RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA REDATTA DA o. P E N z IG Prof. all’ Università di Genova moHZR > > n. PIROTTA Prof. all’ Universiti di Palermo Prof. .all’ Università di Roma. in collaborazione con molti Botanici Italiani e Stranieri. GENOVA TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO - | Vico Mele, z interno | 5 1892. ia aes ae Li MALPIGHIA. RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA È REDATTA DA ; i i È O. PENZIG 5. Prof. all’ Università di Genova A. BORZI R. PIROTTA Prof. all’ Università di Messina Prof. all’ Università di Roma in collaborazione con molti Botanici Italiani e Stranieri. ANNO VI — Fasc. I (Con Tav. I-I) f D. M i-e PET Mo. Bot. Garden, Leys GENOVA TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO Vico Mele, 7, interno 5 1892. Contribuzione allo Studio della membrana Cellulare per il Dott. Lurer Buscattont. (con Tav. I e ID [A INTRODUZIONE. Benchè sia legge abbastanza costante nelle Scienze di osservazione che le prime idee destinate a spiegare nuovi trovati vengano in breve giro di anni sostituite da altre piü perfezionate e percid piü consone ai fatti, tuttavia a questa sorte comune si é sottratta la grande teoria che il Nàgeli (!) ha sviluppato sulla struttura dei granuli d'amido e delle membrane. Il Genio di Monaco, basandosi specialmente sul fatto che le membrane cellulari e i granuli di amido presentano i fenomeni della doppia ri- frazione, volle riconoscere in loro una struttura cristallina: preoccupato da questo concetto egli ammise ehe entrambi i eorpi in questione deb- bano esser costituiti da esilissime particelle cristalline (micelle), fra le quali interponendosi veli aequei di diverso spessore ne verrebbe su- scitato il fenomeno della stratificazione. Inoltre presentandosi gli strati dei granuli amidacei alternativamente più oscuri o più chiari, più ricchi o meno in acqua, disposti in modo che lo strato esterno sia costantemente il meno acquoso ed il centrale il più molle, venne alla conclusione che le granulazioni di amido cre- scano per interposizione di nuove micelle fra le preesistenti, analoghe però a queste per forma e proprietà ottiche. (') Die Stárkekórner, Zürich 1858. C. NAEGELI, Debe das Wachsthum der Stärkekörner durch Intussuscep- tion. Mitth. d. bair. Ac. d. Wiss. zu München 1881. In, Ueber den inneren Bau der vegetabilischen Zellmembran. Mitth. der K. bair. Ac. d. Wiss. zu München 1864. Fe LUIGI BUSCALIONI f Siecome le membrane cellulari, tanto sotto l'aspetto ottico quanto de dal lato chimiéo, hanno una stretta parentela coi granuli d’ amido, non 5 S fu difficile al Nägeli applicare la stessa idea alle pareti cellulari col- l ammettere che anche queste vadano aumentando in spessore ed in E: superficie, non già per apposizione di nuovi strati, ma bensi per lo stesso processo che egli denominò di intussusceptione. Le nuove micelle si formerebbero o da una soluzione, analogamente a quanto succede pei cristalli, o deriverebbero dallo SAP a aa di micelle preesistenti. Questa teoria che il Nägeli ha sviluppato nei suoi studi REAA ed ampiamente discussa nell’ opera filosofica del titolo « Mechanisch- physiologische Theorie der Abstammungslehre » e che trovava più tardi una conferma nei fenomeni osservati nelle cellule artificiali del Traube (1), tenne il primato sino al giorno d'oggi e venne da molti autori ampliata in quanto che si volle estendere anche al protoplasma il concetto delle « Micelle ». Occorre però avvertire, per ragione di giustizia, che il concetto Na- . geliano era già stato in certo qual modo intuito da Th. Schwann (?). Ad onta perd della favorevole accoglienza non tardarono in questi ultimi tempi a sorgere delle obbiezioni più o meno gravi, tratte in | campo dai più valenti istologhi. : Venne fatto osservare al Nàgeli che non è sempre vero, come egli afferma, che le membrane e i granuli d'amido perdano la stratificazione + allorquando vengano posti in un mezzo capace di toglier loro l’acqua come, ad es., l'alcool assoluto, e che le membrane dei tracheidi di al- . cune conifere, come osservò il Wiesner, si fanno più distintamente striate quando vengano essiccate a 110°. In secondo luogo lo Schimper (3) studiando i granuli di amido dei (*) Archiv für Anatomie und Physiologie von Du Bois-Reymond und Rei- _ chert, 1867. (2 Ta. Scowann, Mikroskopische Untersuchungen. über die Uebereinstim- x M 9 in der Structur und Wachsthum der Thiere und Pflanzen, Berlin 1839. è . SCHIMPER, Seine über das Wachsthum der Stirhehòrner io Zeit. 1881). CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 5 cotiledoni di Dolichos e del midollo di Cactus ha dimostrato che durante lo sviluppo essi si presentano corrosi alla periferia, ma che più tardi per deposizione di nuovi strati al di sopra della parte intaccata, il gra- nulo viene ricostrutto. Infine a deporre contro l'ipotesi della forma poliedrica delle micelle e contro la loro struttura cristallina vennero in campo gli studi del Brewster (1) e di altri dai quali risulta che sostanze colloidali sono ca- paci di presentare il fenomeno della doppia rifrazione qualora vengano assoggettate a pressioni o stiramenti. Così ad esempio l' Ebner (2) potè dimostrare che i filamenti di Tre- mella isotropi quando sono imbibiti d’acqua si fanno anisotropi sotto leggera pressione e che perciò se il Nägeli non è riuscito a far cam- biare lo stato ottico alle membrane ed all'amido da lui studiati, è pro- babile che ciò vada ascritto alla forte tensione cui si trovavano di già sottoposti. * " Queste prime obbiezioni incapaci da sole ad abbattere la teoria Nà- geliana furono ben tosto seguite da altre ehe andarono mano mano demolendone l’edificio. : Lo Sehmitz (3) fu uno dei primi a dimostrare che nella formazione delle membrane nel polline della Cobaea scandens si deve escludere del tutto l'intuseusceptione. Lo Strasburger (+) avendo seguito passo a passo nella loro evoluzione -PÉ le cellule polliniche osservò che i vari ornamenti, le punte, le retico- — lature ecc., delle loro pareti sono formazioni prodotte dal plasma che residua nella cavità del sacco pollinico. Egli è riuscito a mettere in evidenza che durante lo sviluppo dei granuli pollinici il protoplasma residuante aderisce strettamente alle loro membrane in via di formazione e che qualora si cerchi di allon- (1) Philos. Transact. 1876. zi (3) V. v. EBNER, Untersuchungen über die Ursachen der Anisotropie orga- | nischer Substanzen, Leipzig 1882. (© Sitzungsberichte der niederrheinischen Gesellschaft für Natur-und Heil- kunde, in Bonn 1 0 Ueber den Buu i das Wachsthum der Zellháute, Jena 1882. LUIGI BUSCALIONI tanarlo con speciali processi, rimane pur sempre una striscia di micro- somi in intimo contatto colla parete. Analoghi fatti egli osservò nei tracheidi delle Conifere, nella forma- zione delle membrane delle cellule in via di divisione, ed in moltis- simi altri casi, di guisa che egli ritiene che le membrane si formino unicamente per apposizione di nuovi strati sotto l'attivo ed immediato intervento del protoplasma nel processo. Osservò pure che i granuli d’amido in via di accrescimento degli sporangi della Marsilia salvatrix sono circondati da un reticolo proto- plasmatico il quale viene indubbiamente utilizzato per l'aecrescimento in ispessore delle granulazioni. Lo Strasburger non solo respinge l intervento dell'intussusceptione per l'aeereseimento in spessore delle membrane, ma neppure lo am- mette per l'aumento in superficie ritenendo questo proeesso come un semplice atto meccanico di distensione. A riguardo poi delle stratificazioni delle membrane e dell amido mentre il Crüger (4), il Dippel (2), il Krabbe (3) sono d’avviso che rap- presentino delle fibrille, lo Strasburger vuole che siano prodotte dal- l intermittenza nel processo formativo e siano quindi delle linee di separazione « Grenzlinien o Adhäsionsflächen » come egli le ehiama. Un po diversamente la pensa il Leitgeb (*) a riguardo dell'intricata questione, poiché egli in certo qual modo concilia le due opposte in- terpretazioni coll'ammettere che la parete delle spore di aleune epatiche si accresca in parte per apposizione e in parte per intussusceptione. Il Krabbe nel lavoro « Ein Beitrag zur Kenntniss der Structur und | des Wachsthums vegetabilischer Zellhiute » mette in chiaro che la for- mazione di nuove lamelle nelle parti dilatate delle fibre liberee delle Apocinee e delle Asclepiadee avviene per successive apposizioni, non negando pero che possa spiegarsi il loro ulteriore accrescimento per mezzo dell’intussusceptione. O) Bot. Zeit. 1855. Q) Abhandl. der Senckenberg’ schen Nat. Gesellsch., Bd. XI, 1879. (5) PRINGSHEIM, Jahrb. f. wiss. Bot., Bd. XVIII, 1887. (5 Ueber Bau und Beni iiig der Sporenhdute, Graz, 1884. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 7 Egli osservò che il contenuto cellulare va contemporaneamente con- sumandosi sino a ridursi ad un ammasso di sostanza morta, ma benchè « egli abbia seguito l' evoluzione di dette fibre, non fu in grado di poter sorprendere alcuna delle fasi che conducono alla trasformazione del protoplasma in sostanza cellulosica, potè solo riconoscere che i residui plasmici si scolorano risultando costituiti da granuli che non reagiscono più come le sostanze albuminose. : Uno dei più grandi botanici dell'Austria, il prof. Wiesner (!), in que- sti ultimi anni ha elaborata una nuova teoria sulla membrana delle cellule, la quale ha segnato l'èra di un vero progresso e di una com- pleta riforma nell istologia botanica. Basandosi sul fatto che le membrane cellulari, in ispecie le giovani, ancor meristematiche, non danno la reazione della pura cellulosi, ma trattate col cloruro di zinco jodato si colorano più o meno in gialla- stro, venne a stabilire che oltre alla cellulosi le pareti contengono qualche sostanza estranea. L’ esistenza di questa verrebbe anche messa in evidenza trattando le sezioni di tessuti col permanganato di potassa, il quale, mentre non esercita alcuna azione sulla cellulosa, impartisce alle pareti una colo- razione bruna qualora contengano altri composti. Allo stesso risultato si deve giungere, secondo l'A., qualora si con- sideri quanto diffuse siano la coniferina e la vanillina nelle pareti cel- lulari (cellule suberificate e lignificate), per cui sarebbe un’ illusione il erederé che Ta cellulosi esista allo stato di purezza nelle cellule. Il Wiesner, quantunque non siasi dissimulato quante gravi difficoltà s’ incontrino nel determinare la natura della maggior parte di detti corpi, pure attenendosi ‘al sussidio delle sostanze coloranti e di alcuni altri reagenti, si credette in diritto di affermare che nelle pareti cel- lulari vi ha del plasma vivente diffuso. - Osservò infatti che la cellulosa purificata si colora debolmente quando | Vienna, 1892, la si tratta col carmino borico, coll'ematossilina, le quali sostanze pos- - (1) Die Elementarstructur und das Wachsthum der lebenden Substanz, — STARETE NE. = LUIGI BUSCALIONI sedendo una forte potenza di colorazione del plasma, colorano anche le pareti qualora queste ne siano provviste. I reattivi di Millon e di Raspail hanno pure portato all'autore nuove prove a favore della sua ipotesi, poichè è un fatto abbastanza frequente > losservare le membrane cellulari colorate, al pari del plasma, da que- E EU sti reagenti. P Ed infine il congoroth deve la sua azione specifica sulle sue mem- = — brane a null'altro che alla presenza in queste di protoplasma. I fatti negativi che spesse volte si incontrano in queste ricerche vennero dall’ aëtore interpretati nel senso che per lo piü la quantita di protoplasma é troppo esigua perché si abbia una distinta reazione. Questi risultati troverebbero poi un’ ampia conferma nelle osserva- zioni di Tangl (1), di Gardiner (2), di Loew (3) e di Bokorny (*). Il Tangl e il Gardiner hanno scoperto delle finissime comunicazioni plasmiche fra cellula e cellula, ed in questi ultimi anni, in grazia dei progressi della. tecnica microscopica, si andarono ben presto moltipli- cando le osservazioni di guisa che al giorno d'oggi possediamo una abbondante raccolta di fatti in proposito. Ds Gli studi di Loew-Bokorny hanno messo in chiaro che qualora si facciano agire delle deboli soluzioni di nitrato d’ argento (1 parte in | peso di sale per 100,000 di acqua) sopra il protoplasma vivente, que- sto determina la riduzione del metallo con questo processo si impar- tisce una colorazione prane-bigia, di rado violetta, gialla o rossa alle cellule. Applicato il reato alla membrana ha dato al Wiesner gli stessi | risultati; va notato però che la reazione non è in modo assoluto de- cisiva. .(*) Ueber offene Communicationen zwischen den Zellen des Endosperms ei- niger Samen. Pringsheim, Jahrb. Bd. XII. (?) GaRbINER, On the eap of th e protoplasm through the walls of ve- getable cells. Arb. d. Bot. Inst. zu Würzburg, Bd. III, p. 52. m. Ueber den mikrochemischen Nachweis von Eiweissstoffen. Bot. Zeit. 1884. ln, Ein weiterer Beweis, dass das Eiweiss des pe —Á—— mas … eine andere chemische Piano besitzt als das abgestorb x ES Die Chemische Kraftquelle im lebenden Protoplasma. ai 1882. - * CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 9 Senza ammettere la presenza di un protoplasma endoparietale non si potrebbe spiegare, secondo il prof. di Vienna né il conerescere della membrana della cellula-ovo colla parete del sacco embrionale nè l’ unione di due pezzi di patata posti a contatto, né infine il saldarsi fra loro delle cellule dei tilli in modo che si abbia una perfetta corrispondenza dei pori canali, benchè esse, come è noto, nascono indipendenti le une p dalle altre. Con questa teoria rimane pure con facilità spiegato tanto l'aecre- scimento delle membrane attornianti i cistoliti, verso l' interno della cavità cellulare nelle foglie di Goldfussia, quanto il curioso modo di formazione di membrane durante la divisione cellulare degli Oedogo- nium osservato dal Pringsheim. Ed infine un anomalo processo di fo della parete studiato dal Cramer (!) nelle Sifonee verticillate e che questi spiega colla teoria di Nageli e pel meccanismo della diffusione (non essendo. il sito della neoformazione di strati in contatto col protoplasma), viene dal Wiesner interpretato come un argomento in appoggio alla sua ipotesi, quan- : tunque col reattivo di Millon non sia riuscito a mettere in evidenza = il plasma endoparietale. xe Il botanico viennese dopo di aver così dimostrato, con un corredo tanto ricco di prove e di materiale scientifico che nello spessore delle i pareti cellulari si racchiude del plasma vivente, fonda la sua teoria M ^ - che rende abbastanza chiaro i fatti più complessi dell'evoluzione delle membrane. Egli ammette che il protoplasma e tutto quanto il corpo cellulare | sia composto, in ultima analisi, di particelle estremamente esili, la : X maggior parte invisibili o accessibili all'osservazione nei casi in eui siano aggruppate per formare unità d' ordine superiore (plastidi, microsomi ad esempio), alle quali egli dà il nome di plasmatosumi o di plasomi. . Questi corpi elementari avrebbero la facoltà di crescere, di ripro- dursi e di fondersi assieme. $ e C. Cramer, Die verticillirten Siphoneen. Denkschriften d. Silvana naturf. Gesellsch. Bd. XXX, 1897, e Bd. XXXII, 2, 1890, eee 10 LUIGI BUSCALIONI we: -~ I plasomi si trovano nel plasma, nel nucleo, nei cloroplasti, ecc., UNS vale a dire in tutti i corpi che entrano a far parte della cellula e per E di più nello spessore delle pareti sotto forma di dermatoplasma ; alla | loro trasformazione in corpi cellulosici (dermatosomi) andrebbe ascritta la nuova formazione di porzioni di membrana. Trovandosi il plasma nello spessore della parete cellulare, |’ accre- scimento di questa avrebbe luogo per un processo che sarebbe affatto E diverso da quello rappresentato dallo schema del Nägeli. sd Per vedere i dermatosomi il Wiesner adopera il seguente procedi- F mento : i Delle fibre o dei tessuti vengono posti a macerare per 24 ore in una soluzione al !/,— 2 0/ọ di acido cloridrico o di altro acido mine- rale e di poi, tolto il liquido, mercè la compressione del preparato fra due pezzi di carta bibula, vengono scaldati alla temperatura di 50°-60°. z Se la soluzione fu assai diluita e la temperatura poco elevata, il co- lore delle preparazioni non viene alterato, nel caso contrario queste — assumono una tinta oscura. I tessuti così trattati si risolvono in una massa pulverulenta. A questo metodo di investigazione rispondono assai bene le fibre dei parenchimi e dei meristemi, un po’ più difficilmente si lasciano ri- - durre in frammenti alcuni endospermi ed alcune cellule a parete le- . gnosa od inspessita; si mostrano poi del tutto refrattari le ifi fungine — e le cellule suberose. 3 Sulle fibre così trattate, siano ad esempio quelle di cotone, facendo - agire H, SO, in soluzione concentrata, i frammenti si risolvono in finissime fibrille le quali si incontrano pure qualora si adoperi la po- - tassa caustica; quelle del Corchorus capsularis trattate dopo il de- scritto processo coll idrato di potassa e sottoposte a debole pressione. | si risolvono pure in esilissimi dischi. | Questi fatti non si possono ascrivere, secondo |’ autore, unicamente. a variazione nel contenuto acqueo dei singoli strati, ma devonsi di ^ necessità ritenersi dovuti a differenze nella costituzione chimica. à . Le membrane sottoposte a questo prodedimanto che egli denomina della carbonizzazione , qualora si trattino alternativamente colla ] CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE ll tassa e coll'aeido solforico e che si esaminino dopo che si è esercitata una debole pressione sul eoprioggetti, si presentano ridotte in finissime granulazioni. Questi granuli sarebbero i dermatosomi o corpuscoli della membrana, E. i quali, variamente disposti, determinerebbero la formazione di strie | e di strati analogamente a quando vediamo succedere nella fibra mu- scolare. Il Wiesner avrebbe raggiunto lo stesso risultato con un altro metodo consistente nel lasciar a lungo macerare i tessuti nell’ acqua di cloro = avendo cura di cambiare assai spesso il liquido poiché la sua attivita È sì indebolisce abbastanza rapidamente. Con questo processo riuscì a risolvere in granulazioni (esercitando però anche una compressione sul coprioggetti) non solo le fibre e i parenchimi cellulosici o lignificati, ma anche i tessuti suberosi; solo le ife fungine hanno resistito al trat- tamento ad onta che il reagente abbia esercitata la sua azione per più di un mese. Egli conchiude che le ife fungine sono costituite da dermatosomi estremamente piccoli, non discernibili — attuali mezzi di osserva- ; zione. . Allo scopo di studiare la formazione della membrana e la deriva- zione sua da aggruppamenti di dermatosomi, il Wiesner raccomanda di seguire le fasi di sviluppo delle cellule, il quale studio deve neces- sariamente dilucidare la controversa questione se le membrane si for- mino da una secrezione del protoplasma (Mohl), oppure se siano pro- . dotte dalla trasformazione di questo (Pringsheim). : Egli inclina a credere che l’ultima ipotesi sia la più esatta, tanto più che le osservazioni di Schmitz (1) e di Strasburger hanno dimostrato _ che nelle membrane, in via di formazione, si stratificano delle granu- lazioni le quali, ritenute dapprima per granuli di amido, vennero più tardi riconosciuti di natura protoplasmatica. : _ Vi sono pure numerose osservazioni nella letteratura botanica dalle (!) Scumirz , NM der niederrhein. Gesellsch. für Natur-und Heil- Er Bonn P d LUIGI BUSCALIONI quali risulta che i granuli plasmici aderenti alla parete più tardi scom- pajono ed al loro posto si incontrano le striature della membrana. Il concetto del Wiesner si può adunque formulare brevemente nel seguente modo : Le pareti contengono del protoplasma vivente (dermatoplasma) co- stituito da plasomi capaci di moltiplicarsi, i quali, trasformandosi in cellulosi sotto forma di corpuscoli o dermatosomi, producono |’ aumento in spessore ed in superficie della membrana; dalla varia disposizione di questi ne risultano i fenomeni ottici di strie o di strati. Secondo il Wiesner, i dermatosomi devono esser fra loro cementati, ma l unione non è dimostrabile coll osservazione diretta. Tali colle- gamenti devono avere diversa compattezza nei vari strati poichè solo adoperando diversi reagenti, si possono isolar le cellule, i loro strati, le strie, i dischi e le serie composte di dermatosomi ed infine questi ultimi. + Egli è di avviso che alcuni corpi derivati dal protoplasma rappre- sentino i mezzi di unione dei dermatosomi. Queste osservazioni, rese di pubblica ragione nel lavoro intitolato: ^ Untersuchungen über die Organisation der vegetabilischen Zellhaut Sitzb. d. K. Ac. d. W. z. Wien, Bd. XCIII, 1886, trattate ampiamente di poi nella sua opera sulla struttura elementare della sostanza vi- $ vente, non vennero da tutti gli istologi accettate; così ad es., il Klebs (1) è d’ avviso che tali risultati siano dovuti unicamente al- _ lazione dei reagenti e che si debbano perciò ritenere quali prodotti | artificiali. Gli studi del Sahasa (2), confermano appieno le osservazioni del. Wiesner. y Egli avendo coltivato dei rizoidi di Chara foetida, allo scopo di studiare lo accrescimento della membrana, potè constatare che ha (') G. KLEBS, Einige kritische Bemerkungen zu der Arbeit von Wiesner .« Untersuchungen über die Or ganisation der vegetabilischen Zellhaut » Bio- log. Centralbl, Bd. VI, n. 15. 5 € E. ZACHARIAS, uet Entstehung. und Woeittiam der Zellhaut, Prage þeim ae} Bd. XX, s E CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 13 | luogo un’ accumulazione di finissimi granuli plasmatici contro alla parete sulla quale compare ben tosto uno strato di sottili bastoncini, radialmente disposti, punteggiati, i quali poi si fondono fra loro; solo in alcuni punti e in alcuni casi la membrana si ispessisce senza pre- sentare traccia di granulazioni o di bastoncini. Il congoroth colora in rosso le membrane, il metilvioletto impartisce una tinta assai spiccata agli strati di nuova formazione ed il reattivo di Millon non esercita alcuna azione sopra i nuovi strati mentre ar- rossa il plasma. E Importanti sono i risultati ai quali giunse il Zacharias adoperando E- . il cloruro di zinco jodato. E. Egli trovò con questo reagente che assai spesso aleune granulazioni aderenti alla parete rimangono incolore, mentre questa diventa bleu, che talora il protoplasma non si stacca dalla membrana nei punti ove questa è in via di accrescimento, che i bastoncini talvolta si fanno chiari e poi bleu ed infine che molto frequentemente compare uno strato brunastro al di sotto dei bastoncini e li separa perciò dalla la- mella primitiva. | In rari casi VA. osservò l addentrarsi di filamenti plasmatici fra i E. bastoncini, senza però averne potuto seguire l'evoluzione finale; egli E. sospetta tuttavia che queste fibrille si ritirino o subiseano qualche metamorfosi. Credo opportuno di riportare qui le parole del Zacharias, riguardanti i corpuscoli che si scorgono in vicinanza della parete (l. e. p. 123): « Die Herkunft und chemische Beschaffenheit der zuerst auftretenden = Kórnehen festzustellen, ist nicht gelungen. Es blieb unentschieden, ob | dieselben in unmittelbarer Nachbarschaft der Membran aus dem Plasma entstehen, oder etwa an anderen, von dem Orte ihre Ablagerung mehr oder weniger entfernten Orten in der Zelle. Zu Gunsten der letzteren Mógliehkeit könnte die Beobachtung angeführt werden, dass kleine _ wimmelnde Kérnchen sieh in grósserer Masse im Plasma der Schlauch- spitze einfinden, wenn die Bildung der Verdickung beginnt, doch ist es. mir niemals gelungen, direct zu beobachten, dass diese kleinen wimmelnden Kórnchen sich festsetzen, um die Anlage der Verdickungs- i hicht zu bilden ». LUIGI BUSCALIONI Infine a pag. 124, a proposito dei bastoncini cosi si esprime: « Diese Stàbehen waren, wie direct beobachtet wurde, aus kleinen Kürnchen hervorgangen. Dass letztere mit den wimmelnden Kôürnchen im Plasma identisch waren, ist móglich, aber nicht erwiesen. Die chemische Natur der kleinen Kórnchen im Plasma festzustellen ge- lang nicht, da bei ihrer Kleinheit das Verhalten der umgebenden Substanzen kein sicheres Urtheil über ihr eigenes Verhalten gegen Reagentien zuliess. Auch war aus denselben Gründen die chemische Beschaffenheit der ersten, aus winzigen Kòrnchen bestehenden Anlage der Verdickungschicht nicht zu ermitteln ». Il Zacharias adunque non ha potuto seguire le fasi evolutive dei mierosomi attornianti la membrana e neppure ha potuto stabilire l’origine dei granuli di cellulosa. Egli è di avviso che sia erronea l'osservazione dello Strasburger sulla trasformazione dei microsomi e del plasma in cellulosa nell’ ambito della placca equatoriale. Il Klebs (1) riconobbe nella membrana delle Alghe una particolare struttura bastonciniforme o reticolare, avente tutti i caratteri di una . organizzazione, ed il Noll (2) vide anche nella Derbesia ed altre Alghe delle granulazioni regolarmente disposte le quali però venivano poste in evidenza solo dall acido solforico. Finalmente il Mikosch ha ottenuto risultati identici a quelli del : Wiesner trattando le fibre libere dell’ Apocynum Venetum, coll’ ossido di rame ammonicale ed acido solforico; i granuli in questo caso si presentano nettamente stratificati in serie concentriche. (V. Ber. d. Deutschen Bot. Gesellschaft. 1891). Inoltre questo autore'(?) aveva di già ottenuto, icm anni or sono, (') G. Kress, Ueber die Organisation der Gallerte bei einigen Algen und. Flagellaten. Untersuchungen aus dem botan. Institute zu Tübingen, herausge- geben von Pfeffer, Bd. II, 1886-88. (j F. Nott, Experimentelle Untersuchungen über das Wachsthum der Zell- membran. Abhandl. der Senckenbergischen naturforsch. Gesellschaft, Bd. XV, 1890. E ies 6) Poe: Untersuchungen über den Bau der Stárkekórner , Programmi > ; = Wien. 1887. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 15 la decomposizione dell’ amido in granulazioni, che egli denomina Ami- losomi, mercè l azione prolungata dell’ acido cloridrico o solforico in soluzione al 0,2 9/, (t). Questo ricco materiale di reċenti osservazioni viene adunque a con- fermare e a rendere omaggio alla teoria di Wiesner, di guisa che oggigiorno l'istologia botanica, per quanto riguarda la struttura delle membrane, percorre una via che |’ allontana sempre più dai classici dogmi Nageliani. Ad onta di tutto ciò la teoria di questo autore non è del tutto abbandonata, taluni la accettano ancora nella sua totalità, molti ne limitano la cerchia d'applicazione, tutti poi la ricordano e la ammirano come un monumento di profonda dottrina e di peregrina intuizione. Mi basti citare a questo proposito che recentemente il Correns (°) ha pubblieato un elaborato lavoro allo scopo di dimostrare che nel maggior numero dei casi tanto le striature quanto le lamelle sono do- vute a differenza nel quantitativo aequeo degli strati oscuri e chiari. Per tale dimostrazione egli adopera Y essiccamento, l’ osservazione dei preparati in mezzi aventi un indice di rifrazione pressoché eguale alla sostanza da esaminare, la macerazione, il rigonfiamento e le impregna- zioni con sostanze precipitabili (nitrato d'argento) o eoloranti. In questo studio la teoria del Nàgeli viene presentata, non nella sua integrità, ma modifieata in aleuni punti come, ad es., per quanto ri- guarda le striature; inoltre l’ A. dopo di aver dimostrato che l'aequa intermicellare è il principale coefticente delle differenze ottiche, am- mette pure che una modificazione chimiea possa intervenire in causa 29 primitivamente, determinando cosi una più copiosa provvista d’ ac- (1) Contemporaneamente at Mikosch, io sono riuscito, adoperando un altro processo (acido cromico e cloroformio bollente), a risolvere i granuli d’amido del Mais in granulazioni elementari. Ignorando a quell’ epoca la scoperta dello 1 ol irova in commercio, ho reso di Cu ca ragione nel 1890 i fatti osservati 2 l'argomento in un prossi €) Zur Kenntniss Sei inneren Mis der re Zellmembran, 1891 Pringsheim Jahrb. f. Wiss. Bot., Bd. XXIII, / r -a a Li 16 . LUIGI BUSCALIONI qua in alcuni strati o in modo secondario fissandosi sopra gli strati più acquosi. | = Nell’ ultima parte della memoria viene trattata la questione della causa che determina la origine, le striature, e ne conclude che ben poco attualmente se ne conosce al riguardo. Oltre a questi fondamentali lavori sul modo di e e di accre- scersi delle membrane e sulle eondizioni che provocano nelle medesime E le striature, possediamo al giorno d'oggi una ricca letteratura di studi aventi un nesso più o meno intimo col presente argomento. - . Uno dei precipui è quella di Klebs (!) sulla formazione artificialé — E della membrana nelle Alghe sottoposte alla plasmolisi. : Questo autore mette in evidenza, analogamente a quanto già osservò l'Haberlandt (2), che il nucleo ha una grande influenza nella formazione della membrana, poichè le parti protoplasmatiche le quali ne sono pri- vate, sono anche incapaci di circondarsi di nuove pareti. I] Pallas (3) avrebbe portato un grave colpo alla ipotesi del Klebs se il Dott. C. Acqua (+) non avesse dimostrato in uno stupendo lavoro che i fatti osservati vennero dal Pallas un po troppo leggermente inter- pretati. Abbiamo finalmente molte osservazioni intese a dilucidare alcune particolarità della membrana ed i rapporti che vi hanno fra i fenomeni di turgescenza e lo accrescimento delle cellule, ma di questo studio . non credo opportuno ee non entrando nella cerchia delle mie ER osservazioni (5). È = "m Ueber das Wachstum plasmolysirter Zellen, Tapan d. 59. Vers. Deut. | Naturf. u. Aerzte, Berlin ‘1886. e po: Ueber die Beziehung zwischen Panchen und Lage des CMT Zellkernes bei den Pflanzen, Jena 1887. Ip, Ueber Einkapselung des Protoplasma mit Rücksicht auf die t unction des Zellkernes, wid Ber. d. Kais. Akii; d. Wiss * Wien, Bd. XCVIII, ab. 1. i über S HUND ee an des Zellkernes rs sie: Pro- CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 17 \ Le ricerche che sto facendo sulla membrana cellulare, estese a molte specie di piante appartenenti a famiglie diverse, mi hanno portato a conclusioni che si allontanano dai risultati ai quali giunse la maggior parte degli autori, ed è per questo motivo che io fui costretto a di- lungarmi alquanto nella letteratura del controverso argomento. Il presente lavoro incominciato nel Laboratorio del R. Orto Botanico di Torino, venne continuato in quello di Parma; ai Prof. G. Gibelli, O. Mattirolo, G. Passerini e J. Wiesner, ai Dott. S. Belli e F. Ferrero mi è dovere di esprimere le più sentite azioni di grazie per gli auto— revoli consigli e pel valido aiuto di cui mi furono in ogni tempo larghi. cellule potrebbe consultare le seguenti opere ove troverà tatti i lavori in pro- osito: Konr, Wachsthum und e n vegetabilischer Zellhäute, Bot. Cen- tralbl., Bd. XXXVII, 1891. Wil N., Algol. Mitth., dde. Jahrb., Bd. XVIII, 1887. Fidi oon Die Morphologie und Physiologie der Pflanzenzelle, Breslau 1887. FaMINTZIN, Beitrag sur Entwickelung der Sklerenchymfasern von Nerium Oleander. Bull. de l’Acc, de St. Pétersbourg, t. 29. Just. Jahresb. 1884. RAUBER, Thiere und Pflanzen. Akademisches Programm, Leipzig, 1881. WicaNp, Ueber feinste Structur der vegetabilischen Zellmembran in den Schriften der Marburger Gesellschaft, etc., 1856. SCHACHT, Beiträge sur Anatomie u. Physiologie der Gewächse, 1854. PRINGSHEI ; Untersuchungen über den Bau und die Bildung der Pflan- zenzelle, | er "do die Zusammensetzung der Zellnembran aus Fasern, Bot. Z., quine. Zur Entwickelungsgeschichte des Pollens bei den Phanerogamen, Zürich 1842. Monr, Ueber den Bau der Vegetab. Zellmembran. In Vermischte Schrif- ten, 18 VALENTIN'S Repertor. Anat. u. Physiol., Bd. I. ToMascHEK , Bot. Centr., Bd. XXXIX, n. 1-2. STRASBURGER, Histologische Beiträge, Heft. II. DiPPEL, Die neuere Theorie über die feinste Structur der Zellhülle, Abhandl. der. Senckenberg. Naturf. Gesellsch., Bd. X, etc » 2. Malpighia anno VI, vol. VI. — 18 LUIGI BUSCALIONI PHASEOLUS MULTIFLORUS Lamk. (Materiale in alcool). Nelle prime fasi di sviluppo, vale a dire dal momento in cui si vanno formando le divisioni nella cellula apicale e subapicale fino alla com- parsa di otto nuclei, il sacco embrionale del Ph. multiflorus si presenta quasi diritto ed è circondato da pochi piani di cellule nucellari in via di schiacciamento sulle parti laterali, integre ed assai numerose in corrispondenza del calaze e del fondo nucellare (1). La membrana del sacco si presenta sottile e circoscrive una aod: piena di protoplasma finamente granulare e torbido. A poco a poco perd il sacco embrionale va affondando la regione antipodiale nello spessore della nucella e nello stesso tempo si incurva a guisa di C allargandosi alquanto nella porzione mediana. Nel suo interno compaiono dei leuciti amiliferi accumulati in specie verso l'estremo micropilare (V. fig. I. B.), in corrispondenza dell’ altro capo talvolta si incontrano delle produzioni rifrangenti, non colorabili coljodio e ehe trattate collaequa di javelle scompaiono, od almeno si mostrano solo più costituite da una delicata pellicola attorniante un granulo centrale a contorni sfumati (residui delle Antipodi ?). Se si trattano coll'ipoclorito di potassa gli ovuli in questo giovanis- simo periodo di sviluppo noi vedremo ben tosto che la membrana del. sacco non presenta uno spessore uniforme, ma in vicinanza della som- mità mieropilare, e nel fondo cieco della regione calaziale è alquanto piü ispessita e fornita di finissime dentellature che si avanzano debol- mente nel lume della cellula (V. fig. 1 A.) Osservati di fronte questi prolungamenti appaiono sotto forma di puntieini appena discernibili coi più forti ingrandimenti. Il protoplasma, che sotto l' azione dell’alcool si stacca dalla parete, le aderisce invece . in tutta la zona occupata da queste produzioni. . (t) V. GuranaRD, tato ta l'Embryogénie des Légumineuses, Ann. des Se. Nat., 6° Série; XII, 1 CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 19 Un po’ dopo la fecondazione ha luogo la formazione dell’ embrione per mezzo del solito processo di segmentazione della oosfera e che si compie nel modo descritto dal Guignard. Occorre perd avvertire che nel Phaseolus multiflorus la distinzione fra embrione e sospensore si fa abbastanza presto, in un’ epoca cioè in cui sono ancora distinte le prime segmentazioni nel piano longitudinale e le cellule poco nume- rose e piccole. In questo periodo della vita dell’ ovulo i nuclei del sospensore, situati nel centro delle rispettive cellule, sono assai piccoli e forniti di un grosso nucleolo. Allorchè la massa embrionale ha Siewiplto la regione micropilare e sta per addentrarsi nella rimanente porzione dell' albume che grande- mente si dilata, entrano in scena dei cambiamenti notevoli ne’ giovani tessuti. Le cellule del sospensore che si sono a questa ora moltiplicate, si in- - grossano ma'non in modo uniforme; quelle che guardano verso l'estremo libero nell'ampliarsi conservano per lo piü la forma subrotonda, le sottostanti si allungano nel senso stesso del canale micropilare, ed infine gli elententi confinanti coll embrione, mantengono la forma rotonda o . tabulare sviluppandosi assai meno. Il sospensore ha frattanto acquistato una forma distintamente ci- lindriea e si distingue sempre piü faeilmente dell'embrione. (V. fig. 2). Il protoplasma di aspetto talvolta grumoso comincia a vacuolizzarsi nelle cellule rivolte verso la fossetta del micropilo, mentre nelle altre oc- capa tutta quanta la cavità presentandosi anche più finamente costituito. Contratto dall'alcool assoluto si stacca da alcuni punti delle pareti, per lo più dalle faccie di contatto colle altre cellule del sospensore, mentre vi aderisce qua e colà tenacemente, in specie lungo le pareti confinanti eol tegumento seminale contraddistinte per maggior spes- sore, per un aspetto cartilagineo e per una delicata striatura radial- mente diritta. Dal plasma parietale partono spesso delle briglie numerosissime che ‘attraversano la cavità dell’ elemento per portarsi al polo opposto (V. fig. 3 A). L'amido è a ee momento del tutto scomparso. 20 | LUIGI BUSCALIONI I nuelei che dai primi momenti della fecondazione hanno prodotto per ripetute divisioni cariocinetiche gli elementi del sospensore, entrano ben tosto in una fase di regressione o di frammentazione la quale però colpisce quelli delle cellule più grandi rimanendo gli altri unicamente impoveriti della sostanza cromatica che si raccoglie in goccie al di sotto della membrana nucleare (1). Gli ultimi stadi della evoluzione (che si verificheranno un po’ più tardi) sono ‘contraddistinti dal fatto che nei nuclei trascinati nei punti dove è più forte l’accumulo protoplasmico, la cromatina si è raccolta al centro dell’ elemento, ha assunto la forma di goccioline oppure di filamenti variamente intrecciati, bernoccoluti, sparsi di granulazioni più oscure fra le quali non è più riconoscibile un nucleolo. Una robusta membrana nucleare che occupa molta parte della cellula foggiata a guisa di sacco chiuso fornito di gavoccioli ricopre da lontano tutte queste curiose formazioni alle quali è congiunta per mezzo di tenuis- sime fibrille jaline non colorabili colla safranina (V. fig. 5 A B). Se si trattano le sezioni con H, SO, concentrato, il plasma lascia riconoscere lungo le faccie di adesione alle membrane periferiche sciolte dall’ acido un ordinamento in serie radiali dei microsomi, talvolta però anche in strie concentriche. Lo spessore dello strato in cui si osser- vano tali particolarità si fa abbastanza robusto nelle cellule più grandi e nell’ epoca in cui il seme ha raggiunto circa 5-6 mill. di lunghezza. Nel contenuto cellulare che a questo momento ha assunto una strut- tura più distintamente reticolare e granulosa a causa dell’ ingrandirsi dei microsomi dei quali è riccamente fornito, cominciano a manifestarsi le prime traccie di tannino che andranno mano a mano aumentando coll’ avvicinarsi della maturità ed i vacuoli (V. fig. 6 V) si moltiplicano e si ingrandiscono, prevalentemente a spese del plasma perinucleare. Avendo applicato nelle varie fasi dell’ evoluzione del seme il metodo di colorazione proposto da Altmann (2) ho trovato che alcuni piccoli (t) Il violetto di anilina di Hanstein colora in bleu il nucleo, in violetto il nucleolo. | (*) Per colorire i Granula lAltmann adopera una soluzione di safranina acida nella quale immerge per 2-5 minuti i preparati induriti con alcool ed — CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 21 «corpi analoghi ai Granula, scarsi nei Phaseolus giovani, si fanno più È grossi ma in specie più numerosi negli stadi che precedono di poco la maturità del seme. La loro distribuzione non è regolare; rari nel centro delle cellule fatta eccezione per la regione perinucleare, cre- scono in numero coll avvicinarsi a quei punti della parete ove il pro- | toplasma prende aderenza; non sono mai contenuti nel sugo cellulare . . ma nelle briglie plasmiche, e infine mentre per una sola cellula hanno dimensione abbastanza uniforme sono diversamente grandi nei differenti . elementi del sospensore. | ; L'essere i Granula più abbondanti in vicinanza della parete può dipendere dal fatto che ivi subiscano un processo di moltiplicazione, oppure che vi siano semplicemente trascinati dalle correnti plasmiche. Io opino che questa sia l'ipotesi più probabile quantunque non abbia potuto decidere in modo assoluto la questione. Tanto nel Phaseolus multiflorus colorato quanto nelle varietà bianche prossime a maturità compajono dei cristalloidi di albumina situati co- - —’stantemente nei vacuoli delle cellule più grandi. Di figura ottaedrica, talvolta riuniti a due a due per le loro estremità, si presentano diver- E samente grandi nelle differenti cellule e fissano energicamente alcune | . sostanze coloranti (safranina) (V. fig. 4 A e fig. 11). | Colla comparsa di questi corpi, torna in scena l amido sotto forma di fine granulazioni riconoscibili solo nel caso che si esporti il proto- | plasma, le quali risiedono prevalentemente in vicinanza delle pareti 1 in via di accrescimento. . . . . D { Finalmente noi vediamo il protoplasma andar sempre più scompa- . rendo per ridursi ad un ammasso striato, grumoso, adossato per lo più ad una delle pareti, il quale, a causa della sua tinta giallo-bruna dovuta al tannino, resta sempre facilmente distinguibile anche nel caso in cui si incunei nella membrana (V. fig. 17, P.). . acido picrico, agevolando la colorazione coll’ aumentare la temperatura del li- quido. Le sezioni vengono di poi lavate in soluzione picrica idro-alcoolina, di- sidratate in alcool assoluto, rischiarate col xilol e infine incluse in balsamo del Canada sciolto parimenti in xilol. V. A. Zimmermana, Beiträge sur Morpho- = und Physiologie der Pflanzenzelle. Heft. 1, Tübingen, 1890. t er . LUIGI BUSCALIONI I fenomeni che hanno portato alla distruzione del nucleo nelle cel- lule situate dal lato del micropilo vanno ora invadendo anche quelli degli elementi prossimi all’ embrione, di guisa che anche in questi la cromatina finisce per sfasciarsi in frammenti che non danno più alcuna delle reazioni nucleari (1). Un fatto abbastanza importante e che capita assai spesso di con- statare nel plasma si è la presenza di sostanze che danno le reazioni della lignina. Il processo di lignificazione si tradisce per la circostanza che nei punti dove esso avviene il plasma assume un aspetto più cupo, e si presenta resistente all’ azione dissolvente dell’ acqua di javelle, pur conservando una struttura fibrillare o granulosa. La trasformazione colpisce esclusivamente quelle porzioni che stanno aderenti alle pareti, poichè verso il centro della cavità cellulare la metamorfosi si fa tosto meno intensa; occorre però notare che negli elementi schiacciati si incontra talvolta tutto il contenuto trasformato in una massa di aspetto legnoso e che in qualche circostanza il pro- toplasma, aderisce alla membrana di natura cellulosica per mezzo di briglie che dimostrano una intensa incrostazione legnosa. Sotto l azione dell’ HCl il protoplasma, così alterato, presenta una debole colorazione rossa la quale indicherebbe la presenza di un. pigmento, ma aggiungendo all acido un pò di floroglucina la reazione si fa molto più spiccata ed adoperando PH, SO, col solfato di anilina - si determina una colorazione giallo d’ oro; col cloruro di zinco jodato si ottiene invece la solita reazione delle sostanze albuminose. È duopo avvertire che i pigmenti delle cellule Malpighiane e degli altri elementi del tegumento seminale arrossano pure coll’ HCl, che -qualche membrana assume una tinta giallognola tanto con questo acido quanto coll’ Ha SO, in specie se si aggiunge il solfato di anilina e che infine gli stessi risultati si ottengono dalle pareti delle lamine chilariali e dalle lamelle mediane fiancheggianti il sospensore ed ap- partenenti al piano profondo dello spermoderma. (') Per mettere in evidenza questi residui, occorre trattare i preparati col- Y acido cromico, » cui azione rischiarante facilita l' osservazione. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 23 Questi dati comparativi possono riuscire di utilité nello stabilire se realmente nel presente caso si tratti di un vero processo di lignifiea- zione oppure di una semplice impregnazione di pigmenti; ma su questo argomento avrò occasione di ritornare. Nel tempo istesso che nel plasma si compiono le trasformazioni che hanno per risultato la quasi completa sua scomparsa, le membrane cellulari vanno mano mano aumentando in spessore per un processo affatto originale sul quale occorre che mi intrattenga alquanto detta- gliatamente. Appena che si è iniziata la formazione del sospensore le pareti cel- lulari si presentano delicatissime, per lo piü dirette obliquamente | rispetto all’ asse del canale micropilare e non lasciano riconoscere alcuna traccia di striatura concentrica. Ben tosto però, sulle pareti esterne dell’ organo, vediamo comparire (qualora si faccia uso dell’ acqua di javelle, la quale scioglie ed esporta il protoplasma, rispettando l amido e le membrane), lungo il lato che guarda la cavità cellulare delle finissime nin grosse appena quanto un micrococco. Se si fa agire il cloruro di zinco iodato tanto le membrane Site le granulazioni assumono una bella tinta bleu, nel tempo istesso com- paiono delle punteggiature semplici raccolte in gruppi, fra le quali de- corrono le trabecole distinte per colorazione azzurra. La durata delle punteggiature è però effimera, poiche col adi dello sviluppo del seme vengono ben tosto obliterate da neoformazione di strati di cellulosa. i Nei Phaseolus lunghi 5 mil. circa la formazione di punticini, pur rimanendo prevalentemente attiva nei punti sopra indicati, invade a poco a poco alcuni tratti delle membrane che separano le une dalle * altre le cellule del sospensore; è in quest’ epoca che spiccano meglio i granuli sia per laspetto abbastanza vistoso e la grande quantità, sia ‘anche perchè si mostrano disposti, più o meno, in serie radiali (V. fig. Te7 bis). i Va notato però che al pari delle altre produzioni riscontrate ia so- — spensore, la grossezza dei granuli, costante per una data cellula, si Em DE LUIGI BUSCALIONI presenta spesso variabile qualora si paragonino tra loro quelli dei vari elementi. Interposto fra le file di puntini cellulosici decorre un reticolo di protoplasma costituito tanto da microsomi quanto da fibre di jaloplasma, il quale si avanza assai profondamente nello spessore della membrana . in questo periodo diseretamente inspessita; la grandezza dei microsomi e eguale à quella dei granuli di cellulosa. Una tale particolare dispo- sizione non solo é causa della stretta aderenza del protoplasma colla membrana cellulare, ma rende anche impossibile lo stabilire il limite di separazione fra i due corpi, di guisa che l'ultima sembra, a primo aspetto, costituita da un’ esile benderella dentata lungo la sua faccia © interna (V. fig. 6 P). È solo coll'aiuto dell'ipoclorito di potassa che si può riconoscere il vero stato delle cose. Trattando le sezioni non liberate dal plasma coll’ Ha SO, e jodio o col cloruro di zinco jodato, tutto lo spessore della parete occupato dai microsomi acquista una tinta bruna analoga a quella che si osserva nei corpi clorofillini contenenti amido, mentre gli strati esterni, costi- tuiti quasi del tutto da pura cellulosi, assumono una tinta nettamente bleu. j La colorazione bruna si rivela però solamente nel caso che la se- zione sia un pò grossolana,.nei tagli sottili si riesce con facilità a discernere le granulazioni bleuastre circondate in taluni siti da una zona giallognola costituita da protoplasma e i filamenti di questo. I granuli sono formati esclusivamente di cellulosi, poichè trattandoli colla tintura acquosa di jodio non si ottiene la colorazione azzurra dell’ amido ma una tinta giallastra diffusa. Adoperando il jodio-joduro di potassio e l acido solforico, o questo acido ed il bleu di anilina, come consiglia lo Strasburger (!), non sono mai riuscito a metter in evidenza la continuazione delle briglie proto- plasmatiche con analoghi filamenti appartenenti alle cellule limitrofe del tegumento seminale o dello stesso sospensore. (1) Das Botanische Practicum, Jena, 1887. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 25 Con questo perd non intendo sostenere che tali vie di colleganza non esistano essendo evidenti in alcuni punti della parete ed attra- versando nello stato giovane le numerose punteggiature. Sono però d'avviso, che se un’ abbondanza tale di comunicazioni intercellulari fra sospensore e tegumento, potesse effettuare il trasporto dei materiali nutrizi all' embrione nei primordi dello sviluppo dell'ovulo, ciò riescirebbe impossibile più tardi quando per l' aumentato volume del sospensore le confinanti cellule del tegumento vengono schiacciate, svuotate del contenuto e lignificate (1). Si aggiunga infine che i filamenti si arrestano prima di aver rag- giunto la lamella mediana e che ho trovato analoghe formazioni lo- calizzate su pareti cellulari libere affatto dal contatto di altri elementi. (V. in seguito). Degna di nota è la circostanza che nei punti dove le membrane hanno cessato di crescere, il plasma viene con tutta facilità staccato per mezzo dell alcool rimanendo loro solo più aderente mercè un pen- nello di filamenti gremiti di microsomi (V. fig. 3.). Col progredire del perfezionamento dell ovulo appaiono qua e colà sulle pareti alcune serie di punticini cellulosici che si avanzano più delle altre nel lume cellulare (V. fig. 7, B). Esaminando le sezioni nei momenti che precedono la scomparsa del protoplasma provocata dai reagenti, si può scorgere che esse si continuano in esilissime fibrille costituite da microsomi le quali si ramificano o si anastomiz- zano fra loro, ma l’ osservazione di queste particolarità, tutt’ altro m frequenti, richiede molta attenzione. Più tardi intervengono nuovi fatti i quali alterano profondamente la fisionomia della membrana e dei filamenti protoplasmatici. I microsomi endoparietali vanno trasformandosi gradatamente in granuli di cellulosa analoghi a quelli che abbiamo descritto, di guisa che l' aequa di javelle non riesce più a scioglierli, ed il eloruro di zinco jodato impartisce loro una colorazione giallo-bruna o più o meno (4) Nelle cellule adulte, isolate colla macerazione di Schultze e trattate colla potassa, ho incontrato in certi punti della membrana alcune larghe punteg- giature dalle quali sortiva il plasma rigonfiato dall’ alcali LUIGI BUSCALIONI bleu a seconda del grado della metamorfosi. La sostanza jalina nella quale stanno allineati i microsomi, colpita dallo stesso processo, si trasforma a sua volta in sostanza cellulosica di aspetto trasparente che ingloba i granuli; ne risulta così una membrana notevolmente ispessita, sparsa di granulazioni rifrangenti cementate da una sostanza fondamentale. i Nelle parti più esterne delle pareti, quasi in contatto della lamella - mediana, e qua e colà nelle zone più centrali, si incontrano ancora degli accumuli di microsomi colorati in giallo brunastro, che non | hanno ancora subita la sorte degli altri. All’ azione dell’ H, SO,, del 5 be cloruro di zinco jodato, delle sostanze coloranti, ma specialmente del- l'aequa javelle essi continuano a dare la tipica reazione delle sostanze proteiehe che piü tardi andrà perduta o sostituita da quella della E 9. lignificazione. s Le serie di punticini più lunghe subiscono le stesse metamorfosi vin trasformandosi in bastoncini rigidi terminati quasi sempre in punta, ae i quali decorrono nel lume cellulare seguendo un decorso spirale o più o meno contorto (V. fig. F 9 e 10). Lo accrescimento in lunghezza di queste formazioni è, a quanto pare, esclusivamente apicale aggiun- gendosi alla sommità nuova sostanza cellulosica; quello in larghezza avviene per apposizione di nuovi granuli lungo i loro fianchi, come si può facilmente constatare esportando il protoplasma. Quando i bastoncini sono molto sottili hanno una struttura omogenea, col progredire dello sviluppo, depositandovi nuovo materiale, si sdop- piano in una parte centrale o assile d’ aspetto rifrangente ed in una zona periferica jalina (V. fig. 9 A e B); non è infrequente poi il caso di incontrare dei tratti nei quali la stratificazione della sostanza centrale si fa perpendicolarmente all’ asse del filamento il quale in tal caso acquista un aspetto segmentato ed un contorno bernoccoluto. La diversità di struttura delle due sostanze viene posta in evidenza non solo dalla diversa rifrangenza loro, ma ancora dal modo di com- 4 portarsi di fronte ai reagenti; adoperando infatti il cloruro di zinco | jodato, la zona assile si colora intensamente in bleu, la periferica . invece si tinge debolmente, forse perchè di natura mucilaginosa. * CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 27 _ Qualche rara volta si può infine riscontrare che la prima (in questo caso di color giallastro e assai rifrangente) è distintamente lignificata e si eontinua nello spessore della membrana da cui deriva con uno strato parimenti legnoso, mentre la pid; è ancora tipicamente cel- lulosica (V. fig. 9). I filamenti assai spesso si mostrano dicotomi, i rami hanno d'ordi- nario un diametro piü piccolo del tronco dal quale si dipartono, decor- rono essi pure tortuosi, possono a loro volta bif@recarsi e terminano in punta oppure si anastomizzano colle ramificazioni vicine, cogli am- — ; massi di cellulosa o colla stessa parete dalla quale provengono (V. fg. > 8 e 10). an Il decorso di queste produzioni nelle grandi cellule ricche in va- ES cuoli essendo subordinato alla disposizione di questi, si presenta irre- golare, in quelle invece fiancheggianti l'embrione, rieche di plasma anche allo stato quasi adulto, i filamenti convergono assai spesso verso il centro della cellula. * Oltre alla presenza dei vacuoli è probabile che altri fattori possano intervenire per determinare il loro strano decorso. E logieo supporre che i filamenti avendo origine dai microsomi situati ne’ reticoli ialo- plasmici seguano il decorso di questi. Si può anche ammettere che il ee movimento di ciclosi proprio di molti protoplasmi viventi vada conti- yee ME nuamente sportando le briglie in via di metamorfosi di guisa che la irregolarità della forma dei bastoncini sia, per così dire, l' espressione della traslazione. Infine tutte le cause possono ad un tempo o succes- ge * sivamente entrare in azione, ma é anche probabile che la questione abbia a ricevere un'altra soluzione qualora mi sia data di SRM su materiale vivente. Per mettere in evidenza i bastoncini senza esportare il plasma oc- corre adoperare la varietà bianea del Phaseolus multiflorus, colorando a rues — T" ha Colo ES . le sezioni colla safranina o colla fuesina ed includendo i preparati nella * gomma dammar; il contenuto cellulare non essendo tannifero fissa de- dI ALES dca e. Ld re i Se A cl UU s o Pee c ee LV ee a Liana di d 3 A no i è LE Bd * bolmente la sostanza colorante la quale tinge in rosso intenso i ba- sul stoncini (V. fig. 11). Oltre a queste produzioni nel lume degli elementi. si incontrano ancora gli accumuli semilunari, gli ammassi di cellulosa - . e le granulazioni libere. 28 LUIGI BUSCALIONI Le ultime sono abbastanza frequenti nei semi a metà sviluppo, ma vengono riconosciute come tali solamente dopo l'azione dell’acqua di javelle che, liberandole dal contenuto delle cellule, permette che ven- gano esportate dalle correnti che si formano sotto il vetrino. Gli ammassi semilunari sono produzioni che ripetono la loro origine da una tumultuosa metamorfosi del plasma in sostanza della parete; più abbondanti nei punti dove è più attivo il processo formativo non . mancano di esser frequenti sulle altre porzioni della membrana. Essi hanno forma, come lo indica il nome, di ammassi semilunari più o meno grossi e sporgenti a secondo dell’epoca in cui li osserviamo ed incorporati con una larga base nello spessore della parete (V. fig. 13 A e fig. 8 A). TÉ Costituiti da punticini eguali e di rado diversamente grandi a causa della precoce fusione dei granuli elementari, essi sono, nei primordii della loro formazione, attraversati dal solito reticolo protoplasmatico; ben tosto perd si cambiano in corpi striati nei quali le strie decorrendo in serie radiali incrociantisi sotto un angolo acuto circoscrivono dei minutissimi rombi senza che per tale fatto abbia a scomparire del tutto la impronta granulare. Col progredire dello sviluppo si aggiunge la stratificazione concen- trica la quale molto frequentemente non dipende dalla sola alternanza di strati più chiari o più oscuri, ma trae origine dall’ avvicendarsi di zone giallastre a strie marcate e di zone incolore (V. fig. 8 S). Il Cloruro di zinco jodato, l’ acido cloridrico e la floroglucina mettono in evidenza che le prime sono accumuli circoseritti di lignina, le seconde stratificazioni di cellulosa. Per lo*piü lo strato legnoso occupa la parte mediana dell’ accumulo, non è raro però il riscontrarne due o più separati da altrettante lamelle cellulosiche. La superficie esterna di queste produzioni è irregolarissima e mo- strasi circondata da un folto capillizio di bastoncini contorti e di gra- nulazioni (V. fig. 13 A). Durante il loro disordinato accrescimento che arriva per successive : stratificazioni di granuli o di grumi, questi accumuli incapsulano delle | protoplasma in una delle fasi di trasformazione. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 29 striscie di protoplasma che rimangono tali per tutta la durata del seme oppure sono destinate a scomparire. Gli ammassi cellulosici sono produzioni che si formano in modo a- nalogo a quello degli accumuli semilunari; si distinguono tuttavia per esser situati nell’interno della cellula e per aderire alle pareti mercè un peduncolo o mercè alcuni rami del rivestimento a bastoncini. Tal- volta appaiono liberi, ma ciò è dovuto unicamente al fatto che il loro peduncolo è perpendicolare al piano di osservazione. Questi corpi la- sciano riconoscere un'origine per apposizione ed un'intermittenza nel processo formativo, poichè molto spesso la parte centrale è separata dalla periferica mercè un solco nel quale può incunearsi del protoplasma (V. fig. 16 S). Gli ammassi sono solo di rado isolati, per lo più se ne incontrano due o tre per cellula occupandone gran parte del lume ed intrecciandosi fra loro in modo da circoscrivere delle maglie nelle quali stanno al- cune granulazioni. Qualche volta mi è occorso di osservare che dopo l’azione anche pro- lungata dell’acqua di javelle, rimaneva attorno alla frangiata superficie interna della membrana, sul capillizio degli ammassi e lungo i baston- cini una striscia di sostanza giallastra che al cloruro di zinco iodato dava ancora la reazione delle sostanze proteiche comportandosi analo- gamente ad un’ Auskleidung o rivestimento degli spazi intercellulari. a Questo fatto è grandemente istruttivo poichè si è quasi sorpreso il Allo scopo di assicurarmi se la sostanza la quale compenetra gli | strati più interni della membrana e delle produzioni omologhé sia co- stituita da protoplasma, ho adoperato, oltre il iodio, il reattivo di Mil- lon, il congoroth ed altre sostanze coloranti. Il reattivo di Millon, impiegato in qualunque periodo di sviluppo, ma specialmente nei sospensori discretamente giovani, rivela la pre- senza dell’ albumina nelle zone della parete ove vi hanno i filamenti . plasmici, la reazione è un pò meno sicura nel caso in cui, coll’ aiuto del microscopio, questi non siano più discernibili. . Dopo lunga immersione dei preparati in acqua di javelle il cloruro 30 | LUIGI BUSCALIONI di zinco iodato determina una bella tinta bleu in tutto l'ambito della 4 membrana, più cupo in specie negli strati rifrangenti; abbiamo visto : invece che in quelli non sottoposti al primo reagente, gli strati interni egi diventano giallo-bruni. I] reattivo di Altmann il quale eolora in rosso i granuli, impartisce a. la stessa tinta a tutta la meta interna della parete, e lo stesso risul- 4 tato si ottiene adoperando, come consiglia il Klebs, il congoroth allo | scopo di colorire le giovani membrane. La reazione si manifesta in " modo diffuso lungo gli strati piü interni contrassegnati da maggior rifrangenza, i bastoni di neoformazione ed i giovani accumuli di cel- pi - lulosa. Allo scopo. di ottenere un risultato ancor più decisivo è meglio SE asportare col solito metodo il protoplasma avendo solo cura di lasciar a poco tempo i tagli nell ipoclorito di potassa affinché non venga sciolto anche quello endoparietale. Degno di nota è il fatto che il protoplasma prossimo alla parete sotto l’azione del congoroth e di molte altre sostanze coloranti si tinge ` molto più intensamente di quello situato nel centro della cellula. E adunque conforme al vero l' ammettere col Wiesner che nelle pareti cellulari giovani esiste veramente del protoplasma anche nei casi in = 4 cui il microscopio non è in grado di svelarne la struttura fibrillare . e le granulazioni. Per completare lo studio sulla struttura delle membrane oecorre ora esaminarle dal punto di vista della stratificazione e delle striature quali si presentano alla maturità del seme. Nei punti dove il processo formativo è stato poco accentuato e si è svolto , per così dire, in un modo subdolo, noi incontriamo le mem- brane poco ispessite e tipicamente costituite da strati concentrici al- |— . ternativamente oscuri e chiari e limitate all’interno da una lamella T (Binnenhäute) colorata in giallastro e fortemente rifrangente. | * Tl decorso degli strati è molto spesso regolare, non è però raro il porn più o meno ondulato 8i di sotto di una lamella interna ore Nei tented dove esistono i jenioa manca EPRA traccia di straz “ui ix ere ne P strati sono incuneati ta "ur cordoni di ea CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 31 Tali zone vanno spesso contraddistinte per la presenza di strie radiali attraversanti la membrana a tutto spessore le quali, per lo aspetto E primitiva disposizione seriata delle granulazioni. Occorre perd avvertire che talvolta i cordoni di granuli simulano " delle larghe stratificazioni tangenziali rifrangenti, separati da inter- valli ialini. Queste opposte particolarita strutturali sono collegate da numerosi STE outil | stadii intermedii, inquantochè gli strati rifrangenti qua e colà si mo- . strano frammentati o distintamente formati da granuli disposti gli uni «accanto agli altri (V. fig. 12). 4 Dove meglio si possono osservare gli stadii di passaggio è n zona i . di confine fra le granulazioni e le stratificazioni; in detto tratto i gra- . nuli disponendosi più ordinatamente formano uno strato rifrangente E costituito da una o due serie di punticini il quale trapassa in una delle | lamelle rifrangenti normalmente conformate (V. fig. 14). Qua e cola nella membrana si ineontrano di poi delle strie radiali piü larghe delle altre e che probabilmente rappresentano delle comu- nieazioni intercellulari poichè si colorano col bleu di anilina ed H,SO, . (V. fig. 21). . .H modo con eui i bastoncini si impiantano nella membrana è molto | curioso. Queste formazioni, siccome hanno preso origine in differenti epoche dello sviluppo della cellula, si presentano impiantate a varia - profondità nello spessore della membrana. . Il punto di origine loro, per quanto mi fu dato di osservare, ó quasi costantemente uno strato rifrangente oppure un cordone di granuli, dai quali infatti si vede partire un filo rifrangente, analogo per aspetto ottico alle granulazioni (V. fig. 9 e 10 B) che va sempre più ingros- sandosi mentre si avanza nello spessore della membrana per conti- nuarsi nel bastoncino o nella sua porzione assile. Rare volte mi fu dato di constatare un decorso obliquo nello spessore della parete o il suo fibramento colla terminazione delle singole fibrille alle zone sopra indicate; ho però sempre notato che nell’ attraversare strato rifrangente aumentava pure la rifrangenza del filamento oscuramente punteggiato, lasciano riconoscere la loro derivazione dalla ` 32 LUIGI BUSCALIONI Non tanto facile riesce di poter seguire la sostanza chiara del ba- stoncino nella parete; il più delle volte mi è parso che essa termini nella prima zona trasparente colla quale viene in contatto. Lo studio di queste formazioni ha molta importanza apportando nuove prove a favore della teoria dell’ apposizione degli strati nell’ accresci- mento in spessore delle membrane. Il processo formativo di queste si mostra talvolta disordinato ed anco - saltuario, poichè nel cordone granulare si possono depositare delle la- melle regolari e queste esser seguite da stratificazioni di nuovi granuli molto più grandi dei primi (1). Quantunque il seme abbia raggiunto la maturità quando compaiono questi fenomeni pur nondimeno persiste ancor a lungo il processo di sdoppiamento del plasma in cellulosi. Infatti le zone interne delle pa- reti continuano a dare le reazioni plasmiche qualora si trattino col congoroth e se si paragonano semi da poco maturi con altri invecchiati si troverà che gli ultimi sono meno ricchi in plasma perchè questo si è in gran parte trasformato in sostanza. cellulosica la quale per altro -. ne conserva l’ impronta e la fina struttura. Un altro fatto assai importante si è l’incapsulamento di porzioni di plasma nel centro degli ammassi cellulosici e degli accumuli semilunari, nei quali casi la parte periferica del corpo si colora in bleu, la centrale in giallo col cloruro di zinco iodato (V. fig. 15 e 16 R} All opposto non mi fu mai dato di riscontrare che il protoplasma residuante ( quando è ancora abbondante) si cireondi di uno strato cellulosieo dalla parte libera rivolta verso l'interno del lume cellu- lare; la trasformazione é limitata esclusivamente alla porzione di plasma in contatto colla parete. Mentre il sospensore attraversa tutte queste fasi, il sacco embrionale subisce pure dei cambiamenti che hanno per risultato la trasformazione del contenuto in un ammasso di mucilagine giallastra per impregnazione (') Esaminando in potassa i preparati sui quali si fa agire una temperatura non troppo elevata (40°-50°) queste particolarità spiccano alquanto di più, se invece il riscaldamento raggiunge 80°-85° i bastoncini e la membrane si rigon- fiano eccessivamente e vengono meno i dettagli istologici. b 413 MER Te E. Ace e bir Fook " T RR RME x TES LER: P CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 33 tannica, solubile in aequa qualora sì faccia agire l'ipoclorito di soda, e eolorabile in bleu colla tintura acquosa di iodio. Nei preparati in alcool il sacco embrionale si riduce fin dalle prime epoche dell’ evoluzione ad una sottile benderella di protoplasma che tappezza lampia cavità nella quale va sviluppandosi l'embrione (1); BA liga , ET Sia : OS spostato dal crescente volume di questo si raccoglie alla maturità in | corrispondenza della calaza ove si presenta sotto forma di una striscia 3 a contorni frangiati (albume ruminato) (V. fig. 22) separata dal tegu- È mento mercè una robusta parete e limitata verso l'interno da un delicato velo membranoso. È Esaminato nei primordi dello sviluppo il plasma si presenta finamente d granulare, sparso di piecoli nuclei a grosso nucleolo: piü tardi prende un aspetto alquanto più grumoso, i nuclei ed i nucleoli subiscono le fasi di E frammentazione ehe abbiamo deseritto parlando del sospensore (V. E fig. 18 A N R) e compaiono dei vacuoli lungo le pareti. La membrana | del sacco presenta in tutti i periodi di sviluppo la formazione di gra- nulazioni seriate e di filamenti cellulosici, il reticolo plasmico ed i mierosomi incuneati.nel suo spessore spesso in file tangenziali e tutte le altre particolarità già ricordate, ma lo studio loro riesce alquanto diffieile a causa della natura mueilaginosa della parete che diventa bleu eol iodio qualora la si liberi dal plasma (V. fig. 16, 25 e 20). i Nell’ albume i rapporti fra plasma e parete sono un po’ diversi da quanto finora ho descritto; inquantochè, mentre nel sospensore si 0s- | tuttavia sta congiunto mercè un lasso reticolo difficilmente esportabile . coll’acqua di javelle (V. fig. 19). . Una speciale attenzione meritano le insenature dell’ albume perché . lari caratterizzati da un contenuto Eeuna f con nucleo distinto e da pum Matpighia : anno XL vol. v L + DE EE aer du PT pam as adt LS M 3 22 s serva l'addensarsi del primo contro la seconda, qui invece il proto- . plasma si addossa coi nuclei sul lato opposto alla parete alla quale - . nel loro interno la trasformazione del plasma in cellulosi o in muci- m ps si fa molto precocemente e in guisa da risultarne o il loro totale I Capita talvolta che l embrione non si vada sviluppando ed in tal caso la - porzione micropilare dell’ albume si organizza in tessuto a grandi elementi ir- - i È 34 LUIGI BUSCALIONI riempimento per mezzo di una massa tutta a grumi, o la formazione di un intricato sistema di bastoncini uniti in reticolo, nei quali I’ aspetto granulare non è troppo ben distinguibile (V. fig. 23 e 24). Capita spesso che il plasma non si insinui nelle insenature più strette ed in tal caso passando al di sopra della loro apertura la tappezza con uno strato di cellulosa che attraversa così la sacca a guisa di ponte (V. fig. 21 A BC). Anche nello spazio intercotiledonare esiste una delicata pellicola co- stituita da residui albuminosi racchiusi entro una membrana che tap- pezza la faccia interna dei cotiledoni. Durante lo sviluppo del seme anche questa porzione di plasma seom- pare o si incistida analogamente a quanto vedremo succedere ma in. modo più elegante, nelle Viciee. Colla quasi tolale metamorfosi del contenuto cellulare in un ammasso di mueilagine si chiudono le fasi evolutive dell'albume che destituito di proprietà vitali compie sol più l ufficio di membrana protettrice ri- spetto all’ embrione adulto. T Il fatto piü saliente che domina tutto il presente studio si é quello di aver posto in evidenza, non solo la diffusione di plasma normalmente costituito da mierosomi e ialoplasma nello spessore della parete in via di acerescimento, ma di aver potuto assistere al suo incarceramento ed al graduale suo sdoppiamento nella sostanza della parete cellulare. Sicuro della esattezza di quest osservazione fondamentale io volli indagare la parte che prendono i mierosomi ed il ialoplasma nella trasformazione e quale sorte spetti ad ognuno di questi corpi. L'identità di forma, rilevata dall'esame comparativo, fra i granuli. di cellulosa ed i microsomi, i risultati delle analisi microchimiche dalle quali ottenni alcuna volta non dubbie reazioni direi quasi di passaggio (colorazione brunastra di alcuni mierosomi) e la orientazione in serie radiata dei puntini di cellulosa nei tratti in cui il plasma aveva la stessa disposizione mi hanno portato a ritenere che l ultima fase della metamorfosi di mierosomi siano appunto la comparsa dei granuli di | cellulosa. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 35 4 E Il filamento di ialoplasma, a sua volta decomposto prende parte al prò- - ; | eesso come sostanza cementante dei granuli, essendomi più volte occorso + di vedere che quest’ ultimi allo stato giovane sono inglobati in un re- : _ticolo privo di struttura e che alle reazioni si comporta come una E sostanza albuminosa. | Qualora:però queste osservazioni non paressero a taluni sufficenti per dimostrare il passaggio dal plasma alla cellulosa, sarebbe sempre il fatto che il protoplasma endocellulare si trasforma in toto nella E È sostanza della parete pur reais iaia in gran parte la fina costituzione ` strutturale, Stabilito così che due sostanze entrano a costituire le membrane cellulari non dovrà parer strano il supporre che alle loro diverse pro- prietà fisiche e forse alla differente composizione chimica si debba aseri- vere il fenomeno delle striature e delle stratificazioni. L'esame minuto delle lamelle, degli accumuli semilunari e degli am- massi di cellulosa ha confermato le mie vedute, avendo constatato che a differente orientazione dei granuli art e della sostanza in- _terposta dà luogo alla comparsa delle striature o degli strati, la cui indubbia costituzione, oscuramente punteggiata, tradirebbe gid da sola l'origine se non mi fosse stato dato di sorprendere il graduale passaggio. © La sostanza cementante interviene anche qui ad unire le differenti serie fra loro, presentandosi sotto l'aspetto di strati o di strie traspa- renti che si alternano alle prime e che per aspetto ottico sono analoghe alla sostanza che congiunge le granulazioni. . Questo modo di interpretare i fatti non ha tuttavia I’ impronta. di | assoluta novità poichè, come è noto, da parecchi anni è oggetto di studii e di discussione la teoria del Wiesner sui dermatosomi e sul plasmas endoparietale. i i Per quanto ingegnoso sia stato il concetto del Professore di La venne pero da tutti i botanici accettato, anzi si pud dire che molti 36 LUIGI BUSCALIONI Le mie osservazioni adunque sono destinate a portare nuove prove a favore della teoria ‘wiesneriana, non potendosi ascrivere i risultati ottenuti ad artifizi di reazioni, ed essendo troppo evidente la presenza del plasma incorporato nella parete. Il dermatosoma corrisponde pienamente gl granulo di cellulosa, colla differenza però che mentre il primo deriva dal plasoma, il secondo viene prodotto dalla trasformazione del microsoma, vale a dire da una - unità d'ordine superiore. lo non posso però accettare nella sua integrità l'idea wiesneriana per quanto riguarda l'origine della sostanza cementante. Secondo il Wiesner infatti la formazione delle strie o degli strati sarebbe dovuta alla diversa disposizione dei dermatosomi e della sostanza cementante, la eui origine sarebbe pure da ricercarsi nella disorganizzazione dei plasomi endoparietali. Ammessa questa derivazione anche le Bindesubstanzen, come egli appunto definisee il cemento, dovrebbero rivelarsi sotto l'azione della carbonizzazione o dell' HCl come costituite da granulazioni, il che finora non venne ancora constatato, i : Ritenuto invece che la costituzione del filamento ialoplasmico sia diversa da quella del microsoma, sembrami che il problema riceva una spiegazione meno complicata e senza che si abbia a reclamare l'inter- vento di un plasma disorganizzato. D'altro canto si voglia o non ammettere l'esistenza dell’ unità fon- damentale, il plasoma, i miei risultati non sarebbero perciò meno conformi a quelli del Wiesner poichè, secondo questo autore, anche i mierosomi non sarebbero altro che aggruppamenti di plasomi. Per quanto riguarda l'aumento in spessore e in superficie della membrana, io credo che nel caso attuale non si possa discutere se essa abbia luogo unicamente per intussusceptione o per apposizione. lo il contorno interno della membrana. Infatti mentre è facile qua e colà m | accertare dei fatti spiegabili solo. colla teoria dell’ apposizione, come. A ad e es. ds n REORUM. di lamelle al di sa Now insenature soll seve ritengo col Wiesner che l’ accrescimento sia dovuto esclusivamente alla - trasformazione del plasma, sia questo ineuneato nella parete o rivesta $ Mu 4 CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 31 e la sovrapposizione di strati ai lati della parte basata del bastoneini, sono troppo evidenti le fasi della trasformazione del dermatoplasma nell’ aeereseimento in superficie delle cellule perchè si possano elevare dei dubbi in proposito. Conferma poi anche questo modo di analizzare i fatti la circostanza che essendo le pareti del sospensore confinanti col tegumento dotate di maggior capacità di distensione, sono anche più riccamente provviste di dermatoplasma. Arrivato a questo punto mi sia permesso aggiungere qualche parola sulla funzione del nucleo nella formazione della membrana (reclamando questo studio il suffragio di nuove osservazioni per essere definitiva- mente risolto) e sulla presenza di ramificazioni cellulosiche negli ele- menti del tegumento seminale. i Il nucleo nelle cellule del sospensore va di buon'ora frammentan- dosi e con maggior sollecitudine in quegli elementi ove appunto la formazione della membrana e più attiva, di guisa che è già quasi del tutto scomparso quando ancora le parti vanno aumentando in spessore. Senza voler ritenere questo fatto come una prova sieura a favore del « non intervenuto » del nucleo nei fenomeni che avvengono nelle . membrane, io credo tuttavia ehe possa portare un qualche contributo | nella controversa questione. < In un lavoro sull’ anatomia e fisiologia del tegumento seminale delle Papilionacee (1) il prof. Mattirolo ed io abbiamo accennato alla presenza . di formazioni bastonciniformi nell' interno di aleune cellule tannifere del . tegumento e ne abbiamo anche dato la figura di aleune forme più bizzarre. Io ho potuto nel corso del presente lavoro osservare come tali pro- duzioni abbiano identico modo di origine di quelle delle cellule del. sospensore e dell’ albume (V. fig. 26 a b). Questo fatto non solo è una prova di più a dimostrazione che tali corpi non debbano ritenersi come subordinati alla formazione di pori canali attraverso le pareti. ma rende evidente che si tratta realmente di uno speciale processo di | formazione delle membraüe e che il tegumento seminale avendo in ultime analisi una derivazione comune col sospensore, l eredità inter- . viene per provocare anche nelle sue cellule i fenomeni che si incon- trano in quelle degli apparati periembrionali. (Continua). Fig. Y Y ¥ LUIGI BUSCALIONI Parma, Gennaio 1892. M ma AEN DA E. À ETA Tab SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. (Phaseolus multiflorus) Tav. I. i l. Sacco embrionale giovanissimo trattato coll’ acqua di javelle (Fondo E^ cieco calaziale) Obb. = 3 Zeiss. Oc. 2. Nucella. B A Denti della Salts del sacco embrionale. ^. B Amido. 1 N Nucella. 2. Giovane sospensore. t3 CO A Canale micropilare. | B Embrione. C Sospensore. D Tegumento seminale. 3. Cellule del sospensore. Ob. E. Zeiss. Oc. 2 A rasa protoplasmatici. : ' 4. Cellul tenenti dei cristalloidi proteici, Ob. E. Zeiss. Oc. 2. De. A Cristalloidi. B Nucleo in frammentazione. C Vacuolo. - 5. Giovani cellule del sospensore col nucleo in frammentazione (Ob. E. Oc. 2 Zeiss.). A Cromatina del nucleo, B Membrana nucleare. ‘ C Vacuoli. . Parete cellulare del sospensore attraversate» da filamenti prete. “ac E. Zeiss. 0. 2). N Nucleo. .P Parete cellulare. T Tegumento seminale. V Vacuoli. 7e bis. Porzione di Tacha bras del - -soapoangre fornita di Branain, T cellulosiche. Ob. E. Oc. igen ; CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 39 ps Fig. 7 e 7 bis. T Tegumento seminale. A Granuli cellulosici. B Serie granulari più lunghe destinate al trasformarsi in bastoncini. Y 8. Cellule del sospensore attraversate da filamenti di cellulosa. Ob. E. Oc. 2 Zeiss. A Accumuli semilunari di cellulosa. S Zone lignificate. F Filamenti di cellulosa. » Elementi del sospensore contenenti bastoncini formati da un cilindro assile lignifiato e da una zona periferica cellulosica. A Cilindro assile dei bastoncini. B Strato periferico dei bastoncini. C Strato legnoso della membrana. ¥ 10. Striature della membrana formate da corti bastoncini (sospensore) Ob. E. Oc. 2 Zeiss. A Strato rifrangente. B Bastoncino. 11. Phaseolus multifl. Varietà bianca. Ob. E. Oc. 2 Zeiss. Cellule del so- spensore contenenti filamenti cellulosici e cristalli di albumina. ¥ Y 12. Frammento di membrana formata da granulazioni cellulosiche disposte in strati (sospensore) Ob. Im. Acq. Prazmowski Oc. 2 Zeiss. vc ter. HL Fig. 13. Ammasso semilunare rivestito da capillizio di bastoncini (A) (sospen- | sore) Ob. E. Oc. 2 Zeiss. 14. Granulazioni cellulosiche della membrana che si continuano negli strati Y rifrangenti (sospensore) Ob. E. Oc. 2 Zeiss. Y 15. Incapsulamento del protoplasma (sospensore) Ob. E. Oc. 2 Zeiss. A Plasma. B Ammassi di cellulosa. i 16. Accumuli cellulosici in una cellula adulta del sospensore. * R Residui plasmatici. L Lacuna, P Plasma residuo contenente dei granuli cellulosici. È A Accumuli cellulosici. 17. Vecchio sospensore di Ph. multifl. Ob. C. Zeiss. Oc. 2, P Plasma. T Tegumento. | ‘ F Fondo della sacca radicale. ¥ ¥ 19. Sezione dell’ albume. Oc. E. Oc. 2 Zeiss. 23. Insenatura dell'albume trattata con acqua di javelle. i 26. Cellule del tegumento seminale contenente dei bastoncini di colto ~- . M Membrana delle cellule del sospensore. Ap 4 LUIGI, BUSCALIONI STA | Fig. 18. Nuclei e nucleoli dell’ albume in frammentazione. Oc. 2 Ob. E. Zeiss. | A Nucleo. N Nucleolo. | R Residui di cromatina. P Plasma. P Parete dell’ albume. 20 e 20 bis. Parete dell'albume. Ob. E. Oc. 2 e À Granulazioni plasmiche. B Granuli di cellulosa disposti radialmente. 21. Insenature dell’albume riempite da grumi di cellulosa. Ob. E. Oc. 2 Zeiss. | A Strato di apposizione che tappezza le aperture delle insenature C. B Membrana primitiva. 22. Sezione trasversale dell albume ruminato. Oc, 2 Ob. A. Zeiss. Fig. a. Sezione esaminata in acqua. » b. Dopo l’azione del Dus irm | P Plasma. ! A Ammassi di cellulosa e di acacia 24. Sacca dell’albume contenente grumi di mucilagine e na plasmici. Ob. C. Oc. 3 Zeiss. e Aecumuli semilunari dell' albume. Fig. «. Cellula giovane. >» b. Cellula vecchia. A Tannino. B Bastoncino. a Residui granulari plasmici. G Bastoncini formati da granuli di cellulosa. up Punteggiatura semplice. 27. Comunicazioni plasmiche fra il tegumento e Ie cellule del soepenaors: x P Plasma residuo. T Cellule del tegumento. Rt EAT iene ee È “tai i . E s a Iv Rivista statistica dell’ Epaticologia Italiana Primo elenco delle Epatiche del Modenese e Reggiano del Dott. Aprraxo FIORI. (Tav. III). Tolgo dalla mia tesi di laurea la seguente breve statistica sull' Epa- ticologia Italiana, che non riescira del tutto sgradita ai botanici della Penisola. Come ognuno sa, non possediamo ancora una vera Epaticologia Ita- liana eoi caratteri diagnostici delle specie; questo lavoro è ancora allo stato di desideratum , e per la determinazione bisogna in grau parte ricorrere a flore straniere. L’ unico lavoro generale che finora posse- diamo sull'argomento è l elenco racchiuso nel Repertorio del Massa- longo pubblicato nell’ Annuario dell’ Istituto Botanico di Roma del 1885. Dopo quest' epoea molti lavori nuovi sono apparsi, tra eui, come piü importanti debbo menzionare l’Epaticologia della Toscana Nord-ovest del Rossetti, l’Epaticologia Romana del Brizi e molti altri minori. Il numero delle specie conosciute d'Italia non si è perd notevolmente accresciuto dopo il lavoro del Massalongo; dalle ricerche fatte non riscontrai che otto specie nuove e cioè: Lejeunea Rossettiana Mass. (Toscana) — Cephalozia Francisci' Dmrt. (id.). — Lejeunea ovata Tayl. (id. — Jungermannia subapicalis Nees. (Romano) — Jung. | obtusa Lindl. (Trentino) — Harpanthus Flotowianus Nees. (id. — Riccia panormitana Lev. et Jack. (Palermo) — Riccia atromargi- nata Lev. (id.), più alcune varietà. In tal modo il numero di specie . italiane da 210 si è portato a 218, non comprese alcune ancora di . dubbia esistenza. Scopo di questa rivista è di far risaltare coll’ unito cartogramma, | ‘© regioni della Penisola non ancora esplorate e il grado di più o 42 ADRIANO FIORI , ^ j ; " meno aceurata esplorazione delle altre. Il cartogramma che io prece ‘à non ha bisogno di altre spiegazioni all’ infuori di quelle contenute nel | E 2 quadro dimostrativo annesso e nell’ elenco bibliografico; poche osser-. { vazioni credo utile di aggiungere sulla geografia Epaticologica. 1 Delle 218 specie di Epatiche finora registrate d'Italia, 184 si tro- | vano nelle Alpi e loro pendici, e soltanto 34 sono esclusive al rima- - : nente della Penisola: cid deve senza dubbio attribuirsi alla speciale | predilezione di esse pei luoghi umidi ed abbondanti d’acqua, ed avve- — randosi tali condizioni nella regione precitata, ne risulta che le Alpi | sono, senza confronto, le piü rieche in Epatiche. Secondo poi la statistica della distribuzione altimetrica comunicata dal Massalongo al Congresso | Naz. di Bot. Crittog. in Parma del 1887, per ricchezza di specie ver- ] rebbe in primo luogo la regione Montana, quindi la Collina, V Alpina | e l'ultima la Pianura. Questi dati riferisconsi piuttosto all’ Italia su- 4 periore; ma ai medesimi risultati si giunge per la Toscana Nord-ovest | consultando la statistica pubblicata dal Rossetti. All infuori dell’ Italia superiore e della Toscana Nord-cvest non ab- biamo altre regioni abbastanza esplorate per trarne dei criteri esatti sulla distribuzione geografica; le altre regioni dobbiamo ritenerle ancora insufficientemente esplorate dal scarso numero di specie gene- ralmente registrato, mentre la loro configurazione orografica ed idro- grafica fa supporre che debbano essere ben più ricche. Infine faccio osservare come forse più della metà di superficie della. Penisola sia ancora affatto inesplorata dal lato Epaticologico, e in vista di ciò, specialmente, mi sono deciso a pubblicare questa breve rivista, >» onde possa sorgere più facilmente in qualcuno il desiderio di contri- = buire a togliere questa iacuna nella Flora italiana. Intanto comincio d io stesso a dare alla luce un primo elenco delle Epatiche del Mode- nese e Reggiano, proponendomi di seguitare più alacremente nell’ op ineominciata, * RIVISTA STATISTICA DELL’ EPATICOLOGIA ITALIANA | 43 * Primo elenco delle Epatiche del Modenese e Reggiano Fam. I. JUNGERMANNIACEAE. Tribù I. Acoleae. 1. Nardia emarginata (Ehrh.) B. et Gr. Sarcoscyphus Ehrharti Corda. Nelle faggete ad Ospitaletto di Ligonchio nell' Appen. di Reggio Emilia. Sterile. Tribù IL. Jungermannieae. 2. Plagiochila asplenioides (L.) Dmrt. - Colli di S. Valentino nella prov. di i ac Boschi a Civago. Sterile. Ev 3. Seapania undulata (L.) Dmrt. Nei rigagnoli a Cerreto dell'Alpi ed al lago Cerretano Ee. nell'Appen. Reggiano. Sterile. T 4. » curta (Mart.) Drart. à pe Boschi sopra Campo di Lolio verso Serramazzone. Sterile. | 5. > nemorosa (L.) Dmrt. Nei boschi a Civago. Borzano presso Scandiano. Sterile. 6. Jungermannia quinquedentata Web. Castagneti nei colli di Montebabbio. Boschi a Civago. Sterile. 7. Cephalozia bicuspidata (L.) R. Spr. Nei luoghi umidi e lungo le sponde dei fossati. A. S. Faustino presso Modena. Casinalbo. Cerreto dell Alpi. Frutt. in Aprile. . » byssacea (Roth.) var. divaricala (Engl. bot.). Sulla terra bagnata al Monte del Gesso presso Scan- diano. Sterile. Lophoeolea heterophylla (Schrad.) Dmrt. Sui faggi marci alla Madonna dell'Acero. Frutt.in Giugno. ADRIANO FIORI Chiloseyphus polyanthos (L.) Dmrt. —. A Nei rigagnoli al lago Cerretano. Sterile. Tribù III. Lepidozieae. Lepidozia reptans (L.) Dmrt. Sugli abeti putridi a Boscolungo. Sterile. Tribù IV. Platyphylleae. Porella laevigata (Schrad.) Lindbg. (Madotheca). Colli di Montegibbio. Varana. Fiumalbo nei boschi. | Sterile. 13 > platyphylla (L.) Lindbg. (Madotheca). | Sugli alberi. Nell' Orto Botanico. Montefiorino. Presso Sassuolo. Rocca S. Maria. Buca di Spipola presso Bologna. Frutt. in Aprile. 14. Radula complanata (L.) Dmrt. Sopra gli alberi. Bosco di Canet. Colli di Sas- suolo. San Luca presso Bologna. Casinalbo. Frutt. in primavera. Tribù V. Frullanieae. E 15. Frullania dilatata (L.) Dmrt. Comune sopra gli alberi. Colli di Montegibbio. Monte- fiorino. Serpentini di Varana. Frutt. dall’ autunno = alla primavera. 16. » Tamarisci (L.) Dmrt. iuc ^ . Sulle roccie e sugli alberi comune. Sui faggi a Monte Modino di Frassinoro. Montegibbio. Fiumalbo. Frutt. in primavera, ma più raramente della precedente. j Tri bi VL Saccogyneae. an Kantia Trichomanis (Dill. L.) B. e$ Or. var. fissa. x "ox Sala: terre, ombrosa n TM rone. Sassuolo. i Sterile. - TEA T e F PRE A ae + E NET uie Vd eic ESL 2 ae e e ce RES | E RIVISTA STATISTICA DELL’ EPATICOLOGIA ITALIANA ` — 45 Tribu VII. Pellieae. 18. Pellia epiphylla (Dill. L.) Gott. Presso le fonti e lungo le sponde dei fossati. Fonta- nazzi di S. Faustino presso Modena. Casimalbo. Monte Cusna. Frutt. in primavera. È Tribù VIII Metzgerieae. : 19. Metzgeria pubescens (Sehrank.) Raddi. Boschi dell alto Appen. Faggete a Monte Modino di Frassinoro. Serrabassa. Madonna dell'Acero. Sterile. Tribü IX. Riccardieae. 20. Riceardia pinguis (L.) B. et Gr. (Aneura Dmrt.). Cod Sulle sabbie umide del fiume Seechia a Campogalliano. Frutt. in Aprile. Tribù X. Sphaerocarpeae. 21 PIERA Michelii Bell. (Sph. terrestris Sm.). Sulla terra nelle ajole dell'Orto Bot. di Modena. Frutt. in inverno. Fam. II. MARCHANTIACEAE. Tribù I. Marchantieae. 22. Lunularia vulgaris (L.) Dmrt. Orto Bot. di Modena, mescolata alla Mar. polymorpha. p d Bologna, Giardino Margherita. Sterile. 3 23. l. Hepatiea conica (L.) Lindbg. (Fegatella Corda). Presso le scaturigini. Montecuccolo presso Pavullo. Riarbero. Buca di Spipola presso Bologna. eee: 24. Reboulia hemisphaerica (L.) Raddi. . Sui muri e le rupi. Monte del Gesso a Scandiano. Ser- pentini di Varana. Frutt. in primavera, DE pu | ADRIANO FIORI ; I pa: "i 25. Cyathophora commutata (Lindbg.). Trevis. (Preissia Corda). | Lungo i rigagnoli dell'Alto Appen. Serrabassa -e S. Pellegrino. Frutt. in estate. 26. Marchantia polymorpha L. ` Lungo i rigagnoli e sulla terra umida. idle dell Orto : Bot. di Modena. Monte Cimone. Frutt. in estate. Tribù II. Riccieae. 27. Riccia glauca L. Sulle sabbie del Po a Guastalla e a San Benedetto. Sterile. 28 » fluitans L. Fossati del bosco di S. Felice. Sterile. Nota. — A queste possono aggiungersi le seguenti 13 specie trovate i dal Levier e dall'Areangeli a Boscolungo e cioè: H | Nardia Funkii W. et M. = » obovata Nees. ! » ‘hyalina Lyell. _ : Scapania curta Mart. 5 > nemorosa var. gemmipara. Diplophylleja taxifolia Wahl. Jungermannia Bantriensis Hook. i _ var. Mülleri Nees. > alpestris Schleich. i > exsecta Schmid. | | > lycopodioides. Blepharostoma trichophyllum L. Cephalozia multiflora R. Spruce. pt Bazzania tricrenata Wahl. z Saccogyna viticulosa Mich. L., Raddi, RIVISTA STATISTICA DELL’ EPATICOLOGIA ITALIANA - Numero di specie d'Epatiche finora registrate delle diverse regioni d' italia. N° | REGIONE di | PRINCIPALI RACCOGLITORI taa Versante italiano delle Alpi Anzi - Bonjean - Carestia - Cesati - e loro pendici (escluse le Garovaglio - De Notaris - Rota Alpi Marittime) ..... 184| Spegazzini - Venturi - C. Massa- ongo - Trevisan - Bizzozero - Balsamo - Hausmasn — Saccardo - Rossi. | Cuneo (dintorni di) 14| Macchiati. Liguria (Genovesato) 31| De Notaris - Baglietto. Modena e Reggio (prov. di) | 28| Fiori. Toscana Nord-ovest . ... | 103 orga oni - Savi - Levier - Bot- ni - Arcangeli - Rossetti. Firenze (prov. di) ..... 70, Micheli - Raddi - Levier - Ar- cangeli - Micheletti. Appen. Casentinese ....| 12) Pichi e Bottini. Monte Amiata. 21) Arcangeli. EEE ORO Nr an date 10) Macchiati. tc SEPE oy) DENS S 73| Fiorini Mazzanti - Brizi. DRG des ai 33| Orsini - Marzialetti. Napoli (dintorni di) 10| Cesati-Giordano. Calabria (Reggio - Pizzo - Aspromonte) ........ 40| Macchiati - Arcangeli. E en Ficuzza - PODFOHME- 7 ae sr es 37 Lojacono Pojero. BAN i | 35 | Moris - De Notaris-- Marcucci. | | CADENA uus RM i ad Moris e De Notaris. P RESA runs | 14) Bottini. N.B. Nan sono notate le regioni di cui è registrato un numero di specie inferiore a dieci ee ed | ADRIANO FIORI \ Bibliografia dal 1885 in poi. MASSALONGO. — Repertorio dell’ Epaticologia BASE Ann. dell’ Ist. Bot. di Roma, anno II, 1885. Nota. Rimando il lettore a questo tes per tutto cid che si riferisce all’ Epaticologia italiana prima del 1885. > Illustrazione di una varietà di Frullania dilatata (L.) Dmrt. Nuovo giorn. bot. it. XXI, p. 518, 1889. (È la F. di- latata, var. Briziana Mass.). > Nuova specie di Lejeunea scoperta dal Dott. C. Rossetti + in Toscana, ivi p. 485 ( Lejeunea Rossettiana Mass.). » Osservazioni critiche sulle specie e varietà di Epatiche italiane create dal De Notaris. Ann. dell’Ist. Bot. di Roma, anno III, 1886, p. 157-169, t. 19. i due Epatiche da aggiungersi alla flora italiana. Nuovo giorn. bot. it. XXII, p. 549. 1890 (sono la Jung. obtusa Lindbg. e lHarpanthus Flotowianus Nees.). Bassano. — Giordano-Jatta — Reliquiae Cesatianae. Rendic. della R. Accad. di Napoli, anno XXIV, 1885. Nuovo giorn. bot. it. XVII, p. 330, 1885. GEHEEB. — Moose der Insel Giannutri. Flora, 69, 7, 1886, p. 344. NicoTRA. — Cenno intorno ad alcune Epatiche di Messina. ,Nuovo yt giorn. bot. it. XVIII, 1886, p. 75 (sono 5 specie). Y z ARCANGELI. — Nota sopra alcune crittogame raccolte nel Piceno e 3 nell’ Abruzzo. Atti della soc. Tose. di se. nat., vol. V, p. 243, 1887. i > Epatiche di Calabria. Nuovo giorn. bot. it. XXL p. 535. 1889 (sono 14 specie). » Elenco delle Muscinee fino ad ora raccolte al monte Amiata. Nuovo giorn. bot. it. XXI, p. 465, 1889 (sono 21 specie di Ep.) — Bottini. — Muscinee raccolte alla Gorgona. Atti della soe. Tose. di se. nat., proc. verb., vol. V, p 235, es 1887 va P spacie di Ep.). RIVISTA STATISTICA DELL’ EPATICOLOGIA ITALIANA BOTTINI. — Muicited dell'Isola del Giglio. Nuovo giorn. bot. it. XIX, - p. 265, 1887 (14 specie di Ep.). Picur e Bortini. — Prime Muscinee dell’Appen. Casentinese. Nuovo giorn. bot. it. XX, p. 321, 1888 (sono 12 specie di Ep.). MaccHiaTi. — Prima contribuzione alla flora del Viterbese. Atti della soc. dei nat. di Modena, serie III, VII, p. 60, 1888 (racchiude 10 specie di Epatiche). _ RossETTI. — Appunti di Epaticologia Toscana. Nuovo giorn. bot. it. XX, p. 412, 1888. » Epaticologia della Toscana Nord-ovest. Nuovo giorn. hot: it. XXII, p. 305, 1890 (102 specie). Brizi. — Prima contribuzione all'Epaticologia Romana. A IL, p. 176, 1889 (sono 58 specie). » Seconda contribuzione all’ Epaticologia Romana. Mal- pighia, anno III, p. 326 (sono 15 specie in aggiunta alle precedenti). GRLU — Alcune Muscinee ed alcuni licheni Marchigiani. Nuovo giorn. bot. it. XXIII, p. 508, 1891 (sono 7 specie di Ep.). - | Løracoxo-Posero. — Primo elenco Epaticologico di Sicilia. Nat. Sici- liano, anno VIII, 1889 (sono 37 specie). | IAA — Elenco di Muscinee raccolte in Toscana. Nuovo giorn. bot. it. XXIII, p. 561, 1891 (sono 19 specie di Ep.). | E Modena, Aprile 1892. ‘ato Bot. Garden, dons ce. a 2 * BO Li , - RASSEGNE sz .cead dall Engler sulla Flora delle alte montag ene d'Africa. E un'opera di gran loi ogni zona vengono ancora fatte delle distinzioni i sottozone, e l'enumerazione — delle piante che cresc ia ognuna di que ediante l'uso di caratteri di- versi mostra chiaramente la distr ibus altinetria delle singole specie. E molto istruttiva anche la distinzione delle varie categorie di piante che l'autore tratta separ nte: piante legnose a frond sempre verde, a foglie caduche, fi ione periodica; pian a forest: boscaglia, piant (cioè dei luoghi secchi ; quelle che abitano le fessure del , i prati mon; ni, le sponde dei rivoli e torrenti; le piante palustri, acquatiche e ruderali o ers det campi. Enumerate 1 ie trovate ir e sottozona, o la divisione ora aecennata, seguono in brevi paragrafi considerazioni e l'autore in questi. capitoli dà sopratutto Rassegne A, ExGLer. — Ueber die Hochgebirgsfiora des tropischen A frica. / (Abh. d. Kel. Acad. d. lg aue in Berlin für 1891). Berlin 1892: 462 pag. na _ L'infaticabile direttore del Museo Botanico di Berlino da gendo jupe he ato in per ticolar modo allo studio della Flora Afric contributi so esto argomento sono già stati da lui pubblicati n atte ascicoli dei E in Jahrbücher. » Nel PE grosso volume, edito dal- pui delle Scienze di Berlino, sono e sposti i risultati degli studii vin g p importanza per la cognizione della Flora africana, e per la geografia botanica in generale, come era da aspettarsi dalis competenza dell'autore e dall'a pron danza di materiale di cui egli ha potuto usufruire. Difatti nel R. Mus o di Berlino ormai eee m il materiale più ricco e più completo per la pb del continente rica eve in dii nella quale è fatto cenno delle de prin cipal Siro. e della sept ipsa relativa all’ argom e) l'autore vista 1 singoli grappi ontagne africane, che più o meno complementi vada state esplorate dai bótàn nici. Egli prende in considerazione prima il gruppo. «i dae nc cet dell'altipiano abissino, quello che finora è meglio conosciuto so- edia ante La Jan € web pe dro pig fattevi dallo Schimper; poi onosciut a di ade impo at di Fernando Po e s. inicio, e UF cer le montagne di “Angola In generale l'autore si occupa soltanto dell e superiori a 1600 i d'al- tezza; sol er i ti d'Angola prende nota anche delle piante crescenti i scia per esempio da parte, per la Flora Abissina la regione detta Kolla ‘(dal mare a 1600); e divide il resto in tre zone, » Woena Dega (da 1600 a 2400 m.), la Dega superiore (da 2400 a 3300 m., limite su- periore della coltura dell’ orzo), e la zona alpina, al disopra di quest’ Fred Pe 4 criti zum e rilievi statistici che possono trarsi € rip e Li epe grande import ai diffa- sione a singole specie ed alla loro. distribazione ben e dalla il terres Molto. interessante é il capitolo che tratta dei rapporti esistenti fra la Flora | en = aoe d'Africa e dons dei paesi vicini. È evidente sopratutto i RASSEGNE . l'analogia, già intravveduta da parecchio tempo dallo scarno della Flora delle pEr dell’ Arabia tre e bee d m Pace s issino: n sono comuni a quelle due contrade e specie, ma esse ‘poceiggost anche in comune molti tipi pin "imitati frei ac stazioni. Né questo Lava recare nd ma data la somiglianza del clima, con abbondanti piogge estive, e l’origine comune dei ue paesi che s olo in tempi relativamente. recenti, E = ca tsar, "ams too. uno dall altro coll'irruzione del Mare Ros Sono 1 n accentuate le relazioni fra le piante delle alte montagne dell'A- frica clonal ^id quelle dell' Hi iere ie im Wee ecie si ies no nelle une e nell altro, e poche sono anche affini in un sembrano sostituire MM dell’ altro. Forse la seta di manne pte è da, Ticérbitd nella molta maggiore età delle montagne che si alzano lungo la parte orientale d' A- frica, rispetto a all’ Himalay Fra la osta occidentale delle Indie, ed il continente Africano esiste ancora un continente solo, continuo. Dei tipi dell’ Africa meridionale molti montano fino alle cime delle montagne abissine, ma sono quasi tutte specie del Sud-Est del continente pare essendo assai diferente il carattere di ds nel Sud-Ovest e nella punta pit pina Finalmente hanno una par abbastanza integrante. nella composizione della T delle alte montagne Peres nche le specie diffuse nella regione me- erranea, e ug rp della parte deinde d'essa. Sono | Go adiu piante duna roc ce, e dei siti aridi, o anche le pi na raderali o Mace nee dei campi che si ritrovano insieme nella ass mediter oath africani: è e- vidente l influenza che ha esercitato so pra pica te porta izioni te presenza d'un terreno continuo, e una volta univa l’ Egitto settentrionale , Palestina, l' Asia minore e forse Ci e la penisola balca Tutte queste oiiteiddrididn sono illustrato, nell’ opera dell’ Engler, da nume- rose citazioni di specie che qui non possiamo riportare. lla pag. 94 poi comineia la Jara principal, la più voluminosa del lavoro: T enumerazione sistematica s tutte le specie finora conosciute nelle zone ele- vate (sopra 1600 m.) delle regioni sopra Gigio rate. Di ogni specie sono date la citazione della dine pia le sinonimie più ds ortanti, le stazioni conosciute, il modo di vivere della pianta, e la sua dini geografica, in rapporto sopratutto colle Flore più vici Moltissime specie vi sono deseritte per ‘la prima volta da eee o dai suoi _collab boratori Pax, Schube, Schumann, Taubert, Gürke ed altr opera continua dunque: egnamente in serie di pubblicazioni im- . La nuova È ortantissime sulla Flora del Continente Nero, che sono dovute ai botanici di P O. PENzIG. PICCOLA CRONACA Il 2d ord. di Botanica nell’ Universita di Napoli, G. A. te rt : è state OP collocato a Ew col pi di Professore Emerito, per motivi di salute Il Dottore A. TERRAC DR he accompagna = ha fatto una ere siono A setto peu as ing mi 4 Pa papi ripor- a tando pure un ri s La sezione botte del Mises Imperiale di Storia Naturale a Vienna intende di pubblicare una raccolta di crittogame, col titolo di Cryptogamae exsiccatae . tribuit ai contribuenti (una centuria in cambio di 10 speci “Apprendiamo fud vivo dolara la morte avvenuta i 27 aprile p. p. del Pro- | fesso EL, Direttore del meds rp: i agri E Prof. " Hegel, igen di nascita, da molti a a in Russia ed è noto per. i suoi lavori classici M pa estan » PE tea ter e ue orticoltura. È de morto all'età di 77 a rte Prof. O. PENZIG, Redattore responsabile. L FION Ds re Kes Len. O .2# SE r $4 aha Boe? RE sete 4 es D = a = Ò Set, T LLL LPL PPLE CLL LILLE m DIDI PPP 777 LLL LZ? A WE LLM TITI LL LL LL IR LL LL] TARL ERRAI IRIA LZ NAPISALA AAAA AA EAE PRS EYE Ü N S NINN » DI SUN : "ur. PTT LILLE Ps LA EEE TEE gagra CLE, reae, ITA EES Perri waa Ma Ea E LL ET LL A Tau amas LLL ANAA ANAFAA RIIA FA TEL SE FEN. LLL PPLE OPPOSE IRIRAN Pep Pt CLAD NA igh popped LIAL SLATE ves. a. N FA pz 27777 e LL RANN LLLA LAAJAA RAAK GILI JAR LLZLLLZ AL Z LVII PLLA] == por 7 A TÀ EOE L4 4 t » enotes ^ ^ ^ Na bi LI ` Toscana * Nizza Word -Ovast Ras Spiegaxione dew da ZZA 100 a 200 speci? "TIT EZA 50 a 100 » 10 a $0 » L] meno di 10 » SITÀ o ws re 77 ITIL VILA AAA m; WO TEE AA UL LLL LL PEE VE VEESZZEEE, ET. Usi LNA LLLLLLE LA LEE LLLP: vara 1 — ÓÀMÀ LIT. G. PIZZOLOTTI - MOD: SS Me VS Intorno ad una particolarità dei vasi eribrosi nelle Papilionacee. Nota del Dr. PASQUALE BACCARINI. 2 (con Tav. IV). Nel suo recente trattato Ueber den Bau und die Verrichtungen der Leitungsbahnen in der Pflanzen, lo Strasburger, a proposito dei vasi eribrosi della Robinia Pseudoacacia e della Wistaria sinensis (1) de- serive un ammasso gelatinoso, il quale si trova sospeso per un sottil filamento nel mezzo delle cavità del vaso. Lo studio dettagliato che | lo Strasburger fa di tale formazione lascia poco campo ad ulteriori |. °°‘ ‘ricerche: tuttavia non sarà del tutto fuor di luogo completarne la co- t noscenza; tanto più che essa non è propria soltanto alla Robinia Pseu- doacacia ed alla Wistaria sinensis; ma si può dire a tutte le Papi- lionacee. Io infatti la ho potuto osservare nella Anthyllis vulneraria, A. tetraphylla; Astragalus sesameus, A. sp.; Arachis hypogaea ; * | Amorpha fragrans; A. fruticosa; Biserrula Pelecinus; Coronilla vera, C. stipularis, C. valentina, C. scorpioides; Cassia sp.; Cicer arietinum; Dolichos lignosus, D. Jacquinianus, D. Lablab; Desmodium d 5 gyrans, D. penduliflorum, D. viridiflorum; Erythrina cristagalli, E. li insignis, E. viarum, Ebenus cretica; Galega officinalis; Genista aetnensis; Glycyrrhiza glabra; Hymenocarpus circinnata; Hedysarum | coronarium, H. capitatum; Hippocrepis unisiliquosa; Kennedya pu- i | bescens; Lotus corniculatus, L. Tetragonolobus, L. creticus, L. edu- lis, L. ornithopodoides; Lathyrus Clymenum; Melilotus alba, M. sul- cata, M. messanensis, Medicago orbicularis, M. scutellaris, M. ma- ritima; Ornithopus compressus, Ononis sp.; Phaseolus vulgaris, P. Caracalla: Psoralea bituminosa; Poinciana Gillesii: Sutherlandia + X ~ frutescens; Scorpiurus subvillosa; Trigonella Foenum-graecum; Tri- Lc, pag. 193-194, 199, Tav. II, fig. 4-11. — 4t. Malpighia anno VI, vol. VI. La 54. PASQUALE BACCARINI folium sp.; Vicia sp., ecc. ecc. Soltanto nel Lupinus angustifolius, in un Trifolium sp. ed in una Medicago sp. io non ho trovato traccia di questa formazione, e neppure la ho rinvenuta nelle diverse Cesal- piniee e Mimosee che ho in proposito osservate. Nelle sezioni trasverse vista dall'alto questa massula ha l'aspetto di un poligono irregolare per lo piü pentagono od esagono che riempie buono tratto della apertura del vaso sopra un lato del quale si adagia, e stende soventi verso le opposte pareti dei sottili e corti prolunga- menti che lo attaccano al protoplasma periferico (Tav. IV, fig. 9a b). Nelle sezioni tangenziali o radiali visto di fianco appare il più delle volte eome un rettangolo ora breve ed or lungo a seconda dei casi, coi margini trasversi ondulati, dentati o concavi, dagli angoli del quale corrono verso le placche eribrose dei prolungamenti filiformi e sottili, (fig. 1 d, 3a, 7a). Ma accanto a questa forma fondamentale non ne maneano altre che se ne allontanano notevolmente: cosi, ad es., nei Lotus edulis e creticus; nell’ Astragalus; nella Medicago orbicularis, ed in generale nelle specie a segmenti eribrosi stretti e lunghi esso ha un contorno ellittico più o meno allungato, nella Arachis hypogaea (fig. 2) e spesso romboidale, nel Desmodium gyrans e nell’ Apios tu- berosa (fig. 1 b, 4) è esagono, in altri casi ha degli angoli rientranti tanto da ricordare lo aspetto di certe geminazioni (fig. 5, a 7 b, 10), ed in altri infine delle forme men regolarmente angolose (fig. 1 a, €, 6 5). Non meno variabili della forma di questa massa centrale sono il nu- mero e la disposizione dei filamenti che la sostengono nel mezzo della cavità del vaso. E eosa rara e direi quasi eccezionale, che questo corpo manchi di qualunque prolungamento o ne abbia unicamente uno da un sol lato (fig. 3 5), ed è invece abituale il caso (del resto già descritto e figurato dallo Strasburger l. c.) che esso sia attraversato da parte a parte e nel sao mezzo da un luogo filo ehe corre verso le plaeche eribrose; filo ehe talvolta resta isolato (fig. 4, 6 a, 8. 10), tal altra invece è accompagnato da altri che partono dai suoi angoli (fig. 1 5, c, d). Frequenti, ma non del tutto comuni, sono i casi nei quali il filo mediano manca e si notano soltanto i fili laterali (fig. 3a, 7 a, 5). T INTORNO AD UNA PARTICOLARITA, ECC. 3 Però giova avvertire che, mon ostante la indicata variabilità tanto della massa centrale che del suo apparecchio di sostegno, i] tipo si È | mantiene abbastanza costante per una data specie: così in generale ; i vasi cribrosi a segmenti lunghi e stretti hanno delle massule gela- | tinose a contorno ellittico o rettangolare allungato, sostenuto da un : sol filo mediano: i vasi eribrosi a segmenti corti e larghi, hanno le ; massule gelatinose a forme piu allargate e con un rieco numero di fili: E quantunque sieno appunto in queste specie che ricercansi le forme | .. sprovviste dello apparecchio di sostegno. A dir vero però in questi casi i la massula riempie quasi del tutto la cavità del vaso, modellandosi Sa sulla forma di questa tanto da sostenervisi di per sè. 3 Per quel che riguarda Ja struttura, questa formazione sembra omo- m genea anche a forti ingrandimenti; solo talvolta nelle massule piü | voluminose si osservano qualche fenditura trasversa (fig. 6 b, 8 b) e più frequentemente delle strie lbngitudinali (fig. 3 a, b, 7 b) che sem- brano determinate piuttosto da fenomeni di contrazione o di corrosione, che da una propria e speciale struttura, poichè anche coll’ uso di reat- tivi rigonfianti, quali la potassa, l’ acido solforico ad 1/, e l acido ero- mico non si giunge a mettere in evidenza, sotto questo rapporto, al- cun fatto speciale. Le reazioni da me ottenute coi preparati jodici, col reattivo del Millon, e coi colori d'anilina, concordano perfettamente con quelle indicate dallo Strasburger, e con quelle del resto già conosciute per la speciale gelatina dei vasi cribrosi, cosieché nulla ho d'aggiungere a Si cir rà M iii , T | Nie CO E, SC PM | Questo riguardo. Intorno allo sviluppo lo Strasburger opina che lo Schleimkérper come ad es., la Robinia Pseudoacacia ed i Dolichos, dove il nucleo . non prende alcuna parte diretta alla formazione della massula in qui- stione, la quale si forma dal protoplasma ora in prossimità del nucleo ed ora a varia distanza da questo: ma in altre specie, come ad es. nelle . Glycyrrhiza glabra, nella Psoralea bituminosa e nel Lotus Tetragono- meist in halber Lange des Siebróhrengliedes am protoplasmatischen . Wandbelege entstehet ; e così infatti passano le cose in certe leguminose, - obus ecc., essa prende origine direttamente dal paginae che av- soluzione di jodo in joduro di potassio (1) e nel materiale fissato coll’acyua - PASQUALE BACCARINI viluppa il nucleo e dal nucleo stesso; infatti si può osservare nei gio- vani segmenti dei vasi cribrosi che questo plasma perinucleare da fi- . namente granuloso va divenendo a poco a poco più omogeneo e bril- f lante, mentre il nucleo, che vi si trova immerso, perde gradatamente | in nettezza di contorno e finisce collo sparire e confondersi definitiva- mente colla massa circostante (fig. 11). In quest’ ultimo caso la massa gelatinosa presenta fin da principio le dimensioni definitive, o almeno mostra di crescere in proporzione limitata, mentre nel primo I’ acere- — scimento progressivo è molto più marcato. Il filamento mediano si dif- ferenzia generalmente alquanto più tardi della massula: i laterali non di rado contemporaneamente. Lo Strasburger innoltre è d' opinione che la situazione normale della massula sia verso la metà del vaso, e che, se essa si trova non di rado addossata alle placche eribrose, ciò dipenda dalla azione del li- quido conservatore, o sia effetto della recisione del ramo. In questo punto io non posso convenire del tutto con lui, poichè ho trovato nu- merose massule addossate sulle placche cribrose in giovani rami ed - in pieciuoli foliari dai quali ho ricevuto direttamente le sezioni nella . bollente, innanzi di praticare qualunque recisione; e penso piuttosto che le diverse posizioni della massula derivino dal cedere essa passiva- mente alle correnti che si muovono nei vasi eribrosi e la spostano da un punto all'altro; cosicchè non sarebbe forse fuori di luogo l'at- — tribuirgli una funzione simile a quella del callo che si depone al so- pravvenire dell'inverno sulle placche cribrose nei vasi di molte piante. Catania dalla R. Scuola enologica, Dicembre 1891. PI hi (‘) V. Krenrrz, Gerloff. in Bot. Zeit., 1891, p. 8. » 8 a, b. idem Soi d cu gem, <» 9 Massula di Vicia. sp. » 10 Semon trasversali nella regione rires, a a di Dalichos lig dall’ alto all'interno dei vasi. » ll Fasi progressive a-b-c-d dello sviluppo delle masse nei vasi i cribrosi. di Psoralea bituminosa. e SRO m Le Lor 1-10 sono ottenute colla camera. chia di Abbe i iis M ‘un microscopio Koristka munito dell'oculare 2. e dell’ obbiettivo 9, la fig. "n i collo stesso apparecchio munito dell obbiettivo Vas Leitz ad immiersione omo A. BALDACCI Altre notizie intorno alla Flora del Montenegro per A. BALDACCI. Il viaggio del 1891. Finiti i doveri di studente all’ Università mi si apriva libero il b. campo per ulteriori investigazioni nel paese montenegrino, tanto piü che la conoscenza di quella splendida flora per una regione mediter- ranea si andava sempre meglio accrescendo; in ispecial modo poi era attraente per me la simpatia per quei luoghi che continuavano ad usarmi tanta ospitalità. Un viaggio in Montenegro non è la cosa più facile come sembra apparire a primo tratto; e la mia esperienza di molti anni mi fa sempre pensare di partire da casa piü preparato che sia possibile, perchè la vita pastorale, unica vita fra quei monti, non è- nota a noi tutti. E nel caso che qualeuno, entusiasta al pari di me della flora e del paese volesse tentare un viaggio nella patria monte- negrina,.mi permetto di suggerirgli alcuni consigli che potranno es- sere di particolare giovamento. È indispensabile di avere con sè almeno un uomo, possibilmente in» digeno che parli l italiano, quando l escursionista non conosca il serbo, la lingua di quelle terre dell’ Adriatico superiore orientale. Un indigeno è la guida migliore che si possa desiderare perchè, oltre ad essere pra- tico del paese, è di somma utilità per tutto il viaggio. Io posso dichia- rarmi soddisfatto dei servizi che mi hanno reso due giovani del villaggio di Njegus presso Cetinje e che sono, l uno Krsto P. Pejovie, l altro Gajo Radanovie, ambedue già istruiti per la disseccazione delle piante. Bisogna provvedersi di un buon cavallo da carovana. Appartengono questi animali a quella razza bosnese o eroata che è tanto adatta ai monti baleaniei: piccoli, docili e tutto nervi e muscoli, Si può trovare 4 = te A is : una NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 4 59 ; k iu duque bises; eomprandolo per 25-40 fiorini o yere a nolo per.un fiorino al giorno ed anche meno, compreso il conduttore, il quale deve pensare al suo vitto ed a quello dell'animale quando questo, naturalmente, non sia stato comperato. L'uomo di scorta ri- | ceve un fiorino al giorno ed il vitto. In ogni borgata, quando si abbia di mira I’ esplorazione delle alte : montagne, è v2 assolutamente necessario -provvedersi di generi alimentari per almeno dieci o quindici giorni. Non si dimentichi la farina per il | pane e qualche stoviglia per cuocere i eibi e preparare il caffè. E uti- =~ lissimo sapere che, sebbene si incontrino spesso le capanne alpine dei : pastori (dagli indigeni #erbi dette « katuni »), tuttavia, fuorchè in rare eccezioni, è molto ditficile di trovare qualunque altra cosa che non sia latte e panna o farina di frumentone. Per eui non deve mai mancare riso o pasta secca, caffe, zucchero, cipolle, patate ed un pò di estratto di Liebig. La tenda è inutile psi non vale contro il vento fortissimo e ge- lato dei monti. Al contrario bisogna essere ben muniti di coperte pe- santi. Molte volte si dorme sotto la volta del cielo accanto al fuoco. Per la sicurezza personale il Montenegro è l’unico paese d' Europa di cui non si debba temere, benchè tutti i montenegrini in generale. vadano armati come in tempo di guerra. Ma quando si vogliano visi- tare regioni in vicinanza del confine albanese è d’uopo possedere un buon revolver od un fucile militare, essendo gli attacchi delle fieris- sime tribù nemiche troppo frequenti per cagione d’ odio dipendente dalla differenza di religione e di razza e per l istinto selvaggio che i sudditi della Porta hanno di rubare, in mancanza di tribunale e di leggi che li condannino. Mentre vige in tutto il significato della parola la sicurezza personale per parte dei montenegrini, non si è mai abba- Stanza preparati alle migliaia di assalti degli animaletti parassiti ai s quali, peraltro, ci si abitua in poco tempo. Chi sentisse di essere refrat- ‘tario a siffatta abitudine si procuri delle polveri insetticide. Io le ho o provate, ma valgono poca cosa. A botanico che viaggia questi paesi balcanici fara a meno di ca- aleare, perché troppo spesso riesce di grave incomodo e perdita di 60 aS MI BALDACCI ` tempo, dati i territorii montuosi privi di buone strade. Secondariamente, l andare a piedi, sara tanto di guadagnato giacchè molti tesori scien- tifici e molte note non si potrebbero certamente avere con quella pre- cisione che conviene ai nostri studii. Non manchi una discreta quantità di carta straccia senza colla per le collezioni che alla fine del viaggio sono sempre enormi. Settanta chilogrammi di detta carta comune possono bastare. Fa d’ uopo averla tutta con sè, non trovandosone in quei paraggi. Da ultimo chi non è ancora pronto per simili escursioni si premu- nisca di ferma volontà e di fortezza generale, nè maledisca mai la sorte che lo spinse lontano dalle agiatezze della vita civile. Premesso ciò, per chi parte dall'Italia, può imbarcarsi in Ancona con un battello della Navigazione Generale che tocchi Zara e proseguirà con uno dei tanti vapori del Lloyd che fanno il servizio delle coste dalmate. A se- conda che gli convenga, può sbarcare a Cattaro o in Antivari. Io con- siglio di scendere a Cattaro e partire per Cetinje ove è bene doman- dare al Ministero degli esteri una lettera per le autorità montenegrine e al Metropolita una commendatizia per i conventi. La cortesia dei funzionarii montenegrini è tale che non nega sicuramente allo studioso simili facilitazioni che sono sempre di una immensa utilità. Dopo i risultati interessanti ottenuti lo scorso anno non poteva re- sistere alla tentazione di una nuova visita nel Primorije montenegrino per rivedere il grandioso anfiteatro formato dalle montagne di Antivari, e perciò il 28 di giugno alle 9 ant. salpava dal porto di Ancona di- retto sulle coste dell'Albania montenegrina. Alla sera, dopo otto ore di navigazione con un mare calmo che sembrava un incanto, approda- vamo a Zara e siccome il battello del Lloyd che va a Corfù toccando i porti della Crnagora e dell'Albania, partiva la mattina del 30, così approfittai della breve fermata per avere un’idea della flora dei dintorni di Zara (1). Nel principio dell’ estate il terreno sassosissimo del distretto (!) Un buon libro sulla flora del territorio Zaratino è il seguente: Flora Ja- drensis ete., prof. AND. ALSCHINGER, Jaderae, typographia Bottara, 1832. Però è assai raro, dE ACA Bo D as s ug "4 FRS A PR E] Che Ci NOTIZIE INTORNO . sila FLORA DEL MONTENRORU | dan “pra non ha più forza di dar vita xis piante di primavera, la man- canza delle pioggie e di qualche misero torrente benefattore aveva dis- seccato le piü belle specie. Però non mancavano esemplari di Nasturtium lippizense DC., Cheiranthus Cheiri L., Matthiola incana R. Br., Glau- cium luteum L., Cistus salvifolius L., Herniaria incana Lamk., Arte- misia coerulescens L., Phagnalon Tenorii Presl., Campanula pyra- midalis L., due specie di Statice, Camphorosma monspeliaca L. Il Delfino del Lloyd mi portò in Antivari o, meglio, a Pristan-bar il 3 luglio verso mezzogiorno, dopo aver toccato i più bei porti dal- mati e aver goduto di panorama invidiabili quali sono quelli di Dal- mazia, attraverso a miriadi di seogli, di isole, di meraviglie naturali. E ben difficile nei nostri mari trovare un altro punto ehe possa affrontare il superbo panorama dell’antica Illiria! Di notte, in pieno Adriatico, mentre la luna sorge dietro i picchi degli scogli, fantasmi muti, immobili, e l' elice del vapore rompe il silenzio lungo i precipizii, sembra di essere in un luogo incantato e la vostra mente attonita vola ai piu splendidi ideali e vi domandate come mai al mondo, in faecia a tanta gloria che affascina, possa crescere nella razza umana la malvagità, l'infa- 8m iei Ho già descritto in questa medesima Malpighia il distretto di Anti- vari ed ho tenuto nota delle specie incontrate nell'anno scorso. Per prepararmi intanto alle nuove escursioni dei monti Lisinj, Rumia e Sutorman, la bella catena che divide dall'Adriatico il lago di Seutari, feci la sera del 3 ed il susseguente giorno 4, alcune passeggiate nella direzione del villaggio di Zaljev e del borgo. Annotai: Matthiola tristis R. Br., Capparis rupestris (S. et S.), Saponaria officinalis L.. Cytisus nigricans L. var. mediterraneus Pant., Ononis diffusa Ten., Umbi- licus pendulinus DC., Sempervivum tectorum L., Putoria calabrica L. fil, Asperula longiflora W. K., Galium aureum Vis. var. antiba- a rense Bald., ? Cirsium candelabrum Gris., Calystegia sylvatica Gris., Humulus Lupulus L., Ephedra campylopoda C. A. M., Smilax aspera e L. Agropyrum repens P. de B. var. glaucum Boiss. e raecolsi in nuovi : punti la bella Centaurea Nicolai Bald. che, questa volta, studiata in situ, non mi diede aleune prove per dubitare di quanto esposi in addietro. 62. A. BALDACCI La mattina del 5 prima dell’ alba parto in compagnia di un povero, ma onestissimo giovane della tribü dei Piperi, peril m. Lisinj. Chi viaggia la Dalmazia meridionale prima di entrare nelle Bocche di Cattaro s’ac- corge, guardando a mezzodi, di un gruppo di cime mezze coperte dalla nebbia. Sono i monti antivarini, l'ultimo dei quali é il Lisinj. Quando si sbarca a Pristanj questa formidabile roccia calcarea infonde una strana inquetudine. Ha una presenza piramidale con un vertice lun- ghissimo, la sua cima è scoperta. totalmente bianca e soltanto a’ suoi piedi possono scorgersi boschetti naturali ed uliveti e poi un'infinità , di giardini, di orti e di campi tenuti dagli abitanti la maggior parte musulmani. In un'ora precisa si è in Antivari, passiamo sotto la rupe di Spilica voda in cui vive rarissimo il Galium Baldaccii Hal. e pro- seguiamo a destra per il sentiero che va al villaggio Veliki Mikulic, ove arriviamo verso le sei bagnati fradici dalla rugiada presa nel piano. Lungo il cammino, in mezzo a magre macchie di Quercus Grisebachii Kotschy e di altre Cupulifere piu comuni, osservo: Peltaria alliacea L., Cytisus nigricans L., Micromeria parviflora Rchb., Acanthus spi- nosus L. e magnifiche forme di Rubus e di Rosae (1). - Veliki Mikulic è un villaggio più turco che cristiano, ma anche fra questa disgraziata gente maomettana l' ospitalità è in fiore. E lo dico con sommo piacere. Dopo la breve fermata davanti alla moschea fummo pronti per avan- zare verso la cima del monte. Dapprima si cammina fra le ondula- zioni formate dalle schiene di queste roccie. Al riparo dei venti e dei freddi i contorni di Veliki Mikulic sono maestosi: qua e colà, dove l humus è stato tolto fra i macigni superiori dalle pioggie e dalle nevi dell inverno per essere trasportato come manna presso le capanne di questi montanari, sorgono campi coltivati a biade e a patate, e in giugno, quando si vede di lontano quel bel colore dorato del frumento e della segala, dove tutto è bianco e solennemente monotono e triste. fa impressione. L'uomo lotta con forza gigantesca contro la matrigna (*) Nella presente memoria non intendo di riportare i nomi dei Rubus e delle Rosae per non rendere maggiormente difficili i lavori dei dotti monografi di cotesti generi, D. Haláesy pei primi e Prof. Crepin e sig. Burnat per le se- . conde. P dt cad vt er FE as C ee ae nns TEN RT e m z è nid. ee a Soe "n € b d XM ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 63 natura: egli non può fare giardini e parchi a mille metri dal mare, ma si contenta di lavorare per vivere e vivendo soffrire. Qui non é la civiltà ehe ha il suo piede alato e portante Ja gran face che illumina il mondo, è l'uomo di cinque secoli prima di noi ehe vive d'una vita patriarcale, quasi bestiale, ma che pure lo onora perché é l'uomo privo di tanti vizi. Dal monte Lisinj mi era ripromesso una grande collezione, ma pur- troppo il naturalista viaggiatore si inganna molte volte. Il Lisinj è la più, faticosa montagna che abbia mai salito. Molti alberì di Quercus austriaca Willd. e Fraxinus Ornus L., più in alto il Viburnum Lan- tana L.e la Salvia officinalis L., le quali piante designano tanto bene i terreni calcarei di questi paesi: esse sole hanno una forza distruggi- trice incredibile, si assimilano quella poche sostanze azotate e fareb- bero morire qualsiasi altra specie che volesse contrastar loro il suolo. La Paronychia Kapela Kerner sembra vivere sul nudo sasso, e miseri esemplari di Geranium subcaulescens. L' Hér. dai rizomi grossissimi traggono solitaria vita fra le foglie dei rami più bassi di Viburnum. An- diamo avanti assai male nelle gambe e molto assetati. Ad un punto crediamo di aver vinto il Lisinj, ma disgraziatamente siamo giunti alla parte opposta della montagna. Sempre sassi e macigni abitati da rettili. Ho veduto delle specie di lucertole, di biscie e di vipere molto interessanti, però non mi sono eapacitato di raecoglierne. Finalmente si apre un po’ di veduta e fra le creste dei sassi vedo fuggire un grup- petto d'anime viventi che alle nostre intimazioni rassicuranti si fer- mano. Sono quattro pastorelle albanesi che hanno il colore del suolo nelle earni e nelle vesti laeere: povera gente! se da noi si vedessero questi tipi, si griderebbe all’ infamia. Abbiamo ancora poco piü di cento metri prima di guadagnare la vetta. Trovo il Papaver alpinum L., Alyssum montanum L. var. montenegrinum Bald., Iberis umbellata L.,? Dianthus calocephalus Boiss., Portenschlagia ramosissima Vis., Chrysanthemum graminifolium Rchb. e Ch. énloroticum Murb., Hie- racium Schlosserii Rehb., Phlomis fruticosa L., Allium carinatum L., Agrostis Neumayeriana Vis. Da Mikulic a qui, in linea retta, non . v'è mezzo chilometro e noi siamo arrivati appena alle dieci e tre quarti, i 64 A. BALDACCI quasi cinque ore di cammino! Tutto intorno a noi è silenzio di morte, l’orrida natura così abbruciata spaventa. Ci è presente un paesaggio infinito e lussureggiante e mentre noi calchiamo sassi e sassi, inerpi- candoci per rupi e luoghi maledetti, laggiù a ponente, ai piedi di questo formidabile Lisinj che abbiamo salito- con una costanza speciale, è la bella pianura che stamane attraversammo e più lungi quel magnifico mare Adriatico non mai abbastanza ricordato colle sue acque limpidis- sime, azzurre, toccate da miriadi di raggi solari che fanno un effetto che tocca il cuore. In cima al monte per il botanico non c' è nulla e quindi, poichè s’ avvicina il mezzodi, stabiliamo di scendere fra Zaljev e Dobra voda. Ogni tanto m’ accorgo di miseri esemplari di Erysimum Cheiranthus Pers., Thlaspi montanum. L. (in frutto), Dianthus pe- traeus W. K., i soliti bellissimi Z/ieracium andryaloides, Nepeta nuda L., Cyclamen repandum Sibth., Asphodeline liburnica Rehb., Arum orientale M. B. Qualche arbusto di Rosa e il resto tutto Viburnum Lantana L., specificano la flora dendrografica del territorio fino al- l’incontro del terribile sentiero che conduce sulla via da Antivari a Duleigno. Riposiamo alla meglio all’ ombra degli enormi macigni in un punto in cui la roccia calcarea mi sembra acquistar presenza di forma schistacea. Qui c’ è l'Aconitum Lycoctonum L., e il Delphinium peregrinum L., classificati però all’apparenza perchè mi fu impossi- bile di impossessarmene, | Astrantia major L., e il Thesium divari- catum Ten., sopratutto però quattro Sarifragae, le prime incontrate, e che riporto alle specie di S. Aizoon L., S. coriophylla Gris., S. po- rophy la Bert., e S. oppositifolia L., quest’ ultima con caratteri di passaggio alla S. Facchini Koch. Le S. coriophylla Gris. e S. poro- phylla Bert., debbo avvertire che non fui mai in caso di osservarle, come qui, a meno di 1000 m. dal mare. Seguitando il cammino fino alla sorprendente sorgente sopra Dobra voda trovo la comune Porten- schlagia, Campanula pyramidalis L., Convolvulus cantabrica L., Mi- eromeria parviflora Rehb. Faceva un caldo africano e con ciò voglio giustificarmi se non posi tutta la mia attenzione allo studio. Giunti alla sorgente, come se fosse il paradiso, mi disseto bevendo iu gran copia quell’ aequa gelata e facciamo cinque minuti di fermata all ombra — s t * [re bie ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 65 di antichi salici. Poscia arriviamo alle case turche che appartengono al villaggio di Dobra voda. Che splendidi tipi di gente le abitano ! | Sono albanesi musulmani e si vede bene nelle loro forme il carattere if indomito, gagliardissimo di questi fieri Skipetari che un tempo fecero tremare i capitanati da Skender-beg, la potente mezzaluna. Le donne | sono divine. L'ospitalità é davvero incomparabile: appena arrivati, Fe benchè io ed il mio compagno siamo cristiani, ci è preparato quanto di meglio possa trovarsi nelle loro casette basse, bianche e pulite. Kon Questi sudditi montenegrini non si lamentano del loro attuale stato di cose e soffrono con piacere il governo di Nicola perchè, bisogna eonvenirne, almeno ora si può fare mezzo miglio di strada senza es- m sere ammazzati. Parto da quei buoni albanesi con dispiacere e prose- É guiamo la via in mezzo ad interi boschi di Quercus Grisebachii Kot- Î : schy, Ostrya carpinifolia Scop. e Carpinus orientalis Lamk. entro i quali vegetano pure rigogliosamente forme di Rosa, di Punica e Pa- liurus. Annoto un’ Iris senza fiori e frutti che copre il terreno per cento metri quadrati e che non riconosco, escludendo però che sia una delle nostre specie dell'Italia settentrionale. E comune la Putoria ca- ` labrica L. fil. la eui zona geografica nel Montenegro occupa questi ` paesi dell’ Albania sottomessi dopo l'ultima guerra. L’ Asperula flaccida ? Ten. è anche comune dato il terreno argilloso in cui alligna. Il Teu- - crium Polium L. var. roseum Boiss. si sviluppa in esemplari che non ho mai veduto tanto grandi. |. Verso sera siamo a Zaljev ed eccoci subito ospitati da un giovane turco che abbiamo conosciuto lungo la via e che ci offre frutta a vo- lontà essendo questi contorni, come già dissi, ridenti. Strano a ere- dersi, la vecchia madre mentre ci porta acqua, è coperta nella testa come una giovane sposa o una ragazza. Ci si sospetta subito, oltre la . condizione agiata, anche l attaccamento alla religione; è il vero tipo | maomettano venuto d’ Asia, perchè la maggior parte delle donne alba- x nesi, turche di fede, nelle loro campagne, possono sovente andar sco- | perte tingendosi soltanto le unghie della mano colla famosa sostanza così nota. In vicinanza di Zaljev comincia la pianura antivarina ove raccolgo sull imbrunire diversi rami di una bella specie di Rosa. Poi t e = 66 A. BALDACCI infilo la viuzza che serpeggia lungo il torrentello- Rikavae nel eui letto melmoso mi affondo troppo spesso; m'incontro colle ultime pastorelle ritardatarie ehe conducono le loro greggie a casa, ammiro ancora l'oriz- zonte lontano rischiarato dagli ultimi riflessi di luce, indi solenne si- lenzio. Dormono pure le numerose tartarughe. A tarda sera sono a Pristanj. La gita al Lisinj fu di mediocre importanza, ma cio dipendeva dalla stagione calda: contuttocid non ebbi a pentirmi di aver speso quel giorno. L'indomani ero assai stanco e stetti a casa gironzolando per i contorni ove scoprii: -Alyssum calycinum L., Dictamnus albus L., Bupleurum semidiaphanum Boiss., Cephalaria leucantha Schr.; Vitex Agnus castus L., Phytolacca decandra L., Smilax aspera L. tutte cose di poco interesse per la flora mediterranea, ma degne d'at- tenzione per la fiora locale montenegrina, poichè molte specie del piano e della spiaggia sarebbe inutile, se non si riscontrassero nel breve tra- gitto da Spica a Dalcigno, ricercarle nell’ interno. Una bella escursione ai monti Sutorman mi solleticava assai e ad ‘essa volli dedicare due giorni, il 7 e l'8 luglio. A nord-est di Pristanj s'inalza questa romantica catena che seguita a ponente delineando i confini austriaci: la struttura che prevale è la calcarea e quindi, fondamentalmente, è. del medesimo aspetto delle alture circostanti. Fra quei picchi di presenza alpina, che non arrivano peraltro oltre i 1200 m., s' apre il passo del Sutorman che immette direttamente nelle vecchie nahije montenegrine di Crmnica e di Rijeka e vi s' accede dal mare per una recentissima strada carrozzabile che il governo di Ce- tinje ha fatto costruire fino a Vir-pazar in vista di aprire il commercio nazionale esclusivamente per la sua regione, perchè, finora, le merci che entrano nel principato sono sbarcate a Cattaro in dominio au- striaco. Ma per ciò fare occorre assicurare il porto di Antivari che -ancora non è buono a nulla e istituire un servigio regolare di carri fra questa località e l'interno, almeno quando sia ultimata la strada da Vir a Rijeka, la quale, a quest’ ora, dovrebbe essere in costruzione. | Ciò premesso veniamo a noi. Colla mia solita guida partiamo all'alba | aseendendo verso la meta per la via ricordata. Lungo il cammino Mer 4 LECHE de Dr s MR IENE ae © 0 ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 67 fino a Tudjemili tutti i contorni sono abitati in massima parte da mus- sulmani che nulla hanno di differente con quelli incontrati nelle pre- cedenti gite. Si dedicano all’ agricoltura, ed alla pastorizia per quel tanto che basti loro da vivere traendo il necessario dalla natura non troppo ridente, ma abbastanza fertile. Prendo nota dell’ Althaea offici- nalis L., Eryngium amethystinum L., Onosma Visianii Clem., Linaria Elatine Mill., L. bombycina Boiss., Marrubium vulgare L. var. apu- lum Ten., Euphorbia amygdaloides L. Presso Tudjemili facciamo una piccola fermata per ristorarci. Annoto il Melilotus neapolitana Ten., Onobrychis laconica Orph. (questa sarà degna di migliori osservazioni; fu riconosciuta per tale dal Dr. Levier che potè forse confrontarla con esemplari autentici di Orphanides, ma io sono molto in dubbio di ri- ferire a cotesta specie la mia pianta), ed il Cerasus Mahaleb Jacq. A pochi passi dal villaggio in boschetti aprici sono comuni il Carduus collinus W. K., Y Acanthus spinosus L. e Y Asphodeline liburnica Rehb. insieme a quell infinità di altre specie che caratterizzano meraviglio- samente la distribuzione geografica delle piante montenegrine nelle ‘provincie a terreno calcareo, quali l'Asperula scutellaris Vis., Moltkia petraea Rchb., Micromeria parviflora Rchb. e tante altre. Ascendiamo lentamente attraverso ad un mirabile paese la cui impressione è tanto più grande per quel silenzio profondo che specifica le regioni balcaniche, ove, per ore ed ore, non incontrate sui vostri passi anima vivente se togliete i soliti gruppi di pecore magre e soffrenti, accompagnate dalla loro più soffrente guardiana in persona di una ragazza o di una vecchia che più non si regge sulle gambe, ma non mai di giovane sposa. Tro- ‘viamo una fresca sorgente e naturalmente, poichè lo stomaco invita, seguito l interrotta colazione e fra un boccone e l’altro prendo nota del Dianthus Caryophyllus L. (1), Rhamnus rupestris Scop. e Por- tenschlagia ramosissima Vis. Poi abbandoniamo la strada maestra e ‘prendiamo per accorciatoje dove incontro molte delle ricordate piante 9 Seoid il mio modo di vedere i Dianthus del Primorije appartengono a cotesto gruppo, benchè gli re lI abbiano diviso e suddiviso tanto che è im- possibile, mem di pu dire eon esattezza a quale forma appartenga un dato eder =e 65 P EM, "A. BALDACCI più o meno rare. Nulla di nuovo; ed è così. In questi terreni poveri Ys di « humus », asciutti quasi tutto l'anno, la natura non può dar ricetto che a quel limitato numero di specie che sono capaci in forza della | loro qualità naturali d'impadronirsi dell'ambiente, distruggendo le altre — di più delicate. Sono escluse le piante annue che scomparvero già per colpa dei calori eccessivi della stagione. Ad un’altra sorgente un'altra sosta; poi una bella camminata finché siamo giunti al punto piü alto della strada. Sono circa le dieci e un riflesso straordinario di luce il- lumina tutto il Primorije. Si designano chiaramente le dentellate in- senature del mare, i cocuzzoli delle colline più lontane e ai nostri piedi sorgono su altrettanti sollevamenti tre o quattro torrette diroccate che furono già punti d'osservazione per le milizie turche. Qui è lo sparti- aeque del Sutorman. A ponente s'innalza il Vrh-Suta nella cui cima brulla appariscono i segni del confine, ad oriente il Lonae di qualche metro inferiore al primo, ma piü appariscente per noi perché scende a perpendicolo e ci concede la speranza che raechiuda in sé molteplici forme, Peccato che sembra fatto a modo per far rompere il collo all’escursionista! In alto è l’antico forte principale, oramai in rovina mercé la battaglia del 1877. E tenuto da un guardiano montenegrino . e dalla sua famiglia, buoni popolani di Crmniea. Seguendo un rozzo sentiero attraverso ad un bosco secolare di quercie vi giungiamo circa AES re. E) Fais, a mezzogiorno e siamo accolti col maggior interesse, sicchè perdiamo il tempo fino alle tre, in cui, sebbene tardi, stabilisco di finire la gita al Sutorman ascendendo il Lonac. E : C REM ; SE TAR Cisa è TE iii Il quale è un po’ difficile per la ragione sopradetta. Ma chi va piano, va sano. Dapprima si passano alberi di Quercus austriaca Willd.; in mezzo a questi allignano il Vincetomicum nivale Boiss. e il Verbascum floccosum W.K., poi s'entra nella parte scoperta ove trovo Cerastium grandiflorum W. K., Genista Sakellariadis Boiss. et Orph., un Astra- ` = galus, e, cosa singolare, il Juniperus nana Willd. Non -posso resistere E di non citare la Moltkia che co’ suoi magnifici fiori azzurri, corona ogni sasso, riempie divinamente ogni fessura. È comune il famoso Chrysan- themum cinerariaefolium Vis., tanto rinomato come uno de’ migliori in- setticidi. Poi yna profusione di Bupleurum Kargli Vis., di cui alcuni ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEI MONTENEGRO 69 esemplari, ramificatissimi, sono di circa 70 cent. d' altezza. La Parony- chia Kapela Kerner, la Saxifraga oppositifolia L., S. coriophylla Gris., S. Aizoon L., gli Allium saxatile M. B. e A. carinatum L., alcune belle Agrostis sono abbondanti. Col vascolo ripieno saliamo ancora e scopro solitaria la Daphne alpina L. e D. oleoides Schrad., indi il Hieracium lanatum W. K., poi l Heliosperma Tommasinii Vis. e il Podanthum limonifolium Boiss., sicchè posso dirmi veramente soddisfatto. Ma la mia contentezza giunge al colmo quando arrivo sulla vetta. I panorami ae splendidi non si dimenticano mai più e quello che si gode dal Lonac, 4 benchè a soli 1181 metri dal mare è infinito, almeno per me che mi dichiaro sempre entusiasta della singolarissima natura della penisola | ig balcanica. 4 Discendiamo cogli ultimi raggi di sole e appena arrivati al forte che è conosciuto col nome di « Kula Ljubinj », dopo un parco cibo aspet- tiamo la dimane, dormendo sopra un letto di foglie di Pteris aquilina L. che presenta (caso assai raro anche in Montenegro) i suoi sporangi. Il giorno 8 per tempissimo mi reco alla prossima sorgente di Basina voda senza raccogliere nulla; infiliamo la strada di Antivari e per scorciatoie belle e brutte arriviamo al villaggio cattolico di Zubei af- famati. Questa brava gente cattolica si ricusa di venderci non solo del pane, ma ancora della frutta che sono copiosissime in cotesto fertile territorio, e se vogliamo sfamarci, dobbiamo correre più lontano verso Antivari in cerca di una casa turca ove troviamo sufficientemente quanto ci abbisogna. Che infelice icons mi fecero mai quei cari correligionari di Zubci! Io non so ancora spiegarmi come al m. Lonae vi siano tante piante proprie della flora alpina. Una ragione che mi sembra aver valore non _ so trovarla che dal fatto che i venti del nord-est, minaccianti gli alti colossi albanesi, montenegrini e bosnesi s'impadroniscono dei semi di . quelle vette e portandoli verso il mare li depositano contro la catena dal Vrh-Suta al Lisinj, specialmente al Lonae, essendo questa la prima : cima che incontrino nel loro viaggio. Uw altra spiegazione non sta | perchè la natura del terreno, i dati climaterici, tutto l'ambiente in- somma nel.suo insieme è uguale quassù come la spiaggia del mare. + E Malpighia anno MA ‘sak vi. we SR A. BALDACCI La miglior gita di cui serbi caro ricordo nei paraggi meridionali della Crnagora è quella del m. Rumia per la quale impiegai la sera del 10 e tutto il giorno 11 di luglio. Col medesimo compagno lasciai Pristanj e stabilimmo di pernottare in una casa serba a Veliki Mikulic che noi già conosciamo e per cui mi dispenso dal tenerne nota. Par- timmo con un magnifico sole, ma un’ora dal villaggio ci sorprese la - pioggia, la quale ci fece disperare assai per l'indomani. Mi sovvengo che ci fermammo un poco al riparo di uu magnifico albero di Castanea sativa Mill., il primo esemplare di tale pianta incontrato nel levante. Infatti nessuno de’ miei antecessori ebbe mai a notare il castagno pel Montenegro, ora però posso assicurare che esiste in discreta quantità nei dintorni di un villaggio che da esso prese il nome, Kostanj. Mi fu ancora riferito che quest'albero viveva in qualche località delle tribù dei Kuci. A Veliki Mikulic fummo molto bene ospitati e non ci fu verso alla mattina seguente di poter pagare, benchè ricevessimo tutto quanto era possibile di trovare fra quei monti. L’ alba dell’ 11 era fredda e noi eravamo già nella regione scoperta del Rumia senza che ci avvedessimo di nulla di singolare per noi a cagione della semi- oscurità e della nebbia. Finalmente cominciai a notare e a raccogliere le prime piante, quali Genista Sakellariadis Boiss et Orph., Hiera- cium Schlosseri Rchb. e Thymus striatus Wahl. Poi l Echinops elegans (Vis.) e Euphorbia Myrsinites L., più su: Alyssum montanum L. var. montenegrinum Bald., Dianthus Knappii Asch. et K., Cerastium de- calvans (Schloss.), Amelanchier vulgaris DC., Paronychia Kapela Ker- ner, Saxifraga Aizoon L. A una forcella del monte siamo forzati di fare una breve fermata in causa della fittissima nebbia finchè qualche raggio di sole non ci segna la strada. E qui dove la mia contentezza giunge al colmo, perchè oltre al Ranunculus illyricus L., Bunium sp., Vincetoricum nivale Boiss., Marrubium candidissimum L., M. apu- lum (Ten.), Allium flavum L. scopro l'importante e nuova specie di Edrajanthus che il dottor Halaesy propone d'intitolare nel nome del distinto monografo del genere, chiamandola E. Wettsteinii Hal. et Bald. alla quale proposta mi associo di gran cuore. Quindi incontriamo di- verse spiccate graminacee quali Phleum Boehmeri Wib., Calamagro- | ar "i py met, we je E ipii su" x M XA Tue 2 ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 71 stis montana Host., Stipa pinnata L., Sesleria marginata Gris., Agrostis Neumayeriana Vis. colle quali convive sempre la Carex laevis Kit. che abbonda, come già abbiamo veduto lo scorso anno, in tutte Je montagne oltre 1500 m. d'altezza. Noi saliamo il Rumia per Ja sua china meridionale abbastanza fa- ticosa e mentre la guida mi annunzia che ha già superato la cima, io mi fermo ancora per raccogliere ed annotare un Astragalus, | Asperula longiflora W. K., Onosma Visianii Clem. ed O. stellatum W. K. la qual ultima ha dei rizomi lunghissimi cui vengono attribuite dal popolo speciali proprietà terapeutiche. A pochi metri dalla vetta vive il Dianthus sylvestris Wulf. che è poi comune per tutta la montagna, il Dorycnium procumbens Jord. e finalmente un solo esemplare di Malcolmia Orsiniana Ten., che allignava nel fondo di una cavità dove sorgeva un tempo un luogo sacro. Dopo queste raccolte viene il momento per mettere nell’ affranto organismo una vena maggiore affine di gua- dagnare alacrità: alludo al solito panorama bellissimo il quale benchè a settentrione fosse coperto dalle nubi e dalle pioggie, pure era gran- : dioso. Con quell’infinito accavallarsi di catene superbe l'idea della B erandiosità del ereato colpisce il piü restio. Ai piedi del Rumia il de- cantato lago di Seutari e sull'orlo delle sue spiaggie, a mezzodi, la città turea di Scutari co’ suoi numerosi minareti e le sue bianche case, a nord, la cittadella di Podgoritza sempre bella, affascinante. Ci to- - gliemmo di là verso le dieci sotto una leggiera pioggia d'autunno e | senza indizio di via avanzammo per la discesa. Qualche esemplare di Crataegus hirsutior (Boiss.) e di Viburnum Lantana L. indica la flora s dendrografica della parte alta del Rumia, che il resto è dato dalle me- Pa i desime piante già citate. Sulle rupi ombreggiate dai primi faggi trovai la Saxifraga Aizoon L., S. rotundifolia L. e Ribes petraeum L. So- litario l Allium saxatile M. B. Indi il Trifolium Pignantium Vis., T. medium L. e Serratula radiata M. B. Il mio vascolo talmente pieno non poteva contenere altra cosa abbenche il Peucedanum ru- thenicum M. B. e Y Heracleum Pollinianum Berth. fossero importanti | . tesori. Proseguiamo fra la solita nebbia che non ci abbandona mai e | - jn cerca di un sentiero ehe ei conduea a Mali Mikulie e dopo alcune. rt eodd TPAS ; A. BALDACCI fastidiose peripezie infiliamo una gola quasi a precipizio entro la quale discendiamo aggrappandoci alla roccia e ai pochi fili di erba. In due ore ritroviamo i boschi di Quercia ove raccolgo la Calamintha suaveolens Boiss. Un cibo più scarso che modesto presso l'unica sorgente sopra Mali Mikulic, villaggio turco-greco-cattolico , ei ristora e siccome è tardi andiamo direttamente in Antivari e verso sera sono a casa molto con- tento perchè le tre escursioni fatte in questi pochi giorni mi hanno procurato la consolazione di una abbondante collezione di materiale. Il 12 luglio lo dedico al lavoro di preparazione e il susseguente col piroscafo Tibisco del Lloyd parto per Cattaro affine di internarmi nel- l'alto Montenegro. Noi conosciamo già le Bocche di Cattaro sempre ridenti ed immense, e sebbene note mercè le molteplici escursioni di tanti botanici fra i quali due illustri italiani, il De Visiani e il Clementi che scrissero egregi lavori sulla flora di Dalmazia, pure uno studioso della nostra scienza potrebbe perdervi con profitto una intera stagione. È una flora totalmente meridionale quella di cotesto territorio e mentre alle spiaggie del mare troviamo le Palme, i Fichi d’ India, le Agave quasi inselvatichite, salendo i dorsi delle tetre e rupestri montagne che formano gli ultimi lembi delle Alpi dinariche, avremo tutto l agio di investigare le medesime specie che si trovano ne’ più alti monti del Friuli, del Carso, di Bosnia e d' Erzegovina; una miriade di specie im- portantissime, endemiche che coronano col successo più lieto le fatiche del naturalista viaggiatore. Se il mio compito non fosse altrove quando attraverso le Bocche del Cattaro io vorrei fermarmi e visitarle passo passo e dire che l'animo mio è rimasto incantato. Prima di salire il Lovcen e passare sui confini d'Albania mi attrag- gono i dintorni di Cattaro e stabiliseo di fare due escursioni. La prima fu al m. Vrmae il 14 Luglio. Sulla sua cima gli austriaci hanno costruito una portentosa fortezza e per andarvi fa d'uopo di avere il permesso dal comandante della piazza. Io lo domandai, ma mi fu cordialmente rieusato e mi piace molto di registrare questo fatto che dimostra una volta di più la cortesia dei nostri vicini d'oltr’ Alpe. Del resto non me - ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 73 ne curo troppo: quando s'é stabilito una cosa bisogna che abbia il suo termine, volente o nolente il prossimo. In un giorno d'estate, ad onta del caldo enorme, da Cattaro al Vrmac si va e si viene comodamente perchè c'è una strada militare che arriva fin sulla cima a 768 metri. Questi monti diversificano poco nella natura geologica da quelli per- corsi fino ad ora. Le piante trovate furono scarse: fra le altre ricordo l Iberis umbellata L., Erysimum Cheiranthus Pers., Vesicaria graeca DC., Aethionema saxatile M. B., Silene Otites Sm., Ruta divaricata Ten., Cytisus nigricans L. var. mediterraneus Pant., Bupleurum jun- ceum L., Carduus collinus W. K., Scolymus hispanicus L., Teucrium roseum (Boiss.), Briza maxima L., Andropogon pubescens Vis. Queste specie ‘le incontrai nel versante orientale. Presso la fortezza, ove i militari di guardia ci diedero da bere, nulla d'interessante. Poi tro- vàmmo il seguito della strada che conduce agli altri forti e lungo essa ammirai comunissima una Rosa degna di studio che presenterd in altra memoria. Verso mezzogiorno eravamo a casa dopo aver toccato la gigantesca fortezza di Gorazda. Il giorno 16 fu destinato ad una deliziosa escursione sui fianchi oc- cidentali del Lovcen per la strada carrozzabile di Montenegro. Era con me il giovane amico signor Quadrelli. La Rosa agrestis Savi è la prima specie che incontro. Sopra Skaljari l'Asperula flaccida? Ten., indi il Teucrium Arduini L. Presso il « chan » trovo l'Zberis umbel- lata L., Stachys menthaefolia Vis. e S. subcrenata Vis. Da questo punto fino a Krstac, al confine montenegrino, sono interessanti, oltre a nume- rose forme di Rosa e Rubus: Rhamnus infectoria L., R. rupestris Scop., Ailanthus glandulosa Desf., Cytisus Weldeni Vis.. Portenschla- gia ramosissima Vis., Galium aureum Vis., Cephalaria laevigata Schrad., Quercus sessiliflora Sm. e Melica ciliata L. var. nebrodensis Guss. Alla sera eravamo a Cattaro e alla prima occasione di trovare una carrozza per Cetinje partii avendo compagno di viaggio il giovane sig. Miuskovic di Niksic che era reduce da Parigi ove aveva felice- mente terminato il suo corso di studi in quella reputata scuola delle . miniere. Così nella notte fra il 18 e il 19 luglio rivedeva quella sim- patiga Cetinje ammirata da quanti sentono affetto per la Montagna Nera. 74 á A. BALDACCI Per formare la mia modesta carovana ed aspettare le commendatizie necessarie dal sig. G. Vukovic, gentilissimo ministro degli esteri, e da S. E. il Metropolita, mi fu forza perdere alcuni giorni preziosi che impiegai alla meglio su per le collinette di Cetinje ed in una escursione degna di ricordo fatta ad Obsovica nei confini della Rijecka nahija e dell Austria, gita che fu proposta dal vojvoda M. Vrbica e alla quale presero parte il già governatore di Andrijevica, T. Vukotie: il direttore del Glas Crnogorca, dott. L. Tomanovic; il sig. Miuskovic ed io. Obsovica è una località montuosa dalla quale oggi parte l’ acque- dotto che disseta Cetinje; la sua lontananza dalla capitale è di circa tre ore. Un’ escursione fin là merita forse qualche cosa in pri- mavera, poichè allora la vegetazione dev’ essere rigogliosa, ma in luglio quasi tutte le piante erbacee erano disseccate. Fu più una gita di piacere che di studio: ad ogni modo ecco le principali specie os- servate fra l' andata e il ritorno: Delphinium peregrinum L., Na- sturtium silvestre R. Br., N. lippizense DC., Alyssum calycinum L., Draba aizoides L., Dianthus silvestris Wulf., Silene Cucubalus Wib., S. saxifraga L., Lavatera thuringiaca L., Tilia argentea Desf., Rhamnus infectoria L., Cytisus Weldeni Vis., Vicia Cracca L., Cra- taegus hirsutior (Boiss.), Chaerophyllum aromaticum L. var. brevi- pilum Murb., Carduus arctioides W., Artemisia Absinthium L., Phil- lyrea media L., Salvia verticillata L., Teucrium montanum L., Celtis australis L., Fagus silvatica- L., Ostrya carpinifolia Scop. Il mio itinerario stabilito per l interno doveva attraversare la forte tribù dei Kuci lambendo le frontiere albanesi, e raggiungendo il Kom nel versante meridionale, all’ opposto di quanto aveva fatto lo scorso anno, io mirava specialmente a seguire le orme dello Szy- szylowicz che, fortunato lui, nel 1886, in poco meno di un mese, ayeva potuto rintracciare una tale quantità di piante da far mera- viglia, piante che gli servirono poi per pubblicare un libro (1). Frat- (') G, Beck et Ien. SzyszyLowrcz. Plantae a Dott. I. Szyszylowiez, in itinere yer Crnagoram et in Albania adjacente anno 1886 lectae. Cracoviae, typis Univer-. p sitatis Jagellonicae, 1888. Questo libro che porta un largo tributo alla conoscenza de lla flora montenegrina, non @ scevro da quelle imperfezioni in cui cadono ja molti x odierni fitografi, ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 19 tanto aveva già ricevuto le desiderate commendatizie e sebbene non fosse ancora arrivato Krsto P. Pejovic, la mia guida prediletta, quan- tunque un po’ troppo fiera per appartenere a quel villaggio di Njegos che compendia nel massimo rigore l'idea della Crnagora, e per cui, Nos per uno vero ed onorato montenegrino, sembra disonore il servire, (206 io partii la sera del 22 per Rijeka accompagnato per un bel tratto +3 da uno dei miei veri amici. il professore Milutin Kovacevie, e dal signore Miuskovie. Io mi ricordo di quella splendida e commovente sera. Quando giungemmo all’ alto della carrozzabile di Rijeka mi s’ apri dinanzi quel grandiosissimo panorama che, se fossi poeta. can- m terei in versi sublimi. La spaventevole natura della Rijecka nahija 5 | tinta in grigiastro pel miscuglio dei colori delle macchie, degli ag- se gruppamenti di casupole, delle tinte dei macigni, tutto in un lento 3 abbassarsi di collinette e di cocuzzoli finchè s' arriva ad abbracciare l'ampia pianura che fu già il letto del lago di Scutari e poi lontano, luccicanti di luce divina, gli alti, gli immensi picchi albanesi che fanno spavento. In una memoria botanica non dovrei inchiudere tutto gx ciò che non ha nessuna attinenza co’ miei studii, ma io che sono nato sotto il puro cielo del mio paese, sento fortemente il bello che mi presenta la natura, e il mio pensiero libra audace e si ferma dinanzi alle possenti manifestazioni del ereato. Fra pochi giorni comincie- ranno le fatiche. ode Fino verso Rijecka non m'accorgo di nulla, perchè m'ha vinto un’ irresistibile malinconia. Sullimbrunire prendo per le scorciatoje rasentando la piccola chiesa di Oceviei e annoto: Tilia argentea Desf., Bupleurum aristatum L., Punica Granatum L., Moltkia petraea Rchb., Quercus Grisebachii Kotschy, Asplenium Ruta muraria L., Ceterach officinarum Willd. e Adiantum Capillus Veneris L. Alle 8 sono a Rijeka e la fortuna mi fa incontrare nel dott. Salambros, il quale mi ospita con molta cordialità fino alla partenza per Podgo- ritza. L' indomani, 23, é un giorno che abbrucia, ma per non perdere x | inutilmente il tempo prendo il vascolo e vado a fare un’ escursione ad Obod dove nasce la Rijeka Crnojevica, che, dopo breve cammino, si getta nel lago. Obod è una rupe in cui s' interna una lunga ca- ACA V > alte ini i rr Md io E B LEM S f x M i "EQUES eee T AL T dea io m 76 A. BALDACCI verna della medesima conformazione di tante altre che si trovano in questi paesi dell’Adriatico orientale; è là, dentro a quelle profonde si voragini naturali caratterizzanti i terreni calcarei, che hanno loro sorgenti numerosi fiumi. In verità se non fosse la causa che Krsto non è ancora arrivato sarebbe meglio proseguire subito per Podgo- ritza giacchè in qualunque parte delle nahije della vecchia Crnagora, durante i mesi da giugno in avanti, non c’è più nulla per il bota- nico. Le nahije della Katunska, Rijecka, Crmnica, Ljesanska, Zeta ap- partengono a quella zona delle dolline che ho già ricordato in una passata memoria, zona che è quasi affatto speciale dell’ Erzegovina e del Montenegro, e che raggiunge di rado i 1000 metri dal mare, ma che è molto interessante per la ragione delle miriadi di incavazioni o vallette, dagli indigeni dette « doline », limitate assai e riparate in causa del gran numero di cocuzzoli da quel forte vento che è la « bora », la quale non permette che si sviluppino selve o boschi e per cui le piante erbacee sono in discreta maggioranza, e fra esse, quelle pelose hanno la prevalenza, sebbene tutte si siano mirabilmente adat- tate al loro ambiente, giacchè è assai difficile di trovare specie che non abbiano un fusto robusto colle relative foglie tenaci o coriacee. Ma un altro fatto che ha una certa influenza sulle produzioni vegetali di queste nahije così costituite è la presenza costante del substrato calcareo, di qualunque forma esso sia nongimporta, e in appoggio di cotesto mio modo di vedere insisterò più a lungo altrove, perchè sem- brami di estrema importanza lo studio della distribuzione delle piante nei paesi compresi fra il Carso e la Grecia. Nei dintorni di Rijecka è abbondante il Vitex Agnus-castus L., che in levante indica la natura paludosa del suolo. Altre piante incontrate sono: Micromeria parviflora Rehb., Nepeta nuda L., Ficus carica L., Salix alba L., Ephedra campylopoda ©. A. M., Potamogeton fluitans Roth., P. pusillus L., Iris pallida Lamk. Intorno alla casa del mio ospite erano comuni: Datura Stramonium L., Hyoscyamus albus L,, Amarantus viridis L., A. retroflexus L. Entro la proprietà di S.A. il Principe Nicola osservai, forse sfuggita alla coltivazione di una deeina d'anni addietro: Zberis amara L., ed Eschesholtzia californica Cham. — — De € ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 71 La mattina del 24 partiva per Podgoritza una earrozza, ed io ne profittai con vero piacere, poiché la traversata della Ljesanska nahija mi avrebbe pesato assai se l avessi fatta colle mie gambe. E non solo la Ljesanska, ma tutto il rimanente della Rijecka e del Ljesko polje è un paese talmente squallido e così colpito dalla miseria che non dà forza nè al cuore, nè alla mente e si preferirebbe di passarlo come un baleno. In molti punti di questo territorio si vedono, in ‘mezzo alla desolazione più straziante, delle catene di macigni grandi come le più piccole piramidi d'Egitto, tutti di uno pezzo, corrosi dal ‘tempo e dagli uragani spaventevoli, macigni che di notte sembrereb- bero orribili fantasmi e che nei giorni di lotta, all’ avanzarsi degli ottomani invadenti la Crnagora, servirono di fortezze inespugnabili a questi invitti figli della Montagna Nera. Il governo nazionale ha già terminato una strada carrozzabile che andando a Podgoritza seguita poi fino a Niksic e forse un giorno arriverà in Erzegovina: di ciò merita ogni lode l' opera sagace dei funzionari e degli operai monte- negrini. La nostra vettura tirata da due forti cavalli avanza rapida- mente, alle salite, e sono numerose, ho tutto l'agio di diseendere per osservare. Da Rijecka a Sindjon e Drusici incontro: Punica Granatum L., Artemisia camphorata Vill., Moltkia petraea Rehb., Linaria Elatine Mill. Marrubium apulum (Ten.), Nepeta Cataria L., Ephedra campulopoda C. A. M., Andropogon pubescens Vis. Il sole è cocente e i raggi che si ripercuotono in questo brullo paesaggio offendono la vista e siamo costretti a ripararci nei poverissimi « chan » che non meno impetuoso * mancano lungo la via. In certi punti ove il vento è nella maggior parte dell'anno qualche magra selva porta una nota migliore. E un paese meridionale cotesto, lo si sente e lo si vede, ma i freddi enormi dell'inverno lo abbattono in modo sensibilissimo. Verso Drusici sembrano contrastarsi il terreno due Quercie, la Q. con- ferta Kit., e la Q. Grisebachii Kotschy. Come mai può avvenire questo fatto? Senza pretesa mi permetto di far osservare la que- stione. Ci sono dei magnifici alberi della specie di Kitaibel che hanno molti caratteri dell altra e nelle foglie si palesano evidentissimi i E passaggi dalla forma ampia e plurilobata alla ovato-lanceolata. Oltre * 78 Ae BALDACCI il villaggio summenzionato si dirada la Q. conferta Kit., e vi su- bentra la Q. Cerris L., essendo sempre comune la specie di Kotschy, la quale, decisamente, ha una forte proprietà di espandersi. La Cerris pure, ad imitazione della conferta modifica stranamente i suoi carat- teri fogliari (giova sapere che in quanto ai caratteri del frutto ogni singola specie li possedeva con piccole differenze dai normali ), ma qui la cosa è di più leggiero conto essendo notoria I affinità fra Q. Cerris L., e Q. Grisebachii Kotschy. Davanti a questo fatto che non è limitato ad uno o. due individui, ma a centinaia, anche l in- stabile forma delle foglie, per solito di niun valore, è da tenersi in nota per emettere forse una considerazione non totalmente ingiu- stificata che queste Quercie o per proprietà filogenetiche o per carat- teri dipendenti dalla natura dell'ambiente, derivarono da una specie progenitrice, non ancora ben nota ma che si potrebbe avvicinare a quella di Kotschy, la quale tendendo a divulgarsi si va modificando. Il dubbio che gli esemplari da me veduti possano essere altrettanti ibridi avrebbe una spiegazione? Io credo che sia molto difficile poter giustificare degli ibridismi nelle Quercie. Il fatto testé ricordato vale una volta di piü a mettere in guardia i fitografi coscienziosi, i quali non dovrebbero mai lasciarsi illudere da occasionali presenze di ca- ratteri per descrivere nuove specie e portare confusione generale dove sarebbe da desiderare la massima precisione in fatto della teoria della specie. A Sinjac siamo in vera Ljesanska nahija. Da Drusici ai con- torni di questo villaggio ho potuto annotare: Tilia argentea Desf., Ruta divaricata Ten., R. bracteosa DC., Cytisus Weldeni Vis., Ce- phalaria leucantha Schr., Knautia hybrida Coult., Achillea crith- mifolia Kit., Centaurea alba L., C. deusta (Ten.), Carlina corym- bosa L., C. vulgaris L., Carduus collinus W. K., Campanula Erinus L., Fraxinus excelsior L., var. rosirata Guss., Linaria bombycina Boiss., Ballota rupestris Vis., Teucrium roseum (Boiss.), Celtis au- stralis L., Smilax aspera L.. Asparagus angustifolius L. Verso ie 7 1/3 ant. siamo già nel distretto di Ljesko polje che .fa parte della pianura di Podgoritza, pianura appartenente al terreno quaternario più recente. È assai abbondante | Eryngium amethystinum L., e, cosa curiosa, X * ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 79 fra esemplari di tale pianta trovo una consorella, VE. creticum Lamk. Del resto peche altre specie fra cui il Tribulus terrestris L., che non rinnega il suo modo di vivere in terreni sabbiosi già facenti parte del mare e dei laghi e la Crozophora tinctoria Ad. Juss. Alle 8 1/, rivediamo Podgoritza, il miglior centro commerciale del Montenegro e v che ha gran parte delle sue risorse dai ricchi mercati che in essa si i tengono. Il viaggiatore nota il continuo progresso che si fa strada nei già dominii turchi; invece di cittadelle diroccate, prive di comunica- zioni, di speranza, di vita, ripiene di tristezza e d' inerzia, trova ora i a tutto il contrario. Podgoritza è un punto ove si vive discretamente, | quasi all europea ed è qui che io formo la carovana, dopo arrivato Krsto e Gajo Radanovie il conduttore del cavallo; facciamo le prov~ p. viste per il tempo ehe staremo ai Kuci e ai Vasojevici. Se si vuol fumare, a Podgoritza c'è modo di comperarsi del tabacco eccellente, lungo la via non se ne trova più. Eeco abbandonata la zona delle dolline. Ora entreremo nella zona si montana ed alpina e ogni due giorni saliremo ad oltre 2000 m., giac- chè, passato Medun che impariamo a conoscere fra poco, ci aspettano le cime del Zijovo, di Maglie, di Crna planina, di Suho-vrh, del Kom. E Nel viaggio che ei ha condotto fino a Podgoritza abbiamo trovato l'o- v livo molto di rado, cid che farebbe supporre essere le dolline fuori su: del dominio mediterraneo. Ma anche escludendo la spiaggia di Antivari 25 “che necessariamente ha l'olivo perehé il suo clima lo vuole, posso as- i sicurare che il Montenegro occidentale, costituito di montagne oscil- 1 . lanti da 500-1000-1700 m. (queste ultime si contano), esposte ad uno dei più formidabili e freddi venti, con temperature variabilissime dal- l'inverno all'autunno, fa parte del dominio mediterraneo. L'olivo del resto, esiste in molti punti, ma non è soltanto quest'al- bero ehe può farci circoscrivere un dato paese in geografia botanica; sono tutte le piante sempreverdi e poi, quasi in prima linea, quelle a E struttura fogliare robusta, coriacea, che hanno fusti provvisti di nu- ; merose fibre, e con cellule contenenti pochissimo plasma e sostanza cellulare, oppure quelle che sono provvedute di tomenti. Di tali piante se ne ‘incontra un numero immenso da Antivari a Podgoritza costeg~ Pel * 80 : A. BALDACCI À giando le falde del Lovcen (1750 m.) Abbiamo al livello del mare lO- livo, Quercie sempreverdi, Phylliraeae, Rose a foglie non caduche, Mirti, Smilax e molte altre fra le legnose; per le erbacee basta no- minare la Scilla maritima L., il Teucrium Polium L., e la Putoria calabrica L. per non fare una lista di duecento e più nomi. Ad una altezza oscillante fra i 300-900 m. nell’ interno del paese ( Katunska, Rijecka, etc.), abbiamo la Punica Granatum L., forme di Crataegus mediterranei, poi la Salvia officinalis L., comunissima dappertutto, alla quale non stento a dare molto valore. Sorvolo tale giudizio geo- M grafico che amplierd come ho promesso. Ora mi contento di seguitare ia la descrizione del viaggio (1). s A Podgoritza stetti fino alla sera del 25 luglio e dopo il pranzo in casa dell’ ottimo signor Krikor-effendi, rappresentante della Porta in | questa citta, partimmo per Medun. Fino ai piedi delle ultime colline a dei Kuci, il piano estesamente incolto in causa dell inoperosità degli abitanti, offre di tratto in tratto qualche bella risorsa in mais e in vigneti. Il vino di cotesti luoghi è nero, è uno dei migliori prodotti 2 e io credo che abbia prevalenza su quello tanto decantato di Crmnica perchè più ricco di tannino. Ai primi pendii ci abbandona il terreno quaternario che lascia subito il posto al calcareo non privo di sorgenti di acqua freschissima troppo desiderata dal viaggiatore nei mesi caldi. La miseria apparisce grande, le solite nude roccie, fra le quali sten- . tano la vita gli arboscelli più parchi di nutrimento come il Paliurus e la Punica. Trovo i primi esemplari del Dianthus medunensis Beck et Szysz. A notte il tempo si fa nuvoloso, indi piovigginoso finchè ar- riviamo a Medun nella casa dell’ eroe popolare montenegrino vojvoda a Marko Milianov Popovic pel quale aveva una lettera di presentazione. : * (0 Alcuni potranno chiedermi perchè io non abbia piuttosto scritto un vasto catalogo di piante che una simile e lunga narrazione. Sono d'avviso che cotesto scritto possa giovare, se pure gioverà, più che un elenco di nomi am- e Mg: per il semplice fatto che qui non tralascio di riportare tutto quanto — i ha procurato maggior interesse su qualunque argomento. Chi vuol avere un Pre delle piante montenegrine si provveda del libro di « AscHERSON et Kan Catalogus Cormophytorum et antophytorum Serbiae, Bosniae, Her- eegovinae , Montis Scodri, Albaniae Medos cognitorum; Claudiopoli 1877. - * NÉE OA la eee sue an F - e UN De a F Ks E . ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO sl Il « junak », di aspetto ilare e franco, pose a mia disposizione la sua casa con molta cortesia ed io gliene rendo le grazie più sentite perchè non solo ebbi l’agio di passare a Medun due lietissimi giorni, ma ebbi ancora la rara fortuna di conoscere un ardito patriota ed un guerriero di fama. . Il 26 stabiliamo di non allontanarei troppo dalla vicinanza. Da ora in avanti citerò soltanto nella maggior parte le piante che ho veduto e poche di quelle raccolte: queste desidero di presentarle più ordinate in seguito con quelle osservazioni e quegli studi che me- ritano. La fortezza dì Medun è in rovina completa; dall’ alto di essa il panorama è malinconico giacchè le sottostanti capanne dei monta- nari Kuci sono povere oltre ogni dire. Il patriotismo è un'idea immensa più sentita fra la misera che non fra la ricca gente. Questi valorosi erano soggiogati ai turchi innanzi la guerra del 1876-77 e, tolte al- cune scorrerie di albanesi che irrompevano nel paese, vivevano suf- ficientemente tranquilli. Venne il momento della lotta, presero le armi, morirono a centinaia combattendo da veri eroi, ed i superstiti passa- rono sotto lo scettro di Nicola, sotto l'avito governo patrio in condi- zioni moralmente buone, ma in fatto tali quali erano prima, perchè quel famoso congresso di Berlino li chiuse nelle cerchia dei loro macigni come per farli tutti perire di fame e di fatiche, mentre poteva con- cedere, per sollevarli, un po’ del fertile territorio albanese. Sarebbe stato tanto di guadagnato per | Europa, ed ora non si avrebbe una provincia come quella di Seutari la quale non si sa a chi appartenga ed è peggio che una contrada dell'Asia centrale. Cid che osservai nei LI contorni di Medun è quanto segue: Nigella arvensis L., Delphinium _ pubescens (Freyn.), Vesicaria graeca DC., ? Helianthemum obscurum Pers., Dianthus petraeus W. K., D. silvestris Wulf., D. Nicolai Beck et Sysz. D. medunensis Beck et Sysz, (quest' ultimo abbondante per le rupi) Silene Otites Sm., S. Reichenbachii Vis., Cerastium tomen- tosum L., Hypericum perforatum L., Geranium sanguineum L., Tri- bulus terrestris L., Rhamnus saxatilis Jacq., an infectoria? L., Ge- nista Villarsii Clem., Cytisus Tommasinii Vis., C. Weldeni Vis., ~? Ervum sp., Crataegus monogyna Jacq. var., Sedum glaucum Wald., ~ sa A. BALDACCI Bupleurum Odontites L., Ferulago silvatica Rehb.. F. communis L., Orlaya grandiflora Hoffm., Asperula aristata L., A. scutellaris Vis., Galium aureum Vis., Sambucus Ebulus L., Scabiosa ucranica L., Artemisia Absinthium L., Chamaepeuce stricta DO., Carduus colli- nus W.K., Centaurea Nicolai Bald., ? Tragopogon Tommasinii Vis., Trichocrepis bifida Vis., Podanthum limonifolium Boiss., Chlora per- foliata L., Cynoglossum Columnae Ten., Moltkia petraea Rchb., Mar- rubium candidissimum L., Polygonum dumetorum L., Ephedra cam- pylopoda C. A. M., Ruscus aculeatus L., Briza maxima L. Altri autori citano per Medun un maggior namero di piante, ma contano varietà e sottovarietà infinite che non hanno quasi nessuna importanza, per cui io mi restringo ad annoverare le specie stabilite dagli autori più noti con a capo Linneo, il quale, in fatto di specie, è anche ai nostri giorni un’ autorità di primo ordine. Che le specie si modifichino lo ammettono tutti, ma che di ogni individuo che offra una variazione nella foglia, o nel colore dei fiori. o nelle più o meno pelosità. della pianta, o negli stami più lunghi o più corti, si debba fare una forma nuova non credo sia da ammettersi con troppa facilità nell’attuale stato della scienza, giacchè seguitando in tal modo si mi- naccia di formare un mostruoso caos da cui non potrà più liberare la fitografia nessun botanico, foss’ anche il più valente. È ingiusto dal- l’altro lato che si restringano troppo le specie quasi a non ammetterne più la variabilità: io penso che un buon classificatore debba tenersi nella via retta, « in medio stat virtus » e così l opera sua sarà gio- vevole per tutti e non si avrà bisogno di consultare decine di volumi per tirar fuori la sinonimia di una semplicissima varietà locale, de- scritta anni ed anni addietro e confusa e riconfusa di poi. Ai di nostri la botanica, come le altre scienze naturali, ha fatto clamorosi passi nella sua evoluzione, ma, come accade nelle cose nuove impiantate a progresso, gli errori non si sono potuti evitare. Vi sono autori che nel descrivere delle specie tengono calcolo di caratteri istologici con quanto danno ognuno lo vede. Giacchè scienziati di fama e onestis- simi hanno dimostrato che la biologia e la filogenesi porterebbero in un nuovo campo, nel campo vero e che non teme confronti, i fatti che ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 83 ei debbono guidare nel compilare le flore, perché non teniamo in conto, se vogliamo fare varietà di generi o di specie, lo studio dei caratteri filogenetici e possibilmente anche biologici ? Deserivendo una data specie tipiea con questo indirizzo si presenterebbero i migliori risul- tati e senza dubbio le innumerevoli variazioni di essa sarebbero, per modo di dire, collaudate dai fatti e si farebbe un'opera meritoria pei botanici venturi che debbono accettare, io credo, simili studi. Io os- servo che gli autori elassificando le piante di uu paese ignoto o poco noto, propongono centinaia e centinaia di nuove specie. E sta bene. Ma queste specie sono esse tipiche, oppure non sono che manifesta- zioni delle loro progenitrici, manifestazioni secondarie stabilitesi in quel dato paese per opera dell'ambiente? E allora perchè tanta ab- bondanza ? — A Medun m’ accorgo subito del cambiamento nei costumi nazionali, però il fucile e la « guzla » figurano sempre in ogni casa. Anche qui è il vero tipo montenegrino che vive; invano si cercherebbe una razza mista come si potrebbe supporre essendo gli albanesi a poche miglia. Si vede proprio che lodio antichissimo fra questi due popoli non è mai diminuito, la lotta per la vita e pel progresso è stata crudele in mille occasioni ed ha portato il suo effetto di vittoria sul più nobile. Deve riconoscersi che gli albanesi si ritirano ogni anno giù giù per la loro patria, cedendo il posto a chi è giovane e forte; tutt'al più potranno ottenere di mescolarsi coi confratelli greci se pure anch'essi non cadranno. La natura non si tradisce mai, la morte colpisce tutti, e i popoli, grandi masse d'individui, in faccia alla legge naturale si comportano come un essere solo. Chi è giunto fino a Medun non può esimersi dal fare una visita alla catena dei monti di Fundina verso il Sud. La cima più alta ar- riva a 989 metri dal livello del mare e per ascenderla partiamo da casa coll’ alzar del sole del 27 luglio. Fundina non è mai stata percorsa da nessun botanico, per noi è un territorio nuovo degno di nota, seb- bene molto somigliante all’ altopiano di Ostrog: ambedue queste località ‘furono teatro di sanguinose battaglie. A Fundina il valore specialmente | dei battaglioni Kuci e Bratanoziei fu gigante: gli ottomani perirono a - aia A. BALDACCI migliaia. Raccontano che nell’inverno del 1876, dopo la battaglia, i pastori montenegrini ergevano d'infra gli spalti a precipizio innume- revoli scheletri di turchi rimasti insepolti che facevano lugubre mostra di sè principalmente nelle notti burrascose o quando splendeva la luna. In primavera questi scheletri si riversavano per terra a cagione dello squagliarsi delle nevi e del ghiaccio e lassù sono rimasti fino al presente. Io ho portato per ricordo alcuni pezzi d'ossame scelto fra l enorme quantità che esisteva. E da perdonarsi se i montenegrini non seppel- lirono tutti quei morti nemici: vige fra quelle popolazioni la legge del taglione: i turchi arnauti non seppelliscono i caduti falchi della Crna- gora e così succede che questi ricambiano in uguale maniera i loro confratelli ottomani. Per salire il Helem, la vetta di Fundina, noi passammo da Vrojaca e pei finitimi villaggi ove abitano serbi e albanesi che vivono fra loro in discreto accordo. La natura del suolo è calcarea. In un punto a precipizio scivolai e mi credeva tosto nel fondo, ma per miracolo restai aggrappato a degli arbusti, produeendomi soltanto forti graffiature. - Fino a Vrojea annoto poche cose. Ci sono boschetti di Cytisus Wel- deni Vis., Pistacia Terebinthus L., Rhamnus rupestris Scop. Le piante erbacee sono in gran maggioranza rovinate dalla ghiottoneria del be- stiame; sopravvivono, forse per i principii venefici o per altre cause che, contengono in sé: Helleborus multifidus Vis., Delphinium hybri- dum Stev., Erysimum linarifolium Tausch., Genista Sakellariadis Boiss. et Orph., Doryenium decumbens Jod., D. herbaceum Vill, Pru- nus Mahaleb Jacq., Crataegus monogyna Jacq., Lythrum bibractea- tum Salzm., Herniaria incana L., Scleranthus annuus L.,? Carum divaricatum Bert., Bupleurum Kargli Vis., B. semidiaphanum Boiss., Oenanthe Phellandrium Lamk., Torilis microsperma Bess., Galium purpureum L., Knautia arvensis Coult., Chrysanthemum cinerariae- folium Vis., Chr. graminifolium Rehb., Senecio erraticus Bert., Cir- sium sp., Onopordon illyricum L., Amphoricarpus Neumayeri Vis., Lactuca muralis L., Podanthum limonifolium Boiss., Edrajanthus | graminifolium DC., Onosma stellalatum W.K. Moltkia petraea Rehb. Serophularia canina L., Marrubium candidissimum L., Teucrium — me EU RS EET T al. me LE WA ME ac ate. Tom cid a M A ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 85 Chamaedrys L.. Plantago serpentina Lamk., Euphorbia spinosa L., E. dendroides L., Ephedra campylopoda C. A. M., Iris sp. (su per i precipizi verso mezzogiorno ), Phleum echinatum Host. Ci permet- mettiamo una sosta di un quarto d’ora alla sorgente di Velem e verso le 7 !/, riprendiamo la salita. Spiccano sovente le piante testé nomi- nate; di più vi sono Cornus mas L. e sofferenti arbusti di una Quercus delle nostre comuni che stentano la vita fra le fenditure. Trovo pochi esemplari di Dianthus Nicolai Beck et Sysz., il quale sembrerebbe D. monspessulanus L., se non fosse la legnosità dei cauli; poi gi- ganteschi mazzi di Galium purpureum L., la Betonica officinalis L. forse la varietà Cernagorae Beck et Bysz.) e Y Allium flavum L., misto agli A. sphaerocephalum L. e A. carinatum L. «Arriviamo in cima senza fracassarci le costole e ciò è un altro mi- racolo: bisogna provarlo per crederlo quel simpatico terreno; e allora, signori miei, vi domanderete esterrefatti come mai la natura permet- tesse che si consumasse una così sanguinosa strage lassù a Fundina. Io fui desiderosissimo di vedere il teatro della battaglia. Non si fa un passo senza temere di inciampare negli spigoli taglienti, lungamente lanciforme dei sassi. Dove il sangue fu versato a rivi (noi calchiamo le posizioni turche) cresce superbo fra gli scheletri infranti e oramai consumati il Dianthus monspessulanus L., come me lo ha classificato l egregio dottor Halacsy. Quei luoghi commuovono. Voi pensate alla carneficina che avvenne; torme furibonde d'uomini che combattono . eon fucili moderni a venti metri di distanza, poi si slanciano con grida t imprecanti e disperate gli uni sugli altri coi lunghi « jatagan » alla mano e le teste cadono e ruzzolano e volano per aria inseguite dagli sprazzi di sangue che guizza dalle carni fumanti. Una battaglia fra eri- ^ stiani e turchi deve rappresentare un'infernale strage. Si può pensare di maledire la guerra? No! La guerra é un mezzo potente di perfe- zionamento delle razze, segue la selezione e il progresso benché mo- mentaneamente ed apparentemente sembri non soddisfare a questi fatti, la guerra indica la lotta e la lotta occorre finché due specie, due va- rietà di organismi si disputano l'avvenire. E la guerra come noi l' in- tendiamo, qualunque sia il suo mezzo di soluzione, sarà pegno di tutti 6. as anno VI, vol. VE RG A. BALDACCI i viventi, dell’uomo ancora, finchè il cervello non abbia ottenuto un sopravvento, che non sappiamo intuire; sulla forza muscolare avanzo d'eredità geologica che ancora ci fa simili alle belve delle foreste. Infiliamo uno sconosciuto sentiero fra gli sterpi e verso mezzogiorno siamo già in casa del nostro ospite, tutto contento di sapere che non abbiamo sdegnato, in qualità di semplici studiosi di erbe, di prendere nota dei campo di Fundina ove egli raccolse i più grandi e meritati allori. Dopo il pranzo incominciai la preparazione del materiale per di essere pronto la mattina seguente a partire per le capanne del m. i Zijovo e a sera, coll'ajuto de’ miei due uomini, ho allestito tutto l'oe- corrente fuorchè metà della carta da disseccamento la quale mi sarà portata al Kom, giacchè è impossibile che un cavallo sia capace di trascinarsi più di ottanta chilogrammi. All’ alba del 28 siamo in piedi e partiamo commossi per |’ accoglienza ricevuta. Il simpatico vojvoda liberalissimo quanto il nostro Garibaldi col quale ha molti punti di contatto, e la cortese sua giovane signora, vollero nuovamente augurarci il buon viaggio. Addio Medun! Pren- diamo per la discreta mulattiera che mette in ‘relazione Podgoritza con Gusinje e Plava nel vilayet d’ Albania e a passo di strada giungiamo ad Ubli verso le 7. È un villaggio sparso in vaste collige coltivate molto bene a mais, a vigneti ed anche a cereali, per cui non stento a chia- marlo il territorio più fertile della tribù dei Kuci: una certa agia- , tezza si scorge pure negli abitanti che hanno le loro casette disere- tamente costruite e provviste, non foss altro, del necessario. Bei tipi di uomini e di donne ad Ubli. Lasciamo a destra la via di Orahovo e seguitiamo il cammino che comincia ad essere pesante perchè il caldo è forte e il sudore gocciola giù per gli abiti. Ascendiamo per una difficile cresta di colline avendo scopo di toccare Krzanje e in verità col calore che esiste e colla fame che tormenta non ho gran voglia di osservare. Nel mio libro di note trovo segnato per i dintorni di Ubli: Cytisus Weldeni Vis., Eryngium amethystinum L., Stachys Reinerti Heldr., Teucrium roseum (Boiss.), Quercus Grisebachii Kot- schy. Siamo entrati, cosa non comune, fra vasti boschi di varie Cu- | pulifere, ei interniamo per una gola che presenta un substrato differente j ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 87 del calcareo e dopo un via vai di svolte e di dubbi di aver perduto il buon sentiero, scopriamo le capanne di Krzanje colla chiesetta greca; Krzanje, villaggio di montagna senza vita e senza mezzi, perduto sulla schiena degli alti colossi dei Kuci. Alla fame fa compagnia una sete generosa, la sorgente del villaggio è a mezz” ora da esso e ci vuol pazienza. Vi giungiamo, l’acqua è fredda, ghiacciata, e, parola d'o- nore, ne bevo in tale quantità da morire sul colpo. Giacchè di alberi qui non ve ne sono, riempiamo un'otre e andiamo a pranzare sotto i primi faggi. Era l'una dopo mezzodì: io mangiai come un principe, panna, uova, formaggio e pane, poi un bel sonno e poi avanti con un gruppetto di pastori, giovani robusti e audaci che vanno ai loro « katuni di: Racama » sotto le cime del Zijovo, ove s'arriva di sera. La catena dei monti che forma il Zijovo, di natura calcarea del trias, * è compresa fra le valli della Mala Rijeka a ponente e dalla Cem ad oriente e sorge quasi nel mezzo della nahij dei Kuci. Comunemente vi abbondano riechissime foreste di faggi e d'abeti che rendono cupo e triste quell'insieme vasto, immenso di contrafforti; al limite degli alberi subentra tosto scoperta a brulla e coi fianchi a pieco la regione alpina, la quale comprende un nucleo di cime e di cocuzzoli, di pre- cipizi e di profonde voragini che riproducono, un po” più in piccolo la fisonomia del Durmitor. A Le piante che mi diedero maggiore soddisfazione dal punto ove ri- posammo fino ai « katuni » sono: Ranunculus velutinus Ten., Na- _sturtium lippizense D. C., Cardamine impatiens L., Dianthus silvestris — Wulf., D. calocephalus Boiss., Silene saxifraga L., S. Sendinerii Boiss., Cerastium moesiacum Friv., C. decalvans (Schloss. et Vuk.) an C. to- mentosum L.?, Moehringia muscosa L., M. trinervia Clairv., Alsine graminifolia Gm., A. clandestina (Port.), Geranium macrorhizum L., Malva moschata L., Onobrychis scardica Gris., Dryas octopetala L., Athamantha Matthiolii Wulf., Galium anisophyllum Vill., Scabiosa Hladnikiana Host., Senecio Visianianus Pap., Achillea abrotanoides Pa Vis, A. nobilis L., A. Millefolium L., Gnaphalium silvaticum L., G. . Pichleri Huter, Centaurea deusta (Ten.), C. incompta Vis., Campa- nula rotundifolia L., Linaria pelopounesiaca (Boiss.), Salvia verti- NS A. BALDACCI cillata L., Calamintha alpina Bert., Globularia cordifolia L., Ju- niperus nana Willd., Aspidium Lonchitis Sw., Cystopteris alpina Desy., Blechnum spicant Roth. I nostri accampamenti si trovano a circa 1600 m., il Zijovo arriva, secondo la carta di Rowinski, a 2133 m. dal mare (4), per cui calcoliamo circa tre ore di salita. Un pasto fru- gale, un letto di rami di faggio all'aria aperta, coperte pesanti e ric- che di parassiti, un freddo da inverno, ma in appoggio un riposo sa- poritissimo; ecco come passammo la notte dal 28 al 29 luglio. Il sole non è ancora alzato e siamo in mossa per la cima maestosa, affatto libera di nubi, tinta stupendamente da quel colore argenteo che è proprio dell’ aurora. Oltre ai miei due uomini ci segue un giovane pastore come guida e scorta, giacché non bisogna dimenticare che ai confini dell’ Albania le precauzioni per difendere la pelle, massimamente quando si hanno compagni montenegrini, non sono mai troppe. Abeti, pini e ginepri formano selve e foreste in massa lungo il sentiero: é il dominio delle conifere che non negano la vita a centurie bellissime di piante alpine: il faggio è decisamente scomparso. Seguito la nar- razione togliendo dal mio libro di viaggio. Fin sulla vetta noi impie- ghiamo quattro ore; ma ci è forza di fermarci ogni momento per rac- cogliere materiale ed anche a cagione della salita oltremodo sassosa, difficilissima, quasi a perpendicolo dobbiamo avanzare cauti cauti ag- grappandoci alle erbe per timore di non cadere nei sottostanti bur- (t) La carta promessa dal Sig. Rowinski fu pubblicata sullo scorcio del 1889, e messa in commercio alla fine del 1890. E senza dubbio la migliore che oggi- giorno abbiamo del Montenegro, poichè fu fatto su quella dell'Istituto geografico militare russo del 1881, la quale, sebbene avesse molti errori, era pur sempre la più desiderabile di tutte, perchè le anteriori, comprese le due dell’ Istituto austriaco, non rispondevano che imperfettamente a poche esigenze. Il Rowin- ski non ha dato una carta topografica, ma intanto si è sforzato di correggere le numerose inesattezze in fatto di strade, di villaggi, di torrenti, di laghetti, ed ha portato un notevolissimo miglioramento alla conoscenza dell’ altimetria dei monti della Crnagora. Il mio giudizio sull'opera dell'egregio autore, non è sicuramente il più adatto, questo lo so, ma avendo adoperato la carta posso accertare che è ottima, e in una sua seconda edizione le darà quella perfezione che si merita. Come è mai possibile di studiare con precisione matematica, dal lato neo il teso; — M ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 89 roni. Abbiamo abbandonato ogni vestigio di frutiei, siamo a 1900 m., quando ci occorse un caso tutt'affatto impreveduto. Alla svolta di una china del monte, i pastori di Dobri-dó (« katuni » più a Nord di Ra- cama), non conoscendoci per la lontananza, ci hanno preso per Ar- nauti e non c'è stato mezzo. di persuaderli, benchè i miei tre uomini urlasse,o con quanto fiato avevano in gola, che noi eravamo liberi escursionisti. In verità bisogna ammirare la forza degli apparecchi vo- cali che possiede questa gente: sono capaci di parlarsi a miglia di di- stanza. Inaspettatamente ci raggiungono tre o quattro donne in meno che si dica che domandano di parlamentare coi presunti nemici (sono sempre le donne adibite a cotesto atto; gli uomini, fossero anche i più barbari, le rispettano sempre e non si racconta neppure un Paso in cui la donna sia stata uccisa). Dopo un quarto d’ora arrivano di corsa gli uomini armati, prendendo posizione dietro i sassi iu atto di colpirei. Ma, fortuna per noi, ei hanno subito riconosciuti, chè, altrimenti, ci avreb- bero finiti essendo noi in luogo inadatto per tirare ed esposti dentro una gola. Fa seguito un grande ed assordante clamore prodotto dalle due parti per chiedere le scuse che io, in qualità di offeso, accetto così alla buona e ridende di tutto cuore e seguitando ad occuparmi delle mie cose sull'orlo del nevai. Dalle cime del Zijovo il pano- rama è bello: la vegetazione è un pò avanti, ma del buono ve n'ha sempre. Facciamo colazione con del latte e del pane e poi raccolgo. Eeco le specie annotate e che si trovano fra i 1700 m. e la cima lungo il cammino percorso: Ranunculus paucistamineus Tausch, Trol- lius europaeus L., Delphinium peregrinum L., Dentaria bulbifera du Aubretia croatica Schott, Viola biflora L., Helianthemum oelan- dicum Wahl., Cerastium dinaricum Beck et Szysz., C. arvense L., Anthyllis montana DC., Saxifraga glabella Bert., S. Bavii (Engler), Sempervivum patens Gris., Sedum magellense Ten., S. bononiense Loisl., Valeriana montana L., Bellidiastrum Michelii Cass., Gna- phalium supinum L., Jasione supina Sieb., Edrajanthus Kitaibelii DG.. E. graminifolius DC., Campanula carnica Sch., €. patula L., Gentiana lutea L., G. asclepiadea L., G. crispata Vis., Chenopodium Bonus-Henricus L., Lilium albanicum Gris., Fritillaria montana a Veratrum album L. A: (Continua) 90 ; HERMANN ROSS Anatomia comparata delle foglie delle Iridee Studio anatomico-sistematico del D. Hermaxn Ross. (con tav. V-VII) Numerosissimi sono ormai i lavori cosidetti anatomico-sistematici che hanno per iscopo prima di studiare la struttura interna di uno o tutti gli organi vegetativi nel maggior numero possibile di specie entro un dato genere, una tribù o una famiglia, poi di confrontarle dal punto di vista anatomico constatando le affinità e le differenze che si mani- festano tra di loro, ed infine di vedere se e sino a qual punto questi risultati vanno d'accordo coll’ attuale classificazione di quel gruppo la quale per lo più si basa quasi esclusivamente sulla morfologia esterna ed a preferenza su quella degli organi riproduttori. Obbietto principale della tassonomia è la limitazione delle specie, dei generi, delle famiglie ecc. nel modo più naturale possibile e la luro riunione in gruppi sempre più elevati secondo la loro affinità naturale, edificando in tal guisa il sistema naturale. La maggiore o minore affi- nità tra i singoli organismi non consiste soltanto nella più o meno grande conformità esterna di determinati organi, ma anche nelle ana- logie di tutte le parti del loro corpo, quindi anche della loro struttura intima. E ben noto che un organismo sotto le speciali influenze di agenti esterni muta piü facilmente nella sua conformazione esteriore che nella costituzione interna, ed appunto per questo motivo l'anatomia compa- rata è in grado di prestare valevole aiuto al sistematico. Ed in fatto nel maggior numero dei casi le ricerche eseguite in questo senso hanno dato buoni risultati. Oltre all’ utilità ed all’ importanza per la sistematica tali studii ana- iomici comparati sogliono anche dare dei risultati non privi d'interesse per l'anatomia descrittiva, venendo attentamente esaminate a tale oc- casione molte piante non ancora sottomesse ad uno studio microscopico. de Lam Se NUS | PERS TA aA N ae. ds K Reins Lee a ui e. [4 | k š (ESS pc * eS 1 A t'è SE Mp 1 ; Bowls ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE ` 91 ae Per quanto a me è noto, ricerche speciali sull'anatomia delle foglie delle Iridee non sono finora state eseguite (1). Qualche volta gli autori dd nelle diagnosi e più spesso nelle illustrazioni delle Iridee tengono pure a conto della figura del taglio trasversale della foglia; questi tentativi sono però isolati e non di rado tali figure neanche sono esatte dal punto di EM vista anatomico, ma non di meno provano ad evidenza l'importanza ip . tassonomica della conformazione generale esterna delle foglie in questa Es famiglia. E da menzionare a questo proposito anzitutto la monografia Li del genere Crocus pubblicata recentemente dal Maw (2), nella quale viene anche data la figura schematica del taglio trasversale della foglia che è caratteristico e diverso per quasi ogni specie. Però anche questo autore si limita ai semplici contorni senza entrare in particolarità ana- tomiche. Pax, l’autore delle Iridee sete « Natürliche Pflanzenfamilien » di Engler e Prantl, parlando della loro struttura fogliare, accenna alla grande diversità relativamente alla loro conformazione generale e ri- + porta le figure schematiche del taglio trasversale di quattro tipi prin- È; P cipali, senza però approfondire l argomento. Nell’ Orto Botanico di Palermo vi è, da lungo tempo, raccolta per cura del compianto prof. Agostino Todaro, una discreta collezione di Iridee che dopo averla studiata e rettificata mi offrì il primo materiale per (!) Solo dopo avere terminato quasi completamente il mio manoscritto ven- nero a mia conoscenza le note preliminari su questo argomento pubblicate dal prof. R. Chodat e Mad. Balika Iwanowska (Compte Rendu des travaux preseates à la soixante-quatorziéme session de la Soc. helv. des Sc. Nat. reunie à Fri- À d'Hist. Nat. de Geneve VIII, 1891 pag. 71); essendo queste note però troppo compendiose, non si puó rilevarne molto, per eui non avró bisogno di citarle spesso. Se GEORGE Maw, so monograph of the genus Crocus. London 1886, bourg 1891, pag. 30 e Compte Rendu des Séances de la Soc. de Physique e 92 HERMANN ROSS il presente lavoro. Nel corso del tempo ho accresciuto considerevol- mente questa collezione coll'aiuto di numerosi stabilimenti botanici ed orticoli e di pareechi privati ehe ci inviarono gentilmente specie a noi mancanti. Delle Iridee europee mi sono servito, per quanto è possibile, di esemplari spontanei che in parte raccolsi io stesso in Sicilia, mentre numerosissime altre specie mi furono comunicate da amici e corri- spondenti. Si intende che ho impiegato soltanto materiale sulla cui determina- zione non c' era il minimo dubbio. Non si può fare alcuna obiezione seria contro l’impiego di esem- plari coltivati in tali ricerche, poichè è ormai bene accertato che la coltura non produce qualsiasi mutamento notevole nella disposizione e qualità dei singòli tessuti, e nel nostro caso tanto meno, giacchè da noi le Iridee vegetano nelle condizioni più favorevoli possibili, trovan- dosi esse per tutto l'anno all'aria aperta causa il dolce clima della Sicilia. Di più ebbi anche occasione di constatare, in fatto, che tali influenze sono nulle o minime — dato che la pianta vegeti rigoglio- samente — confrontando sino a tutti i dettagli la struttura di piante coltivate con quella di esemplari selvatici, senza trovare mai diffe- renze di sorta. Quattro anni fa, quando cominciai queste ricerche, intendevo ese- guirle esclusivamente sul materiale vivo, onde studiare pure fondamen- talmente la morfologia del fiore e di tutti gli altri organi, la qual cosa non si può fare che incompletamente su esemplari secchi. Mi sono persuaso però che il numero delle specie di Iridee che si trovano in coltura è troppo piccolo per trarne conclusioni generali, e per questo motivo ho dovuto ricorrere a materiale d'erbario. Si comprende facil- mente che le foglie secche, principalmente quelle di consistenza deli- cata, non si prestano sempre per gli studi anatomici e di fatti alcune volte non sono riuscito a riconoscere tutte le particolarità nella loro struttura intima. Nell’ erbario di questo R. Orto Botanico ho trovato parecchie specie in esemplari originali; molte altre interessantissime debbo alla genti- lezza del sig. Dr. Hans Schinz da Zurigo, la maggior parte delle quali VERA $ vx ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 93 è stata raccolta da lui stesso nell’Africa meridionale. Di più Sir Fer- dinand von Mueller a Melbourne, il Dr. Muller in Blumenau (Brasile) ed il Dr. Rudolf Marloth a Cape Town mi favorirono gentilmente pregevole materiale delle loro regioni. Un grande numero di specie interessanti ho ricevuto pure dagli erbarii di Berlino e Firenze. Colgo questa occasione per esprimere i miei più vivi ringraziamenti a tutti coloro che hanno contribuito a rendere più completo questo mio lavoro. Bentham ed Hooker nei « Genera plantarum » ammettono 57 ge- neri con circa 700 specie nella famiglia delle Iridee. Il totale delle specie da me studiate anatomicamente ammonta a circa 300, apparte- nente a 53 generi, cosicchè soltanto di 4 generi (!) non ho studiato alcun rappresentante. Della maggioranza dei generi ho esaminato un numero più o meno considerevole di specie che danno una idea abbastanza esatta della loro struttura fogliare, mentre in alcuni altri casi ho po- tuto studiare soltanto un numero molto limitato di specie, ed allora non si possono naturalmente generalizzare i risultati ottenuti. Lo scopo a cui aspiro sarebbe solo raggiunto, dopo aver studiato profon- damente dal punto di vista anatomico, morfologico e tassonomico, tutte le specie conosciute di lridee; a ciò si oppongono però delle diffi- coltà e degli ostacoli così grandi che passeranno certamente molti anni per superarli. E per questa ed altre ragioni pratiche pubblico ora al- meno una parte delle mie osservazioni. La nomenclatura delle Iridee, come è noto, è difficilissima per il grande numero di generi e specie inutilmente creati, e perciò in ap- presso soppressi, fatti che risultano, non solo dai concetti divergentis- simi dei singoli autori intorno alla limitazione dei generi e delle specie, ma anche dalla difficoltà che le piante in parola presentano allo stato “secco, causa la delicatezza degli organi fiorali. Forse in nessuna altra (t) Uno di questi, il genere Keitia, è del resto Jabke, essendo soltanto im- | perfettamente conosciuto. - : HERMANN ROSS famiglia i sinonimi sono tanto numerosi come nelle Iridee (!), la qual cosa aggrava naturalmente di molto la determinazione delle specie, nonchè la classificazione della famiglia. Una monografia completa delle Iridee non esiste; il lavoro più ge- nerale e relativamente recente è il « Systema lridacearum » di I. G. Baker (2) contenente tutte le specie conosciute fino all’ epoca della sua comparsa. L'autore dà però la descrizione soltanto per i generi, limi- tandosi per le specie ai semplici nomi colle indicazioni più necessarie intorno alla bibliografia, alle figure, ed ai sinonimi, senza aggiungere le diagnosi che spesse volte si trovano sparse in libri e periodici diffi- cilmente accessibili. Bentham ed Hooker nei « Genera plantarum » (3) e Pax nelle « Na- türliche Pflanzenfamilien » (4) conforme all'indole delle dette opere, si occupano quasi esclusivamente dei generi. Nei « Genera plantarum » però i dotti autori fanno per ogni genere estese osservazioni critiche importantissime per lo studio delle specie. F. W. Klatt pubblicò diversi pregovoli lavori sulle Iridee e trattò monograficamente alcuni generi; egli espone pure una classificazione di tutta la famiglia. (5) ll Klatt ha pure redatto la famiglia delle Iridee nella nota « Flora brasiliensis » di Martius, Eichler ed Urban (5). Inoltre il Klatt dopo la comparsa del « Systema Iridacearum » del Baker in una lunga memoria (7) com- pletò e corresse le osservazioni ed idee di questo autore. Ker, oltre alle numerose specie che descrisse ed illustrò nel Botanical Magazine ed altri giornali scientifici, pubblicò un lavoro generale sulle Iridee (t) Per addurre un esempio cito la Trimezia martinicensis Herb. di cui il Baker riporta 13 sinonimi appartenenti nientemeno ad ll generi diversi con 6 nomi specifici div (*) In € of ma PESA Sew. Botany, vol. XVI, p. 61, 1877. (*) London 1883. (9 Pojet did Prantl, Die natürlichen Pflanzenfamilien. Band II, 5 Abth. pesci. 1888. (9) cn « Linnaea » vol. 31, 32, 34 e 35, 1861-68. (5) Flora ere fasc. LIII. (7) F. W. Kuatr, Ergänzungen und Berichtigungen zu Baker's Systema Ivi. dacearum. Halls. jam 2, siti E ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE ~ 95 \ non privo d'interesse (1). Di somma utilità per la determinazione delle specie è pure la sesta edizione delle « Species Plantarum » redatta dal Dietrich (2), unico libro in cui si trovano riunite le descrizioni di tutte le specie delle Iridee conosciute in quell'epoca. Per gli studii sistematici, base di ogni lavoro di questo genere, mi hanno pure reso molto aiuto le opere iconografiche, ed anzi tutto il Botanical Magazine, Les Liliacées par P. I. Redouté, Icones plan- tarum rariorum ed Plantarum rariorum horti caesarei Schoenbrun- nensis descriptiones et icones di N. I. Jacquin. Oltre a questi autori, moltissimi altri, principalmente floristi, si sono occupati delle Iridee come di tutte le altre famiglie, e quindi senza entrare in maggiori det- tagli. E inutile citarli in questo proposito; se del resto offrono inte- resse particolare, avrò occasione di menzionarli nella parte speciale. Le classificazioni degli autori più importanti sono tutte quante di- verse, giacchè ognuna di esse è fondata su altri caratteri. Volendo at- tenermi per ora ad uno di questi sistemi, mi sono deciso per quello adottato da Bentham ed Hooker nei « Genera plantarum, » ma non mancherd di esporre le mie proprie idee in proposito, se non vado d'accordo coi sullodati autori (3). Quando poi avrò portato a termine i miei studii, tenterò di elabo- rare una classificazione delle Iridee che si basi tanto sui caratteri mor- fologiei. quanto anatomici, e non solo degli organi riproduttori ma di tutti gli organi. Joun BELLENDEN Ker, lridearum genera. Bruxelles 1827 1833. (E a rano che il prof. Chodat nelle sue note preliminari non tiene affatto tham le d pro: conto della classificazione di Ben ed Hooker, limitandosi a quelle del . Baker e del Pax HERMANN ROSS PARTE GENERALE CAPITOLO I. Conformazione Generale. Gli organi fogliari delle Iridee si presentano sotto forma molto di- versa, ed a seconda della regione dell’asse a cui appartengono e delle funzioni che compiono, si possono distinguere tre tipi principali, cioè: le foglie vaginiformi, le foglie propriamente dette, le brattee. Vaginiformi sogliono essere in molte specie le prime foglie che na- scono sull asse. Per lo più sono tubiformi, poco sviluppate in lun- ghezza e mostrano tutti i caratteri di una guaina: se restano sotto terra (Crocus, Hermodactylus , Iris reticulata M. B., ecc.) sono per lo più membranacee ed incolore, se si trovano sopra terra ( Moraea, Homeria) sono bensi colorate in verde, ma dall'insieme della loro co- stituzione si può facilmente inferire che esse sono anzitutto organi protettori. | Le foglie propriamente dette, essendo i veri organi d' assimilazione, sono sempre ben sviluppate e spesso raggiungono delle dimensioni considerevoli. La Jris Robinsoniana Ferd. v. Müll. pianta addirittura gigantesca, indigena del Lord Howe's Island (Australia) ha le foglie più grandi, raggiungendo esse la lunghezza di circa 2 m., mentre le foglie pit piccole a me note, lunghe circa 2-3 cm., sono quelle della Tapeinia magellanica Ker, pianticina ehe abita i colli marittimi con vegetazione alpina della Patagonia in vicinanza dello stretto di Ma- gellano. Organi fogliari sogliono pure trovarsi nella regione fiorifera, i quali talora mostrano bensi la struttura di vere foglie, ma sempre sono moko piü piecole di queste ultime, tal' altra invece tali brattee costi- tuiscono delle laminette squamiformi, membranacee e ialine di strut- tura semplicissima. Per l anatomia comparata né le foglie vaginiformi, né le brattee offrono aleun interesse, mentre entrambe sono assai importauti per ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 97 la tassonomia, e da questo punto di vista sono anche state largamente studiate; principalmente le brattee offrono dei caratteri di tale im- portanza da potere servire per la distinzione non solo delle specie, ma talvolta anche dei generi. Per queste ragioni mi occuperò nel presente lavoro soltanto delle foglie propriamente dette, presentando appunto esse molte particola- rità interessanti e finora non descritte tanto per l anatomia che per la morfologia e tassonomia. ES Le foglie propriamente dette delle Iridee, come di regola nelle Mo- nocotiledoni, sono semplici ed intere, molto più lunghe che larghe e raramente pelose ( Babiana , diverse specie di Gladiolus, ecc.); qualche -volta la loro lamina è ondulata al margine (diverse specie di Gla- diolus, Montbretia, Hesperantha, ecc.). La base delle foglie suole essere guainante, e spesse volte la guaina è chiusa nella sua parte inferiore. Nelle specie bulbose la parte inferiore della foglia si allarga — notevolmente e diventa carnosa, costituendo le tuniche che sono con- centriche e continue. D’ ordinario il bulbo dà origine a più foglie, che nascono bensì lateralmente, ma abbracciano completamente gli organi più interni, e per lasciare uscire fuori questi ultimi, la guaina deve fendersi. Se invece una foglia nasce all’ estremità del bulbo, al- lora la tunica si continua direttamente nella lamina fogliare senza aprirsi e senza formare una vagina. Ho osservato questo fatto in diverse specie di Zris (p. es. Iris juncea, Xiphium L., ed affini), in cui Il ul- tima foglia occupa il centro del germoglio se i bulbi non arrivano à - fiorire, mentre in altre specie della stessa sezione ( Iris reticulata M. B., Bakeriana Fost., Hisirio Rehb.), esso ha luogo regolarmente, pro- ducendo ogni gemma una sola foglia assimilatrice terminale. La stessa cosa si osserva pure nell’ Hermodactylus tuberosus Salisb. Come di regola nelle foglie guainanti, manca il picciuolo ed il più delle volte la vagina termina attenuandosi mano mano quasi insensi- bilmente. In alcuni casi però la lamina per la piegatura e la sua con- HERMANN ROSS - sistenza più delicata si distingue molto manifestamente dalla guaina la eui parte superiore rassomiglia allora alquanto ad un picciuolo, e molti autori difatti l'hanno erroneamente ritenuta per tale (folia pe- tiolata nel genere Babiana, Tigridia, ece.). La disposizione delle foglie è distiea ad eccezione delle Crocoidee dove esse sono sparse. Relativamente alla costituzione generale della lamina le foglie delle Iridee presentano una infinità di modificazioni che morfologicamente si possono però ridurre a due tipi principali : 1.° Foglie a lamina bifacciale di struttura dorsoventrale in cui si distingue come in quasi tutte le foglie delle piante superiori una pagina superiore ed una inferiore. I fasci meccanico-conduttori vi for- mano una serie semplice ed il floema di essi è sempre rivolto verso la pagina inferiore, lo xilema verso la superiore (cf. fig. 32). 2. Foglie a lamina monofacciale di struttura bilaterale o multilaterale, i cui fasci meecanico-conduttori sono ugualmente distri- buiti sotto le due facce nelle bilaterali o tutto in giro nelle multilaterali; i fasei vi sono sempre disposti in tal guisa che lo xilema guarda il centro della foglia, mentre il floema è rivolto al di fuori, la qual cosa indica che tutta quanta la superficie di queste lamine corrisponde morfologicamente alla pagina inferiore delle foglie bifacciali, mentre la pagina superiore vi è del tutto soppressa e per questo motivo ho battezzato le foglie in quistione « monofacciali ». E difatti nel maggior numero dei casi, soltanto verso la base di tali lamine, comincia a com- parire sul margine superiore la guaina, la superficie interna della quale rappresenta morfologicamente la pagina superiore; in questo modo le due facce della lamina colla linea dorsale diventano mano mano pagina esterna della guaina senza subire aleun mutamento. La guaina è al- F ultimo tipicamente dorsoventrale e la sua faccia esterna equivale alla pagina inferiore delle foglie ordinarie (ef. fig. 1, 23b e 24b). ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 99 A Confrontando le numerosissime forme della lamina entro il tipo monofacciale vediamo che esse costituiscono diverse serie progressive di sviluppo legate tra di loro da infiniti passaggi graduali che si ag- gruppano però alle seguenti ferme fondamentali : foglie ensate foglie piegate foglie tereti ed angolari foglie a 4 o 8 angoli. .La forma di foglia più diffusa, addirittura caratteristica per il mag- gior numero delle Iridee, è l'ensata, in cui la lamina monofacciale è schiacciata lateralmente e disposta perpendicolarmente sul piano d’in- serzione. Per lo piü le lamine in parola sono relativamente lunghe, ma strette e sottili, ed ambedue i loro margini, assottigliandosi grada- - tamente, finiscono a taglio. Per questa rassomiglianza colla lama di una spada esse hanno appunto ricevuto il nome di foglie ensate. Nel maggior numero dei casi le foglie in parola sono accavalcate (folia equitantia) vale a dire nella prefoliazione ogni foglia inviluppa completamente le interne. Le due facce delle lamine ensate, come fu accennato più innanzi, non corrispondono affatto alla pagina superiore ed inferiore delle foglie ordinarie, ma equivalgono solo all'inferiore; si distingue perciò una faccia destra ed una sinistra, un margine inferiore (dorsale) ed un mar- gine superiore. In quanto alla disposizione dei diversi tessuti la lamina di queste foglie è tipicamente bilaterale. La storia di sviluppo delle Iridee offre pure molte particolarità interessanti come risulta dalle ri- cerehe del Goebel (1). Appena disporrò di sufficiente materiale vivo, comincerò ricerche speciali in proposito (2). (5 Eq ScHENK, Handbuch der Botanik, Band III, pag. 219. @) È del tutto erronea l'opinione del sig. Chodat che la lamina ensata si forma per mezzo della saldatara delle sue metà ripiegate. D nS SC EU Bee ent À da Mes tot HERMANN ROSS Le foglie ensate propriamente dette alla loro volta presentano delle conformazioni diversissime. Nel caso tipico la lamina è ugualmente sottile, cosicchè il suo taglio trasversale è su per giù lineare con le ' estremità assottigliate. In pareechie specie si nota nel centro della lamina un leggiero in- 5 grossamento ehe diminuisce insensibilmente verso i margini; il suo spessore è quindi alquanto maggiore nella porzione centrale (fig. 2). Qualche volta (Ferraria undulata L.) questo ingrossamento si fa tanto notevole che rende il contorno del taglio trasversale approssimativa- mente rombico (fig. 3): se nel centro della lamina il diametro tra- sversale continua a crescere, fintantoché è presso a poco uguale alla larghezza di essa, si ha in fine una foglia tetragona (fig. 26), che ap- partiene già ad un' altra serie di forme, cioé alle foglie quadrangolari, ` di eui ei occuperemo in appresso. * Nella lamina di molte Ixiae ( Tritonia , Freesia, Watsonia, Croco- sma, Gladiolus, ece.) si scorge nel centro di ambedue le pagine una linea longitudinale più o meno rilevata chiamata dai fitografi « nervo mediano ». Questo termine farebbe supporre che si tratti, come di consueto nelle foglie, di un grosso fascio meccanico-conduttore, la qual cosa intanto non ha luogo affatto, ma in questo caso I’ ingros- samento dipende anzi tutto dal maggiore sviluppo locale del tessuto fondamentale (parenchima incolore) in questa regione della lamina, mentre il fascio meceanico-conduttore — qualche volta se ne trovano pure parecchie su ogni lato — è soltanto poco più grosso degli altri e non costituisce che una piccola parte dell'ingrossamento suaccennato. Il taglio trasversale di una tale foglia (fig. 4) presenta quindi una porzione centrale ingrossata con due appendici aliformi per lo più molto ‘sottili. Nella maggioranza dei casi il contorno di questo ingrossamento centrale è su per giù rombico o tondeggiante; nella Geissorhiza se- cunda Ker invece (fig. 5) esso è più largo sul lato esterno e va re- si stringendosi verso l' interno. Le mo laterali aliformi sono talvolta del tutto lisce, essendo in esse. ~ dat | ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE . 101 i fasci piccoli e quindi punto sporgenti (fig. 4), tal altra un numero più o meno grande di fasci principali sporgono fuori (fig. 6) produ- cendo anche essi delle linee longitudinali rilevate, le quali però so- gliono essere piü deboli della linea mediana. Iu aleune specie av- viene pure (7Tebea galeata Eckl., Gladiolus hastuliferus) che tutti quanti i fasei formano delle sporgenze presso a poco di uguale gran- dezza, cosicché anche le insenature sono della stessa entità (fig. 7). Degna di speciale menzione e pure a questo proposito la Geissorhiza rochensis Ker, in eui tutti i fasei (cirea una ventina) danno altresi origine a sporgenze, ma queste sono alternativamente più grandi e più piccole; le prime sono più larghe sul lato esterno, appunto come la linea me- diana della Geissorhiza secunda (fig. 5), mentre le piccole sono più strette e di forma quasi triangolare. In altre specie di Geissorhiza le sporgenze mostrano gli stessi caratteri della G. rochensis, ma si trovano in numero molto minore. Le dimensioni delle suaecennate porzioni laterali aliformi delle foglie provviste di linea mediana rilevata variano moltissimo; per lo più esse superano di 10-20 o più volte la larghezza della linea mediana (!), ma al contrario non mancano esempii in cui sono poco sviluppate, come si osserva p. es. nel Gladiolus ornatus (fig. 8). In tali casi le foglie sono naturalmente molto strette e si avvicinano sempre più al tipo terete, ma sono ancora nettamente bilaterali. Singolarissima è la conformazione delle foglie del Gladiolus debilis Ker nel taglio trasversale delle quali si scorge bensì nel centro della lamina la nota linea longitudinale, la quale però è relativamente poco sviluppata, mentre i margini sono straordinariamente slargati e smargi- nati (fig. 9). Per evitare ripetizioni parlerò della costituzione del margine alla fine di questo capitolo. Insenature si trovano pure in altre foglie ensate, ma sprovviste di (!) Per potere disporre bene le numerose figure senza sacrificare troppo spazio furono scelte per i rispettivi preparati le foglie più strette, la cui struttura del resto è uguale alle larghe. 7. Malpighia anno VI, vol. VI. . "102 : Ane HERMANN ROSS linea mediana. Nell'Orthrosanthus multiflorus Sweet (fig. 12), nella Pa- tersonia glauca R. Br. ecc. i fasci meccanico-conduttori hanno tutti quanti le stesse dimensioni e quindi pure le leggiere insenature in mezzo ad ogni due fasci; se invece i fasci sono di diversa grossezza come p. es. nella Patersonia umbrosa Endl. (fig. 13), allora anche i solehi, ehe in questo easo sono molto stretti, hanno corrispondente pro- fondità. In tutti i casi finora deseritti i fasei meccanico-conduttori formano le sporgenze, mentre i solehi si trovano tra ogni due fasci. Una sola ‘eccezione ho incontrato finora di questa regola generale, essendo nella Bobartia anceps Bak. (fig. 14) il tratto d'epidermide situato tra ogni due fasci leggiermente curvato verso fuori di modo che i fasci sono più approfonditi. Le foglie piegate non si distinguono sostanzialmente dalle ensate, con cui sono pure legate per mezzo di molte forme intermedie. La for- mazione di pieghe è soltanto possibile nelle lamine assai sottili i cui fasci si estendono quindi quasi da una epidermide all'altra; essi sono disposti in tal guisa che il loro floema è rivolto alternativamente verso un lato e verso l’altro. Questa disposizione si riscontra anche in molte foglie piane, come in quelle di molte specie di Zris, di Sisyrinchium, di Aristea (fig. 15) di Libertia (fig. 16). Se i fasci principali di tali foglie sono più grossi del diametro laminare, essi sporgono sulla loro superficie (fig. 16) producendovi delle linee longitudinali più o mene rilevate. Il primo accenno a vera piegatura si osserva in diverse specie di - Iris appartenenti alla sezione Evansia, nella Belamcanda chinensis ecc., dove però è ancora sì poco pronunziata che si scorge appena al taglio trasversale (fig. 17). Nei generi Tigridia, Eleutherine, Cipura ece., le pieghe sono già molto più manifeste (fig. 18 e 19) ed una tale la- mina si potrebbe paragonare ad un ventaglio quasi del tutto aperto- Le foglie delle Babiana (fig. 20), della Cypella Herbertii Herb. (fig.21)ece. rappresentano poi la forma più sviluppata di questo tipo, essendo le ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 103 loro pieghe avvicinate a mo’ di ventaglio mezzo aperto. Nel genere Babiana \e pieghe sono semplici, vuole dire senza appendici — appunto eome nel ventaglio, — mentre in altri generi il dorso- di ogni piega è provvisto di un’ appendice aliforme che nelle Tigridia è relativa- mente piccola (fig. 18), assai più grande invece nei generi Cao (fig. 21), Nemastylis, Gelasine, Calydorea, ecc. In tutti i casi finora descritti si trova un fascio conduttore nell’ an- golo di ogni piega disposto in modo che il floema guarda sempre la linea dorsale di essa. Nella Alophia stricta Griseb. e nella Gelasine azurea Herb. intanto vi sono sempre due fasci, uno più grande e uno più piccolo, ma ambedue disposti nello stesso modo; in questo caso quindi la piega non forma un semplice angolo, ma è a doppio gomito (fig. 19). Una forma molto singolare è quella delle foglie della Calydorea campestris Bak. di cui la fig. 22 reca il taglio trasversale. Queste foglie sono sottilissime, quasi filiformi e portano un soleo profondo su ogni lato, mentre ad uno dei margini si scorgono due altri solchi leggieri. Per quanto ho potuto constatare dal materiale secco ritengo che siano foglie piegate, le cui pieghe però sono ridotte a due ed hanno una forma tanto singolare. * Nelle foglie ensate propriamente dette la lamina è fortemente schiac- ciata e di notevole larghezza, ed essendo essa di quasi uguale spes- sore per tutta la sua estensione il suo taglio trasversale è su per giù lineare. In un’altra serie di foglie monofacciali, le tereti, la lamina è invece più o meno stretta e contemporaneamente di un certo spessore. Le due facce sono perciò più o meno fortemente convesse ed i mar- gini arrotondati, cosicchè il taglio trasversale di tali lamine tereti ha ad un dipresso la forma di un'ellissi o di un ellissoide (fig. 23 a e 4 a); méntre nel resto non si distinguono per alcun altro caratteree delle foglie ensate, con cui sono pure legate da numerose forme in- termedie (ef. fig. 14). Le lamine in parola lasciano per lo più ancora EEE EN CSS > , 104 HERMANN ROSS chiaramente distinguere i due margini e le due faece; sono quindi di struttura bilaterale. Se invece i diversi diametri sono presso à poeo uguali, allora la lamina (t) è cilindrica ed il suo taglio trasversale quindi circolare. (Bobartia spathacea Ker, Hebea Zeyheri Eckl. Trimezia Juncifolia Klatt ecc.). Queste foglie sono perciò organi tipicamente mul- tilaterali e non vi è più traccia di margini e neppure si può parlare di diverse facce. In tali foglie cilindriche il tipo monofacciale rag- giunge il suo grado più perfetto di sviluppo. Come le foglie ensate così anche le tereti e cilindriche possono avere la superficie liscia o solcata. Nel genere Romulea — ad ecce- zione della R. crocifolia Vis. — vi sono quattro docce simmetrica- mente distribuite (fig. 25). Nelle foglie giunchiformi della Bobartia spathacea Ker, si osserva un grande numero di leggieri solchi stret- tissimi e tanto fini che ad occhio nudo si presentano come linee lon- gitudinali; queste insenature sono tutte quante della medesima entità (fig. 34). Nella Watsonia punctata Ker, si hanno pure solchi leggieri che sono però di diversa profondità a secondo della grossezza dei fasci contigui. In questi due ultimi casi i solchi vanno restringendosi verso l interno ed il loro fondo è quindi strettissimo. Nella Trimezia jun- cifolia Klatt, invece, queste insenature sono strette al principio e considerevolmente slargate nel fondo. In questi ultimi casi le inse- nature si trovano come d'ordinario tra ogni due fasci meccanico-con- . duttori, mentre nel genere Romulea in ogni sporgenza vi sono più (3-5) fasci. Le foglie a quattro od otto angoli formano un'altra serie poco diffusa, ma di grande interesse. Quelle dell’ Hermodactylus tuberosus (fig. 27), . dell’ Jris reticulata M. B. (fig. 28), Histrio Rchb. e Danfordiae Bah., sono nettamente tetragone, quelle dell’/ris Bakeriana Fost. (!) Adopero il termine « lamina » anche in questo caso in cui è berets, ci- > ‘lindrica o tetragona, perchè TES corrisponde alla lamina slargata delle foglie ordinarie. ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 105 invece ottagone (fig. 29). Ad eccezione dell’ Hermodactylus dove anche il fusto fiorifero è munito di foglie, queste nelle suddette specie stanno sempre isolate all’ estremità di un germoglio (bulbo o tubero), essendo tutti gli altri organi fogliari ridotti a vagine membranacee, mentre l asse fiorifero è uno scapo. Principalmente nell'Zris reticu- lata M. B., si può facilmente constatare come la tunica più interna del bulbo chiusa da tutti i lati si continua direttamente nella lamina, per la quale ragione la guaina vi manca, e tutta la sua superficie essendo la continuazione della pagina esterna della tunica, corrisponde morfologicamente alla pagina inferiore delle foglie ordinarie; ciò viene pure confermato dalla disposizione dei fasci-meccanico-conduttori che sono ugualmente distribuiti su tutte le facce e col floema rivolto sempre verso l’ epidermide. Se un bulbo o un tubero ha una sola gemma, producendo un’ unica foglia, allora non si può parlare della sua orientazione. Ordinaria- mente però un bulbo o tubero dà origine a due o tre gemme; di cui una, per lo più la centrale, è fiorifera. In tali casi le diverse foglie mostrano una determinata posizione reciproca; esse sono rivolte verso il centro o con uno spigolo (Hermodactylus) o con una faccia (Iris reticulata M. B., ed affini). In quest’ ultimo caso quella faccia suole essere più larga delle altre, per la quale ragione il taglio trasversale di tali foglie è un trapezio coi lati curvati in dentro, ed esteriormente mostra una certa rassomiglianza con una foglia dorsoventrale scanalata. Le foglie caulinari inferiori dell’ Hermodactylus sono anche esse te- tragone, ma largamente guainanti; sono altresì disposte con uno spi- golo verso l’asse. Le superiori invece si riducono sempre più ad una - guaina fortemente gonfiata, ma nondimeno si scorgono su di essa lo spigolo dorsale e gli spigoli laterali. Foglie regolarmente ottagone (fig. 28), sono finora conosciute sol- tanto nell’ Iris Bakeriana Fost., specie affinissima all’ Iris reticulata M. B., da cui anzi si distingue principalmente per la natura della foglia. Se nel centro di ogni faccia di una foglia tetragona si forma uno spigolo prominente, allora si ottiene una tale foglia a otto facce. Spesse volte anche queste foglie, se vengono tra di loro in contatto, sono leggiermente appiattite da quel lato per cui si toccano, 106 HERMANN ROSS Una forma singolarissima, forse unica nel regno vegetale, si ha bt nelle foglie del Gladiolus tristis L. e G. grandis Thbg., la cui lamina è =D bensì quadrangolare, ma provvista di quattro solchi tanto profondi e f larghi che il suo taglio trasversale ha la forma di una croce maltese (fig. 30). Le foglie in parola rassomigliano alquanto a quelle delle Romulea, principalmente R. rosea Eckl., tanto per la disposizione dei tessuti meecanico-conduttori, quanto per la presenza delle quattro oH docce, le quali pero nelle suddette specie di Gladiolus sono molto pit ampie. Il taglio trasversale della foglia di Hebea Zeyheri Echl. (fig. 31), ha pure l'aspetto di una croce cavalleresca, ma ivi i quattro bracci vanno ristringendosi gradatamente verso il centro. * * ck L' estensione della guaina e la sua proporzione alla lamina fogliare in quanto alla lunghezza varia moltissimo non solo uelle diverse forme di foglie ma anche nello stesso individuo. Per lo più la parte guainante | è molto più piccola della lamina e limitata a quella regione della foglia che abbraccia o il fusto o le altre foglie più interne. Non di rado si osservano però delle eccezioni a questa regola generale, come per es., nel sottogenere .Viphium , dove la guaina si estende per un tratto assai lungo giungendo talvolta sino a poca distanza dall’ apice, cosicchè la foglia è profondamente solcata di sopra per quasi tutta la sua estensione. Un taglio trasversale (fig. 234), eseguito in questa È parte solcata, che è la continuazione della vagina, mostra pure la struttura caratteristica di una vera guaina, mancandovi il tessuto a clorofilla sotto la scanalatura; e ciò non avviene solo in quelle foglie dove i margini del solco si ricuoprono o si toccano (fig. 235), ma anche in quelle il cui solco è aperto, cosicchè la sua superficie è direttamente esposta alla luce (p. es. Xiphium tingitanum Bak.). Le foglie più esterne, le prime che si sviluppano, sogliono avere una guaina piü sviluppata. Nei Xiphium p. es., essa raggiunge la lunghezza di 40-50 cm., * mentre la parte laminare è proporzionatamente molto corta misurando di ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 107 talvolta soltanto pochi millimetri. Nelle ulteriori foglie invece la Ja- mina propriamente detta aumenta mano mano di lunghezza, mentre la guaina gradatamente diminuisce e manca in fine del tutto nella foglia che occupa il centro del bulbo nel caso che questo non pro- duce fiori. Queste differenze stanno in intimo rapporto colla storia di sviluppo delle foglie in parola: nella gemma i primordii fogliari più esterni abbracciano tutti gli altri, quindi la loro guaina deve essere più grande delle altre. A queste forme si rannodano quelle altre simili, in cui la continua- zione della guaina è più o meno spianata ed ha l'aspetto e la struttura di una lamina fogliare tipica (fig. 245). Tali foglie si hanno nei generi Moraea (incl. Vieusseuria), Homeria ed Hexaglottis; esse presentano evidentemente una forma di transizione al tipo dorsoventrale, essendo la loro parte piit estesa di struttura tipicamente dorsoventrale, mentre la porzione monofacciale, la punta — nel senso morfologico la lamina — è piccolissima e si disseeca ordinariamente molto presto. . Le foglie veramente dorsoventrali sono relativamente rare nella famiglia delle Iridee; le ho osservate finora soltanto nella sezione Juno del genere /ris (p. es. Iris alata Poir., caucasica Hoffm., orchioides Bak., fumosa Boiss. et Haussk., pexsica L., palaestina Bak.) nel genere Crocus e nella Galaxia ovata Thbg. Le foglie delle suddette specie di: Zris sono di forma lineare lan- ceolata e disposte quasi orizzontalmente: la loro lunghezza varia tra 1-5 em., la lunghezza tra 20-40 cm. Anche ad oechio nudo si scorge facilmente la diversità delle due pagine: la superiore é liscia e lucida, e di colore verde cupo, l'inferiore è finamente striata, di colore più pallido e per lo più abbondantemente coperta di cera. I fasci meccanico- conduttori formano una fila semplice e sono disposti in tal guisa che il floema è rivolto verso la pagina inferiore, lo xilema verso la superiore (fig. 32). | Le foglie di Galaxia ovata Thbg., che ho studiato soltanto su E 108 x HERMANN ROSS materiale secco, rassomigliano alle precedenti, ma sono molto più piccole. d Quasi tutte le specie di Crocus hanno foglie a lamina piana o leg- giermente seanalata sulla pagina superiore, mentre sull'inferiore si trovano due docce longitudinali — più o meno larghe e profonde a secondo delle specie — disposte simmetricamente a destra ed a sinistra della linea mediana, di guisa che la porzione situata tra queste docce assume l'aspetto di una carena (fig. 33). In tutti questi casi la pagina superiore della foglia è la continuazione della faccia interna della tunica del bulbo e della vagina; lo è quindi nel senso morfologico. Anche la costituzione dei margini e dell’ apice presenta delle parti- colarità degne di menzione. Nelle foglie tipicamente ensate i margini sono a taglio, vale a dire la lamina diminuisce gradatamente ed insensi- bilmente di spessore, cosicché le sue due facce formano un angolo acu- tissimo (fig. 1 e 15). In molte altre foglie ensate ed in tutte le tereti schiacciate lateralmente i margini sono arrotondati (fig. 3, 4, 8, 12, . 15 ece.) 0 appianati; in quest'ultimo caso si osserva talvolta (Freesia, Lapeyrousia corymbosa Ker) una insenatura nel centro. In diverse specie i margini sono invece più o meno fortemente in- grossati; questo ingrossamento è al taglio trasversale di contorno cir- colare (fig. 6) o angolare (fig. 5 e 16), o smarginato con un prolunga- mento nel centro. Per lo più l'interno della parte ingrossata viene costituito quasi esclusivamente da un fascio meccanico-conduttore disposto trasversalmente, il cui tessuto meccanico è abbondantissima- mente sviluppato (fig. 6); più di rado questo fascio è relativamente piccolo e non riempie tutto lo spazio (fig. 5 e 16). In alcuni altri casi invece il fascio conduttore vi manca ed un gruppo semilunare di fibre si trova sul lato esterno del margine (fig. 3 e 10). Del tutto diversa è la struttura del margine della Watsonia mar- ginata Ker: è straordinariamente ingrossato (fig. 11); un forte ipo- derma di elementi meccanici corre tutto in giro, sul lato interno de} ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 109 quale si trovano parecchi (5-7) fasci conduttori, mentre la maggior parte dell’ingrossamento viene riempito da tessuto parenchimatico. Nel maggior numero dei casi il margine è liscio; solo in poche specie le cellule sulla linea marginale propriamente detta si prolungano o in papille o in veri peli corti e robusti che producono la scabrosità del margine come si osserva p. es. in molte specie di Sisyrinchium. Quasi in tutte le foglie delle Iridee la lamina va attenuandosi mano mano verso l’apice, formando una punta più o meno ottusa o arroton- data, che si distingue poco o punto dal rimanente, salvo per il colore, essendo per lo più bianchiccia e trasparente. , Soltanto in alcune foglie tetragone (Iris reticulata M. B. ed affini) si osserva una punta a forma di mucrone, che si distingue molto ma- nifestamente, anche per la sua consistenza piü solida, dal resto della foglia; essa è costituita quasi esclusivamente di cellule meccaniche. Premessi questi cenni sulla conformazione generale delle foglie, vengo ora a descrivere particolarmente i diversi sistemi di tessuti, vale a dire l'epidermide, i fasci meccanico-conduttori, il mesofillo. Mi occuperò quasi esclusivamente della struttura della lamina propriamente detta, presentando soltanto essa i caratteri specifici, mentre la guaina, prin- cipalmente se resta sotto terra o è coperta da altre foglie, non offre nulla di notevole. i CAPITOLO II. Epidermide. In tutte le specie studiate l'epidermide viene formata da uno strato solo di cellule, la cui costituzione generale varia però moltissimo nelle diverse specie. Nella maggioranza dei casi e nelle foglie ensate tipiche senza ecce- zione, si distinguono due zone di epidermide di struttura diversa: l'una situata sopra il tessuto assimilatore (clorenchima) è ricchissima di stomi (zona stomatifera) mentre l'altra in corrispondenza ai fasci e sopra i margini ne è del tutto sprovvista (zona astoma). In alcuni casi (diverse specie di Iris, Belamcanda chinensis L., ecc.) le cellule epidermiche di 110 HERMANN ROSS queste due zone sono presso a poco di uguale costituzione, ma nel maggior numero delle specie l'epidermide della zona astoma è più robusta e più forte dell'altra. Come in quasi tutte le monocotiledoni i fasci meccanico-conduttori della foglia corrono paralleli tra di loro, quindi queste due zone dell’ epidermide formano delle strisce longitu- dinali di varia larghezza regolarmente alternantisi; i fasci sogliono essere più stretti del complesso di tessuto assimilatore frapposto. e eon- formemente si comportano le corripondenti strisce d'epidermide. Nelle lamine provviste di solchi o docce — indifferente se questi stanno in immediato rapporto coi fasci o no — incontrasi per lo più la stessa differenziazione dell’ epidermide, essendo essa nelle insenature sempre meno robusta che nel rimanente (cf. le fig. 7, 25, 30, 33, 34, ecc.). Le strisce d'epidermide situate sopra i fasci sogliono mostrare la struttura caratteristica solo nel caso che i fasci o toccano direttamente l'epidermide o ne sono separati da uno o pochi strati di piccole cellule pa- renchimatiche incolore; se invece i fasci sono più distanti dall'epidermide, e principalmente se alcuni strati di cellule a clorofilla sono situati tra l'epidermide ed i fasci, allora questi ultimi non influiscono affatto sulla costituzione dell'epidermide. Eccezioni a questa regola molto generale fanno parecchie specie di Sisyrinchium e Solenomelus (fig. 26) i cui fasci sono immersi nel clorenchima e ciò non ostante la striscia d'epi- dermide in corrispondenza di essi mostra molto pronunciatamente la struttura caratteristica. La diversità delle suaccennate due zone d' epidermide, oltre alla pre- senza e mancanza di stomi, può consistere tanto nella forma delle singole cellule, quanto nella loro costituzione, principalmente nello spessore delle loro pareti. La differenza relativa allo spessore delle pareti cellulari si mani- festa a preferenza nella parete esterna, la quale sopra i fasci, cioè nella zona astoma, è di regola notevolmente più forte che nella zona stomatifera. Degna di particolare menzione è in questo proposito la Bobartia spathacea Ker, nella quale il tessuto assimilatore è si- tuato attorno a solchi (fig. 34); la parete esterna dell’ epidermide rag- giunge sulle sporgenze lo spessore di 0,025 mm., mentre nel fondo delle ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE iil insenature misura circa 0,006 mm. La fortezza della cuticola va per lo più pari passo collo spessore della parete esterna. Di regola essa forma una sottile pellicola che si rileva però molto spiccatamente dopo aver fatto agire cloruro di zinco iodato, potassa ece., eolorandosi in giallo. Nella Belamcanda, dove pure la parete esterna dell’ epidermide è piuttosto sottile, la cuticola è appena percettibile anche coll’ aiuto di reagenti. Nelle Libertia , Orthrosanthus, ece., la cuticula non solo è relativamente forte (0,005 mm.), ma si rileva an- che in modo spiccatissimo dal rimanente della parete esterna. Nella Bobartia spathacea Ker oltre alla cuticula tutta la parete esterna è fortemente suberificata, principalmente sulle sporgenze. Le pareti laterali e l' interna sono di regola, più o meno, sottili ; qualche volta sono abbondantemente provviste di finissime punteggia- ture semplici (Moraea, Sisyrinchium, Iris foetidissima L. ece.). Nei edsi in cui l'epidermide compie secondariamente anche funzioni meccaniche , le sue cellule sono tutto in giro fortemente inspessite. Siffatta epidermide si ha, p. es., allorquando i fasci conduttori sul iato esterno sono poveri di elementi meccanici che vengono in questo modo sostituiti dall'epidermide stessa: Solenomelus Lechleri Bak. (fig. 26). L'analoga cosa si osserva nel margine fogliare, se vi mancano le cel- lule meccaniche sottoepidermali (cf. le fig. 3, 4, 15); assai di rado (molte specie di Zxiv, fig. 11) l'epidermide è forte sul margine quan- tunque sotto di esso si trovi un grosso gruppo di fibre. Svariatissime sono le dimensioni e le forme delle singole cellule epidermiche nelle due zone suaccennate, ma le specie, i generi e tal- volta pure i gruppi affini, mostrano tra di loro delle analogie, spesso sino ai più minuti dettagli; anzi si può dire che le maggiori affinità si incontrano nell’ epidermide più che in qualsiasi altro tessuto. Ho già rilevato più innanzi che solo la lamina propriamente detta mostra la struttura caratteristica, e cid si riferisce anzitutto all’ epidermide. E da notare inoltre che spesse volte — a preferenza nelle lamine molto lunghe o larghe - osserviamo delle diversità in quanto alla lunghezza _o alla larghezza delle cellule epidermiche nelle diverse regioni della lamina, la qual cosa dipende evidentemente da ciò, che dopo la for- 112 HERMANN ROSS mazione del tessuto epidermale, ha avuto luogo una ulteriore esten- sione disuguale nelle diverse zone di essa; e difatti in tali casi le cel- lule corrispondenti del mesofillo sogliono mostrare l'analoga estensione, come si osserva in molte Ixiee. Le cellule dell’ epidermide posta sopra il tessuto assimilatore, pos- sono essere o più corte e larghe (fig. 35), o più lunghe e strette dell altra zona. Sono anche frequentissimi i casi (quasi tutte le Ixiee) in cui le cellule epidermiche della zona stomatifera hanno le pareti ondulate, mentre queste sono dritte nell’altra zona (fig. 36) ovvero le une hanno una forma rombica, mentre le altre sono rettangolari (Ferraria, Iris caucasica Hoffm., Moraea sicula Tod., ece.). Di più è regola generale che le cellule epidermiche sono più basse sopra i fasci, ma anche que- sta soffre delle eccezioni, essendo in alcune specie (p. es. Iris alata Poir.) molto più alte di quelle dell'altra striscia. Di più le formazioni trichomiche e gli stomi fanno parte del sistema epidermale. Peli propriamente detti sono piuttosto rari nelle foglie delle Iridee; in tutti i casi da me osservati sono semplici ed unicellulari. Nel ge- nere Babiana le foglie sono abbondantemente pelose: i. peli si trovano però esclusivamente sopra i fascì (fig. 20) e fortemente curvati alla base, sono diretti sempre verso l'apice della foglia. Nel Gladiolus pilosus Eckl. invece i peli sono sparsi su tutta la superficie della lamina, ma in nu- mero assai scarso. In talune specie peli ben sviluppati si trovano sul margine della lamina, mentre in altre essi sono limitati al margine della guaina (Gladiolus hirsutus Ker). Peli relativamente lunghi esi- stono pure sui margini delle docce di alcune specie di Crocus ( C. sativus L., C. aureus S. S.) e delle insenature di Hebea galeata Eckl. (fig. 7), Gladiolus debilis Ker (fig. 9), Orthrosanthus, Geissorrhiza ecc:, e gli autori chiamano tali margini ciliati. In parecchie specie di Si- syrinchium ed Iris il margine fogliare è provvisto di corti peli papil- liformi, che producono la sua scabrosità. Peli forti, ma piccolissimi e quindi riconoscibili solo al mieroscopio, sbarrano i solchi nella Bo- bartia spathacea Ker (fig. 34). ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 113 In numerose specie la parete esterna delle cellule epidermiche è mu- nita di gobbe solide o vuote che presentano tutti i passaggi graduati a veri peli. Talora vi è una sola grossa gobba nel centro della suddetta parete (diverse specie di /ris), tal altra vi esistono 2-8 piccole gobbe peste in semplice fila longitudinale (quasi tutte le Ixiee fig. 36); soltanto nella Geissorrhiza secunda Ker se ne trovano 2-3 file su ogni cellula epidermate. Nella maggioranza dei casi tali gobbe si trovano esclusiva- mente nella striscia stomifera, mentre l’ epidermide dell’ altra zona è del tutto liscia e lucida, per la quale ragione le suddette strisce dell epi- dermide si distinguono molto manifestamente anche ad occhio nudo (quasi tutte le Ixiee). Non mancano però esempii del contrario dove simili emergenze si trovano soltanto nella zona astoma. Di rado simili emergenze esistono in tutte le cellule epidermiche senza distinzione, ed in qualche specie (p. es., Sparaxis tricolor Ker) si osserva pure che nella zona astoma esse sono papillari o raggiungono dimensioni tali da poterle chiamare addirittura peli. Una particolarità molto singolare della parete esterna dell’ epider- mide si osserva nelle foglie a 4 o 8 angoli dell’ ris reticulata M. B., I. Histrio Rehb., J. Danfordiae Bak., 7. Bakeriana Foster e dell’ Her- modactylus tuberosus Salisb. nonchè in quelle della Moraea (Vieus- seuxia) tricuspis Ker. Sulla superficie di ogni cellula epidermica scor- rono nella direzione longitudinale due sottili creste che al taglio tra- sversale compariscono come due ‘piccole protuberanze. Nella zona provvista di stomi questi sono per lo più numerosissimi, trovandosene quasi sempre uno in mezzo ad ogni due cellule epider- miche; essendo queste ultime disposte in file longitudinali regolarissime, quindi anche gli stomi mostrano lo stesso assestamento ed ik loro os- tiolo è sempre parallelo all'asse longitudinale della foglia (fig. 35 e 36). Senza dubbio il sistema cutaneo ed in primo luogo gli stomi risen- tono l'influenza dell’ ambiente in cui una data specie vegeta più di qualsiasi altro tessuto nell’ interno del corpo, e perciò s'incontrano ap- punto nella struttura di questi molte particolarità che stanno in di-^ 114 HERMANN ROSS retta dipendenza della natura della stazione. Tutta l'epidermide, com- presa la eutieula, suole essere delieata in quelle specie che crescono in luoghi umidi sia per sempre, sia almeno durante il loro periodo di vegetazione, ed in tali easi gli stomi sono di regola poco o punto ap- profonditi. Di più le pareti delle cellule di chiusura sono relativamente sottili e date Je condizioni eseguiscono quindi facilmente i noti movi- menti che determinano l'aprirsi ed il chiudersi dell’ ostiolo. In molte altre specie gli stomi stanno più o meno profondamente sotto il livello dell'epidermide, di guisa che sopra ogni stoma si trova un’ anticamera per lo più assai stretta. Se di poi le cellule epidermiche attorno allo stoma si rialzano e si curvano sopra di esso, la superficie di contatto coll’ aria atmosferica diventa sempre più piccola e quindi viene diminuita la perdita dei vapori d'acqua. In tali casi la parete delle cellule di chiusura è quasi sempre molto forte, rendendo così più difficile il movimento degli stomi. Se inoltre l'epidermide, nonché la eutieula, sono forti e robuste, allora si può conchiuderne con cer- tezza che una tale specie cresce in un clima caldo ed asciutto, o al- meno in luoghi aridi. (1) Gli stomi sono ancora più efficacemente ee allorquando si tro- vano esclusivamente in docce, solchi o scanalature, cosicchè non sono esposti direttamente alla corrente d' aria. Il grado piü alto di questo tipo lo presenta di nuovo la Bobartia spathacea Ker (fig. 34) i eui stomi sono limitati al fondo dei solchi strettissimi che inoltre sono sbarrati da nu- merosi peli papilliformi incastrati a vicenda, la qual cosa contribuisce molto a rallentare l uscita dei vapori d’acqua. E difatti il mio egregio amico prof. R. Marloth a Cape-Town mi serisse, che questa specie è una delle più resistenti della flora del Capo di Buona Speranza, ere- (!) Questo fatto che la struttura fogliare permette conclusioni sulle Re ere anche utile all’ re age Se ia cui vive una data specie può ess p. es., piante importate dr lontane regioni sono indeterminate e senz ica- zione del loro habitat, si potrebbe dedurre dalla loro libi vadens il trattamento che esige la pianta per una eoltura razionale cf. Masters, Leaf-struc- ture of Orchids in Gardener's Chronicle, 1885. ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 115 scendo nelle colline aridissime il cui terreno nella stagione secca per l eccessivo calore diventa duro quanto pietra. Regola generale è che gli stomi si trovano dappertutto dove cellule a clorofilla sono in immediato contatto coll’ epidermide e solo in poche forme di foglie abbiamo delle eccezioni: nelle foglie piegate (fig. 20 e 21) per esempio, fatta astrazione dal margine delle pieghe, il tessuto assimilatore confina coll epidermide per tutta la sua estensione e non - di meno gli stomi si trovano soltanto in strisce assai strette situate a preferenza nel fondo delle pieghe o in altri luoghi riparati. Nelle foglie munite di docce dei Crocus (fig. 33) e delle Romulea (fig. 25) si distinguono pure due zone di epidermide di struttura diversa, ma la loro distribuzione non è per nulla in rapporto coi singoli fasci meccanico-conduttori. La zona stomatifera è limitatata ale docce e le cellule epidermiche in essa sono a parete sottile, leggiermente ondulate e munite di piccole gobbe. In tutto il resto della foglia l'epidermide è molto più forte; le sue cellule sono più grandi e le loro pareti più robuste, dritte e piane: e quantunque in molti punti il tessuto assi- milatore tocchi l'epidermide, gli stomi vi mancano sempre. Le foglie dorsoventrali dell Zris alata Poir. e specie affini presentano altresì particolarità degne di essere rilevate. Nella pagina superiore stomi non ci sono affatto e la epidermide si compone dovunque di cellule rettangolari che risaltano subito per la loro grossezza e la sot- tigliezza delle loro pareti laterali. Questi caratteri fanno .a priori sup- porre che in questo caso l'epidermide funzioni da tessuto d’acqua; e di fatti se il turgore di queste cellule diminuisce in seguito a mancanza di acqua, le pareti laterali normalmente dritte sì piegano in tal guisa che formano, al taglio trasversale, una linea ondulata. In ecaseguenza di ciò tutta la cellula si raggrinza, senza però soffrire, riacquistando la forma e la grandezza normale allorquando affluisce di nuovo altra acqua. L’ epidermide della pagina inferiore invece mostra la solita struttura a strisce alternantisi con e senza stomi. L’/ris alata Poir. presenta però la specialità che ogni cellula epidermica nella striscia astoma è fortemente gonfiata nel suo centro. AIMO € xe HERMANN ROSS Non di rado si trova cera in forma di piccolissimi granuli sulla su- perfieie delle foglie delle Iridee, producendovi la nota pruina bleu piü o meno manifesta. Se tali rivestimenti eerosi eompariscono su foglie ensate, allora si trovano ugualmente sulle due faece e nelle foglie a 4 o 8 angoli su tutte le facce. Nelle foglie dorsoventrali del 7ri$ alata Poir. ed affini invece la cera é limitata alla pagina inferiore, mentre nell’ Homeria collina Vent. comparisce sulla pagina superiore della foglia dorsoventrale. Di regola questi rivestimenti cerosi sono ugualmente distribuiti su tutta la superficie dell'epidermide; solo nella Dietes iridioides L. ho osservato un maggiore aceumulamento della cera attorno agli stomi. (Continua) è ? CAMILLE BRUNOTTE 117 Quelques cas tératologiques chez Tulipa L. et Fritillaria L. par CAMILLE BRUNOTTE, prof. agrégé à Nancy. Les genres Tulipa L. et Fritillaria L. de la famille des Liliacées, tribu des Tulipées, sont connus de tous les botanistes; leurs caractéres sont nettement établis et, en ce qui concerne la forme florale de ces types, aucune discussion n’est possible. Ces caractéres que je rappel- lerai briévement sont les suivants: Fleurs hermaphrodites, périgone à six divisions pétaloides libres, six étamines, anthéres à deux loges. Un ovaire libre, à trois loges, forme par trois feuilles carpellaires soudées, trois stigmates. Les étamines sont comme les pièces du périgone, in- sérées sur deux rangs. Si, suivant les méthodes admises par quelques auteurs, nous designons par S, les sépales, c'est à dire, les pièces externes du périgone, P, les pétales ou piéces internes, E et E' les étamines externes et internes et enfin par C les feuilles carpellaires, nous pourrons écrire ainsi qu'il suit la formule florale des genres ci- dessus désignés: Fleur = 3S + 3P + 3E + 3E" + [3C ]. Des eas nombreux de tératologie ont été signalés déjà chez ces deux plantes. La Tulipa Gesneriana L., cultivée dans tous les jardins depuis plus de deux siécles, est sujette à des variations et donne des monstruosités étonnantes, intéressant tous les vertieilles floraux. Des dédoublements des pétales, des métamorphoses des étamines ou des sépales, des multiplications et ramifications des diverses piéces florales se rencontrent fréquemment. Les Carpelles eux-mémes se séparent assez souvent. Dans la majo- rité des cas, ces tulipes cultivées ne donnent pas de graines et se flétrissent rapidement; elles rentrent dans la catégorie des fleurs mon- strueuses créées par Vhorticulture et peu intéressantes pour le botaniste. 8. Malpighia anno VI, vol. VI. > 118 QUELQUES CAS TÉRATOLOGIQUES, ETC. pee En examinant, il y a quelques années déja, un lot de Tulipes eul- tivées et appartenant à eette espéce, T. Gesneriana L., je fus frappé par l'anomalie singulière suivante: Quelques-unes des fleurs portaient quatre stigmates et lovaire était nettement formé par quatre feuilles carpellaires, concrescentes à la base et libres au sommet, dans la région stigmatique. Les autres verticilles floraux étaient tous pe loides, sauf une ou deux étamines, stériles d’ailleurs. Une seconde observation faite dans le courant de la méme année, est la suivante: Sur une fleur de Tulipe dans laquelle les pétales étaient restés simples, sans ramifications, je trouve à chaque verticille du périanthe, quatre pièces disposées en croix, puis des étamines très réduites et un ovaire surmonté par quatre stigmates dont trois sont normaux assez grands, le quatrième est petit, rudimentaire. Continuant mes recherches dans ce sens, et faisant annuellement des observations sur ces mémes Tulipes curieuses (dont le nombre fut augmenté par multiplication végétative) et sur d'autres Tulipes de provenances diverses, je parvins à trouver une variété anormale, dont je possede actuellement quelques échantillons et qui, au poini de vue botanique, présente un grand intérêt. Cette variété, appartenant sans aucun doute à l'espèce cultivée Tu- lina Gesneriana L., est construite sur le type quatre. Sa fleur a l’aspect d'une fleur normale sans monstruosités apparentes: ses deux vertieilles pétaloides alternes, sont formés par quatre sépales et quatre pétales semblables; l’androcée présente deux verticilles de quatre éta- mines fertiles et le gynécée constitué par quatre feuilles carpellaires soudées est surmonté par quatre stigmates, il contient des ovules nom- breux anatropes. La formule florale de cette Tulipe singuliére peut done s’écrire : F=4S+4P+4E+E+|4C}. Des essais de fécondation ont été tentés sur ces fleurs, dans le courant de l'au dernier, mais n'ont pas abouti. Il sera intéressant de voir, ee que je me propose de faire dés cette année, comment les graines de ces tulipes se comporteront et quel type de fleurs elles donneront. - — pee Ou 7 E Yo Bim ont CAMILLE BRUNOTTE ; 119 Jusqu'à présent et avec ces données, on ne peut pas be se ces. fleurs tétraméres comme appartenant à un type nouveau modifié et fixé definitivement, mais le fait de trouver ainsi une fleur nettement tétramére chez une Tulipée, n'en reste pas moins intéressant, surtout, si l'on se rappelle que chex les Monocotylédones, à part quelques rares exceptions, toutes les fleurs sont triméres. | Dans le courant du mois dernier, j'ai retrouvé la méme anomalie dans le genre voisin Fritillaria L. Une fleur de Fritillaria Meleagris cultivée au Jardin botanique de Nancy présentait exactement les mémes earactéres que ceux que je viens de déerire chez Tulipa. En ce qui concerne les observations faites, relatives à ces Tulipes je peux ajouter que j'ai déjà eu à examiner depuis ce printemps 1892, plus de 15 échantillons de fleurs tétraméres; je n'en posséde encore qu'un seul appartenant à Fritillaria Meleagris. Nancy, Ecole supérieure de Pharmacie, Mai 1892. pr TERI TIA Wed Me: 120 i DOMENICO LANZA AGOSTINO TODARO per il D." Domenico Lanza. Agostino Toparo nacque in Palermo il 14 gennaio 1818 dal Com- mendatore Felice Todaro Pastore, presidente della gran Corte, e dalla signora Maria Accittella. Fece tutti i suoi studii in Palermo dove nel 1841 si laureò in giu- risprudenza, ma nello stesso tempo si dedicava allo studio delle scienze naturali, avendo a compagni il Parlatore, il Calcara, l'Inzenga. e nel 1856 ebbe la laurea in Fisica e Matematica. Nel 1848 entrò nel Giardino Botanico in qualità di assistente, e nel 1856. alla morte di Vincenzo Tineo, fu incaricato della direzione, nel quale ufficio fu confermato definitivamente nel 1860. A far l'elogio di lui non occorrono troppe parole, basta solo rilevare che egli possedeva al massimo grado la caratteristica vera dell'uomo superiore, l equilibrio perfetto delle facoltà mentali, l'accordo completo fra il cuore e la mente, che lo rendeva sempre ed egualmente elevato in tutto, in qualunque posizione, in qualunque materia. Todaro giurista, e Todaro scienziato, nella vita privata e nella pubblica, nel pensare e nell operare, nelle più grandi e nelle minime occorrenze della vita era sempre lo stesso uomo. Della straordinaria vastità della sua mente non voglio parlarne io; riferisco le parole che di lui ebbe a dire in Parlamento il Mancini: « Il Prof. Todaro può riguardarsi come un non frequente fenomeno di elevazione intellettuale, dappoichè egli è uno dei primi giureconsulti della Sicilia, anzi d’Italia. Egli esercita la professione di avvocato con grande splendore, nel tempo stesso che da lunghi anni è direttore del- l'Orto Botanico ed ha acquistato nella sua scienza quella rinomanza di cui altri, con più competenza, potrà giudicare e rendere testimonianza ». Todaro fu un fenomeno, la parola è proprio questa; egli non solo si occupò di due discipline così radicalmente diverse, ma nell una e nel- AGOSTINO TODARO 121 l’altra seppe riuscir sommo. E nel campo della giurisprudenza, non fu soltanto uno studioso, un teorico, ma sosteneva, e con coscienza infinita, una mole sbalorditoria di affari professionali. Alla sua morte era in- dubbiamente il primo avvocato di Sicilia ed uno dei primi botanici italiani. Prese anche in un periodo della sua vita parte attivissima alla am- ministrazione della città. In politica fu forte oppositore di quel morboso spirito odierno di ac- centramento che fa dello Stato una macchina così complicata e gravosa. * xxx «Ma qui dobbiamo discorrere di lui principalmente come botanico. Il tratto più spiccato e più caratteristico del suo fortissimo ingegno era, a mio credere, la rapidità fulminea della percezione e la potenza straordinaria di correlazione. Egli era maestro impareggiabile nel trovare i rapporti veri e naturali tra le idee, tra i fatti; egli ne vedeva i punti di contatto, le affinità, le divergenze molto più in là che una vista anche non ordinaria, non giungesse. Questa facoltà preziosissima svolgendosi nei due campi ai quali si applicò lo rese in entrambi grandissimo. Come avvocato egli metteva subito a posto una quistione, sapeva ridurla nei suoi veri termini, trovarne il suo lato giusto che quindi con la sua non comune dottrina sapeva far risaltare e valere. La stessa facoltà nello studio della scienza gli diede quell’alto posto che tutti gli riconoscono. Todaro era sistematico per natura, per disposizione felicissima della mente: possedeva quel colpo d'occhio, quel criterio speciale e finissimo che non si apprende in nessun libro e in nessuna semola, e che non si descrive. Bastava che egli appena vedesse una pianta, perchè ne co- gliesse i caratteri essenziali, le trovasse il suo posto fra le congeneri. e ciò con una rapidità, con una precisione magica addirittura. Io non so come esprimermi a ritrarre questa sua specialissima facoltà, dirò che egli prima di conoscerla una pianta la intuiva, ne arrivava alla conoscenza prima che con lo studio, passi la parola, col sentimento. ded ES ee ‘DOMENICO LANZA Lo studio successivo che era poi lungo, ponderato, coscienziosissimo, era sempre la conferma di quanto egli aveva. già, diciamo pure, indovinato. Agostino Todaro fu l’ultimo di quella schiera gloriosa che nella metà di questo secolo tenne altissimo il nome italiano nella scienza botanica. Contemporaneo di Parlatore, Gussone, Bertoloni, Moris, ecc., fu loro legato in intima amicizia ed appartenne alla loro scuola. Con Gussone principalmente ha molta somiglianza per la rara precisione ed efficacia nelle diagnosi. Quanto ai principii filosofici della scienza egli non accettò mai le teorie darwinistiche, delle quali però riconosceva seriamente la gravità e le discuteva con senno e rispetto grandissimo. Egli riguardava le specie nel senso linneano, come unità indipendenti, riteneva distinto tutto ciò che l osservazione diretta gli mostrava essere distinto. Lo spirito dell'analisi in lui sviluppatissimo lo spingeva forse a se- parare, ma lo tratteneva al giusto punto su questa via, il suo punto di vista sempre elevato e l’esperienza consumata che ebbe delle piante coltivate, che gli permetteva di comprendere ed apprezzare la fissità e la variabilità dei caratteri. Egli vedeva le differenze tra due piante sino agli estremi limiti, nulla gli sfuggiva, ma come le vedeva così anche le sapeva valutare, e possiamo dire che seppe trovare il giusto mezzo tra i polverizzatori di specie ed i eonfusionisti. Sembrerà forse troppo arrischiato questo giudizio, essendo questa una quistione puramente sub- hiettiva, ma esso vien confermato dal fatto che a chi ha tendenza a dividere Todaro sembrò che riunisse troppo, e sembrò che dividesse troppo a chi ha tendenza a riunire. Alle moderne ricerche anatomiche e fisiologiche rimase quasi estraneo. ciò che si comprende, facilmente considerando quanto gravi occupazioni lo assorbivano. Ma ne sentiva altamente l'importanza ed ai suoi allievi ne raccomandava lo studio con calore. Negli ultimi anni anzi aveva co- minciato a formare un gabinetto perchè i suoi assistenti avessero agio di attendere allo studio della micrografia. 7 Delle leggi della nomenclatura botanica fu osservatore e propugnatore rigidissimo: cito ad esempio la rivendicazione del genere Arachnites Hoffm. che sostenne con ardore e dottrina profonda dovunque gliene si presentasse l’ occasione di parlarne. AGOSTINO TODARO ^ — 1233 All intelligenza elettissima era valido aiuto una memoria di ferro che con piccola fatica lo metteva in grado di essere sempre perfettamente al corrente della letteratura scientifica. Fu anche un bibliofilo appassionato, e la sua biblioteca di opere scientifiche, storiche e giuridiche fu certamente una delle più ricche di Palermo. Per i libri antichi ebbe poi un amore speciale e difficilmente io credo altri potrà essere stato meglio di lui informato della letteratura dello scorso secolo ed anche di quella prelinneana. . Qualunque questione scientifica imprendesse a trattare, egli, caso oggi pur troppo raro, risaliva sempre alle sorgenti, convinto della verità che una quistione, per essere ben risoluta, bisogna anzitutto che sia ben basata. Della sua profonda conoscenza della storia e della letteratura botanica ci ha lasciato un esempio splendidissimo nella monografia dei Gossypium dove ci fa la storia di questo genere e delle sue specie da Teofrasto ai nostri giorni, con tanta precisione, riechezza di notizie e finezza di critica da essere un vero modello di un lavoro di questo genere. Diamo più in basso un elenco delle sue pubblicazioni, relativamente poche in confronto a quanto avrebbe potuto, ma egli più che per la fama studiava per disposizione naturale, per sua intima soddisfazione. Fra le pubblicazioni notiamo anzitutto la Relazione sulla cultura dei cotoni e la monografia ora citata. Per parlarne degnamente biso- gnerebbe parlare troppo a lungo di questo lavoro che basterebbe da solo ad onorare uno scienziato, frutto di più che 15 anni di lavoro assiduo e di culture accuratissime. Al genere Gossypium vengono dal Todaro riuniti i generi Turberia, Sturtia e le specie australiane del genere Cienfuegosia. Così costituito il genere viene diviso in 4 sezioni: Thespesiastra, Hi- biscoidea, Sturtia, Eugossypium e gli vengono assegnate 54 specie, delle quali 2 incerte e 21 fondate da lui (!). (!) Le specie todaroane di Gossypium sono le seguenti: G. cavanillesianum, cernuum, caespitosum, costulatum, Cunninghamii, Fi- garii, gara glabratum, intermedium, labillarderianum, lanceolatum, era n, maritimum, mexicanum, microcarpum, neglectum, populifolium, Heri; roseum, Thurberi, wightianum. ‘124 : DOMENICO LANZA Questo lavoro fu pubblicato a spese dello Stato e servi di illustrazione alla raccolta di cotoni presentata all’ Esposizione universale di Parigi dell'anno 1878 dove fu premiato con la’ medaglia d'oro. E per i cotoni il Todaro aveva già ottenuto nel 1864 la medaglia d'argento all’ espo- - sizione dei cotoni tenuta a Torino e nel 1877 la medaglia d'oro alla Esposizione universale di Amsterdam. Le Orchideae siculae, primo lavoro sulle orchidee siciliane, ut pubblicato prima del 2.° volume de Gussone. ed uno dei primi che il- lustrasse questa famiglia nella flora mediterranea, allora poco conosciuta e che in Sicilia ha una larghissima rappresentanza. La Synopsis Acotyledonearum, dove non solo descrive tutte le specie che nascono in Sicilia, ma discute e rettifica la sinonimia, la nomen- clatura e le descrizioni dei generi e delle specie e propone parecchi generi e tribù, e riporta tre Isoetes da lui scoperte, mentre prima di lui non si conosceva in Sicilia alcun rappresentante di questa famiglia. L Hortus Panormitanus di cui parleremo altrove. Ma l’opera sua maggiore, alla quale egli più teneva, che fu costan- temente oggetto delle sue maggiori cure, e che fu di maggior lustro alla patria e di vantaggio alla scienza, è il Giardino Botanico di Pa- lermo che può quasi dirsi opera sua esclusiva. Quando nel 1856 ne assunse la direzione, l Orto di Palermo contava ben poco nel mondo scientifico. Tineo era stato troppo assorbito dallo studio della flora indigena: si conserva ancora un vecchio registro nel quale sono notate tutte le piante che si coltivavano allora, saranno forse un 3 mila specie in tutto, del resto non c'erano che viali uniformi di Olmi, di Elei, di Cercis e simili piante volgari. Al giorno d’oggi il Yiardino di Palermo è senza dubbio il primo d’Italia ed uno dei pri- missimi che esistano: ed alla scienza ha reso serii e continui servizii per il copioso materiale che ha fornito a tutta Europa per studii di ogni genere. Todaro capì subito il carattere che al giardino si doveva dare, capì che sotto il clima specialissimo di Palermo si potevano fare grandi cose, e rivolse particolarmente la sua opera alla doltura delle piante dei paesi subtropicali. Le collezioni di Cacteae, Agave, Aloe, Ficus, Liliaceae b "^8 eee RS AGOSTINO TODARO 125 Stapelia, per non parlare che delle maggiori, coltivate nel nostro Orto in pien'aria ed in piena terra, molto diffieilmente potranno trovare al- trove un riscontro. L'amore profondo ehe egli ebbe per questo giardino, le cure assidue, delicate che vi spese non si possono ridire; bisogna essergli stato ac- canto nel giro che ne faceva ogni giorno per vedere con quale inte- resse seguiva i progressi dello sviluppo di ogni singola pianta, quali ansie in una giornata d'inverno soverchiamente rigida, sentire le sue esclamazioni di ammirazione per una bellezza vegetale che da anni vedeva ogni giorno e che pure erano cosi calde e spontanee come se si trattasse di novità. Buon numero di anni nei mesi di primavera lasciava la sua casa per venire ad abitare nell Orto: e nella coltura di esso non solo spese tempo e lavoro. ma anche, e non poco, del proprio denaro. Sotto la sua direzione si costrui nel 1858 la grande serra in vetri che costò allo Stato la somma di 50 mila lire; nel 1863 ottenne dal Governo un aumento nella dotazione dello stabilimento, nel 1866 ottenne le terre della Vigna del Gallo, 9 ettari di terra che furono annessi allantieo giardino. Li ricevette affatto nudi e vi fece sorgere, oltre alle numerose collezioni scientifiche, magnifici aranceti ed altre piante utili. Perché oltre agli studi di scienza pura egli si occupò anche delle applicazioni pratiche della scienza; nel 1861 fondo la Società di Aceli- mazione ed Agricoltura in Sicilia; ed allo splendido vivaio della Vigna del Gallo accorreva tutta la Sicilia a provvedersi delle belle varietà di frutta. Fu strenuo propugnatore al Consiglio Comunale di Palermo dell imboschimento di Monte Pellegrino e su questo argomento scrisse progetti e relazioni che furono stampati dal Municipio. Nel 1878 fece costruire un edificio speciale per |’ erbario del quale prima di lui non esisteva traccia e che egli iniziò e condusse alla sua attuale ricchezza che, se non è grandissima, lo rende certo il più im- portante d’Italia dopo quello di Firenze, formato con spesa relativa- monte piccola, ottenendo il maggior numero dei saggi eon lo scambio della sua Flora sicula ewsiccata. Dal 1858 al 1892 pubblicò ogni anno, senza alcuna interruzione, I Index seminum rieco di circa 5000 specie che egli stesso studiava e control- lava una per una. MUR dE e, DOMENICO LANZA Le piante nuove o critiche che si coltivavano nel giardino egli co- minciò ad illustrare in una pubblicazione dal titolo Nuovi gener? e nuove specie di piante coltivate nel R. Orto Botanico di Palermo, della quale pubblicò 3 fascicoli dal 1858 al 1861; e quindi dal 1876 al 1891 nel- l’ Hortus Panormitanus, opera in folio, adorna di figure colorate . splendidissime, coraggioso ritorno al genere delle celebri opere di un secolo fa, del Jacquin, del Link, del Redouté, eec. Ne pubblicò 20 fa- seicoli con 40 tavole nei quali descrisse e figurò 47 specie. Di altre piante dell'Orto si occupò nelle note agli Index seminum o in pubbli- cazioni speciali. I generi che illustrò principalmente furono: Erythrina, Duranta, Oxalis, Stapelia, ma più di tutti Aloe, Agave e Fourcroya dei quali ancora gli restava in giardino tanto materiale da studiare (!). E non contento di quello che dirigeva. altro piccolo orto botanico fece sorgere nelle sue terre di Capaci dove coltivava a preferenza piante australiane che le condizioni speciali di sito e di suolo favorivano sin- golarmente. Dopo dell' Orto bisogna dire della Flora della Sicilia: forse non meno grande furono l'amore che ebbe per essa ed i servigi ehe le rese. La Flora siciliana, sebbene fosse stata fin dal principio di questo secolo illustrata da molti lavori di botanici nostrani e forestieri. e sebbene la senza pari Synopsis del Gussone riunisse la descrizione di tutte le specie vascolari ehe nascono nellisola, nonpertanto mancava, quando egli entro nella scienza, della meritata divulgazione resa necessaria sia (*) Questi generi furono da lui arriechiti delle seguenti nuove specie: applanata, Candelabrum. caespitosa, intermedia, Haynaldi, laevis, longisepala, macrantha, macrocarpa, macroculmis, multiflora, paucifolia, vo- velliana, spectabilis, Willdingii. Fourcroya altissima, flaccida, elegans, pube- scens. Moe agavefolia, cernua, commutata, confusa, elegans, fulgens, Lanzae, percrassa, Rossi, s iR ina insignis, Vc Ee Moori, viarum Oxalis iiw pom , Coppoleri, fragrans, i ala, longisepala, Ma- joranae. Duranta brach iode: integrifolia, micr ie, ARE turbi- noto. Stapelia ent atrata, ciliolulata, discolor, grandiflora. scutellata, parcipunctata, trifida " dall'importanza eccezionale della nostra vegetazione, sia dal fatto che moltissime piante di cui si è arricchita la scienza, furono per la prima volta rinvenute presso di noi. Si sentiva quindi nel mondo scientifico vivissimo il bisogno di una collezione di figure o di essiccati che per- mettessero la precisa ricognizione delle specie più importanti, nuove, rare o dubbiose riportate nelle opere del Bivona, del Tineo, ‘del Gus- sone, del Gasparrini, del Parlatore. Egli dapprineipio pensò ad un’opera iconografica, ma un lavoro di simil genere avrebbe richiesto delle spese enormi, superiori alle forze di un privato; si decise quindi di divulgare la flora siciliana per mezzo di saggi disseccati, i quali, del resto, sono superiori a qualsivoglia figura per quanto maestrevolmente eseguita; e con cure e sacrifizii pecuniarii non lievi, riuscì a renderla addirittura popolare. Non e'é oggi un erbario, per quanto appena importante, che non possieda le piante siciliane del Todaro le quali egli spessissimo largiva con la sua consueta generosità. E quest’ opera, avuto riguardo alla sua posizione, egli considerò come un dovere da adempiere verso la scienza. Del valore di questa classica collezione non è necessario parlarne , essa è troppo nota perché occorra spendervi parole: non c'è lavoro ge- nerale o speciale che riguardi la flora mediterranea in cui gli essiccati del Todaro non siano ad ogni passo citati, non solo, ma per le piante di Sicilia non sono quasi mai citati altri che questi. Nel suo ricco erbario esistevano tutti i saggi autentici delle specie descritte dal Bivona, dal Parlatore e dal Bianca, e moltissimi di quelle del Tineo, del Gussone e del Gasparrini e le osservazioni che esistevano nell’erbario di Bivona intorno alle piante pubblicate dal Rafinesque, e nell’ erbario dell’ Orto Botanico si trovavano ancora in saggi autentici quasi tutte le specie del Gussone e del Gasparrini e tutte quelle del Tineo. 7, Con questa massa di materiali preziosissimi di cui pote valersi, col suo finissimo criterio, le sue centurie assunsero una importanza ecce- zionale e possono considerarsi come collezioni autentiche per il confronto fattone da lui con i saggi autentici. Addippiù per le specie per la prima volta rinvenute in Sicilia diede in luce saggi provenienti da quei AGOSTINO TODARO TA 128 DOMENICO LANZA luoghi stessi dove le piante furono originariamente rinvenute, E le ri- petute visite ai luoghi da dove il Presl riporta le sue specie, delle quali dubbiosa è ritenuta tuttavia la determinazione, lo misero in A di rinvenirne e precisarne parecchie. Della sua Flora sicula exsiccata ne pubblicò XVI centurie, la prima comparve nel 1863, l'ultima nel 1886. Ma oltre a queste 1600 specie che formano la collezione numerata e che sono già più della metà della flora di Sicilia, egli ne diffuse ancora alla spicciolata tutto il resto, che non potè pubblicare in collezione non possedendone sufficiente numero di esemplari. Oltre ad essere il divulgatore della flora sicula, egli anche l'arriechi considerevolmente, nonostante che già prima di lui fosse stata così at- tentamente studiata. Molte piante furono in Sicilia trovate per la prima volta da lui, molte altre qui ne scoperse del tutto nuove per la scienza (!). Per raccogliere un materiale così ricco e continuamente rinnovarlo si comprende facilmente che instancabile escursionista dovette egli essere. La Sicilia la visito letteralmente palmo a palmo, e ripetutamente ed in tempi in cui viaggiarla era tutt'altro che comodo ed attraente. Visitò anche le isole adiacenti, Malta nel 1848 da dove riportò una gran quan- (© Le piante nuove siciliane del Todaro sono le seguenti: Adonis désir Ranunculus macranthus, panormitanus, Brassica Tinei, Pa- , Cerastium Gussonei, Erodium commutatum, longicaule, .so- al pue s Bartolottae, Ononis cupaniana, Medicago Biancae, com- mutata, sicula, Astragalus Sharan Rosa panormitana, sicula, Dau drepanensis, Scabiosa Gussonei, Anthemis cupaniane, Galatella naar Cirsium elatum, Laurentia commutata, Convolvulus cupanianus, Verbascum fallax, siculum, Odontites Citardae, sicula, Calamintha Gussonei, Micromeria giflora, Statice Calcarae, dp en Suaeda Kochii, Salsola controversa, Bi Gus. Polygonum Gussonei, Orchis Bivonae, commutata ssonei, Arachnites Biancae, Inzengae, oxyrhy hye s Serapias elongata Pa australis, erratica, FRAPPE sicula, Moraea sicula, Romulea Par Veteri tenuifolia, H. ifoli mione Biancae, iesu pun. syracusana, Ornithogalum nebrodense, Botryanthus albo- virens, Gussonei, Scirpus Minae, Molineria palustris, Aira sicula, Isoetes sicula. Ho riportato solo quelle che pubblicò, moltissime altre ne restano ancora inedite AGOSTINO TODARO 129 tità di piante ma che non pubblicò, e nel 1872 fece una corsa in Sar- degna dove raccolse parecchie specie nuove di eui alcune pubblicò nel Nuovo Giorn. Bot. Ital. Vol. V (?). Il racconto delle sue escursioni era negli ultimi anni della sua vita uno degli argomenti di conversazione da lui più preferiti e. più inte- ressanti per chi lo ascoltava: il sentimento profondo. della natura, la memoria tenacissima dei luoghi davano alle sue narrazioni una straor- dinaria attrattiva. Non so proprio dire di quanta utilità fosse il rivolgersi a lui prima di imprendere una escursione, in qualunque posto si volesse andare, egli già ci era stato. e con pochi tratti vi raffigurava l'aspetto del paese, la natura dei terreni, il posto preciso dove raccogliere quella data pianta, con esattezza e vivacità meravigliosa. Malgrado il lavoro assiduo al quale si dedicò, Todaro non aveva punto l’aria di un dotto che non vive che per i suoi studi. Era dotato di un grande senso pratico della vita. e visse in tutto il pieno singi- ficato della parola, e della vita cittadina fu una delle personalità più spiccate. Era l’uomo più aperto, più socievole, cercato da tutti ed a tutti accessibile: rideva e conversava volentieri attraendo fortemente per la sua vivacità. Flagellatore inesorabile dei disonesti, indulgente per le piccole miserie umane. Il miglior elogio che si possa fare delle sue qualità morali è questo che, nella sua lunga e splendida carriera di avvocato e di scienziato, la sua superiorità fu da tutti sempre e volentieri riconosciuta ed ac- cettata, mai l'invidia o la maldieenza lo raggiunse. E come si poteva essere invidi o detrattori di un uomo che a tanta elevatezza univa una bontà, una modestia inconseia, infantile? La semplicità, la spontaneità nelle maniere, senza mai la menoma ombra di pretenzione od artificio. atti- ravano a Ini e tenevano a lui fortemente legati. (© Silene Morisii Tod. Halocnemum- cruciatum Tod. Triglochin laxiflorum Guss. Asparagus Clade Forsk. Atriplex Tornabeni Tin. ~~ 130 DOMENICO LANZA Distinzioni ed onorificenze ne ebbe numerose e segnalate sia nazionali che straniere, ma a parlar di questo mi sento addosso uno di quei suoi sguardi di vera commiserazione per le piccole vanità umane, non sto quindi ad enumerarle. Ricorderò solo che nel 1879 fu chiamato a se- dere in Senato. L'amore allo Stabilimento che si puo dire fondò e per 36 anni diresse volle anche mostrarlo dopo morte legando a questo la sua biblioteca scientifica ricca di circa 2000 volumi. fra i quali molti di valore al- tissimo e rarissimi e di circa 2500 opuscoli; l’erbario di circa 450 pacchi, nel quale, oltre alle piante da lui raccolte e studiate, si con- servano numerosi saggi autentici dei botanici con i quali era in rela- zione, preziosi principalmente quelli riferentesi alla flora siciliana. Esempio pur troppo raro del modo come si serve la patria e la scienza. Agostino Todaro era piuttosto basso di statura e tarchiato; aveva fronte amplissima, occhi neri vivissimi e penetranti, viso aperto da ispirare la massima confidenza. Fu di costituzione fortissima, ma troppo sanguigna per cui patì più volte attacchi cerebrali, e fu uno di questi che ce lo tolse, dopo venti giorni di sofferenze inaudite, la mattina del 18 aprile 1892. Elenco cronologico delle pubblicazioni di botanica di Acostino TODARO. Rivista critica della « Flora Palermitana » di Filippo Parlatore. Palermo 1839. Orchideae sieulae sive enumeratio Orchidearum in Sicilia ARE etectarum. Con 2 tavole. Palermo 1842. Rariorum plantaram minusve recte cognitarum in Sicilia sponte pro- venientium decas I. Atti della Acc. di Sc. e Lett. Nuova serie Vol. I. Palermo 1854. Nuovi generi e nuove specie di piante coltivate nel R. Orto Botanico i Palermo, Palermo 1858-61. AGOSTINO TODARO i 131 t Dell influenza del commercio dell Oriente sulla agricoltura siciliana. Palermo 1861. Di Vincenzo Tineo. Palermo 1862. + Una nuova specie di Cucurbitacea coltivata nel R. Orto Botanico di Palermo. Giornale del R. Ist. d' Incoraggiamento di Sicilia. Serie III, vol. I. Palermo 1863. “Sopra alcune Euphorbiae coltivate nel Giardino Botanico di Palermo. Giornale del R. Ist. d' Incoraggiamento in Sicilias Serie III. vol. I. Palermo 1863. Osservazioni su talune specie di Cotone coltivate nel R. Orto. Botanico di Palermo. Giornale del R. Ist. d Incoraggiamento in Sicilia. Serie III vol. I. Palermo 1863. Sulla cultura della Calotropis gigantea e della C. procera in Sicilia. Giornale del R. Ist. d' Incoraggiamento in Sicilia. Serie III, vol. I. Palermo 1863. Plantae novae Horti Regii Botanici Panormitani. Ann. Se. Nat. Serie IV, t. XX. Paris 1863. Relazione sui Cotoni coltivati al R. Orto Botanico. Atti della Soc. di Acclim. e Agr. in Sicilia. Vol. IV. Palerm Relazione sui Cotoni coltivati al R. Orto Botanico una anno 1864. Atti i ella Soc. di Acclim. e Agr. in Sicilia. Vol. IV. Palermo 1864. Dell’ibridismo delle piante e della sua influenza sulle varietà orticole. Giornale di Sc. Nat. ed Econom. Vol. II. Palermo 1866. * Synopsis plantarum acotyledonearum vascularium sponte iosa in Sicilia patie adiacentibus. Giornale di Se. Nat. ed Econom. Vol. I. Palermo 1866. Adnotationes ad sinti seminum Horti Regii Botanici Panormitani anni MDCCCLXXII. Nuovo Giorn. Bot. Ital. Vol. V. Pisa 1873. Sulla Trixago apula. Guida dell Agr. sicil. Anno I. Palermo 1873. +. una nuova specie di Serapias. Atti del XII Congresso della as l. pel progresso delle Sc. Roma 1877. Siu sulla eultura dei Cotoni in Italia seguita da una monografia el genere Gossypium. Con atlante di 12 tavole. Roma-Palermo 1877-78. Se le Quercie conosciute in commercio coi nomi di Farnia e di Rovere nascono in Sicilia. Nuovo Giorn. Bot. Ital. Vol. X. Pisa 1878. Sopra una nuova specie di Foureroya. Con 3 tavole. Palermo 1879. Index seminum Horti Regii Botanici Panormitani quae pro mutua com- mutatione offeruntur. Anni 1858-92 Flora Sicula exsiecata. Centuriae I-XVI. LE DOMENICO LANZA tortus son Panormitanus sive plantae novae nel criticae quae Botanico Panormitano coluntur, descriptae et iconibus iHlasteatng. Palermo Vol. I, con 24 tavole, 1876-78. Vol. II, fase. -8. con:16 tavole, 1879-91. In queste opere furono da lui fondate 150 specie di piante, delle quali 60 siciliane. 90 esotiche; ed i generi Biancaea, Caracalla, Coppo- leria, Cosentinia , Pastorea, Matteuccia. Oltre a queste opere lasciò inediti molti manoscritti di cui sarebbe a desiderarsi pronta pubblicazione: i principali sono: le monografie dei generi: Medicago e Dasylirion, gli studii sulle Agaveae e le Aloe e la Enumeratio florae Siculae alla quale attese con amore speciale per tutta la sua vita. Di più una quantità ingente di tavole colorate e di fotografie illustranti principalmente il genere Agave. | La stima e la riverenza dei botanici suoi contemporanei gli fu anche dimostrata con la dedica di buon numero di piante. \ Le specie dedicate a lui non posso qui riferirle non avendo ancora potuto rintracciarle tutte, riporto invece i generi. Generi dedicati ad Agostino Todaro. Toparoa. Parl. in Webb. et Berth. Phyt. Canar. II, 155, tav. 74. Parl. Todaroa novum Umbelliferarum genus olim descriptum et iterum recognitum. Walp. Rep. V. 865 Benth. et Hook. Geri Plant. I. 900. Genus Umbelliferarum Seselinearum. Species unica, Todaroa aurea Parl. (Peucedanum aureum Soland.), insularum canariensium (in fissuris rupium Teneriffae) incola. Toparoa Rich. Ann. Se. Nat. Serie III, vol. 3.° 28, Campylocentron Benth. Journ. Linn. Soc. XVII, 337. Benth. et Hook. Gen. Plant. III, 585. Genus Orchidearum Vandearum species ad 15 complectens Americae tropicae incolae. y ; RASSEGNE 1833 Rassegne d vi CHAUVEAUD L. Recherches embryogéniques sur l'appareil o lalicifère des Euphorbiacées, Urticacées, Apocynées et { Asclepiadées. Ann. Se. natur. Bot. VII, Sér. XIV, 1891, p. 1, 160, av. 8 pl. Il presente lavoro offre uno speciale interesse, perchè tratta esclusivamente ed ampiamente dello sviluppo dell'apparecchio laticifero delle Euforbiacee, Ortica- cee, Apocinacee ed Asclepiadacee. Le poche considerazioni sul valore sistematico dell’ apparecchio laticifero e sulla sua morfologia sono di molto minor valore. Infatti riguardo alla sistematica, poco aggiunge a quanto scrisse il Pax; e rela- 1 tivamente al valore morfologico sostiene soltanto, contro il parere dei piü, che i vasi latieiferi inarticolati sono primitivi e non provengono dagli articolati per scomparsa delle pareti trasversali. Lo sviluppo dell' apparecchio laticifero lo studió nell' embrione e nella pianta sviluppatasi da esso. Sviluppo embrionale. A. Euforbiacee. Le iniziali dell' apparecchio laticifero sono i primi elementi che si differenziano nell'embrione. Infatti già fin da quaudo l' embrione è ancora costituito dalla sfera embrionale , aleune cellule cessano di segmentarsi , continuano a crescere ed il loro contenuto si fa rifran- gente. Queste iniziali si presentano nel piano equatoriale della sfera embrio- nale (fatto polo il sospensore) e precisamente nella quarta serie di cellule a partire dall'esterno, ehe ad embrione differenziato corrisponde alla serie esterna del eilindro centrale. Sono in numero variabile, di 4, 8 o piu, disposte simme- iricamente, o in una cerchia interrotta alle tracce cotiledonari o in una cerchia completa. Mentre l'embrione cresce ed il piano equatoriale diventa si nodale (inser- zione dei cotiledoni) le iniziali in origine cubiche, diventano triforcate, cioè pre- sentano delle sporgenze superiori, che diventano, prolungandosi, i tubi cotiledo- 9. Malpighia anno VI, vol. VI. 134 Hg RASSEGNE nari, delle sporgenze inferiori, che diventano i tubi centrali, e delle spor- gense esterne, che daranno i tubi nodali o corticali. Questi ultimi si dirigono verso l'esterno giungendo o meno fino all’ epidermide, e ramificandosi o no .si curvano poi verso la radichetta e scendono in basso, modificando di solito il loro decorso nell’ attraversare il colletto. I prolungamenti inferiori, o tubi centrali, s' allungano, seguendo la periferia del cilindro centrale e percorrono la radichetta fino all'apice vegetativo. Da essi non di rado partono rami, che vanno nella corteccia e nel midollo, ed in quest’ ultimo talora vengono dei rami che partono dalla faccia interna delle iniziali e costituiscono allora un sistema midollare. Le sporgenze superiori o tubi cotiledonari penetrano nei cotiledoni e vi si ramificano; alcuni dei rami vanno sotto lo strato a palizzate e fino all’ epi- dermide, in corrispondenza di altri si sviluppano più tardi i fasci vascolari. Dalla base dei cotiledoni penetrano talvolta dei tubi laticiferi provenienti dal sistema corticale. : Finalmente dalla faccia interna delle iniziali crescono tardivamente dei pro- lungamenti, che vanno all’ apice del fusticino e formano il sistema gemmale. Quanto si é fin qui detto, si riferisce alle specie del genere Euphorbia; ma questo modo di sviluppo, salve piccole differenze, è lo stesso nelle altre Euforbiacee studiate dall’ autore. B. Asclepiadacee e Apocinacee. Le iniziali compariscono pure, in serie in- terrotta, nel piano nodale dell’ embrione e precisamente nella serie cellulare più esterna del cilindro centrale. Le iniziali danno un sistema di tubi cotile- donari poco sviluppato, ed un sistema centrale sempre ben sviluppato, dal quale talvolta partono pochi rami per la corteccia. C. Orticacee. Le iniziali compariscono allo stesso posto che nei casi prece- denti; però stanno di fronte alle inserzioni cotiledonari. Un fatto interessante è stato osservato dal Chauveaud, ed è la mancanza di tubi laticiferi nell'embrione di certe piante che li presentano nello stato postembrionale. Così è della Vinca, dell’Amsonia latifolia, Tabernaemontana Wallichiana fra le Apocinacee, dell’ Urtica diocia e della Cannabis sativa tra le Orticacee. Fra queste piante adunque mancano tubi primitivi, od embrionali, ed esistono dei tubi ulteriori o postembrionali. Sviluppo postembrionale. Nella radice primaria quelli delle radichette se- guono l' apice vegetativo in accrescimento. Nelle radici secondarie entrano ramificazioni del sistema centrale della radice primaria. RASSEGNE ee y c Poche sono le modificazioni che hanno luogo in seguito all’ acerescimento nell'ipocotile. Nell’ epieotile invece il sistema gemmale, poco sviluppato nel- l’ embrione, forma due cerchie di tubi laticiferi, una corticale e I° altra centrale, che sir ramificano e s' intrecciano in nodi, d'onde pina i tubi per le De ed all’ ascella di queste quelli per i rami. Pertanto i laticiferi che si riscontrano nelle parti nuove delle piante, che vanno man mano svolgendosi, sono, salvo nei pochi casi sopraricordati, ramificazioni del sistema laticifero dell’ embrione, come già sostennero Schullerus e Schmal- hausen. Ed anche quando i tubi latieiferi si riscontrano nei tessuti secondarii, essi sono sempre rami dei preesistenti che pui nel meristema, e non di nuova formazione. R. PIROTTA. V. Tizaugx Pu. — Structure el affinités des Abies et de quelques genres les plus voisins. Bull. Soc. Botan. France, XXXVIII, pag. 406, 1891. Il Van Tieghem prosegue nelle sue interessantissime ricerche di anatomia e di istologia volte a trovare e stabilire le affinità che offrono i diversi generi di Conifere appartenenti ai diversi gruppi in cui le Conifere stesse sono di- stinte. In questa nota tratta dei generi Abies, Keteleeria, Cedrus, Pseudolarix, Hesperopeuce, Tsuga e trova che le specie che vi appartengono posseggono tutte un carattere comune, che non si riscontra in nessun altra conifera, di contenere cioè la radice primaria entro un parenchima midollare, un canale secretore assile. Ne studió la struttura e lo sviluppo e si vale di questo ca- rattere per stabilire il gruppo delle Cedree o Mielocele, cioè con cavità nel midollo. Per stabilire poi i caratteri differenziali dei generi, si vale della struttura della foglia, che è molto complicata, indicando p. es., in quella degli Abies ben 17 tessuti. Sceglie specialmente, come caratteri di maggior valore, la posizione e il numero dei canali secretori, la disposizione degli stomi, la presenza o man- eanza di esoderma, di scleriti. Riunisce poi in un altro gruppo delle Epixilocele o Pinee i generi Pseudo- tsuga, Pinus, Larix, Picea, il cui carattere è di avere un solo canale secretore cen i RASSEGNE pericielico in faccia ad ogni arco vascolare della radice primaria. Mieloceli ed Epixiloceli posseggono due ovuli rovesciati aoe e co- stituiscono insieme il gruppo delle Abitinee. Inversiovulate ma con un ovulo solo sono le Araucariee e le [RSA che insieme formano il gruppo delle Epifloeoceli, avendo più canali periciclici di fronte ad ogni gruppo cribroso nella struttura primaria della radice. À Pertanto le Conifere inversiovulate sono anche tutte risocele, cioè posseg- gono canali secretori nella struttura primaria della radice. Tutte le altre Coni- fere sono rettiovulate e non posseggono questo carattere. Si comprende facilmente di quale sussidio possa e debba essere T anatomia comparata per la sistematica delle Conifere. e NOTIZIE 137 Notizie La Città di Genova volendo solennizzare il quarto centenario della più grande scoperta geografica di tutti i tempi, operata dal suo im- mortale cittadino Cristoforo Colombo, crede di non poterlo fare più degnamente che convocando nel suo seno a Congresso internazionale le Società di Geografia e di Scienze affini. La Società Botanica Italiana, ben lieta di questa faustissima oc- casione, si onora d’invitarei cultori della Botanica di tutte le nazioni ad una riunione generale in Genova, allo scopo di comunicarvi e di- scutervi le proprie scoperte ed idee, e stringere sempre più i vincoli della fratellanza scientifica. Intanto li avverte con questa circolare che il Congresso Botanico Internazionale si terrà in Genova, nella prima metà di Settembre (4-11 Sett.) del corrente anno 1892. A tempo opportuno verranno inviate a tutti i botanici le schede sulle uali gli aderenti apporranno la propria firma, come promessa del loro intervento. Contemporaneamente sarà mandato ad essi un programma particolareggiato delle sedute scientifiche, nonchè delle feste pubbliche, che saranno offerte agli intervenuti. La Società Botanica annunzia fin "d'ora ai colleghi che si faranno diverse escursioni lungo il Littorale Genovese e nelle Alpi Marittime. Si fa noto anche che in quella oc- casione si celebrerà l’ inaugurazione solenne del nuovo Istituto Bota- nico dell’ Università di Genova, eretto a spese del munificentissimo Comm. Thomas Hanbury. Nella stessa epoca incirca si aduneranno in Genova i Congressi di Geografia e di Diritto aia marittimo e sarà aperta un’ Esposizione Italo-Americana di prodotti di scambio tra l' America e Y FOREN nonché un’ Esposizione Nazionale di Orticol- tura e Floricoltu La Società Ré Italiana pertanto prega caldamente i botanici di tutto il mondo, perchè col loro premuroso intervento concorrano a solennizzare una festa, la quale più che qualunque altra ha carat- tere mondiale, e sopra tutto tende al nobile scopo di rafforzare colla potente opera della Scienza i vincoli fra le varie nazioni. Il Comitato March. Comm. Giacomo Doria, Senatore del Regno, Presidente della Società Geografica Italiana. rd 138 ae | NOTIZIE | I Avv. Comm. CarLo MUNICCHI, Prefetto della Provincia di Genova. Bar. Comm. ANDREA PopestA, Senatore del Regno, Sindaco della Citta - di Genova. ates Prof. Comm. Riccardo Seconpi, Senatore del Regno, Rettore della R. — id Universita di Genova. Via Prof. Cav. GIOVANNI ARcANGELI, Presidente della Società Botanica Ita- liana, Pisa 4 xod March. Comm. Gran Marta Cambiaso, Presidente del Comizio Agrario x di Genova. Dott. Cav. fui Durour. - Prof. Cav. RAFFAELE uito, Vice- Direttore del Museo Civico. 10 Comm. Tuomas HANBURY , F. Prof. Cav. ARTURO ISSEL, Pride della Società Ligustica di Scienze Naturali e Geografiche. Prof. Corrapo Parona, Direttore del R. Museo Zoologico di Genova. Prof. Orrone PEwzic, Direttore del R. Orto Botanico di Genova. Prof. Cav. ANTONIO PICCONE. N. B. Tutte le comunicazioni, domande, eec., riguardanti il Con- gresso del 1892 sono da indirizzare al Prof. O. Penzie, R. Università, Genova. PROGRAMMA DEL CONGRESSO BOTANICO INTERNAZIONALE DI GENOVA 1892. Domenica 4 Settembre. 8 pom. — Ricevimento dei botanici stranieri (Sala del Municipio). Lunedì 5 Settembre. 9 1/, ant. — Apertura del Congresso (Aula Magna dell’ Universita). 2 pom. — 1.* Seduta scientifica (Aula Magna). Martedì 6 Settembre. 10 ant. — ‘Inaugurazione dell Istituto Hanbury (Orto Botanico). 2 pom. — 2.* Seduta, scientifica ie nn NOTIZIE Ma 139. Mercoledì 7 Settembre. 9 ant. — 3.* Seduta scientifica (Aula Magna). 2 pom. — Visita all’ Esposizione ed alla Citta. Giovedì 8 Settembre. 8 ant. — Gita per mare a Portofino — con vetture a S. Margherita, Rapallo, Ruta, Recco — ritorno col piroscafo. Venerdì 9 Settembre. 9 ant. — 4.* Seduta scientifica (Aula Magna). 2 pom. — 5.* Seduta scientifica (di chiusura). Sabato 10 Settembre. 7 ant. — Gita a Ventimiglia ed alla Mortola; visita del giardino T. Hanbury. Domenica 11 Settembre. Gita da Ventimiglia al Col di Tenda. NORME ED AVVERTIMENTI PER IL CONGRESSO BOTANICO INTERNAZIONALE DI GENOVA 1892. § 1. Il Congresso Botanico Internazionale sarà tenuto a Genova nel y l periodo dal 4 all'11 Settembre 1892; la sua durata potrà essere pro- lungata, qualora ciò sembrasse opportuno per abbondanza delle materie da trattarsi o per altre ragioni approvate dall’ assemblea. 8 2: Sara ammesso a far parte del Congresso chiunque si occupi di studi botanici o eultivi un ramo speciale di Botanica, X 140 NOTIZIE = § 3. Per essere inscritto come membro del Congresso occorrerà firmare e spedir firmata al Segretario del Comitato organizzatore (Prof. O. Penzig, R. Università, Genova) la scheda apposita diramata dal Comitato, ovvero iscriversi all’epoca stessa del Congresso sopra apposito registro. $ 4. Ogni membro del Congresso pagherà una tassa di dieci franchi al- l'atto di consegna della tessera di riconoscimento. Saranno esenti di questa tassa i membri della Società Botanica Italiana. : § 5. Le tessere di riconoscimento daranno diritto d'aecesso a tutte le sedute del Congresso, alle escursioni, ai festeggiamenti progettati, ecc., nonchè ai musei, alle biblioteche, alle collezioni che in quell’ epoca saranno aperti per i congressisti. Richiedendosi perciò sovente la pre- sentazione della tessera, sarà utile tenerla sempre seco durante tutto il tempo del Congresso. $ 6. Tutte le sedute del Congresso saranno pubbliche; ma il diritto di far comunicazioni e di prendere parte attiva alla discussione ed alle vo- tazioni sarà riservato ai membri del Congresso. LATE La lingua adottata uffizialmente per il congresso sarà I italiana: ognuno però avrà facoltà di servirsi per le comunicazioni e per la discussione dell'idioma che gli è più famigliare. § 8. Non si stabiliranno sezioni particolari dei varii rami di Botanica, con sedute separate per ognuna, a meno che il grande numero degli intervenuti e l abbondanza di comunicazioni rendessero necessaria simile divisione. NOTIZIE Pa ur SENE & 9. Non si è ereduto opportuno di stabilire temi speciali per la diseus- ssione. Sarà però utile avvertire fin d'ora che si tratterà della riforma di nomenclatura botaniea secondo la recente opera di O. Kuntze, e che sono già annunziate delle letture sulle teorie della fillotassi e della pseudanzia di F. Delpino. & 10. : I temi delle comunieazioni da farsi nelle sedute scientifiehe dovranno essere trasmessi al Segretario del Comitato non piü tardi del 15 Agosto 2. omunicazioni annunziate dopo quell’ epoca potranno essere ammesse i an c rimanesse del tempo sufficiente per esse dopo l nen delle altre, regolarmente annuuziate. ci Dopo ogni comunicazione sopra argomento scientifico sarà aperta la discussione, che avrà luogo colle solite norme parlamentari. S 12. Per eura del Comitato sarà stampato dopo il Congresso un rendi- conto breve delle sedute, e saranno pubblicate le memorie originali che al Congresso furono comunicate. Ogni membro del Congresso ri- ceverà gratuitamente una copia di questi « Atti del Congresso Bota- nico del 189: $ 13. Per Ja pronta pubblicazione degli Atti è indispensabile che gli au- il mese di Settembre 1892. L’ ordine delle memorie nel volume sarà quello della consegna dei singoli manoscritti. Dopo Settembre non si potranno più accettare manoscritti. Non saranno accolte negli Atti del Congresso che memorie originali redatte dai membri del Congresso, e delle quali sia stato comunicato almeno un riassunto in una delle se- dute scientifiche. 142 NOTIZIE 8 14. Agli autori delle memorie stampate negli Atti del Congresso si da- ranno gratis cinquanta copie a parte dei loro scritti. Qualora essi vo- lessero farne tirare maggiore numero di copie, dovranno pagare (di- rettamente al tipografo) le spese di dn e tiratura di queste, in ragione della tariffa speciale convenuta fra il Comitato ed il tipografo. Le memorie potranno essere scritte in qualsiasi lingua che non richieda caratteri tipografiei diversi dai romani. Le tavole illustrative annesse ai singoli lavori saranno pubblicate entro il limite dei fondi di eui dispone il Congresso. Gli autori dovranno curare la correzione dei proprii lavori, e ne resteranno responsabili. La sede del Congresso sarà nel palazzo della R. Università di Ge- nova (Via Balbi) Là si terranno tutte le sedute, si troverà l'uffizio di ricevimento (per il ritiro delle tessere, l’inscrizione, ecc.), la sede per- manente del Comitato, le sale (riserbate ai congressisti) di corrispon- denza e del buffet, posta, gabinetto telefonico, ecc. 8 16. Sono stati presi gli accordi colla Direzione delle Ferrovie d'Italia e dell Estero e colle principali Società di Navigazione per ottenere ai eongressisti il ribasso consueto sul prezzo di viaggio. Si prega calda- mente di voler Saga la scheda d’adesione al Comitato non più tardi del 1.° Luglio 1892, nehé si possa provvedere in tempo alla redazione ed alito delle. carte. S1. Al Municipio di Genova sarà istituito un ufficio d'informazioni per alloggio. Per il Comitato Il Segretario Prof. O. PENz16. Bo PICCOLA CRONACA Mo (us a 4 Piccola Cronaca Sono ritornati dalla Colonia Eritrea i botanici che durante questa primavera A ne hanno esplorato la Flora. Il Prof. ScowetnrurTH, accompagnato dal Dott. i d Riva, dopo breve soggiorno a Saati ha preso quartiere ad Akrur ed ha fatto grandi raccolte nei dintorni, spingendosi a Saganeiti, Aidereso, Gura. Dopo un i soggiorno di quasi due mesi ad Akrur, nel ritorno ha perlustrato minutamente SR i pendii e la cima del celebre Monte Bizen, riportando d'ogni dove ricchis- Jp sima preda. Anche il Dott. TERRACCIANO ha potuto radunare in pochi mesi xd. moltissime piante disseccate (cirea 1700 specie in 5000 esemplari), oltre a raccolte di legni, semi, piante vive e preparati nell'aleole. Egli ha esplorato eee sopratutto la Flora dell’ Arcipelago di Dahlac e la regione degli Habab, a set- LA tentrione del torrente Lebka. ERN Y Il Comm. THomas HaNBURY ha acquistato l erbario di piante vascolari del ; \ Prof. Moritz WiLLkoMM di Praga e ne ha fatto dono all Istituto Botanico dt ANE Genova. È una collezione splendida che comprende 14472 specie, in 161 grossi ys pacchi, tutte classificate, ordinate ed in buono stato di conservazione. Vi è " À rappresentata quasi completamente la Flora Europea, poi vi sono collezioni della Siberia, dell’ Altai, di Turkestan, Persia, (leg. Bunge, Bienert, Regel, : Maximowicz), di Marocco, Alger, Tunisia (leg. Cosson, Letourneux, Battandier, 1 dell'Egitto, del Capo (leg. Ecklon e Zeyher, Drége, Sieber, Holub), piante d'Australia (leg. Sieber, Drege, von Müller) e dell America (leg. Poeppig, —— po à Lundberg). * Sono preziose sopratutto le piante della Flora di Spagna e del Portogallo che comprendono moltissimi tipi originali del Willkomm, inseriti in quell’ er- é bario dopo la vendita, fatta nel 1879 all’ Università di Coimbra, del classico x « Herbarium mediterraneum et canariense ». j p 3 È dunque un acquisto preziosissimo, di cui tutti i botanici italiani devono Gi nd essere grati al munifigente donatore. ' vec c Al posto di Direttore del Giardino botanieo imperiale di Pietroburgo, reso : 144 PICCOLA CRONACA vacante per la morte del compianto prof. REGEL, è stato chiamato il profes- sore ALESSANDRO BATALINE. Il Dott. Hans BucHNER è stato nominato Prof. straord. di Botanica all’ Uni- versità di Monaco; il Dott. J. VELENovskY a Prof. straord. di Fitopaleontologia a Praga. Apprendiamo con vivo dolore che per un caso disgraziato occorso alla sala di scherma è morto improvvisamente il Dott. Enrico Tanrant, assistente alla cattedra di Botanica ed al Museo botanico di Firenze. Era noto sopratutto per i suoi lavori sistematici, essendo collaboratore attivo della « Flora Italiana »; Ja sua morte prematura ed inattesa è compianta da quanti lo conoscevano. BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO Bollettino Bibliografico Lavori Botanici Italiani. . Morfologia Fisiologia e Biologia CERULLI- [RELL] G. Contribuzione allo studio della struttura delle radici nelle DE Toxt G. B. und PaoLETTI G. Beitrag zur Kenntniss des Mita an Baues von Nicotiana Tabac deutsch. Botan. Ge sata IX, es M eneralversammlungsheft. p DE Di E. Les recherches re- centes sur la structure s noyau. No- tarisia. VII, 1892, p. 1 GEREMICCA M. Il Latice ed i vasi lati- ciferi. Monografia. Napoli, 1891. — Sull' epidermide dei fiori di Ortensia. ip Soc. natural. peyan Ser. I, vol. , fasc. II, Luisa G. as die iui gespaltener Wurzeln. Ber. deut. bot. Gesellsch Re 76 PAOLETT inna delle foglie ners Porlieria beads Ruiz et Pay. N. po n. bot. ital. XXIV, 1892, p- , C. v. PiccioLi L. ae biologici fra le piante e le lumache. Boll. Soc. bot. ital. 1892, p. 228. Tallofite. Baron E. Noterelle C rittogamiche. Boll. Soc. Bot. ital. 1892, p. 243. ` — Sopra alcune erittogame afrieane pee presso — di eee dal Prof. R. Spigai. Bull. Soc. ital. itn p. 239. Borzi A. Alghe d' acqua dolce della Papuasia su cranii umani dis: ssepolti. Nuova Notarisia, 1892 BresapoLa A. J. Fungi alia novi ne W. sue Hedwigia. XXXI, 1892, — ames sr RE novi vel nondum de- lineati. Fase. VIII-X. Tridenti, 1892. CASTRACANE F. Su una raccolta di Am- phipleura pellucida Ktz. Notarisia, VII, 1892, p. 1371. De LAGERHEIM G. La Yuyucha. Nota- risia, VII, 1892, p. 1376 DeL Torre P. Ulteriori sep sulle erit- togame del Cividalese. Riv. ital. Sc. natur. Siena, Xll, 1892, p. 69. DE Tost G. B. Miscellanea roles Ser. altera IV-V. Venezia, 1892. — Flora algologica della Venezia. P. IV, À crusade Areg ezia, 1892 Alcune notizie pel pe à Arquà, c. | tav. Vene DE Wisi M Les Liehens forment- ils un groupe autonome? Notarisia, . Comm. f. di Flora v. Deutschland. XXIX. Siisswasseral- gen. Ber, deut. botan. Gesellsch. IX. ( ieri ersammlungsh. 77 TTA A, Sul genere Siphulastrum Muell. 802, p. 246. miss. f. di Flora v. Deutschland. XXXI. Pilze. Ber. 146 BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO d. deutsch. botan. Gesellsch. IX. Ge- neralversammlungsh, p. 186. Maccuramr L. Sulla Ja delle Dia- tomee. Comunicazione preventiva. Atti Soc. Natur. Modena. pm orig. Ser. III, vol. XI, 1892. Moon C. Sulla Mesa c, in Italia ella peciam Góppertiana J. Kühn. 4. Soe. botan. ital. 1892, p- TR Minks A. Ber pf. d. Flo v. E XXL "i chten. pa deut. botan. Gesellsch. IX. General- versammlungsh., p. 182. Sforza C. Sull'esame microscopico di- retto delle colonie nei loro mezzi nu- tritivi di sviluppo. Giorn. med. eserc. ar. 1892, p. 8% TramBustI A. Contributo sperimentale alla legge dell’ addattamento dei mi- croorganismi ai mezzi i antisettici. Spe- rimentale. 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I bine E PassERINI N. Sulle cause che rendono resistente all'allettameuto il grano di Noé. Stas: agr. ital. XXII, 1892, vite comparso nella provincia di No- | vara. Novara, 189]. Paleontologia vegetale. CAPELIANI G. e SoLMs LauBAcH E. I tronchi di Bennettitee dei Musei ita- ya yii Acc. Sc. Bologna, Ser.V, JE: 4 ; 5 ta si B. “ete “ee E del Ticino e dell’ Olona. 892. oRTI B. Ricerche mieropaleokiola giche senti argille del de lacustre- glaciale del lago di Pescarenico. Boll scient. Pavia. 1891, n. 3-4. Botanica medica e farmaceutica. Lo Monaco D. e Opp: R. Sull azione fisiologica dell’ Ortica. Rendic. Acc. Lincei. Ser. V, 1892 » peek Passer G. inte medicinali comuni. Milano, 189i. Sirena S. e ALessi G. Influenza del disseccamento su taluni marge nismi patogeni. Napoli, Botanica ae ca e industriale. BRUTTINI A. Le Leguminose conside- rate come piante a Boll. Agric. ra 1892, x DoucLas-Scorr: G. To secus E (He- lianthus uu ecc. Piacenza, Forti C. Relazione sopra un corso di studii di perfezionamento sulle fer- mentazioni fatto per incarico del Mi- nistero di Agricoltura. Boll. Notizie Agrarie. Ta p. 537. 30 ccr A. I fiori di Prima- vera. Milano, 1892, e. 10 tav. GRILLL M. Le Canne da fiore. urs Soc. Tose. Ortic. XVII, 1891, p. 99. e nd e de S KELLER A. La durra ed i i Atti Ist. Veneto Sc. Lett. Ser. VII, t. IH 1892, disp. 1-2. H ]4N BOLLETTINO Pucer . di spei guyanense. Boll. Soc. ^ se. Ortic. XVII, 1802, p. 104, > ta — Cypripedium Chamberlanianum. B. Soc. Tose. Ortic. XVII, 1802, p. 88, o. tav. RavizzA F. Esperienze di fermentazione con lieviti purificati e selezionati.Sta:. sperim, agr. ital. XXII, 1892. p. 113. SCHWEINFURTH G. Le Piante utili del- l' Eritrea. Società Africana d'Italia Napoli, volume X, 1891, fase. 11-12. SPRENGER C. Nuove piante bulbose. Bol. Soc. Tose. Ortic. XVII, 1892, p. 129. =- ion ge Boll. Soc. Tose. Ort. XVII, , p. 104. — La dips cinese. Boll. Soc. Ortic. XVII, 1892, p. 142. UgoLINI G. 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Sul mezzogiorno abbandonavamo la vetta con un vaseolo disereta- mente pieno e colla convinzione che per avere molti dei tesori dello Zijovo fa d'uopo visitarlo ai primi di luglio. Lo Zijovo possiede una - buona quantità di Sassifraghe che studieremo a parte, Sassifraghe ` venute forse da ponente mercé gl intermediari dei Pirenei, delle Alpi e delle catene bosnesi e poi sparsesi per il levante dopo aver subito qualehe evidente modificazione che a suo tempo considereremo. Discen- diamo lungo la cresta ad ovest e raccogliamo fino al limite degli ul- — timi nevai. Prendo nota di: Dianthus silvestris Wulf., Geum bulga- ricum Pancic, Saxifraga oppositifolia L., Valeriana Pancicii Hal. et Bald., Scabiosa silenifolia R. S., Senecio rupestris Kit. ( certa- mente forma alpina di S. nebrodensis Guss. ), Doronicum austriacum Jacq., Plantago sp. (molto affine alla P. graeca Hal.), Salix Caprea E. "Las S. retusa L. Indi passammo per Dobri-dó, poi ci trovammo fra le lussureggianti faggete e alle quattro avanti sera eravamo già sdra- jati accanto alle nostre capanne per osservare quella nuda cima del monte ancora piena di luce. Es. indomani mattina s' incomincia il noioso lavoro del disseccamento del materiale e tra il preparare le specie e l asciugare la carta si impiega tutto i| giorno, per eui la giterella ideata per i contorni di = Racama, è andata perduta. Nei miei viaggi io uso di disporre di tre a giorni quando vedo la necessità di esplorare bene un dato luogo. Il primo giorno ascendo la montagna principale per uno de’ suoi fianchi e discendo, se è possibile, dalla parte opposta: il secondo giorno resta LE. per metà a disposizione della raccolta antecedente e l altra metà ad . uw’ escursione di breve durata néi dintorni dell’ accampamento: il terzo : giorno è per compiere quel tratto ehe deve congiungerci all altra - tappa, ma col fermo proposito di esplorare la via, il meglio che si ui NE Malpighia anno VI, vol. VI. 150" (bles T BALDACCI possa. A Racama osservo due piante comunissime nei nostri paesi, la . Capsella Bursa-pastoris Mnch., e il Polygonum aviculare L. La notte dal 30 al 31 luglio dormii male così all’ aria aperta, senza fuoco e con un’ acqua pesante, ghiacciata che faceva tremare. Eppure non e era verso di mettersi al riparo. Le capanne contengono tre o quattro persone che al più sono i padroni di casa, i quali fanno bensì al vostro arrivo mille gentili preghiere perchè accettiate un cantuecio con loro: ma siccome non sono troppo rare diverse specie di insetti poco compiacenti. voi preferite l' alma terra, anche il fango. E poi che si fa di dentro? Il vento passa per tutte le parti, l' aequa gocciola, il fuoco non si può tenere acceso, avete da raschiarvi la pelle orribilmente, imprecate alla sorte, uscite trenta volte in una notte e vi gelate: è dunque meglio star fuori col vostro bravo fucile sotto la testa e aspettare un po’ che gli elementi finiscano la loro lotta. Ac- canto alle capanne ci sono i boschi di faggio. Volete andar là? I lupi vi assaliranno e poi quanto è mai profondo, tetro, lugubre quel silenzio notturno fra i boschi, innanzi i giganteschi ammassi illuminati dal lampo, innanzi i nevai che smuovono formidabili roccie frantumandole contro gli spigoli dei precipizì! Bisogna provarla una notte lassù in ` simili condizioni. State per dormire, vi sveglia il latrato dei cani e vi mettete sull’ attenti. Possono essere predoni d'Albania che vengono per rubare. Non sono infrequenti questi casi. - E appena giorno e dopo un magnifico caffè si infila la strada per andare al m. Maglic, sempre in vista delle frontiere ottomane. E con noi la solita scorta. Siamo armati bene e non temiamo prendendo tutte le migliori disposizioni per tastare il terreno, specialmente sugli orli delle selve. I miei uo- mini sono provetti in questo mestiere. La nebbia è folta, pioviggina, di tratto in tratto qualche raggio di sole; abbiamo a destra il pitto- resco monte Vila e, ai suoi piedi, in mezzo alle foreste, scorgiamo le limpide acque del lago Ricavac. Siamo prossimi alla strada di Gusinje e Plava in vicinanza dei « katuni » albanesi di « Koci » e propria- ~ ee Gm., Vicin ditas Scop., Alchemilla pubescens t mente nella località detta Jezera Labodnicka. Panorama triste. — Ecco le novità incontrate : Draba aizoides L^, Dianthus silvestris Wulf., | Cerastium moesiacum Friv., Moehringia trinervia Clairv., Alsine ^ ea PU EE M. B. Seleranthus uncinatus Sch., S. annuus L., SET op- male, anehe,in persona di un prete, e parlare eon lui, in mezzo a positifolia L., S. Facchinii Koch, S. moschata Wulf. var. compacta M. K., S. Aizoon L., S. Friderici Augusti Bias., S. crustata Vent. , Sedum magellense Ten., S. atratum L., Bupleurum exaltatum M. B.. " Anthriscus fumarioides Sprg., Galium anisophyllum Willd. , Scabiosa | silenifolia R. S., Bellidiastrum Michelii Cass., Achillea Clavenae L., à Gnaphalium Pichleri Hut., Carlina acaulis L., Centaurea incompta | $ Vis., Edrajanthus serpyllifolius DC., Ed. Kitaibelii DC., Gentiana verna L., Androsace penicillata Schott., Pinguicula alpina L., oe Plantago come nel Zijovo, Polygonum viviparum L., Juniperus nana Willd., Paris quadrifolia L., Carex laevis Kit. - E ea Alle capanne dei Koci ci fermiamo per bere. Sono pastori albanesi ‘sudditi del Montenegro, di religione cattolica, i quali nella stagione inadatta per pascolare sui monti vivono al loro paese presso Medun. Mi dissero che avevano un sacerdote italiano, ma che era andato in patria per diversi giorni. Quanto avrei anelato di abbracciare un connazio- quella fantastica natura, la nostra lingua! Giova sapere che questi preti cattolici sono una specie di missionari e ve n' hanno dei patrioti, quantunque in minor numero : e lasciando a parte la questione politica asi (il loro dovere è più politico che religioso, almeno in levante, per ragione che qui è troppo lungo di ricordare ) io non mentisco di dire che sono filantropi, mansueti , dotati di una perseveranza fortissima e sanno presto affezionarsi questa gente semi-selvaggia. — Per lungo tratto seguiamo la strada di Gusinje che ascende sempre fino in vista della grandissima selva di Skrobotusa. Intorno a noi sono sovente ` macchie di neve per cui, anche data la vegetazione affatto alpina, eredo che saremo a poco meno di 1900-2000 m. Presso il punto più alto della strada pieghiamo a sinistra, infiliamo il sentiero che va ai « katani di Kostica » ed in mezzo a quella valle tutt'intorno cinta meravigliosamente da giganti dolomitici, scarichiamo le nostre provvi- |. gioni e all’ ombra dei macigni divoriamo gli avanzi del pranzo di ieri che fu succulento perchè uccidemmo un capretto. Quel caldo alpino | . toglieva le forze, ei miei uomini si misero tosto a dormire: io, poichè mw accorsi di esplorare un territorio di molta importanza ra mi. Py . BALDACCI m per CM. ren e per studiare e, in quella eseursione di poco _ più di due ore, riempii un vascolo di piante, cosicchè io mi ricorderò sempre che in vicinanza di Kostica fui fortunato come certamente non sperava. Riporto le piante vedute ed alcune delle raccolte: Ra- nunculus demissus DC. var. graecus Boiss., Draba longirostris Schott, (quattro esemplari), Iberis serrulata Vis., Thlaspi alpinum Jacq., Viola Zoysii Wulf., Dianthus bebius Vis., Linum capitatum Kit., — Potentilla aurea L., P. Clusiana Jacq., P. caulescens L., Saxifraga Aizoon L., S. glabella Bert., S. Boryi Boiss., Sedum anopetalum DC., S. magellense Ten., Sempervivum patens Gris., Epilobium mon- tanum L., Bunium alpinum W.K., Amphoricarpus Neumayeri Vis., Crepis grandiflora Tausch, C. Columnae Froel., Mieracium vil- losum L., Myosotis palustris L., Linaria alpina Mill., Veronica aphylla L., Veronica sp., Globularia bellidifolia Ten., Statice alpina Hoppe, Plantago serpentina Lameck., Thesium alpinum L. Circa le due pomeridiane riprendiamo la via. Passiamo sopra le ca- panne di Kostica e poi fiancheggiamo questi monti sul versante Sud in renoue di Sirokar sotto il Maglie. È una strada difficile, ma piena di numerose attrattive in materiale scientifico e in paesaggi. La selva Skrobotusa sceyeggia lugubremente. oltre la valle della Vrmosa; nella catena opposta vediamo al pascolo il bestiame degli albanesi Choti; laggiù a N. E. è l'ampia vallata che alimenta Gusinje. Il Maglie e il Kom ci sono davanti, ma sono coperti dalle cime che attraversiamo. Le ore passano, non incontriamo persona e le preoccupazioni di non arrivare in qualche accampamento crescono sempre. E da questa «mattina che camminiamo ed ora andiamo talmente in fretta che non posso neppur consultare i libri per prendere delle note e strappare alle rupi intorno ai nevai le bellissime specie alpine, giacchè, se ci colpisse la notte quassù, andremmo a rischio di morir gelati non avendo con noi che poche e leggiere coperte ed essendo privi di le- gna. La flora è lussureggiante, e, se ripasserò di là, merita che vi perda un paio di giorni. lo non ho in nota ehe Ranunculus crenatus W. K., Edrajanthus supyllifolius DC., una Micromeria, Pinguicula * f ei: L., Euphor bia capitulata Rchb., ma v erano cento specie di lat e tutte specie buone. Finalmente alle quattro siamo in vista di # we E Ww uM ALL Si: MEE un nuovo panorama davanti al Maglie. Ci sediamo au confine di: due | qualità di terreni, l' uno ealeareo del trias ed é quello che abbiamo pereorso, l altro appartiene, 10 penso, al paleozoico ed è quello che ci sta davanti e che comprende la valle di Sirokar, il Maglie e forse altri monti intorno. Sirokar è una vastissima dollina con numerose sorgenti che man- _ dune le copiose loro acque a formare laghetti, paludi e ruscelli alpini: e in queste condizioni, se la stagione non fosse avanzata e il bestiame non avesse divorato ogni filo d'erba, sarebbe interessantissimo di dimorare in cotesta ee almeno una settimana, perchè, dalla parte ove noi passammo, e è un’ alta catena di monti à picco, non segnati -che imperfettamente wile carta e che arrivano con probabilità a 2300 metri dal mare. Quei monti, all’ apparenza, si staccano dal tipo eo- mune, sembrano avere aflinità nella loro conformazione coi giganti delle Alpi albanesi del Nord, che stanno di faccia nell’ opposto ver- sante. Ma poiche ci accorgiamo a Sirokar che tutta la vegetazione è sparita, stabiliamo di andare proprio sotto il Maglie, non foss altro per guadagnare terreno verso il Kom. E infatti si va da Sirokar agli ultimi katuni del cosidetto « Veliki Maglic » in meno di due ore. Troviamo della buona gente, assai ospitale e ciò che maggiormente ci importa, una capanna libera e a nostra disposizione. Colla cammi- nata di dodici ore di oggi siamo stanchi, sicchè, per domani, fissiamo completo riposo o tutt’ al più una breve passeggiata per divertimento, dopo che avremo preparato le raccolte. Krsto e Gajo sono intenti a preparare la cena. Poveri diavoli! Io mi siedo sui sassi ammirando gli ultimi sprazzi di luce. Quanto affascina il sole e quanti pensieri a migliaia non vi passano pel capo quando siete lontani dei vostri lari e vivete una vita da abbietti animali. Francamente avrei preferito il mio letto a quello che mi si andava preparando sul nudo terreno umido, fangoso, coperto di un sottile strato di foglie verdi di Helle- horus multifidus Vis. La notte fu freddissima e dormii male benché i piedi li avessi sull orlo del focolare. Venne un po’ di luce verso le quattro dopo la mezzanotte, mi vestii e aspettammo il sole. Non saprei a quale bellezza paragonare l'aurora che ci sorprese al Maglit tanto era limpida! — Il 1.° agosto ci fa dunque star comodi, fu verso la sera i "x 154^ ue | «Ac; BALDACCI allorehé mi prese la voglia di salire una china del monte per godere DI del panorama di levante che è maestosamente divino, comprendendo la selva di Skrobotusa, la vallata di Vrmosa e le montagne dell’ Albania che sono di aspetto infernale e ripiene di centinaia e centinaia di precipizii e di caverne; montagne che non poterono mai essere salite, almeno in gran parte, né da indigeni, nè da europei per le difficoltà naturali e per le barbarie degli abitanti. Lettore caro, se siete amante . della scienza, lasciatevi solleticare dall'idea di studiare quelle catene e vedrete quali vantaggi porterete alla flora d'Europa e di quante nuove considerazioni arricchirete la geografia botanica del nostro continente. Sono quelle montagne che fecero palpitare l' assidua serietà scientifica di Grisebach, l' unico botanico che le abbia vedute davvieino. Ci si può andare da Scutari con scorta armata di gendarmi o coll’ ajuto di missionari che sono più utili di un reggimento intero. Nell’ escursione fatta incontro: Dianthus silvestris Wulf., D. Nicolai Beck et Szysz., Silene Sendtneri Boiss., Geranium pyrenaicum L., Alchemilla glabra Poir., Saxifraga aizoides L., S. Aizoon L., Sempervivum patens Gris. , Gnaphalium supinum L., G. Pichleri Hut., Hieracium bupleu- roides Gm., Jasione supina Sieb., Thymus striatus Wahl.,? Th. Zygis hi; Plantago (le medesime del Zijovo etc.), Chenopodium Bonus-Hen- ricus L.,? Daphne glandulosa Bert., Carex laevis Kit., C. ferruginea Scop., Poa alpina L., Phleum alpinum L.. Dai nostri accampamenti alla cima del Maglie si possono contare per lo meno due ore abbondanti, e il 2 agosto era disponibile per questa ascensione. Il m. Veliki Maglie appartiene certo al terreno paleozoico, quantunque il Tietze non abbia fatto cenno di ciò el abbia segnato nella sua carta come costituito di calcareo del trias. Un eccellente studio geologico ce lo darà presto un distinto giovane prussiano, mio amieo, il Dr. Kurt Hassert che ho avuto la fortuna di avere compagno al ri- torno dal Durmitor e dal quale si devono sperare importanti scoperte sulla Crnagora ehe egli ha esplorato con fine sagaeia. Il Maglie, se- | condo Rowinski, è alto 2143 metri: però per possedere vastissime pra- x terie, in massima. parte formate di graminaeee, non ci offre buoni E tesori. ‘La sua vetta è nuda ed è là dove si possa sperare qualche cosa: ni vi | sarebbero i suoi fianchi a N. E. ma sono talmente a Lgs M A mn * |’ ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO rupi. Per le prime: Dianthus sanguineus Vis., D. liburnicus Bartl., Lotus corniculatus L., Coronilla vaginalis Lamk., Rosa alpina D., Erigeron alpinus L., Scorzonera rosea Wald. et Kit., Crepis aurea Cass., Vaccinium uligniosum L., V. Myrtillus L., Gentiana lutea L., Veratrum album L., Luzula campestris DC., Carex verna Chaix, ` Sesleria tenuifolia Schr., Koeleria australis Kerner, Melica ciliata E L., Nardus stricta L. Per le seconde: Ranunculus acris L. var. par- E vulus Clairv., Trollius europaeus L.,? Aquilegia pyrenaica Vis., i Draba armata Schott, Cardamine glauca Sprg., Viola canina L., F Silene sawifraga L., Alsine clandestina (Port.), Sagina procumbens 1] L., Potentilla Clusiana Jacq., P. aurea L., Saxifraga Bory? Boiss., | | S. eoriophylla Gris., S. Friderici-Augusti Bias., Scabiosa silenifolia R. S., Homogyne alpina Cass., Telekia speciosa Bmg.. Achillea | Clavenae L., Leontodon asper Rehb., Taraxacum minimum Heldr., Cyclamen repandum Sibth., Pinguicula alpina L., Juniperus nana Willd., Carex ampullacea Good.,? Avena compacta Boiss. — Non erano > ancora le nove del mattino e avendo finito l'opera nostra ci decidemmo * a al ritorno avendo salutato la splendida visuale con molti colpi di re- % volver. Strano a credersi, era talmente ripida la china e così liscia S a cagione delle graminacee che dovemmo discendere seduti, con quanto : | danno dei calzoni ce n'avvedemmo in fondo presso una limpida e i fresca sorgente ove facemmo i lavandai. Se era con me I egregio amico Dr. Bottini di Pisa, faceva una collezione di briofiti, tanti ve 1 n'erano. Discendendo dal Veliki Maglie in direzione di ponente si in- contra il Mali Maglie che è un piccolo contrafforte del primo. Dal- luna parte è pieno di praterie e dall'altra è tutto un precipizio, causa - il quale non lo potemmo esplorare, ma con poco danno certamente, ‘essendo privo, per quanto si poteva vedere, di specie utili per lo seopo nostro. Prima di mezzogiorno avevamo dunque finito anche il Maglie che, per trarne profitto, bisogna toccarlo in giugno: entro la . modesta capanna fummo intenti al lavoro fino a sera, e la mattina del 3 agosto, con tempo variabile, procedemmo per la Crna planina per . due fini, il primo per non dover assalire il Kom dal versante poco si- .. euro degli albanesi, versante che non ha strade mulattiere, e secon- bs E che è temerarietà volerli tentare. Offro le piante delle praterie e delle … = -di pu alto piante già incontrate da questo autore (1). La Gris ‘ween é una catena di apparenza scura, come dice il suo nome; va da N. E. e la sua massima altezza arriva a 1783 metri. Possiede la a stessa struttura stratigrafica del Maglic, è priva di alberi e di frutici, \ ha sorgenti e buonissimi pascoli che alimentano molta parte del bel bestiame dei Kuci e Bratanozici. È chiusa dalle valli della Verusa e della Opasanica che possiedono foreste foltissime ed estesissime di abeti e faggi. Per le medesime cause già esposte pel Maglic non tro- vammo gran copia di materiale e indarno cercammo attentamente l'Orehis Grisebachii Pant. Ascendemmo la cima con un vento forte e freddo che si scatenava da N. O., facemmo la parca colazione riparati \ alla meglio dal turbinio della polvere sollevata, e salutando i confini delle due tribù montenegrine dei Kuci e Vasojevici ci internammo per le foreste. Le specie notate sono le seguenti: Arabis albida Stev., Alys- sum Wulfenianum Host., Cerastium lanigerum Clem., Alsine setacea M. K., A. clandestina (Port.), Alchemilla alpina L., A. glabra Poir., A. pubescens M. B., Saxifraga crustata Vent., S. Aizoon L., S. Boryi Boiss., Scleranthus uncinatus Sch., Bupleurum junceum L., Smyr- nium perfoliatum Mill., Achillea Clavenae L., Centaurea Scabiosa L., Leontodon samatilis Rehb., Taraxacum Hoppeanum Gris., Hie- racium villosum Jacq.,? Campanula lingulata Kit., Vaccinium uli- ginosum L. " Gentiana verna L.. var. alata Gris., Soldanella alpina L., Plantago montana Lamk., Statice canescens Host., Salix retusa L., Populus tremula L., Orchis globosa L., Juncus glaucus Ehrh.. J. bufonius L., Aspidium rigidum Sw., Cystopteris alpina Desv. Subito sotto la Crna planina si estendono quelle foreste che abbiamo (') PawTocsEK, Beiträge sur Flora und Fauna der Hercegovina, Crnagora und Dalmatiens. Pressburg 1873. Senza togliere "ia prevalenza a Pancic io re- o FS libro molto utile, benchè vi figurino intorno a 120 varietà che valore troppo ristretto e un buon numeto di specie che non pos- sono essere chiamate a questo onore perchè basate su caratteri di limitata im- portanza. Il volume di Pantocsek è è però classico e riserbandomi di ritornarne a parlare più ampiamen ente come merita, io lo addito come opera ben finita e one dello Hiudióso: att v IE. ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA" FLORA DEL MONTENEGRO -— | già veduto e per le quali ci è forza passare se vogliamo ‘accorciare E n via per il Kom che è uno dei punti più grandiosi e interessanti = per lo studioso della flora montenegrina. Il sentiero conduce a Kurlaj Là nella valle dell Opasanica per una china impossibile per i cavalli, tal- mente che se vogliamo salvare le casse e l animale che le porta dob- biamo far sforzi erculei e sovente atterrare degli alberi e preparare la strada. Con molti stenti siamo alle capanne di Kurlaj, capanne di — ARG : y Vasojevici alla moda di quelle abissine come se ne vedono nelle figure i A di libri, tanto piccole che preferiamo starne lontani: sotto i faggi e Á a gli ontani, che in questa valle formano una selva, si vivra meglio. A All'intorno siamo chiusi da monti alti e fitti di boscaglie, il cielo è puro, è un idillio. Intanto, per la notte che sarà freddissima, -bisogna È ve occuparsi della legna e Krsto e Gajo ne accumulano una massa tagliando per due ore di seguito. Io vado osservando per conto mio e annovero X le seguenti specie, tralasciando i nomi dei briofiti, dei funghi e dei i d lieheni che allignano comunissimi dovunque dalla Crna planiea a Kurlaj: Thalictrum aquilegifolium L., Ranunculus Philonotis Ehrh. var. Pan- cicii Bald., Cardamine glauca Sprg., Sagina procumbens L., Polygala major Jacq., Geranium silvaticum L., Rhamnus alpina L., Lathyrus — latifolius L., Eryngium palmatum Vis. et Pancic, Pancicia serbica Vis., Peucedanum Sustriacum Koch., Chaerophyllum aureum L., E Galium silvaticum L.. G. anisophyllum Wild., Asperula taurina L., 3 1 Petasiles officinalis Mik., Inula Oculus Christi L., Chrysanthemum E maerophyllum W. K., Doronicum cordifolium Sternb., Centaurea axillaris W., Carduus Personata Jacq., Prenanthes purpurea L., Campanula glomerata L., Digitalis ambigua Murray, Linaria pelo- - ponnesiaca Boiss. Nepeta nuda L., Daphne Mezereum L., Juniperus We Oxycedrus L., Pinus Abies L., Lilium Martagon L. — A sera, dopo la ms modesta cena, accendemmo un fuoco enorme che metteva il caldo a A tre metri di distanza: vennero a farci visita i pastori di Kurlaj e delle | : a | località vicine. Le ragazze specialmente, bei tipi di giovinezza e di d forza, ci onorarono assai e la loro memoria ci fu cara anche lontano e perchè ei prepararono un po’ di provvista per i giorni successivi, ci 2 ; lavarono gli oggetti di prima necessità e con quella gentilezza inspe- Lge rata ci fecero sparire molta malinconia, e fu con sommo rincrescimento che la mattina del 4 agosto dovemmo levare il campo per ascendere la ripida salita che finalmente ci divideva dal Kom. Il fresco è pungente, —— ma la mattinata è superba di luce ed oggi ë un magnifico giorno benchè le forze per andare innanzi non siano grandi: pur tuttavia si va alla meglio e si spera. Si attraversano le solite foreste che oramai danno vigore a poche specie in fiore e raggiungiamo alle otto del mat- tino le praterie del Suho-vrh che è uno dei primi contrafforti del Kom. Ho detto di aver veduto boscaglie interminabili di faggi e di abeti: siamo giunti ora al margine di località erbose e fra poco attraverseremo intere estensioni di Vaccinium. Mi giova fare una considerazione. Nel senso strettamente scientifico per la geografia botanica hanno valore le regioni, a mo’ d'esempio, cosidette campestri, della quercia, del ca- stagno, del faggio, del pino e dell'abete? O meglio. possono esse da sole definire una vera zona in cui debbano vivere quelle date specie e avere così dei limiti scientificamente inattacabili? Ciò non è certa- mente da ammettersi e per vero non so rendermi ragione perchè quasi tutti i botanici fino ad ora non abbiano trovato mezzo da uscire dal- l'errore, che per quanto comunissimo, è pur sempre grande. Prendiamo per breve osservazione la regione campestre di tutta quanta l'Europa. Dal circolo polare artieo al Mediterraneo essa "si trova dovunque, e non ci presenta mai gran fatto di endemismi o di specie ristrette a due o tre paesi cireostanti; sia a nord o a sud la riconosciamo a primo tratto perehé le speeie che ci vengono innanzi le abbiamo su per giù osservate comuni anche nella nostra patria. Io mi ricordo che una volta in Grecia, nell’ Acarnania, esploravo una ricca contrada coltivata: eb- bene, perdetti un giorno intero a percorrerla in tutti i sensi e non fui capace di trovare una pianta che non esistesse nella valle padana, sebbene che la differenza di latitudine fosse di gradi. Io ho veduto anche dal libro del Parlatore, riportato da Tchihatcheff nella sua tra- duzione di Grisebach sulla vegetazione del globo, che le piante della cosidetta regione campestre nostrana vegetano ancora nel centro della Seandinavia. E dev’ essere così e non altrimenti per cui intendo asserire, come ho capito dalla flora di altri paesi, alle stesse latitudini, dell'Ame- 1 oe Acn NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 159 rica e dell'Asia ehe esiste una flora campestre bensì, qua obs ha un t significato grandioso, indefinito e che, trattando del nostro continente, chiamo, con autori di dubbia fama, dell’ Europa del centro. E perchè può a sembrare strano che la regione*di questa parte d'Europa debba esten- e i dersi ancora molto più Jontana? O non si sa forse che la regione artica RU. (oo 8 spinge alle Alpi, al Caucaso, al Himalaia a tutti gli alti monti del ? globo? Dunque non debbono godere gli stessi privilegi anche le altre E og B3 - e regioni che in geografia botanica sono sempre studiate sotto un solo | di punto di vista? Se si accetta per fatto che esiste una regione ar- tica, una dell’ Europa centrale, una mediterranea e così via via, mi POR | e lecito dire ehe le sottozone o come dir si vogliano, tanto descritte | & e tanto tenute in onore non sono per vero che esplicazioni di ultimo Sur", interesse scientifico e che non possono accettarsi in geografia bota- DI cM . nica. Sarebbe curioso infatti, come pensano taluni che si atteggiano ad infallibili, di ammettere una regione littorale, o lacustre, © flu- viatile o altra di simil genere: ne verrebbe che, povera geografia T a botanica! ritornerebbe in quelle fascie primordiali da cui sembra pA finalmente volersi levare per andare di pari passo colle altre branche Ee della sua seienza madre. Dieono certi autori: regione del pino, del : faggio, della quercia e con ciò intendono di delimitare una sottozona. A È Mi sembra inaccettabile tal modo di vedere. Siamo, per esempio, A è a 900-1200 metri dal mare dove dovrebbe vivere il Fagus e non ne = troviamo vestigio. È lecito che chiamiamo quella regione del faggio? Ma, per semplici note come sono le presenti, basta per ora: mi per- p— metterò a luogo opportuno di trattare la questione con maggior studio e difendere cid che si ammette come mezzo di semplicità nello scrivere si | S S un lavoro botanico che non appartenga alla idea geografica. {| Ai piedi del Subo-vrh ehe arriva a 2028 metri trovo: Ranunculus paucistamineus Tausch., R. illyricus L., Acer Heldreichii Boiss.. Ge- nista pilosa L., Dryas octopetala L., Aster alpinus L., Aira flexuosa = L., Phleum tenue Sehr. - Avevo stabilito di salire il vertice del monte: EE x la volontà era domata dalla stanchezza, ma intanto adagio adagio lo raggiungemmo, per altro con poca consolazione perchè trovammo quasi o - nulla di importante. La località é alpina. ma i venti ehe discendono A. BALDACCI dal Kom spaggano via ogni cosa e fanno restare quelle sole piante caratteristiche come la Silene acaulis L., la Cheleria sedoides L., ed altre tali. Al riparo delle rupi o fra i sassi, sull'orlo dei nevai, le medesime specialità ehe allo Zijovo o al Maglie: Ranunculus demissus DC. var. graecus Boiss., Dianthus cruentus Gris., Linum catharticum L., L. capitatum W. K., Saxifraga Aizoon L., S. Boryi Boiss., S. Sprunerii Boiss., S. glabella Bert., S. aizoides L., Linaria alpina Ls, Campanula rotundifolia L., Salix retusa L. — E grandiosissimo il pa- norama; nell’ immenso orizzonte $ innalza sublime la vetta del Sàr-dagh | di Macedonia, a destra abbiamo le montagne dell'Albania, in faccia a noi la spaventevole mole del Kom Kucki e Vasojevicki dalla quale ci separa una sola voragine. Vediamo le capanne di Carine ove saremo fra un paio di giorni. Discendiamo e seguito le annotazioni: Arenaria rotundifolia M. B., Bunium. alpinum W. K., Asperula longiflora W. K., ? Galium parisiense L., Valeriana Pancicii Hal. et Bald., Anten- naria dioica Gaertn. var. australis Gris., Achillea Clavenae L. — Era- vamo diretti alle capanne di Turjak ove sperava di incontrarmi con . un caro amico, il sig. Nicola Mitrovic, che termind gli studi militari in Italia; fu una delusione perd quando seppi che era ancora a Cetinje. Ad ogni modo a Turjak fummo accolti dalla famiglia dell' amico e da tutti gli altri: ci fu fabbricata una capanna e là dentro abitammo fino alla mattina del 7 agosto. Nella mia dimora a Turjak mi ricordo di un fatto singolare. Era morta una giovane sposa e come è consue- tudine di questo popolo, tutti i parenti vicini e lontani vennero a far visita alla tomba da cui sollevavano il coperchio per dar l’ultimo saluto e pregando per l’anima della defunta piangevano urlando disperatamente. Poi si recavano nella capanna dei congiunti di lei e mangiavano e bevevano da non credersi. Ritornavano alla tomba e ripetevano le me- desime preghiere con voce flebile che spezzava il cuore: era una funebre armonia primitiva; indi i soliti lamenti. Fin qui erano state donne in gran parte. Nei giorni successivi arrivarono anche gli uomini e questi appena scorsero da lungi il cimitero cominciarono, urlando E. eon strazianti grida, a percuotersi il petto eon quanta forza avevano ire nel pugno della mano. E seguitavano il volontario pugillato per molto . ALTRE NOTIZIE INTORNO M d per MONTENEGRO | tempo. Ma perché la legge montenegrina non toglie questo barbaro costume? Il popolo è fisicamente forte, è un popolo atleta: vi sono | peraltro delle legioni di uomini che hanno la regione del petto am- malata gravemente. Non può essere questa una causa di più per far deperire una nazione? E infine che idea si formerà mai del Monte- negro uno straniero quando ha assistito ad un simile spettacolo? In mome dellumanità e del progresso si tolga questa costumanza primi- . tiva, superstiziosa che arreca gravissimo danno. A Turjak sono Bratanoziei e gli uomini atti alle armi, nel 1876, furono a Fundina e in venti altre battaglie, per cui hanno ottenuto deeorazioni gloriose in premio del loro valore. Ve n'hanno fra essi che sono feriti in tutte le parti del corpo e non se ne adontano perché dieono di aver fatto solamente il loro dovere di cittadini e di soldati. Fu con rinereseimento che lasciammo Turjak; d'altra parte una fermata più lunga non era in proposito, essendo le piante che qui riporto le le uniche in fiore: Fumana procumbens Dun., Parnassia palustris L., Achillea abrotanoides Vis., Hieracium stuppeum Rehb., H. murorum L., Veronica anagalloides Guss., Chenopodium Bonus-Henricus i, Luzula albida DC., L. campestris DÒ. . Festuca pilosa Hal., Asple- nium Trichomanes L. | Passando dalla località di Rogam, ove Pancie fu fortunatissimo, noi andremo ai « katuni di Carine » per l'esplorazione dei dossi del Kom a S. E. e quindi partiamo, a dir vero, un po’ tardi, ma sempre in tempo. Tutta questa parte è ripiena di Vaccinium Myrtillus L. e V. uliginosum L., è intersecata di ruscelli alpini, di prati, di roccie di diversa forma; pero il solito bestiame ha compiuto la sua strage. e ad eecezione del Gnaphalium supinum L. e Jasione supina Sieb., c'è poco o nulla da ricordare. Quindi giungiamo ai piedi del sublime Kom di eui ho già fatto parola nei lavori antecedenti e per cui mi dispenso dal darne un'accurata descrizione come potrebbe farla un « touriste » ammira- tore di una splendida produzione del creato. Le cime del Kom discendono nude, a pieco, per altezze enormi e in certe parti imitano bene i grandi blocchi di arenarie: per questo fatto è assai difficile di esplorare bene tutta la massa e molte bellissime specie alpine che fanno dall’alto è us | À: BALDACCI risaltare i variopinti colori dei fiori, bisogna salutarle senza poterle E avvicinare. E una delusione! Io suppongo ehe cotesta montagna per la sua importanza come località botanica sia superiore a quella del | a iF ; Durmitor benchè più bassa. Il Kom accoglie più facilmente una maggior quantità delle specie nate nelle vicine catene dell Albania e portate dal vento che acquista forza nell'altopiano della Siujavina, le sbanda nelle montagne di Bosnia. Con ciò non voglio dire che il Durmitor non possegga degli endemismi con molta verosimiglianza supposti nati al Kom, ma è un fatto che nelle alte cime della Bosnia, se ne trovano di più ed io penso che la supposizione possa qui stare come per altri luoghi. Siamo a Rogam verso le otto antimeridiane — questa località è la più ricca di precipizj. Si va di rupe in rupe, di nevaio in nevaio e si tenta di guadagnare quei limitati spazii di fessure o di caverne che le capre non poterono assalire. Indi veniamo senza sollecitudine, che sarebbe temerarieià, ad una rinfrescante sorgente di un rio, la Vrela Rogamska, faeeiamo eolazione e con una salute di ferro che ci e E è regalata dall’ aria e dall'aequa pure, riprendo i miei passi e seguito : il lavoro fin dove posso. Poco lontano dalla sorgente è la Valeriana Bertiscea Pancic che raccolgo côn piacere speciale. Ho riempito il va- scolo in tal modo che non può più contenere un filo d'erba e sono costretto a mettermi in saccoccia le nuove piante che vado trovando lungo il sentiero di Carine. Raggiungiamo una foreella della montagna dalla quale possiamo vedere la nuova nostra casa; spira il vento alpino, un turbinio di polvere ci offusca la vista, è forza discendere e, seden- x doci, ci lasciamo trasportare in fondo dalla corrente dei sassi che for- — - mano il « potok.». Col calar del sole eccoci a Carine subito invitati in una capanna inabitata e messa a nostra disposizione, con moltissima cortesia, dal capitano di Medun, un generoso valentuomo e un patriota di valore che ci concede col cuore una meravigliosa ospitalità. [o ri- porto a titolo di saggio le specie osservate a Rogam, avvisando che non sono sieuramente la terza parte di quante abitano in quella ricca località: Anemone vernalis L., Ranunculus Villarsii DC., R. acris L. | var. parculus Clairv., R. repens L., R. nivalis Guss., Cardamine | graeca L., Alyssum corymbosum Boiss., Aubretia deltoidea DC., Draba à à. : è pia Nm : RNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO armata Schott, Thlaspi alpinum Jacq., Iberis sempervirens L., He- lianthemum oelandicum Wahl. var: canum Dun., Viola calcarata L. var. Pancicii Bald. et var. Zoysii Wulf., Tunica saxifraga Scop., Dian= thus deltoides L., D. sanguineus Vis., Heliosperma macranthum Pancic, Silene commutata Guss., S. clavata Hoppe, Cerastium rectum Friv., C. dinaricum Beck et Szysz... C. moesiacum Friv., Arenaria rotundi- folia M. B., Sagina apetala L., Hypericum Richerii Vill. var., Ge- ranium pusillum L., Oxytropis dinarica Murb., Onobrychis montana DC., Geum pseudomolle Pant., Potentilla caulescens L., P. Clusiana Jacq., Alchemilla alpina L., A. glabra Poir., Rosa pimpinellifolia DC., Umbilicus pendulinus DO., Sedum magellense Ten., S. album L. Saxifraga adscendens L., S. olympica Boiss., S. moschata Wulf., S. cymosa W. K., S. adenophora Koch., Trinia vulgaris DC., Bunium alpinum W. K., Meum athamanticum Jacq., Valeriana Pancicii Hal. et Bald., Scabiosa columbaria L., Petasites albus Gaertn., Aster al- pinus L., Bellidiastrum Michelii Cass., Erigeron acris L., Solidago alpestris: W. K., Doronicum Pardalianches L., D. austriacum Jacq., Edrajanthus Kitaibelii DC., Campanula glomerata L. var. macrodon Pance., Arctostaphylos Uva-ursi Sprg.. Gentiana lutea L., G. utriculosa Ex Myosotis alpestris Lehm., Linaria alpina Mill., Veronica aphylla L., V. saturejoides Vis., V. serpyllifolia L., Pedicularis Sibthorpii Boiss., P. Haequelii Graf., P. verticillata L., Calamintha alpina Lamk., Nepeta nuda L.. Noldanella alpina L.. Polygonum Bistorta L., Euphorbia capitulata Rehb., Juniperus nana Willd., Calamagrostis montana Host., Koeleria grandifiora Bert., Cystopteris alpina Desv. Il giorno 7 agosto fu pesante, cadde un'aequerella fitta fitta e il Kom restò sempre coperto dalla nebbia. Vivere a 1900 m. con un freddo di autunno, con poca legna, dormir sempre in quel modo maledetto sulla nuda terra senza mai togliersi gli abiti, di più non saper nuove dei parenti e della patria, erano mezzi poco adatti a prepararsi a | serutare i tesori delle località più alpestri di questo Kom incuneato in paesi del tutto perduti. È vero elfe i pastori di Carine, gente oltre- modo affabile, ci facevano una lusinghiera compagnia e ci portavano quel che avevano di meglio. Povera e forte gente! La notte partivano dr. \ AY BALDACCI | in gruppi di cinquanta o sessanta e andavano al confine albanese a dar la guardia come in tempo di guerra. Anche il mese di agosto ad oltre 2200 m. fa tremare e mette i brividi addosso. — Due parole su Carine. E un vasto agglomeramento di eapanne da pastori presso i pascoli del versante del Kom che guarda i dominii turchi. Sono ea- panne abitate da Kuci di molti villaggi, anche delle vicinanze di Podgoritza, e sono in un punto eecezionalmente buono per fermarsi dieci o quindiei giorni e percorrere in tutte le direzioni la mole so- vrastante. A Carine noi passammo assai bene il tempo dal 6 all’ 11 agosto e eredo che altri non saranno meno fortunati di noi perché l ospitalità dei Kuci è riconosciuta da tutti i Serbi e perfino dagli Albanesi, i loro seeolari nemiei. 8 agosto. Il cielo è orrendamente coperto da nuvoloni trasportati colla massima forza dal vento che infuria come mai non vidi. Alle quattro e mezza del mattino saremmo pronti per salire la cima a Sud, la più alta di 2448 metri: ma è prudente tentare la sorte quando gli stessi pastori non hanno ancora lasciato col gregge le capanne? Pio- viggina e fa freddo. Che faremo a casa se non si partirà? Mi coprii col « plaid », presi con me per ogni evenienza ambedue i miei uo- mini ai quali si associò un parente del Vojvoda Marko M. Popovie di Medun e un giovinetto dei Piperi e lasciamo Carine, meravigliando i nostri amici che per delle erbe qualsiasi abbiamo da mettere a repen- taglio la vita. In condizioni buone la salita del Kom da questa parte si fa alla meglio, almeno fino ai piedi dell’ ultima vetta: coll’ uragano . che avevamo era un imbroglio di primo ordine e il vento ci sbatteva spesso a terra facendoci perdere |’ equilibrio. A venti passi non si vedeva nessuno, i colpi stessi dei fucili si ripercuotevano appena leg- germente sulle rupi a un tiro di braccio. Contuttociò debbo soggiun- gere che il fanatismo per quella così meravigliosa natura vegetale mi sorprendeva e mi bastava di veder coperte le roccie di Heliosperma ma- cranthum Pan.,-e Cerastium dinaricum Beck et Szysz., per dichiarare ai miei compagni che era impossibile di indietreggiare. Raggiungemmo, caldi. per la fatica, una specie di antro e riposammo cinque minati per pensare a quanto ci restava ancora da fare. Quindi innanzi, strap- : : ^R il des n ie eer. x m. ye | .". ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO pando ai macigni quello che era a portata di mano. Una disastrosa traversata di un « potok » ci condusse sotto la cima dalla quale si sgranavano torrentelli di sassi e in certi punti una sassajuola al completo. Il vento spirava sempre furiosissimo, ma la nebbia era ri- masta sotto di noi e ci si apriva in molte parti il maestoso panorama. Per salire. da questo punto sulla vetta occorrono delle corde e delle precauzioni affatto speciali; noi che quelle non avevamo ci munimmo di una doppia dose di queste e per un fosso tagliato nella rupe, a uno per volta con l'aiuto della provvidenza vincemmo la meta: se si smuoveva un sasso andavamo al macello. La cima è a piramide con vertice tagliente, tantochè bisogna andare a cavalcioni, obbligando .i muscoli della regione lombare a spingervi avanti; un esercizio di locomozione poco comodo e molto igienico. È in quella località che faccio bottino di Draba armata Schott., Sarifraga scardica Gris.. e di un’ Androsace assai originale e non ancora studiata. Di lassù non dominiamo colla vista per il levante come aveva sperato; la nebbia vela in certi luoghi la régione e ci lascia solamente godere della vi- suale che offrono le biancheggianti cime appuntite della vicina Albania e dal Sàr-dagh che sembra, là in fondo nell’ orizzonte, la sentinella lugubre di tutta quella vastissima estensione di multiformi montagne ove la barbarie di popoli europei spadroneggia e macchia, col marchio d’ infamia, la nostra civiltà. Krsto va esaminando le posizioni, ma avanti non ci si può andare e bisogna rifare quel famoso fosso! Niente paura: un sospiro, magari un addio alla vita e, giù uno alla volta, chè la sorte protegge sempre chi spera e chi è tenace. Caro signore che mi leggete, dopo questa vittoria pareva d'aver guadagnato un premio e per la consolazione, attraversato un nevajo, ci riposammo e ei divertimmo a sparare, poi lasciai gli uomini soli e mi misi al la- voro. Intanto la « bóra » era finita, la nebbia scomparsa, il sole era ritornato infondendoci il massimo coraggio ehé anche questa giornata di pericoli sarebbe scomparsa. Grisebach ha ricordato la « bora >, ma non ha detto dell’ importanza che ha, senza fallo, sulla regione del- l’Erzegovina e del Montenegro e noi in seguito esamineremo come si conviene questo fatto di prima importanza. Entriamo nelle gole in- 11. Malpighia anno VI, vol. VI. A A - A. BALDACCI finite, sterminate, ornate di nevai, di prati, di picchi, caverne, bur- roni che sono ovunque, sparsi pel colosso che sta a guardia dalla parte d'oriente della libertà della patria montenegrina. Verso le 11 del mat- tino siamo giunti in un secondo « potok » ove é eopiosamente sparso il Chrysanthemum larvatum Gris., e il Senecio glaberrimus Roth. Indi si retrocede perché una balza a perpendicolo ci vieta di avanzare in linea retta. 1 miei uomini cominciano ad essere stanchi e di mala- voglia, però io non penso di cedere alle loro premure di ritornare, giacchè ho viva necessità di andare ove fui già l anno scorso per rintracciare e studiar meglio l'Arenaria Halacsyi Bald., e l'Orthotri- chum Baldaccii Bottini. Ci ripariamo dal sole presso un piccolo ghiac- ciajo ove vivono il Thlaspi ochroleucum Boiss., e la Rumex nivalis Heget., e ci ristoriamo con pane e carne. Siamo circondati da preci- pizii di 400 metri e in questo mentre che ci satolliamo un pastore che ci ha veduto da quell'altezza suona la « dipla » in modo da chia- marci coll’ « avanti » dell’ esercito montenegrino; poi, per farci assa- porare una novità di nuovo genere, comincia a svellere dai loro seco- lari sedimenti degli enormi macigni che fracassandosi e frantumandosi in mille e mille pezzi, fanno un infernale rovinio. Cotesto giuoco dura più d'un'ora ed ho tutto modo di pensare alla disperata difesa che questi eroi opposero ai turchi quando le cartuecie erano finite. Una volta di musulmani ne rimasero sul campo ventimila. Guadagnammo terreno su per l’erta a perpendicolo e si lotta colla vita ogni mo- mento; andiamo proni attaecandoci alla meglio, e guardandoci bene dal non perdere mezzo centimetro di spazio. Eccoci giunti sopra i « katuni di Ljubanj » che l’anno scorso abitammo quasi di questi stessi giorni con si notevole profitto. Ritrovo l'amica Arenaria, Ha- lacsyi Bald., e l Orthotrichum. plari che ancora avanzano di il respiro e fu fortuna che un Quanto sudore mi costano pochi esem- queste due piante! La sete mi toglieva pastore trovato fra quelle balze ci por- tasse un po’ di neve. I tormenti non erano ancora finiti; restava una lotta più grande e questa accadde nella discesa. Bisognava pur partire da circa 2350 m. d’ altezza e guai se ci fosse arrivato addosso la notte ! Rifare la medesima strada era impossibile, discendere a Liu- ^. ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 167 banj totalmente abbandonato per mancanza di pascoli e di là andare a Carine, voleva dire morir di fame; dunque non restava che fidare in quel Dio che per essere tanto grande non lo so aneora comprendere. Imboccammo un burrone di 200 metri diritto, a picco. Erano le 2 1/3 pom. e fu dentro a quell’ escavazione calcarea che sfidammo la morte e la vincemmo. Io mi ricordo come ognuno di noi dovesse forzata- mente fare da sè e star sull’ attenti che un solo sasso non si staceasse! Gettammo nel fondo le giacche, i bastoni, le scarpe e affidammo alla fortuna il vascolo stracarico di materiale. Vincemmó; e anche oggi che scrivo queste memorie alla buona, senza vanagloria, per dimostrar solo quel nulla che ho fatto in pro’ della flora montenegrina, la mia fibra si commuove e corre al Kom, a quel colosso spaventevolmente meraviglioso che anche l' anno passato mi giuocava un tiro birbone. Ritornò la nebbia a cui s aggiunse il freddo e in poco cadde la pioggia mista a gelo. Non è raro questo fatto. Salimmo un gran ne- vajo, di 300 m. e più sopra Rogam e ci recammo, a forza di stenti, in un'altura e poi, quando finalmente potemmo scorgere in lontananza le capanne di Carine, ci ritornò la solita allegria. Eravamo a casa alle 6 pom., quattordici ore adunque di faticosa esplorazione, meno un’ ora per mangiare. Qui non posso riportare tutto quanto mi fu dato vedere chè, se così facessi, dovrei noverare tutte le piante alpine, ben poche escluse, del Montenegro. Cito solamente quel tanto di cui restai sicuro per la determinazione, ciò che non conobbi al momento lo raeeolsi e lo presenterò in un nuovo capitolo. Peraltro la maggior quantità delle piante di Rogam, com’ è naturale, fu trovata anche in quest’ ultima gita e quindi non eredo conveniente di riportare, per non cadere in una pedantesca ripetizione, le piü comuni specie di quelle località. Vivono adunque nel versante S. O. le seguenti piante: Ranunculus Sartorianus Boiss., R. Gouani Wild., Caltha grosse-serrata Pant. (si trova sopra Carine presso aleune delle numerose sorgenti, ma io non mi accorsi dei caratteri specifiei dati da Pantoesek, e solamente ora posso attestare la sua presenza ricordandomi bene delle foglie reniformi e degli ovari adunchi), Corydalis solida Sm. var. densi- flora Boiss., Nasturtium palustre DC., Aubretia deltoidea DC., Draba AIAR Eum 1.50 CVA BALDACCI 7 aizoides L.,? Thlaspi praecox Wulf., Th. alpestre L., Cochlearia sa- watilis Lamk., Viola gracilis Sibth., Parnassia palustris L., Poly- | gala alpestris Rchb., Dianthus gramineus Sch., D. silvestris Wulf., var. subacaulis Koch, Alsine setacea M. K., Arenaria gracilis W. K., Cerastium tomentosum L., (forma Clem. C. lanigeri), Geranium sil- vaticum L., (per quanto lo ricercassi non mi riuscì di trovare il G. oreades Pancic), Anthyllis Jacquinii Kerner, Trifolium noricum Walf., T. repens L., T. agrarium L., Dorycnium suffruticosum Villy . Onobrychis montana DC., Potentilla aurea L., P. alpestris Hall., P. Clusiana Jacq., Geum rivale L., Rosa alpina L., Sedum glaucum W. K.,? Sempervivum Heufelii Schott, Saxifraga olympica Boiss. , S. moschata Wulf., var. compacta M. K., S. exarata Vill., Bupleu- rum baldense Host., Asperula suberosa Sibth. var. Bebii Bald., A. longiflora W. K., Galium boreale L., Valeriana montana L., Ade- nostyles albifrons Rchb., Homogyne alpina Cass., Anthemis sp., An- tennaria dioica Gaertn. var. australis Gris., Centaurea punctata Vis., Amphoricarpus Neumayeri Vis., Willemetia apargioides Cass., Crepis Columnae Froel., Hieracium gymnocephalum Gris., Phyteuma orbi- culare L., Ph. sp. altera, Campanula pusilla Haenk., Edrajanthus jam citati, Vincetoxicum Huteri Vis., Gentiana germanica W., Myosotis palustris L., Rhinanthus minor Ehrh., Thymus Serpyllum L. var. montanus Benth., Stachijs pubescens Ten., S. alpina L., Elyna spicata Schd., Cynosurus cristatus L., Cystopteris fragilis PM. Selaginella helvetica Spr. E idi ndomani, 9 agosto, si stette lavorando tutto il giorno a casa e eol non indifferente materiale che aveva da approntare non si scher- zava. Ai piedi delle nevi eterne il botanico ha un compito oltremodo pesante e delicato, perchè un leggiero inconveniente che gli capitasse potrebbe fargli perdere i suoi tesori scientifici. (Guai se sorprende la pioggia e l'umidità! La carta si asciuga alla meglio presso il fuoco ed è una fatica improba e molto noiosa. Già, ognuno ha i suoi mali. Ma quando si è camminato in un modo così pericoloso come ieri e | arrivato a casa senza che nulla abbiate per sollevarvi, perchè nulla “seat e 4 capra dopo invece del DEE vi attende nuovamente illa- to # bui ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 169 voro, oh signori miei, ci sono dei momenti che l’uomo ha quasi il diritto di scoraggiarsi! La fortuna m'assisteva però; da Turjak venne a trovarmi l inseparabile Mitrovic ed ebbi la gradita soddisfazione di parlare la mia lingua e di cantare poesie dei nostri autori inneggianti alla gloria, al valore, alle belle virtù. L'idea della patria entusiasma. Il giorno 10 era festa a Carine, non so per quale solennità propria dei Kuci e fui invitato ad un pranzo montenegrino in montagna. Però non dimentico che siamo al Kom per la scienza e alle 5 1/, ne comin- ciamo un'altra ascensione dal versante dei Vasojevici. Si rifà buona parte del pendio salito il giorno $, indi pieghiamo a destra con ten- tativi inutili di raggiungere, nonchè la cima, anche la base di essa, perchè massi formidabili, montagne da sè soli addirittura, ci vietano il passo e siamo costretti a girarli e girarli continuamente, eol timore sempre costante di sdrucciolare chi sa dove se perdiamo per un momento Y equilibrio, per cui oggi ci guardiamo bene e come! dall’ imboccare in qualche precipizio. Press a poco sono sempre le medesime specie delle due escursioni scorse che dominano anche qui, da questa parte e molto abbondante l'Edrajanthus serpyllifolius DC. e V estetico Ce- rastium dinaricum Beck et Szysz. M'aecorgo che la brina di stanotte non ha per nulla danneggiato i fiori anche più delicati e parmi che simil fatto meriti di essere studiato perché può aiutare a sciogliere certi problemi di geografia botanica o almeno a portare nuova luce sulle questioni dei dominii artico-polari, Discendiamo a Carine alle 11 ant. ritrovo l amico Mitrovie che vorrei non si dipartisse mai più e cominciamo ad essere invitati nelle capanne dei pastori per bere il caffè e l’acquavite finché non ci sì annunzia, che il capitano ha già pronto il pranzo. E inutile che io ricordi qui che cosa sia un pranzo montenegrino e per di più a 2000 metri, basta averne letto la descrizione in Omero e riportarla al nostro argomento. Sono pecore, agnelli interi, disposti a mucchi in una tavola alta 25 centimetri intorno alla quale si siedono i commensali; viene quindi il latte, la panna, il formaggio, le uova e vivande di simil genere in tale quantità da sfamare un reggimento. Ma chi non è avvezzo a tutta quella carne, a quell'unto, non può star allegro di sicuro. Nel pome- “a : Ñ ar “i ^ * A. BALDACCI riggio furonvi balli, eanti e suoni che non ebbero la ventura di togliermi la monotonia. Riporto alcune delle piante vedute nell escursione: Ra- nunculus illyricus L., Papaver alpinum L. var. flaviflorum Koch., Aethionema saxatile R. Br., Oxytropis dinarica Murb., Rubus Idaeus Laz Saxifraga Boryi Boiss., S. Sprunerii Boiss., S. Aizoon L. var., Sedum magellense Ten., Laserpitium Siler L., Scabiosa graminifolia L., Scorzonera rosea W.K., Linaria alpina Mill., Veronica austriaca L., Teucrium Zygis L., T. montanum L., Juniperus nana Wild., Pinus -Pinaster Sol., P. silvestris L., Carex flava L. Seppi casual- mente dai pastori di Carine che il Tamus communis L. è adoperato come astringente, ma non posso dire con quanta utilità. In uno dei giorni scorsi mandai un uomo sul monte Mojan dove mi dissero che esisteva Ja « molika » (Pinus Pete Gris.); però dagli esemplari che mi furono portati potei constatare che si trattava di Picea vulgaris Lamk. Avevamo terminato felicemente |’ esplorazione del Kom, e i nostri voti di ritrarne grande profitto erano stati esauditi perchè io ‘mandava a Podgoritza un'intera cassa di materiale scelto e ben pre- parato. L’ 11 agosto, dopo le due pom., partimmo in direzione di Andrijvica stabilendo di dormire ai « katuni di Varda » presso un amico, figlio del Vojvoda Lakic, il quale insieme alla sua madre ci aspettò a Ca- rine per andare insieme alla sua capanna. L'addio coi fieri montanari fu commovente: tutti, con a capo il Capitano Ilia Popovie ci accom- pagnarono per una mezz ora di cammino. Addio ospitale nabija dei prodi, fortissimi Kuei! Il sentiero di Varda passa in mezzo a folte boscaglie di pini e di faggi, ma spesso incontriamo anche larghe estensioni occupate dalle frane cadute, dappertutto però siamo in presenza della completa di- struzione che il bestiame ha fatto delle erbe: il tempo è bello, la na- tura sorride, sopra di noi è la colossale cima del Kom Vasojevicki, di fronte, nell’ opposto versante della Perucica, sono le catene albanesi in cima delle quali è il temuto confine ove avvengono tanti massaeri. Curioso fatto! Un tempo non solo succedevano lotte fra questi due po- = poli, ma pure fra gli stessi montenegrini e i nostri compagni in vici- d T use Mi E ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 171 nanza del limite fra i Kuci e Vasojevici, ci hanno mostrato un piccolo cimitero ove furono sepolti gli ultimi caduti dagli assassinii fratricidi. Siamo a Varda riparati dalle secolari faggete. Le piante che ho an- notato in tutta fretta sono poche: Ranunculus nemorosus DC., Tha- lictrum aquilegifolium L., Th. minus L., Coghlearia saxatilis Lamk., Genista sagittalis L., ? Rubus serpens Gren. et Godr., Rosa pimpinelli- folia L., Scabiosa crenata Cyr., S. Columbaria L. var., Telekia spe- ciosa Baumg., Gentiana lutea L., Physalis Alkekengi L., Scrophularia heterophylla W., Daphne Mezereum L., Lilium Martagon L., Luzula maxima DC., Nephrodium Filix-mas Stremp. Abbiamo passato una notte eccellente per le premure cordiali che ci hanno usato i nostri ospiti ed anche in vista della località che non permette l'infierire del freddo e del vento. È già alto il sole allorchè lasciamo Varda, il 12 agosto, per seguitare in avanti. Che foreste che attraversiamo! Dopo un’ora e mezza di cammino, eccoci all’ aperto per scorgere il. vasto altopiano di Konjuxe, un altopiano fertilissimo ove io non credeva che potessero vivere i meli, i susini, la vite e molte specie di cereali. Discendiamo nel letto della Perucica seguendo un sentiero fra le selve di ontani e giungiamo al « chan » di Konjuxe nel quale ci viene apprestato un succulento desinare; poi preparo al- meno cento esemplari di Pinus Peuce Gris. favoritomi da un giovane che da Varda si recò stanotte sotto il monte Osanac a posta per me. Merita nota questo manipolo di piante trovate da noi lungo la via: Lunaria biennis Moench., Viola tricolor L. var. arvensis DC., Dian- thus Armeria, L., Lychnis diurna Sibth., L. Githago: Lamk., Impa- tiens Nolitangere L., Rosa tomentosa Sm., R. canina L., Potentilla argentea L., Circaea lutetiana L., Bupleurum Kargli Vis., Dipsacus pilosus L., Solidago Virga-aurea L., Gnaphalium Hoppeanum Kock, Ceniaurea stenolepis Kerner, C. deusta (Ten.), C. amara L., Campa- nula glomerata L., C. bononiensis L., C. Trachelium L., Verbascum Schraderii Mey., V. phlomoides L., Melampyrum cristatum L., Salvia glutinosa L., S. verticillata L., Salis purpurea L., Populus tremula L., Alnus incana DC., Betula verrucosa Ehrh., Quercus conferta Int. Orchis laxiflora Lamk., Glyceria fluitans R. Br., Aspidium Thelypteris Roth, A. aculeatum Sw. CA. BALDACCI | Il bel cielo della mattima va rannuvolandosi e la maestosa prospet- tiva del Kom, che da questo punto si potrebbe magnificamente foto- grafare. si copre di macchie di nebbia. Verso le due, come al solito, riprendiamo la via che è in condizione discreta fino ad Andrijvica. Noi siamo un poco disgraziati in causa delle casse pesanti che non stanno bene a dorso del cavallo e poi «per la pioggia, siechè per coprire i pacchi di carta dobbiamo toglierci le mantelle per riparare i frutti delle passate fatiche. Continuamente dal « chan » di Konjuxe alla valle di Djulici abbiamo un territorio produttivo e tenuto con molta cura, ciò per i Vasojevici; per noi, se avessimo avuto tempo costante e dispo- nibile, c'era da studiare un numero vastissimo di Rosae in maggio- ranza appartenenti ai gruppi canina L. e tomentosa Sm. Discendiamo rapidamente nella sponda sinistra della Zlorjecica, infiliamo per boschi di faggio, quercia ed avellana, ma siamo poi costretti di fermarci sotto un albero a larga chioma per non bagnarci oltremodo. Alle 6 pome- ridiane mettevamo piede in Andrijvica, borgo sulla moda di Kolasin e di Zabliak, in bella posizione topografica e legato al resto del mondo col telegrafo. Dopo più di quindici notti in cui s'era invariabilmente dormito sulla terra, quanto era di conforto un lelfietinolo che tro- vammo nella pulita locanda! Mi fu portato un pacco vistosissimo di lettere e di giornali che non poteva neppur leggere tanto era contento della mia nuova posizione. Erano i genitori, gli amiei che mi dimo- stravano il loro affetto il quale io sentiva con venerazione. Finalmente godeva della felicità e con me i due bravi uomini ehe aneb essi, sim- patici compagni di sventura e di fortuna, avevano bisogno di un parco sollievo per dimenticare con spensieratezza le disastrose avventure. — Da - Konjuxe ad Andrijvica mi risaltarono all'oechio le specie che seguono: Tunica glumacea Bory et Ch., Rhamnus saratilis L., Genista Vil- larsii Clem., Medicago disciformis DC., Lythrum virgatum L., Um- bilicus horizontalis DC., Eryngium amethystinum L., Bunium mon- tanum Koch, Galium aureum Vis., G. purpureum L., Centaurea Scabiosa L., C. solstitialis L., ? Barkhausia vesicaria Sprg., Campa- nula Erinus L., Podanthum limonifolium Boiss., Echinospermum Lappula Lehm., Cynoglossum pictum Ait., Convolvulus tenuissimus Eh = hos NP v È $ a d p. etm CU E IN IAE rco wat Ry oe | + Sibth., Salvia officinalis L., Euphorbia Myrsinites L., Ephedra cam- pylopoda C. A. M., Lasiagrostis Calamagrostis Lk. Feci Ja visita al gentilissimo governatore, serissi buon numero di lettere e la notte, mentre la pioggia imperversava a dirotto, non ebbi da guardarmi per non essere ad ogni momento bagnato come mi era succeduto cosi sovente nei « katuni ». La dimane, 13 agosto, preparai le piante e alle 3 del pomeriggio si parti per Kolasin per la via del monte Lisa che possiede capanne nelle quali si dormirà. I contorni di Andrijvica appartengono al terreno paleozoico per cui gravi diffi- coltà da vincere non ve neisono. Inoltre, raggiunta la sommità delle prime colline sovrastanti al borgo, la strada seguita ordinariamente sulla cresta della catena di quei monti che terminano nel bacino della Tara sopra Kolasin ed è come camminare nella pianura. Il substrato calcareo qui manca e in vece sua sono prati e boschi continui che seguitano fin dentro la Moraca da una parte e dall'altra sorpassano Berane nel sangiaccato di Novi-pazar. A un'ora da Andrijvica cade nuovamente la pioggia, e poichè siamo forzati di aspettare il tempo propizio sotto gli alberi, la sera intanto si avanza con nostro danno. Ritorna il sole e avanziamo velocemente attraversando le mirabili fo- reste del monte Lisa che verso le otto abbiamo di fronte. Viene la luna. Quale momento trovarsi nell interno dei boschi quando Y astro d’argento è nella sua fase completa e il silenzio da tutte le parti vi s'impone e lontano sentite l'eco dei latrati dei cani! Alle 9 pomerid. eravamo accolti in una capanna e i pastori di Lisa, sorprendenti per l affetto che avevano subito preso per noi, ci portarono legna e quei pochi cibi ehe avevano benché appena ci avessero veduti. Ma Krsto che faceva bene il suo dovere aveva detto come io fossi straniero e obbligava quasi, per le leggi dell'ospitalità eui non viene mai meno il monte- negrino, a trattarci come appartenenti alle loro famiglie, come parenti che la sorte mandava loro. Le specie di piante osservate da Andrijviea - fino a due ore dal monte Lisa lungo la strada di Kolasin, sono le se- : guenti e dimostrano ancora l'affinità delle flore a substrati vicini e quindi sono una valida ragione per convincermi ognor più che la struttura del terreno prende ung perte secondaria bensi, ma attiva ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 173 * CMS Ee T A. BALDACCI 4 alla distribuzione dei vegetali: Thalictrum aquilegifolium L., Ranun- culus velutinus Ten., Actaea spicata L., Berteroa mutabilis Vent., . —— Isatis tinctoria L., Thlaspi montanum L., Polygala comosa Schk., - Silene flavescens W. K., S. Sendtnerii Boiss., Stellaria graminea. ENDE 7 i dc L., Linum corymbulosum Rehb., Hypericum quadrangulum L., Acer Heldreichii Boiss., A. opulifolium Vill., Rhamnus alpina L., Spartium junceum L., Genista sagittalis L., G. tinctoria L., Cytisus Tomma- sinit Vis., C. Laburnum L., Cotoneaster tomentosa Lindl., Potentilla argentea L., Pancicia serbica Vis., Valeriana officinalis L., Cen- Da taurea amara L., C. atropurpurea W. X., C. Kotschyana Meuff., C. A stenolepis Kerner, C. nervosa W., Mulgedium Pancicii Vis. Gentiana » cruciata L., G. obtusifolia W., G. verna L., Rhinanthus Alectoro- me lophus Poll., Daphne Mezereum L., Betula verrucosa Ehrb., Arum Pe italicum L., Bromus erectus Huds., ? Poa cenisia AM. 14 agosto. Nel mio itinerario era notata l'esplorazione del sicut Lisa; ma l'uomo propone e Dio dispone, poiché quando ci alzammo dominava una nebbia cosi fitta che non permetteva di vedere a cinque metri e quindi, preso un pastore dei « katuni » perche ci insegnasse il sentiero, stabilimmo di rimetterci alla sorte e di seguire il eammino toccando il monte Bar. Il Lisa arriva a 1875 metri e il Bar a 1862, la differenza dell altezza è dunque minima, la costituzione inoltre è uguale e la distanza fra l'uno e l'altro non eccede le due ore, per eui è di nessun conto il contrasto nella vegetazione. In una località i a N. E. di Lisa, ai margini del sentiero, trovo: Saxifraga scardica ; 3 Gris., Seleranthus uncinatus Sch., Gentiana crispata Vis., Koeleria | | cristata Pers. Succede un impetuoso vento che scaccia Ja nebbia in un attimo; e con un sole splendido: c'interniamo nelle selve facendo breve fermata sotto il monte Bar tanto per prendere nota delle cose migliori. Vi ha una riechezza di sorgenti e di pascoli che meraviglia; e, cosa sorprendente, aleune piante già trovate in frutto anche al Kom qui sono appena in fiore. Ricordo: Thalictrum flavum L., Caltha — palustris L., Aquilegia vulgaris L., A. alpina L., Cardamine acris. Gris., Dianthus sanguineus Vis., D. Carthusianorum L. y Cerastium — tomentosum L., pen ce SR AN macrorhizon : i : y * Pg NU ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 175 L., G. sanguineum L., Rhamnus alpina UL., Acer Heldreichii Boiss., EU Hippocrepis glauca Ten., Spiraea Aruncus L., Epilobium trigonum i Schk., Circaea alpina L., Eryngium alpinum L., Pancicia serbica N # Vis., Lonicera alpigena L., Senecio nemorensis L., Chrysanthemum Siti QU macrophyllum Kit., Gnaphalium uliginosum L., Jasione supina Sieb., E Gentiana asclepiadea L., G. germanica W., Atropa Belladonna L., Euphrasia cuprea Jord., Nepeta nuda L., Globularia Willkommii RE Nym., Chenopodium Bonus-Henricus L., Polygonum Bistorta L., ? Thesium humifusum DC., Iris graminea L., ? Carex ampullacea Good., Phleum alpinum L., Briza media L., Secale montanum Juss. A circa le 11 ant. passiamo accanto ai « katuni di Krivi-dó » e presso la sottostante valle mangiamo un boecone di pane inzuppato nel latte. Poco lontano s' ergono i dossi del monte Kljue ehe ho già ricordato nei numeri passati della Malpighia. I pascoli sono bellissimi e ali- mentano scelte razze di bestiame suino e vaccino che sono una fortuna per questi bravi alpigiani. Alle tre, sotto un sole scottante, ci rimet- tiamo sui nostri passi e finalmente, discesi gli ultimi pendii del Kljue, entriamo nella pianura di Kolasin e verso notte risalutiamo questa cara borgata. Il tipo degli uomini e delle donne di eoteste parti è impareggiabile: abbiamo dovuto ammirare, quantunque stanchi, gruppi di giovani ragazze che sembravano le « Hurì » dei musulmani. Eccomi nuovamente felice! — Il materiale botanico incontrato dal monte Bar fin sotto il Kljue diversifica poco da quello già ricordato or ora; ri- porto qualche specie a titolo di saggio: Anemone Pulsatilla L., Pa- paver Argemone L., Nasturtium lippizense DC., Linum flavum L., Malva moschata L., Geranium phaeum L., Acer Heldreichii Boiss., Cytisus Tommasinii Vis., C. Laburnum L., Sanguisorba officinalis L., Trinia vulgaris DC., Berula angustifolia Koch., Physospermum aqui- legiaefolium AM., Carlina acaulis L., Verbascum nigrum L., Scro- phularia Ehrhartii Stev., Veronica austriaca L. var. pinnatifida Koch, Mentha tomentosa D'Urv., Lilium Martagon L. Tutta questa zona è ricca di arbusti di Rosae le quali, in Montenegro, sem- brano prediligere le regioni coperte di boscaglie o ad esse vieine per - la eausa, credo, che hanno bisogno di ripararsi, appartenendo ai gruppi - delle glutinose, dalle intemperie o dalla polvere sollevata dai venti. IUE ego CT Les KR S Il 15, 16, 17 agosto fummo costretti a dimorare a Kolasin in attesa di ordini di Cetinje che mi doveva trasmettere il signor Spiro Popovie, e invero, poichè la stagione per questa località era passata, non po- temmo ingrandire il materiale per la flora di tali contorni. Assistemmo ad un « bazar » che qui a Kolasin sono assai importanti per la concor- renza che fanno gli abitanti del Sangiaccato a vendere i loro cereali e avemmo pure il modo di occuparci dei costumi delle prossime nahije senza per altro tralasciare di fare delle escursioni in molti sensi lungo il fiume Tara e nelle colline. Posso riportare le seguenti specie: Trollius europaeus L., Thlaspi montanum L., Rhamnus alpina L., Evonymus verrucosus Scop., Genista Villarsii Clem., Eryngium amethystinum L., Bupleurum Kargli Vis., Gnaphalium luteoalbum L., Hieracium Del- pinii Bald., Nepeta nuda L., Teucrium Arduini L., Linaria pelopon- ' nesiaca Boiss., Scirpus Savii Seb. Alle 5 3/, ant. del 18 agosto partiamo da Kolasin per la nahija dei Drobnjaci affine di studiare gli alti monti di Somina e, passando per la Sinjavina, arrivare al Durmitor. Incominciavamo quindi la seconda parte del nostro viaggio, ma siccome il mese di settembre incalzava era inutile farci delle illusioni e sperare troppo nelle nostre fatiche. Tutt’ al più la presente era una visita d'introduzione che si compiva volentieri anche pel fatto che i disagi maggiori erano trascorsi. Da Kolasin avevamo l'obieitivo del monte Gradiste che non credo sia stato salito da altri botanici, benchè Pantocsek indubbiamente gli sia passato vicino. Abbandonato il fiume Tara troviamo la via che con- duce al villaggio di Lipovo; la stanchezza che ci ha invasi è incre- dibile e a renderla tale ha certo contribuito l’ agiatezza dei tre giorni trascorsi a Kolasin. Il sole splendido di luce ravviva la grande pianura di Lipovo, un venticello fresco ci mette un po’ d'energia e stenta- tamente si va avanti finchè ho tutto il piacere di giudicare quanto sia ridente cotesto piano ben coltivato a frumentone, frumento e patate piano che fa vivere discretamente questi abitanti. Siamo sulle sponde. della Plasniea, un affluente della Tara. Dovunque vive l'Alnus in- cana DC. Dopo due ore di strada ci si presentano alla vista le due ripide montagne di Sto e Gradiste, la qual ultima ci siamo proposti * è ALTRE NOTIZIE INTORNO ALLA FLORA DEL MONTENEGRO 177 di salire; ritroviamo il faggio, faggete incantevoli e secolari il cui a silenzio è rotto dalle cascatelle e dalle fontane abbondanti di acqua : freschissima. Qui riposiamo ed io segno le specie che ho incontrato > venendo da Kolasin: Berteroa mutabilis Vent., Althaea pallida W.K., E Sawifraga rotundifolia L., Hedera Helix L., Lonicera Xylosteum L., L. alpigena L., Succisa pratensis Minch, Crysanthemum macrophyl- "n slum Kit., Artemisia scoparia W. K., Gnaphalium uliginosum L. Pre- 3 o nanthes purpurea L., Campanula ramosissima Sibth., C. Trachelium ‘4 L., Gentiana asclepiadea L., Echinospermum Lappula Lehm., Anchusa italica L., Datura Stramonium L., Linaria peloponnesiaca Boiss., Oro- banche (due specie) Asarum europaeum L., Euphorbia amygdaloides L. Alle 4 4 pom. facciamo la nostra entrata nella Sinjavina per la lo- calità denominata Vratlo che sembra unire la catena di Somina colla già ricordata. Ritorna il terreno calcareo del trias e oramai i vestigi della flora dendrografica sono una chimera perchè tutto è occupato da pascoli aridissimi fino al territorio di Jezera alla base del Durmitor. Vratlo significa « porta ». Siamo estenuati di forze, per cui un poco di riposo è utilissimo e mi offre d'altro canto la comodità di ricordare le specie ehe vivono nei dintorni: Viola Nicolai Pant., Draba aizoides L: var. scardica Gris., Cochlearia, saxatilis Lam., Alyssum microcar- pum Vis., Cerastium moesiacum Friv., C. grandiflorum W. K., Alsine setacea W. K., Acer platanoides L., Geranium nodosum L., Rhamnus alpina L., Dryas octopetala L., Sempervivum patens -Gris., S. Heufelii Schott, Sedum glaucum W.K., S. repens Schleich., S. latifolium Bert., Saxifraga Aizoon L., Astrantia major L., Pancicia serbica Vis., Atha- mantha cretensis L., Lonicera etrusca L., Asperula longiflora W.K., Achil- laea abrotanoides Vis., Cirsium Candelabrum Gris., Carlina acaulis L., ‘incetowicum nivale Boiss., Veronica saturejoides Vis., Aristolochia pallida W. K., Daphne Blagayana Frey., D. Mezereum L., Mercu- rialis ovata Sternb., Populus tremula L., Betula verrucosa Ehrh., Convallaria majalis L., Scilla pratensis W. K., Ornithogalum sp., Lu- zula multiflora Lej., Carex laevis Kit., C. Schreberii Schk., Phleum Michelii All., Avena versicolor Vil., Botrychium Lunaria Sw. Come si vede, il bottino poteva essere grande e buono e quest’ introduzione WS NI ^ È , E. Ag Are uc gre “he BALDACCI. alla gita del monte Gradiste ci avrebbe potuto mettere una lena in- sperata, che però non potè manifestarsi in noi, trovandoci con un animo abbattuto e con una rilasciatezza straordinaria per .tutto il corpo. Ogni venti o trenta passi ci fermavamo e allora si imprecava ai tre giorni di Kolasin che avevano preparato per noi un lento e continuo disfacimento di volontà e di quel positivismo che, se viene a mancare, è di gravissimo danno per qualsiasi mortale. Di sera, quasi col calar del sole, noi prendevamo possesso di una capanna ai « ka- tuni di Jecmeni-dò » in aspettativa di giorni migliori che avessero cam- biato quello stato d’ animo così impossibile e tanto pericoloso. Ma in- darno, In molti momenti in eui l'uomo dovrebbe essere pronto ad affrontare cose belle ed ardite gli succede di incontrarsi in tali diffi- coltà che la sorte gli pone innanzi come per avvertirlo che essa sola comanda su questa terra. In qual maniera spiegare perchè noi, ai piedi della Somina che era ancora vergine per le esplorazioni bota- niche, giungemmo in uno stato sì compassionevole? Mi ricordo che provvigioni di prima necessità non ne avevamo, perchè a Kolasin si supponeva che in questi « katuni » sı fosse trovato abbastanza per tirar innanzi; e per avventura fu troppo che lassù abitava ancora qualche famiglia, benchè i pascoli non alimentassero più il bestiame essendo in agosto distrutti; mi ricordo che il tempo era come nel più crudo autunno e coperte pesanti ci mancavano; Ja legna per il fuoco bisognava farla portare da lontano; la neve per aver acqua da bere si trovava nelle caverne a tre o quattro ore da noi; si aggiunga la nostra condizione fisica e si avrà un’ idea approssimativa di quanto soffrimmo a Jecmeni-dò, quantunque quei poveri, ma generosissimi pastori Piperi, ci dividessero le loro scarse sostanze. Per tali motivi fui risoluto di cambiare l itinerario per disporre di due giorni soli e dedicarli al Gradiste. l (Continua). ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE Anatomia comparata delle foglie delle Iridee Studio anatomico-sistematico del D! Hermann Ross. Con tavole V-VIII. (Continuazione) CAPITOLO IIIa Fasci meccanico-conduttori. Il sistema meccanico ed il sistema conduttore, come di solito, si sono fusi insieme, costituendo i fasci meccanico-conduttori; solo di rado incontransi fasci formati esclusivamente da elementi conduttori, mentre gruppi di cellule meccaniche isolate si trovano in molte specie nei margini e negli spigoli della foglia. Senza eccezione i fasci meccanico-conduttori sono paralleli tra di loro e percorrono la foglia per tutta la sua lunghezza, attenuandosi insensibilmente verso l apice, dove vanno a terminare in vario modo. In molte specie, col restringersi della lamina, i grossi fasci piü esterni si curvano mano mano verso la linea mediana, fintantochè toccano il fascio vicino con eui si fondono; poco dopo quest'ultimo subisce la stessa sorte, cosicchè in fine pochi o due soli fasci arrivano all’ estre- mità della lamina e vi terminano immediatamente sotto l'apice. I fasci pieeoli, invece, ehe nel maggior numero dei casi con una certa rego- larità si alternano eoi grossi, si biforeano già ad una distanza dall’apice ed i due rami si collegano col fascio vicino a destra ed a sinistra. In altri casi invece tutti quanti i fasci rimangono distinti ed arrivano sino all'estremità. Spesse volte, a preferenza nelle foglie ensate propriamente dette e nelle piegate (p. es. Tigridia), la parte inferiore della lamina è note- volmente slargata ed ivi i fasci sono più distanti gli uni dagli altri. I fasci percorrenti la foglia nella direzione longitudinale sono in comunicazione tra di loro per mezzo di anastomosi trasversali che per i È ; |. anche a toccarsi, oppure si fondono in modi diversi (fig. 4, 6, 12). P380 £o - . HERMANN ROSS aly lo più compariscono abbondantissimamente; in alcuni generi (Crocus, Romulea, Hermodactylus, diverse specie di Iris, ecc.), queste ana- stomosi scarseggiano, ma non le vidi mai mancare del tutto. Nella maggioranza dei casi le anastomosi si staccano sotto un angolo di circa 45°, unendosi più o meno presto col prossimo fascio o più di rado col susseguente, girando dietro al primo. In alcune specie però (p. es. Melasphaerula graminea Ker, Sisyrinchium striatum Sm.) le anastomosi si estendono per un tratto assai lungo, essendo la inclina- zione minore, mentre in altre (p. es. Crocosma aurea Planch., Watsonia Meriana Mill, Lapeyrousia corymbosa Ker, ecc.) sono quasi trasver- sali a mo’ di piuoli di scala. Spessé volte si riconosce già ad occhio nudo nelle foglie verdi il percorso dei fasci che si presentano in forma di linee più o meno ri- levate e diversamente colorate: nelle foglie scolorate in alcool lo si scorge ancora più manifestamente. In tutti quei casi in eui non po- tevo ottenere, con questo mezzo, la necessaria trasparenza della foglia, ho adoperato con grande vantaggio una soluzione aequosa fortissima di cloralio idrato. ; Quasi sempre i fasci meccanico-condattori principali 0 toccano l'e- pidermide o ne sono separati soltanto da uno strato di piecole cellule parenchimatiche incolore; solo raramente (diverse specie delle Sisy- | rinchiee) sono immersi nel mesofillo, interponendosi parecchi strati di cellule a clorofilla tra l epidermide ed i fasci (cf. fig. 22 e 26). i La disposizione e la distribuzione dei fasci meccanico-conduttori sta sempre in intimo rapporto colla conformazione morfologica della foglia. Negli organi dorsoventrali i fasci sono disposti in una serie semplice e, come di regola, il loro floema è rivolto verso la pagina inferiore. Nelle lamine bilaterali invece i fasci sono identici su ambedue le facce; ; talora sono irregolarmente distribuiti (fig. 2 e 3), tale altra, quelli di un lato corrispondono esattamente a quelli dell’ altro lato. Se la la- i mina é relativamente spessa, i due fasci opposti sono separati l'uno dall'altro dal tessuto fondamentale frapposto (fig. 1 f); mentre nelle lamine sottili essi si avvicinano più o meno e spesse volte arrivano - o- a ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE Tali fasci doppii si estendono perciò da una epidermide all'altra, producendo una completa concamerazione del mesofillo. Nelle lamine bilaterali si trovano spesso gruppi di cellule meccaniche sotto i mar- gini, -ovvero uno o più fasci sono disposti trasversalmente, di modo che il floema è situato sotto la linea marginale. Alquanto diversamente si comportano le foglie ensate di molte Sisyrinchiee (fig. 15 e 16) in cui i fasci non sono opposti, ma si alternano regolarmente di guisa che il primo, il terzo, il quinto, ecc. sono rivolti col floema verso il lato sinistro, il secondo, il quarto, il sesto, eec., verso il lato destro. Se la lamina è relativamente spessa ed i fasci sono sottoepidermici , allora si distinguono subito i fasci di ogni lato; se invece i fasci sono situati presso a poco nella linea mediana del taglio trasversale, allora formano una fila sola e si distinguono soltanto per la diversa orien- tazione del floema e dello xilema. Nelle lamine sottili con fasci relativa- mente grossi (fig. 16) i fasci si estendono da una epidermide all’ altra e talvola sporgono anzi fuori su una o ambedue le facce, produ- cendovi delle linee rilevate longitudinali. Degno di particolare men- zione è ancora in questo proposito il comportarsi delle lamine piegate, i cui fasci sono sempre isolati; di regola uno solo ‘assai grosso si trova nell’ angolo di ogni piega (fig. 17, 18, 20, 21), rare volte (Alophia stricta Griseb., Gelasine) vi sono due fasci e quindi la piega é a doppio gomito (fig. 19)..I fasci secondarii talora si alternano pure regolar- mente, tal’ altra sono disposti nello stesso senso per ogni striscia delle pieghe, e i fasci nell’ una striscia si alternano con quelli della susseguente. Nelle foglie cilindriche ed a 4 od 8 angoli, i fasei sono ugual- mente distribuiti tutto in giro, per la quale ragione esse sono ap- punto organi multilaterali. C'è da notare però che in tali casi sol- tanto la lamina mostra la struttura caratteristica, mentre la guaina è sempre dorsoventrale. 1 fasci che percorrono la foglia sono talvolta tutti quanti su per giù di uguale grossezza (fig. 7, 12); nel maggior numero dei casi però si osservano fasci più forti e più piccoli, i quali ora sono irregolar- mente mischiati (fig. 2), dra disposti in modo determinato. In molte specie si alternano regolarmente uno grande ed uno piccolo; il caso 12. Malpighia anno VI, vol. VI. Se e di | HERMANN ROSS ^ più frequente è però che ogni quarto fascio è il più grosso, e dei tre fasci intermedii i due laterali sono sottilissimi, mentre il centrale è un poco più forte (fig. 13. 14, 37). Nella Bobartia spathacea Ker si ha ancora un altro caso, alter- nandosi regolarmente in essa un fascio meccanico-conduttore con un grosso gruppo di cellule meccaniche (fig. 34). Nelle foglie provviste di « linea mediana » soltanto il fascio situato nel suo centro suole essere grosso, mentre tutti gli altri sono più o meno piccoli ( fig. 3, 4,0,6,8) N I tessuti meccanici costituiscono nelle foglie delle Iridee una delle parti più importanti, poichè, essendo queste lunghe e sottili, tali tessuti vi debbono essere sempre abbondantemente sviluppati. Più che per qualsiasi altro organo vale per le foglie la legge generale, che gli ele- menti meccanici debbono essere distribuiti nel modo più efficace e più economico possibile, onde raggiungere il massimo effetto col minimo impiego di materiale, giacchè appunto negli organi assimilatori i tes- suti meccanici, disposti per quanto possibile perifericamente, vengono in collisione col tessuto a clorofilla, anche esso situato quanto più vicino alla superficie dell’ organo. Gli elementi meccanici sono quasi sempre fibre (stereidi); relativa- mente rare sono le cellule collenchimatiche o selerenchimatiche. Qualche volta anche l'epidermide assume, in luoghi determinati, funzioni mec- . caniche, nel qual caso le sue pareti sono fortemente inspessite. I pericoli contro i quali il tessuto meccanico deve principalmente difendere le foglie sono due: il piegamento e la lacerazione. Gli as- salti del vento ed i loro effetti sono ben diversi a secondo della con- formazione delle foglie; essi saranno tanto più forti quanto più grande è la lamina. Nelle foglie ensate gli assalti avvengono ugualmente su ambedue le facce e maggiormente nella direzione perpendicolare alla superficie, quindi la difesa deve essere diretta in questo senso. Le . foglie piane disposte più o meno orizzontalmente (dorsoventrali) si | comportano su per giù nello stesso modo. Gli organi cilindrici invece sono E . ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 183 minacciati dal vento ugualmente in tutti i punti della loro superficie, ed i mezzi di difesa debbono percid essere distribuiti tutto in giro. Nelle foglie a 4 od 8 angoli invece le parti piü esposte e quindi piü bisognose di rinforzo meccanico sono gli spigoli. Dalla descrizione fatta piü sopra, e meglio ancora dalle figure annesse, si rileva chiaramente che la disposizione dei fasci meccanico-conduttori corrisponde in realtà a queste esigenze meccaniche. Per la difesa contro il piegamento, come è noto, si trovano a preferenza impiegati fasci a forma di I o di doppia T. Le loro barre trasversali, come le parti che esigono maggiore solidità, sono costi- . tuite da materiale più forte e resistente, cioè da fibre, mentre la striscia di congiunzione — la linea verticale della I o T — può con- stare anche di materiale meno forte, come lo sono realmente i tes- suti conduttori. Qualche volta sul lato interno non si trova un gruppo di fibre, ma cellule parenchimatiche a pareti più o meno fortemente inspessite. Allorquando i fasci delle due facce nelle foglie ensate sono opposti e non troppo distanti, ogni due fasci corrispondenti costitui- seono una tale trave a doppia T, ed allora i gruppi di-fibre spesse volte si trovano soltanto sul lato esterno di ogni fascio ed i tessuti conduttori di ambedue i fasci, qualche volta anche la striscia frapposta del tessuto fondamentale, formano la linea di congiunzione (fig. 1 f e 7). Non sempre però i fasci si presentano al taglio trasversale sotto forma di una trave ad I o doppia T, ma talvolta hanno un contorno presso a poco ellitico (fig. 25); in tal caso le fibre si estendono tutto attorno al fascio, formando un cilindro cavo nel cui interno sono di- sposti i tessuti conduttori, i quali per mezzo di interstizii fra gli ele- menti meccanici sono in comunicazione cogli altri tessuti. I) pericolo della lacerazione colpisce anzi tutto il margine della foglia e sarà tanto più grande quando più sviluppata è la foglia. In diverse specie di Aristea, Marica, Tapeinia, Trimezia, Libertia, Hespe- rantha, ecc., l'epidermide sopra i margini ha le pareti cellulari tal- mente inspessite che essa diventa addiritura un tessuto meccanico. Il caso più frequente è però che sotto il margine si trova o un gruppo sottoepidermico di fibre o un forte fascio meccanico-conduttore disposto co | inferiore nelle foglie dorsoventrali. Il limite tra il floema e lo xilema 184 — e HERMANN ROSS bossi trasversalmente: quest’ ultimo confina o direttamente coll’ epidermide : H (fig. 5, 6, 7), o ne è più o meno distante ed immerso nel mesofillo Si (fig. 2 e 16). a Se questi tessuti meccanici sotto il margine sono abbondantemente sviluppati, si riconoscono facilmente ad occhio nudo come una striscia bianchiccia trasparente. La presenza di tessuto meccanico nei margini fogliari è utile anche da un altro punto di vista. Nella maggioranza dei casi la lamina è molto sottile nei margini, e se vi si trovasse tessuto assimilatore con numerosi stomi nell'epidermide di ambedue le facce, la corrente d' aria . : attraverserebbe facilmente il elorenchima, cagionando una traspirazione e A eccessivamente forte. In alcune specie ho osservato un ipoderma, che contribuisce pure notevolmente ad aumentare la solidità della foglia. Nel Gladiolus RS tristis L. e specie affini in cui il taglio trasversale della foglia forma B una croce maltese (fig. 30) lipoderma si trova sul lato esterno di ogni braccio, mentre manca del tutto nel rimanente; analogamente si comporta la Romulea rosea Eckl. I margini della Watsonia marginata Ker sono fortemente ingrossati (fig. 11) ed ivi si trova l'ipoderma, il quale in tutti questi casi risulta dalla fusione di parecchi fasci con tessuti meccanici abbondantissimamente sviluppati, mentre i tessuti conduttori sono molto ridotti. Nella Calydorea campestris Bak. invece, l'ipoderma viene costituito esclusivamente da fibre e corre tutto in giro ad eccezione delle insenature (fig. 22). C'è da notare inoltre una par- tieolarità del Sisyrinchium graminifolium Lndl. i eui fasci sono im- — mersi nel mesofillo e quasi sprovvisti di fibre, ma in corrispondenza di essi si trova sotto l'epidermide uno o raramente più strati di cel- lule parenchimatiehe incolori a parete fortemente inspessita, ehe evi- dentemente sostituiscono gli elementi meccanici mancanti nei fasci. \ | I tessuti conduttori offrono relativamente poco di notevole. In tutti i easi i fasci sono collaterali ed il floema è sempre rivolto verso la pagina — ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 185 è quasi sempre una linea retta o leggiermente curvata; in diverse specie di Gladiolus a foglie più o meno rigide lo xilema abbraccia per un lungo tratto il floema. Il caso inverso si osserva nella Bobartia spathacea Ker dove il floema è semilunare e si estende lateralmente lungo lo xilema (fig. 34). Regola generale è che floema e xilema sono in immediato contatto; in alcune specie però (Hebea galeata Eckl. fig. 7, Gladiolus hastuliferus Bab., ecc.) si interpone tra di essi una striscia di fibre, cosicchè il floema è da tutti i lati circondato da cellule meccaniche. Le dimensioni ed i caratteri specifici delle singole forme di tessuto nel floema e nello xilema variano moltissimo, non solo nelle diverse specie. ma anche nelle diverse regioni della medesima foglia e secondo la grossezza dei fasci. Salvo pochissime eccezioni lo xilema è più ab- bondante del floema; quest’ultimo forma di regola una massa omo- genea di tessuto delicato costituito di tubi eribrosi e parenchima li- beriano. In alcune specie però questi elementi del libro molle sono assai scarsi e mischiati con cellule a perete inspessita e lignificata (Bobartia fig. 34, Dietes, ecc.). Lo xilema si compone a preferenza di vasi che per lo più sono però di piccolo calibro; una grande parte, talvolta anche tutti, sono vasi spirali, lo che sta in dipendenza del forte accrescimento in lunghezza di questi organi. Parenchima legnoso e cellule libriformi sono sempre relativamente scarsi. Quando nella medesima foglia vi sono fasci di diversa grossezza, i piccoli hanno talora la stessa costituzione dei grandi, tal’ altra mostrano una struttura diversa. Questo ultimo caso si osserva principalmente in quei fasci, che più o meno distanti dall'epidermide, sono immersi nel mesofillo; in essi i tessuti conduttori sogliono essere più scarsi e le fibre mancano o sul lato interno o del tutto. | Le anastomosi tra i singoli fasci sono per lo più molto delicate, essendo costituite da pochi vasi punteggiati circondati da alcune pic- cole cellule parenchimatiche. Ho aceennato già più sopra alla fusione dei fasci meccanico-condut- tori nelle lamine bilaterali, se sono esattamente opposti e se la lamina è tanto sottile che i fasci vengono a toccarsi per i loro lati interni. — 186 Er. HERMANN ROSS Questa fusione ha luogo in modi molto diversi a secondo della costi- tuzione generale e la grossezza dei fasci e dello spessore della lamina. Se i singoli fasci sono circondati tutto in giro da cellule meccaniche, queste ultime si conservano tale quale nei fasci fusi che in tal caso formano una spranga fortissima da una epidermide all'altra (fig. 12); se invece esistono gruppi di cellule meccaniche in forma di arco se- milunare sul lato esterno e sull’interno, i gruppi interni restano con- servati, o spariscono nei fasci fusi. Il caso più frequente è però che i corpi legnosi dei due rispettivi fasci si fondono completamente, for- mando la porzione centrale di tali fasci doppii, che verso l esterno hanne quindi una striscia di floema ed un gruppo di fibre su ogni lato (fig. 5 e 6). Se i due fasci fusi sono molto piccoli, aliora sono ordi- nariamente sprovvisti di fibre e restano per lo più nel centro della lamina. I due fasci opposti sogliono essere presso a poco deila mede- sima grossezza; raramente sono disuguali e, se tali fasci si fondono, le loro due metà sono naturalmente pure disuguali. Il passaggio dei fasci dalla guaina alla lamina sì compie in modo alquanto diverso nelle varie forme di foglie, ma sempre i fasci della metà sinistra della guaina passano alla faccia sinistra della lamina monofaeciale ed analogamente si comporta l'altra metà. Nel maggior numero delle specie si trova nella guaina un fascio meecanico-con- duttore sotto la linea dorsale; in molti casi questo fascio passa tale quale alla lamina, dove é allora disposto trasversalmente sotto il mar- gine dorsale (fig. 1 a-e), mentre in molti altri casi esso si divide mano mano in due fasci, di cui uno si rivolge a destra ed uno a sinistra, ed allora non e'é un fascio impari sotto il margine. Sostanzialmente la stessa cosa, ma nel senso inverso avviene nel lato opposto della lamina. Nei margini della guaina si trova sempre un fascio; in quelle lamine dove esiste un fascio impari e perciò trasversale sotto il mar- gine dorsale, questi due fasci estremi si fondono, e situandosi tra- sversalmente, corrisponde allora a quello dell’ altro margine (fig. 1 a-e). In quelle lamine che non hanno fascio impari, i due fasci marginali della guaina rimangono invece inalterati e diventano l'ultima coppia sotto il margine superiore della lamina. CN ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 187 CAPITOLO IV. Il mesofillo. Il tessuto fondamentale che costituisce il mesofillo delle foglie delle Iridee viene quasi sempre ugualmente formato da cellule parenchima- tiche provviste o no di clorofilla. Le prime costituiscono il tessuto as- similatore o clorenchima che, causa i suoi uffizii fisiologici, forma sempre gli strati più esterni, mentre il parenchima incolore riempie il rima- nente spazio nell'interno della foglia. La quantità di quest? ultimo tes- suto dipende perciò dallo spessore della lamina: in quelle ugualmente sottili esso manca completamente (fig. 15-22), essendo tutto il mesofillo ricco di clorofilla; nelle foglie a linea mediana rilevata (fig. 4, 5, 6) è abbondantemente sviluppato nel centro, mentre nelle porzioni late- rali o manca del tutto o se ne trova una piccola quantità in mezzo ai due fasci opposti, ed allora anche questi sogliono formare delle linee rilevate. Se invece il diametro della lamina è relativamente grande ' nel centro e va diminuendo gradatamente verso i margini (fig. 3), allora il parenchima incolore si estende fin sotto i margini, ed infine nelle foglie tereti, angolari e cilindriche è tanto più sviluppato, quanto più grande è il loro diametro. D'ordinario il limite tra questi due tessuti è molto marcato, essendo i soli 3-6 strati più esterni del me- sofillo ricchissimi di clorofilla; soltanto in pochi casi questo limite pre- ciso svanisce e la quantità di clorofilla diminuisce a poco a poco verso l interno (Libertia, Dietes, molte specie della sezione Ewiris, ecc.). Nella maggioranza dei casi le cellule assimilatrici nelle foglie delle Iridee sono tondeggianti o debolmente poliedriche. Non di rado le dette cellule degli strati più esterni tendono pure ad allungarsi per- pendicolarmente alla superficie dell organo, ma solo in pochi casi si ha un parenchima a palizzata tipico (molte specie di /ris a foglie tereti ed a 4 od 8 angolari, Hermodactylus, Crocus, Romulea, Moraea, HERMANN ROSS è _ Homeria, ecc.) In molte specie delle Ixiee invece le cellule assimila- | trici sono in parte notevolmente allungate nella direzione trasversale, parallela alla superficie della lamina. Questo allungamento però non è uguale in tutti i punti della foglia, ma è più forte nel centro di - ogni striscia di clorenchima, diminuendo gradatamente verso i lati, cioè verso i fasci, ed attorno a questi le cellule verdi hanno la solita forma tondeggiante. C'è da notare in questo proposito che le corri- spondenti cellule dell’ epidermide e del parenchima incolore mostrano _ l identica struttura e che questa tensione trasversale è più forte nella regione centrale, dove la lamina raggiunge la sua massima larghezza, mentre è molto più debole verso l apice. E. perciò da supporre che questo allungamento delle cellule assimilatrici sia la conseguenza della ulteriore tensione trasversale di quella regione della foglia dopo la formazione dei singoli tessuti, e che non abbia alcun rapporto colla trasmissione delle sostanze assimilate per la via più breve, come credono alcuni autori. Nella guaina il tessuto a clorofilla si trova soltanto sotto la faccia esterna, essendo la interna sottratta alla luce; ivi mancano perciò anche gli stomi. In quelle foglie in cui la guaina è molto sviluppata, costituendo la loro parte più grande, come per es. in molte specie di Iris (sect. Diaphane), la clorofilla manca anche in quella parte che non abbraccia gli organi giovani. Nel maggior numero dei casi, questa cosidetta scanalatura della foglia è altresì sottratta all’ azione della luce, giacchè i suoi margini si toccano o si coprono l'uno con l'altro (fig. 23 b.) e perciò le condizioni sono le identiche come nella guaina. Ma il clo- renchima neppur si sviluppa in quelle specie (per es. Zris (Xiphion) tingitana Boiss. et Reut.), dove la scanalatura è aperta e quindi la luce ha libero accesso; si tratta perciò in questo ultimo caso di una disposizione ereditaria, non ancora vinta dall adattamento alle condizioni mutate. Nei generi Moraea (incl. Vieusseuria), Homeria, | Hexaglottis la continuazione della guaina è quasi spianata ed in essa esiste clorenchima anche sotto la pagina superiore, che è la faccia interna della guaina. elle foglie dorsoventrali delle specie di /ris appartenenti alla sezione Juno, tutto il mesofillo è a clorofilla. Nelle : ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 189 lamine bilaterali il tessuto assimilatore e di uguale sviluppo su ambe- due le faece, mentre nelle lamine multilaterali è distribuito omoge- neamente tutto in giro. Finora non ho incontrato in aleuna lridea parenchima spugnoso tipico, che del resto manca in quasi tutte le Monocotiledoni. Una dif- ferenziazione singolare del clorenchima incontrasi nelle foglie provviste di docce nei generi Crocus e Romulea (fig. 25 e 33). Attorno alle docce le cellule a clorofilla sono più o meno irregolari, talvolta anche allungate trasversalmente, mentre tutto il rimanente del clorenchima si compone di cellule palizzatiformi tipiche. Le foglie delle Homeria presentano un’altra particolarità; in questo caso è il clorenchima della pagina inferiore che si avvicina alquanto al tipo del parenchima a palizzata, mentre quello sotto la pagina superiore viene ugualmente costituito da cellule tondeggianti. Questa struttura eccezionale sta in relazione col singolare comportarsi di queste foglie, che sono quasi erette ed all’ estremità rivoltate, cosiechè la pagina inferiore viene più fortemente battuta dalla luce. x Il parenchima fondamentale incolore è in rapporto collo spessore della lamina; nelle sottili manca di regola, mentre è abbondantemente sviluppato in quelle più o meno grosse. Quasi sempre le pareti cellu- lari di questo tessuto sono sottili e di cellulosio puro; soltanto in poche specie a foglie perenni (per es. Libertia formosa Grah., Ari- stea corymbosa Pers., Bobartia spathacea Ker, ecc.), sono lignificate e relativamente forti, evidentemente allo scopo di aumentare la soli- dita di queste foglie. Nella Bubartia spathacea Ker, alcune delle cellule sparse nel tessuto fondamentale si sclerotizzano fortemente (fig. 34, scl.); le pareti di tali cellule sono munite di numerose pun- teggiature semplici o ramificate e mostrano molto pronunciatamente una stratificazione concentrica. Nella Libertia formosa Grah., le cel- lule del parenchima incolore sono ripiene di amido nel periodo di riposo. fa Mb s HERMANN ROSS Ce da rilevare un'altra singolarità delle foglle di alcune Iridee. Parecchie specie di Moraea (M. sicula Tod. fig. 24 b), M. Sisyrin- chium Ker, ecc.), e di Homeria, l'Iris alata Poir., eec., fanno ve- dere al taglio trasversale un gruppo di cellule incolori disposto imme- diatamente sotto l'epidermide superiore nel centro della foglia, TE in corrispondenza alla linea mediana della pagina superiore. Le singole cellule di questo tessuto si rilevano in modo molto spic- cato dal rimanente del mesofillo, sia per la loro grossezza e la sotti- gliezza delle pareti, sia per l'assoluta mancanza di ogni contenuto cellulare colorato o solido. Il posto di questo tessuto, nonchè la strut- tura delle sue cellule lasciano già æ priori supporre che funzioni da cerniera, in un modo simile come é stato descritto per le foglie di aleune Graminacee, ecc. E di fatti le dirette osservazioni ed appo- siti esperimenti hanno confermato ehe per mezzo di questo tessuto le foglie delle suddette specie si aprono e si ehiudono. Se una tale pianta soffre di siccità ed è esposta al sole, che in Sicilia è assai forte anche nella primavera, quando queste specie sono in vegetazione, le foglie sono più o meno fortemente ripiegate in su, mentre esse sono più spianate quando il tempo é umido, ed al mieroscopio si puó constatare che questo movimento si compie per mezzo della cerniera. lo suppongo pero ehe la funzione di questa ultima non sia passiva, ma attiva: se l'aequa abbonda nel corpo vegetale, il turgore nelle cellule della cer- niera è assai forte, quindi si gonfiano per quanto possibile, ed in con- seguenza di cid, le due meta della foglia si aprono sempre di piü. In .caso di mancanza di acqua, il turgore diventa sempre più debole, le cellule collabiscono e la loro parete assai sottile si piega e si ondula senza danno per la cellula. In tali condizioni le due metà della foglia si riplegano mano mano in su e ritornano alla forma primitiva di una guaina, cio che in realtà rappresentano dal punto di vista morfologico, essendo questa parte della foglia la diretta continuazione della guaina. In parecchie specie delle Iridee il tessuto fondamentale incolore si lacera o si discioglie prima che la foglia raggiunga la sua grandezza "ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEK 191 definitiva, e perciò si trovano nelle foglie perfettamente sviluppate, grandi lacune lisigene contenenti aria. Talora queste lacune sono limitate alla guaina o a quella parte della foglia che corrisponde alla guaina, tal’ altra ce ne sono pure nella lamina per tutta la sua estensione. La loro grandezza e distribuzione dipende dalla con- formazione generale della foglia e principalmente dalla distribuzione dei fasci meccanico-conduttori: nelle foglie ensate con fasci opposti si estendono per lo più da una coppia di fasci all’ altra, non restando conservata che una striscia trasversale di parenchima incolore in mezzo ai fasci più forti (fig. 1 f). In molte foglie tereti ed a 4 od 8 angoli tutto quanto il parenchima incolore si disfa e per questa ra- gione tali foglie sono vuote (fig. 23 a, 27,-28 e 29). Le foglie di f quasi tutte le specie di Crocus hanno nel centro della lamina una grande lacuna aerea la quale si estende sino all'epidermide della pa- gina superiore (fig. 33), producendovi la caratteristica linea bianca (folia albo-viltata). Qualche volta alcune cellule del parenchima fondamentale portano un contenuto cellulare speciale che in gran parte deve essere for- mato da tannino, come risulta dalle reazioni microchimiche. Nel ma- teriale secco tali cellule si distinguono per lo più molto manifesta- mente per il colore brunastro; esse sono ora sparse irregolarmente, ora distribuite con una certa regolarità, ed allora si trovano a prefe- renza nell immediata vicinanza del tessuto assimilatore. In alcune specie ho osservato tali cellule ricche di tannino anche nell’ epidermide. Ad eccezione di pochissimi generi e specie si trovano cristalli di ossalato di calce in tutte le Iridee. La forma più diffusa di questi cristalli è quella a prismi piuttosto lunghi ma stretti con facce terminali, CM lo più oblique o di rado pressochè era srt Homeria, i£ HERMANN ROSS bs Watsonia punctata Ker). Cristalli molto sottili, quasi aghiformi, li = ho incontrati finora soltanto nell Iris foetidissima L., mentre non ho osservato mai veri fasci di rafidi, tanto diffusi nelle altre Monocotile- doni. La grandezza dei singoli cristalli varia alquanto nelle diverse specie ed anche nella medesima pianta (!); in media hanno una lun- ghezza di 0,015 mm. I detti cristalli si trovano a preferenza nel clo- renchima o nelle cellule parenchimatiche incolori attorno ai fasci, ma principalmente sopra di essi fra |’ epidermide e le cellule meccaniche; d ordinario vi sono disposti in tal guisa che uno spigolo guarda la superficie dell' organo. Fatta astrazione di pochissime specie (Cro- cosma aurea Planch. (fig. 37), Melasphaerula graminea Ker, Iris japonica Thbg., Belamcanda chinensis DC.), in cui i cristalli sono sparsi senza ordine nè di posto, nè di direzione, essi sono sempre or- dinati in file longitudinali regolarissime (fig. 35). ©’ è però da notare che la loro distribuzione è sempre la stessa in una data specie: talora i detti cristalli esistono soltanto nel tessuto assimilatore, tal’ altra esclu- sivamente sopra i fasci, ovvero tanto nell’ uno che nell’ altro sito; re- lativamente scarsi sono nel parenchima fondamentale incolore nel centro della foglia. La cellula cristallofora è poco più grande del cristallo; se si trova in mezzo al tessuto assimilatore, la clorofilla mafica in essa. La sua pa- rete è sempre sottile ed internamente rivestita da una pellicola su- berificata (2). Questi, come tutti gli altri cristalli nelle Iridee, appar- tengono al sistema monoclino e possono essere solitarii o gemelli; le loro forme e proprietà ottiche ecc., sono state descritte dal Lasaulx (3). Oltre a questa forma di cristalli se ne incontrano alcune altre nelle foglie delle Iridee. I più ‘interessanti sono quelli la cui forma esterna AR Cf. G. HILGER, Ueber das Auftreten der Kristalle von owalsaurem Kalk m Parenchym der Monocotylen. Pringsheim's Jahrbücher für Here: ec. vol. VI, p. 285. Q) A. fata Angewandte Pflanzenanatomie. Bd. 1, pag. 109 e fig. 116 (C) A. von LasauLx in Sitzungsberichte der niederrheinischen Gesellschaft. - Bonn, 1883, p. 5. Cf. pure SrRAsBURGER. Das Botanische Praktikum (1* ed.) p. 120, fig. 57. ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 193. rassomiglia al eubo; essi sono probabilmente delle combinazioni com- plicate. Nella Bobartia spathacea Ker tutti i cristalli, tanto quelli attorno ai fasci quanto quelli nel mesofillo, sono di questa forma, OE mentre nelle Dietes, Hexaglottis e Crocus biflorus var. Weldeni quelli P. : sopra i fasci sono cubiformi, gli altri nel mesofillo prismatici. E ; In alcune altre Iridee (Montbretia, Crocosma , Antholyza, Mela- E sphaerula, Lapeyrousia cruenta Lindl., ece.) ho osservato piccolissimi 1 ae cristalli di forma svariatissima nel parenchima fondamentale incolore; P : ora ce n'è uno solo nella cellula, ora ve se ne trovano parecchi, tal- volta anche di forma e grandezza diversa. E PARTE SPECIALE IRIS. Il genere Iris è il più ricco di specie (cirea 100) le quali, però, mostrano grande uniformità in quanto alla struttura fogliare. Bentham ed Hooker dividono il genere in 4 sezioni: Ewiris, Diaphane, Juno e Gynandriris. 1 Le Huiris, che corrispondono al genere Iris nel Systema Iridacearum del Baker, “vengono suddivise da questo autore in 5 sottogeneri basati su importanti caratteri del perigonio. Purtroppo non ho potuto esaminare che un numero relativamente in questo Orto Botanico un grandissimo numero di specie di queste Iris e, mano mano quando fioriranno, farò i miei studii sistematici ed anatomici. Per ora dobbiamo contentarci perciò dr alcune osservazioni generali. Le foglie delle Zw/ris sono sempre tipicamente ensate; le loro di- mensioni variano moltissimo a secondo delle specie, nonchè dello stato della pianta e del posto che occupa una data foglia. piccolo (circa 20) di specie di questa sezione difficilissima, essendo. spesse volte inesatti i nomi sotto i quali vanno le piante. Ho riunito jte Ea parte laminare supera, di regola, considerevolmente la parte .guainante; il suo diametro è sempre piccolo (2-3 mm.). I margini sono a taglio o leggiermente arrotondati e spessissime volte bianchicci trasparenti per la mancanza di clorenchima. Le facce della foglia sono . o del tutto lisce o i fasci prineipali producono delle linee longitudinali più o meno rilevate. Come esempio del gruppo Apogon, distinto per i tepali esterni nudi, scelgo la Iris foetidissima L., specie indigena della Sicilia. Le foglie, lunghe sino a 70 cm., e larghe sino a 2 cm., sono assai sottili e finamente striate. Al taglio trasversale si osservano le se-. guenti particolarità anatomiche. L’ epidermide è di quasi uguale costi- tuzione sopra i fasci e sopra il clorenehima, ed anche la cuticula è ugualmente forte per tutta la sua estensione; sopra i fasci però la pa- rete esterna è un poco più spessa. Le cellule epidermiche sono di forma allungata ed a pareti sempre dritte, la loro superficie esterna è completamente liscia; quelle sopra il clorenchima sono più grandi di quelle sopra i fasci. Sul margine stesso esse si prolungano in corti peli a grossa base che, principalmente verso l' apice, lo rendono leggier- mente seabro. E da notare inoltre che le pareti laterali delle cellule epidermiche sono abbondantemente munite di punteggiature semplici. Gli stomi sono numerosissimi ed un poco approfonditi; l'anticamera è piuttosto stretta, ma più lunga nella direzione trasversale. I fasci meccanico-conduttori, ad eccezione di uno o due sotto i mar- gini, sono opposti ed i due corrispondenti su per giù di uguale gros- sezza (cf. fig. 1 f); ordinariamente si alternano fasci grandi con fasci piccoli. Questi ultimi sono, più o meno distanti dall’ epidermide, immersi “nel tessuto assimilatore, ma neppure i grandi, quantunque fanno rial- zare leggermente l'epidermide, arrivano a toccarla, interponendosi uno strato di piccole cellule parenchimatiche incolori. I due fasci opposti non si fondono mai, neppure nella ‘parte più sottile della lamina. I fasci hanno elementi meccanici soltanto sul lato esterno, ma questi gruppi di fibre sono fortissimi ed abbracciano quasi del tutto il floema; le fibre sono di piccolo diametro e le loro pareti sono fortemente li- . gnificate. Il floema è relativamente piccolo e tutti i suoi elementi sono à | ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 195 strettissimi. Lo xilema é un poco piü abbondante ed esso contiene nu- merosi vasi; tutti i suoi elementi sono ugualmente lignificati. Le cel- lule del parenehima fondamentale incolore, che cireondano lo xilema, - sono distinte per la loro piccolezza e regolarità, nonchè per le pareti x un poco più inspessite, le quali però non sono affatto lignificate. Ana- stomosi sottilissime si trovano in grande numero e constano di regola soltanto di pochi vasi punteggiati accompagnati da alcuni elementi pa- | renchimatici. Sotto i margini, immediatamente sotto l'epidermide, è si- > 7 tuato un forte gruppo triangolare di fibre la cui parete non lignifi- cata è inspessita sino allo sparire della cavità cellulare. Il tessuto as- similatore si compone di 3-5 strati di elementi tondeggianti o alquanto allungati trasversalmente; esso è sempre ben marcato verso il paren- chima incolore il quale però, nelle foglie perfettamente sviluppate, si AAP discioglie ad eccezione di una striscia che ne resta conservata in mezzo ai fasci più grossi, formando lacune aeree nel centro del meso- =- filo tra ogni coppia di fasci grandi. A I cristalli sono molto sottili, quasi aghiformi e si trovano tanto sopra i fasci quanto nel mesofillo. La Jris ockroleuca L., specie molto affine alla precedente, mostra so- stanzialmente la stessa struttura. Soltanto l'epidermide vi è molto più sottile sopra il clorenchima ed i fasci hanno un leggiero arco di cel- lule meccaniche sul lato interno. Le foglie di ambedue le specie, rom- pendole, fanno un fortissimo odore puzzolente, il quale proviene pro- babilmente da sostanze etereo-oleose che si trovano sparse nel proto- plasma delle cellule assimilatrici. Anche le Zris sibirica L. ed T. pseudacorus L., hanno, su per giù, la stessa struttura fogliare. La prima però ha una icc anat sottilissima e nel centro della parete esterna di ogni cellula vi è una piccola gobba ben circoscritta. L'epidermide della /ris pseudacorus L. è altresi assai delicata, essendo anche essa una specie che cresce in luoghi umidi. = Nel mesofillo di questa specie si trovano grandi utricoli piene di so- | stanze tanniniehe disposti l'uno sopra l'altro a modo di vasi; non ho incontrato finora simili cellule in qualsiasi altra Iridea. Del gruppo Oncocyclus con aes esterni barbati ho esaminato la NT LA s f 3 SA PS ot d i SE T. iM CAVE P E $5 Pe * ie IT Ca n z : eve de E i n } a = 198 SR prs HERMANN ROSS > — Iris susiana L. Le foglie di questa specie sono assai sottili e tutti i tessuti relativamente delicati. I fasci sono opposti ed hanno un piecolo gruppo di fibre sul lato esterno. il parenchima incolore è ridotto ad una striscia strettissima che si estende però da un margine all’ altro. Al gruppo Evansia che ha i tepali esterni cristati nella linea me- diana, appartengono Iris japonica Thbg. e I. vespertina Desn. In ambedue le specie i fasci sono sempre isolati ed alternativamente rivolti verso un lato e l’altro, producendo un leggierissimo piegamento della la- mina. Essendo quest’ultima molto sottile il mesofillo è poco sviluppato e per tutta la sua estensione clorofillaceo. Cristalli si trovano in grande quantità in tutte le specie; ma nella Iris japonica Thbg. sono straor- dinariamente numerosi; non vi sono però disposti in file longitudinali, ma irregolarmente distribuiti, e tanto per questo carattere quanto per la struttura generale della foglia questa specie mostra molte analogie eolla Belamcanda chinensis DC. anche essa indigena dell Asia orien- tale. Il gruppo più copioso è Pogoniris con tepali esterni barbati nella linea mediana. Tutte le specie da me studiate (Iris pumila L., pseudopumila Tin., panormitana Tod., Statellae Tod., erratica Tod., variegata L., germa- nica L., florentina L., australis Tod.) mostrano molte analogie tra di loro: i fasci sono sempre isolati e relativamente piccoli, gli elementi meccanici sono poeo numerosi e quindi le foglie poco rigide. Lacune aeree vi maneano sempre ed il parenehima fondamentale incolore é poco o punto sviluppato. Il margine é sempre a taglio e sotto di esso é situato un grande gruppo di fibre non lignificate. L'epidermide è de- lieata e le sue cellule hanno la solita forma rettangolare più o meno allungata o sono un poco rombiche. Nell /r/s pseudopwmila Tin., la parete esterna delle cellule epidermiche della striscia stomatifera è leggiermente convessa, formando infine una pieeola gobba nel suo eentro. Cristalli non mancano mai. Dell’ ultimo gruppo, Hexapogon, in cui tutti i tepali sono barbati, non ho potuto esaminare nessuna delle due specie che se ne cono- seono. B 4 # NE. | ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 197 Le suesposte descrizioni rilevano che secondo i risultati finora otte- nuti ogni gruppo delle Æwiris presenta dei caratteri particolari; ri- cerche più estese decideranno se si possano generalizzare questi ri- sultati. Nella seconda sezione di Bentham ed Hooker Diaphane, che equivale al sottogenere Zwriphion del Baker, vi sono due tipi di foglie ben distinti: [ris Xiphium L., xiphioides Ehrh., filifolia Boiss., juncea Desf., e tingitana Boiss. e Reut. hanno foglie» lineari canaliculate, mentre quelle dell /ris reticulata M. B., Histrio Reich., Vartani Bak. e Ba- keriana Foss., sono a 4 od 8 angoli. ^ Di ambedue le forme di foglie mi sono occupato largamente nel secondo capitolo della parte generale. Le foglie lineari, canaliculate di sopra sono pure monofacciali e non si distinguono dalle foglie en- .sate propriamente dette che per la minore larghezza ed il maggiore spessore. Le dimensioni della lamina e della seanalatura variano mol- tissimo, tanto nelle diverse specie quanto nello stesso individuo, secondo la progressiva inserzione della foglia, vale a dire che di regola nelle foglie esteriori la parte laminare é meno sviluppata che nelle foglie interne dello stesso bulbo, e se questo non produce un asse fiorifero, l'ultima foglia che si trova all’ estremità del bulbo è senza scanalatura. La parte laminare è di struttura tipicamente bilaterale (fig. 23 5), essendo sempre ben distinti i,margini inferiore e superiore per la presenza di un gruppo particolare di cellule meccaniche. La _circonfe- renza del taglio trasversale della lamina è presso a poco un’ ellissi; i fasci più grossi però producono delle sporgenze più o meno rilevate che esternamente si presentano come strie, mentre al taglio formano delle sporgenze. Le cellule epidermichè sono rettangolari nella striscia sopra il clo- renchima, un poco rombiche in corrispondenza dei fasci; ivi sono pure alquanto più robuste e piü alte, e la loro superficie è più liseia; molto più piccole invece sono sopra i gruppi di cellule meccaniche dei margini; nella striseia stomatifera si trova in molte specie una pruina di cera. I fasci meccanico-conduttori sono ugualmente distributi nelle due meta . . della lamina (fig. 23a); sono però di diversa ae. essendo ogni 13. Malpighia anno VI, vol. VI. n Pi | secondo od ogni quarto più forte. I fasci piecoli sono immersi nel elo- dei fasci o sopra di essi. Me A E Sc HERMANN ROSS: renchima ed hanno poche o punto fibre sul lato esterno, mentre nei grandi vi è un grosso gruppo di fibre lignificate che si spinge assai al di fuori e cagiona la suaccennata striatura della lamina. Le cellule meccaniche situate immediatamente sotto i margini non sono ‘lignificate $ spesse volte staccate dal fascio corrispondente; se invece confluiscono eon quest'ultimo, si distinguono sempre dalle fibre appartenenti al fa- Scio per non essere lignificate. Qualehe volta non solo sotto i margini ma anche in qualeuna delle strie laterali si trovano i suddetti gruppi di fibre non lignificate” che sono posti sopra il fascio meccanico-con- | duttore propriamente detto, ed in tal caso queste strie laterali sono più sporgenti, e la foglia si avvicina al tipo poligonale. Il tessuto assimilatore viene diviso dai fasci in tante strisce longi- tudinali; il suo spessore è di 5-6 strati, di cui gli esterni sono a cel- lule tipicamente palizzatiformi. I fasci sono circondati da una guaina di parenchima incolore, sicchè il clorenchima non è in immediato con- tatto eon essi. Il tessuto fondamentale riempie tutto l'interno della fo- glia quando è sua grandezza definitiva si distrugge e ne restano soltanto piccoli ancora in via di sviluppo, ma prima di raggiungere la - avanzi in corrispondenza dei fasci più grandi. I cristalli sono sempre abbondanti ed assai grandi; si trovano tanto nel mesofillo che ai lati La disposizione dei tessuti € glia (fig. 234), dove però, come in tutte le foglie monofacciali, la su- perficie della lamina diventa pagina inferiore, mentre la superficie della scanalatura è la superiore, poichè la parte scanalata della foglia è morfo- logicamente la continuazione della guaina. L'epidermide della scanalatura non presenta nulla di notevole; è per lo più ‘delicata e sprovvista di stomi. Il tessuto assimilatore si trova sempre esclusivamente sotto la faccia esterna, mentre sotto l'epidermide della scanalatura non c'è che parenchima incolore che si distrugge pure in mezzo ai fasci, formando delle grandi lacune aeree. Le singole specie presentano anche delle particolarità caratteristiche per le quali le foglie dell’ una si potrebbero distinguere da quelle di x un'altra, Questo ci porterebbe però troppo in lungo. è analoga nella parte scanalata della fo- ~ / , ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 199 ; Le foglie tetragone (ef. fig. 27 e 28) presentano molte analogie colle | precedenti. Negli spigoli si trova sempre un largo gruppo quasi semilu- nare di fibre non lignifieate, mentre i fasci meceanico-conduttori sono molto esili. Gli strati più esterni del clorenchima sono a palizzata e la foglia perfettamente sviluppata è altresì vuota. Un carattere notevole lo presenta l’ epidermide della zona stomatifera, le cui cellule portano sulla superficie due o tre piccole creste longitudinali che al taglio trasver- sale compariscono come due piccoli denti. Spesse volte le foglie tetra- gone sono da un lato più appiattite (fig. 28) e, ciò avviene allorquando più foglie nascono dallo stesso bulbo (!). Le foglie ottangolari (fig. 29) della /ris Bakeriana Fost. non si di- distinguono dalle precedenti che per il numero degli spigoli. La sezione Juno (s. st.) si distingue dalla Diaphane soltanto per i tepali interni più o meno piccoli. Con questa differenza fiorale relati- vamente leggera ne coincidono però altre importantissime rispetto alla. struttura delle foglie che in tutte le specie sono lanceolato-lineari e disposte quasi orizzontalmente. La loro struttura è tipicamerite dor- soventrale per tutta l'estensione, quindi i fasci formano una fila sem- plice (fig. 32). In quanto alle qualità dei singoli tessuti questi fasci si comportano come quelli della sezione precedente. Sotto la linea me- diana della pagina inferiore, che è più sporgente delle altre strie, si trova altresì un gruppo di fibre non lignificate tale quale come negli spigoli delle foglie a 4 od 8 angoli. Di maggiore interesse è la struttura dell’ epidermide che è ben di- versa sulle due pagine. Anzitutto l'epidermide superiore è liscia e iu- cida e del tutto sprovvista di stomi; le sue cellule sono rettangolari e molto alte, ad eccezione del piccolo tratto sopra i fasci, mentre le loro. pareti, principalmente le laterali, sono molto delicate. L’ epidermide della pagina inferiore invece é striata, di colore verde pallido e spesse volte coperta di un sottile strato di cera, essa è come al solito divisa - in zone longitudinali con e senza stomi. Le cellule della striscia astoma sono gonfiate nel centro, essendo la loro parete esterna fortemente C) Cf. le rispettive descrizion| nel secondo capitolo della parte generale. ^ 2. "90007 € om v HERMANN ROSS : : eurvata verso fuori. Le cellule epidermiche sulla linea marginale por- tano una protuberanza papilliforme nel centro, dalla qual cosa dipende che i margini” fogliari sono finamente serrulati. Il mesofillo è omoge- neamente clorofillaceo e si compone di cellule tondeggianti. Sotto la linea mediana della pagina superiore si trova quel tessuto partico- lare che funziona da cerniera, di cui ho parlato estesamente nella parte generale. Tutte le specie da me studiate (Zris plc Poir., persica L., palae- stina Bak., fumosa Boiss. et Hauss., caucasica Hoffm., orchioides Carr.) mostrano nell’insieme la medesima struttura e si distinguono fra di loro soltanto per caratteri leggerissimi. La sola Zris orchioides M Carr. presenta una particolarita degna di menzione in quanto alla struttura dell'epidermide della pagina inferiore: le cellule della zona A stomatifera sono quasi rombiche ed hanno una grossa papilla vuota nel = ? centro, mentre quelle della striscia sopra i fasci sono più piccole, ret- tangolari e lisce. i Nella sezione Juno si dovrebbe pure includere la Jris Danfordiae che il Baker separa dagli altsi Xiphion come sottogenere Micro- pogon, essendo i tepali esterni alla base un poco barbati, mentre gli interni sono ridotti a piccole laminette strettissime. Le foglie sono nettamente tetragone e del tutto conformi a quelle della 7ris reticu- |. lata M. B. tanto morfologicamente che anatomicamente. L'ultima sezione del genere /ris viene costituita dall’ Iris Sisyrin- chium L. e forme affini, di cui Parlatore fece il genere Gynandriris, ee. il quale nome da Bentham ed Hooker è stato attribuito a questa se- sta zione. Alcuni autori hanno conservato il genere Gynandriris, mentre da altri le piante in questione furono riferite a diversi generi, e così pure il Baker (l. e.) le riunisce col genere Moraea. Dello stesso pa- rere è Todaro (1) che, pubblicando una nuova specie, la battezzò Mo- raea sicula, rilevando giustamente quanto più questa pianta per la natura dell’ infiorescenza, dell androceo, ece., si avvicina alle Cora che alle Jris. . (t) Hortus panormitanus, Tav. 34. dA - ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 201 La struttura delle foglie (fig. 24) conferma pienamente questa opi- nione, essendo del tutto uguale a quella delle Moraea. Escludo quindi anch'io la sezione Gynandriris dal genere Zris e ne parlerò in pro- posito del genere Moraea. Dalle ricerche suesposte risulta che le foglie delle Zris, nel senso di Bentham ed Hooker, presentano cinque tipi ben distinti, i quali in parte coincidono colle sottodivisioni principali basate sulla morfologia del fiore e sulla natura dell'asse sotterraneo. Tutte le specie a foglie ensate appartengono alla sezione Ewiris, la . quale quindi forma un gruppo omogeneo e naturale anche dal punto di vista anatomico. Nella sezione Diaphane invece si riscontrano fo- glie lineari, scanalate di sopra e foglie a 4 od 8 angoli: le prime costituiscono, un gruppo assai distinto tanto per la struttura fogliare quanto per la distribuzione geografica, essendo indigene della regione occidentale del mediterraneo. Le specie a foglie quadrangolari ed ot- tangolari, tanto quelle della sezione Diaphane quanto Y Iris Danfordiae Bak. formano, dal loro canto, un gruppo altrettanto ben caratterizzato per le analogie nella conformazione e nella struttura delle foglie, nonché per la loro patria che è I Oriente. In questo gruppo è pure da includersi come sottogenere |’ Hermodactylus. Le specie a foglie nettamente dorsoventrali coincidono colla sezione Iuno nel senso del Baker. La piena concordanza delle foglie delle Gynandriris con quelle delle Moraea, convalida l'opinione di quelli autori che le riuniscono in unico genere. HERMODACTYLUS. Il genere Hermodactylus fu creato dal Tournefort per la natura tu- berosa del rizoma, mentre l'Adanson lo distinse per i tepali sbarbati, includendo probabilmente molte specie di Zris. Per queste differenze molto leggere e di ben poco valore tassonomico gli autori l'hanno in appresso di nuovo riunito col genere Zris. Il Parlatore riconobbe per il primo il carattere differenziale più importante dell Hermodactylus, che consiste nell’ovario uniloculare. HA È vero che per questo si allontana molto non solo dal genere Zris, HERMANN ROSS ma da tutte quante le altre Iridee che hanno sempre un ovario trilo- culare, e volendo si potrebbe anche staccarlone del tutto e farne una tribù o sottofamiglia per sè, ma.d'altra parte mostra grandissima affi- nità in quanto alla costituzione fiorale colle ris, particolarmente colle Euxiphion. Trattandosi quindi di un carattere quasi anomalo alcuni autori, p. es. Boissier (!), non ne tengono sì grande conto, come fece Parlatore ed includono Y Hermodactylus come sottogenere o sezione nel genere /ris, mettendolo nel sistema immediatamente dopo la sezione Micropogon. _ In quanto alla struttura interna le foglie dell’ Hermodactylus tube- rosus Salisb. sono identiche a quelle dell'Zris Danfordiae Bak., reti- culata M. B. ecc., ed appunto per questo motivo sono dell'avviso che deve essere riunito con quelle specie di Z7ris nel medesimo gruppo, perchè tali analogie nella struttura fogliare non sono certamente ac- cidentali, ma accennano ad origine comune. La patria dell’ Hermodactylus è la parte centrale ed occidentale del Mediterraneo (Creta, Grecia, Italia, Istria, Dalmazia e Francia meri- dionale), quindi esso rappresenta l’ultima diramazione verso l'occidente della stirpe a foglie quadrangolari il cui centro è l'Asia minore; ed avvicinandosi tanto alle regioni in cui predominano le Euiris ehe hanno sempre un rizoma, si è pure trasformato il suo asse sotterraneo in un rizoma tuberiforme che distingue |’ Hermodactylus da tutte le altre Iridee. MORAEA. Moraea è un genere antichissimo che dai diversi autori è stato cir- conscritto in modo assai diverso. Molte piante anticamente descritte come specie del genere Moraea ne furono staccate ed in parte riunite con altri generi, in parte ne furono creati generi nuovi, di cui pa- recchi poi dagli autori moderni sono stati di nuovo riuniti col genere Moraea. Tra tanta divergenza di opinioni anche la struttura fogliare . (€) Flora orientalis, vol. V, pag. 118. t ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE 208 puo eontribuire a decidere questa questione importante per la siste- matica. \ Secondo i risultati finora ottenuti posso asserire che la conforma- zione delle foglie delle Ewmoraeae è molto caratteristica, essendo quasi tutta la foglia di struttura dorsoventrale con l'ultimo tratto monofac- ciale per lu più molto corto. Come esempio tipico scelgo la Moraea edulis Ker che ho studiata su materiale vivo. Le foglie sono lineari, assai strette ma lunghe; la corta punta te- rete monofacciale a secondo della lunghezza della foglia misura da pochi mm. ad alcuni cm. e si dissecca molto presto, ed allora è appena ri- conoscibile. Tutto il resto della foglia è di struttura dorsoventrale e leggiermente seanalato di sopra; il suo taglio trasversale è quindi di forma quasi semilunare (cf. fig. 24). L’epidermide è piuttosto sottile e su ambedue le pagine esistono le note due regioni con e senza stomi. Questi ultimi sono però più nu- merosi sulla pagina inferiore, dove inoltre le cellule attorno ad essi sono notevolmente ingrossate. I fasci hanno fibre sul lato esterno e sull'interno; essi formano una sola fila, ma non offrono nel resto nulla di notevole. Piccoli gruppi di fibre non lignificate si trovano sotto la linea mediana nella pagina inferiore e nei margini. Il mesofillo è clorofillaceo tanto sotto la pagina superiore che infe- riore, lo che è una delle particolarità delle foglie delle Moraea. Dai fasci principali il clorenchima è diviso in tante strisce longitudinali, nel centro dei quali diventa però quasi incolore. Le cellule assimila- trici sono tondeggianti sotto la pagina superiore, un poco allungate sotto l’inferiore, la qual cosa dipende da ciò che la foglia è per lo più eretta e rivolta in tal modo che la pagina inferiore è direttamente esposta alla luce. Sotto la linea mediana della pagina superiore si trova quel tessuto ben distinto, formato da cellule incolori a parete sottile che ritengo per cerniera. - l cristalli sono numerosissimi e sempre disposti in file longitudinali regolarissime; si trovano tanto sopra i fasci che nel mesofillo ed in - HERMANN ROSS oe ultimo caso sono a preferenza disposti immediatamente sotto d epidermide. La loro forma è alquanto diversa da quelli delle Zris, es- sendo relativamente corti, ma assai larghi, mentre alle estremità vengono limitati o da una faccia quasi orizzontale o da un angolo rientrante su un lato. È La struttura della parte monofacciale della foglia, della punta, corri- sponde esattamente a quella delle due’ metà riunite e non offre nulla di notevole (ef. fig. 24 b). Per quanto si può rilevare dalle descrizioni e dalle figure delle altre specie di Moraea, le foglie hanno sostanzialmente la medesima con- formazione, e diverse di queste specie di cui ho potuto esaminare ma- teriale secco presentano pure gli stessi caratteri anatomici. La struttura fogliare delle Gynandriris che Bentham ed Hooker hanno riunite come sezione al genere /ris, corrisponde sino alle più piccole particolarità anatomiche e morfologiche a quelle delle Eumo- raeae la qual cosa rivela la intima affinità che esiste fra queste piante ed appoggia l'opinione di Baker ed altri che riuniscono le Gynandriris col genere Moraea. Il genere Viewsseuxia, dal Baker e dal Klatt riconosciuto, si distingue dalle Moraea soltanto per i tepali interni più piccoli e lungamente unguiculati, caratteri veramente poco significanti. La struttura e la conformazione esterna delle foglie sono quasi iden- tiche a quelle delle Moraea e mi pare quindi giustificata anche dal punto di vista anatomico la fusione delle Viewsseuxia col genere Mo- raea, come fanno Bentham ed Hooker. Il genere Dietes Salisb. è pure uno di quelli sul cui posto nel si-- stema gli autori non sono mai andati d'accordo. Baker lo considera come sottodivisione del genere Jris;. Klatt lo conserva come genere proprio, Bentham ed Hooker lo riuniscono col genere Moraea. I fiori delle Dietes hanno i tepali interni patenti e gli stami saldati alla base per un piccolo tratto. Per questi caratteri si avvicinano di- fatti più alle Moraea che alle Iris, ma le foglie sono tipicamente en- sate come quelle delle Zris, dalle quali si distinguono però per diversi caratteri anatomici. Delle quattro specie descritte ho esaminato tre: ANATOMIA COMPARATA DELLE FOGLIE DELLE IRIDEE E 205 Dietes iridifolia Salisb., bicolor Klatt e Robinsoniana F. v. Mall. la eui struttura è pressochè identica. L'epidermide è relativamente robusta; le sue cellule sono allungate ma alquanto irregolari. Gli stomi sono disposti al livello inferiore del- l'epidermide, e le cellule attigue, rialzandosi sopra l'anticamera, ren~- dono assai stretto il suo orifizio. I fasci sono fortissimi per l'abbondanza di cellule meccaniche, mentre il floema è ridotto a pochi elementi sparsi tra cellule a parete inspes- sita e ligniflcata. I fasci sono di diversa grandezza, ma irregolarmente mischiati tra di loro; i più grandi si trovano sempre nel centro della lamina, dove il suo diametro è più grande. Sotto i margini sono di- sposti forti gruppi di cellule meccaniche non lignificate, i quali pro- ducono un leggiero ingrossamento di essi. Il tessuto assimilatore consta di pochi strati di cellule tondeggianti, il cui contenuto clorofillaceo di- minuisce gradatamente verso l'interno. Nel centro del mesofillo vi è una striscia da parenchima fondamentale incolore che si estende da un margine all’altro ed è di diverso diametro a seconda dello spessore della lamina. I soliti grandi cristalli prismatici incontransi in grande copia nel mesofillo di tutte le specie studiate. Nella Dietes Robinsoniana F. v. Müll. ed iridifolia Salisb. si trovano inoltre cristalli eubiformi nel pa- renchima tra l'epidermide ed il fascio; anche questi sono numerosis- simi e disposti in file longitudinali. Tenendo conto di tutte le particolarità che presentano i fiori e le foglie delle Dietes, sono d'avviso che non si possono riunire né colle Moraea nè colle Zris, ma che formano un genere proprio che sta in mezzo a questi due, e questo era difatti il concetto del Salisbury quando creò il genere Dietes. . i i (Continua) (t) Cf. Flore des Serres, tome VII (1851-52), pag. 273. b! + BM ec CRM EIE F. BAGLIETTO Lichenes Abyssinici a cl. Prof. 0. Penzig collecti. Nota del Dott. F. BAGLIETTO 1. Usnea florida (Lin.) Hoff. Fl. Germ. 133. — Ach. Lich. Univ. 620. Stizenberger Lich. Afr. 41. — Usnea barbata a. florida Fr. Lich. Eur. 18. Massal. Lich. Ital. exs. n. 51. Ad arborum truncos in vertice montis Sabber et circum Gheleb. var. strigosa Ach. Meth. 310. L. Un. 621. Bagl. Lich. Abyss. septentr. in Nuovo Giorn. Bot. Ital. VIL, 240. Ad arborum truncos in monte Lalamba et prope Gheleb. var. pulverulenta Muell. pen Lich. Beitr. XXII in Fir 1885. Stizenb. L. Afr. 41. Ad arborum truncos circum Gheleb. 2. Usnea ceratina Ach. L. Un. 619. Bagl. L e. 240. Stizenb. L c. 43. Arnold Lich. exs. 905. Ad arborum caudiees in monte Dongollo prope Ghinda. 3. Usnea x pia (Lin) Ach. L. Un. 622. Stizenb. l. c. 42. Usnea barbata b. plicata Bagl. 1. e. 240 Ad arborum truncos et ramos in monte Lalamba. 4. Usnea articulata (Lin.) Hoff. 1. c. 133. Erb. Crit. It. II, 14. Stizenb. l e. 42. — Usnea barbata var. articulata Ach. L. Un. 625. Ad ramos cireum Gheleb sterilis. | 5. Ramalina farinacea (Lin. Ach. L. Un. 606. Nylander Recogn. Ramal. 34. Bagl. l. e. 240. Stizenb. l. c. 34. Una cum Usnea articulata ad ramos circum Gheleb. í Epis: LICHENES ABYSSINICI 207 6. Ramalina pollinaria Ach. L. Un. 608. Nyland. l. e. 52. Bagl. l. e. 240. Stizenb. l. e. 35. Ad arborum truncos prope Gheleb. D. 7. Parmelia leucomela (Lin.) var. angustifolia (M. et F.) Jatta SES Lich. Afr. in Nuovo Giorn. Bot. Ital. XIV, 172. — Physcia leucomela E. . var. angustifolia Nyl. Syn. 415. Stizenb. l. e. 74. 5 Ad arborum cortices cireum Gheleb et in monte Dongollo. 8. Parmelia stellaris (Lin. Ach. Syn. Lich. 216. — Hagenia Bagl. . c. 241. — Physcia Stizenb. 1. c. 76. Ad eortices cireum Keren et Gheleb. .. 9. Parmelia speciosa (Wulf.) Ach. L. Un. 480. — Hagenia Bagl. “1. e. 241. — Physeia Stizenb. 1. c. 74. Ad cortices in monte Dongollo prope Ghinda. 2 10. Parmelia pieta Sw. — Physcia. Nyl. Syn. 430. Stizenb. l. ce. = 80. — Hagenia Bag). 1. c. 242. Ad cortices in monte Lalamba et prope Gheleb. 11. Parmelia obscura (Ehrh.) Fr. L. Eur. 84. — Hagenia Bagl. I. e. 242. — Phgscia. Stizenb. 1. c. 78. Ad cortices prope Gheleb. 12. Parmelia adglutinata (Flk.) Arnold. Lich. fragm. Jura 63. — Hagenia. Bagl. l. c. 242. — Physcia Stizenb. 1. c. 79. Ad cortices cireum Gheleb. 13. Physeia ehrysophthalma (Lin.) DC. Fl. Fr. II, 401. Bagl. |. c. 242. Stizenb. l. e. 71 Ad truncos ramosque arborum circum Gheleb. 14. Physeia parietina (Lin.) De-Not. Nuovi caratteri Parmel. 23. Bagl. 1. c. 243. Stizenb. l. e. 72, Ad cortices, si") Re de 3 j 15. Candelaria concolor (Dick.) Th. Fries. L. Scand. 147. — Can- delaria vulgaris Erb. Critt. It. I, 191. — Lecanora laciniosa Stizenb. l. c. 104. ‘Ad cortices arborum et super Euphorbias prope Gheleb. : à 16. Imbriearia perlata (Lin.) Koerb. S. Lich. Germ. 69. — Par- "t DX melia Ach. L. Un. 458. Stizenb. 1. e. 52. T es Ad arborum truncos cireum Gheleb. ^ 17. Imbricaria olivetorum Ach. L. Un. 458 sub Parmelia perlata var. olivetorum. — Parmelia perlata Bagl. l. e. 243. — Parmelia oli- è retorum Stizenb. l. c. 53. à NE = Corticola prope Gheleb. x | uu e 3 18. Imbricaria Nilgherrensis (Nyl) Arnold Lich. Monae. 27 et - tx Lich. exsic. 136 b. — Parmelia Nyl. Flora 1869, 291. Stizenb. l. c. 55. | Ad cortices in monte Lalamba. 19. Imbricaria cetrarioides (Del.) Arnold Flora 1870, 211. Lich. exs. 982. Parmelia Stizenb. |. e. 55. Una eum Usnea plicata in monte Lalamba ad cortices. 20. Imbricaria vui ime Kremp. Lich. Afr. sub Parmelia. Stizenb. i e. 53. Loika Lieh. Univ. var. nuda Muell. «e Lich. Beitr. IX, Flora 1879. Ad cortices in monte Lalamba. 21. Imbricaria revoluta (FL) latifolia Arnold Lich. fragm. XXVI, Flora 1882. — Parmelia revoluta Anzi Lich. Lang. exs. n. 49. Ad cortices in monte Seban prope Keren. 22. Imbricaria seortea Ach. Syn. 197 sub Parmelia. — Parmelia 2 tiliacea scortea Bagl. l. c. 243. dx xi Ad vetustos arborum truncos in monte Dongollo. LICHENES ABYSSINICI 23. Imbricaria Borreri (Turn.) Koerb. S. L. 71. — Parmelia Ach. L. Un. 461. Stizenb. l. e. 57. — Parmelia dubia Schaer. Enum. Lich. 45. Massal. Lich. It. exs. 107. Ad arborum truncos circum Gheleb. 24. Embriearia caperata (Lin.) Koerb. S. L. 81. — Parmelia Bagl. l. e. 243. Stizenb. l. e. 46. f Ad cortices et ligna circum Gheleb et in monte Seban prope Keren. - 95. Leeanora subfusca (Lin.) Ach. L. Un. 393. Stizenb. Lecan. sub 3, L c. 111. Ad cortices in monte Dongollo et cireum Gheleb. 26. Lecanora ehlarona Ach. L. Un. 397. Stiz. l. e. 112. — Leca- nora subfusca var. chlarona Bagl. l. e. 246. -Ad cortices prope Ghinda, Gheleb et Keren. 27. Leeanora pallidaeformis n. sp. Thallo subeartilagineo-leproso, eontinuo, inaequabili, subundulato, effuso, testaceo, kali ope illico san- guineo-ferruginoso. Apotheciis superficialibus, planis aut vix tumidulis, disco carneo vel dilute subfusco, laevigato, pruinoso, margine integro, thallo eoneolore, primum nonnihil inflexulo, demum subexcluso. Hy- pothecio albido, epitheeio tenui, flavescente, kali immutato. Ascis oblon- gatis, clavatis, 8-sporis, paraphysibus attenuatis, apice vix incrassatis, obvallatis. Sporis simplicibus, parvulis, obtuse ellipsoideis. episporio pertenui, hyalinis, 0,007-10 mm. 1. 0,005-6 mm. er. . Super Euphorbiam abyssinicam vetustam secus vallem Ghinda. Species inter Lecanoram subcarneam et albellam intermedia. 28. Rinodina exigua (Ach.) Th. Fr. L. Seand. 201. Arnold Lich. Monae. exs. 101. — Lecanora Stizenb. l. e. 105. Ad cortices prope Gheleb. 29. Callopisma aurantiaeum (Light.) Massal. Monogr. Lieh. Blast. 70. Bagl. 1. e. 247. — Lecanora Stizenb. l. c. 94. Ad eortiees prope Gheleb. i Miu à " hegre ^F. BAGLIETTO - 30 RA panies (Ach.) Arnold Lich. Fr. Jura 89. — Ca- loplaca Th. Fr. L. Sc. 178. — Lecidea luteo-alba var. pyracea Ach. E L. Un. 207. — ni luteo-album Hepp Fl. Eur. 202. Lecanora — Fa 1 pyracea Stizenb. l. c. 99. > LE Ad cortices in monte Lalamba. a EL 31. Callopisma (Blastenia) maurulum Muell. Arg. Lich. Beitr. XXII Et in Flora 1885 sub Blastenia. — Lecanora Stizenb. l. e. 98. à vee Thallo leproso-subgranuloso, apotheeiis minutis, atris, tenuiter mar- ginatis, demum turgidulis. Sporis ellipsoideis, hyalinis, nucleis polaribus majusculis, aureis, isthmo axili non coniunctis, 0,012-14 mm. 1. 0,005-7 - pi mm. cr. e à E Ad arborum ramos in monte Lalamba. 32. Pertusaria Wulfenii DC. Fl. Fr. II, 320. Th. Fr. L. Se. 312. Stizenb. 1. e. 141. — Porina fallax Ach. Syn. 110. — Porina fallax Hepp. Fl. Eur. 679. Ad cortices. 33. Pertusaria pustulata Ach. L. Un. 309, sub Porina. — Stizenb. . e. 140. ria Wulfenii Massal. Ric. 184. Hep. Fl. Eur. 935. Circum Gheleb ad ramos et truncos arborum. — 34. Pyxine loccoës (Sw.) Tuker. Proc. of the Amer. Acad. of Sc. and Arts 1860, 401. Stizenb. l. e. 81. — Lees Ach. L. Un. 216. — Hagenia aegialita Bagl. l. e. 241. Ad arborum truncos prope Keren, in valle sha. 35. Pyxine sorediata (Ach.) Fr. S. ©. V. 267. Stizenb. 1. e. 81. — Lecidea Ach. Syn. 54. Ad cortices in monte Dongolto. Er 38. Thalloidima caerulescens (Light. Th. Fr. L. Se. 336. — Bia- - oe . tora Hepp. Fl. Eur. 237. — Lecidea vesieularis Ach. L. Un. 212. Stiz.. (ole. 162. — Thalloidima Massal. Ric. 93. Lich. Ital. exs. 274. ot us terram in monte Dongollo. secus vallem Ghinda. Sn LICHENES ABYSSINICI 37. Lecidea parasema Ach. L. Un. 175. Stizenb. l. e. 164. — Le- cidea enteroleuca Schaer. Enum. 128. — Biatora Hepp. Fl. Eur. 127. Ad ramos in monte Lalamba. 38. Lecidea euphorea (Flk:) Nyl. Flora 1881, 187 Stizenb. l. e. 164. — Biatora enteroleuca var. euphorea Hepp. Fl. Eur. 250. Ad cortices in monte Lalamba. : 39. Buellia pesante (Ach.) De-Not. L. frag. in Giorn. bot. Ital. II, 198. Koerb. S. L. G. 228. Muell. in not. Alg. Abyss. MAIBIERIA anno V. var. saprophila (Ach.) Koerb. l. e. Muell. l. c. Ad cortices circum G/eleb. 40. Biatora exigua (Chaub.) Th. Fr. L. Se. 551. — Biatora geo- graphica Massal. Dese. 16. — Biatora De-Candollei Hepp FI. Eur. 254. Ad cortices circum Gheled. 41. Bacidia endoleuca (Nyl.) Th. Fr. L. Se, 347. — Secoliga Stiz. K. Bem. 62. Biatora atro-grisea Hepp. Fl. Eur. 26. _Ad cortices prope Gheleb. 42. Opegrapha phaea Ach. L. Un. 255. Opegrapha varia pulicaris. Erb, Critt. It. I, 842. In unico specimine quod coram habeo, asci erebri, eylindrico-clavati, paraphysibus atténuatis, obvallati. Sporae ellipsoideo-oblongato-fusiformes, 6-loculares, stramineo-diaphanae, 0.026-30 mm. L — 0,006-8 mm. er. Ad cortices cireum Gheleb. apice vix incrassato fuscescente, 43. Opegrapha atra Per. var. disereta. Thallo albo-pulverulento, limitato. Lyrellis rarefaetis, attenuatis, utplurimum simplieibus, varie contortis, disco clauso. Sporis fusiformibus, obtusiuseulis, 4-locularibus, 0,017-20 mm. |. 0,004-4 '/, mm. er. . Circum Gheleh ad cortices. es ae dr E ME Poe RO 44. Oiisutapha diagraphoides Nyl. Lich. natal. 12. Stizenb. 1. c. ` 901. Mueller 1. s. c. Ad cortices. 45. Arthothelium Becearianum Bagl. l. c. 252. — Arthonia Stiz. Lo alz Ad truncos et arborum ramos prope Keren. 46. Arthonia astroidea Ach. Meth. 25 sub Opegrapha. — Arthonia radiata GB astroidea Ach. L. Un. 144. — Arthonia astroidea Hepp Fl. Eur. 351. Ad cortices cireum Gheleb. 47. Coniocarpon radiatum Massal. Ricer. 47. — Coniocarpon gre- garium var. radiatum Arnold, L. Fl. Jur. 203. — Arthonia gregaria var. Anzi, L. Long. exs. 518a. — Arthonia cinnabarina var. radiata Stizenb. 1. e. 208. Ad cortices circum Gheleb. 48. Chiodecton perplexum Nyl. Lich. nov. Gran. ed. II, 109. Stizenb. ye 24 Mall Ege. >. Ad ramos. b SN 49. Calicium minimum n. sp. Thallo alieno. Apotheciis exiguis, sub- globulosis, stipitibus brevissimis, crassiusculis, nigris. Ascis eylindrieis, 8-sporis; paraphysibus erassiusculis, conglutinatis, apice nigrescentibus. Sporis minutis, bilocularibus, oblongatis, obtusis, fuscescentibus, 0,006- 7 mm. 1. 0,003 mm. er. Super thallum Lecanorae albellaeformis: in valle Ghinda. 50. Saroia cinerea n. sp. Thallo cinereo, tenui, membranaceo, subruguloso, limitato. Apotheciis discretis, innato-sessilibus, hemisphae- ricis, ad basim thallo vix obductis, vertice nonnihil depressis, atris, nitidulis, perithecio tenui, nigro, nucleo globoso, hyalino. Aseis oblongato- LICHENES ABYSSINICI - BTS ellipsoideis, paraphysibus mediocribus subconglutinatis. Sporis protractis, fusiformibus, interdum apice superiore majore obtusato, inferiore atte- F. nuato acutato, constanter 8-loeularibus, diaphanis, 0,024-30 mm. l 0,006-7 mm. cr. Ad cortices in valle Boggu prope Keren. 51. Collema furvum Ach. L. Un. 650. Nyl. Syn. 107. Stizenb. 1. c. IX MAE L 3, c. Ad rupes. : 52. Lethagrium nigrescens (Huds.) Massal. Mem. 92. Lich. It. exs. E n. 92. — Collema Ach, L. Un. 646. Stizenb. 1. e. 15. Synecoblastus ve- put spertiionis Koerb. S. L. Ger. 414. Ad arborum truncos in monte Dongollo circum Ghinda. 53. Leptogium Brebissonii (Del. her) Mont. Crypt. Canar. 130. Stiz. l. e. 18. — Leptogiopsis Muell. 1. s. e. — Collema ruginosum Schaerer Enum. 251. : Al cortices in monte Dongollo. 54. Leptogium phyllocarpum (Pers.) var. insidiosum Nyl. Syn. 130. Mull. 1 s. e. — Stephanophoron Stizenb. L e. 19. = Stephanophoron Stizenb. 1. c. 19. Ad cortices in valle Boggu circum Keren. 55. Leptogium tremelloides (Ach.) Fr. Scand. 293. Massal. Mem. 71. Stizenb. l. e. 16. — Collema Ach. L. Un. 655. Ad arborum caudiees in monte Dongollo. 56. Celidium stictarum De-Not. De Genere Sticta 20 sub Sphaera. Tulasne Mem. 121. — Stieta pulmonaria var. plewrocarpa. Ach. L. Un. 450. Inquinat discum apotheciorum Parmeliae olivetorum circum Gheleb. - on — 14. Malpighia anno VI, vol. VI. var. daedaleum (Flot.) Nyl l c. Bagl. l. c. 254. Mull. 1. & e. — 914: - L. MAGCHIATI Sulle Diatomee terrestri. Nota di L. MACCHIATI. In una comunicazione molto pregevole, che il noto diatomologo | Sig. Giuliano Deby (1) fece alla Società Belga di Microscopia, si ricorda che la Nitzschia (Hantzschia) Amphiowys (E.) Grun. e la Pinnularia `> 0 (Navicula) borealis E., vennero di frequente trovate dall’ Ehrenberg p nelle polveri meteoriche di tutte le parti del mondo, come pure nelle . ; 2 | aeque dilavaggio delle susine da lui comprate al mereato pubblico di 2 Berlino; sui muschi riportati dal Dott. Peters dal Monzambico; in HO un museo preso a Beyrouth in Siria; in un museo raccolto sul fa- PR moso cedro del Libano, ed anche in altri luoghi. In parecchi di questi i De casi le dette diatomee vennero indicate dall’ Ehrenberg come viventi, E e — — ^ yale a dire contenenti l’endocroma in via di duplicazione. xd Il Sig. Deby ricorda inoltre che dopo quest’ epoca si sono più volte B ritrovate, fuori dell’acqua, la Nitzschia Amphioxys e la Pinnularia borealis col loro «contenuto colorato. Qui non starò a riportare i brevi elenchi di diatomee trovate da pa- reechi autori fuori del loro abituale abitato , ricorderò tuttavia che È 2 Walker Arnott dà un elenco di quelle da lui trovate sui muschi degli : * alberi, che l Ehrenberg trovò le diatomee nei materiali raccolti da E Karsten sulle felei parassite nelle montagne rocciose della costa presso +4 la Guayara, il Johnson C. a Ortner Wyendale presso Lancaste in In- ghilterra, in un Hypnum complexatum, e il Rev. Cresswell presso 5 Teignmanth, egualmente sui muschi degli alberi. i a Il Deby crede che tutte queste diatomee debbano essere considerate t come specie essenzialmente muscicole, viventi abitualmente sugli al- Ù ? beri e in altri luoghi esposti alle vicende atmosferiche e sopra tutto in località igroscopiche. Secondo l'autore la presenza di queste specie e (!) Bulletin de la Societe belge de Microscopie. Procés verbal de la séance mensuelle du 30 janvier 1879, p. 83-92. Les diatomées terrestres. SULLE DIATOMEE TERRESTRI i--215 nei muschi degli alberi spiega egualmente il fatto della loro esistenza nelle polveri atmosferiche, senza che in certi casi siansi potute trovare viventi nelle acque dolci. ; Anche il Sig. J. Tempère (t) trovava, di recente, nel suo breve m soggiorno in Inghilterra, e precisamente nei dintorni di Manchester e di Colchester, le solite Pinnularia borealis e Nitsschia Amphioxys A sui muschi degli olmi. Riferisce lo stesso autore che malgrado le sue ricerche reiterate non è giammai riuscito a trovare nei dintorni di Parigi queste diatomee terrestri. Ma trattandosi di diatomee le quali si trovano, per lo più, nei muschi degli alberi, piuttosto che coll’ appellativo di specie terrestri, si do- vrebbero più specialmente distinguere con quelli di dendrologiche e miuscicole. Tuttavia esistono delle diatomee veramente terrestri, delle quali mi sono proposto di parlare in questa brevissima nota, avendone XR seoperte easualmente aleune che vivono realmente sul terreno, dove trovano le condizioni richieste per vivere e moltiplicarsi, e fors' anche E- per riprodursi. Già da pareechi anni vado raccogliendo, con una certa frequenza, tra i ciottoli delle vie di Modena, specialmente nelle belle giornate di primavera e d'autunno, ehe seguono a quelle uggiosamente piovose, una interessante Oscillariacea, il Microcoleus terrestris Desm., che spesso vi si trova accompagnato dal Phormidiwm antliarium Goment (Ph. vulgare Kz.), tra le quali ho trovato costantemente la piü volte ricordata Nitzschia Amphioxys, col suo endocroma iu istato di divi- sione, e percid vivente. Ma oltre a questa specie, per lo piü, vi si trova pure, pero meno numerosa, la Navicula elliptica K. colle sue varietà minutissima G. et oblongella (Naeg.). In una escursione, alla quale presi parte colla Società dei Naturalisti di Modena, il 15 maggio del volgente anno, raecolsi tra le pietre di un paesello, che ha il nome di Savignano, il comune ed interessante Microcoleus terrestris, nel quale trovai rappresentate assai scarsamente (') Recherche et récolte des diatomees. Diatomées vivantes — espèces dites terrestres. (Le Diatomiste N. 5. Juin 1891, p. $ -d far i: i - 216 L. MACCHIATI * la Nitzschia Amphioxys e la Navicula elliptica var. oblongella (Naeg) ma molto più numerosa la Nitzschia amphibia Grun., oltre a qualche esemplare della Navicula Atomus (Kz.) Grun., e della Nitzschia incon- spicua? Grun. Queste sono diatomee veramente terrestri, le quali resistono benis- simo alla disseccazione senza perire, come di questo fatto la dimostra- zione era stata data dal Petit per le diatomee in genere (!), abbando- nandole col materiale, che le contiene, alla disseccazione naturale per parecchi mesi. Io ho ripetuto le prezzo del Petit mantenendo le diatomee della fontana dell’ Istituto tecnico di Modena alla completa. secchezza in un vaso di vetro, ricoperto con una campana similmente di vetro, per oltre tre anni, dopo il qual tempo tornandole a bagnare, abbondantemente con acqua distillata, ed aereata ed esponendole alla luce diretta del sole, ritornarono, trascorsi otto a dieci giorni, a ma- nifestare le loro proprietà biologiche, così che il plasma aveva ri- preso in molti frustuli la forma normale e caratteristica per ciascun genere. Evidentemente fu il materiale che le conteneva, col quale si erano lasciate disseccare, che dopo l'aggiunta dell’acqua somministrò alle diatomee le sostanze, delle quali esse hanno bisogno di nutrirsi. Ma meglio di tutte le esperienze, fatte dagli autori, sono le diato- mee terrestri quelle che stanno a provare la proprietà della quale sono dotate queste piante di resistere alla secchezza. Modena, 6 Giugno 1892. R.° Istituto tecnico. (0 La qoot fait-elle périr les diatomées? (Journal de apr pag. 222, 217 CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE d Contribuzione allo studio della membrana cellulare per il Dott. Lurer BuscaLIONI (con Tav. X) ( Continuazione , vedi fasc. l.). Il. CORYDALIS CAVA Schw. Ho creduto opportuno cominciare le osservazioni sugli ovuli da quel momento in cui la oosfera va ad esser fecondata e le cellule antipodi sono aneor ben conformate (!), poichè le fasi anteriori dello sviluppo non hanno alcuna importanza per quanto riguarda la formazione delle membrane. A tale epoca i numerosi ovuli racchiusi nella capsula hanno figura distintamente reniforme ed il loro funicolo è fornito di un grosso e corto arillo (2) il quale originatosi in vicinanza dell’ ilo si porta dal lato opposto al micropilo seguendo da vicino la curvatura dell’ ovulo (V. fig. 1 A). (1) Le cellule antipodi sono assai voluminose e presentano dei grossi nuclei destinati ad una precoce frammentazione, senza peró che alla loro senilità debba succedere ia scomparsa del RARI Infatti ho potuto riscontrare in semi abbastanza progrediti nell'evoluzione alcuni accumuli plasmici en circon- dati da un'esile membrana, i quali per trovarsi localizzati i in | corrispon nza della veloppements et les caractéres des vrais et des faux Arilles » descrive e figura il seme della Corydalis come fornito di strofiolo, vale a dire proyvisto di — produzioni accidentali che per comparire lungo il rafe si differenziano dai e falsi arilli la cui origine ha shaf o dal funicolo o dal micropilo. Egli afferma che oltre al punto di origine vale a caratterizzare gli strofioli anche la natura ghiandolare tet elementi di cui essi sono composti. be. ricerche che io roposito mi inducono a ritenere che il pre- teso strofiolo non è altro che un arillo tipicamente conforma Ca c e LUIGI BUSCALIONI È Lo spermoderma è costituito da due tegumenti assai poco sviluppati, nei quali i piani cellulari succedono nel seguente ordine a partire dalla superficie esterna: 1.° Vi ha un'epidermide rettangolare a cellule assai grosse, dirette col maggior asse in senso radiale; nel loro interno si nota un volumi- noso nucleo che occupa quasi tutta la parte mediana della cavità, mentre il rimanente spazio è riempito da un protoplasma a grossi granuli irregolari, accumulato specialmente al di sotto della superficie libera (V. fig. 11 E). ; L'amido é presente in questi elementi, ma a cagione dello scarso numero e della estrema piccolezza dei granuli occorre esportare il plasma per metterlo in evidenza. In vicinanza del mieropilo il protoplasma si fa meno abbondante e si stratifica contro le pareti spostando il nucleo dalla posizione cen- trale. L'epidermide si continua cogli elementi superficiali “dell’arillo i quali, costituiti nella regione ilare sullo stampo di quelli testè descritti, ac- quistano ben tosto un notevole allungamento (V. fig. 1 A) e si di- _Spongono alquanto obliqui rispetto all’ asse dell’ organo. Nelle cavità cellulari di quest'organo si trova un plasma finamente granulare (!), fra le cui maglie sta un nucleo rotondo colossale che non tarda a frammentarsi. Le membrane sono sottili tanto sull’ epidermide quanto sull’ arillo e constano di uno strato esterno poco rinfrangente e di uno interno brillante e di aspetto punteggiato; sulla faccia libera degli elementi Infatti non si può assolutamente ascrivere un’ origine rafeale ad un tessuto il quale nasce sul funicolo nel punto in cui questo si impianta nell’ ilo. E solo assai tardi, quando i tegumenti si sono ingrossati, che ha luogo un. RENO un contatto un po intimo fra il tegumento seminale e la por- - ne basale dell’ arillo. Del resto non è neppure lecito accordare una natura ghiandolare all'organo in questione, il ia è fatto di cellule analoghe a quelle del funicolo, solo alquanto ‘più allungate. ng (1) Se si esamina materiale vivo il protoplasma appare dotato di lenti mo- J vimenti. CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 219 } si mostrano alquanto più inspessite e danno le reazioni delle membrane di rivestimento. 2.° Segue all’ epidermide un piano di cellule bla o schiacciate dall'esterno all’interno nelle quali si ripete la struttura dell’ epidermide colla differenza però che le membrane sono molto più sottili ed il nucleo un po’ più piccolo (V. fig. 11 B). 3.° Al di sotto vi ha uno strato i cui elementi sono allungati tan- genzialmente, assai facilmente riconoscibili per essere meno ampi, per avere un contenuto omogeneo e giallognolo e per la direzione alquanto obliqua dei setti radiali molto assottigliati (V. fig. 11 C). Tutti questi piani appartengono al tegumento esterno (V. fig. 11 T E), il numero delle serie cellulari scarso dal lato opposto all’ ilo va aumentando in vicinanza di questo. Il tegumento interno (V. fig. 11 77) è costituito da un piano di elementi ' schiacciati, cui fanno seguito due serie di cellule cubiche, scarsamente fornite di protoplasma. I due tegumenti circoserivono il canale micropilare alquanto incur- vato, perché gli orli tegumentali non si eorrispondono esattamente. La sottostante nucella (V. fig. 11 O) si riconosce facilmente per la grande quantità di plasma che contengono i suoi elementi agi (V. fig. 11 P), e per la grossezza delle cellule centrali. Per quanto riguarda il sacco embrionale e l'albume che ne deriva, vedasi il lavoro di Strasburger « Zellbildung und Zelltheilung », Jena 1880, 3.* Aufl. Tale é la struttura dell'ovulo nelle prime fasi del suo sviluppo; du- rante l'evoluzione dell'embrione le cellule dell'epidermide tegumentale ed arillare e quelle del terzo strato a protoplasma giallastro (V. fig. 11 €) vanno incontro a mutamenti di una certa importanza che occorre se- guire da vicino. Cellule epidermiche. — Coll’ aumentare del gen delle cellule il | plasma riesce sol più à formare un forte accumulo al di sotto della superficie libera e a disporsi a guisa di un esile velo lungo le pareti . laterali e profonde, mentre tutta la metà interna degli elementi viene occupata da un ampio vacuolo a pareti assai distinte (V. fig. 12 e 8); , * LUIGI BUSCALIONI dl nucleo (V. fig. 11 e 12 N) è situato alla periferia del tonoplasta o nell’ accumulo protoplasmatico esterno in mezzo ai granuli di amido. Questi ultimi si fanno ben tosto piü grossi e si appalesano costituiti da 3 ad 8 granulazioni elementari: il reticolo protoplasmatico che li cir- conda spicca per la riechezza e pel considerevole volume dei microsomi. In un'epoea un po' piü avanzata noi vediamo comparire delle gra- nulazioni amilacee lungo tutte le faccie delle cellule, nello stesso tempo pero quelle situate al di sotto della fronte degli elementi vanno len- tamente approfondandosi nella cavità cellulare (V. fig. 8 e 12 A e 7) per dar posto al protoplasma che seguendo un cammino inverso si ac- cumula al di sotto della membrana (V. fig. 8 P e 7 R) (1). A quest’ epoca l'alcool stacca con facilità il contenuto delle pareti; plasmolizzata con questo reagente tutta quella porzione di protoplasma che sta al di sotto della fronte libera si mostra costituita da micro- somi aggruppati in catenelle disposte in serie radiali (V. fig. 8 D) Le righe di granulazioni, benché siano indipendenti le une dalle altre, ap- paiono spesso fuse in reticolo pel fatto che decorrendo esse alquanto obliquamente da destra a sinistra o viceversa, riescono ad incrociarsi sotto un angolo molto acuto. Esaminando le sezioni con fortissimi ingrandimenti si può riconoscere il vero stato delle cose; va però notato che qua e colà non si può del tutto escludere la struttura reticolare. Già a questo periodo non è difficile il riscontrare qualche striscia di microsomi più lunga delle altre avente un decorso alquanto ondu- lato ed un aspetto un pò più rifrangente. Degna di nota è l azione che esercita il cloruro di zinco jodido sulle membrane e sull'amido, sia che si faccia agire il reagente sui prepa- rati non sottoposti e manipolazioni, sia che si abbia avuto cura di e- sportare il plasma coll'aequa di Javelle. (1) A causa della piccolezza degli Lao costituenti il protoplasma non ho piata decidere se abbia luogo una migrazione di microsomi oppure una mol- ae locale di questi. Sono però d'avviso che predomini l'ultimo pro- o e che i eamente le cellule sottostanti alle epidermiche forni- vetito nuovo materiale plastico durante lo sviluppo degli elementi. bn Ur da auar i f CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 221 L’amido dell’ epidermide e degli altri strati del tegumento interno (fatta eccezione per quello contenuto nel 2.° piano) si colora in rossastro, analo- gamente a quanto venne descritto per altre piante dal Nägeli (4), Meyer (2), Shimoyama (3) ed altri autori, i quali hanno ammesso che tale colora- zione dovesse dipendere dalla presenza di amilodestrina e di destrina. Le membrane cellulari, per tutta la durata della vita del seme, non si colorano mai in bleu col cloruro di zinco jodato, bensì acquistano una tinta giallastra che nei primordi dello sviluppo è dovuta a plasma dif- fuso 0, come avremo occasione di vedere, alla presenza di filuzzi gra- nulari plasmici e cellulosici e nella senilità del seme ad incrostazione di pigmenti giallastri o bruni. A sviluppo più inoltrato si può constatare che il protoplasma del- l'epidermide fa corpo intimamente colle pareti cellulari lungo tutto il lato esterno ed il tratto superiore delle faccie laterali, nè valgono più a staccarlo |’ alcool assoluto, la glicerina o gli altri mezzi plasmolizzanti. . Esaminando a questo momento la fronte delle cellule epidermiche, si constata che sono apparse delle dentellature sulla superficie interna della membrana, le quali si avanzano alquanto nel protoplasma, ter- minano appuntate contro uno degli estremi delle file di microsomi, ed al pari di queste si mostrano disposte in due ordini diretti obliqua- mente in senso inverso (V. fig. 3 D e fig. 12 B). Trattando sottilissime sezioni con acqua di Javelle mentre si osserva una dentatura colla serie di granulazioni plasmiche che le tien dietro, si può riconoscere che il plasma endocellulare scompare ben tosto, che le granulazioni plasmiche che si continuano coi denti resistono un po. più a lungo, ma poi si vanno assottigliando, e che infine, come ultimo 3 risultato, rimane solo più la loro parte centrale per costituire l estre- mità delle finissime dentellature della parete. (5 NEC. a Stárkehkórner. Pflanzenphys. Unters. von Naegeli und Cramer. Heft. 2, p. (?) MEYER A., ae Stárkekórner, welche sich mit Jod roth fárben. Ber. d. d. Bot. Ges. 1886. 337. 6) Sammovama I., Beiträge sur Kenntniss des Japañischen Klebreises. Inaug. | Diss, Strassburg. 1886. ‘ 299 — s » LUIGI BUSCALIONT Questi fatti portano a eredere che le serie di granulazioni protopla- smatiche siano destinate a trasformarsi in cellulosa e che la metamor- fosi si compia dal centro alla periferia della fila di microsomi. Piü tardi la struttura granulare seriata del protoplasma va perduta e in sua vece subentra una particolare reticolatura omogenea nelle eui maglie sta raccolto un liquido incoloro (V. fig. 7 R) — - I granuli di amido continuano ad ingrandirsi e non presentano traccie di corrosione dalle quali si possa trarre argomento che vengano uti- lizzati nella formazione delle pareti cellulari. Il seme comincia intanto ad assumere una tinta colore caffé e le maglie del protoplasma, nel tratto sottostante alla fronte libera degli elementi, si vanno riempiendo di una sostanza giallastra sparsa di gra- nulazioni. Trattando i semi col Congoroth si ottiene una debole colorazione rossa del plasma centrale, una tinta più accentuata degli strati pla- smici in via di trasformazione confinanti colla membrana esterna e in specie di quei filamenti granulari che staccatisi dalle pareti o da un filuzzo cellulosico si portano verso il centro delle cellule per arrestarsi per lo piü eontro i granuli d' amido. Questi ultimi e le parti piü esterne delle membrane rimangono in- colori (1). Se si fa ora intervenire l’acqua di Javelle i fatti restano ancor più evidenti, poiché mentre il plasma centrale si scolora rapidamente, i filamenti plasmici conservano per un po’ di tempo il colore, e le mem- brane neoformate ed i bastoncini cellulosici solo dopo una lunga azione del reagente si mostrano del tutto seolorati. Quando la trasformazione dei filamenti plasmici è abbastanza avviata, noi vediamo la parte esterna delle cavità cellulari attraversata da un reticolo di filuzzi cellulosici tortuosi i quali vanno fin contro alla zona dei granuli d'amido profondamente situata. Giunti a questo punto (*) Se si adopera il Congoroth nei vari stadi di sviluppo si vedrà man mano farsi più grosso lo strato incoloro della membrana, risu o così evidente che solo gli strati recentemente formati sono capaci di fissare il colore * CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 223 si arrestano oppure proseguono la loro via biforeandosi talora in modo da racchiudere nella concavità una granulazione amilacea. Il processo evolutivo dei filamenti non si arresta perd a questa fase, poichè avvicinandosi il seme alla maturità si osserva che gran parte della cavità cellulare viene attraversata da tozzi filamenti omo- genei anastomantisi, bernoccoluti, terminanti in punta, nelle cui maglie residuano pochi grumi in via di metamorfosi (V. fig. 2 B). La. parete frontale e buona parte delle laterali si sono enormemente ispessite e gli strati di aggiunta si presentano attraversati disordinatamente da strette insenature e mostrano di esser costituiti da fini granuli di cellulosa (1). E Quest' ultimi disposti vadialmente in due serie incrociate RE un ‘aspetto striato alla membrana (fig. 2 G), la quale manca affatto di stratificazioni tangenziali alternatamente chiare ed oscure. Va notato però, che mentre la struttura granulare, evidente nelle - parti della membrana e dei filamenti primitivamente formate, non è più riconoscibile sulle recenti deposizioni di cellulosa perchè nel pe- riodo della loro produzione il protoplasma ed i microsomi, come sopra è stato indicato, sono di già grandemente disorganizzati (V. fig. 9). Il nueleo respinto dalla primitiva posizione (V. fig. 7 N), fin contro la membrana profonda che si è conservata sottile, viene ora comple- tamente circondato dalle terminazioni dei filamenti, le quali lo defor- mano alquanto senza però che abbia luogo una vera perforazione della membrana nucleare. L'amido è in grandissima parte consumato; i suoi granuli spinti nelle parti profonde delle cellule sì sono risolti nei loro plement pe stitutivi i quali si mostrano corrosi, ridotti a puntieini. Allo stato adulto non è quasi più possibile riconoscere la struttura delle cellule «e non si ha cura di lasciare per 2 o 3 ore a macerare i tagli nell’ aequa di Javelle onde esportare il pigmento nero che im- pregna i filamenti e le membrane e riempie le maglie interposte. HE Credo ne gi aggiungere che questi punticini, tolta la natura chimica . € la rifrangenza ottica diversa ies in tutto e per tutto i microsomi dai quali derivano, GM o RT | LUIGI BUSCALIONI Il plasma e il nucleo sono del tutto scomparsi o ridotti a minime proporzioni di guisa che, per metter in evidenza gli ultimi avanzi del primo, occorre sciogliere la cellulosi con H,SO,, dopo che si è espor- a tato il pigmento coll’ ipoclorito di potassa; uno spazio rotondo ed ir- ‘regolare privo di filamenti si incontra nel sito occupato antecedente- mente dal nucleo (V. fig. 9 N). x 2i Occorre avvertire che se si facesse agire H,SO, senza prima aver tolto la sostanza bruna non si avrebbe la scomparsa della cellulosa , e si potrebbe essere indotti a credere che tutta la sostanza di nuova formazione sia costituita da suberina. L Le seguenti reazioni provano invece in modo nen dubbio che le — has formazioni della membrana sono di cellulosa: 3 i 1.° Trattati con HSO, dopo che ha agito I’ ipoclorito di soda, i ee bastoncini si sciolgono, come sopra si è detto, mentre lo strato esterno : della membrana di rivestimento del seme si mantiene inalterato es- sendo costituito da cuticola; 2.° L'acido cromico esporta il pigmento e determina la scomparsa dei filamenti, qualora eserciti la sua azione ossidante per un pò di tempo; non agisce invece sullo strato cuticolare; ‘3. Infine il cloruro di zinco jodato colora in bleu intenso i ba- stoncini resi incolori, tinge invece in bleu pallido lo strato interno, in giallo lo esterno della membrana di rivestimento. Risulta quindi che i filamenti devono ritenersi costituiti da cellulosa impregnata di un pigmento che ne maschera la natura. Cellule dell’ arillo. — La produzione di granuli e di filamenti ha luogo quasi esclusivamente nelle cellule superficiali dell organo che confinano con quelle del tegumento; il processo si sviluppa talora in modo molto evidente (V. fig. 4), talora invece è poco accentuato a causa della precoce scomparsa del protoplasma. Parenchima dei tegumenti seminali. — Gli elementi sottostanti all'e- pidermide si schiacciano assai presto e la stessa sorte subiscono pure nel tegumento interno lo strato superficiale (V. fig. 11 A) ed il pro- fondo (V. fig. 11 7), mentre quello di mezzo (V. fig. 11 M) ingrandisce di molto i suoi elementi che si presentano quasi del tutto vuoti. © # Durante |’ evoluzione dell’ ovulo, lungo le faccie laterali del seme, le cellule di alcuni strati proliferano, aumentando in tal guisa il nu- mero degli strati dei quali va composto in origine lo spermoderma. Gli elementi neoformati abbondano in contenuto albuminoso ed ami- laceo, hanno pareti un po’ ispessite e limitano dei meati intercellulari. Quando il seme è giunto a maturità anche essi vengono schiacciati e si riempiono di una sostanza brunastra. Strato profondo del tegumento esterno (1). — I mutamenti ai quali vanno incontro le cellule di questo tessuto ricordano i fatti che ab- biamo veduto succedere nell'epidermide. Se noi le seguiamo nel loro sviluppo, troviamo che si vanno riempiendo di granulazioni plasmiche e di amido (V. fig. 5 B) che impartiscono loro un aspetto opaco, torbido. Osservate in sezione trasversale le celiule hanno figura rettangolare (V. fig. 5) colle pareti profonde e laterali sottili, le anteriori ispessite; in sezioni tangenziali ottenute mercè strappamento di lembi di tegu- mento si presentano sotto forma di piastre rettangolari (V. fig. 6) a nucleo centrale. ricche di punteggiature e cireoseriventi negli angoli dei meati triangolari. Già di buon’ ora in questi elementi si rende manifesto il disporsi dei mierosomi in filamenti che si portano dalla parete anteriore verso la profonda (V. fig.5 A); un pò più tardi i cordoneini acquistano una rifrangenza maggiore del circostante protoplasma e si mostrano co- stituiti da una parte assile puramente cellulosica e da una periferia di natura albuminoidea. Infatti l'aequa di Javelle esporta a poco a poco la parte periférios: 7 ud delle granulazioni mettendo a nudo il filuzzo di cellulosa il. quale porh Sac solo raramente addimostra una struttura punteggiata. A metà sviluppo del seme la trasformazione del plasma è completa e i bastoncini in numero abbastanza elevato, con decorso ramoso e ta- - lora anastomizzati attraversano le cellule terminando a clava nel pro (*) Talora que strato confina direttamente colle cellule opiderniche c come si vede ne abile che simile’ disposizi izione di agen nda dalla p enm degli strati interposti -toplasma residuante oppure raggiungendo le pareti opposte (V. fig. 3 LUIGI BUSCALIONI B, 6 e 10). Nelle preparazioni ottenute per strappamento essi appa- iono talora foggiati a corona di rosario (V. fig. 6) ed occupano le parti di mezzo degli elementi; le parti periferiche e la regione occupata dal nucleo (V. fig. 6 P) ne sono sempre sfornite. Anche per questi corpi si può ottenere a volontà le reazioni della suberina o della cellulosi, poichè a maturità sono anch’ essi impregnati fortemente di un pigmento tannico giallo brune. A completo sviluppo le cellule son del tutto svuotate delle sostanze protoplasmatiche, di guisa che lo strato in questione compie solo più un ufficio meccanico nella biologia del seme. Le ricerche che ho fatto sulla Corydalis cava vennero estese ad altre Fumariacee, ma con risultato negativo se si dà eccezione per le specie appartenenti al ger. Corydalis nelle quali, come è naturale, i fenomeni sono pressochè identici. Le indagini sullo sviluppo dei semi di Corydalis cava mi hanno permesso di seguire il protoplasma nelle sue trasformazioni in cellu- losi; abbiamo infatti osservato i microsomi allinearsi in serie per trasformarsi gradatamente a partire dal centro, in granulazioni di cel- lulosa, le quali si mutavano di poi a loro volta in filamenti o in nuovi - strati di membrana sovrapposti a quelli più antichi. I fatti studiati concordano pienamente con quanto si è visto succe- dere nelle Leguminose, il che ha non poca importanza qualora si | consideri quanto discosti siano dal lato sistematico i gen. Phaseolus e Corydalis. Quale è lo scopo di siffatte produzioni? Benchè non sia in grado di rispondere in modo decisivo al quesito, credo tuttavia di non andare errato ammettendo che i bastoncini servono a dar robustezza alle cel- lule nelle quali si sviluppano, impedendo così che il seme assoggettato a compressioni a cagione della grande quantità di ovuli che si svi- luppano nella piccola capsula, venga da questi compresso e schiacciato. | Questo mio asserto viene avvalorato dall’ osservazione che in taluni semi, nei quali faceva difetto od era poco attiva la produzione cellu- "f o Jésica, le cellule epidermiche erano del tutto o parzialmente schiacciate. 1 ^ OE 14 CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA MEMBRANA CELLULARE 227 Sono infine di avviso che le cellule interposte ai due strati a ba- stoncini servono come magazzini delle sostanze che verranno di poi impiegate nelle formazioni cellulosiche; infatti noi le vediamo a poco a poco svuotarsi del contenuto e schiacciarsi, mentre nelle cellule epi- L] dermiche e profonde del tegumento esterno va, per un certo tempo, -~ aumentando la provvista di albumina e di amido. (Continua). Dall Orto Botanico della R. Università di Parma, 11 Maggio 1892. E . SPIEGAZIONE DELLE FIGURE | (Tavola X). ERE. Fig 1.* Funieolo, arillo e tegumento seminale A » Arillo. » B Fascio vascolare del funicolo. » M Micropilo. » § Contorno del tegumento seminale A Oc. 2° Zeiss. Fig. 2.* Epidermide di seme quasi maturo. » A Pigmento bruno non completamente esportato dall’ acqua i Javelle. E » B Bastoncini cellulosici : E » € Striature incrociate dalla membrana esterna. Ob. . 9 Zeiss. Fig. 3.* Cellule épidermiche trattate coll'acqua di Javelle. » D Dentature. » B Strato profondo ua bris esterno a cellule attraversate da ba- iiu stoncini cellulosic i i pas E Oc. 2 Zeiss. Fig. 4.* Una cellula dell’ arillo ha di granulazioni e di filamenti cellulosici. Ob. iy - Imm. Om. Oc. 2 Zeiss. Fig. 5. inm dello strato LI del tegumento seminale esterno. - » e di mierosomi. Ob. im. acq. Prazmowski Oc. 2 Zeiss. Fig. 6.* Cellule dello strato. profondo del tegumento esterno attraversate da ba- : stoncini cellulosici. » P Regione priva di filamenti occupata dal nucleo negli strati giovani dell’ ovulo. Oh. 3 imm. om. Oc. 2 Zeiss. r3 : eT eee 3 E LUIGI BUSCALIONI | Fig. 75 Ovulo alquanto avanzato nell’ evoluzione. - | ^» .AR Plasma reticolato. N Nucleo. Ob. E Oc. 2 Zeiss. «DE 8.4 Tegumento seminale esterno giovanissimo. - A Amido. V Tonoplasta. - P Plasma. D Catenule di mierosomi i quali nell'ultima cellula di destra sono stac- cati dalla parete Ob. E Oc. 2 Zeiss. ; Fig. | 9.* kit Me ie quasi adulte piene di granulazioni e di filamenti N Soule ea occupato dal nucleo nei primordi dello sviluppo del- T ovulo. Y Ob. E Oc. 2 Zeiss. Fig. 10.8 Mile spend strato profondo del tegumento seminale esterno attra- a filamenti di cellulosa. Ob. Imm acq. Prazmowski Oc. 2 Zeiss. Fig. ll. È Tegumento seminale assal giovane. E Epidermide. .B Strato sottoepidermico. [^ bue a eripe con setti LE egumento estern TE fin elias O Nue nem N Nuc A suit PUO del tegumento interno. M » mediano g P » » » » a » > » ; » >» » Se profondo » » » » superficiale nucellare » Ob. C Oc. 3 Zeiss. Fig. 12.4 Seme a metà sviluppo: Cellule Site e iotltepidermisbdl » R Plasma » N Nucleo » A Dentature costituite in = di cellulosa e in parte di plasma. » mido. SUL MAL NERO DELLE VITI IN SICILIA 229 Sul Mal nero delle viti in Sicilia. Nota preliminare del Dott. Baccarini PASQUALE Incaricato assieme al Prof. Segapeli, Direttore della Scuola di Viti- coltura ed Enologia in Catania, dal Superiore Ministero d’ Agricoltura Industria e Commercio, di studiare il comportarsi del Mal nero delle viti nella regione etnea, mentre mi riserbo di esporre a suo tempo in una dettagliata relazione le ricerche per la mia parte istituite, credo opportuno di rendere fin d'ora di pubblica ragione, e sottoporre al con- trollo degli osservatori e degli studiosi alcuni di questi risultati, poichè mi sembra che di rado possano succedersi altre annate che meglio di questa si prestino ad utili confronti, specialmente in quelle regioni dove le viti sono travagliate da malattie identificate finora con questa. Una delle ragioni che rendono degno di interesse il Mal nero è appunto questa, che cioè quantunque esso abbia più d’una volta richiamata a sé l’attenzione e lo studio dei fitopatologi, è rimasto nelle sue cause, e nella intima sua natura perfettamente sconosciuta. Così ad es. il Pirotta (non è certo il caso di compiere qui una rassegna bibliografica, e mi limito quindi a riassumere i concetti e le ipotesi più autorevoli emesse nello argomento) quantunque abbia trovato nei ceppi esaminati una rizomorfa, conclude che « ogni giudizio sulle cause prossime e remote del Mal nero è prematuro per insufficienza di serii dati scientifici » (4); il Cugini, nelle sue prime pubblicazioni, attribuisce la causa del male al parassitismo della Sphaeropsis Peckiana: ma nelle più recenti ritira l'opinione primitiva, e, dopo avere esaminato il male sul posto, ritiene che la sua causa debba ricercarsi in una difettosa costituzione fisico- chimiea del suolo (2): il Comes nelle sue molteplici pubblieazioni sul- (D Le viti americane. Alba 1882, p. DEL agricoltura pratica di Firenze, be. p. 283. 15. Malpighia anno VI, vol. VI. 230. PASQUALE BACCARINI l'argomento esclude il concetto che la malattia sia d'indole parassitaria e l'identifiea alla Clorosi, all’ Antracnosi, alla Gommosi ed al Marciume ritenendo tutte queste malattie prodotte talvolta dalla soverchia umi- dita del terreno (4) e talvolta da rapidi sbalzi di temperatura (2); il So- rauer nel suo trattato, si limita a riassumere le opinioni dei fitopatologi sopracitati, senza decidersi in favore di nessuna di esse (3) ed il Viala nella prima edizione del suo trattato sulle malattie della vite, lo iden- tifica all'antraenosi, e nella seconda ne lo distacca, più sull’ autorità degli osservatori italiani che per convinzione propria, ed esterna il dubbio che possa essere la stessa cosa coll’ Aubernage (+); e più tardi in un ulteriore pubblicazione (5) rileva certe analogie che essa presenta col Mal di California, al quale sembra che il Pieree l’identifichi senz'altro. Se però esso sia realmente da identificarsi col Mal di California e collo Aubernage ulteriori ricerche potranno mettere in sodo: certo è che la malattia nulla ha da vedere, né coll’Antracnosi, né col marciume delle radici, nè colla clorosi. | I caratteri che essa presenta, e cioè la perfetta normalità del sistema radicale, anche nei casi gravi e fino alle ultime sue fasi, la rachitide dei germogli , la frastagliatura delle foglie, l'appiattimento dei rami, le deformazioni dei grappoli e dei fiori, la forma delle pustole e striscie nere che compaiono sui lati dei germogli, delle branche e del ceppo, e poi il lento disseccamento della pianta accompagnato dal progressivo annerire dei tessuti interni, sono fatti già noti e messi in evidenza oltre che dagli scrittori sopracitati anche da altri distinti viticultori; tra i quali giova per ragione di merito ricordare il Cali-Fiorini ed il Grassi. Ho avuto campo io stesso di poter constatare in quest'anno, e pur troppo, su migliaia e migliaia di viti la giustezza delle loro osservazioni: insisto solo sul fatto (che sembra speciale pel Mal nero di Sicilia) che (') Annuario della Scuola Superiore d’ Agricoltura di Portici, vol. V, fase. II, pag. (è) idem: fasc. IIl, p. 92. ( Handbuch der pet Zweite sp vol. I, p. 881-883. | (5) Les Maladies de la vigne, Deuxi ème édition, p. 420. a Une mission viticole in sea p. 294. > E SUL MAL NERO DELLE VITI IN SICILIA 231 ; le anomalie fiorali, quantunque in diverso grado, sono costanti in tutte le viti malate: tanto da fornire un indice sieuro della malattia anche nei casi in eui solo un occhio molto esercitato potrebbe riconoscere per malata la vite. Tali deformazioni fiorali sono in generale molto pit estese di quelle che il Cugini ha potuto osservare e consistono in feno- ` meni di virescenza, fillomania e prolificazione carpellare per diafisi ed ecblastesi. La forma di acini a pomodoro, sulla quale insistono prin- cipalmente il Cali-Fiorini ed il Grassi, e che il Cugini non ebbe campo di osservare, è frequentissima, e dipende da un aumento nel numero dei carpelli e dalla loro tendenza a dissociarsi l'uno dall’ altro. Un altra delle più importanti caratteristiche del male è data, come è nota, da una striscia bruna che corre a lato di talune delle più ro- buste branche o spalle della vite, e quindi più o meno rapidamente si distende alle branche vicine ancor sane, e si allunga in alto nei gio- vani rami, ed in basso, con maggiore lentezza, verso la base del ceppo. Talvolta questa striscia bruna, specialmente nelle grosse branche, pro- tette da un fitto strato di ritidoma, e nelle prime fasi del male è poco evidente allo esterno, talchè è necessario recidere il ramo per mettere a nudo i tessuti profondi e si avvertono allora anzitutto delle macchie di nero nel legno: macchie nere che di rado si mantengono durante tutto il loro percorso immerse esclusivamente nel legno, ma il più delle volte si portano per un lungo tratto all’ infuori, invadono le zone ‘cam- biali, e dall’ esterno di questo il libro. Nei casi tipici anzi la macchia presenta il massimo d’ estensione nella zona cambiale, dove ha un colorito piuttosto livido che bruno: verso il suo margine l'annerimento del legno da una parte e del libro dall'altra è debole e limitato agli elementi più giovani dei tessuti ora indicati : ma diventa più intenso e penetra più profondamente a misura che dai margini si procede verso il centro. L'inizio delle nuove macchie ha sempre luogo nel cambio, ed è principalmente pel cambio che esse si estendono in alto ed ai lati. La forma triangolare che specialmente la - loro porzione legnosa presenta nelle sezioni trasverse dipende princi- palmente da cid che nel loro spingersi all interno nel legno seguono il uu dei raggi penis) ed il fatto che nelle s sezioni irasverse at- 232 PASQUALE BACCARINI torno ad una macchia principale se ne avvertono altre, deriva da cid che dalla superficie della macchia primitiva partono altre striscie, le quali salgono e discendono a varia altezza lungo i vasi, e specialmente nei punti dove questi sono ricchi di tilli, diventano talvolta così larghe da parere più importante dalla macchia primitiva, ed indipendenti da essa. Le striscie che corrono lungo le giovani messe della pianta sono sempre evidenti all’esterno e la loro sezione mostra per lo più la forma di un triangolo che ha base sull’ epidermide e l’ apice nel midollo ed in corrispondenza della zona cambiale è accompagnato lateralmente da due linee brune dovute alla maggiore rapidità alla quale la macchia si estende in questa regione. La formazione di queste macchie nere si presenta così in stretto rap- porto con dei tessuti ricchi di plasma e di materie plastiche: quali il cambio, i tilli, i raggi midollari, gli elementi del libro molle; e se la massima intensità del colorito bruno viene raggiunto nel legno, ciò de- riva dal fatto che il legno è un tessuto permanente delle piante, e nelle liane conserva, per un numero lunghissimo d’anni, delle cellule vive: mentre il libro è un tessuto i cui elementi cessano di funzionare molto più presto, e nel caso nostro vengono prontamente eliminati. | Ora chi osservi le cellule del cambio caratterizzato dalla tinta livida. sopra indicata, o le cellule periferiche delle macchie brune, od i tilli che otturano i vasi, troverà che questi elementi pullulano tutti di un gran numero di schizomiceti minutissimi e rotondi i quali si colorano abbastanza bene col metodo del Wakker, specialmente sostituendo al bruno il violetto di metilene. Nelle macchie vecchie, nelle quali ogni attività è cessata, e nelle cellule incrostate dalla materia bruna questi bacterii non sono più visibili che di rado, e con difficoltà. Il Garovaglio ed il Cattaneo li avevano già avvertiti specialmente nei tilli; (1) ma non diedero importanza alla loro scoperta: e gli altri osser- vatori non ebbero più campo, forse per lo stato del materiale, di osservarli ; | all'infuori del Comes, il quale pma non ne tenne il debito conto. 2 Pi j P Archivio. triennale del Lab. Lean uc presso |’ Università di Pavia, voli t T SUL MAL NERO DELLE VITI IN SICILIA Ora l’importanza loro per la etiologia del male viene messa in luce da una serie di fatti. Anzitutto io ho potuto constatare la presenza di questi microrganismi in tutte le viti affette dal Mal nero nella regione Etnea, ed in talune altre che ho ricevuto da Vittoria e da Sciacca: fatto questo che costi- tuisce un argomento di molto peso in favore dell’ ipotesi che questi bac- terii sieno la causa del male. Ma se questo argomento è di gran peso, non fornisce però una prova inoppugnabile: la quale può venir data solo dalla artificiale riproduzione del male. Ed infatti, in una prima serie di tentativi, ho introdotto entro delle ferite praticate su viti sane dei frammenti di tessuti di viti malate, i quali contenevano i bacterii in quistione: ed in tre prove su sei ho potuto, dopo qualche giorno, constatare nei tessuti di cicatrizzazione della ferita il comparire dell’ annerimento caratteristico e lo sviluppo dei microrganismi nelle cellule. In una seconda serie di prove ho inoculata la malattia partendo dai microrganismi fatti previamente sviluppare in culture pure. Ho ricorso dapprima a tal uopo al mosto d’uva gelatinizzato: ma con mediocre successo, e poscia con ottimi risultati al decotto di sarmenti’ gelatiniz- zato. Si frangono i sarmenti con cura e dopo fattone bollire per breve tempo i tritumi si filtra il liquido, vi si scioglie una disereta quantità di gelatina e se ne ottiene col raffreldamento un coagulo torbido per la forte quantità di tannino. Se allora lo si sottopone ad una moderata pressione, sospendendolo ad esempio in un panno a trama fitta, esso lascia scorrere un liquido limpido e di color pagliarino, che gelatinizzato di nuovo non intorbida più. Pungendo allora il substrato di cultura nei tubetti con uno spillo il quale abbia graffiati o punti (s'intende colle. più minute precauzioni) dei tessuti affetti da Mel nero, se ne ottiene un rapido sviluppo di colonie le quali fondono la gelatina in un liquido inodoro, più intensamente colorato del substrato solido e formano zooglee alle superficie. Mi riserbo di entrare a suo tempo in maggiori dettagli sui caratteni di queste colture: mi preme solo per ora di stabilire che le infezioni artificiali fatte con questi bacterii per mezzo di incisioni , = mi sui tralei verdi che sui rami adulti, mi sono riuscite i in propor- % ; * | PASQUALE BACCARINI | zioni molto maggiori che nel caso precedente. Infatti cinque dei sei rami | inoculati che ho a quest’ora recisi, presentano già i caratteri della ma- = lattia in modo sufficiente da potere togliere ogni dubbio sulla riuscita ~ della prova: cosiechè mi ritengo autorizzato ad enunciare fin d’ora con sicurezza questa conclusione: // Mal nero delle viti in Sicilia è dovuto ; al parassitismo di uno Schizomicete che si sviluppa di preferenza nei ni tessuti ricchi di plasma e di materie plastiche, quali il cambio, i raggi midollari, il parenchima corticale, il libro molle degli organi — assili della pianta. Mi riserbo, come ho detto sopra, di comunicare a suo tempo i det- P tagli di queste e di altre ricerche intorno al Mal nero. a x / Catania, dalla R. Scuola Enologica, Luglio 1892 : una 4 E aa E ARTAR SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. i 235 Sul valore sistematico di una specie del genere Euphorbia crescente in Piemonte — del D.” Paoro PEoLa. (con tav. XIX e XX). Fra i massi serpentinosi che formano i monti di Givoletto al N. O. di Torino, di fronte alla Reale Mandria, ed in special modo in sulla vetta laddove sorge una piccola cappella dedicata alla Madonna della Neve, vegeta rigogliosa una specie di Euphorbia. Nel 1850 G. B. Chiuso, capo giardiniere al R. Orto Botanico di Torino, e Michele Defilippi, giardiniere di detto Orto (da quanto mi fu possibile sapere) raccolsero quest’ Euphorbia per consegnarla agli studiosi, affinchè ne fosse defi- nita la specie. Il Defilippi mi assicura che essa in allora fu determi- nata da un botanico inglese, di cui non si ricorda il nome, per Eu- phorbia Hyberna L., simile alle forme omonime che nascono in Irlanda, In seguito il sig. Dott. Rostan di S. Germano Pinerolo, informato dai suddetti giardinieri che a Givoletto si trovavano piante rare, vi si recò diverse volte e raccolse la nostra Euphorbia. Nel 1864, come risulta dalla data dell esemplare che conservasi nell’ Erbario di Boissier, il Rostan la distribuì a molti botanici sotto il N. 27 della sua Ewsiccata Pedemontana col nome di Euphorbia Hyberna L., determinata come tale dal Prof. Reuter di Ginevra. Di ciò il sig. Rostan mi assicurava con una sua lettera. Frattanto il Boissier , nella Centuria Euphorbiarum pag. 32, aveva staccata dalla E. Hyberna di Linné Je forme della Cor- sica e della Sardegna, per creare la sua nuova specie, cioè l E. 7nsu- laris. Il Parlatore nella Flora italica IV, pag. 460, accennava all’ e- sistenza dell’ E. Znsularis Boiss., anche nell’ Appennino ligure. I prof. Cesati, Passerini e Gibelli alla loro volta riunirono ancora, nel loro Compendio della Flora italiana, pag. 241, all’ Jnsularis Boiss. la forma di Givoletto. B. Caso, nella sua edizione della Flora Segusina del Re, pag. 299, ed il Nyman, nel suo Consp. FI. Europ, pag. 648, ascrissero PAOLO PEOLA anch’ essi la forma di Givoletto a quelle del’ E. Zasularis Boiss. L'Ar- cangeli al contrario, (Comp. Fl. Ital., p. 614) continuando a ritenere per le forme italiane il nome dato dai vecchi botanici, riuniva la forma di Givoletto all E. Hyberna L. Ma, nel 1888, il Prof. Gibelli, inviando esemplari dell’E. di Givoletto raccolti dal sig. Ferrari, conservatore dell’Erbario del R. Orto Botanico di Torino, ai suoi consoci della Società Helvetica, pur conservandole il suo nuovo posto tra l'E. /nsularis Boiss., per il primo faceva notare, come essa stesse a disagio tanto con T Æ. Hyberna di Linné che con Y E. Jnsularis di Boissier; e ne proponeva quindi un più accurato studio. « Forma haec, seriveva il Gibelli, com- « parata cum speciminibus in Herbario Boissieri servatis, videtur iu- « termedia inter E. Hybernam L. et. E. Insularem Boiss. Sed propter « glandulas margine serobiculatas, capsulas obsolete trisuleas et glan- « dulosas inter verrucas, mente nostra propius ad E. Znsularem Boiss. « quam ad E. Hybernam L., accedit. Ulterius et diligentius inquirenda » Sono queste le ricerche che io mi accinsi a fare; tentare cioè di dare a questa Euphorbia di Givoletto il suo vero posto nella sistematica. Considerando però che il Boissier stesso non pareva tanto sicuro della bontà della sua specie, avvegnachè scrivesse (Cent. Euph. pag. 32) « a precedenti (E. Hyberna L.) differre videtur, ecc. > e tenuto conto ` del fatto, che il Parlatore aveva accanto alla E. Hyberna L, ed alla E. Insularis Boiss., creato una nuova specie, cioè la E. Canuti, (Flora italiana IV, pag. 462) io ho creduto prezzo dell’opera il ristudiare queste tre specie per stabilirne i precisi caratteri differenziali. La necessità di questo studio è pure provata dall'incertezza che regna fra gli au- tori italiani sull’ esistenza in Italia della vera E. Hyberna linneana, e sull’ identità della E. Hyberna degli autori italiani coll’ omonima. lin- neana o coll’ E. Insularis Boiss. La quale incertezza riesce molto pa- lese dalla discrepanza di opinioni che v'è tra Parlatore e Cesati, Pas- serini e Gibelli da una parte, ed Arcangeli dall'altra; non che da una nota a pag. 341 del Comp. della FI. ital. di Cesati, Passerini e Gibelli, e da una osservazione del Barbey nel suo « Catalogue raisonné des végétaux observés dans lile de Sardaigne » pag. 53, riguardo alla E. Hyberna L. 4 SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. Una volta che si abbiano circoscritte con i proprii caratteri differen- ziali le tre specie: E. Hyberna — E. Insularis — E. Canuti, facilmente si vedrà a quale di esse si possa ascrivere la forma di Givoletto, op- pure se sia il caso di farne una specie nuova, se mai presentasse co- stanti caratteri differenziali. H mio studio fu elaborato sugli esemplari secchi provenienti dagli Erbari autentici: di Boissier per la E. Hyberna L. ed E. Insularis Boiss.; da quello di Firenze per la E. Canuti Parl. ed E. Imsularis Boiss.; da quello di Genova perla E. /nsularis Boiss. dell’ Appennino ligure; oltre che sugli esemplari degli Erbari di Sardegna del Moris, e di quelli privati del Prof. Gibelli e del Dott. Belli, che gentilmente li misero a mia disposizione. Per gli esemplari della forma di Givoletto mi servii di quelli raccolti dai sig. Ferrari e Berrino nel 1888, che mi furono forniti dalla Direzione del R. O. B. di Torino, e di molti altri raccolti da me stesso in un’ escursione che feci sul luogo il 3 giugno 1892. Mi sento ora in obbligo di ringraziare i sig. Prof. Gibelli e Matti- rolo ed il Dott. Belli, i quali, oltre a mettere a mia disposizione i loro privati erbari, mi furono pur larghi di insegnamenti e consigli, senza dei quali non avrei condotto a buon termine questo mio lavoro. Porgo pure i miei più vivi ringraziamenti alle Direzioni del R. Orto Bota- nico di Firenze e di Genova, ed al sig. Barbey che gentilmente mi fornirono i loro materiali. Esame comparativo delle Euphorbie Hyberna Z., Insularis Boiss., Canuti Parl. L esame comparativo dell’ E. Hyberna L., E. Insularis Boiss. ed E. Canuti Parl. ci permetterà di stabilire i caratteri differenziali e spe- cifici di ciascun tipo, studiando separatamente ciascuna ja i: pianta: caule — fiori — frutti eec. Tutte queste Euphorbie sono piante perenni rizomatose. Caule. — Subito si vede che le forme dell’ E. Jnsularis Boiss. hanno un caule con rami fioriferi all' ascella delle foglie superiori, spesso molto svi- luppati, tali da raggiungere anche I’ altezza dei raggi dell’ ombrella cen- 238: = i PAOLO PEOLA À trale. Le altre specie presentano invece raramente qualche ramo, che generalmente non è fertile. Un altro fatto si rende pure subito manifesto, ed è che le forme della £. Canuti Parl. hanno un caule pelosissimo, le altre invece, o glabro affatto, o con una leggerissima pubescenza al)’ inserzione delle foglie superiori. E più succintamente: l'E, Hyberna L. ha un caule semplice, e glabro, o con un debolissimo accenno r di pubescenza; |’ E. Znsularis Boiss., un caule ramificato , ed anch’ esso, | o glabro, o con un piccolissimo accenno di pubescenza; la E. Canuti Parl. un caule semplice e peloso. Foglie. — Le foglie caulinari sono tutte sessili e disposte più o meno È fittamente lungo il caule. Ma, mentre le foglie dell’ E. Canuti Parl. sono pelose sopra, sotto e sui margini, quelle nelle altre specie sono, come il caule o glabro affatto, o non hanno che una leggerissima pubescenza sulla pagina inferiore, che in qualche caso si estende anche ai margini. Le foglie della E. Canuti Parl. hanno una forma abbastanza determi- nata e costante, sono cioè ellittiche-oblunghe; le foglie delle altre specie al contrario hanno un contorno variabilissimo da lanceolate ad ellit- tiche. Le foglie dell involucro dell’ ombrella sono in tutte le specie in numero di cinque, e non presentano differenze notevoli. Sono in tutte le specie sessili, ellittiche. Anche le foglie fiorali sono in tutte queste Eu- phorbie in numero di due, ovate, più o meno tondeggianti all’ apice, ottuse alla base. Nelle foglie adunque, se si fa eccezione per quelle dell’ E. Canuti Parl., non possiamo trovare un carattere differenziale, presentandosi esse variabissime nella forma. L’ ombrella. — E composta da cinque o sei raggi bifidi, più o meno sviluppati. Negli esemplari dell'E. /nsularis Boiss. per la presenza dei rami fioriferi, l'ombrella non appare così evidente come nell’E. Hy- berna L. e nella E. Canuti Parl. nelle quali essa è portata dall’ ultimo internodio piü sviluppato degli altri. Fiore. — Le parti fiorali che presentano notevoli differenze sono: l involucro ed i suoi lobi, le ghiandole, la cassula e le sue verruche, Imvoluero. — Anche ad occhio nudo si scorge che gli involucri dei fiori della E. Insularis Boiss. hanno forma campanulata, quelli del- P E. Hyberna L. e della E. Canuti Parl. conica. Ma la larghezza delle x x xe " Mc: -— m p (700 SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. US EM ^ EM fauci dell involucro della E. Hyberna L. è subeguale alla lunghezza del- : linvoluero stesso; le fauci invece della E. Canuti Parl. sono molto più aperte. Tale differenza è in relazione con un'altra; nell’ E. Hy- berna L. cioè, la cassula è portata lungi dall'involuero da un podo- gino allungato, nella E. Cunuti Parl. da podogino molto corto, e la M. cassula quindi appare sessile sull’involucro. I lobi involucrali sono tutti della stessa forma, ovato-oblunghi; ma 3 quelli dell E. Hyberna L. sono dentati, quelli dell E. Canuti Parl. E sinuosi o subdentati, quelli dell E. Znsularis Boiss. integfi e cigliati. Ghiandole. — Abbastanza differenziate sono le ghiandole dell’ E. Insularis Boiss. Esse sono portate da un sostegno discretamente mar- cato, ed hanno i contorni profondamente solcati da presentarsi fog- giate a mo’ delle ricche gorgiere a cannoncini del 500. Le ghian- dole invece della E. Hyberna L. e della E. Canuti Parl. sono più debol- A 2 mente peduncolate, ma colla differenza che, quella della E. Hyberna D - L. hanno i contorni leggermente ondulati; quelle della E. Canuti S Ee Se = sono liscie, e vanno assottigliandosi alla loro periferia. » Cassula. — Gli autori hanno a ragione nella forma della cassula tro- E vato un carattere importante per la distinzione delle tre specie. La eassula della E. Znsularis Boiss. è globosa con solchi appena accen- nati, e perciò si distingue subito da quelle della E. Canuti Parl. e della E. Hyberna L., che al contrario sono subdepresse con i solchi profondi. « Distintissima dalla E. Hyberna L., dice il Parlatore, è la E. Ca- uitis ii. per le cassule glabre. » Di questo carattere differenziale non ho mai potuto convincermi. Se la E. Canuti Parl. si differenziasse dalla E. Hyberna L. per avere le cassule glabre, vorrebbe dire che le cassule della Æ. Hyberna L. dovrebbero essere più o meno pube- scenti. Ora in tutte le eassule di E. Hyberna L., da me esaminate, io non ho trovato mai traccia di pubescenza: esse sono glabre come quelle della E. Canuti. Parl. Ma il vero carattere distintivo tra la cassula della E. Hyberna L. e quella della E. Canuti Parl. sta in ciò: che quella è sorretta da un lungo podogino, questa invece quasi sessile; fatto che abbiamo veduto essere concomitante alla diversa apertura dell'in- voluero loro. o PAOLO PEOLA Una differenza si osserva pure tra le verruche della E. Canuti Parl. da una parte, e quelle della E. /nsularis Boiss. e della E. Hyberna L., dell’ altra: essendo le prime alquanto globose, papillari; le seconde allungate, quasi filiformi. Il Boissier, dalla presenza di minute granulazioni fra le verruche deduce un carattere specifico della sua E. Znsularis. Ma io vidi tali gra- nulazioni, anzi in maggior numero e piü evidenti, in aleuni esemplari di E. Hyberna, varietà Lanuginosa del Reverchon, (la quale non è che la E. Canuti Parl) esemplari contenuti nell’ Erbario del Dott. Belli. Quindi questo carattere appare di poco o di nessun valore specifico. Riguardo al frutto possiamo concludere avere: la .E. Hyberna L., cassule subdepresse, profondamente solcate e peduncolate, verruche cilindriche allungate, la F. Canuti Parl., subdepresse profondamente solcate, ma quasi sessili e verruche globose, papillari; e la E. Insu- laris Boiss., cassule globose, con solchi poco marcati, e verruche ci- lindrico-allungate, quasi filiformi. Semi e caruncola. — Differenze costanti non si osservano nei semi e nella caruncola di tutte e tre le Euphorbie predette. Ovata più o meno ellittica è la forma del seme; rosso più o meno sbiadito ne è il colore; peltata e più o meno reniforme è la forma della caruncola. La Facies, o portamento della pianta intera, varia nelle tre forme. La E. Hyberna L., ha un aspetto molto più tozzo per essere un po’ bassa ed avere le foglie abbastanza stipate lungo il caule ed alquanto sviluppate in proporzione del caule stesso. L'E. Insularis Boiss., ha un aspetto più slanciato per i numerosi ed esili rametti del terzo su- periore, le foglie vi sono meno stipate e molto più piccole, sebbene il caule sia molto più sviluppato di quello della E. Hyberna L. Si deve però notare che le forme dell’ E. Znsularis dell’ Appennino ligure hanno un aspetto, una facies, molto più paragonabile con quella. della E. Hyberna L. che non dell’ E. Znsularis tipica di Sardegna e Corsica; ma per i caratteri fiorali, essa va ritenuta per un E. Insu- saris Boiss. Gli è forse per questa somiglianza di facies che il Cesati | (FI. ital., p. 241) in una sua nota all E. Insularis Boiss. diceva che le forme genovesi erano uguali a quelle della Francia e dei Pirenei. i pale ME do MET SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. 241 [s La E. Canuti Parl. ha un aspetto che si avvicina a quello della E. EC Hyberna L., ma è molto più esile ed è pelosa. DESCRIZIONE DELLE TRE FORME. Dal confronto analitico fatto, emerge per ciascuna un corredo di È caratteri costanti e specifici che ci autorizza a farne tre forme distinte, = così caratterizzate : F EUPHORBIA HYBERNA L. ll 3 di Euphorbia Hyberna : (1). Linné, Sp. pl. p. 662, n. 58. Lamarck, Encycl. meth. Bot. II, p. 436, n. 89. Smith, Fl. Brit. IL, p. 519. Willdenow, Sp. pl. IL p. 923, n. 119. Aiton Hort. Kew., 2.* ed. III, p. 170, n. 65. Lamarck et De Candolle, F1. Franc. Il, p. 344, n. 2174. Duby Bot. Gall. I, p. 413, n. 17. Loiseleur Des Longehamps, Fl. Gall. p. 345. Colla Herb. ped. V, p. 126, n. 20 (esclusa la località della Sardegna). Reichenbach, Fl. germ. p. 758, n. 4707. Bubani, Sehed. crit. Nuov. Ann. Sc. Nat. Bologna, 1843; ` tomo 9, p. 94, n. 48. Hooker, The Brit. FL I, p. 292. Engl. Bot. 3> ed. VIII, p. 102. Grenier et Godron, Fl. Fr. III, p. 80 (escluse le località italiane). Boissier in DC., Prod. 15, II, p. 122, n. 481. Willkomm et Lange, Prod. Fl. Hisp. III, p. 492, n. 4035. Nyman, Consp. Fl. Europ. p. 648, n. 8. E. Hybernica : Sprengel, Syst. veg. III, p. 800, n. 118. E. Carniolica: Lapeyr., Abr. pl. Pyr., p. 272, n. 13. Figure: Reichenbach, Zcones Fl. Germ. et Helv. V, fig. 4767, Engl. Bot. VIII, tav. 1757. Cusin, Herb. Fl. Fr., tav. 15. Nora. — Il Boissier in DC., Prod. 15, p. 122, n. 481, cita come sinonimo di E. Hyberna L. la E. Carniolica di Lapeyrouse (Abr. pl. Pyr. p. 272, n. 13), il quale a sua volta dà la sua E. Carniolica come sinonimo della E. Carnio- (*) La sinonimia di questa e delle altre forme fu verificata. PAOLO PEOLA lica di Jacquin (Fl. Austr. V, p. 34, app. t. 14. Ma la E. Carniolica di La- peyrouse è tutt'altra cosa della E. Carnioliea di Jacquin. [o credo che il Lapeyrouse abbia avuto nel suo erbario esemplari di E. Hybern* L., e che li abbia giudicati come appartenenti all’ E. Carniolica di Jacquin, poichè, come pure attesta il Bubani (Sched. crit. centum ex MSS. Fi. Pyren. inch.). « E. Carniolica Jacq. Fl. Aust. non provenit in Pyrenaeis ». ni Il Boissier, l. c., dà ancora come sinonimo della E. Hyberna L., la E. Emar- ginata dell'Aiton , Hort. Kew., II, p. 145. Ma tanto l'Aiton che il Willdenow, (Sp. pl., tom. II, p. 923, n. 118), danno come unico habitat della loro E. Emar- ginata l'Italia, dove fin’ ora non fu trovata la vera E. Hyberna L. L'E. Emar- ginata dell'Aiton, op. e., è lE. Terracina L., come ho potuto constatare da alcuni esemplari dell’ Erbario del R. O. Bot. di Torino. D' altronde il Boissier stesso dà come dubbia tale sinonimia « quoad specim. pessimum h. Banks ». DESCRIZIONE. Pianta perenne rizomatosa, con caule erbaceo semplice o debolis- simamente ramificato, glabro, o leggermente pubescente tra le foglie „superiori. Foglie (per la maggior parte) lanceolate od ellittiche., Om- brella portata da un internodio più lungo degli altri, con cinque o sei raggi bifidi. Foglie dell’ ombrella cinque, ellittiche un pò acuminate all’ apice, arrotondate o subcordate alla base. Foglie fiorali due, op- poste, ovate, tondeggianti all’ apice, ottuse alla base. Involucro conico, irto internamente, con lobi ovato-oblunghi, più o meno profondamente x dentati, glabri, con cinque (di rado quattro) ghiandole leggermente . '. ondulate ai loro contorni. Cassula verrucosa subdepressa con solchi profondi portata da un podogino lontano dall' involucro. Verruche ci- lindriche, grosse, o papillari. Semi ovati più o meno ellittici, di un rosso sbiadito, con caruncola più o meno peltata, reniforme. Maggio e Giugno. Diffusa in Irlanda, Pirenei e Francia. (Per le località dell'Irlanda, vedi Hooker, The Brit. FI. I, p. 292, . ed Engl. Bot. VIII, p. 102. Per le località dei Pirenei Spagnuoli, vedi. — Willkomm et Lange: Prod. Fl. Hisp. Ul, p. 492, n. 4035; e per le località francesi: Grenier et Godron, Fl. Fr. II, p. 80). SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. 243 Gli antichi autori, Linné e Willdenow, dicevano che essa si trovava anche in Austria. Ma il Reichenbach la dice dubbia in Gallizia (Klack), nell'Austria inferiore, nei dintorni di Enzordof presso Brunw (Schult). Il Koch non annovera più la E. Hyberna L. nella sua: « Sinopsis Florae Germanicae et Helveticae ». IL EUPHORBIA INSULARIS Boiss. E. Insularis : Boissier, Cent. Euph., p. 32. Salsa in DC., XV-II, p. 122, n. 482. Parlatore, Fl. Tt., IV, p. 459, n. 1118. Cesati, Gibelli-Passerini, Comp. Fl. It., p. 241, (esclusa la località di Givoletto). Nyman, Consp. F1. Europ., p. 648, n. 9, TOR la località di Givoletto). E. Hybernica : Moris, Stirp. Sard. Elenc., p. 40. E. Hyberna, degli autori italiani : Viviani, Fl. Cors. diag., p. 7. Colla, Herb. ped. V, p. 126, n. 20 (solo per le località italiane). Bertoloni, Fl. It., V, p. 88, n. 40. De Notaris, Rep. FI. lig., p. 364, n. 1645. Grenier et Godron, F1. Fr. , III, p. 80 (solo per le località corsiche). Moris, Fl. Sard., III, p. 458, n. 1083. Arcangeli, Comp. Fl. It., p. 614, n. 3750 ee la localita di Givoletto). Nora. — Il Barbey « Catalogue raisonné des vegetaux observés dans lile — de Sardaigne », p. 53 al n. 1023. E. Hyberna L., fa la seguente osservazione : — « M. Boissier, Prod. XV, p. 112, donne E. Hyberna L, Moris FI. Sard. III, p. 458, en synonyme de E. Insularis, Boiss. Il distingue E. Hyberna L., Sp. pl., p. 662, de E. Insularis Boiss., mais ne la cite pas en Sardaigne. Moris n'aurait pas trouvée la veritable E. Hyberna L., c'est un point a éclaircire dans son herbier ». Gli esemplari dell Euphorbia raccolti in Sardegna e determinati da Moris come E. Hyberna L., come ho potuto constatare nel suo Erbario che si conserva all'O. B. di Torino, e negli esemplari mandati dal Moris stesso e conservati negli erbari di Firenze e di Boissier, appartengono alla vera E. 244 PAOLO PEOLA Insularis Boiss., anzi stando alla descrizione originale del Boissier, ne rappre- sentano il vero tipo. Il Moris, non ha raccolto in Sardegna nessun esemplare di vera E. Hyberna L., non crescendo questa in Italia, e quindi il Boissier non poteva annoverare fra le località della vera E. Hyberna L., la Sardegna. Il sig. Ascherson, nel capitolo « Addenda altera » della stessa Opera del Barbey, risponde già all’ osservazione anzidetta del Barbey stesso, e dice: « l'E. Hyberna di Moris al n. 1029 uguale all’ Insularis Boiss. Gli esemplari | delle montagne di Aritzo e di Desulo, e quelli di Gennargentu sono certamente - della stessa specie; Asch. et Reinch. l'hanno raccolta nella stessa località ». E i Nel Comp. FI. It. dei Prof. Cesati, Gibelli e Passerini, riguardo: all’ E. In- 4 sularis Boiss. si trova la nota seguente (pag. 241) : « Non conosco la pianta corsa, wh | né la sarda; come della vera E. Hyberna, non vidi esemplari d' Irlanda. Ma 1 la pianta delle Capanne di Marcaruolo sovra Val Polcevera é identica per ogni 4 conto cogli esemplari francesi dell’ Auvergne ( Annier!) di Orthez (Grenier! ). d Del resto I’ istesso Boissier non sembra essere troppo persuaso della bontà della 4 specie da lui creata a spese della legittima E. Æyberna L. ». Io vidi esemplari di tutte queste località, ed ho potuto constatare che quelli della Corsica e della Sardegna sono vere forme di E. Insularis Boiss., e che quelle francesi di Auvergne, Orthez e Pirenei sono di E. Hyberna L., come quelli di Irlanda. Le forme delle Capanne di Marcaruolo possono parere, specialmente se vedute giovani, simili all’ E. Hyberna L., ma un accurato esame delle parti fiorali le fanno riunire all' E. Znsularis Boiss. DESCRIZIONE. Pianta perenne rizomatosa con caule portante rami fioriferi, glabro, o leggermente peloso all’inserzione delle foglie che: sono ellittico- oblunghe, glabre o con leggerissima peluria. Ombrella con cinque raggi e cinque foglie ombrellari ellittiche un po’ acuminate all’ apice, arro- tondate o subcordate alla base. Foglie fiorali opposte, ovate, tondeg- gianti all’ apice, ottuse alla base. Involuero campanulato, lobi involucrali ovato-oblunghi, cigliati; ghiandole cinque, raramente quattro, stipitate, con contorno profondamente solcato. Cassula verrucosa globosa, con i solchi poco marcati, verruche lunghe, filiformi, semi ovati ellittici, ros- signi, caruncola peltata, reniforme. ds SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. 245 Giugno e Luglio. Questa specie fu fin’ ora trovata solo in Italia. Monti della Corsica e dello Sardegna. Monte Dente presso Voltri, ed alle Capanne di Mar- caruolo sopra Genova. ULI. EUPHORBIA CANUTI Parl. E. Canuti : EC Parlatore, Fl. 7t. IV, p. 462, N. 1119. Cesati-Gibelli-Passerini, ca pe Fl. It. p. 241. Nyman, Consp. FI. It. p. 615, N. 3751. E. Hybernica : Ardoino, Fl. Alp. Marit. p. 333. E. Hyberna var. Lanuginosa. Exsice. Reverchon et Derbez. PI. Fr. 1888, N. 19. (Erb. Dott. Belli. Torino R. O. B.) DESCRIZIONE. E Pianta perenne rizomatosa con eaule peloso non ramificato. Foglie eaulinari ellittico-oblunghe, pelose sopra, sotto, ed ai margini. Ombrella portata dall'ultimo internodio più sviluppato degli altri, con cinque foglie ombrellari, ovate. Foglie fiorali due, opposte, ovate, tondeggianti all'apice, ottuse alla base. Involucro conico, cou fauce molto allargata; » lobi involuerali ovato-oblunghi, sinuati o subdentati. Ghiandole sessili cinque, liseie, attenuantisi al margine. Cassula verrucosa subdepressa, pillari. Semi ovati, rossicci, caruncola peltata. Maggio e Giugno. Alpi marittime: valle di Londa, boschi di Farghet, monte Mulacè sopra Mentone, Val Groa presso Fontan, eolle d'Arpetta. Esame dell’ Euphorbia t Givoletto. Saale: — La maggior parte degli esemplari non è venice, fida - 16, Mulpiyhia anno VI, vol. VI. con solchi bene marcati, quasi sessile: verruche cilindriche corte, pa- > © 246 PAOLO PEOLA esemplare ha accenni di ramificazioni, in qualche altro la ramificazione rammenta quella dell’ E. Znsularis Boiss. Tutti sono pubescenti. L'in- iernodio che porta l ombrella è più sviluppato degli altri. Foglie. — Sono ellittico-lanceolate, più pubescenti di sotto, meno di sopra alquanto ai margini. Ombrella. — A differenza poi di tutte e tre le Euphorbie affini, i di cui raggi dell’ombrella sono bifidi, essa ha i raggi semplici, uni- flori. Su cento esemplari secchi esaminati non ne vidi che tre, i quali avessero i raggi bifidi. Ma nella escursione fatta sul luogo dovetti con- vincermi che se l'ombrella a 5 raggi uniflori è propria della maggior parte degli esemplari, pure molti ve ne erano ancora, e specialmente quelli più rigogliosi, che presentavano o l'ombrella a 5 raggi bifidi o trifidi, oppure ombrelle con un rumero di raggi maggiore di 5, e così irregolari da avvicinarsi più al racemo che a vere ombrelle. È però degno di nota il fatto che in tutti questi esemplari staccantisi dalla comune, si scorgono cinque raggi più sviluppati degli altri, e dei fiori portati da questi 5 raggi uno per raggio è pure più sviluppato degli altri, parendo in tal modo quasi abbozzato il tipo a cui questa forma tenderebbe arrivare per aborto di tutti gli altri raggi primarii e se- condari. Involuero. — La forma è ERETTA come quella dell’ E. Znsularis Boiss. Diversamente dagli altri è irto esternamente di peli alquanto ispidi e lunghi. I lobi dell involucro sono obovati trapezoidi con mar- gine denticolato e cigliato. i Ghiandole. — La forma delle ghiandole s’ avvicina molto a quella della E. Hyberna L., i contorni ne sono leggermente ondulati, e nè — so come il Prof. Gibelli sia stato tratto a scrivere: « sed propter glandulas margine scrobiculatas...... mente nostra propius ad E. Znsu- larem Boiss. quam ad E. Hybernam L. acudit ». Forse egli avrà esa- minato ghiandole di E. Znsularis troppo giovani e che non presentavano quindi quelle sinuosità così bene marcate. Cassule. — Le cassule, come quelle dell E. Insularis Boiss. sono — — globose con i solchi poco marcati, hanno granulazioni tra le verru- 3 . che, le quali, alla lor volta, sono a come mal dell’ E. ca o nuti Parl. : SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. À 247 I semi e la caruncola non presentano differenze notevoli. Da tale esame si può adunque dedurre che l Euphorbia di Givoletto ha di comune con la E. Hyberna L.: . 1.? La dentatura dei lobi dell’ involucro ; 2.° La forma delle ghiandole. Ne differisce invece: 1.° Per la pubescenza del caule e delle foglie: 2. Per la forma ed i trieomi dei lobi dell’ involucro ; 3.° Per la forma della cassula e delle verruche; 4.° Per le granulazioni fra le verruche. Con lE. Insularis Boiss. ha di comune: 1.° La forma campanulata dell’ involucro ; 2.° I trieomi dei lobi; 3.° La forma della cassula. Ne differisce: : 1.° Per la pubescenza del caule e delle foglie; 2. Per la forma dei lobi involucrali: 3.° Per la forma delle ghiandole; 4.° Per la forma delle verruche. Alla E. Canuti Parl. si avvicina un pò per la pubescenza del caule e delle foglie e la forma delle verruche, ma ne differisce per tutti gli aliri caratteri. L'Euphorbia di Givoletto poi: oltre all'avere la cassula globosa e con solchi poco marcati come la E. Znsularis Boiss. e rivestita invece di verruche papillari come quella della E. Canuti Parl.; i lobi invo- luerali dentati come quelli dell'E. Hyberna e cigliati come quelli del- YE. Insularis Boiss., ha di suo proprio i raggi dell'ombrella semplici, uniflori; la forma speciale dei lobi (obovato-trapezoidi) e |’ involucro irto di fuori. i Non potendosi adunque ascrivere questa forma a nessuna delle tre specie che le sono vicine, poichè la somma dei caratteri differenti è maggiore di quella degli eguali per ciascuna specie, e siccome essa | presenta pure caratteri suoi speciali, potrei essere autorizzato, come . già il Boissier per le forme della Corsica e della Sardegna, ed il Par- 948 —— | A PAOLO PEOLA latore per quelle delle Alpi Marittime, ad elevare l Euphorbia di Givo- letto alla dignità di specie. Ma questa forma di Givoletto, pur essendo sistematicamente distinguibile dalle Euphorbiae Hyberna L., Insularis Boiss., Canuti Parl. presenta però caratteri comuni alle tre suddette specie, in modo da rendere più lievi i passaggi tra l'una e le altre forme. Secondo i nuovi criteri sistematici svolti dai professori Gibelli e Belli nella loro: «. Rivista critica e descrittiva delle specie di Tri- folium italiane e affini comprese nella sezione Lagopus Koch, » si può anche qui riconoscere un gruppo di specie così affini fra loro da po- terle facilmente circoscrivere con un insieme di caratteri comune a ^ tutte, e far risaltare in tal modo un gruppo omogeneo che ha un aspetto esteriore, una facies comune a tutte le specie comprese, da essere indotti a sospettare che queste specie siano discendenti da un solo capostipite (pag. 7), e quindi formare una Stirps che, seguendo ancora il loro metodo di nomenclatura, si potrebbe chiamare con il nome della specie più nota (che nel caso nostro sarebbe l’ Hyberna L.) con terminazione plurale, cioè : Stirps Hybernae. » Non devesi però ce |. tacere che, essendo il presente studio stato limitato alle quattro sud- dette specie, un nuovo e più accurato esame esteso alle altre forme di Euphorbiae dello stesso loro genere, od almeno della stessa loro sezione il Tithymalus, potrà far rientrare nella nostra stirps altre forme, op- pure far entrare le forme della nostra stirps in altre stirps maggiori. A me basta per ora aver dimostrato: 1." Che nella flora italiana non vi è vera E. Hyberna L.; 2° Che la forma di Givoletto ha caratteri tali da essere distin- guibile dall’ E. Hyberna L. e dalla E. Znsularis Boiss. con cui venne confusa. Essendo adunque la forma di Givoletto distinguibile dalle altre per i suoi caratteri speciali, dovrà essere chiamata con un nome suo proprio, cioè: Euphorbia Gibelliana, dedicandola al Prof. Gibelli, come a colui — che per il primo dubitò non fosse essa identica nè all’ E. Znsularis Boiss., né all E. ZIyberna L. come la eredevano i botanici. SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. 249 DESCRIZIONE. EUPHORBIA GIBELLIANA Peola. Euphorbia Insularis : Cesati-Gibelli-Passerini, Comp. FI. It., p. 241. Nyman, Conspectus Fl. Europ., p. 648, n. 9. Euphorbia Hyberna: ^ Arcangeli, Comp. Fl. It., p. 614, n. 3750. = Rostan, Exsicc. ped., 1864, n. 27. Pianta perenne rizomatosa con caule annuo semplice raramente ra- mificato, pubescente; foglie ellittiche lanceolate, pubescenti. Ombrella di cinque raggi semplici, uniflori, portata da un internodio alquanto più sviluppato degli altri. Foglie ombrellari cinque ellittico-allungate, cordate alla base. Involuero campanulato irto esternamente con lobi obovati trapezoidi e margine dentato cigliato; ghiandole con margine ondulato. Cassule globose, con solchi poco marcati, e minute granula- zioni fra le verruche cilindriche brevi, o papillari. Semi ovati rossicci, caruncola peltata. Maggio e Giugno. Oltre alla regione della Cappella alla Madonna della Neve, io la trovai pure al Monte Rosselli, alla Punta Carbonere, al Colle del Sel, alla Punta Fournà, al Monte Bernard. Comunissima insomma in tutta < quella zona di monti che fa corona a Givoletto, e pare che esista pure nell’ altra zona di monti che da Val della Torre si protrae a Lanzo, come mi assicurarono aleuni contadini, località che io non ho potuto verificare. PM Prima di por termine a questo studio, eredo prezzo dellopera dover sfatare una diceria che ha alquanto preoccupato coloro i quali tratta- rono della nostra Euphorbia, cioè che tale Euphorbia fosse stata se- ` minata da alcuni giardinieri. Questa opinione poteva avere parvenze a 250. ^ | PAOLO PEOLA di vero allorquando si riteneva la detta Euphorbia identica alla E. Hyberna L. e limitata ad un angusto spazio circostante la eee 4 alla Madonna della Neve. Ma: 1.° I notevoli caratteri differenziali che la rendono distinguibile î E dalle altre forme vicine, caratteri che non si possono di sieuro spiegare T con la legge dell' adattamento al nuovo ambiente, stante la ristrettezza ee E del tempo in cui tali mutamenti avrebbero dovuto verificarsi ; 2.° I] nome volgare — lataiasin — che essa possiede; uk. = 3.° Ed anche la zona abbastanza estesa in cui essa si trova, esten- "i sione che non si può facilmente spiegare nè con la seminazione arti- = = ficiale, né con la dispersione naturale, fanno ritenere la nostra Eu- n phorbia come propria e naturalmente allignante in quelle regioni. a i CHIAVE DICOTOMICA a : per la pronta distinzione delle quattro forme a; . da noi considerate. & A. Cassula subdepressa, profondamente solcata. 7 B. Caule e foglie glabre, podogino allungato. . . . E. Hyberna L. ~: BB. Caule e foglie pubescenti, podogino cortissimo. . E. Canuti Parl. AA. Cassula globosa, debolmente solcata. iu C. Caule e foglie glabre, raggi doll’ ombrella bifidi, y ghiandole profondamente soleate ai margini. Ver- ruche lunghe e filiformi. . . . |: . CC. Caule e foglie pubescenti, raggi dell PESE per pres lo più semplici, uniflori, ghiandole a margine ee ondulato, verruche brevi cilindriche o papillari. E. Gibelliana Peola. E Insularis Boiss. ee Torino, R. Orto Botanico, 1892. : s » » » SUL VALORE A 1 REGA SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE XIX 6 XX. ]. Sommita fiorita. \ à 2. Un fiore isolato. 3. Due lobi involucrali tra cui | della specie indicata in calce alla vennero tolte le ghiandole. parte corrispondente della tavola. 4. Due ghiandole tra cui vennero tolti i lobi. NB. Per una svista del litografo fu omessa la pubescenza nei disegni della Euph. Canuti ed E. Gibelliana. BIBLIOGRAFIA. GMELIN, Flora Siberica. Petropoli 1749. Linnart Species Plantarum. Ed. tertia. Vindobonae. 1764. Jacquin NicoLar JosePHI, [cones florae austriacae. Vienna 1778. Lamarck, Encyclopédie méthodique-Botanique. Paris 1786. 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Hyberna i^ ci 1.° Tore Mountain, near Killarney, ont es Ireland. I. Ball. May: 1851. 2.° Plantes des Pyrénées. Huet du Pavillon 1852. 3.° Napoléon-Vendée. Godron. :4.° Indre. Coteaux de S. Aigny, 26 as 1844. de 5.° Jard. de Vallegne, Jun. 1856. Id. 1864. . . 6? Comptoir d'Echanges de Strasbourg. Mont d'Ore. Lecoq. — 3? Mont d'Ore. Paillaux. x - SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. 8.° Flora Galliae et Germaniae exsiccata. N. 1143. Wes. Paillaux. 9.° Herb. J. Lloyd. May. Poitiers. ia 10." Flora Galliae et Germaniae exsiccata. C. Billot. N. 1323 E 11.° Mont Bourgeaux 1839. Hautes Pyrenées. i 2 12.° Buc. Jun. 1859 13.° Bois de Savanie. Bordice., ES — hy E. Insularis Boiss. 1.° Corse. Godron. 2.° M. A. de Forestier. Cors. 1837. 3.° Da Moris. 1859. 4.° Herbier Fauché. Corse. 1840. c) E. Gibelliana Peola. 1.° Exsiecata pedemontana. Rostan. 17. II. Erbario di Firenze. b «) E. Insularis Boiss. à 1.° Da Moris. Marzo 1842. Gennargentu. 2.° Da Baglietto. Giugno 1857. a Id. 1869. Monte Dente di Voltri. 4? Da Gennari. Luglio 1860. a be ld. 1866. Monte Arizzo e Desulo. b) E. Canuti Parl. 1.° Da Canut. Giugno 1867. Alpi Marittime, Valle di Londa. HI. Erbario R. Orto Botanico di Genova. a) E. Insularis Boiss. 1.° Da Baglietto. Monte Dente presso Voltri. 2.9 Alle Capanne. Giugno 1841. = IV. Erbario generale R. Orto Botanico di Torino, a) E. Hyberna L. 1.° Erbario Balbis. Pirenei, 2.° Pirenei, 3° Puy de Dome. 27 Luglio 1824. 42 Monte d'Ore. 1825. : T b) E. Insularis Boiss. E | ; 1.° Erbario Moris. S i c) E. Gibelliana Peola. ; ix 1.° Società Elvetica. Prof. Gibelli. "n V. Erbario Prof. G. Gibelli. a) E. Hyberna L. 1. ^ Herb. H. Bourdot. Forêt de Moladier. Giugno 1890. 29 F. Heribam. Puy de Dôme. 4 Giugno 1877. x b) E. Canuti Parl. 1.° W. Bernoulli. Val Groa presso Fontan. Giugno 1890. 2.° Herb. Emile Burnat. Col de l'Arpetta 29 Maggio 1886. VI. Erbario Dott. Saverio Belli. a) E. Insularis Hobs, ° E. Reverchon. Plantes de Corse. 1885, n. 428. b) E. Canuti Parl. (1° E. Hyberna var. lanuginosa. E. Roverehon et Derbez. Plantes de France 1888, n. 19. VIL. E. Gibelliana Peola. Exsiccata di De Filippi. pcd Bafino e mia. "CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO Ecc. 255 g Contributo alla conoscenza dell’ apparecchio albuminoso tannico delle Leguminose — pel. D.” Pasquate Baccarini. (con tav. XXI-XXVI). - L’ apparecchio tannifero delle Leguminose, quantunque questa fa- miglia di piante sia stata varie volte studiata sotto il punto di vista anatomico, è ancora ben lungi dall’ essere completamente conosciuto. Da quel che se ne sa sino a questo momento, risulta in generale che in un certo numero di Leguminose il tannino, più o meno abbondante, è diffuso in tutti i tessuti ed in tutti gli organi della pianta, od anche soltanto in dati organi e tessuti, senza che la sua presenza determini, negli elementi che lo contengono, delle forme e delle strutture par- ticolari. Sono principalmente le Viciee, le Trifoliee e le Genistee le tribù nelle quali s' incontra il tannino esclusivamente sotto questa forma. In un'altra serie di Leguminose il tannino si presenta al contrario più o meno localizzato in determinati elementi tanniferi, nei quali si. associa ad altri composti, ed anzitutto e costantemente ad una sostanza. di natura proteica, e molto frequentemente ad un glucoside che può ineontrarsi anche libero in altre Leguminose. La associazione di questi prodotti all interno dello stesso elemento determina poi una serie di modificazioni molto profonde nella forma e nella struttura della cellula: modificazioni che possono essere definitive e restano cioè a caratte- rizzare ľ elemento durante tutta la sua esistenza, e possono in molti casi essere transitorie e cioe presentarsi in certe fasi dello sviluppo per ridursi ed eliminarsi nelle fasi successive; fenomeno questo che presenta, non vi ha dubbio, una notevole importanza: poiché dimostra che almeno non in tutti i casi queste sostanze hanno il valore di semplici escrezioni, ma costituiscono un deposito di riserva che può venire utilizzato in seguito in più o men larga misura. Le mie ricerche riguardano soltanto quest’ ultima specie di elementi tanniferi pei quali io adotterò d'ora in poi il nome di elementi o forma- zm < ^. — PASQUALE BACCARINI zioni albuminoso-tanniche, come quello che meglio risponde alla realta delle cuse. Il termine di idioblasti che io in un mio precedente lavoro ho assegnato’a quelli di questi elementi che presentano delle dimensioni giganti in confronto alle cellule vicine, non è però da escludere (ed io me ne andrò valendo a suo tempo nel testo della memoria) neppure pel caso che si tratti di elementi transitorii come vuole il Vuillemin (1), poichè in quella data fase dello sviluppo rispetto alle cellule coeve, questi elementi hanno forma, struttura e proprietà d'idioblasti; e perchè ancora la distinzione tra elementi transitori e definitivi se ot- tima in pratica non è di assoluto rigore scientifico, mancando una linea netta di delimitazione tra le due categorie di tannociti. Il Trecul (2) è stato il primo che si è occupato di queste formazioni in una notevole lettura fatta all’ accademia di Francia il 30 gennaio 1865: nella quale egli riassunse i risultati delle sue ricerche estese a circa 500 specie di Leguminose. Egli si limitò ad esaminare dei frammenti di rami, e riconobbe che una prima serie di Leguminose presentava delle cellule a tannino solo alla periferia del midollo ora opposte, ora laterali ai fasci; che una seconda serie ne presentava tanto nel midollo che nella corteccia, as- sumendo quattro disposizioni principali e cioè: 1.° degli elementi tan- niei attorno al midollo ed allo esterno del libro; 2.° degli elementi tannici alla periferia del midollo di fronte ai fasei, e degli elementi tanniei ai lati del libro; 3.? degli elementi tannici attorno al midollo,: all'interno del libro ed ai lati del libro; 4.° degli elementi tannici attorno al midollo ed all'interno del libro. Oltre a questi elementi riuniti in serie lineari egli riconobbe che molte Leguminose dell' ultimo tipo presentavano delle cellule tannifere disseminate nel midollo; e che certe altre Leguminose presentavano del tannino nelle cellule dell’ epidermide e del collenchima. Le osser- ') P. VurLLEMIN, La subordi nation des caractéres de la feuille da le Phylum des sa pag. 249. Nancy A. TRECUL, Du Tannin dens les Ghai Compt. rend. de l'Acad. des sciences, - 378-882, 30 Janvier 1865, CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 237 7. $ ^ vazioni del Trecul sono fondamentalmente esatte: però, siccome per le aa sue ricerche egli si valeva di materiale fatto macerare in un sale di ferro, ne deriva che la distribuzione da lui data non può riguardare soltanto gli elementi albuminoso-tannici, ma tutti i tanniferi in ge- nere, che il metodo da lui adottato non gli permetteva di distinguere con sufficiente nettezza: ed è perciò che la disposizione da lui indi- E. : cata per qualche Lotus, pel Dolichos lignosus, Y Erythrina cristagalli, e l'Ornithopus compressus ad es. risulta in qualche punto inesatto. Per quanto riguarda la struttura e lo sviluppo degli elementi tan- P ; niferi il Trecul, almeno a quanto pare, non se ne è occupato: solo dal contesto della lettura risulta chiaro che egli considerava i singoli segmenti delle file di elementi tanniferi come formati da una cellula : sola. Alquanto più tardi l’ Hartig (!) osservò di nuovo questi elementi E nella Robinia pseudoacacia, e fermò particolarmente l'attenzione sopra E le proprietà del loro singolare contenuto ; e nel 1859 il Sachs (2) studiò Lr con molta eura la disposizione, la struttura e le reazioni di questi ics elementi nel Phaseolus vulgaris: ma dopo questi due autori per lungo tratto di tempo nessun altro botanieo prese queste formazioni ad og- e getto di studio speciale, e le poche osservazioni incidentali che si tro- . | — M. vano sparse qua e là nei lavori riguardanti altri argomenti, vennero con quelle degli serittori sopracitati, riassunte dal De Bary nel suo classico trattato di anatomia comparata (3): né le ricerche ulteriori hanno fino a questi ultimi tempi portata nuova luce sulla questione: così nel 1884 il Jännicke (4) rileva gli elementi albuminoso-tannici corticali della Onobrychis senza dar loro importanza; e nel 1885 il (0 Q. HARTIG; M ms Naturgeschichte der Forstl. rn Deutschlands. Berlin 1851, 2. n (3) J. Sacs, Phi gie: Dates. uber die ‘eee der Schminkbohne. — A Sitzungsberichte der math. nat. Classe der Kaiserlichen Akademie. Band E XXXVII 1859, i uu a 5) A. De Bary, Verg fn Anatomie der Vegetationsorgane der Pha- Aerogamen und Farne, pag. 169-161, Leipzig 1877. (4) NV. JaexnioKE, Boiräge cur sanre Anatomie der Papitionreene, = 19. Marburg 1384. 258 Bhe PAS | PASQUALE BACCARINI Moeller (!) accenna a varie riprese alla presenza di tubi secretori speciali nella corteccia interna delle Cesalpinice, Mimosee e Papilio- nacee, senza entrare in dettagli sulla loro disposizione e sulla loro - struttura, e senza fermarsi che di rado sulle loro proprietà micro- chimiche. In seguito l'Avetta ex nelle sue ricerche sulla Pueraria Thunber- giana rileva gli elementi albuminoso-tannici parafasciali che nelle for- mazioni primarie di questa specie sono nettamente costituiti, chiamandoli canali o lacune tannifere; li dice senz'altro originati per distruzione di cellule è stabilisce che si vengono formando nel midollo ed in quella che sarà poi la porzione cribrosa dei fasci, avanti che si dif- ferenzi la prima trachea ed il primo elemento del libro duro, od - almeno contemporaneamente. Nel 1890 io (3) presi in esame le formazioni albuminoso-tanniche della Wistaria (Glycine) sinensis e le principali conclusioni a cui giunsi sono fuite ° Gli elementi speciali della ‘Glicine si possono distinguere, per : 3 ies riguarda, la forma, in tubolosi ed. nitur. e per quanto riguarda la funzione in transitorii e definitivi ; g QS GAL elementi isodiametrici risultano formati da una cellula sola: à tubulosi dalla fusione di più cellule» assieme: - 3.° Gli elementi transitorii sono formati da cellule vive: i defini- ‘tivi da cellule morte; 4. La sostanza eontenuta in — serbatoi è una miscela di varii composti travi “quali. possono riconoscersi delle sostanze proteiche, del tannino e dei zuecheri; |. 5.° I serbatoi proprii sono earatteristici soltanto per TI organi aerei giovani durante il periodo g’ accrescimento. UM le ulteriori ricerche e * ‘pr: estensione ad un gran numero O J. Mostan Istat deb Brenrindon pi 375-378, 397-399. Berlin 1882. ` (@) C. Averra, Ricerche anat. ed istog. sugli organi vegetativi della Pue- raria br iana. Med Ist. Bot. di Roma, Vol. I, p. 210. ay @) P. Baccarini, Intorno agli elementi ye della de sinensis. — | Malpighia, Vol. UL, 1890, p. 451, Tav. XVIL | CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 259 di altre leguminose, io posso confermare queste conclusioni applican- dole agli elementi albuminoso-tannici di tutte le leguminose, e facendo soltanto qualche riserva per le conclusioni 2.* e 3.* poiché, come sopra fu indicato, il distacco fra elementi definitivi e transitorii non è sempre netto e deciso, e quelli non sempre sono morti; e parcus molte volte gli , elementi tubulosi non risultano dalla fusione di piü cellule assieme. Il signor P. Vuillemin in una prima nota PE struttura della foglia dei Lotus (!) completa le osservazioni del Trecul per quel che riguarda il sistema degli elementi che accompagnano i fasci pei quali egli adottò la denominazione di tanniferi desmici, ed io quella di para- fasciali, e descrive per la prima volta i tanniferi definitivi del tessuto fondamentale: mentre io avevo già, a mia volta, descritti nel lavoro - sopracitato, quelli transitorii della foglia di Wistaria. Più tardi in una seconda pubblicazione sullo stesso argomento io ho esposto, per sommi capi, i risultati delle ricerche (2) che formano oggetto del presente lavoro: ed il Vuillemin riassume anche esso in una nota prelimi- . nare (3) le sue osservazioni sopra i tanniferi di molte Leguminose appartenenti principalmente alle Lotee, Hedisaree e Galegee che si connettono al Phylum delle Anthyllis; e di recente queste osservazioni riporta in extenso, consacrando loro un apposito capitolo, in un inte+ ressante lavoro sulla anatomia comparata delle Leguminose. Il concetto che gli serve di guida in queste ricerche è un concetto essenzialmente filogenetico e quindi egli studia l'evoluzione dell'apparecchio tannifero e la graduale localizzazione del tannino nei varii tipi da lui presi in esame, inquantochè tale apparecchio gli fornisce dei caratteri pre ——— (1) P. VUILLEMIN, Sur la Structure des Feuilles des Lotus. Bull. Soc. Bot. de France, T. XXXVII, p. 206. JE |. () P. Baccarini, Sul sistema secretore delle Papahiondicre, Malpighia, Tav. r "M "IW B 431 e Bull. della Soc. Bot: Italiana, Mex ru ei P. 6) P. VurLLEMIN, Sur l'évolution de lappa Y Merlin. des er sr dr Bull. Fe Bot. de F nee, T. XXXVIII, p. 1808. , La Su sordità ion des caractères de la Feuille dans 5 Phylun des Anthylli. -— ercerLevait ete PO m 3 PASQUALE RACCARINI ziosi per fissare i rapporti di derivazione tra i varii gruppi di specie. E perciò quindi lo scindersi ed il sovrapporsi dei due sistemi parafa- sciale ed extrafasciale e la loro maggiore o minore complicazione ven- gono presi in accurata disamina. Le mie osservazioni già esposte pre- liminarmente nella Malpighia, si trovano, a questo riguardo, confer- mate nella massima parte dei casi: e le poche divergenze, dipendono più che altro, dall'essere i! Vuillemin guidato da un altro concetto e dall'avere, per quel che riguarda i tipi che si rannodano al suo Phylum delle Anthyllis, potuto disporre di un materiale più rieco. La pecu- liare struttura degli elementi tanniferi e la storia del loro sviluppo, presentano, dal punto di vista del sig. Vuillemin, un interesse minore: ma ciò non ostante, anche le osservazioni che egli riferisce, a questo riguardo, sono molto importanti e numerose. Inoltre, sotto questo rapporto, è necessario tener conto di due no- tevoli lavori, i quali, quantunque non trattino direttamente dei tanni- feri negli organi aerei delle Leguminose, si riferiscono ad elementi che si trovano con essi in intimo rapporto. Il primo è quello dell’ Haberlandt (1) e riguarda il tessuto trasmes- sore dello stimolo nel corpo della Mimosa pudica. Questo tessuto è formato da larghe cellule tubulari sovrapposte in fila longitudinali che - corrono all'interno del leptoma dei fasci per tutti gli organi aerei della pianta e si arrestano soltanto nello asse ipocotile. Essi non contengono tannino, ma un succo cellulare ricco di mucilaggine vegetale e di un glucoside che coi sali di ferro si eolora in rosso violaceo e col dissee- camento e sotto l'azione dell'aleool, precipita cristalizzando in sferiti. La disposizione, la forma ed il percorso di questi elementi è perfet- tamente simile a quella degli elementi albuminoso-tannici del leptoma di molte Leguminose; e la loro struttura ricorda molto davvicino quella dei tanniferi di certe Faseolee: l'Apios tuberosa e la Erythrina ad es., e si possono considerare come uno dei termini estremi di una serie ae . mella quale l’altro termine è rappresentato dagli albuminoso-tanniei - —(9 G. HABERLANOT, “Hi reizleitende ruka stem. Leipzig. Verlag von Wil- , helm na 1790. X 261 n . CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELI’ APPARECCHIO Ecc, parafasciali della Glycine sinensis: termini estremi che sono fra loro connessi da numerose e graduali forme intermedie. L'altro lavoro è quello dei signori Mattirolo e Busealioni (4), i quali nelle loro ricerche sulla struttura del tegumento seminale delle Papi- lionacee, hanno posto in evidenza negli strati profondi del guscio del seme un piano di cellule tannifere, le quali ora sono ripiene di una massa tannica bruna ed omogenea, ora presentano delle formazioni coralloidi simili a quelle che io ho descritte nella Glycine sinensis trattata eoll'aleool. Non è la prima volta che gli autori si son, trovati di fronte a queste singolari formazioni, la cui struttura si è prestata a così varie interpretazioni. Io non ho per mia parte sottoposto gli elementi albüminoso-tanniei dei semi a così accurate osservazioni come quelli degli organi vegetativi della pianta: ma da quel che ho potuto `- osservare, ritengo che essi differiscano dagli elementi albuminoso-tan- nici delle foglie e del fusto solo per una maggiore povertà in acqua ed una maggiore abbondanza in sostanza albuminoso-tannica, la quale col disseccamento del seme prende spontaneamente quegli aspetti e quelle strutture che negli organi aerei sono conseguenza soltanto del processo di disidratazione effettuato dall'aleool. Non so se i signori Mattirolo e Busealioni potranno convenire meco in questo concetto: ma eredo ehe dall'esame comparativo degli elementi in quistione ne- gli organi aerei e nei tegumenti seminali, risulti in modo evidente. Osservazioni importanti riferisce pure il Borzi (3) intorno alle cel- lule tannifere parafasciali del Phaseolus Caracalla, constatando anzi- tutto che oltre che nei tessuti primarii se ne producono nei secondarii e terziarii, che costituiscono delle serie regolarissime, e che molto tardi, z scomparendo i setti trasversali, ne deriva un dutto lunghissimo con- tinuo che presenta tratto tralto i resti delle articolazioni primitive. x Questo è al momento attuale lo stato delle nostre a nello (1) O. MATTIROLO ed L. “ouch ua, Ricerche EE NETE sui ta menti seminali delle Papilionacee. Memorie della R. Accad. di agio di To- ps mao; Serie II, T. X RZi, inii anatomiche del fusto di Phaseolus Cérabétia L., Malpighia, anno V, p. 372, tav. XXVIFXXVIIL 2. Mormota anuo MA vol. EXE. 3 Te 262 PASQUALE BACCARINI importante argomento, e, come si vede, il campo è ben lungi dall’ essere completamente esplorato. Nelle mie ricerche io ho studiato la disposizione e la struttura degli elementi albuminoso-tannici negli organi vegetativi delle Leguminose e principalmente delle Papilionacee: le mie osservazioni, per quel che riguarda la loro distribuzione negli organi fiorali e nel pericarpio del frutto, sono meno numerose principalmente perchè non ho sempre potuto disporre di materiale opportuno; e per quel che riguarda il seme, io mi sono per lo più limitato a constatarne la presenza, ed a stabilire che nell’ embrione si differenziano soltanto nella prima fase della germinazione. I tanniferi degli organi aerei formano due sistemi principali, il primo dei quali risulta formato da elementi sparsi per mezzo del tessuto fondamentale e cioè ora nel merenchima foliare, ora sul dorso nelle ner- vature foliari, ora nei tessuti corticali del picciuolo e dei giovani rami ed ora infine nel midollo. La forma, la grandezza e la struttura di questi elementi presenta poi notevoli variazioni, contuttochè si possa dire in generale che essi si rannodano nelle loro linee generali di struttura agli elementi dei tessuti nei quali si trovano. Questo sistema, che il Vuillemin (1) chiama del tannino fondamentale io chiamerò col nome di extrafasciale intendendo con ciò di significare che gli ele- menti che lo compongono non presentano, nella loro disposizione, alcun rapporto diretto coi fasci vascolari. A seconda della loro posizione nel corpo della pianta essi si distinguono: 1.° in Elementi albuminoso- tannici della foglia; 2.° Elementi albuminoso-tannici del picciuolo e del fusto. I primi si possono suddividere in elementi proprii al paliz- zata, allo spugnoso ed alle nervature; i secondi in elementi corticali e midollari; e quelli in superficiali e profondi. Gli elementi superficiali tanto della foglia che del picciuolo e del fusto corrispondono agli exo- dermici del Vuillemin (2). I] secondo sistema è formato da elementi tubolari disposti in file. €) Lc. p.294 (2) L e. idem. DF pS LY t a Ù que EE 7 : D wi CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 263 longitudinali più o meno lunghe e continue, le quali nel loro decorso accompagnano i fasci, ed io li chiamerò perciò col nome di parafa- sciali distinguendoli in endofasciali e perifasciali: i primi corrono. all interno del libro e vengono dal Vuillemin chiamati col nome di liberiani: i secondi corrono alla periferia del fascio fibrovascolare e | formano i sistemi centrale e dorso-laterale del Vuillemin (!). Pei primi non v'ha dubbio che entrano a far parte della costituzione del fascio fibrovascolare: pei secondi molte volte appartengono ai tessuti limitrofi tra il fascio fibrovascolare ed i tessuti foncamentali, tessuti che il Van-Tieghem ha denominato peridesmici: e molte volte ancora ap- partengono indubbiamente alla guaina endodermica, quelli ad es. che corrono sul dorso del fascio nello Scorpiurus. All’ uno ed all’ altro sistema appartengono poi elementi definitivi e transitorii; i primi dei quali conservano definitivamente i loro parti- mentre i secondi, dopo avere raggiunto una differen- ziazione qualche volta molto avanzata, in un dato momento ritornano : con maggiore o minore lentezza alla forma di elementi normali. Le | variazioni che l apparecchio albuminoso-tannico presenta nei varii be gruppi di Leguminose dipende essenzialmente dal fatto che, mentre "Tin certe forme s' ineontra soltanto l uno o l’altro dei due sistemi, in altre si sovrappongono e divengono spesso molto ricchi e complessi. La loro distribuzione all interno dei tessuti delle singole specie, la ‘loro struttura e le varie fasi del loro sviluppo, formeranno oggetto di colari caratteri; tre distinti capitoli. (l6 pi ST, ^ 964 |. PASQUALE BACCARINI CAPITOLO PRIMO. Distribuzione degli elementi albuminoso-tannici all' interno delle Leguminose studiate. | PAPILIONACEE. Podaliriee. Di questa tribü ho esaminata la sola Anagyris foetida L. con ri- sultato negativo. Ricordo solo, perchè occorrerà più tardi di tenerne conto, che nel materiale conservato sott’ alcool s'incontrano numerosi sferocristalli, già studiati dal Martel, (!) di una sostanza che alle sue reazioni chimiche si palesa per un glucoside. Questa sostanza molto affine a quella che l Haberlandt trovò caratteristica nei tubi speciali della Mimosa pudica (2) s'incontra poi con abbastanza frequenza in altre leguminose; ora libera e diffusa in diversi tessuti, ora associata al tannino e localizzata con lui negli elementi albuminoso-tannici. ` Genistee. | l i Ho esaminato senza risultato l'Argyrolobium Tomyia, i Cytisus La- ; burnum d hirsutus L., monspessulanus L., la Genista aristata Presl., tinctoria L., le Calycotome villosa Link., spinosa Link., il Sarotham- mus scoparius Wimm., lo Spartium junceum L. ed aetnense Biv. Queste ultime due specie sono di nuovo ricchissime degli sferocristalli sopraindicati. . Trifoliee. i i Ho esaminato l'Z/ymenocarpus circinnatus Willd., la Medicago mda- rina Lin., falcata Lin., orbicularis Willd., scutellaris Lam., i Meli- lotus messanensis Desf., sulcata Desf., alba Desf., le Ononis spinosa Lin., variegata Lin., Natrix Lin., il Trifolium Bocconi Savi, subterra- neum Lin. pratense Lin., stellatum Lin., aureum Pollh., arvense Lin. - squarrosum Lin. Le Ononis ed i Melilotus presentano al pari della () E. Marre, l. c. (€) HABERLANDT, L c. Anagyris e degli Spartium gli sferocristalli sopraindicati; ed inoltre nel Melilotus alba nella parte più esterna del libro molle, a ridosso degli archi di fibrenchima periciclico, ciascun fascio fibrovascolare del pieciuolo fogliare e dello stelo lascia scorgere una o due fila di elementi albuminoso-tannici tubulari, i quali negli internodii adulti si presentano poverissimi di contenuto ed agli assaggi pel tannino reagiscono ap- pena, distinguendosi dagli elementi vieini quasi solo per la loro mag- giore lunghezza e larghezza. Essi perd si presentano alquanto meglio caratterizzati in vicinanza dell’ apice di vegetazione; cosicchè la loro esistenza non è per me dubbia negli esemplari studiati; e poichè il lui sottoposti ad esame (!) giova concludere, d'accordo con lui, che si tratta di elementi tanniferi insufficientemente evoluti, e non ancora, giungo io, definitivamente acquisiti al tipo strutturale della specie. Lotee. | | Delle Lotee ho preso in esame il Lotus Tetragonolobus Lin., jaco- baeus Lin., creticus Lin. corniculatus Lin., edulis Lin., ornithopo- doides Lin., maritimus Lin., villosus Thuill., il Dorycnium rectum Sering. l Anthyllis vulneraria Adans., rubriflora Koch, tetraphylla Lin., Barbajovis Lin.; non ho trovata traccia di elementi albuminoso-tannici nelle Anthyllis vulneraria e rubriflora: ma in tutte le altre specie li ho trovati in generale abbastanza ben rappresentati, ed a vero dire in una prima serie di Lotee costituita dalla massima parte delle specie esaminate ho trovato tutti e due i sistemi perifasciale ed extrafasciale: in una seconda serie rappresentata dal Lotus maritimus ho trovato soli elementi perifasciali; ed in una terza rappresentata dalla Anthyllis Barbajovis soli elementi extrafasciali. Come tipo della prima serie può venir preso il Lotus Tetrag Ta Quivi gli elementi perifasciali sono costituiti da tre cordoni che cor- rono attorno a ciascun fascio e cioè ai suoi lati, ineastrati tra l'endo- derma, gli archi di fibrenchima ed il libro molle, (Tav. XXI, fig. 15, 4a) < elungo il cuneo legnoso del fascio. Essi prendono origine lungo le più - () Le ey p. 262-263. ^ CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 265 signor P. Vuillemin non li ha mai potuti ritrovare negli esemplari da. "P s î ^ 266 PASQUALE BACCARINI grosse nervature delle singole foglioline, confluiscono nella nervatura mediana, discendono nel picciuolo attenendosi principalmente al fascio di mezzo, e da questo penetrano nel fusto dove conservano la stessa disposizione e vanno ad estinguersi poco al disotto del nodo cotiledo- nare. Nel punto d'origine ogni cordone è formato da una sola fila di elementi: ma già nel picciuolo di due, e nel fusto di due a tre, a se- conda dei casi e principalmente della robustezza del fascio. I cor- doni laterali o perifloematici compaiono per primi e si dispongono in serie continua: i ventrali o perixilematici prendono origine alquanto più in basso e non formano una serie continua: ma non di rado s' in- terrompono verso il mezzo degli internodii: cosicchè nelle sezioni tras- versali non sempre tutti i fasci appaiono accompagnati dal relativo cordone perixilematico; ed è qui necessario, come del resto nella mas- sima parte dei casi, ricorrere alle sezioni in serie per rendersi ragione ‘della realtà delle cose. Per quanto però questi elementi perixilematici corrano lungo l apice legnoso del fascio, non è a credere che essi si trovino a contatto dei più profondi elementi dellegno: ma se ne man- tengono separati per mezzo di un tessuto ad elementi stretti e lunghi che in questa specie ricorda molto incompletamente la struttura delle cellule cambiformi e di certe cellule collenchimatose del libro: ma in altre specie di Leguminose è sotto questo rapporto molto ben carat- terizzato. Il Vuillemin definisce questo tessuto come un peridesma centrale (1) ed il Borzì (?) si appone molto più al vero quando lo considera come il rudimento di un libro interno. In prossimità dei nodi foliari le singole fila del cordone perixile- matico che van diventando alquanto più numerose si allontanano I’ una dall'altra e si addentrano più profondamente nel midollo dei rami; il che potrebbe dar luogo ad ammettere in questa specie degli elementi extrafasciali nel midollo che ne è affatto privo. Negli organi fiorali questi elementi conservano la stessa disposizione che negli organi di é vegetazione: solo divengono più corti e più numerosi, specialmente nel OFL e. p. 166 (9) le. p. 374. £ Li 4 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 267 x talamo, dove le traccie delle singole folioline fiorali si connettono ai fasci del peduncolo. Nel calice e nell’ ovario per altro s incontrano solo nel tratto inferiore dei singoli fasci. Il Lotus corniculatus ed il Doryenium rectum presentano la stessa distribuzione del L. Tetragonolobus; il L. creticus, maritimus, edulis ed ornithopodoides mancano tipicamente del cordone perixilematico il quale è qua e là rappresentato da brevi e frequentemente interrotte fila di tubi: nel L. creticus e maritimus i tubi dei cordoni perifloe- matici sono più brevi che nella specie tipica: nel L. edulis ed orni- thopodoides questi elementi prendono origine non più nel lembo della foglia, ma solo lungo il fascio mediano del picciuolo principale: nel Lotus jacobaeus compaiono di nuovo tutti e tre i cordoni, ma quello perixilematico prende origine più in alto dei laterali; i quali per il limitato sviluppo delle fibre pericicliche si distendono l’ uno verso l’altro - sul dorso del fascio e tendono a divenire dorsali. Questa prevalenza del cordone perixilematico sui laterali appena accennata nel Lotus jacobaeus si accentua anche di più nella Anthyllis tetraphylla, dove i due cordoni perifloematici compaiono soltanto lungo la nervatura mediana della foliola terminale e sono formati cia- scuno da una o due fila di elementi frequentemente interrotte, mentre il cordone perixilematico lo è da quattro a sei fila continue riunite costantemente in un gruppo solo, che nei tratti dove si presenta più largo si piega sui lati dello xilema fino a circuirlo in gran parte. Il rudimento di libro all’ interno di ciascun fascio è in questa specie molto meglio distinto che in tutte le altre Lotee (Tav. XXI, fig. 54) Questo sistema di elementi perifasciali fu nelle Lotee riconosciuto per la prima volta da M. A. Trecul e più di recente studiato nei suoi dettagli dal Vuillemin: ma chi confronti le descrizioni date da questi due autori colla mia, non potrà a meno di rilevare un certo numero di discrepanze (non profonde del resto) le quali dipendono e dalla di- versa provenienza degli esemplari studiati, e dalle oscillazioni che la disposizione del sistema perifasciale presenta all’ interno del gruppo. La esistenza degli elementi extrafasciali nel tessuto fondamentale delle Lotee fu annunciata dal Vuillemin per il primo, e la loro di- - 268 PASQUALE BACCARINI stribuzione venne da lui esposta in dettaglio e con molta esattezza nella recente memoria citata a più riprese: non ho quindi molto da aggiungere sotto questo riguardo, ma tuttavia credo utile di esporre i risultati delle, mie indagini per valermene nei confronti e nelle con- siderazioni ulteriori. Nel Lotus Tetragonolobus, Dorycnium rectum, Anthyllis tetraphylla ad es., s incontrano, sotto l'epidermide della foglia, sparsi in mezzo ai tessuti verdi, numerosi elementi albuminoso-tannici, ora isolati, ora riu- niti in piccoli gruppi di due o tre, i quali presentano in generale la stessa forma degli elementi vicini: così, ad es., nella pagina superiore s' allungano in forma di brevi cilindri o tronchi di cono dall’ epider- mide attraverso il palizzato nel centro della foglia per appoggiarsi sia direttamente (Tav. XXI, fig. 3 a) sia col sussidio di apposite cellule in- termediarie sulle guaine delle più minute nervature: nella pagina in- feriore sono invece tondeggianti od irregolarmente ramosi, a braccia corte e tozze sviluppate, prevalentemente nel piano della lamina foliare. Nel L. Tetragonolobus e nella A. tetraphylla le braccia di questi ele- | menti non si congiungono tra loro che di rado e quasi casualmente; ma nel D. rectum queste congiunzioni sono molto frequenti, tanto da dar luogo ad una rete continua distesa nella epidermide inferiore della foglia. All’infuori di queste il L. Tetragonolobus ed il D. rectum non pre- sentano negli organi vegetativi altri elementi speciali: ma nell’ An- thyllis tetraphylla Tango la nervatura mediana della foglia ed il lato inferiore del piceiuolo un gran numero di cellule collenchimatose del | piano subepidermieo assumono di buon'ora funzione speciale e si di- spongono a rete, tanto da formare una larga fascia a trafori; però nelle foglie molto vecchie di tale fascia si avvertono solo traecie molto te- nui, poiehé trattasi di elementi transitorii che ritornano lentamente alla forma ed alla struttura normale. Nel Lotus creticus, edulis ed ornithopodoides il solo tessuto fonda- mentale delle foglie presenta nelle sue due forme (palizzata e spugnoso) elementi speciali, i quali sono ellittici od ovoidali, coll'asse primario perpendicolare al lembo; non più subepidermici, ma infossati negli strati E 3 arat get c p a CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 260 profondi di questi tessuti, piccoli e senza relazioni apparenti coi fasci fibrovascolari. ` Nel Lotus corniculatus la foglia presenta solo uno strato di cellule ` speciali irregolarmente ramose colle braccia sviluppate sempre paral- lelamente al piano della lamina fogliare ed anastomizzantisi fra loro, tanto da formare una rete a larghe maglie, distesa nel centro della lamina fogliare tra il palizzata e lo spugnoso, rete che s'interrompe sul dorso della nervatura mediana, ma gira, senza interruzione, attorno alle altre minori. Nell Anthyllis Barbajovis si ha uno strato similmente costituito, e siccome quivi la foglia senza esser nettamente centrica tende senz’ alcun dubbio a questo tipo di struttura, (il piano di cellule sovrapposto alla epidermide inferiore ha carattere e struttura di tessuto assimilante) questo strato di elementi albuminoso-tannici corre al di sopra del piano di cellule tubulari sovrapposte alla epidermide inferiore, senza inter- rompersi neppure sul dorso della nervatura mediana delle singole fo- glioline, nei quali punti rado e qualche volta si confonde collo endoderma. Col restringersi dei tessuti delle folioline nei singoli pieciuoli, questo strato continua attorno al gruppo centrale dei fasei nei cuscinetti ar- ticolari, e nel picciuolo principale si allarga di nuovo, formando una fascia che avvolge dal lato dorsale i tre fasci principali mantenendosi molto vicina all'endoderma; e dal pieciuolo discende nel fusto dove si allontana alquanto dal cilindro centrale portandosi nel mezzo dei tes- suti parenchimatosi della eorteccia, dove tanto dal lato esterno che dall'interno riceve qua e là il rinforzo di numerosi gruppi di cellule albuminose-tanniche, cosicchè presenta nelle sezioni trasverse uno spes- sore molto variabile. ch Gli elementi albuminoso-tanniei extrafasciali del fiore delle Lotee sono, in tutte le specie esaminate, limitati al calice ed allo ovario: tutte infatti presentano sotto l'epidermide esterna del calice uno strato di elementi speciali irregolarmente ramosi, disposti a formare una rete a larghe maglie frequentemente interrotta per la mancata congiunzione dei rami. Le disposizioni di tali elementi è invece molto più variabile nello o ovario. Cosi il L. qon dades (Tav. XXL fig.2 M presenta nelle 270 PASQUALE BACCARINI pareti dello ovario numerosi gruppi di cellule albuminoso-tanniehe non . ramose, disposte in due piani, uno subepidermico e l'altro alquanto più profondo e contiguo alla guaina meccanica del frutto. In ciascun piano i gruppi poi sono irregolarmente distribuiti e collo ingrossarsi * del pericarpio ed il differenziarsi dei suoi tessuti diventano piü volu- minosi e caratteristici, ed anche in mezzo al tessuto parenchimatoso che li separa, specialmente alla radice delle quattro ali del frutto (Tav. XXI, fig. 2 c) si sviluppa un certo numero di elementi speciali isolati. Nel Dorycnium rectum e nel Lotus maritimus, dove però lY ovario ed il frutto non sono alati, si ha la stessa disposizione fondamentale ; nel L. ornithopodoides delle due fascie di elementi speciali dello ovario l esterna è formata di elementi transitorii i quali tornano ben presto ala forma normale; nel L. creticus si ha solo lo strato interno sul dorso della guaina meccanica; nel L. edulis solo l'esterno subepidermico; nell’ A. tetraphylla un solo strato di elementi albuminoso-tanniei, il quale si distende in vicinanza alla cavita dell’ ovario alla distanza di un solo piano di cellule dalla epidermide interna. Dopo la fecondazione, per altro, in seguito alla attiva proliferazione di che questo piano cel- lulare diventa sede, esso viene spostato più verso l'interno, ed i suoi elementi (specialmente nel lomento superiore del frutto) presentano dei fenomeni di riassorbimento delle pareti comuni, dei quali sarà altrove tenuta parola. Galegee. Delle (ralegee esaminate, una prima serie quali V Astragalus sesa- meus, Lin., monspessulanus Lin., hamosus Lin., boeticus Lin., la Bi- serrula Pelecinus Lin., la Colutea arborescense Lin., la Galega offi- cinalis Lin., la Sutherlandia frutescens R. Brown, non presentano al- cuna traccia di formazioni albuminoso-tanniche, ed un’altra serie, quali la Wistaria floribunda Dec., e sinensis Dec., le Robinia pseudoaca- cia Lin., ed hispida Lin., l Amorpha fragrans Sweet e fruticosa Lin., | la Psoralea bituminosa L., la Indigofera cassioides Rottl., decora gines australis Willd, ne é invece riecamente fornita. - Per altro, a seconda della specie che si prendono in esame, E, modo di | distribuzione di questi elementi varia Dee, tanto da potersi avere tre tipi abbastanza distinti. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 271 ~ Al primo tipo appartiene la Psoralea bituminosa, nella quale gli e- lementi speciali sono quasi tutti parafasciali, fatta eccezione di un certo numero di elementi parenchimatosi che si avvertono nel giovane ovario disposti in gruppi lineari di tre a quattro, a qualche distanza e paralel- lamente alla epidermide interna dell’ ovario medesimo. Inoltre lungo le più minute nervature delle foglie si notano delle grosse cellule cilindriche che attraversano, isolate ed a coppia, il pa- lizzato dalla epidermide alla guaina dei fasci (Tav. XXII, fig. 1 a); le quali non contengono tannino e fin dalle prime fasi del loro svi- luppo presentano uno strato protoplasmico molto sottile. Parrebbe quindi inopportuno il considerarli come appartenenti al sistema albu- minoso-tannico: ma esse e per la posizione e per le loro dimensioni, si palesano omologhe agli elementi albuminoso-tannici di altre Papi- lionacee (Robinia, ad es.) quantunque abbiano in questo caso piuttosto il valore di. cellule acquifere, che servono cioè a portare e distribuire l’acqua dalle nervature foliari alle cellule epidermiche ed assimilanti, e d'altra parte noi troveremo nei seguenti capitoli che esse si ranno- dano alle vere cellule albuminoso-tanniche con una così lenta ed in- terrotta gradazione anzi che proseguirla. In quanto agli elementi tubulari di questa specie, essi sono tutti in- trafasciali, prendono origine lungo le nervature laterali alla primaria di ciascuna fogliolina e corrono esclusivamente nella parte floematica del fascio adossati al lato interno degli archi di libro duro. In ogni nervatura formano generalmente due file contigue e continue (Tav. XXI, fig..9 d) di elementi larghi e lunghi, i quali col confluire delle singole nervature nella mediana, ne seguono il cammino innestandosi l'una — nell’ altra senza aumentare di numero, e collo stesso ordine discendono - nel pieeiuolo e nel fusto per arrestarsi nel tratto di passaggio del caule alla radice. E soltanto lungo i cuscinetti articolari che col restringersi dei fasci in uno stretto cordone assile questi elementi si assottigliano anch’ essi come tutti gli altri del fascio, e non di rado s' interrompono per breve tratto per ricomparire al disotto della articolazione. | Nell’ asse della infiorescenza e nel peduncolo fiorale si ha ugualmente da stessa rai randa guae i fasci na as setae del Dalee (i soli fra \ 272 PASQUALE BACCARINI tutti i fasci degli organi forall che abbiano elementi igor) confluendo cogli altri nel talamo, inviano ciascuno la loro duplice fila ai dieci fasci del peduncolo fiorale. L’ ovario, al momento delle fioritura, non presenta elementi speciali di sorta, e solo dopo la fecondazione vi si differenzia lo strato di elementi parenchimatosi dei quali ho più sopra parlato. Le formazioni secondarie dovute alla attività del cambio non sono prov- viste di elementi speciali. ‘ A differenza della Psoralea la Wistaria sinensis e floribunda, la Robinia pseudoacacia ed hispida, Y Amorpha fragrans e fruticosa sono i rappresentanti di un secondo tipo di Galegee molto più riccamente dotato sotto questo punto di vista. Io ho già in un mio precedente lavoro studiato gli elementi speciali della Wistaria sinensis; ne riassumerò quindi la disposizione tenendo conto anche delle osservazioni ulteriori e limitandomi per le altre specie a porre in rilievo le variazioni più salienti e costanti. Nella Wistaria sinensis e floribunda i serbatori tubulari prendono origine lungo le nervature fogliari di 3.° e 4.° ordine, dove formano un primo cordone perifasciale di 3-4 fila di tubi, il quale corre lungo lo spigolo interno dello xilema separato dalle ultime trachee per il solito rudimento di libro interno, rudimento che è qui molto debole e poco | caratterizzato. Alla stessa altezza compaiono all’interno del fascio un numero vario di cordoni formati di 2-3 fila di tubi ciaseuno, che cor- rono all’interno del floema in forma di un arco addossato al libro duro. Dalle nervature laterali tutti questi cordoni passano alla mediana e da questa nel picciuolo, disponendosi attorno al gruppo di fasci centrali, e dal picciuolo discendono nel fusto conservando sempre la stessa di- sposizione (Tav, XXII. fig. 8 be). I tubi floematici sono quindi più numerosi dei xilematici e tali si mantengono anche in corrispondenza alla articolazione delle folioline sul perineo e di questo sul caule; quantunque pel restringersi dei singoli fasci in un fitto cordone assile . visi determini una temporanea ma pur notevole riduzione nello sviluppo - e nel numero di questi elementi speciali. Raro è che i singoli cordoni _ si interrompano del tutto, ma allora solo per breve tratto; cosicchè si : - può dire che il sistema di elementi albuminoso-tanniei tubulari della — in pianta formi un tutto continuo, | Nel fiore solo i fasci della corolla e dell androceo presentano ele- menti tubulosi nel loro tratto inferiore ed i fasci suturali del gineceo bi lungo tutto il loro percorso, colla stessa disposizione che nelle foglie normali: ma il numero di questi elementi è proporzionalmente minore e tale si mantiene nel peduncolo fiorale e nella rachide della infiore- scenza. Dal fusto però questi elementi non discendono alla radice, la quale ne è priva ip ogni sua parte. ; ; Nella R. pseudoacacia dove. pel primo | Hartig li pose in evidenza i e nella hispida, questi elementi hanno la stessa disposizione fondamen- pe tale che nella Wistaria, però lungo lo xilema in luogo d' un cordone solo 1 ne eorrono pareechi tra loro molto vicini, in modo da formare intorno all apice di ciascun fascio una specie di guaina o di guida (Tav. XXII, 1 fig. 6 c). Gli organi fiorali sono generalmente più ricchi di elementi - speciali di quelli della Glycine poichè i fasci di tutte le foglie fiorali hanno elementi tubulosi all’interno del floema: quantunque i solo fasci suturali del gineceo sieno accompagnati anche da un piccolo cordone perixilematico ciascuno, Come nella specie antecedente la rachide della. infiorescenza è in confronto agli organi di vegetazione, gos di me albuminoso-tannici. Nelle Amorpha fragrans e fruticosa si ha una distribuzione per- fettamente simile, con questo di speciale che i fasci floematici più d s numerosi ed abbondanti formano delle fila ora isolate ed ora riunite e a coppie: le quali in luogo di tenersi relativamente prossime agli archi fibrosi nel libro, penetrano molto piü all'interno sino a toccare la zona cambiale (Tav. XXII, fig. 6 b). Do. Una sezione attraverso il picciuolo fogliare delle Bolina ci presenta à un gruppo principale di fasci che prendono la forma di e eoll'apertura rivolta verso la pagina superiore, i quali sono riecamente forniti di elementi speciali, salvo i due fascetti estremi (Tav. XXII fig. 6, d). Oltre a questo gruppo centrale ai due margini superiori del pieeiuolo cor- rono due fascetti (Tav. XXII, fig. 6 e) i i quali si dirigono alla spinula | basilare di ciascuna foliolina e sono. anche essi privi di elementi albu- : minoso-tanniei 3 PASQUALE BACCARINI Anche il picciuolo delle A. fragrans e frulicosa presenta i due fascetti marginali privi di elementi albuminoso-tannici, mentre specialmente i due fasci principali che sono orientati colle rispettive parti xilematiche, - l'una di fronte all'altra ne sono riecamente dotati. In tutte queste specie il cambio dà luogo ad una notevole forma- " zione di tubi albuminoso-tannici secondarii. Essi sono tutti floematiei, disposti in fila tangenziali; precedono al loro sviluppo quello delle altre formazioni secondarie e vanno considerati.come cellule cambi- formi modifieate poiehé hanno comuni con queste il modo d' origine, le dimensioni e la forma. Nelle Wistaria e nelle Robinia questi tubi secondarii sono molto numerosi nel primo e secondo anno di attività À 4 del cambio: ma in seguito la loro produzione va rapidamente dimi- E nuendo e dopo il quart'auno di regola non se ne producono altri. Molto più ricca e più varia degli elementi perifasciali, è la forma- zione degli elementi parenchimatosi che queste piante presentano. Se nella Wistaria sinensis si esamina una foglia adulta in corrispon- denza alle nervature mediane delle singole folioline, si osservano delle placche di cellule speciali distese sotto l' epidermide della pagina in- feriore e più di rado di quella superiore, le quali presentano le rea- z x zioni caratteristiche degli elementi albuminoso-tannici: ma per la forma A e la struttura della membrana non differiscono gran fatto dalle cellule 1 collenchimatiche vicine. Nei cuscinetti articolari però queste placche divengono molto più dense e profonde ed assumono la forma di gruppi irregolari che si accavallano in varia guisa e dalla epidermide si spin- gono, assottigliandosi gradualmente, verso il cilindro vascolare. Lungo il pieciuolo principale e nel cuscinetto articolare di questo sul fusto si ripete la stessa disposizione che lungo la nervatura mediana delle fo- lioline e le singole loro articolazioni. Nelle stipule si ineontrano tanto sotto l'epidermide esterna che sotto l'interna delle striscie di elementi si avvicinano e confondono assieme formando un ammasso compatto di tessuto albuminoso-tannico. Nei giovani internodii nei quali lo al- lungamento sia appena cessato si avvertono, sotto l'epidermide, nu- merose falde di elementi speciali a tipo collenchimatico come già quelli "& del pieciuolo (Tav. XXII, fig. 8 a). SE + m P 4 albuminoso-tannici ovoidali, le quali verso la base delle stipule stesse ~ it Ra - ae CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’ APPARECCHIO ECC. 275 Se per altro si osservano una foglia ed un picciuolo poco prima del momento della loro caduta, od un internodio poco prima che vi si accennino le formazioni secondarie, questi elementi speciali non si ri- conoscono più ehe con somma difficoltà; poiché sono andati lentamente ritornando alla forma normale: e se, pel contrario, si esamini una fo- - liolina, un picciuolo od un internodio giovane ed ancora in attivo acere- seimento, si può constatare che il numero proporzionale di questi ele- t menti è in confronto agli organi adulti molto maggiore: e le loro differenze dagli elementi normali molto più profonde: ed inoltre che e nella lamina delle singole foglioline si incontrano sotto le due epider- ny midi delle placche irregolari di un sol piano di cellule albuminoso- tanniche, le quali lentamente, col progressivo sviluppo della foglia, ri- tornano al tipo di cellule normali del palizzata e dello spugnoso. Oltre a questi elementi, nel parenchima midollare dei rami esistono E: un gran numero di cellule albuminoso-tanniche ora ‘isolate, di rado E i giustapposte a due od a tre, e più spesso sovrapposte in fila di 2-4 ed I oltre specialmente in vicinanza al cilindro centrale. Nel fiore si trovano dapprima degli elementi parenchimatosi solo nel calice dove formano due fascie concentriche, una esteriore che corre sotto la epidermide, l' altra più profonda che corre all’interno dei fasci: più tardi, coll’ingrossare dell’ ovario in seguito alla fecondazione, nel quarto piano di cellule a partire dalla cavità dell’ ovario si diffe- renzia un gran numero di serbatoi isodiametrici o lievemente allun- gati, i quali si riuniscono ben presto in uno strato continuo e segnano il limite tra il mesocarpio e l'endocarpio del frutto (Tav. XXII, fig. 10 c). Alquanto piü tardi se ne differenzia un secondo situato piü all’esterno. del primo a ridosso dei fasci commissurali delle valve, le quali sono andate gradualmente irrobustendosi (Tav. XXII, fig. 10 5). Questo “nuovo piano risulta formato dai serbatoi tubulosi dello xilema e da numerosi serbatoi isodiametriei che s'intrammezzano ai primi in modo da formare un pavimento continuo. Tra questi due piani resta com- preso’ un parenchima che prende un grande sviluppo nell’ ultimo pe- # riodo di attività del frutto, e che si mostra rieco di elementi speciali ; isodiametriei irregolarmente dispersi in mezzo alle. cellule “normali Lar XXII, fig. 10 d). 276 1 PASQUALE BACCARINI "Nella Glycine floribunda si ripete la stessa distribuzione; soltanto gli elementi midollari sono meno numerosi e earatteristiei. Nelle Robinia pseudoacacia ed hispida la distribuzione degli ele- menti extrafasciali è simile a quelle della Glycine sinensis: colla diffe- renza che mentre in questa il processo di tannizzazione degli elementi cessa di buon’ ora, nelle due Robinia sopraindicate si arresta soltanto molto più tardi ed il ritorno dei singoli idioblasti alla forma normale avviene con molta maggiore lentezza. E così che a parità di condi- zioni, si osservano nelle folie di Robinia pseudoacacia lungo le ner- vature ed il picciuolo un molto maggior numero di elementi. speciali che nelle foglie di Wistaria della stessa età: e nella R. hispida questi stessi elèmenti non si limitano al solo strato subepidermico, ma si spingono più all'interno: ora riunendosi in piccoli gruppi, ed ora re- stando isolati in mezzo agli altri elementi della corteccia sino a toc- care le guaine dei fasci (Tav. XXII, fig. 6 a). Inoltre nelle placche spe- cializzate del parenchima foliare che si osservano, come sopra detto, nelle foglioline non ancora distese della Wistaria sinensis, la regressione alla forma normale avviene con tanta lentezza che molti degli ele- ‘menti che le costituiscono, quantunque reagiscano debolmente alla prova del tannino, e presentino all'interno un accumulo di protoplasma estremamente ridotto, conservano ancora dimensioni molto maggiori delle vicine: e così s' osservano interposte al palizzata, ora isolati, ora riuniti in gruppi numerosi elementi albuminoso-tannici ovali e distesi sulla epidermide inferiore un gran numero di elementi tubulari con- torti e ramosi (Tav. XXII, fig. 7 æ), i quali specialmente nella R. his- pida si uniseono coi loro rami in modo da formare un reticolo conti- nuo. Il midollo è in queste piante poverissimo di elementi extrafasciali e per quel che riguarda il fiore delle due Robinia si ripete la dispo- sizione della Wistaria floribunda e sinensis. Nelle Amorpha fragrans e fruticosa si avverte lungo le nervature principali della foglia e sotto l epidermide del pieciuolo e del fusto la stessa formazione di elementi transitorii che nelle specie antecedenti : e nella lamina delle giovani foglioline si possono constatare qua e là ^^ delle placche di elementi speciali transitorii e buon numero di cellule — . x | CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. ua epidermiche che in questo periodo assumono transitoriamente funzione speciale. Più tardi le cellule epidermiehe che durante questa prima fase son divenute molto voluminose riacquistano i caratteri di cellule normali e si segmentano in due: una cellula esterna cioè che resta la cellula epidermica definitiva, ed una interna che si trasforma di nuovo, e rapidamente, in un elemento albuminoso-tannico (Tav. XI, fig. 7 a). I] midollo in nessuna deile due specie esaminate presenta elementi speciali. i Nel fiore si hanno due zone di elementi speciali extrafasciali irre- golarmenti ramosi e disposti a rete sotto le due epidermidi interna ed esterna del ealice: e nel frutto se ne ha un'altra zona quasi continua, separata dalla epidermide interna del frutto per soli due piani di cellule. Il terzo tipo delle Galegee è rappresentato dalle Zndigofera australis, decora e cassioides. Quivi la formazione perifasciale è rappresentata da fila di elementi brevemente tubulari, i quali corrono lungo il taglio del euneo legnoso. Prendono origine lungo le nervature laterali della foglia: confluiscono nella mediana, dalla quale discendono nel picciuolo, dove si raccolgono in piccoli cordoni nella insenatura che il gruppo centrale dei fasci lascia dal lato superiore del piccinolo medesimo, penetrano nel fusto dove si arrestano al tratto di passaggio nella ra- dice. Formazioni endofasciali mancano del tutto alle tre specie esa- minate. i Per contrario sono molto sviluppate le formazioni extrafasciali. In- fatti nella foglia s'incontra un primo strato di cellule tubulari ed irregolarmente ramose che corre parallelo alla lamina foliare in mezzo allo spugnoso; il quale viene scisso così in due piani, uno superiore formato da cellule a calice che hanno la base rivolta verso il palizzata e la punta sullo strato in quistione: e l’altro inferiore formato da cel- lule lacunari che riposano sulla epidermide. Inoltre lungo il dorso della nervatura si avvertono in gran numero delle cellule collenchimatiche subepidermiche , le quali pur mostrandosi come le vicine di tipo col- lenchimatico danno le reazioni caratteristiche degli elementi albumi- 1k. Malpighia anno VI, vol. VI. 278 à PASQUALE BACCARINI noso-tannici e formano una fascia reticolata ed irregolare che nelle Indigofera decora e cassioides diventa più spessa nel picciuolo e nel fusto, dove viene in molti punti formata da piü strati di cellule ed allontanandosi dall epidermide si sposta verso gli strati interni della corteccia, a somiglianza di quanto avveniva nella A. Barbajoris di che qui si ripete, in parte, il tipo di struttura. =, E Nella Indigofera australis questa fascia è discretamente evidente È nel picciuolo, ma svanisce nel fusto. 3 Il midollo di queste tre specie presenta inoltre numerosi elementi i +. E extrafasciali ora isolati, ora riuniti in fila più o men lunghe special- Pra A etd mente alla periferia verso il cilindro legnoso; elementi che poco nu- merosi nella /. cassioides divengono abbondanti nelle Indigofera australis e decora. In tutti questi elementi però, sia parafasciali che extrafasciali, si nota la tendenza a perdere di buon’ ora la struttura di elementi speciali: poichè mentre nei giovani internodii e nelle giovani foglioline le loro differenze dagli elementi vicini sono molto marcate, col progredire dello sviluppo si vanno affievolendo sempre più, sino a che negli inter- nodii e nelle foglie adulte a mala pena si distinguono dagli altri ele- menti normali, e persino lo strato caratteristico della lamina foliare conserva in definitiva solo la forma e le dimensioni acquistate durante la sua specializzazione. Hedisaree. Tra le Hedisaree ho preso in esame la Aeschynomene indica Lin., la Amicia zygomeris Dec., l' Arachis hypogaea Lin., le Coronilla sti- pularis Lam., vera, scorpioides Koch, valentina Lin., i Desmodium gyrans Lin. penduliflorum Wall., viridiflorum Dec., l Ebenus cretica Lin., la Glycyrrhiza glabra Lin., Y Hedysarum coronarium Lin., e capitatum Desf., la Hippocrepis unisiliquosa Lin., la Nissolia fruti- cosa Lin., Y Onobrychis viciaefolia Scop., e Cristagalli Lam., l'ürni- thogus compressus Lin. e sativus Brot. e lo Scorpiurus subvillosa Lin. Tutte queste specie posseggono formazioni albuminoso-tanniehe, ma per quel ehe riguarda la distribuzione si eomportano in modo molto ^ diverso. OOO RETI | ee ie STINET y tun mo RN T E CIO rra ar Ae v OPUS a cee iz + pia A : Li CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 279 Un primo tipo ci è rapppresentato dai Desmodium, nei quali la di- siribuzione degli elementi parafaseiali ricorda la struttura delle Robinia e delle Wistaria e la distribuzione degli elementi extrafasciali ricorda quella delle /ndigofera. Infatti nel Desmodium gyrans ciascun fascio presenta una prima serie di elementi che corrono nella parte più interna del floema in vicinanza della zona generatrice, formando da uno a quattro eordoni di due a tre fila di tubi eiaseuno (Tav. XXII, fig. 3a 20), i quali dalle più grosse nervature della foglia, dove hanno origine, discendono E senza interruzione lungo il pieciuolo nei fasci del fusto; ed inoltre lungo il taglio di ciascun fascio legnoso corre un gruppo di 3-4 fila di tubi ora riunite in un cordone solo, ora alquanto distaccate l'una dall’ altra, le quali compaiono solo nel tratto superiore del picciuolo, e discendono nel fusto interrompendosi di tratto in tratto, specialmente in corrispondenza ai nodi foliari (Tav. XXII, fig. 2 c). Gli elementi extrafasciali sono rappresentati anzitutto da uno strato di grandi cellule tubulari (Tav. XXII, fig. 5, 4 d) che scinde come già nelle Indigofera lo spugnoso in due strati; e le cui lunghe braccia appoggiandosi l' uno sull'altro danno origine ad una rete a larghe maglie. Oltre a questo sul dorso delle piü robuste nervature foliari 'e poi lungo il picciuolo ed i giovani rami lo strato esodermico è fatto di cellule collenchimatiche (Tav. XXII, fig. 2 a), il cui contenuto dà per lungo tempo le reazioni degli elementi albuminoso-tannici, e ri- torna allo stato normale solo eon molta lentezza. Nel Desmodium penduliflorum la distribuzione degli elementi albuminoso-tannici è diversa da quella della specie antecedente in ciò che i tubi perixile- - matici sono searsi e riuniti in fila molto piü frequentemente inter- rotte ehe nella specie antecedente: e lo strato di elementi tubulari della foglia è fatto di cellule a rami più brevi e che solo di rado giun- gono a toccarsi fra loro. Il Desmodium viridiflorum differisce dal D. gyrans per lo sviluppo affatto rudimentale dello strato tubuloso delle foglie. Il D. Dillenii è del tutto privo dello strato tubulare nello spugnoso: i tubi perixilematiei mancano o sono affatto rudimentali: gli — endofloematiei invece ben rappresentati. 280 PASQUALE BACCARINI Un secondo tipo ci è dato dalla Glycyrrhiza glabra, nella quale gli elementi parafasciali si accordano perfettamente nella loro disposizione con quelli del Desmodium gyrans e sono, specialmente i perifasciali, più decisamente caratterizzati e più numerosi. La disposizione degli elementi extrafasciali è però assolutamente di- versa. Nella foglia infatti non si incontra più lo strato di eiementi tubulosi caratteristico del tipo antecedente, ma solo in mezzo al pa- lizzata un gran numero di cellule coniche ora isolate ed ora in piccoli gruppi, le quali dalla epidermide si spingono verso l'interno della la- mina foliare. Sul dosso delle più robuste nervature lo strato di col- lenchima acquista di nuovo funzione speciale, e lo stesso fenomeno si avverte nel picciuolo e nel fusto, dove inoltre si specializza un certo numero di cellule negli strati profondi della corteccia, ora isolate ed ora riunite in piccoli gruppi. Nel midollo non si avverte alcunchè di speciale. Un terzo tipo è rappresentato dal restante delle Hedisaree esaminate e si presenta con maggiore nettezza specialmente nelle Onobrychis saliva e Cristagalli. Quivi gli elementi parafasciali si mantengono tutti all esterno dei fasci e formano a somiglianza di quanto avve- niva nei Lotus tre gruppi, uno all’ estremità e l'altro ai lati di ciascun fascio. Il cordone xilematico è formato da tre a sei fila di tubi e, spe- cialmente nei tratti dove è più largo, si piega sui lati del fascio for- mandovi attorno come una doccia o guaina (Tav. XXIII, fig. 6 c). Esso prende origine lungo la nervatura mediana delle singole folioline donde scende nel picciuolo. Quivi sui lati di ciascuna delle tre nervature principali compaiono i cordoni laterali che sono formati da due e di rado tre fila di cellule, e non restano esclusivamente ai lati della parte floematica del fascio: ma discendono in giù sino a toccare gli elementi più esterni del legno (Tav. XXIII, fig. 6 5). Oltre ai tre fasci principali del picciuolo presentano costantemente elementi fasciali le brevi traccie vascolari delle singole foglioline: ma non ne presentano affatto i fascetti commissurali che quelli reciprocamente s’ inviano. Dal pieciuolo i fasci penetrano nel fusto colla loro coorte di tubi speciali _e quivi il cordone perixilematieo continua il suo cammino ininterrotto. X $ | CONTRIBUTO ALLA Le singole fila che lo compongono perd di tratto in tratto si inter- rompono e si discostano l’ una dall’ altra, cosicchè il numero degli ele- menti che formano il cordone, varia a seconda del punto in cui le sezioni sono condotte: e qua e là il cordone primitivamente unico si scinde in un certo numero di cordoni secondarii. I gruppi laterali ai singoli fasci intanto piegano il loro margine interno all’ infuori disco- standosi dallo xilema (Tav. XXIII, fig. 6 b) in modo da presentare nelle Sezioni trasverse, di fronte a ciaseun raggio midollare, un arco colla concavità all’ esterno. Le foglie fiorali sono quasi prive di elementi parafasciali, e se ne incontra qualcheduno appena nella parte più bassa delle singole ner- vature, dalle quali discendono nel peduncolo fiorale e nella rachide della infiorescenza presentando la stessa disposizione che nei rami fogliari, e divenendo sempre più numerosi e caratteristici a misura che ci si allontana dalla regione fiorifera. Per quanto riguarda gli elementi albuminoso-tannici extrafasciali s'incontrano anzitutto nella foglia delle grandi cellule coniche le quali hanno la base sulla epidermide e si spingono coll’ apice attraverso il palizzata sino ad appoggiarsi sulla guaina dei fasci minuti: e nella pagina inferiore si ha uno strato di cellule irregolarmente ramose e tubulose disteso sulla epidermide a formarvi un reticolo attraverso le cui maglie rari elementi dello spugnoso giungono alla epidermide. Nelle stipule si ha sotto l epidermide esterna uno strato di elementi speciali piatti, tabulari, appena ramosi ed a mutuo contatto l uno eoll' altro. Sul dorso delle nervature principali della folia non si av- vertono più, come in altri casi, elementi speciali, né definitivi, nè tran- sitorii: ma nel picciuolo e nel fusto si sviluppa uno strato di elementi speciali subepidermiei che s'interrompe solo sul dorso dei fasei mag- giori i quali sono collegati all'epidermide da robuste striscie di tes- suti meccanici collenchimatosi (Tav. XXIII, fig. 6 a). Negli organi fio- rali sincontra uno strato di elementi speciali simile a quello del fu- sto sotto l’ epidermide esterna del calice, ed un altro pur simile se ne incontra sotto l' epidermide esterna dell’ ovario, il quale strato persiste anche nel frutto. * E E 3 igh Uu P i 1 3 mi ^ CONOSCENZA DELL’ APPARECCHIO ECC. 281 232 è PASQUALE BACCARINI - L Hedysarum coronarium e capitatum s accordano perfettamente colla Onobrychis, colla sola differenza che il sistema extrafasciale è ancora più sviluppato: infatti qui nel midollo compaiono in gran nu- mero degli elementi albuminoso-tannici ora isolati ed ora riuniti in gruppi (Tav. XXII, fig. 44). Nel fiore gli elementi tubulari perixilema- tici accompagnano i fasci sin quasi all’ estremità delle singole folioline fiorali, e nell'ovario e nel frutto oltre allo strato speciale subepider- mico si hanno degli elementi tubulosi lungo i fasei suturali, i soli che al momento della fioritura siano differenziati. Gli elementi extrafasciali del palizzata (Tav. XXIII, fig. 5) non soltanto si appoggiano sulla guaina dei fasci, ma spostandone gli elementi si spingono sino alle trachee. L’ Ebenus cretica ha anche esso la stessa struttura fondamentale del tipo; però gli elementi perifloematici dei fasci tendono a divenire meno notevolmente sviluppati, formando delle fila frequentemente e per lunghi tratti interrotte: il gruppo perixilematico al contrario è molto robusto specialmente nel picciuolo, dove attorno al fascio me- diano si allarga formando una larga striscia che in certi punti circonda quasi tutto lo xilema del fascio. Singolarmente sviluppati inoltre sono gli elementi speciali che attraversano il palizzato i quali hanno qui una forma molto più acuminata che negli Hedysarum e nelle Onobry- chis e sono del resto così fitti e numerosi che per le basi si toccano reciprocamente in modo da respingere il palizzata più all’ interno (Tav. XXXIII, fig. 9 @) ed obbligarlo ad appoggiarsi sulle pareti laterali di questi idioblasti, dai quali riceve la luce. Nelle stipule si avverte, a somiglianza delle Onobrychis e degli Hedysarum, un solo strato inin- terrotto di elementi speciali sull'epidermide inferiore. | L'Arachis hipogaea e Y Aeschynomene indica deviano ancor più dal tipo fondamentale: infatti i tubi perifloematici che nell’ Ebenus cretica erano mal rappresentati sono qui in via di progressiva eliminazione: restando attorno ai fasci del pieciuolo e nel fusto solo i perixilematiei a formare una fascia di piccoli cordoni a corso sinuoso, che qua e là si anastomizzano e s'interrom pono, cosicchè si manifesta in modo molto mareato una tendenza in questi elementi tubulari a portare il loro CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’ APPARECCHIO ECC. 283 corso dal filo sui fianchi del cuneo legnoso. Gli elementi extrafasciali sono ancora molto bene sviluppati: però mancano, come del resto già nell Ebenus cretica, le cellule albuminoso-tanniche del midollo. Nella A. hypogaea le cellule caratteristiche della lamina foliare tanto nel 53 palizzata (Tav. XXXIII, fig. 7 a b) che nello spugnoso sono meno ab- d PO bondanti (specialmente le prime) e le striscie speciali subepidermiche x E: . presentano una mancata tendenza a ritornare alle strutture abituali. x Nella À. indica le cellule speciali del palizzata sono molto volumi- nose, quantunque, come gia quelle della A. hypogaea, poco o nulla caratterizzate, e quelle dello spugnoso mancante affatto e sono in parte È sostituite dalle cellule epidermiche; fenomeno questo sul quale gioverà. E tornare piü tardi (Tav. XXIII, fig. 8). Nella Coronilla stipularis queste tendenze che abbiamo visto com- parire nelle due specie antecedenti si accentuano ancora di piü, co- * sieché i gruppi perifloematici di elementi tubulari fanno assolutamente A E difetto o sono affatto rudimentali e transitorii e gli elementi perixile- | matiei prendono origine alla base delle foglioline lungo la nervatura principale in forma di un unico cordone che si restringe alquanto nel cuscinetto articolare e discende nel pieciuolo dirigendosi verso il fascio fibrovascolare mediano dove si forma cosi una striscia di elementi tu- bulari che corre per un certo tratto indivisa lungo il filo del fascio, ma poi giunta in basso verso la base del pieciuolo si sdoppia in due, le quali si spostano verso i lati del faseio; e tale disposizione si mantiene an- che nel fusto (Tav. XXIII, fig. 3 a) dove i due cordoncini laterali a ciascun fascio si fondono spesso ciascuno dalla sua parte con quelli dei fasei vieini, formando di fronte ad ogni raggio midollare un unico — gruppo, che è però generalmente poco robusto. Questa disposizione la- | tero-ventrale, secondo la terminologia del Vuillemin, non è quindi così nettamente distinta come questi (!) ritiene, dalla disposizione più : comune, secondo la quale il cordone albuminoso-tannico corre di fronte — al fascio: né mi sembra, a dir vero, che questo spostamento coincida = collo sviluppo di un arco fibroso ventrale qui rende cette région péri- ` v. + ock) Le. p. 279-280. 234. PASQUALE BACCARINI dermique tout à fait comparable à la portion dorsale du periciele : poi- chè anche in altre specie come ad es. nelle Anthyllis e nelle Amorpha, dove questo arco fibroso è ugualmente e forse più sviluppato che nelle Coronilla, il cordone albuminoso-tannico perixilematico non si scinde in due ma si mantiene integro di fronte al fascio, dal quale lo sepa- rano gli elementi fibrosi e cambiformi del libro interno rudimentale. Nella rachide della infiorescenza questi elementi sono anche meno rappresentati che nei rami fogliari e nel peduncolo fiorale; nel fiore nel frutto mancano affatto o quasi. Nelle foglie incontriamo ancora gli elementi conici del palizzato ma di regola molto più brevi che nelle specie antecedenti, e gli elementi tu- ' bulari dello spugnoso, i quali, benchè formino ancora uno strato quasi continuo, hanno rari e piccoli rami e presentano dimensioni molto mi- nori che nelle specie esaminate più sopra; le striscie subepidermiche del picciuolo e del fusto sono molto frequentemente interrotte e di buon ora perdono le caratteristiche che li distinguono dagli elementi normali conservando in definitiva quasi solo le dimensioni alquanto maggiori. La: Coronilla vera ripete il tipo della C. stipularis. _ La Coronilla scorpioides ne differisce pel fatto che le cellule coniche del palizzata sono molto più rare e più piccole e le cellule dello spu- gnoso poco o nulla ramose, sono molto distanti l' una dall'altra in modo . da non formare piü uno strato continuo. E notevole in questa specie una linea continua di elementi speciali che corre lungo il margine delle | foglioline. Nella Coronilla valentina le cellule coniche del palizzata sono così rare che si possono ritenere quasi eliminate, e le cellule dello spu- gnoso, abbastanza ben distinguibili negli stadii giovanili della foglia, non lo sono quasi più nulla, allo stato adulto. Questo ritorno alla struttura normale è così rapido, che nelle stipule, le quali sono fogli- formi e precedono nel loro sviluppo il lembo foliare, sono già scomparse quando nella lamina delle singole foglioline sono ancora nettissimamente | visibili. Nella Hippocrepis unisiliquosa gli elementi tubulari perixilematici | CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’ APPARECCHIO ECC. 985 (i soli ehe sieno rappresentati) prendono origine alla base delle singole = i foglioline, discendono nel picciuolo soltanto lungo la nervatura mediana i e nel fusto alla stessa maniera che nella Coronilla : soltanto i due cor- tano ancora più all’esterno sui lati del fascio sino a che verso la base lato interno della zona cambiale. Gli elementi speciali dello spugnoso sono poco o nulla evidenti: ed al contrario di quel che avviene nella P C. valentina sono di nuovo ben caratterizzati, se non numerosi, gli elementi conici del palizzata. " Nel gruppo di piante delle quali si è or ora trattato la distribuzione È degli elementi albuminoso-tannici dalle forme complesse della Onobry- chis e degli Hedysarum, è andata progressivamente semplificandosi sino a giungere al tipo molto ridotto delle Coronilla e dell Hippocrepis, il quale si rannoda ad un quarto e più semplice modo di distribuzione proprio del restante delle Hedisaree esaminate. ; Nello Seorpiurus subvillosa gli elementi parafasciali sono tutti esterni | al fascio e formano due gruppi, uno ventrale formato da tre o quattro | fila di tubi che corrono insieme e quasi senza interruzione lungo l'apiee dello xilema (Tav. XXIII, fig. 2 ^) ed un secondo gruppo che corre sul dorso del fascio (ibidem fig. 2 a). Questo è formato da un certo numero di fila di tubi, le quali prendono origine per trasformazione degli elementi dell’ endoderma ed hanno un corso sinuoso in modo che sino a toecarsi formando una rete a maglie larghe e molto allungate. Prendono origine questi elementi nel lembo fogliare lungo le cinque nervature principali e con esse discendono nel picciuolo, e dopo essersi, nel fusto dove mantengono la stessa disposizione. Tutti i fasei delle foglie fiorali presentano, nel loro tratto inferiore . lungo lo xilema, elementi speciali ai quali nel giovine frutto si asso- ciano lateralmente altri elementi extrafasciali in modo da formare at- _ torno alla zona meccanica del frutto una fascia prima frequentemente interrotta, piü tardi quasi continua. doni ehe derivano dalla scissione del cordone unico primitivo si por- ` del picciuolo, e meglio ancora nel fusto, corrono a poca distanza dal successivamente s'avvicinano, $ allontanano e si ravvicinano di nuovo. | verso la base di questo, messi in rapporto colla rete stipulare, penetrano 286 |. |. PASQUALE BACCARINI Elementi speciali extrafasciali s' incontrano solo nella lamina fogliare in forma di rare cellule a reazione speciale, intercalate sotto l epi- dermide agli elementi del palizzata e dello spugnoso, dei quali hanno presso a poco le dimensioni e la forma. Nello Ornithopus compressus il cordone perixilematieo appare nella ` lamina fogliare lungo la nervatura mediana: è molto più robusto del corrispondente dello Scorpiurus: talehé attorno al filo del cuneo le- gnoso forma una doccia o guaina (Tav. XXIII, fig. 1 @), nel picciuolo appaiono altri due cordoni ugualmente perixilematici, i quali non. corrono più sul dorso, ma sui lati degli archi di libro duro ripetendo la disposizione caratteristica dei Lotus. Dal pieciuolo il sistema para- fasciale scende nello stesso ordine. nel fusto e si arresta al nodo cotiledonare. Elementi extrafasciali s'incontrano nel lembo fogliare allo stesso modo dello Scorpiurus, e, dopo la fecondazione, se ne differenzia nei tessuti dell’ ovario un certo numero disposti a fascia attorno emi zona mec- canica dell' ovario stesso. Nell'O. sativus si ripete la identica disposizione dell'O. compressus ; ma il cordone perixilematico è molto più sottile che in questa specie: nel pieciuolo inoltre i tre cordoni accompagnano la sola nervatura mediana: non le laterali. Nella Amicia Zygomeris gli elementi speciali sono ridotti ai soli cordoni perixilematici, molto numerosi a dir vero, che corrono attorno all’ apice vascolare di ciascun fascio, e per la strettezza dei raggi mi- dollari si riuniscono a formare una specie di astuccio attorno al mi- dollo. Nel libro primario manca ogni traccia di queste formazioni: ma nel secondario di tratto in tratto si incontrano delle brevi cellule elissoidali disposte coll asse maggiore nel senso della lunghezza del- linternodio, le quali derivano da una cellula cambiforme che si segmenta trasversalmente in due. L'artieolo superiore generalmente più breve si differenzia di buon ora, e per Y elevato turgore assume forma ovoidale: lY inferiore resta una cellula cambiforme. Nella Nissolia fruticosa troviamo di nuovo soli elementi peri asc e molto meno sviluppati che nella specie antecedente. > NEL R LERS S" T COP IE È TREE E VO S oy x CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. AT EN Viciee. Tra le Viciee ho esaminate la Vicia Faba Lin., bithynica Lin. , macrocarpa Moris, grandiflora Scop., Gerardi Vill., hirsuta Koch, il Pisum sativum Lin., il Lathyrus vernus Bernh., pratensis Lin., x Clymenum Lin., odoratus Lin., niger Bernh., il Cicer arietinum Lin., P senza elie vi abbia potuto incontrare elementi albuminoso-tannici; per quanto talune delle specie sopraindicate appartengano alle Leguminose d piü rieche di tannino. Nel Cicer arietinum ho avvertito in gran copia 3 i sferocristalli a cui ho sopra accennate. see Faseolee. Delle Faseolee ho esaminate l Apios tuberosa, il Cajanus indicus Spr., le Dioclea Jacquiniana Dec., e glycinoides H. B., i Dolichos Jacqui- ied E nianus Dec., Lablab Lin., lignosus Jacq., le Erythrina Cristagalli e Lin., insignis * viarum Will., le Kennedya alba Dec., macrocarpa pubescens, il Phaseolus Caracalla Lin., multiflorus Lam., vulgaris Lin., la Pueraria Thunbergiana, lo Strongylodon rubrum Vogel, ed in tutte ho ritrovati abbondanti elementi albuminoso-tannici, che colla loro distribuzione più uniforme, attestano la maggiore uniformità di questo gruppo in confronto ai. precedenti. La Kennedya alba può venir scelta a tipo del gruppo: poichè vi coesistono e vi sono molto ben rappresentate tanto la formazione di EC elementi albuminoso-tannici parafasciali, che quella extrafasciale. La prima è costituita da una prima serie di cordoni, da una a tre file di tubi ciascuno, i quali corrono, allo interno di ciascun fascio, disposti ad arco nel libro molle e da un unico cordone di poche file di tubi, il quale corre all’ apice legnoso del fascio. Ambedue le serie prendono. i origine lungo le nervature della lamina foliare : ma le file del gruppo s perixilematico s’ interrompono con molta frequenza: mentre le endo- pe floematiche sono regolarmente continue, salvo ai cuscinetti articolari. 2 dove, col divenire concentrici dei fasci e col loro assumere una posi- - : zione assile, si assottigliano e s’ interrompono anche esse per ricompa- - rire di nuovo numerose nel picciuolo che ha qui Struttura centrica, e da questo diseendere collo stesso tenore nel fusto. La rachide della sais baie cm è pla: p in elementi spociali a e 288 PASQUALE BACCARINI rami fogliferi; il peduncolo fiorale ne quasi privo, ma quasi tutte le nervature delle foglie fiorali presentano, verso la loro base, almeno un cordone perixilematico: il giovane ovario ne presenta tre molto +, robusti lungo la nervatura dorsale e le due nervature ventrali. | All interno dei fasci ogni anno, al risveglio della sua attivita, il cambio da origine nella parte floematica ad uno strato di elementi speciali. Gli elementi extrafasciali sono rappresentati nella foglia da tre forma- zioni diverse, e cioè: si hanno in primo luogo sparsi qua e là nel paliz- zata, quantunque, a dir vero, non troppo abbondanti e non troppo volu- minosi, dei gruppi di elementi conici che dalla epidermide s' allungano coll’ apice nel merenchima senza raggiungere quasi mai il piano dei fasci; in secondo luogo delle cellule discoidali a contorno irregolar- mente lobato, le quali si appoggiano le une contro le altre lasciando degli stretti meati, e formano un piano che seinde in due strati il tessuto spugnoso; ed in terzo luogo lungo il dorso delle nervature prineipali un certo numero di elementi a tipo collenchimatico, i quali 1 sparsi ed isolati verso ľ estremità delle nervature secondarie si vanno E man mano avvicinando ed aggruppando, sino a formare verso la base della nervatura foliare una fascia reticolata separata dalla epidermide per un sol piano di cellule. Ai cuscinetti articolari questa fascia vien rinforzata da un gran numero di altri elementi, i quali si dispongono in serie più o meno regolarmente radiali verso I’ endoderma del fascio sin quasi a toccarlo. Dal dorso delle nervature fogliari la fascia poi discende nei tessuti — corticali del picciuolo e da questo nel fusto, dove si porta all'esterno divenendo direttamente subepidermica, quantunque anche nei tessuti profondi della corteccia si avvertano sparsi qua e là numerosi elementi speciali. (li elementi che la compongono sono indubbiamente transi- torii , ma non perdono il earattere di elementi speciali che con estrema . lentezza, e negli organi adulti. La Kennedya alba e macrocarpa unifoliata quella, trifoliata questa, - presentano la stessa disposizione fondamentale con queste differenze mei Leon Saar vi sono più netti e più numerosi, ed il s t } CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’ APPARECCHIO KCC. : 289 piano di cellule discoidali disteso nel mezzo dello spugnoso è formato di cellule più grosse, mentre i gruppi di elementi conici del palizzata mancano, e la fascia corticale del picciuolo e del fusto è ridotta ai minimi termini (Tav. XXIV, fig. 4 a). Nel giovane frutto della Kennedya alba che ho potuto esaminare persistono i cordoni perixilematici del- lovario, ed all’interno della zona dei fasci commissurali a poca di- stanza della guaina meccanica del frutto si sviluppano un gran nu- mero di gruppi cellulàri albuminoso-tannici, i quali si dispongono per ciascuna valva in un unico piano. La Kennedya pubescens segna un gradino anche più basso nella riduzione di tutti questi elementi parafasciali, i quali, benchè ancora nettamente distinguibili, sono allo stato adulto poverissimi della sostanza caratteristica, i gruppi di cellule coniche del palizzata e le fascie corticali del picciuolo e del fusto sono definitivamente scomparse, ed il piano di cellule speciali dello spugnoso è nettamente riconoscibile solo negli stadii giovanili della foglia. Lo Strongylodon rubrum differisce dalla Kennedya pubescens, uni- camente per un ulteriore riduzione degli elementi speciali i quali sono oramai esclusivamente parafasciali, il cordone perixilematico è però molto sottile e presenta numerose e lunghe interruzioni. La Pueraria Thunbergiana nella quale gli elementi speciali furono per la prima volta segnalati da Avetta (!) è poco meglio fornita sotto questo rapporto della specie antecedente, poichè oltre agli elementi parafasciali che sono molto ben costituiti vi si avverte uno strato di elementi speciali interposto allo spugnoso, ed una simile fascia negli strati profondi della corteccia interna; ma in tutti i casi questi ele- menti presentano una specializzazione così debole e transitoria, che non è da farne gran caso: e non possono distinguersi dagli elementi vicini che per la forma e la disposizione che risultano analoghe a quelle degli elementi nettamente specializzati di specie prossime. Ma queste due specie or ora indicate e la Kennedya pubescens, che io appunto (1) Le p. 210. DON 0 | PASQUALE BACCARINI |. per la uniformità della disposizione ho raggruppato assieme costitui- | scono le Faseolee men ricche di elementi speciali tra quelle studiate. Nel Cajanus indicus iufatti del quale ho potuto esaminare una piccola piantina ritorna a divenire evidente lo strato di cellule discoidali in- terposto nello spessore del tessuto lacunare tanto da rinnovare il tipo della Kennedya alba. ae ; Nell’ Apios tuberosa vi si aggiungono intercalate alle file del paliz- SA zato un certo numero di elementi albuminoso-tannici che sono però ben caratterizzati solo in gioventù e divengono più tardi poco distinti, come non troppo distinti risultano gli elementi speciali dello spugnoso (Tav. XXIV, fig. 3a). Gli elementi parafasciali di questa pianta cosi caratteristici per il loro contenuto e per le differenze che a questo riguardo, come sarà detto altrove, si notano tra il sistema di tubi pe-. rixilematico e l’endofloematico, discendono anche nei tuberi, dove si mantengono molto abbondanti specialmente gli endofloematici i quali AES si arrestano solo ai punti di formazione delle radici. À Nella rachide della infiorescenza si avverte un impoverimento del sistema tubulare perixilematico : mentre i tubi del libro si mostrano an- cora molto larghi e ben costituiti. Sono essi soltanto che penetrano nel peduncolo fiorale e da questo si diramano ai varii organi del fiore. Ognuno dei fasci principali delle singole foglie fiorali, e più di rado le loro ramificazioni, sono accompagnati soltanto da una o due file di tubi floematici. Fanno eccezione i fasci suturali del carpello, poichè i due ventrali presentano alla periferia del libro molle, un arco di nu- ng merosi elementi speciali ed il dorsale presenta innoltre un certo nu- mero di stretti elementi albuminoso-tannici lungo il suo apice legnoso. Nelle Dioclea Jacquiniana e glycinoides, ma più nettamente in quella che in questa agli elementi in quistione si aggiungono anche le striscie o zone corticali, così nettamente costituite nella Kennedya . rubra: ma allo stato adulto tutto il sistema si affievolisce: cosicchè i i pochi elementi sono riconoscibili soltanto per le dimensioni maggiori. . quasi nulla per le reazioni speciali. L’ Erythrina Cristagalli torna di nuovo ad un tipo intermedio tra ie Kennedya alba e la rubra: poichè possiede come queste due specie X CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 291 3 À i cordoni di tubi parafasciali e lo strato di grandi cellule schiacciate 1 A nel mezzo del tessuto aereatore delle foglie e presenta come la K. rubra ES numerosi idioblasti interealati tra gli elementi del palizzata. Questi idioblasti peraltro presentano molto frequente la caratteristica, quasi accidentale per altre piante, di sdoppiarsi in due cellule sovrapposte (Tav. XXIV, fig. 5 ab, fig. 6 bc). Gli elementi corticali del picciuolo e del fusto e la fascia dorsale alle nervature qui fanno assolutamente = difetto. Tutti questi elementi si distinguono allo stato adulto dai cir- costanti quasi unicamente per le loro grandi dimensioni: ed allo stato giovanile anche per le reazioni speciali che vanno in seguito rapidamente » affievolendosi sino a scomparire. t: L'E. viarum si accorda colla E. Cristagalli quasi intieramente, poichè ; E. ne differisce solo per una piü notevole riduzione nella specializzazione ^ degli elementi in quistione: e la E. insignis presenta ancora distinti gli elementi parafasciali: poco netto lo strato del tessuto spugnoso. In tatte e tre le specie il cambio dà luogo dalla parte del libro ad # elementi secondarii. ; Tutte le Erythrina sono poi caratterizzate da ciò che mentre nella grande maggioranza delle specie fin qui esaminate si è avvertita una riduzione evidente e qualche volta notevolissima degli elementi in questione negli organi fiorali: in esse se ne ha invece un sensibile aumento: cosicchè i singoli fascetti anche più sottili del calice, della corolla e dell'androceo vengono accompagnati da buon numero di tubi albuminoso-tannici, i quali per la semplificazione del fascio ed il suo ridursi ai soli elementi essenziali, perdono ogni nettezza di posizione relativa e si spostano in varia maniera, circondando e talvolta scin- _ si dendo il fascio in diversi gruppi, favoriti in ciò dalla enorme hé ghezza del loro lume. (Tav. XXIV, fig. 7 a). : : I Dolichos Jaequinianus,; Lablab e lignosus si possono anche essi riferire al tipo della Kennedya alba; coll’unica differenza che tutti questi elementi speciali, ben caratterizzati e rigurgitanti dell'accumulo. albuminoso-tannieo negli stadii giovanili dell’ organo, se ne vanno in ; progresso di tempo impoverendo, sino a diventare poco o nulla rico- . noscibili ed assumere i caratteri. come fu altrove indicato, di grosse PASQUALE BACCARINI cellule acquifere. I tubi perilegnosi e lo strato interposto allo spugnoso ‘sono quelli nei quali questa tendenza si manifesta con maggiore net- tezza, 0, se si vuole cop maggiore esagerazione. I tubi floematiei sono invece di regola ben rappresentati e costantemente immersi nel libro molle; spesso a contatto cogli elementi meccanici del libro; non mai con quelli del periciclo (Tav. XXIV, fig. 1). Inoltre quivi il cambio dà luogo ad una ricca formazione di elementi albuminoso-tannici se- eondarii, allo sviluppo dei quali precede, come si è indicato, quello degli altri elementi normali del libro, dai quali questi elementi secondarii^ differiscono innoltre anche per la maggiore lunghezza. Il Phaseolus vulgaris, multiflorus e Caracalla non presentano dif- -ferenze gran fatto marcate dalle specie di Dolichos sopracitate se non questa che i tubi perixilematici discernibili nelle loro prime fasi di sviluppo con sufficiente nettezza, lo divengono più tardi solo con molta difficoltà: quantunque nel Phaseolus Caracalla questi tubi perilegnosi compaiono più in alto e si mostrino dapprima più ben costituiti degli altri. I tubi floematici sono meno abbondanti che nei Dolichos e for- mano per lo più delle file semplici, solo di rado e quasi accidental- mente interrotte, ed adossate all'arco meccanico del periciclo (Tav. XXIV, fig. 2 a). Sophoree Tra le Sophoree ho preso in esame soltanto la Sophora japonica Lin., nella quale il tannino che pure abbonda in diversi tessuti non dà . luogo alla differenziazione di elementi speciali. (Continua). Prof. O. PENZIG, Redattore responsabile. t Vis Tn LT "Palermo - $9 HOY ( E Va 285: MALPIGHIA, Volume VI. at Ae EU x DATE S cnm» alermo Lit.Vi P > D = =, S s T = a = PC = ACT 4410 } * but MÉO Préc ) MALPIGHIA, Volume VI. b LEN is” à, Cs Ss A Bet te ev if M "m mi Qd n?» qe m m PUR "p T Msi 2 p 3 FIRE I "ioi he sano. VE g =H. Dato. ES é 3 7 aA i ce Rs üp dd QE Gb partu dba Py e * ) £ A A x : 01004 21004 HUB] “onuey erqdoydny "p BU QAI elquoydngy off /ap»orn]oawt 2190] DES 9]opuon:) Lm Tree oau ay Fi * f Studi sulla forma, struttura e sviluppo del seme nelle Ampelidee. Ricerche del Prof. A. N. BERLESE. 2 (Con tav. XI-XVII e XVIII bis). E PARTE GENERALE. Di buon numero di piante è nota la struttura anatomica, e l’ istogenia del seme, o di parti dello stesso; l’ attestano principalmente i lavori di "Targioni-Tozzetti (), Warming (?) Semplowscki (*), Strandmark (!), . Lohde 0. Paul (*), Hanstein (7), Hegelmaier (*), Pirotta (°), Guignard ('*), . (t) Tareroni-Tozzetti, Saggio di studi intorno al guscio dei semi. Torino 1855. Questo accurato ed interessante lavoro riesce, e per. la diligenza colla quale are condotto e pee l'epoca in cui apparve, uno tra i più notevoli sull’ argo- Checa e mentre deploro, e non so in alcun modo giustificare, la dimenticanza lla quale fu abbandonato dai botanici, sento il dovere di rimetterlo in luce, ‘onde sia resa all’ illustre autore quella giustizia che meritatamente gli spetta. Ed è invero un fatto di non lieve interesse per la botanica italiana che nel 1845 sia apparso sull’ argomento difficile della struttura dei tegumenti seminali un e quasi precorre l'età, e nel quale sono esposte osservazioni che ven- nero confermate e dato come s da altri autori, specie stranieri, in P. a ae Se. Nat. 6, ser. V. 1877. nin. d. Baues ja 1874. (*) STRANDMARK, Bidrag, till. pos 1874. u. Bau. ein. Samenschalen. 1865. OED. m. Mon. und. Dikotyl. 1 1871. ergl. ui Entw. Dycot. Keime. 1878. d JROTTA, seil parce gis. seme nelle Oleacee. 1884. # GUIG = p. et ae Ni. le sac me 1882. anno VI, "voL NT. . du sac embryonnai. 1881. — Recherches d em- se 294 A. N. BERLESE Strassburger ('), Hofmeister (°), Godfrin (5). Mattirolo e Busca- glioni (*). eec. ece. Per intere famiglie si hanno delle notevoli ed aceurate ricerche dal punto di vista della struttura e dello sviluppo del seme, pero devesi ancora ripetere quanto il Pirotta (*) disse nel 1884 essere cioè « ancora poche famiglie, delle quali si possa dire, che la struttura del seme ne sia abbastanza nota ». Le ricerche bibliografiche da me fatte (°) sopra questo argomento mi condussero alla conclusione che per le Ampelidee, non solo mancava un lavoro generale sulla struttura del seme, ma che non esistevano sull argomento che scarse ed isolate ricerche rivolte più che altro alla morfologia del seme di parecchie specie di Vitis, ed all’ illustrazione anatomica del seme di Vitis vimifera e di Ampelopsis hederacea. Per primo il Licopoli (7) diede un saggio della struttura e dello svi- ‘luppo del seme nella Vite. La brevità colla quale Y autore tratta V ar- gomento, e più assai ancora la poca correttezza colla quale il lavoro fu condotto, mi dispensano sufficientemente, a mio credere, dal riferire qui le conclusioni alle quali giunse quest’ autore e che per buona parte, non sono affatto conformi al vero. Il Penzig nel IV volume dell’Archivio del Laboratorio Crittogamico di Pavia, in un breve lavoro sull'anatomia delle Vite, offri un saggio sulla struttura anatomica e sullo, sviluppo del seme di detta pianta, (5 STRASBURGER, Ueb. Befr. und Zelltk. 1878. — Die Ang. u. + ed Ueb. An ©) Hormetster, Neuere Beob. ueb. Embr. Phaner. (5) Goprrin, Etude hist. tegum. sem 4 (4) MarrtROLO e BUSCALIONI, pene dei pelle seminali delle Legu- minose, 1892. (5) Prrorra, L c. p. : ©) Soddisfo al i dovere di rendere pubblici ringraziamenti al Chiariss. Prof. R. Pirotia e F. Caruel per l' ajuto prestatomi in eu lavoro. Il primo col permettermi di frequentare la Biblioteca del R. Istituto Botanico di Roma, onde consultare i numerosi lavori sull’anatomia e deese del seme ; il secondo coll’ inviarmi tutti quei lavori sull Genga suddetto, che pate da me ss sottoposti ad un piu lungo co ICOPOLI, x frutto dell uva e para ‘principali sostanze in esso eonte- nute. Napoli 1876. ed oltre che, per l'esattezza delle cose esposte. il lavoro riesce impor- tante anche per la critica che in esso viene fatta ad alcune principali | osservazioni di Lieopoli. / . Nel Congresso internazionale di Botaniea,e d'Orticoltura tenuto a Pa- rigi nel 1878, il sig. J. Poisson (!) espose con qualche dettaglio la strut- iura e lo sviluppo del seme della Vite, e di quelle osservazioni fecero tesoro i sigg. Portes e Ruyssen (°) i quali le esposero nel vol. I. del pe trattato sulla Vite.. Il sig. Carl Hambóck (5), pubblico sog Annalen der Oenologie (Neuter Band, Erstes Heft, 1881) uno studio sul seme della Vite . durante lo stato di quiete e durante la germinozione. Nella prima 3 parte del lavoro diede la struttura anatomica del seme descrivendo | partitamente i diversi tessuti ed il loro contenuto. Le osservazioni ac- . curate e le buone figure rendono questo lavoro (sebbene sia piuttosto z T breve) il migliore di quanti esistono sull'anatomia del seme della Vite. _ «Nel 1883 il Portele eseguì delle ricerche sullo sviluppo e struttura 3 delle bacca dell’ uva, e consacro nel lavoro qualche pagina al seme. Però | il lavoro aceurato, e condotto con quella competenza che distingue il _parte cies all lirica Jel seme. Bull pisse dei adi seminali oris Y ite e dell Ancor anche qualche osservazione non interamente in accordo con quanto si osserva in natura, circa il auc del fascio del rafe; ma di ciò ci occuperemo a suo luogo. Molti autori e trattatisti di Viticoltura, riportarono le osservazioni, spe- . cialmente del Penzig e del Portele, senza aggiungere “nulla di nuovo : al già fatto, per cui si può asserire che prima dell’ apparsa del presente | lavoro, non esistevano sull’ anatomia e sviluppo del seme delle Ampelidee a che notizie staccate e rivolte per la massima parte alla Vite, il seme della quale venne studiato per l’importanza che presenta la pianta stessa, non veramente a scopo di illustrazione botanica. " Speciale menzione meritano i tentativi fatti dall’ Engelman (') allo scopo di trovare nei semi delle diverse specie di Viti, caratteri adatti alla classi- ficazione delle medesime. Detti tentativi furono poi seguiti dal Foëx (°) e da altri, e recentemente dal Viala (5). Ma di questo argomento par- . lero a suo luogo; per ora basti il dire che buoni caratteri differenziali possono essere desunti dalla morfologia del seme, e riporterò a tale - proposito l' opinione del Planchon (*), il più autorevole nella sistema- _ tica delle Ampelidee. « Senza ricorrere ai caratteri interni, dice que- st’ autore, si possono constatare sopra la testa stessa delle combinazioni di forma generale, la presenza, l'assenza o la lunghezza relativa del rostro, la disposizione delle rafe sopra una costola, o sopra una faccia | | piana, la terminazione dello stesso rafe sopra un dato punto del dorso, "a la presenza del quale è rilevata all esterno mediante il calazio costi- | caratteri collo stato della sitpueficio della testa (liscia, rugosa od echina e colla. forma delle due depressioni ehe corrispondono a ripiegament interni del tegumento, * si possono trovare dei caratteri assai manifest! per distinguere. 8e non dei generi, almeno i gruppi naturali dei generi. Aor ». L an à * . z [4 . * - La riforme più o meno schiacciato. Non di rado però si trovano tipi allon- tanantisi dalle forme ora ricordate. In ogni ovario abbiamo di regola x \ = da 1 a 4 semi. Non v’é un numero costante di semi per ogni genere, così la bacca può contenere 1, 2,3, 4 semi a seconda degli aborti che si sono verificati. In non poche specie è costante il trovare 2-4, (spesso tre) vinaccioli in ciascuna bacca. I semi nelle Ampelidee ascendono dalla base della loggia dell’ovario, sono eretti, si possono considerare come semi anatropi in eui il calazio ` si è spostato lateralmente, cioé ha continuato nel suo movimento tra- slatorio dopo che era arrivato nella regione perfettamente opposta al . micropilo. Hanno costantemente un tessuto duro avvolto da uno strato più o meno grosso di parenchima. Questo tessuto duro si introflette nel maggiore numero dei casi ai lati del rafe, nella regione ventrale, così da formare due fossette che sono spesso ripiene di un tessuto cel- lulare ad elementi molto ampi, rafidiferi. Questa speciale introflessione fa si, che lo strato duro del seme in taglio trasversale disegna, dal lato ventrale, tre lobi più o meno accentuati, o più o meno acuti. All’apice del lobo mediano scorre il fascio del rafe che si porta fino al calazio collocato costantemente nella regione dorsale. | L’embrione è diritto, assile con asse ipocotile radicoforo quasi cilin- drico, cioè leggermente attenuato verso la radicule che è conica ed a- derente al sospensore anche a maturità. La plumula è conica, pochissimo sviluppata. I cotiledoni sono due, piuttosto piccoli, piano-convessi, di ora tri- angolare, opposti, affacciati l'uno all’altro. Di essi quello rivolto verso | il rafe è un po’ maggiore. Circa la posizione dell’ embrione è da notarsi ch’ esso è rivolto all’ in- - giü;h ha la radicula rispondente al micropilo, e tiene una direzione sa verso la regione calaziale. Questa direzione è determinata dal fatto che l'embrione si svolge nella cavità, o nel senso della cavità (se questa. è scomparsa in seguito alla formazione dell’ endosperma ) del sacco ions Si vede da cid che l’orientazione dell’ embrione é delle pit di am T sua L : * x 3 3 it ht E ; retto, d obliquo, del sacco embrionico ed é contenuta nel piano di simmetria dell’ ovolo. Questo piano poi coincide con quello dell’ embrione, e riesce naturalmente perpendicoltre alle faece dai cotiledoni (t). Dissi che l'aspetto del seme nelle Ampelidee, varia tra il piriforme e lo sfe- rico: é bene notare inoltre che esso ricorda di frequente, più o meno bene, un dato tipo di forma. Come modello di questo tipo può essere preso il seme di Vite, come il più noto. Nel genere Vitis il seme ha forma poco variabile. È piriforme più o meno allungato, si presenta convesso al dorso e piano al ventre sub- trigono quando, crescendo nell ovario a contatto con altri, è soggetto a pressioni. La sua base si prolunga in un’appendice più o meno svi- luppata, foggiata a rostro, e che prende il nome di becco. Nelle viti europee il becco è spesso bene sviluppato, nelle americane invece resta | alquanto più breve, talvolta anzi è brevissimo. Il calazio pure offre qualche carattere differenziale, poichè nelle viti europee occupa la re- gione superiore del dorso, piuttostochè il centro come nelle americane, esi trova quindi più lontano dal becco, ossia dalla regione ERYS, Inoltre nelle viti americane il detto calazio è di regola alquanto più | piecolo, e piuttosto ovoide, od almeno non così largo come nelle europee, mentre dalla posizione che esso occupa, risulta più lungo il rafe. . . Nei Cissus i semi sono più variabili e per la forma e per le dimen- A sioni. In molte specie di questo genere ed in quelle dell’ affine Ampe- lopsis, il becco è assai corto. I semi di Rhoicissus e di molti Tetrastigma, Spme pure dei Riksta! i sono pure brevemente rostrati. Nel Cle- i | maticissu $ sensim ORT a (A vere direi; e > quelli pure degli Ampelocissus sono appena, ed assai brevemente, rostrati alla base, e non mai piri- | formi come lo sono quelli della Vite; sono però spesso navicolari e con- | vessi al dorso. Nelle viti stesse il becco, come si disse, varia in lun- . ghezza. In alcune specie è piuttosto allungato, laddove in altre si riduce ad una breve attenuazione della Dee: inferiore del, seme. Caratteristica 7 O a "nca , Recherches sur la symétrie da structure de t ovule et sur stri n de ie dans la ME ek unt rendus; Lum, 1869... i sono « anguste, ovato-trigona, basi pss | delle viti é l'aspetto piriforme dei semi. Dissi che il seme delle Am- pelidee si aggira per la forma intorno ad un dato tipo che può essere concretato nel seme della vite. Però oltre ad un tipo. di forma abbiamo anche un. tipo di struttura, e di disposizione delle parti che concorrono alla composizione del seme medesimo. La costanza nel numero, natura e disposizione di queste diverse parti, raggiunge un limite molto ele- vato nelle specie appartenenti alla famiglia da me studiata, talchè pos- siamo riscontrare modificazioni più o meno profonde di una data parte, ma non mai (almeno nelle specie osservate) scomparsa di qualcuna, od apparsa di qualche parte nuova. In alcune specie dei generi Tetrastigma, Cissus, ecc. abbiamo semi che si allontanano notevolmente dal tipo della Vite rispetto alla forma, ma la disposizione delle diverse parti di ciascun seme, ci riconduce a quel tipo. Maggiori differenze abbiamo invece nel calazio e nelle foveole. Dissi che il calazio si apre nella regione dorsale. Spesso è circolare (alcune Vitis, Landukia, molti Cissus, Pterisanthes, ece.); altre volte è più o meno allungato (alcune Vitis, Ampelocissus ); oppure lineare come A MU) alcuni Tetrastigma , aa; mentre è lineari-spatolato nelle Ampelopsis. ; In molte specie è infossato in un solco, segnatamente in quelle a l calazio lineare. Nei Cissus ed Ampelopsis è spesso poco sporgente, mentre in non poche specie di altri generi è saliente. Così il rafe forma un cordone più o meno pronunciato a seconda della specie. Le fossette, cioè quelle introflessioni del tessuto duro e dei sottostanti, le quali Abbiamo: prima ricordato, offrono buoni caratteri differenziali per i generi, e non di rado anche per le specie. | | Sono in numero di due in Vitis, Cissus, Ampelopsis , Ampelocissus, : Pterisanthes, Parthenocissus, Rhoicissus, ece., secondo il Planchon sono UA 1a3 in Tetrastigina ('). Variano per forma e dimensioni. In Vitis, aleuni Cissus, PPM ecc., sono più o meno go e non molto i m Nel T. gii gémaeeum abbiamo 2 h santos a vanno dalla re- : er e oltre alla meta del seme, e parecchie altre secondarie profonde, che solcano tutta la pte del seme stesso. (Vedi pocilo - — - genere a ristrette, ma non oceupano mai l’intera faccia ventrale del seme. Negli Ampelocissus in eui i semi sono navicolari e depressi, non piriformi, le foveole sono larghe e poco profonde. Sono invece ristrette assai e spesso così profonde da raggiungere quasi il lato dorsale, in alcuni Cissus (C. populnea, C. rotundifolia, ecc.). Per ciò che riguarda lo stato della superficie del seme non ho che da ripetere quanto disse il Planchon, e che riportai più sopra: cioè la superficie può essere, a seconda della specie, liscia, rugosa, leggermente echinulata, oppure percorsa da strie salienti radianti dal calazio. Circa alla struttura del seme delle Ampelidee, devo notare che pro- fonde variazioni non esistono, almeno a desumerlo dagli studi dei pochi autori citati, e dall’ esame delle specie che vennero sottoposte alla mia osservazione (*). Fra qualche genere (Vitis, Cissus, Tetrastigma, ecc.) esistono delle differenze abbastanza notevoli, ma non di rado invece la struttura si ripete in generi diversi con poche e quasi insignificanti variazioni. . Un fatto caratteristico della famiglia, e degno di nota, si ê la co- | stante presenza nel seme maturo di tutti i tessuti provenienti dal te- ; gumento interno (secondina). Cio si osserva pure in altre famiglie (Ru- T ‘tacee, Euforbiacee, ecc.), ma, come è noto, non è il caso più frequente, | y gne normalmente si osserva invece la mancanza del tegumento in- fo) E qui pure devo ringraziare il prof. Pirotta di Roma, i sigg. Vilmorin-An- Pa e De la Cour di Parigi ed il signor J. Urban del Museo bot. di Berlino si per p a gentilmente speditomi. Le Ampelidee, ssp il bel | avoro ultim "lanchon, sono oltre 400. Il genere più numeroso è il Cissus, poichè Soot più di E ee Però di molte specie della imita non sono A sultati che ottenni, pur non essen . Inoti ancora i semi, altri generi (Landukia, Clematicissus) sono monotipici (Rhoici. altri ssus, Tetrastigma, Pterisanthes) ) comprendono poche specie. Non di tutti i generi potei avere rappresentanti , e di aleuni ne ebbi pochi. I ri- 'ssendo | la suddetta ragione completi, mi parvero tali da m eritare di essere sottoposti al giudizio dei botanici, salvo a È completare le ricerche allorquando mi fosse dato avere quel materiale che fin |. qui ricercai specialm ente a Parigi e Montpellier, con molta insistenza, ma non con pari fortuna. Di alcuni generi ebbi molte specie (Vitis, Ape lopsis) e nel genere Cissus notai variazioni di struttura piuttosto si cosichè fin d'ora dico oa UE per pm LS la uu dei terno il quale viene distrutto durante la formazione dell’ albume. Non abbiamo quindi nelle Ampelidee quel processo di distruzione constatato. dal Bachmann ('). e da molti altri. Onde meglio comprendere la struttura del seme delle Ampelidee, se- guiremo quest’ organo in tutte le fasi del suo sviluppo, e vedremo quale - è il suo modo di formazione, e quali modificazioni vadano subendo le diverse parti, che lo compongono man mano che I ovolo passa allo stato di seme. Sviluppo e struttura dell ovolo (°). Non entro in dettagli sulla struttura dell’ ovario fla quale, unita- mente allo sviluppo, riserbomi di trattare in altro lavoro, espongo quindi sopra detto organo quei pochi cenni che si rendono necessari alla chiara esposizione della organogenia e struttura dell’ovolo. L’ovario delle Ampelidee è costituito normalmente di due foglie car- pellari, ed è di regola biloculare. Qualche volta concorrono tre car- pelli alla wih formazione, ed in tal caso è triloculare. Esso è sessile, supero, ovoidale, piriforme o depresso a seconda dei generi. Ù (1) BACHMANN, Darstellung der Entwickelungsgeschichte und des Baues der Samenschalen der Scrophularineen in Nova Acta-d. Naturf. XLIII, n. 1, 1881. (3) I generi studiati da me dal punto di vista ne organogenia dell’ oyolo sono Vitis, Parthenocissus, Ampelopsis e Cissus. P. recchie specie dei tre ultimi esistono nella raccolta ee pine sinl Nella raccolta ampelografica, poi esistono diverse speci Vitis, e anche molto interessanti. Siccome non ho trovato notevoli tino satis SUEN dell’ ovolo delle specie stu- z : non é nominato altro genere, o specie, intendo parlare del genere Vitis. oe variazioni circa il numero di elementi delle singole parti, le cose si passano egualmente in tutti i generi studiati. Ho cercato di studiare ed illustrare none tosto il genere Vitis, perchè comprende specie interessanti. Seguii lo sviluppo | sopra materiale appartenente ad un solo individuo ma estesi le ricerche anche ad altri della stessa specie come pure a specie e Non avendo trovate differenze, quando nomino Vitis non intendo riferirmi ad alcuna delle specie — : (Vitis vinifera con parecchie varietà ed. ibridi, Y. pc canes d V. aesti — valis, fee) ma al genere in sé stesso. Di un certo interesse per la sistematica è la conformazione del disco Ja quale varia più o meno profondamente; cinge la base dell’ ovario. Talvolta quest’ organo è immerso nel disco medesimo, (Ampelocissus), anche in questo caso però forma intorno all’ ovario un bordo a quattro | o cinque lobi, assai pronunciati nel genere Landukia, e più o meno negli altri, bordo poco distinto in Ts, Ampelocissus e Tetrastigma, leggermente ondulato nelle Ampelopsis, dove persiste alla base del frutto maturo, e mancante addirittura o quasi nei Parthenocissus in cui è quasi fuso coll’ovario medesimo dal quale si distingue specialmente per la diversa colorazione. Nei Cissus è poi quadrilobo e foggiato a coppa. In molti generi accompagnano spesso questo organo, ghiandole nettarifere. Lo stilo è pure variabile in forma e più ancora in lunghezza. Breve in taluni generi, e collo stigma più o meno dilatato, ( Vitis, Ampelo- cissus, Pterisanthes) è un po’ più lungo in altri (Clematicissus, ecc.) ed alquanto dilatato allo stigma che è quadrilobo, o quadripartito (Tetrastigma), o disciforme (Landukia), mentre è subulato in Parthe- "nocissus, Ampelopsis, Cissus; in Vitis è liscio, conico mentre Rea riesce scanalato in Ampelopsis. — E L'ovario si sviluppa, dopo la fecondazione, in un frutto 2s a ma- turità presenta tutti i caratteri della bacca. = In ciascuna loggia dell’ovario vi sono due ovoli egualmente svilup- x pati prima della fecondazione. Più tardi uno o due abortiscono, mentre . gli altri si sviluppano in semi. Non è caso raro però (specialmente in certi Cissus Vitis ed Ampelopsis) trovare in una bacca tutti quattro gli Si ovoli, dopo la. fecondazione, in via di sviluppo, e convertiti nel frutto maturo in quattro | semi. Più frequentemente tre ovoli abboniscono, e più spesso ancora due soltanto. In qualehe easo un solo ovolo si svi- luppa in seme, ed in qualche varietà di vite il frutto manca spesso . totalmente di seme (apirenità di varii Cor/nti). Sulla placenta di ciascuna loggia, quando le parti del fiore sono di- stinte, spuntano due tubercoli funicolari all’ apice dei quali, dopo breve . tempo, si differenziano le papille ovulari. Gli ovoli sono collaterali: rima sono obliqui in alto sopra un. funicolo piuttosto lunghetto, indi rizzo ME e di de col pisi: rivolto in basso, cioè Marron Pre E stamente compariscono i due tegumenti, e vanno differenziandosi le di- verse parti mentre si sviluppa il sacco embrionico. Qualche tempo dopo la fecondazione, l’ ovolo sposta il lato dorsale, e l'avvicina al micro- pilo trattandosi di ovolo anatropo, a rafe vero, il tegumento ‘esterno dal lato del sipario ovariale è più sviluppato, e lo strato mediano è | percorso da un fascio di tracheidi e cellule floematiche, il quale si ar- resta al calazio allargandosi alquanto a ventaglio. Coll ulteriore sviluppo i tessuti dei tegumenti seminali si differen- ziano profondamente, e passano allo stato definitivo mentre contempo- raneamente ha luogo lo sviluppo dell'endosperma e dell'embrione ed al- lorchè quest’ ultimo vm completato il suo svolgimento, il seme ha rag- giunta la maturità. Vediamo dettagliamente lo sviluppo di ciascuna delle parti ricordate. i Come dissi l ovario delle Ampelidee è biloculare. Ciascun carpello ri- - a piega i suoi bordi internamente in modo da dar origine ad un vero setto. In ogni loggia abbiamo due ovoli. Nel mezzo della linea di base del sipario diametrale, cioè nel fondo delle logge, vi è la placenta quasi indistinta. Quando la cavità ovarica e appena accennata comincia la . formazione degli ovoli. Tubercoli funicolari. — L'apparsa dei tubercoli funicolari è contem- 2. poranea o quasi-in ambedue le logge. Sono normalmente quattro (almeno. nelle specie studiate) e* derivano dalla rapida settazione tangenziale . e radiale di alcune cellule del secondo strato sottoepidermico. L'assisa | sovrastante e l'epidermide, seguono il detto strato sottostante nel suo Sviluppo, dividendo i loro elementi con setti radiali. Qualche volta osservai pure anche in talune cellule dello strato sottoepidermico un setto tangenziale che richiamerebbe all’idea che anche detto strato : compartecipasse (come in altre piante pure s'osserva) alla formazione : da abs ae ot La scarsezza da Es us me osservati di , De l'ovule in Ann. Se. Nat. VI. Ser. 5, p. 178 6 Oiti e RI C Bic alto ao dell’ovolo e del seme di Trapa, in VEND | fronto colla frequenza invece di quella del secondo strato, mi fa credere che il tipo a cui Vitis, Cissus, Ampelocissus, Ampelopsis appartengono, sia quello medesimo al quale sono ascritti Viola, Ribes, Symphitum, Geum, Verbascum ecc. Il risultato del lavorio delle cellule alla strato secondo sottoepider- mico, è la formazione di una massa di meristema che si pronuncia al- ‘l'esterno in forma di un cono arrotondato all’ apice il quale riempie quasi tutta la cavità ovarica e ehe riesce ricoperto dallo strato sotto- epidermico e dall’ epidermide, gli elementi dei quali sonosi convenien- temente moltiplicati ed accresciuti. Il cono suddetto è il funicolo ( Tav. XI, fig. 1, f) ed ha uno ui più o meno pronunciato a seconda dei ennor ma sempre entro limiti piuttosto ristretti. Gli elementi che compongono il cennato funicolo, sono irregolarmente poliedrici, spesso un pochino allungati nel senso dell’asse longitudinale del funicolo medesimo. Le cellule epidermiche sono bene distinte, un pò stirate nel senso tangenziale e colla parete esterna lievemente cuticolarizzata. I due tubercoli funicolari di una loggia, sorgono diritti od un pò obliqui, - dal fondo angolare della loggia medesima e |’ occupano quasi per intero. Ovolo. — Presso l apice arrotondato del funicolo si forma il tuber- colo ovulare cioè la nocella (Tav. XI, fig. 1-2, ne) - Il modo d'origine della nocella è quale si osserva nel maggior nu- mero delle Angiosperme. Aleune cellule dello strato sottoepidermico e collocate presso l'apice del cono funicolare, si allungano in senso ra- - diale, indi si dividono con setti tangenziali e danno origine ad una massa di meristema coperta esternamente dall’ epidermide e la quee. fa. emergenza all'apiee del cono funieolare medesimo. É da notarsi ehe non sono mai le cellule perfettamente apicali sot- toepidermiche quelle che si allungano e danno la nocella colla loro | moltiplicazione e sviluppo, bensì un gruppo di poche cellule collocate x lateralmente in basso dal lato opposto al sipario ovariale. Ne consegue che la nocella non è diritta, ma alquanto obliqua. fin dalla sua origin = e x XI, de. E Nei ¢ casi da m | > : Mi ND RS RE Sea ee CaS e I AY DY ES 65 ———m& i Per evitare ulteriori ritardi ne! paga- mento della quota d’abbonamento, rendo avvertiti i signori abbonati che non hanno ancora pagato l’ annata in corso o altre an- nate precedenti, che appena distribuiti gli ultimi fascicoli dell’annata ritirerò gli arre- trati per mezzo della riscossione postale. Pror. O. PENZIG. prime fasi, apparisce costituita {in sezione longitudinale ottica) da tre strati di cellule ricoperte dall’epidermide (Tav. XI, fig. 1 ne). La serie assile è terminata da una cellula che poco o nulla differisce dalle cir- costanti. In breve però questa cellula aumenta un pò di volume, e si divide con un setto tangenziale. L'inferiore presentemente s'accresce e pel contenuto e pel grosso nucleo con nucleolo distinto, si vede che è la cellula madre del sacco embrionico. Sacco embrionico. — L'acerescimento di questa cellula madre è assai rapido, cosiechè in breve raggiunge dimensioni molto maggiori delle - cellule circostanti (Tav. XI, fig. 1-2 em). Ben presto sì divide succes- sivamente in tre cellule figlie sovrapposte (Tav. XI, fig. 2.* e XI bis, fig. 5) le quali presentano quegli ingrossamenti nel mezzo osservati da Warming (!), dal Vesque (?) e da altri. Queste cellule madri secondarie si Sviluppano per un certo tempo egualmente, pero ben presto la cellula infe- riore, cioé la terza, assume un forte sviluppo e va a costituire il sacco embrionieo, ricaccia le due ehe le sovrastano e finisce col distruggerle {T av. XI bis, fig. 6-8). Qualche volta, come lo mostra la fig. 3 della tav. XI, la cellula supgriore risultante dalla divisione della cellula subepidermica, cioè la prima delle cellule madri secondarie segue, per buon tratto, lo sviluppo della sottostante, però in seguito cede il campo a quest’ ultima. L’ apparsa dei setti trasversali nella cellulare madre è assai rapida. È abisvole il fatto che le cellule circostanti alla serie assile, risen- tono pure esse un po’ I’ influenza dell’ allungamento di- quelle della serie medesima e si sviluppano in senso radiale, quasi volessero tra- sformarsi in altrettanti sacchi embrionici. Ne consegue che il sacco embrionico è circondato da cellule nucellari allungate, quasi fusifor- à mi ed a pareti sottili. Ben presto avviene la dissoluzione dei setti p trasversali delle cellule figlie e la distruzione delle stesse ed ha luogo | la formazione di una cavità longitudinale stretta, la quale ingranden- dosi esercita una pressione via via maggiore sui circostanti tessuti. . Sotto al sacco embrionico così costituito, vanno in seguito differen- ) Wananso, l. c. "x doom dw sac embrion. in mos Se. Nat. VI, Ser. Tome VI. ziandosi alcuni elementi cellulari i quali poi ne formano il fondo. Sono un gruppetto di cellule che hanno in principio forma presso a poco cubica, indi si allungano alquanto nel senso del sacco embrionico, e nell’ ovolo bene sviluppato (dopo che è avvenuta la fecondazione) ispes- siscono lievemente le pareti e risaltano quindi bene sul circostante tessuto, | specie se la preparazione viene trattata con idrato. potassico, poiché .. allora le loro pareti reagiscono in giallo (Tav. XIII. fig. 10). Questi | elementi sono disposti pure in serie longitudinali, poichè sono regolar- _ mente sovrapposti. Una serie spesso é sottostante a quella assile formata i i dalla divisione della cellula madre del sacco, e possono rendere ingan- | nato P osservatore che può ritenere di trovarsi di fronte a delle anticline collocate nel caecum calaziale del sacco. Questa interpretazione nón sarebbe esatta, non appartenendo le dette cellule all'apparato sessuale. LI Nella parte superiore del saeco riescono evidenti due sinergidi di forma Dy rotondeggiante, tra le quali si cela l’ oosfera che sporge un po sotto le medesime (Tav. XII, fig. 7-8, Tav. XIII, fig. 9 se e XI bis, fig. 9 II). . Coll’ ulteriore sviluppo del sacco embrionale ha luogo la formazione di un’ unica cavità molto allungata, cilindrica, disposta secondo |’ asse longitudinale della nucella, e col suo asse maggiore collocato in un piano in modo da non presentare sinuosità. Ciò permette di vedere in tagli longitudinali, perfettamente mediani, intero il sacco embrionico (Tav. XII, fig. 8) anche quando è più sviluppato. Per la forma allungata il sacco embrionico ricorda quello delle Ga- etale, poichè in queste piante detto organo è piuttosto ristretto e i laddove. nelle Dialipetale è d' ordinario piuttosto largo. oa nueleo del sacco embrionico aot in questa fase dello sviluppo un posto più o meno centrale, più più spesso trovasi nella metà superiore. | Si sdoppia dopo che è avvenuta la distruzione delle cellule prime della | serie (non compresa la che rog, che già prima di quest’ epoca ha f subito profonde modificazioni). . Ciaseun nucleo risultante si "e icone d ddl, ad un polo del Sacco, e dà origine ad una tetrade. (Tav. XI bis, fig. 9, 11) Le tre an- “ee Mose: forma danger sono addossate Y una Soe altra si. evanescenti e si vedono con difficoltà specialmente quando I’ apparecchio sessuale è adulto. Il quarto nucleo della tetrade inferiore, oltre la metà del sacco, si fonde col quarto della tetrade superiore e va a for- mare il nucleo secondario del sacco embrionale. Le sinergidi resistono lungamente, hanno forma rotondeggiante, si rivestono di una membrana distinta ed occupano la volta del sacco em- brionico, conservano per lungo tempo il loro nucleo, e resistono anche quando si è già formato il proembrione. La terza cellula, cio? l oosfera, è un pò più grande, è inserita anche ad un livello un pò più basso, ha un nucleo bene distinto, assai rifrangente. Il contenuto dal sacco embrionico è un protoplasma finamente. gra- nuloso, il quale non riempie totalmente la cavità del sacco, bensì lascia delle grosse vacuole, per cui presenta numerose trabecole. Una di queste briglie va all’ oosfera, almeno nei casi da me osservati. ‘ I fatti esposti si osservano quando il fiore è ancora chiuso non solo, ma ancora quando è giovanissimo. Vedremo in seguito quali altre mo- dificazioni subiscano in progresso di tempo le parti descritte. Ora osserviamo quanto succede delle altre regioni della nucella durante lo svolgimento accennato del sacco embrionico. Calotta nucellare. — Avvenuta la formazione del setto trasversale nella cellula subepidermica della serie assile, e nel mentre l’ inferiore come si disse, si sviluppa in sacco embrionico, la superiore pure subisce delle modificazioni. Anzitutto si divide nuovamente con un setto tra- sversale, indi la divisione continua in simile modo negli elementi otte- nuti e nei circostanti. Compariscono poi dei setti radiali nelle cellule . accresciutesi, ed ha luogo così la formazione di una calotta nucellare che ha un maggior o minor numero di strati a seconda dei generi (Tav. XI, fig. 3, cn. Tav. XII, fig. 6, cn e Tav. XIII, fig. 9 en). Nelle specie del genere Vitis) segnatamente in quelle a seme allun- gato la calotta è data da molti strati (persino 20). Gli elementi di questi strati, più o meno regolarmente concentrici, sono naturalmente È lisposti in serie radiali, appariscono alquanto schiacciati tangenzialmente differiscono dalle cellule sottostanti della nocella appunto per la forma, | poligone e pressochè isodiametriche verso l’ epidermide, e di più in più ‘allungate man mano che si avvicinano al sacco embrionico, cosicchè, come prima ricordai, quelle che circondano il sacco riescono fusiformi. Calotta epidermica. — L’ epidermide della nucella ha le pareti esterne leggermente cuticularizzate. Questa parte, a mezzo di setti radiali e _ dello sviluppo degli elementi ottenuti, segue l’ aumento in volume della nucella, pero quando è già bene incamminata la formazione della ca- lotta nucellare, allora nelle eellule della regione superiore appariscono dei setti tangenziali. In breve. anche tutte le altre cellule epidermiche che ricoprono la cuffia nucellare si dividono nello stesso modo, ed anche con setti radiali, per cui ha luogo la formazione di una calotta di na- tura epidermica la quale si sovrappone a quella nucellare. (Tav. XII, fig. 6, ce, e Tav. XIII, fig. 9, ce). Anche in questa seconda calotta le cellule sono raecolte in molti strati quasi concentrici e disposti in serie radiali. In seguito alla rapida formazione delle due calotte, la nucella & sviluppa assai nella parte superiore ed il sacco embrionico viene a ` log ggiarsi nella parte inferiore della nucella medesima. ... Tegumenti. — L'ordine d'apparizione dei tegumenti è quello che si osserva in tutti gli ovoli diclamidi. Il primo a formarsi è l’ interno, il secondo I’ esterno. i Allorchè si è differenziata la cellula madre del sacco embrionico, e prima che essa si divida, si formano alla base della nucella (in una | serie di cellule epidermiche che cingono a guisa di anello la base | stessa) delle segmentazioni tangenziali od oblique, le quali indicano i primi momenti della formazione dell’ invoglio interno. Lo sviluppo degli Si elementi ottenuti da ripetute divisioni dà origine ad un orlo sporgente che si accresce sempre più dirigendosi verso l’ apice della nucella che in i questo tempo, in seguito al suo movimento anatropo, va continuamente - abbassandosi. Alla base questo orlo non ha gli elementi disposti regolar- mente in strati, pero man mano che ei avvieiniamo alla. parte superiore, vediamo ini rum T ss ecu ANM Jonio, che è il tegumento — — ti > Xi fg. 1-2, = da sruni SULLA FORMA, STRUTTURA, ROC. — In tutte le specie da me studiate di Vitis, Cissus, Parthenocissus, ecc. ho notato costantemente la presenza di tre strati, e le osservazioni mie mentre corrispondono con quelle del Penzig ('), del Portele (3), del Godfrin (*), Poisson (9, Branza (5) condotte sopra Vitis ed Ampelopsis, sono affatto in disaccordo con quelle del Licopoli (ê) il quale vuole che questo tegumento sia composto di un solo strato. Il tegumento interno dell’ovolo delle Ampelidee consta fin dall’origine di tre strati distinti: l'epidermide esterna, lo strato mediano, e I epi- dermide interna, e tale si mantiene pure nel seme, salvo in qualche caso in cui per un tratto più o meno lungo, come a suo tempo vedremo, gli elementi dell'epidermide esterna, e più spesso quelli dello strato me- - diano, si dividono con uno o più setti tangenziali, dando origine a due ; o più assise cellulari. All’apice della nucella il tegumento interno forma à un lungo e stretto endostomo, ed ivi si allarga in modo da costituire i e. , un orlo molto rinforzato al di sopra della cuffia epidermica. Le cellule che compongono la secondina sono dapprima di aspetto uniforme, sol- tanto leggermente cuticularizzata è la parete esterna dell’ epidermide. . Ben presto gli elementi di quest epidermide assumono una forma più regolare e le loro pareti radiali conservano una netta disposizione per- pendicolare alle tangenziali. Quando questo integumento ha raggiunto il completo sviluppo, è espanso, come dissi, all’ apice della nucella, in modo, da lasciare uno stretto e lungo endostomo (Tav. XII, fig. 6, e Tav. XIII, fig. 9). L’ espansione è prodotta da divisioni successive delle _ cellule che compongono la sommità dello strato mediano, e l'epidermide interna. Coll’ulteriore sviluppo i tessuti del tegumento interno vanno . differenziandosi assai più profondamente, ciascuno assumendo caratteri. e proprietà speciali, come a suo luogo vedremo. Passiamo ora al tegu- mento esterno. (©) Penzie, Anatomia della Vite, l. c. (3) PonTELE, Entwick. Traubenbeer., l. c. (4) Porsson, Congrès intern. mes ic. g. Si (» Licorout, Sviluppo "s pras dell uva, l. c. 20. Malpighia anno VI, vol. VI. Tegumento esterno. — Sorge naturalmente ad un livello inferiore a quello dell’ interno. Le prime divisioni avvengono nelle cellule della cinta anulare collocata alla base dell’invoglio interno medesimo, ed ap- partenenti allo strato sottoepidermico. Ha luogo anche qui la forma- zione di un orlo sporgente che si sviluppa dirigendosi verso l apice della nocella, seguendo il cammino dell’ invoglio interno (Tav. XI, fig. 1-2, sc, e fig. 3). I primi momenti dello sviluppo del tegumento esterno si notano poco dopo quelli dell’ interno, talché il dislivello degli orli è lieve, e va diminuendo ‘via via. Poco dopo che il tegumento interno è arrivato al micropilo, l esterno lo raggiunge e l’oltrepassa pure, in modo da avvolgere, a sviluppo completo, tutto l apice del tegumento interno, ed oltrepassarne per buon tratto l’orlo, come a suo luogo dettagliatamente vedremo. L’ovolo delle Ampelidee, come si disse, sorge da un gruppo di cel- lule che non sono veramente le apicali del cono funicolare, bensì col- locate un pò in basso dal lato opposto al sipario ovariale. Ne viene di conseguenza che l'ovolo stesso fin dalla sua origine riesce inclinato un po’ obliquamente in basso; dal lato del sipario ovariale il tessuto del funicolo & più abbondante, e tale si mantiene anche nel tegumento esterno dal medesimo lato in cui lo sviluppo stesso è più rapido. Da questo lato si forma poi il rafe. Presso il micropilo il tegumento esterno si prolunga dalla parte del rafe in una lingua o lobo di tes- suto cellulare che si addossa all'orlo sporgente del tegumento interno di (Tav. XII, fig. 6, Ite). Mentre si forma questa lingua, l'invoglio esterno, dal lato opposto, è ancora lontano dal mieropilo. talchè la differenza di - sviluppo che si manifesta fin dall’ origine tra le due regioni di questo. stesso tegumento, si mantiene per un certo tempo. La lingua antidetta si è costituita di cellule la cui disposizione ricorda (almeno quelle del- l'apice) quella notata da Gibelli e Ferrero (') nell’ ovolo della Trapa. Infatti vediamo che le cellule della detta lingua sono piuttosto schiae- - ciate nel senso tangenziale, largamente cuneiformi e disposte in serie | n radiali, cioè « a ventaglio » come dicono i i precitati autori. y 4 Verso la base le cellule di detta lingua si confondono con quelle del rafe, anzi quest’appendice é la sola porzione del tegumento esterno di- stinta dal rafe verso la parte di quest’ultimo. Dal lato opposto, conti- nuando lo sviluppo dell’invoglio esterno, vediamo quest’ organo guada- gnare il mieropilo, sorpassare la regione endostomale e venire a con- tatto colla lingua summentovata, e ricoprirla in parte. Avvenuta la fe- condazione e prima della netta differenziazione dei tessuti che formano i tegumenti seminali, questa regione apicale continua rapida nel suo sviluppo, ed ha luogo la formazione di quella parte del seme che di- cemmo chiamarsi becco, con quelle modalità che vedremo tra poco. Il tegumento esterno è costituito «di parecchi strati di cellule, dei quali il più esterno ed il più interno sono le due epidermidi, e oe in- termedi formano la zona mediana. L’esame microscopico eseguito all'apiee del seme, allorchè tutte que- ste parti sono passate allo stato di tessuto definitivo, ci dimostra che tutte concorrono nella formazione del becco. Quelle però che c’entrano per la maggior parte sono lo strato mediano e l'epidermide interna. Ne viene di conseguenza che, in causa dello spessore che il becco pre- senta, gli elementi di questo tessuto sono qui in molto maggior numero che nelle altre parti del seme. Quelli dell'epidermide interna subiscono una forte lignificazione nelle pareti, e vanno a formare la parte dura come nelle altre regioni del seme; però nel becco, siccome essi formano un maggior numero di strati che nelle altre regioni, così rendono questa parte più robusta, rinforzata anche com'è da abbondanti stereidi pro- venienti dalla lignificazione di molte cellule dello strato mediano, come sarà esposto più lungi. L'esostomo, in seguito allo sviluppo dei suddetti tessuti, è pressochè obliterato, ed il becco viene ad essere la regione durissima del seme. Ciò è in rapporto colla vicinanza dell’embrione il quale occupa l'apice del seme e riesce quindi protetto nella sua re radiculare dai tessuti del becco. Nelle prime fasi di sviluppo le cellule che compongono il dina * esterno sono poligonali in sezione e quasi isodiametriche. La parete esterna dell’ epidermide è leggermente cuticularizzata; in breve questa parte si differenzia bene dal sottostante tessuto, poichè i suoi elementi acquistano i caratteri del sistema tegumentale in via di sviluppo, e ricordano quelli dell'epidermide del tegumento interno, salvo nelle di- mensioni che (specie dal lato del pde sono alquanto superiori a quelle di quest’ ultimo. Calazio. — Dal lato opposto al becco il tegumento esterno ed interno sono fusi in un tessuto parenchimatico che va a formare il fondo del sacco embrionico da un lato, e che dall’ altro si confonde collo strato mediano del tegumento esterno ed è ricoperto dall'epidermide del detto tegumento. È il calazio nel quale, in seguito, come vedremo, avvengono delle notevoli modificazioni (Tav. XIII, fig. 11, c). E buono ripetere come negli ovoli; anche giovanissimi, sia facile lo scorgere che le cellule sulle quali posa il sacco embrionico (quando questo però è bene sviluppato e già sono scomparse le anticline) sono differenti dalle altre per forma e struttura. Sono infatti allungate, hanno i setti trasversi spesso molto obliqui, e le pareti leggermente ispessite e che reagiscono pallidamente in giallo coll’ idrato potassico, richiamando alla mente la reazione della suberina. Fascio conduttore e nervazione. — Dal lato del sipario ovariale il tegu- Sa mento esterno consta di maggior numero di strati in seguito al rafe che lo | percorre. Gli elementi che compongono questo tegumento sono simili, per forma e grandezza, e tali si mantengono per diverso tempo dal lato op- posto al rafe. Dalla parte di quest’ultimo invece presentano in breve qualche differenza. Infatti man mano che dall’epidermide esterna ci av- | vieiniamo agli strati più interni della zona mediana, vediamo gli ele- menti farsi più lunghi, a pareti più sottili, arricchirsi di sostanze nu- : tritive, assumere, in dna parola, i caratteri di tessuto procambiale. Egli è più verso l epidermide interna che questo cordone longitudi- nale di tessuto procambiale si forma, ed è questo cordone medesimo che darà origine al fascio conduttore dell'ovolo e del seme. Questo fascio è una. ramificazione delle nervature secondario dell ovario, entra nel fu- - a ee Tu È ET T a . nicolo attraverso la placenta, percorre tutto il rafe, e si arresta al ca- — "a = lazio, allargandosi quivi un po’ a ventaglio. Quantunque in tutto il per- corso la differenziazione degli elementi nel tessuto procambiale si faccia rapidamente, pure le prime tracheidi si formano nel funicolo, nella quale. | —— regione il fascio'é più grosso, indi essa procede rapida fino al calazio. à La formazione del fascio avviene qualche tempo dopo che I’ ovolo è diventato anatropo (Tav. XII, fig. 6, fv). n L’ovolo delle Ampelidee è anatropo, però, come si disse, il calazio è un po’ ravvicinato al micropilo come negli ovoli campilotropi, colla Sa differenza che in questi vi è un arresto nel movimento di curva verso E l'anatropismo, mentre nelle Ampelidee l'ovolo, raggiunto l'anatropismo, e ae rimasto parecchio tempo in tale posizione, si muove di nuovo nella sua zs parte superiore, o, per meglio dire, si accresce in una determinata zona, 2. come a suo tempo vedremo. Ne consegue da questo accrescimento, lo spo- stamento del calazio verso il micropilo lungo la regione dorsale mediana, Dissi che l'ovolo è già da tempo anatropo allorchè apparisce il fascio a conduttore, poiché il movimento anatropico incomincia fin dalle prime fasi di sviluppo dell’ ovolo medesimo, e procede spedito, talehé in bre- vissimo tempo l'ovolo raggiunge quella posizione nella quale l’incontrerà il budello pollinico all'epoca della fecondazione, ed in cui, possiamo dire, si conserverà per sempre, poichè, a rigore di termini, lo sposta- mento ulteriore del calazio, non parmi fatto di tale natura da dover essere trattato a parità coi movimenti espressi dal significato delle parole campilotropismo, anatropismo e simili. Il fascio conduttore percorre tutto il rafe e si arresta al calazio. Non presenta né qui né altrove ramificazioni di sorta, e nemmeno rimane mai al di sotto del calazio medesimo; raggiuntolo, non l’oltrepassa. A tale proposito devo dire che parmi vada errato il Branza (') là dove dice che nelle Ampelidee (Vitis vinifera ed Ampelopsis hederacea) i il fascio, dopo aver percorso il rafe fino al calazio, si curva e discende dal lato opposto fino al mieropilo. E la figura pure rispondente a que- sto modo di vedere, direi che non è troppo conforme al vero. TO) Branza, Develop. Teg. graine, l. c. pag. 109, Tav. VII, fig. 6. In tutte le specie da me esaminate trovai che il fascio conduttore non oltrepassava il calazio. In piante parecchie (che è inutile ora qui mentovare) si osserva quanto il Brandza descrisse per le Ampelidee, e più spesso non uno ma più ramificazioni partono dal fascio nella regione calaziale, rimasto indiviso fino a questo punto. Negli affini Rhamnus; o per lo meno nel Rhamnus chatartica, con- | recente lavoro il Lindau (!) pose in ehiaro un fatto analogo al su ri- cordato colle seguenti parole: « Das ovulum wird an der Raphe von einem Gefässbündel durchzogen, das an der Chalaza endigt nachdem es vorher noch einen kleinen Zweig durch das aüssere Integument bis zu Mikropyle entsendet hat ». La figura 1 della Tav. XVII, che correda il lavoro del Lindau, non è in accordo colle riportate parole, inquantoché non è per nulla trac- ciato il ramo del fascio cui é fatta allusione nello seritto. Ben apparisce invece nella figura (2) di sezione trasversale ed in posizione tale da non far supporre possa trovarsi in piano differente da quello di simmetria dell’ ovolo medesimo, e nel quale giace pure la porzione di fascio che | va dal funicolo al calazio, talchè è giuocoforza conelitdere che nella fig. 1, il ramuscolo suddetto, se esiste, doveva essere rappresentato e fu errore non figurarlo. .. Come in seguito esporro, e come è facile comprendere, pure nelle Am- | pelidee vi hanno tagli trasversali del seme nei quali appariscono due -fasci diametralmente opposti, cioè uno nella regione rafeale, l'altro al dorso, ma, occorre notare che onde ciò avvenga rendesi necessario il taglio al di sotto del calazio. Si nota forse cid anche nei Rhamnus? Non ho potuto avere a disposizione individui fioriti di Rhamnus ca- | mds raro nei dintorni d'Avellino, e del R. alaternus nei giardini non rinvenni che individui maschili. Non mi fu dato quindi verificare E osservazioni del Lindau. Quanto a quelle del Brandza, giudico che. LP errore sia proveniente dalla constatazione di ded fasci opposti in sezioni ` (5 Linpau, Zur regate ein. samen. In Bericht. d. fad Bot. Ges. Heft. 8p A 274. Ber Berlin. trasversali condotte al di sotto del calazio, è ciò potè ingenerare il sospetto che il fascio conduttore toccato il ealazio, scendesse ancora fino al micropilo. In parecchie specie (segnatamente americane) l apparato calaziale è collocato, come altrove ricordai, nella metà superiore dorsale, e si spinge anche presso il becco, talchè riesce assai agevole ottenere sezioni trasversali al di sotto del calazio medesimo. Anche nella Vitis vi- nifera quest'apparato si apre non di rado, nel bel mezzo del dorso. In altri generi (Cissus, Ampelopsis, Parthenocissus ecc.) le cose si, passano nel suindicato modo, e talvolta il calazio lungo, stretto e lineare per- corre buona parte della regione dorsale mediana. Tutti i tagli trasversali praticati tra l apparato calaziale ed il becco, ‘ non mi mostrarono mai due ims bensi uno soltanto dal lato ventrale cioé il fascio del rafe. L'asserto del Branza quindi puo trovare una spiegazione ammet- tendo che quest'autore abbia desunte le sue osservazioni da tagli fatti al di sotto del calazio. In natura si notano parecchi tipi di nervazione di ovoli anatropi a faseio semplice, dion a rafe vero, a rafe falso e senza rafe (!). Ai primi apparterebbero le Ampelidee, facendo entrare l'ovolo nella categoria degli anatropi a fascio semplice. È noto che in detti ovoli il fascio semplice può percorrere tutto un lato dell'ovolo, e terminare bruscamente al calazio, oppure può portarsi anche al di là del calazio ed arrivare fino al micropilo. In terzo luogo il fascio può non raggiungere il calazio, ed arrestarsi ad un punto più o meno lontano da questa regione. È evidente che alla prima categoria ‘devono ascriversi le Ampelidee (almeno quelle sulle quali ho eseguite _ le osservazioni) mentre alla seconda tra l'altre va ascritto il Rhamnus cathartica, per citare una pianta affine alle Ampelidee. In una stessa famiglia però possiamo trovare due di questi tipi ed inoltre essere il fascio indiviso fino al calazio ed oltre, o dividersi qui in un maggiore .. (0 Van Treonem, Sur le divers modes de nervat. de l ovule, Ann. Se. Nat | V. Ser. Tome XVI, p. 229 e Le Monnier, Rech. sur la nervat, de la graine, Ibid. p. 233. o minere numero di rami, come TaS il Pirotta per le diae il quale in detta famiglia trovo pure « tutti i gradi intermedi tra presenza di un vero rafe e la sua totale mancanza, benché il seme sia perfettamente anatropo. » Nelle Ampelidee (almeno, ripeto, nelle specie esaminate) troviamo maggiore costanza nella nervazione del seme. ll rafe esiste sempre, ed il fascio raggiunge costantemente il calazio dove si arresta bruscamente dopo essersi diviso in parecchi rami corti con leggera divaricazione a ventaglio. Struttura del fascio conduttore. — Dissi che il tessuto del rafe è, nel- -l'ovolo giovanissimo, uniforme e che in seguito verso l epidermide in- terno si differenzia il fascio procambiale al quale succede un fascio fibro-vascolare bicollaterale. Gli elementi xilematici sono dati da tra- cheidi accompagnate non troppo raramente da qualche trachea. Il numero delle tracheidi che entrano nella costituzione di un fascio (a seme maturo) è variabile a seconda delle specie non solo, ma ancora secondo la regione del fascio che si considera, poichè questo va sempre più assottigliandosi man mano che ci avviciniamo al calazio. Anche presso a questa regione il fascio è però sempre ben nutrito. Le tracheidi sono piuttosto brevi ed a spira semplice; in sezione tra- | sversale presentano una grossa parete ed un contorno leg germente po- ligono ( Tav. XVII, fig. 33-34, wil, e 35 tr). Nei grossi semi, special- mente presso al funicolo affettano una disposizione in serie radiali con- vergenti verso il centro del seme, non di rado sono disposte in due o pit gruppi talvolta concentrici rispetto al contorno del seme e tra i quali si interpone il tessuto floematico. La regione floematiea è data esclusivamente da cellule conduttrici allungate, prismatiche, di calibro variabile, talune grosse quanto le tra- cheidi stesse, e dell’ aspetto di vasi eribrosi, quasi fusiformi, o cilin- = driche, a pareti leggermente ondulate, molto bianche, le quali, a seme. . maturo, presentano un leggerissimo ispessimento uniforme. Queste cel- lule cambiformi sono abbondanti e per buon tratto sono più numerose ^ < @) Pmorra, Lc. p. 27. | STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. verso l'epidermide del seme, cingono però interamente il xilema espan- dendosi lateralmente in due ali bene sviluppate. Ne consegue che la sezione trasversale del fascio (almeno presso il calazio) e un’ ovoide assai allungato secondo la periferia del seme, il che denota come il fascio abbia subito una forte pressione durante il suo accrescimento e 3 quello degli strati tra i quali viene a trovarsi, pressione che ne deter- JA mina lo schiacciamento nel senso radiale (Tav. XVII, fig. 33). Ciò però | non ha luogo in corrispondenza del calazio, dove il fascio prima di | À espandersi a ventaglio mantiene un contorno rotondeggiante. In questa regione è facile l' osservare, nella maggior parte dei casi, dal lato esterno un eordone meccanico che protegge il fascio, cordone dato da numerose stereidi che a suo luogo descriveremo. (Tav. XVII, fig. 34-35, as). Il fascio nella regione calaziale si trova piuttosto verso |’ esterno; pero in alcuni semi di Cissus lo rinvenni in corrispondenza dello strato duro, e nel Cissus populnea anzi esso trovasi al di dentro del livello di questo tessuto stesso, cosichè viene ‘ad essere posto in corrispon- denza dello strato mediano del tegumento interno. Ciò verrà con mag- giori dettagli mostrato nella parte speciale del presente lavoro. Dalla descrizione della struttura del fascio sopra ricordato risulta che mancano gli elementi a grosso calibro sia del xilema che del floema, cioè vasi rigati, punteggiati, cribrosi ecc., e che, ad eccezione della re- gione calaziale, manca pure l'apparato meccanico che si ‘iscontra nei fasci bene sviluppati, sotto forma di cordoni sclerenchimatici che accom- pagnano il xilema ed il floema. Durante le prime fasi di formazione del fascio conduttore, e per qualche tempo anche dopo, vi è un graduale passaggio dal tessuto del Tafe alle cellule cambiformi del floema, però quando queste parti sono - passate allo stato di tessuto definitivo esiste forte il distacco tra gli elementi cellulari del rafe ed il fascio medesimo. Le cellule conduttrici del fascio sono allungate nel senso del maggior diametro del fascio medesimo, ed in taglio longitudinale appariscono _ quindi sotto l'aspetto di cellule cilindriche, coi setti trasversi spesso ‘obliqui. Sono più abbondanti al lato esterno del rafe, principalmente vi- cino al calazio. Di fronte a questa regione vanno diminuendo in lun- ghezza, finché in corrispondenza al centro del calazio sono sostituite da elementi pressochè isodiametrici, poligonali in sezione i quali si con- fondono col tessuto cellulare dei calazio medesimo. - A In continuazione dell'epidermide interna del tegumento interno esiste nel calazio una zona cellulare i di cui elementi si dividono con setti tangenziali centripetamente e centrifugamente, man mane che si forma | . l'areo meccanico. Ha luogo così la costituzione di un cuscinetto di tes- suto cellulare al di dentro del fascio, cuscinetto che si spinge verso l’interno del seme da una parte, e verso il fascio dall'altra. Dal lato interno la periferia del cuscinetto è disegnata da una linea curva colla convessità naturalmente verso la nucella. Ciò accade pure dal lato del fascio, e la moltiplicazione degli elementi è così abbondante che lo strato mediano del tegumento esterno, risente una forte pressione e col- l'epidermide fa cupola alla superficie del seme. Ciò non ha luogo nello stesso grado in tutti i generi. Si osserva bene.in Vitis, poco in Cissus, Ampelopsis, eec. In quei semi nei quali il fascio conduttore trovasi in corrispondenza, od al di dentro dello strato duro ciò non si verifica affatto. Però hanno sempre luogo la formazione della zona meristematica in cor- rispondenza dell’ epidermide interna del tegumento interno, e la corrispon- . dente moltiplicazione (sebbene in grado assai minore) dei suoi elementi. — Questa zona di sviluppo del pulvinulo calaziale non è in diretto con- tatto coll’epidermide interna suddetta, bensì prende origine un pò di- scosto da quest'ultima. Nelle cellule che compongono il pulvinulo cala- >. giale à sviluppo completo ‘comparisce del tannino, come nell’ epidermide 2 interna del socondo sent Lega fig. 35, tc). Novella ed ere. sviluppo del sacco embrionico. — Le parti sopra indicate, quali le abbiamo descritte, si osservano nell’ ovolo e via via fino. nel seme maturo. Ora ritorneremo un pò indietro a riprendere la nocella ed il sacco embrionico onde condurli pur essi fino alla loro maturità. — La nocella si accresce rapidamente, oltre che per la formazione delle. due calotte sopradeseritte, anche per la moltiplieaziene degli altri ele- : menti che si trovano tra il sacco, Fimo e l'epidermide della no- ae medesima, Detta epidermide è, come si disse, bene distinta, le cellule che la com- pongono hanno forma press’a poco cubica, o rettangolare in sezione, e la parete esterna lievemente cuticularizzata. Lo strato subepidermico consta di cellule piuttosto ampie e colle pareti radiali perpendicolari alle tangenziali dell'epidermide. Segue un tessuto a cellule poliedriche pressochè isodiametriche, le quali verso il sacco embrionico vanno, come si disse, allungandosi nel senso dell’asse maggiore del sacco medesimo. Prima della fecondazione, durante la stessa, e per qualche tempo anche dopo, le cellule della nocella, oltre ad un protoplasma granuloso e ad un nucleo distinto, contengono abbondante zucchero. Non vi è af- fatto traccia di tannino. Durante le prime fasi di sviluppo della no- cella, le cellule che la compongono si accrescono regolarmente, e sono ripiene delle sostanze suindicate. Avvenuta'la fecondazione, le cellule residuali della nocella, cioè quelle non distrutte dallo sviluppo del sacco embrionico, si accrescono ancora, però non aumentano di nu- . mero. Tutto il corpo protoplasmatico che ciascuna contiene, si riduce in volume, di guisa che le cellule sono quasi vuote, e da questo lato assumono l’aspetto di tessuto che ha cessato di funzionare. Poco dopo cadono distrutte dall’ endosperma man mano che questo si sviluppa, come a suo luogo esporrò. Durante lo sviluppo dei tegumenti seminali delle calotte, e delle altri parti dell'ovolo, anche il sacco embrionico si accresce. La cellula madre digerisce tosto le anticline e la sovrapposta. Il saeco inferior- mente viene a contatto col gruppo di cellule allungate ; ^ sopra de- scritto, e superiormente colla regione più bassa della calotta nucellare. v Siamo sempre a fiore chiuso. Il saeco si spinge nella calotta e la di- ‘strugge man mano (Tav. XII, fig. 7), guadagna poi pure quella epider- mica e ne digerisce la parte inferiore, la superiore persiste al di sopra del sacco, ed è visibile anche quando il seme è bene sviluppato. Non di ; rado perfino in semi maturi ho notato tracce della calotta epidermiea. à Le cellule di questa parte ispessiscono un po’ le pareti, ingialliscono, più si sviluppa l'endosperma, e si riducono quindi notevolmente nelle dimensioni. La presenza di questo residuo di calotta epidermica porta A. N. BERLESE per conseguenza che l'endosperma non viene a contatto diretto nella parte superiore, coi tegumenti seminali, bensì rimane alquanto discosto, così l'embrione pure non viene a posarsi alla volta del becco, ma ri- mane un pò più basso. Il sacco embrionico si allarga a spese del tes- suto nucellare che lo circonda. Rimane però sempre cilindrico. Quando è avvenuta la parziale distruzione della calotta epidermica, l'oosfera è pronta a subire la fecondazione ed il fiore si schiude. Durante le prime fasi di sviluppo del sacco embrionico, l'ovolo diventa anatropo, e fino a parecchi giorni dopo la fecondazione, la calaza si mantiene - opposta al micropilo. . I tessuti dei tegumenti seminali non presentano una netta differen- ziazione che qualehe tempo dopo che é avvenuta la fecondazione. Riassumendo quindi la struttura dell'ovolo vergine ed adatto ad es- sere fecondato, possiamo dire che esso é anatropo, presenta una forma ovoide, leggermente inequilatera in seguito al rafe esistente dal lato del sipario ovariale. , " I tegumenti esterno ed interno sono bene sviluppati; il primo consta di pareechi strati di cellule, il secondo di tre, pero non sono in essi differenziati od in via di differenziamento i diversi tessuti che si os- servano nel seme maturo, salvo le epidermidi, specie le esterne, le quali hanno acquistato nettamente i caratteri di tessuto tegumentare, e non dovranno in seguito che svilupparsi in senso tangenziale e cuticolariz- zare (specialmente quello del tegumento esterno) la parete esterna. Il fascio del rafe è nettamente distinto dal tessuto circostante, è semplice, e si arresta alla calaza dopo aver percorso tutto il rafe. de La nocella é ovoide; in essa sono bene distinte due calotte, la nu- — ; cellare e l’epidermica, ambedue pressoché di eguale sviluppo. : ll sacco embrionico va dal calazio alla cuffia epidermica che è in parte distrutta; è allungato, ristretto, il suo asse longitudinale coincide con quello dell’ovolo, e giace nel piano di simmetria dell’ovolo stesso. Nella volta superiore del sacco vi sono due sinergidi e P oosfera bene. distinte. Inferiormente il sacco posa sopra un gruppo di cellule speciali . dalla forma allungata. Le anticline sono scomparse. Verso la parte supe- riore del sacco, vi è il nucleo secondario, avviluppato da protoplasma — che presenta numerose trabecole. r * SIA E ài ton e NE Wr cm cr a i TOT STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. Vidi parecchie volte il budello pollinico scorrere lungo il canale mi- cropilare, attraversare la residuale cuffia epidermica, e saldarsi alla volta del sacco embrionico; non seguii però gli intimi processi della fe- condazione. Detto budello rimane tra le cellule della calotta epidermica . anche parecchio tempo dopo che è avvenuta la fecondazione ed assume, | come gli elementi della calotta medesima, una colorazione giallo-bruna. _ Tutte le Ampelidee esaminate dal lato della organogenia dell’ovolo pre- 3 sentano la struttura sopra descritta. In qualche Cissus, Ampelopsis, nel Parthenocissus hederacea, è mi- nore il numero degli strati che vanno a comporre le calotte, e ne con- segue che il seme stesso riesce più breve e più tozzo, e non così spic- catamente piriforme come in Vitis. Così sono spesso meno abbondanti E: le divisioni negli elementi che vanno a costituire il becco, il quale ri- » mane pit corto e non di rado cortissimo. Maggiori differenze notiamo nell'ulteriore sviluppo di tegumenti quantunque queste differenze sieno piuttosto leggere, rispetto a quelle che si verificano in altre famiglie. Infatti esse si riducono più che altro al numero di strati a cui P epi- dermide interna del tegumento esterno può dar origine, ed allo sviluppo maggiore o minore delle cellule che compongono detta epidermide. In Vitis, Ampelocissus sono costantemente due, ed in alcune regioni del seme tre e più, in qualche Cissus sono pure due o più, mentre in altri Cissus, Ampelopsis, Parth 'ssus, Tetrastigma ecc. più di fre- quente l’epidermide non si ‘divide con setti tangenziali altro che presso il calazio. Anche il grado di lignificazione non è lo stesso in tutti i generi, quantunque sia sempre molto pronunciato. Possiamo dire che i tegu- menti più fortemente lignificati sono quelli dei semi di Wtis e Par- . thenocissus e qualche Cissus, laddove in Tetrastigma, Ampelopsis, | Cissus p. p. (anche prescindendo dal fatto che essi sono dati da un unico strato cellulare), sono assai meno resistenti, anehe per la minore od incompleta lignificazione. Con questo fatto é forse in relazione la presenza dei eristalli all'estremità delle cellule dure. rivolta verso la | periferia del seme, laddove in Vitis ece., si trovano al centro. È Vediamo ora quali modificazioni avvengono negli ovoli delle Ampe- | lidee dalla fecondazione alla maturità del seme. - Abbiamo tre parti cioè: 1° Ulteriore sviluppo dei tessuti che compongono i tegumenti seminali. 2.9 Struttura e sviluppo dell embrione. 3.° Sruttura e sviluppo dell’ endosperma. Ulteriore sviluppo dei tessuti che compongono i tegumenti seminali. Tegumento esterno. — Dosto tegumento conserva sempre le tre patti ricordate cioé le due epidermidi e lo strato mediano. | | Epiderw 2 esterna. — Nelle Ampelidee l'epidermide esterna, costi- tuita semp, ; di una sola assisa collulare, é formata di cellule la cui parete esterna è sempre fortemente cuticolarizzata. Nel seme maturo di Vitis, Parth issus, talvolta anche Cissus ecc., le cellule epider- miche sono molto schiacciate tangenzialmente, la cuticola é assai svi- luppata, cosicché non di rado la parete esterna raggiunge e talvolta anche oltrepassa il diametro minore della cellula epidermica medesima. Durante lo sviluppo della nocella avviene uno stiramento di queste cellule nel senso tangenziale, ed in sezione longitudinale o trasversà. appaiono quindi allungate e molto basse. Contengono anche a tarda età un protoplasma granuloso che per buona pezza le riempie interamente - o quasi, e che a seme secco imbrunisce. Frequente in parecche specie | d'altri generi, e costante in Vitis, è la presenza di granulazioni ami- lacee, non di rado abbondanti in queste cellule epidermiche, granula- | zioni rotonde, senza struttura concentrica evidente le quali si osservano pure nel seme quando à secco. Vedute di fronte le cellule epidermiche - hanno forma rotondeggiante o grossamente poliedrica, e tale la man- — iengono in tutta la superficie del seme salvo in corrispondenza del | rafe dove sono allungate nel senso del fascio stesso. Le pareti laterali delle cellule epidermiche sono pure alquanto ed irregolarmente ispessite. - Cio che maggiormente colpisce in questo tessuto è la grandezza di queste - : cellule, le quali, viste dal di fronte, presentano un lume assai ampio. | In seguito agli ispessimenti ricordati il tessuto tegumentale del seme B delle Ampelidee, é piuttosto resistente specialmente in causa della forte. = cutieularizzazione della parete esterna. Non rinvenni mai stomi. Strato mediano. — La zona mediana del tegumento esterno, è data da un numero vario di strati cellulari non tanto secondo le specie, quanto secondo i generi. Però anche nelle specie talvolta (come in Cissus) si ‘notano delle differenze. Inoltre il numero di assise varia anche in una stessa specie a seconda delle parti del seme che si considerano. In sezione longitudinale perfettamente mediana possiamo dire che vi è, nel seme di Vite, un forte numero di strati (20 e più) presso il becco nella re- -gione del rafe; nella quale il seme è piuttosto carnoso. Questo numero và gradatamente diminuendo mano mano che ci avviciniamo alla parte opposta al mieropilo, ed é minimo nella parte della eurvatura superiore (considerato il seme nella sua posizione anatropa; e non tenendo conto del movimento che l’ ovario compie dopo la fecondazione, per cui il seme viene a trovarsi col micropilo in alto) dove é dato da 8-10 strati. indi và aumentando sempre più mano mano che si avvicina al calazio, ed è più o meno grande a seconda delle curve dello strato duro. Dal calazio in su acquista uno spessore uniforme di 10-12 strati. Però se la sezione non è perfettamente mediana, abbiamo anche più o meno pro- fonde variazioni nel numero delle assise cellulari di questo strato me- diano, poichè, come dissi, segue tutte le insenature, le curve, i rilievi dello strato duro, mentre verso l’esterno si dispone in una superficie a curva uniforme della quale l'epidermide ne dà il grado e la misura. Questo strato mediano è nel tegumento esterno, quella regione che dà - origine al maggior numero di elementi, e si può dire essere a buon | diritto il più attivo, ed a sviluppo più rapido. Quando ha cessato di crescere passa tosto allo stato definitivo. Il suo sviluppo è centripeto; gli strati esterni, allorchè hanno raggiunto il loro pieno sviluppo, su- biseono una pressione dagli interni in via di accrescimento, per cui Sd - hanno costantemente elementi più schiacciati nel senso radiale, di modo che lo spessore dello strato mediano, é minore di quello ehe sarebbe spiegati. Forte aumento prende lo strato mediano nel becco, che nel . seme maturo è formato da un. tessuto a cellule molli , rotondeggianti | ehe formano una massa carnosa. Non è raro il časo di trovare in seno a pes massa uno o più gruppi di nn fortemente Ligniticati- Queste | ‘nel caso ehe tutti gli elementi ehe lo compongono fossero egualmente — 324 | |. A. N. BERLESE stereidi fanno seguito allo strato duro, pero non appartengono affatto a questo bensi al mediano. Servono a dare resistenza alla parte carnosa del becco. L'ispessimento ricorda molto quello della parte dura, ma é meno completo, inoltre le cellule contengono assai di rado nel loro interno i eristalli ottaedriei che si osservano negli elementi dello strato duro, e non hanno mai una forma differente dalle cellule circostanti a pareti molli. I primi strati subepidermici sia nel becco, come in tutte le altre parti del seme, spesso hanno elementi rafidiferi della forma delle cellule circostanti, o leggermente più ampii. In qualche specie di Cissus, vi è una notevole differenza tra gli elementi dello strato me- . diano, di regola piuttosto piccoli, e le cellule rafidifere. Nelle fossette queste cellule rafidifere sono copiosissime, anzi nei semi perfettamente maturi, anche a fossette assai ristrette (Cissus rotundifolia, C. populnea, Tetrastigma pergamaceum, ecc.) come in quelli a fossette larghe (alcune Vitis, certi Cissus, Ampelocissus e Parthenocissus) formano, si può dire, la massima parte della massa parenchimatosa che le riempie. Tutte le Ampelidee esaminate contengono nei loro semi abbondantis- sime le cellule rafidifere, né so giustificare l'asserzione del Godfrin (‘) secondo il quale in queste piante il seme manca di rafidi. In corrispondenza del calazio il fascio è circondato, dal lato esterno, da un disco, o cordone (a seconda della lunghezza del calazio medesimo) meccanico formato da elementi dello strato mediano fortemente ligni- ficato, i quali conservano la forma e le dimensioni delle cellule circo- stanti. Sono più numerosi dove cessa il tessuto duro cioè al margine del cerchio formato dal tessuto duro medesimo in corrispondenza del calazio. Ricoprono a guisa di calotta tutta la terminazione del fascio, ed impediscono quindi la facile entrata dell’ acqua nel seme attraverso il ealazio. In Tetrastigma, in parecchi Cissus ecc., il fascio è cinto da un anello meccanico. (Tav. XVII, fig. 34, as). Nel Gjssus Veitchii gli ispessi- menti della metà interna dell'areo meccanico, vanno diminuendo man mano verso il pulvinolo calaziale, cogli elementi del quale si confondono poi, le cellule periferiche dell’ anello medesimo. (Tav. XVII, fig. 35, as). : ( Continua). ; ET GopFRIN, Teg. semin., l e, p: a x pcs en. a gr P wr ; Me P E 3 i t i ^ : ^ 2 « ms CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 325 ; Contributo alla conoscenza dell' apparecchio albuminoso-tannico delle Leguminose — pel D." PasquaLe Baccarini. (con tav. XXI-XXVI) (Continuasione, vedi Fascicolo IV-VI). CESALPINIEE. Per quanto riguarda questa famiglia di Leguminose e la seguente, io ho dovuto limitarmi all'esame di un numero molto scarso di forme, cosicchè nom posso dare neppure uno schema affatto generale della di- sposizione degli elementi albuminoso-tannici nella famiglia: mi sono pero convinto che delle ricerche accurate ed estese debbono portare a dei risultati molto importanti, specialmente per quel che riguarda le diverse fasi d'evoluzione degli elementi albuminoso-tannici e la pro- gressiva localizzazione del tannino. La Gleditschia inermis Hort. e triacanthos Lin., la Poinciana Gillesii e due Cassia sp. non hanno presentata traccia di formazioni albuminoso-tanniche; le quali s'incontrano al contrario piuttosto abbon- danti nel Cercis Siliquastrum Adans., e nella Ceratonia Siliqua Lin. In ambedue le specie del sistema parafasciale esistono i soli tubi en- dofloematici, i quali corrono all’interno del libro in forma di file nu- merose, brevi, ma frequentemente interrotte ed addossate per lo più contro gli archi di libro duro dei fasci. Questi elementi si distinguono da quelli vicini unicamente pel loro contenuto, non per la forma e le dimensioni , cosicchè manca loro o per lo meno è affatto rudimentale, uno dei caratteri più importanti degli elementi omologhi delle Papi- lionacee. i Gli elementi extrafasciali sono rappresentati nella foglia dalle cel- lule epidermiche le quali divengono molto voluminose, hanno le pareti : laterali ed interne sottili e son piene del noto contenuto. Nel picciuolo “e nel fusto sono rappresentati: nella regione corticale da una guaina | 21. Malpighia anno VI, vol, VI. ; | 326 PASQUALE BACCARINI subepidermica, spessa due e piü piani di cellule, la quale dal dorso della nervatura principale della foglia si distende nel picciuolo e da questo nel fusto. Nel midollo mancano le formazioni albuminoso-tanniche, le quali sono sostituite da numerosi gruppi di cellule tannifere disposte per lo più in serie longitudinali, ma che non hanno più alcuno dei ca- ratteri degli elementi che qui ci occupano. Inoltre il tannino libero si trova diffuso in tutti i tessuti, e specialmente nei raggi midollari, che sono, si pud dire, dei veri serbatoi tanniferi. + MIMOSEE. Non ho trovata traccia di formazioni albuminoso-tanniche nelle Acacia Meisnerii e calamifolia Lindl. e le ho trovate invece nello Enterolobium Timbouva Most. e neli Acacia Julibrissin Willd., Far- nesiana Lin. e longifolia Willd. Nella Acacia Farnesiana e Julibrissin il sistema extrafasciale manca del tutto e del sistema parafasciale esistono ancora caratterizzati con qualche nettezza gli elementi all’interno del libro molle, i quali nel loro stato definitivo sono molto poveri di contenuto speciale, ma più lunghi e più larghi degli elementi vicini. Nella Acacia longifolia il fillodio, che come è noto ha struttura centrico presenta tutta attorno alla foglia lungo la linea di confine tra il tessuto aereatore e l'assimilatore, un piano di cellule albuminoso-tan- niche brevemente ramose e poco più grandi delle cellule vicine: nel picciuolo e nel fusto i due strati cellulari che seguono alla epidermide formano una guaina albuminoso-tannica non jinterrotta: e quae là nel midollo s'incontrano numerosi gruppi di queste cellule speciali. Gli elementi parafasciali sono rappresentati da lunghi e stretti tubi endofloematici che corrono in lunghe fila disposte ad arco negli strati | periferici del libro molle: gli elementi perixilematici mancano del tutto. Nell’ Enterolobium Timbouva il sistema parafasciale è rappresentato .. nella foglia da gruppi di cellule del palizzata sparse irregolarmente pel 1 mezzo delle normali, che qui sono molto allungate, dalle quali differiseono x soltanto pel caratteristico accumulo di sostanza albuminoso-tanniea. - ngo le orties beati pel della foglia e sul dorso dei fasci ud picciuolo e nel fusto si avvertono dei festoni di cellule speciali poco diverse, per le loro dimensioni, dalle cellule vicine; i quali circuendo la porzione dorsale del fascio, si piegano lungo i fasci e si vengono a congiungere con altri festoni similmente costituiti che girano attorno alla porzione legnosa dei singoli fasei. : Il sistema parafasciale è rappresentato all’ ictimi del libro molle da un arco di tubi albuminoso-tannici medioeremente larghi, e lunghi appena il doppio dei vasi erivellati vicini. Essi sono piuttosto poveri dell’ accumulo caratteristico e stanno separati dall’ arco di libro duro per mezzo di uno o due piani di cellule. Diseussione dei risultati ottenuti. Riassumendo quanto fu sopra esposto risulta chiaro che il sistema albuminoso-tannico è proprio non di tutte le Leguminose, ma soltanto ` di una parte di esse. Le Podaliriee, le Genistee, le Trifoliee, ed una parte delle Galegee ne sono affatto sprovviste; come del resto altri os- servatori ed il Vuillemin, ed io in ispecie, avevamo osservato e posto in evidenza. Fra le Trifoliee il solo Melilotus alba accenna, col suo bizzarro modo di comportarsi, ad una tendenza verso l'evoluzione del sistema albuminoso-tannico che non si riscontra più nelle altre specie del gruppo. Il sistema parafasciale si mantiene costantemente allo esterno dei fasci nelle Lotee, dove si elimina del tut* ^ quasi del tutto, solo in certe specie del genere Anthyllis: ed è esterno ancora nel terzo e quarto tipo delle Hedisaree esaminate e cioè in quelle che si incarnano nelle Onobrychis egli Hedysarum da un lato, e negli Ornithopus dall'altra, ed in questi gruppi non si elimina mai del tutto, ma solo parzialmente come ad es., nella Hippocrepis, in certe Coronilla, nell Amicia Zygo- eris e nella Nissolia. Le leggiere deviazioni dal tipo fondamentale di disposizione, che è formato da due fasci, che corrono ai lati del floema e da un terzo che corre lungo l'apice del cuneo legnoso, dipendono per Jo So dalla costituzione dei singoli fasci e dal relativo e E RH eS d | PASQUALE BACCARINI sviluppo dei loro elementi, e sono a ritenersi come fenomeni affatti secondari. Così la tendenza nei fasci perifloematici della Onobrychis a spostarsi dai lati del fascio per prendere una posizione frontale ai raggi midollari: e l altra tendenza caratteristica nel cordone perixilematico della Coronilla a scindersi in due che si portano sui lati del legno di fronte ai raggi midollari, sono da ritenersi come fenomeni che non mi sembra meritino l’importanza che Vuillemin vuol loro attribuire, sia perchè le transizioni che connettono questa disposizione a quella più generale di un unico cordone xilematieo son troppo frequenti e rap- presentate da numerosi casi nei quali i cordoni floematici, pur restando distinti per ciaseun fascio, si allontanano da questi per avvicinarsi all’ asse del raggio midollare; e il cordone xilematico divien nastriforme e si piega attorno al filo del cuneo legnoso; sia perchè nelle Ono- brychis e nelle Coronilla stesse, studiando l'origine della sopraccen- — nata disposizione, se ne può mettere in evidenza colla massima nettezza (come fu a suo tempo indicato) la derivazione dal tipo fondamentale. Più caratteristica e degna d’ esser posta in evidenza, è a mio cre- dere invece la disposizione del sistema parafasciale dello Scorpiurus subvillosa dove i cordoni floematici vengono sostituiti da altri pure esteriori al fascio ma nettamente dorsali. È vero che in altri casi, come specialmente nell'Ornithopus, nelle Erythrina ece., si verifica uno spostamento simile, ma allora esso è costantemente connesso ad una considerevole riduzione degli elementi meccanici del libro; e gli ele menti albuminoso-tannici non hanno il valore morfologico di elementi endodermiei che deve venir loro assegnato nel caso dello Scorpiurus. Il sistema extrafasciale ci presenta delle variazioni più accentuate e complesse del sistema parafasciale; ciò non ostante tutte queste va- riazioni si possono rannodare sulla scorta del Vuillemin, intorno a tre tipi fondamentali, i quali però hanno un significato ed una im- portanza relativa diversa da quella che assegna loro il Vuillemin. In un primo tipo che può considerarsi come il tipo arcaico del si- ; ao. e che è specialmente rappresentato tra le specie esaminate dalla Ceratonia Siliqua e dal res. Si pre la funzione albumi- noso-tannica a localizza principalment IV e "mide, localizzazione i che si Mar di nuovo nella Amorpha fruticosa e fragrans e nella Aeschynomene indica dove scompare ben presto in seguito alla bipar- tizione delle cellule epidermiche alla quale fu a suo tempo accennato. Nel secondo tipo (exodermico del Vuillemin) gli elementi albumi- noso-tannici extrafasciali sono tutti subepidermici; per quanto però si debba scorgere in questa disposizione una fase ulteriore della evo- luzione del sistema, è da avvertire che l'origine di questi elementi subepidermici ha un valore istologico essenzialmente diverso da quello delle cellule albuminoso-tanniche subepidermiche delle foglie di Amorpha, poichè la loro iniziale non è mai, almeno per quel ‘che ho potuto con- .Statare, una cellula epidermica; essi derivano intieramente e diretta- mente dello strato esteriore del periblema. Appartiene a questo tipo la disposizione degli elementi extrafasciali del Lotus Tetragonolobus, del- l'Onobrychis, delle Arachis, dell Ebenus cretica, degli Hedysarum, ecc. Nel terzo tipo gli ‘elementi albuminoso-tannici extrafasciali sono in tutto od in parte non più direttamente subepidermici ma immersi negli strati ulteriori della corteccia. È il caso della Anthyllis Barbajovis, del Lotus corniculatus, dei Desmodium, delle Kennedy ya e delle Faseolee in genere. E raro, a dir vero, che tutti gli elementi extrafasciali ap- partengano agli strati profondi come ad es. nella Anthyllis Barbajovis, ma per lo più agli elementi subepidermici se ne associano altri più all’interno come per es. nelle foglie di Kennedya e nel Lotus corni- culatus, dove gli elementi speciali del palizzata sono nettamente e- xodermici, mentre gli elementi speciali dello spugnoso, che sono costantemente subepidermici, nel tipo precedente si portano più al- | interno. Inoltre quelli di questi elementi che corrono per mezzo ai tessuti corticali del picciuolo e del fusto, come si è già visto a proposito delle Robinia, delle Indigofera, dello Enterolobium Timboura e dell Anthyllis Barbajovis , | passando dalla lamina fogliare nel pic- graduale spostamento verso. l interno, mentre nella Kennedya rubra avviene precisamente il contrario. Il terzo tipo quindi di distribu- | degli elementi extrafasciali è nel suo complesso una deriva- one diretta del secondo; mentre tra il secondo ed il primo non si ire aleun rapporto di questa natura. ciuolo e nel fusto da subepidermici divengono più profondi per un. PASQUALE BACCARINI ho tenuto conto nel caratterizzare questi tre tipi fondamentali degli elementi albuminoso-tannici del midollo, perché a seconda della loro assenza o della loro presenza si dovrebbero frazionare in tipi di second’ ordine, tipi di second’ ordine che non mi sembra possano con- durre ad un Seeranpanion) di specie razionale e fecondo di risultati importanti. La disposizione “egli elementi speciali nelle foglie del Lotus creticus, edulis ed ornithopodoides e di Acacia longifolia, e nel floema secon- dario della Amicia Zygon ris sfugge al raggruppamento sopraindicato. Giova invece, a mio modo di vedere e non ostante l'opinione con- traria del Vuillemin, avvalorata da quella dello Tschirch (!) tenere il massimo conto degli elementi transitorii, sia perchè (come ho detto altrove) essi in determinate fasi del loro sviluppo adempiono colla massima attività le funzioni di elementi albuminoso-tannici, come si può dedurre dalla ricchezza dell’ accumulo caratteristico, sia perchè si rannodano per una serie di passaggi graduati agli elementi definitivi, in modo che una distinzione netta e recisa tra le due categorie di i elementi non è in alcun modo possibile. * Tutto il superiore capitolo é, si puó dire, una prova continua di questa asserzione. Questi elementi -transitorii hanno innoltre una grande importanza dal lato filogenetico, poiché servono a mettere in luee certi rapporti, spiegano dati passaggi e servono ad avvicinare delle forme povere o prive di elementi albuminoso-tannici ad altre che ne sono riecamente fornite. E la presenza degli elementi albumi- noso-tannici transitorii nel lembo foliare della Wistaria sinensis che —— permette la riunione di questa specie colla Robinia pseudoacacia ed | hispida in un unico tipo, e gli elementi transitorii dello spugnoso nella Kennedya pubescens e nella Pueraria Thunbergiana agevolano | il rannodamento tra le Faseolee intieramente sprovviste di questo piano — e quelle che ne sono riccamente fornite, e gli elementi perifloematici _ wansitorii delle Coronilla permettono il ranngdamento della Hippo- ram, della Nissolia e della Amicia alle altre Astragalee dello: — CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. tipo nel quale questi elementi sono ben sviluppati. Così inoltre il 1 fatto pel quale le cellule epidermiche delle Amorpha fruticosa e ~ fragrans assumono transitoriamente la funzione di elementi albumi- noso-tannici, si rannoda a ciò che succede nella Aeschynomene indica dove la segmentazione delle cellule epidermiche non è preceduta dallo stadio di specializzazione caratteristico delle due specie sopraindicate, e corrobora l'opinione che il tipo arcaico di distribuzione degl? albu- minoso-tannici extrafasciali fosse rappresentato da elementi epidermici come si verifica tuttora nel Cercis Siliquastrum e nella Ceratonia Siliqua. Ed è ancora in gran parte lo studio della distribuzione degli ele- ‘menti transitorii che permette di considerare il tipo di distribuzione degli elementi albuminoso-tannici negli strati profondi del parenchima foliare e della corteccia come derivato da quello ad elementi albumi- noso-tannici exodermici. Il sistema albuminoso-tannico considerato da questo punto di vista, più largo fornisce quindi più numerosi e completi elementi allo studio della filogenesi nelle Leguminose, e specialmente il sovrapporsi e lo scindersi dei due sistemi parafasciale ed extrafasciale ed il sostituirsi dei loro diversi tipi acquistano importanza e valore. Non credo però opportuno di traitare tale quistione in questo luogo; perchè le dedu- zioni fondate sulla discussione di un solo carattere o, come nel caso nostro, di un solo sistema, non possono avere che un valore molto relativo; e perchè ancora mi riservo di farlo più ampiamente in ulte- riore lavoro sulla -struttura del fascio fibrovascolare delle Leguminose. Accennerò soltanto, ed in via affatto accidentale, che in più di un punto avrò a discostarmi dei concetti filogenetici adottati dal Vuillemin "da un lato e da Mattirolo e Buscalioni dall'altro, nei loro pregevolis- simi lavori. La disposizione di questi elementi nel corpo della pianta può inoltre fornire degli indizii non meno preziosi per quanto riguarda le loro funzioni fisiologiche. Essi diffatti accompagnano principalmente quat- P lances categorie di tessuti e cioé: 1.° I tessuti in attivo ac- ento, eve si ha un ‘energico consumo. di materie puse PASQUALE BACCARINI ? I tessuti elaboratori della foglia dove si ha una intensa produzione di queste sostanze; 3.° I tessuti conduttori attraverso i quali queste sostanze migrano; 4.° I tessuti di riserva, come ad es. il midollo, dove queste sostanze si accumulano. È quindi logico ritenerli anzi tutto come degli elementi escretori dove si accumulano i prodotti secondarii della trasformazione dei materiali nutritivi della pianta; ma non man- ` cano fatti che appoggiano anche l'ipotesi che essi possano funzionare anche come tessuto di riserva. xg Infatti nei loro primi stadii essi presentano un aecumulo albumi- noso-tannico molto piü ricco che negli stadii ulteriori. Si ha quindi un riassorbimento di questa secrezione (riassorbimento che é rapido e completo specialmente negli elementi transitorii) la quale deve ve- nire indubbiamente utilizzata pei bisogni della pianta, poiché non si puo comprendere dove altrimenti vada a finire. Ed oltre a queste due funzioni principali è da ritenersi che tali ele- menti funzionino, specialmente gli extrafasciali della foglia, come serbatoi acquiferi; supposizione avvalorata dal loro trcvarsi distribuiti. in mezzo a tessuti nei quali si ha un forte consumo di acqua, dai loro rapporti frequenti colla porzione tracheale delle nervature e dai frequenti passaggi che collegano le cellule tipicamente acquifere del palizzato della Psoralea e dell’ Arachis, (vedi Erythrina, Robinia) a quelle nettamente albuminoso-tanniche delle Onobrychis e dei Lotus. Sì può anzi dire che una gran parte degli elementi i albuminoso-tanniei tran- sitorii adempiono alla fine quasi soltanto una funzione acquifera che | da secondaria quale era in origine è divenuta primaria. E pure da | rilevare che l'elevato turgore di questi elementi nell’ età giovanile deve esercitare una certa influenza sull' accrescimento degli organi nei quali s'incontrano, e la loro distribuzione alla periferia degli organi giovani, specialmente nel caso di piante fornite di un apparato exo- -dermico, può essere una disposizione utile alla difesa contro particolari nemici. 3 sf E. È ps ; : si A PCR SS Ste A . fra, : CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. CAPITOLO SECONDO STRUTTURA. La struttura di questi elementi è meno nota della loro distribuzione, ed il loro studio sotto questo rapporto presenta delle difficoltà tecniche non facilmente superabili, tantochè io mi eredo ben lungi dall’ avere esaurito l'argomento: ma spero di aver raccolto un certo numero d'osservazioni utili alla sua risoluzione. Le mie ricerche riguardano la forma degli elementi, le particolarità della loro membrana e la loro interna struttura, come andrò partita- mente esponendo. Gli elementi parafasciali, corrano essi all’esterno od all’interno del fascio, hanno forma di tubi Junghi da 3 a 25 volte più degli elementi vicini; ho incontrato la lunghezza massima in un giovane internodio lidi Phaseolus Caracalla ad internodii allungatissimi: la minima in molte. : | altre specie qual Ornithopus sativus; Arachis hypogaea, Lotus vile c | losus ecc. ecc., specialmente negli elementi piü bassi delle piantine pro- venienti da seme. In generale si può dire che laddove il fascio fibro- vascolare corre diritto per lunghi tratti senza incontrare anastomosi con altri e senza ramifiearsi, anche i tubi che lo aecompagnano sono lunghi, mentre restano brevi laddove il fascio contrae anastomosi fre- — quenti. È così che questi tubi speciali sono più lunghi nelle piante a — lunghi. internodii e brevi nelle altre, e che allo interno dello stesso ae individuo sono lunghi nei tratti internodiali dei rami e nel picciuolo, Ps brevi invece in vieinanza ai nodi foliari, nel talamo florale e lungo i i fascetti del reticolo vascolare della foglia. Del resto le oscillazioni ree — lative alla lunghezza. dei dubi sono cosi ampie anche all interno. di “pa una stessa specie e di uno stesso. individuo, che una enumerazione di re a questo riguardo mi sembra. affatto inconcludente e e superflua. | solo or punt non mi è mai occorso di incontrare dei tubi d PASQUALE BACCARINI lunghi un intiero internodio: il numero minimo di tubi che ho incon- trati sovrapposti fra tale spazio è stato di tre nelle giovani piantine di Lotus villosus e di Arachis hypogaea. Per quel che riguarda la loro larghezza si può dire che gli elementi perifasciali hanno un diametro di poco superiore, e nelle Lotee e nelle Hedisaree, sensibilmente uguale a quello delle cellule vicine: mentre gli elementi endofasciali lo hanno molto più ampio (doppio, triplo e quadruplo, specialmente nelle Galegee (Tav. XXII, fig. 9) e nelle Faseolee (Tav. XXIV, fig. 2,7.). Nella valutazione di questa larghezza in rapporto agli elementi vi- cini, giova tener gran conto dello stadio di sviluppo dell'organo che si osserva, e della regione della pianta: poiché essa va abitualmente di- minuendo dal ramo pel picciuolo nelle nervature foliari: di guisa che le nervature piü minute sono accompagnate da tubi piü stretti. La loro sezione trasversa si mostra costantemente rotonda, il che attesta in essi un turgore molto elevato, tutte le volte che si trovano in con- tatto con elementi non specializzati, ed è solo nelle ultime fasi che il loro turgore s'indebolisce e la loro sezione diviene poligonale od anche limitata da linee curve rientranti, per lo sporgere che fanno nel loro interno le cellule vicine. Le pareti comuni ai due tubi (Tav. XXI, fig. 4, Tav. XXII, fig. 9, Tav. XXIII, fig. 1-2-7, Tav. XXV, fig. 10-11) sieno trasverse e longitudinali sono di regola piane; le trasverse, pos- sono essere rette, come è il caso più frequenti per gli elementi peri- fasciali, od ‘oblique (Tav. XXV, fig. 10-11), come negli elementi en- dofasciali delle Galegee e delle Faseolee in ispecie. Molto più soggetta a variazioni è la forma degli elementi extrafa- sciali, i quali si possono raggruppare intorno a tre tipi principali: e cioè il tipo parenchimatico comune, il tipo conico ed il tipo stellato. Il tipo parenchimatico comune è costituito dagli elementi definitivi 0 transitorii (la distinzione dipende dal modo di comportarsi del con- tenuto) sparsi nel mesoderma e nel midollo del picciuolo fogliare e dei . rami, e negli strati profondi del pericarpio del frutto. Gli elementi pa- renchimatiei del midollo, che troviamo, ad es., prineipalmente nelle : pane. nella Sea e negli Hedysarum eec. ecc., hanno una forma CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’ evi Recco, ECC. che non si discosta gran fatto neppure nelle dimensioni di quella delle cellule midollari vicine: sono cioè a forma di utricoli o di barili colle pareti laterali tondeggianti e le trasverse tondeggianti anche esse se questi elementi sono isolati; piane se sovrapposti in fila longitudinali. Gli elementi parenchimatosi del mesoderma appartengono sia agli strati superficiali che a quelli profondi, come si è visto in addietro, ma nel primo caso sono generalmente allungati nel senso dell’asse principale dell'organo: mentre nel secondo hanno forme più frequentemente ton- deggianti, ovoidali od elittiche. Così, ad es., nelle Robinia, nelle Wi- staria e nell Anthyllis, ecc. ecc., e in tutte quelle specie dove sono ben sviluppati, lungo le nervature foliari, essi formano uno strato sub- epidermico di cellule allungate nello stesso senso delle ^:.dermiche, e tendono ad acquistare i caratteri di collenchima; mentre poi col di- scendere dal pieciuolo nel fusto, a misura che si spostano dall'epider- mide verso l' interno, perdono i caratteri di collenchima e diventano tondeggianti ed ovoidali. A questo tipo parenchimatico appartengono. pure gli elementi speciali dei cuscinetti articolari delle foglie, i quali hanno, per lo più, forma ovoidale od elittica coll’asse maggiore diretto nel senso radiale, e la membrana alquanto più spessa che negli altri elementi analoghi. Il tipo conico è proprio agli elementi intercälati dt palizzata ed è rappresentato da grandi cellule coniche colla base sull’ epidermide e l'apice nello interno del diachima foliare, e raggiunge la sua massima espressione nei generi Onobrychis, Hedysarum ed Ebenus. Le variazioni contemplano appunto la maggiore o minore acutezza del cono, che da. affilato e sottile nell’ Ebenus diventa ottuso nell Hedysarum e nelle Onobrychis, ovulare nell Arachis e nell’ Aeschynomene, tronco nel Lotus Tetragonolobus, dilimarico infine nelle Kennedya, nelle Er; ythrina, etc. (Tav. XXI, fig. 3, Tav. XXII, fig. 1, Tav. XXIII, fig. 5-7-8-9). Il tipo stellato è caratteristico per gli elementi albuminoso-tannici del diachima della pagina inferiore della foglia e si incontra quindi pelle foglie normali a formare uno strato ora disteso sulla epidermide inferiore, ora in mezzo allo spugnoso, e tra le foglie fiorali principal- mente nella regione esterna del calice. m m * ] PASQUALE BACCARINI E È formato da cellule ramose, a braccia or lunghe come nei Desmodium (Tav. XXII, fig. 4—5), in certe Coronilla, nella Robinia hispida, ecc. ecc., or brevi come nell Ebenus, nell’Hedysarum e nell Aeschynomene (Tav. XXXIII, fig. 7-8-9): ora poco o nulla accentuate come nelle Ken- nedya dove sono discoidali ed a contorno irregolare: ora aflatto rudi- mentali come nella più parte delle Lotee e nell A. Barbajovis in ispecie. In ogni caso è notevole il fatto che l'appiattimento dello elemento e lo sviluppo: delle braccia avviene sempre in un piano parallelo alla superficie della lamina foliare. Del resto tutti questi diversi tipi d'elementi speciali sono molto fre- quentemente connessi fra loro da forme intermedie: cosi, ad es., gli ele- menti parenchimatosi del midollo s’avvicinano in prossimità della cer- chia vascolare alla forma tubulare, e quelli stellati dello spugnoso e conico del palizzata passano non di rado gradatamente alle forme ovu- lari e tondeggianti: e cid del resto é facile a comprendere poiché la loro forma esteriore non è, in ultima analisi, che la conseguenza sen- sibile delle energie direzionali alle quali essi hanno soggiaciuto du- rante le varie fasi dello sviluppo, od, in altri termini, delle distensioni attive o passive che hanno subite, energie e distensioni che si sono svolte nel massimo numero dei casi nello stesso indirizzo quantunque eon intensità maggiore, che negli elementi vicini coi quali hanno comune l'origine: così gli elementi tubulari che accompagnano i fasci hanno subito le stesse influenze direzionali di questi: tantoché per la loro relativa lunghezza e larghezza presentano un parallelismo abbastanza sensibile cogli elementi vascolari del fascio: così pure gli elementi speciali subepidermici (exodermici del Vuillemin) del picciuolo e del fusto hanno subita una distensione nel senso dell'asse principale dell’ organo, allo stesso modo delle cellule epidermiche colle quali però non hanno origine comune (è bene avvertirlo fin d'ora) e degli strati ipodermici più esterni: così gli elementi speciali della pagina supe- riore della foglia presentano la loro direzione di massimo allungamento are a quella delle cellule normali del palizzata. ` . Per gli elementi stellati dello spugnoso è da avvertire al contrario she le scans di remi si sono svolte al loro interno nello stesso senso delle cellule epidermiche iüfriori, ma in qm contrario a quello degli elementi del tessuto aeratore, anche quando essi ele- menti speciali ne sieno, come nel Desmodium e nella Kennedya, av- volti da tutte le parti. Il tessuto aeratore infatti * è in queste piante formato bensì da cel- lule ramose: ma i rami non presentano mai una orientazione cosi net- tamente e.costantemente definita come quella degli elementi speciali: e le loro direzioni di massimo allungamento sono pur sempre perpen- dieolari alla superficie della foglia: allinverso di quello che si osserva ` negli elementi speciali: fenomeno questo che, dato l elevato turgore che questi elementi presentano fin di buon'ora, non può a meno di avere esercitata una eerta influenza sullo sviluppo della foglia di queste Leguminose e sulla aequisizione della loro forma definitiva. La membrana di questi elementi reagisce sempre con molta nettezza e per tutta la loro esistenza alla maniera delle membrane cellulosiche : né cogli opportuni reattivi vi ho mai potuto rieonoscere alcuna traecia di infiltrazioni di altra natura. Debbo però fare una eccezione per le Ce- salpiniee esaminate e per la Arachis hypogaea. Nelle prime (Ceratonia Siliqua e Cercis Siliquastrum) le cellule epidermiche della foglia che si trasformano di buon’ ora in elementi albuminoso-tannici, presentano, per quel che riguarda la membrana, i caratteri di tutte le altre cel- lule epidermiche e specialmente la euticolarizzazione degli strati este- riori della membrana. Nella Arachis hypogaea gli elementi speciali della pagina superiore della foglia non sono altro, come meglio sarà detto altrove, che delle cellule epidermiche le quali si allungano a mo' di coni nel diachima foliare. Orbene, la loro membrana, nel tratto esterno e nei tratti late- rali sino al livello delle altre cellule epidermiche, non presenta al- ‘eunchè- di diverso dall'altre: ma nel tratto protuberante in mezzo (Tav. XXVI, fig. 7) ai tessuti interni della foglia, essa si scinde in due : straterelli sottili, l'uno esteriore e strettamente. applicato sugli ele- menti vicini, il quale saggiato cogli appositi reattivi appare cutinizzato, "altro, piü interno, e quasi sospeso nella eavità della cellula é for- 1 di "icona Nelle pm e nei peli glandulari avviene molto PASQUALE BACCARINI di frequente un fenomeno simile: e cioé la separazione tra gli strati della membrana chimicamente differenziati, e lo spazio che si forma in tal guisa viene utilizzato come serbatoio della materia segregata: suppongo quindi che anche qui si avveri un fenomeno simile, quan- tunque nei preparati condotti sul fresco e sul materiale conservato nellaleool io non abbia mai potuto avvertire traccia di questa secre- zione. Io credo che in questo spazio si accumuli l'eccesso di acqua spremuta fuori dall’elemento, in conseguenza del suo elevato turgore. Negli elementi tubulosi parafasciali e negli elementi conici e stel- lati della foglia, nei quali la specializzazione raggiunge il massimo grado, questa membrana t è generalmente priva di stratificazioni, po- vera o provvista di punteggiature o rilievi di qualche entità, di guisa che nella grande maggioranza dei casi appare anche, ad ingrandimenti abbastanza forti, perfettamente omogenea. Che tale non sia però dimo- strano i reattivi rigonfianti, quali l acido solforico ad !/,, il clorojo- duro di zinco ed il reattivo del Kienitz-Gerloff (1), i quali attorno alla lamella mediana mettono in evidenza, nei casi più semplici, uno o due strati di cellulosa per parte: e che dei pori o depressioni esistano, ed in certa copia, si può mettere in sodo con forti ingrandimenti, sussi- diati dall’uso dei reattivi sopra indicati e dall’ acqua di Javelle. ^ Anzitutto le pareti trasverse che separano tra loro i lunghi tubi pa- rafasciali, siono esse rette od oblique, presentano nel loro centro una larga depressione sulla quale l'Haberlandt per il primo ha richiamata l’attenzione (?). Questa depressione ricorda molto davvicino le pareti cri- vellate dei vasi di questo nome; poichè, vista di faccia, si presenta ricca di minute punteggiature che si corrispondono dai due lati della mem- brana stessa. Tali minute punteggiature appaiono nette negli elementi perifasciali delle Erythrina, dei Dolichos, del Phaseolus Caracalla, nella Psoralea bituminosa, nei Desmodium + nella Amorpha: sono difficilmente discernibili o non discernibili affatto nelle Galegee e nelle | (*) KreNrTZ-GERLOFF, Die Protoplasmaverbindungen zwischen benachbarten 1 Gewebselementen in der Pflanze, Bot. Zeit. 1891, p. È (C) HasERLANDT, Das reisleitende Gewebesystem deb Sinnpflanse , Lope - 1890, p. 12-13. ae È ALLA CONOSCENZA DELI A Hedisaree in genere; quantunque la depressione principale vi sia ben conformata. In tutti i casi essa è più ampia nei tubi endofloematici che nei perifasciali, forse per ciò che in quelli le pareti trasverse per m lo scorrimento reciproco della estremità dei due tubi l’ una sull’ altra sono divenute oblique e più ampie. te Le pareti laterali di questi elementi parafasciali non presentano delle depressioni costanti per posizione e per numero: ma si può dire che in tutte le specie che si prendono in esame se ne incontrano tanto sulle pareti che li separano da altri tubi simili, quanto su quelle che li separano da elementi non specializzati; nel primo caso però le de- pressioni si corrispondono da un lato e dall'altro della membrana: nel us secondo alla depressione della membrana dal lato del tubo, non ne cor- risponde che di rado un' altra dal lato delle cellule normali. Tali de- pressioni ora sono a tipo semplice, come quelle che il Vuillemin (‘) cita e figura per il Lotus jacobaeus, e che si osservano frequenti negli altri Lotus, nell'Ornithopus compressus, nello Scorpiurus, nell Hedy- sarum coronarium ecc. ecc., ed ora sono a tipo punteggiato in modo si- ; mile alla depressione centrale delle pareti trasverse; come quelle che si possono mettere in evidenza nei Dolichos, nella Kennedya pubescens e nella Glycyrrhiza glabra in ispecie dove sono numerose, ampie e di forma ovulare coll’asse principale trasverso al tubo (Tav. XXVI, fig. 14). Negli elementi stellati caratteristici del diachima della pagina inferiore della foglia, specialmente in quei casi dove, sia per la loro densità, sia per la lunghezza delle loro braccia, formano, toceandosi uno strato continuo, ho potuto avvertire quasi costantemente una depressione cir- colare nel tratto di membrana comune a due cellule, o due braccia di cellule, come, ad es., nella Coronilla stipularis, nella Ebenus cre- tica, nel Desmodium gyrans, nelle Kennedya: ma non sono riuscito in queste specie a scorgerne sulle pareti comuni colle cellule non spe- _cializzate: mentre tal fatto ho potuto constatare per la Anthyllis Bar- bajovis e la Erythrina insignis e viarum (Tav. XXIV, fig. 14). Gli ele- menti conici del palizzata non mi hanno presentato mai con certezza 1) P. Vuniemin, La subordination, ece. ecc., p. 282, Tav. X, fig. 185. i > PASQUALE BACCARINI delle depressioni apprezzabili, se non in qualche caso dal lato delle cel- ‘lule epidermiche nello Ebenus cretica, nella Coronilla stipularis e nella Amorpha fruticosa. | Gli elementi speciali del mesoderma e del midollo si distinguono da quelli sopraindicati, perchè la loro membrana è in generale alquanto più spessa: cosicchè le depressioni locali vi sono visibili con minore - difficoltà. Lo spessore della membrana, quantunque superiore a quello degli elementi di cui fu sopra parola, è però sempre molto limitato salvo negli elementi speciali più esterni del mesoderma (specialmente gli exo- dermici) come si può osservare lungo le nervature, il picciuolo ed il fusto delle Robinia hispida, Anthyllis Barbajovis, Onobrychis viciae- folia, Hedysarum coronarium ece. ece., dove questi elementi presen- tano delle liste di inspessimento collenchimatoso sugli angoli: ed i sub- epidermici sono più inspessiti dal lato delle cellule epidermiche che dagli altri. In ogni caso le pareti di questi elementi del mesoderma presentano numerose depressioni semplici o punteggiate, le quali però restano sempre minute e sono più frequenti sulle membrane comuni alle cellule speciali che su quelle comuni con cellule non specializzate, sulle quali solo dopo accurate ricerche, se ne mette in evidenza qual- cuna. Depressioni o punteggiature semplici e per lo più allungate ed elittiche si avvertono pure sulle pareti degli elementi speciali al mi- dollo specialmente nella Robinia, nelle Glycyrrhiza e nelle Amorpha : mentre rare e con difficoltà ne ho potuto riconoscere qualcuna nelle cellule speciali del midollo di a one sinensis e floribunda, e negli Hedysarum. Sorge ora a tale proposito il problema se queste depressioni sieno pervie od impervie: od in altri termini se attraverso queste punteg- giature corrano dei ponti protoplasmatiei tra una cellula e l'altra. : Il Vuillemin, a proposito del Lotus jacobaeus sopraindicato, sembra = "nu ma i fatti che l'Haberlandt ha posto in luce per gli elementi Speciali della Mimosa pudica e gli altri che numerosi osservatori spe- cialmente il Kienitz-Gerloff han dire rende degno di studio il Io mi sono valso a tal uopo dei processi indicati dai varii autori che si sono occupati dell'argomento: nella grande maggioranza dei casi le sezioni vennero condotte su rami e su foglie fissate coll'aequa bollente prima ancora di reciderli dalla pianta, e quindi induriti coll’alcool as- FA soluto. Esse venivano prima fatte passare in una soluzione di acido solforico ad 1, , O ad 4, (la prima dà buoni risultati per gli elementi speciali del mesoderma: la seconda specialmente per i tubi perifa- sciali), e quindi colorate sia col reattivo jodico del Kienitz-Gerloff, sia col bleu d'anilina, ed osservate in glicerina. Più di rado ho praticate le sezioni sul fresco raccogliendole diret- tamente nel reattivo Jodico sopracitato: ma non posso intieramente lo- Ax darmi del metodo. Altre volte mi sono valso con buoni risultati del- He l’acqua di Javelle. A tal uopo le sezioni sottili venivano passate per qualche minuto nel reattivo; lavate con cura ed osservate sia nel clo- i rojoduro di zinco alquanto diluito, sia nella glicerina jodata: con che 4 le fini particolarita della membrana venivano poste in evidenza con molta nettezza. Per le osservazioni mi sono valso talvolta di un obbiettivo Hartnack N.° 10 immersione ad acqua che in molti casi é sufficiente; e più spesso di un objettivo ad immersione omogenea 1/,, Leitz. In vari casi ho potuto ricorrere anche ad un obbiettivo a secco 9° Koristka. Negli elementi trasmissori dello stimolo nella Mimosa pudica l'Ha- berlandt ha trovate costanti le comunicazioni protoplasmatiche tra due tubi sovrapposti ed il Kienitz-Gerloff le ha segnalate anche sulle pa- reti confinanti con altri tessuti: era quindi interessante vedere dap- prima come si comportano gli elementi omologhi nelle Leguminose non irritabili. ET. . Nella Erythrina sinensis e cristagalli , nell’ Apios tuberosa, nel De- _smodium gyrans, nella Kennedya alba, nella Psoralea bituminosa, _ nel Lotus edulis e Telragonolobus la depressione centrale delle pareti | trasverse è attraversata da un gran numero di ponti protoplasmici fi- nissimi nella maggior parte delle specie indicate, alquanto più spessi poco sopra ad 1/3 p) nella E. insignis e nel L. edulis, dove una volta osservate con un obbiettivo ad immersione sì possono riconoscere anche n un buon sistema a secco cer XXV, ee us 2 Migne x anno e vol. VL. PASQUALE BACCARINI Nella E. insignis inoltre e nella Psoralea bituminosa (Tav. XXV, fig. 8-9) si possono scorgere anche trattando le fine sezioni coll’ acqua di Javelle, e quindi con un preparato jodico: i canali di comunicazione appaiono allora come tenui solchi più pallidi del resto della, sezione. In altre Faseolee ad es. lo Strongylodon rubrum , nell A. tetraphylla e l Hedysarum coronarium io non sono più riuscito a mettere in evi- denza la perforazione, tuttavia la energia colla quale il protoplasma aderisce a questa zona di minimo spessore della membrana comune ai tubi sovrapposti, mi induce ad ammetterne la esistenza, ed a supporre che, sia per insufficienza d'ingrandimento, sia per difetto di tecnica non li abbia potuti osservare direttamente. L'energia d'adesione a queste zone sottili è tale che nel materiale conservato a lungo nell'aleool, mentre per la lenta e progressiva contra- zione dello accumulo albuminoso-tannico, il contenuto si distacca tutto attorno dalla membrana, vi resta però strettamente aderente alla re- gione centrale e più sottile delle pareti trasverse. Altre volte accade che in seguito ad un precoce riassorbimento dell’ accumulo sopraindi- cato un tubo resti vuoto o quasi in mezzo ad altri ancor pieni, e che il suo turgore si affievolisca di tanto che il sottile tappeto protopla- smico si distacchi dalla membrana e si raggrinzi lungo l’asse dell’ ele- mento restando sospeso alle depressioni delle membrane trasverse: de- pressioni che nei casi di elevato turgore cedono alla pressione in modo che la sottile membrana viene distesa a mo’ di bolla e protubera al- l'interno del tubo meno turgido come indica la fig. 10, Tav. XXV per la A. tetraphylla. In ufa terza serie di Leguminose appartenenti alle Galegee e prin- eipalmente le Robinia, le Wistaria ele Amorpha e qualche Hedisarea, Coronilla valentina, io ritengo che i tubi sieno impervii, poiehé non ho potuto avvertire aleuna perforazione nella membrana dell: depres- sione centrale che pure é molto ampia e caratterisitca specialmente nelle Glycirrhiza glabra (Tav. XXV, fig. 11-12) e neppure ho potuto — constatare in aleun caso quella stretta aderenza del protoplasma colla - membrana della depressione tossa. così caratteristica per le eee del gruppo precedente. | Cid non toglie che in queste leguminose possano esistere, ed esistono infatti, comunicazioni protoplasmiche tra le cellule di altri tessuti: se- gnalo a ragion d'esempio il collenchima subepidermico delle Robinia : gli elementi cambiformi e le cellule midollari delle Amorpha. Per le depressioni sulle pareti laterali dei tubi ho riscontrato quasi sempre dei ponti protoplasmici attraverso le membra separanti due tubi speciali in quelle specie che presentavano nette le perforazioni della membrana trasversa: più di rado nelle specie che la presentavano poco o nulla evidenti in questa regione: le depressioni che intereedono tra i tubi albuminoso-tannici e le cellule normali mi sono sembrate impervie nella grande maggioranza dei casi : le ho però trovate qualche volta attraversate da fili protoplasmici nella Psoralea bituminosa (Tav. XXV, fig. 9) e nelle Erythrina. In tutti gli altri casi, non ostante la estrema vicinanza che in questi punti i protoplasti delle cellule vicine raggiungono, ho sempre potuto distinguere con molta nettezza tra l'un protoplasta e l’altro, una listerella incolore e continua. È così per es. che ritengo impervie le grandi depressioni punteggiate dell' A. tetraphylla di cui ho sopra fatto parola. | Le cellule speciali del mesoderma e specialmente quelle dei cusci- netti articolari presentano frequenti e chiare comunicazioni sulle pa- reti comuni: ma non ne ho potuto constatare sulle depressioni delle membrane limiti con altri tessuti. Fanno eccezione le pareti che inter- cedono tra gli strati exodermici e le cellule epidermiche dove allora sono evidentissime in tutti i casi (Tav. XXV, fig. 1-2). Se lo strato albu- minoso-tannieo della pagina inferiore delle foglie è snbepidermico , anche esso obbedisce a questa legge come quello della pagina supe- | riore: se invece è più profondo, le perforazioni della membrana distin- se tissime sulle pareti comuni agli elementi dello stesso tessuto lo sono ancora su quelle comuni con altri elementi diversi , quantunque più | rare e più tenui nelle Erythrina e nella Kennedya alba; divengono dubbie ed indistinte nei Desmodium: mon sono piü rieonoscibili > i q " Senza trarre da E risultati, in gran a ssi e Gi > : con usione d sea doge io credo sa ah — TENT PASQUALE BACCARINI il quale ammette che le comunicazioni protoplasmiche intereedono con costanza solo tra gli elementi di uno stesso tessuto (1) ne venga molto più corroborata di quella di altri autori, e segnatamente dal Kienitz- Gerloff (2) i quali propendono per una più ampia generalizzazione del fatto: e che in ogni caso il problema meriti ancora di essere sottoposto ad ulteriori ricerche. Anche nei casi però nei quali i protoplasti degli elementi appartenenti a due tessuti diversi (epidermide ed elementi al- buminoso-tannici nel caso nostro) comunichino fra loro, essi conservano la loro individualità e le loro proprietà speciali: così il bleu di anilina colora il protoplasma degli elementi albuminoso-tannici con una tinta molto più intensa che non quello delle cellule epidermiche ; ora le due colorazioni si mantengono nette e distinte senza transizione alcuna anche attraverso i processi che formano il ponte protoplasmico, sino al punto nel quale il processo di un protoplasta s'incontra con quello dell’ altro attraverso la membrana cellulare. Al di sotto della membrana nelle fini sezioni sia trasversali che lon- gitudinali, si avverte il contenuto di queste singolari formazioni. Nei casi tipici, dei quali per ora soltanto intendo parlare, offertici princi- palmente dai Lotus e dall A. tetraphylla tra le Lotee, dalla Wistaria e dalle Robinia tra le Galegee, dalla Pueraria, dalle Kennedya, dallo Stron- gylodon tra le Faseolee: dai Desmodium, gli Hedysarum, l Hippocrepis e le Onobrychis tra le Hedisaree ecc. ece., i tubi parafasciali appa- iono specialmente negli internodii superiori del ramo ripieni di una sostanza che mal si presta, come si è detto, ad essere studiata nelle se- . zioni condotte sul fresco, per la Wifficoltà di ottenere dei tubi perfet- tamente sani in sezioni sufficientemente sottili. Tuttavia dopo qualche tentativo si riesce ad ottenerne, ed allora essa appare perfettamente inco- lora, brillante, omogenea o sparsa di rari granuli di forma e dimensioni variabili e di natura indeterminata: ma non lascia distinguere che con somma difficoltà gli organi del protoplasma (nucleo, plastiduli) salvo in qualche caso delle grandi vacuole attraversate da rare e spesse briglie della stessa natura. Essa è racchiusa nei tubi sotto una forte pres- - Le. p. 25-26. a eo l.c. p. 20-22. CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’ APPARECCHIO ECC. - sione; poichè sezionando un ramo od un picciuolo fogliare sgorga dalla ferita, diffondendosi sulla superficie di sezione, e più di rado forma una goccia or limpida come nel Dolichos lignosus e nel Phaseolus Cara- i RE; calla, or lattescente come nell’ Apios tuberosa. Questa goccia anche VM nell’Apios, dove è più voluminosa, non raggiunge mai le dimensioni di | quelle che si formano nella Mimosa pudica, e per ottenerla occorre 2c sezionare degli internodii giovani ed in via di attivo allungamento. E Piü tardi o non si forma affatto, o si forma solo piccolissima. Le rea- i zioni ottenute su queste piccole quantità di liquido riescono (salvo per lApios) perciò molto incerte, poiché si mescola in troppo forte pro- porzione coi succhi che in seguito alla ferita si diffondono anche dalle cellule vicine lese nel taglio. Assoggettando il materiale all’ azione dell'aleool, sia pure di mediocre concentrazione, si determina nei tubi il coagulo di questa sostanza, il quale anche a forti ingrandimenti si presenta d'aspetto omogeneo, bril- lante, incoloro nei primi tempi della immersione, ma in seguito si va più o men rapidamente colorando in giallo, passando dal giallo pa- glierino, per tinte successivamente piü fosche, al giallo marrone. I Dolichos e lo Strongylodon rubrum acquistano invece una colora- zione bruna. In tutti i casi lo svolgersi e l’accentuarsi di questa colo- razione sembra venir favorito dalla presenza dell'aria: poiché nei re- cipienti non intieramente pieni di alcool la porzione del materiale che emerge dal liquido si colora piü intensamente e piü presto. E proba- bile che si tratti in questo caso di un processo di ossidazione. In questo stadio e nei casi tipici si intende, i soli ehe pel momento ‘contemplo: la massa appare perfettamente omogenea tanto che non lascia riconoscere al suo interno alcun dettaglio di struttura cellulare: cosieché si potrebbe credere di trovarsi di fronte, e molte volte ci si trova di fatto, ad elementi nei qnali la struttura cellulare ha cessato . di esistere. Per lo più il coagulo riempie completamente il tubo e solo qua e là presenta delle fenditure trasverse ed oblique a bordi netti e | taglienti; molte altre volte al contrario esso si presenta di un aspetto bitorzoluto con rami contorti e rigonfi alla estremità i quali partono dalla periferia del tubo e si dirigono verso l'interno ramificandosi ed + PASQUALE BACCARINI intrecciandosi in tutti i sensi. Si hanno così delle formazioni coralloidi che possono variare anche nei tubi vicini della stessa pianta allo in- finito per la densità loro e per la grossezza dei singoli rami e per la ricchezza delle ramificazioni, senza che sotto questo rapporto io abbia | potuto riconoscere alcuna regola (Tav. XX VI, fig. 5). Queste trabceola- E ture o ramificazioni coralloidi sono molto evidenti in tutte le Galegee e specialmente nelle Wistaria e nelle Robinia, in certe Hedisaree, dr come la Glycyrrhiza ed i Desmodium: in quasi tutte le Lotee: di- a ventano meno frequenti nelle Faseolee, quantunque non si possa dire che le specie appartenenti a queste tribù ne sieno prive; sono ad es., ' molto ben sviluppate nella Kennedya pubescens e nello Strongylodon rubrum. Nella maggior parte delle Hedisaree e delle Faseolee, quando il coagulo non riempie uniformemente il tubo, forma invece uno strato omegeneo brillante, strettamente disteso contro la membrana, senza che si scorgano avanzarsi nel suo interno processi o ramifica- zioni di sorta: in ogni caso il coagulo non si raggruma mai nel centro del tubo stesso, e il suo distacco dalle pareti (del quale fu già sopra tenuto parola) è un fenomeno posteriore che si avvera solo dopo una prolungata immersione nell’ alcool, in seguito ad un progressivo raddensamento del coagulo stesso per lenta disidratazione. Se si sottopone ora questo coagulo all’azione di opportuni reattivi si avranno in esso le stesse colorazioni che si ottengono sulle tenui _ patine formatesi sul vetrino copraoggetti per la evaporazione delle goccie . raccolte dalle superficie di sezione dei rami vivi. Riporto qui le più | caratteristiche delle reazioni ottenute. I preparati jodici determinano una colorazione gialloranciata se il coagulo è di formazione recente: rendono più cupa la colorazione spon- tanea se è formato da qualche tempo. Il jodo in joduro di A preparato secondo la formula dell’ Errera (!) . dà nella maggior parte dei casi una reazione analoga agli altri pre- | parati jodici: ma nel Lotus Tetragonolobus e nelle Glycyrrhiza glabra una colorazione rosso mattone, che scompare col riscaldamento e ri- () ZoumenMans, Die Botanische Mikrotechnik. Tübingen, 1802, p. 77-78. x è A È ATIS ONE MA A ME du ot torna di nuovo col raffreddamento, perfettamente simile a quella che si ottiene pel glicogeno nei funghi. Che esista del glicogeno anche nei tubi albuminoso-tannici di queste due specie? Il reattivo del Millon preparato di fresco provoca nella maggior parte dei casi un pronto e tumultuoso svolgimento di bollicine gasose, e quindi una colorazione rosso bruno, la quale, in capo a qualche tempo, schiarisce e volge al rosso mattone mentre il protoplasma delle » cellule vieine si colora in roseo: in altri (le Amorpha fragrans e fru- : ticosa) si ha la stessa colorazione senza il precedente svolgimento di bollieine gasose: in altri, infine la maggior parte delle Hedisaree e delle Lotee, la colorazione non è più così pronta, ma si manifesta solo dopo qualche ora, è vien favorita dal trattamento preventivo del pre- parato coll'aequa di eloro. i : L'acido osmico determina una colorazione nero-violacea pronta, in- tensa e persistente: nella Amorpha fruticosa, nelle Robinia e nelle Kennedya pubescens essa è piuttosto rossastra. Il reattivo del Raspail dà la reazione caratteristica delle materie vroteiche: essa è qui più intensa che nelle cellule vicine. È nettissima nella maggior parte delle specie delle Leguminose: non è sempre certa e costante nell 7. coronarium e capitatum , nella Aeschynomene in- dica e nella Coronilla scorpioides. L'acido nitrico determina una colorazione gialla che può variare dal giallo paglierino al giallo castagno ed accentua lo splendore del coa- gulo. : La potassa determina una colorazione giallo-ruggine senza rigonfia- ‘mento e soluzione sensibile, neppure a caldo e dopo un'azione molto prolungata. : ll bieromato di potassa produce una pronta colorazione rancione cupo. Il pereloruro di ferro una rapida colorazione bleu. i L'aeetato di ferro una pronta ed intensa colorazione violetta. Il reattivo del Trommer, preparato secondo i dati del Poulsen (!) ed | PouLsen-Pout, Microchimita vegetale. Torino, 1892, p. 29. | pressus e sativus , nello Scorpiurus subvillosa e nella Erythrina. Il . Vesuvina una colorazione rancione-scura: il carminio di Beales una ampie e complesse (Tav. VI, fig. 9-11) ora, e più spesso, in piccole sfe- - . riti completamente sospese nella massa del coagulo, od adagiate sulle ut oe. del tubo. Queste Merit sono e-abbondantisaine nei Lae endofloe- - 948 PASQUALE BACCARINI il liquore del Fehling determinano nelle Lotee, nelle Galegee e in certe Faseolee (Strongylodon ad es.) una colorazione rosso-mattone nei tubi conservati nell'aleool e un fine precipitato rossastro nei preparati dal fresco. Nelle Hedisaree e nella massima parte delle Faseolee si pa- lesano inattivi. L'aequa di Javelle schiarisce notevolmente l'accumulo nelle Wistaria, nelle Robinia e nelle Kennedya e sembra scioglierlo almeno parzial- mente: lo scioglie completamente con maggiore o minore rapidità negli altri casi: la soluzione è specialmente rapida nell' Ornithopus com- materiale che è stato per molto tempo immerso nell'aleool è sotto questo rapporto più resistente. La pepsina in soluzione acquosa acidulata non ha esercitata azione sensibile anche alla temperatura di 40°. Il carminio di Grenacher, le soluzioni alcooliche ed acquose di co- rallina, eosina e fuchsina, il verde di metile, la tropaeolina, la pi- eronigrosina, ed il pierobleu d'anilina non vengono assorbiti o lo ven- gono soltanto in modo poco notevole, e eon troppe irregolarità perché se ne possa tener conto. Il violetto di Hanstein viene assorbito intensamente dal coagulo e vi determina una colorazione violacea se concentrato: rosso mattone in- vece se diluito; le soluzioni alcooliche ed acquose di saffranina vi de- ierminano una colorazione rosso-violacea: il bruno di Bismark e di colorazione variabile dal rosso al bruno-eupo. Anche questa seconda serie di reattivi coloranti, quantunque eserciti un'azione piü estesa e costante, non fornisce perd dati di qualche importanza sull’ intima struttura del coagulo che appare sempre colorato con completa uni- formità. In un certo numero di casi all interno del coagulo, nel resto perfettamente omogeneo, si avvertono delle inclusioni di fini aghetti cristallini ora riuniti in piccoli ciuffi a ventaglio. ora in dendriti più . matici (che per altri SRO verranno più sotto presi di nuovo in considerazione) dell’ Apios tuberosa: rarissimi nei tubi perilegnosi della stessa pianta: abbondanti ancora, ma non nella stessa misura, jb: Le APT 1 7 Hippocrepis unisiliquosa: frequenti nei tubi del Lotus Tetrag dell A. tetraphylla, della Aeschynomene indica, dell’H. coronarium e della C. scorpioides: rari nel Desmodium penduliflorum; nell O, compressus, nel Phaseolus vulgaris e nella Pueraria Thunbergiana $ incostanti infine, e cioè frequenti in certi tubi e mancanti infatti in altri, nell Arachis hypogaea, nel} Aeschynomene indica, nello Scorpiurus subvillosa e nel Phaseolus Caracalla. Queste piante che presentano tali sferiti nei tubi albuminoso-tannici, non ne presentano in altri tes- suti. Non é la prima volta che s'incontrano degli sferocristalli nelle Leguminose: già il Borodin (!) ne aveva segnalati nelle Anagyris foe- tida dove il Martel (2) ed io stesso (?) più tardi li ritrovammo di nuovo, confermando i risultati ottenuti dal Borodin: e l'Haberlandt ne incontra degli altri all'interno dei tubi speciali della Mimosa pudica e attribuisce loro una grande importanza in rapporto alla pressione idrostatica (+) del succo cellulare di questi tubi. Oltre che nelle piante sopracennate io ho già indicata nella prima parte di questo lavoro, un eerto numero di Leguminose prive di ele- menti albuminoso-tannici le quali presentavano però nei loro tessuti dei numerosi sferocristalli: esse sono oltre I Anagyris foetida lo Spar- tium junceum ed aetnense, Y Ononis Natrix e variegata, il Lupinus angustifolius, il Melilotus alba, messanensis e sulcata nelle quali specie (salvo il Lupinus angustifolius, dove or sono abbondanti ed or mancano affatto anche nello stesso tessuto) sono abbondantissimi e costanti. (!) Bo — oo d. bot. Gesell. der Naturf. in St. Petersburg. (Sep. | Abdr.) 21 aprile 18 - () E. MARTEL, xa ‘struttura e sullo sviluppo del frutto della Anagyris etida L. Ann. Ist. Bot. di Roma, Vol. II, fase. 2.° 1886, p. 4, Tav. IIl, fig. PASQUALE BACCARINI Originariamente questi sferocristalli si trovano disciolti nel sueco cellulare: poichè nelle sezioni condotte sul fresco non se ne avvertono affatto e ripetono la loro origine dalla disidratazione del contenuto delle, cellule per parte dell’ alcool talchè si possono ottenere anche per evaporazione. Lasciando infatti evaporare lentamente delle goccie del fiuido che scorre dalla superficie di sezione dei giovani ram- polli di Apios, la patina biancastra che si forma risulterà attraver- sata da numerosi aghetti cristallini riuniti in dendriti, i quali reagi- va | scono alla maniera delle sferiti racchiuse nei tubi. Gli sferocristalli se- gnalati dallo Haberlandt appartengono ad un glucoside, come indubbia- mente è un glucoside quello che forma gli sferocristalli segnalati dal Borodin, dal Martel e da me nelle altre Leguminose, quantunque le reazioni sieno diverse. _ " L'uniea specie che mi abbia fornito delle goccie di tale volume da potervi ritentare le reazioni riferite dall'Haberlandt è l'Apios tuberosa : ma in queste specie il solfato di ferro non ha dato alcuna colorazione rossastra; il cloruro ferrico nessuna colorazione violetta, e l'ace- tato di piombo nessun precipitato canario solubile nell'acido acetico: bensì trattando la goccia col liquido di Fehling dopo averla riscaldata con dell'acido solforico in piccola quantita si ottiene un precipitato di minutissimi granuli rossastri. Non vi ha quindi dubbio che anche le sferiti dell'Apios tuberosa sieno anche esse formate da un glucoside, quantunque esso reagisea in modo diverso da quello della Mimosa pudica. (1). . Anche nei tubi di Hippocrepis unisiliquosa scaldando le sezioni condotte sul fresco con acido solforico diluito, e quindi trattandole col liquido di Fehling ho ottenuto un precipitato rosso: ma nei tubi delle altre specie i risultati sono affatto incerti, forse per la tenue quantità .. di questa materia contenuta nei tubi. L' aspetto e la configurazione di | questi sferoeristalli e le loro reazioni microchimiche, tanto per le legu- - . minose provviste di elementi albuminoso-tannici, che per quelle che ne sono e concordano fra loro e con ka che gli sferocristalli | | we cox iunt To ALLE ubi DELL anrarenoctto ECC. della A. foetida: sodicobò io mi ritengo murari ad identificarli tutti fra loro. Essi hanno ora forme di noduli compatti finamente striati colla su- perfieie resa scabra dalle terminazioni libere dei singoli aghetti cri- stallini: ora, ma piü di rado, completamente liscia quasi sieno circon- dati da una sottil membranei. e presentano allora delle larghe fen- diture radiali che si incontrano e si fondono nel centro: altre volte le sferiti sono meno compatte cosicchè la disposizione dei singoli aghetti riesce più chiara ed altra volta infine non si hanno più delle vere e proprie sferiti, ma dei ciuffi e delle dendriti di aghetti distinti in tutto il loro percorso e raggianti da un centro comune (Tav. XXVI, fig. 10). Le forme di sferiti a superficie scabra e di dendriti predomi- nano nelle Leguminose prive di elementi albuminoso-tannici ed in quelli di questi elementi che hanno un eontenuto non troppo denso; le forme compatte predominano negli elementi nei quaii |’ accumulo albuminoso-tannico è molto considerevole. Il centro di attrazione è sempre costituito da qualche corpuscolo estraneo: per lo più un pla- stidulo od un granulo di protoplasma: non di rado le forme dendritiche irraggiano dalla regione Ro del eo verso il centro della cellula. Som glucoside in quistione e solubile nel succo cellulare: ma una volta precipitato dall'alcool diventa insolubile nell’ acqua, nell’ alcool, nello ‘etere e negli acidi organici, salvo nell'aeido acetico concentrato, dove le sferiti dell’ Anagyris e dell'Ononis si sciolgono con molta difficoltà ed a caldo: mentre quelle delle altre leguminose sopracitate si seiol- gono con maggiore facilità. L'acido nitrieo li seioglie con svolgimento di bollicine gasose ma non determina aleuna colorazione speciale. L’ acido cloridrico concentrato li schiarisce dapprima, e quindi len- tamente li discioglie senza colorare la soluzione. L'aeido solforico li seioglie rapidamente, e la soluzione é accompa- gnata da una colorazione giallo d'oro vivissima. : | L'ammoniaca scioglie rapidamente quelli dell’ Apios, dell’ Onobrychis e dell’ Zippocrepis: più lentamente gli altri senza produrre colorazione * » PASQUALE BACCARINI alcuna. È quindi da ritenersi che si tratti, non ostante le leggiere dif- ferenze nelle reazioni microchimiche sopra indicate, di un glucoside molto affine se non identificabile colla esperidina: opinione già emessa dal Borodin a proposito delle sferiti della Anagyris. L'aspetto lattiginoso del contenuto dei tubi endofloematici dell’ Apios è dovuto ad una sostanza che vi si trova sospesa in forma di minu- tissime goccioline oleose ed incolore; le quali si raddensano all aria in una sostanza vischiosa: sono lentamente solubili nell’ alcool: pron- tamente nel benzolo e nell’ etere: danno coll’ acido solforico una co- lorazione giallo-bruna e si sciolgono: e colla tintura d'aleanna si colorano in rosso bruno. È quindi probabile che si tratti di una sostanza resinosa la quale potrebbe essere un prodotto dello sdoppia- mento del glucoside all’interno dei tubi: e che alle sue reazioni di- mostra una certa affinità col prodotto resinoso ottenuto dall’ Haber- landt collo sdoppiamento artificiale del suo glucoside (1). L’Haberlandt, come ho detto, attribuisce all’ azione del glucoside dei tubi della Mimosa pudica la pressione idrostatica dei tubi stessi; mi sembra alquanto difficile potere attribuire la stessa funzione al glu- coside segnalato da me, sia perchè esso è abbondantissimo anche in Leguminose prive di elementi albuminoso-tannici, senza che le cellule lo contengano, dieno alcun indizio di un turgore più elevato dell’ altre: sia perchè negli elementi albuminoso-tannici è di rado in proporzione notevole. E però ragionevole applicare la interpretazione dell’ Haberlandt ai tubi endofloematici dell’ Apios tuberosa, dove, senza alcun dubbio, l elevazione del turgore e l'abbondanza di tale sostanza vanno di pari Le reazioni sopraindicate mettono quindi in evidenza costantemente nel contenuto dei tubi due sostanze e cioè una sostanza di natura pro- teica che risponde al reattivo del Millon, del Raspail e dell'acido ni- trico; ed una sostanza di natura tannica che risponde ai sopracitati reattivo del tannino. A queste due sostanze principali si associa in certi casi del glucosio: in certi altri un glucoside affine se non identico E OL ep 18. alla esperidina. Il titolo quindi di accumulo albuminoso-tannico e di elementi albuminoso-tannici applicato rispettivamente a tale sostanza e agli elementi che la contengono è perfettamente giustificato. L'Haberlandt nei tubi della Mimosa pudica ha ritrovato ancora una sostanza colloidale che egli riferisce al gruppo delle gomme e delle mucilagini vegetali: non mi fu dato di riconoscerne una simile nelle Leguminose da me osservate: ma son ben lungi dal mettere in dubbio l'osservazione del chiaro botanico: poichè è evidente che gli elementi trasmissori dello stimolo della Mimosa pudica, quantunque debbano considerarsi omologhi a questi albuminoso-tannici, hanno acquistato ni nelle loro struttura, nel loro contenuto delle differenze profonde. À La struttura' che or ora abbiamo studiata è quella che, come si è detto, ci viene offerta nei casi tipici dalle specie meglio caratterizzate sotto questo rapporto: ma se si osservano anche in queste specie dei tubi che non si trovino più nella fase culminante del loro sviluppo, ma in una precedente od una susseguente, o se si prendono in esame gli elementi albuminoso-tanniei dei Dolichos, delle Erythrina, delle Dioclaea, ed anche molto frequentemente di Coronilla valentina, Ara- chis hypogaea, Desmodium penduliflorum , Indigofera decora ed au- stralis, Lotus edulis ed Anthyllis tetraphylla il contenuto non appa- rira più ché i in via eccezionale perfettamente omogeneo. Anzitutto solo di rado, come ad es. nei giovani internodii di Desmodium, Phaseolus e Coronilla, riempie del tutto il lume cellulare: ma più spesso forma dso strato di vario spessore disteso sulla membrana della cellula, il quale invia nell'interno numerose briglie protoplasmiche. Lo spessore di questo strato varia notevolmente anche all'interno della stessa specie principalmente a seconda delle età dell’ elemento: ma vi si possono sempre riconoscere il nucleo ed i plastiduli e, quando sia molto sottile, come nei vecchi tubi di Erythrina e di Dolichos anche buon numero delle minute granulazioni del plasma. Contemporaneamente a questo | assottigliarsi ed impoverirsi dell'accumulo aibuminoso-tannico e al suo | divenire più trasparente anche le reazioni sopraindicate si .attenuano | e divengono meno sensibili. Anzitutto Pune dell’alcool non si eser- cita. m col Jeter! quelle bizzai ior i coralloidi che erano PASQUALE BACCARINI sa così caratteristiche nel caso più sopra studiato, ma solo irrigidendo l'ac- cumulo e conservandone la struttura originaria. È allora facile il riconoscere che l'accumulo albuminoso-tannieo è, per così dire, immedesimato col protoplasma dell’ elemento (il quale diventa più denso, opaco, ed omogeneo, e presenta delle briglie più larghe e voluminose che nelle cellule normali); e che le reazioni sopra- cennate si avverano appunto nella massa del protoplasma modificato. La figura 14 della Tav. XXV rappresenta appunto uno di questi ‘casi nella parte inferiore di un tubo albuminoso-tannico del ricettacolo fio- rale di E. cristagalli: la massa protoplasmica che è notevolmente densa ed omogenea lascia riconoscere nel suo seno i plastiduli ed il nucleo, e tanto il protoplasma parietale che il cumulo centrale e le briglie che li congiungono rispondono nettamente ai reattivi tannici. Negli inter- nodii adulti dei Dolichos, dei Phaseolus, e delle Erythrina stessa i tubi che (come sarà meglio esposto nel capitolo relativo allo sviluppo) in uno stadio anteriore presentavano un protoplasta costituito analo- gamente all esempio sopraindicato, mostreranno solo un sottile strato protoplasmico con rare e sottili briglie attraverso il lume cellulare: strato protoplasmico nel quale i plastiduli e più le minute granulazioni spiecheranno con non minore nettezza che nelle cellule vicine. Le rea- zioni tanniche non si avverano più in questo strato o si avverano solo con straordinaria incertezza, e la cavità cellulare risulta ripiena di un liquido acquoso. E avvenuta così tra specie vicine la sostituzione di : ; un apparato acquifero all'albuminoso-tannico negli stessi elementi. come risulterà ancor meglio dallo studio entogenetico, e come del resto il Vuillemin, i in base a considerazioni filogenetiche, aveva messo chiara- . mente in luce. In ogni caso lo studio comparato dei tubi parafasciali nelle varie specie di Leguminose prese in considerazione pone in evi- denza questo fatto importante che lœ cumulo albuminoso-tannico si depone e s'immedesima col protoplasma degli elementi che lo saniem : gono, modificandone le proprietà e la natura. .. Lo studio degli elementi parafasciali e specialmente di quelli nei È qual si _ tale accumulo si risolve di buon'ora, e che perciò furono da me chiamati | transitorii, conduce allo stesso risultato e forse con chiarezza maggiore. CONTRIRUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 355: Se infatti si prendono in esame gli elementi albuminoso-tannici del diachima Tope di Lotus edulis e Tetragonolobus, di Desmodium gy- rans, Ebenus éretica , Hedysarum coronarium , Onobrychis viciaefolia e Kennedya macrocarpa si avvertiranno di nuovo gli stessi fatti che nei tubi parafasciali a struttura tipica. Il coagulo riempirà di prefe- renza tutto l' elemento o formerà uno spesso strato parietale dando luogo solo di rado a formazioni coralloidi di qualche entità; e presen- terà, per le specie che le posseggono, le sferiti già segnalate nei tubi, quantunque esse sieno in questi elementi meno abbondanti che nei tubi parafasciali, ma la nettezza delle reazioni, l'opacità e l'omogeneità del contenuto sarà la stessa. Però nelle fasi precedenti o susseguenti questa culminante, anche nelle specie sopracitate, si riesce a scorgere nella massa dell accumulo con sufficiente nettezza il nucleo, gli altri organi cellulari del protoplasma: organi cellulari che si discernono poi nettamente anche nella fase culminante di sviluppo negli elementi della Robinia Pseudoacacia e spinosa, Wistaria sinensis e floribunda, Kennedya alba-rubra e pubescense , E; Werolobium Timbouva, nei Dolichos , nei Desmodium, nell Anthyllis tetraphylla ece. ece. Un esame attento permette inoltre di riconoscere che il numero dei clo- roplasti (i quali a dir vero sono sempre pallidamente colorati in verde), non è in questi elementi cresciuto in egual proporzione delle loro di- mensioni; poichè nei Lotus, Robinia, Ornithopus, Scorpiurus ecc., essi $ sono sensibilmente nello stesso numero di quelli delle cellule vicine del palizzata e dello spugnoso, e negli Hedysarum, Coronilla ed Qno- brychis sensibilmente in numero minore: essi inoltre non assimilano affatto od assimilano solo con estrema lentezza. Basta infatti trattare d'insolazione e decolorate coll’ alcool, coi reattivi adatti a mettere in la misura ve se ne trovi, e come in certi casi non ve se ne trova prendono in esame delle cellule speciali al diachima fogliare di Robinia, Amorpha, Desmodium penduliflorum, K Kennedya pubescens, Wistaria le fini sezioni condotte attraverso le foglie, raccolte dopo qualche ora evidenza le minute quantità di amido, per constatare in quale tenue affatto (Ornithopus, Coronilla, Lotus, Scorpiurus). Per altro se si sinensis, nelle quali le cellule pte dopo una umo fase d'intensa PASQUALE BACCARINI funzione albuminoso-tannica passano ad un’altra di funzione assimila- trice, si vedrà che in esse, a misura che l'accumulo s'elimina, i eloro- plasti guadagnano in volume, intensità di colorito e finiscono coll’ as- similare con energia non minore a quella delle cellule vicine. Non così avviene per le cellule speciali al diachima fogliare della Psoralea bituminosa, Aeschynomene indica, Arachis hypogaea, Co- ronilla valentina, Erythrina cristagalli e viarum , nelle quali l ac- cumulo albuminoso-tannico è costantemente debole e qualche volta nullo in tutti gli stadii: poichè esse dalla fase di elementi albuminoso- tannici, per quanto debolmente accennata, passano senz’ altro a quella di elementi acquiferi: il nucleo ed i cloroplasti restano allora men vo- luminosi e densi che nelle cellule normali; e questi incolori affatto o solo pallidamente colorati. Possiamo quindi distinguere tre categorie di Leguminose a seconda del modo di comportarsi dei loro elementi albuminoso-tannici del dia- chima fogliare e cioè: uiia prima categoria comprendente quelle specie nelle quali la funzione albuminoso-tannica è negli elementi speciali esclusiva e predominante in modo da elidere tutte le altre: una seconda categoria comprendente le specie nelle quali la funzione albuminoso- tannica molto attiva in principio viene eliminata a profitto della fun- zione assimilatrice: una terza categoria comprendente le specie nelle quali la funzione albuminoso-tannica si associa dapprima e viene poi sostituita da una funzione acquifera. Questo impoverimento dell accumulo albuminoso-tannico e la sua graduale eliminazione, che si può dire completa o quasi negli ele- menti dell’ Arachis hypogaea, della Aeschynomene indica e dell’ Amor- - pha fruticosa, è naturalmente accompagnata da un progressivo affie- volirsi delle singole reazioni, e da un contemporaneo attenuarsi dello spessore dello strato protoplasmico e delia sua opacità; cosicchè nelle | tre specie ultime indicate esso forma all’interno di ciascun elemento un sottile straterello perfettamente Senate disteso contro Ja mem- — brani SAM, : (Continua). NOTIZIE BOTANICHE DELL mula p Notizie botaniche dell Italia centrale per 1 Prof. Dott. R. F. SOLLA —— = In ans breve escursione che dovetti intraprendere, per iscopi che si allontanavano dal campo vero e proprio della botanica, nella seconda meta dell’ Agosto, ebbi occasione di visitare successivamente i contorni di Cortona, il bacino dell'alto Tevere, il Casentino e la ca- tena di Prato Magno. Benché, come dissi, mio principale intendimento in RE escursione non dovesse essere la botanica, non mancai di tener conto di quanto potei osservare nelle mie peregrinazioni.... e, sebbene di un utile relativo, stimo nonpertanto non del tutto superfluo di rendere pub- bliche le osservazioni che andavo facendo per via. Cortona si innalza sopra la valle di Chiana, a 5 kilom. dalla sta- zione ferroviaria posta al piccolo luogo di Cam ucia. Quivi non trovai gran fatto piante di interesse, tranne quelle ruderali comuni che copiose si affastellavano sull’ argine, sopratutto intorno allo sealo delle merci (Atriplex, Amarantus, Lactuca, Urtica, Solanum nigrum, Mentha, Artemisia Absinthium, ece.). Nelle siepi però, sotto la robinia, notai un’ interessante forma di Rubus caesius con i suoi graziosi fio- rellini bianchi, che serpeggiava sul terreno co’ lunghi flagelli in traccia di un luogo di riparo per l inverno. Salendo da Camucia I’ arido colle ehe conduce a Cortona, coltivato fino sotto le mura della città e co- perto, per massima parte, di olivi, non mi fu dato di incontrare pi | che una flora caratteristica del mezzogiorno al tempo degli ardori di un’ estate avanzata; flora che resiste alla siccità e sembra bearsi del- l'a aria ae e ee sions i raggi = suoi Lees e sua; R. F.-SOLLA pestre, Daucus sp., Brunella vulgaris, Ballota nigra), mentre altre piante sono ritirate e quasi in letargo (Solanum nigrum, Lepidium, Malva . rotundifolia, Convolvulus lineatus (1), Calamintha Nepeta, Verbena officinalis, Echium vulgare, E. italicum, Cymoglossum, Heliotropium europaéum, di Sedum diverse specie, l Erigeron canadense che non è quivi molto frequente, Lactuca virosa, Cichorium Intybus, Chondrilla juncea, Reseda luteola, parecchi licheni (Physcia prevalente!) e,muschi inariditi, ecc., oppure già tutte secche hanno compito il ciclo della loro esistenza (Poa dura, Dactylis glomerata, ed altre Graminacee), per lo meno negli organi epigei. Notai anche, oltre alle diverse piante nomi- nate, la presenza di una bellissima Broussonetia papyrifera, poco di- stante dalla stazione; lunghe siepi di Crataegus monogyna, intorno a quei possessi; molto frequenti fra le colture il melagrano ed il fico, assai meno il gelso; anche la vite non è molto frequente. La coltura principale sembra essere rivolta al grano ed all’ olivo, indi alle frutta; non mancano, davanti alle case, l'alloro, il ramerino, la salvia, basilico, ed altre simili piante comuni presso i contadini quanto gl’ im- mancabili garofani. Qua e là, su’ muri, oltre all’ indispensabile Parie- taria, la Rubia tinctorum, il Capparis, del quale lunghi festoni lati- fogli pendono dalle mura della città, mentre cespiti di Antirrhinum ne coronano i merli. Fra’ campi e sotto gli olivi: Euphorbia Peplus, E. falcata, -Linaria Elatine, L. vulgaris, Ammi Visnaga, Foeniculum | officinale, con altre Ombrellifere, Delphinium, Fumaria officinalis, Pa- paver Rhoeas, Trifolium arvense, Sambucus Ebulus in frutto, Cen- w taurea sordida W. (2) (2), Teucrium Chamaedrys, Marrubium vulgare, Allium sp. (fruttificato), ece. Frequentissima notai, dalla stazione fino. sw a Cortona, l Artemisia Absinthium. Sotto le mura della città anche il Lycium europaeum, il Jasminum officinale, entrambi gia sfioriti; un bel pas coltivato a giovani ippocastani. Di Rubus ne osservai i 1) Non mi sembra il C. Cantabrica, per il portamento, per il tomento e per lo svilappo del calice. | €) Segmenti delle foglie stretti e terminanti in un mucrone bianco; achenio » " bruniecio, con et gialle; pappo — — sul secco — di pta (?) setole — ` js igide, bianche, ene dall achen i parecchi, oltre al predetto, intorno a Camucia, mentre sotto Cortona propriamente si trovano moltissime rose, fra le quali potrei dire pri- meggiante la R. sempervirens. Qualche olivo salvatico sporge dalle fessure delle mura qua e là, e sotto vi trovi anche bassi olmi (Ulmus glabra var. suberosa), qualche quercia anche bassa e giovanissimi Ailanthus , dei quali non mi fu dato di osservare veruna pianta madre in quei dintorni. Non molto diversa è la vegetazione nella parte del piano che si estende da Camucia fino verso Frassineto; alla vegetazione solita di erbacee si aggiungano il Juniperus communis, lo Spartium junceum che in modesti esemplari bassi accompagnano l argine ferroviario in- sieme con cespuglietti di ZZypericum, di Daucus, ecc., più lungi si vedono pioppi, qualche olmo, qua e là un pino domestico oppure gruppi di cipressi intorno alle fattorie. Soltanto nel basso, verso il canale della Chiana dopo aver passato interminabili campi coltivati a grano (già segato) e granturco, a saggina e canapa, divisi da bellissimi filari di viti maritate a testucchi dall’ ampia chioma che le ombreggiano più di quanto sarebbe loro utile, dopo lunghe file di gelsi e di pioppi posti, insieme a maestose querci, sul corso delle acque, si arriva ad una vegetazione più particolare, nella quale primeggiano i Verbascum , lAlthaea, il Giusquiamo, la Digitaria ecc., dove, fra Cirsium lanceo- latum ed altre Cinaree si possono raccogliere anche: il Tanacetum, la Matricaria, Y Anthemis arvensis, sulle sponde della Chiana e del Rio di Montecchio anche bellissimi: Lythrum Salicaria, Buphthal- mum salicifolium, Inula britannica, Poly ygonum Persicaria, bassi. alberelli (Populus tremula), Ononis spinosa, Pulicaria dysenterica, Mentha Pulegium, Erysimum orientale, ecc. Nelle scarse acque del " Rio di Monteechio, oltre ad infinite balle di Confervacee, anche Rene E mogeton crispus e P. natans. Sparso per la campagna qualche pino domestieo di arcane a chia quivi si coltiva, così pure mi sono rimasti impressi gli stupendi gelsi | che fiancheggiano le strade, e sono piante come non rammento. di averne vedute altrove, dell’ altezza di 90-95 m. con una chioma unita e folta ed un tronco che arriverebbe a circa 6 fino 8 dm. in diametro. Con - R. F. SOLLA un falso concetto si suole spaccare qui i tronchi ed asportarne la parte legnosa, nella stessa maniera come, con costume non meno barbaro, con concetto non meno falso, si suole fare altrove dell'olivo, del ca- stagno. — Fiorente è, come appresi, quivi — e non può essere altri- menti — la coltura della seta, la quale fornisce lavoro per tutto l anno. Aggiungansi dei bellissimi olivi che accerchiano il colle tutto intorno EA Lo aun C I os al paese di Castiglione Fioreutino, mentre scompaiono più oltre verso Frassineto, la estesa fattoria che gode tanta fama, con una villa ed un giardino, al di sopra delle mura del quale si scorgono belli esem- plari di Negundo fraxinifolium, N. striatum, Albizzia e parecchie altre legnose esotiche e nostrali. * Lasciato il piano, mi rivolsi al monte. La ferrovia che da Arezzo conduce a Fossato attraversa l'alta valle del Tevere e segna un pas- saggio gradato, che si rende più marcato, nella vegetazione dal piano al monte. Ancora prima di toccare la stazione di Cragnone si vedono fra le viti e gli ulivi, frammisti alle querci ed alla robinia, parecchi esem- plari di abete bianco (1). La ferrovia descrive parecchie curve intorno a vallate e burroni coperte letteralmente di una folta vegetazione, tutta verdeggiante, mentre più lontano si presentano in bell’ordine le ben tenute vigne e sparsi casolari ombreggiati appena da pochi alberi fruttiferi; qua e là verdeggia un corto prato accanto alla distesa dei ; — campi anche tutti coperti dalle stoppie, che riflettono in modo bizzarro la luce del sole che tramonta. Salendo dell'altro si entra in una regione — più chiusa da poggi, forati da parecchie gallerie, e la scena ci trasporta in mezzo alla montagna, con un folto di castagni, mentre all’ argine ferroviario si accostano moltissime robinie, con Spartium junceum e —— Sarothamnus scoparius insieme. Nè tia la gita continua eos; ma ay L’ abete bianco viene a formare qui, dd versante settentrionale. fois) di T “Marte na (come appresi anche meglio dal Sig. Prof. Pirotta) un boschetto com- | e sufficientemente esteso, il quale scende fino a2 250 | m. LN — nella. i vallata indicata che si attraversa con la ferrovia Ming ix NOTIZIE BOTANICHE DELL’ ITALIA CENTRALE ora si apre, nuovamente per un breve tratto, ua magnifico panorama a giù giù verso la valle, ora la natura a noi d' intorno assume un carattere Spoglio, nude roece con magra vegetazione erbacea, inaridita dal sole; ma dura poco questo tratto che richiama alla memoria molti paesaggi dell' Apennino, e ricompaiono, fino alla linea dove passa la ferrovia, le viti, campi di granturco, le robinie sono scomparse ed in loro vece si hanno, alle stazioni di Villa Monterchi, Sasso, Anghiari, pioppi e a querci che si disputano — in molti punti — il terreno in gran parte sassoso, altrove cedono il campo alla coltura. Delle piante più comuni osservo, lungo l'argine, Dipsacus silvestris, Linaria vulgaris, Dau- cus sp., Lotus corniculatus, Cirsium arvense, Lolium, Dactylis, Fe- stuca, ecc., Alle stazioni predette, e le intermediarie, si vedono acca- tastati i prodotti delle foreste vicine, travi e carbone, che attendono di essere trasportati altrove. Arrivai a Borgo S. Sepolcro che era già notte (alle ore 7.45). * Il dì appresso, uscito per tempo, mi informai della posizione del. luogo prima di intraprendere le mie escursioni. Borgo S. Sepolero giace nella valle del Tevere (a 340 m. circa) che ha, com'è noto, poco discosto da qui, al Monte Aquilone, le sue sorgenti. Generalmente si indica, qui nel paese, la catena dell'Appennino col nome di « Alpi », e rimarrebbe discosta circa quattrò ore di cammino dal paese. Per essa conduce anzi una bella strada maestra (detta la « Strada anconi- tana ») nelle Romagne. Davanti alla catena dell'Appennino si trova una serie di colline, a piedi delle quali giace Borgo S. Sepolero; la loro superficie è molto svariata, ora tutta nuda, ora coperta di boschetti, ora RE, 3 dalla coltura di campi, e di poche vigne. I fianchi delle colline, ripidi anzichè no, sono squarciati da tre torrenti che nella sta- - gione delle piene sono molto impetuosi e causano quasi ogni anno pa- reechi danni. Essi accolgono, lungo i] loro corso, diversi fossi e vanno - ‘al Tevere; ma non portano nell’ estate molta aequa. L'uno di essi, | lAfra, separa il territorio di Borgo S. Sepolcro da quello della vicina — R. F. SOLLA Città di Castello; esso è il più abbondante di aequa, e quest è buona tanto che dal detto torrente si è incanalato un condotto che porta laequa potabile al Borgo. Anche il Tignana, ehe segna il limite af confine fra questo ed il comune di Pieve S. Stefano, è un corso d’acqua che rimane, nei mesi più caldi dell’anno, per buona parte asciutto, e pre- senta pure; in generale, gli stessi caratteri dell’Afra, nel suo letto, ma é * ha generalmente le sponde piü coperte. Fra i due, scorre cirea paral- 3 lelo un terzo corso d’acqua, il Fiumicello, che è molto più rovinoso e - m generalmente scoperto. Esso era quasi affatto asciutto all'epoca che io lo percorsi. _ La natura minerale delle colline è calcarea; per lo più vi sono grandi lastroni di calce cristallina; sovrapposti l'uno all’altro in dire- zione parallela con la spina dell'Appennino, si che l’acqua dei torrenti ha scavato di balzo #n balzo delle profonde conche, dove si raccolgono barbi, ghiozzi, lasche e qualche altro pesce, e che sono fin anche fre- quentate, nell'estate, per le bagnature. In molti punti sono messi à nudo banchi di marmo rosso, mentre nella parte inferiore, verso la valle del Tevere, si ha abbondante deposito di terra argillosa che viene utilizzata per farne dei tondi; l argilla che si trova più sui colli, dove si estendono i campi, viene adoperata per materiale laterizio. Lo sviluppo maggiore della coltura si ha nelle parti inferiori delle | colline nel tratto pianeggiante che si estende fino ai pioppeti sul Te- | vere. A destra e sinistra della ag provinciale, campi di grano (se- gato già. da circa sei settimane), Sui quali prosperavano allora il tri- foglio « e la erba medica, con Salvia; campi di granturco, di saggina, : molto estesa la coltura del tabacco. In generale è favorevole rim- E. pressione che offre la. coltivazione tutto all’intorno; il contadino . lavora, e si scorge nel lavoro. la sua assiduità: egli guadagna anche . molto con le sue colture, per cui spende anche relativamente molto . e lo si vede nella accuratezza che egli impiega intorno ai suoi panni, sì che Borgo S. Sepolero è divenuto, già da qualche tempo, un punto de; commerciale. Il guadagno. maggiore viene ricavato dalla coltura del ta- eco, dall'allevamento del filugello e dalla lavorazione della seta. Si olti an pure il Jino e la canapa, ma più per il consumo del mers i q à utile Tad un’ w esporta azione. Feci la prima escursione lungo il torrente Fiumicello uscendo dalla porta principale, rivolta verso N. O., pittorescamente coperta di lunghi festoni di Linaria Cymbalaria. Lungo la via, nei fossi che la dividono da’ campi, molte ombrellifere dai fiori gialli (Foeniculum, Pastinaca sativa L. 6 latifolia) Agrimonia Eupatorium, Galium verum, G. Mol- lugo, Achillea Millefolium con fiori rosa, Brunella vulgaris, Marru- binum vulgare, Melissa officinalis, Verbena officinalis, Mentha silvestris, Anthemis tinctoria ed altre Composte ancora; a destra e sinistra campi tutti verdi di trifoglio nascente, fiancheggiati da filari di testuechio (con Rhytisma acerinum abbondante sulle foglie) ai quali sono ab. bracciate le viti, e qualche basso individuo di Ulmus glabra var. su- berosa. Bello è il Camposanto che s'incontra sulla sinistra; la sua parte | anteriore, dove sorgono tombe private, con più o meno lusso, è un vero giardino; bellissime aiuole di variopinti fiori, disposti con molto buon gusto, arrestano il passo del viandante. Dopo molti campi, bene tenuti, e sopratutto a tabaeco, a cirea 2 Chil. di strada, si arriva al ponte sul torrente, che sarà largo qui ap- pena 10 m. Una parte delle sponde soltanto é sostenuta a mura e scendono, lungo le pietre, lunghi rami di ellera, sporgono dalle com- - missure ciuffi di Sedum diversi, mentre sull'orlo della riva che va dol- cemente declinando fino a pochi centimetri dal letto, si arruffano i lunghi rami arcuati dei rovi. Nei punti dove la sponda non è murata | sporgono cespugli bassi di olmi, di querci, e molti salici; rari sono i pioppi (Populus italica) che accompagnano il letto del Fiumicello; fre- quente vi è invece l Hippophae rhamnoides, con lo Spartium junceum, salici cespugliosi, tra’ quali il Salix alba (chiamato « salcio » dalla gente del-paese) (t), i rami del quale servono in paese per legare e per lavori industriali di intreccio, che sopperiscono non solo ai bi- (1) Indicherò tra parentesi quei nomi volgari delle piante che ho potuto ap- xí pe sul luogo sion, e co’ quali quelle piante sono note agli abitanti del | paes R. F. SOLLA sogni del luogo, ma vengono portati anche ad Arezzo (paniere con manico, sopratutto, e paniere tonde da portarsi sul capo, ecc.); ed il S. purpurea (« sancastro »), col quale si fanno gabbie, stie e lavori simili. Di vegetazione all'intorno e sulle sponde, notai: piante di Dipsacus silvestris, Helleborus foetidus, Arum italicum, Galega of- ficinalis, Trifolium angustifolium, Plantago, Echium vulgare tutto ridotto quasi alle foglie soltanto od in gran parte secco; qualche scarso fiore su fusti volubili di Calystegia sepium, piante solitarie di Sonchus, Crepis sp., Scabiosa, Nepeta, abbastanza frequenti i cespuglietti di Ononis spinosa, qua e là compare anche la Vitalba già in frutto o con rari fiori soltanto, più oltre appariscono arbo- scelli di Ligustrum vulgare, Acer campestre, Cornus sanguinea e 'oronilla Emerus, alternanti con larghi cespugli di Juniperus com- munis. Anche tra la ghiaia del letto sporgono numerose pianticelle di Mentha, Centaurea sp., Juncus, Dactylis ed altre Graminacee già secche, Plantago, foglie di Astragalus sp., e di Tussilago Farfara; Foeniculum officinale, Daucus Carota, Cichorium Intybus ecc. ecë., insieme con bassi salici e numerosi individui cespugliosi di ontano, pro- venienti certamente dalle matricine di Alnus glutinosa che più sopra fanno ala ed ombra- al corso del torrente, ma hanno il fogliame per gran parte guastato dalla Galleruca alni che raccolsi copiosa. , Risalendo il corso del fiume s'incontra sul pendio della riva destra un boschetto di pini (Pinus Pinea), con bellissimi cipressi; delle piante di pino domestico si trovano di tutte le età e la pineta apparisce molto bene governata. Nel letto del fiume raccolsi qui Scirpus Michelianus, Plantago Cynops ed Eryngium amethystinum, mentre le sponde sono coperte di un folto di Eupatorium cannabium con rovi e vitalba ed - altre piante già nominate. Più oltre, dove il letto è tutto interrotto da - cascate e da grossi massi rotolati giù dall'alto, le sponde sono coperte di bassi castagni e di pioppi (Populus alba), con ontani, ma per un tratto non lungo, al quale segue una regione sterile molto accidentata _ per la violenza delle acque. Nel letto del fiume, fin qui asciutto, scorre una sottile vena di acqua ed al riparo di enormi blocchi trascinati e poi abbandonati dalle correnti, fa una vegetazione abbondante di - NOTIZIE BOTANICHE DELL’ ITALIA CENTRALE 365 Chlora perfoliata, Anagallis arvensis, A. coerulea, Dorycnium suf- fruticosum, Lithospermum officinale, Equisetum sterili, ecc. La regione si fa sempre più deserta, per !/, d'ora di cammino, le sponde del tor- rente s'innalzano sempre più, sono argillose e quasi spoglie di vegeta- zione, finchè non vanno ravvicinandosi a formare una lunga gola molto stretta, dalla quale esce il Fiumicello con un arco ardito; le sponde sono scavate nel vivo sasso, e fra le fessure delle rocce sporgono so- litari arbusti ed erbacce, quali p. es. cespugli di Rosa sp., di Salia incana, lungo il greto: Dipsacus silvestris, Melilotus officinalis, Cir- sium eriophorum, Chrysanthemum vulgare, Ajuga Chamaepitys, Poterium Sanguisorba, Campanula Trachelium, Galeopsis versicolor, Hypericum tetrapterum, ecc. Superati parecchi dirupi e cascate si incontra, dopo circa 3 ore di cammino, speso tutto in ricerche, una biforcazione del corso dell’ acqua, al di sopra della quale i poggi si innalzano sempre più ripidi e si fanno anche più ricchi di argilla; il letto del Fiumicello e del suo ramo (sulla sinistra) è argilloso, tutto sinuoso, ineguale, con le sponde erbose solo qua e là, ma per lo più formate di banchi di argilla. Un tratto seguono fitti ontani il corso delle acque, ma più su scompaiono e si arriva ai fondi di Vallorsaia, con praterie interrotte da rade querci e più sopra da castagni, frammiste a carpini, ornielli, mentre il sottobosco è rappresentato da sparsi cespugli di Cistus salvifolius, Juniperus communis, Spartium junceum (fiorito), Cytisus nigricans Fr. (?) con foglie soltanto!, Sarothamnus scoparius, Sorbus dome- stica (?), bassissimi, S. torminalis, Erica scoparia, Prunus spinosa, Crataegus monogyna, Rosa sp., e fra questi piante erbacee diverse per massima parte sfiorite e secche; notai anche in fiore: Erythraea Centaurium, Digitalis lutea, Betonica officinalis, Mentha acquatica, Veronica Chamaedrys, Brunella laciniata, Eryngium amethystinum, Cuscuta su rami di Sarothamnus, Dianthus silvestris; notai pure fre- quente la Pteris aquilina e molte Epatiche, R. F. SOLLA | x Un'altra escursione l'intrapresi sull'Afra, che scorre a Sud di Borgo S. Sepolero. Subito fuori di porta e lungo le mura, notai modesta coltivazione recintata, verso la strada, da siepi di marruca con ee qualche biancospino e Ligustrum vulgare, fiancheggiata da bassi gelsi i. che si alternano con testuechi, molta ellera, vitalba, qualehe rosa, e | framezzo, di piante erbacee: Pulicaria dysenterica, Tordylium apulum in frutto, Torilis Anthriscus, Hypericum perforatum, H. tetrapterum, : Urtica, Lythrum Salicaria, Calainintha alpina, Thalictrum flavum, E Centaurea, nigrescens, Trifolium fragiferum, Scabiosa Columbaria, qualche Tanacetum vulgare, Seriola aetnensis, Picris hieracioides, ecc. In poco piü di un quarto d'ora si arriva al ponte sull'Afra ehe ha «quivi un letto largo circa 20 m., e basso, con le sponde pianeggianti e tutte erbose, ricche di bassa vegetazione, ombreggiata. da un folteto di robinie, Salix incana, Populus pyramidalis, cespugli di Zippophae. Ma già poco piü sopra (circa ad ua centinaio di metri dal ponte) cambia l'aspetto del luogo, le sponde si fanno alte 3-4 m., ripide, senza ve- getazione ombreggiante, se si eecettuano pochi pioppi sulla sinistra. Continuano ‘ancora diverse piante formanti macchia bassa: salici e Hippophaè in prevalenza, a quali si aggiungono gli ontani, Spartium Junceum ed altre piante cespugliose, fra cui primeggia il Cistus salvifo- lius. Fra’ ciottoli del letto asciutto prospera una ricca vegetazione er- bacea, la quale abitualmente non fa nell’ acqua: Galeopsis versicolor, Linaria minor, Polyenemum arvense, Plantago lanceolata, Centaurea nigrescens, Poterium Sanguisorba , Daucus Carota, Andropogon hir- tum, ecc., insieme a specie di Mentha, alle foglie del Tussilago Farfara, al comune Polygonum Persicaria, all Eupatorium cannabinum, a’ giün- chi, agli equiseti e piante.palustri consimili. In qualche pozzo, dove s è raccolta anche maggior quantità di acqua, vegeta Chara sp. Il terreno sale ben presto bruscamente verso i poggi; ma il carattere delle sponde si fa molto uniforme; sul corso dell’ Afra si succedono diversi molini; b il terreno a destra e sinistra è tenuto a grano ed a vite. La. vegeta- | zione quivi apparisce pero molto meno attiva che verso il Fiumicello, NOTIZIE BOTANICHE DELL ITALIA CENTRALE i: 3904 ed oltre; non si scorgono più quelle distese tenute a trifoglio che ral- legrano col loro verde ameno, non più la coltura del tabacco: in loro vece si scorgono i scialbi campi di stoppie e scarsi filari di viti, non troppo bene tenute. Su’ campi raccolsi le solite fanerogame della sta- gione, Stachys recta, Galeopsis versicolor, Lycopus europaeus, Li- naria vulgaris, Scrophularia canina, Filago germanica, Cichorium Intybus, Medicago lupulina, Anthyllis vulneraria, Silene Cucubalus, Dianthus prolifer, Ononis spinosa, Caucalis daucoides, sparsi qua e là esemplari di biancospino e di vitalba; cespuglietti di Helichrysum angustifolium (« tignamica »), qualche Brunella laciniata, Plantago Cynops ec. A circa 6 Chil. dal ponte, imbocca nell’ Afra — dalla sinistra — il Fosso di S. Martino, dove la vegetazione prende già aspetto diverso. Il fosso, che prende il suo nome da una piccola canonica al punto dove esso si unisce all’ Afra, tutta circondata da bei prati che sono il ritrovo per le scampagnate primaverili ed autunnali dei contadini de’ dintorni, scende, a cascatelle quasi continue, da tre rami che scaturiscono dai vicini poggi posti al di sopra di Monte Casale, l'antico convento di francescani. Nella sua parte inferiore, e precisamente lungo tutto il percorso al di sotto di M. Casale, scorre l’acqua fra un boschetto ombroso di querci e castagni che son addirittura imponenti ed accer- chiano vagamente la base del colle, in cima al quale biancheggiano le mura del convento. Ma più sopra la natura si fa tutta brulla; le falde del poggio dove hanno origine i tre rami dell’acqua sono quasi affatto spoglie di vegetazione e da lungi non si scorgono, fra' nudi massi, che scarsi ciuffi di Graminacee, sparsi qua e là, con cespiti di Carlina acaulis, C. corymbosa, ecc. Prendendo poi il castagneto si sale, in poco d'ora, a Monte Casale, posto a circa 600 m. sul mare. Gradevole èla salita, sebben convenga passare per trozzi dove il piede spesso scivola sull'umido travertino e si scavaleano ripetuti fili d’acqua-che scorrono ad alimentare il fosso. Gradito riesce il boschetto dopo tanta strada esposta al sole; incante- vole è quel vago e fario succedersi di colori nel fogliame delle piante legnose, quale di un verde più cupo e quale più chiaro e taluno che 368 |, R. F. SOLLA ha risentito già i primi freddi della notte ed è arrossato o principia ad ingiallire. Sotto le querci ed i castagni annosi, con maestosa chioma sorretta da grossi tronchi, seorgi un ceduo di carpini, di quercioli, qualche robinia, ma più frequenti gli ornielli, la fusaggine che ha ar- rossato quasi tutte le foglie, ontani, cornioli con le drupe coralline, qualche basso sorbo, e sparsi qua e là i glauchi cespugli di ginepro; tutto questo. svariato di tinte così armonicamente miste, spicca pia- cevolmente contro il verde ameno ed i riflessi giallo-lucenti della bor- racina che cuopre il terreno, insieme con le fresche foglie di Zsolepis, Eragrostis, Juncus, Veronica Anagallis. Le anfrattuosità del suolo, e le sponde de’ ruscelletti sono tappezzate di Epatiche e di muschi idrofili, mentre tra gli Equiseti e la Felce aquilina che, in abbondanza, ne se- guono il corso, si scorge qua e là un Cirsium od il Carduus pycnoce- phalus, qualche Inula, l'immancabile Eupatorium, alte piantine di Erythraea Centaurium ecc. Frammezzo al bosco si apre un spiazzato, in- corniciato da rivi di acqua limpida, che costituisce l’ orto dei francescani, dove vi coltivano, oltre che grano e viti, fagiuoli, ceci, pomodoro, ci- N polle e simili piante culinarie. Da qui un ripido viale, ben tenuto, con- duce al convento, passando fra faggi ed abeti bianchi, ma giovani; stupendi sono i carpini, frequenti gli alberi di Acer italum (Pax), i noci, qualche sambuco, qualche cerro, ed al di sopra di queste piante, che ci trasportano col pensiero in regioni. ben più lontane, si incon- trano — non senza sorpresa — giganteschi, vetusti cipressi che fanno, È È in triplice filare, una corona all’edifizio dal lato rivolto verso la valle. Notai anche, nel folteto misto passato or ora: arbusti di agrifoglio, E ellera, di Cytisus Laburnum, Acer campestre, Evonymus europaeus, Cornus sanguinea, Buxus sempervirens, Ononis spinosa, Coronilla- Emerus, Cistus villosus e sotto di essi una ricca vegetazione di er- bacee e di perenni, delle quali — come più caratteristiche — citerò: Salvia glutinosa, Campanula Trachelinm, Ruscus aculeatus, Geum urbanum, Myosotis silvatica, Viola (foglie), Fragaria (foglie), Cy- clamen neapolitanum (foglie), Sarifraga rotundifolia, Hepatica tri- loba (foglie), Hypericum perforatum, Inula Conyza, Senecio eru- eifolius, Galium purpureum, Dentaria pinnatifida (frutti), Arabis | > 7 — gliame, tra il quale si arrampica la vitalba, la vite selvatica (« ambru- NOTIZIE BOTANICHE DELL'ITALIA CENTRALE 369 . hirsuta (?, esemplari secchi), Chaerophyllum sp., Geranium nodo- # sum, G. Robertianum; sui muricciuoli: Urtica, Dipsacus, Linaria Cymbalaria, con Asplenium Trichomanes, Ceterach officinarum. Bel- lissime felci anche nel mezzo del folto, specialmente Aspidium acu- leatum, Nephrodium Filix mas e Polypodium vulgare. Il convento, dove già abitò S. Francesco d'Assisi e ricorda anche gloriosamente la permanenza di altri Santi, è scavato in parte nel vivo sasso, al quale è stata addossata la facciata con uno spazio, relativa- mente angusto, per i due Jati di fianco. Vi abitano tuttora monaci, malgrado che quella dimora offra più del carcere che di alloggio nor- male. E certamente interessante l’ entrarvi e girare per quegli angusti corridoi, freddi: il convento che da lungi appare sorridente in mezzo al verde che lo incornicia, ed invita ad una salita, non offre che l'aspetto della vera penitenza nel suo interno. Celle cosi basse ed anguste che desta meraviglia come possano camparvi quelli ehe le abitano! * A circa 6 Chil., sulla via maestra, da Borgo S. Sepolcro si ar- riva sul fiume Tignana che é molto piü largo degli altri due e piü abbondante di acqua, com'è anche più meandrico e più svariato il suo letto, formante sotto Trapozzo de' bellissimi gorghi. La vegetazione non è diversa da quella che abbiamo osservata fin qui nello stesso ter- ritorio, se togli il diverso aggruppamento delle piante che danno a buona parte del eorso di quell'aequa una fisonomia magnifica, un quadro di natura dei piü belli. Nella porzione inferiore, lungo la pia- nura, si vedono da lungi alti pioppi, tutti torti dal vento, seguitare il corso dell’acqua, sul letto della quale si è formato un folteto di salei, a ontani, eon giunchi, Hippophaé ecc.; una più sopra, dove prineipia la d salita sul colle e le sponde si ravvieinano, si gode uno spettacolo incan- tevole. L'aequa, ehe si è scavata delle larghe pozze nel suo letto, ri- specchia tranquilla nella vivacità de’ colori gli alti tronchi di quercia, di Ostrya, di Cerasus, che fanno ala alle sponde, col loro diverso fo- stica »), l'ellera, mentre sotto la chioma di quegli alberi, si pl lunghi rami dalle morbidi foglie pennate e glauche della robinia, al di sopra dei soliti cespugli di Salix incana e S. purpurea, con gli ontani dalle foglie lucenti, a' quali aggiungi l Eupatorium cannabinum, la Ga- lega officinalis, Y Althaea cannabina, Agrimonia Eupatorium ecc. ecc. Più sopra le sponde diventano sempre più brulle, l'acqua balza da letti di argilla che attraversano la direzione della sua corrente; la coltura di viti e di gelsi principalmente, si avanza sempre più sul corso del fiume; e più sopra ancora, dove il Tignana descrive un immenso arco alle radici di un poggio, coperto di basse querci, si estende sulla sua destra una specie di altipiano con pioppi ed ontani, corgnoli, rovi, canneti, che arriva fino alla fattoria Doti, posta a’ piedi del colle di Aboca, tutto coperto di prati verdeggianti nella sua discesa, sul versante del Tevere. Più lontano, nello sfondo, si scorgono le alte e nude creste del- l'Appennino. | Prendendo da Aboca per Borgo S. Sepolero attraverso la catena di poggiuoli che è interposta fra il Tignana ed il Fiumicello, si passa per una regione molto sterile e sconfortante. Il vento che scorre sul dorso di quei poggi impedisce la vegetazione alta, se si eccettuano pochi ginepri che vi fanno, mentre le rade querci sono ridotte tutte a cespugli bassissimi e storpiati. Il terreno è in gran parte brullo, o tenuto tutt'al più a grano, di cui si scorgono gli avanzi; le erbacee sono però tutte inaridite o stentate. Nè starò ad enumerare quei pochi rappresentanti che sono tutti più o meno i soliti inquilini di simili terreni. aridi (come la Scabiosa Columbaria, le Centaureae, Linaria vulgaris, uh uie Fame, ai Brachypodium dista- — chyon, ece.). | d a Ne la continuazione delle escursioni verso Pieve S. Stefano offrì. | gran fatto diversità nell' aspetto della Pues che eredessi oppor- | si tuno il tenerne parola. Da rasato paesetto e mi avviai verso la Modina, donde scende ~ poscia sotto Mignano per arrivare al cosidetto lago di Mignano ed esplorare il pendio de’ poggi che si innalzano al di sopra di questo e stanno interposti fra la nostra valle e quella del Singerna. — La via conduce dapprima, con salita pronunziata, attraverso coltivazioni fian- cheggiate sulla strada da siepi di marruca e di Cornus sanguinea che si alternano, più sopra, con Acer campestre; ma più sopra ancora, dove la via si fa più piana, si arriva in una regione deserta, o, dirò meglio, abbandonata. Per quasi 2 Chil. di strada si passa su terreni incolti, ab- bandonati al pascolo, mentre potrebbero rendere tanto se si volesse impiegarvi meglio i capitali! Pesante riesce il cammino attraverso questa landa, rosa dal gregge, arsa dal sole, fiancheggiata da rovi e da mar- ruche, la di cui monotonia non viene punto interrotta dalle alte Pleris aquilina, da cespugli di Spartium junceum (anche in fiore), dalle basse Ononis spinosa, da qualche Galega, ma viene anzi — se pur possibile — aumentata dall'aspetto dei colli tutto all'intorno, che sono, per massima parte, brulli e franosi in alto. d'aspetto, per il susseguirsi di poche querci, di cerri, di qualche pioppo, ma in complesso il carattere rimane quasi lo stesso. Nè si pensi di scorgere nel lago di Mignano un terso specchio d' acqua si- tuato romitamente tra un folto di verdi frasche gaie, come al caso i laghetti dei colli Albani, o simili né tampoco ad un bacino naviga- bile. Il lago di Mignano non è che una pozza g acqua, sebbene alquanto estesa (circa 100 m. X 40 m. come massimo, quando io vi fui), di forma ovoidale, che si è formata alle radici dei colli dagli scoli di questi che l' hanno accumulata lì basso senza che trovasse un subito sfogo, finchè non si aprì, da per se stessa, un varco angusto ed a sbalzi, di masso in masso, verso l'Ancione. Lo stesso lago tende però a scomparire, a dire della guida che mi vi accompagnò, perchè l'acqua che precipita da’ colli trascina sempre seco del materiale che (t) La carta idrografica segna Ancione, mentre sopra luogo lo sentii chia- pa Lancione. l'Aneio ne, (!) il corso di aequa piü Verdun per il luogo; ma piegai | . Piu vicino al lago predetto la natura d'intorno'muta qualche poco. R. F. SOLDA va sempre piü iuterrando il bacino. Vi sono pero barbi e lasche, anzi in abbondanza tale che ad essi é rivolta una caccia (piü esatto che « pesca ») accanita, con arti dolose, specialmente quando i pesci scendono, all'epoca della fregola, verso l'Ancione. ; Nulla di speciale la vegetazione intorno allago: giunchi e bassi sa- lici (Salix purpurea) che ineurvano i loro rami sull'aequa, a formare gradito ritrovo di pesci. Vivace la vita animale li d' intorno: oltre ai diversi insetti acquatici e laeustri, svolazzavano moltissimi lepidotteri tutto all'ingiro, malgrado che la vegetazione non offrisse loro molto. Salendo sul colle, fra querci, salci, olmi, presi — giunto piü in alto — per i prati verso Ovest, dove sotto querci guastate da bruchi, andavo . notando qua e là individui di Helleborus foetidus, Digitalis ferrugi- nea, Centaurea splendens, Plantago Cynops, più oltre Cichorium In- tybus, Antennaria (?), Ononis spinosa, O. columnae, Hippocrepis co- mosa, Lotus, Coronilla glauca, Eryngium amethystinum: in luoghi più sterili, fra querci cespugliose e ridotte, Carlina vulgaris, Car- duus nutans, Pleris aquilina, Daucus Carota, Teucrium Chamaedrys, Ajuga Chamaepytus, Calamintha alpina, Stachys recta; più oltre, tra’ seminati: Specularia speculum, Leucanthemum vulgare, Trifolium pratense, Phleum pratense, Dianthus silvestris, Hieracium sp., Cen- taurea Cyanus, Xeranthemum cylindraceum; Anagallis arvensis, Bru- nella laciniata, B. vulgaris, Galeopsis Ladanum, Campanula Tra- chelium , Dianthus prolifer, Galium verum, Mentha, ecc. Arrivai cosi dn esa a’ poggi donde si scorge Pieve S. Stefano da un lato e la valle del Singerna dall'altro, al quale si associa il Tritesta, È ed a dal sa m di COREA, pu in volta al 3 Ce T æ è AM e e b et TANICHE DE ' discesa, coperta di rade querci, per massima parte, se anche non è brulla e tutta franata dalle acque precipitose che vi hanno lasciate le loro tracce. Più svariata è la sponda destra; ora pianeggiante, ora ri- pida, qua tutta vegeta e coperta di un folteto di salci, ontani, ece., là più melmosa lambe le radici di un gaio colle; più oltre è guadagnata alla coltura dei campi oppure è brulla e sassosa, per il materiale che vi hanno trasportato gli affluenti. Il letto del torrente è molto largo, tranne in pochi punti dove le due sponde si accostano a formare delle strette gole; grandi blocchi e massi forzano la corrente — che non è molto considerevole — a deviare o formano anche delle cascatelle, e per le diramazioni dell’acqua rimangono scoperti continuamente degli isolotti — anche grandi — tutti vestiti di vegetazione, segnatamente di salci (Salix incana e S. purpurea), dei quali vengono raccolti i rami per l'industria dei contadini di quei dintorni. Abbondante vi cresce pure l Helichrysum angustifolium, con l'Echium vulgare, Dip- sacus silvestris, Carduus sp., Galega officinalis, Reseda luteola, Eu- patorium cannabinum, Pulicaria dysenterica, Cirsium lanceolatum, .Verbena officinalis, Linaria vulgaris, Mentha sp., Digitalis lutea, Galeopsis versicolor, Epilobium parviflorum, Cichorium Intybus, Po- terium Sanguisorba, Plantago Cynops, P. media, Specularia Specu- lum, Bellis silvestris; Veronica Beccabunga, Dactylis glomerata, Holcus lanatus, Lolium perenne, Juncus, Equisetum (sterili), eec. Nelle pozzette d’acqua, tra’ sassi, gomitoli di Confervae e muschi idrofili. Imponente si estolle, ad un tratto, sul letto del fiume il conico colle di Caprese, circondato, alla base, dal corso del Cerfone e del Camaiano; da lungi si vede disegnarsi vagamente sull’orizzonte la cresta di un’an- tica rocca, costrutta sopra balzi inaccessibili — dal lato del fiume — tra’ greppi de’ quali ha trovato dimora, col tempo, qualche solitaria pianta legnosa, cui fanno compagnia cuscinetti di musco e ciuffi d'erba. Per una lunga e comoda strada, tagliata recentemente sul pendio del- lAlpe di Catenaia, che ci separa dal Casentino, si accede ad aleune __ poche case sparse, situate a tre quarti circa di salita e si scorge da Es lungi gli avanzi di antico muro, appena ombreggiato dall'edera e da qualche olmo, in vetta al colle. La terra è molto argillosa, ma in di- | 3. Malpighia anno VI, vol. VI. R. F. SOLLA versi punti, ne’ burroni che in quantità la squarciano, si scorgono tracce di giacimenti metalliferi che per l addietro (a quanto appresi), vennero anche saggiati, ma non avrebbero reso molto vantaggio. I poggi tutto all’intorno sono per lo più nudi e scarsa, anzichenò, è la lavorazione della terra, principalmente per la mancanza dell’acqua; da lungi si vedono nereggiare, al sole cadente, le folte macchie di quercia e castagno che salgono alla vetta dell'Alpe. L'ultimo tratto di strada, alquanto ripido, è superato e, giunti alla porta — dove si crede di arrivare alla meta del cammino, trovando un paese, si rimane inter- detti, attoniti dinanzi al vetusto edifizio, nel quale si posero i natali del- — oa l'immortale Michelangelo (1), e che oggidi è la casa del Comune: Co- : 3 mune che troverai sparso, a distanze, qua e là per quei dirupi e sulla E discesa dei poggi addossati all'Alpe di Catenaia. Tuttavia l' ingrata sor- presa di vedersi alla meta del viagg gio e sul finire del giorno, esposti quasi a barbara derisione del destino, che sembrerebbe deliziarsi a "s rimandare il viandante su'passi fatti, tale sorpresa viene largamente compensata dalla generosa e cordiale ospitalità offerta dall’ egregio Segretario del Comune, che lassü vi dimora: ospitalità che mi ristord dalle fatiche di un lungo giorno e che mi lego. con sincera gratitu- dine alle gentili persone le quali si sono isolate in quel poetico sog- giorno. pom n di appresso mi avviai, per tempo, lungo il Camaiano, nel tratto inferiore, su per la discesa della montagna, piegando poscia verso N. 0. onde 2 iungere piü in alto un vareo che mi portasse nel Casentino. » Mentre i i poggi, immediatamente sotto Caprese, sono sassosi e nudi e . per scarsità di acqua non vi può fare la coltura del suolo, è ben di- - . verso l aspetto del paese lungo i corsi perenni d’acqua. Tanto sul Cerfone, che esplorai ancor la sera avanti, quanto sul Camaiano si addensa la coltura de' campi, e di ortaggi sopra tutto. Dà subito nel- agg "] D utti, com" è noto, sono concordi nell’ ammettere che Michelangelo Ca @ o. È sà be à > i l'occhio l'abbondante coltura di fagiuoli, che alternano con campi di granturco, vi si trovano colture di pomodoro, di zucche ed altri ortaggi. Qua e là davanti le case, sebbene a considerevole altezza (circa 800 m.) piante d'alloro. Il pendio, più su che si sale e più si cuopre di folte - vegetazioni di legnose, prevalenti le querci e fra queste principia già a presentarsi qualche castagno. Le acque scorrono sotto una vera galleria di ontani e salci e sono quasi incassate fra’ muricciuoli che rassicurano le coltivazioni contro l impeto loro. Ellera e vitalba, in- trecciate a’ rovi ed alla vite selyatica formano dei rivestimenti folti a . H . * N H su quelle pietre, e grazioso è il vedere qua e là ùn lungo sarmento di rovo che offre sostegno al fusto rampicante di qualehe fagiuolo, ov- + vero il frutto giallorino di una zucca mezzo nascosto tra il fitto fo- gliame di rovi e dell'ellera. All'ombra di queste liane, framezzo e sopra i sassi, tra’ quali l’acqua segue il suo torto cammino, una ricca vege- tazione di briofite e di felci con parecchie ombrellifere (Heracleum, - Bupleurum ecc.), Verbena officinalis, Salvia glutinosa, Galega offi- — cinalis, Eupatorium cannabinum, Urtica dioica, e fra questi si scor- gono le stellate corolle del Solanum Dulcamara che avvolge l'unà or l’altra pianta tra le spira del suo fusto. Sbtto le querci sparsi qua e la si osservano arbusti di Spartium, Crataegus, Cylisus triflorus, di- verse forme di Rosa, e poche erbacee, in gran parte secche o ridotte alle sole foglie perennanti. . Alla Calla del Tasso abbandonai il Camaiano e presi per un ‘sentiero a destra; quindi passato Stiffino mi trovai nella regione di folti e ben cresciuti castagni che erano carichi propriamente di frutti. Una strada, abbastanza larga, ma umidiccia e paludosa per acque non . —— infossate, e con pietre sporgenti che. di tanto in tanto l attraversano, conduce al podere di Fragaiolo, che si scorge da lungi, in mezzo a bellissimi prati verdi, mentre il folto di castagni tutto all'intorno non a permette di scorgere che a tratti, giù basso basso, la valle superiore del Singerna, e lontano lontano le vette dell’Apennino. La vegetazione, lungo la strada, è anche abbondante; le felci vi sono in prevalenza: Aspi- . dium aculeatum, A. Filix femina, Asplenium Adiantum nigrum, A. Trichomanes; a questi si associa un misto di tinte turchine e gialle e R. P. SOLLA rosse ne’ fiori di: Galeopsis versicolor, Campanula Trachelium, Ge- ranium nodosum, Circaea lutetiana, Lactuca muralis, Erythraea : Centaurium, Impatiens. Noli tangere, Epilobium parviflorum, Ga- lega officinalis; aggiungi poi un folto di rovi con Rumex Acetosa, Graminacee diverse, il Galium verum ece. Più oltre larghe foglie di Pul- monaria officinalis; qualche singolo individuo di Hypericum perfora- tum, di Digitalis lutea, di Jasione montana sparso qua e là; prevalente si fa più su la Pteris aquilina (« felce »), e con essa compariscono : Calluna vulgaris, Sarothamnus scoparius (« sciamera »), Helichrysum angustifolium (« brenze »), con Euphrasia officinalis, Geranium Ro- bertianum, Lotus corniculatus, Campanula Rapunculus, Arenaria serpyllifolia, Fragaria vesca, Bellis silvestris, ecc. Dopo due ore buone di cammino, lasciato il podere Fragaiolo alla destra e preso su per il colle sulla sinistra, arrivai al Carbonchio, che attraversa la strada, e dopo un lungo percorso meandrico va a scari- earsi nel Singerna, poco distante dalle radici del colle di Caprese. Scarsa è l’acqua di questo affluente, fin anche quassù presso le sue sorgenti, ma abbondante | vi è però la vegetazione sulle due strette sponde, e quivi s' incontrano i i primi faggi; tutti bassi e sciupati dal vento. Un'angusta e malagevole mulattiera continua poscia, fra bassi faggi cespugliosi con molta felee aquilina, più su, e dopo mezz'ora dal . Carbohchio, si arriva ad un ruscello che porta già le sue aeque al'Arno. | Nel tratto superiore si ha una regione molto deserta, con campi te- . nutia grano, per quanto lo concede la natura molto sassosa del ter- - reno. Dopo pochi altri minuti, si è in vetta al valico con cespugli di j: faggio, cespiti di Pteris, Sambucus Ebulus, Sarothamnus a qualche Digitalis lutea, la Calluna vulgaris. i Stupendo il panorama che si presenta, nelle vaghe tinte ; dalle prime. ore di un giorno sereno, con l'avvieendarsi di rocce nude lontane e vicine, di praterie, di bosco e di terreni coltivati! Di fronte il Pra a magno co' suoi dolei gioghi ed i classici paeselli alle sue falde; da si- nistra verso destra Ja catena dell'Apennino che manda riflessi letti mco. torreggianti in essa, la piramide del Falterona, più in. qua, D a data la Tonem. dalla Romag a e ne l'alto Casentino NOTIZIE BOTANICHE DELL'ITALIA CENTRALE 377 eo’ declivi dell'Alpe di Catenaia, le « Alpi » di Corezzo, di Chiusi, ecc. dalle quali sorge erta la rinomata vetta della « Penna » (la Verna) con le falde ad occidente tutte coperte d'abeti. Giù basso, nella valle, fra i colori svariati delle diverse colture, segue l'Arno il suo corso tran- quillo, uno stretto nastro argentino dentro un largo, candido letto. * Il carattere che la montagna presenta — dal lato botanico — è quasi identico col carattere della catena di Prato Magno. Come a Vallombrosa, al di sopra della zona degli abeti, che arrivano in media a’ 1000 e 1100 m., procedendo verso la Secchieta (il punto più avanzato verso settentrione della catena di Prato Magno) si vede tener dietro il faggio (che a sua volta scende anche a 950 m.) dapprima in bellis- sime fustaie, e più su ridotto sempre più fino a presentarsi basso e _ sformato per l imperversare dei venti, e il dorso della montagna non è più che un susseguirsi di magri pascoli che alternano con una na- iura tutta sassosa e tutta brulla, specie verso il varco di Reggello e di lì oltre: così si presenta il dorso dell’ Alpe di Catenaia. E mag- | giore n'é l'identità anche sul versante. adriatico: non molto sotto le molteplici curve che segnano i profili delle due catene, subitochè le piante godono di un maggiore riparo da’ venti, principiano gli alti fusti di faggio e di castagno, più sotto i boschi di quercie che gradatamente si associano alle coltivazioni rurali: ma in complesso ci presentano la discesa delle montagne molto più coperta e ben più unita nella sua vegetazione che il versante tirreno delle due montagne quasi parallele. Una differenza l’ offre l'Alpe di Catenaia, in quanto che é relativamente più esposta a’ venti sciroccali, perchè i suoi faggi, verso il valico, sono egualmente ridotti e rachitici come quelli sul versante tirreno; mentre sulla catena di Prato Magno, passando dal Valdarno nel Casentino si incontra ben presto, sotto a’ pascoli, una stupenda vegetazione di faggi e di castagni. Però non in tutti i punti. come nella parte settentrio- , la catena del Prato Magno si presenta cosi; sopra al bacino del ‘nella ae più meridionale, al varco di Loro ece., anche j R. F.-SOLLA x ta questa catena è più brulla e presenta delle piante molto sformate e assai ridotte che lottano contro le intemperie e contro il gregge che vi pascola e contro l' avanzarsi della coltura de’ cereali, che fino lassù si estende. Vuoi per maggiore esposizione delle sue vette ad oriente, vuoi per l abusivo taglio dei boschi praticato per l addietro, anche questo tratto del Prato Magno presenta una spiegata identicità con VAlpe di Catenaia. Sono sceso nel Casentino, e da Rassina l'ho percorso tutto fino a Stia perlustrando ed erborizzando lungo le falde delle montagne a destra e sinistra dell'Arno ed ho riscontrato — nel complesso — una grande uni- formità di caratteri, tranne particolarità locali, piccole modificazioni che si confondono nell’assieme, nel quadro generale. Per cui eredo di poter dire che il Casentino presenta, nel suo carattere floristico, sul versante orientale l' aspetto della vegetazione del Valdarno (catena di Prato Magno ad occidente) e sul versante occidentale (oriente della ca- tena di Pratomagno) l' aspetto della valle del Singerna, non solo ma anche deil' Ancione: in una parola, delle valli secondarie del Tevere. Non istard quindi a riferire per filo e per segno tutte le escursioni fatte, nel corso di altri otto giorni, sulle due sponde dell Arno e dei numerosi suoi affluenti nel bacino idrografico casentinese, ma riassu- mero i miei appunti di viaggio in poche escursioni, più importanti che serviranno a dare una pallida idea della vegetazione di quei luoghi, quali la potei trovare sul finire dell'agosto; e mi sia concesso qualehe breve divago dal tema, se cercherò di innestarvi qualehe osservazione su altri punti da me visitati. | | * Dall'Alpe di Catenaia scesi lentamente per una natura molto deserta, fra bassi faggi sciupati, fra cespugli di ginepro e di Sarotha- annus, per infiniti rovi verso bassi cespugli di quercia, camminando per un buon tratto sempre su pascoli aridi e tramezzati di pietre od alternanti con grossi massi coperti solo di licheni, che parevano tante . coste sporgenti della montagna. Da una profonda valle a sinistra sa- liva su su una bellissima abetina, la quale si arrestava però anche molto # sotto a’ pascoli che calcavo; io presi invece alla destra ed arrivai dopo lungo cammino alle querei d'alto fusto ed in generale al coperto dei raggi del sole che si facevano sentire sempre più. Dopo passato un bel castagneto, senza trovare gran fatto una vegetazione interessante, presi per Chitigliano, dalle case antiche e dall'alto campanile biancheggiante da lungi, e passando per coltivati di olivi, gelsi, vite, granturco, sulla bella strada carrozzabile che quivi ni giunsi a Rassina intorno al mezzodi. Rassina è un piccolo paesello, molto attivo, vi sono due filande, che s'incontrano appena si arriva in paese, e — come appresi — lavo- rano queste tutto l’anno di seguito, od è raro che interrompano i la- vori. Si coltiva molto la canapa in quei dintorni e vi sono anche delle fabbriche di polvere, delle quali si incontrano altre anche verso Talla, alle falde di Prato Magno, paese posto sull'imboeco di un tor- rente omonimo nel Capraia. (Continua). 0. MATTIROLO Sul valore sistematico del Choiromyces gangliformis. Vitt. e del Choiromyces meandriformis. Vitt. — Saggio critico del Dott. ORESTE MATTIROLO. Fra i nuovi funghi ipogei illustrati con tanta sagacia e maestria di de; lingua e di matita da Carlo Vittadini (Monographia Tuberacaearum, E Mediolani 1831) figurano a pagina 51 e 52 (Tav. II. fig. 1-3 Tav. IV. fig. X) il Choiromyces (!) meandriformis ed il Choirom; vet gangli- sai formis. I Fratelli L. R. e C. Tulasne nel loro classico lavoro (Fungi Hy- pogaei, Parisiis 1853. Editio altera), quantunque non avessero potuto investigare altro se non che alcuni esemplari e frammenti secchi loro trasmessi dallo stesso Vittadini e dal Rev. Berkeley (2), pure rigirando le frasi del micologo milanese, non si peritarono a descrivere nuova- mente e a mantenere nella scienza le due specie sopra ricordate, sulle quali pure, come si può argomentare, erano già nati a loro dei dubbi sino dall’ anno 1845. Dall’ esame dei loro lavori risulta infatti quanto segue: Nel 1845 i Fratelli Tulasne (3), catalogando le specie allora note - x * Si Vedi in O. MarrrgoLo, Illustrazione di tre nuove specie di Tuberaceae italiane, Mem. Acc. R. delle Scienze di Torino. (Ser. II. Vol. XXXVII 1887 con pis tavole) le ragioni che indussero l'A. di qu uesta nota a mantenere ite terato il nome adottato da Vi ittadini e vedansi pure i dati — relativi genere rds 0 NE L. R. e C, Tung hypogaei, Parigi 1853. « spuma sicca vidimus tum itala cum bohemica anglicaque, a clarissim. viris Vittadini et Berkeley benevole nobis missa ». A pag. 170 a proposito del C. meandr iformis ibid.: « Nous n'avons vu du Choiromyces meandriformis que des fragments desséchés ». « Specimina sicca a benevolo cl. Vittadinio, Mediolani accepimus » pag. 171, | parlando del C. gangliformis V . F, L-R. e C. Turasxe, De gen. Choiromycete et Picoa e Tuberacaearum familia, Annales des Sciences Naturelles. Serie IH, Tom. IL, pag. 349. EJ i | | | | | | cM appartenenti al genere Choiromyces, a proposito del C. gangliformis Vitt. cosi si esprimevano : « Vin a praecedente (C. meandriformis Vitt.) diversus. » à Nel 1855 nei Fungi Hypogaei (!), a pag. 35 si legge: « D'ailleurs « le C. gangliformis, qui ne paraît être qu'une forme du C. mean- « driformis, le type du genre, presente... » A pag.171 della stessa opera si nota, dopo la descrizione del C. gan- gliformis Vitt.: (2) « Obs. M. Vittadini, quand il nous remit des échantillons de ce à peine du LI « champignon, reconnaissait lui méme quil différait à _« précédent et qu'il devait être considéré comme une forme parti- « culiere plutót que comme une espèce distincte », Sulle descrizioni di Vittadini e di Tulasne troviamo quindi calcate tutte le descrizioni degli autori, che rieordano il C. gangliformis Vitt. e ciò perchè, va subito notato, il valente mieologo milanese fu il primo e l’unico botanico il quale ebbe finora ad osservare questa forma in natura allo stato fresco. : Le ricerche intorno alle Tuberaceae italiane, alle quali attendo da molti anni, mi hanno concesso di poter replicatamente osservare (allo | | stato fresco) numerosi esemplari del genere Choiromyces Vitt., fra i T quali ebbi la ventura di ritrovare la rarissima "n gib deseritta. da . Vittadini e non più osservata.di poi (3). Lo studio di questo fungo, fatto nello intento di riconoscerne il valore | sistematico, di fissarne cioè l autonomia o rilevarne i legami che possa ( L. R. e C. Mana Fungi hypogaei, pag. 35. fatta i DA, POR ME ie ae oh | EY pag. 171. a determinazione venne ulla fede delle Figure “di Vittadini, ma pure confrontando gli esemplari au utoptici ‘raccolti dal Vittadini e da lui stesso comunicati ai botanici francesi Tulasne e Mo (1845). “Frammenti di questi esemplari ora conservati nel Muséum d'Histoire. “dna di Po ho zo ottenere M cortese pean ner: det uod Max i sono p Vittadini che io ho potato Bro ees ~ collezione stessa di Vittadini ata nel R. Orto boarne di Brera in in Milano, manca di tale rara ve : O. MATTIROLO eventualmente avere colle vicine specie, mi condusse a risultati ehe mi parvero non privi di un certo interesse, per cui mi decido a pre- sentarli al benevolo giudizio dei lettori della nostra Malpighia. È un fatto noto d' alironde che molte delle .specie cosidette rare sono veri enigmi. - Descritte da autorevolissimi autori, in virtù appunto della indiseuti- bile importanza riverberata sopra di loro dal nome stesso di questi autori, esse vennero e vengono, senza discussione, religiosamente ri- cordate nei libri con frasi descrittive stereotipate, senza che per una od un'altra ragione sieno mai state assoggettate ad un esame attento e minuzioso, e senza che la loro autonomia sia stata mai diligente- mente fissata. ; Alcune di queste forme, sulle quali non si peritarono peranco i bo- tanici a discutere sulla fede unica del verba magistri, finiscono, in ultima analisi, per costituire poi una difficoltà grave, un intoppo serio alla giusta applicazione di quei criteri che la scienza, dopo di aver rilevato colla diretta ‘osservazione, va mano mano cercando di adattare alla pratica sistemazione delle differenti forme, onde riuscire allo scopo supremo di togliere l' empirismo nella loro seriazione. Il Choiromyces gangliformis, descritto dal Vittadini eirea il 1831, non osservato più dai botanici, è, a mio avviso, da* considerarsi appunto — eome una di queste forme, la quale, siccome spero poter dimostrare colle presenti ricerche, non sarebbe al certo stata elevata al grado di specie, qualora si fossero attentamente esaminate le fasi evolutive del Choiromyces meandriformis Vitt. di cui il C. gangliformis rappre- senterebbe lo stato immaturo. Discussi e confrontati mano mano tra di loro i caratteri differen- ziali attribuiti dal Vittadini alle due specie e accettati dagli autori, | spiegheremo i concetti istologici e microchimici ehe ci condussero ad escludere con esattezza il Choiromyces gangliformis Vitt., dal novero | degli Ipogei. | C. MEANDRIFORMIS. Vitt. e C. GANGLIFORMIS. Vitt. Esame comparativo dei caratteri esterni e di quelli organolettici. Come si rileva dalle descrizioni e come ce lo dimostra l ispezione degli esemplari freschi, l'aspetto esteriore di queste due specie non lascia assolutamente riconoscere fra di loro un carattere solo di di- stinzione. : Le due speeie, infatti, hanno un utero quasi globoso, variamente sviluppato in grossezza, piü o meno regolare e in generale notato da numerose protuberanze mammiformi confluenti e da una certa parti- colare attenuazione verso un punto della superficie loro (4), la cosidetta basis degli autori. — * Il loro sviluppo varia pure assai, mentre aleuni esemplari hanno la grossezza di una noce e pesano pochi grammi, altri raggiungono invece quella di un uovo, di un pugno, o sorpassano e dimensioni pesando anche 200 e più grammi (2). L' aspetto esterno (Facies) fa perfettamente ieri. le nostre due forme ai Tuberi di Helianthus (3). | * La colorazione è è pure paragonabile a quella di doii tuberi, e si presenta identica nelle due forme. Vittadini e Tulasne descrivono il C. meandriformis di colore dilute castaneus e il C. gangliformis invece di color fosco. Io non ho potuto riconoscere negli esemplari freschi-tale differenza di colorazione. TARE è vero che A signor A, descri ale es C. 0 Basi absorbente vix perspicua PAIN MERDA; viti L c. pag. 50 CATA dei caratteri generici. Basis acutiuscula, Stet c. Explicatio iconum. Tady; Tipi pag. 79 a proposito del C. meandriform — Basi plus minus protuletante aut culis instructi, dicono i i Fratelli Tu- lasne l. c. pag. 170, discutendo i caratteri gen () Magnus ponderis trium usque SUM. die anche Vitt, parlando del €. gangliform ©) Tubera Solani tuberosi, aut pa tuberosi ee referente», Lino O. MATTIROLO meandriformis (1), lo dice notato di colorazione foncée ou brune che sarebbe invece, secondo gli autori sopracitati, la colorazione ritenuta propria del C. gangliformis. Confrontando la colorazione esterna di questi due ipogei coi colori tipici della scala cromatica del Saccardo (?) (pure avendo riguardo alle variazioni di intensità nei differenti tratti della superficie peridiale) essa starebbe compresa fra i colori indicati dal Saccardo col nome di umbrini e quelli detti atropurpurei (N. 9 a N. 12 di detta scala, comprendendosi in essa gradazioni di tinte castaneae (N. 10) e fuli- ginae (N. 11) chiare. | Il tegumento esterno e liscio, continuo, notato qua e colà da quelle rime o serepolature bianco-rufescenti (Fulvus N. 32 in Chromotaxia), che si ritengono caratteristiche del genere (3). Odor fortissimus ingratus (+), dice Vittadini a ‘proposito del C. mean- driformis (9): Odor fortissimus nauseosus. peculiaris, nota lo stesso autore, parlando del C. gangliformis. A noi e ai nostri colleghi del Laboratorio di Torino, l' odore di questi Ipogei ci è parso identico, quantunque più forte di quello del C. meandriformis. E un odore nauseabondo, intensissimo, ingrato e ripugnante se lo si annasa a lungo. Ricorda abbastanza quelli dell’ aeido _ formico, del nitrito di amile o quello speciale a certi formaggi ricer- eati dai buongustai, che si conoscono sotto il nome di formaggi bleu a cagione di certi Perisporiacei che in essi si sviluppano. Quanto al valore culinario di queste due specie gli autori che ne trattarono sono alquanto discordi, così che io credo prezzo dell’ CANA il trattenerci un momento sopra questo argomento. Vittadini, parlando dei caratteri rt dei funghi del gen. Choi- (') L. Durour, Atlas des OSE comestibles et veneneux. Paris 1891, pag. 216, Tav. 80. N. 191, (3) P. A. SACCARDO, di seu nomenclator colorum polyglottus. Pa- tavii, 1891. ; (5) Rimis latis, albido-rufescentibus tessellatus, dicono Vittadini e Tulasne, _ L e. a proposito del C. meandrifo €) Verrapin, Le p. 51. ; P ViTTADINI, l. c. p. 52, ae maturos tamen | « an nica RAE et nauseosum quein spirdni odorem comedi posse (« haud credam » (1). Lo stesso autore giudica la carne del C. meandriformis sublenax © e quella della vicina specie C. gangliformis addirittura cullro ac den- libus inimica ! (3). I fratelli Tulasne (^) cosi si esprimono a riguardo di questa specié: «immaturi nonnulli esculenti, maturi graveolentes minusque alli- cientes. Corda (1842) ritiene invece il suo Rhizopogon Magnatum (5) (evi- dentemente sinonimo del C. meandriformis Vitt.) in Bezug ihres Aroma ausgezeichnet gut ! Zobel, nel volume VI della Zcones fungorum di Corda; trattando del C. albus Corda (altro fungo riconosciuto pur esso sinonimo del C. mean- driformis Vitt.) così scrive: Der Geruch von C. albus Corda ist kei- neswegs unangenehm, noch weniger ist er seines Geruchs und Ge- schmacks wegen zu gar nichts su gebrauchen. Er erscheint in Prag als ein Material der feinern Kochkunst (wenn er auch den frischen üchten schwarzen Trüffeln bedeutend nachsteht) und wird sehr häufig — zu Speisen verwendet! ib. pag. 10. ; E. (0 VITTADINI, L c. p. 51. (3 VrrraprNt, l. c. P at, ( VITTADINI, l c. p. 52. (5) TULASNE, Fungi ARSA l..e.. p. 170. ($) meat Icones fungorum hucusque D re Tom. M Praga 1842, p. 67, N. B. — Come vedremo i in seguito, trattando la sinonimia delle nostre specie, à xs dobbiamo lamentare pur troppo una grande confusione e nelle. leserizioni di qu : ‘autore per quanto ha rapporto alle Tuberaceae in genere. « Fungos hy, ogaeo: dicono i fratelli Tulasne, l. e. (Premon iita)... etiam illustrare. tentaverat f cum autem paucissimos vivos contemy i ! brationes "saepius imperfectas et viz fidas reet; atque licet postremas ejus elucubrationes acute interpretatus M e Aaa plurimum | auzerit v clariss. Zobel, veremur tamen ne mu im rum rum confusio, sit venia dicto inde orta so » Contor, et Teones fang. Tom. : mv. TR ie ex a pes — Zobel wey po © 0. MATTIROLO Bizozzero lo dice edule. (1) Dufour (2) espèce comestible man peu re- cherchée. Desta meraviglia come il signor Rudolph Hesse possa dire, parlando del Gebrauchswerth der Hypogaeen im menschlichen Haushalte, pag. 31, dei nostri Choiromiceti, che il C. meandriformis sia per questo ri- guardo da ritenersi addirittura come vorzüglich! e che il C. gangli- formis sia da riguardarsi per lo stesso motivo come nr M 6 gut! (jung). O Come il signor Hesse (3) possa ES di Gebrauch swerth in menschli- chen Haushalte in specie del C. gangliformis davvero non si può comprendere, poichè egli non ha nemmeno potuto vedere la specie in discorso: altro che provarne il valore culinario! e infatti, lo stesso signor Hesse afferma questa specie manca (vacat, pag. 31) nella Germania. Siccome nessuno, nemmeno in Italia, ha più raccolto questa forma descritta dal Vittadini e mancano perfino gli esemplari autoptici nelle reliquie della collezione di Vittadini, che si conservano religiosamente al gabinetto dell’ Orto botanico di Brera in Milano (+), che io espressamente visitai, mi eredo in diritto di fare questa osser- s vazione (5), tanto piü che lo stesso Vittadini si esprime chiaramente abbastanza sul valore commestibile della sua specie là dove dice, cultro — ac dentibus inimica! (6). Solo parlando dei Choiromyceti dice (come — abbiamo già sopra ricordato) immaturi apud nonnullos esculenti (7). I giudizi stranamente consoni a questo riguardo dati da Corda, Zobel ed Hesse, messi a riscontro con quelli della mia sensibilità specifica e quella della maggior parte degli autori che ne trattarono, ci condur- | ; (0) she omer Flora veneta crittogamica. Parte I, T funghi, Padova 1885, | (5) R. Hesse, D iè Hypogacen Deutschlands. Eine Monographie. Halle a > 1890-91. Zweite Lieferung, jm (* Mi è grato cogliere Aun occasione per ringraziare il prof. piste ir volle Lanes concedermi di esaminare la collezione in disc ) V dato che i fratelli Tulasne elaborarono la loro descrizione sopra si pid inviati loro da Vittadini. (©) VITTADINI, loc. cit. (7) VITTADINI, loc. cit. ‘credere che le qualità. olfative. dei sullodati pae ANT “mollo a desiderare. Un cibo che si presenti notato da un odis cosi impianti - come quello dei Choiromyceti (vedi la stessa derivazione etimologica) non mi pare assolutamente possa esser ritenuto vorzüglich dai buongustai avvezzi all' odore e al sapore delieatissimo dei tartufi in genere. E a questo proposito debbo rilevare che mi sembrarono assai strane le osservazioni registrate dal signor Hesse, loc. cit. pag. 31. Nelle caselle della tavola annessa al capitolo II (Angabe der Holz-, Strauch- oder Krautarten unter denen dic Hypogaeen angetroffen wurden) questo autore segna per il C. meandriformis il Faggio e le Conifere (Buchen- und Nadelholz) e sino a qui non trovo nulla a ridire, poiché puó- darsi assai facilmente che questo Ipogeo si adatti in Germania prevalente- mente a tali piante. Indiea poi la Quercia (Eiche) per il C. gangliformis che, secondo lo stesso autore, si incontrerebbe nei terreni calcarei! Ma, come fa, domando io, a giudicare sopra queste relazioni, mentre, come credo di aver dimostrato più sopra, il signor Hesse nor può aver - veduto il C. gangliformis di Vittadini, il quale pure, a suo avviso, manea in Germania, e mentre Vittadini, l'unieo ehe lo aveva veduto, ebbe a dire che lo aveva raccolto in locis apertis ? Questa osservazione, a mio giudizio, ha relazione coll’ altra, relativa. all’ epoca della raccolta, desunta, evidentemente, dala osservazioni già fatte da altri autori. I Choiromyceti delle due specie che ci interessano, occorrono abbastanza. rari durante tutto l'estate, in autunno e nei primi mesi dell' inverno (4). Essi crescono appena sotto alla superficie del terreno e si incon- trano, almeno secondo le osservazioni da me fatte in posto, in rela- zione specialmente colle radici dei Pioppi e delle Quercie (?) raramente — = si incontrano a qualche profondità nel terreno (3). 0 Vedi il ee che tratta dell’ Habitat. | i Í rdo MATTIROLO, Sul pine dei Tori e sulla Gli esemplari da me raccolti colla guida dei Trifulau (4) e dai loro cani eccellenti, non si rinvennero in luoghi aperti (2) ma sempre in boschi fitti, formati prevalentemente da piante annose di Quercia o di Pioppo, talvolta in luoghi aperti (Clairiéres) sempre però in vicinanza di alberi o comunque nel raggio d'azione delle loro radici (3). Da noi, in Piemonte, dal giugno a tutto dicembre, si possono incon- trare questi tipi di ipogei. Quantunque la maggior parte degli autori assegni loro come epoca di raccolta giugno e luglio (Vittadini-Tulasne). luglio e settembre (Hesse, V. Tav. Die beste Zeit des Sammelns) pure si incontrano nel periodo di tempo sopra ricordato. Il chiarissimo prof. Passerini ad es. raccolse il C. meandriformis in novembre e dicembre a Langhirano (Provincia di Parma). Il dott. Porta (+), il dott. Belli (*) e lo scrivente in detti mesi e in distinte località del Piemonte incon- trarono sei volte le specie in discorso. E va notato ancora a questo riguardo il fatto seguente : Vittadini dopo aver parlato dei mesi di giugno e luglio come epoca di raccolta del C. meandriformis (v. loc: cit., p. 51) continua: raris- interdum emerso (C. meandriformis seed = cit. pag. 51; penitus hypogæi. Tulasne loc. Bw pag. 170; in arena b foliis deciduis interdum semi- emersi crescentes. Tuslane, loc. cit. ie Scien, Nat. ; (!) Que bie é il nome volgare col ve si indicano in Piemonte i cercatori — di Tartufi indicati in Francia coi no i Truffiers o Trufleurs (Poitou) Ra- bassaires ou Rabassiers (Provenza), à. Tulasne, loc. cit.). C) Vittadini infatti si esprime chiaramente sopra questa circostanza € che . non ho potuto ipae: colle ricerche fatte sul sito. Loca aperta rediit dice parlando del C. meandriformis. In locis incultis apertis. C. gangli- formis, loc. cit. () Vedi a questo proposito quanto ho riferito in un precedente lavoro. 1 TTIROLO, Illustrazione ecc., pag. ius a proposito del ht à terfe- ©. sioides Matt. e del luogo di sua stazion (9 Al compianto € Alessandro Pd di Cereseto (Asti) a, intelli- - gente e passionato raccoglitore, uomo dotto e valente quanto modesto, io vado debitore di alcune pedis di Tuberaceae importanti e nuove per la Flora mico- logica italiana. Trattando dei suoi diletti Tartufi, mi è caro all'animo rivol- - gere alla sua memoria un mesto e cordiale saluto. (9) H caro amico dott. Saverio Belli, primo assistente presso il R. Orto botanico - di Torino, mi fu di preziosissimo aiuto in quéste ricerche e a lui pure mi sia concesso rendere le dovute. azioni di grazie. sime in foro exlat una cum veris tuberibus. Interdum tamen pro Tubere Magnatum venditur. Orbene, come potrebbe avvenire questa sostituzione se il Choiromyces in discorso si raccogliesse solo nell’ estate allorquando gli individui di Tuber Magnatum Pico, non sono maturi, non odorano e quindi non si possono incontrare che incidentalmente nei lavori di sterro, e per conseguenza non si trovano, come tutti sanno, sul mercato ? In vernacolo piemontese i due ipogei che stiamo esaminando ven- gono indicati dai raccoglitori col nome di « Spüssiun » o « puzzolenti » a cagione del loro fetore. Al Pino (Torino) vengono indicati pure col nome di « Lufe Vean » denominazione che non mi perito a tradurre. I Choiromyceti si incontrano rarissimamento sul mercato, dove pure con tanta arte si tentano le più curiose sofisticazioni, cosicchè io mi sono convinto che questo fatto derivi principalmente da due cause: 1.° L'odore nauseabondo intensissimo (più della loro forma e del colore del peridio e della carne che lontanamente ricorda quello del T. Magnatum Pico) farebbe troppo facilmente riconosere la tentata sofisticazione e potrebbe guastare anche il profumo delle qualità pregiate. = I cani stessi, quelli adulti e bene ammaestrati, serviti dal loro ammirabile olfatto, non si lasciano più, dopo un certo periodo di pratica, . adescare dall’ odore dei Choiromyceti, nè più sovr’ essi si fermano, poichè sanno benissimo che invece di ricevere l usato premio incontrereb- bero dal padrone un castigo. È così che molti di questi raccoglitori di ‘professione, nemmeno a volerli pagare profumatamente, non si ri- solvono a far ricerca di questi tipi di ness temendo di rovinare i loro cani. : Questo fatto vale a spiegare l' enorme difficoltà che incontra il mi- - cologo nella ricerea delle Tuberaceae non eduli. ` Le specie del genere Choiromyces si incontrano sopra un’ area assai vasta: In Italia, Inghilterra, Austria, Boemia, Germania, > Russia, si conosce il C. meandriformis (V. Habitat). 25. Malpighia anno VI, vol. VI. ne LEA * 0. MATTIROLO Esame comparativo del modo con cui si dispongono i tessuti interni. C. meandriformis Vitt. Le venature sterili che prendono origine dagli strati di un Peridio lievissimo, tenue, glabro (come risulta dall’ e- same degli esemplari freschi) sono formate da filamenti micelici ad elementi allungati e leggermente flavescenti, che procedendo dal peridio si internano variamente e irregolarmente ramificandosi ed intreccian- dosi (1) e delimitano numerose concamerazioni imenifere. Nelle areole, comprese fra le maglie del tessuto sterile, strette, nu- merose, colorate in bruno pallido, si sviluppano gli elementi dell' imenio. Dapprima nelle areole si nota un tessuto miceliare lasso, poi gli aschi si vanno in esse formando a partire dalla porzione parietale, lasciando ancora per qualche tempo un residuo di tessuto sterile nel centro dell’ areola. Tale tessuto, nelle ultime fasi evolutive del fungo, quando cioè gli asehi hanno raggiunto le dimensioni normali e le spore in essi hanno acquistato le dimensioni ed.il colore loro proprio, non è quasi più differenziabile, cosicchè allora la carne di queste Tuberacee risulta composta di due sistemi di tessuti: le venature flavescenti ed il tessuto sporifero, colorato in bruno pallido, che oceuna |’ interno delle maglie. Le areole sporifere conservano però sempre due gradazioni di tinte, sono più scure verso le pareti e più chiare verso il centro, dove si possono ancora riconoscere i residui del primitivo tessuto miceliare. Il tipo di decorso delle venature, meglio che dalle descrizioni, è ca- ratterizzato dall'appellativo di meandriforme dato dal Vittadini a na Choiromycete. Gli individui giovanissimi, nei quali l apparato sporifero non è pu- raneo abbozzato, presentano una carne bianeo-lattea e perfettamente inodora o lievemente odorante come i micelii fungini in genere. Se gli esemplari freschi presentano questo ordine,nei tessuti colle colorazioni sopra notate, non cosi si presentano all'esame le sezioni rose dagli stessi esemplari essiccati. tiva a notato, come già osservò VITTADINI, che le venature erte. non pre- ; sentano, » frequenti anastomosi. Parum ge dice VITTAD LA | SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. In essi, per virtù della essiccazione, la carne si riduce mirabilmente, ! _« Aéri sicco expositus, facillime ewsiccatur et ad dimidium redu- citur, » (Vitt. loc. cit.) aequistando una colorazione ben diversa. Le vene sterili appaiono allora nettamente ocraceo-flavescenti, si riducono di molto nelle loro dimensioni, tanto da apparire come fili- formi. Le areole, che spiecano per il loro colore bruno, sono netta- mente limitate all'esterno dallo strato sottoimeniale ad elementi, i quali strettamente collabiscono e si cementano tra di loro, per eui tutta lareola appare limitata da uno straterello quasi fuligineo. Nel centro deli areola la colorazione appare meno carica, poiché ivi gli aschi sono meno numerosi e. vi rimangono i residui del tessuto lasso ‘che precede l'imenio. Questo cambiamento di elovenni èun prodotto della essiccazione. Le vene sterili nel secco acquistano i] colore che loro è proprio, poichè riducendosi enormemente le loro dimensioni, si stipano le une contro le altre colle pareti dei loro elementi, che assieme fortemente si cemen- tano, così che occorre poi il sussidio di va reagenti per rigonfiarle nuovamente se si vogliono studiare. L’ aumento notevole nella colorazione delle areole si deve pure al fatto dello addensarsi degli elementi che le compongono. La essicca- — zione riesce a contrarre e ridurre talmente gli elementi della carne. i di queste Tuberacee, che gli esemplari essiccati appaiono tutti raggrin- 3 zati e non raramente presentano delle fessure interne per lacerazione di tessuti. C. gangliformis Vitt. — Gli elementi ehe costituiscono la carne di questa TN sono identiei a quelli deseritti nel C. meandriformis, ma ne differiscono però ‘per la colorazione loro e per i vicendevoli rap porti di sviluppo fra la parte. sterile e la parte imeniale, i quali mo- tivano P aspetto differente che acquista la sezione all’ esame oggettivo. | Venarum forma ag pr red a i Sepa Kantin simillimo, 3 - | diversus (Vitt.). i In mus forma la parte Mene ha predominio sulla. a parte ascofora R ix Ls 3 : f: MATTIROLO Le vene che procedono dal peridio si svolgono collo stesso decorso | come nel C. meandriformis. Esse però sono qui molto più sviluppate larghe e chiare e, in certi tratti del loro decorso, danno luogo ad espansioni gangliformi, che spiegano il nome, così a proposito, dato dal Vittadini a questa forma. Spatia seu areolas hinc illine relinquunt albas, filis minimis concoloribus varie junctas, sub 9 rt im forma (loc. cit. pag. 52). = I tratti imeniferi delle areole ‘sono molto meno sviluppati e mar- | x cati, poichè il tessuto ascoforo che va originandosi, è ridotto assai ed ‘è ancora limitato alla periferia delle areole in uno strato sottile, che dà alla sezione I’ aspetto suo caratteristico. L’ areola appare così, scu- retta alla periferia, bianca nel centro, dove rimane immutato il tes- suto ifenchimatico lasso, che abbiamo veduto ridotto solo più a pochi residui nel C..meandriformis. E tanto è vero che la disposizione dei differenti tessuti, che costi- tniseono la carne del C. gangliformis, deve essere interpretata in questo. modo, cioè come uno stadio evolutivo del C. meandriformis, che in alcuni esemplari ho potuto incontrare tutti gli stadi più evidenti di passaggio intercedenti fra gli estremi che caratterizzerebbero la disposizione della venatura nelle due nostre forme: che non è raro „osservare sezioni nelle quali troviamo in certi tratti i earatteri della venatura propria del €. meandriformis, mentre in altri è spiecato il tipo descritto proprio al C. gangliformis; e che finalmente in molti casi la determinazione dei due tipi é assai difficile e dubbia, poiché si in- contrano tutti i graduali passaggi dall' una all'altra forma, siecome si conviene in due forme evolutive di una stessa specie. | Jolla essiccazione il C. gangliformis si riducé mirabilmente « Ærsic- catus mirabiliter deerescit » ma però non tanto come il suo eongenere, né come questo cambia così marcatamente di colore. Gli esemplari. secchi sezionati conservano una colorazione che può anche essere pa- ragonabile a quella degli esemplari freschi, quantunque, evidentemente, : sia più scura. I filamenti quasi ineolori, gli aschi che contengono spore. presso a poco anche in colore possono stiparsi assieme, senza che perciò ne un aren fatto alterato il colore fondamentale e colla essiccazione SCR ie hi £e E = RE; ? Bees | SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. filamenti non si cementano assieme così fortemente siccome avviene nella precedente specie. I caratteri sopra menzionati vennero pure da me riconosciuti sopra gli esemplari autentici di Vittadini, da lui stesso comunicati ad signori Tulasne e Montagne di cui è cenno alla pag. 881. Durante il corso di queste ricerche non mi fu dato incontrare sopra i Choiromyceti la curiosa Sphaeriacea, indicata da Corda col nome di Microthecium Zobelii Corda, Tom. V, pag. 74, Tav. VIII, fig. 53: da Tulasne, coll’ appellativo di Sphaeria (Hypoerea) Zobelii e ricordata da Zopf col nome di Melanospora Zobelii Corda, che si trovò parassita sul C. meandriformis e che venne incontrata pure dal Tulasne sopra un altro Ipogeo, | Hydnocystis arenaria Tul.. Esame comparativo dei caratteri istologici delle ife che formano la venatura e dell’ apparato riproduttore. Ife ed Aschi. — C. meandriformis Vitt. I filamenti, che partendo dal peridio, formano le reticolature nelle cui maglie ha origine il tes- suto ascoforo, sono formati da ife assieme cementate, le quali presen- tano, all'esame microscopico numerosi setti, parete non molto robusta flavescente, e nell'interno pochi granuli e residui plasmici. ^ AUS aschi, grandi, identici per forma a quelli delle vicine specie (C. terfezioides, Matt. ad es.) sono ovali, oblunghi, a parete sottile, atte- nuati alla base in un pedicello di varia lunghezza, non raramente in- eurvati, contengono «tto spore. La parte inferiore attenuata presenta lateralmente, e un po’ sopra - : ]a sua base di attaeco col filamento, quel Fipendemento che si osserva | in moltissimi aschi e che più propriamente è à caratteristico. di E. delle Tuberacee (1). : : Gli aschi misurano in media circa 150 microm. Negli individui m e maturi essi sono difficilmente visibili nei loro particolari, cosicchè fa | : a De Bary, cen Morphologie « und Biologie dar Piles, me 8l e : E zd 188 MATTIROLO HP uopo ricorrere, per osservarli, ad una attenta dilacerazione, sussidiata dagli adatti reagenti. Non abbiamo potuto riconoscere in essi quella disposizione seriata descritta, ed illustrata dal Vittadini, che pure non avevano potuto ri- conoscere i fratelli Tulasne (!). Gli esemplari essiceati presentano le ife dala vene sterili (ed in ispecio quelle che occupano la porzione sotto imeniale) contratte alla periferia delle singole areole, stipate e cementate le une contro alle altre, cosi da far cambiare il colore alla sezione, nella quale i tessuti sottoime- niali si differenziano come linee molto più scure. Se queste sezioni si mettono nellaequa, quantunque si rigonfino assai, non riesee piü pos- sibile riconoscervi (senza l aiuto di adatti reagenti) il decorso e la forma delle ife, ciò che-invece si osserva negli individui che si esa- minano allo stato fresco. C. gangliformis Vitt. I caratteri morfologici delle ife e degli aschi sono identici a quelli della specie ora descritta. Negli esemplari freschi, tanto le ife come gli aschi si distinguono subito per il loro contenuto e per il colore delle membrane. Le ife sono Bennie, piene di granuli plaint più addensati contro le membrane e ritniti in sottili briglie, che formano così un reticolo granuloso, nelle cui maglie si può riconoscere una sostanza omogenea quasi incolora, la cui presenza si tradisce per una lieve opalescenza e pr una forte rifrangenza. ' Gli aschi differiscono da quelli del C. meandriformis solamente per il loro. sviluppo, mostrando in media un diametro longitudinale minore. Le spore sono in numero di otto, quasi incolore, anche we - già. | sono presenti negli aschi. m T Sporangia.... simplici serie ad latera venarum distributa. Viu. loc. cit., . Con ie Vitt tags me Zobel: Il ne nous a pas paru que les sporanges ent at Habituellement Joa net dans ees. lig gne hi Vi haat en une série sinple qu NS RE ae y | SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. Gli esemplari essiccati osservati in acqua, si rigonfiano immantinenti, le ife si distendono mostrando i caratteri sopra indicati. Lo stipamento delle ife colla essiccazione è meno marcata che nel C. meandriformis. Essiceati nelle identiche condizioni, gli esemplari del C. gangliformis si riducono meno di quelli del C. meandriformis, non presentano sere- polature e non variano sensibilmente il loro colore. Spore. — C. meandriformis Vitt. - Le spore di questo Ipogeo sono sferiche, misurano circa 21 micr. di diametro. La media di N. 24 misurazione diede 20.6 microm. ` L'esosporio è colorato in giallo chiaro (1), munito sopra tutta la sua superficie di punte o meglio di numerose rilevatezze bastoneiniformi , ad apice ottust od anche lievemente capitato. Non raramente -questi processi si sviluppano irregolarmente a mo’ di piccoli gavoccioli. Morfologicamente si possono paragonare ai processi che si incontrano sulla esterna superficie di molte spore di Tuberaceae, di altri ap e dei granuli pollinici in genere. Hanno pure qualche analogia di forma coi processi da 1 noi incontrati negli spazii intercellulari dei Tegumenti seminali delle Papilionacee (2). Questi chiodetti il cui materiale di costituzione è in dipendenza di quello che costituisce l'esosporio, non sono sempre impiantati perpen- dicolarmente sopra di esso; molte volte si mostrano anche uncinati all’ apice. Trattando con cloruro di zinco iodato, le spore del C. meandriformis — esse si colorano più intensamente in giallo brunastro; pressochè uguale: ; | qualora. si faccia agire l'acido solforico secondo la formola di Russow. Colla floroglueina, earbazol e m reagenti non si ha colorazione. È | (91 Non so comprendere come il Vittadini, ordinariamente così accurato sis bruno * es [ [A IONI, a struttura degli ipse intercellulari nei ice we delle Ls a sane II Lake it 0, MATTIROLO . cus Coll’ l'idrato potassico si uno più rent per scomparire Ll quando si elevi la temperatura alla ebullizione. Nell acido nitrico divengono trasparenti. L'acqua di Javelle dopo pochi minuti (5-10 minuti) scolora e scioglie lepisporio. Le sporé così trattate, lavate e portate in soluzione di acido osmico colorano fortemente in bruno il loro contenuto, il quale pure reagisce colorandosi colla tintura di Alcanna. | Dalle sopraesposte reazioni e in modo tutto affatto speciale dall’ azione dell’ aequa di Javelle risulta che la sostanza dei cui è costituito l'epi- sporio di questo ipogeo non può considerarsi analoga a quella di cui sono composti i bastoncini sia delle Papilionacee che delle Marattiacee (1) \ e che pure non può ritenersi identica con quella che costituisce le cuticule tipiche, di cui è noto il potere caratteristico g^ resistenza al- l’acqua di Javelle. i Il modo di comportarsi dell’ episporio di questa e delle altre Tube- racee e dei funghi in genere, così come del rivestimento dei granuli pollinici coll’ aequa di Javelle, conferma i dubbi precedentemente emessi dai mieologi a questo riguardo (De Bary loc. cit. pag. 112-115 e Zopf Die Piize, Breslau 1890, pag. 371 in Schenck’s Handbuch der Botanik, VoL-IVy ' (Continua). NO V. MATTIROLO e BuscaLiont, loc. cit. Reazioni. V. Ricerche anatomo-fisio- Cede sui tegumenti seminali delle Papilionacee degli stessi autori, Torino 1892. - SUI RAPPORTI SISTEMATICO-BIOLOGICI, ECC. Sui rapporti sistematico-biologici del Trifolium subterraneum L. cogli affini del Gruppo Calycomorphum Presl. * (Sez. Carpoipogéa - Carpoepigéa ( Xnemopeta - Geotropa) Nob. Nota critica del D.” S. Betti. Lo scopo di questa nota preliminare è quello di passare in rivista tutto quanto si scrisse fino ad oggidì sulla biologia del Gruppo Caly- comorphum Presl, mentre tutto ciò che riguarda alla parte morfolo- gica e descrittiva di esso, sarà ampiamente esposto nella continuazione del Saggio Monografico, redatto in collaborazione col Prof. Gibelli, ed ora in corso di stampa. 3 Ho ereduto bene di dividere in due parti questa nota. — Nella. prima ho esposto brevemente i rapporti sistematici della specie di questo = gruppo quali stavano all’ epoca in cui venne fondato dal Presl, ed i criteri secondo i quali esso dovrebbe venir studiato oggidi. — La se- conda parte riassume in massima quanto fu scritto sulla biologia del T subterraneum. - Farà seguito a questa memòria una monografia, quanto più ci sarà possibile, accurata, del T. subterraneum, anche dal lato istologico. t elvis i involucrat tubus tenuissime striatus, limbi denies. da un pe: unico, avvegnaché tutte mostrino infine una struttura omo- loga nelle parti fiorali. Ma al contrario è ben differente il modo di tego delle specie orientali di fronte ai mezzi ed alle circostanze che accompagnano la maturazione del frutto, paragonate col processo dianzi descritto di 7. subterraneum. È degno di nota il fatto che nessuno, fra i ei scrittori di Flore - Orientali (Grisebach, Boissier, Janka) si è ‘occupato di mettere in chiaro il modo di fruttificazione e di dispersione dei semi di queste specie affini al T. subterraneum. Fra gli antichi, Linné descrive bensì il T. glo- bosum subito dopo il 7. subterraneum (Richter, Cod. Bot. Lin. p. 743) riconoscendone le affinità, che dal Seringe (') vennero più tardi imme- — ritamentezsconosciute: ma né egli né Savi (Observ. in var. Trif. spec. p. 12) che pur ne serisse a lungo, si curarono di rintracciare il modo di fruttificazione del 7. globosum. Nel 1827 il Wahlenberg (/sis Bd. XXI p. 992) accennò colle parole « capitula demum decidua » riferite al 7. globosum e T. radiosum, ad una differenza importantissima nel modo di eomportarsi dei capolini relativamente al peduncolo fiorale, senza pero dare una storia esatta di queste specie. — Interessantissime invece sono le notizie che si possono leggere nel Vaucher (°) su alcuni Trifogli del gruppo Calycomorphum — | crescenti in Oriente. Egli serive: « Le second groupe de A Section Eutriphyllum (Ser.) comprend les f espéces annuelles à tétes globuleuses, à tiges diífuses et fleurs souvent blanchâtres, dont les dents allongées et velues du calyce recouvfént et protègent les légumes pendant la maturation. — Ce type dont les prin- cipaux représentants sont le Cherleri (?), le Sphærocephalon (2) le Glo- bosum et V Oliverianum, dispersés sur les bords de la Méditerranée pré- : E sente quelques phénoménes ph ysiologiques qui lui sont propres.. Ainsi A = dans le Globosum ou Libanoticum de la Syrie et dus l'Italie (?) les 0 usi im DC. Prod, IL di 196 e p. 202 ascrisse il T. sitio ed ii E Oliverianum al nre OG cie riunendo poi, con. manifesto Vn, ai esicast HI erraneum L. fleurs supérieures dépourvues de corolle et d’organes sexuels et reduites à des calyces à laniéres vélues..... forment enfin par leur ensemble des eapitules vélus penchés et arachnoides qui servent à protéger la maturation des fleurs inférieures et à repandre leurs graines. » Nello Spicilegium Flore Rumel. di Grisebach non si ha nessuna no- tizia su questo argomento; più tardi questo stesso Autore (v. Ueber Dimorphismus der Fortpflanzungsorgane von Cardamine chenopodiifolia (in Bot. Zeit. 1878, p. 723) scriveva incidentalmente che il T. nidificum (7. radiosum Wahlbg.) uno dei Calycomorphum orientali, possedeva esso pure al pari del 7. subterraneum la « selbsthätige Versenkung von Erdfriichten » cosa che è affatto erronea. — Nella Flora Orientalis di Boissier non si dice nulla sulla biologia delle specie orientali appar- tenenti al gruppo Calycomorphum, e questo silenzio è oltremodo strano ‘avendo il. Boissier percorso le regioni ove Nana specie crescono spontanee. La struttura particolare del capolino e la formazione ulteriore dei calici sterili nel gruppo Calycomorphwn è strettamente legata colla loro storia biologica, e fu solo in questi ultimi tempi che essa venne | posta in chiara luce, specialmente per opera del Kerner von aa (9 come pit avanti sarà detto. Alcune recentissime osservazioni del prof. Ascherson di Berlino e del prof. Haussknecht, il valente botanico e viaggiatore d’ Oriente, mi pongono oggi in grado di dare interessantissime notizie su questo gruppo. Allorché nel corso di questa revisione mi era nato il sospetto che qualche differenza potesse esistere fra il modo di comportarsi nella maturazione dei frutti del T. subterraneum e le altre specie affini, malgrado l’ omo- geneità di struttura fiorale, il prof. Heldreieh di Atene, al quale pure — io mi era rivolto per avere notizie sulla biologia del T. radiosum, che — eresce abbastanza frequente in quelle regioni, mi seriveva quanto segue: : « Quant à la question de la fructification des espèces orientales (7. ra- | diosum, globosum, pilulare ete.) je crois qu'elle n'a pas de rapports avec celle du T. subterranenm et que normalement elle est M ou ) v. — Vol. a p. 812). tion et que j'ai mecoltée abondamment, soit le T. nidificum (T. radio- sum Wahlbg.), je wai pas observé des capitules s'internant dans le sol: peut-étre tout-au plus, si les capitules se trouvent en bas par la | raison d'une tige couchée, ils touchent la terre et ont l'air d'avoir une | tendance d'une fructification -hypogée ». : Ma la vera storia di questi Trifogli, ci vien data, come dicon .. dal Kerner von Marilaun. Questo autore a pag. 786 e seguenti della sua bella opera P/lanzenleben al capitolo « Die Verbreitung der Arten mittels Früchte und Samen » serive: » In molte specie di Trifogli e specialmente nel 7. globosum L. e T. nidificum Gris. (!) si scorgono all’ apice dei peduncoli, aleuni pochi fiori completamente sviluppati e disposti a verticillo, e molto più numerosi sono i fiori abortiti che, a guisa di ciuffo, sporgono dal centro dell’ infiorescenza. Allorché dai fiori fertili si originano i legumi, i denti del calice dei fiori sterili ingrossano, prendono la forma di setole allungate, si ricurvano all infuori e formano una specie di corpo glo- .boso molle nel quale stanno nascosti i piccoli legumi. Questi corpi glo- bosi si staccano poi dal peduncolo e vengono trasportati lunge dal vento. Il prof. Ascherson di Berlino, in una sua lettera recentemente serit — _ taci, aggiunge quanto segue alle osservazioni del Kerner von Marilaun: .« Mentre nel T. subterraneum e, secondo il prof. Haussknecht, anche “hel T. chlorotrichum i fiori sterili servono a rappresentare un esempio di Geocarpia, mi pare indubitabile che i capolini cotonosi e leggeri, ali si organizzano, nelle specie: T. radioswin, T. globosum, T. erio- — apherum, i pilulare, D meduseum, per la ipastormacidne dei calici — sterili, rappresenti un evidente apparato di locomozione aerea, » . Si noti però che l Haussknecht, in altra lettera comunicataci dal- - Y Ascherson stesso , mon dice che il T. chlorotrichum introduca ib (5n Kerner cita fra dat Trifogli ini anche il T. subterraneum wr senza — Di un lapsus memoriae, come il prof. Ascherson ci fa osser- in una sua lettera. Difatti " Kerner, x suo libro sopracitato. a pag. sì oie e pone il T. subterraneum fra le specie a fruttificazione | RN Las e coll’ Arachis ups. apolino sotterra, come è costume del T. subterraneum ; bensì egli serive che in quella specie « i rami fioriferi si curvano nelle piante vive verso terra, ed i capolini maturi, sempre attaccati al peduncolo, vengono finalmente ricoperti di terriccio dalla pioggia. » Quanto alle altre*specie Orientali di questo gruppo, che |’ Haussknecht ebbe campo di studiar vive sul posto, egli ripete ; « Nei Trifogli globosum, pilulare , radiosum io non vidi mai che i capolini penetrino sotterra per maturarvi i semi: solo dopo che essi si sono staccati dal peduncolo, vengono trasportati lunge dal vento e fi- nalmente vengono dalla pioggia ricoperti di terra. » Riassumendo queste osservazioni, e seguendo il concetto iip si può dividere il Gruppo Calycomorphum Presl in tre sottogruppi fondati sul modo di dispersione dei semi come segue : A — Specie che trascinano attivamente i loro capolini sotterra per la ma- turazione dei semi i quali germi- nano in posto. . . T. subterraneum L. AA — Specie che seni i capo- lini fruttiferi in contatto col suolo e per tal modo questi vengono poi rico- perti di terriccio dalla violenza della pioggia ed i semi germinano pure in posto. . . . . T. chlorotrichum Boiss. Bal. AAA — Specie i cni setti giunti a maturazione sul peduncolo, si stac- cano da esso, vengono trasportati . lunge dalla pianta madre per la forza del vento, e, ricoperti alla loro volta di terriccio dalla pioggia. germinano lontani dal posto di maturazione . T. globosum L. — T. SE seum Bl. — zu pilulare Boiss. nidificun Gris.) ee i cati vr d Ao "adque nel prinio | caso un yes attivo di A e to dei ai : nel secondo un interramento passivo dei capia bs. fatti avremo una divisione biologica del Gruppo Calycomorphum come segue : . Carpohypogea Nob. . . . . . subterraneum L. | GEOTROPA . chlorotrichum Boiss. Bal. ; A globosum L. Carpoepigea Nob. : ? pilulare Boiss. | ANEMOPETA meduseum Blanche. radiosum Wahlbg. T. eriosphærum Boiss. Le osservazioni interessantissime del Kerner von Marilaun, dell’A- scherson e dell’ Haussknecht hanno finalmente dato la chiave di aleuni fatti analoghi osservati da noi già fin dal 1888 in una specie di Tri- | foglio non appartenente al Gruppo dei Calycomorphum, cioè nel 7. e Cherleri L. (Stirps Lappacea Gib. et B. Confr. Saggio Monogr. Lagopus p. 82). — In questa specie noi avevamo osservato che i capolini si | staccavano sempre con grandissima facilità dai peduncoli fiorali, ma eravamo ben lungi dal supporre la causa biologica di questo fatto. Il T. Cherleri L., come è noto, cresce abbon?antemente lungo il li- torale marittimo di molte regioni d'Italia e dell’ estero, nonchè nei — . luoghi aridi e sabbiosi anche abbastanza lontano dal mare. Esso offr e E : una sorprendente analogia di portamento e di facies col T. globosum shy € dd: ratutto col 7. radiosum M quantunque ne sia differen e ` per caratteri proprii. — Ma i calici di 7. Cherleri sono pure forni di lunghi peli soffici, denticolati che rendono il capolino leggerissimo ed offrono buona presa agli agenti atmosferici locomotari. Di più il capolino è come articolato sul peduncolo fiorale e se ne stacca con tutta facilità, dimodoché negli Erbarii i peduncoli del T. Cherleri si trovano spesso privi del capolino. — Nón si può qui passare sotto silenzio una circostanza avente rapporto con questa nostra osservazione, la quale dimostrerebbe ancora una volta, . ove ne fosse mestieri, di dones MA. viglioso intuito fosse dotato il grande Linné. Egli infatti descrive il T. Cherleri subito dopo il 7. globosum. (Confr. Richter Cod, Bot. Linn. l. e.) ravvicinando così quasi istintivamente due piante, alle quali è comune questa caratteristica biologica del distaccarsi del capolino dal peduncolo fiorale a fecondazione avvenuta, quantunque morfologicamente differentissimi. Anzi, nella prima edizione delle « Species plantarum », il 7. Cherleri figurava quale var. &. del T, globosum stesso: ma più tardi poi Linné stesso (Confr. Richter 1. c.) fece rilevare le differenze esi- stenti fra queste due specie. Già fin dal 1841 però il Vaucher, L c., faceva osservare che i capo- lini del 7. Cherleri si staccano dal peduncolo che li porta: « Dans 7. Cherleri les capitules enveloppés de deux larges bractées et touts recou- veris de poils se rompent à la base. Les graines qu'ils renferment se sément toutes ensemble enveloppées à leurs naissance par le capi- tule. » — Noi abbiamo fino ad oggi ignorato questa osservazione del Vaucher che riconfermiamo. È degno di nota che la divisione delle specie del Gruppo Calyco- morphum, basata sulla loro biologia, viene a coincidere con quella che si può stabilire per esse considerandole da un punto di vista anato- mico; cosicchè. partendo da quest'ultimo e considerando la struttura intima dell’ asse dell’ infiorescenza nei due Gruppi Carpoipogèa e Car- poepigéa, si viene ad ottenere un’altra divisione corrispondente alla biologica. Esaminando in un capolino giovanissimo di 7. subterraneun molto prima che succeda la fecondazione nei fiori fertili, il bottoncino che pare termini l’asse fiorale, si riconosce che esso è costituito da un corpo cellulare globuloso, delicatissimo, che è l’ apice vegetativo dell’ infiore- scenza, ricoperto da quattro o cinque bitorzoletti cilindracei pure cel- lulari e percorsi da qualche rara trachèa. Questi bitorzoletti sono, come è noto, i primi rudimenti della prima serie dei calici sterili che si tra- sformeranno piti tardi in appendici pappiformi. Al di dentro di questi rudimenti havvene ancora due o tre serie, ma appena accennate da duzioni, che verranno posteriormente formandosi, non è possibile rico- . 96. Malpighia ánno VI, vol. VI. _ prominenze mamillari delieatissime. Ma di molte serie di simili pro- — noscere traccia nell’ apice vegetativo dell’ asse che è rappresentato da un corpo cellulare conico di struttura meristematica. Ripetiamo che per farsi un’ idea chiara di questa conformazione convien servirsi di capolini appena abbozzati entro la stipola che li avvolge. Esaminando successivamente capolini più avanzati, si veggono man mano formarsi altre serie di bitorzoletti tuttora ricoprenti, a giusa di squame in una gemma, l’apice vegetativo sempre più rimpicciolito, fintantochè a ma- turazione completa del capolino fruttifero, la potenzialità formativa di : . . os n. . esso apice è completamente esaurita ed i calici sterili accrescono in grandezza e prendono la loro definitiva costituzione. In tutta la schiera invece delle specie appartenenti al Gruppo Car- ` poepigéa, per quanto si esamini un capolino giovanissimo, sono tosto riconoscibili, all’apice del peduncolo fiorale, tutti i rudimenti formati dei calici sterili, che formeranno più tardi il gomitolo fruttifero. Questi calici, molto prima dell’ antesi, hanno quasi la forma che man- terranno dipoi, non facendo altro che accrescere in dimensione. (') Non è qui il caso di approfondire questo studio istiologico che, come si disse, verrà dato a parte, ma ci era necessario il dirne più di quanto avremmo voluto, per spiegare la differenza strutturale, che giustifichera la divisione dei Calycomorphum dal punto di vista morfologico, quale venne già proposta da qualche autore. Evidentemente questa differenza, diremo così, cronologica più che ` altro, nella formazione delle appendici pappiformi in queste specie, non può venir considerata come una ragione per eui esse non debbano appar- tenere, morfologicamente, ad una stessa stirps avvegnaché la forma e la struttura dei capolini siano, a sviluppo finito, affatto simili. Ma dopo tutto se non esistessero altre note differenziali specifiche fra T. subter- ^ raneum e le altre specie orientali, questa potrebbe servire assai bene. | Già il Grisebach nello Spicilegium Fl. Rumel, p. 32-33, aveva stabi- — lita questa divisione dei Calycomorphum : « + — Calices steriles post anthesin for- (*) In alcuni calici sterili di T. chlorotrichum e di T. radiosum ho travatò dei rudimenti " stami e di ovario. : * mantur ; sub anthesi nodulo centrali peaeformmati "10/5 °°. , + T., subterraneum L. — T. ni- dificum Gris. 3 ` « + + — Calyces corolla destituti, cen- traes extant sub anthesi » . . .- T. globosum L. : Ma, come si vede, Grisebach ascrive erroneamente al primo Gruppo T. nidificum (T. radiosum Wahlby.), il quale deve evidentemente en- trare nel secondo. Osserviamo pure che l'espressione usata dal Grisebach fa supporre xi che tutti i fiori sterili stieno nel capolino vergine del T. subterraneum ni come già fatti « praeformati » mentre a formare il corpieciuolo apicale del peduncolo concorrono, ben inteso prima dell’ antesi, rudimenti di calici ed apice vegetativo tuttora indifferenziato. 5 Boissier nella Flora Orientalis, p. 133, riprodusse in massima la di- ü visione del Grisebach, ma a sua volta erro ascrivendo al primo Gruppo il 7. eAlorotrichwm, che appartiene, a rigore di struttura, al secondo, per quanto esso abbia col T. subterraneum comune il carattere di pos- sedere capolini che non si ‘staccano dall’ asse. Boissier divide i Calycomorphum come segue : * — Flores steriles sub anthesi, nodulum centralem indistinctum tantum ef- foumántes |... 2 2. s. 20s, edera D. — X | chlorotrichum Boiss. Bal. * * — Flores steriles sub anthesi jam adeuntes . . . . . . . . . . T. meduseum Bl. — T. nidi- ficum Gris. — (7. radiosum Wahlbg.) — 7..pilulare Boiss. — — T. eriospherum Boiss. — T. globosum L. Concludendo adunque, le specie del Gruppo Calycomorphum, dal punto | di vista morfologico, debbono essere così classificate, e seguendo la divi- sione stabilita dal Grisebach o a un di presso: es Subterranea (Nob.) — Calici sterili non | au cie prima dell’ antesi e tutt’ al * noscere traccia nell apice vegetativo dell’ asse che è rappresentato da un corpo cellulare conico di struttura meristematica. Ripetiamo che per farsi un’ idea chiara di questa conformazione convien servirsi di capolini appena abbozzati entro la stipola che li avvolge. Esaminando successivamente capolini più avanzati, si veggono man mano formarsi altre serie di bitorzoletti tuttora ricoprenti, a giusa di squame in una gemma, l'apiee vegetativo sempre più rimpicciolito, fintantoché a ma- turazione completa del capolino fruttifero, la potenzialità formativa di esso apice è completamente esaurita ed i calici sterili accrescono in grandezza e prendono la loro definitiva costituzione. In tutta la schiera invece delle specie appartenenti al Gruppo Car- ` poepigea, per quanto si esamini un capolino giovanissimo, sono tosto riconoscibili, all'apice del peduncolo fiorale, tutti i rudimenti formati dei calici sterili, che formeranno più tardi il gomitolo fruttifero. Questi calici, molto prima dell’ antesi, hanno quasi la forma che man- terranno dipoi, non facendo altro che accrescere in dimensione. (!) Non è qui il caso di approfondire questo studio istiologico che, come si disse, verrà dato a parte, ma ci era necessario il dirne più di quanto avremmo voluto, per spiegare la differenza strutturale, che giustificherà la divisione dei Calycomorphum dal punto di vista morfologico, quale venne già proposta da qualche autore. Evidentemente questa differenza, diremo così, cronologica più che ‘altro, nella formazione delle appendici pappiformi in queste specie, non può venir considerata come una ragione per cui esse non debbano appar- tenere, morfologicamente, ad una stessa stirps avvegnaché la forma e la struttura dei capolini siano, a sviluppo finito, affatto simili. Ma dopo tutto se non esistessero altre note differenziali specifiche fra T. subter- _ raneum e le altre specie orientali, questa potrebbe servire assai bene. Già il Grisebach nello Spicilegium FI. Rumel, p. 32-33, aveva stabi- lita questa divisione dei Calycomorphum : .« | — Calices steriles post anthesin for- * ... C) In alcuni calici sterili di T. chlorotrichum e di T. radiosum ho trovato . dei rudimenti di stami e di ovario. Pa mantur ; sub anthesi nodulo centrali praeformati. . . . . . . , . T. subterraneum L. — T. ni- dificum Gris. « + t — Calyees corolla destituti, cen- traes extant sub anthesi » . . . T. globosum L. Ma, come si vede, Grisebach aserive erroneamente al primo Gruppo T. nidificum (T. radiosum Wahlby.), il quale deve evidentemente en- trare nel secondo. _ Osserviamo pure che l'espressione usata dal Grisebach fa supporre ehe tutti i fiori sterili stieno nel capolino vergine del T. subterraneum come già fatti « praeformati » mentre a formare il corpieciuolo apicale del peduncolo concorrono, ben inteso prima dell’ antesi, rudimenti di calici ed apice vegetativo tuttora indifferenziato. Boissier nella Flora Orientalis, p. 133, riprodusse in massima la di- visione del Grisebach, ma a sua volta errò ascrivendo al primo Gruppo il 7. chlorotrichum, che appartiene, a rigore di struttura, al secondo, per quanto esso abbia col T. subterranewm comune il carattere di pos- sedere capolini che non si staccano dall’ asse. Boissier divide i Calycomorphum come segue : * — Flores steriles sub anthesi, nodulum centralem indistinctum tantum ef- formantes . .'. ... + . . . 7. subterraneum L. — T. : chlorotrichum Boiss. Bal. * * — Flores steriles sub anthesi jam adeuntes . . . . . . . . . . T. meduseum Bl. — T. nidi- ficum Gris. — (7. radiosum Wahlbg.) — 7..pilulare Boiss. — T. eriospherum Boiss. — T. globosum L. Concludendo adunque, le specie del Gruppo Calycomorphum, dal punto di vista morfologico, debbono essere così classificate, e seguendo la divi- sione stabilita dal Grisebach o a un di presso: J Subterranea (Nob.) — Calici sterili non sviluppati prima dell’ antesi e tutt’ al Sia TA a me fiorale ridotto ad un nodulo meri- | stematico proliferante, omogeneo, ri- | coperto dalle prime serie di calici i o radimentali ...... . . T. subterranenin L. x Medusaea (Nob. — Calici sterili visi- i : bilissimi prima dell’antesi e già for- mati all’ apice del peduncolo fiorale ‘ed acerescenti solo in dimensione ulteriormente . . . +. . Tutte le specie Carpoepigee. La caratteristica del gruppo dia come dicemmo in prin- cipio di questa nota, potrebbe essere così riformata: (Saggio Monog. Ca- lycomorphum in corso di stampa, pag. 1): « Calix fauce obliqua nudus, membranaceus, multinervis, in fruetu non inflatus, parum adauctus, saepius villosus. Vexillum caeteris cum petalis plus minusve alte connatum. — Legumen membranaceum rarius coriaceum, monospermum (rarissime dispermum), laeve vel subreticu- latum, calyce inclusum vel subexsertum, Flores corolliferi (extimi) pauei (1-14) uni-biseriales ; post anthesin retroflexi, ad pedunculum innixi. Flores steriles (intimi) numerosiores, ad solum calycem reducti, deformati, achenia cichoracea papposa mentientes, quisque constans e stipitulo (tubo calycis) appendicibus varie effictis (laciniis calycinis) coronato, stellatim divaricatis, rigidiusculis, plus minusve dense ciliatis, . vel flexuose contortis et tune plerumque mollibus (excepto 7 T. chlorotricho) | aS denticulatis, patentibus vel adpressiusculis, lanosis vel gossypinis, griseis, albulis, vel. candidis obduetis. — Flores fertiles subsessiles, | ebracteati. Calyees omnes (eorolliferi et deformati) glandulas clavato - — | pedicellatas microscopicas sparsim gerentes. — Capitulum fructiferum : globosum, comosum, meduseum, erassitie varium; a leguminibus calyce È inclusis vel subexertis et a calycibus sterilibus deformatis, reflexis obtectis, confectum. — Herbae annue — Capitula terram effodientia, qua latent ad fructus maturandos (T. subterraneum); vel terrae, cui ci per pluviam haerent, adpressa; (T. chlorotrichwm), vel jam matura a- SUI RAPPORTI SISTEMATICO-BIOLOGICI, ECC. = peduncolo divulsa, per ventorum vim longe a materno caespitulo evecta, ab humo obducta, germinantia (7. globosus et reliqua) ». Nob. ~ CAR Salvo errore, fu Bauhino il primo autore che parlasse nell’ ZZistoria Plantarum (LL, p. 380) (1651) di un trifoglio in termini che permettes- sero di supporre trattarsi del 7. subterraneum. Ma questo Autore tace affatto del modo di fruttificazione di esso. Spetta al Dodart il merito di avere già fin dal 1676, nella sua opera « Memoire pour servir à l’histoire des plantes, Vol IV, pag, 113 » e di avere egregiamente de- scritta e figurata questa specie che egli chiamò 7. "Blesense (Blois), dandone una storia così circostanziata e relativamente esatta, da lasciar ben poco a desiderare anche oggidì. — Nel Saggio monografico questa descrizione verrà data per disteso essendo l' opera del Dodart abba- stanza rara. : Fra i molti autori, che prima di Linné (Sp. pl. 1753) e dopo il Dodart, .. trattarono del T. subterraneum, citeremo il Ray (1677), il quale credette di interpretare la metamorfosi ehe avviene nel capolino fruttifero del T. subterraneum come segue: « Calyces flosculis exaridis deorsum tendunt, radicesque extremitatibus suis agere videntur, mox vero laciniis eorum sursum versis, peculiaribus fibris humo affiguntur, quo tempore unum alterumve semen terreni hu- moris beneficio intumescit novaeque plantae productioni inservit. — Ceterum semen nigricat cortice cinereo glabro vel a calyce vel a mem- brana silieulam involvente staminaque ferente producto, obvolutum, unde an retieulatum illud Morisoni idem cum hoe sit merito dubium videtur ». — Il Ray rappresenta nella Tavola XIII della Sinopsis un — T. subterraneum alquanto strano, ma che potrebbe anche riferirsi ad alcune forme nane di questa specie. Più curiosa è la spiegazione delle ` figure. Dei peduncoli rieurvati verso terra dice: « Calyces quando pri- mum terrae approximantur semenque adhuc extra terram positum con- tinent. » — Del capolino appena entrato sotterra scrive: « Calyces ubi jam peculiares radices egerint, laciniis calycis sursum versis semine vero in terra intumescente et huic. immerso. » Dall’ esame di queste figure è facile rilevare come il Ray ritenesse i denti dei calici fertili quali radici nascenti da essi e il bottoncino apicale fatto di calici sterili tuttora rudimentali come il complesso dei legumi. Ondeché già il Savi (Observat. p. 13) scriveva : « Rajus videtur putasse involucrum centrale a calycum (fertilium) efformari. » Il Micheli (Cat. PI. Hort. Ces. Flor. append. p. 180 N. 11, 1478) accennd a formazioni radicali nel capolino del T. subterraneum: « T. hirsutum, repens, foliis cordatis, floribus albis, capitulis crinitis longis pediculis sitis quibus dum semina maturantur radicem agunt. » — Gli altri Autori anteriori al 1753 (Sp. pl. Lin.) cioè Morison (1680) — . Magnol (1686) — Rivinus (1690) — Barreliere (1714) — Tournefort (1719) — Vaillant (1727) — Boerhaave (1731) — Linné (Hort. Cliffort.) (1737) — Royen (1740) — Sabbati (1745) — Dalibard (1749) si limi- tarono a semplici frasi descrittive o diagnostiche del 7. subterraneum, | tacendo della sua biologia. Linné ha dato nell’ Hortus Cliffortianus una buona descrizione del 7. subterraneum e del T. globosum. Abbia- mo già detto più sopra, come Egli però non accennasse a nessun fatto biologico speciale pei capolini fruttiferi della seconda specie. E nep- pure del T. subterraneum accennò alla metamorfosi dei calici interni che Egli chiama « fibrae lineares ». i Il Savi, prima nella Flora Pisana Vol. II pag. 155 (1798), espone chiaramente il processo per cui il capolino del 7. subterraneum penetra nella terra, aggiungendo: « Da una ghiandola rossa situata nella cima — del peduncolo si sviluppano diversi filetti bianchi, rigidi, semplici da - principio e poi digitati... ecc. » Nelle Observationes (p. 14, 1810) ripete la sua opinione che i calici sterili « a peculiari quodam organo gigni locato in apice peduncoli in medio florum. » — Nessuna allusione alla possibilità che queste produzioni possano essere fiori abortiti. Anzi il Savi ritiene erronea l'opinione di Poiret (Encyclopéd. Bot., VIII p. 6, 1808) il quale è invece il primo Autore che interpretò con maggior approssimazione il valore morfologico delle appendici pappiformi. Poiret scrive: « Au dessus des premiers fleurs il s' en développe des nóuvelles eng sous foe terre et A Menor B6 LS durcit s se con- Per Savi dunque l’ organo generatore dei calici sterili è un « corpu- sculum, album nitidum, conicum glanduliforme, in cujus superficie lentis ope deteguntur nonnulli sulei a basi ad apicem convergentes. Post faecundationem, eum pedunculi ita curvari incipiant ut sub terram se inserant et flores retro curvantur et super pedunculum extenduntur. tune conicum illud corpusculum crescere incipit, sulci evidentiores fiunt et demum inde separantur 5 - 6 filamenta subulata, primum simplicia dein divisa et apice ramificata, que filamenta retroferuntur super calyces eos complectuntur, rigescunt et quoddam veluti involucrum efficiunt ». La descrizione del fatto è evidentemente esatta ma l’ interpretazione è erronea. Ad essa pare voglia alludere il Presl, l. c., colle sue parole: « Cl. Savi formationem calycum sterilium in 7. subterraneo optime deseribit, significationem eorum tamen non intellexit. — Optime pro- batur quod de calycibus sterilibus 7. subterranei habendum, si in T. globoso, ubi jam sub anthesi adsunt observantur ». Presl ha ragione di ritenere che le appendici pappiformi del T. sub- terraneum siano organi morfologicamente equivalenti a quelli del d glo- bosum ed affini) cioè che sieno calici trasformati. Ripetiamo soltanto qui quello che abbiamo detto più sopra, che cioè la formazione di questi . organi omologhi non avviene in entrambi queste specie (e rispettiva- mente nelle altre affini al = globosum) in identiche circostanze di tempo e di luogo. Il Warming (Bot. Centralbl. XIV Band. (1883, p. 167) ha rilevato pure la struttura del T. subterraneum con queste parole : | « Die normale Blüte von T. subterraneum ist fast stiellos; in den umgebildeten ist der Stiel besonders krüftig und lang (2-4 mm.) An der untersten von diesen metamorphosirten Bliiten existiren noch | alle fünf Kelchzipfel, während. alle uebrigen Blütentheile abortirt sind | und sich hóehstens noch eine nackte Stammspitze in der Mitte siehtbar macht. Je weiter nach oben die Blüten gestellt sind, desto weniger werden auch die Kelchzipfel ausgebildet und desto kiirzer werden sie: i und die obersten Blüten stellen nur dieke kegelférmige , etwas ge- ees Kórper CA pee ae von Blättern dar. — Es ist klar dass n LD SUI RAPPORTI SISTEMATICO-BIOLOGICI, ECC. 41ll anze Inflorescenzentwi opu in einem gewissen Stadium gehemmt wird, und wenn die Weiterentwieklung von neuem aufgenom- | men wird, so wird sie besonders in die Stiele verlegt, während neue | Blütenorgane nicht angelegt werden ». i Ma l interpretazione del Warming che cioè nel capolino del 7. sub- terraneum sia avvenuto un arresto di sviluppo in modo da far supporre : che tutti i fiori sterili vi esistano formati, per quanto rudimentali, al momento dell’ antesi, è affatto erronea, come è erronea quella più sopra citata del Grisebach che nello Spicilegium parla di fiori « preeformati » nel corpuscolo centrale. Nell’ infiorescenza del 7. subterraneum prima dell’ antesi, ripetiamo ancora una volta, se l’arresto di sviluppo è avve- nuto questo ha colpito solo alcune serie di calici rudimentali che rico- prono l asse fiorale: ma in questo asse persiste un tessuto meristema- s tico indifferenziato e T intiera infiorescenza è lungi dall’ essere essa stessa formata neppure allo stato rudimentale. Ogni corpuscolo che in susseguenza ai più esteriori andrà forman- dosi procederà da nuovi apici laterali o coni vegetativi generantisi a spese dell’ asse. mentre nel frattempo i calici rudimentali più esterni | preesistenti vanno via via prendendo la loro ulteriore ‘forma e dimen- sione. Certamente, se si esamina un capolino molto tempo dopo I antesi questo fatto non è più riconoscibile: occorre per constatarlo servirsi di capolini i cui fiori siano tuttora vergini. Ritornando al Savi, Egli serive nelle Observationes (pag. 15) che la d formazione delle appendici molto allungate e flessuose, villose nei cor- —— puscoli pappiformi del T. subterraneum è dovuta al fatto che il capo- — lino fruttifero può introdursi in vani sotterranei formati da pietre od — altri corpi ehe limitino uno spazio libero dove il ou non venga - i compresso. (*). Io non saprei fino a qual punto una simile asserzione possa essere attendibile, nè d’altra parte vi è ragione di mettere in dubbio gli esperi- = (f) « Cum terra arenosa sit, vel pedunculus in vacuum aliquod inter saxa " insinuaverit, scilicet si Case eveniat ut i involucri fr cepe tunc eoi menti di Savi. Ho tuttavia sott'occhio numerosi esempi di T. subterraneum con appendiei allungatissime, villose, flessuose, i quali crescevano in luoghi dove il terreno era compatto (perfino calpestato da passanti) dove non erano supponibili vani o per lo meno di formazione difficile : mentre poi abbiamo visto saggi cresciuti nelle arene, mostrare appendici rela- tivamente brevi e non troppo villose. E più ancora abbiamo in erbario saggi di T. subterraneum spontanei, i quali, cresciuti in vicinanza di | un muro (lungo la strada litorale in vieinanza di Pegli), lasciavano pendere liberamente all’ aria molti rami fruttiferi, i cui capolini erano ridotti a due o tre legumi completamente nudi cioè senza appendici radiciformi. Un altra circostanza menzionata dal Savi, e che non si può assolu- tamente ammettere, è quella che ha rapporto colla maturazione dei frutti del T. subterraneum, fuori terra. Il Savi serive, l. c.: « Si pedunculi tel- lurem nullo pacto pervadere possunt, tune semina ad perfectionem non perveniunt, praesertim si solis radiis exposita sint, aut unum vel duo in quovis capitulo maturantur exigua semper et misera ». à Sta il fatto che se i capolini del 7. subterraneum non possono natu- ralmente o artificialmente raggiungere il terreno, essi rimangono in massima più ‘piccoli e con minor numero di legumi. Ma non per questo i semi possono spesso raggiungere meno la normale loro dimensione o quasi, confrontati con quelli ipogei; almeno a tal conclusione siamo venuti dopo di aver coltivato per due anni nel Regio Orto Botanico di Torino il 7. subterraneum e dop® di avergli impedito, con mezzi mec- _ eanici diversi, di fruttificare sotterra. Anche allo stato spontaneo ab- J biamo avuto molte occasioni di raccogliere legumi di 7. subterraneum maturati fuori terra e benissimo sviluppati. Nell’ Erbario di Sardegna del prof. Moris si conservano due saggi di 7. subterranenm evolutis- simi, raccolti dal Moris stesso a Laconi colla seguente nota: « T. sub l terraneum Laconi. Mura in un margine (?) verticale per cui i frutti” j ho trovati all aria Ra non ere sanre sotterra secondo BELLI deve dire che i semi epigei sono sh più piccoli di quelli maturati sotterra. ; Troviamo nel libro del Savi un’altra notizia concernente la biologia: ; del T. subterraneum che non ci pare esatta: Scrive egli che, avendo tagliato il peduncolo fiorale di questa specie « paulo post quam semina sub terram se introduxerant » egli Zi vide perire. Dal che egli deduce che le appendici pappiformi « non id habere officii ut humiditatem | absorbeant nutriendis fructibus necessariam, sed fructus a succo plantae descendente nutriri; eoque subtus terram esse necesse haberi, quod ad maturitatem devenire non possunt nisi in loco humido et minus calido. » Lasciando in disparte pel momento la gravissima questione dell’ ufficio — dei calici sterili, a sciogliere la quale sarebbero necessari lunghi e co- scienziosi studii, ci pare di ravvisare nelle asserzioni del Savi un mal- inteso. Le trasformazioni, infatti, che avvengono dopo la fecondazione nei calici sterili del T. subterraneum hanno principio contemporanea- | i mente al curvarsi del peduncolo fiorale verso terra ed all’ introdursi S del eapolino coi fiori fecondati nel terreno; ma non al di fuori di esso (bene inteso se il peduncolo non è impedito di addentrarvisi). È na- turale quindi che se il Savi recise il peduncolo fiorale « paulo post » che esso si era interrato, indubitatamente non potevano i fiori fecondati fare a meno di perire mentre erano sulla via di diventar legumi. Poiché evidentemente in un tempo così breve non era possibile che si fossero | formati gli involucri esteriori qualunque sia per essere il loro ufficio, avvegnaché essi raggiungono il loro ¢ompleto sviluppo molto più tardi dopo la loro entrata nel suolo, e di pari passo eolla maturazione - E seme. Il dedurre quindi da questo fatto che i calici sterili giunti. a completo sviluppo, poichè di questo solo stadio si può parlare, non abbiano altro ufficio che quello di proteggere i semi, è, à sui pare, molto azzardato. < Con queste parole parrà ad alcuno che si voglia qui omettere una opinione diversa da quella del Savi su queste produzioni. Non ci dis- simuliamo che molti fatti, in verità, tendono piuttosto a far supporre un. | ufficio acquifero nei calici sterili, e, non ultimi, quelli che riguardano | . la biologia delle specie del gruppo Meduswa, cioè lo staccarsi del ca- SUI RAP ; T SISTEMATICO-BIOLOGICI CCE Satine maturo del peduncolo fiorale. Questi semi, assoggettati HO regioni in eui si formano a periodi alternativi di siccità e di pioggia prolungata, potrebbero così essere messi in condizioni favorevoli alla loro germinazione. Anche la struttura istologica di queste produzioni ha molta affinità con alcuni tessuti spugnosi, acquiferi di altri vegetali. Ma, ripetiamo, queste sono supposizioni, almeno per ora, non giusti- ficate da alcun fatto o da una indagine fisiologica qualsiasi. E ci basti quindi accennarli non essendo qui opportuno addentrarsi in simili questioni che in avvenire potranno forse avere una plausibile soluzione. i (Continua). + è : 2 E: EA, a RASSEGNE Rassegne Nirsson A. Studien über die Xyrideen. (Estr. dal vol. 24.8, K. Svenska Vetenskaps Akademiens Handlingar, Stockholm, 1892, N. 14, in 4°, 75 pag. e 6 tavole doppie). L'iniziativa agli « studi » raccolti nella presente memoria venne data dallo studio.delle Xiridee brasiliane che si trovano nell'erbario Regnell conservato nel Museo dello Stato a Stoccolma. L'autore passando in rivista i rappresen- tanti noti di questa famiglia e le deficenti descrizioni specifiche che si trovano sparse nella letteratura giunge a dimostrare che le nostre cognizioni intorno a - queste piante sono non solo lacunose ma anche imperfette o inesatte. A meglio approfondire le sue ricerche egli prese in esame anche il materiale raccolto. negli erbari Thunberg, Kunth e Martius e vi trovò talune specie descritte per i | nuove, mentre sotto nome diverso erano gia note per le indicazioni di altri au- tori; come può leggersi nel breve prospetto critico che sostituisce la prefazione É della memoria. Questa ha, più che altro, di mira la parte sistematica della fa- - miglia; della morfologia non vi si trovano che cenni generali, i quali riassumono z i però il più importante delle ricerche fatte e che l'autore si propone di rendere = quanto prima di pubblica ragione, in PRO lavoro, corredato delle corri- ^ spondenti illustrazioni. . Nello cit inc: di questo piante si erai eus differenze; princi- frequente, può a anche delle maisons, in quanto che i ae terali sono di due dignità aem e Cn ics E: TAR a macro come molto apprezzabili nella classificazione specie. Egli si propose perciò di approfondire le ricerche re- ora, solo alcuni fatti generali sulla struttura della radice, del mici i d'importanza, specialmente riguardo allo sviluppo anche alla disposizione degli elementi meccanici; inoltre relativamente al tessuto aeratore affatto parti- colare della radice, alla distribuzione degli stomi, alla mancanza dei cristalli, e di non minor importanza anche la ripartizione di cordoni di mestoma nel fusto. ne Un capitolo speciale è dedicato alla distribuzione geografica della famiglia, i rappresentanti della quale fanno ora su terreni aridi, ora su terra umida ed erbosa e talvolta su terreni d'innondazione; gli uni nel piano, altri a discrete. elevazioni sul mare. Le specie che fanno nelle regioni elevate — stando a quanto riferiscono Hooker e Thomson intorno alle specie raccolte a Khasia — pre- sentano la particolarità (osservata anche in diversi Juncus e Carex) di avere le infiorescenzo più brune. Per la distribuzione della famiglia sta il fatto che singoli gruppi di specie hanno una patria piuttosto limitata, mentre poche specie soltanto si estendono per piü ragioni, segnando cosi anche un grado di affinità relativa, se non un anello di congiunzione fra gruppi di specie zd area piü ri- ‘stretta. Noi troviamo il genere Abolboda Humb. et Bpld. esclusive dell America meridionale, dove si trovano pure 52 (fra le 55) specie del sottogenere di Nematopus (Xyris); di questo stesso genere sono due specie proprie dell’isola di Cuba, mentre una specie si estende dal continente dell' America del Sud fino all isola di Trinidad. Molto maggior diffusione godono le specie comprese nel sottogenere Euzyris, le quali abitano tutti i continenti, I’ Europa eccettuata. Fra le specie più diffuse sarebbero: X. pawciflora e X. complanata, che abitano l'oriente e l'occidente dell’ Australia, le isole dell'areipelago indo- : malese e le penisole dellé Indie orientali; X. capensis, con diverse va- rietà, si estende dall’ Africa meridionale, per la costa orientale fino nel- lAbissinia, alle Indie orientali e si ritrova nel Brasile; X. anceps , b nel Sud-est dell’ Africa, nell'Africa occidentale, e nel Brasile; X. indica, di Giava, arriva attraverso buona parte delle penisole indiane, fino a Ceylon; X. macrocephala, nell’ America del Sud, si estende dall'Equatore fino a Montevideo, ecc. Segue una statistica delle specie in diversi paesi, coi di- | versi paesi, col relativo numero di specie endemiche e con la citazione di quelle “specie che conducono a’ centri di nuove specie nelle aree finitime o de’ paesi più pont: : el i sistematici “apnea alle Xyr Sol s air di. tutta is serie delle specie finora note; serie M n ar- . ricchita di nuove specie trovate dall'autore o corrette nelle indicazioni di autori precedenti. Per le specie note sono date semplicemente citazioni bibliografiche e gli habitat ; le specie nuove sono date con una diagnosi latina, abbastanza estesa, e corredate di osservazioni (in tedesco); in gran parte sono quest'ultime maestrevolmente riprodotte sulle sei tavole doppie, litografate, che corredano . la memoria. Stante il numero, non esiguo, delle specie nuove si riporta qui, in .. reve, lo schema delle specie accettate dall’ autore. XYRIS L. (1737). A Euxyris Endl. (1836) Ampl., « Capsula semitrilocularis vel unilocularis; placentae parietales ». l. X.gracillimaF.v. Muell.(1871). 13. X. Rehmaani A. Nilss., n. sp., 2. X. laxiflora F. v. Muell. Transvaal, Houtbosch. 3. X. lanata R. Br. (1810). 14. X. complanata (R. Br.) Benth. 4. X. operculata La Bill. (1804). 15. X. congensis Büttn. (1890). 5. X. Brownei Knth. (1843). 16. X. Bakeri A. Nilss. (1891). 6. X.gracilis(R. Br.,1810) Benth. 17. X. Umbilonis A. Nilss., n. sp., del (1878). Natal. . X. cubana A. Nilss., n. sp., 18. X. nitida A. Nilss. (1891). (T. III, fig. 4), Isola di Cuba. 19. X. Hildebrandtii A. Nilss. X. flexifolia R. Br. 20. X. macrocephala Vahl. (1805) che X. eriophylla Reichb. in Wei- N. distingue in: gelt, pl. exicc.). a. major A. ms Ang del . X. lacera (R. Br.) Benth. (1878). Sud. .. JB X ustulata A. Nilss., n. sp., 8. minor A. Nilss., Brasile. dell Australia. 21. X. communis Knth. (1843). 12. X. natalensis A. N. (1891) (!). 22. X. caroliniana Walt (1788). 23. X. elata Chapm. (1860) (*). 0 Ctr. il lavoro dello stesso autore: Afrikan. Arten der Gattung Xyris, in ete ; Chapman, le cita secondo la diagnosi che questi ne ha dato (Flora at the Southern Unit. States). (34. X. serotina Chapm. —— 13. X. indica L. (1753). 25. X. difformis Chapm. ` 44. X. calocephala Miq. (1855). do 26. X. Elliottii Chapm. 45. X. robusta Mart. (1832). 27. X. brevifolia Mchx. (1803). 46. X. Capito Hance (1876). 28. X. flabelliformis Chapm. 47. X. filiformis Lmrk. (1791). 29. X. iridifolia Chapm. 48. X. humilis Knth. (1843). 30. X. platylepis Chapm. 49. X. straminea A. Nilss. (1891). 3l. X. mexicana Wats. (1890). 50. X. capensis Thunbg. (1894), che dal- 32. X. flexuosa Muehlbg. (1813). l’autore venne suddivisa: 33. X. stricta Chapm. 8. multicaulis, n. var., Brasile; 34. X. ambigua Beyr. (1843). y. nilagirensis A. Nilss. (1891), 35. X. grandiceps Grisb. (1866). sul Gange, sul Bramaputra, 36. X. Falx Grisb. nel Bengala, a Nilagiri; 37. X. fimbriata Ell. (1821). ò. schoenoides A. Nilss. (1891), 38. X. torta Smth. Nepal. 39. X. conocephala Sanio (1868). 51. X. melanocephala Miq. (1891). 40. X. pauciflora Willd. (1794). 52. X. Wallichii Knt. (1843). 4l. X. bancana Miq. (1860). 53. X. Balduiniana R. e S. (1822). 42. X. anceps Lamk. (1791). 54. X. setacea Chapm. (1813). B Nematopus Seub. (1855). 55. X. Regnellii A. Nilss., n. sp., 63. X. stenophylla A. Nilss., n. sp., (tav. II, fig. 1); Brasile. (tav. II, fig. 2); Brasile. 56. X. filifolia A. Nilss., n. sp., 64. X. tortula Mart. (1891). : Brasile. 65. X. lacerata Pohl (1855). f 97. X. insignis A. Nilss., n. sp. (tav. 66. X. simulans A. Nilss., n. sp., (tav. ` Il; fig. 1); Brasile. II, fig. 3, tav. IV, fig. 1); Brasile. "58. X. saroria Knth. (1843). 67. X. obtusiuscula A. Nilss., n. sp., 59. X. rigida Knth. (— X. asperula Seub., 1885), (tav. 60. X. teres A. Nilss., n. sp. (tav. I, IL, fig. 5); Brasile. , fig. 2); Brasile. 68. X. asperula Mart. 61. X neglecta Nilss., n. sp. Brasile. 69. X. graminosa Pohl (1891). 62. X. subulata R. et Pv. (1798); di 70. X. montivaga Kanth. (1873); di essa cui vediamo: = ' distingue N. una nuova var. -B. macrotoma, n. var. (tav. II, 8. microstachya; Brasile. fig. 4); Ecuador (?). 71. X. consanguinea Knth. ARE Li laevigata A. Nilss., n. sp., . (tav. III, fig. 1); Brasile. 74. X. glandulacea A. Nilss., n. sp., (tav. III, fig. 3); Brasile. 75. X. metallica Kltz. (1855). 76. X. nubigena Knth. (1843). 77. X. Seubertii A. Nilss., n. sp., (tav. IV, fig. 1); Guaina inglese. 78.1X. blepharophylla Mart. 79. X. Augusto-Coburgi Szysz.(1888). 80. X. glabrata Griseb. (1864). 81. X. pterygoblephara Steud. (1855). 82. X. pilosa Knth. (1843). 83. X. lanuginosa Seub. (1855). 84. X. bicarinata Griseb. (1866). 85. X. navicularis Griseb. 86. X. savannensis Miq. (1844) et 8. glabrata Seub. | 87. X. paraensis Poepp. (1843), 88. X. rupicola Knth. (1843). 89. X. tenella Knth. ; 90. X. americana Aubl. (1755). 91. X. setigera Oliv. (1887). de SECTIONIS DUBIAE: 108. X. Glasiovii A. Nilss., n. sp, (tav. VI, fig. 7); Brasile. | ABOLBODA Humb. et Bpld. (1809). LA. Pomik Knth. (1848). 2. A. imberbis Hmb. Knth. (1815). & A. vaginata (Sprg.) A. Nilss. (=A. brasiliensis Knth., (1843). 93. X. minarum Seub. (1855), a 94. X. cristata A. Nilss., n. sp. dar III, fig. 5); Brasile. — 95. X. schizachne Mart. (1841). 96. X. globosa A. Nilss., n. sp, (pv » III, fig. 6; Venezuela. “si . X. hymenachne Mart. (1841). X. fusca A. Nilss., n. sp.; (tav. III, fig. 2); Brasile. X. ciliata Thubg. (1821.) . X. lomatophylla Mart. (1841). . X. plantaginea Mart., di cui una n. var. 8. areata, del Br asile. X. spectabilis Mart. (char. emend.). X. longiscapa A. Nilss., n. sp. (tav. IV, fig. 2); Brasile. . X. longifolia Mart. (char. EU X. nigricans A. Nilss., n. sp., ue WV, fig: D; Brasile. ) ba Hystriz Seub. (1855). 107. X. involucrata Nees Es. (1840). — 109. X. witsenioides Oliv. (1887). - A. pulchella Humb. et Bpl. A. Poarchon Seub. (1855). A. grandis ‘Griseb, (1848). A. Sceptrum Oliv. (1887). In un’ appendice descrive l'A. anche una nuova specie della costa occidentale dell’ Africa, Xyris foliolata A. Nilss. la quale ricorda nel suo tipo la X. in- volucrata Nees, e vi rammenta anche la X. triquetra O. Kze. (1891), che è ` molto affine, e per il carattere delle foglie da porsi nel gruppo delle X. Regnellii. Dell’ opera di H. Ries, Review of the North American species of the genus Xyris l’autore non potè trarre vantaggio nella memoria presente, perchè com- parsa durante la stampa di questa. SOLLA. Notizie Congresso Internazionale di Botanica, — Genova 4892 Il Congresso Botanico Internazionale, convocato a Genova in occasione dei festeggiamenti Colombiani nel Settembre del corrente anno, fu onorato dal con- corso di numerosi botanici italiani ed esteri, e crediamo di poter dire che è riuscito ottimamente sotto tutti i rapporti. Diamo quì un breve riassunto dello svolgimento di questa simpatica festa, che certamente verrà ricordata quale av- o e ME numero di stra- nieri, convenuti da tutte le parti del mondo: il numero dei membri del Congresso regolarmente inscritti si avvicina a duecento. Fra gli stranieri predominava l'ele- mento Tedesco, ma anche molte altre názioni erano degnamente rappresen- tate: la Francia, l'Inghilterra il Belgio, la Svizzera, gli Stati Uniti dell’ Ame- rica del Nord, Svezia, Mass Rumenia avevano inviato al Congresso distinti cultori della Scienza bota Nel giorno precedente ar cius del ani Internazionale, la Società Bo- tanica Italiana nei locali dell’ Istituto Botanico di Genova tenne un’ Adunanza nella quale, dopo aver esaurite le pratiche mutati della annua nde Generale, da un certo numero 3 arti d’Italia; i quali si n eranno dapprima di Sten con cura tutta la | letteratura Sai alla Flora Ls EN rie " di registrare le muta- - zioni e le correzioni occorse di anno in .E cosi nell' aduna nza annuale generale, sarà presentato un canbe arm i sui risultati ottenuti dai singoli membri, e des foie della du età Botanica. Dell’ organizzazione di tale Commissione | venne la Presidenza E Ss sera del. RAPIT giorno (4 settembre) ebbe luogo nelle splendido 27. Malpighia anno VI, vol. VI. È : zx sa sale del CES pie ‘una riunione libera dei ina, che accorsero al |. vimento generosamente offerto dal Municipio di Genova, allo scopo della pre- Step reciproca dei botaniei intervenuti. L'animazione e Mos di rata, laseiavano presagire bene per l'esito del Congres alle ore 10 ant. tutti i Congressisti, le doté "della Città e a e numeroso pubblico, si trovavano uniti nell’ Aula una della R. Università, per l'apertura solenne del Congresso. Il Presidente ai "sm Società Botanica Italiana Prof. Arcangeli per primo, salutó gli ospiti in- tervenuti con nobili parole, accolte con applauso generale. Indi parló non meno flicenente l'Egregio Sindaco della città di Genova, pure esso molto applau- di opo alcuno formalità g uso vennero sla per acclamazione come Presi- eme ry, come Vice-Presidenti ME Borodine, E. Burnat, R. Segretarii i Signori U. Martelli, H. Ross, St. Sommier ed A. Terracciano. I Vice Presidenti quindi elessero a presidente della prima adunanza scienti- fica il Prof. E. Strasburger. La prima adunanza scientifica ebbe luogo nello stesso giorno, alle 2 pom., an- | cora nell’ Aula Magna gentilmente concessa dal Rettore della R. Università: in | essa si ebbero comunicazioni importanti fatte dai Professori Arcangeli, Massa- . longo, Strasburger, Saccardo e sofer La mattina di martedi 6 settembre era s EA all’ inaugurazione’ solenne del nuovo Istituto OSE regalato alla R. Universita di Genova dalla munificente generosità del Comm. Thomas Hanbury. I Congressisti vi intervennero alc _pleto; e le autorità "cittadino, i Professori e gli studenti dell’ Sa A accorsero a questa festa tanto importante per l' Ateneo Gen . Nellatrio dell’ irat palazzina, riccamente addobbata, il but Penzig lesse isco} la Storia im. cato nell'atrio dell’ Istituto Bota- Sa nico. Gli ne con calorosi applauai d arono al Mecenate dell' Uni- i visitarono minutamente i locali delle collezioni, le i laboratori del nuovo Istituto Forino al suo aoe ; Nol pomeriggio si tenne una seconda adunanza scientifica, sotto la pres mee del Prof. G. Vasey, Rappresentante ufficiale degli Stati ini data dello Stato Fu una seduta importantissima per l entità dell’ argomento in essa trat into la riforma della nomenclatura botanica. E noto de le leggi di nomenclatura botanica, stabilite dal Congresso del 1867 e poi emendate, presentavano pure mie lacune e molte incertezze. Queste ultime erano state aumentate d’ assai — — SILLA Ree i des Pas = f A efe ARE LA Ad ino D T EE T. A e : DU We OS E UE = E AES a e. 2 aie He da Due ; Xs un er SE NR IUD E 1 T , A et NOTIZIE 423 dalla pubblicaziqne recente dell’ opera critica di O. Kuntze « Revisio — Phanerogamarum », opera che, contenendo pure molte osservazioni ste, tava, coll'applicazione bacc dei principii della legge di n M ori una confusione gravissima e pericolosa nella sistematica dei a tali. Non mancò E a la reazione, ed un comitato di illustri botanici, residenti a Berlino, pubblicò una | serie di proposte in En articoli, atte a regolare in via definitiva la quistione ce compromessa. Il P Ascherson che fece parte di quel Comitato, venne al wi Congresso di Genova per propugnare e, possibilmente, far sanzionare dall’ au- torità d'un Congresso Internazionale, le proposte del Comitato di Berlino. Egli lesse dunque una perticolareggiate relazione sulle cause che avevano determinato AN e ESL ue m pu ea © E = PS - o a. tn ie» © er D t ecz ó T Ne] Lnd Mel = S oe [d n o D = [2r e o IA 2 “ e pa > >r ^ (oi e ur 2 2 & Ced n £z o = 9 * opo viva dis aq p p i nderwoo Pfizer, our dab reyn, MT Word, Chodat, Briquet, Bonnet, Saccardo se e Prantl, si venne alle conclu che lA "secu aecettava con lievissime 4 modificazionl i primi tre ar ticoli made osti dal ‘Cons o di Berlino. Sul quarto articolo, essendo assai divise le opinioni, sulla pena fattad ai Signori Hauss. knecht e Freyn si deliberò di nominare una Commissione internazionale, che ` + dovesse occuparsi di elaborare una relazione su questo soggetto e fare proposte = concrete al prossimo Congresso Ra Un comitato speciale NE ee i Ascherson, Bonnet, Borodine, Burnat, Duran reyn, elli, Moore, Penzig, Pfitzer, Prantl, Underwood) fu seeds di eias: s la natia seduta . Il giorno appresso, ri 7 settembre, i membri del Congresso fecero una gita nella Riviera di Levan Imbarcati sopra un cigno cigni 3x concesso all'uopo dalla Società er Navigazione Generale Italiana, si porta uL rono nel pittoresco porto di Portofino, dove comineiarono le raccolte botanic hs. Lungo la strada da Portofino a S. Margherita si erborizzava con buon successo, e i dopo una colazione comune nelle splendide sale del Grand Hôtel a S Marghe- a rita continuò la passeggiata in numerosi omnibus, per S. Michele, Rapallo, ; Ruta e i d’ onde i congressisti tornarono, verso sera, a Genova, per mezzo della ferro Nel ne oh del giovedi 8 v ER sotto la Presidenza del Prof. Marshall Ward, si tenne una nuova adunanza seientifica nell' Università, nella quale fu- rono fatte comunicazioni dai signori Mangin, Kny, Chodat, Magnus, Palacky e Caruana-Gatto. Nel pomeriggio non si poté tener seduta, in grazia dell'arrivo dei Sovrani d’Italia in Genova. I membri del Congresso poterono assistere a quel grandioso spettacolo dai terrazzi del Giardino Botanico, e più tardi dalla R. Università, situata in faccia al Palazzo Reale La mattina di venerdì, 9 settembre, ritrovò i congressisti al lavoro nella sala delle sedute. Presiedeva il Prof. J. Borodine. Numerosissime furono le comu- nicazioni di quella mattina, da parte dei sig Brique elpino', Rosse Penzig, Ihering, De Morales, Le Jolis hu er, site Belli, Bor a Schottlinder, Bonnet, Martelli, Bierda, Inoltre lune presentate al Congresso varie opere nuove ed interessanti da parte dei signori Burnat (Flore des Alpes 3 cf NOTIZIE “ane es), T. von Mueller, Celesia, Barla ed altri; e furono mostrati varii etti interessanti (frutti e piantine Cva di Saccharum AES TA mostruosità is foglie di querce, un erbario di piante di Giava, microscopii, ecc.) Il Comitato per la nomina della Commissione internazionale relativa alla forma cen Lau propose all'Assemblea i nomi di trenta botanici, alia furono senza eccezione accettati. Nel pomeriggio di venerdi, sotto la presidenza del Prof. E. Bonnet, si tenne I ultima seduta scientifica del Congresso. Anche in questa furono fatte (per lo = piu molto brevemente, per la ristrettezza del tempo) numerose comunicazioni dai signori Arcangeli, Borzi, Macchiati, de Wildeman, Faggioli, Baroni, Sauvaigo, Pa- Bess Mets, Vilmorin, Voglino e Berlese. Il Prof. Penzig distribuì ai membri stra- eri del Congresse un elegante fascicolo contenente circa una centuria delle gra più rare e più caratteristiche della Flora Ligure, col titolo di « Selectae Stirpes Liguriae ». Esaurito l'ordine del giorno il Presidente chiuse le sedute scientifiche del Congresso, ringraziando vivamente il Municipio di Genova che generosamente . volle visis: le spese, ed in ispeciale il Marchese Giacomo Doria ed il Barone È Podestà ^ o la amministrazione dei quali furono votati e confermati i fondi necessari. vespa: poi l' Università di Genova per l'ospitalità concessa, la Società Botanica Italiana ed il prof. Penzig, organiz ced del Congresso. Con vivi applausi l' Assemblea si associó alle parole dell' oratore. Ne 1 giorno susseguente una grande parte dei Congressisti si recò colla fer- via a. Ventimiglia, allo scopo di visitare lo splendido giardino d'acclim m. T sita cortesia ed ospitalità del signor Hanbury. Alla Genova, altri si fermarono alla Mortola o a Ventimiglia, altri ancora a Bordi- ghera, d’ onde intrapresero nei giorni successivi varie escursioni, chi ai Giar- dini di Monte Carlo, Nizza e della Riviera nizzarda, chi al Colle di Tenda ed in altre parti delle Alpi Marittime. | Così e e il Congresso di Genova, che — speriamo — avrà lasciato Fame memoria in quelli che vi presero parte. Si sta ora stampando P volume | degli Atti, che riuscirà piuttosto cospicuo, dovendo comprendere una quaran- | tina di memorie scientifiche, corredate da ventidue tavole. Sarà spedito a tutti coloro che furono regolarmente inscritti quali membri del Congresso. PENZIG. . Ai lettori. ; Il sottoseritto, avendo già da qualche tempo intrapresa una Monografía bo- tanic fe etin c ri che o-agrieola della Zea Mays, prega i botanici ita e aves- sero fatta qualehe pubblicazione intorno alla storia Naturale del Mais, a voler- scel favorire una s Dott. Gino Cverst. Direttore ager R. Sue Agrari di Modena 4 ; è iu = E PICCOLA CRONACA Piccola Cronaca Il nostro collega nella Redazione e collabor atore, Prof. Antonio Borzi, dietro suo desiderio é stato traslocato da Messina all'Università di Palermo, come Pro- _fessore Ordinario di Botanica e ce del R. Orto Botanico. Al posto di Prof. straordinario di eure nella R. Università di Catania, reso vacante per la giubilazione del Prof. F. TORNABENE, dietro concorso è stato ` chiamato il Prof. Fausto MORINI, Poi Prof. straordinario della stessa materia nella R. Università di Sassari. Del Congresso Internazionale di Botanica, tenuto in Genova nel Settembre decorso, 6 dato un succinto rendiconto in pag. 422 delle nostre « Notizie. » E morto il 13 ottobre u. s., all'età di 53 anni, il Barone FELIX voN THUEMEN, noto per la pubblicazione di numerosi scritti micologici e sopratutto per i suoi Exsiccata cal IM ( Herbar. Mycolog. universale; Herbar Mycolog. oeco- nomicu Nel 1803, pe REOR fra i 10 e 18 Giugno, l'Università di Montpellier celebrerà il terzo Centenario della aspra di quel celebre Orto Botanico, ed invitato i botanici di tutti i paesi ad un geniale convegno per quell'epoca. i Speriamo che i botanici italiani ueste corrispondere numerosi al gentile à invito. i yi Il Doit. R. von WETTSTEIN, finora assistente all'Orto Botanico di Vienna, è A | stato nominato Professore Ordinario all’ Universita Tedesca di Praga. All’ Uni- Ta | versità Czeca della stessa città è stato chiamato, come Prof. Straordinario, il noto algologo Hans I se Il Dott. Hans Sein conosciuto per i suoi viaggi botanici nell’ Africa me- iL . — ridionale, fu promosso a Professore Straordinario di Botanica sistematica nel- : |» T Universita di Zurigo. ae Il Dott. F. KrarnzLIN di Berlino Hana per le Orchidee) é stato insi- ne gnito del titolo di Professore, ed otte un sussidio pisc caue dalla R. Ac- | cademia di Scienze di Berlino, per continuare i suoi studii Il Dott. K. ScHUMANN, secondo cato del R. Museo Pa nana ha pure ottenuto il titolo di brdsisore | Al posto del defunto Prof. C. I. MaxiMovicz in Pietroburgo è stato chiamato il : Prof. S. KorzscHINsKy di Tom È morto in età avanzata (90 PRES il botanica austriaco HINTERHUBER/ Il Dott. D. H. Scorr di Londra è stato chiamato a far parte del personale | scientifico dei giardini e delle collezioni di Kew. Nel posto da lui gum al- University College in Londra è stato nominato il Prof. I. B. Far T'Herbier | JOE pubblieato, col contributo di varii souriant , per cura del sig. E. AUTRAN, conservatore dell'Erbario Boissier. : . È uscito il 2.° fascicolo dell'opera Sito Longobardiae exsiccati del Dott. i ve (Clavaria luteo-ochracea, Asco- Il Ministero di Agricoltura degli Stati Uniti dell’ America del Nord ( Sezione di Patologia Vegetale) hà istituito un Laboratorio Subtropicale in Eustis, Lake ES Florida, che servirà principalmente per lo studio delle malattie degli agrumi. Il Direttore, Prof. W. T. SWINGLE, offre di raccogliere e comunicare ai Miss. di tutti i paesi gli oggetti che li possano interessare di quella regione , ceverà volontieri in eambio opere, memorie e preparati di patologia visco Il Do . Rosen è stato nominato libero docente di Botanica nell'Università. di Taisen Al posto p defunto SERENO Warson, come custode dell’ ig ASA Gray nella Harward University è stato chiamato il Dott. B. L. RoBINSON. Il Dott. G. von LAGERHEIM, che finora insegnava Botanica all Université di es è stato nominato curatore del Ps di alere (Norvegia). il e prega i briologi a volerlo aiutare nell' impresa, inviandogli le loro pubblicazioni Il . D. Riva, che l’anno scorso assisteva il Prof. Schweinfurth nella race: colta e preparazione di piante nella Colonia Eritrea, é partito colla spedizione | del Principe Eugenio Ruspoli, per un viaggio d'esplorazione nelle regioni poco conosciute dell'Africa orientale, verso il fiume Giuba. 7 Il Dott. Apr. Fiori, nostro collaboratore, è stato nominato Aion nel R. Orto Botanico di Padova. E morto a Sydney il botanico jüglose RosERT FITZGERALD, noto per la sua È illustrazione delle Orchidee australiane. BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO Bollettino Bibliografico Lavori Botanici Italiani. Trattati, Atlanti, ece. sRuccI P. Nozioni di Botanica ad uso delle scuole tecniche e preparatorie normali. Napoli, 1891. Morfologia Fisiologia e Biologia. ALPE V. e Menozzi A. 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PENZIG, Redattore responsabile. "Tw x : kid T fob f EW ee I Rd La 32 aei: ul Ae a eT pifi ai WES ONE - e rn n MALPIGHIA. Volume VI i t È i x È, SUR ie 27 PRO TT PO + Reg hu "SRI Vo r$ Yer ALPIGH bs PENET: ig | 2 s . | n | * 4 ^n io RS y i = ' x i E A 5 È $ DES > z } 7 3 - v iP d e i ae SR k Er it A Es : ; Aue M ue de COTON 53 S T dS v ard UU AE mc: sn oi i = i De > ; ; de a $ a RU RAT A if i = £N xm 3 i à i i i e à d s ice A a? nn trois a = o E S o e on =x = n. = LE = bd $ E = 3 EX 5 as =" x * ~i a N E Wi e ‘ LS T Eres i cote tas à re è SCORE ¢ - . dm : + 7 % ` " i à > fi Nd " EX y M s pom au P 5 VN $ nni esa nds 3 e i Ku ere 2 A : CT ae ga due a E DE i : EI S. i LE N mde Auc Une e Corn th a TEE A à AMARE ir A È i z ae uh ^ em A A x i; j ; ; oy ry P QUEDA SEES Mesue i 2s en ni > d i : LA RES E ME E A as! " TAV. XIII MALPIGHIA. Volume VI. SAI e GATA KN ‘a rl CCEPIT Ime COR XO au us LUE fence litde fld di Archie” (o Nr TU à MALPIGHIA. Volume VI. Ja CA AYA ; gr eit an $ NE * * Ves À N = ‘a >. E = . “MALPIGHIA uz aM Cade i ina RE ne i Ali iii EN RN EE adi ee d a EL ST" 721 Ur n DU pt ege Me | MALPIGHIA. Volume VI. LÉ Se est zi f \ 7, el. D TS pos LA CA PISO, LOS Qe? C Ot EN S d Me + e uw . O + 7 RS X. CNN ae 4 NES fes de di C EL oc eee . CH m Df PAT A BOLT T de MS Fig. 9 ni A LS eo NE —À dw uere na Fig.11 f PO | Xe PREIS ug. V. MALPIGHI TA Sui rapporti sistematico-biologici del Trifolium subterraneum L. cogli aftini del Gruppo Calycomorphum Presl. (Sez. Carpoipogèa - Carpoepigèa (Anemopeta - Geotropa) Nob. Nota critica del Dr S. Belli. (Cont. e fine, vedi pag. 397). W. Curtis (Fl. Lond., Ed. 1*, pag. 130) ha riferito alcune osservazioni sul modo di vegetare del 7. subterraneum riportate dal Treviranus (Bot. Zeit. n. 18, p. 146, 1863) nel suo articolo. che ha per titolo « Amphi- karpie und Geokarpie » le quali non sono esatte. Egli serive: « Non appena i fiori del 7. subterraneum vengono fecondati, il capolino pau- cifloro si avvicina al terreno in grazia dell'ineurvarsi del peduncolo fio- rale, senza però penetrarvi. In seguito i fiori fertili fecondati si riflet- tono contro l’asse e dall’apice del peduncolo comune si originano dei ru- dimenti fiorali allungati e carnosi in doppia serie (?). Quelli della prima serie possedono cinque appendici stellate dilatate e rigide (denti del calice secondo Decandolle); quelli della seconda serie ne sono privi (?). I rudimenti della prima serie si incurvano indietro tutti assieme e formano così pel frutto (i cui semi non hanno, come ordinariamente av- viene, tegumenti coriacei) un involucro protettore. Quelli della seconda serie all incontro non si comportano in tal guisa, ma si approfondano orizzontalmente nel terreno e danno origine ad una produzione tuber- coliforme ». E fuori dubbio che la descrizione del Curtis è stata fatta su di un capolino appena penetrato sotterra dove non si erano ancora for- mati che due o tre ordini di appendici trasformate. Treviranus ripor- tandola accenna alla sua singolarità colle parole « Der Vorgang bei 7. subterraneum wird nicht übereinstimmend, vermuthlich wegen verschie- dener Ansichten der Beobachter beschrieben. » Alcuni autori, fra i quali il Vaucher nell’ opera più sopra citata, ed 98, Malpighia anno VI, vol, VI. 434 S. BELLI il Warming l. c., hanno voluto attribuire ai filamenti radiciformi che si originano dai calici sterili, un ufficio meccanico speciale. Il Vaucher a pag. 106 op. cit. scrive: « Dans le 7. subterraneum à tiges couchées les fleurs fertiles à peu prés quinées sur leurs pedoncules se déjettent aprés avoir été fecondées et forment par leur réunion une petite téte arrondie qui, lorsqu'elle a. atteint le sol par l'allongement de son pedon- cule, pousse de son axe floral des filets qui en se recourbant l'entourent en forme de grillage et se fourchent enfin à leur sommet en quatre ou cinq petites grilles, par lesquelles le capitule s'amarre au sol comme un ancre; c'est dans cette situation que les semences commencent à germer. J'ai vu des pedoncules recourbés qui ne pouvaient pas s'enfoncer (parce que la tige en s'allongeant les avait jetés sur le bord d'un fossé) pousser pour atteindre le sol, des filets longs de sept à neuf pouces. » E chiaro che il Vaucher parla di allungamento di appendici radici- formi (filets) a scopo di raggiungere il terreno se la pianta é posta in condizioni di non potere coi peduncoli fiorali giungere a toccarlo. Ma io non ho mai potuto osservare un simile fenomeno nelle produzioni ra- dieiformi dei calici sterili per quante esperienze si siano istituite allo scopo di impedire ai peduncoli fiorali di raggiungere il suolo. Anzi, come ebbi occasione di dire più sopra, mi venne fatto soventi volte di tro- vare allo stato spontaneo dei 7. subterraneum, i quali erano casual- mente impediti di portare sotterra i loro capolini per cause meccaniche che vi si frapponevano, e tuttavia le loro produzioni radiciformi, nei ca- lici sterili, non erano per ciò più sviluppate: al contrario esse erano talvolta quasi abortite. Forse il Vaucher, piuttosto che ad un allunga- mento di appendici radiciformi volle alludere ad un allungamento del peduncolo fiorale a scopo di raggiungere il terreno, circostanza già men- zionata anche dal Savi 1. c. (!). Infatti Darwin (La faculté motrice dans les plantes. Paris 1882 trad. Heckel p. 519) riportandosi all'osservazione più sopra scritta del Vaucher scrive: « Vaucher dit que lorsque la (t) Cum pedunculus saxo vel alteri obstaculo occurrat quo introduci prohi- beatur, tune elongatur donec obstaculum proetergrediatur, adeo ut peduneuli inveniantur 2-4-6 pollices longi; ideoque determinari non potest in hae specie ratio longitudinis peduneulorum ad foliorum longitudinem. 2 SUI RAPPORTI SISTEMATICO-BIOLOGICI, ECC. 435 plante est placée de telle sorte que lV inflorescence ne puisse bientôt at- teindre la terre, le pédoncule s'allonge de 15 à 20 cm. ce qui est un accroissement extraordinaire. » Ma Darwin deve aver preso abbaglio perché il Vaucher non parla di « pedoncules », ma berisì di « filets » che escono dall'asse fiorale. Ma neppure si puo asserire che il peduncolo si allunghi sempre (al- lorchè la pianta è posta in circostanze sfavorevoli per toccar terrà) e molto di più che in condizioni normali. Questo fenomeno pare sia in dipendenza di una quantità di cause difficilissime a riconoscersi, perché difficilissime ad isolarsi l'une dalle altre, e crediamo di poter dire ad- dirittura, che senzà appositi strumenti ed apparati il problema sia di soluzione quasi impossibile. Così occorre facilmente di vedere i peduncoli allungarsi di molto (p. e. var. y del Saggio monografico) senza che vi esista la circostanza del non poter la pianta introdurre i suoi capolini sotterra, e viceversa in molti saggi che vennero coltivati in vaso e tenuti alti da terra, i peduncoli non si allungavano oltre misura. Warming (l. c.) ritiene egli pure che le appendici radiciformi rap- presentino un organo di fissazione del capolino sotterra od un ostacolo alle cause che tentassero di strapparnelo. « Der Bliithenstand wendet sich abwürts und dringt in den Boden hinein. Um ihn gegen Losreissen aus diesem zu sehützen, bilden die schon während des Blühens vorhan- denen oberen Blüthenanlagen sich während der Fruchtansetzung zu ei- genthiimlichen hakenfórmigen Organen um, welche mehr oder weniger nach hinten in Relation zu dem Erdboden nach aufwürts gerichtet werden, und somit als Widerhaken dienen, unter deren Schutz die Früchte zugleich reifen kónnen. » Non si puo certamente escludere che le produzioni radiciformi e le appendici pappiformi possano nel 7. subterraneum fungere, fino ad un certo punto, di organo che mantiene fisso il capolino sotterra, ma certo non deve essere questo l’unico nà il precipuo ufficio di questo apparato, il quale, sviluppatissimo nel Gruppo delle Medusæa che comprende specie tutte epigee, non avrebbe quivi una ragione di essere, conside- } rato unicamente come organo di fissazione al suolo; a meno che non lo divenga molto più tardi, quando avrà già compiuto molti altri ufficii 436 S. BELLI assai più importanti, quali sarebbero quelli più addietro accennati: di trasportare dapprima i semi cioè, e di fornir loro dipoi l umidità ne- cessaria per la germinazione. Questa questione ci pare fornisca da sola un interessantissimo soggetto fisiologico degno di essere studiato. Darwin l. e. si è a lungo occupato del T. subterraneum e del suo speciale modo di fruttifieare. Secondo lui l'apparato formato dalle ap- pendici pappiformi avrebbe tre ufficii: dapprima uno meccanico, cioè quello di facilitare l’entrata del capolino sotterra agendo a guisa di suc- chiello; il secondo sarebbe un ufficio acquifero; l'ultimo finalmente sa- rebbe quello di proteggere i legumi dalle influenze esteriori. Riportiamo qui qualche brano del lavoro di Darwin che nel Saggio monografico verrà dato per intero, limitandoci a quanto ci pare più necessario per ora. A pag. 520 Darwin scrive: « Les calyces des fleurs parfaites et imparfaites sont couverts de poils simples multicellulaires qui jouissent du pouvoir d'absorption: en effet si on les place dans une solution de carbonate d'ammoniaque (2 gr. pour une once d'eau), leur contenu pro- toplasmatique se contracte immediatement et perd ensuite ses lents mouvements habituels. » A pag. 522: « Celui qui observe une inflorescence en train de s'en- fouir est vite convaineu que le mouvement de rotation dà à la conti- nuation du mouvement cireumnutant du pedoneule joue un róle impor- tant dans cette aetion. Si nous considérons que les inflorescences sont trés legéres, que les pedoncules sont longs, minees, flexibles et qu’ ils sont portés par des plantes elles mémes flexibles, il nous est à peine possible de eroire qu'un objet aussi large qu'une des inflorescences puisse pénétrer dans le sol par suite de la seule croissance du pedon- cule s'il w y est pas aidé par un mouvement de rotation. Lorsqu'une inflorescence a pénétré d'un faible profondeur dans le sol, un autre agent important entre en jeu; les fleurs centrales, avortées et rigides, terminées chacune par cinq longues griffes, se courbent vers le pedoneule; en agissant ainsi elles ne peuvent manquer d'entrainer l'in- florescence à une plus grande profondeur: cette action est encore aidée par le mouvement cireumnutant qui continue méme lorsque la fleur est complétement enterrée. Les fleurs avortées agissent ainsi en quelque h Fan js sorte comme les pattes de la taupe qui dept la terre en acc et le corps en avant. » Rammenteremo qui ehe il Dodart, duecento anni prima di Darwin, | aveva già in massima spiegato il meccanismo d'interramento del ca- polino nel 7. subterraneum per mezzo dei calici abortiti (che egli perd chiamava « pointes »). La descrizione data dal Dodart di questo processo, — . certamente meno esatta sotto molti rapporti che quella di Darwin, non | : Fa pero meno degna di ammirazione. Essa verrà riportata per intero | on Saggio monografico del 7. subterraneum. Darwin tace nel suo libro del potere germinativo dei semi matu- i rati fuori terra, altro argomento di cui ci occuperemo più avanti. Egli | ? ripete anche l’opinione del Savi, che i capolini maturati fuori terra siano poveri di semi e questi imperfetti: « Tres peu des inflorèscences que leur position empéche de pénétrer sous = sol, parviennent à pro- — . duire des graines » (l. e. p. 520). Si é già detto pin sopra in qual conto questa asserzione debba es- . sere tenuta. Pare poco attendibile anche un'altra opinione del Darwin y a proposito dell'ufficio di organo assorbente, che egli attribuisce ai peli | che rivestono le appendici dei calici abortiti. A pag. 520 si legge: « Ce tréfle croît ordinairement dans un sol see, mais nous ne savons si le pouvoir d'absorption des poils des inflo- + . rescences lui est d'une utilité quelconque ». L'utilità immediata, e di- remo così causale, di questi peli, dato che essi siano realmente dei peli assorbenti, parrebbe essere data dalla stessa circostanza accennata dal- l’autore, cioè che il T. subterraneum cresce di solito nei luoghi secchi. | Ma si può dire addirittura che i peli che rivestono i calici sterili sono | veri peli assorbenti pel solo fatto che essi posti in una soluzione di car- è bonato ammoniaca contraggono il loro contenuto plasmatico ? È lecito | _ dubitarne. Sopratutto, se si paragonano questi tricomi del 7. subterra- | vie che non siano quelli dei loro tricomi. Ma ogni discussione. su ? ) riguarda sarebbe pel momento prematura. 438 S. BELLI In quest'anno venne pubblicata nella Malpighia (Anno V, Fascicolo vu-xu, p. 304) una « Nota preventiva sul Movimento carpotropico del T. subterraneum » del dottor H. Ross di Palermo. In questo lavoro, oltre alle osservazioni ehe hanno rapporto col titolo della Memoria, altre vi sono sulla sua morfologia esteriore, biologia ed istologia che non vanno d'accordo colle nostre. Ma anche gli esperimenti istituiti dal D.” Ross per dimostrare i fatti fisiologici, che avvengono nel T. sub- terraneum, non sono condotti come lo richiedono i principii elementari della fisiologia stessa. Il D Ross, dopo aver descritto sommariamente lo sviluppo del capolino fruttifero e dei calici sterili, aggiunge (pag. 306): « Queste tra- sformazioni si sono compiute allorché l infiorescenza raggiunge la su- perficie della terra: continuando ad allungarsi, aiutato dalla cireumnu- tazione, il capolino fruttifero penetra nella terra ». Ora per quante osservazioni si facciano sul T. subterraneum, non accadrà mai di vedere queste trasformazioni di calici sterili avvenire quando l’infiorescenza « raggiunge la superficie della terra » bensì dopo che il peduncolo portante: i fiori deflorati si è introdotto nel suolo, ec- cettuati bene inteso i casi in cui i capolini deflorati vengano, artificial- mente o no, impediti di entrare nel suolo. Tutti gli autori del resto, dal Dodart ai giorni nostri, sono concordi su questo punto. Il D." Ross accenna altresì al modo di comportarsi dei capolini allorchè ven- gono impediti artificialmente di penetrare nel terreno. Egli scrive (p. 306): « Collocando sotto di essi una lastra di vetro o qualsiasi altra super- ficie dura, l'allungamento del peduncolo continua per alcun tempo, tor- cendosi questo irregolarmente, ma infine si dissecca tutta l'infiore- scenza. » Poco più avanti però l'Autore (pag. 307) ammette che « nelle infio- rescenze che non hanno potuto penetrare nella terra il gomitolo di fiori sterili si forma tale e quale, quantunque sia di solito un poco più de- licato e più piccolo dei sotterrati. » Non è quindi facile il capire in quali circostanze l’infiorescenza, impedita di andare sotterra, si disseechi, ed in quali essa porti invece a maturazione i suoi frutti nelle modalità sopradette. Secondo le nostre esperienze, e come più sopra fu esposto, il di solito nelle sole dimensioni il capolino fruttifero ed i semi. Il D. Ross continua a pag. 307: « Anche i frutti ed i semi si sviluppano apparentemente in modo normale in tali capolini sospesi nell’aria, ma seminandoli non germogliano mai, come ho potuto con- statare in un grande numero di esperienze istituite per tre anni di seguito ». . . Anche qui il risultato delle nostre espgrienze è alquanto differente È EC quello del D.” Ross. Nel 1891 io aveva cominciato qualche osservazione sul 7. subter- raneum, mentre in pari tempo io attendeva a raccogliere materiali per l'elaborazione del gruppo Calycomorphum nel Saggio monografico in collaborazione col prof. Gibelli. Desideroso di ripetere le esperienze del Savi allo scopo di conoscere la fertilità dei semi cresciuti fuori terra, io avevo nell'Agosto ottenuto una certa quantita di semi epigei, tanto de spontanei quanto coltivati nel R. Orto Botanico di Torino. Questi semi, paragonati con quelli cresciuti e maturati sotterra, ne differivano specialmente per la loro minor dimensione, per la loro forma più globulosa, ma sopratutto per la durezza maggiore dei loro tegumenti. . Era naturalmente mio desiderio di conoscere, se questi semi germinas- sero, non essendo ancora questo soggetto stato trattato da nessun bota- . nico antico o moderno, e non essendo ancora naturalmente uscito il la- voro del D." Ross. | Seminati adunque una trentina di questi semi epigei in vaso, dopo einquanta giorni cirea di incubazione, ebbi la magra soddisfazione di _ vederne germinato uno solo, e la pianticina che ne derivo rimase assai esile e stremenzita, finchè essendo la stagione piuttosto inoltrata (verso la fine di Settembre) essa perì. Nel 1892 ritentai la prova pure con una trentina di semi epigei. Ma essendomi nato allora il sospetto che - forse la struttura e la durezza dei tegumenti di questi semi potesse per avventura non essere estranea alla loro supposta incapacità a germi- T. subterraneum, impedito artificialmente di penetrare co’ suoi capolini deflorati sotterra, maturò costantemente i suoi frutti epigei, modificando. &*. 440 S. BELLI guminose ha portato ben largo contributo ('), e finalmente basandomi a priori sulla conclusione del Sachs (°), che i tegumenti sono in mas- sima impedimenti alla germinazione, prima di confidare alla terr: questi semi maturati all’aria praticai nel durissimo loro tegumento una leggiera incisione dal lato opposto alla regione micropilare. I semi epigei così trattati germinarono benissimo dopo circa dieci giorni di incuba- zione, cioè cinque giorni in media più tardi che i semi cresciuti e ma- turati sotterra ed integri nei loro tegumenti. Ciascun seme epigeo diede origine ad una pianticina perfettamente costituita ed identica in tutto alle pianticine corrispondenti nate da semi ipogei. Ripetei più volte lo stesso esperimento ed ebbi sempre identici risultati. Non si può dunque negare la capacità germinativa ai semi del 7, subterraneum cresciuti all’aria: è certo anche che se i tegumenti sono integri, la loro capa- cità germinativa è grandemente diminuita, ma non abolita. Quali siano le differenze che corrono fra i tegumenti dei semi epigei ed ipogei del T. subterraneum non mi è concesso per ora far conoscere, ciò che farò fra breve, comunicando lo studio istologico del seme. Ritornerò più avanti sulla germinazione dei semi epigei di questa specie. Intanto noterò che per ciò che sta in rapporto colla fecondazione dei fiori del 7. subterraneum è probabile che essa avvenga per auto- gamia, come il dott. Ross riferisce nella sua Memoria, ma non mi credo autorizzato ad escludere assolutamente la fecondazione entomofila, avendo osservato parecchi insetti visitatori de’ suoi fiori (Lepidotteri notturni, Ditteri ed Imenotteri). Così pure il legume del 7. subterraneum è dei- scente naturalmente sulla sutura ventrale, mentre il dott. Ross scrive (pag. 307): « I semi si sviluppano e maturano nell’ interno del capolino sotterrato dove restano immutati non aprendosi nè ¿l frutto nè il go- mitolo. » A pag. 10 della Memoria il dott. Ross espone alcune interpreta- (') V. Ricerche anatomo-fisiologiche sui Tegumenti seminali delle Papi- lionacee. Mem. Accad. Scienze. Torino, 1892. (?) Physiologische Untersuch. ueber die Keim. der Schminhbohne. Sitzungsb. d. K. Akad. d. Wiss. Wien, Vol. xxxvi. 1859. È E E = E: zioni in parte sue, in parte già emesse da altri osservatori sul valore biologico del movimento carpotropico del 7. subterraneum che non mi - ; persuadono e non paiono giustificabili anche teoricamente. Egli scrive (pag. 311): « In quanto al valore biologico di questo movimento carpo- tropico non c'è da dubitare che i frutti infossati nella terra sono molto efficacemente protetti contro gli animali pascolanti. Di più i semi non | | possono essere trasportati e dispersi forse in luoghi sfavorevoli per il loro sviluppo ». . . Da quanto verrò esponendo si persuaderà il lettore che, ‘almeno il - dubbio, su queste asserzioni può essere giustificato. La prima parte di questa opinione del dott. Ross venne già antica- mente emessa dal Savi (Observ. 1. c.), accettata da alcuni altri Autori, e finalmente ripresa da Ch. Darwin (l. c. p. 522-523). Né per quanto antica, essa ci pare meno insostenibile. Per meglio farmi intendere ri- porterò per intiero il periodo di Darvin. « Il est probable qu’un des principaux avantages gagnés par ce mouvement (del 7. subterraneum) _ c’est la protection des graines contre les animaux qui pourraient les manger. Chez 7. subterraneum les graines ne sont pas seulement cachées _ par suite de l'enfouissement, mais elles sont encore protégées par les _ fleurs avortées, rigides qui les entourent. Nous pouvons dire en outre . avec la plus entière confiance que cette protection est ici le but pour- | suivi (2); car les graines de plusieurs espèces de ce même genre sont protégées par des moyens différents: par la fermeture et l'occlusion . complète du calix, par la persistance et l'ineurvation de l'étendard, etc. - Mais le cas le plus curieux est celui qui nous est offert par le T. glo- bosum L., dont les fleurs superieures sont stériles comme celles du a subterraneum, mais se développent ici en larges bouquets de poils qui enveloppent et protégent les fleurs fertiles. Cependant dans tous ces _ cas les capsules et leurs graines peuvent, comme l'a fait remarquer monsieur J. Thiselton Dyer, retirer un avantage de ce qu'elles sont main- — tenues dans un certain état d'humidité. L'avantage offert par la pré- sence de cette humidité est peut-être confirmé par la présence des poils sorbants sur les fleurs du T. subterraneum ». . Se fosse vero che il 7. subtecrdntum nasconde sotto terra i suoi frutti per proteggerli contro gli animali che potrebbero még non è capiremmo il perchè le altre specie non munite da natura di un tal - processo privilegiato di difesa siano pur così diffuse sulla superficie della terra, ed alcune molto più che nal sia il T. subterraneum od il T. globosum, mentre é chiaro che servendo esse al pascolo dovrebbero in breve perire. Ma.é noto altresì che non di rado, allorquando accada | che i semi di molte specie vengano ingoiati da animali diversi, essi > possono, in grazia della durezza e resistenza dei tegumenti, passare inal- terati nel tubo digerente e germinare di poi perfettamente. In questo caso gli animali aiuterebbero invece la dispersione della specie in aree nuove. E chi ci assicura che appunto da questo passaggio dei semi in mezzo a liquidi modificatori per eccellenza, quali sono quelli gastrici ed intestinali non ne risulti per certi semi (non dico per tutti) una pecu- liare azione che potrebbe favorirne la germinazione? È bene il caso qui di ricordare la mia esperienza dei semi epigei del 7. subterraneum, i i quali lesi nell’integrità del loro tegumento germinarono con tutta faci- x lità! (') Accettando tal quali le idee sovraesposte del Darwin ne ver- rebbe per logica conseguenza, che quelle specie di Trifoglio le quali : hanno ealici aperti a maturanza del frutto dovrebbero essere maggior- mente esposte a perire, non godendo del supposto favore, citato dal Darwin, di essere protette contro gli agenti esteriori meccanici ! . Eppure, un rapido sguardo a queste specie, a cui Natura secondo Darwin sarebbe : : stata matrigna privandole di callo alle fauci, ovvero con fauce ristretta alquanto, ma tuttavia pervia, ci fa vedere come esse siano fra le più diffuse (Stirpes Pratensia-Arvensia del gruppo Lagopus. Amoria ece.). 1 Hsk fra le quali decorre la linea lucida. Qualunque _ eausa la quale influenzasse o la continuità o la resistenza della membrana di - timento deve pure influenzare il modo di agire della linea lucida, e quindi are il processo di — ed ee è consecutivo dei semi, ran dolo o ea Ed un'altra osservazione non indegna di essere presa in esame ei par | questa, ehe molte specie le quali per loro natura presentano un aspetto | poco attraente per gli animali pascolanti, e poco vengono da essi ricer- cate a cagione della loro durezza, o per la loro disposizione sdraiata sul terreno, così di prestarsi malagevolmente al dente dei ruminanti, specie insomma le quali vengono classifieate fra le cattive foraggere, presen- tano calici chiusi, a maturanza del frutto, dall'opercolo del n o dal callo alla fauce!! (Seabroidcea). Perch’ dunque queste specie, già maggiormente difese per naturale struttura, sarebbero appunto quelle che meno avrebbero a temere dal dente degli animali pascolanti? Ho detto « animali pascolanti » perchè cost il dott. Ross li ha denominati. Faccio per altro notare che Darwin ha detto invece: « ..... protection des graines contre les animaux qui urraient les manger. » La qual cosa è assai diversa, quantunque non n infirmi per nulla il valore delle mie osservazioni. Quanto al 7. globosum, evidentemente il Darwin ignorava l'ufficio = o almeno uno degli ufficii dei calici sterili in questa specie e nelle af- fini; in caso contrario egli avrebbe forse a la loro funzione altrimenti che come organi di protezione. . Quanto all'opinione emessa dal Thiselton e che Darwin pone in se- conda linea, essa potrebbe benissimo fra breve prendere il posto che le spetta, per quanto non mi sia per ora concesso, come più sopra ripetu- tamente dissi, di poter asserire se nel 7. subterraneum, globosum, ete. esistano veri peli assorbenti, tanto nel senso stretto della parola, quanto nel senso attribuito dal Klebs alle diverse produzioni tricomatose dei semi, o degli apparati di disseminazione, nel suo magnifico lavoro: « Beiträge zur Morphologie und Biologie der Keimung » p. 537 e più specialmente al capitolo: « Die Befestigung des Samens in der Erde und seine Wasseraufnahme » pag. 579. Bot. Instit. zu daweg — v. Dr. W. Pfeffer (1881-1885). La seconda parte del periodo più sopra citato del dottor Ross do- _ vrebbe secondo me venir intesa precisamente alla rovescia. Io credo che a nel T. subterraneum, come una condizione di inferiorità evidente, Kerner von Marilaun abbia ragione di ritenere il fatto della Geo- ? E Sante hé i səmi ipogei non possono essere dispersi e trasporta.i | lungi dalla pianta madre. Questo autore scrive a pag. 813: « Vi sono piante che portano a ma- « turanza i loro semi sotterra e questi semi germinano sul posto mede- « simo dove maturano. Il numero di queste specie non è molto grande. « Le più conosciute sono: Arachis hypogea, Cardamine chenopodiifolia, « Linaria Cymbalaria, Phrynium micans, Trifolium subterraneum. Se .« questi vegetali maturassero i loro frutti esclusivamente sotterra, op- « pure se questi venissero tutti trascinati sotterra dopo la maturazione « dei semi allo scopo di produrre nuovi individui ix posto, tanto vor- « rebbe dire quanto rinunziare a qualsiasi mezzo di dispersione e di « propagazione per germi a distanza! Questa propagazione diventerebbe « evidentemente problematica. Ma questo problema trova in tutti questi | « vegetali una soddisfacente soluzione nel fatto che in essi la probabi- _« lità di una moltiplicazione per semi a grandi distanze sussiste per « cio che essi possono disperdere i loro semi prima che questi vengano « portati sottoterra, ed anche per la presenza di un’altra forma di frutti i quali maturano fuori terra accanto ai sotterranei e possono essere « dispersi dagli animali, dal vento e dall'acqua » !! . . Dopo queste parole del Kerner è meraviglia che l'Autore non citi il — T. subterraneum quale esempio pratico, e che a me sia toccato in sorte il confermare coi fatti questa ingegnosa induzione sul suo duplice modo - * di fruttificare! Anche il prof. Ascherson di Berlino nella lettera di cui. patlammo in principio di questo lavoro ci faceva notare che, per quanto — nuova l’asserzione del Kerner sulla diffusione ipo-ed-epigéa delle specie sopracitate non era confermata da esempi conosciuti. « P. e., scrive- vaci Ascherson: nell’ Arachis hypogea, i frutti periscono certamente se mon possono arrivare sottoterra: tutt'al più la cosa potrebbe esser vera. pel T. subterraneum!!! ». E le mie esperienze confermano la supposi- zione dell'Ascherson come quelle del Kerner. ; | Le idee esposte dal dott. Ross nella sua Memoria sono EP ET Sproto a quelle del Kerner. Ma pare a me che le ragioni che egli ad- a difesa del suo asserto siano inferiori allo scopo. In verità io non A: oa oo la agers per eui, secondo il ae Ross, ! una causa trasportasse altrove i semi del T. subter- - raneum dovrebbe abbandonarli in luoghi « forse sfavorevoli per il loro meccanica qualunque la quale sviluppo? » E perché non in luoghi invece favorevoli? Non esiste forse questo perieolo anche per le altre specie a fruttificazione epigea, se pe- rieolo si vuol immaginare? Che dire allora di tutti i semi che, anche in piante non pòlisperme, vanno disperdendosi per cause sfavorevoli? Eppure, non si propagano forse tutte le specie a cui i semi apparten- gono? non perdurano forse sulla superficie del globo a malgrado dei soccombenti per via? Io non esito un istante a credere piuttosto, che 80 il T. subterranewm fosse costretto ad espandersi sulla terra colla lentezza che gli viene imposta dal suo fruttificare ipogéo, non sarebbe tanto facile di spiegare il modo con cui esso abbia invaso contrade differentissime, impedito da ostacoli materiali ed abbia un'area di . diffusione relativamente ampia. Il dott. Ross prosegue a pag. 311: « I numerosi fusti assai lunghi e disposti a, rosetta impediscono che i frutti si trovino troppo vicini gli uni agli altri onde evitare una lotta per l'esistenza troppo accanita ira le pianticelle nascenti. » Questa osservazione ei pare addirittura puerile. In verità, una na- - tura la quale si serve di una disposizione che, secondo il dott. Ross sarebbe intesa a tenere distanti i peduncoli fiorali affinchè le pianticelle _ nascenti non si aeeaniseano troppo fra di loro nella lotta per l’esistenza, e poi manca allo seopo nel momento buono, tenendo riuniti i semi in un involucro il quale obbliga le pianticelle a crescere serrate le une contro le altre, una simile natura..... via..... ci parrebbe dotata di una previdenza ben meschina! E poiché, in questo caso, il dott. Ross vuol supporre che sia neces- sario pel 7. subterranewm Vavere le pianticine distanti secondo le leggi del minimo mezzo, tali quali egli le immagina, ci pare che Natura avrebbe allora dovuto.addirittura rinunziare alla fruttificazione ipogea e non ricorrere ad un mezzo termine, allontanando solo i peduncoli fiorali l'uno dall'altro per mantenere poi vicini i frutti nel capolino. è peer O a rosetta dei ivi è micra al 7. now Joins a me pare che simili grobia biologici siano estremamente difficili a risolversi per la complessità dei fattori che concorrono a co- stituirli. E se è lodevol cosa il tentar di scioglierli con pazienti éd aay esatte esperienze, o il prepararne lo scioglimento con ingegnose indu- zioni, certo è che la Scienza trae poco profitto da queste divagazioni, che non hanno a loro sostegno nè la stregua dei fatti, nè quella deri- vante dalle speculazioni teoretiche di fatti pregressi. Per cio che riguarda alcuni fatti biologici del T. subterraneum il libro di Darwin più sopra citato pare risenta alquanto di questo grave l difetto. E perchè non sembri a taluno che le mie parole possano suonar meno che riverenti per Colúi che fu il grande riformatore della biologia vegetale, citerò alcune parole di un fisiologo insigne, il Sachs, al quale pure parve che il libro di Darwin lasciasse desiderio vivo di quella lo- gica serrata, che ha sempre fatto il più bell’ elogio di tanto Osserva- tore. (!) Ad ogni modo se il Kerner von Marilaun ha creduto di poter dedurre dal modo di vegetare del 7. subterranewn, che questa specie geocar- pica rappresenterebbe, nel mondo dei Trifogli, uno stato di patente in- feriorità, ove non godesse di un modo diverso di fruttificazione, egli ce ne ha dato delle buone ragioni, mentre a parer nostro il Dott. Ross ha ripetuto semplicemente un'idea Darwiniana, senza corroborarla di mi- (t) Il Sachs nelle Vorlesungen über Pflanzenphysiologie ricis 1887) pags mo così si esprime sul libro di Darwin « La faculté motrice dans les plante .* Der mit unserer Literatur oberflächlich bekannte Leser germassen darüber wundern dass ich in der ganzen vorausgehenden Reihe von Vorlesungen Darwin’s Buch « The power of movement in plants » (London 1880) nicht weiter erwähnt habe. Ich kann nur bedauern dass der Name Charles Hardin auf dem Titel steht: die Versuche die er mit seinem Sohne zusam- men beschreibt, sind ohne Saehkenntnies angestellt, schlecht interpretirt, und | Das Hauptresultat zu welchem Darwin in. m genanuten Buche elast, ba allen Reizbewegungen im Pflanzenreiche | ‘die « « Circumnutation » zu Grunde liege, charakterisirt mehr als alles Andere den Standpunkt den die beiden Verfasser einnehmen. Es ware aN da- ber ein Wort zu verlieren. : » ; 2 Y RE d ud [ou 0 i js E 35 i a 4 A sd Uu Ts E SUI RAPPORTI SISTEMATICO-BIOLOGICI, ECC. — gliori argomenti. Chi si faccia a considerare il Gruppo dei Medusei-Ane- mopeti, i quali, pur appartenendo per naturale morfologica affinità al I. subterraneum, sono dotati di fruttificazione epigea e presentano il fatto curioso dell’ articolazione del capolino sul peduncolo fiorale, dimo- dochè, in grazia di questa struttura esso se ne stacca a maturazione per venir trasportato lunge dalla pianta madre, dagli agenti esteriori, sarà piuttosto tratto a concludere, che queste specie rappresentino un vero progresso nel loro modo di propagazione e di diffusione. Nè egli penserà che il T. subterraneum sia in migliori condizioni, anzi rappre- . senti quasi l’optimum delle condizioni favorevoli alla sua propagazione pel solo fatto che esso introduce i suoi capolini sotterra. Per cui, se fosse lecito spigolare nell’oscuro campo della filogenesi della Stirps Ca- lycomorphum, a me parrebbe più logico ammettere quale specie antica il T. subterraneum e più recenti le altre del Gruppo Medusea. Il T. chlorotrichum, semi-epigeo e non ancora anemopeto potrebbe stare a di- mostrare, o meglio a render plausibile una simile supposizione. Il Dott. Ross ha poi voluto dimostrare che la causa da cui dipende il movimento earpotropico del 7. subterraneum è l'eliotropisino negativo. Ma io credo che il Dott. Ross colle sue esperienze ha dimostrato perfetta- mente l'opposto. Anzitutto, in fatto di eliotropismo nel T. subterraneum wha un'esperienza capitale, decisiva e riguardante il suo movimento carpotropico; esperienza fatta come si suol dire « ab absurdo » ed alla quale il Dott. Ross ha dato, non so perché, un importanza secondaria. Voglio parlare di quella istituita da Darwin stesso, e ripetuta con iden- tici risultati dal Dott. Ross, quella cioè dalla quale emerge che il pe- duncolo fiorale del T. subterraneum nel bujo completo eseguisce costan- temente il movimento di curva verso terra, giunto ad un certo periodo di vegetazione. Darwin dopo una simile prova ha escluso completamente l'eliotropismo. Ed in verità è egli possibile ammettere che l’eliotropismo entri come fattore necessario in questo fenomeno? Evidentemente no! Darwin concluse che la causa del movimento è geotropismo positivo; ed avrà probabilmente ragione, per quanto egli non lo dimostri con nessuna esperienza; e qui per dimostrarlo direttamente o per escluderlo * "era indispensabile l’uso del clinostato. E, mancato il clinostato, lunque altra esperienza è inutile. Il Dott. Ross però ha creduto di poter farne a meno instituendo una serie di esperienze basate su di un ragionamento che è un circolo vi- zioso, usando processi e materiali di esperimento che sono incompati- bili coll'esattezza richiesta da un problema così delicato. Tali sarebbero quelli di adoperar boccette colorate, che servirono pel citrato di ma- gnesia o per l’jodio del commercio, come se i fisiologi avessero sprecato il loro tempo e le loro fatiche a cercare i liquidi titolati per la pre- | parazione dei diaframmi assorbenti per ottenere raggi di purezza as- | soluta. Il Dott. Ross poi si mostra ignaro dell’argomento che imprende a trattare. Pare infatti ‘che egli non sappia che la prima condizione ri- chiesta, a affinchè un d dia ema eurve eliotropiehe, é quella che | 1 Il fia fiorale del | vatura, è comple- mo solo nel moo Ma il più grave è dio IL Dott “Ross non fa CET rA Ta azione = | nica della luce ed azione direttiva. La prima come è noto si ha allo- raquando la luce agisce con intensità uniforme sw tutti à lati di un or- gano in accrescimento, ed 6 pur quella che influisce sulla velocità del- . l’accrescimento in lunghezza dell’ organo stesso. La seconda o direttiva è quella che influenza, che modifica la direzione dell’accrescimento, quando agisce inequilateralmente sopra di un organo in via di accrescimento. Gli è solo in questo secondo caso che si determinano delle curve elio- | To) Noto di passaggio qui un’ altra osservazione del D Ross che non si ac- - corda colle mie. A pag. baa parlando della struttura dei peduncoli fiorali del © T. subterraneum Egli serive: « Gli elementi meccanici vi maneano quasi com- Pleta tamente ». Invece E non risulta da una sezione anche grossolana di un viendo atore. Più. tardi v errà data la fi gura ai questa sezione. SUF RAPPORTI SISTEMATICO-BIOLOGICI, ECC. - | 449 tropiche, dovute ad zneguaglianza di accrescimento longitudinale dei . lati opposti dell'organo illuminato, o in generale diversamente influenzati. | Al pari degli eliotropici i fenomeni geo- e termotropici etc. sono l'effetto e la conseguenza di azioni znequilaterali sugli organi in via di aceresci- mento e si manifestano con curve più o meno pronunciate verso o in senso opposto alle sorgenti luminose, calorifiche o della forza di gravità. E queste son cose note. Che cosa abbiano a fare le esperienze istituite dal Dott. Ross per rapporto all'eliotropismo è difficile a dirsi. Egli ha introdotto un infiorescenza di T. subterraneum portata dal suo peduncolo in un tubo vertieale chiuso dovunque salvo inferiormente ‘luce in un'altra direzione affinchè il movimento eliotropico (si noti bene!) non coincidesse con quello geotropico! allo'seopo insomma di illumi- nare l’infiorescenza dalla parte opposta a quella in eui il peduncolo o 3 linfioreseenza sono illuminate allo stato naturale di vegetazione. Ma * | non si accorse il Dott. Ross ehe sperimentando in tal modo egli illu- minava equilateralmente tutta l infiorescenza, sottraendo cosi l organo ad una delle più essenziali condizioni perchè si potesse dimostrare l’esistenza di un eliotropismo qualsiasi nel 7. subterraneum. a Dicasi lo stesso dell’ esperienza fatta col bicchiere collocato orizzon- —- talmente e dal di fuori coperto di carta nera dove I’ infiorescenza ve- niva equilateralmente illuminata dall’ uno dei capi. Perché l esperienza avesse avuto al meno 7 apparenza di voler indurre delle curve nel * peduncolo, l'illuminazione avrebbe dovuto nel 1.° caso passare per una fessura laterale verticale, e nel 2.° caso da una fessura laterale ' orizzontale ma non mai da uno dei capi del tubo. Comunque sia, il peduncolo del 7. subterraneum così cimentato da una luce equilaterale nelle esperienze del Dott. Ross ha risposto fug- gendo ad un dato momento dalla sorgente luminosa; ha secondo il Ross manifestato dell’eliotropismo negativo! Ma questo fenomeno che il Dott. Ross crede di aver constatato col suo sperimento e che, date le condizioni in cui lo sperimento stesso venne fatto, si potrebbe chiamare = fotofobia (mi si passi l'espressione) e non eliotropismo negativo, è un — fenomeno illusorio perchè, ripetiamo, esso si ripete al buio in identico — modo dal 7. subterranewa ad un dato momento. gal ^ (DO Malgigiia üpuo VI, vol. VI, ` era indispensabile l'uso del clinostato. E, mancato il ar a, ne lunque altra esperienza è inutile. i Il Dott. Ross però ha creduto di poter farne a meno instituendo una serie di esperienze basate su di un ragionamento che è un circolo vi- zioso, usando processi e materiali di esperimento che sono incompati- bili coll’esattezza richiesta da un problema così delicato. Tali sarebbero quelli di adoperar boccette colorate, che servirono pel citrato di ma- +7 gnesia o per l’jodio del commercio, come se i fisiologi avessero sprecato | il loro tempo e le loro fatiche a cercare i liquidi titolati per la pre- parazione dei diaframmi assorbenti per ottenere raggi di purezza as- soluta. Il Dott. Ross poi si mostra ignaro dell'argomento che imprende a | trattare. Pare infatti ‘che egli non sappia che la prima condizione ri- È chiesta, affinchè un organo dia delle curve eliotropiche, è quella che “Ea wano sia ‘in via "di kerese imento dì: H peduncolo fiorale del "de subterraneum nella porzione che presenta la captat; è comple- tamente formato e le ulteriori differenziazioni avvengono solo nel sno È bottoncino apicale. CREA à xs Ml Ma il più grave è de il Dou coe fa disinziono tra azione to- nica della luce ed azione direttiva. La prima come è noto si ha allo- . raquando la luce agisce con intensità uniforme sw tutti à lati di un or- gano in accrescimento, ed è pur quella che influisce sulla velocità del- l'aeerescimento in lunghezza dell’ organo stesso. La seconda o direttiva ; è quella che influenza, che modifica la direzione dell’accrescimento, quando agisce inequilateralmente sopra di un organo in via di accrescimento. .(!) Noto di passaggio qui un'altra osservazione del D." Ross che non si ac- corda colle mie. A. pag. 307, parlando della struttura. dei peduncoli fiorali del, Fi occhio elt: osservatore. Più. tardi verrà data la If di i queta sezione. , "SUI RAPPORTI SISTEMATICO MOLOGICT, ECC. tropiche, dovute ad ineguaglianza di accrescimento ‘longitudinale dei lati opposti dell'organo illuminato, o in generale diversamente influenzati. 3 Al pari degli eliotropici i fenomeni geo- e termotropici etc. sono l’effetto e la conseguenza di azioni énequilaterali sugli organi in via di accresci- mento e si manifestano con curve pitt o meno pronunciate verso o in senso opposto alle sorgenti luminose, calorifiche o della forza di gravità. E queste son cose note. Che cosa abbiano a fare le esperienze istituite dal Dott. Ross per rapporto all eliotropismo è difficile a dirsi. Egli ha introdotto un infiorescenza di T. subterraneum portata dal suo peduncolo in un tubo verticale chiuso dovunque salvo inferiormente dove pose la sorgente luminosa, allo scopo, Egli dice, di « far agire la ‘luce in un’altra direzione affinchè il movimento eliotropico (si noti bene!) non coincidesse con quello geotropico! allo scopo insomma di illumi- nare l'infioreseenza dalla parte opposta a quella in cui il peduncolo o - l’infiorescenza sono illuminate allo stato naturale di vegetazione. Ma non si accorse il Dott. Ross che sperimentando in tal modo egli illu- | minava equilateralmente tutta l infiorescenza, sottraendo cosi l organo | E ad una delle più essenziali condizioni perchè si potesse dimostrare : l’esistenza di un eliotropismo qualsiasi nel 7. subterraneum. Dicasi lo stesso dell'esperienza fatta col biechiere collocato orizzon- talmente e dal di fuori coperto di carta nera dove I’ infiorescenza ve- niva equilateralmente illuminata dall’ uno dei capi. Perchè l’ esperienza avesse avuto al meno l'apparenza di voler indurre delle curve nel È peduncolo, l'illuminazione avrebbe dovuto nel 1.° caso passare per una fessura laterale verticale, e nel 2.° caso da una fessura —€— orizzontale ma non mai da uno dei capi del tubo. Comunque sia, il peduncolo del 7. subterraneum così cimentato da una luce equilaterale nelle esperienze del Dott. Ross ha risposto fug- gendo ad un dato momento dalla sorgente luminosa; ha secondo il Ross manifestato dell’eZiotropismo negativo! Ma questo fenomeno che il Dott. Ross crede di aver constatato col suo sperimento e che, date le condizioni in eui lo sperimento stesso venne fatto, si potrebbe chiamare fotofobia (mi si passi l’espressione ) e non eliotropisine negativo, è un . fenomeno illusorio perchè, ripetiamo, esso si ripete al buio in identico no dal 7. irpini ad un dato momento. 29. Malpighia anno VI, vol. VI. n Dott. Ross a pag. 310 così si esprime a proposito dell’ Were. fatto al bujo da Darwin col 7. subterraneum a « Ho pure ripetuto gli esperimenti fatti dal Darwin facendo svilup- « pare le infiorescenze al bujo completo e difatti esse si curvavano in € giù come indica questo Autore: i loro peduncoli però rimanevano : 5 « molto corti. Risultando dagli esperimenti sopra descritti che i pedun- s coli si ied ua "uà senso i ego alla luce (2) vale a dire = Votare (2?) anche geotropismo positivo siano la causa per cui t R. F. SOLLA questi fastelli sopra luogo, ma se ne trasportano altrove nel Casentino e fino ad Arezzo. Proseguendo avanti sotto querce e castagni, con qualche carpino, * robinia, e ridiseendendo a piü riprese sul corso dell'aequa per rigua- dagnare nuovamente qualche tratto più alto, sempre sulla costa sini- stra, potei raecogliere, o ségnare, fra altre piante: Bupleurum junceum, - Clinopodium vulgare, Marrubium vulgare, Salvia glutinosa, Erigeron canadense, Verbascum Lychnitis, Melica ciliata, Setaria viridis, molto più sopra, fra la macchia di orniello, Coronilla Emerus, Cor- nus sanguinea ecc., le verdi foglie lucenti dell Helleborus viridis, e- semplari secchi o quasi di H. foetidus, Hypericum perforatum, Tri- folium arvense, T. pratense, vivaci Erythraea Centaurium, Campa- nula Rapunculus, Sambucus Ebulus, Silene Cucubalus, Lychnis dioica, — Rumex Acetosa, R. crispus, Helianthemum vulgare, Lycopus euro- paeus ecc., con abbondantissimi esemplari di Pteris, con qualche Hieracium sparso qua e là, Geum urbanum, Thymus Serpyllum , Sedum album, fra le fessure dei sassi: del resto quasi punto vegeta- zione erbacea o tutto secco. .. Non dissimile era, in questo percorso superiore, dal molino di Ca- praia in su, lungo la costa sotto la Pieve e più oltre fino ad un fossatello che attraversa la strada — dòpo circa 2 chi). di cammino fatto — lo ; aspetto della vegetazione da quello della salita dell'Alpe di Catenaja, | sotto i bellissimi castagni per tutto il percorso dalla Calle del Tasso 2 fino al Carbonchia. Né dissimile mi si presento, qualche giorno dopo, l'aspetto della vegetazione sulla discesa di Prato Magno verso la valle . dello Scheggia e del Solano. Il tipo della vegetazione in questa discesa rammenta anche più la strada or ora descritta; poichè chi prende da Castel S. Nicolò e si avvia lungo il Solano fino al punto dove : questo accoglie lo Scheggia — cioè sotto Pagliericcio — troverà un continuo susseguirsi di campagne coltivate, qualche vigna, campi di grano, le colture di erbaggi e di alberi da frutta, già dette, vedrà pure abbondanti i gelsi, ma seguendo poscia il corso dell’acqua sì del- i uno "ehe dell’ altro dei due torrenti, Solano-o Scheggia, e meglio anche quest urs si imbatterà in un'identiea disposizione della NOTIZIE BOTANICHE DELL'ITALIA CENTRALE 457 vegetazione, come lungo le sponde del torrente Capraia. Quivi pure, sulla destra del torrente, i colli detti i Prati di Ponticelli e più sopra il poggio di Battifolle, che si lasciano proseguite su su (lungo il Fiana) fino quasi alla Consuma, una natura deserta; bianche rocce calcaree scaglionate, con scarsa vegetazione di ginepro, scope e Sarotham- nus e pochi fili d' erba, susseguentesi l'una all'altra e scavate, alle radici, dalla violenza con la quale le batte l’acqua; mentre le coste sulla p sinistra sono tutte coperte di vegetazione, dall’ acqua in su, dove fanno i soliti salci ed ontani, con qualche pioppo, indi per le quercie al ca- stagno che arriva fino in vetta a que’ poggi e seguita pur oltre verso il dorso della montagna, con la caratteristica vegetazione di sottobosco già nominata. — E tutto il tratto della catena di Prato Magno, sul versante adriatico, da Pratovecchio a Talla ed oltre segna al di sopra delle colture una larga zona di ben coltivati castagni che cuoprono una buona parte dei declivi del monte. Molta analogia tu trovi anche nel corso delle acque che scendono all Arno, e nella natura delle acque stesse. e delle loro, sponde. — Ma ritorniamo sul Capraia. Attraversato il fossatello che scorre fra sassi coperti di musco in una stretta gola ombreggiata da’ castagni e da ontani si arriva, sempre fra la vegetazione del castagno, dopo qualche centinaio di metri davanti a scaglioni di rocce immense, grossi bloechi che sembrano accatastarsi come mura ciclopiche, dei quali molti e molti ingombrano il letto del Capraia, e presentano con ùn folto di vitalba, di rovi, di ellera, di rose, un aspetto del tutto proprio, pittoresco an- zichè no, ma molto malagevole. Inerpicandosi per quei massi, tra le fessure de’ quali si annidò qualche felce, od il ciclamino, fra un folto di arbusti all’ ombra dei quali l'oechio scorge sempre con singolare voluttà qualche tranquilla pianta di Myosotis, oppure diversi Galium, parecchi cespiti di Nephrodium Filix mas ecc., si arriva a guada- gnare, non senza fatica, l’ altura sulla destra dell’ acqua. Una natura : deserta, malinconica; cespugli di ginepro, Pteris aquilina e pochi fili d'erba secca è quanto si vede: il castagno è rimasto addietro, su ambe | le sponde dell’ acqua, aumentate quassù dal corso del fosso di Spec- chiana che scende dall’ « Alpe» e porta le sue acque, sulla sinistra, . R. F. SOLLA Su terreno molto inclinato si procede, a stento, verso i mal conser- vati ruderi della Badia S. Trinita, intorno ai quali sono anche in vita noci secolari, con bellissimi norciuoli ed alberi di biancospino che hanno tronchi di 5-6 decimetri di circonferenza. Tutto intorno si scor- gono i residui di campo di grano, che allegramente veniva appunto battuto sull’antico piazzale della abbazia, la quale offre oggidì un rifugio precario ad una famiglia di gi che si è assunta il compito di lavorare quella terra. Dalla Badia in poco meno di mezz” ora — mi si disse — si arriverebbe sul dorso del Pratomagno, al varco di Loro. Quivi altra volta sorgevano bellissimi faggi — così appresi — ma tagliate le fustaie e non curandone il rinnovamento, le cime si sono fatte brulle, il ter- reno andò rovinando sempre più e si presenta quale lo si può vedere ora, un deserto pietroso. — Non così però sullo Scheggia — poichè ricordai anche questo punto della catena di Prato Magno. Dopo aver continuato, per più chilometri, da Pagliericcio in su, sotto i castagni, si giunge all'imboccatura del fosso di Pistiano (sulla sinistra) e del Fiana (sulla destra), e si vede sorgere al di sopra del punto di confluenza, |’ antica torre di Montemignaio, in cima ad un colle erto ed alquanto brullo nel basso, ma largamente coperto di colture nella metà superiore. E la strada, seguita fin qui, scende per il Monte di Picche, giù al Fosso buio, entra nel comune di Reggello e prosegue quindi sulle falde del Prato Magno propriamente continuando fra ubertosa vegeta- zione, fra belle colture e nuovamente riprendendo per castagni che totalmente alla faggeta il rivestimento della montagna fino al crinale di essa, mentre là dove il Prato Magno si abbassa verso la valle del Sieve per unirsi al gruppo di montagne del Muggellese da un lato ed al nodo della Falterona dall'altro , là verso la strada della Consuma , prosegue la stessa faggeta scavaleando la discesa del monte, dalla valle dello Scheggia in quella del Vicano che scarica le sue acque. oltre Licogna, ece., arrivano fino sù alla Croce vecchia della Sec- A chietta, ed alternando più in alto con qualche faggio, cedono quindi ` i |. sotto Pontassieve, nell Arno. E precisamente questo il punto dove il . - NOTIZIE BOTANICHE DELL'ITALIA CENTRALE 450 faggio seende piü basso sul versante tirreno della nostra catena: in quell'insenatura dalla quale sgorga un ruscelletto limpido conosciuto, a Vallombrosa, col nome di Fonte dell’ Abate. — ' y La riva sinistra dell'Arno, nel Casentino, è più larga della destra, e si estende, per massima parte in pianura, con bellissime vigne e col- tivazioni agrarie alle radici dei monti che separano questa dalla valle del Tevere. Le falde di detti monti, com'ebbi già a dire, sono però sterili, se si eccettuano singoli punti, quali: le tenute di Casa Lorena sopra Stia, il bosco di Camaldoli, l'abetina della Verna e pochi altri; non vi scorgi piante d’alto fusto, nè una macchia continua, nudi massi si ergono l’un sopra l’altro con scarsa vegetazione tra’ i crepacci; altrove vedrai bassi cespugli, per lo più di Sarothamnus e di Erica che interrompono le ripide discese ( « rondinaie », dette dalla gente del paese) a’ piedi delle quali scorre lento un filo d’ acqua nel fondo di ro- vinosi burroni, iu un letto tutto coperto di grossi macigni rotolati dal- l'alto. Tanto i declivi sul Corsalone ed i diversi suoi affluenti (le « Alpi di Corezzo ») quanto alle vette che dal Falterona vanno diramandosi al di sopra dello Staggia, e dei numerosi fossi che v’ imboceano, quanto i poggi fra Soci e Camaldoli al di sopra di Moggian a, ece., tutti pre- sentano un carattere identico di sterilità quasi assoluta, con pochi ciuffi di erba inaridita e qualche pianticella di Centaurea, di Carlina, di Scabiosa Columbaria e xerofite simili che contribuiscono più ad ac- erescere la monotonia dell’ ambiente anzichè offrirgli vivacità o portare una variazione nel quadro che la natura offre al viandante. Nei fossi laterali e più riparati, sulle strette sponde di quei torrentelli si trova una maggior quantità di vegetazione, che si ripete, in complesso, in condizioni analoghe: da una bassa vegetazione di graminacee, con ce- spuglietti di giunco e qualche pianta fiorita, sparsa qua e là (Stachys germanica, Centaurea splendens (?), Anthemis tinctoria, Hypericum | perforatum ed altre consimili fanerogame dell’ estate avanzata, che ab- biamo incontrate già più volte sul nostro itinerario), per i cespugli di | 4060 Re F. SOLLA Kentrophyllum lanatum, Carlina, Helichrysum, Galega, ecc., agli ontani, i salici (S. incana per lo più, e con esso sovente anche S. pur- purea), e su su qualche arbusto di Erica, Sarothamnus, Spartium, al di sopra de’ quali, sui declivi riparati de’ poggi, si spande l’ ampia chioma di qualche quercia e del castagno, che viene sostituito più in alto sotto le vette, dal faggio, ridotto per limperversare dei venti, a bassi cespugli sformati. All ombra dei castagni la solita vegetazione, osservata anche altrove ne’ castagneti che abbiamo passato (Digitalis lutea, Helleborus, qua e là qualche Daphne Laureola, Centaurea ni- grescens, Campanula Rapunculus, Clinopodium, Origanum, Ery- thraea, Holcus,' Crataegus, rovi; Pteris, ecc.), e null altro che of- frisse una qualche diversità. x E Da Poppi, centro della vita casentinese, presi la diligenza per Ca- maldoli. Come lungo l Arno, dappertutto nel Casentino, così è la campagna anche iutorno a Poppi florida e ben coltivata; dall'alto del | piazzale, davanti al Castello dei Conti Guidi, spazia l occhio sopra una sorridente distesa di coltivazione; ortaggi, vigne, campi, praterie — e tutto regolarmente trincerato da canaletti d’ irrigazione ( « berignoli » ) che sono — come nel Pavese — la vera vita di quelle campagne, om- breggiate da bellissimi filari di gelsi e da gruppi di alberi fruttiferi. A Altrettanto si vede al di là dell’Arno e la diligenza segue un tratto per fertili campagne, verdeggianti per l'estesa coltivazione del gran- . turco, per vigne cariche di grappoli e tutte vegete e sane, sì che ral- legravano la vista in quest'epoche di generali invasioni peronospori- che; più su scarsi olivi e gente affaccendata intorno alla trebbiatura. | La. strada sale, con alquanta ripidità, si passa nella regione della ag querce col castagno e si gode sempre, nel volgersi, una stupenda vista sulla valle dell’ Arno colle torri lontane di Poppi, Bibbiena, e piü u e meno distinti gli avanzi di altri castelli medioevali. A destra ri- mane, giù in una valletta, l industre paesello di Soci; mentre la vettura sale e sale, arrivando ben presto ad una regione sterile, quasi brulla, ehe sembra non voler finire mai. Nudi declivi di arenaria scen- ro Ps UN - UT MERE ke NOTIZIE BOTANICHE DELL'ITALIA CENTRALE 461 dono giü, né si potrebbe immaginare luogo piü deserto della conca nel fondo della quale é situato il modesto paese di Moggiana. Dopo una - lunga salita per quella natura arida si presentano in una svoltata, quasi bruscamente, gli abeti di Camaldoli e non si tarda molto a scorgere l'antico monastero collocato in mezzo ad essi come dentro un nido. ‘ Tutto all'intorno le falde vestite di abeti, di poggi che si susseguono e costituiscono un ampio anfiteatro da’ contorni irregolari che nitidi si disegnano all'orizzonte. Nel centro scorre ii grande fosso di Camaldoli che raccoglie parecchie cascate d’acqua non dissimile — anche per la ‘ natura del loro letto interrotto — dai torrentelli che solcano i fianchi della Secchieta nell’ abetina intorno a Vallombrosa. Non mi sarebbe possibile di ritrarre in parole la venustà del luogo, ed è pure troppo lontano dal mio tema: lo scopo che quivi mi aveva condotto mi portava a percorrere uñ grande tratto della foresta fino al Sacro Eremo, ed in tale occasione non trascurai di rivolgere | atten- zione anche alle umili piantine, che da vent'anni formano il soggetto de’ miei studi di elezione. Il tempo mio era però troppo limitato e compreso da un genere di studi troppo diverso perchè io potessi se- guire l'inclinazione che mi traeva ad ricercare a’ piedi di quegli annosi abeti qualche pianticella caratteristica che non si trova sul Prato Ma- gno: e dovetti accontentarmi di un'idea generale soltanto, la quale mi condusse alla conclusione che la vegetazione offriva l’ identico aspetto di quella di Vallombrosa, in questa stagione. Non dubito punto che ad esame più attento, si troveranno delle differenze, delle sostituzioni di: specie o di forme — specialmente fra le Crittogame — ma il quadro geografieo non viene alterato per questo, come resta generalmente in- variato l'aspetto della vegetazione in una foresta di abete bianco, anche in altri punti d'Europa. Vi scorgi le stesse felei che ampie ed alte danno una intonazione caratteristiea al terreno nei punti dove lo raggiunge qualehe fioco raggio di luce, mentre uel fitto delle fustaie il terreno non é coperto ehe degli aghi ingialliti oppure da pezzi di rami e ramoscelli ehe gli scojattoli hanno strappato e lasciato ca- dere. Sull'orlo dell'abetina, lungo i sentieri, la solita vegetazione di Compôste, per lo più da’ fiori gialli (Hieracium crinitum, Solidago R. F. SOLDA Virgaurea, Senecio nebrodensis, S. nemorensis , qualehe Inula Co- nyza, ecc.), con molti rovi, Epilobium, Sambucus Ebulus, Prenanthes purpurea, una serie d'Orchidee per massima parte sfiorite e delle quali si scorgeva anche qualche Orchis maculata, le solite Epi- pactis della stagione, inoltre la Luzula nivea, più presso a’ corsi d' acqua: Adenostyles viridis, Geranium nodosum, diversi Galium, le — larghe foglie del Petasites officinalis, il Cirsium Erisithales in fiore (che non ho mai osservato a Vallombrosa); a tacere del sottobosco di nocciuoli, qualche carpino, orniello, ellera, Coronilla, ecc. Senza fine è lo stuolo di muschi e di licheni che trovano quivi le condizioni molto adatte al loro sviluppo, e ad essi fanno compagnia. il Polypodium vul- gare, Grammitis Ceterach, Asplenium Trichomanes, A. Adiantum ni- grum fra le radici degli abeti sporgenti o tra’ crepacci delle pietre che incanalano il corso de’ ruscelletti; ullo sfondo del folto si presentano superbi esemplari di Nephrodium Filiz mas, di Aspidium aculeatum, cui si aggiunge anche qualche Athyrium Filix foemina e la Cysto- pteris ai piedi di massi sporgenti. x. Non mancano le praterie in mezzo agli abeti, e ve ne sono delle bel- . lissime, al piano di Metaleto, davanti al Sacro Eremo, ece., tutte ba- gnate da canaletti di acqua continua che andrebbero ad empire due laghi, quello di Metaleto ed il laghetto della Piana del Lago, ma che io trovai prosciugati atteso alcuni lavori che si volevano farvi. La ve- getazione sui prati è non meno abbondante e vivace di quella che | possa trovarsi, anche di questa stagione, in una prateria che inter- “rompa le foreste: un vario cambiare di fiori che con le tinte più vaghe risaltano sul verde tappeto dell'erba. Vi trovi:. Chrysanthemum Leu- canthemum, Centaurea montana, C. nigrescens, Achillea Millefolium, Scabiosa Columbaria, Campanula Rapunculus, C. Trachelium, Phy- teuma Michelii, Ph. Halleri, Jasione montana, Ranunculus lanugi- nosus , Silene Cucubalus, È ychnis dioica , L. Flos cuculi, Dianthus Carthusianorum, Myosotis silvatica, M. palustris, ecc., ecc., fra le uali piante non fa brutta mostra di sè la fruttescenza rosseggiante del Rumex Acetosa, nè le viridescenti infiorescenze delle Graminacee ariii, pone PEES cristatus, Hordeum , Bromus, Fe- NOTIZIE BOTANICHE DELL'ITALIA CENTRALE 463 stuca, Melica, ecc.) Qua e là su’ i prati una rosa, un carpino, o qualche altra latifoglia, mentre il corso de’ canaletti è discernibile da lungi per la ricchezza di salici che li accompagnano. — Da Camaldoli passai a Serravalle, continuando per un tratto anche sotto gli abeti, all'ombra dei quali notai la Calluna vulgaris fiorita e non pochi arbusti di Daphne Laureola, che è piuttosto rara a Val- lombrosa e non si trova che nel castagneto. Le vicinanze di Serra- valle che non sono occupate alla coltura agraria sono tutte sassose e 8 poco meno che deserte; una quantita di rovi con Sarothamnus e He- i lichrysum, con Carlina, Centaurea e simili piante dell’ estate calda, fiancheggiano la strada fino là, dove poi una ripa scoscesa, con massi sporgenti e scarsa vegetazione di arbusti (Juniperus communis, Cistus salvifolius, Spartium junceum, Sarothamnus vulgaris, Rosa sp., ellera, rovi, ecc.) conduce in un burrone, nel fondo del quale schiumeggia di massi in masso un affluente dell Archiano, seguendo il quale si arriva sulla strada maestra, per arrivare, dopo infinite svoltate sempre sulla destra del fiume principale, in capo a circa 6 chilom. a Badia a Prataglia. La vallata dell’Archiano non offre particolarita; la vege- tazione sui greppi delle montagne che la rinserrano sulla destra, è scarsa, però il versante adriatico delle montagne di Camaldoli è anclie più coperto, in confronto della catena sulla riva sinistra, lungo la quale si ergono le montagne fra le due valli dell’Archiano e del Corsalone, coperte solo per piccoli tratti di castagni e di qualche noce, ma per tutto il resto interrotte nella loro calvedine solo da macchie di Sarothamnus e di Spartium, con rovi, Erica e qualche filo d'erba inaridita. a Sui primi del settembre visitai pure una porzione meridionale del Prato Magno, nel Valdarno, precisamente il territorio del Ciuffenna Arrivai a Loro-Ciuffenna la sera, prendendo la vettura postale di Montevarchi, la quale, dopo passato l'Arno continua di seguito per campagne e vigne, che presentavano però meno rigoglio di vegetazione di quelle del Casentino, ed avevano le viti molto guaste dall'infe- : stante Peronospora. La mattina appresso m'ineamminai verso il monte, - R. F. SOLLA prendendo in direzione sud-est, verso il fosso del Cigno. Tutto all'in- giro campagne, ma di aspetto poco ridente: la strada è fiancheggiata in gran parte da massi, sui quali trovi insieme la Calluna vulgaris con Sarothamnus scoparius e Spartium junceum, siepi di Cornus sanguinea con Acer campestre; molte Centaureae, Carlina vulgaris, Origanum vulgare, e poco più. Dopo circa 3 chilom. si arriva al Cigno, un fosso che con due di- ramazioni deriva da Trevane e da Chiassaia. Il suo letto non è qui più largo di 3 metri, ma è molto sassoso, conforme alla natura dei poggi che si innalzano al disopra delle sue sponde; queste sono assai ineguali, per massima parte scoperte: a destra, s'innalza il poggio sas- soso della Trappola, situato sotto il varco di Loro, con coltura d’olivi e di viti ai suoi piedi; a sinistra si ha il poggio di Casalvento, meno ripido ed in parte coperto di grandi annosi castagni, a’ quali succe- dono più in alto i faggi. Scendendo il Cigno verso il Borro S. Clemente si gode de’ bellissimi quadri di natura che rimangono impressi e contribuiscono cotanto a far dimenticare i disagi delle gite, mentre ricreano e sollevano lo spi- rito affaticato tutte le volte che il pensiero ritorna a posarsi con uno de’ suoi voli arditi sopra uno di questi pünti, altre volte percorsi. Il letto del fosso è interrotto da enormi blocchi, alti anche più di un metro, da’ quali precipita l’acqua, piuttosto abbondante, in continue cascatelle che si sono scavate delle pozze profonde anzichè no, sufficienti per un soggiorno di numerose trote. Più oltre, deviando dal suo corso, l’acqua lascia scoperti degli isolotti ed anche tratti di sponda, carichi di sassi, tra i quali fanno ontani, salici, rovi, vitalba, querei basse, orniello, robinia, in un folto ora più compatto, altrove più in- - terrotto, con una bassa vegetazione di Prunus spinosa, Helichrysum : angustifolium, Salvia glutinosa, Bonjeania hirsuta, Cistus salvi- folius, Galega officinalis, Helleborus viridis, Saponaria officinalis; più sopra, lungo le ripe: Calamintha alpina, Sedum maximum, Bupleurum protractum, Erica arborea, Coronilla, Emerus, ece., insieme a molte felci (Pleris, Aspidium aculeatum, ecc.). Verso il suo imbocco precipita l’acqua del fosso in una voragine di oltre 4 metri ul a è # NOTIZIE BOTANICHE DELL’ ITALIA CENTRALE 465 dove batte con veemenza contro i nudi massi, attraverso i quali scende più tranquilla, ma per balzare nuovamente, al disotto del ponte, con largo getto, impetuosa, in un profondo burrone, donde risale sotto a forma di infiniti rigagnoli, spumeggianti che scorrono tra’ sassi e dopo poche altre cascatelle, meno profonde, vanno a confondersi con le acque del S. Clemente. L'acque di questo Borro scorrono più tranquille, benchè scendano fra grandi massi senza sponde, lambendo od intaccando le radici di due poggi, de’ quali quello sulla destra è coperto di coltivazioni, quello sulla sinistra è invece a castagneto con folto di carpini, nocciuoli, Erica arborea, Sarothamnus scoparius, rovi, Juniperus communis, Fraxinus Ornus, Cornus sanguinea, Ruscus aculeatus, Carex maxima, Iris foetidissima, Galium, Teucrium Scorodonia, Erica scoparia, bassi quercioli e biancospino, ece., sì da rendere le sponde addirittura inaccessibili; più in alto, dove attraversa la strada, si hanno anche: Ligustrum vulgare, più Cirsium lanceolatum, Juncus sp., Pteris aquilina, Equisetum sp., foglie di Viola, di Fragaria; Fellera vi è pure abbondante tra il folto. Lungo tratto continua la stessa scena, mentre la via segue tra castagni; laddove il Borro si fa meandrico con svoltate ardite, mettendo anche allo scoperto, qua e la, qualche tratto di sponda, si passano per cave di pietra abbandonate, si scor- gono dei molini; l'angusto letto si fa sempre più stretto, ed al disotto dei caseggiati di Contea e S. Clemente si presenta una biforcazione, do- vuta al fosso di Contea, il quale scorre precisamente fra i due pae- selli predetti che stanno sulle due rive del fosso, l' uno di fronte al- l’altro, e imbocca nel Borro di S. Clemente. Più oltre procedendo, si arriva sotto il crinale di Prato Magno, dal quale scende il nostro tor- rente in regione molto scoscesa, quasi brulla, sicchè da lungi si scor- gono le cascate delle sue acque da alte rupi, richiamando alla fantasia il panorama di un orrido alpestre. Il fosso di Contea, che porta continuamente acqua, se anche poca, scende da una gola non meno pittoresca, tutta ombreggiata da maestosi castagni, con la solita vege- tazione di arbusti, ed erbacee che fanno sotto la chioma di quelli. sio Da qui in su, dopo aver passato, verso Poggio di Loro, parecchie 30. Malpighia anno VI, vol. VI. ; 4 400 . R. F. SOLLA i | x i Pi 5 1 ‘| È d ‘a vir ERREUR belle campagne, si arriva ad una natura poco meno che deserta, tutta a pascoli, con erba secca e poca varietà di vegetazione fino verso la Rocca Ricciarda, donde in su non si ha più che una natura sas- sosa, scoperta come che una buona parte del resto della catena di Pratomagno. Poco diverso è l'aspetto della terra sul Ciuffenna, che scende € xc verso Loro in direzione nord-ovest, raccogliendo, durante il suo corso, : d parecchi altri fossi, fra i quali quello principale di Gorgidi e quello 6 i ‘di Modine. Bellissimi sono i panorami che si possono godere in una ÿ CAI ‘ escursione su queste acque in quelle stupende gole con grandi lastroni E di arenaria, ripidi, pressoché nudi e sormontati solo alto alto da querci E o da eastagni; bellissimo pure tutto il corso del torrente Ciuffenna, entro un’ampio letto, con infiniti gorghi e cascate. Da Gongidi in su, la natura acquista il carattere selvaggio del dorso scoperto di Prato- magno: grandi massi di arenaria, sconvolti ed accatastati l'uno sul- l'altro, soleati da parecchi fossatelli asciutti, ed appena coperti da una scarsissima vegetazione; da Gorgidi fino sotto al poggio di Modine si estende invece il castagneto, con un bellissimo variare di scene, lungo il corso dell'acqua; più sotto. verso Loro, riappare la coltiva- zione della vite, del granturco, di ortaggi, con noci, gelsi ed i soliti alberi fruttiferi. Il corso dell’acqua non è ombreggiato che nella parte inferiore soltanto da un fitto di ontani e di salci sulle sue sponde; più in su, queste sono brulle od addirittura mancano affatto. Ed è appunto verso Loro che la vegetazione sulle sponde, specialmente per oltre due chilometri, su la destra, cioè fino al Moli- naccio è tutta rigogliosa, abbondante, precisamente come quella sulle acque del S. Clemente; ivi scorgi, al disopra dei salci, un fitto intreccio | di vitalba con ellera e rovi, fra queste rosseggiano le infiorescenze dell Eupatorium, e più su i carpini, il corniolo, il ligustro, l Erica arborea, Erica scoparia, Cistus salvifolius, Buxus sempervirens, Juniperus communis, Calluna vulgaris che fiancheggiano l erta salita. x A Quivi ebbe fine la mia gita escursoria, la quale se non mi offrì ricca . messe di piante, riuscì per me egualmente molto interessante. t SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. i 467 Sul valore sistematico del Choiromyces gangliformis. Vitt. e del Choiromyces meandriformis. Vitt. — Saggio critico del Dott. Oreste MATTIROLO. (Cont. e fine, vedi pag. 380). ; Sulla natura chimica di questi rivestimenti non ci è concesso pro- nunciare ancora un definitivo giudizio. Finora, osserva giustamente lo Zopf (loc. cit.). hat man so ziemlich alle Hinlagerungen, welche gebräunt sind, und mit denen man sonst nichts anzufangen wusste, bequemerweise « cuticularisirt » genannt. Lasciamo ad ulteriori investigazioni la soluzione di questa inhteres- sante questione (') 7 C. gangliformis. Vitt. Le spore di questo fungo presentano caratteri morfologici e mierochimiei identici a quelli ora descritti, come risulta dall'esame degli esemplari autoptici di Vittadini e da quello degli in- dividui da me raccolti. Les spores sont les mémes que celles de cette dernière (C. mean- ‘driformis Vitt.) dicono i fratelli Tulasne. Le uniche differenze consistono in ciò che l'episporio di queste spore ha una colorazione assai più chiara; alcune sono affatto incolore poichè - sì trovano ancora nelle prime fasi evolutive. L’episporio si presenta pur esso in tutte le fasi di sviluppo; mentre alcune spore mostrano semplici granulazioni, altre invece presentano i processi bastoncini- formi conformati esattamente come quelli del C. meandriformis. In certi punti si osservano gli, aschi mancanti ancora di spore, mentre in altri le otto spore sono quasi normalmente evolute. (!) Intorno a questo argomento sta precisamente occupandosi il nostro al- lievo Dott. L. Buscalioni, che sperimentò per primo in questo laboratorio l'a- zione dell’acqua di Javelle sull’ Episporio dei funghi in genere e sul rivesti- mento dei granuli pollinici, portando così nuovo sostegno alle idee di De-Bary s Zopf sopra questo argomento. 468 ; 0, MATTIROLO Le spore del C. gangliformis, quando presentano già i processi dell'episporio, hanno un diametro leggermente minore di quello proprio alle spore della specie sopra ricordata. La media di 24 misurazioni ci darebbe un diametro di circa 19.03 microm. (1). In appoggio alle considerazioni svolte in queste pagine devo no- tare, che dei due esemplari autentici comunicati dal Vittadini (1845); quello conservato nell Erbario Tulasne non contiene ancora delle spore, mentre quello contenuto nell Erbario Montagne presenta spore che di- mostrano caratteri morfologici ed istologici identici a quelli ora descritti. Es Glicogeno. Se ora non accontentandoci del semplice esame obiettivo, ed facciamo agire i reagenti sopra sezioni ricavate tanto da esemplari freschi* come da quelli conservati in alcool, possiamo osservare ca- rattéri tali ehe sarebbero già da soli sufficienti a dimostrare la vali- dita delle nostre osservazioni intorno al valore sistematico del C. gan- gliformis. Il reagente che meglio di ogni altro si presta a queste ricerche è l’acqua iodata (2); facendo agire questo reattivo; osservando le sezioni direttamente trasportate in una goccia di detta soluzione noi osser- viamo infatti: 1° Nel Choiromyces meandriformis: Colorazione giallo-bruna in- î tensa delle spore, mentre le ife rimangono quasi inalterate nel loro colore, e lasciano solo riconoscere nel loro interno pochissimi residui plasmici granulari, pur essi, debolmente colorati. 2.° C. gangliformis: colorazione giallo-bruna intensa del conte- nuto opalescente, delle ife e degli aschi giovani; debolissima colora- (£) Sopra 24 osservazioni abbiamo ottenuto: 9 spore con diametro di 21 mic l » » » m. x » » 20 » UE Sere » w ET » Q) b queste ricerche abbiamo usato la soluzione titolata e le cautele con- | sigliate dall’ Errera ne’ suoi sas ori. V. Sur le Glycogene ches les Basidiomy- cetes. Bruxelles, 1885, pag. SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. 469 zione delle spore. Il contenuto delle ife e degli aschi giovani si colora colla massima intensità, (così come vediamo colorate le tinture di iodio in alcool); però in questa sostanza si notano ancora i granuli plas- mici che assumono una colorazione assai più chiara. Se le sezioni che si esaminano hanno qualche dimensione, anche ad occhio nudo, queste differenze si possono senza difficoltà alcuna rile- vare per la differenza di tinta che assumono. Se poi scaldiamo lievemente alla lampada le sezioni così trattate, noi osserviamo che quelle ricavate dal C. meandriformis portate a 00°-60° non modificano la loro colorazione, mentre quelle ricavate dal C. gangliformis perdono mano mano la loro colorazione intensa per riprenderla non appena la temperatura si abbassi e ritorni normale. Queste reazioni caratteristiche sussidiate da quelle negative coll'acido osmico, col reattivo di Millon, sali di ferro, solubilità, aspetto ot- tico, ecc. come ci apprendono le belle ricerche di Errera (!) sono do- vute alla presenza del glicogeno contenuto in grande abbondanza nei tessuti del C. gangliformis, mancante quasi o ridotto a minime pro- .porzioni nei tessuti del C. meandriformis Vitt. (') L. ERRÉRA, ig le g Apc chez les Mucorinées. Acc. Royal de Bel- gique. Bulletin. 3.8 . Tom IV. Novembre. 1882. . ERRERA, Dai des Vol et le glycogéne des Végétaux. Thèse. Université de Bruxelles, 1882. Bruxelles. L. ERRÉRA, Sur le Glycogéne chez les Basidiomycètes. Mem. Acc. R. de Belgique. Tom. XXXVII. 1885. L. ERRERA, Les reserves Mar bonds des Champignons. Compt. rend. 1885. L. ERRÉRA, Glycogène dans la levure de Bière. Compt. rend. 20 luglio, 1885. L. Errera, Ueber den Nachweis des Glycogens bei Pilzen. Bot. Zeit. 1886. N. 18. À, M Vergleichende Morphologie und Biologie der Pilze. Leipzig. 1884. Pag. 6, E. FISCHER, jas Entwickelungsgeschichte der Gastromyceten. Bot. Zeit. 1884. N. 28-3l. RA , Zur Frage vom Glycogen der Pilze. Scripta botanica Horti Loca Tuscia Petropolitanae. Vol. IH. 1890. +, Die Pilze. Handbuch der balai von Schenck. Vol. IV. Breslau. 3 291 AURENT, De la matière sucrée contenue dans les hasan gnons. Compt. rend. Tom. 79, pag. 1183 0. MATTIROLO Il glicogeno nelle Tuberacee, diffuso dapprima in tutte le parti del tessuto giovane, si accumula presto negli aschi (a misura che questi vanno svolgendosi) in quantità assai considerevole, per scomparire pol non appena le spore si vanno formando. Dalle ricerche dell’Errera risulta egualmente, che questo materiale, facilmente saccarificabile, nelle Tuberacee (T. melanosporum Vitt. se- condo Errera) è utilizzato per lo sviluppo delle spore, alle quali for- nisce direttamente i materiali per la formazione dell’olio, abbondante- mente contenuto nelle stesse spore quando sono mature. Edotto da queste ricerche ho pensato di estendere la prova fra le Tuberacee, confrontando fraloro gli esemplari giovani e quelli perfet- tamente evoluti, ricercando in essi il glicogeno, studiandone la presenza, la ubicazione e la scomparsa nel NEUE numero di specie e di generi di eui potevo disporre. Queste ricerche fatte a scopo diagnostico sopra materiale conservato in alcool, confermarono pienamente i risultati ottenuti coll’esame ob- biettivo delle due specie di Choiromiceti sopra ricordate.. Con pratica conveniente si può giungere con questo metodo a sor- prendere passo passo la evoluzione delle Tuberacee e giudicare con esattezza del valore delle specie per quanto ha riguardo al loro stato di maturazione. Chi si occupa dello studio delle Tuberacee e sa quanto esse si mo- difichino nei differenti stadi evolutivi, potrà apprezzare di quanta im- portanza possa riuscire questo metodo di ricerca che non dubito potrà avere applicazione anche in altre categorie di funghi (1). (') Ricordo che la reazione del glicogeno servì già a Bruchmann e a Treub per dimostrare la costante presenza di uno strano micelio che Mie in relazione simbictica nei protalli delle Licopodiacee da loro stu M. Trevs. Études sur les Lycopodiacées. Ann. jard. Buitenz. Vol. IV. "Los =P BRUCHMANN H. Das Prothallium von aa: Nachtrag; Bot. Centrallbl. Vol. XXI, ‘pag. 309. 1885. : BRUCHMANN H. Das Prothallium von Lycopodium. Botanisches Centrallblatt. Vol. XXI pag. 23, 1885. TREUB. Etudes sur les Lycopodiacées. Annales du jardin bot, de Buitenzorg. Vol. V. 1886. Pag. 111. SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. 471 Le Tuberacee da me studiate nei differenti loro stadii di sviluppo furono le seguenti, appartenenti a N. 5 generi: Tuber melanosporum Vitt. brumale Vitt. > aestivum Vitt. v » rufum Pico. » Borchii Vitt. > ercavatum Vitt. ». macrosporum Vitt. > mesentericum Vitt. > magnatum Pico. Terfezia Leonis Tul. > Magnusii Mattirolo. Choiromyces terfezioides Mattirolo. Balsamia vulgaris Vitt. Genea verrucosa Vitt. : In tutte queste specie, negli stadii giovani, il glicogeno si osserva diffuso in tutti i tessuti, poi si addensa negli aschi, per scomparire poi quando le spore sono mature e si osserva in esse, previa espor- tazione dell'episporio coll'aequa di Javelle, il contenuto oleoso. Nel genere Choiromyces come nelle altre Tuberacee osservate, la quantità di glicogeno è direttamente proporzionale allo stadio evolu- tivo delle spore e degli aschi. In pochi individui, quando la maturazione è: raggiunta, scompare assolutamente ogni traccia di glicogeno; però anche negli individui evi- dentemente maturi si incontrano quà e colà nelle sezioni aschi non evoluti, non sporificati, i quali ancora contengono del materiale glico- genico, scomparso oramai da tutti gli altri tessuti. | Il C. gangliformis Vitt. adunque, anche per questo importantissimo | riguardo, devesi considerare come il rappresentante di uno stadio evo- lativo del C. ME Tutti anie stadii di parsegzio ibo al- eno. O. MATTIROLO Un ultimo quesito ci rimane ancora da risolvere, quello cioè che ha riguardo alla sinonimia del Choiromyces meandriformis Vitt. Non così frequentemente, io spero, si potrà incontrare tanta copia di svariate denominazioni affibbiate ad un’unica specie. La ragione per cui il C. gangliformis rimase per tanto tempo nella scienza come specie indipendente, diede origine pure, a mio giudizio, alla confusione che lamentiamo a proposito del C. meandriformis Vitt. La difficoltà della ricerca di questa rara specie ha fatto sì che pochi micologi si interessarono di raccoglierla, mentre invece molti altri trovarono più comodo discuterne, anche senza averne sufficiente co- gnizione. i Come sinonimi della specie in discorso, secondo il mio giudizio, devono ritenersi i seguenti : I. Choiromyces gangliformis Vitt. come crediamo di aver potuto dimostrare colle suesposte ricerche. Tuber album Sow. Engl. Fung. t. 310 (ex autops. speciminis e Sowerb. herbario deprompti) et ideo Wither., Bot. arrang. vol. IV, pag. 371, (3* edizione) quem Sowerby citat. (Teste Tulasne F ung. Hyp. pag. 170. . ? Tuber album Bull. Champ. I. 80. Fig. 404 (fig. A e B exclusis) — Pers. Syn. Fung. 228. DC. Flor. Franc. II. 279, N. 750 — Non Alb. et Schw. Conspect. 77 — Nee Lespiault in Ann. Qe Nat. 3* Serie. IL. 317. Tav. VI. Teste Tulasne. loc. cit. pag. 170. . ? Lycoperdon gibbosum Dicks. — PI. crypt. Brit. fase. IL. 1790 pag. 26. Teste Tulasne. loc. cit. pag. 170 e Nota a piede di pagina. Ho fatto il possibile per farmi un concetto chiaro sulle altre specie di Choiromiceti descritti dallo Zobel nel VI Volume delle Zcones fun- gorum di Corda e sono riuscito a formarmi la convinzione che tutte le specie descritte dallo Zobel, unieamente sopra disegni lasciati da Corda, rappresentano la stessa specie. Del resto lo Zobel stesso dopo alcune pagine di confuse, intricate e stirate interpretazioni delle figure — = E — punt I I < SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. 473 lasciate dal Corda, così si esprime: . . « so dass also Böhmen allein bis jetzt wenigstens fünf verschiedene Choiromyces-Formen ( ich will vor der Hand d.h. bis auf eine genauere Untersuchung frischer Exemplare bloss sagen Choiromyces-Formen, nicht Choiromyces- Arten) aufzuweisen hat » Vol. VI. pag. 69. La descrizione del C. gangliodes. Corda ad es. è stata fatta dallo Zobel sopra un semplice diseguo di Corda. Il fungo stesso che aveva servito all'Autore per fare il disegno (ricevuto dal Berkeley sotto il nome di Rhizopogon albus) non si trovò ( nicht mehr vorfindig war) in collezione. Il disegno di Corda portava scritto in margine « an Choiromyces gangliformis Vitt.? Malgrado tutto questo lo Zobel non sì peritò a stamparne la descrizione! Per me, seguendo in parte le idee dei Fratelli Tulasne, credo di poter osservare che le seguenti specie descritte nel VI volume del Corda dallo Zobel rappresentano tutte il C. meandriformis. Vitt. Le specie da cancellarsi sarebbero le seguenti: Choiromyces gangliodes Corda. den, Tom. VI. pag. 69, Tav. XIV, fig. 112. Rhizopogon gangliformis Corda. — Questa specie è è mantenuta nella Sylloge fungorum del Saccardo vol. VIII. Tuberacea. Auctore J. Paoletti, pag. 901. Tulasne loc. cit. pag. 171, lo ritiene sino- nimo del Choiromyces gangliformis. Vitt. sinonimo a sua volta del C. meandriformis. i . Reet loc. cit. pag. 170 (e notisi che essi avevano analizzato esemplari | provenienti anche dalla Boemia). Specimina sicca vidimus twm itala cum bohemica anglicaque a clariss. viris Vittadini et Ber- keley benevole nobis missa. ibid. pag. 170. — La confusione fra il C. magnatum Corda ed il Tuber magnatum Pico fatta dal Corda, | che poi lo figura nel Tom. VI, Tav. XIX, fig. 136, è rilevata dallo Zobel nellannotazione seconda pag. 70 del Tom. VI. E pero un fatto strano che mentre i particolari e le spore disegnate dal Corda nella Tav. V, fig. 45 del Tom. V, ricordano quelli del C. meandriformis Vitt., la figura dello insieme è stranamente identica colla varietà marginata, lobata, compressa del 7. magnatum di | Pico. È Le megas farsi una idea netta sopra qüesta questione. SUL VALORE SISTEMATICO , ECC. Dalla descrizione perd appare, senza dubbio, che il C. magnatum Corda rappresenta nient altro che il C. meandriformis Vitt. Del resto come avrebbe potuto lo stesso Corda a pag. 27, Tom. V, uscire in queste parole: diese Art ist schwer von den früheren zu unterscheiden, ausser durch den Bau der Zellen des Paren- chyms der inneren Substanz der Adern: ove solo avesse avuto qualche lontana somiglianza col 7. magnatum di Pico? ‘ be . Intorno al Choiromyces? concolor sive Aschion concolor Wallr. Flor. cryptog. Germ. pars. post. pag. 866 e 874 che i Fratelli Tulasne relegano fra le species minus nota, ricordata nella Sylloge Fungorum di Saccardo a pag. 902, io non ho potuto radunare dati sufficienti per poter esprimere un giudizio. Però dalla descrizione (4) stessa io sarei condotto a ritenerlo sinonimo del C. meandriformis Vitt. col quale concorderebbe la maggior parte dei suoi caratteri. Da queste ricerche risulterebbero adunque enormemente ridotte le specie attribuite al genere Choiromyces Vitt. Le tredici specie sareb- bero, secondo il mio parere, da ridursi a due sole, cioè a dire: C. meandriformis Vitt. con N. 10 sinonimi. C. terfezioides Mattirolo. Il Dottore Paoletti nel vol. VIII della Sylloge Fungorum del Sac- cardo, annovera ancora fra i Choiromyceti e sotto il nome di C. Ma- gnusit Mattirolo, una specie descritta sotto il genere Terfezia. Terfezia Magnusii Mattirolo, motivando questa trasposizione di genere colle seguenti parole : « Ascis elongatis glebaque in massulas non divisa huc polius quam « Terfeziam spectat ». | ') Fungus tuberiformis giganteus tubera Solani tuberosi referens pondereque nonnunquam librarum aequans) ovoideo-depressus vel sublobatus, aquoso-car- nosus, extrinsecus, epidermide alba, tenui, levissima, demum straminea, irregula- riterque relaxata tectus; intus carnosus, albidus, similaris, sporisque exiguis sphaericis (« ad ambitum arillatum alios globulos minutissimos secedentes ge- rentibus ») foetus sapore mitis, vilis, maturus graveolens, — V. Tul. Fung. Hyp. "pag. i71. O. MATTIROLO L'autore di questa specie, avendola in altra pubblicazione (') ampia- mente discussa ed illustrata, crede di poter rimandare illettore al suo lavoro, non stimando, per ragioni di convenienza, di dover emettere il suo parere intorno a questa trasposizione, per la quale si aumenterebbe così a tre il numero dei Choiromyces conosciuti. (2) Conclusione. Con un attento esame delle caratteristiche morfologiche esterne e interne, colla minuta osservazione dei caratteri istologici, seguendo le fasi evolutive, ricercandole con adatti mezzi microchimici, siamo giunti a concludere che il Choiromyces gangliformis di Vittadini non è da ri- guardarsi come una specie distinta, indipendente, altro non essendo” che un puro stadio evolutivo del C. meandriformis dello stesso autore. Il risultato, mi dirà subito il lettore, non valeva la pena di tante parole! chè la stringata esposizione dei fatti, in poche righe poteva valere meglio ancora, senza entrare in tanti minuti, inutili particolari e ricorrere a tanto lusso di argomentazioni. La ragione però delle presenti ricerche, mi sia concesso subito di dirlo, venne in noi motivata da tutt'altro intendimento. Abbiamo cercato anche nel campo di quella parte della micologia che è venuta mano mano facendosi a noi più famigliare, la dimostra- () MarriRoLO, Illustrazione, ece., pag. 10-15 e seg. CŒ) Notisi ancora a questo riguardo che la mia povera Terfezia Magnusii nella recentissima opera di A. Chatin (La Truffe, Paris, Bailliére, 1892) è diventata Il signor A. in, che i ha pn rare m onore di riprodurre nella sua opera una delle nostra figufe (V. Tav. } g. III), mi pare che attribuendo la specie a Montagne abbia venia da i ob fungo fu me descritto nel 1887; che il signor Camillo Montagne, nato il 15 febbraio Im a Vandoy . (Seine et Marne) mori in Parigi il 5 gennaio 1866; che l'ultimo lavoro di questo illustre crittogamista porta la data del 1860-61 e che nessun autore, compreso lo stesso Chatin, fa parola di un lavoro di Montagne sopra questo . argomento (V. Chatin loc. cit. e P. A. Cap. Camille Montagne botaniste, Paris, Baillière 1866. Liste des travaux scientifiques de Camille Montagne). SUL VALORE SISTEMATICO, ECC. aye zione pratica di un modesto desiderio, che gia altra volta, trattando di altre piante abbiamo cercato di esprimere. (!). A noi sembra che la distinzione che ancora si tende a mantenere tra una scienza puramente sistematica ed un'altra puramente biologica, non sia naturale, ma affatto artificiale. Anche una specie di fungo è un tutto organizzato e vivo, come PA c d un'altra pianta qualunque, e però si deve differenziare da un'altra non solo per quelli dei suoi caratteri, che diremo relativamente statici o immobili, ma bensi per tutti quegli altri che si manifestano durante il ciclo della sua esistenza, come pianta viva. E cid tanto piü nelle R crittogame, nel campo delle quali lo studio biologico delle forme evo- E lutive ha dato oggimai cosi splendidi risultati. = « Werdend betrachte sie nun, wie nach und nach sich die Pflanze | Da « Stufenweise geführt, bildet zu Blithen und Frucht. » (GOETHE.) = Si capisce come la necessità di distinguere ed ordinare con criterii E. facili e spediti l'immensa congerie di forme fungine, che si sono rive- late e si rivelano tutt’ ora agli osservatori con tanta rapidità, abbia impedito ed impedisca ancora oggi alla maggior parte di loro di seru- tare più addentro colla osservazione e colla esperienza le fasi della esistenza di ciascuna e le forme che assumono a seconda degli ambienti. Ma ci pare che questi eriterii statiei di sistematiea, che pure si ri- conoseono indispensabili, si debbano considerare come provvisorii ,, € ritenere invece come rispondenti alla verità scientifica e quindi im- mutabile soltanto allora quando saranno controllati e fusi assieme coi risultati forniti dalla Biologia. E oggimai a me pare più utile cosa che il micologo si adoperi con tutti i mezzi e gli sforzi dell'ingegno a darci tutto il ciclo biologico, anche di una sola specie, anzichè attendere con ostinata e meticolosa perserutazione a rintracciarne caratteri differenziali di misure e di (f V. Sul valore sistematico della Saussurea depressa Gren. O. MATTIROLO in Malpighia, Anno HE vol. HL - 0. MATTIROLO proporzioni sopra membra staccate e morte, che poi uno studio evo- lutivo ripetuto e coscienzoso potrebbe dimostrare di poco conto. In conclusione, a mio debole parere, è desiderabile assai che anche da noi nella micologia si vada compiendo quella razionale evoluzione effettuata già nella scienza degli animali invertebrati. La sistematica deve essere considerata non come una scienza a parte, Gb quasi una collezione di lapidi da cimitero; bensì come il risultato ul- r timo, sintetico di quanto si sa sulla vita delle specie; risultato desunto non solo dallo studio anatomico di un unico stadio, per quanto emi- nente, ma da quello di tutto il ciclo biologico della loro esistenza. La détermination précise des espèces et de leurs caractères di- stinctifs fait la première base sur laquelle toutes les recherches de U Histoire naturelle doivent être fondées. Les observations les plus cu- rieuses, les vues les plus nouvelles, perdent tout leur mérite quand elles sont depourvues de cet appui, et malgré Varidité de ce genre de travail, c'est par la que doivent commencer tous ceux qui se pro- posent d'arriver à des résultats solides (Cuvier, Recherches sur les Oss. fossiles. Tom. V. Part II, pag. 14). Potranno aver servito le presenti ricerche sul valore sistematico del Choiromyces gangliformis Vitt. a dimostrare con pratico esempio i con- cetti sopra esposti ? Laboratorio del R. Orto Botanico dell’ Università di Torino, giugno 1892. HABITAT. C. meandriformis Vitt. — Italia. - In collibus et montibus transpadanis junio ac julio rarus. Vitt, loc. cit. Langhirano (Prov. di Parma). Novembre e Dicembre leg. Passerini. Cereseto. (Asti-Casale). Leg. D. Porta. Luglio 1887. Mongreno (Torino). Leg. D. Belli e Mattirolo. 15 Ottobre 1888. Pino Torinese (Torino). Leg. D. Belli e Mattirolo. Dicembre 1891. | Padova (Boschetto dell'Orto botanico). Leg. Bizzozzero. Flor. Ven. erit. loe. cit. SUL VALORE SISTEMATICO, KCC. 479 C. Meandriformis. — F. gangliformis. Vitt. In locis incultis apertis provincie transpadan:e estate et hieme; rarus. Vitt loc. cit. Mongreno (Torino). Leg. D. Belli. 7 Dicembre 1888. Pino (Torino), 9 Dicembre 1890, Leg. Belli. Id. id. Dieembre 1891. Leg. Mattirolo. Cereseto (Asti-Casale). Leg. D. Porta. 28 Novembre 1880.. Chieri. (Villa Pamparato - Valle Ceppi). 28 Ottobre 1887. Leg. D. Belli. Pino (Chieri). Leg. D. Belli e Mattirolo. 8 Novembre 1888. Inghilterra. — In Anglia olim a Sowerby repertus, nulli postea obvius est (Berk et Broome loc. cit. Teste Tulasne loc. cit). Austria. (Boemia) — Teste Corda loc. cit. Choteiz. Stern. Praga. Germania. — Prov. Schlesien. Luglio e Settembre. Hesse, loc. cit. Id. Hessen-Nassau. id. id. Id. Ostpreussen (Wetzlar). Luglio e settembre. Leg. ld. Offmann (Hesse loc. cit.). Russia. — Hesse. Loc. cit. BIBLIOGRAFIA &en. Choiromyces Vitt. C. Vrrrapint, Monographia Tuberacearum. Mediolani. 1831, pag. 50 a 52. Tav. Il, Tav. IV. L. R. e C. TcraswE, Giornale botanico italiano. Anno l, parte I, pag. 61. Fi- renze, 1844. Id. id De Gen. Choiromycete et Picoa e Tuberacearum familia. Ann. Scienc. Nat. Serie III, Tom. III, pag. 348 e seg., 1845. Id. id., Fungi Hypogaei, 1853, Paris, pag. 169 e seg., Tav. XIX, fig. VII. BERKELEY et Broome, Ann. and. Mag. of. Nat. Histor XVIII, 80. M. I. BERKELEY, Outlines of British Fungology. Londra, 1860. Pag. 377. MarriROLO O., Illustrazione di tre nuove specie di Tuberacee italiane. Torino 1887. Mem. Acc. delle Scienze. Vol. XXXVIII, Serie Ii, Tav. I. SaccaRpo P. A., Sylloge fungorum. Vol. VIII. Tuberacaee (curante j Pao- lett) Padova, 1889, pag. 900. : Sai Pers Tovini spec. V. Sowerb. “Ball. Pon. D. C. Schw. RuaizopoGr spec. V. Corda, Kromb, Wallr., Fries, Sturm. LycopeRpI spec., Dicks. (!). € meandriformis Vitt. C. VITTADINI, loc. cit., pag -51, Tav. Il, fig. 1, Tav. IV, fig. X. L. R. e C. TuLasne, loc. cit, pag. 170, Tav. XIX, fig. X. L. R. e C. TuraswE, loc. cit, Annales Scienc. Nat.. pag. 349. M. C. Cooke, Handboock of. British Fungi, Vol. II, pag. 742, fig. 345. Corna, Icon Fung. Tom. VI (curante Zobel), pag. 68, Tav. XIII, fig. 110, sub Rhizopogon meandriformis È). Bizzozzero, Flora veneta crittogamica. Padova, 1885, pag. 361. MarrIROLO, loc. cit. i SaccaBpo, loc. cit. | Durour, Atlas des Champignons commestibles et veneneux. Paris, 1891, N. 191, pag. 216, Tav. 80. Hesse. Die Hypogaeen Deutschlands. Halle 1890-92, pag. 9, Not 10, 20, 22, 31. _ RHIZzoPOGI, spec. Corda, Krombh, Wahlr, Fries, Sturm. TuBERIS, spec. Sowerb. Bull. Pers. D. C. Schw. LycoperpI sp., Dicks. d em C. gangliformis Vitt. C. VITTADINI, loc. cit, pag. 51, 52, Tav. II, fig. 2. L. R. e C. TuLasse, loc. cit, pag. 171. He: id. id. pag. 349, Ann. Science. | SACCARDO, loc. cit. MATTIROLO, id. | Hesse id. ; Corpa. Tom. VI, pag. 69, fig. 112 (curante Zobel) sub Choiromyces gangliodes. Rhizopogon albus. Berk. in Schedulas. D Mi è parso inutile il riferire il nome delle opere di quegli autori relativa- mente antichi i quali ri riferirono il gen. Choiromyces ad aj generi, Vedasi ; Log ado yum letteratura nel volume di Tulasne, loc. c 2 ne di forte ( € fatta colle d e sopra il fungo on Teones. VITTADINI, TULASNE. Corna, Durour, loc. cit. ‘ ESEMPLARI ESAMINATI. . Numerosi esemplari raccolti in Piemonte nei luoghi sopracitati dal 1886 al . 1891. Esemplari comunicatici dall’ illustre prof. Passerini. Esemplari senza loca- lità del R. Museo botanico di Roma, ricevuti dalla gentilezza del prof. Pirotta. Esemplari autentici degli Erbarii Tulasne e Montagne di Parigi. A. Ne BERLESE $ Sige ee S Studi sulla forma, struttura e sviluppo del seme nelle Ampelidee. - A Ricerche del Prof. A. N. BERLESE. E Ay (Con tav. XI-XVII e XVIII bis). EL. (Cont. e fine, vedi pag. 293). Le cellule del tegumento interno contengono, a completo sviluppo, M: dei corpi clorofillici in quantità non troppo notevole, ma tale da dare Y al seme una leggera tinta verdognola. A maturità del seme «n párecehte x specie gli elementi degli strati più interni, o per lo meno quelli della assisa ey a contatto collo strato duro, si riempiono di tannino e diventano un po’ più resistenti degli altri; rimangono aderenti allo strato duro medesimo che (nelle specie in cui questo è poco resistente) rendono più robusto. Epidermide interna. — È quella che offre nelle Ampelidee le mag- - giori differenze, e forse vorrebbe essere deseritta separatamente in ciaseun genere, od almeno in ciascun gruppo di generi. Tenteremo, per brevità, riassumerne la struttura in un solo capitolo. Consta.di un numero maggiore o minore di strati secondo i generi (in qualche caso secondo le specie) e più ancora secondo le diverse re- gioni del seme che si considerano. . Godfrin, Penzig, Brandza, Portele, ecc. nei citati lavori, ammettono che nella Vite sia formata da due strati di cellule,'e nell’ Ampelopsis ‘da uno. Cio è vero in parte, eome verro via via dimostrando. ~- Nella vite (come nelle altre Ampelidee), questa parte non ha uno svi- luppo uniforme. Verso il micropilo ciascun elemento si divide con 3-4 e perfino 6 setti tangenziali, nel mentre assume un forte sviluppo nel senso radiale, e dà origine così a diverse cellule cilindriche perpendi- colai alla superficie della nocella. Le più esterne di queste cellule, quelle cioè a cat collo strato ; ns. ‘hanno una forma che si avvicina molto a quella degli ele- AUC M STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. menti che eompongono questo: stesso strato, sono quindi leggermente poligone in sezione, o rotondeggianti. Cio riesce piü accentuato intorno all'endostomo. A partire dal beeco, fino ad un terzo quasi della lun- ghezza del seme, abbiamo, dal lato del'rafe, lo strato duro diviso in tre assise, indi in due. La parte che si sviluppa ultima di tutte é la regione della faceia ventrale in eorrispondenza alle fossette. Questo ritardo di sviluppo é risentito anche dalla regione sottostante al rafe. Dal lato del calazio (si parla di seme vicino alla maturità ed in eui quindi il ealazio si trova già da tempo nella regione dorsale) a partire dal beeco abbiamo ciascun elemento dello strato duro. diviso da buon numero di setti, come nel becco, e presso il ealazio stesso non ab- biamo mai meno di tre strati. Nella regione superiore invece, cioé a partire dal calazio per portarsi verso il lato ventrale, abbiamo due strati soltanto. La lignificazione procede coordinatamente allo sviluppo degli elementi che compongono lo strato duro. Avviene quasi uniformemente in tutte le cellule in quelle regioni ove la zona dura é formata di due assise cellulari; avviene centrifugamente in quelle regioni ove vi sono pit di due strati, specialmente vicino al becco, dove, mentre le cellule più interne sono lignificate, le più esterne sono membranose o quasi. La lignificazione é uniforme in tutta la parete degli elementi duri, e gli ispessimenti centripeti sono percorsi da numerosissimi poro-canali, spesso ramificati. Questo processo di lignificazione si inizià parecchio tempo prima che cominci la formazione dell’ embrione e quando il seme ha raggiunto la meta della sua grandezza definitiva. Però le cellule man mano che lignificano (ciò che avviene assai lentamente). si ingran- discono ancora un poco; l'aumento più rapido ha luogo nelle regioni corrispondenti alle fossette, e nella curva superiore del seme. Ne viene di conseguenza che, specialmente in seguito allo sviluppo dell’ endosperma, il calazio viene spinto in fuori, l’arcata superiore del seme diventa più ampia, e tutto il dorso del seme si fa più convesso. I nuovi elementi dello strato duro sono dati mediante divisioni radiali della parte antero- superiore e superiore dello strato duro, cioè dall’apice delle fossette al calazio, regione che corrisponde al quarto superiore del seme. pur uM PROS is BOR NCC RR OS L (y EY pongono, e comincia aleuni giorni dopo la fecondazione. Ne viene di conseguenza che il calazio che occupa in quest'epoca la regione dia- metralmente opposta al micropilo, viene spinto lateralmente verso il dorso del seme, ed a sviluppo completo viene a trovarsi in una regione più o meno prossima al centro del dorso. Contemporaneamente avviene un pari sviluppo nella regione vente: e nella regione inferiore. Nella prima, per opera specialmente dello strato mediano, si formano le fossette, come tra poco vedremo, nella seconda i tessuti del becco. Questi passano presto allo stato definitivo, indi se- guono quelli delle fossette, e da ultimo quelli della regione superiore nei quali lo sviluppo continua anche durante la formazione dell’ em- brione e dell'endosperma. Da ciò segue l'aspetto piriforme del seme della vite, aspetto che va sempre più accentuandosi, mentre fino all’ epoca della fecondazione l’ovolo è perfettamente ovoidale. Questo processo di sviluppo si ripete anche nelle altre ‘Ami pelidob esaminate. Però meno abbondante è il tessuto del becco in parecchi Cissus, Ampelopsis, Parthenocissus. Lo strato duro non è costituito di due assise, che in Vitis, Ampelocissus (almeno le specie viste di quel- l’ultimo genere) e qualche Qjssus. In altre (Cissus antarctica) è for- mato. da un maggior numero, mentre in altre ancora (Cissus acida, .. €. populnea, C, rotundifolia, ecc. Ampelopsis, ira: ecc.) è dato — da uif solo strato, e due presso il calazio. In quei generi ed in quelle specie a fossette larghe (Vitis, Ampelo- qualche Ampelopsis , ecc.) il tessuto duro nelle fossette non esiste, ed . al principiare di queste é sostituito dall'epidermide i di cui elementi . non hanno subìto. alcuno sviluppo radiale. ; ventrale dello. strato duro, di guisa chè aveva luogo la formazione di una specie di sutura, come lo mostra la fig. 32 della tav. XVH. de summentovate bat Lo sviluppo di questa regione avviene in tutti i tessuti che la com- Mahe arya + dn qualche. caso (Vitis etc.) osservai un distacco nella site inferiore — Prima di passare al tegumento. interno e in gavel modo si for- aed e Meg Sana IS + 2 EN wa, SEL el LS | cissus, qualche Cissus, Ampelopsis, ecc.) lo strato duro va a tappezzare ——— anche questa parte: nelle specie invece a fossette ristrette (Cissus por : | pulnea, Ç. rotundifolia, Ç. hymalajensis. Tetrastigma pergamaceum, Avvenuta la fecondazione, la regione del rafe si sviluppa e spinge il calazio verso il mieropilo. Osserviamo in quest’ epoca un forte accresci- * - mento nei diversi strati del tegumento esterno. Il più forte sviluppo avviene verso la regione micropilare, di guisa che il tegumento interno, che prima della fecondazione è quasi allo stesso limite dell’esterno, ri- mane molto infossato in seguito all'abbondante formazione di nuovi - elementi intorno all'endostomo. A questo sviluppo partecipa natural- Be : " mente l'epidermide interna del tegumento esterno, la quale verso l'apice A E | : del seme è già differenziata in tessuto a palizzata, e le cellule sono divise da due o piu setti trasversali. Mano mano che ci avviciniamo al ealazio, le dimensioni degli elementi di questo tessuto vanno dimi- nuendo e verso la metà del seme essi sono appena differenziati, dal cir- costante tessuto. In seguito, cioó quando l'epidermide interna del te- gumento esterno, si é in tutta la sua lunghezza differenziata, si originano le fossette, la formazione delle quali è in diretto rapporto coi tessuti ey eR — ora ricordati. "y Infatti nellà regione ventrale, ed in un'area di estensione variabile a seconda dei generi e delle specie, ma sempre a destra ed a sinistra del rafe, si forma negli strati più profondi della zona mediana del te- M agde esterno, una massa di meristema che moltiplica centripetamente . i suoi elementi, esercitando una pressione sull’ epidermide interna dei g * tegumenti suddetti, pressione che determina una introflessione dell’epi- dermide medesima, i cui elementi sono ancora in grado di sdoppiarsi con setti radiali onde tener dietro allo sviluppo del sovrastante meri- stema. Tutto il tegumento interno si trova nelle condizioni della suddetta í epidermide e pur esso quindi si introflette. Gli elementi dello strato _ mediano che esercitano questa pressione, sono assai piccoli e numerosi, ed è in seguito al loro grande e rapido sviluppo che avviene l’introfles- sione dei sottostanti tessuti. Avviene I’ introflessione dei detti tessuti, anzichè l ineurvamento verso I’ esterno dei sovrastanti, oltre che per - lo stato speciale meristematico o quasi dei sottostanti, anche per la. debole resistenza delle cellule della nucella grandi assai, ed in massima, rte vuote, e per la presenza del sacco embrionico che in quest? Dee è ria nella sua massima one A. N. BERLESE © Avvgnuta la formazione delle fossette, le cellule centrali della massa meristematica che riempie le fossette medesime, si sviluppano notevol- mente, esercitando una pressione sopra quelle cellule che sono a contatto coll’ epidermide introflessa e che rimangono quindi piccole e schiacciate. Queste cellule mediane conservano una forma ovoidale o leggermente l'interno di ciascuna, si deposita un fascio di rafidi più © meno al- seme secco, si scompone con grande facilità. Man mano che si formano le fossette, le cellule dell'epidermide in- terna del tegumento esterno (in Vitis, ecc.) si sviluppano in senso radiale, si dividono con un setto tangenziale, indi lignificano le loro pareti. In alcuni Cissus, Tetrastigma, ecc., come prima ho ricordato, le cellule dell epidermide interna della primina che entrano nella formazione delle fossette. non si sviluppano molto, in qualche specie anzi non ha luogo affatto alcun allungamento nel senso radiale, e soltanto avviene talvolta una leggera lignificazione. Nel caso normale lo sviluppo di questi ele- menti va gradualmente diminuendo man mano che ci avviciniamo al fondo della fossetta. Nel Tetrastigma pergamaceum vi sono più di due fossette. Due però sono le principali, collocate rispettivamente nella regione ventrale a destra e sinistra del rafe: le altre sono secondarie, j i di quelli dell esterno, le due i azien e lo strato mediano. Epidermide esterna. — È È dota da un solo strato di cellule. ( Ta- vola XIV, fig. 13 eet, fig. 14 ceti, tav. XVII, fig. 32, 34, 35 stesse. presso il calazio, si dividono con uno o due setti tangenziali. (Ta- tile, a cellule schiacciate, lungamente rettangolari in sezione tra- n del seme. Le pareti tangenziali di queste cellule. presentano seulta € | Nella. vite sono o munite di eee diri ZA poliedrica, e pareti di frequente non molto ispessite. In seguito nel- - lungati a seconda delle specie, e si forma quindi un tessuto lasso che, à molto pit brevi e meno profonde delle primarie. (Tav. XVIII bis, fig. 51)” - Tegumento interno. — Consta sempre di tre strati che sono al pari - È à lettere). In qualche caso (qualche Cissus) le cellule che lo compongono, 5s x ola XVII, fig. 37) Quest epidermide forma uno straterello molto . al aos VERT Siege dian Eis E NEUE s M aS £ i. qur «cou LE GENE TP LES ee UE m disposti in strie molto fitte e Ste le quali si incrociano Pre 1 nalmente dando così alla cellula l'aspetto di una tracheide a doppia. spira. (Tav. XIV, fig. 14 e tav. XVII, fig. 32 ceti). In Cissus, Tetra- stigma, ecc., esiste una sola serie di strie d’ ispessimento, per cui queste non si incrociano. (Vedi fig. 13 e 14, tav. XIV, XVII, XVIII). Questo tessuto, fortemente compresso dall'aumento dei sovrastanti e dei sotto- stanti tessuti, si riduce assai nello spessore, talehè nel seme maturo si scorge soltanto in sezioni sottilissime. Tappezza tutta la parte infe- riore dello strato duro al quale rimane tenacemente attaccato sbuc- ciando il seme. La lignificazione di questo tessuto avviene contempora- neamente a quella dello strato duro. Nella regione del massimo accrescimento del seme, le cellule che compongono il suddetto tessuto epidermico, sono in sezione longitudi- nale sensibilmente più corte, tengono dietro, moltiplicandosi, allo svi- luppo delle nuove parti. I setti radiali sono talvolta (in Vitis) assai | difficili a vedersi tanto allorchè il tessuto è in via di sviluppo quanto allorchè è passato allo stato definitivo, e ciò perchè sono assai sottili. Strato mediano. — Fa seguito all'epidermide esterna. È costituito - di cellule a pareti sottili, di forma largamente rettangolare, ¢ con grosso nucleo. E composto normalmente di un solo strato, salvo in qualche ‘parte del seme dove può dar origine a due e più strati. Infatti non di rado le cellule che lo compongono si dividono con setti tangenziali in. modo da costituire due o più strati. (Tav. XIV, fig. 13 sth ta- vola XVII, fig. 32, 34, tav. XVIII"is fig. 40 stesse lettere). Ciò ay- viene più di frequente all'apice dei lobi formati dallo strato duro. In seguito. cioè nel seme maturo, questo tessuto a poco a poco si di- strugge, ed è per questa distruzione ehe. specialmente all'apice dei - lobi, rimane uno spazio vuoto tra il tegumento duro ed il mandorlo. - Non ha luogo mai aleun ispessimento nelle pareti delle cellule che compongono questo strato. Spesso le pareti radiali si presentano si- -nuose. Intorno al micropilo forma una massa parenchimatosa. (Fig. 14). Epidermide interna. — Pur'essa è composta di nn solo strato cel- | $ A. N. BERLESE v lulare, salvo al micropilo in eui gli elementi si sono moltiplicati in - modo da costituire, collo strato mediano, l endostome. (Fig. 14). Nella nocella quest’ epidermide riesce presto evidente sia pel suo con- tenuto che per la regolarità dei suoi elementi. Mediante setti radiali si aumenta rapidamente. A completo sviluppo queste pareti radiali si ispessiscono (tav. XIII, fig. 12, tav. XIV, fi- gura 13 eiti, tav. XV, fig. 32, 34 stesse lettere. Tav. XVIII, fig. 36, tav. XVIII bis, fig. 40, 41, 43) irregolarmente, e le strie d’ ispessi- mento assumono (come quelle degli altri strati) una tinta giallo-bruna, che-diventa assai più carica trattando le dette cellule coll'idrato po- ee tassico. Questa colorazione però è diffusa a tutto il contenuto cellu- cM lare, e dimostra là presenza di tannino, il quale non manca mai in questo tessuto, nemmeno prima della fecondazione; ed in cio le osser- vazioni mie, discordando da quelle del Licopoli, coincidono perfetta- mente con quelle assai più accurate del Penzig. Questa epidermide rimane aderente all’ albume che ricopre intera- mente, meno nella regione calaziale dove è sostituita dal pulvinulo ca- laziale medesimo, come abbiamo spiegato più in alto. i Riassumendo ora quanto dicemmo intorno ai tegumenti, possiamo dire che lovolo delle Ampelidee anatropo in principio, continua poi col suo movimento rotatorio, nella parte superiore, cosicché, in progresso di tempo, il ealazio viene a trovarsi più vicino al. mieropilo e nella regione dorsale. I due tegumenti esterno ed interno, avvenuta la fe- ‘condazione. continuano a svilupparsi, ed i tessuti che li compongono acquistano caratteri e proprietà speciali. a Il tegumento interno non scompare, come è regola in tante altre | piante, anzi nessuna parte dei tegumenti viene distrutta. La regione dura non è data da ispessimenti delle cellule che compongono gli strati o lo strato esterno (Testa) come avviene in molti altri semi, bensi da | sviluppo radiale e corrispondente lignificazione, e non di rado divisione . delle cellule che formano l'epidermide interna del tegumento esterno. x: Come rinforzo, vi è l’ ispessimento delle cellule delle due epidermidi del | tegumento interno. . — — Al di fuori dello strato duro rimangonó sempre lo strato mediano col rafe e l’epidermide, colle pareti esterne, fortemente cuticolarizzate . TE^ UE Wea E EL E STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA. ECC. 489 Struttura e sviluppo dell’ embrione. L'embrione è posto nella parte inferiore del seme, ha la radicula ri- volta verso il micropilo. (Tav. XII, fig. 11 e) All'epoca della fecondazione rimane ancora gran parte della nocella. La sferula embrionale è addossata alla volta del sacco embrionico (fi- gura 14 n). Questa calotta, o per meglio dire, porzione di questa calotta, persiste lungamente. Avvenuta la fecondazione, la nocella continua a svilupparsi, però gli elementi non si moltiplicano, bensì si ingrandi- | scono, soltanto, e nel loro accrescimento secondano anche i movimenti dello strato duro e dei sottostanti nella regione ventrale, cioè secondano la formazione delle fossette. Senza presentare quindi stiramenti, o com- pressioni nelle sue cellule, la nocella cambia sensibilmente di forma, ‘assumendo, in piccole proporzioni, quella che avrà l'albume in defi- nitivo. Prima che la sferula embrionale cominci a syilupparsi, il nucleo secondario del sacco si sdoppia, indi ciò fanno anche i nuelei risultanti, ed i successivi, cosicché si forma, nell’ interno del sacco embrionico, un certo numero di nuclei che si portano alla parete del sacco medesimo. Ciascuno si circonda di plasma. In seguito compariscono le pareti cel- lulari. In tal modo si forma un corpo parenchimatico intorno all em- -brione in via di sviluppo e che giunge, a poco a poco, per formazione di nuove cellule, fino all apice del sacco, indi comincia ad allargarsi | distruggendo la nocella, fino a che arriva alla periferia della stessa digerendo pure spesso l'epidermide. In tal modo viene a contatto coll’ e- pidermide interna del secondo tegumento, la quale, in quest’ epoca, co- . mineia ad ispessire le pareti radiali delle sue cellule. Prima della di- struzione il corpo protoplasmatiéo delle grandi cellule, a pareti sottili | della nocella, é ridotto a poche granulazioni; è però sempre visibile il nucleo, specialmente in quelle periferiche. Man mano che si sviluppa l'embrione, a spese dell’ Aum che lo circonda, e che in quella regione è più denso che nelle altre, va for- En intorno all'embrione una cavità sempre più lunga nel posto 490 A. N. BERLESE Ew dove prima esisteva il saeco embrionico e la quale, per la forma, ricorda quest'ultimo. Ne viene di conseguenza che l embrione, a maturità, è diretto secondo il sacco embrionico preesistente, e siccome questo andava dal micropilo alla calaza, così era alquanto obliquo rispetto all’ asse longitudinale del seme medesimo. L'embrione pure è obliquo, cioè si dirige verso la calaza. Coll ulteriore sviluppo dell’ albume risentono una forte pressione le cellule della cuffia epidermica, per cui queste, a poco a poco, si riducono di volume, nel mentre ingialliscono specialmente quelle che cireondano il canale lasciato dal budello pollinico. ! Proembrione. (') La sferula embrionale, come si disse, è alquanto pit grande delle due sinergidi e sporge un po al disotto delle medesime. (Tav. XI bis, fig. 10, 11 0; tav. XII, fig. 8; tav. XIII, fig. 9; tav. XIV, fig. 14 o). Per qualche tempo, dopo la fecondazione, le sinergidi conser- _ vano il loro nucleo, indi questo, a poco a poco, scompare. Dal processo fecondativo al primo sviluppo della sferula embrionale, corre un pe- riodo di parecchi giorni, per eui vi é nella sferula stessa uno stato quiescente, ' Allórche, nella regione inferiore del seme, si sono bene differenziati i tegumenti, si manifestano le prime fasi di sviluppo dell'embrione. La sferula ha la forma ovoide, in essa si forma, dopo il periodo quiescente suddetto, un setto trasversale verso la sua regione inferiore, il quale la divide in due parti disuguali. (Tav. XIV, fig. 15 e, sp). La mag- giore é rivolta verso il mieropilo, e ben presto essa si divide con un | nuovo setto transverso. Queste due cellule vanno a formare il sospensore, mentre la terza é la cellula madre dell'embrione. (Tav. XV, fig. 20 pr). Embrione. — In questa cellula comparisce un setto longitudinale, | situato nel piano di simmetria dell’ ovolo, ed il quale determina la po- (!) Sento vivo il dovere di esprimere qui i sensi della mia più schietta ri- | conoscenza al valente scienziato E. Guigard, il quale, con estrema gentilezza, si compiacque darmi preziosi schiarimenti circa l' apparato fecondatore e con- fermare r esattezza delle mie osservazioni. sullo sviluppo dell’ embrione. = 4 STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. 491 sizione dei futuri cotiledoni (stessa figura, tav. XV). Non ho mai ve- duto formarsi nella cellula a contatto colla volta del sacco, il setto longitudinale perpendicolare a quello della cellula madre dell embrione, E così frequente nelle Leguminose (!) ed in altre piante. La cellula me- diana si ingrandisce ed in questa apparisce il setto suddetto perpen- tias dicolare a quello della cellula embrionale, e quindi al piano di simmetria dell'ovolo. Seguono poi altri setti obliqui che dànno un eorpo paren- no chimatico di un certo numero di elementi (fig. 16, 21, 22). Fino a qui le cose procedono abbastanza regolarmente, ma oltre a mL questo punto si nota l'apparsa di setti in diverse direzioni, sia nel so- i * A si spensore come nelle due cellule embrionali, di guisa che si ha, for- m mazione di un corpo pluricellulare (fig. 19). Fatto analogo troviamo in E altre piante tra cui Ceres siliquastrum, Caesalpinia mimosoides, Hel- leborus foetidus, ecc. (?). | è In seguito alla rapida settazione degli elementi del sospensore ha luogo la formazione di un corpo cilindrico (fig. 17) allungato, ad ele- .. menti piuttosto grandi, il quale, fino ad una certa epoca, supera in lunghezza l embrione stesso, che mantiene forma piuttosto ovoide, ed un diametro trasversale maggiore; ne consegue che il limite tra so- spensore ed embrione rimane netto. A ciò contribuisce efficacemente anche il diverso contenuto delle cellule che compongono queste due parti. Infatti nelle cellule del sospensore vi sono abbondanti granulazioni amilacee (fig. 17) laddove in quelle dell embrione non si trovano che sostanze albuminoidi. Ciò è reso manifesto, oltre che dal diverso pre- sentarsi delle dette sostanze, anche dalle reazioni che si possono ottenere a _colľ iodio, clorojoduro di zinco, ecc. : Nell’ embrione è costante la divisione delle cellule periferiche con setti tangenziali, di guisa da risultarne un. netto strato epidermico ; (fig. 19 ep). Meno netta è nelle prime fasi di sviluppo la distinzione delle parti interne, cioè pleroma, periblema. In seguito anche queste : = parti si rendono distinte e si accentua il pleroma dal Been (!) Gutenarp, Bate des Linta, in Ann. Se. Nat., VI ser. : "E 0 GUIGNARD, k ce na na Unters, ueb, Ente. “hot K Keim. A. N, BERLESE L'asse ipocotile è bene sviluppato prima dell’ apparsa dei cotiledoni, però quando questi sono un po’ accentuati, anche Y asse ipocotile si rende molto più manifesto e va gradatamente avvicinandosi a quella forma che avrà in definitivo; diviene cilindrico, e va distinguendosi sempre più dal sospensore, poiché, in questo, si nota un forte rallentamento nello sviluppo, talchè l’asse ipocotile va assumendo proporzioni sempre mag- giori rispetto a quelle del sospensore, del quale supera poi di molto la grandezza. Man mano che l’ embrione si sviluppa, decresce la quantità di amido contenuto nel sospensore. Questa sostanza serve a nutrire l'embrione nelle primissime fasi, quando F endosperma non si è ancora nettamente sviluppato, ed anche in seguito, quando l embrione, giovanissimo, è cir- condato dall’ albume, poiché vediamo quest’ amido scomparire assai len- tamente. Le prime cellule che si vuotano sono quelle a contatto col- F embrione, indi gradatamente va scomparendo lamido in quelle più interne, e da ultimo nelle estreme, quando cioè già nell’embrione era cominciata la differenza delle diverseparti (tav. XVI, fig. 27 s). In alcune cellule dell’assisa sottoepidermica, diametralmente opposte, ha luogo la formazione di setti tangenziali, -od obliqui, indi spuntano due papille che, coll’ulteriore sviluppo, costituiscono i cotiledoni (stessa figura, let- tera e). Arrivati a questo punto non abbiamo da seguire, per giungere alla maturità dell’ embrione, che l’ accrescimento di tutte le parti accennate, e noteremo con ciò anche un maggiore differenziamento in aleune. Pos- siamo quindi ora riportarei ad un embrione maturo, e studiarne la l organo che ha guadagnato la maturità. — Nell'embrione maturo troviamo diverse parti che sono il sospensore, i cotiledoni, la plumula e l’asse uan radicoforo. (Tav. XV, fi- gura 23-26). Prima di parlare delle singole parti, aceennero alla posizione, dell'em- È brione nel seme alla sua forma, grandezza, eec. Orienta: sione e direzione dell'embrione. — Dissi che l’asse longitu- Struttura per conoscere in quale stato si trovano le parti accennate nel- - STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. 493 dinale dell’ embrione coincide con quello del sacco embrionico, per cui essendo questo obliquo, rispetto all’ asse longitudinale dell’ovolo, ne consegue che l'embrione pure è obliquo. Se poi consideriamo i rapporti che esistono tra il piano mediano dell’ embrione e quello dell' ovolo, si po vedrà che essi coincidono. (Tav. XIII, fig. 11). i Quanto poi alla direzione dell’ embrione vediamo la radicula collocata n í contro il mieropilo, e l'embrione stesso dirigersi verso il calazio che si trova nella regione dorsale. I cotiledoni, rispetto al rafe, sono quindi incombenti. Sono sempre diritti. i à grandezza dell embrione è alquanto variabile nei generi, nelle specie, e tra limiti naturalmente più ristretti, anche tra individui di una medesima specie. È sempre in relazione colla grandezza del seme. In generale però abbiamo embrioni piecoli. Sempre sono assai più corti del diametro longitudinale del seme per cui non arrivano mai oltre la metà del seme medesimo, più spesso rimangono nel terzo inferiore, o loltrepassano di poco coll’ apice dei cotiledoni. Le dimensioni minime le abbiamo nelle Ampelopsis, Vitis, Cissus a piccolo seme, Parthenocissus, Ampelocissus, ecc., laddove in Tetrastigma pergamaceum, in Cissus rotundifolia, C. quadrangularis, C. populacea, ecc. l'embrione raggiunge dimensioni ben maggiori. In quest’ ultima specie è lungo quasi 5 mm. In quelle specie, a dorso molto convesso (Tetra- stigma, qualche Cissus, ecc.), l'embrione risente un po della curvatura del tegumento. Il sacco embrionico é pure incurvato, per eui anche l em- i brione si presenta alquanto arcuato nel senso della convessità dorsale. Ciò — più specialmente si osserva nei grossi embrioni di semi a collo cortis- ra . Simo o nullo, e come dissi, a dorso molto convesso. | Cotiledoni. — I cotiledoni sono opposti: di questi quello rivolto al lato rafeale è alquanto maggiore dell'altro, per cui sporge coll’ apice, ed un pochino anche coi margini. Sono fogliacei, piuttosto earnosetti,. hanno forma di cuore più o meno largo, in generale hanno la stessa forma. in tutte le Ampelidee, o variano di poco, essendo più o meno larghi. In qualche individuo di Vitis vinifera li rinvenni F quae lanceolati. i Si partono dall’ asse ipocotile foi mando u na piccola insenatura „indi vanno o: ae AM “BERLESE È più o meno rapidamente allargandosi per attenuarsi poi verso l’ apice, dove, dopo un lieve, talora brevissimo seno, si allargano ancora legge- rissimamente all’ estremità. L'apiee è arrotondato (tav, XV, fig. 23-26). In sezione longitudinale si vede che sono arcati nella linea mediana dor- sale, mentre nella ventrale sono diritti alla loro metà superiore, e parte dell'inferiore, indi si rigonfiano per restringersi poi ancora al punto d' inserzione sull'asse. Sono lisci sia nella faccia interna ehe nell'esterna, hanno un colore bianco traente leggerissimamente al. gialliecio come l’asse ipocotile, sono generalmente più lunghi di quest’ ultimo, talvolta eguali, ed in aleuni easi € un po più brevi, ma senza regola fissa di generi o di specie. ~- . Plumula. — Si può dire che questa parte non esista, poichè non vi è traccia di asse epicotile, e tra i cotiledoni vi è soltanto una breve e piccolissima papilla ottusa che costituisce la sommità dell’ asse epicotile medesimo. Questa papilla consta di poche cellule, si sviluppa assai len- - tamente, e parecchio tempo dopo che i cotiledoni sono usciti. dal seme | affidato al terreno. Abe ipocotile radicoforo. — Ha forma ovoide-cilindrica, é terete, ter- mina insensibilmente nella sua parte inferiore colla radicula cui rimane sempre aderente il sospensore tutto od in parte, col quale però non presenta una continuità organica, e che quindi può essere separato senza as che la radicula deya soffrire lacerazione. Nemmeno rimane la cicatrice. | L’ asse ipocotile è i in generale alquanto rigonfio nel mezzo, sì attenua nella parte superiore, e presenta la minore larghezza nel punto d'attaeco . dei cotiledoni - (tav. XV, fig. 23-26). . È liscio, bianchiccio, salvo nella sua parte inferiore dove nei grossi n Sinon ha una colorazione bruna caratteristica, quale si incontra pure all’ apice della radice primaria del seme in germogliazione, ed in seguito anche nelle secondarie. Non è però la pileoriza, la quale manca affatto (dn tutte le specie da me es saminate, anche in quelle ad embrione meglio sviluppato. ACT ga è ottusa all’ PORTATA , e nella sua parte superiore si RL GE STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. . fonde coll’asse ipoeotile del quale forma la continuazione diretta in modo da non essere da questo morfologicamente distinta. ie Osserviamo ora la struttura dell'embrione. Al pari della forma, la | a, strattura si ripete eguale in tutte le Ampelidee, salvo in quelle a grosso embrione, in cui ad un maggiore differenziamento di parti si aggiunge | talune volte qualche parte nuova (tracheidi, elementi floematiei) nella cui apparsa consiste, del resto, il maggior differenziamento di questi grossi embrioni meglio sviluppati. Terremo conto nel corso dell’ espo- sizione, di queste modificazioni e delle specie nelle quali si notano. Struttura dei cotiledoni. — Sono ricoperti dall’epidermide, esile, for- mata di cellule più spesso quadrangolari o poco allungate nel senso lon- paffedinale dei cotiledoni ne colle pareti radiali diritte, l’ esterne + L’ allungamento si fa maggiore in cor- of DI ésudeiiga delle nervature che sono tracciate nel meristema cotiledonare = sotto forma di cordoni procambiali. Abbiamo la nervatura primaria e . le due secondarie che prendono origine alla base della prima, sulla quale poi si inseriscono altre 2-3 paia di nervature che partono lateralmente "a al nervo mediano, sotto un agolo acuto. Quelle inferiori dopo un certo tratto, si incurvano verso l'alto e fondono la loro estremità in quelle immediatamente superiori come avviene del resto, non solo nei em- briofilli di moltissime altre dicotiledoni, ma ancora nelle foglie normali. Le cellule sottostanti all’ epidermide sia dorsale che facciale dei co- . tiledoni, non sono affatto differenziate da quelle sottostanti a queste e che formano la parte centrale del cotitedone. Sono tutte cellule poligo- nali o quadrangolari, in sezione trasversale e longitudinale. I fasci sono‘di tessuto procambiale, il più grosso é il primario gli tri decrescono in grossezza per ordine. Non ho mai constatato, nem- meno negli embrioni meglio sviluppati, la presenza nei c di tra- cheidi, od elementi floematici bene distinti. Struttura dell asse ipocotile radicoforo. — Quanto all’ epidermide de- vesi ripetere ciò che si disse più sopra a proposito dei cotiledoni, lepi- rmide dei quali è una diretta continuazione di quella dell’ asse ipo- ALN, BERLESE cotile. In quest'ultimo, specie mella parte superiore, è alquanto più accentuata la differenza tra i diametri longitudinale e trasversale delle cellule per cui queste sono un po più allungate nel senso dell’ asse mag- giore dell’ organo, e disposte regolarmente in serie longitudinali. Al disotto dell'epidermide abbiamo la corteccia primaria, data da un nu- mero variabile di strati cellulari a seconda della grandezza degli em- brioni, e formata da cellule prismatiche, allungate nel senso dell asse | longitudinale dell’organo. Non è bene distinto lo strato ipodermico 2 disotto dell’ AE La sezione dei fasci è bene delineata, specie nei grossi embioni. Nel - Cissus populnea abbiamo anche quattro fasci collaterali con cellule*floe- matiche e con tracheidi bene differenziate, fasci che si spingono fino à metà dell’ asse ipocotile, indi la struttura va perdendo del suo carattere, e più in basso questi fasci sono allo stato procambiale, indi non si di- - stinguono più. ri La regione centrale, o midollare, è data da cellule rotondeggi poligonali in sezione trasversale, le quali pure hanno. lonis dis allungata. La radichetta dell’ embrione, specie negli E grossi, mostra di- stinte le tre solite parti, pleroma, periblema e dermatogene. E Vi é all'apice un gruppo di iniziali di cui le superiori danno il ple- roma e le inferiori il periblema. La éuflia è data dal dermatogene. - . Non ritengo opportuno diffondermi nelle particolarità di struttura di | queste. diverse parti, poiché detta struttura si ripete nella maggior parte _ delle Dicotiledoni. eens CA g Interessante E notare che nei grossi embrioni il peribloma e la cor- teccia primaria, come. pure il pler i ] | cellule rafidifere. Si distinguono dalle altre per la loro mole uu e ci pel SENE più o meno numerose , in prineipio differiscono poco dalle De i indi si sv mega rea e le ‘nre vanno FRA di "Ten STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. completamente, però pel successivo graduale sviluppo della cellula viene ad aumentarsi sempre più lo spazio tra la parete cellulare ed il fascio siechè questo a sviluppo completo viene a trovarsi sempre nel@tentro della cellula. (Tav. XVIII, fig. 39). Nel Cissus populnea osservai anche 20 cellule rafidifere disposte in serie rettilinea, e collegate tra loro. f Queste serie cellulari si staccano con facilità dal circastante tessuto. Nella specie ora nominata i fasci sono costantemente disposti col loro asse maggiore in senso trasversale. Qualche volta una o più cellule _ poste ad estremità della serie si arrestano nel loro sviluppo mentre le altre continuano. Nelle prime non si forma poi il fascio di rafidi, «ma rimangono aderenti alle altre della serie (figura citata). L’ apice della radichetta degli embrioni bene sviluppati è costantemente oscuro, come nelle radici della pianta ben sviluppata. La struttura degli embrioni, a giudicare dalle specie esaminate, è in rapporto colla erandezza degli embrioni stessi, però lapie radicale o o mi presento sempre la medesima struttura. Struttura e sviluppo dell' endosperma. * | Sull'endosperma della vite, parecchi hanno trattato: Il lavoro principale è quello di Pfeffer (!), le osservazioni del quale vennero riportate in seguito da diversi trattatisti, tra cui cito Babo e Mach (?), Duchartre (5), Van Tieghem (*. Di volo ne parlarono pure Penzig (5) ed il Portele (5), ed un po’ più diflusamente il Hambóck (°). 53 pag della vite ne un olio: grasso che venne pure estratto ® PFEFFER, Unters. wil: d. Proteink. und d. Bodea. Aspar. beim Keim. . Sam. In Prings. gripe m 1872. 3) BABO e. Macn, Wein tung. (5) DUCHARTRE, Elem. de didus; III édit., p. 116. 4) Van TIEGHEM, Traité de Botanique, I éd. E Der Rebensame im | Dust. d. Ruhe und Keimung., p. 11. In 188; d IX Band. i A. N. BERLESE e che ottenne ápplieazioni industriali. Sul modo d’ estrazione di questa sostanza sulla sua composizione chimica esistono parecchi lavori, ma che esggno dall'orbita del mio studio. L'endosperma delle Ampelidee ripete la forma generale del seme, si adatta alla cavità determinata dai tegumenti seminali, contraendo stretto contatto coll’ epidermide interna del tegumento interno. A tale proposito anzi aggiungo che viene a contatto con detta epidermide quando ancora le cellule non hanno ispessite le pareti, e quando non ha terminato di accrescersi. In seguito, e per l ispessimento delle pareti esterne sempre molto forte, e per la continua pressione esercitata contro l'epidermide interna, si adatta, si modella sovr’ essa, così strettamente da saldarsi intimamente, talehé l'epidermide interna del tegumento interno funge perfettamente da epidermide, anzi da strato protettore dell’ endosperma medesimo. L'assisa periferica dell’ endosperma non differisce dalle altre che per avere gli elementi un po più piccoli, e le pareti esterne assai più spesse. (Tav. XIV, fig. 13 end, c; tav. XVII, fig. 34 end). Se- condo l'Hambóck (!) non sono soltanto le cellule a contatto collo strato avvolgente, eio? le periferiche, quelle ispessite ma anche deis | successive andando verso il centro. Un leggero ispessimento si nota in tutte le pareti delle eellule periferiche (non paragonabile a quello delle pareti esterne pero) e qualche volta anche quelle del secondo strato | risentono un po’ l'influenza dell ispessimento delle vicine, ma non nel. grado voluto dal Hambiick. "Non si tratta evidentemente di un vero | | |. apparato meceanico, paragonabile a quello trovato dal Pirotta (*) pel- lalbumg di parecchie Oleacee, ma un accenno ad un rinforzo nelle pa- io reti. delle cellule esterne, a. titolo di protezione, evidentemente c’ è. m Essendo | ricopert dall epidermide interna del tegumento interno, Fendorperma è. è esternamente rossastro ed apparentemente liscio. Mo- |; dellandosi sull’ epidermide | suddetta, la segue in tutte le curve che de- scrive, e presenta quindi nella sua regione ventrale, cioè quella ri- : spondente al rafe, due foasgtte longitudinali che in alcuni casi sono assai profonde. (parecchi | "erepta, ecc.) de 50, 51). O Haxsücr E EE. €) + > ^ STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. 499 È più abbondante nella parte superiore del seme, cioè l'opposta al micropilo, laddove in quest’ ultima regione è assai più ristretto e cinge l embrione (fig. 41). Ad occhio nudo presenta un colore biancoscon leg- gerissima tendenza al cenerino. Nel Tetrastigma pergamaceum soltanto (tra le specie esaminate) è bianco candido. | Rispetto alla consistenza diremo che è uniforme in tutte le specie. Nel seme appena maturo l’ endosperma è carnoso, nel seme secco diventa più duro, non però corneo. Consta di cellule presso a poco di eguale grandezza, poligonali in sezione, e strettamente unite in modo da non lasciare che talvolta piccolissimi spazi intercellulari. Questi spazi non Si rilevano nemmeno con un ingrandimento di quasi 700 diametri; pero sono visibili cogli ingrandimenti di oltre 1000 adoperati da me per lo studio della struttura dei corpi proteici, ingrandimenti ottenuti, naturalmente, da sistemi ad immersione omogenea, Sotto tale ingrandi- mento si scorge che le cellule limitano talvolta agli angoli dei più pie- ‘coli meati triangolari. (Tav. XV, fig. 29). La disposizione delle cellule endospermiche è affatto irregolare. Le loro pareti sono piuttosto grossette nel seme maturo, ma uniformi ; sono diritte o sape curve ad arco, Hanno un colore bianco ar- genteo. | Nella maggior parte delle Ampelidee queste cellule contengono le sostanze seguenti: un olio grasso, il protoplasma fondamentale ed i corpi aleuronici. L'olio grasso che, come dissi, fu studiato da diversi chimici, è per lo piü equamente distribuito nelle cellule; è assai rifrangente. Nel . seme appena maturo, si presenta sotto forma di goccie incolore che avvolgono i granuli aleuronici, o sono innicchiate nelle vacuole. Nei semi secchi è assai più denso. È così abbondante da formare '/; del peso del seme. Dà le reazioni caratteristiche degli olii grassi, cioè . si scioglie bene nell'etere caldo, o in una mescolanza di alcool ed etere a volumi eguali, e pure a caldo. Queste sostanze agiscono pure ‘come solventi anche alla temperatura ortlinaria, ma assai più lenta- mente, abbastanza. bene Del solfuro di carbonio, benzina e nell’ olio di pesa: A. Ni BERLESE Y Per istudiare bene il protoplasma fondamentale ed i corpi aleuro- . niei, fa duopo sgrassare i semi trattandoli con uno dei summentovati reagenti. Io ho preferito i due primi a caldo. Dopo un quarto d'ora i semi sono completamente privi di olio, e possono essere assoggettati allo studio delle suddette sostanze. Mi sono valso, naturalmente, nelle ricerche sul protoplasma e sui corpi aleuronici, come guida, delle opere classiche dell’ Hartig (t), Pfeffer (°), Tangl (5), Wakker (*), Van Tieghem (?) ecc. ecc. e special- mente, per questa ultima sostanza, rifeci gran parte delle moltissime reazioni citate. Mi sembra inutile il dare un resoconto dettagliato dei risultati ottenuti, trattandosi di argomento che formo oggetto di studi coscienziosi di parecchi autori, e descriverd invece il modo di presen- tarsi del protoplasma e dei corpi d’ aleurona a reazioni avvenute. Il processo principale che mi servì per la distinzione delle diverse parti fu la sgrassatura delle sezioni, indi l’ immersione nel reattivo di Millon, oppure, dopo la sgrassatura, l immersione in una soluzione alcoolica molto concentrata di bicloruro di mercurio, la colorazione. colla fuesina, coll eosina, o con altra sostanza colorante d' anilina, e — ľ osservazione sia nella gliéerina concentratissima, sia nell olio d' o- liva, sia ancora nell'olio di garofano. Quando mi si rese necessario etae i tagli dall” isso. li trattai Nuke eon sem È | più RE 5x ^ Ii protoplasma fondamentale é finamente Be. si Hora più specialmente addossato alla parete della cellula, ed è riunito da tra- becole che attraversano il cavo. cellulare. Con appropriate reazioni i RS rendesi pure evidente il nucleo. La rete protoplasmatica é sempre in- | colora. Nelle vacuole lasciate dalle briglie protoplasmatiehe spesseg- pu i nai HAUT Pinsel sono pistone piccoli, uno è O ERER Weitere Mitt. ds Kishore: (loo betreff. (Bot. Zeit. 1856). (5 PFEFFER, Unters. ueber d. Proteink. (in Pringhs. Jahrb. VIII, 1872). [os a (5) TANGL, Das Protopla der Erbse. (Sitz. k. Akad. Wise Wien 1874). P © (0 WAKKER, Stud, ueb. d. Inhaltsk d. Pflanz. (in Pringsh. Jahrb. ied Pro: : "OS MAN dro pani et Grains g aio tort de Bot, Joe * STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. sempre assai voluminoso cosi da riempire talvolta la metà e perfino i due terzi della cavità cellulare. Sono irregolarmente rotondeggianti, incolori, assai rifrangenti. (Tav. XV, fig. 29 gl). Nelle cellule perife- riche sono ordinariamente alquanto più piccoli. Coll'iodio dànno la reazione caratteristica colorandosi in giallo. Assorbono pure bene le sostanze coloranti d'anilina. is Caratteristici nelle Ampelidee sono i globoidi i quali raggiungono le dimensioni massime riscontrate finora in simili corpi. Hanno spesso forma perfettamente rotonda o quasi, sono assai rifrangenti, di gran- ši dezza variabile a seconda dell’ età, poiché quelli egualmente svilup- ; pati hanno dimensioni presso a poco eguali. Però non sono sempre egualmente evoluti anche se appartengono a cellule vicine. In gene- i = rale nelle cellule periferiche sono meno frequenti i grossi globoidi. Nelle centrali non mancano mai. Non di rado hanno nn contorno "d lobato, quasi sieno parecchi insieme raecolti e parzialmente fusi. hi. Cid fu pure notato dal Pfeffer. Abbastanza frequentemente sono omo- — genei, cioè non presentano inchiusi, più spesso racchiudono un aggre- gato di cristallo di ossalato di calce (drusa). (Fig. 29 dr, dr', dr?). Spesso gli inchiusi sono eccentrici al grano d'aleurone. I cristalloidi sono piut- tosto rari: Si trovano con maggiore frequenza nelle cellule periferiche ed hanno forma ottaedrico-romboidale. (Fig. 29 ct). Si trovano spesso verso un polo del granulo aleuronico, specialmente se esso contiene un cristallo. I cristalli sono di ossalato di calce, sono spesso inclusi in glo- boidi, e sono riuniti in gruppi in modo da costituire delle druse. (Fig. 29 dr). Si trovano assai di frequente nel centro o presso il centro dei granuli d’ aleurona, e ciascun granulo non ne contiene ge- neralmente pit di uno. Sono assai abbondanti, pue i globoidi uni- formi sono non troppo frequenti. | Non osservai altre forme di cristalli. Nel centro queste druse pre- sentano una regione oscura, quasi una cavità. Ad una certa epoca della loro formazione sembrano quasi costituiti da un piccolo anello attorno al quale va depositandosi l ossalato in forma cristallina. Fig. 29 dr‘). Non è raro il caso di osservare (specie coi sistemi ‘ad immersione omogenea) nel centro di qualche globoide un certo nu- A..N. BERLESE mero di piccolissimi corpuscoli che per trasparenza si vedono intensa- mente colorati in un bel rubino. Sembrano a contorno rotondeggiante, almeno sotto quell’ ingrandimento sebbene fortissimo (Zeiss ocul. 5, Koristka obb. '/,;, imm. omog.), non presentano angolosità. È precisa- mente intorno a questi piccolissimi corpuscoli che in seguito si andrà a formare il cristallo. (Fig. 29 gr). In qualche caso essi si depositano in grandissimo numero nel globoide, ed allora non ha più luogo la formazione del cristallo. Questi corpuscoli occupano il centro del cri- stallo, ed allorchè nel globoide vi é che P anello ricordato più sopra, con un principio di deposizione di cristalli alla periferia, nel centro si vedono ancora, specialmente per la loro colorazione in rubino, i corpuscoli suddetti. Passiamo ora alia formazione dell’ endosperma. Ha luogo quando il proembrione è già costituito. Nella metà supe- riore del sacco embrionico si divide il nucleo secondario del sacco embrionico. Per divisioni successive si forma un certo numero di nu- clei che occupano le regioni parietali del sacco embrionico. Indi com- pariscono le pareti cellulari ed ha luogo la formazione dell’ endosperma; il quale non occupa tutta la lunghezza del sacco embrionale, ma bens ne laseia, per un certo tempo, libera la base che rimane vuota. Yu principio l endosperma ha forma cilindrica modellandosi sulle | pareti del sacco. Quando collo sviluppo ha quasi raggiunto la base del sacco, comincia ad allargarsi ed allora si inizia la disgregazione delle cellule della nocella. La parte superiore del seme è l'ultima occu- pata dall’ endosperma, che va allargandosi sempre più man mano che s aumenta la cavità del seme in seguito alla distruzione della nu- cella, la quale in questa epoca, per I’ avvenuta formazione delle fos- sette, ha una forma ben differente dalla primitiva. L’endosperma si modella sulla epidermide interna del tegumento . interno, ed acquista la sua forma caratteristica che conserva poi an- ehe nel seme maturo. Oe embrione, man mano che si sviluppa, digerisee la parte superiore = a costituire. la riserva alimentare dell’ embrione durante la germo- E aug ict dell endosperma, del quale la parte maggiore rimane indigesta e va STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC, 303. Nelle prime fasi di sviluppo l'endosperma contiene nelle sue cellule un corpo protoplasmatico che lo riempie interamente. In seguito si formano in seno alla massa protoplasmatica molte vacuole che accre- scendosi si fondono in parte, in modo che a sviluppo completo della cellula, il protoplasma si è ridotto alla parete della cellula e presenta parecchie trabecole che limitano delle grosse vacuole. In queste vacuole si sono andati formando nel frattempo i cristal- loidi ed i globoidi, ed intorno agli stessi si deposita ed in seguito si solidifica (cio? quando il seme si avvia alla maturità) I’ aleurona. Nel- l'interno dei globoidi si formano poi i cristalli. Lo sviluppo di tutte queste diverse parti non é contemporaneo nelle diverse regioni del- l albume, perehé, come si disse, questo si forma prima intorno all'em- brione in via di sviluppo. Ne consegue che in un seme ad una data epoca possiamo trovare tutte le fasi di sviluppo dei diversi corpi contenuti nelle cellule endospermiche. La formazione dei eristalli si prolunga fin oltre la maturità del seme, e non é raro trovare in semi bene maturi eristalli in via di formazione ed altri nelle primissime fasi di sviluppo. Cio si osserva anche in cellule prossime o circostanti ad altre nelle quei detti eri- stalli sono completamente formati. Le pareti delle cellule dell'endosperma si mantengono ita : durante tutto il periodo di sviluppo dello stesso, indi ispessiseono al- quanto le loro pareti. Durante la formazione dell’aleurona compari- seono le prime traccie dell’olio grasso il quale viene diviso dal proto- plasma stesso, e si rende evidente sotto forma di piccole goccie assai rifrangenti che si accrescono a poco a poco. Non vi sono speciali. k eleoplasti, ciò che venne pure dimostrato dal Wakker Q9) pel seme | di altre piante. ` B (1) Wanker, l. c. A. N. BERLESE . il. s PARTE SPECIALE à In questa parte offro i caratteri morfo-anatomici del seme delle ete esaminate. | kde 1 generi delle Ampelideo, secondo la Monografia del Planchon più | volte citata, sono i i seguenti: Vitis, Ampelocissus, Pterisanthes, Cie- maticissus, Tetrastigma, Landukia, Parthenocissus, A SESS, Rhoi- cissus e Cissus. Di questi, Landukia, Clematicissus, come altrove dissi, sono mo- notipici. Di essi non potei avere i semi, così nemmeno dei generi Pterisanthes, Rhoicissus, rappresentati il primo da 11 specie, ed il secondo da 9. i . E bene far osservare, a questo proposito però, che nel genere Per. — santhes il Planehon non allude ai semi che nella Pt. polita, colle pa- role: Baccae obovoideo-g lobosae aequilaterae vel obliquae, pisi mole, - — mono-vel dispermae, albumine fissuris 2 subtrilobato, dal ehe si de- = duce che deve essere incorso errore nella stampa. A complemento : pero si, può portare la caratteristica ‘del seme data da quest'autore | nella diagnosi del genere, cioè: Semina triangular? ovata, dorso con- + vexo, transverseque rugosa, facie carinata, utrinque depresse foveolata, aphe filiformi, dorso ‘in chalazam orbicularem ercurrente. Il Planchon aches nella Monografia in sa che i ce ZU JE non aver nomitrato- alain semi FE che nella Leerisanthes Dc uce alla conelusione che nelle altre specie questi organi STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. 505 | dichiaro che mi sarebbe abbisognato più abbondante materiale, onde poter raccogliere sotto alcuni tipi tutte le specie. Ciò spero mi sia dato fare in appresso. Di Vitis esaminai quasi tutte le specie e pr ancora tra ibridi e varietà. . La struttura (salvo leggere e trascurabili differenze) mi si mostrò eguale in tutte. La forma pure è molto simile, ma però presenta, nelle diverse specie, differenze degne di nota. e che da parecchi autori fu- rono invocate come un buon studio per la distinzione delle Recto me- _desime. Il Millardet (') espose i caratteri di molti semi di Viti americane e diede figure molto accurate di questi organi. Però prima del Mil- . lardet l’ Engelmann (*) si occupò per molto tempo dei semi delle Vitis dal lato morfologico, con speciale riguardo ai caratteri differenziali, ne fece argomento di speciali lavori. Nel 1885 il Foex (°) diede la figura dei semi di 25 Ampelidee, cioè 23 Vitis, un Cissus ( C. incisa) ed un Ampelopsis (A. cordata). In parte ciò è ripetuto nel Cours complet de Viticolture del medesimo autore, As di . ll Planchon (*) euro, come si disse, questa parte: e nelle. diagnosi < delle specie, segnatamente di Vitis diede buoni e dettagliati: caratteri. Wa dei semi. . Un lavoro accurato fece pure sull'argomento il Viala (*), il quale diede dettagliate diagnosi dei semi delle specie americane. e In molti trattati di Ampelografia sono dati i caratteri dei semi di specie di Vitis, e talora anche di varietà ed ibridi, ma non è il caso ` ir bene oe im Me a E n Busch et ica Catal. ill. et na e lu : Dias. édit. franc. p 15. = ier 18 Ubi: a | Américaine. por 1885, A. N. BERLESE Nelle Vitis il seme è abbastanza variabile, e talvolta più tra va- rietà e varietà che tra specie e specie. Una prima causa di variazione nella forma l'abbiamo nel diverso numero di semi che si sviluppano in uno stesso ovario, e sopra questo argomento ho già parlato abbastanza. A rendere variabile il seme concorrono ancora le ibridazioni. Nelle uve ad acini lunghi, i semi pure sono parecchio allungati. Però queste differenze morfologiche in enti che non raggiungono il grado di specie, sebbene qualche volta sieno notevolissime, pure escono un po’ dal campo delle mie ricerche. E dal compito che -mi sono prefisso decamperei ancora se offrissi un saggio di classificazione delle specie di Vitis secondo i caratteri che possono essere offerti dal seme. Il buono ed abbondante materiale che ho a disposizione, mi porrebbe in grado di farlo non solo, ma di ri- vedere ancora l’ operato degli autori citati. Se sarà del caso, mi oceupero dell’ argomento in altro lavoro. Ora passo a descrivere la struttura dei semi esaminati. Vitis vinifera, V. riparia, V. Labrusca, V. rupestris, ecc. + A FE : Tutte le specie esaminate offrono la medesima struttura che, dopo quanto si disse nel corso di questo lavoro, e dopo quanto ne dissero anche altri autori, può essere brevemente riassunta. Il seme è piriforme, di colore bruno più o meno carico. Il becco è oe più o meno sviluppato. Il rafe è bene distinto, la calaza circolare, oc- cupa la parte mediana dorsale, o rimane piuttosto alta, oppure si = | spinge anche presso il becco os le specie. Esistono due fossette | piuttosto larghe. —. In taglio trasversale, praticato in corrispondenza del calazio, il seme | mostra un’ epidermide a cellule schiacciate nel senso tangenziale, e Y colle pareti esterne fortemente euticolarizzate. Quest’ epidermide | contiene abbondanti granulazioni amilacee, ciò che ox po non é stato ancora notato da aleun autore. A questa seguono : hi strati di cellule ovoidi; ee oa , delle quali quelle” STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. 507 più prossime all'epidermide spesso contengono dei rafidi. Nel seme immaturo contengono della clorofilla, nel maturo abbondano di tan- i nino. L’ epidermide interna è data dallo strato duro, costituito da due assise di cellule (presso il calazio sono in numero maggiore) cilin- driche a pareti fortemente lignificate, e contenenti nel centro spesso un cristallo clinorombico. Questo strato duro descrive delle curve che delimitano le due fossette, per cui il seme, in taglio trasversale, appa- | risce trilobato. Le fossette sono ripiene di tessuti ad elementi molto ampi rafidiferi. Ed ha fine il tegumento esterno. Il rafe e la calaza sono stati sufficientemente descritti nella parte _ generale. Il tegumento interno tutto si modella sulle curve descritte dallo strato duro, consta pure di epidermide esterna, strato mediano ed epidermide “interna. La prima é data da cellule cilindriche le quali |. presentano fitte strie d'ispessimento incrociantisi diagonalmente. Questa J epidermide si salda completamente allo strato duro, dal quale si stacca con difficoltà anche mediante energici reagenti. Lo strato mediano è “di una sola assisa cellulare. Non, scompare mai totalmente, ma è quello che si straccia più facilmente, specie quando il seme si dissecca e si contrae. L’ epidermide interna contrae aderenza coll’albume, è di un solo strato cellulare e le cellule presentano degli ispessimenti nelle pareti radiali. L’albume é quale lo si descrisse più su, così l’ embrione. L'aspetto del seme, in sezione trasversale, è rappresentato dalla fi- gura 44 della tav. XVIII his. Vitis vulpina Torr. et Gray. Leggermente si scosta più per la forma del seme che per linterna Il seme è piuttosto grande, piriforme, il becco è cortissimo, il ca- lazio, sensibilmente allungato, cade nella regione mediana del dorso. Nella regione ventrale il rafe è saliente. Dal calazio partono dei solchi radianti verso la regione ventrale nella «quale pure sono manifesti, e Anno al seme un aspetto caratteristico. A. N. BERLESE Il fascio è bene sviluppato, così l arco sclerenchimatico calaziale. Il tessuto mediano, che avvolge il fascio, è dato nella regione ven- trale da elementi molto allungati nel senso del fascio medesimo, grossi e tanniferi, nelle altre parti presenta bene distinti i due strati esterno ed interno. Il primo è formato di 3-4 assise cellulari a grandi ele- menti non raccolti in tessuto denso, e poco o nulla tanniferi, il se- condo, composto di 2-3 assise cellulari ad elementi più piccoli e rac- colti in tessuto più compatto, contiene del tannino. Le due fossette sono molto ravvicinate al rafe, e ristrette talehé il tessuto duro è molto ridotto in ispessore nelle stesse, e consta quivi di un solo strato di cellule piuttosto brevi. Queste fossette sono un po’ allargate nella parte superiore (considerato il seme col becco in alto) poi si restringono per allargarsi nuovamente alla base. Sono ripiene di cellule rafidifere. Il tessuto duro è bene sviluppato. La lignifica- zione è completa: in alcuni punti concorrono da tre a cinque strati per renderlo robusto. Tutti gli altri tessuti non offrono alcuna particolarità. Ampelocissus Martini Planch. (') (Tav. XVIII bis, fig. 45). Il seme è molto singolare. Il contorno è lungamente elittico, compresso, Li. il becco cortissimo, il dorso poco convesso in causa della debole arcata tra- sversale. Nei semi freschi la faccia ventrale è leggermente trigona, anzi piuttosto arcata che trigona. Colla disseccazione si pronunciano due | profonde e larghe fossette, mentre lungo la linea mediana ventrale rimane una cresta saliente sulla quale scorre il rafe. Nel seme secco, il calazio presentasi infossato, e tutta la linea mediana dorsale è per- corsa da una escavazione longitudinale, piuttosto profonda é bene ma- nifesta se si asportano le parti che la riempiono. Questa escavazione. è determinata da una insenatura o meglio introflessione dello strato duro. Dal calazio partono pure delle solcature laterali radianti che — mancano affatto nella regione ventrale. | — (O Mi fu favorito copiosissimo materiale di questa interessante specie dalla | casa Vilmorin-Andrieux, la quale nuovamente qui ben volontieri ringrazio. STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. 509 Dal lato anatomico il seme ricorda quello delle Vitis, offre però qualche differenza degna di nota. Le cellule epidermiche sono in generale più allungate nel senso vw tangenziale, e costantemente a parete meno ispessita di quelle delle Vitis. La regione corrispondente al rafe è data da elementi più lunghi nel senso del fascio. Tutte le cellule epidermiche sono rieche di gra- nulazioni amilacee. Il tessuto mediano ed il fascio non offrono particolarità. Lo strato duro è dato da due assise di cellule a parete molto ispes- sita e ciascuna contiene un cristallo clinorombico piuttosto grosso. . Gli altri tessuti e le parti interne sono simili a quelle delle Vitis. L'Ampelocissus Martini Pl. è la famosa Vite della Cocincina , della quale tanto si parlò, specie per le radici tuberose, e le grosse bacche che possiede, i Il genere Ampelocissus comprende, secondo il Planchon, tutte le Viti i di cui petali si aprono a stella, staccandosi cioè superiormente A questo carattere, naturalmente, altri si aggiungono, tra cui non ul- timo quello della forma dei semi « vix aut brevissime basi rostrata, saepe mavicularia, dorso convexa, ventre secus carinam epe tan alte bisulea, vel triangulari-ovata, medio carinata. » Non in tutte le specie però sono noti i semi, ed il Planchon, a pro- posito della coltura in Europa di specie di questo genere, dice « jusqu’ à €e jour (epoca in eui serisse la Monographie des Ampél.) pas un seul Ampelocissus n'a m étre à ma connaissance, observé en fleur | dane les serres d’ Europe. - . Delle 62 specie se soltanto in 6-7 sono noti i semi, in tutte y altre, o questa parte fu negletta, oppure le descrizioni furono iraia da esemplari che non avevano portato a maturità i frutti. Tetrastigma ee (Zoll.) Planch. (Tav. XVIII Pis, fig. 51). Del genere Tetrastigma sono note, EUR Planehon, 38 MEN in parecchie delle quali è descritto il seme. Il carattere « semina facie... uni- a » dato dal Planchon dine far cene che in Alea ge- N. A. BERLESE nere le specie avessero una sola fossetta. Le diagnosi delle specie, e- lo studio del 7. pergamaceum, ci persuadono però che anche qui ab- biamo due fossette, molto ristrette, principali, alle quali altre si ag- giungono secondarie. Il rafe è invece in un solco ventrale. Dalla spet- tabile Direzione del Museo Botanico di Berlino ricevei alcuni semi coll’ indicazione Tetrastigma pergamaceum K. Schum. New Guinea; legit — Hollung N. 145. Nel Planchon non vi è indicazione di seme e nem- .- meno del frutto, e non potei quindi vedere se corrispondesse alla | specie suddetta, Certo il genere Tetrastigma, per quanto riguarda la struttura dei semi, ha bisogno di essere studiato sopra più vasto ma- è teriale, È ll seme del Tetrastigina pergamaceum è elobosd; leggermente acu- minato verso il micropilo, la rafe é saliente, la calaza molto allun- gata. Le fossette sono assai ristrette; dalla calaza partono delle stria- iure laterali ehe dividono orizzontalmente il seme stesso, l'estremità inferiore della calaza raggiunge il micropilo. Il colore è ocraceo- sporco, pallido come nella pergamena vecchia. _ La sezione trasversale del seme è circolare. ll tegumento esterno è dato da pochi strati di cellule fortemente schiacciate in seguito al no- - tevole sviluppo delle parti sottostanti. L’epidermide esterna è data da > elementi con parete leggermente ispessita, l’esterna è fortemente cuti- - colarizzata. Presso il fascio vascolare lo strato mediano è molto più grosso, poichè il tegumento duro fa un’ insenatura verso l'interno del seme, nella quale è collocato il fascio medesimo. (Tav. XVII, fig. 37). Le | cellule dello strato mediano che circondano il fascio sono a pareti lignifi- - cate. Le assise più interne dello strato mediano sono addossate allo strato 2 duro, hanno elementi più resistenti e ricchi di tannino, tratto tratto nel tessuto mediano si aprono delle grandi cellule che contengono uno fascio di rafidi. Il tessuto duro è fortemente sinuoso. Ai lati della ca- laza si interna in due fossette molto irregolari che guadagnano quasi il lato ventrale. Al di là di queste fossette poi, il tessuto si ripiega in dentro _producendone altre le quali non oltrepassano il !/, del seme, ln disposte in senso radiale e si allargano spesso nella parte più in- terna sono sinuose. [2 come le < 20908, | hanno da di° anse me STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. 511 | senterifomi, non sono molto allungate, però ove cessa una, ne inco- mincia un'altra, quindi tutto il seme è percorso da queste fossette se- condarie che variano in numero; ordinariamente sono da 8-10 in un taglio trasversale condotto verso la metà del seme. Di fronte al fascio vascolare le due estremità dello strato duro si ripiegano in dentro, non arrivano però a toccarsi e vengono ricongiunte da un disco cel- lulare che in sezione apparisce un arco ad elementi colle pareti late- rali e la tangenziale esterna fortemente ispessite, disco in continua- zione dell’ epidermide interna del secondo integumento. Le fossette principali e secondarie sono ripiene dello stesso tessuto tannifero del tegumento esterno a contatto collo strato duro. Tratto tratto ci stanno cellule maggiori rafidifere con parete ispessita e che non reagiscono coll’ idrato potassico. Lo strato duro è dato da una sola assisa cellulare soltanto nei punti di rinforzo. l'abbiamo qualche volta di due strati. GI ispessimenti sono completi, spesso notasi un cristallo nella parte superiore delle cellule; l'epidermide esterna del tegumento interno è data da uno strato di . cellule cilindriche molto schiacciate le quali, per la loro posizione ra- diante, nella sezione trasversale di un seme, appariscono in aleuni _ punti in sezione longitudinale, in altri quella trasversale. (Tav. XIV, fig. 13 ceti, eetit). Nel primo caso sono allungate e presentano distinti gl ispessimenti centripeti che notammo anche in altri generi. Nel se- condo mostrano un lume rotondeggiante, a parete ispessita simile a quello delle tracheidi del fascio. Egli è specialmente nelle fossette che si ponno vedere le cellule nelle 2 posizioni. In alcuni punti quest’ epi- dermide è composta di due strati. Nelle fossette medesime manca affatto il tessuto duro (come lo mostra la citata figura) e nei punti larghi le 2 cellule dello strato mediano che riempiono le fossette sono ampie, meno quelle a contatto colle pareti della fossetta medesima, più spesso rafidifere e non reagenti in bruno oscuro colla potassa. - Lo strato mediano del tegumento interno è dato da una sola assisa di cellule meno presso la calaza in cui dà origine ad un parenchima di più strati che si spinge nell’albume e nelle foveole dove talvolta è omposta di due strati. L'epidermide interna di detto tegumento è 512 A. N. BERLESE dato da elementi piuttosto piccoli con pareti alquanto ispessite, meno pero delle specie fin qui ricordate; in sezione. trasversale appaiono molto schiacciate in senso radiale e reagiscono fortemente in giallo- bruno colla potassa. Talvolta questo strato presenta delle introflessioni speciali come mostra la citata figura. Qualche volta lo strato mediano del tegumento interno contiene elementi molto più sviluppati degli altri, i quali, all’ interno, contengono ciaseuno un fascio di rafidi per cui l elemento rafidifero determina delle pressioni circostanti, special- mente in senso trasversale, il risultato delle quali è di determinare una leggera curvatura dello strato duro verso l'esterno, ed una de-. pressione dell’ epidermide interna della secondina e dell'albume stesso verso l'interno. Quest’ ultimo è caratteristico per conservare distinto il suo corpo protoplasmatico, nel quale dopo si formano dei granuli di amido piuttosto piccoli, da 6-8 mm. di diametro, perfettamente rotondi. Non ho mai osservate né druse nè globoidi con cristalloidi. Il nucleo delle cellule endospermiche si conserva sempre distinto e più ancora il nucleolo: i granuli di amido rimangono avviluppati dal corpo pro- toplasmatico in seno al quale prendono origine. Le pareti delle cellule dell’ endosperma sono molto grosse. | | Anche in quelle cellule nelle quali lamido è molto sviluppato ri- | mane sempre evidente il eorpo protoplasmatico che reagisce in giallo col elorojoduro di zineo. L'albume in questa specie è evidentemente | amilaceo. I granuli presentano una struttura omogenea. [VIT] p.) Planch. (Tav. XVIII bis, fig. 40-46) z . Ho ricevuto dalla spettabile bebo dell'Orto Botanico di Berlino i -aleuni semi di questa specie sotto il nome di Vitis hymalayensis (Hy- — malaya cult. in Hort. Bot. Bombay); dal prof. Pirotta ricevetti, sotto il nome di Ampelopsis hymalayensis, coll’ indicazione « ex Hymal. be alcuni semi provenienti da Pisa della raccolta 1891-92. L’ esame mi- x |eroscopico mi mostrò una diversa struttura nei semi suddetti. Quelli provenienti da Berlino servirono alla deserizione fatta più sotto, quelli i Roma non presentarono cin differenze. da fos del Pre PUN pt gioia E D VY PN. AE LL SL D SE JE i Rae INPS P : x f STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. cissus hederacea, cosiechè mi sembrerebbe si trattasse tutt'al più di una varietà di quest'ultima specie, ammesso ch& i semi di Berlino appartengano realmente al P. hymalayensis. Che siano da ascrivere a questo genere mi pare probabile, più che tutto per la presenza di uno strató duro costituito da un'unica assisa cellulare; pero anche in pa- racchi Cissus abbiamo una identica struttura. Né può trattarsi di altra specie di Parthenocissus, poichè la P. Neilgherriensis è vicina alla P. hymalayana, la P. cuspidifera non sembra che una forma della D. hymalayana e secondo qualche autore nemmeno si distingue da quest’ ultima. Della P. semicordata possiamo ripetere quanto ricordo il Lawson, cioé che non puo essere distinta nemmeno come varietà della P. hymalayana. La P. anamallayana, a quanto dubita il Planchon, non é che una semplice forma della P. Aymalayana. È affine invece alla P. tricuspidata che é sinonimo di Cissus Veitehii, e della quale do descrizione e disegno. Il seme della specie ricevuta da Berlino ricorda quello di molte Ampe- lopsis; è arcuato nella parte dorsale, schiacciato nella ventrale, manca di becco; al ventre ha una o due depressioni a seconda che si trovano due o tre semi nella bacca. La calaza è rotondeggiante e si trova nella metà in- feriore dorsale. Il rafe è ben distinto, il colore del seme è verde cupo ca- rico. In sezione trasversale osserviamo I’ epidermide del tegumento esterno con elementi alquanto schiacciati nel senso radiale, le pareti esterne sono sensibilmente cuticularizzate ed è separabile lo strato di cuticola. Il contenuto delle cellule epidermiche è un plasma che anche allo stato maturo lo riempie completamente e che reagisce fortemente in giallo- bruno colla potassa. Lo strato mediano è composto di più assise di . cellule rotondeggianti ovoideo-allungate limitanti dei piccoli meati. Hanno pareti sottili e contengono tannino che si colora fortemente in rosso-bruno nella potassa sciogliendosi pure in questo reagente. Gli ele- menti dell'epidermide interna rimangono piuttosto brevi, non hanno sviluppo uniforme, quindi in sezione questo strato presenta un con- torno irregolare. Nelle fossette gli elementi vanno gradatamente di- minuendo in lunghezza, cosicchè nel fondo delle stesse essi non hanno 1 subito aleun sviluppo radiale e non si sono divisi con setti radiali; 33. Malpighia anno VI, vol. VI. LI jer Ei. ak P" ko e. A. N. BERLESE di guisa ehe conservano ancora per la forma tutti i caratteri del tes- suto ricoprente, hanno pero le pareti ispessite. In qualche caso è av- venuta soltanto la divisione con setti radiali e la ‘lignificazione degli elementi. ottenuti. Cio naturalmente ha avuto luogo allorehé il seme avea cessato di aumentare in volume; ed infatti é noto che la differen- ziazione dell'epidermide interna della primina in tessuto a palizzata nelle fossette avviene allorché il seme ha cessato di crescere: all'a- pice dei lobi nei quali é divisa la parte interna del seme, le cellule cilindriche dello strato duro hanno il massimo sviluppo; è caratteri- stico il fatto che i cristalli anzichè trovarsi nel centro occupano spesso la parte superiore delle cellule medesime. L’ epidermide esterna del secondo tegumento è data da cellule schiacciate con ispessimenti semplici come quelli dei Cissus. Lo strato mediano è pure semplice: nulla di note- vole offrono l'epidermide interna del secondo tegumento e Il albume. Nelle due ampie fossette gli elementi dello strato mediano del tegumento esterno sono molto ‘allungati e ampi, hanno pareti sottilissime che con- tengono spesso un conglomerato di cristalli di ossalato di calce (drusa). Prendono attacco direttamente dalle cellule dello strato duro. Contengono un nucleo visibilissimo e hanno pure il tannino che abbiamo notato negli altri elementi dello strato mediano e che dà la suddetta reazione coll'idrato potassico. (Fig. 40). L’embrione non offre nulla di notevole. Ha i cotiledoni molto al- lungati e piuttosto ristretti in modo da non superare di molto il dia- . metro trasversale del fusticino. Sono lunghi, 1 volta e !/,, il fustieino stesso. Verso la base della radichetta si osservano nel dermatogene cellule piuttosto ampie contenenti piccoli fasci di rafidi tra loro molto strettamente collegati. Non v'è traccia di tracheidi bensì nella regione: dei fasci il tessuto si mantiene allo stato procambiale. Parthenocissus aafagesfolia (Lin) PR (Tav. XVIII bis, fig. 43). — | E simile al P. hymalayana. Le cellule dello strato duro sono 140- 2 = . 160 p di lunghezza, quelle all’apice dei lobi arrivano fino a 200 p. di lunghezza. Nel P. hymalayana sono un po’ più brevi poichè di- k STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. MB scendono anche a 120 p. mentre agli angoli arrivano a 190 p. Il ca- rattere essenziale del tessuto duro é che le cellule sono molto ristrette rispetto alla lunghezza, poichè misurano appena 16-20 [^ di larghezza. Parthenocissus trieuspidata (Sieb. et Zucc.) Planch. (Tav. XVII, fig. 35; tav. XVIII bis, fig. 47-49). Qui appartiene il Cissus Veitchii, ed è sotto questo nome ch'io ri- cevei da diverse parti i semi di questa specie. Somigliano per forma e struttura a quelli del P. Aymalayana. È bene visibile in corrispon- denza al calazio l' arco meccanico. Le stereidi formano dal lato esterno 5-6 strati di tessuno cellulare ad elementi poliedrici, bene lignificati (fig. 35 as), i quali si spingono anche al di dentro del fascio, formando così un astuccio intorno al fascio stesso. Verso l'endosperma le cellule diventano più regolari, cioè rettangolari in sezione trasversale, sono meno lignificate e disposte in serie rettilinee, contengono molto tannino. (Fig. 35 te). Ampelopsis heterophylla Sieb. et Zucc. Il seme è quasi globoso, attenuato all’apice, privo di becco, se è cresciuto in compagnia con altri è più o meno depresso dal lato ven- trale qualche volta trigono; il lato dorsale è convesso. Il rafe è ben distinto, la calaza allungata spatulata e termina nel terzo superiore del dorso; il colore è verde oscuro quasi nero. Le due fossette sono di- sposte obliquamente a destra ed a sinistra del rafe divergendo dal becco; non oltrepassano la metà della regione -ventrale in lunghezza ed ar- rivano a poco più della metà del diametro trasversale del seme nelle regioni di massima profondità. In taglio trasversale il seme si pre- senta trilobo, le fossette sono ampie, si approfondiscono nell’ endo- sperma in modo che questo le cinge interamente dalla metà del seme ! giù: questa speciale conformazione che si riscontra in altre specie è data dallo spingersi del tessuto duro e degli strati sottostanti nella età inferiore del seme per cui ne consegue la formazione come di due - cellulari. Egli è perciò che la calaza, qui ed altrove, è sempre più oscura lulari al di dentro dei quali ci sta il fascio conduttore accompagnato | da cellule parenchimatiche a pareti molli. Le stereidi del disco sunno- nuazione colla seconda epidermide del tegumento interno, cellule. che al pari di quelle del disco, sono ricche di tannino. Uno o due strat site, ma non molto lignificate. Cio osservai ian in Se E denza alla ns EDAM dei semi. A. N. BERLESE specie di tubi che si aprono all'esterno colla cima foveolare, nella parte superiore della regione ventrale uno a destra, l'altro a sinistra del rafe e si dirigono obliquamente verso il basso nell interno del seme. In taglio trasversale troviamo le parti che si notano nelle altre specie; l'epidermide esterna del tegumento esterno ha le cellule for- temente schiacciate nel senso tangenziale e colla parete esteriore cosi ispessita da avere un diametro trasversale maggiore di quello del lume delle cellule medesime; segue lo strato mediano dato da un nu- mero diverso di assise cellulari a seconda che si considera la regione rafeale o l opposta, in quest’ ultima abbiamo da 12-14 assise mentre nell’ altra esse si riducono a 6-8 appena ed anche meno. Nella regione calaziale abbiamo soltanto 2-3 strati a pareti sottili come quelle del rimanente tessuto mediano, tutto il restante tessuto é fortemente ispessito, per cui vi é la formazione di un disco mecéanico, sclerenchimatico che ricopre co! suoi bordi anche i margini del tes- suto duro medesimo e riesce necessariamente arcuato verso l'esterno; gli elementi ehe lo eompongono hanno colore bruno in seguito alla forte lignifieazione, come quelli dello strato duro medesimo, sono rico- perti soltanto da due o tre strati di cellule a pareti molli per cui la- - sciano palesare all'esterno la loro tinta bruna, meglio di quanto non lo faccia il tessuto duro che, come si disse, è ricoperto da parecchi strati | del resto del seme. Quest’ anello sclerenchimatico è dato da 6-8 strati cel- | minato, dal margine circolare del tessuto duro ehe ricoprono, si spin- gono anche al di dentro del faseio e quivi costituiscono un secondo disco. Verso l'interno del seme, gl'ispessimenti di queste cellule vanno deerescendo e si fondono colla zona cellulare che é in diretta conti- più interni di cellule dell’ endocarpio a contatto col seme, hanno ele- menti cilindrici, allungati, disposti in varii sensi e colle pareti ispes- STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. 517 Lo strato duro presso la calaza è di parecchie assise (3-4) gli ele- menti però sono qui poco allungati nel senso radiale. In vicinanza a questa regione, il detto tegumento, nel mentre aumenta in ispessore, va subendo una depressione verso l’ interno del seme ed è in causa di questa depressione a metà della quale si adatta il disco esterno, che la calaza è circondata in molte specie da un solco più o meno pro- ; fondo; al di là della regione calaziale il tessuto procede uniforme, è 7 costituito da due strati di cellule fortemente lignificate., All’apice dei lobi queste cellule aumentano sensibilmente in lun- ghezza, pero non si dividono con. setti tangenziali, all entrata delle fossetie decrescono rapidissimamente di guisa chè a tappezzare le fos- sette rimangono le cellule epidermiche pressochè indifferenziate per quanto riguarda la forma, ma colle pareti fortemente ispessite. Tutte le fossette sono ripiene di tessuto mediano a grandi elementi ovoidi, spessissimo rafidiferi. Il tegumento interno è dato da tre strati che non differiscono affatto da quelli che troviamo nella Vite. Così l endosperma e l’ embrione ri- cordano molto quelli della Vite e delle altre Ampelidee in genere. In x ogni cellula vi sono parecchi granuli di aleurona dei quali uno é quasi costantemente assai più grosso degli altri e contiene in generale una 3 drusa racchiusa in un globoido. Intorno all’embrione sono numerose. le goccie di olio e al pari delle altre Ampelidee, il tessuto dell’ endo- sperma è qui disgregato; il contenuto presenta ancora le traccie di una digestione più o meno completa. Scarseggiano quivi i granuli | proteinici, le druse, i globoidi ed i cristalloidi, mentre invece abbonda L'A. serjanüfolia, la A. Delawayana, la A. aconitifolia, non differi- scono nella struttura del seme gran fatto da questa specie, così la A. cordata e la A. tricolor. Nei semi della A cordata rimane qualche volta, in alcuni punti, indistrutta l epidermide della nocella. l'olio il quale nelle cellule circostanti all’ embrione si trova esclusivo. — — A. N. BERLESE Ampelopsis bipinnata Michx. (Tav. XVIII, fig. 36). Per la forma del seme si può riportare alla A. heterophylla. In quanto alla struttura noteremo che l'epidermide esterna e lo strato mediano del primo tegumento ricordano pure quelli analoghi della specie ora ricordata, soltanto le cellule sono meno schiacciate nel senso tangen- ziale. Lo strato duro è più irregolare, presenta un colore giallo- bruno, quanto al resto ricorda quello dell’ A. heterophylla. Non di rado si trovano all’interno delle cellule lignificate dei cristalli pri- smatici che spesso nella cellula dello strato più esterno occupano la regione superiore; non ho mai osservato i cristalli clino-rombici che si notano nelle altre Ampelidee; nello strato mediano del tegumento esterno sono visibili le due zone, l’inferiore tannifera a cellule più stipate, la superiore priva di tannino e a1 elementi più bassi. Come in tutte le altre Ampelidee a calaza infossata in un soleo, il tessuto duro ed i sottostanti sono depressi e formano il suddetto solco. Il tegumento interno ricorda quello della A. heterophylla, le cellule dell’ epidermide interna hanno le pareti radiali meno ispessite. È no- tevole il fatto constatato anche in altre Ampelidee, che in quelle specie in eui abbonda il tannino nello strato mediano del tegumento esterno, le cellule dello strato duro sono meno intensamente colorate ed anche con KOH non danno gl'ispessimenti, quella reazione di giallo bruno carico che si osserva di solito nelle specie in cui manca, o quasi, il tannino nel tegumento esterno (A. heterophylla, A. Delawayana). Ampelopsis orientalis (Lam.) Planch. Ricorda molto l’Ampelocissus quinquefolia anche pel suo tegumento. duro, più spesso semplice. Presso il calazio però, per lungo tratto, come. i pure all apice dei lobi, questo strato duro è diviso in due assise. Inoltre fra lo strato duro circostante e quello dell’apice dei lobi vi è una differenza nello spessore ma non è nè così rapida, nè così sentita . come nell Ampelopsis, le cellule di questo strato sono cristallifere. - STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, “ECC. 519 quelle dell’ assisa esterna hanno il cristallo all apice. Le cellule del- l'epidermide esterna dello strato interno ricordano piuttosto quelle delle Ampelopsis anzichè quelle dei Parthendcissus che hanno frequen- temente le strie di ispessimento incrociantisi in senso diagonale come in Vitis. Cissus Baudiniana (Muell.) Planch. Il seme è piuttosto sferoidale cresciuto libero, mentre può avere spianata tutta la regione ventrale, oppure ad angolo, secondo che è cresciuto a contatto con uno o due semi. Il becco è assai corto, un po’ ineurvato verso il lato ventrale, il colore è verde cupo, quasi nero. Il rafe è sopra una costola saliente, la calaza è allungata e termina ai due terzi della regione dorsale. Privato dell’ epidermide e dello strato mediano il seme presenta lo strato duro, il quale mostra molti rialzi ed escavazioni piuttosto irregolari. Ai lati della calaza e perpendico- larmente alla calaza stessa corrono 4-6 costole, le quali terminano nella linea che segna la massima periferia del seme e che è pure rialzata a costola. Alternatamente ai bordi salienti prima ricordati, da questa co- stola ne partono altre che si dirigono verso il pes si arrestano bru- scamente nella regione ventrale. La regione del rafe è pure rialzata a costola per cui tra questa re- gione ed i bordi rimangono due cavità non molto profonde, una a de- stra e l’altra a sinistra del rafe, le quali rappresentano le fossette esistenti negli altri semi. In taglio trasversale, il seme presenta nel suo strato duro, verso l'interno delle sinuosità corrispondenti ai solchi | ed ai rialzi dello strato duro medesimo, come lo dimostra la fig. 52 della tavola XVIII bis, Un taglio longitudinale praticato presso la calaza, in modo che tagli trasversalmente i bordi prima ricordati, mostra analoghe rientranze e sporgenze nello strato duro. L'endosperma quindi è fortemente sinuoso. L epidermide esterna ha le pareti esterne fortemente ispessite; i suoi elementi ricordano quelli delle specie descritte fin qui: sono ricche di ‘tannino. Lo strato mediano è dato da buon numero di assise cellu- lari (10-12); dal lato del rafe questo numero è sensibilmente più ele- - A. N. BERLESE vato. E° notevole il fatto, notato per altre specie, che di questo tegu- mento gli strati più esterni sono più lassi, contengono dei rafidi, mentre non hanno che poco o punto tannino, laddove quelli più interni sono " t M ricchissimi di tannino e più compatti. Gli strati tanniferi si distin- guono assai nettamente dagli altri, poichè questa sostanza si trova in cellule che sono poste nel primo strato presso a poco allo stesso livello; «non è raro il caso che lo strato sottoposto all’ epidermide sia pure tan- nifero, e dopo questo ne succeda uno non tannifero (qualche volta due e anche più in tutto o in parte non. tanniferi) al quale seguono gli strati tanniferi che si addossano al tegumento duro. Nella regione del rafe si osservano distintamente le cellule floematiche, e verso l interno il fascio posa sopra cellule dello strato mediano a parete sottile, mentre alla parte esterna è circondato da cellule pure prive di tannino, ma a membrana spessa. Queste stereidi sono analoghe a quelle che si trovano nella calaza e che circondano il fascio. I solchi formati dal tegumento duro sono interamente ripieni di cellule tannifere; le due fossette la- terali alla rafe sono ripiene di tessuto tannifero alla parte inferiore e di cellule rafidifere nella parte mediana. Cio si osserva qualche volta anche nei più grossi solchi lasciati dal tegumento duro suddetto. Questo tessuto nella presente specie è grandemente sviluppato. Nelle regioni che all'esterno si appalesano con una eresta saliente e che sono - quindi le meno ispessite, lo strato duro è dato da 5-6 assise cellulari E elementi cilindrici fortemente lignificati. Nei solchi però lo strato duro ; si spinge fortemente nell’ endosperma, e questi lobi sono intera- mente sclerenchimatici, e non di rado in corrispondenza dei solchi si spinge all’ interno una costola di tessuto duro perfino di 20 strati. Le cellule sono tutte fortemente lignificate, sono sviluppate nel senso ra diale, le più interne hanno forma perfettamente cilindrica, le più ; = esterne sono poligonali o alquanto allungate nel senso radiale. Qualche | È i - volta- il contenuto delle cellule di questo strato duro dà le reazioni del — tannino. In corrispondenza della calaza il tessuto mediano che si trova È in corrispondenza dello strato duro al difuori del fascio è interamente 5 igni Beato; gli elementi più esterni. conservano una forma poligonale, ngo ono un = di Swen nm. meno ssiti osi interni cha STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. 521 ae hanno forma allungata nel senso radiale, pure questi contengono tan- nino e terminano al fascio; al didentro di questo vi è un tessuto ad elementi pure alquanto lignificati e ricchi di tannino, i quali costitui- scono una specie di turaeciolo tannico. Al di là del turaeciolo tannico vi sono parecchi strati (4-6) di tessuto cellulare i cui elementi ricordano nella forma quelli dello strato mediano del tegumento interno e conten- gono pure del tannino; si appoggiano direttamente sull’ endosperma, L'epidermide esterna dello strato interno è simile a quella della * vite; lo strato mediano é dato da un'uniea assisa cellulare, che spe- cialmente all'apice dei lobi qualehe volta si raddoppia: l'epidermide interna é strettamente aderente all'endosperma e nulla offre di parti- p Į colare. Nello strato duro sono rari i cristalli. L’ endosperma ricorda molto quello delle altre Ampelidee : riscontrai non molto raramente globoidi in forma di tavolette rettangolari qual- chevolta perforate nel ‘mezzo e cristalli clino-rombici. (Tav. XVI, fig. 30-31). L’ embrione è grandetto, un po’ bruno verso la radichetta; i cotiledoni sono acuminati verso l apice. L’imbrunimento si spinge A anche nel resto dell’ asse ipocotile. Bacche di questa specie, provenienti da varie località Palermo: Por-: tici, ecc.) ricevei dal prof. Pirotta sotto il nome Cissus antarctica. H — Planehon diee « semina subglobosa, ventre non foveolata ». Realmente esaminando il seme all'esterno si può venire alla conelusione che le fossette manchino, però mettendo a nudo lo strato duro, si vede come esso sia fortemente rugoso e che le rughe abbiano determinati punti. di partenza e determinate direzioni, così da cedere il campo nel lato ventrale alle due depressioni ripiene di elementi cellulari rafidiferi " tanniferi le quali abbiamo prima ricordato, e che sì devono conside- ; a rare analoghe alle fossette ventrali delle altre SOR Gg populnea Guill. et Perrott. a xvi bis, se. W) Ricevei dalla spettabile E del Museo di Berlino, tra gli altri, campioni, due bacche sotto il nome di Vitis pallida coll’ indicazione Serib hattas. nee bacche. furono raccolte de nn e come. LE 522 A. N. BERLESE gli altri frutti e semi di Ampelidee ricevuti, anche per questi tentai un confronto colle diagnosi di Vitis pallida a mia disposizione. Il Planchon (Ampelidee N.° 477) a proposito del C. pallida non diede i caratteri del seme e disse che la bacca è monosperma, pyri- formis obovoidea, stylo mucronata annesse al C. populnea. Non nominò affatto lo Sehweinfurth. Però nelle osservazioni asserì che le bacche raccolte da Sehweinfurth sono grandi come delle grandi olive, e per lo meno hanno due centimetri di lunghezza. Queste misure si atta- gliano bene con quelle desunte dalle bacche da me ricevute. Mi sem- brerebbe quindi poter ascrivere le baeche suddette piuttosto al C. po- pulnea che al C. pallida. Del resto anche escludendo la possibilità che il C. popwlnea possa essere una varietà del C. pallida, come mostro credere il Baker (Fl. of. trop. Afric. p. 392) le due piante sono molto affini tra loro. Il Cissus populnea ha semi la forma e la struttura dei quali si staccano fortemente da quelli di tutte le altre specie studiate. Il più affine è il Cissus rotundifolia, ma non presenta il seme così forte- mente compresso. Altra particolarità degna di nota si è che gli strati | interni della bacca rispondenti topograficamente, ed anche per forma e contenuto delle cellule, all’ endocarpio, sono del tutto lignificati, e ri- mangono con tenacia aderenti al tegumento, e concorrono con questo a proteggere il seme. i "La forma della bacca è ovoideo-allungata, così da -ricordare molto quella dell’ oliva, soltanto è schiacciata lateralmente. Il seme ricorda — la forma della bacca, e le compressioni laterali sono più accentuate, | talchè abbiamo i lati pressochè piani od un po’ eoneavi. Tolta la parte carnosa della bacca, rimane I’ endocarpio, osseo, amigdaliforme, addos- | sato al seme, e colla superficie seminata di numerose sporgenze più o meno acute, irregolari. Lo spessore di questo strato duro, che è uni- forme, raggiunge 1 mill., presenta delle ondulazioni, poichè si modell sul seme, il contorno trasversale del quale presenta delle leggere. in- senature. In sezione trasversale questa parte dura mostra una strut- o tura caratteristica. E° formatatdi un gran numero. di cellule allungate sr 2 assai, o fusiformi, ae. ae di strati Pu aei de bre A 5 ihe STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. »23 grossamente ovoidi se appartengono ai superiori. Le pareti di queste cellule sono fortemente lignificate. La lignificazione è più accentuata in quelle più interne fibriformi, meno nelle esterne, delle quali anzi qualcuna contiene numerose granulazioni amilacee (tav. XVI, fig. 28). La disposizione di questi elementi è piuttosto irregolare, alle volte fascicolati compongono per un certo tratto un maggiore o minore nu- mero di strati più o meno ondulati in piani differenti, cosicchè si scor- gono a seconda del taglio o per intero e descriventi le ondulazioni che esistono nel piano del taglio, oppure in sezione. Non di rado 1’ ondula- zione avviene in un piano perfettamente perpendicolare a quello in cui scorrevano prima, per cui si vedono in quel punto in sezione trasversale e sembra che il fascio sia stato attraversato da un altro perpendicolare al primo (vedi figura citata). Talvolta pure succede che si inerocino fasci con inclinazioni reciproche più o meno accentuate. Mano mano che ci al- lontaniamo dagli strati interni, gli elementi si fanno più corti, sono ugualmente ispessiti ma la lignificazione è meno completa e le cellule hanno una colorazione più pallida, e sono meno compresse nel senso tangenziale. L’ispessimento delle pareti non va gradatamente dimi- nuendo, per cui si deve concludere che il passaggio della parte molle alla dura è repentino. In assai minor grado questa particolarità del- l'endocarpio duro osservasi anche in qualche altra specie, come si vide più sopra. Il seme presenta la superficie perfettamente liscia, manca macroseopicamente delle fossette, bensì ha qualche leggera ondulazione ai lati che sono molto ampii in seguito alla compressione laterale, per cui il seme in sezione trasversale risulta ellittico. La parte dura della bacca distaecasi con una certa facilità dal seme rigonfiato in acqua, specie se questa contiene traccie di KOH, però non senza rottura del- l'epidermide e dello strato mediano, la quale rimane spesso aderente alla parte interna della zona dura medesima. Lo strato mediano é dato da due serie di cellule a parete assai de- licata, piuttosto irregolari nella forma pressochè isodiametriche; cia- scuna di esse contiene una grossa drusa, E' importante il fatto che è | precisamente in questo tessuto che scorre il fascio fibro-vascolare che riesce pud protetto e coperto dallo strato duro e si scava una sca- ‘A. N. BERLESE b nalatura longitudinale in tutto il suo percorso sul mandorlo, ed é l'e- pidermide interna della secondina quella ehe forma le fossette che sono lunghissime e molto strette e profonde si da toccare quasi la regione dorsale, cosicché il mandorlo resta diviso in tre parti. Alla superficie del seme si scorgono delle costole ramificate, le quali sembrano dira- mazioni del fascio conduttore. Pero l'analisi microscopica mostra che esse sono affatto indipendenti dal fascio medesimo, non hanno alcun elemento vascolare, bensì sono date da un cordone cellulare che si sviluppa verso la periferia in seno allo strato duro, gli elementi del quale cordone lignificano le loro pareti come quelli dello strato duro medesimo. Ciò osservai anche in altre Ampelidee (Vitis, Ampelopsis, Ampelocissus). Le fossette sono così ristrette che l'epidermide che le tappezza quasi occlude l’intera loro cavità. Rimane uno stretto spazio . leggermente più largo al fondo delle fossette medesime. Tutto questo spazio è occupato da cellule rafidifere molto allungate, a parete assai _ispessita, meno ai poli, dove è sottilissima. È caratteristico il fatto che il fascio vascolare percorre quasi tutto il lato dorsale e ventrale del seme, essendo la calaza collocata mole in alto; (considerato il seme en mieropilo all'in su). Tegumento esterno, — Li è data da gellule molto sehiac- _ ciate nel senso tangenziale e abbastanza cuticolarizzate nella parete esterna. Lo strato mediano nel seme maturo é dato da due parti di- stintissimes la più esterna è costituita da serie irregolari di cellule ggianti a parete sensibilmente ispessita, limitanti degli spazi piuttosto piccoli. La più interna é data da elementi molto schiacciati | nel senso tangenziale, con pareti poco ispessite e che danno una mne = | tensa reazione di tannino, mentre quelle dello strato esterno sono poco | : sensibili a questa reazione. La divisione in due parti distinte dello | | strato mediano si trova in altre Ampelidee ed ancora in altre piante. Così il Pirotta la notò in alenne Oleacee. L’epidermide interna è co- stituita a due serie aleune seins del seme sono seo) di cellule ci- | 2 D pe PR act CRE TOR ARTO ER e de e QUUM E vo NE mus. A NO E TIME T SN een er Dou c MT ^ STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. ud guardo alla grandezza del seme, e per eontenere quasi costantemente 1-2 grossi cristalli poliedriei. Tegumento interno. — Offre una struttura caratteristica; l epider- mide esterna è data da elementi piccoli pressochè isodiametrici, non quindi eilindriei come quelli delle specie di Vitis e altre Ampelidee, e nemmeno colle pareti provvedute degl'ispessimenti inerociantisi diago- nalmente, bensi ricorlano nella loro struttura, pe’ loro ispessimenti ir- regolari, l’ epidermide interna degli altri Cissus, Tetrastigma, ecc. P Cissus rotundifolia Vahl. (Tav. XVIII »is, fig, 42). x ll seme è piriforme, piuttosto grande, inequilaterale, con beeco grosso e ben distinto. Nella struttura ricordo molto il C. populnea. Quindi è percorso da due fossette molto ristrette che partendo dalla regione su- periore ventrale, vanno alla regione inferiore e sono molto profonde, sicchè giungono quasi a toccare il lato dorsale. Presentano spesso delle sinuosità. Sono ripiene di tessuto lasso (a grandi elementi). Spesso si osservano cellule rafidifere molto allungate ed a parete ispessita. L'e- pidermide interna del primo tegumento costituisce, al solito, lo strato duro. E° data in questa specie da 4-5 assise di cellule, gli elementi delle quali sono poco o nulla sviluppati in senso radiale, specialmente quelli delle assise più interne. Un leggero sviluppo nel senso radiale si osserva piuttosto nello strato più esterno, però la cellula cilindriea risultante non ha mai un diametro longitudinale superante il doppio del trasversale. Gl'ispessimenti sono completi in tutte le pareti delle cellule. I canaliculi congruenti sono numerosi e riccamente ramificati, | le pareti ispessite hano un colore giallo pallido. Con una certa fre- quenza si nota nel centro di ciascuna cellula degli strati interni la presenza di un cristallo, però nello strato più esterno è costante il eristallo nella parte superiore della cellula. L'epidermide esterna del tegumento interno è data da cellule piut- tosto brevi, schiacciate. con ispessimenti centripeti analoghi a quelli — ehe si osservano negli altri Cissus, eio? disposti in una serie ed in See a ME OE A. N. BERLESE senso perpendicolare all’ asse longitudinale della cellula stessa. Lo strato mediano è dato da un’assisa di cellule piuttosto ampie ed a parete sottile, lo strato interno ricorda quello degli altri Cissus ed è pure caratteristico per gli ispessimenti radiali e per la colorazione giallo-dorato-pallida che dà col. KOH.. L'albume nulla offre di particolare; è notevole il fatto che il fascio del rafe, anzichè trovarsi al difuori dello strato duro, è al di dentro di esso, poiché questo strato anziché arrestarsi alla calaza, si continua ricon- giungendosi al difuori del fascio e formando due bordi che si toccano. La regione calaziale in continuazione allo strato duro ha elementi fortemente lignificati; non si confondono con quelli dello strato duro medesimo per la loro direzione radiale e perchè sono separati dallo strato duro medesimo da un’assisa cellulare ad elementi tanniferi, la quale è la continuazione dell’ ultimo strato della zona HR del se- condo tegumento, L’ endosperma nulla offre di particolare; l embrione è piuttosto grosso ; ha lasse ipocotile radicoforo pressoché della stessa lunghezza dei cotile- doni; sono ben distinti gli strati che lo compongono: nel periblema esistono . - numerose cellule con rafidi strettamente raccolti in fascetti. I cotiledoni sono molto larghi, hanno forma triangolare, non vi é traccia di tracheidi, | bensì i fasci in numero di quattro sono allo stato procambiale. Il fascio del rafe è composto di buon numero di tracheidi cinte da cellule floematiche. In sezione ha forma ovoide, non molto allungata nel senso tangenziale. Dal lato interno all’ altezza della calaza presenta un arco cellulare, formato da elementi piuttosto piccoli, poligonali, pressochè isodiametrici, il cui contenuto tannico reagisce fortemente in giallo-rossastro-bruno colla potassa, come l'epidermide interna della secondina, colla quale è in diretta continuazione. Cissus quadrangularis L. (Tav. XVIII, fig 37). Il seme è piriforme, piuttosto grosso con becco ben sviluppato: ha un color bianco sporco. L'epidermide del tegumento esterno non differ'sce da | quella degli altri Cissus. Poche assise vanno a formare lo strato mediano, STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. pe 527 L'epidermide interna è formata da l strato di cellule che non hanno subìto alcun allungamento radiale per cui sono larghe e basse; verso la calza ve ne sono 2 strati e 3 intorno alla medesima. Le pareti sono ispessite. Ogni cellula contiene un grosso cristallo, che la riempie quasi per intiero. L’epidermide esterna della secondina è data da cellule schiac- ciate, allungate in sezione trasversale. provvedute di ispessimenti disposti in una serie sola, piuttosto grossi e perpendicolari alle pareti tangenziali. Presso la calaza abbiamo 2-3 strati di queste cellule. Lo strato mediano e l'epidermide interna nulla offrono di interessante. In alcuni punti ri- mane ancora tra lo strato periferico dell'albume e l'assisa interna del secondo tegumento, l'epidermide della nocella. Il fascio è in corrispon- denza dello strato duro; al di fuori di questo fascio vi è l'areo scleren- chimatico in continuazione della metà esterna del tessuto duro stesso, il quale nella regione calaziale, come si disse, è piuttosto grosso. Le fossette sono analoghe a quelle riscontrate nel C. rotundifolia: conten- gono cellule rafidifere che sono pure abbondantissime nello strato me- diano del tegumento esterno. L’epidermide interna della secondina in corrispondenza della calaza continua col disco tannifero notato anche nel C. rotundifolia ed in altre specie, e che qui è dato da 2 strati di cellule. In sezione trasversale questo disco disegna un arco a curvatura leggiera colla convessità rivolta verso l’albume. La figura 37 della tavola XVIII, mostra la struttura del tegumento esterno e di parte dell’ interno presso il calazio. Cissus acida L. (Tav. XVIII, fig. 38). La bacca è monosperma, ovoide; in sezione trasversale presenta due fossette abbastanza larghe, nei punti di massima profondità arrivano oltre alla metà del seme stesso. Anche in questa specie le cellule del- l’endocarpio ispessiscono le pareti in modo che si formano intorno alla epidermide del seme 3-4 strati di tessuto duro. Le fossette si aprono presso al becco mediante una fenditura breve e si \dirigono obliqua- mente nello interno del seme, dimodoché vengono a'scavarsi nell'interno dell'endosperma medesimo, il quale le einge interamente per un certo cu a + Lo tratto. L'epidermide esterna nulla” A esatta di speciale, lo strato me- diano è composto di poche (3-4) assise; lo strato duro è composto di più | assise (4-6). In corrispondenza alle fossette è continuo e si spinge nello - interno delle stesse decrescendo continuamente di altezza. Gli altri tes- suti nulla offrono di particolare. La calaza viene a trovarsi per la sua posizione al di dentro del tessuto: duro, in corrispondenza del quale i tessuti sono lignificati. Lo strato esterno del tegumento duro ha la pa- - rete superiore non ispessita e gli ispessimenti vanno rapidamente de- | crescendo verso l'apice in modo da lasciar un piccolissimo vano che è spesso occupato da piccoli cristalli ehe in seguito s'aecrescono fino ad b occupare l’intera cavità. Presso alla calaza qualcuno degli elementi dello | strato mediano a contatto della zona dura presenta le pareti ispessite. — Cissus connivens Lamk. Sotto il nome di C. connivens var. Meyeriana cresce nella raccolta x di Ampelidee della Scuola, una pianta i cui semi hanno struttura iden- tica a quella dell Ampelopsis heterophylla ed affini. Nel Planchon non . è fatto cenno del seme e del frutto, e non ho potuto quindi identificare - la specie. Anche dai caratteri che presenta F esemplare suddetto, ritengo si tratti di un Ampelopsis. Tutte le specie di Cissus esaminate, n meno il C. connivens che per la incertezza di determinazione non può essere oggetto di osservazioni, ap- partengono al sottogenere Eucissus. La forma e la struttura spesso molto diverse dei semi di queste specie, ed il gran numero delle specie che formano il genere Cissus, mi inducono nel sospetto che in questo genere vi siano parecchi tipi di struttura nel seme, ai quali forse potranno. corrispondere altri caratteri dei rimanenti organi del vegetale. Le os- servazioni mie sopra questo genere sono al presente troppo imperfetto | per poter fare qualche considerazione. E a questa scarsezza di materiale, specie in un genere così nume- roso di specie, e nel quale di molte sono noti i semi, lo si deve attri- buire 1 non a poco A mia nel cercare di procurarmelo, ma a due altre | STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. La prima si è quella che moltissimo del materiale ricevuto appar- tenente «a piante viventi in diversi giardini botanici, giardini di case commerciali ete., non era correttamente determinato, e dalla struttura del seme, dalle ricerche sinonimiche, sistematiche, ete., spesso vidi che si trattava di altri generi (specie Ampelopsis). La seconda è, che non ostante a reiterate preghiere non ottenni ri- sposta alla domanda di avere: a 1.° dal signor Cornu qualcuno dei semi prodotti dalle piante della raccolta Ampelografica (che so essere assai numerosa) del giardino di Parigi. 2.° dal signor Millardet qualcuno dei semi delle piante del Giardino di Bordeaux. 3° Dal signor Flahault qualcuno dei semi delle raccolte riechissime del Planchon esistenti nell’Erbario della R. Università di Montpellier. Spero che in appresso mi sia dato osservare altri semi di Ampelidee e completare così questi studi, i quali, dal fin qui fatto a titolo di saggio, mi sembra possano riuscire di qualche interesse. | CONCLUSIONI Le conclusioni che si possono trarre sulla struttura e sviluppo del seme delle Ampelidee, dalle presenti ricerche sono: l^ Nell’ovario biloeulare delle Ampelidee abbiamo normalmente 4 ovoli, dei quali 1-2-3, raramente tutti 4, sono la fecondazione possono abortire. 2.° Il sacco embrionico proviene dallo sviluppo della terza cellula | della serie assile derivante dallo sviluppo e. divisione della cellula madre sottoepidermica. In detto sacco vi sono due antipode e due si- nergidi. Le antipode hanno brevissima durata. La forma del sacco ri- corda quella delle Gamopetale. Non avviene che la distruzione parziale del tessuto nucellare prima o durante la fecondazione. Il résiduale tes- suto viene distrutto dallo sviluppo dell'endosperma, passato il PE di quiescenza della sferula embrionale. 3.° Durante lo sviluppo del sacco embrionico, vi è formazione di 34. Malpighia anno VI, vol. VI. terna si divide in due o più strati, oppure rimane di un solo strato. I profonda. Il tegumento interno consta delle medesime parti. Ciascuna . è data da un solo strato cellulare. Le cellule dell'epidermide esterna ac: crescono la loro robustezza in seguito alla formazione di strie d'ispessi- - 1 terna ha luogo la formazione di ispessimenti nelle pareti radiali. Questa trale, ai lati del rafe i tessuti sono ancora meristematici. In seguito a introflessione dell'epidermide interna sottostante e di tutti i tessuti del A. N. BERLESE due calotte, una nucellare, ed una epidermica. La prima in seguito allo sviluppo del sacco embrionico viene interamente distrutta, di parte della seconda rimane traccia evidente per molto tempo nella regione micropilare, poichè non viene interamente distrutta. 4.° L'ovolo in principio è ortotropo, obliquo dal lato opposto del si- pario ovariale, è collocato all'apice di un funicolo proveniente dal fondo. della loggia. Diventa anatropo in brevissimo tempo, assai prima della fecondazione, indi il movimento rotatorio continua nella parte superiore, cosieché in progresso di tempo il ealazio viene spinto nella regione dor- sale, mentre per lo sviluppo di tutta la parte superiore dell’ovolo, questo va prendendo un aspetto piriforme sempre più spiccato. 5.° L’ovolo ha due tegumenti che si mantengono pure nel seme. L'esterno è costantemente composto di tre parti: le due epidermidi e lo strato mediano. In quest’ultimo scorre, nella regione ventrale, il fascio conduttore indiviso, il quale termina al calazio dividendosi un po’ a ventaglio. Consta di cellule floematiche e di tracheidi. L'epidermide in- suoi elementi si sviluppano più o meno in senso radiale e costantemente — ispessiscono le pareti, così da costituire una forte zona sclerosa che co- | stituisce la parte dura. L'epidermide interna non si divide. Ha luogo | nella parete esterna delle cellule una cuticolarizzazione più o meno simento nelle pareti, strie semplici, oppure incrociantisi diagonalmente. Lo strato mediano rimane immutato. Nelle cellule dell'epidermide in- epidermide si addossa all'album: col quale contrae adesione. 6.° Prima della formazione de l’albume, e quando nella regione a mieropilare ed in tutto il terzo inferiore del seme i tessuti dei tegu- i ; menti si sorio già differenziati, nella regione mediana della faccia ven- : forte aumento dello strato mediano del tegumento esterno, ha luogo la STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. tegumento interno. Si formano in tal modo due rientranze (fossette) le quali si riempiono poi di tessuto parenchimatico a grandi elementi, spesso rafidiferi, provenienti dal forte aumento delle cellule dello strato me- diano interessate nella formazione delle fossette medesime. Queste cisti rafidifere si osservano ancora nelle altre parti del tessuto mediano. 7.° Lo sviluppo dell’embrione è quale si osserva in molte altre di- cotiledoni. Abbiamo formazione di un sospensore bene distinto che ri- mane aderente all’embrione anche a maturità di quest’ultimo. I cotile- doni e l’asse ipocotile sono bene distinti. La piumetta è affatto rudi- mentale. L’embrione è diritto, i cotiledoni opposti mai curvati. 8.° L'albume non viene che in piccola parte digerito dall'embrione nel suo sviluppo, quindi rimane copioso anche a seme maturo. E° oleoso- carnoso, raramente farinaceo. Vi si osservano grossi granuli aleuronici dei quali in ogni cellula è quasi costante il predominio di uno sui ri- manenti, il quale assum» dimensioni sensibilmente maggiori, e rac- chiude un cristallo (drusa) di ossalato di calce isolato o racchiuso in un globoide; talvolta anche un cristalloide. Soltanto nel Tetrastigma pergamacewm mancano i granuli di aleurona, globoidi, cristalloidi e cristalli, e nella rete protoplasmatica stanno im- mersi numerosi granuli d'amido. : ü 9.° I tegumenti seminali anche prima della fecondazione contengono abbondantemente tannino, specialmente l'epidermide interna del secondo tegumento. La nocella contiene zucchero. Il tessuto calaziale è pure ricco di tannino. . 10.° In tutte le specie in corrispondenza del calazio vi é un disco selerenchimatico al di fuori del fascio, e che talvolta si spinge anche al di dentro, il quale ha per carattere di proteggere il seme nella re- |. gione calaziale medesima. | Dal Laboratorio di Botanica e Patologia vegetale della R. Scuola di Viticoltura di Avellino. B SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. (!) Tav. XI. Sezione longitudinale del funicolo ed ovolo giovanissimo di Vitis vinifera: f funicolo, m nucella, em cellula madre del sacco em- brionico, pr primina, sc secondina | Zeiss 435 4 Stadi diversi di sviluppo della detta cellula madre: nu nucella, cn calotta nucellare (fig. 2-3 ingrandimento 350, fig. 3-4 ingran- dimento 435). Si E © Tav. XI Dis. 5-8. Divisione della cellula madre e sviluppo del sacco embrionico in Vitis: ef cellule figlie, nu nucella, a cellule sottostanti al sacco embrionico. In figura 8.8 i nuclei si sono avvicinati ai poli del sacco (ingrandimento 350). 9. Sacco embrionico più sviluppato e più ingrandito e nel quale i nuclei polari si sono già sdoppiati (ingrandimento 750 immers.). 10. Id. più sviluppato e mostrante le tetradi già formate. I due nuclei centrali non si sono ancora fusi nel nucleo secondario: sin siner- gidi, an antipode, 0 oosfera (lo stesso ingrandimento). n ll. Id. più sviluppato ed in cui il nucleo secondario (ns) si è già for- mato. (Le altre lettere come in figura 10 lo stesso ingrandimento). Tutte le figure sono tratte dalla Vitis vinifera. Tav. XII. 5. Stato iniziale | della calotta Ole nel in una Ampelopsis ( Zeiss +e) 6. Sezione longitudinale della parte superiore dell’ ovolo di Vitis vi- | nifera: te tegumento esterno, ti tegumento interno, Ite labbro del tegumento esterno, fr fascio rafeale, cn calotta ami ce ca- lotta epidermica | ( zeiss A de; Sezione longitudinale della sac di Vite presso la fecondazione Zeiss - BB Z (') Tutte le figure vennero eseguite colla camera lucida di Abbe. Fig. — — -— — wv — Oo m oo — bi - 533 : STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. . Sezione longitudinale dell'ovolo di Vitis riparia dopo che ha su- bito la fecondazione o quando ha passaío lo stato quiescente che precede lo sviluppo della sferula embrionale ( Zeiss BE J: (el Tav. XIII. Sezione longitudinale dell’ ovolo di Vitis vinifera: fv fascio va- scolare, c calazio, n, se, cn, ce come nelle precedenti figure: pr tegumento esterno (primina) sc tegumento interno (secondina) Zeiss . Parte inferiore del sacco embrionico e cellule sottostanti, (prima . della formazione della tetrade inferiore) { Zeiss 2 . Sezione longitudinale del seme di Vitis vinifera: f fascio del rafe, € calazio, epe epidermide esterna del tegumento esterno, tm strato mediano, ei epidermide interna, ti tegumento interno, e embrione | Zeiss D 2 Epidermide interna dello strato interno, veduta di fronte e mo- strante gli ispessimenti nelle pareti radiali ( Vitis) ( Zeiss —5 s Tav. XIV. Struttura dei tegumenti del seme di Tetrastigma pergamaceum nell'interno di una fossetta: smte strato mediano del tegumento esterno, eite epidermide interna del tegumento esterno (non ispes- ; % sita), eeti epidermide esterna del tegumento interno mostrante gli elementi di fronte e di lato, smti strato mediano del tegumento interno, eiti epidermide interna dello stesso, end endosperma di cui l’ultimo strato ha gli elementi colle pareti esterne fortemente cuticolarizzate (c) { Zeiss E Sezione longitudinale dell'ovolo di Vite, prima della fecondazione: es esostomo, en endostomo, ce calotta epidermica, cn calotta nu- cellare, s sinergidi, 0 oosfera, se sacco embrionico, ns nucleo se- condario del sacco embrionico, n nucella, eite epidermide interna del tegumento esterno; eeti, smti, eiti come sopra B LJ . Parte superiore del saeco embrionieo di Vite: ce avanzi della ca- lotta epidermica, n nucella, s sinergidi, sp sospensore, e embrione Le D Zeiss f. 17-19. B 4 21. 30. s. 16. A. N. BERLESE Embrione di Vite in via di sviluppo: S sospensore, e embrione Zeiss —p- J- Id. s sospensore, e embrione, ep. epidermide, a amido ( Zeiss +) D * Tav. XV. Parte superiore del sacco embrionico di Vite: pr proembrione, ce calotta epidermica, cn calotta nucellare, n nocella, se sacco em- brionico, en epidermide della nocella. (Il proembrione è alquanto spostato verso destra { Zeiss . Parte superiore della nocella di Vite in sezione longitudinale : m micropilo, ti tegumento interno, (l'esterno, non è stato dise- gnato) ce, cn, come in figura 20, a albume, e embrione, s sospen- sore Parte della stessa iple ws sotto più forte ingrandimento Zeiss D Embrione di Vitis vinifera: ai asse ipocotile, c cotiledoni, S so- spensore { Zeiss lt» Wta Lisa (soske lettere e stesso ingrandimento). td: ca Parthenocissus tricuspidata (Cissus Veitchii) (stesse lettere e stesso ingrandimento). . Tav. XVI Embrione di Vitis vinifera in via di sviluppo: am amido del so- spensore (s), e embrione, CC regioni dove si svilupperanno i coti- ledoni { Zeiss i Endocarpio duro di Cirsus populnea: a cellule fibriformi viste di : lato, b di fronte, ca cellula amidifera ( Zeiss : Cellule dell’ endosperma di Vite e loro contenuto: prf protoplasma fondamentale, gf granuli d'aleurona, ct cristalloidi, dr drusa, dr! drusa in via di formazione, avvolta, come le altre, in un glo- boide, dr? primi stadi di una drusa, gr granalazioni in un globoide (Zeiss ocul. 5, Koristka obb. !/,, imm. o mog.). Tavolette dell'endosperma di Cissus Baudiniana (lo stesso in- grandimento). NRE clinorombici dello stesso (medesimo pig. Daga wo a : # ps. È PR ENG Ke at à STUDI SULLA FORMA, STRUTTURA, ECC. , 930 Tav. XVII. E 32. Sezione trasversale della parte superiore del seme giovane di un Vitis, onde mostrare la sutura ventrale (sv), stesse lettere delle altre figure ( Zeiss 33. Fascio del rafe di Vite: di strato mediano del tegumento esterno, fl floema, xil xilema. : 34. Sezione trasversale del calazio di Tetrastigma pergamaceum : smte, smti, eite, eeti, eiti come in altre figure, raf cellula rafidi- fera, as astuccio sclerenchimatico, fl floema, xil xilema, end endo- sperma ( Zeiss 35. Sezione attraverso il AT di Parthenocissus tricuspidata (Cissus 2 . Veitchii. (Lettere come in fig. 34). ( Zeiss D ^ Tav. XVIII. 36. Sezione trasversale di una fossetta del seme di Ampelopsis bipin- nata. (Le parti sono come nelle figure precedenti, e facilmente ri- conoscibili). ( Zeiss 7 ). 37. Sezione trasversale del tegumento esterno e dell' epidermide esterna del tegumento interno di Cissus quadrangularis | Zeiss p. $ 8. Sezione trasversale dell'epidermide interna del icum tegumento e w dell’ esterno del secondo di Cissus acida ( Zeiss D 39. Cellule rafidifere dell'embrione di Cissus populnea ( Zeiss —— ). Tav. XVIII bis. 40. Sezione trasversale all'apice di un lobo del seme di EP pere hymalayana. ( Zeiss | E I. Sezione longitudinale dell'apice del seme quasi maturò di Vite. La figura mostra soltanto l'epidermide interna del secondo tegu- mento, l'endosperma ed un po' del sospensore. ( Zeiss > J: Sezione trasversale dell’epidermide interna del 1.° tegumento, ed — be x) a esterna del 2.° di Cissus rotundifolia. ( Zeiss B E 43. Sezione trasversale dei due gain di Parthenocissus quinque- folia. ( Zeiss “+ LR » » » » » » » » » » » >» » » » | Sezione trasversale del seme di Vitis vinifera. » Ampelocissus Martini. — . » Parthenocissus hymalayana. » RA tricuspidata. » Cissus populnea. : » Tetrastigma pergamaceum. » Cissus antarctica. | (Tutti poco ingranditi ma non nello stesso rapporto). CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 037 Coniribité alla conoscenza dell’ apparecchio albuminoso-tannico È delle Leguminose — ‘pel D." PasquaLe Baccarini. 5 (con tav. XXI-XXVD. (Continuazione e fine, vedi pag. 325). Gli elementi speciali del mesocarpo del frutto presentano variazioni - simili, ma solo in grado limitatissimo, poichè anche nelle specie, nelle quali l'accumulo albuminoso-tannico è debole negli elementi speciali dei nomofilli, in essi invece è molto denso, opaco e robusto; e sotto l’azione dell'alcool si eoagula dando di nuovo luogo a formazioni co- ralloidi non meno numerose e bizzarre che nei tubi perifasciali del . füsto. È principalmente nelle Faseolee e in qualche Lotea (Dorycnium rectum) che esso sembra essere più debole e destinato a venire rias- "sorbito: ma è mio debito rilevare, come del resto risulta dal capitolo precedente, che le mie osservazioni sono intorno a questo punto piut- tosto limitate. _ : Negli elementi speciali del mesoderma, corrano essi lungo le vena- ture principali della foglia o lungo il picciuolo ed i rami, si rinno- vano gli stessi fatti esposti a proposito dei tubi parafasciali e degli elementi speciali del diachima fogliare. Nella maggior parte delle He- | disaree (Hedysarum, Coronilla, Onobrychis) ecc. ece., gli elementi exodermici sono quelli nei quali la funzione albuminoso-tannica è esclusiva o prevalente: nella maggior parte delle altre specie che presentano elementi speciali mesodermici (Robinia, Anthyllis Barba- jovis, Wistaria, Amorpha) ecc., questa funzione è quasi sempre molto attiva, ma non al punto da obliterare, sopprimere la primitiva strut- tura della cellula e i suoi caratteri primitivi, chè anzi nel maggior numero dei casi, come sarà meglio esposto nel capitolo relativo allo sviluppo, altre funzioni prendono il sopravvento sostituendosi alla albuminoso-tanniea ed eliminandone contemporaneamente i caratteri, sing a restituire all’ elemento quelli proprii del tessuto al quale essa geneticamente appartiene, 538 | PASQUALE BACCARINI Il fatto più importante che risulta dal complesso delle osservazioni soprariferite è l'intima fusione dell’ accumulo albuminoso-tannico col protoplasma della cellula. Tutti gli autori che si sono finora occupati dei rapporti tra il tannino ed il protoplasma lo hanno trovato o di- sciolto nel succo cellulare (tannini che col percloruro ferrico reagi- scono in verde) o racchiuso in speciali vescicole limitate da una membranella formatasi per precipitazione (tannini che reagiscono in bleu col reattivo sopraecennato) All'interno di queste vescicole il tannino trovasi frequentemente associato a delle materie di natura mucilaginosa e qualche volta a tenui ed incerte quantità di materie proteiche (1). Noi ci troviamo quindi di fronte ad un caso di natura assolutamente diversa: cosicchè io sono rimasto molto tempo in dubbio sulla interpretazione adottata: tantopiü che il Vuillemin, che pure ha studiato gli stessi elementi, è in gran parte di opinione diversa; e non sembra, ammettere questa intima fusione tra il citoplasma e I ac- cumulo albuminoso-tannico, che quando la proporzione del tannino diventa eccessiva: allora (les reservoirs spécialisés passent à la ca- tégorie des éléments passifs. Les composés tanniques envahissent tout l'espace limité par la coque cellulosique. Au stade intermédiaire le cytoplasme est encore visible: mais plaqué contre la paroi) ecc. Per accettare questa interpretazione converrebbe ammettere che |’ ac- cumulo albuminoso-tannico formi uno strato disteso senza interruzione contro il protoplasma della cellula allo stesso modo che questo lo è contro la membrana; e le vacuole si trovino immerse completamente (5 Si pais a questo proposito i numerosi lavori Aare di recente in- — torno al tannino e specialmente que elli di Büsgen, Beobac gen uber das Verhalten pu du bstoffes, in Jenaische Zeischrift Bd. pena d Moelle Anat. os gen in Berichte der Dent. Bot. Gesell. Vol. VI, pag. LXVI; del Kler- er riassunti nella Botanische Mikrotechnik del Zimmermann (Tübingen 1892 i 111-116 e 227-228); ed il lavoro riassuntivo del Braemer, Les Tannoides (Toulouse 1890-91). L’ unico osservatore che, a giudicarne dalla rivista pubbli- cata a pag. 511 dei Beihefte sum Bot. Centralblatt Bd. I, pag. 513, ha otte- nuto delle reazioni tanniche nel citoplasma vivente è il Biittner. Dalla rivista non si può arguire gran cosa intorno a questa osservazione importantissima: né io ho avuto campo di vedere il lavoro originale, * CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’ APPARECCHIO ECC. 539 nell’ accumulo albuminoso-tannico : converrebbe ammettere inoltre che questo aderisca con tale energia alla superficie interna dell'utricolo protoplasmico e delle briglie che da esso partono dirigendosi nell'in- terno della cellula, da non poterne venir distaccato da alcun procedi- mento chimico o meccanico, e che la sua facoltà di assorbire le materie , coloranti sia perfettamente uguale a quello del ‘citoplasma; fatto che osta del tutto colla opacità e la rifrangenza che esso possiede. È quindi molto più ovvio ritenere, come del resto vien messo in luce dallo studio delle briglie protoplasmiche che, come nel caso figurato alla Tav. XXV, fig. 14, attraversano il lume cellulare, e dal succedersi delle singole reazioni nella loro massa, che queste speciali sostanze che costituiscono l accumulo albuminoso-tannico si formino e restino nella massa del citoplasma modificandone la natura e paralizzandone sotto certi rapporti l'attività dei suoi organi, senza ucciderli che in rari casi, come sarà anche meglio dimostrato al seguente capitolo re- lativo allo sviluppo. Il glucoside od i glucosidi, che sotto l'azione dell’ alcool precipitano in forma di sferocristalli, i zuccheri che i reattivi del Fehling e del Trommer svelano in certa quantità nell'interno. degli elementi spe- ciali, sono invece contenuti nelle vacuole di questi elementi; ed è probabilmente ad essi che va riferito l elevato turgore che essi pre- sentano. CAPITOLO TERZO. Sviluppo. Verso la base del cono di vegetazione, quando tutti gli elementi del cilindro centrale si trovano ancora allo stato procambiale, si di- stinguono già gli elementi albuminoso-tannici parafasciali tra le cel- lule vicine per il loro diametro maggiore e l'aspetto particolare del loro protoplasma. In tutte le Leguminose che posseggono, o solo ele- menti perixilematici o solo elementi peri- od endofloematici, essi si -< 540 PASQUALE BACCARINI trovano disposti sopra una cerchia; in tutte le altre che posseggono tanto elementi paraxilematici che parafloematici formano due cerchie concentriche fornendo modo, colla loro disposizione, di arguire sul nu- mero e la disposizione dei singoli fasci. Le sezioni longitudinali li . dimostrano disposti fin d’allora in serie e ci erudiscono sulla loro forma e sulla loro struttura. Gli elementi perixilematici sono alquanto più precoci ed appaiono quindi alquanto più sviluppati degli altri, ed in tutti poi è accentuata la tendenza ad ingrandirsi più nel senso trasversale che longitudinale. Le serie degli elemerti endofloematici appaiono in tutti i casi continue: quelle dei perifloematici e più di rado dei perixilematici delle Lotee e quelle dei perixilematici delle Hedy- saree (Lotus edulis, creticus, Onobrychis viciaefolia, Coronilla va- lentina ecc.) sono frequentemente interrotte. Fin dalle prime fasi lo sviluppo è nettamente basipeto: cioè la differenziazione nel senso al- buminoso-tannico è tanto più progredita quanto maggiore è la di- stanza dall apice vegetativo. | Il protoplasma forma in questo stadio uno strato disteso contro le pareti, dal quale partono delle brevi e grosse briglie che, incontran- dosi all’interno dell’ elemento, formano attorno al nucleo un ammasso centrale: la sua disposizione è quindi perfettamente simile a quella delle cellule vicine: ma già fin d'ora se ne distingue per essere pin, omogeneo, più spesso ed opaco, cosicchè, mentre i contorni delle va- cuole spiccano con maggiore nettezza, quelli dei cromatofori e del nueleo sono meno evidenti e sembrano confondersi talvolta colla. massa che li avviluppa. Assaggiati col reattivo del Millon gli elementi rispondono molto più energicamente di quelli vicini: ma saggiati coi reattivi tannici essi non rispondono ancora. Il primo passo nella loro differenziazione con- siste quindi in una speciale modificazione del protoplasma, nel quale s accumulano le materie proteiche, ed in un contemporaneo elevarsi della pressione idrostatica nel succo cellulare, il quale ne motiva I’ au- mento nelle dimensioni. Da quali circostanze questo eccesso di pres- sione idrostatica dipenda io non potrei dire: ma è bene porre in ri- lievo che a questo momento nel succo cellulare non si avverte alcuna — f ha si 5 CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. oil traccia nè di tannino né del glucoside di eui fu tenuta parola nel capitolo antecedente anche in quelle Leguminose che lo lascieranno scorgere più tardi nei tubi adulti. Questa prima fase dei serbatoi tanniferi caratterizzata dalla assenza del tannino fu già avvertita dal Sachs nel suo più volte citato lavoro egli infatti (1) descrivendo i tubi che si trovano preformati lungo il fascio procambiale delle nervature dei cotiledoni dice « enthalten sie aber noch keinen Gerbstoff, sondern eine kritmliche Materie welche mit Eisensalzen nicht schwarz wird, und mit KO kein rothes Oxy- dationsproduct giebt » essa si può riconoscere con sufliciente nettezza nel Lotus edulis, nell Apios tuberosa (tubi perixilematici) Phaseolus vulgaris e Caracalla e nella Glycyrrhiza glabra: men chiaramente nelle altre e, segnatamente nella Wistaria, nelle Robiniae, nell’ He- dysarum coronarium, nel Desmodium penduliflorum e nella Ken- nedya per il rapido passaggio che gli elementi fanno alla nae sue- cessiva, caratterizzata dalla comparsa del tannino. Le reazioni tanuiche sono nella massima parte dei easi e mene mente nelle Galegee, nell’ Hedysarum coronarium, nell Ebenus cretica e nelle Onobrychis esaminate molto evidenti fin dal momento nel quale gli elementi entrano in questa seconda fase: e da tutte le mie osservazioni risulta concordemente che esse si effettuano non già al- linterno delle vacuole, ma nella massa del protoplasma, interessan- done tutte le formazioni. Contemporaneamente al comparire della rea- zione tannica anche la pressione idrostatica si accentua davvantaggio e si esplica non soltanto distendendo l elemento nel senso trasverso, ma anche, e molto piü, in senso longitudinale. Nello stesso tempo lo strato protoplasmico e le briglie si ingrossano a spese delle vacuole che vanno diventando sempre più piccole e finiscono collo scomparire del tutto. Se esse poi vengano intieramente riassorbite o non piut- tosto restino all'interno dell'accumulo in forma di minutissime cel- lette ripiene di una soluzione molto densa io non. ho potuto decidere: sembrami però che la seconda interpretazione sia più probabile e che agevoli l'interpretazione di fenomeni successivi. 542 PASQUALE BACCARINI Nor in tutti i casi queste vacuole però si eliminano colla stessa ra- pidità: ma si hanno a questo proposito delle differenze notevoli anche nel seno di una stessa specie e di uno stesso ramo, poichè mentre in taluni elementi si eliminano con notevole lentezza, tanto da poterle seguire nel loro graduale scomparire, in altri scompaiono così pron- tamente che fin da principio i giovani tubi appaiono perfettamente pieni di un accumulo omogeneo. Sono in quest’ ultimo caso principal- mente i tubi delle Lotee, delle Galegee e della Wistaria in ispecie: nel primo i tubi delle Faseolee e specialmente delle Erythrine. Con- temporaneamente all’ inspessirsi il protoplasma diviene anche più denso ed omogeneo tantochè solo in rari casi e in rare specie (Coro- nilla valentina, Indigofera cassioides, Dolichos Jacquinianus) ci si possono distinguere tutte le formazioni protoplasmiche con sufficiente nettezza: per lo più il nucleo continua a scorgersi ancora in molti casi, ma i plastiduli restano quasi sempre intieramente nascosti: co- sicchè si potrebbe credere fin d'ora ad una completa o quasi disor- ganizzazione della struttura cellulare. Questa però non è quasi mai così profonda come a prima vista potrebbe sembrare: ma è interve- nuta solo una specie di paralisi nell'attività dei singoli organi del protoplasma. Mentre all'interno dei tubi avvengono questi fenomeni, gli elementi del fascio procambiale si dispongono ad acquistare il loro assetto de- finitivo: si compiono le ultime segmentazioni cellulari e si organiz- zano i vasi e segnatamente le prime e più sottili trachee. In seguito eoll'entrare dell'internodio (già distante dal cono di vegetazione) in una fase di attivo allungamento, anche gli elementi albuminoso-tannici . ehe hanno oramai raggiunto le loro dimensioni trasverse accentuano di piü ancora la loro tendenza ad allungarsi ed assumono la forma di lunghi tubi. Gli elementi vicini intanto non solo erescono in grossezza, ma anche in lunghezza: cosiechè a seconda dell’ aumento che hanno subito in questo senso, possono in certi casi apparire poco men larghi degli albuminoso-tannici: come ad esempio si può constatare parago- nando in un internodio adulto delle Lotee e delle Hedisaree, il dia- metro trasverso dei tubi con quello delle cellule vicine della corteccia e del midollo. - CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 043 La singolare lunghezza che questi elementi parafasciali raggiun- gono in confronto di quelli vicini ha dato luogo a molte discrepanze tra i varii autori che se ne sono occupati: così per esempio mentre il Trécul (!) ed il Vuillemin (2) opinano che ogni tubo sia formato ‘da una cellula sola, ed il Sachs (3) non se ne occupa affatto, l'A- vetta (+) chiama quelli della Pueraria Thunbergiana canali per orisine lisigenica, ed il Borzi considera i tubi lunghissimi del Pha- seolus Caracalla derivati dalla tardiva scomparsa dei setti trasversi di un certo numero di elementi sovrapposti. Nel mio lavoro sulla Glycine (Wistdria sinensis) io ho insistito sopra alcuni fatti di rias- sorbimento e lacerazione delle pareti trasversali negli elementi para- fasciali disposti in serie: e nella mia nota preliminare ho insistito su questa interpretazione contro le vedute del Vuillemin, il quale, per altro, non esclude la possibilità di una fusione di più tubi assieme come conseguenza della accidentale lacerazione dei setti trasversi, la- cerazione provocata dalla forte PRESA a cui la membrana dei tubi è sottoposta. In favore dell'opinione del Tréeul e del Vuillemin sta il fatto della difficoltà veramente notevole che s'incontra a sorprender questi setti trasversi in via di eliminazione: cosicchè ad esempio in una prima serie di Leguminose (Glycyrrhiza glabra, Hedysarum coronarium, | Onobr “ychis Caput-galli e yiciaefolia, Coronilla valentina) io non posso produrre alcun fatto in appoggio dell'opinione da me difesa: ma in altre l'osservazione diretta conduee a risultati totalmente di- versi. Così ad esempio in molte Lotee non è affatto difficile osservare delle disposizioni come quelle figurate nella Tav. XXIV, fig. 104-105 e fig. 11, le quali indubbiamente rappresentano delle fasi successive di riassorbimento dei setti trasversi. Disposizioni simili si avvertono an- cora (quando si ricerchino con cura) nelle Galegee: come ad esempio (! L e. p. 380-381. 2) La subordination, ecc. p. 231. Sur l'évolution, ecc. in Bull. de la Société Bot. de France, Vol. XXXVIII p. 193. €) 1 c. p. 216. (9 1. e. p. 375. 546 PASQUALE BACCARINI cialmente quelli peri- ed endofloematici, compressi e schiacciati dalla pressione degli elementi vicini, finiscono coll’avvizzire e si possono ri- conoscere più tardi come sottili nastri distesi in mezzo ai tessuti che li circondano. In qualche Lotea, Anthyllis tetraphylla, in molte Hedysaree, Coronilla, Onobrychis, ecc., e in quasi tutte le Faseolee (Phaseolus, Dolichos, Erythrina principalmente) dopo che l'internodio ha raggiunto i suo massimo allungamento, i tubi entrano in una fase nuova, e cioè Yaceumulo albuminoso-tannico va gradatamente schiarendosi, il nucleo ed i plastiduli che nella fase precedente (che possiamo chiamare la fase culminante della differenziazione albuminoso-tannica) erano poco o nulla visibili ritornano a svelarsi, e contemporaneamente l’ accumulo - va restringendosi alle pareti, poichè nel suo interno compaiono delle vacuole dapprima minute e distanti, poi sempre più grandi e vicine, le quali gradatamente confluiscono assieme e finiscono col respingere il protoplasma alla periferia. Contemporaneamente a questo indebolirsi dell'accumulo albuminoso-tannico anche le sue reazioni caratteristiche divengono gradatamente più fievoli e finiscono collo scomparire, co- sicchè il tubo si trova trasformato in una specie di serbatoio acqui- fero. Il suo utricolo di protoplasma è allora intieramente disteso sulla membrana cellulosica, sottile, trasparente e quasi vitreo d’ aspetto, il nucleo ed i plastiduli vi si scorgono con somma nettezza, ma son più radi, minuti e chiari dell'ordinario. Più tardi anche questo strato di protoplasma perderà gli ultimi residui della sua attività funzionale e si trasformerà in un cordone peo e pendulo dalle pareti trasverse lungo l’asse dello elemento. Questa metamorfosi non si compie contemporaneamente per tutti gli elementi dell'internodio, ma in modo molto saltuario anche per gli. elementi della stessa serie, specialmente nelle Hedisaree dove, mentre taluni tubi passano di buon'ora dalla fase culminante a quella di ser- batoi acquiferi, gli altri vicini vi possono passare solo con estrema len- tezza. E cid che è rappresentato appunto nella fig. 10 della Tav. XXV per la Anthyllis tetraphylla, la quale sotto questo rapporto si avvicina molto alle Hedisaree. Nelle Erythrina e nelle Coronilla varia le ultime traccie della reazione tannica scompaiono con estrema lentezza, cosicchè CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 547 nello interno dello stesso tubo possono osservarsi delle fascie e delle zone di protoplasma che reagiscono ancora con sufficiente chiarezza, mentre quelle vicine non reagiscono più. | Gli elementi endofloematici secondarii che s'incontrano nei Dolichos, nella Wistaria, Robinia, Amorpha, ecc. ecc., hanno il valore morfo- logieo di una cellula cambiforme : poichè è una cellula figlia di una iniziale del cambio che si trasforma direttamente in elemento speciale. Questi elementi, il cui turgore è solo di rado molto più elevato di quello delle cellule vicine, formano delle serie tangenziali le quali si trovano sempre dal lato esterno della produzione del cambio per quel . dato periodo della sua attività, il che dipende da ciò che nella gene- ralità dei casi essi sono i primi elementi ai quali esso dà origine alla ripresa della vegetazione. Gli elementi speciali secondarii del floema di Amicia Zygomeris non sono più formati da un'intera cellula figlia di un'iniziale del cambio: poichè quella si divide di buon'ora per traverso in due segmenti, uno superiore più breve, l'altro inferiore più lungo: questo si confonderà cogli altri elementi del libro; quello si trasformerà rapidamente in un elemento-albuminoso tannico di forma ovoidale od elittica. La stessa precocità di sviluppo che caratterizza gli elementi para- fasciali s'incontra pure negli extrafasciali, e vi si avvertono di nuovo i fenomeni sopradescritti forse in modo anche più interessante ed istruttivo. Se noi prendiamo dapprima a seguire lo sviluppo delle cellule spe- ciali del diachima foliare del Lotus tetragonolobus, dell’ Onobrychis viciaefolia, dell Hedysarum coronarium, dell’ Ebenus cretica, dell'Or- nithopus compressus e dello Scorpiurus subvillosa, noi vedremo talune cellule degli strati subepidermici della fogliolina (la quale conta in questo stadio quattro piani cellulari oltre l'epidermide) distinguersi di buon’ora per il loro rapido accrescimento e per lo spessore e per la speciale rinfrangenza del protoplasma. Nell'Ebenus cretica, nell’ Qno- brychis quasi tutte le cellule dei due piani subepidermici od exo- = dermici sopraindicati partecipano a questa differenziazione: negli Hedy- sarum quasi tutte le cellule exodermiche della pagina inferiore, solo _ PASQUALE BACCARINI gran numero delle exodermidi della pagina superiore: nelle altre specie sopracitate solo un certo numero sotto l'una e l'altra epidermide. Ciò, come si vede, è in rapporto colla maggiore o minore ricchezza della m foglia in elementi speciali. Prime a distinguersi sono le cellule della Le pagina inferiore; e più tardi le altre, e tutte dapprima s’ingrandiscono tangenzialmente alla superficie fogliare: in seguito pero, mentre gli ele- menti della pagina inferiore seguitano a svilupparsi in questa direzione, gli altri tendono ad allungarsi in una direzione perpendicolare. Le ceilule speciali della pagina superiore dell'Ebenus cretica si mettono a su questa via molto più di buon’ ora che le altre simili delle specie citate, e ciò dà la ragione della loro forma conica più stretta ed affilata. Da una fase primitiva, neila quale il nucleo edi plastiduli sono ben evidenti ed il protoplasma lascia posto nel centro della cellula a nu- merose vacuole, essi passano ben presto ad un’ altra, nella quale le vacuole son divenute irreconoscibili 0 mancano affatto, ed il nucleo ed i plastiduli sono discernibili solo con molta difficoltà e spesso non si discernono affatto. Questa fase culminante della differenziazione è raggiunta, quando le foglioline sono ancora piegate e lontane dalla loro definitiva grandezza: ed in seguito poi l'accumulo albuminoso- aperta ed a tannico si schiarisce di nuovo: cosiechè quando la foglia è adulta, le vacuole, il nucleo ed i plastiduli sono di nuovo visibili. In nessun caso però (nelle specie citate, s'intende) il riassorbimento del- l accumulo giunge sino al punto da eliminarlo, ché anzi esso resta ‘sempre molto forte e caratteristico. I plastiduli appaiono in questa specie debolmente colorati im verde, ed il loro numero è nello Scor- | piurus subvillosa, nello Hedysarum coronarium e nell Ornithopus compressus inferiore di 1/, ad '/, a quello dei vicini elementi del palizzata e dello spugnoso; il che prova che all’inizio della loro spe- - cializzazione le cellule non avevano ancora BEI il numero de- finitivo dei loro plastiduli. In un’altra serie di Legunrinose (Amorpha, Robinia, Indigofera) i fenomeni succedono nello stesso modo sino alla ‘fase culminante della | differenziazione albuminoso-tanniea: ma in seguito il riassorbimento del accumulo mon. é Da così leggero e di breve durata come nel Mec MID =a) ape eae » ati ue), CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 549 caso precedente, ma seguita a lungo, finche le cellule non ne con- servano infine che deboli traccie, e nelle foglie adulte non sono molte volte riconoscibili che per la tenue reazione tannica del toro proto- plasma. In molti casi si distinguono ancora nelle ultime fasi dalle cellule vicine per le maggiori dimensioni: ma questo carattere scom- pare tutte le volte che la fase culminante sia di breve durata e il riassorbimento dell’ accumulo molto pronto e completo. È ciò, per . esempio che si avvera per Ja Wistaria sinensis e l'Enterolobium Tim- ES bouva, nelle eui giovani foglie ancora piegate nella gemma si osser- I vano tanto sotto l'epidermide superiore che sotto quella inferiore numerosi gruppi di cellule speciali che nella foglia a lamina distesa sono scomparsi del tutto. Allo stesso modo della Amorpha e della Robinia (nelle quali lo strato speciale della pagina inferiore della foglia è subepidermico) si comportano altre Leguminose nelle quali esso è più profondo. Nella Kennedya, nei Desmodium, Dolichos, nello Apios tuberosa è lo strato immediatamente sottostante a quello exodermico della pagina inferiore che si differenzia senz'altro in strato albuminoso-tannico: le sue cel- lule dapprima poligonali e ad immediato contatto per tutta la loro superficie (Tav. XXVI, fig. 1) s'ingrossano dapprima in tutti i sensi ed in seguito prevalentemente solo in una direzione parallela al piano. della lamina foliare e diventano poi, per l'ineguale sviluppo delle varie parti della loro superficie, ramose etubulari. Nelle Zndigofera le cel- lule di questo strato, che segue all'exodermico, non si trasformano più in cellule speciali, ma sono delle cellule exodermiche stesse che danno origine agli elementi albuminoso-tannici dello spugnoso. Esse infatti si allungano alquanto verso l'interno della lamina fogliare e quindi si segmentano parallelamente alla superficie in due elementi, I’ esterno — dei quali diverrà una cellula del tessuto spugnoso, l'interno una cel- lula albuminoso-tannica. In ogni caso tanto nelle Kennedya che nei Desmodium, nei Dolichos e nelle Indigofera questi elementi, superata —— ida. fase eulminante dello sviluppo, tendono anche essi ad eliminare — F accumulo albuminoso-tannico con maggiore o minore rapidità a se- _ conda dei casi, ma collo stesso risultato finale di conservare in defi- < PASQUALE BACCARINI sae nitiva solo traccie degli antichi caratteri differenziali degli altri ele- menti dello spugnoso. Questo processo che si esplica abbastanza len- tamente nelle Kennedya macrocarpa e pubescens, nel Desmodium gyrans, è più rapido nelle altre Kennedya e Desmodium esaminati: rapidissimo e precoce nei Phaseolus, nei Dolichos e nell'Apios tuberosa. Nelle Cesalpiniee (Ceratonia Siliqua e Cercis Siliquastrum) gli ele- menti albuminoso-tanniei della foglia, sono costituiti esclusivamente da cellule epidermiche, le quali tutte senza eccezione, di buon'ora si diffe- renziano in questo senso, e solo tardi e lentamente ritornano alle fun- er zioni normali. In certe Papilionacee, come l' Arachis hypogaea, l'Aeschi- - nomene indica e YAmorpha fragrans e fruticosa si avverte qualche cosa di simile. Infatti nell' A. hypogaea talune cellule del dermatogeno della pagina superiore delle giovani foglioline di questa specie ora iso- late, ora in piccoli gruppi, manifestano di buon’ ora la tendenza ad allungarsi verso l'interno della foglia assumendo la forma di elementi conici: nella Aeschinomene indica e nella Amorpha fragrans e fruli- cosa non sono piü delle cellule del dermatogeno, ma delle loro cellule figlie. Quelle infatti di queste cellule del dermatogeno che dovranno dar origine ad elementi speciali, si dividono parallelamente alla super- fieie: e dei due segmenti che ne derivano, l'esterno diventa una cel- lula epidermica, l'interno una cellula speciale. Nel caso dell’ Amorpha _ queste cellule speciali raggiungono un grado di differenziazione albu- minoso-tannica molto elevato: ma non cosi quelle dell’Arachis e della Aeschinomene. In queste due specie le cellule speciali del diachima della foglia, tanto quelle di cui si è ora parlato, quanto quelle dello spugnoso che hanno origine exodermica, presentano anche nella loro r giovinezza così debolmente i caratteri e Je reazioni albuminoso-tan- - niche che solo di rado e con difficoltà si riesce a constatarli: tuttavia. sia per la loro forma, la sottigliezza e la trasparenza del loro strato . protoplasmico non si possono confondere colle cellule degli elementi. vicini. Essi, dopo una fase albuminoso-tannica affatto transitoria ed appena sensibile, si sono trasformati in elementi acquiferi. Questa ten- . del resto non si manifesta in esse soltanto: poiehé anche gli elementi Hem del secondo Bruppo di dr di cui feci sensa : culminante. Questa è molto marcata negli elementi exodermici degli CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. dol parola (Amorpha, Robinia, Desmodium, Dolichos, ecc. ecc.) quantun- que dopo la fase albuminoso-tannica passino a quella di cellule assi- milanti, possono considerarsi anche come elementi acquiferi per l'ab- bondanza del succo cellulare: e nelle Erythrina, mentre la funzione elorofilliea si va in loro affievolendo, questa altra tendenza prende il sopravvento; e così per una serie di casi sempre più marcati si giunge alla Psoralea bituminosa, nella quale le grandi cellule speciali del | palizzata come già nell'Arachis e nella Aeschinomene, dopo una breve fase albuminoso-tannica pochissimo distinta, si trasformano in elementi esclusivamente acquiferi. La storia dello sviluppo ci conduce quindi allo stesso risultato al quale si era giunti ¢oll’esame comparato degli elementi speciali negli elementi che si presentano: in taluni cioè di questi elementi (massima parte delle Lotee e delle Galegee, e molte Hedisaree) la differenziazione albuminoso-tannica è pronta, intensa e persistente talchè gli elementi che ne acquistano i caratteri non li perdono più o li perdono con estrema lentezza ed in modo incompleto: in una seconda serie di Le- - guminose (molte Hedisaree e la massima parte delle Faseolee) questa differenziazione é meno profonda: i caratteri che essa imprime all' ele- mento o non giungono a fissarsi, o solo in parte si fissano, e gli ele- menti stessi ritornano alle funzioni proprie dei tessuti ai quali ge- neticamente o fisiologicamente appartengono: in una terza serie (Ery- thrina, Arachis, Amorpha) gli elementi albuminoso-tannici dopo una fase albuminoso-tannica, ora diseretamente marcata, ora quasi insen- sibile, restano bensi diversi da quelli vicini, ma non conservano traccia a dell'accumulo che si riscontra nei casi tipici e si trasformano in ele- menti acquiferi. Va da sè che questi diversi tipi sono, come sopra fu esposto, connessi tra loro da numerose forme intermedie. | Se si prendono ad oggetto di studio gli altri elementi albuminoso- tannici che si trovano distribuiti sia lungo le nervature fogliari, sia. nel mesoderma del picciccolo e dei rami, riuscirà facile avvertire gli — stessi fenomeni: e cioè il loro pronto differenziarsi dagli altri elementi 5 prossimi ed il loro successivo passaggio da una fase iniziale ad una PASQUALE BACCARINI P Hedysarum, delle Onobrychis e dell Ebenus cretica e negli elementi mesodermici della Anthyllis Barba Jovis, delle Robinia, delle Amorpha e delle Zndigofera: alquanto meno negli altri casi: pochissimo in gė- nere nelle Faseolee. In seguito l' accumulo albuminoso-tannico entra in un'altra fase di progressivo riassorbimento e si va gradatamente schiarendo. Nelle specie ove era citato questo riassorbimento procede con estrema lentezza; ma diventa abbastanza pronto nei Desmodium 3 e nelle Faseolee che presentano elementi speciali mesodermici: pron- i tissime nella Wistaria sinensis e floribunda: cosicchè infine questi A T - elementi speciali, quando si saranno spogliati dall'aeeumulo albuminoso a tannico, si confonderanno sia cogli altri elementi collenchimatosi. se de: si trovavano sparsi nel collenchima, sia cogli elementi yerdi della cor- > teccia. In niun caso li ho visti trasformarsi in elementi acquiferi. Però = anche quando conservano a lungo o definitivamente i caratteri di ele- menti albuminoso-tannici, non presentano (salvo gli exodermici delle Hedisaree) dimensioni molto superiori a quelle delle cellule vicine: poichè le fasi iniziali e culminanti (durante le quali essi massima- mente ingrandiscono) sono di breve durata e cessano di buon'ora, mentre negli elementi vicini si mantiene ancora a lungo vigorosa la tendenza ad espandersi. Gli elementi albuminoso-tannici extrafasciali del pericarpio del frutto si distinguono di nuovo per le loro dimensioni e per la nettezza, la densità e la persistenza dell accumulo speciale. In essi inoltre con molta frequenza si avverano dei fenomeni di riassorbimento cellulare che dan luogo a delle vere e proprie caverne ripiene della secrezione in quistione. Cosi, per es., nell'articolo superiore del frutto di Anthyllis * tetraphylla si osservano due caverne formatesi cosi per origine lisige- | nica e disposte simmetricamente una per parte nelle due valve del. frutto. Nel Dorycnium rectum gli elementi exodermici del frutto pas- sano con molta lentezza dalla fase iniziale alla culminante di questa differenziazione: e durante il processo le pareti radiali si rigon- | fiano nel loro mezzo e finiscono col riassorbirsi, cosicchè si formano : sotto lepicarpio dei tubi albuminosi-tannici abbastanza lunghi, distesi È per traverso. Fenomeni simili si avverano anche nel frutto di Kennedya alba e della Robinia spinosa. rues x d pe = CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. | 553 Da tutto quanto siamo venuti finora esponendo risulta pienamente giustificata la distinzione da me in addietro proposta tra elementi de- finitivi e transitorii, e la inclusione di quest'ultimi nello apparecchio albuminoso-tannico delle Leguminose. Anche questi elementi transi- torii sono degli elementi morfologicamente differenziati e da non pa- ! ragonarsi, come vuole il Vuillemin, (t!) cogli elementi del legno di Ro- $ binia che in estate sono ricchi ed in inverno poveri di tannino: poichè x in essi queste differenziazione imprime una serie di caratteri che per- T . durano per un certo tempo. Riuscirebbe del resto molto difficile il se- gnare un limite netto tra gli elementi da comprendersi nell’ apparec- ehio albuminoso-tannico, e quelli da escludere: poiché dagli uni passa agli altri gradatamente e quasi insensibilmente, specialmente in quei easi nei quali, come nel diachima fogliare delle Faseolee e nel meso- derma delle Robinia, il momento della scomparsa dell’ ultima traccia di aceumulo albuminoso-tannico varia da elemento ad elemento anche in una stessa specie ed in uno stesso individuo: talehé confrontando, per esempio, delle foglie di Robinia nella pienezza del loro sviluppo, ma di €tà diversa ed anche della stessa età, suecederebbe molto fre- quentemente di segnalare in talune una formazione albuminosa-tan- niea, che nelle altre potrebbe affatto mancare. ; : Io ritengo invece che lo studio di un dato apparecchio non possa essere completo e fecondo, da qualunque aspetto esso lo si consideri, se non vien fatto in tutte le sue parti e in tutte le sue modificazioni . ele varie sue fasi. CONCLUSIONE. Da quanto sono andato esponendo in addietro risulta chiaro che in un certo! numero di Leguminose appartenenti alle famiglie ed ai gruppi | più diversi dell'ordine, esiste un apparecchio costituito da elementi, nei ‘quali il tannino s'incontra associato ad una abbondante sostanza al- ^ buminoide. Non tutto il tannino, o per dir meglio, non tutti i tannini pa (D kc, p. 249. PASQUALE BACCARINI se) che le Leguminose contengono; si trovano localizzati in quest'apparec- a ‘chio: poichè, ad esempio, le Podaliriee, le Trifoliee, le Viciee, molte Hedisaree e qualche Lotea, quantunque riechissime in tannino, non pos- seggono alcuna traccia di questo apparecchio: ed altre Leguminose come, ad esempio, la Robinia, ira le Galegee, e segnatamente le Cesalpinee (Ceratonia Siliqua e Cercis Siliquastrum) presentano ad un tempo un apparecchio albuminoso-tannieo pit o meno ben sviluppato, ciale sostanza albuminoide, ma diffuso nel succo cellulare degli ele- - menti di molti tessuti e più specialmente del midollo, dei raggi mi- - dollari e del parenchima legnoso. L'apparecchio albuminoso-tannico si trova specialmente ben costi- tuito nelle Lotee, nelle Galegee, in molte Hedysaree e nelle Faseolee, si può scindere in due sistemi, e cioè il parafasciale e l'extrafasciale. i quali ora coesistono all’interno della stessa specie, ora si trovano separati del tutto. In ogni caso, e qualunque sieno le variazioni che la loro distribuzione presenta, risulta chiaro che essi hanno degli in- timi rapporti sia coi tessuti conduttori, sia coi tessuti assimitatori e di riserva. Così, ad esempio, il sistema parafasciale è co’ suoi elementi endofloematici in rapporto coi tessuti conduttori del libro: con quelli. perixilematici, coi tessuti conduttori del legno, del libro rudimentale interno, e col tessuto di riserva costituito dal midollo: e con quelli perifloemici in rapporto coi tessuti conduttori del libro e dei raggi midollari. Il sistema extrafasciale è cogli elementi speciali del diachima | : della foglia in rapporto coi tessuti assimilatori della stessa: con quelli xm del mesoderma coi tessuti conduttori assimilanti e di riserva della | corteccia; cogli elementi speciali di midollo in intimo rapporto con questo tessuto di riserva, e cioé in ogni caso con quei tessuti nei quali il chimismo della pianta si esplica con maggior attività. Questo fatto inoltre acquista maggior importanza quando si rifletta che gis ‘cumulo albuminoso-tannico è più caratteristico nei tessuti in via di à attivo. accrescimento, anche in quelle specie le quali. più tardi pre- sentavano un Fade ie molto ridotto e mal caratterizzato. Le iion e delle abbondanti quantità di tannino non collegato ad alcuna spe- | : we H a é 5 AME REN elementi in questione presentano il massimo loro sviluppo e che lac- | CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’ APPARECCHIO ECC. 555 quindi del Büsgen (!) e del Bokorny (2) nei rapporti genetici tra i composti proteici e le sostanze tanniche ricevono da queste osserva- zioni un naturale appoggio; poichè l accumulo albuminoso-tannico è più forte laddove queste sostanze si producono, migrano, s'aceumulano o trovano impiego. D'altra parte però il fatto che specialmente nelle Galegce, nelle Cesalpinee e in molte Mimosee s'incontrano nei tessuti delle hotevoli quantità di tannino non accumulate in particolari ele- _ menti, e non così intimamente connesse con date sostanze albuminoidi, indica, a mio credere, che il tannino o, per meglio dire, certi tannini hanno un’origine assolutamente diversa e vanno considerati come pro- dotti secondarii delle trasformazioni che altri composti organici subi- scono nell'interno della pianta. Nel caso nostro inoltre il graduale, e qualche volta molto notevole riassorbimento dell'accumulo albuminoso- tannico depone in favore del concetto che non si tratti qui di una sostanza di rifiuto, ma piuttosto, almeno in molti casi, di un deposito temporaneo dell'eecesso di sostanze che debbono più tardi trovare un utile impiego. i È probabile inoltre che l'apparecchio albuminoso-tannico epidermico ‘delle Cesalpinee, quello exodermico delle giovani foglioline delle Papi- lionacee e dei giovani rami e picciuoli di molte Hedysaree, Lotee e : Galegee, per non citare che i casi più caratteristici, adempia l'ufficio di proteggere i tessuti contro l'azione di nemici animali e specialmente contro le punturé di acasi, afidi e coccidi: ma piü difficile sembrami attribuire un'egual funzione agli elementi piü profondi, quali, ad esempio, i mesodermici della Anthyllis Barba-Jovis e quelli parafasciali. Non è difficile che questi, in vista del loro elevato turgore, esercitino una notevole influenza sul meccanismo dello accrescimento delle legumi- - nose che li presentano. Le reazioni microchimiche, che nel secondo capitolo ho riferite, met- tono in evideuza una certa analogia (o per lo meno fanno nascere il sospetto di questa analogia) tra il contenuto albuminoso-tannico dei Le @) eae der Deutsch. Bot. Gesellsch. Vol. VIII, pag. 112. PASQUALE BACCARINI nostri elementi ed i rivestimenti protoplasmiei che il Mattirolo ed il Busealioni hanno così bene studiati nelle Leguminose: ma l'argo- mento richiede una disanima molto fine ed accurata che io non ho avuto il campo di compiere, e mi limito quindi ad esporre questo concetto. s Per quel che riguarda la loro minuta struttura é da segnalarsi spe- cialmente Yintima fusione della sostanza tannica colle materie” albu- minoidi che costituiscono l'accumulo, e la presenza in molti casi di ponti pretoplasmici che riuniscono i protoplasti degli elementi speciali. tra loro o con altri di elementi di proprietà istologiche diverse. Qu Jj LI sia l’ufficio dei ponti protoplasmici non è ancora ben noto: nè dalle mie osservazioni in proposito sì può trarre certo alcuna deduzione i definitiva: tuttavia mi sembra che quand’ anche essi servano a tra- smettere gli stimoli dinamici come vogliono coll Haberlandt moltissimi | osservatori (1) molto difficilmente possono trasmetterlo in queste piante alla stessa maniera ‘che nella Mimosa pudica. Che d'altra parte essi servano al trasporto delle sostanze diffuse nel citoplasma cellulare . nel modo ammesso dal Kienitz-Gerloff: cioè per una specie di migra- | zione del protoplasma stesso da una cellula all'altra, mi sembra dif- ficile nel caso nostro ad ammettere: vuoi per la estrema tenuità dei ponti medesimi anche in quei casi dove essi sono visibili, vuoi perchè 3 . . laddove questi ponti intercedono tra gli elementi albuminoso-tannici - . e cellule di natura e proprietà diverse (epidermiche ad esempio) il confine tra i due protoplasti è segnato con straordinaria nettezza a | metà del ponte: vuoi perchè ancora nei casi in cui degli elementi se- mivuoti (dei quali «quindi l'accumulo albuminoso-tannico ha migrato) à confinano con altri turgidi e pieni: sono questi che protuberano n quelli, cosicchè questa migrazione avrebbe dovuto compiersi in 'senso contrario alla direzione della pressione idrostatica degli elementi verso i quali. la migrazione si sarebbe avverata. Non è difficile che questi x protoplasmici siano adibiti a diverse funzioni, molte delle qual i * kG citate memorie dell'Haberlandt e del Kienitz- Gerloff, : ei restano Mi: oscure: o che il predominare ed il divenir principale dell’ una o dell'altra di queste funzioni determini le note variazioni nelle loro dimensioni e nella loro struttura. Neppure è dif- ficile, a mio avviso, che non ultima delle loro funzioni sia quella di contribuire alla stretta aderenza dell’utricolo protoplasmico contro la membrana cellulare, rendendo, fino ad un certo punto, indipendente quest aderenza dalle oscillazioni della pressione idrostatiea, che si av- verano all'interno del succo cellulare. La distribuzione dei due sistemi ell'appareechio (parafasciale ed extrafasciale) sembra poter fornire, e . fornisce infatti dei caratteri molto importanti, se non per la determi- nazione di specie critiche, certo per la ricostituzione della filogenesi dell'ordine. Cosi, ad esempio, il processo genetico delle cellule speciali nella pagina superiore della foglia di Aeschinomene indica rannoda | questa specie col mezzo della Arachis hypogaea alle Cesalpinee, mentre la disposizione del resto dell’ apparecchio albuminoso-tannico e la strut- tura fiorale le rannoda indubbiamente alle Hedisaree del gruppo delle : Coronilla: cosicchè tenendo conto specialmente dei caratteri del seme, non sarebbe fuor di luogo il considerare queste specie come i discen- denti prossimi, se non diretti, di quelle forme che staecandosi dalle Cesalpinee hanno condotto alle Coronillee attuali: cosi, ad esempio, la eterogeneità di certi gruppi, come le Hedisaree e le Galegee viene messa in nuova luce. D'altra parte giova tener presente le oscillaziomi ehe la disposiziope dell’ apparecchio presenta anche fra le specie ge- netieanfente affini: oscillazioni talvolta così estese da far nascere dei dubbi sul valore delle deduzioni che a prima vista se ne potrebbero trarre. Queste oscillazioni, per esempio, sono specialmente notevoli nel gruppo delle Lotee. È indubitato che l'apparecchio si trova in certe Legaminose in una fase progressiva dell’ evoluzione e tende a complicarsi d’ avantaggio ; per esempio, Hedysarum, ibenus, Coronilla: mentre in altre si trova in una fase regressiva, Wi istaria tra le Galegee, Arachis, Aeschinomene tra le Hedisaree e molto | Faseolee, nelle quali si accentua in esso la tendenza a trasformarsi in un apparecchio acquifero: ma per fissare con qualche sicurezza anche le linee generali di questa evoluzione oc- è PASQUALE RED uaffiniobbé di prendere in esame un maggior numero di specie di quel i che io non abbia potuto fare: poichè, ad esempio, io non credo che a tra le Lotee, le Galegee e le Faseolee esaminate si trovino le specie E nelle quali l’apparecchio raggiunse la sua maggiore complicazione. A | Del resto anche indipendentemente da questo i dati filogenetici fon- m dati sull'esame di un solo apparecchio risultano troppo unilaterali: io mi riserbo quindi di trattar l'argomento collo sviluppo che merita in ulteriore studio sulla struttura dei fasci fibrovascolari delle Leguminose che spero di condur presto a termine e render di pubblica ragione. La critica della Filogenesi proposta dal Vuillemin per molti gruppi di — Leguminose, la quale, quantunque molto acuta, non mi sembra in tutti A i punti accettabile, troverà allora il suo posto. Catania, Agosto 1892. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE Tay. XXI. l. Sezione attraverso il fusto di Lotus tetragonolobus: a elementi spo- ciali perixilematici: b perifloematici: ¢ libro: d legno. Sezione attraverso il fratto della stessa specie: a fascia esterna di elementi albuminoso-tannici: b interna: c cellule albuminoso-tanniche profonde in corrispondenza alla radice delle ali: d guaina meccanica i del frutto. Sezione attraverso la pagina superiore di una foglia della stessa specie: a elemento speciale isolato del palizzata: a, elemento deri- vato per sdoppiamento di una unica cellula primitiva. 4. Sezione attraverso un fascio fibrovascolare della stessa specie: a ele- menti speciali perifloematici: b libro duro: ¢ trachee : d raggi midol- lari: e libro molle: f endoderma. Sezione attraverso la, porzione xilematiea di un fascio di Anthyllis tetraphylla: a trachee: b elementi del libro interno rudimentale: d c elementi eo (Vi [iste tu tutti bere nona pe una sfera Epor oe d us o tali e ) s s CONTRIBUTO. ALLA 6 Sezione attraverso il floema di un fascio di Amorpha fragrans: a endoderma eristallifero: b elementi speciali immersi nel libro molle: € trachee. 7. Sezione attraverso la pagina superiore di A. fragrans. Le cellule epidermiche primitive si sono sdoppiate in più punti in una cellula esterna a ed una interna b albuminoso-tannica. 8. Sezione attraverso il picciuolo della stessa specie: a elementi spe- ciali endofloematici: b perixilematici: € fasci marginali. 9. Sezione attraverso un fascio di Psoralea bituminosa: a fibre del libro: b libro molle: c cambio: d elementi speciali. Tav. XXII. l. Sezione attraverso la pagina superiore di una foglia di Psoralea bitu- minosa: a grande cellula acquifera che si appoggia sulla guaina di un fascio. ; m Sezione attraverso il fusto di Desmodium viridiflorum: a fascia su- bepidermica di elementi speciali b elementi endofloematici: € pe- rixilematici. Qos . Sezione attraverso un fascio di Desmodium gyrans: a elementi spe- ciali confinanti da un lato col cambio e dall'altro col libro molle b trachee. a . Sezione attraverso una foglia di D. gyrans: a ep. superiore: b pa- lizzata: € cellule caliciformi: d elementi speciali: e spugnoso: f epi- dermide. 5. Gruppo di cellule speciali del diachima della stessa specie, viste di faecia. 6. Sezione attraverso il picciuolo di Robinia hispida: i punti neri rappre- sentano gli elementi speciali: a extrafasciali: b endefloematici: c perixi- lematici : d fascetti terminali del gruppo principale: e fasci marginali. 7. Sezione attraverso una foglia della stessa specie: a elementi speciali del palizzata: b dello spugnoso. 8. Figura schematica della seziofie di un giovane ramo di Wistaria si- nensis: a elementi speciali provvisorii della corteccia: b elementi - endofloematici: € perixilematici: d midollari. Sezione attraverso il libro molle d'un giovane fascio Paste ass p= del fusto della stessa specie: a elementi speciali: b elementi normali del libro (oc. 2 ob. 9 Koristka). P $ ++ . Fig. 10. Sezione attraverso il pericarpio di un.legume semiadulto della stessa - specie: a elementi speciali dei fasci suturali: b elementi speciali dei fusci delle valve: c elementi speciali esterni alla fascia meccanica | delle valve: d elementi speciali del parenchima mesocarpico: e ele- menti speciali del tessuto fioccoso della cavità seminale. Tav. XXIII. Sezione attraverso un faseio di Ornithopus compressus: a Mur i perixilematici: b endoderma: c fibro: d legno. i . Sezione attraverso un fascio fibrovascolare di Scorpiurus subvillos a elementi speciali che corrono sul dorso del fascio: b che coi lungo il legno: c libro: d legno: e libro rudimentale interno. Sezione attraverso il fusto di Coronilla stipularis: a elementi pe- rifasciali. 3 Sezione attraverso il fusto di Hedysarum coronarium: a elementi sub m epidermici: b perifloematici: € perixilematici: d midollari. GM Sezione attraverso la pagina superiore della foglia della stessa specie: le cellule speciali a si insinuano tra gli elementi della guaina dei fasci e sì appoggiano direttamente sulle trachee. i Sezione attraverso il fusto di Onobrychis viciaefolia: lo lettere. come alla figura 4. + du Sezione attraverso una 1 foglia di Arachis hypogaea : a elementi del palizzata: b dello spugnoso. a Sezione attraverso una foglia di Aeschinomene indica: a eleme albuminoso-tannici. : i Sezione attraverso la foglia di Ebenus cretica: a elementi del HERE b ew spanna: è Tav. XXIV. Sezione attraverso il libro di Dolichos lignosus: a és spe b elementi meccanici del libro: c libro molle. Sezione attraverso la parte esterna del libro di Phaseolus vuigaris a elementi speciali. . Sezione attraverso una foglia di Apios Nieren: a dedu apicali. Sezione attraverso una pena di Kennedya macrocarpa: a elementi speciali. ; ; ; RITRAE id v » » » ad » Fig. 36. Malpighia anno VI, vol. VI. ia mean ND v CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL’ APPARECCHIO ECC. 561 5. Sezione attraverso una foglia di Erythrina cristagalli: a elementi speciali sovrapposti del palizzata: b dello spugnoso. 6. Sezione idem la quale mostra un elemento del palizzata isolato. 7. Fascio fibrovascolare del calice della stessa specie: a elementi spe- ciali: b legno: c libro. 8. Sezione longitudinale attraverso un giovane internodio di Zotus te- tragonolobus trattato coll’ acqua di Javelle. Le crocette indicano gli elementi speciali nei qnali le pareti sono in via di assorbimento. (Oc. 2 ob. 5 Koristka). 9. Elemento tubuloso di Wistaria sinensis in formazione, trattato allo stesso modo. Si osservano in a diverse fasi di riassorbimento. 10. Sezione attraverso la congiunzione di due tubi di Lotus edulis a e L. ornithopodoides b: le pareti comuni riassorbite hanno lasciate delle traccie in a’ ed in b' (Oc. 2 ob. 8 Koristka). 11. Sezione attraverso ia parete comune di due tubi floematici di L. te- tragonolobus; la parete è rigonfiata e in dissoluzione, I’ accumulo albuminoso-tannico dei due elementi si mescola attraverso l’ apertura. (Oc. 2 Kor. t/ie Leitz). 12. Sezione longitudinale interessante due tubi di L. FRE trattata coll’ acqua di Javelle: a residui della parete: comune, 13. Sezione attraverso gli strati superficiali del frutto di Dorycnium rec- tum. Le pareti comuni degli elementi albuminoso-tannici segnati colla erocetta, sono nel tratto mediano enormemente rigonfiate ed in via di dissoluzione. 14. Elementi speciali della foglia di Erythrina viarum con delle depres- sioni della membrana in a tra due cellule speciali: in b tra queste e le cellule normali. Tav. XXV. 1-2. Comunicazioni protoplasmiche tra le cellule epidermiche e le cellule albuminoso-tanniche exodermiche del pericarpio dél giovane frutto di Lotus edulis: a cellule epidermiche: b albuminoso-tanniche: € ponti protoplasmici. (0c. 2 Kor. ob. !/,, Leitz). 34. Comunicazioni protoplasmiche tra due cellule albuminoso-tanniche exodermiche contigue della stessa specie. 5-6. Comunicazioni protoplasmiche idem m Lotus tetragonolobus. * | PASQUALE BACCARINI 7. Comunicazioni protoplasmiche tra due tubi perifloematici del L tetragonolobus. (Oc. Kor. 2 ob. !/,g Leitz). Tutti i preparati da ‘ quali provengono le figure sono stati colorati col bleu d'anilina se- condo il metodo esposto nel testo. 8, Comunicazioni protoplasmiche tra due tubi sovrapposti di Psoralea. | bituminosa trattati coll’ acqua di Javelle: poi coll’ acido solforico ad !/,?, indi osservati nella glicerina jodata (ingrandimento precedente. 9. Membrane comuni e laterali di tubi endofloematici di Erythrina Cristagalli dopo il trattamento della sezione nel modo precedente : a depressione perforata della parete trasversa: b della parete late- — rale in contatto con un clemento non albuminoso-tannico : pressione della parete laterale non perforata. 10. Regione prossimale di due tubi parafasciali di Anthyllis retraphyHas il tubo inferiore a è vuoto ed il suo protoplasma distaccandosi dalla | parete si è ripiegato nel centro: il tubo superiore b che è ricco di accumulo albuminoso-tannico, ha distesa in c la membrana della de- pressione della parete trasversa tanto da "mh protuberare all’ in- terno del tubo inferiore. (Oc. 2 Kor. ob. t/i, Leitz). » 11-12 Depressioni impervie tra due tubi sovrapposti di Gycyrrhisa da dre » 13, Depressioni impervie punteggiate sulle pareti laterali degli stessi. ii element: Lo sezioni vennero trattate collo stesso metodo che per fiala 8. (Oc. 2 Kor. ob. t/ie Leitz). 14. Porzione inferiore di Erythrina Cristagalli strato protoplasmatico un grosso e corto tubo del ricettacolo d per mettere in evidenza l'inspessimento dello e delle briglie ed il contemporaneo oceultarsi del nucleo e delle altre formazioni protoplasmicie. (Oc. 2 Kori S Leitz). ud. it es Tay XXVI. PRIORE 2 Sezione attraverso una giovane foglia di Indigofera decora. Le | tere. corrispondono a quelle della figura precedente. Le cellule e ciali c segnato dalla erocetta sono in questo caso cellule. n rato exod meee I EIER IMS CONTRIBUTO ALLA CONOSCENZA DELL'APPARECCHIO ECC. 563 3. Sezione attraverso la pagina superiore di una foglia di Arachis DA 7 pogaea: a cellule epidermiche normali: b cellule epidermiche mo- dificate : € strate cellulosico : d cutinizzato della loro membrana. . 4. Gruppo di cellule speciali della corteccia di Amorpha fragrans viste in sezione trasversa. 5-6. Cellule speciali della corteccia di Robinia spinosa dopo l’ immer- sione nell'aleool, vista di fianco,la prima a minore (oc. 2 ob. 6 K.), e la seconda a maggiore (oc. 2 ob. 9 K.) ingrandimento. 7. Regione prossim^le di due tubi endofloematici della stessa specie per mostrare l'aspetto delle loro formazioni coralloidi. 8. Sezione attraverso un gruppo di elementi endofloematici della stessa pet specie (dal materiale conservato in alcool). ' 9. a noduli o sferiti compatti di Onobrychis caput-galli: b ciuffi di aghetti cristallini dei tubi di Hedysarum coronarium. aa i. "TT ADRIANO FIORI Dott. ADRIANO FIOR ` í Seconda Contribuzione alla. Briologia Emiliana (Con Tav. XXVII) Dopo la pubblicazione nel 1886 del mio catalogo dei Muschi del Mo- denese e Reggiano (4), che era il primo lavoro che compariva sulla Briologia Emiliana, quasi nulla è stato fatto da altri, se si eccettui un elenco di Muschi del Bolognese, del Farneti (2). Per parte mia ho seguitato le ricerche in questa regione, comunicandone ora i risultati : ma se per le provincie di Modena, Reggio e Bologna siamo a buon. punto, altrettanto non può dirsi delle altre di Parma e Piacenza, ri- spetto alle quali non è ancora stato fatto nulla. La Briologia Emiliana ben poco offre di speciale, benchè in usati i a numero di specie non stia addietro alle altre regioni d’ Italia; però sui giacimenti di gesso assai estesi in vari punti delle nostre colline riscontrai due forme di Barbula (B. revolvens e B. Fiorii Vent.) dell: sezione delle Crassicostatae, di cui credo utile occuparmi particola mente; perché pur essendo sufficentemente caratterizzate, molta : miglianza offrono tra loro, e sia per l’unicità del substrato, sia per not essere abbastanza conosciute, potrebbero essere confuse. Infatti, a l'affinità, la B. revolvens descritta nella Synopsis, ed. II, di Schim | figurata soltanto, e anche non troppo bene, nella Muscologia | i p ene, e la B. Fiorii non fu ancora figurata. c a isa RON pet dei Muschi del Bolognese, 4 à Giorn. Bot. It. Vol. XXI, N. 3, pag. 381-89. Fi irenze, 1889. SECONDA CONTRIBUZIONE ALLA BRIOLOGIA EMILIANA 565 La B. revolvens non è stata ancora registrata d’Italia, e per quanto sappia non fu trovata che in Provenza; mi venne determinata dallo illustre Venturi di Trento, della cui gentilezza ho sempre approfittato nei casi di diagnosi dubbie. Nel presente lavoro vengono aggiunte 7 specie non ancora regi- strate, e così il numero delle specie Emiliane viene portato a 274. Aggiunte alla Briologia Emiliana (°). 7. Gymnostomum rupestre Schw. Rupi presso il Lago Santo nell'alto Appenn. Modenese racc. in Luglio fruttificato. 9. Weisia Wimmeriana Br. Eur. | Bosco Bertoni lungo la Secchia presso Modena. Sul terreno nei boschetti di pini a. Montegibbio-Rocca S. Maria. Gli esemplari di queste località furono nel precedente catalogo riferiti al Trichostomum crispulum Bruch. Frutt. in primavera. 14. Cinodontium virens Schimp. Montevecchio nell'Appen. Reggiano a 1800". Lago Scaf- fajolo. Frutt. in luglio. i - 97. Leucobryum glaucum Hampe. Castagneti tra Campo di Salio ed il Fajé nei monti Mode- nesi. Sterile. . 29, Fissidens erassipes Wils. Sui mattoni bagnati nella fontana del Palazzo Arti in Mo- à dena. Frutt. in aprile. 33. Fissidens adiantoides Hedw. Buea di Spipola presso Bologna. Sterile. 55°. Barbula membranifolia Hook. | Pietra di Bismantova sulle rupi ealearee secchissime, ste- rile. Sui gessi a Crovara nei colli Bolognesi, in aprile con aleune capsule mature. (!) I numeri davanti alle specie si riferiscono al primo Catalogo. 560és. Barbula revolvens Sch. Synopsis. Ed. II, pag. 195. Husnot, Muscologia gallica, tav. XXVI. Late caespitans, caespites leviter tume- scentes, condensati, ex olivaceo-viridi fuscescentes. lis semiuncialis, pro more usque versus apicem terra obrutus sub pe- richaetio innovans et unum alterum- que ramulum microphyllum apice foliis patulis rosulatum emittens. Folia humida sei ina sicca fu- nis ad instar contorquata, inferiora onga et raliter revoluta, costa crassa tereti, antice et postice prominente e cel- xus angustis clorophyllosis compo- inque mucronem brevem sub- tcs "E sublaevis; cellulae , superiores minutae ian dilute chlorophyllosae, basilares no- rectangulae, tenuissimae, hyal inae. | Perichaetium magnum ; folia involucra- lia exteriora chomalibus latiora, erec- texta, costa tenuiore sub apiculo fo- lii evanescente, margine haud re- 0 Flores masculi gemmiformes, termi- nales, tandem innovatione femminea ad latus dejecti. | a in pedicello rufo cent. 1 cirea metiente ovali-elliptica, leniter incur- gom cies excedente, aetate fusce- | | Capsula in pedicello rufo, cent. l 1/ i ) Pu mossa nel precedente catalogo tra la Sez. delle Convolutae, ma le sua. pozioni stematica è cat nelle Crassicostae presso la B. revo olvens. ADRIANO FIORI Glois, Barbula Fiorii Venturi, Revue - bryologique 1885, N.5. Nuovo giorn. bot. It. Vol. XVIII, p. 74. 1886. Hus-. not, Musci Galliae (exsiccata). Caespites pulvinantes, tumescentes oli- vaceo-fuscescentes. Caules usque ad 2 cent. metientes plu- ries ramosi, rami clavati cum foliis infimis minimis adscendendo sensim — multo majoribus et apice fere in ro- sulam congestis Folia sicca erecta ite, humida ereeto- : t eee concava, margine e basi ad m laxe revoluta; costa angusta | Cu paullulum latiore, infra api- cem repente soluta. [n sectione trans- - lulis non angustatis conflatus. ks lae minutissimae | in parte saper. cito in cellulas SPAN tran nseun- tibus conflata Folia perichisetíà chomalibus breviora ovato-spathulata, apice rotundata T obtusa, nervo haud longe ab api soluto; margine ubique in apice — etiam conformiter revoluto. Inflorescentia dioica; flores nasci gemmiformes terminales. metiens, ovata vel ovato-elongat va, solida, atro-rufa; emi subo- blique rostrato, conco n simplex latiusculus e cellulis vespe fermatus. Peristomium longum, dentibus pluries et arcte convolutis, purpureis. Spo- rae minimae, laeves, diaphanae, gut- tulam oleaceam continentes. Habit. In rupibus selenitosis -nudis in SECONDA CONTRIBUZIONE ALLA BRIOLOGIA EMILIANA cylindracea, badia pachydermatica ; operculum subulato-conicum capsula revius: annulus ex duplici et tri- plici serie cellularum miuntarum com- positus, eegre solubilis. Peristomium basi in membrana brevis- sima residente, seme? contorquatum, rufescens, Sars Sporae laeves 13-18 mic Habit. In arte abate nudis ad 067 collibus prope Bononiam ad Miseraz- Ventoso Borzano. Provine. Regii zano et Gaibola. Fruct. matur. Aprili-Majo. epidi. E Fruct. matur. Aprili-Majo. x = Oss. Complessivamente la B. Fiorii distinguesi dalla B. revolvens per le foglie secche erette e non contorte, rotondate e smar- ginate all'apice, invece che terminate da un mucrone denti- colato; le foglie pericheziali sono più corte, rotondate all’ a- pice col nervo finiente al disotto d'esso, revolute.al margine; l’infiorescenza è dioica nella prima, monoica nella seconda; infine il peristoma è più corto, una volta sola convoluto. a. La B. Fiorii ha inoltre dei cespugli più alti di un verde più cupo, la tessitura basale delle foglie è a cellule quadran- golari e non rettangolari, passanti più presto nelle cellule esagonali superiormente. Il nervo in ambedue le specie ora trovasi manifestamente ingrossato al disopra della metà, ora invece è cilindrico. 62%is. Barbula caespitosa Schwaegr. Già notata nel Bolognese: la rinvenni anche nei boschetti _ di pini a Montegibbio ed a Montebaranzone nell'aprile 1887 con capsule mature. Confondesi facilmente colle forme minori 7 della B. tortuosa. m Barbula laevipila Brid. var. marginata Lindb. e È invece una semplice varietà della B. ruralis Hedw. La | B. laevipila che ho avuto in seguito occasione di raccogliere | in Liguria pare non oltrepassi la regione dell’ olivo. em n Grimmia crinita Brid. | E invece la G. tergestina Tomm. ae " * » e 568 Ate ADRIANO FIORI 80 nmi ovata Web. et Mohr. Sul macigno alla sommità del Corno alle Scale a 1800". j Frutt. in estate. 92. Amphoridium Mougeotii Sch. Indicato del Rondinaio in frutto, è invece l'Amph. lappo- : nicum Sch. 94. Ulota crispa Brid. Sui vecchi faggi presso il lago Cerretano nell'Appen. Reg- giano in frutto nell'agosto 1889. 96. Orthotrichum cupulatum Hoffm. var. riparium Br. Eur. si Sulle roccie umide a Cerreto dell'Alpi presso la Sega. Sulle rupi di Bismantova. Frutt. in estate. 100. Orthotrichum affine Schrad. var. neglectum Vent. Sopra gli alberi in pianura e collina misto alla specie. Ser- ramazzone - Casinalbo. Frutt. in primavera. 100. Orthotrichum speciosum Nees. in Sturm. Sugl'alberi nel bosco Bertoni lungo la Secchia presso Mo- dena, mescolato all’Orth. affine Schrad. Frutt. in primavera. 107. Orthotrichum Lyellii Hook. et Tayl. Sui vecchi faggi attorno al lago Cerretano. Sterile. 116%, Leptobryum pyriforme Sch. Presso alla fonte nel cortile del palazzo Arti in Modena: , Aprile 1888 con qualche capsula. 119. Webera nutans Hedw. s Sabbie del Panaro a S. Anna presso Modena, nel luglio, con vecchie capsule; finora l'avevo riscontrata soltanto nel- l'Appennino. 120%. Webera annotina Hide, Sulle sabbie dei nostri fiumi. Lungo la Secchia a Sassuolo | e lungo la fossa a Spezzano. Bologna nel giardino Me 3 rita lungo il torrentello. Frutt. in primavera. ; 123. Webera albicans Schimp. a Sui sassi dei rigagnoli nell’alto Appennino Reggiano sopra | ~ Ligonehio. Sterile. | SECONDA CONTRIBUZIONE ALLA BRIOLOGIA EMILIANA 569 124%s, Bryum pendulum (Hornsch.) Sch. Boschi del monte Vallestro nell'Appennino Reggiano. Frutt. in estate. 125. Bryum bimum Schreb. Lungo i rigagnoli a Serrabassa nell Appennino Modenese. Frutt. in luglio. .170^i, Fontinalis squamosa L. Presso le ruote dei mulini e le cascate d’acqua. Molino di Casalgrande. Sterile. 197. Brachythecium salebrosum Br. Eur. Serpentini di Varana nei colli Modenesi. Sterile. 204. Brachythecium rivulare Br. et Sch. Assai comune nei rigagnoli dell'alto Appenn. Lama del Rio in valle dell’Ozola ed al Passone alle sorgenti del Dolo. Sterile. 209%, Eurhynchium striatulum (R. Spr.). Appartengono a questa specie gli esemplari del Monte del Gesso presso Scandiano e dei serpentini di Varana, riferiti erroneamente nel precedente catalogo all’ Eurh. crassinervium Schimp. . 2562s. Hylocomium Oakesii (Sulliv.). Pascoli dell'Alpe di Mommio a 1800". Sterile. E la prima volta che viene notata questa specie nell’Appennino, conoscen- dosi finora in Italia soltanto delle Alpi. : Nota. Sono pure da aggiungersi alla Briologia Emiliana le seguenti | specie indicate nel lavoro del Farneti (vedi 1. c.) che non figurano nel presente e neppure nel precedente mio catalogo: Dicranoweisia cincta (L.) Mongardino; Barbula intermedia Sch. (Gaibola, Monte Donato | suigessi); Polytrichum commune L. (Lago Pratignano); Leptodon Smithit . Mohr. (Valle della Dardagna sulle rupi alla Chiesina); Brachythecium glareosum Huds. (id.); Eurhynchium circinatum Br. Eur. (id.); Thui- dium tamariscinum Huds. (Rocca Corneta, valle della Dardagna). SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA XXVII. -= L Barbula revolvens Schimper. Fig. 1. » » 2. Pianticella colla relativa capsula, ingrandita 13 volte. 3. Sommità della capsula col peristoma (ingr. 80 : 1). 4. Foglia pericheziale (ingr. 34 : 1). " » 5. 6. Foglie chiomali (ingr. come sopra). » 7. 8. Id. rameali (ingr. c. s.). » 9.10. Id. caulinari (ingr. c. s.). » II. Barbula Fiorii Fig. 1. » » ll. Pezzetto basilare di foglia per vederne la forma delle cellule. Venturi. 2. Pianticella colla relativa capsula (ingr. 13 : 1). 3. Sommità della capsula col peristoma (ingr. 70 : 1). 4. Denti del peristoma notevolmente ingranditi Cicroscopio | Hartnack, obj. 7, oc. 3). 5. Spore (Hartnack, obj. 8, oc. 4). 6. 7. Foglie pericheziali (ingr. 34 : 1). 8. Foglia chiomale (ingr. c. s.). 9. Id. rameale (ingr. c. s.). 10. id. caulinare (ingr. c. s.) ll. Pezzetto di foglia, metà superiore, oil ingrandito Da: INDICE 571 INDICE pra E I ay Lavori originali. Baccarini P. Intorno ad una particolarità dei vasi eribrosi nelle Papilio- Pag. Me ori IRR Far IVA a PS ee a SS Bn — Sul mal nero delle viti in Sicilia. . . ; . 229 — Contributo alla conoscenza dell’ ire MANA delle sa Leguminose (con Tav. XXI-XXVI). . . . . . . . 255, 325, 537 | BagLierto F, Lichenes Abyssinici a el. Prof. O. Penzig collecti. . . . 206 BaLpacci A. Altre notizie intorno alla Flora del Montenegro . . . 58, 149 BELL: S. Sui rapporti sistematico-biologici del Trifolium subterraneum L. cogli affini del gruppo Calycomorphum Pres] . . . . . . 397, 433 BERLESE A. N. Studi sulla forma, struttura e sviluppo del seme nelle Am- : pelidee (con Tav. XI-XVII dis). . . . LUN DT C MER ME BRUNOTTE C. Quelques cas tératologiques chez Tulipa et Fritillaria . . 117 BuscaLioni L. Contribuzione allo studio della membrana cellulare (Tav. I, II) 3 ‘— Secondo contributo alla Briologia Emiliana (Tav. XXVII) . Lanza D. Biografia di Agostino Todaro (ritratto Tav. IX) . . [ poro O. Sul valore sistematico del Choiromyces pics Y Vitt. PR "e del Choir. meandriformis Vitt. . . . . : ear NES 467 SI e P. Sul valore sistematico di una specie del genere Maphoftis cre- | scente in Piemonte (Tav. XIX, XX) . à 235 H. Anatomia comparata delle foglie delle lridee | (Tax. V -VIII j 90, 179 | F. Notizie botaniche dell’Italia centrale . . . . . . . 357, 454 INDICE Rassegne. Cuauveaup L. Recherches embryogéniques sur l'appareil laticifere des Pag. Euphorbiacées, Urticacées, Apocynées et Asclépiadées . . . . . ENGLER A. Ueber die Hochgebirgsflora des tropischen Africa ^. Nitsson A. Studien über die Xyrideen D — . Van TreGuem. Structure et affinités des Abies et de RESO genres "me WOME Mri ves, LI > yee E . . ^ . . . . B H . H . Notizie. Programma del Congresso Botanico Internazionale di Genova. . Relazione sul Congresso Botanico Internazionale di Genova . . . . : Püsda QUEAR i 2. 20 om ouo. RE Bollettino Bibliografico . . : . . . . . . | Prof. O. PENZIG, Redattore responsabile. IGHIA. Volume VI. D» E A I/ Fy FX NL si y QUAD 2250949 SZ, y 1 1 E A S, Jr Ne I° Ep n RR a A. M rr la IAC. ] ao a À Oly um TA —) Sy. 4, ey » ta (SS SEL ad — TUM m / | l ati 77 p. a pen li mmu tte JC CY r Py eb) yd X hr Bere; YON 3 aire LLC m = Xe X a 4 = SOG ee so t er} J^ A E ETE. Mio Ì \ tor E )/ EA Le Cy » LI LO P o5 y« C A E ir 16, I au er A $89 quy XC ONOSOC vor NI C SÌ rele bo DOM CES Firenze lit dei Ricordi di fr hitettarg AN Berlese del nig 2 Ed P ks == Ba CES api. = = EE EX a ae Rae “= ER DOE ES I. Barbula revolvens Sch. —— - RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA CAT REDATTA DA 6. PENZIG. Prof. alr Università di Genova | | RN S PIROTTA Prof. all Universita di Roma A |... in collaborazione con molti Botanici .__ Italiani e Stranieri. LIBRAIRIE J.-B. BAILLIERE ET FILS Le 19, rue Hautefeuille (près le boulevard Saint-Germain), à Paris Bibliothèque E. ANDRE de Beaune). Cette importante bibliothèque sera vendue aux enchères publiques. du 2 au 12 mai 1892. Elle comprend environ 3,300 numéros, qui représentent plus 30.000 volumes et ‘ brochures: elle se divise en 4 parties: 1^ Botanique, 2. Geologie et. Paléontologie, 3: Zoologie, 4 Eutomo- logie. Chacun des eatalogues spéciaux sera adressé a toute personne qui en fera la demande par lettre atfranchie. à MM. J.-B. Baillière et fils; 19, rue Haute-Feuille, a Paris. Es Joindre Dir centimes par catalogue pour. laffranchis- sement. — | 3 Dott. 0. MATTIROLO e L. N. BUSCALIONI “Ricerche” anatomo-fisiologiche sul tegumenti seminali delle Papilionacee. E vol. in 4° di 186 pag. con 5 tav. litogr. — Uo- . rino, “ana va eee DE Rive gersi al Sig. des Barrio R. Orto Botanico. Rein. Bo) eS SR to 15 Au AR eS Mer E x3 E > iF | : 25 la] Marpon si pubblica: una bli al a mese, in. fascicoli di 3 fogli di stampa almeno, corredati, > end i mes da tavole. SE ce te 100 copie ‘estratto, dal periadieo, E giorni alora fosse da loro richiesto un maggior. “a Sol saranno eorrispos dopo | la pubblicazione del” fascicolo. Qu: nen. di esemplari, le copie in più verranno pagate in ragione iy Là 40 al. i (di 16 pag.) per. 100. copie. Quanto alle tavole supplementari, gecorrer È ricevono prem i i Redattori e ; presso le i Librerie ni si. oltanto rimborsare Te spese di carta e di tiratura. - ae e associazio Am. pagina... p 20 mu di pen: = 35. SOMMARIO. lulare (eon Tav. LID ... . | DRIANO Fiort: Rivista | statistica dell’ Epaticologia Italiana (eon Luter BuscaLioni: Contribuzione allo studio della membrana cel- Exeter: Ueber die Hochgebirgsflora des tropi bh. d. Kgl. Acad. d. Wissenschaften in Berlin für 1891). Berlin 802: 462 pag. in 4° . : -. RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA REDATTA DA - O. PENZI Prof, all’ Università di Genova ki h x pec A * i A. BORZI R. PIROTTA re Prof. all’ Università di Messina Prof. ail’ Università di Roma in collaborazione con molti Botanici * Italiani e Stranieri. bitu. desint secondo il bisogno, da ads x È xu a abbonamento annuale unio. L. 25, pagabili alla ricezione del r fascicolo: a > +” intiero volume annuale ces fogli in bal con circa 20 vole) + sarà messo + Lud Lm saranno venduti Fasei coll | separati. à Agli Autori. saranno corrisposte 100 copie estratto: dal periodico 15 giorni + bo dopo la pubblicazione del fascicolo. Qualora fosse da loro richiesto un maggior EE di esemplari, le copie. in più ‘verranno. pagato. in- ragione di de sal : 5 foglio (ai 16 pag.) per, 100 copie. Quanto alle tavole supplementari. occorrerà e m soltanto. rimborsare de spese di carta e di tiratura. = | es Ue. OL & “Le assogjazioni s si ricevono S Seth i Redattori. e presso sui Librerie italiane e dell’ Estero. SIL bs St COR | Ai Librai è accordato lo sconto del 26 y : DS i manoscritti € e de mjes * destinate ally Marita zioni periodiche e esclusivamente bo: s "ym pagina. Le oe "E 14 di uas. o» B E fogli separati annessi al fascicolo,» a prezzi da convenirsi.,, x i Abbonati ‘che richiederanno il sor e so » volume li pue Lire. 25 invece. di te 30.. T a as nuovi hure, SOMMARIO. Lavori originali. PASQUALE BAccarint: Intorno ad una PNE del vasi cri- brosi nelle Papilionacee (con Tav. IV) . Pag. 59 A. BaLpacci: Altre notizie intorno alla Flor ra del Mono ur LIA HERMANN Ross: Anatomia comparata delle foglie delle Iridee . >» . 90 CAMILLE BRUNOTTE: Quelques cas tératologiques chez DU et Fritillaria. L. :: "es I pe cri Domenico LANZA: NO Todaro cosi matto). RE Re IR Eri Rassegne. L. CHAvvEAUD: Recherches embryogéniques sur l'appareil latici- fere des Euphorbiacées, Urticacées, Apocynées et Asclepiadées » 138 Van TreGHEX--Structure et affinités des Abies et de E genres Jee. ys Voisins.