REDATTA ^K A. BORZI O. PENZIG Prof. all’ Università di Messina Prof. all’ Università di Genova R. PIROTTA Prof. all Università di Roma in collaborazione con molti. Botanici Italiani e Stranieri. à. m ANNO III T (0° MISSOURI Le BOTANICAL -. x Ae Ud GARDEN. - : $ TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMIN AGO a edP Vico el 7 interno 5 i s 10) S ANNO Ill. & pm I guai ns di Reus. — PU di G. PESA * "Dopo gli esperimenti. del "Ea (1) che ammise nella materia verde delle foglie r esistenza di due sostanze coloranti, una azzurra che chiamò fillocianina ed altra gialla che disse flloæantina, il Kraus (3). suggerì un mezzo molto semplice per dimostrare l’ esistenza di differenti pigmenti nella materia verde delle foglie. Tale mezzo consiste, com'è ben noto, nello sbattere l’ estratto alcoolico colorato in verde, ottenuto dalle foglie, con un ugual volume o cirea il doppio di benzolo in un tubo da saggio, ciò che determina, lasciando il miscuglio in riposo per qualche minuto, la separazione . del liquido in due strati, uno in- feriore eostituito dall' aleool colorato in giallo, l'altro superiore for- mato dal benzolo colorato in verde intenso. Se inoltre si ripete il : ttamento sopra T alcool col benzolo, per togliergii per quanto è pos - sibile il pigmento verde, si può ottenere la soluzione alcoolica esente. d pigmento verde e colorata i in giallo d'oro. In seguito a questi espe- 5 pu poi, che il Kraus Tipetè in molte piante, egli ammise la esi- d; des Se. L 1860 pe 405-412 , LXI 1865 P 188-199, . = 020-988. Vedi pure Ann. des Sc. Not. Bot. 4e sér. XII Ep. 45. ut nntniss der jen eu. in 1872 6 1 it. t. ARCANGELI stenza in generale nelle parti verdi di due pigmenti, che chiamò eol nomi di Cianofilla, il verde e di Xantofilla, il giallo. Quantunque sia già stato scritto molto sopra quest’ argomento in questi ultimi tempi, mi accingo a riferire le ricerche da me istituite sopra di esso, nella lusinga che possano almeno giovare ad un più giusto apprezzamento di alcuni fatti. Farò osservare anzitutto che nel ripetere l| esperienza di Kraus bi- sogna bene attendere alle condizioni in cui si opera, le quali possono influire grandemente sui resultati dell esperimento. Affinché i pigmenti contenuti nelle foglie e negli altri organi verdi restino quali sono è preferibile impiegare foglie od altre parti verdi colte di recente ed effettuare il trattamento a freddo, onde non si possa obiettare che il calore abbia trasformato le sostanze che vi sono contenute. Il miglior modo per ottenere l estratto alcoolico, ch'è quello stesso da me se- euito, consiste nel triturare in un mortaino le foglie in contatto con alcool, e filtrare rapidamente il liquido su ewi si vuole sperimentare. Occorre inoltre attendere alla qualità dello alcool ehe s' impiega, alla sua purezza cioè, ed alla sua idratazione. Certamente non basta che l' alcool sia puro, bisogna pure conoscere quanti gradi dello alcoolo- metro esso segna, imperocehé i resultati variano notevolmente se- condo il grado d'idratazione. Se l alcool che s'impiega è anidro, e si fa agire sopra foglie diseccate e prive affatto d' aequa, la separa- zione dei due liquidi non avviene, giacchè alcool anidro e benzolo . sono miscibili in ogni proporzione, e si pud bene sbattere da mattina a sera, perdendo, come si suol dire. ranno e sapone. Se poi l'alcool | troppo concentrato e non contiene una certa quantità d’acqua la separazione dei due liquidi ha luogo, ma l'alcool conserva disciolta una certa quantità di pigmento verde, oltre il giallo. L'alcool che metro centesimale, ed in alcuni casi ho pure dovuto fare uso di al- coole a 50°. Lo stesso è pure a dirsi pel benzolo o benzina. Bisogna avvertire che la benzina del commercio è ben diversa del vero ben- zolo. Essa è un miscuglio di carburi d'idrogeno ottenuto dalla distil- lazione del petrolio. Lo stesso benzolo, che si ottiene dagli olii leggeri = "m -w ha dato i resultati migliori segnava dai 60° ai 90° dello aleoolo- - SOPRA d T ESPERIMENTO DI KRAUS del catrame, difficilmente Si trova puro, e per ottenerlo occorre racco- . gliere ciò che distilla da 80° a 85°. E vero che il Wiesner (1) ed altri hanno impiegato nell’ esperienza di Kraus pure olii grassi ed eterei e la stessa benzina di petrolio, ma i resultati differiscono d se- condo che s' impiega l' uno o l’altro liquido. Vediamo adesso quali sono i resultati da me ottenuti da piante ap- partenenti a differenti famiglie, ordini e divisioni del regno vegetale, impiegando una benzina di petrolio ehe bolliva a cirea 60°. Le foglie del Ranunculus lanuginosus, come quella della Caltha palustris , Paeonia officinalis, Magnolia. grandiflora, Laurus nobilis, Nymphaea alba, Nuphar luteum, Brassica oleracea, Alyssum orientale, impiegando alcool da 83° a 90° hanno dato soluzioni verdi, che sbattute. con benzina di petrolio, si sono separate in due strati, il superiore verde azzurro e l inferiore giallo. Assai diversamente però si sono contenute le foglie dell’ Euryale ferox , giacchè il loro estratto alcoolico di color verde bottiglia, sbattuto colla benzina di petrolio, ha fornito eH liquido superiore di eolor verde e l inferiore di color rosso sporco. Le foglie della Bocconia cordata, trattate con alcool a 90°, hanno fornito un liquido colorato in giallo, che sbattuto con benzina di pe- trolio si è separato in uno strato superiore verde ed uno inferiore giallo ocraceo : quelle invece del Glaucium flavum e del Chelidonium’ majus hanno fornito estratto aleoolico, ehe si è contenuto nel modo ordinario. * La Reseda luteola , la Viola orale. il Cistus villosus, il C. monspe- Hensis, il Pittosporum Tobira, il Dianthus fimbriatus, la` Silene | fruticosa e la Saponaria officinalis, hanno fornito con alcool a 90° estratti, che sbattuti con «benzina di petrolio. si sono contenuti nel. ka ordinario. : | Dalle Rutacee ho ottenuto risultati assai differenti. Il Citrus vul- garis, il C. Aurantium, il C. Limonum ed il C. trifoliata hanno cor- à fm normalmente: il esci con alcool 83° ha dato una solu- d. 3 + ei eue über die. LEA Bastendtheite des Ento- hylla. Flora di, Ne 18, p. 278-285, Een i mt ` G. ARCANGELI zione che, trattata con benzina di petrolio, si è separata in uno strato superiore colorato in verde intenso ed uno inferiore colorato in verde. Però, avendo aggiunto alcune gocce d’acqua al miscuglio, lo strato alcoolico inferiore si è intorbidato, e sbattuto e lasciato a sè stesso, si è separato come gli altri in uno strato superiore verde ed uno inferiore giallo. La Ruta graveolens ha fornito con alcool a 83° una soluzione di color verde intensissimo, che trattata con benzina di petrolio si è separata in due strati, il superiore verde intenso e l' inferiore pure verde. Tolto il liquido superiore, ed aggiunta nuova benzina di pe- irolio, dopo lo sbattimento del miseuglio, il liquido si è separato in due strati, il superiore di color verde smeraldo e I inferiore di color verde più intenso. A questo punto, pero, avendo aggiunto dell’ aequa e sbattuto il liquido, si ebbe la separazione del miscuglio in un strato superiore verde ed altro inferiore giallo. Le foglie dell Arbutus Andrachne, Erica scoparia, Rhododendron ponticum, Olea fragrans, Syringa vulgaris, Asclepias Cornuti, Ni- cotiana glauca hanno fornito estratti che, trattati con benzina di petrolio, si sono contenuti nel modo ordinario. In simil modo si è pure contenuto l estratto alcoolico ottenuto dalle foglie dell'Acanthus mollis. Oecorre perd impiegare alcool a 90°, perché con alcool a 80° si scioglie una grande quantità di mucilaggine e poco di materie- coloranti. Anche l estratto della Salvia Grahami e della Phlomis fruticosa si è contenuto come d'ordinario. La Phlomis, tanto con la benzina di petrolio che col benzolo, dà lo strato inferiore color giallo fi d’oro. Le foglie invece del Coleus Verschaffeltii hanno fornito una solu- zione color verde bottiglia che, sbattuta con petrolio, ha dato uno strato Superiore verde ed uno inferiore rosso ocraceo. L T je Il Rhus Cotinus, la Pistacia Terebinthus, la Vitis vinifera, la : V. rupestris, la V. Solonis hanno fornito con alcool a 85° soluzioni : ehe si sono contenute sul modo ordinario, e lo stesso è pure avvenuto . | per la Koelreuteria paniculata. Da varie specie del genere Rosa, cioè Rosa bracteata , R. inue > momea, R. gallica, R. frazinifolia, R. Lyellii, R. microphylla, — ; R. sempervirens , come pure del Pirus communis e Pirus Malus , E SOPRA L'ESPERIMENTO bI KRAUS sono ottenute con alcool : a 85 gradi soluzioni più o meno intensamente colorate in verde. che sbattute con benzina di petrolio, si sono divise in uno strato superiore di color verde intenso, ed altro inferiore si- mile meno intenso. Talora si è pure avuta l'inversione della colora- i: zione, cioè lo strato superiore si è mostrato di colore verde giallastro e l'inferiore di colore verde più intenso. similmente a quanto ha os- servato il prof. Macchiati (1). Tale differente contegno, abbastanza strano e sorprendente, che pure abbiamo sopra ricordato pel easo del Citrus Hystrix e la Ruta graveolens, dipende dal fatto che l'estratto aleoolico «ottenuto dalle foglie di certe piante, contiene qualche sostanza, la quale | trattiene con notevole energia parte della clorofilla disciolta nell’ alcool; - di maniera che lo sbattimento in contatto di benzina di petrolio, non 23 capace di svineolare la clorofilla altro che in parte, ciò che si veri- fica in molta minor proporzione, o non ha luogo, pel benzolo, che ‘scioglie la clorofilla con molta maggiore energia. Se infatti dopo lo sbattimento della soluzione con benzina di petrolio, si ripete il trattamento con . : questo liquido due o più volte, si osserva che spesso la. benzina poco si . colora, mentre l'alcool si mantiene colorato in verde, ed allo spettro- | scopio mostra le striscie d'assorbimento della clorofilla, che in esso è energicamente trattenuta. Havvi di più che se, dopo aver ottenuto dal- | l'estratto alcoolico di una delle dette piante sbattuto con benzina di - petrolio, i.due strati intensamente colorati in verde, si aggiungono alcune goccie di acqua e si sbatte di nuovo, dopo il riposo il miscuglio . Sì separa di nuovo in due strati, il superiore verde e l'inferiore colo- 3 rato piü o meno in giallo. Probabilmente in tal caso l’acqua determina - da separazione delle sostanze che trattengono la clorofilla, onde questa i mò facilmente passare nella benzina, con la quale si trova a contatto: 3 Quali - sieno la sostanza o le sostanze, ehe determinano nell'aleool tale. singolare facoltà, non è facile il determinare. Forse non è fuor i luogo il pensiero che ciò si debba a > sostanza grassa sica > cin chi x ^ Pi Mes G. ARCANGELI ; ' L'estratto ottenuto con le foglie del Persica vulgaris, Prunus do- mestica, Rubus tomentosus e Fragaria chilensis, trattato con ben- zina di petrolio, si è separato. in due strati, il superiore verde in- tenso e l’inferiore giallo verdastro. Quelli ottenuti dal Crataegus to- - mentosa e dalla Cydonia vulgaris, si sono pure contenuti in modo analogo. Quelli invece ottenuti dalle foglie del Prunus Armeniaca, P. lusitanica e Cydonia japonica si sono contenuti come d'ordinario. Le foglie del Ribes aureum, della Saxifraga sarmentosa, del Escal- lonia montevidensis, hanno fornito soluzioni che si sono contenute come d'ordinario. t Per certe piante, che hanno foglie molto rieche di aequa, l estratto aleoolieo non si può ottenere immediatamente. Triturando le foglie della Crassula arborescens con alcool ad 83°, si ottiene da prima un liquido di color giallieeio, ehe con la benzina non dà luogo alla sepa- razione desiderata. Riprendendo la materia rimesta sul filtro con aleool ad 83?, si ottiene una soluzione verde, ehe trattata con benzina di petrolio, si divide in uno strato superiore verde ed uno inferiore giallo. i Le foglie dell Acacia cyanophylla, trattate con alcool a 85°, hanno fornito un estratto, che sbattuto con benzina, si è comportato come d’ ordinario. Lo stesso pure è avvenuto per le foglie di Vicia Faba e di Seorpiurus subvillosa trattate con alcool a 80°. Dalle foglie del Cytisus triflorus invece si è ottenuto con alcool a 85° una soluzione colore rosso cupo livido, che sbattuta con benzina di petrolio, si è se- parata in uno strato superiore verde intenso, ed uno inferiore rosso scuro. Impiegando il benzolo si ottiene pure una separazione simile. = Hanno pure corrisposto nel modo ordinario gli estratti alcooliei pre- parati con alcool di 85 o 90 gradi con le foglie dell’ Eucalyptus glo- bulus, Viburnum Lantana, Hedera Helix, Aralia Sieboldi, Ferula | neapolitana, Eryngium maritimum , Ecballium Elateriùm, Zannonia sarcophylla, Onopordon illyricum, Silphium perfoliatum. Nella varietà gialla del Cytinus Hypocistis esistono almeno un pig- mento giallo ed uno rosso. L' estratto ottenuto pestando' gli ovarii in : ‘contatto di alcool a 85° è di color giallo d'oro, ed al mierospettro- : le foglie di Aerua sanguinolenta ; _ come in molti — sciolti nel chilema. scopio assorbe tutto il violetto e Dario dello azzurro. Questa sostanza colorante è insolubile in benzina di petrolio. L Asarum europaeum e canadense mostrano pure di contenere di- versi principii coloranti nelle loro foglie. L' estratto ottenuto da queste con alcool a 90° era di colore verde scuro rossastro, e trattato con è separato in uno strato superiore di color verde intenso ed uno inferiore color rossastro. Le foglie d'Iresine Lindenii, irattate con aleool a 80°, hanno dato benzina di petrolio si un liquido di color sangue, nel quale erano seiolti diversi pigmenti. Sbattendo questo liquido con benzina di petrolio, esso in seguito si separa in due strati, uno superiore colorato in verde costituito dalla benzina, e l' altro in rosso violetto costituito dall' alcool. E questo un. elegante esperimento pel quale si può dimostrare l esistenza del pig- mento verde nelle foglie d'Zresine, che hanno colore tanto differente - dal verde. Lo stesso si pud pure ottenere sostituendo alla benzina il CS?, con la differenza però che questo, anzichè portarsi in alto, si rac- . coglie nel fondo. La soluzione rossa che in tal modo si ottiene, ci- mentata allo spettroseopio, mostra una larga striscia d’ assorbimento nel giallo e nel verde, lasciando passare il rosso e l' arancio con parte dell azzurro e del violetto. Allo stesso scopo possono pure impiegarsi devesi però usare sempre alcool da 75° a 80°. La colorazione rossa che prende l alcool in questi casi, altri, si riconosce dipendere da pigmenti accessori) Le foglie dell’ Achyranthes Verschaffeltii , triturate ‘con alcool 80°, . hanno dato un estratto color verde bottiglia, che agitato con benzina - ; di petrolio, s' è diviso in due strati come di solito, il superiore colorato in verde, e l’ inferiore. colorato in giallo. In altro modo si sono contenute le foglie della Begonia Rex ; giàe- - eres con aleool ad 85° hanno fornito un liquido rosso che, sbattuto eon benzina, si è separato in uno oum Apres ges verdastro, ed uno inferiore. rosso Moco o oc ; I estratto ottenute da mere di- Camphorsema monspeliaen, à at= SOPRA L' ESPERIMENTO DI KRAUS lam DET C E Ne 1B G. ARCANGELI Trattando le foglie dell Juglans regia con alcool a 70° si ottiene ‘una soluzione che, sbattuta con benzina di petrolio, si separa in uno strato inferiore ocraceo ed uno superiore verde intenso. Impiegando alcool a 90°, la soluzione alcoolica presenta un calore più intenso e sbattendola con benzina di petrolio si divide in due strati, il superiore verde, e l inferiore di bel color giallo. Separando lo strato inferiore dalla benzina colorata in verde, e trattandola per 10 o 12 volte col suo volume di benzina, si pud ottenere una soluzione di xantofilla ehe mostrasi suffieientemente pura allo spettroseopio. Triturando con alcool a 85° le foglie del Fagus silvatica var. fer- ruginea, si è ottenuta una soluzione di color verde cupo a riflesso sanguigno. Questa soluzione, sbattuta con benzina di petrolio, si è successivamente divisa in due strati, uno superiore di color verde az- zurro intenso; ed uno inferiore di color verde sporco. Separato il liquido superiore per mezzo di una pipetta, e sbattuto il liquido infe- riore con nuova quantità di benzina, il miseuglio si è diviso in uno strato superiore di color verde intenso, ed uno inferiore di colore ros- . sastro croceo. Avendo successivamente ripetuto il trattamento con benzina per cinque volte, alla fine il liquido si è separato in uno strato superiore colorato in giallo cedro, ed unó inferiore di color rosso croceo puro. Quindi anche in questo caso è da ritenere che nelle foglie, come Jo stesso loro colore lo fa sospettare , ‘esistano varii pigmenti di differenti colori. " . Fra le Monocotilee furono esperimentate: Lemna gibba, Pistia Stra- tiotes, Elodea canadensis, Stratiotes aloides, Potamogeton natans, Alisma Plantago, Trianaea bogotensis, Pancratium maritimum, Aspa- ragus acutifolius, Pontederia crassipes, Cypripedium insigne, Zygo- petalum Mackaii, Sobralia macrantha, Limodorum abortivum. Le foglie della Lemna fornirono con alcool a 85° un estratto di color giallastro, che sbattuto con benzina di petrolio si è separato in uno strato superfore di color verde ed uno inferiore giallo d'oro. Le foglie delle altre specie fornirono coll alcool a 85° soluzioni di color verde più o meno intenso, che sbattute eon benzina si separarono come di È solito in due strati. il superiore verde e F inferiore “e dal E ; . A oro al giallo verdastro, | SOPRA L'ESPERIMENTO. DI KRAUS. Le foglie della Cycas revoluta e quelle del Pinus halepensis, P. sil- vestris, P. Strobus, Abies pectinata A. aæcelsa, Taxus baccata, hanno Vp fl Lo dn fornito eon aleool a 85? soluzioni più o meno intensamente colorite in ver- TUE Re uie de, che con la benzina di petrolio si sono comportate secondo il consueto. Fra le Crittogome vascolari eterosporee, le foglie della Selaginella caesia, della Marsilia quadrifolia e della Pilularia globulifera si sono comportate secondo il consueto. Quelle delle Salvinia natans, triturate con alcool a 85°, hanno dato una soluzione color verde bottiglia, che con benzina di petrolio si è separata in uno strato superiore color verde, ed uno inferiore color giallo d'oro. L'Azolla caroliniana ha . pure fornito con alcool a 85° una soluzione verde bottiglia, ma questa trattata eon benzina di petrolio si è divisa in un strato superiore color. verde ed uno inferiore color giallo eroceo sporco. Nelle Crittogame vascolari isosporee Nephrodiwm Filix-mas, lOs- munda regalis, lo Scolopendrium vulgare, il Cibotium regale hanno fornito con aleool a 85° soluzioni di bel color verde, che sbattute con benzina di petrolio, si sono separate in due strati, il superiore di color verde intenso, l inferiore giallo. Assai differentemente si contenne in- vece la soluzione ottenuta dalle foglie del Balantiwm antarcticum, - poiché trattata con benzina di petrolio, si separò in due strati ambedue colorati in verde. Peraltro anche in questo caso, aggiungendo alcune goccie d aequa alla soluzione e sbattendo, si aveva la separazione in uno | strato supetiore colorato in verde, ed uno inferiore in giallo, come nel caso delle Aosacee'sopra riordate. * . Relativamente alle Muscinee, fra i Muschi l' Antitrichia curtipendula, - c : ud Brachythecium rutabulum, l'Eurynchium cireinnatum, Y E. striatum, n Fissidens serrulatus, Y Hylocomium triquetrum, Y Hypnum cupressi- = forme, PH. molluscum, lo Mnium serpyllifolium hanno dato con -— È alcool a 85° soluzioni di color verde poco intenso , le quali trattate con benzina si sono separate in due strati, il superiore di color verde - el inferiore di color giallo d' oro. Lo Pteragonium gracile e lo Sele- _ropodium illecebrum hanno fornito soluzioni di colore più | intenso, che | però si sono contenute. nello stesso modo. Fra r Epatiche he Y Hepatiea. comica ha fornito con alcool a 85° una ei verde ui che * con benzina di petrolio EPOR E -Ge ARCANGELI sbattuta con benzina di petrolio, si é divisa in uno strato superiore color verde ed un giallo croceo. La Dumortiera irrigua , sottoposta ad un ugual trattamento, ha fornito estratto aleoolico verde smeraldo che sbattuto con benzina di petrolio, si è separato in uno strato su- periore verde ed altro inferiore di bel color giallo. La Porella lae- vigata si è comportata come T Hepatica. I’ estratto ottenuto pestando in contatto d'alcool a 85° le Cladonia alcicornis era di colore verde giallastro debole. Esso estratto, sbattuto , ha fornito uno strato superiore leggermente ed uno inferiore colorato in giallo. Trattando in simil modo il tallo della Cladonia rangiferina, si € è ottenuto un liquido colorato in giallo verdastro debole, che però allo spettroscopio mo- strava lo spettro della clorofilla. Questo liquido, sbattuto con benzina di petrolio, si è separato in uno strato superiore verde ed uno infe- riore giallo. La Parmelia tiliacea ha fornito con colorato in verde, alcool a 85° solu- zione di olor verde giallastro, che trattata eon benzina si è separata in uno strato superiore verde ed uno inferiore giallo d' oro. La Ce- traria fallax con alcool a 86° ha fornito un liquido colorato in verde bottiglia, che sbattnto con petrolio si è separato in due strati, i] su- periore verde e l inferiore giallo d'oro. La Pelligera canina trattata in ugual modo, ha fornito un estratto colorato in verde bottiglia scura.. che sbattuto con benzina, si è diviso in uno strato superiore verde ed uno inferiore di color giallo croceo. Il Synechoblastus Vespertilio , seccato da poco tempo, ha fornito un estratto giallo verdastro, che sbattuto con benzina, si è separato in uno strato superiore verde ed uno inferiore giallo d'oro. - Resultati conformi si sono pure ottenuti da varie piante della classe delle Alghe, e ciò tanto da quelle viventi. che da quelle conservate in erbario da qualche tempo, a conferma di quanto dimostrarono il profes- sore Ardissone o eil exce. Hansen. (2) La Spirogyra ne () F. Arpissone. — Sulla o e suoi uffici. Atti della Soc. critt. ital. Anno XXIV, ser, 24, v. III disp. 1 Near Haneny. — - Ueber das Cltorophyrin der Fucaceen Bot. Zeit, 1884 L È raccolta di recente ha dato con alcool a 85° una soluzione intensamente colorata in verde, che sbattuta con benzina di petrolio, si è separata in due strati, il superiore verde e l'inferiore giallo. Un esemplare di Spirogyra crassa, tolta dai doppj dell ebrario ove trovavasi da 7 anni, ha fornito con alcool a 85° una soluzione di color verde debole, che sbattuta con benzina di petrolio, si è divisa in uno strato superiore verde ed altro inferiore color giallo cedro. In modo simile si sono . pure comportati gli estratti alcoolici ottenuti dall Ulva Lactuca, Co- dium Bursa, Caulerpa prolifera, Cystosira sp., che tutte trovavansi diseccate da più di un anno. Gli esemplari di Phyllophora nervosa di- seceati da più di un anno, fornirono una soluzione leggerissimamente colorata in, verde, ed altra inferiore in giallo d’oro. Resultati consi- mili ho pure ottenuto da una Conferva, dall Oedogonium capillare e dallo Euglena viridis trattate allo stato di freschezza, come pure da esemplari di Lemanea annulata che erano già stati diseecati da qualehe tempo. Da tutto quanto fu superiormente esposto | credo pertanto di oi | trarre le seguenti conclusioni : pe]? La separazione ottenuta dal Kraus, aide gli estratti aleoolici degli organi verdi delle piante in contatto del benzolo, si può pure ottenere sostituendo al benzolo la benzina di petrolio. In questo se- condo caso, anzi, la separazione suole avvenire più sollecitamente, per la maggiore differenza di densità dei due liquidi. es 2." Impiegando la benzina di petrolio detta separazione si può otte- - . nere con estratti preparati da numero molto grande di piante, tanto fanerogame che crittogame, comprese pure le cellulari, quali le alghe A ed i licheni, e Spesso le soluzioni ehe se ne ottengono, purifieate con s : ripetuti trattamenti , si n allo spettroscopio nel medesimo E modo. at Impiegando la SA di petrolio può avvenire, per un certo numero di piante, che nella separazione dei due liquidi, il liquido in- | fériore si presenti colorato diversamente dal giallo, come in croceo, - giallo rossastro, ee pa o meno intenso, in coseguenza di pigmenti | Paon esistenti n l'organo ur am esperimento: come e : DING . 0 o0 em Ga Da DESTONI avvenire pure che la colorazione dell alcool sia, anzichè gialla, gialla verdastra e talora verde intensa, a tal punto da superare quella della benzina soprastante, e da far credere ad una inversione nel resultato. 4,0 Allorquando. sbattendo un estratto aleoolieo con benzina di petrolio si ottiene l'alcool colorato in verde e la benzina colorata in verde, o verde gialliecio, ciò dipende dal fatto, che qualche materia disciolta nella soluzione, determina nel} alcool una attitudine maggiore a trattenere il pigmento verde, il quale non può quindi passare nella benzina, che resta per ciò meno colorata. come lo prova il fatto, che aggiungendo al miscuglio un po’ d’acqua e sbattendo di nuovo, si può dopo qualche tempo ottenere la separazione in modo simile all’ ordinario. 5^ Impiegando la benzina di petrolio in luogo del benzolo nell’ espe- rimento di Kraus, non si hanno resultati tali da poter concludere che nei cloroplastidi si trovino due soli pigmenti, la clorofilla (Cianofilla di Kraus) e la Xantofilla, piuttosto che una serie di pigmenti verdi ed una di pigmenti gialli, come è stato sostenuto da alcuni. È quindi desiderabile, nonostante le numerose e pregevoli pubblicazioni com- parse sopra questo argomento, che s'istituiseano nuovi e più accurati studi chimici, i quali ci eondueano a cognizioni più positive sopra un soggetto di tanto interesse, come uno di quelli che più strettamente si collegano alle funzioni di nutrizione delle piante. Boodlea Murray et De-Toni, nuovo genere di Alghe a fronda reticolata. — Nota del Dottore G. B. Dg-Toxr. Oltremodo curiose sono quelle Alghe le quali presentano nella loro fronda una porzione reticolàta o cribrosa; nelle ficee superiori (cloro- ficee, feoficee, floridee) non ne mancano esempi, sia quando esiste una vera rete prodotta dalla anastomosi di filamenti sia quando si ha una . semplice formazione di maglie in un tallo laminare, dovuta alla preesi- stenza di zone di un tessuto più lasso alle quali, col successivo aecre- i scersi della fronda, corrispondono le areole. E utile peraltro avvertire che in alcuni casi le frondi sono perforate per cause accidentali od estranee, come si verifica talvolta in ANNO al morso di pesci o Cro- stacei. Il Decaisne (1) fino dal 1844 con una sua Memoria attirava in modo speciale l attenzione degli algologi su queste bizzarre forme di appa- m vecchi vegetativi nelle Alghe ed oggidi siamo in grado di aggiungere 13 altri esempi a quem in m tempo menzionati dall illustre. botanico francese. Nelle Floridee, verbigrazia, presentano un tallo in gran parte 0 del tutto reticolato ovv ero eribroso i generi Claudea Lamour., Martensia Hering, Vanwoorstia Harv., Halodictyon Zanard. [Hanowia Sond.]. | Dictfttrus Bory, Rhodoplexia" Harv., Thuretia Decaisne, la Kallymenia cribrosa Harv., TZridea clathrata Decaisne , nelle Feoficee i generi: Agarum Grey. Thalassiophyllum Post. et Rupr., l'Encoelium [ Aspe= _rococcus] clathratum Ag. nelle Cloroficee i generi Æydrodictyon Roth. Cystodictyon Decaisne, Gloiodictyon Ag., | Palmodictyon Kuetz.. Try- = pothallus Hook. et Harv.?), Zellera Martens, Hansgirgia De-Toni, ; Microdictyon Decaisne, Struvea Sond., Chlorodict yon J. Ag.. V Ana- . dyomene? reliculata Asken., YUla Lactuca L. forma myriotrema , _VUlra reticulata Forsk., il genere dubbio Talarodic!; yon Endl. e _ finalmente un nuovo genere da me proposto in collaborazione col Dott. Giorgio Murray di Londra sotto il nome di Boodlea , dn onore a distinto ficologo inglese Leonardo Boodle. | Il genere Boodlea, che verrà presto illustrato dal Dott. Mine nel Journal of the Linnean Society di Londra, viene a collocarsi presso a Microdietyon Decaisne e. Didi sets Esso > appartiene alla flora lun i ar . I tallo è spdngioso. formato da "flarnenti ronds regolarmente. ‘articolati, ripetutamente ramosi , rivolti in Tutte le direzioni dello spazio - ed ns fra loro weno a jue eco nel ce Struvea X VOR Pede a: nr dip à frondes và Stie | e Nat. ui Sr tome. Il HE 233-236 - — Pare 1844 26 16 | Ge cB. DE-TONI Sond.) per mezzo di quelle appendici speciali che &, Agardh (1) chiama col nome di fibulae e Murray e Boodle (2) con quello di tenaculn. La specie tipica [Boodlea coacta] è la Cladophora coacta Dickie proveniente dai pressi di Nippon nel mare del Giappone, dove fu rac- colta durante la classica spedizione del Challenger: vi si riferisce pure un’ alga raccolta dal Gill allis. Mangaia nel mare pacifico australe a 21° 57’ Latit S. e 158° O. del meridiano di Greenwich e dal Dickie stesso già indicata col nome di Microdictyon Montagnei Harv. (3) Riporto qui la diagnosi del nuovo genere e della specie ora men- zionata. Boodlea Murray et De-Toni: Thallus spongiosifs. e filamentis con- fervoideis, regulariter articulatis, iterum atque iterum ramosis? quo- 'quoversum vergentibus, inter se per tenaeula adhaerentibus compositus. Obs. Alga viridis, marina. Boodlea coacta (Dickie) De-Toni et Murray. Cladophora eoacta Dickie in Journ. Linn. Soc. Bot., XV, 1876, n. 87 p. 87 p. 451: pusilla, coacta, massas dense spongiosas effieiens; articulis eylindraceis, diametro 2-10-plo longioribus, ramulis aut singulis aut binis, hine illine inter se per tenacula adhaerentibus. Hab. in rupibus ardesiacis ad littora « Port Osima, Nippon » Japo- niae [Exped. Challenger] et ad ins. « Mangaia » [Gill]. Il genere Boodlea differisce da Microdictyon Decaisne perché i fila- menti sono ramosi in tutte le direzioni e non in un solo piano e per la presenza nelle articolazioni anastomosanti degli organi di adesione noti col nome di fenacula. Come io ho già avvertito (4) devono Probabilmente : essere riferiti (0 J. AgarDH. — Till Algernes Systematik, VIII, Siphonee, p. 94. — Lunds B. Univ. Arsshr. XXIII, 1887. æ @) G. Murray & L. Boopie. — A structural d systematic account of the genus Struvea p- 265-282. — Annals of Botany vol. IT, 1888, n. 7. ©) G. Dicrte — Notes on Algae from the Island of ee South Pacific _— Journ. Linn. Soc. Bot. XV, 1875, p. 33. p (4) J. B. DE-Towr. — Sylloge nn EN bd omnium hucusque « cognita- | v rum p. 262-263. — Patavii 1889. * pr GEOP » * E y iS ses De pi di A DLEA MURRAY RT DE-TONI | B ULTRA LE al genere Boodlea. il Htr odiotyon Spon pola Berth. (1) proveniente dal golfo di Napoli ed il Microdictyon Schmitzii Miliar. (3) indicato dell’isola Sciathos nell’ arcipelago po Con ciò il genere Microdi- ctyon si troverebbe ridotto a 3 sole" specie, M. umbilicatum (Velley) Zanard. trovato finora nel mar Rosso, nell’ atlantico a Cadice, nel Pacifico all isole Sandwich e alla Nuova Olanda, nel Mediterraneo a Napoli, nell’ Adriatico superiore e finalmente all’ isola Maurizio, Mi- erodictyon Calodictyon Decaisne (che forse non è è distinguibile dal pre- cedente, come opinano Zanardini e Piecone) proprio delle isole Canarie e Microdictyon clathratum Martens trovato a Zamboanga, Wahai e Larentuka in Asia. Nuova contribuzione allo studio dei cristalli di ossalato di calcio nelle piante. — Per il Dott. Camino Acqua. (TAVOLA I.) E In un mio precedente lavoro, pubblicato sullo stesso argomento, (3) prendendo in esame le diverse opinioni esistenti sull’ origine dei eri- stalli, io cercava di dimostrare come la ipotesi, la quale ammette che l'ossalato di calcio possa formarsi in tutte le cellule turgescenti del parenchima e in forma di soluzione nel succo cellulare debba emi- grare nei serbatoj, ne’ quali si deposita in forma cristallina, non fosse allo stato attuale delle nostre cognizioni la più accettabile. (4) G. BERTHOLD. — Ueber die Vertheilung der Algen im Golf von Neapel. | — Mittheil. aus la Zool. asi su Neapel, III. Band, IV. Heft p. 496. — Leipzig 1883. 08. MILIARAKIS, — Beitraege zur Kenntniss der Ali von Griechenland : Die Meeresalgen der Jnsel Sciathos | p. 13, t. I, f. B-C — Athen 1887. CE) Contribuzione allo studio dei cristalli di ossalato di calcio nelle piante. Ann. d. R. Ist. Bot. di Roma, V. III. fasc. JI. 2 y Malpiphio, anno II, vol. III. de futu, per Ta spiegazioné dei bad si credette ricorrere ad una ülé idea, possono, secondo me, trovar tutti un diverso modo di spie- gazione e sono perciò compatibili con il concetto che l'ossalato di calcio 4 si formi nelle stesse cellule nelle quali si riscontra depositato. Al con- 3 trario l'ipotesi opposta urta in obbiezioni che non possiamo eliminare —— | se non ricorrendo ad altre supposizioni, non sostenute da aleun argo- 3 mento. Perciò io coneludeva doversi ritenere probabile, come ora si BÉ è detto, che la formazione dell'ossalato di calcio abbia luogo nelle stesse cellule, nelle quali si riscontra il sale cristallizzato. .In fine io terminava con le seguenti parole, che credo opportuno E riportare: « La questione che ci ha oecupati, serivevo allora, non può — essere presa isolatamente. Se l'ossalato di calcio si origina in quei me- desimi luoghi nei quali precipita, l acido ossalico, può chiedersi, ha parimenti origine nelle stesse cellule o non piuttosto vi arriva dalle altre cellule turgescenti del parenchima in cui si formerebbe. Questa ed altre | questioni, delle quali ho intr tare in un altro lavoro, non lungo. » apreso lo studio conto poter trat- ehe TOP FA a termine in un tempo Con la presente « Mu contribuzione » do intendo riprendere la questione, ehe allora fu accennata, mediante lo studio di alcune specie di piante. Esse appartengono ai generi: Oralis, Queste piante, come è calcio, sono ricche Rumex, Pircunia. > noto, oltreeché contenere cristalli di ossalato di anche in un altro ossalato, solubile, cioè a dire, in quello di potassio. Ho creduto che in tali specie dovesse riuscire di un qualche interesse, lo studio del modo con cui si originano i cristalli, e ad esse intendo hae cd LR es lavoro. le mie osservazioni. ah] IL. La prima iiine che ci si pari q innanzi, è la seguente: Esiste à oun rapporto tra. l'ossalato di potassio, che è sparso nel parenchima, e. Le cristalli d ossalato di calcio. che si i: trovano racchiusi in speciali cel- "hide: di ensi? A véro dn mancano argomenti diretti, atti a risolvere la questione; ciò non ostante esistono dei fatti che permettono l'avere «qualche opinione in proposito. Le cellule cristallofore sono immerse in un ‘tessuto che è molto ricco in ossalato potassico: inoltre noi riscontriamo questo sale fino dai primi periodi di sviluppo di un organo; dei rami per esempio di Pircunia dioica o delle foglie di Oxalis si mostrano À . fino dalla prima giovinezza già riechi in ossalato di potassio, cosiechè è pD R due sale esista già RARES avviene la formazione | Em A calcio e quello di potassio non debba esistere alcun rapporto e che la formazione di questi due sali, che ha luogo negli stessi tes- 5 E je pe anco in upralaziona e; tempo, siano due fatti del tutto dis- La Pira dioica contiene nei suoi siens un ossalato solubile, aa che precipita con i sali di calcio. Inoltre in questa specie possono “distinguersi due sorta di rami, | quelli ehe provengono da gemme poste P x e fogliari. Ora i secondi sono quasi senza eccezione più ricchi in cri- pula dei i Nella scorsa estate io presi più ` p dei um rami eomm averli fatti passare per filtro, del iocus di calcio fino e E! precipitare tutto l'ossalato solubile, si scorge che in uno di essi il ‘precipitato è più abbondante; cioè quei rami, che sono più ricchi in cristalli, contengono anche una maggiore anii di ossalato solubile. l Sikcnssorrdaióbe. ge pr pen oum o sei volte. oue. I Blasen micelici di PESA specie, sono incrostati di ed altri provenienti da gemme ascellari | ossalato di calcio. La cristallizzazione ia ce al pere della. cellula Le REA 20 at fy CAMILLO ACQUA che l'ossalato di calcio, che si riteneva formarsi nell'interno delle cel lule, avesse facoltà di emigrare in forma di soluzione nel succo cel ia lulare, portandosi a cristallizzare sulle pareti esterne del micelio. Invece E il DE-Banv prova che nell interno delle cellule l acido ossalico irova legato al potassio, e ritiene che l inerostamento eristallino su micelio avvenga allorquando, portandosi il sale di potassio al difuori " della cellula ed incontrandosi con il calcio, per uno scambio di bas ha luogo appunto la formazione dell ossalato di calcio che si deposita in cristalli. In questa specie adunque esiste un rapporto intimo tra i due ossa- lati; riuscendo utile alla pianta che i depositi cristallini avvengano al difuori delle cellule, l'acido ossalico si combina prima con il potassio. per avere facoltà di emigrare liberamente; e in seguito, sostituis questa base con il caleio, dando luogo alla formazione di eristalli. Ora questo fatto autorizza la domanda se anche nelle piante sup riori esista un rapporto, se non eguale, almeno somigliante a quello di cui ora si è parlato. D Un metodo buono a seguire per rispondere al quesito mi é sembrat quello di eercare.una reazione che ci permettesse di mieroscopio i luoghi nei quali si trovano aecumulati gli ossalati solu- bili. Fin qui si sa, ad esempio, che i tessuti delle Oxalis sono assai - ricchi nell’ossalato potassico, ma s'i esso si trovi aceumulato, un tessuto o localizzato so e gli ossalati solubili preci riconoscere al. gnora in quali luoghi specialmenti se diffuso egualmente in tutte le cellule di ltanto in una parte di esso. L'acido ossalico. à Fi Dunque adoperando come reattivo semplicemente un sale di calcio, si avrà questa difficoltà, che, immergendo in una soluzione che lo con- tenga un pezzo di pianta, lo strato ialino plasmatico delle cellule ricche, di ossalati solubili sì opporrà al passaggio della soluzione. Se si adoperano soluzioni molto concentrate in modo da operare una pronta plasmolizzazione, si presenta un altro inconveniente. Una so- $ . luzione assai concentrata ha per effetto immediato di produrre una i NeT | energica azione disidratante e perciò dovranno originarsi nei tessuti . delle forti correnti, che possono portare per effetto uno spostamento | degli ossalati solubili prima che il reattivo giunga in tempo per pre- | cipitarli. Anche l'impiego del calore per rendere possibile, con lucci- sione del plasma, ‘la penetrazione del liquido contenente in soluzione . un sale di calcio, non dà in pratica buoni risultati. Eliminati adunque questi metodi, che a prima vista potevano s sem- brare buoni, conviene cercare una diversa soluzione del problema. Per ottenere buoni risultati, è necessario che la soluzione possa penetrare liberamente a traverso i tessuti del pezzo di pianta immerso in essa, e che perciò possa precipitare l'acido ossalico o gli nr solubili negli stessi luoghi nei quali si trovano accumulati. Ora queste condizioni sono realizzabili quando sia ERAR alla so- M luzione del sale di calcio una sostanza venefica. Il reattivo così mo- difieato mano mano che s' incontrerà nel plasma di una cellula dovrà ucciderlo, e l acido ossalico o l'ossalato di potassio racchiuso in essa, prima che possa diffondersi, dovrà incontrarsi con il calcio e precipi- | tare. Perchè ciò avvenga senza inconvenienti, si richiede però questa condizione: che delle due sostanze disciolte nel liquido che si vuole adoperare, quella venefica non sia volatile, poichè i in questo caso essa può agire a distanza, penetrando nei tessuti prima che la o vi sia giunta. " > Io nelle mie ricerche, dopo numerose prove, ho trovato buono Pim- piego dell’ acido pierieo e del cloruro di calcio. A m In una soluzione acquosa satura del primo si diseioglie una bue quantità di eloruro di calcio. Io consiglio di disciogliere ogni cento i in "Ree della soluzione di acido pierieo due dot di cloruro di RIA CAMILLO ACQUA calcio. Qualche volta ho usato anche delle soluzioni a titoli diversi. 1 Il reattivo così preparato si conserva per lungo tempo. à Per procedere all'esame di una pianta, io taglio rapidamente un E pezzo di essa di lunghezza. variabile, tra un mezzo ed un centimetro, | e lo immergo tosto nel liquido; il tempo che è necessario perche la soluzione possa penetrare in tutti i tessuti ed avvenga la reazione, : varia secondo le dimensioni del pezzo e la specie anche della pianta; | io generalmente ho usato lasciare il pezzo.per molte ore nella so- i sk luzione.. Trascorso il tempo necessario, si lava abbondantemente con 1 aequa distillata e se il reattivo ha di troppo rammolliti i tessuti, si può procedere ad una immersione nell’ alcool. Dopo di ehe si fans es senz’ altro delle sezioni, e, operando un controllo con un'altra pianta, | 4 non soggetta al trattamento ora descritto, si osservano al microscopio | i depositi di ossalato di calcio, che si sono formati con l’impiego del reattivo. Esaminando adunque una sezione trasversale di un pieciuolo di Ocal floribunda var. multiflora Lehm., sottoposto al trattamento descritto, . scorgiamo quanto è rappresentato dalla fig. 1, della Tav. I. Cioè a dire, noi vediamo tutti gli spazi intercellulari del parenchima ripieni di un deposito cristallino che non si scompone con l'acido acètico, ma bensì con l'acido idroclorico e che perciò reagisce come l'ossalato di calcio. Usando un forte ingrandimento, si scorge quanto è rappresentato nella” fig. 2. sp è un piccolo spazio ripieno di eristalli; SP è uno spazio mag” giore che contiene pure altri cristalli, ed altri parimenti se ne veggono | aderenti, ma in minore quantità, alle pareti delle cellule circostanti, a, b, ete. Inoltre nell interno delle pareti medesime si scorgono, in | talune cellule, altri depositi assai minuti e disposti assai regolarmente. È Se noi esaminiamo dei tagli longitudinali, avremo quanto è rappre- i sentato nella fig. 5, Tav. I. Essa è tratta da un preparato appartenente. alla Oxalis rubella Jaeq., si scorgono gli spazi completamente ripieni di cristalli, ed altri piccoli. cristalli sparsi nelle cellule circostanti. LH parenchima conduttore, la. porzione cribrosa presentano aleune volte “gi qualche deposito, ma in modo assai irregolare, come pure in qualche. caso si rinvengono. aleune friches Priene di cristalli, NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO — DI OSSALATO, ECC. 23 Iu conclusione, il fatto ehe si presenta costai tenente e regolarmente è il seguente: che l'ossalato potassieo si trova in tutte le cellule tur- gide dei parenchimi corticali e wn pg e sj accumula negli ende in- tercellulari. Ma prima di procedere a esaminare dire specie ed indagare il si- gnificato di quanto è stato riferito, io credo opportuno fermarci un ; istante per rispondere al seguente quesito: il metodo da noi usato va ; esente da alcuna critica? I risultati ottenuti debbono senz’ altro ac- cettarsi o possono essi condurci in errore? Ećco T noi ci D M niamo ora di esaminare. Il metodo prescelto non va certamente esente de difetti. E acido ossalico o gli ossalati solubili, -che sono racchiusi nelle cellule, vengono contenuti dallo strato parietale plasmatico, cioè a: dire dall'ectoplasma, 4 ‘che, come si sa. ha speciali proprietà osmotiehe :: ina quando questo x sotto l'azione della sostanza venefica viene a perire, deve tosto seguire | una diffusione delle materie disciolte eontenute- nella cellula, per cui, non ostante l'azione del sale di calcio, non è improbabile che una certa — — quantità di acido ossalico riesca a spostarsi prima di essere precipitata. a ~= Una simile obbiezione potrebbe aver luogo per g eli Spazi intereellu- — de dari. Infatti quando la sostanza venefica giungendo in contatto con una | x cellula ne uccide T ectoplasma, o i tonoplasti, nei quali. in paromat ; modo si accumula forse l'acido ossalico oT ossalato potassico, è è pos- sibile che, come ora si è detto, questo arrivi ad occupare, almeno in parte, gli spazì circostanti prima di essere precipitato dai sali di calcio. — Perd conviene por mente. dall altro canto alla costanza. ed alla re- _golarità eon la quale il fatto à in se si i suole re nelle diverse ces ai d | 24 CAMILLO ACQUA O. Bowiaei Lodd., canescens Jacq., pentaphylla Sims., purpurea Jacq. In tutte queste specie l'ossalato potassico dopo il trattamento surri- ferito, suole mostrarsi nel parenchima del pieciuolo precipitato il piü delle volte in masse sferiche, ma nella generalità riempie gli spazi. Dei Rumex esamino le seguenti specie: abyssinicus , alpinus L., Acetosa L., Woodsii DNrs., obtusifolius Wallr., pulcher L. Di esse i Rumex: alpinus L., Acetosa L., Woodsii DNrs., pulcher L., e l abys- sinicus si mostrarono ricchi nei loro fusti fioriferi di ossalati solubili, il Rumex obtusifolius Wallr., almeno negli individui da me esaminati (erano nel periodo di fruttificazione) ne conteneva in minore qyan- tità. Anche qui gli spazi si mostrarono regolarissimamente ripieni dei depositi cristallini. La fig. 3, della Tav. I, rappresenta una cellula eri- stallofora nel Rumex Woodsii DNrs., che è circondata da Spazi con- tenenti l'ossalato potassico precipitato con il reattivo. La fig. 6 della stessa Tavola, rappresenta uno spazio della medesima specie, ripieno di finissimi depositi cristallini, visto in sezione longitudinale. Anche la Pircunia dioica Lin., mostra lo stesso comportamento; la fig. 4, Tav.I,rappresenta una cellula ripiena di rafidi, i cui spazi circostanti sono ricchi in piccoli cristalli. Sj deve notare che in sezioni sottili i depositi cristallini escono non di rado dalla cellula durante la prepa- razione, così nei disegni si scorgono spesso vuote le cellule che cir- condano gli spazi; operando però sezioni più spesse anche queste cellule sogliono presentare depositi cristallini. Per ciò che riguarda i depositi nella membrana, essi hanno luogo, come é stato detto, di preferenza nella Oxalis floribunda , le cui cel- lule li presentano Spesso; nelle altre Oxalis il fatto avviene più rara- mente, e quasi mai nei Rumex e nella Pircunia. Osservando la disposi- zione regolarissima di tali depositi (fig. 2, Tav. L), si deve escludere la ipotesi di una diffusigne degli ossalati solubili della cellula nella mem- i, ora non è impossibile che le regioni in cui avvengono i depositi, rappresentino forse anche i luoghi in eui di preferenza si trovino tali comunicazioni; in questo caso l'ossalato po- | tassico sarebbe stato precipitato nell’attraversare la parete. Del resto * NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRISTALLI DI OSSALATO, Ecc. 25 questa non è che una semplice supposizione, che secondo me però. può spiegare la regolare disposizione dei depositi. Ma osservando attentamente le cellule cristallofore si scorge talvolta anche un altro fatto; che cioé anche queste cellule si mostrano rieche in un altro ossalato solubile. Ciò è evidentissimo nella fitolaeca le cui cellule cristallofore, specialmente durante il periodo di acerescimento, sottoposte al solito metodo, mostrano spesso tra i rafidi altri nuovi depositi di ossalato di calcio. Y Inoltre per evitare il pericolo che una soluzione ne concentrata possa provocare uno spostamento delle sostanze disciolte nel succo . cellulare, i io ho usato anche delle soluzioni assai diluite. Così in gram- mi 50 di aequa distillata io ho disciolto un decigrammo di acido pi- erico e due decigrammi di cloruro di calcio. Il titolo della soluzione era in questo caso del sei per mille. Immergendo nel reattivo cosi preparato dei piccoli pezzi di un pieciuolo di Oxalis, si scorge che l ossalato solubile non precipitò che in parte, però gli spazi in molti casi se ne mostrano ripieni. Questi fatti adunque e’ inducono a pensare per la loro costanza che la presenza degli ossalati solubili negli. spazi sia un fatto reale e non la conseguenza di un metodo difettoso, atto a trarci in inganno. Alcune volte, come sopra si è detto, anche le trachee si riempiono con l’impiego del solito reattivo di depositi cristallini; però la cosa in ‘questi easi può perfettamente spiegarsi. Nelle trachee esiste una pres- ` sione negativa, cioè a dire una pressione che è inferiore a. quella at- mosferica; ciò accade specialmente in estate, in cui è attiva la tra- $ spirazione, e in questo tempo io compii appunto le mie osservazioni. ys Sono note le esperienze descritte nei trattati di fisiologia, che cioè tagliando un ramo, le cui foglie siano in traspirazione, sotto il mer- curio, questo ascende nei vasi per molti centimetri; ora anche quando. si taglia una pianta ricca di ossalati solubili, questi debbono tosto dif- fondersi nella regione del taglio, e poichè le trachee con la loro bassa - | pressione fanno quasi da tubi aspiranti, é naturale che tali ossalati L debbano salire per uno spazio considerevole. Del resto un fatto simile sì avvera anche per le piante ricche di latice, di cui spesso, forse pe cla stessa causa, i vasi si mostrano pieni. 26 CAMILLO ACQUA Negli spazi invece esiste una pressione che equivale generalmente a quella atmosferica, perciò non è possibile che in questo caso entri in giuoco quanto ora si è detto, molto più che io ho usato sempre la E 1 A ‘4 È 3 E precauzione di lasciar cadere nel reattivo il pezzo di pianta non ap- | pena tagliato. Ma l argomento che a me sembra migliore è dato da quanto scor- giamo nel lembo. Fin qui noi abbiamo sempre parlato del fusto e del picciuolo. Se ora ci facciamo a esaminare quanto avviene nel lembo, - immergendo dei frammenti di esso nel solito reattivo, noi scorgiamo - che anche quivi gli ossalati solubili possono mostrarsi in abbondanza, | * + L * ‘ PA PES tantochè essi spesso invadono le trachee come accade nei fusti e net picciuoli. Ma il fatto, che salta subito agli occhi, è che gli spazi sono - sempre completamente vuoti. “Ora se si ammette che negli altri casi la presenza degli ossalati so- ‘lubili negli Spazi, debba derivare dalla diffusione in essi del liquido cellulare sotto l’azione del reattivo, non si comprende come invece nei tessuti del lembo ciò non debba mai avvenire, mentre anzi il si- - stema lacunare è in questo caso assai più sviluppato e mentre scor- giamo talvolta ripieni i vasi allo stesso modo con cui avviene negli altri tessuti. Da ultimo si deve notare che Y ossalato solubile non solamente oc- cupa gli spazi, ma vi si accumula anche quasi sempre in quantità assai È Y.» * * Ln : s maggiore delle cellule circostanti. Ora ciò non potrebbe assolutamente spiegarsi con l'ipotesi di una semplice diffusione in essi dei contenuti cellulari. ` Dopo tutto quanto si è detto, mi Aalto a dare, come assai ue bile, la seguente proposizione: Nei parenchimi corticali e midollari del fusto e del picciuolo l'a- cido ossalico si forma in tutte le cellule, nelle quali combinasi , al- meno in gran perda, con il e e si getta negli spazi intercel- lulari. Nòn di rado però, è è opportuno avvertirlo, anche i parenchimi verdi i del pieciuolo e del fusto mostrano i loro spazi del tutto vuoti. Per ciò che riguarda E qucm conduttori, che ‘spesso inni NUOVA CONTRIBUZIONI ALLO STUDIO DEI CRISTALLI DI OSSALATO, A Si. Ld anch' essi speciali cellule cristallofore, le mie osservazioni furono poco |’ decisive, ed incostanti, per cui mi riserbo a tornare in seguito sul- l' argomento. Ma prima di esaminare il significato che può avere questo fatto, non TE bisogna tralasciare di trattare un "altra questione. Le soluzioni assorbite - s dal terreno e che contengono sali di Calcio, dopo essere state trasportate - E per i fasei conduttori nelle varie regioni della pianta, debbono diffon- dersi tra le molecole cellulosiche delle pareti, giungendo in contatto con tutte le cellule : di un tessuto. Ora si comprende di leggeri per quale causa sia impedito agli ossalati solubili, contenuti nell’ interno delle cellule, di combinarsi con i sali di caleio. Le speciali mus osmotiche dell” ectoplasma - spiegano senz’ altro la cosa. Ma negli spazi intercellulari come ciò avviene? Perchè T ossalato potassico che si accumula in essi non si combina con i sali di calcio diffusi nella parete ? i Come è noto, fu detto che gli spazi fossero ricoperti dk uno strato - plasmatieo (Russow). Ma questo fatto che sarebbe da solo sufficiente. a dare una plausibile ‘spiegazione, fu impugnato e. successivamente di- feso. da molti lavori. Per cui è necessario che noi fermiamo la nostra ? attenzione sulla questione dei rivestimenti degli spazi, osservando quale ed sia oggi più accettabile tra le molte Laga ue IV. p EUR ni ‘spazi intercellulari di molte HO si buis facil. . mente che essi sono tappezzati da un rivestimento speciale, che eon lo . iodio SI acido. solforico. prende una colorazione giallo bruna e che rassomiglia grandemente. al plasma parietale delle cellule circostanti. , Per edi si disse che gli spazi intercellulari uto rivestiti di un sot | tile strato plasmatieo (Russow). 2 Ma goonia Dem non tardò a sollevare po n fatto che i k 28 "CAMILLO: ACQUA solforico non fu ritenuta sufficiente a dimostrare la loro natura pla- smatica. Onde s'inclinò a considerare i rivestimenti in questione come una modificazione dello strato più esterno della parete limitante gli spazi, il quale avrebbe subita una lignificazione o una gelatinizzazione od anche si ritennero tali rivestimenti costituiti dallo sdoppiamento della lamella mediana (GARDINER, SCHENK). Ma il WissELINGH è quegli che tratta più completamente Targo- mento (f). Egli tenendo conto dei risultati precedenti, riprende lo studio mediante l’uso di numerosi reagenti e giunge a notevoli con- clusioni. Dopo avere esaminate molte piante, specialmente sotto il punto di vista microchimico, esclude per la quasi totalità dei casi, l esistenza del plasma negli spazi intereellulari. Egli trova che i rive- stimenti in questione il più delle volte danno una colorazione, quan- tunque leggerissima, con l’impiego della fluoroglucina ed acido idro- clorico, per cui conclude che in questi casi si. ha a che fare con sostanze lignificate. Più raramente egli trova rivestimenti che asso- migliano al protoplasma. | — Ma a poca distanza dal WissrLIncH, il BertHoLD (2) giunge a con- elusioni del tutto opposte. Egli combatte con molti argomenti le opi- nioni dello ScHENK e torna, a mettere in onore le idee di Russow sulla natura plasmatica dei rivestimenti degli spazi. Naturalmente non mi è possibile entrare più a discutere su di un argomento sì controverso e che troppo ci allontanerebbe dallo scopo | principale del nostro lavoro. Ciò non ostante io voglio citare qualche ' osservazione da me fatta in proposito. Io studio i rivestimenti nei tre generi Oxalis, Rumex, Pircunia. Con lo iodio ed acido solforico pren- dono la nota colorazione giallo bruna; con l'impiego della fluoroglucina ed acido cloridrico non si ha alcuna colorazione apprezzabile. È vero che non di rado sì osservano i rivestimenti leggermente rosei, come nota il WISSELINGH, ma ciò non deve ascriversi che ad un fenomeno ty QW H. z () C. Vox WisseLINGH. — Sur les revétements des espaces intercellulatres. — Archiv. Néerland, d. sciene. exact. et natur. ; tome XXI, le livr. C) G. BERTHOLD. — Studien über Protoplasmamechanih, 1886, p. 32. s LE rimanendo il più delle volte distaccati agli angoli e formando sempre - una membrana distinta. Il ehe significa che tali rivestimenti esistono à Nuova CONTRIBEZIONE ALLO Dec ne DEL CRISTALLI DI ostato, nico. c 29 2 ottico, poiché la SIC ha lunga tanto con gr della fluoro- glucina, quanto non usando alcun reattivo. Io non posso certamente stabilire se nei casi osservati dal WisskLINGH la stessa causa di errore entri in giuoco; è certo però che nei generi sunnominati, la cosa va come si è detto. Per cui deve coneludersi che non vi è lignificazione nei rivestimenti degli spazi. Una soluzione bollente di idrato potassico al 10 0/, scioglie i rive- stimenti come scioglie il plasma delle cellule, cosicchè, risottoponendo il taglio al solito trattamento con iodio ed acido solforico, gli spazi si- mostrano completamente nudi. Nella Oxalis floribunda Y impiego del carminio di BEAL e del carminio boracico mi condusse a qualche ri- sultato. Spesso le sostanze granulose che tappezzano gli spazi, si co- lorarono visibilmente. Anche qui non bisogna tralasciare di considerare quelle cause di errore, delle quali ora si è parlato; ciononostante credo asserire che in questo caso si debba trattare di una colorazione reale. Anche nel Rumex Abyssinicus si riscontra lo stesso fatto. I rivestimenti della Pircunia dioica, sono costituiti da sottilissime pellicole, che con l’impiego del carminio non mi dettero alcuna colo- razione visibile. Le giovani piantine, di appena pochi centimetri di lunghezza e di poco più di un millimetro di diametro, presentano già; esaminate con forte ingrandimento (obbiettivo imm. omog. !/",j e ocu- lare 5 KoRISTKA), dei rivestimenti che si colorano con iodio ed acido solforico in giallo bruno. Essi inoltre sono distaccati dalle pareti della cellula agli angoli, costituendo una membrana speciale, cosa già con- statata per molte altre piante. Se esaminiamo questi spazi in una pianta adulta, nói scorgiamo che essi si sono di molte volte ingran- diti, ma che i rivestimenti si sono accresciuti unitamente agli spazi, fino dai primi periodi di sviluppo - della pianta, si accrescono unitamente - agli spazi, e anziché essere ritenuti come una lignificazione dello strato più esterno della parete, Sono in questo caso da considerarsi come membrane viventi. In conclusione la ie. dei rivestimenti degli spazi è ancora ROM Qe o de. CSR GAMILLO.AGQUX controversa, però la opinione, che riscuote le maggiori probabilità, é che essi siano costituiti -da protoplasma. Comunque però vadano le cose, si può stabilire di certo che tali rivestimenti si differenziano grandemente dagli altri strati della parete cellulare. Ora se così diversa e speciale è la loro natura, è evidente che anche il loro ufficio debba essere diverso e speciale, per cui non è improbabile che essi possano costituire, mercè. le loro proprietà osmotiche, una parete divisoria tra i contenuti delle membrane e quelli degli spazi. L’ analogia dei rivestimenti eon il plasma rende- ` rebbe questa idea senz’ altro accettabile; a me basta l aver messo in evidenza come gli studi compiuti fino zi ora la rendono ad ogni modo assai verosimile. vo Noi abbiamo visto che l acido ossalico si forma in grande quantità nelle cellule turgide dei parenchimi corticali e midollari. Ora parecchie delle specie da me studiate si mostrano anche assai ricche in cristalli di ossalato di calcio, quantunque altre non ne contengano che in quantità assai minore; onde in questi casi le cellule cristallofore si trovano in contatto diretto con altre cellule ricche di acido ossalico o di ossalati solubili. Abbiamo visto inoltre come questi ultimi siano anche riscontrabili in dati casi nell interno delle cellule cristallofore medesime. Inoltre, dopo le più recenti ricerche, Y esistenza di comunicazioni dirette attraverso la parete delle cellule è un fatto che può ritenersi d'indole generale, essendo stato per buon numero di easi esperimen- talmente dimostrato. Cib non ostante io ho voluto dimostrarlo anche nel nostro. : - | Delle sezioni longitudinali non troppo sottili di unpicciuolo di Oralis : floribunda sono trattate con il metodo comune dello iodio ed acido = solforico. Se si usa direttamente dell” acido solforico poco allungato dr. - masse plamnatiehe - si usps, e bruseamente e non riesce pos- i sibile lo. seorgere iius RS di Ha ira una cellula è e T altra. ; - Ma: se n impiega dell'aeido assai diluito ed assorbendolo con carta - —bibula, ve se ne fa giungere dell’ altro sempre meno diluita fino a 4 giungere all acido solforico puro, si scorge quanto segue: le pareti F . cellulari sono rigonfie, incominciano a disciogliersi e si sono colorate in azzurro vivo; le masse plasmatiche si sono eontratte, acquistando * il solito eolore giallo bruno, ma se osserviamo diligentemente i con- . - torni di due masse vicine, vediamo che esse presentano ogni tanto delle piccole prominenze dalle quali parte un sottile filamento di | plasma che va alla prominenza della massa plasmatica attigua. - Dopo ciò ho preso in esame la Pireunia dioica. Essendo le cellule del parenchima del fusto poco AR e quasi -isotiziiciziche possono servire delle sezioni trasversali. gu metodo però dello iodio ed acido solforico non mi dette alcun T RONA. onde io ricorsi all'altro descritto dall HiLLHOUSE (1). Delle sezioni non troppo sottili vengono immerse in acido solforico diluito e quindi per un minuto in acido solforico puro. Questa operazione si fa senza togliere la sezione del porta-oggetti, ma assorbendo l'afido con carta bibula o meglio con una pipetta. Poscia si copre il prepa- ~ rato con un vetro da orologio e lo si lascia senz’ altro per un tempo variabile dalle 20 alle 48 ore. In seguito si fa scorrere sul porta-og- | getti molta acqua distillata in modo che il preparato. resti completa- mente lavato e lo si colora con un mezzo atto a porre. il plasma in evidenza; l HirHouse usa il carminio ammoniacale : io ricorsi al metil violetto. Dei preparati di Pircunia dioica trattati in tal modo mostrano assai i evidentemente. i loro masse peste Rte pu numerosi filamenti. Delle sezioni pie un Diabolo | di lady pulcher sono | sottoposte allo stesso trattamento. Le pareti dei Rumex sono cosparse . di Pre D cui le masse ione d mostrano, depo il : 0) finora — : Einige Abi über den inter béta Zusam m menhang von Protegianina Bot. Centralblatt. m XIV, p. 89... CAMILLO ACQUA . H trattamento suddetto, delle protuberanze a cono troncato. che giun- | gono quasi in contatto con quelle delle cellule vicine. Se il pre- . parato subisce una lieve pressione, il plasma si deforma e si dilata, | venendo a riempire la linea di divisione esistente tra una protube- È ranza e l'altra. Bisogna adunque essere cauti e non confondere questo ‘| fatto con le comunicazioni intercellulari. Però in un preparato io sono i riuscito a scorgere nettamente dei fili di plasma mettere in comunica- | zione due protuberanze vicine; per cui si deve’ concludere che la À membrana, la quale separa due punteggiature attigue, è attraversata | da filamenti plasmatici. t Nei tre generi adunque, che a noi interessano, l’ esistenza di comu- [ nieazioni intercellulari, può essere direttamente dimostrata. i È quindi lecito il pensare che per questo ‘mezzo possa avvenire 3 facile scambio tra cellula e cellula delle sostanze che vi si trovano disciolte. Ho esposto infine gli argomenti che ci inducono a considerare come assai probabile, se non certo, l accumulo dell’ acido ossalico, in com- binazione con il potassio, negli spazi intercellulari. Una volta versato in essi, l’ossalato solubile può liberamente muoversi da una regione ad un’altra e giungere in contatto diretto con la parete delle cellule eristallofore, il che è rappresentato dalle fig. 3, 4, Tav. I Supponiamo ora di avere a nostra dis cellule artificiali, posiZione un certo numero di | e supponiamo che esse si trovino in comunicazione diretta tra loro per un sistema di piccoli canali sparsi nelle loro pa- reti. Riempiamole inoltre con aequa contenente una data quantità di acido ossalieo o di un ossalato solubile. Se dopo ciò fra tutte queste cellule, che ci Pappresentano grossolanamente un tessuto, noi ne sce- . gliamo una, e per mezzo di un pertugio facciamo i n essa arrivare. lentamente un sale di calcio, ecco quanto dovrà avvenire, L’ acido : ossalico contenuto in questa cellula, combinandosi con il caleio, dovrà precipitare; ma tosto dalle cellule circostanti sarà chiamato nuovo acido, il quale alla sua volta seguirà la finché noi continueremo a versare nuovo s sterà ]' acido ossalieo e gli ossalati solubili in sorte del primo, e cosi ale di calcio e finchè esi- 3 tutte le altre cellule, av- verrà sempre una affluenza di questi verso la cellula da noi prescelta, che mano mano si anderà arriechendo in depositi cristallini. Se ora poniamo mente a ciò che abbiamo descritto nelle Oralis, -— nei Rumex e nella Pircunia scorgiamo che vi è una innegabile ana- logia tra quanto si è supposto di fare per le nostre cellule artificiali, e quanto deve avvenire in queste pete. L'aeido ossalico infatti ha origine in tutte le cellule turgide dei parenehimi corticali e midollari, ne’ quali combinasi con il potassio e si getta negli spazi intercellulari. Il modo con cui quest’ ultimo fatto avviene, io non ho potuto ancora stabilire, poichè le mie ricerche per determinare se esistesse un rapporto tra il plasma delle cellule e quello . degli spazi mi hanno dato un risultato negativo. Conviene perd notare X dp difficoltà non piccole che esistono per tal genere di ricerche, per. » eui dai risultati da me ottenuti non. si può certamente concludere contro la possibilità che vi siano tali rapporti; molto più che il fatto - non sarebbe neppur nuovo, essendosi già aies nelle piante di Acer (Russow). | Ora gli ossalati solubili, ihe si originano telle. cellule comuni, pos- sono giungere per due vie nei serbato] cristallini, sia per il sistema i degli spazi, eon i quali, come ora si è detto, forse le cellule comu- o BO direttamente, sia per le comunicazioni intereellulari delle quali ven è stata dimostrata al microscopio la esistenza. b Dall’ altro canto i sali di calcio provenienti dal TÀ sì ronds a traverso le molecole cellulosiche della parete; essi, come si è visto, non possono penetrare nelle cellule comuni del parenchima, perchè 7 impediti dalle proprietà osmotiche dello strato periferico del plasma; non possono gittarsi. negli spazi, perchè impediti assai probabilmente dai rivestimenti di questi. Ma quando questi sali giungeranno in eon- . ti mento che queste cellule. hanno l’incarico di formare i depositi cristal- x lini è evidente, che le ‘proprietà del loro ectoplasma devono essere tali. da lasciare passare liberamente i sali di calcio. Per cui questi . i respinti - Allora accadrà quello: cha sopra si è > supposto di gdo ied le cellule Ta T Fuga; anno HI, vok "iT. ; tatto con le cellule cristallofore la cosa anderà diversamente. Dal mo- . . dalle altre cellule, dovranno finalmente gittarsi in quelle eristallofore. - i, * rà > 94 | CAMILLO ACQUA artificiali. L' ossalato potassico contenuto nelle cellule cristallofore precipiterà; e tosto dalle regioni circostanti, sarà chiamato nuovo os- salato solubile, il quale si combinerà alla sua volta con i nuovi sali di calcio e così di seguito. Nelle specie simili alla fitolaeca, per esempio, questo processo continuerà fino a che la cellula resterà completamente ripiena di cristalli; in altre specie, le cui cellule non contengono che pochi cristalli, si potrà spiegare il fatto ammettendo che lectoplasma sia soltanto in piccola parte permeabile per i sali di calcio o che possegga questa proprietà soltanto in alcuni periodi della vita della cellula. Nei parenchimi corticali e midollari del fusto e del picciuolo di tutte quelle specie, che io ho esaminato, e che.contengono cristalli, io penso che la loro origine avvenga nel modo ora descritto. Le cellule cristallofore rappresentano adunque il luogo in cui ha origine l'ossalato di calcio, ma non quello in cui si forma l acido ossalico. Quanto fin qui si è esposto ha certamente dei lati che possono pre- . starsi a critiche e ad obbiezioni; così l'esistenza di particolari comu- nicazioni tra le cellule e gli spazi non rappresenta che una semplice supposizione. Dall altro canto, riconosciuto il fatto che T ossalato po- tassico può passare dalle cellule negli spazì senza combinarsi con i sali di calcio diffusi nella parete, è necessario concludere per la pre- senza. di tali comunicazioni che dovrebbero possedere anch’ esse un ri- vestimento impermeabile. In quanto poi alla natura dei rivestimenti degli: toa; abbiamo visto come i più recenti studi e buon numero di fatti stiano per la nostra tesi. Non bisogna inoltre dimentieare che il passaggio degli ossalati s0- lubili dalle cellule che li produssero nei serbatoj cristallini, può effet- tuarsi indipendentemente dagli spazi, cioè per le comunicazioni inter- cellulari, la cui esistenza noi abbiamo dimostrata. Onde la parte alquanto ipotetica, riguardante questi ultimi e le supposte loro comunicazioni con le cellule, non lede punto il concetto che noi abbiamo esposto sulla formazione dei cristalli. . Questa ipotesi ha poi il vantaggio: di dare, in un modo che a me * | NUOVA. à CONTRNUAONE 10 | STUDIO DEL CRISTALL DI ossararo, Foe. sembra Acoitaliita ed assai veroina. una spiegazione del perchè noi troviamo spesso accumulati negli stessi tessuti ed in cellule vicine due _ ossalati diversi, e ci spiega i loro rapporti quantitativi - sopra ab- biamo descritto per la fitolacca. Infine mi piace notare che le mie idee sulla formazione dei cristalli collimano con gli studì del Kxy (!) sulla riproduzione artificiale dei medesimi. Il Kyy dopo numerose esperienze conclude che né la rapi- | - dità con eui avviene la precipitazione, né la reazione alealina ed acida "tudo vi ha influenza il grado di concentrazione delle due soluzioni, : cioè a dire quando la combinazione dell acido ossalico con i sali di _calcio avviene con un eccesso di questi ultimi, i cristalli prendono le forme. del sistema. tetragonale, mentre per un eccesso di acido ossalico si formano. cristalli appartenenti al- sistema monoclino. à . Ora è evidente che accettando questo concetto, bisogna considerare le cellule cristallofore come il luogo in cui avviene l’incontro dei due E poattixi; e ciò è appunto quanto si. vuole e nel presente la- voro per le specie da noi studiate. E Partendó da questo ordine di idee, anehe sul valore fisiologico degli spazi. possono trarsi delle considerazioni. Nei parenchimi corticali e mi- dollari essi si riempiono di un ossalato solubile; in questo easo adunque oltre al ufficio di sistema aereatore ne posseggono un secondo di non d minore importanza, quello cioè di sistema escretore. © Quando la secrezione dell'acido ossalico ha luogo assai energicamente, e EX. suo accumulo nelle cellule, sia anche in stri con il po- 1) L. Kr E "pde pilo v beim À Kalkosalat. Ber. d. . Deut- Bot. E m, V. Heft. 8. della soluzione madre influisce sulla formazione dei cristalli. Al con- CAMILLO ACQUA Nel lembo invece; e talvolta anche nei parenchimi verdi di alm organi, gli spazi sono vuoti ed in quesio caso non costituiscono che wi B E Y sistema aereatore. Riassumendo quanto fino ad ora sono andato esponendo, posso irarsi le seguenti conclusioni : L^ Esiste un rapporto intimo tra l'ossalato solubile che si for nelle cellule viventi di un tessuto e l’ ossalato di calcio che si risconti accumulato in speciali cellule di esso. | : .29 L'acido ossalico ha origine in tutte le cellule turgide dei. renchimi corticali e midollari, dove combinasi con il potassio e getta negli spazi intercellulari, con i quali BIRRA le cellu comunicano direttamente. 3." Circolando negli spazi, l' ossalato solubile può giungere in coi tatto con le cellule cristallofore (fig. 3, 4, Tav. L), ovvero può à 1 vare a queste per le comunicazioni intercellulari indipendenteme da essi. 4.° Nel suo tragitto non può nici. con i sali di calcio, ci provengono dal terreno e si diffondono tra le molecole cellulos della parete, perchè è protetto, nell’ interno delle cellule, dall’ ecto plasma, negli spazi dai rivestimenti di questi. i 5.° Una volta giunto nelle cellule eristallofore, l' ossalato potassi ici s' incontrerà con il calcio, poichè le proprietà speciali dell’ ectoplasm di ins cellule sono appunto tali da lasciare entrare i sali di calcio . 6° Le cellule cristallofore rappresentano adunque il luogo in de origina X ossalato di ealeio, ma non oid: in eui si forma l' aei | ossalico... TY Dai parenchimi < Noah | e midollari delle joue da noi “dis inv eee non avviene. ‘nel. Teinbo. i . Prima. di terminare il us lavoro. mi piace fare ancora n ae segue: Di i 3 $ dus ks # ^ oun Br > | 2 ; e f NUOVA CONTRIBUZIONE | ALLO STUDIO DEI CRISTALLI DI UPPARA PO, BOG: "Jt Noi sopra abibidnio detto che l'eetoplasma nelle cellule ricche di acido . . ossalico non dev'essere attraversabile per i sali di caleio. Ora ciò non | deve prendersi in via assoluta. Il calcio è una sostanza necessaria per dati processi. della pianta; nelle cellule verdi,.ad esempio, esso dovrà servire per il trasportogdegli idrati di carbonio. In questi casi adunque 3 l' ectoplasma deve certamente lasciar passare quella certa quantità di calcio che è necessaria per la vita della cellula e per i speciali processi di essa; ma questo fatto deve avvenire in misura tale da non rendere UTE possibile in quelle cellule la formazione di eristalli visibili. eu ciò resta ancora a esaminare come procedano le cose in altre. > diverse; ed io facendo uso del reattivo summenzionato per la ce | dell'acido ossalico mi propongo di studiare i seguenti quesiti: Se cioè sia ‘osservabile alcuna produzione di ossalati solubili, anche nelle piante che normalmente non ne contengono, nei periodi di attive formazioni cristalline. 3 Se coltivando una pianta senza. sali di calcio cessi la preduzione di nuovo, acido ossalico. : Ovvero nell’ ipotesi che ia contin a Fontem in quali cel- ; lule gia riscontrübile mierochimicamente. i | Roma, k Istituto Panta; Marzo 1889. > : Nel n. 2 (anno XXI) della Riviste Scientifico- -Iadusiriale , che esce in Fi- Pense, trovasi pubblicato un articolo dal titolo: L' ossalato di calcio nelle piante. autore. di esso il sens: Prof. Aser Parks i jode. si affretta a dichiarare - Quale lo scopo. di questa FIRE b Lo troviamo detto a pág. d quello. di confutare © quanto jo serissi nella s se dali non si. érès de anzi P distal ooskigle per rifare. b Gi: varie opinioni, che furono emesse sù questo argomento. nt, coafgtti evoca la teoria di ARNO AË sul :alore dell: ‘ossalato di calcio | y Po dE ei E CAMILLO ACQUA. come materiale di riserva, teoria assolutamente insostenibile e che niuno po- trebbe oggi ricordare se non a titolo di curiosità storica, per discuterci sopra nd e per venirci a dire che egli è ancora per l'altra supposizione che cioè I os- : salato calcico sia un materiale di rifiuto. 3 E così continua su questa via che noi vogliamo ora abbandonare al fine di P j^ UNE venire al punto capitale dell’ argomento, cioè alla tonfutazione di quanto io: n. scrissi nel mio lavoro. ` p Perd debbo avvertire che questo vocabolo è stato assai male scelto per l E ; casione; poichè in realtà il Prof. Por: non confuta per nulla o quasi per nulla - - i miei argomenti, ed egli stesso ce lo confessa a p. 33 in cui scive: non posso . qui confutare ad uno ad uno tutti i ragionamenti del Dott. Acqua. La sua critica si restringe invece quasi esclusivamente ad una questione, che E io chiamerei pregiudiziale, cioè a dire egli combatte il metodo da me seguito | nella seconda parte del mio lavoro. : a Proviamoci a concentrare le accuse mossemi dal Prof. Port e ne uscirà fuori questa proposizione: che io ho fatto iode ragionamenti, laddove avrei D 5 compiere indagini ed esperienze. « Il miglior modo, scrive il Port, per RS la questione, più che di farvi su tanti ragionamenti, è quello di continuare le ricerche e le esperienze in proposito. « Il Dott. Acqua invece, dopo aver descritto gli importanti fatti nuovi di lui | osservati nella Pircunia, occupa la maggior parte della sua Memoria in ragio- È menti atti, secondo lui, a dimostrare 1° insolubilità dell’ ossalato calcico nel succo P cellulare e l'impossibilità della sua migrazione (p. 33). ». « Ma per portare un serio contributo alla risoluzione dol problema , del quale ei stiamo oceupando, occorre abbandonare per un momento i lunghi ra- f gionamenti e darsi a serie ricerche sulle piante ee « Invece di discutere sulla maggiore o minore l'ossalato calcico, bisogna cercare di constatare con ricer di formazione e di deposito dell’ ossalato, (p. 35) ». E cosi di seguito. Innanzi tutto a me piace di avvertire che io intrapresi lo studio di questo. interessante argomento fin dal noven cupe fino al | luglio ona in cui detti alle stampe la mi | parte della prre e sull’ Por e di for marmi un concetto. proprio sulla questione. Credei che un metodo razionale fosse servazioni ed esperienze i i a s origin quello di ricercare dippiima’ con os ine dell acido na e dove si col e ; : v $ £ e Ag Ü i z PA ae ns E À sha us : i cad s 4 NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRISTALLI DI OSSALATO, ECC. bina con il calcio, poichè senza possedere cognizioni precise su ciò sembra- vami che sarebbe riuscita cosa malagevole il parlare del suo ufficio e del suo valore. E fin d’allora io mi era fatta una convinzione, che oggi velo confermata da studî ulteriori, che cioè, siccome variabilissimi sono il luogo, il tempo e la forma, in cui avvengono i depositi cristallini, così pure diversi dovessero essere . i processi di formazione, il loro uffieio, il loro valore. Conclusione di ciò: la necessità di compiere uno studio particolare per le varie specie di piante, tosa che io ho già fatto per la fitolacca nel mio primo lavoro e per questa specie e per altre in questa mia: Nuova "Contribuzione. . Ma prima di inoltrarmi in tale paríe speciale io non poteva dimenticare una ipotesi, già condivisa da molti, una ipotesi, che, basandosi quasi esclusivamente in una serie di ragioni induttive, stabiliva a priori che I ossalato calcico per , essere solubile nel succo cellulare dovesse emigrare nei — eristallini dalle regioni lontane nelle quali si sarebbe formato. Ed io appunto cercava di dimostrare l’ insufficienza di i sistema; e fa- ceva vedere come tutti quegli argomenti per i quali si credeva concludere senz’ altro in favore della solubilità e dell’ emigrazione, si prestassero invece a — molteplici interpetrazioni e perdessero quindi ogni valore. Che se allo stato attuale delle nostre cognizioni si volesse pur giungere ad una conclusione, prendendo per base il fatto che il sale nel grandissimo numero dei casi, una volta formato mai più si ridiscioglie, doversi inclinare a concludere che l'os- ‘salato di calcio è è generalmente insolubile nel succo cellulare e si accumula nelle stesse cellule nelle quali fu formato. Posta così la questione nei suoi veri termini, io non stiano in che cosa x nglis confutarmi il Prof. Port con le sue obbiezioni, i . Egli dice: bisogna abbandonare i lunghi ragionamenti e darsi a serie SARE —— Ma che cosa ho fatto io se non addimostrare appunto il poco valore degli b argomenti teoretici , quando ho asserito e provato che essi $i prestano a mol- teplici conelusioni e che perciò non sono atti a condurci ad alcun risultato? Eseio ho ritenuta più probabile l'altra ipotesi della insolubilità dell’ ossalato di ‘calcio, mi sono basato. principalmente sul fatto che il sale nel pr di numero. dei casi una volta formato mai più si ridiscioglie. fs Provi 3 Prot. Pour che de: non: Merino, o che ancho. questa + è un X ra- ne AE es CAMILLO ACQUA i Porr può farlo meno degli altri. Poichè egli fin dal 1881 si è occupato del- C ps F argomento e fin d'allora ha riportate le conclusioni anche di quella parte ci del lavoro del De-Vries, che, muovendo da una serie di ragioni puramente induttive, veniva a concludere in favore della solubilità e dell'emigrazione del- ud l'ossalato calcico. E se il Prof. Porr erede senz'altro che questo dtes di procedere per induzioni sia a priori da condannarsi, avrebbe dovuto spezzare la sua lancia fino dal 1881 eontro chi si pose dapprima su quel terreno, anziché rivolgersi e . . oggi contro di me, che, venuto poi. ho dovuto accettare di discutere la que- a stione nel modo che da altri era stata posta. Ma egli a pag. 32 afferma che ritien giusta r pen della solubilità e del- E emigrazione dell'ossalato di calcio. ^ Su quali fatti fonda il Prof. Poux questa sua convinzione ? Poiché certamente noi ci aspettiamo che chi censura le altrui conclusioni, perchè si basano più su ragionamenti che su dimostrazioni esperimentali , venga almeno per proprio conto a darci un esempio del retto mods con eui dev’ es-. sere trattata la questione. Esaminiamo adunque 1 suoi argomenti. Egli dice a p. 32: « non si puó recisamente negare quanto autori degni di fede asseriscono e bisogna pure ammettere che qualche volta i cristalli di os- salato calcico si ridisciolgano. » Ora niuno pensa certamente a negare il fatto della loro scomparsa ed io stesso ho già detto che, avendo ripetute le esperienze dello Tscurncn, ottenni il riassorbimento dei cristalli nelle Begonie, . Ma quanti sono questi casi veramente constatati ? Assai pochi; e mentre per esempio sto scrivendo queste pagine, mi arriva . un lavoro del WrnwER (Das Verhalten des oxalsauren Kalkes in den Blät- tern von Symphoricarpus, Alnus und Crataegus. Bot. Zeit. 1889. Nr. 9-10) in cui si nega ciò che lo SCHMPEE aveva asserito per alcune specie , che e macle si formassero dapprima nel mesofillo e nei serbatoj cristallini delle nervature. E Non restano . adunque che pochissimi casi certi, e di fronte a questi vi è .. . À numero grandissimo degli altri. fatti parimenti ce; | x formato, mai più si ridiscioglio.’ : . Ma men male se potessimo stabilire Ge ogni. z “ae da una cellula « esso veramente si si discioglie. S we x chi può direi che non ioè le poi emigrassero, Mie eat rti in cui il -— una a de volta. che un cristallo scom- trattisi S patiye d di un | processo di scomposizione ? 1 NUOVA CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DEI CRISTALLI DI OSSALATO, Ecce. 4l - Ecco uno dui punti pricipali: della questione e che io nella mia Memoria ho accentuato più volte. E come vi risponde il Prof. Porr? Con il passarlo sotto silenzio! , - Un bel modo in verità di fare le Care / Ma tiriamo innanzi. Egli continua: «..«. la ragione addotta dal DE-VRIES . cioè la grandezza spesso significante dei cristalli è una ragione che ha tdi valore ed alla quale lI Acqua non risponde in modo per me sonvincente: » — Ora io fra le altre cose ho detto che il VEsQUE artificialmente ha ottenuti si dei grossi prismi; ed ora aggiungo che lo stesso Prof. Port, ripetendo le espe- rienze di ORD, confessa di avere ottenuti dei begli ottaedri, D a quelli delle Begonie e delle Peperomie. Dunque sta il, fatto. che, mentre nelle precipitazioni ordinarie F ossalato a 4 cico si deposita in minutissimi cristalli, appena distinguibili con un medio in- ‘grandimento, variando le condizioni nelle qualigavviene l' incontro dei due re- ‘attivi, noi siamo riusciti ad ottenere cristalli di considerevoli dimensioni, simili a quelli che si riscontrano nel maggior numero dei casi nelle piante. Ora questo fatto non parla i in favore della ipotesi che, variando ancor più Bru nell interno delle cellule tali condizioni, possa aver luogo in, modo analogo anche la formazione di cristalli di maggiori dimensioni, um |riscontransi talvolta nelle piante? ‘E come risponde il Prof. Porr su questo proposito? = + «Con un sistema che non ammette repliche; quello. che io ho tt, si imita ad affermarei , non sembra a lui convincente! — Altro bel modo anche questo di fare la SE. i EUN Pubs all nie Pn. serive ne si SE spiegare bènissimo dai a quanto asserisce mmettendo nelle que dove bine la inganni una concentra- 42 Sa /—— CAMILLO ACQUA usato delle induzioni per combattere altre UNS egli invece viene ad u- Sarne per combattere dei fatti! Eppoi che cosa proverebbe quest’ ultimo argomento? Una sola cosa: che dalla presenza del sale fuori della cellula po più conclusioni dissimili e contraddittorie. . Ma allora, Prof. Porr, ssono trarsi . siamo d'accordo! Non è infatti questo lo scopo che . anch'io mi sono prefisso nel prendere in esame gli argomenti del DE-VRIES ? ` Non è vero poi quanto Ella asserisce a p. 34, che io mi sono visto o gato in eonelusione a non potere negare in modo assoluto una certa solubilità all' ossalato calcico. No, Prof. Porr, le cose non vanno poste cosi. Io ho studiato la questione - dal punto di vista botanico, e voli, eome già ho detto, dimostrare l’ insuffi- cienza di una idea preconcetta, per la quale si voleva ammettere come regola generale la solubilità e T' emigrazione dell’ ossalato. Ma perchè toltane una, non, sorgesse in sua vece un’ altra idea parimenti preconcetta e dannosa, credetti - opportuno di aggiungere che con ciò non si voleva negare che il succo cellu lare potesse in date condizioni disciogliere una piccola quantità del sale, Non posso inoltre neanche lasciar passare quanto trovasi a p. 32. « In molti casi, scrive il PoLI, si sono veduti i cristalli formarsi in cellula: vi- venti con protoplasma nucleo, ed anche clorofilla ecc +; Cd in seno al protoplasma stesso.... forse accade sempre cosi, Ma si potrebbe sempre domandare: si. questo elabora e mette in libertà l a- cido ossalico in presenza dei sali di caleio contenuti nel liquido cell perché il protoplasma fa da mezzo di eristallizzazione, come 1 esperienze di Orp, da me ripetute e descritte» domanda bisognerebbe cercare la risposta pri induzioni, ma con ricerche ed esperienze sull Se il Prof. Porr, prima di accingersi a c - almeno preso cura di mettersi in corrente saprebbe che le cose stanno diversamente d Legga adunque i lavori del WAKKER (!) studi compiuti su ca a a rafidi, a macle, formano in seno al protoplasma perchè lulare, 0 a gelatina nelle nel mio citato lavoro? A questa ma di tutto; e cercarla non eon - e piante. » | onfutare ilf mio Bros: ej fosse con la letteratura sull' argomento, a quello che egli crede ! e vedrà che in seguito a numerosi - a polvere cristallina ece., si è tro-. (04 ARKER. — dieu ing der. Kr "istallen van oralzure kalk in de ai Stami we voor Nauurwe etenschappen. 1 1886. No. 7. (Rassegna. nel Bo Studien über die Inhottski er de P, nsenselle. Jahrbüc ür Wis- coi "Bot x ES: ws i er js sense e ASTE für ems BOODLEA MURRAY ET DE-TONI vato che la formazione dell'ossalato caleico avviene invece nel sueco cellulare e propriamente nell'interno dei tonoplasti. Infine serive il Prof. Pour. « Io credo che i fatti fin qui noti ci autorizzino a ritenere l'acido ossalico come un prodotto di ossidazione , non però delle sostanze proteiche, poichè - esso non contiene azoto, bensì delle sostanze ternarie. » Anche questa proposizione non è esatta, Nei processi di ossidazione delle sostanze proteiche interviene spesso un se- condo processo, quello della dissociazione. E per questo fatto, che ha luogo . nella così detta respirazione interna, può formarsi una serie di prodotti se- de condari, dei quali alcuni contengono azoto, come gli alcaloidi, altri invece pos- sono esserne privi, come appunto gli acidi organici. Questi adunque possono avere origine anche in seguito all'ossidazione delle sostanze proteiche. Da ultimo voglio esprimere la mia compiacenza che il Prof. Porr sia sceso a discutere meco, poichè, essendo unico scopo delle nostre indagini la ricerca del vero, e non già il trionfo delle opinioni individuali, mi è grato che una persona autorevole, come è egli, continui a portare il suo contributo in questo — stadio, del quale ora anch'io mi occupo. DI Soltanto m' auguro che le discussioni future , se vi saranno, procedano ba- sandosi su prove e su ragioni, e siano aliene dal pericoloso sistema dell’ as- serire senza provare, poichè soltanto a tal patto potremo lusingarci di giovare in qualche modo al progresso della nostra questione. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA I. E . Porzione di sez ione trasversale nel pieciuolo di Oxalis UL zh A erue que è pi precipitato ed occupa gli spazi. .*. Porzione di trasversale nel picciuolo di Oxalis floribu i SP spazi intereellulari Te ni in origine di ossalato solubile, ‘che istalli derivanti dalla precipitazione d l- : 450 ‘1. rsale in un fusto fiorifero di Rumes Woodsi. o solubile è pedi Rens ed occupa gli spazi circondanti una cellula cristallotra Ingr. 175 e di sezio! pagis tudinalo in N fasto di Pircunia dioica. Gli spazi intercelllri, ch ondano una ce a rafidi, sono r ipieni di depo osi spalla, droveneni dalla precipitazione de ! ossalato _soh abile sol lubi pa d oc salato solubile de t precipitato ed dara uno spazio agr, 263 : a NI E È i (A. N. BERLESE Rivista delle Laboulbeniacee e descrizione d'una nuova specie di questa famiglia. — Nota del Dott. A. N. BERLESE ni (CON TAVOLA II). Le Laboulbeniacee costituiscono una famiglietta di funghi che pel EY mieologo sono di collocamento piuttosto incerto. Né botanici soltanto E si occuparono di questi esseri microscopici parassiti di insetti e di pic- coli altri animali, chè il Kolenati (!) prima ed il Diesing (2) poi tra zoologi, li credettero vermi prossimi agli Echinorhynchus e formanti il genere Arthrorhynchus, del quale due specie (A. Diesingii ed A. We- strumbii) erano note e descritte. sul Brachinus crepitans, g explodens e B. Sclopeta, soltanto sul Gy- retes sericeus l'altra), e non aveva punto esitato, col Montagne, a con- Siderarle non solo di natura vegetale, ma di ascriverle ancora alla classe de’ funghi, istituendo sovr' esse il genere Laboulbenia che col- locò tra’ Pirenomiceti, della seguente osservazione corredandolo : Genus sphaeriaceum maxime singulare entomogenum, Capnodiis analogum, at toto coelo diversum. Né ometterd a proposito di tale rassomiglianza , che la struttura del peritecio, quoad perithecium. che più la forma al Capnodium il genere Laboulbenia come ne genuini Pirenomiceti cellulare, cosiechè un parenchima di pa- recchi strati vada a costituire la tunie a periteciale, laddove nelle La- C) KoreNATL — Episoa der Nycteribien in der | Monatschr ift. I, Band, 1857, p. 66-60. 4 © DigsING.— Revision der SS in Sitzungsber icht, d. Kais, d. Wissensch. Wien. XXXVII Band. 1859, 2 DA tab. L . © Roms. — Hisioire naturelle. deg! vé È T homma et sur les animaus vivants i di Wiener entomolog iiet Akadem eram Atlas tab, IX-X, Paris 1 1853: DEN ? ay: A A I Sees à Ma prima de’ citati autori il valente Robin (3) aveva studiate ed ac- curatamente illustrate due produzioni parassite di alcuni insetti (luna, può forse ravvicinare, poichè quest’ ultima si presenta nel Capnodium | + boulbeniacee hassi una parete da poche grandi cellule costituita, e la quale se non si può con maggiore convenienza, paragonare alla mem- brana sporangiale delle Mucorinee, come il Karsten (!) mostrò credere, pure ragionevolmente vuol essere da. qualsiasi altro parenchima peri- teciale distaccata. i Tra coloro che non seppero vedere nelle Laboulbeniacee delle pro- duzioni di origine vegetale, dobbiamo notare ancora il Rouget (2) il quale sul Brachinus crepitans trovò un parassita che egli descrisse anche e figuro, ma della eui natura non seppe punto darsi ragione, e si li- - mito soltanto di chiamarlo production parasite. Nella Sylloge del Mon- tagne (3) invece il genere Laboulbenia è vicino agli altri Sphaeronema e Pleococcum, che voglionsi cercare ambidue coll’ attuale sistema di classificazione tra gli Sferopsidei e con maggior precisione nelle Sphae- m rioideae il primo; e nelle. Excipulaceae il secondo. A questi autori dobbiamo aggiungere il Brauer (*) che espresse l'opi- nione doversi la mucorinea del Karsten (Stigmatomyces Muscae) con- — giungere all' Arthrorhynchus, il Leuckart, (5) che ritiene tutt'altro che — risolta la questione della natura di quêle produzioni parassitiche mercè gli studi dei citati Kolenati e Diesing, F Hoffmann (6) che vuole l'identità tra Stigmatomyces e Laboulbenia ed il Mayr (7) che non vede nella Laboulbenia Nebriae che una patologica produzione della - chitina, ed avremo il quadro deg gli autori che trattarono della nota Li famiglia ; sino al 1869. TO) Rs — Chemismus der Pflansenselle, Wien 1869. BO ROUGET. — Note sur une production parasite observée sur le Brachinus cre- e x pitans in Ann. Soc. entomol. de France, 250 tom. VIII, p. ja 0 {az = d generum specierumqi n togam arum + ete. Paris 1866, p. 250. Did ui ni (9) BRAUER. — Bericht di die em Alina durs pen im Gebiete > der Naturgeschichte. der Insecten in Troschel' s AN. pena ed. p. 132. i» M ovy s T6. Es op P" à E; Bani p ow vede quindi ehe piuttosto controversie e disparate opinioni esiste- - vano circa la natura di questi esseri, e quantunque le vedute del Robin e del Montagne fossero le più attendibili, pure altre ed affatto opposte di autori posteriori erano sorte a rendere l'argomento più oscuro e più indeciso. Ma quegli che con accurate ricerche seppe, non dico porre in chiaro la natura micologica di questi esseri, (chè esatte erano l opinioni del Robin, Montagne e Karsten), ma illustrare l'argomento ed ottenere per la sistematica quei risultati che sono anche oggidi i più attendibili, fu cer- tamente il Peyritsch. (1) In tre opuscoli infatti che negli Sit: sungsberichte dell’Accademia di Vienna vennero in tre tornate presentati, quest’ au- tore ci offre uno studio monografico, se non completo (che non è forse temerità il pensare che ancora altre Laboulbeniacee si possano scoprire) almeno esteso sull'argomento. Prima l’autore non accettò il de . genere Stigmatomyces, e riportò tutte le specie da lui descritte al TÉ genere Laboulbenia, ma in seguito non solo accettò il genere del Karsten anzidetto, ma istituì anche gli altri Helminthophana (sopra la sua Laboulbenia Nyeteribiae), Chitomyces colla specie C. melanurus, ed Heimatomyces cui appartiene l'A. paradoæus. Dopo del Peyritsch . non mi consta che alcun lavoro originale sia stato fatto sull'argomento, se togli l'illustrazione della Laboulbenia Pitreana-fatta dal Sorokine (2) sopra un esemplare di Stiginatomyces Baeri, ed alcune osservazioni più E indole biologica del Karsten stesso (3). (O) PerRirscH Ueber ce Laboulbeniaceen ete. in der Wiener a Band. 64. 1. Abth. (1871) - (°) SoRokiNE. — Mycologische Skizzen, in Botan. Zeit. 1872 " p. 398, (5) KARSTEN. — ~ Zweifelhafte Ascom), yceten, in Hedwig igia 1888, p. 137. Sulla questione della sessualità dirò che il Karsten ammise u condativo, provocato dall’ soide (pollinodio) il quale si inelinerebbbe verso il tricogino. Peyritsch chiamó pure pollinodio il corpo parafisoide e tricogino l'organo uni-o pluricellulare eva- E nescente che esiste all'apice del peritecio. De Bary, come dice il Winter, crede che tale « SE non sia = si fatto che soltanto il Karsten ha 0 os- n processo fe- azione di speciali spermazi portati dal corpo parafi- | RIVISTA DELLE I rco. Dai ivon principalmente del Robin e del Peyritsch presero argo- mento a trattare delle Laboulbeniaceae il De Bary, (1) il Winter, (2) ed il Morini, (3) senza però aggiungere al già fatto cosa nuova. Il Costantin (+) descrisse il genere Laboulbenia perchè potesse essere | distinto dagli Ifomiceti dei quali si occupa. Osservo però che non è certo il modo più conveniente per non confondere le Laboulbeniae cogli Ifomiceti quello adottato dal Constatin, di porre cioè il genere Laboulbenia tra gli Ifomiceti stessi e nella chiave sa generi consi- derarlo anzi come tale. _ Come si vede, niun italiano illustrò mai alcuna Laboulbeniacea e quésti ‘esseri non ancora vennero (almeno da’ Micologi) osservati in | Italia. Nè quella ch'io illustro è specie della nostra regione, ché al ?uay, territorio, come è noto, dell America australe venne dal si- gnor E. Balzan riscontrata sopra un animaletto dell'ordine degli Acari, he studiato da mio fratello Dott. Antonio, venne ritenuto una nuova specie del genere Antennophorus. . Tra i generi di Laboulbeniacee poc' anzi nominati, à Laboulbenia i ‘accosta, più che qualsiasi altro, allo Stigmatomyces, ma da pers Specie di questo genere, la nostra Laboulbenia si distacca per i corpi parafisoidi ramosi. E dalle specie Laboulbenia, genere della nostra, per = struttura invece dei iid parafisoidi devesi Log chè divisi nella servito un effettivo atto di fecondazione. A ciò il moldini Karsten oppose lo ; recenti osservazioni sopra citate, lé quali sostengono il processo di feconda- ne, e combattono la critica del De Bary e del Peyritsch. .() DE Bary. — ` Vergleichende Morphologie und e der Pl; Myce- im und. Bacterien p. 285, — SE 1884. loas. Pilze Band lI, p 918, Leipzig 1 1885. | © COSE, — Seggio di una Fucina: sistematica dei funghi viventi doppio, non pero da grossi anelli neri o da dischi forati come nella i cordati, forse un altro duopo è aggi ungerne, l Appendicularia del Peck. | a Pob Y = ic ; ES PRIE A. d BEHLRSR SD 0 pi L. Rougelii da pseudo-setti, o, come dice il Robin, da un setto comune a due articoli, nella L. Guerinii ed in altre sono divisi da un setto nostra specie. Ecco quanto dice il Robin circa la natura dei corpi pa- rafisoidi nella L. Guerini e nella L. Rougetii: « Ces filaments se - brisent facilment au niveau de leurs articulations. Ils sont incolorés ou à peine colorés vers la base, transparents. Selon leur grandeur, ils sont composés de deux à neuf cellules, dont la longueur varie de Omm, 012 à Omm, 020. Elles sont artieulées à la suite les unes des autres, et une fine strie noire, transversale, montre que leur cloison de sépa- 3 ration, au niveau des articulations, est double, tandis que dans l'autre espèce (L. Rougetii) elle est simple et commune à deux cellules ». (Rob. l. e. p. 631). E quanto quest' autore espresse per le due specie orá no- | minate puossi, parmi, ripetere anche per le altre Laboulbeniae. ‘Più che le due specie di cui tenni parola ora, alla nòstra la L. fla- gellata si avvicina, ma anche in questa mancano gli anelli, come ter- minano pure altrimenti i corpi parafisoidi all’ apice. I caratteri testè accennati; cioè degli anelli neri da cui sono tra mezzati i corpi parafisoidi, e la loro speciale terminazione foreuta, ren- dono la mia. specie distinguibile delle altre finora note e descritte, | per cui io mi credo in diritto di ritenerla nuova. Attesa poi la pre-. E senza degli anelli neri, propongo di ehiamarla Laboulbenia armillaris, quasi a richiamare alla memoria col nome specifico i corpi anulari de’ quali mi intrattenni or ora, e che sono tanto caratteristici. Prima di passare alla descrizione del Fungillo mi sia lecito esporr T opinione che a’ generi conosciuti delle Laboulbeniacee , e da me ri- Quest’ autore nel Thirly-eighth annual Report of the State Museum of Natural History (Botanist) p. 36 tab. 3, fig. 1-4, istituì il genere Appendicularia sopra un fungillo parassit a dei moscherini (Drosophila nigricornis). lo ho. riportato questo genere negli Additamenta, ad Vo= lumina I-V Sylloges , fatti i in collaborazione col Prof. Voglino, ed Osservai in proposito (p. 354) Genus forte Laboulbeniaceis propinquum Ma ora in eui studia È intera è famiglia delle * Laboulheniacoo, mi per RIVISTA DELLE i LABOULBENIACER, mW © metto di dire anche di più e che cioè FA ppenditalanio in verun modo puossi logicamente dalle Laboulbeniacee staccare. Si leggano a tale proposito le osservazioni fatte dal Peck sulla natura di questo fun- gillo. Né, per quanto posso giudicare dalle figure del Peck e dei di- versi autori, parmi lecito di ascrivere l Appendicularia entomophila -ad alcuno dei generi conosciuti, ma bensì credo voglia essere conside- rata come da tutti distinta. Afine al genere Zelminthophana per la lunghezza del collo, ed anche per la forma dei corpi parafisoidi, mi pare però da questo distinta per la struttura dell'ostiolo o meglio del- lľ apice del collo medesimo, e pel luogo d'origine dei corpi parafisoidi. La famiglia delle Laboulbeniacee è caratterizzata quindi da funghi microscopici parassiti di piecoli animali segnatamente insetti. Questi funghi hanno un peritecio formato da poche cellule, sostenuto da uno . stipite più o meno lungo, ed è provveduto lateralmente di corpi fili- formi di struttura diversa a seconda dei generi. Nell’ interno del pe- riterio troviamo gli sporidi fusiformi, jalini, settati nel mezzo (pseu- | dosetto) e racchiusi il più delle volte entro ad aschi. Abbiamo sotto gli occhi quindi un singolare pirenomicete. Col Winter e col De Bary sono adunque di parere di porre nel quadro della tassonomia micologica la famiglia delle Laboulbeniacee dopo del gruppo dei au considerandola ga un’ appendice di quest’ ultimo. siticamente sopra un acaro del genere Antennophorus. . Nel suo primo stadio si compone del piede noduloso nero foggiato E We cono rovesciato, e forse ad imbuto, sul quale è inserito un filamento ; | diviso superiormente da pochi dischi bruni, piuttosto grossi, à con- 2 k Come ho poc'anzi accennato, la Laboulbenia armillaris vive paras- torno nero, e spesso forati nel centro. Coll ulteriore sviluppo. si diffe- x renziano poi a poco a poco lo stipite, i eorpi parafisoidi ed il peri- > tecio. A maturità tutto. il fungillo raggiunge una lunghezza variabile ‘ ia larghezza che non sorpassa guari Y pi, n Dl nodo d'inserzione ha la forma di ; un cono rovescio, P p e d ac cuta, à di un colore nero, o, come esprime. il Robin ü e. 3 . 2 ) « | colorant la lumière transmise en rare, anno dir vol IT 3 À. N. BERLESE brun rouge » è pure elastico, duro e tenacemente attaccato alla chi- tina dell’ animale. Lo stipite è formato da due cellule sovrapposte, di cui l'inferiore va attenuandosi verso il basso presentando la maggiore sottigliezza nel punto in cui si inserisce al nodo. Neppure la superiore è perfet- tamente cilindrica, ma in modo leggero va allargandosi di più in più verso l'alto così che I intero stipite, anzichè essere cilindrico, apparisce. clavato. La parete di queste cellule è ispessita, e le cellule stesse con- tengono delle granulazioni protoplasmatiche di differente grandezza. Il colore di tutto lo stipite è un bruno assai chiaro, ed in lunghezza, compreso il nodulo, raggiunge 120 p. | | Alla parete superiore della cellula terminale sono inseriti i corpi parafisoidi ed il peritecio, non però direttamente, ma mediante sei od otto cellule delle quali due costituiscono il supporto del peritecio, e le . altre quello dei corpi parafisoidi. Io non sono lontano dal considerare | questi supporti come la parte superiore dello stipite, il quale in questo caso non sarebbe bicellulare, ma bensì costituito da parecchie cellule disposte in modo da formare un corpo foggiato a clava, all apice del quale stanno inseriti i corpi parafisoidi ed il peritecio. I corpi parafisoidi, i quali io non sono di parere di ehiamare pollinodi e a eui non mi sembra dover annettere la funzione fisiologiea eui sono destinati i pollinodi e gli anteridii delle Peronosporacee, delle Alghe etc., non sono filamenti sempliei, bensi alquanto eomplessi. Dalle cellule apieali del supporto di questi organi si staecano delle cellule allungate, divise ad una certa distanza dal punto della loro inserzione, da un anello nero analogo a quelli che notai nel filamento ehe eosti- tuisee lo stato iniziale 'del fungillo. Queste cellule vanno allargandosi verso l'alto, ed all’ apice loro prendono ori costituire una dicotomia. anelli. gine due rami i quali possono Alla base di questi rami vi sono due nuovi Talvolta una delle dette ramificazioni si allunga indi si biforca all’ apice in due processi quasi analoghi alle braccia della chela di uno . Scorpione, ed è tramezzata verso il basso da un altro anello, mentre - l'altra si comporta come la prima cellula cio | che portano all'apice due chele ciascuna. . Origine una ramificazione esiste sempre è origina due ramificazioni In ciascun punto dove prende un anello a guisa di setto. — RIVISTA DELLE LABOULBENIACEE, CC. La ramificazione di tutto il sistema può essere quindi o una dico- E tomia se i due primi rami si comportano egualmente durante tutto il loro sviluppo, oppure un simpodio, caso quest’ ultimo (negli esemplari da me esaminati) più frequente. I corpi parafisoidi raggiungono, colle loro estremità, l' apice del peritecio, però sono inseriti nel supporto ad un’ altezza che corrisponde al primo quarto del peritecio, sono quindi più brevi del peritecio stesso. Gli anelli danno ai corpi parafisoidi un aspetto singolare e caratte- istico, non sempre essi sono forati nel centro, ed allora si presentano come altrettanti dischi. Gli esemplari a mia disposizione non mi offri- rono la possibilità di studiare lo sviluppo di questi anelli, e non. mi permetto quindi esprimere. aleun giudizio sulla natura loro, e sulla loro funzione. Il colore dei corpi parafisoidi è un bruno pallidissimo. Il peritecio si inserisce sullo stipite mediante le due cellule ehe ho - più sopra ricordate. Tanto queste, che quelle che servono di supporto corpi parafisoidi, hanno una parete ispessita analoga a quella dello Stipite, ed una colorazione pallida. Il peritecio ha forma pressocchè ci ndrica, o se si vuole, ovoide molto allungata, è di un colore bruno più carico di tutte le rimanenti parti, ed all apice è attenuato in un ollo nero, specialmente all’ ne -FAnIOre attraversato dies un pe “anzi ricordati. Un cirro di materia jalina, mucosa esce dalla bocca His Nell interno del peritecio or gli posa i ume E del peritecio è di 189 is didi. del suo supporto, delle due cellule che si inseriscono sullo stipite è di 50 p. La Dee Fuel deus SPINE grossa, aie e da esemplari da im : dei ‘citati DOM dei indsicuGblumente che la mo del n ue ur Mont + l Robin vorrebbe da wu linee sae uw. x MISSOU IRIS la BOTANICA, BERLESE di queste linee, come si vede nella figura da me addotta, eseguita mercè la camera lucida dell’ Oberhaüser. Riassumo nella frase diagnostica latina i caratteri della presente specie, i quali venni via via esponendo nel corso della presente noticina. LABOULBENTA ARMILLARIS. Berl. n. sp. Tab. II. Pallide brunnea; stipite clavulato, inferne bieellulari, superne e cele. lulis pluribus in series duas longitudinales (fere ramos adnatos) altera. perithecigera bicellulari, breviori, altera 4-6 - cellulari, pseudopara- physes gerente, dispositis formato, basi attenuato, et in nodulum | obconicum, atrum, opacum, coriaceum, basi acuta animaleulo aretis- sime adhaerens 21 v 14 desinente, 100 u. longo, pallide lutescente intus granulis protoplasmatieis foeto : perithecio subeylindraceo vel longe ovoideo, brunneo, sursum in collum atrum, poro pertusum, ap- pendieulà nigrà apice annulis nonnullis nigris ornatà praeditum desi nente, 110 « 36 - 40; pseudoparaphysibus dichotome vel lateralite fere sympodice ramosis, sursum ramis duobus apice acutis, chelam . Scorpionis in mentem: ‘revocantibus terminatis, ‘ad originem ramorum | annulis vel discis nigris, crassiusculis, coriaceis divisis, palidissime lu: tescentibus peritecii apicem acquantibus; ascis sporidiisque non viris. Habitat in Antennophori caputcarabi corpore parasitice viven « Paraguay. » Americae australis, (Legit. E. Balzan, et benevole. e 3 municavit frater meus difleissimus Doct. Antonio Berlese), Observ, Totus fungus 290 - 320 y. longus, 36-40 p. crassus, in Juventute a filamento sursum, annulis nigris nonnulis diviso, e nodulp obeonico nigro, coriaceo oriente formatus. Species annulis vel dise pseudoparaphysum, nec non apice harum. mox. dignoscenda. Credo opportuno riassumere qui in breve le diagnosi delle diverse. specie di abonné, ne, doen famiglietta è nosciuta. ancora poco € Y 3a U Familia Laboulbeniaceae. Stipes plerumque inferne bicellularis, nodulose terminatus. Perithe- eium conicum, longe ovoideum vel subeylindraceunì, saepe inaequila- - terale, apice ostiolatum. Sporidia fusiformia, bicellularia, hyalina. > _Pseudoparaphy ses filiformes, e latere perithecii orientes, simplices vel 2 * . Fungi minuti, in animaleulis sedibus vel aquaticis, praecipue insectis, parasitiee viventes, quoad loco systematico parum dubii sed apud Pyrenomyeetes liaud male positi. VUL ANALYTICA (YENERUM. Labonlbenia. Porithecium apice mammillatum, prtrtamau Pseu- Shymtons yces: Perithecium in dns media Fr in collum : erassum tubereulo congidto:. breviter Bobo ie pets Tm un eum, poro pertusum desinens. Ostiolum e corona cellulari, multilobata formatum. i ad basim. stipitis inserta, gs ium apice in cornu -Interaliter v pertpsum pro- pice E OP POr A. N. BERLESE = i5 LABOULBENE, de insectorum studio meritissimo, cui genus dicatum) | i i Perithecium apice mammillatum atque poro pertusum. Stipes inferne Log bicellularis, superne e cellulis pluribus in series duas dispositis for- matus. Pseudoparaphyses simplices vel ramosae, articulatae, filiformes. : Sporidia fusoidea, bilocularia. LABOULBENIA RovaETI, Mont. et Rob. in Rob. Hist. Vég. Paras. p. 622, tab. VIII fig. 1-2 e tab. X , fig. 2. uo cM Syll Crypt. p 250. Winter Die Pilze Band II, p. 921. Obconico-turbinata, obscure luteo-brunnea, 245-304 p. longa, 9L a crassa; stipite inferne bicellulari, superne e cellulis 6 in series duas dispositis formato, basi in nodulum obeonieum , atrum, coriaceum desinente; perithecio conoideo, manimilla nigra ad basim nigrescente terminato, 107-138 v 55-61, pseudoparaphysibus simplicibus; vel parce ramosis, subarticulatis, 50-60 v 9-12, pallidissime lutescentibus; sporidiis longe Fons vel fusiformibus, 61-65 v 9, hyalinis, crasse tunicatis. 1 Habitat in antennis, Boas. E et eli lytris Brachini crepi- s tantis, B. explodentis et B. Sclopetae in Gallia (Rosin, Rouart, LA- BOULBENE) et Germania (Winter) Verisimiliter sporidia a cl. Robin” descripita asci wir LABOULBENIA Guerini. Robin Hist. Vég. Paras. p. 624, tab. X, fig. 1-2 a-b et 3. Winter Die Pilze II, p. 921. Badio-fusea, stipite non vel vix colorato, 430 y.. fongi 80 v. lata basi nodulosa; perithecio conoideo, apice mammillato perforatoque , | l21 v. 45; pseudoparaphysibus fasciculatis, numerosis, dichotome ra- mosis, 30-55 v 6-10, ramis breyioribus, articulatis, subinde submoni- liformibus, ex articulis facile secedentibus formatis; sporis fusoideis, | hyalinis. : i i Habitat. in elytris Gyretis sericei « Caracas » neea australis (Collegit cl. Sallé. )« Species | non mihi plene eognita, genere removenda. - Cum L. verisimiliter e armies. osi anta »: TE ; LE SARAI RIVISTA DELLE LABOULBENIACEE, ECC. LABOULBENIA FLAGELLATA. Peyritsch in Sitzungsberich. der Wien. Akad. Math.-naturw. Cl. 68 Band, I, Abth. p. 247, fig. 1-3. Winter Die Pilze IL, p 921. Pallide luteo-brunnea; perithecio mammilla basi nigrieante ornato, conoideo; pseudoparaphysibus filiformibus, paucis, (4-7), simplicibus vel basi ramosis, in longitudine inter se aequantibus, sed perithecio longioribus. | Habitat in elytris et in pedibus Bembidii lunati, Anchomeni albi- pedis et A. marginati in Austria (Peyritsch). Obs. Totus fungus 500 p. altus, et a pede noduloso usque ad apicem | perithecii 300%». longus. LABOULBENIA ARMILLARIS Berl. n. sp. tab. II. Pallide brunnea; stipite clavulato , inferne. bicellulari, superne e cellulis pluribus in series duas longitudinales (fere ramos adnatos), altera perithecigera, bicellulari, breviori, altera 4-6-cellulari, pseudo- paraphyses gerente, dispositis formato, basi attenuato, et in nodulum | | _ obeonieum, atrum, opacum, coriaceum, basi acuta animaleulo arctissime adhaerens, 21 v. 14 desinente, 100 v. longo, pallide luteseente, intus granulis protoplasmatis foeto; peritheeio subeylindraceo vellonge ovoideo, : — brunneo, sursum in collum atrum, poro pertusum, appendiculà nigrà, j apice annulis nonnulis nigris ornatà praeditum abeunte, 110 Y 36-40; pseudoparaphysibus diehotome vel lateraliter fere sympodice ramosis, sursum ramis duobus apice acutis, chelam Scorpionis fere revocantibus : terminatis, ad originem ramorum annulis nigris vel discis, erassiuseulis | 3 3 coraceis divisis, pallidissime lutescentibus, perithecii apicem. ond | tibus, ascis sporidisque non visis. Habitat in Antennophori caputcarabi corpore parasitice vivens « Pa- raguay » Americae australis (Legit. E. Balzan et benevole. Lerma i cavit frater meus duleissimus Doctor Antonio Berlese). Pis. Obs. Totus fungus: 290 — - 320 p. s 36 — 40 E crassus, anmülis à vel diseis qecwloparaphysum. nec non earumdem a non img TE 56 E RN, EUREN LABOULBENIA anceps Peyr. in Sitzungsbericht. d. Wiener Akad. Math.-naturw. Cl. 68 Band, I, Abth. p.247 fig. 7. Winter Die Pilze I, p. 927. M Pallide luteo-brunnea; paraphysibus paucis, arcuatis, circiter longi- tudinem perithecii aequantibus, subhyalinis. Habitat in pedibus Anchonemi vidui prope « Wien » Austriae. Obs. Totus fungus 480 p. longus, et 400 u. usque apicem perithecii Species praecedenti atque sequenti valde affinis, atque in exemplaribus perfeete evolutis studenda. LABOULBENIA FASCICULATA Peyr. in Sitzungsberichten der Wiener Akad. Cl. 608, Band I, p. 248, fig. 8-0 Winter Die Pilze II, p. 922. Pallide luteo-brunnea; paraphysibus numetosis penieillatim conjunctis superne discretis, hyalinis, circiter Hr pnm perithecii aequantibus; perithecio basi lata inserto. Habitat in elytris et pow Chlaenii vestiti prone « “Wien » x Austriae. Obs. Totus fungus 370 U. altus. A praecedenti erassitudine minori i paraphysibus numero atque lata basi, quà insidet perithecium, di- La - LABOULBENIA LUXURIANS Lala in Sitzungsber. der Wien. Akad. Cl. 68 Band I, p- 248, fig. 10-14 Winter Die Pilze II, p. 922. | Obscure brunnea; paraphysibus numerosis, arcuatis, superne flabel- late divergentibus, hyalinis, mediam perithecii longitudine aequantibus. Habitat. in pia et pedibus Bembidii vari prope « Wien » Obs. - Minuta, 220-p. alta, exiguitate agnoscenda. . LABOULBENIA VULGARIS Pe yritseh in Sitzungsber. Wien. Akad. CL ‘68 Band Ep. 248, fig. 17-28. Wi nter Die Pilze Band IL, p. 922. 7 Obscure brunnea vel nigrescens; paraphysibus numerosis, longitu- : dine. inaequalibus, nonnullis brevioribus penieillatis, basi Tis je ramis veli pse partis superio- . paraphysit um i aajori) crassa. nous hyalinis: RIVISTA D DELLE | LAROULRENIACEE, uon." ; stipite longitudinem perithecii circiter LS iste aliniarticulata, Lana apice. ramuloso; ramulis hyalinis. . Habitat in specierum varium Benibidii. corpore, nec non in Dele- astri diehroi in Austria. Obs. A ceteris speciebus pseudoparaphysi majore dignoscitur. Pseu- doparaphysis haec magnitudine atque articulorum numero varians. LABOULBENIA NEBRIAE Peyr. Sitz. d. Wien. Akad. 64 Band I, Ab. UM 455, tab. II, fig. 4-8, und. Cl. 68, Band I, Ab. p. 249, fig. 29. Winter Die Pilze il, p. 922. | | Nigrescens; perithecio ovoideo, elongato sursum gbseuriori, pseudb- ) raphysibus magnitudine inaequalibus; majori simpliei vel furcata, plu- articulata, brunnea, longitudinem peritheciis multoties superante, 700 p. nga, minori peritheeio breviori, MIN. ramo terminata, et ramo laterali praedita, incurvata. Habitat "in elytris. et in abdomine nes brunneae et N. Villae | TIGMATOMYCES. Karsten Chemism. der Pifgóxonsolls. p. 78. Winter 2 ied II, p. EA opt a UND punctum Ms yet ob minutiem 1 1 superne j a , basi in no- A. N. BERLESE Stigmatomyces Baeri Karsten Chem. Pflanz. p. 78. Peyritsch in È; Sitz. Wien Akad. 68 Band, p. 250. Winter Die Pilze II, p. 923. Las boulbenia Baeri Knoch Assembl. Natur. Russ Pétersb. 1867 (sec, .—. Peyritsch) Laboulbenia Muscae Peyritsch Sitzungsber. Wien. Akad. 64 Band, I, p. 444, tab. I. Laboulbenia Pitreana Sorokine Mycol. Skizz. in Bot. Zeit. 1872, p. 339. r Stipite eylindrieo, bicellulari, basi nodulo brevi praedito; perithecio | longe conoideo, parte media inferiori crassiore, fere cylindrica, apicem 4 versus valde attenuato, brunneo; ostiolo conoideo bilobato; pseudo- | paraphysi laterali cylindrica, apice acuminata, ineurvata, superne (in latere convexo) appertdiculis acutis 5-6 in seriem conicam dispo- sitis ornata, pluriartieulata; ascis oblongis, utrinque attenuatis, peni- | cillatim conjunetis, oetosporis, sporis fusoideis, bicellularibus, hyalinis. f Habitat in corpore Muscarum in Rossia et Austria. | HELMINTOPHANA. Peyritsch in Sitzungsb. 68. Band I ABth. p. 250. Winter Die Pilze II, p. 924. (Etym. ab Helmis vermis et phaino appareo.) | | Perithecium subeylindraceum, in collum eylindricum, poro pertusum desinens. Ostiolum e corona cellulari, multilobata formatum. Pseudo- paraphysis ad basim stipitis inserta, subeylindrica, articulata, appen- diculis acutis ornata. Stipes pluricellularis. È; HELMINTHOPHANA NYOCTERIBIAE 68 Band, I, Abth. p. Nycteribiae Peyr fig. 1-8. Perithecio inferne subeylindraceo , longum ac parte inferiori producto Peyr. in Sitzungsber. d. Wiener Akad. ; 250 Winter Die Pilze II, p. 924 Laboulbenia | . in Sitz. Wien. Akad, 64 Band, I, Ab. p. 45, tab. II tose insertis; sporidiis elongatis, bicellularibus, hyalinis; pseudopara- . physi pluricellularis , cellula l inferiori | | Acum longitudine fere aequante, pluriarticulata, verticillos tres ex api- - eulis 3-4 formatos gerehib o o 0 : RI RIVISTA DELLE LABOU NIACEE, ECC. —— Habitat in NE ied Ngcieri iarum et Megistopodorum parasitice vivens in Austria. ; Obs. Totus fungus 390 — 750 u. altus. APPENDICULINA. Peck in 38 Rep. State Mus. Bot. p. 95 (Appendi- cularia) Berlese et Voglino Add. ad Vol, I-IV Syll. p. 354. (Etym. ab appendix quod perithecia basi appendiculata) Perithecia delicata, fere globosa, in collum proelongum cylindraceum vel leniter co- noideum abeuntia; pseudoparaphysis ad basim perithecii inserta, appen- dieulas minutas gerens. Stipes inferne bicellularis, superne e cellulis pluribus constitutus. Sporidia fusoidea triseptata, hyalina. Nomen Ap- pendicularia in Appendiculina mutavi, nam adest inter Melasto- maceas anterius genus Appendicularia. ; APPENDICULINA ENTOMOPHILA. Peck in 38 Rep. St. Mus. Bot. p. 96, tab. 3, fig. 1-4, Berlese et Voglino Add. ad Vol, I-IV Syll. p. 354. Peritheciis ovoideis, brunneis, 110-135 v 85-100, superne in collum 200-235 v 20-23 v. longum, pallidum, "Subinde aeutum, reetum vel. eurvatum desinentibus; stipite inferne bicellulari, superne inerassato, pluricellulari, 300-340 v 30-35; pseudoparaphysi lateraliter ad basim perithecio inserta, oblonga, appendiculas denticuliformes gerente; spo- . ridiis fusiformibus, utrinque aeutis, medio septatis, 30-45 y 3-4, sons per apicem rostri (ostiolum) exeuntibus, : Habitat in Drosophilae nigricornis corpore « ee Roëkiand. > | Americae borealis. 2 AR ete Peyr. i in Sitz. "Wien. Akad. 68 Band, p.* 250 Winter < Die Pilze Hip. 924 (Etyfn. chiton. ‘tunica et myces fungus) —— em | Perithecia elongata, apice triloba . lobulo. medio apice rupto atque. ui d sporidia emittente. Pseudoparaphysis ad basim perithecii Jateraliter Ca ingenii, cumple. non artieulata, jen denticulis nonnullis Leona e : Duran à MELANURUS. Far ri in | Sita; Wien. Akad. o Band. » si 250, T 30-34, Winter Die Pilze. Ls p- 924. - Stipite brevi, lutescente; a stipite fere triplo longiore, con- colore; pseudoparaphysi nigricante, striis duabus pellucidis signata, apice spiraliter ineurvata. Habitat in Lacophilo minuto et L. hyalino in Austria. Obs. Colore perdue atque P mox dignoscitur. HenwATOMYCHS Pe yr. in Sitz. d. Wi ien. Akad. 58 Band. p.241 Winter | Die Pilze II, p. 925. (Etym. heima vestis et myces fungus.. Peritheeium in cornu lateraliter pertusum apice productum. Pseudo- À si articulata, TARN ; Heratosyors PARADOXUS Das in Sitz. Wien. Akad. 68 Band, p. 358. fig. 35-39. Winter Die Pilze IL, p. 525. ''Stipite brevi, cellula superiori tabulari; perithecio stipite@ fere triplo dure inferne incrassato , apice in cornu acutum vel obtusum desi- Monto; pseudoparaphysi pauciartieulata, apice biloba; sporidiis magnis. | | Habitat - dno Lacophilo minuto vel L. hyalino torto OD, mo I uro in Austria. SPIEGAZIONE. DELLA TAVOLA I. dies Fig. l. Individuo giovane di Laboulbenia armillaris. Berl.. Oei D Individuo adulto della stessa; a nodulo d' inserzione, b collo, c. nasetto.. 3. Nodulo d' inserzione isolato (organo mediante il qual si cune il paras- - } sita al corpo dell animaletto). AN 2 ter mn » ie cellule dello stipite che servono di supporto ai coni parafisodi — EIC primi ‘anelli dei corpi parafisoidi medesimi: ; ; | n anello isolato. € molto ingrandito. - 6. Un corpo parafisoide isolato. a anelli, INTORNO ALL'AMIDO DELLA EPIDERMIDE DI CERTI RHAMNUS Intorno all'amido della epidermide di certi RHAMNUS. Nota del Prof. R. PIROTTA: E noto ehe non poche piante Dicotiledoni conservano l'epidermide del giovane fusto e dei rami per un'intero o parecchi periodi vegeta- tivi, mentre altre la perdono presto, e che l’uno e l’altro caso si pos- sono verificare anche nelle specie di un medesimo genere. Così. è del genere Rhamnus, nel quale alcune specie, come ad es. il Eh. cathar- ticus L. conservano l'epidermide da 1-2 anni, mentre altre, come il Rh. tinctorius la perdono prestissimo. E questa caduta dell'epidermide. è in rapporto di regola colla produzione del periderma, cosiċche nor- malmente essa si stacca tanto più presto, quanto più il fellogeno ge- neratore del periderma si forma di buon'ora ed è superficiale. Questa regola presenta perd delle eccezioni. Cosi appunto nelle specie di Rhamnus da me studiate il periderma ha origine generalmente assai presto e procede dallo strato immediatamente sottoepidermico di cellule del pa- renchima della corteccia esterna; e tuttavia l'epidermide rimane in posto per tutto il primo periodo di vegetazione e per parte del suc- ` cessivo. Inoltre. questa epidermide, separata dai tessuti vivi, pare ehe ‘continui a vivere, “eseguendo una funzione secondaria, che non credo — sia ancora stata fatta conoscere per hacac Jenn Mt quella cioè di ser or di materiali plastiei. a | È di Le specie del genere Rhamnus hanno anen foglie TAE più spesso posseggono foglie caduche. Delle prime non*ho potuto esa- minare che il Rh. Alaternus L., delle seconde le seguenti: Rh. ca- ; | thartica Li: Rh. Frangula L., Rh. utilis Pursh., Rh. virgata Roxb., Rh. — i amygdalina p Rh. tinctoria’ W. s K. Rh. rg broad Pall., in uS alnifolia L' Héri UNE p y Nel Rh. ons il sughoro comineia a PORRE, soltanto nei rami A di due anni; Ye ne pue. fino alla base. di qu stessi er Pe 5 : GU Re PIROTTA dove eomineia a staeearsi al prineipio del nuovo periodo vegetativo. Le cellule epidermiche perd, esaminate negli inverni del 1887-88-89 non mi presentarono amido in nessuno dei rami. Mancando di osser- I. vazioni, non posso dire, se anche le altre specie di Rhamnus a foglia : persistente si comportino allo stesso modo. Nelle altre specie sopra rieordate a foglia caduca, il sughero, che procede, come già si è detto, dalla segmentazione della serie più esterna . . del parenchima corticale sottocutaneo, si forma più o meno presto M durante lo sviluppo del germoglio dell’ annata. Però l'epidermide per- di sto sa questo ramo, e soltanto alla base "li esso durante il periodo = invernale si stacca facilmente dal sottostante straterello di sughero a 3 cellule piccole, strette, compattissime nel senso radiale, raschiando con LOW wh coltello a filo ottuso o facendo delle sezioni non troppo fine. La caduta spontanea avviene però solo nei rami di due anni. Ora le cel- lule epidermiche di questi rami esaminate durante il periodo del ri- i poso invernale (Gennaio 1887-88-89) mi hanno sempre presentata la loro cavità più o meno ripiena di amido, e tanto più ne contengono — quanto più esse aderiscono allo strato di sughero sottostante, vale a dire che ne troviamo moltissimo dalla parte superiore del ramo fino a poco oltre la metà della sua lunghezza, poi lo vediamo diminuire di regola mano mano verso la base del ramo stesso, dove può anche scom- parire affatto. Le cellule epidermiche sono schiacciate nel senso radiale e viste dalla superficie hanno forma poligonale esagona breve, più o meno regolare; le loro pareti esterne sono rivestite di uma cuticola . Spessa, e questa e le T radiali sono più o meno debolmente cuti- - colarizzate. L'amido contenuto à è in Santini minuti, tondeggianti, ovali, irre- golari, talora composti di due. o tre porzioni, diversi di dimensioni benchè sempre assai picéoli, e pressapoco simili nelle diverse specie e per tutta la lunghezza del ramo. Essi, quando riempiono tutta la cavità, | stanno fittamente pigiati gli uni contro gli altri; se non la riempiono, nella. cavità delle cellule un reticolo. piuttosto. fino di sostanza che ai een mierochimiei da a Vedere: Le isola du albuminoidi, è che sono a piecoli gruppi isolati. . Togliendo l'amido coi noti mezzi, rimane E INTORNO. ALL AMIDO DELLA rrviu»E pi [or RHAMNUS i 03. si vede non di rado anehe in seguito all’azione dei preparati di iodo, quando i granelli» nella cellula non sono moltissimi. E appunto nelle maglie di questo reticolo, che stanno i granelli di amido. Talvolta eon. essi si riscontrano degli altri granelli irregolari e minuti, che si co- | Jorano come la sostanza del reticolo. — Le cellule dell'epidermide di questi Rhamnus contengono adunque ` n grande quantità dei materiali plastici ternarii (amido) e non pochi izotati (albuminoidi) e questi materiali vi si trovano disposti come nei serbatoj nutritizii amiliferi; queste eellule hanno dunque il valore di ‘veri serbatoj nutritizii. È . Nel resto dei tessuti del ramo dell'anno, nella stessa epoca, cioè du- ante il periodo del riposo invernale, l’amido si trova di regola in pic- cola quantità e lo si riscontra nei raggi midollari e nelle cellule più esterne del midollo e di rado anche nel parenchima della corteccia pri- aria, distribuzione che si osserva anche nella parte Saponaro del ramo * * Qual è il significato ` fisiologico di La ui Ho nno anzi- ! tto ricercare, se altre piante ad ee dei rami por M nent ai i generi Melia ^ iion, Celastrus, Vitis, ZI ^, Leycestera, Ptelea, Russelia mi diedero sempre risultati negativi. Ho seguito allora lo sviluppo dell amido stesso nei nuovi germogli la sorte che esso subisce durante l| intiero periodo di vegetazione, ndo le osservazioni per De anni di seguito, ed ecco quanta; mi. to dato constatare. A : periodo attivo della véskiasiuis nelle specie a foglia caduca da studiato incomincia ad appalesarsi all'esterno col rigonfiare delle | mme verso i primi di Marzo o poco più tardi; presto però le gemme. , cosichè al principio di Aprile i nuovi germogli sono pà- meno manifesti, Durante. questo primo periodo, T'epidermide che ; fortemente al ramo. dell anno precedente, si stacca ora più. ORE. - 7 ilmente dal esso colla raschiatura i in forma di P lami- = * Xen Dem Mr IN Rs 0 xw x n. PIROTTA nette, e tanto più facilmente, quanto più dall'apiee del ramo si proced verso la base. Ivi anzi, nei casi in cui lo sviluppo è più precoce, la epidermide si presenta screpolata e pare staecarsi naturalmente dal periderma, forse per l ingrossare dell internodio e per l accrescimento. dello strato di sughero. ; he In questo stesso periodo tuttavia l amido persiste abbondante nell cellule epidermiche del ramo dell’anno precedente. Soltanto in alcuni casi e in poche cellule ho visto che era quasi del tutto scomparso, ed- in altre non presentava piü l'aspetto granelloso, ma. pareva format di grumi di forma irregolare, come se fosse incomineiata la sua dis- soluzione. . : Al prineipio di Aprile i nuovi germogli presentano gli internodii più o meno distinti. L' attività del cambio si manifesta prestissimo ed poca distanza dall'apice vegetativo, cosichè in questo stadio le forma- zioni secondarie nella zona di accrescimento sono già manifeste ed. abbondanti verso la base del germoglio. Non si è però ancora format periderma, anzi non vi è ancora traccia, di fellogeno. Nell’ epidermidi ‘non trovasi amido; esso si riscontra invece verso l'apice del germo- glio abbondante nel midollo e nella guaina vascolare, scarso nell corteccia primaria, e va diminuendo verso la base, presentandosi. i soltanto alla periferia del midollo e nei raggi midollari del legno | condario. Nella parte superiore del ramo dell'anno precedente Je cel lule epidermiche presentano ancorà dell’ amido, benchè in quant meno considerevole. | Lo sviluppo dei germogli continua rapidamente, cosichè al principi I di Giugno nella maggior parte dei casi essi hanno compiuto il loro à crescimento in lunghezza, e l'apice del ramo si è trasformato in uni alte, che indurisce py a poep e si i spinifica. sd sono già xni -tanto > verso P ub i dar ramo. Ma subito dopo 1 lo ue. è di e INTORNO ALL'AMIDO DELLA EPIDERMIDE DI CERTI RHAMNUS 65 di sughero, che alla base del germoglio é ben sviluppato e nel taglio si stacca talora colla epidermide aderente. Le cellule madri del fello- geno si mostrano perd in divisione già sotto l’apice del germoglio, quando questo ha cessato il suo sviluppo in lunghezza e sta lignifi- candosi e trasformandosi nella caratteristica spina. Le cellule epidermiche appena sotto l'apice del germoglio che non ha ancora cessato il suo accrescimento in lunghezza non contengono = amido, ma sono ricche di plasma. Verso la metà perd della lunghezza del rametto, dove la sua superficie comincia a perdere il color verde, D - in corrispondenza del luogo dove le cellule madri del fellogeno si pre- parano a segmentarsi5 l'amido compare nelle cellule epidermiche scarso e in minutissimi granelli e va sempre più facendosi abbondante pro- cedendo verso la base, in modo che, quando il fellogeno è ben svilup- pato, si presenta coi caratteri che ho ricordati per il periodo invernale. = Terminato lo sviluppo in lunghezza del germoglio, l'amido Si riscontra fin tutte le cellule epidermiche abbondantissimo e persiste per tutto il resto del periodo vegetativo. Le prime traccie pertanto della comparsa . dell'amido nelle cellule epidermiche si riconoscono un po’ prima che incominci la divisione delle cellule della serie sottoepidermica del pa- renchima corticale esterno e precisamente, quando queste cellule in- | grandiscono e si allungano per prepararsi alla divisione. In questo stadio l'amido è molto searso nei rimanenti tessuti del ra- 3 metto, e se ne trovano tracce sotto l'apice e poco più giù nelle cellule verdi della corteccia ed in quelle del midollo e dei raggi midollari del . legno secondario; poi, sviluppatosi il sughero, scompare di regola af- fatto. L'epidermide della parte sgperere del ramo déll anno prece- | cedente è in questa epoca già caduta o in via di cadere, e dalle sue cellule l'amido non è scomparso però che in parte, di rado in totalità. | Queste osservazioni, che cosa permettono di conchiudere intorno al- ufficio di questo amido? Io avevo supposto dapprima che l'amido (e gli altri materiali plastici) immagazzinati nelle cellule epidermiche durante il periodo attivo della vegetazione dei Rhamnus potesse essere eee, ; 5 Malpighia, anno III, vol. III, 66 a R. PIROTTA gato dalla pianta o per sopperire ai primi bisogni al riprendere del nuovo periodo vegetativo, ovvero, considerando che la comparsa e la raccolta dell amido stesso si fa poco prima della manifestazione dei processi di divisione delle cellule madri del fellogeno, fosse utilizzato per la formazione del meristema fellogenico e quindi del periderma. Ma questa opinione non è ammissibile rispetto al secondo punto, perchè lamido non diminuisce, ma aumenta nelle cellule epidermiche collo svi- | lupparsi del fellogeno, e perchè la produzione del periderma è centri- | peta. Relativamente al primo punto basta rilevare che l'amido persiste ia immutato nelle cellule anche dopo ripreso il nuovo periodo vegetativo - ed abbandona la pianta insieme all'epidermide nélla quale è contenuto; . ed inoltre ‘che un tessuto morto, il sughero, lo isola dal resto dei tes- - suti vivi del ramo, e non può quindi essere permessa la sua migra- zione in questi. Che se, come ho detto più sopra, nel periodo invernale alla base del ramo dell’anno si trovano delle cellule prive o quasi di amido, o più tardi lo stesso fatto si verifica anche nel resto del ramo; la scomparsa è dovuta all apparire costante sull’ epidermide di micelii bruni e septati di Pirenomiceti , i quali crescono e si sviluppano sempre piü, penetrando anche nelle cavità delle cellule e producendo fruttifi- - cazioni conidiali e pienidiche evidentemente. alle spese dei materiali plastiei aeeumulati nelle cellule dell’ epidermide stessa, come lo con- ferma il fatto talvolta osservato. della scomparsa dell'aspetto granelloso nell amido e del suo colorarsi | in un violaceo più o meno tendente al rosso coi preparati di iodo. | ; Numerose sono le funzioni i riscontrate nel tessuto epider- mico, e per quanto riguarda quelle,in rapporto col contenuto delle sue cellul& e colla nutrizione, ricordo che esso può produrre amido pri- mario od autoctono per la presenza di cloroplasti, amido secondario per la presenza di leucoplasti, che può funzionare da serbatojo di acqua _ € di tanmni e può racchiudere dei cristalloidi, del grasso, della gomma, dell'ossalato di calcio ete. Per spiegare quale. significato abbia l’ ac- cumularsi di sostanza formativa da me osservato, occorrerà dunque fare. nuove osservazioni, perché non si può ammettere, che la pianta. rac- AN materiali preziosi per Dans o ANU in pasto ai funghi. | i done Febbraio 1889. | : Em SOPRA DUE ALGHE SUD-AMERICANE 67 ne Sopra due Alghe Sud-Americane. — Noterella del Dott. G. B. De-Toxi. á Aleuni mesi fa il chiarissimo dott. Carlo Spegazzini, professore alla Plata (Repubblica Argentina) mi inviava parecchie Alghe da lui raccolte nella Fuegia e Patagonia, e di tali alghe ho testè pubblicato le rela- tive determinazioni (1). Nello scorso gennaio, il sig. Luigi Balzan, professore ad Asuncion (Paraguay), attualmente di passaggio per l’Italia, gentilmente mi conse- gnava, da parte dello Spegazzini, un nuovo pacchetto di Alghe Sud-. Americane, tra le quali eredo poterne ricordare due facendone oggetto della presente noticina. Di esse una è lo Stigonema pastores Ag. l'altra è P Amphiroa Orbigniana Decaisne. Lo Stigonema panniforme Ag. fu dallo Spegazzini AT sopra ‘ tronchi morti in Apiahy (provincia di S. Paolo nel Brasile meridionale) ed è nuovo, a quanto. mi consta, per l’ America del Sud. Stando alle indicazioni dei Ch." Bornet e Flahault (2)i quali con lo studio accu- rato di esemplari autentici hanno pubblicato lo scorso anno una splen- dida monografia sopra l'intrieato gruppo delle Nostocacee provviste di | eterocisti, la specie in questione sarebbe stata finora con certezza | ritrovata nella Svezia, in Francia, in Austria, a Madera, negli Stati Uniti ed in California. - Il nostro esemplare brasiliano costituisce uno strato denso cespitoso assai esteso, di colore olivastro tendente al nero, alto al incirca - 700-800 p. A esame microscopico presentasi, com’ è caratteristico per questa speeie, composto di filamenti decumbenti, intricati, flessuosi, larghi 28-32 m, assottigliati all apice e ramificati in modo piuttosto aos o d B. Detini — Veber einige Algen a aus Feuerland und Patagonien. Hedwigia 1889. O E. Borxer et Cu. FLAHAULT. — Reiieion des Nostochacdes aa. Fragm. p. 71-72, Ann. d. Sciences. Nat., Botanique, 1808. ; 68 | G,. B. DE-TONI irregolare; i rami (pseudo-rami) appaiono eretti, riuniti in fascetti late- rali ed hanno una larghezza variabile tra 28 e 30 V. La guaina che li si involge si mostra grossetta, di colore giallo-scuro, costituita di lamelle; a le cellule sono brevi, cerulescenti: le“ ms da si trovano sparse qua e là, senz' ordine apparente. Questo curioso Stigonema, secondo il Bornet, fornirebbe i gonidi all’ Ephebe pubescens. L'altra Alga speditami dallo Spegazzini è raccolta lungo la costa marina del mare della Plata in vicinanza a Cabo Corrientes; io credo di poterla riferire alla Amphiroa (Arthrocardia) Orbigniana Decaisne, propria delle coste della Patagonia e del Chili, e che il suo autore così descrive (1): « Elongata, articulis obcordatis vel cuneato obcordatis, plus minusve dilatatis, medio quasi costatis, plerumque ad apicem Rens sublateralibus instructis. Species elegans, 4-5 em. longa ». i plare di Cabo Corrientes presenta un passaggio all’ Amphiroa (Arthrocardia) chilensis Decaisne la quale, a mio parere, appena può distinguersi dalla Amphiroa (Arthrocardia) Orbigniana. Per la Am- phiroa chilensis sarebbero caratteristici, secondo il Decaisne, due concet- tacoli o ceramidi per ogni articolo; ora il nostro esemplare presenta. in molte articolazioni, specialmente nelle superiori, due concettacoli soli, sebbene in altre il numero sia ridotto ad 1 od arrivi a 4 ed anche più, come avviene in una specie pure affine cioè nell’ Amphiroa (Ar- throcardia) californea Decaisne. Che queste tre specie siano eguali, oserei affermarlo, in seguito alle osservazioni sull’ esemplare di Cabo Corrientes da me studiato, che brevemente deserivo. Fronda alta 4-5 cm., di color rosso traente al violaceo, spesso ben conservato; articolazioni infine pressochè cilindriche, le superiori obeor- . date, alate, quasi triquetre, le superiori o terminali compresso-obovate 0 subspatolate; concettacoli nel maggior numero delle articolazioni in numero di due disposti, (su 'entrambe le faccie) nella metà superiore dell’ articolazione Stessa, talvolta in numero di uno, ovvero in numero di tre, quattro e di raro anche più. Papova, R Istituto Rolis, f Febbraio 1889. PA F. Decus, — = Minore à sur los + Corina p. neg. Paris 1842. SOPRA UN NUOVO GENERE DI IMENOMICETI 69. Sopra un nuovo genere di Imenomiceti. — di V. Favop. In una mia memoria che verrà tosto pubblicata negli Annales des Sciences Naturelles e che ha avuto l onore di esser premiata dalla Accademia delle Seienze di Parigi, ho pel primo emesso l’ ipotesi, che la grande tribù dei Boleti, benchè dal punto di vista della forma gene- rale del tallo sia in apparenza molto omogenea, debba esser conside- rata come filogeneticamente composta di almeno due serie di forme. Quelle della prima serie hanno, come fu notificato pel primo da Patouillard, (1) caratteri esterni che rassomigliano molto a quelli dei Gomphidi et dei Paxilli , ed ho mostrato che certi generi fra le Bole- 3 tinee, p. es. il genere illus di Karsten, basandosi sulla loro struttura 2 x anatomica, si debbono ‘considerare come molto vicini a certi Paxilli. Infatti in entrambi questi generi di funghi, si osserva che la trama delle lamelle presenta una disposizione speciale, che ho chiamata éilate- rale, in quanto ché le ife della trama sono curvate in fuori a partire dal piano medio della lamella (il nostro cosidetto « mediostrato»). Questa. disposizione sola non basterebbe per paragonare questi due generi di imenomiceti, né per stabilire la loro parentela; infatti ho ritrovato questa stessa struttura nella tramà di altri generi di Agaricinee, per i es. degli Hygrophorus, Amanita e di certi Cantharelli fra i leucospori e di certe Galerae fra i cromospori. Qui, come ‘altrove, non è suffi- ciente un carattere solo, o pochi caratteri comuni #due esseri viventi, per stabilire scientificamente (cioè col massimo grado di probabilità) il loro mutuo parentaggio, ma come diffusamente l'ho esposto nel Sopracitato mio lavoro, è affatto necessario la conoscenza esatta del | più gran numero possibile di specie cireumvicine. Solo quando si troverà, | dopo aver disposto queste ultime in una serie provvisoria secondo un. . earattere principale, che tutti gli altri caratteri presentano all esame critico delle serie progressive o regressive, solo in allora dico, si sarà Lu: si i d Ex Bod Es s Y. FAYOD raggiunto il massimo grado di probabilità che le dette specie appar- tengano proprio allo stesso qu)ov, vale a dire, che siano, secondo ogni certezza scientifica, proprio specie vicine. È dunque necessarissimo di studiare tutte le ione: anche nelle loro più piccole particolarità anatomiche, giacchè queste forniscono altrettanti elementi per la fissazione del posto che debbono occupare . nelle serie filogenetiche. Fin adesso non è stato possibile ai pochi micologi che si sono occu- pati della anatomia degli Agarici (Hoffmann, Bonorden, Patouillard, Voglino etc.) esprimere altrimenti che per mezzo di disegni o lunghis- sime descrizioni la struttura delle specie di funghi che hanno studiato, perchè mancava una nomenclatura specifica delle particolarità anato- miche che vi si incontrano; si capisce dunque perchè la conoscenza esatta del gran gruppo degli Imenomiceti sia ancora adesso quasi allo - E. Stato rudimentario. $ - Per parte mia ho studiato e disegnato le particolarità anatomiche di Mn gran. numero di funghi (più di 1500), specialmente di Agaricini, e in conseguenza nel mio sopracitato lavoro ho potuto fissare, per mezzo di una nomenclatura speciale, i caratteri più importanti dell’ a- natomia del tallo e delle fruttificazioni degli Imenomiceti. Ormai sarà dunque possibile dare alla diagnosi delle specie una sin ad ora scono- sciuta esattezza, la quale sarà di gran vantaggio nella determinazione. delle specie. Fin ora, purtroppo, lo studioso doveva rassegnarsi ad | avere descrizioni incomplete, e si vedeva spesso obligato a mettere un punto interrogativa dopo il nome di esemplari, fossero anche determi- nati allo stato vivente e perfettamente sviluppati. Esemplari secchi di Agarici non erano, per lo più, da determinare. Ebbene, a favore dei miei disegni e note, ho potuto riconoscere | con ogni sicurezza le Naucoria pediades e N. semi-orbicularis fra i funghi portati dal D.'? Hans Schinz dall interno dell Africa australe Sa z Li i m Il mio resoconto. sopra il contenuto di questa collezione (Ueber einige neue > von D. Hans Schinz in Südwest- -Africa gesammelte Agarici.) verrà tosto | pubblicato nelle Abhandl, des dot Ver. der Provinz rase the "M T - SOPRA UN ALTRO GENERE DI IMENOMICETI ` CIE. ed una forma molto vieina al Plewrotus salignus fra quelli che sono stati raccolti nel Giappone nel 1880 dal D."° Döderlein. Ritornando ai nostri Boleti, ho potuto stabilire, che non solo i earat- b teri esteriori dei Gomphidi e Paxilli, come il fatto del distaecamento : facile della parte imeniale del ricettacolo, la tendenza delle lamelle ad anastomizzarsi fra di loro fino a formare dei pori irregolari e composti, (come se ne osserva negli Boleti « viscidi » del Fries), la vischiosità del ma che, nei due generi sopra citati, anche la forma affatto speciale delle spore, dei basidii e dei cistidi, insomma ogni parte della struttura microscopica, sia quasi identica a ciò che si osserva in certi Boleti. (Boletus flavidus, elegans, aurantiacus, ete.) Un’ altra serie, più piccola, di Boleti, quella dei « leucospori » del Fries (genere Gyroporus di Quelet) si distingue subito dalla precedente per le sue spore che non sono fusiformi, ma ellipsoidee, e di un colore bianco più ‘0 meno puro. Questi Boleti (p es. Bol. fulvidus, cyane- carne PR non nei Boleti cromospori. ‘genere nuovo che ho stabilito come segue: das. €) ParovtLLaro. — Op. eit, p. 136. * pileo e spesso anche dello stipite (dovuta, anche qui, alla presenza di * un velo generale vischioso) eec. ravvicinano queste forme alle Boletinee, o inveci molti rapporti. con certi ARA sab, He E veu j s* frond T xs altra serie ancora di Boleti è molto es deccm come o dice il Patouillard, ma bensi delle spore purse P. uantità, carnee. Questa - per quanto io sappia ed a potut ovare nella bibliografia, è Y unico Poliporo nel quale - si conoscono simil spore. Questo iid Ee dunque il tipo di un - y e Boletopsis Fayod gen. novum. ! Thallus carnose-lentus, subnudus (cuticula pilei adumbrata), pileo (semper) centraliter stipitato, strato tubulifero: tenui, carneo, insepa- rabili. Poris albis, minutis, dein laceratis. ‘ Trama homomorpha, densa, e hyphis tenuibus filiformibus irregulariter 5 contexta. Hymenium in tubulis saepe plus minusve dispersum, subhy- - menio earens. Basidia 2-4 sterigmatica, parvula. Sporae gibboso-angu- . 5 * losae, carneae. Polyporus melaleucus Pers. (Syn. fung. p. 515). ^. Species unica: Boletopsis melaleuca (Pers.) Fayod. Structura anatomica: Basidia clavata, parvula (20-24 p., quatuor-vel | rarius bisterigmatica. Sporae 5-3 p. Sterigmata acicularia (54) primo - divergentia deinde erecta. Paraphyses difformes, parum numerosae. Caro pilei compacta, e hyphis magnis contexta. UL ETE Hab. Gregatim ad terram in erieetis nemorum Pini Dicembris mensibus. 1 X , Novembris et Una buona figura di questo fungo si trova negli « Icones Hymeno- . Mycetum nondum delineatorum »"del Fries pl. 179. MAT Méta NN ANIA ; IRC ES USE LES Q IPS REX e A De AR NE " MANUI I Fig. 1 Parii dell imenio: h= strato imeniale; #— veni (m) i Fig. ? Spore; a — di Profilo, 9= di faceia (2000 As ue Fig 3. b= Carne del pileo; a= prine incipio di cuticula (+) ie [ eta » SOPRA UN NUOVO GENERE DI IMENOMICETI ` dad. ri Ho raccolto questa specie, che non era ancora stata trovata in Italia, nelle pinete di Pegli, nel mese di Novembre 1888 e piü tardi, nella metà di Dicembre dello stesso anno, in abbondanza in quelle del Monte Telegrafo, al di sopra di Portofino nella Riviera di Levante. Certi vecchi esemplari misuravano fin a 25 em. di diametro; in media perd le dimensioni di questa specie sono minori, cioè da 12 — 18 em. di diametro del pileo, e collo stipite lungo di 4 — 5 em; il suo spessore era di 2 centimetri. Pare dunque che questa. specie possa acquistare in Italia molto maggiori dimensioni che non in Finjangn ed in Svezia, oye in certi luoghi non è rara nelle pinete. HAS, Nell’ età avanzata, i-pori del nostro ‘fungo si lacerano del tutto, sicchè lo strato imeniale rassomiglia molto a quello di certi Zrpeæ o meglio ancora di certi Sistotrema. Lo stesso accade anche a molte altre specie di Polyporei, ‘è p. es. evidentissimo nei vecchi | esemplari del fume (Cladomeris) sulphu- reus Bull. ; á 4 æ Nervi 22 Dicembre 1888. durer ue LOCI RASSEONE Rassegne D' Can, Weuwer. Das Verhalten des oxalsauren Kalkes in den Blältern von Symphoricarpus, Alnus und Crataegus. Bot. Zeit. Nr. 9-10. 1889. In un lavoro dello ScHimPER; del quale fu già dato conto in questo periodico, trovasi, tra gli altri risultati, anche il seguente: che cioè nelle foglie l'ossalato di calcio presenta una grande mobilità al pari dei;prodotti dell’ assimilazione. Di base a questa supposizione serviva il fatto, scoperto dallo Scaimper, che -nelle foglie specialmente di Symphoricarpus , di Alnus e di Crataegus, T os- salato si'deposita dapprima in forma di macle nel mesofillo ed in seguito si. discioglie per emigrare nei serbatoj cristallini delle nervature. Ora il WEHMER ripete con grande diligenza le osservazioni dello SCHIMPER č giunge a conclusioni opposte; che cioè il fatto del riassorbimento delle macle nel mesofillo e dell’ emigrazione dell'ossalato calcico nei i gs cristallini : delle nervature non ha fondamento. Ciò del resto è ben naturale, non essendo probabile, come dice l'Autore, ehe un corpo, il quale é s in alto grado insolubile nell'acqua e in altri mezzi di soluzione (acidi organici, soluzioni saline) possa subire un trasporto in tale ` | quantità e in condizioni normali. Le ricerche furono. fatte nella massima parte in Gottinga presso r Istituto di fisiologia vegetale. C. ACQUA. HASSACK Cart. Uber das Verhálniss von Pflanzen zu Bicar- bonaten und über Kalkincrustation. Pfeffer’s Untersuchungen aus dem Bot. Inst. zu Tübingen. Zweiter Band. 3 Heft. L'inerostazione calcarea delle piante sommerse fu da alcuni ritenuta come . un prodotto di secrezione; ma da altri più giustamente fu fatta derivare dalla — | scomposizione del bicarbonato Den mentre il carbonio viene impiegato p F READ : .— RASSEGNE E de E ic e ora la questione: possono tali vegetali prendere I acido carbonico an- | ehe da altri carbonati alcalini ? ." L'Autore vi risponde nella prima parte. - Dei rami di Elodea canadensis e di Ceratophyllum submersum, vengono posti dentro un apparecchio di vetro in cui non può penetrare il carbonio. Aggiun- gendo un bicarbonato alcalino, come per es. di sodio, ne segue una azione ener- | gica assimilatrice , per cui si ha uno syiluppo accentuato di gas. Inoltre la formazione dell'amido dimostra ehe il carbonio servi per T assimilazione. L'Autore esamina altre piante con eguale risultato e compie anche delle : : ricerche quantitative. Nella seconda parte l’ Hassack studia l’inerostazione calcarea. Ponendo piante | inerostate in acqua carica di anidride carbonica, i carbonati si disciolgono com- | pletamente e possono venire analizzati. In seguito egli viene a stabilire che soltanto sotto l’azione diretta dei raggi solari ha luogo l'incrostazione cal- , carea; per cui essa è legata con l' energia dell assimilazione. Dopo ciò si fa a studiare l'Oedogonium e la Chara e trova che queste piante 3 hanno la proprietà di emettere un alcali. Una interessante esperienza compie in proposito ; che cioò la Chara anche in presenza del solfato, nitrato, cloruro, acetato di calcio; ha facoltà di produrre le incrostazioni; il che spiega l'Autore con l emissione d'un carbonato alcalino, che incontrandosi con i sali di calcio, darebbe luogo per l’ appunto alla formazione di un carbonato di quem base. - È. ACQUA. N. Å. PovLsEN, Anatomiske Studier over Eriocaulaceerne — | Kjóbenhavn, J. Salmonsen 1888, 8.° p. 166, con 7 tav. lit. — (Tesi resentata alla facoltà di Scienze matematiche e naturali del- EU di Copenhagen, p doliorato in filosofia.) n Dott. V. A. PovLsEN, già noto per la sua Microchimica végétale e per varî interessanti lavori di anatomia vegetale, ha or ora pubblicato uno studio sulla . famiglia delle Eriocaulacee, del quale riassumo qui le conclusioni dall'A. stesso poste in fondo al suo lavoro, non avendo un momento il tempo di rione a lungo. | Le Penilea, fin qui poco note dal punto di vista anatomico, non si di P». molto dai - numerosi tipi conoarinti di es monocotiledoni. ii cioe UA c CUm QUIS LM ONAMERONE - caratteri loro particolari possono.essere considerati la maneanza di anastomosi | nelle nervature delle foglie, la forma speciale degli stomi, l'epidermide della pagina superiore delle foglie fatta di grosse cellule, la presenza di peli Mal- pighiani. Nelle Eriocaulacee si trova il collenchima, del inde si hanno pochi esempi fra le Monocotoledoni. Nella parte aerea di molte specie, si trova una forma speciale, fin qui poco nota, di stereoma (efr. pag. 17). L'adroma delle radici è a contatto immediato coll endoderma (es. nel Platycaulon consanguineum Keke, cfr. pag. 85 e tav. VI, fig. 2; nell Eupaepalanthus tortilis Kcke, efr. pag. 120. À e tav. VI, fig. 6). In quest'ultima specie i fasci dell'adroma sono rappresentati E da un sol vaso, a contatto esternamente coll'endoderma, lateralmente colle cellule del iss eue verso l' interno col tessuto. congiuntivo. Sull' epidermide i si syiluppano dei risoidi geminati. Nella Viiiglia delle Eriocaulacee, si trovano tipi di fasci vascolari fin qui sconosciuti. L'A. descrive di questi fasci, (pag. 26 e tav. I, fig 102 e p. 64), nei quali si trova dello adroma nel centro, attorno al quale è il leptoma; ed intorno a questo, un nuovo strato di adroma, ad elementi grandi e radi. (Es: nell’ Actinocephalus E cmt Kth.). Per he fasci l' A. propone il nome di biconcentrici. L'anatomia delle Eriocaulacee mostra esservi fra i membri di RAM famiglia una stretta aftinità, e dà quindi maggior valore sistematico a questo gruppo. Però certe affinità fin qui ammesse con alcune delle famiglie prossime, non sono confermate dall’anatomia, che invece ne rivela piuttosto parecchie altre. Le Eriocaulacee mostrano che anche la loro entara ‘anatomica è, porto coll’adattamento al mezzo in cui vivono. Le specie studiate dall'A. sono: Triodon à hétichrysoides Bong., Actino- 3 cephalus polyanthus Kth., Platycaulon consanguineum Kcke, Eupaepalanthus - | plantagineus Kcke, E. Warmingianus Keke (in mser.!), E. Schenchii, nov. sp. (Pouls.), E. Freyreissii Kcke, E. Schraderi Keke, E. tortilis Keke, E. mi- nutulus Mart, Psilocephalus nitens Kth., Trichocalyæ sp. nov. (Schenck misi), : Jtatiaiae Keke ce mser.!), Carphocephalus caulescens BE, * Tonina froviatitis Aubl. Piacenza, E 2 Gennaio 1889, A. Port. in rap- Le es agio 77 Notizie Note di Microtecnica. SOSTANZE CoLorantI. — Carminio all allume. — Il Dottor W. C. BORDEN (The Microscope, VIII, 1888, pp. 83-5), dà la seguente formola per fare un liquido color rosso porpora perfettamente chiaro, superiore a qualunque solu- . zione acquosa di Carminio all’ allume, sia per chiarezza che per vivacità di colore. Si può conservare indefinitamente, ma si forma qualche volta un leg- gero precipitato, che si separerà, in tal caso, colla filtrazione. Del resto questo precipitato non indica nessuna decomposizione del colore, nè influisce in nessun ‘ modo sulle proprietà coloranti del liquido: ; Cocciniglie (insetti) . . . 2 grammi Soluzione satura di allunie. 62 Alcool n.950 iii 02 . Si polverizzi la cocciniglia in un mortaio, si aggiunga la soluzione satura di allume, òsi faccia bollire per 15 minuti, aggiungendo acqua distillata, se è . necessario, per sopperire all acqua, evaporata; si lasci raffredare e si versi, senza filtrare, in un vaso di almeno 150 grammi di capacità: si aggiunga l'al- in vaso ben chiuso. . Si può sostituire quest’ altra (fifa usando il carminio, (senza. scaldare), e ^ » per quanto lo si conservi a lungo: Ü mbi... ^. Allume . . Free Acqua distillata. (Ra Alcool a 00. 5. . (7. 09 » E macini il carminio e l'allume insieme in un mortaio, aggiungendo a poco | poco l'acqua. Si aggiunga poi lo spirito , e si versi , senza filtrare , in un p m pe pe insons hepi si lasci cade rper una settimana, our cool, e si lasci stare, nr ogni tanto, qp 48 ore. Si filtri e si conservi | ottiene un liquido quasi identico al primo, colla differenza che non precipita. 5 x : ee SA hs i e fe : E Xn age Uk "e s. p : P x TA À si È sw E me: a NOTIZIE dall alcool concentrato nel liquido colorante, per restarvi da due giorni a due - settimane. I tessuti induriti nell’ alcool, o nel cloruro mereurico e l'alcool, si colorano. più rapidamente di quelli induriti nel liquido di MüLLER (solfato sodico lp., bicromato potassico 2p., acqua 100 p.), o nell'acido cromico. Ogni volta che l' indurimento si sia ottenuto con un liquido non alcoolico, questo reagente deve - essere del tutto allontanato coll’ immersione nell’ alcool. 5 La durata del tempo siena alla colorazione non si impara che coll'espe- rienza, ma in ogni modo non c'é da temere una colorazione troppo forte. Quando i pezzi sono stati inclusi in paraffina o celloidina, il miglior metodo da - usarsi per la colorazione é di immergere il porta-oggetti, al quale il prepa- Da; ‘rato è stato attaccato, in un vaso a bocca larga, contenente il liquido colorante. -* Ambedue i liquidi danno eccellenti resultati nella fotomicrografia per mezzo della luce artificiale, in causa della nettezza colla quale sono definiti i nuclei, 2 mentre gli altri elementi del tessuto restano soltanto PR colorati. (Bars Journ. Y the R. Micr. Soc. 1888, pp. 517-8.) Per preparare il Picro-carminio — Il Magazine of Pharmacy (Cfr. Scient. * News, I, 1888, p. 319) dà il seguente nuovo metodo per preparare il piero-. carminio per gli usi della Microtecnica : * di scioglie circa mezzo. > grammo di carmini i in w d' acqua contenente : 5” di soluzione di soda alli per cento. Il dite si fa poi Nec si filtra e si riporta al vol. di 100°” RA Aue distillata. Per bises la so- x à luzione la si mischia con un egual volume di acqua, è vi si aggiunge una s0- luzione di acido picrico all'l per cento. Ciò produce da principio un intorbi- damento, il quale peró dopo sparisce; se no, vuol dire che il punto di neu- ^ tralizzazione fu oltrepassato. (Dal Journ. of the R. Micr. Soc. 1888, p. 518). $ ‘ s J Il Rosso Cono. non è ‘in reagente. sicuro per gli acidi che si | possono tro- vare nelle sostanze ‘organiche. Secondo. T. WunsrER ( Centralbl. für Physiol. 1887, n. l1, p. 240 — + efr. anche Zeitschr. f. wiss. Mikrosk. Bd. V. 1888; Pi 228) esso o forma coll’ ammoniaca una coni che non reagisce. e n p.t NOTIZIE ^. — ‘#9 mente cogli acidi carbonico ed acetico ed altri acidi organici, nonchè coll a- cido cloridrico e col solforico diluito. Dimodoché in presenza dell'ammoniaea, o anche di sali ammoniacali, è difficile riconoscere col rosso Congo la presenza degli acidi, anche inorganici, finchè questi non abbiano saturato tutta l'ammo- niaca. Secondo E. Brücke (Monatshefte f. Chemie, 1888, pp. 21-41, — cfr. anche Le stazioni speriment. agrarie italiane. Vol. XIV, 1888, fasc. II, p. 399) pa- reechi altri sali, oltre gli ammoniacali, hanno azione sul rosso-Congo e ne impediscono o ritardano la reazione azzurra cogli acidi liberi. Di più, gli acidi carbonico e borico, secondo il medesimo A., tingerebbero soltanto in violetto à il rosso-Congo, e l'acido arsenioso non vi avrebbe nessuna azione. Esso non è dunque raccomandabile nella tecnica microscopica. x Nuova sostanza colorante. — Il Dottor G. PraTNER di Breslavia consiglia l'uso di una nuova sostanza colorante per i nuclei, (Mittheil. sur histol. Tech- nik. — Zeitschr. f. wiss. Mikr., Bd. IV, 1887, pp. 349-52), ch'egli diee pre- feribile alla ematossilina. E una sostanza colorante nera, che si trova in com- mercio allo stato di soluzione, importata dalla Russia, e che l'A. ha aequi- “ GRüBLER di Lipsia. Egli non dice però il nome di questa sostanza, ed avverte soltanto che essa è un sale metallico di acido organico. Colora i nuclei, lasciando scolorato il protoplasma, se non è molto concentrata. Essa dev'essere diluita con acqua alcalina —5 o 6 gocce di ammoniaca in un vetro da orologio, — Oppure servendosi di una soluzione satura di carbonato di litio, che si. diluisce à piacere. Serve bene anche per le figure cariocinetiche. x Meroni. PER L'INCLUSIONE. — Inclusione in paráffna: — S, SCHÜNLAND (Ein Beitrag zur mikroskopischen Technik — Bot. Centralb, Bd. XXX, 1887, n. 9, p. 283) consiglia il seguente metodo per far delle serie di sezioni col mierotomo nei meristemi radicali di felci: ‘L'oggetto si colora i» toto col carminio boracico; si mette nell'aleool al- lungato con traccia di acido acetico, poi in alcool più forte, dopo in un mi- | Scuglio a parti eguali di alcool ed olio di garofani, poi nell’ olio di garofani me e us si lascia circa. e ore nell'essenza di trementina, Si sise, mi 80 M NOTIZIA raggiungere mai la tomperatura di 50°. — I pezzi così inclusi nella Ed si sezionano col microtomo nel modo noto. Le sezioni vengon fissate sul porta-oggetti con un. miscuglio a parti uguali di albumina e glicerina. Se dovessero esser colorate sul porta-oggetti , allora si fissano con collodione 1 p. e olio di garofani 3 p. (Dal Zeitschr f. wissensch. Mikroskopie, Bd. IV, 1887, p. Ud * Altro metodo per V inclusione in paraffina. — Il Dottor J. W.° MoLL (Bot. Gazette, XIII, 1888, pp. (5-14) raccomanda con entusiasmo l’ inclusione in pa- raffina pei preparati botanici. Secondo lui, le ragioni per le quali questo me- todo è stato fin qui poco adottato nelle ricerche botaniche sono: che i tessuti conservati in alcool non sono adatti, e che è stato kie ue genes. tato su parti adulte, per le quali esso non si presta. . Il procedimento da lui consigliato è il seguente: Si prendano delle punte fresche di radici primarie o VARESE da la 2 em., efsi fissino con una soluzione acquosa all'lper cento di acido cromico, o con una soluzione satura’ di acido pierieo, 0, -meglio ancora, colla miscela di FLEMMING (vedasi GARBINI, Manuale per la tecnica moderna del microscopio, Verona, 1885, p. 191 — e FRANCOTTE, Manuel de Technique Microscopique, is, Lebégue, p. 196, formola B) cosi modificata: | acido osmico 0,02 per cento, acido acetico 0, 1 per cento. I pezzi si lasciano nel liquido ‘per 24 ore e poi si lavano completamente dal- I acido, con aequa corrente. AU acqua si'sostituisce l'alcool, prima a 20°, poi - a 40, e cosi di seguito fino all alcool a 95°, per impedire che il pezzo rigonfi. L'alcool è poi sostituito da un solvente della paraffina, meglio di tutto la tre- mentina. Anche questo si fa gradatamente, prima con un.miscuglio di alcool e trementina a parti eguali, fino ad usare la trementina sola. Poi si trasporta | il pezzo in una soluzione, satura a freddo, di paraffina in trementina; poi in un miscuglio di trementina e paraffina a parti eguali, alla temperatura di 30 a 40° C. Dopo un’ ora la temperatura si porta a 50-55°, e le radici si pongono finalmente in .paraffina pura e fusa, rinnovandola una o due volte. In cirea 6 ore le radici saranno completamente imbevute di paraffina , ed allora si mettono i in forme rettangolari adatte ad esser collocate nel mierotomo. La superficie interna delle forme dev'essere Less con trementina prima di . colarvi M paraffina fd ed appena la massa si è raffreddata tanto dà far pel- - $ '— acido cromico l per cento, NOTIZIR “© : LE SERE PR heola alla superficie, vi si getta dell aequa fredda, affinchè il pronto rappren- 1 dersi della paraffina prevenga la formazione di cavità. Le sezioni si fissano poi sul porta-oggetti con soluzione di gomma siate albume, o collodione (o colla soluzione di lacca — v. Malpighia, fasc. prece- cd dente, p. 429). Il porta-oggetti viene spalmato colla sostanza adesiva, la sezione vi si preme un pò sopra e poi si scalda il porta-oggetti per 15 minuti in una stufa a 50°, Mentre è ancora caldo, il porta-oggetti si porta nella trementina, che “scioglie la paraffina; e la trementina si toglie poi lavando con alcool. I pezzi possono esser colorati prima dell’ inelusione, oppure possono colorarsi le sezioni sul porta-oggetti. Nel primo caso la colorazione si fa col carminio allo allume di GRENACHER (V. PouseN-PoLI, Microchimica vegetale, Torino, 1881, p. 38), quando il pezzo 2 | è nell’ alcool a 60°; nel secondo caso si fa col carminio all’ allume, colla ema- à 2 tossilina, o coi colori all’ anilina ; questi sono più adatti Lid mostràre A figure ~ cariocinetiche. I preparati si montano poi in gliceri ina od in balsamo, meglio però in bal- samo. (Dal Journ. of the R. Micr. Soc. 1888, pp. 315-6 — Cfr. anche Zeitschr. t wiss Mikr. Bol. V, 1888, pp. 114-5): — Inclusione nel sapone di glicerina. — Per quanto modificati e perfezionati, i sistemi d'inclusione nella paraffina presentano sempre tali inconvenienti da renderli poco pratici nelle ricerche botaniche. Prima di tutto è difficile una inclusione perfetta, cioè tale che la paraffina riempia totalmente tutte le cavità, es immedesimi , per cosi dire, col pezzo da sezionare. Poi essa è troppo dura. Finalmente richiede tali e tante operazioni, prima per l'inclusione, poi per li- serne danneggiato , e la perdita di tempo è immensa. Oltre di chè i pezzi in botanici hanno sempre a disposizione, Il metodo, del qualé ci stiamo per. oc- | cupare, si applica è vero, anch’ esso, al mierotomo meccanico, ma, come ve- dremo dopo, è applicabile anche al microtomo a mano (o microtomo Ranvier), E wicklungsgeschichtliche Untersuchungen — Berichte der deutsch. Bot. Gesell- 18 8, pp. 316-7) ; il quale lo ha trovato molto utile nelle ricerche dei pezzi Li fine anno TI; vol HT: berare il preparato dalla paraffina, che il preparato stesso corre pericolo d’es- paraffina vanno sezionati col microtomo meccanico che, tra altro, non tutti 1: Esso è dovuto al Prof. E. PFITZER, ( Ueber cine Einbettungsmethode für ent- sch., Bd. V, 1887, Generalversammlungs-Heft, pp. LXV-LXVIIE — Cfr. anche - Zeitschr. f. wiss. Mikr., Bd. Y, 1888, pp. 113-4, e Journ. of. the R. Micr. Soc. » 82 EUM S 03. c ROTIE vegetali piccoli e delicati, come per esempio i fiori di orchidee nei primi stad del loro sviluppo. * La sostanza includente da lui adoperata è il sapone di glicerina, il quale , oltre ad ovviare agli inconvenienti sopra rammentati della paraffina, possiede ‘due qualità preziosissime, la solubilità nell’ aequa e Ia trasparenza. Ecco come si procede per fare l'inclusione: Si scalda a bagno-maria, alla temporatura di 60-70° C. un miscuglio a volumi eguali di glicerina ed alcool a 96° (alcohol rectificatissimus del commercio ) , con tanti piccoli pezzetti di sapone di glicerina giallo, trasparente, quanti vi se ne possono sciogliere. Ciò si può fare in un recipiente cilindrico (o anche jn un matraccino) che si chiuderà con fiocchi di cotone, per impedire la troppa evaporazione dell’ alcool. Il liquido che se ne ottiene, giallo e perfettamente trasparente, o appena leggermente torbibo, si versa in una capsula piatta, o in un recipiente che si può improvvisare avvolgendo una striscia di carta at- torno ad un sughero e fissandovela con degli spilli. Mentre il miscuglio è an- cora caldo e si sta consolidando, vi si colloca il pezzo da sezionare, previa- mente immerso nell’ alcool concentrato, e, ‘mentre il sapone si consolida, con un ago si orienta l oggetto in modo ch’ esso si trovi poi nella posizione più opportuna per essere sezionato, ies che si può fare pon alla trasparenza della sostanza includente. $ Per i pezzi un po’ grossi è necessario tenerli un po’ di tempo in una solis zione fredda e satura di sapone, prima di trasportarli nel miscuglio caldo, af- finché il sapone penetri in tutte le cavità dell'oggetto e si immedesimi con. esso. Un soggiorno troppo PES nel miscuglio caldo è pericoloso, a causa. della sua alcalinità. Il miscuglio per l inclusione si conserva freddo in vasi chiusi con sughero, e fonde poi con facilità alla temperatura di circa 40° C. Con questo metodo si ottengono inclusioni perfettamente chiare e lp renti, “che possono essere sezionate colla massima facilità dopo averle indurite col raffreddamento, e si possono anche conservare a lungo e inalterate in un vaso contenente cloruro di calcio fuso, che le rende anche un po’ più dure, - (a causa della disidratazione), e quindi migliori. Gli oggetti molto piccoli possono essere inclusi più prontamenté mettendo | una goccia della soluzione calda di sapone sopra un sughero, aggiustandovi ue oggetto, e poi coprendolo con un'altra. goccia di sapone. Queste ae : lan di mappar, induriscono completamente | in un quarto d'ora. Per fare le sezioni T A. adopera il mierotomo TROMA. Le sezioni si liberano facilmente dal sapone, lavandole in acqua tepida, od anche, meno prontamente, coll’ acqua fredda. L'alealinità del sapone contribuisce nello stesso tempo a schiarire il preparato. L'inelusione nel sapone è già da lungo tempo adottata nella microtecnica zoologica (Cfr. FRANCOTTE, op. cit., pag. 287) e lo stesso Prrrzer cita (Berichte ecc., p. LXVII) i procedimenti di FLEMMING (Arch. f. mikroskop. Anat., Bd. cw. 1875, p. 123) e di KapyI (Zoolog. Anzeiger, Bd. II, 1879, p. 476) per l'uso dei saponi trasparenti. Questi due metodi offrono però il grave inconveniente che il sapone resta, dopo l inclusione, molto rieco di alcool, che bisogna fare ` evaporare in seguito. Ciò ha per conseguenza una gran perdita di tempo, ed anche un raggrinzamento del pezzo, in causa del diseccamento, mentre poi ; di fuori diventa duro, restando sempre troppo tenero *all' interno. Anche il FRANCOTTE (op. eit, p. 288) SERE l'uso del sapone di glicerina, ma lo scioglie in solo alcool. ` Il metodo di Pfitzer l'abbiamo sperimentato anche noi, e lo troviamo rac- | comandabilissimo. Qualunque pezzo delicato si include benissimo e si ha il van- i taggio importatissimo di vedere il pezzo quando si include ed orientarlo a pia- 3. ; ra cere, e vederlo quando si seziona, a causa della trasparenza del sapone. |. Abbiamo fatto due soluzioni, una nelle proporzioni seguenti : f à; 3 j , C Algoa aD + + n. mue Uo ERE E, - * : "o eM C : . Glicerina pura. : .- x9 sos 32 A oT ; Sapone SEO an a E re alm con soli 32 gr. di sani dE primo miscuglio. riesce, naturalmente, più. duro; l'altro, più tenero, si presta di più per | oggetti molto delicati. . Ciò che importa spocialmente di avvertire è che, almeno col primo dei due miseugli da noi sperimentati, si può benissimo usare il Microtomo RANVIER. Dal punto di vista pratico ciò è molto importante, perchè facilita l uso del- . l inclusione , e als rendere emn servigi nelle ricerche poa le più delicate. — 5 | Eeo come si procede: n fondo al foro del mierotomo, : a contrasto col dina a vite Da deua es- Y RN lom S re po in su, ; È mette un i taraeiglo di z * : È m T / : ` sughero, che Lok su seb = vue 84 MT } verse fe NOTIZIE mente il foro, ma possa scorrere con una certa facilità sotto la pressione della vite. Esso deve servire a trattenere il liquido che si colerà dentro al foro, e ad impedire che il cilindro a vite tocchi direttamente il sapone. Si coli il mi- seuglio fuso nel foro del microtomo così preparato, e vi si collochi l’ oggetto da sezionare, aggiustandovelo con un ago, mentre il sapone sta consolidandosi, come si è detto sopra. Quando il sapone sarà tutto consolidato, si potranno co- minciare le sezioni nel modo usuale. Il cilindretto di sapone aderirà inferior- ‘mente al sughero, ma scorrerà bene lungo la parete metallica laterale del mi- crotomo. Il sapone non si contrae nel raffreddarsi, nè forma cavità come la. paraffina; e formando una pasta abbastanza consistente ed omogenea, con un buon rasoio piatto si fanno benissimo le sezioni più delicate, purchè si abbia «l'avvertenza di bagnare ogni volta le due facce del rasoio con alcool i il che si fa comodamente con un pennello. Bagnandolo con acqua o con glicerina non scorre. cosi bene come coll alcool. Le sezioni si passano nell’ acqua, dove lasceranno il sapone, e poi si montano. Se il pezzo ineluso non si vuole sezionare subito, si levi la prima fetta di ni per ottenervi una superficie piana a livello con quella del microtomo, e poi vi si faccia aderire un vetrino copri-oggetti sufficientemente grande da coprire tutto il foro del microtomo. Il vetrino impedirà il prosciugamento del | pezzo, od il suo rammollimento se l' ambiente fosse umido. I Botanici esperimentino questo metodo d' inclusione, e lo troveranno sem- plice, comodo e molto utile pei preparati delicati. , Piacenza, Dicembre 1888. in E ; Prof. Aser Pour. Sulla Pleospora herbarum e sulla ir infectoria. — Lettera Le al Ola Sig. Dott. Oreste MarTIROLO. Chiarissino Col lega, S'Ella conosce in quala grado io f donas i lavori ch' Ella compie con quell’ a- bilità magistrale. che tanto la distingue e la rende sì meritamente noto ai bo- tanici, imaginerà di certo con quanto interesse io sia venuto a cognizione dei risultati cole accurate ricerche a Lei sul ciclo evolutivo della Pleo. spora her- barum. E ben posso chiamarmi fortunato, se alcuni giudizi, da me ripetutamente svolti nella Monografia del genere Pleospora, tali furono da motivare le ricerche che formano oggetto delle pregevolissime note di Lei. Se il mio lavoro non avesse altro di bene conseguito che I'eeccitamento alle lodevolissime ricerche da Lei fatte, io ne sarei davvero pago egualmente. E qui Ella mi conceda di dichiarare subito che non ebbi mai in pensiero di negligere i lavori del celebre Prof. GIBELLI, nel quale sono lieto di riconoscere l iniziatore degli studi di biologia micologica in Italia, quegli studi che con tanto amore sono ora curati, e che così viva luce hanno sparsa anche nella tassonomia. — Che se io non ho riportati con maggiori dettagli i risultati delle lodatissime ricerche principalmente di Gibelli e Griffini sul cielo evolutivo della Pleospora herbarum, devesi l' unica causa rintracciare nella natura pani tassonomica del mio scritto. i I fatti inoltre che mi suggerirono l'asserzione che lo studio della motagenesi dei Funghi è ancora bambino, non si riferisce evidentemente all attendibilità delle fatte ricerche, bensi allo scarsissimo numero delle specie il cui ciclo evo- lutivo ci è sperimentalmente noto. Ella vede a mò d' esempio che delle oltre 150 specie di Pleospora tassonomicamente ben conosciute, solo di due ci sono noti i nessi metagenetici y e per queste due peró, mi affretto di dirle che la questione dello sviluppo non mi riuscì mai nè oscura, né incerta, nè dubbiosa. Spiacemi ch’ Ella non sappia « assolutamente spiegarsi il perchè dell’ assoluto silenzio mantenuto dall'Ill. Prof. Saecardo e da me al riguardo della Pleospora Sarcinulae », ed a tale proposito permettomi di farle osservare che i prelodati Proff. Gibelli e Griffini a p. 66 stabiliscono quali differenze in grandezza esi- stono tra gli sporidi delle due specie nelle quali la Pleospora herbarum dei vec- chi autori doveva essere divisa. Così essi notano per gli sporidi della PI. Al- nc Ma zz È ii e per quelli di era sopra d - ternarie le dimensioni della PI. Sarcinulae invece ? di lungh. n * di larghezza, mentre nelle diagnosi a a p. 73 indicano gli sporidi della ina PI. Sarcinulae colle mt largh., tacendo quelle della PZ. Alternariae. dimensioni 2 SE Jungh, e In tale nue di dati + Prof. Saccardo non si trovò autorizzato a tener conto delle specie Gibelliane, nè potè ascriverle alle già note. Dietro poi le = misure nuove che il predetto Prof. Saceardo in lettera ottenne dal Prof. Gi- à belli, si potè constatare trattarsi della Pleospora herbarum tale qualé era ormai generalmente accettata, e della PI. vulgaris del Niessl già estesamente nota nel campo. della ‘micologia ^, NOTIZIE Va $5 è adi E A LORO CEI o NOTIZIE Essendo quest’ultima posteriore, non dubitai un momento di dover rendere giustizia all'egregio scienziato italiano, coll'aecettare il nome di Pleospora Al- ternariae in luogo di quello di PZ. vulgaris, sebbene, come dissi, fosse già sancito dai Micologi. (Cfr. Add. ad. Vol. I-IV Syll. p. 169). Però ulteriori studi mi permisero di constatare l'identità tra l'anteriore PI. infectoria di Fuckel e la Pleosp. vulgaris, ossia la PI. Alternariae. E perchè avrei dovuto ora non adoperare la medesima misura col non ammettere definitivamente il nome di Pleospora infectoria? Dove apparisce realmente una mia mancanza, si è nel non aver citato nella Monografia il sinonimo di Pleospora Sarcinulae Gib. et Griff. trattando della PI. herbarum, ma chi non vede che questa omissione di- pende soltanto da un lapsus calami, avendo io a p. 92 (in sinonimia cioè della PI. herbarum) fatta la seguente citazione: Pleospora herbarum Gib. et Griff. sùl Pol. PI. herb.? Ognuno a priori riconosce che la specie da me citata non può assolutamente essere che la Pleospora Sarcinulae. In quanto alle considerazioni da lei fatte circa la preferenza da darsi ai nomi di PI. Sarcinulae e PI. Alternariae pel fatto che furono ufficialmente adot-. | tati dal De Bary e perchè danno al micologo un concetto chiaro ed esatto | della principale forma secondaria che caratterizza il loro cielo evolutivo, mi permetto di dirle che a me sembra più doveroso conservare i nomi di Pleo- spora herbarum, e PI. infectoria, in omaggio «a que’ diritti di priorità che ognuno riconosce, e che sono il fondamento della sinonimia, Pei Tulasne, e meglio ancora per gli autori a questi anteriori, la P/. herba- rum è bensi una specie collettizia, ed in vero l'occhio del moderno tassonomo. - riconosce di primo acchito nelle figure sporologiche della tav. XXII della ma- gistrale Carpologia le due specie PI. infectoria e PI. herbarum , però il Fu- chel fino dal 1869 aveva ben distinte le due entità. L' Il. Prof. Gibelli im se- - guito esegui studi biologici che lo condussero a tracciare nettamente i limiti 3 della PI. herbarum, risultato al quale, per via puramente fitografica, giunse anche - il Niessl tre anni dopo nell'importante lavoro. Notizen ueber neue ete: (1876). Forse. una parola rimane ancora da pronunciare sulla questione del Clado- sporium herbarum che il Sig. Costantin recentissimamente (Jowrn. de Bota- " nique 1889, p- Dy sua trovato geneticamente congiunto alle A/ternariae. we e rimettere le idee dei celebri Tuners: Chi disponendo i un tempo, che a me da molteplici occupazioni vien tolto, ; potrà ripetere in esteso le coltivazioni del Cladosporium herbarum, sarà in - - grado di a definitivamente se esiste 0 meno queso nesso genetico con n TI: vele pro FEE RUPEE lah risultati t D 4 Sa pe US 4 E | istanza ammesso dagli autori rido. ! risultati di queste Bore torneranno bitarne) che l’ultima parola pronunciata sulla questione ancora controversa del _ ciclo evolutivo del Cladosporium. herbarum , siå a conferma delle conclusioni condotte dal celebre Prof. Gibelli, e le quali mi sembrano finora le più attendibili. Sono lieto che mi sia stata offerta l'occasione di potermi dire Di Lei Devotissimo Padova. 6 Marzo 1889. ; À ps | Dott. Acavsro NAPOLEONE BERLESE, . . Vendita di droghe e di prodotti vegetali. Il sig. Teodoro Sehuehardt di Goerlitz (Slesia prussiana) già conosciutissimo anche in Italia per la sua fabbrica di prodotti chimiei, da poco tempo ha dato p |. una nuova direzione alla sua attività, portando in commercio un genere di — mérei che deve interessare. assai i botanici. Egli raccoglie da tutte le parti del mondo la materia prima che le piante forniscono per la medicina e per . le varie industrie; e mentre da talune d'esse nella propria fabbrica estrae e | prepara i principii attivi, per metterli in commercio, offre ai collezionisti bo- tanici ed ai musei anche i prodotti immediati, le parti dei vegetali che sono A usate per la preparazione dei farmaci, come semi, frutti, radici, foglie, fusti, + cortecce, ecc. ecc., tutti classificati, con indicazione del nome latino, del nome — originario, della patria, ecc. X - Sono usciti finora due dei suoi « Cataloghi di droghe nuove, resine, frutti ‘e semi » (Goerlitz 1887 e 1888), che comprendono i più svariati prodotti ve- Ei getali del Brasile, Chili, Perù, Bolivia, Venezuela, Colombia, Ecuador, British Guiana, Indie occidentali, America del Nord, Capo di Buona Speranza, Coste ‘orientali ed podani dell’ Mac Indie orientali, Ceylon, Giappone, China, ed dr Australia. . Con questa impresa è data facilità di acquistare per i musei di Botanica, (0. per i gabinetti di Materia Medica, Farmacognosia, eec. delle collezioni più o |. meno complete di droghe e d altri prodotti vegetali, che naturalmente possono .. essere di grande vantaggio per l insegnamento. | Anche per le collezioni di Morfologia Botanica si trovano nei cataloghi del si sig. Schuchardt numerosi campioni interessanti; fra i quali nominerò i frutti yf di Lodoicea Sechellarum. fr utti di Lecythis, Bertholletia, Andira anthelmin- * 0. : ù rix" NOTIZIE t Suus à AUTRE je di non lieve utilità alla scienza micologica, ed io mi auguro (ed oso non du- * 0 Le KNEES e ce dall NOTIZIE thica ; Sterculia acuminata, Hyaenanche globosa, Calophyllum Inophyllum , Martynia diandra, Caesalpinia var. sp., Cassia plur. sp. Enterolobium c y- clocarpum, Randia dumetorum, Gardenia lutea, Chavica Roxburghii, Sapindus saponaria, Macleya cordata, Skimmia japonica, Strophanthus sp., Balsamo- _carpum brevifolium, ecc. I prezzi nor sono molto elevati, ma potrebbero anche essere un poco più bassi, segnatamente per alcune specialità. Facciamo voto che la lodevole im- presa del sig. Schuchardt trovi da parte dei botanici l' accoglienza che si me- rita, in modo da poter essere sempre più allargata e perfezionata Pza. ADDENDA AD FLORAM ITALICAM : Muschi nuovi per la Provincia di Roma (!) I. PLEUROCARPI. +. | ^. Lamprophylli. E dares squarrosum (Linné) Br. Eur.; Erb. critt. it. (1304) (1206) optime fructigerum! Monte Peschio (Velletri) in pascuis apricis — 20. VI IL 87. 2. Brachythecium (Scleropodium) illecebrum (Linné) De Not. Ep.; Erb. critt. it. (607) (954); rarum! Colli di Bravetta. MI. 87. ad saxa humentia MITES 4. Hypnum | Vallis- Clausae (Brid) Bonly Muse. de Fr. 1884. p. 50. Adi blystegium Formianum Fior. Mazz. nd ue Pertuso (Filettino) Lgt. A. Pelosi 24. VI. ev (5. Hypnum PACI Schreb. Fl. Lips. p. 92, Sterile! Colli di Bravetta V. 87, 6. Plagiothecium repens (Pollieh) Lindb. P. Silesiacum (Selig) B. E; Erb. critt. it. (1007). Monte Cayo (Rocca di Papa) ad truncos marcescentes. IX. 87. 7. Homalia lusitanica Schimp. Coroll; Erb. critt. it. (1210); ad rupes ma- m didas. Rocca del Cardinale (Subiaco) Lgt. Pelosi 24. VI. 87. - | | M 1% Cylindrothecium concinnum. De Not. Mant. et Ep. Rarum! i in paseuis. Val d Inferno cirea Roma. | IV. 8n y 9 confermate dal egregio sig. Marchese A, Bottini. © 4 Fal 3. Amblystegium confervoides QE Br. eur. rarissimum! Monte Gennaro Fa = ` AE #: $ s ES m. ud s " (RISE È "m gs i Fa Pr x PI i = * uh ME mi^ ^ 3 i ; : P Le A $ x * se Pa Ji 1 p E $ da, A M go: = NOTIZIE i SINE, eeu 9. Habrodon perpusillus (De Not.) Lind. Muse. Scand. p. 37. | Habrodon CUT EE Notarisii (Schp.) Erb. critt. it. 311. Ad truncos Quereuum — Villa Aldobrandini — Frascati 24. IV. 87... ve b. Thuidiacei. 10. Thuidium recognitum (H.) Warnstorf Moosfl. Brand. Dec p. 66. Monte — | Soratte. IV. 87. ; <- ll. Thuidium abietinum (h) Br. Eur.; Erb. eritt. (1307). Monte Calvo (Su- dde. biaco). VI 87. n ip 12. Pseudoleskea atrovirens. (Dicks). Br. mE Erb. critt. (1214) Guarcino del » cià D: Lazio. Let. A. Pelosi V. 87. IL. A 13. Bartramia Halleri (Edw.) Erb. eriti- 167. wr. saxa hamida — Monte Gennaro V. 86. zv Jd Encalypta . ciliata (Hedw.) Hoff, Deutschl Fl.; Iuratzk. Laubm. \ y. Oest.. S e. — Monte Cavo. 26. VI. 87. Fi 15. Mnium hornum (L.) B. Eur.; | Erb. critt. Ital. 53.; taria Monte Cavo- ird Lago di Albano. 20. IX. 87. : s 16. Webera cruda (L.) Schp. Coroll.; Erb. eritt. (1404); polygame! Monte Cavo e Monte di Tivoli. V. 86. 17. Fissidens tawifolius (L.) Erb. critt. A. (1407.) ne — ad terram humidam. 26. IV. 86. + un me cd E Dicranum longifolium (H.) Ehr. Monte Cavo. 28. VI. 86. o 19. eru qd canescens Me AEREN Vent. e Bott En. Cr. 560 EK me e pem x | . Uco Br. yx Og : : "NOTIZIE © Piante nuove o rare trovate in Liguria. 4 TRIFOLIUM ISTHMOCARPON Brotero. — Questa bella specie di Trifolium (Sect. Amoria Presl.), finora trovata soltanto nella Spagna, nel Portogallo, ed in Sicilia (Calatafimi, Marsala, Segesta, Acamo), è stata raccolta molti anni fa anche nelle vicinanze di Genova, cioè vicino ai molini fuori Porta S. Bartolomeo, dal Dott. Savignone. Quella località era rinomata per la ricca messe di piante avventizie che ivi allignavano; e pare che la specie sopra detta vi abbia fatto una comparsa affatto passaggera, non essendo stata ritrovata dai botanici recenti. Riguardo alla sinonimia critica della specie si confronti quanto ne dicono G. GIBELLI e S. BELLI, nella loro nota « Intorno alla morfologia diff. esterna ecc. dei Trifolium della Sez. Amoria » (Torino 1887, Atti R. Ace. Scienze XXII). TRIFOLIUM OBSCURUM Sav., subsp. T. XataRDI DC. Fl. Fr. 5, p. 558*, e Prodr. TI, p. 193, N. 26). — Anche questa specie fu nel 1848 raccolta dal Savignone . nella stessa località come la specie precedente, e facilmente ha avuto la stessa origine. Come mi scrisse l Egregio Prof. GrBELLI ( che da parecchio tempo, insieme al Dott. BELLI si occupa d' una monografia del genere Trifolium, e. che confermò, dopo rigoroso esame, le determinazioni delle due specie qui menzionate), la Var. B baeticum del SERINGE ‘Gin DC. Prodr. II, p. 192, n..26 B) corrisponde (come mostrano esemplari autentici del SERINGE nell’ erbario To- rinese) al Tr. obscurum Savi, di cui dunque il T. Xatardi DC. -sarebbe solo. una forma 0. subspecie. Colla medesima è pure identica (secondo GIBELLI) quella che BATTANDIER . trovò in Algeri e battezzò come specie nuova Tr. Julianum.. | TRAGOPOGON ERIOSPERMUM Ten. — Trovata fino dal 1885 dal Dott. L. Dvrovr e negli anni susseguenti dal Dott. BAGLIETTO sui terrapieni della Valle del La- gaccio, entro la cinta delle mura di Genova: località anche questa ricchissima. di piante avventizie meridionali ed orientali. Essendo la specie ricomparsa per varii anni di seguito, pare che possa considerarsi come stabilita nella Flora gume; Nep. e media pis Pistoja). Fe O0, PENZIG. FRERES e - Ligustica. Finora non era stata trovata che nell’ Italia meridionale Le d' Ax so CRONACA | > SE . Piccola Cronaca É morto, all'età di 53 anni, il Dott. SEXTUS Orro LINDBERG, Prof. di Bo- tanica e Direttore del Giardino Botanico di Helsingfors, briologo distintissimo : ed autore di molti pregevoli lavori. — er | Il 14 marzo cessava a vivere il Dott. Jon. PEYRITSCH, Professore di Botanica ‘a Innsbruck, notissimo ai botaniti per i suoi lavori sulla due é iato logia, monografo delle Laboulbeniacee, eec. ecc. s s | Sono pure morti negli ultimi mesi ì botanici Dott. H. Tu. ai paleon- | tologo, di Francoforte, e N. I. W. ScuevTz di Vexiò (Svezia). — è stato nominato Professore di Biologia nella « Normal School » di Santjago, . Chili. | penc d Prof. PFEFFER di Tubinga è stato. eletto, al posto del defunto Prof. PLANCHON ,. fra i b ee membri stranieri dena + « < Linnean OT » di Londra. £ Al noto Micologo e , Fitopaiologo FE SCRIBNER di Tennessee ed al Prof. JAEGER di Missouri il Governo francese ha conferito la decorazione della Legione d' Onore, $ R. Museo e Giardino Botanico di Berlino, De occupato fino all anno xad dal ‘compianto Prof. A. W. EICHLER. a Prof. A. ENGLER di Breslavia si è recato per iscopo di “se DARA Il Dott. F. Jonow, noto per i suoi studii biologici sulle piante epifitiche, ece,, 3 Il Prof. J. Ursan di Berlin lè i stato. chiamato al posto di Direttore del * BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO Bollettino Bibliografico Lavori Botanici Italiani. Trattati, Atlanti, ecc. ALoI A. Corso elementare di Storia Na- eni Botanica. 5.* Ed. Catania 1889. o M. Elementi di Botanica. Taio: 88 agent G. abe di Botanica elemen- tare. Roma, 1889. SISMONDA E. Mani di Storia Natu- rale generale. Botanica, 9.2 Ediz. orino, 1888. Toscaxo D. e I D. Elementi di Storia Sms + ta Imola, 1888. Anatomia, Martiali: ; Fisiologia, Biologia. ALBINI G. Osservazioni sui vegetali se- .. gregati. Rendic. Ace. Se. Na poli. XXVII, 1888, fase. 12. ALESSANDRI P. E, Studii sull’ evapora- - zione comparata dell’ acqua del suolo e di piante erbacee. L'Italia Agri- cola, 1888, n. 24-29 c. 4 tay ARCANGELI G. Sulla struttura dui semi della Nymphea alba. N. Giorn. bot. ital. Vol. XXI, 1889, p. 122, . — Sulla "Haan del seme del Nu uphar luteum. ibid., 8. BoxARDI E. e Canon G. G. Nuove ri- cerche intorno all’azione di alcune condizioni fisiche sulla ‘vita dei mi- CPOOPRAZIND), Mem. Accad. Lincei, ol. V. Composti E. Sulla ricerca e rain zione del manganese nelle uen dei prodotti vegetali, c. . Viticolt, — Enol. na À. dL 1988, pne i 641, : EmERY C. Alleanza difensiva tra piante e formiche, N. ria À. 94i fase. 3. Roma, ENTLEUTNER A. F. Die: pirla Ls benserscheinungen der Pflanzenwelt : in den Anlagen von Meran. Oesterr. Bot. Zeitschr. 1889, 8. FRANCESCHINI G. L'azione della luce sugli organismi. Atti Acc. Olimp. Vicenza, Anni 1886-87. Venezia 1888. rigine ed evoluzione piante. Bollett. VIII, 1888, p. 34-39. — Il Dracunculus un Ibid. pag ~ 115. PELACANI L. Fillotassi fiorale. Ibid pag. 6, 19, 39, 58. Prrorra R. Sui pronubi dell'Amorpho- . Pre Rivieri. N. Giorn. bot. ital. — . vol. XXI, 1889, p. 156. PoLI x Louis di calcio nelle piante. Riv. 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H A. Scopoli os Prof. o. PENZIG, Redattore responsabile, ANNO III. vaia =+ Valore morfologico della squama ovulifera delle Abietinee e di altre Conifere. — Nota di FEDERICO DELPINO. In una memoria che presentai testè alla R. Accademia delle Scienze dell Istituto di Bologna, proponente una classificazione dalle Ginno- . sperme in base a nuovi criterii, ho enunziato e giustificato la tesi che la squama ovulifera delle. Abietinee e di altre Conifere (nonchè il peduncolo bi-pluriovulato delle Salisburiee) altro non è che una sal- datura dei due lobi placentarii del carpidio, di eui la pretesa brattea . ascellante (e, nelle Salisburiee; un corpo affatto simile a foglia vege- tativa) rappresenta la regione mediana. Da questa, per me verissima ed inoppugnabile tesi, che previdi in parte, fin dal 1868 (1), ma che in seguito potei confortare con molte osserva- zioni e considerazioni, si può assurgere ad una teoria generale del car- pidio, valevole così per i Pteridofiti, ove la foglia sporangifera è omo- loga al earpidio, per le Ginnosperme e finalmente per le Angiosperme. E ciò che è mirabile, in tutti e tre i citati grandi gruppi di piante la evoluzione del carpidio (o della foglia Spillo) si è manifestata con varianti omologhe. Il carpidio (o foglia fertile) vuol essere considerato un filloma ideal- mente tripartibile e qualche volta in realtà tripartito, colla partizione mediana sterile, e colle partizioni laterali, una di destra, l'altra di si- nistra, fertili, placentarie, ovulifere (sporangifere). Se il filloma, idealmente tripartibile, rimane per altro intiero, allora abbiamo il caso del pleurosporangismo (in molte felci), della pleuro- Spermia che è normale nelle Cicadee, e in quasi tutte le Angiosperme. () « Adunque la squama delle Conifere mi parrebbe un organo placentario ovulifero, che, più tardi, si cambia in una grossa scaglia legnosa per lo scopo di difendere i semi » (Ulteriori osserv. sulla dicog. ecc., parte I, A ons 69). 7 Matpighia, anno III, m I RER. o | FEDERICÓ DELPINO Ma sovente, nella foglia fertile, le divisioni sporangifere si staccano dal piano della divisione media sterile e si accostano, quelle di destra con quelle di sinistra, in un fascio opposto e sovrapposto alla divisione _ media sterile. Questo caso molto istruttivo si è realizzato in un genere di Schizeacee (Anemia). E allora può accadere che fin dagl' inizii concrescano tutte le divisioni fertili in un corpo unito, fertile; opposto e sovrapposto alla divisione sterile. Questo fenomeno nelle felci l'ho denominato antisporangismo, e antispermia nelle fanerogame. L'antisporangismo nelle felci si è costituito almeno due volte e in- dipendentemente. Una volta nelle Marsiliaeee. Una seconda volta nelle Ofioelossee. L'axillisporangismo delle Isoetee dipende diamants dall’ anti sporangismo del genere Ophioglossum. Il corpo axillisporangico è una abbreviazione del corpo antisporangico. In un singolare errore veggo che inciamparono gli autori, ritenendo nelle Isoetee come uno sporangio * ciò che è invece un corpo sporangifero, omologo a quello di Ophio- glossum. Avrebbero dovuto essere ammoniti d’ errore alla presenza della ligula (omologa alla punta sterile del corpo sporangifero di Ophio- glossum), e dai numerosi dissepimenti del preteso sporangio. L'axillisporangismo delle Licopodiacee non è che un antisporangismo ridotto a minimi termini, con produzione di soli tre sporangi nel ge- - nere Psilotum, di due sporangi nel genere Tmesipteris, di uno soltanto nei generi Phylloglossum, Lycopodium, Selaginella. M fenomeno che nelle Gimnosperme è omologo all’ antisporangismo aile felci, dicesi antispermia, e si è realizzato nelle Salisburiee, e, tra le - . Conifere, oltrechè. nel genere prototipo Seiadopitys, nelle Abietinee, Cupressinee, Araucariee, Podocarpee; per altro con un singolare antago- nismo di sviluppo tra la parte mediana del carpidio- e le sue due parti placentarie. Perocchè nelle Abietinee, nelle Cupressihee e nel genere | Sciadopitys tenuissima è la regione mediana del carpidio (brattea degli autori), spesse e voluminose le due placente (fuse in un corpo). Vice- versa nelle Podocarpee e sopratutto nelle Araucarie voluminosa è la regione mediana del carpidio, tenuissimo è il corpo placentario (più 0 meno adnato e fuso colla regione mediana). Questo tenue corpo anti- spermico nel genere Araucaria è chiaramente indicato dalla esilissima ligula in cui termina. Tre sono le ligule, o, per meglio dire, la ligula è tridentata nel trispermo carpidio di Cunninghamia. Parrà a prima vista poco applicabile questa teoria alle Salisburiee. Nella Gingho biloba il carpidio sarebbe costituito "da una parte me- diana sterile affatto indistinguibile da un filloma vegetativo solito, e da un peduncolo bi-pluriovulato antispermico, nato all’ ascella della via mediana. | Questa indistinguibilità della parte mediana del carpidio da una foglia normale di vegetazione, persuaderà molti a ritenere come una chimera la nostra spiegazione. Ma costoro non hanno presente ciò che accade nelle Marsiliacee e nelle Ofioglossee. Ad essi sfugge la verità della seguente equazione, cioè: La foglia vegetativa di Ophioglossum sta alla foglia fertile dello stesso, precisamente come la foglia vegetativa di Gingko sta al car- pidio dello stesso. ms E la stessa stessissima equazione si presenta alla mente, se si con- siderano i modi e i gradi con cui presso le Cupressinee nei rami fertili” verso la sommità le foglie squamiformi vegetative vanno gradatamente LA mutandosi in porzione mediana d'un carpidio. Questa indistinguibilità della porzione mediana del carpidio dalla foglia vegetativa è una testimonianza della più alta antichità. Perchè per arrivare alla prima manifestazione del fenomeno bisogna risalire tnn alle Marsiliacee e alle Ofioglossee. - E anchel antispermia si è qualche volta realizzata nelle Angiosperme, benchè in esse domini quasi assolutamente la pleurospermia. La placentazione centrale vera delle Primulacee e delle Plumbaginee ‘è un evidente caso di antispermia. I carpidii sono cinque e tutti si tri- . partirono. Le cinque partizioni mediane concrescendo innestate late- ralmente preparano l ovario uniloculare, lo stilo o i cinque stili: le dieci partizioni laterali ovulifere concrescono fuse in un grosso corpo placentario centrale, che evidentemente risulta dalla fusione di cinque Son qm es 100- s E uL FEDERICO DELPINO Anche nelle Juglandee, Lorantacee, Viscacee, Santalacee abbiamo il fenomeno dell' antispermia. CasPARY, MOHL, STENZEL, WiILKOMM, CELAKOvsKy ed altri credettero : vedere, presso le Abietinee, nell' uno e nell'altro lobo placentario del earpidio, due foglie d’un ramo abortivo nato all'aseella della brattea. È una veduta erronea che è contraddetta e dalla indiscutibile omologia che intercorrere deve tra un cono di Za;nia e un cono di Pinus, e dalla teoria generale del carpidio, qual'è sovra esposta. Alla mia tesi si accostano non poco le ultime vedute di ErcaLer. Ma quest'autore assimilò il corpo antispermieo a una formazione ligulare : assimilazione meno esatta. Le ligule, propriamente dette, sono emer- genze formatesi tangenzialmente; le placente non sono emergenze, e i . corpi placentari antispermici non sono originati da scissione tangen : ziale, bensì da circonvoluzione della base del carpidio, Questa nota ho creduto utile serivere per combattere una recente pubblicazione di VeLeNovsKy (Zur Deutung der Fruchtschuppe der Abie- tineen) (1). L'autore nei tanto frequenti coni diafitici di Lariæ, stu- diando i numerosi passaggi dai carpidii fertili alle foglie vegetative, osservando in queste ultime una graduata formazione di gemma ascel- lare, credette veder la prova che le due placente siano due foglie di ` cotal gemma. I fatti osservati dall’ autore sono veri, le osservazioni sono giuste, ma la interpretazione è sbagliata. Bologna 8 Marzo 1889. ——M——— (!) Nel periodico Flora, 1888, N° 34. TRU NOTERELLE BRIOLOGICHE 101 Noterelle briologiche. — Per A. Borrii. B x * Fissidens serrulatus Bridel e F. polyphyllus Wilson. e ricerche anatomiche seguenti, sono destinate a completare, ed in taluni punti a correggere q quanto serissi sul medesimo argomento in altra nota (1), alla des mi trovo eios à sided ed PSI che qui non vengono ripetuti. Per ciò che con e il n iale di studio, mi sono valso dei medesimi Sampii saten tid dei ur rade la ne volta, e di nuove piante fertili raccolte quest’ anno sul Monte Pisano. ** Fissidens serrulatus Bridel. x Forma x Bott. l. e. p. 189 [31]. — F. Langei De Not. Fusto in sezione trasversa ellittico [Tav. III, fig. 1 e], con fascio centrale semplice (2), grande, costituito da cellule allungatissime e prosenchimatiche [fig. 3 æ], le cui pareti bianche, molto sottili, possono col tempo divenire giallastre e andar soggette ad ispessimenti collen- chimatici relativamente anche assai pronunziati. Le fig. 1 e 2 ci mostrano la forma e la disposizione irregolare, nonchè la grandezza varia, di tali elementi del fascio centrale, che contrastano sempre vivamente col (5) BortIini A. Nota sul Fi issidens serrulatus Br idel. Atti della Soc. Tosc. di Scienze Natur. resid. in Pisa. Memorie, Vol. VIII, Fasc. I, 1886; e Ricerche e lavori eseguiti nell’ Istituto Botanico della R. Università di Pisa, durante gli anni 1886-87, Fasc. II, Pisa, 1888. () Einfacher Centralstrang, Wasserleitungsgewebe: cf. HABERLANDT, G. Beiträge sur Anatomie und Physiologie der Laubmoose, Zweites Kapitel : Das Leitbün- delsystem der Laubmoose. Pringsheim 's Jahrbücher für wiss. Botanik. Berlin, 1886, p. 359-498, mit 7 Taf. 102 ; ©. A. BOTTINI robusto tessuto fondamentale (!) circostante. Questo risulta [fig. 1, : da 4 6 6 strati di cellule poco variabili, giallo verdastre, ampie, allungate, con pareti longitudinali tutte fortemente ispessite anche nelle parti gio- vani, e con tramezzi terminali orizzontali, obliqui [fig. 3. @] o decisa- mente prosenchimatici [fig. 3 5], la massima parte sottili, ma talvolta grossi. La zona cortieale (2) [fig. 1, 2, 3] di color rosso giallastro, consta di 4 o 5 strati di grossi substereidi più o meno allungati, passanti qua e là a veri stereidi (3). Pori chiusi [fig. 3] (*) si riscontrano nelle pareti longitudinali e trasverse, tanto nella corteccia quanto nel tessuto fonda- mentale; in maggiore abbondanza però vicino ai luoghi di origine delle foglie e delle eorte gemme fiorifere laterali, ove eli elementi oltremodo raccorciati, per essere ispessiti anche nelle pareti trasverse, non si pre- sterebbero senza dei pori alla conduzione dei materiali. Scorza e tes- suto fondamentale, nei fusti giovani, contengono protoplasma grumoso, abbondanti granuli clorofilliani ricchissimi d'amido, e gocciole grasse. Nel fascio centrale giovane non ho scoperto altri elementi figurati ehe gocciolette oleose. Nel talamo dei fiori terminali e nelle corte gemme fiorifere laterali, la massa principale del tessuto consta di cellule poco più lunghe che larghe, sottili e più o meno prosenchimatiche, le quali passano gradatamente agli strati periferici, anch'essi non molto ispessiti. Tali elementi nei fiori laterali si staccano dai tessuti corticale è fon- * damentale del fusto poco profondamente e in direzione obliqua, eccetto. quelli oceupanti lasse, che discendono più in basso e vanno acqui- stando gradatamente i caratteri ordinarii del fascio conduttore. Per quanto consta dalle mie osservazioni (a dir vero un po' scarse) sopra le sui (ia ef. LimPricHT G. Die Laubmoose von Deutschl., Oesterr., u. der Schweiz, Leipzig, 1885, p. 6. C) Rindentheil: ef. Limpmicur, l.c. p. 6. — Mantelschicht: cf. Lorentz P. G. Grundlinien zu einer vergleichenden Anatomie der Laubmoose, p. 399. Prings- heim's Jahrbücher für wiss. Bot., Leipzig, 1867-1868, p. 363-466, mit VIII Taf. - 6) Cf. Lorentz, 1. e. p. 395. - (5 Tüpfel: cf. LiwPRICHT, rà p. 9; e ni l. e. Erstes Kapitel Zur Kenntniss des mechanischen Systems der Laubmoose. NOTERELLE BRIOLOGICHE 103 sezioni seriate, la terminazione ed i rapporti di questi elementi centrali sarebbero differenti secondo che trattasi dei fiori maschili o femminei; nei primi [fig. 2] si estinguerebbero giù nel fusto in mezzo al tessuto fon- damentale ispessito, ad una certa distanza dal fascio principale, senza contrarre con questo alcun rapporto; nei secondi un numero assai grande di elementi andrebbe a fondersi col cilindro centrale caulino in un piano ove esso si presenta più grande e meno bene definito nei contorni, di quanto lo è per ordinario. Col cloròjoduro -di zinco i soli fasci conduttori, e non sempre, danno la reazione della cellulosa. Foglie [fig. 4], la massima parte, grandi e bruscamente contratte superiormente in un breve acume vivamente seghettato. Il lembo costa di un solo strato di cellule più piccole che nel F. adiantoides tipico, e più grandi che nel F. decipiens. Le due lamine vaginanti (1) hanno le cellule papillose (2) (non mammillose) sul dorso [fig. 6]; nel primissimo tratto basilare ristretto, sono provviste al margine di cellule anguste, alle quali segue tosto superiormente un orlo marginale rigonfio, rappresentato dalla fig. 6 b; ad un terzo della altezza loro, le dimen- sioni delle cellule presso la nervatura [fig. 5] non oltrepassano mai il doppio di quelle delle cellule marginali. Le lamine superiore (3) ed inferiore (4), oltre all’ orlo testè indicato [fig. 7 a, 6 5], posseggono papille sopra ambedue le faccie [fig. 6]; per altro ciascuna cellula le mostra da una parte soltanto, avvicendandosi le papille sui due opposti lati ventrale e dorsale, con alternanza non molto regolare (5). La ner- vatura è sviluppatissima; le sue branche, alla base, misurano, ciascuna (') Laminae vaginantes, od anche lamina vera, lamina horizontalis, duplica- 1 . tura, auriculae, Scheidentheil, reitende Theil, ecc. degli Autori. C) Cf. Lorentz, l. c. p. 398. (9) Lamina superior, od anche lamina verticalis, Forest. abnorme Spreite, ecc. degli Autori. (4) Lamina inferior, od anche lamina nu ala dorsalis, Rückenspreite, . Dorsalflügel ecc., degli Autori. - Č) Quanto ai passaggi fra queste foglie e ae senza papille e senza orlo, rimando all'altro mio citato lavoro. * 104 - A. "BOTTINI trasversalmente da 125 a 137 v. Una sezione trasversa poco superiore al punto d' insersione [fig. 6 b] ci mostra sulla faccia ventrale del nervo una serie di grandi cellule con lume ampio, in numero di 10 a 17 (rarissima- mente meno), le cellule indicatriei o semplicemente le indicatrici (1); dietro ad esse, lungo la linea mediana, una (interrottamente anche due o tre) serie di cellule simili alle precedenti che si estendono fino alla lamina | : dorsale, le cellule congiuntive (3); ai lati, due grossi fasci di stereidi (3). con pareti grossissime e cavità centrali affatto obliterate; fra questi e - le eongiuntive, si riscontrano uno o due piccoli fascetli conduttori (4) per parte, della natura di quelli del fusto. Nelle foglie adulte, le sottili pareti dei loro elementi possono riassorbirsi o in vario grado ingrossarsi, onde in luogo di un fascetto si presentano, nel primo caso, una 0 più ca- vità di varia grandezza simulanti delle cellule [fig. 6 b], e, nel secondo, delle masse cellulari ispessite, talvolta non più distinguibili dallo ste- reoma. La fig. 9, Tav. IV, appartenente alla forma y del F. serrulatus, ci dà chiara idea di quanto si riscontra anche nella forma «; vi si osserva un paio di fascetti conduttori i cui elementi distintissimi sono dotati di pareti sottili, salvo taluni pochi periferici che trovansi in una fase di avanzato ispessimento. Lo strato esteriore della nervatura [fig. 6 ^]. è costituito dalle cellule dorsali (5), piccole, 3-4 volte più lunghe che larghe, con terminazione alle volte obliqua e con le pareti tutte in- grossate. Le indicatrici e le congiuntive che nel rapporto dei loro diametri sono simili alle precedenti, hanno le pareti trasverse orizzon- tali e sottili. Gli stereidi si palesano per vere fibre allungatissime con * terminazione molto appuntata; la loro reciproca connessione non e (') Basale Deuter: ef. Lorentz, l. c. p. 395. — Leitparenchymzellen: cf, HABER- LANDE, k &. p. 370: Q) Verbindungszellen : cf. LonENTZ, I. c. p. 386. — Innenzellen: cf. LIMPRICHT, L e. (1887), p. 423. ©) Füllzellen: cf. LonENTZ, E e. p. 397. (5 Begleiter: cf. Lorentz, b è. p. 396. — - Wasserleitende - Bündel: ef. Ha- .BERLANDT, l. c. p- 384. i | (5) Rüekenzellen: ef. Lorentz, L e. p. 396. NOTERELLE BRIOLOGICHE | 105 molto forte, tantochè raschiando, si possono facilmente isolare per lunghi tratti senza lacerarli. Fino ad ora abbiamo considerato la nerva- tura in una regione poco superiore alla base; col procedere in alto, le sue branche si accorciano. le indicatrici diminuiscono di numero per arrivare al disopra delle lamine vaginanti alla struttura rappre- “sentata dalla fig. 7 a, ove si vedono le congiuntive mettere in comu- = nicazione la lamina superiore o verticale colla inferiore o dorsale. A questo punto della nervatura, ai lati delle congiuntive, ho pure rico- | nosciuto spesso un pajo di fascetti conduttori in stadii più o meno avanzati di trasformazione. Il caso più istruttivo concernente tali fascetti, me lo ha offerto la forma B del F. serrulatus (erbario De Not.) rappresentato nella fig. 7 5, la quale mostra da un lato un fascetto distinto, più due elementi trasformati in substereidi, e dall' altro lato una grande cavità [in apparenza una cellula] e tre substereidi che se poco più avessero seguitato ad ispessirsi, non avrebbero lasciato traccia della loro primitiva origine. Alquanto diversa è la struttura della nerva- tura alla base delle foglie involuerali dei fiori femminei, che, come è noto, sono ampiamente abbraecianti e provviste di una lamina inferiore che non scende fino alla base. Una sezione trasversa praticata poco superior- mente a questa ci presenta fino a 19 indicatrici; le congiuntive parzial- mente distese in serie trasversali dietro di loro, anzichè arrivare al dorso, si arrestano al centro, talchè alle spalle corre lo stereoma, in un fascio non interrotto foggiato a ferro di cavallo, dall’ una all’ altra branca della nervatura; cinque fascetti conduttori, due destri, due sinistri, ed uno mediano dorsale, ne completano l'organizzazione. Poichè uno degli uffici delle cellule congiuntive è, se non erro, quello di stabilire una comunicazione fra la lamina inferiore e le lamine vaginanti col- l intermezzo delle indicatrici, si comprende che ove manca la lamina inferiore [come nel caso attuale], non v'è bisogno che le congiuntive raggiungano la superficie dorsale della nervatura. Lo sviluppo delle foglie è stato studiato in altri rappresentanti dsl i genre da varii autori, tra il pne il Debat (1). Per ciò che concerne (!) Desart L. Évolution des feuilles ches les Fissidentiacées. Annales de la : Soc. bot. de Lyon, 1877. L3 106 à A. BOTTINI i rapporti che allo stato adulto esse hanno eol fusto, ecco quello che ho rilevato: la traccia primitiva e più profonda delle foglie viene segna- lata nel fusto dalla comparsa di pochi stereidi isolati o in gruppettini di due a tre, nel secondo, terzo e quarto strato corticale di questo; più in alto i fascetti, già un poco ingrossati, veggonsi separati in destri ed in sinistri da una lamina di cellule. prosecuzione del tessuto fon- damentale del fusto, che dà origine alle congiuntive, mentre il con- . . torno della foglia comincia ad abbozzarsi, abbracciando per tre quarti E asse, col quale é tuttora interamente connesso. Questo é il punto più basso in eui ho potuto seguire i fascetti conduttori foliari, in numero di due, ciaseuno di otto elementi perfettamente distinti. Piü in alto aneora, principiano pei primi a staccarsi i margini delle lamine vaginanti, ed a questo livello [fig. 1 a] gli stereidi della nervatura sono già riuniti in una sola massa per branca. Tutti gli elementi delle foglie giovani, tranne i fascetti conduttori e . gli stereidi, contengono maggiore o minor quantità di corpi clorofilliani. Con floroglucina ed acido cloridrico non sì ottiene nelle foglie nessuna colorazione; il elorojoduro di zinco tinge in azzurro intenso i fascetti conduttori e lo stereoma, ed in violaceo più o meno debole ogni altro elemento, escluse le superficie esterne in contatto coll’ aria, che riman- gono bianche o divengono giallastre, i Della struttura del Pedicello dà chiara idea la fig. 12; vi si nota il progressivo ispessimento del tessuto fondamentale, fino ai grossi sub- stereidi corticali, vivamente colorati in rosso giallastro. Tutti gli ele- menti esteriori al fascio centrale, hanno una ‘lunghezza minore di quella dei corrispondenti elementi del fusto. Il Piede [fig. 14] è affusato. Irregolarmente circolare in sezione trasversa [fig. 11 a], va a mano a mano restringendosi in basso in ellisse schiacciata [fig. 11b] e termina quasi a cuneo nel fascio cen- trale del fusto; non senza qualche lacerazione può venir separato completamente dai tessuti che lo attorniano. Le sue cellule periferiche hanno la parete esterna convessa ed ispessita [fig. 13], anche in stadii . assai giovani. La fig. 14 ci dà la forma degli elementi in sezione lon- gitudinale, e mostra il loro notevole raccorciamento nella zona di : "nione del piede col fusto. SG ud NOTERELLE BRIOLOGICHE (5407 La Vaginula [fig. 13, 14] che in alto è libera, consta di un tessuto bianco, ampio e poco ispessito; in basso acquista gradatamente i caratteri del fusto. Le cellule del suo strato profondo circondante il piede, colle loro pareti interne e radiali enormemente ingrossate e colorate in giallo rossastro, formano un astuccio a quest’ ultimo [fig. 13]; qua e là esistono luoghi di molto minore ispessimento, destinati verosimil- mente a facilitare il passaggio del materiali nutritivi; nellæ parte inferiore della vaginula la grossezza di tale anello è notevolmente ridotta. Cassula (1). Dei tre strati di cui risultano le pareti dell’ urna matura, i due interni hanno gli elementi bianchi, sottili, e radialmente com- pressi; | esotecio, color rosso giallastro, consta di cellule subrettan- golari e romboidali miste ad altre di forme varie e irregolari, preva- lentemente allungate, tutte quante con pareti esterne di grossezza moderata ed uniforme: colorazione ed ispessimento si estendono più ‘o meno anche alle pareti radiali; sotto la bocca esistono alcune serie di cellule raccorciate, subquadrate, giammai più larghe che lunghe. ben distinte dalle precedenti per la lunghezza loro 2-3 volte maggiore, per le pareti esterne molto più ispessite e per la forma vescicolare, nettamente visibile nelle sezioni longitudinali; aderiscono in massima parte all’ urna, ed in minima parte all’ opercolo; raramente talune si rovesciano, senza però staccarsi completamente dalle linee di connes- sione che fanno loro da cerniera. Nell opercolo, le cellule delle 2-3 prime serie basilari hanno forma subquadrata od un poco più lunga che larga; quelle che seguono, ripetono i caratteri dell’ esotecio. Alla | base dell urna si riscontrano degli stomi scarsi, per eccezione attivi - () Aggiungo qui i principali caratteri che distinguono la cassula dei F. adian- toides e decipiens, da quella della nostra specie: Cellule dell’ esotecio rettan- | golari, in parte prosenchimatiche, assai regolari, con pareti longitudinali il doppio più grosse che nel F. serrulatus &; sotto la bocca, aleune serie di cellule qua- drate o trasversalmente allungate; anello di 1 (2) serie, aderente all’ — -cellule basilari di questo, estese in traverso. L anello si compone di 2-4 (ordinariamente 3) serie verticali di cellule . è 108 I KA BOTTIN" nei primi stadii |fig. 16 b], la massima parte già fin d'allora senza funzione, ingialliti ed otturati; le cellule di chiusura hanno il diametro radiale minore di quello delle circostanti [fig. 16 b], sono un poco affondate sotto il piano dell’ esotecio e molto varabili nella forma e nella grandezza del loro contorno e della apertura che interpongono [fig. 15, 16]. Tale apertura è otturata da una sostanza che negli stadii avanzati prende forma di un tappo conficato in essa (fig. 15 d, 16 a] e che talvolta riveste esternamente tutto lo stoma [fig. 15 a]. Haberlandt (1), in forme analoghe a queste, da lui qualificate come casi di metamor- fosi regressiva, ha riscontrato nella materia incrostante le proprietà chimiche dei rivestimenti cerei. A me non è riuscito scioglierla affatto nè in etere solforico, né in alcool freddo o bollente: una leggiera de- formazione l ho ottenuta trattando a caldo con idrato potassico e la- vando ripetutamente. La Cuffia è costantemente simmetrica, conico-mitriforme, 4-5 lobata. È noto che Schimper (2) attribuisce al F. serrulatus una « calyptra cucullata; » sarebbe importante verificare se i suoi esemplari diffe- riscono dai miei anche per altri caratteri. La scarsità del materiale mi ha impedito lo studio del tessuto assi- milatore e di altre particolarità della cassula giovane. * Forma Q Bott. l. c. p. 190 PEE: — F.serrulatus De Not. — (esempl. dell' erbar. De Not.) Tra i fascetti conduttori recantisi alle gemme masehili laterali ed il | fascio centrale caulino, ho constatato rapporti simili a quelli che indi- cherò or ora pel F. polyphyllus ; in tutto il resto la struttura del fusto pud dirsi tipica. Le foglie maneano affatto di papille; in due esemplari (Requien e Sauter) hanno l'orlo normale ed eccezionalmente anche debole o nullo; nel terzo (Hampe) lo posseggono oltremodo al- largato lungo le lamine vaginanti fig. 10] ove può risultare da 8 fino , () HABERLANDT, l. c. p. 472-475. > f?) SCHIMPER. Syn, Musc. eur, ed. II, 1876, p. 117, ur È; : NOTERELLE BRIOLOGICHE 109 a 17 serie di cellule. Gli altri dettagli della organizzazione foliare, come nella forma «. Sporogonio ? * Forma Y Bott. 1. e. p. 190 [32]. — F. serrulatus Mitten. Fusto normale. Foglie non papillose, con orlo marginale indistinto [fig. 8 a Tav. IV], solo per eceezione bene sviluppato [fig. 8 5], e con 11-20 indicatrici ed un pajo di fascetti conduttori nella nervatura; normali nei rimanenti caratteri. Sporogonio ? * Forma à Bott. L e. p. 190 [32]. — F. serrulatus var. africanus Bescherelle. Fusto ramoso ma di struttura ordinaria. Foglie più larghe del solito, con lamina inferiore già molto espansa a livello della porzione basi- lare tuttora connessa all asse; nel resto come nel tipo. Sporogonio? “x Fissidens polyphyllus Wilson. à * Forma a Bott. — F. serrulatus forma % Bott. 1. e. p. 190 [32]. Fusto [fig. 17. Tav. V.] più compresso che nel F. serrulatus, con fascio centrale (in sez. trasv.) irregolarmente lanceolato, i cui elementi talora distintissimi , spesso vanno soggetti ad un ispessimento collen- chimatico o generale, ehe pud giungere tanto oltre da fonderli più o meno completamente in una sola massa giallastra [fig. 17]. Il tessuto fondamentale si presenta diverso da quello del 7. serrulatus, incomin- ciando attorno al faseio centrale con cellule dotate di sottili pareti ed aumentando a grado a grado la grossezza ed il volume dei suoi ele- : ; menti fino alla scorza. Riguardo a questa non v'ha nulla di partieo- lare da notare, se non la scarsità dei pori cellulari, scarsità ehe pos- . Ur siede in comune col sottostante tessuto fondamentale. Quanto ai rap- À. BOTTINI porti che i fascetti conduttori delle gemme fiorifere laterali hanno col. fascio centrale del fusto, le sezioni trasverse seriate mostrano come nei punti profondi si stabilisca una comunicazione fra i due sistemi, mediante elementi che si distinguono dal circostante tessuto fonda- mentale per le pareti piü sottili e pel loro allungamento secondo la linea che riunisce i due fasci. Ne dà idea la fig. 17, la quale, per altro, per appartenere ad uno stadio avanzato, non mostra piü i minuti ele- menti di ciascun fascio tra loro distinti, ma fusi in una unica massa. : ; Del resto, essa non rappresenta nemmeno i rapporti piü intimi che mi sia avvenuto di constatare. In talune sezioni, le cellule di con- | nessione fra i due fasci, pur conservandosi un pochino più ampie degli elementi conduttori tipici, presentano con questi tale e tanta somiglianza, da avermi lasciato in dubbio se fossero da riferire ai fasci od al tes- suto fondamentale. Disgraziatamente non ho potuto seguirle nelle se- zioni longitudinali, il che sarebbe forse bastato a chiarire la cosa” Foglie [fig. 18 c.] gradatamente ristrette in alto, con apice acuto 0 mu- tico, intero o debolmente smerlato, sprovviste di orlo marginale rigonfio e di papille. Le cellule delle lamine vaginanti, molto ampie presso la nervatura, vanno gradatamente diminuendo fino a quelle del margine [fig. 20], per modo che ad un terzo di altezza delle lamine stesse [fig. 19], le prime sono nelle tre dimensioni 4-5 volte maggiori delle seconde. Tale differenza è. meno sensibile nelle lamine superiore ed inferiore. La larghezza di quest’ultima, a metà della sua altezza [fig. 18 c.], raggiunge almeno il doppio della nervatura. La nervatura misura alla base da 125 a 102 y., ha 8-12 indicatrici e due paja di fascetti. conduttori bene distinti o tardivamente spesso obliterati; il resto come nel F. serrulatus. Nella prima porzione interamente con- nessa col fusto, le foglie non presentano ancora traccie di stereoma [fig. 17]; più in alto, ove il loro contorno trovasi già in gran parte staccato [fig. 18], comparisce il tessuto meccanico in fascetti isolati; la fusione di questi in due masse, si effettua solo nella regione della foglia completamente indipendente. Fiori femminei i e subterminali. Sporogonio ? NOTERELLE BRIOLOGICHE ul * Forma % Bott. — F. serrulatus forma pyrenaica Boulay. — F. ser- rulatus forma € Bott. 1. e. p. 190 [32]. Identico al tipo nella struttura del fusto e delle foglie. Queste ul- time alquanto più larghe. Un fiore femmineo edel del fusto, eon altro laterale prossimo. Sporogonio? ì ks Forma y Bott. — F. Welwitschii Schimp. — F. serrulatus forma % Bott. 1. c. p. 190 [32]. Fusto normalmente organizzato. Il suo contorno esterno e quello del fascio centale, un poco meno compressi. Foglie [fig. 18 a, b] di lun- ghezza variabile, più strette che nellà forma «, con lamina inferiore più corta, larga (a metà della sua altezza) non più della nervatura; . . questa grossissima, misurante trasversalmente alla base da 200 a 250 p.. e con 11-20 indicatrici; il resto come nel tipo. Sporogonio ? OsseRvazIONI. — Fascetti conduttori nella nervatura foliare dei F'is- sidens, sono stati riscontrati, per quanto so, soltanto da Lorentz (1) ed in stato affatto rudimentale, nel suo F. alexandrinus (2), sinonimo di F. Cyprius J uratzka (3). Quindi, fino a prova in contrario, li riterremo _ come caratteristici, delle due specie superiormente studiate. In esse E. appariscono distintissimi in talune foglie, più o meno trasformati in | altre; nè sono infrequenti i casi nei quali se ne perde la traccia. Se : ciò dipenda unicamente dai cangiamenti più o meno solleciti e profondi eui vanno soggetti, od anche da ciò, che in taluni easi si formino ed . Wn altri no, rimane tuttora da decidere. (1) Lorentz, LG p. HH). C) Lorentz. Die Moose a Berlin, 1867, p. 17, t. 1-2. : RO Juratzka, Die Insel Cypern. Wi ien, 1865, p- 167; _Lrupricar, l. e. Gon 112 | ; Ax BOTTINI I F. serrulatus e polyphyllus sono entrambi caratterizzati dal forte | sviluppo delle nervature e specialmente dai fascetti conduttori foliari. Il F. serrulatus (in tutte le varie sue forme) ha inoltre per distin- tivi. la forte grossezza del tessuto fondamentale circondante il fascio centrale del fusto, le grandi dimensioni delle foglie (se non di tutte, almeno sempre di buona parte di esse), la presenza costante nelle piante femminee di fiori ternffnali, caratteri che, aggiunti ai due superiormente - notati, non permettono mai di confonderlo coi F. adiantoides e de- cipiens (1). La forma 2, sia per le papille foliari, sia per le particolarità del- l'esoteeio, dell anello, dell'opereolo, e della cuffia, si discosta ancora più delle due specie ora indicate. La forma f è caratterizzata dalla mancanza delle papille foliari. La forma Y dall assenza delle papille e dell'orlatura rigonfia del lembo. - La forma è dalla più abbondante ramificazione e dalla maggior lar- ghezza delle foglie. Tl F. polyphyllus (nelle tre differenti forme) in grazia delle cellule delle lamine vaginanti che a grado a grado impiccoliscono di 4 o 5 volte dalla nervatura al margine, è ben distinto da ogni altra specie. p Si differenzia in oltre dal F. serrulatus anche per la struttura del fustò e per le foglie gradatamente ristrette nella porzione superiore, intere o debolmente smerlate. Foglie di tale forma se ne riscontrano per eccezione anche in quest’ ultima specie, ma sempre gite ad altre normali. La forma æ ha la lamina inferiore delle foglie, alla metà della sua altezza, larga almeno il doppio della nervatura; ei fiori femminei laterali. La forma & possiede foglie più larghe di quelle del tipo, e à fori femminei laterali e terminali. La forma Y Si distingue per le foglie strette, per la lamina infe- riore corta ed angusta, a metà della sua altezza larga al massimo quanto la arai. e per la maggior grossezza di quest’ ultima. j I Vedi le dotato. deserizioni di queste due specie nel LiuPRICHT , l. c. (1888) p, 449-451. 3x 20.6 9S Ap EVE Fo NOTERELLE BRIOLOGICHE VE “143 ae . B * * Thuidium pulchellum e T. punctulatum Dr Noramrs. L'esame degli esemplari autentici di queste due specie, gentilmente inviatimi dal prof. Pirotta, mi permette di porre in evidenza aleune partieolarità passate sotto silenzio od incompletamente accennate dal- l autore. Mi dispenso dal riportare le intere descrizioni, essendo mio unieo scopo di completare quelle esistenti, alle quali rimando. xx Thuidium phiehellum De Not. Epil. p. 235. Fusto con parafilli semplici o variamente ramosi [fig. 23], meno ab- bondanti che nella specie seguente. Fascio centrale caulino semplice, perfettamente distinto, costituito da una diecina di elementi sottili, po- ligonali in sezione trasversa, che, col elorojoduro di zinco si colorano intensamente in turchino. Seguono 4-5 strati di tessuto fondamentale bianco, le cui cellule aumentano in volume ed in grossezza procedendo verso la scorza. Gli elementi di questa, disposti iu 4-5 serie, sono in- | grossati, giallastri, ed impiecoliscono verso la periferia, ove assum®ho - — j caratteri di substereidi. Nelle pareti cellulari dei tessuti corticale e o fondamentale si riscontrano [fig. 22] dei pori (1), solitarii od appajati, s di forma elittica molto allungata, orientati spesso verticalmente, ma a anche in senso obliquo o trasversale; sono più numerosi nelle corte | cellule phe sempre esistono presso alle ramificazioni. Foglie tauline [fig. 24 b, c] da base strettamente ovata ed ovato del- toidea lungamente attenuato acuminate, con due corte pieghe longi- tudinali leggiere, refratte ai margini presso la base, o piane, quasi intere [fig. 24 a]; nervatura cessante sotto Il apice (fig. 24 b] o lun- gamente scorrente [fig. 24 c], un poco più stretta che nella specie M mono iun (5 Pori a fenditura o lungamente ellittici, orienta longitudinalmente, sono stati constatati da Haberlandt (l c. p. 363) nel tessuto corticale dal Thuidium tainariscinum. S$ Malpighia, anno III, vol. III. A. BOTTINI che segue, composta di cellule tutte simili e moderatamente ispessite, - disposte in un strato ventrale di 3-4 elementi ed in uno dorsale con- vesso di 5-7, che includono una unita cellula centrale; cellule del lembo più o meno esattamente rettangolari, subesagone od oblunghe, trasparenti, con pareti sottili, papillose sul dorso, non nella metà della faccia, ma al punto di unione di essa colla parete trasversa superiore [fig. 24 d]; le pareti esterne delle cellule marginali non ispessite [fig. 24 a]. Le papille, nelle foglie veechie, sono meno pronunziate , ma, naturalmente, cohservano la forma e la posizione caratteristica. Le foglie rameali sono simili alle precedenti, perd un poco più piccole, bene denticolate specialmente nella metà superiore [fig. 25 b] e colle papille tipiche assai più sviluppate [fig. 25 &]. . La meschinità degli esemplari autentici rimanenti, non mi ha per- messo lo studio anatomico dello sporogonio. s Delle due busticine inviatemi da Roma, l' una conteneva tre pie- coli cespuglietti di T. pulchellum, Y altra portante la semplice indi- .- cazione di. mano di De Notaris « Dall’ agro Locarnese » Daldini $ racchiudeva soltanto esemplari di Pseudoleskea catenulata. Il T. pul- chellum si accosta a quest’ ulima specie solo nel portamento e nella - ramificazione; nella forma e nella struttura delle foglie ne differisce "completamente. Les Thuidium punctulatum (Bals. et. De Not.) De Not. Epil: p. 234: Schimp. 21 SyB. ed. Hp, 610: — 7 pulchellum Geheeb in Rev. bryol. 1879, p. 83. : ; Fusto con fascio centrale rudimentale , che eol eforojoduro di zinco si colora appena e non sempre in violaceo; tessuto fondamentale come nel precedente; scorza un po’ meno sviluppata e non altrettanto ispes- sita; pori cellulari più scarsi. Foglie cauline [fig. 26 b] largamente ovato bruscamente acuminate, eon due corte pieghe longitudinali leggiere, denticolate [fig. 26 a]; ner- vatura cessante sotto I apice, larga in media alla base 40 9. . organizzata come nella specie -precedente: cellule del lembo opache, con pareti grossette, papillose sul dorso nella metà della faccia [fig. 26 c]; le pa- reti esterne delle cellule marginali ispessite [fig. 26 a]. Le foglie ra- meali sono più piccole, ovato acute od ovato bruscamente acuminate, maggiormente dentellate e colle papille tipiche assai più grosse [fig. 27]. È benissimo distinto dal T. pulchellum pei cespi piuttosto radi, non - compatto infeltrati, pei rami più grossi, rigonfi e meno irregolari, ma particolarmente per la forma, la denticolazione e la opacità delle foglie, per la situazione delle loro papile e pel fascio centrale del fusto rudimentale. z: Il dott. Venturi (!), aveva già eoncluso che gli esemplari di Tran- silvania riferiti dall’ egregio amico Geheeb al T. pulchellum, erano invece da riportare al T. punctulatum. Io posso confermare pienamente tale asserzione. Quest’ ultima specie è stata raccolta dal xung o. L. Mari, nell’ au- tunno 1888, in due nuove località del Canton Ticino: presso Rovelli, sopra le pietre umide delle selve e nei dintorni di Locarno sale col- line vicino all’ tone della Madonna del Sasso. Dal Gabinetto Botanico della R. Università di Pisa, Aprile, 1889. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. Tavola III. Fig. l. a) Fissidens serrulatus X. Sez. trasv. del fusto passante per l’ inserzione 170 di una foglia. ——* D > » » Fascio sp della sez. precedénte — dito. . Fig. 2. » » » Porzione d una sez. trasv. di fusto mostrante un. fascetto conduttore isolato che si reca 410 ad una gemma maschile laterale. = (9 VENTURI G. Le Thuidium prlchetbuo de la Transylvanie. Rev. bryol. 1880, p. 102. : » NOTERELLE BRIOLOGICHE ——— X15 a) » » » 2 b) » » » : Fig. 4 » » » Fig. di » » » s » » » » » » : E Fig. Ti a) » » » b) Fissidens serrulatus D ws Ys : hi d A. BOTTINI Sez. long. radiale del fusto, dalla periferia a tutto il fascio centrale. In prossimità degli elementi raccorciati e molto porosi trovavasi 170 l'origine di ina gemma fiorale. srt Sez. long. di ie cellule del tessuto fon- daméntale del fusto con terminazioni pro- 270 senchimatiche. + . Foglia. ——- Porzione 5 una” lamina vaginante di gba, > dalla nervatura al margine, presa ad un terzo della sua altezza dalla base. E 1 Porzione di una sez. long. di foglia, passante — in alto per la lamina superiore, ed in basso per le due lamine vaginanti. Ge Sez. trasv. di foglia, poco superiore alla base. La lamina vaginante (sopra) e la lamina inferiore (sotto) sono rappresentate spezzate , onde mostrarne le respettive terminazioni. m . Sez. trasv. della nervatura e della lamina su- periore foliare effettuata ad un livello poco più elevato di quello ove si congiungono le. due lamine vaginanti. La lamina superiore è rappresentata spezzata, onde mostrarne: - la terminazione. z., Porzione centrale di una sez, trasv. della ner- vatura foliare praticata ove la precedente. Ai | -lati delle congiuntive si vedono due fascetti P conduttori: il superiore in stato ees ne to profondamente trasformato. - m. z NOTERELLE BRIOLOGICHE SZ HT Tavola IV. - Fig. 8. Fig. a) Fissidens serrulatus Y. Porzione esterna di una sez. trasv. di lamina vaginante tipica, con orlo indistinto. m, b) » » x » Sez. come sopra appartenente ad una foglia provvista di orlo marginale rigonfo. T . 9. Fissidens serrulatus Y. Sez. trasy. quasi basilare della porzione media di una nervatura foliare. Due fascetti con- duttori, l'uno a dritta l'altro a sinistra, sono situati fra le congiuntive e gli stereidi. ci . 10. Fissidens serrulatus B. Porzione esterna di una sez. trasv. di lamina . vaginante foliare, con orlatura enormemente 7 170 ; svilupppata. —— ' 11. a) Fissidens serrulatus %. Sez. trasv. della vaginula e del piede alla metà : 50 circa della loro altezza. pes ui 50 b) » » » Sez. come sopra, ma molto più in basso. —: 1$ 7 5 » » Porzione di una sez. trasv. del pedicello verso la 270 metà della sua altezza. —,— * 13. » » » Porzione di una sez. trasv. della vaginula e del - piede. Di quest'ultimo non sono rappresentati I ; us MI che i due strati cellulari più esterni. —— 14. » » » Sez. long. assile della porzione basilare di uno sporogonio. Si vede la terminazione del fusto, la vaginula, il piede ed il principio del pe- dicello. A. ; 15 : i a) » A s » Stoma con apertura rotonda otturata, ed an- : 1 270 ticamera inerostata. —— ` > 3 y Li " b) » à: , Stoma con piccolissima apertura rotonda ot- 270 roi ——- 1 » Stoma con grande apertura irregolare ottu- 270 rata. —— - 1 » Due stomi vecchi con apertura chiusa da un grosso turacciolo sporgente. Nell' inferiore non sono piu distinguibili le pareti adiacenti . à delle due cellule di chiusura. XH. » Sez. trasv. di un vecchio stoma con turaeciolo : entro Papertaré: Ar. + Sez. trasv. di uno stoma pervio où: attivo spet- z ro CN ad una cassula giovanissima. AE Ae am) i zu DI Fissidens polyphutt T. Foglia. +: E Foglia. zd a paca. die una lamina vaginante di (ie Dus nervatura al margine, presa ad un | ss zza | dalla. base. Meg eode poco > sopra la base. dan E. € » Sez. trasv. NOTERELLE BRIOLOGICHE i Fig. 22. Tiniduon pulchellum. Sez. long. di due cellule del tessuto fondano tale del fusto con I pooti: so., Parafillo del fusto. —— Cellule marginali di una foglia caulinare, verso la metà dell'altezza di questa. ; ‘Foglia caulinare con nervatura cessante sotto - l'apice. A. ; : | Foglia caulinare con nervatura scorrente. A. z Tessuto delle foglie canini veduto dalla faccia dorsale. Ge Iro E mA Sez. long. di una ori di li foglia abi e . papille corrispondono agli spigoli dorsali. — E . Porzione superiore. di una foglia. rameale, mo- strante la detenticolazione del margine. X . ^ B Thuidium punctulatum. Cellule marginali di una a foglia caulinare, verso ii da metà dell'altezza di T i cole caulinare. m. . Tessuto delle a culinari veduto dalla “hi ne dong, di na a porzione d E togia r vamente. 120 Y. FAYOD Note sur une nouvelle application de la photographie en bo- tanique par V. Fayop (ex-assistant adn: la chaire de physio- —— logie de l'Université de Gènes). (Con Tav. VI). L'observation scientifique devenant de plus en plus exacte, on ressent toujours davantage le besoin de reproduire plus fidèlement les phé- © | noménes que l'on observe à l’aide de tracés autographes. C'est pour cette raison que la photographie trouve de jour en jour une appli- cation plus étendue dans les sciences d'observation. On sait qu'elle est communément employée pour un grand nombre d'enregistrements autographiques, tant en météorologie qu'en physique et en physiologie animale (1). Jusqu'ici, on a encore fort peu employé la photographie en botanique. Si l'on excepte quelques vues de végétaux, de plantations, de foréts ete., . on ne l'a guère employée que pour des reproductions d'images mi- croscopiques; et encore la microphotographie est-elle bien loin de pouvoir être comptée parmi les moyens d'études ordinairement em- - ployés dans cette science. Il est vrai que cela tient un peu à la grande difficulté d'obtenir de bons résultats, qui provient de l'achromatisme . imparfait des lentilles; il en résulte que l'image des rayons photogra- phiques n'est pas au point quand c'est le cas pour l'image lumineuse. J'ignore jusqu'à quel point les instruments indiqués dans le nouveau catalogue de Zeiss ont perfectionné les mierophotographies. Une des causes qui ont empêché, et empéchent encore actuellement la photographie de devenir d'un usage journalier, est la complexité de 'ses méthodes qui demandent une installation et un outillage spéciaux, .() Voyez Marey. La méthode graphique. Paris. FANO et: Favop. De quelques. rapports entre les propriétés contractiles et les propriétés électriques des oreillettes du coeur. Archives italiennes de biologie T. IX. fase, TE. DL EAM [AID MEL CAL EIL SEEN US NOTE SUR UNE NOUVELLE APPLICATION DE LA PHOTOGRAPHIE 121 assez dispendieux, dès que l'on veut obtenir de bons résultats avee les méthodes ordinaires. Telle est la raison pour laquelle la photographie ne fait pas encore partie de l'outillage d'un botaniste, bien qu'elle tende toujours davantage à se vulgariser. f La méthode nouvelle, qui fait le sujet de cette communication, est destinée surtout à faciliter l'étude de la disposition des faisceaux fibro- . vasculaires dans les organes foliacés des végétaux, soit l'étude de la nervation de ceux-ci. Telle que je l'ai imaginée en juillet 1887, eette méthode est fort simple. Elle consiste à employer la feuille elle-mème comme négatif. Cette derniére se place par conséquent sur une glace bien nettoyée d'un chàssis photographique ordinaire, puis elle est recouverte d'une feuille de papier albuminé sensibilisé, tel qu'on en emploie en général pour tirer les épreuves positives. On referme alors le chàssis en ayant soin de le « charger » passablement, de maniére que le papier sensible soit assez fortement pressé contre la feuille né- gatif, et on l'expose au soleil, eomme s'il agissait de tirer des épreuves d'un nàgatif photographique trés-vigoureux. Les nervures des feuilles étant généralement blanchâtres et plus translucides que le mésophylle, il s'en suit. que les parties du- papier sensible situées immédiatement sous les nervures $e noireissent beau- coup plus rapidement que celle situées sous le mésophylle dont la couleur verte, pour peu qu'elle ne soit pas très-claire, absorbe entiérement les rayons lumineux. La feuille est done reproduite en blanc sur le fond noirei du papier positif, et la nervature de celle-ci, si fine et compli- quée qu'elle soit, se trouve scrupuleusement dessinée par des traits d'autant plus déliés que les nervures étaient plus fines. - | Il est néeessaire d'obtenir un contact aussi parfait que possible entre la feuille-négatif et le papier sensible. autrement l'image devient vague: c'est pour cette raison qu'il faut avoir soin d'appliquer la partie su- périeure de la feuille sur le papier négatif, parce que les nervures n'y ` sont généralement pas saillantes. Lorsque ces dernières sont un peu volumineuses on les amineit à l'aide d’un rasoir. La durée d'exposition (au gros soleil, si possible) est en moyenne de 5 à 20 minutes, suivant l'épaisseur de la feuille et la transparence de ses nervures. On peut 5 » 22 ; VL FAYOD ` au reste accélérer de beaucoup la marche de l'opération en promenant sur la feuille, disposée dans le châssis de la manière indiquée, un faisceau de lumière concentrée par une lentille de grande dimension. L'effet obtenu se éontrôle de temps en temps comme on le ferait d'une épreuve photographique ordinaire; l'action lumineuse doit étre arrétée lorsque les blanes, soit le rese ee ont déjà commencé à se teinter distinetement. On fixe l'épreuve ainsi obtenue en l'immergeant pendant environ 20 minutes dans une solution d'hyposulfite de soude au 15 ou au 20 0/0 suivant les papiers; aprés quoi on la lave si possible à l'eau Ems pendant une heure environ. L'hyposulfite en dissolvant les sels d'argent | non réduits par la lumiére, fait baisser quelque peu la teinte primitive < de l'épreuve, c'est pour cela qu'il faut tirer cette derniére un peu plus qu'il ne parait être nécessaire. Les photographies que lon fixe ainsi directement conservent une teinte jaunâtre désagréable. On obvie à cet inconvénient à l'ordinaire par l'opération dite du « virage » et qui consiste à plonger l'épreuve avant le bain fitateur d'hyposulfite, dans une solution composée de:. Chlorure d'or l grm. Acétate de soude 30 grm. Eau Sus 450 grm. "Botto solution, qui doit ètre conservée à l'abri de la lumière. pour éviter une réduction du métal, n'est bien efficace qu'environ 24 h. après qu'on l'a préparée. Avant de virer l'épreuve, on la lave dans de l'eau et renouvelle cette dernière j Jusqu'à ce qu ‘elle ne devienne plus lactescente. (F va de soi que. cette opération doit se faire à l'obscurité où à la lumière d'une lampe) après quoi on la plonge dans un bain de virage. Tel que nous l'avons indiqué, ce dernier est trop concentré, et doit ètre dilué d'environ 10 à = 12 fois son volume d'eau. Il convient de ne s'en servir qu'une fois, mais : _ plusieurs épreuves peuvent étre virées à la fois. On. dilue la liqueur di- : eine e ne, cuvette photographique, à laquelle on imprime un + Y Oso A À afin AERA E ire lent d'agiter continuellement le ra m g È NOTE SUR UNE NOUVELLE APPLICATION DE LA PHOTOGRAPHIE 29 dant les quelques minutes que dure l'opération du virage. — Cette dernière doit se faire dans un jour suffisant pour apprécier le chan- gement de teintes que subit l'épreuve. On sort cette derniére du bain dés que les demi-teintes on pris une couleur pourprée décidée et les noirs une « profondeur » suffisante. Un peu de pratique fait au reste seule eonnaitre et apprécier ces indications à leur juste valeur. L'épreuve - est ensuite lavée soigneusement et fixée à l'hyposulfite. L'opération du a _virage étant délicate et longue, on peut faire à moins, si l'on veut se contenter d’un résultat un peu moins agréable à la vue, et obtenir * une épreuve d'un gris purpurin trés semblable à celui qu'on aurait obtenu par un virage un peu trop prolongé, simplement en le laissant | séjourner, aprés le bain fixateur, environ 30 heures dans de l'eau pure additionnée d'un peu d'alun de chrome et de quelques gouttes d'une solution d'Eosine. La couleur des épreuves tirées de cette manière se fonce pendant environ une semaine et s'arréte à la teinte indiquée. _ Les feuilles d'un grand nombre de plantes peuvent servir de négatifs Sans aucune préparation. Telles sont celles de la plupart des Papilio- nacées, des Terebinthacées, des Caprifoliacées, des Amentacées, des - Rosacées, des Passiflorées, des Urticacées, des Fougères, des Glumi- flores, ete. etc. — Les reproductions que l'on obtient ainsi, ne le cèdent en rien et sont mémes supérieures dans de certains cas (lorsque les feuilles sont | très-délicatos) à celles bien connues obtenues par auto-impression * (Natur-selbstdruck) d'après la méthode d'Ettingshausen (!), qui comme sa l'on sait, est plus complexe et n'est pas à la portée de chacun. . Pour les reproductions à l'aide de ma méthode, on doit choisir des - euilles susceptibles d'étre aplaties sans faire de plis et qui réunissent la plus grande transparence des nervures avec le plus d'opacité du mé- Sophylle. Suivant les espèces on trouve ces deux conditions réunies m O Voy. ErriNGsHAUSEN. Die Blatiskelette der vi Wien 1861. = Beiträge zur Kenntniss der Flächen- Skelette der Farnkräuter. pesliainfieo . kais, Akad. d. Wi ssenschaften zu Wien, math.-naturw.: Cl. XXII, re dip avec 42 PE) — Die Far nketüter der Jetztwelt ete. (avec 180 PI.) Wien 1861. 124 V. FAYOD tantôt dans les jeunes feuilles, tantôt dans les feuilles plus âgées, quel- quefois même dans les vieilles feuilles. Ainsi pour Ceratonia Siliqua, Persica vulgaris (voyez PI. VI fig. 2), Pistacia terebinthus, Crataegus, Rosa, Ficus repens, F. carica, Quercus Ilex, Castanea vesca, Populus tremula, Passiflora caerulea, etc. ete. il faut prendre de celles de la première catégorie, tandis que pour les espèces à feuilles minces, telles que Trifolium, Cercis siliquastrum, Phaseolus, Glycine sinensis, Vitis (voyez PI. VI fig. 2) Ampelopsis, Alchemilla ,-Carpinus Betulus, Salis capraea, ete. ete., il vaut mieux prendre des feuilles un peu plus âgées. Un grand nombre de feuilles cependant, surtout des Composées, d'Ericacées, de Chenopodiacees, de Myoporinées, d'Ombellifères, de Labiées, etc. etc, paraissent n'étre pourvues que de nervures de 2." et de 3.Me ordre, lorsqu'on les photographie suivant ma méthode sans leur faire subir de préparation. Cela vient de ce que les nervures d'ordres supérieurs, sont plongées dans le mésophylle et qu'elles sont par consequent masquées par la couleur de ce:dernier. Il est nécessaire de leur faire subir une préparation spéciale, si elles doivent servir de négatif. Celle-ci consiste à les décolorer dans l'alcool et à les plonger, pendant quelques minutes, dans une solution assez concentrée de potasse caus- tique bouillante. On le retire dés qu'elles paraissent translucides et les lave dans de l'eau additionnée HCl, puis ensuite à l'eau pure, aprés quoi on les fait sécher sous presse, ce qui a pour but de rendre les nervures opaques. Lorsque la feuille est sèche, les plus fines nervures apparaissent di tinetement, quand on les observe contre la lumière et lon peut s'en servir comme de négatif, pour faire des reproductions qui sont bien plus faeiles à conserver et à consulter que les originaux, attendu qu'il n'est pas nécessaire de les observer contre la lumiére comme ces derniers, pour apercevoir tous les détails de leur structure. Il est clair que les feuilles préparées de cette manière donnent des positifs un peu moins foneés que le fond du papier sur lequel ils se détachent, et que leurs nervures sont dessinées en blanc. NOTE SUR UNE NOUVELLE APPLICATION DE LA PHOTOGRAPHIE 125 Certaines feuilles, qui étant opaques à l'état frais ne laissent aper- 1 -cevoir que les nervures de premier et de second ordre, deviennent | transparentes et montrent leur nervature complète, lorsqu'elles sont desséchées, surtout si l'on a soin de leur faire subir un commencement de macération, en les laissant sous presse à l'humide et au chaud. Telles | sont celles du Bupleurum protractum, de Y Acanthus mollis, du Bu- 3 phialmum salicifolium , Centaurea montana , Convallaria majalis , 2 Sedum maximum, etc. E Les feuilles et les plantes bien conservées dans l’herbier, peuvent éventuellement aussi constituer de bons négatifs, pourvu qu'elle aient été bien séchées. Ces négatifs secs ont certains avantages sur les négatifs frais: dans le cas présent les nervures sont beaucoup plus | évidentes que sur la plante en vie, enfin les plantes sèches n'émettent pas d'humidité comme cela n'arrive que trop souvent lorsqu'on doit exposer longtemps une feuille fraiche. Cette humidité, jointe à la chaleur et à la pression, peut faire adhérer si fortement la feuille au papier sensible qu'on-court le risque de déchirer ce dernier lorsqu'il s'agit de l'en séfrer. Il est bon de ne pas se servir de feuilles qu'on vient de cueillir, et de leur laisser perdre un peu d'eau en les aban- donnant quelque temps à l'air; cet inconvénient ne se produit plus, si l'on use de cette précaution. Le papier photographique ordinaire peut naturellemet étre remplacé par n'importe quel papier ou plaque sensible. | . T ne saurait entrer dans une note telle que celle-ci de faire une revue de ces derniers; je me bornerai à indiquer les résultats que j'ai _ obtenus avec quelques uns d'entre-eux car ils prem à l’occasion, ètre employés avec avantage. . Le papier sensible qui exige la manipulation la plus simple est cer- tainement le papier au ferrocyanure, tel qu'il est employé par les in- = génieurs pour reproduction de plans, ete. On sait qu'il suffit de l'exposer au soleil sous un négatif queleonque (dessin sur papier translucide, cliché photographique, feuille sèche ou verte, etc.) pour voir apparaitre de dessin en blanc et bleuátre sur un fond bleu foncé, lorsqu'on le lave ensuite à Feste eau, surtout si celle-ci est additionnée d'un peu CHOI. TEASE SS V. FAYOD Ce papier étant bon marché, et ne demandant qu'une manipulation si simple, serait certainement préférable à tous les autres, s'il n'exigeait pas une exposition trés prolongée (1-2 h.) au gros soleil, et surtout si les figures qu'on obtenait, étaient exemptes de toute critique. Malheu- reusement ce n'est pas le eas, et il faut une certaine habitude pour obtenir de bons résultats, surtout parce qu'il est difficile de controler l'opération à cause de la teinte foncée du papier. Quant au temps d'expo- sition au soleil, on peut le réduire considérablement et améliorer en méme temps la définition de l'épreuve, en promenant sur la feuille un faisceau lumineux concentré par une grande lentille. Mais mêmes les meilleurs résultats qu'on obtient de cette maniére, sont encore au dessous des épreuves du papier photographique ordinaire. Un trés bon papier pour positifs, est le papier Stolze. Il est fort, donne une très belle définition et s'obtient déjà eoupé suivant les di- mensions courantes des plaques photographiques; il a surtout le grand avantage de pouvoir étre viré et fixé par une seule et móme opération, simplement en le plongeant dans une solution d'un sel spécial (sa com- position est encore secrète) qu'on peut se procurer aWec le dit papier chez Schippang et Cie, Prinzenstrasse, 24, Berlin, ou aussi, chez le fa- bricant (Fabrik photographischer Papiere, Dessauerstrasse, 6, Berlin). . Quant aux plaques photographiques ordinaires, soit sèches et au gé- latinobromure de Bernaert, de Monckoven, ete., elles m'ont toutes fourni de bons résultats, mais je leur préfère, pour ce but partieulier surtout, le papier négatif Morgan et Kidd. Comme ces derniers, il est instan- tané et a le grand avantage de pouvoir être détaillé à volonté avec les ciseaux et employé par morceaux tout aussi facilement que s'il était de format du châssis, ce qui n'est pas le cas avec une plaque, qui pré- sente en outre souvent des diffieultés à détailler, méme si l'on dispose et sait se servir d'un bon diamant. Il suffit de l'exposer l à 2 secondes à la lumiére diffuse d'intensité moyenne, ou à celle d'une lampe pen- - dant un temps 10 ou 15 fois plus considerable suivant l'intensité de l'éclairage, pour obtenir de bons négatifs aprés quelques essais. Il est clair que, comme les plaques, ce papier nécessite l'emploi d'une chambre obscure, pour toutes les. autres Vh eras ear, comme 1 E uid elles-ei , il doit ètre développé soit à l'oxalate de fer, soit à l'acide pyrogallique (1). Les résultats qu'on obtient avee ce papier sont trés beaux, lorsqu'ils ont bien réussi. Les noirs sont profonds et veloutés, les blancs trés-purs, et le tout n'a pas le luisant peu agréable à la vue du papier albuminé ordinaire. Ces positifs peuvent étre conservés. dans B collection comme les autres et donner, mieux que les reproduetions faites sur ce dernier, d'excellentes images négatives, lorsqu'on les em- _ ploie comme négatifs, attendu qu'il est plus minee et de meilleure qualité. On peut au reste le rendre transparent d'une maniére permanente et telle qu'on peut lire au travers, à l'aide d'un procédé que j'ai trouvé et que je publierai allieurs. Le papier Ellis, que je ne connais que de 7 om, doit posséder des qualités semblables à celui de Morgan et Kidd et peut ètre rendu transparent avec la vaseline (2). : j .. Quant aux résultats que l'on peut obtenir par ma méthode, qui est MU Y dort simple comme le lecteur a pu s'en convaincre, omw peut en juger .. E en jetant un coup d'œil sur ces reproductions. Elle a le grand avan- z tage de mettre un chacun à même de fixer les particularités de la dis- position du système fibro-vasculaire dans tout organe végétal (3) fo- ^ liacé, mince, et de se constituer à très peu de frais, surtout si l'on sen- = sibilise son papier albuminé soi-même, une collection de squelettes de feuilles bien plus exacts et plus complets qu'on ne pourrait pue obtenir DR: mem Pune macérer les feuiles. - js » Je ne m'étends pas sur ces opérations; on, peut consulter à ce sujei un — des nombreux ouvrages qui existent sur la photographie; je n'en citerai que pe: l'un pour les pou trés sommaire, mais suffisant pour son i On post se le procurer à la « « bia centrale des produ chimiques = ' des Ecoles 44, Paris. i Les Ventola, los Ftomclogues, s t ceux E 8 s'occupent in ea VADO a Y. FAYOD Or, comme Sachs l'a fait remarquer, ces collections sont d'un trés grand secours pour l'étude de la nervation, et nos photogrammes le sont d'autant plus, qu'ils sont aussi exacts, mais plus évidents que la nature elle-méme. La disposition des perithéces de Pyrenomycètes et des « pustules » des Uredinées peut étre aussi, dans bien des eas, exactement reproduites par notre méthode. Mais aussi en phy siologie, de semblables photogrammes me paraissent pouvoir être employés avec succès. En effet les feuilles traitées par le ehloral jodé ou par la liqueur de Fehling, lavées et bien essuyées par une pression préalable entre du papier brouillard, peuvent servir de négatif; le positif reproduira fidèlement la répartition de lamidon ou du glycose dans la feuille. On a ainsi un moyen fort simple de conserver les résultats des expériences de ce genre, ce qui peut per- mettre de les eonfronter plus exactement, de les reproduire et au besoin _de les présenter facilement à un ehaeun. Enfin par cette méthode on peut se faire faire des agrandissements photographiques de photo- grammes importants et démontrer à l'aide de ceux-ci tout à un auditoire les plus petits détails de structure des feuilles en rapport avec l'ac- tivité physiologique de ces dernières. Je conclus en faisant observer que si ma méthode photographique ne donne pas dans tous les cas possibles des résultats brillants, elle fournit en général cependant de bons résultats , souvent mème d’ex- cellents. Vu sa simplicité, elle me parait être digne d’ètre prise en sé- rieuse considération, surtout dans l'étude des genres comme par ex. Orobanche, Polygala ete. où la udis des braetées He un cer- tain rôle. Nervi, 1 Juillet 1888. A POTNIT OAT ii x Sui fasci midollari fogliari dei Ficus — del Conte D.” Luro: MARCATILI. Nei fusti delle specie di Fieus da noi esaminate non si trova traccia di fasci midollari; li riscontriamo invece numerosi nei piccioli e nelle nervature fogliari. Studiando attentamente il loro luogo di origine, che è sempre nel nodo, troviamo che provengono in modo più o meno uni- forme, dai fasci vascolari del fusto e precisamente che si distacca da _ essi una parte della porzione cribrosa durante il tragitto per formare . il pieeiuolo. Questo modo di formazione, esposta ora nel suo caso più i semplice e più generale, si riscontra nelle seguenti specie, che abbiamo potuto studiare, cioè: Ficus macrophylla, F. laurifolia, F. stipulata, F. nitida, F. rubiginosa, F. elastica, F. venosa, (F. capensis), F. po- _pulifolia, F. Abelii, F. Chauvieri, F. cerasiformis, F. neriifolia, F. | glaucophylla. Differenze abbastanza rilevanti sono presentate dall’ una 0 dall'altra specie, come si può vedere dalla descrizione particolareggiata che segue; non abbiamo però creduto necessario ripeterne la descrizione per ognuna di esse, non avendo queste differenze un grande valore, | perchè talora variazioni notevoli nella distribuzione dei fasci vascolari del pieciolo sono presentate anche in esemplari diversi della medesima Specie. Noi, per comodità avuta nel materiale abbondante, descrive- . remo minutamente, come tipo prineipale, il modo di comportarsi del Ficus macrophylla. La cerchia regolare dei fasci del F. macrophylla in vicinanza del nodo comincia a modificarsi per dar origine al picciolo, e in nove posti .& poco a poco s'interna nella corteccia e si nota subito che la parte cribrosa è la prima ad iniziare questo movimento, seguito poi anche dalla parte vascolare; sicchè invece della forma ovale, la cerchia as- sume, dalla parte che si modifica, un aspetto a festoni, con la parte convessa rivolta verso il midollo. La parte mediana più vicina al nuovo picciolo si stacca con un maggior numero d'elementi, ed è la prima 9 Malpighia, anno IN, vol. II. - 130 hat LUIGI MARCATILI ad abbandonare la cerchia ridividendosi subito in tre porzioni ben di- stinte; fra queste, la mediana è la prima a caratterizzarsi come fascio vascolare isolato con disposizione a ventaglio. La porzione eribrosa si distende nella parte esterna più ampia, e lateralmente; ma il faseio non diviene veramente concentrico. In seguito si caratterizzano le altre due porzioni laterali del primo fascio, e successivamente tutti gli altri otto. fasei, mentre la cerchia del fusto si ricompleta. Dal primo fascio isolato formatosi, si stacca lateralmente una por- zione di leptoma, che si porta subito di fronte ai grossi vasi del me- desimo fascio, ma ne rimane divisa da tre o quattro serie di cellule del parenchima gorticale; lo segue però nel cammino che fa verso l'e- * sterno per portarsi direttamente al pieciolo. Dopo questo, è il secondo paio dei fasci isolatisi dalla cerchia, quelli cioè più vicini lateralmente, che con un percorso ad S, si porta verso il picciolo; anche da esso si staccano due gruppetti cribrosi nel modo accennato sopra. Si hanno così tre fasci uguali che formano, nel picciolo, la parte più esterna della cerchia vascolare, rispetto all'asse del fusto. Immediatamente dopo i tre fasci diventano cinque per il sopraggiungere del terzo paio di fasci staccati da quelli del fusto; essi si comportano ugual- mente ai primi, e dal leptoma di tutti e cinque seguitano a staccarsi altri due o tre fasciolini eribrosi, che si avvicinano al primo forma- tosi. Il quarto paio di fasci forma il sesto ed il settimo nella porzione esterna della cerchia del picciolo, ma il suo percorso nel parenchima — corticale è più semplice, più diretto, e senza formare l’ S pronunciata, come nel primo paio. Un pd più in ritardo viene formata la porzione interna. che completa tutta la cerchia vascolare. Dei due fasciolini laterali provenienti dalla divisione del primo mediano, rimasti in- dietro e eon numero disuguale d’ elementi, il più grande si divide nuovamente, Così abbiamo tre nuovi fasci, che presto s' allontanano Tun dall'altro, e con un percorso incurvato ed irregolare si diri- — gono al picciolo, nel quale entrano, formando principalmente un gruppo — | vascolare, di fronte al primo formato nella porzione esterna, e solo “mandano ramificazioni secondarie ai gruppi laterali, che hanno diversa : n origine. ME il quinto ed ultimo pao di fasci staceatisi dal fusto, La SUI FASCI MIDOLLARI FOGLIARI DEI FICUS S 131 si piegano bruscamente e si portano verso il pieeiolo attraversando gran parte della corteccia, si biforeano e formano due gruppi, che completano la cerchia vascolare del picciolo stesso; questa si trova ‘così ad essere composta da dodici cordoni ben distinti. Perd ciò che abbiamo deseritto per gli altri fasei, avviene anche per questi ultimi, perché, quando essi stanno per entrare nel picciolo, una porzione cri- rosa si stacca lateralmente e rimane isolata, senza tuttavia portarsi subito di fronte alla porzione vascolare rispettiva. Se progredendo dalla base in sù, noi seguitiamo a sezionare il picciolo, troviamo che man mano i gruppi componenti la cerchia vascolare si fanno meno distinti, e tendono a fondersi, cosa che perd completamente avviene solo nel rachide. Invece i fasci cribrosi isolati hanno formato come una seconda serie interna, concentrica alla prima, sono cioè divenuti più numerosi, in parte per sdoppiamento degli esistenti, e in parte perché i laterali si sono portati internamente lasciando il posto ad altri, staceatisi in seguito. dal leptoma dei fasci normali. Questa disposizione si mantiene costante fin verso il principio della rachide, giacchè allora si nota ndi fasci eribrosi un cangiamento. Essi infatti cominciano ad abban- donare la disposizione regolare, si dividono, anastomizzandosi 'e for- à mando fra loro come una rete, ed a mano a mano vengono occupando il midollo, tanto che passati nel rachide noi lo troviamo completamente eno di soli fasci cribrosi. Però col ridursi d'importanza e di volume rachide, e in conseguenza aliche della cerchia regolare vascolare, il numero dei gruppi isolati diminuisce, in parte per fusione fra loro in parte per riunibne colla porzione eribrosa normale. Sezionando le ultime porzioni. del rachide, noi troviamo la cerchia ascolare spezzata in due ‘sezioni, una curva corrispondente alla pa- ina inferiore, una retta alla superiore, e nel midollo è rimasto un sol . gruppo isolato o al più due, di dimensioni ancora considerevoli e a torni irregolari. Sono questi gli ultimi residui dei vari fasci mi- ari, ed essi tendono ad avvieinarsi e a riunirsi ‘alla porzione va- jare normale, corrispondente: alla pagina superiore, idi cui elementi | sc lari diminuiscono ed in breve scompaiono del tutto. Risulta da | sta distribuzione, che nell ultima porone della rachide. troviamo 132 LUIGI MARCATILI un sol fascio vascolare concentrico, cioè con elementi vascolari al centro, rinchiusi in una guaina cribrosa; ma tale formazione non può considerarsi come definitiva, perchè la guaina nella porzione supe- riore si fiduce d'elementi, si spezza e viene per così dire, a raggrup- parsi lateralmente, siechè il fascio concentico è ridotto ad uno de’ soliti fasci regolari a ventaglio, che noi troviamo nelle nervature minime fogliari. Una conferma a ciò che abbiamo detto sulla provenienza dei fasci midollari dalla porzione eribrosa dei fasci normali la troviamo anche nella struttura istologica. Infatti, studiati attentamente, noi troviamo i due generi di fasci composti de’ medesimi elementi; cioè di tubi cri- brosi e di cellule annesse. I primi non presentano particolarità di sorta sono di varie dimensioni, ma sempre piuttosto piecoli. Questo modo di formazione dei fasei del piceiolo pud considerarsi come tipo principale; bisogna perd notare che non é sempre costante, e può variare persino in una medesima specie, ma ciò non ha per noi che un importanza relativa, giacchè non influisce sulla provenienza dei fasci midollari, i quali si formano sempre nel medesimo modo, almeno nelle specie enumerate fin dal principio, e delle quali parliamo ora più particolareggiatamente. Nel F. laurifolia e nel F. Abelii la disposizione dei fasci nor- mali nel loro passagio dal tronco al picciolo, è molto simile alla de- scritta, sebbene meno complicata, e i fasci midollari sono completa- mente simili a quelli del F. macrophylla anche nella loro termina- zione all estremità del rachide. Nel F. nitida, mel F. populifolia , nel F. cerasiformis invece, la cerchia del picciolo proviene da tre fasci soltanto, di cui il mediano è molto sviluppato; i fasci midollari si staccano nella maniera descritta, però in numero molto limitato, per tutto il picciolo; solo nel rachide si moltiplicano, occupano il midollo e terminano regolarmente. Intermedie, con varie gradazioni, fra quelle del F. lawrifolia e del F. nitida, sono le disposizioni delle seguenti specie: F. rubiginosa, F. elastica, F. Chauvierii, F. neriifolia, F. glaucophylla. y Il F. stipulata forma la cerchia vascolare del picciolo con sette LET pe RS S A lelle parti cribrose isolate. Presentano però una particolarità curiosa, è che dai due gruppi secondari del primo fascio staccatosi dal fusto terna della cerchia nel picciolo, si partono dei fasciolini vascolari e anno nel midollo, dove soltanto in seguito diventano cribrosi por la f. Osservazioni su alcune specie del Gen. HIERACIUM, nuove per la Flora Pedemontana e su alcuni loro caratteri differenziali. MERE. come carattere differenziale di specie affini nel genere Hieracium à quello della diversa colorazione dello stilo. stilo livido. — GRENIER e Gopron (Fl. de Fr. II, p. 385-86) scrivono pure per ambe le specie « styles bruns ». — FRIES (Epier. p. 127-128), invece, descrive nel M. Sabaudum L. « stylus luteus, fusco hispidulus » — e nel M. boreale « stylus e livido-fuligineus » — Kocu. (Syn. 1L, 529) . . mentre aserive al H. sabaudum uno stilo ed uno stimma lividi, calce al H. boreale ripete: stigmatibus saturatius liventibus. — Ar- E: CANGELI (Comp. Fl. It. p. 446) descrive il H. sabaudum collo stilo fuligginoso. ; i Tralascio per brevità di citare altri esempi tolti dalle Flore mo- - v .. dernissime a proposito di questa discrepanza nella descrizione del co- | lore degli stili. Noterd invece che quasi tutti (salvo Koch) discor= rono sempre di stili, intendendo certamente di parlare degli stimmi e vero la Porzione allargata, biforcata, appiattita e superiore dello stilo | stesso. A parte ciù, avesta ni contraddizione nell'attribuire divam colorazione a questi organi in una stessa specie, è dovuta al fatto che tanto gli stimmi quanto gli stili, osservati ad epoche diverse nel per z mostrano colorazione diversa. i z Il fatto dell’incostanza di questo. carattere non pare nuovo. Leg- ea giamo in REICHENBACH. ca Dx pag. 9 NO 90): ` \ i Ud Nelle Flore Italiane e straniere antiche e recenti si è usato spesso, . P. e. BertoLONI (FI. Ji. VII, pag. 503) trattando del H. sabaudum —— (nella qual specie comprende il H. boreale) Fr. gli attribuisce uno - della porzione stilare provvista di peli collettori, ritenendo per stimma - ih pm © « H. UMBELLATUM x genuinum. Stylus (quem suna RON Friesius) in eadem forma nunc sub anthesi luteus at pilis fuligineis parce instructus; quod monographum in hac specierum serie styli colori nimiam fidem habuisse, probare videtur. » Ignoro se altri abbia _seritto sull’ argomento. : ; Questo cambiamento è dovuto senza dubbio a modificazioni che av- vengono nella sostanza colorante dei peli collettori, la cui natura non . potrà per altro venir con precisione stabilita se non dietro ulteriori _ studi microchimici. Intanto, si capisce a priori, come questo carattere dipendente da condizioni vegetative variabili non possa servire a scopo sistematico se non quando venga osservato in condizioni uguali di | sviluppo per ogni specie e per ogni individuo. ; Egli é precisamente studiandomi di trarre un partito qualsiasi di esso, in mezzo alla scarsità delle risorse caratteristiche necessarie a ka distinguere. specie o forme affini, che io feci og ggetto di attenta osser- o vazione durante qualche anno la colorazione di questi organi horali. E risultato delle mie osservazioni fu il seguente: 3 XE ° Il momento più propizio per poter dedurre da questo carattere un valore diagnostico sicuro «è di esaminarli allorchè il capolino è tut- , DS in boccio: ° Dalle osservazioni da me fatte sul vivo per quattro anni circa, su cinque specie, delle quali due appartenenti al Gruppo Aecipitrina. | (Fries) e tre alla sez. Ztalica (Fries) risultò: Diod Accipilrina) DI Muriel boreale Fr. - Btimmi e stili (in boccio) RA: A fiore espanso — stili gialli — peli collettori alito . Dopo l'antesi — stimmi, stili e peli collettori fosco-lividi. La fuscescenza degli stimmi e dello "stilo aumenta coll invecchiare * "i . della corolla fino al suo completo disfacimento. ja. umbellatum L. Perfettamente come nella specie reels, sé n ve je j Ww MET P MM SU ALCUNE SPECIE DEL GEN. HIERACIUM, ECC. To se S. BELLI c) H. polyadenum Arv. Touv. Stimmi e stili (in boccio) e peli collettori fuligginoso-lividi e co- ‘ stantemente tali per tutta la durata della corolla. d) H. virga-aurea Coss. come nella specie precedente. e) H. provinciale Jord. idem. Abbiamo quindi, che per due specie della Sez. Accipitrina esami- nate, gli stimmi e gli stili sono gialli in boccio, e fuscescenti più o meno a fiore espanso, mentre nella Sez. Italica le specie esaminate presentano costantemente stimmi e stili fosco-lividi già prima che i fiori si aprano. Occorrerebbero osservazioni più numerose di confronto con altri gruppi, almeno in quelli che si suppongono naturali, e fatte sul vivo, per vedere se questo carattere sia o no costante in ciascuno di essi, ovvero se in ! uno stesso Gruppo si abbiano colorazioni diverse ad epoche eguali. z Intanto queste poche osservazioni potrebbero invogliare altri a se- guirle su scala più vasta in servizio della sistematica di questo diffi- cilissimo genere. H. polyadenum Arv. Touv. Var. B taurinense Nob. Nella descrizione data dall'Autore (confr. Burn. et Gremli Cat. Hierac. Alp. Marit. pag. 79) questa specie vien definita come ipofillopoda od afillopoda. Quantunque la maggior parte degli individui crescenti nel- l'ambito della Flora - Pedemontana siano tali, pure mi venne fatto di trovare nei colli Torinesi, a abbastanza copiosa, la modificazione fil- lopoda del H. ` polyadenum cioè quella che, anche secondo le vedute del Burnat, dovrebbe essere la tipica, e m comune alle specie della "sezione Italica. : Anche il Sig. Arvet Touvet crede doversi ascrivere - questa specie alla sezione sunnominata. Io l'ho accennata quale varietà occorrendo ulteriori ricerche per stabilire, la sua posizione kic pe Ho colti- OSSERVAZIONI SU ALCUNE SPECIE DEL GEN. HIERACIUM, ECC. 137 é vata questa forma per circa quattro anni e mi si mostrò sempre col suo carattere distintivo di fillopodia. Vicino ad essa ho coltivato anche delle forme afillopode e queste si mantennero pure inalterate, salvo È poche eccezioni che si svilupparono ipofillopode. Neppure la loro vi- einanza e l'essere visitate dagli stessi pronubi diedero luogo ad in- _ erocio in questo carattere. Il H. polyadenum cresce nei colli Torinesi (raro al piano) tanto nella sua purezza tipica quanto associato a forme che convergono al Z7. bo- reale Fr. Sono questi veri ibridi o forme intermedie? La risposta non . è per ora troppo facile. Fatto è che in esse i caratteri specifici del Z7. | polyddenum, cioè la glandulosità marginale delle foglie, dei peduncoli, gli stili fuliginosi, i eapolini piccoli, la corolla sulfurea, vanno facen- dosi poco accentuati e si intraleiano con quelli caratteristici del ZZ. bo- reale (1). Ripeterd ehe il H. polyadenum si riconosce a primo colpo d'occhio, (almeno nella nostra circoscrizione) per gli stimmi e gli stili È già lividi in boccio e pel colore quasi sulfureo della corolla. Esso è frquentissimamente cespitoso ed è l’ultima specie che da noi fio- risca nel tardo autunno. Nell'anno 1882 in cui l'inverno fu di mi- .tezza eccezionale, osservai molti di questi individui resistere in pieno . fiore dal Novembre al Febbraio. | SOR Touvet distinse pel primo il H. polyadenum nella collezione Rostan delle Alpi Cozie, nel Marzo 1883. È NellErbario Cesati trovai il H: polyadenum raccolto . dall’ Autore: à Bardassano (Colli Torinesi, nel 1867 e lasciato nella teca senza nome. accanto ad altri saggi di H. boreale Fr. Quasi nelta stessa epoca la «raccolse il Rosellini sui colli di Casale e la riunì nella teca al A: : sa : o Sig. Burnat ha trovato frequenti forme nain nelle Alpi marittime | à H. polyadenum e H. Virga- aurea, ed altre meno frequenti fra H. pseudo- eriophorum (Timbal-Lagrave) e H. polyadenum. È da notarsi che il H. pseudo» Eye non venne finora trovato in Italia, " ‘riunito. Sul foglio che la racchiude leggesi la seguente nota del Cesati : loco suo costantem. Forma nova? » questa specie crescesse in Piemonte solo cinquant anni addietro e din d o i S BELLI baudum L. e con tal nome io la trovai nel suo Erbario gentilmente comunicato al Prof. Gibelli dal sig. Avv. Negri di Casale. Nelle Alpi del Biellese era già stato trovato il H. polyadenum dallo Zumaglini nel 1848 e nel suo Erbario (Club Alpino di Biella) sta col nome di H. sabaudum. Nel 1868 la ritrovò di nuovo il compianto. E Prof. Cesati al eui oechio sagace non isfuggi allora l'abito caratteri- ee stieamente diverso di questa specie dalle Aceipitrine col quale stava « H. boreale sub-sabaudum (ReicaB. ex Fr. Epic. p. 131). (Biella . i lungo il rivo sotto S. Giuseppe in vicinanza del: suo simile H. sa- - baudum). . Tardet me meram H. Sabaudi formam dicere speciosam hanc stirpem Le mie ricerche in tutti gli Erbarii degli cer botanici che potei esaminare nel R.° Museo di Torino non mi poterono fornire prove che — trattandosi di pianta perenne e veggendola oggidi così copiosamente - sparsa nelle nostre colline non si può non rimanerne meravigliati. Cresce | in tutto il sistema collino Moncalieri, — Casale; è abbondante nelle Alpi. Cozie e Pennine (versanti Sud-ovest), manca in Svizzera ed è pure a assai frequente nell' Appennino "gute e nelle Alpi marittime. Nelle | pianure è rara assai. | 18 Maggio 1889. Dall’ Istituto Botanico dell Università di Torino. D'. S. BELL. LE FESTUCHE ITALIANE, ECC. - [ 139 Le Festuche Italiane del R. Museo Botanico Torinese de enumerate secondo la Monografia di HACKEL. Il lavoro di Hackel ha recato nella sistematica del genere Festuca una rivoluzione completa e salutare, da lungo tempo invocata in mezzo alla confusione che fino a qualche anno fa ha regnato in alcuni grandi gruppi. L'Hackel ha iniziato una maniera nuova di considerare le Festuche con criterii intuiti appena da alcuni autori antichi, accennati incom- pletamente da altri, e felicemente messi in atto da lui. Egli ha utilizzato in queste Graminacee i caratteri idein be rimettendo in onore l'istotaxia del Douval-Jouve creduta insufficiente, ‘e facendo sua l'idea di Fries (Mantiss. alt. III, p. 6) che cioè le in- ^ movazioni nelle Festuche dovevano costituire la basé vera di una . classificazione naturale di esse, riuscì a raggrupparle così natural- mente da potersi ritenere il suo lavoro, sotto questo punto di vista, quasi unico nella sistematica. \ Non è mia intenzione di intessere qui I elogio di quest’ opera, né di rivederne le poche e lievi mende quasi inevitabili in un’opera di: tale estensione, cosa che del resto altri e piü competenti hanno già fatto; ho voluto solo accennare al merito prineipale di essa, per venir a dire della necessità che oggi si impone di studiare le Festuche ita- liane. servendosi di questa guida s sicura, persuaso ehe, malgrado il co- lossale lavoro di Hackel, molto si potrà ancora fare nel campo delle | ricerche, aggiungendo nuova e copiosa messe di forme alle già esi- Stenti. Nel riordinare le Festuche dell Erbario del R. Museo Botanico To- SI rinese e nello studiare le raccolte che annualmente si vanno facendo, - ebbi digià occasione di aggiungere à quelle Hackeliane altre varietà . 0 forme nuove che man mano andrò qui enumerando anche in servizio di una futura Flora Pedemontana. — Non mi parve neppure tutt af- fatto inutile l’ enumerare le Festuche già note con nome antico e conservate nell’ Erbario classificandole eoi nuovi criterii, tenendo per altro conto delle corrispondenti sinonimie. Sez. OVINA Fr. ( Intravaginales Hack. Mon. Fest. p. 81). F. ovina L. (sens. ampl.). l. F. ovina (subsp. sulcata) var. valesiaca Koch. ( minus quam, typus pruinosa). - : Givoletto Ceo di Torino. - Prealpi Cozie) Giugno 1888, leg. E. Ferrari. Syn. — F, valesiaca Schleich. ap. Gaud. Agrost. helv. 1. 242. (1811), le. Reichb. 1547. N.B. L’ Hackel enumera per questa Festuca le seguenti località Italiane: Aosta - Courmayeur - Mendrisio - Verona - Val d' Adige fino a Bolzano. 2. F. ovina (subsp. laevis) subv. mollior (ined.) Hack. Fiumalbo (alto Appennino Modenese - Salendo al Monte Es mone ) Luglio 1884, leg. E. Ferrari. ` Syn. nessuna. 3. F. ovina (subsp. sulcata) var. nd subv. angustiflora Hack. Syn. F. ovina Host. Gram. austr. IL, t. 86, non L. Veneria Reale presso Torino. - Maggio 1888, leg. E. Ferrari. (Extravaginales vel Mixtae) Hack. 1. c. p. 127. F. rubra L. (sens. ampl.). L F. rubra (subsp. heterophylla Lam.) subv. a typica. Hack. Colli Torinesi (Pino + Mongreno - Soperga - Revigliasco - | Pecetto - Castagneto ), leg. D," Belli. Giugno 1887, LE FESTUCHE ITALIANE, ECC. i 141 . Colli Astigiani ( Castelnuovo d'Asti - Madonna del Ferro} leg. D." Belli, Giugno 1887. Condove (salendo al Lajetto), Giugno 1887, leg. E. Ferrari. N.B. Molti esemplari raccolti a Castagneto, corrispondenti in tutto ‘il resto alla tipica descrizione di Hackel, offrivano nelle foglie d'in- novazione una deviazione notevole nella forma delle Sezioni trasver- sali. — Hackel (Mon. p. 130) scrive : F. heterophylla. — Laminae inno- vationum .....sectione transversa deltoideae ( T. IT, fig. 21). In questi saggi summentovati la sezione delle foglie d'innovazione corrispon- deva invece esattamente alla figura 19 (F. rubra genuina) della tavola stessa, cioè erano ottusamente esagone. Sarebbe utile il poter osser- vare questa specie proveniente da altre località per giudicare del- l'oscillazione di questo carattere. 2. F. rubra var. genuina (ad subv. junceam vergens) Hack. Colli Astigiani, Madonna del Vezzolano, Giugno 1887, leg. D." Belli. . 9. F. rubra. var. genuina subv. juncea Hack. Stessa località della precedente. — Monte Cimone, Alto Appen- nino Modenese, leg. E. Ferrari. : Syn. - F. rubra duriuscula Gand. Fl. helv. I, p. 289. — NB. Questa varietà abita di solito le rive dei laghi e dei fiumi — ma non é rara nelle eolline Torinesi esposte al Nord — e nei luoghi umidi | montuosi delle Alpi Cozie. 4. F. rubra var. plañifolia Hack. : Colli Torinesi (Pino - Reaglie - Pecetto — Eremo), leg. D." Belli, Giugno 1887. Alto Appennino Modenese (Monte Cimone), Luglio 1884, leg. E. Ferrari. Syn. - F. pratensis Schreb. Spicil. 67, (1771) non Huds. — F. mul- | tiflora Hoffm. Deutschl. Fl. ed. 2, p. 52, (sec. Koch.) — F. megastachys Hegetschw. et Heer, FI. d. Schw. (1840). "NB. La località italiana sola finora citata da Hackel per questa è bella varietà, distinta per avere anche le foglie d' innovazione munite di cellule bulliformi, e quasi piane, è nelle Alpi Valdesi. Oltre che ni nei Colli Torinesi dove è molto diffusa il Ferrari la trovò anche nel- X Eu e ups Modenese. F. rubra (subsp. violacea) var. Mutinensis (ined.) Hack. Alto Appennino Modenese presso Serrabassa, Luglio 1884, leg. E. Ferrari. j ` Syn. nessuna. re N.B. Venne distribuita nell anno corrente alla Società Elvetica col nome di F. violacea var. nigricans. — L'Hackel dopo nuovi confronti la ricorresse col nome più sopra scritto. — L'Autore accompagny la | correzione colla nota seguente : Differt a var. genuina culino elatiore, laminis acutis, spiculis vi- rescentibus vel subcoloratis, glumis fertilibus , 5-6 mm. longis, la- minis culmeis planiusculis. A var. nigricante differt foliis multo angustioribus el praesertim. laminis innovationum ad apicem usque laevibus, spiculis subcoloratis v. virescentibus, etc. Sez. BOVINÆ Fr. F. elatior L. (sens. ampl.). F. Ra Sehreb. subv. strictior Hack. (forma aristulata). Colli Torinesi. Luoghi acquitrinosi (Pino - Soperga - Baldis- . Sero - Chierr - Pecetto - Revigliasco - Andezzeno) leg. | n- EDE S. Bellis Leon SERGI A $ 4 F. ada Schreb. subv. strictior (forma mutica). _Stesse Tomi e commista colla precedente. Si ; ao (segue). È AR Istituto Botanico di Torino. hae gu NS b NEM 15 Maggio 1886. 4 di ai Ba SULLA STRUTTURA DEGLI SPAZII INTERCELLULARI, ECC. 143 co Sulla struttura degli spazii intercellulari nei Tegumenti semi- nali delle Papilionaceae — Nota dei Dottori Oreste MATTIROLO e Lurer- BUSCALIONI. Oceupandoei da tempo dello stadio anatomo-fisiologico dei tegumenti eminali delle Papilionaceae, (1), abbiamo potuto constatare sopra vasta Scala, nei molti generi di semi esaminati, un fatto istologico assai eu- rioso che ha riscontro con quanto finora esclusivamente si conosce in nolte Felci. - È noto infatti dai lavori di Grrerite (I) De Vriese (1853. I) LUERSSEN (1873. I, 1875. II) De Bary (1877. II) GarpINER (1885. I) H. SCHENCK (1886. II) che negli spazi intercellulari dei parenchimi di molte Cya- _theaceae, Polypodiaceae, Osmundaceae, Ophioglossaceae e specialmente Marattiaceae si ineontrano particolari processi, per lo più filamentosi, sulla superficie esterna della membrana di quegli elementi che circo- | serivono gli spazi intercellulari. Nei tegumenti seminali delle Papilio- | naceae in genere (Phaseolus, Vicia, Lathyrus, Pisum, Physostigma, Genista, Baptisia... ecc. ecc.) e precisamente in quelle cellule caratte- stiche irregolarmente ramificate 0 stellate che circondano l'apparato. ilàre (Micropilo — Chilario — Tubercoli gemini (3) si incontrano for- mazioni analoghe a quelle ora ricordate. ; Crediamo interessante quindi, in ispecie dal punto di vista bec richiamare l attenzione degli studiosi su queste particolari formazioni derivanti dalla membrana cellulare, ricoperte dal rivestimentò così detto | intercellulare (Auskleidung degli autori tedeschi). In questo parenchima i processi si sviluppano in alcuni semi sopra ‘à Vedi nota pronti Li ga negii Atti della R. Accademia delle pala perce esterna (V. Tav. VIL de: L3) delle cellule limitanti | 144 . ORESTE MATTIROLO E LUIGI BUSCALIONI gli spazi intercellulari, mentre nel maggior numero di casi, si limitano quasi esclusivamente, o almeno appaiono in maggior copia, sui. rami cellulari, là dove si osservano le membrane divisorie tra cellula e cellula. Se si esaminano questi punti d'unione delle braccia cellulari (Phy- sostigma) si notano delle particolarità importanti per lo studio del nostro soggetto. . Tra le due fronti (Tav. VII, fig. 4 L) delle braccia cellulari sta una lamina ialina che si continua esternamente in una specie di manicotto assai visibilé, il quale avvolge tutto il tratto d'unione cellulare e che noi riputiamo analogo agli Eckleisten (1) descritti dal Russow (1884. I) e dallo ScHENCK (1885. III) nelle piante acquatiche (Potamogeton, Lim- nanthemum.....). z 1 Questo rivestimento ialino rieopre poi tutta la superficie cellulare esterna di un velo sottilissimo che sfuma internamente colla sostanza propria della membrana (Fig. 4. V). Accumuli circoseritti della sostanza di questo velo tanto sull anello, quanto silla superficie cellulare, danno origine alle formazioni bacillari. (Fig. 4. P). La superficie esterna degli elementi è infine ricoperta da una mem- branella esile, continua, che passa ancora più assottigliandosi al disopra dei processi e dell'anello. (Fig. 4. A). Questa membrana è equivalente a quella riconosciuta propria dei meati intercellulari CAuskleidung). In corrispondenza dell’estremità delle braccia, la membrana propria della cellula è formata da strati rifrangenti bluastri, otticamente analoghi allo strato membranoso cellulare interno (Znnenhüute degli autori te- deschi) col quale si continuano. (Tav. VII, fig. 4. I). Il lume cellulare termina allargandosi a breve distanza dalla lamina ialina di separazione, inviando però alcuni canalicoli nello spessore della. massa piü rifrangente Sopra notata, i quali sono riempiti di una so- stanza di color verdastro, meñtre il lume cellulare è ripieno di un materiale tannifero color rosso-caffè. (!) Che si potrebbe tradurre per. liste d'angolo 0 anelli a sezione cunei- forme (?) i Pr Li A proposito di questi paragon istologici crediamo utile sicario d seguenti esempi. - Nelle sezioni di Phaseolus (P. multiflorus. Lam.) senza l'aiuto di reagenti, le particolarità citate sono poco distinte; solo le fronti delle braccia cellulari mostrano evidente la sostanza rifrangente. Il rigon- | fiamento coll’idrato di potassio, il cloruro di zinco iodato e la reazione di Russow (1883-II) fanno invece spiccare il oa e la lamina | mediana. X brana divisoria, il rivestimento si preparano evidentissimamente; in questa specie si notano alcune. volte tratti d’ unione molto rifrangenti À che, attraversando la membrana divisoria, mettono in comunicazione À E eanalicoli appartenenti al lume delle due cellule. Nel Pisum (P. qua- dratum. Mill., P. thebaicum Willd.) nel Cytisus (C. nigricans. Lin.) È diversi fatti istologici si osservano pure assai chiaramente. 2 M 3 Le dimensioni, le forme dei processi sono varie assai, così che sa- rebbe difficile e poco interessante d’altronde, tentarne una completa descrizione (Va Tavola). Mentre alcune di queste formazioni sono gra- nulari, minute ma -numerosissime (Pisum thebaicum Willd.), altre in ece (Fig. 1. 7. 8. 9) sono pure numerose, più fortemente sviluppate ; sotto forma di protuberanze, di bernoccoletti di varia grossezza (Vicia Faba Lin.), (Fig. 2); altre ancora, e sono le più frequenti (Physostigma : ad es.), hanno la forma di bastoncini capitati di varie dimensioni, visi- bilissimi anche a debole ingrandimento (Fig. 3. 5. 10). Infine, altri si presentano filamentosi paragonabili prae a ques delle Marattiaceae. + Fig. 7). Delle forme a rosario, bifide, nue sviluppate si osservano Fig. 6) pure in alcuni generi (Lathyrus). La frequenza di queste formazioni si è notata variare assai a se- conda dei punti in cui viene condotta la sezione. in tesi generale si pub affermare che esse sono abbastanza uni- fo Se distribuite in tutta la regione ilàre; però si è constatato che : in. alcuni easi ( Vicia, Phaseolus, Physostigma...) si sviluppano maggior copia in vicinanza del Micropilo e del Chilario e che le se V Molpighia, anno HI, vol. III. Nella Vicia Faba Lin. col cloruro di zinco iodato, l' anello, la mem- ` » y au F ire 2 d È ios : * i 3 P ù 146‘ |... ORESTE MATTIROLO E LUIGI BUSCALIONI cellule ramificate profonde sono quelle che presentano gli esempi tipicamente conformati. Sta pure in generale il fatto che per ciascuna specie, i semi mag- giormente pigmentati ne sono più abbondantemente provvisti. Nei processi capitati la rifrangenza è minore nella parte pedunco- lare piit chiara; mentre appaiono più seuri, quasi bluastri, nella parte apicale rigonfiata (Fig. 10). In certi casi (Physostigma) nella sferettina apicale sono visibili granulazioni o irregolari stratificazioni parietali di sostanza più adden- sata, per cui la parte centrale appare come vuota, così che il processo si può paragonare a quello dei peli ghiandolari tipici con secreto sot- tocuticulare. Questi bastoncini (che così ‘ci pare opportuno chiamarti per analogia) compaiono (Physostigma) dapprima come granulazioni minute, per svol- gersi poi successivamente, come vediamo nei semi in via di sviluppo, (Vicia Faba) nei quali incontriamo tutti gli stadii di passaggio. Si osservano quando le cellule ramificate hanno raggiunto il loro completo sviluppo nei semi pronti a distaccarsi dal furticolo. Colle reazioni erediamo di esser giunti, almeno per quanto lo per- mettono gli attuali mezzi microchimici, a farci un’ idea esatta della lord — natura. Dobbiamo perd prima avvertire che i Haane delle Papilionaceae è come quelli delle Marattiaceae, si trovano realmente nei tegumenti - allo stato di seechezza e che non sono già produzioni dovute alla in- fluenza del mezzo in eui si esaminano le sezioni. Infatti: Le sezioni condotte sopra materiale secco, esaminate auindi v nell’ olio d'olivo, li lasciano ancora egregiamente riconoscere, quan- tunque a secco appaiano un pò più scuri e visibilmente più pm ; mentre invece sono piü trasparenti nell'olio. Se si essicano alla lampada o naturalmente si lasciàno essicare le : preparazioni esaminate dapprima in acqua, nelle quali si era notato lo - sviluppo rigoglioso de’ bastoncini e si osservavano quindi secche o nel- E olio, questi rimangono visibili come suécede pure nelle Marattiaceae, e notisi che l essicazione si può spingere sino a usa r Miu ciamento dei oa liberi della sezione. SULLA STRUTTURA DEGLI SPAZII INTERCELLULARI, ECC. 147 Identiche reazioni vennero quindi da noi fatte sopra alcune Marat- tiaceae dei generi Maratta (Marattia Laucheana. €. Kch.) (Marattia cicutaefolia Klfs., Marattia spec.) e Angiopteris (Angiopteris evecta Hoffm., Angiopteris sp.) che dobbiamo alla gentilezza del Professore O. PENZIG. — Come appare dal seguente prospetto le reazioni fatte rennes sulle Papilionaceae e sulle Marattiaceae ci permettono di stabilire la i identità già sopra notata dal “punto di vista morfologico. (1) - 1) Nell'aleohol assoluto anche dopo prolungata immersione (alcuni i giorni) resistono, solo si fanno piü Vip cnet sulla Lie apicale. (2) roma). OS Nell etere soiffkios.: resistono ad una prolungata immersione. 3) Coll’ acido nitrico resistono facendosi nello stesso um più tra- <> sparenti. s = 4) Colla potassa caustica (soluzioni molto concentrate) resistono sia . & freddo che a caldo divenendo ialine; colla bollitura divengono dap- prima trasparenti poi scompaiono assolutamente. Sealdando col tavolo di Schultze cominciano a rendersi meno evidenti quando la temperatura arriva a circa 70° - L'anello (Physostigma) colla potassa a freddo si rigonfia dapprima, - poi rimane mascherato dal successivo rigonfiamento della membrana cellulare; nè le sezioni così trattate du aaa in alcohol assoluto lo Scrl in evidenza. 5 Col cloruro di zinco iodato i processi delle Papilionaceae come l © ossa le descrizioni di Luerssen. e di Schenck loc. cit e le B. sulle one e sulle Marattiacene. 2. , eo Si intendo che le reazioni, dove. non è indicato i il genero, furono fatto 2 = 148 ORESTE MATTIROLO E LUIGI BUSCALIONI quelli da noi esaminati nelle Marattiaceae (Angiopteris evecta, eec.) a differenza di quanto dice Luerssen (LI, II) resistono rigonfiandosi e facendosi trasparenti, cosi da scomparire quasi dal campo del miero- scopio. Non assumono mai la colorazione violacea, ma si conservano invece incolori o leggerissimamente colorati in giallo, colorazione do- vuta, pare, alla meinbrana di rivestimento. Non raramente, (Physo- stigma) si mettono con questo reattivo in evidenza delle granulazioni nella parte superiore della capocchia. L' anello si rigonfia enormemente e, come la lamina della stessa sostanza che sta fra le due cellule, rimane trasparentissimo ed incoloro, Questa reazione prova ad evidenza che i processi, l anello e la lamina sono costituiti da una sostanza unica differente assai dalla cel- lulosa. Notisi che questa reazione si è fatta con reagenti titolati, pro- venienti da differenti origini e sempre con risultati identiei sopra tutti i semi delle Papilionacéae esaminate e sulle Marattiaceae. 6) Colla tintura iodica l’ anello appare meno sviluppato ed i processi assumono una e tinta gialla ehe conservano ancora dopo traspor- ‘tati in acqua. 7) Colľ acido solforico si gonfiano enormemente, poi scompaiono mentre è posta in evidenza la membrana di rivestimento (Auskleidung); | la quale dopo lunga azione del reagente si rompe e scompare. 8) Con iodo e acido solforico diluito (reazione di Russow) la mem- - brana cellulare assume il colore bleu caratteristico negli strati interni, mentre gli strati esterni ‘sfumano in giallo chiaro tanto più quanto * più si avvicinano alla periferia. La membranella più sottile che riveste i bastoncini si colora in giallo chiaro; il rivestimento intercellulare più spesso, che la continua, in giallo bruno, colorazione questa paragona- - : bile a quella che prende il protoplasma cellulare interno come indica Russow. Con questa reazione si mette nel miglior modo in evidenza . il rivestimento intercellulare diversamente sviluppato nei differenti que di semi da noi Lacan 9) Acido solforico e zucchero. — Non dà la colorazione caratteri- stica del plasma, ma un ingiallimento di tutta la membrana cellulare. : 10) Reattivo di MiLLon. — Trattati preventivamente con aequa di cloro (4) e poi col reattivo, non si colorano; persistono facendosi un cu piü trasparenti. 11) Cloruro di Anilina. — Floroglucina. — Carbazol. — Non danno ‘colorazioni di sorta, nè alterano il colore dell' anello e della membrana, _ mentre colorano i materiali di prova. I processi non scompaiono, ma si . fanno più trasparenti. Nelle specie del genere Baptisia Vent. la - lamina intercellulare degli spazii sotto alle cellule malpighiane si mostra invece lignificata e risponde egregiamente ai reattivi. 12) Colla corallina sodica (Strassburger) (2) esaminati anche dopo : =e immersione non si colorano. 13) Col bleu d'anilina i processi non si colorano. 14) Con picrobleu d anilina Godi la fotinola al si colorano in bleu pallido. Va notato però che in quelli capitati la parte a si colora assai più intensamente dello stipite. Se le sezioni in- vece si trattano con bleu di anilina e poi si chiarificano con acido pi- erico, compare allora una sottile membranella che circonda lo spazio - delimitato dalle cellule stellate. Questa membranella spicca, per il suo colore bleu sul resto della membrana. | | Trattando le sezioni prima con acido solfiorino' diluito per gaia e quindi con bleu g anilina, acido pierico, si mette in evidenza la Jaminetta bleu del rivestimento intercellulare mentre i bastoncini si “ta Aebalmente, zt : 6 Sues. — SE s Botanische MERE: Jona. 1885. SULLA STRUTTURA DEGLI SPAZII INTERCELLULARI, ECC. 149 į In 6m ORESTE MATTIROLO E LUIGI BUSCALIONI 15) La miscela di SenurTZE a freddo ed anche a caldo (col tavolo di SCHULTZE sino ad 80° purchè non si continui a lungo il riscalda- mento, perché allora seompaiono) produee un leggero rigonfiamento dei processi e dell anello intercellulare determinandone contempora- neamente una chiarificazione notevole nell’ interno. Lavate le sezioni così trattate e quindi facendo agire sovra esse il cloruro di zinco iodato, la membrana cellulare si colora in violetto mentre i filamenti rigonfiati rimangono incolori come pure l anello intercellulare e gli strati più esterni della membrana. La membrana di rivestimento si colora in giallo e la si vede rico- prire come tenuissima membranella i bastoncini tanto delle Papilio- naceae quanto delle Marattvachae; LÀ 16) Dopo la macerazione di ScHULTZE i bastoncini resistono ancora all’azione dell Alcohol; ciò che prova non aversi con questo mezzo una trasformazione in materiale resinoso come descrive il FRANCK (I) in casi di produzioni gommose da lui osservate in alcuni vasi di Amigdalee. 17) Trattati con acido eromico si rigonfiano i processi, l'anello e la lamina e dopo qualche tempo si sciolgono prima degli strati che com- pongono la membrana cellulare; naturalmente con questo trattamento le cellule rimangono isolate. — Le Marattiaceae (Angiopteris evecta) si compertano nello stesso fe: + 18) Col Yiclétio di anilina di HANSTEIN, Dan secondo la for- mola originaria, si ottengono colorazioni molto istruttive. Mentre il contenuto plasmatico, come è sua proprietà, si colora in violetto azzurro, il rivestimento intercellulare l'anello, la lamina ed i bastoncini delle Papilionaceae si colorano in rosso (Phaseolus - Vicia Faba - Pisum - Physostigma); come pure stupendamente si colorano in rosso i bastoncini delle Marattiaceae , mentre in violetto-azzurro si “colora il loro plasma. ET SULLA STRUTTURA DEGLI SPAZI INTERCELLULARI, oc. 5 dB . 19) Il succo gastrico, come è noto, ha proprietà di queden le sostanze albuminose. Sopra questa sua funzione abbiamo istituito una serie di ricerche allo scopo di stabilire la differenza di azione che esso può esercitare, da una parte sulla membrana di rivestimento, sulla mucilagine (lamina - anello - velo) e sui bastoncini; dall'altra sul plasma tanto nelle Papilionaceae quanto nelle -Marattiaceae. La reazione fatta con succo gastrico estratto colla glicerina dallo stomaco di un cane, fu continuata in un termostato a temperatura co- stante (circa 40°), mentre sostanze albuminose venivano immerse colle sezioni nel liquido allo scopo di controllarne l’azione digestiva. Preparati di Phaseolus - Vicia Faba - Pisum thebaicum - Physo- stigma - Angiopteris.... ci mostrano dopo l'azione. continuata delesucco gastrico (24 a 48 ore) le seguenti variazioni. I bastoncini e la mucilagine resistono al trattamento facendosi solo più chiari, specialmente nelle Marattiacene. La membrana di rivestimento viene chiaramente messa in evidenza. La membrana cellulare appare alquanto rigonfiata per l’azione del- - l'acido clovidrieo che va aggiunto al succo gastrico. Il protoplasma in gran parte digerito. . Se si trattano poi queste sezioni col reativo di Russow si rende chiara la differenza grande che corre fra il vero plasma ed il rivesti- .. mento intercellulare; inquantochè il primo si colora intensamente in -= giallo-bruno e mantiene la colorazione; il secondo invece prende dap- | prima una tinta gialla, la quale va perdendo di intensità negli strati mucilaginosi , , ma non si conserva a lungo. Questi divengono poi ialini, mentre il rivestimento cambia ben presto la primitiva colorazione gialla . in verdastra. Occorre però molto riguardo nell esame di questi fatti onde non esser tratti in inganno dalle differenti colorazioni che si os- servano nel preparato. Quale può essere ora il valore chimico di queste formazioni ? Vediamo brevemente prima le idee: emesse al riguardo dei filamenti T$ delle Marattiaceae. LUERSSEN (I. I fondandosi s sopra cinque reazioni ( acqua di iodo — i iodo e acido solforico — Cloruro di zinco iodato — Acido solforico ORESTE MATTIROLO E LUIGI BUSCALIONI e idrato potassico) delle quali tre risposero allo ScHENcK (II) ed a noi i in modo assai differente da quello descritto dall’ autore, considera i filamenti delle Marattiaceae come formati da materiale avente tutte le. proprietà delle membrane debolmente cuticularizzate. (LuERSSEN I. IT). De Bary (II) ricordando il lavoro di Luerssen, constata che i detti processi non danno mai le reazioni della cellulosa e che per la ma- niera di comportarsi sono paragonabili alla sostanza della lamella me- ` diana « ihrer stofflichen Beschaffenheit nach, sind die in Rede ste- henden. Wandvorsprünge schwach cuticularisirten Membranen, gleich oder ähnlich. Cellulosefürbungen sind an ihnen nicht zw beobachten, vielmehr verhalten sie sich sammt der sie verbindenden üussersten 3 Membranschicht gegen Reagentien wie die Grenzlamellen an den Berührungsflächen der zugehórigen Zellen. » Aggiunge che ad ulteriori osservazioni sarà riservato dente se *: si possano considerare come parti di una cuticula interna ricoprente gli spazii aerei. « In wieweit man sie hiernach etwa als Theile einer inneren, d.h. die Luftgánge auskleidenden Cuticula bezeichnen darf, | müssen fernere Untersuchungen entscheiden ». (DE BARY, I, p. 126) GARDINER (I) a proposito del Blechnum brasiliense, dell Aspidium Filiz-mas e di altre felci, ricorda questi processi filamentosi consistenti. E secondo lui, principalmente in mucilagine (consisting mainly of muci- lage) (GARDINER, I, pag. 391). Allo Sonencx (II) finalmente dobbiamo un accurato lavoro sulla storia di sviluppo, la struttura sottile e la natura dei filamenti in discorso. Ecco brevemente le sue conclusioni : s La natura dei filamenti delle Marattiaceae è diversa dalla cellulosa, come dimostra la scomparsa, loro colla macerazione di Schultze a caldo. Sono ricoperti da una leggiera membranella che si continua col rivestimento intercellulare (Auskleidung) cosi come mostrano le sezioni - trattate col metodo di Russow, col quale la sostanza del bastoncino non si colora, ma si distrugge. Coll acido solforico si gonfiano, poi scompaiono lasciando residua in certi casi una finissima membranella, alcune volte assai facimente vin i sibile che si continua col rivestimento intercellulare. | SULLA STRUTTURA DEGLI SPAZII INTERCELLULARI, ECC. 153 Dalle suesposte reazioni conchiude che la sostanza dei processi debba essere stratificata fra la cellulosa della membrana e la membranella di rivestimento intercellulare in modo identico a quello che si osserva nelle ghiandole (ScHENcK. I). Secondo l'A. anche coll’ aiuto dei più forti ingratidimenti non si può scorgere nei bastoncini delle Marattiaceae, nè una stratificazione, nè un canale, nè alcun altra struttura, cosicchè si dovrebbe ammettere che la loro formazione abbia luogo per fine eilia plasmatiche, (mit- telst feiner Plasmacilien). Pare che questa sostanza, secondo l'A. debba aver consistenza gelatinosa e che i bastoneini da essa formati si ac- crescano alla base per deposito sotto al rivestimento intercellulare di nuova sostanza, la quale attraverserebbe la membrana per fini pori che lo ScHENcK non ha potuto constatare. Secondo l'A. i filamenti delle Marattiaceae si devono considerare come formati da materiale di secrezione. - valore chimico non è stabilito esattamente dallo CHENE, il ie non reputa si abbiano motivi sufficienti e plausibili per ritenerli com- posti di formazioni cutieulari. Quantunque non abbiano le reazioni delle sostanze cerose (1), pure secondo lA. si possono ritenere analoghe; . come pure dimostrano analogie coi filamenti gelatinosi di certe Desmi- | diaceae studiate da Kress (Klebs I). | Quanto al significato fisiologico che possano avere i filamenti delle Marattiaceae lo SCHENCK non si pronuncia, imperochè, secondo il suo modo di vedere, non possono aver ufficio meccanico nè possono in al- ‘cun modo servire ad un abbassamento nella traspirazione (?). Lo ZIMMERMANN nella Morfologia e fisiologia della cellula (1887) (I) e TscHircH nella sua Anatomia applicata (I) riportano i dati de- sunti dal lavoro di SCHENCK. BERTHOLD (1886-11) impugna -invece le conclusioni di ScuExck e tende a considerare i processi filiformi delle i Maratticeae, come di natura plasmatica. (!) De Bary. (D). i @) « Die biologische Bedeutung ist cine völlig räthselhafte; weder kann an eine mechanische Festigung des Blattparenchyms, noch an eine Herabset- zung der Transpiration gedacht werden » pag. 91 — SCHENCK sa ; Secondo le ricerche da noi fatte, basandoci specialmente sopra i da desunti dalle reazioni, crediamo accertati i fatti seguenti che stam in gran parte a conferma di quanto ebbero ad osservare lo ScHENCI (II) ed il Van WiSsELINGH D. | I) I bastoncini della Papilionaceae e rispettivamente quelli ana- loghi delle Marattiaceae sono formati da sostanze differenti dalla se Il) Essi risultano formati da due sostanze chimicamente differe: | i di cui l' una forma la massa del processo, l' altra il suo rivestimento. ; in col rivestimento eine IV) Il en di membrana, che li ricopre, è meno sviluppato in s k sore us rimanente membrana che riveste lo spazio intercellularo. V) Tanto la membrana di rivestimento dei processi, quanto il rivesti- mento intercellulare stesso (Auskleidung) nei semi delle Papilionacea come negli spazii intercellulari delle Marattiaceae non è fatta di plasmi Questa proposizione che noi desumiamo, innanzi tutto dal modo i- pico di comportarsi col sueco gastrico, col reattivo di Hanstein, dalla sua struttura ialina, dalla sua sottigliezza’, dalla resistenza nella po- tassa, dalla colorazione e dal modo di comportarsi col cloruro di zinco iodato , dalle reazioni collo zucchero e l'acido solforico, col reage di Millon e specialmente dalla analogia di formazione con quanto $ osserva nella Baptisia nella quale è distintamente lignificata, ece. 9 ci conduce naturalmente a ricordare l'interessante discussione, non ancora definitivamente risolta. cirea alla natura di qua rivi - Sstimento. ji # (') Vedi le singole reazioni, » SULLA STRUTTURA DEGLI SPAZII INTERCELLULARI, ECC. . 155 Da una parte Russow (I. II) — TERLETZKI (I) — BERTHOLD (I. II). ScnaarscamipT (I. II. III) Acqua (I) ritengono assolutamente o incli- nano a ritenere il rivestimento degli spazii intercellulari fatto da ma- teriale plasmatico. Dall altra parte De Bary (II) GARDINER (I) SCHENCK (II. II) VAN WissELINGH (I), per citare i principali, la descrivono invece come for- mata da una sostanza analoga alla cuticula, come una modificazione dello strato cellulare esterno lignificato o gelatinizzato, oppure come uno sdoppiamento della lamella mediana, o finalmente come la lamella mediana stessa. : . Non faremo la rivista della questione già ampiamente svolta dallo - Somencx (III) e dal Van WissELINGH (1). Per noi la membrana di rivestimento degli spazii intercellulari e quella ricoprente i processi bastoneiniformi delle Papilionaceae e delle Marattiaceae è formata da una modificazione chimica della sostanza della lamella mediana; la quale a sua volta costituisce lo strato di unione fra le cellule, l anello e il velo (Papilionaceae) interposto fra la cellulosa tipica della membrana e lo strato esterno di rivestimento. La lamella mediana è nel nostro caso di natura chimica che si av- vicina a quella delle mucilagini. Quanto al valore fisiologico di queste formazioni delle Papilionaceae e delle Marattiaceae non siamo in grado di pronunciarei. APPENDICE. A conferma delle nostre idee sulla struttura degli spazii intercel- lulari, abbiamo creduto opportuno estendere lo studio al Lycopus eu- ropaeus. Lin. (radice), Aucuba japonica Lin. (corteccia giovane) e Trapa natans Lin. (caule) sugli spazii intercellulari delle quali piante si sono sostenute a volta a volta dai diversi autori da noi citati, le più disparate opinioni. 3 Nel Lycopus esistono realmente nell'interno di tali cavità delle so- stanze plasmatiche d'aspetto granuloso, infatti : col reattivo di HANSTEIN assumono una tinta violetta, col bleu d'anilina si colorano in bleu e 156 . ORESTE MATTIROLO E LUIGI BUSCALIONI mantengono la colorazione in glicerina, col cloruro ferrico danno la l reazione del tannino e infine col reagente di Russow si mostrano in- tensamente gialle. Queste sostanze nelle radici adulte si stratifieano - contro le pareti delle cellule aderendo loro in specie negli angoli. Però re anche nel Lycopus è riconoscibile una membrana di rivestimeno colla ` rispettiva mucilagine sottoposta, inquantochè la digestione gastrica . esporta in gran parte le materie proteiche degli spazii intercellulari rispettandone invece il rivestimento. Le sezioni così digerite sottoposte al reattivo di Russow mostrano distinto il rivestimento colorato dap- prima in giallo e quindi in verde-glauco, composto da tanti granuli minutissimi ed uguali in dimensione, al disotto del quale sta la muci- | lagine gialla dapprima e poi ialina. Nell Aucuba abbiamo ottenuto lo stesso risultato. Digestione avan- zata di uite le sostanze plasmatiche, persistenza del rivestimento e: della mucilagine, le quali assumono le colorazioni sopra ricordate eol - reagente di Russow. Il rivestimento intercellulare si continua colla la mella mediana, come deserive lo SCHENCK. ; Nella Trapa il plasma. é quasi interamente digerito. La destines e il trattamento alla Russow mettono in evidenza due fatti: 1.° Con- . tinuazione della membrana di rivestimento con quella che ricopre le cellule cristalligene sporgenti nelle grandi lacune aeree. 2.° Evidente à successione sulla membrana di rivestimento di una colorazione verde- glauca ‘alla primitiva gialla. . Nel Lycopus e nell’ Aucuba oltre al rivestimento abbiamo adunque, analogamente alle osservazioni di Russow e di BERTHOLD, riscontrato x delle sostanze plasmatiche nei meati intercellulari. Solo ci permettiamo dissentire dagli eminenti istologi, perciò che noi non crediamo potersi | generalizzare questo fatto sulla base di incerte analogie di colorazione prodotte dai reagenti, mentre numerosi altri fatti depongono in contrario. — Torino 20 Maggio 1889. n R. Istituto Botanico della Università d - ' Dott. ORESTE MATTIROLO. |. Dott. Lurer BUSCALIONI. SULLA STRUTTURA DEGLI SPAZI! INTERCELLULARI; Ecc. —157 BIBLIOGRAFIA. c. Acqua. Nuova contribuzione allo studio dei cristalli di ossalato di Calcio nelle Piante. (Malpighia, anno III, fascicolo I e II, pag. 11 e seg.) G. Berthold. LE — Ueber das Vorkommen von posa iam: in Intercellulirráumen. -. @ Klebs (Bericht deut. Bot. Ges., 1884, pag. 20). —. IH. — Studien über Protoplasmamechanik. And 1886, p. 32 e seg.). De Bary. 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Spazio intercellulare fra le cellule ramificate — Se- zione condotta lateralmente al Chilario — Ingrand. c. s. Pos 3. Physostigma venenosum Balf. — Sezione nel punto d' unione di due braccia cellulari del parenchima a cellule ramificate lateralmente al Chilario — Ingrand. c. s. — P processo capitato — A anello, L la- mina mediana. 4. Physostigma venenosum Balf. — Figura schematica del punto di u- nione di due cellule ramificate — A rivestimento pios qun E 4 velo mucilaginoso — L lamina mediana — rocessi — I Stra BI che si continuano collo strato interno della dioni — R Ane 9. STE venenosum Balf. — Sezione trasversale di un assis cellulare munito di processi capitati. — Ingrand. c. s. 6. Lathyrus sativus Lin. — Processo irregolare sulle cellule ramificate laterali al Chilario — Microscopio Hartnack. im. 10 acqua Ocul. ingraud. circa 450. ig. 7-8. Pisum thebaicum Willd. — Bastoncini sulle cellule ramificate laterali al mieropilo e al Chilario — Tugan d. 400 circa — A Braccio sezionato Superficie cellulare. i 9. Pisum thebaicum Willd. — Id. id. — Ingrand. circa 450. 10. Physostigma venenosum Balf. — Processi capitati — Ingrandimento - 450 circa 4 CAMILLO ACQUA = Sera Alcune osservazioni sul luogo di origine dell’ ossalato calcico nelle piante — per il Dr. CamiLLo Acqua. La questione del luogo, in cui si forma l’ossalato calcico, è da tempo oggetto di controversia. Come ho ricordato in alcune mie precedenti pubblieazioni, esistono in proposito due opinioni differenti. Si può cioè — ritenere che l'ossalato calcico si origini in tutte le cellule turgide dei parenchimi, nelle quali sarebbe sciolto dal succo cellulare, e, divenuta. satura la soluzione, eristallizzerebbe in luoghi morfologicamente de- terminati; ovvero può ammettersi che il sale venga formato diretta- mente nelle stesse cellule nelle quali lo riscontriamo depositato. Io ho esposto altrove le ragioni che m'hanno indotto ad accettare quest’ ultima ipotesi,. ed in una pubblicazione comparsa a pag. 17 del presente volume, studiando alcune specie di piante appartenenti ai ge- neri Oxalis, Rumex, Pircunia, sono arrivato a concludere che pro- babilmente l'acido ossalico, il quale in queste piante, non appena for- matosi nelle cellule turgide del parenchima si eombina subito con il potassio, emigra nei serbatoj cristallini, trasmettendosi da una cellula all'altra a traverso le comunicazioni intercellulari, mentre i sali di cal- cio possono pungere negli stessi pi diffondendosi invece nelle pareti, Però, conviene confessarlo, fino ad ora non è stata compiuta alcuna | osservazione, almeno per quanto è a me noto, che ci permetta di sta- bilire con una qualche sicurezza, sia pure per dei casi isolati, se ve- ramente l'ossalato di calcio Si formi nelle stesse cellule, nelle quali lo riscontriamo depositato. Si è fino ad ora invece accettata ora la prima, ora la seconda di queste ipotesi, basandosi esclusivamente sulle mago giori probabilità ehe sembrarono esistere o nell'uno o nell'altro caso, ma dei fatti, in qualehe modo decisivi, non sono stati descritti per al- cuna — r X Ora avendo io compiuto aleune osservazioni sul Mesembryanthemum acinaciforme L. e sull Evonymus japonicus e sembrandomi che esse potessero avere una eerta importanza — almeno quelle compiute sullo . Evonymus — nella questione di cui ci occupiamo, ho creduto oppor- . tuno darne comunicazione nella presente nota. * x x Mesembryanthemum acinaciforme Lin. Questa specie contiene oltre all'ossalato di calcio un altro ossalato ‘solubile. Esaminando delle foglie assai giovani e ancora in accresci- ‘ mento, si scorge che il primo si presenta esclusivamente depositato «in forma di rafidi, i quali possono trovarsi sia nel palizzata, sia nel . parenchima acquifero sottostante. Vi sono poi da distinguere alcune cellule di normali dimensioni, che sono piene di rafidi, da altre di dimensioni assai maggiori e ehe non contengono che un piecolo fascio di aghi eristallini. Sottoponendo dei pezzi di foglia al metodo deseritto à p. 21-22 del presente volume per lo studio degli ossalati solubili (1) si “scorge che essi precipitano in masse sferiche sparse in tutte le cel- lule dei parenchimi. Se esaminiamo le cellule cristallofore vediamo che DT più delle volte esse non presentano alcun deposito, in qualche casb perd ne contengono ed allora in quantità anche maggiore delle altre A cellule. AI merso; ed uccidendo e fissando il plasma senza provocare contrazioni è Stabilita così la distribuzione degli ossalati solubili nella foglia di Mesembryanthemum, io ho voluto cercare dall'altro canto un mezzo che ci permettesse di studiare la distribuzione dei sali di calcio solubili, i quali combinandosi con l'acido ossalico, debbono dare origine ai cristalli. (') In una soluzione acquosa satura di acido pierico si discioglie una certa quantità di cloruro di calcio (generalmente il 2 9/,). L'acido picrico ha r uffieio di facilitare l'i ingresso della soluzione nel ‘pezzo di pianta in essa im- è in grado di impedire, per quanto è possibile, che gli ossalati solubili vengano eiim prima di essere precipitati. »” I Malpighia, anno III, vol. II. | ALCUNE OSSERVAZIONI SUL LUOGO DI ORIGINE DELL'OSSALATO Roo. 161° CAMILLO E 4 Per ottenere ciò, ho disciolto nell acqua distillata dell'acido ET. im proporzione del 2 0/, e vi ho immerso dei pezzi di una foglia di Mesembryanthemum possibilmente della stessa età delle altre usate per: lo studio degli ossalati solubili. Spesso anche ho immerso nei due reat- tivi dei pezzi della stessa foglia e ciò per togliere ogni inconveniente che potesse derivare dalla differenza dell’ età. La soluzione di acido ossalico penetra assai presto nei tessuti, precipitando i sali di calcio dove si trovano, cosicchè dopo poche ore si può togliere il pezzo È pianta e lavarlo con acqua distillata. (1) Ciò deve farsi con molta cura, poichè il reattivo hs talmente ram. mollito il pezzo, già poco resistente per la natura carnosa della foglia, che esso si deforma e si schiaecia sotto ogni lieve. pressione. Dipoi í procede ad una immersione prolungata in alcool, Per osservare quanto E sono per deserivere occorrono dei tagli assai netti e non troppo sottili e non di rado aeeade di dovere fare molte sezioni prima di farsi u FORES del come proeedano le cose in questa specie. I sali di calcio solubili non si riscontrano quasi mai precipitati PF cellule verdi; sono però assai abbondanti nel parenchima sottostante, n quali si riscontrano depositati in masse rotondeggianti in seno alle pas reti di tutte le cellule. Nell'interno di queste, fatta eccezione per le cristallofore, non si riscontra generalmente alcun deposito, o sein qual- che caso troviamo il contrario, ciò si deve all’azione del rasojo che ha asportati i depositi della parete. Le cellule efistallofore invece il più delle volte si mostrano abbondantemente ripiene di depositi, ma vi è anche l’altro caso in cui si presentano prive. Probabilmente quelle. cellule, che con l'impiego del reattivo per i sali di calcio si mostrano vuote, sono quelle stesse, che usando l’altro reattivo ` per gli ossalati solubili avrebbero invece mostrati dei depositi; per cui può dirsi che | nelle giovani foglie di Mesembryanthemum le cellule eristallofore nel () Quando la soluzione penetra nei tessuti le parti verdi vengono scolorate, per tal modo si può seguire il cammino del reattivo a traverso il pezzo e co- noscere cosi il momento opportuno per toglierlo. Ció vale anche per È mapa : dell'altro reattivo per anta e ossalati solubili. È La numero dei casi n. i sali di calcio solubili in grande “abbondanza, qualche volta invece sono occupati dall’ acido ossalico. Nelle altre cellule, come si è visto, i sali di calcio si trovano diffusi nelle pareti; l'acido ossalico o gli ossalati solubili si riscontrano invece nel- l interno di esse. Da queste, osservazioni trae innanzi tutto una conferma quanto io ho ritenuto probabile per alcune specie (Oxalis, Rumex, Pircunia), che cioè le soluzioni contenenti sali di calcio arrivino alle cellule cri- stallofore, diffondendosi nelle pareti e possano così attraversare tessuti ricchi di ossalati solubili senza che avvenga la combinazione con questi. Il De-Vries invece, come altra volta ho rammentato, dal fatto che le cellule cristallofore si trovano in alcuni casi incluse in tessuti ricchi di acido ossalico, aveva creduto concludere in favore della ipotesi della solubilità e dell’ emigrazione dell'ossalato calcico. Infatti seriveywa egli. « è chiaro che il calcio soltanto a traverso queste cellule parenchima- tiche (cioè quelle ricche di acido ossalico) può giungere fino alle druse, e che quindi nel suo tragitto deve essersi già combinato con lY acido - ossalico. Se fosse F ossalato di caleio del tutto insolubile, il sale non potrebbe giungere alle cellule con druse e sarebbe impossibile la sua formazione in htoghi indicati ». Le osservazioni compiute sul Mesein- bryanthemum confermano quanto io aveva detto rispondendo appunto à questa proposizione. (!) Anche sulla questione dell’origine dell'ossalato caleieo le osservazioni compiute possono apportare qualche luce. Abbiamo visto infatti che nelle foglie giovani, quando cioè devono aver luogo le formazioni eri- stalline, i sali di calcio si riscontrano quasi sempre in grande quantità nell'interno delle cellule a rafidi e che in qualche caso sono invece gli ossalati solubili che si accumulano in esse. Ora questa tendenza che * presentano ambedue questi composti, ma specialmente i primi, à por- tarsi in grande quantità nelle cellule cristallofore parla in certo qual modo in favore della ipotesi che rappresentino veramente tali cellule (!) Vedi Contribusione allo studio dei cristalli ecc. Ann. del R. Ist. Bott. EA Anno II, fasc. 2, p. Hc : CAMILLO. ACQUA. in TOM in cui avviene l'incontro dei due reattivi e la formazione dell'ossalato ealcico. Ma un argomento assai migliore ci è dato dallo studio dell’ Evonymus japonieus Lin. Questa pianta contiene numerose macle. Io ho esaminato dei giovani | fusti specialmente: durante il periodo di accrescimento. Le macle si - riscontrano fino dai primi stadi e subiseono un lieve ma progressivo aumento di volume con l'età. Sottoposti al reattivo per la ricerca degli ossalati solubili o dell’ acido ossalico si hanno risultati costan- - temente negativi, per eui si deve concludere che'in questa specie l'a- : cido ossalico , non appena formato, entra subito in combinazione con il calcio; | - Usando invece r altro metodo per precipitare i sali di caleio soups si hanno dei risultati degni di nota. Si scorgono cioè abbondanti pre- È cipitati, i quali o oceupano quasi esclusivamente le pareti, nelle quali possono trovarsi in masse tondeggianti (parenchima verde del fusto), ovvero oltre alle pareti occupano anche F interno delle calte (nel mi- dollo specialmente). | Se ci facciamo ad osservare quello che avviene nelle cellule cri- - Stallofore, ei si presenta un fatto assai visibile. Mentre nelle pareti | delle altre cellule i sali di ealeio sono precipitati in massoline sparse. a distanza, in quelle invece delle cellule cristallofore si ricontrano gli - stessi depositi in quantità di gran lunga maggiore, tantochè spesso essi si sovrappongono gli uni agli altri e sembrano trasformare com- pletamente la parete in un sol pezzo di ossalato di calcio. Ciò si vede specialmente nelle cellule dei tessuti corticali verdi e che dopo la prar parazione prendono un aspetto assai elegante. Il sottostante disegno rappresenta appunto quanto è stato esposto. a si scorge un gruppo di cellule cristallofore le cui pareti mostrano in. quale proporzione si trovino in esse acumulati i sali solubili di ealeio, che sono stati precipitati dal reattivo; si vedono poi altri depositi sparsi. nelle pareti delle cellule ‘circostanti, quantunque nel preparato, da cui fu ; tratto il disegno, gran parte di essi in molti punti siano stati dal ra- sojo asportati S TR aeta, i] ALCUNE OSSERVAZIONI SUL LUOGO DI ORIGINE DELL'OSSALATO gcc. 165 A * Ora il significato di questo fatto non puo sfuggire ad aleuno. Se i sali di calcio contenuti allo stato di soluzione nel corpo della pianta e che si trovano diffusi in tutte le pareti, si accumulano in quantità così grande, durante il periodo di formazioni cristalline, nelle pareti delle cellule E macle, è appunto perchè nell interno di queste cellule essi sono de- :- etinati a trovare impiego, senza di ehe rimarrebbe assolutamente ine- splicabile una così strana e speciale distribuzione. Dimostrato adunque che in questa specie le cellule cristallofore rap- i presentano veramente il luogo in eui ha origine l'ossalato di calcio, 3 sorge ora la domanda: dove si forma l'acido ossalico? Dal fatto che esso non è mai riscontrabile con. dl metodo indicato : “possono trarsi due His O si può ammettere che l'acido ossalico e s * o CAMILLO ACQUA fëmi nelle stesse cellule, nelle quali, incontrandosi con i sali di calcio. . Yo darebbe luogo immediatamente alla formazione dei cristalli; ovvero pub ammettersi che detto acido possa anche prodursi in tutte le cel-/ lule di un tessuto, ma che venga subito trasportato nei luoghi, nei quali è destinato a combinarsi con il calcio. Ora questa seconda ipo- tesi appare già æ priori meno sostenibile. Essa ad ogni modo non po- trebbe ammettersi che nei casi, nei quali, soie abbiamo visto, le so- _ luzioni contenenti sali di calcio sono diffuse esclusivamente nella pa-. rete, e dove potrebbe intendersi la eliminazione dell'acido ossalico a traverso le comunicazioni intercellulari; ma nelle altre cellule, che, come quelle ad esempio del midollo, contengono anche nel loro interno i sali di calcio, riuscirebbe anche meno facile il comprendere come .. lacido ossalico possa formarsi ed emigrare senza prima combinarsi coi questi sali, che debbono essere disciolti nel sueco cellulare. calcio ed. anche l'acido ossalieo. *» LOS j Da queste brevi ricerche possono trarsi le seguenti conelusioni : _.1. Nel! Evonymus japonicus può ritenersi dimostrato che la forma- zione dell’ossalato caleico abbia luogo nelle stesse cellule nelle ion : si riscontra il sale depositato. 2. Anche le osservazioni compiute sul Mesembri yanthemum acinaci=. ‘forme parlano in favore di questa ipotesi. 3. Le pareti delle cellule cristallofore nei giovani fusti di Evon: ymus, specialmente nei tessuti verdi, lare i sali di calcio, corpo della pianta. 4. Da ultimo è anche da osservare che l'acido ossalico si presta assai | - bene ad essere impiegato nello studio microchimico dei sali di calcio — solubili SONG nei tessuti dei vegetali. che allo stato di soluzione si diffondono nel a R. dYaouio Bernie e 1889. * posseggono la proprietà di accumu- - 1 Rassegne * I. H. Waxxer. Studien über die Inhaltshòrper der P[lan- : senzelle. Pringsheim's Iahrb. B. XIX. H. 4. : * Il lavoro dividesi in tre parti. Nella prima Y'A. studia la formazione dei cri- stalli di ossalato di calcio. Usando i comuni metodi per la ricerca dei tonoplasti = scopre il fatto assai importante che l' ossalato calcico si forma sempre nel l'interno di essi Ciò l'A. deduce dallo studio accurato di oltre 60 specie coûte- - nenti cristalli di tipi diversi, come paidi, macle, polvere cristallina, un à 1% | isolati. Una eccezione si ha ste per i cristalli inclusi nella membrana e che si formano in essa. Anche il fatto, constatato in più casi, che dei piccoli cristalli sono trasci- : ‘nati dalle correnti plasmatiche, sarebbe spiegabile, secondo il WAKKER, am- mettendo pure che I ossglato calcico in questi casi si trovi nell’ interno dei vacuoli. In seguito ad. opportune ricerche, egli osserva che i piccoli cristalli. | possono trovarsi aderenti alla parete del vacuolo; ora 6 possibile che il plasma granuloso con le sue correnti debba indurre un movimento per attrito anche sui tonoplasti, i quali alla loro volta trascinerebbero i piccoli cristalli. Dopo ciò l'A. prende in esame la questione dei rivestimenti di cellulosi, che si osservano talvolta intorno alle macle. Egli ritiene probabile che i eristalli si formino dapprima liberi nella cellula, e che, avvenendo in seguito la morte della medesima e cessando per ció il turgore, le pareti delle cellule circostanti siano spinte nel lume della cellula morta, avviluppando cosi completamente la macla e dando origine alle note di travi di cellulosi. Nella seconda parte l A. studia la formazione dell'aleurone e trova che la sua formazione ha sempre luogo nell'interno dei vacuoli. Dapprima i tonoplasti si frazionano in molti piccoli, nei quali mostransi in seguito i corpi di aleurone. . Cosiechè il WAKKER li definisce dei vacuoli ripieni di albuminoidi. Durante il | germogliamento dei semi i vacuoli si svuotano ed allora si avvera un processo opposto che cioè più vacuoli tendono a fondersi in pochi di maggiori dimensioni. | La studia inoltre la formazione dei cristalloidi che non sono inclusi nei - -corpi di aleurone e trova che alcune volte formansi noi vacuoli dis Se cri- -stallinus, Pothos scandens, ete., ete. ); altre volte invece in seno al pe TG ] lanum tuberosum, Hyacinthus candicans). È notevole l'osservazione sul Pothos, | | che cioè nell’ epidermide della foglia o nel parenchima sottoepidermoidale ; cristalloïdi si trovano in cellule che circondano o per lo meno confinano em cellule morte ripiene di sostanze eci, formate tavolta da albuminoili e talvolta da sali calcarei. - ‘Nella terza parte il WAKKER compie lo studio della foedere degli : scopre un fatto precedentemente non osservato da ‘alcuno. Nelle celluk epi- dermiche di una foglia “di Vanilla planifolia T olio formasi al di fuori vacuoli ed in corpi speciali plasmatici, di dimensioni determinate, ^ che F WAKKER chiama elajoplasti o formatori di olio. Quando essi hanno compi iJ lon ufficio scompajono- dalla cellula. Sono più grandi degli amiloplasti loro dimensioni possono ritenersi di 8 —12 4 L'A: È studia diffusamı T anche dal lato microchimico. i edi in altre piante. Nei semi inveco r olio s si forma diffusamente in tutto il plasm + notes ole anche E osservazione che, durante la plasmolisi , il plasma lasciars Porto dalla soluzione senza che perciò si avveri la sua mor è illustrato da Astra: role j in So di A |) Notizie N oe di Microtecnica. SOSTANZE COLORANTI. — Carminio per la colorazione dei nuclei. — Il Dottor M. Nirirorow (Ueber kernfärbendes Carmin. — Zeitschr. f. wiss. Mikr., Bd. V, 1888, p. 337) propone una nuova soluzione di Carminio per la colora- zione dei nuclei. — 3p. di Carminio, con 5p. di Borace e 100p. di acqua si scaldano in una capsula di porcellana. Il Carminio si scioglie appena. Si ag- a giunge dell'ammoniaca, ed allora il Carminio si scioglie tutto, ed il liquido prende. una intensa colorazione rosso ciliegia. -Il miscuglio si scalda fino a ri- duzione del suo volume a metà. La soluzione così ottenuta non colora i pre- | parati, o conferisce loro una colorazione che scompare subito, se il preparato : > si agita nell'acqua. Se però si aggiunge a poco per volta alla soluzione del- . l’acido acetico diluito, fino a scomparsa del color rosso ciliegia, si ottiene un liquido che per la colorazione dei nuclei può. stare a confronto col Carminiò all allume. Per conservare la soluzione vi si aggiunge un po” d’acido carbo- .. leo (fenico). I preparati si colorano in 15 minuti, ma qualehe volta ci vogliono anche 24 ore. Il preparato, appena colorato, va lavato nell" aequa, finché non cede piü colore. ` Questo Carminio è adatto specialmente per i Propran fissati in alcool ,.e _ dà ai nuclei un color rosa intenso. x Colorazione delle cellule viventi. — Abbiamo già parlato, (Malpighia , . Anno II, pag. 349), delle esperienze fatte dal Prof. Mosso sull’ azione di al- | cune sostanze coloranti sulle cellule viventi. Il Dottor MartINoTTI ha fatto nuove ricerche in proposito, ed ha trovato che il bruno Bismark e l'azzurro ... i metilene colorano benissimo il protoplasma (non il nucleo) delle cellule ‘Animali viventi (Cfr. Zeitschr. f. wiss. Mikr., Bd. V, 1888, pp. 305-13), Il Rosso Congo non è un bib reagente neppure pei la cellulosa ; perchè colora i in rosso tutti gli amiloidi in DAI e specialmente le go NOTIZIE di tutte le specie. Può qualche volta servire piuttosto a mettere più in evi- ; denza le mucillaggini medesime. (Cfr. HEINRICHER: Ist das Congoroth als Reagenz auf Cellulose brauchbar? — Zeitschr. f. wiss. Mikr., Bd, V, 1888, pp. 343-6 ). x VARIA. — Chiusura dei preparati da osservarsi con lenti ad immersione omogenea. — L'olio di legno di cedro che si'adopra per l'immersione omogenea non si asporta mai totalmente di sopra il vetrino copri-oggetti, se non si. adopra, per pulirlo, una pezzuolina bagnata con un po’ di xilolo, o di benzina, gorio sui margini il balsamo del preparato, e lo danneggiano. Il Dottor GaRBINI, ad evitare questo inconveniente, propone di ca margini delle preparazioni in balsamo del Canadà, od altra simile resita, con uno straterello di gomma, alla quale si può unire un colore nero, rosso, 0 bianco, se si vuol rendere visibile quello straterello. Ci vuole una gomma che; essendo insolubile nei detti solventi, e solidificandosi prontamente, non diventi -però tanto secca da screpolarsi con facilità, Egli trova ottima perciò la così. detta Senegaline di ADRIEN MAURIN in Parigi. (Dalla « Zeitschr. f voissénseh. -Mikroskopie », Bd. YN 1888, p. 171). X Reagenti microchimici della Solanina. — Il Sig. E. WoTHTSCHALL di Kasan ha recentemente pubblicato una lunga memoria sui reagenti della Solanina, (Ueber die mikrochemischen Reactionen des Solanin — Zeitschr. f. wiss. Mikr. Bd. V, 1888, pp. 19-38 e 182-05), nella quale memoria dopo aver fatta Ja storia dei reagenti da altri consigliati, espone le ricerche da lui eseguite allo scopo di vedere quali dei tanti proposti fossero i più accettabili, e quali spe- cialmente fossero più adatti alle ricerche microchimiche. Per per ultime scopo il reagente deve soddisfare alle seguenti condizioni : 1.° dare una reazione distinta, anche se la sostanza non è isolata e pura; poichè si tratta di far la reazione sopra tessuti che, insieme alla solanina, con- terranno quasi certamente altre sostanze. 3 : 2° dare una colorazione intensa, ben distinguibile e persistente, 0 un pre cipitato che non possa confondersi collo granulazioni del mere cellulare. . 2. dare la reazione anche colle soluzioni diluite. Parecehie reazioni microchimiche della Solanina vanno quindi subito pee E NOIR er RL qup ; perchè non soddisfano a queste condizioni. L'A. trova applicabili, come rea- E genti microchimici della solanina soltanto queste tre sostanze : : 1.°-La soluzione di vanadiato ammonico in acido solforico. 2. La soluzione di seleniato sodico in acido solforico. 3.* L’ acido solforico concentrato. Il primo reagente è il più sensibile e di ov facile riuscita, e dà una reazione ben distinta. I. Soluzione di vanadiato ammonico. ( Reazione di MANDELIN). — Degli acidi ì "aindgici ne esistono tre, un piro —, un orto — ed un meta-vanadico. Que- ‘st’ ultimo è il più stabile, ed il suo sale ammonieo è quello che si deve ado- 3 prare, (NH,) VO.. Questo vanadiato ammonico si ottiene cristallizzato, e rA. adoperò quello preparato da Mercx in Darmstadt. L/ acido solforico deve essere della composizione H, SO, +2 H, O, cioè nella proporzione di 98p. di acido puro a 36 di acqua; ossia del peso specifico di "i circa 1,652 corrispondente a 57° dell’ areometro Baumé. La proporzione più conveniente fra il vanadiato e I acido solforico è, se- | condo A., da 1a 1000. Questa soluzione risulta di color giallo aranciato, simile quello di una soluzione diluita di bieromato potassico. L'(H, SO,) dev’ essere purissimo e per esser più sicuri della reazione bisogna che il reagente sia preparato di fresco. L'A. opera così: tiene pronto F acido ‘solforico della composizione sopra indicata; tiene una serie di tubetti di vetro, i»: chiusi alla lampada, con dentro 1 mgr. ad l egr. di vanadiato, il eui peso pre- | ciso, già determinato, è segnato sopra ogni tubetto; al momento di adoperare . Àl reagente, lo prepara prendendo un tubetto e sciogliendo il suo contenuto «in 1000 volte il suo peso dell'acido già preparato. La colorazione che questo reagente dà colla solanina è dapprima gialla, poi | arrossa ed imbrunisce passando per diversi toni, fino a divenir rosso carminio. + Poi il colore indebolisce; dopo qualche tempo volge all azzurrognolo passando E per i colori rosso lampone, violetto, assurro-violetto, e finalmente, dopo esser | divenuto di un pallido grigio-azsurro, scompare del tutto. Il tempo necessario per ottenere tutte queste gradazioni è variabile. In ge- ‘ nerale ci vogliono 1 o 2 ore per giungere al violetto. Da questo punto alla . x scomparsa totale del colore ci vogliono ancho 11 o 12 ore. Naturalmente, quanto piis solanina abbonda, tanto più presto si ottiene la reazione. . ll preparato è adatto per qw reazione quando contiene uno intero strato di cellule ; ma è meglio se è un po' grosso. 172 Pu. um NOTIZIE ` E Un inconveniente di questo reagente puó essere Ja presenza dell'acido so forieo eoncentrato, il quale può distruggere la parete cellulare; ed anche perchè - l'acido stesso può dare colorazioni rosse variabili cogli olî grassi. Ma nel caso che questi si trovino nel preparato, si possono eliminare coll’ dat: essendo la solanina ed i suoi sali insolubili in questo liquido. II. Soluzione di seleniato sodico. (Reazione di BnaNpT) — Il seleniato so- dico, Na, Se O,, è una sostanza cristallina bianco- -grigiastra, e si scioglie nel- l acido solforico diluito nella prop. di 3 vol. d' acido e 4 vol. di acqua. Quanto alla proporzione del seleniato, BRANDT non dice nulla, ma DRAGENDOREF | 8; . RENTELN trovano conveniente la soluzione di gr. 0,3 di seleniato sodico in | un miscuglio di 8cc di acqua e 6cc di acido solforico concentrato puro. Quosta soluzione si conserva bene inalterata anche per qualche settimana. i La reazione si ottiene soltanto riscaldando con grande cautela il pregiati e richiede talvolta anche qualche ora. Il riscaldamento deve cessare appena s - hanno le prime tracce di colorazione. Scaldando troppo poco, la colorazione, se pure la si ottiene, è debole, incerta. Sealdando iroppo, il colore già comparso impallidisee e puó scomparire. Bisogna perció fare una certa pratica con questa reazione. Ma ottenuta una volta, la pratica è suo fatta, e la si può “iper E con facilità. Lasciando raffreddare il preparato appena comparisce il Solon questo di- viene dopo poco tempo di un bel rosso-lampone, poi di un rosso più puro, - finchè comincia ad impallidire. prendendo un tono SE: -brunastro e poi più sporco, fino a totale scomparsa. La durata della reazione è varia, secondo i casi, ma la visibili à grand III. Acido solforico. — Sebbene SCHAARSCHMIDT dica che l'acido solforico non deve essere troppo concentrato, il nostro A. ritiene che per avere con sicurezza la reazione, l acido deve essere purissimo, (H, SO,), senza acqua. Dal preparato si devono prima eliminare gli oli, se ve ne sono, coll’ etere. - La colorazione che si ottiene colla solanina è prima giallo-scura, poi arrossa e diviene yiallo-aranciato, poi passa al tono violetto, comincia a sbiadire , diviene grigiastra, e finalmente sparisce. : La soluzione dell’ alcaloide puro dà, "um 24 ore, un precipitato fioccoso. su vegetali, da di tutto è operare sul fresco, porghò è solubile. Qualche volta perd la si ritrova sat 5 Volendo far ricerche nell’ alcool la solanina è "Becco, 3 L'A. ha fatto ricerche sui tuberi di patata germogliati , sui germi di pa- tata, e sulla Dulcamara; ma di questi studî non occorre parlare qui. Ci basti avere descritte le reazioni, che possono servire a chi abbia da far ricerche microchimiche, e delle quali la prima ci sembra la migliore, da quanto ne dice l'Autore. Firenze, Marzo 1889. 7 a A Prof. ASER PoLI. Un fermento dell acido ossalico. Esso è un Saccharomyces, sparta dallo Zopr esaminando i funghi prodot- 3 CS nella farina di semonte di cotone. L'A. lo r4 separato ed è riuscito ad ot- * Dal esame morfologico l'A. era giunto alla conclusione che questo Saccha- romyces dovesse produrre una fermentazione aleooliea, ma opportune ricerche | dimostrarono il contrario. Infatti in una soluzione di zucchero di uva in 4 set- limane non si produssero che traccie di alcool, dovute na alla azione Se di una respirazione intramolecolare. * Invece delle colture pure fatte con nées di zucchero di canna durante "5 mesi e mezzo mostrarono tra i depositi , oltre a numerose cellule del fer- mento, abbondanti cristalli di ossalato di calcio. Dopo opportuni studi lo Zopr conclude che questo nuovo fermento, al uie dà il nome di Saccharomyces Hansenii, è in grado di produrre dell acido os- salico, ossidando sia gli idrati di carbonio del gruppo degli zuecheri di uva o del gruppo degli zuccheri di canna, sia anche gli alcooli polivalenti. C. Acqua. Due parole di replica n Dottor Acqua. Il Dottor. Acqua ha creduto bene di rispondere nella Malpighia (Vol. III, pag. 37 a 43) ad una critica del suo primo lavoro (Contribuzione allo studio - dei Cristalli di ossalato calcico nelle piante. —. Annuario del R. Istituto ` Botanico di Roma, Vol. III, 1888, pag. 109-21), da me pubblieata nella Rivista Scientifico-industriale (CA ossalato di calcio nelle piante, Vol. XXI di detta Rivista, n, 2, 31 Gennaio 1889, pag. 28-35). Poichè molti lettori della Malpighia NOTIZIE . non conosceranno il mio «riti; per essere pubblicato in altro poradia, mi permettano due parole di rettifica ad alcune inesattezze nelle quali è caduto i Dottor Acqua. 4 Prima di tutto non fu scopo precipuo di quella mia pubblicazione quello d confutare il suo scritto. Io scrivevo, è vero, ( pagina 29 e 30 della Rivista « Nella prima parte del suo lavoro egli (il Dott. Acqua) descrive quanto « veduto nella Pircunia dioica, e nessuno ardirebbe mettere in dubbio i fata) d : * lui esposti: nella seconda parte (Zn quali cellule ha origine U ossalato € « calcio 8) ‘però egli fa una serie -di ragionamenti e di deduzioni $ che ci : « permesso di confutare. » Ma subito dopo soggiungevo: « Mi si permetta « tornare qualche passo indietro, poiché non intendo fare una semplice rece .« sione del lavoro del Dott. Acqua, ma piuttosto una rivista sintetica sull’ar- « gomento, a partire dal punto in cui lo abbandonai dopo le mie citate ricerch | — Æ Ciò mi sembra chiaro! — Io presi bensi occasione dal lavoro del Dott. Dun i per trattare dell’ argomento, ma la critica Le suo lavoro comincia a pag. e finisce a pag. 34 della Rivista. Ho citato l'Arno AË, precisamente a titolo di storia, come, del resto, lo citò lo stesso. Dottor Acqua, nel suo lavoro; ma chi ha letto quanto io scrissi proposito nella mia Tesi di Laurea. (I cristalli di ossalato calcico nelle più: it — in. 1882,a pag. 33 e 34, avrà veduto che io la teoria dell' M Ai' Quanto all'avere io detto, (inn 33 della Rivista), « Non posso qui E. « tare uno ad uno,tutti i ragionamenti del Dottor Acqua »; i lettori della Mal pighia, anche senza aver letto il mio scritto, non hanno bisogno che io spie hi. loro che il non posso QUI, non poteva essere da parte mia una dichiarazione di impotenza a confutare i ragionamenti del Dottor ACQUA, ma significava che quello, (per la natura della Rivistà ); non era il luogo adatto per una critica particolareggiata, ma dovevo trattare la questione per sommi capi. - Posto ciò, è naturale ch'io abbia passato qualche cosa sotto silenzio (i I pighia, pag. 41). Ma poiehé il Dottor Acqua si lamenta del non aver io rispost alla sua domanda: « Ma chi può dirci che non trattisi piuttosto di un processo g scomposizione ? » (Malpighia, pag. 40), risponderò che la sua osservazione - À è giusta; ma bisognerebbe non fare, come egli fa, una cosa sola, della solu- SR dell’ ossalato calcico e della sua possibilità di migrare, per asserire ©! . © insolubile e non migra. Non essendo finora dimostrato in modo assoluto * l uno nè l’altro fatto, le cose PR sono tre: ‘che sia, sebbene. in pieda -) sima proporzione, e soltanto nei liquidi cellulari, solubile, e che, in certi casi | possa migrare; che sia assolutamente insolubile, ma migri, (come l' amido); 0, come vuole il Dott. Acqua, sia insolubile e non migri mai. E per finire, diró che, nonostante il Dottor Acqua non trovi giusto questo modo di esprimermi , cioè, (pag. 33 della Rivista): « la ragione addotta dal « DE VRIES, in favore della solubilità dell' ossalato, cioè la grandezza spesso è «significante dei cristalli, è una regione che ha qualche valore ed alla quale ATI Dottor Acqua non risponde in modo, PER ME, CONVINCENTE, » nOn posso che ripetergli, anche ora che ho riletto quanto egli a questo proposito scrisse a pag. 12 della sua prima Memoria, (p. 118 dell'Aunuario), che le sue ra- gioni non mi hanno convinto. Forse egli non fu abbastanza chiaro nell’ espri- mere il suo concetto, o io non l’ ho capito per ignoranza mia; ma non so come avrei dovuto esprimermi diversamente per dire... ciò che ho detto. LJ | D'altra parte, quando si tratta di resultati di ricerche, se mie ricerche od esperienze non mi autorizzano a confermarli o contraddirli, mi limito a citarli; ma quando si tratta di ragionamenti, di deduzioni, o di apprezzamenti è facile trovarsi discordi. Firenze, Maggio 1889. | AsER Pot. PS Poich al Dr ER capitò a proposito il lavoro del WemmER (Das Werhalten, ecc.), il quale:negava quanto lo SCHIMPER aveva asserito, racco- mando a lui ed ai lettori della Malpighia i seguenti scritti pubblicati nel Bo- tanisches Centralblatt: © | F. G. Kont, Zur Kalkosalat-Bildang in der Pflanze. OE Centr., 1889, n. 15, D. 471-5). D. C. WEHMER, Zur Calciumoxalat-Frage (Ll e, n. 49, p. 648° ) 3 à G. Konr, Entgegnung auf Herm. D. Wehmer's Mittheilung : Zur S TRE (l. e, n. 19, p. 64952)! * © NODIZIE o ADDENDA AD FLORAM ITALICAN | LÀ Prima contribuzione all Epaticologia romana per. UGO BRIZI 2 - Nell'ultimo rilievo generale dell Epaticologia italica del Ch. Prof. Mas- salongo (!), sei sole specie figurano raccolte nel territorio romano e sono: Jungermannia nigrella De Not. raccolta dalla Contessa Fiorini-Mazzanti b dal De Notaris, — Riccia paradora De Not. forma della R. tumida Ldb. — Porella. Notarisii Trevis., specie che il prof. Massalongo (?) distrusse, dimo- strando doversi riferire alla forma tipica P. platyphylla (L.), — Lophocole bidentata Nees, — Reboulia hemisphaerica Raddi, ed Anthoceros punctatu (L.), — specie comuni, raccolte, la prima dalla Mazzanti, la seconda dal Friedrichstahl, la terza dal Vahl. ar Il Maratti (5) poi annovera 19 specie, delle quali cinque non figurano di presente elenco, ma tutte con dati incertissimi e senza specificare la località e, comprendendo la Flora Romana del Maratti anche il Piceno, è probabile che qualcheduna delle specie ivi enumerate non anti al dominio della PER vincia Romana. La Contessa Fiorini- Mazzanti (*), oltre alle tre specie suaccennate, ne cita altre due: Conocephalus vulgaris De Not. e Jungermannia (Cephalozia) byssacea | De Not. Forse qui finisce la Bibliografia dell’ Epaticologia Romana, adm Nell'intentó di contribuire a colmare questo vuoto, ho intrapréso lo studi 4 di coteste leggiadre crittogame, cominciando da quelle annoverate nel presente . elenco e raccolte nei dintorni di Roma in poche saltuarie escursioni in punti —————* CE: Main, Repertorio della Léa italica in Annuario del R. Istituto Botanico di Roma. Anno II, Fasc. () C. MassaLoxao. Osservazioni critiche dpa specie e varietà di Epatiche italiane create dal De Notaris in Ann. Istit. Bot. a pn Anno III, fase. IL C) Manarrr. Flora Romana 1822-23, to II, (4) ELISABETTA FIORINI-MAZZANTI. Floru dd cli in Atti dell'A Pont. dei Hom THEN. anno XXVIII, p XXVIII, 1874-75. n disparatissimi della provincia Romana, tanto varia per conformazione di suolo, per composizione geologica e per clima, e tanto mal conosciuta dal punto di " — vista della botanica crittogamica, e continuando a studiare quelle che spero - . . raccogliere in seguito, e quelle che fan parte del materiale indeterminato del- Mo Li Erbario «del R. Istituto Botanico di Roma. Tra le specie qui sotto enumerate, ordinate bd il Resina dell Epati- cologia italica (1), alcune ve ne sono veramente interessanti come: Jungermannia subapicàlis Nees; nuova per l Italia, — Plagiochasma italicum De Not.; — Diplophylleja obtusifolia (Hook); — Nardia scalaris (Hook), ece. Non mi resta che ringraziare il mio egregio maestro, il chiariss. Prof. Dan che mi fu largo di aiuto e di preziosi consigli. à E) Fam. I. Jungermanniaceae Lindbg. | A. FOLIOSAE. | Trib. II. Mesophylleae Dmrt. l. NARDIA SCALARIS (Hook.) isineti Brith. Hep. p. 23. tab. III; C. Massal., Rep. Ep. it. p. 95, ed. Oss. erit. in Ann. Ist. Ber. di Roma. Anno II, fase. II. : p. 159. — Alicularia Cda: Syn. hep. p. 10. Bu Luoghi umidi argillosi al Monte Soratte presso S. Oreste. — Aprile 1886. | Trib. IV. Jungermannieae Massal. Zi PLAGIOCHILA ASPLENIOIDES (L.) Dmrt., Hep. Eur. 43; Boulay., Musc. p. 768; C., Massal. Rep. Ep. it. p. 97. — ie dne pe De Not. Prim..hep. it. p. 89; Ekart, Syn. Jung. p. 8, t. I; f. 4. Sui monti Albani: Frascati villa Aldobrandini — Fra i muschi, presso la Madonna del Tufo a Monte Cavo — Marzo 1886 — Sempre sterile! $ 3. SCAPANIA COMPACTA (Roth) C. Massal. Rep. Ep. it. p. 98 ; Dmrt. Hep. Eur. ). 94: ; Boulay, Muse. p. 771. — Ob edu ue Syn. hep. p. 58; Ekart, n Jung. p. 28, t. II, f. 11, e t. X, f. 90. Fra i muschi (Bartramia stricta x ), sui tufi vulcanici a M. Cavo — Non co- mune*— Marzo 1886. 4. Scapanta NEMOROSA (L) C. Massal., Rep. Ep. it. p. 100; Dmrt., Hep. Eur. p. . 98; Erb. critt. it. Ser. IL 958. — Jungermannia L., Ekart., i Jung. p. 24 us Erie : PAR TR 12 Malpighia, anno IM, vol. HI. eet È NOTIZIE Nei boschi dm SOT, dei monti: Colli di Civitavecchia, fra i muschi ed altre epatiche. Giugno 1887. — Monte Cavo. Marzo 1886. — Rocca del Cardinale presso Subiaco. Maggio 1887 (lgt. A. Pelosi). Sempre sterile! 5. DIPLOPHYLLEIA ALBICANS (L.) C. Massal., Rep. Ep. it. p. 102.— Diplophyllum. Dmrt., Hep. Eur. p. 48; Carringt., Brith. Hep. tab. XIL f. 38. — ana mi: L; Ekart, Syn. Jung. p. 29, tab. VII, f. 55. Nei boschi ombrosi a Monte Gennaro (Alt. 1000 m.). Früttifera ! _ Prodi Tivoli copiosissima , ma sterile. B DIPLOPHYLLEIA oBTUSIFOLIA (Hook) C. Massal., Ré. Ep. it. p. 102. — Di | plophyllum Dmrt., Hep. eur. p. 50. — Jung germannia Hooks Erb. «critt. it. Ser. II. 960. Monte, Viglio (ion) alt. 2000 m.! Igt. A. Pelosi. E - Rarissima! de una raa (9) NIGRELLA De Not., Prin. hep. it. p. 35; C. Massal., Hell “Ep. it. p. 102, e nota a p. 148, tab. VII, f. IV: Chaboisseau in Bull. Soc. botan: - | de France Xv 301; Boulay, Muse. p. 200: Aplozia. Dmrt., Hep. eur. p. [155 Sulle pietre umide al Colosseo, dove copiosamente fruttifica nell’ autunno avan- a zato. Aderisce fortemente alle pietre formando cespuglietti di un bel verde vivo | quando è umida, nero picei quando è secca. Raccolsi questa interessante specie anche sul colle delle Farnesina, sull'arena umida, m meschini oem dir sterile, nel Febbraio 1887. | Tur 8. (rsen dii Nees v. Es.; Syn. hep. 84; Boulay, Muscinées; | : p. 785; Gott. e Rabh., Hep. eur. ex. n. 275 (cum icone) e 570. — Aplosia Dmrt., di Hep. eur. p. 56.— S germana renulata Mart, FL SE ile p. 179. BU VI, f. 54 (pessima!) — Tra i muschi (Hylocomium Squarrosun B. E à; al limite. delle maechie basse j* 3 sul monte Viglio. (Alt. 2000 m.!). Oss. Questa specie, nuova per l'Italia, è nota finora in Germania, Svezia © Scozia (Du Mortier), Francia e Svizzera (Boulay). © ed una sua varietà Lieho. a diana nel Messico A rus acd c B JUNGERMANNIA: BARBATA Schreb; Ri RO Ber Ep. it. p. 109; Stephani, . Deutsehl. Jung. p. 39, f. 71; Dmrt., Hep. Eur. p.72. — do Were quae | dentata Ekart, bas Jung. p. 46, tab. V, f. 41. * —— Sulle rupi muscose umide sul Monte Viglio (alt. 1900 m.) Maggio 1887. —.. . 10. BLEPHAROSTOMA TRICHOPHYLLUM (L) Dmrt. Hep. Eur. p. 95; C. Massal., - Rep. Ep. it. p. 112. — Jungermannid L.; Ekart, Syn. Jung. p. 2, t. IV, f. 27; ' Erb. critt. it. Ser. II, 417. . Sülle arene dei colli presso al mare a Porto d’ Anzio. Dicembre 1885. . — H. CEPHALOZIA BYSSACEA (Roth) Dmrt., Hep. Eur. p. 90; C. Massal., Rep. Ep. dt. p. 114. — Jungermannia Roth; Ekart, Syn. Jung. p. 20, t. IV, f. 34. — Jun- | germannia divaricata v. rivularis De Not.; Erb. Critt. it. Ser. IL, 113. — Sui sassi e vecchi muri umidi intorno a Roma: Palatino, Ps Romano, Co- ... losseo, Macchia Madama, ece.. 12. LoPHOCOLEA BIDENTATA (L.) Syn. Hep. p. 159: C. Massal., Rep. d it. p. 116; ke Erb. critt. it. Ser. II, 708 ; Boulay, Musc. p. 814. — Lophocolea lateralis Dmrt. Hep. Rh ur. p. 84. — Jungermannia bidentata De Not., Prim. hep. it. n. 28; Mart. Fl. crypt. Erlang. tab. III, f. 13; Ekart, Syn. Jung. p. 41, tab. VII, f. 53. = Fra i muschi (Isothecium piene Brid.), a Monte Cavo presso al convento. | = Marra 1886. 13. CitiLoscYPHUS POLYANTHOS (L.) Dmrt., Rev. Gen. Jung, et. Hep. eur. p. 101, - tab. II, f. 24; C. Massal, Rep. Ep. it. p. 117; Boulay, Musc. p. 819. © Alcuni surculi tra i cespuglietti di Hypnum molluscum L. raccolti dal Dott. T. A. Baldini sui monti della Tolfa (Civitavecchia). " e Trib. V. Lepidozieae Limpreht. M. Loos REPTANS (L.) Dmrt., | Hep. Eur. p. 109; C. Massal., Rep. Ep. it. . D. 118. — Jungermannia io m. Pl. ed II, p. 1599; nds Syn. Jung. p. 51, - tab. III, £ 21. Appié dei tronchi putresconti dei hasta a Monte Cavo. Agosto 1887. “ls. A TRILOBATA (L.) C. Massal., Rep. Ep. it. p. 119. — Mastigobryum .. Syn. hep. p. 230; Boulay Musc. p. 825. — Jungermannia Hook, Brith. Jung. tab. 76; Ekart, Syn. Jung. p. 49, tab. HI, f. 22, e tab. XIII, f. 116; De Not., | Prim. hep. it. n. 20. .. Sulle rupi trachitiche presso la Madonna del Tufo a Monte Cavo. * Marzo 1886. * i : Jung. p. 61, tab. IL f. 17. Trib. VII. Platyohylieao Syn. Hep. 16. PoRELLA LAEVIGATA (Schrad) C. Massal., Rep. Ep. it. p. 120; Lindbg., ir Act. Societ. Fenn. IX, p. 335. — Madotheca Dmrt., Hep. eur. p. 22; Boula Muse. p. 831. — Jungermannia Schrad; Hook. Brith, Jung. tab. 35; Ekart, Syn. Jung. p. 53, tab. VI, f. 14: De Not., Prim. hep. it. n. 1. Sui tronchi di castagno a Monte Cavo (Marzo 1886) e comunemente Bum ad una certa altezza sui colli e sui monti, ma sempre sterile. 17; PORELLA PLATYPHYLLA (L.) C. Massal., Rep. Ep. it. p. 121. Madotheca Dmrt. eur. p. 23. — Jungermannia L: Hook, Brith. Jurg. tab. 40, f. 1; Ekart, Jung. p. 52, tab. III, f. 24. SEPRIO nei ds umidi PON sui di Da IUE: rhone im Borde; villa Pámphyli, boschi all Dogna, de Tradera, Monte ; Cavo, ece... Trib. VIN. Frullanieae Massal. 19. FRULLANIA DILATATA (L.) C. Massal., Rep. Ep. it. p. 123; Dmrt., Hep. por p. 27; Erb. critt. it. Ser. I, n. 325; De Not., App. Nuov. Cens, Ep. it. in Mem. Acc. Tor. Ser. II, tom. XXXII, p. 374, t. IV, f. 19. — Jung germannia Li Ekart Syn. Jung. p. 60, t. II, f. 18. Sui, tronchi d alberi late pos a Roma: Villa pee villa Lu dell Allumiere (Baldini), Monte Gennaro (Pelosi): 20. FRULLANIA Tawanrsct (L.) C. Massal., Rep. Ep. it. 124; Dmrt., Hep. eu p. 29; Boulay Muse. p. 838; De Not., App. Nuov. cens. op. it. in 1. s. e. p. 37 tab. IV, f. 20; Erb. critt. it. Ser. I, 827 e II, na, PRERA Li Ekart, i Sulle rupi vulcaniche, | sui vecchi castagni e "entia torra fra à muschi 3 Monte = Marzo | va cui v. f. 25; Erb.: ah it Ser. II, n. 22 e 1927. — = oneri] Diks; Ekart, ; uw ee à 56. um Et RÉ Trib. IX. Saccogynene Dmrt. emend. 25 : 22, Kasma TRICHOMANIS (Dill) C. Massal., Rep. Ep. it. p. 126. — Cálgyoyeja. M : Horta: — Cincinnulus Dmrt., Hep. Eur. p. 115. — Jungermannia. Diks; Ekart, da Syn. Jung. p. 40, tab. IV, f. 35. Luoghi umidi ombrosì dei monti Albani; folapedo. 14 Marzo 1887. Trib. X. Tricholeae Mista: 28. nel TOMENTELLA (Ehr) Dust Hep. Eur. p. 111; c. Massal., Rep. Ep. it. p. 127. — Trichocolea Nees , Syn. Hep. * 207. — We pee Ehrh; 5 Ekart, Syn. Jung. p. 55, tab. VI f. 49. P 3 HE — Sulle rupi trachitiche umide al Monte Peschio (V let), Settembre 1887. "a Monte Cavo, Ottobre 1887. l uec ; Ex B. SUBFRONDOSAE. Trib. XI. Fossombronieae "Raddi. - ol. XIV, tab. XIX, f. 2; Dmrt., Hep. eur. p. 15, et. add. p. 173. Alla base dei tronchi di Quercus Suber L. a Macchia Madama, Gennaio 1887. Hints Cavo sugli argini della via, Marzo 1886. 20. FOSSOMBRONIA CAESPITIFORMIS De Not.: C. Massal., Rep. Ep. it. p. 128; Dmrt., Hep. Eur. p. 174. — Fossombronia angulosa & caespitiformis. Raddi. Sulla terra umida nei Monti Albani: Valle Ariccia. Marzo 1888, Oss. Rara! pei echinato ana; NOTTIE o C. FRONDOSAE. Trib. XIII. Blasieae Dmrt. 26. BLASIA PUSILLA L. Sp. Pl. ed. II, p. 1605; C. Massal., Rep. Ep. it p. .Dmrt, Hep. eur. p. 135. — Jungermannia Blasia Ekart, Syn. Jung. p. 69. ; tab. XI, f. 94 e AH. f. 114. 3 . eino: aon 1886 (fruttifera!), Isola Farnese. Maggio 1886 pee. | * GEMMIFERA Massal., Rep. Ep. it. p. +00 . Monte Cavo: Margine dei viottoli lungo te Gallerie d'Ariccia. Ottobre 1887 i cen EET Trib. XIV. Pellieae Dirt. fi Pala FABRONIANA Raddi ; C. Massal., Rep. Ep. it. p. 130. — Pellia caly cina. Nees, Europ. Leberm. III, 386; Rabh. hep. eur. ex. 181; Syn hep. p. 490; . Boulay Muse. p. 841. — Jungermannia epiphyita Hook, Brith. Jung. tab. XLVI 7 . Ekart, Syn. Jung. p. 63, tab. XIII. . . Sulle fontane, fossi umidi, ecc., intorno a Roma: Acqua dris Orto Bo nico a Villa Corsini (fruttifera!). | + FURCIGERA C. — in Le cp 190 Ville Borghese e Pamphyli. Orto Botanico a bises .* UNDULATA. — Pellia age des Be Syn hep. 489; Nees, Europ. Lobo. Vol. Ill, p. 365. : Villa Borghese, sul fondo di una fontana. i d dte 1889. Trib. XV. Matxjiriens Syn. hep. 28, METZGERIA FURCATA (L.); Lindbg. Monograph. gen. p. 35, f. 8; C. E Rep. Ep. it. p. 131; Erb. critt. it. Ser. II 159; Dmrt., Hep. Eur. p. 139. _ Echinomitrium furcatum Hübn, Hep. Germ. p. 46. — Jungermannia L; Ekar Syn. Jung. p. 66. et tab. L f. 1. — : Sui tronchi di vari alberi, comune, Villa Borghese, ig dese Mone Cavo - (sterile T). hus ram iie D. e béka sviluppate, nel Marzo scorso ub secolari quercie della Villa mer Nee. esemplaró peró non presenta le fronde col nervo oec caratteri. mune agli altri esemplari sterili da me raccolti. Inoltre la colesula è appena ispida per qualehe aculeo sparso non « insigniter echinata! » come nell’ Ekart, Syn Jung. p. 66, et tabula I, f. I. .. 29. METZGERIA PUBESCENS (Schrank); C. Massal., Rep. Ep. it. p. 132; Dmrt., Hep. ur. 140. — Jungermannia Schrank; Ekart, Syn. Jung. p. 67, t. IL, f. 19. — Echinomitrium Hüb., Hep. Germ. p. 48. Sui Ronchi dei vecchi Aceri sulla sommità di Monte Cavo. Marzo 1889. Trib. X VI. Riccardieae Limina 30. RIGCARDIA PINGUIS (L.) Lindbg., Hep. Hib. in Ann. Soc. Fenn. X, p. 514: C. Massal., Rep. Hep. it. p. 132. — Aneura Dmrt., Hep. eur. p. 143; Boulay, Muse. p.. 814; Syn. hep: 493; De Not, Prim. hep. it. n. 60. — Roemeria Raddi. — Jungermannia L. Sp. Pl. ed. 5 p. 1602; Ekart, Syn. Jung. p 62. tab. VIII, f. 51. Lungo la via da Rocca di Papa alla Madonna del Tufo (Monte Cavo), insieme coi protalli di Adianthum. Marzo 1887. | —Fam. Il. Marchantiaceae. A. SCHIZOCARPEAE. Trib. I. Marchantieae. SL, LUNULARIA crucrata (L.); Dmrt., Hep. eur. p. 147; C. Massal., Rep. n it. p. 134, — Lunularia vulgaris. (Mich. Raddi). Bischoff, Bemerk. in Nov. Act. Nat. Curios. XVII, p. 1008, tab. LXXVII, f. 1-21; Syn. riga p. 511; De Not. Prim. hep. it. n. 67; Erb. critt. it. Ser. I, 267. Comunissima dappertutto, sempre game. mai fruttifera. 32. RUPINIA ITALICA (Sassi) Trevis., Sch. Nuov. Class. Ep. it. p. 55; C. Massal., | Rep. Ep. it. p. 135, e osservaz. erit. in l s. c. Anno Il, Fase. II, p. 166. — i Plagiochasma De Not., App. Nuov. cens. ep. it. in Act. Acc. Tor. Ser. II, Vol. XVIII, p. 473, tab. 1; Erb. critt. it, Ser. II, 314. — Antrocephalus Sassi, Atti I. Riun. Scienz. it. 1840 p. 160. — Otiona Dmrt., Hep. Eur. p. 149. = Aion Lindbg. Nov. muse. in Not. pro Faun. et FI. Fenn. IX, p. 291. Forma un largo cespuglio in wna valletta sulle pendici. sud. del Monte Cavo, | presso al lago di Nemi. Ottobre 1887. — Oss. rarissima! —— : 33: HEPATICA conica (L.); Lindbg., Muse. Scand. p. 1; C. Massal., Rep. Ep. it. . p. 136. — Conocephalus. Dmrt., Hep. Eur. p. 155. — Fegatella conica Cda; Syn. hep. p. 546; Erb. critt. it. Ser. I. 180; Boulay, muse. p. 850. — uade cl nemorosus Hüb., Hep. Germ. p. 9. Sui margini dei fossi, delle fontane, ecc.; comunemente sterile, a V illa Aldo- brandini a Frascati, Orto Botanico a Punisperns, ece. Fruttifera, ad Acqua Traversa, Dicembre wies 34. REBOULIA HEMISPHAERICA (L.) C. Massal., Rep. Ep. it. p. 136; Bischoff, in. Lom 31) tab. LXIX, f. 1; De Not., Prim. hep. it. n. 66; Syn. hep. p. 547; Erb. critt. it. Ser. E 181 e Il, 613. — Asterella ed Dmrt., Het Eur. “pi 154. Sui muri umidi, sulla terra, ecc. Villa Borghese (Marzo 1886), R Rocca del Cardi- ara Subiaco (Maggio 1886), sulle trachiti di Monte Cavo (Marzo 1887), ece | | 39. GRIMALDIA ANDROGYNA (Mich) Lindbg. , Hepatieol. Utvech. p. 26; C. Miel. | Rep. Ep. it. p. 137. — Grimaldia dichotoma Raddii Dmrt., Hep. eur. 157, De - . Not., Prim. hep. it. n. 74; Syn. hop. P- 991. — Marchantia androgyna L., » \e TE ed. II, p. 1605. - Albano Laziale. Rupi presso al lago. Marzo 1886. 3b. MARCHANTIA POLYMORPHA D: Bischoff, Bemerk. in Nov. Act. Nat. Cu- rios. XVIII, p. 981, tab. LXVIII, f. 5; De Not., Prim hep. it. n. 63; C. Massal., Rep. Ep. it. p. 139; Dmrt., Hep. Eur. p. 150; Boulay, Muse. p. 848. Comune sui muri umidi, nei fossi, ecc., intorno a Roma: Orto Botanico a Panisperna, Isola Farnese ecc., sterile. A Macchia Mattei (Agosto 1886), Parco: Chigi all’ Ariccia (Agosto 1887), Villa Torlonia a Frascati (Settembre 1887) coi gens perfettamente evoluti. * DOMESTICA Neos, Syn. Hep. p. 593; C. Maseal.; Hep Ep. itp 140, — "Marl umidi della fontana grande a Villa Borghese. Luglio 1886 (fruttifera!) Trib. II. Targionieae Lindbg. SA 37. TARGIONIA HYPOPHYLLA Li; Sm. Engl. Bot. t. 287 ; C. Massal., T Ep. it. p. 140; Dmrt., Hep. Eur. p. 162; De Not., Prim. hep. it. n. 76; Erb.critt. it, Ser k r — s 722. — Targionia Michelii Cda, in Sturm Deustehland, Krypt. FI. fasc. 22- Pe 5 ce D. 73, f. 20; ie m p. 514; Boulay, Muse, p. 854. * z a B. CLEISTOCARPEAE. Trib. Riccieae MA pio 459; Syn. Hop: p. 603. " PARADOXA. — Riccia paradora De Not., Prim. hep. it. n. 87; C. Massal, Ep. it. p. 113 e Oss. erit. sulle sp. e var. di epatiche italiane create dal ati umidi presso Nettuno. 13 Marzo 1887. Let. A. Pelosi. Oss. Questa forma, raccolta la prima volta alla Villa Pamphyli dalla Contessa. ini-Mazzanti, fu descritta dall’ illustre De Notaris come specie distinta. Il - Prof. Massalongo, iru; digg fosse una varietà ume R. tumida i f'octesio Dott. Levier, che ebbe una parte di ni pee asseri una ns al Chiar. Prof. Remih Pirotta. È e veia ogni dubbio che 40. Riccia FLUTTANS L.; Lindemb. in 1. s. e. p. 443, tab. XXIV e XXV; Syn. hep. : 610; C. Massal; Rep. Ep. it. 144; Erb. critt. it. Ser. I 515 e Ser. IL. 614. € Riccia ewdichotoma Bischoff in l. s. e. p. 1068: De Not, Prim. hep. it. l. — Ricciella fluitans A. Braun in Flora 1821, II. 754; o le Hep, Due Hep. Eur. p. 17]; Hib, ij Germ. p.31 Nelle ae Siu sempre storile. onina alla Magliana (Ottobre 18 MEO di DR Palude di Stracciacappa (Agosto 1887). iek A. Pelosi. 1 Fam. Anthocerotaceae. Lindbg. Trib. T. Anthoceroteae landhg DAL | ANTHOCEROS PUNCTATUS L.,Sp. Pl ed. IL p. 1006; C. Massal., Rep. ep. op. 145; Dmrt., Hep. eur. p. 160; Erb. critt. it. Ser. H: 302. = Anthocei ve note (exl. var. 1) Raddi, Op. Se. di Bol. II, p. 359. 3 = Sulla terra umida, argillosa intorno a Roma. Colle di Bravetta. ME Oss. Questo, esemplare ha forme gigantesche ‘misurando la capta: ses cm. di lunghezza |.. : odd i E Istituto Botanico di Rome Neue 1889, # svista: Negli Addenda. ad His Italicam, fra ernia di Roma, al N. 20, va posto Grimmia rie on. P E Grimmia Mühlembechii Schp. e del sinonimo che segue. dx ud ME A uU KE m PRE IS eta MU Lo PA d = i T Piccola Cronaca É morto a Bruyére (nei V 0581) il Botanico ANTOINE MougEOT, noto per i suoi lavori micologici. Il Sig. Antonio BALDACCI di Baloch con apposita circolare ha reso avvisati i botanici ch' egli es estate corrente intraprenderà un viaggio in Montenegro, Albania, Grecia, Macedonia, Novi-pazar, per farvi raccolta di piante. Al suo ritorno distribuirà collezioni delle specie trovate a chi vorrà farne acquisto. Il prezzo di sottoscrizione è di L. 25 per ogni centuria di specie. Apprendiamo la morte, avvenuta sa Aprile testé decorso, del Sig. WILHELM VATKE di bul botanico sistematic Un. nuovo periodico botanico Eur di memorie originali) sarà pubblicato in Francia (Caen) a cura del Sig. P. A. DaneeARD. Porte erà il nome LE Bo- TANISTE e comparirà in serie di 6 nd Il prezzo della prima serie è * 16 franchi per la Francia, 18 franchi per l'estero. Il Dott. HERMANN AMBRONN, libero docente di Botanica pe ai di Lipsia, è stato nominato Professore straordinario nella stessa Univers rof. E. R. von TRAUTVETTER ha fatto regalo del suo iano put all Imperiale Giardino Botanico di S. Pietrobur urgo. X Cluny (Francia) è morto il Dott. Liga benemerito della Botanica per E sue ricerche sulla Flora della Guya Al posto del defanto Prof. PEvmrrscH è stato nominato (Cn prof. straor- dinario di Botanica e Direttore dell Orto Botanico dell’ Università Innsbruc «MH = EMILIO HEINRICHER, Snort libero docente di Botanica all Università 1 Gra Il nos vus bu Dott. Oresre MarrimoLo, libero docente di Botanica ed incaricato della Bot. medica e sistematica alla R. Università di Torino, è ins nominato professore straordinario di Botanica nella medesima Università. nostra scienza ha da deplorare la perdita d'uno dei suoi più eminenti es è morto ad Amburgo il Prof. Dott. H. G. REICHENBACH, illustre spe- cialista della fam. delle Orchidee, e nn del peopro padre nell’ opera le Icones Florae Germaniae et Helve Ub. ae pe di Lund ha nominato + a pee di Botaniea il Dottore A. Vin Il Prof. Dott. B. D. HarsrED dall us Agrieultural College in Ames è pas- sato alla cattedra di Botanica al Rutgart-College i in New-Brunswick (New-Jersey). Al suo posto di Ames gli succede il Dott. L. H. PAMMAL. I È G. v. LAGERHEIM, giovane algologo già bon conosciuto, col 1° Luglio Botanica della Scuola : politeenica Trattati, Atlanti, ecc, FeLcINI A. Quadri sinottici di fisiologia e tassonomia vegetale da servire agli alunni ss Istituti tecnici. J esi, 1889. ViGoRELLI P. Appunti di botanica de- seri cités x uso della classe quarta ginnasiale. Lodi, Morfologia, bah , Fisiologia, Biologia. — ARCANGELI G. Sulla funzione trofilegica . delle foglie. N. Giorn. botan. ital. sp. 272. — Sulla struttura dei semi della. AE rt Li — . x È Pi a BERLESE N. È Stadi aaia sul sa Atti Soc. ven.-trent. Sc. nat. Padova, vol. X, 1889. Fasc, 2. Lumra C, Del miscuglio gazoso nel si- cono del fico. N. Giorn. botan. ital. XXI, 1889, MarcaccI A. ha: rue ue dell’ amido nei semi e nelle foglie. Atti e Rend. Acc. med. 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A maturanza dei frutti persiste la forma globosa, od ovoidea, od anche l obovata; ma solo in quelle specie ehe hanno pedicelli relativamente brevi, per eui i fiori non si rieurvano o pochissimo in basso. Quando invece i pedicelli sono assai lunghi (T. Sebastiani), il capolino maturo prende la forma umbellata, pel rieurvarsi in basso dei pedicelli stessi. Nel gruppo Filiformia abbiamo spesso capolini ridotti a pochi fiori (T. micranthum Viv.), sicchè la forma a capolino scompare e l'infiore- Scenza in questi casi simula una cima. Le infiorescenze delle specie della stirpe Chronosemium sono sempre 13 Malpighia, anno DEI VOL" HI: nude, cioè più o meno lungamente podanebaie ‘Non conosciamo esempio di capolino involucrato da collaretti di origine calicinare (come nel T. leucanthum della Sez. Lagopus) o stipulare (come nel T. succine@? i tum Vis. della stessa Sezione). | I Capolini sono ascellari 0 pseudoterminali , spesso gemini: i pe- duncoli sono cilindrici, striati, glabri o pelosi. L'asse del capolino (fig. 1 a] è costolato e quindi solcato. Le co- : stole terminano con una troncatura orizzontale (verticale all asse) ru guisa di mensoletta sporgente, intorno al margine della quale si im- | piantano numerose ghiandolette cilindrico-clavate (!) piene di un succo à -oleoso castaneo-fulvo [fig. la, si La mensoletta è formata semplicemente I dal nio di Taa ka che devia dalli insieme dei fasci del- | T asse del capolino, accompagnato dall'epidermide e dal parenchima ipodermico. Il pedicello si riduce al fascio ed all epidermide, ed ap- pare come gi: deine Ropta una superficie tagliata a mscr LOS () Le ghiandolette constano per lo più di tre o quattro cellule : due basilar | più piccole e più strette, che fanno da de add una o due nicer che « cost i | tuiscono la ghiandola pennone detta. dp X den fs 4 y > RIVISTA CRITICA DELLE SPECIE DI TRIFOLIUM : Le ghiandolette del margine sono sparse spesso anche frammezzo ai peli dell'asse e sul pedicello (14). — | Dal piano di troncatura delle mensolette sporgono i pedicelli più © meno lunghi e più o meno presto rieurvi o patenti, cilindrici, non _ mai ingrossati nella loro inserzione sul calice, glabri o pelosi. 6 fiori sono persistenti o tardivamente caduchi, più o meno tena- cemente inseriti sull asse, più o meno numerosi; quelli dell’ apice del 'apolino talora sterili. b I calice dei Chronosemium [fig. 2] è membranaceo con tubo breve, tagliato in isbieco alla fauce dall’ indietro alla- Ro 7 vanti, e dal labbro superiore all’ inferiore, spesso con piano talmente obliquo da lasciare una por- zione superiore brevissima. Le fauci sono nude (senza callosità o peli di sorta). Esternamente per più il tubo è glabro, tavolta peloso, glabrescente invecchiando (7. ri più lunghi, triangolari tutti, ovvero triangolari-allungati o lesi- niformi, più o meno acuti od anche arrotondato-ottusi, eigliati ai Margini o solo all apice, o con qualche pelo sparso, cogli spazii in- terdentali a curva parabolica. Il calice di solito ha colore uniforme ancastro-stramineo; in molte specie all'incontro i nervi sono di co- re diverso dal tessuto del tubo. — j «Il Vessillo dei Chronosemii può essere rappresentato, quanto a configurazione, da tre tipi distinti, che danno il nome ad altréttanti ruppi. 874, D. 40) distingue una grande sezione di Trifogli col carattere delle brat- ole sviluppate, e vi comprende il gruppo dei Chronosemium, al quale noi ‘on possiamo assegnare evidentemente questo carattere, come si assegna piis altre sezioni veramente bratteolate (Amoria, Micranthemum ece.). Di ciò potrà farsi persuaso chiunque con adatte sezioni longitudinali dell'asse fiorale (Fig. 1 a). ies 1% ^ æ 6. GIBELLI E S. BELLI L^) Vessillo Coeleariforme [fig. 3 a] caratterizzato dall’ ungh evidente, dal lembo SERA e concavo, con solcature più 0 E RIVISTA CRITICA DELLE SPEOLE Di | TRIFOLIUM. Eee 107° ila ssillo più o meno evidentemente codenar ems con uùghia lunga: mase si esamina un vessillo giovane, lo si vede compiegato sulla linea ediana facente una curva a concavità superiore [fi. 3 a]. Nei Filiformi questa condizione del vessillo compiegato perdura he in frutto. I Cocleariformi genuini, invece, anche in età gio- vanissima hanno un vessillo, nel quale si fa tosto palese la curva convessa (fornicatus) generale del lembo. Anche le strie o solcature dellembo nel 7. patens a fiore fecondato sono molto meno accentuate che nei Cocleariformi genuini, e perd il 7. patens si trova negli erbarii, più facilmente col nome di 7. he res che con quello di 7. agrarium. Il vessillo dei CAronosemium porta nervature più o meno spiccate, talora assai evidenti (7. agrarium), così da dare al lembo un aspetto pieghettato-soleato ; in tal caso esse confluiscono sempre nell’ unghia in due o tre fasci più grossi; tal altra sono esilissime (T. filiforme), ed allora decorrono isolate nell’ unghia, senza fondersi in uno o più asci; ovvero ancora il hertfo mediano coi secondari pra la di- sposizione pennata (T. filiforme). H contorno del vessillo è raramente integro: più spesso le ner- Yature, giunte alla periferia, si prolungano accompagnate da alquanto i tessuto, ed originano denticulature più o meno profonde. Non sempre erò le denticulature sono dovute alla nervatura; soventi i nervi non arrivano neppure alla periferia del vessillo, e le denticulature si fanno nel parenchima del lembo. In alcune specie le denticulature sono così ofonde, che il margine del lembo è sfrangiato (flabellatus) (T. specio- ) In altre invece esso è appena ondulato. L'apiee del vessillo pub essere arrotondato, troncato o smarginato iù 0 meno profondamente; non è mai acuto. L’anghia è più o meno reve à re deus me del Tog Nei oa; come G. GIBELLI E &. BELLI Le ali sono foggiate in tutti i Chronosemium su di uno stampo com Hanno un lembo più o meno irregolarmente semi-obovato-oblung un'unghia filiforme ed un’orecchietta più o meno lunga [fig. 4 a]. Po sopra l’orecchietta sporge una bolla [fig. 4 5] biancastra, che i b solito si cementa colle carene per mezzo di u a È speciale secrezione vischioso-adesiva, ed anche loro porzione posteriore si innicchiano in alt tante concavità corrispondenti dell ala. del lembo; in altre raggiunge il terzo o la metà della lunghezza. esso, e questo carattere ci è sembrato molto costante nella distinzic «di alcune specie (T. patens). Le nervature dell’ ala sono poche, e Le carene non offrono nulla di speciale; sono subeguali alle ali lunghezza, ed hanno una forma poco variabile a bistori: più o me paheiuto. Tanto esse quanto le ali ‘possono | essere di colore diver dal vessillo. Le La doccia o canale staminale nei Chronosemium è sempre pii lunga della porzion® libera dei filamenti, e non presenta. particolari | di sorta nei diversi gruppi all'infuori della concrescenza col vessilli nella sua ione inferiore, Nella figura. 55 è messó in chiaro rapporto dei diversi eic fiorali col canale staniznale. S. RIVISTA CRITICA DELLE SPECIE DI TRIFOLIUM Eco 199 La concrescenza, partendo dal basso, ha luego fino in a: più in su i margini della doccia staminale, eioé fino in 5, si attaccano con sostanza agglutinante al vessillo, il quale quivi co’ suoi margini si sovrappone a quelli del eanal staminale. Questo in b si fa libero affatto, ma si allarga tosto formando come un’ orecchietta. L’ aderenza agglutinativa del pieciol tratto di canal staminale col vessillo è tale, che se si straccia —. via quest’ ultimo dall’ unghia del vessillo, vi residua un piccolo lembo, AE ce che vi appare come un uncinetto [w nella figura 5]. * I filamenti liberi decrescono in lunghezza dal mediano ai laterali ; sono tutti dilatati sotto le antere ed il mediano più di tutti. AI inser- -zione nelle antere essi si assottigliano nuovamente. - Le antere sono rotonde od ovali, cordate alla base. OU ovario per lo più é ellittico od obovato, stipitato con stilo e sti- pite più o meno lunghi e stimma ad uncino, con 1-2-3 ovoli. Nei T. speciosum e Brutium Y. ovario è irregolarmente ovale-rotondeggiante. — L’ovario dei Chronosemium presenta due forme abbastanza di- _stinte. Esso è formato da una loggia, da uno stipite e dallo stilo collo stimma. Nel tipo A (T. speciosum) [fig. 6 a] lo stilo e lo stipite sono di calibro uguale in tutto il loro percorso. Nel tipo B (T. agra- rium, patens, ecc.) lo stipite si allarga insensibilmente verso la loggia dell'ovario [fig. 6 b]. Lo stilo e lo stipite possono essere più lunghi della A loggia (T. speciosum, aurantiacum, Boissieri, - — e ece.), ovvero lo stilo può essere più breve della LE j loggia, e lo stipite uguale o più lungo. (7. agrarium, eec.). ‘Gli ovoli sono due o tre, ra- ramente uno. Nel legume questa struttura i è b meno evidente ma ancora perd riconoscibile. È Fig. 6. di forma generalmente ellittica, o sub-rotonda, più o meno regolare. È Il legume si apre di solito per deicenza della sutura superiore; più di rado è indeiscente ( T. agrarium) ed i semi escono per rottura _ delle tenuissime pareti Jaterali, lasciando intatto il contorno formato ; dalle suture, che si può paragonare al replum delle Crocifere. In una spa (T. minus) si ha y sonfomaporeacamente rottura delle me Ww * a. GIBELLI nos. BELLI 2 s) terali ai apertura delle AE in un’altra (T. aies la deiscenza | 5 pare avvenga per apertura della sutura dorsale. Di e: I semi sono 1-2, raramente di più, globosi, ovali, fulvi, badii, ver- — A dognoli, lisci. ; II. son vegetativi. ë Radice. Non offre sistematicamente particolarità. È fusiforme, più — ‘0 meno ramosa, fibrillosa e guarnita dalle così dette spongille , cioè .- da tubercoletti infarciti di eorpuscoli bacteriformi, oggidi tanto di- scussi. La radichetta primitiva scompare presto e dà origine a radici secondarie. Nei Chronosemium italiani abbiamo una sola specie o pe- renne, cioè il 7. badium. Il T. aureum Poll. è probabilmente dat tutte le altre sono annue. Caule. Presenta anch’ esso loin diversità costanti nella erit tura esterna ed interna. Normalmente è cilindrico, striato o liscio , glabro o peloso, glabrescente invecchiando. E midolloso se giovane, spesso poi fistoloso, con internodii più o meno discosti. Pub essere. robusto ed eretto, od assurgente; debole e flagelliforme, o prostrato: non è mai radicante. I rami sono più o meno numerosi, patenti, semi- |. | patenti, od appressati. D’ ordinario essi sono rivestiti di maggior pe- = larie che il caule. Foglie. a) Stipole (1). Le SEL nei Chronosemium hanno una conformazione e struttura piuttosto uniforme, e non servono molto alla diagnosi delle specie. La forma generale è semi-ovata più o meno: allungata, o semiovato-lanceolata spesso con base arrotondata 0 semicordata. La porzione libera (coda) è sempre più o meno acumi- | nata od acuta, mai arrotondata od ottusa. La porzione adesa delle — SOY Le Süpolà sono considerate disteso in piano, "one averle aperte du davanti - : se sono guainanti. RIVISTA. not DELLE E DI ‘TRIFOLIUM ECC. 201 * dipole Re in certe specie è quasi invaso in quel tratto, che è eonnato col picciuolo; ed in maniera generale si può dire che le sti- pole inferiori hanno la porzione adesa molto lunga in proporzione delle eode, e viceversa man mano che si sale verso l'alto della pianta. Arcangeli Matese (Valle Cupa) Napoli . privi: Terracciano ae Appennino Pistojese. . . s uc dmrciri Valle di Serenardo (Toscana). dE Parlatore Monte Senario. (Toscana). . . . . . Acc. Georgofili T. patens SCRER. In Srurm. Deutschl. Fl. 16 Heft. — Sover WILLEM. et GODR. Aer. des Trèfl. de la, Sect. Chronos. (Mém. de la Soc. roy. de Nancy. 1847 (cum bibliographia homonyma). — Bznmror. Fl. It. VIII, p. 200 (cum - bibliographia homonyma) — CanuxL Prod. Fl. Tosc. p. 174 — BOISSIER Fl. Or. II, p. 153 — REICHENBACH. FIL. Teon. XXII, p. 81 — WILLKOMM . et Lance Prod. Fl. Hisp. TI, p. 351 — Nyman Consp. FI. Europ. p. 180 — ArcanoeLi Comp. Fl. It. p. 177 — Ces. Pass. Gis. Comp. Fl. 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Fr. vol. 5, p. 562) distingue la sua pianta dal T. pa- ` tens di SCHREBER ed accenna, fra le altre differenze, alla fogliolina me- .. diana sessile nel T. parisiense, la quale nel T. patens, secondo SCHREBER stesso, sarebbe ora sessile ora picciolettata. Gli autori che descrissero dopo De CanpoLLE il 7. patens Schreb. citano tutti il T. parisiense come sinonimo, ma nella descrizione poi mantengono il carattere della fogliolina mediana ora sessile ora no. Presa in questo senso la sino- . nimia di DE CANDOLLE non è esatta. Abbiamo visto in molti erbarii . forme che corrispondono esattamente al T. parisiense DC (sensu strictu), ed è perciò che manteniamo questa varietà a foglioline egualmente sessili o sub sessili distinta dal T. patens Schreb. È passato inosservato a tutti gli Autori il carattere proprio del T. pa- E: lens, comune pure al T. brutium, al T. speciosum fra i Chronosemii italiani, di avere l'aurieula dell’ ala filiforme e lunga quanto il terzo, 0 più raramente quanto la metà del lembo ; carattere che si mantiene costantissimo per questa specie in un colla lunghezza dello stilo. Neppur „quello singolare e frequentissimo della deiscenza del legume sulla sir tura dorsale (inferiore) pare sia stato osservato finora. ScHREBER (in Sturm. Deutschl Fl. 16 Heft pag. 18) descrisse pel primo questa specie trovata dal botanico Conte WULFEN presso Gorizia e . Trieste, e ne diede una descrizione assai accurata, dalla quale la nostra „differisce solo pei caratteri più sopra citati dell’ auricola dell ala e | dello stilo lunghissimo, che l Autore ommette. Savr Obs. Trif. sp. (1810 pag. 110) Deserive nel suo 7. aureum (che è pure quello di PoLLica.) una varietà £, che pare possa corri- _Spondere fino ad un certo punto al nostro T. patens (et Auctorum), ‘Sebbene potrebbe anche non disconvenire ad altri Trifogli. Il Savi così si esprime: « Varietas 6 differt caule magis ramoso, diffuso , debiliore, foliis plerunque impari-pinnato-trifoliolatis, angustioribus et brevioribus. Commune, reperitur in pascuis humidis prope Pisas. » Ad ogni modo noi l'abbiamo adottäta nella nostra,sinonimia. - Dierrion (Synops. pl. p. 1001) cita il T. patens L., mentre non si rova in Lrwwi alcun trifoglio con tal nome, e cita a sinonimi il 7. : parisiense DC. ScureBER! (Sturm. 46 per errore invece di 16} ed il ^ ehrysantum Gaud. * è G. GIBELLI E S. BELLI Serince (in De CanpoLa Prodr 2, p. 206) sotto il nome di T. pa- risiense, descrive il nostro 7. patens (et Auctorum) e pone fra i si- nonimi il T. patens Schreb. che era stato respinto come tale nella Fl. Fr. p. 502, Vol. V. ; : GRENIER et Gopron (Fl. de Fr. 1, pag. 423) descrivono il T. patens, dandogli delle note specifiche di poco valore e citando i soliti sinonimi. BertoLONI (Fl. It. VIII, pag. 200) nella descrizione accuratissima , al solito, della specie differisce in alcuni punti dalle nostre vedute: 1° Per l Autore i peduncoli del 7. patens sono filiformi, mentre per noi essi, benchè più tenui che in altri Chronosemium, non sono filiformi; questa denominazione va applicata soltanto ai peduncoli del 7. filiforme, a scopo di evitar confusioni. Li 7 . 2.° « Dice bracteae nullae? » Se, come al solito, con questa espres- sione BERTOLONI ha voluto indicare le mensolette sporgenti formate dalla traccia dei fasci vascolari del pedicello rivestita dall'epidermide, essé si trovano anche in questa specie quantunque meno accentuate che nelle altre. 3° L’ Autore aggiunge « legumen brevissime stipitatum ». A noi risulta, che nella stirpe dei Ch emium il T. patens è uno dei longistipitati. + Il 7. patens parrebbe mancare in Sicilia e Sardegna; almeno TENORE . € Gussone non ne parlano. Il Losacono (Mon. Trif. Sic. p. 92-93), però. : come già fu osservato nella critica al 7. agrarium, fa supporre che la sua var. Schreberi non sia altra cosa che il T. patens, quantunque Egli faccia una confusione deplorabile nella sua nota in calce alla de- - serizione. Difatti in questa dice: « Peduneulis folio? et ultra lon- gioribus, tenuis (sie) debilibus; capitulis laxioribus. Stylo stipiteque longioribus quam in typo ». Questi caratteri, massime I ultimo, svelano senz altro il T. patens. i Schreb. e più specialmente la forma 7. parisiense DC. Losacono dice | che questa sua varietà Schreberi non avrebbe di comune col 7. patens che il carattere dell’ allungamento dei peduncoli e la lassezza dei fiori; ma più sotto poi dice: « stylo stipiteque longioribus quam in typo » carattare che appartiene al 7. patens Schreb. ed è importante più 1 Castel ne (Samnio) . . Valle di Serenando sopra Colli "trbsenta. nte Fortino alla Maglia (Marche). . mpania a M p Agro Milanese. . . . i di Lucca presso la via Letizia. B . * . . * L E ampo ) Marzio A aaa Pisa e Selva. Pisana : : > - ji cob Gerardo e Canezzi . Foi Na Pose CET. PELOSA Pasti di Porto d'Anzo. . ii i rati di S. Casciano presso Piove s. | Stefano + LI CE * T Carrega Avellino - Parlatore Marzialetti Rolli Terracciano Cerruti Cherici "Parlatore .— Barbieri F.lli Perini Passerini . Parlatore Caruel Kellner Manganotti G. Savi e Parlatore Bracht P. Savi A. Tassi Marzocco (Ace. Georg) Targioni Ace. Georgof. id. id. Pasquale Parlatore Gibelli Delponte — Ba. | i G. GIBRLLI | ES BELLL. (Erbario dun) Fhion presso nie Rosellini, S. Pietro la Macchia presso Mandoria ...... Cesati - Lomellina, Cesati - Ivrea (Lago di S. Michele) Cesati - Tabiano, Cesati — Foce del Varo Cesati — Milano, Cesati. ; Distribuzione geografica. — Inghilterra, Spagna, Francia, Svizzera. | Stiria, Italia continentale, Croazia, Dalmazia, Motenegro, Albania, Erzegovina, Ungheria, Transilvania, Serbia, Bosnia, Grecia vie Creta, cone o #: e T. brutium Ten. ` p Viagg. in Calabr. p. 127 — et FI TRU IV in Syll. p. 108 — ^ UMS pag. 153 — et Syll. pag. 377 num. 46 — SOYER WILLEM. Correct. sur la Rév. des Trèfl. in calce oper. — ScrcurpL. in Linnaea 3. Litter. pag. 103 — Dierr. Syn. pl. IV, p. 1001, n. 107 — BertoL. FI. Ital. VII, p. 202 — ARCANGELI Comp. Fl. Ital. p. 176 — Nyan i Consp. Fl. Europ. p. 180 — JANKA Trif. Lot. Europ. p. 150 — Ces, Pass. Gm. Comp. FI. Ital. p. 717. | TTR mesogitanum Boiss. Diagn. Ser. 1-2, p. 34 et FI. Or. IL p. 152 — Nyman Consp. Fl. Europ. p- 180 (sub. T. Brutio) — Janka 0 Lot. ea p. 151. d s T. POSE pauciflorum Grises. Spicil. (ex Boiss. L c.).. ICONES Ten. FI. Nap. 177. "LETTERATURA E CRITICA. L ispezione accurata di un discreto numero di saggi di T. mesogi- ` tanum ci ha fatto rilevare un’ affinità tale eol T. brutium, da ritenerlo “quasi come sinonimo di ésso, come del resto osservammo già seritto | dal Nyman (I, c.). Questa affinità venne anche notata da altri Autor (Soyer-WILLEMET, Borsster); ma sia l'uno che l'altro di essi ritennero, per TEN diverse, di aver à che fare con due specie distinte. * Y BUonuderate | in serie iaiarale queste due sibi non possono OA dorer specie distinte, stando alle differenze date dagli Autori; ma d'altra : parte noi esitammo tanto a ritenere il 7. mesogitunum affatto identico - -al T. brutium, quanto a farne una sottospecie pei motivi seguenti: 1° I T. mesogitanum differirebbe alquanto nei diametri assoluti, - forse un pò minori; 2.° differirebbe pure nella forma del vessillo, che P kon pò più obovata; 3.° nel calice, dove i denti sarebbero un pò più . lesiniformi e aeuminati; mentre il 7. brutium avrebbe il vessillo semi- ovato ed i denti sa calice lineari, ottusetti, od acuti, non Rene Lit acuminati. Si potrebbero ancora menzionare, come caratteri differenziali di valore incerto , ( perchè osservati su pochi esemplari ) la presenza di -numerosi peli lunghetti sui pedicelli fiorali del T. mésogitanum, man- - ‘canti o scarsi e brevi nel T. brulium; come pure potrebbesi far cenno della base del calice un pò saccata nel T. brutium, col pedicello in- serito un pò eccentricamente, “il quale nel 7. mesogitanum sårebbe quasi centrale. ll tessuto del calice è più delicato e ‘trasparente nel. T. mesogitanum, per ‘cui i nervi si differenziano bene dal parenchima interposto; nel 7 brutium invece il*colore è biancastro, uniforme, ed i nervi spiecano Es ` pochissimo. Il lettore può giudicare pero se questi siano caratteri | possano chiamarsi validi a distinguere due specie; e tanto piü noi dubitiamo del loro valore, in quanto che siamo persuasi, che solo aven sott'occhio le due specie essi si potrebbero rilevare, rimanendo in ca diverso dubbioso il sapere con quale specie si ha da fare. Borssier (l. e.) assegna al T. mesogitanum un carattere che noi cioè la fogliolina mediana 7$ WES s A . &bbiamo trovato anche nel 7. brutium, Spesso lungamente piceiolettata, che dovrebbe, secondo l’ Autore, essere esclusiva del primo; neppure i earatteri attribuiti ae stipole poterono da noi essere trovati esatti. — I caratteri differenziali dati dal JANKA fra il T. mesogitanum e T: brutium (1. e.) sono un pò insufficienti in questo senso, che, senza ‘avere sott occhio le due specie, non si potrebbe. decidere a quale di esse possano appartenere main qubbii. 45 Mania, anno II, vol. III. la CER metta ES BELLI n T. hesogitanum è nie molto affine al 7. aur antiacum ; : ma ve se ne distingue sopratuito pei diametri fiorali costantemente molto minori, e per la forma dei capolini. Noi però siamo piuttosto propensi a considerare queste tre piante come altrettante varietà di una specie sola. Bisognà vedere esemplari di T. aurantiacum un po intristiti, per | persuadersi che questa opinione non è affatto fuori di luogo. Del resto . il gruppo 7. erubescens, T. patens, T. brutium, T. mesogitanum , T. aurantiacum e T. Boissieri , potrebbe. rappresentare benissimo una. Sottostirpe della nas Moe parallela alla anne Badia e. | Filiformia ; Habitat. — Calabria, Monte Cocuzzo (Tenore) — Dirupato di Morgno (Huier, Porta e Rigo) Basilicata (Gussone). | Distribuzione geografica. — Italia meridionale ( di Tomei sogitanum Tracia. s | . — T. speciosum W. ; dE. y IL, par. 2^ pag. 1382 (non DC.) — Berto. FI. Ztal. VII, p. 192 (eum Bibliogr. homonyma) -— Bem. Jet: dg p. 90 — SPRENG. . Syst, III p. 211 — Tex. Syll. app. V, pag. 33 + Guss. Syn. Fl. Sic. IL p. 345 et add. p. 858 — Sorer WILLEM. et GODR. Revue des Trèfl. de la Sect. Chronos. (Naney 1847) p. 31 — Borss. Fl: Or. IL, p. BL Losacono Monog. Trif. Sic. pag. 93 — ARCANGELI SOR quu . 176 — Ces. Pass. Gin. Comp. FI. It. pag. 716 — Nyman Comp. Ù dti p. 180. — JANKA Trif. Lot. Europ. p. 151. "NB. P speciosum Bory et CHAUB. PAR op ot: T. seus. Mancor et REUTER (Zante) excludenda. La i ds cs Gussoni Ti. Plant. rar. Sicil. pug. 1, pag. 17, n. 15 — TEN. Fl. Nap. IV, in Syll. p. 108, et Syllog. p. 376 n, 40 — Savi in Bibl. Ital. tom. 20, pag. 208 et Bot. Etr. IV, p. 54 in nota — LepEB. Zl. ‘Ross. E pe Bet Borss. deu di Orient. fase. 9; p. 94 — GRISER. Spicil. AA. Rumel. et Byth. 1. qe PR a | ICONES S FL Gr. Ta : Rene. Mora r o ooo LETTERATURA E CRITICA. Il T. speciosum W. è Y unica specie italiana del gruppo. Chronose- mium, che abbia fiori violaceo-rosei, ed è anche la specie che possiede Maggioni diametri fiorali. Essa ha poca affinità colle rimanenti della se- - zione, e si riconosce molto facilmente, oltre che pel colore della co- rolla, carattere di minimo valore tassonomico, per la configurazione del vessillo, per i suoi contorni, per le antere rotonde, per i'fiori lungamente pedicellati, ed infine per I ae diremo così, lupina- střoide del capolino. GUssONE Syn. IL, p. 858, propone la specie T. Boissieri che in ge- nerale si vuole molto prossima al T. speciosum. W. Ma da questo Autore non si dice in che cosa il T. Boissieri, differisca dalla specie di WiLbENOW. Nella Flora Orientale (IL, p. 152) Borssier così serive del T. Boissieri Guss.: Planta Vg, pedalis, flores viæ minores eis T. speciosi, spicis tioribus, floribus longius. pedicellatis violaceis distincti. Non erediamo che sia facil eosa eonfondere il 7. Boissieri col T. i peciosum. La vera affinità del T. Boissieri è col T. aurantiacum Boiss. et Spr., come del resto è accennato dal Borsser stesso. AT) Tenore (Syll. Flora Nap. pag. 376 al n. 40 T. Gussoni Tin.) serive: speciosum Will. ex Sprengel non T. speciosum L. nec. DC. Non ci consta che LixnÈ conoscesse un T. speciosum. qualsiasi. Non crediamo neppure che SERINGE abbia visto la vera pianta di WrLpENow in quanto | e à pag. 205 del Prod. cita deri sinonimo di essa il 7. comosum La- . che è tutt altra cosa. I Nyman (1. c.) serive che questo T. speciosum di SERINGE corrispon- derebbe al T. Billardieri Spr. (Syll. p. 290.) Gussoxg (Syn. Fl. Sic. pag. 345) diee brevissimi i pedicelli del ca- lice, 1 mentre evidentemente coll età diventano lunghissimi; anzi dei più puni fra le pecia della Sezione Chronosemium.. A nee AT Pa e tre p abs | &. GIBELLI E $. BELLI Habitat ibd Re cs Boston x ‘8. Guglielmo, . . .@ . . . - . Tenore, Mina E i Bic: s (€ Pimutas co... o7 scudo scio Patlaloro dBusbbr 5 14. c0 à. Toda, Lojacono Castelnuovo . . . . ce Lejeohe oi. Calabria 1*. or. (sopra Stilo) Hut. Porta Rigo . . Arcangeli FA (ERG SE IR ; Arcangeli Creta — Tauride IBRIDI? : T0. Forme intermedie del Gruppo COCHLEARIFORMIA. | T. Dolopium Heldr. et Hochst. (N. Sp.) ined. (Agrapha [Dolopia RS in regione ré iore m. Pindi, morosis RODA Alt. 3500-3700. : + "erc due specie ibd: del T. patens Schreb. e del T. Miki uas Bois, (brutium Ten.). jM E questa. una vera ibiidnzione è È difficile l'asserirlo, poichè 1 potrebbe avere la certezza del fatto, solamente col trovare in vieinanza dei genitori il prodotto dell'ibridazione. Ora noi non sappiamo se: T. patens ed il T. mesogitanum Boiss. erescano nelle. vieinanze dove fu * raccolto il T. Dolopium, e per questa regione ci limitiamo ad aecennar cla comunanza dei caratteri, che potrebbero appartenere al T. Dolopi» | considerato anche. come pe intermedia. Le DRE FT * pium rammentano assai quelle del T. patens nella forma, ed in alcuni i semplari le denticolature rammentano quelle del T. laevigatum Desf. aiono essere anche assai più pelose che non nel T. patens, e cigliate ai margini. Anche le stipole sono conformate come nel T. patens. Per contro i caratteri del fiore sono queli del T. mesogitanum rutium Ten.), salvo forse vario ca il legume, che sono più vicini alla struttura di quelli del 7. patens. | (B) CYMBIFORMIA Nob. T. filiforme L. (sensu ampl. Vedi letter. e critica). : Sp. l ed. 773 et 2* ed. 1088 — et FL Suec. 2* ed. p. 261 — Sover ILLEM. et GopR. Rev. des Trèft. de la sect. Chronos. (Mem. Soc. roy. e Nancy, 1847 p. 19 éum bibliographia homonyma) — BertoL F1. It. VIII, pag. 205 (cum bibliographia homonyma) — CARUEL Prod. FI. T se. p. 175 — Bossier Fl. Or. II, p. 155 — Losacono. Mon. Trif. : p. 90 — ARCANGELI Comp. Fl. It. p. 177 — Gis. Pass. Oes. Comp. PI, It. p. rivi (exel. synon. Linn. p. p.) — NYMAN Consp. Fl. Europ. P- 180 — Janka Trifol. Lot. Europ. p. 150 — Camus Cali pl. de Fr. ^ 66 (excl. var. minimum GAUD). ui .T. micranthum Viv. Fl. Lyb. spec. p. 45 — DO. Prod. II, p. 206 Uss. Fl. Sic. Prod, IL, p. 527 — Ten. Nap. IV, in app. 3° p. XII, Syll. in app. 3* p. 621 — Kocn Syn. ed. 2^ p. 195 — et Deutschl. Fl. Y p. 298 — RkEICHBCH. FIL Icon XXII, p. 82, n. 67 — WILLKOMM. et LANGE Prod. FI. Hisp. IL p. 350 — ScHLEcHTDL et HALLIER F1. Deutsch, XXIII, p. 314. . T. eapilliforme Delile in Tenor. "UL ON n + i | controversum Jan. De Satıs MARSCHL. in Bot. Zeit, aun. 1834 OR n OGIRELEL E S. DELLI E pilo M PN i À e T. Delilii Dalb. in Sched. herb. a SERINGE adnot. ICONES Viviani. Fl. Lyb. 19 (sub T. micrantho) — RcuBen. FIL. Icon. XXII, Tab. 121, fig. II, (10-22) (sub. T. micrantho — Cusix Herb. Fl. Fr. tab. 1131 — ScHLECHTDTI.. et Harrier. Fl. v. Deutschl. fig. 2408 (sub. T. micrantho). jS, VARIAZIONI. Le variazioni del T. filiforme sono numerosissime e riguardano iutte le parti della pianta. La forma tipica e la forma micranthum W. sono riunite da numerosi e graduati passaggi, per cui non si può, | senza cadere nell’ arbitrario, tenerle specificamente separate. Il caule ha talora internodii lunghissimi ed ordinariamente non si distingue dai rami; talora invece è abbreviatissimo e con rami brevi. Quanto alle foglie sonvi esemplari (Piccinini Monte Catria Erb. Fi renze), nei quali se il pieciuolo è molto lungo, anche il penses della fogliolina mediana si allunga alquanto. In generale poi il, T. micranthum è nano e porta stipole n medie più evidentemente guainanti che il tipico T. filiforme. . Nei m | soleggiati, del resto, il caule ed i rami si accorciano e. le foglioline si fanno minute. Se si vuole i insomma tener conto di questi. caratteri, si potrà arbitrariamente differenziare questo T. micranthum, | ma, come sopra si disse, i termini medii fra esso ed il T. filiforme bi sono molto numerosi. ; L Hs dell. Erbario Burxar è interessantissimo, perché dimostra | tutti quest i passaggi dal T. filiforme, quale noi riteniamo tipico. alla | forma di Viviani T. micranthum. A Infatti appartengono al tipo evidentemente gli esemplari di MICHALET | (Iura) N. 68, di Toparo (Sicilia) 79, del Barone v. Rastem (Pola) sub. Ir micrantho. Quello di PrcuLER (Pola) sotto il nome di 7. mieran- thum Viv. è senz’ altro una forma di 7. micranthum cresciuta grande e lunga all' ombra, come lo dimostrano i muschi che stanno al piede À del saggio nella teca; quelli di Porta e Rico, ( T. micranthum Viv. i Calabria), corrispondono i in parte al T. micranthum vero, minuto, ur sono identici al 7. filiforme evoluto. E L'esemplare T. filiforme (Otzaurte Guipuzeoa-Spagna-leg. BARBEY) _ è specialmente istruttivo. perchè ha il porgamemento pusillo. depresso quantunque cespitoso del T. micranthum Viv., vero: ma ha capolini — sub-rotondo-dimezzati, ricchi di fiori e molte foglioline mediane pie- | giolettate, miste a foglie colla fogliolina mediana sessile. . Questo esemplare può benissimo venir considerato come un ibtido o forma intermedia del T. micranthum X agrarium. I T. minus Relh. è piuttosto da considerarsi come formato dall’ insieme dei caratteri appartenenti al T. js ich tipio evoluto, ee ed al T. gravium Poll. - + . Nelle parti fiorali poi T ibridismo diventa addiritura ie per- - ciocchè occorrono in uno stesso capolino fiori con pezzi corollini con- formi a quelli del 7. tgr arium, ed altri colla corolla costrutta sul - tipo del T. filiforme. Infatti: 1.° il vessillo, pur conservando la picco- verso la forma obovato-oblunga dei vessilli del T. agrarium; 2.° le nervature del vessillo confluiséono in due leggerissimi fasci inferiormente nell' unghia, ciò che è caratteristico dei cocleariformi (7. agrarium), masi mantengono esili (T. filiforme). Potremmo aggiungere altri ca- ratteri intermedii desunti dalle ali e dal legume, ma temiamo che pos- sano essere più capziosi che costanti, tanto più che di questa forma singolare non potemmo esaminare che scarsi esemplari. 2 ol finalmente, a conforto della nostra opinione, possiamo assicurare + T baliin mediana più lungamente picciolettata. Anche il legume in -alemi esemplari (che per tutti gli altri caratteri debbono porsi tra i Filiformia), presenta la deiscenza valvare lungo la sutura sini E e contemporanea | rottura delle pareti laterali. (Esempl. d Avellino. ago ou Jissh ^. Vindob. 1764. Ed. 5, Vol. 2. p. 1088. n. 42), caratterizza lezza ed ancora un pò Ja forma a navicella del i; filiforme , tende ge ehe aleuni esemplari del compianto CESATI, coll etichetta T. filiforme, - microphyllum, T. controversum Tan. hanno parecchie foglie colla. . SR tap ^ 15-8. GIBELLI E $. BELLI abbastanza ble ent la pianta, us dall’ ispezione fatta nel suo ‘erbario risulterebbe essere il T. micranthum Viy. PoLLICH (Palat. pag.. 340) col nome di T. procumbens decem una pianta, che per certi riguardi potrebbe essere il T. filiforme L., ma per altri si riferisce piuttosto al: 7. minus Relh., sopratutto per le parole « capitulis fere sessilibus »: carattere che è proprio essenzial- mente dei T. minus, T. agrarium, ecc. ece., per cui questa sinonimia è molto dubbia pel 7. filiforme. Anche altri Autori (Sover-WILLEM. 1. c.) sono del parere che PULIACR abbia descritto il T. minus. Savi: (Obs. p. 106) designa una varietà g che Ferre al T. fili- forme da noi aecettato eome tipo, mentre, come si sa, la pianta Lin- | neana corrisponde al T. mieranthum. . La sinonimia col T. filiforme Linneano va diuque intesa in senso larghissimo, avendo noi preso per tipo della specie la var. f di SAVI, solo perchè corrisponde alla IEA più comune in Italia ed anche pre evoluta. SERINGE (in DC. Prodr. Vol. IT, pag. 206) cita Linné (pag. 1088), x. ma dà una frase che corrisponde al T. minus Smith cui pure cita. "s À questa specie egli aggiunge la varietà 8 microph yllum « capitulis paucifloris et foliis minutissimis » la Digne in ultima pau non e altro che il nostro T. M tipico. * SMITH. (FI. Britt. 1084, p. 793) distingue una forma « quadrifiora, che corrisponde al nostro T. filiforme tipico, ed una forma B mulli- e flora, ehe probabilmente appartiene a forme del T. minus Relh. Nelle | « addenda et corrigenda » dà poi, la diagnosi esatta del T. filiforme. v omp. Fl. Brit. 1828 p. 124, ed.- 5%, distingue abbastanza bene “filiforme dal T. minus. Gussoni (Syn. 2 FI. Sie. c. Yol. II pag. 347) è èr unico Autore ché ‘sona ni rilevare bene le poche differenze esistenti fra Z: micrarliium. Viv. la nostra forma tipica a rami ang acelin: Infatti nella descrizione specifica si esprime così: Caules filifonmes minime lignosi sed herbacei, 2-14 pollicares (il T. micranthum è alto al più 5 cent. PL legnoso alla base); inter herbas saepe erectiuseulus ;' foliola 2-3 | lineas. sé le D f “3 1 tede lata, ed obtusa aut vix marinate; del caule erbaceo (annuo), 3.° la forma delle foglie AAT poco smarginata, talora intere all apice. Quando queste differenze fos- ro costanti, non ssa fuori Ha ammettere 1 ene aaa cani na TM non juerrouá di fs Kale quali (noi. caratteri si fondono l'uno nell'altro, così è oramai indiscutibile che T. micranthum Viviani (Fl. Lyb. spec. pag. 45, tav. XIX, fig. 1). sotto il nome di micranthum descrisse certamente la stessa pianta descritta già da nnè con quello di T. filiforme. Non si capisce quindi come Egli abbia oluto differenziarla, tanto più che, ammessa l'impossibilità di un onfronto materiale coll’ erbario. Linneano, la frase delle Species pl. ET, filiforme è ( abbastanza chiara. Tutt'al più il VIVIANI avrebbe potuto accontentarsi di farne una varietà. del ppe a della pianta Linneana. AR | (Continua). x n si capisce come il GU330NE ji Lar « flores breviter pedicellati? » ? orme è uno dei Chronosemium che ig pedicelli ı relativamente: più ‘confronto agli altri. 1 x DOE OR O. PENZIG E Alcune osservazioni teratologiche di Où Prxzic. “(Con Tav. IX, X). l. Acanthus lusitanicus hort. Un esemplare di Acanthus, coltivato in vaso nel giardino botanico di Genova col nome di A. lusitanicus hort.. ogni anno produce delle infiorescenze a fiori anormali. Secondo la stagione porta da tire 43 quattro spighe fiorali, tutte pit o meno affette dalla stessa altera- -zione morfologica. La disposizione dei fiori nell’ infiorescenza suole | essere meno regolare che nelle piante normali; sono ordinati in ispi- rale, ma le distanze che separano i singoli fiori fra loro, sono disuguali, in modo che certi tratti della spiga restano denudati, mentre in altri punti due fiori si trovano ravvicinatissimi . inseriti quasi alla medesima | altezza. Nella parte superiore si riscontrano qua e là delle brattee sterili. (senza fiore nell’ ascella), di forma più ristretta della normale, talvolta | inserite obliquamente e coi mar gini scorrenti lungo la rachide dell'in- fiorescenza. I singoli fiori presentano, per dire un termine generale, i caratteri Ux di fiori virescenti, almeno nella corolla: ma i dettagli dell anomalia | | Sono assai svariati, e si complicano, come vedremo, per lo sdoppia- ; mento d aleune parti. per il comparire di nuovi fillomi fiorali. e pers la formazione di organi commissurali. Riguardo alla causa che avrebbe potuto influire sulla genesi di i road anomalie, non m sperosa, Saprei dare alcuna indicazione sicura. La pianta è pro- senza che si possa dire però lussüreggiante, e non ha regime di nutrizione differente da quello di altri ! esemplari normali della stessa specie. N ei fiori trovai spesse volte una piccola “specie d'Aphis, ma in 3 E. numero assai ristretto; né credo che questo parassita abbia potuto a . causare delle alterazioni. morfologiche sì considerevoli . dacchè lo ho riscontrato pure sui fiori normali di altri Acanthus. Nella struttura normale dei fiori d ii ira (di eui m dato il äia- ALCUNE” OSSERVAZIONI exvTOLOGICHE | Wo AEN e gramma ; descrivendo in alib à numero di questo giornale !) una pe- - loria terminale di Ac. mollis) è notevole sopratutto la conformazione molto disuguale dei sepali, la saldatura dei due sepali anteriori, e la soppressione abituale dei due petali posteriori. Nell’ androceo manca , come in quasi tutta la coorte delle Personales, lo stame posteriore. > Nei fiori anormali il calice generalmente aveva struttura identica a quella dei fiori normali; solo nei fiori superiori, eome vedremo piü . in basso, si osservava in esso qualehe irregolarità di Sviippo. — La parte più alterata dei fiori era indubbiamente la corolla. Ciò che colpiva a prima vista, era la sua struttura erbacea, non petaloidea, il ` colore verde invece della delicata tinta bianca dei fiori normali. Poi | era notevolissimo lo sviluppo dei due petali posteriori , che nei fiori | normali sono soppressi totalmente. In tutte le corolle dei flori anormali invece si osservano [Tav. IX, fig. 3.e 4] due grandi petali posteriori (@ a) separati fra loro da una iusenatura piuttosto larga, arrotondata, ed entrambi della stessa forma e struttura come il sepalo posteriore, il più. grande del calice. In causa della mancanza di spazio i due petali sono un poco spostati, coprentisi l'uno eoll'altro di modo che, guardando ` - superficialmente un fiore completo * senza analizzarlo, sembra scorgere | dalla sua parte dorsale tre sepali grandi, sovrapposti uno all e 1 due lobi laterali della corolla, che nel fiore normale (Tav. IX, fig. 1, 2 J.Sogliono. essere unite al petalo anteriore, formando col medesimo un Sa labello tripartito, nei fiori anormali sono divisi mediante insenature Ù profonde tanto dal lobo anteriore, quanto dai due lobi posteriori della i ‘corolla; hanno forma lanceolata, e e struttura erbacea. È notevole poi, SR ` che facilmente lungo le commissure, nei posti dove questi petali. sono uniti ai vicini, si formano delle laminette commissurali (d d in Tav. da fig. 5), in forma di stretti nastri lineari o lanceolati, della medesima consistenza e struttura come il rimanente della corolla. In un caso |" OSservai anche la formazione d' una loggia pollinifera sul margine d'una. di quelle fogliette commissurali. Finalmente. il lobo- anteriore della - corolla presenta qualche idm degna di. menzione. Mentre in E i e 2! Q; PENzIG,. Note rot. (Malpighia 1 I. lap p. 185, tav. 1y, fig. E TR IE - 0. PENZIG à: e Personales comparisce) non ho mai trovato traccia. Esso aveva forma * aleuni dei fiori studiati è semplice e simile in struttura ai lobi corol- lini laterali, nella maggioranza dei casi ha tendenza di seindersi late- ralmente, e si trovano tutti i passaggi da una semplice biforcazione all’ apice (e in Tav. IX, fig. 8) alla completa divisione, nella quale i due lobi sono separati da un'incisione profonda fino al livello dell’ inser- zione degli stami. Ora è t notevole il fatto che in tutti i casi in cui è avvenutà tale biforcazione del lobo corollino anteriore (anche se è poco accentuata) ginell’androceo trovasi aggiunto al numero normale degli stami un quinto stame, posto precisamente innanzi al pistillo, fra questo e l'insenatura del lobo menzionato (s, in Tav. IX, fig. 7, 8). È stranis- sima la comparsa di uno stame in quella posizione anteriore, mentre dello stame posteriore (che facilmente nei fiori virescenti delle Labiales e struttura. simile agli stami normali, col filamento dritto (non piegato come gli stami laterali): in un caso però si osservava al suo luogo un organo ermafrodita, ehe sopra un breve filamento portava da un lato una loggia polliniea, dall' altro un lobo stimmatico (Tav. IX, fig. 6.) Il gineceo in molti dei. fiori studiati era perfettamente normale; in altri si notava un' aumento nel numero dei carpidi di cui era composto. Così in diversi. fiori (specialmente in quelli a 5 stami) si riscontravano tre carpelli, di cui allora uno era sempre in posizione. posteriore, e due anteriori. In un solo caso trovai quattro carpelli, di cui due in posizione mediana, gli altri due trasversali. AI estremità superiore delle infiorescenze anormali, di solito. i fiori erano densamente stipati, e più o meno irregolari nella loro confor- mazione; talvolta anzi non era più possibile ricostruire dal denso am- masso di brattee, sepali e petali i diagrammi dei singoli fiori radunati all'apice della rachide. In generale però si poteva vedere che anche questi fiori presentavano conformazione simile a quella sopra descritta, che stesse volte possedevano, oltre ai quattro stami normali, un quinto in posizione anteriore; e soventissimo i due sepali anteriori erano divisi fino alla base. In uno «di quei fiori terminali osservai anche MODEM mento dei due mi laterali più pon : = ALCUNE OSSERVAZIONI TER: OGICHE ^ 2. Calceolaria hybrida hort. Ai Nei fiori del genere Calceolaria troviamo, come è noto, una corolla ‘bilabiata, di cui il labbro : superiore è formato dalla str etta unione dei due petali posteriori, mentre alla costituzione del labbro inferiore con- , ‘corrono i tre petali anteriori. Nell’ androceo sono normalmente abortiti Jo stame posteriore ed il pajo anteriore, di modo che ne restano due ‘soli stami, inseriti in corrispondenza alle insenature - il labbro superiore da quello inferiore. Non è raro però di trovare delle dev aston da questo tipo. Ho p. es. figurato i8 Tav. IX. fig. 10 un fiore della Calceolaria hybrida, (come . se ne trovano di sovente), nel quale il labbro superiore é diviso nei ‘due lobi da cui teoricamente è composto: ed allora essendosi formato un po’ di spazio libero fra questi due lobi, vediamo sviluppato anche lo stame posteriore, il quale ordinariamente manca. x Altre volte può pure comparire uno o l'altro dei due stami ante- riori; ma in quel caso prendono quasi sempre forma petaloidea, simile a quella del labbro inferiore. Questo è il caso nei fiori illustrati in ; fig. 9 e ll della nostra tavola IX! nei quali vediamo sorgere un'ap- ; pendice labelliforme, concava e rigonfiata, di struttura petaloidea dal: fondo della corolla, laddove comincia il labbro inferiore. Infine si ri- - scontrano talvolta dei fiori col labbro inferiore sdoppiato lateralmente - (Tav. IX, fig. 12). Il MORREN, deserivendo simili anomalie, credeva odi doverle spiegare come prodotte dalla fusione laterale di due fiori (sinanzia); ma siccome né il peduncolo, nè gli altri, verticilli del fiore Sao all'unione di più fiori, nago: che giie romeno s sia dovuto | ` " b ; i 3. Veronica nA Poir. Un nas PR di questa specie; nato spontaneo nell Orto. è Botanico genovese (e che ho disegnato in grandezza naturale nella - 13 della oe WA Mecum una deviazione abbastanza curiosa a dalla SEA A Ly LE E n ; " ` : 238 Tor para 0. PENZIG V. persica, (come nella maggioranza delle specie congeneri) i fiori s trovano terminali sopra assi di secondo grado, cioè su peduncoli nascenti dall'ascella di foglie o brattee inseriti sopra l'asse primario della pianta nel nostro campione troviamo un unico fioré apicale terminante l’asse primario stesso. Non mi è noto alcun altro caso d'anomalia nello stesso genere consimile a questo, mentre in aleune Veroniche è piuttosto fre- quente il caso contrario, che cioè i fiori nascano sopra assi d'ordine più elevato solito. Così sono note le varietà specialmente di Ve- ; ronica spicata, Ver. longifolia ed affini V. caucasica, V. officinalis nelle quali l infiorescenza in luogo d'essere semplice, è ramificata, portando in luogo dei fiori altrettante piccole infiorescenze laterali. È da confrontare al nostro caso piuttosto quello della Lysimachia thyrsiflora, trovata qualche volta con un un’ unica infiorescenza ter- minale, o meglio ancora quello di certi esemplari nani di Draba verna y Linaria minor, Sisymbrium Thalianum che talvolta nascono in esem- plari nani, uniflori. 4. Phlox Drummondi Hook. In parecchi esemplari di questa specie, eoltivati nell' Orto Botanico di Modena, osservai nell'autunno del 1885 ,singolari alterazioni degli organi vegetativi; e specialmente nelle foglie si verificavano alcune anomalie che hanno un certo interesse anche per la morfologia gene- rale. Le piante anormali crescevano tutte insieme sulla stessa ajuola, in luogo basso, piuttosto umido, in terreno tenace, argilloso: di pa- rassiti sopra do non si trovava traccia. Poche piante riuscirono a fiorire: la maggioranza era intristita e di lenta vegetazione,- siechéggopravrenne l'inverno, prima che avessero potuto compiere il loro sviluppo. Al primo aspetto non sembravano nemmeno piante di PAloz » Ma avevano, in causa del loro modo sin- : golare di ereseere, un portamento ben diverso dal solito, ehe le faceva somigliare piuttosto a certi Amarantus. — Il loro caule, normale nella parte basale, era ad internodi raccorciatissimi verso l'estremità, piephy le foglie formavano una densa rosetta verso l'apice. Nello stesso po "n caule in quella regione si mostrava ipertrofico, rigonfio, in- Ssato in modo uniforme; ma non appiattito come nelle fasciazioni. Le foglie el noa forma normale hanno m ne si potevano distinguere UU due tipi: ui uni le foglie erano accorciate ed allargate, specialmente nella parte basale; si inserivano sopra un picciolo breve, ma larghissimo ed ingrossato, di consistenza pressochè carnosa. o- spugnosa (Tav. X, fig. 1-5). In altri esemplari |vece le foglie erano lungamente picciuolate, a lamina relativamente breve e poco sviluppata, quasi filiformi. La lamina poi in quasi tutte. le foglie mostrava uno sviluppo anormale, assai aurioso. Invece d'es- Te piana e semplice come nelle foglie normali, presentava sul lato uperiore, e specialmente verso la base, delle ripiegature o orecchiette, che dalla congiunzione fra lamina e pieeiuolo si estendevano . verso l'apice fogliare, scorrendo lungo la nervatura mediana (Vedi Tav. X). Mentre in alcuni casi l'eserescenza fogliacea, che formava il lembo di tali orecchiette, era piuttosto bassa (Tav. X, fig. 1, 2, 6, 9). in altre foglie eva preso sviluppo considerevole, e ‘talvolta (Tav. X, fig. 14. 15, 17) iungeva in grandezza quasi la stessa lamina fogliare, di modo che tali t lätter). In tutti i casi ora menzionati era NIE il fatto che le escrescenze fogliacee accessorie mostravano bene marcaja la distinzione fra pagina Deriore ed inferiore, e che, secondo la nota legge morfologica sulla "versione. delle lamine fogliari (« Blattspreiten-Umkehrung >), 1 imine accessorie, siccome nascevano dalla faccia superiore della A Voltavano verso questa pure la loro faccia superiore, mentre era sr Ito in alto, dal lato opposto, l ipofillo. Conosciamo nella letteratura teratologica varii easi di simile sdop- lamento di lamine fogliari (« Ueberspreitung »), di cui ho parlato esteso, citando anche i relativi lavori, in altra mia memoria 1). foglie si presentavano a lamina sdoppiata ER E ) Macer lanea Lola in Vol. XV delle Memorie del R. Istituto Lom- do, Milano 1884, pag. 203-204. * CrLaKovsKy. Spero di poter mostrare ciò fra poco, illustrando varie | . sdoppiamento sia stato prodotto da « seissione interna dicotoma »; ma C (Prinosmen, Jahrh. f. wiss. Bot. XIV, % p. 368, Taf. XXI, Fig. 52, P O. PENZIG Sono varie le opinioni degli autori sull’ importanza di questo feno- . meno e sul modo col quale lo si possa spiegare. Mentre alcuni vedono in esso una sempliee ipertrofia, alla quale non sia da annettere grande importanza morfologica, altri botanici considerano lo sdoppia- mento seriale (« Ueberspreitung ») delle lamine fogliari come fenomeno interessantissimo, che possa fornirci l’unica spiegazione sul modo di. | formazione delle antere e delle membrane ovulari. Realmente le figure. di foglie a lamina sdoppiata, come fig. 14, 15 e seg., corrispondono perfeitamente a quelle di eerte antere di fiori virescenti, e non e im- probabile che la formazione delle logge anteriche sia dovuta ad un processo simile di sdoppiamento. Ciò va però inteso nel senso filoge- netico piuttosto ehe per lorganogenia: sappiamo benissimo che nelle antere normali dei fiori le logge sembrano nascere dentro al primordio dell’ antera, mediante la trasformazione di un complesso di certe cel- : lule predestinate alla formazione del polline. Così pure ritengo che l'origine degli involucri dell’ ovulo sia li a simili sdoppiamenti della lamina. fogliare, piuttosto che alla forma- zione di aseidj per la saldatura dei margini fogliari, come sostiene. oolisi di grande interesse morfologico. Riguardo poi all'origine di'simili sdoppiamenti, credo che essi pose sano formarsi in diversa maniera, secondo i easi, e che non si possa. dare per tutti una sola spiggazione. Sarà benissimo p. e. che nel caso … dello Hieracium glanduloso-dentatum figurato dal CrLakovsky 1) lo - non è ammissibile che si estenda la medesima spiegazione a tutti 1 casi di sdoppiamento seriale. In una foglia di Brassica p. e. che pub portare sulla lamina centinaia di esereseenze fogliari disposte in tutti i sensi, bisognerebbe allora che si fosse manifestata altrettante 1 volte ed in altrettanti punti una scissione della sostanza laminare, ita ERRE _ Untersuchungen über die oméga der onorati p Produete der Fruchtblitter bei den Phanerogamen und Gefüsskryptogamen. ai Vi Sono poi dei casi, in eui lo sdoppiamento seriale si spiega indub- Mamente in modo diverso: così può aver luogo per rovesciamento d'una parte della lamina fogliare (come mostrerò fra poco per le mem- >. °° brane degli ovuli di Reseda); ed altre volte può manifestarsi per sem- ; lice Pipiegatura della sostanza stessa della lamina. Questo ultimo - e processo pare abbia determinato lo sdoppiamentp nel caso delle foglie di Phlox descritte in questa noterella. Vediamo nelle figure 1-3 della Tav. X verso la base della lamina numerose pieghette piccole, come delle rugosità trasversali situate sulla superficie laminare. Sono queste esse rugosità, che possono Forinare, alzandosi di più, delle creste più meno rilevate; e queste mano mano che si accrescono, prendono rma e struttura della lamina da cui sono nate. Ritornerò più tardi . 25 sullo stesso argomento, trattando complessivamente gli sdoppiamenti + = riali delle foglie, da struttura morfologica degli ovuli e delle antere. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE. Tav. IX. (Tutte le figure sono a grandezza naturale). Fig. 1-8 Acanthus lusitanicus hort. EL ; son di fiore RES visto dal dorso; aa= i due pa fsb Fig. 4. Lo stesso, visto di profilo. Da Parto Q una corolla anormale, vista dal lato interno: a = petalo po- m steriore; b — uno dei petali sino e = petalo anteriore; d = la- x minette commissurali. . Pistillo e stame ermafrodita anteriore d'un fiore anormale (vedi p. 251). Fig, 7. Fiore anormale, aperto dal dorso e visto dal lato interno: s, s = stami del paio posteriore; s, s, = quelli del pajo anteriore ; is Est NE AX eA | accessorio, situato sulla faccia ventrale del fiore. * ; Fig. 8. Veduta analoga alla precedente, d'un altro fiore anormale. N _orishia, a anno HI, vol. III, Fig. 10. Fiore con labbro superiore diviso: in 2 petali, e con 3 stami. Fig. ll. Caso simile a quello illustrato a fig. 9. Fig. 12. Fiore con due dpa Fig. 13-14- Viteulea qun Poir. Oe 13. né. con fiore (ims solitario. : ; e M. Diagramma. dello stesso esemplare: c € = cotiledoni; b, - del dne e. secondo pajo; ta — sepali, p p = petali. E Ro. du Phlox Drummondi Hook. er 19 0 Foie a lamina «doppino, per formazione superficiale di escrescen RENE EORR | ui Sullo eget » din Ifomiceti. — Note biologiche del Dott. A. N. BERLESE. (Cox Tav. VIII). L I rapporti biologici tra l ECHINOBOTRYUM ATRUM Corda e lo RE STEMONITES (Pers.) SPIE, L'Echinobotn yum atrum, ed in generale le specie appartenenti al genere Echinobotryum, si ritiene che esercitino un'azione parassitaria sulle Stilbee. Egli è anzi in vista di tale opinione che il Corda chiamò ehinobotryum parasitans il agio, da lui rinvenuto sullo Stysanus Caput-Medusae. Però il fatto notato da qualche autore moderno che l Echinobotryum Citri e Y E. atrum possono vivere anche sul legno guasto, e non in con- tatto cogli Stysanus, tende a dimostrare che non è strettamente neces- Saria la presenza della Stilbea per la vita del fungo, e che essa non ha determina l esistenza. : do. nel 1885 studiando il modo di ampola delle ife di Echino- botryum atrum nei loro rapporti con quelle dello Stysanus Stemonites, - notai qualmente non si potesse ammettere un vero parassitismo unila- : terale, ma forse una simbiosi, o meglio, una semplice convivenza inten- dendo con questa parola un’ unione dei due funghi non accompagnata da aleun fenomeno fisiologico o patologico (1). : * () Vedi Fu ungi Moricolae fasc. II, n. 8, fig. 8-10. Io scrissi che non si veva considerare l’ Echinobotryum come un parassita, pel fatto che le sue ife si infiltravano tra quelle dello Stysanus soltanto per avere un punto d' appoggio, a inoltre che esso intacca la stilbea quando è invecchiata. Quest’ ultima osserva- ione non è rigorosamente esatta, ma è dovuta al fatto che i io riscontrai il fungillo dl n (Ax N. BERLESE Nella scorsa primavera ebbi occasione di trovare abbondantemente lo Stysanus Stemonites e T Echinobotryum atrum, e pensai di studiare | quali rapporti esistevano tra le due specie in discorso non essendo la. questione ancora del tutto risoluta. Fra coloro che trattarono dello sviluppo dello Stysanus Stemonites, merifano speciale attenzione REINKE e BERTHOLD (1), MATTIROLO (2) e CosTANTIN (3). I primi fin dal 1879 descrissero una forma macroconi- . dica (Echinobotryum atrum) come appartenente al cielo vitale dello Stysanus, ciò che io ho pienamente confermato nel presente lavoro. . In seguito perd il MaTTIRoLo combattè l'idea dei Sigg. REINKE e — BERTHOLD, dicendo di non aver ottenuto dalle semine di Stysanus pure, altro che Stysanus e Acladiuwm mentre da quella di Æchinobo= tryum non aveva ottenuto che soltanto in alcuni casi, nuovi Echi- nobotryum , ciò che l induce « æ mettere in dubbio, se non a ritenera francamente come affatto erronea l idea dei Sigg. Reinke e Berthold, che cioè l'Echinobotryum possa essere la forma macroconidica dello - Stysanus ». Dopo del resto il fatto da me notato, cioè dell’ inserzione - di conidi di Echinobotryum e di catenelle di Stysanus sulla medesima ifa [ Tav. VIII, fig. 5], parmi devasi confessare non essere l'idea di - * BERTHOLD e REINKE « affatto erronea ». Il Sig. CosrAwTIN notò che nello sviluppo dello Stysanus Slemoniles, ha luogo la formazione di piccole braccia nei filamenti miceliali, le quali portano all’ apice una spora muricata, ed in seguito al di sotto - in istato di avanzata maturità. In quello stato i conidi di Stysanus erano caduti, mentre quelli dell Echinobotryum, che restano per più lungo tempo attacati alla ifa, eomparivano ancora inseriti sulle loro ife, in modo da far credere che avessero maturato sullo Stysanus quando questo era invecchiato. Nei giovani : Stysanus poi l' Echinobotryum non esiste, poiché giunge a maturità collo Stysanus - stesso o poco prima. ') REINKE und BERTHOLD. Die Zersetzung der a durch Pilse. Un- tersuch. bot. Labor. Univ. Goettingen, I. Heft, 1879. o og a Sullo nq di due nuovi nesta in es Bot. Ital. XVIII, Firenze 1886. €) Cost n Rech. sur le dévelop. Stysanus. In Bull. Soc. Bot. France, — | Paris, fatto, do qualche volta uno di essi a un inserzione TO dal- I apice della ifa. Il CosrantIN ha inoltre osservato la formazione di Dents, e MENS 0 ARPA di, le due Poe dicendo che E d’ opinioni m’ indusse adoccuparmi dell’ argomento. | di legno, ece.) Tutte mi diedero eguali risultati, ma la preferibile mi sembra, senza alcun dubbio, sia la decozione di fimo, come quella È e più prontamente e più vigorosamente fa germogliare i conidi. Nelle colture pure di Echinobotryum in decotto di fimo, previamente sterilizzato, ciascun conidio, dopo poche ore, e ad una temperatura media di 18°-20° cent., aveva emesso uno o due filamenti vigorosi, jalini che serpeggiavano alla superficie interna del vetrino stesso. Dopo 48 ore questi filamenti abbondantemente ramificati, avevano una notevole | estensione, erano molto rifrangenti, ricchi di sostanze protoplasmatiche, preso origine, presentavasi avvizzito. Se tre o quattro conidi riuniti ave- vano germogliato, allora intorno ad essi si estendeva una rete di filamenti il centro della quale era occupato dai conidi stessi. Numerose anasto- mosi formavano le maglie della rete. Coll’ ulteriore sviluppo dei filamenti, l'estremità divergevano sempre di più, e tutto ‘questo micelio andava Ad occupare un'area del diametro di mezzo millimetro e più. Il plesso così formato continuava ad accrescersi ed i filamenti emet- evano delle lunghe ramificazioni. Allorchè un filamento ne incontrava n altro fondeva con questo la sua estremità, oppure scorreva paralle- lamento ad esso, ed ambedue gelatinizzavano le pareti al loro punto _ Rieorrendo al metodo sperimentale delle colture, preferii le colture .* qua e là divisi da setti trasversali. Il conidio, dal quale essi avevano F 246 iet A. N. BERLESE ~ ; del suddetto filamento (Tav. VIII fig. 1]. Per tale tendenza alla fusione è frequente il caso di vedere nelle colture veri fasci di filamenti prodotti i prietà è è divisa anche dall Echinobotryum atrum. Questo fatto mi fece. nascere il sospetto che Echinobotryun e Stysanus non costituissero di contatto. Abbiamo in questo caso una vera fusione dei due plasmi. La tendenza dei filamenti di. Echinobotrynm a riunirsi tra di. loro, - : è così accentuata, che spesso mi occorse di vedere che un ramo, dopo - seguito il tratto retto di un altro filamento ripiegato, giunto alla ri- - piegatura del filamento stesso, e non seguendola, si spingeva rettamente. per un certo tratto, indi ripiegavasi sopra se stesso e si fondeva nuova- E mente col gruppo formato da se medesimo e dalla porzione retta dall’ unione di filamenti appartenenti alla medesima ifa o ad ife distinte. | (Tav. VIII fig. 2]. Tale fenomeno dovrebbe essere inerente alla natura - dello S/ysanus anzichè a quella dell’ Echinobotryum, essendo questo, - secondo gli autori, un fungo semplice, ma invece si vede che tale pro- che un'unica entità provveduta di un dimorfismo conidiale. In tal caso sarebbero state giustificate l’ idee espresse dai Sigg. REINKE 6. BERTHOLD. Non sarebbe stato del resto fatto nuovo cotesto nella vita. degli Ifomiceti, poichè vediamo che altri funghi di DE gruppi godono la medesima proprietà. ` L'Hanz infatti (1) dimostrò ehe la Mycogone cervina è intimamente | collegata al Verticillium agaricinum (forse a maggior ragione Diplo- s cladium? ). | Il TuLasxe (3) in seguito trovò che le Mycogone sono stati secon- dari di ZZypomyces e potè scoprire che il detto genere Mycogone è rappresentato anche da stati secondari ritenuti patat distinte ed auto- nome. In tal modo s' espresse quest’ egregio Autore parlando degli d E eondari degli « Hypomyces. Conidiorum genus duplex; alia nobis mi- « croconidia, conidia proprie dicta, vel acrosporae nuncupatur ( quae - « varia sistunt Verticillia, icon Tricothecia, Fusisporia, Clado- (0) Hai Einig. neue So du p. 24-26, tab, LII, Si 6. e) TuraswE Selecta Fung. Sepa vi E P Lui singula RR rarius plida consistunt gorminaque, -> tempore et loco faventibus, item enituntur. » Il PLowrIGHT in seguito nella sua Monografia degli Hypomyces con- fermò l'idee-dei TuraswE e per alcune specie nuove descrisse aecura- tamente e figurò le forme conidiche e le macroconidiche. importante ancora si è il sapere che queste forme conidiche sì trovano ulla medesima ifa. È singolare inoltre il fatto che le Mycogone mentre sono lo stato elamidosporico di funghi ifomiceti ( Verticillium, Diplo- cladium) lo sieno egualmente di Mucoracee come dimostrarono il Yay pum Si il BAINIER ed ii. ehe fonghi i do qune somi- () Zurar iio neue Pila Mye. Bact: p. 7. tab. XVI, fig. 5.) parlando di n fungo nuoyo (Erythrocarpon microsporum) notò come avesse tre forme co- mdiche distinto appartenenti alla medesima ifa; e cioè conidi clavulato-ovoidei settati (apicali) nella . d superiore delle ife; conidi globoso- -verrueosi, e conidi rulacei nelle ife infe C) Il Prof, Bonzi sibi d dubbio che il Sepedonium osteophilum, micete paras- sita a delle penne e delle ossa dei polli, sia piuttosto un Ascomicete riferibile genere Bargellinia, anziché un ifomicete. Però io ho osserv ato accuratamente lesto fungo, e devo confessare che non si possono considerare aschi mo- \ospori i suo conidi, e che conidi provveduti di un nucleo centrale (capace di Pe; ehe, si osservano in altre specie d' ifomiceti, È importante il conoscere che un fungo superiore, cioè un pireno- _micete, ha due e qualche volta anche tre forme (0 conidiche. ma più uscire dal conidio istesso, per rottura dell’ esosporio) accompagnato da pue D PS E (CA N. BERLESE devano aseriversi ad Ascomiceti, e precisamente alle Gymnoascacçae come risulterebbe da un recentissimo studio de] Prof. A. Borzi Chola pighia Anno II, fase. XI-XII). i Conoscendo la proprietà che hanno certi ifomiceti di portare sullo stesso filamento fertile due specie di conidi, mi balend, come dissi, il sospetto che i conidi dell’ Echinobotryum altro non fossero se non se la forma clamidosporica dello Stysanus stesso. Intraprese estese ricerche sperimentali sull' argomento, ottenni risultati che mi dimostrarono qual- mente le mie idee e quelle dei Sigg. BERTHOLD e REINKE fossero pie- : namente giustificate. : Ecco quanto succede coll’ ulteriore sviluppo, nelle colture di Echino- botryum atrum giunte allo stadio che ho prima descritto. Dai filamenti che hanno raggiunto notevole lunghezza (500 w fino a 2 mill) sorgono lateralmente ed in modo alterno, delle piccole papille le quali vanno man mano sempre piü ingrandendosi, in maniera da dare origine ad un rametto breve, tozzo, generalmente alquanto più ristretto al basso ed all alto, o foggiato a clava. Tav. VIII, fig. 2a, 34, 4a). - - L’ apice di questo ramuscolo si ingrossa a mo di sfera, molto rifran- i gente [Tav. VIII, fig. 22] ed in seguito questa pallottola si differenzia ancor di più dal braccio che la sostiene, si allunga un pò nella sua parte superiore ed acquista. una decisa forma a pera. | Di jalina che era si è intanto fatta leggermente bruniccia, e la super- E ficie, mantenuta fin qui liscia, si increspa qua e là. Col)” ulteriore sviluppo queste increspature si accentuano di più e si foggiano in vere muri- eulazioni. : La tinta dell'intero conidio si carica in guisa da diventare bruno- rossastra, salvo all'apice del conidio che rimane pallido. [ Tav. VII, fig. 3e, 4e, 9c]. In quest'epoca non esiste ad ogni braccio che un conidio termi- | nale e le braccia sono quindi monospore. Però qualche giorno dopo l' ap- parsa delle inerespature, e quando cioè la sferetta ha acquistata la. sua forma a pera caratteristica , si forma alla base di essa da un lato : una seconda sferetta, inserita pure sul braccio che porta la prima. [ Tav. VII, fig. 4d, 5d ]. Questa nuova sféretta dopo pochi giorni ha rag- Piae lo sviluppo della prima, mentre Mn giorno dopo, (od anche retta portate ben presto al grado di conidio. tutto che il primo formato è il centrale, cioè che sebbene i conidi sieno inseriti all apice ed intorno all apice della ifa, la loro formazione non una breve ramificazione la quale porta all’ apice un glomerulo di conidi. Qualche volta uno dei conidi secondari sorge da un age: ndn sen- sibilmente al di sotto dell’ apice stesso. Le ife miceliali e le braccia conidifere sono perfettamente Ae un certo tratto un filamento emette una ramificazione , retta, rigida, a. [ Tav. VIII fig. 3]. E... come una specie di penicillo, o meglio, un siffipodio sui iello di certe forme semplificate di Penicillium (P. candidum.) volta vedesi una sola ifa rigida, retta, portante due braccia laterali parallele ad essa, alquanto attenuate all'apice, e simili a rami opposti. "Tav. VHI, fig. 4 e]. All estremità della ifa anzidetta e dei rami si ! differenziano a poco a poco dei conidi dapprima sferici, indi limoniformi. Formato il conidio apicale ha luogo, al di sotto di esso, l'origine di "n secondo conidio, ed al di sotto di questo ne sorge un terzo ece., sino ded che ne risulta una catenei identica a quella che si osserva noté Stysanus. Solo filamento ha emesso in tutta la sua lunghezza delle braccia coni- diofore, abbiamo la formazione poc'anzi descritta, e che deve consi- rarsi come la forma. semplice dello Slysanus stesso. re = osi. [Tav. VIH, de 4} sata ih più finito: pure mi è toccato edere che n un medesimo filamento sara all’ apice rami con e aai Ld D men alla sua er sorgono. una | dera una quarta ^ Tale è l'origine dei eonidi di Echinobotrywm atrum, e si vede anzi Non assai raramente il braccio porta alla metà della sua E e a idamente bruna, la quale è riccamente settata, e si divide anche p ramificazioni che scorrono in su poe alla ifa - Se parecchie ife riunite in fascio hanno dilferétiziáte le loro estro dun rami conidiofori, abbiamo un vero Stysanus, se invece un pea le ed che SEE catenule sono puc da fied che + E * 250 OR ARR. 0 RL Ne BERLESN di Stysanus e lateralmente invece rami con conidi di Echinobotrywm | (Tav. VIII, fig. 5). Negli esemplari invece sviluppati all aria libera e sui legni guasti si osserva sempre la formazione fascicolata delle ife, (cioè veri S/ysanus) le quali in tutta la loro lunghezza (meno l'apice). sono cariche di conidi di Echinobotryum mentre che all'apice portano | à le eatenelle di Stysanus. [ Tav. VIII, fig. 6]. Assai più difficile è in questo caso il vedere le due forme di fruttifieazione nella medesima | 4 BUE ifa, e si può anzi spesse volte ripetere l'esame senza riuscire a diluci- - dare la questione. Da quanto dissi l’unità delle due specie Stysanus - Stemoniles - eis Echinobotryum atrum, non mi sembra più discutibile. : Il Cooke nell’ Handbook of British Fungi, (p. 887) trattando del- l Echinobotryum atrum, dice: Parasite on black moulds (Pachyno- lati negli Stystmus e soltanto acrogeni, solitarii, nelle Pachynocybe. E probabile quindi ehe la Pachynocybe del Cooke altro non sia ehe uno Stysanus, e precisamente ia di Echinobotryum atrum , lo Stysanus Stemonites, poichè non è da ammettersi che lo stesso Echi- nobotryum possa da un lato dare origine ad uno Sysanus e dall altro ad una Pachynocybe, o meglio ad una specie generieamente distinta. Del genere Echinobotryum quattro specie si conoscono, l'Ech. atrum, lEch. leve, Y Ech. Citri e T Ech. parasitans. Di queste specie soltanto l'Ech. leve sembra non dia la forma Stilboidea. Io ho tentata la col- tivazione dell' Ech. leve, ma gli esemplari tipici opps zie co nel 1884), non si prestarono alla coltura. L Echinobotryum Citri dal Garovaglio e dal Cattaneo, venne EM vato collegato allo Stysanus monilioides , mentre Y Echinobotrywn, parasitans, secondo il Corda, vive sullo St; ysanus Caput- Medusae. Queste sono dunque altrettante forme distinte, o probabilmente altri Stysanus avranno per forme secondarie o elamidosporiche altri Echi- nobotryum per anco ignoti. Ad ogni modo sembrami di qualche utilità l'aver posto in chiaro i "me ehe esistono tra gli Echinobotri yum e gi Stysanus, onde no Morino aidbrare i primi come forme autonome e à parassite, come 'é mus fino al presente. á Gli Ifomiceti, come è noto, sono da mb raa "m vera- una à via puramente agamica. | Però gli Ifomiceti e per la loro natura di vivere Superinis rice | degli agenti esterni più degli altri funghi che hanno vita sotto- cutanea, in parte o totalmente sotterranea, e che sono provvisti di sistemi avvolgenti protettivi. I cespuglietti della maggior parte degli Hs Ifomiceti, sono superficiali e soggetti a molte cause di distruzione. | I filamenti miceliali di molti funghi, sono capaci di svilupparsi , a crescere qualora una radice od una porzione del ramo da essi in- quinate vengano staccate e portate altrove. Se in una buca ove esi- steva una pianta affetta da Rizomorfa si pone un nuovo individuo, 1 miceliali hanno adunque la facoltà di accrescersi e moltiplicarsi. : Sono inoltre note le osservazioni del Van Tieghem, e del Klein sulla cicatrizzazione del micelio delle mucorinee. Ove un tubo mice- iale venga tagliato, il protoplasma esistente all altezza del taglio si versa all'infuori, e può anche in alcune Alghe ( Vaucheria) rivestirsi di Una parete, e costituire una nuova cellula. Il ts situato W & la delicatezza dei loro organi, sono soggetti all azione distruggi- : mehe se tra loro sieno stati staccati, ed è noto il fatto che certi mi- . celii di Agaricinee e di Poliporee, ehe intaecano i tronchi, eontinuano. Miceli non tarderanno ad invadere questa pianta sana. Gli elementi é È 3 à i È: E Se : "de È a rud CON cet SE Ax N. BERLESE ne in vieinanza al taglio, invece si contrae, e va a costituire un appa. rato di ehiusura che non tarda a diventare un vero setto. Al di sotto. di questo setto si Tornia un ramo laterale che continua l’acerescimento | E dell' organo. J'ai rarement vu, dice il precitato Van Tieghem, (Nour. Rech. sur les Mucor. p. 20) la cloison de cicatrisation méme se deve- - ; lopper et permettre au tube de se prolonger dans sa direction primiére | x à travers la partie morte, comme fait, par exemple, la cloison bas laire du sporange de Saprolegnia. Se si taglia un ramo sporangifero, le cose succedono in modo per- fettamente analogo, cioè formazione di un setto presso il pugio de taglio, ed origine di un ramo sporangifero. Lo Zorr nel micelio del Chaetomium Kunzeanum (Zur Entwicke- | lungsgeschichte der Ascomyceten p- 241, (Tab. III, fig. 13-26] nòtò delle. speciali produzioni (Gemmen) entro ai filamenti stessi, le quali sono | date da cellule disposte a catenella. Queste cellule, rese poi A emettono dei filamenti capaci di produrre dei conidi. “a Ciò però ch'io ho notato in alcuni Ifomiceti è differente dai fatti fin qui accennati, e riguarda cioè la proprietà che hanno le ife fertili, dopo che hanno prodotto i conidi, od anche prima, di emettere dei fi- lamenti miceliali i quali portano a loro volta nuove ife fertili. Fin’ ora non ho sperimentato che sopra poche specie, e tutte. mi condussero ai medesimi risultati. La presente nota pero, mi affretto dirlo, non é che un cenno preliminare, riserbandomi di illustrare con maggior numero di fatti, e con più estese ricerche. i risultati che for- mano oggetto della presente comunieazione. Le specie sulle quali intrapresi esperimenti sono le seguenti: Acro- thecium atrum, Hormodendron cladosporioides, Botrytis vulgaris, Rhinotrichum sp. e Sporoschisma mirabile. è Trovai l Acrothecium atrum abbondantemente ed in piena vegeta- i zione sul legno guasto di Pinus. Le ife fertili di questo fungillo sono rigide, erette, semplici, settate, fuligginee, leggermente ingrossate alla base, e provviste all'apice (al- ; quanto più pallido) di minuti denticoli sopra ciascuno dei quali sta. inserito nn conidio incoloro , oblungo-elavulato, che continuo dap- CE SULLO SVILUPPO DI ALCUNI IFOMICETI prima, si fa indi trisettato. e da ultimo aeeresce il numero dei setti 0 ad otto. , Questa specie finalmente si riconosce dalle affini specialmente pel fatto dei conidi non esattamento apicali. id frammenti delle ifé fertili del fungo, giunto a maturità, portati el decotto di fimo di una coltura cellulare, dopo due giorni (temp. media di 18? C.) hanno emesso dalle estremità rotte degli esilissimi ubi Jalini, di un calibro minore dell’ ifa fuligginea stessi, i quali ser- peggiano sul vetro della coltura, sviluppandosi rigogliosamente, e di- videndosi tratto tratto mediante setti trasversali [ Tav. VII, fig. 7]. Ben sto questi filamenti si ramificano e qualcuno dei rami, ricco di sostanze proteiche, emette all’ apice parecchie piccole papille, le quali luppandosi man mano, nel corso di cinque giorni diventano al- rettanti conidi distinti, identici a quelli dell’ Acrothecium stesso av. VIH, fig. 8-0]. I conidi prodotti dal fungo allo stato libero, seminati ure nel decotto di fimo previamente sterilizzato, in capo à pochi 4 rni danno una fruttificazione identica a quella prodotta. dalle ife seminate [Tav, fig. 10]. Tanto le braeeia conidifere originate da conidi provenienti da ife sviluppate nel legno di Pinus all aria libera, quanto quelle originate dai filamenti provenienti dalle ife seminate, sono legg germente brune, ma lontane però dall’ avere l intensa colorazione Caratteristica di questo Acrotheciuin. Talvolta dalla troncatura di una ifa escono due filamenti i quali, ben presto, si divaricano, e seguono ‘diverso cammino. [fig. 8]. I frammenti di ifa emettono tubi miceliali da ambe le estremità, e non è raro il caso di vedere la base ingros- + Atro-fuligginea di una ifa, emettere un filamento conidifero fte. 9. Dai eonidi posti a germogliare prendono origine pareechi fi- menti micelici, generalmente uno ad ogni loeulo, e non di rado anche due nello stesso loculo, e questi filamenti si allungano notevolmente, imanendo indivisi, per un tratto più o meno lungo. Questi filamenti | seguito emettono delle braccia conidiofore. Però queste braccia tal- ta prendono origine direttamente dal loculo stesso del conidio fig. + 10], qualche volta sono semplici, tal altra ramose, sempre però E. settato, sono jaline in principio, e divengono in seguito bruniccie. Analoga- A. N. BERLESE mente ai eonidi si comportano le ife proliferanti. Talvolta abbiamo la produzione di filamenti serpeggianti, esilissimi , veri fili miceliali, tal altra quella di ife più grosse, rigide e conidifere. Queste diverse pro- duzioni, come si riseontrano sullo stesso conidio, così si trovano anche | sulla medesima ifa. Il differente calibro dell’ ifa proliferante, e dei filamenti prodotti, e T l'essere questi talvolta abbinati, mi convinsero che questi fili non po- E tevano essere una continuazione dell ifa proliferante, bensì dovevano . avere una formazione endogena. Però nell Acrothečium atrum, e per lesilità delle ife proliferanti, e sopratutto per l'intensa loro tolora- zione, non mi venne fatto di osservare l'origine di questi filamenti. Ricorsi ad un ifomieete ehe maggiormente si prestasse a questo bi- sogno, e sperimentai sulla Potrs ytis vulgaris, fungo polimorfo assai frequente in ogni stagione. * La forma da me esaminata è costituita da ife semplici, provviste all apice di dentelli nei quali stanno inseriti i conidi. l La rinvenni lussureggiante sulle piccole foglie morte, umide della Lysimachia Nummularia, di alcuni Ranunculus, ecc. Seminate le ife rotte, in coltura cellulare con decotto di fimo pre- viamente sterilizzato, in capo ad un giorno sorse dall’ apice di cia- seuna delle dette ife un filamento serpeggiante , sinuoso, che potei convincermi essere di formazione endogena. Infatti il protoplasma di un articolo medio (gli altri erano vuoti 0 quasi ) si rivestì di una parete. esile trasparente, e la nuova cellula si sviluppò ulteriormente allun- gandosi da ambe le estremità. e perforando i setti della ifa prole. rante, che incontrava nel suo cammino. : Il nuovo filamento, di un calibro minore dell’ ifa primitiva, si svi- luppo, fino ad uscire dalle estremità dell ifa proliferante medesima, [Tav. VII, fig. 3-11]. Durante lo sviluppo si formarono nel nuovo filamento dei setti, tanto nella parte contenuta nel tubo della Botrytis, quanto in quelle esterne, di queste l’ inferiore da un lato emise una papilla che si differenzio in seguito in vera ifa fertile, all apiee- della qual sorsero i "conidi caratteristici della Botrytis. In un'altra ifa di Botr, ytis invece il filamento si sile soltanto ie SVILUPPO DI ALCUNI IFOMICETI un lato dell ifa -n in 1 modo che esso sembrava come av- olto da una lunga guaina. In modo perfettamente analogo si comportano le ife di un Rhino- trichum che non ho per anco determinato. Passiamo ora a vedere come avvengano le cose nell’ Zormodendron ladosporioides. | Il conidio di questo fungo, seminato pure nel decotto di fimo in : coltura cellulare, dopo poche ore emette un filamento miceliale ser- we : peggiante, il quale dà origine a delle piccole braccia, una delle quali — — ben presto si differenzia in ifa fertile e Pore i conidi. È da notarsi che talvolta il filamento primario, allorchè si è bene differenziata lifa conidifera, si arresta nel suo sviluppo, ed emette in prossimità del 3 i 'onidio, dal quale trasse origine. diversi rami brevi, riccamente settati, Là he divengono giallo-brunicci; in seguito anche l| ifa stessa aequista na tinta giallo bruna. Sebbene di rado, pure talvoka si nota che il. | nidio emette direttamente un’ ifa conidifera. Però ben più frequente men il caso (ove il nutrimento sia abbondante, e buone le condizioni di mbiente) i in eui il conidio emette due ‘filamenti opposti, i quali danno. rigine a rami laterali che diventano ife fertili, oppure si allungano maggiormente e portano ai lati ife conidifere. In prossimità del loro | punto d'origine, nel eonidio, i due rami opposti primarii emettono dei raniuseoli miceliali ehe, o si arrestano indivisi, e sono eurvi, riccamente opta brunieci, oppure a loro volta si ramificano andando a costituire Un micelio capace di portare ife fertili. molte volte. sueeede in pochi liali yero cià le Tutto questo lavorio, ch'io seguii giorni, e dopo 40 ore dalla semina, i filamenti mice ime ife fertili provviste di conidi presso alla maturità. I frammenti delle ife conidifere dell’ Hormodendron, fin qui ricordato, Si comportano in modo analogo ai conidi. emettono cioè un filamento alle estremità. il quale porta in seguito le ife fertili. è il protoplasma di un Anche in questo caso inun frammento di ifa, è uscita articolo. centrale quello che dà origine all ifa micelica la quale, l tubo, emette uno o più rami ben. presto irasformati in ifa fertile. A proposito dell Æormodendron eladosporioides diro che il CosTANTIN r ui LS MN BERLESE : iei o Bot. | 1889. n. l) ritiene che I Alernaria tenuis sia in nesso genetico con un Zormodendron il quale, con ogni probabilità, è Y ZZ. cladosporioides. « L' Alternaria tenuis, diee quest’ Autore (l. c.), coltivata sopra il pom di terra ed il cedro mi diede dal due Luglio all’ undici dello stesso mese, spore di Alternaria, e spore che si attribuiscono all Horma- dendron. Un gran numero di altre osservazioni mi ha eonfermato quest risultato. Ie ho trovato sopra un mezzo d'Agar-agar, tre forme intima- mente mescolate (mélangées) Horinodendron, Alternaria, ed una forma che ricorda il Macrosporium. Ora quando due spore appartenenti due specie differenti, germogliano nello stesso substrato, i loro mie . mon si mescolano (ne se mélangent pas). » | Da parte mia devo confessare che nelle eolture pure di A ieri non rinvenni mai ZZormodendron, ed in quelle pure di Horton non osservai che tale fungo. In qualche cella dove avevo seminato I' Zormodendron, vennemi fatto di osservare, parecchi giorni dopo ottenuta la fruttificazione dell’ Hormo= dendron stesso, le caratteristiche catenule dell’ Alternaria, per eui | sulle prime fui tratto ad ammettere l idea del CosrAwTIN. Perd pi accurati stadi mi hanno dimostrato (almeno fin' ora) il contrario, e nemmeno una sola volta potei ottenere l' Alternaria dalle colture E Hormodendron o viceversa. Questi due funghi, cogli altri due Cladiénsriini herbarum e Macro- sporium commune (per tacere di altri) sono comunissimi, e siccome sviluppano nelle medesime condizigni, così non havvi foglia morta man- tenuta all umido, che presto o tardi non dia ricetto ad una, più Spore a due, e certamente non di rado anche a tutte quattro queste spe contemporaneamente. Occorre quindi molto giudizio nel fare le coltur di una di queste specie, poiehé fa d'uopo isolare uno o due conidi eet tanto della speeie che si vuol studiare. Per la convivenza delle specie, le semine pure sono assai difficili, non è raro il caso di vedere la vegetazione dell’ Alternaria sostituir completamente a quella dell’ Hormodendron , quasi come fosse secondo stadio bs EO > . Però io ho studiato i filamenti miceliali delle due specie ed ho notate ` delle forti differenze. Quelli di Alternaria tosto si riconoscono, poichè sono assai lunghi, serpeggianti, tenui, perfettamente jalini, qua e là ravvolti a spira, come notarono anche i valenti GIBELLI e GRIFFINI nel loro lavoro sul Polimorfismo della Pleospora herbarum. Questi fila- menti si insinuano tra le ife miceliali e fertili dell Zormodendron, indi emettono dei piccoli rami i quali portano catenelle formate da un numero : variabile di conidi lageniformi. Con un po' di pratica si riconoscono . tosto tra i filamenti dell Zormodendron quelli dell Alternaria, e risa- lendo al loro punto d'origine si vede sempre che essi sono prodotti da un conidio di Alternaria scampato accidentalmente alla depurazione. Non ho mai osservato anastomosi ira i filamenti dell ZZormodendron e quelli dell Alternaria, bensì i filamenti si incrociavano, continuando poi il loro cammino, e siccome devesi ammettere che nella frase « formes intimement melangées » il CostantIN intenda dire filamenti anasto- ; mosanti, così non so giustificare in qual modo si possano ‘chiamare anastomosanti filamenti che si incrociano mantenendosi sempre distinti. i In tal modo resta dimostrato che l'Zormodendron cladosporioides non entra nel ciclo evolutivo della Pleospora infectoria mentre te- .nendo conto delle osservazioni del CosTANTIN, si dovrebbe ammettere che entrasse nel ciclo anche di qualche altra Pleospora ( probabilmente | Pl. herbarum) poichè secondo qapato autore darebbe anche nus ~ a eonidi di Maerosporium. - La proliferazione ha luogo ui ona, in quelle ife delle quali - zi i eobidi sono parte diretta. À meglio convincermi di ciò pensai ai. sperimentare sopra un fungo : nel quale quelle che volgarmente si chiamano ife, sono invece biolo- S gicamente distinte da quelle della maggior parte degli Ifomieeti. Questo fungo è lo Sporoschisma mirabile. Ebbi la fortuna di rinvenirlo abbondantemente lassi nel dixi guasto di Populus. In questo elegante italica à Melo. a le cosi dette ife fertili sono tubi entro i quali si formano i conidi disposti a catenella. Or bene, in ‘ripetute coltivazioni di questa specie, non ottenni mai che i tubi co- ..V Malpighia. anno AMI, vol. Hh c5 Ur Dn RC da SE ` A. N. BERLESE S rues E sunsero anche una forma perfettamente globosa. La parete esterna si ferazione delle ife fertili degli ifomiceti, poichè egli è certo che anch nidiferi emettessero alcun filamento, sebbene alla loro base essi con- | tenessero una certa quantità di protoplasma. Sono adunque di parere. che i tubi dello Sporoschisma mirabile non si possano paragonare Ee ife fertili degli ifomiceti. Citerd da ultimo- un fatto che non mi sembra privo d'interesse, e 3 che tende a dimostrare quale sia la vitalità dei filamenti miceliali nei. funghi. In aleune eolture cellulari feci sviluppare dei filamenti micelici da sporule di Diplodia Mori. Questi fili vigorosi si divisero in brevi ar- ticoli a mezzo.di setti trasversali. Lasciando a poco a poco mancare | il liquido nutritivo (decotto di pomo, o decotto di fimo), osservai che ciascun articolo anzichè svilupparsi nel senso della lunghezza, seguendo Factrescimento normale, si ingrossava, in modo che taluni articoli as- ispessi notevolmente, e tutto il filamento assunse un colore fuligginoso carico. Per parecchi giorni laseiai le cose in questo stato, trascorsi i quali aggiunsi alle colture nuovo liquido nutritivo. Ebbi a notare qual- che giorno dopo che i filamenti non avevano cessato di vivere durante tutto il periodo nel quale mancò ad essi il nutrimento. Infatti ciascun articolo gonfiossi a poco a poco, indi la parete fai ginea robusta si screpolò, e lasciò vedere al disotto di essa un nuovo articolo jalino ricco di sostanze protoplasmatiche. I nuovi articoli, me- diante il loro accrescimento, rotte le grosse tuniche fuligginee, e sgu- sciatisi interamente, continuarono a svilupparsi alacremente, dando origine a nuove ramificazioni [ Tav. VIII, fig. 12]. In tal modo si vede che se in natura viene a mancare, per un certo periodo di tempo, la nutrizione ai filamenti miceliali di: un fungo, que- sti si dispongono ad una vita latente, fino a che condizioni favorevoli non ne permettano l'ulteriore sviluppo. | Tra i modi coi quali i funghi tentano adattarsi ad un ambiente sfa- - vorevole alla loro esistenza, sembrami non sia stato ancora accennato il presente, il quale eredei qui utile ricordare. Del resto questo fenomeno biologico si collega all’altro della pal = SE DINA = SULLO SVILUPPO DI ALCUNI IFOMICETI — ultima proprietà ha lo scopo primo di tutelare l'esistenza. della — SS ý si too OTT E : ME Jlteriori studii mi permetteranno, ne sono certo, di aggiungere nuovi | in appoggio dei risultati espressi nella presente comunicazione. CN. BERLESE. R. Istituto Botanico di Padova, Giugno 1889. | RASSEGNE, Rassegne P. A. Daxaranp. Recherches sur le mode d'union de la tige | et de la racine chez les Dicotylédones (Le Botaniste, 1'* sér. n. 3, Février 1889). E questa la prima parte di un lavoro generale che comprenderà pure le Monocotiledoni e le Gimnosperme. L'A. incomincia col dimostrare la vacuità della parola colletto a m E una regione ristretta e definita di passaggio dalla‘ struttura radicale a quella caulinare , poiché il raecordo l uno coll'altro dei diversi tessuti della radice del fusticino, si compie non bruscamente ma poco a poco e non per tutti all stesso livello. Egli studia dunque questo . raccordo e specialmente, anzi quasi. . esclusivamente, quello dei fasci vascolari che è il più importante e il più difficile da spiegare. Secondo lui per potersi render conto di questo raccordo, bisogn considerare i fasci della radice, quelli che discendono dai cotiledoni e qus che provengono dalle prime foglie. i. Intanto ha potuto scoprire un rapporto costante tra il tipo di nervazione dei e cotiledoni e il numero dei fasci della radice, cioè che « 4 cotiledoni penni- : nervi corrisponde nella radice il tipo diarco e a cotiledoni palminervi cor risponde il tipo tetrarco ». Esamina quindi anzitutto i duo casi di radice diarca e fetrarca e poi quelle delle radici a più di 4 fasci. : L' inserzione dei. fasci cotiledonari su Mens radicali si fa secondo una regoh fissa. Radici a 2 fasci. Caso generale (la più parte delle Dicotiledoni ). I Dons. dei cotiledoni hanno due fasci PE d Questi 4 fasci dicon i verticalmente due a due nell'asse ipocotileo e ciascun paio va ad innestarsi sulla parte interna del corrispondente fascio radicale, donde ne risulta la nota. d sizione in forma di T o di e Caso secondaria ( Copa aleune | Ranuneutacee). I piccioli dei cotiledoni contengono ciascuno due fasci makati e due iacu: caso generale, i laterali. si uniscono più o ngere i mediani verso la base del picciolo. primi sì comportano come nel men ia prima di raggiu A m Radici a 4 fasci. alcune Leguininose). ` Caso generale (Convolvulacee, Balsaminee, à I piccioli cotiledonari hanno ciascuno due ie mediane 6 due laterali. I due fasci mediani sì uniscono ad un fascio della radice come nel caso pre- cedente; i laterali dalla stessa parte dell'uno e dell'altro cotiledone si com- poriano nello stesso modo cogli altri due fasci used ate la formazione | quattro Vedi … Caso secondario. — Nell'Acer campestre e nelle Malsdtos diano del pieciolo cotiledonare, si fonde col suo laterale. Nelle Cucurbitacee i ue mediani si fondono assieme , salvo poi a tornar liberi poco prima di an- arsi ad innestare, nel modo anzidetto, sui quat TET fascio me- tro fasci radicali. ZI Radici | a più di 4 fasci. T a tenuto in quei casi dei risultati po- ida descrivere come si pas- Inglans , Ricinus) che iassunti. In generale si oi o tutti o aleuni 7 od 8 fasci. x lun confessa di non aver ancora ot sitivi o meglio dei risultati generali. Si limita perei sano le cose in alcuni easi particolari (Citrus Limon, non si prestano ad essere T può dire che si formano i 4 T come nel caso precedente, P raggio, dando luogo a m 6, di ossi si separano in due secondo il Gli altri risultati generali a cui arriva sono i seguenti : I fasei liberiani si oomportano como i vascolari, ma le e fusioni non anno luogo necessariamente allo stesso livello. . Il nome colletto si può conservare per designare il lu r epidermide del fusticino con lo strato esterno pilifero della radice. - È pressochè impossibile stabilire il livello a cui ha luogo il raccordo del „parenchima congiuntivo dei due organi essendo essi quasi identici. Ciò vale anche per il | penc ied è di natura puramente cellulare anche . nel fusto. 2 : : - L'endodermide della radice fa $ seil: a quella del fusto come ha dimostrato à Vuillemin nel suo lavoro sul fusto delle Canh l Si essendo molto complicati ogo ove B. raccordano ‘ A proposito del periciclo, l'A. ritiene che nel fusto esso sia di natura diverso che non nella radice, cioè che appartenga in quello, non al tessuto congiuntivo, come vuole Van Tieghem e la sua scuola, ma bensi al tessuto dei fasci e più k | precisamente alla regione liberiana dei fasci esterna ai gruppi di elementi eribrosi, | Propone per il periciclo del fusto il nome di perifragma. * # ; - C. AVETTA. V. PaLLapin. Kohlenhydrate als Oxydationsproducte der - Eiweissstoffe. Berich. der Deut. Bot. Gesell. D. VII, H. 3. Gli studi compiuti in questi ultimi tempi, hanno portato ad ammottere che gli idrati di carbonio possono prodursi per scomposizione degli albuminoidi. GODFRIN . e BELZUNG hanno dimostrato che l'amido transitorio ( amido secondario), du- rante la germinazione dei semi di cereali e di leguminose, si accumula in quan- — tità tanto maggiore quanto minore era l’ amido contenuto in origine nei coti- ledoni e nell' endosperma. Quando, come in questi casi, è realmente l amido un prodotto di scomposizione degli albuminoidi, deve aver luogo nelle piante, che presentano questo processo, un corrispondente. accumulo di amidi. E ció è confermato dalle analisi di ScHULZE e FLECHSIG sui semi in riposo e ger- moglianti. e d I semi delle leguminose si distinguono. per la energica formazione di amido durante la germinazione; essi sono ricchi*in albuminoidi ma assai poveri in so- stanze di riserva non azotate. Le amidi sono allora dei prodotti secondari nella formazione dell amido secondario e delle pareti, Sembrò anche cosa strana la esistenza contemporanea della asparagina e di una grande quantità di sostanze non azotate; ma oggi la cosa può perfetta- mente spiegarsi; durante la germinazione delle leguminose l'asparagina si forma in quantità assai grande perché nei processi di sua formazione si pro- duce anche amido secondario. Lo ScHULZE dice che nei semi germoglianti , durante il processo di respirazione, ha luogo incessantemente una scomposi- zione di albuminoidi. | prodotti di scomposizione azotati, se vi é presenza di amido fisiologicamente attivo, possono essere di nuovo rigenerati in albumi- noidi, ma essi'invece si accumulano, quando l amido manca. Nei semi per esempio dei cereali, nei quali si trovano poche materie azotate e maggior copia di sostanze non azotate, durante il germogliamento vi sono le condizioni © Lp. RASSEGNE î Y B. enis xi é scarsezza di sostanze ternarie ma Poe di SHE in uito a ciò durante la germinazione del lupino ha luogo un accumulo di a- TR Partendo dal concetto che l'asparagina nel germogliamento delle legumi- nose è un prodotto secondario della formazione degli idrati di carbonio, è anche i facile spiegare le controversie esistenti sull’ influenza della luce nella pro- uzione della medesima. PASTEUR, BousSINGAULT, PFEFFER, SABONIN € LAscovsKY d ono che nella germinazione all oscurità l'asparagina si accumula in maggiore | quantità che nella germinazione alla luce. Al contrario Prria, Cossa, SACHSSE : ORMANN pensano che la luce non vi abbia influenza. Da ultimo MEUNIER ha dimostrato che nei primi tempi della germinazione la luce è senza influenza, ntre invece negli stadi ulteriori essa provoca una scomparsa della asparagina. he questo fatto si spiega con quanto sopra fu detto. Nei primi periodi ‘germinazione tanto alla luce che alla oscurità ha luogo la formazione amido transitorio e perciò un accumulo corrispondente di asparagina, ma egli stadi suecessivi, se per la presenza di luce ha luogo T assimilazione del rbonio, i prodotti di questa, unendosi alla prata producono una ie one degli albuminoidi. i A; ha anche precedentemente dimostrato che la formazione della aspara- na può soltanto aver luogo in seguito all assimilazione dell ossigeno dell'at- idazione degli albuminoidi. Ma to secondario nella mosfera ; epperciò è la conseguenza di un’ oss noi abbiamo anche visto che l'asparagina è pure un prodot ione degli idrati di carbonio. In conseguenza l'A. da questi e da altri giunge a concludere: che gli idrati di carbonio sono prodotti di wna incompleta ossidazione degli albuminoidi dei vegetali. Sono anche intercalate el vas delle tabelle, atte a dimostrare la verità degli asserti dell Autore. G; ACQUA: - Krivs G. Grundlinien zu einer Dre des Gerbstofs. Leipzig. 1886. L diterbdante lavoro, che iratta una.questione tanto dibattuta nel campo. ell fisiologia, è diviso in otto capitoli , dei quali due trattano succintamente storia della questione ed i metodi di ricerca usati dall'autore, un terzo. ducta lo studio dei tessuti nei e il tannino si natoni; gli altri versano pagine la esposizione dei risultati di 21 serie di esperienze fatte dall’ autore | sull’ argomento. i Relativamente alla distribuzione anatomica del tannino s l’autore trova che . esso si produce nel tessuto verde delle foglie, e precisamente nel succo cellu- x lare, non nel corpo clorofilliano , che lo trasportano le guaine vascolari e gli elementi parenchimatici del leptoma e dell’ adroma dei fasci delle nervature e | e nelle piante legnose e sulla sua origine. Termina il volumetto di ben 131 - del picciolo, poi il parenchima corticale ed i raggi midollari nelle piante le- gnose. Il trasporto nel senso trasversale dalla corteccia al legno è fatto dai raggi midollari. I laticiferi possi contengono tannino, quando è più spesso no. mancano. 1l Kraus distingue due sorta di tannino relativamente al suo modo e ligi di origine, cioè un tannino primario e un tannino secondario. Il primo si forma ‘nelle foglie e sotto l'influenza della luce, il secondo negli organi non M e sottratti alla luce. Con appropriati e ingegnosi esperimenti r autore dimostra cha il EE primario si forma nelle foglie normali e nelle condizioni dell’ assimilazione, vale - a dire sotto l’azione della luce, non avendo luogo la sua produzione all oscurità; in presenza della clorofilla, non potendone formare le foglie non verdi; in pre- senza dell’ anidride carbonica non avendo luogo la sua formazione o cessando, . se è cominciata, in una atmosfera priva di CO?, Il tannino prodotto nelle foglie verdi subisce delle mutazioni, e con una serie - n di opportune esperienze il Kraus dimostra che non muta chimicamente, ma emigra dalla foglia ed è trasportato dai tessuti conduttori nel fusto delle piante legnose, nei tuberi o rizomi delle erbacee perenni. Epperó il tannino prodotto | dalle foglie non è nè impiegato nè accumulato nella foglia stessa. Dalla base —— del picciolo entra nel ramo e si dirige verso il basso dai rami giovani ai vecchi ed al tronco. Questo trasporto ha luogo di prevalenza nella corteccia, comincia . collo svolgersi della foglia e non è ancora cessato alla fine di Settembre. Questo tannino sta depositato nei serbatoi nei quali si è raccolto durante E periodo del riposo invernale. Al riprendere della vegetazione, nelle pianto ri- zomatose , il tannino depositato nel rizoma non prende più parte ai processi metabolici della pianta. Esso non diminuisce mai, anzi cresce sempre 0 perchè : se ne forma del nuovo nel rizoma stesso o > perché nei nuovi organi formatisi 4 de urità si produce del nuovo tannino, il tannino secondario. L' autore non e se queste due sorta di tannini diversi per origine siano chimicamente i Lou nei processi metabolici; e siccome aloe aumenta anzichè diminuire i materiali di riserva sono impiegati, esso non può. essere ascritto a ^ gruppo di sostanze nutritizie. Anzi qui si forma e cresce nei germogli i i ia ed all’ ae Infine contro Il’ je np che tannino sia T anino primario "e il secondario raccoltisi (il secondo anche formatosi) ps e > nella corteccia iex unite in = coll’ età. Kraus ritiene propa: Le ricerche sperimentali e le ossėrsazioni del Kraus. hanno dunque stabilito , > il tannino si può formare nelle piante sin due luoghi e sotto condizioni di- cioè o nelle foglie sotto le condizioni dell’ assimilazione, ovvero negli non verdi Li all oscurità : Am uy io nelle PURE grin dotto nelle altre condizioni o secondario di formazione e la sua esportazione non portato in circolazione nella pianta, nón x e necessaria. Il tannino non è * ed à 3 asporto nei tot c o nei tessuti di difesa della pianta: lib quela” ps e meno abbondante, resta nel luogo piu ri- e materiale nutritizio né di riserva, è relativamente alla sua sorte si puó ritenere come uno dei prodotti finali del me- tabolismo. Ma un' ultima e importante questione resta ancora insoluta ed è quella - relativa alla sua origine. Proviene il tannino dalla serie dei corpi non azotati E (specie, dagli idrati di carbonio) o da quella dei corpi azotati (specie albumi- | noidi)? L'autore, riconoscendo la insufficienza delle nostre attuali cognizioni. per rispondere alle dette domande, dice soltanto, che forse nella serie dei fe- nomeni chimici che conducono alla formazione degli albuminoidi, si producono | . dei gruppi molecolari ient posl aromatici) che da un lato concorrono alla for- 5 . mazione degli albuminoidi, dall'altro concorrono a formare il tannino, come n: - cina secondari a Patton delle molecole albuminoidi. A: i T d Notizie Note di Microtecnica. Nat. de Toulouse, Bosco du 23 Janv. 1889), ha sperimentato soi, nz tanniche (quercitrina, catechina, acido gallico, acido protocatechico, atechina, pirogallolo, ecc.) coi soliti reagenti, sali di ferro e bicromato po- i issieo, € e trova, con GARDINER, che parecchie sostanze vegetali della serie aro- danno reazioni simili o identiche. Anche l'idrato potassico (SACHS), ar- | odico (ProctER), l'ioduro potassico iodurato (GRIESSMAYER), i icolori d'ani- (HANSTEIN, PFEFFER), acetato ramico (MoLL), acido osmico (STADLER, Pick, R), sono da rigettarsi. Migliore è il molibdato ammonico, ma il precipitato dà cogli acidi tannici è solubile nell'acqua e negli acidi pa ed anche * Tungstato sodico . . . p P. Acetgto sodico. o +. 2 » ? Acqua. distillata . toe HE ». d Hide sodico solo precipita in bruno, in soluzione acida o ammonia- l'acido gallico ; in giallo fulvo Y acido gallo- -tannico. Tuttavia crede l'A. reagente non sia da adottarsi per la distinzione dei due acidi. Inoltre la nza di acido tartarico o citrico concentrati impedisce la reazione. reagente sopra descritto non precipita nè le sostanze albuminoidi, né. le simili alle tanniche, le quali prendono colorazioni gialle di vari toni ; : m ece, coi quattro acidi tannici, un precipitato giallo-paglia insolubile ‘acqua e nelle soluzioni saline, acide o me ‘à reazione è molto sensibile, e scopre fino àd m d' acido tannico. Si può. benissimo direttamente sotto il copri-oggetti. — Il precipitato si mostra opio in forma di una massa gialla lanuen la quale noe le cel, inifc — A pag. 289 del Vol. II della | Malpighia abbiamo parlato di una soluzione di Carminio al carbonato sodico . del D Cuccari. — Egli dà ora una formula, (Zeitschr. f. wiss. Mikr.,-Bd. VI, — 1889, p. 41), per farne una polvere solubile, più comoda quindi della soluzione SOSTANZE COLORANTI. — Carminio solubile. H prima accennata, che bisogna preparare voltá per volta. — Ecco il modo di pre- parare questo carminio in polvere solubile, come lo descrive il D." Cuccati. Ripor- — tiamo, come fa lui, anche la parte che riguarda la preparazione della soluzione, perchè egli ha introdotto delle modificazioni alla prima formola: « Prendi gr. 30 di carminio ottimo polverizzato della fabbrica GRüBLER di « e e poai in e di paia ana Lon > gs siano ec sciolti SZ ‘togli dal fuoco e versavi entro 50cc di alcool assoluto e lascia in Bu « liquido per 8 o 10 ore, indi filtralo sopra litri 1 e 800cc di acqua pe . « resa acida da 50ce di una soluzione san di acido acetico al 20-95. | « aggiungi gr. 20 di cloralio idrato. a _« Ottenuto così il colorante in ine lo si pone entro una gran catio « di porcellana, e si fa evaporare, alla temperatura di 60° e a bagno-maria, tu « la parte liquida. In tal modo, attaccato alla capsula, in fondo di essa, sì sa « depositato il carminio solubile che, solo quando esso sia perfettamente secco, « sì raschierà e si triturerà finamente entro un mortaio. » cl Le soluzioni si faranno di gr. 1,25 su 100 di acqua distillata, aggiungen- . dovi però anche 20ce di alcool assoluto. : ; : x : Carminio con picrato d' ammonio amorfo.-— Lo stesso D." Ovccart (I. e., pag. 42), dà il seguente modo di preparazione di una polvere di carminio picrico. | Si prenda dell’ acido picrico in cristalli (GRüBLER) e vi si versi sopra tanta. Fa ammoniaca da farne una pasta molliccia. Dimenando tutto questo impasto con una bacchettina di vetro, si formerà una specie (?) di picrato ammonico. Si faccia | ECT evaporare a bagno-maria finché il composto sia divenuto duro e friabile e non. Ls odori più di ammoniaca. So, ne ra poi una soluzione satura a freddo nell gie. „distillata e si filtri. : x Si prendano ora parti uguali di questa soluzione 6 di una iii di dui . sodico preparata come fu detto a pag. 289 del vol, UH della Malpighia, e si NOTIZIE i Da lentamente il miscuglio, era in una uni di por 2 . Ottenuta la sostanza perfettamente secca, si raschia dal fondo della è si tritura finamente in un mortaio, e si conserva in vaso chiuso. Si adopera in soluzione acquosa all 1,50 ?/,. Questo carminio pierico colora istantaneamente i nuclei delle a viventi — iate senza alternarne menomamente la forma e la costituzione chimica (?). z | pure bene in toto i tessuti previamente trattati coll’ alcool, col cloruro è eo, coi P pem di XA Cem ud geri ecc. dg SARI sa essi l'eccesso ournal the Royal Micr. Soc. di Londra, (1888, pag. 671), richia- ‘attenzione degli istologi sugli sforzi che si fanno per ottenere le i sottili e perfezionare in questo senso i microtomi. Il far sezioni sot- oltre il Too millimetro è raramente utile anche nella istologia animale, © trebbe dite che piuttosto è divenuta. una cosa di moda. Siamo di fronte un fatto simile a quello verificatosi nel a fabbricazione dei Microscopi. Prima ndò alla ricerca dei forti ingrandimenti, credendo con ciò di poter spingere definitamente il nostro sguardo entro le cose piccole, finchè fu dimostrato ispondente potere , » >” ‘ingrandimento doveva essere accompagnato da un corri lente, da ottenersi con altri mezzi, e che questo potere risolvente ha d' altra un limite; poi si abusò delle grandi aperture. Cosi ora si cereano tutti i mezzi di perfezionare i microtomi meccanici, per ottenere sezioni sottilissime ; a spesa e la perdita di tempo che accompagnano l'uso di questi miero- non compensa sempre il vantaggio che se ne ritrae. contestabile che essi sono necessari nella istologia animale, t anche nelle ricerche su vegetali delicati. Ma in generale, nelle ricerche istologia vegetale, se ne può fare a meno. Ed ora té SH che anche s microtomi a mano sono assai più perfetti di prima, e è preferibile il complicar | E mpre il meno possibile la Teenica mieroscopica, anche dal lato della prepa- e delle sezioni sottili. E questione sopratutto di evitare le manipolazioni ho che, oltre di far perdere molto tempo, danneggiano più facilmente il ‘ato; e poi più si può fare con minori mezzi, meglio è. questo io consigliai, dopo averlo sperimentato, l'uso del microtomo > à DE anche per l'inclusione PFITZER. : e qualche NOTIZIE E f botanici non ETA bisogno ch'io dica loro che devono regolare la gros- sezza delle loro sezioni a seconda delle ricerche che fanno: ma ai principianti è bene insegnare a far sezioni sottili a mano volante e col microtomo a mano, EX perché lo strumento che si deve cercare di perfezionare prima di tutto é la mano; —— | SE ma nello stesso tempo far loro capire, che il merito di un preparato non con- e di siste nella sola estrema sottigliezza, ottenuta con un perfezionato microtomo - THES meccanico. ur us halo 3 ; Lampade per lavorare al Microscopio. — Un altro oggetto di ricerche da parte dei Microscopisti è una lampada che dia luce abbastanza intensa e bianca s da poter lavorare al Microscopio. i .. Nel Vol. II della Malpighia, a pag. 268, parlai di una lampada ad incande- scenza consigliata dal BòRKNER, ma non mi è stato possibile avere e sperimen- tare una di tali lampade. Si vedono però continuamente annunziate nuove lam- — | pade per Mieroscopisti, e di queste si trova descritta una nel Botanisches Centralblatt (Die neue Mikroskopirlampe von Kocns-WoLz in Bonn — Bd. XXXVII, 1889, I Quartal, pag. 45), della quale i io non en mai parlato qui, paresi xt avendola sperimentata, non la trovo buona. Il sistema di queste lampade è ingegnoso; un bastone di vetro è SACRE n modo da condurre la luce della lampada direttamente sotto il preparato. Ciò sì ottiene mediante parecchie riflessioni totali della luce dentro il vetro stesso. Il suo modo di funzionare si trova anche descritto nel Journal of the Royal |. — i Mier. Soc., 1888, pag. 1025. (Vedasi anche nello stesso Journal, 1889, p. 126). x n vantaggio di questa lampada è di dare una illuminazione molto intensa, - nonostante che essa sia a petrolio. Il primo difetto, è quello della luce del pe- - rolio, che é straordinariamente gialla, e accieca addirittura. Però a questo si rimedia facilmente, sovrapponendo all'estremità del bastone di vetro una o due lastrine di vetro azzurro, che il costruttore unisce alla lampada. Si può | anche regolare l'intensità della illuminazione, avvicinando più o meno alla fiamma l’altra estremità del bastone di vetro, per la quale la luce entra. Un altro difetto, notato dal KonL, che ne riferisce nel Bot. Centratbl., è che tale lampada non sì può adoperare col microscopio munito di condensatore, | mentre è appunto pei forti ingrandimenti, che essa dovrebbe essere pens. alle lampade comuni, perchè dà più luce. H ~ Ma ciò che me la fa del tutto -sconsigliare è, che ie Aopoa vicina ale ` l'osservatore, il camino della lampada manda tal calore alla testa, che non lo si può sOliportare senza pericolo della propria salute, almeno così mi pare. | } è cenza, sia per il colore, sia per il poco calore che la lampada irradia; ma ea specialmente da noi, è per ora difficile ad aversi, anche nei laboratorî li Istituti Scientifici. Quella del gas mi pare che sia, fra le altre, la prefe- bile. Ma quando non si può avere né I'una, né l'altra di queste due, le co- uni lampade a petrolio servono benissimo, anche pei forti ingrandimenti, spe- cialmente se hanno la fiamma piuttosto larga. Di tal parere sono gli editori del Modico americano The Microscope e del Journal of the R. M. S. (1888, pag. 807), e credo che abbiano ragione. il miglior metodo per correggere | il color giallo della luce, (si tratti di pe- trolio odi gas), è quello consigliato dal BeHRENS (Hilfsbuch zur Ausführung mi- — kroskopischer Untersuchungen im botanischen Laboratorium — Braunsehweig, w3, pag. 70), il quale consiglia l’uso di lastrine di vetro di cobalto o di un iente di vetro con soluzione capre ammonica da interporsi tra la lampada e icroscopio. i ‘erò, nonostante che il D." W. H. DALLINGER di Londra creda preferibile la artificiale a quella solare, perchè questa, dice lui, è incostante, ecc., io direi vuol aver cura dei propri occhi, che, meno in casi , nei quali la natura x è incomoda pel modo, col quale la si fissa sul tubo del Mi- oscopio, e per avere tutte le sue parti fisse, e propone delle modificazioni da introdursi nella parte meccanica di detta camera lucida. Le osservazioni del sig. IEINSIUS sono giuste, ma noi possiamo far notare che le modificazioni da lui reclamate sono state introdotte nella costruzione dalla Camera lucida Abbe dal ao ottico-costruttore Sig. F. KORISTRA di Milano. Le camere lucide, sistema Abbé, costrutte dal Koristka si fissano sul tubo del Microscopio, come quelle Li e diretta del preparato, nonchè di mutare l'oculare, senza togliere la camera a; i vetrini affumicati si spostano senza levarli, e di più lo specchio scorre a is guida orizzontale, che permette di allontanarlo od avvicinarlo al Micro- naturalmente da A la luce elettrica ad incan- patche lo richieda, è sempre bene far uso il meno era della luce N het; il prisma può girare attorno ad una cerniera, e permettere così l'osserva- - scopio, e ciò per comodo del disegno. In questa camera lucida manca soltanto il posto per la lente del Gitay, la quale, è vero, da noi è poco o punto a ma e render dei servigi. (!) Firenze, Maggio 1889. Prof. A. Porr. ADDENDA AD FLORAM ITALICAM Piante nuove o rare trovate in Liguria. | sg Hc» Ca à A Molto”; “delle specie enumerate in questa noterella sono piante avventizie, cioè non indigene originariamente del luogo dove furono trovate, ma importate pe i un caso qualsiasi (nel Genovesato quasi esclusivamente introdotte col grano provenienza forestiera o straniera). Parecchi dei vegetali così introdotti, fattis spontanei, si sono moltiplicati per seme e sono stati osservati per vari anni di seguito alla medesima località od anche, allargando i loro confini, in stazioni vicine a quella della prima importazione; di modo che ormai devono essere: ‘ considerati come facenti parte della nostra Flora locale. Non credo però inutile- tener conto anche delle comparse fugaci, di quelle specie cioè che sono state trovate soltanto una volta, in pochi esemplari, e che poi scomparirono, non avendo potuto sostenere la lotta cogli elementi indigeni della Flora locale: par; — tranno sempre servire per la statistica della migrazione delle piante. Altre specie qui menzionate furono già trovate in altre località italiane, ma È finora non erano indicate per la Flora della Liguria. Infine alcuno sono del tutto nuove per la Flora Italiana, o almeno non avevano trovato posto nolle opere anche recenti sulla Flora Sta d'Italia. ® (*) Sull’ uso di questa lente vedasi: dia, Theorie der Wiko und Pot : Gebrauches der Camera lucida — Zeitschr. f. wiss. Mikr., Bd. I, pag. 1-23, o la. sua He nan à vi het Gebruik van der Ira, Leiden, 1885; . pag. | tal Platycapnos spicatus Bernh. b Flore l' indicano soltanto dalla Sicilia e E a ice questa specie era creduta indigena soltanto dell’Italia meridionale e ind tole AZIO Invece cresce abbondante js BAGLIETTO) nei brat della ibile. il: suo indigenato in Italia (cresce nella Spagna meridionale, nell’ Algeria e nell’ Tno pure nel nostro caso trattasi indubbiamente d' dmperinone nte, Lepidium virginicum E. Trovata fino dal 1856 nel torrente Vasna sopra Pegli, questa pianta del- l'America settentrionale vi si è mantenuta e può essere ormai considerata come | completamente acclimatata: tanto più che il Dott. BAGLIETTO ‘quest'anno ne ha Mu ‘trovato un altro centro di diffusione, nel letto del torrente Leira presso Voltri, | alla località detta « ai Crovi. » — Da una recente pubblicazione del Sig. Ls Micnecerri (Nuovo Giorn. Bot. Ital. XXI, 3, p. 479) apprendiamo che anche al. ponte sull'Adda, a Cassano d'Adda, lo stesso Lepidium si è reso spontaneo. | y : i; Lepidium perfoliatum L. | - Ho visto nell’ erbario del Dott. L. Durour un esemplare di questa specie molto $ eg distinta, raccolta molti anni fa dal Dott. SAVIGNONE intorno ai molini fuori Porta - OR Bartolomeo a a à Df medi: avventizia. Recentemente non è più stata ; ritrovata. x Brassica elongata Ehrh. var. integrifolia Boiss. /Br. persica Boiss. et Hohen) - | die vari anni abbiamo osservato qua e là nelle vieinanze di nd (nella Vall del Lagaccio, e quest'anno a San Siro di Struppa, fuori Porta S. Bartolome . e presso il molino di Borgo Ratto nel letto del torrente Sturla) una Brassica | grandissima : molto ramificata, glabra, o pochissimo pelosa, colle foglie supe- riori attenuate. alla base, e di cui la determinazione rimaneva sempre incerta. Ora credo di poterla riferire con sicurezza alla Brassica persica Borssier, pianta orientale che finora in Italia fu trovata soltanto una volta inselvatichita, di MARCHESETTI, al Campo Marzio presso Trieste. À .La Brassica palustris Pirona, pianta del Friuli, che da vari autori è sana derata come varietà della B. elongata Ehrh. sembra differirne specificamente. -— Non saprei pronunciarmi per ora sull'indigenato della forma trovata nel 'Geno- vesato, essendo tutte le località dove fu trovata sospette per piante avventizie, © almeno luoghi coltivati. In ogni modo la specie è ormai diffusa sopra un, largo tratto di terreno (quattro stazioni in circa 36 kilom. quadrati) e m mente vi perdurerà anche in avvenire. Brassica fruticulosa Cyr. sd Indicata dalle Flore italiane soltanto per l'Italia meridionale e per la Sicilia, Sedum hirsutum All. | Prof. De Notaris a pag. 154 del suo Repertorium Florae Ligusticae cita dum hirsutum All. come abbondantissimo sulle rupi del capo di Noli. Cid to sopra un errore: le piante di Noli che l' Afitore aveva sotto mano es tuttora conservati nell’ Erbario Ligure di questo bano res non io | in Piemonte, ed in Liguri è è stato rinvenuto in una sol località dal f. G. GENTILE, cioè sulle rocce a poca distanza dai ponti di Nava, a destra la via che conduce a Quarzina. Asperula galiaidah M. B. qu finora stata trovata: si riscontrarono questo anno soltanto parecchi esemplari me AN del Lagaccio à Genova, assai ober um nati da semi vata avventizia nel 1847, dal Dott. SaviaNoNE, intorno ai molini fuori Porta s. Bartolomeo a Genova. Non fu più ritrovata in tempi recenti. NOTIZIE : sn stessa località rinomata per sisi avventizie, fuori Porta S. Bartolomeo. E indigena (secondo Him) dell'isola di Cipro, della Siria e Palestina, * dd foeniculaceus Ten. i Specie finora non indicata per la Flora Ligure: ne trovai alcuni esemplari raccolti alla « Porta Isola Bella a Spezia » dal sig. CosrantINI, fra le piante | speditemi dal Prof. Carazzr. Il Sen. foeniculaceus è più comune nelle provincie «meridionali d’Italia e sulle sue isole, ma è stato ritrovato (secondo Caruel) anche nella regione Maremmana della Toscana. Riappare poi nella Francia - meridionale, per cui è probabile che si eee rinvenire anche nella Riviera d Ponente. Ee Senecio andryaloides DC. E Se Questa specie indigend del Brasile, coltivata frequentemente nei nostri giar- dini, trovasi ora inselvatichita, certamente fuggita da qualche villa, nella Ri- viera di Levante: fra Quarto e Quinto, lungo la strada provinciale che costeggia 2 il mare, ne è coperto buon tratto di terreno; e prospera benissimo nei E Ux aridi, sulle rocce calcaree del littorale. In uguali condizioni trovasi nella stessa i località anche il Mesombrisnthenum acinaciforme L. 405 M Notobasis syriaca L. Fu trovato un solo esemplare, probabilmente avventizio, dal sig. G. BAsTRERI nei dintorni di Quinto in quest’ estate, ed un altro dal Dott. BaGLIETTo nella Valle del Lagaccio. Cresce spontaneo anche nell’ Italia meridionale fino a Roma, nelle grandi isole e nella Francia meridionale. 2 -Centaurea alpestris Heg. Heer. is Kotschyana Koch Syn. 473, non Heuff.!).. Questa bella specie della zona montana, trovata finora soltanto in rein. ER più settentrionali ( Austria, Tirolo, Lago Maggiore, Dauphinée, Monviso ) è stata riscontrata dal Dott. BagLIETTO lungo un rigagnolo ombreggiato al- ; l Acquasanta sopra Voltri, all'altezza. di 130-200 m. incirca. à a * Noto qui che tanto nel Compendio d’ArcangELI come in quello di Csat , DM Passerini il nome di Cent. Kotschyana Heuff. deve essere corretto in C Kotschyana Kocu, non Heurr., o meglio sostituito da C. alpestris Heg. et Hony che non differisce essenzialmente dalla forma descritta dal Kocu y : Centaurea iberica Trev. * Questa specie è nell’ apparenza esterna assai simile alla C. Calcitrapa, ma e differisce per avere le foglie superiori semplici, assai larghe. All'esame più accurato poi è facile riconoscerla per la presenza del pappo sugli achenj e per E iiie larga, membranacea, quasi circolare che trovasi all'estremità delle quame più interne dell'antodio. La C. Pousini, colla quale la C. iberica ha in comune gli achenj papposi, n presenta quell’ appendice, ed+è di statura molto più gracile; la C. calci- rapoides, colla quale pure la nostra specie xr Y decir d agli achenj, le squame interne senza appendice alcuna. Finora non avvertita da altri autori italiani, la C. iberica fu trovata dal sig. ASTRERI piuttosto abbondante sugli spalti erbosi, sui terrapieni che dallo . rbino scendono al Bisagno, fuori delle porte orientali di Genova (Borgo degli ociati); è diffusa pure alle Mura di Montesano, sovra Porta Romana e nel etto del Bisagno; ed ultimamente fu anche ritrovata nelle vicinanze di Quinto. Essendo le dette località tutte sospette per introduzione di piante avventizie, ed essendo la C. iberica Trev. una specie finora ritenuta esclusiva dei paesi orientali, credo non vi sia dubbio sulla sua provenienza da paese straniero. rmai però è talmente diffusa e così numerosa da poter essere annoverata senza esitazione fra le piante nostrane. Crepis succisaefolia Tausch. Lo uniche località finora note in Italia di questa bella Crepis erano nelle Alpi di Brumano (Prov. di Bergamo) e nelle Alpi elevate piemontesi. Nell' er- bario dell’ ottimo amico I. StrarrorELLO a Porto Maurizio ne trovai parecchi. esemplari, da lui raccolti a Mendatica, alla « Morga poe » e nei monti | Sovrastanti a Garessio, Arauja albens € È Don. certamente fuggiti dai giardini, Furono trovati alcuni esemplari ia à — NOTIZIE E 2 : Gentiana utriculosa L. Questa graziosa Genziana, che da nessun altro botanico è stata indicata nè per le Alpi marittime, nè per l'Apennino Ligure, fu trovata anni fa dal sig. BERTI al Bosco di Rezzo: ne vidi degli esemplari nell’ erbario del sig. STRAFFORELLO. RESI hirsutus Stev.. Lig. addendarum, in Mem. della R. Ace. delle Sc. di Torino, Ser. II, vol. XVII) porte di Genova. Ivi recentemente non è più stata ritrovata; ma è stata rac- = « aux bords des chemins, dans les haies et dans les blés », del resto ha il suo _ località indicata dal Gennari ho dubbio che si tratti di qualehe errore di clas- trova anche oggi sui detriti e ruderi piuttosto diffuso un piccolo Convolvulus tomentoso, della Sezione dei Strophocaulos, che non’ siamo ancora riusciti a Stev., nè al C. atriplicifolius Poir., e molto meno a qualche varietà del C. alla. descrizione del C. hirsutus Stev. Cynoglossum cheirifolium L. degna, ma cresce anche in Liguria, ed è piuttosto diffuso nella Provenza vi- ; | eina al confine. L'Anmporwo l'indica da Lucerame nelle Alpi Marittime (a Po- botanici (ALLIONI, ) MoxroLivo), non pare da mettere in dubbio il suo indigenato - in quella località. Avventizia ho trovato la stessa specie (in un solo one = SH cin luoghi erbosi nella Valle del Lagaccio a Genova , nell'estate del 1887; né. nV m fü dato di avan, traccia ied anni successivi, » Gli autori delle Flore moderne d'Italia non hanno accolto questa specie, quan- tunque il GENNARI già fino dal 1858 (Tersa Centuria Plantar. Repertorio FI. abbia accennata alla sua presenza nei luoghi erbosi allo Zerbino, fuori delle = , colta dal sig. STRAFFORELLO poco sopra Porto Maurizio, alla località detta di ni « Massabovi. » Cresce anehe nella Francia meridionale fra Toulon ed Hyères Skonto: di diffusione nella metà orientale del bacino mediterraneo. Riguardo alle Li | sificazione. Vicino allo Zerbino, cioè nei terrapieni al Borgo degli Incrociati si È citato dai Floristi italiani soltanto come indigeno di Sicilia e della Sar- nente del Collo di Braus; ed essendo la specie ivi stata trovata da parecchi F1 classificare con certezza, ma che certamente non appartiene né al C. hirsutus arvensis L. Gli esemplari di Porto Maurizio invece corrispondono benissimo | ; o NOTIZIE Cyclamen europaeum p F ik non era conosciuta che dalla catena delle Alpi, mentre nell’ Apennino n porre ren dovunque Cycl. spine W. a ria: lo raccolse in una "i località, sui detriti che trovansi sotto la Roccia raira, a destra della Via Nazionale prima d'arrivare ai ponti Nava, a 820 m. "d'altezza: e ne vidi degli esemplari nel suo erbario. i; Plantago lusitanica W. Ne Erbario Ligure trovai fra il Pl. Lagopus L. un esemplare di questa bella cie, particolare al Portogallo ed alla Spagna meridionale, raccolto fino dal. 47 dal Savignone fuori Porta S. Bartolomeo a Genova: trattasi di pianta av- nt La che in seguito sembra essere scomparsa dal luogo d' ner * Amarantus spinon) L. n imerosi Amarantus che , provenienti da paesi lontani , si sono diffusi. | tutta T Europa centrale e meridione, si aggiunge anche questa specie che, impo rtata per via sconosciuta da varj anni, sì è resa spontanea ed ognora con- quista nuovo terreno a Voitri, segnatamente nei giardini pubblici. (F. BAGLIETTO). ora non era stata segnalata per l'Italia e nemmeno, per quanto mi consta, ; altre Flore europee. # Polygonum arenarium W. K. | E" bus orientale, di cui il limite più occidentale è raggiunto in Dalmazia e Vugaria: fu trovata anch'essa molti anni fa come ai molini fuori Porta S. Bartolomeo a Genova. Rumex maritimus L. m so perchè questa specie non sia stata ammessa nelle Flore Italiane né ARCANGELI , né da Cesari, GIBELLI ‘e PASSERINI, fu trovata da ALLIONI, Risso e MoxroLivo nei Sn de ni marittimi a Nizza, pianta avventizia in- mentre lÀAmporwo indica NOTIZIE Ulmus pedunculata Foug, L' indigenato di questa specie in Italia finora era assai dubbio. L'unica in- dicazione (nei boschi vicino a Como, in Valle Intelvi e S data dal Co- er MOLLI è molto incerta, non esistendone degli esemplari nel suo erbario, e non essendo mai più stata ritrovata la specie nelle località da lui citate. Perciò già 5 PARLATORE dice che è dubbio che sia specie veramente italiana; ARCANGELI dice che « cresce forse in qualche parte delle Alpi », e CESATI, GIBELLI e Pas- SERINI « credono assolutamente che I' Ulmus pedunculata non sia giammai stato raccolto in Italia ». Nell’ erbario del Sig. STRAFFORELLO ho veduto un esemplare coi frutti ma- "turi, che per la lunghezza dei pedicelli e per il margine villoso- cigliato delle . samare indubbiamente appartiene all U, pedunculata. Fu raccolto dallo stesso. i c3 ih ~ STRAFFORELLO - nei boschi a Mendatica (alta valle del torrente Arrosia). Iris Xiphium L. Cresce in'grande copia in luoghi aridi ( « nei gerbidi » ) selvatici in un’ unica : località di Liguria, a Diano Borello (altezza di circa 200 m ), nella valle del torrente di S. Pietro. Non havvi ragione a credere che ivi sia stata introdotta : di recente, sia per la natura stessa della località, sia perchè cresce nella Francia meridionale e nella Corsica: la stazione di Diano anzi connetterebbe quelle due località un poco discoste. Fu trovata nel luogo indicato da Ricca, GENTILE, STRAFFORELLO, ecc. Asphodelus ramosus A (non L.) (A. cerasiferu us GAY). Ame | questa specie, come il Rumes maritimus L., deve essere sfuggita ai compilatori dei moderni compend;j della Flora Italiana. È indicata dall'AnDoINo ber parecchi punti delle Alpi marittime e della Riviera di Ponente: Balzi- -Rossi presso Villafranca (leg. MoxroLivo); fra il Casino di Monaco ed il Capo Veglia (leg. Aroro); al bosco di Clans ed alla Trinità sopra S. Martino Lantosca - (leg. BonxET). Il MocgrIDGE (che dà anche una buona figura della specie in tav. - 69, A. B. delle sue Contributions to the Flora of Mentone) Y ha anche Mo al Monte Mulacé sopra Mentone. Cresce inoltre in Corsica, . Bellevalia trifoliata Kth. ig: : er ee n Sec Bien, a US LXXVI C del. « Flowering plant and. fp or era the rdighiera , col nome di B. Webbiana. Dessa è invece la B. trifoliata Kunth, come ebbe a (Casini poco tempo fa lo o Sig. BICKNELL}; ‘e ne ho visto anche (nell erbario STRAFFORELLO) degli plari BE Ae da S. Remo. — È PE italiani la ue soltanto del ta cen; a, dove r ho Dess io "n SIE globosus All Di questa rara specie , che fino a poco tempo fa era conosciuta soltanto della foce del Varo a Nizza e j aola Roja a Taruma; ho già indicato aet anno | a o. gs ne posso aggiungere un'altra, ancora più il Levante: ne ho visto un esemplare diseccato, raccolto da GENNARI « ad rivulum quemdam retro - Carex chaetophylla Steud. | trovato aleuni esemplari di questa bella e distinta specie, non ancora menzionata nelle Flore Italiane, ma che venne raccolta da E. FERRARI nei fossi | vicino alla cittadella di Modena) in un piccolo fossetto lungo la strada provin- ciale che da Sturla (Annunziata) conduce a S. Martino d' Al aro. Ho inoltre sot- t occhio un altro esemplare della stessa pese raccolto anni fa da GENNARI il Capo di Noli. Carex ne Jord, Molto probabilmente questa specie è assai diffusa i in Italia, scambiata dai bota- i colla C. Halleriana Asso (C. Gynobasis Vill):alla quale per il portamento rassomiglia assai. Se ne distingue peró bene per avere le spighe femminili. vali-oblonghe, non globose, per gli otricelli in generale più piccoli, e sopra- tutto per la forma delle brattee. nelle spighe femminili, la quale è lanceolata- uminata nella C. Halleriana, ed ovato-cuspidata nella C. basilaris; le brat- tee in quest’ ultima terminano in una resta sottile, fina, ben distinta dal corpo 0 della brattea, La C. basilaris fu trovata in Liguria a Mentone (ARDOINO; t anche distribuita nell’ Erbario Normale di ScauLrz, N.° 965, dallo stesso luogo) dis noi nella Valle dei Nen m. Sestri Ponente, — NOTIZIE Pennisetum longistylum Hochst. Dai giardini, dove questa Graminacea indigena dell’ Abissinia spesse volte coltivata, essa fugge facilmente, e si propaga abbastanza rapidamente mediante i suoi rizomi e per mezzo dei semi. A Genova ormai da parecchi anni si è acclimatata in diversi punti: cosi allo Zerbino, sulle mura della città a Porta 8. Bartolomeo , alla Salita di Nostra Signora del Monte , sugli spalti sopra Porta 7 Romana; anche nelle vicinanze di Quarto, a 4 kilom. da Genova verso Le dona sopra S. Ilario presso Nervi e sullo stradone fra Pegli e Prà. Digitaria paspaloides Dub, Hs quasi la atossa diffusione come la specie precedente. Proveniente dal- E Jide, da molti anni é stata importata nel Genovesato, ed ivi si ritrova a oggi piuttosto abbondante nelle seguenti località: fosse della città fuori - di Porta Pila, Acquasola verso la Via di S. Filippo in Genova, nel letto del torrente Bisagno, ad Albaro, ed in Sturla lungo la Salita d' Ascensione , sla destra del torrente ER chilom. a levante di Genova). i Echinochloa colonum Palis. Beauv. . Finora conosciuta nella Flora italiana soltanto dalle parti più maridi d ‘Italia e dalla Sicilia, fu ritrovata dal Dott. BaGLIETTO (forse av ventizia) nela, Valle del Lagaccio a Genova. it Elymus crinitus Bebrob.- Ea Hus Questa specie, trovata avventizia una trentina d'anni fa per la prima volta : i .. fuori Porta S. Bartolomeo a Genova (GENNARI, Terza centuria, vedi sopra) 6 ^ quasi ogni anno ora rieomparisce in qualche località nuova, e pare estenda sempre di più il suo dominio. Cosi è diventata abbastanza frequente nella Valle del Lagaccio a Genova; poi è stata Leira asta eda Levanto di nio rinvenuta sopra Voltri lungo il torrente ` Genova al molino sr presso Quint i «i 5 -Athyrium alpestre Nyl, oli podium rhaeticum Lj. one Flore italiane è è indicato soltanto da. « hog elevati E E Pie i, riccamente fruttificati, nell’ erbario Srmvonzt1o, e dal medesimo raccolti in vicinanza déi Ponti di Nava Piccola Cronaca —-—— Ed ow Siamo lieti di poter annunziare ai nostri lettori, che la quistione risorta pe le raccolte del Dott. Beccari e per la pubblicazione della Malesia sta per essen sussidi accordati da S. E. il Ministro Boselli è assicurata la stampa del test del fasc. III e quella del fasc. IV della Malesia, di cui cosi dentro l’ anno presente verrà completato il volume terzo. Inoltre le promesse del Ministro fanno ferma mente sperare che nell'anno venturo verranno al Dott. BEccaRr aumentati gl = assegni onde poter continuare i suoi studi e le sue pubblicazioni intorno alla ^ Flora della regione Malese. — Tale notizia riuscirà gradita a tutti coloro ch si unirono alla nostra istanza fatta al Ministero dell'Istruzione to e relega alla continuazione della Malesia. — La ricca Biblioteca botanica del defunto Prof. A. W. EIcHLER è stata acqu stata dal Governo germanico per il Museo e l' Orto Botanico di Berlino. È morto a Berlino all'età di 68 anni, il Prof. Dr D. 0 lavori sui cereali e sulla storia della Botanica. noto per i sus In occasione del terzo anniversario della scoperta del microscopio si terrà nel 1890, per iniziativa del Circolo fiorale di Anversa, una esposizione relativa alla storia ed allo sviluppo del microscopio e della scienza microscopica, nonchè | un'esposizione di geografia botanica , commerciale ed industriale. Il Prof. E. R. v. TRAUTVETTER di S. Pietroburgo ha lasciato il suo preziosis- dr simo erbario, ricco sopratutto di piante della Russia, all' Orto Botanico di Piotro- ni ee . Nel mese di delinea avrà logo a Roma la riunione generale per 1889 della nes Botanica Italiana. i | | Trattati, Atlanti, ecc. Lessons M. Atlante di Storia naturale * Scuole e le famiglie. Milano, CHEN sL Nozioni di Fisica e di Storia Wai A. V. Nozioni di Fisica e di Storia naturale per la quinta classe elementare. Firenze, 1889. Anatomia , Morfologia, . Fisiologia, Biologia. ARCANGEL t G. Sullo sviluppo di calore € dovuto alla respirazione nei ricetta- ghi Fa Giorn. bot. ital. 1889, "n D. en peas allo stu- ta dell anatomia della Vitis vini- | tura anatomica ed alla composizione | Chimica del frutto del Pomodoro (Ly- | copersicum osculentum). Nota preli- minare, — Rendic. Acc. Sc. B n i ce. Sc. Bologna ru G. e TogninI F. Contributo allo ^ft dell' anatomia comparata delle > nabinee. Nota entiva. Atti : Istît. bot. Pei, vol. II, 1889, p. 3. BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO — Iost G. e Grett T. Intorno alla strut-. Bollettino Bibliografico Lavorì Botanici Italiani. DeLpino F. Applicazione di nuovi cri- terii per la classificazione delle Nr Seconda memoria. — Mem. Acc. Sc. Bologna, 1889. Gorran A. Di una RU esperienza praticata sopra la corolla del Cycla- men persicum. N. Giorn. bot. ital. XXI, 1889, # = Maccu L. sostanze coloranti degli strobili raa excelsa. — ibid., x ; M TNI P. e BUSCAGLIONI E Ricer- che anatomo-fisiologiche sui tegu- menti seminali delle palier. Nota preventiva. Atti Ace. Se. Torino, XXIV, Picone J. Studii sulle se delle Ra- a Atti Soc. ital. Sc. nat. Milano, XXXII, — Osservazioni sulla etérofillia. ibid. Tallofite. ARCANGELI G. Sopra due funghi raccolti nel Pisano. n a . botan. ital. XXI, 1889, p. Baroni E. Sopra cer licheni raccolti nel Pisano e negli Abbruzzi. ibid., p. 427. BERLESE N. A. Excursion ny cologique dans le Frioul. gr Soc. mycol. niis, V, 1889, a. 1 pl. BeRLESE A. N. , Saccanpo P. A. et Ro- -MeGvEnE C. Contributiones ad Floram mycologicam ire Ser. II RI. mycolog. | qeu y w . Renm. Cladoniae exsiccatae. N. 338-360. bot. ital. XXI, 1889, p. 412. 188 . Farnem R. Enumerazione dei Muschi mittleren Tirols. a bot. Zeit 3 . italiane e affini comprese nella se- Boxarpr E. Sur les Diatomées du lae zione tn Kochi, Sa aggi Fa un d'Idro. Journ. d. microgr. 1889, Monografia dei Trifogli italiani. Me vi 6, 7. Acc. Sc. Torino, Ser. II, vol. XXXIX, Borzi A. Botrydiopsis, nuovo genere 1889, c. 9 tav. di Alghe verdi. 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Genova. Ser. H, . La Peronospora ed i suoi , vol. VIL 1889 889. ut D. La lotta contro la Pero- Botanica medica e farmaceutica. ospora. Terza edizione. Alba, 1889. eon: Ed : + : CELLI A. e GUARNERI G. Sulla eziologia CN > m exis te dei - della ord Annali di Agricoltura, sentati alla R. mos 1889, n. 2t e 1888 al 30 Aprile 1889 aed nen vantaggiosi all'u uomo. Boll. Noris Agr. 2889, p. 415. dieses son: G, Particolarità intorno ai ri- MeLLa G. I Noniih del mia scio nina. dii Sean ia Poronctpora: Bali. Resoc. Acc. med. Napoli. t. 42. 1888, Soc. vitic. ital. 1888, p. 353. : : : : La Peronospora nei tralci. ibid. pa- Botanica orticola, Sgraris 378. industriale. CUGINI G.I dii Timedii-da proferirsi Conio | RCANGELI G. Esperimenti sulia molti- noia della de di plicazione di alcune viti americane. raria B EE E c rocks Atti Ace, Georgofili, vol. XII, 1889, JE Bowis A. Anomalie nella infiore- D. 2.3 scenza di Z j ; ; Nina. TX, Suri cum NE, sonia A. Le Begonie a foglie orna- BU G. 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Orniamo e n] ame i uh nico d Firenze solaio | giardini. ibid., p. 204. una. 1887-88. N. Giorn. bot. i al. . Ucounr G. Del Gattice VPopulüs alba) ibid. p. 214.- Varia. Carver T. L'Orto ed il Museo Bota- a | Prof. 0. PENZIG, Redattore responsabile, VOL. HE — Dell’ Ailium Rollii e delle specie più affini : pel Dott. Acute — 'TERRACCIANO. | x (Tav, XI). I. Allium Rollii n. sp., — bulbo obovato-simplici, tunicis albis membra- | maceis v. exleriore tantum et rarius nigrescente ac tenuiter lacerata ; | scapo ad medium v. ad — usque foliato, bi-tripedali v. ultra, leviter -suleato; foliis scapo nes. semiteretibus, viridibus, supra ca- nalieulatis, inferne nervis prominulis laeviter uti v. fere carinatis ; umbella mediocri, fuscescente-rubra, exacte globosa, demum difformi, | spatha univalvi, longe rostrata, umbella longiore circulariter omnino . "decidua, — pedicellis flores 4plo v. ultra superantibus, rubris, apice incrassatis, basi bracteolatis, bracteolis subulato-membranaceis, mediis . Solum sub fructu valde elongatis et umbellulam efficientibus, latera- libus erectis, reliquis patentibus brevioribusque; floribus mediocribus, omnibus partibus diumpersistentibus, — tepalis oblusis erectis, margine ` integris, dorso carinatis, — filamentis basi ciliolato-scabris, albidis, tribus interioribus tricuspidatis, cuspide intermedia lateralibus brevtore et reliqua filamentorum parte indivisa duplo longiore v. plus aut minus, . et tepala superantibus, tribus extiinis initio tepalis brevioribus deinde longioribus, antheris rubris, ovato-ellipticis, polline albo-cinereo, — stylo staminibus breviore, post fecundationem longiore, stigmate su- bulato; capsula obverse cordato-subglobosa, triquetro-trigona, angulis obtusis, valvis obovatis, seminibus nigris, murieulato v. papilloso-seabris. A. ealyptratum Rolli! exs. herb. H. R. Romani. Ic.; nostra. | Habitat in aridis, secus Viam Aureliam circa Romam « dall’ Acqua ' I fredda allà Maglianella | », et in montosis nu « Corneto » ubi clar. 1 Ron: usn 1886 legebat. * d Malpighia, anno II. vol, III. D | í ACHILLE TERRACCIANO Floret mense junio ultra medium, fructificat julio: perennis. Obs.; — Species insignis, ob pedicellos braeteatos semperque ereetos striatos firmos apice incrassatos et umbellam rubro-fuscam spatha uni- valvi circulariter decidua longe abrupteque abeunte et filamenta albida basi ciliolata et tepala obtusa erecto-conniventia margine membranacea ae adeo leviter albescentia ab affinibus sectionis Porri sat distincta. Um- ‘bella vera initio rotunda, fructifera deinde difformi, ad A. descendens L., cum quo saepe confusa et quod stirps considerandum, proxima vi- - detur. Nomen A. calyptrati Rolli!, quum jam clariss. BorssieR pro regione alpina Montis Cassii Syriae borealis"in Diagn. Ser. I. 13. p. 30. sub eodem nomine Allium descripsisset, excludendum, et clar. E. ROLLI, qui primus speciem invenerat et bene de Romana flora meritus est, dicandum existimavi. Descr.; — La cipolla è ovata, ‘semplice, ricoperta da 5-7 tuniche mem- branose, bianche, più crasse le interne e tramezzate da una pellicola sottilissima trasparente, cartacee caduche longitudinalmente percorse ni da fasci radi paralleli e rilevati le esterne: di queste, quella a contatto 4 col terreno spesso abbrunisce e si screpola, distruggendosi, in fibrille. esili e senza connessione. Inferiormente è appiattita, e dal disco alquanto sviluppato muovono le radici in varie serie parallele e circolari, capil-. | lavi alcune, altre ingrossate appena a mo’ di tuberi allungatissimi. * sea po, solitario, verdieeio e come pruinoso, cilindrieo, rigido, vuoto. diritto, da m. 0.60 ad 1 ed 1.30 e più, lievemente striato e punteggiato da lenticelle bianchicce ehe sono più numerose ed oscurano con il suo stesso arrossarsi sotto l'ombrello, è ricoperto per due terzi o poco più sopra della metà da 3-5 foglie verdi e fistolose, Cilindriche dapprima ed indi semieilindriehe, scanalate di sopra, eoi margini acuti e dalla parte opposta — l'inferiore cioè — percorse da 3-5-7 fasci srandetti paral- leli rilevati e da altri più piccoli intermezzanti visi ‘uno per uno e di mano in mano ebnfondentisi con l'epidermide entro il parenchima, ea- dono prestamente per ridursi ad una serie di membrane cartacee alla | base dello scapo. In quanto. a lunghezza, sempre inferiori allo scapo di un quarto o poco meno, lè superiori sono più brevi, sicchè le ultime raggiungendole risultano loro uguali. Lo svolgimento della spira, non : P | DELL'ALLIUM ROLI E DELLE SPECIE PIÙ AFFINI olto perfetta, varia dai -i- ai Z, e la equidistanzá foliare dimi- isce dal basso all'alto. nie parte: si rompe cireolarmente e nettamente alla base con pie- dentellature irregolari, di rado anche ad un lato ma allora con deforme per l'allungarsi dei ub cud centrali fruttiferi si da rare quasi doppio l'ombrello. I peduncoli sono erassetti, rossastri, alati, costati, dilatati all’ apice ed ingrossato-bulbiformi alla base con teole membranose e come filiformi, e si inseriscono sopra un ricet- olo emisferico per n recan Po n sia "ue si S in ; fiori, circa m. 0.005, hadio color rosso-bruno e letale crasse al- Feivamente SEI in uod verticillo, e erette e chiuse si da la- inati, lisci .€ convessi nel dosso, carnosi, listati di leggero orlo ; lehiecio quasi membranoso-trasparente, e coprono per breve tratto interni, che sono lingueformi, più lunghi, di sopra alquanto con- d inferiormente col dosso come e quasi earenato; gli uni e gli i ripiegati un poco sul peduncolo nel punto d'inserzione, a lungo enti, diseccantisi solo col maturare della capsula. — Gli stami op- a 'tepali interni sono tricuspidati, bianchi, con le due lacinie la- sterili filiformi, attoreigliate sopra se stesse e della rimanente ; b larga ed appiattita, dentato-cigliata — tre volte ed una sola e più lunghe di ciascun tepalo, e con la mediana rigida anterifera iù breve, poi uguale, indì più della metà elevata sul proprio DA le antere ovato-bislunghe, dorsifisse, rosso-brune, aprentisi pel sal esce il polline cenerognolo e bianchiecio. Bianchi e con- però rt le antere degli atomi trieuspidati sono già mature ed passite, essi si allungano del doppio e le antere loro allora matu e deiscono. — Lo stilo, sino a tal momento incluso, rapidamente si lunga, le tocca e ne prende il polline, si feconda e segue così b tratto a crescere sino a sorpassarle. Cilindrica desso ha la forma, assottigliato allo stimma, quasi ottuso, verde-rossiecio. P L'ovario è fusiforme-allungato, profondamente tricostato-triquetre P ‘costituito da tre carpelli ellissoideo-lenticolari, nel mezzo depre quindi congiungentisi per breve rigonfiamento interposto fra le ne ottusi d cani ed cs sim verso lo stilo, ciasuno con Di tepali esterni addvipáti ipli rar , i tre interni néllo incontro facce carpellari persistono a lungo, e le sono o eguali 0 appena | E metà più brevi. — Il seme, nero-lucente, papilloso-scabro e lenticolar piano e dilatato alla base, semicircolare ed acuto nel dosso: ogni logs ne ha uno, due, quattro. La pianta coltivata da un anno mantiene immutati i caratteri specie spontanea. La raccolsi insieme col signor Honte "sugli ar di Via Aurelia tra Acqua fredda e la Maglianella, a destra di ch a Civitavecchia, proprio di là dal gomito verso il piano , il i4 g dello scorso anno montro si Lasa in fiore. | Il Dall’ insieme di queste note segue ehe il nostro Aglio apparti sezione Porrum tra la specie ad « umbella capsulifera, anthe sertae, bulbi tunicae membranaceae nec reticulatae, folia. semi filamenta interiora trieuspidata, cuspide intermedia. lateralibus $ gicamente differisce. Passarle in rivista eon un esame di confronto il più breve che per E potrà, stimo OPEN utile ad ages il campo. delle omologie e ‘à i stami sporgenti o non ed. alla forma delle foelie non pongo caso, — l'habitat ha sino ad un certo punto la sua importanza nel- ito generale, — l' ombrello cassolifero o non offre poca stabilità di gnosi: nella cipolla e nella spata invece trovo un dato più sicuro ubordinazione dei caratteri genetici ed alla valutazione di quelli ifici differenziali. Perciò va innanzi tratto escluso come termine di aragone il gruppo dell'A. spaerocephalum L., che ha la spata bivalve o più | breve od eguale all’ ombrello ,. cui diversa struttura di cassule e ori danno aspetto diverso, e la cipolla associata con bulbilli nascosti n “aa Mor. e Gherardi De Nrs., col gran frazionamento le “ue locali a cui il tipo linneano dà luogo qui e là. Nè, per quanto lA. Hieake L., in cui FRA " obovata e quasi eguale all'ombrello : bruscamente terminata in punta , e quella a tuniche membranose 1 Spesso dissolventisi in fibre alla base: l'ombrello è bulbifero e più o eno commisto con fiori fertili, i quali "hanno peduncoli così gradata- - mente lunghi da formare una sfera perfetta non molto grande e tepali all apice brevemente ed ottusamente. mucronati. e (! E. REGEL; Alliorum adhuc cognitorum monographia inni, 1875, 3-14). i 1 = E. Pee Flora Orientalis. Vol. V, Genevae, 1884, (pag. 235-39). sua specie appunto con « caule bite umbellifero, pedune: ecterioribus brevioribus , staminibus tricuspidatis » (1). Dopo la seussione Argine dei spon GRENIER et GoDRON e non res che, dimos don dall A. sphaeroceghalum L. ed A. vineale T sal biano allo stato perfetto l'ombrello. come doppio per l allungarsi di pedunculi centrali sugli esterni assai più brevi e pendenti. L' A. scendens quindi descritto e figurato dal REICHENBACH (3) e messo | RzcEL (5) tra le varietà dell'A sphaerocephalum L., è, secondo pensamento, A. vineale L. var. capsuliferum Koch della Prove Francia e di Burg Stanz in Austria e della Svizzera meridion . del?’ Alta Italia dal Piemonte a Trieste: mentre è da riportarsi a linneano l'A. sphaerocephalum 6 Comolli, dato dal BERTOLONI (5) prati del Carso a Trieste e del Lago dei Tartari sotto Monte Ce presso Roma e dei colli della Sicilia. Per tale il GussoxE ed il LATORE (6) poi lo descrissero. Se non che, come restituirò il no 1 A. eminens Grenier, elevandolo al grado di varietà, alla forma frances (di Marseille, Toulon, Hyères, ete.) che ha l'ombrello ed i fiori ur metà più piccoli dell’ A. sphaerocephalum L., chiamerò e riterrò buone sottospecie dell A. Hallerii Nobis: A. Parlatorii l italiana i fiori esterni pendenti e di poco più piccoli di quelli dell'A. amp prasum L. su peduncoli sottili, la quale io ho veduto di Anzio Pentiche marittime (giugno 1873, Cuerrcr!), di Calabria dopo ‘Ta È: giugno 1827, Gussonet) e e Monte Sassone presso Castrovillari. 0 H. E. RichtER; Codex bof? Linn., Dun. 1835, (p. 313 n 2350) i (?) GRENIER et rite Flore de France. Paris, 1855, (vol. III, p. 20). 1 C) L. REICHENBACH ; ENE NEDSS Flora, Leipzig, Sp (Ser. l, vol. V, P 29, fig. 1082, tav. 493), (9) Op. cit, p. 47. (5. BeRTOLONI; FI. Gole. Bononiae, 1839, (vol. IV, p. 30). C) G. GussoxE; Syn. Fl. Siculae. Neapo li, 1842, (vol. I, p. 292). F., PaRLATORE; FT. jt taliana, Firona, 1852, (vol. d p. 567). Am : res act ASCA Eno : ; DELL'ALLIUM ROLII E DELLE SPECIE PIÙ AFFINI 295. -glio 1886, N. T'ERRACCIANO! ), di Sicilia ad Aleamo ( SORRENTINO!) a Santa Maria di Gesù ed al parco sul piano dei Greci (PaRLATORE!) — . ed A. graecum la greca dai fiori piccoli e porporini, gli inferiori sterili su peduncoli brevi deflesso-penduli, che dalla Laconia ed Etolia va | alla Lidia, Licia, Cipro, Iberia CaucaSica, Siria littorale e Palestina. Da tutte e due il nostro A. Rollii differisce a causa della spata lunghissima e la parte inferiore dei filamenti eoi margini dentieolato- — scabri ed i peduneoli bratteolati ed i tepali carnosi ottusi rosso-porpurei. Per tal colore invece si accosta ad A. margaritaceum Sibth. et Sm. var. purpureum Regel di Grecia, che stimo sottovarietà. dell A. se- -~ gelum Jan (1), dal GvssoxE riportato pei colli e campi aridi e monti della Sicilia e. Lipari e dal Nyman (2) giustamente della Laconia e | monte Parnasso in Grecia, — e per la forma e lunghezza della spata ad A. pulchrum N. Terr ! (A. descendens L. B pulchrum Terr! mss., n basse falde di Pollino alla Petrosa e poco prima della Torre di Giorgio), il quale passa ad A. multiflorum Ten! dei campi in Puglia e qui e là . a Barletta (Bruni!) ed a Lecce (Bnuxt!) e pel resto dell Italia cen- trale e meridionale. L' 4. segetum Jan è varietà dell'A. graecum Nobis, . vi si collega la sottovarietà viridulum dei monti dell'Asia” Minore; VA. multiflorum Ten. è varietà dell'A. Parlatorii Nobis sotto cui va | posta la sottovarietà pulchrum. |. Per la base dei: filamenti cigliati tiene dello A. affine Ledeb. ig qune caso, Iberia, Persia boreale ed austro-occ., Turkestan) e di A. mar- | garitaceum Sibth et Sm. var. scabrum Regel (Caucaso , Karabagh , Iberia); ma ne differisce con una serie di earatteri, che non mette proprio conto qui di esaminare. | La eonfigurazione dei sepali e della cassula invece ed i pedicelli bratteolati ce lo fanno vedere piü prossimo ad À! margaritaceum Sibth. et Sm., che però ha i fiori dai filamenti glabri e la spata, solo dapprima, più lunga dell ombrello e prestamente caduca, che si stacca in rap lanceolate e radamente capillari: ma se ne deve conside- (1) Jaw in ScauLT; Syst. veg. , vol. VII, par. II, pag. 1020, et in Guss., Syn. 5 om I. Sic., I, 392. m) ond Consp. florae europ., Orebro Sueciae, 1882, des e p. 736). MESS. CN . ACHILLE TERRACCIANO rare assai ben diverso, quasi intermedio fra la prima sezione del gruppo o Stirps Descendens onde finora ci siamo occupati e la prima della Stirps Sibthorpii o che ha cominciamento proprio con A. margaritaceum Sibth. et Sm. Di questo la specie sibthorpiana identica alla sottospecie qui chiamata « normale trovasi presso noi alla Sila (Tuomas!) Staiti sul Jonio (23 giugno 1827, Gussone!) e Monte Pollino (giugno 1887, N. Terracciano!) nelle Calabrie, alle Madonie - (PARLATORE!) invece e Termini (TrNEO!) e fra Alcamo e Segesta in Sicilia con la forma nebrodensis assai caratteristica. Poscia si diffonde nella Grecia, e dal Peloponneso per l'Attiea e l Etolia va alla Mace- donia ‘ed alla Bitinia e Lidia e Mesopotamia, assumendo sugli alti - monti la forma virens e sul mare l'anatolica. La seconda sottospecie — ‘A. guttatum Urv., è nelle isole dell Arcipelago (Corcira, Cefalonia, - Zacinto, Cicladi, Cipro) ed a Lampedusa sul muro vecchio (Gussone! in. Syn. ft. Sic., sub A. margaritaceo); nell'Africa boreale (Algeria, ete.) . e nella Spagna meridionale a Toledo ed en el Pardo (COLMEIRO, Se- condo WiLLKomm et LawcE) nella forma tunetanea: — vi stanno inclusi À. parviflorum Sprun. (— A. densiflorum Hampe) dell’Attica ed A. Gussonii Nobis (= A. virescens Gussone! exs.) della Sila. Sa- lendo invece più al nord si ha la terza sottospecie A. lineare Ten. = A. margaritaceum b. Tenorii Parl.), a scapo gracile, eretto, vestito di foglie filiformi quasi e spata breve caduca prestamente - lacerantesi in molte lacinie, dallo ombrello piccolo allungato e quasi doppio per peduncoli a fiori piceolini e bianchicei nel secco, con bulbo semplice circondato di tuniche scioglientisi in numerose fibre parallele: la quale così vive nel Sannio ed in Abruzzo secondo l'in- dicazione dello stesso TENonE, e presso Roma a Ripoli (estate 1827, Fiorini Mazzanti! in herb. R. HM. Romani sub A. sphaerocephalo L. var. capitulo oblongo Mauri! = A. descendente Auct.). Passa alla Dalmazia e Montenegro; va nella Macedonia con la varietà descritta per A. Frivaldzkyanum Kze, che ne rappresenta l’ estremo orientale | ed il punto di transizione con le forme Caueasico-Asiatiehe ; trovasi nella Serbia e Tracia con l'altra rubellum (— A. margaritaceum var. ; rubellum Boissier ) pel colore assai vicino al nostro A Rolli Nobis. bars M eR DR jc cr xt by. wt tn m yia Ac RUE UE LO DELL'ALLIUM ROLII E DELLE SPECIE PIÙ AFFINI En j Es L'altra specie, che chiamo A. Stevenii (= A. guttatum Stev.) e nelle provincie caucasiche, scendendo alla Cilicia Kurdica presso il llaggio di Gorumse con la forma gorumsense (= A. gorumsense oiss.): ne sono varietà A. affine Ledeb. ed A. scabrum (= A. mar-. se Moses eia nota fondamenti del gruppo il « bulbo simplici, scapo tereti, foliis semiteretibus, spatha univalvi umbella longiore v. aequali 3 © té idee, che pa avevo già da lunga pezza scritte in lavori che ve- lranno la luce quanto prima e di eui tenni parola in varie sedute della Società botanica (sede di Roma, re Aprile), quando, per gentilissimo dono degli au- ori, ho potuto leggere l accurata e dottrinale prefazione alla « Rivista critica e “descrittiva della specie di Trifolium italiane e affini comprese nella sezione Lagopus Koch, Saggio di una monografia dei Teifogli. italiani dei Dottori 0 GIBELLI e S. BELLI ». Nulla Roh z DI mutato e né aggiunto, poiché qualehe no und: un insieme di caratteri bu e geografici, ; ondo spesso alcuni Lr matico serio siccome ‘quello sui bie. non ‘poteva e non può ri riuscire nè » à logica e nè nm proficua. £s i j pd i Si vbt S $ * FEY > PI 2 : ma RT ona TERRACGIANO | et omnino cito decidua, staminibus interioribus trienspidatii cuspid intermedia lateralibus breviore », si hanno due sottogruppi, che p brevità di linguaggio chiamo typus, e monumbellatus quello ad « un bella exacte globosa » rappresentato dall A. rineale L.. biumbellatu quello ad « umbella demug pedicellis. medianis elongatis difformi fere subdupliei » con a base A. descendens L. Sicchè il gruppo edi togruppi, per quanto idealmente, concretizzano un complesso di caratte: generali riconoscibili nel tempo e nello spazio fra tutto il differenziame morfo-gcografico a cui andarono soggette le molteplici loro forme; ET quali, se essi genericämente una per una si adattano, speeificame non vi sono compresi si da poterne essere rappresentati. Invece, quand stabilito un carattere, ad esso altri si aggiungono per modificare ed. fermare un assieme di forme entro certi confini morfologici ed in rap porto all’ ambiente considerato o quale mezzo presente di evoluzione o termine di evoluzioni da epoche più remote ed in rapporto alle co zioni inerenti al loro quale che siasi cielo biologico, sorgono le stirpi Le quali per tal modo' si muovono e vivono, sono l’inizio della i zione e ne riepilogano il corso, costituiscono unità autonome per € reali, ma filogeneticamente si uniseono ai sottogruppi per es o ‘assorbiti nei gruppi: e mentre i tipi di questi due ultimi o non sono per nulla ancora a noi conosciuti perché estinti o possono essere noti | per avanzi allo stato fossile, desse vediamo e possiamo seguire. ne lento e progressivo loro esplicarsi. E. Del typus biumbellatus due Stirpes io pongo. La spata o si rompe circolarmente alla base e del tutto subito si"stacca come in A ; latorii, graecum, Rollii, ovvero si dissolve e lacera in laeinie nume- rose e più o meno sottili come in A. margaritaceum Sibth. et. N N da fatto biologico la comparsa di una zona o continua od interrott di selerenchimi all inserzione della spata col caule, i quali ne deter minano o la eaduta completa — che perd non è vera disartico zione — o la lacerazione. La Stirps descendens abbraccia A. Nobis ed A: Rolli Nobis, — dell A. Sibthorpii Nobis poi A. m garitaceum, Sibth. et TEn êd A. Stevenii Nobis: capostipiti am due © DELL'ALLIUM ROLII E DELLE SPECIE PIÙ : dd geograficamente ben definite, poiché mentre la prima. vive massima- mente in Italia e Sicilia donde alla Francia con la var. eminens e nella Grecia con A. graecum alla sua volta ricomparente in Sicilia e poi per l'Africa boreale sino alla Spagna, la seconda muove dalla Grecia e dall Asia minore per salire di lì al Caucaso ed alla Russia e di qua in alcuni punti *d’Italia centrale ed agli Stati balcanici. V'ha in oltre che la spata pud essere o più breve dell'ombrello come in 4. Parlatorii e graecum , ovvero più lunga o sempre in A. Rollii o solo innanzi la fioritura in A. margaritaceum e Stevenii: per ciò e per caratteri desunti dalle foglie e dall'abito generale e dalla struttura : del fusto, tranne i due primi i quali sono le subspecies della species chiamata A. Hallerii in omaggio all HALLER primo a scernerli dal- lA. sphaerocefalum, gli altri costituiscono delle species con dati mor- - fologici assai ben definiti. — Riepilogando, ad A. Parlatorii si collegano la varietas multiflorum (Ten) con la Subvarietas pulchrum (N. TERR.) fra noi e la var. eminens (Gren) della Francia meridionale, ad À. graecum poi la varietas segetum (Jan) alla Sicilia alla Grecia, dove è la subvarietas purpureum (Regel). Sotto la Stirps Sibthorpii vanno le species A. margaritageum Sibth. et Sm. (sensu ampliore), la quale dalla Grecia e dall'Asia sino a noi nella parte centrale e meridionale della nostra penisola ed in Sicilia vive come subspecies 4 normale, fissantesi per le formae nebrodensis alla Madonie ed anatolica nel- l'Asia minore montana e virens nella Grecia alpina; B, A. gutta- tum (Urv.) dalle isole dell'Arcipelago alle coste della Barbaria ed alla Spagna tra le subvarietas parviflorum (Sprun.) dell'Attiea e Gus- sonii della Sila; y A. Tenorii in Italia, mentre di questa medesima la varietas rubellum (Boiss) e la subvarietas Frivaldzkyanum (Kze) occupano le provincie Balcaniche; — ed A. Stevenii dal Caucaso alla Persia come subspecies normale che a Gorumse presenta la forma gorumsense, e qui e là le varietas affine (Ledeb.) e scabrum (Regel). L'A. Rollii, il quale mentre pel modo di rompersi della spata va con Ja prima Stirps, pei pedicelli bratteolati passa all'A. Stevenii, donde à sempre assai ben distinto, formando siecome già. dissi T anello di unione con la seconda. AFFINI -999 7" Solo le species ammesse secondo I usato diffe- for si possono distinguere per: x + Spatha ovata, umbella breviore cireulariterano decidua, floribus me- È. - diocris, pedieellis ebractéatis : 1. A. Hallerii Nobis.. B. Spatha rostrata, umbella longiore, floribus pedicellis bracteatis: + spatha longe rostrata circulariter decidua, 2. A. Rollii Nobis, filamenti lamina basi ciliata, ++ spatha breviter. rostrata in laeinias cito soluta et decidua, floribus pro specie parvis, O M d margaritaceum Sibith. et Sm. i» A A. Stevenii Nobis, filamenti lamina basi ciliata. Le quali, ripetite per stirpi, vengono così: | Stirps I. lana Nobis: “Pitegtes l. A. Hallerii Nobis, » 2. A. Rollii Nobis Sfr II. Sibthorpii Nob: Species 3. A. jadrgariiaeeum S. et Sm ess ampliore) » 4. A. Stevenii Nobis. Ed i rapporti di affinità morfogeografiche sono: A. vineale var. capsuliferum A. Hallerii sea - JA. Sterenti A. fis 0 | A. margaritaceum - Con l'A. viale L. comincia il gruppo o vows monoumbellatus , x _ che va dal Portogallo all’ Inghilterra è dalle Provincie danubiali alla TEMA e e ie in mezzo a un Minaso di Tork deu DELL'ALLIUM ROLH E D 3 mi sono occupato si impianta così più verso nord. Termine di tran — sizione come da noi è A. multiflorum Ten., in Russia è À. Stevenii — "s Nobis, passantivi ambedue per A. vineale L. var. capsuliferum Koch; a questo riferisco l'A. sphaerocephalum L. B Bertol. della Flora Russa del Ledebour, come pongo tra le varietas di A. margaritaceum Sibith. et Sm., VA. vineale var. affine Boiss., indicato dei pascoli aryo . pini della Grecia (3000-7000', a m. Velugo, Parnasso, Kyllene). Inoltre, ; : omologo e molto prossimo ad A. guttatum Urv. forma tunetana è 5 A. pruinatum Lk. del Portogallo; A. monspessulanum W., A. com- | pactum Thuill., A. nitens Sauzé nella Francia dalla meridionale alla . nordico-occidentale si aggruppano invece intorno ad A. eminens Gren. quasi punto di contatto fra esso e la medesima var. capsuliferum < Koch, che è dell'A. vineale L. la forma più estesa nel mezzogiorno | . ‘e che pei nostri erbarii va confusa con A. descendens L. ed A | sphaerocephalum L. ^ | o Prese così all'ingrosso, benchè di ciò non voglia occuparmi, le affinità morfogenetiche dei due gruppi a ,9 typus vanno schematicamente in tale modo ‘espresse: : S + A. vineale L. 3 à A. monspessulanum W., Ha M E j A. nitens Sauzé | \ dt... ‘i con z | ; AE 5 ff À. pruinatum Lk. NE È i NI ! | : A. vineale L. var. capsuliferum (Koch): 3 di 2 E A. eminens (Gren.) : | e A S 3 ; | A. multiflorum. (Ten.,) DE D dr E fene - L1 A. Stevenii Nobis uU o Sa "md A. Rollii Nobis, — DI: Ub o M x SE 2 | í 2 > : È CORB NUT MAN : : STORE | Em A. Parlatorii Nobis, : ; È à E 2 : : : A. v uttatum ve A. affine (Boiss., et Heldr.) “% : È n orma tunet c2 di ud UE Be. MR E: inn 4 è PT. UN i; Ls b ie > í [M a | Ritornando adunque all’ argomento, secondo il mio modo di vedere ui le species appaiono come unità di secondo ordine, tali cioè che il ifferenziamento nel tempo e nello spazio mostra di essersi compiuto con una legge comune ed un grado comune di variabilità, le quali | loro hanno dato un complesso organico autonomo; mentre le subspecies ne rappresentano le fasi od i gradi a seconda dei varii habitat, e ne riepilogano perciò le varietas e le subvarietas siccome i punti di rtenza di ogni alterazione specifica, a cui le teratologie offrono ed ersero oggi ed in principio il vero substrato. - La forma esprime l’ endemismo, il quale, benchè spesso larvato di Dons specifica, ricorda sempre uno stadio di evoluzione o presente che fissato in un luogo vi è divenuto autonomo perchè altrove B ruis: poiehé fa uopo ammettere, che. nelle continue molteplici cui tutti gli esseri soggiacciono si abbiano fasi progressive e re- uella forza rai plasmatrice, che è il rigoglio di sè e ‘energia inerente nell’ opporsi agli agenti esterni e nel fissarsi con | ole sue propro — e aN la maggiore unità dei Te e dalle , che vedrà quanto prima la luce, mi sono fermato a lungo su tale ento. Circa la forma od endemismo dal punto di vista tassono- co ò molte ragioni puramente ner spesso ee a conside- 3 TIN : s x si ^ "e Y o; de: i Ar | DELL'ALLIUM ROLI E DELLE SPECIE PIÙ AFFINI | 308 - — rarla autonoma e quindi a farlà elevare al gendo d Nello schema di lavoro intorno al genere Viola (1) mi sono regolato eosì, m) 3. Sezione de 0 scapo Da finiscono le foglie (idem) 4. (in grand. dons 9. foglia alla metà (grand. 6. Spata Mies lo mbrello poco prima di PA (idem) 7. Ombrello nel primo stadio di fioritura (i dem) : Ber a fio Da boe tei idem 9. Sezione del talamo „per mostrare |' H oain dei telee (dem). 0. Fiore intero nel primo stadio (n gr. M nat.) » Rs Y soi secondo stadio (idom ma poi nei quadri genetici messi qua e là ho mostrato bene i rapporti loro con le specie tipiche progenitrici ed il valore reciproċo: le idee | ora esposte ed il lavoro originale, quasi condotto al suo Eu xt metteranno per fermo le cose a posto. : Non in tesi generale, dovendo sempre laseiarsi molta iniziativa di vedute a chi si accinga in studii di simile. genere ed avendo i impropriamente la parola Typus, ecco l ordine genetico nel succedono i termini della nomenclatura adottata : Prototypus (= Typus, sensu vero) 200 Typus : IE, i Stirps ; i Species . : Subspecies » >... Varietas Subrarietas Forma. oo SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA. E Cipolla (grand. nat.) - .?. Porzione dello scapo (ide llo D a £ E e = 0) A. Téinéictaio. k Viole italiane PRE alla sezione Mela appunti di studii filogenetici sistematici (Estr. ‘Boll. Soc. Bot. ital., in - Giorn. dot. îital., vol. XXI, Ne A1 15 irab p + SE Lu E. E i : s iro KM Sa x: AA SN x 3 is = Far n Te à > ; ja * ; i ; s Biumbellatus Nobi ; ua I, Descen dois ri. pro dede) Nobis. SPECIES: 1. A. Hallerii Nobis OR LEE SUBSPECIES : a, À. Partatori Nob is (= A. rate Parl.) | J DHL E es Va i t eminens = A. s Gren.) mulio E E n.) : SUBVARIETAS :putehrun (es he P Terr. N.) » = >» À. graecum Nobis -ba A. descen Ss Boiss.) x: VA m (= A. segetu n Jan.) » A qus. purpur ain A. margaritaceum var. purpur » | > viridulum : 2 Rollii Nobis n. sp. T | Tit n Siam Nobis. TEX 3 3. A. fre itacewm Sibth. et Sm. 3 x o A . SUBSPECIES 4, norma ale (= A. margaritaceum S. S.) A ario : PI : 2: _ FORMA nebrodensis i 7 » anatolic `- D gn » — virens es p virens Bois.) b, 4. guttatum Ur. ; J idee Er i na) i P ET ae VAR. paroiforam AR Apia Sprui UT ) a fal ox A. virescens Guss.) E giri G A lineare To E VAR. peli (= A mar PRATI var. bellum Boi Bois) . E : X Ua i E CONI m UT SUBY. Frivaldzkyanum Ts A Privotdskganim Kz EN : ; : . » di A. Stevenii Nobis È S B are ST normale e A. guttatum Stev) ; E V ; ti Sa RMA gorumsense “Li A. gorumsense Boi) — v : psu Var oae = 4; affine Lot deb.) o : : 3 S p iw oclo 2 AJ meu b. scabrum Regel). — R TRE SITA E v eminens ` Nea ; i RER os MES È A. Parlatorii 3 à : È "s A. » multiflorum + +. i A. HALLERII z i subvar. ee C : A. Graecum —— var. segetum uim Vr (pre ai tr RS Lo aue purpureum AS RR e È o EIN RES 3 forma nebrodensis nee do. PRIME À CE Re Te a S WU C die due virens = +. MI > As uy Rue er È ieri n x » anatolice — - A. MARGARITACEUM — A4 guttatum 3 » + E H E . var. etsi 5 Lara, di var s y 2 Xs Y d z 3 RECTE ee du 0r t : zt di - p Hd ipen EU. | . forma tunetana. D 5 Rivista critica delle ‘specie di Trifolium Rahan della si zione CHRONOSEMIUM Ser. in DC. Prod. IT, p. 204 — dei D. G. GigeLui e S. BELLI. " ( Continuazione, vedi Fasc. V-VI). .'TENoRE (App. II, ad FI. Neap. pag. 621, 22) scrive; « ad p. 378, Loc. T. filiformis inseratur: T. micranthum Viv. » Segue la de- serizione della pianta. Da essa risulta che TkxoRE muta nome alla pianta descritta nella Flora Napoletana, non la chiama cioè più 7. _ filiforme, ma T. micranthum. La nota seguente mostra all evidenza «come anche il TENORE credesse che il 7. filiforme L. fosse il 7. ^ minus Sm. « A Trifolio filiformi differt floribus minime in ca- pitulo umbellatis sed in racemo laxe paucifloro dispositis, foliolis ae- qualiter petiolatis, non intermedio longius petiolato ». Non si capisce troppo il resto della nota. Tenore dice che la var. 8 di Serince in DC., del T. filiforme, non differisce dal T. micranthum Viv. A che deserivere allora subito dopo un 7. micranthum nella Stessa opera? (Confronta la nota ETE intorno a SERINGE in DC. a di questa eritiea). -Visiani (Fl. Dalm. 3, 301) comprende nel T. micranthum Viv. — — e ne distingue il 7. minus Smith per la fogliolina mediana piecio- DE. lettata. | S. Moris (Flora Sardoa, Vol. 1, p. 501) descrive esattamente il T filiforme e lo fa sinonimo del T. micranthum Viv. Soggiunge però: < Variat foliolis omnibus aequaliter brevissime petiolulatis et inter- mediis aliquot longius interdum petiolulatis ac lateralia ». Ciò fa 5 Suppôrre che egli abbia res col 7. DES anche il T. minus - nr jer heit eli altri caratteri, segnano colla fogliolina gian pe ip un leg gero Pos d ich al T minus. Koen (Syn. FI. Germ. et Hé, voh 1, p. 395); come già si disse | nella critica al 7. minus Relh., intende col T. filiforme la pianta di Relh. e, secondo noi, ha torto. Il T. micranthum Viv. è dato come —.— 73 | specie propria. : REICHENBACH (Lcon fl. Germ. et Helv. T. 22, p. 81, n. 66), seguendo . la nomenclatura di Kocu intende col nome di T. filiforme il T. minus : Relh.; ciò ehe è dimostrato dalla sinonimia e dalla figura, Tav. 120. r DA pag. 82 perd al n.67 T. micranthum Viv. descrive il T. filiforme, salvo che aggiunge: « foliolo medio longius petiolulato, » mentre i9 sa poi la figura (Tav. 121) porta una foglia con tutte e tre le pee x sessili, come realmente si Hora nel: T: filiforme normale. Habitat. pe are Panatone E Tisi de Greci ci : .. Noceto (Parma) . Livorno. . e,» 7. Acc, Georgofili Friuli (Fagag rin à Koc ie ara PARO Ajaccio (suh mierantho) . + + + - . Requien (forma di passaggio © à alla var. micranthum Viv). a à Piana de’ Greci RR PaPMAOPO . Passo-seuro (Sicilia) . À i | Gurgo di Bassano? | . Monte atris . . tain a MIDI I NASAan +. | . +. Ace. Georgofili . Monte. Amiata a Castel del bus . Sommier Porta Pia (Roma) . «GS Rol | Selva Pisana. : , , CUM X. IP. Savi Caprera. . . “ii. Gennari i ,Bardegüa o . o i e: More so | Pisa (pascoli). - A Ravi ; usce ein s Quirico) | - +. Beccari Lago So a Aio — ; Calabria dr » Lenza di Gerace luter RIVISTA CRITICA DELLE SPRCIE DI rotta ECG. ‘Distribuzione doter — Danimarca, Belgio, Inghilterra, Irlanda, togallo, Spagna, Francia (ovest, sud), Italia, Dalmazia, Monte- 1 0, Erzegovina, Bosnia, Serbia, Tracia, Transilvania, (Nyman) Grecia | ula Karpathos) Piehler. — Catena del Monte Pindo, Neuropolis, v. d Agrapha (Heldreich). > T. minus Relh. (V. Letterat. e critica) p. Smitu Fl. Britt. II, p. 1403 add. et corr. — et Engl. FL III, 310 — BERTOL. Fl. Jt. VII; p. 204 — Hook. Fl. Seot. pag. 220 — ; LLKOMM et Lance Prod. Fl. Hisp. HI, pag. 300 — Nyman Consp. Europ. p. 180 — Ces. Pass. GIB. Comp. Fl. It. pag. 717 — JANKA fol. Lot. Europ. p. 150 — GREMLI PL Analyt. Suiss. ed. V, P — Camus Catal. pl. de Fr. pag. 66. 7f. procumbens L. Sp. pl. I° ed. pag. 772 et II^ ed. p. 1088 — et Suec. II* ed. p. 261 — Soyer WILLEM. et Gopr. Rev. Tréft. Sect. l Mem. Soc. Royal. Nancy 1847, cum bibliographia homonyma) dn Prod. Fl. Tosc. p. 174 — DorLL Fl. v. Baden I, p. 1137 - Borssier Fl. Or. II, p. 144 — ArcanceLI Comp. FI. It. P dre . T. filiforme (!) ScHREB. ap. STURM Deutsch. Fl. Heft 16 — Pers. Syn. IL, p. 352 — DO. Prod. II, p. 300 — et Fl. Fr. IV, p. 536 — Basr. Fl. Maine ei Loire 211 — S . AM. Fl. Agen. 300 — SPRENG. Syst. veg. III, p. 211 — Waupo. Suec. 471 — BoENNINGH. Monast. |— Spenn. Fl. Trib. 703 — Barm. Fl. Lyon I, p. 195 — Lois. Gall. II, p. 127 — Dvnx Bot. Gall. 136 — Gaup. Fl. Helv. IV, l — Rota Man. 1058 — Mur. Dauph. 115 — Hosr. FI. Austr. . 379 — Ren. FI. exsc.- 497, et Fl. Sax. 285 — HAGENB. Basil. Il, 232 — Merat Fl. par. IV, ed. 2 2, p. 583 — Hecersc. FI. d. Schweiz | — KirteL Tasch: 1137 — Brvrr. et Nees Comp. II, p. 197 — vTH Berol. 1, p. 234 — Guée. Fl. Maine et Loire 2.* ed. 352 — 'ERMANN Fl. Hisp. 530 — Koonu Deutschl. Fl. V, et Syn. 2* ed. 195 — Wou 4 El. w. Schles. 157 — A. DigrR. March. Il pag. 632 — i sE ie synon. à vue Willem. l. c. LA D Laxo i - Mechemb. 302 — Scum. et a Bonn. 460 — Lupi. Fl. quen 210. — Dosi Rhein. F1. 806 — ns Fl. der Schweiz. 13 — Loea FI. v. Trier. 63 — Scuvumz Fl. d. Pfalz Ht (30) — ciues et CASE Fl. v. Deutschl. XXII, p. 311 Lia in omnibus hi auctoribus dé do ameet). | T filiforme x elatum Gurp. Fl. Maine el Loire 2* ed. 338 Sover WILLEM). T. IR Bv (hb. Cossontax Nyman La) ICONES rbi Deutschl. FI. 4, Heft 16 — SwitH. Engl. Bot. 1256 — Reicaecn. FIL. Icon. XXII, tab. 190, fig. I (1-13) (sub T liformi) — Cusix. Herb. FI. Fr. tab. 1132 (sub T. procumbente) ScHLTDL. et HALLIER FI. . Deutschl. XXIII, fig. 2407 (sub. T. Kf liformi), | LE TTERATURA E CRITICA; S Woi abbiamo adottato il nome di T. minus per pinna d. n E stato ii Atasalo, doi n sio pus aver così a ua disq sito su questo sog ggetto, ed essere venuti alla dimostrazione quasi se tematica, che a questa specie spetta il nome Ligneano di T. procumbens le si dla poi il nome e di i Surra, che tanto meno si dovrebbe usare, in ie ato Ww oggi i in questa sezione. PUR eus n tutto convenire, cu 1 non di T. minus toglie le incertezze e corrisponde. ad una. forma (determinata. amo letteratura e critica del T legata abbiamo ij ome pure 16 rimandiamo alla controversia intorno ai 7. agrarium, aureum ete. ehe comprende tutte le specie. Berrotoxi (Fl. it. Vol. VIII, pag. 204) distingue dal T. filiforme r minus, e fa il primo sinonimo del T. micra anthum Viv. Anche ormes, caratteri proprii del 7. filiforme, aggiungendo poi « adpresse losi » caratteri del T. agrarium, come del T. agrarium è la fogliolina i ribus » » è rase da attribuirsi al E: rn tanto vero, che nel T. ; orme lAutore diee « racemulum bi-novem florum ». BERTOLONI descrisse ghiandole sulle mensolette; pare che Egli le considerasse che il igite è ora mono, ora dispari, il« m iE, sulcis rens di di Line aut sulcis pides notatus (T. Ha » Habitat. Alpi Cozie Val Perosa 1000 metri sm monti di Pramollo Cul a Rostan i Balzola (Monferr.). . . | Rosellini (Erbario Cesat Torino (Vicino al Ponte sulla Bon. Belli, Ferrari, Berri o Appennino Due ov : Carrega o. Lus 0. 9o nou . . Beccari “Pia 555 e Savi, Bivona Firenze (alle Cascine) i . Parlatore | Parma (Collecchio). UM ET SE Passerini Lago d' Agnano Nu i Wt VES. . Avellino o Piana. dei Greci (Sicilia) e Distribuzione rug dts — Nyman (l c.) ascrive a questa è come area di diffusione tutta. | Europa salvo eccezioni, fra le qu figura anche la S T però she: D. benchè rara, vi sia $ manca, come ci serive il ca Th. de ecd s - OSSERVAZIONI. pg x : Dalla analisi dettagliata che abbiamo fatta di din spedit, ! sunta da numerosissime Moe She de abbiamo tratte, è facile il ded zt agrarium e 2. T, filiforme, mettendo tra parentes il nome ied due specie. i Possiamo « AA aggiungere, che nei diversi aroari ta Choa E nd dubbia 1 SCA i mento ur T. "flens, Mi ora più affini al T. agr ariun, ora i verso il Í. Aüpirme; e se non fosse eccessivamente lungo potremmo fornire le diagnosi e i disegni di piü di venti esemplari da noi eompletamente analizzati e figurati. In generale nelle parti vegetative prevalgono le affinità e le . somiglianze col T. agrarium, nelle fiorali quelle col T. filiforme. Nellerbario del sig. Burnat abbiamo trovato esemplari raccolti dal sig. ScanemeR aventi tutte le foglioline delle foglie inferiori sessili, la mediana delle superiori con piccioletto più lungo. Finalmente se Guipuzcoa (Spagna), da noi dati come variazioni del 7. filiforme, “avremo anche un anello di colleganza evidente tra la forma mieran- | thum Viv. ed il T. agrarium Poll. (1). 7 * (C) SCUTULATA Nob. | i ata spadiceum L. Sp. pl. p. 1087 — BERTOL. FL It. VII, p. 196 (cum. bibliographia | homonyma) — Sover WiLLem. et Gopr. Rév. des Trèfl. de la Sec. - Chronos. p. 33. (Accad. Nancy 1846) — Doe. FI. v. Baden II, p. sata et Rhein. FI. p. 807 — Boiss. Fl. Or. IT, p. 150 — RcHBon. FIL. Fon XXII, p. 80 — WILLKOMM et Lance Prod. Fl. Hisp. TI, p. 352 . — Nyman Comp. Fl. Europ. » 180 — AncawcELI Comp. Fl. It. p. . 176 — Ces. Pass. Gin. Comp. FI It. p. 717 — Janka Trif. Lot. Europ. -p. 150 — Gremi Fl. Analyt. Suisse Ed. 5.* p. 163 — ScHLCHTDL. et HaLLtrER Fl. v. Deutschl. XXIII, p. 208 — Camus Cat. pl. de Fr. p. 66. - T. litigiosum Desv. Ann. Sc. Nat. 1. ser. 13. p. 329. D © Ecco le provenienze degli esemplari più specialmente da noi esaminati form Bale in Erb. Burnat, (leg. Schneider), altro 21 Pileher a Brussa, altro Tm . Kirchl a Buglav (Alsazia), altro leg. Burnat a Montmorency: Firenze in Erb. à perenne leg. Pris altro leg. Savi; altro Academia dei Georgofili; altro . Bivona a Pisa; altro leg. Giannini; altro leg. Beccari a Lucca; altro del vi) Apoio leg. Avelino; altro da s. ÿ Vicino Mirabai EE 2 i Co go RIVISTA CRITICA DELLE SPECIE DI Io cen OC: 2 QT teniamo conto degli esemplari dell'erbario. Boissigr raccolti a Otzaurte & b. che ci condussero al sospetto di ibridismo tra il T. agrarium ed il T. fili- ` (d. m EC E BELLI E lia HORXEN. d 2, p. 119. T. montanum jr Sp. 1a ed. 772 n. 37, (non 2* ed.) sec. Šor. Win. i ICONES — Bot. Mag. 16-557 — SrrrM Deutschl. Fl. 4. Heft. 16. - Heurmén. FIL. Zcon. XXI, Tab. 118, fig. II (9-19) — Cusix Erb. FL «Fr. tab. 1138 — SCHLECHTDL. et Hazrier Fl v. Deutsch. XXIII, fig. 2402. ur OSSERVAZIONI. ; i: 2 anis specie è in Italia molto rara. Ha il portamento del 7. au- ; E 3 reum Poll., ma la costruzione fiorale, sopratutto vessillare, lo ravvi- l ; inna al T. badium, col quale spesso si confonde negli erbarii. Alcuni Autori (Drerricn Savi) hanno creduto che questa pianta sia bienne, mentre realmente è annua. SERINGE (in DC. II, p. 207) parla di radice. perenne; ma anche dagli altri caratteri pare che questo Autore descriva 2 led badium. Tanto il Savi quanto il BERTOLONI scrivono che i fiori — del jd spadiceum sono bratteati. È probabile che questi Autori allu- dano alle ghiandolette castanee, che contornano le mensolette, sulle ea i fiori si inseriscono. , Habdat 5 RSR (Trentino) . ^. Keller | i Monte Acuto (Piceno). - + o» Orsini (Erb. Cesati e Me IN alle Chiarina in n . Gussone e grande di Castelluccio. p Sanguinetti (in Hoc E rb) | Distribuzione Geografica. — Svezia media e meridionale. — Bini JAadin — Germania — Svizzera — Arragona — Asturie — Italia con- - tinentale — Austria — Ungheria E Transilvania — Polonia — - Russia | x merid. media ed occid. an ; : r badium Schreb. We daran. Winans. et G XoDRON | Revue e a dm FI. Tosc. p. 173. — "DI FIL. Io XXII, p. . 80 — WILLKOMM et Lane Prod. FI. Hisp. III, p. 352 — AmcawcELT Comp. Fl. It. p. - 116 — Ces. Pass. Gre. Comp. Fl. It. p. 716— Nyman Consp. FI. Europ. p 179 — Jaxka Tr se Lot. Rob p. 150 — SCHLCHTDL. et PARISE . 118, fig. I (rs) — Oos Herb. Fl. Fr. tab, 1137 — SCHLTDL. á LLIER PI. - Deutschl. XXIII, fig. 2403. : + : j OSSERVAZIONI. | 1 it: che noi ‘riscontrammio pes saggi spen solo in via ^ < n | em ipso. ui ar Su aile code RM pag sen LS domir PS: BELLI P usata a designare arms della ‘daro ci pare pie mr Spur. Un esame attento delle due specie Boissieriane T. rh ytidosemium Pn T. rivulare, rappresentanti in Oriente il T. badium, ci persuase ch una Poe ee fra ae tre Penes è we Voi é dar badium Schreb. - Portemonto cespitoso; Hino. | Vessillo a ciotola, ellittico A en senza unghia distinta, denticolato ai margini. (Adina complesso lanceolate, senza bozza ottusa sopra Vorigin | l'orecchietta brevissima. Carene uguali ad un terzo del vaso al più, ma spesso: me più brevi. © s Legume deiscente per valve (sutura ventrale) TN aureum Poll. Boia; per ‘nalità eretto. ci Vessillo cocleariforme obovato, diipesio gradatamente in | ung Ea Hope ai ANR tosto dA Carene uguali a metà del vessillo (in lunghezza) ed anche pi Legume devis per lacerazione delle pareti laterali. - ue. que ^ Habitat. | Moncenisio +.» +. ++ «« +» Parlatore, Gibelli, Bucci, du Huguenin, Cesati. — — Monte Albergian [Alpi Cozie - Feet "Rostan- Belli | Colle di Sestrière [ Valle del Chisone] . . Ferrari Valtournanehe [Chanléve, Val d'Aosta] . . Belli Breuil [Gruppo del Cervino) . ea Beta Emod Gramont. ; Wort A a ve Pariatore Y Edéndobou. 4 oom ve eT Id. .. Gran S. Bernardo . posce e la KH. j È | Gressoney le Trimtó o2 4 oe « + À. Piccone - Cesati | OT à dom à LR A vero. Parlstore T ipM CM C M EI AN Parlatore - Cerruti eil 9 op vob a cer Lo Mb | Trentino ER e POR Bolzano [Tirolo] DOOR A Re AM V Rm. | Boseolungo [Modena] . E i so. + Parlatore . . Monti di Barigazzo [Modena] - à de Ferrari — Garfagnana Estense v di i Soraga LT Targioni Monte Paralba . . . & Prom x Regione Plaghera [S.ta Catterina i in n Valtellina] Parlatore ; Prati di Frontero . . . Gentili e Alpe Ruscara [App. ligure presso Diano Mar] Ricca Col di Tenda... ea Parsons.” Cesati (oes Distrabutiohe geografica. — Pirenei, m. Dore, Alpi, Appennino, Carpazi alp. (Nyman .) Armenia, Cappadocia Caucaso occid. e centr. — Persia nord. (T. rAytidosemium) Borss. ca (T. rivulare) Boiss.. n Sebastiani savı Lettere al SEBASTIANI pag. 2 9 e PI. Rom. fasc. 2, p. 14 — BERTOL.. FU Ji. VHI, p. 203 eum. bibliographia homon. — Borssier FI. Or. II, p. 159 — Losacoxo Mon. Trif. Sie. pag. 91 — Gre. Pass. Ces. ee n di: + m — ARCANGEL e Tk se Pe dh. XC EDT SkasT. PI Bom. 2 2. 4 ve Fl. Rom. È b. - =. Do re ee | Il T. Sebastiani " pianta rara e poco diiis, (3 E anche una delle specie dei Chronosemium, che si stacca dalle. congeneri per la forma del vessillo e sopratutto per la struttura del. calice il quale non presenta la solita disuguaglianza nelle due labbra ta- gliate a spese del superiore. Il capolino rammenta quello delle Amorie 3 ola sua forma EIA a maturanza, circostanza già sonate dab Rolli e Sanguinetti Tenore [Herb. Mus. Bot. Tale] . Citarda. ja Tola analitica | delia ze Chi ‘onosemium. — Veil seutulato o cimbiforme (a navicella), carenato sul I dorso, con Per brevissima. o subnulla. o — - Vessillo sentalato 4 scodella) m Pie. 3 B). — You | sudorbicolare, cie con denti non troppo diseguali - -stilo uguale i in lunghezza alla loggi - foglie tutte al terne — pedicelli eguali o più lbag del jube del calice, ri. | eurvi io Vo: a maturanza ii li T. SEBASTIANI vi k AN IE " è Y berum eg od ellitti RIDI aging "*) A T i foglio supreme. del lembo dell'ala convergenti in angolo ottuso all apice; lembo dell'ala stessa stretto e lanceolato -:- Pianta perenne. | T. RADIUM Sehreb. DD — Fiori lunghi al massimo 7 millim. circa compreso il pedicello -i= ali con lembo obrato AI TINO largo —— Pianta annua. T. SPADICEUM L. _ BB — Vessillo cimbiforme (a navicella) T Fig. 3 C). CE — Vessillo con nervature roc perse in PM pe) nell un- ghia br lettata. valve) m ma ode OTE a -- T e basali aper le o con. br evissimo cercine abbracciante il caule. P use Relh. (ipio). EE — Vessillo con PD ui ‘me nell'abghia Pinme. A esili od appena visibili, ovvero con disposizione pennata. — Legume sempre deiscente per valve sulla sutura ventrale (supe- riore) -:- Fogliolina mediana sempre sessile. Stipole inferiori guainanti per breve tratto alla base : | ui ; (— e T. rarorme L. (tipico). x Stipole inferiori quasi aecavaleantisi, poanian per tratto più lungo. Pianta nana un pò legnosa . var. p micranthum Viv. pow - Vessillo cocleariforme (a cucchiaio) con unghia distinta, non ca- — renalo sul dorso (in er con soleature evidenti (V. Fig. 3 ie — Ala con suricola è breve Lina un quinto della ea del e più breve della loggia ovarica —— Le- E lacerantes apio. ai his non. mai deuten dd valve. du ca — I mediana E + Pianta a annua ene Folie hi | polimi A uia erako cae ri — Fiori talvo i di | odis PONI M: o rosei (T. Lagran gei Boiss.) ESA AGRARIUM Poll. P Fogliolina mediana sessile -- Pianta bienne (? abbastanza conformi a tipo (predominante) oblungo-lanceolato | T. AUREUM: Poll. FF — An ugs lunga almeno quanto il terzo del lembo, ; alla loggia ovarica —— Le- n, gume DEUM valve. t SPECIOSUM LM ; E Corolla gialla poi ferruginea —— Ali e vessillo denticolato= a dec non Aus ded Vessilio allungato-obovato 0 MRO con lembo E concavo, e soleature piü cello circa 6 m —— Foglicline lamentati i oblungo-lan= E troncato o inde, la mediana be o sess T BRUTIUM Ton. ie come pure i rapporti moiri mutui di. esse, inquanto i utilizzati a scopo sistematico, debbono osservarsi esclusivamente s CU ms ras Notizie Note di Microtecnica. mers nel miscu Abin di glicerina e gomma di FARRANTS, — Il Ini penr us XII, bor à: m pone una Nota letta dal D. R. H. | ‘compone | di PO eguali di glicerina, gomma arabica e soluzione , satura di acido avsenioso. = Cfr. HARTING, Das Mikroskop, p. 923. — Em hs p- a =- o, TENCA ece. CD. Bloo gait; vanno E finite le ricerche, 0 bici non si è avuto T di farne il trasporto, montarli per bene e chiuderli, o perché si é creduto me . sacrificarli, piuttosto che perdere un tempo prezioso ad accomodarli perl servazione. Perciò sarebbe bene porli, fin da principio, in un mezzo dove sano restare indefinitamente, e così non essere obbligati a lasciarli perdere | E sacrificarvi del tempo nola montatura, quando. si hanno da fare cose di: ja | giore premura. Li Tp aie una volta ih argen messo nel mise questo si secca e Le serva a quanto sì sa rato: saria del miscuglio s sul porta oggetli à se, falla à il pro un di sostanza scappa fuori, è meglio aspettare che secchi, e poi raschiarla; è è bene. alitare tanto sul porta-oggetti che sul copri-oggetti, prima di metterli a con tatto col mezzo conservatore, Se restano delle bolle d’aria, bisogna levarl x | punta dell ago, o lasciarle stare, mai stirare 1° oggetto o fare altra operazi che possa guastarlo. Questo deve aver soggiornato nella glicerina od in un _quido acquoso, | o nell’ alcool diluito. Si può prima colorarlo con carmini ae con kde: Se l Teig a è grosso, 6 nel seccare entra aria s opri- oggetti, dose aggiungere una goccia del mezzo STRA dal lab 3 ove si è formata la bolla d'aria. - x Preparazioni microscopiche nello studio delle Muscinee. — Lo Mew Journal de Micrographie (1. c. pag. 527) riporta dalla Revue briologique (Xv, 1888, pp. 81- m un ie del e AMANN T Davos r aR il quale dà - sezioni di foglio, Per T osservazione del peristomio, aperta la Lula in i | distende Rs vetro Mec res in una T oin del detto miscuglio, Mas di sostituire P picipit il liquido evaporato eon nuova dii se si vogliono fare ani delle aa stabili, duo ora trattate. prono i eel copri-oggetti e si Ia seccare, . La formola per la gomma fenicata è la seguento: — Gomma arabica in z pezzi, scelta e bianca, 5 gr. ; acqua distillata, 5 gr.; — dopo soluzione si ag- giunge. glicerina fenicata 10 pots e si scalda leggermente per ottenere un L'A. usa poi il cloruro lio per rendere più visibili i Jaroon di strut- tura del peristomio e per differenziare bene certe PUMI cellulari, notevoli per oro caratteri ottici, soluzione impiegata dall'A. si ‘compone di 1 D di cloruro Reco liquido - v officinale e 9 p. di acqua distillata. © —— = (Il cloruro ferrico normale, secondo Ad. Codice farmaceutico francese, si prepara così: Saturate con cloro una soluzione di cloruro ferroso a 25°, eva- - po te fino a che essa segni 30° al poso bu exc * 3 Questa Sorfipondo. si una soluzione al 31 h del peso. II di 1,26. e wer. anno Ir, vol. mi QUSE i: 308 RAND S ~ NOTIZIE x CA » vi Reazioni per i rivestimenti cuticolari intercellulari. — Il Sig. C. SAUVAGEAU (Sur un cas de protoplasme intercellulaire. — Journ. de Bot. par L. Moror, 2.* Année, 1888, pag. 396-403) descrive dei casi di protoplasma intercellulare da lui osservati nella radice di Najas major. Alla base della radice peró si irovano dei rivestimenti intercellulari che da Russow furono descritti in altra pianta come rivestimento di protoplasma, mentre sono dei rivestimenti di cu- . , ticola. Il SavvaaEAU dà delle reazioni colle quali si riconoscono facilmente questi rivestimenti cuticolari, nonchè il citoplasma parietale. « Se si tratta, egli dice, una sezione coll’ acido solforico concentrato, le « pareti cellulosiche spariscono quasi Rianiaceamente, i rivestimenti intercel- « lulari restano inattaceati, tenuti insieme dalle lamelle mediane che separano. | * due cellule contigue: ma le pareti arrotondate delle cellule e dei canali son .* divenute nettamente rettilinee. I lati dei poligoni si uniscono ai punti più « grossi che si trovavano agli angoli dei canali aeriferi nelle sezioni trattate « col metodo di Russow (iodio e H, S 0,). : « Dopo l'azione dell'acido solforico, si può colorare e conservare la rete de- « licata che ne resta della sezione, col procedimento seguente che, secondo me, & « (dice l'A.), non è ancora stato indicato. e « Se si mettono nell’ acido solforico alcuni granelli di fucsina, il liquido à di- « viene giallo aranciato, ed anche bruno cupo, se la quantità di fuesina è assai grande. Una goccia di questo liquido messa in molta acqua, la colora in rosa, « come lo farebbe una goccia di fucsina all'aleool. Si mettono le sezioni sotti- « lissime in una goccia di fucsina solforica di color bruno cupo, e si cuopre « con una lastrina. Si mette qualche goccia d'acqua da un lato della lastrina, * e un pezzetto di carta sugante dall'altro lato per togliere il. liquido acido e - « sostituirlo lentamente coll’ acqua. Ma la carta sugante ordinaria, di cellulosa, « non è adatta a quest'uso, a causa dell'azione che l'acido solforico vi esercita; « bisogna quindi sostituirla con carta d' amianto, la quale assorbe benissimo « l acido. L’ acqua sostituisce a poco a poco l acido, e quando essa bagna la « sezione, questa, dapprima giallo-aranciato, diviene rossa, come se fosse stata - « colorata direttamente colla fucsina. Essa è dunque composta unicamente dei « rivestimenti cuticolari dei canali aeriferi, tenuti insieme dalle lamelle mediane. « Il disegno così ottenuto corrisponde all' involucro protoplasmatico veduto da « “ire ee attorno alle cellule. xoi « Se si trattano le sezioni, come indica o ERTE RUE coll acido solforico — « e l’eosina, le pareti cellulari rigonfiano, la lamella mediana ed il rivestimento « cuticolare si distinguono dalla cellulosa in modo ben deciso per la loro maggior _« rifrangenza. Il citoplasma parietale si colora in rosa, e rende le punteggiature | « facili ad essere osservate; ve ne sono generalmente una o due strettissime H sulla parete che separa due cellule corticali contigue, ma non. ne ho mai « Ente cde pue comune M. una cellula e ad un canale GARS ci = all alcool; il protoplasma conserva il color rosa che gli ha dato l’ eosina, la « cellulosa Piensa diviene e violetto MEHR. e i rivestimenti cuticolari, ulifera, il D" D. H. CAMPBELL (The Development of Pilularia globulifera L. — Annals of Botany, Vol. II, n. VII, nov. 1888, pp. 233-64) dà le seguenti notizie riguardo alle ricerche da lui fatte sulle macrospore di i pianta i €, p. 243). Per lo studio del rivestimento mucillagginoso di esse macrospore, ed anche è loro contenuto, è quasi impossibile aver buoni risultati sul fresco. Bisogna sivamente dum in olio di vete e poi nel xilolo, invece della essenza di trementina. € poi con olio di garofani, e finalmente con una soluzione satura a freddo paraffina i in trementina, prima di esser posti nella paraffina fusa. er la colorazione l'A. adoprò in molti casi la ematossilina, ma i migliori iltati li ottenne colla saffranina e col violetto di genziana. Quest'ultimo spe- anca DÈ NOTE 3 uerum dà saliti bellissime, edi i nuclei vengono differenziati BET m glio che colle altre sostanze coloranti (Cfr. anche Malpighia, Vol. IH, p x la Memoria di MoLL ivi citata). x xs SEE — Il Prof. E. ZscuokkE dà i resultati di sue ricerche sopra sei adita coloranti, ch” egli ha sperimentato sopra tessuti animali e vegetali. Esse sono la Bensopurpurina B, la Bensopurpurina 4 B, la Deltapurpurina, la Be soasurina, la- Lan eine la ee rodanina e Violetto-rodanina. . soluzione Rin sinas, e colora salio stesso colore gli oggetti. Agisco "quof similmente alla fucsina acida ed è molto superiore all’ Teo perchè nono di hanno azione l'alcool, l' olio d' anilina, l'olio di ; contrasto colla ematossilina, e si può usare dopo i trattamento di T La Bensoásweina 4 -è una on Ham facilmente SUUS in acqua b. il eolore azzurro in rosso, ed anche scolorano la sezione. Gli acidi + aleak È . * "i . - m le sostanze chiarificanti non vi hanno nessuna azione. Sembra un buon surro- 465-70, e e "n. of the n. Micr. da 1889, p. 147 x La Nucina adoperata come sostanza colorante. — Il Prof. N. LEON (oal Anzeiger, XI, 1888, pp. 624-5) richiama T attenzione degli istologi suna tanza della sostanza nera delle noci (nucina) come sostanza colorante. Sebbene chimici ignorino, egli dice, a quanto pembra, la sua composizione chimica, $ se ne Seni facitmonte i dues caratterizzata da proprietà SARA e reazioni speciali, è una sostanza 1 ancora ben nota. dal us della rene: ma Soi po molto che. ucina. Anzi, quasi certamente non lo è, non solo, ma coi due metodi ottiene molto probabilmente due sostanze diverse, e molto complesse. Noi riportiamo ii nelle ricerche istologiatia, ma CE le nostre riserve sul lato chimico H cue OMS opositare all'acqua la nncina (?) nera: 100 gr. di alcool ad 80? si aggiungono llora per ogni 3 gr. di nucina. Questa soluzione ha color nero; dopo averla sata, si devono aggiungere al preparato alcune gocce di acido cloridrico. Questa sostanza colorante ha la proprietà di differenziare attivamente le parti elle cellule; tinge in nero i i nuclei, i bracterî ed i leuciti delle cellule ve- ge li. Differenzia benissimo le diverse parti degli spermatozoi. (Ctr. anche Jowrn. of the R. Micr. Soc., 1888, p. ds a Vitae, luglio 1889. 3 i i ; Prof. Aser Pot. NOTIZIE | ADDENDA AD FLORAM ITALICAM Seconda contribuzione all Epaticologia romana per Ugo BRIZI Questa soconda contribuzione all Epaticologia romana, (1) comprende poc! Epatiche raccolte in recenti escursioni, alcune da molto tempo e non anco nes ed altro le Ara au qualche dubbio circa alla pe detern ‘di Frullania, la rarissima PESA PRETE De Not, la Sou Stillicidiorum esi ece., forme dad le quali, ti la ristrettezza * Debbo qui ringraziare il mio egregio maestro, il Prof. Romualdo Pirotta, suo aiuto e pei suoi consigli, n il Ch. Prof. Caro Massalongo della es col mio cognome w nuova varietà di Frullania dilatata er Td E EIE TORTE Lindbg. | A. SCHIZOCARPEAE Lindbg. Trib. II. Mesophylleae Dmrt. I. NARDIA HYALINA (Lyell) Carringt., Brith. Hep. p. 35, t. XI, fg. Massal., Rep. Ep. it. n. 21, et Hep. It. ven. ex n. 67. — Jungermannia in Hook. Brith. ues n. 63; duum Syn. dra p.11, VI, fig. 45; z (1) Prima Contribustone alla Epat ^h sc. Try, p. n& pa aghi ci Romana in atatpighio Anno m p. 92; De Not., Prim. hep. it. p. 36: Rabh., Hep. eur. ex. 70, 469; Stephani, Mu Deutschl. Jung. p. 29, t. XL; Boulay, Muse. p. 786. — Aplozia Dmrt., Hep. eur. MU p. 58. — Sterile. b - Sulla terra argillosa umida sul Monte Calvo (Subiaco). Lgt. A. Pelosi. — : 24 Aprile 1887. ` Oss. Nota, finora, solo per l alta Italia. 2. SOUTHBYA STILLICIDIORUM (Raddi) Lindbg.; C. Massal., Rep. Ep. it. n. 22, ` tab. VII, fig. 1, nota ad p. 22, et Oss, erit. in Ann. R. Istit. Bot. di Roma Anno III, tab. II, n. 7. — Coleochila Dmrt., Hep. eur. p. 107. — Jungermannia De Not., App. Nuov. Cens. Ep. it. in Mem. Acc. Tor. Ser. II, tom. XVIII, p. 491, fig. 6. — Jungermannia Alicularia De Not., in l. s. e. p. 489, f. 5. — Junger- | mannia scalaris B stillicidiorum Raddi, Jung. etr. (ed. Bonn.) p. 9, tab. V, ia 3; De Not., Prim. hep. it. n. 43. — Alicularta scalaris a ** rigidula Syn. hep. p. 10 (ex p.) — Southbya tophacea R. Spr; Husnot, Hep. Gall. p. 15, 1 tab. II, fig. 10. — Southbya Alicularia (De Not.) C. Massal., Rep. * iko ne 23, tab. VII, fig. 2 et tab. VIII, fig. 3 — Sterile. Stillicidii del Monte Soratte, pra S. Oreste (socia Jungermannia sphaero- carpoidea De Not. D Aprile 1886 (Det. Prof. 6, Massalongo), e Cascata grande dell’ Aniene a Tivoli. — 5 Maggio 1889. Oss. Questa specie, raccolta in Italia dal De Notaris nella Liguria, dal Raddi e dal Micheli nell'Agro Fiorentino, e dall'Orsini nel Piceno, sembra non essere rara nel territorio romano. Essa è copiosissima sugli stillicidii appiè della Cascata _ grande dell'Aniene a Tivoli, e forma cespuglietti piccoli, sparsi, di un bel verde vivo, isolati, oppure frammisti ai licheni ( Collema, Pertusaria, ecc.). Trib. IV. Jungermanniaceae C. Massal, Subtrib. I. Acrogamae. C. Massal. 3. SCAPANIA AEQUILOBA dari. Hep. Europ. p. 35. 8 inermis Carringt., Brith. Hep. p. 81, tab. VIII, f. 26. (ex p.) C. Masai, | Rep. Ep. it. n. 42; Gott. e Rabh., hep. eur. ex: n. 80, 404, 408. — Scapania aequiloba C. Massal., Hep. It. ven. ex. n. 39. — Sterile. Fra i i muschi, nelle Selve della Moscosa presso P Ea Lugli 1886. Let. A. Pelosi. Det. Prof. C. Massalongo. - | Oss. MN varietà era findra nota soltanto, por r Italia, nelle An e LS Rep. Ep. it. n. 51 sa e Oss. crit. sulle du e var. di ep. it croata De Not, in Ann. Istit. Bot. di Roma Anno III, fasc. II, n 14. — Jungermanni sphaerocarpoidea De Not., App. Nuov. cens. ep. it. in Mem. Ace. Tor. Ser. KH; tom. XVIII, p. 493, f. 8. — Aplozia sphaerocarpoidea Dmrt., Hep. Eur. p. 60. | Stillicidii del Monte Soratte presso S. Oreste (socia Southbya stillicidiorum Raddi). — Aprile 1886. ( Colesulifera!) Det. C. Massalongo. Oss. Questa rarissima varietà, deseritta dall'illustre De Notaris come Hee distinta, fu raccolta soltanto, a quanto io credo, da lui stesso presso Voltri nella AIA 5. JUNGERMANNIA CRENULATA Sm., Engl. Bot., lab. 1463; C. Massal. , Rep. it. n. 65; Hook., Brith. Jung. tàb. XXXVII; De Not., Prim. hep. it. n. 46; Lind. Syn. hep. p. 66; Ekart, Syn. Jung. p. 11, tab. III, f. 25 e tab. XII; Boulay Musc. p. 787; Syn. hep. p. 90; Rabh., hep. europ. ex. n. 657 (e. ic); Erb. critt. it. Ser. II. n. 961. — Nardia crenulata Lindbg., Hep. Hib. in Act. Soe. i 1874. — Aplozia crenulata Dmrt., Hep. eur: p. 57. — Sterile zT © Sulla terra umida nel versante orientale del Monte S. AO PS presso Tivoli. — Ce Maggio 1889. 3 | Oss. Rara! Subtrib. 1I. Opisthogamae C. Massal. 6. CepHALOZIA CURVIFOLIA (Dicks.) C. Massal., Rep. Ep. it. n. 95 ot He it à ven. ex. n. 81, 82; R. Spruce, On Cephal. j p. 47; Dmrt., Hep. eur. p. 93 et Gen. Jung. p. 18. — Jungermannia curvifolia Dicks.; ; Boulay, Muse. p. 811; Hook > Brith. Jung., tab. XVI, fig. 4-5; Syn. hep. p. 142; Rabh., Hep. eur: ex. n. 72, 73, 250. — Jungermannia Baueri Mart., FI. VPE , Erlang., p 171, tab. V >» 45; De Not., Prim. hep. ital. p. 26. Sui tronchi putrescenti nelle macchie del Vallone dell’ Grid, presso Fi lettino r socia Kantia Trichomane Bi è Gr ) copiosa, ma sterile. — Legt. A. Martel- loni. — dot? 1888, : à UR Loco creemos 1 Litepricht, i in Cohn., Fl. Krypt. Sehl. L p. E : | Massal., Rep. Ep. it. n. 106. — Lophocolea bidentata 8 cuspidata Neos, Eu | Leberm.. Il, P 827; Syn. hop. p. 159. — Lophocolea Hookbriana var. pilife Nees i in L se ski; P 568 et a a p 161. — mood bid E 1 her etr. (ed. m p. 15, Lu EY; fi? 23 Mich. Nov. Gen. T3 p 8, tab. XU. — Infl. autoica! - Sul terriccio alla base dei tronchi putrescenti di Castagno a Monte Cavo, presso Rocea di Papa. — 26 Marzo 1886, — Det. C. Massalongo. - Oss. Rarissima ! Raccolta dal Raddi e dal Micheli nell’ Amd Biocotiine, 8. LoPHocoLEA RIST (Schrad) Dmrt., Hep. Eur. p. 86; Syn. hep. 164; — €. Massal., Rep. Ep. it. n. 108; Erb. critt. it. Ser. IL. n. 763; Boulay, Muse. p. 817. — Jungermannia heterophylla Schrad., Journ. bot. 1801; Hook., Brith —— pe n. 31; Ekart, Syn. Jung. p. 43, tab. VII, fig. 54; De Not., Prim. hep. it. Sul terriecio appiè dei Castagni, con la precedente — 26 Marzo 1886 — (Inf. . paroica, Det. Prof. C. Massalango). — Villa Aldobrandini a Frascati — 31 Marzo i 1887 ves: heteroica.). : È 9 pera INTERRUPTUS (Nees) Mitt., in FI. New. Zeal. II, pag. 134; C. Massal., Rep. Ep. it. n. 112. — Plagiochila Dmrt., Rev. Gen. Jung. p. 15, et Hep. eur. p. 44; Lindbg. Sp. Gen. Plagioch., tab. XII; C. Massal., Hep. It. ven. ex. n. 36, 78; Erb. critt. it. Ser. Il, n. 709; Carringt., Brith. hep. p. 52, tab. © — HI, "Tem 11; Syn. hep. p. 48; Boulay, Muse. p. 769; Rabh., Hep. eur ex. n. 48, 5 . 109, AE Jungermannia. Nees, Europ. Leberm. 1, p. 165; De Not., Prim. © hop. it. pag. 39. Sui massi trachitici nei boschi a Monte Cavo. — 26 Marzo 1886. ss. Nota soltanto nell’ Italia Per e nel Piceno Trib. VII Platyphylleae Da: hos l0. PonELtLA Tuvza (Dicks.) Lindbg, in Act. Soc. Fenn. IX. p. 335; 23 Massal. , Rep. Ep. it. n. 123. — Madotheca Thuja Dmrt., Comm. bot. p. 111, et Syll. i Jung. p. 31. Madotheca platyphylloidea De Not., Prim. hep. it. n. 2; Gott e Rabh., hep. eur. ex. n. 372 (cum ic. bona!) e n. 545 (cum ic. mala!); Boulay Muse. p. 833. — Madotheca platyphylloidea B. Thuja Syn. hep. pag. 280. — à Jungermannia platyphylla B. Thuja Hook., Brith. Jung., tab. XL, fig. 2-4. — A platyphylloidea Schwein., Hep. Am. Sept. p. 9, n. 2. — deu eat Thuja Dieks., Pl. crypt. IV. 19. — Planta anteridiifera. liveti di Villa Adriana presso Tivoli, copiosissima. — 28 Pitino 1887, Let. slosi — Villa Gregoriana a Tivoli. — 5 Maggio 1889, m. Nota soltanto nell’ Italia Settentrionale ed insulare. NOTIZIE ll. Ponsiti. DENTATA (Har bn.) Lindbg., in Act. Societ. Fenn. IX, p. 342: » C. Massal., Rep. Ep. it. n. 124. — Madotheca rivularis Nees., Syn. ied .. p. 278; Dmrt., Hep. europ. p. 241; Rabh., hep. eur. ex. n. 371, 421. — Ma dotheca Porella Nees, Syn. hep. 281 (p. p); Boulay, Muse. p. 833. — Jun- - germannia Cordaeana Hüb., Hep. Germ. p. 291; De Not. Prim hep. it. p. 10 — (ex. p). — J. platyphylla B. dentata Hartm., Skand. Fl., ed. Il, p. 354. ; Selve della Moscosa presso Filettino. — Agosto 1886. — Villa report : ` a Tivoli. — 21 Giugno 1889. (Oss. Raccolta per l'Italia centrale, solo nel Piceno dall’ Orsini. * Trib. VIII. Frullanieae Massal. 12. FRULLANIA DILATATA (L.). * Briziana C. Massal., iu litt. Sui tronchi degli alberi alla villa Borghese. — 23 Gennaio 1887. . Oss. Questa nuova ed interessante varietà, che il ch. Prof. C. Massalongo N gentilmente designò col mio cognome, sì distingue nettamente e principalmente I . dalla forma tipica F. dilatata, per le auricole delle foglie e : * questa" Nano alla evil Cesatiana De Not. Nel resto, e nei sut della fruttificazione, essendo identica alla specie, il Prof. Massalongo non cre- dette di doverla scindere dalla forma tipica, per formarne una specie distinta. i Vive sugli alberi alla Villa Borghese, dove finora soltanto la raccolsi, special- mente sui tronchi di Laurus nobilis (L.) e Quercus ilex (L.), ed è assai rara e limitata, mentre avvi più comune una forma di passaggio, in cui le auricole delle foglie tendono più o meno ad assumere la forma che caratterizza la var. Brisiana. E FRULLANIA TamaRIScI (L.) Dmrt., Hep. eur. p. 28. * blanda De Not., App. Nuov. Cens. ep. it. in Atti Acc. di Tor. Ser. Il, tom. XXII, p. 378, tab. IV, fig. 21; C. Massal., Rep. Ep. it. 134, e Oss. crit. n. 24; Erb. critt. it. Ser. ], n. 14. | .. Sui tronchi di Acer platanoides, alla sommità di Monte Cavo pe E. eom; vento. — 26 Marzo 1886. Oss. Questa notevole Yarasa è iis per r ie solo asa Liguria n veo Trib. IX. Saccogyneae Massal. & 14. SaccoGYNA vITICULO3A (Mich., L.) Dmrt., Comm. Bot. p. 113, et Hep. — Eur. p. 117; C. Massal., Rep. Ep. it. n. 143; Syn. hep. p. 194; Carringt., Brith. Hep., P. II, p. 45, pl. IX, fig. 28; Rabh., hep. eur. ex. n. 166. — Jun- germannia L., Raddi, Jung. etr. (ed. Bonn.), p. 15; Ekart, Syn. Jung. p. 40, tab. I, fig. 6; Maratti, Fl. Rom. Il, p. 2011 (Musco con foglie di Politrico). — Syhorea Corda, in Sturm Deutschl. FI. II, fase. 19-20, p. 41, tab. 11. Fra i i muschi presso la Cascata grande dell'Aniere a Tivoli. 5 Maggio 1889. i B. CLEISTOCARPEAE Lindbg. Trib. XVII. eni Lindbg. 15. CERATO MICHELII. Boll, Mont. Cent. pl. cell. in Ann. de Se. Nat. .9, Ser. IX, p. 39; C. Massal., Rep. Ep. it. n. 165; Syn. hep. p. 595; Boulay, Muse. p. 856. — S. terrestris Mich., Nov. gen. p. 4, tab. IIl; Lindem., Mono- peu Rice. in Nov. Act. Nat. Curios, XVIII, p. 496, tab. XXXVI, fig. 1; cà Massal., Hep. It. ven. ex. n. 4; Erb. critt. it. Ser. I, n. 723 e II, n. 957; De Not., Prim. hep. it. n. 81; Dmrt., Hep. Eur. n. 164; Maratti, Fl. Rom. II, a n. 2028. (cum diagnosi!) - Sulla terra umida lungo i sentieri poco battuti alla Villa Borghese. -== al Dicembre 1888. Fam. IL Marchantiaceae Lindbg. A. SCHIZOCARPEAE Lindbg. Trib. I. Marchantieae .Lindbg. .16. CYATHOPHORA COMMUTATA (Lindemb.) Trevis; C. Massal., Rep. ep. it. n. 183, — Preissia Syn. hep. p. 539; Erb. critt. it. Ser. I, n. 116; Boulay, Muse. p. 849; Rabh., hep. eur. ex. n. 141, 330 (Herb. R. Horti Romani), — Preissia hemisphaerica Cogn, Cat. hep. belg. p. 49. — Marchantia commutata Lindemb., tale eur. p. 101; De Not., Prim. hep. it n. 64. - Nelle convalli ie sulla terra, presso al Monte Gennaro, nel luogo detto j de Schieno degli Asini, (Alt. 1000 HI ben fruttifera, — 12 Maggio 1889. B. CLEISTOCARPEAE Lindbg. Trib. III. Corsinieae Lindbg. fig. 1; C. Massal., a ad i» 187, et Hop. It, ven. ex. n. 89; | usi d Mo- nograph. Rice. in l. s. c. XVIII, p. 484, tab. XXXIII e XXXIV; Bischoff, Be- merk. in Nov. Act. Nat. Cur- XVIII, p. 1042, tab. LXX, fig. 1; Syn. Hep. p. 596; Boulay, Muscin p. 857; Rabh., hep. eur. ex, n. 62; Erb. critt. it. Ser I n 182. — Corsinia reticulata Dmrt. Hep. eur. p. 166. : Fra i muschi sulle rupi ai lati del fosso della Scarpellata, tra il Monte Gene naro e dl co crv ang (Alt. cir. 900 m.) — 12 maggio 1889. RoN E LV. Riccieae Lindbg. " . ]8. Ricora ` CILIATA Hoffm., Deustehl. Fl. Krypt. p. 95; C. Manni. din Ep. i i n 195; Corda in Sturm Deustchl. Krypt. fasc. 22-23, tab, XXXI; Syn. lo» fio ai: Rabh. hep. eur. ex. n. 205; Dmrt. Hep. eur. p. 168; Boulay, Muse. p. . Sui margini di un fosso tra la Magliana e Ponte Galera. — Marzo 1888. 19. Riccra NATANS L.; Sm., Engl. Bot. tab. CCLII; C. Massal., Rep. E n. 206; De Not., Prim. hep. it. n. 92; Lindemb., Monograph. Rice. in ls |P» 475, tab. XXXI, XXXII; Syn. hep. p. 606; Rabh., hop. eur. ex. n. 2, 140 b . 499; Erb. critt. ital. Ser. Il, n. 160. — Ricciocarpus Corda, i in Sturm e Dose FI. II, fase. 22-23, p. 103, tab. XXXII; Dmrt., Hep. Eur. p. 172. Nella palude di Sant presso. née — Let. A. | Polos 3 R Agosto 1887. E Assai rara! Nota, finora per l'Italia, solo della parte Settentrionale. e R. Istituto Botanico. Agosto 1889. Ugo BRIZE Piccola Cronaca Il Prof. Dott. K: YON NAEGELI, da molti anni insegnante di Botanica e Di- 4 rettore del R. Orto Botanico di Monaco (Baviera), dietro suo desiderio è stato | collocato a riposo. Al posto di Direttore del R. Orto Botanico di Berlino, reso vacante per la morte del Prof. EICHLER, è stato nominato il Prof. A. ENGLER, residente finora a Breslavia. Il Prof. J. Ursan di Berlino occuperà il posto di secondo Direttore x al Giardino berlinese. Come successore del Prof. EncLER nella cattedra di Botanica Generale e nella Direzione dell'Orto Botanico di Breslavia è stato j | Chiamato il Prof. PnANTL di Aschaffenburg. È morto nell'età di 83 anni il noto micologo e briologo Rev. J. M. BERKELEY. Al congresso di Botanica, tenuto dal 20 al 25 Agosto a Parigi, presero parte at relativamente pochi botanici stranieri, malgrado il programma svariato ed in- jisinate, e malgrado l attrattiva offerta dall’ Esposizione universale, Si ebbero | discussioni interessanti specialmente riguardo ai due temi proposti dal Comitato organizzatore. Quanto al primo tema (« De l'utilité qu'il y aurait à établir entre les différentes sociétés, les differents musées botaniques, une entente pour arriver à dresser des cartes de la répartition des espéces et des genres des végétaux sur le globe » ) fu riconosciuta la necessità d'organizzare un’ opera comune, internazionale, fra i botanici dei varii paesi, per giungere al compi- mento di carte geografiche, dimostranti la diffusione dei vegetali sul globo. . Una commissione apposita (BUREAU, Cossox , HawsEN, Maury, Penzie, Rouy ) stabili in una serie di proposte un traceiato dei lavori da fare; e pubblicheremo più tardi queste norme adottate dal Congresso. La stessa commissione rimarrà in permanenza fino al prossimo congresso internazionale di Botanica. Anche A. il secondo tema ( «Des caractères que l'anatomie peut fournir à la classifica- - . tion») diede luogo a viva discussione. Numerose altre comunicazioni di vario argomento occuparono le altre sedute del Congresso. Il Prof. Dott. SADEBER è stato chiamato a dirigere l'Orto Botanico di Am- burgo, al posto del Prof. REICHENBACH testè defunto. : Sal Dott. tg VON LAGERHEN, finora aggiunto al laboratorio Ssüinico dell Uni- n + As AI posto del défünfo Pf: dois al Politecnico di Gratz è stato nominato il Dott. H. Motisca, finora libero docente di Botanica all Università di Vienna. Il Dott. F. HurPPE è stato nominato Professore di Bacteriologia all’ Univer- sità di din A is da lui nds (Peron di NEO nell’ Istituto ; a Prof. M. Wiusou di en offre per la vendita (per il prezzo di i fr.) cun erbari ario di felci esotiche, 570 uni in 81 generi. A RI Cu _ BALSAM BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO | Bollettino Bibliografico Lavori Botanici Italiani. nidi Atlanti, ecc. Quadri sinottici di B = (Morfologis Fisiologia). Napoli BanzETTI E. Compen ndio di Scienze turali per la Cot ee Grosseto, o T. e MAR yon Nozioni di Stori a e di a per "s spinis ; entri superior Torin | 1889. nti di, Storia» na- ST Morfologia; Fisiologia, Biologia. BeLLUCcI L. E! amido ne foglie — Atti e Rendic. Acc. medica. Vol. I, Fosuria fase. 2. 1889. DeLPINo F. Funzione scleri ila nel regno vegetale, prodro ‘una m nografia delle piante Formic arie, P. in non — Mem. Acc. Bologna, qe ved oen RDI L. Ricerche sulla diffusione c allumina jeu vegetali. Bari, _ Tallofite. me F. Zichenologische Ae | X te. -— “ain Tirol, XX, XXIII, han " h. k. zool. botan. E Wien, XXXIX, 1889. p BER N. ESE rte della Di- scina venosa (Pers) Sace. — Atti Soc. Ven. Trent. Sc. natur. Padova vol. XI, fasc. 2, 1889, c. CASTRACANE F. Aggiunta Ped Wis | ditomologic italiana. Notarisia , 1889, p. — Forma critica e nuova di Pleuro- X quarta e Vu iter 889. pri del dotto di Napoli. — vA c. Pontif. N. Lincei. A. XLII, xti 1889. ra F. Matériaux de mycologie tomba ber — Revue mycol. 1889, p. ETÀ, DE Tox à b. ` Intorno al genere P lonia Hornem. Notarisia 1889 p. 782. — Sylloge t omnium hucusque cognitarum I. (p. I, II). Chlo- rophyceae. eda 1389. — Sopra un SE ge ege la Flora Istit. Veneto Sc. p Sor NT. Liga 8-9. E Veber Phytnctidiun arundinaceum Mon DONE Centralbl. XXXIX, 1889 p — Segundo manipolo dé Algas por- tuquezas. t. Soc. Broter. VI, 1889, p. 198. LAGERHE G. Note sur le Chaeto a n roka i Blancheana M ont. Notti, 1889 p. 7 Levi-MorENOS D. Alcune osservazioni e proposte sulla diatomologia lacu- stre italiana. Notarisia, 1889 p. 813. — D. Ricerche sulla risp Lu T dava di Pilryganea. ibid. p. — Importanza dei vegetali Mars pem degli animali. Venezia, 188 Contribusione alla Mi- onese. — Mem. Soc. Agr. Mss pot LXV, ser III, 1889. 1 A. Sulla rose chimica della Morchella esculenta. — Staz. Sperim. Agraria ital. vol. XVII, 1889, —M b ologia p. VoGLINO P. Contribuzione allo pudis della Flora paco del Circon- dario di Alba. Alba, 18 me k BOLLETTINO BIBLIOGRANICO hit Briofite. "Bone N. Catalogue des Hépatiques du sud-ovest e la lo et de la Haute Savoie. Gens e 1888. Loracoxo-Porero M. Primo elenco pr ticologico di Sicilia. Ni Sicil., À; M toa Reb AM C. e HERE He- ne ‘qu es de la Mission sine Cap Horn. Paris 1889. a. 5. Fanerogame-Flore. Toxt x Note sulla Miete friulana. Serie seconda. Udine, 188 se spontanee ige Vol. h Polypetatao Thalami iflorae. Paler 1888, ES Ricerche intorno alla nuova Quercia uem pass "Ld ital. Sc. nat. Siena. -À. IX. 1889. Fa asc. XIV. lantes améri- ts DE sicula o vi A i generi vegetale. i dis Accad, dria Dr ‘À. VI ts ouches du Rhôn ond Var et des "AL lpes Maritimes. Pa. miers 1889. ne e Patologia ds vegetale. - 1 M. Cagio oni sip id f rade vegeta i BENEDE Vite: oidio, vi ^s e pd: en pratiche. t Or- A. vui SE-N. A.” Fungi yi moricolae, . 7. 8. Patavii, 1889. Care G. B. La Peronospora conni a nell autunno. — Boll. Ve ital. 1889 p. 449. Comes 0. La Peronospora della in Puglia. — Rendic. Istit. Incoragg. Napoli. Napoli , 1889. NS: soos C; Le pri Virgi malattie della i ed i migliori metodi di cur Milano, 1889. MENEGHINI. Dane î sug peti dalla Cus n. Comis. Agr. | 1888, Trovit 1839. C; à Lee piu 'dan- e ose e vite. Torin à "ne T. Contro l'altettamento Gasa : 1889. PoLuixt C. Sopra una curiosa de orm zione d' 2 io abi: d` uva, Iilan y 1889 c eee vegetale. CASTRACANE F., I] tr f RN: afiona della valle superiora del D a Assab tti À y Pontif. Lincei. A. XLII, t. XLH; 1889... Vite | e _SQUINABOL S. Contribuzione alla Flora ce dei "m cia i della Li ria. P. g acee- Foi. c. 12 od Genova j ne les e farmaceutica. Bra Contribuzione alla stor della PHONE ogia ; smo dell orina filante. c. Bologna. Ser. IV, t IX. 4. Bo- logna, 1889. CESARI G. Il Que marin Modena, SPINELLI P. S. Sul m crobo della rabbia scopert o dal Po, Lanciano, 188! Prof. 0. PENZIG, Redattore responsabile. MALPIGHI o. 4 OSSERVAZIONI E NOTE BOTANICHE DI FEDERICO DELPINO. rs DECURIA PRIMA. » I. ; WA nemofilia e scatto delle antere presso il Ricinus communis. A chi considera le numerose glandole mellifere che si trovano ai lati di brattee e bratteole nelle arcicomposte infiorescenze androgine di 4 Ricinus può venire facilmente l’idea che la glandolazione surriferita possa per avventura essere diretta. allo scopo di favorire la staurogamia ‘mediante intervento d'insetti alati, adescati dal néttare che viene emanato in certa copia. Altrove ho addotto le ragioni per cui tale idea manca di fondamento; | ragioni di ubicazione delle glandole stesse e ragioni d'evidenti caratteri anemofilici (1). pe Ora ho osservato un interessante fenomeno che conferma la ES È | siva anemofilia di questa euforbiacea. Questo fenomeno è la evacuazione À del polline dalle loggie delle antere mediante esplosione. : Bo si piglia un fiore maschile di ricino, sbocciato da poco igo. ossia nel vero punto della sua maturità, osservandolo attentamente per . qualche tempo eon occhio armato d'una lente e anche ad occhio nudo, | Si rileva che a poco a poco esplodono tutte le antere, e si vedono - partire qua e colà delle nubecole di pum Così è ripetuto in questa (5) Funzione mirmecofila nel npa pute: parte IL D Memorie del- l Accademia delle scienze in Bologna, serie IV, tomo T jos 22 lucana; anno x vol. HI. vi ritaria, Urtica, Morus, ecc.). i : Ma il meccanismo come avviene la esplosione presso il ricino non. " ha nulla che fare con quello ehe si verifica nelle orticacee. x Ecco quel che si osserva nel ricino. Ogni loggia polliniea ha ida - fra globosa e didima, ed è percorsa da una linea di deiscenza verticale. : Giunto il punto della perfetta maturità, si scorge detta loggia deisce con moto piuttosto rapido, allontanandosi una valva dall’ altra fino a ‘completa divaricazione. Ogni valva di mano in mano che divarica di- E venta convessa, attalchè da*ultimo tutto quanto il polline e stratifica to sulla faccia convessa ed esposto all’ aperto. Raggiunto il limite del “massima divaricazione e della massima convessità, bruscamente ogni valva ridiventa - concava, e produce così un' esplosione che sparge i polline sotto forma di nuvoletta. Tutto questo succede nella durata | d'un PIERA primo o c pepe meno. Avvenuto lo scatto ce ne valy sS nali affatto vacua ed one inutile. Più spesso le due valve divarieano ed esplodono contemporaneamente ; tavolta invece una valva divarica ed esplode alquanto prima della sua compagna. RS La pee del meccanismo di pia pop non è ge ci $90 LI di turgore in regioni diva di dette valve, si può provisoriament considerare spiegata siffatta esplosione. . Uno studio testé pubblicato dal Dott. Mercu. TrEUB sull’ aseidio . calicino di Spathodea campanulata (1) ci ricorda osservazioni da noi fatte sovra organi analoghi nella Sterculia platanifolia, nell Alocasia riguardo ai loro caratteri e alle loro probabili funzioni, meritano di à essere distinti coll’ appellativo comune di ,ascidii temporarii. Sha fenomeno nerto dalla Sterculia A ci è noto da oltre avendo fonte, nonchè RAS ct aa ul i nostri ‘studi in proposito , non ne abbiamo fin qui pubblieato aleun cenno. Quel : poco che qui ne diremo, invogliando forse altrui a compiere in pro- : posito uno studio che riuscirebbe assai. interessante, è frutto piuttosto di reminiscenza che di regolari appunti ed osservazioni scritte. È noto che il pistillo della Sterculia, platanifolia consta di cinque esrpldii, durante la fioritura conglutinati lateralmente in modo da dare origine a una plaeentazione assile. Ma avvenuta la fecondazione, i earpidii si dissociano l uno dall'altro, divaricano a guisa di raggi, e, rigonfiandosi assai nella regione ovariana, ciascuno di essi si cambia ‘in un vero ascidio che di giorno in giorno va ingrossando, nel tempo x stesso che i semi gradualmente si avviano verso la maturità. Ben presto | questi ascidii attingono le dimensioni considerevoli loro proprie. Del resto è facile verificare che sono veri ascidii, sebbene ermeti- camente chiusi. Infatti recidendoli trasversalmente verso il loro apice, si scorge una cavità contenente un liquido abbondante, raccolto e on- * E deggiante nella sua metà inferiore. Questo liquido si presenta come un’ acqua sporca, infieiata . ds molti CA i ; (9 Les eU Nose». du dés campanulata Beauv. Sai Annales | : du jardin vor de eee, cs VII, d MM IF. DELPINO corpuscoli organici in decomposizione, in guisa da avere un color A ‘e nel fondo vi è una poltiglia nera più o meno abbondante. Si presenta dapprima il sospetto -che il liquido in questione abbia proprietà digerenti, e che la sua azione siasi esercitata sopra * p seoli viventi , penetrati nell' interno; per altro senza poter compre dere eome sia potuta avvenire. cosiffatta fino dagl carbonizzati. as . Sempre meglio avvalorato il sospetto che si tratti qui di un liquide DE gerente, volli indagare la struttura della epidermide interna degli as Si Essa, oltre al presentare qua e colà qualche raro stoma, è tapp Ca migliaia © migliaia di emergenze o peli glandolosi, ciascuno dei qu si consta da 16 a 24 cellule all incirea. Una cellula serve di base; questa è sovrapposta una seconda cellula. poi succedono tre 0 quali | Diani di cellule, da quattro ad otto cellule per piano, in modo che v . formato un corpuseolo glandolare claviforme. E. La prima volta che esaminai tali glandole, gli ascidii avevano M lunghezza di circa 3 centimetri. In tal tempo la maggior parte no 8 glandole erano Scolorate (segno di funzione defunta); altre avevano Ja caratteristica linfa rosea inclusa dal plasma parietale (glandole in fu zione attiva); altre infine avevano cellule scolorate e cellule colorate. Le ultime a Scolorarsi mi sembrarono le cellule apicali delle gland ji Accertai che questi organi glandolari hanno cosi molta analogi Con quelli che tappezzano cavità carnivore (nell' Aldrovanda, nell Ọtri- ccularia, eel cs : Poscia esaminai il contenuto nel liquido bruno che riempiva pe metà gli ascidi. Sempre xi riscontrai una quantità enorme di corpu- scoli perfettamente sferici, quando isolati, quando raccolti a grappo! aleuni -trasparenti e incolori (forse perchè il contenuto loro era € Fito); altri invece colorati in. arancio Sporco. In complesso ebbi la Pressione che dovevano essere alghe, possibilmente appartenenti nere Chromophyton. Ma non avendo potuto istituire ulteriori in ; v AES e Sopratutto esperimenti di coltura, inest osservazione non ise valere più d' una semplice congettura. Quando i carpidii vanno incontro a maturazione perfetta, prima ancora di rendersi, come fanno, deiscenti, lentamente riassorbono tutto il liquido, e del fenomeno più non rimane che una polvere nera, la quale aderisce al fondo delle eavità ovariane. Tali sono i fatti, e la interpretazione che ne diedi per allora è ae segue. La funzione del liquido deve essere duplice. In primo luogo i semi maturando entro il seno di un liquido, sono messi nella miglior ma- niera al riparo da ogni offesa d'insetti. E noto che i semi di molte i specie, per es. di molte leguminose, vanno spesso a male per la, cir- “costanza che femmine d’insetti munite di lungo ovidutto forano la parete dell'ovario e gl integumenti seminali per deporvi le loro uova. Ma questo non può avvenire, se i semi maturano circonfusi in un li- | quido, che osterebbe senza dubbio allo sviluppo degli ospiti. Per altro se questa funzione che è protettiva fosse l'unica, che bi- | Sogno ci era d'organi glandolari? Adunque la presenza di questi or- gani ajuta la ipotesi che vi concorra anche l altra funzione, cioè una . funzione digestiva, la quale si eserciterebbe sovra alghe del genere | Chromophyton (1), penetrate dall esterno nell’ interno degli ascidii, e Straordinariamente moltiplieatesi nel liquido che ivi trovano. Il liquido sarebbe emanato ed ivi raccolto, non già per via di se- crezione, ma per una continuata evaporazione delle pareti interne del- l'ascidio, ed acquisterebbe la sua virtù digerente dalla secrezione dei peli glandolosi. Il riassorbimento sarebbe poi effettuato in ultimo sia | dalle pareti, sia, più en da ag degli pere seminali. Questi ascidii earpidiali di Sterendi hanno ; diligolefistime analogie cogli ascidii ealieini di Spathodea campanulata, stati testè studiati dal Dott. Treus. I calici fiorali di questa bignoniacea nascono e crescono coi loro sepali coaliti lateralmente in modo da MM un sacco er- meticamente chiuso, il quale riempiendosi d’acqua è convertito in ascidio. Nel seno del dense poi prendono forma e incremento la co- F. DELPINO - rolla, l’androceo, il gineceo, sotto l'ottima protezione del liquido stesso. - Abbiamo fin qui esatta corrispondenza, salvochè la parte del protet- tore è fatta dal earpidio nella Sterculia, dal calice nella Spathodea ; e la parte del protetto è fatta dai semi nella Sterculia, dai cicli fo p rali interni nella Spathodea. Il mezzo della protezione è identico m: A entrambi i casi. Ma passiamo ad altre analogie. Secondo TrEUB « il liquido non è mai limpido; anche nei botto giovani è è alquanto opaco e giallastro. La opacità non scompare intie-- ramente mercè la filtrazione. È alcalino ed ha un odore gi più o meno putrido, e contiene infatti dell ammoniaca ». i Anche qui la parete interna degli ascidii è fittamente Lili da | emergenze glandolose costrutte presso a poco giusta lo stesso tipo; e A finalmente, secondo lo stesso TREUB, normalmente si sviluppano ne a liquido degli otricelli di Spathodea colonie di differenti mieroorganismi, | i quali sembrano ne faire aucun mal aux or ganes floraux en voie ‘de développement. , - Anche TrEUB si propose il quoq: come mai questi mierobii. po È terono penetrare in quelle cavità ermeticamente chiuse? Crede cl ‘questa intrusione possa essere avvenuta fin da quando il calice, n z suoi primordii, era aperto; o, meglio ancora, che si siano introdotti per, È angustissimo e Senna foro Se lasciato dagli apici introflessi x dei sepali. È Con quel che precede è dimostrata la sun totale Linate p. ascidii di Sterculia e Spathodea ; analogia che senza dubbio importa | una completa omologia di funzioni. Quanto a queste le idee di TREUB | divergono più o meno dalle nostre. La funzione per TREUR sarebbe. semplicemente protettiva senza complicazione con funzione dcs Ma allora quale significato avrebbero le glandole ? Egli opina ehe le glandole sarebbero gli organi secernenti del E È quido. Senza volere impugnare le conclusioni di un osservatore tanto : valente e coseienzioso, non possiamo esimerci del muovere dubbii n proposito. Per secernere un liquido meramente acqueo non ci è bisogno di nessun organo glandolare. Basta la evaporazione delle pareti interne (dn un sacco ermeticamente chiuso. Io sono convinto che il Lia ( aseidii di Sterculia sla. un mero ) effetto di IEE e distillazione, Se noi osserviamo i baccelli rigonfii di Colutea , e i carpidii quasi maturi di Paeonia, vi si trovano nell’ interno numerose e grosse goccie d’acqua, certo per effetto di semplice distillazione (!), e qui senza . nessun significato funzionale. Ottenuto così per mera distillazione il liquido, ma un liquido inerte, e allora s’ intende il significato delle glandole, la eui secrezione mesco- landosi al liquido el imparte verisimilmente parap proprietà , | peptiche per esempio od altre. pre TREUB, escludendo ogni funzione digestiva, ammette una funzione protettiva contro la radiazione solare, contro i colpi di sole. Ciò mi "e pare dubbio. Mi sembra più piano ammettere che un liquido, pepti- ; cizzato o non, difende facilmente tutti i corpi che vi sono immersi . dal morso degl’ insetti. Ma temiamo grandemente che la funzione pro- tettiva, nonchè essere l unica, non sia neanche la principale. Ad ulteriori osservazioni si raccomanda la soluzione del problema. Anche l'Alocasia macrorrhiza è provvista di ascidii temporarii che hanno parecchi punti di ‘analogia coi sopramentovati. È noto che lo | spadice si divide in tre porzioni, una inferiore occupata dai pistilli , . una intermedia occupata dai fiori neutri, una superiore occupata da fiori maschili. Congruamente la spata si divide in due regioni, una inferiore accartocciata che avvolge la regione dei pistilli e quella dei _ fiori honti, una superiore che si espande in vessillo. . vb» porzione accartocciata della spata, nel tempo preciso della fe- condazione, ermeticamente chiusa ai lati, lascia verso l'apice un breve nono. per ammettere gl’ insetti od altri i prosa ad eseguire la (0 La evaporazione dell’ "mE M piante non 3 una merà operazione fi- . sica, come è dimostrato dal fatt e questa evaporazione continua anche in S dell’ ambiente. Adunque la evaporazione delle. piante è in correlazione col ca- lore dei plasmi. Nel caso poi di ascidii chiusi la evaporazione si muta necèssa- >» . riamente in distillazione. E quando richiedesi grande quantità di liquido per , — uma determinata funzione, è plausibile che questo calore si rialzi al punto da. : fornire quella. più sip distillazione. che basti all’ uopo. : E chiude e mochi: e la regione accartocciata della spata si sma di liquido in eui pescano i pistilli e si cambia in un vero ascidio. 1 fi pistilli maturano lentamente nel seno di detto liquido, e da ultimo. i liquido è riassorbito. x Qui la funzione Sr è dioe ma credo che vi si associi | che supposi. provenire dal corpo di lumache o di altri Animali. Vera: mente non vi sono glandole nell interno della. spata; ma il liquido - ha l'apparenza di ‘essere glandoloso. Mi mancò l'occasione di eee diuturne indagini. Son quasi certo che lo stesso fenomeno ha luogo non solo nelle altre specie di Alocasia, ma eziandio in quelle d’ alcuni generi affini, sovra . tutto del genere Xanthosoma. Anche qui raccomandiamo ulteriori studii e ed osservazioni, à quelli che sono in grado di poterli fare. | III. Lr a ; ; a estranuziali nelle Eliantee. 1886 »), > +. più i. in vicinanza dei fiori, alla qar pagina in feriore verso la base, in arce affatto indeterminabili, secernono abbon- dante liquido, avidamente ricercato dal Camponotus pubescens. Le mie Osservazioni: vennero fatta in settembre. Credeva che tale secrezio e : Lens del. cortona anno o (1880), osservando piante della stessa $ XE siine, rilevai che in nea “epoca le cinque . o sei foglie che jure: occupate da formiche intente a lambire il liquido che sgorga fuori dalla sovra indicata regione. Per questa volta le guardiane appartenevano alla specie Formica cinerea, la quale si è in quest’ anno straordinariamente moltiplicata. - Mi oeeupai poi di accertare se tal fenomeno fosse comune ad altre x specie di Helianthus. Potei accertare che si riproduce medesimamente nelle sommità vegetative dello Helianthus tuberosus, per altro in una scala assai minore. Anche quivi ho rinvenuto sedentaria la Formica ` | cinerea, ma in molto minor numero di accorrenti. Da cui si può ar- | guire quanto sia minore la secrezione in questa specie, perchè la esatta misura è data dal diminuito numero delle accorrenti formiche. . Per contro l Helianthus annuus è destituito affatto da cotal funzione protettiva. IV. Nuova pianta a nettarii estranuziali. Alla lunga lista delle papilionacee che sono raccomandate alla pro- tezione delle formiche mediante corresponsione di nèttare vuole essere aggiunta la Glycine sinensis. Già da parecchi anni, in primavera, sulle gemme di questa Glycine, Svolte da poche settimane, e sopratutto sovra i rigogliosi rampolli che poi si i svolgono in dona nd aveva notato un grande numero di er alla raccolta del nèttare che sgorga sia dagli afidi o dalle coc- ciniglie, sia dai nettarii estranuziali delle piante. Ma datomi ad accurata investigazione della regione esplorata dalle p non mi venne mes a 3789 pere d'ora né mereri USA del sovrallebato concorso di foriniche; ; - Soltanto noia scorsa printaviee (1889) ho meer avere la Dee rage s F. DELPINO - che non saprei assegnare, l'attività delle formiche, in questa regione emiliana, venne ridestata assai più tardi che lo sviluppo delle gemme provviste di nettarii estranuziali (anche di quelle, ad es. dei generi dei Prunus, Cerasus, Populus, ecc.). Per la qual circostanza in una pianta. di Glycine che avevo sotto osservazione, la sostanza zuccherina pro- - dotta dalle sue foglie, non essendo stata consumata dalle formiche, è rimasta egregiamente visibile nel luogo stesso dove venne emanata, sotto - forma di gocciola grossa presso a poco come un grano di miglio, ege stituita da una densa, filante, SR melassa. primitiva del oan PRR Manca affatto ogni predia di istologica e morfologica della regione nettariflua, e i punti da cui eman : il nèttare sono affatto indefinibili e indefiniti. La regione essudante è rilegata alla pagina inferiore delle foglio E. ed è costituita dalla costa mediana, non per tutta la sua lunghezza, ma - per circa il suo terzo inferiore, per gueno cioè che confina coll e . del picciuolo secondario. Lungo questo breve tratto della costa mediana si scorgono da 1 fino a 4 punti melliflui, caratterizzati non da altro che da una goccia di melassa ivi fissatasi. si La secrezione mellea comincia, quando le foglie raggiungono all I circa un terzo delle loro dimensioni, e cessa, quando le See hanno | = raggiunto l intiera loro espansione. A Essa è rigorosamente acropeta. Da prima incominciano à manifestarsi le goccioline mellee nell’ infimo paio di foglioline, poi gradatamente. (nei giorni successivi) compaiono nel secondo, nel terzo, nel quarto € quinto pajo. Non le vidi formarsi giammai nella fogliolina t terminal anzi qualehe volta anche le foglioline del quinto pajo ne sono dida viste. Il néttare, una volta emanato, non é piü riassorbito; resta ‘adore senza limite di tempo nel punto ove è scaturito, in attesa che venga SP e formiche; e or le goccia son dense e viscose, penses “le squame "dell involuero non secernono punto miele, e conseguen- temente non adeseano hessand formica. La precisione e la coscien- | osità che traspare dalla memoria di WeTTSTEIN non consentono il | _menomo dubbio sulla veracità di detta affermazione. D'altronde la so- | vranominata Centaurea è specificamente tanto ben determinata, che |. mon può pensarsi ad un eventuale errore di specificazione. .. CP premesso, è è degno di nota che tutti i numerosi individui di Cen- taurea montana esaminati da me negli Appennini del Casentino (nel versante Tirreno), e dal mio Assistente sig. Marre negli Appennini olognesi (nel versante Adriatico) hanno squame vus ases netta- : riflue e adeseanti numerose formiche. | Così è data la dimostrazione di un fatto biologico che ha la sua im- portanza, cioè che in date regioni per una, data specie può quandoc- chessia essere affatto sospesa ed eliminata una data funzione biologica. F. DELPINO VI. Anemofilia dei fiori di Phyllis Nobla. color verdastro. I petali sono revoluti nei fiori ermafroditi e appen genes nane ince: in PRE ns As corolla sembra SETA Na, menti. Il polline è polveroso e secco, e, born piccole scosse alla pianta, se ne diparte sotto forma di noA, Esso è ra | caduco. La scissione dei sessi, fenomeno tanto generale nelle simo qui. si vede aver fatto un primo passo, colla produzione di fiori femminei forse un fiore femmineo per cinquanta e più fiori ermafroditi. I fiori stia sono SS e mus porta e ammettere 0 che non si nbtà nessun ovario infecondo. E curiosa l' analogia del frutto con quello delle ombrellifere. È un sterigmo di due achene che a maturità si disgiungono. : ® Acwitus € nella. sua | monografia delle Rubiacee (1829) asse, Tatti + autori concordano nel riporlo fra le antospermee. Mal abito «n'è per verità molto diverso. La tribù delle antospermee vuol essere Lune non poco. Da molti anni raccogliamo elementi nello seopo di costituire, entro una famiglia in cui la maggior parte dei generi svilupparono i più decisi caratteri | i adattamento a diversissime tribù d’insetti, una tribù insignita dei più manifesti caratteri di adattamento all’azione pronuba del vento. Rilevammo dapprima i piü decisi caratteri d' anemofilia nel genere ; Coprosma, poi nel genere Nertera, in seguito nei generi Opercularia, Poma, Anthospermum, e ora nel genere Phyllis. Ora tutti codesti generi vennero dagli autori sistematiei aggregati infatti alla tribü delle antospermee; ma vi aggregarono pure i generi Putoria, Serissa ed altri che non sono punto anemofili, e che perciò temiamo debbano esserne rimossi. - Anche volendo circoscrivere la tribù delle antospermee nella sù “generi anemofili soltanto, temiamo che debba essere sdoppiata. Per . Ci proponiamo, ad occasione opportuna, di Spata maggiormente ue argomento, i - EVIR Galle quercine mirmecofile. aki osservazioni fatte da botinio possono interessare gli en- tomologi, e, viceversa, non maneano osservazioni di entomologi che Sono preziose per la botanica. Disgraziatamente, per effetto della di- ne del lavoro e per mancanza di comunicazioni tra i lavoratori de - d F campi, sprae le osservazioni degli uni sono pta per gli altri. A noi che da quesiti anni ci occupiamo dei apporti di matua d : beneficenza ira le piante e le formiehe, e di quanto è stato seritto in | . proposito, era completamente fin qui sfuggita una pubblicazione che . | rende ragguaglio di una relazione singolarissima di tal genere, seo- | perta già da parecchio tempo. Alludiamo ad un'opera pubblicata. dal naturalista americano Enrico C. Mo. Cook, sotto il titolo The honey - ants of the garden of the gods ecc. (Filadelfia 1882), ove è descritta la vita di una curiosa formica messicana, Myrmecocistus melliger. — La singolarità di quest' imenottero consiste nel possedere una casta di operai, i quali sono metamorfizzati in otri di miele. Invero detti operai hanno I addome disteso e rigonfio sino ad eguagliare la dimen- sione 6 figura di un non grosso acino d' uva, ed è tutto pieno di miele, da essi poi, a tempo opportuno e poco per volta rigurgitato e versato nella bocca degli affamati membri della colonia. zm - La patria di questa strana formica 6 il Messico, il Nuovo Messico, il - Colorado del Sud; ma è verisimile che si estenda anche “a California è Rx una FR di abitudini Aib pare che i EU raccolta del miele. Le loro numerose processioni, escenti sul far della notte, si Hee vano agli alberi di una determinata specie di quercia (9. undulata), i cui ramicelli portano numerose galle. Queste, quando sono giovani 6 teuere, da oltre dieci naue m: loro fucum in pero ss : ja SOR di wiele per esse possa essere di natura divas. ide Il citato. fenomeno di galle trasudanti miele non pare che sia l'un conosci iuto. Il chiaro entomologo Prof. RirEY asserisce di aver sane ‘altre galle trasudare. una sostanza zuccherina ; fra le altre p | dotte hsc una fillossera che vive nella Carya por cinia ees ) |coside (in acido gallico e zucchero). — Le galle formicarie della Q. undulata furono trasmesse al prelodato . Rirey, il quale riconobbe che appartenevano a una specie non ancora. _ determinata, molto simile a quella che è è propria della Q. macrocarpa el Mississipi. L'animale che dà loro origine RiLEY propone chiamarlo Cynips Quercus mellariae. . ll miele tolto dall addome delle ai di eccellente sapore, meno Jio di quello delle api, era costituito da zucchero di frutta ossia da zucchero libia gas Oga bards di Selle aventi esso acini- Ecco haie accertato da diversi entomologi un fatto, a quanto Sappiamo, ignoto sin qui ai botanici. Nè pare inverisimile che si scopra m a ons consimile deis usa delle molte sorta di galle che Ebor: coi sme affermati non ts guari da RATHAY tra il conte- nuto Lt Dev di alcuni a e le ora attirare. le formiche, può riuscire di Li vantaggio e difesa, così rispetto agli abitatori delle galle che rispetto agli alberi di quercia, irettamente interessati entrambi alla conservazione delle foglie. 3 nostri studi sulla distribuzione ‘geografica della funzione formicaria - cogne TAO constatato ARE fra $ varie regioni della terra, la Pen soltanto attual ) ne u indic at regioni VISA HU eni e ied r Australia ben due specie d di Med cioè e. dee. - Fe ~ F. DELPINO Si comprende bene che in qualsiasi altra parte della terra, ove in ogni stagione le formiche potessero aver miele in abbondanza dai net- tarii estranuziali di un grande e svariato numero di vegetali, inutile riuscirebbe il ripiego di educare una eosiffatta casta di operai; la cui educazione per contro si appalesa come una necessità, laddove ad una breve stagione ove il miele per avventura sovrabbondi, succedano altre stagioni poverissime in fatto di produzione mellea. Le api fabbricano dei vascoli cerei, le formiche invece dei vascoli viventi, nell identico scopo di conservare una provvigione di miele da consumarsi nel tempo della penuria. VIII. Acacie africane a spine mirmecodiate. Il fenomeno scoperto da Tommaso BELT (The naturalist in Nicaraqua, 1874, pagg. 218 e segg.) delle spine di Acacia cornigera, cave, perfo- - rate e abitate dalle formiche, non è per avventura isolato e ristretto ad alcune forme di Acacia. dell America Centrale. Esso è riprodotto in una specie d Acacia nativa dell Africa del Sud, le cui spine sono per- forate ed abitate da due specie di formiche, cioè Meranoplus intrudens e Pseudomyrma natalensis. i Rieaviamo da una interessante memoria di Fep. SwrTH, intitolata: Description of new species of cryptoceridae, e inserita nelle Tran- sactions of the entomological Society of London 1876, i due passi | seguenti, riparando così, un poco tardi, al già lamentato difetto di co- municazioni tra zoologi e botanici. « Ho la soddisfazione di darvi qualche ragguaglio sulle abitudini f : una specie di Meranoplus, osservate dal sig. Grov. MoxckHouse Hurt- CHINSON, residente in Weenen nel distretto di Natal (Africa del Sud). Questa formica fa uso delle spine di una specie di Acacia, nelle quali essa pone il suo domicilio. Le spine hanno una lunghezza di 4 0 5- pollici, e alla distanza di circa !/, pollice dalla punta hanno un pic- - colo foro circolare praticatovi dalle formiche, che serve d'i ingresso e OSSERVAZIONI E NOTE- BOTANICHE di egresso. Contengono nel loro interno un mido spugnoso, e le for- mune vi scavano delle cellette e dei corridoi, facendone così comode: « ‘Frà le ul inviatemi, alcune erano abitate da un 'altřa specie di formica, cioè dalla Pseudomyrma natalensis » pag. 604. Questa specie oggidì è trasferita al genere Sima, come mi ha indicato l'illustre _mirmecologo Prof. Emerr, a cui debbo le notizie contenute in questo e nel precedente articolo. Piacemi quì aggiungere un passo interessante che Ge dal viaggio di ScHwEINFURT nel centro dell'Africa (1868-1871). Questo viaggiatore, giunto nel distretto di Fachoda presso le sponde del Nilo bianco (lat. 0.° N.) osservò boschi estesi costituiti da parecchie acacie, fra cui assai frequente una specie da lui denominata A. Fistula. Dagli arabi è enominata Soffar che significa corno (!), e dagt indigeni è detta albero che zufola. ScHWEINFURT riferisce che le giovani spine di juest” Acacia, nel momento in cui si sviluppano, sono perforate da una larva d'insetto, e formano alla base una protuberanza sferica ente un pollice di diametro. « Quando la bestiola ha lasciato la sua Sull’affinità delle Condatice | \ TA recente opera di SAPORTA e MARION, intitolata L' évolution du. gne végétal — Les phanerogames (tom. Ha pagg. 99 e segg. L gli tori dànno molta importanza alla famiglia delle Cordaitee, assumendo h: ch y sappresentino i il summum apes a una n pas noue che DELPINO avrebbe preceduto la comparsa delle gimnosperme; vegetazione da essi definita « Stadio progimnospermico ». A questa congettura vennero gli autori condotti piuttosto da ok A giche che da morfologiche considerazioni. Fallace mi sembra tal me- S todo, e, almeno per quanto riguarda le forme fossili fin qui rinvenute, non saprei come ammettere delle progimnosperme, dalle SIA E e Cycas all infuori. : « Le Cordaitee », dicono gli autori a pag. 80, « sono state per assai tempo disconosciute e confuse con altre piante, cioè con Poacites, Pye- nophyllum , Noeggerathia ; ; non sono state ben definite se non "ehe dopo i lavori di Granp'Eury, di LESQUEREUX e di RENOULT. Quest’ ul- timo sopra campioni silicizzati ha potuto determinare la struttura del legno, delle foglie e degli organi riproduttori nelle Cordaitee ». Sono queste cordaiti famiglia propria, ben circoscritta o non piut- tosto Conifere? Mi mancano studii e materiali per poter interloquire in propt per altro non posso esimermi dal proporre la seguente eccezione. - Saporta e Marton, a pag. 81 l. c., riportano da GRAND'EunY la figu d'una Cordaites, dotata di una straordinaria nitidezza. Vi si può rile- vare fiducievolmente la ragione morfologica di tutti gli organi. Osservando le infiorescenze femminee si rileva che sono in spiga lassiflora, bratteata, e che all’ascella di ogni brattea vi è un ovolo. Adunque abbiamo qui evidente caso di antispermia monospermica, quale, nelle forme viventi, si trova soltanto o nelle Araucarie 0 nell Podocarpee. Ma le Araucariee hanno squame ovulifere enormi; qui _invece sono: molto piccole. Resta perciò che si tratti d'una a | earpea. | É P Quanto al Bore Maschili sl scorge che sono gemmiformi, rite minei, disposti ' in spiga lassiflora sopra un lungo rachide (i rachidi cosi maschili che femminei sono soprascellari ad una foglia, per u | fenomeno di concrezione della loro base col relativo internodio del- lasse principale). Anche la struttura dei fiori maschili non n i alla natura d'una podocarpea. O Ponto adunque che si trattasse d'una podocarpea, mi LI x e A OSSERVAZIONI E NOTE BOTANICHE | . ricercare se tra le podocarpee d'oggidi si desse qualche forma affine. Stentai ben poco a trovarla; essa è la Podocarpus spicata R. Br., ossia quella forma che, per molte ragioni, appare primitiva tra le pe- docarpee: forma a cui diedi dignità generica sotto il nome di Stachy- carpus. Che la Cordaites figurata da GRawp' Eury sia una forma estrema- mente affine alla Stachycarpus, per convincersene non si devé far al- tro che esaminare le figure della Tav. XII dove a fianco della Cor- -daite del Gran’ Eurr abbiamo messo la figura della Podocarpus Ep IH qual parallelo non ha bisogno d'essere ulteriormente commentato: le figure parlano da sè. L'unica differenza sta nelle dimensioni di tutti — gli organi, che sono assai maggiori nella Cordaites, e nelle sue foglie - -plurinervie; mentre uninervie sono le foglie dell’ attuale Stachycarpus. Ma non bisogna perdere di vista che anche nelle podocarpee dell'at- tualità si danno foglie aventi molti nervi (p. es. P. Nageia e d la- | tifolias). i at e Lier che le cordaiteo non à possano SPD nonchà X; | Singolare fenomeno d' irritabilità nelle specie di Lactuca. ne -Che i vasi laticiferi e il latice (nell euforbiee , nelle apocinee, nei Lactarius ecc.) siano stati riprodotti in tante specie appartenenti alle : famiglie piü disparate per adempiere una funzione protettiva, diretta | massimamente contro il morso degli insetti, è una congettura questa che si fa strada, ed oggidì è proposta da parecchi autori. È noto come una menoma lesione pee dalle mangibole d un insetto, 0 I i ca PAURE on sottostanti faccia sgorgareì im- F. DELPINO mediatamente fuori una Quantità maggiore o minore di latice; e ben si comprende come detto latice, agglutinando e impastando gli organi buccali degli insetti possa esercitare una energica difesa e allontanarli dalla pianta stessa. A rafforzare tale congettura concorre anche la cir- costanza che in tale liquido sovente sono contenuti violenti veleni, sostanze narcotiche ed acerrime (p. es. nei generi Papaver, Ficus, Antiaris, Euphorbia, ecc.). © Questa ipotesi è tradotta per me allo stato di certezza quanto meno nelle specie del genere Lactuca, per un singolare fenomeno d’ irrita- | bilità che da qualche anno vado osservando. Lo rilevai dapprima nell'orto botanico di Genova sovra robusti esem- plari di Lactuca rirosa. Nelle giornate calde d’estate, quando detta lattuga è in via di sviluppare le sue ricche ed estese pannocchie, i cui tessuti sono allora tenerissimi, se sovra le parti verdi, cioè sovra le brattee, le bratteole e gl’ involucri si tocca la epidermide con un corpo duro qualsiasi, anche leggerissimamente, ecco che esplode immediata- mente fuori una pallottolina di latice. A prima vista nasce il sospetto che con quel contatto sia stata inferita per avventura una lesione al. tessuto epidérmieo; ma due esperienze persuadono tosto del contrario. Basta prendere un pelo tenuissimo, un capello od altri corpuscoli che non abbiano consistenza tale da poter produrre una ferita. Or bene col semplice leggerissimo contatto d'un pelo o d'un capello si ottiene la | — E: esplosione in discorso. D'altronde allontanando una pallottolina di Jatiee. ed osservando al microscopio la epidermide sottostante, non vi si ri- scontra lesione. Siamo adunque a fronte d'un singolare esempio d' irritabilità, della più squisita e delicata natura. Ed è ragionevole ammettere che i plasmi delle sottostanti cellule, sensibilissimi al menomo urto, provochino una speciale tensione, la quale abbia per effetto di causare una piecolis- sima rottura in qualcuno dei vasi latieiferi, con escita d’ una goceiola di latice, verisimilmente sgorgante fuori da uno stoma. Non è sola la Lactuca virosa che sia dotata di tanta irritabilità. Ugualmente si diporta la Lactuca sativa. Anche la Lactuca saligna — è irritabile, ma a quanto pare in un grado alquanto minore. ERVAZIONI E NOTE BOTANICHE - - Certamente questo fenomeno è inteso ad allontanare qualsiasi insetto, e per verità le foglie e le infiorescenze di dette lattughe presentano sempre uno straordinario stato d' incolumità e d' intierezza. E poco con- cepibile infatti che vi possano dimorare afidi, acari, eimici, psille e tripsidi. Soltanto lo strisciare delle loro zampine provocherebbe una ‘emissione di goccioline di latice, che, si na a quelle, impedirebbe n breve tempo ogni locomozione. S Provai con qualche ingegnoso ripiego a determinare l'ambulazione x “a formiche sopra dette infiorescenze. | La maggior parte erano abbastanza avvedute e pronte a lasciarsi = cascare a terra. Alcune poi che per qualche meglio riuscito artifizio restarono qualche istante di più sulle infiorescenze, riuscirono pure a _cascare a terra; ma poichè le zampe loro avevano già raccolto parecchie goccioline di latice, questo appicicò ad esse tante pietruzze che la lo- 3 XR comozione era quasi del tutto impedita. | . Questa sensibilità delle specie di lattuga che, per quanto so, non È sarebbe stata ancora avvertita da aleuno o fatta conoscere, si preste- | rebbe ad interessanti sperimenti. E in primo luogo sarebbe da espe- rimentare se la cloroformizzazione di dette piante abbia per risultato soppressione dello sgorgo del latice a seguito di contatto. ; Bologna, 30 Novembre 1889. | Di. Sa F. DErPINO. SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. . ien Tav. XII. 2 nie h Ramicello di Dei salita con tre galle nettariflue ue E » 2. Porzione gallifera dello stesso ramicello alquanto ingran 3 ini ed melliger, del Messico. Operaia sien. in oreiuolo di mie x * 4. Ca bonus inflatus dell Australia. Operaia id. »_ 5. Foglia isolata di Cordaites principalis Gein. E dere di ramo. d una Garda. eon oglio, e con fiori maschili e. 2x in ei > 3. Die usi I e fonce) a | onori spicata R. Br cS O. KRUCH Sull' origine dei cosi detti fasci di sostegno periciclici dello stelo delle Cicoriacee. — Nota del Dott. O. Krucx. La porzione cribosa dei fasci vascolari della cerchia dello stelo delle Cicoriacee e più specialmente delle porzioni elevate a lunghi internodii è protetto verso l esterno da un cordone di fibre che nel loro assieme costituiscono un tessuto, dall’ aspetto sclerenchimatoso o collenchima- toso a seconda dei casi, che si deve ritenere come appartenente al. Sistema meccanico. A questo tessuto accennano in modo particolare il Van TrecHEM (1) ed il Monor (2) e sì l'uno che l'altro ritengono che appartenga non ai fasci vascolari ma al periciclo. Ora, avendo io avuto occasione nell'attendere ad un mio lavoro sui fasci midollari delle Cicoriacee (3), di esaminare un numero considerevole di specie, circa 150, e di studiare con attenzione i cordoni meccanici in discorso, sia in specie provviste, sia in altre sprovviste di fasci midollari, credo opportuno raccogliere nella presente nota alcune osservazioni sulla loro struttura, sulla loro origine e sviluppo, perchè esse non concor- dano coi risultati ottenuti dai due ricordati Autori. $ Per decidere sull’ origine di questi cordoni meccanici io non ui altra via da seguire che quella di studiarli in piantine giovani od in organi giovani, fissarne l epoca ed il luogo di loro formazione e se- guirne l'ulteriore sviluppo. Ricorderd però che anche studiando le piante completamente sviluppate si trovano dei fatti che ci possono far - dubitare se veramente questo tessuto meccanico sia affatto indipen- dente dalla porzione eribosa, se in altri termini, il perieiclo abbia nel - la Not. C) Recherches sur le a ou couche np du cylindre central chez les Phanérogames. — Ann, Sc. Nat. 1884, (5) Il lavoro corredato di tavole verrà quanto bra abl nell’ Annuario del R. Istituto Botanico di Roma. (1) Saone i Mémoire sur les canaux sécréteurs des plantes. — Ann. Sc. 1885. o HE XU Ta ; SULL'ORIGINE DEI COSÌ DETTI FASCI DI SOSTEGNO, ECC. | caso nostro quell’ importanza che gli viene attribuita come zona inter- media fra la cerchia vascolare e la corteccia. Poichè infatti, se esso è ben definito verso l'esterno dall endodermide, egualmente non può dirsi per i cordoni meccanici che ne fanno parte, in rapporto alla porzione cribrosa. Uno dei fatti che ci fanno dubitare se questo tessuto appartenga veramente al pericielo e che risalta subito all’ osservatore, è appunto la grande difficoltà colla quale si possono fissare i suoi li- . miti verso l'interno, cioè verso la porzione cribrosa, colla quale esso - non avrebbe nulla di comune. Ed infatti una delimitazione netta tra questi due sistemi, tra il sistema conduttore o porzione cribrosa ed il meccanico non è possibile farla con esattezza nella grande maggioranza canica passa gradatamente alla eribrosa. In altri casi poi la disposizione al periciclo. Ricorderd a questo proposito uno degli esempii più salienti | che si osserva nello stelo delle Scorzonera (hispanica, latifolia). Una . Sezione trasversale attraverso un internodio di uno stelo fiorifero mostra la cerchia periferica in gran parte costituita da fasci. nei quali > i limiti tra la porzione vascolare e la cribrosa non sono rappresentati da una linea diritta, ma da una forte curva concava verso l'interno. in modo che la porzione cribrosa del fascio viene ad essere ‘anche lateralmente limitata dalle formazioni vascolari secondarie o xilema- | tiche. Del fascio eribroso soltanto la porzione mediana esterna viene «occupata dal cordone meccanico che si presenta in tal modo circondato dalla porzione cribrosa, eccetto che sul suo lato esterno che sta a ri- dosso dei laticiferi. Ora se nelle piante in discorso i cordoni meccanici | appartengono al perieielo, si è costretti ad ammettere che in questo i che stanno in corrispondenza ai | caso esso si è insinuato, nei tratti fasei vascolari, entro la loro porzione cribrosa, cosa che sebbene non manchi di possibilità, mi sembra abbastanza strana. Ma se si estende netrare di tanto nell’ interno della porzione eribrosa, da venirne in tutte e sue parti da essa circondato, trovasi una pone della porzione cribrosa. In su caso non è più dei casi, perchè, come meglio vedremo in seguito, la porzione mec- speciale assunta dai cordoni meccanici rende assai difficile attribuirli l'esame ad altri ‘fasci, si vede in alcuni easi il cordone meccanico pe- in modo che tra esso ed. i Jatieiferi 860 O. KRUCH è possibile, neppure dal punto di vista topografico, ascriverlo al pericielo. /— Un esame attento poi ci mostra che nella maggioranza dei fasci va- | scolari si osservano, al margine esterno dei cordoni meccanici, aleuni gruppetti di elementi a lume molto più ristretto degli elementi fibrosi, a parete sottile, che la presenza di cellule annesse e la forma iden- tica a quella della porzione cribrosa caratterizza come tubi cribrosi. Ammettendo adunque le idee del Moror, anche questi fascetti di tubi - eribrosi apparterrebbero al periciclo; ma lo studio del percorso dei fasci viene a rilegare fra di loro le diverse distribuzioni di tessuti alle quali ho accennato, a dimostrare cioè che, mentre nelle tracce fogliari ap- i pena entrate a far parte della cerchia si osserva la porzione cribrosa. ud ed il eordone meccanico disposto nel modo ricordato nel primo caso, — à dopo un percorso più o meno lungo nella cerchia il cordone meccanico — ^ penetra sempre più nella porzione cribrosa fino ad esservene comple- tamente immerso. Stando le cose in questi termini, a me sembra che difficilmente si possa ammettere, che il tessuto del perieielo di origine 5 affatto indipendente da quella del procambio dei fasci abbia a compor- "= tarsi in differenti modi in rapporto ad uno stesso fascio, mentre la cosa — — va da sè, quando si consideri il cordone meccanico come appartenente al fascio vascolare, e la Speciale disposizione che assume la porzione meccanica e cribrosa e lo xilema niente altro che come una tendenza n del fascio vascolare a farsi concentrico: speciale struttura che appunto © y si verifica nella regione dei nodi per alcuni fasci che compiono un | tragitto più o meno lungo nel midollo. | Un altro fatto che voglio ricordare è il seguente. Nella regione in- feriore di un fusto, sia pure di una specie ehe nelle porzioni elevate. presenta un sistema meccanico perieielieo molto sviluppato, si osserva - come quivi non si possa parlare di elementi meccanici, ma di altri aventi in sezione trasversale aspetto di parenchima e comprendenti fra di loro altri elementi piit o meno intatti che non 6 difficile riconoscere come tubi cribrosi. Questi elementi parenchimatici, che lo studio delle - modificazioni di struttura subite nel percorso di un dato fascio dimostra passare grado grado agli elementi meccanici tipici, appartengono al p ricielo od al fascio vaseolare? Con ogni probabilità al fascio, perchè. SULL'ORIGINE DEI COSÌ DETTI FASCI DI SOSTEGNO, ECC. | 361 essi sono framimisti ai tubi cribrosi e rappresentano con questi la porzione cribrosa. Ed allora si deve ammettere che nella porzione in- feriore del fusto il periciclo manchi o per lo meno sia soltanto svi- . .luppato tra un fascio e l'altro ed in corrispondenza ai fasci della cerchia dia soltanto luogo alla produzione dei laticiferi ? Queste osservazioni io credo sieno sufficienti per dimostrare che l’importanza attribuita al periciclo dal punto di vista dell anatomia topografica fu nel nostro caso di molto esagerato ed a farci dubitare se il sistema meccanico in questione abbia veramente origine dal pe- riciclo o piuttosto dal procambio, dubbii però che, giova ripeterlo, non possono essere risolti che dallo studio dello sviluppo. Lo studio di gemme terminali od aséellari e di giovani piantine di- .. mostra chiaramente che i primi elementi a differenziarsi in un dato fascio di procambio sono i tubi cribrosi. I primi tubi eribrosi forma- = tisi si trovano al margine esterno del cordone procambiale, e non formano una zona continua, ma sono divisi gli uni dagli altri da ele- menti in via di sviluppo che messi a confronto su di una sezione trasver- sale superano di poco le loro dimensioni. I tubi cribrosi completamente differenziati si distinguono a prima vista in sezione trasversale per lo spessore delle loro pareti, che è maggiore di quella degli elementi circostanti, e per la presenza in ciascuno di una cellula annessa; gli altri elementi sono a parete sottile e si mostrano ancora colla pre- senza di plasma e di nucleo in piena attività. Studiando attentamente — l'origine dei due elementi si vede che in molti casi l| uno e l'altro . provengono dalla segmentazione di una cellula unica, ma che il primo si sviluppa con maggiore celerità del secondo. La differenziazione del io procambiale va lentamente progredendo verso l’ interno, cioè verso l’asse dello stelo ed ai lati, sempre mantenendosi i tubi cribrosi ed i gruppetti di questi separati fra di loro per mezzo degli elementi . che ho ricordato. Questi erescono continuamente di dimensioni e ri- Queono gradatamente lo spazio nel quale si trovano compresi i tubi . eribrosi e cellule annesse che non potendo resistere coll elasticità delle - loro pareti vengono alla fine schiaceiati fra di esso. E questo schiac- | ciamento continua nella sn mn de casi, finchè giunti gli ele- + Ress O. KRUCH menti più randi a completo sviluppo, dei tubi cribrosi non se ne osserva | più traccia od appena si intravvedono tra le pareti degli elementi che - hanno costituito come una fila di tessuto unico. I primi elementi- che- si sviluppano sono adunque i tubi eribrosi, i quali cominciano a fun- zionare quando ancora gli elementi procambiali che devono trasfor- marsi in elementi meccanici sono in via di differenziazione; il completo 2 sviluppo di questi segna la fine dell elemento conduttore che viene schiaeciato e finisce per scomparire del tutto fra le loro pareti. La. prima zona di elementi meccanici che si è costituita servirà dapprima | a proteggere gli elementi conduttori che si sviluppano all’ indentro di ` essa e gli elementi in via di sviluppo che diventeranno meccanici, ed a contribuire poi alla fine alla solidità dell’ organo. Se la pianta che noi osserviamo è di quelle che presentano un sistema meccanico ben - sviluppato, non tarderemo a convineerci che gli elementi sopra ricor- dati, dei quali abbiamo studiato l’origine, non sono altro che le tipiche - fibre concamerate che a completo sviluppo costituiscono un tessuto meccanico nettamente differenziato, ma che in origine presentavano fra loro pure elementi conduttori (1) e le cose procedono nello stesso modo anche in quei casi nei quali gli elementi che costituiscono il tessuto che limita esternamente la porzione cribrosa, non presentano . le pareti ispessite; in modo che essi si devono ritenere perfettamente 7 omologhi agli elementi meccanici coi quali corrispondono per l'origine - e per la forma. In quei casi poi, nei quali si scorgono anche nelle - porzioni esterne del libro dei gruppetti di tubi cribrosi, questi sono effettivamente di origine primaria e per circostanze eccezionali sono sfuggiti alla sorte che hanno subìto gli altri differenziatisi contempo- Paneamente o poco più tardi. Dove i tubi cribrosi si trovano commisti ad altri elementi in sezione trasversale d' aspetto parenchimatoso, questi piste meccanico e proveniente dall' ispessirsi dei tubi cribrosi e lira anch delle cellule indue. nella seconda edizione (1887, p. 167) non parla dell sua origine, ma lo chiama cordone di fibre NARA: » _gandosi la loro minore lunghezza ed il non avere raggiunto lo spes- sore pre ammesso end gli inn Lise come il non - tessuto meccanico ora descritto SASA verso l’ tone dello stelo pus continuamente durante il paris primo in zoo ams in al- quindi & funzionare anche a completo sviluppo della pianta, in gli elementi corrispondenti a quelli che si trasformano in meccanici nella regione esterna del fascio cribroso, non raggiungono quivi una così avanzata differenziazione, ma rimangono sotto forma di elementi allungati a parete sottile che fanno passaggio al parenchima libriano lla porzione floematica. Questo fatto della sostituzione quasi totale un tessuto ad un altro, di una funzione ad un altra é evidente in leuni peduncoli fioriferi, nei quali manca affatto od è appena accen- ata una produzione secondaria floematica e xilematica ed i fasci va- colari sono esclusivamente primarii. La loro lunghezza molto grande in rapporto al loro diametro trasversale rende necessaria la presenza di un robusto sistema di sostegno che li tenga dritti e si opponga alle ause che determinano una piegatura. Esso infatti esiste, sia sotto forma - di robuste zone di selerenchima che stanno ai margini del midollo tra un fascio e l'altro della cerchia e talora anche si estendono a rostire la porzione. vascolare dei fasci in modo da formare un cilindro chiuso, sia sotto forma di cordoni meccanici all esterno della por- zione cribrosa. Questi in talune specie, nell’ Hymenonema graecum ad mpio Sono cosi sviluppati che vengono ai lati a ricongiungersi . elementi della guaina. AOE OAO S ora ricordata, in modo Ar ridotti. o per lo meno a funzionamento molto breve, perchè nell: - miglie di piante per il parenchima libriano. rieicliei , ma un sistema di cordoni meccanici di natura procambi | appartenenti alla porzione cribrosa. Questi cordoni si potrebbero chi O. KRUCH che la porzione eribrosa è ridotta a pochissimi tubi cribrosi, ai quali si trovano frammisti alcuni elementi corrispondenti a quelli del cor done meceanico, ma non ispessiti, e viene ad essere racchiusa in una robusta guaina di tessuto meccanico. Questo tessuto d'origine. speciale, che si trova in tutte le Cicoriacee, Es risulta in organi completamente sviluppati di elementi che hanno per forma tipica la fibra concamerata a dimensioni longitudinali più o men: considerevoli. Nella maggioranza dei casi essi devono adempiere alla: funzione meccanica, quando cioè le loro pareti sono più o meno calo siderevolmente ispessite; negli altri casi, nei quali le pareti si’ ma tengono sottili, la funzione meccanica viene a mancare, quantunq sieno per la loro forma e per la loro origine perfettamente corrispon denti a quelli che devono compiere tale funzione. Quale poi que i funzione possa essere, a me mancano per ora i dati per poterlo as- serire. Osservo però, che io sarei propenso a ritenerli come elementi maggior parte dei casi essi vengono nelle piante completamente svilu dall attività dei tessuti corticali. Le diverse forme di elementi che co stituiscono la regione esterna della porzione cribrosa, e che dal pa data sezione e talora anche in uno stesso fascio, in modo che dal punto di vista morfologico è evidente la loro origine parenchimatica. poichè la posizione da loro occupata in origine riguardo ai tubi eri- brosi corrisponde perfettamente a quella che si verifica in altre a- Da quanto ho detto, credo di avere a sufficenza dimostrato che m fusto delle Liguliftore non havvi un sistema di fasci di sostegno pe- mare librosi , per amore di brevità, Denon esse non corrispon | perfettamente al significato attribuito altre volte ai cordoni librosi, la cui origine è pure procambiale, ma affatto distinta dalla porzione _ eribrosa. È appunto in base a questa considerazione che io ritengo i opportuno, per evitare confusioni, doversi loro dare il nome di por- zione o cordone meccanico della porzione cribrosa, intendendo in altri . termini di dire che il fascio cribroso si è verso l’ esterno differenziato ce trasformato in un cordone meccanico. Quanto ho detto vale natu- ; ralmente solo pei casi nei quali gli elementi, che lo costituiscono sono talmente differenziati da poterli ritenere adatti per adempiere ad una È: funzione meccanica; non sta per quei casi, pochi in vero, nei quali una _ tale differenziazione non avviene ed i tubi eribrosi si trovano fram- misti ad altri elementi dei quali ho dimostrato il nesso colle fibre concamerate. CL importanza attribuita dal Van TieeHEM e dal Moror al Stat e dunque nel caso nostro di molto diminuita. Il Van TrgcnEM dice (l. e.) che i cordoni ricordati corrispondono al fascio di sclerenchima che si riscontra in un gran numero di piante legnose all'infuori di ciascun fascio libro-legnoso del fusto e delle foglie, fascio di sostegno che appartiene pure, come è noto, non al libro del fascio-libro-legnoso | ma al periciclo: idee già sviluppate dal Moror e dimostrate in parte collo studio dello sviluppo. Ora senza volere mettere in dubbio che si de cose stieno nella maggioranza dei casi come i ricordati autori as- 1 Seriscono, credo di avere a sufficenza dimostrato che per le Cicoriacee le cose non stanno assolutamente in questi termini: ma i fatti esposti doni vascolari delle piante, conosciuto comunemente sotto il nome di libro, può avere le più svariate origini, mentre ne é in generale co- | Stante la struttura e la funzione. Il Moror ha avuto il torto di esten- | dere dei risultati confermati dallo studio dello sviluppo in alcune fa- miglie ad altre, che presentavano analogia nella distribuzione e struttura dei cordoni meccanici, che si trovano all’esterno della porzione cribrosa, enza A x rifare la storia dello sviluppo. Pur Popi m Yengono ancora una volta a provare che il sistema meccanico dei cor- DE un fascio e l’altro e la rete dei pe RISE: che il Dx Banx ( Das E facile PS come questa nee dei Jat cife fascio di sostegno è di origine SA e che ha origine con colla. porzione cribrosa viene ad un certo punto ad essere Pe grar an nel tasto ur: ry origine del tessuto coloneu che eM TON la porzione cribrosa. HUM Roma, R. Istituto Botanieo, Ottobre 1889. di SET vani Amat oc ANCORA SUL « POLYPORUS HISPIDUS > - - Ancora sul Polyporus hispidus del Fries e sull’Agaricum Gelsis seu Moris etc. Mich. Nova PI. Gen. p. 118, n. 7. per A. N. BERLESE. Leggo nel Bollettino della Società Botanica italiana (Ott. 1889, p. 531) una noticina del Sig. Ugolino Martelli a proposito delle mie osservazioni sul Polyporus hispidus del Fries e sull’Agaricum Gelsis seu Moris etc. dal Mich. Nova PI. Gen. p. 118, n, 7; e siccome l'e- gregio Sig. Martelli attesta fermamente di non dividere le mie opi- nioni, così mi permetto qualche osservazione sulle vedute sue. i À dir il vero sono dolente di dover ritornare sopra un argomento, il quale io nella mia nota (vedi Boll. Soc. Bot. Ital. Ott. 1889, p. 526) ho trattato (mi era sembrato almeno) in maniera da non ammettere replica. E che tale mia credenza avesse un certo fondamento, lo di- mostra chiaramente il fatto che, mentre il Sig. Martelli è assai dolente cito e più positivo. ^. Eeco quanto dice quest’ egregio autore (Boll. l. e.) « Duolmi assai, ma devo confessare di non condividere le opinioni dell'amico Berlese, quando egli dice, che non è esatto il riconoscere nell’Agaricum Gelsis seu Moris adnascens squamosum ete. del Micheli (Nova Pl. Gen. pag. 118, n. 7) il Polyporus Gelsorum del Fries, ma bensì nell'altra frase diagnostica Agaricum Gelsis seu Moris adnascens ex obscuro ferru- gineum, inferne album Mich. l. c. n. 3. » «Io ritengo invece, e me ne appello al giudizio dei soci qui presenti, certamente più competenti di me, che la descrizione n. 7 del Micheli corrisponda a pennello (me lo permetta l'egregio amico Dott. Berlese) von l'esemplare che raccolsi presso la mia villa di Gricigliano (Pon- tassieve), esemplare che qui presento. Il colore sordide luteum ed il carattere ubique superne subhirsutum (Mich. 1l. e. n. 3) sono appro- priatissimi al mio esemplare, che non fu mai ex obscuro ferrugineum, ad album pex Le n. 3). > di non condividere le mie idee, le afferma invece nel modo il più espli- » A. N. BERLESE E e Ma quando mai ho io detto che il fungo del Martelli non è il n. T del Micheli ed è invece il n. 3? È Mi sono sforzato di dimostrare, e credo anche di essere riuscito, (me E lo permetta legregio amico Sig. Martelli) che il Polyporus Gelsorum | ta) cs del Fries non é, e non poteva essere il n. 7 del pian ossia il E trovato dal Martelli. Il eardine intorno al quale si aggira l’ intera questione (e vi è proprio bisogno ch'io lo ripeta?) è precisamente l’ identità del fungo Martel- liano col n. 7 del Micheli, e la diversità di questi due funghi dal Po- lyporus Gelsorum. Ed ho tentato di dimostrare anche istologicamente - che il fungo del Martelli altro non era che una forma meteorica del Polyporus hispidus, sembrandomi poi irrevocabilmente accertato, mercè * eli studi del Pollini, ed il eonsulto delle diagnosi del Micheli e del Fries che il Pol yporus hispidus, ed il n. 7 del Micheli fossero una cosa sola. Il Sig. Martelli abbia la bontà di leggere più accuratamente la mia memoria, e sopratutto consulti la sinonimia del Polyp. hispidus da me : _redatta a p. 531 del Bollettino sopra citato, e vedrà come io sia con- . vintissimo che il suo fungo corrisponda a pennello colla deserizione n. 7 del Micheli, e che non mi sono mai pensato di ammettere che il fungo trovato nella sua villa a Gricigliano (Pontassieve) e ch'io ho accuratamente esaminato, potesse essere ex obscuro ferrugineum. ine “ferne. album, ossia appartenente al n. 3 del Micheli. A detta del Ma telli io dovrei credere che il Pol, porius à Nid appartenesse al Pol. Gelsorum. E dire che ho redatto quella nota (che sebben breve mi. costò una certa fatica) per dimostrare l'opposto!! $e pe .. E parmi di aver parlato alto e chiaro là dove dico: (p. 527) « Questo Polyporus Gelsorum (Fomes Gelsorum Sace. Syll. Hymen. Vol. P. ERE è una speciò. a dan dubbia se si Moe e che forse (cid ev 3g de | dgnarius, ab fee del Micheli invece è una specie à a E e T id deserivendo ABITO. E del Battara (uk XXX VII) dice: - « Un solo sguardo a quella figura basta per togliere qualunquesiasi dubbio. Esso GE è a strati sovrapposti, mentre il nostro non ha alcun indizio di strati.» Ed anch'io so che il fungo del Martelli non ha al- cun indizio di strati, ma ripeto, non è il Polyporus Gelsorum. : n Pig. Martelli crede ch’ io pen : suo fungo eguale al n. da Mi affretto quindi concludere informando. l'egregio amico A Ugo- li o "Martelli (che si mostra dolente assai di essere in disaccordo colle mie opinioni) che egli non è mai stato in ni pre accordo eon Ed ora prima di chiudere là presente nota mi permetto d presen- dare un “as ii raccolto a Selva (presso Treviso) dalla in p esame di Fee faden. K io ho: tentato di figurare con sia \aggior eura e fedeltà fosse possibile, mi eondusse alla conclusione di T im assai. repu 'anzi di non a poteoa addirittura oom dal- he eds i rin- cuta surtt e Signorina Maria Saccardo ed ns quanto A. N. BERLESE Gelsorum del Fries. Ed io, a tale proposito, sono d'accordo col Martelli | che cioè il Battarra abbia equivocato ascrivendo la sua fig. D aln.3 del Micheli. Il Fries poi sulla figura e note del Battarra fece la diagnosi - l del suo Polyp. Gelsorum, citò certo per errore grafico la fig. C. del Battara, la quale è tutt altra cosa ed ascrisse la sua specie al gruppo. delle specie caratterizzata dal « contextu albo vel pallido, » al quale certamente non spettano il Fomes ignarius, gli affini, e nemmeno il nostro fungo. Però a giudicare invece dalla figura D del Battara, altro. fungo non si potrebbe trovare che ad essa meglio corrispondesse del © Fomes ignarius, per cui credo che il Fries su tale specie abbia fatto un po’ di confusione. Del resto anche all’ identificare la specie del Battarra eol. Fomes ignarius la ragione si oppone dei pori «detti cañdidi. FT Il mio fungo manca degli strati che si osservano nel fungo del e A | tarra, e soltanto il cappello verso il margine presenta qualche leggiero soleo. Sono convinto che il Micheli ed il Battarra abbiano avuto sotto gli occhi due cose differenti, e che, mentre alla specie del Micheli si deve ascrivere il fungo da me ora studiato, non si possa con pari SE sicurezza asserire, quale specie si deve riportare al fungo del Bat-. eri tarra il quale perciò rimane assai dubbioso (1). Il fungo del Micheli non si può quindi chiamare Pol; yp. Quies poichè questo nome venne impiegato dal Fries per la specie del Bat- - tarra della quale nulla fino àd ora sappiamo di positivo. Io propongo quindi di ehiamare il mio fungo Fomes gelsicdlo. Grande affinità presenta i] nostro fungo eol Fomes applanatus (Sace. Syll. Hymen. Vol. II, p. 176) e non sarebbe affatto fuor di luogo con- siderarlo una varietà a pileo meno applanato: però alcuni caratteri C) Duin l'impressione della presente nota, giunsemi lettera del valentis- simo imenomicetologo Rev. Ab. G. BRESADOLA, il quale divide pienamente le opinioni da me esposte nel Bollettino della Società Botanica Italiana (Otto- bre 1889) circa l'identità del Polyp. Gelsorum del Martelli e del n. 3 del Mi- cheli, e si mostra inoltre, con me, assai incline a considerare la Fig. D della tav. XXXVII della Battarra (Polyp. Gelsorum del Fries) come una specie. dub- l bia e forse fittizia iato, per cui mi tengo autorizzato a tenerlo distinto. Chiudo col presentare la frase diagnostica della nuova specie. x FOMES GELSICOLA Berl = SL | (Tab. XII). | Agaricum Gelsis seu Moris adnascens, ex obscuro ferrugineum ete Micheli Nova Plant. Gen. p. 118, n. 3, (non Battarra tab. XXXVII fig. D, nec Polyp. Gelsorum Fries). Pileo gina durissimo, M > incidat tubereuloso, ad idu (verruculoso?), guttligoris, [S Y T carne songo a, ferruginea. dominula Maria Saccardo et mihi benevole comunieavit Prof. P. À. y Habitat ad truncos Mororum « Selva » "Fidia oa — Loge rasée _ Obs. Totus fungus 11 em. Lr em. atus, Pileus 4. dA em. crassus. O. PENZIG Sul tracciato di carte di Geografia Botanica. (Congresso Internazionale di Botanica a Parigi 1889) . per O. Penzio. Ls Come abbiamo già accennato brevemente in uno dei numeri precedenti ; (pag. 333), il tema più importante discusso al Congresso Internazionale 5 Botanico testè tenuto a Parigi, versava sulla compilazione di carte gra- | fiche, indicanti la distribuzione dei vegetali sulla -superficie della terra. — Essendo stata riconosciuta da tutti l'opportunità di stabilire delle norme | generali, sulle quali potesse essere regolato un simile lavoro interna- | zionale, fu delegata all’ uopo di studiare la quistione una commissione, 3 composta dai Sigg. E. Bureau (Parigi), E. Cosson (Parigi), O. Penzig - (Genova), I. P. S. Koltz (Luxembourg), G. Rouy (Parigi) e P. Maury (Parigi). In varie sedute la Commissione esaminava e discuteva i prin- cipj sui quali potesse essere fondata l'opera progettata; e sull’abbozzo. d’un progetto, elaborato dal Prof. Bureau e modificato dalla Commis- hi sione, furono presentati all'Assemblea i seguenti articoli, i quali dopa lunga discussione vennero adottati con lievi varianti. s Résolutions votées par le Congrès international de Botanique p de 1889. | b: Les botanistes réunis en Congrès à Paris, au mois d'août 1889, aprés avoir nommé une commission à l'effet d'étudier les questions qui se rattachent à l'exécution des cartes de géographie botanique, le rappo pe _de cette commission ayant été entendu et suivi d' une délibération en. séance générale, décident : iL ARTICLE PREMIER. — I] y à lieu de faire du tracé des cartes de géo- graphie botanique qui eom nationale. ART. prennent plusieurs pays une oeuvre intei ?. — La commission mentionnée ci-dessus deviendra perm i SUL TRACCIATO DI CARTE DI GEOGRAFIA BOTANICA 378 mente et sera chargée d'organiser le travail des cartes et de centraliser les résultats. Ses fonctions dureront jusqu'au prochain Congrés inter- national de Botanique, en quelque lieu et à quelque époque qu'il se tienne. Elle devra lui présenter un rapport sur les travaux accomplis. ART. 3. — Il convient de s'occuper avant tout de la géographie bo- tanique des espèces, l'aire des genres ou des familles résultant né- eessairement de la'surface occupée sur le globe par les espèces qui |. les composent. ART. 4. — Le procédé recommandé pour arriver à établir les cartes donnant l'aire des espèces est celui usité depuis longtemps pour l'éta- blissement des cartes géologiques, procédé qui consiste, pour cette science, à marquer en couleur, sur une carte dite carte dé pointage, tous les affleurements d'un mème terrain, et à recouvrir d'une teinte, sur uné seconde carte, toute la surface occupée par l'ensemble de ces pointages. En botanique, les pointages i chesta en relevant, dans le plus grand nombre d'herbiers possible, les localités indiquées pour une mème espèce. ART. 5. — Il ne sera tenu compte que des échantillons rigoureusement déterminés et des localités indiqués avec précision. .. ART. 6. — On pourra pointer sur une méme carte autant d'espèces . qu'on voudra, pourvu que les aires de ces espèces ne se recouvrent pas. ARL. 7. — Les botanistes de chaque pays exécuteront le travail de pointage relatif à leur propre flore. ui ART. 8. — Chaque carte de pointage sera faite en deux exemplaires, dont un restera dans le pays, et l'autre sera transmis à la Commission . internationale des cartes botaniques. ^ CART. 9. — Le Congrés recommande, pour le travail de pointage, AE que soit le pays dont il s'agisse, l'emploi uniforme de cartes au E et, à défaut, de cartes dont l'échelle se rapproche le plus de celle-ci. ART, 10. — Il recommande aussi l'emploi de cartes quadrillées de telle sorte, que chaque quadrilatère soit égal à un quart de degré carré. et numéroté de gauche à à droits et de haut en bas, le méridien adopté : étant celui de Paris, le plus Lie pour les cartes terrestres. S74 A 0. PENZIG. Los prescriptions ci-dessus ont pour but de rendre les comparaisons et les reports plus faciles, lors du rapprochement de différentes cartes ‘ partielles pour tracer des cartes d'ensemble. ART. ll. — Pour le tracé des cartes definitives qui reprósenteront l'aire de chaque espèce, le Congrès préfère à la méthode qui consiste t à entourer l'aire par un trait, celle qui consiste à recouvrir cette aire i par une teinte; cette dernière montrant la répartition d'une manière plus apparente et ayant le grand avantage de permettre d'indiquer par la différence d'intensité des teintes le degré de fréquence ou de rareté des espèces. ART. 12. — La Commission internationale des cartes nateni ; provisoirement son siège à Paris. Toute offre de collaboration et toute demande de renseignements devront être adressées au Président >» cette commission (1). Art. 13. — Cette commission sera formée de six membres élus en Congrès international de Botanique; elle pourra s adjoindre tout savant dont le concours lui paraitra utile. Art. 14. — La commission actuelle aura à rédiger, pour les actes du Congrès, une notice explicative réglant les détails du travail qui - : ne peuvent trouver une place dans les présentes décisions. Su: Fait et arrêté à Paris, en séance du Congrès international de Bo- | tanique (2), auquel ont pris part des botanistes de la Russie, de la - Grande-Bretagne, de l'Allemagne, du Danemark, de la Belgique, du _ Grand-Duché de Luxembourg, de la France, de la Suisse, de l'Italie, l'Espagne, du Portugal, de la Grèce, de la Roumanie, du M du A Brésil, de la République argentine. Le Président du Congrès international de Botanique, FISCHER DE WALDHEIM. b Piu * : a Adopté p pe Lai voix. sur 5 votants. AC le | T e Rassegne -Kyy L. Uber Laubfürbungen (Estr. da Natur wissenschaftl. Wichenschrift, Berlin, 1889; 85, 28 pag. con 7 incis. nel testo). : * "x Una conferenza che ha per soggetto il diverso colore della fronda. A partire = dal colore più frequente, il verde, dovuto alla presenza di clorofilla, entra a parlare l'Aut. sull’ anatomia delle foglie, accennando a particolarità anatomiche ‘che stanno in rapporto intimo o con la stazione delle piante (es. il Mesembryan- $ themum crystallinum e le piante del deserto secondo le comunicazioni biologiche del VOLKENS), o con l'apparenza di una superficie vellutata e la variegatura delle o foglie di Begonia e simili (studi del HASSAK), o con la tendenza di sviluppare una : protezione naturale per tricomi, deposito di cera e simili. Passa quindi all'an- . | tociana che dà a foglie giovani, o sottoposte a colture speciali, come pure a getti | giovani esposti ad intensità di luce una colorazione rossa, e questo gli offre ; campo a fare dei confronti fra la vegetazione delle Alpi e della regione medi- | terranea, esponendone in succinto la peculiarità. Parla anche di colorazioni vio- _ lette e per ultimo delle tinte che prende la fronda di certe piante nell'autunno, $ - gialla o rossa (per la presenza di eritrofilla), o quella di sempreverdi durante la stagione invernale, con tendenza al rossiccio oppure al bruno, Le cagioni di gi ultime tinte sono poi Seda sulla base degli eruditi studi dello SCHIMPER. SOLLA. = brin 9 Italienische Vegetationsbilder: e ein Vortrag. Cassel, 1889. 8.° picc., 32 pag. Dosstxions di una corsa ideale attraverso la nostra nic. dal Monte Moro - alle Anzasca) fino a Siracusa, con sosta in certi punti che l' Aut. ritiene ti- i per illustrare la flora del paese — ma _che sono sgraziatamente il più delle - volte mal scelti, perché si riferiscono a piante coltivate che non seni gran fatto al carattere di. vegetazione del luogo stesso. Così p 9,9 preso il * me offerto dalla. Festes MINUM sulle prie isole Borromee come i RASSEGNE terizzata dal boschetto di palme da datteri che vi si trovano in tutte le dimen- sioni, e quadri simili. All'incontro non si trovano citate che pochissime delle le- guminose caratteristiche per la flora della penisola e solo singole, e non le più - appariscenti, delle labiate sicule. Anche per riguardo al tempo si avverte (pag. - 14 ecc.) che l'Autore abbozza una pittura ideale e non naturale, mettendo nel | i. T quadro medesimo la fioritura e i Crocus insieme a quella di piante estive ( Cistus, Iris, Scabiosa, ece.). Nè sembra conforme al vero che Cistus creticus presen fiori bianchi,e gialli, o che fra il faggio ed il cerro si trovino, sull'Appennin Pistoiese, « i nerastri boschi del sempreverde leccio. » : SOLLA. : Wilsua f Biologie der e Wien, 1889. 8.° pag und 305. Lo scopo dell'opera è di riunire in succinto, in un compendio, tutte le legg =- ehe gli studi biologici hanno accertato dal 1859 in poi, coordinandole sotto 1 punto di vista che considera nella vegetazione: 1.° la vita dell’ individuo nel sue diverse, fasi di sviluppo e coll'avvicendarsi dei processi fisiologici nell'i terno del suo organismo, dalla germinazione fino alla fruttificazione ; 2.° le co dizioni più particolareggiate che ‘accompagnano la fecondazione per rassicurare. la conservazione della specie; 3.° il suo graduato sviluppo nel corso delle rivo- ; luzioni geo-tectoniche e 4.9 l'avanzarsi e lestendersi attuale degli individu | dotati dalla ona di tutte lo ibi per vincere nella lotta pur l'esistenza, sperimentale. Benz noto come il Wo quale PERA s fisiologo (1) cerca di rip ort Toe ; s . €) Già in altré oe occasioni si pro rovò il W. nell'interpretazione biologica nomeni Bsiolog iiy si confrontino all’ uopo i suoi lavori: sull’ eliotropismo, l'internarsi. olo dei sarmenti di Rubus, ed avvizzimento deg li eli, sul | potere ai sento delle CEA 4 razioni e lo deduzioni altrui e ne accresce il Laica E questa può dirsi ben a ragione, l la panta più spiccata e xt. dell'opera« Ciascun serres sostituiscono, per di più, vicendevolmente, tanto che lo stesso fenomeno può essere l’espressione di un numero minore di fattori e può venir prodotto anche i dello piante. = mad i quale E lo squarcio ET sviluppo sto- i ii te trattato edin 1 parte anche ritoccato ge be SOCIETÀ ITALIANA PER SCAMBIO DI PIANTE SOCIETÀ ITALIANA PER SCAMBIO DI PIANTE — — n Apprendiamo con vivo piacere che per iniziativa del Sig. Dott. HERMANN — Ross, Assistente al R. Orto Botanico di Palermo, si è costituita una Società - italiana destinata allo scambio di piante diseccate. Simili associazioni esistono | da parecchio tempo in Germania, in Francia, in Svezia, écc., e dovunque hanno dato ottimi risultati, aumentando in tutte continuamente il numero dei soci, — delle domande e delle offerte. Ed infatti tali istituzioni offrono agli studiosi un | mezzo comodissimo, poco o punto dispendioso di accrescere le proprie colle- . zioni di piante, e possono dirsi veramente benemerite per il propras della: . Botanica sistematica e della Geografia Botanica. Non dubitiamo che l'impresa dell Egregio Sig. Ross troverà ottima acco- glienza presso tutti i Botanici italiani; e pubblicando qui appresso copia degli | Statuti della novella Società (che ci sembrano compilati assai bene), la racco- mandiamo vivamente a tutti i iM della Scientia amabilis. LA REDAZIONE: STATUTI I. É costituita una società per gli scambii di piante italiane e del bacino diterraneo, tanto fanerogame che Spade. : II. B scambii si faranno col metodo seguente : qu Il 1° dicembre di ogni anno ciascun socio farà ode e ammi ‘specie a numero degli se di cui dispone, o che si impegna € con rezza di raccogliere nella prossima stagione. b) In base a queste offerte l’ amministrazione compilerà il ue Lio rale che verrà distribuito a tutti i i socii il 1.° gennaio. _9 Ciascun socio, segnati t proprii desiderata, rimanderà il catalogo all ministrazione non più tardi del 1.9 febbraio. i ne amministrazione quindi ; sino al l° aprile, farà. sapore a a socio, quali. — e m. numero di aone occorrano. delle : pans offerte. : e ly _e) Da allora sino a tutto agosto l' amministrazione riceve le piante. : f) Sino al 1.° dicembre ne fa la distribuzione. i IL Fon si possono offrire meno di 5 esemplari di ogni specie. à IV. en socio ha diritto a ricevere 90 "/, di quello che dà. Ne p il numero degli esemplari; di cui od quel specie la società "ub disporre, i hne pese fatto ia r annata verranno divise per ogni cento isole di- buite, considerando le frazioni di cento come l'intero: centinaio. Queste Spese verranno rimborsate ‘all'' amministrazione prima della spedizione delle o generale della Società botanica ita- d amministrazione farà il resoconto dell’ andamento della società. rmato della carta. sulla ns: si mandano. le ni non deve Lee, lunghezza di 45 cm. e la larghezza di 30 em. Fa Trattandosi di piante piccole, 5 o 6 formano un | esemplare È € è ante di media grandezza 2 o 3, e di piante grandi tutte le parti caratteri- Miche della ne gi nes xs Los tend Gli sequen incom- | di offerta, ec me Dei a on: devono scriversi sipsrata- : di i Crittogame vascolari , le Epatiche, i Muschi, le Alghe, n ue «mme mila e le Sin nn devono. 5. menclatura del Nyman. Le tre copie della lista di offerte devons essere fatte toeon il model talogo generale. XIII. B Ogni. socio ha diritto ad avere inserito nel catalogo generale un avviso guardante en cambii di Sun x EET Chi SER far parte della saisi: è pregato di far pervenire possibi la po adesione all ace rappresentata dal Da. HERMANN ROSS - EE Assistente al R. Orto Botanico di di D di offerte del sig. fferti £* ri o Patria Osservazioni mpla x Numero degli E | Nome della pianta | (provincia) | dei socü ese PICCOLA CRONACA — Piccola Cronaca ca aura TARA Anvers en 1890, a décidé de célébrer le 3ème Centenaire d'une inventions les plus totonden dont la science puisse se reu celle du 2 ° Une i rétrospective du Ali ron | 2° Une Exposition d'instruments de tous les costructeurs actuels, d'appareils cessoires et de photomierographies. Une série de dos Us ue projections a au microscope Pe 3*1 dti à à Brjeoion et la photomicrographie ; 4 la structure microscopique des végétaux; | Le Comité det: Présid e Secrétaire sini, Le Vice-Président 8 DE RIE CHARLES Van GEERT, Jr. Dr. HENRI VAN . Les membres: EDMOND GRANDGAIGNAGE, Gustave ROYERS. re d'adresser toutes les communications à Mr. CHARLES DE. Bosscnene, i at n cena. exécutif, à diee. moque PICCOLA CRONACA di Berlino. i Al posto del Prof. FAMINTZIN a Pietroburgo, dimissionario, è stato a il Prof. BORODIN. È stato proposto a secondo Assistente di Botanica all'Università di Bologna il Dott. U. BERNAROLI, in surrogazione del Dott. Pro Borzow, dimissionario soddisfare all’ obbligo del servizio militare. È morto Don Sepasriano VipAL, Direttore dell’ Orto Botanico di i nemerito per r illustrazione Mugs Flora delle Isole rop AW Università di STATA si è abilitato come libero docente di Do i il Dott d AF Tre ere de ame d in Columbus, ‘Ohio U. S. : ‘I Dott. DINGLER, finora libero docente di Botanica a Monaco. in Ba | stato nominato Professore di Botanica all'Accademia forestale di Aschaffen Il Dott. W. JAENNICRE ha avuto l'incarico dell pacis di Bot nell’ Istituto Senkenberg a Francoforte sjM. Il Prof. PALLADIN è stato chiamato all'Università di Charkow, per ‘nelle cattedra di Anatomia e Fisiologia vegetale il defunto Prof. PiTRA; V p di Professore di Botanica all'Accademia d'Agricoltura in Novo-Alesa reso. cosi vacante, sarà SI dal Prof. CHMIELEWSKI. A Università di Kasan si è è abilitato, come libero docónte di Anator Fisiologia Vegetale, il Dott. W. ROTHERT. morto a Londra, all età di 71 anni, il noto botanico e vi Bata i Egregio ‘illustratore delle nostre Alpi. Trattati, Atlanti, ecc. De NAPOLI A. Elementi di Bota ad uso taotle 890 1889. Anatomia, Morfologia, Fisiologia. ERTI À. L' ossalato pi calcio nelle nicrosc. ital., ali. Vol. I. Livorno, T allofite. Bana J. B. Flore mycologique illustrée me 0e maritimes. Fasc. III. I. Nice, torno al Poeta pisis seu mori, eli. — N eis Botan. ital. ES L 1889, pag. E RDI E. Sur les Dune le quel- ques lacs d' Italie. — re e Mi- la am ie Ca Delio et de . Hano. — Arch. Sc. Phys. natur. Genève. XXII, 1889, p. ul OCCONI G. Contribuzione alla Biologia BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO = ori (UA DE T ; dia ‘dol ipse = all'Agaricun . Bollettino Bibliografico —— Lavori Botanici Italiani. eue U. Sulla Taphrina defor- . — N. Giorn. Bot. ital. XXI, 1889, p. y. 532 MORINI È Ricerche sora una nuova Mem. Acc. Sc. Bo- I £X. 1889. ne e api di dde dst Mem rg: Lincei, Vol. VI, ^ 1889. olo di Alghe del Mar Rosso. bi — Nuovo RR del viaggio di circum- navigazione della” Vettor Pisani. — id. id. RouuEavERE C. Fungi selecti exsiecati. ent. SACCARDO PA Mycetes sibirici — Bull. SE m Belgique XXVIII, eu p. tab. SACCA see : Ce BERLESE A. N. 2. cotes "aliquot guineenses. — Rev colog. XI, 1859, p. Tone FR. Syochitrium a alpinum sp. — Ber botan. biella: 89. W. Mycologia carniolica. Ein eitr. Z. Pizkunde d. Alpenlandes. i Berlin, | Briofite. ARCANGELI G. Sopra aleune com iod -" raccolte in Calabria. N. G . bot. ital. XXI, 1889, p. 535. Fanerogame. Flore. À nonimo. Flore enr Aosta, nc ya Ustilago Ornithogali. — Mem. Anonimo. L'alto Vallespir. Note di u ec. Sc. Bologna. Ser. IV. 1. X, 1889. turista e naturalista. PRiv. ital. Se. NS. p: Ueber das Vorkommen on patur, Siena. IX, 1889, p. 79, 133, archesettia spongi inderAdria 187,2 das senauftreten Calli- BALDACCI À Sguardo ulla Flora di amnion seirospermum Griff. im ae- Corfù. — Ibi em schen Mee ere — Hedwigia , 1889, BECCARI 0. Nuo ai asiatiche — et Mou. Vol: "in Fasc. IV, p. 169. ï BOLLETTINO — Le Bombacee Ses ie ed NE te. — ap ONI S. Güntribi ons à r histoiró — Bull. Soc. botan. CAL Genève, 1889, AS — Observa tions RITA sur le Tessin méridional. — Ibid. CARUEL T. La Flora italiana et ses cri- — Bull. Soc. botan. France, 9, p. DE BonIs se Note Botaniéhe. — Riv. ital. Sc. natur. Siena, t. IX, 1889, Lenmocnta A. I primi fiori del Canton ; ieino. — Ibid., p. 188, 235. LoxGo x PE vex sulla ahis Fragno. + Pbidk xp 165. MATTEI E. Note Botaniche. — Ibid. MICHELETTI L. Ancora sulla subsponta- neità del peu nec virginicum L. i Italia. — N. Giorn. bot. ital. XXI, 1889, p. 523. — Sulla presenza. dello Smirnium per- ne liatum L. e dell’Osyris alba L. nel Monte Marelo. - Ibid. p. PanLATORE F. Flora italiana continuata Rossi o L. Le piante a fusto legnoso in iacu e coltivate nella Provincia di Cuneo. Alba, 18 SPEYER O. bacc Vegetationsbil- 884 Sal Cas METER Beitráge z. Kenntn. d. thus Polli Programm d. k. k. Oberrealschule. Innsbruck. 1889. Teratologia e Patologia vegetale. Briost G. Rassegna crittogamica. Boll. Not. A 1889, p. 1261. 1889, p. ET, 9. CASAL rA. Un vitigno italiano resiste Cav F. La Per nospora ed alt parassiti Ue Vite nell' alta Italia . Milano CoLosso N Poc 4I a delle vit nos . Leece, OMES Un na rivendicazione 2 pri rità sulla malattia del Sorgo sace G stit. Incoragg. N e ounan ioni sul i dalla Pe 1889, T Fes d daon dell'annata umida e co ; ^on sui frutti aücora pendenti Cino G. A proposito 2 una id | ritenuta Ux rot. — Boll. Soc. Vi ital. 1 i — An Sin fiorali del Colchienm. Akona. — Le Staz. sper, Agr. XVII, 1889, p. 3 DE M 5 T Cinipidi e e MR EE — . Sc. Paler 1889. Grazzi Sowciwr. Colpi di adi — N. Rass. Viticol. Enol. Conegliano, HI, A 654, d L. Il bacillo e uis dell'oliva. es E Acc. TE NTELLI E. Ra appo "Bonifare v ec de l'Acqua. Sassofortano e Carpell Ag Grosseto). Milan, 1889. ——— | Prof. O. PENZIG, Redattore responsabile. . MALPI T Sulla impollinazione dell’ Arum Dracunculus L. — Nota di Feperico DeLpino. Le mie prime ‘osservazioni sulla impollinazione di questa aroidea datano dal 12 giugno 1873, e furono fatte nell’ Orto Botanico di Firenze. Essendo in quel giorno di passaggio in. quella città, non potei che prendere in tutta fuga alcuni brevissimi appunti, dei quali poi mi giovai nelle mie Ulteriori osservaz. sulla dicog. ecc., p. II, f. II, Milano, 1873-4. Sparsi come sono in quel mio lavoro, forse resta utile di qui rac- coglierli tutti. « Arum Dracunculus. Odor florum cadaverieus muscas more cada- verum attrahens (BertoL., Flora it.). Verificai nella scorsa primavera (1873) che attira anche una moltitudine di coleotteri saprofagi, appar- tenenti a specie diverse » (pag. 59). , « La forma e la struttura dei fiori sapromiofili, ossia di quelli che si sono adattati alla visita delle mosche cadaverine può. essere ab- bastanza diversa, perocchè in certe aristolochie a fiori grossi, in molti Cipripedii esotici, nell’ Arum Dracunculus, nell Hydnora e nella Sapria vien preparato un carcere temporario; laddove è preparato un de semplice ricovero nei fiori di Raflesia, Brugmansia, Dracontium ece. » - (pag. 213). 2 | « Apparecchi a carcere temporario, tipo aristolochioide, forma sapromiofila. I caratteri che distinguono questa dalla precedente forma (micromiofila) si riferiscono soltanto alla maggiore ampiezza della stanza nuziale che serve di carcere, e sopratutto al maggior diametro del con- dotto o del foro che funge da porta del carcere; cosicchè possono en- trarvi mosche di grossa statura. Anche vi si associa il carattere dei fetori cadaverici, o altre analoghe emanazioni putride, designate ad attirare in primo luogo mosche carnarie e cadaverine, oppure succeda- | neamente parecchie stirpi di coleotteri che accorrono sulle sostanze pu- 25 Malpighia, anno II, vol. II. - A oec i ule a ERA ga dm Re p (L7 KD DELPINO ^ trescenti. Salvo queste varianti i caratteri di colori, di figura, rimangono gli stessi (pag. 223-4)..... Hydnora africana..... Il Dott. BECCARI che di questa specie trovò s vide viventi più esemplari (una insigne varietà tetramera nativa dell Abissinia), mi assicurò nell'interno dei tubi non aver trovato mosche carnarie, bensì molti coleotteri (certo appartenenti a quelle specie che accorrono sui cadaveri). Ma intorno a ciò ci riportiamo a quanto diremo infra dell Arum Dracunculus (p. 225)....... Arum crinitum. EY Arum muscivorum di LINNEO. La spata riproduce un apparecchio per figura, colori ecc., estrema- mente analogo a quello dell Aristolochia grandiflora. Non manca l'odore cadaverico. Linneo, BeRTOLONI ed altri videro come quell’ Arum imprigioni numerose mosche carnarie, e supposero erroneamente che le medesime vi trovassero la loro tomba. La struttura dell’ apparecchio florale, la necessità dicogamica, l’ analogia colla conformazione di altri Arum, ci fanno ritenere per certo che, dopo qualche tempo di pri- gionia, le mosche siano date a libertà; e, cariche di polline, se ne volino a visitare un altro individuo e a fecondarne gli stimmi (pag. 225-226). » (1) « Arum Dracunculus. Spata massima, luridissima, atropurpurea, fog- giata in basso a grosso e lungo tubo verticale, esalante un orribile puzzo cadaverico, a parete internamente liscia. Fusto tigrato e ser- pentino. Spadice fistoloso, grosso, conico, atroceruleo lividissimo, quasi nero. Il distinto entomologo PiccioLi una volta vi trovò domiciliati circa 200 coleotteri appartenenti ai generi Dermestes, Mister, Silpha, Saprinus, Nitidula, Oxytelus ed altri. Anch'io nello stesso anno esa- minai parecchi fiori e vi trovai molti rappresentanti dei generi sud- detti. Ciò nulla meno sono rimasto dell’ opinione che detti coleotteri nella fecondazione di questa pianta (e anche delle Hydnorae) debbano fungere una parte suecedanea e subordinata a quella delle mosche 1 ` . . n . ; () Non ho mai avuto occasione di osservare infiorescenze vive di questa specie; per il che non ho potuto accertare se la congettura mia fosse conforme . al vero. Ma gli studi pubblicati cinque anni dopo dal Prof. ArcanGELI sulla impollinazione di questa pianta, vengono a giustificarla di tutto punto (sebbene non vi si trovi niente citata). E si carnarie. Infatti nell'interno di dette infioresoente i io ho Ars Ja co- stante presenza d'un numero grande di ale di mosche, state eviden- temente divorate da queg? intrusi scarabei. E veramente sotto I' aspetto d'una facile esecuzione della legge dicogamicà le mosche hanno ben altra rapidità di locomozione ed attività, in confronto di quei pigri e sedentarii coleotteri » (pag. 226). « Coleotteri saprofagi e cadaverini. Anche questi possono talvolta promuovere la dicogamia, ma in quelle specie soltanto i cui fiori, fog- giati a carcere o a ricovero di mosche o di moscherini, vanno esa- lando un fetore cadaverico ed urinoso. La loro azione per altro è da ritenersi succedanea e inferiore a quella delle mosche e dei mosche- rini. Nelle caldaje dell Arum Dracunculus rinvenni numerosi rap- presentanti di Dermestes, Hister, Silpha, Saprinus, Nitidula, e di- versi brachelitri. Un concorso analogo ha luogo nelle caldaie florali di un Hydnora d' Abissinia, giusta quanto mi ha riferito il Dott. Ep. | Beccari. Infine nel carcere florale micromiofilo dell Arum italicum notai talvolta numerosi Oxytelus, ivi forse attratti o dall’ odore urinoso o` da speranza di preda » (pag. 312-313). ; Queste cose pubblicava fin dall'anno 1874. Cinque anni dopo venne su questa pianta pubblicato uno studio del Prof. ARCANGELI (Osservazioni sulla fioritura del Dracunculus vulgaris, nel Nuovo Giorn. bot. ital., n. 1 del 1879). L'autore annoverò i pronubi trovati in circa una diecina d'infiore- | Scenze. Appartengono agli stessi coleotteri saprofagi, clavicorni e bra- t chelitri, stati da me indicati (dei generi Dermestes, Hister, Saprinus, | Oxytelus, ecc.). Fin qui non vi ha che concordanza colle mie osservazioni. Ma ARCANGELI assume che le mosche carnarie, per quanto attratte dal- l'odor cadaverico dello spadice, non hanno incentivo nè dimostrano volontà di penetrare nelle caldaje florali. Quindi conchiude che dette : mosche non abbiano nessuna ingerenza nelle nozze incrociate di questa Specie; che questa ingerenza sia tutta ed esclusivamente accollata ai necrocoleotteri; che sia quindi erronea la mia tesi, secondo cui i ne- erocoleotteri rappresenterebbero la parte di pronubi succedanei. Pro- Y. DELPINO © pone perfino che questa specie ed altre consimili i cui fiori o infiorescenze siano visitate da tali pronubi, vengano denominate col nome comune di necrocoleotterofile. Assume che siano necrocoleotterofile allo stesso titolo dell’ Arum Dracunculus, Y Amorphophallus Titanum , il Sauromatum guttatum, i fiori di Rafflesia. (1) Con molto spirito l'autore protesta contro l epiteto d'intrusi che ho dato a quegli scarabei; mi cita in giudizio e si erige in avvocato di- fensore della loro querela contro le mie diffamazioni. In una seconda nota (Osservazioni sulla impollinazione in alcune aracee), inserita nel Nuovo Giorn. bot. ital., fascicolo del Genn. 1883, l'ARCANGELI, a seguito di altri studii sui pronubi raccolti nelle spate di Arum Dracunculus, insiste sempre più sulla nessuna ingerenza delle mosche nella staurogamia di detta specie e sulla esclusiva agenzia dei necrocoleotteri. E finalmente in una terza nota (Sui pronubi del Dracunculus vul- garis), inserita nel Nuovo Giorn. bot. ital., fascicolo del 7 Gennaio 1890, ancora assevera che le mosche non s' introducono giammai nella camera nuziale, e che soltanto e sempre vi si trovano incarcerati ne- crocoleotteri, in numero stragrande poi il Saprinus nitidulus, per cui non esita a dichiarare questo necrocoleottero come il pronubo princi- palissimo non solo del Dracunculus vulgaris, ma anche dell Amorpho- phallus Rivieri, come risulterebbe da una recente comunicazione del Prof. PIROTTA (questo seritto non è pervenuto a mia cognizione). Prima di entrare nel merito delle osservazioni e conclusioni di ARCANGELI, sarà bene discutere alcune generalità delle piante sapro- miofile: la qual discussione interessa non poco la dottrina della stau- : rogamia nelle piante superiori. (1) Queste congetture dell’ ARCANGELI sarebbero meno fondate. Quanto al ci- tato Amorphophallus, Beccari lo ha trovato visitato esclusivamente da mosche. Così molti viaggiatori attestano sciami di mosche svolazzare attorno ai fiori di Rafflesia. E finalmente quanto al Sauromatum io l'ho osservato nell’ Orto Botanico di Genova esclusivamente e copiosamente visitato da mosche carnarie. SULLA IMPOLLINAZIONE DELL « ARUM DRACUNCULUS L. > 389 I motivi che mi hanno indotto a collocare il draconcolo fra le specie sapromiofile, non pajono pochi nè leggieri. In primo luogo sta la consociazione di aleuni caratteri biologici che si ritrovano in fiori appartenenti alle più disparate famiglie fanero- gamiche, i quali sono indubbiamente ed esclusivamente visitati da mosche carnarie. Detti caratteri sono: 1.° fetore putrido e cadaverico; 2.° colori lividissimi, atroviolacei, atropurpurei, fegatosi, sanguigni; 3.° apparecchi a carcere temporario o a ricovero. Egli è evidente che siffatti caratteri si consociano a perfezione nell Arum Dracunculus. Adunque sotto questo rapporto tale specie vorrebbe essere senz altro aggregata, non solo a molte altre aroidee, a specie per esempio di Amorphophallus , Dracontium , Sauromatum , Arisaema , ecc., ma -eziandio alle specie di Stapelia ed Heurnia delle Asclepiadee ; al- Y Asimina triloba, Sapranthus Nicaraguensis , Uvaria grandiflora delle anonacee ; all’ Aristolochia grandiflora, gigas, foetens, e ai generi Bragantia, Thottea, Lobbia delle aristolochiacee ; ; finalmente ai generi Rafflesia, Brugmansia, Sapria Hydnora delle rafflesiacee. Ora fra tutte queste piante presso quali è stato fin qui notato l appulso ai fiori per parte di necrocoleotteri? Presso tre specie soltanto, cioè presso l'Arum Dracunculus (PiccioLi, DELPINO, ARCANGELI), presso l Hydnora Abyssinica (Beccari), presso l’ Amorphophallus Rivieri (PIROTTA). In secondo luogo bisogna pesare la gran differenza che passa tra laitività ed efficacia dell uno e dell'altro ordine d'insetti nel trasfe- rire il polline da pianta a pianta. E quest’ attività vuol essere consi- derata principalmente sotto l'aspetto del numero degl individui e della loro ubiquità, sotto l'aspetto della velocità di traslazione, e finalmente sotto l aspetto delle attitudini corporali. Quanto al numero degl’ individui e alla loro generale occorrenza in ogni località, le mosche carnarie, segnatamente gl individui di Calliphora vomitoria e Sarcophaga carnaria, mi pare che sopravanzino di gran ; lunga i necrocoleotteri. . Quanto alle attitudini corporali le mosche carnarie e saprofaghe, segnatamente le due sovrindicate specie, hanno il corpo irto di setole - ha 390 F. DELPINO attissimo a raccogliere e a trasportare polline. senza disperdimento, laddove i saprocoleotteri sogliono avere un corpo notevolmente levi- gato, da cui il polline si può distaecare con grande facilità. Questa contigenza deve essere ben ponderata, massimamente quando le piante fecondabili sono sporadiche, come è per I appunto l'Arum Dracunculus; giaeché per gli seotimenti a cui soggiace il corpo dei pronubi durante un volo prolungato, e per la frizione contro l'aria, se detto corpo é liscio, pare certo che o tutta o quasi tutta la provvigione pollinica sarà necessariamente dispersa. Ora è verosimile che la natura, tanto razionale nelle sue manife- festazioni, abbia eletto il levigato necrocoleottero a preferenza delle isipidissime callifore e sarcofaghe ? Quando poi riguarda la velocità di traslazione, enorme sta la diffe-« renza tra le due categorie d' insetti. Una mosca carnaria ha volo po- tentissimo e rapidissimo, e può trascorrere in breve ora parecchie miglia. Locchè congiunto ad un olfatto finissimo le rende agenti pre- ziosissimi per effettuare le nozze incrociate anche di quelle piante che sono sporadiche, i cui individui si trovano a notevoli distanze l' uno dall’ altro. Può dirsi altrettanto dei coleotteri che ad ogni breve tratto “volando hanno bisogno di riposarsi, e che certo non possono sostenere nessun lungo volo? Quanto sono inetti a un prolungato volo i bra- chelitri per esempio e i clavicorni ? i Anche qui diciamo: è verisimile che la natura abbia preferito i di- sadatti e tozzi volatori quali sono i clavicorni e i brachelitri alle in-. stancabili e velocissime specie dei generi Sarcophaga , Calliphora , Lucilia ? Gli è perciò che per me nutro ben poca fiducia nella necrocoleot- terofilia, e tuttavolta che riscontro una visita florale per parte dei necrocoleotteri, mi si affaccia l’idea che siano pronubi succedanei e subalterni, atti tutt'al più a incrociare nuzialmente soltanto quegl’in- dividui vegetali, che troppo non siano discosti gli uni dagli altri. — Ma tutte queste sono ragioni « priori, e, per quanto eloquenti, mi si dirà che la eloquenza dei fatti è molto maggiore. Verissimo, Soggiungo; ma badiamo prima che i fatti che si adducono in contrario, siano bene osservati e bene interpretati. H ARTS SULLA IMPOLLINAZIONE DELL « ARUM DRACUNCULUS L. 391 ARCANGELI afferma che le mosche carnarie non hanno nessun in- centivo a penetrare nell'interno della spata; afferma che non vi en- trano giammai. Ora io registrai fin dal 1874 questa esplieita osservazione. « Nel- l' interno di dette infiorescenze io ho rilevato la presenza d'un numero grande di ale di mosche state evidentemente divorate da quel’ intrusi scarabei ». Né ArcanGELI può dire che gli sia sfuggito questo periodo, dal momento che mi cita in giudizio per l'ingiuriosa appellazione d’intrusi che ho scagliato contro i necrocoleotteri. Ma se ha letto questo periodo perchè non gli ha prestato la dovuta attenzione? Perchè non lo cita? Perchè non lo discute? O s'imagina che la presenza di molte ali di mosche non sia una sufficiente attestazione di due fatti uno più importante dell’ altro nella biologia florale dell Arum Dracun- culus? Del fatto cioè che molte mosche penetrano realmente nella cal- daia florale di detto Arum, e che le medesime sono uccise verisimil- mente dai concorrenti coleotteri ? Questo fatto sarebbegli stato un lampo di luce, avrebbegli fatto rav- visare la questione sotto un punto di vista nuovo, e sarebbe forse ve- nuto nelle mie conclusioni, che probabilmente i necrocoleotteri sono pronubi succedanei, i quali per mala sorte, in date condizioni di luogo e di tempo, fanno fuggire e sostituiseono i pronubi normali. Anche il sig. Marre: che ha fatto esatte e prolungate osservazioni sulla fioritura dell’ Arum Dracanculus dice: « entro le spate di questa pianta si rinvengono per solito numerosi coleotteri saprofagi, dei ge- neri Dermestes, Saprinus, Hister, eec... quantunque esse siano evi- dentemente adattate a mosche carnarie. Ed infatti ne ho avuto spesso la conferma, trovandovi più volte, insieme a detti coleotteri, parecchie mosche dei generi Sarcophaga, Lucilia, Calliphora, ecc.; quasi sem- pre poi vi ho rinvenuto ali e zampe di tali ditteri, divorati certamente da quelli. Vidi pure sovente varie mosche posarsi sullo spadice e ten- tare di entrare nella caldaia fiorale; ma tostochè si avvedevano che quella conteneva parecchi coleotteri, fuggivano, conoscendo certamente ehe ivi avrebbero trovate la morte > (Noterelle botaniche, Bologna . 1906, pag. La Mc 392 F. DELPINO Ed altrove lo stesso sig. MATTEI, a seguito di altre osservazioni, scrive: « ancora in quelle infiorescenze dove vi sono soli coleotteri , è facile rinvenire fra essi ali e zampe di mosche, certamente da quelli divorate » (Il Dracunculus vulgaris, nel Bollettino del naturalista, dell’ agosto del 1888). Verso la fine di maggio del 1885 potei fare diuturne osservazioni sovra alcune piante di Arum Dracunculus , allora in piena floritura nell’ Orto Botanico di Bologna. Presenziai l accorso e l'incarceramento di una grande quantità dei soliti necrocoleotteri nel 1.° giorno del- l apertura di ogni spata. Ma nello stesso tempo, non dico nè una nè due, ma uno sciame di mosche carnarie e anche di moscherini svolaz- zava irrequieto intorno ad ogni infiorescenza. Si posavano le mosche di tratto in tratto tutto attorno, sovratutto sullo spadice e sulla spata. Molte di esse si affacciavano all'apertura della caldaia florale; resta- vano qualche tempo come irresolute e dubbiose, poi retrocedevano. Con questo loro diportarsi mostravano chiaramente, che anzi sareb- bero penetrate pur volontieri dentro la spata, ma in quel subbuglio di negri e putidi insetti avvertivano tal cosa che le faceva dare ad- dietro. Per quanto le mosche carnarie siano animali stupidi, come è provato dall’ inganno in cui sono ‘credendo che quelle infiorescenze siano cadaveri, pure l'istinto della conservazione propria e sopratutto della loro prole che allo stato di larva fornirebbe un grato pasto a quegl intrusi, è verisimile che le avverta dei pericoli mortali che in- corrono penetrando nella caldaia florale. Il concetto adunque che mi son fatto intorno alla presenza od as- senza delle mosche dentro la spata del draconcolo è che le mosche non vi entrino tutte le volte che la vista e fors' anco l'odorato le avverta della presenza di quei formidabili carnivori, Adunque la loro visita sarebbe soltanto assicurata in quella località ove per una od altra ra- gione scarseggino i necrocoleotteri, Questa congettura è corroborata de una sperienza che venne eon . pari risultato indipendentemente fatta da me e dal sig. MATTEI. Nel 1.° giugno 1885 presi un intiero spadice di draconcolo, nel primo giorno della fioritura ossia quando esala l' odore cadaverico. Lo spogliai SULLA IMPOLLINAZIONE DELL’ « ARUM DRACUNCULUS L. > 393 della spata, e in una camera ampia con una finestra semichiusa lo rinchiusi in un cassetto. Dopo appena mezz'ora l'odore aveva attirato già nella camera cinque individui di Sarcophaga carnaria. Anzi due di essi erano riusciti a penetrare nel ‘cassetto, passando per una pic- cola apertura che era in di sotto, e depositarono in un attimo sullo spadice più centinaia di larve, condannandole per la loro stupidità a pronta morte. Anche il sig. MATTEI, ponendo uno spadice sotto una campana di vetro, e lasciando in di sotto una breve apertura, ebbe a rilevare un fenomeno identico. Questa semplice esperienza è molto istruttiva. Perchè mai detta mosca, che pure accorre in gran copia sulle infiorescenze in campo aperto, non la vidi partorire giammai le sue larve sugli spadici? E sì che un siffatto parto all'aperto io lo vidi sovente sui fiori di Stapelia e sovra altre piante a fiori luridi e a odore cadaverico. Non ci é che una risposta: l’ istinto le avverte del pericolo che correrebbe la loro progenie per dato e fatto della vicinanza di quei necrocoleotteri. Nella primavera poi del 1888 il sig. Marrer mi apportò una infio- rescenza di Arum Dracuneulus, in cui non era nessun necrocoleottero e vi erano invece una ventina di grosse mos’he. Queste mosche (salvo che non le abbia mal determinate, poco provveduto come sono di opere entomologiche) mi parvero appartenere alla specie Platystoma umbrarum. Ora ben s'intende che se poi più tardi vi fossero pene- trati i necrocoleotteri, divorate quelle mosche, sarebbesi ripetuto il — fenomeno del trovarsi, residui del pasto, molte ali e zampe di mosche - nel fondo della caldaia florale. Ora intendiamo stringere l'argomento. Circa la impollinazione dell Arum Dracunculus possono essere fatte . le tre ipotesi seguenti: 1.° Le mosche carnarie sono i pronubi normali e principali. I necro- coleotteri sono agenti suecedanei. Questa è quella teoria che ancora oggidì mi sembra la più razionale e ‘rispondente al vero. 2.° I necrocoleotteri sono i pronubi principali. Le mosche ‘carnarie sono peer Succedanei, 394 F. DELPINO 3.° L'ipotesi propugnata dall’ArcanGELI. I necrocoleotteri sono pro- nubi esclusivi. i La prima congettura e la seconda sono più o meno concordabili con tutti i fatti fin qui conosciuti. La terza congettura, in date circostanze di tempo e di luogo, è contraddetta dalla constatata penetrazione di mosche carnarie dentro il recinto nuziale. | Adhuc sub judice lis est. Per concludere definitivamente occorrono altre osservazioni. Non bisogna perdere di vista che l'aroidea in discorso è una specie sporadica, trovandosi spesso gli individui remoti l'uno dall'altro pa- recchie miglia. Questo tratto può essere agevolmente percorso da mosche carnarie, nè vedesi come o se lo possa essere da tozzi coleotteri. Non bisogna perdere di vista che la maggior parte degli esemplari che occorrono ai botanici non sono verisimilmente piante spontanee, ma piuttosto dei transfughi da colture antichissime. Molti degli esem- plari osservati sono probabilmente fuori della loro stazione originaria e naturale. Quasi sempre occorrono in luoghi coltivi, in vicinanza di casolari, di villaggi, di città: si trovano in località ove per avventura. sovrabbondano eccezionalmente necrocoleotteri. È fra le cose possibili che nelle stazioni veramente naturali ed originarie di questa specie, in luoghi selvatici, lungi «dall’ abitato, le mosche carnarie, liberate es- sendo dalla formidabile presenza di quei carnivori, possano esercitare tutta la efficacia della loro azione pronuba. Il sig. MartEI mi riferisce di non aver, fin qui veduto nessuna frut- tificazione sugli esemplari che si trovano nei giardini o nei campi, in vicinanza dell'abitato. Per contro, in piante raccolte in luoghi tutt’ af- fatto selvatici e montani, scorse bellissima e abbondante la fruttifi- cazione. È questo un punto importantissimo da verificare. Perchè se si ve- rifica, quale trista figura di pronubi inefficaci non fanno i necroco- leotteri? Il Sig. MATTEI sospetta che questa sterilità possa essere at- tribuita ad adinamandria. Potrebbe essere: per altro le piante prote- rogine non sogliono essere adinamandre, per la ovvia ragione che generalmente la natura schiva i pleonasmi. Ma si ammetta pure l’adi- $ D lune. credo di non avere sprecato tempo e carta nello ivere questa nota, se sono riescito a far nascere nei lettori spre- iudicati la persuasione che la questione dei veri pronubi del dracon- ok $ ancora insoluta, ed esige una serie di nuove osservazioni e nze, rRORIOES con due acume, eus deriva da una piü pn TUR 22 Penta 1890. 396 ETTORE DE TONI EFTORE:DE-EON: NOTE SULLA FLORA FRIULANA SERIE TERZA. nau La prima e seconda serie di queste Note furono pubblicate nelle | Cronache della Società alpina friulana degli anni V-VI ( 1885-86 ) e VII-VIII (1887-88) (1). V' erano trascritte alcune osservazioni fatte su. piante e riguardanti: 1.° la novità della loro abitazione, sia che la specie fosse nuova pel Friuli od avesse in quel paese una maggiore | diffusione. — 2.° -La loro locale abbondanza o rarità. — 3.° Gli ibri- dismi, le anomalie, le mostruosità presentate da certi individui. Nella seconda serie segnai con asterisco le specie che mi parvero più degne di nota, massime per essere tali da doversi aggiungere d catalogo delle piante friulane, regola che sarà seguita anche in questa - serie. E per intender bene il significato della parola: « friulano » ap- . plieato ad un essere vegetale, volli in ambe le Serie precisare i con- fini che il botanico deve assegnare alla regione, ben diversi dagli — attuali amministrativi e politici. Sarebbe certo ridicolo per chi sta erborando il fermarsi davanti ad un ceppo sorgente nel mezzo di un campo o d'una strada nella credenza che al di là di quel segno, dec vano cessare le sue esplorazioni oppure che le piante ivi raccolte devano spettare ad una flora austriaca o trevisana. Stabiliti come. limiti del Friuli monti e fiumi, il campo è ben determinato e sono. escluse le contraddizioni dipendenti dai cangiamenti che le vicende. politiche e le circoscrizioni hanno portato e potranno portare in quella. regione. Per darne degli esempi concreti il Phyteuma hemisphericum b (!) Udine, tip. Doretti, 1888 e 1889 rt. E i monte Paralba che al tempo del Regno Lombardo-Veneto apparteneva : al Friuli. Ora quel monte da cui nasce il Piave é annesso alla pro- 3 vincia di Belluno secondo la legge naturale dei versanti, dunque la pianta dovrebbe cancellarsi dalle friulane se posteriormente non fosse stata trovata in Carnia. La Wulfenia carinthiaca Jacq. abita la Ca- rinzia cisalpina al monte Nossfeld in luoghi nei quali si parla tedesco, è vero, ma ad esseri privi di favella non possiamo applicare i carat- teri linguistici per determinare la loro patria, dobbiamo limitarci ai geografici. Anche in questa serie la Veronica bellidioides Wulf., è notata come specie friulana solo dopo che fu rinvenuta presso Cividale mentre prima si trovava nella condizione del Phyteuma sopra nomi- A mato perchè Sappada, un tempo aggregata alla Carnia, fu ora unita al Cadore cui appartiene per ragione geografica. | Premesse queste necessarie avvertenze, dò il ‘catalogo delle piante, avvertendo che mi valgo sempre per guida del Florae forojuliensis Syllabus del prof. Giulio Andrea cav. Pirona tanto benemerito pei suoi studi sul suo paese natale. Devo rinnovare i miei ringraziamenti a coloro che, zelanti per gli studi botanici, vollero aiutarmi, anche questa volta, inviandomi piante dei loro erbari e notizie, specialmente al nob. sig. Francesco del Torre di Cividale ed ai giovani Oscar Luz- zatto, Alfredo Lazzarini ed Arrigo Lorenzi alunni del R. Liceo Stellini di Udine. DICOTYLEDONEAE. RANUNCULACEAE. ` Anemone njata AUS — Ampezzo Carnico ai * Ranunculus trichophyllus Chaix. — Paludi di Sant'Andrat [Man- zano] pr. i Molini (Lazzarini). d Fiearia L. var. calthaefolius (Rehb.) (V. Ser. ID. — Buttrio U die (Lazz.). - M forj.), colli di Butirio (Lazz). - luglio (Brumati), a Buttrio nell' agosto. .come abitante nell'Apennino ligure ed in Val Intelvi nel Comasco, ‘© ——— PAPAVERACEAE. la specie è rappresentata dalla var. laciniatum (DO.) [ C. quercifo= lium Th.]. Non è raro in questa pianta il fenomeno della moltipliea- zione e dei petali, ed infatti ebbi a trovare prona Udine RÉ colle alquanto più stretti dei normali, ma fra essi e gli stami non c’era. alcuno staminodio che accennasse ad un graduale passaggio come si verifica nei fiori doppi. CRUCIFERAE. e: Reseda iedera Rchb. — Ligii erbosi del Friuli illirico, nep CARYOPHYLLEAE. Cucubalus Passito: L. — Nell Udinese, anche presso la città ul forj.), nel Friuli occidentale a Lorenzaga sulla Livenza (?). : Dianthus plumarius L. — Questo garofano, indicato dagli autc vive anche nel Friuli (F1. forj.). Fra i suoi caratteri specifici wi quello del fusto di color glauco come quello del garofano comuni E (D. Cargophylus L.), ma però talvolta la pianta ‘ è di un verde dtd €) Note sulla Flora del Bellunese (Nuovo Giorn. bot. ital. Vol. xu N p. 59, Firenze 1889) i () Benchè aggregata al comune trevisano di Motta, Lorenzaga pr al riuli i» per la sua posizione sulla riva sinistra del fiume. — si : p. sylvestris Wulf. — Venzone, Gemona, Tarcento, Resiutta (Fl. | forj.), Cividale CLI: D. barbatus L. — Venzone, Fagagna eec. (Zbid.), Cividale (T.). È D. superbus L. — Alle sorgenti del torrente Torre pr. Musi. (Ibid.), Cividale (T.). i 3 MALVACEAE. Hibiseus pentacarpus L. — Specie rara, trovasi nei luoghi umidi in Val del Ciadin [Carnia], lungo il Lemene pr. Concordia (Fl. forj.), nelle a a Fagagna, Caporiacco (Lazz.). d HYPERICINEAE. ' Hypericum hyssopifolium Vill. — Abita in Italia la Liguria oc- cidentale , il centro ed il mezzodi della Penisola (Auct). Ne trovai a Buttrio lo scorso agosto. . H. montanum L. — Fagagna, Tricesimo, Tolmezzo ecc. (Fl. forj.), . Cividale (7T.). GERANIACEAE. . Geranium Phaeum L. — Venzone, Tolmezzo, Moggio, San Da- niele (FI. forj.), Cividale (7). " Linum campanulatum L. [ L. anditan Dub.]. — Questa pianta, piuttosto rara, ama ia vicinanza del mare e trovasi nei colli lla. costa occidentale e: nelle parti meridionali dell’ Italia (Auct.). Però può anche trovarsi alquanto entro terra (individui raccolti 4 = Buttrio in Fo rats | (ETTORE DE TONI LEGUMINOSAE. Genista diffusa W. (V. Ser. ID. — Prati della Tomba pr. Udine, Pozzecco, Nespoledo (Lazz.) Cytisus eapitatus Jcq. — Indicata dagli aut. come abit. nella re- gione campestre, questa pianta trovasi anche nelle colline a Fagagna (Fl. forj.), a Buttrio in monte. Abita anche nel Bellunese (+). Medicago lupulina L. (V. Ser. II). — Abbonda ovunque. Trifolium medium L. (Id.). — Pavia d' Udine (Luzzatto). T. hybrilum L. — Trovasi in Italia presso Parma, Udine eec. (Auct.), Martignacco, S. Daniele (Lazz -Ononis spinosa L. — TER nei prati, questa pianta coi fion di regola rosei li ha talvolta bianchi (Lazz.). Lathyrus vernus Bernh. (V. Ser. ID. — Colli di Buttrio (Lass J * Astragalus baeticus L. — Nell Agro romano, nel Napoletano, nelle grandi isole ( Awct.), nel Cividalese, inselvatichito (T.). Robinia Pseudacacia W. — Non rara la fasciazione in aleuni rami à ^ (Lazz.). Un'altra mostrosità è il saldamento delle stipole (spine). In un individuo due di essa erano unite del tutto, altre due fino a metà e (Lazz.). ONAGRARIEAE. Epilobium angustifolium L. — Oltre che nella regione montana (V. Ser. II) questa pianta trovasi al piano ove è trasportata per mezzo dei semi fluitati dai torrenti. Fu trovata dallo studento Luzzatto a Pavia d' Udine e sul Torre. E. parviflorum Schreb. — Trovasi pure a Pavia d' Udine lungo i de prete Yo 7 ca Le (QUE LEG ri ax 3 FOaca5AoyY d i Ele |A d IUS ia me CP 2 ruscelli. Cresce pure ( F1. forj.) presso la città, nei prati paludosi di Fagagna e Virco. Oenothera biennis L. (V. Ser. II). — Benchè amante delle spiagge ( V. Nota N. 2. marine questa specie si avanza talvolta nella regione dei colli. Ne trovai un individuo fiorito di dns statura a Buttrio sotto ung siepe nello scorso agosto. CRASSULACEAE. _ * Sedum Telephium L. var. maximum (Sut.). — Abbondante nel Did. massime presso la città Ci: e reflexum L. > Ser. II). — Pavia d' Udine (Luzz.). SAXIFRAGEAE. EL aizoides L. (Hd). — Presso Arta in un torrente (Luz us UMBELLIFERAE. m presso Pozzuolo, ad Aquila. (Fl. poi. 2.9 v Bui As nei mi accompagna il D. sylvestris bo i | i Malpighia, anno II, vol. Hb: ET Saxifraga Aizoon Jeq. (V. Ser. ps — Monte Croce sopra Timau | E 402 . ETTORE DE TONI COMPOSITAE. Aster Amellus L. (V. Ser. II). — Pavia d’ Udine (Luzz.). Buphthalmum salicifolium L. — Questa specie normalmente rag- giata può divenire in via eccezionale semi-flosculosa. Il nob. del Torre ne raccolse presso Cividale un individuo i cui fiori presentavano tutti quest’ anomalia. ` Chrysanthemum Myconis L. [| Pyrethrum Moench]. — Trovai in agosto a Pavia d’' Udine degli individui col caule povero di peli. colle sole foglie superiori acutamente seghettate, le inferiori coi denti rotondi. Forse erano ibridi del C. Myconis col C. hybridum Guss. che abita, secondo gli aut., nel Napoletano ed in Sicilia, se pure quest ul- | timo non è una varietà del primo. C. corymbosum L. | Pyrethrum W.]. — Buttrio, Brazzano, Cormons (FI. forj.), boschi umidi del Cividalese (T.). Leontodon Berinii Roth. — Questa specie propria del Veneto ama le ghiaie dei torrenti. Trovasi nell'alveo del Piave presso Nervesa ed in Friuli nel letto dell’ Isonzo presso Sagrado (Awct.) e del torrente Torre presso Buttrio. Scorzonera hispanica L. (V. Ser. I). — La var. glastifolia W. raccolta dal nob. del Torre presso Cividale è indicata dagli aut. abi- tante nella Liguria occidentale e nel Lucchese. * Sonchus tenerrimus L. LS. pectinatus DC. ]. — Buttrio, ag. 1889. Crepis taraxacifolia Thuil. [ C. vesicaria Ten. n. L.]. — Monfal- cone (Brum.), frequentissima a Cividale CEN C. foetida L. — Udine, San Daniele (Fl. forj.), (id.). C. biennis L. — Pinzano, San Daniele (/bid.), (id.). . Hieracium murorum L. — Udine, Fagagna (Zbid.), (id.). H. umbellatum L. — Dignano al Tagliamento, Fagagna, Braz- zano (Zbid.), (ME H. sabaudum L. — Fagagna, San Daniele, Carnia (Hd); (id.). ' H. prenanthoides Vill. — (Id.). H. glaueum All. — Nelle Alpi (Auct), a San Daniele sui muri, | nelle ghiaie del Tagliamento (Fl. forj.), (id.). ig C a 5 "v Sr : 2 o Du Ve UA N y T He X +. i a "m pai » So qus T EN pre ‘ab È te x NOTE SULLA FLORE SERIOLANA 50 SAT 403 PER CAMPANULACRAE. à Campanula caespitosa Scop. — Comune sulle fessure delle rupi . montane (FI. forj.) questa pianta viene, come tant’ altre, trascinata al piano dai torr T enti e si moltiplica sul loro letto (torr. Torre presso > - Buttrio ) ©. Zoysi Wulf. — Abita in Italia il solo Friuli ai monti Cren, Canin (Auct .), ad Ampezzo Carnico hdi: J. = C. sibirica L. (V. Ser. I. — M. Bernadia ke Du vicinanze di Udine (Lazz.). FENTIANACEAE, Heston eruciata (V. Ser. II). — Colli di Buttrio Aan va .. €. amarella L. (V. Ser. I). — Trovata la var. candida a Fagagna, T Colloredo di Montalbano. Gli individui erano pochi meseolati a molti del .selore comune (ER, ; x TS p | BORRAGINEAF. i ra 3 scomparsa da quel luogo e. trovasi solo scarsamente . ‘presso la stazione ferroviaria. "o ol o Error Ds Tosi. LP AMI = NOTIZIE Notizie Note di Microtecnica. REAGENTI — Reagenti iodurati per la cellulosa. — Il sig. L. MANGIN K ha pubblicato nel Bulletin de la Société Botanique de France (t. XXXV, pag. 421-6) uscito nello scorso marzo, un interessante lavoro (Sur les réactifs iodés de la cellulose), nel quale propone diverse sostanze come veicoli del- É iodio nella reazione della cellulosa. Le reazioni fin qui adottate per questa sostanza sono quella dell iodio e acido solforico, e del cloruro di zinco iodurato. Esse sono peró spesso di dif- ficile riuscita. L'acido solforico poi, se troppo concentrato, altera le pareti cellulari; se troppo diluito, non ha azione. Si aggiunga poi l' elevazione della temperatura a causa dell’ acqua dei tessuti, il che turba la reazione, Quanto al cloruro di | zinco, la sua concentrazione variabile e mal definita, non paren di far con- fronti che abbiano qualche valore. «L'A. ha quindi cercato di unire all’ iodio dei reagenti, sali minerali, od acidi, È che avessero, in soluzione concentrata, un'azione sulla cellulosa. Essi devono soddisfare a due condizioni: 1.° esser solubili nell’ acqua, meglio deliquescenti, per poterli adoprare allo stato di grande concentrazione; 2.° non aver azione —— sull’ iodio. Bisogna dunque escludere i corpi ossidanti, come l’ acido nitrico, laequa di Javelle, il cloruro stannoso, i quali hanno pure un’ azione manifesta sulla cellulosa. I prineipali sali od acidi che, insieme all’ iodio, danno la reazione della cel- lulosa, sono: cloruro di alluminio, cloruro di calcio, cloruro di manganese ; cloruro di magnesio, cloruro stannico idrato, nitrato di zinco, nitrato di calcio, acido fosforico. - Non tuiti questi reagenti sono però ugualmente. sensibili. Il cloruro d' allu- minio, in soluzione di consistenza siropposa, dà una colorazione azzurra, o violetta quasi nera, che si distingue nettamente dal giallo delle sostanze azo- tate, comparisce più prontamente che col cloruro di zinco iodurato, e si con- serva per parecchi giorni. Ma i reagenti più raccomandabili sono, secondo — lA., Pacido fosforico, il cloruro di calcio, ed il cloruro stannico idrato. f L'acido fosforico iodurato si prepara così: Si prende dell'acido fosforico s puro, cristallizzato e si scioglie in un terzo od un quarto del suo volume di acqua; si aggiunge qualche cristallo di ioduro potassico ed una paglietta o due di iodio, tanto da ottenere un liquido del colore del rhum di euragao. E bene 2 prepararsi il reagente a diverse concentrazioni, «Con un acido concentratissimo , ottenuto versando 3 0,4 gocce di acqua su . modo che se si aggiunge poi del reagente più diluito e carico di iodio, le pa- - reti si colorano in azzurro cupo, e la parte di cellulosa disciolta forma delle zone liquide dello stesso colore. 7 Se il reagente è troppo carico di iodio e le SETTI si colorano troppo fortemente, basta lavarle sotto il vetrino con soluzione di acido fosforico puro. Il cloruro di calcio iodurato si prepara facendo una soluzione concentrata- di cloruro di calcio, aggiungendovi ioduro potassico e iodio, e scaldando leg- germente. Il liquido prende il colore del rhum vecchio. Si lascia in riposo, e si decanta, se dello iodio in eccesso si fosse deposto. = Il reagente va conservato al riparo dalla luce. Non rigonfia le membrane, e -comunica alla cellulosa una colorazione rosa, che volge al violetto in capo a qualche ora. — Siccome questo reagente scioglie pus iodio, le sezioni un po’ grosso devono esser colorate a più riprese. | Cloruro stannico iodurato. È meno sensibile degli altri; però dà alla cellu- SON un bel color celeste, che serve a riconoscerla anche in mezzo ad altre | sostanze, p. es., l'amilosa e la granulosa, che sono colorate in turehino o Per sbarazzare il tessuto di quelle sostanze che potessero turbare la reazione della ` cellulosa, basta far bollire per alcuni istanti il preparato in acido clori- drico all 1 ©}, o in potassa al 4 9/,. L'acqua di Javelle, cu cone da Nort per sbarazzare i tessuti dalle la cellulosa, la pectosa e la lignina, dimodochè prima che le sostanze azotate e l amido siano disciolti, le membrane sono alterate. ; x Sonore COLORANTI — fol di acido: carminico. — IT DE 6. C, rer ; 2 ; E S i E: p ; c: "+ 3 e de X A 7 » * R a È * € È fo, - $ v e X n. TN KOTE S o s PE 20 gr. di acido fosforico cristallizzato, si gonfia e si discioglie la cellulosa, in . sostanze azotate, non è tanto adatta per le ricerche sulla natura delle mem- brane, perchè essa attacca contemporaneamente le sostanze azotate, r amido’ T Fm i400 - . DR tet Y" NOTIZIE Ix ub mdi c Per » piu si usano nella microtecnica, tanto animale che vod diat al preparati di carminio (C,, H, 0,), raramente la semplice soluzione di e carminico (C,; His 0,0), la quale, secondo Dimmock (V. FRANCOTTE, Manuel de | technique microscopique, p. 202) si comporrebbe così: acido carminico gr. 0,25, alcool ad 80° gr. 100. Quella di FREEBORN conterrebbe dunque l'acido carmi- nico in quantità tripla di quella indicata da Dimmocr (!). x | Soluzione colorante di campeggio. — Il Prof. H. GIBBES (The FICHE, IX, - 1889, p. 109), raccomanda un colore di campeggio così preparato: : Si prendano: Trucioli di campeggio p. 25, acqua distillata p. 100. Si scaldi a poco per volta fino all ebollizione, si lasci bollire per 10 minuti, agitando — con bacchetta di vetro, e si aggiunga a poco per volta 1 a 2 p. di allume . potassico, tanto da volgere il colore quasi al nero. Silasci da parte per 24 ore, si filtri e si aggiungano 10 p. di alcool. (Cfr. Journ. of the R. Micr. Soc., ues p. 402) * Colori alla terebentina — Secondo gli esperimenti del Dottor KÜKENTHAL E 2 (Amer. Naturalist, 1888, p. 1140) molte sostanze coloranti si possono mischiare E colla terebentina, e le sezioni esser colorate con maggior-speditezza, valendosi s di questo veicolo. Si possono usare in questo modo: il verde metile, l azzurro houle, il vio- letto genziana, la safranina, il bruno Bismark, I eosina, la fucsina, la tropeo- 3 | lina, ed il verde malachite. La sostanza colorante secca si scioglie nell’ alcool assoluto e la soluzione si versa a goccia a goccia nella SO, finchè il miscuglio raggiunga Fin- tensità di colore desiderata. Si può usare con questo metodo anche il Carminio di MAYER. — Sì fanno bollire 3 gr. di carminio in polvere in 100 em* di alcool, e si aggiungono 25 gocce di acido cloridrico. Si filtra la soluzione calda, e si aggiunge poi tanta (') Secondo. bts e GRABOWSKI r acidi carminico da cogli acidi allun- gati la reazione segue ente : qu c ia His Dia + 2H, 0 — Cu Hi 9; + Cs Hio 05 i di £i ANN carminico Rosso di | RARES ASSE à carmino . s, du Is NOTIZIE ammoniaca da neutralizzare l'acido. Dopo aver Si mischia con terebentina ed alcool assoluto. Per usare i colori alla terebentina si filtrato di nuovo, la soluzione DES | opera così” Le sezioni si fissano sul - porta-oggetti col collodione di ScHAELLIBAUM (1 p. di collodione, 3 o 4 p. di TEM finchè l'olio di è tutto andato. Si toglie la paraffina per mezzo della tereben- tina, e poi si immerge il porta-oggetti coi preparati nella soluzione colorante. 2251 Appera essi hanno raggiunto il colore desiderato, si lavano con terebentina e - 5i montano in balsamo. . Se il colore è troppo for olio di garofani), poi si lasciano nella stufa del bagno-maria, rofani se n’ TAa te, o si vuole una colorazione eos più netta, basta lasciare i preparati un poco di tempo in un miscuglio di terebentina ed — — — alcool assoluto puro (senza traccia di acido). * Se il miscuglio colorante si intorbida, a causa della evaporazione dell' alcool, basta riaggiungervene qualche goccia, perchè esso torni chiaro. Sì possono colorare gli oggetti anche in foto. (Cfr. Journ. of the R. Mor: Soc. r 1889, p. 464 ). BEL eon: doppie, triple e quadruple. — Il Dottor H. GRIESBACH ha otte- — : “nuto colorazioni doppie, triple e quadruple con soluzioni acquose ET di colori d' anilina. Colorazioni doppie — Giallo-inetanile (1) Gini mibac dii. S Nato sodico) ed azo-blù ( tetra-azo-ditolil- -beta-naftol disolfonato sodico). Si pud AU fare un miscuglio a parti eguali dei due colori, o farli agire successivamente, i VN prima il giallo, poi l’ azzurro. - Giallo-metanile e reed in agra di 5 cm? di giallo e 3em di Verde, Giallo- -metanile e violetto-cristallo (cloridrato di e osametil-parn-rosanilina), Lil di giallo, e 2em? di violetto, in miscuglio, o successivamente. () E una polvere gialla, del p. sp. — 1,3102 e della composizione | : (3) x (uu du ui BSONE 5 2: i VOLARE d C He y Rr c eme N-N-GH NHG H) va 2, gr. di acqua distillata a 16° C. ne sciolgono gr. 0, 031, segni; una soluzione | colore aranciato ed a reazione de + Pi #08". NOTIZIE Giallo-metanile, 6 em? e saffranina 1 cm5. Giallo-metanile e ponceau cristallo. Giallo-metanile e rosso-congo ( tetra-azo-difenil-dinaftil-amin-disolfonato so- dico), in miscuglio, o prima il giallo e poi il rosso. Carminato sodico e giallo-metanile. Ponceau cristallo e violetto cristallo. Rosso congo e rosso-anisolo ( bisolfossil-natron-beta-ossi-naftalin-azo-orto-metos- . sil-benzolo), in miscuglio, o prima il rosso congo e poi il rosso-anisolo» Giallo-metanile e blù-etilina, in miscuglio, o prima il giallo e poi l'azzurro. Colorazioni triple. — Giallo-metanile, verde-metile e saffranina. Prima il giallo-metanile, poi la saffranina, indi il verde-metile, e finalmente di nuovo il giallo-metanile. Giallo-metanile, ponceau cristallo, e violetto iilos in miscuglio di 5 em*, di giallo, 5 em? di ponceau e 3em? di violetto, o per colorazioni successive. Giallo-metanile, azo- blu, e verde-metile, successivamente, ripassando le sezioni, da ultimo, nel giallo. Ponceau-cristallo, verde-metile e violetto cristallo, in miscuglio di 10 em? — ; di ponceau, 4 cm? di verde, e 2 cm? di violetto o successivamente. Colorazioni quadruple. — Giallo-metanile; saffranina, verde-metile e vio- . letto cristallo. Prima nel giallo, poi nella saffranina, poi di nuovo nel giallo, indi nel verde, ancora nella saffranina e nel giallo, e finalmente nel violetto. (Cfr. Amer. Month. Micr. Journ., X, 1889, p.p. 30-3, Journ. of the R. Micr. Soc., 1889, p.p. 464-7. — Vedasi pure: H. GriessacHa, Das Metanilgelb- Weitere - ; Untersuchungen. über Azofarbestoffe behufs Tinction menschlicher und thie- rischer Gewebe und Erwängungen über die chemische Theorie der Fárbung.— Zeitschr. f.. wiss. Mikroskopie, Bd. IV, 1887, p.p. 439-62 ; — Theoretisches über mikroshopische Fárberei, Zeitschr. ete., Bd. V, 1888, p.p. 314-19). METODI PER L’ INCLUSIONE. — È noto come i pezzi che si vogliono includere in paraffina si sogliono prima passare nella terebentina (o nel cloroformio), poi in un miscuglio di terebentina (o cloroformio ) e paraffina, prima di met- terli nella paraffina fusa. — (Vedasi a questo proposito Malpighia, Vol. HI, ‘pag. 80; FnANcorrE, Manuel de techn. microscopique, pag. 296 e segg.).. Ora il Dottor G - A. PrersoL dell’ Università di Pensilvania ( The microscope, IX, 1889, p. 89 e Journ. of. the R. Micr. Soc., 1889, p. 462) sostiene che l'uso, del cloroformio al posto della. terebentina è talmente vantaggioso, che nel suo. » wot A paraffina. ; | Aggiunge poi che, a conseguire l' omogeneità dell’ inclusione, è raccoman- dabile il metodo di KòLLIKER. La scatoletta contenente la paraffina fusa col- l'oggetto, si circonda d'acqua, lasciando libera la superficie superiore, sulla | quale si soffia finchè si sia formato un velo solido. Allora si pe tutto _nell acqua. : A — SoSTANZE CONSERVATRICI E MASTICI. — Il Journ. of the R. Micr. dio (1889, _p. 471) riporta dal Micr. Bulletin à (VI, 1889, p. 8) aleune osservazioni di 3 — Miss M. A. BoorH, riguardo all'uso di certi mastiei per fissare le cellule e chiudere i preparati, e tra gli altri cita quello chiamato dagli nd marine glue, come uno dei più adatti e di forte adesione. Di questo mastice (glu marin dei francesi, Seeleim dei tedeschi) vengon date | varie formole. Esso si compone di lacca, caucciù e benzina o terebentina, e va usato a caldo. (Cfr. Hartie, Das Mikr., p. 858; Nare. und SCHW., P- 28] ; BEHRENS, Hilfsbuch ece., p. 198 ; ecc. ). . Un altro mastice ; a base di caucciù, ma che si usa a freddo e corrisponte molto bene, è quello di eui il Rosin ( Traité du Microscope, 1877, p. 158) dà da seguente formola: caucciù p. 1, cloroformio p. 64, mastice p. 16. — Esso è noto anche come mastice da unire il vetro, e lo si suol preparare, per questo ‘uso, nelle seguenti proporzioni: caucciù (gomma elastica solubile del com- patio) P. 1; cloroformio p. 80. La gomma elastica tagliuzzata si lascia scio- gliere nel dani il che avviene in 24 ore; poi si aggiunge, mastice pol- E verizzato p. 20, e dopo soluzione completa si filtra per cotone. Si ottiene un liquido trasparente, giallastro, che serve benissimo per acco- modare gli oggetti di vetro rotti, ( purché non vadano scaldati, né debbano contenere alcool, o soluzioni aleooliche, od altro solvente del caucciù o del mastice ), ed anche per saldare due pezzi di vetro qualunque, posti a contatto, purchè si dia al mastice il tempo di seccare. Per questo corrisponde bene per saldare le vow di vetro, che si possono poi rare Fuseau con ; élerofurinio. enuto col lasciar evaporare un po’ di clorófarinia dal mastice dal vetro, serve bene anche per chiudere i preparati, e per fare sui vetri porta-oggetti le li- relle che servono per appoggiarvi il copri-oggetti. Si ha cosi una chiusura sam È mi pare, non cattiva; per quanto ho sperimentato io stesso, NOTZIE Kon ES MR Bibomiorio Viene ora esclusivamente aiak il miscuglio di cloroformio e pos invece dell TM T E T i ui. ELE : Inoltre, gli est messi in olio di eajeput ed alcool t pondon 1 — metile e lo conservano poi nel balsamo. Firenze, Settembre 1889. Fy Egli ue inoltre che l'ortografia del nome di quest’ E ( he glie dalla SE en deve essere Kajù putti (che à in | vuol. dire Ss bian Sulla formazione dell ossalato calcico nelle piante. Sotto questo titolo a pag. 471 del Vol. 38 del Botanisches Centralblatt tro- . vasi una interessante pubblicazione del Dr. I. G. Komt. Segue una seconda nello stesso fascicolo del giornale; cioè a dire a pag. 648. Sembrandomi di molto interesse le comunicazioni del Dr. Komr, credo op- | tono di darne un breve cenno ai lettori della Malpighia. . Noi sappiamo da studi recenti che amidi, acidi amidici ecc., sono assai dif- fusi nel corpo della pianta. Queste amidi e i loro composti affini da un lato, possono derivare da scomposizione degli albuminoidi, dall'altro possono servire : per la ricostituzione dei medesimi. Esse sono in una parola forme di metamor- fosi degli albuminoidi. Noi sappiamo ancora che per la formazione degli albu- minoidi dalle amidi sono necessarie sostanze organiche non azotate, le quali corpi clorofilliani assimilanti. Allorchè mancano questi prodotti dell’ assimila- zione, cessa la ricostituzione degli albuminoidi e si ha un accumulo di amidi. _ Se poi si prende in esame la composizione dell'asparagina e degli albuminoidi, | si rileva che per una trasformazione della prima nei secondi tutto T azoto viene impiegato (oltre al carbonio e all’ idrogeno ) mentre I ossigeno resta - disponibile. Per i processi opposti, cioè nella formazione di asparagina per *. scomposizione degli albuminoidi, avviene il contrario. Ora quando l'ossigeno rimane disponibile nel corpo. della pianta, vi sono le condizioni propizie per la Sy acido ossalico. Questi processi sono poi assai diffusi nel corpo della pianta € sì può ammettere che nel succo cellulare di tutti i vacuoli avvenga la for- | mazione di acidi cai Con quanto però si è detto non si spiega ancora perchè l'ossalato calcico si trovi localizzato soltanto in alcune cellule, mentre anzi sembrerebbe logico lammettere che esso dovesse trovarsi in tutti quei luoghi nei quali gli albu- | minoidi vengono rigenerati dalle amidi, il che non avviene. L'A. dice di aver trovati molti fatti che saranno esposti in un suo libro di prossima pubblicazione, Sa DE ROIO e I | pubblicazione a p. 649 in risposta ad un stico del Dr. WEHMER, inserito. derivano in prima linea dall'amido autoctono, ossia dagli idrati di carbonio dei . formazione degli acidi organici, tra i quali devesi principalmente comprendere. calcico, i processi chimici siano differenti; è più facile spiegare la cosa suppo- Aen NOTIZIE Ue * l'ossalato. In altri termini non è il calcio che trovasi in combinazione con gli re acidi: fosforico, solforico e nitrico quello che entra in combinazione con Vas n cido ossalico, ma assai spesso, e in qualche caso esclusivamente, è il calcio che . trovasi in combinazione con gli idrati di carbonio e con i quali si muove in linee di trasporto determinate. Ciò può facilmente dedursi quando si con- sideri che i depositi cristallini si riscontrano in quei luoghi nei quali pre- M gl sumibilmente o visibilmente si muovono gli idrati di carbonio in combina- rs zione con il calcio, e particolarmente dove il calcio diviene libero da queste combinazioni. Una tale condizione si riscontra quando dai glucosati di calcio si forma amido, cellulosa, ecc. Così noi troviamo cristalli nei rizomi ricchi di Jed amido, nei tuberi, nei bulbi, nei semi ecc., inoltre in vicinanza delle fibre o "i delle cellule sclerenchimatiche. Da ció risulta anche che le speciali cellule _cristallofore dei fasci non stanno in aleun rapporto con i tubi cribrosi, come — — fü ammesso da taluno (HoLzxER, SAcHS) ma piuttosto con le masse di cellulosi delle fibre liberiane, il che si deduce dal fatto che spesso dei cordoni liberiani privi di tubi eribrosi sono parimenti circondati da guaine eristallofore. z L'A. non puó ammettere che nelle piante, che non contengono ossalato LI nendo che in queste piante sia la povertà del calcio una causa della mancanza. ud dei cristalli; noi ee pure che spesso il calcio può essere sostituito dal. x potassio. Ri Inoltre l'A. ha osservato che un certo numero di saprofiti e parassiti sono privi di depositi cristallini. Ciò può spiegarsi quando si consideri che in queste piante, per le loro speciali condizioni di vita, vi è grande povertà di son assimilate prive di azoto; per cui viene anche di molto ridotto il processo di. una formazione autonoma degli albuminoidi, e diminuisce conseguentemente l'ossigeno disponibile per la formazione di acidi organici. da L'A. infine fa una critica dettagliata di una memoria del Dr. aedi, della A quale fu dato un breve sunto a pag. 74 del presente volume.. È noto che lo SCHIMPER aveva asserito che nelle foglie di Symphoricarpus , Alnus e Cra- taegus Y ossalato calcico si deposita dapprima in forma di macle nel mesofillo ed in seguito scompare, emigrando nei serbatoj cristallini delle nervature. È. anche noto che il WEHMER, ripetendo le osservazioni dello SCHIMPER, era giunto x | a conclusioni opposte. Ora il Kont vuol dimostrare che il metodo seguito dal WEHMER non va esente da gravi censure, per cui non è possibile trarre aleuna : conclusione da tali ricerche. x: Meur Molto interessanti sono anche le opinioni dell A. sul riassorbimento dei eri- calcico, e dice che nei casi, nei quali ha lanas un sinon di rt vi sono dei forti argomenti per credere” che il calcio si riunisca nuovamente agli idrati di carbonio, emigrando con essi per prender parte a nuovi processi — chimici. ; a ‘Questo modo di spiegazione proposto dal Komt è a mio credere assai accet- altri. Può infatti ritenersi in questi casi assai probabile che l'ossalato calcico si scomponga per cedere il calcio agli idrati di carbonio, e che questi, emi- grando in altri tessuti e prendendo parte ad altri processi ‘chimici, lascino vamente libero il calcio, il quale allora può ricombinarsi con l'acido Gorniak R. Istituto Botanico di Roma. 15 Agosto 1 1889. y C. P x )1a pubblicazione di. questa not ha. subito : un uu rit stanze estranee alla nostra volontà. Intanto è uscito sullo ste paraste del Dott, Kohl, del Line tosto pubblicheremo. un pis ardo in causa di circo- so argomento u un lavoro esteso. La REDAZIONE. tabile ; esso offre una ragione plausibile anche del fatto; trovato dallo SCHIMPER, - che cioè i cristalli scompaiono talvolta da alcuni tessuti per poi ricomparire in . pai m ilaa n NOTIZIE ADDENDA AD FLORAM ITALICAM Contribuzione all’ Epaticologia italiana per Uco Brizi La presente nota ed altre, che verrò man mano pubblicando, hanno per iscopo di far conoscere un certo numero di Epatiche indeterminate, esistenti. nelle Collezioni Crittogamiche del R. Istituto Botanico di ROM delle quali il Prof. Pirotta mi affidò lo studio. Di esse la maggior parte appartengono all’ illustre De Notaris, e quelle de formano soggetto di questa prima contribuzione, non erano state ancora da lui inserite nel suo prezioso Erbario, e furon trovate nel riordinare le Crittogame : indeterminate, giacenti nell'Istituto stesso. . Queste Epatiche sono in buste chiuse, portanti di pugno del De Notaris la - _indieazione delle località, la data, e qualche nota relativa o al luogo, o al terreno, o a qualche particolarità dell' esemplare ivi rinchiuso. Di cirea un centinaio di specie, trenta ne annovero nel presente elenco, quelle soltanto degne di nota per la località. nuova, non indicata nelle TESA né esistente nell’ Erbario del chiarissimo Epatologo. - Credo far cosa utile ai briologi pubblicando questo elenco, perché vi Sono località affatto nuove e interessanti e non accennate nell’ accurato Reper torio (!) | del Prof. Massalongo; ed aleune specie (Cephalosia multiflora Spr. Frullania fragilifolin Tayl), per la prima volta indicate dal Prof. Massalongo, e Jun- germannia riparia V. bactrocalye, dallo stesso descritta, erano state, assai prima, trovate dal De Notaris. ; Quasi tutti gli esemplari da me FAR furon raccolti in Liguria e nella Lombardia, la massima parte negli ultimi anni di sua vita dal 1868 al 1876, tre, del Romano (?), negli ultimi mesi. (1) C. MassaLoNao. Berton della Epaticologia italica; in Annuario del R. Istituto Botanico di Roma. Anno II, fas , pag. 87. i » C) Le tre speeie raccolte nel Romano sono: ephalozia bicuspidata Dmrt. H Riccia ciliata. Hoff. e Riccia paradoxa De Not. (= R. tumida Lindem. rs paradoxe), 7% ES om ro da ultimo il mio ottimo maestro, a Ch. Prof. Pirotta, pei suoi consigli, e per avermi permesso di esaminare il prezioso Erbario del. celebre . Botanico. Fam. I. Jungermanniaceae Lindbg. Trib. II. Mesophylleae Dmrt. 1. NARDIA EMARGINATA (Ehr.) Carringt., Brit. Hep. p. 13. — Sarcoscyphus | Ehrharti. Cda. ; d Y. aquatica (Nees) C. Massal. Rep. ep. it. n. 5, e Oss. Crit. alle sp. e var. di Epatiche italiane create dal De Not. in Ann. R. Istit. Bot. di Roma Anno III, fasc. II, n. 1 T. — Sarcoscyphus Ehrharti aquaticus De Not., Sunto « gen. Sarcoscyph. in Comm. Soc. Crittog. ital. vol. I, fas. II, p. 77. moghi irrigui al S. Bernardino. — 1871. ES Oss. Cespuglietti Zassi, ramuli lunghi fino a 8 cm. foglio lassamente im- A icate, nel secco bruno V REO: quasi nere, più grandi ile in N. dine: Trevis, ii e. e raecolto dal Rota nei dioc di Port il solo esemplare della. ar, aquatica esistente nell’ Erbario Notarisiano. i ottuso. Qua. specie, come E osserva il Prof. Massalongo i in 25 è ben distinta dalla N. emargirata Y. aquatica (De Not), e sembra ^" E sere molto rara in Italia. Mes = Tex Ep. it. n. al. — Jungérmannia Lyell; De Not, Prim. ep. it. n. ‘o all Acquasanta sopra Voltri.” — 25 Marzo 1869 (2). ; Gi esemplari de. Erbano Notarisiano sono tutti del Piemonte o della: E ao E Mcr VES i NOTIZIE Loigvardis, nè la N. hyalina (Lyell) si conosceva, fino al 1586, all infuori delle Alpi e Prealpi. Oltre alla Liguria, dove il De Notaris raccolse nel 1869, si conosce ora delle Alpi Apuane (Arcangeli, Rossetti) e del Romano (Brizi), ciò che dimostra esser l’area di diffusione della N. hyalina (Lyell), estesa forse a tutta la costa tirrena. Trib. IV. Jungermannieae C. Massal. 3 E ud Ts RS WE % j YT Subtrib. Acrogamae C. Massal. i4 FIM 5 di E MER r E 4. PLAGIOCHILA ASPLENIOIDES (L.) Dmrt., Hep. Eur. p. 43. x. major. Lindembg. Spec. hep. fasc. I. Plagioch, p. 111, tab. XXIII, f. 1-7; C. Massal. Rep. Ep. it. n. 26. æ, et. Hep. it. ven. ex. n. 35, — Plagiochila xS asplenioides Rabh. Hep. eur. ex n. 20 (ex. Spec. Herbarii R. Horti Romani. Ec. Sfagneto di Val di Bieno. — Luglio 1866 (Socio Spagno acutifolio L:) : $ Oss. Questa varietà présenta i caratteri della var. X major Lindbg. ma ha dimensioni assai maggiori di quelle indicati dagli autori, e di quelle degli esem- = plari tutti del R. Orto Botanieo di Roma. I cauli subsemplici raggiungono fin x 14 em. e le foglie intermedie hanno il maggior diametro di 6 mm. Per le foglie dm obovato rotonde, distintamente denticolate si riferisce alla forma « ** foliis obo- vato rotundatis arcte denticulatis » dello stesso Lindemberg. inl & 6: 9. SCAPANIA UNDULATA (L.) Dmrt. È * prolixa De Not. Scap. it. in Mem. Ace. Tor. Ser. II. tom. XXII, p. 358, tab. I, fig. 2; C. Massal. Rep. Ep. it. p. 30, e Oss. crit. sulle sp. e vam. di ^ Epatiche italiane ereate dal De Not., in Ann. R. Istit. Bot. di Roma Anno UT, ; 3 fase. II. p. 160. ' Ye In un ruscello nella valletta tra il Monte e il Colle a destra della Moesa. S. : Bernardino. — 20 Agosto 1873. x Oss. Questo esemplare corrisponde, senza dubbio; per la stazione acquatica, ^ pel suo portamento, per le dimensioni, e principalmente per la tessitura delle d foglie, alla descrizione della var. proliva data dal De Not. in l. s. c.; solo ne p. ; differisce alquanto perché la maggior parte delle foglie sono perfettamente in- tere, mentre l'autore nella diagnosi dice: « margine, minutissime denticulata ». Tale carattere non ha certamente un gran valore diagnostico, trovandosi anche nello senso caule, DES ester intere, foglie con qualche donticolazione ait i ivi SE ( b onn E iu Rd mihi — Ad lapides ir- rigatas in rivulo quodam prope Pisogno ad Aconiam 12. N. 1856), le foglie o non E dentieolazione alcuna, o appena va minimo S dele al mar- dati 1 i5 2: 6. SCAPANIA NEMOROSA (L.) Dmrt.; Dé Not, Ser. Il, tom. XXII, Labs T'Erbario Notarisiano M Miasino al lago d' Rad che gli servi pr elabo- rare la diagnosi ils © À. aconiensis (De s C. Massal. Oss. crit. in 1. s. e. n. 13. — re Aconiensis De Not. Scap. ital. in L & e. p. 368, tab. II, f. 13; C. Massal. Re Ep. it. n. 13. colla specie e con altre Epatiche. — 21 Luglio 1873. pos fu confermata dal Ch. Prof. C. Massalongo. j 7. Scapaxra AEQUILOBA (Schw) Dmrt. He eur. pag. 35. Sui massi PAR vetusti al | Monterosso, regione scaglioni. - 90 Laglio ia (Socia Diplophylleja albicante (L.)). 4. t località, appartengono alla var. a. Due esemplari poi, raccolti, 1 uno vr pro, anno III, vol. HI. pelo: s : +e ai pe le foglie re ‘caratteri tutti ener coll Bune tipico del- | Al Monterosso ne’ cuscinetti di Campylopus atrovirens De Not. insieme Oss. La determinazione di questa critica varietà, ritenuta Pr specie. dal De x. “aa she Brith. Gui; P 81, E VII, f. 20; C. Massal. Rep. ss. Le due varietà *. dentata e [CA inermis, distinte dal: “Carrington, ven- o comprese dal De Notaris nella specie. Però, tanto questo esemplare come th tro esistente indeterminato nell ‘Erbario, e raccolto nel Maggio 1866 nella. A NOTIZIE al Monterosso nel Giugno 1866, e l'altro presso Macugnaga nel 1876, e che — sono sotto il nome di Scapania aequiloba, appartengono alla var. p. 8. DIPLOPHYLLEJA ALBICANS (L.) Trevis; C. Massal. Rep. Ep. it. n. 45. =. Jungermannia L.; De Not. Prim. hep. it. n. 13. Rupi umide presso S. Maria in Val Vigezzo. — 8 Novembre 1872. Oss. Quantunque nell'Erbario Notarisiano esistano vari esemplari di D. albicans (L.) raccolti nella Lombardia e nel Piemonte, annovero qui questo saggio perché fornito di colesula e di capsula perfettamente evolute, mentre tutti gli altri sono sterili. 9. DiPLOPHYLLESA TAXIFOLIA (Vahl) Trevis, Sch. Nuov. class. Ep. p. 38; C. Massal. Rep. Ep. it. n. 46. — Jungermannia albicans v. taxifolia Nees in Syn. hep. p. 77. Colli di Bisiono verso la torre, — Luglio 1856. Oss. Questo saggio porta seritto sul cartellino « Jungermannia, forma facie I. obtusifoliae, characteribus vero J. albicantis ». Appartiene invece, quan- È tunque l’ aspetto s'accosti a quello della J. obtusifolia, alla Diplophylleja ta- æèifolia (Vahl), ed ha le foglie interamente evittate. Esiste un altro esem- plare nell’ Erbario Notarisiano, appartenente a D. taxifolia sotto il nome di J. albicans var.? raccolto in Val d' Ossola dal Rev. Gagliardi nel 1862. : 10. JUNGERMANNIA RIPARIA Tayl in Syn. hep. p. 97. — J. tersa De Not. (non E Nees)in App. Nuov. Cens. Ep. it. in Mem. Acc. Tor. Ser. II, tom. XVIII, f. VHI. Y. bactrocalye C. Massal. Ep. rar. e erit. prov. Ven. in Atti Soc. Ven, Trent. Se. Nat. res. in Padova vol. V, fasc. II, tab. II, f. A-C (optimal), Hep. It. ven. ex. n. 54, Rep. Ep. it. n. 52. e Hepatic. Ven. p. 42. Presso al Rocolo di Bieno. — 4 Settembre 1871. Oss. Il saggio esaminato porta un cartellino con questa scritta di pugno del l'illustre Epatologo: « Forma come un fitto o sottile tappeto verde cupo su un masso, lungo un rivo, dal. piano al Rocolo di Bieno » e poi piü sotto: « perianzio allungato, cilindraceo, molto pone oltre le foglie involucrali, all'apice conoideó », Esaminato accuratamente questo NAMENS lo riferisco a J. riporia +. bactro- - * calyz. C. Massal. pei netti caratteri che offre nel perianzio il quale è allunga- — 3: tissimo, stretto alla base, dilatato alquanto verso la: metà , attenuato all'apice , i con quattro pieghe longitudinali poeo doti e ripae quasi del triplo le foglie pericheziali. Nell Erbario Notarisiano non esiste alcun osemplare della specie, ina questo i 2: Eininplare della var. bactrocalyx raccolta e non studiata, molti anni prima che : che spettasse il merito di descriverla al Prof. Wr sr da | _ Frane umidiccie, talora irrigate, » lungo la via. à | Cossogno. - — 3 Settembre 2. - 1872. ! TA Oss. Questo esemplare che porta scritto « Je cren, M » mi soma. per : posent he APA pin J. crenulata Sm. si duro dines au : Ho, gracillima. TR ), più comune faina ipee nell alta Dali e alla oR _ corrispondono tutti gli esemplari raccolti dal De nia ed esistenti nel suo — Frbario. : i à. Mona QUINQUEDENTATA Web; 2 St > Deutschl. has sp 4. . 72; C. Massal. Rep. Ep. it n. ea J. SUIS Y collaris Mart, m Crypt. Erlang. p. 177, tab. VI, f. 50 b. In monte Sempronio ad rupes. — Settembre 1842. 13. JUNGERMANNIA COLLARIS Nees. PES ad Mart. Fl. Crypt: Erlang. p. XV, (exel. syn. et. fig. Mart!); C. Massal, Rep. Ep. it. n. 72, e Oss. crit. n. 16, tab. : | ue 1. — J. barbata var. collaris Nees, Lo der p. 195: T | Naumanni r De Not. (non Nees) Prim. hep. it. n. 24 > CATA “Val di Bieno, verso Mergozzo. — 13 Ottobre: 1865. R | Oss. Questo saggio Notarisiano appartiene alla ý: collaris vs 38 iteig da J. barbata Schreb, per le dimensioni assai minori » per le foglie inserite quasi ; verticalmente, densamente imbricate 0 trifidé, più di rado quadrifide, col dente anteriore minore e costantemente incurvo, e corrisponde esattamente all esem- pure o. dazione d. DUM: A core SA Alpem di [ rara, i cCGD - A "NOTIZIE 14. JUNGERMANNIA BARBATA Schreb.; Stephani, Deutschl. Jung. pag. 39, tab. LXXI; C. Massal. Rep. Ep. it. n. 73. ed ex. n. 47. — J. quinquedentata Ekart. Syll. Jung. p. 46, tab. V, f. 41; De Not. Prim. hep. it. n. 25 var. 4. Sui massi granitici rotolati presso un faggeto presso S. Maria in Val Ve- gezzo. — 8 Settembre 1872. ‘15. JUGERMANNIA INFLATA Huds. in Syn. hep. p. 105 (exl. var. Y **) C. Massal. Rep. Ep. it. n. 76. — Gymnocolea Dmrt. Hep. eur. p. 65 (exl. y). Su pietre irrigate in margine di un rivo nella valle di Pettenasco, lungo la via da Miasino a Pettenasco. — 23 Luglio 1856. Oss. La J. inflata Huds., nelle opere e nell’ Erbario del De Notaris, non ap- parisce da lui raccolta; nel suo Erbario evvi soltanto l’ esemplare raccolto dal- I Hausmann presso Bolzano (var. gracillima Syn. hep.; Erb. critt. it. Ser. II, 113) da lui studiato ed illustrato con note e disegni; perciò mi sembra utile far conoscere questa nuova stazione per queste specie. L'esemplare da me esami- | nate, è NE di perianzio ben conformato, ma vuoto e assai fragile. 16. ini MINUTA Crantz; Stephani, Deutschl. Jung. p. 5E 6541: De Not. Prim. hep. it. n, 37. i D protracta Nees. in Syn. hep. p. 121 (var. 2) C. Massal. Rep. Ep. it. n. 77, et Hep. It. ven. ex. n. 110, 111. Castagneti. di Pontedecimo. — 27 Maggio 1857 (2). ‘Oss Gli esemplari di J. minuta dell’ Erbario Notarisiano apparferigona tutti alla specie, e son tutti raccolti in Lombardia, nè credo altri l' abbia raccolti in Liguria; perciò mi Par acconcio far conoscere tale nuova stazione. Subtrib. Opisthogamae C. Massal. 17. Bara ohi MULTIFLORA R. Spruce, On Cephal. p. 37; C. Massal. Rep. Ep. i 8.9. Ad Verbanum prope Inspram. 1875 (2). Oss. Questa non comune specie era segnalata finora, per l'Italia, nelle Alpi Pennine e nel Veneto dal Ch. Prof. Massalongo, al quale debbo la determina- zione di questo pes sterile, e recentemente in Toscana. (Rossetti). NOTIZIE. 18. ODONTOSCHISMA SPAGNI (Dicks) Dmrt., Rev. gen. E p. 19, et 24 eur. p. 108; C. Massal. Rep. Ep. it. n. 103. — Jungermannia Sphagni Dicks; De Not., Prim. hep. it. n. 44. Fa Pasture presso Trobaso. (Socio Sakona cymbifolio.). — Ottobre 1862. Oss. E notevole questo saggio, oltre che per la località nuova, perchè è Erodamente fruttifero, mentre il De Notaris raccolse la specie sempre sterile. — | i Trib. V. Lepidozieae Limpricht. 19. LEPIDOZIA REPTANS s (L.) C. Massal. Rep. Ep. it. p.2l n. HE ge La De Not. Prim. hep. it. p. 21. 5. Bernardino. — Luglio 1871. (sterile ty, Trib. VI. Blepharozieae Dmrt. 20. BLEPHALOZIA CILIARIS (L.) Dmrt. Hep. eur. p. 53; C. Massal. Rep. Ep. it. n. 119. — Ptilidium ciliare Neos in Syn. hep. p. 250. — Mp ipee L.; di EC Not. Prim. hep. it. n. 11. * In sylvis Apennini Bobbiensis. — pe 1848. Oss. Mi sembra utile notare questa nuova stazione, poichè tanto il tipico | Ptilidium ciliare Nees, come la sua var. Wallrothianum. erano finora, per quanto io so, ritenuti proprii, per l'Italia, della cerchia delle Alpi e Prealpi, . 9 almeno ivi soltanto indicati, nè credo da alcuno sia data la stazione appen- ina L'Erbario De Notaris contiene soli asa raccolti nella Lombardia. : ^ Trib. VII. Platyphylleae ieu (21. PoreLLA TuUJA (Diks) Lindbg. Utredn. of. Skand. Porella-Former, in Act. Soc. Scient. Fenn. IX, p. 335; C. Massal. Rep. Ep. it. n. 123. — ‘nana | PlatyphyMoidea De Not. Prim. hep. it. n. 2. In collibus di S. Eusebio supra Genuam. — vere 1846. —. Oss. Il De Notaris raccolse in Liguria la Madotheca torva De Not.. conside- - “rata dal S. O, Lindberg in l. s. c. come var. della P. Thuja, ma in nessun suo. lavoro, né nell’ Erbario, appare abbia raccolto la specie tipica, nè, credo, in m- comin sia stata cesis da -— bosse specie pix rara si i conosceva Br. | RE o V o 0 Oe | Apuane (Rossetti), presso Pisa (Bottini, Poggi e Rossetti) e presso Roma a 2 Tivoli (Brizi). E i +92. Hiwi LA COMMUTATA Jak. Europäisch. R&dula Art. in Flora 1881. n. 25, à E. p. 392, tab. VIII, fig. 5; C. Massal. Rep. Ep. it. n. 126, ed Oss. crit. (ad, R. ovatam à Jak); Radula Lindbergiana ? Stephani Ueber. einig. Leberm. in Portugal in Hedwigia Heft. I. 1887. — Radula complanata * propagulifera Neos; ct ++ hep. p. 277; Rabh. Hep. eur. ex. n. 361 (ex. Specie R. Horti Romani). , Rupi asciutte in Val di Bieno. — 27-30 Settembre 1870. (?) Oss. Alquanto simile a R. complanata L., ma è dioica, ha il viale lola. minore, coll’ angolo acuto, ed è perciò SATO alla specie descritta dallo — k "dat in l. s. C. (R. a Stephani ?). ; E aspi Ron Stephani, Die Gattung Padani im Hodwigia T 5 OP 4; C. Massal. Rep. Ep. it. n. 129, e Oss. érit. n. 21. — R. aquilega De Not. in herb? — Jungermannia complanata De Not. in herb. (quod. ad. sp. Qaz. P È praviae), et in collibus taurinensibus). Sui castagni antichi della Selva d'Unchio. — 16 Settembre 1873. sé Oss. La suddetta località è è nuova per questa specie, che lo Stephani dice. ab bastanza comune in Italia. (?) Oltre a questo esemplare ne rinvenni un altro, y raccolto in Val di Bieno, località già accennata dallo Stephani, ma in opa 1 posteriore a Lr da lui indicata. xta : ORA, VII. Fraldas C. Messa. 24. FRULLANIA CESATIANA De Not. Jubul. Ital. in Mem. Ace. Tor. Ser. Il, tom. XXII, p. 383, tab. V, fig. 24.; C. Massal. Rep. Ep. it. n. 133, Ep. Alp. Penn. n. 74, e Illustr. di una nuova var. di Frullania i in Boll. Soc. Bot. ital. | (Roma Sed. 6 Giugno 1889) in Nuov. Giorn. Bot. it. XXI fas. IV p. 518, fig. > 2: e Appié di un albero presso lo Sfagneto, sotto Pisogno. — Luglio 1856.- T 1. Oss. Credo utile far notare questa stazione della F. Cesatiana De Not., non tanto perchè nuova, poichè non lungi dal luogo ove il Ch. Baron Cesati la i aed bic Hee ma ^ porchè è DM assai rara, e rud il De Notaris in in 25. FRULLANIA FRAGILIFOLIA Tayl; C. Massál, e Car. i. Alp. Ponn:i in a Nuov. Giorn, Bot. XII, p. 350; Rep. Ep. it. n. 135, et Ep. It. ven. ex. 104. Ad truncos in sylvis ad Tocciae ostium. — Octobri 1852, Oss. Questa interessantissima s specie fu indicata dai Ch. Massalongo e Gazdetia come per la prima volta raccolta in Italia, in Valsesia, L' esemplare ‘autografo | Notarisiano che ho esaminato, porta la data del 1852, assai anteriore pr alla scoperta dei suddetti, e una località diversa. È strano che l'esemplare in discorso, che porta scritto di suo pugno il nome Frullania, sia sfuggito all'esame dell'illustre Epatologo, poichè nella sua ac- «IR curata monografia delle Frullanie italiane, pubblicata negli atti della Accademia | di Torino dodici anni dopo, cioè nel 1864, non apparisea la F. fragilifolia Tayl., che pure è spécie dal Taylor scoperta nell'Irlanda e descritta fin i. 1829, e. assai ben caratterizzata. ci 8 distingue infatti dalle specie affini, pel suo portamento; pel suo ‘colore. ossiccio, per la fragilità massima delle sue foglie fornite di auricula galeiforme, e di una serie moniliforme di cellule, lungo la linea fred più grandi e. assai rifrangenti, perchè ripiene di olio. . Questa specie, abbastanza frequente nell Europa settentrionale, in Italia era indicata solo nella Valsesia e nelle Alpi venete, e recentemente fu indicata raccolta presso Cortona e nel Monte Pisano (Arcangeli) e presso Pisa (Bot- cata tini, Poggi, Rossetti). Inoltre nell’ Erbario del R. Istituto Botanico di Roma — E: esiste un bell esemplare di Frullania fragilifolia Tayl, raccolta nel 1803 dall’ Hausmann nel Tirolo presso Bolzano (ad rupes dolomiticas ad radices mon- tis Schleern prope Bolzano ® Rara). 20. oi CALCAREA Libert; Syn. hep. p. 344; De Not. App Nuov:, Cons. Ep. it. in. Mem. Ace. Tor. Ser, IL tom. XXII. p. 985, tab. V, f. 26; C. Massal. Rep. Ep. it. n. 136. Rupi del Monsimmolo sopra Rolk — 5 Agosto 1873. X . Oss. Nell'Erbario Notarisiano di T non comune specie esiste il solo esemplare raccolto dal Rota. R Saggio da me esaminato di Lejunea calcarea Lib. che piri scritto « Le- - junea? », è piuttosto meschino, sterile e serpeggiante su ma gespaglie o s me Fi issidens adianthoides H. e Nekera crispa H. ` o ae 7 «dae 28. LEJUNEA a ter Lindbg; C Massal. Rep. Ep. it. n i | DE x de ii Lindbg, ne hib, in Act, Soc. Scient. Fenn, n 1874, SS NOTIZIE p. 484 — Lejunea Serpyllifolia * (folia livido virescentia, cum amphi- - gastriis, planiuscula) De Not. App. Nuov. Cens. Ep. it. in Mem. Acc. Tor. Ser. II, tom. XXII p. 384, tab, V, f. 25, n. 1-7. — Lejunia tristis. De Not. in herb! Rupi irrigate presso S. Maria in Val Vigezao. — 8 Decembre 1871. Oss. Questa varietà è assai distinta dalla forma tipica, oltre che pei caratteri accennati dal De Not. in l, s. c., per le dimensioni maggiori, pei canali sub- semplici, allungati e lassamente cespitosi e per la stazione igrofila. Quantunque la suaccennata località, sia prossima a quella dell'esemplare esistente nell’ Er- bario (s. n. Lejuniae tristis. Prope Orasso in Valle Canobbina) credo utile notarla, essendo la varietà meno comune della specie tipica. Trib. XV. Metzgerieae Syn. hep. : 28. METZGERIA CONJUGATA Lindbg. Monogr. Metzg. p. 29. f. 6; C. Massal. Rep. - : Ep. it. n. 158, et Hep. It. ven. ex. n. 66. Domodossola. — Marzo 1876. Oss. Di questa specie, spesso confusa con Metsgeria furcata (L.), esiste, sotto questo nome, un altro esemplare nell’ Erbario Notarisiano. Fam. H. Marchantiaceae Lindbe. A. SCHIZOCARPEAE bindbe. 29. GRIMALDIA RUPESTRIS Lindbg. Hep. Eur. p. 108; De Not., Prim. hep. it. n. 176. — Duvalia Nees; Erb. critt. it. Ser. II, 414. — Marchantia triandra. Balbis! Ad rupes prope Gano in Valle Canobbina. — 1872 (?). Oss. Il De Notaris non pubblicò mai di aver raccolta questa specie che corcò, invano molti anni nel luogo ove la raccolse il Balbis, e nel suo Erbario non esiste che l'esemplare balbisiano. B. CLEISTOCARPEAE Lindbg. 39. CORSINIA MARCHANTIOIDES Raddi; C. Massal. Rep. Ep. it. n. 187, et Hep. It. ven. ex. n. 89; Erb. eritt. ital. Ser. I, n. 182, NOTIZIE. e; i canaletti dello Sfagneto sotto Bieno. — 12 ! Settembre 1868. ; | Oss. Gli esemplari dell Erbario Notarisiano da lui raccolti, sono tutti della Sardegna e della Liguria, nessuno della Lombardia. Fra le Epatiche notarisiane esaminate trovasi una busta con C. marchantioides, indeterminata raccolta dal Rev. Gagliardi in Val d'Ossola nel 1842, con scritto « Corsinia ? forma saltem -singularis » la quale, all'infuori di un color verde vivace, e dopo tanti anni, | persistente anche nel secco, nulla demi di singolare, e appartiene indub- biamente alla specie suddetta. : i È Roma, R. Istituto Botanico. Dicembre 1889. > Uso BRIZI. or guenti : . Potentilla porphyracea Sauter. — Tirolo meridionale Po Bolzano. d ~ P. bolzanensiformis Saut. — Ibi mu - Rosa rubiginella H. Braun. —. Trou Poi - — R. Sauteri H. Braun. — Ibid. "di : eme Kernerianum Freyn. — Pascoli di monte Baldo. cx Cirsium Stonum Porta. — Trentino, Val di Ledro. | X C. Fabianum Porta. — Ibid. X C. Aleutrense Porta. — Ibid. et X Polygonum axillare Rigo. — Cisano, ai confini del Trentine col Veneto. ^ i * RP. Nuova specie di BRYONIA. - ll sig. E. Petit trovava tempo fa in Corsica, vicino allo sbocco del fime Pavaria, una Bryonia, che egli ritenne dapprima vicina alla B. syriaca Boiss. R. P. ra i “Muschi riportati dal Pref. 0. doa. nel suo viaggio in ? Norvogia Vr il Desmatodon arenac eus Sull e Lesq. raccolto al Gud udbransdál, nuova pe e noto soltanto: finora. per. deseri del Nord. . Uso Burt. PICCOLA CRONACA Piccola Cronaca È morto a Trieste il giorno 21 dicembre 1889, il noto Algologo FERDINANDO Havck, nato il 29 aprile 1849. i ; : La Reale Accademia delle Scienze di Berlino ha eletto in questo anno a membri corrispondenti quattro botanici : l’ illustre Prof. FERD. Cony, dell’ Uni- Orto Botanico di versità di Breslavia, il Prof. A. ENGLER, Direttore del R. Berlino, il Prof. GueLteLMO PrEFFER, Direttore dell'Istituto Botanico di Lipsia, ed il Prof. Ep. SrRAsBURGER della Università di Bonn. l Dott. J. JaeGGI, Direttore del Museo Botanico di Zurigo e Docente privato ` ‘di Botanica in quel Politecnico, è stato nominato Professore onorario nello stesso Istituto. Il nostro collaboratore, Dott. A. N. BERLE:E, è stato nominato Professore di Storia Naturale al R. Liceo di Ascoli. el Gennaio decorso è morto Don ALFREDO TRUAN, noto per i suoi studj sulle Diatomee, ch È D al 25 Aprile al 5 Maggio 1890 avrà luogo a Berlino una Esposizione In- ternazionale d'Orticultura, nella quale è concesso pure un posto alla parte scientifica. Si sono costituite le seguenti sezioni: Geografia vegetale, Fisiologia, Morfologia, Organogenia, Istiologia, Micologia, Storia e Letteratura, Botanica Medica, Botanica Tecnica ed Industria e, ed una sezione apposita per gli istrumenti scientifici e metodi speciali d'osservazione. Certamente tale mostra riuscirà interessantissima per tutti i botanici; e facciamo voti perchè anche l’Italia vi sia rappresentata largamente. Per ogni schiarimento occorre indiriz- zarsi al Prof, L, WirrMACK, Berlin N., Invalidenstrasse 42. Il premio DE CANDOLLE è stato aggiudicato al Prof. Franz Bvcnenav di Bremen, per,la sua monografia della famiglia delle Juncaginaceae. Apprendiamo con vivo dolore il decesso avvenuto il 31 dicembre dell’ Illustre botanico francese ERNEST Cosson, membro dell’ Istituto di Francia. Era n nel 1819, e malgrado l età avanzata, tuttora attivissimo negli studj fitografici. . Italiano, una RIUNIONE VITICOLA INTERNAZIONALE, la quale avrà come oggetto principale la lotta contro la Peronospora viticola e le altre malattie della vite, | causate da parassiti vegetali. Nello stesso tempo si terrà un’ ESPOSIZIONE INTER- . s NAZIONALE di apparecchi e. prodotti per la cura contro la Peronospora della Tir | Vite. Numerosi premi, fra cui uno di 1000 lire in oro, sono stati stabiliti per - i migliori apparecchi, Trattati, Atlanti, ecc. ArcaxceLI G. Compendio di Botanica. sificaz one dei peer ad uso dei Es. ee Milano, 1889, : o F. Botanica, conforme alle le- i. Bolus: 1 Pocci GIO E. Nozioni di classificazione ICALLI G. Hans di Botanica e di G. Manuale at Seienze naturali LR delle loro principali applitazioni. Torino, 1890. "owPruro, Fisiologia Sois Amor a aaa Sam ANGELI G. Sall’ datent dei pic- cioli su foglie di Euryale ferox m Giorn, Bot. Hat XXII, onubi del Dracunculus vulga- * pri hot ibid. -92 Lavori Botanici Italiani. BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO ^ | KM eA Lu Bollettino Bibliografico Levi-MorENos A. Sulla distribuzione peristomatica dell’ antocianina in al- cuni Sedum. N. Giorn. Botan. ital. XXII, 1 79. Losacono-Posero M. Del corso dei bu- delli pollinici nella cavità ovarica. Osservazioni sugli ovarii inferi di al- cune Iridacee. Natural. Sicil. A. VII, - BE io pene L. Ricerche preliminari sulle ostanze coloranti delle gemme fo- git del Castagno d'India, N. Giorn. tal. XXII, pictum e suoi pronubi. Ibid., p. 129. Tallofite. 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CHE COSA SIANO HIERACIUM SABAUDUM Linné HIERACIUM SABAUDUM Allioni STUDII CRITICI bu Dow 5 BEDA 1.0 Assistente al R. batt Botanico dell’ Università di Torino . (Con Tav. XIV, XV, XVI). I: | Nallüukoo libro uscito qualche anno fa e che ue Autori (E. BURNAT, A. GREMLI) intitolarono modestamente « Catalogue raisonné des Hie- racium des Alpes Maritimes » a pag. 40 leggesi: « Nous ne connaissons pas le vrai Hieracium Sabaudum tel qu'il a été decrit par Fries, KocH, GRENIER et GopRoN etc., ou du moins nous ne savons séparer du H. boreale les formes spontanées que nous avons vues dans les herbiers sous le nom de H. sabaudum. » Gli serittori di Flore in Italia da ALLIONI ai giorni nostri, e piü spe- cialmente quelli che illustrarono e deserissero la vegetazione spontanea del Piemonte, tutti indistintamente citano il ZZ. Sabaudum L. come pianta comune alla loro area e tutti nel descriverlo, più o memo completa- . mente, si riportano alla forma Linneana delle « Species "—' » ed alla pianta descritta e figurata da ALLIONI (Flor. Ped. tab. 27, fig. 2.) Anche fuori d'Italia la maggior parte degli Autori adottano questa Sinonimia, soltanto alcuni di essi (De CANDOLLE, REICHENBACH) riten- : gono la pianta d’ALLIONI diversa da quella di LINNÉ. 35d scopo di queste brevi osservazioni è è quindi. dirotto a dilucidare le seguenti questioni: i oB Malpighia, anno HI, vol. ul S; BBLLI Enr 1°) A quale specie, crescente in Italia, debbono riferirsi le frasi ed i saggi Linneani di H. Sabaudum? 2°) La pianta descritta e figurata da ALLIONI nella Flora Pedemon- * d : tana col nome di H. Sabaudum è precisamente quella che Lixn de- n scrisse collo stesso nome? ; 3°) La pianta descritta e figurata da Arrrowi col nome di M. Sa- baudum cresce spontanea in Italia ? Nessuno ignora ehe questa dell M. Sabaudum è controversia antica, come a tutti è noto che da Linné in poi il nome di H. Sabaudwm | venne, à seconda di ogni nuova interpretazione, usato a designare piante | disparatissime, poste non solo in gruppi diversi di una stessa sezione ma appartenenti ben anco a sezioni diverse (4). Di pochi nomi toltone forse n sylvaticum, si è fatto uguale strazio nella nomenclatura del Ge- nere, epperò il tornare ancora una volta su questo argomento potrebbe | parere ai più atto temerario, tenuto anche conto di ciò che valentissimi scrittori che trattarono monograficamente il Genere vi perdettero . sopra tempo e fatica non indifferente. di Ma la circostanza di aver potuto con tutto agio studiare i saggi au- tentici dell’ALrIonI conservati nel museo botanico torinese, e quella di possedere una figura autentica del H. Sabaudum Linneano mi hanno messo oggi in condizione di poter forse dire l' ultima parola su di una sinonimia quant'altre mai intraleiata ed oseura. 4) H. Sabaudum Ledeb. FI. Ross. — H. Cydoniaefolium Vill. H. Sabaudum Lest. (in herb.) == H. crocatum Fr. H. Sabauduin Engl. Bot. — H. boreale Fr. H. Sabaudum Gris = H. brevifolium Tausch. M H. Sabaudum Willd. — H. latifolium Sprgl. | d p H. Sabaudum Soleir. — H. provinciale Jord. | D efi : H. Sabaudum Schltdl.— H. tridentatum Fries. Lio H. Sabaudum Gand. lanceolatum = H. vallesiacum Fr. ei H. Sabaudum var. ps Un. ton Cm pyrenticum Jord. ete. ete. CHE COSA SIANO — La maggior parte degli Autori di Flore sostengono che Linné abbia descritto collo stesso nome di M. Sabaudum due specie diverse, l'una nella Flora Suecica p. 274 (1755) e l'altra nelle Species plantarum p. 1131 (1764). Ma quali siano le ragioni ehe hanno potuto condurre gli Autori suddetti a questa conelusione, non mi venne fatto di rin- | praeitati perchè Linné pone senz’ altro fra i sinonimi del H. Sabaudum delle Species plantarum (2* ediz.) quello della Flora Suecica che a (p. 804). Egli è ben vero che le due frasi hanno una oe differenza nel con- . tenuto. Quello della Flora Suecica è il seguente: | Hieracium Sabaudum « Caule erecto. multifloro foliis ovato-lanceo- Jatis, dentatis amplexicaulibus ». Quella delle Species plantarum suona così: : Hieracium "Sabini $ « Caule erecto multifloro foliis De pr dentatis semiam- plexicaulibus. . Queste le frasi Linneane ‘che Linné richiama ET sinonime malgrado | la differenza esistente nelle espressioni - amplexicaulibus e se- miamplexieaulibus. . Fra gli Autori posteriori a Linné e che si | occuparono del Genere, MONNIER (Essai Monogr. sur les Hieracium ete. 1829 p. 38) non ac- cenna che al ZZ. Sabaudum delle « Species plantarum » e non parla di quello della Flora Suecica a foglie amplexicauli. Decanpouze nel Prodromo (Vol. 7 p^ 14 p. 221) accenna al solo H: Sabaudum della « Flora Suecica » dato come sinonimo di un H. affine Tausch di eui ci occuperemo più avanti. DelgZ. Sabaudum delle < Species plantarum » non è fatto cenno, e tuttavolta che l'Autore cita un H. Sabaudum (vedi p. e. sinonimia del H. sylvestre) aggiunge tosto un « non Linn. » ciò che farebbe presupporre la conoscenza del tracciare. Certo non vi conducono le frasi Linneane dei due libri so- sua volta porta già fra i sinonimi quello : della; al * edizione delle Species | sinonimo da ose ma che nel Prodromo 1 mon è messa in chiaro. VIE S o ue esu BELGI Koon (Syn. Fl. Germ. et Helv. p. 529 (1843-1857) ha la seguente sinonimia: H. Sabaudum L. « Flora Suecica — H. boreale Fr. H. Sabaudum L. « Sp. plant. » — H. Sabaudum AM. GRENIER et GopRoN (Fl. d. Fr. II, p. 386. (1850) hanno la stessa si- nonimia di Kocx. Per ReicHENBACH (Icon. Fl. Germ. et Helv. xix p. 87 (1860) ) il Z. Sabaudum della Flora Suecica corrisponderebbe al H. boreale Fr. Quello delle « Species plantarum » invece sarebbe per questo Autore il H. autumnale Gris. e di eui parleremo più avanti. FrIks, finalmente, (Epicrisis Hieraciorum Upsala 1860 p. 127-130) scrive che il M. Sabaudum della Flora Suecica corrisponde al H. go- - ticum od al H. rigidum, mentre quello delle « Species. po » corrisponde al H. Sabaudum All. : Ecco le parole dell'Autore (p. 127): _« Hieracium Sabaudum L. Fl. Suec. certissime neque ad M. Sa- baudum nee ad H. borealem sed ad H. gothicum vel rigidum speétat. rs LINNAEUS numquam Suecicam plantam vidit sed sola Lecnet auctoritate | citavit De hac numquam sit sermo (1). » Come si vede, v'è poca concordanza fra gli Autori nello stabilire le sinonimie dei due M. Sabaudum Linneani: tutt’ al più gli Autori si ac- cordano in massima a ritenere come buona quella del Z. Sabaudum L. delle Species plant. col ZZ. Sabauduin AM. e vedremo che hanno torto. Intanto, come è possibile ritenere con DECANDOLLE esatta la sinonimia . del H. affine col H. Sabaudum L. della Flora Suecica, mentre il primo, posto da Fries fra i sinonimi’ di H. rigidum Hartm., ha foglie tutt altro che amplericauli? Dieasi la stessa cosa per KocH, GRENIER et GODRON. e REICHENBACH È — quali, come più sopra si disse, ritengono H. Sabaudum L. della Flora | Suecica, sinonimo && HM. boreale Fr. Il primo ha, seeondo Linné, gd amplexicauli, il secondo generalmente no. (*) Nell” indue H cun ux dell’ Erbario Normale di Fries (Nov. ed. ]. et 2. Nov. sri: IIT) raccolto in Norvegia (Christiania) sta scritto sul : cartellino: H. Sabaudum Lech. in Linn, Suce. — LiINNAEUS nec vivum nee siccum I vidit, Varo iube auctoritatis est.) : CHE COSA SIANO HIRR: CIUM sasaeta, x nee. Lo stesso ragionamento è da farsi per ki sinonimia adottata da FRIES ‘che cioè il H. Sabaudum della Flora Suecica, debba corrispondere al H. gothicum o rigidum che non hanno foglie amplexieauli. L'Autorità di Fnrgs in materia è di un valore grandissimo nè io pretendo meno- marla con queste osservazioni. Ma con buona venia dell'illustre Hie- _ raciologo le ragioni sulle quali Egli stabilisce la sinonimia più sopra . riferita non mi paiono persuasive pei seguenti motivi: FE) Anzitutto se Linné non vide il H. Sabaudum della Flora | Suecica, pare anche che neppure Fries ne abbia avuto cognizione, avvegnachè essendo tanto il Z. gothicum quanto il H. rigidum a lui ben noti, gli sarebbe stato facil cosa il confronto e l'eliminazione del dubbio che rimane pur sempre espresso in quelle sue parole « H. Sa- baudum L. Fl. Suec....... ad gothiewm vel rigidum spectat ». Per "verità, nell’ Epicrisis non si trova citato nei sinonimi del H. goticum o del H. rigidum il H. Sabaudum L. della Flora Suecica. Vedremo più avanti come Frins abbia dovuto, per forza, riportare il Z. Sabau- dum L. ad altre specie per ristabilire il suo H. boreale. | . 2?) Ammettendo per un momento con Fries che ity avesse de- seritto in Svezia il Z. Sabaudum sulla sola fede del Lecne (1) e non avesse vista la pianta, é supponibile almeno che la frase corrispon- dente gli sia stata data dal Lacne stesso, a meno che non si voglia | supporre che Linné l'abbia inventata. Segdunque Leche, il ga cer- E tusonte vide la pianta, parlo di foglie & Hmm come è possibile supporre che il ZZ. gothicum ed il H. rigidum abbiano a che fare col 4H. Sabaudum L. Fl. Suec.? E certo che la disuguaglianza delle frasi Linneane per una dosi Specie non deve essere stata T ultima. cagione delle innumerevoli con- fusioni avvenute dipoi, non tenendo conto di tutte quelle altre che hanno potuto derivare dalle irregolarità esistenti nell’ Erbario Linneano, am- piamente disquisite nel libro di RICHTER (2). + ed dilucidare - à eem controversia mi si fece innanzi il pensiero che : O Primitive rl. Scand. D., Lunda, typ. Docraun 1744, M Codex Bot. Linn. P XXVI PRE 5 y ; MESA Re S. BELLI \ certamente nell’ Erbario Linneano si sarebbe potuto trovare un saggio autentico di M. Sabaudum dalla cui ispezione si potesse aver lucesu — questa sinonimia. E qui intervenne la cortesia del Sig. Dott. J. Mure, — - Segretario della Linnean Society di Londra, il quale, mi fornì due belle a fotografie dell unico esemplare che col nome di H. Sabaudum si © conservi nell’ Erbario Linneano. Al medesimo sono qui lieto di rendere pubbliche e vivissime grazie. E T Questo esemplare ha uno speciale valore per ciò che sul foglio sul A quale é infissa la pianta sta scritto di pugno di Linné: (come il ee .D. Murie fa notare in apposita postilla dietro la fotografia): H. Sa- | baudum! Più sotto leggesi un’ altra'annotazione dello SMITH, posses- sore dell Erbario Linneano, che dice « H. prenanthoidi affine » (1). 3 ! Il saggio, come si vede (Tav. XIV), non rappresenta ura pianta tropp | completa, né affine al M. prenanthoides; essa appare sia stata mozza i alla metà circa del caule ed un ramo secondario ne tiene il posto; non * mostra foglie amplexicauli come sta scritto nella Flora Suecica; — - invece esse hanno base allargata semi-amplexicaule, come sta seritto ^. nelle Species plantarum. (p. 1131). Le foglie inferiori sono ovato-lan- m ceolate, dentate nei 3/, anteriori con base ristretta non amplexicaule, tal quale insomma come è descritto nella breve frase delle Species. Ora, nessuno che conosca appena quella. proteiforme specie che Fries — chiamò M. boreale esiterà;a riconoscerla nel saggio Linneano! Ondechè risulta evidente | Peur H. Sabaudum L. sp. pl. — H. boreale Fr. (3). : + Messo così in chiaro a che specie corrisponda il HM. Sabaudum L. i IE qu dA ATE (') Per esigenze fototipografiche le due firme autentiche di Linné e di SMITH non poterono essere ritratte e si dovettero quindi sostituire con altro carattere. Le fotografie autentiche, conservate nel Regio Orto Botanico di Torino sono a disposizione dei Botanici. C) Esistono nell’ Erbario CESATI esemplari autentici di Fries che portano il nome di H. Sabaudum L. e che non si saprebbero differenziare da altri dello . stesso Autore portanti la schedula col nome H. boreale!, e nei qyali i caratteri differenziali dati da FrIEs nell Epicrisis fra queste due pretese specie sono - irreperibilht ; "- E. | Flora Suecica, ben inteso trascurando (a torto od a ragione) che Linné li riunisca nella sua sinonimia. yi Non esistendo per questo H. Sabaudum figure o saggi autentici, siamo "ridotti a giudicare dalla sola frase Linneana che gli attribuisce « folia amplexicaulia!» — Ognun vede quanto sia difficile l impresa ed a | quante specie questo carattere sia applicabile. Ad ogni modo, sta il fatto che lo stesso ALLIONI, descrivendo il suo H. Sabaudum della Flora — H. Sabaudum L. delle Species plantarum che porta nella frase « foliis . Semiamplexicaulibus » e non a quello della Flora Suecica. Non è nostra opinione però che il H. Sobaudum FI. Suec. corrisponda piut- -tosto al H. Sabaudum d'Atuioni che a qualunque altra forma % foglie aamplexieauli. Il H. Sabaudum della Flora Suecica ci è completamente = sconosciuto. Ma si vedrà più avanti come ALLIONI abbia citata a torto anche la pianta Linneana delle Species plant., appartenendo il suo H. M Sabaudum della Flora Pedemontana a tutt'altra specie, e rima- nendo pur sempre vero che la citazione errata di ALLIONI, e l'esclu- | sione del Æ. Sabaudum Lineano fatta da Frīzs furono la fonte dell’ ag- grovigliata sinonimia che da quasi cinquant’ anni regna in queste specie, e Dei oggi credo di poter districare. 4. Veniamo ora al secondo quesito suina se cioè H. Sabaudum L. ‘relazione esista fra H. boreale Fr. e H. Sabaudum Allioni. | distinto dal H. Sabaudum sp. pl. riportarono @ torto a quest’ ultima | Specie il H. Sabaudum d’ Allioni. ALLIONI stesso cita, come dicemmo, ingiustamente la specie Linneana. — Due soli Autori, dendo « ogni sinonimia Linneana, ma anch'essi andarono errati. delle Species plant. rimane sempre a far altrettanto per quello della — Pedemontana a foglie amplexicauli, si è riferito, non si capisce perchè, al- à e H. Sabaudum Allioni siano la stessa cosa, 0 od in altre parole quale Gli Autori che seguendo Fries ritennero erroneamente il H. boreale, (DE CANDOLLE e REICHENBACH) riferirono il H. Sabaudum Allioni ad altre specie, ns i 8. BELLI DECANDOLLE l. c. p. 226 riporta il H. Sabaudum di ALLioni al H. Canadense Mich., che non ha à che fare colla pianta d'ArLroNi. Nel H. Sabaudum Al. var. Y villosissimum Monn. lAutore cita qual sinonimo il Zl. Sabaudum alpicolum Q pilosum. Un. itin Essling 1830 (v. s. s.) che secondo FRies spetterebbe in parte al Z. pyrenaicum Jord. (Cfr. Fries Epicr. p. 131). Neppur questa pianta conviene, come ve- dremo, al yero H. Sabaudum All. REICHENBACH (l. c.) figura nella tavola 176 delle Zcones un H. Sa- baudum All. tutto diverso dal vero e dà nella descrizione caratteri che non gli si confanno. Egli scrive infatti: « Foliis infimis spa- thulato-cuneatis ». Nella figura d'Arurowi mancano le foglie infe- riori e quelle dei suoi esemplari seechi non sono spatolato-cuneate. I sinonëmi che REICHENBACH attribuisce al H. Sabaudum All. rive- lano ehe si ha a che fare con altre specie; e sopratutto che Egli non vide la pianta d’ALLIonI. La sinonimia di REICHENBACH pel H. Sabau- dum prova ciò all evidenza. Egli dà per sinonimi il H. brevifolium Tausch. che appartiene alle Umbellata, e H. curvidens Jord. che viene da Fries con tutta ragione riunito al H. boreale. i L'Autore aggiunge queste parole « Hoc (H. Sabaudum All.) non est H. Sabaudum L. nec Fries, sed quum LINNAEUS duas species sub hoc titulo confuderit H. Sabaudum Fl. Suec. = H. boreale Fries, et: H. Sabaudum L. et Fries — H. autumnale Gris., foliis superioribus subcordatis areaque geographica alienissime distinctum, neque una et altera în Sabaudia observatae sint, nomen Allionii planta vere Sa- baudae datum cum Froelichio retineo. » Abbiamo dimostrato più sopra ( p. 438) come il ZZ. boreale Fr. sia la stessa cosa che il H. Sa- baudum L. Sp. pl. Naturalmente quindi questo stesso M. Sabaudum . L. Sp. pl. non può essere il M. autumnale Gris. nè il H. boreale può essere il M. Sabaudum della Flora Suecica che è a noi sconosciuto. Che cosa è dunque il H. autumnale? Probabilmente il vero H. Sa- baudum Allioni! La figura del REICHENBACH (179) conviene abbastanza. bene coi caratteri delle exsiccata d’ALuioni. Diciamo « probabilmente > ks; essendo noi eostretti a giudicare dalla deserizione e dalla figura e non conoscendo « de visu » i saggi di GnisEBACH. Ma come si spiega poi | y à "n * | * che REICHENBACH citi per questo H. aulipinaló Gris. un esemplare di Fries Herb. Norm. V. l. a. b. che non possiede i caratteri dati al Z. | autumnale? RreicuenBacH lo descrive cosi: HM. autumnale Gris...... Foliis in- fimis oblongo-ellipticis, basi tenui sessilibus, reliquis basi cordata ova- | tave sessilibus, omnibus sinuato-dentatis, acutis, pedicellis setosis stellipilibus ac glandipilibus; involucri squamis oblongo ligu- latis obtuse acutis appressis glandipilibus ac «limbo parce stel- lipilibus, acheniis atrorufis. Questi sono precisamente i caratteri che appartengono ai saggi secchi d'ALLIONI; i quali ne possedono però ancora altri non citati da REI- OHENBACH € che fanno, come vedremo in seguito, riunire la pianta di ALLIONI ad un'altra specie — Se è vero dunque che il H. Sabaudum Allioni corrisponde in parte al M. autumnale Gris., a che cosa corrispon- derà il M. Sabaudum All. figurato da RercnensgacH nella tavola 176? | GremLI (Fl. Anal. d. Schweiz. p. 358) scrive che rassomiglia al suo p pseudocorymbosum. Secondo Fries (Epier. p. 128) invece corri- sponderebbe al WH. racemosum W. K. (1) Ma di ciò non occorre per ora occuparci. Rileveremo ancora una lieve inesattezza éonténuté nelle parole di _ReIcHENBACH più sotto riferite cioè che il H. boreale non cresca in Savoia mentre vi & BRA o sparko: cde Anv. Tovv. Hier. Alp. 5. Nell Erbario di ALLIONI, come è à detto. anche dai sn Boa a : GREMLI, esistono sei fogli portanti il nome di H. Sabaudum con undici esemplari. Sette appartengono al H. winbellatum, uno forse al H. lridentatum ed uno al H. boreale. Due altri, i quali anche secondo i Sigg BURNAT et GREMLI, Erh aver servito alla tavola 27 di ALLIONI j E À i E OX D È (!) sinonimo del H. heterospermum Arv. Tou. gli 442 f S. BELLI appartengono al H. symphytaceum Arv. Touv. (1) Vedi Tab. XV). In questi saggi si trovano sulle foglie, massime superiori e lungo il margine di esse dei peli glandulosi abbastanza numerosi, come è scritto nel catalogo dei Sigg. BURNAT et GREMLI (pag. 79 lin. 10). Il sig. BunNAT, che vide nel nostro Museo questi saggi d'ALLIONI, scrisse in proposito a pag. 40 del Catalogo delle Alpi marittime: « Ces échantillons (quelli della figura d’ALLIONI) se rapportent à des varia- tions du H. boreale (des nos vallées du Nord de la chaine), dans lesquelles les écailles des pédoncules sont parfois rares ou réduites à une ou déux, les feuilles caulinaires larges ete. » Evidentemente il Sig. BURNAT non fece un esame minuzioso dei saggi d’ALLIONI, forse perché ripugnava all'estrema sua delicatezza il togliere la benchè minima parte di quegli esemplari preziosi e già abbastanza maltrattati. Così Egli si accontentò dell' esame superficiale che lo con- dusse a ritenere quei saggi quali forme del H. boreale. In caso diverso è indubbio che Egli avrebbe tosto rilevata T eguaglianza di essi col H. symphytaceum che Egli conosce molto bene (2). (*) Fui lungo tempo in dubbio se questi saggi d' ALLIONI fossero da riportare al H. Valesiacum Fr. Arver-Touver ritiene che il H. Sabaudum Gaud. Fl. Helv. sia da riferirsi in parte a questa specie. Ma due caratteri sopratutto mì fecero rigettare assolutamente il H. Valesiacum : gli acheni che nel saggio d'Allioni sono fulvo-chiari, appena rossastri dall’ essiccazione, (mentre nel H. Va- lesiacum sono di solito bruni) e la presenza di numerosi peli glandulosi sul Do riclinio e sui peduncoli, esclusi dall'Arvet-Touvet nel H. Valerianum, (ARVE Touver Hier. Alp. Fr. p. 97-98) C) Qualche anno fa, allorchè io incominciai le mie ricerche sul Z. Sabaudum, quantunque avessi già sottomano il materiale d'Erbario dell’ ALLIONI, pure es- sendomi completamente ignoto il H. symphytaceum dell'Arver-Touvet e le sue — variazioni, io riteneva cogli Autori in generale, che il H. Sabaudum d'ALLIONI fosse una forma di H. boreale Fr — Ma da quell’ epoca in poi il sig. BURNAT mi fu largo di ogni maniera d'aiuti e di consigli nello studio di questo diffi- cilissimo Genere, ed anche il sig. ARVET-TOUVET vi contribui non poco, comu- mcandomi le preziose sue pubblicazioni sui Hieracium delle Alpi Francesi. On- ; dechè, se ho potuto oggi districare questa antichissima sinonimia, il merito è in massim a parte di questi Autori ai quali mi è graditissima soddisfazione il is qui esternare la mia riconoscenza, A ul ana a nani PRA Lente STA ne i $ , 1 Zi CHE COSA SIANO HIERACIUM SABAUDUM, ECC. eium Sabaudum havvene uno preziosissimo cioè quello del « Hiera- cium caule multifloro folioso, foliis lanceolatis, dentatis, den- tibus glandulosis » Scorporı Fl. Carn. p. 391 n. 10 ed. 2. n. 972. . Dunque già ALLIONI stesso aveva osservato le glandule delle foglie? (1) .Sgraziatamente nella Flora Pedemontana non vi è descrizione partico di Linné che ha messo fuori di strada i fitografi. La sinonimia dunque del H. Sabaudum All. va senz'altro così sta- bilita: È H. Sabaudum All. — H. symphytaeeum Arv. Touv. (2). Esso cessa di appartenere, come si credette finora, alle Accipitrine | vere di Koch. poiché il H. Symphytaceum appartiene, secondo Arv. — Touvet, alla sez. Australia, la quale comprende forme che paiono — tenere il mezzo fra le Sabauda e le Italica, polimorfe assai, ora fillo- -pode ora afillopode o pseudofillopode (Cfr. Arv. Touv. Hier. des Alp. Françaises p. 112) e che probabilmente costituiranno, secondo le ultime classificazioni di NAEGELI e PETER (Hierac. Mittel-Europas.) delle forme ae “re . intermedie ed ibridi perduranti. Non si può decidere con piena convinzione se i saggi d'ALLIONI cor- ‘rispondano piuttosto alla forma pseudofillopoda, fillopoda od afillopoda ~ perché mancano le foglie basilari. In uno dei due saggi però la base del caule non deve essere molto lontana dalle foglie esistenti; in questo | caso la disposizione delle foglie rammenterebbe quella del Æ. provin- ciale Jord. spesso pseudofillopodo o fillopodo. Tutti gli altri caratteri - dati dall’Arver-Touver pel H. symphytaceum vi sono chiaramente e- €) Moxxm 1. c. riferisce a torto questa stessa pianta di Scoroi al H. bo- reale, mentre riporta il H. Sabaudum d'Allioni alla forma 8 pilosum dell'H. Sabaudum della sua monografia. (Confr. Essai ete. p. 39). 9) Action cita ‘anche nella sua sinonimia del H. Sabaudum _Icones Taurinenses. Quella del vol. XI (tab. 108) rappresenta il H. boreale Fr.; quello del vol. XIV (tab. 46) rappresenta il H. prenanthoides od una forma di esso. — La fig. XIV del Guen FI. Sibir. vo al H. umbellatum L. "f Ma nel libro d’ALLIonI e fra i sinonimi che egli cita pel suo Hiera- lareggiata del M. Sabaudum, ma solo la sinonimia colla citazione erronea wm due figure delle l. Il appartiene probabilmente { S. BELLI spressi (v. tab. XVI) sopratutto la differenza di colore delle due pa- gine e la loro forma, la glandolusità del periclinio che porta pure peli stellati e peli lunghi scarsi, la glandulosità dei peduncoli, gli stili nerissimi riconoscibilissimi in boccio (1), e finalmente gli achenii giallo-rossastri, ed il ricettacolo dentato-fibrilloso (2). Quanto alle membra vegetative i saggi d’ALLIONI sono da riportarsi alla forma b. evolutum di Arv. Touv. (del H. symphytaceum). I saggi d’ALLIONI non portano cartellini con indicazione di località, ma nella Flora Pedemontana vol. 1. p. 218 la località del Zl. Sabaudum non infrequens praesertim in Sabaudia atque similibuslocis in monte Vesulo. » Il H. symphytaceum è pure incola della Savoia e delle Alpi marit- time (Confr. Arv. Touv. Hier. des Alp. Fr. p. 113). Nei colli Torinesi -è raro ma non del tutto mancante (Confr. Malpighia 1888, Fase. VII- VII p. 342. Addenda ad FI. It. I sigg. BunNAT e GnEMLI Cat. alp. mariti. p. 78) tendono a riu- . nire il M. syimphytaceum Arv. Touv. quale varietà al H. provinciale Jord. Non è nello scopo di queste osservazioni il discutere le ragioni che possono avvalorare questa loro opinione; d'altro canto esse sono abbastanza svolte nel libro del sig. BunNAT. Ma siecome i saggi d'Ar- LIONI, massime per la glandulosità delle foglie al margine, corrispon- dono ad alcuni saggi sicuri di H. symphytaceum trovati. dal Prof. DeLPONTE nei colli di Mombaruzzo (Alessandria), così io riportai il Æ. Sabaudum d’ALLIoNI ad essi ritenendo il solo nome di H. s fran e ponendo il Z. provinciale con un ? nella sinonimia (3). I saggi d’ALLIonI pel carattere delle foglie glandulose ai margine si avvicinano al H. polyadenum Arv. Touv. () Confr. le mie osservazioni sulla colorazione degli stili nel G. Hieracium, ` Malpighia anno IH, . (*) Le ligule delle celo nei saggi d'ALLIONI, su di uno stesso capolino sono ora ciliolate ed ora no. Vennero esaminate corolle ancora in boccio. C) Nella rassegna dei Hieracium delle Alpi Francesi di Arver TouvET (pa- gina 113), il A. provinciale = = H. heterospermum Arv, Touv, | VERO © MALI è così indicata « In pascuis montanis et locis lapidosis ad vias dr XR 12 y np PR, Ce NES su RIA AL ce eS ML uw MES re nc JS Da 6. i + Gli Autori che hanno descritto il H. boreale Fries ed il H. Sabau- dum Allioni riportandolo erroneamente alla forma Linneana delle Species plantarum lasciano intravvedere dalle loro descrizioni una certa neces- | sità di differenziare queste due loro pretese specie che ora andrò a spie- gare. Essi hanno scambiato per H. Sabaudum Al. una forma di H. boreale non infrequente col tipo e che ha una superficiale rassomi- glianza eol vero H. Sabaudum Allioni (!). La prova di fatto l'abbiamo nell’ Erbario di FnrEs dove, con diverso nome di H. boreale e di H. Sabaudum All. abbiamo trovato saggi indifferenziabili in tutto (vedi pag. 8 in nota) all' infuori ehe per le foglie superiori un po' piü larghe, . amplexicauli alla base, e pei capolini leggermente più grandi. Questo preteso IH. Sabaudum All. presenta anche il carattere curioso di non |. annerire le squame del perielinio essiccando; talvolta presenta qualche raro pelo glanduloso sui peduncoli e sulle squame e gli stili giallognoli già fino dal boccio re Burn. et Gr. Cat. Alp. Mar. p. XXXV). | A questa forma sono da riferirsi i H. Sabaudum Allioni di Kocu, GRENIER et Gopron, FRIES, BERTOLONI, ÜARUEL, ARCANGELI, CESATI, .. PassERINL e GiBELLI, di Arver Touver ete. ete., di tutti insomma gli Autori in generale, che danno, erroneamente seguendo Fries, la sino- nimia di ALrioni. Un'altra prova che le due specie Æ. boreale Fr. e H. Sabaudum degli Autori in genere sono forme (variazioni) di una stessa specie (H. boreale) si deduce, come più sopra si disse, dal continuo sforzarsi degli Autori stessi a differenziarli. Kocu, infatti, (Syn. II, p. 529) scrive: « H. boreale mire vati ut H. umbellatum, et ab antecedente (JJ. Sabaudum) et a subsequentibus _duobus (H. rigidum Harten et H. umbellatum) saepe vix distinguen- dum; in campis vero et in sylvis minus difficilia sunt. Differt H. bo- ————— | 0 È live: de nessuno o degli Autori nominati abbia vite o per lo meno pm i saggi d ALLIONI. ee S | 8. BELLI reale a H. Sabaudo foliis superioribus ovatis quidem sed inferioribus vulgo lanceolatis, pedunculis longioribus sub capitulo evidentius incras- satis ut plurimum squamis pluribus adspersis, capitulis dimidio fere an- gustioribus ob peduneulum incrassatum basi rotundo-ovatis neque re- tusis, stigmatibus saturatius liventibus (!) An nihilominus varietas? Occurrunt specimina H. borealis foliis lato-ovatis quae saltem in herbariis vix a H. Sabaudo distinguenda sunt. E questo e il caso dell Erbario di Fries più sopra citato. GRENIER et GobRow l. e. quantunque ritengano il H. Sabaudum im- possibile a riunirsi al H. boreale, osservano che gli è « vicinissimo, » Ma ritenendo poi che il tipo del ZZ. Sabaudum sia il H. depauperatum | Jord. non si accorgono che questo Z. depauperatum non è altro se non il H. boreale stesso! Per verità i caratteri differenziali fra H. de- pauperatum Jord. e H. Sabaudum sono gli stessi ehe fra H. boreale — Fr. e H. Sabaudum. Eccoli: H. depauperatum diffère du H. Sabau- - dum par « ses calathides un peu plus allongées et plus ovales à la base; par ses feuilles caulinaires inf. rapprochées en fausse rosètte ce qui ne s'observe pas dans la plante d'Upsal. » i E pel H. boreale: « Feuilles.... caulinaires inférieures souvent en fausse rosette. Calathides en aaa étroit, subracémiforme ou étroitement panieule ete. » Dunque Z. depauperatum Jord = H. boreale Fries. Come dunque sì può prendere per tipo del Z. Sabaudum il H. boreale stesso, che si dice prima impossibile ad essergli riunito? FmrEs stesso (Epicr. p. 131) aveva già rilevato che la citazione del H. depauperatum nel H. Sabauduin era inesatta. Difatti Egli scrive: « Omnino aliud habet — GRENIER sub ZH. Sabaudo citans (23). " Tralascio per brevità di citare altri Autori che deserivendo queste () A proposito S colorazione degli stili confronta: Osservas. su alcuni — caratt. differens. nel G. Hieracium S. Berii. Malpighia Anno Ill, p. 134 (Ê) ARVET- torna Di Alp. Fr. p. 98) ritiene questo H. depauperatum Jord. sinonimo di H. valesiacum Fries, ma non possiamo valutare le ragioni che - gli fanno adottare questa sinonimia. Al postutto il H. Sabawdume di GR. jue x non corrisponde quanto a descrizione col E. valesiacum di AREET-TOUVET. — — CHE COSA Pres HIERACIUM SABAUDIA, roc. E oies specie ne rivelano la prossimità coi caratteri differenziali di lieve momento. Riporterò solo per ultimo alcuni caratteri coi quali lo stesso FRies cerca stabilire la differenza tra H. boreale e H. Sa- . pren L. erroneamente attribuito alla figura d’ALLioni: H. Sabau- dum: « Species a sequente distinetissima (a H. boreali) locis apricis caule, involucris pubescentibus apice, et saepe foliis rubentibus facil- | lime distincta. » Non crediamo che sia possibile distinguere il H. Decine specifica- mente da questa sua forma a foglie più grandi e semiamplexicauli ete. - (H. Sabaudum Auct. non L. Sp. pl.) pel color rosseggiante del caule, - delle foglie e delle squame del periclinio. Noi possediamo in Erbario una quantità di forme tipiehe di Z. boreale che mostrano questo carattere. Se due specie si dovessero dire « facillime distinguenda » | per tali note, in verità tutte le specie state stralciate dall’ illustre JORDAN dal H. boreale coi nomi di H. occitanicum, rigens , rigidulum, ` serum , subhirsutum, subreclum, subsalsum, vagum, virgultorum, Taurinense, eic. éte. e ricacciatevi dal FRIES, dovrebbero con altret- . tanta ragione essere mantenute. Riassumendo adunque: la forma che darne si ritiene dagli Autori per H. Sabaudum Allioni non è che una forma di H. boreale a foglie più grandi amplexicauli ete., il vero H. Sabaudum Allioni è il M. symphytaceum A. T. Era naturale_che FRIES, per poter die un nome nuovo alla pianta che Egli aveva, e con ragione, riconosciuta più sparsa. in Europa, do- vesse riportare il H. Sabaudum di Linné (Flora Suec. e Sp. pl. ad altre forme; cid che Egli fece riportando il Z. Sabaudum della Flora Suecica al H. gothieum od al H. rigidum ed il Z. Sabaudum delle pecies plantarum al H. Sabaudum Allioni, ehe è tutt'altra cosa. LixNÉ ebbe sott'occhio nel H. Sabaudum delle Species pl. la pianta che uttora si conserva nel suo Erbario col nome di H. Sabaudum, cioè il H. boreale Fr., la quale è la più sparsa in Germania, e non la forma d’ALLioni che è propria delle regioni austro-occidentali. (Confr. Kock Syn. II, p. 529, lin. 46, et ARV. Tovv. Hieracium des Alp. Fr. p. 112). Quindi al solo H. boreale Liam la sinonimia di H. Sabaudum Sp. P SaL * à, t Oggidi il nome di H. boreale Fries è quasi universalmente ammesso nelle Flore, e dopo tutto ha il merito di esprimere e caratterizzare la pianta che chiamata da Linné H. Sabaudum (sp. pl.) è più comune- mente sparsa in Europa. Invece il nome di H. Sabaudum, in grazia. alle contraddizioni contenute nell’ Erbario di Fries, alla errata si- nonimia d'ALLIONI, ed al non esser conosciuti de visu i suoi saggi, rappresenta oggidì nelle Flore qualche cosa come un ZÆieracium | Araba Fenice! Esso, conservato nelle Flore accanto al H. boreale Fr., è diventato un essere ipotetico, ‘ scritto per abitudine nei cata- loghi al quale si assegnano aree, località e caratteri differenziali ir- reperibili (1). Oggi, poichè credo di aver messo in chiaro che il Z. Sabaudum di Sp. pl. é la stessa cosa del-Z. boreale Fr., e poichè esiste nell’ Erbárió. ; Linneano un saggio autentico firmato da LINNE stesso corrispon- | dente alla sua frase delle Species plant.. e rappresentante benissimo | il H. boreale pubblicato da Fries nell’ Erbario normale, sarebbe fuori luogo il mantenere distinte due specie che nòn debbono più - esserlo. Che poi in omaggio alla priorità si adotti il nome Linneano, . o in omaggio alla memoria dell’ illustre Hieraciologo, quello di FRIES - poco monta: l' essenziale è che questi due nomi non compaiano più nelle Flore a significare cose diverse. Concludendo ora risponderò alle questioni che formarono oggetto di questa nota e che vennero formolate al principio di essa, domandando. À venia ai benevoli Lettori se la mia esposizione fu alquanto prolissa in ragione dell intricata matassa sinonimiea da svolgere. 1°) La pianta descritta da Linné col nome di Hieracium Sabaudum. nelle Species plantarum p. 1131 ed esistente tuttora nel suo Erbario x è il H. boreale Fr., e non il H. Sabaudum Alioni. 2°) La pianta figurata da ALLIoNI col nome di H. Saba dum nella: Flora Pedemontana (Tab. 27, fig. 2) e da Lui erroneamente Hi () GremLI (Flora Analyt. der Schweiz. p. 359) indica il H. Sabaudia « prés. de Coire, Neufchátel, Berne, Bâle, aggiungendo: Nous n'en avons vu. que des Jana cultivés ». du b al H. Sabaudum L. Spectr pinika (cono fecero dipoi quasi tutti SN gli Autori), è il H. symphytaceum Arv. Touv.! io | : 3°) La pianta d’ALLionI, col nome di M. Sabaudum L., cioè il H. symphytaceum Arv. Touv., cresce spontanea in Italia, (oltrechè nelle località citate dall'ArLionI) nelle Alpi Marittime (confr. Burx. et Gr. Cat. Alp. Marit. p. 39), nei colli Torinesi, nei colli dell’ Appennino is p Ligure (BELLI) e nei colli Alessandrini (Mombaruzzo, Prof. PRETONA) $ La sinonimia quindi di queste specie va così stabilita: H. Sabaudum L. herb. et Sp. pl p. H3If— H boreale Fries et Auct. fere omn.! (Vedi Tavola XIV). - H. Sabaudum Allioni. herb. et Fl. Ped. tab. 27 fig. = i. sym- hytaceum Arvet Touv. (Vedi Tavola XV e XVI). Syn. H. autumnale Gris.? + H. provinciale Jord.? x - Da Istituto Botanico dell Università : ; i = di Torino — 11 Gennaio 1890. ii ; “Dr S, BELLI; ERBARII COMPULSATI. | ou — Balbis — Biroli — Bellardi — Colla — Erb. Generale (i no Erbario Rosellini — Erbario Delponte _ bli —- Malinverni | s (cogli Autentiei di Sehultz Bip) — Cesati (cogli Autentici di Schultz —.— ; peo i ( $ TAVOLA XIV (metà. del vero). di E È Hieracium Sabaudum L. (autentico). n A Da una para dell’ unico — esi tie Erbario (Aänbanð firmato TAVOLA XV (metà del vero). TX Hieracium Sabaudum Allioni - us (= E Sumnpiiytaceun pere ei i i un è saggio raccolto lall'Aut quem nell Er I Erbario jo Mini. : » Moipigni, anno Um, vol. "Lc | TAVOLA XVI. |... Hieracium Sabaudum Allioni. . (Dettagli tolti dal saggio della tav. XV). na Capolino giovane. Ste — Porzione di peduncolo fiorale. op 1 eum Rod x e 20 us Se. (circa 5 * hi de Intorno agli elementi speciali della GLYCINE SINENSIS. M^ Nota del Dott. Baccarini PASQUALE. (Con Tav. XVIL ). a L' appareechio secretore interno delle Leguminose, quantunque preso ripetutamente ad oggetto di studio, è ancora lungi dall'essere conosciuto con sufficiente esattezza, cosicchè non saranno fuori. di luogo le se guenti osservazioni sulle cellule e sui tubi speciali della re sinensis. Esaminando al microscopio delle sezioni condotte attraverso i meritalli dei giovani tralci di Glycine, si avvertono sparsi, quà e là in mezzo ai tessuti del midollo, del libro molle. e della corteccia ( Tav. XVII, fig. 6) numerosi elementi che per le loro dimensioni e pel contenuto si discostano notevolmente dalle cellule. vicine. La loro dispersione nel corpo della pianta e talune proprietà rieordano davvicino i noti ser- batoi tanniferi e gommosi di molte leguminose, senza per altro ehe vi si possano identificare. Si tratta infatti di cellule giganti e di tubi contenenti, talvolta in tale abbondanza da esserne pieni, una sostanza semifluida, ialina, densa, omogenea in tutta la sua massa € discretamente brillante, la | quale non deriva da alterazioni della membrana cellulare. . Le particolarità di questi elementi non si possono determinare sul fresco che con qualche difficoltà , sia per la omogeneità del contenuto, sia perchè le sezioni grosse son troppo opache e le sottili molto di rado ne presentano qualeuno perfettamente intatto: ma si riesce invece molto più facilmente a porle in evidenza valendosi di materiale fissato coll’ alcool, coll’ acido picrieo o coll’ acqua bollente. - ‘Taluni, e specialmente quelli. immersi nel libro, hanno la forma di lunghi tubi cilindrici , terminati. a poe ottuse ed oblique, lunghi È dat 7^7! PASQUALE BACCARINI talvolta un terzo o- metà dell internodio e larghi due o tre volte gli elementi vicini (Tav. XVII, fig. 1 e 2), di rado solitarii, più spesso. aggruppati a due, tre o quattro assieme e costantemente mus in serie continue. Altri elementi che abbondano principalmente nel midollo dei gio- vani rami hanno forma parenchimatica, colle pareti trasverse oriz- zontali e sono talvolta ‘isolati, più spesso riuniti in brevi serie di quattro a cinque ciascuna e molto di rado più lunghe. Al termine dello allungamento del meritallo le dimensioni loro di poco si allonta- nano da quelle delle cellule normali; ma negli stadii anteriori pre- sentano costantemente delle dimensioni molto maggiori, perchè il loro lule vicine. Queste due sorta di tubi lunghi e brevi furono già avvertiti dal ihent nella Glycine e considerati come serbatoi tanniferi, nè che io mi sappia altri se ne è poscia occupato cercando di confermare e completare le osservazioni di quell’ illustre botanico (1). Oltre di queste però altre cellule speciali si trovano sparse nella corteccia dei giovani rami, nei tessuti periferici delle nervature foliari e nel diachima della lamina foliare stessa, i quali presentano per earat- tere costante di avere delle dimensioni maggiori che le cellule vicine, i sviluppo e la loro Dean è molto più rapida che nelle cels ed un contenuto che reagisce alla maniera degli elementi tubulosi del | cilindro centrale. Differiscono da questi sia per la diversa loro posi- zione, sia per la specializzazione meno perfetta e perchè la loro fun- « zione di serbatoi proprii è soltanto temporanea e transitoria, In tutti però la membrana cellulare è perfettamente ialina, Jiscia, omogenea, priva di pori e di sculture speciali, e solo di rado debol- mente stratificata, come qualche volta ad es., nei tratti di separa- zione tra le commessure di due tubi sovrapposti; e coi reattivi della cellulosa (Clorojoduro di Zinco, Clorojoduro di Calce, Acido Fosforico ') A. TRÉ ES VII, 186667, pe ~ Birne sur los. vaisseau latici fires E Adansonia y pesi 113. € SPECIALI DELLA < GLYCINE SINENSIS cx pr 453 _jodato) reagisce ala maniera delle membrane cellulosiche. Sembra anche che il contenuto eserciti sopra di essa una forte pressione di- stendendola e modellandola esattamente sulle pareti delle cellule vi- cine, in modo che se queste sieno debolmente turgescenti, sporge nel loro interno. Le proprietà e le apparenze del contenuto invece variano alquanto a seconda che l'elemento preso in esame, sia definitivo o transitorio, ed a seconda che si osserva sul fresco o fissato con qualche reattivo. Il contenuto dei tubi lunghi o corti del cilindro centrale osservato sul fresco, in glicerina concentrata, o nell’ acido pierieo, ha nel suo stadio definitivo I aspetto di una sostanza molle, ialina, omogenea, priva di granulazioni ed addossata alle pareti dalla cellula che riempie non di rado del tutto. Il centro della cellula o del tubo è spesso i'osdupalo da una o più | grosse cavità a contorno tondeggiante, e ripiene di un liquido lim- pido ed incoloro. Questi vacui, non sempre ben visibili nel fresco, lo divengono meglio trattando i preparati colla glicerina concentrata e coll’ acido pierico, ed anche valendosi per le sezioni di rami in riposo, perchè nei tralci in vegetazione non presentano alla loro periferia, come le vere va- cuole, un contorno netto, ma si vanno invece confondendo gradata- mente colla sostanza nella quale si trovano immersi. Anche gli altri organi cellulari, come nucleo, eromatofori o strato protoplasmico ben definito, mancano a questi tubi del cilindro centrale, od almeno non si riesce a porli in evidenza neppure coll aiuto degli opportuni reat- tivi: si nota solo qua e là qualche punto nel quale l’ assorbimento delle sostanze coloranti avviene più intenso; ma anche questi punti mancano di una forma definita, ed alla periferia si perdono insensibil- mente nel resto della sostanza. Si può quindi ammettere che in questi | elementi la specializzazione ha raggiunto il massimo grado portando con sé la disgregazione della struttura cellulare. . . Neppure i tentativi di. porre in evidenza una qualehe organizzazione di tale sostanza coll’ aiuto dell’acqua bollente e dell alcool, danno buoni 5 risultati, poichè r se bollente intorbida il contenuto dei tubi ren- An p E Ly EASQUALS BACCARINI - dendolo opaco e finamente granuloso , e l'aleool lo coarta ed irrigi- x disce lasciandolo omogeneo e comunieandogli delle forme variabili e 4 i bizzarre. Nella maggior parte dei casi, infatti, tale sostanza (special ; mente se non riempie il tubo per intiero) prende l'aspetto di una . massa brillante, adossata alla parete cellulare, donde spinge verso l'in- E terno dei rami ora grossi, bernoccoluti e di aspetto coralloide, ora fini, e dendritiei e fittamente intrecciati (Tav. XVII, fig. 2). Tt — Tali trabecolature artificiali ricordano così molto davvicino quelli d tutta altra natura che si formano in seguito ad un processo naturale - nelle cellule dei tegumenti seminali del genere Tilia (1). Anche il con- - — tenuto dei tubi. intorbidato coll’ acqua bollente si comporta di fronte - all’ alcool nella stessa maniera, coartandosi e diventando omogeneo, — brillante e trabecolato. E pure notevole che a lufigo andare l'alcool determina nel materiale che vi si conserva una lenta e graduale co- È lorazione del contenuto, il quale da ialino finisce i diventare gial- liccio e tavolta res E T | Alquanto diversa è la nba degli venons transitori, poichè _ quatunque presentino ancora colla massima nettezza le reazioni proprie | dei precedenti, conservano sempre intatta o debolmente alterata la struttura cellulare, ed anzi, ad un dato momento, tornano ad assumere - integralmente le proprietà e le funzioni di cellule normali. Essi a possono, come si è già detto, distinguere in due gruppi principali, e : cioè quelli della lamina foliare e quelli della corteccia primaria dep - fusto, ; I primi si incontrano nei due piani di cellule immediatamente ipo- dermici delle folioline non ancora distese, hanno un diametro trasverso doppio allo i incirca di quello delle cellule vicine, e formano dei piccoli gruppi nei quali, le pareti laterali interne, sono diritte, e le periferiche invece curve e sporgenti nel cavo delle cellule vicine, il che testimo- - | nio del loro forte turgore (Tav. XVII, fig. 3). Lo strato protoplasmieo — | vi appare molto n rues ed omogeneo che nelle en = (00 X eee. Sullo sviluppo e sulla dada dei Tegun. s sem. de ge Tilia. N. a Bot, Ital. Vol. XVIL, TA: XXXI noroiali, le briglie fai vi sono Di grosse, il uni ed i eromatofori invece più minuti e men numerosi. L' aequa bollente in- torbida alquanto il protoplasma , T alcool lo rende rigido e brillante senza determinarvi le bizzarre ramificazioni caratteristiche dei tubi del cilindro centrale. A misura però che si avvicina il momento nel quale la lamina si dovrà distendere, anche la velocità di accrescimento delle cellule normali che attorniano gli idioblasti si accentua sino ad e. contemporaneamente in questi lo strato e il nucleo s' ingrossa, i cro- uguagliarne il volume, le briglie protoplasmiche si assottigliano, matofori crescono e si moltiplicano, € le reazioni speciali a poco à poco svaniscono, c cosicchè a lamina foliare distesa, nessuna distinzione sarà più possibile tra gli antichi idioblasti e le cellule vicine. Fenomeni simili presentano i serbatoi transitorii della corteccia dei giovani rami liari; in essi pure, durant matofori ed il nueleo subiscono una notevole riduzione in volume, ma ando, l'accumularsi e il periodo della loro specializzazione, i cro- la struttura cellulare si mantiene intatta, anche qu della secrezione speciale. la maschera e nasconde; cosicchè subiscono ad es. la stessa trasformazione i lule vicine. - | Quando i tessuti corticali hanno assunti i caratteri pro . lenchima, gli idioblasti hanno dimensioni uguali agli altri elementi , mentre negli stadii di sviluppo antecedente le avevano molto mag- quando a spese di questo collenchima andrà ad prii del col- giori, e più tardi, organizzarsi il fellogeno, - trasformeranno anche essi in elementi fellogenici (1). merse piuttosto a lungo nella soluzione di zucchero. Coll acido nitrico prende una colorazione gialla che va, secondo i easi, dal paglierino al giallo marrone. Col reattivo del Trommer, preparato secondo i dati del Poulsen (!) e col liquore del Fehling acquista nei tubi fissati per mezzo dell' aequa bollente o dell’ alcool una colorazione rosso-mattone, ed in quelli pre- parati dal fresco s'intorbida per un fine precipitato rosastro. | . Col bieromato di Potassa si colora all istante in rancione cupo. Col Percloruro di Ferro si colora rapidamente in bleu. Coll acetato di Ferro si colora con uguale prontezza in violetto. | Colla potassa si colora in gialloruggine senza venirne rigonfiato e disciolto, neppure a caldo dopo un'azione molto prolungata. L'acido cloridrico, solforico ed acetico, diluiti o concentrati, non mi hanno presentata mai una azione speciale. ; Delle diverse sostanze coloranti il violetto di Hanstei enuto dei tubi e delle cellule speciali e vi se concentrato, rosso mattone, n viene assor- bito intensamente dal cont “determina una colorazione violacea, invece se diluito: le soluzioni aleooliche ed acquose di Saffranina vi orazione rosso-violacea: il bruno di Bismark e il carminio di Beales determinano una col di Vesuvina una colorazione rancione scura, una colorazione variabile dal rosso al bruno cupo. Il carminio di Grenacher, le soluzioni alcooliche ed acquose di Corallina, Eosina e Fuesina, il Verde di metile, la Tropacolina , la Picronigrosina, ed il Picrobleu d'anilina non vengono assorbiti 0 lo vengono solo in modo poco notevole. r Le reazioni microchimiche sopraenum contenuto dei tubi sia formato da una miscela di varie sostanze (?), erate lasciano arguire che il 1 (1) Poursex — Port, — Microchimica vegetale. — Roma, 1831, p. 29. = () L'opinione che il Prof. De Bary (vedi l.c. aveva già emessa in propo-, sito, che cioè in molti ‘serbatoi ‘tanniferi il contenuto non fosse costituito da - solo tapnino è cosi pienamente confermata. : pt ue x : x * € s * p i ý La PASQUALE BACCARINI delle quali però e pei caratteri chimici e per dili anatomiei mi sembrano da escludere le materie pectiche, le mucilaggini, le gomme od altri derivati della cellulosa. Invece molto significativa mi sembra l' azione del reattivo del Myllon, di quello del Raspail, dell’ acido nitrico e dell’acqua bollente, e tale da accennare indubbiamente alla esistenza di una sostanza oee tra i costituenti di questa singolare miscela. È pure notevole lo svolgimento di -bollicine gasose che $ avverte - col reattivo del Millon, svolgimento di gas che d'altra parte non vien provocato nè dallo acido nitrico, né dagli altri acidi minerali ed : organici sperimentati, quali ad es. il solforico, il cloridrico, il fosforico e l acetico. Si potrebbe forse supporre che le materie proteiche dei tubi sieno in parte alterate e sdoppiate in amidi, sulle quali l anidride introsa del reattivo agirebbe mettendo in libertà l’ azoto. Però questa è finora una semplice e pura supposizione, che può forse venir suf- fragata dalla disorganizzaziône della struttura cellulare caratteristica per questi elementi, ma che non riposa sopra alcun dato preciso. > I liquori del Trómmer e del Fehling mettono in evidenza delle quantità di glucosio che in certi easi non debbono essere lievi a giu- dicarne dalla intensità della reazione. I sali di Ferro, il bieromato di Potassa -ed il violetto di Hanstein diluito accennano alla presenza di sostanze tanniche. i La consociazione di un tannino colle materie albuminoidi mi ha naturalmente colpito, ma la reazione è così rapida ed intensa, anche sul materiale fresco, che non è possibile aleun dubbio. Quali di queste sostanze che si riconoscono con sicurezza nel con- tenuto dei tubi sia la prevalente, e se esse sieno le sole io non saprei s dire, solo arguisco che la quantità di tannino non sia notevole dal . non annerirsi dei rasoi durante la preparazione delle sezioni, anche quando se ne eseguiscono buon numero colla stessa lama: ma d altra parte questo tannino deve essere molto tenacemente fissato nella massa ` dei tubi, poichè anche nei rami conservati da oltre tre anni nell’ alcool - (alcool che venne durante questo periodo di tempo rinnovato più volte) non ho avvertita alcuna diminuzione nella intensità della reazione. ELEMENTI SPECIALI DELLA « GLYCINE SINENSIS > - Ti: CA Questi serbatoi sieno essi tubulosi od isodiametrici, isolati o riuniti in serie, definitivi 0 transitori, si formano tutti molto di buon ora, ‘e si possono già distinguere ben caratterizzati nella regione procam- biale dei giovani rami. Primi ad avvertirsi sono gli elementi tubulosi del cilindro centrale, ‘i quali compaiono poco al disotto dell’ apice vegetativo e si mostrano nel procambio disposti in due serie concentriche che segnano i limiti interno ed esterno della zona legnosa non ancora formata. Hanno allora riche o più di rado discoidali, . forma di grandi cellule cilindriche isodiamet e cellule vicine molte volte più larghe e due o tre volte più lunghe dell i; (Tav. XVII fig. 5), il che attesta che la loro- velocità di accrescimento i è molto più forte che in queste, e più grande in senso trasverso che per il lungo. Solo più tardi dell allungamento del meritallo si allungheranno e gneranno eosi la forma di eorti cilindri sovrapposti in serie continue. e contemporaneamente all accentuarsi sse pure, e guada- e separati da sottili tramezzi orizzontali. ni esteriori altre ne suecedono Di pari passo eon queste modificazio buon ora la facoltà di - allo interno; il protoplasma acquista molto di reagire nel modo sopraindieato, ed aumenta gradatamente di spessore, ` mentre i cromatofori scompaiono ed il nucleo non segue in eguali e altre parti della cellula o si riduce. a linea netta di separazione o cellulare; poi anche proporzioni r ingrandimento dell Per un certo tratto si avverte ancora un tra lo spesso protoplasma parietale ed il suce e scompare e la cellula puo consider le membrane comuni ad un certo numero andate continuamente assottigliando, enuto, ed a questo momento - questa delimitazion arsi già disor- È ganizzatà e morta. Intanto di cellule sovrapposte si erano quasi schiacciate dalla pressione del cont si-rompono in un punto qualunque della loro superficie (Tav. XVII, razione a poco a poco S allarga, i brandelli del ed i contenuti si fondono in una massa ‘di un unico tubo, la lunghezza del sesi assieme. La scomparsa ichè, se in taluni _ fig. 5a), poi la perfo | diaframma si riassorbono, sola, dando luogo alla formazione quale dipende dal numero delle cellule fu el nucleo precede o segue di poco tale fusione, po i non si avverte più traccia di nucleo nelle cellule ancora distinte» PASQUALE BACCARINI in altri si possono osservare per qualche tratto, con sufficiente esat- tezza, dei.tubi polinucleati. Questi tubi del cilindro centrale, vanno quindi eonsiderati, non come elementi semplici, ma come il prodotto della fusione in un organo solo di un certo numero di cellule sovrap- poste (1). Una volta costituitisi possono ancora crescere alquanto in lunghezza, perchè il contenuto preme sulle pareti, e favorito dall'al- lungamento del ramo, le distende specialmente nel senso longitudinale, cosicchè l estremità di un tubo sale o discende per un certo tratto sui lati del tubo vicino, e le pareti di separazione da orizzontali diven- gono oblique (Tav. XVII, fig. 2 a). Gli elementi speciali del midollo hanno la stessa origine dei sopra- deseritti e presentano gli stessi fenomeni; soltanto la loro differenza- zi zione delle cellule vicine comincia alquanto più tardi, il loro raggrup- s pamento in serie é meno regolare e costante, e la fusione in un solo - elemento avviene tra un minor numero di cellule sovrapposte , o non avviene affatto. . Questi tubi dei fasci fiorovascolari e del midollo attraversano le fasi sopraindicate con notevole rapidità, cosicchè raggiungono la struttura definitiva molto prima che gli altri elementi dei tessuti nei quali si trovano. : om Gli idioblasti transitorii si sviluppano alquanto più tardi e si av- vertono nelle folioline e nella corteccia dei rami solo al momento nel quale i giovani internodii entrano nella. fase di attivo allungamento; ; sono caratteristici per questo periodo di sviluppo e scompaiono del ^ tutto quando la lamina foliare si distende e nel ramo s' iniziano le . formazioni secondarie della’ corteccia. Sd Sono costantemente formati ciascuno da una cellula sola, e si distin- guono, come si è già detto, per Je dimensioni dapprima superiori. a ` ce delle cellule - vicine, per l omogeneità e le reazioni del prote x (!) Queis fatto non manca di importanza ove si consideri che in i amas gli autori considerano i serbatoi tanniferi delle Leguminose e de Sambuco come cellule molto meer Vedi ad es. HABERLANDT Physiologische Mese anatomie p. 336 ed A. De Banr, viensis Anatomie, ece. p. ELEMENTI SPECIALI DELLA « GLYCINE SINENSIS » plasma e per la costante riduzione dei eromatofori e del nueleo; non perdono però mai le proprietà e le funzioni di cellule vive, e dopo un certo periodo ritornano allo stato di cellule normali. Nelle formazioni secondarie della pianta $ incontrano clementi spe- ciali soltanto nel libro molle, dove vengono formati a spese del solo cambio intrafasciale. Anche qui la differenzazione comincia molto per tempo e non di rado appena l elemento vien distaccato dalla cellula iniziale del cambio; di regola però alquanto più tardi e solo dopo che ra dalla parte del libro. l'iniziale ha formato una o due cellule anco Del resto questi tubi del libro sesondario non differiscono da quelli del libro primario, nè per la struttura, nè per la forma, nè per al- cuno degli altri caratteri indicati per questi. La distribuzione dei serbatoi nel corpo della pianta varia a seconda degli organi e dello stadio di sviluppo in che questi si trovan elle giovani foglie e nelle adulte, nei tralci o; cosicchè risulta ad es. molta diversa n allungantisi ed in quelli che hanno cessato di crescere. La foglia adulta possiede solo degli elementi speciali definitivi tanto isodiametrici che tubulosi. I primi appartengono ai tessuti corticali del piceiuolo principale e della nervatura mediana delle singole foliolin delle placche per lo più limitate al piano di etti carnosi che costituiscono l' articola- e di questo sul ramo, essi i ed assumono la e, dove formano qua e là cellule immediatamente | subepidermico: solo nei cuscin «zione delle folioline sul picciuolo comune divengono ugualmente numerosi che le cellule normali forma di piccoli gruppi irregolari che dalla epidermide si spingono | verso l'endoderma senza raggiungerlo (Tav. XVII, fig. 8 a). I serbatoi tubolosi accompagnano costantemente i fasci, disponendo- visi ciascuno in un primo gruppo sul lato interno dello. xilema, ed in altri gruppi, var abili per numero e robustezza à second | Stezza del fascio, nel mezzo del libro. La struttura centrica del pic- 1 "uolo determina la riunione dei tubi xilematiei in pochi cordoni lungo l'asse del pieciuolo medesimo (Tav. AVIE, fig. 8 b) e la orientazione a della robu- e: T6 fasci nella mine foliare fa sì che i tubi del libro corrano Jura -b, e). Però solanto le nervature più robuste sono provviste di tubi, narii, e sembrano in seguito scemare, perehé le loro proporzioni in 462 des = S dere aSQUALR BACCARINI pagina inferiore e quelli dello xilema lungo la superiore (Tav. XVII, fig. 7 «come ad es. la mediana e le laterali di secondo e terz'ordine, dove essi s arrestano, scomparendo per primi quelli della pagina inferiore. Nelle folioline giovani, oltre questi elementi definitivi, se ne trovano in gran copia dei transitorii distribuiti tanto lungo le nervature di primo, secondo e terzo ordine, quanto nel parenchima della lamina stessa. Quelli delle nervature formano uno strato quasi continuo di cellule allungate disteso sotto l'epidermide della pagina inferiore, e quelli del lembo formano dei gruppi irregolari a spese dei- due strati esteriori del merenchima foliare; solo più di rado anche qualche cellula degli | strati più profondi e dell'epidermide stessa prende parte DE costit zione del gruppo. La specializzazione di questi serbatoi transitorii si inizia quando co- . mincia lo allungamento del giovane meritallo superiore alla foglia, ed : a misura che le parti di questa ingrandiscono, si moltiplicano anche essi in gran numero, finchè raggiungono il massimo sviluppo quando rapporto alle cellule normali vengono alterate dall'attivo moltiplicarsi di «queste. Il loro. ritorno allo stato di cellule comuni coincide per quelli del merenchima coll’ aprirsi della lamina ed è rapidissimo (ad es. nelle coppie di folioline delle quali l'una sia ancora ripiegata e l'altra già distesa, questa non ne presenta più, traccia, mentre la prima me è ancora ricca) e per quelli delle nervature avviene alquanto più tard ed è piu lento, cosicchè gli ultimi idioblasti transitorii scompaiono questo punto solo quando lamina e picciuolo hanno finito di crescere. Nelle stipule adulte e nelle loro forme giovanili s'incontrano sol- tanto serbatoi definitivi riuniti in due larghi nastri di un sol piano di cellule sotto l'epidermide dei due lati della lamina stipulare; € questo di notevole che i serbatoi distesi sotto |’ epidermide interna ele stipule son tubolosi. e gli altri isodiametrici (Tav. XVII, E dissent speciali transitori, e definitivi s s'incontrano pure in a s a ^ x aeo $ + A zr T. Ay * M PERI Lent ES dE. x Ea IEEE Gi c5 eve SARE SINENSIS » 463 … specie di sperone collenchimatoso nel Tue la base delle pue si allunga. Nei giovani rami a struttura primaria si notano allo interno del Tg: eilindro centrale dei serbatoi tubulosi i quali ripetono la disposizione | indicata pei fasci foliari, con questo di diverso che sul lato interno dello pi xilema corrono, a seconda della robustezza del fascio, uno, due o più È cordoni di tubi speciali, e che quelli distribuiti nel libro sono più nu- “merosi e robusti. Nel midollo innoltre abbondano numerosi serbatoi ora isodiametrici e provenienti da una cellula sola, ora brevemente da falsi e provenienti dalla fusione di più cellule assieme; ma non mai e riuniti a formare delle serie longitudinali continue (Tav. XVII, fig. 6). -I raggi midollari non presentano elementi speciali di sorta, e la corteccia | primaria ne ha solo di transitorii in gran copia riuniti in placche ir- regolari ugualmente distanti dall’ epidermide e dall’ endoderma del ramo. | La loro forma è simile a quella degli altri elementi della corteccia, o le loro dimensioni superiori finché seguita l allungamento del meritallo, a im à uguali quando questo è cessato: ed al momento nel quale si delineano | le prime formazioni secondarie ritornano allo stato di cellule vegeta- = tive. Dopo questo momento gli elementi speciali del ramo restano limitati ai soli serbatoi del cilindro centrale. Quivi nel primo anno l'attività - del cambio produce ancora un certo numero di nuovi elementi tubu- losi; ma negli anni seguenti questa ‘produzione s indebolisce e resta Lc limitata al solo periodo di attività primaverile del cambio, come lo + chiarisce la loro costante disposizione alla periferia degli archi annuali ‘di libro molle. Non è del resto difticile lineontrare qua e là qualche arco di libro assolutamente privo degli elementi in quistione. * - Nel sistema radicale delle piante questi serbatoi fanno assolutamente : difetto. | "d . Nella raehide delia infiorescenza i serbatoi propri conservano la stessa 3} disposizione che nei giovani rami, soltanto quelli transitorii della cor- _teccia vi sono molto più abbondanti e raggiungono 1 il massimo. sviluppo i quando l allungamento dei meritalli fiorali è più forte: anche pel pe- an fiorale. la disposizione si AID. la stessa, salvo le riduzioni. ` ipendenti dalla a dell organo. i6 x "PASQUALE BACCARINI Nel talamo fiorale invece i serbatoi tubulosi si piegano all'infuori seguendo il decorso dei fasci per recarsi ai diversi organi fiorali e quelli isodiametriei del parenchima si moltiplieano in gran numero formando attorno a ciascun cordone vascolare una densa guaina. Nel tubo calicino, a fiore aperto, le numerose cellule speciali formano due gruppi concentrici, e cioè una prima fascia esteriore di elementi proprii transitorii, per lo più scarsi di contenuto, subito sotto Y epi- dermide esterna del calice; ed una seconda nell'interno della cerchia va- scolare costituita dagli elementi isodiametriei sparsi in gran copia nel - parenchima che separa i fasci dalla parte interna del tubo. I tubi proprii del libro mancano del tutto ai fasci del calice o vi si arrestano alla base del tubo. Negli stadii anteriori di sviluppo del fiore la distribu- zione dei serbatoi resta nel calice (ed anche nelle altre parti del fiore) la stessa che nel fiore aperto; solo i tubi parenehimatiei della cerchia esteriore sono più caratteristici e più numerosi. Nella corolla e nell’ androceo i serbatoi sono esclusivamente tubulosi e corrono lungo le nervature foliari arrestandosi nella corolla verso il terzo inferiore del lembo e negli stami poco al disotto delle antere. Anche nell’ovario i serbatoi proprii seguono esclusivamente il de- corso dei fasei disponendovisi in due gruppi lungo la sutura dorsale e- placentare e di rado accompagnando anche le nervature commissurali delle valve, nervature che a questo momento sono > appena accennate (Tav. XVII, fig. 10). Nelle brattee fiorali, le quali icona uno sviluppo precoce fun- gendo da organi di protezione dei fiori, lo sviluppo dei serbatoi comincia di buon ora formando un grosso strato sovrapposto ai fasei poco sotto l'epidermide della pagina superiore. È Dopo la fecondazione dell' ovario coll ingrossarsi delle pareti del pe- ricarpio anche le formazioni speciali aumentano di numero. Per prima si differenzia, a spese del quarto piano di cellule partendo dalla cavità dou dell' ovario, una linea di serbatoi proprii isodiametrici o lievemente. ac Jungati la quale dapprima interrotta diviene ben presto continua e robu- i * Sta, e segna il limite tra il mesocarpio e l’ endocarpio del frutto (Tav. — XVIL fig. 11-12 c). Alquanto più tardi se ne differenzia una seconda. esternamente alla prima ed adossata ai fasci delle valve (Tav. XVII, fig. 11-12 5) che hanno a questo momento preso un forte sviluppo. Essa risulta formata dagli elementi tubulosi dello xilema e di numerosi ser- batoi isodiametriei che si inframmezzano ai primi in modo da formare uno strato quasi continuo. Tra queste due linee resta compreso un pa- renchima che prende un grande sviluppo nell’ ultimo periodo di attività del frutto, e che si mostra rieco di elementi speciali isodiametriei irre- golarmente dispersi in mezzo alle cellule normali (Tav. XVII, fig. 12 d). Anche allo interno del libro di questi fasei si avvertono ora per la prima volta numerosi serbatoi tubulosi. In uno stadio ulteriore gli archi di libro duro dei fasci si sclerenchimano e fondono assieme formando una fascia di fibre densissime: si selerenchimano formandone un'altra le fibre del- p endocarpio (Tav. XVII, fig. 11 g) ed all'interno di questo si sviluppa. un tessuto molle e fioccoso che avviluppa i semi ed è ricco anche esso «di elementi speciali (Tav. XVII, fig. 11 f). Nel parenchima situato al- | l’esterno dello sclerenchima dei fasci mancano i serbatoi proprii. . Nei semi gli elementi speciali s' incontrano numerosi nei tegumenti . ma mancano assolutamente nelle diverse parti dell' embrione. ‘Riassumendo mi sembra che i risultati più notevoli di queste os- servazioni sieno i seguenti : í 1.° Gli elementi speciali dello Glycine si possono distinguere, per quanto riguarda la forma, in tubulosi ed isodiametrici, e per quanto re la funzione in transitorii e definitivi. ? Gli elementi transitorii sono formati da cellule vive; i definitivi da situs morte. 3? Gli elementi isiodiametrici Siano formati da una cellula sola; i tubulosi dalla fusione di piü cellule assieme. 4. La materia contenuta in questi serbatoi è è una miscela di varie sostanze tra le quali posson _tannino e dei zuccheri. vani durante il periodo di accrescimento. - 30 sialpighia, anno m, vol. mo : 0 riconoscersi delle sostanze proe, del DT serbatoi proprii sono caratteristici soltanto per gli ont aerei st G A Il Jor oi. Rell'sconomià della pianta S sconosciuto: ^ na - bile che essi valgano ad accelerare lo sviluppo dei giovani tessuti e - che esercitino a loro riguardo una funzione protettrice; ma questa sup- | posizione è per ora assolutamente ipotetica e potrà venire discussa solo quando lo studio comparato degli elementi proprii nelle specie vicine gli ‘avrà, fatti meglio conoscere sotto tutti i rapporti. | ‘i dalla R. Scuola Enologica (1). SPIEGAZIONE DELLA UA VOD XVI. Fig. 1. Sezione afro il libro molle di un giovane fascio fibrovascolare - - del PoS a elementi normali del ndi b gruppo di 3 Vine spesa. Sa in D al inde d'unione di due tubi; b e c sez. trasv. six Pie: 3: Sezione attrav erso una giovane lamina foliare: in « si osserva un gruppo * di 4 clementi speciali, alcuni dei quali mostrano i ORNE ed il nu- _cleo, in b si osservano le cellule del palizzata. Fig. 4. Sezione tangenziale er un pate foliare — a Suppen di elementi | speciali. Fa 9. Elemento speciale tubuloso in formazione: si osservano in a diverse fasi di riassorbimento delle pareti trasversali. — Fig 6. Figura a della sezione d'un piovane ramo a serbatoi provvisori ciali revisar a | b al speciali definitivi del libro, E elementi speciali. definitivi dello xiloma. A ne schematica della sezione condotta attraverso la: i i un pic- _ ciuolo foliare ; a serbatoi definitivi della “deu b dello don. A dei fasci. < 4 ; d È Fig. 9. Sezione rues. la base di una solas a a gruppi í di serbatoi isodiamos | | Fig 10. Sezione attraverso r ovario di u aporto: I soli elementi ‘speciali si trovano in a e b ad accompagnare i i fasci suturali. o z Fig. ll. Sezione di un ovario in uno stadio ulteriore: a serbatoi ici dei fasci suturali, b dei fasci delle valve, c zona di yerbator proprii al li- mite tra il mesocarpio e l'endocarpio. m 12. Sezione di un legume molto piü prossimo alla maturità ; a imei. speciali di fascii suturali, b elementi „speciali dei fasci delle valve, che confluiscono in modo da formare una linea continua, € elementi speciali . della zona, limite tra il mesocarpio eT endocarpio, d elementi speciali | del “parenchima mesocarpico, Pi elementi speciali - del tessuto nin interno allo sione I fascia saom Porini. 468 0. MATTIROLO Sul valore sistematico della Saussurea depressa Gren., nuova per la Flora Italiana. — Nota del Dott. O. MATTIROLO. Fra le forme alpine ritenute come più caratteristiche del genere SAUSSUREA DC. (1) è nota da lungo tempo ai botanici la Saussurea depressa descritta dal Sig. GRENIER nell importante « Fragment de voyage botanique dans le Alpes du Dauphiné. (2) Avendo io, sul finire della campagna alpina ora trascorsa, constatata indubbiamente la presenza di questa rara forma in territorio italiano ed avendo avüto favorevole oecasione di studiarla replieatamente sul sito e sopra abbondante materiale di erbario (3), sottopongo ora all'e- same dei lettori della Malpighia alcuni cenni descrittivi, diretti spe- cialmente a stabilirne il valore sistematico, sul quale trovai cosi di- seordi gli Autori. | Quantunque non si tratti menomamente di idee nuove al riguardo, ho creduto utile cercare di definire una questione. imbrogliatasi sue-: (t) De CANDOLLE — Ann. Mus. 16, pag. 197 — 1810. C) Cu. Grenier — Fragment de voyage botanique dans les Alpes du Dau- phiné. (Deuxième fragment). Académie de Sciences de Besançon — Séance pu- blique du 30 janvier 1849 — Pag. 73. 74. 75. Pag. 48 sotto il nome di Saussurea spathulaefolia Nob. — La S. depressa venne raccolta dal GRENIER nelle seguenti località: Alte alpi del Delfinato — Lantaret al Galibier — Pastoret Willars d'Aréne — Col de l'Arche — Val Pararoque près l'Arche — Monte Viso? — Cenisio (località soppressa nella Flore de France) — Col du Crachet dans les basses alpes — M. Brezon in Savoia — Monte de Lans — et forsan in omnibus | Alp. Delphinatus — Agosto e Settembre (1848). () Raccolti dal solerte sig. DeFILIPPI MicHeLE Custode del R. Orto botanico di Torino. Fiorisce assai tardi, in sul finire di Agosto e inizio di Settembr X im "e y «c v x SAUSSUREA DEPRESSA + . — 400 cessivamente, la quale non avrebbe dovuto sorgere ove si fossero pon- derate le descrizioni lasciateci dagli antichi Autori. La S. depressa venne descritta dal Sig. GRENIER come una specie nuova, intermediaria fra la S. alpina DC. e la S. discolor dello stesso Autore. Questo suo modo di vedere è basato sopra le considerazioni seguenti, che io credo opportuno riferire testualmente, poichè si dovranno in appresso discutere oen e si contengono in un opuscolo oggi assai raro. « Cette nouvelle espèce, dice l'Autore, diffère de la S. discolor par « ses feuilles à base ovale-arrondie et non cordiforme, à face in- « férieure grise-flocconeuse et non d'un beau blanc de neige; par « ses pétioles largement ailés. Elle se distingue de la S. alpina _« par ses feuilles radicales largement ovales, à base arrondie et « parfois subcordiforme, terminées par un pétiole ailé. bien di- « stinct dès sa naissance, et plus obseurément déeurrent sur la tige; « par ses feuilles caulinaires qui jusqu'au sommet gardent la forme « ovale, et un assez épais duvet flocconeux sur la face supérieure. « Elle différe des deux par sa tige moins élevée, dépassant rarement À un décimètre, arquée, un peu plus fortement cannelée et plus floc- coneuse; par sa racine longuement rampante et s'allongeant presque à angle droit avec la tige; les poils des appendices de la base des anthères m'ont paru plus nombreux, plus étalés et un peu plus courts. La S. macrophylla Saut. par sa taille d'environ trois déci- « mètres, diffère de notre espèce plus encore que les précédentes. « (OQ. loc. cit., pag. 73-74. »). "Noto subito, che né alla lettura dei caratteri sopra riferiti, né tanto meno a quella delle diagnosi differenziali delle tre specie da lui eitate in questo lavoro, non risultano mai presi in eonsiderazione i caratteri fiorali e quelli del periclinio; sui quali il Gopron ed il GRENIER ten- tarono più tardi nella Flore de France di fondare differenze specifiche. Successivamente, per quanto mi fu dato conoscere anche dietro gen- AA o^ A — tili comunicazioni che io debbo alla squisita cortesia dei Signori BURNAT e GREMLI, si occuparono della Saussurea depressa Gren., variamente 0. MATTIROLO - interpretandone il valore sistematico, tra gli altri gli Autori seguenti: — GRENIER et Gopnox (1850) (1). Aroro (1867) (2). Cusin (1874) (3). Bouvier (1878) (4). Gizuer et MaGne (1879) (5). CHRIST (1883) (6). DALLA-TORRE (1882) (7). Camus (1889) (8) i quali ammettono valore di specie alla S. depressa Gren. : AMBROSI (1857) (9. Hias (1882) (10). GremLI (1886) (11). HALLIER (1887) (42) considerano invece la S. depressa Gren. come una semplice varietà della S. alpina. DC. . REICHENBACH FIL. n (13) invece, se da una qe (fid. ill. REUTER!) () GRENIER et GopRoN — Flore de France. Vol. II. 1850, Parigi, Du. 212. 2 (*) ARDOINO — Flore analytique du duced tement des Alpes maritimes. Men- À ton 1807. L'A, considera la S. depressa di GRENIER come specie, (raccolta dal .. BorNer nella regione alpina elevata al Collo di Vias imis E però compresa in parte nella descrizione del Cirsium alpinum fatta dall’ ALLIONT. | Vol. I. pag. 152. L'Iconog. Taur. Vol. XV. Tav. 45 citata dall’ Hi figura però la S. alpina tipica (3) Cusix— Huber de la Flore française. Lyon 1874. Tav. 378. Vol. XIII. ` (5 Bouvier — Flores des Alpes de la Suisse et de la Savoie. Genève 1878, Pag. 377. L'A. come pure il Caso (nella Traduzione della Flora Segusina di . Re riprodotta nel metodo naturale di DE CANDOLLE e commentata. To- rino 1881. Pag. 180 sulla fede di Hvouénin) annoverano la S. depressa Gren. come specie propria del Monte Cenisio, senza specificarne per altro la precisa . località. (3) GILLET ei MAGNE. — Nouvelle Flore française. IV ediz. Paris 1879 , pa- gina 264. 0 Cane — La Flore de la Suisse et ses origines. Trad. française, Ge- nève 1883. ©: Atlas der oo ee von fabio "Text von D". K.W. DALLA- To RRE. — Wien 1882, () CAMUS — be des Plástes de la France de Suisse et de Belg pique. Paris 1888, pag. 163. L'A. annovera coma varietà della S. depressa Gren. la S. leucantha di JORDAN. ; (*) AMBROSI — Flora del Tirolo mer Vidionalé: Vol. II, pag. 542. |. (9) Nyman — Conspectus florae europeae. 1878-82, pag. 415. (1) GREMLI — Flore analytique de la Suisse. Trad. foni. Bále 1886, pag. 305. In questo lavoro l'A. ammette la S. depressa come una varietà della S. a alpina — - a Tige raccowrcie ascendante, feuil. plus larges, plus distinctement dentées. 2 : Se (°) HALLIER — LANGENTHAL, SCHLECHTENDAL i Scu ENCK. Flora von Deutsch- - hr 1887. i land. v. dione riveduta da HALLIER. Gera (5) REICHENBACH fil. — Icones Florae Germanicae et ADI Vol xv. He: et Calendulaceae, Lipsia 1898, Tav. 156, pag. 52. 53. “è A ture e figura ela: "o 156 dal v À Gren. quale specie autonoma, d' altra parte nello stesso volume, nella tavola 86 figura ed illustra nel testo corrispondente una varietà sub- depressa della S. alpina DO. che egli dichiara sinonima della S. de- pressa Gren. (Planta ipsius ill. RUPRECHT! : Vediamo ora quali sieno le conclusioni a cui può po l osser- . vazione diretta; quale valore sistematico si debba concedere alla S. depressa Gren. e quali sieno infine i rapporti suoi colle differenti forme che appaiono evidentemente discendenti da uno ‘stesso capostipite. Mancherebbero esperimenti di coltivazione per verificare sino a qual dall’ una all'altra. forma. - In questo esame, persuaso che i eriterii sistematici devono avere vā- lore essenzialmente di pratica utilità, per riuscire ad una sistemazione ` per quanto. possibile naturale, seguirò i concetti svolti dai Signori Gi- BELLI e Betti nella Prefazione alla Rivista critica e descrittiva delle : pe di Tr ifolium italiane (1). Mu ala Adottando i quan criterii, io mi trovo, dalla semplice ossery azione, () G. GrseLLI e S. BELLI — Sag gio di una liga dei TATUR italiani. (Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino. Serie II. Vol. XXXIX). Il concetto fondamentale che informa questa sistemazione è te. a cui, se- condo l'avviso dei più, deve tendere la sistematica, il eui scopo ultimo deve es- sere quello di togliere Tempirismo nella seriazione delle forme; accordarsi nello - -stabilire l'equipollenza dei gradi di. dignità che sì attribuiscono alle m forme di una Stirps, tanto per le specie, che per le sottospecie e le varietà; di - modo che o gnuna di esse sia differenziata dalla corrispondente forma di or- dine immediatamente superiore per caratteri di ugual valore. Invece, oggidi, come serive il CARUEL (Le Flora italiana et ses critiques — (Bull. Soc. bot. de France, Vol. XXXVI, pag. 265, 1889). « On a fort mal à propos fait ne ‘« venir dans une affaire (pur troppo- nelle attuali condizioni della Scienza!) Le toute pratique, ue, la question de la théorie Darwinienne. Quelque opinion que í Ton guten å égard à de ne d pes po tant pe on tombe sn me XV. # vera s. PURG i punto si possano considerare variabili sotto alle differenti influenze ei- | matologiche le forme di Saussurea di cui dobbiamo occuparci; a queste - - difficilissime prove, in questo caso particolare mi sembra poter supplire 3 coll'esame diretto fatto in località classica sopra numerosi indivi dui vi- - venti ed essiccati Sui quali si constatano Rai gli stadii di passaggio LES Ta 0. MATTIROLO portato ad ammettere valore di specie alla Saussurea alpina DC. At- torno a questa come punto di partenza si collegano le differenti forme secondarie evolutive, indicate con nomi differenti dagli Autori; fra le quali troveremo la S. macrophylla Saut., la S. subdepressa Reich., la S. depressa Gren., la S. leucantha jordan. La frase diagnostica della S. alpina DC. desunta dall'esame di ma- teriale vivente (Moncenisio) concordante con quella degli autori prin- cipali, potrebbe essere la seguente: (1). È Saussurea alpina DC. Foliis subtus arachnoideo-tomentosis, supra glabriusculis vel denique glabrescentibus ; inferioribus anguste ovato- lanceolatis, basi rotundatis petiolatis ; caulinis lanceolatis ; Summis vero quasi linearibus sessilibus; omnibus denticulatis vel denique sub- denticulatis. Capitulis paucis corymboso-congestis , villosis, subeylin- dricis, squamis adpressis. Caule adscendente, recto, subglabro, leviter sulcato. Considerata nell'ambito di una stessa località (al Moncenisio ad es.) a differenti altezze, sotto varie esposizioni la S. alpina DC. (come per certi riguardi avevano già notato alcuni antichi autori) varia considere- volmente, sia per quanto ha rapporto alla statura, alle dimensioni, alla consistenza, alla distanza di inserzione, alla dentatura delle foglie; come pure per lo sviluppo o quasi totale assenza dei tricomi sulle differenti parti fiorali, la più o meno marcata soleatura del caule, ecc. ecc., mentre si mantengono fissi e costanti i caratteri dell'apparato fiorale; ciò che si osserva d'altronde normalmente nelle Compositae in genere. Le ac- cennate variazioni ci concedono ora di seguire il passaggio alle forme che da esse dipendono. « cord sur une certaine fivité relative des formes dans le temps present, sans « quoi il n'y a plus de classification possible, » ecc. Del resto, vedasi al ri- racien Mittel- Europas. Mon. Bearb. der Piloselloiden — Part. generale, Mün- chen 1885) nel loro faticoso lavoro di filogenesi del gen. Hieracium; per giun- gére alle quali hanno, con cosi minuziosa cura, lavorato per oltre trent’ anni consecutivi, €) Sull'esempio datoci dal Kocu ho ridotto al minimum la diagnosi, cioè alle sole caratteristiche differenziali. : SAUSSUREA E : . Quanto alla Saussurea macrophylla | Saut. (4) non si può esitare a seguire l'esempio datoci dal Koca (2), dall’AmBROSI (3), dal BorssieR (4) e considerarla come una semplice forma della S. alpina DC. avente foglie più larghe e conseguentemente anche scaglie del Periclinio forse kx = 3 X in massima pure più larghe e caule un po’ più carnoso. Le scaglie del periclinio, a vero dire però, appaiono assai variabili per ciò che nei differenti esemplari si alternano senza ordine scaglie più o meno larghe, ottuse od acute, ma foggiate, per quanto ha rap- porto al lato istologico ed anatomico, sul tipo proprio a tutte le forme ~ . ehe a ragione possiamo ritenere come evolutive della S. alpina DC. (3). m generale si può ancora affermare che le foglie un po’ più grandi, un poco piü avvicinate, (stante la riduzione nella statura della pianta), 2 sono forse anche più evidentemente sinuato-dentate, quantunque pari- . menti lo sieno certi esemplari di S. alpina DC. raccolti nell’ ambito sempre di una stessa località (Meteo che si rimane quindi assai dubbiosi nel classificare. Le differenze fra S. macrophylla Saut. e S. depressa Gren. sono poi ancora meno marcate di quelle che intercedono colla S. alpina DC. ; ma quantunque non si possa negare che queste forme sieno a primo colpo d'occhio differenziabili, pure non si riesce a tracciare i loro li- ^ miti di distinzione. La S. dE Gren.. se anche a primo aspetto differisce dalla S. al- pina DC. non presenta però differenze tali ehe possano indurre, se- condo i eriterii che abbiamo accettato, a riguardarla come vera specie. (1) SAUTER — -Flora od; Bot. Zeitung 1840, p. 413 (furono esaminati ma- teriali di Erbar uf Koen — Mie florae Germanicae et Helveticae. Editio HI. Lipsia 1857, pag. Ji Nini: — loc. diss foliola jius iam latiora habet, stylosque mm es . excedentes, dice. il Koc (* BOISSIER — pe in litt.) E Questo carattere non è differenziale per nessuna delle piante eitate in questo “lavoro, s se si considera un gran numero di esemplari, : A ld dcl E O. MATTIROLO Le calatidi sono identiche a quelle della S. alpina DC. I corimbi si presentano piü o meno densi nei differenti individui, dei quali aleuni . sono muniti di una sola calatide, mentre altri invece ne portano due, tre o quattro e più, precisamente come succede nella S. alpina DC. dove per altró, in massima, sono i capitoli più numerosi. Le scaglie del periclinio sono pure identiche a quee. della S. al- pina DC. Le differenze invocate a questo riguardo dai Sigg. GRENIER et Go- - DRON (!) non possono resistere ad un esame spassionato; nè gli appa- rati fiorali e sessuali si comportano diversamente. Le differenze si notano invece nel solo apparato vegetativo. Le foglie inferiori della S. depressa Gren. sono in generale larga- © : mente ovate a base arrotondata , subcordiforme o in alcuni individui prettamente cordiforme, continuantesi in un peziolo alato. Le superiori sessili, lanceolate, attenuate alla base. supers od u- .guali al corimbo. | Perd dobbiamo avvertire , che desti caratteri proprii alla maggior puri di individui, non si osservano parimente in tutti indistintamente — anche in una stessa località; chè in molti le foglie si comportano assai : diversamente e ricordano il tipo ovato-lanceolato proprio alla S. al- pina DC. Tutte le gradazioni nello sviluppo dei tricomi sulle pagine fogliari. nella sinuatura e dentatura delle foglie, si osservano nelle due piante, _ così che anche gp caratteri non possono essere invocati come di- stintivi. La vera differenza sta nella fisionomia, nell'abito delle due piante ed - ic è perciò che, ‘quantunque non esistano caratteri botanici costanti, le due forme si distinguono a primo colpo d'occhio. Nella S. depressa Gren. abbiamo la pianta prettamente nivale, umile, stolonifera, pelosa, sdraiata, serpeggiante fra i detriti di roccie, a si- stema radicale sviluppato, adattata insomma alle "eod: condizioni ter- Se 0 GRENIER et GopRox — loc. cit. Notisi ciò che dicono questi Avian: Nous n'avons poi, vu de France le veritable S. alpina DC. qui v3. c. T — mometriche ed igrometriche assai differenti da quelle in cui si svolge. _ generalmente la S. alpina DC. propriamente detta. « Equidem plantas hasce vivas non observavi, (scrive REICHENBACH fil. loc. cit.), quae semel intellectae facile ex habitu cognoscentur. Quae allatae sunt notae ex natura squamarum involucri, eœ mihi haud ita bonae videntur, cum illae squamae uti folia ex soli natura variae evadant. Equidem domi meae speciminum co- piam. perlustrans crediderim Saussuream alpinam DOC! exortam esse in alpium pratis pinguibus; Saussuream macrophyllam in um- brosis alpium (rhododendretis?), Saussuream depressam autem cre- scere in illis locis pulcherrimis, ubi rupium nuper aére diremiorum reliquiae stratum araneosum quoddam praebent, ubi Ranunculus parnassifolius ece. vigent, gramina. nondum Las Ibi planta aliis Y x - sys a aote ar seca a pa ORE Eun à a E « locis elatae compactae evadunt. » = Del resto un ultimo argomento di molta s A contro alla au- tonomia della specie di GRENIER lo troviamo già nelle frasi descrittive _ del Cirsium alpinum e della Serratula ain lasciateci dagli Autori _ anteriori al GRENIER. VILLARS (!) (come snis GRENIER et GopRoN (loc. cit.) nel 1789, | aveva creduto doverla considerare come una specie autonoma. Dans les Alpes, egli scrive, elle est plus basse, plus épaisse, et plus velue : dans les endroits moins élevés, elle est plus grêle et moins velue. La Serratula subacaulis Labill. (hb. menzionata dal Corra (3) e nel suo: Erbario (raccolta al Moneenisio); non e altro |. conservata ora che la S. depressa di Grenier, come si scorge di leggieri confrontando dsl AMPIE RR Re PR nie + 2e ji ET UI 2) gli esemplari tipici. La S. alpina DC. « aliquando subacaulis » di ZUMAGLINI (3); la S. alpina compacta di Faocmint (*); la S- alpina B subacaulis di Lepe- 4l. Histoire des Plantes du Dauphiné. Tom: III, 1879, pag. 34. (!) VILLARS — , pag. 299 — e COLLA _ Herbarium Pedemontanum. Vol. Nota man. in Hb). (5 ZUMAGLINI — Flora pedemontana Torino 1849. Tom I, pag. 310. (V. lescriz.) ; La AMBROSI 100; cit. S: alpina e Daan in Plant. sicc. + LUE O. MATTIROLO BOUR (1) ecc. ecc. non rappresentano già altro che la S. depressa di GRENIER; la quale, conosciuta da questi Autori, anteriori a lui, era da essi riguardata come una semplice varietà e non specie distinta. La confusione infine di queste forme colla vera S. alpina DC. così frequente negli Erbarii, (anche fatte da insigni botanici) sta pure a prova del nostro asserto. In conclusione, queste semplici osservazioni, le quali hanno il solo merito di essere state condotte sopra materiale abbondante in località classiche, confortano il modo di vedere di NYMAN, GREMLI, KocH, AM- BROSI ece. e parlano in favore della dipendenza genetica della S. ma- crophylla Saut. e della S. depressa Gren., dalla S. alpina DC., la quale unica di questo gruppo può essere considerata, coi vigenti eriterii si- stematici, come specie capostipite. Le altre non debbono avere che va- lore di sempliei varietà; la S. depressa Gren. di un ordine però più elevato della vicina S. macrophylla Saut. e forse anche della S. s28- depressa Rchb. fil. Della varietà subdepressa Rchb. fil. (2) non ci occuperemo, avendola lo stesso suo autore riconosciuta come sinonima della S. depressa Gren.; e così pure della S. leucantha Jord. (3) ehe il Nyman (loc. cit.) con- sidera come sinonima della S. depressa Gren. che il Camus registra come una semplice varietà della stessa pianta. Di ambedue non ab- biamo potuto proeurarci esemplari autoptici. Della affinità fra la S. alpina DC. e le specie vicine, più particolar- (') DE CANDOLLE — Prodromus Systematis Naturalis. Vol. VI, 1837, p. 535. LEDEBOUR — Je. pl. Flor. Ross. Alt. illust 3 » — Flora Altaica. Tom. IV, pag. 27. C) GREMLI — Escurs. flora. 6. ediz. 1889, considera anch' egli la S. subde- pressa di REICHENBACH fil. (loc. cit) come varietà della S. alpina DC. di cui po- irebbe esseré non altro che una forma ridotta. * Č) Secondo il Jorpax 1851 (Suppl. 4. e Scauurz Arch. fl. 1851) la S. leu- cantha (a fiori bianchi) dovrebbe distinguersi dalla S. depressa Gren. per gli involucri un po’ più grossi » Scaglie più larghe, antere più grosse, meno sa- lienti, biancastre e non bleu, e foglie generalmente più larghe e più biancastre., à: SAUSSUREA DEPRESSA ——— EE I - DI mente la S. discolor DC. non mi è ugualmente concesso poter discor- d rere col sussidio della osservazione diretta. Secondo alcune comuni- cazioni scritte, avute dalla gentilezza del signor BURNAT (3) e secondo i lavori ultimi del GREMLI (*) si sarebbero osservate da questi Autori nella Engadina delle rare forme intermediarie fra queste due specie, che però il GnEMLI dice douteuses. Queste forme corrisponderebbero alla S. alpina DC. Y intermedia di GauDIN (5), di eui dice l'Autore: « omnino inter duas nostras. stirpes (discolor e alpina) medium tenet « et evidenter ostendit, eas non satis distinctas et denuo in unam « speciem coniungendas esse. » Se cosi realmente fosse, anche la S. discolor DC. dovrebbe essere considerata come una forma evolutiva di ordine assai elevato dalla S. alpina DC. e cosi tutto il gruppo, secondo il concetto di sistemazione adottato, sarebbe compreso nella Stirps delle Alpinae di eui la tipica .S. alpina DC. potrebbe essere il capostipite. Il GnEMLI (6) nei lavori citati, parlando ancora di affinità, che se- “condo il suo parere la vera S. depressa Gren. (del monte Brézon in Savoia) avrebbe colla S. discolor DC. aumenta ancora le probabilità di parentela che esisterebbero fra tutte queste forme (7) È dello stesso parere è pure il BURNAT. a La presenza della Saussurea alpina DC. var. depressa (S. depressa . Gren.) è accertata in Italia. C) Burnat, in litt. — Queste osservazioni vennero fatte nel 1873 nell’ En- gadina. () GreMLI — Exwcursions-Flora. Ediz. 6. 1889. (Ediz. tedesca). pag. 251. eue Beiträge. Fascicolo IV, pag. (5) Gavsi — =" lang Helvetica, Vol. V. 1829, pag. 159. 160. nopsis Pirae Helveticae pag. 703. 1836. (5) dali E ic None Beitráge loc. cit k () La forma delle foglie della S. depressa Gren. di cui le inferiori sono bru- scamente attenuate o contratte in un peziolo, bianche-tomentose nella pagina nferiore, meno bianche però che quelle della s. discolor DC. pià di quelle della alpina, le dentature fogliari avente carattere intermediario più sviluppate, she nella Alpina, meno che nella discolor farebbero pensare a queste affinità. È 1 Moncenisio, ‘secondo HUGUENIN (V. Boonen e No. loc. cit; Ji | Corta (sub Serratula subacaulis Labill. Hb. in Herb. R, Hort. bot. Taurinensis), a FIORI MONOCENTRICI E POLICENTRICI Nota di FEDERICO DeLPINO. All’ Accademia delle Scienze dell Istitito di Bologna ho testé pre- sentato una memoria intesa ad affermare e dilucidare un carattere differenziale di prima importanza per la classificazione delle Angio- _ sperme, giusta il quale le medesime verrebbero ad essere ordinate in due grandi serie, Euante e Pseudante. Euante sarebbero quelle che hanno fiori rigorosamente monotalamici, e pseudante quelle che hanno - fiori politalamici, ossia antodii, vale a dire infiorescenze, elaborate e . contratte in guisa da simulare perfettamente la struttura dei fiori i semplici, con simulazione tanto bene riuseita da avere ingannato la generalità dei fitografi. Questo carattere avrebbe una portata molto maggiore- di quel com- ^ . plesso di caratteri, su cui venne stabilita la distinzione delle Angio- = sperme in dicotiledoni e monocotiledoni. Infatti le monocotiledoni non dovrebbero essere considerate come una serie avente valore e grado tassonomico equivalente a quello delle dicotiledoni. Le monocotiledoni, per quanto costituiscano un gruppo naturalissimo, sembra più giusto . eonsiderarle come una limitata stirpe scaturita da un archetipo dico- s tiledone; caratterizzata bensì da una doppia anomalia, embriologiea ed ' morfologico, così nella regione vegetativa che nella florale. L' arche- tipo da eui discesero doveva riunire in sé molti earatteri che ora si vedono sparsi nelle odierne forme appartenenti alle Menispermacee, Lardizabalacee, Cabombee. Queste e qualche altra famiglia affine hanno “i più innegabili rapporti di architettonica florale colle Butomacee, le er ancora oggidi d gem kno istiologiea, priva per altro d'ogni profonda differenziazione d' ordine quali possono passare per qualeuna delle forme monocotiledoni TRIO: E » x 480 F. DELPINO Del resto le monocotiledoni sono euante allo stesso titolo che le forme dicotiledoni, presumibilmente prototipiche, certo antichissime, appartenenti al gruppo delle policieliche a placentazione marginale ( Magnoliacee, Schizandree, Anonacee, Calicantee, Monimiacee, Miri- sticacee, Laurinee, Berberidee, Ranuncolacee), e a quello delle poli- cicliche a placentazione septale ( Lardizabalee, Papaveracee, Ninfeacee, Cabombee, Capparidee, Crucifere, Aristolochiacee, Citinee, Rafilesiacee; | e si potrebbero aggiungere le Butomacee se appartenessero alle dico- tiledoni ). Euante pure, fino a prova contraria, sarebbero tutte le corolliflore, le aclamidee, molte monoclamidee, e parecchie famiglie appartenenti ad altri gruppi, quali le Ombrellifere, Araliacee, Cornee, Garriacee, molte . Euforbiacee, Begoniacee, Campanulacee, Composte e famiglie affini. L'ideale d'un fiore delle Euante consiste nella semplieità della sua architettura. Ha un asse unieo, un talamo semplice e indiviso, il quale genera con regola acropeta e con perfetta osservanza delle leggi fillo- tassiche un variabile numero di fillomi metamorfici, cioè sepali, petali, Stami, carpidii, L'ideale d'un fiore delle Pseudante invece consiste in una ramifica- zione, dove l asse primario termina in un pistillo (fiore femmineo nudo), e dove dall’ascella d' altrettante foglie (sepali ) partono 4 o 5. assi secondarii (raramente più o meno ) ciascuno dei quali termina in un fiore maschile nudo, o più sovente ancora in una cima di fiori maschili nudi. I petali poi, se petali vi sono, non sono organi uni- tarii, ma una fusione di due a quattro organi, di eui una metà ap- partiene all' asse masculifloro di destra e T altra metà all' asse mascu- ç lifloro di sinistra. N ti * n * è . * * . . : s a Nell’ accennata memoria ho. sviluppato le principali ragioni su cui si fonda la teorica della pseudanzia. Ho dimostrata come la pseudanzia sia stata preparata ed iniziata entro la cerchia della multiforme fa- miglia dell Euforbiacee, le quali così fra le Angiosperme acquistano, nella storia della evoluzione del regne vegetale, un’ importanza mas- sima, perchè alcune appartengono ‘ alle euante, altre preparano la pseudanzia, altre appartengono alle pseudante. i : is mou n i All’ Euforbiacee euante sono da aseriversi tutti i MERE RTE delle Ippomanee, e probabilmente delle Acalifee, Fillantee e Steno- lobee. All Euforbiacee che preparano la pseudanzia appartengono le - Euforbiee, il cui eiazio è indiscutibilmente una infiorescenza arcicom- posta, la quale è già avviata ben avanti nella simulazione d’un fiore semplice, poichè Linneo e Payer sono caduti nell'inganno, e ancora nell inganno persiste impenitente il BAILLON. All’ Euforbiacee pseudante poi spettano le Jatrofee e fors’ anco le . Crotonee. Ma la principale dimostrazione della iniziazione della pseudanzia nelle Euforbiacee è data dalla retta PORON A morfologica dei fiori maschili di Ricinus communis. È noto che dalla superficie talamica di questi fiori o meglio antodii, sorgono, in disordinata posizione e inegualissimi in potenza e produt- tività, un 15 o 20 circa corpi androfori, intorno alla natura morfolo- gica dei quali sono stati pronunziati degli errori ben strani. ‘Gli anteriori botanici proposero, con LINNEO, ANT. Lor DE JUSSIEU ece., che ciascuno di detti corpi androfori rappresenti un adelfia di stami, con filamenti liberati a varie altezze e in varia direzione dello spazio, in modo da simulare una, ramificazione. Questa ipotesi è contraddetta e irreparabilmente condannata dall'esame del corso dei fasci fibroso- i vascolari ch’ è quello proprio delle ramificazioni più volte dicotomiche. Ora è impossibile che le partizioni delle adelfie possano seguire le P norme della divisione dieotomiea. I botanici moderni proposero una ipotesi ancora più strana; e non solo fitografi , come BaILLON, BENTHAM e Hooker, ma ben anco tratta- “Sti, come Sacus e VAN TipGHEM. Per essi ciascun corpo androforo dei : fiori di ricino, sarebbe ‘uno stame. Come tra le diverse forme fogliari “si danno lamine semplici e lamine multifide, così tra gli stami si avreb- bero forme semplici e forme centifide. Gli stami di ricino sarebbero stami centifidi. Invece di produrre un ‘connettivo (bifido o non bifido), due - loggie d’: antera con in tutto quattro sacchi pollinici, questi meraviglios i a stami di ricino, sopra un filamento più volte dicotomico, porterebbero perfino 70 connettivi bifidi, 140 loggie d E 280 sacchi pollinici. | SM Malpighia, | anno ul, " t. - F. DELPINO . â Questa ipotesi, tanto contraria al retto senso della morfologia com- parata e del metodo filogenetico, non merita davvero di essere discussa. Nella mia memoria la natura morfologica di siffatti corpi androfori è completamente posta in chiaro. Esse sono infiorescenze parziali (cime ‘ dicotomiche), affatto nude per aborto di brattee e bratteole, le cui ultime ramificazioni hanno valore di pedicello terminante in un fiore monandro, apetalo ed asepalo, per altro unibratteato. Cotal brattea ascellante al fiore è passata totalmente inavvertita, e si tratta di un organo macroscopico! La teoria sviluppata nella citata memoria contempla in ogni fiore di ricino cinque infiorescenze masculiflore, nude, fondata ciascuna all'ascella di un sepalo, mercè la loro adelfia basale formanti un talamo da cui emergono le loro frazioni infiorescenziali che sono poi i singoli corpi androfori. Adunque il ricino, euanto per rispetto ai fiori femminei, è certamente pseudanto se si riguardano gli antodii maschili. La contemplazione di cosiffatti antodii è il punto di partenza della teorica della pseudanzia. È notevole sopra tutto il raro carattere del connettivo bifido. A- capo delle columnifere gli autori pongono le Malvacee. Ma anche le Euforbiacee sono columnifere. Sotto molti aspetti corrono i più stretti vincoli di affinità tra le Euforbiacee e le Malvacee. Resta a védere se questa affinità non si disveli anche sotto l'aspetto dell’ architettonica florale. Le più sorprendenti omologie corrono fra i fiori delle malve e gli antodii maschili di rieino. Identico in entrambi è il calice valvato. Identico il ‘connettivo bifido. Identica la i imposizione, la figura, la linea di deiscenza delle loggie anterali. Le dieci semifalangi staminali che colla loro adelfia laterale costituiscono il tubo monadelfico delle Malvacee sono del tutto corrispondenti ai corpi androfori di ricino. La teoria nei fiori di Malva considera cinque infiorescenze dicasiali, fondata ciascuna all'ascella di un sepalo, maseuliflora, nuda, a fiori nudi e monandri. La prima diramazione del dicasio è in direzione tan- genziale. I due rami prodotti sono immersi nel talamo. Ciascuno di © FIORI MONOCENTRICI, Beer P est produce una ‘seconda diramazione diéotomiea in direzione radiale, . 6 i due bracci prodotti sorgono verticalmente dal talamo. Il braccio — interno si sviluppa in una mezza falange staminale, il braccio esterno in un mezzo petalo. Sono così prodotte in direzione radiale dieci mezze falangi staminali sovrapposte a dieci mezzi petali. Siccome poi per ogni dicasio la mezza falange sinistra è fondata in tutta vicinanza della mezza falange destra del prossimo dicasio, così le dieci mezze falangi concrescono in cinque falangi che necessariamente restano in | posizione alternisepala (epipetala). Per la stessa ragione e nella stessa . maniera ogni mezzo petalo di destra d'un dieasio concrescendo col mezzo petalo di sinistra appartenente al dicasio vicino, vengono a for- marsi cingue petali, necessariamente alternisepali ed opposti alle cinque | falangi staminali. Come ogni falange staminale è la unione di due se- mifalangi appartenenti a due centri organici diversi, così ogni petalo di malvacea è la unione di due organi appartenenti a centri diversi. Fig. 1. Obdiplostemones. Fig. 2. Malvaceae. Tale é la vera architettura dei fiori delle Malvaeee. E non solo è attestata dalla indagine microscopica sull andamento dei fasci fibroso- vascolari, ma è messa in chiaro eziandio da un’ acuta investigazione macroscopica. Adunque le Malvacee sono pseudante e intorno à eio non posso nu- trire il minimo dubbio. Ma da questa tesi scaturiscono conseguenze del massimo rilievo. Se pseudante sono le Malvacee, tali neeessaria- "mente bn essere tutte le de re e in. parte anche le collaterali, vale a dire le Sterculiacee, Bitineriacee, VE E: Geraniacee, Ossalidee, Linee, Zigofillee, ecc. ; : Le Bilineriacee formano soggetto di studio interessante. È dentro | la cerchia di questa famiglia che comincia a organizzarsi il tipo florale obdiplostemone. L’ obdiplostemonia, se i fiori obdiplostemoni fossero e monotalamici, sarebbe inconciliabile colle leggi della fillotassi; ma s cessa ogni contrasto se essi sono politalamici. Il fiore o meglio antodio . F _obdiplostemone è riducibile perfettamente all architettura florale delle - Malvacee, salvo un’ aggiunta. Nelle Malvacee l'asse primario del di- casio (come avviene per l’ appunto in molti dicasii) dopo aver prodotto Que assi secondarii null’ altro. produce. Invece nei fiori obdiplostemoni produce uno stame normale (qualche volta una falange di stami). Nelle Bittneriacee produce uno stame metamorfizzato in petalo. Cosiffatto | stame per ragione di posizione deve essere episepalo, e per ragione di 3 tempo deve svilupparsi prima degli stami epipetali, sebbene questi appariscano per solito in ciclo più esterno. E infatti così è. Segnalati casi e notevoli varietà di obdiplostemonia, oltrechè nelle Bittneriacee, sono osservabili nelle Geraniacee, nelle Zigofillee, nelle - Tigliacee. L' obdiplostemonia può essere monandra, diandra, triandra, _ poliandra, monadelfa, diadelfa ecc. Quando è monandra contro ogni cee, Tribulus e Zygophyllum nelle Zigofillee De ` quando è diandra contro ogni petalo stanno due stami ( Theobroma nelle. y Bittneriacee, Monsonia nelle Geraniacee , Peganum nelle Zigofillee). Notevole. sovra tutti è il caso del genere Mollia delle Tigliacee , dove. in luogo dello stame episepalo si svolge uha fornitissima falange m nadelfica , e in luogo dello stame epipetalo Seorgesi altra ricchissima. falange, la quale poichè: cospicuamente diadelfica, mostra di essere il risultato della unione di due falangi, una delle quali appartiene al prae dicasio , e T pois AL ume ud destra o di M | diplostemone, la quale per cio ined omologa: a Lusi degli antodii delle Malvacee. Anzi tutte le Malvacee sarebbero pure obdiplostemoni, se in esse non fosse ingenita la’ mancanza della frazione androceale episepala; la quale, come abbiamo avvertito, deve essere contemplata "x come il prodotto dell'asse pamang del dicasio fondato all ascella di ‘ogni sepalo. Ma quando la obdiplostemonia è e ped come accade in tanti generi rte alle Spano, alo. gruinali, alle Rutacee, al- libano: organo in apparenza unitario, «sia il risultato della fusione due stami appart tia centro diverso. ErcHLER (Blithendiagramme, LoL, +: Segen) la dichiara addirittura per una ana Ma ando i iene REIT dei dos Aa, per ‘ragione di conti- guità, fondono i loro meristemi in un meristema unico, questo possa svilupparsi in uno stame apparentemente unico, ditecico non tetrate- EICHLER. Veggansi i Galium a verticilli quaterni. Le stipole interpe- iolari, che sono T innegabile prodotto della fusione di due stipole ap- partenenti è centro organico diverso, vestono pure l'a apparenza di. or- mo. unitario, hanno lamina ed apice perfettamente indivisi, ed uno i ristiche nel guam Mollia e ita Malvacee. a mette in chiaro che] le forme £ genetiche Monsonia, A co. Casi evidentissimi di sinfisi fogliare. e stipulare parlano contro pesto non | due. nervi Mem. Egli è pae TIENE il caso Sena ME | ro ) che r abbreviazione di duo mad 0 Maglio somifalangi epipo- ebbero f. C ESE rispetto ai generi di ‘E E invece de morfologia comparata unita al metodo a vicine ale i - ` Malvacee. dentro il cerchio della famiglia. Forse può essere stato ereditato dal. Je famiglie. Cosi il calice delle Crucifere, per esempio, è ereditato dall _in quelle famiglie, come nelle Ranuncolacee, anche in quei generi e JF. DELPINO Fra tutte le interpretazioni morfologiche dei fiori obdiplostemoni, - proposti da tanti autori, riportate e discusse da ErcHLER (l.c.), la più. singolare ‘è quella di Dicgson, che fa provenire lo stame epipetalo dalla unione di due forme stipulari, procedente l una dallo stame episepalo di destra, l’altra dallo stame episepalo di sinistra. Sebbene questa in- terpretazione non sia accettabile (in quanto che gli stami non hanno stipole, e anche se le avessero la fusione di due stipole non potrebbe - dare uno stame), pure è da: ammirare la sagacia di DrcksoN, ehe ha intravveduto due verità, cioè che ogni stame epipetalo è un organo. i doppio, e che i due suoi componenti appartengono a un centro orga- nico diverso. La conclusione è ma antodii. Dopo aver dilucidato l’ architettonica florale delle Malvacee, e delle famiglie affini, la teorica della pseudanzia procede innanzi, incontra la famiglia delle Rosacee e trova un nuovo esempio di pseudanzia sebbene eseguita sopra un modello alquanto diverso da quello dele inevitabile. I fiori d non sono dos La famiglia delle Rosacee ha delle strane particolarità o. che, a quanto veggo, fin qui non sono state rilevate dagli autori. e Il calice delle Rosacee, sotto un importante punto di vista, non è. comparabile al calice di cun tutte le altre famiglie SE „Mi spiego. Il calice quinquesepalo valvare delle Malvacee non è stato ia genere Ricinus; ma, con molta maggior probabilità, così quello delle. Malvacee che del Ricinus, sono entrambi una forma ereditaria, pro- veniente da un archetipo comune. | | Nella condizione di forma ereditaria trovasi il calice di quasi tutte. 5 Fumariacee, il calice delle Fumariacee è ereditato dalle Papaverace il calice delle Papaveracee è ereditato dalle Ranuncolacee. Ma anc] rad Helleborus, dove il calice si è visibilmente costituito dentro i FIORI MONOCEN cerchia della famiglia, oppure anco dentro la cerchia del genere è manifesto ch’ esso si è venuto formando e costituendo per un ulteriore adattamento ed elaborazione di brattee. Niente di tutto questo si avvera nel calice delle Rosacee. Esso non è menomamente una forma ereditata da altre famiglie. Esso non è me- nomamente dovuto a preformazione bratteale, e ciò costituisce una insigne partigolarità delle Rosacee. Nelle forme prototipiche della fa- vegetative. Una delle forme molto vicine alle prototipiche è il. ge- nere Rosa; il suo calice è una immediata metamorfosi di foglie vegetative, come è provato dal frequentissimo caso teratologico, dove due o tre o tutti e cinque i sepali riprendono totalmente l anteriore figura di genuine foglie di vegetazione. Pertanto i fiori delle Rosacee teoricamente sono da considerarsi come asepali. Si rivela con ciò la grande antichità di questa famiglia, e l'affinità sua colle Zppomanee , Miricacee, Betulacee, Corilacee, Cupulifere. Si rivela nello stesso tempo la sua pseudanzia. Infatti un complesso di stami che nasce im- mediatamente dall'ascella d'una foglia vegetativa è un fiore nudo ma- schile. Così i fiori delle Rosacee sono infiorescenze costituite da un fiore centrale femmineo, e da quattro 0 éinque fiori nudi maschili, laterali. Quello ehe qui diciamo e viemmeglio confermato da una forma ge- neriea piü antica ancora del genere Rosa, da una forma che addirit- tura può passare per prototipica. È il Rhodotypus herrioides. I suoi ramicelli, dopo avere prodotto cinque o sei nodi di foglie opposte, pro- ducono un fiore terminale. Ora com è costituito il calice di questo fiore terminale? E formato dalle 4 foglie dei due nodi supremi, avvicinati l'uno all’altro. Qui non ci è possibilità di equivoco. I sepali di Rhodotypus sono foglie vegetative, e non hanno subito nessuna metamorfosi. Ora guardando all ascella di queste quattro foglie, vi si vede distesa, in di- rezione tangenziale, una riga di stami. All’interno di queste quattro righe di stami (ciascuna delle quali visibilmente corrisponde a un fiore maschile nudo), vi è un orciuolo assai profondo, à parete libera, entro DI eui si sviluppano da 4 a 6 carpidii. Ora che cosa sono questi carpidii lu: e T oreiuolo libero che: li circonda? È di tutta evidenza che qui ab- miglia esso si è immediatamente costituito per applicazione di foglie . NN NEUE IT "A8T 7 + yes = peLPINo e. un fore nidi oo” munito di + calice gamofillo. Il hi calice lo separa benissimo dai quattro fiori maschili laterali. Adunque anche le Rosacee sono pseudante, e pseudante saranno tutte le famiglie affini e dipendenti dalle Rosacee. Epperò la teoria della pseudanzia procede innanzi, e soggioga al suo dominio molte altre famiglie più o meno affini alle famiglie delle Malvaceë ; 6: Rosacee , la cui struttura florale implica contraddizione alle leggi della fillotassi. Queste famiglie sono le Mirtacee, Litrariacee, Combretacee , | -Enoteracee, Aloragee, Tremandree, Malpigniacee, Rutacee, Sassifra- - s gacee, Mesembriantemee , Portulacacee, Cactacee, Ternstroemiacee, - Guttifere, Cistacee, Bivacee, Dilleniacee, ecc. cr j : Non poche famiglie per altro vi sono, le quali si è in dubbio se. debbano essere aggregate alle pseudante o alle euante. Molte, troppe. sono queste piante incertae sedis. Questo è il lato scuro della teorica. della pseudanzia. È sperabile. che ulteriori approfonditi studii sull ar- | | ehiteitonica florale riescano a dissipare le oscurità, a generalizzare tale teorica e ad assicurarle T ambito posto di eriterio di primo ordine nella | classificazione delle angiosperme? Non sappiamo. . Questa compendiosa relazione del contenuto nella mia memoria, as- sume ora l'aspetto, per il quale*ho voluto scrivere quasi nota, r aos spetto. cioè d'una relazione critica. Non nascondo il grave sospetto che le irregolarità fillotassiche | che | si riscontrano nei fiori di molte famiglie di piante possano essere tal volta ricondotte a tutt altra causa che non è la pseudanzia. m E necessario rinnovare ab imis fundamentis lo studio dell ars | chitettonica florale. À far ciò esorto vivamente i naturalisti fitologi; zx quale uopo saranno forse utili le avvertenze che seguono. | Per non pregiudicare tale studio e le questioni che vi sono annesse, tralasciamo l'uso dei termini euanzia e pseudanzia. Dividiamo Je An- | giosperme, non secondo le teoriche, ma mono, i da in piante a fiori - \licentrici. C i no tutti i nostri. | monocentrici e in piante a fiori [ - studi a scavare e mettere a giorno le recondite cause che dettero gine al policentrismo. negli androcei ha tante For È i ere cause hone di ssere rico i 1. Pettinazione di stami, a seguito di pressioni in direzione radiale esercitata dai carpidi (centrifuga), oppure dai sepali (centripeta). 2.0 Duplicazione di stami, quando im luogo d’ uno stame, se ne pro- ducono per sdopppiamento due. 3.° Moltiplieazione di stami, quando in luogo d' uno stame se ne pro- ducono molti. Tuttavolta che avvenga questo caso si ha una disperante ‘somiglianza colla poliandria prodotta dalla pseudanzia. .4.? Pseudanzia. Se le tre precedenti categorie di cause presuppon- 3 gono la unità e semplicità del talamo florale, questa importa necessa- riamente condizione politalamiea, ed androgina nei fiori. . 5. Sdoppiamento e moltiplicazione di talami florali che si fondono ‘in un fiore unico. Anche qui si dà condizione politalamica, ma non androgina, bensì ermafrodita. ; Converrebbe ora discutere e chiarire l intima essenza di ciascuna di queste cinque categorie di cause, e rintracciare i veri limiti tra l una e laltre. Ma questo ebmpito oltrepassa il breve confine che mi sono | ‘prefisso nello serivere questa nota. Piuttosto mi restringo a dimostrare -con un esempio pratico come in alcuni casi si renda possibile una varia interpretazione morfologica dei fiori policentrici, senza € a quale dare la ra Si prenda a considerare il dia- ` gramma dei fiori della Candollea te- trandra (Dilleniacee ). Regolarissimi sono i cieli del calice, della corolla, del gineceo (tutti pentameri). L'an- droceo è quinquecentrico. Consta di 20 stami distribuiti in cinque qua- druple alternipetale. Ogni quadrupla stami sono apparentemente ordinati stami. rioni MONDENTRIE, ECG. * DS EA BU ‘è costituita da 4 stami in croce. Gli | in tre cicli, l esterno di 5 stami al-. ternipetali, 1 l'interno di 5 stami pure sì sari dare di quest architettonica F, DELPINO Giusta la teoria della pettinazione. Gli stami sarebbero originaria- mente fondati in quattro cicli pentameri, alternanti. Ma vogliasi per la pressione centrifuga esercitata dai carpidii, vogliasi per la pressione centripeta esercitata dai margini dei sepali, gli stami verrebbero spo- stati e pettinati in cinque quadruple. Se questa teoria fosse vera, i fiori di questa specie sarebbero, monotalamici, eptacicli, pentameri. Ma la fillotassi riuscirebbe irregolare, perchè i carpidi sarebbero sovra- posti agli stami del ciclo più interno. Si potrebbe addurre l'aborto d'un cielo staminale. Giusta la teoria della duplicazione degli stami. Gli stami sareb- bero disposti in tre cieli pentameri, e qui anzi l'apparenza è tale. Il ciclo esterno alternerebbe colla corolla. Gli stami del ciclo mediano sa- rebbero sdoppiati in coppie alternanti col ciclo esterno. Il cielo interno da una parte alternerebbe con dette coppie e dall'altra parte coi car- pidii. La fillotassi sarebbe regolarissima. I fiori sarebbero »onotala- mici, exaciclici, pentameri. Questa spiegazione ha per sè tutte le ap- parenze. Ma la questione sta nel sapere se realmente i cinque stami mediani si siano sdoppiati in dieci. Giusta la teoria della moltiplicazione degli stami. Se nel centro d'ogni quadrupla si ammette che in luogo d’ uno stame se ne siano sviluppati quattro, si avrebbe la spiegazione più semplice possibile. Il fiore sarebbe monotalamico, tetraciclico, pentamero. Ma la que- stione sta nel sàpere se realmente è avvenuta la quadruplicazione dei 5 stami originarii. Giusta la teoria della série Il prodotto ascellare d'ogni dal palo consisterebbe di due mezzi petali ai lati (forse organi bratteali), e in un fiore nudo maschile tetrandro al centro. Questo antodio sarebbe non molto dissimile da quello delle Rosacee icosandre. | Delle quattro interpretazioni qual’ è quella che colpisce il vero? Mas- sime le tre ultime sembrano egualmente razionali, possibili , verisimili. : Eppure qual enorme divario di architettoniea florale! Se fosse vera lá o | prima o la seconda interpretazione, allora le Dilleniacee vorrebbero essere collocate tra le Angiosperme policicliche non molto lungi dalle Magnoliacee e dalle Monimiacee. Se fosse vera la terza o la quarta, NE | FIORI MONOCENTRICI, E vorrebbero essere invece approssimate alle ernstroemiacee, Guttifere o forse meglio ancora alle Rosacee. * | Chi potrà sciogliere queste gravi difficoltà? Non colui certamente che si restringe allo studio di questa specie. Un poco piü vedrà eolui che studia la struttura florale delle altre specie del genere, e sopratutto degli altri generi della famiglia; meglio ancora, colui che riesca a farsi un concetto il più chiaro intorno all architettonica florale predomi- nante nella famiglia, e che, mediante la luce della morfologia compa- rata e la mai interrotta consultazione dell inchiesta genealogica, possa tutte le varietà architettoniche ridurre ad un solo ed unico tipo. E anche così facendo non si è sicuri di poter risolvere ogni difficoltà. Ignoramus et ignorabimus (1). | t Quest’ esempio è prezioso per dimostrare quanto gravi sieng le dif- | ficoltà che deve superare lo studio approfondito delle architettoniche . florali, il quale a prima vista potrebbe apparire come un ebmpito assai. ^ "facile, ma in fatto si appalesa uno fra i piü difficili studi di morfologia comparata. Me Lalo ae | Resta a dire alcune cose intorno alla quinta spiegazione. Essa per verità ha pochissima estensione in angiospermia. Lo sdoppiamento e la moltiplicazione di 2, 3 0 più talami florali che si fondono per adelfia in un fiore unico, sorprendentemente tra loro coordinando sepali con se- petali, stami con stami, carpidii con carpidii, è un fe- ogico che non è infrequentissimo e che si riproduce in sservai degli esempi bellissimi ed evi- pali, petali con nomeno teratol distanti famiglie. Sovra tutto ne 0 denti nelle ombrelle dell’ edera. Ora tutto ciò che è teratologico può . talvolta diventare ereditario, normale e specifico. Così io ritengo che - it fiori delle Araliacee poliandre possano aver avuto origine dalla fis- sazione di siffatto fenomeno teratologico. Massimamente i fiori di Tupi- danthes calyptratus , quadrati , subirregolari , polimeri in alto grado, — . (*) Delle 4 interpretazioni dei fiori di Candollea sopra riferite quanto a me | la più accettabile e. più verisimile parrebbe quella della pseudanzia. A ciò sono _ condotto dalla considerazione del genere Adrastea i cui fiori sono obdiploste- moni; e dei petali di Candollea che a più caratteri accennano a bipartizione. CR |: TE, S °F, DELPINO, + mi fanno l impressione come se ciascuno di essi risultasse dalla fu- sione di quattro talami originati da sdoppiamento. Ho voluto serivere questi appunti ed avvertenze nella speranza che per avventura possano riuscire non inutili a quel fitologo che si ac- cingesse all'opera assai promettente, intesa a fondare una teoria gene- dou rale delle architettoniche florali. Bologna, 1.0 Marzo 1890. Sull'impollinazione del Dracunculus vulgaris (L.) Schott, in. vise al Prof. F. Delpino. — Nota di G. ARCANGELI. In una nota pubblicata in questo stesso periodico (4) il Prof. Delpino ha voluto combattere quanto fu da me sostenuto in aleune mie pub- i blieazioni sopra questo argomento, in conferma di quanto già ne scrisse . nel suo pregevole lavoro, Ulteriori osservazioni sulla dicogamia, ecc. | Milano, 1873-74. In tale circostanza, io mi credo in dovere di Pispon- dere alle osservazioni esposte in quella nota. ) : Il Prof. Delpino, dopo aver riportato in quella nota varii brani del lavoro ' Sopra citato, relativi alla struttura delle infiorazioni del Dra- cunculus vulgaris e di altre Aracee, ed alle particolarità biologiche riforentisi alla loro impollinazione, prima di passare a considerare il merito delle mie osservazioni, ha creduto opportuno. dede aleune | generalità relative alle piante sapromiofile. - Egli osserva che, riguardo a tali piante, in primo luogo sta la con- sociazione di caratteri biologici, che si ritrovano in fiori appartenenti alle più disparate Famiglie fanerogamiche, i quali sono indubbiamente ed esclusivamente visitati da mosche carnarie. Detti caratteri sono: 1.° ; fetore putrido e cadaverico; 2.9 eolori luridissimi, atroviolacei, atropur > 4 men Menton, mo Me Fe a carcere Sete od a è» t rieovero. Egli non esita quindi a dichiamite, the tali caratteri si conso- ciano a perfezione nel Dracunculus vulgaris, ehe deve senz'altro es- sere ritenuto come pianta sapromiofila, ed essere aggregato sotto tal riguardo a molte altre Aracee non solo, ma eziandio a varie Anonacee, Aristolochiacee, Rafflesiacee, ecc. E | Mi dispiaee di non potermi associare al Prof. Delpino in siffatto modo di argomentare. La conclusione ch’ egli trae, che cioè tutte le citate piante debbono ritenersi come sapromiofile, è troppo generale. Ed in- fatti, per decidere se una specie è frequentata da ditteri, piuttosto che da coleotteri o da altri insetti, non basta avere esaminato i colori dei suoi fiori od infiorescenze ed i loro odori, e s'essi sieno conformati a carcere temporario od a ricovero; ma si richiede un esame più accu- rato della loro struttura e del loro modo di funzionare. Osserva inoltre il Delpino, come convenga pesare la differenza fra l'attività ed efficacia dell’ uno e dell'altro ordine d’insetti, nel trasferire il polline da pianta a pianta, e come questa attività debba essere con- siderata principalmente sotto l'aspetto del numero degl’ individui e della loro ubiquità, e sotto l'aspetto delle attitudini loro corporali e sotto l'a- spetto della velocità di traslazione. Relativamente al numero degli individui ed alla loro concorrenza in ogni loealità, secondo Delpino le mosche carnarie, e segnatamente gli individui di Calliphora vomitoria e Sarcophaga carnaria, Sopravan- “zano di gran lunga i necrocoleotteri. Anche tale considerazione non può, a senso mio, essere accettata, perchè non è necessario che i pro- = nubi sieno scelti fra gli insetti di più generale concorrenza e più nu- | merosi, e perchè non è dimostrato che le mosche carnarie sopravan- - zino sotto tale rispetto i neerocoleotteri. Se infatti si rifletta, che le “mosche carnarie sono dotate della facoltà di agitarsi, continuamente volando per l’aria, in proporzione maggiore dei necrocoleotteri, che Spesso si tengono nascosti sotto le pietre, nei eadaveri, sotto le ‘Scorze, ecc.; è ben naturale che le prime ei sembrino di occorrenza yh generale. e più numerose, senza. che per altro lo sieno in realtà. | Quanto alle attitudini il Delpino asserisce che le mosche carnarie e sro, ed: in our le Ae Loue ricordato, hanno il corpo irto G. ARCANGELI | di setole attissime a raccogliere e trasmettere il polline senza disper- «dimento, laddove i necrocoleotteri sogliono avere un corpo notevolmenle | ‘levigato, da cui il polline si può distaccare con grande facilità. Ma è realmente vero che la presenza di peli o di setole sul corpo di un insetto, costituisca sempre la condizione più favorevole alla raccolta ed al tra- sporto del polline? Se i peli e le setole, come ogni organo sporgente, SÌ: asi cuoprono facilmente di polline, non possono pure perderlo facilmente, per la debole adesione che ve lo trattiene, e pel fatto ch'essi organi | risentono assai più gli effetti degli urti e delle scosse, che il corpo del- T insetto subisce nel volo? Ed oltre a ciò la sostanza mucillaginosa, che invischia ordinariamente i granelli pollinici, non è sufficiente a farli. . aderire con notevole energia alla superficie di corpi levigati, come quelli dei Saprinus, senza il pericolo della dispersione che può av- | venire per l'adesione all’ estremità di semplici peli? E le Silpha ed i Saprinus nelle zampe, ed i Dermestes pure nel corpo, non hanno forse dei peli? Crede inoltre il Prof. Delpino che quanto ho riferito | nella mia ultima nota, relativamente al polline che ho potuto osser- . vare in grande quantità sul corpo dei Saprinus e dei Dermestes, me- diante l'aeeurata ispezione al microscopio, sia effetto dell'influenza di - Bacco o di qualche visione notturna? E non è forse ragionevole am- - metere, che mentre la natura per certe piante ha prescelto il peloso | x dittero a ana l uffieio di ue Ber altre SHINE umen il le- wr xt = | T alo, e PES NAE distanza forse con maggiore sicurezza e con y minore dispersione? | . Avverte pure il. Delpino, come riguardo alla aoci di traslazione, ‘enorme sia la differenza. tra queste due categorie d’ insetti, potendo. unà mosca carnaria in breve ora percorrere parecchie miglia, ciò. che, congiunto ad un olfatto finissimo’, rende tali mosche agenti pre- i: ziosissimi per effettuare nozze incrociate, anche fra quelle piante i cui individui si trovano é notevole distanza, a differenza dei coleotteri che ad ogni breve tratto, volando, hanno. bisogno di riposarsi. Ma questa - enorme differenza di velocità ‘ammessa dal Delpino esiste realmente, ed X pe gli vero che i coleotteri is iano bisogno di riposarsi. ad ogni tratto? e SULL’ IMPOLLINAZÌONE bx DRAGDNDULUS VULGARIS — 495 Per parte mia, ben mi ricordo di aver veduto parecchi coléatteri fare dei voli paragonabili a quelli dell'aquila in proporzione del loro corpo, © enon stancarsi così facilmente come si dice, ed anzi, non con andamento tortuoso e variato come quello dei ditteri, ma diretto e costante. Ed | è poi necessaria questa grande velocità, onde sia assicurata la fecon- =~ dazione staurogamica fra individui che si trovano a notevoli distanze, : * e sarà sempre necessario il farli viaggiare in treno lampo? E non è lo stesso Prof. Delpino che ha riconoseiuto, come in certe piante le - funzioni staurogamiche sieno affidate ai pigri e lenti molluschi ? ia Passando poi ad esaminare il merito delle mie osservazioni e con- 3 clusioni, il Delpino mi rimprovera di non aver tenuto conto del fatto ch'egli riporta, aver cioè ritrovato nelle infiorescenze del Dracunculus vulgaris un numero grande di ale di mosche, secondo il suo avviso, divorate da quegli intrusi scarabei. Egli mi domanda perchè non ho citato questo suo passo, e perchè non lo discuto, facendo notare ch'esso . doveva essere per me un lampo di luce. Manifestamente io non poteva tener eonto di tale asserzione, tanto più che l'Autore non dice quante furono le infiorescenze nelle quali riscontrò un tal fatto, ed à me non accadde chein casi molto rari di riscontrare ditteri o parti del loro corpo, | nelle infiorescenze della pianta in questione. Sarebbe forse corretto Di | che pel fatto di aver trovato in qualche soffitta un numero assai grande di scheletri di civette, si procedesse alla deduzione che le softitte delle nostre case son costruite per uso delle civette? E chi poteva assicu- contrarie da me effettuate, che le rarmi, in seguito alle osservazioni numerose ali trovate dal Delpino dovessero considerarsi come un caso normale, anziché come un ’accidentalità ? Ma io potrei domandare con maggior ragione al Prof. Delpino: perche deserizione da me data della infio- itus (1)? perché anzichè non ha tenuto nessun conto delle rescenza del Dracunculus vulgaris e del D. crin appena ne cita una in una nota? Come e diseuterle nella sua critica, E Vedi « TRETA sulla fioritura del Dracunculus vulgaris Schott ». 879 pag. 25 e seg, © « Osservazioni sull’ IRE 75. Nuovo Giorn. bot. ital. XI, inazione in alcune Aracee » nel detto Giorn. XV, 1883. pag. © GU 'ARCANGELI possibile il non riconoscere nell infiorescenza del Dracunculus vulgaris, un apparecchio eminentemente adatto all’ incarceramento dei necroco- .- leotteri, ed in quello del D. crinitus, un apparecchio meravigliosamente i costrutto per l' incarceramento dei sopraditteri? La conformazione della à spata, che al di sopra della caldaja nuziale si slarga a foggia d’imbuto, e si protende lateralmente a guisa di doccia; la mancanza di paracarpidi e parastemoni setoliformi, che sono appunto attissimi a trattenere i sa- | proditteri e non i necrocoleotteri; la conformazione dello spadice, ela limitazione del suo osmoforo alla parte che sta al di fuori della caldaja | nuziale, con leggera inclinazione verso la spata, evidentemente per favo- rire la caduta dei necrocoleotteri sulla spata che li guida nella caldaja nuziale; l’inflessione ad a della parte inferiore dello spadice, che gli : | permette di tenersi a contatto col margine dell' apertura del carcere, ed. d il eorrugarsi della sua superficie la mattina del 2? giorno di fioritura, onde facilitare l’egresso ai necrodoleotteri. incarcerati, non son tutte di- sposizioni eminentemente accomodate alla natura de’ pronubi, cioè ai INA coleotteri necrofori? E nel Dracunculus crinitus, la costante piegatura. della spata, quasi ad angolo retto al collo della camera nuziale; log sviluppo dei paracarpidi, e principalmente dei- parastemogi in setole. lunghe e rieurve; il eontinuarsi dello osmoforo entro il collo della spata, non sono esse disposizioni in grado eminente adattate alla na- tura dei saproditteri, anzichè dei necrocoleotteri ? Asserisce pure il Delpino di aver fatto nel 1885 diuturne osserva- zioni sopra aleune piante di Dracunculus vulgaris, allora in piena fio- — | Pitura nell'Orto botanico di Bologna, e di aver presenziato l’accorso e > l'ineareeramento di una grande quantità dei soliti necrocoleotteri nel | primo giorno dell’apertura di ogni spata. Egli riferisce poi, che in queste — piante le mosche si posavano di tratto in tratto, sopratutto sullo spa- ce ‘dice e sulla spata, e molte di esse si affacciavano all'apertura della caldaja fiorale, e dopo esser rimaste qualche tempo come irresolute e dubbiose, retrocedevano alla vista di quel subbuglio di negri e fetidi insetti. Da tutto ciò Egli si formò il concetto, che le mosche non entrino. nella caldaja nuziale, tutte le volte che la vista e forse anco T odo- E rato le avvertano Sls. presenza di Lue formidabili carnivori, e che È | SULL’ IMPOLLINAZIONE Di la loro visita sia assicurata solo in quelle località, ove per una od altra ragione scarseggiano i coleotteri. Corrobora inoltre la sua opinione ri- portando aleune esperienze effettuate dal Dott. Mattei e da Lui stesso, dalle quali resultò, che alcuni individui di Sarcophaga carnaria pe- netrarono in un cassetto ed in una campana, ov'era stato nascosto uno spadice di Dracunculus vulgaris. Io pure ho più volte presenziato I accorso degl’ insetti alla infiore- scenze del Dracunculus vulgaris, come ho già altrove riferito (1), ed ho pure potuto osservare l'accorso dei saproditteri, quali individui di Sar- cophaga, di Lucilia ed altri ancora; ma non mi è mai accaduto di ve- derli penetrare nell’ interno della caldaja nuziale, mentre ho costan- temente assistito al singolare e meraviglioso fenomeno dell’ incarcera- mento dei necrocoleotteri. I saproditteri che accorrevano attorno allo spadice svolazzavano in modo molto incerto, spesso anche si posavano —- sulla superficie dell'osmoforo, ma trovandosi delusi nella loro aspetta- tiva, dopo essersi trattenuti qualche tempo sull’osmoforo o sulla spata, si rimettevano al volo. Talora pure gli ho veduti posarsi sulla parte inferiore della spata, ma veramente giammai li ho veduti portarsi al- l'apertura” della camera nuziale, nè mi hanno dato alcun segno, ch'essi si astenessero dallo entrare in detta camera, per timore dei negri e fetidi coleotteri in essa contenuti. Il loro contegno anzi mi ha persuaso, eh'essi non entrano che solo eecezionalmente in detta camera, perchè mancano ragioni che ve li riehiamino o ve li guidino, limitandosi, come ho dimostrato, l'odore cadaverico all'osmoforo, eh' è tutto al di fuori della camera nuziale, ed alla parte superiore della spata ch’ è stata con esso in contatto. Solo una volta mi è accaduto di riscontrare dei pic- colissimi ditteri, che talona entravano nella camera nuziale, riuscendone . però sollecitamente. L' esperienze. del Prof. Delpino e del Mattei, rela- tivamente alla Sarcophaga che seuopri lo spadice nascosto, non hanno valore; perchè l’accorso non porta come consegnenza necessaria lincar- eeramento. Ed infatti è ben naturale, che all'odore cadaveroso del- 7 . l’osmoforo accorrano tanto le mosche carnarie, come i necrocoleotteri, a £ ed F d è 3 IE (© Nuovo Giorn. bol. ital, XI, pag. 24; XV, pag. 72, e XXII, pag. 52. - 32 Malpighia anno II, vol. II G. ARCANGELI che son dotati d'istinti consimili: ma questo non dimostra per nulla, che ambedue queste qualità d'insetti debbono essere incarcerati nella camera nuziale e fungere I ufficio di pronube, ciò che può rilevarsi solo con lo studio accurato dell’ infiorescenza, e di tutto quanto il processo biologico dell’ impollinazione. Al fatto osservato dal Delpino, che la Sarcophaga carnaria non de- posita le sue larve sugli spadici del Dracunculus, si può dare un'in- terpretazione differente da quella ch'egli ammette e ben più probabile, che cioè sopra quegli spadici essa giudichi non trovarsi condizioni adatte alla nutrizione delle sue larve, indipendentemente dalla vicinanza dei neeroeoleotteri. Riguardo al fatto dell' infiorescenza, che il Dott. Mattei raecolse nella à primavera del 1888, nella quale furono trovate 20 grosse mosche, pro- babilmente appartenenti alla Platystoma umbrarum, io accordo be- ‘nissimo che ciò. possa essere avvenuto; ma perchè tale osservazione fosse concludente, bisognerebbe aver dimostrato, che quelle mosche realmente effettuarono l'impollinazione o vi presero parte. Io stesso | ho riferito di aver trovato qualche dittero nelle infiorescenze del Dra- .- | cunculus vulgaris, ma ciò solo eccezionalmente: nè io ho inteso mai di escludere assolutamente la presenza dei ditteri dallo interno della caldaja nuziale, ma di dimostrare che per la pianta in questione sono quasi nell’ impossibiltà di fungere da pronubi, e che tale funzione per essa è devoluta ai necrocoleotteri. Venendo poi a stringere ]' argomento, il Prof. Delpino pone le tre seguenti ipotesi: 1° Le mosche. carnarie sono pronubi normali e principali. I necro- o SIRO sono agenti succedanei. ° I necrocoleotteri sono i pronubi Den. Le mosche carnarie sono pronubi suecedanei, 3.° L'ipotesi propugnata da Arcangeli, come Egli dice: i necrocoleot- teri sono pronubi esclusivi. Egli osserva inoltre che la prima e la seconda ipotesi sono più o meno concordabili coi fatti sin qui conosciuti, ma ritiene la prima come. - più ragionevole, e riguardo alla terza asserisce che, in date circostanze ARS E eh sche carnarie entro il recinto nuziale: onde conclude che Adhuc sub judice lis est, e che per decidere definitivamente una tale questione occorrono altre e più accurate osservazioni. Riguardo alle ipotesi formulate dal Delpino e sopra riportate, mi permetterò osservare, che la prima ritenuta dal Delpino come la pii ragionevole, in seguito ai risultati delle mie ricerche, si deve ritenere come la più irragionevole ed insostenibile. Lo stesso poi penso debba ritenersi per la seconda ipotesi: imperoeché, com'è possibile che le l . mosehe carnarie fungano l’ ufficio di pronubi succedanei, se l'infiore- scenza del Dracunculus non é aceomodata alla loro natura che solo . in parte ben piccola, e solo. eecezionalmente possono rimanervi cattu- rate? Io certàmente non intendo negare, ehe in easi eccezionalissimi, ‘mancando i coleotteri, od anche in loro presenza. aleune mosche ed | anche una ventina, come osservo#il Dott. Mattei, penetrino nella ca- mera nuziale: ma come potranno quelle mosche rimanervi, se esse entrandovi nel periodo più favorevole, cioè nel giorno dello sboccia- mento, quando l'osmoforo espande i suoi effluvii odorosi ‘col massimo 8 antim., epoca nella quale si aprono le antere, onde prestare effica- cemente l’opera loro? Chi tratterrà queste. mosche nella camera nu- «ziale, mentre esse trovano sempre libera l'apertura superiore, ch'esse ‘possono facilmente raggiungere, non incontrando alcun ostacolo che - loro lo impedisca? Nella terza poi delle ipotesi sopra riportate, il Delpino veramente mi fa dire di più di quanto io ho realmente asserito. La frase da me usata nel mio primo lavoro « che sono i coleotteri necrofori , che com- piono le funzioni di pronubi. esclusivamente 0 quasi esclusivamente » non va intésa in senso assoluto, come T ha presa il Prof. Delpino. > Dicendo appunto esclusivamente 0 quasi esclusivamente, io ho voluto che la mia asserzione non si debba intendere. in un senso affatto e- clusivo ed assoluto, come lo dice l'aggiunto quasi esclusivamente. Nè ce tamente, per quanto abbia voluto. dire che i necrocoleotteri sono i mi e lag pn del Dracuneulus st ho voluto di de “di uao e di luogo, è contraddetta dalla Son stdbati Datotokcio ns di mo- d'intensità, dovranno trattenervisi fino al mattino seguente, circa alle. > o G. ARCANGELI - escludere il caso eccezionalissimo , che qualche mosca, od anche una - chiocciola, introdottasi nell’infiorescenza di detta pianta al mattino del 2.° giorno di fioritura, dopo la deiscenza delle antere, non possa tra- sportare il polline di cui si sarà aspegsa, sullo stimma di qualche pianta più o meno prossima. Certamente tante cose sono possibili in questo. mondo: ma, se un tal possibile si verificasse, nessuno vorrebbe cer- tamente sostenere che i ditteri fungono la parte di pronubi succedanei per le infiorescenze del Dracunculus vulgaris, come nessuno certo vorrà sostenere, che per qualche mosca rimasta schiacciata sugli staggi di un paretajo, questo strumento sia fatto per chiappare le mosche, anzichè gli uccelli, o che le mosche costituiscano un succedaneo alla caccia degli uccelli, che con profitto vi si pub esercitare. a Aggiunge pure il Prof. Delpino, che il Dracunculus vulgaris è una C specie sporadica, trovandosi elindividui remoti l'uno dall'altro parec- chie miglia, e che le piante che octorrono ai botanici, non sono ve- ` rosimilmente spontanee, ma transfughe da culture antichissime; che molti degli esemplari osservati sono prababilmente fuori della stazione originaria e naturale, quasi sempre in luoghi coltivi in vicinanza delle - abitazioni, e che nelle sue stazioni veramente naturali ed originarie, x cioè. nei luoghi selvatici lungt dall'abitato, le mosche carnarie, liberate essendo dalla formidabile presenza di quei carnivori, possono eserci- tare con tutta efficacia la loro funzione di pronube. A sostegno di ciò aggiunge pure l'osservazione fatta dal Dott. Mattei, che negli esem- plari di Dracunculus vulgaris, che si trovano nei giardini e nei campi in vicinanza dell'abitato, non vide mai ‘alcuna fruttificazione; mentre | in quelle raccolte nei luoghi selvatici, la fruttificazione sarebbe bellis- | sima ed abbondante: ed insiste sopra questo punto importantissimo da verificare, il quale, se fosse vero, condannerebbe i necrocoleotteri alla più trista figura di pronubi inefficaci. Che il Dracunculus vulgaris sia da considerarsi come sporadico, non. può essere che in casi affatto eccezionali, riscontrandosi anzi gregario, | piuttosto che sporadico. Di ciò fa fede il fatto, che nei dintorni di | Firenze, tanto a Gamberaja come alla Villa Fenzi presso D Andrea, e pure in Calabria presso Stilo, ove ho potuto esaminare questa spe- — cie, mi è sempre eo di riscontrata Y in un certo numero v in- dividui, riuniti in gruppi o separati da qualche distanza, in uno stesso campo od in eampi prossimi. In certe rare loealità, in seguito al tra- | sporto di un solo seme, esso potrà mostrarsi da principio solitario: “ma avendo la facoltà di moltiplicarsi spontaneamente pel tubero, ove pure non si riproduca per seme, dopo qualche tempo si ridurrà gre- gario. Che poi si debba ammettere, che gl'individui che ordinariamente s'incontrano sieno transfughi di culture antichissime, ritengo ben poco probabile. Potrà ben darsi che in certe località esso sia stato traspor tato per mezzo di semi, od anche forse coi movimenti di terra: ma anche probabile, che in alcune delle località ov'esso si trova, si sia 'onservato da epoche antichissime, fino da quando vi vegetava allo stato selvatico. Chi infatti potrebbe negare, che questa specie non si so: costituivano la valle di Gambe- S. Andrea, prima che vi si stabi- ra anzi un tal fatto possibilissimo, n solo le pianure e trovasse in quei luoghi selvatici, raja ed i terreni della Villa Fenzi a lissero le attuali culture? À me semb tanto più che T attività umana, avendo invaso no re le parti elevate dei nostri monti, non fa meravi- ro di piante una volta selvatiche, si sieno con- poi nei luoghi selvatici, lungi dallo era dai necrocoleotteri © Je colline, ma pu glia che un certo nume servate nei luoghi coltivati. Che < abitato, la nostra pianta si debba trovare lib sotto l'esclusivo dominio delle mosche carnarie, è cosa che non posso ‘affatto accettare: perchè non è vero che nei luoghi selvatici manchino necrocoleotteri e sussistano solo le mosche carnarie, essendo le con- dizioni favorevoli allo sviluppo degli uni nei luoghi selvatici e presso l'abitato, i n gran parte corrispondenti a quelle favorevoli alle altre. Nè all'osservazione del Dott. Mattei, poichè a me è avvenuto di trovare esemplari di Dracunculus vulgaris benissimo frut- tificati nel M. Consolino in luogo selvatico, presso Stilo in Calabria , f quindi presso r abitato, come ne ho potuti osservare nelle piante col- tivate del Giardino botanico di Firenze ed in quello pure di Pisa, ove. la pianta. ha fruitificato più volte. Vero è che talora gli esemplari col- ne per altre cause, del resto non . tivati rimangono ‘sterili, ma ciò avviei | soir à a riconoscersi. Aiens infatti la pianta possa fruttificare, si -— posso accordar valore + di materia e di pericoli, anzichè esso viaggi a lunghissimi tratti sul altresì lattitudine, i neerocoleotteri, a sopportare la fame ed il di- mosche che vi furono trovate, si potrebbe forse ritenere eon maggior — si G. ARCANGELI richiede ici sia coltivata in un certo numero d’individui; essendochè in forza della sua proteroginia, ogni individuo non può dar frutto, se non & fecondato dal polline di altro individuo nel modo da me de- scritto: ed affinchè poi la fecondazione abbia luogo, occorre che le differenti piante non fioriscano contemporaneamente, ma successiva- mente, od almeno una prima delle altre, altrimenti è impossibile che. la fecondazione abbia luogo, a meno che il polline non sia trasportato. Eo da qualche pianta che si trovi a grande distanza, ed estranea al gruppo - che costituisce la cultura. Nè io credo che' questo ultimo caso sia così facile e frequente, come ammette il Prof. Delpino, che par disposto a far viaggiare i suoi ditteri in treno lampo da Bologna a Firenze, por: cooperare alla fecondazione del nostro Dracunculus, senza pensare che -. i ditteri hanno bisogno per eseguire così lunghi viaggi del placet dei ragni (Tegenarie, Epeire, ecc.) e di non pochi insettivori, dei quali al- ; cuni certamente risparmiano più i coleotteri. Ma è poi veramente ne- ti. cessario che la fecondazione debba effettuarsi fra le piante lontane le. 20, le 40, le 60 miglia, mentre può benissimo ‘effettuarsi fra le piante vegetanti in uno stesso distretto, con produzione di semi ad esuberanza? E non è forse probabile che il polline sia trasportato da una pianta all’ altra a distanze brevi o non troppo grandi, con risparmio di tempo, corpo di un insetto, che può facilmente restar preda di un nemico? Ed i necrocoleotteri non hanno essi mezzo di trasportare esso polline pure a distanze assai grandi, forse con sicurezza maggiore dei ditteri, spesso volubili nelle loro determinazioni e di un carattere più biz- zarro ed irrequieto di quello dei neerocoleotteri? E non hanno essi giuno assai più à lungo dei saproditteri, ciò ehe torna pure di non. poco vantaggio al compimento delle funzioni staurogamiche ? MET In riguardo ai ditteri, che sono stati véduti talora penetrare ila È | caldaja nuziale del Dracunculus vulgaris, ed alle ali e Tampa dic ragione, che l’ ufficio di questi insetti si fosse quello di fornire nutri- mento ai necrocoleotteri, durante la Joro PM in quur infiore- gra $ SULL *HMPOULINAHONR DEL coglioni VULGARIS - scenza, ciò che lane langs eol butter le loro fois onde meglio riuseire e piü a lungo continuare nelle loro faccende staurogamiche. Questa supposizione pero, mi sembra avere poca proba- bilità in suo favore, pel fatto che, come già fu detto, i necrocoleotteri hanno attitudine a resistere assai lungamente alla fame ed al digiuno, tanto più che non è necessario che i medesimi individui sieno trat- tenuti a visitare una lunga serie d'infiorescenze, potendo i primi _ nelle successive infiorescenze essere sostituiti da altri accorsi. di recente. In seguito alle osservazioni da me fatte e di già assai numerose, ed a quanto ho superiormente esposto, io mi credo ben in diritto di j | ritenere il Dracunculus vulgaris come pianta necrocoleotterofila: e se a tal gruppo ascrissi pure la Sapria himalayana , la Rafflesia Patma l'Hydnora abi, yssinica. ; "gh “Amorphophallus ed il Sauroma- tum guttatum , ciò feci, perchè mi parve che la struttura del- l infiorescenza di queste piante fosse più accomodata ai neerocoleot- © teri che ai saproditteri, tanto più che riguardo all’ Zydnora il Beccari - mi asserì di aver trovato in essa, molti coleotteri. Per alcune di queste, per le quali non potei esaminare l infiorescenza che sopra semplici figure, ed esemplari secchi od in alcool, forse mi potrò essere ingan- nato; ma ciò non può stabilirsi altro che in seguito ad accurato esame sul vero. Il pretendere pero. che il semplice fatto di aver visto svo- lazzare molte mosche intorno ai fiori di Raflesia ed a quelli di Sav- i romatum , come vorrebbe Delpino, possa essere elemento. sufficiente per decidere la questione, non mi pare accettabile, per la ragione che lo svolazzare intorno ed il visitare non portano come conseguenza ‘necessaria il cooperare alla fecondazione. Riguardo poi all’ adinamandria supposta dal Dott. Mattei, ritengo con Delpino che pel Dracunculus sia una disposizione superflua, Gli . esperimenti da me fatti chiaramente dimostrano, che È autofecondazione SE $31 kamanla in questa pianta è impossibile (4), e tale imp ni da fatto che il secondo giorno di Péri, paio si aprono le antere, T TOR Giorn. r E XV; m p. 74. G. ARCANGELI gli stimmi non presentano più condizioni adatte al germogliamento del polline. Se ben ricordo, nel Dracunculus ho potuto osservare, che i grani pollinici hanno la facoltà di germogliare nel fondo della ca- mera nuziale: pur tuttavia mi par più ragionevole, che la sterilità dipenda da condizioni inerenti allo stimma, anzichè al polline. Se finalmente si possa dire riguardo al Dracunculus vulgaris, come. asserisce il Delpino, Adhuc sub judice lis est, io me ne appellerò al lettore imparziale. Dal canto mio mi riterrò più che soddisfatto, se potrà dirsi ch’ io abbia arrecato un modesto contributo a questa interessante questione, e terminerò col riferire il discorso pronunziato dal Presi- dente degli Scarabei, nell’ adunanza da essi tenuta in seguito alle espressioni offensive lanciate contro di loro, insieme al risultato del- : l'adunanza stessa. Discorso pronunziato dal Presidente degli Scarabei nell’ adunanza | tenuta il di 28 febbraio 1890, in seguito a parole oltraggiose loro indirizzate. SIGNORI! Tutti voi avrete probabilmente già presa cognizione di una nota comparsa nell’ accreditato Giornale Malpighia, nella quale il Chiar. Prof. Delpino, oltre non aver voluto riconoscere l'opera efficace da noi prestata nella fecondazione del Dracunculus vulgaris, ei fa segno a nuove offese, applicandoci non solo gli appellativi d'intrusi Searabei, — — E di pigri e sedentarii coleotteri, come già fece altra volta, ma pure designandoci con quelli di tozzi Scarabei, formidabili carnivori, negri e putidi insetti, e finalmente persino eon quello di pronwbi inefficaci e facenti la più trista figura. Credete pure, o Signori, che nel leggere quell’ articolo tutte le mie viscere si commossero nell' interno del mio torace e del mio addome, ed il sangue mi montò tutto alla testa, trasformandosi di ‘bianchiccio in nero come il mio dermascheletro. E fino a quando questa Umanità | continuerà ad essere così volubile, così folle e così ridicola? Fino a quando abuserà Ella della nostra pazienza? Già, or sono parecchi secoli. ^ Essa ci salsa nell’ Olimpo i insieme Di Osiride, ad Iside di ad altre divinità, ci scolpiva nei monumenti e nei cammei e faceva salire nu- . vole d'incenso alle nostre narici. Oggi al contrario essa ci vilipende con epiteti offensivi ed oltraggiosi; essa ci mena in sehiavitü, ci tra- figge, ci calpesta, e trascina i nostri miseri corpi nel fango. Ah quale cambiamento di tempi, quale pervertimento di costumi!!.... A noi poveretti viene applicato Y appellativo di tozzi coleotteri, come se la Sig." Umanità fosse la sola a mostrare belle forme, ed anzi dovesse dai suoi individui prendersi il tipo della bellezza. Ma sono forse rari nell Umanità individui che somigliano a perfezione il Pesce Mondo, e di quelli che molto si avvicinano a certi progenitori a dir vero non troppo belli? E forse non siamo belli anche noi ligne nostre forme, come ce lo attestano i nostri occhi di Scarabeo ? Si dice che noi siamo formidabili carnivori. Veramente noi ci ali: Süontiamo di eadaveri e solo raramente di prede vive. Ma forse presso 34 Umanità non esiste il costume di cibarsi di carni? È vero che una certa associazione detta dei Vegetariani, si è proposta di rimediare ad un - tale sconcio, imponendo ai suoi adepti di cibarsi solo di vegetali: ma pare ‘che per ora quella Società non faccia affari troppo buoni, giacchè i più non intendono affatto rinunziare alle cotolette ed alle braciuole, per gli erbaggi e per le frutta. Anzi, se si deve prestar fede a molti zoologi e . viaggiatori, il Sig. Homo sapiens addenterebbe molto vo- lentieri anche i proprj simili, come lo attestano le popolazioni tuttora antropofaghe. In tal caso mi pare che la Sig.* Umanità farebbe molto bene a tener nascosti certi suoi blasoni, almeno per qualche migliajo di anni, fino a che presso quelle. popolazioni non sia total- mente. scomparso quel brutto. vizio, e lasciarci stare in pace. Si dice pure di noi che siamo neri e putidi insetti. Ma con qual nità può lanciarei contro una tale accusa? Sono forse coraggio T Uma esentano i più bei colori del mondo ? Com- i suoi rappresentanti che pr prende. ‘Essa forse soltanto la razza caucasica, © non è piuttosto un in- sieme di. numerose razze che rammenta la veste di Arlecchino? E non sa Ella che il nostro color nero non prende macchia e ci libera da dei serii malanni? Alcune RS delle sue razze non sono nere come noi, e G. ARCANGELI non poche non hanno forse odori paragonabili a quelli del pesce morto e della carne putrefatta ? p - Ma tutto ciò non basta. Si tenta anche di applicarci la qualifica di : pronubi inefficaci e facenti la più trista figura. E vero che quella qua- lifiea fu espressa in forma condizionale, ma non possiamo fare a. meno La di oeeupareene. Capite bene che si tratta niente meno che di esser giu- dicati per mezzani di amore che fanno un solenne fiasco, e quindi, : Ie e la peggior figura immaginabile. Ma forse | Umanità ha preso a mi- : E^ . surarci col suo passetto? Stia pur sicura che presso di noi il lenoeinio — - professionale, come si suole esercitare presso di Essa, non esiste af- t fatto; e se noi facciamo la parte di pronubi pel Dracunculus, ciò è perchè siamo colti con inganno e per forza, che del resto noi non ci prestiamo n A mai a simili faccende. Nè presso di noi sussistono parecchie altre cose, | E che sono il parto dell umana sapienza. Noi non abbiamo leggi stupide e’ i ridicole, come quelle che si leggono in certi codici e regolamenti, nè certi vocaboli come quelli di giustizia, equità, rettitudine ete. che presso l'U- manità rimangono bene spesso come lettera morta sepolti nei dizionarj; . non abbiamo Onorevoli che con le loro cicalate nei Ciarlamenti guastino VUE SUE T E il regolare andamento delle cose, facendo prevalere l’ interesse proprio EE, a quello del Paese, non abbiamo avvocati che facciano apparire bianco .— . M nero, né giudici ehe spingano la bilancia a traboccare dal lato | Y. della mancia; non clinici illustri che agevolino al cliente la via per d : l'altro mondo; non cavallieri, commendatori e baroni bifronti intriganti e camorristi; né presso di noi usano quelle solenni bricconate che conti- numente si commettono fra gli uomini; né i tanti delitti che sovente si mandano impuniti, come l’ infantieidio, ete. Noi dobbiamo far capire - alla Sig. Umanità, che siamo veramente gente onesta e da bene, e - che molte cose può imparare da noi, come pure ne imparò pel passato. K Ed infatti, non fummo forse noi che con le nostre pallotole abbiamo fornito agli antichi l idea della rotondità della terra? E Colombo avrebbe : mai potuto esistere senza di. noi? E nelle feste solenni, che si preparano | : a Genova in onore dell Ilustre Navigatore, non ci dovrebbe essere un^ ——— posto anche per noi? Certo che senza di noi la scoperta della America. i. “non avrebbe potuto aver luogo, nè gli Scarabei del Vecchio mondo | P SULL'IMPOLLINAZIONE DEL DRACUNCULUS VULGARIS 507 = avrebbero potuto stringere la zampa a quelli del Nuovo. E non siamo forse noi ehe abbiamo insegnato all' Umanità una delle opere di mise- rieordia piü pietose, quella di seppellire i morti? In conclusione, o Signori, io propongo alla nostra Assemblea, che in questa spiacevole circostanza si adoprino tutti quei migliori mezzi, che si convengono alla qualità delle offese ed alla nostra dignità. Io propongo quindi che s'invii al Chiar. Prof. Delpino una Commissione, con l'incarico di pregarlo a volersi occupare non solo delle sue mosche, ma anche di noi, senza preferenza aleuna di famiglia, di genere, di specie e di razza ed a volerei esaminare accuratamente, specialmente la mattina del 2° giorno di fioritura dopo la deiscenza delle antere, spiare le nostre mosse, il contegno degli ovarii dopo la nostra funzione, e quindi ritirare le enienti ed oltraggiose, inviate al nostro indirizzo. Nel caso’ parole sconv poi che il prelodato Professore, che ha sparso tanta luce nel campo della Biologia, ci voglia lasciare al buio, e si rifiuti di aderire a questo nostro . desiderio. inearieheremo a. stessa Commissione di deferirlo al nostro tribunale, onde sia giudicato e ‘condannato secondo le leggi vigenti del nostro Statuto. In seguito a tale discorso, dopo breve proposta del Presidente venne accettata all’ unanimità: onde subito si procedette alla nomina della Commissione, che risultò composta degli Scarabei Dicheosini, Cristotis, A dorodochia. Neppure una fava bianca! discussione, posta ai voti la Dal Gabinetto botanico della R. Università di Pisa, addi 2. Marzo 1890, : esaminare qualeuno di noi al mieroscopio, osservare nel Dracunculus # se Lig U LS ETTORE DE TON. ETTORE DE TONI NOTE SULLA FLORA FRIULANA SERIE TERZA. (Continuaz. e fine, vedi pi 403). SOLANACEAE.. de Lycium europaeum L. — Siepi pr. Moruzzo (Lazz.). . Solanum Dulcamara L. — Frequente la tetrameria nella corolla (7.). Hyoscyamus niger L. (V. Ser. II). — Scarso presso Cividale a ss Carraria, sulla via della Madonna del Monte a al di 5 del Judri a a Mernico C * Nicotiana rustica L. — Grigia del Messico, questa nanta pi è naturalizzata nell’ Eitópá australe e, ricea di semi come la sua nota congenere N. Tabacum L., sarebbe molto più. diffusa se le leggi finanziarie non obbligassero i cittadini che vogliono sfuggire le con- travvenzioni ad estirparla non appena essa appare nei loro orti. Tro- vasi -qua e là spontanea anche nel Friuli, p. e. a Lorenzaga (5) ove osservai un individuo inselvatiehito che ae subito strappato. SOROPHI A RIACEAE Verbania teen L. — Questa specie, oltre che nei luoghi ele- vati (Auel.) , Àroyasi nelle colline ed al piano a Gemona, Fagagna, Udine (Fl. forj.). Ne trovai. molti individui a Buttrio, uno dei quali — più piccolo e quasi intisichito sotto una siepe; aveva sofferto dei mu- “i tamenti nella colorazione. La corolla aveva il suo color giallo ordi- . " M È i À ji Y ^ È ME Ra pdf E "NT. () V. Nota N, 8, : Du eS nario, ma la fauce invece d'essere tinta uniformemente en ONE à presentava solo delle linee raggianti di quel colore. Gli stami inferiori erano coperti di peli pure violetti come di regola, mentre i peli dei superiori erano completamente imbiancati, e finalmente gli stami medi portavano peli violetti verso il basso, bianchi verso l'alto. Altre ano- malie ehe osservai nel medesimo fiore furono quelle della eorolla e del calice esameri. Il petalo soprannumerario ` più piccolo degli altri ‘era loro perpendicolare ma per la sua posizione corrispondeva ad uno _ degli spazi fra i sepali. Le corolle degli altri fiori erano cadute, solo potei osservare che il fiore sovrapposto.a quello descritto aveva il | calice pure esamero. * V. virgatum With. — Buttrio. ; Linaria Elatine Mill. — La sp. cresce in Friuli presso Monfalcone (FI. forj.), la var. commutata (Brnh.) a Prepotto (7.). Quest’ ultima viene citata dagli aut, in varie località d'Italia, fra le quali la più vicina a noi èl Istria. . : i * Veronica bellidioides Wulf. — Nel Bellunese a Sappada (Fl. ‘orj.), nel Friuli al monte Juanes presso Cividale (T). OROBANCHEAE. : * Orobanche Hederae Dub. — In Sardegna e Liguria, nel Napo- letano, a Susa, à Bergamo (Auct.), in Friuli a Purgesimo (T.). LABIATAE. _ Salvia vertici - dalese (T.). i: . Satureja hortensis i Torre, nei campi della Carnia ( temente fu scoperto sui suoi cauli mo | sphaeria fallaciosa Berl. (V. Ser. I). : — K. rupestris Wulf. (Calamintha thymifolia Rehb.|. — In Carnia, sui muri vecchi di Gemona, Gorizia (Fl. forj.) e di Cividale, abbon- dae (TU c 1 | SIR | llata L. (V. Ser. II). — Piano d'Arta (Luzz.), Civi- L. — Nelle ghiaie del Natisone, Isonzo, Cormor, FI. forj.), ad Osoppo ( Berlese).' Recen- rti un nuovo fungo, la Lepto- RA Jpn i 910, DN ue ; ru a cartone DI Post: GA Melissa officinalis L. (V. Ser. II). — Piano d'Arta (Zuzz.). RE Nepeta Cataria L. — Udine, Dignano al Tagliamento, Fagagna Ms dex (Fl. forj.), sui mari di Buttrio, Manzano. Galeopsis Tetrahit L. var. versicolor (Curt.) (V. Ser. II. — Ab- bondante a Cividale (7.), sulle colline di Manzano. * var. pubescens (Bess.) — Piemonte, Lombardia (Auct E nel Friuli Cividale, abbondante (T.), a Buttrio. Brunella grandiflora Jacq. (V. Ser. II).). — Pavia d' Udine (Luzz.). Stachys palustris L. X sylvatica L. — L'ibridismo naturale fra queste due specie affini è uu caso tanto frequente da costituire una varietà della prima, chiamata S. ambigua Sm. Trovai a Pavia d Udine un gran numero di questi ibridi che però non presentavano tutti i ‘ caratteri della varietà, forse perchè risultavano da inerociamenti se- - condari. Come nella S. palustris i peli del fusto erano reflessi, i ver- ticillastri fiorali affatto sessili, mentre anello dei peli nell’ interno della corolla non era trasversale, ma obliquo come nella S. sylvatica. Le foglie brevemente piccoiolate e cordate variavano in lunghezza se- condo gli individui. PRIMULACEAE. Lysimachia punetata L. — Udine, Fagagna, Susans presso San Daniele (Fl. forj.). Il nob. del Torre me ne spedì due individui rac- colti presso Cividale, in uno dei quali notai la tetrameria di un fiore, caso frequente in altri generi della famiglia (Primula). E POLYGONEAE. * Polygonum orientale L. (Corallino). — Coltivata nei giardini per ornamento. si vede spesso inselvatichita presso le abitazioni (a Udine, Manzinello). p AMENTACEAE. e Salix cinerea L. — Lungo l'Isonzo e presso Pulfero (Fl. forj), ad Osoppo (Berl. ove fu scoperto sul suo legno decortieato un nuovo fungo, la Trematosphaeria minuta Berl. (Ser. I). . MONOCOTYLEDONEAE NAJADEAE. = Potamogeton perfoliatus L. — Questa pianta acquatica ehe tro- asi a Venzone, San Daniele, Dignano al Tagliamento (FI. forj.), fu iffusa dal canale del Ledra nel basso Friuli. La trovai abbondante lungo il corso del canale a Pavia q’ Udine. ORCHIDEAE. Orchis militaris L.— Nei prati oah edi collina presso Faedis, Costalunga, San Daniele, Tolmezzo ed in pianura presso Soleschiano, ; Palmanova. Trovasi anche presso la città (Luzz.) e lungo tutto il viale . di Palma. : 0. maculata (V. Ser. « I). — Tricesimo, Gervasutta presso Udine ca j: | Epipactis latifolia AIL. (V. Ser. II). — Arta (Luzz.). . Spiranthes aestivalis Rich. — Fagagna, ap coena eee, (FT fori.), Cividale (T.). IRIDEAE. È frequente nei prati montani e di collina, dine (Fl. forj.), a Pavia d Udine ove fu Crocus vernus L. — raro in pianura presso U raccolto nell’ aprile 1887 dallo studente Luzzatto. LILIACEAE. Gagea lutea R. et S. — Rara a S S. Daniele (Su/fr.), Udine (Lazz.). Lm Convallaria Polygonatum L. [Polygonatum officinale AM.]. .. €, latifolia [Polygonatum esf] — Ambedue queste specie mon- ‘pane abitanti la Carnia (FI. forj.) possgno trovarsi in pianura, ove accompagnano la congenère C. multiflora L. pu Alla (V. eue We —A Pavia d’ Udine (Luzz.). Á t n ETTORE DE TONI * Allium pulehellum Don. — Quest' aglio selvatieo cresce nei luoghi : aridi dei colli e dei monti . Gli individui che trovai a Buttrio.lo scorso agosto appartenevano alla var. violaceum (W.)[A. carinatum AM. n, L.] più rara della specie. GRAMINEAE. Alopecurus agrestis L. — Udine, Monfalcone (Fl. forj.), Cividale, — ove sostituisce l'A. pratensis L. che sembra mancarvi, mentre è co- | e müne in altre località del Friuli e nella stessa Udine (T.). ren Sorghum vulgare Pers. — Coltivata per uso economico, va sog- ; getta ad anomalie. Il Lazzarini ne osservò un individuo con tre fusti, dei quali due si bipartivano due volte, l’altro tre. Le spighe portate dagli assi secondarii erano più rade dell’ ordinario e poco sviluppate. ACOTYLEDONEAE FILICES. Ceterach officinarum W. — Fu osservata in altri individui dal Lazzarini la bipartizione della rachide fogliare di eui la Ser. II, anzi in uno di essi la rachide era due volte biforcata. Cystopteris fragilis Bernh. (V. Ser. I. — Udine, Martignacco; Moruzzo (Lazz.). EQUISETACEAE. si Equisetum palustre L. — La var. polystachyum Vauch. cresce nelle acque stagnanti a Martignacco, Moruzzo (Lazz.) FUNGI. Xylaria polymorpha (Pers.) Grev. (V. Ser. II). — In grande quan- tità sugli alberi tagliati a S.*Daniele (Lazz.) + D.” Errore DE Toni. bis E deo x xx oy à datae 2 CE e CONTRIBUZIONI ALLA CONOSCENZA DEL PERIDERMA "518 Contribuzioni alla conoscenza del periderma per Hermann Ross. Il presente lavoro che mi servì di tesi per la libera docenza in Bo- tanica, si divide in tre parti: nella prima è riassunto tutto ciò che finora è stato pubblicato intérno alla istologia ed allo sviluppo del periderma, ed alla proprietà delle pareti suberificate. Nel secondo ca- pitolo viene brevemente esposta la storia dello sviluppo delle nostre cognizioni sull'argomento in parola, mentre invece la terza parte con- tiene le mie ricerche comparate sullo sviluppo del periderma e sulla co- stituzione dei suoi elementi negli organi aerei e sotterranei. Sono stato in dubbio, se fosse opportùno pubblicare anche le prime due parti: però il fatto, che in nessun altro lavoro a me noto questo argomento è stato trattato con tale estensione ed in un modo così completo ‘e generale, mi indusse à pubblicarlo integralmente, trattan- dosi bensì di fatti già altrove descritti, ma sparsi in periodici ed in diversi - lavori speciali alle volte poco diffusi. Ed in questo modo la mia fatica non piccola potrà rendere anche qualche utilità a chi vuole informarsi dello stato attuale delle nostre cognizioni sul periderma. Parte generale. .. Tutti gli organi delle piante superiori sono fino dalla loro origine esternamente coperti dall'epidermide, la quale funziona anzitutto come protettrice dei tessuti sottostanti eontro le dannose iufluenze esterne, in ispecie contro la soverchia traspirazione e gli assalti -dei mierorga- nismi. In tutte quelle parti dei vegetali, che arrivate allo stato di per- fetto sviluppo cessano di ‘accrescersi e rimangono immutate, l'epidermide si conserva inalterata per tutta la loro vita, come ha luogo general- mente nelle foglie e nei picciuoli, negli organi fiorali, negli steli delle piante erbacee, nei fusti e nelle radici delle Crittogame vascolari e del À, 33 Malpighia anno Hi, vol. HI. LI X. HERMANN ROSS maggior numero delle Nodo titsdoni, ecc. Al contrario negli organi - della durata di-piü anni con continuo accrescimento in grossezza, — cioè nei fusti e nelle radici delle piante legnose delle Dicotiledoni e Gimnosperme e di aleune Monocotiledoni — l'epidermide deve essere sostituita da un altro tessuto per doppia ragione: in primo luogo, perche l'epidermide, come tessuto permanente, non è capace che in casi ecce- zionali (Acer striatum, Viscum album) di seguire per lungo tempo l'ingrossamento dei suddetti organi, ed in secondo luogo, perché essa sarebbe troppo debole per proteggere abbastanza organi così grossi.- Il tessuto destinato a rimpiazzare l'epidermide deve quindi offrire so- lidità e resistenza, e per evitare che screpoli, deve anche essere do- tato della facoltà di rinnovarsi, onde coprire ugualmente l'organo in ogni stadio di sviluppo. : Nell'epidermide questi due uflici sono ancora uniti, e conseguente- mente essa é meno adatta del tessuto cutaneo secondario, chiamato in complesso periderma (4). In questo concorrono due forme di tessuto, che si dividono il lavoro: una di esse, formata da uno strato meriste- matico, detta fellogeno, ha per iscopo di far nascere il fellema e di rin- novarlo a misura che le sue cellule si disfanno e si sfogliano sul lato esterno; l’altra, il fellema, consta sempre di strati più o meno numerosi | di cellule a membrana suberificata del tutto o in gran parte, lo che rende questo tessuto sommamente adatto alla funzione protettrice. Uno dei caratteri specifici del fellema è. che le sue singole cellule, come quelle dell'epidermide, stanno in immediato contatto tra di loro, senza lasciare degli spazii intercellulari, eccettuate le lenticelle che qua (*) In quanto alla nomenclatura debbo premettere che adopero il termine « pe- riderma » nel senso vasto stab bilito dal De Bary, vale a dire, vi comprendo tutti i tessuti nascenti dalla zona generatrice particolare, detta fellogeno. Gli strati d al difuori del fellogeno definisco col F. von Hóhnel « fellema, » il quale ultimo può constare - sughero e di felloide, a seconda che le sue membrane siano suberificate o no. Gli strati al di dentro del fellogeno formano il fello- derma (Sanio). Procodcudo dunque dall'intorno verso l'esterno abbiamo felloderma . periderma | fellogeno - xis fellema. CONTRIBUZIONI ALLA CONOSCENZA DEL PERIDERMA e là interrompono il on der come A stomi T oder per rendere possibile lo scambio dei gaz. Il periderma comparisce ‘negli organi che sono arrivati allo stato di perfetto sviluppo primario, e conseguentemente il fellogeno è un. me- . ristema secondario, cioè non proviene dal meristema primario al punto di vegetazione, ma prende origine da uno strato di cellule adulte, le quali riaequistano la facoltà di suddividersi. Questo strato corre di so- lito parallelamente alla circonferenza dell’organo, ed è chiamato strato delle cellule madri o iniziali del periderma. Nella maggior parte dei . easi lo strato situato immediatamente al di sotto dell'epidermide diventa Yiniziale; talvolta invece lo diventa uno strato più o meno profondo della corteccia, di rado lepidermide stessa. Le segmentazioni nel fellogeno possono aver luogo tanto nella dire- zione radiale (parallela ai raggi) che nella tangenziale (presso a poco _ parallela alla tangente o alla circonferenza). Le segmentazioni tangen- ; ziali avvengono sempre parallelamente tra di loro, e da ciò risulta la disposizione regolare delle cellule peridermiehe in file radiali. Il fello- geno forma un anello chiuso, e le divisioni delle singole cellule si com- piono quasi contemporaneamente su tutta lestensione, quindi si mani- - festa pure una certa stratificazione concentrica. Col progressivo accrescimento in ispessore nascono dei tramezzi ra- . . diali, e per mezzo di essi il fellogeno si allarga gradatamente. Anche le segmentazioni radiali hanno luogo esclusivamente nel fellogeno e, laddove avvengono, le file primitive di cellule si sdoppiano. Riguardo al modo come succedono le segmentazioni nel fellogeno, il Sanio (1) ha dimostrato che si effettuano in una determinata specie -= sempre nella stessa maniera e secondo leggi generali, di cui l'autore distingue i seguenti cinque tipi principali: generazione centripeta, cen- |tripeto-intermedià, centrifuga, centrifugo-intermedia e centrifugo-re- ciproca. i < (') €. Santo. — Vorglstolieuds Untersuchungen über den Bau und die Ent- . wiekelung des Korkes. Pringsheims Jahrbücher für wissensch. Bot. dis II (1859), p. 39. GDS ea HERMANN ROSS Centripeto è quel caso nel quale costantemente l'interna delle due cellule figlie si suddivide alla sua volta, mentre l'esterna diventa una cellula permanente, formando un elemento del fellema. La generazione centripeto-intermedia si ha, allorquando le prime segmentazioni avvengono nel senso centripeto, mentre in seguito è l'e- sterna delle due cellule figlie che si tramezza una o più volte. Le cel- lule che nascono in tal modo dal fellogeno verso l' interno per le seg- mentazioni centrifughe diventano anche esse permanenti e prendono il nome di felloderma. Le cellule fellodermiche si comportano gene- ralmente come le cellule corticali proprie, conservando sempre il pro- toplasma vivo e contenente non di rado come queste, clorofilla, amido, cristalli, ece.; le loro pareti inoltre possono anche sclerotizzarsi. Gli strati di felloderma si distinguono però chiaraménte dai tessuti corti- cali sottostanti per la loro disposizione in file, rispondenti a quelle del fellema, provenendo entrambi dalle stesse cellule madri. Credo molto probabile che il felloderma funzioni come serbatoio delle sostanze pla- stiche che debbono servire ai fenomeni vitali del fellogeno, e ciò vale principalmente per quei casi nei quali la parte esterna della corteccia ^. è formata da collenchima a pareti più o meno inspessite, che offrono - dg alquanta difficoltà al pronto passaggio degli umori. La generazione del periderma è detta centrifuga, quando continua a suddividersi l' esterna delle cellule figlie. La suberificazione delle membrane avviene in questo caso solo dopo che sia cessata I attività del fellogeno e si compie nella direzione centripeta. Questo modo di i sviluppo è il meno frequente; lo abbiamo nelle Lonicera Caprifolium 5 o e L. Xylosteum, nelle quali per mezzo di segmentazioni centrifughe : e si formano 3-5 cellule, di eui 1-3 diventano felloderma, mentre le : E altre si suberificano eominciando dall'esterna. DI La successione delle segmentazioni è stata detta centrifugo-inter- media, quando le prime divisioni hanno luogo nella direzione centri- fuga, ed in seguito si compiono nel senso centripeto, per ritornare in- fine al modo primitivo; anche in questo caso si formano parecchie cel- lule fellodermiche. Il quinto tipo, distinto dal Sanio come centrifugo-reciproco , diffe- CONTRIBUZIONI ALLA SONAR DEL PERIDERMA at risce dall' ultimo deseritto santo per il fatto che le cuni cen- B ` trifughe e centripete si alternano più volte. Questi cinque tipi sono di regola ben caratterizzati, e raramente si osservano delle eccezioni. Come precedentemente fu accennato, la for- mazione del periderma suole compiersi per ogni specie secondo uno di questi tipi; come eccezione il Sanio riporta il Viburnum Opulus, nei cui fusti le prime segmentazioni del fellogeno avvengono nel senso centrifugo-reciproco, le ulteriori — al principio dell'autunno — sono centrifugo-intermedie, e le ultime esclusivamente centripete. Queste modifieazioni nel modo di sviluppo stanno probabilmente in rapporto coll avvicinarsi della stagione invernale. In appresso avrò occasione di mostrare che tali variazioni non sono così rare come il Sanio suppone. Per stabilire la successione delle segmentazioni nel fellogeno, bi- sogna eseguire tagli trasversali consecutivi finissimi, partendo da quella parte del fusto giovane dove comincia la formazione del periderma. Tolto il contenuto cellulare mediante lavaggio con acqua, alcool o ‘ammoniaca, talvolta anche con impiego dell idrato potassico e riscal- «dando, si può determinare direttamente il modo del suo sviluppo se- condo lo spessore delle pareti: la più sottile di esse è la più giovane. | Spesse volte anche i tramezzi radiali rendono buonissimi servigi per con- statare indirettamente la successione delle cellule peridermiche, poichè i tramezzi radiali si formano esclusivamente nel fellogeno. Quando si osserva ad esempio, che in tutte le cellule di una fila primitiva fuorchè nella più esterna, esiste un tramezzo radiale, possiamo concludere che l interna delle prime cellule figlie ha continuato a suddividersi; se in- vece il tramezzo radiale non si estende alla cellula più interna della fila, allora è rimasta meristematica la più esterna delle prime cellule ; figlie. * La forma tipica delle cellule peridermiche é il prisma retto a 30 6. lati: l asse di esso è normale alla superficie dell organo, e la sua lunghezza non oltrepassa il doppio del diametro trasversale. La loro altezza varia molto: talvolta sono schiacciate a mo’ di fogliette (Prunus, ATO: la maggior parte però è tabulare (Quercus Suber). L AN BACON LOC HERMANN ROSS i Prendiamo ora in esame la natura e le qualità chimiche e fisiche delle membrane ‘suberificate. La cognizione esaita della struttura intima delle suddette membrane la dobbiamo al von Hóhnel (1), il quale si è occupato profondamente di questo argomento. Quasi contemporaneamente il De Bary (2) descrisse con molta precisione la natura delle membrane in parola, ed i suoi risultati.vanno perfettamente d'aecordo con quelli del von Hóhnel. Re- centemente alcuni altri lavori si sono pubblicati su questo argomento, ed anche essi confermano i risultati ottenuti dal von Hóhnel, portandoci altri nuovi particolari. Anzi tutto il von Hóhnel si occupò delle reazioni mierochimiche adatte per far distinguere con esattezza le membrane suberificate dalle ligni- - ficate, essendo insufficienti i reattivi sino a quel tempo adoperati; e. — per la grande importanza che i suddetti reagenti hanno in questo ge- nere di ricerche, mi propongo di trattarne ora minutamente. ` Per riconoscere in via preliminare le membrane suberificate, può ser- vire l’acido solforico concentrato, nel quale si sciolgono tutte le pareti - cellulari, eccettuate le suberificate. È però da notarsi, che alle volte anche le membrane fortemente lignificate resistono al detto acido per lungo tempo, per la quale ragione sarà opportuno ricorrere ad ‘altri reagenti decisivi, quando si osserva una ‘parete cellulare insolubile nel- l’acido solforico concentrato. Lo stesso vale per il cloruro di zinco iodato, col quale tanto le mem- x brane suberificate quanto le lignificate si comportano ugualmente, co- lorandosi ambedue in giallo. Reazioni decisive e caratteristiche della suberina sono le segah: P Potassa. — Lasciando agire l'idrato potassico concentrato su di un taglio di periderma, non si presenta alcuna alterazione , tranne una evidente «colorazione in giallo ed un leggiero gonfiamento delle pareti. T È Pago (f) FRANZ vow HómNEL.— Ueber Kork und verkorkte Gswalle überhaupt. pis . ven Ber. der math. naturw. Kl. der Wiener Akad. d. W. Bd. LXXVI, ! Abth. | (3) DE Barr. — Vergleichende Anatomie (1877) p. 114, t AL dx % ANN aM ur eco Lea Meer vete MS d d saga EARED a i Se ER pa NE e inno CONTRIBUZIONI ALLA CONOSCENZA DEL PERIDERMA Cena Riscaldando poscia lentamente il taglio sotto il coprioggetti, senza la- sciarlo bollire, esso prende una colorazione più intensa, e contempo- raneamente le pareti suberificate, che prima erano liscie ed omogenee, assumono un aspetto singolare: sono più o meno fortemente gonfiate, e tutta la membrana, o almeno un determinato strato di essa (la la- mella di suberina), diventa granulosa. Allorquando la membrana è sottile e fortemente suberificata, essa mostra apparentemente questo aspetto granuloso per tutto il suo spessore, mentre nelle membrane grosse e poco suberificate questo fenomeno si osserva soltanto nella lamella di suberina. Sono esclusivamente le membrane er che mostrano questa proprietà; se invece si tratta nello stesso modo una membrana ligni- ficata o costituita da cellulosio puro, abbenché essa pure si gonfii, ri- mane perfettamente liscia; la lignina delle membrane legnose ne viene seiolta ed estratta senza produrre la granulazione caratteristica per le membrane suberificate. Continuandosi il riscaldamento e facendo bollire per un momento il taglio sotto il coprioggetti, il ringonfiamento diviene ancora più forte, e dalle membrane suberificate esce una massa granulosa, che si estende sul taglio in modo determinato e earatteristico per ogni specie di sughero. Queste masse, per lo più di color giallo d’ocra, formano ordinaria- mente dei globuletti che si mostrano sovente circondati da una mem- brana; se questa membrana invece manca, i detti globuli si riuni- scono in gruppi irregolari, sparsi dentro e fuori del taglio. Lavando poi coll acqua, sotto il coprioggetti, un taglio così trattato, le masse granulose vengono distrutte in, gran parte: esse si spandono ed i sin- goli globuli vengono asportati. Osservando dopo questo trattamento il taglio, le membrane suberi- ficate mostrano chiaramente una stratificazione a lamelle, della quale -ci occuperemo in seguito. Se si tratta a freddo con idrato potassico un tessuto nel quale siano - suberificate soltanto aleune cellule, queste ultime risaltano subito per ‘il colore giallo delle loro pareti, il quale col riscaldamento diventa * LE WS 4 p Se s HERMANN ROSS ancora piü intenso. In questo modo non si comportano che le pareti suberificate, mentre le altre si scolorano col riscaldamento. Allorquando la suberifleazione è debole, puó accadere che la reazione sopra descritta sia poco manifesta, perché le masse eranulose sono piecole e vengono facilmente trasportate dalla potassa bollente. Reazione dell’ acido cerinico. — Se si fa bollire un taglio di periderma nel miscuglio macerante dello Schultze (clorato potassico ed acido ni- trico), le membrane suberificate assumono contorni molto netti e ben circoscritti, mentre tutte le altre pareti (quelle fortemente lignificate però soltanto assai lentamente) divengono sempre più trasparenti. Ri- scaldando maggiormente il preparato sotto il coprioggetti, avviene un rapido sviluppo di bollicine gazose, e di tutto il taglio non rimane altro che le sole membrane suberificate, le quali si presentano allora ben limitate ed a contorni oscuri. A poco a poco le membrane che forma- vano una linea retta, si fanno ondeggiate e si ricurvano. Togliendo allora il liquido di Schultze ed aggiungendo alcool e poscia etere, le pareti in quistione diventano perfettamente ialine. Se si continua à riscaldare (aggiungendo all occorrenza alcune goccie del reagente), lé“ membrane ineurvate si rigonfiano ad un tratto e si fondono in un globulo granuloso, che man mano diventa più omogeneo e si presenta alla fine come goccia tondeggiante, costituita da acido cerinico, che è solubile nell’ alcool bollente, nell’ etere, nella benzina, non che nell'i- drato potassico diluito. Bisogna però osservare ché, siccome il miscuglio di Schultze attacca la suberina stessa, sciogliendosi questa in parte nel - reagente, soltanto una porzione di essa si trasforma in acido cerinico, e per questa ragione la detta reazione non si effettua bene nelle mem- brane che sono soltanto leggiermente suberificate. Per riconoscere anche una debole suberificazione, conviene trattare il taglio per pochi minuti ed a freddo col miseuglio di Schultze; indi si toglie questo reattivo e si aggiunge idrato potassico. Il primo rea- gente fa risaltare più spiccatamente le pareti sugherose, mentre la potassa le colora in giallo d’ocra e produce la granulazione caratteri- stica. Se questa ultima non comparisce subito, giova ordinariamente un leggiero riscaldamento. Nello stesso tempo la potassa chiarifica | anche tutti i tessuti non suberificati. LUE puc rv ace CONTRIBUZIONI ALLA CONOSCENZA DEL PERIDERMA ` bRI Acido cromico. — Questo reattivo, usato nello stato puro e piuttosto concentrato, fa anche esso risaltare più spiccatamente le membrane suberificate, mentre tutte le altre pareti divengono sempre più chiare .e trasparenti e dopo poco tempo scompaiono completamente. Al con- trario le membrane suberificate come pure la cuticula non si sciolgono ‘completamente nel detto reattivo, neanche dopo la continuata azione di parecchie settimane, ma si chiarificano tanto da essere appena vi- — sibili nel campo del microscopio. Versando poi acqua sotto il copri- | oggetti per togliere l'acido cromico, le membrane suberificate tor- nano ad essere visibili con chiarezza. Le reazioni più importanti della lignina invece sono le seguenti: Sali di anilina. — I sali di anilina hanno la proprietà di colorare in - giallo le membrane lignificate ed esclusivamente queste. Il Wiesner - adoperò il solfato di anilina. Questo sale si trova però in commercio per lo più in uno stato impuro e dippiù è facilmente alterabile. Per questo motivo il von Hóhnel dà la preferenza al cloridrato di anilina; .. ambedue i sali si possono usare in soluzione diluita, sia acquosa che al- coolica. Per rendere più sicura la riuscita della reazione e per fare comparire piü intenso il color giallo che assumono le pareti legnose, conviene aggiungere una piccola quantità di acido solforico o cloridrico. Si raggiunge lo stesso scopo mettendo i tagli, dopo il trattamento col sale di anilina, in una goccia dei suddetti acidi diluiti. Floroglucina. — L'altra reazione importantissima, e forse una delle più - belle reazioni microchimiche, è quella della floroglucina parimente in- | trodotta nella mierografia vegetale dal Wiesner. Wigand (1) l aveva M aecennata già nel 1862, ma, come succede spesse volte, era stata to- . talmente trascurata e dimenticata. Si adopera nel migliore modo una soluzione alcoolica molto diluita, circa 1 0/, o meno. Avendo trattato il taglio con essa, si aggiunge sul portaoggetti una goccia di acido cloridrico, ‘lo che produce su tutte le membrane lignificate un colore vivacissimo - rosso-rosa. Questo reattivo è così sensibile da poter indicare quantità | anche a di preux '() ALBERT Wiii: — Ueber das Verhalten der Zellmembranen zu Pig- menten, Bot. Zeitung. 1862, p. 149. HERMANN ROSS Le reazioni mieroebimiche delle membrane suberificate rendevano E molto probabile fino da principio, che la sostanza specifica presente in queste ultime appartenesse al gruppo dei grassi. Un recente la: voro del Kügler (1) sulla composizione chimica. del sughero di quercia à ha messo in chiaro la natura di questa sostanza che fu denominata suberina. Tanto la suberina quanto la lignina non sono semplici com- posti chimici. La suberina è un miscuglio di grassi, cioè a dire è com- posta dall’ etere glicerico dell’ acido stearieo e dell’ acido fellonico : quest'ultimo è un nuovo acido, la cui formula è Cay Ha 03. È Secondo tutte le proprietà chimiche e fisiche è da supporsi, che la sostanza specifica della cuticola & degli strati euticolarizzati dell epi- ^y dermide, dal Fremy distinta col nome di eutina, sia pure suberina Ore La proprietà fisica più importante delle pareti sugherose consiste nella loro impermeabilità perfetta o quasi perfetta pei liquidi e pei gas, lo che sta in istretto rapporto colla loro funzione di tessuto cu- i taneo e protettore. Su questo argomento si sono fatte parecchie espe- rienze. Il Wiesner (3) sperimentò con lamelle di. sughero di quercia, spesse . da 0,05 a 0,07 mm. — cioè 2 o 3 strati di cellule — che espose -per parecchie settimane ad una pressione di un'atmosfera, senza che l'aria potesse attraversarle, e "Lietzmann (). adoperando per analoghe ri- RE ( KARL KücLER. — Ueber das Suberin. Inaug. Dissertation. Strassburg 1884, e nell' Archiv der Pharmacie 1884, 22 Bd. 6. Heft. pa IN land des sc. exact. et nat. Tome XXII (1888 C) WIESNER. — Ausgleich des Gasdruckes in den Geweben der Pflanzen. (5 E. Lierzmann. — Ueber die Pérmeabilitüt vegetabilischer Membranen in. Bezug anf atmosphärische Luft, Regensb. Flora 1887, p. 344, T y RTE M PES Um, INE FRET 0 ~ Wiener Akad. pis Bà. 72. CONTRIBUZIONI ALLA CONOSCENZA DEL PERIDERMA 52 _ cerche lamelle dello spessore di 3 mm., constatò che esse resistono per parecchie ore ad una pressione di tre atmosfere. Si intende che le pareti suberificate sono ancora più AREA pei liquidi, supposto che questi non le attacchino chimicamente. Come prova. della impermeabilità ai liquidi delle pareti suberificate ricordo il disseccamento dei tessuti al difuori del periderma, fenomeno che ha luogo generalmente nello sviluppo della scorza. Da altre esperienze risulta ad evidenza, come il periderma protegga validamente un organo contro la soverchia traspirazione. Eder (1), determinando la quantità d’acqua traspirata da patate sane e spéllate, trovò che nelle prime 24 ore dell esperienza una patata spellata tra- spiro 64 volte di più della sana; nel corso di una settimana la prima perdette ancora 44 volte di peso più dell’ altra. Analoghi risultati danno i lavori dell’ Haberlandt (2) e di Wiesner e Pacher (3). Generalmente si considera il sughero come molto estendibile ed ela- . stico, ed il von Hôhnel attribuisce queste proprietà alla lamella di —— suberina, mentre le altre lamelle delle pareti suberificate sono più o = meno dure, non lasciandosi distendere. In opposizione di ciò lo Schwen- dener (4) mostrò, per mezzo di adatte esperienze, che la dilatabilità dei peridermi è piccolissima nella maggioranza dei casi. La dilatabilità di tali lamelle nel Cytisus Laburnum non raggiunge che al.massimo il 2 per cento prima di spezzarsi, quelle della Tilia grandifolia il 4-8 per cento; una eccezione fa il Prunus che ha una capacità di ten- sione sino al 12 per cento. Il sughero è un cattivo conduttore del ca- lore, la quale cosa sta altresì in rapporto colla sua funzione. La maggior parte delle ricerche ed esperienze citate sono state eseguite sul sughero D K. EDER. — ETDE von Wasserdampf bei Pflanzen. Ber. d. 79. [Piscis — Beitrüge zur Kenntniss der Lenticellen. Wiener Akad. 815. (6) WIESNER und PacuER. — Ueber die Transpiration Partus Zweigo d des chrift. A Stammes der bugie Oester. bot. Zeits *) S. ScHwENDENER. — Die Schutzscheiden und ihre asi Abhandt, E kgl. Akad, zu Berlin, 1 1882 HERMANN ROSS di quercia, poichè soltanto questa pianta produce il vero sughero in quantità considerevole che è costituita esclusivamente di elementi suberificati; è da supporre che le pareti sugherose delle altre piante abbiano le stesse proprietà. Il peso specifico del sughero di quercia è piccolissimo, essendo nelle sue cellule contenuta dell’aria. Premesse queste nozioni generali sulla natura delle membrane su- . berificate ritorniamo alla loro struttura intima. Il von Hôhnel, per mezzo dei suoi reattivi adoperati su tagli finis- simi, riconobbe che nel maggior numero dei casi la parete suberificata di una cellula isolata consta di tre lamelle. Procedendo dall’ esterno verso l'interno si ha prima la lamella media, indi segue la lamella di suberina, e la più intima è la lamella di cellulosio. La lamella di suberina è quello strato della parete che rende la cel- lula suberificata. La sostanza specifica di questa lamella è la suberina, a cui il sughero deve le sue proprietà chimiche e fisiche. Von Hóhnel conchiuse dalle reazioni ottenute in proposito, che la lamella in que- stione sia costituita di una base di cellulosio impregnata dalla suberina. . Van Wisselingh (f) invece venne al risultato che essa consta esclu- sivamente di suberina. Partendo dal fatto stabilito dal Kügler che il punto di fusione dei grassi costituenti la suberina è situato fra i 260 e 300° Cels., questo autore riscaldò tagli di cellule suberificate nella glicerina e potè constatare un completo sciogliersi della lamella di SU=. berina, allorquando il riscaldamento venne portato sino alla tempera- tura suindicata, cosiechè la lamella più interna diventava libera e si staccava o restava sospesa nella cavità cellulare limitata sola dalla la- mella media, rimasta: inalterata. E da notare che nella lamella di su- berina si trova talvolta interposto dell acido silicico in grande quantità. La lamella più interna è la più ricca di cellulosio, per la quale ra- gione è stata denominata lamella di cellulosio; può essere costituita. esclusivamente di cellulosio puro, ma d’ordinario è più o meno forte- (') L. e. pag. 260, REK TN à AN "CONTRIBUZIONI ALLA CONOSCENZA DEL PERIDERMA = 52 mente lignificata. Questa lamella può anche mancare, lo che ha luogo in alcuni sugheri a parete sottile, mentre in molti altri casi essa rag- giunge uno spessore relativamente considerevole. La lamella media ha ricevuto questo nome, perchè nelle cellule riu- nite in tessuto essa forma lo strato mediano della parete comune, di guisa che le lamelle medie di due cellule contigue si fondono assieme .e ne formano una sola, come ha luogo nella lamella media delle cel- lule del eorpo legnoso. La lamella media é sempre più o meno ligni- fieata, ed in conseguenza di ciò si possono isolare anche le singole cellule sugherose per mezzo della macerazione nel liquido di Sehultze. La lamella media può anche contenere delle piccole quantità di sube- rina, quantunque nella maggioranza dei casi questa sostanza sia limitata alla lamella infrapposta alla lamella media ed alla lamella di cellulosio. - La parete appartenente a due cellule eontigue si compone quindi «di cinque lamelle: la lamella media comune nel mezzo, due lamelle di suberina e due di cellulosio. In alcune piante, le suddette lamelle delle pareti sugherose, sono visibili senza aiuto di reattivi, supposto che i tagli siano abbastanza fini (p. es. Populus pyramidalis). Nella maggioranza dei casi però le membrane suberificate non mostrano aleuna traccia di questa forma- zione a strati, ma ei appariscono più o meno omogenee, o se ne scorge appena un leggiero indizio; in tali easi, per venirne al chiaro, bisogna adoperare uno dei reattivi microchimici suaecennati. a Nella costituzione delle pareti suberificate possono manifestarsi varie modificazioni, ma il loro carattere specifico consiste sempre nella pre- senza della lamella di suberina. Punteggiature si trovano di rado nelle cellule Rie. e laddove esistono, sono limitate alla lamella di cellulosio della parete interna (Pinus, Camellia, Mespilus, Acer); nel Platano, la cui lamella di cellulosio è molto spessa sul lato interno, queste punteggiature sono talvolta anche ramificate. ` Lo spessore di ciascuna delle tre suddette lamelle può essere molto diverso a seconda delle specie, ed ognuna di esse può costituire alla sua volta lo strato più spesso della one la loro costituzione però +. 526 ; en HERMANN ROSS suole essere costante in un dato organo di una determinata specie. La lamella di cellulosio e la media possono mancare, nel quale caso, le due lamelle di suberina contigue, si fondono insieme. Nel Platanus occiden- talis, nel Pirus communis, nella Camellia Japonica, ecc., la lamella di cellulosio forma la massa principale della parete. Nei generi Salix e Fagus, nella Castanea, nel Pirus Malus, ece. predomina la lamella di suberina, e solo in pochi casi la lamella media è la più spessa della tre lamelle. Nel maggior numero delle piante invece, e specialmente ‘nei peridermi a parete sottile, tutte e tre le lamelle sono ad un di- presso ugualmente sviluppate ( Quercus Suber, Pelargonium zonale, Acer campestre, Patata, ecc.). Quando una delle lamelle prende maggiore sviluppo da un lato della cellula, tali inspessimenti sogliono manifestarsi nei modi seguenti: il maggiore sviluppo della lamella di cellulosio tro- vasi sempre sulla parete interna, ad eccezione dello Zanthoxylum fra- vineum, nel quale. cotesta lamella è più spessa sul lato esterno. La lamella di suberina invece, se non è uguale per tutta l'estensione della parete, è di solito più spessa sul lato esterno della cellula, e spesse volte le corrisponde una forte lamella di cellulosio sul lato interno. Soltanto il genere Salir ed aleune Myrtaceae ne fanno eccezioni; nel Callistemon, Myrtus e Melaleuca la lamella di suberina é piü forte sulle pareti laterali, e nei Salici sulla interna. La lamella media è ordinariamente più spessa nelle pareti laterali. La suberificazione delle membrane incomincia di regola quando la cellula abbia appena raggiunto lo stato di perfetto sviluppo, ed allora per - l'impermeabilità delle pareti ai liquidi essa muore più o meno presto. Le cellule sugherose però non cessano di vivere immediatamente dopo la suberificazione della loro parete, come si é -creduto finora, ma il loro corpo protoplasmatico si conserva vivo per un tempo più o meno lungo, come risulta dalle ricerche del KoEPPEN. (!). Questo autore nota, (*) MARTIN KoEPPEN. — Ueber das Verhalten der Rinde unserer Laubbäume wührend der Thátigkeit des V erdickungsringes, Nova Acta der K. Leop. Akad. Bd. LIII, Heft 5, Halle, 1889, X CONTRIBUZIONI ALLA X BR" FDA È A ehe le cellule sugherose av spesse Valle una notevole STA tangenziale in conseguenza della pressione esercitata dai tessuti interni - accrescentisi, con altre parole, in conseguenza dell’ accrescimento in grossezza per-mezzo del cambio. <- Se il protoplasma delle cellule suberificate perisse subito colla su- _ berificazione, le membrane non capaci di ulteriore accrescimento, su- — bendo semplicemente una estensione tangenziale dovrebbero diventare - più sottili. Però ciò non accade, e le pareti in parola conservano sotto le condizioni sopra ricordate presso a poco la medesima grossezza al- meno per lungo tempo, lo che può aver luogo soltanto in cellule a | protoplasma vivo, che fornisce le sostanze plastiche necessarie al con- . tinuo accrescimento della parete. - Non si può ammettere nemmeno che le membrane suberificate ven- gano distese per pura forza meccanica, perchè allora in causa della loro poca dilatabilità si formerebbero in esse delle spaccature, o si Pomperebbero addirittura: fatti che non si osservano in realtà. | 3 Se si trattasse di una semplice estensione, le pareti distese dovreb- - bero restringersi, appena cessata la causa efficiente, cioè quando il Fpecidorma si stacca dalla corteccia o si formano delle crepature lon- — gitudinali; pertanto non si manifesta aleun mutamento della membrana sotto tali contingenze. Questi fenomeni soltanto si spiegano ammettendo che le cellule su- = gherose per alcun tempo contengano ancora un protoplasma vivo, il E quale rende possibile il successivo accrescimento della membrana pro- | porzionalmente alla tensione tangenziale; le cellule morte invece non . possono seguirla, per cui si lacerano e si guastano più o meno presto. = Nel maggior numero dei casi il contenuto cellulare sparisce un poco alla volta, e le cellule si presentano infine vuote e piene di aria, ov- E vero il protoplasma disseccato tappezza le loro pareti sotto forma di - una sottilissima pellicola appena visibile. i = Come regola generale si può dire, che le cellule sugherose a membrana | sottile sogliono essere vuote o avere pochissimo contenuto, mentre si 3 riscontrano per lo più delle masse omogenee, giallastre o brunastre, in : quelle a parete ingrossata. La composizione chimica di queste sostanze HERMANN ROSS non è ancora esattamente definita, però si può dire che in gran parte consista di tannino e derivati di esso (flobafeni). Talvolta si alternano nello stesso periderma complessi di strati a cellule vuote con altri a contenuto colorato (Pinus silvestris, Abies excelsa). Sostanze speci- fiche si riscontrano di rado nelle cellule sugherose; per es. esiste una resina di un bel colore rosso nel periderma della Larix europaea e questa resina è limitata al suddetto tessuto. Nelle cellule. di un certo strato del periderma del Pinus silvestris e dell’ Abies pectinata si rin- vengono piccolissimi cristalli tabulari di ossalato di calcio, in grande quantità immersi nel contenuto cellulare bruno. Nel sughero di quercia in cellule speciali si osservano druse di ossalato di calce, che per la loro situazione nella cavità cellulare e per essere collegate colla parete corrispondono ai cristalli del Rosanoff; inoltre vi sono generalmente diffusi dei cristalli aghiformi di cerina, addossati strettamente alla pa- rete. Nella Betula alba le cellule sugherose a membrana sottile con- tengono della betulina, corpo particolare incolore, insolubile nell'acqua e nell’ alcool. Nel fellema di alcune piante legnose si manifesta una regolare stra- tificazione più o meno distinta, che ha origine nelle differenze esistenti fra gli elementi degli strati nascenti in primavera ed in autunno. Queste differenze possono consistere nel diverso diametro delle singole cellule, nel vario spessore delle pareti, nel grado più o meno intenso di sube- rificazione o nea natura diversa del contenuto cellulare. In alcuni casi le dette stratificazioni corrispondono all'attività del fellogeno durante un anno, per la quale ragione sono state denominate anelli annuali, conformemente a quelle del corpo legnoso. Tale fenomeno fu descritto dal von Hóhnel (4) per la Betula alba. Gerber (2) in un lavoro particolare su questo argomento mostrò che oltre che nella Betula alba tali stratificazioni annuali si trovano ben () Franz von HonnEL. — Ueber den Birkenkork, 1. c. p. 623. () ALBERT GERBER. — Ueber die E pit Korkprodution im Oberfláchen- sia periderm einiger Bäume. Inaug.-Diss. Halle, 1883. 3 NUN 2 SIR nelle specie musi Betula papyracea, (oi edita e C. Colurna, Ostrya virginica, Acer campestre, Robinia Pseuda- cacia e Gymnocladus canadensis. In altri alberi si manifesta una si- mile differenza soltanto nel primo anno, mentre negli anni successivi le cellule peridermiche sono conformi a quelle formatesi nell'autunno del primo anno. Adatti esempi di questo caso ci offrono: Quercus Cerris, Fagus silvatica, Ulmus effusa, Juglans nigra, Acer Pseudoplatanus, Aesculus Hippocastanum, Prunus Cerasus. Nella maggior parte delle piante però non si osserva alcuna traccia di stratificazione nel fellema, essendo tutte le sue cellule uniformi tra di loro fino dal principio. x È da notarsi che di solito la quantità del fellema è inversamente . proporzionale allo spessore delle pareti cellulari di quel tessuto: cioè, quando le membrane -delle cellule fellemiche sono sottili, il fellema suole essere molto abbondante, mentre nel caso in cui le pareti sono inspessite, il fellema consta per lo più di pochi strati. Mercè gli appositi reattivi il von Hóhnel constatò, che i tessuti al di- fuori del fellogeno, denominati complessivamente col nome di sughero, non sono sempre tutti ugualmente syberificati, ed egli distinse i com- plessi di cellule ‘nascenti dal fellogeno, ma non suberificate col nome di « felloide, » riserbando il termine sughero per gli strati di cellule - veramente suberifieate, introducendo poi per ambedue i tesssuti la pa- rola fellema, non essendo cosi costretto di adoperare il termine peri- derma, né per tutti i tessuti nascenti dal fellogeno, nè per quelli si- tuati al di fuori di esso. (Vedasi la nota pag. 514). * Il felloide forma in alcune piante solo una piccola parte di tutto il volume del fellema, in altre invece sino a 9/19 di esso. Secondo gli uf- fici fisiologico-biologici che i felloidi compiono, il von Hóhnel li distingue in due tipi: felloidi di separazione, e felloidi a masse o sostituenti. Il felloide di separazione ha per iscopo di facilitare la sfogliazione degli strati esterni del fellema o delle lamine di scorza, e secondo il modo come questo fenomeno si compie, è chiamato attivo o passivo. Le cellule del felloide di separazione passivo sono a membrana sottile, quelle del sughero interposto | sono invece più o meno robuste, ed in conseguenza della diversa igroscopicità del sughero e del felloide si of- 34 Malpighia, anno NI, vol. III. LI Ur M rus _ HERMANN ROSS fettua la lacerazione in quest’ ultimo, che offre meno resistenza. Ciò può aver luogo mercé la lacerazione delle pareti del felloide (Boswellia papyrifera, Philadelphus coronarius, Viburnum Opulus, ecc.), o me- diante lo sdoppiamento ed il distacco di due strati del felloide (Rubus odoratus), ovvero di uno strato del felloide e del sughero contiguo (Fuchsia, Myrtaceae). Nel caso denominato attivo invece le pareti delle cellule felloidali sono fortemente inspessite e le pareti del sughero sono sottili, per la quale ragione la lacerazione avviene negli strati di sughero (Abies, Pinus, Taxus). i : Il felloide a masse o sostituente si sviluppa più o meno abbondante fra gli strati di vero sughero che ne viene rinforzato e sostituito quasi del tutto. Nei casi finora studiati sotto questo punto di vista, il felloide nasce nella primavera, mentre nella Stagione piü avanzata si forma il sughero. Nell'Evonymus europaeus e nella Testudinaria Elephan- topus il limite fra il felloide ed il sughero è molto marcato, mentre il . passaggio è graduato nel Liquidambar styraciflua ed Ulmus suberosa. i * . In certi alberi il periderma primario 0 superficiale persiste per tutta la vita, nel quale caso il fellema si rinnova continuamente per mezzo del fellogeno, in proporzione allà sfogliazione degli strati esteriori. Può accadere che estinguendosi la funzione riproduttriee del primo fello- geno, il prossimo strato del parenchima corticale verso l interno as- suma la facoltà meristematica e rimpiazzi il fellogeno, senza alterare o interrompere il normale sviluppo del periderma. I peridermi superficiali permanenti si riconoscono esternamente alla superficie liscia e lucida dei fusti. In alcune piante questo primo pe- riderma raggiunge uno spessore considerevole (Quercus Suber), ed in altre, dove è parimente abbondante, produce degli spigoli o delle ali (Acer campestre, Ulmus suberosa, Evonymus europaeus, Liquidambar). Nel maggior numero dei casi però finisce più o meno presto l’atti- vità del fellogeno primario, ed indi nascono dei peridermi secondarii SER ` È pii S SPARI Me È es UNS si CONTRIBUZIONI ALLA CONOSCENZA ve PERIDERMA DI NE emp o interni da strati corticali più profondi. Con inietta iso si GE legano alterazioni rilevanti nella corteccia; per l’ impermeabilità delle pareti sugherose i liquidi nutrienti non possono arrivare ai tessuti ri- masti al difuori delle strisce di periderma, perciò questi tessuti si dis- seccano e periscono. Tali complessi di tessuti corticali morti si chia- mano scorza (Rhylidoma del Mohl). La presenza della scorza si riconosce d'ordinario esteriormente per l'aspetto ruvido e brunastro della superficie, solcata da crepature più . o meno larghe e profonde, dovute al continuo accrescimento dell' organo a ed alla pressione esercitata dai tessuti interni. Nella formazione della scorza distinguiamo due tipi principali, denominati da Hugo von Mohl x scorza squamosa e scorza anulare. Trattandosi di scorza squamosa, i peridermi interni non si estendono che per un certo tratto della periferia e si collegano ai loro margini sotto un angolo acuto col periderma più vecchio, (di modo che il tes- suto rimasto tagliato fuori corrisponderebbe ad un settore di cerchio, in una sezione trasversale del troneo cilindrico), e conseguentemente le scaglie della scorza rappresentano delle placche irregolari. Le sin- gole squame di scorza possono sfogliarsi poco dopo la formazione com- piuta del periderma, come ha luogo nel Platano, ovvero le successive - lamine di scorza possono rimanere attaccate le une sopra le altre, come nel Pino, ed allora la scorza può raggiungere uno spessore notevole. Quando invece i peridermi secondarii si sviluppano perfettamente - paralleli tra di loro in una certa distanza, di modo che al taglio tra- sversale compariseano come anelli concentrici, allora la scorza è for- mata da sottili cilindri cavi, caratteristici per la cosidetta scorza anu- lare. La formazione di ogni nuovo strato di periderma si ripete in al- cune piante (Vitis, Clematis, Lonicera) a regolari intervalli di un anno, di guisa che il periderma nuovo si genera da uno degli strati più in- terni del libro formatosi nell’anno precedente. La corteccia di tali piante è quindi relativamente sottile, comprendendo soltanto i tessuti liberiani EO Huey von Monr. — Eatwickelung des Kee und dor Borke. Vermischte 1836. x Schriften. ES I HERMANN ROSS dello stesso anno. In molte altre piante invece non si manifesta un tale rapporto fra la formazione dei peridermi successivi ed i periodi an- nuali nell’ accrescimento del libro (Cupressineae, Melaleuca, Calli- stemon). : ; In generale esiste un certo rapporto fra la genesi del periderma e la formazione della scorza: quando il periderma si genera da uno degli strati piü esterni della corteccia o dall'epidermide, la scorza suole es- sere squamosa; quando invece prende origine da strati corticali pro- fondi, si sviluppa per lo più la scorza anulare. D'ordinario il periderma nasce verso la fine del primo, o tutt'al piü durante il secondo anno; eccezionalmente presto, cioè già al principio del mese di maggio apparisce nei rami giovani dell’ Aesculus Hippo- castanum. Principalmente nei climi freddi la formazione peridermica avviene rapidamente, in modo che i fusti dello stesso anno sono cir- eondati da un involucro protettore di periderma prima che incominei la stagione fredda. La necessità e lo scopo di questo fenomeno risulta dal fatto, che le estremità dei fusti giovani, nelle quali per ritardato sviluppo o altre ragioni il periderma non si é è potuto formare, non pas- sano l'inverno, ma muoiono presto, in conseguenza della bassa tem- peratura. Di regola il periderma si sviluppa contemporaneamente tutto in giro al fusto, formando fino dal principio un anello chiuso. In parecchie piante perd (Cocculus laurifolius, Bosea Yervamora, Arduina bispi- nosa, Phytolacca dioica, ece. ecc.) le prime formazioni peridermiche si presentano in forma di strisce longitudinali o macchie irregolari che solo col tempo vanno a riunirsi. Nell’ Evonymus alatus il periderma eomparisee in forma di due ali opposte, che si alternano coi rami se- condarii, cosiechè le strisce interposte di corteccia rimangono inalterate per un tempo più o meno lungo. . In modo singolare si compie pure lo sviluppo del periderma nei fusti delle piante povere di foglie o afille (Casuarina, molte Genistee, ece.); cioe avviene in maniera di non ana precocemente il Gatto assimilatore limitato alla corteccia . esterna. Di questo argomento ho . trattato largamente in un mio precedento lavoro (1). La formazione del periderma incomincia alle volte più presto in un lato del fusto ehe nell'altro, secondo Douliot (2) più presto nel lato dei rami più ‘esposto alla luce, o più specialmente ai raggi solari. L'autore citato erede che per lo sviluppo del periderma venga compensata o ri- parata l'influenza dannosa arrecata dalla continua insolazione, la quale farebbe aumentare di troppo la traspirazione di quelli organi che per mezzo degli stomi comunicano direttamente coll atmosfera. In qualehe easo anche io ho osservato la formazione unilaterale del periderma, là quale pero non si manifesta sempre sul lato piü illumi- nato, e mi pare che agenti interni, principalmente un maggiore ac- ' crescimento in grossezza su una parte del fusto, determinino quivi lo sviluppo del periderma. E Rispetto alle figure che aecompagnano il eitato lavoro del Douliot è da notare, che per es. quella di Salix Caprea non corrisponde affatto al yero, come si potrà rilevare dalla deserizione che ne dard nella parte speciale di questo lavoro. Fra le Fanerogame legnose la formazione del periderma manca com- pletamente soltanto nel Viscum album (3), nel quale Y epidermide e capace di seguire il lento acerescimento del fusto. La parete esterna delle sue cellule è molto inspessita e fortemente cuticolarizzata, e si rinnova man mano dal lato interno, a misura del suo disfacimento | sulla. faccia esterna; fenomeno singolarissimo analogo (almeno sotto r aspetto bimogia) alla rinnovazione del fellema per mezzo del fello- geno. In altri pochi casi la formazione peridermic si ritarda molto, come o coni alla conoscenza del tessuto assimilatore, ece. Nuovo Giorn. bot. Ital. Vol. XXI, p. 215. (3) H. Dounior. — L'infuence > la lumière sur le developpement du liège, Journal de Botanique 1889, p. 12 o Hose. von MoHL. — Potonivhe Zeitung. 1849, p. 593, PRE Er HERMANN ROSS nell Acer striatum (1), i cui fusti di 40 o più anni talvolta sono ancora coperti dall’ epidermide viva. Intorno allo sviluppo ed alla costituzione del periderma ed alla for- mazione della scorza negli organi sotterranei, e sopratutto delle radici, non esistono ricerche speciali. Alcuni autori se ne sono occupati, senza però approfondirsi nell’ argomento, e da questi lavori (3) finora risulta soltanto, ehe il periderma e la scorza si sviluppano anche nelle radici secondo le leggi generali sopra esposte. Nel maggior numero dei casi, e nelle piante legnose ‘quasi senza eccezione, l'iniziale del periderma delle radici sta nel pericambio, vale a dire nello strato più esterno del cilindro centrale, situato immediatamente al di sotto del- l' endodermide. Colla comparsa del periderma tutto il tessuto tegumen- tale — di solito ehiamato corteccia — si dissecca e perisce più o meno presto. Per questa perdita di tessuti le radici, in cui è cominciata la - formazione peridermica, appaiono più sottili delle radici più giovani. Nelle radici delle piante legnose — e di queste mi occuperò spe- cialmente in seguito — il periderma nasce di regola molto precoce- mente, già a poca distanza dal punto di vegetazione. In quelle Dieotiledoni le eui radiei non durano lungo tempo e quindi non crescono eonsiderevolmente in grossezza, cioè nelle piante erbacee € principalmente nelle specie annue e bienni, il periderma si forma 0) DE Bary. — Vergleichende Anatomie, p. 951 e 573. a C) Pu. van TIEGHEM. — Recherches sur la symétrie de structure des plantes vasculaires. Ann. des sc. nat. 5° série, tome XIII (1871). A. JÖRGENSEN. — Bidrag til rodens naturhistorie. Botanisk Tidsshrift, vol. XI, (1879) p. 135. L. OLIVIER. — Appareil tégumentaire des racines. Ann. des sc. nat. 6° série, tome XI (1881). J. ConsrantIn. — Étude comparée des tiges aériennes et souterraines des Dicotylédones. Ann. des sc. nat. 6* série, tome XVI. (1883). RITZ HAUPT. — Vergleichende Untersuchungen über die Anatomie der Stám- me und der unterirdischen Auslänfer, Stockholm - 1886, X e pA CONTRIBUZIONI ALL. - co per lo più da uno degli strati più Has del (esatto Sas ‘Nella maggior parte delle Monocotiledoni il periderma manca del tutto nelle radici, ed in tali casi il tessuto tegumentale si disfa e si sfoglia sino all’ endodermide, la quale suole essere fortemente inspes- sita e suberificata, mostrando così le solite proprietà di un tessuto "eutaneo. . Evidentemente esiste qui una Jacuna. nella nostra cognizione sul Ù “periderma, per la quale ragione ho rivolto la mia attenzione su questo argomento; e la parte speciale del presente lavoro contribuirà a col- marla, riportando la descrizione minuta dei risultati principali delle mie ricerche comparative sullo sviluppo e la costituzione del periderma negli organi aerei e sotterranei. Oltre ai fusti ed alle radici si trovano formazioni peridermiche nelle - _perule delle gemme di alcune piante, evidentemente colla funzione di assicurare meglio la protezione di dud. organi tanto delicati. In ta- lune piante, principalmente fra quelle a foglie sempreverdi, si svilup- pano normalmente tessuti sugherosi sulla lamina fogliare e sul pic- ciuolo (1). Di più vediamo ordinariamente comparire del ATA laddove tessuti vivi di una Mono- o Dicotiledone sono stati messi al nudo in seguito a ferite (2). Lo stesso ha luogo, quando mercè processi pato- logici o per azione di microrganismi succede una disorganizzazione di complessi di tessuti, nel quale caso il periderma si genera dalle cel- (') PovLsen. — Om Korkdannelse paa Blade. Videnskabelige Meddel. Copen- hagen 1875. E. BACHMANN. — TEE Korkwucherung auf Blättern. Pringsheims Jahr- bücher für wissensch. Botanik Bd. P Louis Momor. — Note sur le lige des feuille, Journal de angie, 3° Analt Se ie Bildung des Poari an Knollen. Berichte 07. ui — Ueber der denischon bot. Gesellschaft Bd. VII d p. 154, $m HERMANN ROSS lule sane nella zona confinante al luogo infetto, e ciò per impedire l'estensione e la propagazione del male. Lo sviluppo del periderma di: ferita suole essere puramente centripeto, e le pareti delle sue cellule sono per lo piü sottili. Una modificazione molto singolare del tessuto nascente dal fellogeno si riscontra in aleune piante paludose ed aequatiche. Nelle radici ed in quella parte del fusto che é in contatto coll'aequa o col fango, si sviluppa da un fellogeno earatteristico un tessuto costituito da cellule . à pareti sottili, non suberificate, che sono leggiermente unite e lasciano: meati di varia grandezza e forma tra di loro. Le singole cellule con- - tengono un sottile strato parietale di protoplasma ed un piccolo nucleo; il contenuto cellulare è incoloro. 3 ; Questo tessuto è stato denominato « aerenchima » dallo Schenck (t), il quale lo osservò e studiò prima nella Jussiaea peruviana L. (Ona- grarieae) durante la sua dimora nel Brasile. Il suddetto autore ha rin- venuto poi la medesima struttura in parecchie altre piante, nella mas- sima parte tropicali. Le poche specie europee che sviluppano uu ae- renchima sono, secondo lo Schenck, le seguenti: Epilobium hirsutum, E. roseum, E. palustre, Lythrum Salicaria, L. virgatum, Lycopus europaeus, Lotus uliginosus. L'aerenchima si sviluppa nello stesso modo, come il periderma, per - mezzo di segmentazioni prevalentemente tangenziali nello strato fello- genico, e conseguentemente anche l’ aerenchima mostra più o meno manifestamente la nota regolarità nella disposizione delle singole cel- lule, vale a dire che queste sono dapprineipio sempre disposte in file. radiali e spesse volte conservano pure una regolare stratificazione con- - centrica. Nell'ulteriore sviluppo i tessuti al difuori dell'aerenchima pe- riscono, come pure gli strati più esterni di esso man mano si disfanno in proporzione del successivo aumento da parte dello strato generatore. Rispetto alla conformazione particolare dei singoli elementi lo Schenck + b = (*) HEINRICH SCHENCK. — Ueber das Aérenchym, ein dem Kork homologes dn . Gewebe bei Sumpfpflanzen. Pringsheims Jahrbücher für wissensch. Botanik, - Bd. XX (1889), Heft. 4. j CONTRIBUZIONI ALLA CONOSCENZA DEL PERIDERMA — Ə distingue düe tipi principali dell'aerenchima: in aleune specie (per es. Epilobium, Lycopus) tutte le cellule, che costituiscono il tessuto in pa- rola, sono più o meno uniformi, un po’ allungate, nel senso radiale, ma senza regolare distribuzione in zone concentriche; in altre specie (Lythrum) invece esso è costituito da regolari strati concentrici, di cui o tutte le cellule o alcune di esse a determinati intervalli sono no- tevolmente allungate nella direzione dei raggi a forma di una L 0 I. In ambedue i casi ne risulta un tessuto riechissimo di spazii intercel- | x lulari aeriferi, i quali assumono alle volte la forma di grandi lacune, — e tutti quanti stanno in comunicazione tra di loro, in modo che gli organi sommersi nel fango o nell'aequa sono circondati da un involuero _ di aria, e la pianta puó assorbire l'ossigeno necessario, di cui il fango Los aderisce tanto alle pareti, che l’acqua non: può penetrare in esse, seb- + bene l’aerenchima alla sua faccia esterna stia in diretto contatto col- | = acqua, allorquando i tessuti al difuori di esso o i proprii strati esterni c si sono disfatti. . In effetto conosciamo già aleuni altri esempi di partieolari adatta- menti degli organi sotterranei, onde agevolare l’accesso dell’ ossigeno. Accenno ai lavori del Goebel (!) intorno alle radici aeree di varie piante tropicali, ed alla pubblicazione dell’ Jost (2) sul modo della re- spirazione nelle radici. Secondo i suddetti autori le radici di parecchie v guenza del quale crescono in su, come normalmente fanno i fusti, fin- . tantochè sporgono alquanto sulla superficie del substrato. Nella parte epigea di tali radici si trovano. poi degli apparecchi particolari, detti pneumatodi, adatti allo scambio dei gas, e per mezzo di questi pneu- matodi gli organi ipogei, essendo pure senza contatto diretto coll'aria, WoW eli PESI one © MSN, at oh de Se ARIE APER) QUII xo eru AE i > , TA xp S = si provvedono dell'ossigeno ad essi necessario. — . (t) K. GoeseL. — Ueber die Luftwurzeln von Sonneratia. Berichte der deutsch. | bot. Gest Bd. VI. (1886) pag U) Jost. — Ein Beitrag zur Kenntniss der Athmungsorgane der Pflanzen. “88, Bot. Zeitung 1887, e l’acqua sono molto poveri. L'aria trovantesi nelle suddeseritte lacune | | piante mostrano lo strano fenomeno di geotropismo negativo, in conse- È n PS jug NOM, f EE ; M CEA I t £ AD È dii È né = x > Zia LAN f A j RTE 1 LR TE I AU) PLU D SE ML Ce I ; : 597 : 5 HE as rex "HERMANN ROSS Fuori del sughero — nel senso stretto della parola — pareti sube- rificate si trovano in varii altri tessuti del corpo vegetale. Anzitutto sono da menzionare a questo proposito la cuticola e gli strati cutico- larizzati, che secondo il Van Wisselingh (1) si distinguono dalle pareti del sughero per ciò che la sostanza specifica — chimicamente identica. alla suberina — non vi forma una lamella distinta, ma impregna il cellulosio che costituisce la base della membrana. Di più l’ endodermide, sia l interna che l esterna, è di regola suberificata, e le sue pareti mostrano allora la struttura caratteristica a strati; la lamella di su- berina suole essere sottile, mentre la lamella di cellulosio varia nella dimensione o manca del tutto (2). Negli organi sotterranei di alcune piante (molte specie di Carex) che | vegetano in luoghi umidi o paludosi, si trova alla loro periferia un cilindro cavo di cellule meccaniche (stereidi, fibre liberiane) a parete suberificata (3). In tal guisa questo tessuto adempisce a due uffici: da v una parte serve di tessuto meccanico, onde proteggere i grandi spazii intercellulari earatteristiei di tali organi; d'altra parte impedisce che laequa possa penetrare nell' interno. Anche in questo easo si ha una lamella di suberina ben distinta, identiea a quella del vero sughero. Sono altresi suberificate-in molte piante le pareti delle cellule che li- mitano le laeune ed i canali contenenti secrezioni (4). H. Molisch (5) descrivendo la struttura del pericarpio di Capsicum chiama « collenchymatischer Kork » (sughero collenchimatico) gli strati — — ( E. e pag. 253 (°) HonnEL. — l. e. p. 632. ; C) HónNEL. — l. c. pag. 652; ; Schwendener, Mechanisches Princip im anato- mischen aes Sugo rap (*) ZacHa t. Zeitung 1879; Tschirch, Berichte der deutsch. bot. : Gesellsch. sed: vL yd p. 140 (5) Hans MoLISCH. — Collenehymatische Korke, Berichte der deutsch bot. Gesellsch. Bd. VII. (1889) pag.' * TN È A + À CONTRIBUZIO SEX situati al dî sotto dla etiara, d mostrano tutti Pia ratteri microchimici del vero tessuto sugheroso. Il termine « sughero col- lenchimatico » mi pare in questo caso poco adatto, imperocchè la voce sughero viene generalmente usata come sinonimo di periderma (su- _ghero nel senso largo della parola) ovvero più specialmente per gli strati suberificati del fellema; si può quindi parlare soltanto di sughero in quei casi nei quali si tratta di tessuti nati dal fellogeno. Nel caso suaccennato si tratta invece di suberificazione di determinati strati di cellule perduranti, che varrà meglio denominare collenchima a parete suberificata, onde ovviare qualsiasi equivoco. Arthur Meyer (!) col termine metaderma denota certi strati peri- ferici nel rizoma di alcune Monocotiledoni, le cui cellule sono distinte. j per una speciale modificazione delle loro pareti: esse sono colorate in bruno, il quale colore scompare però dietro il trattamento coll’ acido _eromico o colla potassa, di più resistono all'acido solforico concentrato, Lo UE - funzioni protettriei. ma non dànno le reazioni deeisive della suberina. Evidentemente in | questi casi si tratta di un cn che surroga il pedore nelle sue - (t Arraur Mever. Ueber Veratrum album L. und V. nigrum L.; Archiv der Pharmacie. 1882. 2 Heft, pag. 1 . 048 E CRAS | ALFRED MOELLER RIVISTE SINTETICHE La Micologia moderna ed i lavori del Prof. O. BRErELD. Rivista del Dott. ALFRED MOELLER. È pur troppo conosciuto che i grandi lavori scientifici originali, quelli cioè che espongono minutamente le ricerche relative ad un dato ar- gomento, non vengono studiati che da quei pochi che se ne occupano in modo speciale. La maggior parte degli scienzati si contenta, e deve -contentarsi, di leggere un resoconto del lavoro che ne mette in mostra i dati più importanti. I lavori originali vengono trascurati principal- mente quando è uscito un compendio od un manuale comodo e com- . pleto, ehe pare contenga in poche parole le cose principali di tanti singoli lavori faticosi. Un simile compendio, ritenuto come l ultima pa- rola della scienza, dura fintanto che non ne venga fuori un altro mi- gliore, ed esso viene rispettato per lo più quasi come un evangelo. quand’ anche la scienza frattanto abbia progredito con una serie di nuove cognizioni anche opposte a quelle di prima. Chiunque vuole conoscere bene la morfologia comparata dei funghi, oggi’ suole servirsi del libro di de Bary intitolato: Vergleichende Mor- phologie und Biologie der Pilze, Mycetozoen und Bacterien. Leipzig. 1884. Questo libro è davvvero un compendio completo della lettera- tura molto ricca in quel vasto campo accennato dal titolo. L’ autore, (') Allo scopo di rendere il Giornale sempre più utile per i botanici e gli in- l segnanti, sopratutto per quelli che non hanno l'opportunità di poter consultare- giornali, opere e memorie originali, tánto numerose e scritte in varie lingue, col concorso di egregi e volonterosi SÉ er intraprendiamo ora la serie delle Riviste sintetiche, che hanno per scopo di far conoscere lo stato attuale. della scienza nostra ed i progressi, che man mano si vanno facendo nei diversi suoi rami, k » La Redazione. ico oot. von. ki senza dubbio, era uno dei più valenti cultori i ‘quelli ome dun botanica, ed egli ha scritto il libro eon tanta erudizione che — bi- sogna dirlo — finora non ve ne ha uno migliore. Pur non di meno; già fin da quando venne alla luce quell'opera, non era seevra di ine- sattezze e di errori. Altri ne vennero in seguito scoperti dalla scienza ehe mai non si ferma, avanzando sempre instancabilmente; cosicchè si può dire che le idee fondamentali e le conclusioni a eui arriva quel- l'opera, non si trovano sempre d'accordo coi fatti recentemente scoperti. I lavori che più di tatti hanno contribuito a correggere le idee di de Bary furono eseguiti dal professore O. Brefeld, e pubblicati in otto - volumi, intitolati: Untersuchungen aus dem Gesammtgebiet der My- cologie I-VIII. Leipzig, bei Arthur Felix. Queste pubblieazioni impor- tantissime ehe arrichiseono la scienza di fatti interessanti, meritano di essere ben conosciute da tutti i botanici italiani, ed è perciò che mi son proposto di esporne sommariamente il contenuto. Il primo degli otto volumi uscì diciotto anni fa, e fu accolto dal pub- — blieo scientifico con unanime ammirazione. Si trattava dello sviluppo di - un fungo già prima ben conosciuto, vale a dire del Mucor Mucedo. . Brefeld, in questo fungo, riuscì per la prima volta ad osservare conti- nuatamente, come dalla spora germinata derivi tutto il micelio sino alle ‘ diramazioni le più sottili. Vide poi erigersi nel mezzo del micelio, nato così, quel ramo fruttifero che finiva collo sporangio, formandovi dentro le stesse spore dalle quali le sue colture avevano preso origine. Ancora potè constatare esattamente la provenienza delle Zigospore, le quali, parecchie settimane dopo essere. maturate, germinavano producendo uno sporangio perfettamente uguale a quelli provenuti prima dal mi- celio. Dacchè esisteva una scienza di micologia, questo era forse il primo esempio di un ciclo vegetale non interrotto, messo sotto agli oc- chi degli osservatori senza qualsiasi lacuna. Tralasciando le altre ricerche del primo volume, benchè interessan- tissime, e che contribuirono molto a determinare e classificare meglio la grande famiglia dei Mucorinei, passiamo al volume secondo, dedi- cato interamente alle osservazioni fatte intorno al Penicillium glaucum. . Questo fungo comunissimo in tutto il mondo, già prima era stato l'og- # « ga mci ALFRED MOELLER getto di moltissime ricerche scientifiche. Perd nessuno conosceva an- cora quel frutto speciale, prodotto da questo fungo, quando lo stesso si trova sotto condizioni oltremodo favorevoli alla sua individualità. Mercè queste condizioni preparate apposta coi metodi nuovi di coltura, Brefeld scoprì i piccoli frutti ascofori, tondi, di grossezza della testa di uno spillo. Questi frutti, rassomigliando assai a quelli prodotti dai Tuberacei, davano una ragione sicura per la posizione vera del Peni- cillium nel sistema naturale dei funghi. L'organismo spetta alla grande classe degli Ascomiceti, la quale posizione, prima non indovinata, ora era stata dimostrata evidentemente. Il metodo delle ricerche, del quale abbiamo parlato, è il solo che ci ub condurre a risultati sicuri nella micologia. Non si può dire niente del — — o v. posto giusto di un fungo nel sistema naturale, nemmeno si può deseri- verlo bene prima di non averlo coltivato. La coltura in ogni caso deve ineomineiare da una sola spora e perseguire poi tutto lo sviluppe fino à quel punto, ove naseono di nuovo le spore medesime. Senza soddi- sfare a questa condizione generale, non si possono mai escludere errori; poiché essendo l'aria nelle nostre case e nei laboratori sempre ripiena - di germi d'organismi diversissimi, errori tali nelle colture avven- piccolo. DI gono facilmente, tanto più, quanto l'oggetto delle ricerche è Così anche in tutte quelle così dette « colture in massa » adoperate tanto per lo studio dei batteri e dei saccaromiceti, facili sono gli errori, sviluppandosi un altro organismo simile invece di quello che vo- leva produrre l intenzione del coltivatore. Osservando un germe solo —— continuamente e seguendone tutti i diversi stadi dello sviluppo, i ri- sultati dello studio riescono fuori di dubbio. È merito incontestabile di Brefeld quello d'aver accennato ripetutamente e insistentemente a quel solo metodo propriamente scientifico e sicuro. Il volume terzo tratta di diverse specie di Basidiomiceti, tra le quali il Coprinus stercorarius venne esaminato con principale cura. Dopo un esame esatto, ripetuto ‘parecchie volte e variato in ogni maniera - possibile, Brefeld riconobbe il germinare, erescere e fruttificare di questa crittozama così chiaramente, come il giardiniere guarda quello di una pianta fiorifera. Il risultato inaspettato di questo lavoro era il | E nente: non ce è nessun segno di Jor aalik presso questo fungo. il eui cappello, cioè il frutto proprio, nasce vegetativamente, prendendo origine da un intrecciamento di diverse ife vicine ramificate e senza nes- sun atto di fecondazione. Questo fatto era direttamente opposto a quello sostenuto poco prima da van Tieghem a Parigi, e da Rees in Ger- mania. Questi scienzati, osservando la germinazione, avevano visto for- marsi vicino alle diramazioni del micelio, piccole cellule in forma di bastoncelli, le quali da*loro furono giudicate come organi maschili, e siccome le loro ricerche seguivano più un'idea, concepita prima, che non i fatti stessi, avevano cercato gli organi femminili, e credevano — già di averli trovati, mentre che in verità organi tali non esistevano punto. Quei così detti spermazi non erano nient'altro, se non conidi semplici, come se ne trovano in molte specie diverse di Basidiomiceti, e sulle quali ritorneremo quando parleremo dei-volumi VII ed V III. Qui ci basti dire che tutte le altre ricerche, comunicate nel volume terzo, confermavano indubitatamente la asessualità perfetta dei Basidiomiceti. Dopo aver dato alla luce quel lavoro, l'autore nostro ebbe la disgrazia di perdere un occhio, in conseguenza di un raffredore fortissimo preso in una escursione scientifica. Tormentato dalla malattia dolorosa, e ere- dendo che mai più avrebbe potuto lavorare col microscopio in quel. “campo a lui tanto diletto, si risolse a raccogliere tutte le sue ricerche . di minor anipiezza, fatte fino allora e non pubblieate, in un quarto ed ultimo volume, quasi come ultimo legato suo alla scienza. ‘Nel principio di quest’ opera comunicava specialmente i metodi, ado- perati da lui per la coltura artificiale dei funghi, capitolo della mas- sima importanza per chiunque voglia riesaminare le esperienze. Tra je le altre ricerche di questo volume, citiamo quella intorno al Bacillus subtilis, interessantissima perchè dimostra,. come gli stessi metodi, applicati prima ai Basidiomiceti, cioè alle forme più grandi della mi- cologia, servono anche a farei conoscere la storia dello sviluppo presso i più piccoli organismi che esistono, permettendoci seguire colla nostra osservazione tutti i diversi stadi, percorsi da una cellula sola fino al _ finire del ciclo vegetale. Sono poi molto degne di nota le annotazioni fatte intorno alla si- - 544 | ALFRED MOELLER : stematica degli Aoa Per essere breve converrà, in questo punto, | riassumere anticipatamente anche quello che dice l'autore intorno alla questione medesima nella fine del volume VIII, dove si trovano le con- elusioni ultime, provenienti da tutti i lavori precedenti. Allorchè fu scoperta la propagazione sessuale dei funghi inferiori, dei Mucorinei,. delle Saprolegnie, delle Peronospore, pareva molto probabile che anche J presso i funghi superiori, specialmente gli Ascomiceti e Basidiomiceti, sì dovessero trovare organi maschili e femminfli. E siccome facilmente | | si crede quel che viene desiderato, per tutte le due classi in poco tempo x furono scoperti i- così detti spermazi. L’ errore di queste scoperte, in quanto ai Basidiomiceti non durava molto tempo, come l'abbiamo visto sopra. Invece per gli Ascomiceti de Bary risorse propugnatore strenuo. della sessualità. Nel suo libro, menzionato in principio, ha messo in- sieme quasi tutte le osservazioni che paiono adatte a sostenere l'opi- nione che il frutto ascoforo sia prodotto per un atto di sessualità. Quest’ ultima doveva effettuarsi in diverse maniere. Nel Lichene Col- <- | lema microphyllum gli spermazi si attaccavano alla punta del trico- | _gino, la materia fecondatrice dello spermazio, entratavi doveva tra- s passare diverse pareti cellulari prima di giungere alle ultime cellule — - E dell'aseogonio, il quale dopo la fecondazione supposta dava origine : all’ apparecchio ascoforo. Soltanto non si era mai potuto osservare la. . unione propria fra lo spermazio e la cellula esteriore del tricogino. Gli spermazi erano attaccati al tricogino — questo è vero — ma si trovavano dapertutto attaccati al tallo gelatinoso, perchè vengono prodotti in quantità enorme. In altre forme, dove non si trovano spermazi, vi erano due ife del micelio abbracciantesi in ‘una. ma- niera misteriosa e producenti il frutto dopo la loro unione. Mentre che de da questo appareechio a spirale delle due ife menzionate si sviluppavano soltanto gli aschi stessi, tutto il tessuto esterno, vale a dire il ricet- tacolo era eomposto da altre ife del micelio primitivo. Ben lontano dal significare una sessualità, là cosa piuttosto sta cosi: la unione vera e propria delle due ife intrecciate non pare sia mai stata vista, e poi non c'è da maravigliare se il frutto prenda origine da due ife che si attaccano l'una all'altra e si ramificano. Del resto, se già da principio. de ife Terüli 3 sono differenti dalle vegetali ye, che cosa "fugare | per “e | sessualità? Insomma dove è la sessualità? Esaminando seriamente tutte quelle ricerche, citate nel libro di de Bary, troviamo che essa non esiste, se non nel pensiero dell'autore. L'asco non é un prodotto della sessualità, 6 piuttosto la continuazione filogenetica dello sporangio dei funghi inferiori. Quando lo sporangio giunge ad una forma spiccata, tipica con un numero di spore fissato e per lo più, di otto, ecco lasco. -. Esso nasce dalle ife vegetativamente, come si osserva benissimo presso le forme di Exoaseus. La riunione di diversi aschi in un corpo fruttifero ed il perfezionamento del recettacolo sono fatti secondari, sistematica- mente di minor importanza. Gli spermazi non son nient altro, se non veri conidi. Sotto la direzione di Brefeld io ho ricercato diverse forme di spermazi di Licheni, scelti arbitrariamente i in diverse famiglie (1). Tutti ? germinano. formando un micelio precisamente uguale a quello prove- | niente dalle spore della specie medesima. E vero che aleuni restano molto tempo immobili; perciò prima furono considerati come non atti a germogliare. Ma quando la semina viene fatta con molta cura, con NT) “mezzi. nutritivi artificiali scelti e fabbricati apposta, quasi sempre si riesce a vedere venir fuori il primo filo del micelio, il quale poi s'in- grandisee con piü rapidità. Negli ultimi anni nel laboratorio di Brefeld furono messe in coltura artificiale i così detti spermazi di piü di due- . cento diverse specie di Ascomiceti, i quali senza eccezione procedet- . tero alla germinazione. Non sono dunque spermazi, neanche secondo il concetto degli autori antichi, i quali fra spermazi e conidi piccoli non potevano indicare una distinzione migliore di questa, cioè che gli uni “mandano fuori un micelio, mentre che gli altri non germinano affatto. Torniamo adesso al contenuto del volume. V. Questo fu dato alle: stampe nel 1883 dopo un riposo abbastanza lungo. La salute dell'au- tore frattanto si era rafforzata in maniera che potè continuare a la- | vorare con un occhio solo, che fortunatamente era rimasto incolume $ di una acutezza strap omania. © A. Lg -— : Über Mio Galini Ave tenbildender Asco ten ohne Algen. - Münste 1887. 3 : | ru 35 ? Mathia anno III, vol. Ili. e eng ALFRED MOELLER Il lavoro in parola aveva per iscopo di farei conoscere la storia dello sviluppo presso i funghi Ustilaginei. Questi, sviluppandosi come pa- rassiti, per esempio nei cereali eommuni, quali il frumento, la segala, l'orzo, il miglio, il granturco, ece., interessavano assai l agricoltura, perchè deformando gli ovari delle Graminacee sopra accennate, e tra- smutandoli in una massa nera composta delle spore, rovinano appunto la parte la più preziosa della pianta e recano grande danno ai eolti- vatori. Le spore degli Ustilaginei, germinando nei decotti nutritivi. mandano fuori ‘un micelio piccolo (« promicelio >) dal quale provven- gono subito dei conidi (« sporidi » secondo Tulasne) di forma diversa per ogni specie, ma d'ordinario ovale. Questi conidi si propagano con rapidità considerevole per sola gemmazione, impiantandosi sempre un conidio sull'altro per la sua estremità aguzza. Se per esempio in una goccia. del mezzo nutritivo viene seminato un conidio solo, ventiquattro ore dopo, tutta la goccia, prima limpidissima, piglia un aspetto torbido, perchè ripiena dei Blastomiceti, (così prima chiamavansi tutte le forme gemmipare, compresi i Saccaromiceti) provenuti tutti da quella cel- F4 lula prima. Si pud ripigliare da quella goccia torbida un conidio solo, - ib metterlo in un'altra goecia nuova, finché anche questa sia intorbidata, . derivarne poi dopo un’altra coltura nuova e continuare cosi per centinaia di generazioni — le forme immutabilmente restano le stesse, produ- centi sempre gli stessi conidi. gemmipari, purché vi si metta abbastanza della materia nutritiva. Insomma tutte queste forme derivate dalle di- verse specie di Ustilaginei si propagano precisamente nella maniera medesima dei Saccaromiceti. Qui ci conviene notare anticipatamente che forme simili gemmipare si trovano rinchiuse nel cielo vegetativo .. di diversi Ascomiceti e Basidiomiceti. Vra gli ultimi ‘principalmente alcuni Tremellinei ne abbondano. I Blastomiceti provenienti dagli Usti- laginei, come l'abbiamo detto prima, non procedono mai ad un altro Stadio di vegetazione. Chi le avesse trovate per caso e coltivate arti- dicialmente, le avrebbe dovuto considerare come funghi perfetti indi- pendenti, e le avrebbe attribuite alla veechia classe dei Blastomiceti. Questa classe oramai non esiste più. Tutte queste forme di così detti Blastomiceti appartengono a funghi superiori come forme di propa- gazione vegetativa. Non c'è dubbio che lo stesso accada per i Sacca- . romiceti del vino e della birra, benchè finora non sappiamo da quali —— funghi derivino. Tuttavia morfologicamente non differiscono dalle altre forme, per esempio quelle degli Ustilaginei, la cui appartenenza ora ap- parisce senza dubbio. Brefeld, durante parecchi anni, ha fatto delle espe- rienze (1) numerosissime infettando coi conidi gemmipari cresciuti nelle sue colture artificiali, le loro rispettive matrici naturali, cioè le piante di granoturco, di orzo ecc.; egli ha osservato, come quei conidi, prima quasi immutabili, vicino alla pianta matrice subito cambiano modo di sviluppo. Invece di dare origine ad un altro conidio consimile, produ- - “cono piuttosto un filo micelico adatto ad entrare nella pianta grami- nacea per produrvi di nuovo la malattia. © Da queste dimostrazioni si possono cavare conclusioni importanti per il concetto scientifico del parassitismo. Tutti i parassiti non sono fin dal loro primo sviluppo tali da non poter esistere se non nella matrice. — Essi si sono adattati alla loro maniera di vivere speciale pian piano coll aiuto dell eredità nel percorso dei millenni. È perciò che quasi | tutti si possono sviluppare ancora come saprofiti, e molti altri, come à per esempio gli Ustilaginei, in un ciclo della loro vita sono ancora veri saprofiti. Siccome i funghi componenti dei Licheni furono con- | siderati come i più tipici parassiti, incapaci a vivere senza le loro Alghe, ‘io nel laboratorio di Brefeld, per confermare meglio quella dottrina Sopra accennata, ho fatto le colture delle spore di diversi Licheni. Anche questi, cioè i più tipici parassiti possibili, sono eresciuti benis- . simo, nutriti con decotti fatti apposta, ed hanno formato il loro tallo _fruttifero in coltura artificiale senza nessun aiuto. da parte delle alghe | prima considerate indispensabili. "Per la pratica dell agricoltura, da quelle ricerche risultano cognizioni . importanti. Gli Ustilaginei nel loro stadio di gemmazione vivono fuori. delle piante matrici; s'incontrano ovunque si trova nel campo della * gie * : . À J y + pi i " # _ materia organica rete ) ho eder nel letame fresco. Per E Queste esperienze forno vie STI nelle: Nachricht aus dem Club der Landhoirthe in Berlin. N. 220. 1888. ALFRED MOELLER evitare dunque, od almeno per restringere la malattia delle Graminacee, detta earbone, occorre di non portare mai al campo il concime in istato fresco. E che la cosa stia così, la pratica dell'agricoltura se ne era già accorta lungo tempo senza conoscerne la causa fondamentale. Del volume VI ci basti dire che lo stesso tratta delle ricerche fatte sul Conidiobolus e sul Polysphondylium, aggiungendovi annotazioni in- torno alla sistematica dei Mixomiceti. I due ultimi volumi VII e VIII studiano entrambi i Basidiomiceti, formando un sol lavoro intero, ed è perciò che li esamineremo insieme. - Vi si trovano altresì le conclusioni ultime, cavate da tutte le ricerche precedenti, ovvero le basi fondamentali del sistema naturale dei funghi. Questi due volumi tanto per la vastità dei lavori pubblieativi, quanto per le loro idee originali e grandiose, meritano essere studiati colla massima attenzione da chiunque si occupa della micologia. Siccome vennero esaminate per mezzo di coltura artificiale più di duecento specie diverse, spettanti a cirea 65 generi scelti dalle più dif- ferenti famiglie del grande gruppo dei Basidiomiceti, s' intende da sé, che un uomo solo non avrebbe potuto fare il lavoro necessario senza | aiuto. Infatti due assistenti di,Brefeld, durante piü anni, presero parte al lavoro e contribuirono molto al perfezionamento dell'opera. L'uno, il dottore Olsen da Christiania, coll'aiuto di una conoscenza sistematica straordinaria dei Basidiomiceti, raccolse il materiale necessario per. le colture, mentre -che l'altro, ii dottore Istvanffi da Klausenburg con xS i grande abilità della mano disegnò la maggior parte delle figure che or- nano il libro e preparò destramente gli oggetti più intricati e difficili p : l esame microscopico. Secondo le esperienze nuove i Basidiomiceti si dividono «in due classi ben distinte, delle quali la prima ha i basidii divisi (quadricellülari) e si chiama « Protobasidiomiceti », invece la seconda ha i basidi sem- — plici unicellulari e venne nominata « Auwtobasidiomiceti ». Spettano alla prima classe, cioè dei Protobasidiomiceti, prima la famiglia dei E. Pilacrei con un corpo fruttifero angiocarpo, poi quella degli Auricu- x: lariei col corpo fruttifero gimnocarpo. I basidii presso queste due fa- | miglie sono divisi trasversalmente, cosieché le singole cellule stanno SA EX j r una- sopra d dus. nr le paret nei basidi contenente i Tremellinei sono longitudinali es inerociano, mentre che il corpo fruttifero si sviluppa gimnocarpicamente. . Appartengono alla stessa classe dei Dita once anche gli : Uredinei che finora non trovavano un posto deciso nel sistema. Ora, in certo riguardo, sono da considerarsi come la famiglia meno perfetta dei Basidiomiceti. Il loro cosidetto promicelio coi sporidi rappresenta il basidio diviso e molticellulare. Mancano però i corpi fruttiferi ba- y sidiofori. La Classe degli Atobasidomé e viene disposta in tre gruppi del : quali il primo abbraccia le famiglie col corpo fruttifero DOSI | e specialmente: ` ` Dacriomiceti = LES : Clavariei | | Telephorei. ; ; Hi Vengono poi le uel angiorarpiche, sei . Tulostomei Pres TS ` Imenogastrei | Nidulariei Phalloidei. | — Ilterzo gruppo, chiamato emiangiocarpico si compone delle famiglie seguenti: d «c o danei + Agaricinei T Poliporei. Le forme numerosissime dei Basidioiniceti non si.possono mettere dal punto di vista filogenetico in una linea retta eontinuata, come l'ha fatto de Bary. I punti d'origine, od anche le ramifieazioni dell' albero | genealogico, sono tante quante sono le diverse forme dei basidii. Così | per esempio i Tremellinei, i quali trovano la loro continuazione nelle — forme dei Daeriomiceti, hanno un' origine tutta differente da quella dei ; Pilao Da questi ultimi derivano i Tulostomei. Per le particolarità _ delle questioni filogenetiche presso i Basidiomiceti, le quali non si spie- gano eon dpud parole, bisogna indirizzarsi al lavoro originale. & della Wes. famiglia. died n he non esiste punto nei fanghi i ian. n puriotiou dien oro “iv si è svolto in un altro verso. Invece degli organi sessuali, spa- viti affatto. si trova una quantità di mezzi propagatori assessuali che | prima nessuno avrebbe indovinato. Furono scoperti nei | Basidiomiceti . . ei conidi in tutte le forme possibili. Cosi per esempio le basidiospore |. del Pilacre germinando produssero dei rami conidiofori a guisa di muffe. Lo stesso si riscontra nel Polyporus annosus Fr. Molti Te lephorei e Tremellinei danno origine a dei conidi semplici o riuniti in rami co- nidiofori od anelie in un vero corpo fruttifero di conidi. Di questi stessi — aleuni si propagano per gemmazione, come l'abbiamo già accennato — | s sopra. Nei Poliporei, Idnei ed Agaricinei abbondano i conidi prodotti | A da ife le quali si segmentano per mezzo di pareti e si distaccano poi dai loro miceli. Tale sviluppo si chiama oidiforme, perchè rassomiglia | assai a quello irovantesi nel genere Oidium. Oltre di ciò; fu scoperta x una forma di cellule propagatriei del tutto nuova per la micologia, al “meno per quanto riguarda il suo valore morfologico. Sono queste le ie : così dette clamidospore, trovate prima nella Nyctalis parasitica, poi anche nella Fistulina, nel genere nuovo Oligoporus, ed in diverse altr forme di Agarieinei e Polyporei. La morfologia comparata . dimostra y 3» = chiaramente che queste clamidospore non sono da considerarsi. come conidi. Vengono prodotti non da rami speciali, ma invece quasi in tutte * le diverse parti dell' organismo, come per esempio nel mezzo dei mi- celi, nei corpi, fruttiferi, nell' imenio, nel cappello stesso dei Basidio- | anieeti e non di rado affollate in massa, formando un corpo fruitifero | s # Au come avviene nell’ Oligoporus. La loro origine filogenetica de- A “riva. fin dai funghi inferiori. ovvero dai Mucorinei. Sono da conside- - - varsi come sporangi restati in uno stato rudimentale, come ci dimostra il Chlumydomucor racemosus. Di là in poi si trovano quasi in tutte le : de x n famiglie dei funghi. Le spore nere degli Us tilag ginei, le ecidiospore . - o 2r SII e uic diete Uredinei. sono in io nient altro. PRA di uade due dme: ‘chiesi, rici incertissima, : diventa. chiara. qud la "opens della. Li abbiamo lie: si tanti diversi + d “Sara la cosa principale, cioè — eonidi propri nei Basidiomiceti, ha messo in chiaro il valore morfolo- - gico del basidio stesso. Come prima venne dimostrato essere l’asco lo stadio più perfetto dello sporangio, giunto ad un numero di spore de- t Š x . . «3° . . è terminato, nella stessa maniera il basidio deve considerarsi come il ramo conidioforo piu avanzato, colla forma tipica del basidio, e col numero fisso di quattro spore. - Colle forme più perfette dei Basidiomiceli e degli luni fini- scono le serie filogenetiche dei funghi, i quali poi in tutto il regno ve- p eetalo non hanno più altra discendenza. I funghi, come è noto. nelle ' loro famiglie inferiori si collegano alle Alghe dalle quali non si distin- guono se non per mancanza della clorofilla. Dalle Alghe poi derivano tutte le piante verdi superiori. Ed è appunto la propagazione sessuale | _che prevale tanto più, quanto gli organismi diventano più perfetti. La generazione asessuale nelle Fanerogame quasi è sparita affatto. Invece dalle Alghe si distaccano i funghi non aventi la clorofilla e ‘seguono ‘una via di perfezionamento tutto speciale. La sessualità, prima. ancora esistente, ben presto sparisce senza lasciar traccia di sè, ed in sua vece vi si sviluppano tutte queste varie forme di organi propaga- . tori assessuali, che giungono finalmente al più grande ed ammirabile perfezionamento, il quale si presenta nell'Asco e nel Basidio. Questo è il concetto nuovo TOO apio che corona quest’ opera di Brefeld. Se questa mia esposizione. benehé insufficiente per molti riguardi, | potesse spingere qualche botanico Italiano a ben studiare i lavori di Brefeld, avrei ottenuto il mio intento. Egli, studiandoli, certamente e. quasi involontariamente sarebbe tratto a mettere in paragone le idee | qui esposte con quelle che dai lavori di de Bary e dei suoi scolari, per mezzo di numerosi articoli, lavori e compendi, sono divulgate quasi in tutto il mondo. Un tale parag one contribuirebbe assai a ciò che mi RE aeternae nas ESTA eo clarius Tchat) » Pa i Hola. ti 9 febbraio 1890. a ; ds dp D MÖLLER. | 4 Labaracque del commèreio) e all'ipocolorito di potassa (aequa di Javelle del : risultato il bruno. d'anilina (bruno Bismarck del commercio), e specialmente zioni hanno adottato le colorazioni con la fucsina ammoniacale e col bleu di Rassegne % herbe comparatives sur l'origine des membres endo- gènes dans les plantes vasculaires — par MM. Pa. VAN TIEGHEM et H. DouLior (Ann. scien. natur. botanique, di série, tome 8, .1888, pag. 662, tav. 40). E ben difficile il potere riassumere in poche righe questo lavoro interessan- tissimo, che senza dubbio è il più importante e il più completo rispetto alle molteplici questioni relative all'origine dei diversi membri endogeni nelle piante vascolari. Per quanto sia azzardato il dare un giudizio su un ‘oggetto à cosi vasto, pure in tutto il lavoro si trova una chiarezza di deserizione non i x comune ed una ricerca così minuziosa, così esatta sopra ogni minima questione, ‘che in generale crediamo si potrà difficilmente. trovare materia da contraddire. Gli autori cominciano con delle. considerazioni generali sui membri ‘endogeni, R e dividono la memoria in tre parti riguardanti: la prima, le radicelle (radici. | secondarie): la seconda, le radici laterali provenienti dal fusto, la terza, gli altri. membri endogeni, cioè: radici laterali provenienti da foglie ; gemme; emer- genze. Riportano poi in succinto i metodi adoperati per l’ osservazione micro- -scopica delle sezioni degli organi studiati; lavoro che si comprende bene di T quale importanza e fatica sia stato, esaminando’ le numerose tavole aggiunto is alla memoria. -Per ottenere Ia massima trasparenza possibile nei preparati | ve hanno ricorso con successo alla macerazione nell’ ipoclorito di soda (acqua di commercio) o nella potassa. . Per la colorazione della ‘cellulosa ha dato buon | un, processo indicato dal signor Ilot, cioè l'immersione dei tagli in una tenue soluzione di tannino, poi rapidamente in una soluzione diluitissima di perclo- ruro di ferro. E necessario lavare in seguito con acqua pura; le membrane . rimangono colorate in nero. Per distinguere le lignificazioni o le suberifica- anilina, oppure il verde di iodio ed il carminio- coll' allume ; si hanno così nei preparati le membrane di cellulosa pura in rin: oin posh " membrane. ligni- * ES = Canada, che dà più trasparenza della glicerina e della gelatina glicerinata. Dopo questa specie d'introduzione gli autori nella prima parte trattano, come è detto, delle radicelle e cominciano col dare nozioni generali per modifi- care in gran parte ciò che fino ad ora era stato scritto su tale argomento dal Nägeli, Leitgeb, Janczewski, Reincke, Vonhóne, ecc. La prima parte si divide in quattro capitoli, cioè: dicotiledoni, monocotiledoni, ginnosperme, crittogame vascolari. In ogni capitolo, dopo poche osservazioni generali, gli autori passano a descrivere particolarmente ogni famiglia, studiando in ciascuna un maggiore o minor numero di specie secondo la loro importanza e secondo i materiali che hanno potuto avere, ed oltre le proprie osservazioni, per lo più in note spetiali, riportano con critiche molto severe, ma gentili, quelle fatte già da altri autori precedentemente. Siccome è assolutamente impossibile, in una rivista _ come la presente, seguire passo passo il dotto ma lunghissimo lavoro, tanto più che in questa rivista di famiglia per famiglia non si può negare non ci siano dello prolissità e delle ripetizioni forse esagerate, così ci limiteremo a dare an breve riassunto dei vari capitoli, basandoci sui riassunti che gli autori stessi hanno posto alla fine di ogni capitolo. Le famiglie delle dicotiledoni studiate sommano a 150, per cui ai risultati ^. si può accordare una certa generalità. Da per tutto la radicella si forma inte- . ramente nel periciclo a spese di un certo numero di cellule che formano la. sf plaga (plage) rizogena; plaga che in sezione .trasversale comprende almeno due celule in larghezza; tale sezione chiamasi arco rizogeno. Se il periciclo è uniseriato, le cellule della plaga rizogena si dividono con una sezione tra- .Sversale iq due strati. Lo strato interno forma il cilindro centrale, l'esterno si ridivide yer dare origine alla corteccia e all’ epidermide, ma la divisione non si estende a tutte le cellule ed almeno ne resta lateralmente una indivisa, .. Sieché si ha une zona anulare detta epistelo. Le quattro regioni si accrescono € le cellule si dividono, man mano che ingrandiscono, per mezzo di pareti, la eui direzione « ormai definita in rapporto alla regione in cui si formano. Le iniziali del cilitdro centrale, della corteccia, dell epidermide derivano tutte dalla cellula mediana dell'areo rizogeno, se il numero delle cellule di esso è impari, ` da una o più réramente da ambedue le mediane, se il numero è pari. Quando sal perieiclo è pluiseriato, è sempre lo strato esterno che si comporta come già è stato descritto ; i gli. strati interni si accrescono, si moltiplicano, ma formano saltato la regione inferiore della radicella. Le eccezioni sono rarissime ed ac- i cidentali, come ndle Cannabinee (Cannabis, Humulus), in cui lo strato esterno * ficate in rosso o in verde. Tutti i preparati sono poi messi nel balsamo del — — LA del pari produce soltanto r terne della “radicali, mentre il secnm dà origine alla corteccia e al cilindro centrale. Se la radice madre ha più di due fasci legnosi e due fasci liberiani, : dicelle si formano contro i fasci legnosi, e la disposizione è le Ta- ix è isostica: se ne ha soltanto due, le radicelle fanno col fascio legnoso una deviazione’ più o meno grande, e la disposizione è diplostica. Si ha una eccezione dal fatto che tal- volta in radici a struttura ternaria troviamo già la disposizione diplostica, come pure questa esiste per le Ombrellifere, Araliacee, Pittosporee, ed è causato dal . F essere il periciclo impiegato, di fronte ai fasci legnosi, alla formazione dell'oli essenziale. T La radicella, una volta foeitais. cresce e si apre la strada nella cartel . . della radicé madre, attacca, discioglie, in una parola, ne digerisce le cellule per nutrirsi della loro sostanza, e qui troviamo diversità, non solo fra dive T's : famiglie, ma persino tra specie di un medesimo genere, Talvolta l endoder di è la prima delle serie corticali ad essere digerita, poi le altre, sicchè al mo- mento dell uscita la radicella è nuda ed ha all’ estremità la cuffia formata dalla sola caliptra, composta di un maggiore o minor numero di strati epidermiei wr calotte (Crucifere, gran parte di Capparidee, di Papaveracee, di Fumariacee, di Resedacee, di Cariofillee, di Chenopodiacee, d' Amarantacee, d' Aizoacee, sulacee, Portulacee, Illecebree, Basellee, Cactee, Begoniee). -Più spesso invece l'endoderma s' accresce, e avvolge la radicella di uno > x strato speciale o borsa (poche digestive) che poi attacca e digerisce la corteccia. : Questa borsa digestiva è semplice in tutta la sua estensione, o semplice sui | fianchi, o raddoppiata una o diverse volte, dal di fuori al di dentro, intorno all’ estremità, o doppia in tutta la sua estensione, od infine doppia alla base ed ispessita di più alla sommità per delle divisioni centripete. Prima dell'uscita | della radicella questa borsa talvolta è è digorita ai fianchi e non persiste ch all apice in forma di cappuccio, oppure è digerita circolarment alla b: oppure senza essere digerita i in nessun punto, si stacca per scivolamento d a sua zona inferiore che resta incorporata all’ epistelo. In tutti i casi l estremi es è trascinata dalla radicella, per cui all uscita la porzione caduca di questa, cioè la cuffia, si compone di questa borsa endodermica e della caliptra. Qual- che volta all’ o endoderma si aggiungono due o più strati cortiali interni ] e rendere più spessa la borsa digestiva mae Sterculiacee, enr R sacee, Cucurbitacee, ecc.). | Uscita la radicella all esterno, | dermide E si stacca, la e caduta la viti lo strato gairis ào sciando aderente alla cortecch il manicotto u | feriore d’ epidermide semplice Più tardi si stacca ugualmente il secondo strato che forma la seconda calotta, + lasciando aderente alla corteccia, nella zona che separa il suo margine da P dalla caduta della prima calotta. Gli altri strati si staccano nella medesima maniera, e le diverse calotte della caliptra si sfogliano così man mano che si formano nuovi strati internamente, per mezzo delle divisioni tangenziali delle iniziali epidermiche, Lo strato a gradini formato dall’ adattamento delle zone „anulari, sempre più profonde e di cui l'inferiore soltanto è formata dall’. epi- dermide intera, diventa, una volta messo a nudo, lo strato pilifero. Questo è E dunque lo strato piü interno dell'epidermide composta e non 6 l'epidermide ^ intera, altro che nel suo manicotto inferiore, situato nell'interno della radice madre; è non pertanto di natura epidermica. Le Ninfeacee fanno eccezione a questa regola, bbs la caduta del. primo Strato d'epidermide composta trascina seco il manicotto inferiore di epidermide . Semplice, la caduta dél secondo strato quello della zona formata dalla parte | interna dell'epidermide sdoppiata e così di seguito. La corteccia rimane per i conseguenza scoperta e l'esoderma diventa strato pilifero. Le Ninfeacee sono È; dunque liorize, mentre tutte le altre dicotiledoni sono climacorize. y Delle Monocotiledoni sono state studiate 28 famiglie, ed il riassunto ei porta . anche qui a conclusioni molto semplici, e ciò contrariamente a quanto avevano : . affermato nei loro studi non solo Nägeli, Leitgeb, Reinke, „Janczewski, ma 3 anche il Borzì in una pubblicazione quasi contemporanea. . . Nelle Monocotiledoni le radicelle provengono interamente dal periciclo della | radice madre, e, per formarle, un certo numero di cellule pericicliche, almeno due in sezione trasversale, raramente una, cresce e si divide, dando origine, all'interno, al cilindro centrale mediante una prima divisione; alla corteccia e call l'epidermide mediante una seconda nella parte esterna. Questa divisione è più o meno estesa e lascia indivisa una porzione anulare o epistelo. Manca ogni distinzione fra la corteccia e l'epidermide nelle Pontederiacee (Pontederia, Eichhornia) ed in una Aroidea (Pistia Stratiotes). Se il periciclo è doppio, caso rarissimo in questa classe, è secondo il solito lo strato esterno che forma le tre regioni, ognuna delle quali ha le proprie iniziali distinte e soyrapposte, provenienti dalla cellula mediana, o da una delle due cellule mediane dell arco rizogeno, raramente da ambedue. : rod epidermide, semplice al margine inferiore, si divide superiormente con ezioni tangenziali centripete e diviene tipos: Solo nell’ Hydrocharis Morsus- 1 M e down. cosi la dae lois della apti: quello del primo, lo strato interno dell'epidermide sdoppiata, messo a nudo * a ranae l epid rmide rimane semplice e sembra essere nella sommità il prolun- - gamento dello strato esterno dell’ epistelo. Sotto 1° epidermide composta la cor- - teccia è sempre semplice alla sommità, ove termina con una o due iniziali, talvolta accompagnata da segmenti laterali indivisi. A partire dalle iniziali o. ‘dai segmenti laterali, essa si divide tangenzialmente una prima volta, poi una | seconda addentro alla prima. Dei tre strati cosi- formati, l'esterno resta ordi- nariamente semplice, talvolta però si sdoppia una o più volte e forma ciò che - Si chiama il vélo; il secondo forma lo strato corticale esterno, e rimane tal- volta semplice, suberificando o lignificando le sue cellule, oppure si moltipli . ed allora suberifica soltanto lo strato esterno. Il terzo strato si divide tangen zialmente verso l’ interno, originando la zona corticale interna e l' endodermide, AI disotto della separazione fra la corteccia e l'epidermide, l parecchie volte, lo strato esterno prolunga l'epidermide e gli altri strati i cor- ticali. Nelle Pontederiacee e nella Pistia P epistelo continua fino all apice, divide come la corteccia nel caso normale. * j Se la radice madre ha più di due fasci legnosi e liberiani, la disposizione delle radicelle è l isostica, coll’ avvertenza che queste si dispongono di fronti ai fasci liberiani, quando il periciclo manca innanzi ai fasci legnosi ; disposizione diplostica se i fasci legnosi e i . ma il caso è raro. a; Te L'endodermide della radice madre forma una borsa digestiva semplice, o com | posta alla estremità, o tutta composta; è quasi sempre persistente, raramente - effimera; talvolta alla base è digerita circolarmente, oppure solo incorporata e digerita più in alto, ecc. In tutti i casi all'apice è trascinata fuori dalla ra cella in forma di berretto, ed insieme alla caliptra forma la cuffia. i Le differenze. fra le Monocotiledoni e le Dicotiledoni sono di poca impo e solo diventa interessante la diversità della disquamazione epidermiea. Infatti, nelle prime gli strati epidermici o calotte cadono completamente r endodermide diventa strato pilifero; sono dunque liorize, mentre abbiamo visto che le Dicotiledoni sono climacorize, eon la sola eccezione delle Ninfeacee, si comportano come le Monocotiledoni. Però, anche in queste, si ha l'eccezione dell Hydrocharis, che mantiene sempre ‘aderente la sua epidermide uniseriat: Nelle Gimnosperme abbiamo la stessa formazione delle radicelle, che DI vengono, nel modo già diverse volte descritto, dallo strato più esterno | bericielo, quando questo è di parecchi strati; vi è però un’ eccezione nel. Pinus. La borsa digestiva è talvolta transitoria, talvolta persistente, sem 9 composta; proviene dall'endodermide, meno che nel gen. Pinus, ove | LI + condo strato. Anche in questa classe si ha la disposizione isostica o diplostica ; , macorize. Riassumendo, troviamo in tutte le Fanerogame una sola identica formazione delle radicelle, ben inteso con numerose variazioni di carattere DR che 4 ; non possono far cambiare l'unicità del tipo. n. 3 cale provengono da una cellula dell endodermide, mentre il periciclo sotto- . stante origina solo un peduncolo più 0 meno importante, per mezzo del quale . radice madre. Il modo di divisione della cellula madre è dappertutto homes il me- _ desimo; Sis separa dapprima un epistelo e un cilindro centrale, poi un’ epi- - STE dermide, una corteccia, od un nuovo cilindro centrale, una nuova epidermide, una nuova corteccia ed un nuovo cilindro centrale, e così di seguito, poichè le regioni formate hanno una crescenza limitata, e, per edificare la radicella, Ši sovrappongono indefinitamente. Man mano che se ne formano delle nuove, le vecchie epidermidi cadono interamente, ed infine è l'esoderma che diventa | strato pilifero; le crittogame vascolari sono dunque liorize. " . Se la radice madre è binaria, la radicella nasce in faccia ai fasci legnosi, 5 . perchè la regola isostica governa tutti i casi; la cellula madre può trovarsi . fasci legnosi. fi Carattere variante è la forma del’ iniziale comune, tha, per lo più al di dentro termina a punta, e prende soltanto divisioni oblique verso l'interno, ma qualche volta è troncata e prende anche divisioni trasverse, parallele a questa È faccia interna. Varia pure la data relativa della divisione separatrice del ci- adro centrale, che, qualche volta è la prima, più spesso la seconda, preceduta dalla divisione medio-corticale ; il modo di divisione tangenziale della corteccia, la maniera d'essere dell’ epidermide rispetto alle divisioni tangenziali, ai rap- porti con la corteccia; la partecipazione correlativa delle cellule endodermiche | vicino alla cellula rizogena, ecc. La tasca digestiva può mancare, può essere 1E | fugace, persistente, semplice, pluriseriata. Fra le Crittogame e le Fanerogame esistono dunque differenze ' profonde, fra le quali una delle piü DRE Lia posizione della cellula iniziale della radicella. ha seconda parte che, come già ho detto, tratta dell'origine, crescenza À À X w x e | mata dallo strato esterno del periciclo, ed allora la radicella proviene dal se come nelle Angiosperme, e riguardo alla disquamazione epidermica sono cli- Invece nelle Crittogame vascolari troviamo un forte cambiamento, perchè le . 8 opera l'inserzione del sistema libero-legnoso della radicella con quello della 4 _Situata lateralmente, ed allora la Nenazione sì ha tanto con due che con molti % — - condo strato. L'arco rizogeno é situato o contro illibro o contro un r T interna ed useita delle radici laterali, è Abriss anch'essa in tudo capi li distinti, ed in essa gli autori seguono - perfettamente il sistema e F ordine. te- nuti nella prima parte. È abbastanza lunga, per cui ci limiteremo a riportare 5 | soltanto i risultati, x AE Le osservazioni su 67 famiglie di Divotiledoni hanno dato anche qui risul- tati semplicissimi.. Infatti tutte le volte che una radice laterale è precoce, cioè | formata prima che il periciclo abbia perduta la sua facoltà rizogena, provie e interamente dal periciclo stesso, nel medesimo modo descritto per le radicelle. | Quando il pericielo è composto, è quasi sempre lo strato esterno che produce le tre regioni della radice colle loro iniziali, raramente forma I epidermide soltanto (radici ipocotilee delle Cannabinee), ed allora il secondo strato dà ori- ve gine alla corteccia ed al cilindro centrale, manca l'epistelo; è pur raro She à dia I epidermide, la corteccia, F epistelo, lasciando il cilindro centrale als | midollare, e le cellule sottogiacenti si accrescono più o meno attivamento pe formare là base della radice. La tasca digestiva talvolta manca, talvolta è per: manente, più o meno spessa, ed allora in seguito è distaccata per incorpora- zione della zona basilare all epistelo, o per REMOTE « d'un anello inter hes | fra la zona incorporata e la superiore. Quando la radice è tardiva, cioè quando nasce tanto tardi che il pericitle ha perduto la facoltà rizogena, essa si forma a spese d'uno strato più profondo e si hanno diversi casi. Se la radice nasce durante la formazione del periderma periciclico, proviene dallo strato generatore di questo periderma, ma più spesso è prodotta dal parenchima liberiano sottogiacente. Se è pochissimo tardiva, dal di parenchima liberiano esterno intercalato ai tubi eribrosi, se è poco tardiva, dal parenchima liberiano interno, al di dentro dei tubi cribrosi; e se è del t tardiva, dalla regione liberiana del meristema secondario; proveniente dallo strato generatore on La medesima pianta può pce radici diversa tardi vità. - Benché raramente, pure la radice laterale è talvolta più precoce del caso ordinario, ed allora proviene dall’ epidermide e dai due strati esterni corticali del fusto, ed è perciò del tutto esogena, ed esce dal nostro studio. Per ora non si conoscono radici endogene corticali. Si ha dunque per conclusione nerale che in tutte je Dicotiledoni il perieiclo: è il luogo di formazione delle . radici di precocità media, cioè delle radici laterali ordinarie. + : Nelle 2] famiglie di Monocotiledoni studiate. dagli autori, i radice ta proviene > interamente dal pericielo del uel e solo dallo strato este b death: già dn; per $e Padicalló; pé om formano cioè le tre solite regioni, più l’epistelo, eccettuato nelle Pontederiacce e nella Pistia Stratiotes, ove l'epidermide e la corteccia rimangono indivise; il | cilindro centrale è coperto dal solo epistelo. Ben presto l'epidermide è re- ‘spiata al di fuori ed il suo margine si stacca dall'epistelo. Ciascuna delle tre 3 regioni si divide secondo il solito, soltanto l'iniziale o le due iniziali della | corteccia non hanno mai divisioni tangenziali. Nelle. Lemnacee e nell’ Hydro- | €haris Morsus-ranae, l' epidermide, sempre d'uno strato, resta aderente alla cor- È teccia. L'endoderma forma la borsa digestiva semplice o composta, ordinaria- _ mente incorporata, talvolta digerita alla base. Nella concavità della borsa si su | viene ad incassare l'epidermide staccata dalla corteccia, ` sicchè. i due tessuti d'origine differente, non ne formano più che un solo. All uscita la cuffia è dunque composta dalla borsa e dalla caliptra, eccettuato: nelle Pontederiacee e nella Pistia ove manca l'epidermide, nelle. Lemnacee e nell' Hydrocharis, ‘perchè i epidermide semplice rimane aderente, nei Pandanus perché la borsa è effimera. Sicchè, i ax Il processo avviene come è à nei tratti essenziali, la formazione delle radici laterali s r opor > - nelle Monocotiledoni come nelle Dicotiledoni. . Anche nelle Gimnosperme queste radici nascono interamente dal teque del fusto, spesso con una borsa digestiva, al solito d'origine endodermica, si formano: come le C Teo ve runs e ne hanno la medesima struttura alla uscita. ... Invece le Crittogame vascolari riguardo all’ origine ed allo sviluppo delle Í radici endogene, si dividono in due gruppi distinti: uno comprende le Filicinee, l'altro i i Lycopodium e le Isoetes. Gli Equisetum e le ala non produ- cono che radici gemmarie esogene. Nel primo gruppo le radici si formano nello strato più gia corticale al ‘momento considerato, cioè nell'endodermide attuale e sono di origine corticale. ; Provengono da una sola cellula madre che rimane intera, dividendosi in modo da produrre una iniziale comune. Le nta: sono cioè monacrorize ed en- | dodermorize. ni . Nel secondo gruppo le radiei provengono dal péril los a spese d'una plaga di cellule, che si dividono totalmente due volte, formando tre sorta d’iniziali. e sono pure climacorize come le Dicotiledoni, meno le Ninfeacee, e come le Gimnosperme; i invece tutte le altre Crittogame., sono liorize come le Monocotiledoni e le Ninfeacee, Comparando i risultati ottenuti dallo studio delle radicelle con quelli Di Ri radici hors i, troviam nella. da RATE lá più deles Fabsón elio fra il modo di comportarsi delle une e delle altre, anche in proprietà secon- i darie; quello che è molto differente è l'organo doge radice per le prime, fusto per le seconde. La terza parte, meno importante e più corta delle altre; tratta dell’ origine, - erescenza interna ed uscita degli altri membri endogeni; è divisa in | quattro -brevi quein ogni fisci." per cui la radice nasce foreutamiohio : a contatto di dd la < borsa. digestiva ARS gone esiste anche nella raea e nel fusto ew me- vin pianta. i . Nel secondo paragrafo è tite l'origine della radice terminale endogena, formazione e la medesima costituzione definitiva nel seme maturo, e si com- - porta, durante la germinazione, nella medesima maniera, rassomigliando alle eR | radici laterali e alle radicelle della pianta adulta. Ma è da notarsi che la radice terminale è quasi sempre esogena rispetto all'embrione, meno che nelle Gra- minee, Commelinee, Aires, Cannee, enun Nictaginee. nascono sempre dal Sai della radice o del fusto madre, e per uscire de geriscono direttamente la corteccia, senza che abbiano borsa digestiva. Nel quarto ed ultimo è trattata finalmente la questione dell’ origine delle emergenze endogene, cioè dei succhiatoi della. Cuscuta, che sono di origine corticale e non assumono mai la struttura delle radici laterali. Ugualmente di- casi per i succhiatoi prodotti dalle radici nelle Santalacee; a questa categoria delle emergenze appartengono anche i sacchi pollinici delle Fanerogame. La conelusione generale di tutto questo lungo lavoro è che: nelle Fanero game, trattisi di radicelle, radici laterali, radici terminali, gemme, tutte le vo A che sono precoci e normali, i membri endogeni, veramente degni di questo | nome, nascono interamente nel periciclo del membro generatore; hanno cioè origine stelica. La corteccia o non contribuisce in nulla alla formazione M circonda d'una. borsa digestiva più o meno spessa; rarissimamente le vi | LA La principio d una guaina protettrice. Invece nelle Crittogame vascolari titi T membri dip provengono. de 5 + nie definitiva del pue | generatore is loro origine; è corticale. , Rus e x E Amante una guaina Hot ob. Dunque si possono formare due grandi gruppi: bn periciclogene, che game vascolari. Però da queste bisogna togliere i Lycopodium e le Isoetes che una emergenza, allora vi è origine corticale anche nelle Fanerogame, ma sic- come si potrebbero togliere dai veri membri endogeni i succhiatori tardivi, allora mancherebbe anche questa. eccezione; e le due regole precedenti gover- nano tutti i easi. SR ma Notizie E : E e Istituto Botanico Hanbury Abbiamo . da comunicare ai nostri lettori una lietissima notizia. Il Cav. Tom- Maso HANBURY, membro della Soc. Linneana di Londra, e noto a tutti i Bo- -tanici come fondatore'e proprietario d'un magnifico giardino d'acclimatazione la Scuola di Botanica, i laboratorii, gli erbarii e tutte le collezioni botaniche * dinario di 12000 lire per l'arredamento dei locali. M at E secondo. un piano combinato da lui col sottoseritto, e si spera di poterne fare l'inaugurazione in occasione del Congresso internazionale di Botanica, che si radunerà a Genova nell'autunno del 1892, i in occasione delle Feste Colombiane. 3 TE commento ci Ha ee innanzi ad un fatto pas, ben raro negli Y ‘0. PENZIG . À comprendono essenzialmente le Fanerogame, piante endodermogene, le Critto- | appartengono al primo gruppo.. È da notarsi che se il membro endogeno è alla Mortola, fra Ventimiglia e Mentone, farà costruire a sue spese nel recinto ; del R. Orto Botanico di Genova un edifizio di tre piani, destinato ad accogliere. A n dell'Ateneo Genovese. Terminata la costruzione, egli farà regalo di quell’ Istituto al R. Governo italiano, il quale già fino d'ora ha concesso un assegno straor- SE Istituto Botanico che porterà il nome del benemerito donatore; sarà eretto * * ^ | Apprendiamo chè il Prof. A. M, ni sta per pubblicare il primo ha ; colo degli icones fungorum ad usum Sylloges Saccardianae accommodatae, L'opera avrà per iscopo di illustrare, possibilmente sugli esemplari tipici, le - principali specie descritte nella Sylloge fungorum omnium. Uscirà in fascicoli di 49 tavole litografate e colorate a mano, coll’ illustrazione di 359-409 - spec e per faseicolo. Dovranno uscire quattro fascicoli all'anno; il prezzo di sottose zione è fissato a venti Lire per ciascuno. er di Sig. Hans ou in Winterthur ha pubblicato testè la prima centuri: - delle sue Potentille diseecate; e possiamo raccomandare agli Istituti botani - ed ai privati quella collezione di tipi, studiati da specialisti del genere Potentitla, come Zimmeter e Blocki. Gli esemplari distribuiti nella prima centuria sono molto ben preparati, completi e dati in quantità sufficiente per lo studio; il | prezzo d'associazione (30 Lire) non sembra troppo elevato per una raccolta : mo- nografica. L'unica cosa che forse potrà essere oggetto di critiche è che tutti i saggi dati in quelle centurie provengono da esemplari coltivati. E vero che nel « Potentillarium » del Siegfried (che recentemente à stato descritto am- - piamente nel Botan. Centralblatt) si sarà cercato di dare ad ogni specie le condizioni più favorevoli al suo sviluppo, e possibilmente simili alla sua sta zione naturale: ma tuttavia l'occhio distingue al primo sguardo che si tratta - di piante cresciute in condizioni artificiali. Riguardo poi al valore ed alla co- 5 stanza delle numerose « specie » di Potentilla, istituite dagli autori recenti e di- stribuite nella prima centuria, non siamo giudici competenti: speriamo ch fascicoli venturi vengano Saiu in TE. [ yispordone anche le classiche. n È Il giorno 15 del Genine ora scorso, colpito da terribile ee cessava - quasi improvvisamente di vivere in Torino il Dr. Giacomo GIBELLO, Professore alla R. Università per la Clinica dermo-sifilopatica. — Il GiseLLOo fu per lunga - serie di anni assistente al R. Orto ed insegnò botanica dopo il ritiro del Prof. .G. B. Delponte. — 3 _ diche e naturali ; tenne anche la cattedra della Materia Medica. Le numerosis- : js Orto Botanico. — Di animo generoso e dui ài Gae eletto, di modi affabili e cortesi, visse beneficando e lasciando profondo desiderio di sè in quanti ebbero la ventura di conoscerlo e di ammirare il delicato suo animo. - Dr. 0. MATTIROLO. 2: — Il sottoscritto prega caldamente i colleghi che avessero dei semi di Capparis vi var. sp. e di altre Capparidee, a volergliene fare invio per alcuni suoi studi E ^ omui Prof A: Borzi Messina, R. Orto Botanico. E Piccola Cronaca È AM Nestore dei botanici francesi, Prof. P. DUCHARTRE, funzionerà nell’anno . 1890 come Vice-Presidente dell’Accademia di. Scienze a Parigi. È morto il Dott. GuLia, Professore di Botanica e d' Igiene a Valetta (Malta), $ autore della « Flora Maltese ». Il Dott. Lupwia Ken, noto per i suoi lavori di Bacteriologia ed Algologia, finora libero docente di Botanica all' Università di Freiburg i. Br., è stato no- minato Professore Straordinario nella stessa Università. .A Vienna è morto Jon. ORTMANN, benemerito per la esplorazione della Flora š i Aüstria sulla quale ha pubblicato molte memoriette, Il Dott. IsrvANFFY è stato nominato custode delle collezioni botaniche con- - servate nel Museo Nazionale di Buda-Pest. 2 Il governo del Messico ha voluto aggiungere un botanico alla Commissione ose incaricata di stendere una carta topografica del paese, ed ha chia- mato a farne parte il Sig. P. MAURY, valentissimo sistematico, che finora era ajuto al Museo dì Storia Naturale a Parigi. Il Dott. Maury si è di già imbar- + cato per la sua nuova destinazione. È morto di febbre climatica a Boma (Congo) il Dott. FERDINAND PETIT, gio- f à Daplarikino pate ii aa del Dott. F. a o, della Stazione Botanica-Agraria a Semarang nel Giava, giovanissimo e già noto por. rimarchevoli lavori, specialmente di Botanica applicata. La R. Accademia delle Scienze a Goettingen ha nominato il botanico Dr. A. PETER a membro ordinario. ` Il Prof. G. GiseLLi di Torino è stato nominato membro ordinario, ed il Prof. R. Pirorra di Roma socio corrispondente nazionale della R. Acedlemis | dei Lincei. I Dott. "HERMANN Ra, Assistente al R. Orto Botanico di Palermo į in seguito ad. esame èstato nominato libero docente 3 Botaniea in sb Università. Cosi Bollettino Bibliografico Lavori Botanici Italiani. Trattati, Atlanti, ecc. Dr Pocero. E. Manuale di Botanica com- . parata ed origine della piante colti- vate. Milano, 1890. — MieuggLETTI A. M. Elementi di Botanica comparata ad uso del Ginnasio. To- rino, 1890. Pont A. e TANFANI E. Botanica ad uso delle scuole Sede A P. I. Deseri- . zioni. Firenze, RiPPA G. Corso db di Botanica, Napoli, 1890. Vostino P. 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Seconda nota in risposta 1890, p. 22. . alla Rivista critica delle specie di Tri- : fogli della sezione eue e a anerogame - Flore. ete. Natural. Sicil. SERE C. Quarta contribuzione alla Flora dello Scioa. N. Gi, iorn, bot. ital, XXII, 1890, p. 234. — Quinta contribuzione , ecc, lbid. p. BT SS CALLONI S, Contribution à ar histoire des . Violettes. Bull. trav. Soc: bot . Ge- Nikt J. Conspectus Fr oops. nève. 1888, n. 5, p. 229. Genève. 1889. dee Il, P.L Ore bro 1890. x — Observations floristiques et phyto- i | géographiques sur le Tessin méridio- : mal. Ibid., p. 243. d y . ARODAT R, Revisio on et critique des Po- da uel. Vo «P | - lygala suisses, Ibid., 22 BE c, flore, Cruciflore, Tiliiflore). Firenze, Eu CREPIN ini Ma AVA 04030 AMBERT. Les Rigel: suisses, d'histoire naturelle, Les Plantes. Paris, E. . Taschenflora des Alpenwan- ui. Zürie j P. _Toparo A. Hortus botanicus panorm tanus. T. II, fasc. V. Panor rmi, 1880. Teratologia e Patologia vegetale. ANELLI A. La peronospora viticola. 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Gom phocarpus arboroscon Ibid., p. 70. — Tre Dallo Nerine. Ibid., — ne Caryophyllus Margaritae. 3 Ibid., p. 85. — notée comosa Hochst, var, serratifolia Reg., Ibid. p. 82 Varia. ALBERTI A. Studii di Biologia generale. z Sulla relazione fra il peso atomico e l'ufficio fisiologico degli elementi chi- mici. Riv. Filosof. scientif. IX, 1890, 207. P. ANrosso C. Botanica. Ani scientif. in- dustr. Milano, 1890. ARCANGELI G. Sull importanza e sul- l'utilità degli studii botanici. Discorso inaugurale. Pisa, 1890 Marrer G. E. Protégeons les plantes alpines. Bull. Assoc. Protect. Plantes. n. 8, 1890, p. 26. x Prrona G. A. Della vita scientifica del | prof. Giuseppe Meneghini. Atti Istit. Ven. Sc. Lett. Ser. VII, T. I, Disp. 1-2, 1889-90. Lavori originali. rakio nelle piante (Tav. ARESE — — Alcune osservazioni sul Iuogo. d origine d' Sont clio nello piante. (con incis. nel testo) . Aeg EE vu Y Ke Sul impollinazione del Dracunculus ee Seh., in ri- BACCARINI P. Intorno de elementi speciali doll Gaine sinensis DA xvin de des : 3 per la Flora Pelmnentana: pra We hp s Le Festuche italiane del R. Museo Botanico Torinese enu- X numerate secondo la Monografia di Hackel . . . . "a s Che cosa siano Hieracium sabaudum L. e Hieracium s sa- baudum All., studj critici (Tav. XIV, XV, XVD Ew Av i RLESE A. N. Rivista delle Labovibenzaote, e deseriz. d'una nuova specie di questa famiglia (Tav. I). . : AA Sullo sviluppo di alcuni Ifomiceti (Tav. VI) « “nà aa seu Moris ete. Mich. (Tav. È a ana p INÍ À. Noterelle briologiche (Tav. III, IV, v pu GELT G. Sopra l'esperimento: di Kraus Er ix «oe nn sposta. al Prof.:F. Delpino. . . Ee ee Ancora sul Polyporus hispidus del Fries e “dl aparte pag. nil estranuziali , . 0 me involucrali di Centaurea montana 3 VI. Anemofilia dei fiori d. Phyllis nobla, . . 7. s VII. Galle quercine mirmecofile . . . VIII. Acacie africane a spine mirmecodiate Sull'affinità delle Cordaitee . . . Ig Sa Singolare fenomeno d'irritabilità nelle specie di Lactuca . — Fiori monocentrici e policentrici (con ineis. nel testo) . . . Favop V. Sopra un nuovo. genere di Imenomiceti (con incisioni - ei NER — Note sur une nouvelle application de la photographie en . _ Botatanique (Tav, VD . . . . ru s a GIBELLI G, e BELLI S. Rivista critica delle specie di Trifolium italiane . della Sezione Chronosemium (con incis, nel fosto).- . s au D Knvcn O. Sull'origine dei cosi detti fasei di sostegno periclici dello - ‘stelo delle Cicoriace . , . Ro iT MarcatILI L. Sui fasci midollari fogliari dei Ficus . E] E * MartIROLO 0, Sul valore sistematico della Saussurea depressa Gren., _ nuova per la Flora Italiana do e e De o MartiROLO O. e Buscationi L. Sulla struttura degli spazj intercel- lulari nei tegumenti seminali delle Papilionacee (Tav. VID. == MoELLER A. La Micologia moderna ed i lavori del Prof. Brefeld (Ri- vista sintetica) , potu Lo Apr ul iu AE qoe; a PENZIG O. 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Das Verhalten des oxalsauren Kalkes in den Blättern von Symphoricarpus . ED MIX I M LU MA. de La ux 74 Notizie. Acqua C. Un bivani dell'acido ossalico *. . . pi ha 173 Sulla formazione dell'ossalato calcico sie Saia ia 411 BELRESE A. N. Sulla Pleospora herbarum e sulla PI. infectoria . , 84 Icones SI ad usum une Saceardianae accom- _modatae CS cara Brizi U. Muschi nuovi per da provincia di n ra ata 88 cm Prima contribuzione all' Epaticologia romana . . . . . 176 — Seconda contribuzione all’ Epaticologia romana, . . . . 326 ..— Contribuzione all’ Epaticologia italiana. . . . chie 414 ATTIROLO O. Cenno neerologico sul defunto Prof. G. Gibello . PRA 562 ENZIG O, Vendita di droghe e di prodotti vegetali (T. Schuchardt }* 87 — Piante nuove o rare trovate in Liguria I, ll, . . . . . 90,272 — Istituto Botanico Hanbury . . . Ru unies cio 561 — Potentillae eæsiccatae di H. Siegfried . (c e de 562. OLI A. Due parole di replica al Dott. C. Aqu postes. 6 245 1 j| 129 — Note di Microtecnica . . . e vo MA 100, TS 320 404 Ross H. Società Italiana per scambio di ant 3 378 Piccola Cronaca . . . ST 187, 284, 333, 381, 426, 563 Bollettino Ape (Leider botanica s italiano). 92, 188, 285, Prof. 0. PENZIG, Redattore responsabile. Duranti des TA II. MALPIGHIA , Vol. IL. CE T MÀ y Kus Tata d AN Berlese del et (jf. ^ ozami -Pisa. it, G T ii BaO 20Q | | nea Tav.IV Malpighia, Vol. HI | ; LACIE ei DO LEE c c n à ————— Le O e DE e ca A A VODDOO = + DIE È ub pucri SS NECES # xs x 5 rece : | ARAFAT Ber =>} ade, ur + ue FNC hara ISO = eci "| Ds put NETS SEM EP AUD QC Son E RS E LX Je OS RES NLG = “AAAVO a OWO = (fl pat «a "n XL NIC Ur 5 x Reise STI RSR ET [ 0381886122 (9) 5 \ OC OC VEC 3 ava SDS a COTE OC | = = à sc - Ç NX ^t JO qo MC SO OOo erc le) Ta 4 si RE E | (O) (8) DAL DAT} ML WC , NERI, Por aa | (yer ero 2e i = oL | o : : Pel à à | € F: c ui mo R Cem E NEP REM —ÀMM—— È Mi. i :. C7 zd m ^15 P = Le SS gp t COCA; TS cer 3 | Ax £ deter | i TT ART ROO eec AC 1 è pa een: I È ^ à Vr gl PILA NELL, d CO) ates ui eio i 24 LEE 16. .M. Mey inc. rito "pap ve eg icr PSP Malpighia, Vol.I Li UN C (c A. Bottini dis | F4 lol M QD go ] " / [wo toq 19104] g y ZUM Z VILLO CAI Prstea Vit s vzuelera L. Tav. VII Dg. : à RE. dis. Lit Salussolia, Torino Malpighia, Vol M. N. Berlese dis. ed inc. A Modena LI Tar IX. oz Lit. G. Pizzolotti s 7, d RE D PAU BR. AS LR E TR ES Malpighia , Vol. IT Ü.Penzig dis. elit Malpighia , Vol MI Lit G. Pizzolotti, Mo deris. 0. Penzig dis. elit. Malpighia, Vol. LI. fav. AT. ALLIUM ROLLII Terracc. Fil, ? Lilli dis TAV XII. ? firenze, Lit dei Ricordi d'Architetturs MALPIGHIA Vol. IIl. À Berlose li Tav. XIIL SE xc MALPIGHIA Volume Il TAV XIV. E " ^ Lg. pre nao onc aphur 2 A l | DEZ nae è oa MATT ito. Me Ha dee AE — Pa Pre ji We o A tanto de 1 t è | + i p È - i | T Se az de SN. AE pg Je e SA po af d o Io i d puedo) i # m 3 Lie Ra PAGA TR S A DA ; , PPP FA LES d Mr COP ductu 4» a. "TRA. 31 TUE AL - # Te farm Alaa STAR LA Go 24 Cad i Een dea. tiziano à P LP exl Pr ee aD vM. y^. carmi gri i lt, mnt au nii m rt ne Linnean Society of London HERBARIUM ALLIONI © MALPIGHIA Volume Ill TAV. XVI Cei i» nome) SC — te CA Y de e 6. Gibelli delin. Torino, Lit. Salussolia -MALPIGHIA Volume Ill [em Apos E S TCI i ist Get p ym CX Wc LS > Torino, Lit Salussolia.