cilindro assile sarebbe il primo tessuto che dai detti elementi deriva; indi dalla porzione di meristema rimasto escluso dal prendere parte a cotesto processo formativo deriverebbero contemporaneamente la corteccia e la cuffia. La parte che prendono le cellule endodermiche della radice ma- dre durante i descritti fenomeni è del tutto secondaria. Esse accre- sconsi in superficie, poi si scindono tratto tratto formando intorno al nascente meristema una continua guaina che per quanto possa esten- dersi in superficie non si sdoppia giammai. Eccezionalmente talune cellule della sua regione centrale subiscono una sola divisione tan- genziale. Come esempio della formazione delle radicelle delle Musacee mi sia permesso riferirmi alla Musa paradisiaca L. e Strelitzia Re- ginoe, Ait. Le grosse e carnose radici di M. paradisiaca sono provviste di abbondanti radicelle. Lo studio dello sviluppo di queste è relativa- mente facile anche per le notevoli dimensioni delle cellule pericambiali. L'area rizogena sì forma al solito dirimpetto ad un fascetto le- gnoso qualunque della radice madre. La cellula centrale si Cogonds subito di altre 6 e queste successivamente da 12 e così di seguito, in modo che l'area stessa, a sviluppo inoltrato, rimane percorsa da fasci vascolari. : or sini i ri- In via centrifuga comincia la costituzione del cuscinetto me * "n LET i " "E rf ) su- Stematico iniziale e la prima divisione tangenziale , che questi Indi il seg- bisce, ha per iscopo la separazione del cilindro assile. 496 i A. BORZÌ, mento periferico, rimasto indiviso, si spartisce nella stessa direzione e prendono origine la scorza e la cuffia. Una netta delimitazione tra gli elementi derivati dalla cellula centrale dell’area rizogena e quelli aventi origine dagli adiacenti si stabilisce prestissimo. Da questi ultimi nascono delle serie ple- romiche che mano mano assumono verso la periferia i caratteri di una scorza rivestita di epidermide. L'elemento centrale si accresce in serie continua indefinita per costituire la sommità del cilindro assile terminando quivi con unica iniziale. Dallo stesso elemento centrale la scorza riceve 4 iniziali, le quali rimangono distinte da quelle della cuffia. Siffatta indipendenza e condizione di struttura persiste anche a sviluppo inoltrato, come lo dimostra la Fig. 39 della Tav VII. No- tisi però che lo esame di sommità vegetative di radici adulte può benissimo far nascere il sospetto che dalle 4 iniziali corticali ven- gano separati dei segmenti, in via tangenziale, che si aggiungono a quelli preesistenti della cuffia e cesserebbe quindi d’ allora in poi la indipendenza di quest’ ultimo tessuto dalla scorza. Molte mie os- servazioni appoggiano questa interpretazione la quale poi intera- mente è conforme alle opinioni dei signori TREUB e FLAHAULT. Del resto, se i primi segmenti della cuffia vengono in origine generati dalla scorza, nulla vi è d'improbabile ammettendo che tale facoltà possa la scorza medesima riacquistare più tardi. Il che non altera punto il piano di costituzione fondamentale. Durante lo svolgimento di una radicella, l’ endoderma della ra- dice madre, nella regione prospiciente all'area rizogena, subisce, come nella più parte dei casi studiati, uno sviluppo particolare. per costi- tuire attorno al nascente con una guaina protettrice. Questa però si sdoppia in tutto il suo spessore e le cellule, per quanto ricche di protoplasma, conservano sempre immutate le caratteristiche ri- piegature delle pareti loro radiali: il che certamente è degno di nota costituendo una eccezione alla regola normale. LI : FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 497 Nella Strelitzia Regina Ait. la formazione delle radicelle segue nella maniera identica su descritia. Ho notato in questa specie co- stante la indipendenza dei tre tessuti primari anche in coni adulti. L'endoderma prende altresì parte alla costituzione di una guaina protettrice temporanea, che rimane però di un solo strato, CONCLUSIONI Lo scopo principale del lavoro, di cui sono argomento le prece- denti pagine, come in parte ho già annunziato, era quello di ricer- care le primissime fasi evolutive dei meristemi delle radicelle delle Monocotiledoni e seguirne le modalità di costituzione fino a sviluppo compiuto. Le indagini all’ uopo istituite hanno messo in evidenza parecchie particolarità che mi piace ora brevemente riassumere. . L Studiando la genesi di una radicella anzitutto deve meritare la nostra attenzione, la costituzione dell’area formativa iniziale, e propriamente il modo di orientazione degli elementi rizogeni in quei primordi. In nessuno dei lavori precedenti tale argomento è stato Oggetto di speciale considerazione. I primi accenni di una radicella vanno ricercati in seno al pe- ricambio. L'illimitato potere incrementale di un cono radicale qualunque di- pende in maniera assuluta dall'attività evolutiva di un unico elemento pericambiale: ogni cellula del pericambio, posta in immediato contatto con un fascio legnoso, raramente floemico, possiede tale facoltà. Lo stesso osservasi nelle Crittogame Vascolari (salvo che quì sede formativa è I endoderma). Quivi soltanto l'elemento iniziale rizogeno, dopo essersi accresciuto in altezza, si spartisce mediante ire successivi setti obbligui limitando nel suo centro uno spazio tetraedico, mentre nelle Monocotiledoni (come. nelle rn tutte) la incidenza delle prime tramezze ha luogo invariabilmente nella direzione normale. wwo : A. BORZÌ, E in questi due momenti fondamentali che vanno ricercate le sole differenze che corrono tra la struttura e il modo di accresci- mento ulteriore dei coni radicali delle Crittogame Vascolari da una parte e quelli delle Fanerogame dell’ altra. Da tale particolare costituzione primordiale dipenderà esclusiva- mente il fatto che l estremo apice vegetativo dei meristemi radicali delle Crittogame Superiori terminerà con una cellula di forma te- traedica, mentre in quelli delle Fanerogame sarà soltanto possibile aversi 2 0 2 X n elementi di forma parallelopipoidea. Siffatte induzioni corrispondono al fatto: così nelle Monocotiledoni, come nelle altre Fanerogame, le iniziali generatrici sono ordinaria- mente 2, spesso 4, di rado 6, od 8, e rappresentano degli elementi esaedrici a faccie normali fra di loro. II. Come condizione forse legata alla normale esilità del cilindro assile delle radici delle Crittogame vascolari, le radicelle presso que- ste piante non ispessiscono gran fatto la loro base d'inserzione e questa viene costituita esclusivamente per attività della cellula ri- zogena iniziale. Nelle Monocotiledoni (e Fanerogame tutte) l'ispessimento della base della nascente radicella apparisce invece una condizione del tutto necessaria e si compie per attività di alcuni elementi peri- cambiali circostanti alla cellula rizogena iniziale, i quali vanno per- ciò riguardati come elementi rizogeni ausiliari. Il loro ufficio è quello di ampliare la base della radicella, estenderne i punti di con- tatio colla radice madre, generando insomma un vero tessuto con- nettivo. III. Cellule ausiliari divengono tutte quelle immediatamente con- tigue, da ogni lato, alla cellula rizogena iniziale. E poichè gli ele- menti del pericambio, considerati su diverse serie longitudinali con- secutive, si alternano con perfetta regolarità fra di loro, si avranno necessariamente all'intorno della cellula rizogena primordiale, 6 ele- menti ausiliari. Divenendo necessario un maggiore ampliamento della base d'inserzione, aumenterà il numero delle cellule ausiliari e nuovi FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 499 elementi pericambiali si aggiungeranno alla periferia ai precedenti: il numero di questi sarà naturalmente 12 restando invariate le rela- zioni di alternanza tra gli elementi delle serie consecutive pericam- biali che si considera. Così pure ampliandosi maggiormente la su- perficie d'inserzione alle ultime 12 cellule se ne aggiungono torno torno 24 e a questi quindi 48 e cosi di seguito colla medesima re- golarità numerica si amplia e si costituisce la base d' inserzione della nascente radicella o più propriamente l'area rizogena. IV. L'ordine di svolgimento dell'area rizogena 6 centrifugo: a partire dall' elemento iniziale centrale le cellule pericambiali circo- stanti acquistano successivamente la facoltà rizogena. A misura che aumenta la estensione dell'area, questa riceverà sulla sua faccia in- terna 3, 5, 7, 9, 11, ecc. fascetti vascolari che la percorreranno longitudinalmente. Essendo nella radice madre in prevalenza l ac- crescimento longitudinale, gli elementi costituitivi dell’area appari- ranno maggiormente estesi in lunghezza, cioè, nella direzione indi- cata dall' incremento della radice stessa. Quindi il perimetro dell'area medesima dovrà essere indicato da un contorno ellissoide. Il fascetto legnoso (o raramente floemico) corrispondente alla cellula centrale indicherà nel suo percorso l'asse maggiore di detta ellissi. V. I diversi elementi che costituiscono l' area rizogena hanno un valore istogenico differente. L'elemento mediano è il centro organico evolutivo del nascente meristema. Esso ha l'ufficio di generare i tessuti del meristema in via di definitivo sviluppo dando luogo a cellule speciali rigeneratrici del vertice del corpo radicale (le iniziali). Le altre cellule periferiche o ausiliari hanno una importanza secondaria rispetto all'elemento del centro: per diretta figliazione di esse deriva un meristema provvisorio, connettore, formante torno torno ai fianchi della radicella nascente una guaina più o meno spèssa. VI. Nei primordi della formazione di una radicella, tutte le cel- lule dell’area rizogena si accrescono in altezza collo stesso ordine centrifugo col quale si è costituita detta area 500 vii A. BORZÌ, Prima a svolgersi è la cellula centrale (o le cellule centrali) e le prime divisioni che essa subisce avvengono nel senso tangenziale; così parimenti e successivamente si comportano quelle ausiliari. Non è esclusa la possibilità che le prime divisioni della cellula centrale avvengano mediante piani normali alla sua base, in modo che l'area rizogena possederà al suo cefitro un gruppo di 2 o di 4 elementi. Allora questi si comporteranno nella maniera identica come se si trattasse di un solo elemento centrale. Ma ciò costituisce un’ eccezione. i Come caso molto generale si osserva che i primi due segmenti separati acquistano di buon'ora caratteri morfologici ed istogenici propri, e segnatamente il primo, quello interno, s' individualizza tosto in cellula iniziale del pleroma; l’altro segmento, per ripetuta divisione tangenziale, costituisce immediatamente gli accenni della scorza e della cuffia radicale. Cotesta differenziazione, una volta abbozzata, può rimanere inva- riabilmente tale anche durante tutte le fasi ulteriori di svolgimento. Solamente avverrà un aumento nel numero delle iniziali proprie a ciascuno istogeno per divisioni ordinariamente radiali, e i coni adulti appariranno costituiti da tre distinti tessuti, dipendenti sin- golarmente dall’ attività di proprie speciali iniziali. L’ epidermide comparisce indi come un tessuto di dipendenza della scorza (eccet- tuata Pistia (1) e Hydrocharis). Tutto ciò-in via normale. (1) Mi affretto rettificare un'inesattezza tipografica che si riscontra nelle prime pagine di questo lavoro, la quale, per quanto non pregiudichi menoma- mente la sostanza dei fatti esposti, potrebbe far nascer degli equivoci, Il JANCZE- WSKI cita come esempio del suo tipo di meristema radicale a 4 sorta d iniziali distinte quello della Pistia Stratiotes, che è, come si sa, un'Aroidea. Nel redigere il mio articolo avevo ben tenuto conto di ciò; però durante la correzione delle bozze a causa di un'omissione tipografica della iniziale del nome generico fui tratto nell'errore di ritenere che la pianta studiata del JanczEWSKI fosse un'Idro- charidacea del genere Stratiotes. Avvalorato poi il dubbio da molte circostanze feci delle correzioni, le quali poi, riuscite per inavvertenza incomplete, pur provano chiaramente quali fossero i primi veri intendimenti miei. FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 501 Questo tipo, fondamentale per eccellenza, è fedelmente rappresen- tato dalla genesi delle radicelle delle Graminacee, Giuncacee, Cipe- racee, Restionacee, ecc. Però i particolari di sviluppo e di costituzione dei meristemi radicellari di altri rappresentanti delle Monocotiledoni dimostrano possibili delle modificazioni, dentro lo stesso tipo e aventi talora il carattere di mere eccezioni. Cosi p. e. possono le iniziali della scorza arrestare fin dai primordi il loro sviluppo, senza separare segmenti caliptrogeni; allora la cuffia non è più di origine pericambiale, ma deriva dall’ endoderma della radice madre. Lo strato superficiale di scorza, che separasi per divisione tangenziale, assume le proprietà di epidermide e questa accrescesi ora per virtù di proprie iniziali (Pontederia), ora per mezzo delle iniziali comuni anche alla scorza (alcune Iridacee). Oppure in corso di sviluppo od anche più o meno precocemente, accade che le iniziali dei singoli tessuti primari perdano la primitiva autonomia e l’attività incrementale del meristema dipenda allora da quella di un comune gruppo di elementi generatori, posti al vertice: del corpo radicale. Questo è il caso delle Amarillidacee, Gigliacee, Ofiopogonacee, Asparagacee, etc. etc. Talora però mentre le iniziali del cilindro assile conservano sempre la originaria loro indipendenza, le altre si riuniscono in unico gruppo rigeneratore della scorza e della cuffia. Così nelle Aroilicee (escl. Pistia e Acorus (!).) VII. Gli elementi ausiliarî dell’area rizogena si svolgono con ordine centrifugo in serie radiali formando degli strati provvisorii (1) Di questa pianta io non ho fatto cenno nelle precedenti ricerche. Siccome ho potuto rilevarlo posteriormente, questa Aroidea fa anzitutto eccezione "d regola perchè le fasi iniziali di formazione delle radicelle si compiono a maggior distanza dal vertice della radice madre. Di più, una volta accentuata la separa- zione della cuffia dalla scorza, rimangono i due tessuti del tutto indipendenti tra di loro. L’ endoderma forma una guaina tunparanta meno spessa che nelle altre Aroidee. P: A. BORZÌ, di cuffia, scorza e cilindro assile, rare volte degli strati di scorza e cilindro assile soltanto (alcune Graminacee) che si riaccordano e congiungono con quegli stessi strati dipendenti dalla attività delle iniziali proprie del meristema. La scorza modifica i suoi elementi esteriori trasformandoli in cellule epidermiche. VIII. Le cellule endodermiche della radice madre prospicienti all’ area rizogena il più delle volte si accrescono, seguono l’ accresci- mento del nascente meristema costituendovi all’ intorno una sorta di guaina protettrice provvisoria, talora semplice, altra volta for- mata da doppia o multipla serie di elementi. Eccezionalmente cotesto inviluppo manca, come pure di rado a costituirlo prendono altresì parte gli elementi interni della corteccia della radice madre. Anche raro è il caso che la cuffia per intiero debba la sua origine all’ endoderma. ` Altresi raramente avviene che mentre gli è elementi superiori di detto tessuto entrano a far parte di detta guaina protettrice, quelli sottoposti si differenziano in epidermide, almeno in un’ epidermide provvisoria, Lo seopo ben limitato delle mie ricerche non mi permette estesi confronti; ma se un fatto d'indole generale, di capitalissima im- portanza per la morfologia comparata delle piante, debba dedursi sicuramente è questo che i tessuti costituenti in maniera definitiva i coni di vegetazione delle radici delle Monocotiledoni (e certa- mente di tutte le altre Fanerogame) dipendono dall’ attività di unico elemento rizogeno primordiale, di natura pericambiale ; il quale si moltiplica incessantemente per successiva bipartizione me- diante setti normali fra di loro; i segmenti separati debbono ne- cessariamente tosto assumere una forma parallellopipoidea e saranno fra di loro eguali e conformi. Siffatti segmenti divengono più o meno precocemente gli accenni dei diversi tessuti primari del meristema. FORMAZIONE DELLE RADICI LATERALI NELLE MONOCOTILEDONI 508 In tal modo rimangono meglio accertate talune relazioni istoge- niche e morfologiche che legano le Fanerogame alle Crittogame Vascolari. Quivi i segmenti derivati dalla bipartizione dell’ unico elemento rizogeno primordiale risultano disuguali e disformi, perchè iniziale incidenza dei setti ha luogo in direzione obbliqua all asse longitudinale della cellula, ed uno dei segmenti stessi avrà QU la forma di un tetraedro. Tali sono i risultamenti generali delle mie ricerche. La estesa letteratura relativa all'argomento e i nomi insigni delle persone che se ne sono occupate, provano la difficoltà di questo genere di studi. Egli è certo quindi che in indagini cosi lunghe, malagevoli, sarebbe davvero troppo presuntuoso il ritenere che taluni dettagli, . alcuni dati parziali esposti sieno scevri di incertezze o lacune, e che le deduzioni particolari tratte non offrano qua e là qualcosa da emendare. Messina, dicembre del 1887. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE I-VII. Abbreviazioni: x, elementi silemici; f, elementi floemici; end, endoderma ; = €, cilindro assile; S, scorza; ix cuffia; e, epidermide; 9, guaina protettrice ; «1, iniziali comuni. Tavora lI. Pontederia cordata, Linn. (7) Fig. 1-3. Stadi iniziali successivi della genesi di una radicella, esaminati sopra una sezione trasversale della radice madre. Fig. 4-5. Stadi più avanzati delle precedenti figure. Fig. 6. Sezione long. mediana del cono vegetativo di una radicella cpr Fig. 7. Sezione longitudinale di una radice madre verso la base del proprio cono . di vegetazione per mostrare i primi accenni formativi di una radicella; n; punto d'incidenza del fascetto vascolare alla cellula centrale. (34 Malpighia, anno II, vol. II. TavoLa II. Elegia deusta, Hook. (=) Fig. 8-10. Stadi successivi di formazione di una radicella, esaminati su di una sezione trasversale della radice madre; p, elementi rizogeni dello strato in- terno della fascia pericambiale. Fig. 11. Sezione longitudinale mediana di un cono adulto. Cyperus Preslii, Guss. (T Fig. 12. Sezione trasversale fatta alla sommità del cilindro assile in un cono adulto e mostrante la orientazione degli elementi pleromici. Cyperus Papyrus, L. ($) Fig. 13. Nascente radicella vista dal suo vertice per mostrare la iniziale orien- tazione degli elementi del pleroma. M Fig. 14. Sezione trasversale di un cono adulto a livello della sommità del cilin- dro assile. : Tavora III, Richardia africana, Kunth. (=) Fig. 15-16. Stadi iniziali di genesi di una radicellla esaminati su sezioni tra- sversali fatté alla base di un cono di vegetazione di una radice madre. Fig. 17. Stadio più inoltrato delle figure precedenti ; persiste la indipendenza del cilindro assile dalla scorza. Fig. 18. Schema della orientazione degli elementi rizogeni pericambiali; c; cel- lula centrale. : Fig. 19. Radicella a sviluppo ritardato o abortito dello stadio della figura 17. L’ endoderma della radice madre, per quanto le sue cellule si sono svolte e ingrandite dirimpetto all' area rizogena, conservano le originarie ripiegature ; delle membrane radiali. : jm Fig. 20. Cono di una radicella a sviluppo più avanzato nella sezione longitudi- . nale mediana. TavoLa IV. Iris Pseudo-acorus, L. 2 21-23. Sezioni mediane longitudinali di coni vegetativi di radicelle nascenti .. in diversi successivi stadi di evoluzione (5). 350 ; Fig. 24. Sezione longitudinale mediana di un cono adulto (5). . Fig. 24. Sezione longitudinale mediana di un cono adulto (=) TavoLa V. Sparaxis versicolor, Hort. (È) ì Fig. 25. Stadi giovanili di una radicella nascente: sezione fatta a traverso la radice madre al punto di formazione di dette radicelle. Fig. 26. Sezione longitudinale di una radice madre al punto di formazione della . radicella della figura precedente. . Eig. 27. Stadio più inoltrato della fig. 25. Lilium candidum, L. (T5 Fig. 28-29. Stadi successivi di formazione di una radicella esaminati in sezione - ui trasversale di una radice madre. La Fig. 29. Stadio ulteriore della figura precedente su sezioni longitudinali di una . radice madre. Tavora VI. | Lilium candidum, L. (Œ) Fig. 3l. Stadio più avanzato delle figure precedenti. Fig. 32. Sezione longitudinale mediana di un cono vegetativo adulto. Li 350 Scilla maritima, Li e. Fi 3. 33. Sezione longitudinale mediana di un cono di, vegetazione, Agave mexicana, L. c 50) ig. 34. Cono nascente di una radicella in sezione longitudinale mee ME | |. RASSEGNE Tavora VII. Sansaviera zeylanica, Willd. (F) Fig. 35-36. Fasi iniziali successive di nascenti radicelli su sezioni trasversali di radici madri. Canna coccinea, Hort. (5) Fig. 37. Primi accenni della formazione di una radicella (È) Fig. 38. Sezione longitudinale mediana dell’apice di una radicella a sviluppo molto inoltrato. (3) Musa paradisiaca, L. (5) Fig. 39. Sezione longitudinale mediana di una radicella a svolgimento avanzato. Rassegne F. A. F. C. Went: Die Vermehrung der normalen Vacuolen durch Theilung — Jahrbücher für Wissenschaftliche Botanik., XIX. Band. 3 Heft. | x Questo nuovo lavoro del WENT non è che il complemento di un altro lavoro pubblicato negli Archives Néerlandaises des Sciences exactes et naturelles, è del quale fu fatto cenno a p. 39 del presente volume. L’ A., continuando gli studi del DE-VmrEs sui tonoplasti, veniva fin d'allora a dimostrare che i vaeuoli, i quali forse si contengono in tutte le cellule, si originano per divisione gli uni dagli altri, trasmettendosi dalla cellula madre. alla cellula figlia; perciò doversi escludere l'ipotesi della loro spontanea forma- zione in seno al protoplasma. Le osservazioni, che nel primo lavoro erano estese a pochi gruppi di piante, vengono ora continuate su numerose e varie specie. Il primo punto che l A. RASSEGNE 507 vuol mettere in sodo è il seguente: che tutte le cellule, tranne qualche ecce- zione, contengono vacuoli. z Egli estende gli studî con favorevoli risultati al meristema delle Fanerogame, alle cellule terminali delle Crittogame, a molte Alghe, Funghi e ai loro organi riproduttori. Eguali risultati danno le osservazioni sul sacco embrionale e sui granuli di polline di più piante. Un’ eccezione esisterebbe nelle Cianoficee, nei Batteri e negli spermatozbidi, che non conterrebbero vacuoli. La seconda proposizione da dimostrare è la seguente: che i vacuoli si mol- tiplicano per divisione, trasmettendosi dalla cellula madre alla cellula figlia. La verità di questo asserto è data dallo studio accurato della moltiplicazione dei vacuoli in vari Funghi (Aspergillus Oryze, Dematium pullans, Penicillium glau- cum, Mucor racemosus. etc.) nei granuli di polline e nei meristemi di numerose specie. Anche i giovani peli sono adatti all’ osservazione, che può compiersi o . _ nel mezzo naturale e in una soluzione di zucchero al 3-4 9/; (Cucurbita Pepo , Helianthus annuus, Lycium europeum, Lupinus luteus, etc. etc.). Ma al processo di divisione ne segue spesso un'altro inverso, per cui spesso si scorge nella stessa cellula una continua divisione e fusione di tonoplasti. Da tutti questi fatti il WNT è tratto a cercare se esista un rapporto tra la divisione dei vacuoli e quella della cellula. Egli studia attentamente la divisione cellulare nel Cladosporiwm herbarum e nei peli epidermici fogliari della Cucurbita Pepo; la conclusione alla quale giunge è che esiste il rapporto in questione; la divisione dei tonoplasti precede | generalmente quella della cellula, o almeno i due processi vanno di pari passo. Anche in altre specie di piante si avvera lo stesso fatto. Prima di chiudere questa parte l'A. fa delle considerazioni che vogliono es- sere accennate. Come si è detto, i tonoplasti esistono tanto nelle cellule ripro- . . duttive maschili che nelle femminee. Ora, può chiedersi, il tonoplasto di una cellula figlia possiede le proprietà dei tonoplasti della cellula paterna e materna, 9 soltanto di quest'ultima? Le ricerche del Darwin e di altri scienziati ci ap- . prendono che, quando due varietà s' incrociano tra loro, i fiori della pianta prs . Re risulta presentano una colorazione mista, che ricorda i diversi colori fiorali dei | Benitori, dai quali la pianta provenne. Ma il diverso colore fiorale dipende, come il Wenr altra volta ha dimostrato, dalla diversa natura dei tonoplasti, che accu- mulano or questa or quella sostanza colorante. Dunque nella fecondazione i to- . noplasti dei due sessi trasmettono le loro proprietà nel tonoplasta della cellula figlia; ed è inoltre logico il pensare che questo fatto sia generale e pas estendersi anche a quelle piante nelle quali non fu ancora dimostrato sperimen- talmente. LI 508 RASSEGNE Oltre questa ipotesi però può esservene anche un'altra; che cioè l'elemento. maschile eserciti una certa influenza sul vacuolo della cellula uovo. Questa ipotesi troverebbe sostegno nel fatto che gli spermatozoidi non con- tengono alcun vacuolo, però non essendo ciò ancora decisamente dimostrato , la questione allo stato attuale delle cose non può essere risolta, . Per l addietro si era ammesso che il movimento del plasma non avvenisse negli stadi giovanissimi della cellula; gli studi del WENT, venendo a dimostrare che anche in questi stadi ha luogo una continua divisione e fusione di vacuoli, modificano questa opinione. Infatti è ovvio il pensare che per tali processi i vacuoli debbano indurre un movimento anche nel restante della massa plasmatica. Le conclusioni sono le seguenti: 1.0 In tutte le giovani cellule ha luogo divisione e fusione di vacuoli. 2.0 Il vacuolo della cellula uovo genera per continua divisione tutti i vacuoli della giovane pianta. 3,0 I tonoplasti perciò si trovano, quali organi del protoplasma , nel mede- simo ordine coi nuclei e coi cromatofori. 49 Nelle giovanissime cellule ha già luogo movimento di plasma; il- plasma vivente è quindi continuamente in movimento. Nella terza parte il WENT, rispondendo alle varie obbiezioni mosse in questi . ultimi tempi dai vari botanici, si fa a studiare la differenza esistente tra un vaeuolo normale ed uno patologico; e dimostra che nei casi, nei quali ha luogo una spontanea formazione di vacuoli, si tratta sempre di fenomeni patologici. Così si conosce che quando dei nuclei o dei cromatofori sono lasciati in contatto con l’acqua, si presentano dopo qualche tempo in essi dei vacuoli che prima non esistevano. Ora il Went dimostra che i vacuoli sviluppantesi in questi casi non hanno nulla di comune con i vacuoli normali. Lasciando dei cromatofori e dei nuelei nell' acqua, non tarda a sopragiungere in essi una disorganizzazione. Inoltre è noto che il loro strato periferico ha una maggiore consistenza e forma una parete intorno alla restante massa di plasma. Ora è possibile che questi organi in presenza dell'acqua siano in grado di assorbirne, gonfiandosi e crescendo in volume, e facciano credere perciò alla formazione di nuovi vacuoli. Il WENT si estende inoltre a dimostrare altre differenze tra questi e i vacuoli normali. Un altro fatto che fece credere alla spontanea generazione dei vacuoli fu quello della loro apparizione allorquando la massa plasmatica esce fuori dalla | cellula. Ora dopo numerose ed accurate osservazioni, | A, dimostra che in tutti . questi casi i vacuoli provengono sempre da altri vacuoli preesistenti, i quali nell’ uscita del plasma possono anche dividersi, accrescendosi cosi rapidamente - di numero, P E Ramone: 003. 509 Da quest’ ultima parte emergono le conclusioni seguenti: 1.9 I vacuoli normali non possono aver origine dal protoplasma. -20 Il- gonfiare dei nuclei e dei cromatofori è un fenomeno patologico che non sta in niun rapporto con la comparsa di vacuoli normali. I metodi usati per lo studio dei tonoplasti sono generalmente gli stessi ado- perati dal WENT nel suo primo lavoro e dei quali fu parlato a p. 39 di questo i volume. Vanno congiunte al testo tre tavole in cromo-litografia. C. ACQUA, | A.F. W. Schimper: Ueber Kalkoxalatbildung in den Laubbláttern — Bot. Zeit., 1888, N.° 5-10. L' Autore comincia dal notare le molte e contradittorie opinioni che si hanno | intorno ai cristalli di ossalato di calcio, dimostra che soltanto uno studio espe- rimentale puó risolvere la questione e in questo senso egli si propone di trattare l'argomento. . Osservando le condizioni, nelle quali avviene la formazione dell ossalato di . calcio, egli può costatare che alcune volte la luce è senza influenza nella for- mazione dei cristalli, mentre altre volte vi agisce direttamente. D'altra parte il | periodo nel quale compajono i cristalli non è sempre il medesimo. Così alcune volte essi si formano durante l’ accrescimento della cellula, dimodochè quando ‘questa ha toccato il suo ultimo limite di sviluppo contiene già le produzioni cristalline, altre volte invece i depositi d'ossalato di calcio cominciano dopocchè la cellula ha raggiunto il.suo completo sviluppo. Nel primo caso i cristalli, che per lo più sono rafidi, una volta formati, non sono più soggetti ad alcuna va- Tiazione, nel secondo caso invece si avvera un lento ma progressivo aumento con l'età. Ora lo ScHimPeR giunge a stabilire che la luce è senza influenza nella. formazione di quei cristalli, che si mostrano durante l'accrescimento della cellula, mentre invece influenza altamente gli altri, cioè quelli che incominciano a mo- | strarsi dopochè la cellula ha toccato il suo completo sviluppo. Infatti, in più piante contenenti macle, le foglie che si trovano all ombra sono più povere in cristalli delle altre che sono direttamente esposte ai raggi solari. Così pure nel- lAesculus Hippocastanum le foglie tenute nell’ oscurità non presentano che dei piccoli cristalli, visibili soltanto tra i prismi di Nicol, mentre invece nelle foglie illuminate si riscontrano macle. 510 | ‘RASSEGNE Se così diverse sono le condizioni nelle quali avviene la formazione dell’ os- salato di calcio, è lecito il pensare che non sempre esso abbia il medesimo si- gnificato. L’ A. dunque comincia a stabilire una distinzione tra quell’ ossalato che si forma durante il periodo di accrescimento della cellula, e che egli chiama primario, e tra l altro, che si forma dopochè la cellula ha raggiunto il suo com- pleto sviluppo e che egli chiama secondario. L'ossalato di calcio terziario sarebbe ‘infine quello, che si forma nell’ autunno durante il periodo di svuotamento della cellula. Fatta questa importante distinzione, l A. passa a studiare le condizioni nelle quali avviene la formazione dell’ ossalato primario e secondario. Il primo, come - si è detto, è indipendente dalla luce, mentre il secondo ne dipende in alto grado. L’A. estende i suoi studî su quest’ ultimo, cercando rispondere ai seguenti que- siti: se cioè esso dipenda anche dalla presenza della clorofilla, dalla assimila- zione, dalla traspirazione. Perciò che riguarda il primo quesito, lo SCHIMPER risponde affermativamente. Egli infatti trova che la presenza dei corpi verdi clo- rofilliani è una condizione indispensabile per la formazione dell’ ossalato secon- dario. Diversi risultati ottiene per l assimilazione. Mantenendo lungo un mese delle foglie di Pelargonium zonale nell’ impossibilità di assimilare, mediante lo impiego di un’ atmosfera artificiale, egli trova che alla fine della esperienza, mentre non ha avuto luogo alcuna nuova produzione di amido, i cristalli si sono nor- malmente formati. Onde lo ScHIMPER conclude: che la formazione dell’ ossalato di calcio secondario è dipendente dalla luce e dalla clorofilla ma non dalla assimilazione. La traspirazione invece vi influisce in alto grado, mentre non ha alcun valore nella formazione dell’ossalato di calcio primario. Stabilito ciò, lo ScHIMPER passa a trattare del significato dell'ossalato di caleio primario e secondario. Per ciò che riguarda il primo, egli fa molte esperienze tra le quali la più importante è quella delle coltivazioni artificiali in soluzioni senza sali di calcio. - Quale conclusione emerge la conferma della necessità dei sali di calcio per il trasporto degli idrati di carbonio. Così in rami di Tradescantia Selloi, sottoposti all'esperienza, si scorge che l'amido non ha facoltà di emigrare e si accumula nelle stesse cellule nelle quali fu formato. Nell'epidermide si contengono grossi "s leucoplasti, che normalmente ricevono amido dalle cellule verdi. Ora nelle piante : coltivate senza calcio essi non contengono traccia di amido, mentre le cellule verdi ne sono cariche. L' A. erede che questo fatto trovi una spiegazione, am- mettendo che gli idrati di carbonio abbiano facoltà di attraversare lo strato cu- ticolare plasmatico è ectoplasma soltanto in forma di combinazioni con i sali — di calcio, Sara ee E, Ue dem RASNON -— 3 s Cur NIE Il destrosio p. e. forma con il calcio diversi composti poco stabili e conosciuti. Ora la formazione dell'ossalato di calcio primario troverebbe con questa ipotesi una spiegazione; ossia l’ acido ossalico che si forma negli organi in via di sviluppo sarebbe impiegato a separare l'eccesso di calcio che ha servito al trasporto degli idrati di carbonio. L'ossalato di caleio secondario deriverebbe secondo l'A. dalla scomposizione principalmente del nitrato ed anche del solfato e del fosfato di calcio, i quali | vengono tutti dal terreno. Molti argomenti egli porta a sostegno della sua tesi, ma il migliore è senza dubbio la dimostrazione esperimentale della scompo- | sizione del nitrato di calcio. Servono a ciò le foglie di Sambucus nigra, le m quali dopo essere state per parecchio tempo in una soluzione ricca di nitrato caleico, presentano nelle nervature una spiccata colorazione bleu con acido sol- forico e difenilamina. Portando allora tali foglie in una soluzione senza nitrato di calcio, dopo breve tempo non ha più luogo la reazione con la difenilamina, il che significa che i nitrati, esistenti nei tessuti, durante l'esperienza vennero seomposti. D’ altra parte lo ScHIMPER trova che il calcio, con il quale è legato . l'acido ossalico secondario, proviene direttamente dai sali di calcio della solu- zione poichè senza di essi non hanno luogo i depositi cristallini. È dunque logico il pensare ché l accumulo del sale in questi casi sia legato . eon la scomposizione principalmente del nitrato e inoltre del solfato e fosfato di caleio. Ma sopra si è visto che l'ossalato secondario dipende dalla presenza della luce e della clorofilla, è opportuno adunque il cercare se da simili condi- zioni sia regolata anche la scomposizione dei nitrati. Impiegando delle foglie elorotiche di Sambucus nigra ed. Aesculus Hippocastanum, l'A. giunge a con- cludere che i nitrati non sono scomposti; dunque la clorofilla è da ritenersi necessaria per il processo in discorso. Perciò che riguarda la dipendenza della luce, egli cita più fatti. In primo nd egli osserva che nelle foglie di Pelargonium zonata, la reazione dei nitrati è assai visibile in giorni di tempo oscuro, mentre il contrario accade nei giorni di sole. Eguale risultato si ha anche con altre piante (Alternanthera aurea, Ni- cotiana Sp. Fuchsia globosa ete.). Ma assai più coneludenti sono le sperienze di : gabinetto. L'A, pone due piante di Pelargonium, che nelle du mostravano la reazione dei nitrati, innanzi ad una finestra di mezzodi , e un’ altra pianta, che non presentava tale reazione, nell’ oscurità. Dopo quattro dh nelle prime due piante non si mostra piü la reazione, che appare invece nella terza. : Riportando quest'ultima alla luce, i nitrati che essa aveva accumulati in Oscurità vengono scomposti e dopo alcuni giorni non si ha più alcuna reazione. Da questa e da altre esperienze risulta che la scomposizione dei nitrati RASSEGNE | dipendente dalla presenza della clorofilla e della luce, condizioni, che come sopra sì è visto, presiedono anche alla formazione dell’ ossalato di calcio secondario. Per tali fatti viene quindi sempre più addimostrata la relazione intima che deve esistere tra quest’ ultimo e la scomposizione dei nitrati. Assai importanti sono le conclusioni alle quali giunge infine lo ScHIMPER. Tenendo conto dei risultati ottenuti nelle sue ricerche, egli conclude doversi - riguardare la foglia come il primo laboratorio chimico esistente nella pianta. Ai tessuti verdi di essa non deve adunque soltanto ascriversi l’ assimilazione del carbonio, e la derivante formazione degli idrati di questo, ma deve puranco at- tribuirsi un secondo ufficio importante al pari del primo ,. quello cioè dell’ assi- milazione dell’ azoto per la formazione delle materie proteiche. C. ACQUA. Carl Müller: Ueber phloémstindige Secretkanäle der Umbelliferen und Araliaceen — Berichte der Deutschen Bot. Gesell. Band VI, 1888, pag. 20 Tav. II. I risultati delle ricerche istituite da Van THIEGHEM e VUILLEMIN sulla disper- 3 sione dei canali resinosi nelle Ombrellifere tenderebbero a stabilire che essi ap- partengano esclusivamente al periciclo e che non han nulla a vedere con il floema per quanto possano trovarvisi vicini. L'Autore esaminando la struttura del picciuolo nelle foglie di Astrantia e di i un gran numero di altre Ombrellifere è giunto a risultati alquanto diversi. Nella Astrantia il sistema fibrovascolare del picciuolo è formato da un nastro di fasci, curvo a doccia, colla concavità verso l' alto, in modo da rendere in se- - zione trasversa la figura d'un ferro di cavallo. I singoli fasci sono collaterali; hanno un floema robusto in sezione reniforme, il quale nella sua a concavità ac- coglie lo xilema molto meno sviluppato. 2 . Sul dorso di ciascun fascio ed un po’ lateralmente, si trovano due canali resi- - niferi (salvo in corrispondenza ai fasci marginali della curva, dove se ne trova _ uno solo), i quali furono già notati dal Van THiEGHEM e considerati come di- a; pendenti dal periciclo; ed oltre a questi, dei quali all'Autore non sembra asso- lutamente dimostrata la natura pericicliea, si trova incastrato nel corpo stesso del floema un altro sistema di canali resinosi che à rimasto finora perfettamente | inavvertito. : Il numero di questi canali varia nella A. Biebersteini da 2 a 6; nella A. hel- BIorifolic da ] ad 8; nella Hacquetia Epipactis da 1 a 13 per ciascun fascio a seconda della robustezza di questo e la loro distribuzione è irregolare trovandosi ora avvicinati al xilema, ed ora addossati al lato interno del libro duro. Le cel- lule secretrici che li circondano, in numero di 3 a 5, sono povere di sostanze azo- = tate; hanno un lume più ampio degli elementi vicini e formano e versano nel R canale una sostanza solubile nell’aleool che non fu determinata. Oltre alle specie indicate, l'Autore estese le sue ricerche ad una sessantina ‘circa di altre Ombrellifere appartenenti a genere e. tribù diversissime, consta- | tando nella grande maggioranza dei casi l'esistenza di questo sistema di canali propri al floema. i Anche per le Araliacee egli ha potuto verificarne la presenza in s 23 specie de’ generi Hedera, Aralia, Dimorphanthus, Acanthopanax, Oreopanax e - Gilibertia e corroborare le sue conclusioni coi dati esistenti nella letteratura an- leeedente intorno a questo argomento. BACCARINI. Paul Vuillemin: Sur une Maladie des Amygdalées observée en Lorainne en 1887. Sess. Crypt. par les Soc. Bot. et Mycol. de France. Paris 1888 p. XL. Il Coryneum Beijerinckii Oud., che il BEIJRINCK ritiene come determinante la gommosi delle Amigdalacee, attaccò durante la primavera del 1887 nel paese della Lorena un gran numero di queste piante, e principalmente i ciliegi e i susini, mandando a male il raccolto. ra di numerose pustole circolari rosee o ciascuna ad una infezione , il tessuto della pu- a al suo posto ui frutti . Le foglie malate si coprivano in primave dapprima e ad orlo bluastro, le quali corrispondevan del fungo; più tardi, quando il parassita aveva fruttificato . stola seccava, e, distaccandosi dal resto della foglia sana, lasciav foro circolare. Uguali alterazioni si manifestavano pure sul picciuolo, s . € sui loro peduncoli; ma quivi il tessuto ucciso non si distaccava dal sano. Probabilmente la malattia sì ripete o inosservata, perchè la sua importanza dipende d Successive infezioni. gni anno in proporzioni minime, e passa al numero e dalla estensione delle Le spore del parassita germogliano di regola sulle pagina inferiore delle dec ostiolo degli stomi, aprendosi la strada tra due cellule consecutive, e non per F © dànno origine ad un micelio ramoso, intercellulare e privo d'austorii. 514 RASSEGNE Immediatamente al disotto della cuticola, e quindi tra questa e le cellule epi- dermiche della pagina superiore, esso forma un ammasso di cellule poliedriche, le quali poi s'arrotondano, s'ispessiscono, diventano brune e verso la fine di giu- gno producono dei ciuffi di brevi filamenti che attraversano la cuticola e ven- gono all'aperto a formare le spore. Indipendentemente da questa formazione ipocoticolare (che l'autore rassomiglia ai cumoli subepidermici di spore dell’ Entyloma) il fungo forma più all'interno un vero stroma, il quale alla fine dell’ autunno si copre di picnidii a stilospore elittiche jaline ed unicellulari. Le spore formatesi sui gonidiofori sono pluricellulari e di un bruno chiaro tendente al violaceo. Sì le une, che le altre possono germogliare subito, ed il micelio vegeta ugual- mente bene sopra sostanze organiche morte, palesandosi quindi parassita facoltativo. L’Autore non ha osservate altre forme di fruttificazione. BACCARINI. F. Werminski: Ueber die Natur der Aleuronhkürner. — Nei Ber. der deutsch. bot. Ges., 1888, fasc. 6, p. 199, tav. X. Questo scritto del sig. F. WERMINSKI deve essere segnalato all’ attenzione dei botanici presentando esso un interesse particolare in ordine alla quistione della natura dei granuli d'aleurone. L'Autore istituiva in proposito delle parti- colari ricerche. Come puntg di partenza delle quali egli si è valso di semi imma- turi di Ricinus esaminandone delle sezioni. Lo studio di siffatto materiale gli forniva occasione di rilevare anzitutto all’interno delle cellule endospermiche delle vacuole corrispondenti, quanto a forma, interamente agli ordinarî granuli d'aleurone dei semi maturi. Le vacuole includevano un piccolo corpo cristalli- forme. Facendo disseceare detto materiale egli notava tosto la comparsa di veri granelli aleuronici abbraccianti un grosso cristalloide al posto delle preesistenti vacuole. Premendo leggermente il copri-oggetti le vacuole di una stessa cellula venivano a dilatarsi, confluendo insieme per formarne una sola, naturalmente più grande e contendente parecchi corpi di forma cristallina. Trattando la preparazione con una. soluzione molto allungata di glicerina o col succo proveniente dalla com- pressione degli stessi semi le vacuole si osservavano più distinte nei loro con- torni, e altresì più distinti si notavano ancora e più irregolari gli stessi contorni facendovi agire la glicerina concentrata. i RASSEGNE Da tali particolarità il sig. WERMINSKI induceva la possibilità che i granuli di aleurone fossero nei loro primordi allo stato di vacuole e si proponeva con espedienti appropriati di verificare cotesto processo di trasformazione delle une negli altri. Fatte sottili sezioni di semi immaturi di Ricinus, venivano trattate con essenza . di limone stagionata. Allora le sezioni medesime acquistavano una notevole trasparenza rendendosi visibili nettamente i contorni delle piecole vacuole del Lt. contenuto degli elementi endospermici. |. Fissate alcune vacuole appartenenti a determinate cellule senza menomamente | allontanare la preparazione dal reagente sudetto , dopo ventiquattr' ore l'Autore rilevava, al posto delle vacuole, dei granuli di aleurone di varia grandezza e cioè, piccoli se provenienti da vacuole isolate, oppure piü 0 meno grandi se derivanti da parecchie vacuole riunite in unica per pressione esercitata sul copri-oggetti. : Da quest'esame, come è facile vederlo, il sig. WERMINSKI giustamente argo- mentava che i grani di aleurone derivassero dalle vacuole delle quali l’acqua si era, per azione disidratante del reagente, allontanata; in altri termini che i gra- - muli d'aleurone sono nei primi loro stadi delle vacuole contenenti la materia al- . buminoide allo stato di dissoluzione; e questa materia concentrasi, sì precipita, durante il processo di maturazione dei semi, cioè col disseccamento. Mentre ciò avviene formansi i cristalloidi e il globoide all’interno del corpo aleuronico. A maggior conferma di tali deduzioni il sig. WERMINSRI istituiva in ultimo delle particolari ricerche allo scopo di costatare quali modifieazioni i granuli d'aleurone subiscono durante la germinazione se, cioó, sotto influenza dell'aequa assorbita essi tornano allo stato primitivo di vacuole prima di disciogliersi e ve- hire impiegati a prò dell'organismo. Cosi, egli è riuscito a rilevare (per esempio nei semi di Lupinus) che i granuli contenuti nei cotiledoni, mentre iniziasi la s germinazione, si rigonfiano , ingrandiscono il loro perimetro, ed a poco a aud ritornano allo stato di vacuole, confluendo queste insieme per sparire poi defini- | tivamente. Ora, se si arresta tale processo dissolutivo e le regioni che presentano | siffatte vacuole si trasportano in un mezzo disidratante (p. e. essenza di pane tornano le vacuole medesime a concentrarsi e a ripigliare i caratteri di granuli di aleurone. In altri casi (p. e. esaminando i semi di Helianthus, Pæonia, Ar- Bro» ecc.) la metamorfosi del granulo segue in maniera diversa. Compariscono, Cioè, nella sua massa varie piccole vescicole, le quali tendono ad aumentare di umero confluendo insieme per trasformarsi l'intiero corpo aleuronico in un'unica Yacuola. | Da tali osservazioni il sig. WERMINSKI ha creduto poter dedurre il pr . che i granuli di aleurone si formano in tutti quei tessuti soggetti a disseccamento, 516 NOTIZIE come per esempio l'endosperma dei semi, e che le osservazioni di alcuni autori circa alla presenza di aleurone in tuberi o radici sì fondano sopra un errore, avendo tali botanici scambiato i leucoplastidi coi detti corpi aleuronici. D. PUGLIATTI. Notizie Addenda ad floram italicam. La Fumaria Petteri (Guss. non Rchb.) è rappresentata nell’ erbario GussoNIANO anche da esemplari provenienti dall’ orto botanico di Palermo, ed in Messina è molto meno rara di quanto non appaja dalla Synopsis flore sicule. X Ò trovato a Trapani la Salsola Soda L., l’Atriplex Halimus L., var. angu- stifolia Guss., il Senecio crassifolius W., il Mesembryanthemum crystallinum L., la Vulneraria heterophylla Mónch., var. rubriflora Guss., il Convolvulus evol- vuloides Dsf., l Helianthemum sessiliflorum P. X Dai boschi di Cannata ho l'Erysimum longifiolium DC. e lo Scleranthus an- nuus L. ; X Da Segeste il sig. MARIANI, uffiziale forestale, mi ha portato l' Ornithogalum collinum Guss. X Presso Messina è singolarmente da notarsi la presenza delle seguenti forme poco comuni in Sicilia: Convolvulus lineatus L., Alopecurus utriculatus L., Ama- ranthus patulus Bert., Anagallis arvensis L., var. alborosea, Kundmannia sicula — Scop., Sedum eriocarpum S. et S., Malcolmia maritima R. Br., Scleranthus mar- ginatus Guss. ; D. L. NICOTRA. — Dal sig. M. Losacono-Posero è stata rinvenuta la Rosa montana Chaix in Sicilia e precisamente nelle faggete dei Nebrodi presso la valle Lapazzi e Passo della Botte, a circa 1700 metri d' altitudine. La Rosa montana è specie del tutto va per la Flora della Sicilia estesa in Italia soltanto nel Settentrione (V. Nat. Sic., VIII, p. 54). X Sono indicate come nuov o rare per la Flora del Canton Ticino le seguenti : | Potentilla grandiceps Zimmeter: Val Bedretto (sec. Favrat in Ber. d. deutsch. bo. Ges., VI, CLI. | Pedicularis foliosa, var. glabriuscula Steining (E. SIRE, ib.) — Saxifraga Hoguenini Brügger: Val Calanca (BRücakn, Gartenfi. 1886, p. 480). Euphrasia hirtella, Jord.: Passo di Sassello (JaGGI, ib.). Thesium intermedium Schrad.: Monte S. Salvatore (Jaaet, ib.). Carex tenax Reut.: Monte S. Salvatore (sec. Jaaar, Ber. d. deutsch. bot. F Dracunculus vulgaris Scott. : presso Tesserete (sec. JAGGI, 2. c., p. cum. . Commelina communis L.: Agno (CALLONI, sec. JAGGI, l. c.). . Queste due forme sono indicate come inselvatichite nelle. località accennate. Forme e località nuove da aggiungersi alla Flora del Trentino e dell'Istria: Potentilla Sauteri Zimm, Trentino (Zimmerer in Bot. Kal. 1887.) — P. de- cipiens Jord, (ib.) — P. alpicola De la Soye (ib.). Campanula carnica Schiede,: Landro. Pedicularis gyroflexa X tuberosa Steinnig.: Alpi trentine. (Stern. in Bot. 1 : Y^ Lo : 5 ris benacensis, Kern.: Arco (Storr in Verh. d. Zool. bat. Ges. Wien. 1887). J. Kochii Kern.: presso Trieste e Rovigno. (SvoPr, l. c.), Soschi di Lippizza presso Trieste (Cosor, Atti e mem. della Soc. Alp. delle Giu- 1887 p. 175-213). x Herniaria hirsuta Linn. utti gli Autori di Flore locali non indicano l'Herniaria hirsuta, Linn., come 518 NOTIZIE Quest’ ultima forma è localizzata in Sicilia alle parti elevate dei monti ed è perenne, lignescente alla base e presenta maggiori affinità con talune varietà ` della H. glabra, Linn., quali per es. la H. scabrescens, la H. scabrida ecc., se pur non la si deve considerare come identica alla H. nebrodensis, Jan. L’ H. hirsuta, Linn. tipica resta dunque ignota ai botanici siciliani, dai quali proba- bilmente è stata confusa con l’ H. cinerea, Linn. Così fra i caratteri particolari a quest’ ulima specie il Dottor NicoTRA nel suo Prodromus Flore Messanensis pag. 132, nota quello di essere le lacinie del ca- lice aristate. Ora tale particolarità è in contraddizigne, a quanto che gli Autori asseriscono intorno ai sepali della H. cinerea, Linn., i quali, se sono irti di peli, non terminano certo in una setola ben distinta per lunghezza. Invece siffatto ca- rattere è spiccato nella H. hirsuta, Linn. i Avendo riscontrato degli esemplari in campi erbosi, sterili dei contorni di Messina, caratterizzati da più rada pelurie e questa in massima parte ristretta ai margini delle foglie, alle parti più giovani della pianta, ai sepali e distinti principalmente per una lunga setola all'apice delle lacinie del calice, convenendo in somma in tutto ai caratteri assegnati all’ H. hirsuta, Linn., credo che si debba tale specie includere tra i rappresentanti della Flora messinese, e forse di altre parti di Sicilia, essendovi essa stata confusa con molta probabilità con la H. cinerea, Dott. PISTONE. X Forme giovanili di alcune Conifere Nell'Assemblea generale della Società botanica tedesca, tenutasi lo scorso anno a Colonia, è stato oggetto di considerazione l'argomento delle forme giova- nili di alcune piante, che per lo più si coltivano nei giardini per scopi ornamentali. Certamente interessa moltissimo il sapere che cosa rappresentino alcune forme, la massima parte sterili, note ai giardinieri con varî nomi, e che sovente im- pacciano il Botanico nella ricerca della loro entità sistematica. È noto come molte piante arboree presentino allo stato adulto e fruttifero 3 dei earatteri diversi da quello, che si osserva nelle parti giovanili nei primi anni di vegetazione. Spesso tal fenomeno è accompagnato da marcata eterofillia. Eminentemente eterofilla è ]' Edera, dove i rami fiorenti si allontanano dal so- stegno, prendono una posizione eretta, cessano di produrre radici avventizie ,. portando delle foglie col lembo perfettamente intiero, e fornite da lungo picciolo. Ora, se si svellono dei rami siffatti e se ne fanno delle talee, nulla è di più facile che riprodurre e perpetuare la forma, la quale si distinguerà quindi no- NOTIZIE 519 tevolmente da quella sterile a rami scandenti per fuleri. Così è surta, nei giar- dini “quella forma o varietà nota col nome di Hedera helix arborea. Istruttivi esempi di eterofillia porgono le Cipressacee. Presso tutte quelle forme, ove i rami adulti fioriferi presentano foglie brevissime , squamiformi , di tipo, cioè, come suol dirsi, cipressino, notasi uno stadio giovanile caratterizzato dalla presenza di foglie a lembo assai esteso in lunghezza, aciculari e quasi del tipo comune alle Abetinee. Da questa fase a quella definitiva, fruttifera, suole spesso decorrere un certo tempo più o meno lungo, secondo le specie e i climi. di: Si hanno perciò due forme differenti di una stessa pianta, considerata in due | tempi distinti. Per riproduzione agamica si può moltiplicare benissimo la forma giovanile ed ottenere così degli individui, che presenteranno perciò dei caratteri ben dif- ferenti alle specie cui appartengono, considerata queste al momento dello svi- A luppo compiuto. Il sig. BeIssnER ha istituito numerose indagini ed esperienze allo scopo di chiarire il valore vero sistematico di molte forme di Cipressacee, note ai giar- dinieri con vari nomi, e dubbie per i Botanici, Dai risultati di tali ricerche troviamo un sunto nei rendiconti della sudetta adunanza. L’ importanza dell’ argomento merita certo l'attenzione dei Botanici. Il BErssNER considerando che non era possibile riprodurre le forme giovanili di aleune Cipressinee, che per soli rami, cioè in via agamica, à pensato di ri- correre allo allevamento di individui per mezzo di seminagioni, e alle prime indagini riconosceva la provenienza di alcune forme, conosciute nei giardini sotto il nome di Retinispora. Mediante continuate ulteriori osservazioni dello sviluppo degli individui pro- venienti da semi, egli riusciva altresì a rilevare i passaggi graduali dalla forma giovanile a quella fertile definitiva, riconoscendovi delle forme intermediarie di transizione. In tal modo il BktsswER identificava e stabiliva la sinonimia di molte forme di Cipressinee, coltivate e rintracciavane l’ origine. Vale la pena riportare qui per intiero lo schema sinonimico dei risultati delle sue ricerche: I. Thuya occidentalis, L.; forma tipica mormale. a a) forme giovanili 7 : Thuya occidentalis ericoides | in. : Thwya ericoides, Hort. » Devriesiana, Hort. Retinispora dubia, Carr. E ; » glaucescens, Hochst. » ericoides, Hort. (non Zuccc. 1) 35 Malpighia, anno II, vol. IL e LE 520. NOTIZIE b) forme di transizione ; Thuya occidentalis Ellwangeriana Sin. : Thuya Ellwangeriana, Hort. Retinispora » » IL Biota orientalis, Endl.; forma tipica normale a) forme giovanili Biota orientalis decussata, Beissn. et Hochst. Sin. : Retinispora juniperoides, Carr. » rigida, Carr » squarrosa, Hort. (non Zucc!) flavescens, Hor ikaayo decussata, Hort. Juniperus glauca, Hort. Frenela glauca, Hort. (non Zucc!) b) forme di transizione Biota orientalis meldensis, Carr. Sin. : Biota meldensis, Laws. 7 > , orientalis meldensis, Hort. » hybrida, Hort. Retinispora meldensis, Hort. III. Chamecyparis pisifera, S. et Z.; forma lipica normale S a) forme giovanili Chamecyparis pisifera squarrosa, Beissn. et Hochst. Sin. : MER squarrosa, S. et Z. » » leptoclada, Endl. » Veitchi, Hort. Oupressus squarrosa, Laws. Retinispora squarrosa, S. et Z. » » glauca, Hort. » leptoclada, Sieb. » iù Zucc. b) forme di transizione Chamecyparis pisifera plumosa : Sin. : Chamacyparis plumosa, Hort. Retinispora plumosa, Veitch. IV. Cham®ceyparis sph:eroidea, Spach.: forma tipiea normale 4) forme giovanili Chamecyparis spheroidea ericoides, Beissn. et Hochst. Sin. : Chamecyparis evievidés, Carr. Retinispora » Zuce. PICCOLA CRONACA 521 Cupressus » Hort. Juniperus » Nois Frenela » Hort Widdringtonia » Knight. b) forme di transizione Chamecyparis spheroidea Andelzensis, Carr. Sin.: Chamecyparis leptochada, Hochst. Retinispora leptochada, Hort. (non Zucc! » Pseudo-squarrosa, Carr. Anche nei generi Cryptomeria, Cupressus, Callitris, Frenela, Juniperus sono state da! BeIssnER studiate le forme giovanili e rintracciate le origini. In generale, tutte le forme di cui è parola, sono state ottenute nei giardini per lunga cultura, per ripetuto processo di riproduzione agamica. Esse si distinguono perchè crescono folte e cespugliose; la loro tinta glauca, tendente al turchiniccio è molto variabile e svanisce sovente nell'inverno, per cui, sebbene non vecchie, esse perdono il loro valore ornamentale ed occorre tosto che siano rinnovate per mezzo di boutures, talee ecc. Le forme .di transizione sotto favorevoli condizioni di clima si trasformano subito in piante normali fiorenti. In tal guisa le esperienze del sig. BEISSNER pongono in rilievo un fatto interessantissimo , cioè, che noi coltiviamo gli stati giovanili di tali specie, fissandone i caratteri che possiedono temporaneamente, e perpetuandoli mediante artificiale riproduzione. Sieché dette forme non possono menomamente avere alcun significato sistematico, mentre sommamente interessano il morfologo , nella ricerca dei rapporti filogenetiei delle attuali forme vegetali. DI _ - Untersuchungen t lithogr. Tafeln —— 8. Seiten 1888. brosch. rof. all'Università di Messina — Pau dd principali P. Ascherson (Berlino) — D." O. Beccari È. wer. lasco) — Prof. T. Caruel (Firenze) — Conte . (B eslau) — D. H. Conwentz (Danzig) F. Delpino (CORONIS — Prof. L. Errera (Torino) - — Prof. G. Klebs (Tübingen) — D^ O. — — Prof A. Mns lac _ Prof. A Passerini SS s DE E Stahl dec s. Pe Vines (Cambridge) liani e dell Estero. oficee. — ie Anpassun- gen der Pflai d bois primai- , rede. ni nà — Der ETMER ici Practicum. — SENE osservazioni. bui ori radicali. delle Leguminose. a Béviston of Nor th American Linac: CONDIZIONI La MatprGHIA si pubblica una volta al mese, in M nk di3 bel di un almeno - secondo il enna da tavole. L'al : intiero volume annuale (36 fogli, in 8° con circa dita al pre di s 30. lio io (di 8 m per 50 copie. dui alle a sup 20 tavolo) sarà messo es i fanto rimborsare, agli Editori medesimi, le spese di iría e x tiratura, associazioni si ricevono presso gli Editori e è presso w p i Libre Verlag von ARTHUR FELIX in Leipzig Soeben erschien : Untersuchungen aus dem Gesammtgebiete o E d. Schimmel u. Hefenpilze von OSCAR R BRE EFELD vi Heft Basidiomyceten il. pula qui Uu si Proto D. OT yceten. i Dr. a. n. und E . Dr. Olav Johan-Olsen | Assistenten am sokeniaoken Institute Mit H. lithogr Tafeln e = XII 178. Seiten 1888. brosch. PREIS 28 m. MALPIGHIS RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA REDATTA DA A. BORZI O. PENZIG Prof. all’ Università di Messina Prof. all'Università di Genova R. PIROTTA Prof. all’ Università di Roma in collaborazione con molti Botanici Italiani e Stranieri. ANNO II, — Faso. IV. MESSINA Eprrori GAETANO CAPRA & C.° TIPOGRAFI 18-20-22, via Peculio — via Procida, 7-9-11 via II Tutti Santi, 62 1888. Collaboratori principali Prof. G. Arcangeli (Pisa) — Prof. P. Ascherson (Berlino) — D O. Beccari (Firenze) — Prof. W. 0. Bower (Glascow) — Prof. T. Caruel (Firenze) — Conte Castracane (Roma) — Prof. F. Cohn (Breslau — D. H. Conwentz (Danzig) | — Prof. M. Cornu (Paris) — Prof. F. Delpino (Bologna) — Prof. L. Errera (Bruxelles) — Prof. G. Gibelli (Torino) — Prof. G. Klebs (Tübingen) — D." O. Mattirolo (Torino) — Prof. A. Meyer (Göttingen) — Prof. G. Passerini (Parma) . — Prof. E. Prillieux (Paris) — Prof. P. A. Saccardo (Padova) — Prof. Conte | Solms-Laubach (Strassburg) — Prof. W. F. Schimper (Bonn) — Prof. E. Stahl | (Jena) — Prof. Senatore A. Todaro (Palermo) — Prof. S. H. Vines (Cambridge) . _ Prof. J. Wiesner ren ed altri Botanici Italiani e dell’ Estero. SOMMARIO - Lavori originali. A Borzi: Sullo sviluppo del Mischococcus confervicola de pag. 133 0. Beocani: Le Palme incluse nel genere Cocos . LI Y ra " dE Prrorta: Per h storia dei batteroidi delle Legum ose e GUN 156 CONDIZIONI La MALPIGHIA si pubblica una volta al mese, in fascicoli. di 3 fogli di lies al almeno corredati secondo il bisogno da tavole. 7 > rage annuale importa L. 25 pagabili alla ricezione del 1° vers dell' an ; L' in "e ero Sa annuale (36 fogli, in 8° con circa 20 na sarà messo in vendita al prezzo di L. 30. i Non saranno venduti fascicoli separati. : s Agli Autori saranno corrisposte 50 copie estratte dal periodico, i5 giorni dopo B. da pubblieazione del fascicolo. Qualora fosse da loro richiesto un un maggior numero - di esemplari, le copie in piü verranno pagate agli Editori in ragione di L5 al foglio (di 8 pag.) per 50 copie. Quanto alle tavole supplementari occorrerà sol- tanto rimborsare, agli Editori medesimi, le spese di carta e di tira 2 = Le associazioni si ricevono presso gli Editori è pum le principali Librerie Italiane e dell’ Estero. : Ai Librai è NE lo sconto del 20 ?/.. : manoscritti e le corrispondenze destinate alla Marpronta dovranno essere | indirizzate al Prof. A Borzi in Messina. Si accetta lo scambio con altre pubblicazioni € esclusivamente bo- taniche. Per annunzj e inserzioni rivolgersi esclusivamente agli Editori Gaetano Ca- rà & C.° — in Messina, Via Peculio, n. 20. _ Tariffa delle inserzioni sulla copertina, per ogni e l pagina....... L. 30 - 1/2 pagi L. 20 13/4 di pagina » 25. — Jupes D. | d fogli separati annessi al fascicolo, a mw da convenirsi. I nuovi Abbonati che n il primo volume d ri ci o pagheranno Lire 25 invece di Lire 30. — a dinnunzj degli Editori REVUE MYCOLOGIQUE Recueil trimestriel illustré consacré à l Etude des Champignons et des Lichens ISf CHAQUES DIRIGE si le Commandeur ROUMEGUÈRE AVEC LE CONCOURS À DES PRINCIPAUX BOTANISTES SPECIALISTES FRANCAIS ET ETRANGER - 15° par an S'adresser à la Direction Rue Riquer, 37 — TOULOUSE DIX ANNÉES 1879-1888 J98! BNEWNSSNI SISIYdA SS3NNYv XIO 931 ———— te SAGGIO DI RICERCHE ——- su LLA BIOLOGIA DELLE ALGHE ia BORZI Prof. ai usse sione R. SP di Mera | Fascicolo: I. con 9 tavole. — Te a so. Caro, Di MALPIGHITA RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA REDATTA DA A. BORZI 0. PENZIG Prof. all'Università di Messina Prof. all'Università di Genova R. PIROTTA Prof. all Università di Roma in eollaborazione con molti Botanici Italiani e Stranieri. Aso IL = Fase. VVNL MESSINA Eprrog GAETANO CAPRA & C.° TIPOGRAFI 18-20-22, via Peculio — via Procida, 7-9-11 via II Tutti Santi, 62 1888. i a jig 2 Prof. G. a rin P L. Saccardo A, E CONDIZIONI La MarPiGHiA si pubblica una volta al mese, in fascicoli di 3 fogli. ( almeno corredati secondo il bisogno da tavole. L'abbonamento annuale importa a 25 dei alla ricezione del 1° fascicolo | dell’ annata BE Ln labbro volume annuale (36 toga i in 8° con circa 20 tavole) sarà messo in c vendita al prezzo di L. 30. | i por saranno venduti fascicoli. separati c utori saranno corris di Ming. TE copie o pagate agli Editori al foglio (di 8 pag.) per 50 copie. Quanto alle tavole supplem T tanto a agli Editori medesimi, le spese di e di azioni si ricevono. presso” gli Editori e presso le ds e dell Este ; Ai Librai è pe do sconto del 20 9/. ; I manoscritti e le corrispondenze > destinate alla Materna dovranno Lg indirizzate al Pro LX chon 1 accetta lo scambio | tura. pricipali Librerio. altre > m licazioni Lic esclusi amente USS dinnunzj degli Editori Recueil trimestriel illustré nsacré à I Etude des Champignons et des Lichens DIRIGÉ ee par le Commandeur ROUMEGUERE = AVEC LE CONCOURS DES PAUX BOTANISTES SPECIALISTES FRANCAIS ET ETRANGERS SNISN3I S3S8làd S3iNNY XIA SAN | S'adresser à la Direction — a, ve Riquer, 37 — TOULOUSE 8 | Goltaboratori sepe a Ar di (Pisa) - E Prof. P. Ascherson (Berlino) — D O. Beccari è (Fire) — Prot. W. 0. Bower (Glascow) — Prof. T. Caruel (Firenze) — Conte .. Castro cane (Roma) — Prof. F Cohn (Breslau — D." H. Conwentz (Danzig) = Prof. M. Cornu. (Paris) — Prof. F. Delpino (Bologna) — Prof. L. e 2 (Bruxelles) — — Prof. G. Gibelli (Torino) — Prof. G. Klebs (Tübingen) — D" 0. Mattirolo (Torino) — - Prof. A. Meyer (Göttingen) — Prof. G. Passerini Fa — Prof. E. Prillieux (Paris) — Prof. P. «i ‘Saccardo (Padova) — Prof. Conte Sii (Strassburg) — Prof. W. F. Schimper (Bonn) — Prof. E. Stahl . (Jena) — Prof. Senatore A. Todaro (Palermo) — Prof. S. H. Vines (Cambridge) _ Prof. J. Wiame (Wien), ed altri Botanici Italiani e dell’ Estero. . SOMMARIO Lavori originali. A. TERRACCIANO : Intorno al genere Eleocharis CI alle. specio che lo rappresentano in Italia. (Tav. XIV) . La i M. Losacono-PoreRo: Sulla Rosa moschata | dn Sella j 2 i. Baccanini: “e per la Biolo — plo Sace. i allerte der Desmidiaceen. — LeBLOIS À.: o sai des Canaux sécréteurs et des CONDIZIONI La MarPrGHIA si pubblica una volta al mese, in fascicoli di MEE di faut almeno corredati secondo il bisogno da tavole. L'abbonamento annuale importa L. 25 Yapi alla ricezione del 1° fascicolo dell’ annata. i ^ L'intiero volume annuale (36 fogli, in 8° con circa 20 ) tavole) sarà messo in vendita al prezzo di L. 30. Non saranno venduti fascicoli separati. Agli Autori saranno o corrisposte 50 copie estratte dal ino. 15 giorni | dopo. la upper del fascicolo. Qualora fosse da loro richiesto un maggior numer di esemplari, le ‘copie. in più verranno pagate agli Ed | al figlio (di 8 pag.) per 50 copie. Quanto alle. tavole. supplementari occorrerà sol- Ea rim nborsa re, agli Editori medesimi, : di carta ioni si ricevono P Italiane. e poren Ai Librai è accordato lo sconto del 20 presso le princi zl Librerie cop rtina, per ogni inserzione: m» — 1⁄2 pagina... L. 20 Annunzj cla editori ] 2 REVUE MYCOLO GIQUE : e 0 SE | X e Recueil trimestriel illustré : ii consacré à l Etude des Champignons et des Lichens 3 > | : | iTi | Ld DIRIGÉ p 1 Q par le Commandeur Roun a y : Or: A 0 em d = AVEC LE CONCOURS | s 4 D DES PRINCIPAUX BOTANISTES SPECIALISTES FRANCAIS ET ETRANGERS o 1 m" m 1 n si T E UB. E I D 3 i 15! par an B 1 =: i Ü SE: ca È T | S'adresser à la Direction ME c m i (m Rue de 37 — TOULOU e Lo x i. A NTO NINO BORZÌ ^ Prof. di Botanica nella R. Università di Messina Li * Fascicolo: 1 con 9 tavole — Lire 25. n 1 fascicolo I. con 39) tavole jn corso di stampa. Collaboratori principali Prof. G. Arcangeli (Pisa) — Prof. P. Ascherson (Berlino) — D 0, Beccari (rimia) — Prof. LA 0. Bower (Glascow) — Prof. T. Caruel (Firenze) — Conte 3 racane (Roma) — dini F. Cohn (Breslau) — D. H. Conwentz (Danzig) — Prof. M. Cornu. (Paris) — Prof. F. Delpino (Bologna) — Prof. L. Errera (Bruxelles) — Prof. G. Gibelli (Torino) — Prof. G. Klebs (Tübingen) — DI 0. Mattirolo (Torino) — Prof. A. Meyer (Göttingen) — Prof. G. Passerini (Parma) — Prof. E. Prillieux (Paris) — Prof. P. A. Saccardo (Padova) — Prof. Conte Solms-Laubach (Strassburg) — Prof. W. F. Schimper (Bonn) — Prof. E. Stahl (Jena) — Prof. Senatore A. Todaro (Palermo) — Prof. S. H. Vines (Cambridge) _ Prof. J. Wiesner ia ed altri Botanici Italiani e dell’ Estero. SOMMARIO 1 Lavori originali. | .. OQ. Matmtiroto: Sul Polimorfismo della ES herbarum Tul, e sul valore specifico della Pleospora Sarcinule e della Pleospora Alternarize di Gibelli e Griffini . La 357 A. Borzi: Ancora della. Quercus Macedonica n De. Cocco» HI CONDIZIONI : La MALPIGRIA si oa una volta al mese, in fascicoli di 3 fogli di s almeno corredati secondo il bisogno da tavole. Lione unc importa L. 25 pagabili alla juin. del 1? fascicolo dell’ annata. L’intiero volume annuale (86 fogli, in 8° con circa 20 tavole) sarà messo in vendita al prezzo di L. 30. Non saranno venduti fascicoli separati. li Autori saranno corrisposte 50 copie estratte dal periodico, 15 giorni dopo. la pubblicazioni del fascicolo. Qualora fosse da loro richiesto un maggior numero di esemplari, le copie in più verranno pagate agli Editori in ragione di L. 5 o. foglio (di 8 pag.) per 50 copie. Quanto alle ala supplementari — > sol- anto rimborsare, agli Editori moloku, le spese di carta e di tiratur: Le associazioni si ricevono presso gli Editori e presso le principali Librerie Italiane e dell’ Valero Ai rer è accordato lo sconto del 20 °/,. I manoscritti e Fi corrispondenze destinato alla Mai dovranno essere Li al Prof. A. Borzi in Messina. i accetta lo # con altre pubblicazioni periodiche esclusivamente bo- taniche. Per annunzj e inserzioni volumi esclusivamente agli 1 Editori Gaetano Ca- uu ero. Semy degli &ditori i REVUE MYCOLOGIQUE Recueil trimestriel illustré consacré à l' Etude des Champignons et des Lichens DIRIGÉ par le Commandeur ROUMEGUERE AVEC LE CONCOURS DES PRINCIPAUX BOTANISTES SPECIALISTES FRANCAIS ET ETRANGERS 15° par an —ÁÀ S'adresser à la Direction Rue Riquet, 37 — TOULOUSE DIX ANNÉES 1879-1888 À I5ft. CHAQUES J981 s38WaSNa3 SISIZAI G3gNNv XI S31 | da er L. 12.50 il cento. Si pos- EC E sono pure aoaea | _ Semi e Piante I dal acclimatare ai » prezzi modesti. | e Dirigersi a G. TREFFER in Luttach, Post Sand pu t MALPIGHIA RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA REDATTA DA A. BORZI O. PENZIG Prof. all'Università di Messina Prof. all'Università di Genova R. PIROTTA Prof. all’ Università di Roma in collaborazione con molti Botanici Italiani e Stranieri. Anno IIl. — Fasc. XI-XII. MESSINA Epirori GAETANO CAPRA & C.° TIPOGRAFI 18-20-22, via Peculio — via Procida, 7-9-11 via II Tutti Santi, 62 1888. Prot. F. Dei 1 E - Prof L co CONDIZIONI La MatLpIGHIA si pubblica una volta al i. in fascicoli di 3 fogli di. stampa almeno corredati secondo il bisogno da tavo i peri annuale. importa L. 25 Si alla ricezione del 1° hicicslő dell’ ann L’ intiero ca annuale (36 fogli, in 8° con circa. 20 " ole) sarà messo in a al prezzo di ; ea è saranno dondati banah separati. Agli Autori saranno corrisposte 50. copio os la ped dol fascicolo. Qualora f ISS ù verran PE Le associazi dai si ricevono rosso gli “Editori e I le principal Librenie Italiane e dell Estero. ; Rd e A Librai è accordato lo sconto. da 207 i. ; os rof. Si ac dovranno essere