"n : mw M o 4 FK mmy f Li KL D j. ET "eu a ; f^ TO, Ms ^. f r EF H à È e wea Vi, — i D d EN t MALPIGHIA RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA REDATTA DA O. PENZIG i Prof. all’ Università di Genova ANNO XXI — VOLUME XXI : z (con V Tavole) MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. aa ^. GENOVA T Er TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO * MALPIGHIA RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA REDATTA DA O. PENZIG Prof. alU. Università di Genova MARCELLO MALPIGHI 1625-1694. od ; MAC S ? A DI ANGELO CIMINA MALPIGHIA RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA REDATTA DA O. PENZIG Prof. all’ Università di Genova ANNO XXI — VOLUME XXI STR MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. GENOVA TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO 1907. Mo.Bot.Garden 1908 Dorr. ARMANDO VILLANI Contributo alla Flora Campobassana $ ; NOTA TERZA. Nel presente contributo allo studio della Flora Campobassana mio. principale obbietto è quello di rendere noti i risultati delle ultime escur- sioni che, nell estate dello scorso anno, feci su alcuni monti d’ Isernia e del Matese. Colgo intanto l’ occasione per elencare varie specie indi- » cate di Campobasso da Scarano, Tenore, Terracciano e Gussone. Nell'elenco non vi sono comprese le specie che nelle opere dei nominati autori sono indicate di località che hanno di comune il nome con altre appartenenti a provincie diverse, né quelle della cui determinazione esatta non potetti rendermi sicuro. Alcune erborazioni furono fatte da Giosuè Scarano © nel territorio di Trivento, capoluogo di mandamento, posto sopra una collina della | riya destra del Trigno. Za montagna di Guardiabruna che resta a Nord, SS lo Sterparo a SE. del paese, la Botte a SO., il monte Calvario, le falde ` della collina su cui si erge Trivento èd un luogo paludoso situato a Sud sono le località nelle quali l' autore raccolse lé specie che figurano nel catalogo intitolato « Flora del circondario di Trivento » (°). OI Giosuk ScaRANO. Rapporto di Botaniche peregrinazioni, Giornale enci- 2. clopedico. di Napoli, quinto anno di associazione, pag. 170, tom. lll, Napoli . 1811. Stamperia Michele Migliaccio. — 0) In questa nota do l'elenco di alcune specie, che figurano raccolte a Trivento nel lavoro di G. Scarano, da me già indicate di altre località la provincia nei precedenti contributi; in un prossimo lavoro mi intrat- terrò eziandio delle altre piante, che per ora tralascio di elencare. 4 nomi delle specie sono quelli riportati dal citato autore: E Adianthum capillus veneris, Phleum pratense, Arundo phragmitis, Holcus lanatus, Panicum dactylon, Dactylis glomerata, Festuca fluitans, Bromus pinnatus, Trilicum repens, Aegilops ovata , Hordeum murinum , Cyperus longus, Sparganium erectum, Lemna minor, Ruscus aculeatus , Tamus co- munis, Ophrys ono Orchis morio, Orchis pyramidalis, Semer alba, 4 5 A. VILLANI La maggior parte delle piante riportate da Gussone nel suo lavoro « Plantae rariores » furono trovate sui monti di Capracotta. Capracotta è capoluogo di mandamento ed è situato all'altezza di d 1400 m. sul mare tra il monte Capraro (1721 m.) ed il monte Campo i (1645 m.). : ; Ces Nella prima nota (!) diedi qualche notizia sui monti del Matese. Trattandosi di un gruppo montuoso di grande interesse floristico, mi Fagus sylvatica, Viseum album, Aristolochia rotunda, Polygonum aviculare, Portulaca oleracea, Lychnis dioica, Saponari a. S $ S ~ è 2 S Ki Ki S ~ S S S - E * " Turrita, Turritis hirsuta, Erysimum officinale , Lepidium iberis, Thlaspi Potentilla reptans, Fragaria vesca, Agrimonia eupaloriu , Poterium san- guisorba, Rosa canina, Ononis spinosa, Trifolium angustifolium, Trifolium ochroleucum, Glycyrhiza glabra, Lathyrus aphaca, Lythrum salicaria, Ly- thrum hyssopifolium , Epilobium hirsutum, Hedera helix , Eryngium carm- pestre, Eryngium Amethystinum , Ammi majus, Anethum foeniculum , Conium maculatum, Rhamnus paliurus, Ilex aquifolivin, Geranium san- guineum, Tribulus terrestris, Malope malacoides, Althaea officinalis , Mercurialis annua, Cyclamen europaeum , Anagallis arvensis, Samolus valerandi, Plumbago europaea, Chlora perfoliata, Gentiana centaurium, Borago officinalis, Cynoglossum officinale , Heliotropium europaeum , Convolvulus cantabrica , Convolvulus sepium, Solanum Dulcamara, Ver- bascum blattaria , Antirrhinum linaria, Scrophularia canina , Digitalis tes, Teucrium chamaepithys, Teucrium Polium, Marrubium vulgare, Pru- nella vulgaris, Phlomis herbaventi, Ballota nigra, Belonica officinalis, Sla- .chys sylvatica, Salvia Sclarea, Melissa officinalis, serpyllum, Origanum vulgare, Mentha arvensis, Verbena officinalis , Va- . lantia cruciata, Sambucus ebulus, Lonicera caprifolium , Valeriana offici- i, 7 is, Momordica elaterium, Bryonia dioica , Campa- nula speculum, Eupatorium cannabinum, Senecio vulgaris s Solidago vir- gaurea, Erigeron canadense, Chrysanthemum leucanthemum » Matricaria parthenium, Artemisia vulgaris, Conyza squarrosa , Inula dysenterica , Buphthalmum spinosum, Calendula officinalis, Helianthus. tuberosus, Xan- thium spinosum, Carlina Vulgaris, Carlina lanata , Arctium lappa , Cen- laurea solstitialis, Cichorium intybus, Hypochaeris radicata , Picris echioi- des, Leontodon taraxacum, Prenanthes muralis, Hieracium pilosella. () A. VILLANI, Primo Contributo allo studio della Flora Campobassana. Malpighia, Anno XX, Vol. XX. Genova, Tipografia Ciminago 1906. SR bursa pustoris, Chelidonium majus, Clemalis vilalba, Nigella damascena j ferruginea, Melampyrum arvense, Euphrasia latifolia , Euphrasia Odonti- ` Satureja graeca, Thymus ` ` P. CONTRIBUTO ALLA FLORA ‘CAMPOBASSANA 5 sia date di ripetere quanto ne riferisce, riguardo alla topografia, M. Cassetti (*). « Il gruppo montuoso, conosciuto sotto la generica denominazione di Matese, si estende da Sud a Nord per 20 chilometri circa dalla pianura di Piedimonte d'Alife (prov. di Caserta) a quella di Bojano (prov. di Campobasso), ed in senso E-0 per 35 chilometri dalle valli del Lete e del Sava, confluenti del Volturno, a quella del Tammaro, tributario del Calore, presentando presso a poco la forma di un’ ellissi allungata da NO. a SE. per più di 40 chilometri di lunghezza, con una superficie di oltre 100 chilometri quadrati. » E poichè di questo gruppo montuoso, come dissi altra volta, il solo versante NE. appartiene alla provincia di Molise, nel presente lavoro ho riportato il nome delle piante che trovai in tale versante e di quelle ancora che, pur essendo indicate in generale del Matese nelle opere dei nominati botanici, figurano già in due note eden o raecolte da me o contenute nell’ Erbario Ziccardi. La scorsa estate eseguii una prima escursione su aleuni monti di Isernia, raccogliendo un disereto numero di piante nei pressi di monte Meta, in località appartenenti alla provincia di Campobasso. Questo monte fu visitato fin dal settembre dell’anno 1871 dal dottor N. Terracciano, il quale seguì una via diversa da quella tenuta da me nell’ agosto passato. Egli difatti da Atina, proseguendo per Picinisco, Madonna di Can- neto, altura di Cavallaro, salì sul monte de: la eui cima maestosa si Se eleva a 2241 metri sul mare. Io ibvece mi recai ad Isernia, circondario che occupa la parte occi- dentale della provineia di Molise, e di là, dopo quattro ore di carrozza, arrivai a Pizzone. Il giorno dopo, sempre salendo per vie aspre e fati- cose, per le contrade dette Colle Jannini, R. le Forme e Valle Pagana, . mi condussi nei pressi di monte Meta fine all'altezza di circa 1900 m. — Da Colle Jannini fino a Valle Pagana lungo gl’ innumerevoli sentieri e (t) M. CASSETTI, Appunti geologici sul Matese. Bollettino del R. Comitato . Geologico d’Italia, Anno 1893, N. 4, vol. XXIV della Raccolta. 4.° trimestre. .. Vol. IV della 3.* serie, Roma, Tipografia Nazionale. 6 I A. VILLANI viottoli più e meno copiose vidi molte specie che già raccolsi in diverse località del Matese. Cito, ad esempio, Cerastium tomentosum L., Dian- E thus Carthusianorum L., D. deltoides L., Ranunculus geraniifolius Pourr., = b. gracilis Scherch., Sacifraga Aizoon Jacq., e. stabiana (Ten.), Lava- tera thuringiaca L., Gentiana cruciata L., Teucrium Chamaedrys L., b. hirsutum Celak., Stachys silvatica L., Salvia glutinosa L., Lilium but- biferum L., c. croceum (Chaix in Vill.) ed altre ancora. I luoghi indicati riescono attraentissimi e molto interessante ne è la flora. La loro grande lontananza dall’abitato li rende poco frequentabili. Io non dispero di ritornarvi più volte e m' auguro che in avvenire, facilitati i mezzi di comunicazione, possa riuscire più facile al botanico | di studiarli. Pochi giorni dopo l’ escursione sul monte Meta, ritornai sul Matese. +. . Ebbi per compagno graditissimo il Direttore della Cattedra di Agricol- Bi tura di Campobasso prof. Guglielmo Josa, che vi si recò per suoi studi ed a cui rinnovo i miei più sentiti ringraziamenti. i Da Boiano salimmo sul Matese e, dopo aver percorso le località dette dI x Costa alta, Capo d’acqua, Campitello, ridiscendemmo per la strada che — - mena a S. Massimo, da cui facemmo ritorno a Campobasso. Del materiale raccolto la parte già determinata figura in questo terzo contributo. Nei luoghi percorsi osservai diverse specie già notate di altre località del Matese e di qualcuna di esse ne ho fatto anche il nome. Mi è caro di esprimere qui i miei più vivi ringraziamenti al prof. A: i ? Fiori, cui mi rivolsi per la determinazione di alcune specie, x Qo Abies alba Mill. (Boschi di Molise prope Pesco-Lanciano e Pesco Pignaturo [Gussone] Tenore, Syll., App. II, « A. pectinata » pio 576 (9). CH Studio della Flora Campobassana; i nomi poi delle specie compresi tra ; er “ , sono quelli riportati dai diversi autori nelle opere citate. ... 0) M. TENonE, In Florae e neapolilanue syllogem- Addenda el emendanda altera (pag. 557-5 DIT CONTRIBUTO ALLA FLORA CAMPOBASSANA + Andropogon distachyus L. (Venafro [Gussone] Tenore, Syll.., App. II, p. 558). Sorghum vulgare Pers. y campanum (Ten. et Guss.) (Venafro. Colitur in Campaniae campis: Venafro (') et vulgo appellatur Duleca. Tenore e Gussone, Viaggio in Terra di Lavoro e di Abruzzo, p. 302 (*); Tenore, Syll, App. IV, p. 4 C). Phalaris tuberosa L. (1771). (Ad agrorum margines: Molise. Tenore, Syll., * Ph. nodosa, Ph. bulbosa „ p. 35 (*)). Crypsis alopeeuroides Schrad. (Isernia. Tenore e Gussone, Viaggio, op. cit., p. 302; in inundatis montosis Samnii: Monte di Mezzo. Ju- lio, Augusto (+). Gussone, PI. rar. p. 24 (*)). ; Phleum pratense L. (In demissis humidiusculis: Campobasso. Tenore, Syll., * P. Bertolonii R. S. ,, p. 34). Alopecurus agrestis L. (In inundatis Samnii : Campobasso. Tenore, Syll. p. 33; Isernia, Tenore e Gussone, Viaggio, op. cit., p. 302). * A. bulbosus Gou., L. Lungo un viottolo in luoghi ombrosi sul Ma- tese, nei pressi di S. Massimo, agosto. Poa alpina L. (Matese, sulla vetta di Monte Miletto. N. Terracciano, Peregrinazioni botaniche, I, p. 193 Ch P. compressa L. (In arvis lapidosis montosis Samnii, Capracotta. Ju- (') Venafro è un capoluogo di mandamento della provincia di Campo- basso, giace ai piedi di monte Cerino. (°) TENORE e GussoNE, Catalogo sistem tico. delle piante osservate in di- versi luoghi degli Abruxi e di Terra di Lavoro nell’ està del 1834. Atti della R. Accademia delle Sc. di Napoli, V, P. I, pag. 229-334, giugno 1835. Essendo mio desiderio di riunire le sparse notizie, che sono state pub- blicate dai diversi botanici intorno alla Flora ee ho riportato per questa specie, come per altre, Lë indicazioni che, date da un autore, sono poi ripetute in lavori di altr (3) M. TENORE, Ad Florae NÉE Syllogem, appendix quarta. (4) M. TENORE, Sylloge plantarum vascularium Florae Neapolitanae hu- ` | cusque delectarum. Neapoli, ex typographia Fibreni, 1831. i — (9 J. Gussone, Plantae rariores quas in itinere per oras Jonii ac Adria- ` | tici maris el per regiones Samnii ac Aprutii collegit. Neapoli, ex Regia ty- ` pogràphia, MDCCCXXVI. (55. N. TERRACCIANO, Relazione Ke mo alle peregrinazioni botaniche di. Terra di Lavoro in certi luoghi della provincia, Caserta, Nob. e C. 1872. 8 i EC A. VILLANI lio, Augusto %. Gussone, Di. rar. “ P. compressa L., b. flosculis basi liberis ,, p. 33; in pascuis et glareosis montanis (Capracotta. Tenore, Syll, p. 43). * Festuca rubra L. Luoghi erbosi a Campitello (*) sul Matese (m. 1396), agosto. ‘Bromus asper Murr. (In sylvis et nemoribus Samnii : Campobasso, Tri- vento. Tenore, Syll. p. 50). ; B. arvensis L. (Isernia. Tenore e Gussone, Viaggio, op. cit., p. 303). * Brachypodium silvatieum (Hds.) P. B. Lungo un viottolo in luoghi boschivi sul Matese nelle vicinanze di S. Massimo, agosto. Hordeum secalinum Schreb. (In pascuis montosis Samnii; Monte di Mezzo, nunquam in maritimis vel demissis. Gussone, PI. rar. “ H. pratense Smith „ p. 57; in pascuis montosis : Monte di Mezzo; in Samnio, Ten., Syll, p. 54). y Colchicum autumnale L. 8 Zezorei (Park). (In pascuis montosis et demissis Samnii : Trivento, Matese. Tenore, Syll. p. 184, “ C. by- zantinum. C. variegatum A. Ten. FI. part. di Nap. I, p. 300. C. Bivonae ,, Ten. Fl nap. Prodr., Append. V, p. II, non Guss.). t Allium oleraceum L. £& paniculatum (L.) b. longispathum (Red.). Luo- 7 ghi erbosi sul Matese nelle vicinanze di Costa alta a circa 1400 m., agosto. ; rano] Tenore, Syll., p. 177). Serapias longipetala (Ten.) Pollin. (In sylvaticis montosis in Samnio: Campobasso, Tenore, SylL, p. 458). | presso Trivento [Scarano], Tenore, SylL, ** Orchis antropophora ,, p. 457). Orchis longibracteata Biv. (In collibus umbrosis Samnii: Monte di Guar diabruna presso Trivento [Scarano] Tenore, Syll., p. 456). tello » per uniformarmi strettamente alla scrittura dei nomi che sono ri- vien difatti chiamato Campitello e dal volgo Campetiello, Asparagus tenuifolius Lam. (In sylvatieis Samnii prope Trivento [Sea- . | + Aeeras anthropophora (L.) R. Br. (In montibus Samnii: Monte Lungo Gi () In una nota precedente chiamai tale località del Matese « Campel- la portati nelle carte geografiche dello Stato Maggiore di Firenze. A me pare © tuttavia che possa dirsi più semplicemente « Campitello »; a Campobasso `` na a alte, ne ME E RO VOTBERUE dn 7 ag CONTRIBUTO ALLA FIORA CAMPOBASSANA 9 + 0. Morio L. (In pascuis siccis Samnii: Monte Lungo presso Trivento [Searano] Tenore, Syll, p. 453). 0. intacta Lk. (1799). (In collibus aridis Samnii: Campobasso [Scarano) Tenore, Syll., p. 452 “ O. secundiflora Loisl. et. Bert., Satyrium maculatum Pers. et Ten. „ Fl. nap. II, p. 301. Ophrys densiflora Bert.). 0. ustulata L. (In nemoribus Samnii: Monte Lungo presso Trivento [Scarano] Tenore, Syll., p. 455). : - + 0. pyramidalis L. (In nemoribus Samnii: Sterparo presso Trivento [Scarano] Tenore, Syll., p. 451). t Spiranthes autumnalis (Pers.) Rich. (In submontosis: Campobasso , Matese. Tenore, Syll, p. 461 “ Neottia autumnalis Sw. et Willd. Spiranthes Rich. ,, ). + Epipactis palustris (L.) Crantz (In demissis humentibus Samnii : Tri- vento. Tenore, Syll., p. 461). E. latifolia (L.) All. y microphylla (Sw.). (In sylvis montosis: Molise, Tenore, Syll. * E. microphylla Sw. et Willds ,, p. 461). Salix alba L. (Ad ripas fluviorum : Tiferno, Tenore, Syll. * A. alba L. et W. ,, p. 480). ve + Fagus silvatica L. (Boschi del Matese e di M. Meta. N. Terracciano, Peregrinazioni bot. I, p. 166). Daphne alpina L. 5 oleoides (Sehreb., LA (In rupibus calcareis mon- tosis elatioribus Samuii, Monte Capraro. Julio, Augusto 2. Gus- sone PI. rar. * Daphne glandulosa Bertol. ,, p. 156). Polygonum romanum Jacq. (In arenosis marginibus agrorum Campa- niae, Venafro, Junio, Septembri 3|. Gussone, PI. rar., p. 157; in campis arenosis et in collibus aridis mari finitimis: Venafro, Te- : nore, Syll, p. 195). : - * Rumex obtusifolius L. Luoghi erbosi sul Matese nei pressi di Capo z d’acqua a circa 1500 m., agosto. (In montosis Samnii: Monte Ca- praro [Guss.] Tenore, Syll, p. 182. “ R. sylvestris Vahlr. et Ten. Fl. nap. III, p. 390 ,, R. M ucc Guss. PI. ersice. ex Sam- nio). Chenopodium Dünse-Hourieus L. Luoghi erbosi preso Campitello 10 i A. VILLANI sul Matese a circa m. 1396, agosto. (In pascuis montosis circa stabula: Matese. Tenore, Syll., p. 123; presso gli stabi al Matese ed a Monte Meta. N. Terracciano, op. cit., p. 158). Paronychia Kapèla (Hacq,) A. Kern 6 serpyllifolia (DC.). (In aridis cal- careis montosis, Monte Capraro, Capracotta; Junio, Julio 9|. Gus- sone, Pl. rar. * Ilecebrum serpyllifolium ,, p. 106). Herniaria. glabra L. Wee a Monte Miletto. N. Terracciano, op. cit. p. 107). à * Sagina Linnaei Presl. d. glandulosa Lge. Pascoli nei pressi di Monte Meta a circa 1900 m., agosto. | T Alsine verna (L.) Wahlnh. c. caespitosa Guss. (Monte Miletto. N. Ter- | racciano “ A. caespitosa Guss. „ op. cit., p. 81). K A. graminifolia (Ard.) J. F. Gm. (Ad rupes Samnii : Capracotta, Monte - Capraro. Tenore, Syll. * Arenaria- Rosani ,, p. 218). * Cerastium arvense L. Luoghi erbosi nei pressi di Capo d’acqua sul ~ Matese a circa 1550 m., agosto. M. * C. tomentosum L. 5 repens (L.) b. samnianum (Ber. in DOJ == 0 E longifolium Ten. Luoghi sassosi a Valle Pagana (m. 1800 circa) nelle vieinanze di monte Meta, agosto. (In herbidis montanis - Samnii: Matese, pent Tenore, Syll., p. 221 * C. Samnia- NUM 3, pi Lychnis Cerenitia (L.) Desr. (Lungo la strada da S. Gregorio a Bo- d jano. N. Terracciano, op. cit. p. 81). * Silene acaulis (L.) L. (1762). Luoghi erbosi nei pressi di Monte Meta — a cirea 1900 m., agosto. MEET e aoi E A v S. saxifraga L. y multicaulis Guss. (In glareosis montosis : Mateso E Tenore, Syll. p. 214). CH S. catholiea (L.) Ait. (Siepi di .. App. II, p. 568). + Dianthus deltoides L. Copiosa a Campitello sul Matese (m. 1396) ` agosto; luoghi sassosi nei pressi di Monte Meta (m. 1800 circa) ` E agosto. (In herbidis montosis Samnii: Matese. Tenore, Syll., p. 209). geen hirsutum L. (In paseuis montosis Samnii; , Tenore, im p. 387). CORO GG TON E cS EE Bojano in Samnio [Chiovitti] Ten. gd È Trivento, Matese, CONTRIBUTO ALLA FLORA CAMPOBASSANA l1 H. hyssopifolium Vill. (In aprieis montium Samnii; Capracotta a Monte Capraro, Julio, Augusto 9|. Gussone PZ. rar., p. 318; in apricis siccis montium Samnii: M. Capraro, Capracotta [Guss.] Tenore, SylL, p. 387). Helianthemum apenninum (L.) Mill. (In montibus Samnii: Monte di Mezzo. Tenore, Syll., p. 260). + H. Chamaecistus Mill. (1768) « vulgare Gaertn (1788). a. obscurum (Pers.). (In montibus Samnii: Matese. Tenore, Syll, ** H. obscu- rum , p. 260). H. salicifolium (L.) Mill. b. denticulatum (Thib.). (In collibus siccis ; Campobasso. Tenore, Syll., p. 257. “ H. salicifolium — — B. den- ticulatum ,, H. denticulatum DC. Prodr. I, p. 272). Reseda lutea L. y gracilis (Ten.) (In Samnio: Baranello [Chiovitti] Tenore, Syll., App. IV, p. 18 * R. gracilis Ten. ,,). R. Phyteuma L. (In collibus calcareis et argillosis: Campobasso. Te- nore, Syll., p. 231). x Hesperis matronalis L. Sul Matese in luoghi ‘boschivi presso il Guado i della Borca, agosto (Matese, Campobasso. Tenore, Syll., p. 322). - + Arabis alpina L.. Luoghi sassosi di monte Meta a circa 1900 m., ago- sto. (Vetta di Monte Miletto al Matese, presso le nevi, N. Ter- racciano, op. cit., p. 72). - + A. muralis Bert. (In montosis Samnii: Trivento, Matese. Tenore, Syll., p. 324). . Sisymbrium Columnae Jacq. (Lungo la strada da S. Gregorio a Bo- ‘jano. N. Terracciano, op. cit, p. 73. © S. Columnae ,, Ait. Kew). + S. Sophia L. (Campobasso. Tenore, Syll, p. 320). x Barbarea vulgaris R. Br. £. bracteosa (Guss,). Luoghi ombrosi e sas- sosi sul Matese nei pressi di S. Massimo, agosto. | + Nasturtium silvestre (L.) R. Br. (Ad rivulos Samnii: Campobasso. us Tenore, Syll, p. 321 * N. sylvestre „ Sium panel monta- cm num luteum: Column. Ecphas, tab. 269). t Myagrum perfoliatum L. (Campobasso. Tenore, Syll. p. 308). Aubrietia deltoidea (L.) DC. 5 Columnae (Guss.). (Vetta di Monte Mi- m letto al Matese. N. Terracciano * A. Columnae Guss. ,, op. Cit., p. 72). 12 A. VILLANI Lunaria rediviva L. (Monti di Capracotta in Samnio [Gussone] Tenore. Syll, App., H, p. 571). Draba aizoides L. (Matese a Monte Miletto. N. Terracciano, op. cit., pP- 71; Matese, Tenore, Syll. p. 314). i Lepidium campestre (L.) R. Br. (In arvis Samnii: Campobasso, Tri- vento [Scarano] Tenore Syll, * Z. campestre DC. ,, Thlaspi cam- pestre L., p. 313). T Thalictrum aquilegifolium L. (Matese, Tenore, Syll., p. 265) T. angustifolium L. Y eraltutum (Gaud. ) b. mediterraneum (Jord: Lë = P angustifolium Jaeq. — Th. fulgidum Gren. (In collibus apricis ` Samnii : Molise. Tenore, Syll, p. 264, * 7. lucidum Jaeq. et Spreng. i T. angustifolium Jacq., T. nigricans Ten. FI. Müra ). È. t T. angustifolium L. ò Aurum (L.). (In Samnii nemoribus Matese: A Tenore, Syll, p.265 * T. glaucum Linn. » T. speciosum Ten., Fl. nap.). | * Ranuneulus aquatilis L. e zřichophyllus (Chaix). Copiosa lungo i | corsi d'aequa a Campitello sul Matese m. 1396, agosto. E * Helleborus foetidus L. In contrada Jannini presso Pizzone, a Vallo - Pagana e sul Matese, agosto. : T Aquilegia vulgaris L. (Ad sepes montanas Samnii: Matese. Tenore, 3 Syll., p. 263). : B MR. Lycoctonum L. 6 pyrenaicum (L). Sul MERE a Capo d'aequa (m. 1552), copiosa, agosto. (In paseuis montosis editio- ribus Samnii: Matese, Tenore, Syll., p. 262 * A. Zycoctonum — — B. Neapolitanum e S Saxifraga moschata Wulf (1781). (Matese a M. Miletto. N. Toni op: cit., p. 110 sub S. moschata Murr.). ‘7 8. Aizoon Jacq. c. stabiana (Ten.) (*). Dirupi e luoghi sassosi nei pressi. di Monte Meta a eirea 1900 m., agosto. S. media Gouan 4 i$ porophylla (Bert.). (Matese a Monte Miletto. N. Ter- racciano, op. cit., p. 110 sub $. porophylla Bertol.; Matese, nore, Syll., p. 202). | (*) Questa è la sola” forma che ho ES volte ritrovata sul Matese e monti di Isernia, JONTRIBUTO ALLA FLORA CAMPOBASSANA 13 Solum sexangulare L. (In aridissimis caleareis montosis Samnii; Monte di Mezzo sul Monte della Penna, Augusto, Septembri 9|. Gussone, PI. rar. * A seringulare Lin. ,, p. 386; in montibus Samnii : Monte di Mezzo sul Monte della. Penna [Guss. PI. rar; p. 386], Tenore, Syll, p. 228). * S. sexangulare L. |j aere (L.). Luoghi ombrosi e sassosi di Valle Pa- gana nolle vicinanze di Monte Meta (m. 1900 eirca), agosto. * S. sexangulare L. 5 acre (L.) b. neglectum: (Ten.). (Ad saxorum ri- mas in montibus Samnii: Monte Capraro, Tenore Syll, * S. ne- glectum ,, p. 227). S. magellense Ten. (In nemoribus umbrosis ad rupes museosas, vel ad truncos arborum emareidos Samnii: M. di Mezzo, Pescolanciano, Monte. Capraro. Julio, Augusto @) cf Gussone, PI rar. p. 184). * S. atratum L. Luoghi sassosi nei pressi di Monte Meta a cirea 1900 metri, agosto. * S. hispanicum L. 2. eriocurpum (S. et S). Luoghi ombrosi a Valle Pagana nelle vicinanze di monte Meta a cirea 1800 m., agosto; luoghi sassosi sul Matese a Costa alta (m. 1600 circa), agosto. 7 Craiaegus Oxyacantha L. 3 /riloba (Pers. Siepi sul Matese presso Costa alta a cirea 1400 m. n. Cytisus argenteus L. (Campobasso. Tenore, Syll., p. 344*. Genista triangularis Kit. in W. (1800). (In Samnio: Campobasso, Tri: vento [Scarano] Tenore, Syll., p. 344 * Genista scariosa Viv. et ^ DC. Prodr... ` Medicago truncatula Gaertn 5 tribuloides (Desr.). (Molise. Tenore, Syll., “ M. tribuloides ,, p. 383). t Melilotus altissima Thuill. A peor (Kit. in DC. = Trif. W. et K. (Isernia al Maeerone. Tenore e Gussone 4 M. peace 5 on cit., p. 328; in argillosis humentibus Samnii in sylvestribus, vel ad sepes Isernia al Macerone. Augusto, Septembri 9|. Gussone, PI. rar. * M. palustris DC. „ p. 306; in agris Samnii : Campo basso. Tenore, Syll, App. III, p. 617) ex (7 M. TEexong, Ad Florae Neapolitanae plantarum vascularium syllogem, appendix tertia: emendationes, atque additamenta novissima complectens, 14 SSR A. VILLANI Trifolium lappaceum L. (Campobasso. Tenore, Syll, p. 372). T. echinatum M. B. (1808). (In inundatis et pascuis humentibus: Cam- pobasso. Tenore, Syll, * Z. supinum „ p. 373). Y T. ochroleucum Huds. (1762), L. (1767). (In herbidis montanis: Ma- tese. Tenore, Syll, p. 373). T. pratense L. n pallidum (W. et K.), b. flavescens (Tin.). (In herbidis et pratis: Campobasso. Tenore, Syll., App. V, p. 32. “ 7. flave- scens Tineo ,, CA È Astragalus hamosus L. (In arvis siccis: Campobasso. Ten., Syll., p. 368). 3 A. depressus L. (Matese a Montemiletto. N. Teracciano, op. cit., p. 95). — Lathyrus niger (L.) Bernh. (In nemoribus Samnii : Campobasso. Tenore, — . — Syll, * Orobus niger ,, p. 352). i Vieia narbonensis L. (Campobasso. Tenore, Syll, App. II, p. 573). V. tetrasperma (L.) Moench. Y gracilis (Lois.) ) (1807), c. longifolia (Ten., sub Zreo) (1811-1815). (Inter segetes. Campobasso. enu E Syll., ESTERO, " Eroum tetraspermum Linn. — — B gracile ,, p. 364). ics aer tribracteatum Salzm. (1819). (In inundatis Samnii: Isernia v [Gussone] Tenore, Syll., p. 230 * Z. tribracteatum — — B": bracteis oblongis obovatis ve lovalibus, L. Thymifolia Ten. Fl. nap. E Prodr., p. 28 et Guss. Prodr. Fl. sic. I, p. 535 et PL rar. p. 189 . (fide speciminis). * Epilobium angustifolium L. Luoghi umidi in contrada detta R. le forme nelle vicinanze di Valle Pagana presso il monte Meta a circa 1400 m., agosto. (In Samnio: Matese. [Valle di EE chiaro] Tenore, Syll., p. 188). ; 4 E. montanum L. Luoghi ombrosi sul Matese nelle vicinanze di 8. geg simo, agosto (Ad sepes humidas et ad scaturigines in montosis Samnii: Matese. Tenore, Syll., p. 188; Matese, N. Ter racciano, op. eit., p. 104). +E tetragonum L. 4. obscurum (Schreb.). (In fossis et humentibu Samnii : Campobasso, Trivento. Tenore, Syll, p. 189 E ge rum Schreb. e Reich. i) D M. TENORE, Ad Florae ee Syllogem appendix quinta. NE 1842, typis P. Tizzano. CONTRIBUTO ALLA FLORA GAMPOBASSANA Se Bupleurum falcatum L. 2 eraltatum (M. B.). (In herbidis saxosis mon- tosis Samnii, Capracotta, Monte Capraro, Monte di Mezzo. Julio, Augusto J. Guss. PL rar, “ B. cernuum Ten. „ p. 117; in herbi- dis montosis Samnii: Monte Capraro, Monte di Mezzo, Matese. Tenore, Syll., * B. cernuum ,, p. 130; 8. Michele presso, Bojano [Chiovitti] Tenore, Syll., App. IV, p. 9 * B, cernuum sl Trinia vulgaris (L.) Rchb. (Matese a M. Miletto, N. Terracciano, op. * cit, p. 115 * Z. vulgaris DC. ,, J ` Carum earvifolium (DC.) Are. (In rupibus herbidis elatioribus montium 'Samnii: a Capracotta, Julio, Augusto c, 9|. Guss., PL rar. “ Si- son flexuosum Ten. ,, p. 118; Matese a Monte Miletto, N. Terrac- ciano, op. cit., p. 114. * Meum carvifolium DC. ,, ). = Apium nodiflorum (L.) Rchb. f. d. stoloniferum Paoletti = Sium Guss. ; : = S. intermedium, Ten. — Helosciadum Koch. (In rivulis Sam- nii, prope Campobasso, Trivento [Scarano] Tenore; Syll. * Sium in- termedium ,, p. 145). Sium erectum Huds. (1762). (Matese, Monte di Mezzo in Samnio et alibi. Tenore, Syll. * S. angustifolium „ p. 145). Pimpinella saxifraga L. J. nigra (Mill, W.). (In collibus cretaceis : Trivento in Samnio. Tenore, Syll., p. 153, P. sacifraga — — B. nigra. P. nigra Willd. et Ten. FL nap. Prodr., p. 20; Isernia al Macerone. Tenore e Gussone, Viaggio, op. cit. p. 309). .* P. Tragium Vill. Luoghi erbosi e paseoli sul Matese nei pressi di : Costa alta a eirea 1600 m., agosto. È . Foeniculum peucedanoides (M. B.) Jacks. (In montibus Samnii: Tri- 3 | vento, Matese [Searano] Tenore, Syll., App., IV, p. 11). . Ferula silvatica Bess. (In Samnii montibus: Trivento, Campobasso EU ." F. Barrelieri ,, Tenore, SylL, p. 139). Peucedanum Carvifolia (L.) Vill. a. genuinum. (In pascuis submonto- CHER sis et ad sepes Samnii, a Monte Capraro Julio, Augusto 9}. Gus- | sone, PI. rar, “ Imperatoria Chabraei Spr. „ p. 134). P. Cervaria (L.) Cms ex Lap. (In pascuis montosis Samnii: Campo. basso, Tenore, Syll. “ Zigusticum Cervaria Spr. ;, p. 143). > Chaerophyllum hirsutum L. Copiosa lango un corso d'acqua a Capo "d'acqua, m. 1552, sul Matese, agosto. p. Sa 1 A. VILLANI + €. aureum L. Luoghi ombrosi in contrada detta Valle Pagana 1 vicinanze di Monte Meta a circa 1700 m., agosto. Polygala major Jacq. (Presso le siepi lungo la strada da S. Grego a Bojano. N. Terracciano, op. cit., p. 78). E T Geranium maerorrhizum L. Luoghi sassosi in contrada detta V Il Pagana nelle vicinanze di Monte Meta a circa 1800 m., agosto. | T G. pheum L. £ sefezum (L.). (In herbidis Samnii: Matese. Tenor Syll., * G. reffezum, p. 333; Matese presso il Jaecio di Mon Miletto. N. Terraeciano, op. eit, p. 86. G. reflexum Lin. » Pi t G. cinereum Cav. (Tenore, Syll., p. 332 * G. cinereum Cav. » Gi rium L'Herit. et Ten. SL nap. II, p. 100. Matese). | G. tuberosum L. (Falde meridionali di Monte Miletto al Matese. N racciano, op. cit., p. 86). * G. asphodeloides Burm. £f. ( Campobasso Tenore, Syll., p. 333). Linum viscosum L, S p. 156). o i L. flavum L. y capitatum (Kit.). E Meta a circa 1900 m., agosto. (In apricis Samnii: Matese [mont Miletto] Tenore, Syll., “ Linum favum — — B. , p. 157) Dictamnus albus L. A purpureus DC. (In Samnio: Roecamandolfi [Ch Vitti] Tenore, Syll, App., IV, p. 15 * D. albus: for. purpur © Malope malachoides L (In arvis Samnii : Trivento, Tenore, Sy copi » Matese “ G. nemorosum è (Ad sepes montium Samnii : Trivento. Tenore, Syll. Luoghi sassosi nei pressi di mon p. 335). e 1 Althaea hirsuta L. (Ad sepes Samnii: Trivento. Tenore, Syll., p. 33 Malva rotundifolia 1. (In ruderatis montosis: Samnii Monte di Me Capracotta [Guss.] Tenore, Syll, p. 337). Hibiscus Trionum L, (In HI, p. 615). Crozophora tinctoria (L.) A. Juss. LO BE, dB. o wm Juss. , ). : T Lysimachia vulgaris L. (Matese. campis Venafranis [ Guss.] Tenore, Syll., A (In eampis argillosis: Molise. Teno oton tinctorium L., Crozophora tinctoria : Tenore, Syll., p. 90). CONTRIBUTO ALLA FLORA CAMPOBASSANA 17 * Armeria vulgaris W. s gracilis (Ten.). Luoghi erbosi nei pressi di Monte Meta a circa 1800 m., agosto. Olea europaea L. 5 sativa, b. Cajetana (Pet.) = O. eur. B. Bifera Ten. (In agro ui Tenore, Syll. p. 9). * Myosotis palustris (L.). Lam. Luoghi ombrosi a Valle Pagana nei. pressi di Monte Meta (m. 1800 circa), agosto. * M. palustris (L.) Lam. c. parviflora Celak. Luoghi sassosi a Costa alta sul Matese (m. 1600 circa), agosto. 1 M. pyrenaica Pourr. (1786), b. ezscapa DC. Luoghi sassosi presso Monte Meta (m. 1900 circa), agosto. M. pyrenaica Pourr. (1786) c. suaveolens (W. et K. , 1809) — M. metz var. lithospermifolia W. (1809) =M: B ape; Horn. (1813) — montana M. B. (1819). (Matese a monte Miletto. N. EE * M. lithospermifolia Horn. ,, op. čit, p. 143). * Solanum Dulcamara L. Luoghi ombrosi in contrada detta Valle Pa- gana nelle vicinanze di monte Meta (1781-1884 m.), agosto. Verbascum phlomoides L. 6 australe (Schrad.) A. samniticum Ten. (In pratis sterilibus Samnii: Campobasso. Tenore, Syll. * V. samni- ticum ,, p. 108). x V. longifolium Ten. Luoghi sassosi nei pressi di M. Meta, agosto. v Linaria purpurea (L.) Mill. a. montana Car. = var. robustior. Car. | Luoghi ombrosi sul Matese a Costa alta, presso Capo d’acqua ed altrove; luoghi erbosi a Valle Pagana nelle vicinanze di monte Meta a circa 1800 m., agosto. ` Serophularia Scopolii Hpe ex Pers. (Matese a monte Miletto. N. Ter- racciano “ S. Seopolii Pers. „ op. dt, p. 147). | e S. Scopolii Hpe ex Pers. p grandidentata (Ten. Luoghi ombrosi in- contrada detta Valle Pagana a eirea 1800 m., dirupi e luoghi sussosi nei pressi di monte Meta a circa 1900 m., agosto. (In ne- moribus, et in sylvatieis montosis Samnii, Monte di Mezzo, monte Capraro , Junio, Augusto 7, 9|. Gussone, PI. rar., p. 255 sub A. grandidentata Ten.; in humentibus et in umbrosis nemorum ` Campaniae : een leo SE p. 305 « 5. EH , m NES T Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 18 > | A. VILLANI t Digitalis ferruginea L. (In apricis montosis: Matese. Tenore, Syll., à p. 306). E t Euphrasia officinalis L. x pectinata (Ten. 1831). Luoghi ombrosi sul Matese e nelle vicinanze di monte Meta (m. 1800 circa), agosto. - Isernia al Macerone. Tenore e Gussone, Viaggio, op. cit., p. 323) — t Rhinanthus Alectorolophus (Scop.) Poll. (1777), a. medius Rehb. Luoghi erbosi sul Matese nei pressi di Costa alta (m. 1600 circa), agosto. e E Teucrium montanum L. (Matese a Monte Miletto. N. Terraeciano, op. cit, p. 155). : Seutellaria peregrina L. 5 altissima L. (In Samnii pascuis montosis Monte. di Mezzo [Guss.]. Perennis. Tenore, Syll, App. IV, p. 32, “ S. commutata ,, E E * Marrubium candidissimum L. (In collibus apricis siccis: Samnii : Matese, Valle di Campbchiaro. Tenore, Syll SA ~, * M. peregrinum Linn. ,, M. candidissimum Orsini, PI. ersice. ex Aprutio, p. 292) Melittis Melissophyllum L. c. albida Guss. (In sylvaticis montosis va B. tantum: Campobasso. Tenore, Syll, p. 297. * M. grandiflora. — — B" flore concolore pallide Javo, calycis dentibus mucronatis M. albida. Guss. Fl. Sic. Prodr. 2, p. 140). | Galeopsis Tetrahit L. (In sylvaticis montosis Samnii, Monte di Mezz monte Capraro. Julio, Augusto (4). Gussone, PL rar. * G. tetra Lin. b. parviflora ,, p. 238). : G. Ladanum L. (In submontosis, inter segetes, et in arvis montosis solo caleareo Samnii, a Capracotta. Gussone, PL. rar.“ G. Ladan | Lin. ,,; b. floribus pallidis. Varietatem b.. solummodo prope : cotta vidi Junio, Augusto, p. 236 (*); inter segetes et in arvis mon- tosis: Capraeotta, Monte di Mezzo. Tenore, Syll, p. 288). * Lamium garganieum L, 6 grandiflorum (Pourr., 1788). Luoghi sosi nei pressi di monte Meta a cirea 1800 m., agosto; lu sassosi a Costa alta sul Matese a circa 1600 m., agosto. (In cis montosis et vallibus humo repletis Samnii, Matese, Monte Mezzo, monte Capraro. Julio, Augusto J. Gussone, PI. rar. * longiflorum Ten., p. 233: in apricis montosis et in vallibus Sam į CONTRIBUTO ALLA FLORA CAMPOBASSANA 19 nii: Monte di Mezzo, monte Capraro [Guss.] Matese. Tenore, Syll., L. longiflorum, p. 285 ,,; Matese, N. Terracciano, op: cit., p. 153, « D longiflorum Bent. ,,). L. maculatum L. (In Samnii montibus. In valle Campoclarensi ( Co- lumna) Tenore, Syll., * L. maculatum L. ,, Plinii montanum Cam- poclarensium Col. Eephr. I, p. 190, t. 185, p. 287). * L. maculatum L. b. rugosum (Ait). Luoghi sassosi e dirupi presso monte Meta a eirea 1800 m., agosto. x Stachys Alopecurus (L.) Bent. Luoghi sassosi nelle vicinanze di monte Meta a circa 1900 m., agosto. * S. germanica L. o. genuina. Luoghi erbosi nelle vicinanze di Cam- pitello (m. 1396) sul Matese, agosto. (In pascuis montosis Sam- ` nii, Monte di Mezzo, monte Capraro, Julio, Augusto 91. Gussone, PI. rar. * S. germanica Lin. » p. 238). Origanum vulgare L. a. viridulum (Martr-Don.). (Comune al Matese. N. Terracciano, op. eit, p. 151. * O. virens Hoffm. ,,). Acanthus spinosus L. 2 spinosissimus (Pers., Rchb., l. cit., tav. 194). (Molise. Tenore, Syll., * A. spinosus » p. 306). cr * Globularia cordifolia L. 5 bellidifolia (Ten.). Luoghi erbosi nei pressi i di monte Meta (m. 1900 circa), agosto. * Galium baldense Spr. Luoghi sassosi nelle vicinanze di monte Mota a cirea 1900 m., agosto. * Asperula cynanchica L. ò nitens (Guss.). Luoghi sassosi nei pressi di monte Meta (m. 1900 circa), agosto. e A. cynanchica ^ aristata (L. f.) b. flaccida (Ten.). (In montibus Samnii: Monte di Mezzo [Guss.]. Matese. Tenore, Syll., p. 65). Viburnum Opulus L. (In montibus Samnii: tra Monte di Mezzo e Pe- scolanciano [Gussone]. Tenore, Syll, App. II, p. 562). Lonicera alpigena L. (In Samnio a Monte di Mezzo, monte Capraro presso Capracotta. Junio, Julio 2. Gussone, PI. rar., p. 99 * L. l montosis Samnii : monte Capraro. Tenore, Syll. p. 105). — — . cinanze di monte. Meta a circa 1700 m., — alpigena Lin. A foliis subtus dense pubescentibus „; in apricis | * Valeriana officinalis L. Luoghi. boschivi a Valle. Pagana nelle vi % A 20 A. VILLANI Valeriana tuberosa L. (Matese a monte Miletto. N. Terracciano, op. cit., p. 120). t Seabiosa gramuntia L. s holosericea (Bert.). Matese. Tenore, Syl., p. 63. * S. holosericea Bert. ,,). S. crenata Cyr. (In Samnio: Isernia al Maceroue [Guss. et Ten.]. Roc- camandolfi [Chiovitti]. Tenore, Syll, App. IV, p. 6). * Phyteuma orbieulare L. Luoghi sassosi nelle vicinanze di monte Meta a eirea 1900 m., agosto. x Campanula glomerata L. a. genuina. Luoghi ombrosi a Valle Pa- gana nei pressi di monte Meta a circa 1800 m., agosto. (In pascuis submontosis Samnii, a monte Capraro. Junio, Julio 9|. Gussone. * (C. glomerata Lin., p. 93 , ). + C. foliosa Ten. Luoghi erbosi in contrada detta Valle Pagana (m. 1800 cirea) nelle vicinanze di monte Meta, agosto (Matese presso monte Miletto. N. Terracciano, op. cit., p. 137 ,, C.' foliosa Ram., et Schult.). x €. persicaefolia L. Luoghi ombrosi a Valle Pagana presso il monte Meta a eirea 1800 m., agosto. | .. €. rotundifolia L. x £ypiez. Luoghi sassosi a Valle Pagana (m. 1800 ` cirea) nelle vieinanze di monte Meta, agosto; Matese a Costa alta in luoghi sassosi a cirea 1600 m. (Matese. Tenore, Syll., % (0. tundifolia i foliis pubescentibus ,,. C. linifolia, FI. nap., p. 96). * €. Trachelium L. Luoghi ombrosi a Valle Pagana nelle vicinanze di monte Meta (m. 1800 cirea), agosto. t Hedraeanthus graminifolius (L.) DC. f. ( Matese a monte Miletto. - N. Terracciano, op. cit., p. 137 sub Campanula graminifolia Lin.). * H. graminifolius (L.) DC. f. b. elatus (Wettst.). Luoghi sassosi nei pressi di monte Meta a circa 1900 m., agosto. x H. graminifolius (L.) DC. f. c. pusillus (Wettst.). Luoghi sassosi nei pressi di monte Meta a circa 1900 m., agosto. * Adenostyles alpina (L.) Bl. et Fing. © australis (Nym.), d. auriculata ` ` x Fiori. Lungo Capo d’acqua sul Matese a cirea 1552 m., agosto. + Senecio delphinifolius Vahl. (Campobasso. Tenore, Syll., p. 431). CONTRIBUTO ALLA FLORA CAMPOBASSANA 21 x S. nebrodensis L. ò rwpestris (W. et KJ. Luoghi sassosi, umidi ed ombrosi in contrada detta R. le Forme a Valle Pagana ( 1400- 1884 m.); e luoghi ombrosi sul Matese a Costa alta (m. 1600 circa), agosto. S. erucifolius L. y Zenuifolius (Jaeq.). (In campis humentibus: Cam- pobasso. Tenore, Syll, ** S. tenuifolius — — A” p. 431). x S. alpinus L. (Scop.) y Sumziticum (Huet. exs.). Copiosa in luoghi ombrosi ed umidi nelle contrade dette R. le Forme e Valle Pa- gana nelle vicinanze di monte Meta a circa 1700 m., agosto. t Doronicum Columnae Ten. (1811). (In nemoribus montosis Samnii : Matese. Tenore, Syll., p. 435). Vd Aster Linosyris L. ( Campobasso. Tenore, Syll., ** CArysocoma Lynosi- Tis p p. 417). * Erigeron acer L. Luoghi boschivi sul Matese al Guado della Borca (m. 1555) e presso Campitello, copiosa, a circa 1400 m., agosto. Chrysanthemum ceratoph ylloides All. (1785). y tenuifolium Fiori. (In herbosis saxosis montium Samnii; Capracotta, Junio, Augusto 9|. Gussone, PI. rar. “ Pyrethrum ceratophylloides, b. tenuifolium ,, .p. 350; in herbidis saxosis; Samnii: Capraeotta [Guss.] Tenore, Syll., * Pyrethrum ceratophylloides W. — — B. Tenuifolium ,, p. 438). y €. Parthenium (L.) Bernh. (In ruderatis montosis: Matese. Tenore, Syll., p. 441, * Pyrethrum Parthenium Smith ,, Matricaria Par- thenium Lin). | * Anthemis montana L. x sazatilis DC. (DC. in W.). Luoghi sassosi nei pressi di monte Meta a eirca 1900 m., agosto. Mieropus erectus L. (In collibus aridis calcareis Samnii; Monte di Mezzo. Maio, Junio (+). Gussone, PI. rar., p. 345). t Gnaphalium silvaticum L. « rectum (Sm.). Luoghi erbosi nei pressi di Capo d’acqua sul Matese (m. 1552), agosto. (Matese. Tenore, Syll, p. 425). + Inula Helenium L. (Ad sepes submontosas in apricis: Campobasso, Tenore, Syll, p. 434). + Carlina acanthifolia All. (1774). Copiosa lungo i viottoli ed in luo- 22 Ai VILLANI® ghi ombrosi sul Matese nelle vicinanze di S. Massimo, agosto. (Matese. Tenore, Syll., p. 409). + Carlina corymbosi L. (In collibus siccis: Molise. Tenore, Syll., p 409). t C. acaulis L. E alpina Jacq. (1762). Copiosa in luoghi erbosi sul Ma- tese presso Capo d’acqua (m. 1552), agosto. (In demissis lapido- . sis Samnii : Matese. Tenore, Syll., * C. acaulis — — B. caule- scens „ p. 409). + Xeranthemum cylindraceum S. et S. (In collibus aridis Samnii: M. di Mezzo. Junio, Julio (+). Gussone, PI. rar., p. 341. * « X. cylin- draceum Sibth. ,,; in collibus Samnii: Monte di Mezzo [Grass.] t RTS AT KEE Tenore, Syll, p. 423). t X. inapertum W. (In collibus aridis Samnii; Monte di Mezzo. Ju- | nio, Julio (>). Gussone, PI. rar. * X. erectum Presl: „ p. 342; 4 ‘in apricis montosis Samnii: Trivento, Matese, Monte di Mezzo. A Tenore, Syll., p. 423. * X. inapertum Willd. et Gay. ,, ). 1 + Aretium Lappa Ze Y minus (Bernh.). Luoghi ombrosi in contrada E detta Colle Jannini presso Pizzone a circa 1000 m., agosto. 1 a t Centaurea salmantiea L. (In pratis argillosis : Campobasso. Tenore, ` Syll, p. 448). E t C. Jaeea L. 5 amara (L.) (In campis Samnii: Trivento [Scarano]. | | Tenore, Syll., * C. amara ,, p. 443). i | t Carduus nutans L. In luoghi ombrosi sul Matese presso Costa alta E a circa 1600 m., agosto. (Matese. Tenore, Syll., p. 411). S | C. affinis Guss. (In apricis, vel sylvatieis montosis Samnii; Capracotta, è : monte Capraro. Julio, Septembri 9|. Gussone, PI rar., p. 324 15 | in pascuis apricis montosis Samnii: Capracotta, monte Capraro E | [Guss.] Tenore, Syll, p. 411). e C. leucographus L. b. albiflorus Fiori = var. B. Zen. (Campobasso. Te E | nore, Syll. * C. leucographus — — B. flore albo ,, p. 410). 2 * Cirsium strietum (Ten.) Ten. Margini della strada nelle vicinanze di | S. Vincenzo a, Volturno a circa 600 m., agosto. Cirsium acaule (L.) Scop., All. (In pratis apricis montium Samnii; Moni: di Mezzo, Julio, Augusto 9|. Guss. PI. rar. * Cnicus acaulis s CONTRIBUTO ALLA FLORA CAMPOBASSANA 23 p. 335; in pascuis aprieis Samnii: Monte di Mezzo [Guss.] Te- nore, Syll., p. 416). : Hedypnois polymorpha DC. 6 rhagadioloides ( W.). (In collibus apricis: Campobasso. Tenore, Syll. * M. rhagadioloides ,, p. 396). x Hypochaeris cretensis (L.) Boiss. (1875) 3 pinnatifida (Cyr. ex Te- nore) Luoghi ombrosi sul Matese presso Costa alta a 1600 m. eirea, agosto. (In pratis montium Samnii: Matese. Tenore, Syll., 406). Robertia taraxacoides (Lois.) DC. (Matese a monte Miletto ed al monte Meta. N. Terracciano, op. eit., p. 130). . * Leontodon autumnalis L. x typicus, b. ruzcinatus Kittel. Luoghi om- brosi in contrada detta R. le Forme nelle vicinanze di monte Meta a circa 1400 m., agosto; e luoghi ombrosi a Costa alta sul Ma- tese a circa 1600 m., agosto. * L. hispidus L. (1753) 5 danudialis (Jacq., 1762). Luoghi ombrosi sul Matese presso Costa alta a circa 1500 m., agosto. ; Picris hieracioides L. Luoghi ombrosi in contrada detta R. le Forme a cirea 1400 m., lungo la via che conduce al monte Meta, agosto. Scorzonera laciniata L. d. octangularis (W.) = Podosp. Roth. ex Stend. DC. p. p. (In collibus et campis argillosis: Campobasso. Tenore, Syll., * S. octangularis -- — A.” p. 389). ; Lactuca viminea (L.) J. et C. Presl. (In nemoribus Samnii: Matese, Trivento [Scarano] Tenore, Syll., p. 391 * Prenaathes viminea ,, ). L. Scariola L. (Molise. Tenore, Syll., p. 391). Crepis vesicaria L. (In pascuis humidis: Campobasso. Tenore, Syll., “ Borkausia vesicaria Spreng. „ p. 403). * C. aurea (L.) Rchb. 2 columnae (Froel.). Luoghi erbosi nelle vici- nanze di monte Meta a circa 1900 m., agosto. (In pratis elatio- ribus Samnii: Capracotta [Matese, Ten., L e) Gussone, PI rar. * Hieracium Columnae Ten. „ [p. 325] Julio, Augusto 9}, p. 392; in pratis elatioribus Samnii [Capracotta Guss.]. Matese. Tenore, Syll., * H. Columnae — — A — — B" p. 398). Hieracium andryaloides Vill. /In rupibus aridis meridionalibus mon- tium Samnii: Capracotta, monte Capraro. Julio, Augusto 9|. Gus- Dorr. GIUSEPPE ZODDA BRKIOFITE "MICUILEIE (Contribuzione seconda). Il materiale, illustrato in questa mia seconda contribuzione, è stato da me raccolto dal 22 giugno al 2 luglio 1906 nel distretto. geografico dei Nebrodi nell’alta vallata del Simeto e in quella del Flascio. Il territorio da me esplorato è limitato all'ingrosso dal M. Sori (1846 m.) e dal contrafforte, che separa i torrenti Martello e Cutò, entrambi rami del Simeto, a sud-ovest; dalla cresta sinuosa della catena principale dei Nebrodi a nord, dal corso del Flascio ad oriente e dal torrente della Saracena, anch'esso ramo del Simeto, a sud restando così quasi per in- tero nel versante jonico. Ipsometrieamente esso è compreso fra 1000 e 1846 m.; però la massima parte del materiale la raccolsi fra 1200 e 1600 m. Amministrativamente il territorio suddetto fa parte di parecchi comuni e di due provincie (Messina e Catania). Rimangono nella prima i*ter- ritorii seguenti: M. Sori a Cesarò; Barrilà a Longi (nella carta topo- grafica militare erroneamente è attribuito a Tortorici); Botti, Mangalavite, | Acquasanta a Tortorici; fanno parte della provincia di Catania Grappidà e Forestavecchia appartenenti al comune di Bronte; Trearie a quello di Randazzo. Geologicamente la massima parte del territorio visitato è costituita da arenarie a cemento siliceo, che, secondo la carta geologica d’Italia, sono riferite al Miocene inferiore; qua e là emergono le argille scagliose eo- ceniche. In un estremo lembo verso nord-est affiorano alcuni ammassi . dolomitiei mesozoici, sui quali però non raccolsi briofite. Es vegetazione primitiva evidentemente era rappresentata ovunque da ` boschi: querei e cerri fino a 1400 m., faggi da 1200 fin sui monti più | alti; Mangalavite (1664 m.), Serra del Re (1752 m.) M. Sori (1846 m.). Fra essi, e specialmente fra i primi trovansi Acer campestre, A, Pseudo-platanus, 26 CH G. ZODDA Pyrus torminalis, P. Malus, Ostrya carpinifolia, Ilex Aquifolium, esem | plari di 4a 5 m. di Crataegus Oxyacantha e forme affini, Prunus spinosa ed altre specie ecologicamente meno importanti. Oggi gran parte del territorio è diboscata e adibita per coltura del grano o semplicemente per pascolo; nondimeno estesi tratti, non ancora toccati dalla scure del- l’uomo, come verso la cima di M. Sori e nelle parti elevate di Manga- lavite, sono occupati da faggete, entro le quali può dirsi non penetra raggio di sole e dove l'Auzius è profondo per lo meno un metro: è questa la stazione di Neottia Nidus-avis, Lathraea squamaria, Monotropa Hy pythis, eec. E Per quanto riguarda la distribuzione geografica delle briofite posson 3 enumerarsi le seguenti stazioni: 1.° Pascoli; 2.° Rupi; 3.° Luoghi palu- dosi o aequitrinosi; 4. Ruscelli, 5.° Tronchi di alberi. Le stazioni gran lunga più rieche sono la seconda e la quinta, vengono poi ordine d'importanza la terza, la quarta e la prima. Dei muschi più comuni nella stazione dei pascoli debbo menzionat Weisia viridula, Dicranella varia, Ceratodon purpureus abbondan Tortula subulata, T. ruralis var. ruraliformis e var. densiretis, la comune fra tutti Funaria hygrometrica, Bryum capillare colla var. dionale; Brachythecium velutinum, predominando di molto gli a aerocarpl | sui pleurocarpi. i Fra i rupestri più comuni enumero le Grimmiee, Orthotrichum ct, latum, O. cum Biieloihecinm sericeum, NUS itia lutescens 3 j cupressiforme colle varietà, ece. Dei muschi paludicoli e, in genere, idrofili sono più comuni: chythecium rivulare, Eurhynchium praelongum, Cratoneuron filicinu C. curvicaule, Drepanocladus Kneiffi, Acrocludium cuspidatum e un'e tica Pellia Sr con assoluta prevalenza dei pleurocarpi 2 acrocarpi. Fra le arboricole ge più importanti sono da citare ale Orthotrichum (O stramineum, O. afine, O. rupestre var. Franzonia 0. lejocarpum), Hedwigia ciliata e varietà, Leucodon sciuroides e v Antitrichia Ze Ze e varietà, Neckera SE Plerygyna: ee = BRIOFITE SICULE po. — filiforme, P. heteropterum, Isothecium myurum. e. varietà, Homalothecium P. sericeum, Drepanium cupressiforme e così anche in questa stazione si ha una rilevante preponderanza dei pleuroearpi sugli acrocarpi. Devesi .. ancora notare che questa stazione ha due facies differenti secondo che + si tratti di boschi di cerri e querci, bene illuminati dal sole e d’indole : xerofila, o che si tratti di boschi di faggi, oseuri e d' indole igrofila o, si . Der lo meno, mesofila. Difatti mentre alcune specie di muschi si tro- .. vano indifferentemente nell’ una e nell’ altra, come Orthotrichum affine, pi PR i Hedwigia ciliata, Leucodon sciuroides, Antitrichia curtipendula, altre sono Go, : proprie della stazione xerofila, come: Homalothecium sericeum e Drepa- E nium cupressiforme, e altre della igrofila come: Orthotrichum stramineum, A -~ Pterygynandrum filiforme, P, mg Brzrëere complanata e Tso- thecium myurum. = < Fra le specie idrofile, immerse nelle acque © proprie dei sassi irrorati- E ` debbonsi notare: Orthotrichum anomalum, Bryum alpinum, i Maium, e le Fontinalis. L importanza del atdala da me sane dal punto di vista siste: matico emerge dal fatto che il chiarissimo sig. G. Roth di Laubach, che ebbe la gentilezza di rivedere le specie da me determinate e di de- ` terminare quelle per me rimaste dubbiose, vi ha riscontrato parecchie forme sicuramente nuove per la scienza, wo qualche altra dubbia. Le ` forme nuove sono le seguenti: ; —.— Leucodon sciuroides F Sehwg. var. morensis (Sehwgg;) f£. denticulata. Roth. È Antitrichia SUIT (Hedw.) Brid. var. integrifolia Roth. Pterogonium gracile (Dill.) Swartz var. parvulum Roth. > — Pterygynandrum filiforme (Timm.) Hedw. var. subtile Roth. © Cratoneuron Jilicinum (L.) Roth. var: tenellum Roth. 20 Hypnum purum (L.) var. condensatum Roth. DS Oltre una probabile varietà di Pseudoleshea rigescens, specie per l'Eu- ` ropa rarissima. i Dë uao Ge Notevolissime s sono aleune forme non iai 20 te determinabili ema | offrenti caratteri intermedii. a quelli di tipi ‘specifici prossimi. ma a distinti. : st te Ge d meno che non si Zeng: considerare come. ibride: i la x: CUN v. Et d / M x ` 28 CS G. ZODDA questione non può essere risoluta coi pochi esemplari da me icio nel- l’unica escursione fatta), starebbero ad indurre a subordinare fra essi tipi. specifici, vicini, ma tenuti oggi dai più come coordinati. E mi basti cita il mio esemplare N. 312 intermedio fra Tortula montana e T. pulvinabi i Ni 260 e 261 intermedi fra Leucodon sciuroides tipico e Z. var. morens i N.i 225 e 221 intermedi fra Homalothecium sericeus e H. aureolum, V N. 182 intermedio fra Fontinalis antipyretica e F. Duriaei. 7 Inoltre è da notare il relativo prevalente sviluppo dei pleurocarpi sug acrocarpi, e quello assai più sensibile delle specie perenni sulle annu a differenza della zona ‘marittima della Sicilia e dei paesi australi genere, il che è perfettamente spiegato sia dal predominio delle stazi epifita e rupestre, abitate in massima parte da specie perenni, sia | trovarsi tutto il territorio nella regione forestale e forse subalpina, pizia anch'essa allo ER dei pleurocarpi e, più, delle specie H sulle annue. Alcune forme sono addirittura nuove per tutta T Italia, comprese isole ad essa proprie. Tali sono SeAistidium apocarpum var. epil proprio della Boemia e dell’ Assia (Germania), Pseudoleskea rigesce j propria dell'America boreale fredda e degli alti monti della Norv Fontinalis androgyna delle foreste di Neumark in Germania, Zurhynchiu ` relutinoides delle foreste di Germania, Æ. Stokesii var. robustum, com sciuto soltanto di Laubach (Assia) in Germania; tutte forme boreali, quali sinoggi non sono state scoperte lungo il territorio, molto esteso longitudine, della penisola italiana, interposto fra la Sicilia e i boreali, di cui esse erano ritenute proprie. | Molte altre specie e forme sono nuove per la Sicilia e di esse ale godono | di una diffusione più o meno larga; in tal modo la scope di queste specie in tale distretto pone termine ad un fatto di disgiunzi nell'area di distribuzione di esse. Sono tali Weisia viridula var. densifoli dell’ pe e uide Nee A Seen ciliata var. vir idis (E salebrosum di lia e panta: B. velutinum var. condensatum med e i; a Mi limito a menzionare le regioni circostanti alla dëm, BRIOFITE SICULE ` ` O 29 raneo, Drepanocladus Kneifti di Europa e Algeria, Drepanium cupressi- forme var. elatum largamente disperso. Altre forine invece erano accan- tonate, così Tortula ruralis var. densiretis della Sardegna, Orthotrichum rupestre var. Frauzonianum del Canton Ticino e della V. Intrasca, Crato- neuron Formianum del Canton Ticino e dei Pirenei. Un buon contingente è fornito dalle forme a distribuzione boreale e la scoperta di esse in Sicilia, mentre ne pone questa all'estremo limite meridionale, ne ingrandisce verso sud l'area di distribuzione. Queste sono Dicranum palustre, Tor. tula pulvinata e T. montana, Dryptodon Hartmanni, Orthotrichum stra- mineum, Polytrichum commune var. minus, specie d' indole, alpina, Pte- rygynandrum filiforme e P. heteropterum, Cratonenron curvicaule d'indole alpina. Infine la Fontinalis squamosa era dubbia per la Sicilia, avendola riportata il solo Rafinesque (secondo Strobl) (*) per l'Etna. Straordinariamente povero è il materiale di epatiche, che vi potei rac- cogliere, contrariamente a quanto mi aspettavo e alle mie ricerche tanto | più minuziose quanto più mi accorsi della rarità di queste piante. Tutte de epatiche, da me raccolte, appartengono a quattro sole specie, comuni (dn Sicilia, e di esse solo la Pellia Fabroniana è discretamente diffusa nei ruscelli e nelle cascatelle; le altre tre le rinvenni ognuna in una sola lo- . ealità. Aggiungasi che due di esse (Frullania dilatata, pochissimi fru- CN. #5 -stuli sterili, e Madotheca platyphylla) le rinvenni quali arboricole e così ` le specie, nel vero senso terrestri, si riducono a due (Pellia e Reboulia). Per spiegare cosiffatta sorprendente rarità non posso attribuirne la causa che alla grande scarsezza di rocce umide o molto ombreggiate, alla «mancanza di pareti verticali terrose umide, alla natura argillosa del suolo e alla grande quantità di detriti vegetali, che di anno in anno si sovrappongono nelle foreste e costituiscono un substrato di continuo ` variabile. Il suolo doleemente ondulato è costituito, nella massima partee, 9 da terreni soggetti ad aratura annuale nei tratti diboseati o da rupi ' arenarie Siero ed sa al sole 9,4 nei compen e unc di G. ZODDA tenere epatiche e specialmente delle Jungermanniacee, in massima parte | igrofile. E così, tranne la comunissima Pe/lia idrofila, le altre tre specie rinvenutevi sono xerofile. Non posso por termine a queste brevi considerazioni sulle briofite di — questo importante distretto botanico senza esternare pubblicamente i rin- — graziamenti più vivi ed una eterna riconoscenza verso l Ill.™ signor E Marchese Loffredo, Duca di Ossada, proprietario del vasto ex-feudo di z Barrilà, il quale, con gentilezza non inferiore all’eroismo, da lui spiegato E sul campo di battaglia, mi rese possibile, più che facile, la permanenza * | in quelle remote contrade, mettendo a mia disposizione alloggio, mezzi . di dic aont e ogni possibile agevolazione per le mie ricerche. ACROCARPI. l. Weisia viridula (L.) Hedw. con frutti. | j E Comune qua e.là nei paseoli e fra le rupi dell'ex feudo Barrilà — da 1200 a 1400 m.y spesso consociata a Fissidens tarifolius. .2. W. var. densifolia Wils: con frutti. Un cespuglietto nei pascoli a Barrilà a 1200 m. ‘8. Dieranella varia Hedw. con frutti. T Nei pascoli su suolo argilloso presso la Petagzia "e all'Aequasanta (1400 im.) nella vallata del Flaseio. 3 4. Dieranum palustre (La Pyl.) Br. eur. con frutti. (det. Roth). E In luoghi boseosi alquanto paludosi su suolo argilloso all'Aequa- E santa (1450 m.) Specie boreale, rarissimamente reperibile in frutti; ` rt i miei esemplari portavano numerosissime capsule in pieno MH UM : 5. Ceratodon purpureus (L.) Brid. con frutti. (det. Roth.). Abbonda nei pascoli in luoghi apriei soleggiati. Barrilà, ovunque. 6. Barbula unguieulata (Huds.) Hedw. sterile. Sopra un vecchio muro a Barrilà (1200 m.). 7. B. vinealis Brid. var. eylindriea (Tayl) Boul. sterile, (det. Roth). Nei pascoli non comune, commista per lo più alla forma densiretis di Zortula ruralis. Barrilà (1200-1350 m.) E . 8. Tortula subulata Hedw. con frutti. BRIOFITE SICULE 31 Abbonda nei pascoli e fra gl’interstizi delle rupi, riempiti di terra. Barrilà ovunque da 1200 a 1400 m. (DT, pulvinata (Jur.) Limpr. sterile (det. Roth.). e Non comune sui tronchi dei faggi. Mangalavite a 1300 m. sa A montana (Nees) Lindb. con frutti (see. Roth accedens ad T. mon- tanam). Kee Nei pascoli montani, spessissimo commista a 7. subulata: Barrilà da 1200 a 1300 m. + T. ruralis (L.) Ehrh. var. ruraliformis Vent. sterile Nei pascoli all'Aequasanta a 1500 m. 12. T. var. densiretis Vent. con frutti. (det. Roth.). i (Fra le terricole questa specie è di gran lunga la più comune, poichè abbonda ovunque e spesso forma larghi e densi tappeti: Bar- | rilà, Grappidà, Mangalavite, da 1200 a 1500 m. 13. T. Mülleri (Bruch.) Wils. con frutti. : Abbonda sulle rupi e nei pascoli e spessissimo commista alla forma precedente: Barrilà, ovnnque (1200-1400 m.). 1. F:ssides taxifolius (L.) Hedw. sterile. Nei pascoli eonsociata a Weisia viridula su suolo axpilloie: Barrilà a 1200 m. >. Sehistidium apoearpum (L.) Br. eur. eon frutti. Sulle rupi arenarie: Grappidà a 1900 m. S. var. epilosum Warnst. (det. Roth.) - Sulle rupi arenarie alquanto ombreggiate: Menge a 1400 m. Grimmia leue ophaea Grev. con frutti. | Sulle rupi arenarie e sui massi eerratiei , non rara; midi a 1300 metri. nu €. pulvinata (L.) Smith. con bett? Sulle rupi arenarie: Grappidà da 1200 a 1400 m. comune. G. var. longipila Schpr. con frutti (det. Roth.). | . Nella stessa stazione del tipo; Diane a ae m. G. Lisae D. Ntrs. end frutti. © . Sulle rupi arenarie: Grappidà a 1300 ; n s triehophylla Gres. Bore s ud | 3 edet — 32 Ra do e2 D S S e (Sg si a M. Sori lungo un viottolo a eirea 1600 m. . H. var. viridis Br. eur. . Orthotrichum anomalum Hedw. con frutti. . 0. eupulatum Hoffm. con frutti. » 0. stramineum Hornsch. con frutti (det. Roth.). . 0. affine Schrad. con frutti. . 0. rupestre Schleich. con frutti. - 0. var. Franzonianum (D. Ntrs.) Vent. con frutti. (det. Roth). . 0. lejocarpum Br. eur. con frutti (det. Roth). . Funaria hygrometrica (L.) Sibth. con frutti. G. ZODDA Sulle rupi arenarie. Grappidà da 1200 a 1300 m. . Dryptodon Hartmani (Schpr.) Limpr. con frutti (det. Roth.). Sulle rupi arenarie ombreggiate: Grappidà a 1400 m. . Hedwigia eiliata (Web) Ehrh. con frutti. Sui vecchi tronchi dei cerri: Grappidà a 1200 m. sui tronchi dei faggi in stazione nemorosa (Mangalavite a 1500 m.) si presenta - sotto una forma assai gracile. Sui vecchi tronchi dei cerri: Grappidà da 1200 a 1300 m., piü E comune del tipo. 1 Sulle rupi arenarie umide in stazione nemorosa. Mangalavite a — 1500 metri. ? | k S SS Comunissimo sulle rupi arenarie. Barrilà da 1250 a 1400 metri; | Grappidà alla stessa altezza. d : e | ( Sul troneo di un faggio, consociato a Pterygynandrum filiforme: | Mangalavite a 1500 m. | Fra le arboricole congeneri é questa la specie di gran lunga più i „comune; sui tronchi delle querci, del faggio e degli aceri: SEN 2 Barrilà, Mangalavite. É Sulle rupi arenarie e sui massi erratiei: Mangalavite a 1400 m. ; consociato a Bryum capillare; Barrilà a 1350 m. consociato a Homa- — — lothecium sericeum. Sui tronchi dei eer e dei faggi: Grappidà a 1300 m., Mangala- ; vite a 1400 m. : Sui tronchi dei cerri : Grappidà, Mangahavite (da 1200 a 1400 m) Nei pascoli, gregaria in una località verso 1350 m. a Barrilit; BRIOFITE SICULE 33 33. Bryum alpinum Huds. sterile (det. Roth). Sulle rupi umide in stazione nemorosa. Mangalavite a 1500 m. raro. 34. B. capillare (L.) sterile. Comunissimo nei pascoli Barrilà: a qualunque altezza; Mangala- |. vite a 1400 metri. 35. B. var. meridionale Schpr. starile (det. Roth.) Nei paseoli apriei, soleggiati ; Grappidà verso 1300 metri. 36. B. caespiticium (L.) eon frutti. Forma da sé solo estesi e compatti tappeti nelle faggete a M. Sori da 1700 fino alla vetta (1846 m.). 37 Mnium undulatum (L.) Weis. sterile. Lungo un ruscello; Barrilà a 1300 m., raro. 38. M. punetatum (L.) Hedw. sterile. ; Lungo un ruscello: Barrilà a 1350 m. ., rarissimo. 39. Bartramia pomiformis (L.) Hedw. con frutti. Nei pascoli a Grappidà a 1200 m., non comune. 40. Philonotis calcarea Schpr. sterile (det. Roth). Lungo un ruscello su suolo argilloso: Barrilà a 1350 metri, piut- tosto rara. 4l. Pogonatum aloides ( Hedw.) PB. con frutti. — In luoghi umidi, argillosi: Aequasanta a 1450 m. 42. Polytrichum commune (L.) var. minus Weis. con frutti e anteridii. Sull' uius nelle faggete in luoghi oscuri: M. Sori a 1840 m. e altrove intorno allà vetta, ma sterile. PLEUROCARPI. 43. Fontinalis antipyretiea L. sterile. l ln un ruscello a Gurgo di M. Sori (1800 m.). 44. F. Duriaei Schpr. sterile. In un ruscello in luoghi oseuri : Mangalavite a 1500 m. 45. F. androgyna Ruthe (det. Roth.). In un ruscello: Barrilà a 1350 m. 3. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 46 5 RS O S Gm pd = 55. 56. G. ZODDA . F. squamosa (L.) sterile. In un ruscello, insieme alla specie precedente: Barrilà a 1350 m. . Leucodon seiuroides (L.) Sehwàgr. con frutti. Sui vecchi tronchi di, alberi, ovunque abbondante: Barrilà, Grap- pidà. Mangalavite. Di questa specie conservo numerose forme, una delle quali ha le foglie subseconde, altre sono intermedie fra il tipo e la var. Morensis. . L. var. morensis (Schwg.) DNtrs. f. denticulata Roth. nova f. Dif- ert a typo foliis denticulatis praesertim ad apicem. Sui tronchi dei faggi in luoghi oseuri: Mangalavite a 1550 m. . Antitrichia eurtipendula (Hedw.) Brid. con anteridii (det. Roth.). Sui tronchi dei faggi in luoghi oscuri: Mangalavite a 1500 m. . A. var. integrifolia Roth. nova var. (solo nomine) con anteridii. Dif- Sert a typo foliis integerrimis. Sui tronchi délle querci: Barrilà (1300 m.); Grappidà a 1300 m. . Neekera complanata (L.) Hüb. sterile. Sui tronchi dei faggi in luoghi oscuri: Mangalavite (1550 m.). Pterogonium gracile (Dill.) Swark. var. parvulum Roth. nova var. solo nomine. — ; Differt a typo magnitudine totius plantae minori, rameis parvulis , dimidium centimetrum plerumque attingentibus vel viz superantibus, foliis minoribus, nisi ad apicem, integris; accedit. ad Pfefferianam varietatem cavernarum, a qua, prae caeteris, foliis acutius dentatis differt. Sui tronchi dei faggi in luoghi oscuri. Mangalavite a 1550 m. . Pterygynandrum filiforme (Timm.) Hedw. con frutti (det. Roth.). Sui tronchi dei faggi. Mangalavite (1400-1500 m.), comune. P. var. subtile Roth. nova var. solo nomine con frutti. Differt a typo rameis longioribus, gracillimis, foliis tenuioribus. Sul tronco dei faggi in luoghi oscuri; Mangalavite (1400-1500 m.). P. heteropterum Brid. (det. Roth) con frutti. Sui tronchi dei faggi. Mangalavite (1400 m.). Pseudoleskea rigescens Lindb. (sec. Roth var. costa longiori 7), sterile. - Ai piedi di vecchi faggi in luoghi oscuri. M. Sori a 1800 m. cai e a OST. SI. M AU. LAU E UNE Se BRIOFITE SICULE 35 La scoperta in Sicilia di questa rarissima specie, eonosciuta per l'Europa, soltanto di una località norvegese (Maristuen sopra 1000 m.) è importantissima per problemi fitogeografici, poiché depone a favore dell'esistenza, tanto discussa ancor oggi, della flora alpina in Si- cilia, insieme ad altre specie, fra le quali Distiehium capillaceum per M. Scuderi. I miei esemplari differiscono dai tipici soltanto per la costa più lunga; essendo però sterili non si può sull’ esame di essi basare un sicuro giudizio sul relativo valore sistematico. Isothecium myurum (Pollich.) Brid. con frutti. Sui tronchi dei faggi in hi oscuri: Mangalavite a 1550 m., piuttosto comune. 58. I. var. scabridum Limpr. sterile (det. Roth.) e c Ai piedi dei faggi all'Aequasanta a 1450 m. à Homalothecium sericeum (L.) Br. eur. Comunissimo sulle rupi e sui tronchi delle querci; ovunque: Bar- rilà, Grappidà, Mangalavite ad ogni altezza. Raccolsi esemplari che . segnano delle forme di passaggio all’ H. aureolum, secondo le infor- mazioni, comunicatemi dal chiarissimo sig. G. Roth. Camptothecium lutescens (Huds) Br. eur. var fallax (Phil.) Roth. (det. Roth.) sterile. ; Suile rupi arenarie, piuttosto comune. Barrilà (1200-1400 m.). . €. aureum (Lag.) Br. eur., sterile (det. Roth.). Sulle rupi arenarie. Mangalavite (1400 m.), raro. Brachytheeium salebrosum (Hoffm.) Br. eur. con frutti (det. Roth.). Comune nei pascoli elevati M. Son fra 1700-1800 m., all’ Aequa- santa (1450 m.). B. velutinum (L.) Br. eur. Mes Nei pascoli soleggiati commisto a Bryum capillare. Barrilà a 1300 m. B. var. eondensatum Br. eur. con frutti (det. Roth.). Nelle faggete in luoghi oseuri. Barrilà verso 1400 m. . B. rutabulum (L.) Br. eur. var. flavescens Br. eur. sterile. Nei pascoli e ai piedi delle rupi. Barrilà (1200-1400 m.). B. rivulare Br. eur. sterile. pe [re] Ka 36 c nl SD Ne) 0 e G. ZODDA. In luoghi paludosi su suolo argilloso. Barrilà 1350 m. . Seleropodium Illecebrum (Schwágr.) Br. eur. var. piliferum DNtrs. Sulle rupi arenarie soleggiate: Barrilà verso. 1300 m. . Eurhynehium velutinoides (Bruch) Br. eur. Ai piedi dei faggi. M. Sori a 1800 metri. . E. Stokesii (Turn.) Br. eur. var. robustum Roth (det. Roth), sterile. In luoghi paludosi sopra detriti vegetali all’ Acquasanta a m.). . E praelongum (L.) Br. eur. sterile. Diffuso nei luoghi paludosi e lungo i ruscelli. Barrilà (1200 a 1350 metri. . Rhynchostegium ruseiforme (Neck) Br. eur., sterile. Sui sassi irrorati nei ruscelli. Barrilà (1350 m.). + Cratoneuron filieinum (L.) Roth., sterile. Lungo i ruscelli su suolo argilloso. Barrilà a 1350 m. . C. var. tenellum Roth., nova var. solo nomine. Negli stessi luoghi colla forma tipica. Barrilà a 1300 m. L'unieo esemplare raccolto essendo rimasto presso il sig. Roth, non . posso darne la diagnosi. . €. Formianum (Fior) Roth. (det. Roth) sterile. Sulle rupi irrorate: Barrilà a 1200 m. Raccolsi esemplari, che sono da considerare come forme di pas- saggio tra questa specie e il filicinum. . €. eurvieaule (Jur.) Roth. (det. Roth.), sterile. In luoghi paludosi su suolo argilloso. Barrilà 1300 m. C. commutatum (Hedw.) Roth. sterile. In luoggi paludosi all' Acquasanta verso 1400 m. + Drepanocladus Kneiffi (Br. eur.) Warnst., sterile (det. Roth.). Presso i ruscelli in luoghi paludosi. Barrilà a 1350 m. - Drepanium cupressiforme (L.) Roth. con frutti. Comune sulle rupi arenarie e sul tronco di alberi di specie dif- ferenti ovunque; Barrilà, Grappidà, Mangalavite a quamus altezza. . D. var. uneinatulum Br. eur. con frutti. Sulle rupi: Barrilà a 1300 m. . D. var. elatum Br. eur, (det. Roth.) BRIOFITE SICULE ` i 1507090 Sulle rupi arenarie ombreggiate: Barrilà a 1300 m. 81. D. var. subjulaceum Mol., sterile. Sulle rupi esposte al sole; Barrilà verso 1300 m. 82 Aerocladium euspidatum (L.) Lindb. sterile. Negli acquitrini, comune: Barrilà a 1300 m. 83. Hypnum purum (L.) var. condensatum Roth., nova var. solo nomine sterile. Differt a typo foliis multo latioribus, arcte imbricatis, nervo ad medium procurrente, ramulis confertis, brevibus. Sulle rupi aride arenarie; consociato alla varietà elatum di Dre- panium cupressiforme. Barrilà a 1300 m. EPATICHE. l. Frullania dilatata Dm. sterile. Rara fra muschi arboricoli. Sul tronco delle querci. Grappidà a 1200 m. 2. Madotheca platyphylla Dum. sterile. GH Al piede di un faggio all'Aequasanta a 1450 m. = 3. Pellia Fabroniana Raddi, sterile Comune presso le cascatelle ovunque: Barrilà, Mangalavite. 4 Reboulia hemisphaeriea Raddi, sterile. Fra le fessure di una rupe in contrada Botti a 1200 m. Messina, R. Istituto Botanico, Aprile 1907. Po CIL GATN Note sur une graine de « Musa Arnoldiana « De Wildem. dépourvue d'albumen. * En examinant, tout récemment, un lot de graines de Musa Arnol- diana De Wild. provenant de la maison Vilmorin-Andrieux de Paris, jeus la trés grande surprise d'y découvrir une semence complétement plissait presque entièrement la cavité interne de la graine. On sait que la graine des Musa se compose d'un tégument externe trés épais et trés résistant doublé intérieurement par un tégument plus mince, cet ensemble contenant un albumen amylacé dans lequel se trouve, au dessus du hile trés marqué de la graine, un petit embryon. de ses téguments, d'une graine normale. Sa cavité ne contenait absolu- ment pas d'albumen et était remplie, en grande partie, par un corps contourné et à surface lisse. bryon dont le eotylédon était extrémement développé. normal (II). Ce dernier se compose d'une masse cylindrique, contenant la gemmule et la radieule (`), surmontée Jj Dës sorte do petit plateau qui est le Seen tinguait ni par son aspect extérieur, ni par l'épaisseur ou la disposition dépourvue d'albumen, et contenant un embryon dont le cotyledon rem- d La graine présentant l'anomalie dont il vient d'étre parlé ne se dis- E Ce corps, extrait de la graine avec précaution, apparut être un em- ` La fig. 1 permet de comparer l'embryon anormal (I) à un embryon E C. L. GATIN d i 39 Chez l'embryon anormal, la base cylindrique était constituée de la même façon, mais le cotylédon présentait un développement très grand et occupait la plus grande partie de la cavité vide de la graine. Il est intéressant de remarquer, en outre, que les dimensions de ce eotylédon sont de beaucoup plus grandes que les dimensions maximum qu'atteint cet organe dans une graine ayant complètement épuisé ses reserves (5). Au point de vue anatomique, cet énorme cotylédon se rapproche, par sa structure, des sucoirs ayant déjà aequis un certain développement au cours de la germination. Fre. 8, Une coupe transversale, pratiquée dans sa partie moyenne (fig. 2) le montre formé de cellules un peu plus grandes que celles du cotylédon d'un embryon normal extrait d'une graine mire. On y rencontre deux cercles de faisceaux libéro-ligneux (Fx, fig. 2) et des lacunes nombreuses siologische Studien über die Samen, inbesondere die Saugorgane derselben (Ann. Buitenzorg, vol. IX, p. 143-183, 1891). C. L. GATIN, Sur la radicule embryonnaire du Musa Ensete Gmel. (Bull. Soc. Bot. de France, tom. LII, p. 638-640, pl. VIII, 1905). () M. TscHIrcH (loc. cit.) pensait que pendant la germination de la graine des Musa, leur cotylédon ne s'accroissait pas. Il résulte d'observations en- core inédites que je viens de faire, que cet organe subit en réalité, un cer- tain accroissement. ; e Ne. N AE U T ASR Dott. CALCEDONIO TROPEA Sulla posizione naturale dd La thyrus saxatilis Vin È noto come in parecchie specie di Vici, affini alla Vicia sativa, il fusto primario si arresta prontamente nel suo sviluppo, rimane gracile, porta foglie con foglioline strettamente lineari ; e, di regola, non produce fiori; mentre i fusti. che si svolgono dall’ascella delle infime squame, cioè in prossimità dei cotiledoni, raggiungono uno sviluppo normale, divengono robuste, portano foglie con foglioline ovate od obeordate, e produeono abbondanti fiori e frutti. Questo particolare fu già descritto dal Casali ('), e si può osservare nella Vicia heterophylla Presl, nella Vicia cuneata Guss., nella Vicia Robartii Forst. ed in altre forme affini. Anche la Vicia lathyroides L. presenta parimente il fusto primario gracile, con foglie e foglioline lanceolate o sublineari, e gli altri fusti più robusti con foglie a foglioline obcordate. Oltre a questi esempi si trova un comportamento analogo in alcune | Specie del genere Linaria, e in particolar modo nella Zizaria bipartita L. Osservando in questo R. Orto Botanico alcuni esemplari di erbario, mentre si stavano preparando per la loro definitiva inserzione, fui non | poco Sorpreso di rinvenire una analoga particolarità in una specie dagli autori ascritta al genere Zathyrus od al genere Orobus. | Trattavasi dell’Orodus sazatilis Vent., descritto in seguito da Gussone col nome di Zafhyrus ciliatus, e chiamato dal Visiani Lathyrus saza- tilis, nome che, per legge di priorità, gli viene conservato dagli autori moderni. | | 3 Gli esemplari di eui disponevo erano stati raecolti nella Francia me- | €) CasaLi C, L’eterofilla e le sue cause, Reggio Emilia 1892 p. 29, C. TROPEA Ew Sf È 3 ridionale, nella Spagna, nell'Algeria, e nella Grecia. Si conservano pure 3 A nell'Erbario Siculo di quest'Orto, esemplari raccolti dal Gussone presso ` Palermo al monte Catalfano, ove però non venne più ritrovato. In essi- ; sviluppo, porta foglie unijughe a foglioline strettamente lineari, e non tutti si scorge chiaramente che il fusto primario, abortito dopo breve. produce fiori; mentre i fusti laterali, sviluppati normalmente, portano foglie bi-trijughe, a foglioline obovate, per solito obcordate o troncato- tricuspidate all’apice, e producono abbondanti fiori e frutti. In eom: plesso il portamento di tutta la pianta ha moltissima somiglianza con quello delle predette specie di Vicia. | Queste particolarità mi invogliarono a studiare tale La£Ajyrus, massi dal lato sistematico, cioè riguardo alla vera posizione che gli spet dubitando che non fosse fortuita la coincidenza del ripetersi in tut un comportamento simile ad alcune specie di Vicia, ma piuttosto si dovesse ascriverla ad una più stretta affinità. A I generi Lathyrus e Vicia sono generi assai polimorfi; prova ne è che molti autori, massime l'Alefeld ('), li hanno frazionati in parece altri, per eui riesce difficile trovare caratteri morfologici bene spiccati che permettano tosto di riconoscerli con assoluta certezza : è più quistior di facies che di differenze invariabili. Tuttavia gli autori sono venu assegnando fra Lathyrus e Vicia aleune differenze, che credo opportu rilevare. Esse consistono principalmente nella forma dello stilo e dello stim Infatti al genere Zathyrus Linneo (°*) assegna il seguente caratte « stylus planus, supra villosus, superne latior, stigma villosum a medieta styli ad apicem antice productum in disco plano. » Questo carattere è pu ripetuto dall’Endlicher (*) con la seguente frase: « stylus super compl nato-dilatatus, extus converiusculus, intus concavus , villoso pubescens. Anche il Baillon (*) così ne parla: « stylo reflexo, ad apicem complana f Q ENDLICHER S. Genera plantarum secundum ordines naturales dis Vindobonae 1836-1840, pag. 1274. o Linné C, Systema, genera, species plantarum. Lipsiae 1840, pag. 7 GE n ) ALEFELD. Ueber. Vieieen. In « Bonplandia » vol. IX. 1861, pag. 66 e . () Bairons H. — Histoire des plantes. Paris 1869. pag. 237-38. SULLA POSIZIONE NATURALE DEL « LATHYRUS SAXATILIS VIS. » saepeque indurato ». Infine Cesati, Passerini e Gibelli (*) così riassumono questa conformazione dello stilo: « Zo stilo, piegato quasi ad angolo retto coll’ovario, si allarga all apice a spatola, piano sulla faccia superiore e un pò scavato a canale, € quivi barbato - capillato, terminante in uncino ottuso o acuto, papillato, stimmatifero ». Per il genere Vicia al contrario Linneo assegna il seguente carattere : « stylus filiformis brevior, ad angulum erectum, adscendens, stigma latere -inferiore trasverse barbatum ». E VEndlicher pure dice: « stylus filiformis — adsceudens, apicem. versus uunc undique, nune nonnisi externe piloso-bar- E batus, rarissime imberbis, stigma terminale, capitellatum ». Cesati, Passe- rini e Gibelli infine così ne parlano: « o stilo fa un angolo quasi retto col- È | E faccia anteriore irsuta, con un ciuffo o un colluretto di peli sotto allo stimma »,... Anche un altro carattere differenziale viene annoverato dagli autori e si riferisce alla conformazione del tubo staminale. Bentham et Hooker (°) per il genere Zathyrus dicono: « filamenta superne dilatata, vagina ore E saepius subeguali. Anche Fiori e Paoletti (^) asseriscono che in ZafAyrus il tubo staminale è tagliato perpendieolarmente al suo asse. Al contrario, per il genere Vicia, Bentham e Hooker dichiarano: « filamenta vagina ore obliquo » e Fiori e Paoletti pure affermano che . in tal genere il tubo staminale è tagliato in alto, obliquamente al suo AU TERRA, ~ La differente conformazione dello stilo e del tubo staminale fra Za- thyrus e Ficia, trova la sua ragione in una variante dell’ apparecchio staurogamico, presentato da questi due generi, come bene pose in rilievo il Delpino (*). Nel genere Zathyrus lo stilo dilatato a cestella, col con- SCH Cesati Vi PASSERINI OG e GIBELLI — tegt della hta italiana. Vallardi 1884, pag. 684 e segg. En. BENTHAM G. et HooKER J. D. Genera Serao. Vol. L p. IL Londini 1865, pag, 526 e seg. C) Front A. e PAOLETTI G. Flora analitica d'Italia. Padova 1899. Vol. n L pag. 99 e segg... *) DeLPINO F. Ulleriori osservazioni sulla dësen nel regno vegetale, . Mi fano Lager pag. 56 e wk c l'orario, lineare ovvero oblungo spatuliforme, è un pò più schiacciato sulla SC 6 Ce Eu 5 E EE PULLS LEN ou LM T a Eg ^j uU Ca C. TROPEA torno peloso, è atto ad accogliere il polline sul principio della fioritura, e la cestella stessa trovasi scoperta, quando un insetto, visitando il fiore; | ne fa abassare le ali e la carena. Nel genere Vicia invece lo stilo non 3 dilatato a cestella, ma con peli ehe, nelle specie più tipiche, si trovano disposti a spazzola, e nelle specie ascritte alla sezione Cracca, si trovano formanti un pennacchio, serve a spingere il polline all’esterno, ogni volta che un insetto, visitando il fiore, ne fa abbassare le ali e la carena. | © Tuttavia fra le numerose specie di Lathyrus e di Vicia non esiste una separazione assoluta in ordine distali apparecchi: si hanno invece altre | lievi varianti, come rilevò pure il Delpino, alla eui opera rimando per - maggiori dettagli. Queste varianti di apparecchi, e conseguentemente | della conformazione dello stilo indussero l'Alefeld a frazionare i generi | Lathyrus e Vicia in numerosi altri generi. 3 Ma senza entrare in simili dettagli, per la mia tesi mi sono sufficienti — i caratteri differenziali, che ho già citati, stabiliti da Linneo, da Endlicher, | da Bentham e Hooker, da Baillon, da Cesati, Passerini e Gibelli, da i Fiori e Paoletti, ece. Volendo quindi rilevare la conformazione dello 3 stilo e del tubo staminale nel preteso Lathyrus sazatilis, ne tenni per | aleun tempo qualehe fiore nell'aequa tiepida, e, dopo averne allontanato ` le ali e la carena, li sottoposi ad un lieve ingrandimento : mi risultò che lo stilo filiforme è lateralmente peloso, e che il tubo staminale si presenta tagliato obliquamente all asse. Questi sono appunto i caratteri assegnati dagli autori al genere Vicia, quindi, sotto tale aspetto, la specie in questione dovrebbe trovar posto ‘nel genere Vicia e non nel - genere Lathyrus. Stabilito questo vediamo, se altri caratteri pure possono giustificare. ii una tale ipotesi. I fiori del Lathyrus sazatilis sono descritti dal Gussone (') * come: /avescentes, vexillis superne rubentibus », e non va dimenticato che in molte specie di Vicia si hanno fiori bicolori, mentre nei veri - Lathyrus sono più frequenti i fiori eoneolori: anche la forma del frutto piuttosto corto e cilindrico, ricorda più quelli di Vicia che quelli di Lathyrus, che, per solito, sono larghi ed appiattiti. (') Gussone 6. Florae Siculae synopsis, Vol. IL, p. ll. Napoli 1884, pag. 852 — e seg. i SULLA POSIZIONE NATURALE DEL « LATHYRUS SAXATILIS vis.» 45 Due altri caratteri pure possono essere presi in considerazione. Anzi- tutto la mancanza di cirri che si osserva in questa specie. Generalmente gli autori assegnano ai generi Vicia e Lathyrus foglie terminanti in cirri ramosi, mentre dal genere Zathyrus separano, come genere distinto o ` ebme sezione e, gli Orobus, caratterizzati dalla presenza di un cirro ru- dimentale, cioè ridotto a breve mucrone. Ritengo però che il genere Ss Orobus non siu naturale, ma risulti dalla riunione di specie eterogenee combinanti solo in questo carattere. Infatti la presenza o no di cirri è subordinata all’attitudine della pianta a salire sulle piante vicine: perciò E" specie che vivono nei luoghi boschivi o fra i coltivati, ove la vege- tazione è densa, presentano per solito cirri assai sviluppati, mentre quelli . che vivono nei luoghi scoperti, come il Zathyrus sazatilis, ed il nome | Stesso ne rileva la stazione, hanno di preferenza cirri assai ridotti e Y rudimentali. Anche nel genere Vicia si hanno parecchie specie prive di cirri: anzi- tutto la Vicia luthyroides, specie affine a questa, ha nelle foglie superiori | un cirro semplice e, nelle inferiori, una breve resta mucroniforme: cirri ridotti poi a resta brevissima si trovano nella Vicia Faba, nella Vicia 3 sparsiflora, nella Vicia sicula ed in altre specie: anzi nella Vicia argentea — M eirro è sostituito da una vera fogliolina terminale. Ció dimostra ehe Questo carattere non può essere assunto per differenziare i ZafAyrus (Sezione Orobus) dal genere Vicia, quindi non può essere invocato per far ritenere che questa specie possa essere ascritta al genere ZafAyrus. Parimenti, lavere foglie con sole due o tre coppie di foglioline e, qualche volta, anche una sola, non è sufficiente a separare il Zulhyrus sazatilis. dal genere Vicia: occorre rammentare che anche nella Ficia bithynica ha solo una 0 due coppie di foglioline,. per cui alcuni autori vollero rne un Zathyrus: ma in questa ultima specie la presenza di veri net- ( tarii estranuziali indicano chiaramente esserè una Vicia, come aveva Yvertito lo stesso Linneo con la frase « Viciam esse..... stipulae subtus ! Glanduloso evineunt. » Questo Stesso carattere della pigna ^ nettarii estranuziali sulle Stipole, sarebbe decisivo per far ritenere come una Vicia la specie in tione; ma avendo solo avuto a Ges esemplari secchi non ho della Vicia sativa: propongo quindi per questo gruppo il seguente schema | 4 Xue oc 0. TROPEA : potuto aecertarlo. Tuttavia, esaminando diverse stipole di Z. sazatilis : a forte ingrandimento, ho osservato una differenziazione nel tessuto E epidermico, che presentasi di aspetto quasi granuloso, precisamente nella posizione occupata presso altre specie dal nettario estranuziale. Ciò ne | renderebbe probabile l'esistenza; ma in ogni modo, anche se questa non | fosse che una illusione, la sua mancanza non decide in favore del genere 1 Lathyrus. essendovi pure molte specie di Vicia che ne mancano. Anche È il Delpino (*) ha notato che in alcuni generi la presenza o mancanza 3 di nettario è molto saltuaria, anche fra specie affinissime. 3 Un ultimo carattere che avvicina il Zathyrus sazatilis alle specie di i | S Vicia del gruppo della Vicia sativa, si trova nella presenza di fiori - cleistogami ipogei, cioè nell'essere una pianta amphiearpa, come ha rile- 2 vato il Fabre (°); infatti la Vicia amphicarpa L. è ora ritenuta come ` varietà della Vicia angustifolia, cioè spettante al gruppo della Vicia sativa. 3 Per tutte queste considerazioni credo giustificato ascrivere il Lathyrus - sazatilis al genere Vicia. Perciò il nome che gli spetta, per legge di — priorità, sarà quello di Vicia sazatilis (Vent.) Tropea. Va poi con ogni verosimiglianza collocato fra le Zuvicieae, e precisamente in prossimità che ne rileva le loro reciproche affinità, e permette tosto di differenziarle: multijughe con eirro composto — Vicia sativa, ecc. foglie < ns composto — Ficia bithynica T paueijughe con e | | eirro Così collocato il preteso Lathyrus sazatilis trovasi in posizione natu semplice — Vicia lathyroides rudimentale — Vicia sazatilis rale, risultando il suo aspetto particolare dalla diminuzione del numero delle foglioline e dalla soppressione del eirro, fenomeni che si possone seguire nel loro svolgersi presso le specie affini, | Al contrario, fin ehe gli autori lo. conservano nel genere Lathyru n DeLPINO F. Funzione mirmecofila nel regno vegetale. irem 1886-89. (2) J. H. FARRE. Observations sur les fleurs et les fruits hypogées | mu. cia NEE in Bull. Soc. bot. d. France, 1885, pag. pers e segg. I ix on trovava üleuny affinità | con altre. spec congeneri in ‘modo dio eras rso ad isolarlo in un sott genere a parte, di cui sarebbe stato l'unico "à poem Sottogenere elevato perfino dall’Alefeld (*) al grado di Palermo d Orto Botanico. Maggio 1907. ran, le, p. pag 441. - RASS e E È DOERFLER. — Botaniker-Portraits. Fasc. III-IV. Wien 1907. La seconda coppia di fascicoli di questa raccolta di ritratti di Botanici, della quale abbiamo già parlato in pn occasione (vedi Malpighia vol. xXx E . p. 301) è di interesse particolare, perchè è stata destinata — in vista delle feste per il secondo centenario della SST SI Linneo — a rinnovare la - memoria dei botanici che vissero contemporanei al sommo naturalista sve- i dese. Le venti tavole che compongono questo fascicolo doppio, ci riproducono quindi le sembianze di Linneo stesso (quattro ritratti diversi, che lo figu- | rano a 30, 32, 48 e 67 anni d'età) poi di Olaus Rudbeck junior (1660-1740), | .Albr. von Haller (1708-1777; due H uno in età giovanile, l'altr : vecchio); G. Se SC (1723-1 788); N. J. v. Jacquin (1727-1817); Carlo Allioni i; . (1728-1804; F. X. v. Wulfen (1728-1805; Jean geringe (1730-1799); Joh. © Hedwig (1330-199: Jos. Gaertner (1732-1791); J Koelreuter (1733-1806); - s ge Sehreber (1739-1810); P. S. Geen -1811); Fr Ehrhart (719. 5 unb d 4-182 : grafico: di Linneo è riprodotta in fac-simile anche la prima pagina della prima lettera da lui scritta a Jacquin (nel 1759). A. SONGEON. — E EE sur le mode de développement des - organes végétatifs de pest plantes de la Savoie. Cham- | béry 1907, IV e 258 p. in 8? | Richiamiamo ples pies desli stud: osi sopra questo notevole lavoro 2 | morfologia, edito do 3 Chabert, amico e Sla bord tons del defunto. Per un grande numero di md : (432 specie, in 116 generi diversi) per lo più indigene della. Savoia, l'autor ha seguito con minuta attenzione lo sviluppo graduale di tutta la pianta alla germinazione I alla éiere dei fru tti— varie specie | nuove: date neglecta Song. a = jn paro. non L nee Wahlb.); Agr. sabauda Song. een Hack.); Festuca ambigua soog, Anemone GA e di satilla Burseriana. var. A Rehb). ` pina Song. ( O. PENZIG. CONDIZIONI La STESSE si pubblica una volta al mese, in fascicoli di 3 sod di stampa almeno, corredati, secondo il bisogno, da tavole. ` L'abbonamento annuale DAE L. R phon alla zicezione del 1? fascicolo | dell annata. s. L'intero volume annuale (36 fogli in so con circa 20 tavole ) saa messo ` da vendita al prezzo di L. 30. Non saranno venduti fascicoli separati. GE cAgli Autori saranno corrisposte d copie. estratte Ss. periodico, 15 giorni. E In ebe del aere un maggi dë A TEE NORTE RE, us DERRATE BERG x PETE cni ei LS Ce Ce SE MALPIGHIA REDATTA DA O. PENZIG Prof. all’ Università di Genova ANO ARTS MIS IBIIIU MARCELLO MALPIGHI 1697-1694. | GENOVA ` : Mi. ee dek A West, il .— (1878), p. REVISIONE MONOGRAFICA del genere ROMUL E A Maratti STUDIO BIOLOGICO DEL DOTT. AUGUSTO BÉGUINOT Assistente e Docente di Botanica presso la R. Università di Padova PREFAZIONE Il genere Romulea, istituito dal Maratti (*) su di una Specie ascritta dal Linné dapprima C) al genere Crocus (= € Bulbocodium L.) e quindi (*) al gen. Ixia (= I Bulbocodium L.) e che in seguito P vette il nome di Romulea Bulbocodium (L.) Seb. et Maur. qui oggetto di una revisione monografiea. Limitato dappri Specie, per lo piü descritte sotto il gen. Ivia, esso venne fin dai primordi del secolo XIX di numerose entità grandi regioni, mediterranea e capense, delle specie che lo costituiscono. Non es ) rice- , non fu sin ma a poche arriechendosi distribuite nelle due dove vegetano la massima parte sendo da tutti riconosciuto ed ammesso il ben fondato e l’ incontestabile priorità del gen. Romulea, esse vennero da molti autori riferite al gen. Zrichonema Ker-Gawl. (5, oggidi giustamente caduto in sinonimia. Riservandomi di dare più ampie notizie nella seconda parte del mio lavoro, mi basti qui dire che nel Systema Iridacearum del Baker (*) vi furono assegnate 36 specie, por- O. MARATTI, Plantarum Romuleae et Saturniae in existentium ete, Romae, Typ. Arch. Casaletti, 1772, p. 13-18. (*) C. LINNÉ, Species plantarum, ed. I (1753), p. 36. D In., Sp. plant. ed. II (1762), p. 51. di 1) A. SEBASTIANI ed E. MAURI, Florae romanae prodromus; Romae, agro romano |... 1818, p. 17. C) KER-GAWLER, in « Bot. Mag. » tav. 575 (1802). : COLG, BAKER, Systema Iridacearum, in « Journ. of Botany », vol. XV 86. ; : 4 Malpighia, Anno AXI, Vei. XXI. Mo, Bot. Garden 1908 50 A. BÉGUINOT ae SSC EE tate in seguito a 54 dal Klatt ('): numero poi ridotto a sole 33 nel più recente lavoro sulle Iridacee dello stesso Baker (°), che è anche la trat- tazione più completa su tutta la famiglia. Di queste, secondo Nyman (7) e Richter (*), apparterebbero alla flora europea rispettivamente 12 e 14 specie: secondo il Baker (5), 20 a quella capense: 4 specie, secondo lEn- gler (*) ed il Baker (*), vegetano anche nell'Africa tropicale. Come in tutti i generi ad affinità molto strette ed a poliformismo in alcuni gruppi straordinariamente esaltato, complicato qua e là eon l'ibri- dismo e per giunta di malagevole estricazione nel materiale di Erbario, molte delle presunte specie, studiate di confronto e sul vivo, si rivela- rono piuttosto come variazioni, per lo più di valore biologico, e che de- ` vono quindi considerarsi quali forme di uno stesso cielo: altre non co- DEM E ANIA AE A ERA a Seet 2z S Mi E RI WE eh E e I SR TB E E Sg PI WE E EEN stituiscono che sinonimi di specie o varietà già note. La subordinazione, quindi, e la sinonimia quali furono attuate dal Ker, Klatt, Baker ece. sono in molti punti erronee e devono in parte essere rifatte. Inoltre le ` diagnosi sin qui escogitate tennero scarso conto della morfologia della foglia e nessun conto dell’ anatomia che, come vedremo, offrono validi caratteri differenziali e riuscirono, di conseguenza, senza l'esame di- : retto degli autotipi, di ardua decifrazione: ciò che naturalmente ha contribuito ad accrescere la confusione sinonimiea e la disparità di opi- nioni, di eui sopra é cenno. Per le specie capensi si aggiunga a tutto — il grave inconveniente di avere l'Ecklon (^) ricondotto, con in (1) F. W. Klatt, Ergünzung gen und Berichtigungen zu Baker's Systema Irida- ; cearum in e Abhandl. d. Naturforsch. Gesellsch. z. Halle ». vol. XV (4882. . (à) BAKER, Handbook of the Irideae, London a. New York, 1892, p. 97. () C. F. NYMAN, Conspectus. florae europaeae, p. 704. ; (DK RIcHTER, Plante europaeae, vol. 1 (1890), p. 251. vw () BAKER, in W. T. THISEHLTON-DYER, Flora Capensis, vol. VI (1896), p. 36. () A. ENGLER, Ueber die Hochgebirgsflora des tropischen Africa, i e Abhandl. d. K. Preas. Akad. d. Wissensch. zu Berlin v. Jahr. 1851 » Berlin, 1892, p. 172: Die Pflanzenwelt Ost-Afrikas und Nachbargebiete, in « Deutsch. Ost-Africa Wissensch. Forschungsresult. ete. » vol. V, 3 (1895), p. 147. Ra in THISELTON-DYER, Flora of Tropical Africa, vol. MM (1898), p. 344. (5) CH. FR. ECKLON , reechen dagegen der Pflanzensammlung p. 18. | E etc., Esslingen, 1827, WE EE ES M Ke E Een gt Der, MN REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 51 terpretazione non sempre esatta, al gen. Romulea specie. descritte dal Lamarek, Jaequin, De la Roche, Redouté eec. sotto il gen. Jeig e di avere stabilito nomina: nuda sotto i quali, da solo o con lo Zeyher, ha distribuito, spesso capricciosamente, le entità più disparate. D'altra parte le esplorazioni botaniche di cui fu oggetto negli ultimi tempi l'Africa centrale e sopratutto la meridionale hanno condotto alla scoperta di nuove ed interessanti specie (a merito specialmente dei signori Mae Owan, Rehmann, Rust, Baehmann, Penther, Wilms, Schiech- ter, Volkens eec.) distribuite, peró, aleune senza nome o con nomi er- ronei, parecchie bensì con nome ma senza diagnosi. Tutto questo mate- riale doveva perciò essere riveduto e messo al corrente. i Dal suo canto lo studio critico e su ricco materiale delle specie me- diterranee, se ha portato da una parte a delle riduzioni e semplifica- zioni, mi rivelò che anche questa regione era ben lungi dall’essere com- pletamente conosciuta nei riguardi del gen. Romulea. Alcune specie, di- fatti, risultarono nuove. Aggiungerò da ultimo che anche i lavori più attendibili sul genere contengono scarse e frammentarie notizie sulla distribuzione geogratica delle singole specie. Lo studio delle varie aree distributive doveva essere in molti gruppi interamente rifatto. Che se le conoscenze sistematiche e biogeografiche sono, per le ragioni dianzi esposte, lungi dall’avere quel grado di attendibilità che, per ci- tare un solo esempio, assunse il vicino gen. Crocus in seguito al fonda- mentale lavoro del Maw, scarse e tutt'affatto insufficienti sono le notizie sull' intima struttura e sulla biologia delle varie specie del nostro genere. E questo spiega come gli schemi di classificazione, condotti su dati ana- litici così insufficienti, portino il carattere di una patente artificiosità. Tutte queste ragioni mi indussero ad elaborarne l’intera monografia. Scopo del mio lavoro è quello di presentare un quadro, per quanto possibile, completo ed armonico di tutte le manifestazioni della vita delle Romulea, iniziandone l'esame dalla biologia della germinazione e dello sviluppo, per terminare, attraverso la morfologia esterna ed interna della plantula e della pianta adulta, con la biologia fiorale e della disseminazione. Questa prima parte della mia dissertazione ha, come 59 enni ntt SUA. BÉGUINOT tutti i lavori analoghi, fine a sé stessa: ma nel eontempo mi ha for- nito i eriteri per un impiego più razionale dei caratteri differenziali e quindi per una sistemazione più naturale delle varie entità tassonomi- che: questioni ehe saranno trattate in una seconda parte dedicata alla sistematica ed alla biogeografia dell'intero genere. Onde poi agevolare la eomprensione di quanto esporró nella prima parte eredo opportuno fin da ora di riunire nel seguente quadro tutte le specie sin qui a me note in maniera sicura, ravvicinate per aflinità naturali (*) ed accompagnate dal nome della regione dove esse vege- tano spontaneamente: (1) Le linee a doppio T poste a sinistra dell’ elenco designano le specie appartenenti ad uno stesso ciclo o stirpe: l’ asterisco le specie da me de- scritte come nuove o presentate sotto una nuova combinazione. In questo quadro non sono comprese le sottospecie e varietà. sal. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI Ej S 3 $ S ® 2 CASE 026] E | £ Gen. ROMULEA Maratt. | 2& | 53 SIE È E da | 82) Sal E | È | È o |Ro Ho " A T Romulea gering (L.) Seb. i ; t Mau R i + E D klipinin p + + RA » ligustica prs a E a » Limbarae + T » » pus qe Bég. * E d » Bég e 2 f » Een na (Use) + se " » grandiscapa eeng P è È Gay in Bourg E L » cro . et + z i » nivalis (Boiss. et Ktschy) 3 ; latt ` + e? E St » Linaresii Parl + 4-0 “> £ » Tempskyana Freyn eb Eu » Requienii Parl T » laris So + ; » Revelieri Jord. et Fourr.| + » corsica Jord. e + ek » Jordani Bég. . sde A » Rollii Parl + T » ramift + M | x » gaditana (Kze) Bég T- * E » tenella Samp ck zb d is » anceps (Mer.) Bég + + 3 a « Carthagenae Bé + A » numidica Jord. et Fourr.| + ke E » melitensis Bég * 5 T » Columnae Seb. et Maur.| + + : " | » Saccardoana Bég . + i i » cyrenaica Bég. + ; » giscapa Tod ? ? b » rosea (L.) Ee Ar pi S » cruciata (Jacq.) Bég 4 i » purpurascens Ten ; | » Todei Schl , » Fischeri Pax + + > — campanuloides Harms SÉ L camerooniana 3% Si » spiralis Bak. . 3 » lon "did e s T ; È > gigant : + » similis $ etu) e + » Ae De . Hi D » . » Moie Ba Schlecht, p. T | 54 A. BEGUINOT EE | &ez | E : Gen. ROMULEA Maratt. 3 TT watt S i da 5A] AL & H A È o Re mul «^ TRomulea pudica (Ker.) Bak.. . + i sabulosa Schl. in Bég. —- $ » ves Mad Bak. . SE ei zg » hir : ; " » amoena GM. ‘ta - DER a ai + T » recs CORAM) Klatt. ep d » lattii E E s EP p i » piere Pas ri Bég + Ty » perau i Woley-Dod. + d Rx » tortilis : + i T » alert. Klatt. . è + L » ortuosa (Ker.) Bak + E D sublutea (Lam.) Bak + 4 n » sulphurea Bég. . , ub x Si » montana Schlecht. in + n° Bég. ; di » filiifolia Eckl. E » Bachmannii Bég. . + » tabularis Eckl. + » Zehyeri Eckl + L > citrina Bak. TE T » jeher Pe la oche) * ab y » caplandica Bég. 4 — » ac Owani i — » arenaria Eckl. =- "A > versicolor Ber, . i 4- E La presente revisione é fondata sull'esame delle seguenti collezioni , E pubbliche o private, che consultai direttamente, oppure ebbi in comu- nicazione: Erbario del Museo Bot. di Copenhagen = Hb. Cop. del Museo bot. di Kew pr. Londra (in parte) — Hb. Kw. privato di Lacaifa, Londra (in parte) — Hb. Lac. del Museo bot. di Berlino = Hb. Ber. privato di R. Schlechter, Berlino — Hb. Schl. | del Museo Bot. di Monaco = Hb. Mon. "- Ww wv wv & Ce e, E REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI Erbario privato di Z. Ross, Monaco = Hb. Ross. del Museo bot. di Zibeck — Hb. Lub. del Museo bot. di Viezza, con le seg. collezioni: generale (Hauptherbarium) — Hb. g. W. Keck — Hb. Kr. W. Ullepitseh — Hb. U. W. Kerner — Hb. Kr. W. del Museo bot. di Zurigo, con le seguenti collezioni: generale — Hb. g. Z. atlantico — Hb. a. Z. Boissier, Valleyres sous Rances, con le seg. collezioni: di E. Boissier (in parte) — Hb. Boiss. Barbey-Boissier — Hb. Barb.-Boiss. De Candolle, Ginevra = Hb. DC. Durnat, Nant sur Vevey, con le seguenti sollerióni: gen. Burnat = Hb. g. Burn. delle Alpi Marittime — Hb. A.M. Burn. Thuret = Hb. Th. del Museo bot. di Coimbra, con le seguenti collezioni: generale — Hb. g. Co. lusitanico = Hb. 1. Co. Willkomm = Hb. Willk. privato di C. Pau, Segorbia — Hb. Pau. del R. Ist. bot. di Genova eon le seg. collezioni: generale — Hb. g. Gen. ligustico De Notaris = Hb. De Not. privato di G. Doria, Borzoli pr. Sestri Ponente = Hb. Dor. privato di R. Gestro, Genova — Hb. Gestr. privato di 4. Preda, Spezia — Hb. Pred. del R. Ist. bot. di Padova, con le seg. collezioni: generale — Hb. g. Pad. dalmatico R. De Visiani — Hb. De Vis. privato di P. A. Saccardo = Hb. Sace. ` gen. del R. Ist. bot. di Modena — Hb. Mod. 56 A. BÉGUINOT Erbario del R. Ist. bot. di Firenze, con le seg. collezioni: ü » centrale italieum = Hb. c. i. F b » , centrale externum = Hb. c. e. F. c » Webb = Hb. Webb. d » canariense di Webb — Hb. c. Webb. > privato.di S. Sommier, Firenze = Hb. Somm. » privato di U. Martelli, Firenze = Hb. Mart. » del R. Ist. bot. di Roma, con le seg. collezioni: a >» generale — Hb. e R. b » di V. Cesati — Hb. Ces. romano — Hb. rom. > privato di A. Beguinot, Paliano = Hb. Bég. > privato di N. ed A. Terracciano, Caserta = Hb. Terr. » del R. Ist. bot. di Napoli, con le seg. collezioni: 9 . » di V. Tenore — Hb. Ten. » gener. di G. Gussone — Hb. g. Guss. » siculo di G. Gussone — Hb. s. Guss. » privato di M. Guadagno, Napoli — Hb. Guad. » » S Y del R. Ist. bot. di Messina — Hb. Mess. del R. Ist. bot. di Palermo, con le seg. collezioni: H » generale — Hb. e Pan o A > panormitano di A. Todaro = Hb. pan. Tod. > del R. Ist. bot. di Sassari = Hb. Sass. » del R. Ist. bot. di Cagliari = Hb. Cagl. » privato di A. Vaccari, Is. Maddalena — Hb. Vaccari. » privato di A. Battandier, Algeri — Hb. Batt. Delle collezioni sopra elencate mi riuscirono particolarmente. interes- santi quelle comunicatemi dai Musei botanici di Copenhagen , Lübeck e Berlino, che furono in buona parte studiate dal Klatt, il noto mono- grafo delle Iridacee. E solo mercé questo esame ho potuto convincermi quanto poeo gli fosse famigliare il genere, ehe contribuì a confondere con la creazione di specie già note, con sinonimie e ravvicinamenti erronei e con schemi di classificazione destituiti di qualunque valore teorico e B REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 57 pratico. Pure di grande vantaggio mi riuscì l ispezione specialmente | delle rieche collezioni dei Musei botanici di Berlino, Vienna e Zurigo, | nonché di quelle private di Barbey-Boissier e Burnat, al eorrente con le | recenti scoperte e le numerose Exsiccata che furono distribuite negli ul- timi tempi. Lo studio del materiale dell'Erb. Schlechter, il noto bota- nico viaggiatore dell’Africa meridionale, mi mise in grado di controllare = tutte le novità da lui scoperte e distribuite in parecchie Exsiccata, ma f per lo più senza diagnosi. Duolmi invece di non aver avuto a mia di- sposizione che una piccola parte del materiale del Museo bot. di Kew e quindi di non aver potuto controllare tutte le specie eseite da quella fucina e di aver richiesto invano l’Erbario di Jordan che esercitò, come . è risaputo, il suo genio analitico anche a spese del nostro genere. È i poi mia convinzione che l' esame di collezioni più ricche di quelle da me utilizzate, specie della Spagna, Africa settentrionale e centrale e del- l'Europa orientale, riserverà ulteriori ed importanti sorprese. In altre parole io eredo che, dati i caratteri in giuoco, il numero delle combi- nazioni sin qui acquisite alla scienza resti tutt’ ora inferiore al numero di quelle che possono essersi realizzate in natura! Desiderando poi, sin da quando iniziai il mio studio, di imprimer- gli un indirizzo sperimentale, sollecitai ed ottenni da molti botanici (Bieknell, Doria, Gestro, Barsali, Mezzana, Pampanini, A. Vaccari, . Buscalioni, Belli, Pirotta, Mattei, Guadagno, Ponzo, Cavara, Adriano Fiori, Battandier, Sampajo, De Mariz ece.) invio di piante vive e da € ru cu, Sas parecchi Orti botanici di semi. Riuscii così a coltivare, quasi. sempre con successo, e seguire le fasi tutte dello sviluppo delle seguenti specie, ‘spesso provenienti da diverse regioni e stazioni: Romulea Bulbocodium, R. uliginosa, R. ligustica, R. Clusiana, R. Linaresii, R. Requienii, R. Rolli, R, ramiflora e var. Parlatoris, R. gaditana, R. Columnae e var., R. longiscapa, R. rosea e R. purpurascens. Tutto il resto dovetti adat- tarmi a studiare su materiale da Erbario: ma la pratica acquisita sulle Specie che osservai in natura o sottoposi a coltura mi fu guida eccel- lente nelle difficoltà, grandissime in questo genere, di decifrare esem- | Dlari di collezione. ... Diró da ultimo che la presente Monografia fu iniziata negli anni 1897- 58 A. BÉGUINOT 1898 presso il R: Istituto botanico di Roma coll'esame delle specie ita- liane, (alcune delle quali: Romulea Bulbocodium, Rollii, ramiflora e Co- lunae, comuni attorno a Roma e nel vicino littorale io stesso raccolsi ed osservai in natura) e con la coltura di alcune specie esotiche. So- speso poscia il lavoro per qualche anno e per ragioni tutt’ affatto. indi- E CE EE pendenti dalla mia volontà, fu ripreso nell'ultimo triennio presso il R. Ist. bot. di Padova. In questo lasso di tempo ebbi occasione di pubblicare - alcuni dei risultati delle mie ricerche in brevi memorie (+), che saranno i riassunte e coordinate nel presente lavoro. Sento finalmente il gradito dovere di ringraziare quanti bepedie vollero assecondare le mie indagini o permettendomi l' esame delle col 3 lezioni a loro disposizione od inviandomele a Padova o con la comuni- cazione di piante vive, di semi o di libri e cioè i signori: E Warming. e C. Ostenfeld (Copenhagen); W. T. Thisellon-Dyer e J. d. Baker (Kew); C. Lacaita (Londra); A. Engler, L. Diels, U. Dammer è R. Schlechter. (Berlino); Z. Radlkofer ed H. Ross (Monaco di Baviera); Lenz (Lubbeek); | R. v. Wettstein (Vienna); H. Schinz (Zurigo); W. Barbey (Valleyres); R. Buser e C. De Candolle (Ginevra); E. Burnat (Nant-sur-Vevey); J. Hen- riques e J. De Mariz (Coimbra); Sampajo (Porto); C. Pau (Segorbia); O. Penzig, G. Doria e R. Gestro (Genova); Cl. Bicknell (Bordighera); | N. Mezzana (Savona); A. Preda (Spezia); G. B. De Toni (Modena); E. Barsali (Pisa); P. Baccarini, R. Pampanini, S. Sommier, Adr. Fiori U. Martelli (Firenze); R. Pirotta (Roma); N. ed A. Terracciano (C serta), Fr. Cavara ed M. Guadagno (Napoli); L. Nicotra wen Borzì, G. E. Mattei e C. Tropea (Palermo); A. Ponzo (Trapani); L. (éi A. BÉcuINOT, Notizie preliminari sulla biologia fiorale del gen. R mulea Maratti, in « Bull. Soc. Bot. It. » 1899, p. 214; Osservazioni intorn ad alcune Romulea della flora sarda, « Ibid. » 1905, p. 171; Cenni intor all'area distributiva di Romulea Rollii Parl.; « Ibid. » 1905, p. 179; Ull riori notizie intorno all'area distributiva di Sage Rollii Parl., « ' Ibid. 1906, p. 99; Alcune notizie sulle Romulea della flora dalmata, « Ibid. 1906, p. 45; Alcune notizie sulle Romulea delle isole atlantiche (Canarie Madeira ed Azorre) « ibid. » 1906, P. 76; Revisione Trade delle | mulea della flora iberica, in « Bol. da Soc. Brot. » XXII (1906); Diagn GE vel minus cognitarum, in « Engler's bot. Jahrb. batti eg CA we REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 59 scalioni (Catania); A. Belli (Cagliari); A. Vaccari (is. d. Maddalena); A. Battandier (Algeri); M. Gandoger (Arnas par Villefrance), ece. Vadano da ultimo i miei migliori ringraziamenti al Direttore del R. Ist. bot. di Roma, prof. R. Pirotta ed a quello del R. Ist. bot. di Pa- dova, prof. P. A. Saccardo, i cui consigli ed aiuti mi guidarono nella redazione del presente lavoro. Padova, R. Istituto botanico, Marzo 1907. 60 A. BEGUINOT PARTE GENERALE I. BIOLOGIA DELLA GERMINAZIONE E DELLO SVIL UPPO. | FORA EST E Osservazioni generali. — Le notizie tora alla biologia dello svi- luppo delle Romulea sono assai scarse rispetto a quelle di altre Iridacee, Esse si riducono a poche osservazioni fatte dall'Irmisch (*), che studiò alcuni degli stadi di Romulea Bulbocodium. Durante la mia permanenza. presso il R. Ist. bot. di Roma ebbi occasione di esaminare a questo È guardo ie plantule di specie comunicatemi sotto i nomi di A. Bulboc dium, ramiflora, Rollii, Columnae, longiscapa, cruciata; speciosa e Mac Omwani, che però seguii soltanto in una parte dello sviluppo. Nell Ist. bot. di Padova ripresi le ricerche sepra R. Bulbocodium, ligustica, rami- Hora, Columnae, longiscapa, rosea e purpurascens, che seguii in tutte la fasi dallo stadio di plantula a quello di pianta adulta. < Tutte le specie da me esaminate germinano allo stesso modo. Se d pongono semi maturi di una qualunque di esse in una terra legger mente inumidita e ad una temperatura ambiente di 18-20° se ne ottiene al termine di tre o al massimo di quattro settimane una facile e rapida germinazione, Le culture da me fatte in pieno inverno od in primaveri ma sempre in serra, non mi hanno date differenze rilevabili. La dif coltà di riconoscere in natura le giovini piantine da quelle di altre Mo- | nocotiledoni eon eui erescono frammiste, non mi permette di dire VE E. nelle stazioni normali della regione mediterranea la germinazione s'iniz come per molte altre xerofile, al cadere delle prime pioggie autunna o soltanto in primavera. Le colture da me istituite in piena terra quindi nel terreno argilloso ed umido della bassa pianura padana rivi lano che la piantina costretta a germinare entro il settembre o l’ottobi viene poi uccisa al sopraggiungere dell’inverno. Causa questa tra le pra (1) TH. IRMISCH, Mor; ‘phologische Beobachtungen en einigen Gewiichsen den naturlichen Familien der Melanthaceen, Irideen en, und Aroideen; Ber 1856 (Aus dem I Bde d. Abhandl. d. Nature. Verein. f. Sachsen und ringen in "E REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 61 cipali, se non forse la più importante, che giustifica l'assenza di rap- presentanti del genere nella regione padana ed in generale nei distretti dell'Europa fredda o temperato-fredda. LI H a-h del 1.° periodo vegetativo, i-a del 2,° periodo. Fic. — Fasi della germinazione e dello sviluppo di Romulea Bulbocodium- 62 A. BÉEGUINOT I semi (fig. 1 a-d), affidati al letto germinativo, sono gonfiati dall'acqua : che ne distende i tegumenti e da angolosi ed un po’ compressi allo stato | di riposo, diventano più o meno perfettamente globosi. L'egresso della ra- . dichetta e quindi la rottura dei tegumenti ha luogo in corrispondenza del ` mieropilo (fig. 1 4) che giace a 2-3 mm. di distanza dell'ilo, tra i quali de- corre, visibile anche a tegumenti rigonfi, il rafe. La radichetta, a soconda della posizione del seme nel terreno, procede diritta, oppure, sotto lin- | : fluenza del geotropismo positivo, si allunga curvandosi in basso e con- tribuendo quindi ad infossare il seme stesso. Con essa fuoresce ben presto | dagli invogli seminali l'unico eotiledone (fig. 1 ġ) che risulta di tre parti: una parte inclusa nei tegumenti a contatto con l'albume che lentamente. assorbe fino a completo svuotamento: una parte picciuolare cilindroidea lunga 1-2 mm. ed una tubulosa completamente chiusa. che trovasi sul proseguimento della radichetta che raggiunge la lunghezza di 3-5 mm, L'assorbimento dei materiali di riserva è assai lento, tanto che 15-30 giorni dopo avvenuta la germinazione il cotiledone resta ancora aderente all'albume. Una fase a questa susseguente è segnata dall'egresso di una | prima foglia (fig. 1 c-4) che s'inserisce alla base e tutt'attorno alla ridot- tissima gemmula caulinare, attraversa la porzione tubulosa del cotiledon e ne fuoresce all'apice raggiungendo una lunghezza di 15-20 mm. Questo ` primofillo, dapprima totalmente chiuso e sempre tubuloso, è ridotto all porzione guainante: esso perciò rappresenta la prima foglia vaginiform delle Romulea. In seguito (fig. 1 e) un secondo primofillo, pure inserito, circolarmente attorno alla piumetta e concentricamente al precedente, J come questo, chiuso, si allunga attraversando la prima foglia vaginiform: che fora obliquamente, raggiungendo una lunghezza che varia da 50 ad mm. Tale foglia, dapprima totalmente chiusa, è in seguito lateralmente forata per un certo tratto da una o più foglie ad essa concentriche. l differenza di queste e delle foglie delle piante adulte tale primofillo (fig 24) è inciso posteriormente da due soli solchi longitudinali, in fondo al quali si localizzano gli stomi e che hanno perciò il vanto di SÉ . Stomatifere. Allorquando la foglia in questione ha Hale ict un eerto sviluppo í | cioè da 1-2 mesi dacchè wm inizio la germinazione, accanto alla ra REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI {63 dice primaria, che frattanto si è venuta allungando e ramificando, si svi- luppa (fig. 1 f) una radice ingrossata tuberiforme, dapprima semplice e che in seguito parcamente si ramifica. Essa determina uno sposta- mento della radice primaria stessa, la quale finisce (fig. 1 g) per diven- tare lat»rale ed inizia ben presto lo svuotamento ed il raggrinzamento. «ui faccio osservare che, nelle colture fitte a Roma, le plantule en- trarono in riposo prima dell’ emissione di questa radice tuberosa: nelle colture padovane alcune specie si arrestarono a questo punto ed altre invece progredirono. Quando la coltura. s'inizia a tempo debito credo che ; il secondo sia il easo normale. In questi individui sui primi del Lu- Ki glio e cioè cirea quattro mesi dopo la germinazione il breve asse cau- linare proveniente dalla gemmula e rimasto nascosto in fondo alle foglie avanti descritte ha lentamente tuberificato, dando luogo (fig. 1 4) ad un .. ' tubereolo di forma irregolarmente globosa ed un po' compresso lateral- i mente verso ia base e con i margini un po’ rilevati. Il suo ingrossamento . . non essendo stato uniforme le due radici, sia la primaria come la tuberosa, P XN sono spostate lateralmente e trovansi in corrispondenza dalla parte schiae- ciata: radiei le quali vengono nel frattempo raggrinzando e svuotandosi quasi completamente. Il tubereolo è circondato all'esterno dalla base della prima foglia vaginiforme (essendo in questo stadio seomparso ogni traccia dell'embriofillo) che finisce in seguito a perdersi e da quella della porzione guainante della seconda foglia completa e che, diventata scle- rotica, è destinata a persistere a guisa di tunica protettrice. Nella parte vi E Superiore dello stesso e sempre circolarmente si inserisce per lo più una terza foglia che percorre la parte inferiore della precedente e quindi ne fuoresce lateralmente assumendo uno sviluppo press'a poco eguale: essa | festa di solito chiusa ed è incisa da quattro solchi o doccie stomatiche, . Some nelle foglie adulte. Concentricamente a questa ed attorno all'apice del tubercolo prende di regola inserzione anche un quarto primofillo che - però non riesce di solito a svilupparsi: essi cireondano e proteggono la Bemmula che si svilupperà nel prossimo anno. Il tubercolo, in ogni modo, risulta costituito fin dal primo periodo vegetativo di 2-3 internodi, dei quali uno più sviluppato e che lo interessa per la massima parte ed altri ridottissimi ed ineonspieui e che in qualche caso possono anche mancare. 64 A. BÉGUINOT Giunta a questo stadio la plantula, nonostante le cure più attente onde prolungarne la vegetazione, entra in riposo. All'ingresso di questo periodo essa perde tutto l'apparato fogliare, tranne la base ridotta a ca- tafillo della prima foglia completa che prende, come dissi, inserzione nella parte inferiore del tubercolo e perde pure sia la radice primaria che quella tuberizzata. Alla ripresa del periodo vegetativo che, secondo le colture fatte a Pa- dova, ha luogo entro il mese di. settembre, il tubereolo in questione, eireondato dalla sua tuniea, mostra verso l'alto della parte schiacciata i residui informi delle radici del precedente periodo ed alla base (fig. 1 è) della stessa, secondo una linea semicircolare, numerose radici avventrzie-- — filiformi. Queste radici, dapprima semplici-e che restano sempre sottili, devono forare la tunica; la quale viene così ad essere cireumscissa alla — base. Intanto e gradatamente attorno all'apice del tubercolo vengono a — svilupparsi eoneentrieamente ed in serie distica 4-5 foglie, le 2 o 3 più esterne delle quali ridotte alla sola porzione guainante, e le altre com- 3 plete. Le quali ultime sono incise dai quattro caratteristici solchi sto- - matiferi del nomofillo di tutte le Romulea. | Un'ulteriore fase di sviluppo della plantula, a circa un mese di distanza dalla ripresa della vegetazione, è segnata (fig. 1/2) dal lento e graduale svuotamento del tubercolo sopravvissuto al primo periodo vegetativo e | dallo sviluppo di una nuova radice tuberizzata. Essa compare alla base — del nuovo asse caulinare e presso l'inserzione del primo tubercolo in via di esaurimento. Dapprima esile e breve, ben presto rompe le tuniche che | l'avvolgono e s'approfonda nel suolo ingrossandosi soprattutto verso l'alto — e terminando in punta conica: dapprima semplice e turgida, ben presto. emette più o meno numerose radicelle e quindi dall'alto al basso co- | mincia a raggrinzarsi ed a svuotarsi. Le ulteriori fasi della plantula, tutt'ora allo stato vegetativo, sono carat- - terizzate (fig. 12) dalla tuberificazione dell'asse caulinare nascosto dalle fo- j glie avanti descritte e quindi dalla costituzione di un secondo tubercolo. In questo stadio gli organi ipogei delle Romulea sono dati da un secondo : tubercolo completamente sviluppato e munito di una radice tuberizzata ` in via di esaurimento e dai residui del primo tubereolo completamente - REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 65 svuotato e fornito di abbondanti radici avventizie in perfetto funziona- mento. Essi sono circondati dai residui delle tuniche del primo periodo vegetativo, nonchè dalla base più o meno sclerificata delle foglie vagi- niformi e dalla parte inferiore della guaina del nomofillo che s'inserisce verso la base del nuovo tubercolo, tutte appartenenti al secondo periodo vegetativo. — L'ultima fase è segnata dallo sviluppo di una gemma, generalmente unica, che trovasi all'apice del tubero e che allungandosi per aceresci- mento intercalare dà fuogo a quella parte dell'asse caulinare che rice- vette il nome di scapo. La seconda radice tuberizzata si è venuta frat- tanto del tutto svuotando ed emettendo numerose radici secondarie che . Te aumentano la superficie assorbente. Nel periodo susseguente all' an- . tesi e cioà durante la maturazione dei frutti e dei semi, il fatto più sa- liente è 1 allungamento a eui va incontro l' asse caulinare ed il conse- guente distanziamento dei nodi: mentre quello seguente la dissemina- zione è segnato dalla perdita sia dello scapo come delle foglie tutte, tranne le porzioni basilari che, trasformate in tuniche, seguitano a pro- teggere gli organi ipogei. In queste condizioni la radice tuberizzata è per lo pià scomparsa del tutto. La pianta entra quindi nuovamente in riposo. ... Alla ripresa della vegetazione che, come dissi, ha luogo nel settembre E © forse coincide in natura alla caduta delle prime pioggie autunnali, il tubercolo del secondo periodo vegetativo ha nel frattempo sviluppato nella sua parte inferiore nuove radici avventizie, che si allungano ap- profondendo nel suolo: salvo quindi ad esaurirsi come il precedente, nel mentre viene a costituirsi una nuova radice tuberizzata destinata a sua volta a Svuotarsi non appena v'inizi la costituzione di un terzo tubero. E così via dicendo. Da queste osservazioni emergono alcuni fatti non privi di interesse e che qui brevemente riassumo: i D Germinazione ipogea. — Come nella maggior parte delle Monocoti- ledoni, le Romulea presentano senza eccezione germinazione ipogea : l'em- iofillo cioè resta aderente all'albume ed è portato in basso dall’allun- amento della radichetta che. approfonda nel terreno. Manca qualunque. 5. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 66 A. BÉGUINOT allungamento dell'asse ipocotileo. Inoltre la piumetta nel primo periodo vegetativo e, per aleune specie, a quel che pare, anche nel secondo resta sepolta in fondo alla porzione tubulosa delle foglie. Solo a stagione avan- zata, almeno in molte specie, essa dà luogo alla costituzione del primo tubereolo che, in questo periodo, rappresenta quanto v'è di formazione caulinare nella plantula. Sviluppo dissociato. — La plantula, in base alle colture da me isti- tuite, al sopraggiungere della estate entra in riposo. Alla ripresa de] periodo vegetativo il primo tubero si esaurisce e solo il secondo e qual- che volta il terzo è in grado di sviluppare un asse fiorifero. La gene- razione sessuale consegue quindi ad una o due generazioni agamiche. Nelle porzioni tuberificate non dobbiamo vedere che un rizoma ad acere- scimento indefinito e sublaterale. Le Romulea, quindi, realizzano un ti- pieo sviluppo dissociato. Nei successivi periodi vegetativi ciaseun tuber- colo porta un asse fiorale ed assicura una indefinita serie di generazioni sessuali. A differenza di molte specie dell’affine gen. Crocus, le Romulea . non offrono normalmente che una sola gemma caulinare: il caso di gemme avventizie è raro e, quando esistono, non dàuno quasi mai assi perfetti. } Radici tuberose transitorie e loro significato. — È noto come in moltissime Monocotiledoni, accanto od in temporanea sostituzione delle ra- dici filiformi normali, si sviluppano radici più o meno ingrossate a tubero, ripiene di sostanze di riserva. Descritte sotto il nome di radici carnose da Teofrasto (!) e da Plinio (*) che le indicano, tra l’altro, per i Crocus e (1) Trorrasto, La storia delle piante, trad. di F. Ferri Mancini, Roma, 1901, lib. I, c. VI, p. 21, lib. VI, e. VI, P. 226 e lib. VII, e. XIII, p. 265. In - quest'ultimo passo, a proposito del « Sisirinchio », che alcuni Autori Dir — steriori (Clusio, Colonna, Bauhin, ece., interpretarono quale Romulea è detto: Il Sisirinchio ha questa singolarità , che prima cresce la parte inferiore della radice, la quale è denominata invernale : poi, al cominciare della primavera, questa scema e cresce la superiore che è mangereccia. (2) PLINIO, Historia naturalis, lib. XIX, cap. VI: dove è ripetuto a propo- sito del « Sisyrinchion »: in hoc mirum imas ejus radices crescere hie- mene: verno autem, cum apparuerit viola, minui et contrahi, tum deinde bulbum pinguescere. — . REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 67 pure per questo genere menzionate da Alberto Magno (*) che le paragonò a quelle dei Ziliwm, furono chiamate fibre carnose dal Colonna (°), radici tuberose dal Tournefort (*), radici napiformi dal Fabre e più recentemente dal Daniel (*), pseudorize dauciformi dal Royer (5), radici transitorie dal Terracciano (^) ecc. La loro storia e significato sono abbastanza note pel gen. Crocus, che fu anzi una delle piante che richiamò tra le prime l’attenzione dei botanici, pochissimo invece conosciute per il nostro gen. Romulea, quantunque una di esse (R. Bulbocodium) tragga appunto il nome da questa interessante particolarità. Da quanto esposi avanti, la prima radice tuberosa compare in tutte le specie del genere da me studiate quando è tutt'ora presente e fun- zionante la radice primaria e prima della tuberificazione della gemmula caulinare. Dapprima turgida e levigata all’esterno, mano mano che detta gemmula progredisce nella tuberifieazione,' essa si raggrinza e svuota. | Sta il fatto che alla fine del primo periodo vegetativo sia l'una che l’altra produzione radicale sono del tutto esinanite. Alla ripresa della () A. Magno, De vegetabilibus libri VII, cap. IV. — L’IRMISCH (Zur Morph. d. monocot. Knollen u. Zwiebelgew., Berlin, 1850, p. 240) cita, inoltre, a pro- posito dei Crocus il seguente Pa che sarebbe tolto dal Liber vegetabi- lium di Aristotele; ma che i riuscì di trovare nè nei frammenti della Phytologia n veri psn dal Wimmer, nè nel libro De plantis attribuito ad Ar ristotele, ma che il Meyer rivendica a N. Damasceno e che del seguente tenore: Crocus habet magnam convenientiam et similitu- dinem. cum cepa et ascalonia in radice... et sub radice habet alias radices fere capillares, quibus nutritur grossa radix: ad totam herbam humor transmittitur radicalis () F. COLONNA , Ecphras rasis, ete. Romae, 1616, p. 328, dove sono così de- scritte per Sysirinchium Teophrasti, e cioè R. Columnae Seb. et M.: inter | ambas (e cioè il bulbo e le radici normali) vero, linguae modo, carnosa a rotunda longa exit, ex qua se propagare videtur, ut aliae bulbosae solent, ete. Il quale pure ammise per questa specie che il bulbo si aecre- Sceva durante D inverno ed esinaniva col sopravvenire. dell’ estate. C) TourNEFORT, Institutio rei herbariae, vol. I, p. 673 (5 L. DANIEL, Sur les racines napiformes transitoires des Monocotyledones, . in « Rev. gen. de Botanique », vol III (1891), p. 455. €) Rovgn, Flore de la Côte-d'Or, p. 15. SUA TERRACCIANO, Sulle radici transitorie delle Monocd dadini in « Rind. Congr. bot. naz. di ONE nel Maggio 1902 »; Palermo, 1903, p. 117. 68 A. BÉGUINOT vegetazione, mentre il vecchio tubercolo svuotato ha già emesso le pro- prie radici avventizie e prima che il nuovo si costituisca, si genera una seconda radice tuberizzata di dimensioni e sviluppo anche maggiori della prima. La quale alla sua volta viene, come quella, ad esaurirsi quando il secondo tubercolo si è costituito. E così di seguito. Dal che si può con- eludere che le radici tuberose in questione hanno un'effimera esistenza, che dura nel primo periodo fino alla eoncretazione del primo tubercolo e nei successivi tra lo svuotamento del precedente e la costituzione della seguente porzione tuberizzata dello scapo. I materiali nutritizi, tempo- raneamente in esse accumulati, vengono ceduti ed utilizzati per la for- mazione dei tuberi caulinari. Sono quindi, al pari di questi, tempora- ranei magazzini di riserva. Su di ciò nessun dubbio: ma dos potrà essere la determinante di queste singolari produzioni ? Le opinioni a questo riguardo sono molto discordi. Già il von Berg (') fin dal 1837, dopo avere descritto con singolare precisione parecchie peculiarità biologiche delle piante bulbose e tube- rose conclude, a riguardo dei Crocus, ehe queste radici servono essen- zialmente ad approfondire i bulbi nel terreno. L’Irmisch (°), a cui, come H è noto, si devono fondamentali lavori sulla biologia della germinazione e dello sviluppo di un grande numero di Monoeotiledoni, riconobbe Ia natura loro transitoria, ma erroneamente ammise (anche pel gen. Ro- mulea) che esse in definitiva ridondassero più a danno che a vantaggio della pianta, sottraendole alimenti che non erano più in grado di resti- tuire. Più recentemente il Seignette (*), partendo dal concetto che nella porzione tuberizzata dell'asse caulinare dei Crocus dobbiamo scorgere (') E. v. BERG, Die Biologie der PNE eo oder Versuch, die merk- würdigsten Erscheinungen in den Lebe des Zwiebelpflanzen zu erhlüren; Neustrelitz u. Neubrandenburg, 1837, Kë (3) IrMiscH, Morph. Beobachi. ecc. in l. c. n anche sempre per Crocus i lavori di Areschoug, Bidrag till Groddnappars SIE och Biologi ; Lund, 1857, p. 43 e del Maw, The genus Crocus, London, ep (3) M. A. SEIGNETTE, Recherches sur les tubercules, in « n gen. ile Bo- inique », Vol. I (1889), p. 516. Cfr. inoltre il piü recente lavoro, pure pub- blieato in questo Stesso periodico (vol. XIV, 1902), del MN Etudes sur la rei ation: REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 69 un rizoma indeterminato ad accrescimento terminale, conclude che detta b porzione finirebbe per emergere dal terreno, ove non fosse tirata in basso da queste radici. Dal suo canto il Donteau (') credette di potere asse- rire che le radici tuberificate di un Gladiolus rappresentassero null'altro che una mostruosità dovuta ad accidentale esaurimento del terreno e = quindi al bisogno della pianta di approfondirsi nello stesso. Il Daniel (°), od invece, avendo constatato in molte Monocotiledoni ehe, nelle identiche condizioni di ambiente, si ha eguale sviluppo di queste produzioni, ne dedusse che esse costituiscono un sistema compensatore transitorio che si sviluppa progressivamente secondo i bisogni della pianta, da che per una causa interna od esterna la nutrizione generale trovasi ostacolata. to Più esattamente il Terracciano (*) in una nota preliminare sull’ argo- e mento conclude che queste radici agiscono da accumulatori di riserva S che distribuiscono alle piante quando queste, all’ ingresso del periodo jd vegetativo, sono insufficienti ad elaborare da sé gli elementi ternari e nello stesso tempo uno dei mezzi coi quali cambiano di luogo e di livello. Questa seconda proprietà, in rapporto con la facoltà contrattile delle radici, già fatta rilevare dal Fittmann (5), Irmisch OC), De Vries (71 ecc. fu di recente studiata su di un grande numero di piante, soprattutto Monocotiledoni, dal Rimbach ("), al quale devesi quindi il lavoro più ... Completo sull’argomento. Per quanto poi concerne l'affine gen. Crocus, il Massart () ha fatto rilevare che quando gli individui sono posti alla n oco E EE er Lal Ee el È ei í e DONTBAU, Note sur une monstruosité du bulbe chez le Glaieul, in « Rev. 0 () EA licia, S Wlan EE Bemerkungen, in « Flora » - vol. Il (1819) p. 651 "oe IRMISCH, lie zur vergleichende Morphologie der Pflanzen. 5. Abth. Ueber einige Aroideen, in e Abhandl. d. naturf. Gesell. in Halle » vol. XIII, 2, 1874, p. 14. SCHEIER, ps VRIES, Ueber Verkürzung pflanzlicher Zellen durch Aufnahme . von Wasser, in « Bot. Zeit. » vol. XXXVII (1879), p. .. (© RimBacn, Die contractilen Wurzeln und ihre MAPS in Funfstucks, e Beiträge zur wissenschaftlichen Botanik, vol. Il, e 1897, p. 1-28. DÄ Massart, Comment les plantes vivaces mantien i leur niveau sou- terrain, in « Bull. Jard. bot. de l'Etat A Bruxelles » t : ix 1903). 70 A. BÉGUINOT superficie del terreno e solo in queste condizioni, producono, oltre alle solite radici filiformi, una o due radici carnose fortemente contrattili capaci di tirare obliquamente verso il basso il tubereolo. Senza esclu- dere che esistano specie le quali dispiegano un siffatto comportamento, le ripetute osservazioni da me fatte in parecchie specie del genere col- tivate in vaso mi hanno rivelato che esse, sono bensi provviste di radici ingrossate validamente contrattili, ma queste si sviluppano indipenden- temente dal livello nel quale giaee la pianta ed anche quando sia posta ad una certa profondità nel suolo. Trattasi, quindi, in questi casi, che a mio credere sono forse i più frequenti, di un organo ereditario, che perciò si concreta e sviluppa la funzione che gli è inerente, indipen- dentemente dallo stimolo che lo ha indotto. E tale è il comportamento di tutte le Romulea da me sottoposte a coltura. Ponendo semi alla superficie del terreno o poco al disotto è av- vertibile, alla fine del primo periodo vegetativo, un cambiamento di li- vello di 4-8 mm. Avendo ripetuto per alcune specie queste osservazioni per tre periodi consecutivi ho alla fine constatato uno spostamento oscil- lante tra i 20-30 mm. Cambiamento di livello il quale deve essere anche in rapporto con la natura del suolo stesso e credo che facendo le col- ture nei terreni arenosi, che sogliono essere i normali per molte specie, esso si troverebbe superiore a quello da me constatato operando su suolo argilloso. È poi da notarsi che la contrattilità delle radici in questione si attua, come sopra dissi, quando il tubero dell'anno precedente è quasi completamente svuotato e quando ancora non si è costituito quello del periodo vegetativo in corso, intervallo quindi in cui la regione ipogea offre il minimo di superficie e quindi di resistenza alla trazione. È pure ` da rilevarsi che, sebbene meno accentuata, tale facoltà investe anche le radici filiformi, mentre il successivo sviluppo dei tuberi tende a spo- stare un po’ lateralmente la pianta. Devesi quindi a questo complesso sistema di movimenti, armonicamente tra loro combinati, se in definitiva i tubercoli stessi. come è ben noto a chi abbia estirpato una qualunque delle specie del genere, finiscono per trovarsi ad una notevole profon- dità nel suolo. Siccome poi siffatte radici tuberizzate e con il corpo centrale e con le radici secondarie sono in grado, mercè la regione assor- - esaminate, alla porzione guai- tutte le altre invece, come le REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 71 bente, di assumere materiali salini circolanti nel terreno, noi dobbiamo scorgere in questi organi una triplice funzione, quella cioè di tempo- ranei magazzini di sostanze di riserva, di superficie assorbenti e di or- gani fossori. Quale Sia stata l’ originaria funzione non è certo facile a stabilire: ma ove si tenga presente il grave danno in cui le piante in questione di climi eminentemente xerotermici e di stazioni per lo più secche sarebbero incorse se i tuberi restassero alla superficie del suolo, la funzione primitiva appare quella fossoria: le altre due si rivelano quali sussidiarie, l'una della funzione propria ai tuberi caulinari e l'al- tra di quella inerente alle ra- dici avventizie. Foglie primordiali. — Come dissi sopra, la prima foglia sus- seguente all’ embriofillo. è ri- dotta, in tutte le specie da me nante, dapprima chiusa ed in seguito forata all'apice da una seconda foglia completa. Anche questa è dapprima chiusa ma, nel proseguo dello sviluppo , finisce per essere attraversata lateralmente da una terza fo- glia ad essa concentrica : altret- tanto succede, ma più rara- mente, per una quarta. La se- conda foglia avanti descritta è solcata (fig. 2 a) nella parte po- steriore da due doccie in fondo alle quali sboccano gli stomi: adulte, ne presentano 4. Poichè * i H l' affine gen. Crocus, come è ben noto, offre nella massima . Sez. trasv. ig di una DEI “primordiale di Romulea Bulbocodiu id. di Crocus 72 A. BEGUINOT parte delle sue specie foglie la cui pagina inferiore è solcata da due doc- cie stomatifere, segue che il primofillo avanti descritto ricorda molto da vicino il tipo erocoideo. Il tipo, invece, zomuleoideo si evolverebbe solo più tardi e sarebbe essenzialmente caratteristico degli individui adulti. Donde un carattere di affinità tra i due generi. Avendo di recente seguito lo sviluppo di alcune specie di Crocus sono in grado di presentare (fig. 27) una sezione schematica di un primo- fillo, della quale traspare una innegabile rassomiglianza fra le foglie primordiali dei due generi. Vi è però una differenza notevole, almeno nelle specie da me studiate, consistente nella simmetria delle due metà della foglia nel gen. Crocus e nell’ assimetria in quelle delle Romulea : in queste ultime la parte anteriore è oltre il doppio più sviluppata di quella posteriore. Ed è precisamente in questa regione che nelle foglie successive e nelle adulte. andranno a scolpirsi le altre due cripte stoma- tifere. Si ha, quindi, D impressione che le foglie primordiali e quelle adulte (fig. 65) del gen. Crocus rappresentino solo la metà di quelle del gen. Romulea e ciò sia in rapporto con la zona d'inserzione più li- mitata, sia con il fatto che la porzione guainante è assai sviluppata nelle Romulea, ridottissima nei Crocus. Ulteriori ricerche, alle quali at- tendo, permetteranno di stabilire altri rapporti fra i due tipi fogliari in questione. Il MORFOLOGIA ESTERNA ED IN TERNA DELLA PLANTULA. Formazioni radicali. — Comprendono la radice primaria, le radici avventizie e le radici tuberose transitorie, la cui struttura morfologica ed anatomica è sensibilmente la stessa nelle varie specie da me esa- minate. | Radice primaria. — Breve e semplice dapprima, questa radice (fig. lah) si allunga in seguito nel terreno e prima di scomparire emette, par- camente in prossimità dell’apice, radicelle secondarie. Essa resta sempre sottile e filiforme. Ad una sezione trasversale (fig. 3) mostra nei primissimi = stadi un epiblema prontamente caduco costituito da un’ unica assisa di e cellule prolungate, nella regione assorbente, in peli unicellulari, Ad essa ` H REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 78 segue il cilindro corticale con cellule poligonali o subrotonde di cui una 0 due assise più esterne a pareti leggermente ispessite e le esterne un po’ incurve e funzionanti da esoderma. Il lume di queste cellule aumenta des verso l'interno, ma torna di nuov x o a diminuire in quelle più prossime al cilindro centrale, da cui sono limitate da un endoderma costituito da una serie unica di elementi a pareti fortemente lignifieate e che funge . da guaina meccanica. Il cilindro centrale, circa un terzo meno svi- luppato del corticale, è limitato all'esterno da un’assisa di cellule re- golarmente alternanti con quelle dell' endoderma e che formano il pe- ricielo: il resto del parenchima è attraversato generalmente da quattro | raggi vascolari che per lo più si toccano al centro con un grosso vaso Cn CI CC È Ir OR Ge Zem VW Fis. 3. Sez, trasv. della radice primaria di Romulea Bulbocodium. "3 ...5 = esodorma; cer = cilindro corticale; end = endoderma; 2 Per = periciclo; cen — cilindro centrale. Ingr. 300 diam. Res Set: assile che occupa il posto del midollo. Abbiamo perciò una radice nor- Een, almente tet | rarca. Qualche volta il vaso centrale è accompagnato da .9 due vasi di minore calibro costituenti, col loro complesso, un si- ema, come fu da recenti ricerche dimostrato, indipendente dalla cer- na vascolare più esterna. — e ii i La radice primaria, come vedemmo, in breve si esaurisce ed allora ` “gione corticale le cellule della porzione mediana ingrandiscono. 74 A. BÉGUINOT e presentano pareti radialmente stirate ed ondulate: l'endoderma appare più validamente lignificato e meglio visibile è la cerchia periciclica. Radici avventizie. — Filiformi e numerose esse sì originano, come sopra fu detto, alla base del tubercolo del primo periodo vegetativo, ma solo alla ripresa della vegetazione, cioè all’inizio del secondo periodo, ed accompagnano poi tutti i tubercoli ehe di anno in anno si sviluppano. Dal punto di vista anatomico in nulla differiseono dalla radiee pri- maria, sia nei primi stadi, come negli adulti. Radici tuberose transitorie. — Raggiungenti vario diametro e lun- ghezza a seconda delle specie, del momento dello sviluppo e delle con- - È dizioni dell’ ambiente, queste radici (fig. 1,4, l-n) si presentano come fusiformi, ingrossate e rigonfie in basso, insensibilmente attenuantisi in alto, dove terminano in punta conica rivestita, dietro l’apice vegetativo, per un certo tratto di cellule pilifere assorbenti. Dapprima semplici e liscie, in seguito mettono radicelle e si raggrinzano nella parte prossima al tuber- colo ed in quella mediana. In una sezione trasversale (fig. 4, , ) esse pre- | sentano nei primi piccoli stadi un epiblema caduco, a cui segue il cilindro — Krk es Ness ege O ha A A [N A A 2/20 y SI piede o de S4 P Y) [irj A o 000° IIIR I SE ARTI EC ry OU TX Y3 s: QUTD RIVARA $95 cht MOLESTIE $e Kess? ANA eg v eps Së end 169: TIT LJ d IST .-* 9695092559. B 0°,000 ^Y X z EQ. per BEE EE E Sep TITO ELO ECH e ER ee cen de. PALO IT VIII 1 2 Fic. 4. Sezione trasversale di una radiee tuberosa di Romulea rami flora, A di rad. del primo periodo vegetativo, 2 dei periodi seguenti. — Cfr. la spiegazione delle abbreviazioni alla fig. 3. Ingr. 200 diam. "m REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 79 centrale distinto in tre zone: la più esterna caratterizzata da due o tre assise di cellule a sezione poligonale un pò allungate in senso radiale, a perfetto contatto fra di loro ed a pareti leggermente ispessite e che costi- tuiscono l’ esoderma ; una mediana con cellule irregolarmente subrotonde, a lume ampio ed a pareti un pò ondulate; ed una interna ad elementi più piccoli e più stipati e qualche volta angolosi e che terminano con l'en- doderma lignificato, ma con elementi assai meno ispessiti che nelle radici | avanti descritte. Nelle radici molto ingrossate, quali sono quelle del 2. per. | Vegetativo e della pianta adulta (fig. 4, A dopo l'esoderma, sono distin- | guibili tre strati e cioè l'esterno a cellule a lume grande e subrotonde, - il mediano a cellule piccole e poligonali e l interno a cellule di nuovo rotonde ma a lume ridotto. Il cilindro centrale, a diametro doppio di | quello delle radici filiformi, ma sempre circa '/, meno sviluppato del E corticale, è costituito da una serie unica di cellule regolarmente alter- nanti con quelle dell’endoderma e che formano il periciclo. Il resto del parenchima è attraversato da 10-14 raggi vascolari alternanti con al- | trettante porzioni eribrose e determinanti, eol loro complesso, una cerchia abbastanza regolare. Alla periferia interna di questa cerchia ed attorno al midollo esistono 4-6 vasi a grande calibro, costituenti una cerchia : unica ed indipendente dalla preceden e: essi si laseiano inoltre distin- i guere per le pareti più sottili e che lignificano dopo quelle della cer- chia esterna e Sono separati da un parenchima intervasale che si con- | tinua verso l’interno in un abbondante midollo che, come vedemmo, anea nelle radici primarie ed avventizie. Differenze queste già riscon- trate in quasi tutte le Monocotiledoni con radici -sottili ed ingrossate T che servono a distinguere egregiamente i due tipi, anche nel nostro genere, Tutti i parenehimi sopra descritti, quando la radice è rigonfia, sono Zeppi di materiali di riserva. Lo svuotamento ed il conseguente rag- inzamento à segnato dall' appiattirsi e stirarsi in senso tangenziale delle assise più esterne della corteccia e dell’ allungarsi e stirarsi in Senso Zeie di (as mediane; Deng invece immutate k assise ER ci. SC A. BÉGUINOT Formazioni caulinari. — Allo stadio di plantula e cioè durante il primo e parte del secondo periodo vegetativo ed in. aleune specie durante i tre primi periodi tali formazioni sono limitate alla gemmula, risul- tante di 2-4 internodi completamente tuberificati. La porzione ipogea ed ingrossata di tutte le Romulea ha perciò indubbia origine caulinare. Dapprima di forma regolarmente ovoidea diventa in seguito schiacciata da un lato verso la base, forma ehe è costante in tutte le specie a me note. Essa è circondata dalla base delle varie foglie, e cioè dal cotiledone, dalle vaginiformi e da quelle normali le quib, faiti ece zione delle prime che in breve scompaiono, mano a mano che il tubercolo ingrossa e la pianta invecchia, si trasformano in tuniche o catafilli. In definitiva, ` quindi, il così detto bulbo delle Romulea risulta da modificazioni di or 7 gani fogliari e dalla tuberificazione di un asse caulinare: ha perciò, con- siderato nel suo complesso, il significato di bulbo-tubcro. | La struttura anatomica della porzione tuberizzata è data da un D: renchima con elementi poligonali a perfetto contatto, zeppi di materiali di riserva e sopratutto di amido, parenchima attraversato obliquamente — | e nella parte centrale da gruppi di fascetti cribro-vascolari ridotti a qual —— che trachea e tubo eribroso. . Formazioni fogliari. — Sono rappresentate, come sopra fu esposto, nel primo periodo vegetativo da una foglia cotiledonare, da una vagini- - forme e di 1-3 complete ed in grande parte chiuse: nel secondo, almeno sin che la pianta è allo stato vegetativo, esistono solo i due ultimi tipi. Una sezione trasversale della porzione guainante dell’ embriofillo ri- vela due epidermidi astome, tra le quali s'interpone un parenchima. omogeneo costituito da cellule poligonali o subrotonde, a pareti sottili, rieche di contenuto, ma prive di cloroplasti e che si distinguono da quelle epidermiche appena per il lume un pò maggiore. Tale paren- | chima è attraversato da un unico fascio costituito, nella quasi totalità, di elementi tracheidici identici a quelli che si osservano nel rafe dei tegumenti seminali. Esso si continua nella porzione picciuolare di cui occupa il centro e che in nulla differisce dalla struttura della parte. tu- bulosa avanti descritta. Una sezione attraverso una foglia vaginiforme circondata nei primi stadi in grande parte dall’embriofillo, mostra due REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 77 epidermidi, l'una esterna e l'altra interna ed un parenehima mesofillare omogeneo, che si distingue da quello dell'embriofillo per le cellule sem- pre tondeggianti e per essere percorso da 3-5 e, più raramente, da 5-8 fascetti fibro-vascolari. Finalmente la sezione della prima foglia completa e concentriea alla precedente (fig. 2 a), pone in rilievo trattarsi di un no- i EL cw -. mofillo dapprima completamente chiuso e sempre a struttura isolaterale. - Esso è limitato all'esterno da una serie di cellule epidermiche con la . parete esterna fortemente ispessita e solcata nella parte posteriore da due doccie tappezzate da elementi a pareti sottili e che protrudono, . nella maggior parte delle specie, in piccole emergenze a mo' di papille. Come dissi, in fondo a queste doccie si aprono gli stomi. Poichè la n; foglia nei primi stadi è completamente chiusa, manca di epidermide I We t interna , la quale si organizza solo più tardi.ed in quel tratto che Viene squarciato dal nomofillo ad essa concentrico. Il mesofillo omoge- : neo è costituito da un parenchima riccamente clorofillogeno, in sezione trasversale ad elementi subpoligonali ed isiodiametrici o solo in prossi- mità dei fasci un pò allungati in senso radiale: quelli che occupano — la regione centrale hanno pareti più sottili, contenuto più scarso- o fini- Scono per essere riassorbiti. Questo mesofillo è percorso da fasci fibro- Naseolari e per lo pià da fascetti fibrosi i quali si appoggiano imme- diatamente contro l'epidermide, più raramente se ne distaccano per uno ` 9 Que assise di cellule non ispessite. La struttura di questi fasci, tranne il minore sviluppo dei vari elementi, in nulla differisce da quella del nomofillo adulto » che sarà dettagliatamente descritta nelle pagine se- guenti. Il numero e la posizione di questi fasci varia nelle varie spe- cie tanto che alcune di esse che, allo stato adulto, si differenziano per questi due caratteri, sono riconoscibili anche in queste condizioni. In erile possiamo dire che fasci completi, risultanti cioè di una porzione cribrosa ed una vascolare e circondati sia all’esterno che all’ interno da Ma guaina meccanica sono 4 posti come indica la fig. Zo, Agli an- i delle due doccie stomatifere esiste. un fascetto fibroso, che però ica in quelle foglie che ne sono prive nello stadio adulto. Tra i grandi ; ed i nominati s' interealano in aleune specie e sopratutto in cor- Sonas della regione solcata dalle doceie altri fasci di minor po- e 78 A. BEGUINOT tenza e con la guaina meccanica solo all'esterno. E possiamo anehe ag- giungere che la regione meno vascolarizzata e protetta è quella in cor- rispondenza della quale nei successivi nomofilli e sempre negli adulti si incideranno le altre due doccie e cioè la parte anteriore. IH. MORFOLOGIA ESTERNA ED INTERNA DEGLI ORGANI VEGETATIVI DELLA PIANTA ADULTA Formazioni radicali. — Le radici avventizie e quelle tuberose tran- sitorie di una qualunque Romulea adulta in nulla differiscono dalle cor- rispondenti formazioni del primo e secondo periodo vegetativo e rimando ` 1 pereió a quanto serissi avanti a questo riguardo. Anche la struttura ana- tomiea è sensibilmente analoga nelle varie specie da me esaminate e le differenze da me constatate sono così lievi ed incostanti che non eredo dovervi sopra insistere. Formazioni caulinari. — Risultano in una Romulea che ha rag- ` giunto il completo sviluppo di un asse eon una porzione ipogea ins 4 grossata a mo’ di tubereolo, che già sopra deserissi, circondata dalla l base delle foglie inferiori sclerotizzate e trasformate in catafilli o tuniche ed una porzione assottigliata e cilindroidea , per lo più piano convessa in alto, in parte nascosta fra le guaine fogliari e sotto il livello del ter- reno, in parte emergente e colorata in verde od antocianica. È a que- i ‘sta regione dell’ asse che venne applicato il nome di seapo. Il tuber- 1 colo risulta tipicamente di parecchi internodi, l’ inferiore dei quali oc- cupa i 3, dell’ organo e gli altri in numero vario (1-5) e raccorcia- tissimi sono situati presso l'apice: lo scapo raramente resta semplice e di regola si partisee in due o più rami ciascuno dei quali termina in un fiore e che perciò rappresentano null'altro che i peduncoli fiorali. Tale partizione ha per lo più luogo prima che l’asse principale fuoresca dal terreno e si ha quindi a primo esame l'impressione che trattisi di assi. distinti e traenti origine da altrettante gemme. Ma, a differenza di molte specie dell'affine gen. Crocus, tutte le Romulea da me esaminate sono munite di un solo asse pià o meno ramifieato: le altre gemme o man- cano, oppure di regola abortiscono. Data la brevità dello seapo nei su REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 79 primi momenti , gli internodi sono assai ravvicinati: ma in seguito, e cioè dopo avvenuta la fecondazione, causa un rapido accrescimento in- tercalare della parte inferiore e media dell’organo, gli internodi si al- lungano e fuorescono in grande parte dal terreno. In qualche specie però lasse è già allungato ed emergente fin dall’antesi e da questa peculia- rità trassero i nomi la R. longiscapa e la R. grandiscapa. In altre in- vece (R. rosea, purpurascens, cruciata, speciosa, campanuloides, Fischeri ecc.) la parte inferiore resta sempre immersa nel terreno, dal quale non fuoreseono che i lunghi peduncoli fiorali. Caratteri questi che servirono i 1 al Klatt () per raggruppare la Romulea in un sottogenere Zuromulea, | che comprendeva le specie scapose ed in un sottogenere Trichonema, ab- bracciante le caulescenti: raggruppamento, però, come sarà detto a suo luogo, infelicissimo. - ` ll sistema di ramificazione è, nella maggior parte delle specie, abba- Stanza irregolare ed è dato dallo sfioecamento a cui va incontro l’ asse principale. I rami laterali nascono per lo più isolati, i terminali, invece, che rappresentano l'ultima partizione, sono appaiati. In qualche specie —— (R. dichotoma e R. caplandica) i singoli rami si biforeano una o più Volte con sufficiente regolarità e danno luogo ad una dicotomia più o Meno sviluppata e con abito proprio. Il numero delle partizioni o peduncoli varia nelle diverse specie e nell’ambito di una stessa specie. Assi uniflori e quindi non ramificati, lo non conosco, a giudicare dagli esemplari da me visti in parecchie | collezioni, che in R. kirta. E invece assai frequente il caso di forme a Scapo semplice in specie normalmente a seapo ramoso. Su questa pecu- liarità è stata anzi fondata qualche cattiva specie, come R. Parlatoris pi 9d. la quale non è altro se non una forma uniflora o tutto al più bi- flora di una specie tipicamente assai ramosa, quale è R. ramiflora. Al- cune specie assai affini, come R. Bulbocodium e R. ligustica, si lasciano ` distinguere a prima vista, la prima per la scarsezza e la seconda per l abbondanza dei peduncoli fiorali: e negli stessi rapporti trovansi A. Columnae e R. aste a So und Bericht. zu Baker's Syst. Iridacear. in l. c. La lunghezza complessiva verse specie e, per le ragioni dette, a seconda dello stadio di sviluppo della pianta: dalle specie le quali si elevano di pochi ‘em. dal terreno arriviamo ad altre (R. ramiflora , longiscapa, caplandica, gigantea, but. bocodioides, Mac Owani ecc.) le quali misurano dopo l’antesi fino a 40- 60 em. I singoli peduncoli sogliono essere in media il doppio più lunghi del perigonio ed il triplo o quadruplo quando in frutto: ma nelle specie nelle quali non ha luogo allungamento dell'asse principale dopo l’antesi i peduncoli sono già 4-6 volte più lunghi del fiore fin dall inizio. Lo scapo delle Romulea è normalmente g rali di alcune specie eapensi (R. dichotoma, versicolor, bulbocodioides , - Sehlechteri, ece.) presentano una serie di brevi peli unicellulari in cor- rispondenza del margine. Dal punto di vista anatomico tutte le specie da me esaminate presentano una sorprendente analogia di struttura. In una sezione trasversale della porzione assottigliata dell’asse e cioè dello seapo (fig. 5) rinviensi all'esterno Fic. 5. Sezione trasversale dell'asse caulinare di Romulea Columnae , corrisp. del peduncolo fiorale: ep = epidermide; zer zi = zona intermedia; zen = ATI SIDE Lt Eege TM E SE CN LE Nt / T 4 DEC ZE d CN > E AX Y $8950. e EE j | ALA ROTTA] nta Aë Lë Ne E rt SE WEN E ON 22590 4 ZU Fi A Li ATO N TA [} Fe ITA AVRIL a D rA ry n dar CLTS Or ep KISAA SE E RE, EE See qae / IAT IT CX CD "0999. 5 [3 stia Y Ek CASAL AA © ig, 95 09079. "um eri PISO Joy PY ERA. X VFPAAZALA (A LIAS EXN Lt Cl 10098 beer de GE PIL SG LI A 269.9 d | KSE) 5 SLI Bake be E N A. BEGUINOT dello seapo e dei peduncoli varia nelle di- j labro: solo i peduncoli fio- w S9 ee 2 See ce NA X or in = zona corticale; ` “zona centrale. Ingr. 300 diam. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 81 un'assisa di cellule epidermiche subrettangolari con parete esterna for- temente ispessita associate alle quali, nella parte emergente dal terreno, s'intercalano qua e là cellule stomatiche, ehe giaceiono presso a poeo al livello di queste. All’ epidermide segue una: zona corticale costituita da elementi subrotondi a pareti sottili e riechi di cloroplasti, dove lo scapo fuoresee dal suolo ed alla quale conseguita una zona intermedia ca- ratterizzata da cellule esagonali a perfetto contatto fra di loro, a lume assai ridotto, ispessite e, quando lo scapo invecchia, fortemente lignifi- , cate ed una centrale formata da cellule tondeggianti a lume più grande < @ con pareti che restano costantemente sottili. Ambedue queste regioni Sono attraversate da fasci fibro-vascolari senza alcun ordine apparente: Ma, in realtà, orientati in modo da potere costituire due cerchie princi- . pali, di cui la prima alla periferia esterna e la seconda alla periferia interna dello sclerenchima avanti descritto. La parte centrale del tessuto parenchimatieo è priva di fasci e sta in qualche modo a rappresentare il midollo del fusto, che in qualche caso viene riassorbito. La cerchia più esterna è tipicamente caratterizzata da fasciolini che, come eviden- temente dimostra il loro percorso, sono destinati alle foglie e rappresen- tano, quindi, traccie fogliari. Immersi nello sclerenchima s' incontrano Qua e là fasci generalmente più sviluppati che sono poi i soli che per- corrono la periferia esterna del parenchima centrale e che, ramificandosi i in simpodio, riparano i precedenti a mano a mano che essi si dirigono | ad innervare le foglie e fungono quindi da fasci ripatori. Il peduncolo fiorale è attraversato nella sua zona corticale da due fasci situati uno per lato in corrispondenza degli angoli del peduncolo stesso e separati | dall'epidermide da 3-5 assise di cellule a pareti sottili, rappresentanti anch'essi evidenti traccie fogliari destinate all’ innervazione delle spate perigoniali. Ciascun fascio, qualunque la sua potenza, risulta di una Porzione cribrosa all'esterno e vascolare all'interno e mancano di guaina Meccanica, la quale è sostituita, almeno per quelli che ne sono confi- RO immersi j dal tessuto scleronchimaticó sopra descritto, tessuto al quale devesi la rigidità e robustezza raggiunta dal fusto, specie nel Periodo succedente all’ antesi. H Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. “ormazioni fogliari. — La differenza delle radici e dello seapo, il- 82 A. BÉGUINOT nomofillo adulto del gen. Romulea non è del tutto ignoto sia a riguardo della sua genesi che della sua struttura anatomica. Già fin dal 1891 Chodat e Balicka-lwanowska in una breve nota preliminare (') e più diffusamente in un lavoro dell'anno seguente (?) fecero risaltare la pro- fonda differenza che intercede fra le foglie adulte del. gen. Crocus a guaina brevissima ed a lamina bilaterale e quelle del gen. Romulea con una lunga porzione vaginante ed equitante ed una laminare chiusa a struttura isolaterale. Qualche altro dettaglio sulle quattro doccie sim- metriche che ne incidono il lembo, sugli stomi localizzati in queste, sulle papille delle cellule epidermiche che le rivestono, sui fascetti fi- brosi ipodermici ecc., trovansi qua e là a proposito del secondo genere, ma senza designazione specifica. In altra. contribuzione all'anatomia e sistematica del gen. Zeie e vicini (*) il secondo di questi autori, e cioè la signora Balieka-Iwanowska, dopo avero ripetuto che Crocus e Romulea si distinguono per la sezione delle foglie, dà qualche notizia sulla strut- tura e sul percorso dei fasci fibro-vascolari, sulle cellale epidermiche che tappezzano le cripte stomatifere che sarebbero munite di papille in A. recurva, R. rarifolia e R. Requienii, prive in R. filifolia: sulla pre- senza di cordoni fibrosi cellulosici agli angoli delle cripte e sulla loro mancanza in R. filifolia e R. recurva ece. | Più ampie notizie sono consegnate in un lavoro generale sull’ ana- tomia comparata delle foglie delle Iridacee dovuto al Ross (*) LA., dopo avere distinto nelle foglie delle Iridaeee due tipi principali, quelle a lamina bifaeeiale di struttura dorsoventrale e quelle a lamina mono- facciale di struttura bilaterale o multilaterale e le monofacceiali in en- (1) R. CaopAT e G. BALICHA-IWANOWSKA, in « Compte Rendu des travaux presentés à la soixante-quatorzième session de la Soc. helv. des Sciene. Nat. reunie à Fribourg » 1891, p. 39 ed in « Compte Rendu des ssances de la Soc. de Phys. et d'Hist. nat. do Genève » VIII (1891), pag. 71. (5j Ib., La feuille des Iridées. Essai d'anatomie iiie Muti ei in « Journ. J de Botan. » 1892, p. 220 e 253. i (3) BALicKa-IwANOwskA, Contribution & l'étude anatomique el systematique du genre Iris et des genres voisins, in « Archiv. d. Scienc. phys. et natur. » 3." pér- tom. 28.» (1892), p. 413 e 29.° (1893), p. 225, tav. HI bis, IV e V. - E H. Ross, Anatomia comparata delle foglie delle Iridee, Studio anato- mico. E in « Malpighia », vol. VI (1892) e VII ‘(4899 p. 356. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 83 sate, piegate, tereti ed angolari ed a 4-8 angoli, annovera le foglie delle Romulea fra le monofacciali-tereti e le dice solcate da 4 doceie simme- tricamente distribuite, fatta eccezione di R. crocifolia Vis. che, analoga- mente ai Crocus, ne avrebbe due soltanto: in fondo a queste doccie e tra l'epidermide papillifera sono localizzati gli stomi. Il Ross, riconosciuto che le varie specie del genere presentano una struttura sensibilmente ana- loga, afferma tuttavia che esistono piccole differenze che per lo più ne rendono possibile la distinzione: differenze che risiedono nella forma del taglio trasversale, nella conformazione ed ampiezza delle doccie, nella struttura dei fasci, nella presenza 0 mancanza (R. bulbocodioides) di fascetti di fibre ipodermiche agli angoli delle doccie, nella presenza di un ipoderma continuo in R. rosea ecc. Da ultimo aggiungerò che il Martelli asserisce in una breve nota (!) che le foglie del nostro genere non sono filiformi e solcate di sopra, secondo vengono comunemente deseritte, ma compresse lateralmente e soleato-canaliculate, ed in un lavoro sulle Monocotiledoni della Sar- degna (3), analogamente a quanto fece il Maw per il gen. Crocus, ac- compagnò le figure delle varie specie sarde di una sezione. schematica della foglia, Ciò premesso, a parte gli ipsofilli ed antofilli, di cui sarà detto nel prossimo capitolo, i tipi fogliari realizzati in una qualunque specie del genere, nello stato adulto, sono i seguenti : l. Catafilli o tuniche circondanti la porzione tuberizzata dello scapo e perciò ipogee, i 2. Foglie vaginiformi e cioè ridotte alla sola porzione guainante. 3. Nomoftlli e cioè foglie provviste di una porzione guainante più . 9 meno aperta e di una porzione laminare più o meno chiusa. SC? Foglie bratteiformi situate in corrispondenza delle partizioni del- l’asse e cioè tra l’asse stesso ed i peduncoli fiorali. ` d Catafilli. — Come già dissi avanti, i catafilli delle varie specie . del Ben. Romulea, comunemente designati col nome di tuniche, non rap- n presentano se non la base sclerotizzata ed a cellule neerotiche delle foglie D U, MarreLLI, Notule bolaniche, in « Bull. Soc. Bot. Ital. » 1896, p. 155. È o Ip. Monocotyledones sardoae; fasc. Il, p. 84-94, tav. 5. È an 84 A. BÉGUINOT vaginiformi e di quelle complete che si inseriscono attorno alla por- - zione tuberizzata del fusto. Essi sono forati in basso per lasciare pas- sare le radici avventizie e le tuberose che mano a mano vengono svol- gendosi ed esaurendosi e sono fessi in alto a guisa di cerniera con denti più o meno lunghi e sempre rigidi. Più o meno numerosi, a seconda dell'età della pianta, i catafilli esterni, con l'invecchiare di questa, fini- scono per scomporsi e mareire. La loro forma in tutte le specie da me esaminate é costante e non offre, quindi, eome nel prossimo genere Cro- cus, aleun carattere dif- ferenziale: coriacea è pure quasi sempre la loro con- sistenza, ma in alcune specie (R. nivalis, R. ta- bularis ecc.) essa tende a diventare membrana- ceo-cartacea : il colorito è costantemente rossastro-. badio o castaneo. 2. Foglie vaginifor- mi. — Corrispondono per la struttura morfologica ed anatomica a quelle del primo e secondo periodo vegetativo, da cui diffe- riscono solo per lo svi- luppo e la consistenza maggiori, Il loro numero varia da la 3 e rappre- sentano in ogni caso le i foglie più esterne, aventi ` Fre, Ga Sez. schem. della porzione guainante 1 quindi una indubia fun- del nomofillo adulto di Romulea Bulbocodium; urs zione di protezione. Esse 6.5, id. della lamina di Crocus longiflorus BEAR REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 85 s'inseriscono alla base del tubereolo, attorno al quale e, per un certo tratto A in su, sono chiuse e nel resto aperte: fa eccezione, ch'io sappia, la sola P Romulea nivalis, che, come già misi in evidenza in precedente lavoro (!), P le presenta chiuse fino all'apice: carattere questo di pertinenza crocoidea. | | 3. Nomofilli. — Il nomofillo adulto di una qualunque specie di Romulea risulta di una porzione guainante im- mersa nel terreno e quindi scolorata, chiusa per lo:più in basso , aperta (fig. 64) nel resto e di una porzione laminare verde, cilindroidea o late- p: cn, ëÉI s © ralmente compressa, aperta in prossi- mità della guaina, chiusa (fig. 7) ti- picamente nel resto. Segue da ciò che s mb m ES Se $ CC d. Wa E - 2) 2 sd d CS bo! nt SC nella porzione vaginante ed in quella | SER i : RO ust laminare aperta si possono distinguere 8 due pagine, l’inferiore od esterna e la superiore od interna, con le rela- tive epidermidi: in quella laminare chiusa la pagina superiore e la rela- tiva epidermide sono soppresse e le due faccie le quali, in seguito a ri- B iegatura e saldatura dei margini, . ie. 7. Sez, trasversale della por- . . zione laminare chiusa del nomofillo adulto di Romulea Bulbocodium. p si rendono evidenti, non rappresen- tano che le due metà della sola pa- gina inferiore od esterna. Ciò vale per le foglie che $’ inseriscono sul tubercolo o nella parte inferiore dello . Spo: le altre, restando in grande parte aperte, la distinzione delle due legioni è meno marcata o diventa del tutto impossibile. Tuttavia in e leune specie (R. bulbccodioides, R. hirsuta, R. tortilis , ecc.) la parte ` inferiore delle foglie caulinari più elevate si allarga ed abbraccia lo scapo ed i peduncoli e quindi corrisponde essenzialmente alla porzione guai- DA BilGuInoT, Alcune notizie sulla Romulea della flora dalmata, in PC PRIL Soc. Bot, Ital. » 1006, 9.505. i... v SH | 86 A. BEGUINOT nante. In qualche specie (R. nivalis ecc.) tutti i nomofilli restano per grande parte aperti. In ogni modo, qualunque ne sia la lunghezza, la parte chiusa della lamina del nostro genere presenta struttura mo- nofacciale o multilaterale, quella aperta struttura bifacciale o bilaterale. Si può dire in ogni specie ed anzi in ogni individuo e nella massima ` parte delle foglie possiamo incontrare i due tipi di struttura e graduali passaggi fra gli stessi. A differenza del gen. Crocus, dove la porzione guainante è assai ridotta e la lamina è nettamente bifacciale, nelle Romulea la parte vaginante è quasi tanto sviluppata che la laminare ed ambedue rientrano nel tipo équitante-isolaterale della famiglia. Donde può dedursi che la designazione di monofucciale-terete escogitata dal Ross riguarda soltanto la parte chiusa, quella cioè nella quale non sono constatabili che una sola epidermide ed una sola pagina. La designa- zione di foglia lineare adottata da molti autori ed esatta dal punto di vista della forma, non corrisponde alla sua genesi ed è perciò da evitarsi. La lamina di tutte le specie del genere, come già dissi avanti, è in- cisa da quattro solchi simmetricamente disposti nelle sue due metà e che determinano nella parte aperta (fig. 6 4) cinque costole e cioè due laterali, una posteriore od inferiore e due anteriori o superiori: nella parte chiusa (fig. 7), in seguito a saldatura dei margini anteriori, le costole sono quattro. Due sole doccie, in corrispondenza della pagina inferiore (fig. 65), caratterizzano la massima parte delle specie del gen. Crocus (*). Sul fondo di questi solchi che, a seconda della loro sezione (!) Da tutto ciò può dedursi, a conferma di quanto fu già da altri con- statato, che profonde sono le differenze del nomofillo adulto di due generi i ravvicinati da molti Autori, quali Crocus e Romulea: a struttura bifac- ciale e con due solchi in corrispondenza della pagina inferiore nel primo , a struttura monofacciale ed incisa da quattro solchi simmetrici nel secondo. È però degno di nota, come giå fecero rilevare il Maw ed il Ross, che al- a mi , proprio alle Romulea: Fino a See contraria, il tipo romuleoideo, riferi- ` bile in definitiva, come sopra dissi, all'equitante-isolaterale della maggior ` parte delle Iridacee, profondamente aberra da quello crocoideo, che costi- | tuisce una eccezionalità per l’intera famiglia. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 87 e dell' ampiezza dell’apertura sono più o meno visibili anche ad occhio nudo, stanno gli stomi e sono perciò da considerare quali cripte sto- 2 matifere. Le due costole laterali sogliono essere più sviluppate delle al- tre: ma in parecchie specie esse attingono lo stesso sviluppo e riescono quindi in sezione simmetriche: in alcune poche (R. caplandica e R. versi- color) quelle antero-posteriori sono più sviluppate e meglio vascolarizzate che le altre. In R. kirta (fig. 11) il parenchima mesofillare della parte centrale della foglia è assai scarso e quindi le due costole laterali sono molto schiacciate e ravvicinate: laddove l'anteriore e posteriore sono assai allungate e leggermente ripiegate verso la regione compressa. In questa foglia che, nella sua forma esterna, è forse la più aberrante, piuttosto che quattro solchi, si hanno quattro scanalature assai superficiali, costi- | tuite dalla ripiegatura dei margini esterni delle costole anteriore e po- steriore su quelle laterali. Vario, a seconda sopratutto dello sviluppo dello scapo, è il numero dei nomofilli e varia è pure la loro ampiezza, da quelli sottili e quasi filiformi di R. Rollii, anceps, tenella, filiifolia, sublutea, a quelli più o meno fortemente compressi e quindi con le due metà ripiegate e sal- date ben visibili, quali: R. Zagleri, cruciata , purpurascens , gigantea , Klattii, rosea, bulbocodioides ecc. Del resto variazioni nel diametro della foglia sono osservabili nell'ambito di una stessa speeie, in quanto il tipo è normalmente latifolio e stenofille alcune delle varietà: fatto frequente soprattutto in R. Bulbocodium, uliginosa, Columnae, ramiflora, gaditana, bulbocodioides e sul quale furono fondate parecchie specie di nessun va- lore e costanza. In altri casi, invece, il carattere sembra diventato ere- ` ditario e fu opportunamente escogitato per la discriminazione di aleune entità specifiche anche affini, ma fisse. Per la massima parte più lunghe dello scapo, esse sono, soprattutto nelle specie meccanicamente robuste, erette (Romulea rosea, Thodei, lon- giscapa, campanuloides, sabulosa ecc.), ma più spesso in tutto od in parte ` curvate verso il suolo e qualche volta, come in quelle più deboli ed ` allungate (R. Rolli ecc.), addirittura appoggiate sul terreno. Validi fasci | i fibro-vascolari e fascetti. fibrosi le percorrono longitudinalmente e le con- | feriscono, mercè una potente travatura determinata dall'ampio sviluppo 88 A. BÉGUINOT del sistema meccanico, solidità e robustezza: nervature deboli e mal difese caratterizzano parecchie specie della flora capense, quali: R. kirta, hirsuta, Klattii, Schlechteri, sublutea, montana, filifolia, Mac Owani ecc. E pure nell’ambito di questa flora troviamo alcune entità (R. tortilis, k. tridentifera e R. tortuosa) con la lamina tortuoso-convolta. Il nomofillo delle Romulea ê glabro: alcune poche (R. hirsuta, hirta, tortuosa, tridentifera, dichotoma, arenaria) presentano una serie di brevi peli unicellulari lungo il margine esterno delle cripte e lungo il tratto non saldato della lamina. Secondo il Ross (), la disposizione delle foglie nelle Iridee sarebbe distica, ad eecezione delle Crocoidee, dove invece sarebbe sparsa. Per quanto concerne le Romulea che, secondo alcuni Autori, apparterebbero appunto a questo gruppo, 13 foglie ridotte a guaina ed una comple- tamente evoluta vanno ad inserirsi, come già. avanti feci rilevare, alla base del tubercolo, attorno all'area d'inserzione delle radici tuberose: area la quale, in seguito ad ineguale accrescimento del tubercolo stesso, viene a spostarsi lateralmente. Concentriche per il fatto dell'inserzione e lungo il tratto ehiuso tendono invece ad assumere disposizione distica nella porzione libera. Presso l'apiee del tubereolo 1-3 foglie complete, gene- ralmente però ridotte ad una soltanto, prendono inserzione circolare, ma con tendenza a disporsi disticamente. In corrispondenza dello seapo i nomofilli s'inseriscono isolati alla base dei nodi e sono costantemente contrapposti ai peduncoli fiorali, siano essi solitari od appaiati. Fra il peduncolo e 1’ asse principale o fra due peduncoli di una stessa dicotomia s'interpone, esattamente opposta ai nomofilli, una foglia ridotta ad una esile lamina jalina, che ricorda una bratteola. Dove esistono almeno tre nodi e quindi tre foglie è sempre realizzata la disposizione distica. Donde possiamo concludere che, ana- logamente alle altre Iridee, o come fatto o come tendenza, è questo il tipo fillotattico realizzato dalle Romulea. Dal punto di vista anatomieo una sezione trasversale della parte chiusa. . della lamina del nomofillo rivela i seguenti tessuti: | (Ross, Anatom. comp. foglie d. Iridee, in « Malpighia » VI, p. 98. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 89 is Epidermide. — Risulta di una serie unica di cellule subrettangolari . Con la parete esterna più o meno validamente ispessita e cutinizzata, le radiali ed interne per lo più sottili. Il lume di queste cellule varia per essere più o meno ridotto od anche amplissimo (R. gigantea, minutiflora, hirsuta, amoena, Klattii, Schlechteri, Mac Omani, bulbocodioides, ecc.) ed in questo caso l’ ispessimento della parete esterna suole essere minore e stirate e non di rado ondulate le pareti laterali. In corrispondenza delle cripte le cellule epidermiche raggiungono uno spessore minore, ma uni- . forme e, nella maggior parte delle specie, protrudono in gobbe o pa- pille di vario sviluppo e forma, come sarà detto a suo luogo. Nel fondo ed ai lati più interni delle cripte sono localizzati gli stomi, il eui ostiolo | sbocca generalmente un pó al disotto del livello esterno delle cellule epi- ` dermiche: in qualche rara specie essi sono invece al livello. Come già dissi sopra, le cripte rappresentano le sole zone stomatifere del nomo- fillo; le quali per ciò sono quattro ed alternanti con altrettante zone . astome. x " 3 ni In queste le cellule epidermiehe sono presso a. poco di eguale costituzione od anche, in corrispondenza dei fasci, più grandi come in GR Requienii, Rollii e ramiflora o più piccole come in R. rosea e R. . Campanuloides. In corrispondenza dei margini delle cripte le cellule epi- dermiche di R. amoena (fig. 13) sono fortemente ispessite ed a lume ri- dottissimo e compiono perciò una effieace funzione meccanica di prote- zione, In altre Specie già sopra citate, le eellule dei margini delle doecie - in questione si allungano a formare una serie unica di peli unicellulari, i quali evidentemente stanno a rinforzare la funzione inerente alle pa- Pille o gobbe delle cellule che le tappezzano e che, come avanti di- Temo, si ‘esplica sia come difesa contro l’eccessiva traspirazione che come espediente per impedire l’ ingresso dell’ acqua. ` In R. hirsuta, al disotto dell’ epidermide, vi è una serie unica di cel- lule a pareti molto sottili e che si distinguono dai sottogiacenti ele- menti ‘del mesofillo per la mancanza di cloroplasti. Contenendo esse molta acqua, interpreto questo tessuto quale un ipoderma acquifero. E - quale tessuto acquifero deve pure funzionare l'epidermide di. quelle Pcie le eui cellule hanno pareti sottili e lume ampio. Difatti, se il- "Bore di questi elementi , causa la perdita dell’ acqua, viene a dimi- 90 A. BÉGUINOT nuire esse si raggrinzano e le pareti laterali diventano ondulate : tor- nano invece nuovamente a distendersi quando l’acqua torna ad affluire. Mesofillo. — È omogeneo in tutte le specie e consta di cellule poli- gonali a perfetto contatto tra loro, isodiametriche o radialmente un pò allungate e quindi simulanti un palizzata che però, tipicamente, non vi esiste: qualche volta invece sono tondeggianti, ma sempre più o meno compresse od angolose. In corrispondenza delle doecie, secondo. 3 il Ross (*), le cellule a clorofilla sarebbero più o meno irregolari e tal- volta allungate trasversalmente: fatto il primo mai da me riscontrato. nelle specie esaminate. Rieche di cloroplasti le più esterne, ne man- cano le più interne, mentre la parte centrale è attraversata da una lacuna di varia ampiezza determinata dalla risoluzione dell’ epidermide interna e dalle cellule ad essa confinanti. Cristalli prismatici di ossa- lato di calce esistono in tutte le specie e sopratutto in vicinanza dei fasci fibro-vascolari o nelle cellule ad esse confinanti: non riseontrai | mai nè druse nè rafidi. Nella porzione guainante le cellule sogliono essere più grandi, più tondeggianti e quindi con frequenti spazi in- tercellulari : ma anche questo mesofillo è omogeneo. Fasci fibro-vascolari, libro-legnosi e fibrosi. — Il mesofillo sopra descritto è percorso longitudinalmente da un numero vario di fasci di diversa struttura, potenza e funzione (fig. 8). Come di regola, il sistema meccanico e quello conduttore sono fusi. assieme e costituiscono (fig. 8, ,-,) i fasci fibro-vaseolari : ma, fatto as- sai frequente nelle Iridacee, buona parte delle Romulea posseggono fa- scetti (fig. 8,,) formati di sole fibre ed aventi quindi esclusiva funzione meccanica. Tutte le specie a me note sono percorse da un certo numero - di fasci (fig. 8, ,) costituiti di solo mestoma, e che per distinguerli dai - primi chiamo fasci libro-legnosi. In definitiva , quindi, tre sono i tipi di fasci nel nomofillo del nostro genere. Dei quali i fasci fibro-vascolari | percorrono la parte mediana delle singole costole e giacciono od imme- diatamente al di sotto dell’ epidermide, oppure ( R. hirsuta, amoena, ‘dichotoma, Klattii, DC NEA papyracea, tortilis, tridentifera, tortuosa (1) Ross, Anatom. compar. d. 1. foglie d. Iridee, in « Malpighia » VII, p. 397. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 91 sublutea, montana, filiifolia, tabularis, Mac Omaai , bulbocodioides , ca- p plandica e versicolor) ne sono separati da uno o piu strati di cellule a pareti sottili: i fibrosi, quando esistono, sono collocati eontro il margine esterno delle eripte. Il terzo tipo riscontrasi per lo più nel mesofillo compreso fra le cripte stomatifere e sempre ad una certa distanza dal. l' epidermide. I fasci fibro-vascolari, alla lor volta, possono distinguersi per le loro fibre prosenchimatiche); fl (= floema ; m SECH SH es eg gë 0 | ; 3. fascio fibroso ; 4 fascio libro-legnoso; ep (— epidermide); ‘s. dei fasci di Romulea ramiflora: 1. fascio fibro-vascolare di grande Le CR o E t T E D T ` E A 3 Hs Ka, S SI d $35. eno NUN g SE TE EE GEN NESTA 2 Er Deeds e "E SC jest” E S DAN E S aed Pene A? cH me. SN p os iz La) pass dr bas ko dt EE "e I 1 Sti È S : l Escl ‘Re 92 A. BÉGUINOT dimensioni in fasci (fig. 8,,) di grande potenza, i quali occupano solita, mente la parte mediana delle singole costole ed il cui mestoma è nor: malmente circondato da una guaina continua di fibre meccaniche ed in fasci (fig. 8,,) di media e piccola potenza, i quali sono per lo più situati ai lati dei precedenti e di regola non hanno difesa meccanica che all’e- sterno. Questi ultimi mancano in R. hirsuta, tortilis, tridentifera , tor- tuosa e sublutea che sono, perciò, fra le specie, meno vascolarizzate -di tutto il genere. In sezione i fasci in parola hanno forma ellittica- con l'asse maggiore normale alla foglia od anche, come in R. Mac Owani, parallelo: in altre specie (R. rosea, cruciata, purpurascens, ecc.) essi sono irregolarmente romboidali o rettangolari. I fascetti fibrosi (fig. 8,,) giacciono isolati contro il margine esterno delle cripte ad immediato contatto con l'epidermide e raggiungono po- tenza varia a seconda delle specie. Ne mancano numerose specie della flora capense (R. hirsuta, amoena, dichotoma, Klattii, Schlechteri, DUT racea, tortilis, tridentifera, tortuosa, sublutea, montana, Jfiliifolia, Bach- manni, tabularis, bulbocodioides , caplandica, Mac Owani, versicolor, arenaria): sono pochissimo sviluppati in aleune mediterranee, quali Æ. Requienii, Rollii e Clusiana. La loro forma è pure variabile e si adatta alla forma che assume il margine esterno della cripta. Quanto poi alla struttura anatomica dirò ehe un fascio fibro-vascolare. risulta di un mestoma più o meno sviluppato con la porzione cribrosa all’esterno e la vascolare all’interno, terminanti all'esterno con superficie convessa ed anzi quest'ultima, di solito, a mò di cuneo. Ai tubi eribrosi | si accompagnano elementi del parenchima liberiano, mentre lo xilema è costituito in prevalenza di vasi di piccolo calibro e per lo più di tipo spirale, carattere quest'ultimo in rapporto col forte accrescimento in lun- ghezza dell’ organo: scarso è il parenchima legnoso e le cellule libri- formi. La porzione cribrosa è protetta all'esterno da fibre liberiane a pareti più o meno ispessite e sempre lignifieate: fibre le quali, nei fasci ` di grande potenza e specialmente in quelli che percorrono la parte me- . diana delle costole laterali, si continuano con quelle libriformi che ei condano lo xilema, diminuendo di solito di numero e di spessore in out: rispondenza del piano equatoriale del fascio. Nei fasci di media e pic- REVISIONE MONOGRAFICA DHL GEN. ROMULEA MARATTI 93 . cola potenza il tessuto fibroso è quello che ne forma la massima parte. I singoli fasci fibro-vascolari sono orientati uniformemente e simme- tricamente attorno alla foglia: donde la.sua isolateralità. Tuttavia la guaina meccanica è sopratutto egregiamente sviluppata in corrispon- denza delle costole laterali, le quali pereió sono le meglio protette con- tro i pericoli dello schiacciamento. Essendo poi disposti in modo che ciascun. fascio è contrapposto all’altro che gli giace di fronte ed in al- cune specie, soprattutto i laterali, avvicinandosi di molto, senza per altro mai incontrarsi nè fondersi, ne Segue un perfetto sistema di travatura = che validamente difende per ogni lato la lamina fogliare contro gli as- salti ed i pericoli dell’ esterno. I fascetti fibrosi risultano di tipiche fibre del tessuto prosenchimatico . à pareti di regola fortemente ispessite, ma non lignificate: donde la più ; cospicua differenza dagli elementi che circondano i fasci normali. Essi si trovano, Ge come avanti dissi, in corrispondenza degli angoli delle cripte dove il margine fogliare è sottile e potrebbe essere lacerato : com- piono quindi una indubbia funzione meccanica. Ma ove si rifletta che la sottigliezza di questa parte della lamina condurrebbe ad unà ecces- siva traspirazione, non è da escludere che i detti fasci adempiano pure altra funzione sussidiaria contro i danni della traspirazione. Opinione fondata sul fatto che molte delle specie che vivono in stazioni umide o Vegetano nei periodi più piovosi dell’anno ne mancano. I fasci libro-legnosi sono di regola localizzati. contro le doccie e ri- Sultano all’esterno di pochi tubi eribrosi e all’interno di un piccolo gruppo di vasi circondati all’intorno da una serie di cellule mesofillari subrotonde : in qualche specie osservai anche qualche fibra prosenchi- matica, ma la loro fu duttrice, nzione resta pur sempre essenzialmente quella con- “Nelle R. sabulosa (fig. 12), speciosa e forse anche in A. pudica i fasci fibrovaseolari terror D od comunica coll'esterno. Trattasi quindi delle foglie meccanicamente o © protette e nello stesso tempo le più validamente difese contro 94 A. BEGUINOT gli eccessi della traspirazione: a questo riguardo possiamo anzi dire: che esse toccano il grado più perfetto della xerofilia. Tale ipoderma, secondo il Ross (*), dovrebbe trovarsi anche in R. rosea: ma le varie forme di questo cielo da me esaminate e le specie affini, pure essendo tra le più robuste e rigide, mi rivelarono costantemente fasci isolati; ho solo in qualche caso osservato che i fascetti fibrosi ai margini esterni delle cripte confluivano con i vicini fasci fibro-vascolari, contribuendo così a diminuire notevolmente la superficie traspirante. i Vario è pure il numero e la disposizione dei tre tipi di fasci sopra. i esaminati sia nelle diverse specie, come spesso nel ciclo di una specie | o nelle varie foglie di uno stesso individuo. Onde fare risaltare questi caratteri e scolpire meglio le caratteristiche delle varie entità, anche 4 per l'utilizzazione che ne sarà fatta nella parte sistematica, credo Op- portuno di dare una breve diagnosi anatomica di quelle delle quali ho | avuto opportuno materiale a mia disposizione e che sono la maggior ` parte. Qui avverto ehe per questo esame ho preso di mira esclusiva- | mente il nomofillo più differenziato e civè quello che si inserisce alla ` base del tubercolo e che le sezioni furono condotte, ad eccezione di A. nivalis, attraverso la parte chiusa della lamina. E 1. Romulea Bulbocodium Seb. et Maur. (fig. 6a, 7). — In tutto il materiale da me esaminato (proveniente da Genova, Pisa, Firenze, Roma, ` Napoli, Catania, Algeri, eec.) ho constatato un'epidermide uniforme eon ` cellule a pareti esterne fortemente ispessite ed a lume ridotto: quelle tap- ` pezzanti le cripte munite di distinte papille: quattro grandi fasci in cor- ` rispondenza della parte centrale delle costole, di eui quelli percorrenti | le costole laterali circondati da una guaina completa di fibre meccani: che, gli altri normalmente solo all'esterno: otto di piccola potenza 1n ragione di due per eostola posti ai lati dei precedenti e con fibre solo all'esterno: otto fascetti fibrosi in ragione di uno per ciascuno dei mat - gini esterni delle cripte: quattro fascetti libro-legnosi situati due per lato nel mesofillo compreso fra le doccie e presentanti frequenti anas C) Ross, Anatom. compar. d. foglie d. Iridee, in « Malpighia » VII, p. 58- EEVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 95 „mosi. Eccetto questi ultimi, tutti gli altri poggiano immediatamente contro l'epidermide. La var. grandiflora che esaminai dei dintorni di Palermo e di Trapani e la var. dioica di Algeri, non presentano apprez- zabili differenze anatomiche. Qualehe volta nelle forme a foglie più an- guste, come quelle che caratterizzano la var. syrtica, mamcano i fasci fibro-vascolari di piccola potenza della costola anteriore. Fatto questo che si riscontra spesso anche nelle foglie che si inseriscono nella parte su- periore dello seapo. 2 e uliginosa Kunze. — Assai affine alla precedente e nello stesso tempo, notevolmente polimorfa con forme ad essa confluenti ed altre che più o meno se ne distaccano. Nel ricco materiale da me esa- minato della Penisola iberica, nonostante il vario diametro raggiunto ‘dalla lamina, notai costantemente la mancanza di fasci fibro-vascolari * di piccola potenza nella costola anteriore, la quale perció é la meno va- | Scolarizzata. Questo carattere, quindi, variabile in R. Bulbocodium si sa- | Tebbe fissato nella specie in questione e costituirebbe una sua peculia- rità. Nelle forme stenofille, che sono anche le più aberranti, anche il mesofillo ed in generale tutti gli altri tessuti sono in proporzione meno sviluppati. 3. Romulea ligustica Parl. — L'esame di questa specie fu condotto su esemplari cemunicatimi dalla classica località dei Molinacci presso Ge- nova donde fu descritta e che confrontai con le piante cresciute in pa- Pecchi punti della Sardegna settentrionale. Ambedue rivelano una grande Tassomiglianza con R. Bulbocodium differendone soltanto, come la specie Precedente, perla mancanza di fasci fibro-vascolari di piccola potenza nella costola anteriore: fatto che si mantenne anche negli individui sot- Ee a cultura per parecchi anni di seguito. A MUR Limbarae Bég. — Gli unici saggi da me studiat e pro- venienti dal M. Limbara nella Sardegna settentrionale, donde la descrissi, [fitelamzo r nessuna eege differenza Weg da R. liguatica. 96 ° ^A. BÉGUINOT 5. Romulea Engleri Bég. — Gli esemplari raccolti nel Marocco dal- l Engler e da me sottoposti ad esame, non differiscono da R. Zigustica che per l'allargamento a cui vanno incontro le due costole anteriore e posteriore; da cui dipende una notevole ampiezza e slabbratura delle cripte stomatiehe: le cellule inoltre che le tappezzano sono più forte- mente ispessite ed a papille più ottuse. 6. Romulea Clusiana Bak. — I saggi viventi comunieatimi dall'Orto botanico di Coimbra rivelarono una struttura anatomica molto vicina a R. Bulbocodium, dalla quale e come le precedenti specie, differiscono per la mancanza di fasci di piccola potenza nella costola anteriore e per il sistema meccanico meno sviluppato e l'ispessimento delle fibre minore: inoltre i fascetti fibrosi ipodermici sono rappresentati da 2 o tre ele- menti quasi inconspicui. 7. Romulea grandiscapa Gay in Bourg. — Il ricco materiale delle | isole Canarie da me esaminato mi permette di asserire che la struttura anatomica di questa specie non differisce sostanzialmente dalla precedente, con la quale e con le altre sopra citate ha in comune il carattere più volte ricordato. Da tutte però differisce per il forte sviluppo ed ispessi- mento delle fibre meccaniche sia di quelle che accompagnano i mestomi che di quelle che danno luogo ai noti fascetti fibrosi. Inoltre il fascio fibro-vascolare mediano delle costole posteriori presenta alcuni elementi meccanici in corrispondenza della porzione xilematica. Di questo cielo non mi riuscì di esaminare anatomicamente nè A. crocea Boiss., nè R. Battandieri Bég., la prima delle quali si avvicina per tutto il resto a R, Indiocidiva e la seconda a R. ligustica. 8. Romulea nivalis Klatt: (fig. F — Propria della catena del Li- bano, donde provengono i saggi da me studiati. È la specie più aber- ` rante di tutte le Romulea mediterranee e riflette mirabilmente le con- dizioni di stazione e di clima nelle quali vegeta. L'epidermide consta | di elementi a lume abbastanza ampio, a parete esterna poco ispessita, | le interne e laterali P sottili e queste ultime, in seguito alla di- - SE Ke E 1 rea dio. de. mi dtr S CE A Me fio Lo Ii 74 ENN E REI STE Poe e SERIO) e À RESI e VENA a $ x S TLE LN È, Pe i a PN, (a ` $ 5 + K SEAN. KT e EK i IN ue» E E Ee LEE Tata a RR E EE P E ila : | Simiglianti a ROB REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 97- minuzione del turgore, ondulate: quelle ehe tappezzano le eripte sono munite di lunghe e robuste papille. Le costole laterali sono percorse da un grosso fascio mediano con scarse fibre meccaniche sia all’ esterno che all’ interno, e debolmente ispessite , mentre le due porzioni non si ricon- giungono e solitamente da quattro fasci di piccolo diametro, due per lato, privi di guaina meccanica: tutti questi fasci sono separati dal T epi- dermide da due o tre assise di cel- lule mesofillari a pareti sottili. Le costole posteriore ed anteriore hanno generalmente tre fasci fibro-vascolari per lato ma meccanicamente anche L) 9 Ze 7 © ch ms KA meno difesi e sempre immersi nel me- sofillo. Contro l'epidermide giacciono invece i soliti fascetti fibrosi lungo i margini esterni delle cripte. Nel mesofillo intercedente fra le due cop- pie di cripte sono situati quattro fa- scetti libro-legnosi per lato. Trattasi, quindi, della specie più riccamente Fi. 9, Sez. trasvers, della lamina vascolarizzata e nel contempo mecca- di Romulea nivalis, nicamente meno protetta. Ciò che sta In rapporto, come sarà avanti detto, con la stazione umida nella quale — la pianta trovasi a vegetare. * $ 9. Romulea Linaresii Parl. — I saggi dei dintorni di Palermo da me esaminati si rivelarono per il numero e la disposizione dei fasci ulbocodium, dalla quale differiscono appena per il grande Sviluppo dei fascetti fibrosi nel margine esterno delle cripte. Inoltre, le due costole anteriore e posteriore sono di solito radialmente . Molto allungate e quindi le eripte piuttosto sviluppate e profonde. Le SE albie, Anno xxi, vo xxr. 98 A. BEGUINOT coppie dei fasciolini libro-legnosi in corrispondenza delle doccie spesso si fondono per anastomosi. Nella subsp. graeca Bég. la costola anteriore ha un solo fascio fibro-vascolare, ciò che qualche volta ha luogo anche nel tipo e nella subsp. abyssinica Bég. sia l'anteriore che la posteriore non sono percorse che da un unico fascio mediano egregiamente sviluppato. 10. Romulea Tempskyana Freyn. — In nulla differente dal punto di vista anatomico da R. Linaresii, che rappresenta nell'isola di Cipro. * * * ll. Romulea Requienii Parl. — Esaminai saggi di parecchie loca- lità sia di Sardegna, donde fu descritta, che di Corsica. L' epidermide, piuttosto alta, risulta di cellule a parete esterna debolmente ispessita , quelle in corrispondenza dei quattro fasci fibro-vascolari di grande po- | tenza con le pareti laterali allungate radialmente. Il mesofillo è ad ele- — menti subisiodiametrici. I fasci sono nello stesso numero che in A. Bul- bocodium, ma tutti a sistema meccanico meno sviluppato e separati dal- l'epidermide da uno o due assise di cellule non ispessite. Questa specie, > perciò, in grazia alla stazione in cui vegeta, tende a realizzare caratteri di tipo igrofitico. 12. Romulea insularis Somm. — Per quanto molto affine dal punto di vista morfologico a R. Requienii, da potersi considerare a prima giunta quale una forma parviflora della stessa, anatomicamente ne dif- ferisce per una struttura più decisamente xerofila, rivelata dal grande sviluppo dei fasci fibro-vaseolari validamente protetti e che si appoggiano contro l'epidermide. I fascetti fibrosi, invece, o mancano o sono incon- spieui, mentre la costola anteriore non è percorsa che da un solo fascio ; fibro-vascolare mediano. 13. Romulea Revelieri Jord. et Fourr. — Per i caratteri xerofitici | questa specie che esaminai su esemplari della Corsica, donde fu deseritta, ricorda X. insularis, da cui si distacca per le costole anteriori e poste- riori percorse da fasci di piccola potenza e por i fascetti. fibrosi egre-. giamente MN REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 99. Di questo cielo non ebbi materiale opportuno di R. corsica Jord. et. Fourr. e di A. Jordani Bég., del resto molto affini alle due precedenti. 14. Romulea Rollii Parl. — Di questa insigne specie potei esami- nare individui provenienti dal Littorale del Lazio, donde fu descritta , dalla Sardegna settentrionale e dai dintorni di Algeri. Gli esemplari italiani convengono per l'epidermide piuttosto alta, con le cellule a pa- rete esterna relativamente poco ispessite, le laterali un po” allungate ra- dialmente, specie nella porzione centrale delle costole laterali e per le cripte le cui cellule mancano di papille o sono soltanto un po’ gibbose verso l’esterno. Gli esemplari dei pressi di Algeri hanno invece cellule con gobbe ben visibili. Il mesofillo consta di elementi subisiodiametrici 9 solo un po’ allungati radialmente verso l'interno. I fasci fibro vascolari si lasciano distinguere per il debole sviluppo e spessore delle fibre mec- Caniche: unico e mediano nella costola anteriore, in quella posteriore .. Peso se ne osserva uno di piccola potenza a lato del centrale. Essi si = appoggiano contro l'epidermide, ma talvolta ne sono separati da un’as- sisa di cellule sottili. Pochissimo sviluppati sono i fascetti fibrosi del ` Margine esterno delle cripte. Secondo il Ross GL in R. tenuifolia Tod. che, come già dimostrai altrove (), non è che un sinonimo di questa Specie, le cellule epidermiche della pianta sicula sarebbero notevolmente più alte da quel lato della lamina che guarda in su: carattere che io non riscontrai. - n FX DNO PA To rerum ud EEN E ME E ege, »* X ON — 15. Romulea ramiflora Ten. — Specie a lata distribuzione e dalla quale potei esaminare saggi provenienti dall’Orto botanico di Firenze e Catania, nonchè dai dintorni di Roma, Napoli, Algeri ece. Ricorda per .. molti particolari la struttura anatomica di A. Bulbocodium , avvicinan- dosi anche di più a A. ligustica e specie affini per la mancanza di fasci fibro-vascolari di piccola potenza in corrispondenza della costola anteriore. Le cellule epidermiche a pareti esterne fortemente ispessite sono più alte i To D Ross, Anatom. comp. d. foglie d. Iridee, in « Malpighia » VII, p. 358 : (©) BÉcurNor, Cenni intorno all'area distributiva di Romulea Rollii Parl., in « Bull. Soc, Bot, Ital. » 1905, p. 179. ; 100 A. BÉGUINOT in eorrispondenza dei grandi fasei e quindi nella parte mediana delle singole costole: le papille delle eripte ben visibili. Il nomofillo è netta- mente palizzatiforme. Il sistema meccanico è egregiamente sviluppato , sicchè esso ritrovasi non di rado a costituire una guaina continua, non solo nei fasci mediani delle costole laterali, ma anche in quello mediano della costola inferiore. Pure molto sviluppati sono i fascetti fibrosi. La R. Parlatoris Tod. descritta come specie, ma che, a quanto pare, non è che una forma stenofilla di questa, se ne distacca, negli esemplari co- municatimi dalla Sicilia, per il minore spessore del mesofillo ad elementi subisiodiametrici e per la presenza, che non saprei dire se costante, di fasci di piccola potenza anche in corrispondenza della costola inferiore. 16. Romulea gaditana Big. — Gli esemplari trasmessimi dall’ Orto botanico di Coimbra e coltivati in quello di Padova corrispondono per l'epidermide ed il mesofillo a R. ramiflora, dalla quale si distaccano per essere muniti di fasci di piccola potenza nella costola anteriore, ana- logamente a quanto ha luogo per la var. Parlatoris. I fasci mediani della costola anteriore e posteriore sono provvisti di un gruppetto di fibre anche in corrispondenza dello xilema. 17. Romulea tenella Samp. — Specie stenofilla di cui esaminai saggi. provenienti dal Portogallo, donde fu descritta. Le cellule epidermiche hanno parete esterna relativamente poco ispessita e lume molto ampio. I fasci fibro-vascolari sottostanti all'epidermide sono di solito quattro e cioè uno per costola: ma in qualche individuo osservai qualche fascio- lino laterale. Come di solito, solo i fasci mediani delle costole laterali sono congiunti da una ‘guaina meccanica continua: ed egregiamente sviluppati sono i fascetti fibrosi nel margine esterno delle cripte, le cui papille sono rudimentali. La scarsezza della vascolarizzazione appare in rapporto con l'esiguità del mesofillo. 18. Romulea anceps Bég. — Prossima alla precedente, dalla quale E si distacca per la presenza di due piccoli fasci fibro-vascolari ai lati dei — maggiori nelle costole laterali: fasci che però possono qualche volta man- “a REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 101 care ed essere ridotti ad uno soltanto. E forse, perciò; questo carattere non costituisce valida differenza. 1921. Romulea Carthagenae Bég.; R. numidica Jord. et Fourr. e R. melitensis Bég. — Provenienti rispettivamente da Cartagena, dall’ AL geria e da Malta, donde furono descritte, non differiscono essenzialmente da R. ramiflora, tranne le prime due per il minore sviluppo del me- sofillo: carattere del resto, come vedemmo, variabile nell’ ambito di questa specie. * 22. Romulea Columnae Seb. et M. — Specie tra le mediterranee più frequenti e più polimorfe. Gli esemplari da me esaminati dei din- torni di Roma, donde la specie fu descritta, e di molti altri punti della regione mediterranea sia in Italia che fuori, mi inducono a concludere che, tranne il minore sviluppo del parenchima mesofillare le cui cellule sono solitamente più piccole e subisiodiametriche e quindi meno evi- dentemente palazzatiformi, non esiste altra sostanziale differenza da 2. _ ramifora. I fasci tutti, sia della costola anteriore che posteriore, man- . cano di fibre in corrispondenza del legno. 23. Romulea Saccardoana Bég. — Affine alla precedente, che forse appresenta nel Portogallo, donde esaminai cospicuo materiale. L epi- dermide è poco ispessita e piuttosto alta, quella che tappezza le cripte è munita di lunghe papille che, dopo quelle di A. nivalis, sono le più sviluppate fra le specie della regione mediterranea. Differisce inoltre da È. Columnae per avere un solo fascio, il mediano, in corrispondenza delle costole anteriore e posteriore. In tutti i fasci la porzione mecca- nica è sviluppatissima e predominante. 24. Romulea cyrenaica Bég. — Nota sin qui solo per Benghasi (Ci- SH donde esaminai alcuni saggi. E specie anatomicamente distin ` tissima, Le cellule epidermiche hanno la parete esterna fortemente ispes- pua e leggermente anche le Morus e l'interna: il ]ume, quindi è assai 102 A. BEGUINOT mide, sono ridotti a quattro, in ragione di uno per costola, di eui oe- eupano il centro. Come di solito, solo quelli delle eostole laterali sono eireondati da una completa guaina meccanica: assai ridotti sono invece i fascetti fibrosi: i libro-legnosi nel parenchima compreso fra le cripte . sono ridotti ad uno per lato. 25. Romulea longiscapa Tod. — Di patria ignota, esaminai esem- plari ottenuti da semi comunicatimi dall Orto botanico di Palermo e che confrontai con altri lina da quello di Madrid. Dal punto di vista anatomico essa ricorda X. ra- miflora, dalla quale solo si distacca per la presenza di fasci di piccola potenza nella costola anteriore e corrisponde quindi per questo ca- . rattere alla sua var. Parlatoris ed all’affine R. gaditana. Le specie che seguono, tranne. R. rosea è R. purpurascens che esaminai sul vivo, furone studiate N su materiale d'Erbario. Esse sono VI proprie dell’ Africa meridionale , . des dell’Africa tropicale, R. Fi- QY] scheri dell’Africa orientale e del ` ved] Marocco e R. camerooniana dell'A- ` = frica tropicale. 26. Romulea rosea Eckl. (fig. 10). — L'epidermide è costituita ` di cellule a parete esterna forte mente ispessita, quelle in corri- ` ` Fic. 10. Sez. rasv. Mons della lamina spondenza dei fasci sia conduttori di Romulea rosea. | che meccanici a lume più Ang fatta eccezione di E. campanuloîi | Dites ^ fe Tas, A CR REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 103 sto, quelle che rivestono le cripte stomatifere a papille molto evidenti. Il mesofillo , specialmente quello più interno, è manifestamente palizzati- forme. I fasci fibro-vascolari, più numerosi e sviluppati che nelle specie mediterranee ed a sezione romboidale o rettangolare, percorrono il meso- fillo in numero di cinque nelle costole laterali e di tre nelle altre, im- mediatamente sottostanti all'epidermide: di questi il mediano è nelle co- stole laterali e spesso nelle antero-posteriori completamente circondato da una guaina meccanica continua e robustissima : tutti gli altri sono muniti di fibre solo all’esterno. Nel margine esterno delle cripte robusti e validi fascetti fibrosi appoggiati contro l’ epidermide contribuiscono alla rigidità della foglia. Come nelle specie mediterranee, nel mesofillo compreso fra le doccie stomatiche sono immersi due fascetti libro-legnosi per lato. I fasci sottoepidermici sarebbero congiunti, secondo il Ross, da un’ ipoderma scleroso, che io, come dissi sopra, mai riuscii a vedere nelle varie forme di questa specie grandemente polimorfa. Dato però il forte sviluppo dei vari tipi di fasci, in rapporto. all’ esiguo diametro della fo- glia, il mesofillo è molto ridotto e quindi la funzione traspirante singo- larmente ostacolata. 27. Romulea cruciata (Jacq.) Bég. — Spegie anch'essa molto polimorfa con forme latifogliari, lateralmente molto compresse ed a eripte stomatifere beanti, quale è appunto la pianta descritta sotto il gen. Iria da Jacquin e forme angustifolie, tutte però validamente protette da un sistema meccanico robustissimo. Del resto la struttura anatomica, specie per il numero e la disposizione dei fasci, non differisce sostanzialmente da quella di Æ. rosea. I-fasci laterali di piccola potenza più vicini ai fa- scetti fibrosi ipodermiei finiscono spesso per confluire fra di loro, contri- buendo così a diminuire la superficie traspirante: i fascetti libro-legnosi, due od anche quattro per lato, non raramente si anastomizzano ed al- lora la porzione eribrosa circonda di un anello continuo la vaseolare. Nelle forme stenofille notai, come E solito, la scomparsa di qualche fascio fibro-vascolare. į 104 A. BÉGUINOT 28. Romulea purpurascens Ten. — Dal punto di vista anatomico questa specie non differisce sostanzialmente dalle due avanti descritte. 29. Romulea Todei Schlecht. — Simile alle precedenti, ma costan- temente stenofilla, Di conseguenza il numero dei fasci è minore e cioè le costole laterali e posteriori sono percorse da un grosso fascio fibro- vascolare completo e da due laterali di piccola potenza e con fibre solo all’esterno, mentre l’anteriore non ha che un solo grande fascio mediano: tutte poi i soliti fascetti fibrosi agli angoli delle cripte. L'epidermide è molto bassa e uniformemente ispessita: le cellule che tappezzano le cripte non presentano papille manifeste, ma soltanto protrudono all e- sterno in lieve punta acuta. 30. Romulea Fischeri Pax. — Simile alla precedente, dalla quale differisee essenzialmente per la presenza di un. solo fascio fibro-vascolare nel centro delle varie costole, che sono quasi simmetriche, e dei quali solo quelli in corrispondenza delle costole laterali sono completamente circondati da una guaina meccanica continua. 31. Romulea campanuloides Harms. — Le cellule epidermiche hanno lume mediocre, sopratutto in corrispondenza dei fasci, e tutte con la parete esterna fortemente ispessita: ispessimento il quale investe anche le cellule in corrispondenza del margine esterno delle cripte, mentre quelle che ne tappezzano l interno sono a pareti sottili e terminanti . in minute papille puntiformi. Ciascuna costola è provvista di un grosso fascio fibro-vaseolore mediano, tutti circondati da una guaina mecca- niea continua: le laterali sono inoltre percorse da due fascetti per parte e con porzione meccanica solo all’esterno. I fasciolini situati nel meso- fillo, in corrispondenza delle cripte, sono muniti di qualche fibra prosen- ` chimatica. 32. Romulea gigantea Bég. — Le foglie di questa specie, molto svi- luppate, come tutta la pianta, presentano un'epidermide piuttosto. alta ` con parete esterna fortemente ispesssita, le laterali ed interne sottili: | REVISIONE MONOGJRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 105 . quelle ehe tappezzano le eripte, assai ampie e beanti, sono più piccole x e manifestamente papillifere. Il mesofillo, molto sviluppato, è nettamente palizzatiforme. Esso è percorso, in corrispondeoza delle costole laterali, — da un grosso fascio fibro-vascolare mediano completo e per ciascun lato ~ da un fascio di piccola ed un altro di media potenza eon fibre mec- . Cańiche solo all'esterno. Le costole anteriori. e posteriori sono pure at- | traversate da un grosso fascio mediano, con un faseio di medio calibro 7 per lato, tra i quali s’ interpone, per lo più da un lato solo, un fascetto fibro-vascolare di piccola potenza. Questi ed i fascetti fibrosi giacciono tutti contro ]' epidermide e presentano fibre in generale poco ispessite. E Se si tiene poi presente che anche questa specie possiede, due per lato, . i soliti fascetti libro-legnosi in eorr ispondenza delle doccie e qua e là, Senza aleun ordine, qualche altro in punti diversi del mesofillo possiamo £ concludere che fra le specie del gruppo è quella più egregiamente va- | Scolarizzata e meccanicamente meno protetta. 33. Romulea similis Eckl. — I’ epidermide è molto bassa e forte- mente ispessita : le cellule che rivestono le cripte sono manifestamente pa- - Dillifere. Ciascuna costola è percorsa da un grosso fascio fibro-vascolare circondato da guaina meccanica continua e da due fascetti di piccola . Potenza, uno per lato, costituiti per la massima parte di fibre prosen- chimatiche. La sezione della foglia è quasi isiodiametriea, donde la re- golare distribuzione del sistema meccanieo e conduttore. A differenza della Precedente, sono evidentissimi e prevalenti i caratteri xerofitici. NA 5 $ E 34. Romulea minutiflora Klatt. — Morfologicamente assai affine alla | Precedente, Se ne distacca per parecchi caratteri anatomici. L'epidermide | della costola inferiore è molto più alta e sviluppata di quella che ri- Veste le altre costole : e mentre quella sembra fungere da tessuto acqui- faro, Questa , con cellule a parete esterna fortemente ispessita , compie ` SSeazialmente funzione protettiva. Ciascuna costola è percorsa da un Zeng fascio fibro-vascolare mediano, quello della costa posteriore sepa- Tato ermide da un'assisa di cellule sottili, gli altri. immediata- "0 dall’epid nente Sottostanti a questo tessuto. Le costole laterali posseggono due 106 A. BÉGUINOT fascetti di piccola potenza, uno per lato al precedente e tutte i soliti fa- sciolini fibrosi lungo i margini esterni delle cripte ed i libro-legnosi nel mesofillo intercedente fra queste. In definitiva, quindi , questa specie possiede aleuni caratteri del gruppo e qualehe altro del gruppo seguente e non è da escludere trattarsi di prodotto di incrocio. .. 35. Romulea ambigua Bég. — Confusa di solito eon R. hirsuta ed —— a primo esame solo una forma glabra di questa; la foglia, studiata dal punto di vista anatomieo, presenta una struttura molto vieina a quella di R. rosea, laddove spata e perigonio ricordano piuttosto R. hirsuta: 1 donde una probabile origine ibrida fra le due entità. L'epidermide è ` | molto bassa e con cellule a parete esterna fortemente ispessita: quelle ` rivestenti le cripte mancano di papille. Le costole laterali sono percorse da un grosso fascio fibro-vascolare mediano subepidermico circondato da - una guaina meccanica continua che si prolunga ai lati fino a fondersi con i vicini fasci di piccola potenza. Le costole anteriore e posteriore. hanno un faseio mediano ed uno per lato di piccolo diametro, tutti con | fibre meccaniche solo all'esterno. I margini ésterni delle cripte sono — inoltre protetti da un robusto fascetto fibroso e fasciolini libro-legnosi, di - solito uno per lato, percorrono il mesofillo che a interpone fra le cripte. - Di questo gruppo non mi fu possibile di esaminare R. longipes Schlecht. y che ritengo affine a A. gigantea; R. Camerooniana Bak. del gruppo delle Romulea a fiore piccolo e quindi prossima a A. similis; R. minutiflora. e R. spiralis Bak. forse la più aberrante, data la increspatura della la- mina fogliare, ma che ho ragione di ritenerla appartenente al cielo. ` E * * * 36. Romulea hirta Schlecht. — La descrizione morfologica di que- sta foglia fu già delineata nelle pagine precedenti. Qui aggiungerò che ` l'epidermide risulta di cellule a lume ridotto e con la parete esterna for- temente ispessita: quella invece in corrispondenza della pagina interna delle costole anteriori e posteriori e la parte più esterna di quelle late rali è composta di elementi più grandi, a pareti sottili, un pò incurve all'esterno, ma del tutto prive di papille. In questa regione sono lo - REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 107 — lizzati gli stomi che sboccano ad un livello inferiore a quello delle cel- lule epidermiche. Le costole laterali, molto compresse, sono percorse nella | parte mediana da un grosso fascio fibro-vascolare per lato, circondato da E- una guaina meccanica continua con fibre molto ispessite all'esterno, poco all’interno. Dato il mediocre sviluppo del mesofillo, i due fasci sono molto ravvicinati e sono separati da due o tre assise di cellule. In corrispon- nza delle zone stomatifere ed immersi nel mesofillo esistono due fa- ro | gat COE Pr EM 719 attraversate da un fascio mediano di potenza mediocre, accompa- | da due fascetti pure fibro-vascolari per lato, tutti appoggiati eon- ` @pidermide e privi di fibre meccaniche in corrispondenza della € xilematica. Contro il margine esterno. delle cripte ‘sono addossati iscetti fibrosi. Le cellule più esterne all'imboccatura delle doc- 108 A. BÉGUINOT 37. Romulea sabulosa Schlecht. in Bég. (fig. 12). — Specie egregia- . mente caratterizzata anche dal punto di vista anatomico. L’ epidermide è costituita da cellule a lume assai ridotto, con parete esterna forte- mente cutinizzata : quelle invece che tappezzano la parte interna delle | eripte di forma ovale ed a lume grandetto, non presentano ispessi- mento di sorta, le pareti laterali sono allungate nel senso del raggio. e le esterne un pò incurve, ma senza papille manifeste. Ciascuna costola | è percorsa da un grosso fascio fibro-vascolare mediano il quale si ricon- giunge, mercè un robusto ipoderma sele- roso, eon i fascetti fibrosi situati lungo ` il margine esterno delle cripte. Come di solito, solo i fasci delle costole laterali sono rivestiti da fibre meccaniche anche. Ek WÄIT: in corrispondenza della porzione vasco- lare. Esistono due fascetti libro-legnosi, ` (t me c Hy Us Tres uno per lato. 38. Romulea speciosa Bak. — Pros- ` sima alla precedente, dalla quale si di- | stacca per le cellule che rivestono le. 49,4 cripte più piccole e munite di brevi — ma distinte papille, per i fasei fibro-va- ` dope SE e scolari più sviluppati e circondati i la- terali ed il posteriore da una completa . guaina meccanica con fibre poco ispes ` site. Il mesofillo inoltre risulta di de Fig. 12. Sez. trasv. della lamina Menti distintamente palizzatiformi. S di Romulea sabulosa. | Di questo cielo non mi riuscì di esa- minare R. pudica che però, data la - grande rassomiglianza con R. sabulosa sopra descritta, credo debba rien- ` -trare nel gruppo delle Romulea provviste di ipoderma seleroso. S 20. Romulea hirsuta Eckl. — Questa specie presenta un'epidermide con cellule a grande lume a parete esterna ed interna ispessite, le. di af. REVISIONE MONOGRAFICA DRL GEN. ROMULEA MARATTI 109 terdli sottilissime, quelle in corrispondenza delle cripte più piccole od ün pò gibbose all'esterno: all'imboccatura di queste le cellule piu esterne prolungansi in un pelo unicellulare ed altrettanto ha luogo nel margine esterno lungo il tratto aperto della lamina. All'assisa epidermica segue un'altra eostitüita da elementi a lume più piccolo, ma egualmente ret- E tangolari a pareti assai sottili e ricche di acqua: costituiscono, quindi, SI un’ ipoderma acquifero che s' interrompe in corrispondenza delle eripte. Ciascuna costola è attraversata, immediatamente al disotto dell’ epider- mide, da un unico fascio mediano cireondato da una debole guaina Meccanica continua in quelli che percorrono le costole laterali , con Quaina solo all'esterno ed in questo caso egregiamente sviluppata ne- gli altri. Due fascetti libro-legnosi per lato, spesso ridotti per anasto- mosi ad uno solo, pereorrono il mesofillo intercedente fra le eripte. Man- ano fascetti fibrosi ipodermiei, Esemplari distribuiti dallo Schlechter nel n. 529 dell’ « Herb. norm. | austro-afrie. » e ritenuti dal Klatt corrispondente alla sua R. uncinata Ntrano dal punto di vista morfologico e biologico nel ciclo di R. tsula : dal punto di vista anatomico se ne distaccano per la presenza di un fascetto di piccolo calibro ai lati dei maggiori nelle costole la- erali e posteriori. Le cripte inoltre sono più allungate e le due costole da un soleo profondo. Caratteri questi che devono essere controllati su teriale più abbondante di quello avuto a mia disposizione ! |. 40. Romulea amoena Schlecht. in Báo, (fig. 13). — Specie egregia- te caratterizzata anche perchè le quattro costole, quasi isodiametriche, Sono strette e molto allungate in senso radiale, aventi quindi in sezione Dm figura paragonabile ad una croce greca. L'epidermide, piuttosto alta conformata come in R. hirsuta; in corrispondenza del margine esterno le cripte, che sono assai profonde e beanti, presenta cellule fortemente Pessite ed a lume quasi obliterato, ispessimento che talvolta si estende w all’assisa sottostante: cellule le quali hanno indubbia funzione mee- t di sostituzione a quella dei fascetti fibrosi che mancano in que- Specie. Le restanti, radialmente allungate, han no pareti sottili e man- Y 110 : A. BÉGUINOT H cano di papille. Ciascuna costola è percorsa da tre fasci fibro-vascolari, — di cui il mediano sempre più sviluppato e cinto da una guaina mec- a canica continua in quelle laterali, e tutti, per lo più, separati da un’as- È: i cellule a pareti sottili. ‘Immerso nel mesofillo, ciascuna costola È ondenza della parte mediana delle cripte, un fascetto sisa d presenta, in corrisp libroegnoso ed altri 4-5 giacciono nella parte centrale della foglia at- torno alla periferia interna del parenchima clorofillogeno. si 41. Romulea dichotoma Klatt. — Anche questa specie presenta en, ` stole quasi simmetriche, ma raccorciate e più larghe. L'epidermide, piut- E tosto bassa, è costituita da cellule a parete esterna fortemente ispessita, p ispessimento che si estende anche 5 in quelle che tappezzano il ma gine esterno delle cripte: le re- stanti hanno pareti sottili ed un. pò incurve all’ esterno. Le cellule. situate all'imboccatura delle doc- cie si prolungano in un corto pel unicellulare. Il numero e la dispo- sizione dei fasci fibro-vascolari cor- — rispondono a quelli descritti per | la R. amoena. Il numero dei far poer: LE Lë ai 99. CL) R) ERT scetti libro-legnosi è ridotto a 4 e cioè a due per lato. 42. Romulea Klattii Bég. — Questa specie presenta costole simmetriche, le laterali essen circa il doppio più sviluppate delle altre. L'epidermide è alta e liscia FiG. 13. Sez. trasv. della lamina i Romulea amoena | sata da tre fasci, di cui il me diano è più sviluppato e cinto nelle laterali in una guaina mecca REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 111 “continua ; ma assai debole. Tutti sono separati da un’ assisa di cellule a pareti sottili. Mancano, come in tutto il gruppo, fascetti fibrosi e sono Invece presenti i fasciolini libro-legnosi in numero di due per lato. 43. Romulea Schlechteri Bég. (fig. 14). — Specie egregiamente carat- terizzata per la sua epidermide altissima con cellule rettangolari a grande lume, con parete esterna fortemente ispessita, meno le interne , sottili ed | assai allungate radialmente le laterali : quelle che tappezzano i margini interni delle cripte presentano parete sottile e sono assai più pieeole. . Il mesofillo è percorso da fasci fibro-vascolari in numero di tre per co- © stola con guaina meccanica solo con- ` tinua nelle laterali, ma sempre poco sviluppata: tutti sono separati dall'e- Le pidermide da una o due assise di cel- sos Së lule a grande lume, a pareti sottili e CRM Ee e SeN DIAN ripiene di acqua. Il resto come nelle à JE US e: precedenti, eon l'avvertenza che i ca- jm SEA ratteri igrofitiei toccano in queste spe- HY ri Y Y] cie la più alta estrinsecazione. BE um [| [m apen ——— g II CA 44. Romulea papyracea Woll.-Dod. — Simile alla precedente, da cui si i GRE distacca per I oem un p più Hé CL EE bassa, con cellule situate all’ imboe- Di EE catura delle eripte per lo più prolun- d PERDA gate in breve tricoma, e per i fasci fi- Les To bro-vascolari tutti e specialmente quelli Vari E che percorrono le costole anteriori e po- [ (E See steriori , separate dall’ epidermide da ML LT Li 3-4 assise di cellule piccole ed a pa- - 14. Sez. trasv. della lamina Peti sottili > > P. | (li Romulea Schlechteri. NO EE 45. Romulea tortilis Bak. — Ben distinta dalle precedenti per la | Ngolare flessuosità della lamina, ne differisce ben poco per la strut- € 112 A. BÉGUINOT tura anatomica. I fasci fibro-vascolari che percorrono il mesofillo sono ridotti ad uno per costola, di cui occupano la parte mediana e separati . — per lo più dall’ epidermide da un’ assisa di cellule a pareti sottili: la guaina meccanica è ridotta al minimo. Come in quella, mancano fascetti fibrosi e sono invece presenti i soliti fasciolini libro-legnosi in numero . ; di due per lato, le costole sono inoltre manifestamente asimmetriche. i 46. Romulea tridentifera Klatt. — Per la struttura anatomica ri- E corda R. tortilis, dalla quale si distacca principalmente per le cellule E. all'imboccatura delle cripte prolungate in pelo, mentre quelle che ne tappezzano il fondo protrudono all'esterno in piccole gobbe. Inoltre le fibre liberiane dei fasci fibro-vaseolari sono notevolmente più ispessite ` — che quelle libriformi: carattere però ehe non saprei dire se costante. Il 5 fascio fibro-vascolare in corrispondenza della costola anteriore è assai ri- dotto e separato dall'epidermide da 4 o 5 assise di cellule, laddove fra tutti gli altri se ne interpone solo una. Costole quasi simmetriche. ES Gelee A2 MUS de EN 47. Romulea tortuosa Bak. — Non differisce dalla precedente che per la mancanza di peli all'ingresso delle cripte. * * 48. Romulea sublutea Bak. — L'epidermide di questa specie è piut- tosto bassa e risulta eostituita da cellule a parete esterna fortemente | » ispessita, ispessimento che si estende anche a quelle che tappezzano i 3 margini esterni delle cripte: le altre sono manifestamente gibbose. Cia seuna costola è attraversata nella sua parte mediana da un unico.fascio. Ka: fibro-vascolare, dei quali quelli in corrispondenza delle costole laterali ` sono muniti di una guaina meccanica continua, gli altri con fibre pro- senchimatiche solo all'esterno, ma raggiungenti notevole sviluppo e spes- E sore: il mestoma è invece ridottissimo. Il resto come nelle precedenti. Non ebbi materiale suffieiente ed opportuno di R. sulphurea, la quale del resto rivelasi dal punto di vista morfo-biologico assai affine a questa. 49. Romulea montana Schlecht, in Bég. — L’epidermide corrisponde : REVISIONE MONOGRAFICA DFL GEN. ROMULEA MARATTI 113 alla precedente: quella in corrispondenza delle cripte è costituita da cel lule con la parete esterna leggermente ricurva. Ciascuna costola è attra- versata da un grosso fascio mediano cinto da una guaina meccanica completa ed accompagnato nelle costole laterali da un fascetto per lato di piccolo calibro: in quella anteriore non esiste invece che un solo grande fascio mediano con fibre soltanto all’ esterno della porzione cri- brosa. Tutti sono Separati dall'epidermide da un'assisa di cellule a pa- reti sottili ed hanno la guaina meccanica abbastanza sviluppata, ma parcamente ispessita. I fasciolini intercedenti fra le eripte sono muniti anche di qualche fibra. -90. Romulea filiifolia Eckl. — Assai vicina dal punto di vista ana- . tomieo alla precedente, da cui si distacca essenzialmente per le cellule ` ehe tappezzano le cripte nettamente papillifere e perchè anche la co- stola anteriore è munita di un grosso fascio mediano e di due, uno per lato, di diametro mediocre. Inoltre negli esemplari da me esaminati ho . Sempre constatato la presenza di un fascio di piccolo calibro interce- — dente fra i due sopradeseritti e solo da una parte (carattere che non 1 Saprei dire se costante) e la presenza di qualche fibra nei fasciolini in- ` ` ferposti fra-le cripte. | 9l. Romulea Bachmannii Bég. — Benchè ad un primo esame mor- i fologico questa specie si riveli molto affine a A. bulbocodioides, la strut- ^ tura anatomica della foglia corrisponde alla precedente, a parte la man- _anza di fasciolini di piccolo calibro e di fibre prosenchimatiche in m quelli eribro-vascolari. ZE 25. 02. Romula tabularis Eckl. in Bég. — Dal punto di vista ana- tomico non differisce per alcun riguardo dalla specie precedente. — i Molto affine a questa specie è pure A. Zehyeri Eckl. in Bég. di cui non — ebbi sufficiente materiale a disposizione per farne l’esame anatomico. La olorazione rosea di una parte del perigonio farebbe supporre che si tr tasse di un prodotto di incrocio di una specie di questo gruppo con quello del precedente ed allora può darsi che la struttura anatomica Partecipi dei caratteri delle due entità. 280 ie ES Mirko, imo Eet va xir. T Ka t 114 A. BEGUINOT 53. Romulea citrina Bak. — Ricorda in complesso la struttura delle tre specie precedenti, dalle quali appena si distacca per l'epidermide più alta e per la presenza, che non sembra però costante, di ridottissimi fa- sciolini ai lati delle costole e prossimi ai fascetti fibrosi, anch'essi ridotti alla minima espressione. In ogni modo la presenza di essi rende vero- simile la supposizione che in questa entità dobbiamo scorgere un pro- dotto di incrocio fra una specie di questo gruppo e fra qualche altra dei gruppi provvisti appunto di quom fascetti lungo il margine esterno delle eripte. 4. Romulea bulbocodioides Bak. (fig. 15). -— Specie assai polimorfa e con forme lati- ed angustifo- gliari. L'epideriide molto alta presenta cellule rettangolari con la parete esterna discretamente i- spessita, le laterali piuttosto allun- gate, e le interne sottili: quelle che tappezzano le eripte sono circa /, piecole e con la parete esterna un po' ispessita e ricurva, ma priva di papille o gibbosità. Le costole, ‘quasi simmetriche, sono percorse da numerosi fasci fibro-vascolari, ma meccanicamente mal protette e cioè: le laterali , pianeggianti, sono attraversate da un grosso fascio mediano cinto da una de- | bole guaina meccanica continua e due per lato di media potenza e con fibre solo all'esterno: le an- teriori e posteriori, fortemente in- | curve, sono percorse da 7 fasci, il i Fic. 15. Sez. trasvers. schem, della la- mediano dei quali di grande po mina di Romulea bulbocodioides. tenza e gli altri, tre per lato, di i REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 115 cui uno di media e due di piccola potenza. Tutti questi fasci sono nor- malmente separati dall'epidermide da una o due assise di cellule a pa- reti sottili. Nel mesofillo intercedente fra le cripte, che sono molto allun- gate ed ampie, esistono 2-4 fasciolini eribro-vascolari per lato: mancano fascetti fibrosi. 99. Romulea caplandica Bég. — Affine alla precedente, ma egregiamente carat- terizzata anche dal punto di vista ana- ` tomico. L'epidermide piuttosto bassa è costituita di cellule con la parete esterna fortemente ispessita ed un po’ ricurva, le laterali ed interne piuttosto sottili : quelle che tappezzano le cripte, che sono assai profonde ed un po’ tortuose, hanno pure la parete esterna un pò ispessita e protrudono in una punta conica. Le co- stole anteriori e posteriori, più svilup- pate delle laterali, sono pereorse da cin- que fasci fibro-vaseolari di grande po- tenza, di eui il mediano, più sviluppato, è circondato da una guaina meccanica continua; gli altri con fibre solo all’ e- sterno e mestoma ridottissimo, tutti a l Fig. 16. Sez. trasvers, schem. sezione ovale ed appoggiati contro I’ e- i Romulea Mac Qwani. pidermide: essi alternano con sei fa- Scotti © formati di solo mestoma o con qualche fibra all’esterno, tutti immersi nel mesofillo e distanziati quindi dall'epidermide da due o | Più assise di cellule a pareti sottili. Le costole laterali sono attraver- Sate da un grosso fascio fibro-vascolare per lato con mestoma molto ab- bondante ? circondato da una completa ed abbastanza. robusta. guaina : meccanica. Mancano i fascetti fibrosi contro il margine esterno delle ‘a cripte, mentre il mesofillo compreso fra le due costole e le cripte è per, sorso da tre coppie di fasciolini eribro-vaseolari per lato, qualcuno dei Quali munito pure di qualche fibra prosenchimatica, È perciò tra le specie e? Più vascolarizzate e meccanicamente meno difese del genere! Gg H6; * | A. BÉGUINOT 56. Romulea Mac Orani Bak. (fig. 16). — Specie anch'essa egregia- mente caratterizzata anche per la struttura anatomica della sua foglia. L'epidermide, piuttosto alta, è costituita da elementi a parete esterna vali- damente ispessita, ispessimento che si estende e rafforza in corrispondenza del margine esterno delle cripte, le cui cellule, più piccole, hanno quindi anche funzione meccanica: le restanti presentano la parete esterna un po gibbosa, ma non papillifera. Ciascuna costola è attraversata nella sua parte mediana da un grosso fascio fibro-vascolare a sezione ellittica, con l’asse maggiore parallelo all'organo ed è separato dall'epidermide da una assisa di cellule a pareti sottili. Ciascun fascio è eireondato da una guaina meccanica continua, che è però mano sviluppata in corrispon- denza della porzione vascolare, dove le fibre raggiungono pure un ispes- simento minore: mancano fasci di media e piezola potenza e fascetti fi- brosi ipodermici. Il mesofillo che intercede fra le cripta è percorso dai soliti due fasciolini libro-legnosi per lato: altri due giacciono ai lati di ciaseuno dei grandi fasci sopra descritti e quasi a contatto della guaina ‘meccanica: sicchè essi salgono in questa specie al numero di dodici! 57. Romulea arenaria Eckl. — Per la struttura anatomica delle foglie rientra in questo gruppo, laddove la colorazione volgente al roseo del perigonio la designa quale un probabile prodotto di inerocio con qualche specie dei gruppi precedenti. L'epidermide, piuttosto alta, è con- — formata come nella precedente, mentre le cellule marginali delle cripte si allungano per lo più in un breve pelo. Le costole, presso a poco dello stesso sviluppo, sono percorse, le laterali pianeggianti da un grosso fascio mediano completamente cireondato di guaina meccanica e da due fascio- lini per lato di media potenza con fibre solo all’esterno, le anteriori e posteriori fortemente rieurve da 7 fasci fibro-vascolari costola, di cui il mediano ben sviluppato e completo e gli altri di medio e piccolo dia- metro ed incompleti. I fasciolini libro-legnosi sono ridotti per lo più a due o tre per lato. umm 58. Romulea versicolor Bég. sa Specie anch'essa a caratteri inter- mediarl e quindi di probabile origine ibrida. Affine in ogni modo. alla e REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 117 precedente, da cui si distacca per l'epidermide anche più alta e net- tamente papillifera in corrispondenza delle cripte, ma priva di peli lungo il margine esterno delle cripte. Come in R. caplaadica, le costole laterali sono meno sviluppate e meno riccamente vascolarizzate che non le anteriori e posteriori. Le quali sono percorse da 9-11 fasci fibro-vasco- lari, dei quali il mediano, di poco più sviluppato degli altri, completa- mente cinto di guaina meccanica, altri di media ed altri di piccola po- tenza: le laterali hanno invece un grosso fascio mediano completo e due per lato con sole fibre meccaniche all’esterno: fasci tutti i quali o pog- giano direttamente contro l'epidermide o ne sono separati da un'assisa di cellule a pareti sottili. Mancano, come in tutte le precedenti, i fa- scetti fibrosi e sono invece presenti i soliti fasciolini libro-legnosi. Da questa dettagliata esposizione morfologica ed anatomica del no- mofillo adulto del gen. Romulea possiamo trarre le seguenti conclusioni generali così riassumibili: I. Il nomofillo in questione è fondato nelle varie specie del genere sopra uno stampo unico: trattasi cioè di una foglia aciculare tipica- mente munita di una guaina ed un lembo e questo in tutto od in parte saldato ai margini, con perdita quindi della pagina superiore od interna e della relativa epidermide, ed inciso da quattro doecie o solchi sim- metrici. II. La riduzione della superficie traspirante è massima, ove sì tengano presenti la lunghezza della foglia rispetto al suo diametro, la porzione infossata nel terreno e quindi scolorata e priva di stomi, la perdita di - grande parte della pagina superiore ed interna e la localizzazione degli stomi nel profondo dei solchi avanti descritti. La presenza in molte specie di papille nelle cellule epidermichs che tappezzano le eripte può, fino ad un certo punto, essere interpretata come un, espediente per difficul- tare la traspirazione. Caratteri tutti di evidente natura xerofitica: il no. mofillo adulto del gen. Romulea è grina costruito sopra uno stampo indubbiamente xeromorfo. III. Uno studio anatomico accurato di quasi tutte de specie del ge- nere mi ha rivelato cei in dear caratteri xeromorfici sono esclusivi r Zzc4 wp ca 118 A. BÉGUINOT . od almeno in assoluta prevalenza, in altre, pure il piano generale di struttura restando lo stesso, si coueretano caratteri ed adattamenti di tipo igrofitico ed in rapporto essenzialmente alla stazione umida od alla stagione piovosa nella quale queste specie compiono il ciclo vitale. Caratteri del primo ordine sono i seguenti: epidermide bassa ad ele- menti a lume ridotto ed a parete esterna fortemente ispessita e cuti- nizzata: fasci fibro-vascolari appoggiati contro l'epidermide molto nume- rosi ed a guaina meccanica assai sviluppata e non raramente cingente il mestoma di un anello continuo, sempre con fibre fortemente lignifi- cate: eostante presenza di fascetti fibrosi ipodermiei contro il margine esterno delle cripte stomatifere, mentre i fascetti libro-legnosi sono per lo più ridotti a due od, in seguito ad anastomosi, ad uno solo per lato: costituzione, in un piccolo gruppo di specie, di un ipoderma scleroso col- legante i fasci fibro-vascolari con i fascetti fibrosi ed interrotto soltanto in corrispondenza delle cripte stomatifere. ; : Caratteri del secondo ordine sono i seguenti: epidermide più o meno alta ad elementi, quindi, a grande lume'e riccamente acquiferi, con pa- rete esterna debolmente ispessita e cutinizzata, le radiali ed interne assai sottili: presenza in qualche specie di un ipoderma acquifero: fasci fibro-vascolari meno numerosi, solitamente separati dall’ epidermide da una o più assise di cellule a pareti sottili, circondati da una guaina meccanica meno sviluppata, spesso interrotta in corrispondenza del piano ` equatoriale del fascio o limitata solo all’esterno del floema, sempre con fibre meno ispessite e più leggermente lignificate: fascetti fibrosi man- canti o ridottissimi e funzione meccanica in qualche specie devoluta all’ epidermide, che presenta elementi fortemente ispessiti : presenza di | peli lungo il margine esterno delle cripte. E: Le papille o gobbe di eui sono munite le cellule EE che ri- vestono le cripte e che to ho attentamente studiato onde stabilire se indiziassero un carattere xeromorfo od igromorfo s'incontrano sia in ` specie del primo come del secondo tipo e ciò sta probabilmente ad indi- care che la loro funzione è duplice ed inserve nelle specie xerofile es- | senzialmente a difficultare la traspirazione ed in quella igrofile , molte S? delle quali hanno Da ampie e dixo ad impedire _ aram e Tade- : REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 119 sione dell’acqua: e non è certo da escludere che nella prima categoria le due funzioni si esplichino contemporaneamente. Nelle igrofile la di- fesa contro 1 danni dell’ umidità è rinforzata da peli posti all’ imbocca- tura delle doccie. Così pure aggiungerò che in un gruppo di specie a caratteri igrofitici evidenti (R. bulbocodioides, caplandica, Mac Omani , arenaria e versicolor) i fasci fibro-vascolari sono tuttavia numerosi: ma ciò appare essere in rapporto con l'ampio sviluppo del mesofillo e nelle due ultime specie con il fatto d'inerocio. ; A preseindere da ció, ove si tengano presenti i earatteri tutti offerti dal nostro genere, agevolmente si giunge alla eonelusione che il piano primordiale di struttura realizzato dalle foglie delle Romulea è costi- tuito su di una base indubbiamente xeromorfa e tale 6 mantenuta nella più parte delle specie. I caratteri igrofitici esplicati da alcune di esse si sono intercalati e sovrapposti ai precedenti e rappresentano una più re- cente acquisizione. Le specie le quali, pur conservando lo stampo ori- ginario o xeromorfo, esplicano caratteri ed adattamenti ordinati alla igrofilia, designo col nome di emirerofile. Con che intendo di distin- guerle, sia dalle mesofte, nelle quali i caratteri ecologici delle due diverse indole sono ripartiti in misura più equabile, sia dalle Zropofífe le quali, come dice chiaramente la parola, volgono nel giro di un cielo vegeta- tivo dall'uno all'altro tipo. Nella regione mediterrana la massima parte delle Romulea sono xero- fitiche: una sola di esse, la R. nivalis, in grazia alla stazione ed al clima in eui vive e eioé in prossimità delle ‘nevi che coprono l'alta regione montuosa della catena del Libano, se ne distacca per evidenti caratteri emixerofitici : aleune, e sopratutto R. Rolli, R. Requienii e R. Clu- |. Siana, oscillano fra i due gruppi. Nella regione capense sono rappresen- tate numerose specie dell'una e dell'altra categoria con. caratteri estremi e caratteri intermediarii e questi, in qualche caso, in rapporto con me- die condizioni di ambiente, in altri con T 6b rigen di ineroeio fra specie appartenenti ai due gruppi. Nella coneretazione di questi caratteri è, inoltre, dues di molta at- ` + tenzione il fatto che le specie più vaseolarizzate sono anche quelle prov- . | Viste di un sistema meccanico più robusto ed in definitiva anche quelle E 120 A. BÉGUINO più validamente protette contro gli eccessi della traspirazione: quindi . le xerofite per eccellenza: le emixerofite, che generalmente sono per- corse da fasci meno numerosi, hanno sempre un sistema meccanico meno sviluppato ed in definitiva una superficie traspirante più ampia ed in più immediato rapporto con l'ambiente. Questo sistema, quindi, nell'am- bito del nostro genere, non ha soltanto una funzione di sostegno, ma anche quello di difficoltare la traspirazione e non è certo da escludersi che alla sua costituzione abbiano agito i due stimoli. La costante man- canza di fascetti fibrosi ipodermici nelle emixerofite dà a questa teorica i gradi di una forte probabilità. IV. Per quanto concerne il numero e la distribuzione dei vari tipi di fasci, ecco i principali fatti da me osservati. Nella specie a costole dissimmetriche, quando le laterali sono, come di regola, più sviluppate delle antero-posteriori, sono anche quelle più largamente vascolarizzate e meccanicamente meglio protette. Le altre due costole posseggono un egual numero di fasci 0, se v ‘ha differenza, è sem- pre l'anteriore la meno vascolarizzata, sia per la sua più recente diffe- renziazione, come pel suo minore sviluppo. Alcune poche specie della flora capense, dove le costole laterali sono meno sviluppate dell'anteriore e posteriore, sono pure attraversate da un minor numero di fasci. Nelle specie a costole isodiametriche la distribuzione dei fasci è o tende ad essere simmetrica. i La riduzione del numero dei fasci normalmente consegue quella del mesofillo: ma in molti casi è indipendente. Nessuna differenza nel numero dei fasei riscontrai ad es. in R. ramiflora, R. Columnae, latifolia la prima ed angustifolia la seconda: d'altra parte R. ligustica, pure possedendo un nomofillo che raggiunge lo stesso sviluppo dell'affine R. Bulbocodium, manca di fasei fibro-vaseolari di piecola potenza nella eostola anteriore. Variazioni nel numero dei fasci riscontransi spesso nell'ambito di una stessa specie e sopratutto se essa presenta forme stenofille e variano pure in uno stesso individuo, dominando la legge che le foglie che si inse- riscono nella parte superiore dello seapo sono meno vascolarizzate di. quelle che prendono inserzione sul tubercolo, anche perchè di solito ` SA meno ' sviluppate. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 121 Dirò da ultimo che le culture sperimentali da me iniziate negli ul. timi tempi coltivando in un ambiente costantemente inumidito esem- plari di Æ. Bulbocodium, che normalmente è specie xerofita, mi hanno permesso di indurre la costituzione di: qualche carattere igrofitico e . cioè un’ epidermide più alta, fasci circondati da guaina meccanica più debole e con fibre meno ispessite e separati da un’assisa di cellule sot- — tili dell epidermide: caratteri che qualche volta si riscontrano negli A esemplari eresciuti in natura nelle stazioni molto umide. Non sono sin . qui riuscito ad eliminare i fascetti fibrosi, ma non lo dispero, prose- i guendo nelle coltivazioni per parecchie generazioni di seguito. V. Come sarà detto con più ampiezza nella parte speciale della Mono- | grafia, ove si prescinda dai caratteri generici che imprimono al nomofillo - delle Romulea uno stampo singolarmente uniforme, tutti gli altri caratteri desunti sia dalla morfologia esterna che interna del nomofillo sono su- Scettibili di molteplici variazioni e deviazioni. Siffatte variazioni a volte sono concordanti e cioè orientate in un'unica direzione, a volte discor- 7 danti e cioè i caratteri così detti anatomici contrastano o s’ incrociano con quelli morfologici e biologici. Segue da ciò che specie morfologi- camente ben distinte non lo sono sempre anatomicamente e viceversa. I caratteri anatomici devono essere, quindi, escogitati ed applicati con grande discrezione e prudenza. In ogni modo l'anatomia se non sempre inserve alla deseriminazione sistematica, specie in aleuni gruppi molto pee, essa sovviene in maniera eccellente per la ricerca delle affi- - nità naturali e quindi per la costituzione di quelle che io chiamo col d nome di ocidi. In altre parole, meglio ehe i caratteri morfologici e ` biologici, quelli anatomici, limitatamente almeno al nomofillo, forni- Scono il filo conduttore dell'evoluzione del genere. Filo il quale, attra- Verso le classificazioni escogitate dal Baker, Klatt, ece., non era possi- bile nemmeno di intravvedere ed i raggruppamenti tentati da questi autori portano i caratteri dell’ artificiosità e non hanno altro scopo, quando esso possa dirsi veramente raggiunto, che quello di condurre ad un approssimativo riconoscimento e determinazione delle varie entità. | Foglie bratteiformi. — ‘Solitamente non rilevate dagli autori , esse sono Nascoste, come già dissi, tra i vari rami o peduncoli nei quali si 3 x A S hi n 122 A. BÉGUINOT 3 partisee lo scapo e si inseriscono al punto di biforcazione degli stessi dal lato opposto a quello dell'inserzione dei nomofilli. Esse restano allo stato di esili laminette membranacee per grande parte jaline, lunghe 2-5 mm. e larghe 4-6 mm., piane e spesso fesse all'apice. Constano di due o tre assise di cellule rettangolari a perfetto contatto tra di loro, con qua e là qualche stoma e sono percorse da fascetti esilissimi trachee. Costanti ed uniformi in tutte le specie esaminate, esse non of. frono alcun carattere differenziale e non rappresentano. null'altro che E . nomofillo ad un RIE estremo di riduzione. RASSEGNE WiesneR J. Anatomie und Physiologie der Pflanzen. V. Aufl., Wien 1906. Di quest'ottimo testo è uscita or non ha guari la quinta edizione. Ce "e è È e ' L'Autore vi ha arrecate, senza mutare sostanzialmente il sodo concetto al qual'è informata l'opera fin da’ suoi primordi, quelle modificazioni e n quelle aggiunte che sono richieste dal progredire della scienza, in quanto che hanno apportato delle innovazioni radicali nell'interpretazione di | singoli fatti anatomici, oppure hanno dimostrato, con indagini più esatte, . un diverso aspetto di struttura istologica di alcuni organi vegetali. Anche i risultati più recenti ottenuti nel campo della fisiologia si sono. fatti . Valere in varia guisa sul concetto anatomico delle piante ed hanno con- 1 tribuito per parte loro ad una interpretazione diversa di parecchi fatti di |. fisiologici. Tutto questo trovasi compendiato nella nuova edizione del p. : - libro, la quale nonpertanto, sebbene aumentata di qualche pagina di fronte alle precedenti, non ha smesso però il suo carattere eminentemente didattico, cioè quello di servir agli studiosi come libro che li orienti . Sullo stato attuale delle nostre cognizioni sicure e precise nel campo del- - l'anatomia e della fisiologia delle piante, avviando nell'Appendiee biblio- grafica ognuno che voglia occuparsi più davvicino dell'uno e dell'altro ar- a gomento a quelle opere che ne parlano più diffusamente. Quest’ Appendice offre pure all'Autore un campo di riserva per le sue opinioni individuali ` che egli, come scienziato e provetto maestro, non vuole imporre senz'altro & agli studiosi negli argomenti di natura diseutibile, ma che d'altra parte | egli, per le sue proprie indagini e convinzioni scientifiche non erede di | dover sacrificare a concetti: inveterati. L'influenza dei nuovi progressi della seiénza si i trova espressa già in S una diversa disposizione dei singoli capitoli dell’opera; ma anche meglio E la si a ricavare studiando con ver le aggiunto raccolte nell’ Ap- 124 RASSEGNE fine del libro. Mentre lascio a chi se ne interessa di approfondir lo studio di queste “ Annotazioni ,, che non si potrebbero ridare in suceinto, espongo qui le modificazioni che si trovano nella: presente edizione dell" opera, riguardo alla disposizione degli argomenti a confronto della disposizione seguita nella 3.* edizione della stessa opera, in base alla quale è stata pubblicata una versione italiana di essa. (!). Nella citologia vanno considerati i contenuti delle cellule in diversi - capitoli (anzichè in uno solo), a seconda che sono viventi (Cap. VII), organoidi (VIII), o di natura diversa (IX); e va poi aggiunto, prima di discorrere delle forme cellulari tipiche, un capitolo (XI) sulla struttura | elementare della cellula. Nella fisiologia si hanno quali capitoli a sè i movimenti di variazione paratonici (III) e spontanei (IV), e va dedicati er un apposito capitolo (VI) alla irritabilità. Non torna opportuno che io mi estenda dell’altro sui pregi di questa opera, che sono ormai generalmente noti ed apprezzati, come lo compro- - vano anche le traduzioni ehe nel corso di 25 anni ne sono state fatte in diverse lingue. Peró, come in altra occasione mi provai ad offrire un breve quadro dello sviluppo ehe ha preso la fisiologia vegetale in questi ultimi decenni (*), così tenterò ora di dare per sommi capi un riassunto ` del progresso fatto negli studi dell’ anatomia delle piante durante gli : ultimi tre lustri, sulla scorta principalmente della botanica del Wiesner. E E qui non intendo di presentare tutt'una estesa bibliografia: mi basta : di tracciare le linee principali, citando qualcuna delle opere più impor- 4 tanti ed avendo sopra tutto di mira i lavori che vennero eseguiti in E Italia. Quale punto di partenza trovo molto adatta l'opera del Wiesner È sulla struttura elementare e l'accrescimento della sostanza vivente, pub- | blicata appunto nel 1892, nell'anno cioè nel quale videro la luce, fra — altre, le seguenti opere di merito indiseutibile: Pfeffer. W. ., Studi sull'ener- getica delle piante (Lipsia, K. sáchs. Gesellsch. f. Sege: Abh. vol. XVIII), O. Bütschli, Natura fisica del protoplasma (Lipsia, ed. Engel- mann), W. Detmer, Sulla psicologia del protoplasma (Ber. der deut. bot. — (*) Dalla casa beier Dott. Frane. Vallardi, secca 1892: citata nel corso di questo riassunt o semplicemente con « Trad. » (9) THE. Malpighia XVIII. RASSEGNE "125 Gesellsch., Berlino, X), Verworn M., Sui movimenti della sostanza vivente (Jena, ed. G. Fischer), e sulla fisiologia del nucleo (in Pflügers Archiv, LI), Heidenhain M., Intorno al nucleo ed al plasma (Lipsia, ed. Engel- mann), Weismann A., Sull ereditarietà (Jena, ed. G. Fischer.) x Il concetto fondamentale del Wiesner è che qualunque corpo organiz- zato deriva da un precedente corpo organizzato, e precisamente mediante e suddivisione; sia poi questa palese oppure più recondita o mascherata. ` Onde non solo le cellule per se stesse, ma ogni individualità vivente nella cellula ha avuto origine per la divisione di un individuo vivente. Esistono nelle cellule degli organismi minimi i quali, suddividendosi, ne generano degli altri, e la loro moltiplicazione determina l accresci- mento della cellula, o — se vogliamo, essendo l’ organismo di una pianta tutto composto di cellule — l accrescimento dell’ organismo. Gli organismi minimi suddetti sono stati denominati plasomi ,,; altri (Detmer in Berichte d. deut. bot. Gesellsch., X. Berlino, 1892, ed altri) hanno creduto di poterli identificare eon quegli elementi fisiologiei per i quali il Nuegelî aveva fissato il termine di “ micelle ,, oppure con i «granuli ,, (« bioblasti ») di Altmann; altri ha creduto pure di rico- noscere nei plasomi le unità finali della vita (secondo Darwin e Spencer). Ma A. Stöhr (^) ha chiarito il concetto del Wiesner e dimostrato che le unità finali ricercate dài diversi autori in vario modo e luogo, non corrispondono ai plasomi; questi possono essere identificati solo coi “ bio- fori, del Weismann. (°) Per la loro attività ‘nonchè per i loro rapporti re- ciproci vien determinata la vitalità dell'organismo. I plasomi, che dob- biamo raffigurarci di forme e dimensioni tra di loro varie, si uniscono ad unità di grado superiore, da queste viene formata la cellula; le cellule . sì uniscono a tessuti, i quali a lor volta compongono l'organismo. Ma il modo come i plasomi si uniscono non è conforme: non si potrebbe Spiegare altrimenti la struttura ora fibrillare ora reticolata ora cilindrica delle diverse parti della cellula. Però anche i plasomi perdono con l'età da Tew di suddividersi e es o si trasformano in corpuscoli SC) Letzte ebe ot nos 4 GE Neue Gedanken zur Vererbu it Jena, 1895. che il. Sachs chiamò energidi (o celoblasti.) che il protoplasma ha una struttura reticolata; i filamenti del reticolo ` 126 RASSEGNE stazionari d'una data forma e grandezza, che sono stati detti poi granelli di protoplasma, dermatosomi (!) e. e. v. SH In base a questo concetto vengono sensibilmente modificate le inter- - pretazioni dell’accrescimento cellulare, nonchè di quelle fusioni di cellule Il protoplasma (* protoplasto ,, di Hazsteia (*)) che, con reattivi idonei presenta una struttura fibrillare, alberga nel suo interno, oltre a micro- somi, anche le “ fisodi ,, cioè minime formazioni vescicolari (v. Crato in — Ber. d. deut. bot. Ges., 1892); presenta però altre volte anche nelle piante | una struttura schiumosa o favosa, qual'è stata riscontrata nei protoplasmi anomali (efr. Alfr. Fischer, Jena 1899). Quest'ultima non ha nulla che S vedere con l'apparente favosità delle cellule del lievito, dove il proto- plasma è tramezzato da numerosi vacuoli, cioè da vani limitati e ripieni di liquido che dalla massima parte degli autori viene indicato per sueco cellulare (*). Il Pfeffer fa nascere all'ineontro i vaeuoli, compresa la mem- brana che li limita (il * tonoplasto,, di de Vries), spontaneamente nel protoplasma a seconda del bisogno della eellula (). L. Buscalioni stu- diando l'origine del tegumento seminale di Verbascum phlomoides (*) trova ` sono costituiti di mierosomi e di sostanza cementizia che senz’ alterarne otticamente l'aspetto, si trasformano in cellulosa. : e Il protoplasma si accresce. Il suo accrescimento non è però un semplice processo molecolare, ma è un processo organico, basato sulla formazione di nuovi plasomi. (') Vedi Trad. vol. I. pag. 284. ] C) R. Porta (in Riv. di Sez. Biolog., III, 1899) accetta il termine proto- plasti e stabilisce i termini di ginnoplasto per le masse protoplasmatiche ` nude e di dermoplasto per gli elementi anatomici forniti di membrana; egualmente indica egli come monoplasti le cellule singole e sinplasti quelle ` unite a tessuto, distinguendo peró i meriplasti, cioè le unioni nelle quali l'individualità degli organismi elementari resta conservata, dai sinplasti ` in senso stretto) corrispondenti alle fusioni di cellule vicine. Ec C) Trad. I. pag. 16 Annot. CRA (*) Sächsische Gesellsch. der Wissensch., Abhandlungen, 1890 e 1892. - . () Malpighia, VII (1893). ` A oe RASSEGNE 11:299 H La reazione del protoplasma non è sempre alcalina, come si riteneva pel passato: essa può essere anche neutrale, certo non è mai acida. Le reazioni del Raspail e del Millon non fanno che indicare la presenza di determinati gruppi anatomici entro la molecola degli albuminoidi; ma ` entrambe le reazioni valgono anche per dimostrare, con le stesse colo- E razioni caratteristiche, la presenza della vanillina, cosicchè non si può . accordar loro un valore esclusivo di sensibilità per il protoplasma. La particolarità che ha questo di coagularsi è dovuta pure alla natura degli albuminoidi che entrano a far parte della sua costituzione chimica, per . , ui vediamo che il protoplasma delle piante vascolari si eoagula a tem- = perature fra i 50-60°, mentre quello dei batteri e di altri vegetali inferiori dà la eoagulazione a temperature superiori ai 70° C. Ulteriori indicazioni d. sulla natura chimica del protoplasma si trovano nei lavori di Kossel (') T di Zimmermann (*) e di Palladin (°). | = Rispetto alla permeabilità del protoplasma in alcuni funghi vennero . eseguiti degli studi da E Pantanelli (*), Lo studio del nucleo è stato fatto soggetto di numerose ricerche negli . ultimi decenni, e lo comprova la estesa bibliografia che esiste sull’argo- . mento, da" lavori di E. Zacharias (*) in poi; fra migliori quelli di A. Zimmermann (^) e di Körnicke CC) — La forma del nucleo non è sempre tondeggiante; si conoscono dei nuclei allungati, quasi filiformi, talvolta anche spiroidi (°), e dei nuclei che ‘non sì colorano coi reattivi (linina), nell’ interno di queste si hanno poi corpuscoli tingibili (cromatina); frammezzo alle fibrille risiede il nucleolo, i facile uersa Il Guignard dimostrò (1892) che anche le cellule m Archiv f. SE 1891. () Tubinga, 1 . €) Zeitschr. f. Biolo ogie, 1894. . C) Rendiconti Accad. Lincei, XV, I. Roma 1906. Č) Botanische Zeitung, 1881 e seg., e Flora, 1895. (5) Jena, 1896, e Berichte der deli bot. Gesellsch., 1904. ; D V. MotiscH in Botan. Zeitung, 1899. 128 RASSEGNE vegetali contengno nel loro nucleo le eentrosfere che il van Beneden in- dieava per i nuelei delle cellule animali: esse si trovano abbinate alla periferia del nueleo nello stato di riposo; nel nucleo nato per suddivi- sione esse appariscono dapprima singole poi, in seguito a divisione, a paio. Ciascuna centrosfera contiene un centrosoma. F. Cavara espone negli Atti dell'Ist. Botan. di Pavia, (1897) le sue - ricerche su alcune strutture nucleari, e più tardi (*) nel sacco embrionale 2 di Lilium candidum, scopre nel nucleo in divisione, la produzione di. una bozza laterale, un nucleolo secondario, in base a che egli sostiene che a formare il nucleolo contribuiscono due sostanze differenti ma contem- poranee in esso, eioó una interna che produrrebbe il fuso ed una peri- ferica che darebbe origine ai cromosomi. Il Zwscalioni (°) dedica appo- ` sito capitolo alla eiano- ed eritrofilia del nucleo, nonché alla struttura - e funzione dei nucleoli. Z. Petri (*) trova nel nucleo in riposo all’ apice delle radici di Alium Cepa due nucleoli ravvicinati, che corrispondere bero a’ nucleoli gemini del Pampaloni (4). Il nucleolo non contiene cro- matina, ma plastina, la quale, per le sue reazioni al eloruro d'oro i aequa iodata sarebbe da interpretarsi come molto affine al ehinoplasma. Interessante è la constatazione che anche le cellule dei funghi (eccet- tuati per ora i batteri e sim.) sono nucleate; per cui non ha luogo più l'eccezione ammessa altre volte, che la divisione delle cellule dei miceti ` abbia luogo senza l'intervento di un nucleo, E Parafore studia il nucleo nei tubereoli radicali delle leguminose Cj Z. Pampaloni (1. cit.) i feno- meni cariocinetici in Psilotum; Bargagli Pietrucci (1 i nucleoli in ca- riocinesi negli Zgwisetum. L'individualità cellulare è contraddistinta per la panna di un nueleo; cellule polinueleate non esistono; i easi — non tanto rari — di cellule (') Bollettino Soc. botan. ital., 1902. (3) Ann. Istit. tid di Roma; VII (1898). vir anche la Nota provin in Giorn. R. Accad. di Medicina, Torino 1893 (5) Nuovo Cer botan. ital., XI IE, (*) Annali di Botanica, L Roma 1903. €) Malpighia, XV (1901). i . (6) Nuovo Giorn. Bot. Ital, XII (1905). . RASSEGNE 199 eon più nuelei sono da riportarsi a semplice frammentazione di un nucleo incapace di suddividersi. Però Pirotta e Buscalioni (*) trovano che gli elementi vascolari delle Dioscoree prendono origine da cellule in origine uninucleate. Quest'ultime danno in seguito, per divisione del nucleo, origine a molti nuclei che più tardi vengono riassorbiti insieme al cito- plasma ed a porzione delle pareti divisorie. La causa di questa pluralità di nuclei non è accertata, ma potrebbe corrispondere al caso delle cellule somatiche di aleune tallofite. Il tipo delle Caulerpa e piante simili va interpretato quale un celoblasto (*) semplicemente. A questa eatego- ria apparterrebbero anche le cellule latticifere nel parenchima di varie piante e» Un nucleo manca — per qunto se ne sappia fin qui — ai batteri; il Wiesner definisce la massa Le sten di queste cellule per archi- ` plasma. Il nucleo fissa i caratteri di ereditarietà (4). La parete cellulare, iniziata ne’ suoi primordi dal protoplasma, contiene „protoplasma anche in seguito e fintanto che si accresce (dermatoplasma). Come il Zangl (1880) ha dimostrato, e molti dopo di lui hanno asso- dato, i protoplasmi di cellule concomitanti stanno tra di loro in conti- nuazione mediante sottili trabecole che attraversano le pareti. Lo Stras- burger (*) chiamò queste trabecole zz plasmodesmi ,, (*), mentre non sono in complesso che porzioni di dermatoplasma. Fino a tanto che la parete cellulare racchiude nel suo compage protoplasma vivente essa sì accresce; il suo accrescimento è paragonabile a quello di un organismo vivente; () Ann. Ist. botan. di Roma, VII (1898). DI Trad. I. pag. 284 Annotaz. 4. C) L'opinione che il lattice provenga per trasformazione chimica delle ai interne delle cellule o dei vasi Jatticiferi (Trad. pag. 123) è del tutto Cfr. gli speciali studi di Kny (Berlino, 1893) e di ZANDER (in Bi- Belt botan., 1897) sui peli latticiferi. (*) Vedasi in proposito anche la conferenza di C. CorRrENs, in occasione della riunione di naturalisti e medici tedeschi a Merano, 1905. Interessante e degno di compulsazione è pure il lavoro di E. RIGNANO, Sulla trasmissi- bilità dei caratteri acquisiti, Bologna 1907. C) Jahrbücher f. wissensch. Botan. 1901. (°) Vedi anche gli studi di T. W ULFF negli Atti E RS sez. 1905, 9. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI 19 RASSEGNE è un accrescimento attivo a spese del dermatoplasma e si può indicare come accrescimento di evoluzione. Il Bwscalioni (*) conferma le ricerche ed interpretazioni di Wiesner. Anche egli afferma che il protoplasma si trasforma (?) in cellulosa; ne dissente però nell’ammettere, che i fila- A menti di ialoplasma vengano trasformati e diventino la massa cemen- tante dei granelli di cellulosa, derivati a lor volta per trasformazione da’ mierosomi. Interessante è l'analogia che l'Autore riscontra in questi fatti con il contenuto dei tubercoli radicali delle leguminose. Mercé il concetto di un accrescimento attivo si possono spiegare facil- mente le formazioni dei cistoliti, il presentarsi dell’intercalarità nelle pareti cellulari di Oedogonium, il connascimento delle membrane e fatti analoghi. G. Haberlandt (Jena, 1887) ritiene che all’acerescimento della parete prenda parte il nucleo, e lo deduce dal fatto di aver egli osser- vato un nucleo sempre in prossimità di quelle -porzioni di una parete le quali presentano un accrescimento più attivo. Probabilmente l attività del nucleo determinerà un aeeeleramento nella energia del dermatoplasma che viene alimentata dal citoplasma. La parete cellulare è sulle prime di struttura omogenea, più tardi. essa si differenzia in uno strato (o membrana) esterno ed uno interno restando nel mezzo il cosidetto strato di ispessimento. Nei tessuti viene prodotta una parete esterna comune, che porta tattora il termine im- proprio di * lamella mediana — Antiquata è ormai la nomenclatura di membrana secondaria e membrana terziaria, in conformità delle vedute che si avevano altre volte sul modo di accrescersi della parete. La la- mella mediana è nettamente distinta, per quanto generalmente esile, in quasi tutti i tessuti. Essa si differenzia in seguito all'aereseimento cellu- — — lare e si trasforma talvolta im altre sostanze. Così nei tessuti mucipari $ nei quali læ mucillagine è dovuta a trasformazione della cellulosa; nei. (5) Malpighi VI (1892) e VIII (1893). d (3) TISCHLER (in Biolog. Zentralbl, XXI, 1901) è HM all'uso del ter- mine eege » per indicare la n o, chimica dell la cellulosa diversa da quella del plasma. Egli ammette un n losa dal chinoplasma, ma dove quella viene formata dal trofoplasma si ha davanti 3 a sè un prodotto di « scissione ». RASSEGNE 131 tessuti suberosi, dove la cellulosa si suberifica fortemente (), 86. v.-La lamella mediana dei tessuti duraturi non dà giammai la reazione della cellulosa: essa è costituita di sostanze peetiehe od altre. (°) Riguardo agli ispessimenti delle pareti si hanno pubblicazioni di ri- cerche minuziose e profonde, fatte negli ultimi anni. O. Mattirolo e L. Buscalioni (è), studiando la natura dei tegumenti seminali delle Papi- glionacee, definiscono lo strato periferico subepidermico di cellule a pa- lizzata, ovvero colonnari , con pareti molto ispessite ed attraversate da porocanali col nome di * cellule malpighiane,. Per queste cellule è ea- ratteristica la * linea lueida,, dovuta in generale ad una speciale modi- ficazione della cellulosa in una porzione della parete cellulare. All'esterno esse sono rivestite di una membrana, che lo SeAips (*) persiste a chia- mare cuticola (^), e nell'interno contengono avanzi di plasma, eventual- mente eromoplasti, nonchè quinci e quindi corpuscoli tanniei. La parete delle cellule malpighiane si compone fondamentalmente di cellulosa, ma alle volte vi si trovano immedesimati corpi coloranti e composti tan- nici. F. Tassi (ê) scopre cellule malpighiane, con la caratteristica linea - lneida anche nei tegumenti seminali di Hippophué rhamnoides. La parete cellulare consterebbe, in questo strato, di pura cellulosa, avendo l’ Aut. ottenuto una -soluzione della parete al trattamento con acidi e col cu- prossido ammoniacale. Gli strati d' inspessimento nel tegumento seminale di Verbascum phlo- moides (*) constano, secondo il Buscalioni, di cellulosa e non di cuticola; il nastro cellulosico è costituito di granelli e di sostanza cementizia : due corpi che sono mela chimicamente che fisicamente differenti. UI Si avverta che il Vis WISSELINGH nega la presenza di cellulosa nella lamella di suberina (Archiv. Neerland., 1894). Secondo KücrER (Arch. f. Pharm., 1884) la suberina consta di stearina ed acido fellonico. Vedi anche M. v. Scamipr nei Rendic. dell’Accad. d. scienze di Vienna, 1903. C) ManGIN, in Journ. d. Botan., 1893. 9) Memorie dell'Aecad. d. Scienze Torino, 1892. (*) Berichte d. deutsch. botan. Ges., 1893, - .C) Vedi la Risposta in Malpighia, 1893, pag. 305 e seg. . C) Bullett d. Laborat. ed Orto bot., Siena, I, (1898). yu" ) BuscaLIoNI in Malpighia VI e VII. Vedi anche le ricerche dello stesso SH Aut, sulla Plantago lanceolata, in s Mp VII (1894). x 132 RASSEGNE Fatti analoghi riporta C. Acqua (') dallo studio della formazione dei granuli d'amido nel Pelargonium zonale. Nello studio sui peli aerei della Lavatera cretica conferma questo autore (*) ehe la stratificazione della parete è dovuta a porzioni di protoplasma le quali sono alternativamente più ricche di mierosomi, e meno, e che il protoplasma meno granelloso subisce una trasformazione in mierosomi molto più lenta. Cistoliti particolari sono stati scoperti da C. Aveftz (*) nell'interno di cellule epidermiche, riunite insieme a 10-20 e più, delle foglie di Coccinia palmata (Cucurbitacea). Essi appariscono singolarmente composti. La striatura e la stratificazione delle pareti erano riportate dal Waegeli (1850), com'è noto, ad una diversa imbibizione alternante a strati nelle pareti. Pur ammettendo questo concetto, il Wiesner osserva però che l'appariseenza di quei fenomeni di struttura è dovuta a condizioni otti- ehe. In nessun caso si può accordare la struttura micellare con le con- siderazioni recenti relative alla costituzione della parete. Le micelle del Naegeli si comporterebbero come eristalli, sarebbero massoline addirittura morte; laddove il Wiesner ha dimostrato che, trattando idoneamente le pareti cellulari, queste si lasciano ridurre a fibrille, le quali a lor volta appariscono costituite di eorpuseoli sferoidi paragonabili a mierococchi (i su detti dermatosomi). Per la reciproca disposizione dei dermatosomi nelle fibrille la parete apparisce stratificata ed attraversata da strie. Anche la membrana esterna e la membrana interna, essendo parti or- ganizzate della cellula, non hanno una struttura omogenea, ma possiedono ` una struttura propria, adatta in determinati punti al passaggio delle trabecole di dermatoplasma attraverso a sottilissimi porocanali : come si può rilevare esaminando attentamente ed a forte ingrandimento cellule isolate dei raggi midollari delle Conifere. Il comportarsi della pareté al polarisenpio non dà assoluta ragione alla teoria del Nuegeli, poichè la rifrazione delle pareti ha luogo da per sè in via del tutto indipendente da quanto avviene per i cristalli. Le (5 SE VII (1893) Q)R Accad. Lineei. Roma 1893. e. aer? Ist. botan. Roma, V. (1894). RASSEGNE i j 133 condizioni relative sono da riportarsi al piano di elasticità entro il quale hanno luogo le vibrazioni delle onde di luce. Studi intrapresi su questo argomento, specialmente dall’Ambronn (Lipsia, 1892), hanno dimostrato un comportarsi assai svariato, a questo proposito, da parte delle cellule di tessuti diversi. Cellule e pareti di forte SECH (le * cellule meccaniche ,, speci- fiche) sono ricordate dal Wille anche per il tallo di alghe marine, le quali acquistano per tal mezzo maggior tenacità ed elasticità, dovendo resistere alle forti correnti marine. J. Klein palesò nelle alghe anche la presenza di fusioni cellulari, nelle “ife clatrate,, la placca cribrosa delle quali è provveduta di uno strato calloso (°). La cellulosa, la parte essenziale delle pareti cellulari, era ritenuta altre volte per una sostanza amprfa colloidale; recentemente si ammette che sia cristallizzabile, ed Æ. GiZsoz l'ha precipitata in forma cristallina da una soluzione in ammoniuro di rame. Fino a pochi anni addietro si parlava, per le dini delle ife fungine, di una “cellulosa dei funghi,, adottando il termine del de Bary (©). Il Richter dimostrò, già nel 1881, che nelle pareti delle ife la cellulosa era mascherata dalla presenza di altri corpi immedesimati nella parete. Ri- cerche più recenti hanno palesato nelle pareti delle cellule fungine la presenza di callosio e di chitina (°). Il Mangin (*) trova che le ife delle Mucorinee constano internamente di cellulosa, più resistente però a' reattivi della cellulosa delle fanero- game; verso l’esterno la parete delle ife comuni abbonda di peetina; ma se lifa è a contatto dell'aria, allora apparisce cutinizzata, e nelle ife sporigere perfino incrostata di calce. La parete degli sporangi, costituita in gioventù di cellulosa e di pectina, viene rivestita in seguito interna- mente di callosa che aumenta di tanto, di quanto va seomparendo la . cellulosa. (') Flora 1877 e 1890. C) Mas Trad. pag. 35 e 105. : DREYFUS, Strasburgo 1893; MANGIN, in Journ. de Botan., 1893; forces, tu Botan. Zentralbl. TEM a ) Journ. d. Botan., XIII (4899). ` E ; ER 134 RASSEGNE In quanto alla durezza delle pareti cellulari è stato dimostrato da Z. Off che, prescindendo da’ casi di incrostazioni minerali, essa è uguale per le cellule di qualunque tessuto, non escluse le pareti delle ife dei funghi ex I nuovi concetti dominanti nella Citologia modificano la interpreta- zione dei disparati corpi contenuti nelle cellule, che per l’ addietro ven- nero riuniti nel termine generico di * contenuto cellulare ,. Il Wiesner considera a sè: i corpi viventi, i corpi organoidi, che si trovano nell'interno delle cellule, e gli altri prodotti diversi che entrano quinei e quindi a far parte della costituzione del contenuto cellulare, ma che non si pos- sono considerare nè come viventi, nè come organoidi; tali: i cristalli, i corpi taànnici, le sferette di sostanze grasse, le resine, eee. Corpi viventi sono quelli che possiedono una base protoplasmatica ed hanno la particolarità di moltiplicarsi per divisione. Questi sono i eloro- plasti, i eromatofori, i leucoplasti ed i plastidi. I eloroplasti sono origi- nati dal protoplasma (da plastidi) (°); essi sono formati di una trama protoplasmatica imbevuta di una sostanza oleosa; in questa trovansi disciolti due pigmenti, cioè la clorofilla e la xantofilla. Quest'ultima non sembra di essere un composto unico; dagli studi di Molise (?) risulte- rebbe essa costituita per massima parte da una sostanza eristallizzabile detta carotina (*) accompagnata da un altro pigmento giallo che dà, secondo Zschirch (*), allo spettroseopio ung ` reazions ben diversa. 1 clo- roplasti non presentano in generale aleune particolarità nella loro struttura. Quantunque di rado, pure si moltiplicano per. suddivisione: si può seguire questo fatto specialmente nelle cellule sporigere di Spirogyra e di alghe consimili (°). Un acerescimento per intussuscezione (^) sembra 1 (') Oester. Botan. Zeischr., 1900. '() Quest'opinione non era, fino a eios anni fa, che ipotetica: vedi Trad. pagina (3) Berichte d. deutsch. bot. Gesell., 1890. (4) Il termine carotina è però generico, ed andrebbe usato al plurale, poichè la carotina erg nelle radici della carota è diversa p. es- dalla carotina disciolta nelle radici di Dracaena. V. in proposito i lavori di Kont, (Lipsia, 1902) e di H. ScHMIED (in Oesterr. bot. Sie 1903). €) Berichte deutsch. bot. Ges., 1896. ( Vedi o. in Botan. e: 4 1890. © Vedi Trad. pag. RASSEGNE 135 non si possa ammettere più per essi, dato il modo col quale ì corpi vi- venti nelle cellule si comportano a questo riguardo sotto un punto di vista diverso da quello di qualche decennio fa. Cromatofori o meglio eromoplasti, sono prodotti individualizzati del protoplasma che hanno assorbito pigmenti diversi ad eccezione della clo- rofilla. (*) Verrebbero compresi qui anehe i granelli di eziolina che alla luce si trasformano in cloroplasti (*). I eromoplasti vengono prodotti per divisioni di loro simili, oppure sono originati da plastidi, qualche volta anche da cloroplasti. Negli organi ipogei di diverse piante si trovano dei corpi organizzati incolori nell’interno della cellula; quali, a seconda di determinate cause esterne si trasformano in granelli di eziolina, in cloroplasti, e talvolta “anche in granelli d'amido. Essi sono detti generalmente leucoplasti ; nel- l'ultimo caso però vengono chiamati più propriamente amiloplasti. Nella cellula ovo degli ovuli vedonsi delle sferette protoplasmatiche circondare il nucleo cellulare; esse si suddividono attivamente ed appariscono anche nelle cellule dei giovani tessuti meristematiei, per dare origine in seguito a cloroplasti o corpi analoghi. Tali sferette sono i plastidi. | Quei derivati di plastidi (rispettivamente leucoplasti e eromatofori) nel- l'interno delle cellule che sono contraddistinti per forme proprie, eostanti, ereditarie, ma che non possiedono vitalità, vengono definiti dal Wiesner per “ contenuti organoidi ,, (*). Essi. sono prodotti originariamente per la energia attiva del protoplasma vivente (nel senso più largo). Sono questi i granelli d'amido e l'aleurone. ; I granelli d'amido sono composti di un miscuglio di due idrati di car- bonio, cioè della farinosa (o cellulosa dell'amido) e della granulosa, che ( La clorofilla è un pigmento di composizione chimica e di natura tuttora ignota. ig (à) Trattando i cromoplasti bruni di Neottia Nidus avis con alcool il MoLiscH ottenne che inverdirono (Botan. Ztg., 1905). Ciò starebbe in con- trasto con l'ammissione che nell’Orchidea nominata la clorofilla preesistente fosse solo mascherata dalla presenza del pigmento bruno. (vedi trad. pag. 47). (3) Vedi anche lo studio dell’ Aut. in. Lieben-Festsehr., 1906, dove sono compresi fra gli organoidi, sotto determinate condizioni, certi cristalli di ossalato calcico, i bastoncelli cerosi del DE BARY (1871), ecc. B rr RASSEGNE: A. Meyer (Jena, 1895) considera quali semplici modificazioni di un idrato di carbonio unico, cioè dell’amilosa. La natura organoidea dei granelli d'amido si rende manifesta nella loro forma che è tipica per ogni sin- - gola specie di piante, cosicchè offre un mezzo pratico per riconoscere al mieroscopio le differenti qualità di amidi. I granelli d'amido non si formano giammai liberi nel citoplasma, ma vengono secreti mell'interno o di cloroplasti oppure di leucoplasti; nei tessuti. giovani i granelli d'amido (amido transitorio) provengono anche do plastidi ('). Se i granelli si formano singoli nell'interno di un corpo ‘vivente, allora prendono una forma sferoidale éon stratificazione (?) con- centrica od eccentrica, a seconda della loro posizione, se vengono invece a formarsi parecchi contemporaneamente allora la loro. forma è poliedrica. Il loro potere di rifrazione è dovuto alla presenza di cristallini (le ** tri- chiti „ di A. Meyer) disposti in senso raggiale. Per cui la loro struttura non offrirebbe più un'analogia con quella della parete cellulare, ma. dovrebbe venir paragonata piuttosto col tipo delle sferiti. Un singolare comportarsi nella formazione dei granelli d amido os- serv C. Acqua nei ramoscelli di Pelargonium zonale (*). Non escludendo l’attività dei cloroplasti, in questo fenomeno, egli vide che i mierosomi di uno strato protoplasmatico, nel quale probabilmente ha luogo la tra- ‘ sformazione originaria, si separano dall'ialoplasma e danno così origine a due strati distiuti che diventeranno in seguito due strati di diversa ri- frangenza del granello d'amido. Nel caso più comune una sola serie di microsomi si dispone intorno all’ilo; se però la formazione ha luogo rapi- damente (caso meno frequente), allora si osservano intorno all'ilo parecchie serie di mierosomi, alternanti eon strati ialini. Il Buscaliori avvertì nei semi di Vicia narbonensis (1896) e nelle radici di Juncus tenuis (*) em: nelli d'amido ineapsulati. L’invoglio dei granelli, derivato dal citoplasma, (') Vedi Trad. pag. 44. () A. MEYER ammette che la stratificazione dipenda dall’ influenza eser- ‘citata sul granello d’amido in via di acerescimento dal suecedersi delle, ore del giorno e SE "ae notte. €) Malpighia, VII, (189; (4) Malpighia, XIII, a. RASSEGNE 137 è direttamente aderente alla parete delle cellule, oppure mediante un pedicello ; esso è di natura callosa ed in singoli casi lasciò intravedere la presenza di sostanze pectiche e probabilmente anche di cellulosa. I granelli d'aleurone-(o di proteina), quantunque la loro vera origine ‘non sia per ora dilucidata, vanno pure annoverati qui. Secondo il Wer- minski ed il Wakker (1888) essi verrebbero prodotti nell'interno dei vacuoli per disidratazione delle soluzioni ricche di albuminoidi nel con- tenuto dei cosidetti vacuoli. I granuli stessi vengono ritrasformati, in seguito a soluzione, in vaeuoli. Le colorazioni rosse o verdi ascritte al- tre volte ai granuli d’aleurone di certe piante (cariossidi di mais, semi di pistacchi) sono da riportarsi alla concomitanza di antocianine o di minuti cloroplasti ('). Dei restanti corpi che si rinvengono nii contenuto delle cellule reste- rebbe poeo da dire, non avendo subito questo capitglo notevoli modifi- cazioni per ricerche recenti. Interessa però ricordare qui aleuni lavori | Speciali pubblicati in Italia, ehe hanno apportato un largo contributo alla migliore conoscenza di singoli corpi. ` Nel 1896 il Buscalioni pubblicava (°) i suoi estesi studi sull'ossalato di calce. E qui va aggiunto che J. Caldarera rinvenne cristalli di questo 4 "nale nei cotili di diverse Papiglionacee (*), sia liberi, sia nell’ interno dei granelli d'aleurone. Z. Re (5) osservò nelle brattee, nei fiori e nei frutti di Agave mezicana e di A. coerulescens, nel parenchima eorticale di pian- ticelle germinanti, ecc. dei corpi che precipitano con alcool, assumendo un colore giallognolo. Sono solubili in aequa e negli ioduri; per le rea- - «zioni che danno sarebbero da interpretarsi. quali sferiti di fosfato di calce contenenti anche sostanza organica. Giova ricordare qui le diffuse ricerche "odi q. Pollacci sulla distribuzione del fosforo nei vegetali (9). Usando la reazione eon molibdato d'ammoniaca e cloruro di stagno egli dimostrò la presenza del fosforo entro i eorpuscoli di cromatina e la membrana n NN ` f) Vedi Spress in ed bot. Ztschr. 1904. ` €) Malpighia, IX, Č) Accad. Gioenia P SCH natur., (tania 1898. *) Annuar. Ist. botan. Roma, V Se e cmd St Malpighis VII vos 138 RASSEGNE del nucleo, nei microsomi e nelle fibrille del citoplasma, nell’otricello primordiale di Mohl, nei cloroplasti, pirenoidi, cristalloidi e nei granelli d'aleurone. Giammai si trova nella parete lignifieata o in quella suberi- fieata. Il protoplasma delle ife ne contiene solo in singoli punti, in ab- bondanza invece quello delle spore fungine, e quello delle cellule dei Saecaromiceti. Sferoeristalli di fosforo sono abbondanti in pareechie Fa- nerogame, e particolarmente nei semi delle Leguminose, della vite, dei pini, eec. Cristalloidi di proteina sono stati osservati da A. Borze (*) entro i d nuclei poliedrici nel mesofillo e nel tessuto fondamentale clorofillifero ` dei cotili di Convolvulus. Essi hanno la forma di piramidi tetragone. Col progredire dello sviluppo della pianta essi si sformano, cosicchè 5 l’autore ritiene che siano parzialmente sostanze di riserva. Analoghi . | , eristalloidi ha riscontrato il Baccarini (°) nei fiori di alcune Leguminose, | SI ma non di tutte le specie. Qui si tratta, secondo l'autore, di prodotti E di scomposizione del nucleo, da ritenersi per sostanze di rifiuto. Nelle foglie di Phytolacca abyssinica ne vennero osservati da O. Kruch (*), di - forme regolarmente esagonali, incolori, singoli o talvolta aggregati, nelle ` cellule dell'ipodermide e in quelle dell'epidermide della pagina superiore. : Presso altre specie di Phytolacca, esaminate allo stato fresco e mettendo | le sezioni in soluzione zuccherina, si vede nell’ interno delle cellule una ` sferetta omogenea, rivestita di una pellicola di resistenza più: prolun- | gata a’ reattivi. La sua massa fondamentale è proteina, alla quale sono È mescolati anche altri corpi. B Vanno ricordati qui pure gli studi del Bargagli-Petrueci (*) sulle con- — : erezioni silice, in continuazione di quelli di Koh? (1889) e Küster (1897). o. Egli le osservò nel legno secondario di diverse dicotili, s dde GH $ n flora tropicale. | Un esteso lavoro sulle antocianine venne pubblicato da Z. Buscalioni ` - (*) Contrib. alla Biol. veget, I. (1894). (©) Bollett. Soc. botan. ital., 1895, efr. anche STRASBURGER, 1892. DE Rendic. Accad. big: 1896, e più tardi in Ann. Ist. botan. Roma, n) Malpighia XVII (4903), RASSEGNE d | 139 el Pollacci (*). Gli autori rilevano che non si può accettare una sola | ` antocianina, ma che questo gruppo contiene vari prodotti di costituzione | diversa. Tutte le antocianine sembrano però di stare in rapporto coi flo- - bafeni, e di derivare dalla ossidazione dei tannini. Possono essere anche , n eristallizzabili. La loro produzione nelle cellule vegetali sta in rapporto | S anche con gli zuccheri. Mucillagini, non prodotte per ‘ras della parete, ma origi- . nate nel contenuto cellulare, vengono indicate per le Caetee da, B. Longo (?). Kd tessuto fondamentale di qualunque organo di queste piante si pos- sono osservare idioblasti di mucillagine, d'aspetto omogeneo, rare volte | stratificato, che sotto l'azione dell alcool apparisce spugnosa. Questi ‘corpi mucillaginosi rinserrano dapprima talvolta anche cloroplasti e granelli d'amido. L'autore li interpreta per serbatoi d'acqua. P, Bacca- rini (*) osserva mucillagini nei vasi eribrosi di parecchie Papiglionacee (Glycyrrhiza, Psoralea, Lotus tetragonolobus, ece .) che egli ritiene origi- nate direttamente dal plasma nucleare e dal nucleo. Egli ascrive a questi . prodotti una importanza paragonabile a quella della funzione del callo, ` BI veda anche il lavoro di R. Pirotta (*) sui serbatoi mucipari nella ` | corteccia dei rizomi e nelle guaine fogliari delle Hypozis. Un prospetto di classificazione delle diverse mucillagini è offerto da Z. Mangin nel Bull. d. 1. Soc. bot. de France, XL1 (1894). Riguardo all'origine delle cellule il Wiesner parte dalla legg ge gene- rale che qualunque cellula deriva, per via di divisione, da una cellula | madre. Per diverso che sia il modo di formarsi delle cellule, sia delle | erittogame, sia delle fanerogame, l'origine fondamentale è data da una divisione, prestazione come la cellula ovo nel sacco embrionale delle nerogame si è formata per divisione ed a sua volta dà, per successive 3 divisioni, origine ad un embrione. . d Ce . Nelle cellule nucleate ha luogo una donus diretta del nucleo óbpuld una. cariocinetica; la Lee non è ‘sempre susseguita da una divisione | Zeg Soc. bot. Sat looo. e Annuar. Ist. ; botan. Roma, VII (892). 0 Mnt VI (4892). pow Istit. bot. Ei v HD A dä AE Ali CO SLM di e e RI a au L4 Legni E AV 140 RASSEGNE di tutta quanta la cellula: in questo caso si parla di una frammenta- . zione nucleare. Gli studi degli ultimi anni non hanno apportato un riguardevole in- eremento alle nostre cognizioni in questo argomento.('). Vanno ricordati — qui gli studi istologici dello Strasburger (?), con abbondante materiale. — di osservazione. : S he dalla cariocinesi (tipo normale di divisione) alla frammentazione conducano diversi passaggi l'espone Z. BuscaZioni in un lavoro su ricor- dato (°). Nei casi, nei quali la frammentazione nucleare viene susseguita — da una formazione di cellule (endosperma di Vicia Faba, Fritillaria 7 imperialis, Leucoium vernum) rappresenta dessa dei fenomeni di età del nucleo, precedenti una involuzione della cellula neóformata. Questo non. è il caso negli idioblasti latticiferi di Urtica dioica. Le frammentazioni ` cariocinetiche si possono interpretare per mitosi abbreviate, le quali stanno probabilmente in rapporto col rapido allungarsi di quegli elementi. Se ` ad una frammentazione semplice tien dietro la divisione cellulare, allora 3 un solo nucleo può produrre due e più nuclei figli. | ; e Nell'ovulo di Vicia e di Lupinus si formano, per una proliferazione | degli elementi del sospensore, delle pseudo-cellule (carattere di valore sistematico!) che per proliferazione danno a lor volta degli individui i — quali si rivestiranno, a tempo opportuno, di una parete cellulare. Se le ` pseudo-cellule sono prive di nucleo, allora esse deperiscono ben presto. Da notarsi è, che le centrosfere riscontrate finora in alcune alghe. ed altre piante di organizzazione inferiore partecipano alla cariocinesi preci- samente come nei fenomeni analoghi seguiti nelle cellule animali in via i di histone, Passando ora all Istologia dei qui, fra i lavori italiani di indole generale, anzitutto le ricerche del Tognini 0. sull ege di aic (') Vedi Trad. pag. 289 segg 39. ELA. (*) in Pringsheims Jahrb., dee “i (©) Annuar. R. Ist. Þotan. ux VII (1898). ` ; (* Atti Ist. botan. Pavia, VI. (1900) ‘RASSEGNE IEN ` Solanacee, rimaste pur troppo un rudimento. L'autore segue in quattro specie l'origine dell'embrione e vi osserva notevoli differenze dal tipo stabilito da Hazsfeiz per le dicotili. In queste specie la cellula ovo si divide in due cellule figlie; da una di queste si sviluppa il proembrione. Il dermatogeno, il periblema ed il pleroma prendano origine da iniziali | distinte e non già dalla cellula ipofisi. Manca alle specie studiate sempre un primordio della piumetta. La interpretazione dei tessuti meristematiei all'apice degli organi di vegetazione, da Hanstein introdotta nella scienza, ha subito negli ultimi anni modificazioni sensibili, specialmente per parte del Van Tieghem (Tratt. di Botan., 1890). Questi venne a stabilire, in quella vece, una teoria propria ehe prese il nome di teoria stelare ('). Una critica di questa teoria, a confronto eon la nomenclatura di Hanstein, venne data da Schoute (°) e da Solms-Laubach (*). — S. Belli (*), studiando l'istogenia del fusto dei Trifolium si dichiara apertamente contro la teoria del _ Van Tieghem, e rifiuta l'ammissione di un fleoderma dello Strasburger. Simili regioni anatomiche non hanno alcun motivo di essere considerate autonome. : Una distinzione fra corteccia e cilindro nei fusti di Zrifolium non è possibile (come lo indicò già il Kruch per il fusto delle Cicoriacee, nel . 1890): la struttura di quelli non può venir spiegata adottando i tipi meristematiei di Manstein. Le fibre ispessite aderenti al fascio vascolare nella struttura primaria del fusto, e quelle disposte, nella struttura se- condaria dei fusti di altre specie di Trifolium in una cerchia, apparten- gono al floema, rispettivamente al cambio interfascicolare e non ad un perieielo. — I tessuti non sono sempre compatti, ma vengono attraversati, come è noto, da meati, da vani, da canali aeriferi detti intereellulari, che si Titengono sorti in via schizogeniea oppure, meno di frequente, in via | lisigenica. Il Zschirch ha dimostrato (nella sua mig che i meati v^ me e i BIG €) Vedi anche R. PIROTTA, Soe e cellule, 1899, (©) Jena, 4 149 RASSEGNE intercellulati di parecchie piante, originati per il distacco delle cellule, - à vanno poi ampliandosi in seguito a riassorbimenti. Nel parenchima eor- = ticale del culmo delle Bambusee (') si trovano dei canali che stanno ordinariamente in comunicazione con analoghi intercellulari di radici | avventizie, l'interno delle quali viene percorso da un aerenchima. y W. Schimper (Jena 1888) osservò nei pieciuoli di Philodendron cannae- Jolium e d'altre epifite tropicali dei vani intercellulari riempiti tempo- ` rariamente di aequa, allo scopo di provvedere, durante i periodi di | «siccità, alla traspirazione delle piante. Ad analoghi scopi di traspirazione servirebbe, secondo Zazinewski (°) il rivestimento mucillaginoso dei meati intercellulari nelle foglie di parecchie piante delle Alpi. , R. Pirotta osserva serbatoi, in forma di tubi ritorti, nello strato cor- tieale dell'asse di Hyporis e Curculigo (^), e in forma di ampi canali nelle guaine fogliari esterne. P. Baccarini (*) definisce per apparato albuminoso - tannico il caso che corpi tannici frammisti ad una sostanza proteica, e qualche volta anche ad un glucoside, occupino il contenuto di appositi elementi, i quali subiscono delle profonde modificazioni nella loro forma e struttura fondamentale (idioblasti) (^). Detti elementi son sparsi nel tessuto fondamentale tanto degli organi assili quanto delle foglie normali, e si dicono allora extrafasciali; altre volte Sono invece disposti in serie attigue ai cordoni vascolari, e sono detti parafasciali. Non tutte le Leguminose sono però provviste di questi idioblasti. "Nel contenuto di tali idioblasti i corpi tannici sono intimamente confusi con gli albuminoidi. Presso parecchie piante vennero osservate anche delle ` trabecole di protoplasma le quali, attraverso la parete, mettevano in comunicazione il contenuto di tali idioblasti con quello delle cellule concomitanti. Le ricerche di P. Pichi (*) sulle radici della vite hanno. ( Vedi MONTEMARTINI in Contrib. alla Biol. veget. III (1904). (*) Flora, Va D Annua r. Ist. botan. Roma, 1891 e 1898. ; E. (5 Malpighia, VI. 1893. , ca () Casi analoghi sono stati indicati già dal ten nel 1865, ed altri, ven- nero studiati più per esteso da P. VUILLEMIN (1892). MA nn. R. Te enolog., pre I (1893). | SEC cfi RASSEGNE Re 143 . dimostrato all'incontro la presenza di tannino nelle cellule parenchima- tiche della corteccia secondaria, zeppe d'amido, inoltre nei raggi midol- lari, ecc. ma esse non hanno rilevato alcuna formazione d'idioblasti. Passando ora ai singoli tessuti conviene ricordare qui, riguardo al tessuto epidermico, anzitutto i seguenti lavori sugli stomi. A Tognini (°) . conclude che gli stomi non presentano sempre forme costanti nei diversi organi della stessa pianta (contrariamente a quanto stabilisce il Vesque ; | talvolta è varia la loro forma fino nello stesso organo (fusto di Reseda odorata). I primi stomi di un organo provengono sempre da cellule madri di tipo più complicato. Per la produzione di pareti divisorie sup- pletorie possono venir formati anche più stomi da una sola cellula ini- ziale. Quest'ultima va interpretata nel senso di Strasburger, in quanto che in diverse specie di piante (vite, Syringa persica, Apocynum canna- - binum, ecc.) lo stoma viene prodotto direttamente da una cellula del - lepidermide senza previa divisione. Un caso simile l'aveva osservato anche il Briosi nelle foglie verticali degli Zwealyptus. Diversi nella loro forma sono pure eli stomi sulle brattee e.sullo stame di Cyaomorium È coccineum, studiati da A. Pirotta e B. Longo (3). Né mancano a questa specie gli stomi gemini e gli stomi con quattro cellule stomatiche, sempre ricche di amido. A. Antony (*) estende le ricerche di G. Chester (1897) Sulla struttura e sulla funzione degli stomi nelle appendici del perianzio e nelle antere di diverse specie meridionali, specialmente fra le mono- ol CL Bargagli-Petrucci (*) rivolge l’ attenzione alle cavità sto- ` matifere sulla pagina inferiore delle foglie di alcune specie di Ficus, SR Le fossette aerifere nei caudici e nei picciuoli delle Cyatheaceae e x: rt — Marattiacene (funzionanti da pneumatodi (*)) non possono paragonarsi a — > iu ; lenticelle ma sono da interpretarsi più tosto quali stomi ridotti. Il Mon- emartini (") osservò che gli stomi, sviluppati in gioventü sui eulmi tarare raro TS () Atti Istit. botan. Pavia, 1894. (?) Rendic. Accad. Lincei VIII. Roma 1899. C) Bollett. Soc. botan. ital., 1898. X Nello stesso periodico. si legge una critica di G G. ARCANGELI del lavoro di CHESTER, > WO Nuovo Giorn. bot. di; VIII (4901). BU E. HANNIG,. Botan. Zeitg. LVI (1898). . (4) Contrib. alla Biol. veen UL (1904). 144 RASSEGNE delle Bambusee, vengono sopravvanzati in seguito dalle cellule finitime a Pale a e, ricoperti di uno strato di cera, cessano di funzionare. G. Haberlandt ha stabilito (1896) il termine di « idatodi » per organi dell'epidermide (anche semplici cellule epidermiche o peli, in qualche caso) che secernono acqua, e che in molti easi stanno, mediante il tes- DT ‘er SIN suto fondamentale, in rapporto con i vasi acquiferi dei cordoni conduttori. — | Ulteriori ricerche vennero fatte su questo argomento da Koorders, Goebel | È e altri. SC: Il tessuto epidermieo che serve green te all’assorbimento dell’acqua, eom'é il caso per il tessuto tegumentale delle radici giovani, viene de- finito dal Wiesner col termine di e epiblema » (termine già fissato dallo ` E Schleiden (!) esclusivamente a caratterizzare il tessuto in parola per la sua particolare funzione fisiologica). Caduto l’epiblema, nelle radici di maggior durata, esso viene sostituito da un tessuto secondario, suberi- S- ficato, prodotto dalle cellule del parenchima fondamentale della radice E detto esodermide. d Quali speciali modificazioni subisca Meed dei cirri delle Cucur- — bitacee dopo aver avvolto un sostegno, si veda nel lavoro di A. Bora (*). - A proposito della peridermide si hanno, dopo le ricerche del Bore. Et che aumentavano i rari casi di un tessuto peridermico nelle foglie per ` alcuni nuovi esempi, si hanno gli studi di O. Daum (°) sulle Viscoidee, È nelle quali l'epidermide viene sostituita, con gli anni, da un «epitelio —. eutieolare » che prende la sua origine dal tessuto fondamentale. Secondo ` il Za Floresta (*) si forma nelle Palme un periderma dalle regioni peri- E. feriche del caudice, oppure da un apposito fellogeno; la cellula iniziale a di quest’ultimo. è localizzata nel tessuto fondamentale. Il tessuto ehe — SE viene a formarsi nel secondo caso è tutto di cellule sugherose. Non ven: — gono prodotte lenticelle; esistono però dei canaletti che mettono le por- d zioni più interne del fusto in comunicazione con l'esterno. > Anche nel capitolo sul tessuto fibrovascolare le ricerche di questi anni 3 (') Vedi Trad. pag. 92. (3) Rendie. Accad. Lincei. 1901. (3) Beihefte z. Botan. Zentralbl., 1902. (4) Atti Congr. botan. Palermo, 1903. RASSEGNE i 145 hanno apportato alcune innovazioni. Lungo tempo si consideravano | per vasi le tracheidi a spirale od annulari nell’astuecio midollare del tronco delle Conifere; oggidì si sa che lo xilema di queste piante è privo di vasi fin dal primo anello annuale. Lo sviluppo ed il decorso dei fasci vascolari nelle foglie delle Cicadee presentano, secondo Æ. Carano (') una serie di modificazioni, sulle quali è facile di riconoscere tutte le altera- zioni che il tessuto fibrovascolare ha subito, con la evoluzione, per ar- rivare al grado caratteristico di struttura complicata, quale la si osserva. oggidi nelle piante superiori. — P. E Scherer (°) pubblica uno studio sui cordoni vascolari. Nella prima parte di questo studio sono specificati, relativamente alla disposizione del leptoma e dell'adroma in essi, per le monocotili soltanto, 9 diversi tipi. Questa distinzione ha pure una base fisiologica, parte riguardo alle condizioni di nutrizione e parte in riguardo a quelle meccaniche. Le serie perifasciali di cellule cristallifere (« stegmata »), nelle monocotili, sono state studiate a lor volta; però, per queste ricerche, non vengono che semplicemente allargate le nostre cognizioni relativamente alla diffusione di quelle nel regno vegetale. Il legno secondario delle Proteacee è stato studiato da C. Zoulbert (Besançon, 1893), il quale basa, sulle particolarità di struttura di quello, un quadro sistematico della famiglia. — A. Borzì (?) ha studiato i fasci bicollaterali nel fusto e nella radice di Brassica fruticulosa. Il cambio si differenzia precocemente, mentre nella porzione postero-cambiale del fascio sorgono vasi annulari e vasi spirali, separati l’uno dall’ altro da scarsi elementi parenchimatici. Questi continuano a suddividersi e pro- dueono un cordone floematico di vario spessore. Per attività del cambio nelle prime fasi del suo sviluppo vengono prodotti nuovi vasi a spirale che allargano la regione floematica, per cui il floema interno non prende origine da un meristema primario esclusivamente, ma non deriva nep- pure da un proprio cambio. In seguito all’accrescimento alternano zone di legno secondario e zone di libro secondario. Sul lato concavo dei cirri n C) Annal. di Botan. I. (190 () Boll. Soc. botan. ital, 1892. 10. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. * 146 i RASSEGNE delle Cueurbitaeee (*) si sviluppa, a torsione completa, un tessuto speciale in prossimità dei cordoni vascolari. Il tessuto, costituito di fibre scleren- chimatiche che si lignificano, prende la sua origine dal tessuto fondamen- tale. Questo fatto era noto come tale e, riguardo alla sua funzione fisio- logica, esattamente interpretato già dal Zianconi di Bologna (1856). Nel 1896 Briosi e Tognini pubblicarono uno studio anatomico sul pas- saggio dalla radice al fusto, nella canapa. Z. Montemartini (f) esaminò in proposito radici diarehe e poliarehe. Egli osserva una diretta conti- nuità dalle radici ai cotili senza aleuna torsione, mentre le trachee pri- marie delle radici cessano ad un punto qualsiasi dell’asse ipocotile. Sul modo di comportarsi dei fasci di xilema che s'internano nei fusti si possono stabilire tre tipi differenti. Il Ricome, che ha studiato l'analogo comportarsi nella Primula Auricula, arriva alla conclusione che il pas- saggio abbia luogo in modo diverso, a seconda dei casi. Altri studi sullo stesso argomento pubblicò il Tison nel 1895. Sulle anomalie di struttura del fusto di Phaseolus Caracalla vedi il Borz) (^). Prendendo a considerare l'istologia dei singoli organi vopétili va notato, per la foglia, anzitutto il easo delle lamine di aleune monocotili con sviluppo di stomi acquiferi. Il mesofillo sottostante a questi stomi è, in quelle piante, privo di clorofilla e viene attraversato da meati in- tercellulari acquiferi. Questo speciale tessuto è stato distinto col termine di «epitema ». I cordoni vascolari di queste foglie sono per lo più rive- stiti di una guaina conduttrice di natura parenchimatica. Fra lavori speciali di anatomia fogliare andrebbero citati: H. Ross, per le Iridee (*); Z. Re, per le Amarillidacee (°). E. Paratore (71 studiò dal lato anatomico e fisiologico le foglie di Gyaerimm argenteum, con riguardo speciale alla loro facoltà di torsione. F. Morini presentó. all’Acca- A : demia di Bologna (*) un eontributo sull'anatomia del caule e della foglia (') Vedi A. Bopa in Rendic. Acc. e (*) Atti Ist. botan. Pavia, 1898 e (3) Bollett. Soc. botan. ital., 1892. (*) Malpighia, VI e VII. C) Annuar. Ist. bot. Roma, V. (1894). () Contrib. alla Biol. veget. L (1893). (7) Memorie, 1894. RASSEGNE 147 delle Casuarine, aggiungendovi in seguito (') delle ricerche sull’ area connettiva della guaina fogliare e d'una zona analoga ai nodi nelle in- fiorescenze maschili. W. Dobrowljanski, Anatomia comparata delle foglie delle Salieinee. (Pietroburgo, 1893). A. Colozza, Anatomia delle foglie delle Humiriaceae (°): tutte le specie di questa famiglia presentano, in n corrispondenza della costola mediana, una struttura assile nella loro lamina; il cilindro. interno è separato dal tessuto fondamentale mercé una forte guaina sclerenchimatica; lo xilema vi è molto bene sviluppato . con vasi ampi e fibre assai ispessite. In prossimità del punto d'inserzione varia invece la struttura fogliare a seconda della specie, partieolarmente nel genere Saccoglottis, a motivo della distribuzione dei fasci. O. Kruch ` espone (°) l'istologia del fusto e della foglia di Dahlia imperialis, evene specialmente il decorso dei fasci conduttori. Per il fusto abbiamo, oltre ai lavori su citati di Borzì (Brassica, Pha- seolus), Kruch (Dahlia) e Morini (Casuarinee), anche uno studio di G. Zodda (*) sullo stipite delle Palme. Studiando un Trachycarpus e due , Livistona: l'Aut. conelude che l'inspessimento dello stipite ha luogo per laeereseimento delle cellule parenchimatiche primarie e per l'allarga- mento dei meati intercellulari; secondariamente vi si può aggiungere un ingrandimento dei fasci e dei cordoni vascolari (Zrachycarpus). Il tessuto suberoso (Zivistona) si forma per il deperimento e la susseguente suberificazione delle porzioni dices del tessuto fondamentale (cfr. La Floresta, 1902). Il fusto volubile di molte Bignoniacee inizia una produzione di legno . Mormale, Coll'ulteriore acerescimento s'interpongono in seguito bende di tessuto corticale framezzo ai setti legnosi, cosicehè questi rimangono come altrettante porzioni raggiali che alternano con altrettanti raggi di parenchima corticale che dal periderma va intersecan losi fino al legno primario. Questo fatto anatomico è caratteristico per diverse liane, ma Specialmente per quelle dei pare tropicali. Il asser (^) ha indicato EE ria Ni p, IX, (*) Nuovo giorn. bot ital, 1904. (*) Annuar. Ist. botan. Roma, V. Č) Malpighia, XVIII. (1904). ©) Verhandlungen Zool. botan. PET Wien 1887. T x NA E V RIA n Mau e MS KEE AER E E EE 1 4 148 RASSEGNE una scissione analoga del cilindro xilematieo anche per alcune delle ` clematidi nostrali. Pistone (*) studia la struttnra della Solandra gran- diflora e ne deduce delle. conclusioni generali per questo genere di liane. La struttura della radice è stata ritenuta lungo tempo per molto uni- forme, astrazione fatta per i diversi tipi offerti dalle Crittogame vasco- lari, dalle Monocotili e dalle Dicotili. Ma le ricerche degli ultimi anni hanno apportato molta luce in questo argomento, per cui lo studio dell’istologia delle radici, specialmente delle monocotili, ha fatto emergere diversi tipi caratteristici nella struttura di questi organi. Per primo studiò il Cerulli-Irelli (*) la struttura anormale delle dracene, dimostrando l'origine dei vasi isolati e di singoli tubi clatrati da un meristema pri- mario. Diverso però è il tipo di struttura per i diversi rappresentanti | di questa sottofamiglia delle Gigliacee. Con più ampio orizzonte presero a studiare R. Pirotta e L. Buscalioni (°) l’origine degli elementi vascolari nelle radici delle monocotili. Il pleroma è fra’ meristemi quello più distintamente sviluppato; da esso provengono ` il cilindro centrale, il tessuto fondamentale e, sparsi in questo o riuniti a gruppi, gli elementi vascolari. Gli elementi del floema derivano, per la massima parte delle specie esaminate, direttamente dal pleroma, in via centripeta; quelli più giovani e più periferici prendono origine da — | * una cellula madre che dividendosi produce il tubo clatrato e le cellule concomitanti; i susseguenti risultano per la trasformazione diretta di una - cellula meristematica. Gli elementi propri dei vasi delle radici laterali ` hanno un'origine diretta da una cellula o da una serie di cellule del meristema e non mai da un fascio procambiale proprio. Essi nascono. in tutto il tessuto fondamentale. I primi a formarsi sono quelli interni, . gli ultimi sono i fasci periferici immediatamente opposti al pericielo. I fasci centrali e più interni si partono già dalla prossimità delle iniziali — del pleroma, mentre quelli più esterni vengono originati dalle serie più periferiche del pleroma, al di sotto del pericambio. In seguito il Pirona $ (y Contrib. alla Biol. veget. I (1894). (3) Annuar. Ist. botan. Rom (5, Rendic. Accad. Lincei, seri VIL, Roia 1897. d x RASSEGNE ; 149 | pubblicò (') due Note particolareggiate, frutto di estese ricerche, sullo stesso argomento, e diede negli Annali di Botanica (°) un 'estesa rivista bibliografica su questo capitolo, dal 1840 (Zestiboudois) in poi. . Per le dicotili non abbiamo che singoli lavori, relativi a determinate specie, meno intorno ad intiere famiglie. Fra essi vanno citati i seguenti: — F. Morini, per le Casuarinee (°). Le radici di queste presentano un tipo m poa conforme che il fusto; la loro struttura tipica si prolunga sino a metà altezza dell'asse ipocotile. Già nel primo anno si avverte in esse la formazione di una peridermide, nonchè di floema e xilema, dai quali tessuti prosegue in seguito la struttura secondaria dell'organo. Dal peri- cielo proviene un fellogeno che sviluppa in più tardi un abbondante fel- . loderma. Il legno secondario apparisce molto omogeneo, perchè le sue | caratteristiche zone concentriche non sono gran fatto appariscenti. Il Van Tieghem (*) trova che. la radice delle Lorantacee parassite differisce, — mella sua struttura, da quella di tutte le altre parassite, per non aver . che appena differenziata un'endodermide nella corteccia e per possedere fasci fibrosi in numero doppio all'esterno dei fasci liberiani. Con l'età | viene prodotta, dallo strato limitante l'epidermide una peridermide plu- | riseriata, e più tardi, allorquando la radice entra a contatto con il ramo della pianta ospite, si forma un anello di ispessimento (^). G. Lopriore (*) pubblicò una Nota sui caratteri anatomici delle radici . nastriformi, cioè di quelle che per decapitazione o per spacco dell'apice | della radice primaria si sviluppano Ta radici laterali e connascono poi insieme. i Le diverse ricerche particolareggiate sulla fecondazione e sull'embrio- genia, pubblicate da Pirotta, Longo ed altri, le considero come pertinenti alla morfologia. Riunirò qui, dal lato istologico, brevemente alcuni lavori e Sugli argomenti seguenti. | = €) Rendie. Lincei, XI (1902). ` GN ) i00 ds EE dene vol II, 1904 | pc I we) Acead. Bologna, t. 6 4897) 3€) Bullett, CR bot. di France, XLI (1894). . cn T ; 9 Per la struttura della Lorantacea Phrygilanioe aphyllus Zeg Boom 150 RASSEGNE E C ve p" SV da Sul frutto e sul seme di Zugenia myrtillifolia vennero pubblicate da ` E. Baroni (‘) alcune ricerche anatomiche, le quali non andrebbero esenti : però da osservazioni critiche. Z. Buscalioni (?), studiando la struttura e. lo sviluppo del seme di Veronica hederaefolia, rileva cho nella serie mediana delle cellule dell'endosperma appariscono, usando specialmente | il reattivo di Schulze, nelle pareti delle striature, le quali, ad ingrandi: — mento maggiore si risolvono in granelli rifrangenti ed una sostanza — cementizia ritenuta dall'autore quale residuo delle bende protoplasmatiche — che mettono in comunicazione reciproca due cellule finitime. La cellula in fondo alla calaza nel sacco embrionale (la « insaccaturà basilare » ` del Bachmann) è provveduta di una membrana non stratificata, ma ab- ` bondantemente punteggiata, e rinserra del protoplasma granuloso o qualche volta distintamente fibrilloso, con frammenti nucleari indistinti ` in via di divisone. Il protoplasma aderisee fortemente alla parete e rac- ; chiude nel centro uno o più vacuoli grandi; dopo un trattamento eon | acqua di Javelle la faccia interna della membrana apparisce coperta di produzioni a bastoncelli, oppure granulari, disposte ora in serie ora a cumuli. In un caso l'autore potè comprovare la loro quasi totale trasfor mazione in granelli di cellulosa. — Sul frutto e sul seme delle Opunzie pubblicò Z. Montemartini (*) una nota preventiva, nella quale egli si rivolge principalmente contro il d' Hubert (1895) facendo rilevare alcune inesattezze nelle quali questi è incorso. Interessante è il caso frequente di una poliembrionia nei semi di queste piante. M. Radais (*), esposti i fatti anatomici fondamentali riguardo alla ‘natura degli strobili delle Conifere, vi stabilisce un sistema di classificazioni per i generi delle abietinee e delle tassodinee. Il Colozza pubblicò un contributo all'anatomia delle Alstroemeria e parlando per esteso dell'istologia dei singoli organi di queste piante €. NËT e e us dat) lg TA, "gë EL CD DU ek a E EI EOM e e e RT (') Bollett. Soc. botan. ital., 1892. C) Memorie Accad. Torino, t. 43, 1893. () Atti Istit. botan. Pavia, V (1897) (4) Tesi; Parigi, 1894. Č) Malpighia, XII. 1898. RASSEGNE S 151 presentò quindi C) le notevoli differenze anatomiche che passano fra i generi Alstroemeria e Bomarez. Un esteso quadro anatomico delle Specie delle Zygophyllaceae, su base fisiologica, venne offerto da E Pan- E: anelli (*) nel 1900. L'anatomia del fusto e della foglia delle Epaeridee — — é stata studiata su materiale di erbario , da P. Baccarini (*), il quale ne deduce che nessun carattere anatomico è partieolare di questa fami- glia, e ehe nessun tipo di struttura speciale è comune a tutti i rappre- | sentanti di essa. Singole particolarità istologiche si possono considerare quali semplici manifestazioni dell’ adattamento. Nel 1906 è stata pub- blieata da D. P. Penhallom (*) la prima parte di un lavoro anatomico sulle Conifere dell’ America settentrionale e di taluna specie del Giappone e dell’ Australia: il lavoro è ricco di importanti particolari. A. Colozza (^) aggiunge ai lavori già esistenti sulle Olacaceae alcune contribuzioni lative alla istologia del fusto e della foglia di queste piante. G. Bar- agli - Petrucci (°) pubblica le sue osservazioni sulla struttura dei raggi midollari di alcune Bombacee raccolte da O. Beccari a Borneo, . che non > si trovano descritte nell’ opera del Dumont (1889). Il legno e la corteccia delle Cistacee formano il soggetto di una pubblicazione istologica di Dei lavori diversi sull' anatomia di singole specie siano indicati: le ri- SA - Cerche sull'anatomia ed istogenia della Phytolacca dioica di O. Kruch fa ES la struttura anatomica del Glinus lotoides studiata da Baccarini e Scil- lumi UL In questo lavoro, oltre ai particolari istologiei, vi sono delle interessanti notizie sulla morfologia della specie detta. La sua radice è multicapitata; la sua fillotassi è del tutto anormale, ond'é che le gemme (!) Nuovo Giorn. bot. ital., VIII (1901). i Atti Soc. Natural. di Modeni: vol. 33. D Nuovo giorn. bot. ital., IX. (1902). E Società amer, dei Natural: Boston, vol. 38 dp. . O) Nuovo Giorn. bot. ital, XI (1904). 6 ) Nuovo Giorn. bot. it, XL Vedi anche il lavoro dello stesso Aut. sui X vengono a svilupparsi su tre ortostiche. Baccarini e Cannarella Oh studiato la struttura anatomica € fps coccineum , es Talvolta vengono a formarsi alla TUO del tubero di uec numerosi meristemi apicali, dai quali si sviluppano coni di vegetaz avventizi, ciascuno dei quali. dà ‘origine ad un fusticino. “ui 3 Dicembre 1906. I ` Rendic. Accad. Lincei, Roma, V (1899). . La Materoana si i pubblica una volta al mese, in fascicoli di 3 sogi äi stampa intiero volume. sannalo (36 à fidi i ge eon circa 20 tavole) sarà messo | RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA | REDATTA. DA Che PENZIG ed Prof. all Università di Genova È ; : Ke | A Assen XXI — Fase. IV-VI | | (con 2 Tavole) =i ^ MARCELLO ‘ MALPIGHÌ , PE Zë Ue 1697-1694. a O : Aneora sugli Erbarii eonservati nella Biblioteca Angelica Risposta al Dott. E. Chiovenda di E. CELANI ep 0. PENZIG. (con Tav, I). Il Prof. Chiovenda, a distanza di quattro anni l'una dall’ altra, pubblieava due memorie sugli Erbarii Angelicani da noi attri- buiti a Gherardo Cibo: nella prima ('), accogliendo la nostra tesi, portava ad essa il contri- buto di altre osservazioni e giu- dizi, se non notevoli, certo inte- ressanti, e avvalorava le nostre conclusioni con congetture alle quali non avemmo difficoltà di assentire; nella seconda, presen- tata al Congresso dei Naturalisti che si tenne in Milano nel set- tembre 1906 (*), veniva a so- stenere una tesi diametralmente opposta alle nostre e sue con- clusioni di quattro anni prima, negando al Cibo la paternità de- () Annali di botanica, vòl. 1, D (®) Nuovi studi sui due’ antichi erbarii della Biblioteca Angelica .di Roma, Milano, 1907. 154 E. CELANI ed o PENZIG gli erbarii Angelicani, e spostando notevolmente l epoca della loro for- mazione. In fatto di studii storici non è da meravigliare se in base a nuovi risultati si cambia opinione, ed anzi avere il coraggio di farlo è dare prova di lealtà; ma in questo caso ci sembra che il Chiovenda abbia corso troppo: o prima nell’ accettare tanto entusiasticamente le nostre conclusioni dopo aver pur lui « studiato con grande attenzione per due anni » quegli erbarii, o adesso nel negarle. Devesi ricordare che nei riguardi di Gherardo Cibo tutto era da hio il suo nome riusciva completamente nuovo tra i cultori di botanica, e gli stessi proff. Pirotta e Chiovenda, autori di una lodevole bio-biblio- x grafia della botanica, non lo conoscevano. E del pari la esistenza de- gli Erbarii Angelicani era a loro ignota. La ricostruzione della vita e delle opere del Cibo non fu davvero, per parte nostra, cervellotica: tutto si basò su ricerehe e documenti d'archivio, su carte dell’epoca, su Gate. c E rispondenze di lui, o di altri a lui, per modo che ci fu possibile se: AS guirlo passo passo per tutta la vita e ricostruire quasi completamente — — il suo valore botanico. Diciamo quasi completamente, perchè dopo di. Ps noi vennero fuori altri documenti pubblicati dal Cermenati (') e dal De Toni (*) che servirono ad illustrare e fare brillare sempre più di viva luce la figura dell’ ignorato e modesto botanico. Il lavoro di rico- E struzione della vita di quell’ ignoto — appunto perché ignoto — ci co- E stò quasi due auni di ricerche; e la prima memoria su di lui pubbli- E cata e che reca i documenti di eui ci valemmo, dà ad esuberanza, solo ` ad esaminare le fonti di ricerche varie e lontane, l’idea di quanto mi- a nuziosamente e pazientemente quelle ricerche fossero condotte. E questo ` i a ricordiamo, perchè stabilisce la grande differenza tra il Chiovenda e. ; noi: mentre egli si sbizzarisce su deduzioni e congetture, delle quali si potrà ammirare F acutezza e T intelligenza, ma non certo l attendi- bilità serupolosa dello storico, noi ei fondammo unicamente su doeu- menti, i quali sono tanto precisi da non dare luogo a dubbie interpre- mm Annali di botanica vol. [V, fasc. 4, pag. 433. () Le relazioni di Gherardo Cibo con Ulisse Aldrovandi; Bologna, 1907. B zd i. mu * D A È ANCORA ERBARII BIBLIOTECA. ANGELICA 155 tazioni. Questa conclusione ci avrebbe liberati dal rispondere alla critica ieri entusiasta, oggi demolitrice, del Chiovenda; ma questi è uno stu- dioso colto e noto, al quale non si può rispondere col solo silenzio, e perciò noi, difendendo il Cibo — come creatura nostra — dimostreremo che le nostre conclusioni di quattro anni indietro restano oggi tal quali. A rendere più facile la risposta alle critiche del Chiovenda, seguiremo il metodo stesso da lui adottato, dividendo anche noi questo articolo in tre punti: 1) A quale epoca rimontano gli erbarii dell'Angeliea ? 2) L’autore degli erbarii è proprio il Cibo? 3) Non essendo gli erbarii del Cibo, di chi potrebbero essere? Nella memoria pubblicata l'anno 1903 e che traeva origine « dall'avere a lungo e con grande attenzione esaminati » gli erbarii Angelicani, il Chiovenda non riteneva assolutamente provato che il Cibo nel suo primo viaggio in Germania, fatto cirea l'anno 1533, erborizzasse, perché anno- tando che la pimpinella maggiore l'aveva veduta nei pressi di Ratisbona ed Ingolstadt non poteva provarsi che ne avesse presi degli esemplari e disseccati. Non cosi però nel secondo viaggio in Germania e in Fran- cia compiuto l'anno 1540. Il Chiovenda, fondandosi sopra una postilla dell’erbario, vol. IV, fol. 59, ove sotto un esemplare del Bupleurum fru- ticosum L., legoevasi : Aethiopieum verum e Gallia allatum, e che noi non avevamo rilevato, asseriva che niun dubbio poteva affacciarsi sul- l’ avere il Cibo erborizzato in Francia nell’anno 1540. E da questo ne deduceva che l'erbario doveva almeno risalire a quell'epoca. Questa con- clusione da lui tratta, unitamente all’ altre nostre fondate sulle marche della carta riscontrate nell'erbario, e che davano con certezza quasi ma- tematica una produzione che variava dall’ anno 1535 al 1550, veniva a confermare perfettamente l'ipotesi che gli erbarii Angelicani fossero co- minciati in quel periodo, ; Nella seconda memoria, il Chiovenda, vuole portare la formazione del- ‘erbario — e ciò per servire alle sue conclusioni — ad un tempo di Molto Posteriore, e per questo non parla più né del celebre Allatum, nè l ` delle marche delle carte. L'abbandono di questi due importanti elementi di prova è troppo precipitoso, ed il Chiovenda avrebbe dovuto non la- 156 E. CELANI ed o PENZIG sciarli a priori, ma distruggerli con altri argomenti; ciò non fa, perchè non si può tenere come argomento storico la dimostrazione « analoga per importanza » — come egli asserisce — che circa cinquanta specie di piante conservate negli erbarii « furono trovate verso la metà del se- colo XVI ». Noi diamo delle date fisse, non discutibili : il Chiovenda si fonda, oggi, sull’epoca approssimativa nella quale certe date piante ven- nero pubblicate. E chi assicura al Chiovenda che quelle piante fossero state ritrovate proprio da coloro che per i primi ne diedero notizia ? Nel giudicare di una questione svoltasi circa tre secoli e mezzo indietro, non va dimenticato l'ambiente, il costume, la difficoltà delle comunicazioni che rendevano allora gli scambi tardissimi e talvolta impossibili: non va dimenticato che il Cibo si ritirò giovanissimo in Rocca Contrada e di là mai più si mosse, mentre i botanici dei quali parla il Chiovenda, viaggiarono, erborizzarono e pubblicarono poi i risultati delle loro ri- cerche : tutte cose che il Cibo non si sognò mai di fare. Allora viene spontanea la domanda se egli non avesse potuto rinvenire delle piante che rimasero inedite, solo perchè egli non pubblicò un rigo dei suoi la- vori. Tanta è la foga di volere trasportare la formazione dell'erbario al- lepoea voluta, che il Chiovenda si lascia prendere la mano da questo grande desiderio, e invece di fermarsi al traguardo stabilito — che per lui era il 1550-1580 — lo passa velocemente e si arresta solo molto, e molto più innanzi, non badando che questo finiva per fargli perdere il risultato della corsa. Infatti a che arriva con la sua teoria delle piante pubblicate solo nella metà del secolo XVI? A darne alcune, come il Zy- copodium annotinum scoperto solo nel 1600, la Satureja Thymbra nel 1601, la Campanula Scheuchzeri e VEuphrasia tricuspidata nel 1616, V Opuntia vulgaris nel 1623, e l’Achillea nana L. nel 1651. Ora se de- vesi partire dal concetto stabilito dal Chiovenda, che | Erbario conte- nendo piante edite in una data epoca non può essere anteriore all’ epoca stessa, ne viene di necessità che gli Erbari Angelicani dovrebbero attri- buirsi alla seconda metà del secolo XVII! Ora basta guardarli, © di- eiamo guardarli, non esaminarli, perchè l'occhio di persona avvezza @ trattar carte vecchie escluda l'ipotesi del Chiovenda. Quest’ assurdo è preveduto dallo stesso Chiovenda, che cerca eier Y Div wa UNS rhon Sauer TECH, Mos DT E ATEI ANCORA ERBARII BIBLIOTECA ANGELICA 157 osservando che se il Cibo fosse stato insieme scopritore e raccoglitore di piante, avrebbe dovuto essere botanico tale da non rimanere ignoto a tutti fino a questi ultimi tempi. Perché? Non è forse il Chiovenda stesso che al principio della sua seconda pubblicazione asserisce, riguardo al Ghini, che le notizie di questi « ci sono pervenute vaghe, quasi trasmesse per leggenda, non avendo egli lasciato alcuna traccia del suo sapere bo- tanico, all'infuori di una corona di eletti allievi che divennero in se- guito giganti della scienza » e ne celebra l'altezza dell’ ingegno ed il vasto sapere? Perchè lo stesso criterio che gli fa ammettere la grande personalità del Ghini, non documentata da altro che dalla leggenda, gli impedisce di riconoscere al Cibo la competenza botanica che è dimo- strata da documenti proprì e dagli elogi che di lui fecero i botanici suoi contemporanei? Forse perchè era sconosciuto dai compilatori della bibliografia botanica? Non lo era però al Baldi, al Mattioli, all’ Aldro- vandi, al Fuchs — e le relazioni con quest’ultimo, è lo stesso Chio- venda che le dimostra nella sua prima memoria — per gli altri non sono discutibili, perehé esse furono largamente documentate. Intanto a distruggere le relazioni col Fuchs, il Chiovenda di oggi, contraria- mente al Chiovenda di quattro anni or sono ed a noi, nota che non fu il Cibo che cancellò nell'edizione del Mattioli del 1548 da lui posseduta e colorita il nome del Fuchs in tutti quei luoghi nei quali il Mattioli lo rimproverava di errori, ma furono i Padri Agostiniani, che dopo lo scisma luterano si presero la briga di cancellare il nome di autori te- deschi nei testi dei libri. Quest'asserzione, oltre essere molto vaga, è anche azzardata: che spesso il nome dell'autore e il luogo di stampa si trovino cancellati nei libri che provenivano dalla Germania è vero: ma che le cancellature si estendessero ai testi, come riscontrasi nell’ opera del Mattioli è rarissimo; erano cancellature effettuate quasi sempre nel solo frontispizio, e quasi sempre in opere teologiche e dogmatiche, Mentre qui trattasi del testo e di un'opera di botanica. Se gli Agosti- niani avessero voluto fare su tutte le opere da loro possedute il lavoro che il Chiovenda vuole abbiano fatto nel volume del Mattioli, forse sta- rebbero ancora a cancellare! Come mai pretenderebbe che noi si pro- Vasse essere le cancellature fatte dal Cibo? Il libro era suo, e siccome 158 E. CELANI ed O. PENZIG esse cancellature, come le postille, risultano di una stessa epoca e di uno stesso inchiostro, non ei pare avere almanaceato se sue le suppo- nemmo. Certo non avremmo mai pensato agli Agostiniani! Il Cibo — dice il Chiovenda — raccolse piante, è indubitato : ma non le disseccò, nè volle mai farne un erbario: egli fu soltanto pittore di piante. Che fosse un bravissimo pittore di piante è indubitato, e ne fanno fede i libri dell’ Angelica e il ricordo « del gran libro di piante » che il Mattioli -desiderava ammirare; ora non pare al Chiovenda che per di- pingerle tanto esattamente bisognava anche esattamente conoscerle? E non conoscerne soltanto qualcuna; perchè i volumi dell’ Angelica, esa- minati dal Chiovenda, sono lì a testimoniare che il Cibo ne ha dipinte a centinaia, il che fa pensare che la sua cultura ed erudizione botanica non fosse poi tanto limitata. Gli erbarii dell’Angelica non hanno scopo scientifico — dice il Chiovenda — e quantunque non dividiamo la sua cpinione, possiamo pure concederglielo; diremo allora che il Cibo dis- seccava le piante per mantenere gli originali delle sue pitture, per averli presenti nel dipingere, per farne quello che il Chiovenda crederà meglio, ma intanto è giuocoforza ammettere che piante ne raccoglieva e ne disseccava. E la lettera del Bacci al Cibo che ricorda « quod tu (Cibo) ab usque primis annis ad hae validam senectam praestitisti, qui hoc solo studio ae amore indagandae naturae plantarum et stirpium non contentus peragrasse diu diversas Italiae terrae ae salebrosos Apennini subire et perlustrare montes » perché la dimentica il Chiovenda? Il Cibo era nato l'anno 1512, e quel primis annis ci porta molto indietro, e ap- punto alle date già da noi stabilite degli anni 1532-1533. Ora queste nostre deduzioni — non ci stancheremo di ripeterlo — sono ricavate dai documenti, e pur ammirando l’intelligente dialettica del Chiovanda, non ci muoviamo da esse. i Il Diario del Cibo comincia solo nell'anno 1553, e se pure il Cibo erborizzò , dovette farlo posteriormente a quest'anno, così asserisce il Chiovenda. Ma se il diario è muzilo, come vuole basare quell'asserzione ? Dal manoseritto autografo di esso diario scorgesi chiaramente che ne ` manca moltissima parte; chi mai può dire in quale anno fosse comin- DUET CY S icd de Dt titan. PAL god PER SH eg ANCORA ERBARII BIBLIOTECA ANGELICA 159 ciato? Le relazioni botaniche del Cibo sono stabilite dai documenti an- teriormente a quell’anno; il diario si richiama, specie nei particolari interessi del Cibo, ad avvenimenti accennati prima; dunque è neces- sario ammettere che se la parte del diario a noi pervenuta ci dà la prova materiale che il Cibo erborizzava, non ei dà D epoca precisa in cui cominciò a farlo. E perchè quel diario non potrebbe essere comin- ciato intorno all'anno 1540, epoca nella quale il Cibo si ritirò in Rocca Contrada ? Obbietta il Chiovenda che i libri postillati dal Cibo, sono tutti stam- pati posteriormente all'anno 1550. Cosa prova? Innanzi tutto osserviamo che l’edizione del Mattioli del 1548 è già postillata dal Cibo — ed essa ci riporta due anni addietro al 1550 — e poi è innegabile che in esse opere si rammentano i viaggi fatti dal Cibo in Germania l'anno 1533 allorchè alla pimpinella maggiore che nasce in Boemia, nota di averla veduta per le campagne di Ratisbona e d’Ingolstadt, riferendosi appunto al viaggio fatto l'anno 1533. Se queste impressioni furono dal Cibo scritte su edizioni posteriori all’anno 1550, cessano per questo di appar- tenere, come sostanza, come fatto, ad un’epoca di molto anteriore? E non provano invece che nell’anno 1533 il Cibo faceva già le sue osser- vazioni botaniche così sicure, così esatte, da ricordarle e prenderne nota anche molti anni appresso? E (come osservazione incidentale) il Chio- venda certamente notò come nell'indiee dell'erbario B vicino al nome Lychnis agria leggesi dai Lucae Ghini: ora non gli sembra che lo scrivente ricordando il Ghini lo ,avesse presente come persona viva e meritevole di ricordo? Si noti che il Ghini morì l'anno 1556. Tutte le obbiezioni del Chiovenda non cambiano dunque storicamente la questione dell’epoca nella quale gli erbarii furono formati, nè intac- ano la nostra asserzione che li attribuisce a Gherardo Cibo. E questo eomprende tanto bene il Chiovenda ehe vuole avvalorare la Sua tesi molto deficiente con altri argomenti che disgraziatamente sono ancora più deboli: cioè discutendo sulla provenienza di essi erbarii e dei libri del Cibo alla biblioteca Angelica e supponendo che vi siano pervenuti con i libri del cardinale Domenico Passionei che furono acqui- stati dagli Agostiniani l'anno 1762. Questa supposizione ci fa dubitare 160 E. CELANI ed 0. PENZIG che il Chiovenda non abbia letto con troppa attenzione la nostra prima memoria, visto anche che invita il Bibliotecario dell’ Angelica a verifi- care se la sua ipotesi sia esatta. Perchè certo non possiamo supporre che abbia taciuto ad arte le prove da noi date sul passaggio dei libri del Cibo all'Angeliea. A pag. 18 della citata memoria noi scrivevamo: « À conferma che i libri del Cibo passassero direttamente al Rocca, sta il fatto che, morto il 6 novembre 1564 il di lui cognato Domenico Passionei, ì libri da questi posseduti e molti altri della famiglia Passionei furono ereditati dal Cibo, e con quelli che questi già possedeva si rinvengono adesso nella biblioteca Angelica. Da una rapida ricerca fatta nei libri di questa biblioteca ho ricavato che nove persone della famiglia Pas- sionei, anteriori al Cibo e a Domenico sopra citato possedevano libri, e avevano il loro nome nel frontespizio, aleuni recano i nomi di Passionei ' e Cibo uniti ». Che gli erbarii — senza alcun dubbio — fossero in mano del Rocca al principio del secolo XVII e nell'Angeliea, è provato da un piccolo libro pubblicato dal Rocca stesso, e che altro von è che un catalogo per grandi classi delle opere dell'Angeliea. Esso è intitolato Bibliotheca — Angelica — litteratorym litterarvmq. amatorum — commoditati dieata — Romae in aedibus Augustinianis (figura del Rocca) Romae AM. DC. VIII. (apud Stephanum Paulinum) superiorum permissu; ed a pag. 57 leggesi: « Res arborea et HERBARIA ». « Her- bae, ae plantae reapse super chartam eonglutinatae pluribus tomis in folio eomprehensae ». « Herbae, arbores, vel plantae ac frutices iconibus repraesentatae nec non miniutae ac descriptae multisg. tomis comprehensae cum earumdem proprietatibus et virtutibus »: Si potrebbero meglio descrivere gli erbarii ed i volumi miniati o co- loriti dal Cibo? Che diamine vuole di pià il Chiovenda per concedere che gli erbarii e i libri del Cibo erano all'Angelica almeno dal 1608?! Ancora una prova. Abbiamo esaminati i cataloghi della antica biblio- teca Passionei: ebbene in essi non v'è traccia aleuna, non solo degli erbarii, ma delle opere botaniehe appartenenti al Cibo. « Il Cibo è assai probabile ehe non conoscesse il Rocca » scrive il Chiovenda. A noi pare invece assurdo pensare che non lo conoscesse. Il ANCORA ERBARII BIBLIOTECA ANGELICA 161 vescovo di Tagaste che era nato in Rocca Contrada e spesso era tor- nato a passarvi l'estate, rimase per tutta la sua vita affezionatis- ` simo al paese natio: ne curò la pubblicazione della pianta topografica, e dalle lettere che si conservano nell'Archivio Comunale, alcune pubbli- cate dall'Anselmi, si rileva che non tralasciava occasione per ricordarsi del suo paese, e i suoi conterranei si rammentavano molto volentieri a lui, Il Cibo erasi ritirato alla Rocca Contrada verso il 1540, e visse colà fino alla sua morte, dovette conoscere il Rocca prima della sua partenza per Roma e rivederlo nelle visite che questi fece in seguito ai suoi parenti; aveva una sorella nello stesso monastero ove stava una sorella del Rocca, aveva parenti in Roma nella corte pontificia ove or- dinariamente dimorava il vescovo di Tagaste, sacrista pontificio, e pare difficile siansi conosciuti ? A noi parrebbe invece difficile provare il con- trario. Da questa convinzione e da quelle altre circostanze alle quali accennammo largamente nella nostra memoria e che il Chiovenda non può distruggere fondandosi esse su documenti, non ultima quella che per « circa quarant'anni dedicò la sua vita alla grande e benefica istitu- zione della Biblioteca Angelica non risparmiandovi spese e fatiche » (il che vuol dire che vi lavorò intorno gli anni 1576-1614) (') traemmo la possibile deduzione che il Cibo avesse donato tutte le opere da lui possedute al Rocca: nè l'obbiezione del Chiovenda che esse invece pas- Sassero ai parenti Passionei ci pare attendibile, perchè nel testamento . Togato l’anno 1599, pochissimi giorni prima che il Cibo morisse, non | Se ne fa menzione, mentre il testamento è particolareggiato per quanto altro il Cibo possedeva. In Rocca Contrada — oggi Arcevia — nulla si trova del Cibo, nè libri, nè carte, malgrado le più attive e affettuose ricerche fatte dal cav. Anselmi, archivista Comunale, il che prova che di là tutto emigrò. Nè, come vedemmo, si rinviene traccia di loro nei cataloghi del Passionei, anzi costui desiderando avere qualcosa di quel | Suo illustre antenato, ne ricereava carte e libri e ritrovò solo la lettera : : del Bacci al Cibo, che ancora esisteva in Arcevia e forse nel monastero p 5, Agata ove si conservavano dalla sorella monaca anche le lettere Č) MorIer M., Del bibliofilo Angelo Rocca, in Bibliofilia, vol. Il, p. 357. KE Al 162 E. CELANI ed O. PENZIG del fratello Gherardo (cf. mss. vat. ott. 3135, c. 214). Se le carte di An- gelo Rocca non fossero oggi scomparse — e diciamo così, perchè non esistono all Angelica, non le ritrovammo in Vaticano, e ci si assicura non siano nell'archivio dell' Ordine Agostiniano — forse si avrebbe la prova materiale delle nostre asserzioni e delle relazioni del Rocca col Cibo: prove che a noi — per le nostre convinzioni tratte da fatti — riuscirebbero completamente superflue. Però quello che noi cercammo di stabilire appoggiandoci a dei fatti, il Chiovenda cerca di stabilire per proprio conto senza alcun appoggio, supponendo che gli erbari Angelicani furono dati al Rocca da Ulisse Aldrovandi. Perchè egli a questo punto essenziale mira: togliere la pa- ternità degli erbarii al Cibo e Reano all’Aldrovandi. Cosa davvero un poco ardua! Siccome non può distruggere il fatto che l’anno 1608 gli erbarii fos- sero all'Angeliea, scinde erbarii e libri di botanica aventi — secondo quanto provammo — eguale provenienza, e mentre opina che i libri - passassero all'Angelica dopo la metà del secolo XVIII, assevera che gli ` erbarii vi entrarono per dono diretto dell'Aldrovandi al Rocca. E il Chio- venda non potrebbe fare altrimenti; perché per quanto sorvoli con molta intelligenza e disinvoltura sulle difficoltà che gli si paravano, pure questa di un secolo e mezzo di più o di. meno sulla provenienza di certi dati libri non era da prendersi a gabbo. Accetta in questo caso la nostra teoria sulla fondazione dell'Angeliea, e la fa sua supponendo che l'Aldrovandi avesse per la « nascente biblioteea » donati al Rocca i suoi primi erbarii. Vedremo in seguito se dall'esame botanico di essi si possa dedurre o solamente pensare che essi erbarii siano dell’Aldrovandi: ora ci permet- tiamo discutere la possibilità accennata dal Chiovenda. Che l'Aldrovandi avesse fatti altri erbarii oltre quelli che si conservano a Bologna, nes- suno lo dice: e conoscendolo tanto geloso conservatore delle cose proprie, viene il dubbio che se ne sarebbe separato con tanta disinvoltura. Inol- ` — tre quale regalo avrebbe fatto al Rocca? Il Chiovenda ammette con noi che uno degli erbarii angelicani, è un tentativo mal riuscito, tale da do- versi ricominciare, e forse non distrutto dall’ Autore per feticismo: ne ANCORA ERBARII BIBLIOTECA ANGELICA 163 viene di conseguenza che l’Aldrovandi avrebbe donato al Rocca, esper- tissimo bibliografo, roba da scarto e da buttar via. Di più l'Aldrovandi Si sarebbe separato da un primo lavoro messo insieme con tanta cura e fatica e che difficilmente avrebbe potuto ricostruire, data la rarità delle specie riunite negli erbarii angelicani, e la quasi impossibilità di po- terle riavere? Non erano forse gli erbarii « ferri del mestiere » per lAl- = drovandi da separarsene senza rimpianti? . Come mai aecorderebbe il Chiovenda l'attuale sua ipotesi aldrovan- diana con il vecchio entusiasmo dimostrato quando trovò la nota « e Gallia allatum? » ‘Chè gli riuscirà certo un po’ difficile far fare all'Al- drovandi un viaggio in Francia che mai fece, e fargli poi scrivere di avere portato di laggiù il Bupleurum fructicosum! ` L'ultima prova contraria al Cibo, il Chiovenda la trova nella nessuna | identità tra la calligrafia degli erbarii, quella dell’ indice di essi e le postille nei libri posseduti dal Cibo: identità che noi avevamo asserito e che manteniamo tuttora. È curioso però che, mentre il Chiovenda nega questa identità, e si dovrebbe supporre lo faccia in base a eri- teri o calligrafici o paleografici, confessa invece che « non essendo calligrafo e nemmeno (!) paleografo » non può pronunciarsi definitiva- mente. Tanto valeva non occuparsene. Noi non asserimmo che l'esame S paleografico delle scritture sopra citate dessero l'assoluta certezza del- - l'identità di esse, e questa fosse l’unica prova, anzi la decisiva, per dare al Cibo la paternità degli erbarii angelicani; aggiungemmo questa alle altre prove, ed ancor oggi, dopo un esame accurato e coscienzioso, non abbiamo ragione di cambiare opinione. In una tavola qui allegata of- friamo esempi della scrittura sia del Cibo, sia degli erbarii, sia dell'in- dice: li esamini il lettore e guardi se, come asserisce il Chiovenda, « l'i- dentità fra. le calligrafie del Cibo e quelle degli erbarii non sembra af- fatto evidente ‘specialmente per ciò che riguarda «il modo di fare alcune lettere o alcuni numeri ». Nei confronti paleografici non devesi dimenti- . care che le scritture del Cibo oltre di essere di epoche molto differenti tra loro, furono fatte talvolta su fogli di carta ampii, talvolta sullo | Stretto margine dei libri, e questa differenza di spazio e di comodità | non poteva non influire sulla calligrafia: e che nulla ci si offre di molto 164 E. CELANI ed o PENZIG vasto per stabilire dei confronti rapidi e facili. Si tratta di numeri, di parole, raramente di postille, e perció non si pretenda di cavare dai detti eonfronti pià del possibile. Risulta evidente — e lo stesso Chiovenda lo ammette — che il Cibo usò indifferentemente di due calligrafie: l'una alta, libera, snella: l’altra piccola, contratta, ma nitida; e questa con- statazione rende ancora più difficile — ma non impossibile nelle conclu- sioni — il pronunziarsi paleograficamente. In ogni modo, e concludendo, la nuova memoria pubblicata dal Chio- venda, non sposta di una linea le nostre conclusioni, che storicamente rimangono inalterate. Vedremo come pure inalterate restino dal lato botanico. Non si possono negare al Chiovenda l’intelligenza acuta e la buona volontà per distruggere quanto attribuimmo al Cibo: ma finora le sue ragioni sono basate su ipotesi e su deduzioni, e con queste non si fa la storia. Ci vogliono dati, documenti, fatti, come quelli che noi portammo a sostegno della nostra tesi ; finchè non ne verranno di contrarii, Ghe- rardo Cibo rimarrà sempre l'autore degli erbarii angelicani, e per no- stro eonto la questione considerata come definitivamente risolta e ehiusa. Roma, settembre 1907. E. CELANI. Lé * * Nelle pagine precedenti l'egregio Dott. Celani ha esposto fatti ed ar- gomenti che secondo lui rendono difficile, dal punto di. vista storico, l’accettare le vedute del Dott. Chiovenda intorno all'origine ed alla età degli Erbarii conservati nella Biblioteca Angelica di Roma. Aggiungo poche note per dimostrare che anche per il botanico le ra- gioni addotte dal Dott. Chiovenda per sostenere le sue tesi, non possono essere giudicate come sufficienti; e cereando di esaminare imparzial- mente tanto i fatti favorevoli alla di lui opinione, quanto quelli con- trarii, entro senz’ altro nell’ argomento. Una delle ragioni principali portate dal Chiovenda per dimostrare che gli Erbarii della Angelica aon possono essere così antichi come noi ab- SN ALI ANCORA ERBARII BIBLIOTECA ANGELICA 165 biamo sostenuto (cioè del 1532 e degli anni seguenti per l'Erbario A (7) e 1549-1553 per l'Erbario B), è quella che molte specie di quelle con- servate nell'Erbario A non erano ancora conosciute, o per meglio dire, non erano descritte o figurate in alcuna opera botanica anteriore al 1548. Il Dott. Chiovenda si è dato anche la pena di rintracciare le date pre- cise della prima descrizione stampata, per 50 piante dell’erbario A, date che oscillando fra il 1548 ed il 1623 (1), sono quasi tutte della seconda metà del XVI secolo. Il Dott. Celani ha già più sopra accennato ul poco valore che simile considerazione può avere, per voler giudicare della età dell'Erbario A: ma sarà opportuno aggiungere ancora aleune parole in proposito. Non riesco a comprendere come al Dott. Chiovenda possa sembrare strano o addirittura impossibile, che un botanico abbia raecolto e pre- parato un buon numero di piante, prima che fossero, diremo cosi, uffi- cialmente battezzate. Ancora potrebbe egli aver qualche ragione, se a . quelle piante incriminate dell'erbario A fossero stati apposti dei nomi qualsiasi, e se egli avesse potuto dimostrare che tali nomi fossero stati applicati, pubblicati e diftusi soltanto in tempi recenti. Ma come è noto, in quell'Erbario manca qualsiasi designazione con nomi scientifici — precisamente, perchè le piante ivi contenute in quell'epoca erano aneora sconosciute ai botanici in generale, e particolarmente à colui che aveva composto quella raccolta! Se poi volessimo applicare un ragionamento simile a quello del Chio- venda anche ad altre piante degli stessi Erbarii , p. es. alle Muscinee ed ai Licheni, ehe vi si trovano pure rappresentati in numero abba- Stanza rilevante, dovremmo dire addirittura, che gli erbarii della Biblio- teca non possono essere anteriori alla seconda metà del 1800, perché soltanto in quell'epoca furono « per la prima volta deseritte » le varie specie di Anomodon, Frullania, Tortula, Hypnum, Eurhynchium, Homa- lotheciwm, Hylocomium, o le Cladonie, Cetrarie, Usnee, Peltigerine che vi si riscontrano! Ovvero, usando un simile eriterio curioso per altre (') Vedasi O. Pexzic, Contribuzioni alla Storia della Botanica. — Genova 1904. I. Illustrazione degli Erbarii di Gherardo Cibo, pag. 6. 166 E. CRLANI ed o. PENZId raccolte, dovremmo mettere in dubbio la data degli Erbarii del Micheli, perché vi sono inserite molte specie di Mieromiceti, descritti soltanto ai nostri giorni! Lo stesso Chiovenda però deve aver sentito la poca serietà di quel- l'argomento, dacchè (a pag. 17 del suo lavoro recente) accenna alla ob- biezione « che può sembrare assai forte; che cioè chi confezionò l Er- bario A, abbia raccolto lui stesso tutti i materiali prima di qualunque altro »; ed egli cerca di prevenire tale obbiezione con una difesa che disgraziatamente è assai più debole che la prima sua tesi. Egli sostiene che ciò sia « assai poco probabile, prima, perchè chi avesse raccolto da se stesso in poco tempo un materiale così ingente alla metà del XVI secolo, sarebbe stato botanico che non poteva rima- nere sconosciuto a tutti fino a questi ultimissimi tempi ». Ma come? Non ho mai sentito che il raccogliere semplicemente qual- che centinaio di piante, il farle disseccare e riporle alla rinfusa, senza nomi o indicazioni qualsiasi, in un libro serbato in casa propria, possa costituire un titolo o merito tanto grande da procurare ad un uomo — avesse anche vissuto al principio del XVI secolo e magari qualche secolo prima — fama imperitura di grande botanieo presso i suoi con- temporanei! Quale dottrina o quali cognizioni particolari implieava una operazione così semplice? Come doveva farsi conoscere il Cibo, se non ha lasciato aleuno scritto o stampato con classificazioni o descrizioni delle piante da lui raccolte? : Neanche al giorno d'oggi, per quanto io mi sappia, nessuno vuole fare di Gherardo Cibo uno scienziato illustre, la eui fama possa ugua- gliare o eelissare quella dell'Aldrovandi o del Ghini: per noi il Cibo è stato un semplice studioso, amantissimo delle cose della Natura, racco- glitore appassionato di piante, animali e minerali; e nello stesso tempo artista compitissimo del pennello e della matita, sapendo ritrarre con esattezza meravigliosa e raro gusto artistico le forme delle piante e le bellezze del paesaggio italiano. : Continuando il suo ragionamento ; il Chiovenda nella stessa pagina 17 dice ancora: « È ben difficile che ad un solo si debba la scoperta e « raccolta di tutte le specie contenute nell'Erbario A. erbario che tutto * CAS ETC EE ANCORA ERBARII BIBLIOTECA ANGELICA 167 « induce a ritenere formato in tempo breve, mentre per le cinquanta « specie, delle quali ho più sopra brevemente tracciata la storia, ve- « diamo che se ne deve la conoscenza a ben ventisei differenti botanici, « e che botanici! tutti di gran valore e per di più confederati, per cosi « dire, nel prestarsi o donarsi a vicenda le proprie scoperte ». Abbia pazienza il Dott. Chiovenda, se anche qui non riesco ad affer- rare la logica del suo ragionamento. Vorrebbe egli dire con questo, che alla formazione dell’ Erbario A avessero coòperato più persone? Ma allora, secondo la sua idea, per ciò sarebbe occorsa non solo l’opera dei famigerati 26 botanici, da lui ci- tati per le sole 50 specie scelte — ma vieppiù la cooperazione di chi sa quanti altri, per le'altre 444 specie dello stesso Erbario! E di grazia, con quali mezzi ed a quale scopo questa turba di autori « confederati nel prestarsi o donarsi a vicenda la proprie scoperte » avrebbero man- dato, con rara: comunanza d'accordo, gli esemplari autentiei delle loro scoperte o descrizioni ad uno prescelto fra i colleghi? Per chi conosce la grande difficoltà e lungaggine della corrispondenza e del trasporto di pacchi da una città o da una provincia all'altra in quei tempi, cade da Sè, senz'altro, una simile ipotesi assurda. Ma il Dott. Chiovenda potrebbe considerare questa anzi come una prova ehe l'Erbario A sia stato proprietà di Ulisse Aldrovandi , perché Sappiamo che questi, uomo celebre e largamente conosciuto, riceveva da molte parti invii di piante, e che forse lui solo in quell'epoea mante- Neva una corrispondenza così estesa coi botanici contemporanei da poter radunare tanto materiale in breve tempo. Peró in tale caso certamente quei campioni di piante, inviati quali prove di nuove scoperte, gli sa- rebbero stati mandati coi propri nomi dai singoli autori; nè V Aldro- Vandi, che aveva tanto sviluppato lo spirito dell'ordine, li avrebbe riu- niti alla rinfusa, e senza i nomi dati dagli scopritori, in un misero e mal fatto volume. E sembra davvero possibile al Dott. Chiovenda, che ; | l'Aldrovandi, raccoglitore così appassionato e conservatore tanto geloso * | dei tesori da lui radunati, abbia pensato più tardi di donare (come il ` Chiovenda accenna a pag. 32 del suo lavoro) una simile raccolta pre- 3 ziosissima di esemplari autentici a Monsignore Angelo Rocca per la sua 168 d. CELANI ed o PENZIG nascente biblioteca? Ad un ecclesiastico che non si era mai occupato dello studio delle piante e che non era in grado di apprezzare il valore di un dono simile? — Lasciamo dunque questa supposizione, e passiamo oltre. Nella seconda parte del suo lavoretto il Dott. Chiovenda esamina la quistione, se davvero come autore di quelli Erbarii. sia da considerare il Gherardo Cibo, o se non sia possibile che lo stesso Aldrovandi li abbia composti. Siccome gli argomenti da lui diseussi.si raggirano principalmente nel campo storico, e sono stati trattati. nelle pagine precedenti dal Dott. Celani, posso limitarmi a toccare qui-soltanto qualche obbiezione par- ticolare del Dott. Chiovenda, di competenza del botanico. Il Dott. Chiovenda p. es. (a pag. 18 del suo lavoro) rileva che il Mattioli scrive d'aver ricevuto nel 1565 dal Cibo un disegno della Daphne Cneorum, pianta che non si riscontra nei due Erbarii della Biblioteca Angelica. Similmente, nel Diario dello stesso Gherardo Cibo (nei frammenti posteriori al 1553 che ci sono conservati) sono menzio- nate, e facilmente riconoscibili dalle brevi descrizioni date, varie altre piante, trovate dal Cibo nell'Appennino, che fanno difetto nei due Er- barii (così per es. il Ribes multiflorum, Crocus vernus, Valeriana tube- rosa, Scorzonera hispanica, Geranium tuberosum). Questo fatto lo ab- biamo già rilevato noi stessi nelle nostre pubblicazioni anteriori ('); ma — desso perde molto della sua importanza se ammettiamo che il Cibo dopo il 1553 non ha più continuato l’organizzazione del suo Erbario, ovvero, dopo aver compiuto, verso quell’ epoca, la confezione dei 4 vo- lumi dell’ Erbario B, ha preparato colle piante raccolte più tardi, un volume supplementare che non è rimasto conservato. Per quanto poi riguarda la quistione del « Tornasole » citato dal . Chiovenda a pag. 19 e 20, non mi pare che se ne debbano trarre ne- cessariamente le conclusioni a cui egli arriva. È vero che Gherardo Cibo in una lettera del 1.° Ottobre 1592, diretta al fratello Scipione, esprime Ó E. CELANI, Sopra un Erbario di Gherardo Cibo ece., Genova (Malpi- ghia vol. XVI) 1902, pag. 28-40); O. Penzig, l. c. pag. 189 e 190. ZE i RR UN Ar e , NUT C TE, IPS CU e AP UR ET ETH, d c MS EO Mr) Ee, TER: Aa DEC E NOE deci MUN r ap eer Xi gl y. IDEATO ANCORA ERBARII BIBLIOTECA ANGELICA 169 il desiderio d’avere « cognizione della pianta che fa il tornasole », mentre nell'Erbario A (a N.° 99) esiste un campione di Crozophora tinctoria ehe appunto in quei tempi era conosciuta col nome di « tornasole ». Ma come abbiamo rilevato anche più sopra, le piante della prima rac- colta (Erbario Æ) non furono mai classificate o dotate dei propri nomi per opera del Cibo, e probabilmente gli rimasero per la massima parte sconosciute: e fra queste anche il campione di tornasole. D'altra parte, quella raccoltina, se è giusta la data da noi ammessa, rimonta fino al 1532, quando cioè il Cibo non aveva che venti anni; e se il medesimo sessanta anni più tardi (quella sua lettera è del 1592!) scrive di non conoscere la pianta del tornasole, sarebbe anche perdonabile se il ve- - gliardo di 82 anni d'età avesse dimenticato d'aver inserito nel proprio Erbario, dodici lustri avanti, un ramoscello della stessa pianta. Cosi pure non mi pare aver colto nel segno il Chiovenda, dove parla (l. e. pag. 20) del « Zapatio minore o Romice minore », da lui iden- tificato (secondo la descrizione data in una lettera del Cibo) eol Rumez pulcher, che manca nei due Erbarii dell' Angelica. La descrizione data dal Cibo si attaglia altrettanto bene, ed anzi meglio al Rumes Aceto- sella che al R. pulcher; tanto più che il Cibo nella lettera citata dice: * .... romice minore; tengo che sia quella spetie piccola che vulgar- .« mente da noi è chiamata rapacciolo, che si mangia di primavera, « et nell'autunno, et a me piace assai, et mangione spesso al tempo suo: « nè conosco romice più piccola di questa ». | Il Rumes pulcher è una specie di statura grande, e non è mange- reccio, mentre il R. Acetosella è fra le specie più minute del genere, ed è distinto, colle altre forme appartenenti alla sezione delle Acetosae, per il suo sapore acidulo, gradito al palato, per cui dappertutto viene mangiato. E questa specie si trova nell'Erbario B, al N.° 898. Nè è più felice il Dott. Chiovenda nelle sue osservazioni (p. 21 e segg.) ` su alcune postille fatte dal Cibo nei testi di Botanica da lui posseduti. | Egli dice per esempio che negli Erbarii non si ritrovano la « Rucula 0 Ruchetta silvestre e domestica », menzionate appunto in una postilla manoscritta del Cibo, in un'edizione del Mattioli. Invece nell'Erbario >: B (al N.° 449, 450, 451, 452) vi stanno campioni tanto dell’ una come 12. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 170 Ë. CELANI ed o PENZIG dell'altra pianta (Diplotazis muralis ed Eruca sativa); soltanto che nella raccolta e nel relativo catalogo 1 Cibo ha applicato a queste il nome latino di « Zruca sylvatica ed Eruca sativa; » corrispondenti perfetta- mente alla « Rucula silvestre e Rucula domestica ». Nè manca nell'Er- bario la « terza spetie di senapa », menzionata ancora nella medesima postilla eitata dal Chiovenda. Per quanto riguarda il Prunus Mahaleb, Rhamnus cathartica, e Ca- rum Bulbocastanum, nominati nelle postille manoscritte del Cibo, è vero che mancano ai due Erbarii: ma siccome quelle postille si trovano in un'edizione del Mattioli del 1573, e sono quindi di molto posteriori alla chiusura dell'Erbario B (che, come abbiamo dimostrato anteriormente, risale al 1553), vale per tutte quelle specie ciò che abbiamo detto sopra per le altre piante, menzionate nel Diario di Gherardo Cibo e mancanti nei di lui Erbarii. Passiamo ora ad un altro argomento, al quale pure è stata attribuita molta importanza dal Dott. Chiovenda, cioè all'analogia di piante e di nomi che corre fra l’ Erbario B della Biblioteca Angelica ed il primo volume degli Erbarii di Ulisse Aldrovandi. Di tale rassomiglianza avevo, già parlato nel mio lavoro anteriore (1. e. p. 193-195); ma ero lontano, come lo sono anche ora, dal dare alla medesima il peso ed il signifi- cato che vi attribuisce il Chiovenda. Questi, coordinando nelle pagine 24-30 del suo lavoretto le piante ed i nomi corrispondenti dei due Erbarii (Cibo Erb. B ed Aldrovandi, Erb. Vol. I) viene tratta dalle coincidenze, anche da lui confermate, al e so- spetto che qui non si tratti soltanto di analogia tra i due erbarii do- vuta ad un semplice indirizzo di scuola, ma che questo Erbario B non sia stato eonfezionato da altri ehe da Ulisse Aldrovandi ». Non mi sembra necessario che si venga a simile conclusione. Suppo- niamo che anche al giorno d'oggi due studiosi, allievi dello stesso mae- stro, sotto la sua direzione e secondo le istruzioni da lui ricevute, si accingano a comporre un Erbario di modeste dimensioni. Facendo le due raccolte, se non proprio nelle medesime località (benchè anche questo nel caso del Cibo ed Aldrovandi non sembri escluso: vedi per esempio la Stratiotes aloides del Ferrarese, le piante delle Alpi orientali ecc. esi- ANCORA ERBARII BIBLIOTECA ANGELICA 171 stenti nei due Erbarii in quistione), almeno nella medesima regione (nel caso concreto del Cibo nel Bolognese, Appennino Centrale, Italia media), necessariamente la composizione dei due Erbarii dovrà essere | pressoché uguale. E nemmeno la nomenclatura, laddove si tratta di 3 piante identiche, potrà essere diversa, dacchè, avendo avuto i due rac- Pa coglitori il medesimo maestro (come nel nostro caso il Cibo e l Aldro- » vandi), è più che evidente che entrambi adopereranno i medesimi nomi Ej scientifici da lui imparati, come pure le stesse denominazioni volgari 8 che avranno intese dalla bocca del popolo, laddove raceolsero le loro SS piante. Sarebbe anzi strano, se i due Erbarii mostrassero grande diffe- D : renza sotto questo rapporto. : i Per un ragionamento analogo mi sembra inutile insistere tanto sulla Se presenza di un certo numero (non molto grande) di nomi dialettali bo- _ . lognesi nel catalogo dell'Erbario Cibo. Sappiamo che costui fu iniziato E © agli studi botanici in Bologna, dove da Luca Ghini imparò l’arte di » comporre un Erbario; e che buona parte delle piante da lui raccolte appartengono alla Flora Bolognese: che meraviglia quindi, se a paree- Xn chie di queste l'autore ha aggiunto anche il nome dialettale del paese d'origine? E come spiegherebbe il Dott. Chiovenda la presenza delle de- nominazioni in dialetto Genovese nel catalogo dell'Erbario Cibo, che ho fatta rilevare nel mio lavoro? Se poi le due raecolte del Cibo e dell' Aldrovandi mostrano talvolta coincidenza nella « interpretazione personale per l'applieazione di certi nomi a date piante » (vedi Chiovenda L e. p. 30), e nella ortografia di alcuni nomi ( « Abrotonwm » ed « Aquileja » in luogo di « Abrota- num » ed Aquilegia » ), ciò ancora si spiega — almeno secondo il mio modo di vedere — senza aleuno sforzo eolla eomunanza di maestro e d'insegnamento che ebbero il Cibo e l'Aldrovandi. A proposito delle relazioni che correvano fra questi due, ultimamente è stata pubblicata anche una memoria di G. B. De Toni (') che può pure fornirci qualche lume nella quistione qui discussa, intorno alla paternità degli rie ice Angelica. T (') G. B. De TonI, Nuovi dati intorno alle relazioni tra Ulisse Aldrovandi e Gherardo Cibo. (Spigolature Aldrovandiane II. — Modena 1907. } 172 E. CELANI ed 0. PENZIG Il De Toni vi riproduce, con alcuni commenti, prima una noterella di mano dell’Aldrovandi (Manoser. Aldrovand. n. 136, Obsero. variae, a carte 21 v. 22 v.), relativa ad una lettera serittagli da Gherardo Cibo; e poi una lunga lettera diretta dall’Aldrovandi al Cibo, in data del 22 Novembre 1576. Senza fermarmi sopra le altre cose interessanti, contenute in quei due documenti, e che sono già state rilevate dal De Toni, accennerò qui ad una circostanza che mi pare di una certa importanza. In quel primo documento riportato dal De Toni, l’ Aldrovandi dice: a Scripsit ad me D. Gherardus. Cibus de Roccacontrada quod in monti- bus Cassiae nascitur Rhabarbarum radicibus subtilioribus peregrino noster, diversum tamen et floribus et sapore et foliis a Rumice, quod tamen ego credo esse Rumicis speciem ». Ora, negli Erbarii della Angelica, da noi attribuiti al Cibo, si trovano conservati (Erb. B, N.° 1032, 1033, 1034) campioni di tre specie di Ru- mex (R. alpinus, R. Hydrolapathum, R. obtusifolius), precisamente col nome di « Rhabarbarum » dato nella lettera di Cibo citata dall'Aldro- vandi. Se l'Erbario B fosse stato formato dall'Aldrovandi, (come sospetta il Dott. Chiovenda), questi certamente non vi avrebbe apposto il nome « « Ehabarbaro, sed aptum in medicina cum iisdem polleat viribus quibus « « (secondo la sua nota male applicato) di Rhabarbarum, ma quello di Rumez o Rumicis species indicato nella sua nota. Si potrebbe pure notare, che delle piante menzionate nel secondo do- cumento riprodotto dal De Toni (Lettera di U. Aldrovandi a G. Cibo) la maggiore parte si ritrova anche negli Erbarii della Angelica, e pre- cisamente coi nomi indicati nella corrispondenza fra Aldrovandi e Cibo. Così (Erbar. B, N.° 1303) il Verbascum Lychnitis, trovato secondo la lettera dell'Aldrovandi al Cibo, da quest'ultimo a Nocera, e battezzato già dallo stesso Cibo col nome di « Verdascum ». Così pure di quelle piante « descritte in quel libro portato dal Piamonte », di cui discute a lungo l'Aldrovandi (!) (Antolla, Bee Tortorellis, Ariola, Caucalis), Q) Vedi DE Toni, l. c. p. 9; ed anche M. CERMENATI, in Annali di Bota- nica IV, 4, 1906, p. 433-435. MR Nu em EE en M. qu x SC e d f d $ " T Ar T » f Ee E ef nd Des EE er e e Ms RON RED n II n ANCORA ERBARII BIBLIOTECA ANGELICA 173 si "ritrovano negli Erbarii del Cibo tre, cogli identici nomi: cioè la Herba Rene (B 576, 577, 1169), Tortorella (B 1216) e Caucalis (B 246). Ciò fu già rilevato dal De Toni nella sua memorietta sopra citata. In un altro punto però dello stesso lavoro (Nota 2 della pag. 3) il Prof. De Toni riferisce un fatto, che potrebbe forse essere interpretato a favore della supposizione emessa dal Dott. Chiovenda. Il De Toni cioè segnala il fatto che « nel volume II del Codice Aldrovandiano di Bo- « logna segnato n. 56 è interposto e rilegato frammezzo a quaderni che « trattano di oggetti diversi un /ndex Alphabeticus di piante (con nu- « meri di riferimento) che comincia: Abbraccia bosco, periclimenos, ma- « ter silvae 596; Abies mas 1; Abies foemina 2; Abrotonum mus 3; Abro- « tonum foemina, Chamaecyparissus Fuchsii, Santolina vulgo 4; e fi- « nisce con Zizipha 396, mostrando una disposizione in moltissimi « punti somigliante a quella dell'Erbario 2 attribuito a Gherardo Cibo ». Se tutti i nomi di quell’elenco corrispondessero perfettamente a quelli dell'Erbario B, come vi corrispondono i primi cinque, vi sarebbe da ri- manere impressionati — benchè anche in questo caso potrebbe essere supposto che il Cibo avesse mandato all'amieo Aldrovandi la lista delle sue piante. Ma le due liste non sono identiche; e sopra tutto, i numeri apposti all’ elenco dei manoscritti Aldrovandiani non corrispondono a quelli del Catalogo del Cibo, se non per i primissimi nomi. Perciò la lista menzionata dal De Toni non sembra aver alcun che da fare cogli Erbarii della Angelica; e la « disposizione in moltissimi punti somi- gliante a quella dell'Erbario B attribuita a Gherardo Cibo » è conse- guenza inevitabile dell'ordinamento alfabetico nei due elenchi. Qualun- que lista alfabetica di nomi di piante, seritta in quell’ epoca, doveva necessariamente cominciare con « Abbracciabosco — Abies — Abroto- num > ecc. Il nome « Scissima » che io erroneamente avevo creduto proprio alla nomenclatura di Gherardo Cibo, e che secondo il De Toni si riscontra anche in quella lista dei manoscritti Aldrovandiani, era usato in quei tempi (come ci insegna lo stesso De Toni) già da vari autori botanici, come Ruellio, Odone, T. Gaza e Mattioli, e er non può esser citato come argomento di prova. E. CELANI ed o PENZIG Mi pare, in conclusione, che nelle pagine precedenti sia dimostrato , come per ora è molto maggiore la probabilità della nostra tesi prece- | dentemente sostenuta, che cioè i due Erbarii della Biblioteca Angelica — siano stati formati da Gherardo Cibo, in confronto colle ipotesi ultima- mente pubblicate dal Dott. Chiovenda. Se ulteriori ricerche sue o d'altri porteranno altri lumi ed altri argomenti che possano dimostrarei d'aver — errato, li accoglieremo ben volentieri, sempre devoti al nostro motto: SS sero argomenti più serii e più solidamente basati, che non quelli ap- ` portati nell'ultima memoria del Dott. Chiovenda. 0. PENZIG. L. BUSCALIONI x G. TRINCHIERI NO TE BOTANICH E IV. Nuove osservazioni sui fiori della ERYTRHINA HERBACEA Linn. L'esemplare di Zrytrhina herbacea Linn. che, nel giugno del 1906, aveva fornito sì ricca materia di osservazioni teratologiche ('), sviluppò anche nell'anno corrente (1907), sin dai primi giorni dello stesso mese, una rigogliosissima fioritura. Orbene, quest’ ultimi fiori apparivano, si può dire, sai esenti da anomalie. E invero, da un primo esame superficiale e limitato esclusivamente ai pezzi corollini di cirea un centinaio di fiori, risultò che gli stessi erano del tutto normali; raccolti, poi, cento fiori a caso e diligentemente esaminatili a uno a uno, nelle loro singole parti, s ottenne quasi .l’ identico risultato. Infatti, si sono riscontrati i due fiori mostruosi ed entrambi presentavano due vessilli sovrapposti , quello superiore di dimensioni maggiori che l’inferiore o interno. Inoltre uno di tali fiori era fornito di undici stami dei quali nove riuniti in un sol fascio e due liberi. | Merita speciale menzione il fatto che le accennate mostruosità sono quelle più spesso riscontrate nei fiori anormali della precedente fioritura. Del resto, già a priori si poteva dedurre, col calcolo delle probabilità , che esse sarebbero comparse a preferenza delle altre. E, veramente, le . anomalie del vessillo e dell’ androceo essendo tra quelle più frequenti, era ovvio supporre che le stesse si sarebbero manifestate con maggior frequenza delle rimanenti. Non è facile cosa dire a che si debba l'improvviso cambiamento ma- nifestatosi nella costituzione fiorale della pianta presa in esame. Tale | cambiamento appare tanto più strano in quanto l'esemplare studiato non ha subìto modificazioni di sorta in tutto ciò che concerne la sua col- C) Vedi il capitolo 1 delle presenti Note. 176 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI tura, poichè, come negli anni anteriori, così anche nel 1906 esso fu, al sopraggiungere dell'autunno, diligentemente potato e quindi fatto segno a quegli stessi trattamenti a cui già era stato sottoposto da che esiste nell’ Orto di Catania. NS Sulla colorazione delle foglie della PHOTINIA SERRULATA Lindl. Questa pianta coltivata ovunque, nella regione mediterranea, per i suoi fiori, disposti in infiorescenze che il De CanpoLLe OI chiama « pani- culae corimbosae », porta delle foglie coriacee, oblunghe, simili a quelle delle Magnolia e di certi Ficus, sebbene di dimensioni alquanto minori. La colorazione del fogliame è di un bel verde lucido in corrispondenza della pagina superiore, di tinta più pallida nell’inferiore. Però non tutte le foglie conservano questo colore, poichè, alla fine del- l inverno, quelle che si trovano situate in vicinanza delle infiorescenze assumono a poco a poco una tinta rossastra. La comparsa di questa, do- vuta alla presenza di antocianina, segna, per così dire, la morte dell’or- gano; infatti; dopo un po’ di tempo, le foglie cadono. Il fenomeno della colorazione antocianica in foglie giunte allo stata senile non è nuovo, verificandosi esso in parecchie piante; qui, però, ri- veste un carattere di una certa importanza in quanto che, un po’ prima che si inizii la fioritura, e poi durante questa, quasi tutte le foglie sot- toposte alle infiorescenze presentano una tinta rossastra che contrasta singolarmente col color verde delle altre foglie e con quello bianco dei fiori. Dal punto di vista biologico, tanto contrasto di colori può tornare utile: infatti, è superfluo rilevare che le infiorescenze nivee circondate da un fascio di foglie rosse spiccano meravigliosamente in mezzo al restante fogliame verde. Però si può osservare in proposito che le infiorescenze stesse sono abbastanza vistose, e perciò non abbisognano del sussidio di (1) Cfr.: A. P. DE CANDOLLE, Prodromus Systematis naturalis regni vege- labilis, Parisiis, MDCCCXXV, pars II, p. 631. A M e CN d i e E ur det om TEMO "Se 3 Le D Ae Red llc MD Miei -cut ^7 x» xaxa e E RES MENSAE IR VR I "E TAGLI Seo t S NM NOTE BOTANICHE 177 colorazioni fogliari per esser vedute e visitate dagli insetti. È dunque una causa interna, fisiologica, indipendente affatto da motivi biologici, quella che provoca la singolare colorazione, la` quale, in via secondaria, essendo forse riuscita utile alla pianta, si è perpetuata nei discendenti del tipo. Dalle osservazioni raccolte al riguardo risulterebbe, infatti; che le foglie in cui si mostra il pigmento rosso sono quelle terminali dei rami, le quali, al momento della fioritura, hanno già parecchi mesi di vita. All’apice di questi rami, poi, appare l’infiorescenza, ciò che provoca in- dubbiamente un afflusso di sostanze nutritizie e in. ispecie idrocarbo- nate. Queste, arrivando ai fiori, ostacolano, per le stasi indirette che produeono, il normale funzionamento di dette foglie le quali, restando infareite dei prodotti dell'assimilazione, sono costrette, secondo l’ ipotesi di SaposcaniKow, che uno di noi ha applicata allo studio dell’ evolu- zione fiorale UL, a degenerare. Risulta frattanto dalle sopra indicate ri- cerche, che la degenerazione di un organo ricco di sostanze tanniche e zuccherine porta assai spesso alla comparsa dell’ antocianina, per cui si spiega la formazione di questo pigmento nelle foglie sottostanti al- l infiorescenza. Anche la sede della colorazione è indizio di questo stato di cose, es- sendosi osservato che il colore sì forma specialmente sulla pagina supe- riore della foglia, cioè sul lato esposto all’insolazione; quando, però, per una causa qualsiasi la foglia rivolge la pagina inferiore alla radia- zione, questa sola diventa rossa o per lo meno arrossa prima della su- periore. Una sezione trasversale delle foglie della pianta in discorso lascia ri- conoscere che le foglie stesse sono costituite di un 'epidermide a grossi elementi, di parecchi piani di cellule del tessuto a palizzata strette ed allungate e, infine, di un tessuto laeunoso molto lasso. Il pigmento, per quanto risulta da osservazioni fatte su foglie già un po' avvizzite, sa- nil, (1) e L. BuscaLIONI e G. B. TRAVERSO , La evoluzione morfologica de | fore, i rapporto colla evoluzione cromatica del perianzio, Atti dell a ea dem Università di Pavia, Milano, 1907, II ser., vol. X, p. 103-201, tav, XXV. 178 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI 2 4 rebbe localizzato quasi esclusivamente nello strato più superficiale del È tessuto a palizzata o in quello immediatamente sottostante. Non fu mai S rilevata la presenza del pigmento nell'epidermide, per quanto non si ; possa tassativamente escludere che talora anche le sue cellule si co- lorino. La colorazione compare sotto forma di macchie, ovvero invade più o meno uniformemente tutto quanto il lembo fogliare: in qualche caso, poi, accenna a restare localizzata per un certo tempo ad alcuni tratti del parenchima. La costanza con eui il fenomeno della colorazione avviene e la fissità del periodo in cui si manifesta, poiché, come si è detto, l'antocianina compare alla fine dell’ inverno o tutt’ al più accenna a manifestarsi in qualehe foglia già nell'autunno inoltrato, ci hanno indotto ad eseguire aleune ricerche dirette a stabilire le condizioni e le modalità della for- mazione del pigmento. A tal uopo, verso il finire dell'autunno e poi nel- ` l'inverno, sono stati praticati dei tagli nei lembi fogliari. Per lo più la ferita interessava solo la nervatura mediana della lamina fogliare; di rado tutta quanta la metà della foglia. Qualche volta si è pure trovato conve- niente praticare dei tagli longitudinali sia all’ apice che alla base della lamina fogliare. Come conseguenza delle lesioni che, non occorre aggiungerlo, erano operate su foglie sane e del tutto verdi, si aveva, dopo pochi giorni, una reazione caratterizzata, fra altro, dalla comparsa del pigmento anto- cianico lungo i bordi della ferita, il quale poi era localizzato di prefe- renza sulla pagina del lembo più illuminata. Il colore, poi, era più in- tenso ed occupava una più larga zona dal lato della ferita rivolto verso la parte periferica o distale della foglia, qualunque fosse la direzione dei tagli. Ciò provava come alla formazione del pigmento non fosse estranea la corrente dei succhi nutritivi e specialmente la direzione centripeta degli stessi. Per un tempo più o meno lungo (venti e più giorni) non avveniva altro cambiamento nella costituzione fogliare, almeno a giudicare dal- l'esame superficiale delle foglie lese. Oltrepassato tale periodo, s'ini- ziava la pigmentazione diffusa della foglia e costantemente la colora- NOTE BOTANICHE 179 zione rossa invadeva dapprima la parte del lembo situata esterna- ; mente alla ferita. In parecchi casi di sezioni della nervatura mediana È tutta l’ estremità apicale della foglia era rossa, mentre la parte basale : era ancora di un bel verde e il limite delle due tinte faceva capo ai E bordi della fenditura. Se si trattava, invece, di sezioni longitudinali, si | aveva arrossamento precoce della porzione di lembo stata incompleta- mente separata dal resto della foglia. Infine, quando si determinava una lacerazione dei tessuti fogliari interessante ‘non solo la nervatura me- diana, ma anche il parenchima circostante fino al margine fogliare di una metà della lamina, allora si aveva, in tutta la porzione superiore * della foglia, una bella tinta rossa che, in corrispondenza della ferita, trapassava improvvisamente nella tinta verde normale della foglia stessa. Le lamine fogliari rimanevano così, per un tempo più o meno lungo, di due tinte, ma, in seguito, anche l'antocianina faceva la sua com- parsa nella porzione basale del lembo e allora scomparivano le diffe- : renze di colorazione. Poco dopo avveniva il distacco della foglia. S Il modo di comportarsi dell’antocianina nella foglia ferita permette |’ di ritenere che nella Photinia serrulata la colorazione rossa sia inerente al metabolismo che ha luogo nelle foglie e compaia perciò tanto più precocemente quanto più questo riesce intraleiato colle lacerazioni delle vie che servono al trasporto centripeto degli assimilati. A conferma di questo asserto, gioverà notare che se al di sotto di una foglia, lesa ed arrossata al di sopra della ferita, si colloca un foglio di carta sensibile S e poi si espone il tutto alla luce, servendosi all'uopo di uno di quei tor- B chietti che s' adoperano comunemente per la stampa delle positive, la carta resta più impressionata in corrispondenza della parte verde della 2 foglia, perchè ivi i raggi luminosi attraversano un parenchima meno . . infarcito di prodotti d'assimilazione. Così pure se si lascia a lungo nel- pr aequa una di tali foglie si osserva che la parte soprastante al taglio ZS s' imbeve maggiormente d’ acqua e la trattiene anche più a lungo, ciò che indica che ivi sono più abbondanti le sostanze osmotiche. I risultati ottenuti dalle prove sperimentali non permettono d adden. trarsi maggiormente nella questione riflettente le cause delle colorazioni antocianiche; solo si può notare che non in tutte le piante è cosi chiaro 180 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI il nesso tra la comparsa dell’ antocianina fogliare e l'asportazione dei materiali assimilati. È probabile che il differente risultato dipenda dalla diversa costituzione della rete vasale destinata al trasporto dei materiali nutritivi, ma non si può tuttavia escludere che anche altre cause inter- vengano in giuoco. Così, per esempio, nell Zomalanthes Leschenaultiana Juss. ha pure luogo un arrossamento dei fillomi perifiorali, come si os- serva, del resto, in molte altre piante (Buginvillea Comm., Poinsettia pul- cherrima Graham.) Anche nell’Homalanthes la colorazione compare a macchie che poi confluiscono, oppure si manifesta subito su tutta l'e- stensione del lembo. Ma qui le analogie colla Photinia cessuno, poichè se, a tempo debito, vale a dire assai prima che l'antocianina si presenti, si praticano dei tagli più o meno estesi nel lembo fogliare, diretti in vario senso e interessanti per lo più le maggiori nervature, non ne con- segue poscia che l’arrossamento si localizzi dapprima nella porzione del lembo situato al di sopra della ferita. .I fenomeni segnalati, per quanto non rappresentino che un modesto contributo alla biologia del pigmento antocianico e per quanto, in ul- tima analisi, corrispondano a quel che già ebbero a indicare altri osser- vatori in tipi diversi di piante, pur tuttavia, e per la costanza con eui si manifestano e perchè essi precedono o accompagnano il fenomeno della fioritura, non sembrano del tutto privi d'interesse. Si può, infine, notare che, avvenuta la fioritura, alla quale, in Catania almeno, non succede mai l'abbonimento dei semi, ha luogo il distacco . delle infiorescenze o di tutte quante le: sottostanti foglie arrossate. Ben presto, però, a lato della cicatrice lasciata dall’ infiorescenza o un po al disotto, compaiono i nuovi rami forniti di foglie aventi una bella tinta verde. VI. Contributo allo studio dell’ ornitofilia. Nell'anno 1904, il prof. F. Cavara (*) pubblicava una Nota sull'orni- tofilia del Melianthus major Linn., per dimostrare che questa pianta um F. CAVARA, Sulla ornitofilia del Melianthus major L., Bull. della Soc. - = bot. ital, Firenze, 1904, n. 4, p. 158-164. ks NOTE BOTANICHE e 181 ornitofila , originaria del Capo di Buona Speranza, è pure visitata da uccelli in Europa. Egli, infatti, vide le Capinere posarsi sulle infiore- scenze della specie in discorso in tutte le ore della giornata, ma più spe- cialmente in quelle della mattina e della sera. Scopo della visita era quello di suggere l'abbondante nettare che segregano i fiori ed invero tali uccelli furon sorpresi più volte dal CavaRa a cacciare il becco nei fiori, per asportarne il secreto in essi raccolto. L'Autore, dopo aver rilevato che oltre le Capinere anche taluni in- setti visitano i fiori di questo Melianthus, fa notare che, malgrado la frequenza di tanti pronubi, i fiori rimangono sterili o tutt'al più in- grossano l’ ovario, senza che per altro i semi in questo contenuti rie- scano ad abbonire. L'insuecesso nella fecondazione sarebbe dovuto, secondo il Cavama, alla conformazione del becco delle Capinere, che, molto corto e diritto, . non puó arrivare se non a stento sino al fondo della borsa nettarifera , e alla eonformazione del capo il quale raramente viene a contatto degli stami per impollinarsi. Un ostacolo alla fecondazione si ha, poi, nella spiccata proterandria del Meliazthus e nel doppio movimento di tor- sione e d'inelinazione che effettuano i peduncoli fiorali mentre si vanno sviluppando i fiori. Il Cavara osserva, infine, che l’ornitofilia è stata finora messa in evi- denza nelle regioni americane, nell’Africa e nell’Australia, giammai però in Europa, ciò che l'ha indotto a pubblicare le sue osservazioni sul Me- lianthus major, coltivato nell'Orto botanico di Catania, il quale costi- tuirebbe, così, la prima pianta in eui si sia constatato l'intervento degli uccelli nel fenomeno della fecondazione. Aggiunge per altro che, avendo richiesto informazioni in proposito al DeLPINO, questi gli fece osservare «che l'Ax&LL aveva già segnalato l'ornitofilia dell Agave coltivata in Eu- .. Topa, indicando come pronubo il Rampichino (Certhia brachydactyla). L'esempio riportato dal Cavara ha trovato, nel corrente anno 1907, riscontro in alcune osservazioni che è stato possibile fare su due diverse Specie di Aloë (Tourn.) L. (A. frutescens Salm. Dyck e A. plicatilis Mill). Tanto nell’ una che nell’ altra pianta si è potuto ripetutamente constatare che alcuni Passeracei molto comuni nell’ Orto catanese, ma 182 L. BUScALIONI E G. TRINCHIERI con grande probabilità la stessa Sylvia atricapilla segnalata dal CAvARA, visitano i fiori di queste due Gigliacee. Com'è noto, i fiori di tali piante sono cilindrici, per lo più rossastri e, a sviluppo completo, quasi sempre rivolti obliquamente in basso. En- trambe le specie sono poi in modo manifesto dicogame. Nella loro patria d'origine (Africa) tanto l'A. frutescens che VA. pli- catilis, come del resto altre specie appartenenti al medesimo genere, sono visitate dalle Neetarinie (Cinnyridae) e sono quindi spiccatamente ornitofile. Starebbe del resto a provarlo il fatto che certi esemplari di A. feroz Mill, coltivati nel Chih, rimasero a lungo sterili e solo co- minciarono a produrre semi quando gli uccelli antofili locali (Elainea albiceps d'Orb.) divennero frequenti a Santiago, dove vivevano le piante in parola ('). i La fioritura dell'A. frutescens e dell'A. plicatilis ha luogo in Catania durante la primavera, ma assai presto, vale a dire nei mesi di marzo e aprile, per quanto qualche fiore sia ancora reperibile in maggio e giugno, in ispecie sull’A. plicatilis. Le infiorescenze cilindriche, molto vistose, sono quivi prevalentemente visitate da insetti apiarii i quali e introducono nei fiori da poco sboc- ciati, rimanendovi più o meno a lungo, senza che la loro presenza sia avvertibile all’esterno a causa della notevole lunghezza del tubo perian- ziale che può ricettare comodamente un'ape od un Bombus. Le visite degli insetti cominciano d’ordinario verso le ore nove anti- meridiane e si succedono, quasi senza interruzione, sino al tramonto. | Si è constatato che, nelle prime ore del mattino, gli insetti , forse a eausa della temperatura piuttosto rigida, sono quanto mai scarsi. Mag precisamente in queste ore che fu possibile riscontrare che i fiori veni- vano visitati dagli uccelli sopra ricordati. Qualche incertezza rimase tut- tavia circa la specie cui appartenevano gli uccelli visitatori, poichè non si riuscì a catturare gli animali, per quanto si tentasse più volte di ucciderli con la pistola Flobert, unico mezzo di caccia permesso in un giardino collocato nell’interno di una città, o col vischio. ALZA Kerg, Handbuch der Bliitenbiologie, Leipzig, 1904, TII. Bd., 1. Teil, Nott BOTANICHH | 183 Gli uccelli i quali — a quel che sembrò — appartenevano al genere Certhia o Sylvia, per arrivare a suggere l'abbondante liquido che vien secreto dai nettarii fiorali, si afferrano con le zampe alle infiorescenze, indi, volto il capo all’ insù, cacciano il becco nel tubo perianziale. Forte deve essere l' azione di adescamento per parte del nettario, perchè gli uccelli non si peritano di visitare i fiori anche quando vicino alla pianta sì trovino delle persone. Come si é detto, le visite degli uecelli avvenivano al mattino e forse non va lungi dal vero la supposizione che ciò sia in rapporto col fatto che le Aloë sono pure visitate da insetti apiarii forniti di un velenoso pungiglione. Probabilmente l'uecello evita di usufruire del nettare conte- nuto nei fiori nelle ore in cui questi ricettano nel loro interno siffatti | ospiti, poichè con tutta facilità potrebbe esser punto nel momento in cui introducesse il becco entro il tubo perianziale. È probabile che, nel mentre ricercano il nettare, gli uccelli si cari- chino di polline, ma, per le ragioni sopra esposte, non fu possibile ciò constatare e viceversa l'esame microscopico mise assai spesso in evidenza che i peli collettori degli insetti apiarii erano quasi sempre ricoperti da ~ masse polliniche talora molto grosse. Ciò indicava a primo aspetto che [^ tali insetti avrebbero dovuto compiere un ufficio importante nell’impol- linazione e nella fecondazione. Un attento esame delle infiorescenze dimostrava invece che quest’ ul- tima — malgrado l’ esuberante numero di fiori, malgrado che gli uccelli ne visitino l'un dopo l’altro parecchi, ricercando quelli più atti ad es- sere fecondati e malgrado, infine, che gli insetti stazionino a lungo nei tubi perianziali — non avviene che di rado, pochi essendo i semi che riescono ad abbonire. Gli stimmi, è vero, si presentano assai spesso carichi di polline, ma ! granuli pollinici per solito sono allo stato di riposo o tutt'al più dànno attacco ad un corto tubetto, incapace perciò a raggiungere la cavità Ovarica a traverso il lungo stilo. Anche i tentativi fatti d'impollinazione artificiale, scegliendo polline maturo che poi veniva spolverato sugli stimmi , rimasero sempre senza risultato. Si deve adunque concludere che nei nostri paesi, sia per la dicogamia delle 4/o sia per altra ra- gione, la fecondazione ha luogo di rado. 184 L. BÜSCALIONI E G. TRINCHIERÌ Probabilmente, però, la causa primissima del singolare fenomeno è as- sai semplice e va ricercata nella circostanza che le Aloë, essendo piante proprie dell'emisfero sud, fioriscono nella stagione buona (primavera, estate). Orbene» appunto per tal motivo la fioritura nei nostri paesi deve avvenire sul finir dell'inverno o al principio della primavera, vale a dire in un’epoca in eui perdurano ancora i rigori dell'inverno e si hanno assai spesso forti sbalzi di temperatura, in specie di notte. Si comprende pertanto come, sotto l influenza di tali condizioni, sia ovvio che il polline o non arrivi a germinare ovvero, se germina, di rado riesca ad allun- gare il tubetto in grado tale da raggiungere con questo gli ovuli e e- condarli. Donde la rarità dei semi, ad onta delle numerose visite degli insetti e persino degli uccelli. Gioverà ricordare, a questo proposito, che, forse per la medesima ra- gione, ma solo in parte, anche il Melianthus major che è pure — come s'è detto in principio — una pianta del Capo di Buona Speranza la quale fiorisce da noi assai per tempo (marzo-aprile) non arriva ad ab- bonire che pochi semi. Il Cavara attribuisce l’ insuccesso nella fecon- dazione al fatto che i pronubi (Sylvia), per la particolar forma del loro capo, non riescono che difficilmente a raccogliere il polline e a spolve- rar questo sullo stimma. Egli però non accenna ad una curiosa dispo- sizione che offrono i fiori del Melianthus e che è stata segnalata da più di un autore. Questa pianta sviluppa da noi dei fiori incompleti , ‘nel senso che le antere sono quasi sempre vuote o contengono granuli pol- linici atrofici. Il fenomeno della degenerazione dell’elemento maschile si manifesta specialmente nei fiori apicali i quali presentano, inoltre, non poche anomalie di altro genere, come sviluppo incompleto dei pezzi del perianzio, petalizzazione delle antere, trasformazione di queste in organi nettariferi, e via dicendo (*). È pertanto logico ammettere che la mancata fecondazione degli ovuli dipenda nel Meliazthus sia dal cattivo stato del polline, sia dalla fioritura precoce in un’epoca in cui perdurano le basse temperature, poco favorevoli allo sviluppo del tubetto pollinico. (1) Siffatte anomalie ricordano quelle teste segnalate dal CoRRENS e dal TiscHLER nelle specie in via di mutazione o tendenti al monoicismo e dioi- cismo. 3 NOTE BOTANICHE 185 Non sembra del tutto fuor di proposito, intanto, far rilevare che la sterilità si riscontra pure in altre piante ornitofile coltivate nell’ Orto botanico di Catania e appartenenti parimenti alla flora dell'emisfero sud. Si vuole qui accennare all'Erytrhina herbacea Linn. ed all E hastifolia Bert. le quali abboniscono, forse per le ragioni esposte, quasi mai i loro semi; qui però non fu possibile constatare l'intervento degli uccelli, ma bensì solo degli insetti apiarii (!). ll singolare comportamento, per quanto riguarda la fecondazione di pe x NS M e EN E * E 4 a A tutte queste piante dell’emisfero sud, ha suggerito l’idea di ricercare se anche altri tipi delle stesse regioni offrano uguali particolarità. Le os- Servazioni fatte in proposito hanno fornito dei dati incerti, poichè, men- . tre talune specie o geueri hanno rivelato una certa scarsità di frutti e di semi in confronto all’ esuberanza dei fiori (Acacie a fillodii, Gre villea R. Br.), altri invece hanno abboniti quasi tutti i semi (A/biz- zia Duraz., Metrosideros: R. Brown, Callistemon R. Br.). Va notato però 5 che talune di queste piante fioriscono in un periodo dell'anno piuttosto 3 inoltrato, ma non è possibile, tuttavia, esimersi dal rilevare che l'A} bizzia lophantha Benth., la quale fiorisce in primavera o anche al finir dell'inverno, ha portato a maturanza molti frutti. LA Premesse queste considerazioni, conviene ora domandarsi se la visita | degli uccelli nostrali ai fiori del Melianthus e delle Aloë possa aver il signifieato d'una vera e propria ornitofilia la quale sarebbe cosi accer- tata anche per le regioni europee. Il Cavara l'ammette come una no- vità, facendo a tal uopo molto assegnamento sui dati del Detpino. E però necessario premettere che la così detta ornitofilia, descritta quasi come un fenomeno nuovo per l'Europa dal Cavara, è invece da tempo nota in Europa, come risulta dalla pubblicazione del dott. Zoppa (*), Ma più ancora dall’ opera magistrale del Knura (?) il quale così si esprime: « In Europa findet Vogelbesuch an Blumen nur ausnahmsweise Statt, und dann wird den Blumen niemals die Befruchtung als Entgelt Œ) Cfr. in proposito il capitolo I di questa stessa pubblicazione. i Č) G. Zoppa, Dell’attitudine mellisuga della Capinera. Avicula, Giornale ornit, ital., Siena, 1907, anno XI, n. 111-112 e seg. €) P. Knura, Op. cit., Leipzig, 1898, 1. Bd., p. 94. 13. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 186 L. BUSCALIONI E G. TRÍNCHIERI zu ual: sondern die Vogel treten hier nur als Blumenverwüster auf ». È, inoltre, d'uopo aggiungere che il JoHow (*), trattando dell'ornitofilia ` ` nella flora chilena, osserva, tra altro, come non in tutti i easi nei quali 3 fu rilevata la visita dei fiori per parte dei Colibri si verifichi il feno- — . meno dell’ ornitofilia; spesso tutto si riduce all’ assidua ricerca d'insetti E. che tali uccelli fanno nell' interno dei fiori, come si deduce dall’ esame dello stomaco di quelli. Successivamente ScuEgNkLING-PnÉvÓr (*) serive a questo proposito ehe i casi di reale ornitofilia sono^ molto più scarsi di quel che finora si sia creduto. Stando a questi dati e alle osservazioni fatte nell'Orto catanese, dalle quali risulta che la visita dei nostri uccelli ai fiori di Melianthus e di Aloë non apporta a questi alcun vantaggio, poichè non riescono a fare abbonire i semi, sembra logico ritenere che non si tratti di ornitofilia quale viene generalmente ammessa, nello stesso modo che non si può affermare che una pianta la quale venga con vantaggio visitata da in- setti apiarii, atti a provvedere alla fecondazione, debba di poi esser ri- tenuta mirmecofila perché, puta caso, le formiche visitano i suoi fiori, senza però essere di alcun vantaggio alla procreazione. Ben inteso che qui si vuol parlare di una mirmecofilia al servizio della riproduzione, poiehé altrimenti non, v'ha dubbio che una pianta visitata dalle formiche entri nella categoria delle mirmecofile. : In conclusione i fatti segnalati dal Cavara e dalla presente Nota non sono privi d'interesse, valendo essi ad illustrare nuove modalità di rap- porti tra le piante e gli animali, ma gli stessi non consentono, per ora almeno, di estendere l'area di distribuzione geografica delle piante orni- tofile e degli uceelli pronubi. Gli ultimi risultati ottenuti in. proposito sono del resto in accordo con quelli del Frees (*) il quale afferma che, (9 JoHow, Ueber Ornithophilie in der chilenischen Flora, Sitzungsberichte der Kónigl. preussischen Akad. der Wissenschaften, 32. (3) SCHENKLING-PREVÒT, Vermeintliche und wirkliche Ornithophilie, Natur- wissenschaftliche Wochenschrift, 1899, XIV Bd., N.° 40, p. 465-468. (*) R. FRIES, Beitr. zur Kenntnis der Ormiihpphizie in der sudameri nischen Flora, Arch. f. Bot. Swenska Vetenskaps. Akad., Stockholm, pes I. Bd., p. 389-440. NOTE BOTANICHE 187 per decidere se ha luogo o meno il processo dell'ornitofilia, bisogna; tra altro, stabilire in modo sicuro se gli uccelli sono o no atti a trasportare il polline, poiché questo è il criterio decisivo dell’ornitofilia. Le nostre conclusioni trovano anche un appoggio nel recente lavoro del dott. Zoppa, già ricordato, dal quale risulta che la Capinera visita pure i fiori dell’Anzholyza aethiopica (una specie dell’Africa australe colti- vata in molti Orti da noi), senza, tuttavia, esercitare una decisa fun- zione staurogamica, la quale, poi, è in parte non necessaria, possedendo i fiori delle disposizioni atte ad assicurare l’ omoclinia. Il Zoppa ritiene, per altro, che la Capinera possa effettuare la staurogamia nel Melianthus, ma basa tale asserzione su ipotesi che non corrispondono, per quanto è stato sopra indicato, ai fatti. VII. Sul polimorfismo fogliare del GINKGO BILOBA Linn. (Tav. II, figg. 1-4). Moltissime sono le piante che nel corso della loro esistenza svilup- pano due o più tipi di foglie, ma il fenomeno è in alcune forme così accentuato e così collegato ai differenti cieli evolutivi (*) che esso ha fatto dare alle piante che lo presentano la denominazione di eterofille. L'eterofillia è frequentissima tra le Gimnosperme , dove anzi trova, nelle forme di Refinospora, un esempio quanto mai classico ed interes- sante, poichè in tempi più o meno recenti le stesse furono riconosciute come tipi giovanili di conifere (Thuja, ece.). L'eterofillia, quando specialmente si manifesta nelle piantine d una data specie, può rivelare le affinità di questa con progenitori più o meno (!) L'eterofillia può esser anche prodotta artificialmente con adatti me- 3 i GÖBEL, di KrassER e di todi culturali, come lo attestano le ricerche di GÓBE tifolia ritenne che le modificazioni fogliari cui andava incontro la pianta, coltivata nelle soluzioni di Knor, fossero da ritenersi come indizio di ri- torno ad un tipo arcaico. 188 i. BUSCALIONI E G. THINCHIERI lontàni e permette inoltre di seguire le tracce della specie in un pas- sato più o meno remoto. Ma il dualismo o polimorfismo fogliare è semo l’espressione d’ un ritorno a un tipo atavico? Ecco il grave problema che si affaccia alla mente di tutti coloro che basano la filogenesi sulle differenti forme che assumono le foglie. La risposta non è facile, quando si studiano i singoli casi, ma, in tesi ge- nerale, è lecito affermare che per lo più l’eterofillia ha veramente un significato filogenetico, pochi essendo quei easi in cui essa è semplice- mente l’espressione di condizioni esterne modificate, 0, per esprimersi diversamente, è l’ indizio di una semplice reazione per parta della pianta sottoposta a nuove condizioni. Di fronte all'incertezza che tuttora domina nella scienza a riguardo dell’ interpretazione che si deve accordare al polimorfismo fogliare, non sembra inutile illustrare qui il caso offerto dal Ginkgo biloba Linn., sia perchè esso si riferisce a una specie appartenente a un gruppo di piante eminentemente eterofille, quali sono le Gimnosperme, sia perchè non è stato ancora, per quanto si sa, studiato a sufficienza da altri. Le Ginkyoales, rappresentate oggigiorno da un unico genere e da una unica specie quasi non più reperibile allo stato selvatico, costituiscono una classe oltremodo interessante per i caratteri particolari del loro ap- - parato di riproduzione e dei loro organi vegetativi, grazie ai quali esse si prestano mirabilmente a servire quasi di tratto d'unione tra le Cy- cadales, le Filicales e le Coniferae. Fra gli organi del Ginkgo biloba, che nno ancora antiche affi- nità, meritano d'essere segnalate le foglie le quali foggiate quasi a ven- taglio o più o meno laciniate si prestano ad esser paragonate alle fronde di talune Felci, e, per esempio, a quelle dell Adiantum Capillus- Vene- ris L. o del Zhipidopteris peltata Scott. Se peró si esamina un po' attentamente una pianta di Ginkgo, si trova che le differenti foglie che si succedono sui rami non hanno tutte la stessa forma. Compaiono dapprima delle foglie a ventaglio o euoriformi, a bordo pià o meno intero, regolare (Tav. II, figg. 1 e 3), o solo debolmente la- ciniato, nelle quali per lo più si ha una sola insenatura alquanto pro- AO Nati | : 1 ; E SC 3 x S E È ` ; ; : i ch ER NOTE BOTA NICHE 189 fonda che, inoltre, di rado arriva a oltrepassare la parte mediana del lembo. Appena però il ramo ha finito il suo accrescimento, ecco svilup- parsi, in corrispondenza dell'apice, dei ciuffi di foglie alquanto più pic- cole di quelle basali le quali poi si presentano suddivise in due o più lacinie irregolari da incisioni di varia profondità che, talora, arrivano fino quasi al punto in eui il lembo s'innesta al piceiuolo (Tav. II, fig. 2). Le incisioni non sono che l’esagerazione delle deboli intaccature che frequentemente ornano tutta quanta l estremità libera o distale della foglia, sia questa apicale o basale. La struttura dei due tipi non presenta alcuna particolarità che valga a illuminarei sulle cause che provocano il differente comportamento nei fillomi. Tanto nelle foglie laciniate quanto in quelle quasi intere si trova che i cordoni fibro-vaseolari del pieciuolo, giunti alla base del lembo, si scindono in numerosi rametti decorrenti quasi parallelamente gli uni agli altri dalla base verso l’apice dove terminano dopo essersi dicotomizzati. Tra le nervature si notano delle borse resinifere che, puntiformi alla pe- riferia delle foglie, diventano allungate parallelamente alla nervatura nel corpo della lamina. Tutt'al più, come carattere reperibile di preferenza nelle foglie profondamente divise, si nota che le due nervature fiancheg- gianti l'incisione mediana sono fra loro più discoste delle altre, per cui nel parenchima interposto si annidano talora due borse, situate l'una accanto all’altra. La maggior separazione delle nervature mediane si tradisce del resto all'esterno per mezzo d'una colorazione più cupa del parenchima che dal vertice dell'ineisione si porta al picciuolo. Se ora passiamo allo studio delle piantine, rileviamo che, analoga- mente a quanto venne già segnalato dal Lussock, dal Master, dal SEWARD e da altri, alle foglie cotiledonari succedono dapprima dei fillomi Squamiformi analoghi a quelli che si osservano nelle Cicadacee (*) e in talune Araucariee. Poi, più o meno precocemente , a seconda delle condizioni in cui sono tenute le piante, compaiono le vere foglie non | Bià disposte in fascetti su brachiblasti, ma isolate (in ordine tristico) le ; I Sa (1) L’analogia è resa ancor più manifesta dal fatto che, come nelle Cica- dacce, le foglie sono pelose, secondo rilevò il SEWARD. 190 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI quali sono tutte laciniato-lobate ed inoltre presentano assai spesso delle lacinie più o meno alla lor volta partite, il che determina la comparsa di lobi secondari, variamente grandi e lunghi (Tav. II, fig. 4). Tale strut- tura si mantiene a lungo immutata, poichè fu possibile rinvenirla in piante di due e più anni allevate in vaso. Per altro non si rinvennero mai produzioni ascidiate reperibili talora nelle foglie di piante adulte e già state da altri rilevate. Nella struttura dei fillomi sia delle piantine che delle piante adulte non s'incontrano particolarità degne di nota, se si eccettua che nel pie- eiuolo delle prime il fascio vascolare è unieo o pressoché tale, mentre nelle foglie delle piante adulte si presenta nettamente sdoppiato (A Tale dualismo nella costituzione anatomica, che del resto è stato segna- ` lato in altre Gimnosperme, dimostra come lo sdoppiamento del fascio ` ARE non sia in relazione eon la laeiniatura della foglia. Gioverà ricordare da ultimo che la comparsa di foglie laciniate nelle piante adulte é subordinata in parte alle condizioni in cui vive la pianta, essendo stato osservato che taluni esemplari di Giz4go mostrano il feno- — meno in modo più accentuato di altri. Qual'è la causa dell'eterofillia del Ginkgo? Si tratta di un’accidenta- lità o è legata questa all'evoluzione del tipo o per lo meno alle condi- zioni della sua vita? I tentativi di coltivazione fatti nell'Orto botanico di Catania indur- ` rebbero a credere che se i metodi di coltura e specialmente le condi- zioni d'umidità, di luce, eee. cui si sottopongono le piantine possono ` S influire sulla comparsa o sull’accentuazione della laciniatura questa però ` è inerente alla organizzazione della pianta stessa. (1) Sarebbe qui il caso di discutere la teoria del CHATIN, il quale trova che nel picciuolo i fasci tendono a fondersi in un unico cordone, nelle fa- miglie vegetali più evolute, mal conciliandosi con questa interpretazione — l'anatomia del pieciuolo del Ginkgo, in quanto che le foglie primordiali, us ricordanti una condizione di cose pregressa, atavica presentano dei fasci — fusi in un solo cordone, e le foglie intere, filogeneticamente più moderne, — dei cordoni fibrovascolari separati. Vedi, del resto, in proposito: THOMAS . E ETHEL, A theory of the double leaftrace foundel on seedling structure. N Phytologist, 1907. k Ss ch NOTE BOTANICHE 191 Il PoroxiÉ, studiando la costituzione delle foglie in rapporto alle con- dizioni di clima, ebbe ad osservare che le piante dei periodi geologici più o meno lontani avevano delle foglie laciniate ed anzi egli afferma che la laciniatura si presenta in un determinato genere tanto più ac- centuato quanto più antico è il periodo geologico in cui il tipo ha fatto la sua comparsa. L'autore ricorda non poche piante, fra cui il Ginkgo, e fa rilevare che la presenza di numerosi segmenti, fogliari, analogamente a quanto osservarono Srani e Kxv, avrebbe lo scopo di facilitare I eli- minazione dell’acqua di pioggia dalla foglia, ciò che doveva tornare di grande utilità alle piante delle passate epoche geologiche in cui la pioggia cadeva più abbondante e più impetuosa d'oggigiorno. L’ inter- pretazione è in parte vera; solo converrà notare che quasi tutte le foglie ‘del Ginkgo e in specie quelle terminali molto laciniate sono dirette obli- quamente in alto, per la qual cosa mal si adattano i segmenti alla fun- zione di sgocciolatoio. È vero, però, che molti rami, è specialmente quelli più bassi, assai lunghi, sono penduli, ma non pochi di questi portano foglie laciniate rivolte all’insù per azione dell’eliotropismo positivo e del geotropismo negativo. Adunque la vera essenza della laciniatura va ri- cercata forse in altre cause e si riuscirà probabilmente a smascherarla , se si passano in rassegna i tipi di GizAgodles o di piante affini al Ginkgo che hanno vissuto sulla terra nelle passate epoche geologiche. Stando ai dati dell’HEER, del Granp'Eury, del Saporta, dello ZEILLER, dello Senses e di altri autori, risulterebbe che i tipi affini al Ginkgo apparvero presto sulla terra ed in certo qual modo formarono insieme alle Cicadacee, alle Cordaiti e a qualche altro tipo le prime Gimno- sperme che abbiano abitato il nostro pianeta, quando, ben inteso, non si voglia fare delle Cordaiti un gruppo a sè. ; Soffermandosi ora ai tipi aventi una diretta parentela col Ginkgo si trova che il primo, ma molto dubbio rappresentante di questo si ha nel Culm degli Stati Uniti dove si vedono comparire le Whittleseya. Queste hanno foglie dilatate come quelle del Ginkgo, ma troncato-dentate, an- zichè laciniate, le quali poi sono attraversate da nervature parallele co- | stituite di più fasci. Or bene se, come ammettono taluni, le WAittleseya sono da considerarsi come un tipo primordiale di Ginkgoaceae, se ne deve 199 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI inferire che i progenitori del Ginkgo biloba avevano foglie intere o pres- soché tali; ma qui conviene osservare che lo ScHmmpeR mette in dubbio l'affinità delle WAittleseya col Ginkgo. Tipi realmente con Aabitus di Ginkgo cominciano,a rinvenirsi nel Per- raiano e poi negli strati più recenti sino a raggiungere il Terziario, i cui terreni si può dire rappresentino la tomba delle Gzgoales di cui rimane oggidì, come si è detto, soltanto più una forma coltivata, del Giappone e della China, vale a dire il Ginkgo biloba. I principali tipi segnalati dai paleontologi appartengono ai seguenti generi (+): | Salisburia. — È largamente diffuso nel Giurassico. Le foglie sono più o meno laciniate e strette. A questo genere si riferiscono il GzAgo biloba e il Ginkgo primigena già presenti nel Permiano, secondo l'ARCANGELI, con tipi a foglie intere o laciniate ed il Gix4go incisa (fossili di Autun e di Russia). Va notato a questo proposito che dalle osservazioni paleon- tologiche non si è potuto stabilire con sicurezza se le foglie laciniate e quelle intere appartengano a specie differenti o non piuttosto a indi- vidui diversamente conformati di un'unica specie. Il genere, dopo essersi largamente sviluppato, come si è accennato, nel Giurassico, scompare quasi del tutto alla fine del Cretaceo e nel Terziario. Come appartenente a quest'ultimo terreno citeremo il G. adiaztoides stato rinvenuto in Italia. Saportea. — Questo genere si contraddistingue per la presenza di foglie suddivise in due lobi divergenti ad angolo retto sul picciuolo. Il lembo è molto sviluppato. Il tipo fu segnalato li già nel Permiano degli Stati Uniti e nel. Westfaliano del Canadà. E Ginkgophyllum. — È un tipo fornito di foglie decorrenti cuneiformi, ripetutamente dicotome a segmenti stretti e con lacinie terminali a lor volta quasi costantemente dicotome. È presente nel Permiano (Gin4go- phyllum Grasseti) e nel Westfaliano. Baiera. — Ha foglie foggiate a ventaglio, ripetutamente dicotome, con C) Per amore di brevità si ricordano qui soltanto i tipi che furon de- scritti in base alla costituzione fogliare, non entrando nell’ambito del pre- sente studio l'enumerazione delle molte forme state segnalate in ossequio alla natura dell'apparato di riproduzione. VE RENEE EE AE AE EE NOTE BOTANICHE 193 segmenti lineari o nastriformi e con le lacinie suddivise in due corti segmenti terminali. La nervatura fogliare è dicotoma. Il tipo è reperi- bile già nel Permiano e nel Retico ed in altri terreni. Ha dato molte specie. Rhipidopsis. — Possiede foglie larghe orbicolari od ovali costituite da 5-10 segmenti cuneiformi arrotondati nella parte superiore a bordo in- tero, disposti a ventaglio su di un pieciuolo comune. Le lacinie decre- scono in grandezza dal mezzo verso la periferia. Venne scoperto nel Permo-Triassico della Russia, dell'Argentina, dell’ India, ecc. Dieranophyllum. — Fu rinvenuto nel Carbonifero superiore (Diparti- mento della Loira ed altrove). Presenta foglie lineari intere o laciniate dicotomicamente. Il tipo è rappresentato da più specie. Trichopitys. — Ha foglie palmate, a lacinie sottili, lineari, uniner- vate e dieotome. Si trova nel Permiano e nel Giurassico. Czekanowschia. — Possiede foglie riunite in fascetti ripetutamente di- cotome, i cui segmenti terminali sono lineari con molte nervature lon- gitudinali sottili. Fu riscontrato nel Retico e nel Giura (Giappone, Por- togallo ed altrove). Feildenia. — Presenta foglie intiere o un paio di lacinie lunghe cu- neiformi. Le nervature sono di differente forma, le une robuste, le altre sottili. Non sono ancora state ben precisate le sue affinità, tanto che al- cuni lo collocano fra le Cordaiti. È presente nel Miocene. Phoenicopsis. — Le foglie sono nastriformi, sessili, fascicolate su bra- chiblasti. Le differenti specie appaiono nel cosidetto Braunjura ed in = Altri terreni. A questi è affine il Desmiophyllum di Lesquereux le cui foglie stanno pure in fascetti su brachiblasti. : Ginkgodium. — Le foglie obovato-spatulate sono attenuate verso il = Pieciuolo e presentano un apice leggermente inciso o bilobato. Le ner- vature prineipali sono marginali e da esse si staecano numerosi rami Paralleli che attraversano le foglie dalla base all'apice. Fu rinvenuto . nell’Oolite del Giappone. PsigmophyIum. — È proprio del Permiano degli Urali e presenta le Jj : foglioline saldate le une alle altre su una parte della loro lunghezza. Il complesso fogliare che, per forma, ricorda la foglia del Ginkgo, è for- "të LC e ^ 194 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI nito di segmenti numerosi. Affine a questo è il genere Rhipidopsis so- pra ricordato (7). Da questa rapida rassegna delle piante a tipo di Ginkgo presenti nei remoti periodi geologici risulta che, in tesi generale, le forme dotate di foglie laciniate a segmenti stretti si trovano nei terreni più antichi, mentre quelle che sono fornite di fillomi piuttosto larghi e poco seg- mentati occupano i terreni più giovani. Quanto più si discende nei pe- riodi geologici si vedono le foglie farsi sempre più laciniate e portare inoltre dei segmenti più stretti. Oltre a ciò si accentua maggiormente la dicotomia del lembo il quale carattere è indizio di degradazione, poichè lo si riscontra nei tipi più bassi o da lungo tempo scomparsi dalla superficie della terra. ( Chi desiderasse maggiori ragguagli su le forme fossili di Ginkgoaceae potrebbe consultare D opera del SAPORTA (Végétaux: terrain jurassique, vol. in Paléont. francaise) e quella dell’ Heer (Zur Geschichte d. Ginkgo- arligen Bäume. Engler's bot. Jahrb. f. System. Pfianzengesch., ecc., I Bd., 1880). Risulta da quest’ultima che nei differenti terreni, a cominciare dai permiani, vennero scoperte non meno di 61 specie, che furono distribuite in 8 generi, quasi tutte - caratterizzate dalla presenza di foglie laciniate. Secondo l'HEER il Ginkgo appare indubbiamente nell'Oolite (Giura bruno) con 13 specie fra cui una (G. digitata) che si presenta sia nella forma ti- ` pica avente foglie laciniate, sia nella varietà in/egriuscula a foglie fornite d’incisioni poco profonde. Un’altra forma di Ginkgo pure a foglie quasi intere si trova nel Cretaceo superiore della Groenlandia (7. primordialis) ed è molto affine al ricordato G. integriuscula del Giurassico. : L'autore riporta alla fine del suo lavoro una tavola in cui sono indi- cate le differenti specie di Ginkgoaceae state rinvenute nei differenti ter- reni, dallo esame delle quali chiunque puó facilmente constatare che le specie a foglie debolmente laciniate sono per lo piü recenti Anche il Seward ha riportato nel suo lavoro sul Ginkgo biloba la descri- — zione di non poche forme fossili, accennando pure qua e colà nel lavoro ` alle analogie tra la forma delle foglie giovanili del Ginkgo biloba con quelle delle forme fossili. Quest'autore, poco dopo aver notato che pure il BAILEY aveva rilevato tale analogia, arriva alla conclusione che non si possa stabilire una vera seriazione filogenetica in base a tali rapporti morfologici. Ora si vedrà in seguito che essa appare invece evidente quando si abbia de Por E A EIE. cura, come si è fatto nel presente lavoro, di studiare comparativamente ` ` la costituzione morfologica del filloma vegetativo e di quello riproduttore ` tanto nella forma attuale che in quelle fossili. e ^ Ët roe, d de UG not ders ue SÉ EE E b De tere ER Zen, NOTE BOTANICHE 195 Dai fatti esposti si può pertanto concludere che la comparsa delle lacinie nelle foglie di Ginkgo sia agli apici dei rami sia nelle piantine giovani rappresenti un ritorno a una condizione di cose che era for- temente accentuata nei primi tipi delle GzzAgoales. Solo si potrebbe op- porre che tale costituzione non venne riscontrata nel tipo più vetusto del gruppo, vale a dire nelle WhAitileseya del Culm, ma a siffatta ob- biezione si può rispondere che le WAiffleseya non sono state ancora de- finitivamente collocate fra le Ginkgoales. , Lo studio dei caratteri fogliari del Ginkgo biloba richiama alla me- moria il pensiero di un grande naturalista e poeta tedesco, il GOETHE, il quale, colpito dalla singolare costituzione delle foglie di tale pianta, la illustrava nei mirabili versi: Dieses Baumes das von Osten Meinen Garten anvertraut Gibt geheimen Sinn zu kosten ` Wie 's den Wissenden erbaut. Ist es ein lebendig Wesen, Das sich in sich selbst getrennt? Sind es zwei, die sich erlesen Das man sie als eines kennt? Solche Frage zu erwiedern, Fand ich wohl den rechten Sinn: Fuhlst du nieht an meinen Liedern, Das ich eins und doppelt bin? Se le ricerche fatte hanno eolpito nel segno, come si ha ragione di ritenere, si può rispondere oggi al GOETHE che le « anime gemelle » delle foglie del Ginkgo tendono a fondersi e forse arriveranno a tale ri- sultato se la specie continuerà a vivere ancora a lungo. Il problema fogliare che si riferisce al Ginkgo biloba non solamente dal punto di vista paleontologico, ma anche da quello dell'a- natomia e della morfologia comparata potendo questo eriterio , insieme a ciò che ci vien offerto dalla teratologia, fornire non pochi dati di grande importanza sulla filogenesi del filloma di questa arcaica Gimnosperma. va studiato 196 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI x Ora che si è constatato che la lobatura della foglia non è una pura accidentalità, ma al contrario ha un'origine filogenetica, si può meglio comprendere quest’ultima se ci si addentra nella controversa questione delle « infiorescenze » delle Conifere. Stando alle osservazioni del Fam e del CeLakovscay l ovulo del Ginkgo è di natura fogliare. Il primo dei citati autori potè infatti bindiatalo in alcuni casi di mo- struosità riflettenti l'apparato di riproduzione fémmineo del Ginkgo che gli ovuli erano portati da segmenti fogliari sugli orli dei quali essi si inserivano. Quando le foglie erano fornite di un solo ovulo l’intera la- mina (rudimentale) formava il tegumento della terminale nucella; nei casi invece in eui si avevano più ovuli ogni lacinia fogliare formava il tegumento dell’ovulo che su di essa s'inseriva. E adunque evidente che gli ovuli del Gia2go sono portati da una lamina fogliare oltremodo ri- dotta la quale è intera quando l’ovulo è unico (come nel caso ordinario), laciniata quando gli ovuli sono in numero più o meno grande. Su questo dato teratologico il CELAKovscHY fonda la sua teoria della natura fo- gliare dell'ovulo del Ginkgo la quale entro certi limiti,s'avvicina a quella del Van TreGnem che vede nella infiorescenza del Ginkgo una | foglia dicotoma. Basterà qui accennare alle vedute del CerAKOVSCHY, troppo arduo com- pito essendo quello di addentrarsi più profondamente in merito al va- lore delle stesse e alle sue osservazioni basate sull'anatomia ed in ispe- cie sulla struttura dell'apparato di riproduzione delle Crittogame su- periori. Quanto è stato esposto sin qui è sufficiente per permettere di affer- mare che fra la dicotomia fogliare (o la politomia) e il numero degli ovuli sulla fronda fertile esiste un’ intima correlazione. In altre parole, la foglia puramente vegetativa di Ginkgo biloba è dicotoma perchè (in conformità di quanto avviene nelle Cycas) la foglia fertile è analoga- mente conformata o per lo meno si presenta tale in casi teratologici o. patologici che sono pur sempre l’ espressione d’ una condizione di cose presenti in grado più o meno accentuato nel filloma riproduttore normale. Tale ipotesi trova una conferma nelle stesse vedute del CELAKOVSCHY Een e PI MO LITTLE CO NOLI N DIRSI MII ATEI OLI o DIALISI ER R LEE "Par M e? Eer Es ` E RES. (qe da uu AE Et I pdt os RE EE x pr. NOTE BOTANICHE 197 il quale in base a una lunga serie di ricerche sulle Felei e sulle Gim- nosperme è stato indotto a concludere che durante I evoluzione delle piante superiori dovette apparire innanzi tutto il solo filloma riprodut- tore il quale a poco a poco andò smembrandosi in una parte riprodut- tiva e in un'altra puramente vegetativa per riuscire alla fine a scindersi completamente, onde dare origine così da un lato alle foglie fiorali e dall'altro ai fillomi vegetativi. Ma, ammessa quest’ ipotesi, la quale del resto è anche in parte con- forme alle idee del Porowné ; non ne deriva per conseguenza che il fil- loma vegetativo debba in ultima analisi corrispondere, per forma, al filloma riproduttivo? | La risposta a tale domanda non può essere se non affermativa. - Nelle Fanerogame superiori siffatta analogia morfologica non è più facilmente reperibile perchè troppo evoluti si presentano i fillomi ripro- duttivo e vegetativo. L'identità invece è ancora palese nelle forme ar- caiche poco evolute, come, per esempio, il Ginkgo. Riesce così spiegata la lobatura delle foglie di questa pianta nel senso che essa rispecchia una condizione di cose più o meno manifesta nel filloma fiorale da cui le prime sono derivate. | 2 ` Con la scorta di questo reperto si puó approfondire lo studio allo seopo "di ricercare se, per caso, la maggior somma di lobi che presentano le -Ginkgoaceae fossili, in ispecie quelle dei terreni più antichi, non sia l'e- Spressione di una produzione piu esuberante di ovuli sulle foglie fertili. La paleontologia consolida appunto questa supposizione e per consta- tarlo basta, per esempio, consultare il trattato del RENauLT (Botanique * Sossile). A pag. 53, quest'autore, parlando del Ginkgo biloba, rileva in- fatti che « los ovules sont associés par deux, par quatre ou generale- ment en nombre égal à eelui des segments de la feuille ». Solo alla Maturità si hanno delle eccezioni poichè alcuni ovuli abortiscono. Lo stesso fatto si rileva nelle Salisburia primordialis, digitata e Hut- : toni in cui pure si trovarono due ovuli inseriti in una dilatazione della cM scaglia ovulifera (Op. cit., p. 57). SCH Nel enere Baiera, le cui foglie sono ripetutamente dicotome, il Re- NAULT segnala pure la presenza di fiori femminei disposti all'estremità / 198 i. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI di pedicelli più volte biforcati. Gli ovuli alla maturità si riducono in numero di tre. Così pure nella Bziera Munsteriana gli ovuli sono sei e collocati all'estremità di corti pedicelli « provenants — dice il RENAULT — des subdivisions de la bractée ovulifère ». Anche in alcune Czekanomschia che, com'é noto, sono Ginkgoacee dalle foglie molto laciniate e a lacinie sottili si sono trovate delle scaglie frut- tifere multiovulate con gli ovuli appaiati. Almeno in tale senso inter- preta il citato autore i fossili che (Heen ebbe a descrivere. te Infine per le stesse ragioni meritano di esser segnalate qui le Beania, 1 per quanto alcuni le uniscano alle Cicadacee. Nel riportare questi esempii giova anche rilevare che la grandezza degli ovuli è in certo qual modo in rapporto col numero e le divisioni della lamina fogliare, essendo stato possibile constatare sia dalle deseri- zioni degli autori. sia dall'esame delie corrispondenti figure, che nelle Ginkgoacee fossili i segmenti fogliari sono sottili, se gli ovuli sono più Gi numerosi; in compenso quest’ ultimi sono per lo più di dimensioni mi- dI nori rispetto a quelli del Ginkgo attuale. me Analoghe considerazioni si possono aecampare per i fillomi fiorali ma- 3 schili del Ginkgo biloba i cui gattini maschili filiformi portano delle 1 logge o sacche polliniche’ appaiate o aggruppate a 3 e, più di rado, —— pure 8, mentre nelle antiche forme di Baiera i fiori maschili sono for- | mati dalla riunione in gattini di stami numerosi il cui filamento porta, | secondo scrive il RENAULT, da 5 a 7 sacche polliniche. L'analogia tra le foglie vegetative e quelle fiorali nel Ginkgo appare — — * ancora più evidente se, sempre con la scorta delle osservazioni del Fo : e del CELAKOvsCRY, si esamina la struttura dell'ovulo quale è stata de- i | - scritta dall’ OLiver. Infatti nel tegumento seminale esiste un sistema 1 vascolare molto sviluppato quale è quello appunto della foglia, e ciò allo ` 2 scopo di provvedere il liquido alle camere polliniche della nucella. Bit fatta struttura che si verifica anche in altre specie di Gimnosperme an- - 3 tiche costituisce per l’OLrver e per il Cmrck (che trovò qualche cosa È Í d'analogo nelle Torreja) un carattere primordiale. Si puó pertanto terminare questa breve rassegna dol filloma del Ginkgo ` biloba con le seguenti conclusioni: od ef è. Se = E 7 N Fal SAR I we? NOE BOTANICHE 199 1.) Le foglie primordiali e quelle terminali dei rami sono per lo più profondamente laciniate. 2.) La laciniatura è l'espressione di un ritorno atavico anzichè una semplice aecidentalità. 3." Nelle Ginkgoacee fossili le foglie laciniate sono più frequenti e le lacinie diventano tanto più numerose e tanto più sottili quanto più le specie cui appartengono tali foglie sono antiche. 4.°) Senza entrare nella questione controversa rispetto al significato della squama ovulifera, per decidere se sia una foglia intera o un seg- mento di foglia o un organo sui generis, merita d'esser rilevato che questa nelle Ginkgoacee antiche porta pure numerose lacinie le quali dànno attacco ad altrettanti ovuli, come si verifica del resto in alcune infiorescenze mostruose di Ginkgo biloba. * 9.) Che la lobatura delle foglie di Ginkgo biloba e delle Ginkgoa- cee fossili è in stretta relazione con la lobatura delle foglie fruttifere delle stesse piante, poiché il filloma vegetativo, secondo il CELAKOVSCHY, è derivato da quello riproduttore. | | 6.°) La riduzione nel numero degli ovuli che si verifica nel Ginkgo , quando lo si confronti con le forme antiche, è conforme al principio evo- lutivo della riduzione illustrato dal CeLAKOvscHY; apparentemente la diminuzione nel numero degli ovuli può tornare dannosa alla conserva- . zione della specie. Essa è però compensata da una maggior robustezza dei semi che, essendo in numero minore, possono attingere maggiór nu- trimento e radunare maggior copia di riserve. Ciò in tesi generale, seb- bene, per il Ginkgo, la legge sia alquanto mascherata dalla circostanza che questo tipo è in via di scomparire dalla superficie del nostro pianeta. - 7.) La costituzione del filloma sia fiorale che vegetativo delle Gin- kgoacee fornisce una nuova prova a favore della teoria di coloro che vedono nelle Ginkgoacee un tipo arcaico affine alle Cicadacee e alle Crittogame vascolari superiori. Tale affinità appare ancor più manifesta qualora si consideri che certe forme dubbie di Ginkgoacee presentano i fillomi vegetativi eonerescenti tra loro. 200 L. BUsCALIONI E G. *RINCHIERÌ BIBLIOGRAFIA (!) ARBER E. The origin of Gymnosperms. Sc. progr., vol. I, 1906. BAILEY, Survival of Unlike. New York, 1896. BEISSNER L., Ueb. d. Jugendformen d. Pflanzen specielle d. Coniferen. Ber. d. deutsch. bot. Gesellsch., 1888. BELAJEFF W., Die Verwandsaftlichen Beziehungen zwischen d. Phaneroga- men und Cryptogamen, etc. Biol. Centralbl., 1898, XVIII. BEYERINK M., L. Beissneri's Unters. bezüglich d. Retinosporafrage. Bot. Zeit., 1890. Burns G., Heterophyllie in Proserpinaca palustris. Ann. of. Bot., 18. CELAKOVSCHY L., Nachtrag z. meiner Schrift ub. d. 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Forse poche regioni del mondo hanno destato tanto interesse e preoc- cupato sì lungamente i naturalisti quanto quell’immenso dedalo di isole grandi e piccole, di territorii quasi improvvisati da una straordinaria po- tenza vulcanica o formatisi lentamente sotto il lavorìo di umili coralli, il quale dalle bocche delle Irawadi si estende fino all’ Australia e com- prende le colossali isole di Sumatra, Borneo, Celebes, Giava e Nuova Guinea. Alcuni geologi vedono nel montuoso arcipelago e nei bassifondi che collegano le isole le prove della scomparsa d'un antico continente (Kü- kenthal, Kobelt, Webber), ma con non minor ragione altri sostengono che si tratti di isole che vanno conquistando nuovi territorii all’ oceano, grazie all'attività dei loro vulcani, alle barriere coralline che le inghir- landano e agli Atolli dispersi per la vasta distesa dei mari (Semper, Hichson). Ag K DE J d oce ëch Lew LIRE RA m 2 e E Eh E E E NG NOTE BOTANICHE 203 Non meno irto di dubbii si presenta il complesso insulare quando lo si studii dal punto di vista zoologico e botanico. Le numerose terre con- traggono infatti differenti legami tra loro. Quando, però, se ne analizzino le affinità, in base ai criterii che ci offrono sia gli animali che i vege- tali, si trova assai spesso che mentre un'isola si collega ad un'altra per un certo gruppo di organismi ne differisce profondamente per rispetto ad altri. Inoltre, e questo è il lato più importante del problema, se colla scorta dei dati faunistici si possono stabilire dei complessi insulari, gli stessi si smembrano, ove si sottopongano all’ analisi delle affinità flori- stiche e viceversa. In parte il diverso comportamento trova la sua ragione d'essere nel differente modo di diffondersi delle piante e degli animali, ma, tutto sommato, le discrepanze faunistiche e floristiche stanno ad SSC quanto oscura sia la genesi dell'arcipelago indo-malese. È per questi ed altri motivi che il biologo accetta non senza trepi- dazione ed anche con «sentimento di scettica incredulità le conclusioni dei naturalisti che, in base alle aree di distribuzione di questo o di quel tipo ed ia ispecie dei Mammiferi, dei Molluschi e di altri organismi poco adatti a superare tratti di mari anche poco estesi, stabiliscono delle connessioni, talora ibride, fra le diverse terre o proclamano invece degli smembramenti ‘territoriali. Il dubbio è in specie giustificato pei rima- neggiamenti stati segnalati in tempi geologici più o meno remoti. Così non furono da tutti ammesse, per insufficienza di criterii, le teorie che hanno dato origine alla Zemuria di ScLATER, alle fondamentali linee di separazione delle regioni, quale quella classica di WaLLACE che pas- Sava tra Bali e Lombock, quella di MürrER separante Flores da Sum- bawa, come, del resto, caddero non poche suddivisioni regionali, sia faunistiche che floristiche. Si sarà in grado di portare un giudizio più sicuro e più sereno il | giorno — pur troppo ancora molto lontano — in cui i territorii della Malesia saranno meglio conosciuti dal punto di vista geologico, paleon- tologico, faunistico e floristico di quanto lo siano oggigiorno. Per ora bisogna accettare con benefizio d'inventario le ipotesi e intanto cercare di affrettare la soluzione del problema con l'aeeumulo di nuovi fatti e di nuove vedute. Ae e 204 t. BUSCALIONI E G. TRINCHIERÎ | Tra i problemi che riflettono la distribuzione degli animali e della flora nella -Malesia merita di esser qui registrato quello che si riferisce ai rapporti tra Borneo, Giava, Sumatra, Bangka e la Penisola Ma- laeca, nonché quelli ehe interessano la Nuova Guinea, Celebes, le Filip- pine, le Molueche e l'Australia. Gioverà riassumere a questo proposito le osservazioni e le ipotesi del WaLLACE eonsegnate nel volume Geogr. distrib. of animals, come quelle che appunto devono ora essere discusse e vagliate. Borneo, Giava, Sumatra e la Penisola Malacca con le Filippine for- mano, per quest'autore, la subregione indo-malese della regione faunistica orientale. I differenti territorii hanno animali propri endemici ed altri comuni. Fra quest'ultimi alcuni sono diffusi in due o più territorii e perciò servono di guida al zoologo allorchè cerca di stabilire le affinità zoologiche fra le terre. . Senza entrare in troppi dettagli, sarà bene però rilevare che la Peni- sola Malacca, Sumatra e Borneo hanno faune affini, poichè tutti i generi e moltissime specie eh'erano stati ritenuti peculiari a Borneo e Sumatra furono dipoi ritrovati anche nell'altra terra. Borneo nondimeno si trova in una condizione alquanto privilegiata, avendo taluni Mammiferi a sè ( Cynogale , Dendrogale , Ptilocerus, Simia , Paguma , ecce.) mentre Su- matra avrebbe un solo genere endemico (Nemorkedus), sebbene abbia poi qualche altro tipo non reperibile in Borneo, ma invece in Giava 0 nell'India. Per quanto riguarda la Penisola Malacca, il fenomeno della distribuzione degli animali è ancor più semplice per il fatto che essa difetta di Mammiferi peculiari. Meno accantonata, come ben si comprende, è la fauna degli uccelli. Borneo ha per altro due tipi proprii o, per essere più esatti, non Gr muni alle altre terre innanzi indicate e questi sono: Schwaneria e In- dicator. Sumatra possiede pure due forme, Psilopogon e Berenicornis , non reperibili nella regione malese, mentre la Penisola Malacca si pre ` senta di nuovo sfornita di tipi che non siano reperibili nelle altre terre De: o per lo meno nelle vicine regioni dell Asia, Risulta adunque dai fatti sopra esposti che v ha una certa affinità faunistica tra Borneo, Sumatra e la Penisola Malacca. II Pa Ds Mord £ h Axe D nU e A e NOTE BOTANICHE 205 Passando ora a Giava ed attenendosi sempre ai dati di WALLACE, si nota che quest’ isola ha 55 generi e 90 specie di Mammiferi. Fra i primi nessuno è peculiare, mentre fra le seconde si trovano solo 5 specie endemiche. Giava difetta poi di alcuni animali caratteristici di Borneo, Sumatra e Molueche (Viverra, Taprio, Simia, Elephas, Lutra, Paguma, ece.). Al contrario non poche sono le specie proprie dei territori settentrionali dell'India e delle subregioni indo-cinesi (Rinoceros, Lepus, ece.) che man- cano a quelle malesi, fatta, però, eccezione per Giava. Il fenomeno in que- stione appare manifesto tanto nel caso che si consideri la fauna di Mam- miferi quanto quella degli Uccelli, sebbene questi, per l’ attitudine al volo, siano meho accantonati. Inoltre si osserva che 12 generi di Giava sono comuni all’ Indocina, pur difettando alle altre terre della subre- gione indo-malese le quali poi hanno 25 generi che mancano a Giava o sono soltanto rappresentati da specie più o meno affini. Il WaLLACE, allo scopo di far meglio risaltare le differenze faunistiche tra Giava e le altre terre, riporta il numero delle specie e dei generi endemici nei singoli territorii i quali risulterebbero perciò faunistica- mente così costituiti: Tèrritorii Specie endemiche | Generi endemici Borneo eu SN 18 4 SatbaUR d en 5 1 Malas uu 0c 6 0 GA. ch 6 0 Dalla quale tabella se ne deve inferire che Borneo si trova in una condizione di insularità o d’isolamento molto più accentuata di Sumatra e Giava. Rimane ora da considerare le Filippine le quali, secondo il WALLACE, hanno un martato carattere d'insularità faunistica. Fra gli animali al- cuni sono arcaici altri moderni. Gli uni poi accennano ad antiche con- ‘nessioni al vicino continente le quali però dovettero essere di corta du- rata, poichè. le isole difettano di generi particolari e inoltre sono povere 206 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI di Mammiferi. Anche evidenti sono i rapporti faunistici con la dos per quanto non molto estesi. Ma intanto assai singolare appare il fatto che 75 specie di Uccelli sono comuni a Giava, mentre solo 31 si trovano nella Papuasia, 47 a Ce- lebes e 69 nell’ India. Sotto il punto di vista ornitologico , dunque, le Filippine, strettamente collegate al continente, hanno pure intimi le- gami con Giava, mentre a primo aspetto si dovrebbe attendere una mag- giore affinità con le altre isole della Malesia. Da questo intricatissimo complesso di fatti e di rapporti Guer il WALLACE tenta di assurgere a una conclusione che valga a spiegarli tutti quanti, illuminando così di nuova luce le singolari anomalie di distribuzione faunistica. L'autore, dopo aver premesso che tutta la regione malese andò sog- getta ripetutamente a innalzamenti e sprofondamenti più o meno estesi, viene pertanto alla conclusione ehe Borneo nel Pliocene o non esisteva, o era ridotta a poche isole. Più ad ovest di questo presunto arcipelago doveva invece esistere una terra molto estesa la quale congiungendo Giava all’Indocina permetteva il passaggio degli animali da un terri- torio all'altro. Di qui le analogie faunistiche di Giava con l Indocina. Ma siffatto continente scomparve a sua volta e, quasi per controbilan- ` — È ciare D inabissamento, Borneo cominciò ad innalzarsi dal flutto marino, : fondendo le sparse membra in una unica isola la quale poi avendo con- —— tratto dei rapporti con le terre vicine e specialmente con Sumatra e con n. la Penisola Malacca poté ricevere da questi territorii quegli animali che ora vanta in comune. E La teoria è ingegnosa, ma non sembra che possa reggere ad una cri- tica severa in quanto che essa si basa troppo sui pretesi fenomeni di sprofondamento e sollevamento che sono ben lungi dall'esser provati con eriterii scientifici sicuri. Essi poi sono fatti intervenire quasi a casaccio ogni qualvolta si tratta di spiegare una affinità faunistica o floristica fra - due terre di guisa che costituiscono un metodo un po’ infantile per in- E terpretare dei fenomeni molto oscuri e talora complessi. | E forse dovette siffatta ipotesi non sembrar troppo chiara allo stesso Eo WALLACE, poichè nell'opera Zsland life tende piuttosto al concetto che NOTE BOTANICHE 207 durante l’epoca glaciale molti tipi dell’ Imalaia siano stati spinti dal freddo verso sud ed abbiano potuto popolare Giava, Sumatra e Borneo. Più tardi si sarebbero ritirati nuovamente alle loro sedi, ma non più da Giava pel fatto che questa erasi già staccata dal Continente e da Su- matra. I dottori Sarasın, che ricordano queste nuove RONE del celebre zoo- logo inglese, osservano che i tipi non si ritirarono da Sumatra e da Borneo, ma vennero distrutti da altre forme più moderne. La spiegazione è, secondo noi, invece alquanto differente, ma per po- terla mettere in evidenza occorre studiare un po’ la geografia e la geo- logia della regione malese. Le regioni prese a considerare sono, com'é noto, unite in gran parte da zoccoli sottomarini i quali possono essere dovuti a sollevamenti lo- cali, oppure rappresentano un ‘antichissima costituzione della crosta ter- restre che solo qua e là andò soggetta a mutamenti (vedi in proposito: EanLE, On the physical Structure and arrangement of the Ind. Arcipel.). Su questo substrato comune si eleva, imponente per massa, l’isola di Borneo la quale si è venuta a poco a poco ingrandendo, in parte al- meno, a spese delle alluvioni venute giù dalle sue montagne centrali, che formano quasi l’ossatura dell’isola disseminata del resto di non po- chi monti isolati. In origine i monti erano forse più elevati di quanto lo siano oggigiorno, ed inoltre l'isola è molto antica; lo attestano i suoi Mammiferi primordiali, ma più di tutto la mancanza di vuleani attivi nel suo dominio, per quanto siano palesi le tracce di antichissime eru- zioni. I vulcani formano invece, come è noto, quasi una cintura di fuoco attorno a Borneo, indicando così che le isole che li albergano sono più . recenti e prevalentemente in via d'espansione. . Ammesso che Borneo sia il nucleo quasi della Media; md si con- cilia questo concetto con la teoria di WALLACE , che essa sia sorta in tempi geologici piuttosto recenti, nel qual caso tradirebbe la sua costi- tuzione giovanile con una coorte più o meno estesa di vulcani dispersi per le sue contrade o accantonati lungo le linee di frattura. Anche Sumatra è ben lungi dall’aver avuto sempre la stessa forma. Al contrario era in origine unicamente contrassegnata dalla catena dei 208 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI monti Barisan i quali attraversano l’isola in tutta la sua maggior lun- ghezza rimanendo però quasi sempre accantonati verso le coste occiden- tali della stessa. Questi monti poi verso il sud tendono a dividersi in due sistemi paralleli come si vedrà avvenire per le montagne di Giava. Quasi tutta la formazione orientale dell’ isola è costituita di pia alluvio- nali i quali si sono organizzati coi detriti che le pioggié abbondanti e i grandi eorsi d'aequa hanno asportato ai monti Barisan. L'isola dunque è in gran parte recente e nel suo lavorio di espansione andò sempre più accostandosi alla Penisola Malacca e alle isole della Malesia, come lo dimostrano del resto osservazioni fatte tecentemente: L'isola inoltre attesta la sua origine nuova eon i numerosi vulcani (oltre a 100) che si alli- neano minacciosi nella catena di Barisan. Fanno parte quasi integrante di Sumatra le isole che la circondano ad occidente fra le quali occorre menzionare Engano, Mentawi, Nias e Babi. Queste poi alla lor volta si collegano in certo qual modo con la catena di Yoma-Arakan (Buzma) per mezzo delle isole vulcaniche de- gli arcipelaghi di Nicobares e delle Andamanes. Si tratta qui di un di- stretto insulare costituito di antiche rocce non ancora bene determinate geologicamente, ma dove si hanno pure evidenti manifestazioni di una attività vulcanica. Dal lato rivolto verso le isole di Mastani la costa di Sumatra si ap- profonda rapidamente, come lo attestano i sondaggi eseguiti dalla spedi- zione della Valdivia i quali hanno rilevato la presenza di due fosse pro- fonde, quella di Mentawi ad occidente delle isole e un'altra tra le isole e la costa sumatrana. È a causa di queste grandi profondità che, secondo noi, l'isola di Sumatra non ha potuto estendersi dal lato di Mentawi, sebbene le piogge che cadono abbondanti nella catena di Barisan tra- sportino molti detriti al mare. Per una ragione inversa, cioè per la scar- sità delle piogge che cadono nell’ isola di Sumatra, nel tratto di questa. che sta a ridosso della Penisola Malacca, la costa sumatrana si assot- tiglia a guisa di una lingua non portando più i fiumi molti detriti al mare di Malacca. i Se ora si passa all'isola di Gara: troviamo che dial come am tra, è costituita di rocce più o meno antiche, formanti catene poco estese NOTE BOTANICHE 209 di montagne sulle quali s'impiantano numerosi vuleani attivi e spenti. È quindi un'isola in piena attività di evoluzione. Per la sua orienta- zione si direbbe ehe Giava sia la continuazione delle regioni orientali — - di Sumatra, ma chi ben osserva la carta geografica della Malesia rile- — . verà di certo che essa forma quasi un angolo ottuso con Sumatra, per D «cui, sarebbe piuttosto da considerare come una porzione staccata dai monti Barisan e forse anche dalla catena insulare di Mentawi. A soste- gno di questa nostra interpretazione stanno le osservazioni di JUNGHUNG il quale ha rilevato che l’isola si può considerare come risultante dalla fusione di due aggruppamenti insulari decorrenti l'uno accanto all’altro e rappresentati dalle due catene montuose che percorrono Giava nella sua maggior lunghezza. Si ripete qui perciò, secondo noi , la disposi- zione già osservata in Sumatra dove pure la catena del Barisan verso sud si sdoppia in due sistemi paralleli, rimanendo fiancheggiata a di- stanza dal terzo sistema montagnoso rappresentato dall’ isola di Mentawi. Si può intanto rilevare, allo scopo di completare le analogie tra Su- matra e Giava, che a sud di questa ultima terra sono state recente- mente rinvenute dalla spedizione del Praner parecchie altre fosse, fra cui due profondissime, che corrisponderebbero a quelle di Mentawi (°). Il confine teorico dell'Asia andrebbe dunque ricercato lungo la linea che congiunge le Andamanes, le Nicobares, le isole di Mentawi e Giava. Che si tratti realmente di un distretto limitante (in teoria almeno) un continente lo attestano i molti vulcani da cui è popolato. E se non fosse per tema di spinger troppo in là le analogie, si potrebbe ancora osser- vare che le popolazioni di Nicobares e di Andamanes hanno molta affinità con quelle di Papua. Ciò che, in accordo coi dati geografici e geologici testé riportati, può fornire notizie intorno alle antiche migrazioni avve- nute probabilmente attraverso Giava. - Quest'isola, come Sumatra, tende a estendersi dal lato di Borneo, cioè | dal versante che poggia sullo zoccolo sottomarino meno profondo. L in- . grandimento, per quanto attivo, come l’attesta I’ interruzione nella bar- riera corallina (WALLACE), però, è meno marcato perchè le piogge sono ta, .. €) Queste disposizioni vepnero in parte già segnalate dal SUPAN, 210 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI x a Giava meno abbondanti che a Sumatra la quale poi è probabilmente più antica. Con la scorta di questi dati si può affrontare il problema dell'affinità della fauna di Giava con quella delle regioni indo-cinesi. Indubbiamente un’ emigrazione ebbe luogo da un territorio all’altro, ma i tipi non si portarono a Giava attraverso l'ipotetico distretto insulare o continentale SE che doveva essere situato ad ovest di Borneo, il quale poi si sarebbe 8 sprofondato con la comparsa di quest'isola come vuole il WALLACE, ma E invece attraverso le terre di Andamanes, Nicobares, Mentawi e Barisan 4 : i (l'antica Sumatra). | | La via seguita dalle faune nella loro migrazione è alqaanto monta- gnosa e lo era forse di più nell’ epoca in eui tali spostamenti avveni- — S vano. Ma questa condizione di cose non contraddice affatto ciò che è | stato esposto innanzi, in quanto che è ovvio che un animale il quale » emigra da latitudini elevate, come sono quelle dell’ Indocina, verso l e- 3 quatore, prediliga quasi sempre la via alpestre dove il calore è meno accentuato. | Avvenuta l'emigrazione che dovette sempre più accentuarsi a misura che si rendevano più intimi i rapporti fra le terre, per I estensione cui i queste andavano incontro, i tipi immigrati si diffusero di poi nelle PAN Gë uk RE VET nuove regioni occupando anche la pianura. Molto probabilmente a questa prima invasione ne successe una se conda, limitata però di preferenza alle terre pianeggianti di Sumatra. in I tipi, in questo caso, provennero dalla Penisola di Malacca la quale, seguito all’ingrandimento delle terre sumatrane ad est, venne a trovarsi i quasi a contatto di queste. Molti tipi di siffatta fauna di recente immi- — grazione non poterono inoltrarsi fino a Giava, perchè i rimaneggia- " menti avvenuti nel distretto della Sonda, sotto l'azione dei vuleani , | avevano alterati i rapporti di eontiguità tra Giava e Sumatra. Essi per — — poterono inoltrarsi fino a Borneo che probabilmente aveva ancora stretti al | legami territoriali colla Malacca , grazie al dedalo di isole poste a sud ` di questa penisola. A Il WzsER in un suo recentissimo opuscolo sulla fauna dell’ Arcipe- lago indo-australiano entra in merito di questo problema così com" | NOTE BOTANICHE : 211 plesso della distribuzione degli animali nei differenti territorii dell’ Ar- cipelago malese, arrivando a conclusioni che in parte collimano e in parte s'allontanano da quelle che qui vengono esposte. Innanzitutto il citato autore, in base all'identità e all affinità fauni- stiche tra l'Asia e la Malesia, ammette che in un’epoca geologica più o meno recente (Terziario) le tre grandi isole della Sonda fossero fra loro unite e congiunte inoltre all’Asia. Da siffatta immane penisola si staccò prima Borneo, poi Giava si separò da questa rimanendo per un tempo ancora assal lungo congiunta a Sumatra che si divise da ultimo dalla Penisola di Malacca. Le origini della fauna malese e la differente costituzione di questa nei varii settori dell'Arcipelago non possono, per quanto ci sembra, avva- lorare troppo l'idea del continente espressa da WEBER. Ma più di tutto, contro l'ipotesi di quest'autore, si eleva la storia geologica di Sumatra la quale dimostra che guest" isola fu da principio costituita dalla catena del Barisan e perciò molto più distante dalla Penisola Malacca di quanto lo sia oggidì. È necessario tuttavia rilevare che lo stesso WEBER non si dissimula le difficoltà che si oppongono alla sua interpretazione, poichè afferma schiettamente che la sua teoria non si concilia con la mancanza di certi Bovidi a Sumatra che pure sono presenti a Giava e a Borneo e infine con la comparsa dell’Orso malese unicamente a Sumatra e Borneo e coi differenti rapporti che presenta siffatta isola, quando si venga al- l'enumerazione dei Mammiferi comuni (Sumatra e Borneo hanno in co- mune 27 Mammiferi, Giava e Borneo 8, Sumatra e Giaya 6). Preoccupato da questo fatto, il Weser si domanda se, per avventura, le emigrazioni verso l'isola di Giava non abbiano avuto luogo attra- verso le catene delle isole di Andamanes, Nieobares e Mentawi, come già ebbe a sospettare il Trowas, ma esclude subito tale ipotesi pel fatto che nelle Nicobares mancano alcuni animali presenti nelle isole di Men- tawi e inoltre è probabile che esse formassero di già un complesso in- sulare quando avvennero siffatte emigrazioni, come rilevò il Mëtten, È fuori di dubbio che gli argomenti su cui si fonda il Weser hanno non poco valore, ma contro di essi si può osservare che nelle Nicobares fu- 212 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI rono rinvenute le Helitris, le Tiverricula e altri tipi dell’ India i quali maneano a Sumatra e Borneo e inoltre le condizioni attuali delle isole non permettono più di giudicare del loro passato, poichè, essendo esse poco estese, le esplosioni vulcaniche — come del resto ammettono lo stesso WEBER e i SARASIN per altri territorii — possono aver distrutto gran parte della fauna. Intanto gioverà rilevare che nelle Mentawi s'in- contrano non meno di 38 Mammiferi i quali sarebbero stati portati in gran parte dall’ uomo, secondo quanto affermano i su ricordati autori, che, però, son poco proelivi ad ammettere l'intervento umano nella dif- fusione delle faune. | Ben ponderati i fatti, sembra che si possa affermare che la eatena di Barisan ed il cordone insulare delle Andamanes , Nicobares e Mentawi hanno in tempo remoto favorito la diffusione della fauna indiana a Giava la quale dimostra appunto nei suoi fossili primordiali una grande affinità faunistica col continente asiatico. Rimane intanto sempre immutato il problema della fauna di Borneo — che differisce da quella di Giava, pur avendo tratti i suoi tipi dalle terre vicine dell'India. Ma per quest’ isola è d'uopo convenire coi fra- telli Sarasin, col WaLLACE, col Weser ed altri autori che gli animali vi pervennero prevalentemente dalle Filippine e da Sumatra, non che dalla Penisola di Malacca, attraverso forse le isole di Bangka e di Bil- liton le quali, per quanto vicine a Sumatra, hanno pochi tipi comuni a questa esclusivamente (). Come nelle altre isole così in Borneo i nuovi arrivati o mantennero: immutati i loro caratteri specifici o li mutarono, dando così origine a ` forme endemiche. L'analogia e le differenze ra ed anche floristiche che si rin- 28 e vengono allorchè si paragonano fra loro le diverse isole della Malesia, i come pure la costituzione fitozoologica delle isole perdute in mezzo agli Oceani hanno indotto il Baur, il WaLLacE ed il WEBER a distinguere due serie di isole, le une continentali e le altre oceaniche. Si formano () La poca affinità ang di Bangka con la vicina Sumatra è un do- t di eumento quanto mai atto mostrarci che 1° avvicinamento delle due terre data da tempi non Fons lontani. NOTE BOTANICHE 213 le prime, quando ha luogo la separazione di un territorio più o meno grande da una massa continentale, mentre le seconde si originano per attività vulcanica o per azione dei coralli in seno al mare e a più o meno grandi distanze dai continenti. Le isole continentali hanno, secondo il WEBER, una fauna armonica, vale a dire che presenta delle affinità più o meno marcate con quella del vicino continente da cui è derivata. Le isole oceaniche invece hanno una fauna disarmonica risultante uni- camente di quelle forme atte a valicare tratti di mare di varia esten- sione. Ora, è possibile stabilire a quale di questi due tipi appartengano le isole della Malesia? La risposta appare difficile anche basandosi sui dati degli autori ehe le studiarono sul sito. Basti dire che Celebes fu da dif- ferenti zoologi annessa ora all'una e ora all'altra categoria. Ma qui im- porta rilevare ehe, stando ai criterii sopra esposti, anche Sumatra mal si adatta ad essere classificata. Nei suoi primordi —[quando, cioè, l’ isola era probabilmente costituita dalla catena del Barisan e forse non era rappresentata che da un certo numero di piccole isole allineate nel senso della catena stessa, sulle quali poggiavano i massicci montagnosi — Sumatra doveva . possedere il carattere dellé isole oceaniche o per lo meno alla categoria di queste dovevano ascriversi alcuni dei suoi componenti insulari. Più tardi, avve- nuta la fusione dell’ arcipelago sumatrano, elevatisi a più alte cime i suoi massicci montagnosi e avvicinatasi infine tutta l'isola, per lo esten- dersi dei depositi alluvionali, alla penisola di Malacca, Sumatra assunse le caratteristiche delle isole continentali, benchè derivata da un tipo in- sulare oceanico. E: noi crediamo di non andare errati ammettendo che, forse, col tempo, sia per la sua natura vulcanica, sia per il modo con cui va estendendosi, finirà per perdere il suo carattere di insularità. Alle divisioni di Bauer se ne dovrebbero adunque aggiungere delle altre per contemplare le anomalie che si osservano nella Malesia. Esaminato il comportamento delle isole della Malesia dal punto di vista zoologieo, conviene anche accennare brevemente ai loro rapporti floristici, poichè i zoologi da un lato ed i botanici dall’ altro affermano >. che lo studio del gruppo insulare non può giungere ad utili conclusioni X 2]4 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERÌ se non si mettono a confronto tra loro i dati faunistici e quelli bo- tanici. Per quanto non sia possibile entrare in troppi dettagli su questo ar- gomento che richiederebbe uno stndio approfondito delle diverse flore locali, solo concesso a chi ha grandi mezzi a sua disposizione, sembra tuttavia che si possa affermare che il criterio botanico solo in pochi easi sia in grado di illuminare la controversa questione che si riferisce alla distribuzione degli animali e all' evoluzione cui andarono soggette le terre malesi. Al contrario la Geografia botanica è più spesso in disac- cordo coi dati faunistici. La distribuzione degli organismi vegetali è in grandissima parte su- bordinata all’azione che i venti, le correnti marine, gli animali e l’uomo stesso possono esercitare nel trasporto delle specie. Le ultime ricerche del Gurry, le quali si riferiscono all'arcipelago della Polinesia, dimostrano che assai grande influenza spiegarono e spiegano tuttora gli uccelli fru- givori e granivori. Forse nel lavoro del Guppy vi ha dell’ esagerazione , ma le conclusioni dell’autore sono attendibili, se si applica il suo metodo di ricerca alla Malesia dove i bracci di mare che separano le isole e i continenti sono relativamenté poco estesi. Lo stesso può dirsi circa l’a- zione delle correnti e dei venti. L'affinità di due flore non depone in modo assoluto sopra un’ unione pregressa e gli endemismi di due regioni confinanti non indicano per converso che le stesse siano sempre state separate. Su questo sono d'ae- cordo tutti gli autori i quali dànno tuttavia gran peso all'isolamento come fattore di endemismo. A questo proposito è tuttavia vpportuno rilevare che gli autori, a nostro parere, hanno rivolto troppo scarsa attenzione alla distanza, dei territorii studiati, dall'equatore. Eppure questo è un fattore che non si può del tutto disprezzare, poichè a parità di condizioni è più probabile che un territorio situato vicino all'equatore abbia maggior copia di endemismi in confronto di un altro che ne sia lontano. Le alte temperature dominanti all'equatore esaltano l'attività dell’organismo ve- getale ed animale per cui questo reagisce più facilmente e più inten- samente ai nuovi stimoli. È per tale motivo che si rinvengono all'equa- tore numerose disposizioni biologiche le quali mancano nelle ‘piante, NOTE BOTANICHE 215 extratropicali e tutti i botanici sanno quanto più ricca di novità sia la regione equatoriale rispetto alle temperate o fredde. Perciò, se passando da un'isola all'altra della Malesia, sincontrano differenze floristiche nel- l'ambito, ad esempio, di un genere, bisogna per lo meno tener presente che il fattore in discorso può essere intervenuto in giuoco a prescin- " dere da qualsiasi rapporto di contiguità delle terre visitate. Ser Premesso pertanto che le condizioni di distribuzione e di diffusione 2 delle piante sono oltremodo diverse da quelle che regolano gli analoghi fenomeni negli animali, si può constatare che, nell'ambito delle grandi isole della Malesia, i fattori che, secondo si é visto, selezionarono le faune e in ispecie quelle dei Mammiferi non esplicarono che in scarsa misura la loro azione sulla flora, almeno ad occidente dello stretto di Macassar. Attenendosi, infatti, ai generi indicati dall'ENGLER, sì trova il seguente ordine di diffusione: Numero dei generi comuni a.) ANDAMANES. se con con. con |. co on l con con E Borneo | Malacca | Sumatra | Giava | Filippine | Nicobares Celebes E 7 7 7 5 4 2 0 E = Ordine di decrescenza: Borneo, Malacca, Sumatra, Giava, Filippine, Nicobares, Celebes. b.) NICOBARES. con con con con con con con le Borneo Giava | Sumatra | Malacca |Andamanes| Celebes |Filippine 4 4 Á 3 2 1 1 Ordine di decrescenza: Borneo, Giava, Sumatra, Malaeea, Audamanes, Celebes, Filippine. €.) PENISOLA DI MALACCA. con con con con le con con | con Borneo | Giava | Sumatra | Filippine| Celebes |AndamanesNicobares 34 31 31 w iw [3 3 E ERE Ser 216 L. BUSCALIONI È G. TRINCHIERI Ordine di decrescenza: Borneo, Giava, Sumatra, Filippine, Celebes, Andamanes, Nicobares. x d.) SUMATRA. con con con con le con con , con Borneo Giava Malacca | Filippine | Celebes: |Andamanes|Nicobares 37 35 31 ies 14 7 A Ordine di decrescenza: Borneo, Giava, Malacca, Filippine, Celebes, Andamanes, Nicobares. e.) GIAVA. con con con e con con con Borneo | Sumatra | Malacca | Filippine | Celebes |Andamanes Nicobares Ki 2/98 | 35 4ü o Wu 17 5 4 Ordine di decrescenza: Borneo, Sumatra, Malacca, Filippine, Celebes, i Andamanes, Nicobares. f.) BORNEO. Rd. .eon . con | con con le con ^. eon , con : E "Sumatra | Giava Malacca | Filippine | Celebes |Andamanes|Nicobares ` | ww H oH ij^ da 1 e Ordine di decrescenza: Sumatra, Giava, SAL, Filippine, Celebes, Andamaues, Nicobares. SN fi oi CELEBES, A ! - con con con con con le con | con Giava Borneo | Sumatra | Malacca | Filippine |Andamanes|Nicobares ` ` D 14 uc lo] 5 29. Ke SE Ordine di decrescenza: Giava, Borneo, Sumatra, Malacca, Filippine va Andamanes, Nicobares. h.) FILIPPINE. con eon -< con con potr- r[. eon | Giava | Borneo | Sumatra | Malacca | Celebes |AndamanesNicobares ` BI 4 d oum. Wi à Tea VEN Aw zz NOTE BOTANIOHE 217 Ordine di decrescenza: Giava, Borneo, Sumatrà, Malacca, Celebes, Andamanes, Nicobares. i) REGIONE INDOCINESE. con con con con le con con con ` Borneo Giava Sumatra | Filippine | Celebes |Andamanes|Nicobares 44 44 42 23 16 ERA 8 4 jj). GENERI ENDEMICI. Borneo | Giava |FilippineSumatra ages Celebes | Malacca |Nicobares 7 6 4 2 0 0 0 0 Stando ai generi non si notano, dunque, grandi differenze rispetto alla distribuzione dei tipi. Solo si osserva che, se si va verso est, decrescono i generi comuni. Così, oltremodo depauperata si mostra Celebes, mentre pressochè un'uguale proporzione di generi hanno Borneo, Giava, Ma- lacca e Sumatra. Passando ora alle specie conviene esaminare qual'è, per i singoli ge- neri, il numero delle specie reperibili nelle singole aree della Malesia. Numero delle specie di generi comum rappresentate nelle singole aree della Malesia: a.) Generi del Continente asiatico comuni alla Malesia. Continente | Malacca| Sumatra| Giava |Borneo |Filipp.*| Celebes | Andamanes| Nicobares (India, Siam Cina, ecc.) . delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle N. delle specie specie specie specie specie specie specie specie specie 228 | 102 91 131 147 ia | 2 4 3 5.) Generi di Malacca comuni alle altre terre della Malesia. Malacca |Sumatra| Giava | Borneo |Filippine| Celebes | Andamanes | Nicobares N, delle N. delle | N. delle N. delle N. delle | N. delle N. delle N. delle specie specie | specie specie specie | specie specie specie 150 112 126. | 159 46 26 12 A 15. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 218 POR L. BUSCALIONI E d. TRINCHIERI c.) Generi di Sumatra comuni alle altre terre della Malesia. Sumatra| Malacca | Giava | Borneo |Filippine| Celebes | Andamanes | Nicobares N. delle | N. delle | N. delle N. delle N. delle N. delle N. delle N. delle speci pecie ci specie specie specie specie pecie 127 | 150 | 126 | 137 45 23 10 5 d.) Generi di Giava comuni alle altre terre della Malesia. Giava | Malacca | Sumatra| Borneo | Celebes |Filippine| Andamanes | Nicobares N. delle N. delle | N. delle N. delle N. delle N. delle N. delle N. delle specie specie specie speci specie specie pecie specie 142 126 126 152 28 47 10 4 e.) Generi di Borneo comuni alle altre terre della Malesia. SS ENER i END NE RN IE acer oie d TEE A Borneo | Malacca | Sumatra| Giava | Celebes \Filippine| Andamanes | Nicobares N. delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle specie specie specie pecie specie specie specie specie 120 159 137 152 26 Al 11 3 f. Generi di Celebes comuni alle altre terre della Malesia. Celebes | Malacca | Sumatra) Giava | Borneo Filippine Andamanes | Nicobares N. delle N. delle N. delle N. delle N. delle N. delle N. delle N. delle specie specie specie | specie specie pecie specie specie 22 26 23 28 26 33 8 1 9.) Generi delle Filippine comuni alle altre terre della Malesia. jr. S | Filippine) Malacca | Giava |Sumatra Borneo | Celebes | Andamares | Nicobares N. delle | N. delle | N. deile | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle specie specie 8 | pecie specie specie specie specie 11 46 4T 45 - 41 | EI 8 | 1 h.) Generi di Andamanes comuni alle altre terre della Malesia. . Andamanes | Nicobares | Malacca | Giava |Sumatra! Borneo Filippine| Celebes N. delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle | N. delle specie specie specie pecie specie specie specie 3 2 12 10 10 11 8 4 NOTE BOTANICHE 219 Risulta dunque da questi specchietti che la ‘Penisola di Malacca e le maggiori isole occidentali della Malesia hanno pressochè un’ uguale somma di specie di generi comuni. Solo si nota una forte diminuzione allorchè si passa dal distretto floristico rappresentato da Malacca, Su- matra, Giava e Borneo al territorio di Celebes che dimostra in ogni ta- bella una diminuzione nel numero delle specie dei generi comuni. Si vedrà più tardi come si debba interpretare questa anomalia, ma intanto occorre rilevare che siffatta diminuzione tornerebbe a favore della teoria del GriEsBAcA, stata poi combattuta, la quale accennerebbe a un ` distacco tra le flore di Celebes e di Borneo (vedi a pag. 309, II vol. dell’ Zutmichelungsgesch. d. Pflanzenwelt di ExGrmER). Viceversa la mag- gior somma di specie (appartenenti a generi comuni) che si trova in Giava, quando vengano confrontati i singoli territorii della Malesia col continente asiatico, deporrebbe nel senso che Giava abbia forti affinità floristiche col continente asiatico (India, Sikkim, ecc.), il che è stato so- spettato dall'ENGLER (vedi loc. cit., p. 309). E questi risultati collimano anche con le osservazioni del Beccari il quale ha trovato che la flora alpina di Giava ha moltissima affinità con quella dell’ Imalaia. Anche in tal senso, infine, parla la distribuzione dei Ficus stati studiati dal Kina. È certo per altro che se, da un lato, vi sono delle grandi affinità flo- ristiche nell’ ambito della Malesia e tra questa e il continente, vi sono anche non pochi caratteri di disgiunzione rappresentati dagli endemismi i quali sono presenti ovunque, ma specialmente a Borneo e di prefe- renza sulle montagne. Agli endemismi montagnardi fanno contrasto tut- tavia non poche forme alpine che hanno i loro rappresentanti distri- buiti in terre lontanissime della Malesia, sia nelle montagne sia nella pianura (regioni fredde boreali e australi). Tanto nell'un caso che nel l'altro si tratta di antichi elementi che vennero evolvendosi indisturbati. Ma qui giova rilevare che gli endemismi montagnardi non sono per nulla in disaccordo con l'ipotesi esposta nelle pagine precedenti la quale attribuisce alla azione del clima (temperatura elevata) delle regioni tro- picali una influenza sulla produzione di tali forme. E convienejinsistere su questo punto per mettere in guardia coloro che troppo alla leggiera sì fondano sul maggiore o minor numero di endemismi, per stabilire 220 L. BUSCALIONI Ë G. TRINCHIERI l'antiehità di una determinata terra o per trarne deduzioni sull’epoca di isolamento della stessa, poiché, per le ragioni già dette, una terra tropi- cale ricca di endemsimi può essere tanto giovane quanto una terra po- lare povera dei medesimi. Ritornando alla flora montagnarda, è da osservare che il fenomeno flo- ristico del monte Kinobalu in Borneo, al quale lo Srapr ha rivolto la sua attenzione, non costituisce una condizione di cose tanto singolare quanto a primo aspetto può apparire. Il monte Kinobalu rappresenta la più alta punta di tutta la Malesia (m. 4179) ed è costituito in gran parte di antiche rocce. Le piogge vi cadono abbondanti e la tempera- tura discende sulla cima anche sotto 0°. La sua flora è ricca di endemismi i quali ammontano al 90 °/, nelle alte vette, ma sono limitati di preferenza alle specie. Nondimeno le af finità con altre flore sono evidenti , ma le stesse sì riferiscono in gran parte a generi molto antichi (elementi oceanico-paleotropici) o a tipi di alta montagna nei quali i loro congeneri si trovano assai spesso situati molto lontani dalla regione malese. Lo Srapr interpreta la singolare costituzione floristica con la solita interpretazione di un continente austro-malese che si sarebbe poscia frammentato. Peraltro gioverà osservare che il comportamento di Kino- balu è, per ciò che concerne la sua flora, inerente al fatto che questo monte fu sottratto in gran parte all’azione demolitrice delle piogge le quali, mentre hanno degradato i monti delle altre parti dell’ isola di Borneo, contribuirono, per converso, ad ampliare i confini di questa. Sotto l' azione delle idrometeore scomparvero da questi monti le flore alpine, ma, in cambio, Borneo fuse in un solo territorio le isole da cui era cir- condata incorporando i loro endemismi. Di qui il grande numero di forme endemiche che vanta ora Borneo la quale ha potuto estendersi grandemente pel fatto che essa poggia sopra uno zoccolo sottomarino poco profondo, facilmente colmabile. Sembra quindi più probabile che Borneo abbia ingrandito i suoi con- fini anzichè essersi impiccolita in seguito alla scissione di un grande continente ipotetico (3. (1) Sulla costituzione floristica di Borneo il lettore può consultare con CX x NOTE BOTANICHE ` 221 Del resto il fenomeno che si osserva in Kinobalu lo si ritrova, stando ai dati di HILLEBRAND e di Guppy, nelle isole Sandwich per le quali difficilmente si può ricorrere ad antichi legami continentali. Infatti, trat- tandosi di isole vulcaniche in piena attività, uno di noi (Busealioni) ha dimostrato che devono essere recenti e che per di piü.elevarono ad una grande altezza le loro sommità alpine solo in tempi moderni, come del resto è il caso per l’ Etna e per altri vulcani. ` ` Malgrado ciò, predomina sulle isole testé nominate, una flora alpina in parte endemiea, ma avente delle affinità e dei legami molto intimi coi tipi di montagna di altre parti del mondo molto lontane o con le flore an- tartiche di bassa montagna. Il Gvppy fa intervenire l'azione degli uccelli per spiegare tali rapporti e intanto rileva come le isole Taiti, meno ele vate, non abbiano siffatti rappresentanti di flore lontane o ne posseggano in minor numero (*). Dunque dall'esame di una flora alpina non si può sempre stabilire delle connessioni continentali: piuttosto gli endemismi valgono ad indicarci ehe essa è molto antica, mentre le affinità sue con la flora di altre regioni lontane stanno ad indicarci che uguali condi- zioni climatiche hanno determinato la comparsa di tipi analoghi. Troppo poco peso si è dato al fattore clima, in largo senso, ed invero solo recen- temente noi vediamo il DreLs ad esso attribuire le rassomiglianze flori- stiche che collegano l'Australia occidentale all'Africa australe. A conferma delle nostre vedute rileveremo che il fenomeno che si os- serva in Kinobalu appare, in minor scala, anche a Giava, secondo JECONO, vantaggio Malesia e Nelle foreste di Borneo, due opere che tornano ad onore della Botanica italiana, le quali hanno reso immortale il nome del grande naturalista e viaggiatore Dott. 0. BECCARI. : (1) Le isole Hawai sono pure intesessanti per le loro Composte e Lobelia- al Messico, nei massicci montagnosi del Kilimangiaro e del Ruvenzori e in qualche isola del Pacifico australe. Gli autori che accennano a siffatte piante, fra cui occorre menzionare il Gur, ritengono che gli uccelli abbiano con- tribuito a disperdere in modo cosi anomalo tali piante, ma ciò, secondo uno di noi (Buscalioni), è poco probabile, poichè la disposizione sia delle Com- poste che delle Lobeliacee arborescenti va cercata in altri fattori, come ri- sulterà da una Nota che quanto prima vedrà la luce. 222 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI JuxcuuwNG, e nella Nuova Guinea, secondo WiLBURG e MUELLER, dove pure vi sono delle piante di montagna aventi delle affinità coi tipi di terre lontane. Qui è evidente che tanto gli alti vertici alpini, per lo più vuleaniei, di Giava quanto quelli della Nuova Guinea sono da ritenersi come di formazione recente (BECCARI, BUSCALIONI, ece.). Le stesse considerazioni valgono per il supposto continente malese. A primo aspetto, le affinità floristiche depongono a favore della presenza, in epoche geologiche più o meno lontane, di un continente indo-ma- lese-australiano, ma contro siffatta ipotesi si eleva il problema fauni- stico e floristico di Celebes come pure la costituzione geografica di que- st’ isola. Celebes, considerata dal punto di vista geografico, si differenzia dalle maggiori isole della Malesia per la sua forma singolare ramificata a braccia strette e piuttosto lunghe. Come si può spiegare tale struttura pure reperibile, in minor scala, in altre isole della Malesia orientale (Halmahera), mentre la vicina Borneo è ampia e regolare? La discor- danza si spiega subito, secondo noi, qualora si pensi che Celebes si con- tinua con uno zoccolo marino piuttosto profondo (Stretto di Makassar, Mar di Celebes, di Banda, ecc.) per cui i detriti che vennero trascinati al mare dalle sue montagne non riuscirono. a produrre delle colmate. La stessa forma avrebbe ora Borneo se fosse stata sempre circondata da un mare profondo. Se dunque un continente esistette all’epoca delle prime Fanerogame nell’area delimitata dalle Filippine, dalla Nuova Guinea, dall'Australia, da Giava e Sumatra, questo, fenomeno singolare, doveva essere attra- versato dalle fosse profonde vaneggianti tra Celebes e le Molucche a est, tra Celebes e Borneo ad ovest, tra Celebes e Giava a sud , tra Celebes e le Filippine a nord e circondanti quindi, quasi a guisa di un vallo, Celebes situata quasi nel euore dell'ipotetieo continente! Alcuni vorrebbero perciò ammettere due continenti separati; l'uno indo- ` malese e l'altro australiano-giavanese, ma anche contro tale ipotesi sta il fatto che il limite tra le due formazioni è segnato da una fossa troppo profonda (Makassar) non coneiliabile con la grande vicinanza delle due masse continentali. Inoltre uno di noi (Buscalioni) ha dimostrato, ricor- Edu UE. NOTE BOTANICHE 223 rendo ad una sua teoria della corrispondenza delle aree batimetriche con- trapposte, che la Nuova Guinea dovette sollevarsi in parte durante il pe- riodo in cui emerse l'Australia centrale, essendo stata compresa nello stesso movimento di emersione. (Vedi in proposito anehe i lavori di Aaassrz). Celebes, se non deve essere ritenuta come il nucleo dell’antico conti- nente ora sprofondato, è però quasi nel cuore del distretto insulare ma- lese. Lo attestano le sue ramificazioni in guisa di braccia dirette in vario senso le quali indicano la direzione multipla degli zoccoli (RUCKEN) sot- tomarini.più superficiali. Le quali ramificazioni mancano invece nella maggior parte delle isole periferiche quasi tutte allungate in un sol senso, perchè allineate sopra un unico dosso sottomarino avente un’unica direzione. Si tratta qui di una disposizione di fondi marini che occorre prendere in seria considerazione prima di accingersi a formulare delle teorie a base di continenti ora sommersi. È infatti probabile che anche le isole periferiche sarebbero ricche di ramificazioni rivolte verso il centro della Malesia, qualora esse rappresentassero gli ultimi resti di un conti- nente inabissatosi. Il che non si verifica che in debole misura, fatta ec- cezione forse per le Filippine le quali. si protendono evidentemente con due braccia in direzione di Borneo e con un terzo ramo parrebbero mi- rare a Celebes (*) per le Molucche e per le regioni orientali di Giava. L'ultima parola in proposito sarà detta quando sarà meglio conosciuta la geologia della regione, ma intanto, come vedremo in seguito , le ri- cerche moderne tendono piuttosto ad ammettere che, in epoche geolo- (1) Le ricerche della spedizione olandese sulla nave « Siboga » hanno contribuito non poco a ridurre il numero degli zoccoli o Rucken di col- legamento delle isole malesi. Dalle stesse risulta infatti che, mentre il fosso tra Lombock e Bali è assai meno profondo ed antico di quanto am- mette il WALLACE, si hanno per converso notevoli profondità in corrispon- ‘ denza di certi dorsi sottomarini stati segnalati da esplorazioni anteriori. mezzo; il mare di Celebes ha pure degli abissi di 3975 metri e lo zoccolo che dovrebbe separarlo dal Pacifico, collegando Celebes alle Filippine, non D é stato ancora con sicurezza determinato. 224 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI giche recenti, almeno Celebes non abbia mutata notevolmente la sua co- stituzione anzichè essersi venuta formando dalla fusione di sparse mem- bra e rappresentanti, come vorrebbe il Weser, quasi gli ultimi resti dell’ ipotetico continente scomparso. Dal punto di vista zoologico, poche terre hanno dato tanto a pensare ai naturalisti quanto Celebes. Gli uni la uniscono all'Australia, altri alla Malesia, altri ancora ne fanno un'isola oceanica senza che il suo mistero faunistico sia stato delueidato. Indubbiamente essa ha delle affinità fau- nistiche con le Filippine, con Giava, con Borneo, con le Molueche e per- sino con l'Australia, senza tener conto di altri rapporti eon terre an- cor più lontane (Africa, Asia, ecc... Ma non pochi dei suoi animali e terrestri e d’acqua dolce hanno le stimmate degli organismi arcaico-pri- mordiali. Ora, non è forse questo l’indizio che l’isola non ha potuto in- corporare che in scarsa misura le faune delle isole vicine, per l’ impos- sibilità in cui si trovava di estendere la sua area a causa dei profondi abissi marini che la circondano? Inoltre, la peculiarità della sua fauna non è forse in relazione col maggior predominio del territorio monta- gnoso rispetto a quello di pianura in un'isola abbastanza estesa qual'è Celebes, il qual predominio fa sì che certe forme arcaiche reperibili spe- cialmente in montagna si siano conservate e fra esse soprattutto quelle che accennano a rapporti eon terre lontane piü fredde? I suoi nume- rosi endemismi, infine, non sono inerenti, in parte almeno, colla posi- x zione geografica dell'isola che è attraversata dall’ equatore ? Un lavoro veramente classico e fondamentale su quest’ argomento è stato recentemente pubblicato dai fratelli PauL e Enz Sarasin che, ba- sando le osservazioni prevalentemente su quegli animali poco adatti alle emigrazioni, quali sono i molluschi terrestri, i rettili, i mammiferi e persino certi uccelli, stabilirono che, in tempi diversi o simultaneamente, Celebes fu congiunta alle Filippine (per mezzo dello zoccolo di Sangi), Mes tis di cose analoghe si hanno tra Buton e Sula Besi le quali tutte o poco in accordo con uno sprofondamento, contro cui PE pure i a che Ae barriere coralline di talune isole, portate a più 0 meno grandi altezze dalla superficie del mare, si hanno evidenti tracce di un movimento di elevazione più o meno antico (SIEBEN SUSCHE, vol. 4). NOTE BOTANICHE ` 225 alle Molueche (per mezzo del ponte di Ceram Obi, ece.), a Giava (grazie allo zoccolo delle isole Madura, Paternoster, Postillon), e a Flores. Con Timor non contrasse legami (ciò che si accorda colle vedute di uno di noi (Buscalioni), il quale ammette che questa terra per la sua speciale orien- tazione fa piuttosto parte, geograficamente e geologicamente, dell’ Au- stralia). Così pure fu solo collegata indirettamente (per mezzo delle Fi- lippine, di Giava e di Sumatra) con Borneo. Le conelusioni faunistiche a cui giunsero i due autori si accordano con quelle floristiche da noi esposte nella pagine precedenti; dalle stesse e dai reperti geologici i fra- telli SanasiN concludono che l'isola emerse nel Miocene, si estese con- traendo rapporti con altre terre malesi nel Pliocene, poi si immerse par- zialmente nel Postpliocene, per tornare ad emergere nel periodo qua- ternario. La geniale concezione dei due zoologi svizzeri collima quasi del tutto colle nostre idee: il dissidio esiste unicamente sopra alcuni dati di se- condaria importanza e riflettenti piuttosto altre isole della Malesia anzi- chè Celebes. Innanzi tutto faremo rilevare che dai nostri calcoli basati sulla stessa tabella dei fratelli Sarasin la ricchezza delle faune delle grandi isole oc- cidentali della Malesia va intesa un po’ diversamente da quanto am- mettono gli autori sopra citati. Infatti, calcolando il numero delle specie in base ai kq. delle singole isole, noi troviauno che a prescindere da lie- vissime differenze rilevate dal confronto di Sumatra con Borneo, le isole più ricche di molluschi sono anche più fornite di rettili e di anfibi. La presente tabella lo dimostra: Chilometri | Numero Rapporto Numero | Rapporto ISOLE quadrati dei per 1000 | dei Rettili | per 1000 di su pertieie | Molluschi kq. ed Anfibi kq. Celebes | 179000 238 1,8 108 12 Giava | 126000 233 1,3 159 0,6 Sumatra 431000 | 129 WM) 209 | 0,48 Borneo | 73300 | 34 | 908 264 | 096 226 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI Se noi ora consideriamo che, in generale, le isole piccole hanno una fauna ridotta in confronto delle grandi, possiamo affermare che le dif- ferenze notate siano dipendenti dal fatto che Celebes e Giava furono sempre molto estese, Borneo e Sumatra invece si ingrandirono in gran parte a spese di piccole isole che inglobarono. Il reperto faunistico da- rebbe dunque un valido appoggio alla nostra ipotesi sulla origine di Borneo e di Sumatra. L'isola di Celebes va considerata adunque come un territorio da lungo tempo consolidato e in questo le nostre vedute collimano con quelle dei Sarasin i quali ammettono anzi che l'isola fosse nel Terziario un po’ più estesa di quanto è oggigiorno. Lo attesta innanzitutto la fauna dei laghi centrali che è in gran parte antiquata e d origine lacustre, an- zichè marina, come sarebbe da aspettarsi se, come vuole il WEBER, in base alla povertà della fauna ittiologica, il frazionamento fosse avve- nuto. Ed anche, indirettamente, lo attesta la catena montuosa centrale che attraversa tutta l'isola da NW a SO, la cui presenza non poco ha contribuito a mantener separate le faune del Nord, del Sud e dell’ Est ed a far sì che queste dimostrassero ancor oggi ai fratelli SARASIN i loro rapporti colle faune delle terre fronteggianti Celebes. L'afünità faunistica che le regioni nordiche di Celebes addimostrano colle Filippine, quelle orientali colle Molucche , quelle meridionali con Giava, Flores, ecce., hanno indotto i fratelli SarAsIN ad ammettere che Celebes fosse unita a siffatti territori per mezzo di ponti di cui ora non resterebbero più che alcuni resti sotto forma di piccole isole. È, grazie alla presenza degli stessi (non già mercé il così detto Treibholz o legno di trasporto) le correnti marine e l'azione dell'uomo che gli animali po- terono emigrare da un territorio all'altro. Indubbiamente le vedute dei SamasiN sono attendibili, ma noi crediamo con Semon, con Hichson che anche altri fattori abbiano potuto intervenire in causa nella diffusione dei tipi. Specialmente l’idea di un ponte, ora scomparso, collegante le Molucche con il braccio orientale di Celebes mal si concilia colle grandi profondità marine rinvenute in tale regione dalla spedizione della « Si- boga. » Gli stessi Sarasin non si dissimulano la difficoltà di mettere in accordo i due termini del problema, ma essi concludono che il carattere NOTE BOTANICHE 227 faunistico deve aver la preferenza su quello batimetrico. E questo è in parte giusto; solo noi osserveremo che le grandi profondità marine (4000 e più metri) furono rinvenute in un mare ristretto quale è quello di Ceram, percui si tratterebbe quasi di un inabissamento ad imbuto o con pareti pressochè verticali, poco in armonia colle moderne vedute sui bradisismi terrestri. D'altronde un sistema così completo, come vogliono i Sarasin, di ponti fra Celebes e le altre terre malesi avrebbe portato alla formazione di uno o più mari malesi chiusi dove difficilmente avrebbero potuto dif- fondersi quelle specie, per lo più arcaiche , proprie delle grandi profon- dità marine le quali furono dragate dalla « Siboga » e che hanno tanta affinità con altre forme viventi in analoghe condizioni nel Pacifico e nel- l Oceano indiano. | È adunque d'uopo ammettere che i ponti o non furono simultanei — ? lo sospettano gli stessi Sarasin — o che, oltre i territorii di colle- gamento, anche altri fattori abbiano contribuito a popolare Celebes di ani- mali, a prescindere ben inteso dal fatto che talune forme marine inferiori ebbero tempo a trasformarsi sulle due rive opposte in animali terrestri o d'acqua dolce determinando così delle analogie faunistiche assolutamente indipendenti dall’esistenza dei ponti. I quali poi non ci chiariscono perchè i mammiferi, che, come si sa, sono piuttosto recenti, abbiano dato un numero grandissimo di endemismi, superiore a quello dei rettili. Su Queste questioni molto oscure non possiamo però molto addentrarei, man- cando la luce del reperto paleontologieo che ha solo rinvenuto un unico fossile, fra i mammiferi (l Anoa). Dal classico studio dei Sarasin emerge intanto una netta separazione di Celebes dall'isola di Borneo (linea di separazione di Sarasin) la quale trova riscontro anche nel reperto floristico. Non così chiara ed evidente è la antica connessione di Celebes colle terre orientali e specialmente coll'Australia, alla quale naturalmente l'isola sarebbe stata collegata solo indirettamente per mezzo delle Molucche e della Nuova Guinea. Su questo argomento dovremo tornare fra poco; qui ci limiteremo sol- tantó a rilevare che il distacco — ammesso che l'unione sia realmente esistita — non dovette avvenire nel Postpliocene, come sospettano i Sa- 228 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI rasin, ma più presto, poichè, in caso contrario, non pochi tipi pretta mente australiani antiquati, già presenti in Australia durante il Plio- cene sarebbero penetrati nelle Molucche e a Celebes. Noi non possiamo accettare che con benefizio d'inventario l'idea emessa da taluni, ma com- battuta anche da non pochi (Meyen e Wiglesworth) che la fauna e la fora australiana abbiano i loro limiti nelle terre di Celebes, ma queste nostre vedute troveranno la loro dimostrazione nel lavoro di uno di noi sull’ Australia. Non volendo ulteriormente insistere su queste questioni di geografia zoologica; concluderemo che le osservazioni del WALLACE, dei SARASIN, del Weser e di altri autori sulla fauna di Celebes sono tutt'altro che adatte a far accettare l'idea di antiche connessioni continentali. Anche sulla flora di Celebes molto si è fatto, ma molto rimane a farsi. Intanto è stato già rilevato nelle pagine precedenti come in base al nu- mero delle specie di generi comuni l'isola si stacchi dal gruppo delle terre oecidentali malesi. Ma tanto per Celebes quanto per le altre isole malesi non poche difficoltà si oppongono al compito del fitogeografo, pel fatto che essendo i territorii molto umidi hanno un grande predominio le bacche ed altri frutti carnosi facilmente trasportabili da un "isola all’al- tra per mezzo degli uccelli. Uno di noi (Buscalioni) per il primo ha di- mostrato lo stretto nesso esistente in Australia fra la natura dei frutti e la costituzione del clima ed anzi è arrivato a mettere in evidenza che gli endemismi australiani si spostano dal West al Nord, cioè verso un terri- torio umido, se si contemplano solo le specie fornite di frutti succulenti. È quindi da aspettarsi che altrettanto sia succeduto nella Malesia. È proba- bile che ivi le specie fornite di bacche o di altri frutti succulenti pin: potuto diffondersi su larga scala, grazie all'intervento degli uccelli, m è pure probabile che le stesse specie i cui semi vennero così Se: di terra in terra, capitando in territorii aridi abbiano dato origine, come in Australia, a nuove specie, talune delle quali caratterizzate dalla pre- senza di frutti secchi, che vennero per ciò dai botanici ritenute come en- demiche e prive affatto di un nesso filogenetico colle forme fornite di frutti succulenti. Ed è solo tenendo conto dell’ influenza che il clima può spiegare sulla costituzione dei frutti che il botanico può in questi casi arrivare a riconoscere le affinità tra i tipi e i nessi filogenetici. NOTE BOTANICHE 229 Dai fatti esposti risulta pertanto ehe la natura dei frutti, come del resto la eostituzione dei varii membri delle piante, non é un criterio atto a darci sempre utili insegnamenti sull’affinità e sulla distribuzione geo- grafica dei tipi. Secondo il nostro modo di vedere, per la soluzione di que- sto problema torna grandemente opportuno lo studio della distribuzione delle piante dioiche, come quelle che, per la separazione dei sessi, non E possono facilmente attecchire nei nuovi territorii, quando siano ivi im- 2 portate dagli uccelli, dai venti, dall'aequa e sono, perciò, meglio adatte a dare un criterio sulle antiche connessioni territoriali; ma tale studio che uno di noi (Buscalioni) ha intrapreso recentemente per l’ Australia non è ancora stato iniziato in modo serio, per quanto è noto, dai bota- nici che hanno studiato la Malesia. Rimarrebbe ancora lo studio delle isole della Nuova Guinea, del gruppo delle Molucche e delle Filippine, ma, per amor di brevità, sarà suffi- ciente limitarci alle osservazioni del WaRBURG che, nel suo lavoro sulla flora papuasica, ha portato non poea luce sulle grandi questioni che for- mano oggetto della presente Nota. : Innanzi tutto egli accenna all’affinità di quest'isola con le Molucche e Celebes e agli endemismi che sono reperibili specialmente nella re- gione di bassa e di alta montagna com’è il caso anche per le Sandwich, secondo il Guppy. Parlando poi delle grandi linee separatrici (linee di WALLACE, di WEBER, ecc.) dimostra come mal si adattino a segnare i limiti botanici, per quanto a grandi tratti si possa ritenere che la flora Papuasica sia piuttosto differente da quella delle due Malesie, l’orientale e l'occidentale, a causa dei suoi endemismi. Però giova notare che questi hon sono eccessivamente frequenti (28 °/,), mentre poi le specie comuni alla Malesia si presentano quanto mai numerose (su 429 specie non en- demiche si incontrano 423 specie malesi), come del resto lo sono pure i generi. Ciò che ha indotto il WARBURG a sospettare un’antica connes- sione tra la Papuasia e la Malesia. Quest’ autore giustamente insiste sulla scarsa affinità floristica con l'Australia, poichè mentre si ha il 96 °/, delle specie comuni alla Malesia, se ne incontrano solo 38 ;/° apparte- nenti all'Australia, ciò che è tutt'altro che favorevole all’ ipotesi di una connessione continentale, almeno in epoche geologiche più o meno re- 230 ; i. BUSCALIONI E G. TRÍNCHIÉRI centi. La quale del resto mal si concilia col fatto che i tipi comuni al- l'Australia non sono secondo il Warsure proprii della foresta primor- diale (*). Contro quest’ipotesi si eleverebbe tuttavia la storia dei Marsupiali che, per quanto caratteristici della Nuova Olanda, sono pure rappresentati da- non poche forme nella Nuova Guinea e in altre isole della Malesia orientale. — La distribuzione di siffatti mammiferi degradati fu oggetto di studio per parte di molti zoologi, fra cui il SEMON, e variamente interpretata. Il Semon, basandosi sulla maggiore affinità delle specie australiane con le forme estinte dell'America, non eselude che i tipi della Nuova Olanda, se non sono forme convergenti, abbiano potuto derivare dal Nuovo Mondo attraverso a terre australi; altri invece ritengono che tali ani- mali abbiano raggiunta l'Australia, attraversando le terre malesi dove ancora oggi perciò- si trovano alcuni rappresentanti. Ma qui si può os- servare che le specie malesi di Marsupiali sono in gran parte arcaiche, e per di più non poche adatte a vita arborea, che rese facile il loro pas- saggio attraverso stretti di mare di poca profondità sopra i legnami trasportati dalle correnti. Ben ponderati i fatti, appare evidente che an- che il eriterio della distribuzione dei Marsupiali non SC una luce molto viva sull’ intricata questione. Più di tutto merita d’esser presa in considerazione la distribuzione di certe forme vegetali che sono eminentemente australiane quali gli Fu- calyptus e le Acacia a fillodi le quali, stando alle osservazioni di uno di noi (Buscalioni), sorsero indubbiamente in Australia allorchè le regioni centrali di questa si elevarono dai fondi marini. Tanto gli uni che le altre sono presenti in scarso numero in talune isole malesi (*). Ma ciò (1) È interessante rilevare come nello studio floristico si vadano deli- neando certe distinzioni, quale è quella della foresta primordiale e fo- resta moderna, che trova riscontro con le distinzioni zoologiche le quali hanno PES a separare nella Malesia una fauna primordiale da un’altra — secondari *) Le in a fillodi sono reperibili inizierà. nelle isole Hawai e nel di- stretto malgaselo. RA ti at e ERT AN La i e ek rt ek TU X SÉ 1% FITTI TR TEPORE E NT ew v ST $ X D a LL E e s, EM POTENT EEUU E ege i PE Da NOTE BOTANICHE 231 non prova che esse siano quivi sorte e poi diffuse in Australia, poichè è ancora più logico ritenere che queste piante siano il prodotto di in- novazioni cui andò soggetto il clima australiano che divenne xerofilo, almeno nei territorii centrali. A favore di quest' ipotesi sta il fatto che le Acacia prive di fillodi compaiono in disereto numero là dove il clima dell'Australia ha mantenuto i suoi caratteri d'umidità primordiale. Am- messo questo non si può sostenere con solidi argomenti che le Acacia a fillodi e gli Zwcalyptus a foglie verticali siano sorti in un territorio umido qual’è quello della Malesia. Essi poterono, però, quivi insediarsi allorchè emigrarono dall'Australia ed è appunto in questo senso che uno di noi (Buscalioni) interpreta la presenza dei due tipi al di fuori della Nuova Olanda. A queste conclusioni egli è pure stato portato dallo studio della flora dioica dell'Australia la quale, per quanto prevalentemente ac- cantonata al nord e avente delle affinità con le forme malesi, é pur tut- | tavia in gran parte costituita di generi endemiei che mal si prestano a dare appoggio alla teoria dell’affinità fra la flora malesiea e nord-austra - liana ammessa da taluni ed anco non si conciliano con la teoria di co- municazioni territoriali un po’ estese e durature, quali sono ammesse dai sostenitori della teoria del continente austro-malese. Forse molta luce porterà il eriterio paleontologico su questa contro- Versa questione, quando saranno meglio esplorate le regioni malesi. Quanto finora si conosce per opera dell ErriNGHaUSEN, dell’ HEER e di altri autori permette solo di rilevare che già nel Terziario la fisionomia floristica e forse faunistica dei territorii era a grandi tratti quella d'oggi, non potendosi ormai dare gran peso all'ipotesi dell’ ErrincHAUSEN sul- l' analogia tra la flora australiana. e quella del Veechio Mondo. Aleuni fatti però tendono a dimostrare che la flora della Nuova Guinea ha molta analogia con quella di Sumatra, ciò che potrebbe gettar luce | Sulla via seguita dalle piante nelle loro emigrazioni dall’ India alla Malesia. Da ultimo il criterio geografico permette pure di escludere che in epoche geologiche recenti vi siano state connessioni tra l'Australia e la Nuova - Guinea. Lo attestano le barriere coralline che sono piuttosto in via di E. sollevamento (AGAssiz) anzichè di sprofondamento, come vorrebbe il 232 i. BUSCALIONI B G. TRINCHIERI Darwin, ma più ancora la corrispondenza delle aree isobatimetriche con- trapposte che salta all'occhio di chi consideri che alla depressione del Golfo di Carpentaria in Australia si contrappone un promontorio nella Nuova Guinea (!). Ciò non toglie tuttavia che tanto la Nuova Guinea quanto Timor per la loro speciale orientazione rispetto alle altre isole malesi e all’Australia non debbano essere ritenute come strettamente collegate geograficamente al dominio australiano. Conclusioni. Noi possiamo riassumere i fatti esposti nelle seguenti conclusioni : 1°) La teoria del continente indo-austro-malese, che sarebbe stato pre- sente in epoche geologiche piuttosto recenti, poggia su basi non troppo - solide, per quanto dei notevoli rimaneggiamenti territoriali abbiano avuto — luogo nella Malesia. Depongono contro di essa: E 4) La maneanza di vuleani lungo la linea di frattura ehe sarebbe rappresentata dalle coste di Borneo: la presenza degli stessi invece in Sumatra, Giava, Filippine, ecc., che rappresentano in certo qual modo ` - il eonfine teorico dell'Asia. | E b) La presenza di grandi fosse marine nei dintorni di Celebes, vale... a dire nel cuore dell'ipotetieo continente e in mezzo a un dedalo di isole che sono presenti là dove appunto più forte sarebbe stato l'inabis- samento; si aggiunga ancora che la maneanza o la deficienza di dorsi ` marini lungo le isole periferiche (Giava, Sumatra) e colleganti queste ` z alle isole centrali è pure poco atia a far comprendere come sia are — nuto lo sprofondamento. ; S e) Gli endemismi faunistici di molte isole e in specie la presenza E in Giava e Celebes di animali non presenti in Borneo. Le peculiarità delle faune giavanesi si possono tuttavia chiarire ammettendo delle o: municazioni più o meno antiche, più o meno estese, più o meno di- ^ rette e più o meno durevoli coll’ India, grazie alla presenza delle isole . - (') Questa teoria verrà discussa dal BuscaLionI nel suo lavoro sulla flora | dell'Australia, d'imminente pubblicazione. n 3 H NOTE BOTANICHE 233 Andamanes, Nicobares, in altri tempi pure più estese e della catena dei Barisan. L'allineamento di queste montagne da NO. a SE. deve aver fa- vorito la emigrazione delle specie asiatiche. d) La costituzione geologica dell'isola di Sumatra la quale solo in x epoche geologiche recenti è andata incontro a un processo di espansione dovuto iz parte alle alluvioni, grazie al quale si è avvicinata alla pe- nisola di Malacca da cui ha preso ad imprestito, recentemente, non po- chi organismi. Ridotta primitivamente alla catena dei Barisan, mal si prestava l'isola a contrarre rapporti colle altre terre indo-malesi, come vorrebbe il WEBER. 2°) La distinzione delle isole in oceaniche e continentali è insufficiente allorchè si studia il gruppo insulare della Malesia, poichè non poche isole che anticamente dovevano essere ascritte al tipo oceanico e quindi dotate di una fauna disarmonica sono divenute continentali per l esten- sione che hanno acquistato in tempi più o meno remoti (Sumatra, ad esempio). 3°) Le conclusioni a cui arrivarono i zoologi coi dati offerti dalla Geo- grafia zoologica non si conciliano sempre con quelle che il botanico de- sume dallo studio della flora, poichè le condizioni che favoriscono l’ emi- grazione dei tipi vegetali sono ben differenti da quelle che regolano l'e spansione delle faune. Nella Malesia la diffusione dei tipi fu oltremodo facilitata dalle correnti, dagli uccelli, dall'uomo, dai venti e via dicendo. Il clima poi avendo favorito la produzione di frutti succulenti fu pure un fattore indiretto di dispersione. Lo studio delle affinità floristiche fra le differenti terre va quindi fatto in base ai dati che ci offrono le piante dioiche meno soggette a essere trasportate, con successo di in- sediamento, in terre disgiunte fra loro. 4.°) La vicinanza all'equatore delle terre malesi deve aver favorito la comparsa di endemismi nello stesso modo che agevolò la formazione di peculiari caratteri biologici. Un grande numero di endemismi non è dunque sempre indizio di grande antichità della flora, per quanto la deduzione sia‘ maggiormente valida allorchè trattasi di flora alpina e di regioni fredde, dove la bassa EE attutisce lo stimolo della va- riazione. 16. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI 294 L. BUSCALIONI E G. TRINOHIERI 5.9) La flora malese occidentale non endemica ha numerosi rappre- sentanti nelle maggiori isole. Essa però compare alquanto depauperata al di là dello stretto di Makassar, quasi ad attestarei che Celebes ap- partiene floristicamente ad un altro territorio. 6.°) La presenza di Acacie a fillodi e di Eucalipti nella regione ma- lese (*) non indica che questi tipi siano sorti nella Malesia o che queste terre siano state anticamente congiunte estesamente coll’Australia. Si tratta invece, probabilmente, di diffusioni recenti essendo tanto le Acacie a fillodi quanto gli Eucalipti originarii’ dell' Australia. Analo- ghe considerazioni si potrebbero fare per quanto concerne la fauna di Marsupiali la quale, benchè eminentemente australiana, è pure diffusa nella Malesia. Gli studii recenti hanno addimostrato un'affinità fra le forme australiane e quelle americane estinte, per cui la questione ri-. chiede nuovi studii per parte in specie dei paleontologi. Del resto de- pone contro un'estesa comunicazione territoriale tra l'Australia e la Nuova Guinea la teoria della corrispondenza delle aree batimetriche con- trapposte la quale tende piuttosto a dimostrare che le regioni centrali dell’Australia e parte della Nuova Guinea si sollevarono pressochè con- temporaneamente. PRINCIPALI OPERE CONSULTATE SEPARI 0., Malesia. — — Nelle foreste di Borneo. BERGHAUS, Physikalische Atlas. Cuun C., Aus d. tiefen d. Weltmeeres. Jena, 1903. ENGLER A., Versuch einer Entwichelungsgeschichte d. Prlanzenwelt. Leipzig, 1882. GRIESEBACH, Die Vegetat. d. Erde. GUPPY A. Naturalis in to Pacific. ` LYDDEKER A. R., A geographical history of Mammals. Cambridge, 1896. Ken G., The species of Ficus of the Indo-Malayan and Chinese Contries. London, 1888. (') Per quanto riguarda le Acacie fillodiniche della regione malgaseia e delle isole Sandwich vedasi il lavoro del BuscaLIonI sulle Acacie a fillodi e gli Eucalipti, stampato nella Malpighia (Anno ca 1906, pag. 221 e seg.) NOTE BOTANICHE 235 MUELLER F., Record of observations on Sir William Mac Gregor's Higland- plants from New Guinea, 1889. REcLus E, Nouvelle Geogr. universelle, Paris, 1889, vol. XIV. Ocean et terres ‘ Ocean. SARASIN, Tüergeographisches, biologisches und anthropologisches aus Celebes. — — Ueb. d. geologische Geschichte d. Inseln. Celebes auf Grund der RS 5 Thierverbreitung. Wiesbaden, 1901. (In questa splendida opera trovasi os consegnata quasi tutta la letteratura dell’ Bic unu) SR SEMON R., In d. australianische Schrub. y ` STAPF O., On the flora of Mount Kinabalu in norih Borneo. Trans. of the ud Linn. Soc. London, 1894. WALLACE A., Geogr. distrib. of animals. WARBURG O., Beitr. z. Kenntnis d. papuasische Flora, Engler's bot. Jahrb., Bd. 13, II H., 1890. WEBER M., Siboga Expeditie. Leida, 1902, Di AZ Indo-australische Archipel und die SEN seiner Tierwelt. Jena, 1902. IX. Sulle foglie della GLEDITSCHIA TRIACANTHOS Linn. (Tav. Il, figg. 5-7). appartenenti allo stesso genere, presenta con frequenza delle foglie va- riamente conformate sui differenti rami e talora nei differenti segmenti di un medesimo ramo. Tale dualismo 0, meglio, polimorfismo, nelle la- mine fogliari è stato interpretato come un’anomalia da tutti gli autori che si sono occupati del fenomeno. Infatti, se si consulta l’opera del IN 0), vi si trovano descritte come teratologiche o anomale le dif- ferenti forme che assume la foglia, e, stando alla letteratura riunita nella stessa pubblicazione, si rileva che esse furono rinvenute, oltre che nella G. triacanthos, anche nella G. caspica Dest, nella G. feroz Desf., nella G. sinensis Lam. nella quale, a quanto pare, vennero riscontrate per la prima volta dal Cros. ZE PENZIG, Pflanzen-Teratologie, Genua, 1890, I. Bd., p. 404-407. È noto che la Gleditschia triacanthos Linn., come alcune altre specie NETS ts FEE, "EAR ds Lo Du (RECARE e Tee te d Mier? S 236 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI Secondo il Penzie, nella G. triacanthos le anomalie fogliari si mo- strano di preferenza nelle piantine ottenute da margotto o talea e negli esemplari tenuti bassi. Per lo più si nota una tendenza alla formazione di foglie composto-pennate, invece delle foglie bipennate che sono carat- teristiche delle piante normali. Il caso più semplice e quello in cui la trasformazione è incompleta, si verifica allorquando lungo la rachide principale, ma in un punto qualsiasi della stessa, dove dovrebbe mo- strarsi una rachide secondaria portante delle foglioline, si ha invece sol- tanto una fogliolina che è quasi sempre un po’ più grande delle altre sottostanti. Nei gradi più avanzati della metamorfosi, e questo è il caso più frequente, tutta la foglia è è semplificata, nel senso che essa sì presenta solo composto-pennata con foglioline assai più vistose della norma. Sempre secondo il Penzia, le anomalie si formerebbero in modo disordinato, saltuario, tanto lungo i rami che lungo le rachidi di una stessa foglia. Non è il caso d' insistere qui sulle modalità con cui ap- pare l'anomalia, potendosi contare in una sola pianta un numero gran- dissimo di differenti disposizioni. Piuttosto merita di esser ricordato ehe all'anomalia si associa spesso, come osservò il Penzie e come ci è stato possibile verificare, la divisione più o meno accentuata di singole foglioline , quando non si voglia in- tendere il fenomeno come una fusione più o meno completa di due la- mine fogliari. Questa disposizione che si ritrova ovunque, lungo la ra- chide di una foglia, porta frequentemente alla formazione di ascidii 0 alla concrescenza delle foglioline con le rachidi, con la conseguente emergenza delle foglioline secondarie dal mezzo del lembo anomalo. In- tanto, è degno di nota il fatto che le Gleditschia sopra ricordate presen- tano pure, assai spesso, una mostruosità nei cotiledoni i quali possono diventare tre o quattro. Volendo fare delle speculazioni teleologiche, si potrebbe quasi affermare che la tendenza a trasformare le lamine fo- gliari sia così innata nelle piante in discorso da manifestarsi sino dal- l'inizio della formazione delle foglie embrionali. Chi desiderasse maggiori ragguagli su queste singolari erg può consultare i lavori di Dg CANDOLLE, Moquin-Tanpon, MACAIRE, WAL- pers, PLUSKAL, SCHLECHTENDAL, CLos, E. FiscHer, A. BRAUN e CAMUS; Ze XY NOTE BOTANICHE 237 citati dal Penzie ('). Qui basterà dire che, in base alle osservazioni no- stre, il polimorfismo fogliare della G. triacanthos si mostra con tanta frequenza che quasi può apparire all’ occhio dell'osservatore piuttosto quale una condizione normale di cose anziché una mostruosità. Sarebbe, in- somma, da paragonarsi alle produzioni ascidiate di certe piante, le quali, presentandosi frequentemente, hanno indotto i botanici a ritenere gli esemplari forniti delle stesse come varietà anziché quali anomalie; ac- cettata tale ipotesi, la Gleditschia entrerebbe nella categoria delle piante eterofille. Ma v'ha di più: le ricerche fatte nell'Orto botanico di Catania avreb- bero assodato che le foglie sono anche eteromorfe o anisofille , giacchè frequentemente il lembo è più ampio da un lato che dall’altro della ner- vatura mediana. Il fenomeno si osserva con ugual frequenza nelle due sorta di foglioline e, quasi costantemente, il lato più sviluppato del lembo è quello rivolto verso l'apice della rachide. Forse la spiegazione di questo fatto non differisce da quella data dal WiesneR e da altri autori per analoghe disposizioni, osservate in altre piante. Per quanto si sa, lo studio anatomico e fisiologico dell’ anomalia — se così può chiamarsi la disposizione delle Gleditschia — non è stato ancora compiuto. È sembrato, perciò, opportuno iniziare alcune ricerche sulla G. £riacanthos, che qui saranno riassunte. Furono oggetto di studio due piantine e un grosso albero coltivati nell'Orto di Catania. Nelle prime, l'anomalia si presentava senza alcuna regola; invece, nell’albero, si notava con grande costanza che le foglie ba- silari dei singoli rami dell’anno o quelle inserite su brachiblasti erano soltanto pennate, mentre quelle terminali dei rami apparivano bipen- nate. La suddivisione o, meglio, la ramificazione delle rachidi era inoltre tanto più accentuata quanto più le foglie prese in esame erano prossime alle estremità dei rami. Le foglioline di queste poi erano, com’ è facile comprendere, assai più piccole delle altre mentre le foglioline di maggiori dimensioni si trovavano quasi costantemente nelle foglie basilari. Le quali differivano dalle successive per essere più addensate, a causa del (!) O. PENZIG, Loc. cit., p. 406. 238 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI notevole accoreiamento degli internodi corrispondenti. Un po’ al di là della base del ramo, gli internodi si allungavano considerevolmente, di-. stanziando così le differenti foglie le une dalle altre. Quali siano le cause che determinano il diverso comportamento degli internodi, non è possi- bile dire; tuttavia è probabile che lo stesso sia in relazione con le con- dizioni di vegetazione, avendosi internodi eorti alla fine della vegeta- zione o nei periodi di siccità. Neppure fornisce alcun dato in proposito l'habitat delle Gleditschia, alcune delle quali vivono nelle regioni tem- perate dell' Ameriea del Nord, altre invece nell' America del Sud, nel- l'Afriea equatoriale, nell'Asia orientale, vale a dire in climi disparatissimi. Dall'esame anatomo-istologico delle foglie si rileva che alle anomalie e esterne, macroscopiche ere differenze strutturali non del tutto prive d'interesse. - Nelle foglioline grandi, provenienti da foglie composto-pennate, si os- serva che il parenchima è più sviluppato di quanto non sia nelle fo- glioline piccole. Il fenomeno è rilevabile alla semplice ispezione delle sezioni trasversali eseguita con una lente, poichè quelle ottenute dalle foglie composto-pennate sono assai più robuste dei preparati che si hanno tagliando trasversalmente le foglie bipennate (Tav. II, fig. 6). L’ epi- dermide superiore, nelle foglioline grandi, consta di cellule rettango- lari, piuttosto ampie, con la cuticola talvolta molto ispessita e pie- ghettata, mentre, dal lato rivolto verso il sottostante parenchima, sono rivestite da una membrana leggermente ondulata e sottile. L'epidermide inferiore presenta quasi gli stessi caratteri, con la differenza che le cel- lule hanno una cuticola più sottile è sono di varie dimensioni, poichè le cellule annèsse degli stomi sono più piccole delle altre. Nulla di note- vole presenta il contenuto cellulare. Gli stomi sono localizzati esclusiva- mente nella pagina inferiore; essi sono di discrete dimensioni, ma assai disuguali tra loro. Alcuni poi sono insediati sopra il decorso delle ner- vature, e questi appaiono di maggiori dimensioni di quelli soprastanti al parenchima verde. Non mancano gli stomi geminati, ciò che, del re- sto, è stato osservato anche in altre piante. A lato degli stomi si trovano due serie concentriche di cellule annesse. Il parenchima sottostante al- l'epidermide superiore è formato, secondo il solito, dal tessuto a paliz- NOTE BOTANICHE 239 zata i cui elementi sono molto stretti ed allungati, mentre di rado si presentano divisi in due da un setto trasversale. Il tessuto a palizzata, pieno di amido e di plastidi verdi, occupa quasi metà dello spessore della sezione. Al di sotto comparisce il tessuto lacunoso costituito di cel- lule variamente conformate; quelle sottoposte all'epidermide inferiore sono alquanto allungate nel senso perpendicolare alla superficie, in guisa da simulare un tessuto a palizzata ridotto. Esse, però, portano spesso dei prolungamenti che le rendono subramose. Le cellule più centrali sono tonde, irregolari, ramose, oppure si allungano a guisa di cellule del tessuto a palizzata, pur restando più corte. Questo tipo di cellule si rin- viene al di sotto del vero e genuino tessuto a palizzata. Tra questo e il tessuto lacunoso decorrono i fasci vascolari. Il tessuto lacunoso pre- senta delle lacune di discrete dimensioni nelle quali si protendono qua e: là degli ispessimenti di cellulosi, chiodiformi, analoghi a quelli che fu- rono osservati nelle Marattiacee e in altre piante. Il parenchima verde ha pareti sottili le quali, tuttavia, in certi punti e in ispecie di fronte alle lacune aerifere, si ispessisce alquanto. Gli ispessimenti chiodiformi non sarebbero, in ultima analisi, che l’espressione di un esagerato in- grossamento della membrana. Nelle foglioline piccole (Tav. II, fig. 5) l'epidermide, formata da cel- lule pressochè uguali, presenta una cuticola molto più sottile. Il tessuto a palizzita è costituito di cellule meno lunghe. Il tessuto lacunoso, invece di essere rappresentato di quattro piani di cellule, ne mostra spesso soltanto tre e i suoi elementi sono a contatto più intimo tra di loro, per modo che gli spazii intercellulari si presentano meno grandi. Si direbbe quasi che il lembo sia rimasto in uno stato di evoluzione meng avanzata. Le cellule poi sono meno ramose e tendono a farsi meno rettangolari sotto il tessuto a palizzata e a contatto dell'epidermide in- feriore. Dai fatti esposti si comprende pertanto facilmente come l'ispes- simento della lamina sia minore. La nervatura mediana spicca per le sue grandi dimensioni nelle foglio- line maggiori, mentre è assai esile in quelle piccole. Nelle prime tro- viamo, in eorrispondenza della stessa, un'epidermide a cellule isodiame- triche (in senso trasversale), portanti talora dei peli rigidi curvati a pa- 240 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI storale. Procedendo dalla pagina inferiore verso la superiore, si trova dap- prima un grosso strato di parenchima a cellule rotonde, separate da pie- coli meati, le quali, verso la periferia, sono di dimensioni discrete, grandi invece verso il mezzo del: tessuto. Il fascio vascolare è circondato da una doppia guaina: l’esterna costituita di elementi grandi e sottili, con- tenenti spesso dei cristalli di ossalato di calce, e l'interna di un grosso strato di cellule lignificate. Il libro, piuttosto robusto, risulta formato da sette o otto aggruppamenti di piccole cellule, separati tra loro da raggi midollari lignificati. Tutto il resto del grosso cordone vascolare è for- mato dal legno.i cui vasi maggiori; separati da parenchima legnoso, poggiano contro il libro o ne sono divisi da uno strato di minuti ele- menti pure lignificati. Al legno si addossa pure la doppia guaina di elementi a parete lignificata, ma il numero degli elementi è qui molto minore che non nel libro. Ugualmente poco sviluppato è interposto tra il fascio e l'epidermide inferiore, risultando esso soltanto ` di due o tre piani di cellule. La nervatura mediana delle foglioline piccole è costituita sullo stesso stampo di quella delle foglioline grandi, con la differenza che il paren- chima è ridotto a due piani di cellule, la guaina sclerentimatica del fascio è il parenchima ridottissima, come ridotto è ia il numero degli elementi es- senziali del fascio stesso. Nel picciuolo primario, si manifesta la struttura pseudoradiale che è propria di molti organi analoghi. Qui poi si differenzia nettamente uno strato ipodermico, mentre lo strato esterno della guaina perivascolare tende a confondersi col parenchima” corticale. La guaina è robusta e continua tutt’attorno al fascio il quale è pur esso assai robusto, ma con- formato sullo stampo di quello della nervatura fogliare. La porzione le- gnosa però non arriva fino al centro, per cui riesce delimitata una zona midollare. Esaminando attentamente il cordone, si rileva che esso non ha simmetria radiale perfetta, poichè è meno sviluppato da un lato. Nei picciuoli secondarii delle foglie pennato-composte è evidente la simmetria bilaterale, poichè sono quasi sempre conformati a doccia e por- ` tano, in corrispondenza dei due margini della docciatura, i due fasci desti- nati alle foglioline. Per pianta concerne i fasci vascolari, si ha, in tesi NOTE BOTANICHE 241 generale, pressoché la stessa struttura fondamentale deseritta per il pie- eiuolo primario, con la differenza, tuttavia, che il cordone liberiano-le- y gnoso tende ad un assetto o simmetria tipieamente bilaterale. Questo è reso in particolar modo manifesto pel fatto che, ai due lati del fascio, il cordone di sclerenchima invia due grossi prolungamenti nello spes- sore del fascio che arrivano, talora, fino al midollo, sdoppiando così il cordone fibro-vaseolare in due segmenti dei quali, quello inferiore, è assai più sviluppato di quello superiore che forma quasi il pavimento della doccia. Se la struttura è alquanto differente nei due tipi di foglioline, ad essa deve di necessità corrispondere anche un differente comportamento d'or- dine fisiologico. Sotto questo punto di vista, le ricerche fatte nell’ Isti- tuto botanico di Catania, a causa degli scarsi mezzi avuti a disposizione, si limitano allo studio della traspirazione e dei movimenti fogliari. La G. triacanthos, come in generale le Leguminose, chiude le foglie al sopraggiungere della sera e la chiusura avviene in modo che le fo- glioline si dirigono obliquamente in avanti ed in alto, addossandosi con la pagina superiore alla rachide principale (foglie composto-pennate) o ala rachide secondaria (foglie bipennate). Il fenomeno, però, si pre- senta con una certa irregolarità, poichè molte foglioline si chiudono in- completamente, ovvero rimangono del tutto insensibili ai mutamenti nell'intensità della radiazione luminosa. Intanto, fenomeno singolare, si nota una sensibile differenza tra le foglie bipennate e quelle composto- pennate. Quest'ultime o non chiudono le foglioline o le chiudono in modo incompleto, mentre le prime reagiscono fortemente e la reazione è più accentuata nelle foglie giovani. Quando in una stessa foglia esistono delle foglioline piccole e di quelle grandi, il differente comportamento appare visibilissimo, poichè le prime sono chiuse e le seconde quasi aperte Vè, dunque, un dualismo di costituzione nei cuscinetti motori delle varie foglie; dualismo che si rispecchia anche nella quantità d’acqua che | 2 . le due specie di foglie contengono. n 3s K PF EE Qu reg succede ugualmente se si pongono le piante all’ oscuro durante il giorn 242 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI Per lo studio di questo problema si è proceduto, nel luglio del 1907, con unà prima serie di esperienze, alle pesate. A tale scopo vennero rac- colti gr. 200 di foglie composto-pennate ed una. quantità uguale (ri- spetto al peso) di foglie bipennate. Lasciati alla temperatura ordinaria (30° circa), i due lotti di foglie, dopo 24 ore, avevano perduto una no- tevole quantità d’acqua. Già, all'aspetto esterno, si poteva tuttavia rico- E noscere che le foglie grandi (foglie composto-pennate) avevano emesso ` maggior quantità di liquido, poiché le loro foglioline erano più acear- tocciate di quelle delle foglie bipennate. La bilancia confermò tale as- serzione, poichè si ottennero i seguenti risultati : I^ ESPERIENZA Foglie composto-pennate Foglie bipennate Peso iniziale gr. 200 Peso iniziale gr. 200 Dopo 24 ore » 105 Dopo 24 ore » 118 » 44 ». » 100 o. Ao ow.» 108 » P». » UD » 62 » xv 102,500 In una seconda esperienza si ottennero risultati ancora più dimostra- tivi, come risulta dal seguente specchietto: II. ESPERIENZA Foglie composto-pennate Foglie bipennate Peso iniziale gr. 455 Peso iniziale gr. 455 Dopo 24 ore » 260 Dopo 24 ore » 292 » 48 » » 2085 » 48 » » 238 » 62 » as 196,500 » 62 > » 247,700 Risulta, dunque, dai due specchietti che le foglie composto-pennate i perdono più acqua di quelle bipennate e la perdono ia un tempo più. breve. In una seconda serie d’esperienze l’attenzione è stata rivolta alla su- perficie evaporante, anzichè al peso delle foglie e perciò, scelti e pesati NOTE BOTANICHE 243 subito i due tipi di foglie, questi sono stati inelusi tra un cartoncino ed A . un foglio di carta trasparente (carta velina), fissando quest’ultimo con : delle punte in modo che i contorni delle foglie spiccassero nettamente, come un disegno sulla carta velina. Ciò fatto, venne fotografata Il’ im- magine e questa poi accuratamente ritagliata nella positiva. Le due figure così ottenute vennero’ poscia pesate. Con questo metodo, che è in fondo una opportuna modificazione di quello di AwBROUN, si è potuto rilevare quant'aequa perdevano le due sorta di foglia, a parità di super- ficie. Infatti è ovvio che le differenze di peso reperibili nelle due foglie dopo un dato tempo e per azione della traspirazione possono essere ri- portate, beninteso a prescindere da errori trascurabili inerenti all’ espe- | rimento , alle differenze di superficie (desumibili dal peso) delle due fo- tografie che, per essere state stampate su un identico foglio di carta , dànno dei dati paragonabili tra loro. Ecco i risultati dell'esperimento : Peso della foglia bipennata appena raccolta ` gr. 0,760 Pr» > eomposto-pennata > » » » 1,377 >» > bipennata | dopo 48 ore ` > 0,311 E che corrisponde a gr. 0,449 d’acqua perduta ` | >» » » composto-pennata dopo 48 ore » 0,537 E che corrisponde a gr. 0,840 d à em perduta E > >» fotografia della foglia bipennata » 0,285 A » » » » » composto-pennata » 0,390 Con questi dati. si possono formare le seguenti proporzioni : . "0,390 (peso della fotografia della foglia composto-pennata) : 0,285 (peso ~ della fotografia della foglia bipennata) :: 0,840 (peso dell’acqua perduta ` dalla foglia composto-pennata) : z In questo caso, z è stata trovata = 0,610, vale a dire le foglie bipen- -nate avrebbero dovuto perdere gr. 0,610 d’acqua. Ora, avendo le stesse . emesso soltanto gr. 0,449 ci rivelano che Borde a meno liquido delle | foglie composto-pennate. La nie di questa differenza va iaia non solo nella struttura 244 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI del parenchima fogliare che, come si è visto, è diverso nei due tipi di. foglie, ma anche nella struttura della stessa epidermide che è più sot- tile nelle foglie bipennate e, più specialmente, nel diverso numero di i stomi che si rinviene nelle due sorta di foglie. Per questo genere di ricerche è stato adoperato il metodo delle belli cole di eollodio di BuscaLioni e PoLLacoct (!) alquanto modificato, allo. È scopo di rendere le pellicole più liscie e distese, ciò che costituisce un notevole vantaggio, quando si voglia fotografare il preparato, come lo dimostra lannessa mierofotografia (Tav. II, fig. 7) la quale appare ni- e tida in ogni punto del campo. Facendo uso del metodo originario, tale risultato non si sarebbe ottenuto senza difficoltà. La modificazione consiste nell'impiegare lo stesso sip che usano . gli incisori per le riproduzioni fotomeccaniche. Per quest'uso esso viene preparato così: Collodio normale, al 4 °/, gr. 1000 Olio di ricino » 30 4 L'aggiunta dell'olio di ricino ha appunto il vantaggio di rendere mor- ` bida la pellicola, impedendone l’accartocciamento o la corrugazione. UR metodo così modificato non si presta, come quello sopraricordato, allo ` studio della traspirazione nei vegetali, poichè nel collodio degli incisori ` non si formano più quegli intorbidamenti dovuti all’ smulsionamento ` del reattivo e che corrispondono alle aree in cui è attiva la traspira- f zione. Ma, a prescindere da ciò, esso è ottimo, poichè, per suo mezzo, Sì 5 possono ricavare anche i più minuti dettagli dei tessuti coi quali le pel- ` lieole vengono a contatto. Le ricerche intraprese erano dirette unicamente a contare il numero ` degli stomi presenti in un eampo del mieroscopio. A tale intento venne | allo studio di cuni processi fisiologic i nelle piante ed in iepel modo alla Traspirazione. Atti dell’ Ist. bot. dell'Univ. di Pavia, Milano, 1902, Il ser. vol. VII, p. 83-95, tav. VII: e In. In., Ulteriori ricerche sull applica- pes San e di collodio allo studio di alcuni processi fisiologie in particolar modo della traspirazione vegetale. Ibidem, p. peres or. e: NOTE BOTANIOHE | . 245 : fatto uso dell’oculare 4 e dell'obbiettivo 7* di Konrrska, tenendo il tubo del microscopio del tutto chiuso. I risultati ottenuti. sono i seguenti : Numero Numero degli stomi, per campo di Numero Numero degli stomi, per campo di delle microscopio, riscontrati su foglioline delle microscopio, riscontrati su foglioline esperienze | di foglie composto-pennate. esperienze | di foglie pennate. EA si Lë 40 2.a 30 SÉ 36 á ER 30 g.* 39 43 26 4.5 40 5.8 34 5a 44 6.% 27 6.3 33 7.a 34 T.A 33 E" 39 8.a 30 9.a 34 9.a 35 10.3 35 10.a 46 11.8 32 41.3 35 12.a 35 | 12.3 MPI er | 445 » Se ne deduee che, mentre le foglie eomposto-pennate hanno in media —— (su 12 esperienze) 32,2 stomi, le foglie bipennate ne presentano 37. La differenza A abbastanza rilevante, se si considera il forte ingrandimento usato per il conteggio degli stomi, e la stessa dimostra che le prime — - foglie, colla loro cuticola più ispessita, col minor numero di stomi e con E: . una maggior raccolta di acqua hanno una struttura più xerofita delle x seconde. A quanto pare, a questa differente costituzione della foglia si collega anche il diverso comportamento della stessa, rispetto al fenomeno del di- | stacco. Infatti si ‘è potuto notare che le foglioline dal tipo pennato- composte tendono a staccarsi alquanto prima delle altre. Il fenomeno non ha, però, valore assoluto, perchè molte sono le eccezioni che si no- tano, ma tuttavia, ad un esame un po'attento, chiunque può convin- cersi che vi ha realmente una differenza riguardo all’ epoca dell’ ingial- limento e del distacco. Riassumendo ora.i fatti esposti, si può conchiudere che la H. tria- 246 L. BUSCALIONI E G. TRÍNCHIERI canthos ha due tipi di foglie, contraddistinti da una differente costitu- zione alla quale si connette, necessariamente, un differente comporta- mento fisiologico. Nulla si può affermare circa le cause, sia biologiche che fisiologiche, che determinano tale dualismo nel comportamento; per la qual cosa alle ricerche future, dirette specialmente ad analizzare l'am- biente in cui vive la specie in discorso od hanno vissuto i suoi proge- nitori, è riservata la risoluzione del singolare problema biologico. X. Sopra una proprietà del « ambra di Catania ». (Tav. II, figg. 8 e 9). Alla foce del Simeto, vale a dire nella regione ricoperta di dune della - spiaggia di Catania, i barcaiuoli e i pescatori trovano con frequenza, in ispecie dopo una mareggiata, dei pezzi di un’ambra speciale la quale, per il luogo in cui si rinviene, prende appunto il nome di azibra di Ca- tania o Simetite. 5 È, forse, la più bell'ambra che si conosca in commercio, sia per la lim- pidezza e le varie tinte che presenta, le quali passano dal giallo al verde, al bleu, al rosso vinoso, al nero e via dicendo, sia per l’accentuata fluo- rescenza 0, meglio, iridescenza che dimostra quando venga osservata sotto una certa incidenza di raggi luminosi. Da ciò si comprende fa cilmente che il suo prezzo sia assai superiore a quello dell’ ambra del Baltico. Non pochi autori, fra i quali meritano desser citati il Gens il CoNWENTZ e l'HeLm, che hanno fatto oggetto di studio l'ambrá di Ca- i tania, rilevarono come questa differisea da quella del Baltico per la mancanza assoluta o, per lo meno, per una grande povertà di acido succinico. Le analisi fatte dimostrarono inoltre la presenza di una note- vole quantità di solfo combinato con materie organiche, che fu attri- buito alla natura vulcanica dei terreni includenti l'ambra siciliana , la — quale, del resto, per gli altri componenti chimici, come pure per il grado i di solubilità in adatti mezzi Ge, alcool, ecc.) differisce abbastanza no- NOTE BOTANICHE 247 - tevolmente dalla resina del Baltico, tanto che per essa venne proposto, come s'é detto, la denominazione di Simetite. Preoccupati di questa differente costituzione, il Conwentz e l’ HELM hanno creduto d'affermare che la così detta ambra di Sicilia non meriti, forse, neppure questo nome. Essi inoltre sostennero che sotto l'appellativo di « ambra », si sogliono comprendere assai spesso delle resine fossili del tutto eterogenee, che molte volte non hanno di comune altro se non una eerta somiglianza esterna, tanto che il nome stesso ha perduto il suo significato scientifico e frequentemente ha dato origine ad equivoci. Per- ciò i ricordati autori vorrebbero riservare alla parola « ambra » il si- gnificato di nome generico, chiamando Simetite, come sé ricordato, il fossile di Catania. oi Non è ancora ben certo, per quanto almeno ci consta, quali furono le d le piante che, probabilmente nell'epoca terziaria, emettevano la resina che ha poi dato origine all’ ambra siciliana. Le ricerche fatte in proposito il hanno assodato la presenza di inclusi speciali, alcuni di natura animale, altri di natura vegetale o minerale. Fra gli inclusi vegetali sono frequenti, secondo si è potuto da noi constatare, dei depositi brunastri dovuti a fu- scelli od altri pezzi di piante più o meno profondamente modificati. Ta- lora però — e questo è importante — vi furono rinvenute delle foglie che vennero attribuite a un Zaurus Gemellariana, a Leguminose (Zegumino- sites), ovvero ‘dei pezzi di legno riferibili a Conifere (Cupresseae o Tasi- t neae). E si può qui aggiungere, per gentile comunicazione avuta dal signor BRUNO MiLLER, che, nell'ambra di Catania, furon trovati talvolta anche dei fiori i quali, disgraziatamente, per non esser caduti sotto l occhio: dello studioso, rimasero indeterminati. Essendo, dunque, ancora alquanto sub judice tutto ciò che concerne l’ambra di Catania e specialmente la questione riflettente la sua vera natura, ci è sembrato non inutile cercare se l'ambra stessa avesse qual- che particolare riferibile alle resine. Già, a priori, la facile elettrizzazione dell’ ambra ci faceva sospettare della natura resinosa del corpo, ma è parso preferibile il soffermarei allo studio di un’altra proprietà delle resine, che è E d' impressionare le lastre fotografiche. gr Quy vd X. dE e a Ar T T cm LI 248 ` i. BUSCALIONI E d. TRINCHIRRÎ Pochi anni sono, il RusseLL dimostrò che alcuni corpi, tra i quali . molti legni, hanno la proprietà di dare un'impronta fotografica, quando ` ‘vengano messi a contatto d’una lastra sensibile. Il legno di alcune Co- ; nifere è particolarmente attivo. L'autore attribuisce tale proprietà alla resina contenuta nella formazione del legno di primavera, sebbene ap- paia un po’ strano che nella produzione autunnale non s'abbiano a trovar tracce o solo pochissimi indizii della presenza di tal corpo. L au- tore sperimentò anche non poche resine e corpi più o meno affini a | queste (pece di Borgogna, gomme, asfalto, sangue di Drago, gomma del- E Senegal, ecc.) che si comportarono in modo assai diverso, essendo alcuni ` ` S di attivissimi ed altri inattivi. Intanto va notato che la luce, non esclusa quella artificiale, esalta la proprietà di impressionare le lastre fotografiche, poichè se si espongono alla luce le sostanze attive, il legno compreso, queste dànno un imma- | gine più nitida sulle lastre. Però non tutte le radiazioni si presentano ed ugualmente attive in quanto che se, per esempio, s'interpone tra la re- sina e la luce solare un vetro rosso, la sostanza mon agisce piü sulla lastra fotografica, mentre si osserva l'opposto, se la luce attraversa un vetro bleu prima di giungere alla sostanza in esame. Più recentemente ancora il dott. Carnazzi ha ripreso lo studio della questione, allo scopo di poter stabilire se le resine emettano delle radia: — zioni o particolari sostanze chimiche. Esclusa, innanzi tutto, la jonizza- ud zione che fu studiata all'uopo con l'elettrometro di EDELMANN, l' autore pose tra la lastra fotografica e la resina delle striscie di carta variamente colorata o delle lastre di vetro e osservò che soltanto la carta bianca | permetteva ancora al corpo di agire sulla gelatina sensibile. Assodato a questo punto, analizzò le vie seguìte dalla radiazione e notò che què | i sta non procede in linea retta; così pure rilevò che la luce esalta . solo ` temporaneamente l'azione chimica la quale è inerente alla sostanza stessa e si esplica anche nel vuoto o in presenza di gas differentissimi. In base a questi risultati, il CARNAZZI conclude che l azione esercitata sulla lastra fotografica è dovuta a qualche prodotto gassoso (non però ozono) risultante dalla decomposizione della resina. | I risultati che gli autori sopra ricordati hanno ottenuto, ci indussero PEL D NOTE BOTANICHE 249 ad eseguire aleune ricerche dirette a rilevare se anche l'ambra siciliana avesse la proprietà d'impressionare le lastre fotografiche e, in caso af- fermativo, a quale causa dovesse ascriversi tale potere. Una prima serie d'esperienze fu eseguita con l'elettrometro e da queste é risultato che tanto la polvere quanto i pezzi di Simetite, variamente eolorati, non sono radioattivi. Con una seconda serie di ricerche è stata analizzata l'influenza della luce. A tale scopo, un pezzo di ambra fluorescente venne lasciata per cirea einque ore alla luce solare e poscia sovrapposta ad una lastra fo- tografiea, nella camera oscura. Per impedire che le radiazioni attive si espandessero uniformemente su tutta la lastra, il pezzo d'ambra venne posto sotto un coperchio di cartone nero. Sviluppata la lastra dopo 24 ore di dimora all’oscurità completa, si potè constatare che la parte della stessa, sottoposta all'ambra, era impressionata fortemente ( Tav. II, fig. 8), mentre la porzione della lastra stessa, situata al di fuori del ` coperchio, non aveva subìto modificazione di sorta. Non occorre aggiun- gere che il coperchio non aveva, di per sè, alcuna influenza sulla lastra. Un analogo risultato ebbe ad ottenere il prof. BoeGio Lera con un al- tro pezzo di Simetite. Si provò, poi, a collocare di nuovo su di un’altra lastra fotografica da impressionare il pezzo d'ambra, senza averlo prima esposto al sole; e anche questa volta si ottenne una leggiera impressione della lastra nella parte coperta dal pezzo medesimo, ma la immagine era molto meno netta ed evidente. Ciò prova, dunque, che la luce esalta l’azione chimica, il che apparisce molto singolare, quando si consideri che i pezzi d’ambra, esposti alla luce solare, non emettono radiazioni percepibili al- l'occhio, se esaminati all’ oscuro. Interponendo un pezzo di carta nera tra l'ambra e la lastra fotogra- fica, non ha più luogo l’ impressione di quest’ ultima. Inoltre pare che le differenti sorta d'ambra si comportino alquanto differentemente le une dalle altre, poichè, avendo saggiato dei pezzi fortemente colorati in rosso- bruno e degli altri che non presentavano traccia di iridescenza alla luce, non si ottenne che una debole impressione della lastra e talvolta questa rimase inalterata. 17. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 250 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI Una serie decisiva di esperienze venne eseguita nel Laboratorio foto- grafico Lovazzano e Sorella di Torino, il proprietario del quale contribuì non poco, colla sua ben nota abilità artistica, ad assicurarne i risultati. Parecchi pezzi d'ambra (Tav. II, fig. 9), dopo essere stati scaldati nella sabbia fino a tanto che cominciarono ad emettere dei vapori resinosi ricordanti, per odore, quelli del cautchouch bruciato (^), vennero nel ca- merino oscuro collocati sopra una lastra fotografica, dal lato ricoperto dalla gelatina sensibile. Per impedire però che essi, col loro contatto, provocassero delle alterazioni di questa sostanza, si pensò a farli pog- giare sopra strisce di cartoncino. I pezzi d'ambra sottoposti all'esperimento erano di varia natura: gli uni bruno-rossi, gli altri di color giallo paglierino. Inoltre venne pure collocato sulla lastra un pezzo d'ambra del Baltico ed una moneta da un soldo, stati pure previamente riscaldati nella stessa sabbia che con- teneva la Simetite. Tanto i pezzi di ambra quanto la moneta vennero collocati, quando erano ancora molto caldi (così che non si poteva tenerli a lungo in mano), sulla lastra fotografica, che dopo pochi minuti fu sottoposta ai soliti bagni per essere sviluppata. Ora, con nostra meraviglia, si rinvenne che tutta quanta la lastra era stata meravigliosamente impressionata. Infatti la fig. 9, che ne riproduce la positiva, dimostra evidentemente le quattro strisce di carta su cui poggiavano i pezzi. Nella stessa, la mo- neta ha lasciato, nel margine di sinistra, due impronte molto nette, per- chè, durante l'esperimento, si mosse, per cui fu due volte fotografata e ( Per mancanza di un termometro non si potè stabilire la temperatura assunta dalla. sabbia. Rileveremo, per altro, che l’acqua equ in un dcin immerso nella stessa sabbia non entró in ebollizio ccorre rilevare che la moneta riscaldata e le gëss di carta non hanno agito sulla lastra, per cui le impronte che esse hanno lasciate sono dovute unicamente alla mancata azione dei gas sviluppati dalle am- bre in corrispondenza delle zone di gelatina sensibile, rimasta in certo qual modo protetta da siffatti corpi. Del resto chiunque abbia un po’ di pratica di tecnica fotografica può convincersi di quanto affermiamo, pel fatto che l' impronta lasciata sia dal soldo che dalle strisce di carta è nera sulla positiva e corrisponde perciò a punti che non furono impressionati nella negativa. RR E S rif a SEN EE E ` NOTE BOTANICHE ` 251 Per una ragione ovvia e per la quale non crediamo di dove dare spiega- zioni, essa appare sottoposta alla striscia di cartoncino, mentre in realtà stava sopra. Infine tutti quanti i pezzi d'ambra rimasero pure fotografati. Ma noi teniamo a far rilevare che essi appaiono nella positiva tanto più vivamente colorati in bianco quanto più hanno agito fortemente sulla la- stra, e ciò per motivi ben noti ai fotografi. Quindi le parti centrali degli stessi (come si rileva specialmente dall'esame della fotografia del pezzo .d'ambra situato a destra e in alto della figura) si mostrano più bianche dei bordi. Fra le ambre si mostrarono più attive quelle di Catania e quelle colorate in giallo paglierino, le quali, occorre notarlo, per azione del ca- lore avevano intensificato il colore, mentre quelle rosso-vinose erano di- ventate quasi nerastre e screpolate. Questo esperimento che, malgrado la sua SEN è singolare che non sia stato tentato dagli autori che prima di noi si occuparono delle così dette radiazioni dell’ ambra, dimostra in modo quanto mai evi- dente che il potere di agire sulle lastre fotografiche non è nell’ ambra dovuto a radiazioni di natura speciale, ma bensì a una vera e propria emanazione di corpi gassosi, probabilmente idrocarburi, i quali eserci- tano un forte potere riducente sui sali d'argento impiegati per le lastre fotografiche. L'azione è così violenta che sarebbe imprudente eseguire l'esperimento descritto in un laboratorio dove vi fossero delle lastre foto- grafiche allo scoperto, tanto più che l'atmosfera rimane a lungo impre- gnata di siffatti vapori graveolenti ed irritanti. A quanto pare, i pezzi d'ambra emettono continuamente i gas in questione e perció riescono sempre ad impressionare le lastre quando vengano tenuti a lungo a contatto di queste. Ma l'emissione è debole e perciò l'impronta molto pallida. Viceversa, coll’ innalzamento della ARL] che si ottiene in de- bole misura sottoponendo i pezzi d'ambra alla radiazione solare durante l'estate (fig. 8), in grado più o meno elevato affondando gli stessi nella sabbia calda, ha luogo una più intensa produzione di tali vapori e per- ciò l’ esplicazione di un più forte potere riduttore sulle lastre. Che la temperatura e non la luce sia l'agente attivo nella produzione dei gas lo si rileva dal fatto che il pezzo d'ambra, rappresentato a destra 252 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERÌ e in alto nella fig. 9, ha dato un'impronta assai viva, benchè il riscal- damento fosse avvenuto in mezzo alla sabbia e perciò all'oscuro, mentre risealdato al sole ha fornito solo la pallida impronta che abbiamo ripro- dotta nella fig. 8. In questa figura le tinte oseure e bianche oceupano una posizione inversa di quanto si ha nella fig. 9, e ciò pel fatto che il sole è riuscito a riscaldare più rapidamente i bordi del pezzo lentico- lare anziché la massa centrale che, perciò, ha sviluppato minor copia di vapori. Sarebbe interessante esperimentare eon pezzi d'ambra stati riscaldati a differente temperatura e in mezzi diversi, come olio, piombo fuso, ecc. Noi faremo in proposito notare che aleuni pezzi d'ambra, stati immersi a lungo nell'aequa bollente, non hanno fornito ehe una debole impronta. In conclusione, le ricerche da noi eseguite completano quelle dei nostri predecessori e dimostrano a chiare note che l'ambra di Catania, è in più debole misura quella del Baltico, ma in specie certe varietà della prima, impressionano le lastre fotografiche perchè sviluppano dei vapori, non ancor bene determinati nella loro natura chimica, ma probabil- mente appartenenti agli idrocarburi che hanno il potere di ridurre i sali d’argento impiegati per la confezione di dette lastre. Per ragioni indipendenti dalla volontà di chi sperimentava, le ricerche dovettero arrestarsi a questo punto; tuttavia esse verranno riprese quanto prima. Intanto lo studio fatto autorizza a ritenere che l'ambra di Ca- tania si comporta in modo analogo alle altre resine, non fossili, sulle quali soltanto, finora, è stata rivolta, per quanto si sa, l’attenzione degli studiosi. Prima di chiudere il presente scritto è doveroso esternare i più vivi ringraziamenti al prof. E. Boggio Lera, Direttore del Gabinetto di Fi- sica nell'Istituto Tecnico di Catania, il quale mise a nostra disposizione l'elettrometro ed eseguì la fotografia riprodotta nella sopra citata fig. 8, come pure al proprietario dello Stabilimento fotografico Lovazzano e So- rella di Torino e, infine, al ricordato signor MürrEm, intelligente com- merciante di Catania in oggetti preziosi, che, con una gentilezza supe- riore a qualunque elogio, permise di disporre a piacimento della ricchis- sima collezione di ambra di Catania del suo laboratorio. GE ra E TI NOTE BOTANICHE 253 BIBLIOGRAFIA CARNAZZI, Azione della resina sulle lastre fotografiche. Nuovo Cimento, 1906. GoEPPERT, Sull'ambra di Sicilia e sugli oggetti in essa racchiusi. Memoria della R. Accad. dei Lincei, CCLXXVI, Roma, 1876. HELM 0. e H. ConwENTZ, Sull'ambra di Sicilia. Malpighia, Messina, 1887, anno I, vol. I, p. 49-56. RussELL W. J., On the Action of Wood on a Photographic Plate in the Dark. (Abstract). Proc. of the Roy. Soc., September 28, 1904, vol. LXXIV, N° 499, p. 131-134, Plate 7. i SPIEGAZIONE DELLE FIGURE TavoLa V (Vol. XX, 1906). Fig. 1. — Anomalie diverse dei capolini della Montanoa bipinnatifida C. Cock. » 2. — Fotografia indicante che la spata di sinistra della Strelitzia au- gusta Thunb. si è abbassata, così da segnare con la punta l estre- mità del gradino superiore dell'Istituto botanico. Anche la spata di destra si è abbassata. ; » 8. — Fotografia indicante che la stessa spata di sinistra si è, invece, notevolmente innalzata. La spata di destra si è elevata anch'essa. TavoLa II (Vol. XXI, 1907) ('). Fig. 1 e 3. — Foglie terminali di un ramo di Ginkgo biloba Linn. » 2. — Foglia basilare di un ramo di G. biloba. (!) Le figure 1-7 sono state tratte da fotografie eseguite dal dott. G. TRIN- CHIERI; le figure 8e 9, poi, sono la riproduzione di fotografie fatte rispettiva- mente dal prof. E. Boecio Lera e dallo Stabilimento fotografico LovAZZANO e SORELLA di Torino. 254 L. BUSCALIONI E G. TRINCHIERI Fig. 4. — Piantina di G. biloba portante delle foglie profondamente laci- niate. » 5. — Microfotografia di una sezione trasversale d’ una fogliolina di foglia bipinnata della Gledilschia triacanthos Linn. (Obb. 5°, oc. compens. 4). » 6. — Microfotografia di una sezione trasversale d’una fogliolina di fo- glia composto-pennata di G. triacanthos. (Obb. 3°, oc. compens. 4). » 7. — Mierofotografia diun’impronta, su pellicola di collodio, dell’epi- dermide fogliare di G. triacanthos. (Obb. 5*, oc. compens. 4). » i — Impronta lasciata sulla lastra fotografica da un pezzo tondeg- ` giante di ambra di Catania o Simetite. » 9. — Impronte lasciate sulla lastra fotografica da aleuni pezzi d'ambra stati riscaldati nella sabbia. Le bende nere rappresentano le strisce 1 di carta sulle quali poggiavano i pezzi d'ambra. Presso il margine di sinistra si notano due impronte fotografiche sovrapposte di una ` moneta da un soldo. Dott. RENATO PEROTTI Per una Nota di G. De Rossi * Sui microrganismi produttori dei tubercoli radicali delle Leguminose ,,. G. De Rossi pubblicava recentemente nel vol. XVI degli Annali d'I- giene sperimentale, alla pag. 493 e segg. una memoria intitolata: Sui microrganismi produttori dei tubercoli radicali. delle Leguminose, della quale apparve una seconda edizione sul Centralbl. f. Bakteriologie, II Abt, Bd. XVIII, N. 10-12, pag. 289 e 16-18, pag. 481. In essa egli anzitutto fa una rivista storica delle numerose precedenti ricerche sull'argomento e passa quindi ad una critica delle medesime per dimostrare l’opportunità dei suoi ulteriori studi con i quali ver- rebbe alle seguenti conclusioni : Riconosciuto che nel contenuto dei tubercoli della fava, in stadio ini- ziale, si ha la presenza di forme bacillari (0.5-0.6 x 2-3 p), le quali non tardano ad assumere le speciali forme ad Y, dette batteroidi; che questi in progresso di sviluppo subiscono in totalità un processo di vacuoliz- zazione; asserisce che « l’innesto del materiale interno dei tubercoli su « gelatina nutritiva a base di estratto di leguminose, con o senza ag- « giunta di peptone, saccarosio, ecc., eseguito con le più serupolose cau- « tele per evitare un eventuale inquinamento da parte dei germi del « terreno, imbrattanti la superficie del tubercolo, dà spesso luogo a ra- e pido sviluppo di colonie, alcune delle quali per i caratteri propri e « dei mierorganismi che le compongono, dovrebbero aseriversi alla specie « C. radicicola Beyerinck, ma che non sono capaei in eultura pura di « dar luogo alla produzione dei tubercoli nelle coltivazioni sperimentali « e che probabilmente devono interpretarsi come il risultato di inquina- » mento da parte dei germi banali del suolo » specificando meglio; che sullo stesso substrato i batteroidi non ancora vacuolizzati « rimangono affatto inattivi » mentre quei vacuolizzati « dànno luogo molto lenta- mente a sviluppo di colonie caratteristiche » i cui corpuscoli costituenti E Ee SDN EE 256 R. PEROTTI « di forma irregolarmente globosa. bacillare o ramificata, possono colti- « varsi in serie su gelatina all’estratto di fava in cui sviluppano dap- « prima lentamente e poi con sempre maggior rigoglio evolvendosi con- « temporaneamente verso la forma bacillare ». Questi, che per i caratteri morfologici, culturali hanno un aspetto simile ai microrganismi osservati negli stadi iniziali del tubercolo, l'Autore li ritiene « il primo esemplare « di eultura pura tubercoligena nettamente individualizzata e sicura- « mente affermata nella sua speeifieità! » Tali eonelusioni, ehe avrebbero potuto avere un grande valore se ad esse l'Autore fosse giunto almeno quindiei anni prima, discendono indi- rettamente da una incompleta, se non comoda d abile, interpretazione dei risultati degli sperimentatori che lo precedettero. Infatti, riportan- doci per il momento soltanto ai lavori di Mazé — che sono di fonda- mentale importanza, perché in essi si trovano per la prima precisati anche nelle loro cause quei che il De Rossi ritiene essere nuovi fatti, e della cui conoscenza si hanno le impronte nei posteriori lavori di Stutzer, di Hiltner, di Süchting, di Moore e di altri — troviamo quanto segue: I bacilli delle leguminose posti in un mezzo conveniente, che ricordi il più che x è possibile le condizioni naturali eh'essi trovano nelle nodo- sità, si sviluppano in modo sorprendente e compiono la loro funzione importantissima — per la quale la simbiosi non è necessaria — di fis- sare l'azoto libero dell'atmosfera.. Nelle culture a 35» C. di 24 ore, si osservano de nombreua bacilles pour- vus des bourgeons lateraus... e à partir du deuxième passage, les Mae rameuses deviennent de plus en plus nombreuses. i Un fatto analogo determina l'azione degli acidi, poichè con una se- mina molto abbondante dei microbi su agar all'l */,, di acido tartarico, les bacilles donnent naissance à des formes en poire..... leur contenu est vacuolaire. Combinando le due azioni della temperatura e dell’ acidità, les bacilles s'allongent, se renflent en chapelet et se ramifient. Diluendo le culture rieche di forme ramificate nell’acqua fisiologica o nel brodo di fagiuoli, on les voit se «qiue rapidement et donner naissance à des éléments simples. È quindi falso ciò che l'Autore vuol sostenere fin da principio dicendo PER UNA NOTA DI G DE ROSSI 257 mon essere stata confermata dai successivi sperimentatori l'affermazione di Beyerinck che potessero osservarsi forme di batteroidi nelle comuni culture pure, ed è erroneo ciò che egli, in base ad una oltremodo super- ficiale discussione dei lavori pubblicati, ritiene per stabilito: « L'impos- 4 ‘sibilità della reale trasformazione dei bacilli in batteroidi ». Anzi ap- = parisee molto poco seria l'intenzione di voler demolire il valore dei la- vori di Mazé affermando che l’ osservazione delle forme ramificate dei suoi fotogrammi fanno sospettare che in molti casi si tratti di semplice giustaposizione di forme bacillari » e che le medesime « non sembrano - aver nulla a che fare coll'aspetto dei batteroidi quali si osservano nei .—. tubercoli >! Ma per sorvolare sugli altri due fatti che il De Rossi SE aver nell’istesso modo stabilito: « la dimostrata incapacità delle culture stesse a fissare l’ azoto e l’ incertezza tuttora regnante circa la efficacia loro come materiale d’inoculazione » mi sia lecito soltanto domandare: Perchè dei risultati di due sperimentatori, i quali hanno applicato uno stesso metodo per determinare il potere di fissazione dell'azoto, quei di Smith, negativi, dimostrano e quei di Mazé, positivi, non dimostrano ? * Come possono lasciar dubbi sull'efficacia di materiale inoculante le cul- ture recentemente preparate dal Moore? Con gli studi sugli oligonitro- A fili del Beyerinck le conoscenze sulle condizioni culturali dei microrga- nismi fissatori di azoto sono talmente progredite da permettere , oltre che la soluzione delle questioni tuttora avvolgenti il loro potere di fis- sazione, anche il mezzo per assicurare il Gaga successo al materiale Dp i d’ inoeulazione. E Ed entriamo nell'esame dei risultati sperimentali dell’ Autore. ^ Questi comincia dal trovare difficile l’ isolamento del radicicola, mentre E. posso io stesso unirmi ai numerosissimi altri i quali sostengono il eon- | ` trario. L'isolamento del radicicola dai giovani tubercoli è molto facile, quantunque la forma non trovisi in quel « rapido sviluppo di eo- lonie » ehe l'Autore non ha creduto inutile studiare, essendo invece lo sviluppo di essa alquanto più tardo specialmente quando non si usi un mezzo nutritivo convenientemente magro. Anzi, la principale circo- ` stanza che ha messo fuori della retta via il nostro sperimentatore fin 258 R. PEROTTI dall'inizio del suo studio, va ricercata nell’ uso dei substrati usati per l'isolamento e la cultura. Mazé aveva già dimostrato (op. citata) che lo sviluppo del radicicola si ottiene nei mezzi nutritivi che più si avvici- nano alle naturali condizioni esistenti nel tubercolo, e che sui mezzi peptonizzati lo sviluppo si arrestava come per l'effetto dell’ acidità, del calore e dell’eccessiva ricchezza in zuechero, verificandosi la produzione delle forme ramifieate. Quindi nessuna meraviglia che, come anch'io ebbi occasione di verificare, con agar nutritivo, preparato nel modo con- sueto, e con gelatina, sia semplice, che all’estratto di fava — mezzi nu- tritivi eccessivamente ricchi in sostanze azotate e perciò stesso grande- mente impropri allo sviluppo di forme oligonitrofile, tra le quali deve in prima linea collocarsi il radicicola delle Leguminose — non si sia ot- tenuto alcuno sviluppo se non dopo dopo trascorso del tempo e prati- cati dei passaggi i quali abbiano dato agio alla forma di adattarsi ad un regime saprofitico. i Se l'Autore quindi avesse usato un substrato magro, ad esempio l'agar di fagiuoli, che è molto proprio per le ricerche in questione, avrebbe cer- tamente raggiunto il facile isolamento del microrganismo dai tubercoli ed anche notato un differente decorso dei fatti. | Ma per stare all'ordine di quei ch’ egli descrive, sarà bene a questo punto rilevare che il processo di vacuolizzazione subìto dal batteroide non meritava l’onore di due speciali « conclusioni », poichè esso, notato da molti autori, ad incominciare dal Prazmowski (Landw. Versuchssta- - tionen Bd. 37 s. 206), è stato diffusamente ed egregiamente studiato ultimamente da Hiltner e Stórmer nella loro interessante memoria Newe Untersuchungen über die Wurzelknollchen der Leguminosen und deren Erreger (Arb. a. d. Biolog. Abt. für Land-u. Forstwirtschaft, Bd. MI, ` H. 3, s. 244) che l' Autore pare non abbia attentamente letto, anche perehé egli erede potersi arrogare la priorità di considerare il batteroide vacuolizzato, anzichè un prodotto di degenerazione « un vero e proprio stadio progressivo dello sviluppo del microrganismo » mentre nella stessa memoria alla pag. 256 — a proposito anche dei fatti di cui appresso si dirà — si trova molto chiaramente scritto: Do: « Die Entstehung der merkwürdigen Aussprossungen in unseren von Le p. PER UNA NOTA DI G. DE ROSSI 259 e guminoseneatrahten freien Lösungen stellt demnach thatsüchlich einen e normalen Vorgang dar »; ed inoltre nel Lafar, Handbuch der Iech- e nischen Mycologie, Bd. III, Abs. 1, Kap. 2, s. 54 si dice: « Dass die Bakteroiden nicht Involutionsformen darstellen, zeigt schon « ihre Fähigkeit sich lebhaft zu vermehren und sich wieder in normale ` | « Bakterien rückbilden zu können ». E Con ciò, però, noi siamo naturalmente entrati anche nella discussione di quel fatto nuovo, che il De Rossi ha creduto poter con una certa solennità annunziare, poiché il normale processo, della vacuolizzazione va unito con quello della: formazione dal batteroide delle forme baeil- ' lari ordinarie. Il fatto, invece, era già stato trovato dal Mazè, come può rilevarsi dal passo delle di lui memorie, che ho testualmente riportato; fu anche illu- |. strato dall'Hartleb, dall'Hiltner e Stórmer, da Neumann e confermato da = Süchting. Ed è pregio dell'opera riportare i passi più salienti di questi au- == tori per dimostrare come esso è conosciuto anche con notevoli particolarita. Hartleb (Sitzung der Abt. f. Botanik, 18 Sept. 1900 — Chemikerzei- tung 1900, N. 82, s. 887) cosi si esprime: « Im verzveigten Bakteroid mit völlig homogenem Plasma findet an den e Polenden der Aeste, häufig auch an anderen Stellen des Bakteroiden- P « leibes eine Plasmahonzentration statt, nachdem zuvor an jenen Stellen, x « wo diese Plasmaanhiufungen auftreten, dunkle Punkte sichtbar werden, 3 e die aber nach erfolgter Verdichtung des Plasmas wieder verschwinden. « Die Plasmaanhiufungen runden sich ab, leere Riume zwischen sich « lassend, die sog. Vakuolen. Die stark lichtbr echenden Plasmakugeln um- « geben sich mit einer eigenen. Membran, und die ursprüngliche Zell-mem- « bran des Bakteroids wird aufgelöst, so dass nunmehr Plasmakugeln von «verschiedener Grösse übrig bleiben. In dem Plasma dieser Kugeln, welche. ` « unzweifelhaft als eine Art Sporen aufzufassen sind, treten wieder stark e lichtbrechende Punhte auf, die wenig grösser werden, häufig aber ihre « Lage zu einander verändern und später als Schwürmer aus der Spore « austreten.... ». : 4 Hiltner e Stórmer (op. cit. pag. 244), constatata la formazione di cor- | puseoli rifrangenti la luce nei baeteroidi proseguono : 260 | R. PEROTTI « Ueberaus auffallend ist die Thatsache, dass das durch Anilinfarben « stark tingirbare Plasma bei den durch künstliche Kultur gewonnenen « Bakteroiden die Tendenz zeigt, auszusprossen. Besonders regelmässig « tritt eine solche Aussprossung bei den Sojabahteroiden ein; doch haben « mir sie auch bei allen übrigen Arten von Knollchenbakterien beobach- « tel... i Süehting (Kritische Studien über die Knollehenbahterien — C. f. Bak. II Abt. XI, s. 384), infine, scrive: « In der Tut hat Neumann gefunden, und ich habe dies bestätigen kön- « nen, dass in älteren Kulturen. in flüssigen Medien (nach etwa 8-14 Ta- « gen) die Zahl der Bahteroiden wesentlich durch Zerfallen derselben « in Sehwürmer vermindert wird ». Effettivamente, dopo tutto questo, il fatto riportato dal De Rossi non potrà evidentemente apparire più nuovo. La descrizione ch egli ne dà, (pag. 518) si accorda notevolmente con quella già data dai suddetti autori parecchio tempo innanzi, e la sua opera non può essere conside- rata che come una conferma della loro. Senonchè egli, non tenendo conto di quanto ho fin qui riportato, non ha neppure profittato delle conoscenze intorno alle cause dei fenomeni in questione, le quali erano state dagli autori che lo precedettero illu- strate. Quindi viene a trovarsi nella condizione di non potere spiegare alcune circostanze, le quali rendono molto oscuro ed incerto un passo del suo lavoro (pag. 519). Ivi è detto che un ulteriore sviluppo delle colonie dari suo microrga- nismo « non sembra verificarsi sulle piastre di gelatina semplice »; che, invece, « sulle piastre di gelatina di fava le colonie continuano ad in- grandire fino a raggiungere, dopo un certo tempo assai variabile (dal 12-15 giorni fino ad un mese e più dopo l’innesto), « seconda di con- dizioni non ancora ben definite »; che anche « nella costituzione di talia colonie si osserva una certa variabilità, Je cui cause dovranno essere ul- teriormente meglio studiate ». A questo punto la conoscenza delle cause modificatrici della forma. zione dell'evoluzione del bacteroide, note specialmente per i lavori di ` Mazé e di Hiltner, cioè: l’azione degli acidi, della temperatura ; dei — PER UNA NOTA Di d. DE ROSSI 261 mezzi peptonizzati e dell'esagerata ricchezza di essi in zucchero o in sostanze minerali, avrebbe sicuramente permesso all’ Autore di spingere oltre il già noto le sue ricerche sviscerando le questioni avvolgenti il pleomorfismo del radicicola con le quali la maggior parte degli studiosi si sono occupati pervenendo a risultati veramente discordi e fortemente discutibili. Di D avrebbe potuto aver principio la parte originale del suo lavoro. Ma finchè egli ha creduto limitarsi a descrivere — e molto incom- pletamente per una rigorosa diagnosi — il radicicola della fava; dicendo ch’esso produce batteroidi, che questi si vaeuolizzano, originando in pro- gresso di tempo forme evolventisi verso la bacillare, capaci di riprodurre il tubereolo, non ha aggiunto una parola di nuovo a quanto già si co- nosceva. Poichè, sebbene egli fosse d'opinione di ritenere soltanto (*) certa la « possibilità di ottenere culture batteriche mediante innesto del ma- teriale interno dei tubercoli su vari terreni nutritivi » (pag. 502, linea 16 e 17), con questa mia modesta rivista critica e con alcune ricerche sperimentali dei sunominati autori che ho voluto ripetere io posso assi- curare essere già noto: che il microrganismo produttore dei tubercoli ra- dicali delle Leguminose è direttamente isolabile dal materiale del tubercolo, usando mezzi nutritivi magri; che il bacillo mobile nelle culture giovani, trasportato su un substrato convenientemente acidulato, perde la sua mo- bilità, quindi subisce un processo di ramificazione e successivamente quello di vacuolizzazione; che l'acidità, come è la causa precipua di tali feno- meni nelle culture artificiali, è verosimilmente quella che li determina nella pianta stessa, nella quale resta perciò limitato il propagarsi del- l'infezione; che passando le forme vacuolizzate in tal modo ottenute da un mezzo acido in uh mezzo neutro esse si risolvono nei bacilli iniziali capaci di riprodurre l'infezione. . Che in tanta mole di letteratura si trovino frequentemente contraddi- zioni, inesattezze e rettifiche, d'accordo: questo è un portato del gra- duale svolgersi della scienza; ma che si pretenda perciò demolire il Ja voro compiutosi in un quarto di secolo fino al punto di voler far cre- dere molto dubbioso che uno solo degli sperimentatori abbia potuto avere nelle mani una eultura pura del vero mierorganismo specifico dei tuber- 262 R. PEROTTI coli delle Leguminose, debbo ritenerlo per lo meno superlativameute in- TM genuo. L'Autore stesso, compreso tardivamente di questa enormità, nel- ledizione tedesca del suo lavoro intese la necessità di scrivere in molto grossi caratteri e modificato tra l'altre frasi, anche il seguente periodo, che nella prima edizione passava quasi inavvertito, poichè non era stato ad esso concesso neppur l'onore di un capolinea: e Damit will ich nicht sagen , dass Beyerinck oder ein Posi den ` « wahren specifischen Mikroorganismus der Leguminosenknollchen nicht « kultiviert haben » (pag. 300). E. . Si noti in particolar modo, come nella traduzione è scomparso quel. « forse che nella edizione italiana (pag. 503, linea 27) aveva un grande : significato! | | Se l'Autore, tenendo miglior conto della copiosa bibliografia in pro- ` posito, avesse meglio coordinato e valutato i risultati delle precedenti ricerche, riferendosi passo per passo ad esse nelle deduzioni dei propri | reperti sperimentali — eon opera di pregevole sintesi e di sana eritica i — avrebbe forse potuto nell’interesse della scienza contribuire valida- d mente al progresso delle nostre conoscenze intorno all’ interessantissima — iena | . Al contrario, il suo lavoro — per le precedenti considerazioni, per ` altre non poche, sebbene di minore importanza, alle quali, per i ter- i» mini in eui esso è stato redatto , si presterebbe, ed anche per alcuni ` d errori di teenica, che, dopo il già detto, sarebbe ingeneroso addebitare — fornendo troppo abbondante materia di critica, trovasi ad essere di- ` minuito di quei pochi pregi, che, come opera di conferma 0 di El ampia illustrazione, gli sarebbero spettati. ' Parigi, dal laboratorio di Batteriologia m dell’ Istituto Pasteur, giugno 1907. Dorr. GIULIO TRINCHIERI Intorno a due piante cauliflore. In una Memoria (') pubblicata nello scorso anno, occupandomi dello studio di quell’ interessante fenomeno biologico che è la « caulifloria », lo ho fatto rilevare, tra altro, come alle piante cauliflore, vere e pro- prie, già conosciute (°), si dovessero aggiungere, in seguito a mie per- | sonali osservazioni, anche un’Orticacea dell’Africa australe, Ficus capensis S & Thunb., un' Oleacea, originaria delle Indie orientali, Jasminum Sambac A Ait., e due Rutacee, soggette, specialmente in Sicilia, a larga cultura, vale a dire Citrus medica L. var. Limon L. e C. Aurantiwm L. var. Limetta (Risso). Da allora ad oggi, che io sappia, nient' altro è stato seritto sul di- battuto argomento, se si eccettua un breve lavoro di J. J. Smith OCL, In esso l’autore descrive, nei suoi minuti particolari, la nuova specie Mil- lettia Nieumenhuisii che, insieme ad un'altra precedentemente scoperta e appartenente al medesimo genere, cioè M. cauliflora Prain, va ad ac- crescere il numero dei rappresentanti cauliflori che la famiglia delle Le- guminose già possedeva. Degno di nota il fatto che la pianta in di- scorso viene da Borneo — dove è conosciuta dagli indigeni sotto il nome di Bloe ae — regione, com’ ognuno sa, dotata di clima caldo e umido a un tempo e che si trova, conseguentemente, nelle identiche condi- (') G. TRINcHIERI, Contributo allo studio della « caulifloria ». Atti della «Accademia nsa di scienze naturali in Catania, 1906, an. LXXXIII, ser = IV, vol. XIX, mem, XXI, con due figure intercalate. A © L. eer Sulla caulifloria. Malpighia, Genova, 1904, an. XVIII, vol. XVIII, p. 121-128 e p. 169 e segg. Vedasi inoltre: H. HALLIER, Bausteine zu einer Monographie d. Convol- vulaceen. Ueb. d.: Gattun g Erycibe u. biol. Bedeutung d. stammbürtigen E ten u. Früchte. Bull. de l'Herbier Boissier, 1897, vol. V, n. 9, p. 735-7 D. 12, p. 105. e, A J. SMITA, Millettia Niewwenhuisii nov. sp. Bull. du MAT de l'Agric. des Indes Néerlandaises, 1906, n.° IIl, Microbiologie, I, p. 17-21. 964 G. TRINCHIERI zioni di quelle altre in eui la caulifloria si manifesta con relativa fre- quenza. Io reputo quindi non inutile esporre qui aleune nuove osservazioni da me fatte su questo soggetto. Anzi tutto, di recente ho potuto accertare — non mi risulta che il fatto sia già noto — che anche il Ficus coronata Reinw. Blum. è una giunge, da noi, l’ altezza di 6-7 metri, e ha il tronco non molto grosso, di forma pressochè colonnare e di color grigio cupo, dal quale si di- — — parte, verso l'alto, un considerevole numero di rami, da giovani forniti : di peli. Le foglie, aventi un breve picciuolo peloso, sono piuttosto grandi, oblungo-lanceolate, scabre al tatto e si restringono, all'apice, in una spe- cie di punta, alquanto prolungata e ricurva all’ingiù. I ricettacoli 0 cenanzii di questa specie sono piccoli, globoso-piriformi , fittamente co- perti di peli bianchicci, tra i quali appare qualche piccola squama, 6, al contrario di ciò che si osserva, per esempio, nel F. Carica L., assotti- ` P: gliari in prossimità dell'orificio apicale, validamente protetto da molte ; squamelle rossastre. Solitarii o in gruppetti di 3-5, mediante corti pe — duncoli pelosi essi s'inseriscono, con grande frequenza, sul tronco e sui specie cauliflora, nel vero senso dell’ espressione. E Questa pianta — di cui l'Orto botanico di Catania possiede, in piena DI terra, alquanti vegeti esemplari, in diverso stadio di sviluppo — rag- . 4 e È > vecchi rami sprovvisti di foglie, non mancando di mostrarsi tuttavia K anche tra il fogliame, ma in quantità minore. È Faccio notare che il F. coronata? è oriundo di Giava, isola enorme ` | mente piovosa (!) e, nello stesso tempo, patria di moltissime altre piante cauliflore; e, premesso che la caulifloria ha per iscopo la difesa degli A organi riproduttori dall’ umidità eccessiva la quale — dato l ambiente in cui vivono le piante colpite dal fenomeno — finirebbe col riuscire alle stesse assai dannosa (*), aggiungo che, secondo me, una serie di particolari disposizioni protegge, a tal riguardo, la specie in questione. Intanto, la scabrosità della superficie delle foglie è già, per sè stessa, una — (') J. CosraNTIN, La Nature tropicale. Paris, 1899, p. 18-21. (*) L. BUSCALIONI, Loc. cit., passim. INTORNO A DUE PIANTE CAULIFLÓRE 265 condizione sfavorevole al lungo soggiorno dell’acqua su questi organi. Ma altri fattori concorrono a render più perfetta la difesa dei medesimi, Infatti, la punta affilata e ricurva in basso, che, come ho detto, esiste so all'estremità fogliare, funziona egregiamente da sgocciolatoio '( Zräufel- spitze) (*) e, inoltre, tanto meglio adempie il suo importante ufficio in ve? quanto le foglie a inseriscono sui rami così da dirigersi immediatamente verso terra. Allo stesso fine protettivo risponde ancora, a mio avviso, per quel che riguarda i ricettacoli, il denso strato di peli che li riveste e la posizione dei cenanzii sui rami. E invero, nel F. coronata, come già ho rilevato a proposito del F. capensis (°), i piccoli ricettacoli di solito si presen- tano in guisa da avere le rispettive aperture apicali rivolte in basso 0, per lo meno, in direzione obliqua. Questa condizione di cose ostacolando, evidentemente, la penetrazione dell’acqua in mezzo agli organi riprodut- tori, mira insieme con le altre disposizioni accennate sopra — a quanto ho potuto osservare nei giorni piovosi e verificare anche con adatti espe- rimenti — a difendere la pianta dai danni di un eccesso-di umidità. 2A ee X Wo * Non meno interessante mi sembra l'altra specie cauliflora da me stu- diata: voglio alludere all’ Halleria lucida L. Della pianta in discorso, come già del F. coronata, per quel ch’ io so, ancora non è stata fatta menzione, dal punto di vista da cui ora in- tendo occuparmene. —Ó——— (') Sebbene tale funzione fogliare o, meglio, la sua éier) Sg = an- cora oggetto di controversia tra i botanici (cfr.: J. COSTANTIN, Loc. cit, p 6, e C. HOLTERMANN, Der Einfluss des Klimas auf den Bau der Garë gewebe, Anatomisch-physiologische Untersuchungen in den Tropen. Leipzig, 1907, p. 226-227), pur tuttavia non sembra si possa negare eh'essa si esphi- chi Fealmionie in molte piante tra le quali il gen. Ficus (Tourn.) L. ha, a questo riguardo, come anch'io ho avuto agio e are nell’ Orto di Ca- Pflanzen-Geographie auf physiol re Grundiage, Jena; 1898, p 22, Fig. 23, e C. HOLTERMANN, Loc. cit, p. 221-220, Taf. I, Fig. 1 e 4). |. €) G. TRiNCHIERI, Loc. cit., p. 6-7. 18. Malpighia, Anno XXI, Vol. XX1 |. 266 |. TRINCHIERI Le varie descrizioni, che sì posseggono, di questa Serofulariaeea mi dispensano dal riportarne qui i caratteri sistematici. Dirò soltanto che, contrariamente a quel che scrisse il Bentham (^), i fiori. aventi il calice a 4-5 lobi sono frequentissimi e che, inoltre, almeno in questa Halle- ria, esiste realmente un « fructus baccatus indehiscens », del che il ci- tato autore non sembra abbastanza sicuro, a giudicare dal punto inter- rogativo che fa seguire allo parole sopra riportate. Tali osservazioni, rese forse difficili al Bentham dal fatto ch’egli studiò la pianta allo stato secco, io potei fare, invece, a mio agio, giovandomi all’uopo di due annosi esemplari della specie, coltivati nell'Orto botanico di Catania. Quivi essi fioriscono quasi tutto l’anno e maturano in grande abbondanza i loro frutti, sferici e lisci, che, da verdi fattisi di color ne- rastro, pendono verso terra di solito dai rami più grossi sui quali si mostrano riuniti in tanti fascetti. Tuttavia, anche in questa cauliflora gli organi fiorali non mancano completamente tra le foglie; però, nel nostro caso, sono, senza confronto, più numerosi quelli inseriti sui rami vecchi, del tutto spogli di fogliame. Anzi, a tal proposito, aggiungerò che in uno dei due individui esaminati vidi qualche aggruppamento di fiori pure alla base del vecchio fusto, a pochissimi centimetri dal suolo. L'H. lucida abita D Africa australe e tropicale, regioni sottoposte a piogge frequenti e abbondanti. Tali condizioni d ambiente dànno ra- gione delle particolari disposizioni protettive contro l'umidità esagerata da me riscontrate in questa specie. Infatti, in essa è da notarsi, anzi tutto, la posizione dei frutti che, muniti di lunghi e sottili pedicelli , stanno sempre rivolti in basso e, poi, la forma pressochè sferica e la su- perficie perfettamente liscia dei medesimi: tre condizioni le quali impe discono, in modo assoluto, il soggiorno dell' aequa su organi tanto im- portanti per la pianta. Di più, i frutti terminano con una lunga appen- diee filiforme, ehe non é altro se non lo stilo rimasto persistente. Ora, tale appendice, come ho potuto accertare praticamente, esercita qui l'u- ficio di sgocciolatoio. E invero, l’acqua che cade su la bacca e che, per o9. BENTHAM in DE CANDOLLE, Prodromus Systematis naturalis regni vegetabilis, Parisiis, MDCCCXLVI, pars X, p. 301. INTORNO A DUE PIANTE CAULIFLORE 267 quanto ho detto sopra, non può soffermarsi su la stessa, è costretta, per correndo con rapidità la via segnata da Lg appendice, a sgocciolare sul terreno. Per questo complesso di dati, io ritengo che l'H. lucida meriti, sen z'altro, d'essere collocata fra le piante cauliflore propriamente dette. A tale assegnazione, secondo me, non si oppone il fatto che la famiglia delle Serofulariacee, alla quale essa appartiene, non è antica. (Ui, come in genere lo sono le altre famiglie che pur posseggono rappresentanti cauliflori. Non è detto, infatti, che piante relativamente recenti, trovan- dosi nelle identiche condizioni di quelle antiche, cauliflore, non possano presentare le stesse disposizioni morfo-biologiche che si riscontrano in que- st ultime. Ciò premesso, noterò come, oltre alle caratteristiche su ricordate, un'al- tra particolarità mi: colpì nella specie presa in esame. L'osservavo per la prima volta durante la scorsa primavera, dopo una giornata piovosa. Orbene, nei due esemplari che avevo a mia disposi- zione mi venne fatto di rilevare come il sughero che ne rivestiva il fu- sto e i rami si trovasse in uno stato d’umidità considerevole, tanto che, esercitando su di esso una benchè minima pressione, ne usciva manife- stamente dell’acqua. Sembrandomi che tale circostanza non fosse priva d'interesse per lo studio che avevo intrapreso, decisi di tentare, in base ad essa, alcune ri- cerche sperimentali. Lo scopo delle medesime era quello di vedere se, a parità di condizioni, il tessuto sugheroso dell'Z. lucida a imbevesse in qualche modo di ugual quantità d’acqua che quello di altre piante o non, e se il tessuto sugheroso di tutte possedesse in ugual misura la pro- prietà di trattenere di poi l’ umidità accumulata. A tal uopo, raccolto alquanto sughero della specie in questione, mi posi alla ricerea di un certo numero di piante che potessero fornirmi il restante conveniente materiale d'esperimento. Queste, scelte, per quanto m’ era possibile, in differenti famiglie, furono, disposte in ordine siste- matico, le seguenti : SA s G. BoNNIER et LECLERC DU SABLON, Cours de Botanique, Paris, 1905, I hanérogames, p. 1103. 268 G. TRINCHIERI Cedrus Libani Loud., Pinus Pinea L., P. Pinea L. var. fragilis Duham., P. halepensis Mill., Populus graeca Ait., Quercus Robur L., Q. Suber L., Platanus orientalis L., Ulmus campestris L., Sponia crassifolia G. Don., Maclura aurantiaca Nutt., Cercis Siliquastrum L., Ceratonia Siliqua L., Caesalpinia Cacalaco H. B., Sophora chinensis Loddig., Metrosideros ro- busta A. Cunn. , Eucalyptus Globulus Labill. , Eu. diversifolia Bonpl. , Schinus Molle L., Rhus viminalis Vahl., Tilia argentea DC., Grewia orientalis L., Patagonula americana [fs Stabilito di prendere in esame gr. 100 di ogni sughero, cominciai col chiuder questo — pesato appena raccolto e ridotto in pezzi approssima- tivamente tutti uguali tra loro — in una stufa e ve lo tenni per uno spazio di sei ore, a una temperatura di oltre 80°; trascorso detto tempo che giudicai più che sufficiente per portare il sughero allo stato secco, posi il medesimo nuovamente sulla bilancia, per ricavarne il primo dato sperimentale, vale a dire per sapere di quanto ciascun sughero fosse di- minuito in peso, dopo aver perduto l’umidità naturale. Ottenni così i seguenti risultati: INTORNO A DUE PIANTE CAULIFLORE 269 TABELLA A. NOME DELLA SPECIE Baghero Sughero secco appena raccolto DUE RADON i oio onto 100 (1) 3 Pihus Pibet - 1.9 e oc ritis 1 96 Es, P Pine var, fragiié <<... +4 100 95 3 Pi halepensia er e 100 99 Populus graeca 00 6 Que Robur Xa Um T HE 100 94 PER uui O4 RIO LU MD Fay cd 100 ) Platanus orientalis SE 100 ‘ Ulmus campestris 100 ) È nia crassifolia Vie M SU 100 93 Fn Maclurà aurantiaca . . . . . + 100 i d Cercis Siliquastrum. . . «s - 100 85 Ceratonia Siliqua . a ROIO 100 93 Caesalpinia Cacalaco . . . . « + 100 92 Sophora chinensis . . . . . us 100 0 Metrosideros robusta AXES : 100 j : Eucalyptus Globulus. . . + 100 3 Eu. diversifolia 100 Schi Molle . .. 100 ) Rhus viminalis. . 100 : Tilia argentea SOR EUER E 100 Greivia orientalis... . 4. du 100 ) Halleria lucida . . . 0. a 100 70 Patagonula americana |. . . . + 100 87 Poi, per continuare con comodità le mie ricerche, mi provvidi, anzi tutto, di un eonveniente numero di saechetti di tela e pesati questi — preventivamente contrassegnati — a uno a uno allo stato normalé e poscia, una seconda volta, dopo averli tenuti immersi nell'acqua per cinque dre — periodo di tempo che constatai bastevole per portare al mas- simo grado l’imbibizione del ‘tessuto — lì posi per altre sei ore nella stufa a 80°, affinchè perdessero di nuovo ogni traccia di umidità. Di ciò assi- curatomi, riempii ciascun sacchetto di gr. 100 di sughero secco di una delle ventiquattro specie su nominate; anche questo sughero, come quello adoperato in principio, era stato ridotto in pezzi quanto più era possi- bile uguali tra loro ed era, inoltre, rimasto per sei ore nella stufa a più. di 80°. Compiuta l’operazione di riempimento dei sacchetti, collocai i me- () Tutte le cifre della presente tabella s'intendono riferite a grammi. 270 desimi, tutti a un tempo, in una vasca dell'Orto, lasciandoveli immersi per due giorni interi. Quindi, estrattili dalla vasca ed eliminata oppor- G. TRINCHIERI tunamente l’acqua sovrabbondante, procedetti a pesare i sacchetti a uno a uno; il che mi permise di constatare con precisione l’ avvenuto au- mento di peso dovuto all’ acqua e, per conseguenza , la quantità della stessa trattenuta, caso per caso, secondo è indicato dalla tabella B, che segue : TABELLA J. | $588 (|$2$93 Sacchetto | Sacchetto 3 B 8 E 2 Su CEA SR KSE NOME brena SPECIE | «i | Pelo state | sughero | 92881 ME naturale idità v" ER a s H E Ad z B d iss Safsii Cedrus Libani . 19 0 46 100 203 07 s Pinea. . . . 19 47 100 19 59: P. Pinea var. fragilis | 20 45 100 214 69 P. halepensis . . .|-20 45 100 190 45 Populus graeca . 20 4T 100 173 26 Quercus Robur . ) 48 100 195 47 Q Faber. cov 19 AT 100 225 78 Platanus orientalis 19 48 100 234 86 mus campestris 20 48 100 270 122 Sponia crassift 20 46 100 192 46 Maclura aurantiaca 18 AS 100 vite 72.5 Cercis Siliquastrum 20 , 100 210° 62 Ceratonia Siliqua ) 45 100 207 62 Caesalpinia Cacalaco. | 19 46 100 229 83 20 49 Metrosideros robusta . 19 44 e Cou Ge Eucalyptus Globul 20 49 100 338 189 diversifo 20 48 100 269 121 Schinus Molle 9 49 100 248 69 viminalis. . 19 Tilia argentea 18 ; | i ede Pug ewia orientalis 13 33 100 231 104 Halleria lucid 20 50 100 377 T Patagonula americana | 20 48 100 311 163 (*) Tutte le wie keng presente tabella s' intendono riferite a nmt. e frazioni di gram INTORNO A DUE PIANTE CAULIFLORE Da ultimo, posti i sacchetti col rispettivo sughero ad asciugare nel- . ‘ambiente ordinario, continuai, ogni due giorni, le mie pesate sino a che non giudicai che l'esperimento potesse aver termine. ; Ecco, senz’ altro, gli ultimi. risultati ottenuti : H cale le cifre della presente tabella s' intendono riferite a grammi e frazioni di gra i88,.| $3 Sae o e Eet e 8 Sughero | Sughero Sacchetto |nello stato| Sugh 3 $ ESI $1 e e i ghero | 22 °, E vow ME Sg i 2 d sacchetto | sacchetto | massima | Secco | 5 3 & E $3 $ | 96 ore 144 ore idità 2 5 M E Li È E dopo dopo AS A EZ 46 100 203 140 131,5 125 47 100 199 146 138 134 45 100 214 159 149 141 45 100 190 153 143 136 47 I 100 173 132 127 125 48 100 195 156. 145 138 AT 100 225 150 t39 132 48 100 234 171 165 156 48 100 210 212 198 188 46 100 192 125,5 123 122 45 100 217,5 169 159 150 . 48 100 210 153 144 138 45 100 207 161 150 144 46 100 229 167 154 144 ` 49 100 240,5 190 177 165 44 100 208 159 150 ER 49 100 338 270 244 225 48 100 269 220 201 185 49 100 218 173 154 150 48 ‘100 198,5 160 149 141 41 . 100 6 170,5 157 147,6 33 100 237 181,5 167,3 156,7 H 50 | 100 377 298 265 2A2 . 20 48 | 100 314 257 235 217 Sughero | Sughero | Sughero | Sughero EE, e e e sacchetto | sacchetto | sacchetto | sacchetto 288 ore | 336 ore | 384 ore | 432 ore dopo | dopo dopo opo 119,2 119,2 119,2 119,2 124 123 123 123 7425 124 124 124 42 121 120 120 4122 122 122 122 123 123 122 122 122 121 124 121 > 131 125 125 125 146,1 133,3 129 129 120,5 120,5 120,5 120,5 129 125 124 124 427 126 126 126 130 129 128 128 125 124 124 124 134 128 127 127 126 124 124 124 164 146 136 131 142. 135 133 133 129 126 126 126 123 123 123 123 Gert 120 | 125 125 1296 | 125 1224 | 1924 167 147 133 127 162 142 133 130 Sughero e sacchetto 480 ore dopo Sughero | Sughero | Sughero Sughero | ur e e i e sacchetto | sacchetto | sacchetto | sacchetto | Si i 528 ore | 576 ore | 624 ore | 672 ore dopo dopo | dopo dopo | 119 119 119 119 122 121 120 119 124 123 1222 121 120 120 120 120 122 121 121 120 121 121 120 119 121 121 119 119 123 123 193-. 124 126 124 123,2 121 120,5 120,5 120. 120 123 123 123 424,1 125 125 123 190 197 127 123,2 120 123 123 122 120,5 125 125 124 122 123 123 122 120 126 125 124 121, 131 130 127 122 195 124 123,5 121 122 122 42] 120 125 135 121,9 119,7 119 117 117 115 121,5 121,5 121 120,5 126 ` 126 124 122 274 G. TRINCHIERI * on Ora, dall" esame delle tabelle 4, B e C, risulta principalmente : 1.) ehe, a parità di eondizioni, la quantità d'aequa assorbita in natura dal sughero dell’ Halleria lucida è considerevolmente superiore a quella presa dal sughero di ciascuna delle altre piante sottoposte all'e- sperimento ; 2.°) che, pure a parità di condizioni, il sughero dell H. lucida, con- venientemente asciugato in stufa e quindi immerso nell’ acqua, ne as- sorbe una maggiore quantità che non il sughero di ognuna delle altre specie prese in esame; 3.°) che, sempre a parità di condizioni, il sughero dell’ H. lucida, immerso nell'acqua e poscia lasciato asciugare nell’ ambiente ordinario, è, fra i sugheri esaminati, uno di quei pochissimi che vanno perdendo l’acqua più lentamente, mentre la maggior parte di detti sugheri assai presto la cedono quasi tutta. Ciò premesso, io ritengo che la causa del notevole accumulo d’acqua nel tessuto sugheroso dell’ H. lucida debba ricercarsi nella natura isto- logica del medesimo. Esso, infatti, risulta di varii strati, in intimo con- tatto tra loro e formati di due sorta d’elementi cellulari; gli uni, cioè, composti di cellule molto piecole, pressochè rettangolari in senso tras- versale e di color cupo, e gli altri, invece, formati di cellule perpendicolari alle prime, strette, ma assai allungate e quasi trasparenti. In siffatto tes- suto si notano — al contrario di ciò che avviene in altri sugheri — fre- quenti spazii intercellulari, relativamente grandi e che si rendono ben evidenti se si esaminano le sezioni del sughero in discorso in glicerina, poichè allora, in corrispondenza di tali lacune, si mostrano nitidissime delle grosse bolle d’aria. Sono appunto questi spazii intercellulari quelli nei quali si raccoglie, come in altrettanti serbatoi, l’acqua che rende così manifestamente umida tutta la massa sugherosa del H. lucida. MELO I, Sg ERR Pere ena a INTORNO A DUE PIANTE CAULIFLORE 279 I dati sperimentali che ho esposto sopra acquistano, a mio parere, un particolar valore, se messi in rapporto col fenomeno della caulifloria. Stabilito, infatti, come già si è detto, che l’esistenza di quest'ultima è intimamente connessa con la grande umidità dell' ambiente in eui vive la pianta che la presenta, e che, inoltre, sotto l’ aspetto morfolo- gico, il processo caulifloro si riassume nella manifestazione di gemme fiorali dormenti (*), a me sembra che, in riguardo all H. lucida, si possa azzardare un'ipotesi, con una certa probabilità d'esser nel vero. E li- potesi è questa: che la presenza dell’ umidità, assorbita, per quanto si è visto, in grado considerevole dal sughero della specie in questione, e da questo trattenuta più a lungo che non da quello di altre piante, con- corra a facilitare lo sviluppo, lungo il fusto e sui grossi rami, delle gemme fiorali dormenti e, implicitamente, la comparsa della eaulifloria. Dal R. Istituto botanico di Catania, nel giugno del 1907. (!) G. TRINCHIERI, Loc. cit., p. 13-14. Dorop CALCEDONIO TROPEA La variazione della Bellis perennis L. in rapporto alle sue condizioni d’esistenza. Il Lupwie (') e L’HeLGuERO (°), pochi anni or sono, pubblicarono due distinte memorie sulla variazione che presenta il numero di fiori ligulari nel capitolo della Bellis perennis in rapporto alla stagione: il primo per la Germania, il secondo pel centro d'Italia. Il Lupwie compie le sue osservazioni su 12000 capitoli di B. perennis, ` raccolti in vari luoghi e dà come media 34. Questa però è la media complessiva che varia secondo le diverse stagioni. L’HeLGuERO ha dai suoi calcoli una media di 55. Egli inoltre nota come le medie principali coincidano con numeri dei multipli della serie del Fisonacci. Noto qui di sfuggita che queste coincidenze mi sembra siano prese in maggiore considerazione di quel che meritino: si pensi che per i primi 55 numeri, ad esempio, ve ne sono ben 30 che appartengono a questa serie, e quindi la probabilità che un numero coincida con uno: della serie è di oltre E essendo 30 maggiore della metà di 55. Tanto il LupwiG che D HELGUERO tengono conto della sola stagione quale agente modifieatore, trascurando così vari altri fattori, di non mi- nore importanza, e sui quali desidero di richiamare l’attenzione in questa prima nota, riserbandomi di pubblicare per esteso tutta la memoria, di^ a cui l'estensione e il numero di tavole mi costringono a ritardare fin ora la consegna alle stampe. La stagione determina, con le sue modificazioni, una diversità del- lambiente nel quale vive la pianta, tale da eecitare variazioni di adatta- (') Lupwte F. Ueber Variationscurven. Bot. Centr. 1898 Nol 75. N. 30-33, pag. 97 e segg.; 178 e segg. È) FERNANDO DE HeLGUERO. Variazione del numero dei fiori ligulari del Bellis perennis. Bull. Orto bot. Napoli. Tomo II, fas. I. 1904 pag. 133 e seg. EEN, SECH EE È, TROPEA 971 mento, od anche da favorire o meno un maggiore sviluppo della pianta. Ciò cagiona le variazioni che la B. perennis subisce nel numero di fiori ligulari, così come i predetti autori hanno notato. Ma la stagione ha forse minore importanza della stazione. Questa quasi racchiude in sè tutte le diversità che possono esistere fra due di- versi ambienti ed esercita continuamente la sua azione sulla pianta. Partendo da questo concetto, ho ‘voluto tener divise nelle mie osser- vazioni le raccolte fatte in stazioni di tipo diverso, per poter vedere se veramente la stazione si possa considerare come fattore capace di mo- dificare. Al fine ho confrontato osservazioni fatte in diverse stazioni, ma nello ‘stesso periodo di tempo, in modo da eliminare l’ azione della stagione, Noto che il Lupwia non ha tenuto alcun conto della stazione, riunendo fra loro le raccolte fatte nel medesimo giorno, sebbene in luoghi diversi. Ciò, a mio credere, non può favorire una esatta osservazione sulle mo- dificazioni che la stagione esercita, essendo considerati simultaneamente due fattori ed attribuendone il risultato delle variazioni ad uno solo di essi. | ; Le stazioni da me prescelte hanno tutte caratteri ben diversi fra lóro, in modo da rappresentarne i vari tipi. Così, come stazione di tipo me- lofilo si presta una prateria dell’ Orto botanico di Padova, nella quale notai, fra le altre, le seguenti specie: Poa annua, D pratensis , D. tri- vialis, Bromus sterilis, B. mollis, Lolium perenne, L. italicum, Stellaria media, e varie specie di Cerastium, Ranunculus, Veronica, Papaver ete. Come stazione di tipo nemorale scelsi un tratto boschivo dello stesso Orto, caratterizzato da piante di tipo eliofobo, quali Allium ursinum , Aegopodium Podagraria, Anemone nemorosa, A. ranunculoides, Corydalis tuberosa, Galanthus nivalis, Lamium Orvala, Moehringia trinervia, ecc. Come stazione di tipo igrofilo può considerarsi un lembo di formazione pratense, fuori Padova, presso Pontecorvo. In questa località depressa le acque piovane si raccolgono e vi rimangono per lungo tempo, mentre ad aumentare lo stato di umidità contribuisce un canale d’acqua con- tinuo dovuto allo scolo delle acque di una vicina lavanderia. Le specie caratterizzanti questa stazione sono: Nasturtium anphibium, Polygonum e 278 LA VARIAZIONE DELLA BELLIS PRRENNIS f. Persicaria, Saliz alba, Carex vulpina, Ranunculus acer, Cardamine re- pens Matthioli , Equisetum arvense , Myosotis palustris var. strigulosa , Phragmites communis, Mentha aquatica ecc. — Stazione di tipo alofilo è parte del litorale di Fusina, presso Venezia, La brevissima distanza dal mare, che talora non passa il metro, rende il terreno fortemente sa- lato, di modo che la concentrazione del cloruro sodico raggiunge un grado molto alto. In questa stazione ho notato: Statice Limonium, Son- chus maritimus, Beta vulgaris var. maritima. Come stazione di tipo ge- rofilo scelsi un prato elevato di pochi metri dal livello del suolo nei pressi di Este ed un cortile di casa, dove la concentrazione del calore, dovuto alla riflessione delle mura che lo limitano; mantiene il suolo con- tinuamente arido. In complesso ho raccolto 10954 infiorescenze di B. perennis, di cui 3673 nel prato dell’Orto (1905); 2868 nella stessa località (1906); 1895 nel bosco dello stesso Orto; 511 a Pontecorvo; 1009 a Fusina; 792 ad Este e 106 nel cortile di casa. Le raccolte sono state sempre complete, onde in ognuna di esse sì po- tesse vedere sicura l’azione della stagione. Ho voluto mantenere anche una certa regolarità fra una raccolta e l' altra, facendovi frapporre un periodo di tempo quasi sempre uguale. Riassumo qui le varie osservazioni fatte nelle singole raccolte, ripor- tandovi le medie. Queste le hu ottenute dividendo il numero totale delle ligule di un gruppo per il numero di individui dello stesso gruppo. PRATO ORTO BOTANICO. 19 Marzo 1905. Lunghezza del peduneolo 5 a 6 em. Numero di infio- i rescenze raccolte 987. Media 47,6. 26 Marzo 1905. Lunghezza del peduncolo 10 a 15 cm. Diametro del- l’ infiorescenza molto accresciuta in confronto della raccolta precedente. N. 349 (1). Media 51,2. o Con N. intendo dire brevemente Numero di infiorescenze raccolte nel giorno indicato dalla data. ee o fà URS ee RAPE EE y e EE SRO È E EE, En H EC Ce? e E ee E P LS AS A d » dirt Jy U H ZA a s t-* EEN Ek O. TROPEA 279 4 Aprile 1905. Quasi immutati. N. 392. Media 46,7. 16 Aprile 1905. Lunghezza del peduncolo e diametro della infiore- scenza diminuita. N. 945. Media 46. 30 Aprile 1905. Individui stazionari. N. 527. Media 40,6. 25 Giugno 1905. Piccolissimi e di peduncolo assai breve. N. 473. Media ` 42,5. 16 Aprile 1906. Individui piccoli, corti. N. 916. Media 44,6. 28 Aprile 1906. N. 653. Media 39,6. 7 Maggio 1906. Piccoli. N. 498. Media 39,1. 29 Maggio 1906. Più piccoli. N. 801. Media 35,8. BOSCO ORTO BOTANICO. 25 Aprile 1905. Piccolissimi. Diametro dell’infiorescenza circa un cen- timetro. Peduncoli 6 a 7 em. N. 654. Media 348. 21 Maggio 1905. Piccoli, corti. N. 359. Media 40. 7 Maggio 1906. Piccoli, corti. N. 972. Media 35. PONTECORVO. 19 Marzo 1905. Infiorescenze piccole. Peduncolo breve. N. 511. Media 52.8. FUSINA. 22 Maggio 1906. La maggioranza piccoli, a peduncolo cortissimo. N. 1009. Media 46,8. CORTILE DI CASA. 28 Marzo 1906. Infiorescenze grandi con lunghi peduncoli. N. 106. Media 50,8. ESTE. l Aprile 1906. Lunghezza del peduncolo circa 12 em. Diametro del- l'infiorescenza notevolmente grande. N. 792. Media 37,6. 280 LA VARIAZIONE DELLA BELLIS PERENNIS f. Nelle osservazioni precedenti mancano dati riguardanti una possibile azione di modificazioni dovute alla altitudine ed alla natura chimica del suolo, ed io credo che tanto la diversa altitudine che la natura chi- mica del suolo possano agire come fattori modificatori. È da notarsi, nel principio del 1905, per il Prato dell’ Orto botanico, una salita contemporaneamente in tutti i caratteri: crescono in lunghezza i peduncoli, in diametro le infiorescenze. in numero gli individui e le medie raggiungono un massimo dal quale, lentamente e con andamento quasi uniforme, discendono fino a che dura la fioritura. È tutta intera la specie che, pur variando entro limiti più o meno oscillanti, acquista rapidamente tutto il vigore delle sue forze, usufruendo di quanto la na- tura mette a sua disposizione, profittando della luce, del calore, dell'e- sposizione. per giungere al suo massimo grado di sviluppo. A questo periodo succede un affievolimento che si manifesta, come appare evidente dalle note precedenti, nei veri organi presi di mira. È una lotta che la Bellis sostiene con le altre specie vicine: è uno sforzo per poter emer: gere o non farsi sopraffare: e vi riesce fin dove può. Cresce insieme alle altre specie del prato, e si mantiene a livello con esse, ma dove queste assumono uno sviluppo superiore ai limiti della Bellis essa soccombe. E di fatto dove le erbe circostanti raggiungono l'altezza del metro, lì manca la Bellis, poichè vi manca la luce ad essa necessaria e con la luce sente mancarsi o decimarsi le altre condizioni indispensabili per la sua esistenza. Il 1906 è stato un anno molto più ricco di pioggie e cielo quasi sempre coperto, in confronto all'anno precedente, e la Bellis segue an- ch'essa le sorti delle altre specie: la sua fioritura comincia un mese circa più tardi, e termina coi primi di giugno; le infiorescenze sono più piccole, brevi i peduncoli, scarsi gli individui. Tutto, in proporzioni ridotte, segue l'andamento dell'anno precedente, e, da un massimo cui giunge, la vediamo discendere, seguendo una china a livello più basso dell’anno precedente, ma ad essa parallelo. Anche nel Bosco dell'Orto botanico riescono corrispondenti le osservazio- ni. Meno numerosi, più piccoli e bassi che nel prato, i vari individui hanno in confronto un’ apparenza meschina, che si ripete in fatto nelle varie V in Si Au E "ak Li wr toto ? E EE e Y zi Kerg y TAE LN 0 ae at: za È HEN Bais CS dt ETE EN CA 0. TROPEA | 98] osservazioni. Così anche la media che nel prato 1905 ha come minimo 40,6 nel bosco ha come massimo 40, e, pel 1906 mentre nel prato è 39,1, nel bosco è appena 35. Si noti che le due raccolte furono fatte nel medesimo giorno. Il fatto che nel bosco lombra può dirsi quasi continua , la tempera- tura più bassa e il grado di umidità maggiore, anche perchè diminuita la evaporazione dovuta ai raggi solari diretti, farebbe pensare che allo sviluppo maggiore della Lellis corrispondesse un aumento sia nella in- tensità luminosa, sia nella quantità di calore, sia nella secchezza (rela- tiva) dell'ambiente. Certo però che quello che senza dubbio emerge da queste osservazioni è che la stazione ha una forte influenza sulla variazione della specie. La media della Bellis nel bosco è molto vicina a quella trovata dal LupwiG in Germania, cosa che fa pensare che nel bosco si devono ri- produrre, sia pure sotto aspetti diversi, le condizioni di ambiente che dominano nella regione germanica; mentre nel prato ci avviciniamo maggiormente ai dati dell’HeLeurro per la Bellis di Roma. Ora tale differenza, la quale non è dovuta alla regione, giacchè il prato e il bosco distano appena 200 metri tra loro; non è dovuta alla stagione, giacchè le raccolte considerate furono fatte tutte nell’ istesso giorno o quasi; non è dovuta all'anno, poichè essi furono confrontati separatamente, sarà, a quanto mi sembra, dovuto a quelle condizioni proprie di una determinata stazione : differenze forti nel caso si con- fronti un prato completamente scoperto con un bosco del tutto ombroso. Questa variazione, ch'io attribuisco alla stazione, si potrebbe appunto chiamarla variazione stazionale, ed ammetterla come indiscutibile. Altra prova, se non fosse sufficiente ciò che ho esposto, per provare come an- che la stazione sia fattore capace di modificare, si può trovarla nell’esa- minare le osservazioni fatte ad Este, dove la media raggiunge 57,6 su- perando non solo tutte le stazioni del padovano, ma anche quelle di Roma (55), e confrontarle con quelle di Fusina, ove la media è di circa 40 unità inferiore. Diversità o deficienza per Fusina, si nota anche nel diametro delle infiorescenze e nella lunghezza del peduncolo. 19. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 282 LA VARIAZIONE DELLA BELLIS PERENNIS L. * * * X * b. In questa nota preliminare non riporto tutti per esteso i dati giusti- 7 ficativi, ma solo quelli che bastano a portare qualche conclusione di fatto. Del resto io eredo che nessuno si prenderebbe la briga di verifi- care caleoli che mi sono costati mesi di fatiche, nè li reputo importanti ;; da nessun altro punto di vista, giacchè se è questione di fiducia il cre- dere a molte pagine di numeri, non è certo una soluzione quella di farne sfoggio con inutile prolissità del lavoro e con minore chiarezza e sem- plicità per quanto riguarda le idee fondamentali. Nè io riporterò a suo tempo le tavole numeriche, bensì i soli poligoni empirici di frequenza, costruiti dai dati ricavati, ridotti tutti a 100. In tal modo riescono fa- cilmente confrontabili e interpretano questi fenomeni di variazione nel EC senso lato della parola e non ristrettamente, come taluno ha già fatto. Er: È l'insieme del fenomeno che a noi deve interessare e non i minimi D dettagli. Questi in se stessi non avrebbero aleun interesse, per quanto 3 si vogliano centuplicare le varie osservazioni. Io credo che il voler at- tribuire ad ogni singolo dato un’ importanza propria voglia tradire, o almeno modificare, il concetto che bisognerebbe avere di un fatto che ES nulla presenta di categorico, ma tutto di relativo: è il complesso di questi punti che dà una immagine, un concetto, nel nostro caso, e s questo solo ha vera importanza. Ecco perchè ho trascurato di traseri- vere i numerosissimi dati numerici. Dalle osservazioni già descritte si traggono le seguenti conclusioni: 1.* E necessario il separare le osservazioni fatte in stazioni diverse, SÌ quando si voglia decifrare l'azione dalla stazione. | MON Lp Sem 2.* La stazione influisce sulla variazione della Bellis perennis nel nu- : mero delle sue ligule, come nella lunghezza del peduneolo e nel dia- : E metro delle infiorescenze. Le stazioni asciutte ed esposte al sole favori- A scono un maggiore sviluppo, mentre quelle umide ed ombrate tengono la pianta in proporzioni minori e dànno ad essa un numero di ligule E minore. Mentre la media per Este è di circa 57, per Fusina è 46,8. 3.* La stagione provoca in principio un aumento nello sviluppo, fino a raggiungere un massimo, dal quale poi discende. Questo aumento nel TERGUM us ESAME T Leo, LI FI LESS E Mr am td C. TROPEA 283 numero di ligule si osserva in tutte le stazioni ed è proprio dovuto esclusivamente alla stagione. Ec 4^ Ogni stazione ha un andamento suo proprio e fisso, nella relati- | vità dei suoi singoli elementi: la stagione non fa ehe spostare questo complesso senza però indurvi alcuna ‘modificazione veramente notevole. äs L'anno è anch'esso un fattore capace di modificare: le cause risie- dono specialmente nelle somme e nella distribuzione delle piogge, nelle medie di temperatura ece. 6.» La regione influisce anch'essa e con maggiore uniformità, essendo essa il risultato di vari fattori, tutti diversi da regione a regione, ma di uno stesso tipo per le medesime. Cosi la media trovata da me per Padova rappresenta una media fra la Germania e l’Italia centrale, anzi si avvicina più a quella che a questa, giacchè il complesso di condi- l zioni di vita ricordano piuttosto la Germania meridionale. ES In questi ultimi giorni ho potuto fare alcune osservazioni per le va- | * riazioni della B. perennis in Sicilia e propriamente nella tenuta reale e « La Favorita » presso Palermo. Questa stazione eui ha dato finora una media di cirea 65, supera quella dell'H&reUuERO per Roma di circa 10, confermando in tal modo quanto sia vero come la regione possa in- ES durre modificazioni, Feltre, Giugno 1907. Dorrog CALCEDONIO TROPEA SU ALCUNI CASI DI ETEROMERICARPIA. Durante una delle escursioni fatte nella tenuta reale Za Favorita, presso Palermo, ho notato come i meriearpi della Thapsia garganica L. si presentano con due diversi adattamenti : gli uni appiattiti, più grandi e leggeri, forniti di due ali laterali molto espanse, gli altri più piccoli, ma più arrotondati, sprovvisti completamente di ali. È questo un fatto del quale non ho trovato notizia negli Autori. Ho consultato a questo proposito le opere di Bentham ed Hooker; Bertoloni; Cesati, Passerini ‘e Gibelli; Gussone; Boissier; Willkomm e Lange; Fiori e Paoletti ; En- dlicher; Baillon; Engler e Prantl; Desfontaines; Parlatore. Nei vari lavori sull’eteromericarpia, quali quelli di Battandier (^), Ni- cotra (°), Huth (°), ed in quello primo e fondamentale del Delpino (5); non ho trovato aleun cenno in proposito. Evidentemente la Zhapsia ha meriearpi che per la loro forma pos- sono adattarsi alla disseminazione £z loco ed a quella longinqua; giae- ché se il vento facilmente può trasportare quelli alati a considerevoli distanze, non riesce a spostare di molto quelli sprovvisti di ali. I primi per la loro forma schiacciata, per la disposizione e lo sviluppo simme- trico delle ali hanno tutti i requisiti per poter essere trasportati dall’aria, anche tenendo conto che la grande superficie e la leggerezza di essi è tale da far divenire considerevole l’attrito con l’aria; i secondi, invece, per la loro forma affusolata, allungata, ma equidimensionale negli altri (1) BATTANDIER M. A., Sur quelques cas d'héteromorphisme, in Bull. Soc. Bot. de France, 1883. Tomo XXX, pag. 241 C) NicorRA L., Eterocarpia ed KE? in Bull. Soc. bot. it. 1898, pag. 213-216. . Ip. In, Della Eterocarpia, segnatamente nelle sinanteree. Sassari, 1899. (3) Hora E., Ueber geokarpe, amphikarpe Pflanzen. Berlin 0. lb., Heteromericarpie und ähnliche Erscheinungen de Fruchtbildung. Ber- lin, 1895. is DeLPINO, Eterocarpia ed eteromericarpia nelle ADORA, Bologna, DH XA SU ALCUNI CASI DI ETEROMERICARPIA 285 due sensi, sfuggono facilmente all’attrito, nè il vento stesso può allon- tanarli di molto, ond’essi sono obbligati a cadere in prossimità della pianta, provvedendo in tal modo alla disseminazione #2 loco. Un analogo comportamento hanno i mericarpi della Zhapsia villosa L. che ho potuto osservare negli Erbarii del R. Orto botanico di Palermo. Anche di questa speeie nulla dieono gli Autori preeitati. Una eteromericarpia del medesimo tipo, ma a caratteri ancora più spic- cati, si nota nell Zlaeoselinwm Asclepium Bert. I mericarpi alati hanno una superficie complessiva che supera di circa 7 volte quella degli altri sprovvisti di ali. LE meoides ha mericarpì ora con quattro ali, ora con due, ora del tutto privi. Ben più accentuate differenze nei mericarpî si notano. nel Zaserpi- tium thapsioides Desf. e nel Z. gallicum (8. angustifolium. Nel primo di essi si hanno meriearpt con ali che raggiungono uno sviluppo asso- lutamente grande, non solo in larghezza, ma in lunghezza, tanto che a prima vista il mericarpio sembra trasformato in una unica ala di con- torno ovale, espansa, mentre quelli sprovvisti di ali sono più piccoli; nel secondo invece si hanno mericarpî che subiscono variazioni, non soltanto nel numero delle ali, ma anche nel loro sviluppo. Così mentre si hanno meriearpi con quattro ali espanse ve ne sono anche con tre, ovvero con quattro quasi atrofizzate, od anche assolutamente privi di ali. In tutti questi casi vi sono talora termini di passaggio: ali più o meno sviluppate, talora largamente espanse, talora semiatrofizzate, talora com- pletamente sparite. Solo nel Laserpitium Siler L. che ho potuto vedere nell'Erbario del R. Orto botanico di Padova, vi sono mericarpî o con quattro ali, due laterali e due dorsali, perfettamente sviluppate, ovvero privi. Questi vari casi ho potuto osservarli non soltanto nei singoli in- dividui, ma anche, sebbene di raro, ho trovato ‘individui con meriearpi privi tutti di ali ed altri invece provvisti. Essi quindi rientrano anche nell'eterocarpia, presentando così un interesse maggiore. La analogia anche in questo fra i generi Thapsia , Elaeoselinum e Laserpitium, conferma ancora la affinità già desumibile da altri carat- teri e ben riconosciuta dagli Autori, Giugno, 1907, RASSEGNE Rieur How. Lopn AveBuRry — Notes on the Life History of British Flowering Plants; London, Macmillan and Co., 1905. Nell’introduzione alla classica sua opera « Over de Bevruchting der Bloe- men etc. », il ch. prof. J. Mae Leod dell'Università di Gand, parlando della ` «Flora von Stuttgart » del prof. O. Kirchner, in cui oltre alla descrizione ` comune delle piante è per ciascuna specie riferito il processo della fecon- apu si augurava che un tale esempio venisse imitato in tutte le Flore. davvero sorprendente — egli continua — che anche nelle flore migliori Teri passati sotto silenzio dei particolari biologici importanti (quali l'eterostilia, il trimorfismo dei fiori, ecc), mentre il contorno della foglia ad esempio, ed altri caratteri i quali meritano relativamente scarso inte- resse scientifico e di più sono in molti casi variabili, sono descritti nei ` minimi particolari. (1). » uesto pensiero mi venne spontaneo trascorrendo le pagine del magni- fico volume di Lord Avebury, l'illustre e geniale autore di tante opere . diverse nei diversi rami della storia naturale. E avere l'aridità — ine- vitabile del resto — delle flore propriamente dette, e senza averne sempre. le qualità esclusive, questo libro a Lag di ini notizie biologiche con speciale referenza ai rapporti tra i fiori e gli insetti. Sowerby, Bentham, Hooker Ce ed altri hanno lasciato buoni ed eccellenti manuali per la determinazione delle piante inglesi, ma in gran parte essi si limitano a fornire ragguagli tecnici ed altri particolari che ` " valgano a porre gli studiosi in grado di distinguere una specie dall'altra. L'autore, come dice nella prefazione, ha cereato di « supplement the various excellent flora’s,... describe points of interest in the life-history of british plants....... explain as far as possible che reasons for the structure, form and colour, and..... suggest some of the innumerable problems which still remain for solution ». n mi pare che questo libro abbia avuto l'onore d'una recensione in qualcuno dei nostri maggiori giornali botanici; ad ogni modo esso merita di venire Td all attenzione di quanti si interessano alla biologia KONZ Gë LESCH D? Ge 1 m be ge Leg Oe ) .vegetale ed a quella fiorale in particolare, chè se le piante trattate sono britanniche, molti dei fenomeni descritti si ues inalterati o con piü 'elim Il volume di 450. pagine, in 8., è ricco di es nitide illustrazioni inter- calate nel testo, parecchie delle quali sono tolte dai migliori autori A Spencer, Muller, Darwin, Hildebrand, Bentham, Sachs, Knuth, ecc.) piccolo glossario, er EE è dato un muri cenno su l’origine della flora inglese ed in cinque paragrafi sono esaminati, da un punto di vista puramente biologico, il fiore e le foglie, i frutti e i semi, il fusto e gli organi dei sensi. Un risultato — dice l’autore — che con crescente evi- denza salta fuori dalle recenti ricerche è quello della grande importanza della variabilità, e desta perciò sempre piu sorpresa come gli antichi bota- nici abbiano potuto considerare le specie come fisse ed invariabili. Nessuna X parte della Botanica è forse più interessante di quella che studia gli adat- tamenti delle piante alle condizioni esterne, ed in molti casi le ragioni t nita differenza che le foglie presentano nelle loro dimensioni, nella forma, nella struttura, per l'aspetto e colorazione dei frutti e dei semi esistono ragioni buone e sufficienti, la natura ci parrà dotata di nuova vita e con maggior diritto degna del nostro amore, della nostra ammirazione, della nostra devozione L’ordine adottato nella trattazione delle specie è quello tenuto dal d -Bentham nel suo « Handbook of British rich », passando dalle Dicotiledoni . alle Conifere e da queste alle Monocotiledon Terminerò questi brevi cenni, non pari apu UR al merito e libro. aggiungendo che esso si legge con gran diletto, scritto com'è con uno stile facile e piano, ed augurando che presto la nostra letteratura botanica abbia ad arricchirsi di un’opera fatta con i medesimi intendiment Dot. LUIGI SCOTTI. DE led Jos. VeLeNovsey — Vergleichende Morphologie der Pflanzen I. Theil 1905; II. Theil 1907 (Prag, Fr. Rivnàc;-731 pag. 8% A mit 500 Texfiguren und 5 Tafeln). originali ed interessanti dell'autore, ben noto per i suoi numerosi lavori nel eampo della Morfologia e Teratologia vegetale. Anche le numerose - figure, nitide ed istruttive, che accompagnano il testo, sono in gran parte ` tolte da disegni originali dell’autore, ovvero riprodotte da varie opere di di altri scrittori. Riesce paticolarmente interessante l'introduzione, nella quale l'autore discute i limiti della Morfologia ed i rapporti che corrono fra ` questo e gli altri rami della nostra scienza; parla della importanza rela- tiva della struttura anatomica e dell'organogenia; del significato delle mo- struosità per la Morfologia generale, ecc. Sono trattate, colla competenza ` che distingue l’autore, le quistioni dell’analogia ed omologia degli organi, E: del progresso o della riduzione nella metamorfosi, e l'importanza degli. studi di Morfologia comparata nei problemi di sistematica e filogenia ` I Tallofiti sono trattati piuttosto brevemente in confronto cogli altri — Gruppi, cioè in sole 40 pagine, mentre l’autore si ferma con preferenza — sulla Morfologia dei Briofiti e Pteridofiti. vi prima da C. H. Schultz e Gaudichaud, e più tardi strenuamente difesa dal ` nostro Delpino, che l’asse dei Cormofiti è formato soltanto dalla saldatura . delle basi dei fillomi (Anafiti di Schultz, Fiton di Gaudichaud, Fillopodii di ` Delpino); e tutta l'esposizione della struttura del cauloma, della Fillotassi, ecc. i porta l'impronta di queste vedute particolari, per le quali sono date molte ` e buone ragioni. La distribuzione della materia (Germinazione — Radice ` — Fillomi — Articolazione del Cauloma e Fillotassi — Cauloma — Tri- comi) rende facile l'orientamento ; e tutto il resto è ricco di fatti e di con- — siderazioni interessanti, in modo che il trattato riesce istruttivo ed utile anche per chi non dividesse le vedute personali dell’ Autore. Dagli Erbarii della Biblioteca Angelica Dalle postille e note e dal Catalogo dell Erbario B manoscritte di Gherardo Cibe | ferae fo 2 e x Ind fep fif: foe Ant esit Ped gd EUR. caeca eege ab SE ch E e J- gi y 3 $ Poet CA n. Ps : Cauda undi, ERE. ooo "MALPIGHIA, Vol. XXI. | | Ti IL Ld SE Si sg £35 D Eë EN XY Es A - ee: I Ae PREMIATO STAB. LA SICILIA -MESSINA ck e Së ` i Marina dovranno essere Si accetta io con altre pubb SOMMARIO. ed 0. PENZ ii conservati nella hiovenda (Tav. MALPIGHIA ` RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA REDATTA DA O. PENZIG Prof. all’ Università di Genova ANO XXEIG ve (con Tav. I-IV) |. MARCELLO MALPIGHI 1625-1694. OMEN s Pai ORROA: SE est ye TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO Le specie italiane del genere “ Cephalozia „ Dmrt. emend. MONOGRAFIA DEL Dorr. C MASSALONGO La nota monografia del genere Cephalozia Dmrt., edita dal celebre R. Spruce data dal 1882; da quell'epoca in poi nella flora del nostro continente, ma particolarmente in quella esotica, numerose altre specie di questo genere vennero scoperte, le quali oltrechè contribuire ad una .8ua più completa conoscenza ed illustrazione, nonchè arrecare nuovi ed importanti elementi fitogeografici circa l’area distributiva dello stesso, resero necessaria qualche modifica ai suoi caratteri diagnostici e di con- seguenza alla sua delimitazione. Lo Spruce divideva il genere che ci occupa in otto sezioni, o sottogeneri, dei quali gli uni (cioè: P/erop- siella Sp., Protocephalozia Sp., Zoopsis [Hook.], Alobiella Sp., e Lem- -bidium [Mitt.]) si riferiscono a specie esotiche, mentre gli altri (cioé: Eucephalozia Sp., Cephaloziella Sp., Odontoschisma [Dmrt.]), compren- dono entità predominantemente almeno europee. Come ben si vede lo Spruce mentre da un lato riduceva dei generi proposti dall'Hooker fil., Mittenius e Du Mortier a semplici sottogeneri, di questi dall'altro ne stabiliva dei nuovi, i quali ultimi per contrapposto venivano da epato- logi posteriori elevati al grado generico, sebbene nel far ciò si abbia | forse troppo esagerata l'importanza di taluni caratteri. In appendice alla predetta monografia rinvengonsi illustrati ancora diversi altri generi af- fini a Cephalozia, che sono in parte affatto nuovi, cioè il genere Hygro- biella Sp., Pleuroclada Sp., Anthelia Dmrt., Arachniopsis Sp., Blepha- rostoma Dmrt., Mytilopsis Sp. Nella presente monografia che tratta delle Cephalozia europee ed in particolare delle specie finora note nel dominio della Flora Italica, abbiamo creduto opportuno di seostarei non poco dalla circoscrizione adottata dallo Spruce, e da altri epatologi, ammet- 20. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 290 C MASSALONGO tendo per il genere, in quanto però si riferisce alle entità nostrali, le sottogeneriche divisioni seguenti, vale a dire: Eucephalozia Sp., emend., Nowellia [Mitt.], Pleuroclada [Sp.], Cephaloziella Sp. (incluso Prionolo- bus Sp.) ed Hygrobiella [Spr.]. Così circoscritto in base essenzialmente a caratteri fra i più importanti tratti dagli organi riproduttori, più spic- cate ne risultano le sue differenze rispetto ad altri generi affini; in ri- guardo alla sua divisione negli or menzionati sottogeneri ci siamo valsi invece di caratteri di valore tassonomico secondario, quali sono quelli desunti più specialmente dall'apparato vegetativo del gamofita. Le specie europee di Cephalozia avuto riguardo alle stazioni dove si incontrano, si palesano per la massima parte mesofile od igrofile, più di raro invece sono xerofile e solo eccezionalmente idrofile. Quelle di quest'ultima categoria ed in minor grado le igrofile presentano d'ordi- nario fusti più o meno allungati e forniti di foglie relativamente grandi, spesso lasse, nonché subspianate onde favorire la traspirazione. Per con- trario formano di solito cespugli o pulvini sovente compatti, le specie me- sofile e massime le xerofile, inoltre i loro fusti sono di norma poco al- lungati e portano foglie imbricate e sovente ancora concave, vale a dire mostrano degli adattamenti intesi a trattenere per capillarità l’acqua e quella di cui sono imbevuti i loro tessuti, od almeno a diminuire e re- . golare la traspirazione. In molte xerofile e mesofile, per di più, allo scopo di poter utilizzare l’acqua di strati relativamente profondi del suolo, allorquando quella della sua superficie sia già stata evaporata , troviamo alle volte degli stoloni rizomatoidei radicelliferi i quali più o meno si affondano nel terreno. In talune altre specie, la colesula è formata dalla base fino oltre la metà di sua lunghezza di due 0 tre strati di cellule; questa particolarità che rende possibile l’ accumularsi per imbibizione di una maggior quantità di acqua attorno dello sporo- gonio, rivelasi caratteristica di quelle specie (p. e. C. pleniceps, C. sym- bolica) che prediligono appunto luoghi poco umidi, nei quali perciò l'evoluzione del giovane sporogonio, senza la predetta condizione, per | . insufficienza d’acqua verrebbe compromessa od almeno ostacolata. L'uno o l’altro od insieme associati i surriferiti adattamenti a stazioni dove l’acqua scarseggia riseontransi ad esempio nelle specie, per lo più me sofile seguenti cioè: C. pleniceps, C. symbolica , C. albescens , C. bicu- spidata v. conferta. Va però notato che di raro le specie di Cephalozia sono assolutamente esclusive di una determinata località nella quale la quantità di acqua disponibile cioè sia pressochè costante, poichè a tale riguardo queste sporofite essendo spesso capaci di accomodarsi a l'una o l'altra delle dianzi ricordate stazioni, od almeno offrenti condizioni intermedie a due di esse, possono secondo i casi, sebbene tipicamente p. €. xerofile adattarsi a condurre vita xero-mesofila, oppure se mesofile rispettivamente meso-xerofila ed anche meso-igrofila. Devo inoltre rile- vare che in qualche speeie assai polimorfa e che presenta perció diverse forme o varietà, la caratteristica di queste ultime è in generale l'espres- sione e la conseguenza di cangiate condizioni dell'ambiente. Di ciò se n'ba, a mio credere, un esempio nella C. bicuspidata la quale, nella sua varietà vulgaris rivelasi igrofila, mentre è mesofila la v. Zammersiana, ed invece subxerofila la v. conferta, in maniera analoga si comporta la C. symbolica, mesofila nella forma tipica, per contrario igrofila la sua var. sphagnorum. Da quanto abbiamo riferito risulta adunque manifesto che la esigenza delle specie e forme di Cephalozia , in riguardo alla quantità d’acqua o di umidità offerta dalle stazioni preferite, non è sempre la stessa, potendo, entro certi limiti, differire non solo a seconda delle diverse entità, ma talvolta ancora per una medesima specie o sue varietà. Tenendo conto di ciò le Cephalozia sinora riscontrate nel domi- nio della Flora Italica, potrebbero in relazione alla anzidetta esigenza, ' predominantemente od approssimativamente almeno riferirsi alle catego- ‘orie seguenti vale a dire: I. Specie xerofile: C. 5yssacea, C. myriantha (però anche mesofila). IL. ^» mesofile: C. bicuspidata var. Lammersiana, C. pleniceps, C. symbolica et var. pallida, C. serriflora, C. curvifolia, C. al- bescens (anche igrofila), C. Francisci (anche igrofila), C. am- bigua, C. byssacea var. grimsulana, C. divaricata, C. patula, C. leucantha, C. rubella, C. Baumgarineri, C. stellulifera , C. Raddiana, C. Massalongi, C. dentata, C. Turneri, C. Co- lumbae? , C. phyllacantha. ` 292 C. MASSALONGO III. >» meso-igrofile: C. bicuspidata p. m. p., C. Bryhnii. IV. » igrofile: C. symbolica v. sphagnorum, C. connivens, C. lawi- folia, C. myriocarpa, C. erosa. In quanto ha attinenza al substrato, se si eccettua la var. aquatica della C. bicuspidata (varietà sinora non indicata nel nostro paese) ehe vive, come sembra, nell'aequa, tutte le altre entità del genere, abitual- mente si rinvengono sopra substrati solidi tanto inorganici che più o meno organici. Talune specie crescono almeno di preferenza sulle rupi calcaree quasi nude (C. Bawmgartneri) ma la gran parte di esse si trova , fra i muschi od altre epatiche sulla terra, più di rado su quella denudata; non poche con tendenze saprofile od umicole vivono sul terriccio molto ricco di sostanze organiche, sui detriti vegetali, sugli sfagni (C. conni- vens, C. symbolica var. sphagnorum) o sopra i legni marci (C. curvifolia, C. symbolica v. pallida , C. serriflora, C. Raddiana, C. leucantha). Ad ogni modo queste crittogame esplicano nella scelta del substrato, di so- lito, una preferenza, ch'è solo più o meno marcata a seconda delle specie, inquantochè è assai probabile che tale scelta dipenda piuttosto dalle pro- prietà fisiche (compattezza, porosità, potere assorbente, igroscopicità) che non dalla natura chimica di detto substrato. Il materiale utilizzato in questa monografia si trova, per la massima parte, nel mio erbario, il quale oltrechè le epatiche da me raccolte in quest'ultimi trent'anni, contiene ancora quelle, e sono numerosissime , | che ebbi in dono o cambio da botanici connazionali, fra i quali mi è grato di menzionare particolarmente il venerando. Ab. A. Carestia , il Dott. E. Lévier e Dott. S. Sommier, i Professori G. Arcangeli , E. Bar- sali, A. Béguinot, U. Martelli, C. Rossetti, P. A. Saccardo, C. Spegaz zini, G. Zodda. Per la verifica di molte specie rare o critiche fui inoltre coadiuvato dall'esame che ho potuto fare di esemplari originali ì quali cortesemente furono messi a mia disposizione da vari illustri botanici . ed epatologi. Cosi a mezzo del ch. Prof. P. Baccarini mi fu dato di con- trollare non pochi originali dell'erbario Raddi; pareechie altre specie ot- tenni dai Professori H. Arnell, C. Douin, B. Kaalaas, C. Müller, V. Schif- fner, nonchè dal notissimo epatologo di Manchester signor W. Pearson. ` LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 293 Segnalati servigi a tale riguardo ebbi ancora dalt’illustre prof. C. Warn- stort, il quale, con una liberalità senza pari, mi inviava per esame tutti gli originali delle sue specie, non solo di questo, ma eziandio di altri generi da lui descritte nella sua opera « Leber -,u. Torfmoose Mark Brandenburg ». A tutti questi colleghi, botanici o specialisti, per il va- lido aiuto che in varia maniera vollero prestarmi esprimo qui pubbli- ‘camente i miei più vivi ringraziamenti. Tregnago, Ottobre 1907. CEPHALOZIA Dmrt. Recueil d'Obs.:I Rev. Gen. p. 18 (1835) emend.; Spruce On Cephalozia (1882) subgen. Eucephalozia et Cephaloziella. — Nomellia Mitt. in Godman's Hist. Nat. Acores (1870). — Zrigonanthus Spruce Trans. Bot. Edinb. (1849). — Pleuroclada et Hygrobiella Spruce On Cephal. (1882). Caulis radieans saepe fureato-ramosus, haud raro flagella rhizoma- toidea edens, ramis vulgo posticis hoc est e ventre caulis egredientibus, rarius lateralibus. Folia succuba, oblique vel fere subtranverse inserta , plus minus profunde biloba vel bifida (interdum bidentata), lobis saepe earinato-conduplicatis, integris, crenatis, dentatis aut serratis; cellulae polygonae 5-50 p. in diam. Zoliola varie evoluta sed in ramis sterilibus plerumque nulla. Flores monoici vel dioici. /n/. Q acrogena aut clado- gena. Perichaetium vulgo gemmaceum, bracteae foliis majores, pro more tristichae, 2-3-jugae, varie divisae, intimae inter se et cum Óracteola subconformi, persaepe, saltem ad basin, concretae. Colesula prismatico- | trigona vel longitudinaliter 3-6-plieata. (aut earinata), superne magis minus contraeta, ore dentato, truncato-crenulato, aut setuloso vel ci- liato. Capsula ovalis usque ad basin in valvas quatuor dehiscens, ela- -teres decidui, utrinque attenuati, bispiri. Perigonia spicata, plurijuga vel hypogyna, adsurgenti- secunda, biloba, varie eoncava aut cucullata et ad basin anticam denticulo inflexo aucta; antheridea vulgo solitaria pedicellata. — Plantae statura valde variabiles, saepe minutissimae. P i NND Ee Sot yy 294 E N DZ C. MASSALONGO Conspectus synopticus specierum. Folia ad medium biloba, lobis e basi subtriangulari elongato- sublinearibus, incurvis, et inferne ad latus ventrale cucullato- concava; infl. 9 cladogena « planta speciosa » (subgen. o- mellia). ; : C. curvifolia. Folia ad infin vel tertiam trim biloba, lobis ovato-lan- eeolatis, rarissime bidentata aut sub- bipartita , et basi ven- trale haud cucullato-concava . : . 3 ; i à 2. Folia vulgo diametro eaulis latiora et a cellulis. 20-45 p. in diam. contexta; plantae statura variabili, raro pusillae. ES Folia vulgo diametro eaulis adaequantia vel parum latiora et a cellulis 10-18, raro 20 p. in diam. contexta ; plantae minu- tissimae interdum nudo oculo fere vix conspicuae i i 4. . Foliola in ramis sterilibus pro more nulla vel evanida, raris- sime evoluta, qua vice folia solum bidentata aut ad tertiam partem biloba sunt sed haud cucullato-concava; rami caulis œ ventrales. Inflor. 9 plerumque cladogena (subgen. Zucepha- lozia) i 5. Foliola etiam in ramis storilibus semper Ges sadi: ot fere dimidiam magnitudinem foliorum adaequantia. Folia cucul- lato-concava. Rami caulis laterales; inflor. Q aerogena (sub- gen. Pleuroclada) |. ~. RTLA + C. albescens. . Caulis radicans vix basi rhizomatoideus, subaequaliter folio- sus; foliola si adsunt semper minutissima sed in ramis steri- libus vulgo evanida nullave. Bracteae intimae ad latus ven- trale cum bracteola plus minus alte coneretae (subgen. Cepha- loziella) . 14. Caulis Hedicitis CH dostiéutus ui PRA spy superne laxe foliosus; foliola omnino nulla vel si manifesta foliis subduplo aut parum minora. Bracteae intimae liberae üben Harold su ui de SR Ge so | LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 295 Folia antice in eaulem haud deeurrentia, ad medium vel ad tertiam partem biloba, lobis raro ineurvo-eonniventibus (cellulae fol. 20-40 p. in diam.) . 6. Folia antiee in eaulem dad Ni ad arti SEN vel vix ad medium biloba, lobis, pro more, incurvo-conniven- tibus ; : i : : ; : ; ; r iii Cellulae foliorum utplurimum 20 p. aut vix usque ad 25 p. in diam.; plantae minutae . . 7. Cellulae fol. 28-40 p. in diam.; Piece statura E ul satis robustae, raro fere minutae . : à i : e, Folia ovata, cochleari-concava ad tertiam partem biloba, lobis acutis rarius obtusiusculis, magis minus incurvis. Foliola mi- nuta hie illie manifesta, saepe tamen nulla (planta habitu subgen. Cephaloziellae); colesula prismatiea ore truneato vix crenulato . C. ambigua. Folia ovata concava ad Sii = iu SE solum . bidentata, dentibus incurvis, obtusis raro acutatis. Foliola parva ubique manifesta; colesula apicem versus 4-6-plicato-angulata, ore subdentieulato Žž . ; ; : 2 : C. Francisci. Colesula, ima basi excepta, e cellulis unistratis formata; folia ad medium biloba, lobis ovato-lanceolatis, acuminatisve SN Colesula e medio ad basin cellulis 2-3-stratis formata; folia vix ad medium bilóba, lobis ovato-subtriangularibus, acutis vel sub-obtusiusculis a saepe incurvis > > C. pleniceps. Infl. monoica; colesula in ramulo, pro more, brevi hoc est cla- dogena; foliola ad f. 9 plus minus manifesta . C. bicuspidata. Infl. vulgo dioica; colesula saepius ad apicem ramorum elon- gatorum , scilicet acrogena ; foliola ad fL 9 et etiam cf fre- Quentiora: ie RR s C. bicuspidata v. Lammersiana. 296 C. MASSALONGO 10. Braeteae intimae bi-trifidae, lobis ovato-lanceolatis, subacu- minatis; ore eolesulae breviter dentato vel setuloso 1 Gora 4° — Bracteae intimae subpalmato-, aut bisbifidae, segmentis subli- neari-lanceolatis; ore colesulae lacero-longe-ciliato (cellulls fol. 3045 p. in diam.) _. . En ca b e C. connivens. m c m . Folia pallide-viridia, lobis bractearum intimarum vix ad basin 1-2-dentatis d i i š í ` ; E — Folia sabes odis lobis bractearum intimarum, serrato- dentatis, subspinulosis (planta lignieola) . i . C. serriflora. do Colesula e basi ad medium subeylindracea et a cellulis 2-3- stratis formata, apicem versus obtuse-trigona . i Acc i — Colesula, ima basi excepta, a cellulis unistratis Ke et fere tota longitudine obtuse-trigona; cellulis fol. 22-25 ». in diam. (planta pusilla) . : vy ae. symboliea v. pallida. . I Ivi . Caule SEA 3-5-cent. longo; foliis vulgo remotis a cellulis leptodermicis 35-45 p. in diam. contextis (planta laxe inter sphagna irrepente) . 3 : C. symboliea v. sphagnorum. — Caule 1-2 cent. longo; foliis subimbricatis et a cellulis sublep- todermicis 22-28 p. in diam. contextis (planta statura medio- eri saepius caespitosa) ^. — D NET .- . €. symbolica. 14- Folia subbipartita (lobis margine crenulatis et saepe ad basin etiam dentatis; cellulis pachydermicis 10-14 p. in diam., cuti- eula plus minus papillosa) QC : C. Massalongi. Se Pola modem biloba (92 019 Vo Un. 15. l5. Lobi foliorum margine aeute-dentato, subserrato , : 7.40, — Lobi fol. margine integro, erenato, raro dente uno altero eg dito . Folia dorso haud echinata `, ; , potu o Kei D LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 297 — Folia dorso plus minus celluloso-echinata ; j ? ko 17. Foliola manifesta . ^ : j 6 ; b i Ke PLA — Foliola nulla . i i 4 è : ; . . €. Turneri. 18. Cellulae foliorum polsgonao, subleptodermicae 16-20 p. in diam.; cuticula levis |. È ; . +. . €. dentata. — Cellulae fol. subrotundo- sen CREA 10-14 p. in diam.; cuticula papillosa . ae €. Columbae ex p. . 19. Cutieula foliorum leviuscula, eorumdem lobis ae braetearum acuminatis, spinoso-dentatis. — . š 5 C. phyllacantha. — Cuticula fol. papillosa, eorumdem lobis ac bractearum acutis, dentalis 4. 07 È a j i C. Columbae ex p. . 20. Inflorescentia dioica . ; i à e i ge hi .— Inflor. monoica. . : ; ì È í : : : 25. 21. Foliola etiam in ramis sterilibus plus minus evoluta . Dean — Foliola in ramis sterilibus nulla vel evanida, solum ad infl. 2 semper manifesta ` : : 7 i EE E 22. Caulis 12-15 mill. longus; foliis dissitis, subobovatis, conca- ` viusculis, bilobis, lobis vulgo obtusis; bracteae intimae lobatae, lobis minute denticulatis . . €. byssacea v. grimsulana. ` . — Caulis 45 mill. longus; foliis obovato-quadratis, bilobis, lobis . vulgo acutis; bracteae intimae bilobatae , lobis spinuloso-den- tatis et saepe ad marginem decoloratis .. — . | . C. byssacea. . 93. Folia oblique inserta, eorumdem lobis subinaequalibus, late | subulatis, interdum incurvis; infl. 9 vulgo eladogena in ra- mulo brevissimo; bracteae interiores eximie ampliatae bi-tri- fidae, segmentis breviter acuminatis, eolesula albida C. leucantha. S- v Folia fere transverse inserta, eorumdem lobis. subaequalibus, 298 C. MASSALONGO ovato-lanceolatis, subcomplicatis vel divergentibus; infl. 9 fere semper acrogena, bracteae interiores bi-,trifidae, segmentis sub- lanceolato-acutis, eolesula apicem versus saepe decolorata >. 24. 24. Bracteae intimae ad basin inter se et cum bracteola connatae, earumdem lobis vix repando-dentatis . : : C. divaricata. — Bracteae intimae antice et postice (interposita bracteola) fere ad medium in urceolum 5-6 lobatum connatae, lobis acutis in- tegris — . , i ; i š ; : à . €. patula. 25. Inflorescentia autoica ` s È : " i : PARE — Infloresc, paroica . i : à ; ; à " sr E 26. Lobi saltem foliorum superiorum sparse crenati vel eroso-den- tati . Si: Mera) o) , ; AR , — Lobi fol. nei Uu c M MET e e 27. Cellulae foliorum leptodermicae, polygonales 15-18 n. in diam., cuticula leviuscula `. i e : C. erosa. — Cellulae fol. pachydermieae , aa 10-14 p. in diam., cuticula verrucosa . x S 2 : €. Columbae ex p. 28. Bracteae intimae antice et postice vulgo fere ad medium inter se et cum braeteola in excipulum calyeiforme lobatum , con- crescentes , lobis saepe subrotundato-obtusis, crenato-dentatis integrisve . . sioh €. Bryhnii. — Bracteae intimae SH ad Va du vel utrinque inter se connatae, earumdem lobis acutis 29.. Braeteae intimae utrinque basi connatae, earumdem lobis ser- rulato-dentatis . . d . . €. rubella’ — Bracteae intimae antice lin TRS inter se osi me- diante) ad basin sci a earumdem lobis integris repan- mete EE ue, €. Baumgartneri. — EE ee : RN PH Pon E c y dita FERA LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 299 30. Caulis 3-10 mill. longus, colesola oblonga superne contraeta et vulgo decolorato-hyalina . i a) E — Caulis 1-1,5 mill. longus, colesula ZS i ore Se crenulato (lobi foliorum margine suberenulato interdum hie illic subdentato, cellulae quadrato-polygonae , subpachyder- mae) . : E i e ; ; C. Raddiana. 31. Caulis 3-5 mill. longus; cellulae fol. subpachydermicae 12-15 u. in diam.; lobi bractearum serrulato-denticulati ©. myriantha. — Caulis 8-10 mill. longus; cellulae foliorum subleptodermicae 14-17 p. in diam.; lobi bractearum repandi vel denticulati in- terdum ad marginem decolorati . . +» ‘+ €. stellulifera. 32. Foliola nulla; folia subquadrato-ovata ad medium biloba, lobis conduplicatis, antico parumper minore, cellulae polygonae 10-12 » in diam.; colesula ovalis e dorso subcom pressa ©. myriocarpa. — Foliola foliis parum minora; folia dissita ovato-oblonga ad ter- tiam partem plerumque biloba, lobis carinato-eomplicatis; cel- lulae subparalellogrammae 15-20 p. in diam.; colesola fusifor- mis, elongata, obtuse trigona . i ; ; . . €. laxifolia. Subgen. I — EUCEPHALOZIA Spruce emend. Plantae utplurimum statura medioeri aut satis robusta; folia oblique inserta, diametro caulis latiora, biloba, lobis integris; cellulae fol. pel- lueidae 20-50 p. in diam.; foliola in ramis sterilibus vulgo nulla vel evanida. Infl. 9 saepius cladogena in ramulis postieis; colesula obtuse trigono-prismatica. Rami ventrales scilicet e ventre caulis exorientes. Oss. Le specie comprese in questo sottogenere, sebbene più robuste di quelle riferite a Cephaloziella, variano però non poco rispetto alla loro grandezza. Presentano dimensioni minori, p. e. la Cephalozia ambigua, EU catenulata, C. serriffora e C. symbolica v. pallida ; ad ogni modo sono anche queste specie fornite di foglie obliquamente inserite, di cui l'areolazione è formata di cellule che superano più o meno i 20 p. di 300 C. MASSALONGO diam., ed hanno l infiorescenza pistillifera più spesso cladogena (veg- gasi anche l'oss. relativa al sottogenere Cephaloziella). Finora non vennero segnalate in Italia le seguenti specie ('): I. — Cephalozia fluitans (Nees.) Spruce On Cephalozia p. 50 (1882); Pearson Hep. Brit. Isl. Plate LXIII. — Dioica, caule elongato; folia magis minus distantia, subobovata ad tertiam partem vel ad medium biloba, sinu angusto, lobis vulgo subobtusis. Foliola lineari-lanceolata, dissita, interdum subbifida. Zug 9 cladogena; colesula ovali-cylindra- cea, apice trigona, ore subintegro. Cephalozia serriflora S. O. Lindb. — n. 1, frustulum caulis cum ramulo colesulifero; 2, idem sed cum spica antheridifera; 3, folium auctum et ` explanatum; 4, bracteae intimae et bracteola explanatae; 5, perigonia; 6, antheridium. — 1-2,5 quadragies, 3-4 centies et 6 ducenties circiter auctae. (C) Di altre entità europee di questo e degli altri sottogeneri, le quali sono affini alle specie qui descritte, ne sarà fatta menzione a suo luogo nel corso di questa monografia. 1 > HE" Ales REL T gp See wt de GË M SU IRE a LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 301 II. — Cephal. heterostipa Carringt. et Spruce; Spruce On Cephal. p. 55 (1882). Pearson Hep. Brit. Isl. Plate LXIV. — Dioica, statura me- dioeri, caule 1-2 cent. longo; folia obovato-oblonga, concava ad medium biloba (raro triloba), lobis obtusis vel altero acuto. Foliola minuta, li- neari-subulata, integra, bifida interdum evanida. Zug 9 acrogena, co- lesula pirifo*me subtrigona ore lacinulato-dentato. 1. C. bicuspidata (L.) Dmrt. Recueil d'Obs. I. Rev. gen. p. 18 (1835); Spruce On Cephal. p. 41. — Jungermannia bicalyculata Raddi Junger- manniogr. Etr. (= Cephal. bicuspid. v. rigidula [Hübn.] p. m. p.). — Jungermannia bicuspidata L Sp. Pl. ed. I, vol. II, p. 1132 (1753). — S j Jungermannia minima repens, foliis bifidis, vagina florum Stier ^ Mich. Nov. PI. Gen., p. 9, tab. 6, fig. 17? Icon. Hook. Brit. Jung. Tab. 11; Ekart Syn. Jung. tab. 4, fig. 33 (ie. Hook.). Eesice. Erb. Critt. It. ser. II, n. 759; Massal. ©., Hep. It. Venet. exsice. n.° 6, 105 (f. conferta), 106 (f. fastigiata saltem p. m. p.), 107 (£. ericetorum). Monoica plus minus caespitosa, caule ramoso flagellifero 1-2 cent. longo, radicante. Foliis e pallide-viridibus, fuscescentibus, rubiginosis, interdum rubellis vel albicantibus, oblique amplexicaulibus sursum aeerescentibus, imbricatis vel dissitiusculis, subovato-rutundatis, vulgo complicato-con- cavis, ad medium bilobis, sinu amplo obtuso aut angulari, lobis ovato- triangularibus, acutis acuminatisve, subconniventibus aut patulis; cel lulis pellueidis quadrato-polygonis 28-36 p. in diam., parietibus aequa- liter incrassatis, cuticula levi. Foliolis solum ad flores 9 manifestis. Infi. 9 cladogena in ramulo brevi raro longiusculo. Braczeis trijugis, interioribus à valde ampliatis profunde utplurimum bifidis, postice cum braeteola basi eonerescentibus, segmentis ovato-lanceolatis acutis, saepe areuato-patentibus, integris vel basi dente uno altero praeditis. Colesula subfusiformi superne trigono-prismatiea, ima basi excepta, e cellulis | unistratis contexta, ore contracto dentato vel setuloso ; capsula ‘ovali fu- . sco-castanea, sporis papillosis 14-16 p. in diam.; elateribus bispiris 10 p. crassis. Spicis cf terminalibus intercalaribusve, perigoniis foliis subcon- 302 C. MASSALONGO formibus, basi antica denticulo inflexo auctis; aaAeridiis solitariis. — Propagulis glomerato-catenulatis, globosis in foliis ad extremitatem ra- morum. {5 Lammersiana (Hübn.) — Cephalozia Spruce On Cephal. p. 43 (1882). — Jungermannia Hübn. Hep. Germ. p. 165 (1834). Jcon. Engl. Bot. tab. 2239. Dioica, majore; colesula acrogena; foliola etiam ad inflorescentias g frequentiora. Hab. Ad terram humidam et rupes vulgo in nemorosis, sub formas varias frequens e regione collina, usque ad alpinam, inter museos et hepa- ticas alias; Piemonte (Carestia, Lev.!); Lombardia (Garovaglio, Rota, Anzi De Not.!); Veneto: prov. Verona e mt. Baldo (C. Massal.), Padova e collibus Euganeis (C. Massal.), Udine (C. Massal.), Belluno (C. Massal), Ti- rolo merid. (Venturi!), Toscana (Mich., Raddi, Lev., Ressetti, Barsali! eum var. setulosa Spruce); Calabria: mt. Alto prope Aspromonie (Martelli, Bar- sali!); Sicilia: prov. Messina (Zoddal). — 6 prov. Novara prope Cam- pello. Monti in sylva Valdo (Lev.!); prov. Vicenza e mt. Spitz supra Recuaro (Massal); ex insula Fiba prope locum « espe Fegatella » (Somm.!). — %; fr. vere — autumno. Area distrib. — Hemisphaero sept. : Oss. Specie polimórfa al massimo grado. La var. Lammersiana (Hübn.) fra le numerose forme va distinta per l'infiorescenza dioica, ma essen- zialmente per la colesula aerogena, vale a dire situata, almeno quasi sempre, all'estremità del fusto o ramificazioni molto allungate. Sono in- vece monoiehe e predominantemente a colesula cladogena, cioè giacente all’ apice di rami d’ ordinario assai abbreviati, tutte le altre forme che alcuni botanici, e fra questi il Nees, distribuivano in varietà diverse, le quali però, a motivo dell’ instabilità dei caratteri ad esse assegnati, me- ritano appena di essere ricordate. Così il Nees distingue: L, la varietà vulgaris costituita da esemplari forniti di foglie più o meno lasse, le quali sono molto più larghe del diametro del fusto o rami che le por- tano; IL, la var. rigidula (Hübn.), rappresentata da forme minori, gra- cili, a foglie del pari lasse ma di poco più larghe del fusto o suoi rami» coi lobi delle brattee più interne lanceolate, nonchè arcuato-patenti. A 1 : E LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 303 questa ultima varietà corrisponde la Jwagerm. bicalyculata Raddi Jun- germ. Etr. (confr. C. Massal. Rep. Ep. It. Tav. IX, fig. V), III. La var. conferta Nees, o forma mesofitica, comprende esemplari cespugliosi o pulvinati ehe prediligono luoghi alpestri, colle ramificazioni del caule abbreviate, portanti foglie di solito densamente embricate, e spesso con- cave, ed a lobi delle brattee più interne ovato-sublanceolati e più di so- vente eretti. — Il Limpricht (in 61 Jahresb. Schles. Gesellsch. vaterl. . Kultur « 1884 ») descriveva col nome di aquatica la varietà o forma idrofila, caratterizzata dal caule elongato-gracile, portante foglie molto lasse, distanti e subdistico-patenti, e dall'infiorescenza 9 per lo più aerogena come nella var. Zammersiana. Devesi ancora rilevare che i lobi delle brattee interiori, di solito si ` presentano pressochè interi, però talvolta verso la loro base specialmente, sono forniti di uno o due spinole, per tacere di qualche raro caso dove detti lobi sono anche subserrato-dentati. In quanto all’ orificio della co- lesula, esso è per lo più solo dentato, ma può incontrarsi dei saggi dove apparisce più o meno ciliolato. Esemplari colle brattee interne a lobi acuminati ed inferiormente 1-2-spinuloso-dentati, ed inoltre coll’orificio della colesula guarnito di cigli subdigitiformi, costituiti di 2-3-cellule uniseriate , caratterizzano la forma dallo Spruce indicata eol nome di var. setulosa. 2. C. pleniceps (Austin) S. O. Lindb. Meddel of Soc. F. et FI. Fenn. 9, p. 158, n. 2 (1883). — C. crassi/lora Spruce On Cephal. p. 40 (1882). — C. bicuspidata var. alpicola C. Massal. et Carest. Ep. Alp. Penn. Nuovo Giorn. Bot. It. XII, p. 339 (1880). — Jungermannia pleniceps Austin in Proceed. Philad. Dec. 1869, p. 222. Jean, C. Massal. et Carest. in l s. e. tav. X (sub C. biscup. v. al picola. Angie. - Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsice. n. 589 (sub Jwagerm. bicuspidata); Husnot Hep. Gall. exsice. n. 219: Erb. Critt. It. ser. II, n. 962 (sub Jungerm. biscup. v. Lammersiana); Massal. C. Hep. It. Ve- net. exsiec. n. 27 (sub Ceph. connivente). Autoica, caespitosa; caule 6-12 mill. longo, irregulariter ramoso, ra- 304 C. MASSALONGO dicante et flagella aphylla Thizomatoidea plus minus numerosa edente. Foliis pallide viridibus, fuscescentibus, oblique adnexis, sursum am- pliatis et adscendenti-imbrieatis, basi vix decurrentibus, ovato-rotunda- tis, concavis ad tertiam partem cireiter bilobis, sinu obtuso, lunulatove, lobis incurvo-conniventibus, ovato-triangularibus obtusiusculis vel sub- acutis. Cellulis polygonis, pellucidis, subleptodermicis 30-40 p. in diam: Foliolis solum ad flores saepe manifestis. Infl. 9 cladogena scilicet in ramulo brevi; bracteis trijugis, interioribus ampliatis, ae bracteola vulgo bifidis, segmentis lanceolatis, integris repandisve. Colesula inferne cylin- dracea apicem versus trigona e medio ad basin e cellulis 2-3-stratis contexta, ore contracto denticulato. Capsula ovali, castanea; sporis dense papillosis 10-12 p. in diam., elateribus bispiris 10 p. crassis. Spicis gf interealaribus vel terminalibus, perigoniis foliis subeonformibus, basi an- | tica dentieulo inflexo auctis; anteridiis solitariis breviter stipitatis. Hab. Ad terram muscosam et rupes in locis editis prov. Novara: ex alpibus Zarecc, la Piovva, Nozzarella, mt. Plaida supra Riva- Valsesia (Carestia!); Aosta: alpe G'abiet (Carestia); prov. Sondrio in sylva pini- fera « di Cerasina » ex Valfurva (Anzi); prov. Verona e mt. Baldo in valleculis alpinis « delle Pietre e Buse » vocatis, mt. Zeola, mt. Posta (C. Massal.); prov. Udine ad rupes di Bielega e mt. Pozzetto nee non ad ligna emareida in sylvis mt. Sleuzer supra Pontebba (C. Massal.). — 3|. — Fr. aestate. Area distrib.: Europae et Americae sept. Oss. Perla forma delle foglie un poco ricorda la C. iint Si di- stingue dalla C. symbolica oltre chè per l'infiorescenza monoica (autoica), per le foglie più piccole e non (od appena) decurrenti, le quali sono | divise in due lobi giammai così acuti od accuminati. È affine ancora alla C. bicuspidata specialmente alle forme di questa riferite alla var. conferta, però ne differisce per le foglie formate da cellule più tumide, nonchè divise soltanto fino al terzo circa di loro Innghezza in due lobi meno allungati, tutto al più acuti, nè acuminati, massimamente poi per la colesula la quale dalla base fino a circa la metà di sua altezza, risulta costituita da due o tre strati di cellule. SS rk DN ege? MA di 2 SITE ce A ERIS oi LAT geb wi Sa c D BINA YD È a e & 4 P^. erra A ia Me p^ A IERI TON ea 0 Cm EE SARE e E A E E EEN Ee ` A d ELE LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 2305 NB. Affine alla C. pleniceps e forse di essa una varietà ritengo la: C. Ekstrandii Limpricht Einige neue Arten u. Formen bei den Laub. - u. Lebermoosen, Separatabdr, aus dem 61 Jaresb. d. Sehles. Gesellsch vaterlànd. Cultur 1884, p. 8. Dioica, caule 4-8 mill. longo, parum radicante, irregulariter ramoso, ramis posticis saepe flagelliformibus vel rhizomatoideis; foliis oblique insertis pallide viridibus adsurgenti-imbricatis, subrotundatis, ad ter- tiam partem bilobis, sinu obtuso, lobis subtriangularibus, acutis obtu- sisve leniter incurvis; cellulis leptodermicis polygonis 26-35 p. in diam., cuticula levi. Foliolis minutis adpressis magis minus manifestis, trian-- gulari-aneeolatis, acutis aut obtusiusculis. 3. C. symboliea (Gott.) Breidler Leberm. Steiermarks in Mittheil. d. Naturwiss. Ver. für Steiermark. Jahrg. 1893; Warnstorf Leber-,u. Torf- moose Mark Brandenb. p. 219. — C. media S. O. Lindb. in Meddel of Soc. F. et Fl. Fenn. VI, p. 242 (1881). — C. multiflora Spruce On Ce phal. p. 37 (1882). — Jungermann. connivens forma symbolica Gott. in Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsice. Anmerk. ad n. 624 (1877). Icon. Warnstorf in l. s. e. p. 222, fig. 6; Pears. Hep. of Brit. Isl. Plate LVI (C. lunulaefolia). Dioica; caule (10-2 mill. longo), laxe ramoso, subeflagellifero, parum radicante. Foliis e viride pallescentibus, oblique adnexis, adsurgenti-im- bricatis, vel in sarculis sterilibus dissitis, subrotundo-ovatis, antice de- currentibus, ad tertiam partem circiter bilobis, sinu obtuso, sublunula- tove, lobis incurvo-conniventibus, acutis, acuminatisve; cellulis polygonis pellucidis subleptodermicis 22-28 p. in diam. Foliolis nullis. Infl. 9 cla- dogena scilicet ad apicem ramuli brevis. Bracteis trijugis, interioribus ampliatis ae bracteola subconformi bi-, raro tri-fidis, segmentis acutis integris, raro basi lacinula praeditis. Colesula subfusiformi apieem ver- sus obtuse trigona, e medio ad basin a cellulis 2-3-stratis conflata, ore contracto, dentato breviterqua subsetuloso; capsula cylindraceo-ovali, cin- namomea, sporis papillosis 8-10 p. in diam.; ela£eribus bispiris. Spicis cf vulgo ad extremitatem ramorum, perígoniis foliis subeonformibus, antice denticulo inflexo auctis; antherdiis solitariis. 21. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 306 C. MASSALONGO f. pallida (Spruce). — Cephal. catenulata Y pallida Spruce On Cephal. p. 33 (1882). lcon. Pearson Hep. Brit. Isl. Plate LV. Vix a typo differt: statura minore; segmentis bractearum intimarum utpiurimum submucronato-acutatis; colesula cellulis unistratis formata et fere tota longitudine tricarinata. y. sphagnorum. — Statura majore; caule 3-5 cent. longo, inter spha- gna laxe irrepente; foliis latioribus vulgo distantibus, eorumdem cellulis leptodermieis 35-45 p. in diam.; colesula eylindraceo-fusiformi. Geminis . propaguliferis subeapitatis, ramulo brevi microphyllino subpedicelliformi suffultis, propagulis catenulatis viridibus, globoso-ovalibus. Zut, autoicam vidi, caetera ut in typo. ^. Hab. Ad ligna emareida, vel inter detrita organica, et sphagna in nemorosis montanis et subalpinis; prov. Novara regione alpium Penni- narum: mt. Plaida, Alpe Laghetto di Stella et Larece (Carestia!), in sylva Valdo supra Campello-Monti (Lev,!); prov. Como ex alpe « Sasso » (Artaria!); Zürolo merid.: Rittenhorn prope Bolzano, Malghe di Valfo riana, Cima Paganella et prope Rabbi (Vent.!). — P, ad ligna putrida in sylva Valdo et prope pontem « del Tappone » (Lev.), ex alpe Woz- zarella (Carestia!) prov. Novara; e mt. Spitz prope Recuaro prov. Vi- cenza (C. Massal); — y, inter sphagna in editioribus Valsesia ex alpe Cramisei, Nozzarella et ex loco « All'Era » (Carestia!). i %. — Fruet. Aestate. i Area distrib.: Europae. Oss. Gli esemplari sterili della var. y, difficilmente si distinguono dalla C. connivens. E Per i suoi caratteri quasi intermedia alla C. symbolica e C. connivens è la specie seguente: C. lacinulata (Jack.) Spruce On Cephal. p. 45 (1882). — Jungerm. Jack. in Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsiec. n.° 624 (1877) ex p. — Dioica pusilla; foliis subplanis cuneato-oblongis, obovatisve ad medium bilobis, lobis late subulatis, acutis, erectis patentibus. Bracteis trijugis internis longitudinem foliorum duplo superantibus bi-, trifidis, segmen- - GE d Ri A s : A T E. n 3, x * E ì E E gx, d NUIT dert eu i Moro de KS E. : Li LL SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 307 tis subacuminatis integerrimis, rarius grosse 1-2-dentatis; colesula lineari- fusiformi, ore constrieto 12-lacinulato; planta pulchella. Va però notato ehe al n.° 624 delle Hep. Europ. easice. Y Jack distri- buiva esemplari che, per la massima parte almeno, corrispondono a forme della C. symbolica. Per questa ragione la generalità degli epatologi con- fusero probabilmente con questa ultima specie la vera C. lacinulata, che però è distinta tanto dalla C. symbolica che dalla C. connivens, come emerge dalla diagnosi dello Spruce qui in parte riportata, nonchè dal- l'esame dei saggi archetipici inviatimi dall’ illustre K. Müller. 4. C. eonnivens (Dicks.) Spruce On Cephal. p. 46 (1882); Warnstorf Leber-u. Torfmoose Mark Brandenb. p. 216; Boulay, Muscinées France « Hepaticae » p. 57. — Zlepharostoma Dumrt. Rec. d'Obs. I, Rev. Gén. Jung. p. 18 et Hep. Europ. p. 96. — Jungermannia Dicks. Pl Crypt. Fase. IV, p. 19 (1801). Icon.: Dicks. in l. s. c., tav. 11; Hook. Brit. Jung., tab. XV, (excel. fig. 2-3, 5); Ekart Syn. Jung. Deutschl. tab. 8, fig. 60 exel. n. 14; Engl. Bot. tab. 2436; Pearson Hep. Brit. Isl. Plate LX. Easicc. Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsiec. n. 380, 473; Carringt. et | Pears. Brit. Hep. Exsice. n." 117. Autoica;; caule (6-12 mill. longo), irregulariter ramoso, fragili, radi- cante. Foliis e pallide-viridibus , fuscescentibus, sublongitudinaliter in- sertis, sursum ampliatis, adscendenti-imbricatis, vel in sareulis sterilibus dissitiusculis et distiche sub-patulis, ovato-subrotundatis antice optime decurrentibus, ad medium vel tertiam partem bilobis, sinu amplo lunu- latove, lobis vulgo triangulari-aeuminatis, cuspidatisve, rarius obtusiu- seculis et pro more conniventi-ineurvis; cellulis pellucidis, polygonis, am- plis usque ad 40 p. in diam., subleptodermicis. Foliolis nullis. Infi. 9 cladogena ad apicem ramulis brevis. Bracteis trijugis intimis ampliatis et foliis duplo longioribus, subpalmato-4-5-fidis aut bis bifidis, segmen- tis elongatis sublineari-lanceolatis (plerumque e cellulis biseriatis), in. tegris, basi tamen hic illic subspinosis; dracteola profunde bifida inferne utrinque unidentata. Colesula apicem versus trigona, ore contracto la- cero-longeciliato ; capsula ovali. Spicis d vulgo ad ramorum extremi- 308 ` CG MASSALONGO tatem, perigoniis concavis foliis minoribus, bifidis, basi antica dente acuto inflexo auetis; antheridiis solitariis. Hab. Ad terram humidam, rivulos, imprimis super detrita organica et inter sphagna: mt. Cenisio (Bonnaz); Scopa- Valsesia: ex Alpe Cra- misei inter hepaticas alias ut Myliam anomalam, Jungerm. minutam, Le- pidoziam trichocladam, Cephaloziam leucantham(Carestia!); Lombardia (Garovaglio): ex agre Bergamo (Rota), in valle « del Bitto » (Anzi); = Toscana prov. Firenze prope Comaldoli ad truncos subemarcidos abietis (Raddi), ad ripas lacus « Massacuccoli » prope Viareggio eno C. Rossetti!). — 9|; Fruet. vere. Area distrib.: Europae. Oss. Si distingue dalla Cephal. symbolica tipica per l infiorescenza mo- noica, le foglie formate da cellule più grandi, ma essenzialmente per le brattee interiori subpalmatifide a segmenti lineari-lanceolati, e l' ori- ficio della eolesula lacero-ciliato. — Alla CepaAl. connivens sono affini le due seguenti specie: I. C. hibernica Spruce Ms. Pears. in « Irish Naturalist » Dec. 1894; Pears. Hep. Brit. Isl. Plate LIX. — Dioica, erystallino-hyalina ; caule plano-convexo, cellulis corticalibus ad latus dorsale magis amplis et minus numerosis quam ad ejusdem latus ventrale; foliis antice decur- rentibus, lobis subulatis, rectis vel subconniventibus et fere omnino e cellulis 2-4-uniseriatis formatis. II. C. compacta Warnst. Leber-,u. Torfmoose Mark Brandenb. I, Bd. p. 216, et p. 222, fig. 4. — Monoica, densissime et crasse caespitosa; foliis imbricatis, subrotundis antice deeurrentibus ad tertiam partem aut ad medium bilobis, sinu obtuso, lobis obtusis aeutisve, rectis vel incurvis; cellulis 40-50 p. in diam. Bracteis intimis foliorum - magnitu- dinem multo superantibus, ad medium bifidis, segmentis lanceolatis, margine inaequaliter incisis; colesula subprismatiea ore crenato-serrato. 5. C. serrifora S. O. Lindb. Medd. af Soc. F. et Fl. Fenn. 1878 et ‘Musei Scandinav. p. 4 (1879), nec non fide spec. ex ipso! — C. cate LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 309 nulata Spruce On Cephal. p. 30 (1882) excl. syn. Hübn. — Jungerman- nia reclusa Tayl. Lond. Journ. Bot. p. 278 (1846) ex p.? Icon. Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsicc. ie. ad n. 433; Pearson Hep. Brit. Isl. Plate LIV (C. catenulata); conf. etiam ie. hie allatam. Eesicc.: Massal. C. Hep. It.-Venet. exsice. n.° 83 (sub C. catenulata); Husnot Hep. Gall. exs. n. 191; Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsice. n. 515-594 (sub C. catenulata). Autoica, minuta; caule subpinnato-ramoso 6-8 mill. longo, prostrato , radieante. Foliis flavo-viridibus oblique insertis, antice parumper de. currentibus, concaviusculis, imbricatis, subdisticho-patulis, subovatis ad medium bilobis, sinu obtuso, raro angulari, lobis triangulari-aeutis , saepe ineurvis; cellulis subquadrato-polygonis 20-24 p. in diam., parie- tibus aequaliter incrassatis. Foliolis fere nullis. Inflor. Q cladogena in .ramulo brevissimo. Bracteis subijugis, intimis dilatatis ac braeteola sub- conformi bifidis, segmentis muecronatis, margine magis minus inaequa- liter subserrato-dentatis. Colesula cellulis unistratis formata, oblonga, tota longitudine obtuse trigona; ore parum contracto setuloso-ciliata ; capsula ovali. Spicis c? ad extremitatem ramulorum; perigoniis pau- cijugis, basi gibbosis antice lacinula dentiformi inflexa praeditis; athe- ridiis solitariis breviter biseriato-stipitatis. Hab. Ad truncos et ligna subemarcida socia hep. aliis, prov. Treviso in sylva Cansiglio (1200 m. s. m.), nee non prov. Belluno in mt. Mar- molade « bosco Cajada » (C. Spegazz.!) — 9|; Fruct.? Area distrib.: Europae. Oss. Colla Cephal. serriflora molti epatologhi scambiano la Jung. (Cephal.) catenulata Hübn., o la considerano come sinonimo. Io non posseggo esemplari architipici di quest'ultima specie, ma solo dei saggi A raeeolti in Svezia dall’illustre Arnell, che non sono colesuliferi, ma for- niti di foglie pericheziali e spighe c. A giudiearne da questi saggi che ritengo eorrispondere alla specie Hübneriana, non v "ba dubbio che la C. catenulata e C. serriflora spettano a due distinte entità, sebbene fra loro affinissime. In confronto della C. serri/fora è la C. catenulata pianta. . più robusta, a fusto più allungato e ramoso, ha foglie spesso di color E subrubiginoso; spiche g’ julacee, moltijughe , terminali , interealari od CRE Pte B e I CIC UE ORE THAM 310 C. MASSALONGO anche situate alla base dei rami; le brattee più interne sono divise in due segmenti lanceolati interi, i quali soltanto alla base esterna sono forniti di un dente pià o meno sviluppato. A ciò si aggiunga che quan- tunque tutte due le specie trovansi d'ordinario associate ad altre epa- tiche, la C. serriffora però cresce sui legni marci, mentre la C. cate- nulata rinviensi quasi sempre nei luoghi paludosi e fra gli sfagni. 6. C. ambigua spec. nov. Dioica? minuta; caule CAUTE ramoso, radicante 4-8 mill. longo, vix flagellifero; foliis oblique adnexis adscendenti- imbrieatis, subferru- gineis, diametro caulis parum latioribus, subovatis utplurimum sub- cochleari-concavis, haud decurrentibus, ad tertiam partem vel paullo ultra (raro vix ad medium) bilobis, sinu subrotundato, lobis magis mi- nus acutis vel obtusis, vulgo incurvis; cellulis polygonis 20 -4 p. iu diam. Zoliolis, praesertim ad apicem ramorum, minutis subovato-lanceo- latis, sed saepius evanidis, nullisve et solummodo ad inflor. 9 conspi- euis. Floribus Q acro-cladogenis; bracteis ampliatis, subtrijugis, intimis bi-trifidis, postice ima basi, mediante bracteola subconformi subeonnatis, laciniis lanceolatis integris obtusiuseulis aut subacutis, margine haud decoloratis. Colesula parum exserta, prismatica, ore truncato, minute cre- nulato. Caetera desiderantur. Hab. Ad terram humidam inter museos in editis mt. Graz S. Ber- nardo ex loco « Plan de Jupiter ». — %. — Fruct.? Area distribut.? Oss. Per l'abito e sue dimensioni ricorda talune specie del sottogenere Cephaloziella , però a motivo dell'inserzione molto obliqua delle foglie, loro profilo e per la grandezza delle cellule delle medesime, meglio va collocata fra le Eucephalozia. Ad un esame superficiale potrebbe scam- biarsi con delle forme minuscole e gracili della polimorfa C. bicuspidata, specialmente colla sua varietà rigidula (Hübn.) Si noti però che in questa ultima varietà le foglie sono formate di cellule più grandi, © sono divise per di più fino ad oltre la metà di loro lunghezza, in due lobi i quali come quelli delle brattee più interne presentansi acumi- nati od acuti (mentre in C. ambigua tali lobi delle brattee sono d or- LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 311 dinario ottusetti quasi a somiglianza della C. Francisci). A ciò si ag- giunga che le fogliette fanno quasi sempre difetto sui rami sterili di C. bicuspidata v. rigidula. La Ceph. serriflora e C. catenulata per le foglie subrotundo-ovate più o meno decurrenti ed altri caratteri non possono confondersi colla C. am- bigua. 7. €. Francisci (Hook.) Dmrt. Recueil d'Obs. I Rev. Gen. Jung. p. 18 (1835) et Hep. Europ. p. 88; Spruce On Cephal p. 49 (1882). — Jungermannia Hook. Brit. Jung. tab. 49 (1816). Icon.: Hook. in La e: Ekart Syn. Jung. Deutschl. tab. VIII, fig. 66 (ie. Hook.); Warnstorf Leber-,u. Torfmoose Mark Brandenb. p. 222 fig. 7; Pearson Hep. Brit. Isl. Plate LXII. Ersice.: Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsice. n. 301 (sub Jung. ca- tenulata), 503; Husnot Hep. Gall. exsice. n. 218. Dioica, minuta, caespitosa; caule 6-8 mill. longo inferne denudato rhi- zomatoideo, irregulariter ramoso, radieante et postiee stolonifero. Foliis parvis pallide-viridibus, olivaceis, saepe rubellis, oblique adnexis, magis minus adscendenti-imbricatis, subovatis, concavis ad quintam vel sextam partem bidentatis, sinu aeuto, dentibus obtusis vel acutatis, incurvis; cellulis parvulis subopacis, subquadrato-polygonis, subleptodermieis, eir- citer 20-24 p. in diam. Foliolis bene evolutis sed magnitudine foliorum multo minoribus, subovatis, lanceolatisve, integris aut bidentulis. Jafo- rescendia 2 cladogena; bracteis valde ampliatis, trijugis, intimis, ac bracteola subeonformi, bifidis, lobis integris, repandis, saepe obtusiusculis. Colesula ovali-subfusiformi, sursum 4-6-plicato-angulata, ore denticulato. Propagulis glomeratis ad extremitatem ramorum , 1-2-cellularibus, sub- stellato-angulosis. — Caetera non vidi. Hab. Ex alpibus Apuane ad terram fodinarum « del Bottino » prope Seravezza (C. Rossetti!) — %; Fruct. vere. Area distrib.: Britanniae, Hyberniae, Galliae, Germaniae, Scandi- naviae. : Oss. La affinissima C. baltica Warnst. (Leber.-,u. Torfmoose Mark Brandenb. p. 221 et p. 235 fig. 1) si distingue dalla C. Francisci, per UL Sa E aS T Y M. QUSE A We e, e zeg d, Pene da AME Fao oa DÉI LAN "ae HIE, E "i T LA Ee wn La ES IPER AE N È ` j i | D 312 C. MASSALONGO' il caule più irregolarmente ramoso e fornito di numerosi stoloni, per le foglie più lasse, la colesula subovata, ad orificio sub-trilobo edi lobi in- teri; infine per la mancanza di fogliole? Subgen. I. — NOWELLIA (Mitt.). — JVowellia Mitt. in Godman's Natur. Hist. of the Acores (1870). Plantae statura medioeri; folia subtransverse inserta, diametro caulis latiora, ad medium in segmentis duobus e basi subtriangulari sublinea- ribus incurvis: divisa et inferne ad latus ventrale cueullato-eoneava ; cellulae fol. polygonae circiter 20-22 » in diam. Foliola in ramis ste- rilibus nulla, sed bracteolae manifestae. Inf. oO cladogena; colesula prismatiea, ore ciliolato. — Rami ventrales. 8. C. eurvifolia (Dicks) Dmrt. Recueil d'Obs. I Rev. Gen. Jung. p. 18 (1835) et Hep. Europ. p. 93; Spruce On Cephal. p. 47. — Nomellia Mitt. in l. s. e. (1870). — Jungermannia Dieks. Pl. Crypt. fase. II, p. 15 (1790). — Jung. Baueri Mart. Fl. Crypt. Erlang. p. 172 Ge De Not. Prim. Hep. It. p. 62. Icon.: Dieks. in l s. c. tav. V, fig. 7; Hook. Brit. Jung. tab. 16; Ekart Syn. Jung. Deutschl. tab. VIII, fig. 59 (ie. Hook.); Martius in l s. e. tab. VI, fig. 45-46; Gott. in Rabenh. Hep. Europ. exsiec. ic. ad ` n. 232 (optima); Pearson Hep. Brit. Isl. Plate LXI. Exsicc.: Massal. C. Hep. It. Venet. exsice. n. 81-82; Erb. Critt. It. ser. II, n. 908; Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsice. n. 72, 73, 217, 232, 250; Husnot Hep. Gall. exsice. n. 156; Carring. et Pearson Brit. Hep. exsice. n. 257-58. Polyoica, speciosa; caule caespitoso parum ramoso 10-18 mill. lungo, radicante. Foliis pallide-viridibus, rubellisve, transverse insertis, adsur- genti-secundis, imbricatis, ad insertionem constrietis, basi ventrale (ob marginem postieum incurvum) cucullato-concavis, ultra medium bifidis, sinu amplo, segmentis e basi triangulari, linearibus, incurvis. Cellulis fol. subquadrato-polygonis 20-22 p. circiter in diam. , parietibus subae- qualiter inerassatis, cuticula levi. Foliolis nullis. Inf. Q vulgo clado- gena; bracteis subtrijugis intimis ac bracteola valde ampliatis, bilobo-. LE SPFCIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 313 complicatis, lobis acutis subserrato-dentatis. Colesula subfusiformi tri- gono-prismatica ore truncato-ciliolato. Capsula ovali, sporis 10 v. in diam., elateribus bispiris 10-12 p crassis. Spicis c? ad apicem ramorum, peri- 9 . gontis monandris, foliis similibus, basi antica denticulo inflexo auctis ; antheridiis globosis brevissime stipitatis. Hub. In sylvis montanis et subalpinis ad ligna marcescentia inter muscos ac hep. alias Italiae sept.: Piemonte, Lombardia, Veneto, Agro i Piceno. — 9|. — Fruct. vere. — Area distrib.: Buropak a Galliae, Helvetiae, insulae Madera, Ame- rieae sept. .. Bubgen. IIl. — PLEUROCLADA (Spruce). — Pleuroclada Spruce on ` Cephal. p. 77. Plantae statura mediocri, rarius minutae; folia diametro caulis la- tiora, subtransverse inserta, subeucullato-concava breviter biloba; cel- .. lulae 20-30 v. in diam. Foliola ubique optime evoluta, sat magna. - Inf. 9 aerogena; colesula prismatieo-triangularis. — Rami omnes la- i i terales ad basin ventralem folii deformati, scilicet monolobi exorientes. 9. C. albescens (Hook.) Dmrt. Recueil d'Obs. I Rev. gen. Jung. p. . 18 (1835) et Hep. Europ. p. 89. — Pleuroclada Spruce On Cephal. p. 78 (1882). — Jungermann. Hook. Brit. Jung. (1816); Gott. Lind. et Nees . Syn. Hep. p. 102. ; Icon. Hook. in l. s. e. tab. 72 et suppl. tab. 4; Ekart. Sy. Jung. Deutschl. . tab. V, fig. 42 (ie. Hook.); Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsice. ie. ad n. 468 (optima); Pearson Hep. Brit. Isl. Plate LXXV. ` JErsicc.: Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsiec. n. 35, 468, 527; Car- | ringt. et Pears.. Brit. Hep. exsice. n. 262. | Dioica, caespitosa; caule (10-15 mill. longo) subpinnato-ramoso, ra- dicante, ramis julaceis. Foliis e pallide-viridibus, subalbescenti-glaueis , oblique amplexicaulibus parumper subadsurgenti-seeundis , imbricatis , Sub-ovato-rotandatis valde concavis, subhemisphaerieis, supra medium bilobis, lobis ineurvis, acutatis, obtusisve, sinu acuto aut obtuso; cellulis 314 C. MASSALONGO polygonis leptodermieis 22-30 v. in diam., cuticula levi. Foliolis imbri- eatis adrpressis subovatis, duplo-triplo foliis minoribus, integris velbasi hine utrinque unidentatis. Jud, 9 acrogena; bracteis trijugis, intimis ac bracteola magis ampliatis, oblongis vaginantibus bi-trilobis, lobis sub- dentatis. Colesula subelavato-cylindracea, superne obtuse trigona (basi 2.4 cellulis crassa), ore contracto dentato. Capsula ovali, sporis 10-12 p. in diam., papillatis, elateribus bispiris 10 p. crassis. — Spicis c?. Hab. In regione sub-, et alpina ad terram muscosam et inter hepa- ‘ticas alias ex variis locis Alpium Penninarum: mt. Oliveto infra « il Ghiacciaio di Bors », Colle dell Alpe Pisse, mt. Plaida, in declivibus editioribus orientem spectantibus « dell" Alpe Macagno », prope lacum « dell'Alpe Tagli » (Carestia); Lombardia: mt. S. Gottardo supra, « Can- ton Ticino » (Bottini, Rossetti); prov. Bergamo: mt. Azzarini, Tonale, Pisgona (Rota); ex agro « di Bormio » (Anzi); Tirolo merid. prope Me- ran « Spronger Alpe » (Bamberger). — J; Fruct.: Aug. Area distrib.: Europae sept., Groenlandiae, Islandiae, Germaniae, Hel- vetiae, Galliae, Americae sept. Oss. La var. islandica (Cephal. S. O. Lindb.; Pearson Hep. Brit. Isl. Plate LXXVI; Juagermann. Nees; Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsice. n. 386), non venne ancora indicata nel nostro paese; essa differisce dal tipo per le foglie appena concave e per lo più divise fino a metà di loro lunghezza in due lobi, nonché per gli anfigastri o fogliole ovato- lanceolate ed intere. Subgen. IV. — CEPHALOZIELLA Spruce On Cephal. p. 62 (1882). — Plantae pusillae vel minutissimae; folia fere transverse inserta, vulgo vix caule filiformi latiora, ad medium aut ultra biloba, lobis integris, — erenulatis, dentatis, serratisve; cellulae minutae 10-20 u. in diam. Fo- liola in ramis sterilibus minuta saepe evanida, vel nulla. Inf. Q ut plurimum aerogena, involuerum pro more gemmaceum; colesula longi- ` tudinaliter 3-6-angulata ore contracto ciliolato aut truncato-crenulato. — Rami ventrales vel si laterales semper ad basin folii normalis ex0- rientes. Oss. Il celebre Spruce avendo rilevato che alcune di queste specie sono LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT, EMEND. 315 fornite di rami ora ventrali ed ora laterali, mentre in altre le ramifica- zioni del eaule sono costantemente laterali, lasciava nel sottogenere Ce- phaloziella emend., le prime e proponeva per le seconde, fino dal 1885 (in Hep. Amazonicae) il nuovo sottogenere « Prionolobus », che in se- guito lo troviamo dallo Schiffner (in Engler u. Prantl Die Naturl. Pflanzenfam. « Hepaticae ») elevato alla dignità generica, riferendovi fra le altre entità: P. phyllacanthus, P. dentatus, P, Turneri. Però Y il- lustre epatologo di Vienna, riconoscendo troppo poco importante il ca- rattere su cui veniva fondato, esprime l'opinione (in l. s. e.) che più opportunamente in avvenire esso deva incorporarsi a « Cephaloziella ». Colla circoscrizione qui adottata, questo sottogenere comprende specie le e A ett, Zeen" dn eut eo VE REN air zeliboi Vrai ror MS Cephalozia Bryhnii Kaalaas. — N. 1, planta colesulifera et antheridifera; 2, urceolus perichaetialis; 3, areolatio fol. — 1-2 sexagies et 3 ducenties circiter auctae. quali diversificano da quelle riferite ad « Eucephalozia » essenzialmente per la loro piccolezza, quasi submieroscopiea, per le foglie minutissime | pressochè larghe quanto il diametro del caule, che è sottilissimo, subea- pillare, o suoi rami e per le cellule delle stesse non superanti d' ordi- nario i 20 p. — In riguardo agli altri caratteri, sono essi meno gene- rali, così ad esempio la Cephalozia leucantha a motivo delle foglie molto obliquamente inserite e l’infiorescenza 9 per lo più cladogena, s'accosta al sottogenere « Eucephalozia ». — Le specie di questo gruppo sono di difficile delimitazione, ciò che si deve ascrivere oltrechè alla loro picco- lezza, ai caratteri sottili e di relativa costanza su cui vennero fondate. Gli epatologi recenti allo scopo di renderne più facile la distinzione ri- corsero ancora alla ripartizione dei fiori 9 e a, però anche quest’ ul- E Ee, T E T MEN EE e d ZER E ie eh Le Ee de rr s wi 3 È | è Cen e E 316 ; C. MASSALONGO timo carattere va utilizzato con circospezione, essendoché indipendente- mente del poco suo valore sistematico in queste erittogame, puó in una stessa specie variare. Per questi motivi le ezsiccata e le figure relative a questa o quella specie, edite da epatologi di data pluttosto antiquata, vanno citate con. molta precauzione. Ser. I. — Lobi foliorum integri, raro suberenulati vel dente uno al- tero praediti. x). — Inflorescentia dioica. 10. €. byssaeea (Roth.) Heeg Leberm. Niederüsterr p. 96; Boulay Mu- sein. France II Hepaticae p. 65. — Cephaloziella Warnst. Leberm. u. Torfmoose Mark. Brandenb. p. 294. — Jungermannia Starkii Herb. Funck, in Nees Europ. Leberm. II, p. 223 (1836). — Jungermannia byssacea Roth. Fl. Germ. p. 307 (1800). Dioica minutissima; caule filiformi 2-6-mill. longo, sparse radicante. Foliis viridibus, vel brunneis, in ramis fertilibus sursum Magis confertis, parum oblique insertis, subovato-quadratis, saepe concaviusculis aut subearinatis, cauli adpressis vel patulis, ultra medium bilobis, sinu aeuto, lobis vulgo aeutis, ovato-lanceolatis, integris (raro hie illie sub- erenato-denticulatis) ; cellulis subquadrato-polygonis 14-18 p. in diam., subleptodermieis aut parietibus circum circa aequaliter crassiusculis, ou: ticula levi. Foliolis pro more magis minus manifestis, lanceolato-subu- latis, ineurvis. Infl. 9 acro;cladogena. Braczeis subtrijugis foliis majo- ribus, intimis ad basin ventralem eum racteola connatis, profunde bifidis, segmentis vulgo subspinuloso-dentatis et cellula spiniformi ter- minatis, margine et apice plus minus hyalino-decoloratis. Colesula fusi- formi longitudinaliter 3-6-plicata, supra medium hyalina, ore contracto erenulato. Capsula ovali, sporis 8-10 p. in diam., elateribus bispiris 6-8 p. crassis. Spicis cj terminalibus interealaribusve, perigoniis mo- nandris, eoneavis ad latus antieum caulis parumper vergentibus. Pro- pagulis oblongis bicellularibus, e viride fusco-purpureis. 2. — grimsulana (Jack) Kaal. De distrib. Hep in Norvegia p: 198. — — LE SPECIE ITALIANE "DEL GENERE CEPHALOZIA DM&T. EMEND. 317 — Cephalozia Dmrt. Hep. Europ. p. 90. — Jungermannia Jack in Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsice. n. 526. Robustiore; caule 12-15 mill. longo; foliis dissitis ex olivaceo , ferru- gineis, subobovatis ad medium bilobis, lobis utplurimum ineurvis sae- peque rotundato-obtusis; foliolis imprimis ad caulis apicem manifestis interdum excisis; perichaetio capituliformi, bracteis plurijugis, intimis minute dentieulatis, colesula 3-4-gona, ore truncato hyalino-crenulato (fide Kaalaas in l. s. e.). Hab. Ad terram et rupes muscosas, humidas et ad muros campestres: prov. Novara ex variis locis supra Riva- Valsesia (Carestia!); prov. Verona e mont. Baldo (bosco i Piani), valle di Tregnago (in sylva delle Raute) prope Cogolo (C. Massal.); Toscana: e mt. Pisano infra Pozzuolo (Ros- setti!); prope Zugazo (Mari!), — ($, e collibus prope Zugano Dan), — 9,; Fruct. vere. Area distrib. Europae, Americae sept. Oss. La var. verrucosa Jensen (Meddel. om Grónl XV, 1898 « fide Schif- | fner Bryol. Fragmenten V ») differirebbe dalla forma tipica per le cellule delle foglie, dell'epidermide del caule, e specialmente delle brattee, molto | fortemente ispessite, nonchè per la cuticula delle foglie verrucosa. La specie tipica si distingue dall’: affinissima C. divaricata per la presenza di anfigastri, più o meno manifesti, ancora sui rami sterili, per i lobi delle brattee più interne, subspinuloso-dentati, nonchè verso il il margine ed all'apice quasi sempre scoloratojalini. A ciò si aggiunga che in confronto della C. divaricata le cellule delle foglie adulte e spe- . cialmente delle bratte, sono fornite di pareti più grosse e tutto all’ in- -torno egualmente ispessite. Cephalozia aeraria Pearson in Spruce On Cephal. p. 96 (1882); Car- ringt. et Pears. Bart. Hep. exsiec. n. 179; Pearson Hep. Brit. Isl. Plate. ‘ LXIX. — Questa specie differisce tanto dalla C. byssacea che C. diva- ricata, per le sue minori dimensioni, e per essere più gracile in tutte le sue parti, per le foglie tanto larghe che il diametro del caule, le quali sono divise in due lobi ovato-lanceolati, spesso incurvi, ed alla base - costituiti di 2-4-cellule, mentre all'apice si terminano con una cellula spiniforme; ed infine per l’infiorescenza 9 che sembra sempre cladogena. DOS Deg ee EE 318 C. MASSALONGO ; 3 11. C. divaricata (Smith) Deeg. Leberm. Niederüsterr. p. 95; Warnst. Leber,u. Torfmoose Mark Brandenb. p. 226 (sub. Cephaloziella); Boulay Muscinées France II Hépatiques p. 66. — C. trivialis Schiff. — Junger- mannia ivaricata Smith. Engl. Bot. tab. 719. Ic. Smith in Engl. Bot. tab. c. Fexsice. Massal. C. Hep. It.-Venet. exsice. n. 32 (p. m. DÄ Dioica; foliolis solum ad infl. 9 conspicuis; bracteis intimis bifidis, segmentis plus minus acutis, margine denticulato-repando, haud decolo- rato-hyalino, caeterum ut in C. byssacea. Hab. Ad terram muscosam e collibus Euganeis prope Padova (Massal. C.). Area distrib. Europae. Oss. Nelle mie Hep. Ital.- Venet. ezsicc. al N. 32 assieme alla C. di- varicata vennero pubblicati anche esemplari di C. stellulifera (Tayl.). Fra le altre specie fornite di infiorescenza dioica, che sono molto af- fini alla C. divaricata e C. byssacea vanno ricordate le due seguenti: I. — C. pulchella Jensen in Rev. Bryol. 1893 p. 67 tab. I. — Dioica; caule ad 1 centim. longo; foliis oblique fere transverse affixis, quadrato- rotundatis, profnnde bifidis, cellulis parietibus leniter incrassatis; foliolis evanidis. Bracteis trijugis dense dentatis, dentibus raro hyalinis. IL — C. rubriflora Jensen in 1. s. c. p. 68, tab. II. — Dioica, caule ad 4 mill. longo; foliis fere rotundis, concavis, imbricatis, transverse affixis, ad medium bifidis; cellulis minutis pachydermicis; foliolis nullis. Bracteis hyalino-dentatis. 12, C. patula Steph. in Lev. Appunti briolog. It., terza nota, Bull. Soc. Bot. It. p. 210, Firenze 1905. Dioica, caule filiformi repente 6-10 mill. longo. Foliis pallide-viridi- . bus dissitis oblique adnexis, squarrosis, obovato-quadratis parumper ultra medium bilobis, sinu obtuso, lobis divergentibus, ovato-lanceolatis; cellulis subrotundato-polygonis, hyalinis 16-20 p. in diam., subpachyder- micis, cuticula levi. Foliolis evanidis. Bracteis valde ampliatis subtriju- gis profunde bi-trifidis, segmentis acutis integris repandisve, jugis in- Ka E ER AE te Ka CS ~ i LO e aanak a e EE ERME TEN GETER AN n En, RE, De d A M SUUM te regis e SEAN LE SPECIE ITALIANE DEL'GRNERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 319 timi vulgo inter se etcum Practeola in excipulum 5-6-lobatum alte, con- cretis. Colesula oblonga plicato-sulcata, ore parum contracto et a cellulis digitiformibus crenulato-dentato; caetera non vidi. Hab. Prope Firenze ad terram muscosam ex loco Monterivechi (Le- vier!) et in mt. Pisano haud proeul Asciano (Beccari). — %; Fruct.? Area distrib. ? Oss. Si distingue tanto dalla C. dyssacea che dalla C. divaricata per le foglie squarrose, divise, un poco più profondamente, in due lobi di- vergenti, separati da un'insenatura ottusa e per le cellule delle mede- sime non così piccole; inoltre per le brattee più interne unite fra loro e colla corrispondente bratteola spesso fino a circa la metà di loro al- - tezza, in un ureeolo circondante la colesula. In confronto poi della C. byssacea i rami sterili sono quasi sforniti di fogliole, ed .i lobi delle brattee non sono mai spinoloso-dentati, ma pressochè interi. La C. Baumgartneri e C. Limprichtii sono specie autoiche e pereió vengono tenute distinte da C. patula, però per gli altri caratteri queste ire specie si rassomigliano assai, ragion per la quale non è facile di di- — stinguerle. Rilevo ehe in C. patula l’orificio della colesula è circondato ` ` da cellule molto allungate (digitiformi), ciò che non si osserva nelle altre due specie. 13. €. leucantha Spruce On Cephal. p. 68 (1882); Heeg Leberm. Nie- derüsterr p. 36. — C. catenulata var. lara C. Massal. Rep. Ep. It. — Jungermannia catenulata v. lara Gott. in Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsiec. Icon.: Pearson Hep. Brit. Island Plate LXXII. Ezsicc.: Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsice. n. 433; Massal. C. Hep. It-Venet. exsice. N. 84; Erb. Critt. It. ser. II, N. 911. Dioica minuta; caule flexuoso parum radicante, radiculis extremitate ramosis, 6-12-mill. longo, filiformi. Foliis pallide-viridibus laxis, subo- vatis, diametrum eaulis subaequantibus, valde oblique insertis, adscen- "dentibus, ultra medium bilobis, sinu subobtuso-angulari, lobis (subinae- qualibus scilicet ventrali parum minore) sublanceolato-acuminatis, su- ` bulatisve, subconniventibus, basi 3-4-cellulis latis, quae sunt polygonae, Set E EE 320 C. MASSALONGO hyalinae, subleptodermieae et 10-18 p in diam. Foliolis solummodo ad flores 9 manifestis. Inflorescentia 9 cladogena in ramulo brevissimo ; bracteis 2-3-jugis intimis magnitudinem fol. multo superantibus 2-3-fidis, segmentis, subacuminatis, basi subdentatis. Colesula. fusiformi-prisma- tica, albida, ore contracto lacinulato; capsula ovali. Spicis cf subjula- ceis, perigoniis foliis majoribus, subeomplieato-bilobis, cucullato-concavis; antheridiis solitariis breviter stipitatis. AME D CA 3 Kei x N e ‘Ab. Ad ligna emarcida, inter alias hepaticas in sylvis montanis ae i subalpinis; Valsesia: ex alpe Cramisei, mt. Plaida (Carestia!); prov. Treviso in sylva Cansiglio (Spegazzini!). — 9%. Fret, Majo-Junio. Area distrib. Europae centralis, Helvetiae, Scotiae, Sueciae. Oss. Da tutte le altre specie di questo sottogenere, specialmente di- stinta, per le foglie molto più obliquamente inserite sul caule, e per linfioreseenza 9 quasi sempre cladogena: Avuto riguardo alla forma delle foglie, a parte le minori dimensioni delle stesse, nonchè le loro cellule più piccole, meglio potrebbe paragonarsi colla C. serri/fora, C. catenulata ed affini. * *). — Inflorescentia monoiea. X) — Species typice autoicae. 14. C. Bryhnji Kaalaas De distrib. Hep. in Norvegia p. 152 (1893) ` — Cephaloziella C. Massal. Ep. Erb. Critt. It. Revis. Crit. in Accad. Sc. Medic. et Natur, Ferrara, p. 19 « estratto » (1903). — Jungermannia Starkii Ces. in Erb. Critt. It. ser. I, N. 11 tex P» spec. in herb. s oor ; trale Florentiae » seryata). Icon. Vide fig. hic allatam. Exsiec; Erb. Critt. It. Ser. I, ns 11 ex p. (sub Jung: Starkii). - Autoica, dense caespitosa, pusilla; caulibus sterlibus prostratis (23 mill. long.), radicantibus, radiculis longis hyalinis, fertilibus adsurgen- tibus; cellulis corticalibus parietibus tenuibus. Foliis subimbricatis sub- K obovato-quadratis, e viride-fuscescentibus, ad medium bilobis, sinu am- gulari, lobis subtriangulari-ovatis, sublanceolatisye, integris, vulgo acutis IRE EN, eg (Aia VF Ils: ër) ai SII LI ip n wa ret di LL Rapa Eu FIM DE SE Co obo "be TEE EPI mtem PTS IL belU e EU A.M Y I SM SR k d x S. E A Zë A At d sn AAT af Aw Te Ta uie E AË" Ze ge Tt RT e : ROMS W Lë EE DORRI aa A SE RIA e TUE Ed RI do za t d ` n MENS D d t Sr idit ab LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DRMT. EMEND. 321 rarius obtusiuseulis; cellulis fol subleptodermicis, quadrato-polygonis 10-16 p, in diam., cuticula levi. Foliolis in sarculis sterilibus fere nullis. Bracteis bi-trijugis, foliis majoribus, intimis inter se et cum bracteola plus minus alte in urceolo connatis, lobis earumdem pro more rotun- datis, interdum subtruncatis, integris vel crenulato-dentatis. Colesula cylindracea. longitudinaliter plicata, ore subtruncato, crenulato. Perigo- ‘ niis subspicatis, subobovatis, concavis, subeonduplieato-bifidis, ad latus ‘ anticum caulis parumper vergentibus; antheridiis solitariis breviter pe- dicellatis. Hub. Secus flumen Sesia prope Vercelli, ad terram in pascuis arenosis sole expositis (Cesati). — Y; Fruct.? Area distrib.: Norvegiae, Galliae. Oss. Per i caratteri specialmente del perichezio si distingue dalla C. bifida S. O. Lindb. — La C. integerrima S. O. Lindb!, entra nel ciclo delle modificazioni della C. Bryhnii, la quale ultima essendo di data più recente, più opportunamente dovrebbe cedere il posto alla specie Lindbergiana. Gli esemplari originali di C. piri/ora Douin. (Muse. D Eure et ux p. 262 planche V, Cherbourg 1906), cor SC esattamente con quelli pure originali di C. Bryhnii. 15. €. Baumgartneri (Schiff). — Cephaloziella Schiff. Die bisher be- kannt geword. Leberm. Dalmatiens, in Verhandl. d. K. K. Zool.-Bot. Gesellschaft in Wien Jahrg. 1906 p. 273. — Cephalozia veronensis in herb. Icon. Schiff. in l. s. c. tab. I, fig. 7-19 (optima !). Autoica (vel pseudodioiea); caule 5-10 mill. longo crebre radicante , saepe innovante-ramoso. Foliis e flavo-viridibus, fuscescentibus, caule la- tioribus, oblique adnexis, subquadrato-ovatis, sursum acerescentibus et plus minus dense imbricatis, ad medium bilobis, sinu angulari aut sub- obtuso, lobis subtriangulari-ovatis, acutis, interdum subcanaliculato-in- flexis; cellulis subrotundo-polygonis 15-20 p. cireiter in diam., in foliis inferioribus vulgo leptodermicis, dum in superioribus et floralibus pro more circum circa aequaliter subpachydermicis; cuticula levi. Foliolis 22. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. r3 7 322 CQ. MASSALONGO nullis. Infll. 9 acrogena; bracteis }valde ampliatis, subtrijugis bilobis , “lobis subtriangularibus acutis, vulgo integris, illis jugis intimi postice eum dracteola subovata et saepe excisa, fere ad medium connatis , an- tice liberis. Colesula oblonga breviter emersa, ore truncato, hyalino-cre nulato. Capsula?. Spicis cf terminalibus intercalaribusve , perigoniis foliis subeonformibus sed cucullato-concavis, monandris. Propagulis ca- tenulatis subrotundo-obovatis, pallide, viridibus, vel subhyalinis. Hab. Ad rupes caleareas, fwfo calcareo: Veronae in viridario Comitis Giusti, et ex loco « Valdonega et S. Leonardo »; insuper prope eamdem urbem, seilicet in eavernosis mt. Ozgarine atque alibi supra viculum Avesa, nec non in collibus vici Pojano (C. Massal); — ex insula Gian- nutri (Somm!). — 91; Fruct.? Area distrib.: Dalmatiae, Istriae. Oss. Fra le altre specie autoiche di questo sottogenere, maggiormente rassomiglia (come fu già ricordato più sopra) alla C. Bryhnii, si noti però che in quest'ultima specie le cellule delle foglie sono, in confronto, più piccole (10-16 p. in diam.) e sempre fornite di pareti sottili. Inoltre, e questo è quello che più importa, in C. Bryhnii le brattee più. interne presentano lobi spesso irregolarmente arrotondati od ottusi, e sono fra loro e colla bratteola corrispondente insieme concrete dalla base fino oltre la metà di loro altezza, in un urceolo caliciforme, cingente la eolesula, quasi a somiglianza del genere Dichiton. La C. Baumgartneri sebbene autoica però sovente può sembrare dioica, perchè non sempre si riesce di isolare esemplari colesuliferi, che portino ancora uniti i rami anteridiferi; quest'ultimi facilmente staccandosi dal resto della pianta. Tenendo conto di ciò, in tali condizioni però la specie non è dioica, ma pseudodioica. A parte il carattere dell'infiorescenza la C. Baumgartneri differisce ancora dalla C. byssacea e C. divaricata, per un abito diverso, per le cellule delle foglie più ampie, e per le brattee più grandi, a lobi quasi sempre interi, nè mai seolorati verso il loro margine. Si aggiunga che la C. byssacea è fornita di anfigastri, che mancano alla C Baum- gartneri. La Cephaloziella Limprichtii Warnst. (Leber.-u. Torfmoose Mark Bran- denb. p. 228 et p. 235 fig. 3) possiede infiorescenza autoica (né pa- ` r Ae i X B E SR CS? Ze EU [ B D KA: Dia SA 3 A Ze rd ci E PS i x LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 323 roica), poichè le spighe anteridifere sono portate da rami, per lo più, inseriti al disotto del perichezio. Per i caratteri dolle foglie (formate da cellule di 16-20 p in diam.), la quasi mancanza di fogliole (od anfiga- stri), nonché per i lobi delle brattee perlo piü pressoche interi ed acuti, è ad ogni modo affinissima alla C. Baumgartneri. Però in quest'ultima specie le foglie sono verde-giallastre, un poco meno profondamente bi- lobe, eoi lobi separati da un seno spesso ottuso, la colesula non è su- periormente contratta, ma troncata e con orificio crenulato. 16. C. rubella (Nees). — Cephaloziella Warnst. Leber.-u. Torfmoose Mark Brandenb. p. 231 (1903). — Jungermannia Nees Hep. Europ. II p. 236 (1836); G. L. N. Syn. hep. p. 137; Limpricht Kryptogamenfl. Schles. I Leberm. p. 295. Icon. Warnstorf. in l. s. c. p. 235, fig. 5. Autoica, minutissima; caule innovante-ramoso, radicante, 1 2-mill. longo. Foliis magis minus imbricatis, rubiginosis, rubellisve, obovato-quadratis ad medium bilobis, sinu angulari, lobis aeutis, rarius obtusis; cellulis subquadrato-polygonis, subleptodermicis 12-18 v. in diam., cuticula levi. Foliolis utplurimum solummodo ad flores 9 conspicuis. Bracteis am- pliatis 2-3-jugis, intimis ad basin inter se et cum bracteola connatis, bi- trilobis, lobis vulgo denticulato-subserratis. Colesula oblonga prismatica, superne decolorata, ore crenulato; capsula ovali; sporis 8-10 p. in diam.; elateribus bispiris 6-8 p. crassis. Spicis cf in ramis saepe hypogynis, pe- regoniis subconduplicato-bilobis, concavis, aztheridiis solitariis. Hab. Ad terram in editioribus mt. Grappa prov. Vicenza Um — 9| — Fruct. aestate. Aria. distrib. Europae. Oss. Specie somigliantissima alla C. myriantha, dalla quale essenzial, mente può distinguersi, per l'infiorescanza autoiea (né paroica) ed anche perché, al paragone, le cellule delle foglie sono forse un poco piü grandi, ma con pareti più sottili; a ciò si aggiunga che i lobi delle brattee in. teriori sono forniti di denti un poco meno sviluppati. Aneora la C. bifida (Schreb.) S. O. Lindb. (in Kaalaas De distrib. hep. in Norvegia p. 159 excl. syn. pl. et fide specim. herb. Arnell ab 324 * C. MASSALONGO ipso S. O. Lindb. determinata) è autoica, ha il caule da 6-8 mill. lungo, foglie di color olivaceo-bruno ed i lobi delle brattee più interne interi, od appena erenulati, le spiche c? polijughe; forse questa specie potrebbe considerarsi quale una varietà o forma robusta di C. rubella. — Peril carattere dell’ infiorescenza dioiea la C. divaricata si distingue partieo- larmente dalla C. bifida, la quale secondo il Levier (App. briol it. in Bullet. Soe. Bot. It. 1905 p. 209) sarebbe stata da lui segnalata « a Campello prov. Novara »; ma l'indicazione lascia del dubbio, poiché il Levier riferendosi all’ opinione dello Schiffner, la considera come una forma di C. trivialis Schiff. (= C. divaricata), mentre più di recente lo stesso Schiffner sospettava invece, che la C. bifida sia piuttosto da aseri- versi a C. rubella. i 17. ©. erosa (Limpr.) — Cephaloziella Limpr. in Warnst. Leber.-u. Torfmoose Mark Brandenb. p. 233 (1903) — Jungermannia dentata Limpr. (nee Raddi) in Krypt. Fl. Schles. I, p. 293. Jcon.: Warnstorf. in l. s. e. p. 235 fig. 6. Autoica; caule parum radicante, 2-4-mill. longo. Foliis olivaceis, subo- bovatis, concaviuseulis ad medium bilobis, lobis ovato-lanceolatis, acutis obtusisve, in foliis inferioribus subintegris, in superioribus irregulariter erosis vel subdentato-erenulatis; cellulis leptodermicis 15-18 p. in diam. Foliolis minutis, subulatis vel excisis. Segmentis bractearum intimarum acutis, inaequaliter dentatis. — Caeterum ut in C. rubella. Hab. E mt. Bianco, in declivibus orientem spectantibus ex loco« Mo- rena Glacier du Miage » /Carestia!). — 91; Fruct. Julio (Vere, fide Lim- prieht). Area distrib.: Germaniae. . Oss. Specie molto affine alla C. rubella dalla quale differisce, per i lobi delle foglie superiori (almeno) più o meno distintamente erenato- subdentati. XX.) — Species paroicae. 18. C. stellulifera (Tayl) — C. stellulif. var. gracillima Douin, Les Cephalozia du bois de Dangeau in Bull. Soc. Bot. France tom. LII (1905) n dd F : ; E È t D LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 325 p. 259. — Cephaloziella stellulifera Schiffn. fide spec. ejusdem herb. — Cephaloziella gracillima Douin Muscinées d'Eure et Loir p. 257 (1906). — Jungermannia confervoides Raddi saltem ex p. — Jungermannia Sturhii v. procerior Nees, Lindenb. Gott. Syn. hep. — Jungermannia stellulifera Tayl. in Nees, Lindenb., Gott. Syn. hep. p. 134 (1844) fide Schiff. | Icon.: Douin Les Cephalozia du bois de Dangeau in l s. e. Pl. IV (forma lobis braetearum denticulato-subserrulatis) et ejusdem « Muscinées d'Eure et Loir Pl. IV p. 259 » (forma lobis bractearum integris). Ezsicc.: Erb. Critt. It. n.° 11 (sub. Jung. Starkii) in speciminibus meis. Paroica, caule radicante, filiformi 8 10 mill. longo, sub floribus 9 in- novante. Foliis e viride olivaceo-ferrugineis, inferioribus et. ramealibus dissitis, superioribus plus minus imbrieatis , subobovato-quadratis, dia- metrum eaulis parum superantibus, ad medium bilobis, lobis ovato-lan- ceolatis, vulgo acutis, sinu. angulari; cellulis polygonis, subleptodermicis (illis braetearum parietibus cireum circa aequaliter incrassatis) 14-17 t. in diam., cuticula levi. Foliolis minutis ovato-dentiformibus, saepe exci- sis, ad flores semper manifestis, sed in ramulis sterilibus interdum eva- nidis. Bracteis subtrijugis ampliatis, bilobis, lobis margine, saepe de- colorato, dentieulato subserrato, aut fere integro, illis jugis interioris ad basin inter se et eum bracteola in urceolum connatis. Colesula oblonga superne contracta et haud raro-hyalina, ore crenulato. Capsula ovali. Perigoniis hypogynis, foliis subeonformibus sed concavis, eorumdem lo- bis integris; az£heridiis solitariis breviter uniseriato stipitatis. Hab. Ad terram muscosam et inter hepatieas alias; Piemonte: prope Vercelli secus flumen Sesia (Cesati.); prov. Padova: e collibus Euga- neis « mt. Merlo, mt. Rosso, et prope Monteortone » (C. Massal.); prov. Treviso: in sylva Montello (Sacc.!); ex insulis Gilio et Elba (Béguinot!). — 9|; Fruct. vere. Area distrib. Europae. Oss. Il nome di C. stellulifera (Tayl.), venne impiegato dallo Spruce; Pearson ed Heeg, per designare piante certamente diverse e come sembra non corrispondenti alla vera Jung. stellulifera Tayl., forse perchè dopo EE EE A dig | gis E [ 326 C. MASSALONGO il Nees nessuno aveva veduto archetipici di questa ultima specie. Re- centemente però lo Schiffner (Bryol. Fragmente XXIII, 1905) avendo studiato esemplari originali di detta Junger. stellulifera, riconobbe che essa eorrispende a C. gracillima Douin, di eui io possiedo campioni speditimi dal Douin stesso. Per questi motivi credo giustificata la sino- nimia e nomenclatura qui adottata. Ricordo che le brattee intime di C. stellulifera, come risulta ancora dalla qui unita diagnosi, presentano i loro lobi ora erenulati o denticulati-serrulati (conf. Douin Les Cephal. du bois de Dangeau in l. s. e. PI. IV), oppure quasi interi nel margine. Nell'Erbario Critt. It. ser. I N. 11 col nome Junger. Starkii in aleune copie vennero pubblicati esemplari di C. stellulifera, in altre invece di ` C. Bryhnii. Così al N. 32 delle mie « Hep. It. Venet. exsice. » furono promiseuamente editi esemplari di C. divaricata e C. stellulifera. La C. elegans Heeg, è pure fornita di infiorescenza paroica, ma diffe- risco da C. stellulifera per altri caratteri, essenzialmente per le cellule delle foglie più piccole, cioè solo 9-12 p. di diametro. 19. €. myriantha S. O. Lindb. Medd. af Soc. F. et Fl. Fenn. 6 Febr. (1875); Spruce On Cephalozia p. 70. — Cephal. Jackii Limpr. in Spruce 1. e. p. 67 (1882); Heeg, Die Leberm. Niederüsterr. p. 96 in Verhand. K. K. Zool - Bot. Gesellseh. Wien. Jahrg. 1893. — Cephaloziella Jackii (Limpr.) Warnst. Leber.-u. Torfmoose Mark. Brandenb. p. 230. Icon.: Pearson, Hep. Brit. Isl. Plate LXX (€. Jackii). FErsicc.:: Massal. C. Hep. It.-Venet. exsice. n.° 108 (saltem p. m. p. s C. byssacea). Paroica pusilla; caule 2-5 mill. longo, radicante, cellulis eorticalibus subpachydermicis. Foliis e viride rubiginosis, rubellisve, subrotundato- obovatis, ad medium bilobis, sinu angulari, lobis evato-lanceolatis, pro more acutis, integris; cellulis fol. quadrato-polygonis circiter 12-15 p. in diam., parietibus aequaliter modice incrassatis, cuticula sublevi. Foliolis vulgo etiam in ramis sterilibus manifestis, minutis raro excisis, inter- dum evanidis, nullisve Bracteis subabrupte ampliatis, intimis eum drae- teola basi in excipulum connatis, lobis acutis, serrulato-dentatis. Colesula oblonga longitudinaliter plicata, apicem versus deeolorato-hyalina , ore ded o oe TE eT Ne APPAREL ACH LOS X LOT LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. BMEND. 327 erenulato. Capsula ovali. Perigoniis hypogynis, basi gibbosis , bilobis, lobis denticulatis; an£heridiis uni-biseriato-stipitatis. Hab. Ad terram humidam, rarius ad ligna plus minus emarcida in locis editioribus; prov. Novara: supra Riva Valsesia ex Alpe Ovago , et loco « Pietra Sora » dieto ad pedes truncorum Laricis « 1125 m. s. m. » (Carestia!); prov. Verona: e mt. Baldo « Valle delle Pietre » et mt. Posta ad truncos Pini Mughi (C. M.!). — 9|; Fruet. vere et aestate. Area distrib.: Europae. Oss. Il prof. Schiffner (Bryolog. Fragmente IV, XIII) distingue per questa specie una varietà Jaapian«, che differirebbe dal tipo per essere igrofila, per le cellule delle foglie un poco più piccole, e con pareti | tutto all'intorno appena ispissite, per i lobi della brattee più interne forniti di denti, al paragone meno sviluppati e corti. Secondo lo stesso autore per i suoi caratteri sarebbe quasi intermedia alla C. myriantha e C. Limprichtii. . A questa specie à assai affine la C. elegans Heeg. (Rev. Bryol. année XX, p. 82-83) che è pure paroica, va peró notato ehe quest'ultima possiede foglie formate di cellule leptodermiche, ed ha i lobi o segmenti delle brattee piu interne solo dentieulati. 20. €. Raddiana (Massal. C.) Massal. C. in Repert. Ep. It. p. 31 (1886); Heeg Die Leberm. Niederosterr. in l. s. e. p. 35 (emend.). — Junger- mannia Massal. C. Hepat. Venet. fase. I p. 54 (1879). Icon.: Massal. C. in l. s. c. tab. II, fig. C. I. Ersicc.: Massal. C. Hep. It.-Venet. exicé. n.° 61, 92 et Erb. Critt. It ser. II, n.° 760. Paroica minutissima; caule Luke longo arcte radicante, apice erecto, cellulis corticalibus paehydermieis. Foliis subflavo-viridibus, rarius olivaceo-subferrugineis, diametrum caulis plerumque parum superantibus, subadscendentibus vel patulis, subobovatis, hie illie subearinatis, ad me- dium bilobis (interdum ad caulis apicem trilobis), sinu obtuso vel sub- angulari, lobis lanceolatis acutis, raro obtusiuseulis, integris vel (in foliis praesertim superioribus) denticulatis; cellulis fol. subrotundo-quadratis 10-12p. in diam., parietibus subpachydermieis, interstitiis interdum conspi- 328 C. MASSALONGO cuis;euticula levi. Foliolis minutis sublanceolatis, bifidisve. Bracteis subu- nijugis valde ampliatis, subundulato-convolutis (ad basin ventrale cum braetéola connatis), inaequaliter 2-5-incisis, cristatisve, lobis vulgo acutis, margine patulo, subserrulato-dentieulato, aut rarius solum crenulato. Colesula breviter subeylindraceo-ovata, obtuse 3-4-plicata, superne truncata, ore (haud decolorato) minute erenulato. Capsula ovali, sporis levibus. Peri- goniis (foliis similibus) hypogynis bilobis, lobis saepe erenulato-dentatis; antheridiis solitariis uniseriato-stipitatis. Hab. Ad truncos emareidos Pini Piceae, circa Revolto supra pagum Giazza ad originem vallis « di Zregnago » prov. Veronae. — 9|; Fruct. autumno. ` : : Area distrib.: Austriae inf. Oss. Nel portamento ricorda forme minori di C. dyssacea, è però af- fine alla C. myriantha, dalla quale distinguesi. per le foglie a lobi qua e là erenulati e subdentati, per le cellule delle stesse un poco più pic- cole, ma colle pareti, al paragone, più grosse, come pure per la colesula non così allangata e superiormente troncata, nè, jalina. Ser. IL — Lobi foliorum magis minus dentatis vel subserrati. halozia Massalongi Spruce. — N. 1 planta colesulifera; 2, ramulus. sterilis; 3, frustulum caulis cum folio et foliolo; 4, foliola; 5, foliorum areo- latio. — 1-4 Sexagies et 5 ducenties circiter acutae. CRE I RR TAS SOT as S ena MEI EX ord: MT we ELITR eg e DRUMS ond mala. et MR PRTA A OE E A r N, el Ok? S LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 329 : 9]. €. Massalongi Spruce On Cephal. p. 71 (1882]. — Cephal. dentata Massal. C. et Carest. Ep. Alp. Penn. in Nuov. Giorn. Bot. It. vol. XII, p. 336 (1880). | Teon.: Massal. C: et Carest. in l. s. e. Tav. XI, fig. 1 (optima), conf. etiam iconem hie allatam. Dioica; caule filiformi radicante, 6-14 mill. longo, parum ramoso; foliis caule latioribus e viride olivaceo-rubiginosis, imbrieatis subovatis, sub- bipartitis, sinu angulari, segmentis subovato-lanceolatis , subincurvis , mueronatis, margine ad basin valide dentatis (dentibus saepe spinifor- mibus), apicem versus, vel in foliis ramorum graeiliorum , tota. longi- tudine, vulgo solum subdentato erenatis, repandisve; cellulis parvis sub- polygonis, 10-14 n in diam., pachydermicis, cuticula plus minus papil- losa (in foliis magis evolut's fere verrucosa). Foliolis minutis sublan- ceolato-linearibus, saepe dentatis. Infl. © aerogena aut ob innovationes pseudocladogena; bracteis subtrijugis ampliatis intimis bi-trifidis seg- mentis ambitu saepe decoloratis, aeuminatis et inaequaliter spinoso- den- tatis. Colesula oblonga prismatica, superne contracta, ore hyalino e cel- lulis digitiformibus prominentibus dentato. Capsula ovali. Perigoniis spieatis, fere foliis conformibus, sed subeonduplicato-concaviuseulis; an- theridiis solitariis globosis, pedicellatis. Propagulis ellipticis, bicellula- ribus e pallide-viridibus, fuscescentibus, glomeratis. Hab. Piemonte prov. Novara : Riva- Valsesia ad parietes fodinarum, et in loeis cavernosis ex alpe Ja Bosa, mt. T'urlo prope Maccugnaga- Ossola, et ex loco « il Ribasso », ad rupes supra Valdobbia « all'Alpetto », in sylvis « Ovago d'Otro » ad pedes truncorum Abietis pectinatae (Carestia!). — 9%; Fruct. aestate. Area distrib.? Oss. I segmenti delle foglie sono forniti alla base esterna specialmente di 1-3-denti spiniformi, molto sviluppati, mentre superiormente pre- sentansi spesso solo erenato-dentati. Nei giovani esemplari le foglie hanno color verde-eupo e la loro cuticola è appena papillosa, in quelli invece colesuliferi e più vecchi, le dette foglie sono olivaceo- rubiginose, nonchè ‘verrucose. Rarissimamente ho osservato delle foglie che alla base dorsale erano, qua e là, cellulose-subechinate, quasi a somiglianza di C. Columbae. , Wi 330 C. MASSALONGO Con questa specie merita d’essere paragonata l’affine C. (Prionolobus) compactus Jorgensen (Drei für die Skandinav. Halbinsel neue Leber- moose in Bergens Museums Aarbog 1901 n. 11, p. 7, Taf. II, fig. 1-15); va però notato che la specie dell'Jorgensen sembra possedere foglie di- vise solo un poco oltre la metà in due lobi. — Alla C. Massalongi è — affinissima ancora la C. striatula Jensen (in Revue Bryol année XXXI — [1904] p. 25 et p. 26-27 icon.), quest'ultima è però autoica. Per la loro affinità colla C- Massalongi in questo luogo devono inol- tre ricordarsi le due seguenti specie: I. C. elachista (Jack) Spruce on Cephal. p. 70 (1882); Pearson Hep. Brit. Isl. Plate LXXI. — Jungermannia Jack in Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsice. N. 574 e. ie. — Monoica pusilla; caule 2-4 mill. longo, parum radieante; foliis dissitiusculis diametro caulis vix latioribus, sub- ovatis, ad medium bilobis, lobis ovato-lanceolatis, acutis, integris, repan- dis aut dente uno altero armatis; cellulis pellucidis leptodermicis, 16-20 p.in diam.; foliolis interdum evanidis, 74/f. 9 acro-cladogena; bracteis eximie ampliatis bifidis; segmentis lanceolato-acuminatis, vulgo spinoso- dentatis; colesula subfusiformi prismatica, ore crenulato. II. C. subdentata (Warnst.) — Cephaloziella Warnst. Leber. — u. Tort- moose Mark Brandenb. p. 234 et p. 235 fig. 4. — Inflorescentia ?; minu- tissima; caule filiformi, radicante; foliis dissitis subovatis, ultra medium bifidis, segmentis lanceolatis squarrosis utrinque ad basin vulgo uniden- ` tatis; cellulis subpachydermicis12-15 p. m. in diam.; foliolis nullis. 22. C. dentata (Raddi) S. O. Lindb. in Journ. Linn. Soc. (1873); Spruce On Cephal. p. 7] (1882); Massal. C. Rep. Ep. It. estratto Ann. Ist. Bot. Roma vol. II p. 65; Boulay Muscin. France « Hépatiques » p. 72. — Prionolobus Schiff. in Engl. u. Prantl Die Naturl. Pflanzenfam. « Hepaticae » (1893). — Jungermannia Raddi Jungermann. Etrusca in Mem. Med. XVIII p. 32 UR et Ed. Bonn. p. 12; Gott. Lindb. et Nees Syn. hep. p. 143. Teon.: Raddi in l: s. c. tav. 4, fig. 4 (rudis); Massal. C. in l. $. €. tav. IX, fig. VI; Pearson Hep. Brit. Island. Plate LXXIII, fig. 2. att XP Ds ex LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 331 Dioica minutissima; caule filiformi radicante 6-8 mill. longo, ramoso, ramis lateralibus. Foliis diametro caulis latioribus, dissitiusculis, subo- vato-rotundatis, subeomplicatis ad medium bilobis, lobis aeutis, saepe divergentibus, inaequaliter serrato-dentatis; cellulis pellueidis polygonis subleptodermicis 16-20 p. in diam. , cuticula levi. Poliolis minutis, in- curvis, dentatis, excisis. Infl. Q acrogena; bracteis pluribus, imbricatis , ultra medium bifidis; colesula oblonga profunde quadriplicata, ore den- ticulato; caetera non vidi. Hab. Ad terram in sylvis montanis, humidis prope « Firenze » ex locis: Monte de Vecchi et Monte Muro inter Valle d'Arno et Rubbiana (Raddi!). — 9%; Fruct. vere. Area distrib.: Etruriae et Galliae. . Oss. Specie affinissima alla C. Turneri, ma da questa. distinta per le cellule delle foglie un poco piü grandi e fornite di pareti più sottili, nonchè per la presenza di anfigastri. 23. €. Turneri (Hook.) S. O. Lindb. in Journ. Linn. Soc. 1873); Spruce On Cephal. p. 71 (1882). — Anthelia Dmrt. Rev. Gen. Jung. p. 18 et Hep. Europ. p. 99. — Prionolobus Schiff. in Engl. u. Prantl, ` Die Naturl. Pflanzenfam. « Hepaticae » (1893). — Cephalozia dentala C. Massal. olim ex p. (nec S. 0. Lindb.). — Jungermannia Turneri Hook. Brit. Jung. (1816). Icon.: Hook in l s. e. tav. 29; Pearson Hep. Brit. Isl. Plate LXXIV. Ezsicc.i Carringt. et Pearson Brit; Hep, exsice. n.° 180. Polyoica, minutissima; caule 5-8-mill. longo, filiformi, radicante, ra- moso, ramis lateralibus. Foliis imbricatis subpectinato-distichis, diame- tro caulis latioribus, subobovato-cuneatis, ad medium bilobis, lobis acu- | tis, obtuse conduplicatis (lobo antico parumper minore), dentato-serratis; cellulis polygonis 14-18 p. in diam., parietibus aequaliter bene ineras- satis, cuticula levi. Infl. Q acrogena; bracteis foliis majoribus, bitrilobis, lobis subaeuminatis spinoso-dentatis; colesula prismatiea , obtuse, longi- tudinaliter plicata, ore subcontracto dentieulato. Spicis c? polyjugis ter- minalibus, intercalaribusve, perigoniis foliis eonformibus, sed subeueul- lato-conceavis, monandris. 332 C. MASSALONGO Hab. Inter hepatieas alias et muscos ad terram humidam, in sylvis submontanis; Lombardia (Garovaglio); Toscana: mt. Pisano (Arcangeli!) Asciano (Rossetti), ex alpibus Apuane et prope Seravezza, Forno « a Valasco », S. Romano in valle d'Arno, mt. Ripa (Rossetti!), ad pedes mt. Calvi prope S. Vincenzo « Maremma » {Somm.!), mt. Argentaro (Barsali!); ex insulis Sicilia prov. Messina (Zodda!), Giglio « valle Buz- zena » (Béguinot!), Montecristo (fide Barsali), Elba prope loeos « Mar- ciana marittima et Ripaparata (Somm!). — 9|; Fruct. vere. Area distrib.: Hiberniae, Galliae, Corsicae, Californiae. 24. €. Columbae Camus F. in Rev. Bryol. année XXIX (1902) p. 22. Icon.: Revue Bryol. année XXX (1903) p. 6 fig. 14. ‘ Autoica, minutissima; caule filiformi radieante 3-4 mill. longo. Foliis subimbrieatis, subovatis, diametro caulis latioribus, oblique adnexis, ad basin dorsalem saepe plus minus celluloso-echinatis, ad medium bilobis, e sinu angulari, lobis ovato-subtriangularibus, acutis, obtusisve , carinato- subconduplicatis, margine crenulato aut sparse et inaequaliter dentato- serrato; cellulis subpachydermicis, subrotundo-polygonis, 10-14 p. in diam., cuticula papillosa. Foliolis minutis, varie dentatis. Inf. Q acro-.clado- gena; bracteis ampliatis bi-,trilobis, lobis dentatis; colesula prismatica subfusiformi, ore contracto, crenulato. Hab. Inter caespites Dicrani stricti irrepens, ad truncos Pini emor- tuos, in sylva Valdoniello 1000 m. s. m., ex insula « Corsica » (Camusi) — 2%; Fruct? Area distrib.? Oss. Il carattere di possedere delle papille cellulari, coniche più o meno numerose e sviluppate, alla base dorsale specialmente delle foglie (par- ticolarità che sebbene assai di raro si riscontra ancora in C. Massalongi) » va soggetto a variare, poichè rinvengonsi qua e là delle foglie che sono affatto sfornite di tali appendici; le quali forse hanno il valore di pro- paguli. Ciò però non può dirsi per la C. phyllacantha , dove le spinule dorsali delle foglie sono costanti; del resto quest'ultima specie per altri caratteri è ben distinta dalla C. Columbae. In questo luogo, per la presenza di papille cellulari, situate al lato patate GTA URAS Ha hue o ea Care m Ce) NERO DI eg um RT E N Er, Ce, Y b NG n deg E Aen MT wg ER Ann TL e Seet E d ASS, el Ah TL in WC LIC: pm). ^ È E 1 (Lä, HE d d em 1 Ù EN * LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 333 dorsale delle foglie, similmente a quanto si verifiea in C. Columbae, vanno citate le due seguenti specie: I. C. papillosa Douin in Revue Bryol. 1901 p. 72 et p. 71, fig. 7-8. — C. Dowinii Schiff. conf. Douin in l. s. e. — C. asperifolia Douin in l. s. €. (nee Jensen). Var. 5 Belsensis Douin in Revue Bryol. 1903 p. 8 et p. 6, fig. 5-11. —- Questa specie affinissima a C. Columbae, e che ricorda forme di C. byssa- cea (anche perchè i lobi delle foglie sono spesso interi), è fornita al lato dorsale delle sue foglie di papille cellulari, subconiche, quasi a somi- glianza della Zejeunea Rossettiana e L. calcarea; tali papille però men- tre nella var. Belsensis sono molto numerose, rivestendo poco più della metà della superficie dorsale delle foglie, invece nella forma tipica si fanno più rade e sovente, in non poche foglie, vi mancano affatto. Ad ogni modo a motivo delle cellule delle foglie leptodermiche e loro cu- ticola levigatà la C. papillosa non può scambiarsi colla C. Columbae. - IL C. asperifolia C. Jensen Mosser fra Oest-Grünland 1898 in Medd.: om Grönland XV p. 372. — Cellulae foliorum omnes, parietibus plus - minus crassis, albescentibus, lucem rinfrangentibus instructae, lumine rotundato (Conf. Schiff. Bryol. Fragment. XXV). La euticola delle foglie sarebbe levigata e perciò questa specie non può identificarsi colla C. Columbae, ma piuttosto essere meglio parago- nata a C. phyllacantha. 25. C. phyllaeantha C. Massal. et Carest. Ep. Alpi Penn. Ulter. Oss. ed Agg. in Nuovo Giorn. Bot. It. vol. XIV, p. 242, oss. ad n. 57 (1882). — Anthelia Massal‘ C.et Carest. Ep. Alpi Penn. in 1. s. e. vol. XII, p. 340 (1880); Spruce On Cephal. p. 83 (1882). Icon.: Massal. C. et Carest. Ep. Alpi Penn. in l. s. e. vol. XII, tav. XI, fig. 2. i Dioica speciosa, minutissima, dense caespitosa; caule erebre radicante 6-10 mill. longo, ramoso, ramis lateralibus. Foliis e viride subglauce- scentibus, imbricatis, diametro caulis latioribus, subrotundis, oblique 334 C. MASSALONGO subamplexieaulibus, eoneaviuseulis, dorso alte echinatis, ultra medium bilobis, lobis subeonduplieatis, ovato-lonceolatis, acuminatis, margine sub- recurvo, eximie spinulosis; cellulis polygonis 10-14 p. in diam., subpa- chydermicis; cuticula leviuscula. Foliolis parvis saepe bilobis, margine spinosis. Infl. ‘9 acrogena aut cladogena, perichaetio subgemmaceo; bracteis foliis subeonformibus; colesula oblonga prismatica, levi, ore sub- contracto, ciliolato; capsula globosa. Hab. Prov. Novara prope Alagna- Valsesia in valle « d'Otro » ad pa-. rietes fodinarum eupri ex loco « il Ribasso » vel ad terram, nec non pedes truncorum abietis, in sylvis, saepe commixta Cephaloziae Massa- . longi (Carestial) — 9%; Fruet.? Area distrib. ? di Oss. A questa specie è forse identico il Prionolobus (Cephalozia) spi- nifolius Jorgensen, Drei für die skandinav. Halbinsel neue Lebermoose in Bergen Museums, Aarbog 1901 n. 11- p. 5, taf. II, fig. 16-24. Alla Cephalozia phyllacantha almeno affinissima è pure là Jungerman- nia (Cephal.) asperifolia Tayl. Journ. Bot. 1846 (an diversa a C. aspe- rifolia Jensen?), la quale però ha i lobi delle foglie acuti (nè acuminati). Subgen. V. — HYGROBIELLA (Spruce p. gen. On Cephal. 1882, p. 73). Plantae pusillae; eaulis basi denudatus, rhizomatoideus, radiculis fere destitutus. Folia inferiora minuta, squamiformia dissita, superiora con- fertiora et sensim inerescentia, ovato-quadrata, subeonduplicato-biloba , aut ovato-lanceolata et ad quartam vel tertiam partem biloba, interdum | solum emarginata; cellulae 12-20 p. in diam. Foliola nulla aut bene evo- d SR Za EE e i a d RR ii E VEA ny O I APER a RT ERR U Kë TT NE MEE D Se T d Kléi aa ak, AO ee Defter ër "kg SE ge ^ AES Na 184 SL ID CES S E Beat: luta, foliisque parumper minora. Inf. 9 acrogena; involucrum haud ` — gemmiforme; colesula obtuse trigona, interdum e dorso Subcompressa: — Rami laterales ad basin ventralem folii normalis exorti. Oss. Sottogenere distinto appena. da « Cephaloziella » per un abito diverso, per il eaule inferiormente rizomatoideo, afillo e superiormente lassifoglio, gli anfigastri o affatto mancanti , 0 se presenti allora della. metà, od anche solo di poco più piccoli delle foglie. Delle tre specie fi- nora note, spettanti ad Z/ygrobiella Spruce pro gen., la H. myriocarpa à — LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 335 motivo delle foglie carinato-conduplicate, e dei loro lobi ineguali, non- chè per la colesula ovale ed un poco compressa, dal dorso, venne anche riferita da S. O. Lindberg e Kaalaas ad un nuovo genere, sotto il nome di Zremonotus. Cephalozia laxifolia S. O. Lindb. — N. 1-2, rami colesuliferi e latere postico delineati; 3-4, frustula ramulorum cum foliis et foliolis idem e : ventre conspecti ; 5, bracteae ae bracteola; 6, folia et 8 foliola ramealia ; 7, foliola ramulorum; 9, areolatio foliorum et 10 bractearum. — 1-8 qua- dragies, 9-10 quadringenties circiter anctae. 26. C. laxifolia (Hook.) S. O. Lindb. Musei Seandinav. p. 3 (1879). — Gymnocolea Dmrt. Rev. Gen. Jung. p. 17 (1835) et Hep. Europ. p. 64. — Hygrobiella Spruce On Cephal. p. 74 (1882). — Jungermannia "Hook. Brit, Jung. (1816). — Cephalozia Notarisiana Massal. C. Le Ep. Erb. Critt. It. in Acc. Se. Med. Nat. Ferrara 1903 p. 201. — Junger- 336 i €. MASSALONGO mannia divaricata v. rivularis De Not. Erb. Critt. It. ser. II, N. 113. Icon.: Hook. Brit. Jung. tab. 59; Ekart Syn. Jung. Deutschl. tab. I, fig. 8 (ic. Hook.); Massal. C. in l. s. e. p. 202; Pearson Hep. Brit. Isl. Plate LXXVII; conf. etiam. ie. hie allatam. Ersice. Gott. et Rabenh. Hep. Europ. exsiec. n.° 345; Carringt. et Pears. Hep. Brit. exsiee. n. 68; Erb. Critt. It. ser. II, n. 113. Dioica caespitosa, minuta; caule 8-14 mill. longo filiformi, intricate, et : innovante-ramoso, inferne rhizomatoideo, cellulis corticalibus majoribus quam internis. Foliis transverse adnexis, in sarculis sterilibus et graci- lioribus exiguis, remotis indivisis, vel bidentatis, in ramis fertilibus et — robustioribus sursum acerescentibus, imbricatis, interdum sublanceolatis integris, saepius tamen ovatis et ad tertiam partem bilobis, lobis cana- lieulato-eomplieatis, haud raro inaequalibus; cellulis fol. subparalello- grammicis, leptodermieis, 15-20 p. in diam., cuticula levi. Foliolis sub- lanceolatis, vulgo bidentatis, foliis parum minoribus. Zait, 9, pro more, acrogena; bracteis (ex earumdem axillis plerumque ramulos edentibus) ampliatis 1-2 jugis, oblongis (e cellulis subprosenehy matoideis contextis) ad quartam partem bilobis, lobis interdum inaequalibus, integris. Brac- ` i teolis lanceolatis indivisis bidentatisve. Colesula EE obtuse trigona, ore contracto dentato. Caetera non vidi. Hab. Ad rupes irroratas secus rivulos ex loco « Cavendone » in valle « Intrasca » Lago Maggiore (De Not.!). — J; Fruct? Area distrib.: Britanniae, Sueciae, Hyberniae, Germaniae sept., Groen- = | landiae et Pyreneis. Oss. Altra specie di questo sottogenere, non ancora segnalata nel ui . paese è la seguente: a C. Nevicensis (Carringt.). — Hygrobiella Spruce On Cephal. p. 77(1882). : — Jungermannia Carringt. Trans. Bot. Soe. Edinb. XIII (1880) p. 465, Pl. XVIL fig. II; Carringt. et Pears. Brit. Hep. exs. n. 85. Pusilla caespitosa; caule capillari 8-15 mill. longo, basi aphyllo, rhi- zomatoso, sursum subfureato-ramoso; foliis remotis. oblique amplexicau- libus, vix caule latioribus, subrotundo-ovatis, complicato-concavis, biden- | tatis, dentibus obtusis; cellulis leptodermieis, polygonalibus; foliolis nullis. LE SPECIR ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMEND. 337 27. C. myriocarpa (Carringt.) S. O. Lindb. Soc. F. et Fl. Fenn. die 4 Nov. 1882. — Diplophyllum Carringt. in Carringt. et Pears. Brit. Hep. exsiec. n.° 96 (1879). — Hygrobiella Spruce On Cephal. p. 75 (1882). — Eremonotus S. O. Lindb. et Kaal. in Pears. Hep. Brit. Isl. I, p. 201. — Jungermannia Carringt. in Trans. Bot. Edinb. 1880 p. 466. Icon.: Carringt. Trans. Bot. Edinb. in 1l. s e. tab. XVIII, fig. IV; Massal. C. et Carest. Ep. Alpi Penn. in Nuovo Giorn. Bot. It. vol. XII, Tav. IX, fig. 2; Cooke Handb. Brit. Hep. Plate II, fig. 29; Pearson, Hep. Brit. Isl. Plate LXXVIII. Ezxsice. Carringt. et Pears. Brit. Hep. exsice. n. 96. Dioica, pusilla, caespitosa, ex olivaceo-ferruginea; caule rigidulo, fili- formi, sparse vel vix radicante, 6-10 mill. longo, inferne rhizomatoideo aphyllo, superne simpliciter vel furcato-innovante-ramoso , ramis diver- gentibus. Foliis ramealibus inferioribus minutissimis, squamiformibus, interdum vix manifestis, dissitis; superioribus sensim acerescentibus sub- imbrieatis, caule latioribus, subadpressis, subtransverse adnexis, subovato- quadratis, ad medium bifidis, lobis ovato-acutis conduplicatis (antico parumper minore). Ce/lulis fol. quadrato-polygonis, 10-12 p. in diam., sub- leptodermieis, cuticula levi. — Föoliolis nullis. Inf. 9 acrogena vel ob innovationes pseudocladogena, aut alare. Bracteis subbijugis valde am- pliatis conduplicato-bilobis, lobis integris subaeutis; colesula ovali e dorso parum compressa, plieata ore contraeto, dentieulato; eaetera non vidi. Hab. Valsesia: ad rupes e mt. Stovol, Palancà et ex alpe « Rizzolo » prope seaturigines « del Lago Bianco » (Carestia!); Toscana: ex alpi- bus Apuanis in declivibus mt. Zumbura « Valle d'Arnetola » (Rossetti !). 9|; Fruct.? Area distrib.: Scandinaviae, Scotiae. Oss. Per la forma delle foglie, coi lobi ottusamente conduplicati SS? parte le sue minute dimensioni, offre qualche rassomiglianza colla Jun- germannia (Sphenolobus) minuta. 23. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 338 C. MASSALONGO INDICE delle specie e varietà descritte o menzionate nella presente memoria SE aeraria Pears., vedi osserv. al eene . N° y escens (Hook. UE FREI: > 9 » — islandica (Nees), ES OOF BE uvis oss »-9 » ambigua sp. nov. . Roe EE e Lo » asperifolia Jensen, d ac. dE... Pow MES » asperifolia (Tayl. sub Jungerm.), vedi osserv. w Des E » baltica Warnst., vedi osserv. a si A » Lidi 6S. c0. Vs onse ag * bicuspidata (L.) . a AE | » — aquatica Geeks D ussere, a HRK i » — conferta Nees, vedi osserv. al . . . . wii » — Lammersiana (Hübn.) . . E pida » LL » — rigidula (Hübn.), vedi osserv. itai eU HM EE » — setulosa Spruce, vedi osserv. al . . . . . . » l » vulgaris Nees » >» Morc iere ist » bifida (Sehreb.) »- » WIN elia » 16 » Beyhnit Kuala iu ee » pyssacoa (Moth) EE Se A d » — grimsulana (Jack.) . EE MN » — verrucosa Jensen, vedi osserv. ^al di ny eatenulata (Hübn.) » » Eg » » Columbae Camus EE » compacta (Jorgens. sib Prionolobo), wb osserv. Et » » compactă WarnsL, vedi osservo 81... e s E » ébnboivens (DICES II RR ER Her (MB Sou anne n » dentata (Raddi Veye 1 9n S » » divaricata (Smith.) . dod i e » Ekstrandii Limpricht., vedi SIS ab RA » elachista (Jack.), vedi Osserv. al . . wm acci » elegans Heeg. EE, ee SIM I CPU PU PAD » erosa Greechen SE EE LE SPECIE ITALIANE DEL GENERE CEPHALOZIA DMRT. EMENA. 339 Cephalozia fluitans (Nees.), vedi osserv. al sottogen. Mirá NS d 7 » Francisci (Hook.) . . . » » heterostipa Carr. et e te Osserv. al umma. Eu- cephalozia s EMAIL Am II hiberniea Spr., vati OSServ. al i : 4 integerrima S. O. Lindb., vedi osserv. al ; 14 lacinulata. (Jaek.) » *-o 3 laxifolia ne 26 : leueantha Spru i 13 Limprichtii Warst sub Gorete vedi osser. Ce 15 Massalongi Spruce . Bogdan 21 si myriantha S. O. Lindb. 19 È — Jaapiana Schiff, vedi osserv. CR 19 S myrioearpa (Carringt. 27 F Nevicensis (Carringt.), vedi esserv. f^ 26 xm papillosa Douin » » » 24 xs — Belsensis Douin » » » 24 patula Steph. . phyllaeantha Massal. et Gates. piriflora Douin, vedi osserv. al. i pleniceps (Austin) . SEE EE pulchella Jensen, vedi osserv. Ld ; i Raddiana C. Massal. CSC rubella (Nees.) ‘ rubriflora Jensen, ai OSSery. al ; serriflora S. O. Lindb. i spinifolia (Jorg. sub Prionolobo), val Osserv. i stellulifera (Tayl.) . S OM RU, a . subdentata ER vedi OSServ. sal symbolica (Gott.) 1 — pallida geet — sphagnorum . Turneri (Hook.) . w ww V v w V * V V V.V V Ww V v V V. V V V V w V V w V V Y Ww Wo wow wow wy. wo ov V Ww WWW ^ Ww wo € Ww wow ow wv v v v v v ER ND Qt E Kë Prof. PIETRO CANNARELLA * "éi Contributo allo studio dei nettari estranuziali e fiorali : di alcune Cucurbitacee e di alcune Passifloree 1 COCCINIA PALMATA Cogn. E A (Tav. 1I). Vs af Md E? Hb i Questa specie, nativa di Port-Natal, si coltiva da qualche tempo nel- l'Orto Botanico di Palermo. È specie dioica ed i due individui che sono. molto vicini fra loro, formano una bella spalliera ricca in Agosto e Settembre di fiori dei due sessi di eui, il femmiaile, verso la fine di quest'ultimo mese produce una gran quantità di frutti bislunghi, rossi alla maturità. Il De Candolle (') parlando di questa pianta dice che sono ignoti i fiori femminili e per quanto mi consta, a me pare che nessuno dopo di lui ne abbia già parlato, per cui ne voglio dare una breve descrizione. Sono solitari, estraascellari ed hanno il peduncolo più S lungo di quello della foglia, con ovario infero ed oblungo più grosso in basso e più assottigliato verso l'apice, sub-eguale al pieciuolo. Il ca- lice, gamosepalo, rassomiglia molto a quello dei fiori maschili e presenta M cinque piccolissimi denti reflessi, nerastri. La corolla è imbutiforme, ampia, più piccola però di quella dei fiori maschili, ocracea, gamope- tala, quinquelobata coi lobi acuti, ondulati ai margini, membranacei. r Lo stilo è semplice, verdastro, esilissimo e porta uno stigma trilobo, | fungiforme, erestato, giallastro ai margini che sono peloso-tomentosi. | Il frutto è una bacca oblunga, lunga cirea 8 cm., larga da 2 a 3 em. | rossa alla maturità, contenente moltissimi semi. 1 Il Prof. Delpino (*) aveva studiato i nettari estranuziali di una specie È molto affine alla Coccinia palmata, la C. cordifolia, che è specie mel- " lifera in alto grado, e dove i nettari, sotto figura di minuti ocelli, sono | | : | e d ‘!) DE CANDOLLE - Prodromus Monographiae phanerog. vol. IIl, p. 540, N. 12. (®) DELPINO F. - Funzione mirmecofila nel regno vegetale, Prodromo. Parte : I. pag. 84-85. CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEI NETTARI ESTRANUZIALI ECC. 34l localizzati alla pagina inferiore a dritta ed a sinistra lungo il nervo primario ed i principali nervi secondari. Qualche cosa di simile si ve- rifica per la C. palmata, dove i nettari sono anche ocellari, nerissimi e sono pure localizzati nella pagina inferiore della foglia fra le nervature primarie e secondarie. Le osservazioni su tali nettari sono state fatte su 150 foglie ed i risultati ottenuti sono i seguenti. I nettari vanno da 15 ad 82 e presentano la seguente distribuzione: 15, - 17, - 18, - 19, -.90, - 22,4 93, - 24, - 25, - 26, - 27, - 28, - 29, - 30, - 31, - 39,. 39, 94, - 35,- 937, - 38, - 399, - 40, - 4], - 42, - 43, - 44, - 45, - 46, - 47, - 48, - 49, . 50, - 51, - 52, - 99, - 54, - 55, - 96, - 57, - 58, - 62, - 63, - 66, - 69, - 74, - 75, 76, - 80, - 82, Come si os- . serva la massima frequenza si verifica nel tratto compreso fra 30 e 40, doen appunto in 9 foglie si trovarono 34 nettari che così rappresentano la media naturale dei nettari trovati nelle foglie In generale si è os- servato che la funzione nettarofila negli individui maschili è superiore di quella degli individui femminili; difatti da un preliminare esame su 15 foglie dei due sessi si trovarono per gl’ individui maschili in tutto 633 nettari e per i femminili 408, con una variazione nei primi fra 12 e 65 e nei secondi fra 14 e 44. Esaminando la distribuzione dei nettari nelle sei regioni in cui la foglia viene divisa dalle nervature principali e che per brevità chiamo A, B, C, D, E, F, si hanno i seguenti fatti: A: I nettari di questa regione, che corrisponde all’ estremo sinistro della foglia, vanno da 1 a 10 e mancano molto frequentemente. La loro distribuzione è così regolata: D. - las - dii By < dg ae 6,-- Ag; È frequentissimo perciò il caso di nessun nettario, ma è molto più frequente il caso di 2 nettari, come è rarissimo quello di 10; così uguali sono quelli di 5 e di 6 nettari. B: I nettari di questa regione vanno regolarmente da 1 a 15 con la seguente distribuzione: l, - 2,3 - 3, - 4 59595, - Ti our $,*40,- 1, -124; 13, - 14- 15,. È frequentatissimo perciò il caso di 4 nettari, mentre è molto raro quello di 12 e sono uguali i casì di 2 e 3 nettari e quelli di 8 e 9. Abbastanza frequenti sono anche i casi di o e 6. 342 P. CANNARELLA C: I nettari di questa regione, che corrisponde alla centrale di si- nistra, vanno dapprima regolarmente da 4 a 23 e poi, irregolarmente, sino a 31 passando per un solo termine intermedio, 25. La loro distri- buzione è la seguente: 4, - 5, - 6, - 7, -8, -9,, - 10, - 1l, 12, - 13, - 14, - 15, - 16-17, - 18, - 19, - 20, - 21, - 22, - 23, - 25, - 31, Come si vede, qui il campo di variazione è più esteso, per cui si hanno maggiori fatti degni di nota. É frequentissimo il caso di 11 nettari, sono abbastanza frequenti i casi uguali di 9 e 10 nettari, quindi quelli di 15 e di 12, poi quelli di 14, di 7 e di 9 e per non parlare degli altri, sono rari quelli di 22, 23, 25 e 31 nettari. D: I nettari di questa regioue vanno regolarmente da 2 a 23 e poi saltando due termini arrivano sino a 26. La loro frequenza è la se- .guente: 2/-9, -4, - 5,- 6,-7,- 8, - 9, - 10, 11, - 12, - 13, 5 14, - 15,0 - 16, - 17, - 18, - 19, - 20, - 21, - 22, - 23, - 26,. Anche qui, regione centrale di destra, simmetrica perciò alla precedente, il eampo di variazione à pure esteso, anzi di più del precedente, perchè mentre in quello si avevano 22 termini, in questo se ne hanno 24, quantunque non si abbia il termine 31. È frequentissimo il caso di 8 nettari ed abbastanza frequenti sono quelli di 14,13 e 9 nettari, mentre sono rarissimi quelli di 22, 23 e 26. | E: I nettari di questa regione, mediana di destra, vanno regolar- mente da 1 a 14 e poi senza passare per il caso 15, passano a quello di 16 nettari. Raramente maneano. Il loro campo di variazione è il seguente: 0,- been - 3, -44 -5,- 0, -7,- 8g #9, - 10, - H - 12, - 13, - 14, - 16,. È frequentissimo adunque il easo di 5 nettari, mentre à abbastanza frequente quello di 4 e meno ancora quelli di 3 e di 8. Raro é il caso di 16 nettari. F: In questa, regione estrema di destra, i nettari hanno quasi la stessa distribuzione di quelli della regione A, cui è perfettamente sim- metrica. Essi vanno pure da 1 a 10: spesso mancano del tutto e manca poi, eome nella regione A, il easo di 8 nettari. Il loro campo di va- riazione, abbastanza limitato, è il seguente: 0,; -1,-2, - Ban - fu 7 9, - 6, - 7, - 9, - 10,. Perciò il caso più frequente è quello di 1 solo nettario, mentre è molto frequente quello di 2, come sono pure frequenti quelli di 3 e di 4; raro è poi quello di 10 e di 7. si 4 3 » 3 «Hn E n $ 3 4 S Lea oi vk EN a T cei Z * A e ít e CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEI NETTARI ESTRANUZIALI ECC. 343 Osservando ora il numero totale dei nettari trovati nelle singole re- gioni si ha: A — 299; B — 881; C — 1741; D — 1604; E — 840; F — 341. Come si vede, la regione più numerosa di nettari è la C, a eui seguono quella di D, di B, di E, di F ed in ultimo di A. Nulla perciò si può concludere esattamente circa la disposizione simmetrica dei nettari nelle singole regioni, essendo essi distribuiti disugualmente: solo si può dire che nelle regioni estreme A ed F si ha il minor nu- mero di nettari, e che questo numero va gradatamente aumentando verso le regioni mediaue B ed E per diventare massimo nelle regioni centrali C e D. Nemmeno si può concludere che i nettari sono ugual- mente distribuiti nelle due metà destra e sinistra della foglia che com- ` prendono rispettivamente le regioni F, E, De C, B, A, perchè nella metà destra si hanno in tutto 2785 nettari, mentre nella sinistra se ne hanno 2921 con una rilevante differenza di 136 nettari. ° Si può concludere perciò: 1° i nettari seno disugualmente distribuiti sulla foglia; 2° sono più abbondanti nella metà sinistra; 3° il loro nu- mero va sensibilmente crescendo dalle regioni estreme alle mediane; 4° per le singole foglie va da. 15 ad 82; 5° sono più preferibilmente localizzati nelle regioni più prossimali all’ angolo delle nervature, che non nelle regioni distali. LUFFA AEGYPTIACA Mill. (cylindrica Roem.; siriata Schrad.). Questa specie fu studiata dal Delpino (') che, parlando dei nettari estranuziali dice: « il loro numero è variabile a tenore della robu- stezza delle foglie. Esaminatene parecchie il numero minimo rilevato fu di 14 e di 40 il massimo; adunque in media sono 27 nettari per foglia ». Dalle osservazioni fatte sopra 20 foglie ho ricavato i seguenti fatti : Il loro numero è variabile da 22 a 75 con il seguente campo di va- riazione: 22, - 23 - 29, - 30,- 31,- 30, - 39, - 41, - 42, - 43, - 49, - 9l, - 60, - 68, - 75,. (') F. DELPINO (l. c.) Se EE TS E E e MRI ANSE RI "a e 344 i P. CANNARELLA Non si è mai riscontrato nessuno dei due termini estremi dati dal Prof. Delpino. Esaminando la distribuzione dei nettari nelle singole regioni, come si è fatto per la Coccinia palmata si hanno i seguente risultati: A: I nettari di questa regione vanno da 1 a 10. Spesso anche man- cano, come mancano anche dei casi speciali, come quello di 3 e di 7 nettari, fatto sul quale nulla si può concludere in proposito trattandosi di un esame su poche foglie. Il loro campo di variazione, è il seguente: 0,-1,-2,-4,-5,- 6,- 8, - 9, - 10. I easi più frequenti sono perciò quelli di 3, di 5 e di 9. B: I nettari di questa regione vanno da l a 9 e solo per eccezione possono giungere sino a 13, senza che si abbiano nè 10, nè 11 e nè 12 nettari. Essi sono così distribuiti: 1, - 2, - 3, - 4, - 5, - 6, 7, - 8, - 9, - 13,. Il caso più frequente è quello di 4 nettari, mentre sono casi rari quelli di 1, di 2, di 5, di 8 e di 13. C: I nettari di questa regione vanno quasi regolarmente da 4 a 15; manca il caso di 5 nettari. Il loro pipe di variazione é cosi regolato: 4, - 6, ad. 29,410, - IE ER 9. - 14, - 15, Più frequenti sono i casi di 7 ed 8, mentre rari sono quelli di 6, 10, 12 e 14 nettari. D: Molto più irregolare è la distribuzione dei nettari in questa re- gione nella quale essi vanno da 2 a 20 con molti casi maneanti, come quelli di 3, 5, 9, 12, 17, 18 e 19. La loro distribuzione è la seguente: 92 74 Bo TL Bod bs 13, --14, - 15, - 16, - 20, Il caso più frequente è quello di 6 nettari, mentre sono casi rari quelli di 7, 10, 11, 13, 15, 16 e 20. E: I nettari di questa regione sono distribuiti quasi nello stesso modo ehe nella regione B, perchè vanno da 1 a 14 offrendo lo stesso numero di easi (10), eon la differenza che in quella vanno sino a 13, mentre qui vanno sino a 14 e manca, oltre i easi di 10, 11 e 12, anche quello di 9 nettari. Essi sono cosi distribuiti: | O 3 wp 6, - 7, - 8, - 13, - 14,. Il caso più frequente A quello di 4 nettari ed ` anche questo fatto è comune eon la regione B. F: I nettari di questa regione non mancano mai e vanno da 2 a 12; mancano peró i easi di 3 e 10 nettari. Per la distribuzione corrispon- CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEI NETTARI ESTRANUZIALI ECC. 345 dono a quelli della regione A e vanno in questo modo: 2, - di - 5, - 5-7,-8;-9,- 11 - 19. È più frequente adunque il caso di 5 nettari, e sono rari quelli di 6, 11 e 12. | Osservando ora la somma dei nettari nelle singole regioni si ha: ÀA = 87:B= 109; C = 191; D = 184; E = 110; F — 115. La regione più ricca di nettari è perciò la C, e dopo vengono la D, la F, la E, la B ed in ultimo la A. É notevole come le due regioni centrali C e D contengono quasi lo stesso numero di nettari (d — 7), come le due mediane hanno, si può dire, perfettamente lo stesso numero (d=1) mentre poi le regioni estreme sono diversamente fornite di questi or- gani (d = 28). Risulta così che la somma dei nettari a destra, 409, è maggiore di quello dei nettari a sinistra della foglia (387) con una differenza di 22 nettari. Questo fatto è perfettamente opposto a can che ai è visto per la Coccinia palmata. Si conclude perciò: le i nettari sono quasi ugualmente distri! uiti nella foglia; 2° sono più abbondanti nella metà destra della foglia; 3» il loro numero non sempre va regolarmente aumentando dalle re- gioni estreme alle centrali; 4° per le singole foglie essi vanno da 22a 75; 5° non hanno regola fissa circa la posizione che occupano sul lembo foliare. MOMORDICA COCHINC h Di questa bellissima Cucurbitacea, nativa delle Indie Orientali, si coltivano nel nostro Orto Botanico due individui, uno maschile che fio- rise regolarmente ogni anno, ed uno femminile che quest’ anno fiorì per la prima volta portando due fiori, uno dei quali si fecondò artifi- cialmente con esito felice. I nettari, importantissimi, furono per la prima volta segnalati dal Prof. Mattei e sono di due specie: nuziali ed estranuziali. I nettari nuziali si trovano quasi esclusivamente nell’individuo maschile, mentre gli estranuziali si trovano nei due sessi e sono di due categorie: alcuni sono peziolari e si trovano lungo il picciuolo fogliare dei due indivi- dui, altri sono bratteuli e si trovano sulla brattea che circonda il fiore maschile solamente. 346 P. CANNARELLA Nettari peziolari. — Questi nettari sono in forma di dischi piano- concavi, sessili, slargati, di colore verde-oscuro come tutto il corpo della pianta e sono situati ora a destra ed ora a sinistra del pieciuolo; raramente si trovano sul margine fogliare presso l'inserzione del picciuolo. Le osservazioni fatte in proposito su 100 foglie normali bene sviluppate sono distinte per gli individui maschili e per i femminili. Pianta maschile. — I nettari vanno da 1 a 3; molto frequentemente mancano e sono cosi distribuiti: 0,, - l; - 23, - 3,. È frequentissimo perciò il caso di un solo nettario, mentre è meno frequente quello di 2 e raro quello di 1. Il numero totale dei nettari osservati su 100 foglie è di 98, ciò che prova il pochissimo sviluppo che ha la funzione nettarofila in questi individui. Riguardo alla disposizione dei nettari sul pieciuolo si hanno i se- guenti fatti: Quando si tratta di un solo nettario, questo può essere ora a destra ed ora a sinistra del picciuolo; su 47 nettari osservati in -tal modo 27 sono situati a destra e 20 a sinistra. Quando si tratta di due nettari essi possono essere o perfettamente opposti, o sub-opposti, 0 molto distanti fra loro. Dei 25 easi osservati in tal modo, una sola volta sono opposti, 7 sub-opposti, 17 distanti fra loro. Nel easo unieo di 3 nettari 2 sono sub-opposti, il terzo situato più basso. Concludendo, per la pianta maschile si ha: 1.° i nettari peziolari sono scarsissimi e senza regola fissa; 2.° sono più frequenti a destra pass non a sinistra. Pianta femminile. — 1 nettari peziolari della pianta femminile sono molto più abbondanti di quelli della pianta maschile, e ciò si deve principalmente al fatto che in essa non esistono affatto altre specie di nettari estranuziali. Dall’ esame su 100 foglie si trovarono infatti 166 nettari, cioè a dire 68 in più che nell’ individuo maschile. Essi vanno pure da 1 a 3, ma con una distribuzione totalmente diversa, offrendo 36 casi con un solo nettario, 53 con due ed 8 con tre; soltanto in tre casi mancano totalmente. Riguardo alla posizione sul picciuolo essa è come nell’ individuo maschile. Nel caso di 1 solo nettario, 22 volte sì trovarono a destra e 14.a sinistra. Nel caso di 2 nettari, 10 volte si trovarono perfettamente opposti, 8 volte sub-opposti, 26 a dislivello, in CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEI NETTAR: ESTRANUZIALI ECC. 347 3 easi erano solamente a destra ed in 2 a sinistra. Nel caso di tre nettari, 6 volte si trovarono 2 a destra ed uno a sinistra e 2 volte si trovarono in modo inverso. Per cui calcolando il numero di tutti i nettari a destra (90) e di quelli a sinistra (76) si osserva, come nel- T individuo maschile la maggiore preponderanza‘ di nettari a destra, fatto che deve avere un certo valore biologico. Un fatto mimetico di molta importanza è la presenza in grande ab- bondanza, su questo individuo femminile, di due coccinellidi comunis- simi, il Chilocorus bipustulatus L. e l'Exochomus 4-pustulatus L. Sulla pianta maschile, questi due insetti, che hanno perfettamente il colore e l'aspetto dei nettari, non sì trovarono mai. Nettari bratteali. — I nettari bratteali si trovano esclusivamente sulla pianta maschile e pare che sin'ora non siano stati descritti da nessuno Come si sa, il fiore maschile di questa pianta è avvolto da una grande brattea di color verde, di forma cucullare, retusa all'apice, bivalve, aperta sul lato centrale, peloso-tomentosa al margine (!). Né il De Can- dolle, nè altri dopo di lui, per ciò che io ne sappia, pare che abbiano osservato che spesso alla base della spata e precisamente nella regione che segue all’insenatura cuoriforme che la detta spata presenta, in cia- scuna delle due valve, e talvolta in una soltanto, si nota la presenza di piccoli nettari discoidei, verde-oscuri, lucidissimi, del diametro di qualche millimetro circa, in forma di piccole prominenze pianeggianti, ' localizzati ora sul margine bratteale in modo che le porzioni nettarofile dei nettari di destra si toccano con quelle della valva di sinistra ed ora sul margine interno della medesima. Il numero di questi nettari è variabilissimo. Le osservazioni, fatte su 38 fiori mi hanno dato in tutto 89 nettari, di cui 45 sul margine destro e 44 sul margine sinistro. Dippiù essi sono disugualmente distribuiti sulle due valve, come si può vedere dal seguente specchio: 0) DE CANDOLLE - Monogr. Phan. III. p. 444, N. 14. 348 P. CANNARELLA d. 8 d. 8 d. s. d. S. 1 2 3 11 2 1 21 2 1 31 Ioco 2 1 2 1p. s 0 22 1 0 33 0 1 3 1 1 13. 3 1 23 2 0 33 0 0 4 2 0 14 2 2 24 2 1 34 0 A 5 2 I 15 0 3 25 2 3 35 2 0 6 1 1 16 1 1 26 1 R 36 0 0 7 0 0 17 1 0 27 1 3 gi 0 Di 8 1 1 18 6 D 28 1 A 38 0 1 ‘9 1 1 19 T 0 29 1 0 10 0 0 20 1 0 30 1 1 Presentano perciò diversi casi ehe sono: 1° i uettari possono essere in numero uguale sulle due valve, come si è verificato in 8 casi, di eui 7 con un solo nettario e 1 con due nettari; 2° possono essere di- ` suguali sulle due valve come si verificò in 12 casi dei quali in 6 quelli di destra sono più numerosi di quelli di sinistra e negli altri 6 il caso contrario; 3° possono anche mancare totalmente sulle due valve, come si ebbe in 5 casi; 4° possono mancare soltanto a destra come si ebbe pure in 5 casi; possono mancare solo a sinistra come si verificò in 8 casi; 6° il loro numero sulle singole valve varia da 0 a 6 come segue: 0,, - 1, - 2,, -3, - 4, - 5,- 6 ; 7° la loro singola distri- buzione è molto variabile come risulta dal seguente speechio da cui si può vedere che il caso più frequente è quello di un solo nettario a destra ed a sinistra. $ d/s[a|s |a! s[a|s]a | s[a|s |a]s [a] s Is[a|s]d | s[d|s|d sis = ooo ajoji ofe o| DEE DE DEL DEI EAR ENEE GLottdakkalktkaialelklalad alba tballecheltelaketcktkt 2 H+HHH+H]++H+|+]++ ++]+t tit SIHF HHH HHHH + | Li 4 H+ E PIE HE 5--H4- ++ ++ | 6 ++ 7 ++ 8 9 40| A : x Kä dre SPERO A Mee PIT SIL SONS Sp RET E ie P IUE Te”. KAS A, MNT, O tee CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEI NETTARI ESTRANUZIALI RCC. 349 Non é raro ehe qualche nettario si presenti sdoppiato. Dalla presenza di questi nettari sulle foglie bratteali risulta spiegata la funzione ‘mir- mecofila di questa brattea, la quale, sino a che il fiore è poco svilup- pato, si presenta dall’alto e da tutto il margine ventrale ermeticamente chiusa, mentre è soltanto, e sempre, aperta nella regione inferiore e precisamente nell’ insenatura della brattea verso il picciuolo. Così la brattea verrebbe a funzionare come una cavità sempre accessibile alle formiche, che poi, ‘a fioritura avanzata, possono: anche penetrare nel nettario nuziale. Nettario nuziale. — Prima di descrivere questo nettario che è unico ed è esclusivo del fiore maschile bisogna descrivere un po' questo fiore Esso è solitario e presenta esternamente un -calice nero-paonazzo, lucido gamosepalo, fortemente saldato colla corolla, quinquelaciniato, colle lacinie acute, ondulate ai margini. La corolla, campanulata, è grande, dialipetala, e si compone di 5 petali di color giallo-pallido, più carico ‘in basso, più chiaro all'apice e nei margini, membranacei , morbidis- simi. I 5 petali non sono inseriti nello stesso verticillo, ma stanno 2 ‘esternamente e 3 internamente. I primi sono gialli anche nell’ interno, gli altri sono caratteristicamente tinti di nero all’ interno ed in basso dove formano una macchia triangolare. Però siccome in tutto i petali sono 5, le tre macchie nere non potrebbero trovarsi su ciascuno dei petali interni, occorrendo poi altrettanti petali gialli per rendere più spiccate le suddette macchie che funzionano da nettarovie per i pro- nubi della staurogamia, sicchè si nota questo particolare caratteristico, ‘che due dei suddetti petali interni sono regolarmente macchiati di nero ed alternano coi due esterni gialli, mentre il terzo per metà è giallo e per l'altra è nero. Dipendente da ragioni filtotassiche può avvenire che la metà nera sia quella di destra ovvero quella di sinistra, ma ciò non disturba la necessaria disposizione fiorale. Abbassando un poco i due petali esterni si nota alla base di ciascuno di essi una appendice liguliforme, di color giallo-cereo, più carico verso la base e meno verso la cima. Questa appendice nella parte inferiore è tenuta da un ligamento elastico che le permette di fare dei movimenti dal basso all’ alto e si presenta al vertice e lateralmente conformata a da vera e propria nettaroteca. La cavità nettarigena è aperta immedia- 350 i P. CANNARELLA cappuccio coi margini periferici ripiegati verso una cavità sottostante che copre e protegge e che è l’entrata del nettario di cui essa funziona tamente al disotto della nettaroteca, ha all’ ingresso la forma triango- lare e, penetrando al disotto dell’apparato androceale, va a sboccare in un’ apertura identica che copre la nettaroteca che si trova dall’ altra parte quasi opposta. In questo modo il nettario è formato da una ca- vità unica a decorso quasi rettilineo, abbastanza ampia, con due aper- ture che, pare, funzionerebbero una d’ entrata e l’altra d’ uscita. Il tes- suto nettarigeno, che costituisce la base del nettario e che si estende per tutto quanto l'organo, è costituita da una massa giallo-dorata, lu- cidissima, sub-mammellare, più sviluppata nelle regioni laterali e meno nella centrale dove corrisponde una leggera infossatura. Interessante è la posizione che occupano i due fiori d'ingresso del nettario. Per poter precisare meglio questa posizione è necessario ri chiamare un fatto già noto. Come si sa nelle Cucurbitacee si trovano due stami con antera completa ed uno con mezza antera, sicchè si hanno in tutto due antere e mezza, o per meglio dire cinque teche. Il | filamento staminale, appressato per tutto il decorso, eretto ed ampio forma un fascio unico, a forma di piramide triangolare. Di essa, due faece sono a sviluppo regolare, la terza è più piccola e eorrisponde quasi alla metà di ciascuna’ delle due prime. Ciascuna delle due facce complete, ha quasi la forma di una eripta, che potrebbe chiamarsi cripta nectarogena perchè in essa si apre l’entrata del nettario ed a tale scopo essa forse per richiamare meglio l'attenzione dei pronubi , che a me sono completamente sconosciuti, ha un fondo tinto di giallo | dorato, mentre la volta ed i fianchi sono artisticamente ornati di quattro festoni neri, vellutati, di cui gli esterni sono più estesi e giungono quasi alla base della cripta, mentre gli interni sono più corti e non ` giungono che verso la metà. In alto, a guisa di tetto, stanno in una cripta una teca di uno stame completo e l'altra dell’ altro stame identico; nell’ altra cripta si trova la seconda teca del primo stame 5 completo e l’unica teca dello stame incompleto; mentre poi nella terza faccia incompleta della piramide staminale si viene a trovare la seconda ` Ri x - a GO te Dui E EEN mine: CONTRIBUTO ALLO STUDIO DEI NETTARI ESTRANUZIALI ECC. 351 teca del secondo stame completo. Così accade che uno stame ha due - teche che sormontano per una parte ambedue le cripte nettarogene, mentre dell'altro stame completo una teca sta dentro e l'altra fuori la cripta dove invece viene ad esserci l’unica teca dello stame incompleto. Queste antere sono gialle coi margini neri, fortemente pelose e coi mar- gini grossolanamente scolpiti ed hanno un polline grosso, di color rosso raneione. Al disotto dell'apertura dell'antera da ciascun lato dello stame ‘si trova una breve appendice simmetrica, nera, di forma triangolare, divaricata all’infuori, il cui significato biologico è difficile poter precisare. Questo nettario trova riscontro in qualche modo con i nettari di molte Passifloree e mostra come è ancor più intimo il legame fra questa famiglia e quella delle Cucurbitacee. PASSIFLORA GRACILIS Link. I nettari di questa specie sono di due categorie: peziolari e fogliari. Quelli peziolari sono raramente in numero di 1, più spesso di 2, e pos- sono essere, al solito, opposti, sub-opposti, alterni. L'esame fatto su 80 foglie ha dato i seguenti risultati: con un solo nettario 5 foglie, con due nettari 75, dei quali 38 opposti, 26 sub-opposti, 16 alterni. È da notare che nel primo caso i 5 nettari sono sempre a destra. I nettari fogliari vanno da 2 a 17 in questo modo: 2, - 4, - 9i - 6, T «8-9. .10,-11, -12,- 13, - Mi - 15;- 16; - P7, e ouo di stribuiti sulla lamina sempre nelle regioni comprese fra le tre nerva- ture dalle quali essa viene divisa in 4 regioni che da sinistra a destra sono A, B, C, D. Nella regione A i nettari possono anche mancare e quando esistono il loro numero va da 1 a 4 con la seguente distribu- zione: 0,, - 1, - 2, - 33, - 4. Piu frequente è perciò il caso di 2 nettari. Il e numero Eé è di 367, circa il triplo della prima. I nettari della regione C hanno su per giu la stessa distribuzione della precedente. Solo in un caso mancano, come manca pure il caso di un solo nettario, per cui vanno da 2 a 7 nel seguente modo: 0, - 2; - 3» - 419 - 5, - 6, - 7, È adunque piu spiccato il caso di 5 nettari, ma sì hanno 365 nettari come quasi nella regione B. I nettari della re- 353 P. CANNARELLA gione D hanno quasi la stessa distribuzione di quelli della regione A. Difatti possono anche mancare; il loro numero va da 1 a 4; è più frequente il caso di 2 nettari, ed in tutto sono 130; la loro distribu- zione è la seguente: 0,, - 1a; - 2, - In - Ar ` Coneludendo si ha: 1° i nettari peziolari sono quasi sempre in nu- mero.di 2 ed opposti; 2» i nettari fogliari vanno da 2 a 17; piu fre- E quentemente sono 15 e sono localizzati sul margine della lamina, in serie regolare ed appaiono come delle fossette perfettamente circolari, concave sulla sulla pagina superiore, convesse sulla inferiore dove sol- tanto sono melliflui e sono di color giallo-pallido, spiccante sul verde glauco di tutta la foglia. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA III Fig. 1 - Foglia di Coccinia palmata con nettari. » 2 - Brattea di Momordica Cochinchinensis, chiusa, di fiore g eon. nettari alla base. .» 3. - Cripta nettarigena con appendice liguliforme in basso e cavi ità > Li nettarica in mezzo. 1 > 4 - Aspetto dell'apparato staminale e del nettario: a connettivo degli i stami; 5 antere; c appendici sottostanti; d cavità nettarica; e E volta liguliforme; f tetto del nettario; g tessuto nettarigeno. i » 5 - Androceo visto nell'insieme. Y e - Proiezione orizzontale del fiore: a petali neri; b petali gialli; d cripte nettarigene pari; e cripte impari; f antere. Ca 5 2 stami contigui; æ stame completo con un’antera vista di faccia; b stame incompleto con antere di fianco ed appendice sottostante > 8 - Decorso del nettario con tessuto nettarigeno mammellonare (4) € massa ricettacolare circostante (b). > 9 -Sezione trasversale del medesimo: a massa nettarigena; b ricet- tacolo; e peduncolo fiorale. » 10 - Brattea fiorale aperta, vista dal lato ventrale per mostrare le ca- ys vità sempre aperte ed nettari alia base. ; » 11 - Foglia di Passiflora gracilis, Intorno ad un parassita dannoso al Solanum Melongena. Osservazioni DI P. VOGLINO. (con Tav. IV) Negli anni 1904-906 avevo osservato qua e là, nel Piemonte, rari in- dividui di melanzana (Solanum Melongena) colpiti da una nuova malat- tia che pareva determinata dal parassitismo della Phyllosticta hortorum Spegazzini; nell'autunno di quest' anno (1907), in eausa delle continue pioggie, le piante danneggiate erano a centinaia per il chè, avendo a disposizione abbondante materiale, potei studiare la causa del male ed il progressivo sviluppo del parassita. L'infezione, sulle foglie, s'inizia nella pagina superiore, in forma di macchie circolari od ellittiche, olivacee, con orlo bruno o fuligginose con margine più scuro, larghe 2-4-6-8 mm.; in seguito le macchie con- fluiseono in zone fuligginose, grigio-brune, ellittiche, a margine sinuoso, nero, lunghe sino a 3 cm., larghe 1-2-3 cm., od estese tanto da occupare gran parte del lembo. I tessuti imbruniti perdono la consistenza nor- male, si disgregano sotto l'azione del vento e della pioggia, lasciando le foglie bucherellate o ridotte in brandelli informi. Nella parte centrale bruna spiccano i punticini neri dei corpi fruttiferi. Sui frutti, si formano piccole macchie circolari od ellittiche, brune, che in breve (1 o 2 giorni) si estendono in larghe zone cancrenose, fu- ligginose o neriece, serepolate nel mezzo, in modo da mettere allo sco- perto i tessuti interni, marcescenti, fuligginosi. Sulla porzione annerita sporgono numerosissime vescichette ocracee dapprima, poi nere. L'imbru- nimento e la marcescenza dei tessuti s'approfondisce tanto da invadere quasi tutto il fruttò anche quando esso è già stato staccato dalla pianta. Questo fatto allarma gli orticoltori poichè molte volte trovano, in 12 o 14 ore, marcescenti, in gran parte, quei frutti che nello staccarli ave- vano solo una piccola macchia fuligginosa. Sul fusto vi sono rare macchie brune e di solito poco espanse. 24, Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 354 P. VOGLINO - Le pioggie prolungate, l’ umidità eccessiva; sono i fattori principali del diffondersi di questo male. Nel decorso ottobre, in un seminato alla Madonna di Campagna (To: rino), l'infezione era limitata a pochi individui, dopo tre giorni di piog- gie continuate non vi era pianta, si può dire, che fosse rimasta im- mune. Le foglie penzolavano in brandelli bruni ed i frutti anneriti e marcescenti si spappolavano alla minima pressione. Nelle annate asciutte il male, sebbene molto limitato, può egualmente estendersi ai frutti; non si avrà l'imbrunimento totale sulla pianta ma il raccolto è egualmente compromesso perché solo nel lasciare i frutti ammucchiati nei cesti, dalla sera al mattino, le macchie cancrenose possono estendersi tanto da renderli inadatti alla vendita. Si verifica quanto si va da molti anni lamentando per l’ infezione del Colletotri- chum Lindemuthianum sui frutti del fagiolo. Nelle sezioni, la foglia si vede attraversata da numerosissime ife inco- lore (fig. 1, 2, 4), sinuose, contorte, genicolate, ripiegate a V, divise da frequenti setti in molti loculi, irregolarmente ingrossati, varicosi, larghi 6-7-12 p., con ramificazioni di solito ad angolo acuto, lungo il decorso e molto numerose verso l estremità. Le ife serpeggiano abbondanti fra le lacune del tessuto aerifero, isolate, od in fasci di 2-3, avvolgono in vario modo le cellule, raggrinzandole ed assorbendone il nutrimento e spingono rami verticali fra i meati del tessuto a palizzata ove, dopo aver staccato ed ucciso le lunghe cellule, si contorcono ed accrescono nei .pienidii. Nel fusto si distendono fra le cellule verdi della porzione sotto- corticale. Nel frutto, le ife (fig. 3, 6), pur essendo qua e là rigonfiate (lar- i ghe 5-7-12 p.), eon numerosi setti trasversali a data distanza, si allun- gano di molto, decorrono diritte per brevi tratti, emettono, ad angolo acuto o retto, frequenti ramificazioni di differente lunghezza, isolate od abbinate. Molte ife, ingrossate nella zona di prolungamento, e per un breve tratto, sino a 12 m., formano, verso l’ estremità, dividendosi dico- tomicamente, un pennello di rami variamente contorti che, assottigliati. all'apice, si spingono fra le cellule, le avvolgono, le distaccano, le ucci- dono, inducendo così un fittissimo e caratteristico intreccio di ife ed un imbrunimento nella polpa (fig. 3). id er Cd E E x: g e de S ; reg INTORNO AD UN PARASSITA DANNOSO AL SOLANUM MELONGENA 355 I picnidii delle foglie, dei frutti e del fusto, identici per forma e con- tenuto, sono sferoidali, larghi 100-150 p., con ostiolo ben distinto (17- 20 p. diam.). Sotto allo strato di loculi bruni dell'excipulo, vi sono nu- merosissime sporule ellissoidali , allungate, ottuse alle estremità, quasi sempre ristrette ad un setto mediano, incolore, lunghe 10-12 sino a 16 p., larghe 4-5 p., di solito 12 per 5 p., diritte o leggermente falciformi. Le spore si formano da loculi incolori dell’ imenio, che sporgono in piccole punte. Esse maturano lentamente. Anche quando l’ excipulo ha: i loculi normalmente disposti ed imbruniti, le spore si mantengono pie- cole, continue, lunghe 5-6-8 p., larghe 2-2,5 p.; nello staccarsi ingros- sano e presentano il setto trasversale. Sezionando o comprimendo i pie- nidii che si siano vuotati delle spore libere, settate, si vedono solo quelle piccole continue, in via di sviluppo, per cui si potrebbe, in un esame superficiale e rapido, riferire la specie parassita ad una Phyllosticta. Per la caratteristica forma delle spore mature il fungo appartiene al gen. Ascochyta, come già ritenne lo Smith Clayton O. (13, 14), per gli individui trovati nel Delaware, parassiti dannosi della melanzana e ri- feriti dapprima alla Ascochyta Lycopersici. In seguito, sorgendogli il dubbio che tale specie fosse già stata descritta da Spegazzini (1) col nome di Phyllosticta hortorum , lo Smith ritenne dovesse essere classi- fieata come Ascochyfa hortorum (Speg.) Smith C. O. Negli orti di Belluno, sin dal 1880 (1), lo Spegazzini rinveniva come parassita sulle foglie di melanzana una Phyllosticta hortorum , descri- vendola con caratteri identici alla forma ora tanto diffusa, fuorchè nelle spore (sporulis ellipticis , vel ovoideis , continuis , utrinque rotundatis , hyalinis, 4-6 « 2:1,5). Nel 1891 (4) Halsted indicava la medesima specie. come molto dannosa alla melanzana, sotto il nome di Phoma Solari. Il fatto che tanto Spegazzini, come Halsted, abbiano descritto il fungo con spore piccole ed unicellulari si spiega, come già dissi, perchè i pic- nidii conservano lungamente spore piccole e continue. Del resto molti micologi già notarono che, nelle spore di Ascochyta, il setto. si forma molto tardi. Briosi (7) lo accenna per una specie tanto diffusa, l’ Asco- chyta Pisi e Bresadola (6) a proposito della Ascochyta Atropae dice: 356 P. VOGLINO sporulae tantum bene evolutae 1-septatae evadunt, quare in prima evolu- lione fungus hic pro Phyllostictae sp. facile haberi potest. Quante forme di Phyllosticta e forse anche di Phoma saranno ripetute col nome di Ascochyta ! Il Brunaud nel 1887 (2) indieava fra i funghi di Pessines presso Saintes, una specie sulle foglie morenti di Solanum Lycopersicum rife- ribile ad una Ascochyta (A. Lycopersici) con spore 8-10 v 2,5 e che il Passerini (3) nel 1889 riseontrava presso Parma descrivendola col nome di Ascochyta socia. La descrizione della Ascochyta Lycopersici mette in evidenza caratteri molto simili al parassita italiano ed americano della melanzana e che lo Smith riuscì ad inoculare, con risultato favorevole, su Solanum Ly- copersicum, S. caroliniense e Datura Tatula. Le spore studiate da me e dallo Smith sarebbero un pò più grandi, specialmente più larghe, ca-. rattere anche questo molto oscillante poichè, nella descrizione del Pas- serini, la larghezza delle spore è portata a 3 p. | Uno studio di confronto con forme di Ascochyta, descritte come pa- rassite dannose di altre Solanacee, mi ha confermato, in seguito a riu- scite prove di jnoeulazione artificiale, che le spore della Ascochyta del pomodoro possono, come quelle della melanzana, ingrossarsi sino a 10-12- 14 yu. per 4-5 y. L’ Oudemans (5) descrive, sul Solanum nigrum, con gli identici ca- ratteri macro e microscopici della Ascochyta sui S. Lycopersicum e S. Me- longena, tranne una minima variazione nelle spore, una A. solanicola la quale induce macchie brune e rende le foglie secche, fragilissime, in modo che si lacerano facilmente (spore 10-12 v 2,5). . Con spore (8-12 v 4) che non si possono distinguere da quelle sui 8. Lycopersicum e Melongena, Bresadola (6) descrive una Ascochyta Alro- pae che, come già riportai, mantiene, per molto tempo, le spore unicel- lulari ed induce macchie pallide, orlate di bruno, sulle foglie di Atropa Belladonna. Il Massalongo (8), sulle foglie di Physalis Alkehengi, indica macchie di secchereccio, circolari od allungate, subferrugginose, ecc., determinate da una Ascochyta Alkekengi, con spore (diu continuis) l-settate, 5-10 v 2,5- Si d" ra E Mo CAR dM SENI EI o H a A Fe L^ A LS STE A fin, Air a Ve REP d S ; See i ti a A » LY INTORNO AD UN PARASSITA DANNOSO AL SOLANUM MELONGENA 357 4, ripetuta da Ferraris (9), eon gli identiei earatteri, sotto il nome di A. pedemontana. ; Nel decorso ottobre ho potuto trovare, presso Torino, alcune foglie di Physalis Alkekengi colpite dalla Ascochyta di Massalongo e, dal con- fronto, ne risultò una perfetta rassomiglianza fra la forma del Brunaud sul pomodoro, dello Smith, e della mia, sulla melanzana, e del Massalongo su l’Alkekengi. Molto simile, tanto da non poterla tenere distinta, per forma dei pie- nidii, forma e grandezza di spore (9,5-11,5 v 3,5-4,5) è la specie indieata da Oudemans (10) col nome di A. pAysalicola sui fusti di Physalis Al- hekengi. L'Oudemans la descrive con macchie non distinte, ma questo fatto si verifica alcune volte sui fusti di Melanzana dove, sulle porzioni morte e non limitate in macchie speciali, si trovano numerosi pienidii. Ben poco distinta è pure la Ascochyta pinzolensis Bubák et Kabát (15), descritta sulle foglie di Hyosciamus niger, sia per il eolore delle mae- chie, come per la forma e grandezza delle spore (7-10 v 2,5-3,5). Per il colore delle macchie (bianchicee) e per la minor grandezza delle spore (6-8v 3) si possono in parte separare due specie, fra loro molto affini, cioè l'Ascochyta Daturae Sace. e lA. Solani-nigri Diedicke (11). Dinanzi al dubbio, nel semplice confronto fra le descrizioni lasciate dagli autori, che l’AscocAyta delle Solanacee, del resto molto simile mor- fologicamente alla Ascochyta Pisi Libert, possa essere stata descritta con nomi diversi, ho creduto opportuno seguire lo sviluppo del fungo dalla spora e procedere ad infezioni artificiali sopra svariate matrici, serven- domi di materiale fresco preso da foglie o frutti di Solanum Melongena. La spora, dopo poche ore di immersione in un liquido (temperatura 8°.10°-120-18° C.) si ingrossa ed ha i loculi molto marcati al setto. Possono emettere ife anche le spore unicellulari. Il tubetto germinativo esce tanto dalle estremità come dalla parte mediana e si allunga in breve (fig. 10): nella sola acqua lo sviluppo delle ife è molto limitato, si possono mantenere vitali per 2 o 3 giorni. Nei decotti di foglia e di frutto, invece, le ife si allungano, si ramificano; esse sono dapprima semplici e sottili (fig. 8), Cd seguito si allargano ed emettono rami ad H, ad angolo acuto o retto, 358 P. VOGLINO si anastomizzano tanto da formare fitti gruppi di filamenti palmati (fig. 7). Y Mano mano che le ife si allungano, i loculi della spora si ingrossano tanto da raggiungese una larghezza di 8-10 p. Un loeulo può staccarsi dall'altro e germinare egualmente. Coll'allungarsi, le ife si segmentano in loculi, si contoreono in vario modo, hanno una larghezza non uni- forme, ingrossandosi qua e là, sino a 10-12 p. Alcuni rami, pur mante- nendosi brevi, assumono l'aspetto coralloide colle varie contorsioni e con gli irregolari rigonfiamenti (fig. 9). Altri si dispongono in senso verticale, si allargano a varice, emettono rami laterali ad angolo acuto, di solito bi- forcati a becco di pappagallo, coi lembi interi o bitorzoluti (fig. 5, 6). Dopo 5 giorni, in media, si può notare il primo accenno alla formazione del pienidio in due rami ingrossati a l’apice e contorti l'uno sull'altro (fig. 5). Al decimo o dodicesimo giorno, sono formati i pienidii con spore unilocu- lari. Si accelera la sporifieazione abbassando la temperatura ad 8°-6° C. e collocando le colture in ambiente poco aerato. Questo fatto si verifica anche all'aperto poichè il numero maggiore di pienidii compare nei frutti più coperti e nelle foglie interne. Nei decotti gelatinizzati, le ife si distendono in ; abbonda micelio e sporificano raramente e con un certo ritardo. La spora, in piccole gocce d’acqua, sulla foglia, si protende in un 'esile e breve ifa, la quale se trova, nel suo limitato decorso, uno stoma, si ripiega ad uncino nell'ostiolo (fig. 11) lo attraversa e penetra nei tessuti fogliari ; in caso contrario, evaporando l’acqua, l' ifa si allunga, emette 4-5 rami principali dai quali escono, al medesimo livello, ciuffi di 5-6 ife brevi, contorte, variamente ingrossate e che tendono a prolungarsi fuori del liquido, ed aderiscono alla cuticola, allargandosi a guisa di ven- tosa (fig. 12). Lasciando mancare l’acqua, le ife e gli ingrossamenti av- vizzirono in 1 o 2 ore. Se favorite dall'umidità, le ventose agiscono chimi- camente sulla sottile cuticola, la forano colla membrana della cellula. Dal piccolo foro si spinge un'esile ifa che attraversa la cellula epidermica senza ramificarsi e va, di solito, a forare la parete opposta (fig. 14); oppure, dalla cuticola, l’ifa si può spingere fra le cellule epidermiche (fig. 13). Sia forando, che staccando le cellule epidermiche, l'ifa si addossa al tessuto INTORNO AD UN PARASSITA DANNOSO AL SOLANUM MELONGENA 359 a palizzata ove, mantenendosi sottile, si svolge fra i meati, senza stac- care le cellule allungate, finchè penetrando nel tessuto aerifero , si di- stende nelle lacune, avvolge le cellule (fig. 14), le uccide, si ingrossa e ramifiea in un vero micelio. Alcuni rami destinati alla fruttificazione si svolgono verso l'alto, staccano le cellule a palizzata e suddividendosi in numerosi loculi, formano il pienidio (fig. 15, 16) (*). Sui frutti, l’ infezione si ha solo per mezzo dei dischi di adesione pro- dotti dalle prime ife. Il micelio, fra le cellule del frutto, si svolge. molto più rapidamente e fruttifica dopo pochi giorni, purché tenuto in am- biente poco aerato. Nei pienidii delle foglie e del frutto il numero maggiore di spore si mantenne uniloculare (6-10 v 2-3), alcune si divisero con un setto tras- versale e ingrossarono sino a 12 per 5 p. AE Nelle colture artificiali, come in natura, il fungo può essere dapprima confuso con una Phyllosticta , solo nelle vecchie spore assume la forma definitiva di Ascochyta. * M EX i Le spore di Ascochyta, prese da pienidii di Solanum Melongena, ger- minarono ed indussero infezione sopra foglie di Physalis Alkekengi, di Solanum nigrum, S. dulcamara, S. Lycopersicum, Datura Metel e sopra un esemplare, coltivato in vaso, di Atropa Belladonna. Per la Physalis Alkekengi , per i Solanum nigrum , S. Dulcamara e Datura Metel, scelsi esemplari addossati al muro di un orto, per il S. Lycopersicum pianticelle coltivate in vaso e cosi per T Atropa Belladonna. Nell’infezione segut il solito metodo di spore collocate in gocce d’acqua, sulle foglie, avendo eura di tenere il lembo in posizione orizzontale e di segnare, eon una sottile linea di verniee nera, la zona infetta; in questa, nei primi giorni, si rinnovava sovente la goccia d aequa. indicato per le foglie di melan- Le ife si disponevano nel modo già (!) Ho potuto seguire queste diverse fasi congelando, col solito apparec- chio a getto d'etere, un pezzo di foglia in una goccia d’acqua e facendo tagli tangenziali e trasversali. Le sezioni erano sottoposte alla colorazione col rosso di Rutenio, in diluitissima soluzione. 360 P. VOGLINO - A zana, svolgendosi abbondantemente nel tessuto aerifero sempre colla me- / desima forma e disposizione. Su tutte le foglie, al decimo o dodicesimo giorno, apparvero macchie brune. Sull’ AZkekengi e sulla Datura Metel si formarono pienidii nei quali giunsero a maturazione sporule l-settate (8-10-12 v 3-4-5). Porzioni di foglia (Solanum nigrum, S. Dulcamara e S. Lycopersi- cum) con micelio, collocate subito dopo la lacerazione, in decotto fatto con foglie di melanzana, indussero la formazione di nuove ife che, svol- gendosi in abbondante micelio, generarono 2 pienidii di Ascochyta con spore per lo più intere, quindi l-settate (10-12 v 5). Biologicamente devesi perciò ammettere che la forma di Ascochyta di Solanum Melongena indicata dapprima da Spegazzini col nome di Phyl- lostieta hortorum, zon sia specializzata su detta pianta poichè le spore inducono infezione, secondo Smith, su Solanum Lycopersicum, S. caro- liniense e Datura tatula, e, per le mie prove, su Physalis Alkekengi, So- lanum nigrum, S. Dulcamara, S. Lycopersicum, Datura Metel ed Atropa Belladonna. Le forme speciali, descritte da alcuni autori sopra le diverse matrici che vennero artificialmente infettate colle spore prese da foglie di S. Me- longena, non possono considerarsi come specie autonome. Il fungo non -si è ancora definitivamente fissato, con caratteri speciali per le diverse piante, e devesi indicare col nome di Ascochyta hortorum (Spegazzini) Smith C. O. (*). (') ASCOCHYTA HORTORUM (Speg.) Smith Cl. O., Voglino emend. = Phyllos- licia hortorum Spegazzini. — Maculis circularibus, ellipticis, olivaceis, atro- marginatis, seu fuliginosis, quasi nigro margine praeditis, 2-4-6-8 mm. latis, deinde in zonas fuliginosas, ellipticas , Sinuoso margine, confluentibus, 3 em. ginosis, latis: picnidiis 100 150 p. latis, sphaeroideis, brunneo-olivaceis, ostiolo lato, immersis, quandoque, praecipue in fructibus, prominulis; sp: rulis oblungo-ellipsoideis, diu continuis, 6-8-12 v 3-4, dein 1-septatis, ad sep- rispe E 10-12 usque ad 16 p. longis, 4-5 p. latis, plurime ab. in foliis, xaulibus et fruetibus Solari Melongenae, valde noxia, in Italia, Gallia et America bor. Ad hane speciem pertinent, Phoma Solani INTORNO Ap UN PARASSITA DANNUSO AL SOLANUM MELONGENA 361 I Per la grande rassomiglianza delle spore di Ascochyta hortorum (Speg.) d Smith, con quelle di Ascochyta Pisi Libert, ho creduto opportuno in- fettare delle pianticine di pisello, coltivate in vaso. Sopra una foglia, si ` ebbe, da spore di Ascochyta hortorum, un micelio ben sviluppato e for- mazione di organi d'atticco ed un cambiamento di colore. Non fu peró possibile osservare la penetrazione delle ife nei tessuti, il che lascerebbe credere una netta differenza biologica fra l’ Ascochyta hortorum e Y Asco- chyta Pisi. Le prove dovranno ripetersi all'aperto nella stagione propizia. Come mezzo di difesa si sono consigliate, con disereto risultato, le ir- rorazioni con poltiglia a l'l °/ di solfato di rame e cales. CONCLUSIONI. l. La forma fungina descritta da Spegazzini col nome di PhyUosticta hortorum e da Halsted di Phoma Solani è da indicarsi come Asco- chyta hortorum (Speg.) Smith. i . 9. Ad essa devono riferirsi l’ E Lycopersici Brunaud (A. socia Passerini), TA. Solanicola Oudemans, lA. A£ropae Bresadola, A. Al- kekengi Massalongo (A. pedemontana Ferraris). A. physalicola Oud. e forse VA. pinzolensis B. et K. 3. Le spore di Ascochyta odes germinano, favorite dalla eccessiva umidità, sulle foglie di Solanum Melongena , S. Lycopersicum, S. nigrum , S. Dulcamara (secondo C. O. Smith di S. caroliniense e Datura tatula) Physalis Alkehengi , Datura Metel ed Atropa Bel- ladonna; il tubetto germinativo incontrando uno stoma penetra direttamente nell’ ostiolo, in caso contrario , m" fasei di ife Halsted, Ascochyta Lycopersici Brunaud (sec. Passerini A. socia), A. sola- nicola Oudemans, A. A/ropae Bresadola, A. Alkekengi Massalongo (sec. Fer- raris A. begemoniata) A. physalicola Oud. et Forsitan A. canone Bu- bak et Kab.). PORE IS Mu 362 aes oc v V. ui P CTT AR au. LAC SX dë. Y ve SE e Sa Zu E La EE € ` j SC e H 6 BAS "A al, CENE SH 2 S r3 gie bi. Ls d'et 4 ` D LOK P. VOGLINO ehe si ingrossano in dischi di adesione i quali, forata la euticola, si prolungano in un’ esile ifa attraverso I’ epidermide, ed il tessuto a palizzata, espandendosi nel tessuto lacunoso. 4. Salvo una conferma nelle infezioni a l'aperto, l Ascochyta hortorum, 15. che ha caratteri morfologici affini alla A. Pisi, biologicamente si mantiene distinta. Laboratorio di Fitopatologia, dicembre 1907. LAVORI CONSULTATI. . 1881. n ORA C., Nova SIR ad myeologiam venetam, II Milan . 1887. deriva P., Champignons de Saintes. Paris. s 1889. Passerini G., La nebbia del pomodoro (Bollettino Comizio — Agrario). poste: 1891. Harsrep B. D., Report of the Agricultural Station. New- dán . 1892-1904. Oupemans C. A. I. A., Contributions à la flore mycolo- T gique des Pays-Bas, XVII. Nijmegen. . 1893. BresapoLa G., Fungi aliquot saxonici novi, in Hedwigia. 1898. Bniosr G., Rassegna crittogamica del Laboratorio di Pavia. Logia Novembre, . 1900. Massstoseo C., De nonnullis speciebus novis Micromycetum agri veronensis (Atti R. Istituto veneto, tom. LIX. Venezia). ` 1902. Fossi T., Materiali per una flora micologica del Piemonte. Malpighia. 1902. OupeMans C. A. I. A., Beiträge zur Pilzflora der Niederlande | (Beitr. Botan. Centralbl.). Cassel. . 1903. Hedwigia p. 166. Saccarpo, Sylloge XVIII, p. 341. . 1904. VoariNo P., Osservazioni sulle principali malattie erittogami- che sviluppatesi nell'anno 1904 (Annali R. vignes d'Agri- coltura), Torino. . 1904. Sura C. 0., A New Egg Plant Fungus (Journal of Mycology). . 1905. San C. O., The study of the ‘diseases of Fruit Crops in Delaware (Bull der landwirtschaftlichen Versuchsstation im State Delaware). 1905. Busàx et kann, Vierter Beitrag zur Pilzflora von Tirol (Oest. $ Botan. Zeitschr.) Wien. P. A. Saccarpo, Sylloge fungorum ommur, vol. HI -XVIII. 2 ue S SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA IV Fic. 1. 2. 4. Ife miceliari di Ascochyta hortorum nel tessuto aerifero di una foglia di Solanum Melongena (oc. 3 ob. 6). >» 3. 6. Ife miceliari nella polpa di un frutto di S. Melongena (id) » 5. Rami verticali di micelio da colture in decotto (id.). Ane Dës palmate (id.). .» 8. Ife contorte e divise in numerosi loculi (id.). a 9. Ife coralloidi (id.). = > 410. Spore di Ascochyta hortorum in via di gorminizione. id.) .» l. Estremità di un’ ifa pingue ad uncino che sta per penetrare . in uno stoma (d. » 12. Ife terminate a pennello con ventose SEH » 13. 14. Penetrazione di un' ifa nelle foglie (oc. 3 ob. 8. . | ^» 45. 16. Ife che si dispongono nel tessuto a palizzata della foglia e si | suddividono in loculi per formare d Leer (oc. 3 ob. 8). REVISIONE MONOGRAFICA del genere ROMULE A Maratti |. STUDIO BIOLOGICO peL Dorr. AUGUSTO BÉGUINOT Assistente e Docente di Botanica presso la R. Università di Padova. (Continuazione Fasc. II-1II). IV. MORFOLOGIA ESTERNA ED INTERNA DEGLI ORGANI FIORALI E DELLA RIPROD UZIONE. Come fu esposto nel precedente capitolo T asse caulinare, comune- —— mente designato sotto il nome di seapo, si divide in alto in uno — o più peduncoli che terminano in un fiore costantemente solitario e — circondato da due foglie bratteiformi. Le parti che lo compongono 0 lo accompagnano sono le seguenti : 1. Ipsofilli. — Sono rappresentati da tutte le specie del genere da due foglie più o meno profondamente modificate , bratteiformi , tuenti a prima vista un verticillo, in realtà però inserite sopra piani costi- ` Sx ES ^ A Si E Pies "NA diversi per quanto assai ravvicinati. Interpretate e denominate diversa- — - mente, ora come calice l'esterna e spatula l'interna (Maratti), ora come spata composta o bivalve eon una valva o squama esterna e l| altra in- terna (Linné e la maggior parte degli autori posteriori), ora come spata l'esterna e brattea l'interna (Bentham ed Hooker), oppure come spata la prima e bratteola la seconda (Baillon), trattasi, come dissi sopra, di due organi di evidente origine fogliare, l'uno esterno ed inferiore. sempre più robusto ed abbracciante, l'altro, generalmente più ridotto , interno cq o superiore ed in parte abbracciato. A scopo di eomodità ed anche per Es non allontanarmi dalla nomenclatura più in uso, ai due ipsofilli man- — tengo il nome di spate, chiamando valva o fogliolina esterna, l'infe- riore e valva o fogliolina interna, la superiore. Ciascuna valva, corri ` — REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 365 spondente evidentemente solo alla porzione guainante di un nomofillo di completa evoluzione, ha una breve porzione abbracciante, talvolta , come nell'inferiore, con i margini delicati, ed una porzione di varia forma e grandezza totalmente libera. Le due valve sono qualche volta della stessa lunghezza, ma in gene- rale l'inferiore supera aleun poeo la superiore e si differenzia da questa per la maggiore robustezza, per la prevalenza della parte erbacea sulla scariosa e perehé termina in generale appuntita , laddove l' altra è più o meno ottusa od anche un po' smarginata. Variabile è pure la forma, ora lanceolata, ora ovale-lanceolata e la lunghezza oscillante attorno a 10-15 mm. nelle specie parviflore ed attorno 15-20 mm. nelle grandiflore, restando però più brevi del perigonio, di cui eet la metà o ' 1/, superiore. Carattere poi costante in tutte le specie è la presenza di un margine ialino-membranaceo privo di nervature e di solito più svilup- pato nella valva superiore, la quale è perciò quella più profondamente modificata ed aberrante: in alcune specie (Romulea bulbocodioides, Buch- manni, Columnae [alcune forme], cyrenaica, filiifolia, nivalis, Rollii, ta- bularis, Tempskyana, versicolor) essa presentasi totalmente o quasi mem- branacea e per lo più cosparsa di minute punteggiature di color fosco : più raro è il caso (R. minutiflora, Macorani, tor tuosa) che ambedue le valve siano membranaceo-cartacee e più frequente, invece, che il margine sia assai stretto e quindi la parte erbacea verde più sviluppata: fatto pre- sentato nella regione mediterranea da tutte le specie della stirpe di R. ramiflora ed in parecchie di quelle della regione capense, quali: R. amoe- na, caplandica, citrina, hirsuta, Klattii, longiscapa, papyracea, pudica, purpurascens, rosea, sabulosa, Sehlechteri, tortilis, Thodei ece. Margina- tura la quale, come sarà detto più ampiamente nella parte sistematica del lavoro, costituisce eccellente carattere differenziale comune ad in- teri gruppi ed a quel che pare costante ed ereditario. Così i rappresen- tanti del ciclo di R. Columnae, a valva superiore largamente e spesso totalmente membranacea, possono a prima vista distinguersi da quelli del ciclo di R. ramiflora i quali presentano spate, come sopra dissi, a margine assai stretto e sulla valva inferiore quasi incospicuo ed evane- scente. In ogni modo, qualunque la forma, grandezza e. consistenza i E EE v Reis A le Ee E » ERG 366 A. BÉGUINOT due ipsofilli in questione compiono un'evidente funzione protettrice del fiore, quando in boccio, dall'ovario e dalla parte inferiore del perigonio durante l'antesi e del frutto dopo avvenuta la fecondazione. Aggiun- gerò, inoltre, che nel periodo antetico il perigonio è avvicinato od ap- poggiatg sulla valva superiore e, data la brevità dello scapo e la sua prossimità alla terra in i ie specie, è così difeso contro gli attriti del suolo. All'esame anatomico la struttura delle singole valve non differisce da quella già descritta per le foglie più ridotte, quali le vaginiformi e le bratteiformi: fra le due epidermidi, cioè, con elementi fortemente ispes- siti all'esterno intercede un parenchima clorofillogeno indifferenziato in corrispondenza della parte verde e percorso da fasciolini fibro-vascolari con frequenti anastomosi e privi all'inizio di porzione meccanica. La rigidità raggiunta in seguito e specie durante il periodo della matura ` zione dei semi è dovuta a differenziazione di fibre meccaniche di tipo - prosenchimatico che circondano i singoli fasci, in evidente PROT con la loro funzione protettiva. 2. Antofilli. — Le Romulea, come tutte le Iridacee, appartengono, secondo la nomenelatura del Delpino ('), alle Monocotiledoni eucicliche depauperate con soppressione cioè (carattere comune a tutta la famiglia) del ciclo staminale oppositipetalo. Sicchè in definitiva il fiore di una qua- lunque specie del genere risulta, nell’attuale simmetria, di quattro cicli e () F.. DELPINO, Abono di nuovi criterii per la classificazione delle ` ` piante. Sesta Memoria in « Mem. R. Accad. delle Scienze dell’ Ist., di Bo- 3 logna », ser. 5, var VI (1806), p. 83. Cfr. inoltre: J. B. PAYER, Traité d'or- | ganogenie comparée de la fleur. Paris 1857, p. 659, tab. 188, n. 4-20; PH. .— VAN TIEGHEM, Recherches sur la structure du Pistil in « Ann. Se. Nat. Bol.» 5.a ser., vol. IX (1868), p. 127; Recherches sur la structure du Pistil et sur | l'anatomie comparée de la fleur in « Mem. pres. p. divers savants à l'Acad. de Sciene. de l'Inst. Imp. de France » vol. XXVI (1875); A. TRÉcuL, De la théorie carpellaire d'aprés les Iridées in « Compt. Rend. » vol. 81 08795 ` A. V. EICHLER, Blüthendiagramme, 1." Theil, Leipzig 1875, p. 160; PH. VAN — TIEGHEM, Traité de Botanique, Paris 1884, p. 1381; A. ENGLER, Die systema- — ` tische Anordnung der Monocotyledoneen Angiospermen in « Abhandl. d. T Pruss. Akad. d. Wiss. » Berlin, 1892. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 367 o verticelli: i primi due ordinati a costituire il perigonio, il terzo o ciclo staminale oppositisepalo, l' androceo: il quarto, o ciclo carpellare, l| ovario, che si continua nello stilo e questo nello stigma. Ciascun cielo o verticillo risulta di tre pezzi ed è perciò trimero, con Il’ avver- tenza che le tre foglie carpellari o carpelli sono. nell’ architettonica at- tuale fuse con i pezzi perigoniali e staminali a costituire un ovario trilocalare. Il quale s'impianta sessile fra i due ipsofilli sopra descritti, il tutto sorretto da un peduncolo più v meno sviluppato che, ‘come so- pra esposi, non è altro che il prodotto dello sfioccamento a cui va in- contro l’asse caulinare o scapo. Ciò premesso, passo alla costituzione mor- fologica dei vari elementi. i ' 1. Perigonio. — È regolare od actinomorfo e di aspetto corollino. Ri- sulta di due verticilli trimeri e quindi di sei pezzi o tepali, tre esterni e tre interni ed alterni con i primi. La petalizzazione dei pezzi esterni o sepali è completa: essi però si lasciano distinguere dagli interni per lo sviluppo che è di regolà un po’ maggiore e per la colorazione più o meno intensa: differenza quasi sempre di poco conto. Carattere comune a tutte le specie è la saldatura loro in un tubo che; nelle specie graudiflore, suole essere breve, occupando '/,/, dell'intero organo, in quelle par- viflore raggiunge all'ineirea la metà del perigonio: tubo ristretto alla ` base ed insensibilmente slargato in alto e quindi di forma campanulata, glabfo sempre all'esterno, mentre è munito in parecchie specie di mi- nuti peli all'interno, specialmente in prossimità dell'inserzione degli stami e che assieme a quelli inseriti nella parte inferiore del filamento com- |. piono, come sarà detto meglio avanti, funzione nettarostega. Il resto del perigonio risulta di sei lacinie regolari, intere nel mar- . gine e glabre in ogni parte, di varia forma e cioè prevalentemente . lanceolate o lineari-lanceolate nelle specie parviflore, ovato-lanceolate od oblungo-ellittiche in quelle grandiflore: estremi congiunti da tutti i possibili intermediari, spesso realizzantesi nel ciclo di una sola specie. . Ciascun pezzo o lacinia si attenua in vicinanza del tubo, raggiunge la massima larghezza nel '/, superiore e termina arrotondato o più o meno ‘appuntito od. anche mueronato, prevalendo la prima forma nella specie a perigonio bene sviluppato e la seconda nelle mierante: in qualche -368 ; ` A. BÉGUINOT specie del Capo assumono anche: forma spatolata. Eretti ed. a preflora- zione convoluta allo stato di gemma, i tepali tendono nel periodo ante- tico a slontanarsi ed a divaricare e la metà superiore si piega non di rado più o meno fortemente all’ infuori foggiandosi a stella. La forma generale del perigonio resta pur sempre quella campanulata, a eui tutte sono in definitiva riducibili. Variabile, come già feci altrove Be, (!), è la grandezza di que: storgano. Sotto questo punto di vista le specie tutte del genere sono ripartibili in due grandi categorie estreme, le graadiflore o macrante , nelle quali il perigonio supera normalmente i 25 mm. e le parviffore o micrante, nelle quali è al di sotto dei 20 mm.:. alle quali si intercala una terza che comprende le mediiflore con il perigonio oscillante tra 20-25 mm. Sono ascrivibili alla prima categoria e cioè alle grandiflore — le seguenti della regione mediterranea: R. Bulbocodium, Clusiana; Hi gleri, grandiscapa, Limbarae, ligustica , nivalis e queste altre della re- gione capense o finitimi: R. amoena , arenaria, bulbocodioides , Bach- ` x manni, dichotoma , citrina, Fischeri , filiifolia , gigantea (2), hirsuta, ` A ES Klattii, Macowani, montana, pudica, papyracea, rosea , Schlechteri, ag: — ES bulosa, speciosa, tortuosa, tridentifera, uliginosa, Zehyeri: alla seconda P e cioè alle parviflore vanno annoverate le nostre R. Columnae, cyre- naica, gaditana, melitensis, numidica, Revelieri, insularis, corsica , ra miflora, Rollii, Saccardoana, tenella e le Capensi o tropicali: R. caplan- dica, Camerooniana, gigantea (2), longipes, longiscapa, minutiflora, pu- purascens, similis, tabularis e Thodei: tengono il mezzo e cioè alle me- i diiflore sono da riferire le mediterranee: R. Battandieri, Carthagenae » Jordani, Linaresii, Requienii, Tempskyana e le capensi R. cruciata , hirta, spiralis, sulphurea e sublutea. Y maggiori valori furono trovati à nelle mediterranee R. Bulbocodium (54 mm.), Clusiana (45 mm.), En- ` gleri (40 mm.), ligustica (50 mm.) e valori simili hanno. pure parec- ` chie specie capensi, tra le quali eccelle la R. Macomani il eui perigonio misura ben 50-60 mm.: i minori nel gruppo di R. Columnae dei paesi me- | C) BÉcuiNoT, Di alcune piante nuove o rare per la flora romana , in X « Bull. Soe, Bot. It. » 1897, p. 32; Notizie preliminari sulla biologia fio | rale del genere Romulea Maratti « ibid. » 1899, D 211. E REVISIONE MONOGRAEICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI ` 369 diterranei, il eui perigonio oscilla attorno ad una media di 10 mm., in R. Cameroniana dell’Africa centrale ed in R. similis e minutiflora della meridionale con una media di 8 mm. Carattere questo assunto da al- euni autori, e specialmente dal Baker, per costituire pretesi gruppi na- | turali nell'ambito del genere. Ma a parte la constatazione che esso, come sarà detto meglio nella trattazione sistematica, contrasta con altri ca- ratteri. morfologici ed anatomici ed a parte pure la difficile sua apprez- zazione sul materiale da Erbario, tale carattere si appalesa investito di un esaltato polimorfismo : specie grandiflore cioè presentano, sopratutto negli individui ginodioici, forme medi-e parviflore: forme micrante trovansi pure nelle mediiflore: e, sebbene la variabilità sia meno accen- S tuata, non raramente anche le parviflore offrono perigonio più svilup- i pato del normale. Così, per citare qualche esempio, Romulea Bulboco- dium dei dintorni di Roma presenta una forma macranta con perigonio lungo 30-38 mm.: una media con 23-29 mm. ed una mieranta con 18-22 mm. Battandier in Algeria ha, dalla sua parte, misurato perigoni di una forma maeranta della specie raggiungenti ben 54 mm. Variazioni simili sono pure ed in maniera assai manifesta offerte da È. Zigustica con una forma micranta non più lunga di 15-20 mm. ed una macranta che, se- condo il Martelli, misura nella pianta sarda ben 50 mm.: da A. wligi- nosa oscillante da 10 a 35 mm.; nelle grandiiflore e capensi R. bulbo- codioides e R. rosea (quest'ultima con forme che potrebbero senza dif- ficoltà riferirsi alle parviflore); dalle mediiflore e mediterranee R. Lina- resii e R. Requienii e dalla capense R. cruciata. Notevoli sono pure le variazioni nelle varie forme del complesso cielo di R. Columnae, in grande parte fondato sulla presupposta costanza di questo incostantis- simo carattere. L'impiego irragionevole del quale, secondo sarà detto avanti con la dovuta ampiezza, porta a riunioni artificiali ed, a parte il valore che può assumere nella diagnostica delle singole specie e nella fisionomia di aleuni gruppi, destituito di applicazione nella filogenesi del genere. Altro carattere connesso al perigonio e che lo distacca da tutti gli organi vegetativi è la colorazione più o meno intensa ed appariscente di eui è insignito. Se si osserva un fiore di una qualunque Romulea 25. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI, 370 A. BÉGUINOT nei primordi della sua colorazione, il colore dei pezzi sottratti, mercè l’opera delle spate, alla radiazione solare diretta, appare di un bianco sudicio tendente al giallastro od al biancastro. Fin dai primi istanti della evoluzione cromatica lungo le nervature principali e soprattutto nella parte inferiore del perigonio si manifestano, nella massima parte delle specie, strie di un colore più o meno deciso, riferibile alla serie cianica ` trattasi per lo più di strie violacee o rosee le quali, col pro- gredire dello sviluppo, vengono accentuandosi ed attraverso le nerva- ture secondarie e territori finitimi, guadagnando terreno sul colore ini- ziale sopra accennato. Sta il fatto che, all'epoca dell'antesi, la massima parte delle specie presenta una varia associazione o distribuzione dei due gruppi di colori e cioè dell'iniziale bianco con tendenza al giallo e più raramente al verdastro e riferibile, in parte, alla serie xantica e ‘di quelli di posteriore evoluzione tutti da ascriversi alla serie cianica. A questa categoria appartengono le seguenti specie, che chiamerò mul- ticolori, della regione mediterranea: Bulbocodium, Columnae, Clusiana, cyrenaica, Carthagenae, grandiscapa, melitensis, nivalis, numidica , ra- miflora, Rollii, Saccardoana, Tempskyana, uliginosa e dell’Africa tropi- cale e meridionale le R. amoena, arenaria, cruciata, Camerooniana, Fi- scheri, Klattii, longiscapa, miuutiflora, papyracea, purpurascens, pudica, rosea, sabulosa, similis, speciosa, Schlechteri, Thodei, tabularis , tortilis e Zehyeri. La dettagliata descrizione che sarà fatta del perigonio di queste specie nella parte sistematica, a scopo soprattutto di mettere in rilievo le molte varietà, spesso soltanto cromatiche, ci dispensa di en- trare in ulteriori particolari sulla ripartizione di questi colori. Dirò solo che le colorazioni più intense si sviluppano di solito lúngo le nerva- ture (*) e la loro forma e posizione le può fare ascrivere ai eosi detti nettaroindici. In alcune specie capensi (R. amoena, hirsuta, pudica, s4- bulosa e tortilis) possono pure ritenersi per tali maechie ocellari che si trovano all'ingresso del tubo perigoniale di colorito più o meno mar- catamente atroviolaceo. Esclusive di questa regione sono pure parecchie () In alcune specie (R. Bulbocodium, ligustica, uliginosa ecc.) non sono np rari individui eon strie o bande giallastre e verdastre proprio lungo i fasci! eer ai A II Els REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 371 entità a perigonio rosso-porporino o rosso-vinoso che segnano; nel nostro genere, l’esaltazione massima del cromatismo. Ad un’altra categoria ap- partengono specie le quali non hanno realizzato che un solo tipo di co- lore e dove almeno la prevalenza dell’uno porta quasi l’esclusione del- l'altro e che chiamerò waicolori: specie le quali, alla loro volta, possono raggrupparsi in due sottogruppi, a seconda che il colore dominante od esclusivo appartiene alla serie xantica od a quella cianica. Alla prima e cioè alle specie a perigonio giallastro o flavescente appartengono, della flora capense, le R. bulbocodioides, citrina, filiifolia , hirta, Macomani, montana, sulphurea, sublutea, tridentifera e tortuosa ed una sola della regione mediterranea e cioè la A. crocea Boiss. et Heldr.: alla seconda con perigonio violaceo intenso, fanno parte R. Requienii, Linaresii, Limbarae, Revelieri, Jordani, corsica, insularis e di un violaeeo chiaro e cioè litacino le R. Zigustica, Engleri e Battandieri: tutte a tipica di- stribuzione mediterranea. A questa categoria devono pure in definitiva essere ricondotte parecchie specie e forme la cui colorazione incerta e mal definibile si è meno discostata da quella iniziale, quando cioè il perigonio è in boccio, e che fu detto ocroleuca e cioè R. Bachmanni, R. bulbocodioides (forme), R. Columnae (alcune forme), R. rosea (e cioè la forma distinta sotto il nome di R. chloroleuca), R. caplandica , R. dichotoma , R. gaditana , R. longipes, R. spiralis e R. tenella: specie riattaccantesi con le precedenti e talvolta semplici forme degenerate di queste. Albinismo fu. riscontrato in R. Bulbocodium, bulbocodioides , Co- lumnae, ecc. Come la grandezza del perigonio, anche la colorazione fu adoperata da alcuni autori e specialmente dal Baker per la costituzione di serie di specie affini. Ma a parte la sua difficile apprezziazione su materiale d'Erbario, anche questo carattere contrasta bene spesso con altrì e può condurre a raggruppamenti artificiali e fallaci. Inoltre esso è investito da polimorfismo abbastanza accentuato e perciò di ardua circoscrizione. Così in molte delle specie versicolori (R. Bulbocodium, grandiscapa, uli- ginosa, Columnae, ramiflora e Rollii e nelle capensi R. rosea, hirsuta ecc.), a seconda della prevalenza delle colorazioni della serie xantica o cianica, sì sono venute differenziando due forme parallele, flavescente la 372 A. BÉGUINOT prima e violacea la seconda: vero e proprio dieroismo oscillante fra una serie infinita e mal delimitabile di sfumature e gradazioni. Polieroismo in grado massimo è presentato da R. uliginosa con colorazione che a volte si avvicina a quello di R. Bulbocodium , specie multicolore e tal altra a R. ligustica e specie affini della categoria delle unicolori. Cosi pure le entità le quali presentano forma mierante e soprattutto quelle nel quale la riduzione del perigonio è complicata col ginodioi- cismo offrono, come sarà detto meglio nel prossimo capitolo, colorazioni più tenui e sbiadite e funzione vessillare in complesso meno manifesta. E complicazione nella tavolozza del cromatismo è pure apportata dal- l'ibridismo. Cosi, per citare un solo esempio, a prodotti di incrocio ho ascritto molte delle forme con strette affinità con Æ. bulbocodioides a perigonio giallastro ma recanti, oltre questa colorazione, traccie di co- lorazioni della serie cianica, che indiziano l’influenza di questa o quella specie versicolore. In conelusione questo carattere, eccellente per le dif- ferenziazioni di molte entità specifiche e di moltissime varietà, non può essere adoperato che con molta discrezione nei tentativi di una siste- mazione naturale del genere. Da ultimo aggiungerò che le tinte più marcate e varie si osservano nella faccia dorsale di ciascun tepalo, che i tre tepali esterni sono più intensamente colorati che gli interni e che nelle specie multicolori il tubo è all'interno di solito giallastro, nelle unicolori violacee normalmente biancastro. Le tinte nelle fioriture più precoci, come ho potuto constatare in R. Bulbocodium, sono meno mar- cate e più tenui che in quelle tardive e nella coltivazione di parecchie specie fatte a Padova (Bulbocodium, Columnae, ramiflora ecc.) ho notato attenuazione rispetto alla pianta crescente spontaneamente nella regione mediterranea. Grande costanza ho invece potuto constatare in altre specie (R. ligustica, R. Requienii, R. rosea, R. purpurascens, R. longiscapa) perfettamente riconoscibili a prima vista per la tonalità del loro ero- matismo, ormai diventato ereditario. Dal punto di vista anatomico una sezione trasversale di un tepalo rivela due epidermidi, l'una esterna od inferiore, e l'altra interna o su- periore, con elementi tondeggianti, più o meno appuntiti verso l'esterno, convessi all'interno, in mezzo ai quali intereede un parenchima a cel- REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 373 lule subrotonde, a pareti ondulate e cellulosiche. Questo parenchima è percorso da fascetti libro-legnosi ('), nei quali è soprattutto sviluppata la porzione eribrosa. In linea generale possiamo dire che la parte libera del tepalo à pereorsa da tre nervi equidistanti, l'uno dorsale e due la- terali, ravvieinati in basso ed in alto, dove peró non si anastomizzano. Dalla nervatura centrale si dipartono un grande numero di fasciolini a disposizione pennata, i quali giungono fino ai due laterali. Questi dal lato del margine mandano, pure con tale disposizione, altri nervet- tini che però non lo raggiungono e termina, quindi, in una zona ener- via. In alcune specie v'è pure traccia di altri due nervi marginali che di solito si affievoliseono prima di raggiungere l’ apice ed in altre an- gustitepale la nervazione è ridotta ad un unico fascio dorsale con ra- mifieazioni pennate in direzione del margine. . 2. Androceo. — È rappresentato, come in tutte le Iridacee, da tre andro- filli o stami inseriti in fondo al tubo perigoniale ed opposti ai tre tepali esterni: mancano, quindi, i tre opposti ai tepali interni. Traccie vasco- lari destinate all'innervazione di questi stami, oggidì scomparsi, riscon- trate dal Van Tieghem (°) in molte Iridacee ed anche nell’ affine genere Crocus, mancano nelle Romulea; nè mi sono note forme teratologiche con ripresentazione di questo carattere (°). In tutte le specie i filamenti, di un colore bianco-giallastro e talvolta (1) Cfr. sull’argomento il recente lavoro di L. SinGHor, Ueber den Gefüss- bündelverlauf in den Blumenblüttern der Iridaceen in « Beih. Bot. Centrbl. » vol. XVI (1904), p. 111. () VAN TreGHEM, Recherches sur la structure du Pistil et sur l'anatomie comparée de la fleur in 1. c. p. 123, tav. V, fig. 145-158. t geschichte der Irideenblüthe ; Gestaltung des inneren Staminalkreises dersel- ben bei Iris pallida Lam. « ibid. » a. 1878; Beitrüge zur Pflanzenterato- logie in « Sitzungsber. d. K. Acad. d. Wiss. Wien. » Abt. I, vol. 84, (1881); Die Teratologie: als Behelf der phylogenetischen Forschung in « Kosmos » vol. VI, (1884), p. 251; Beitrüge zur Pflanzenteratotogie und Blüthenmor- 2374 . A. BÉGUINOT sfumato di violaceo, sono liberi (1. eretti e piuttosto rigide e terminano in un'antera di solito ad essi subeguale o qualche volta di poco più breve o più lunga: hanno forma cilindroidea e più di rado trigona e spesso scanalati nella parte interna che circonda così lo stilo. In quasi tutte le specie sono muniti di corti peli unicellulari a base allargata, sparsi o riuniti a ciuffetto nel lato esterno presso all'inserzione degli stami e quindi sovraincombenti alle ghiandole settali: peli che spesso si prolungano in tutto od in parte del filamento, in alcuni gruppi (es. R. Columnae) presenti in qualche forma ed in altre mancanti e che in. ogni modo e soprattutto quando bene sviluppati difendono il nettare, sia da pronubi molesti od inconeludenti, come dall'umidità. In una se- zione trasversale il filamento rivela all'esterno un’ epidermide la quale non si distingue dal resto che per le cellule più piccole subrotonde at- traversate nella parte centrale da un fascetto libro-legnoso unico ed assai ridotto, attorno al quale diventano più piccole. Ciaszun filamento termina, come dissi sopra, in un’antera lineare-sagittata, bifida alla base dove è affissa e quindi immobile, estrorso, biloculare e deiscente longi- tudinalmente, con traccie di un sepimento in ciascun loculo. L'antera, la cui struttura anatomica nulla presenta di notevole, contiene un’ ab- bondante provvista pollinica. I granelli di polline sono ovato-ellittici , forma costante in tutte le specie e di colore giallastro, fatta eccezione phologie in « Sitzungsber. d. K. e d. Wiss. Wien. » Abt. I, vol. 87.° (1883) e di PENziG, Keiers jon Il (1894), p. 379. L'unieo caso di teratologia fiorale noto fu segnalato dal Bolzon in R. Rollii Parl. presentante perigonio di i pezzi, due stami e due stigmi bifidi e. ne fece una forma dimera. Cfr. BoLzon, La flora del territorio di Carrara in « Bull. Soc. Bot. Ital. » 1894, p. 150. (1) Una specie descritta sotto il nome di Trichonema monadelphum Sweet Hort. brit. p. 399 (1827) e quindi ridescritta e figurata sotto quello di Spa- talanthus speciosus Sweet Brit. Flow. Gard. vol. ll (1829), tab. 300 — fon- data su pianta coltivata in Inghilterra e d' ignota provenienza — fu I dal Baker (Hand. Irid. p. 104 e FI. Cap. Vl, p. 43) al gen. Romule monadelpha Bak.). Essa, come indica anche il nome, sarebbe Stu dai filamenti staminali connati: fatto mai da me riscontrato nel ricco ma- teriale esaminato. Inclinerei, quindi, sebbene non mi sia stato. possibile di vedere la figura citata, ad ain as dal gen. Romule REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 375 per R. ligustica dove sono biancastri e come tale appare anche l'antera: carattere, come deduco da una prolungata coltura, costante e che di- stingue queste specie a prima vista dall'affine R. Bulbocodium. Ciascun. granello pollinieo è circondato, in corrispondenza del piano equatoriale di un'ala o cresta più o meno rilevata e che rappresenta un ispessimento della membrana esterna od esina: la quale inoltre offre minuti rilievi puntiformi e quindi in opportune condizioni appare punteggiata. Come in tutte le piante zoidiofile il polline è attaccaticcio e pesante. Nessuna ` differenza mi riuscì a constatare nelle varie specie da me esaminate al riguardo. Fatto degno di molta attenzione si è d in parecchie specie del, gruppo di R. Bulbocodium ed in questa stessa lantera è in vario grado atrofica, con provvista polliniea mancante o con granuli sterili e quindi senza azione fecondante: sempre presente è invece il filamento che però non di rado è più breve che nella forma normale. In queste condizioni la pianta non può autofecondarsi: ma siccome resta inalterato il gine- ceo e gli ovuli, mereà la eteroimpollinazione operata da opportuni pro- nubi, possono subire con efficacia la staurogamia , ci troviamo in pre- senza di forme ginodioiche: ginodioieismo il quale, come sarà detto più ampiamente nel prossimo capitolo, è spesso complicato con il mieran- tismo del perigonio. Carattere comune a tutte le specie è l'inclusione degli Sat nel pe- rigonio: varia però ne è l'altezza rispetto allo stigma. A questo riguardo le Romulea si possono raggruppare in due categorie, comprendente la prima ie specie in cui la cerchia anterale è manifestamente più breve del pistillo e presso le quali normalmente non può avere luogo autoim- pollinazione e quindi omogamia ed in un ‘altra le specie nelle quali la cerchia anterale racchiude i lobi stigmatici o questi giacciono imme- diatamente al disopra delle antere, ma in modo che, anche in seguito alla chiusura del perigonio, può sempre aver luogo una diretta impol- linazione e quindi una vera e propria autofecondazione. Alla prima ca- tegoria sono da ascrivere le mediterranee R. Bulbocodium, Battandieri, Clusiana, crocea, Engleri, grandiscapa, ligustica, Limbarae, nivalis, Re- quienii, Tempskyana ed uliginosa, la R. Fischeri dell Africa orientale e D 376 A. BÉGUINOT del Marocco e le R. Macomani, filiifolia, Klattii, tortuosa e qualche forma di R. rosea del Capo di Buona Speranza. Tutte le altre specie, e cioè oltre 40 entità, vanno riferite alla seconda, prevalendo in quelle della regione mediterranea l'inclusione dello stigma nella cerchia stami- nale ed in quelle dell’Africa meridionale la immediata sovrapposizione. E qui aggiungerò che anche questo carattere fu escogitato, e special- mente dal Klatt, in conati di sistemazione del genere destituiti, dirò subito, di qualunque criterio di vera indagine filogenetica. Nello stesso gruppo, cioè, verrebbero, ad esempio, a trovarsi collocate le incospicue parviflore della regione mediterranea con i più insigni e meravigliosi rappresentanti della flora capense e sarebbero avvicinati alle grandiflore mediterranee la stupenda R. Macowani dell’Africa meridionale, una delle specie più aberranti di tutto il genere e con diversissime affinità. Sta poi il fatto che, in quasi tutti i rappresentanti della stirpe: R. .Bulbocó- dium, normalmente grandiflori e dolicostili, sono frequenti, specialmente negli individui mieranti e ginodioici, forme brachistile con stigma rav- vicinato alla cerchia anterale: nè sono rare forme mesostili e di difficile riferimento: altrettanto ha luogo nelle poche grandiflore dolicostili del l'Africa meridionale. In parecchie specie brachistili, inoltre, esistono in- dividui con stigma rinchiuso fra le antere ‘ed ‘altri con stigma appena emergente: questi difficilmente scindibili, a tale riguardo, con individui 0 forme a stigma raccorciato di specie normalmente dolieostili. Etero- stilia ehe in qualche specie, come deduco dalla coltura di R: ligustica, può verificarsi anche nei vari fiori di uno stesso individuo! 3. Gineceo. — Consta di una parte ingrossata e sacciforme, l' ovario, di una parte assottigliata e cilindroidea , lo stilo, terminante in uno stigma diviso in laeinie filiformi. L'ovario, come in tutte le Iridacee, è infero e sessile fra lé valve della spata sopra deseritta. Varie furono le opinioni sulla sua costituzione. Ha un valore più che altro storico la tesi erronea sostenuta da parecchi or- ganogenisti, eon a capo il Payer (*), ehe nell’ ovario in questione am- mettevano una parte assile data dalla fusione delle placente ed una (') PAYER, Traité d'organ. comp. de la fleur, passim. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 377 appendieulare rappresentata dal resto dell'organo. Per Trécul (+y invece, lovario infero delle Iridacee, come gli ovari inferi in genere, non sa- rebbero che uno speciale meritallo producente alla sua sommità gli or- gani sessuali ed i relativi organi protettivi. Interpretazioni ambedue battute in breccia dai due fondamentali lavori del Van Tieghem (°) sopra | citati. L'autore partendo dal concetto che, oltre ad una inserzione appa- rente segnata dal punto di distacco di un organo dall'altro, conviene prendere in considerazione anche l'inserzione vera, data dal punto in eui il sistema vascolare di un organo si distaeca ed individualizza dal- l’altro, riuscì a dimostrare che, anche nell’ ovario infero delle Iridacee, ene egli studiò nei generi /ris, Crocus ecc., il percorso e l'individualiz- ` zazione dei fasci permettono di stabilirne la sua reale genesi e costitu- zione. Nel parenehima che costituisce ciascun carpidio è da vedere la fusione intima dei parenchimi della base dei sei pezzi perigoniali e dei tre elementi dell’ androceo con quello delle tre foglie earpellari. Tesi dalla quale risulta anche la completa natura fogliare e quindi appen- dieulare dell'ovario stesso e che; come sarà detto or ora, sono in grado di confermare con il percorso dei fasci nelle Romulea da me esaminate a questo riguardo. In definitiva, quindi, ci troviamo in presenza di un ovario costituito da tre carpelli o carpidi determinanti ciascuno un lo- culo o loggia con placentazione assile e con setti saldati sin verso la metà, quindi liberi e poi di nuovo saldati verso l'apice: fatto quest'ul- | timo già riscontrato in altre Iridacee. L'ovario, inoltre, ha forma oblunga, ottusamente trigona ed è completamente nascosto fra gli ipsofilli. Ciascun earpidio, dal punto di vista anatomico, è limitato da on e pidermide esterna ed una interna tappezzante le caselle ovariane, am- bedue costituite da cellule in sezione trasversale rettangolari con le pa- reti esterne leggermente ispessite. Tra esse intercede un parenchima ad elementi subrotondi che diventano compressi ed angolosi da adulti e percorso da fasci fibro-vascolari. I quali numerosi, come fu detto nelle () TRECUL, De la théorie carpellaire d'après les Iridées, in l. c. C) VAN TrgGuEM , Recherches sur la structure du Pistil in Lee Recher- ches sur la structure du Pislil.et sur l'anatomie comparée de la fleur in L. c. 378 A. BÉGUINOT . pagine precedenti, fin verso l'apice del peduncolò si riducono alla base del- lovario a sei tra loro equidistanti e disposti in cerchia. Tre corrispon- denti alle ‘divisioni esterne del perigonio emettono ciascuno a destra ed a sinistra dei rami che si dirigono verso il centro. Alla comparsa delle loggie ovariane ne troviamo di conseguenza tre collocati nel centro del- l’ovario e cioè presso il punto di saldatura dei carpelli o, dove questi sono liberi, uno per ciascun lato interno di ogni setto e sono i placen- tari e sei nel lato dorsale dei carpelli, tre opposti alle loggie e tre ai setti. Verso la parte alta dell’ovario i sei fasci dorsali successivamente sì triforcano, i tre opposti alle caselle dell'ovario in senso radiale ed i tre contrapposti ai setti in senso tangenziale. Dei primi tre gruppi il fascio più interno di ciaseun gruppo è destinato allo stilo, il quale è quindi, come diremo avanti, percorso da tre fascetti: degli altri due il più esterno, che per lo più si triforea, è destinato ai sepali, mentre il me- diano si dirige allo stame, che è perciò oppositisepalo. I fasci oppositi- petali che, come vedemmo, si scindono tangenzialmente sono destinati all'innervazione dei tre pezzi interni. In parecchie Iridacee ed anche nell’ affine gen. Crocus il Van Tieghem fece rilevare che il mediano di ciascun gruppo od anche tutti e tre si dividono radialmente, dando luogo ad esili fasciolini che avrebbero dovuto innervare gli stami op- positipetali mancanti nell’attuale simmetria. Fasciolini i quali, . nono- stante le più accurate ricerche, non mi fu possibile di rintracciare nelle Romulea, ma che dove esistono rivestono un evidente significato ance- strale, dovendosi interpretare per l’ultimo reliquato di un organo oggidì scomparso. In ogni modo anche nelle Romulea, secondo quanto fu sopra esposto, la individualizzazione dei fasci destinati ad innervare gli organi fiorali s' inizia nella parte alta dei carpidi e permette quindi estendere anche a questo genere la teorica del Van Tieghem sulla complessa costi- tuzione dell'ovario infero delle Iridacee e sulla sua natura appendieu- lare OCH, La quale, inoltre, è anche all’ evidenza confermata dalla sepa- (!) Sono note le critiche mosse dal Trécul (op. c.) all'opera sopra citata del Van Tieghem sul percorso dei fasci negli organi fiorali delle Iridacee e di cui le due più importanti riguardano i placentari che, secondo il AP Ju pan, ies ux E + à VALI ERE, LEET ETA REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 379 - razione dei setti dalla metà in su dell’ovario: fatto che esclude qualun- que traccia di assilità nella regione placentaria! Semplicissima è poi la costituzione dei fasci in questione, che risul- tano di gruppi di tubi eribrosi con cellule annesse fra i quali si notano elementi vascolari occupanti di solito la periferia interna di ciascun fascio, ma talvolta anche il centro o la periferia esterna. Manca uno speciale sistema meccanico che, limitatamente all’ovario, si organizza solo dopo la fecondazione. All'esaurirsi dei placentari, ciò che ha e presso la sommità del- l'ovario, nel parenchima compreso nella parte centrale di ciascun sepi- mento si viene a differenziare un apparato nettarogeno, destinato, cioè, ad elaborare ed a segregare un liquido zuccherino di natura glucosica, Ciascun nettario, in sezione trasversale, risulta di un sottile canalicolo allungato in senso radiale e limitato da una serie unica di cellule co- stituenti una specie di epitelio del canale stesso. Canale e cellule epi- teliali sono comprese in un parenchima ad elementi tondeggianti con pareti molto sottili a diametro più piccolo di quelli del setto e ricchi di contenuto. Il canalicolo di ciaseuna ghiandola, per mezzo di un foro invisibile all’oechio disarmato, si apre alla base dello stilo, dove si viene ad accumulare una cospicua quantità di nettare protetto dai peli o ciuf- fetti di peli alla base degli stami sopra descritti. Questo tessuto ghian- dolare, scoperto conteinporaneamente in molte Monocotiledoni dal Par- latore (') e dal Brogniart (°), dà luogo a quelle che il Brogniart stesso designò col nome di ghiandole settali dell'ovario , ed appartiene ai net- | tari epicarpici di Delpino (). Trécul, resterebbero al centro, mentre i fasci laterali oppositisepali e de- stinati quindi all’ innervazione dei pezzi esterni del perigonio sarebbero un organo assile. Le mie osservazioni collimano a Leg riguardo con quelle di Van Tieghem e ne sono una diretta conferm (1) F. dr apart: Nuovi generi e nuove specie di eg? Monocotiledoni. Firenze, 1854, 3 () Ap. dv Mémoire sur les glandes nectariféres de l'ovaire dans diverses familles des plantes Monocotyledones in « Ann. Sc. Nat., Botan. » 4.2 ser., vol. II (1854), p. 5, tab. LIV. 380 A. BÉGUINOT Esso fu più recentemente e con maggiori particolari illustrato dal Bonnier (?), Grassmann (*), Schniewind-Thies (*) e fu già trovato in parecchi generi della famiglia delle Iridacee ed anche per l’ affine ge- nere Crocus. Per le Romulea le ghiandole settali furono segnalate la prima volta da me in un precedente lavoro (*) in parecchie specie (R. Bulbocodium, ligustica, Columnae, ramiflora e Rollii) e riscontrate in se- guito in parecchie altre entità della regione mediterranea. Avendo stu- diato le capensi quasi esclusivamente su materiale d'Erbario, nulla posso affermare al riguardo: ma per analogia inclinerei a ritenere che anche queste specie ne siano provviste. Le Romulea, perciò, secondo la recente . nomenclatura di Delpino (°), appartengono alle Monocotiledoni cripta- denie. lobato e papillare. Lo stilo unico, cilindroideo, glabro e liscio, bianca- stro o sfumato di violaceo, come sopra fu esposto, di varia altezza nelle diverse specie e non raramente negli individui di uno stesso cielo, è limitato all'esterno da una epidermide ad elementi poligonali, assai pic- coli ed a parete esterna leggermente ispessita, a cui segue un paren- chima a cellule subrotonde e più grandi tappezzate verso l interno di altra epidermide delimitante il dotto stilare. Il quale è irregolarmente circolare e presenta solitamente tre sporgenze ed altrettante rientranze, le quali segnano la via che deve percorrere il tubetto pollinico per rag- (t) F. DELPINO, Ulteriori —Ó— sulla dicogamia nel regno vegetale, part. 2.*, fasc. II, Milano 1870, kr? Bonan Les nectaires. Étude critique, anatomique et physiologique in « Ann. Se. Nat., Botan. » ser. Gs vol. VIII (1869), p. 136. CP. GRASSMANN. Die Seplaldrüsen. Ihre Verbreitung, Entstehung und Verrichtung in « Flora » a. 1884, p. 113 e 129 e tav. I-II. See J. SCHNIEWIND-THIES, Beiträge zur Kenntniss der Septal-nectarien. Jena, 0) mangi Notizie Leteegoaeg, sulla biologia fiorale del gen. Romulea, in l. (9) E DeLPINO, Applicazione di nuovi criterii per la classificazione delle piante. Sesta memoria, in « Mem. R. Accad. Se. Ist. di Bologna » a. 1896; Se alla teoria della t classificazione delle PRIORI « ibid. » a: 1 Sull'ovario s'innalza la colonna stilare che termina in uno stigma ` - r E PA Tod E E e An eise d KT iere UI ER, Gë EL WE SE NEIEN SEN un ZZ REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 381 giungere le cavità ovariche. Non raramente verso il basso per saldatura della sporgenza si generano tre canali o dotti in evidente continuazione è con le cavità nominate. Il parenchima è percorso da tre esili fasciolini - i quali occupano il centro delle sporgenze o la parte centrale dell’ or- gano, nel tratto dove queste si fondono. Gli stigmi sono tre e ciascuno dei rami, di vario sviluppo a seconda delle specie, ma sempre filiformi, si bipartisce: partizione che ora è su- perficiale ed ora profonda con ogni possibile intermediario. Fatto pel quale il Nicotra (') eredé di distinguere le Romulea della Sicilia in una sezione Euromulea comprendente le specie in eui la partizione è pro- fonda e lo stigma sembra seifido ed in una sezione Pseudobulbocodium in cui la scissione dei due rami è meno accentuata: carattere sul quale, come sarà detto meglio avanti, un lungo esame complessivo di tutto il genere non permette di insistere oltre un certo limite. Checchè sia di ciò, in tutte le specie da me studiate le cellule epidermiche della parte superiore e concava di ciascun rametto si estroflettono , dando luogo a papille corte e tozze destinate ad accogliere e temporaneamente trat- tenere le cellule polliniche: funzione la quale è agevolata mercé se- crezione di sostanza gommosa ad opera delle descritte papille stigma- tiche. Presso alla biforcazione dei lobi i fasciolini che percorrono lo stilo Si biforeano e vanno così ad innervare ciascuno dei rametti stigmatiei inferiori. Nessuna sostanziale differenza ho riscontrato a questo riguardo nelle varie specie da me studiate. : L'ovario contiene gli ovuli distribuiti nei tre loculi o caselle in cui si partisce ed in ciascuna casella sono disposti in due serie ed inse- riti da una parte e dall' altra dell' angolo interno di ciascun setto. Sono anatropi e riferibili al tipo dielamidato e cioè forniti di due tegu- menti. Prima della fecondazione e quando il sacco embrionale (7) è ancora giovane, l’ ovulo mostra una nucella costituita di. parecchi strati con varia disposizione: in alto, e cioè sotto la micropila, gli strati () L. Nicorra, Commentario diagnostico in « Accad. Zel. di Acireale. » - (*) Per lo sviluppo del sacco embrionale prima e dopo la fecondazione cfr. le notizie sulle Monocotiledoni in genere e sulle Iridacee in specie nei 3 seguenti lavori: W. HoFMEISTER, Neuere Beobachtungen über Embryobildung A, BEGUINOT sono regolari e decorrono parallelamente alla sommità della nucella: ai lati del sacco gli elementi hanno di solito disposizione radiale: sotto al sacco si notano cellule allungate secondo l’asse longitudinale della nucella che vanno a terminare nella regione calaziale. Addossato alla - Kei EE Ee nucella sta il tegumento interno o secondina, costituito normalmente da due assise di cellule, fatta eccezione della regione in corrispondenza della micropila dove si allarga e forma un'apertura, l'endostoma. Il tegumento esterno o primina risulta di un maggior numero di serie di cellule (di solito quattro) ed è aperto anteriormente in corrispondenza dell’esostoma. I placentari si prolungano in un breve funicolo che pe- netra nell'ovulo in prossimità della micropila, lo percorre da un lato e y i E pec DEEN ETE ADU raggiunge la regione calaziale, eostituendo il cosi detto rafe. Senza en- trare in minuti dettagli al riguardo, dirò solo che il sacco embrionale nelle Romulea tutte ha origine da una cellula assile subepidermica della nucella, la quale dividesi in tre cellule, delle quali le due superiori vengono riassorbite e la inferiore diventa la cellula madre del sacco. E Vv Vë Er Mac ER E E a. T^ w L'oosfera ha una posizione mediana tra le due sinergidi, le quali sono ENS PESE = al PONTI fornite del noto apparecchio filamentoso insinuantesi nel dotto micro- Uo ME au pilare. Le antipodi, in numero di tre, sono molto sviluppate , arroton- date in alto e prolungate in basso in un’appendice assottigliata, la quale va ad insinuarsi in un'apposita cavità delimitata da cellule in sezione longitudinale assai allungate e di origine sempre nucellare. Esse costitui- scono una specie di cuscinetto e presentano le pareti centrali lignificate, — der Phanerogamen, in « Pringsheim's Jahrb. » vol. I (1858); id. Neue Bei- träge zur Kenntniss der Embryobildung der Phanerogamen, 1859; H. SCHACHT, Neue Untersuchungen über die Befruchtung von Gladiolus segetum, in « Bot. Zeit. » vol. I, (1858); E. STRASBURGER, Ueber Befruchtung und Zellthei- 3 lung, in « Jen. Zeitsehr. f. Naturwiss. » Jena 1877; L. GUIGNARD, Recher- 3 ches sur le sac embryonnaire des phanérogames angiospermes, in « Ann. „ Bot. » ser. Gs, vol. XIII dim: id. Nouvelles études sur la fécon- za. « ibid. » ser. VII; WESTERMAIER, Zur Embryologie der Phaneroga- mèn, insbes. über e? sogen. Antipoden in « Nov. Act. d. Kgl. Leop.-Carol. deutsch. Akad. d. Naturforsch. » vol. 57 (1890) — e specialmente il re- e pi dedicato esclusivamente al genere Romulea di- . FERRARIS: embriologiche sulle Iridacee in « Ann. R. Ist. di i » a. IX. dog, fr 3." p. 221, tav. VI-VII, dr ONU EE t es sw" Lo MUN erm, ES Zär aka Eé d X NR le esterne ed inferiori cellulosiche. Dalla segmentazione del nucleo pri- © mario in otto nuclei, tre sono impiegati alla costituzione dell’ apparecchio micropilare e tre di quello antipodo, ciascuno risultante di tre cellule. e: La fusione degli altri due nuclei rimasti liberi, fusione che ha luogo | vicino al gruppo antipodo, genera il nucleo secondario, dalla cui mol- ` tiplieazione ha luogo l’endosperina. In seguito a questi fenomeni la nu- célla viene lentamente riassorbita ed il sacco embrionale, dapprima spo- stato alquanto in alto e successivamente aumentando di volume e di su- perficie, ne occupa il posto. Fenomeni nei quali non si riscontrano so- stanziali differenze fra specie molto lontane nel sistema, quali R. Bul- bocodium e R. Columnae sin qui esaminate sotto questo punto di vista e sull'ulteriore progresso dei quali sarà trattato nel seguente capitolo a proposito della fecondazione. » ta Cox | V. BIOLOGIA FIORALE E DELLA DISSEMINAZIONE. CENNI ` SULLA FECONDAZIONE E SULLO SVILUPPO EMBRIONALE FINO ALLA COSTITUZIONE DEL FRUTTO E DEL SEME. . In questo capitolo, ultimo della parte generale, riunisco quanto è sin qui acquisito alla scienza e quanto a me consta per osservazioni di- | Tette in natura e per esperienze culturali intorno al funzionamento degli 2 organi fiorali e della riproduzione illustrati nel precedente. Materia piut- tosto vasta, ripartibile nei seguenti tre paragrafi: l. Biologia florale. — Da quanto fu sopra esposto si ricava che il fiore di una qualunque Romulea è sede, oltre che degli organi indi- - . .Spensabili per la riproduzione, di apparati e disposizioni sussidiarie alla funzione medesima e che noi passeremo in breve rassegna. Come in tutte le Iridacee il perigonio di tutte le specie del genere è costituito sul tipo di quelle delle piante zoidioifile, la cui impollina- zione è operata principalmente con I intervento di animaleoli riferibili sopratutto al gruppo degli apiaridi. GAS WE 2X Mr mI wa Mo Var E RAT d bk SEN $ : cris deae 3 > EC NR d RATE SEH / DELPINO, Ulter. osserv. dicog. reg. veget., part. 2.2, fasc. 2.°, p. 241 e () PARLATORE, Flora italiana, vol. III, p. 2.3, pag. 216. CONDIZIONI Ee gi km iti ica d RA RIC Zen: altr publ C ees ER on A A. CULU "zk - MALPIGHIA RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA | REDATTA DA O. PENZIG Prof. all’ Università di Genova Anno XXI — Fase, IX-XII (con Tav. V) ola Soa MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. GENOVA TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO 1907. CONDIZIONI La MarPreHIA si pubblica una volta al mese, in fascicoli di 3 ogli di stampa 2E almeno, corredati, secondo il bisogno, da tavole. L'abbonamento annuale importa L. 25, pagabili alla ricezione del 1? fascicolo dell’ annata. L'intiero volume annuale (36 fogh in 8° con circa 20 tadole) sarà messo in vendita al Jue di L. 30. Non saranno venduti fascicoli separati. Agli Autori saranno corrisposte 100 copie estratte dal periodico, 15 giorni. ` dopo la pubblicazione del fascicolo. Qualora fosse da loro richiesto un maggior i numero di esemplari, le copie in più verranno pagate in ragione di L. 10 al - foglio (di 16 pag.) per 100 copie. Quanto alle tavole Ee occorrerà . soltanto rimborsare le spese di. carta e di tiratura. Le associazioni. si ricevono presso il Prof. O. PeNzic iu Genia e presso le principali Librerie Italiane e dell’ Estero. ^. Ss ; x Ai Librai è accordato lo sconto del 29 */,. Sie Las) I manoscritti e le corrispondenze destinate alla MaLpPIGHIA dovranno essere i indirizzate al Prof. O. Penzie in Genova. Si accetta lo scambio con altre dee ok Ve SE bo- taniche. Per annunzj e inserzioni Geen al Redattore Prof. 0. Penzig, R: Univer: : sità, Genova. Tariffa delle inserzioni EES copertina per o og ni inserzione. Ì pagina... L. 30 1/2 Ed sa DégOS. | 9/4 di pagina. ».25 1/4 di pagina. ». 15 In fogli separati, annessi al fascicolo, a prezzi da convenirsi. REVISIONE MONOGRAFICA del genere ROMULEA Maratti STUDIO BIOLOGICO net, Dorr. AUGUSTO BÉGUINOT | Assistente e Docente di Botanica presso la R. Università di Padova. Continuaz. vedi fasc. precedenti. Altro cospicuo carattere dicogamico risiede nella proterandria di molte specie e nella posizione dello stigma rispetto alla cerchia ante- - . rale. Il ginodioicismo di cui sono prese parecchie entità distribuite nei territorii eireummediterranei conduce pure di necessità alla staurogamia. Sta il fatto che, nonostante la precocità della fioritura, le nostre Ro- mulea a fiore grande sono piuttosto largamente visitate dai pronubi. Secondo le osservazioni da me compiute in più luoghi dei dintorni di Roma e della provincia essi sarebbero essenzialmente degli apiaridi CA Questi animalcoli trovano, difatti, nei pezzi perigoniali reflessi o patenti un'eccellente tavola di appulso , donde si dirigono aleuni alla raccolta del polline.ed altri, divaricando la cerchia staminale, alla ricerca del nettare. Siccome in questo secondo caso il loro corpo resta al disotto delle antere più o meno scosse ed agitate è soggetto ad accogliere provvista più o meno abbondante di polline. Visitando altri fiori, data la favorevole posizione degli stigmi e la loro divaricazione a maturità perfetta, il polline è facilmente deposto ed ha così luogo, come io stesso potetti convincermi, impollinazione eteroclina. Apiaridi pure osservò il Battandier (*) in Algeria ed il Pandiani (°) nei dintorni di Genova ba ` ; (!) Bécumor, Notizie preliminari sulla biologia fiorale del gen. Romulea in 1. c. (0) A. BATTANDIER, Sur quelque cas d'héléromorphisme, in « Bull. Soe, ` - Bot. Frane. », vol. XXX (1883), p. 229. © A. PANDIANI, I fiori e gli insetti. Osservazioni di staurogamia fatte sulla flora dei dintorni di Genova; Genova, 1904, p. do. | 26. Malpighia, Anno XXI, Vol. XX1 386 A. BÉGUINOT segnalato fra i visitatori di Ê. Bulbocodium e R. ligustica , il Bombus terrestris ed inoltre numerosi coleotteri dei generi Meligethes ed Apion, piccoli formicidi (Plagiolepis pygmaea) e tripsidi, tutti cooperanti in vario grado, secondo l'Autore, ad assicurare le nozze inerociate: fatti rie- pilogati di recente anche dallo Scotti (*). Per quanto concerne le specie dell’Africa meridionale, Scott Elliot (°) ha pure segnalato un apide (AZ lodape pictifrons) per R. rosea ed apidi ed Halictus sp. per R. hirsuta ed interpreta come nettaroindici le strie atroviolacee che solcano il fondo del perigonio. Erroneamente è però asserito che il nettare sia eli- minato dalla base dei filamenti staminali, mentre i peli che ivi stanno opererebbero, secondo l'Autore, una protezione del nettare contro l'umi- dità. Constatazioni le quali mostrano come la staurogamia avrebbe una larga esplicazione nel nostro genere. Un esame piü approfondito ed esteso a tutte le specie che lo com- pongono ed aggiungeró, scevro di pregiudizi, porta ad interpretare al- quanto diversamente alcuni dei caratteri sopra riferiti e vieta in ogni modo di generalizzare le conclusioni a eui potrebbe condurre un super- ficiale ed unilaterale apprezzamento degli stessi. Per quanto concerne la regione mediterranea sta anzitutto il fatto che, nell'area e spesso nelle stesse stazioni di specie a perigonio egregia- mente sviluppato e quindi a funzione vessillare manifesta, vegetano pa- recchie specie parviflore, a perigonio più o meno ridotto ed a funzione adescativa singolarmente diminuita. Vi appartengono i rappresentanti del gruppo di R. Columnae e cioè questa specie, R. Saccardoana e cyrenaica : di R. ramiflora e cioè, oltre la nominata, le R. gaditana, tenella, anceps, Carthagenae, numidica e me- litensis e, facente parte a sè, la R. Rollii. Nell’ Africa tropicale questa categoria è rappresentata da R. camerooniana ed in quella meridionale da R. similis, minutiflora e Thodei. In queste specie, inoltre, gli stigmi o sono compresi nella cerchia an- (') L. Scorri, Contribuzioni alla biologia fiorale delle « Liliiflorae » in « Ann. di Bot. » vol. II (1905), p. 511. à) G. F. Scorr ELLIOT, Noles on the Fertilisation of South African and Madagascar Flowering Plants in « Ann. of Bot. » vol. V (1890-91), p. 383. | REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI terale o ad essa immediatamente sovraincombono, ma in modo che l'au- toimpollinazione é sempre possibile. Stigmi pure cosi disposti sono pos- seduti nei territori cireummediterranei da R. Linaresii e da alcune en- tità del ciclo di R. Requienii e cioè R. insularis, Revelieri , corsica e Jordani: specie queste, data la vivace tinta violaeea del perigonio, a funzione vessillare indubbia, ma nonostante eioé con gli organi sessuali | favorevolmente disposti per l'autogamia. In generale poi possiamo dire che, in tutte le specie citate, i eolori non sono aboliti, i così detti net- ‘taroindici presenti e costante la secrezione mellen nel fondo del peri- gonio! Le mie osservazioni dirette sopra tre di queste specie in Pro- vincia di Roma (e cioè R. Columnae, ramiflora e Rollii) mi hanno, d'altra parte, rivelato che esse sono quasi costantemente evitate dai pro- nubi e che, nonostante ciò, l'autogamia dà prodotti fertili. La coltura al riparo nell'Orto botanico di Padova da semi di varie provenienze con- fermò pienamente queste osservazioni: i semi d'origine autogamica col- tivati per parecchie generazioni di seguito si rivelarono fertili senza eccezione. In eonclusione, quindi, nelle specie in questione, ai caratteri dicogamici s'interealano e contrastano disposizioni autogamiche, alle quali à prineipalmente assicurato in natura l'indefinita propagazione de- gli individui e quindi la eonservazione della specie. Una teorica seducente, basata anche sulla constatazione che molte specie grandiflore hanno forme ed individui micranti bene spesso brachistili, potrebbe indurre a ritenere le attuali parviflore quali stirpi degenerate di quelle. Ma sif- fatta teorica è battuta in breccia dall'esame delle specie tropicali e ca- pensi, nelle quali i caratteri e le disposizioni dicogamiche toccano nella maggior parte delle entità la massima esaltazione, mentre, ad eccezione di alcune poche, gli stigmi, o sono interposti alla cerchia anterale, od immediatamente sovrapposti. In analogia alle specie mediterrane e come mi ha rivelato la prolungata cultura di R. rosea e R. purpurascens , ambedue della flora capense, l'autoimpollinazione deve essere la regola ed é in ogni modo seguita da prodotti fertili. Le specie grandiflore con lo splendido apparato vessillare (veramente magnifieo ove si tenga pre- sente l'esiguità della pianta!) non si comportano sempre nella fonda- mentale funzione della fecondazione, a parte qualche eccezione, diver- $68 7 A. BÉGUINOT samente dalle parviflore sopra nominate! Ma v'ha di più. Disposizione comune a tutte le specie del genere risiede nella chiusura del perigonio durante le ore della notte e per aleune di quelle del giorno. Nelle specie da me osservate in natura o sottoposte a coltivazione la divaricazione dei tepali s'inizia quando il sole è già alto sull'orizzonte (generalmente tra le 9 e le 10) e la chiusura prima del tramonto e cioè tra le 15 e le 16. Quando il sole è velato dalle nubi od il tempo piovoso, caso frequente nell’epoca in cui le Romulea entrano in antesi, il perigonio resta normalmente chiuso. Chiusura ordinata evidentemente alla difesa del perigonio stesso e specialmente del polline contro i danni dell'umidità e della pioggia ('), ma che nello stesso tempo diminuisce la probabilità di visite da parte dei pronubi e, ciò che più importa, fa- vorisce i processi dell’autoimpollinazione. E non è da eseludere, come già ammisi in un mio precedente lavoro (?), che l'autogamia sia pure favorita, mercè questa disposizione, nelle forme brachistiti di Specie nor- malmente grandiflore e dolicostile. A tutto ciò va aggiunto che la pro- terandria di cui sopra fu fatto cenno è ben poco manifesta: la matu- rità della cellula pollinica, in altre parole, precede di breve tempo quella ` dell'oosfera ed in alcune specie sembrano essere sincrone: tale è il caso di molte parviflore brachistili, a giudicare almeno dalla divaricazione degli stigmi contemporanea alla deiscenza delle antere. Proterandria, quando esistente, in ogni caso macrobiostemona e tale che, quando non ha luogo precedente impollinazione eteroclina e non interceda distanza fra gli stigmi e le antere, conduce ad una vera e propria autogamia (?). (7 Lo stesso fatto si verifica per molte altre Iridacee ed anche per l’af- fine genere Crocus, sul quale cfr. P. DUCHARTRE, Influence de la tempéra- ture sur l’épanouissement et la fermelure des fleurs des Crocus, in « Bull. Soc. Bot. Franc. » vol. XXX (1883), p. 64 e A. BURGERSTEIN, Ueber die Bewegungserscheinungen der Perigonblütter von Tulipa u. Crocus in « Jah- resber. Erzherzog Rainer Gymn. Wien 1902 ». Le Romulea perciò possie- dono, secondo la recente nomenclatura dell'Hansgirg (cfr. HANsaiRG, Pio: zenbiologische Untersuchungen nebst algologischen Schluszbemerkungen; Wien, 1904, p. 122) fiori ombrofobi del tipo dei Crocus. (*) BEcurNOT, in l. c. €) Autogamia fu pure di recente ammessa dal Ponzo (L’Autogamia nelle piante Fanerogame in « Nuov. Giorn. Bot. Ital, n. ser., vol. XI [1905], p. Wee A Mengt EN hg REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 389 Quale disposizione dieogamiea potrebbe essere interpretato il gino- dioicismo di cui molte specie sono investite: ma un maturo esame ci fa ascrivere il ginodioicismo in questione a cause diverse da quelle di- cogamiche. Ed esponiamo in breve i dati e fatti sin qui acquisiti al riguardo alla scienza. Credo prima di tutti il Battandier (*) segnalava nel 1881 in Algeria una forma di R. Bulbocodium a perigonio più pic- colo e più pallido, a divisioni più acute e con antere sterili : forma che egli sospettò di origine ibrida. Qualche anno dopo, tornando sullo stesso argomento (?) stabiliva, a spese di questa specie, una varietà dioica con due forme: l'una maschile, grandiflora, dolicostila o con antere ricca- mente pollinifere ed a stilo due volte più lungo degli stami e T al- tra femminile, a fiori più piccoli e più pallidi, a divisioni perigoniali più acute, ad antere rudimentali e sterili ed a stilo non sorpassante 0 di poco gli stami. Apiaridi visiterebbero l'una e l’altra forma, ma il polline sarebbe esclusivamente fornito dalla pianta maschile e non eser- citerebbe azione fecondante che sulla pianta femminile e ginodioica sopra descritta. Sta il fatto che su 132 esemplari brachistili e quindi con antere atrofiche, 108 hanno dato seme, 24 restarono sterili e su 84 dolicostili e cioè maschili, 83 sono sterili ed uno solo avrebbe dato seme. L'Autore non si meraviglia di avere 24 individui sterili fra i brachi- stili, ma di annoverarne uno fertile fra quelli dolicostili. E conclude che in realtà la specie in questione non è. completamente dioica, ma tende a diventarlo: in ogni modo esclude che la impollinazione omoclina della forma apparentemente ermafrodita conduca a prodotti fertili. Un anno dopo il Freyn (è), studiando su materiale d’ Erbario il comportamento di R. Bulbocodium in Europa, rileva che, sia nella forma tipica che in 604) per R. bullocodium, causa la divaricazione degli stigmi e l'attorciglia- mento verso le antere durante la chiusura del perigonio: ma questa parti- eolarità merita conferma, specie nelle forme dolicostili! (') A. BATTANDIER, Contribution à la flore des environs d'Alger in (Bull. Soc. Bot. Frane. » vol. XXVIII (1881), p. 229. 8) Id., Sur quelques cas d' hétéromorphisme , « ibid. » vol. XXX (1883). 238 p. 238. (8) J. FREYN, Phytographische Notizen insbesondere aus dem Mittelmeer- gebiete, in « Flora », a. 67.° (1884), p. 684. 390 A. BÉGUINOT quella grandiflora ('), lo stigma è più lungo degli stami e solo in un individuo dell'una ed in uno dell’altra forma trova uno stilo breve con stigma all’altezza delle antere, ma non trovò forme ad antere sterili e cioè ginodioiche. Conclude, quindi, che la varietà dioica Batt. è una razza o sottospecie geograficamente limitata, e che in Algeria rappre- senta un tipo ermafrodito in Europa. Più recentemente il Martelli (°) fece conoscere di R. Zigustica di Sardegna una forma grandiflora ed ermafrodita ed una forma a polline abortito e che dice sterile. Nel 1899 io pubblicava (*) i risultati delle mie ricerche sulle due specie in que- stione ed osservazioni antobiologiche sopra R. ramiflora, Columnae e Rollii: osservazioni confermate di recente dal Pandiani (*) e dallo Scotti (*). Secondo il primo di questi botanici, la R. /igustica dei din- torni di Genova presenta forme macrante e mierante: queste ultime sono le prime ad apparire, ora ermafrodite ed ora ginodioiche, ma con stigmi di poco sorpassanti l'apiee delle antere e quindi, nel primo caso, auto- game; le macrante avrebbero sempre antere fertili e lo stilo superante del doppio la cerchia anterale e perciò eterogame. Nella R. Bulboco- dium ha trovato sempre la forma macranta longistila. Le ricerche dell'ultimo triennio mi rivelarono che anche altre specie erano prese da ginodioieismo ; il quale perciò è presentato, allo stato delle conoscenze, dalle seguenti entità: R. Bulbocodium, uliginosa, ligu- stica, Battandieri e grandiscapa del gruppo di R. Bulbocodium e, stirpe a sé, dalla R. nivalis. Non fu sin qui osservato nel gruppo di R. Li- naresii e R. Requienii, manca in tutte le parviflore dei polimorfi cieli di R. Columnae e R. ramiflora e, senza eccezione, nelle specie del () E qui da avvertire che la forma grandiflora, a cui si riferisce il Freyn, non é la comune forma a perigonio piü sviluppato della R. Bulbocodium, ma R. grandiflora Tin. in Tod., a quel che pare, propria della Sicilia e, come sarà detto meglio nella parte sistematica, con qualche altro carat- tere in propri à) U Ce Notule botaniche, in « Bull. Soc. Bot. Ital. » 1896, 154. Cfr. ancora Monocotyledones sardoae, Firenze, fasc. 2.° (1901), p- o. (3) BÉGUINOT, 0 (4) PANDIANI, Op. c. (5) SCOTTI, op. c. Ru NK vii EE h REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 391 lAfrica tropieale e meridionale. La sterilità delle antere è, quindi, un appannaggio di pareechi (e forse di tutti) i eostituenti di due stirpi, i eui rappresentanti sono distribuiti nei territori eireummediterranei. Que- ste specie offrono perció il fenomeno della eterantia. Ecco ora le mie osservazioni dirette, sia in natura, come su materiale di coltura. Nei dintorni di Roma ed in altri settori della Provincia è largamente distribuita R. Bulbocodium, dove fu primamente osservato e scoperto il fatto. Essa presentasi, come del resto in altre parti d’Italia, con indi- vidui grandiflori prevalentemente dolicostili ed individui parviflori con prevalenza brachistili: una forma con perigonio di medio sviluppo e gradualmente collegantesi con gli estremi offre, si può dire in egual misura, sia individui a lungo che a corto stilo — tutti però ermafroditi. Con assoluta prevalenza nelle forme micrante la stessa specie presenta individui con antere atrofiche e polline abortivo e quindi ginodioici e questi alla sua volta ora brachistili ed ora dolicostili: dico prevalenza , ma sta di fatto che ginodioicismo nella pianta romana trovasi non ra- ramente realizzato anehe in individui a perigonio egregiamente evoluto. Anche il dieroismo segnalato dal Battandier per la Romulea di Algeri non è così esaltato in questa: generalmente le forme grandiflore e do- licostili offrono colorazioni più intense ed eterogenee delle parviflore e ginodioiche, ma non senza eccezioni. Ho poi avuto occasione di rile- vare che i caratteri autogamiei negli esemplari ermafroditi e lo stesso ginodioicismo erano prevalenti nelle fioriture precoci, che hanno luogo nella regione verso la fine di gennaio e tendevano a diminuire nelle fioriture più tardive, del febbraio inoltrato, civè, e del marzo. Nel materiale trasmessomi dal prof. Pirotta e coltivato nel R. Orto Bota- nico di Padova, pure dei dintorni di Roma, ho anche segnalato nelle prime fioriture (20 genn.) prevalenza di esemplari ginodioici, ora con stilo breve ed ora allungato, a volte con perigonio ridotto ed ora di media grandezza. In un esemplare ho constatato sulla fine di gennaio un primo fiore er- mafrodito e dolicostilo a perigonio lungo ben 30 mm. e nel successivo, partenente alla stessa pianta, entrato in antesi qualche giorno dopo ed ap ed egualmente dolicostilo. un fiore a perigonio ridotto lungo 20 mm. à fe. 1 734. M TR e We e 392 A. BÉGUINOT Del resto casi di ginodiocismo ho pure osservato nelle fioriture del feb- braio e, contrariamente alla pianta di Algeria, non di rado anche in pe- rigoni bene evoluti e con stilo allungato. Esemplari della specie tra- smessimi dal prof. Gestro dalla Valle dei Molinacci presso Genova erano ripartibili in una forma normale-grandiflora-ermafrodita ed a lungo stilo, e in un'altra a perigonio di media grandezza ed a stilo breve e con stigmi appena al disopra della cerchia anterale ed in una terza con, perigonio lungo 20-25 mm. ad antere atrofiche, ma sempre a lungo stilo. Coltivati, riprodussero in varia percentuale le tre forme e notevole, tra queste, alcuni individui ginodioiei , ma a perianzio lungo ben 35 mm. (forma, quindi, grandiflora) e dolicostili. Impollinazioni omocline da me effettuate sugli individui grandiflori e dolicostili che, nella pianta algerina fungono quasi esclusivamente da individui maschili, mi hanno dato senza eccezione, sia nelle piante di Roma che di Genova, prodotti fertili. La stessa operazione compiuta su aleuni esemplari trasmessimi dal Battandier dei dintorni di Algeri (!) e che coltivati diedero la forma ermafrodita ed a lungo stilo, restarono invece, conformemente alle osservazioni di questo botanico, sterili. Altre interessanti constatazioni ebbi occasione di fare sull’affine R. ligustica, della quale ebbi materiale vivente raccolto nella classica loca- lità dei Molinacci di Genova per la cortesia del prof. Gestro, dalla ‘ Sardegna settentrionale a merito del dott. A. Vaccari, e nei dintorni di Sassari dal prof. Buscalioni, In parecchi esemplari della prima provenienza riscontrai individui con perigonio variante dai 25 ai 30 mm., alcuni eon lungo ed altri con stilo corto e sovraincombente agli stami, tutti però ermafroditi, ed altri con perigonio di 12-18 mm. , con antere piccole, atrofiche e senza polline e quindi ginodioici. Nessuna differenza nell pure rappresentata nella flora algerica, assieme ad intermediarî di ardua decifrazione su materiale d' Erbario, d REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 393 colorazione del fiore nel quale dominano, come sopra dissi, colori lila- cini più o meno sbiaditi. Le stesse forme ebbi pure occasione di rile- vare su materiale raccolto in Gallura (Porto Pollo) che, coltivato, diede i seguenti risultati. Da individui appartenenti alla forma grandiflora , ermafrodita e dolicostila ottenni nel seguente anno e nelle fioriture pre- coci individui parviflori, alcuni ermafroditi ed altri ginodioici, tutti con stili di poco sorpassanti la cerchia anterale e tali da rendere possibile nel primo caso l’autogamia: nelle fioriture più tardive il perigonio rag- giunse maggiore sviluppo e nelle piante ermafrodite gli stili si allun- garono: restarono, invece, brachistili, solo le ginodioiche. Forme tutte di evidente degenerazione da un tipo normale, ermafrodito e grandifloro! Da esemplari provenienti da Sassari e pure coltivati ebbi di notevole a mezzo gennaio individui ginodioiei e mieranti (17-20 mm.) e sempre brachistili, ed altri con perigonio lungo 20 mm. più intensamente co- lorati, ermafroditi e con stigmi nel primo giorno sovrastanti appena , alle antere ed un po’ allungantesi nei successivi: fatto il quale dimo- strerebbe che la forma dolicostila discende in alcuni casi dalla forma braehistila ad antesi avanzata. L'autoimpollinazione da me eseguita sulla forma ermafrodita ed a lungo stilo diede, come in R. Bulbocodium, prodotti fertili. - Da pochi esemplari di A. uliginosa comunieatimi dai dintorni di Coim- bra dal dott. De Mariz ottenni individui ermafroditi e dolicostili ed altri ginodioici e brachistili: variabilissima negli uni e negli altri la colorazione del perigonio, ora volgente al lilaeino come in £. ligustica od ora a R. Bulbocodium, nel quale caso il tubo perigoniale è giallastro, come in questa specie. Individui mieranti analoghi a quelli da me descritti su pianta spon- tanea ebbi dalla coltura di R. Aequienii, comunicatami dall'isola della Maddalena dal Vaccari: mai osservai forme ginodioiche. Variabile è in- vece l'altezza degli stigmi più o meno sopraelevati sulla cerchia delle antere, ma in posizione tale che l'autoimpollinazione, nonostante la chiu- sura del perigonio, è resa impossibile od almeno molto difficile. Prodotti fertili ebbi invece con impollinazione artificiale. Le parecchie specie parviflore da me coltivate (A. Columnae, rami- 394 A. BÉGUINOT Sora, gaditana, Rollii, longiscapa ecc.) rivelarono perigonio meno varia- bile, mancanza di ginodioicismo e stigmi situati o fra la cerchia ante- rale od immediatamente al disopra, ma in modo che T autoimpollina- zione, sempre seguita da prodotti, è possibile e forse la sola attuata in natura: solo in pochi esemplari di R. ramiflora di Maccarese (Roma) ricordo di avere osservato stilo allungato e sopraelevato sulle antere, e resta a vedersi se trattasi di fatto più frequente o di prodotto di incrocio. Da questa dettagliata esposizione si evince che gli organi fiorali e della riproduzione di alcune Romulea sono in preda ad esaltato poli- morfismo, che investe non solo gli individui di una data specie, ma ben anche i vari fiori di uno stesso individuo: polimorfismo il quale dà luogo a combinazioni assai più complicate e numerose di quelle che il Battandier ha osservato nella R. Bulbocodium di Algeri. Nella pianta . italiana, come pure in R. Zigustica, lY atrofia del polline non ha luogo esclusivamente nelle forme micrante e queste risultano, alla loro volta, sia di individui brachistili che dolicostili. D’ altra parte I’ ermafrodi- tismo, se accompagna più spesso le forme grandiflore, non ne è però esclusivo: e questo, come le fecondazioni artificiali hanno dimostrato, non è apparente: la pianta cioè non funziona esclusivamente come maschile, ma anche come fisiologicamente ermafroditi. Le stesse forme grandiflore o macrante constano , non solo di individui dolicostili, ma anche di brachistili, senza escludere che in alcuni casi la brachistilia sia soltanto temporanea. Anche nelle tinte non v'é quella netta distin- zione e discriminazione fra macrante e mierante della pianta algerina : la quale perciò segna l’estremo grado di differenziazione raggiunto in questa direzione da A. Bulbocodium. Ma quale sarà la causa prima di un siffatto ginodioicismo? e deve essere ricercata proprio in una tendenza alla dioicità e quindi alla eterofecondazione ? Come sopra fu esposto, il mierantismo nel perigonio delle Romulea in questione cade soprattutto nelle fioriture precoci o negli individui ere- scenti in condizioni disagiate di stazione: d’altra parte il ginodioicismo, se non esclusivo, è certo più frequente nelle forme a perigonio ridotto d a eromatismo meno accentuato. Le antesi più precoci sono quelle che © x REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 395 coincidono col periodo più piovoso dell'inverno, nel quale le radiazioni solari dirette sono più tenui e per tratti più o meno lunghi soppresse: le soluzioni saline circolanti nel suolo più diluite e quindi la nutrizione inorganica più scarsa e deficiente. Le inondazioni a cui vanno soggetti aleuni settori e la persistenza dell’acqua, specie nei terreni argillosi, per È parecchi giorni di seguito, devono certamente arrecare disturbi funzio- | nali, se si tiene anche presente che il piano di struttura generale delle Romulea tutte è di tipo xeromorfo. Ed ascrivo alla denutrizione della pianta coltivata in vaso la trasformazione in micranti e ginodioiei di individui originariamente maeranti ed ermafroditi. Di queste condizioni disagiate, la colorazione più tenue, l’atrofia del polline e la brevità dello : stilo sarebbero le più dirette ed immediate ripercussioni. Questi carat- = feri sono, secondo una tale teorica, da interpretare quali indici di de- |‘ viazione e degenerazione di un capostipite normale e che dovette essere ed è, almeno nei cicli di R. Bulbocodium e R. ligustica, grandifloro, ermafrodito e dolicostilo: sono quindi caratteri atassici e non neoge- - mici (! La fluttuazione della quale sono pervasi in alcuni settori del- : l'area risiede, a mio giudizio, in stimoli assai diversi nelle stesse appa- : renti condizioni di stazione: queste e l'ereditarietà possono poi spiegare il prolungamento del mierantismo e del ginodioieismo, anche quando le condizioni meteoriche migliorano (?). L'ereditarietà avrebbe raggiunto il grado massimo nella R. Bulbocodium dell'Algeria: ma le cause deter- minanti la costituzione dei caratteri in questione restano, à mio cre- dere, le stesse. Ciò del resto è in armonia con recenti ricerche sperimen- . () A conclusioni conformi furono pure condotti di recente il CORRENS, .... per quanto concerne i fattori della poligamia (cfr. Experimentelle Unter- ; suchungen über die Gynodioecie in « Ber. deutsch. bot. Gesell. » vol. XXII (1904), p. 506; Weitere Untersuch. ü. die Gynod. « ibid. », vol. XXIII (1905), p. 452; Zur Kenntniss der Geschlechtsformen polygamer Faina pg und ihrer Beeinflussbarkeit in « Pringsheim's Jahrb., a. 124 — (dove è anche la bibliografia dell'argomento) ed il GÖBEL sulle cause della cleistogamia (cfr. Die Kleistogamen Blüthen und die Anpassungstheorien in « Biol. Centralbl. » vol. XXIV (1904), n. 24-24. (5) Cfr. su di ciò: C. RAUMKIAEB, Sur la transmission par héredité dans les espéces hétéromorphes in « Acad. R. Se. Lett. de Danem., Bull. de l'anné 196» n. 1, p. 31. 396 A. BÉGUINOT tali, tendenti a dimostrare la fissazione e trasmissione di caratteri, anche se anormali od inutili. Ma, a parte ciò, permane pur sempre il fatto che un gruppo di specie mediterranee ed alcune capensi, sono rappresentate esclusivamente o pre- valentemente da individui a lungo stilo, in posizione tale che l’autoim- pollinazione è impossibilitata e la fecondazione viene assicurata solo mercé l'intervento di opportuni pronubi: carattere, quindi, di pertinenza ed origine dicogamica e che anzi, nel limite del nostro genere, dovrebbe rappresentare il culmine della perfezione in questa direzione. Nè io ho argomenti decisivi per impugnare una siffatta interpretazione. Ma ove si tenga presente quanto venni sin qui esponendo e specie la perfe- zione dell'evoluzione cromatica nella più parte delle Romulea capensi congiunta con disposizioni autogamiche ; tale teorica deve essere accet. tata con molte riserve. Le mirabili ricerche sperimentali del Darwin e di altri autori tendenti a dimostrare la inefficacia dell’ autogamia o la | scarsa fertilità di una serie di fecondazioni eonsanguinee hanno inne- gabile valore: nel limite delle famiglie e dei generi nelle quali furono condotte. L'estensione concessa da alcuni biologi a queste leggi è in grande parte la generalizzazione di risultati conseguiti in gruppi non molto estesi, nè molto ‘numerosi. L'applicazione nel genere Romulea , dove l'autogamia seguita da prodotti fertili ha una così larga esplica- Zione, non é possibile farla se non in seguito, nelle specie che meglio si prestano, di una lunga serie di auto- ed etero- impollinazioni ed in base al confronto dei rispettivi prodotti: ciò che ancora non fu fatto. Le ricerche antobiologiche degli ultimi tempi (*) hanno d'altra parte dimo- strato quali complicatissime cause e disparatissimi fattori hanno impe- zione cromatica del perianzio, « ibid. » vol. X (1904); A. Ponzo, Conside- razioni sull’ autogamia nelle piante fanerogame in « Nat, Sic. » a. XIX- XX (1907). REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 397 rato nella costituzione degli apparati fiorali e come l'intervento dell’ a- genzia degli animaleoli, nelle così dette piante zoidiofile, sia stato uno. Ma che sia stato il solo e che quando ve nel fiore della Romulea sia opera esclusiva di questo fattore, per quanto validissimo ed efficacis- simo e che tutto sia ordinato e predisposto per la dicogamia e che questa sola dia prodotti fertili e resistenti nella lotta per l’esistenza, è conclusione non rispondente a Zut? i fatti sopra esposti ed, a mio mo- desto giudizio, azzardata e prematura. 2. Fecondazione e sviluppo embrionale fino alla costituzione del frutto e del seme (t). — 1l granello pollinico depositato direttamente od indirettamente sullo stigma vi è trattenuto, sia dalla secrezione vi- schiosa, come dalle estroflessioni papillari delle cellule epidermiche sopra descritte e non tarda a germinarvi. Il tubetto pollinico varia a seconda della lunghezza dello stilo, attraverso il cui dotto se ne possono troyare numerosissimi , dapprima costituenti un unico fascio, più in basso di- sponendosi in tre gruppi diretti alle tre logge dell’ ovario che percor- rono in tutta la sua lunghezza. Di quando in quando uno o più di essi prende la direzione della mieropila, ma normalmente non ve ne penetra che uno. Giunto in prossimità del sacco, che frattanto si è amplificato occupando tutto lo spazio della nucella, il tubetto si rigonfia e passando attraverso le sinergidi che, con l’apparecchio filamentoso sopra descritto, s insinuano per buon tratto nella mieropila, giunge all’ oosfera. Avvenuto il contatto, le pareti si sciolgono, il gamete maschile vi pe- netra e si fonda con il femminile e l'oosfera diventata oospora si riveste di membrana. Ciò avvenuto, il nueleo entra in divisione e si vengono a costituire due cellule, l’inferiore delle quali costituisce l'embrioforo o SOspensore e la superiore, ripetutamente moltiplicandosi in direzione tra- sversale e longitudinale, viene a costituire l'embrione. Intanto altri fe- nomeni notevoli avvengono nel sacco contemporaneamente o dopo la fe- condazione. Non appena, cioè, il tubo pollinico è venuto a contatto con TE (1) Per > mara sila iene cfr. quella riportata nel capitolo . preceden 398 A. BEGUINOT l’oosfera, il nucleo secondario del sacco embrionale (fin qui non fu con- statata la così detta doppia fecondazione) si divide e rapidamente ven- gono a costituirsi i primi nuclei endospermici, i quali non tardano ad organizzarsi ed a formare un primo strato di cellule attorno alla ca- vità del sacco embrionale. I nuclei delle quali, entrando contempora- neamente in divisione, danno luogo ad un secondo strato che restringe sempre più la detta cavità e così di seguito, fin che non vengono ad incontrarsi al centro di questa, riempiendola totalmente e cireondando d'ogni parte l'embrione, tranne che in alto. Queste cellule dapprima con pareti sottili, in seguito si ispessiscono e si riempiono di materiali di ri- serva e vengono col loro complesso a costituire un albume, che per la strut- tura e costituzione è di natura cornea. Dal loro canto, subito dopo la fe- condazione, le sinergidi si disorganizzano e sono riassorbite: le antipodi invece persistono più a lungo e sono ancora osservabili qualche tempo dopo la formazione della pellicola endospermiea, ma in brave anch'esse finiscono per scomparire. Embrione ed endosperma sono circondati, come fu già detto nelle pagine precedenti, da due tegumenti che nel frat- tempo subirono notevoli modifieazioni. Nell'ovulo presso a maturità il tegumento interno risulta di due serie cellulari, una interna confinante con il saeeo ed una esterna addossata al tegumento esterno. La prima serie é eostituita da cellule di piccolo lume ed iniziantesi nella calaza per terminare alla mieropila, dove subiscono moltiplicazione e servono a delimitarla: la seconda od esterna risulta di elementi piccoli nella parte dilatata del sacco, gradatamente più grandi ed assai allungati radialmente nella pagina inferiore e di nuovo a piecolo lume nella re- gione calaziale. Pure di due strati è costituito il tegumento esterno, l'uno interno e sottile, tranne che in corrispondenza della mieropila e l'altro esterno risultante di una sola serie che forma D epidermide del- l ovulo. Qualche altra modificazione, specie nei tegumenti seminali , investe l'ovulo completamente maturo e cioè diventato seme. Dapprima quasi perfettamente globoso, il seme delle Romulea tutte resta presso a poco isiodiametrieo, ma, in seguito a compressione, presentasi per lo più la-. teralmente un po’ schiacciato. Nell'angolo formato dalle due depressioni ld v. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 399 e che guarda la parte superiore dell’ ovario, dall’ ilo alla calaza, decorre diritto il rafe che è leggermente prominente all'esterno e quindi visibile anche ad occhio nudo: la parte inferiore è invece convessa ed arroton- data. La calaza o: meglio la regione calaziale si rileva anch’ essa all e- ` sterno in forma di una piccola fossetta circolare di 2-3 mm. di diametro, a superficie rugulosa e posta presso uno dei poli del seme stesso. Le dimensioni del quale, comprese fra 2-3 mm. nell'asse maggiore e fra 2 mm. nel minore, sono ben poco variabili nell' ambito del genere. Co- è pure la superficie esterna glabra e quasi liscia e di un rosso- baio, che aumenta con la maturità perfetta e con la vecchiaia: i tegu- menti. sono coriacei. stante All’esame anatomico, lo spermoderma di una qualunque Romulea de- rivante da trasformazione della primina e secondina dell' ovulo, lascia distinguere: un'epidermide esterna costituita da una serie unica di cel- lule a perfetto contatto, a sezione poligonale con la parete esterna con- vessa e fortemente ispessita, le radiali ed interne sottili; uno strato me- diano (') eostituito da 3-10 assise di cellule allungate tangenzialmente, a pareti sottili e facilmente distensibili, ricche di materiali di riserva e che costituiscono, quindi, nel loro complesso un parenchima | nutri- tizio: ed un’ epidermide interna a contatto con Il endosperma e costi- tuita da una serie unica di elementi poligonali a pareti radiali ed in- terne sottili, le esterne fortemente ispessite e con evidente funzione di protezione dell'albume. Tutte le cellule su descritte albergano anche un contenuto rossastro, che dà le reazioni del tannino. In corrispondenza della regione calaziale, lo strato mediano o nutritizio si moltiplica e sì (') Questo strato nel vicino genere Crocus consta di due sole assise, l’ e- sterna ad elementi assai allungati in direzione tangenziale e l'interna ad elementi prismatici allungati in senso radiale: struttura quasi identica .a quella presentata da specie del genere Gladiolus. Le Romulea , invece, à questo riguardo,si avvicinano allo spermoderma del genere Iris: carat- tere sul quale, del resto, non e possibile fare assegnamento nella, costitu- zione di gruppi naturali, dato il grande polimorfismo di cui è investito. Cfr. su di ciò: J. GODFRIN, Etude histologique sur les tegumentis seminawr des Angiosper mes, Nancy 1880, p. 21; BRANDZA, Livni des téguments de la graine in « Rev. gen. de Bot. » vol. III (1891), p 400 A. BÉGUINOT differenzia all'esterno in cellule a pareti sottili e tangenzialmente molto compresse ed all'interno a cellule subrotonde a pareti alquanto ispessite ed a rieco contenuto. Elementi tutti facilmente estensibili in seguito al- l' imbibizione, come è dimostrato nel periodo della germinazione in cui la fossetta calaziale è respinta all'esterno: è anzi probabile che il seme si provveda di acqua esclusivamente da questa regione. Nello strato me- diano, dall’ ilo alla calaza, decorre il rafe costituito da un fascetto libro- legnoso che si sfiocca in corrispondenza appunto del parenchima calaziale, che mai oltrepassa. Nulla debbo aggiungere per quanto riguarda l'endosperma che cir- conda d'ogni parte l'embrione, salvo che in alto in eui l’ estremità ra- dicellare dello stesso tocca quasi la micropila e quindi il tegumento interno: embrione assile o leggermente sublaterale, orientato secondo un . asse parallelo a quello che percorre il rafe dall’ilo alla calaza e munito di un unico cotiledone a contatto con le cellule endospermiche e con evidente funzione di assorbimento, come fu detto sopra a proposito delle prime fasi della germinazione. Nessuna sostanziale differenza constatai a questo riguardo nelle varie specie da me esaminate. In seguito alla fecondazione anche l' ovario, che s' avvia a diventare frutto, è sede di qualche modificazione. Dirò anzitutto che il frutto di una qualunque Romulea è una cassula membranacea, globoso-ovata od oblunga, attenuata in basso ed ottusa in alto, ottusamente triquetra ai lati, rompentesi all’epoca della disseminazione lungo una linea di mi- nima resistenza posta nella parte mediana di ciascun carpello ed è per ciò loculido-trivalve. Il frutto, come l' ovario, resta circondato fino agli ultimi istanti dai due ipsofilli e cioè dalle due brattee sopra descritte e che generalmente sono subeguali od un po’ più lunghe del frutto stesso. Le dimensioni del quale oscillano tra 8 e 15 mm. al massimo. Le mo- dificazioni anatomiche si riducono al forte ispessimento delle cellule epi- dermiche esterne, la compressione in senso tangenziale di quelle dello strato mediano, che presenta pure qualche lacuna e la differenziazione di elementi meccanici e cioè di fibre attorno ai fasci libro-legnosi e spe- cialmente dal lato esterno: un leggero ispessimento è anche constata- | bile nelle cellule dell'epidermide interna. E K REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 401 3. Biologia della disseminazione. — Avvenuta la fecondazione , la quale è segnata dalla chiusura e qualche giorno dopo dalla marcescenza e distacco del perigonio, dalla lenta trasformazione dell’ovario in frutto e dell'ovulo in seme, il peduncolo fiorale è sede di movimenti ordinati a favorire la disseminazione e quindi riferibili a movimenti carpotropiei (!). Fino dall’antesi i singoli peduncoli fiorali, specialmente nelle specie mul- . tiflore, fanno un angolo più o meno aperto con l’asse principale per lo più ipogeo o nascosto nelle guaine fogliari: essi sono avvicinati od anche quasi orizzontalmente appoggiati al suolo con la parte convessa, e guar- dano in alto con quella pianeggiante o leggermente concava. Quando il bulbo-tubero è molto profondo ed il peduncolo molto breve esso si man- tiene quasi diritto e si ha l'impressione che il fiore spunti dal terreno: ma è un caso raro. In ogni modo, avvenuta la fecondazione, la parte indivisa dell'asse, in seguito ad accrescimento intercalare, si allunga e determina l'allontanamento della cassula da terra. Raggiunta una certa altezza, si inizia un vero e proprio movimento geotropico determinato dalla curvatura del peduncolo verso terra, in seguito al quale il frutto presenta così l’apice rivolto in basso e nella disposizione più opportuna per una disseminazione zz loco. A questo punto, in una stessa specie aleuni individui tornano nuova- mente a drizzarsi; in altri il peduncolo, prossimo a toccare terra, compie una curva in senso inverso alla prima e così per due o tre giri succes- sivamente, ma in modo che la cassula nell'epoca della disseminazione resta sempre eretta: variazioni di carattere individuale ma sulle quali, come in R. ramiflora, fu fondata qualche varietà. Nelle specie capensi da me coltivate (R. rosea, purpurascens è longiscapa), l'asse principale subisce bensì allungamento che porta il frutto a più o meno notevole altezza dal suolo, ma i peduncoli si divaricano e quindi sì raddrizzano senza compire, come nelle mediterranee, una vera e propria curva verso il suolo: nè l'ho potuta constatare nel ricco materiale d'Erbario da me Po E BO (') Cfr. sull'argomento soprattutto: VócurING, Die Bewegungen der Blu- then ot Fi SC Bonn, 1882; Haxsorgo, P/lanzenbiologische Untersuchun- ^5 — Vien, 1904 (riassunto di un grande numero di lavori pubbli- cati Wii. sdil argomenta, 27. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 402. ' À. BÉGUINOT esaminato. Il che indurrebbe a concludere che il massimo di complica- zione nel carpotropismo, del quale del resto è difficile trovare una causa od una giustificazione, cade appunto nelle specie mediterranee. Raggiunta la completa maturità, che generalmente ha luogo da uno a due mesi dalla fecondazione, il frutto deisce ed i semi, senza speciali adattamenti alla disseminazione longinqua e per di più anche pesanti, sono sparsi di solito a piccola distanza dalla pianta madre. Ma la loro presenza in isole che non ebbero continuità continentale fa sospettare che il vento, quando intenso ed impetuoso, concorra alla disseminazione, anche a distanza alquanto notevole. In ogni modo i semi, caduti nel letto germinativo, vi subiscono un riposo di parecchi mesi, parte cioè idella primavera e tutta l'estate, per iniziare, quindi, dopo la caduta delle pioggie autunnali o nel corso dell'inverno quel ciclo vegetativo che ci adoperammo a descrivere nel primo capitolo di questo lavoro! CONCLUSIONI. Rimandando alla seconda parte le notizie intorno alla distribuzione geografica e ad altre questioni generali, la dettagliata esposizione fatta nelle pagine precedenti, ci permette di addivenire alle seguenti più im- portanti conclusioni: l. La germinazione delle Romulea tutte è a tipo ipogeo con sviluppo dissociato, le piante adulte e cioè la fiorifera rappresentando l'individuo della seconda e qualche volta della terza generazione. 2. Il sistema radicale, molto complesso, è costituito, nel primo periodo vegetativo, dalla radice primaria effimera, da una radice tuberosa che si sviluppa ed inturgida, mentre quella esinanisee e prima della tube- rizzazione dell’ apice vegetativo. Avvenuta la quale, essa si svuota e scompare. ; db 3. Alla ripresa del periodo vegetativo, mentre il ‘vecchio tubercolo svuotato emette radici definitive e prima che il nuovo si costituisca , sì genera una seconda radice tuberizzata di dimensioni e sviluppo gene- ralmente superiori alla prima. La quale alla sua volta, viene, come quella, ad esaurirsi prima della costituzione di un secondo tubercolo e quindi REVISIONE MONOGRAFICA DEI. GEN. ROMULEA MARATTI 403 può concludersi che tali formazioni sono anch'esse di transitoria esi- stenza e si generano nel primo periodo vegetativo prima della costitu- zione del tubercolo, nel secondo e nei successivi tra lo svuotamento del primo e la tuberizzazione degli immediatamente seguenti. 4. La funzione fisiologica di queste radici, oltre quella di temporaneo magazzino di materiali di riserva, è quella di approfondire, mercè una spiccata facoltà contrattile, il tubercolo nel terreno: funzione, quindi, fossoria. i 5. Il tubero delle Romulea deve essere interpretato come un rizoma contratto ad accrescimento indefinito e sublaterale; ma poichè è circon- dato dai resti delle tuniche o catafilli delle foglie che si inseriscono alla sua base ed al suo apice, ha, in definitiva, il significato di bulbo- tubero ed è designato da alcuni autori coi nomi di bulbo solido o di cormo. 6. I tipi fogliari nella plantula sono dati normalmente da un embrio- fillo, da una foglia vaginiforme e da un nomofillo giovane o primofillo inciso nella parte posteriore, corrispondente quindi alla pagina inferiore e con evidente analogia col nomofillo adulto del genere Crocus, da due solchi e da uno o più nomofilli quadri-soleati : solchi con significato di cripte stomatifere. 7. Nei successivi periodi la pianta adulta di una qualunque Romulea produce, all’esterno, una 0 più foglie ridotte alla porzione guainante ed altre completamente evolute, inserite alla base o verso l'apice del tu- bercolo od anche lungo l’asse caulinare, tutte provviste di quattro solchi simmetrici. Fra i rami o peduncoli nei quali l’asse si sfiocca esistono foglie ridottissime, linguiformi, a mo’ di brattee. Due foglie, pure bratteiformi, aventi il significato di ipsofilli, e comunemente designate col nome di Spate, circondano ed avviluppano in parte il fiore. 8. La struttura anatomica delle formazioni radicali e caulinari nulla presenta di notevole. La radice primaria e le definitive sono per lo più a tipo tetrarco, con uno o più vasi midollari situati nel parenchima cen- trale, con endodermide ad elementi lignifieati e quindi a funzione mecca- nica ed alterne ad essi con una serie di cellule pericicliche. Nelle radici tuberizzate il parenchima corticale aumenta e si differenzia, l' endoder- 404 . A. BÉGUINOT mide è meno ispessita, il numero degli archi vascolari aumenta ed i vasi midollari si spostano dal centro e vanno a costituire una cerchia a sè, lasciando nel centro dell'organo un midollo più o meno abbondante. 9. La struttura anatomica di questi organi non presenta sostanziali ed apprezzabili differenze nelle varie specie esaminate. 10. Il nomofillo adulto di tutte le Romulea consta di una porzione vaginante in grande parte aperta e quindi con due pagine o lati ed in una porzione laminare, evidente e diretta continuazione della prima, in grande parte chiusa e quindi a struttura monofaeciale o multilaterale, riferibile in ogni modo al tipo equitante-isolaterale della famiglia. Nella parte chiusa la pagina superiore od interna è soppressa e l’ inferiore è munita di quattro doccie simmetriche, che rappresentano le sole zone stomatifere della foglia. Il mesofillo omogeneo è percorso da fasci di tre tipi e cioè fibro-vascolari, libro-legnosi (costituiti cioè di solo mestoma) e fibrosi formati questi ultimi da gruppi di elementi prosenchimatici, che giacciono per lo più contro l'angolo esterno delle doccie stomatifere e rivestono quindi funzione meccanica: faseetti ehe in alcune specie Ca- pensi sono congiunti eon i fibro-vascolari da un ipoderma seleroso, in- terrotto solo in corrispondenza delle doccie. Qualche specie presenta pure ipoderma aequifero e come tale dee l'epidermide di alcune specie, sia mediterranee che capensi. ll. L'esame complessivo dei caratteri morfologici ed anatomici del nomofillo di tutte le Romulea lo rivela fondato sopra uno stampo xero- morfo. In aleune specie, soprattutto della flora capense, ai caratteri xe- rofitici si sono venuti intercalando’ caratteri con tendenza alla igrofilia. Esse sono delle emixerofite. L’ utilizzazione di questi caratteri per la discriminazione specifica e per la costituzione di stirpi di specie affini è in parecchi casi possibile. 12. Lo scapo delle Romulea, raramente semplice, più spesso si sfiocca in uno 0 più peduncoli che terminano in due foglie bratteiformi o spate, in mezzo alle quali s'impianta sessile il fiore. Il tipo di ramificazione è, dunque, terminale. 13. Il fiore delle Romulea risulta di quattro cieli o verticilli, i primi due costituenti il perigonio, il terzo o ciclo staminale oppositisepalo , REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 405 landroceo, il quarto o cielo carpellare, l'ovario che si continua nello stilo e questo in uno stigma trisetto o trifido. Ciascun ciclo è trimero. 14. Il perigonio, di tipo actinomorfo, con quasi completa petalizza- zione dei pezzi esterni o sepali, è costante nella forma generale, varia- bilissimo invece, anche nell’ambito di una stessa specie, per la gran- T D dezza e pel colore. Abbiamo, quindi, specie o variazioni grandiflore , TOU PLE AUN UNCLE CXII > mediiflore e parviflore e specie dieroiche o policroiche. i 15. Al micrantismo ed alla attenuata colorazione del perigonio si. as- socia bene spesso in parecchi rappresentanti della stirpe di R. Bulboco- dium e di R. nivalis l'atrofia del polline: ciò che dà luogo a forme ed 3 individui ginodioici funzionanti, quindi, come piante dioiche. 16. Lo stilo nelle parviflore e mediiflore della regione mediterranea e nella massima parte delle specie capensi e tropicali, giace fra la cerchia anterale o è ad esso immediatamente sovrapposto, ma in modo che l'au- toimpollinazione, favorita anche dalla chiasura del perigonio, è la sola o più frequentemente realizzata e dà normalmente prodotti fertili. 17. In parecchie specie normalmente dolicostili dei territorii circum- ‘mediterranei, ed a quel che pare, anche nei capensi, furono segnalati individui brachistili, sia nelle piante ermafrodite che nelle ginodioiche. In una varietà di A. Bulbocodium dei dintorni di Algeri gli individui brachistili, costantemente ginodioici, funzionano da femminili, laddove : ï dolieostili, sempre ermafroditi , esclusivamente da individui maschili. Y In altre specie e nella stessa œR. Bulbocodium d'Italia, la specializzazione ii dei sessi ha raggiunto un minor grado di perfezione e le mie ricerche ` S MES cubo ka ded sperimentali hanno posto in evidenza che prodotti fertili si ottengono ‘anche mercè l'autofecondazione degli individui dolieostili: i quali perciò possono funzionare anche ermafroditieamente. i8. All'esaurirsi dei plaeentari in corrispondenza dei setti ovariani si organizza un nettario a tipo di glandole settali. Le Romulea, quindi, f appartengono alle Monocotiledoni eriptadenie. 19. Da un esame complessivo della struttura fiorale del genere si puó concludere che ai caratteri dicogamici, come in tutte le Iridacee, domi- nanti e di natura zoidiofila , s’ interealano o sovrappongono caratteri e disposizioni autogamiche e l'impollinazione. autogama, eventuale in di- = 406 - A. BÉGUINOT verse specie, è l'esclusiva di moltissime altre ed è seguita da prodotti fertili. La costituzione del ginodioicismo è indotta essenzialmente da condizioni sfavorevoli di stazione o di clima ed è più che l’altro l’espo- nente di disagio funzionale. 20. Lo sviluppo del sacco embrionale e dell’ovulo hanno luogo, se- condo un piano già noto per le Monocotiledoni in genere e per le Iri- dacee in specie, e non ha presentato sostanziali differenze fra specie ap- partenenti a gruppi molto distanti, quali R. Bulbocodium e R. Co- lumnae. 21. Il frutto, che è una cassula membranacea , loculieido-trivalve ed il seme a plaeentazione assile, a rafe decorrente visibile ed a regione ca- laziale infossata, nulla presentano di notevole. Merita in quest’ ultimo menzione il fatto che lo strato mediano dello spermoderma è costituito da parecchie assise cellulari e si distingue quindi da quello dell’ affine genere Crocus, nel quale le assise sono due e di forma speciale. 22. In seguito della fecondazione, l’ asse caulinare si allunga per ac- crescimento intercalare ed i peduncoli compiono in buona parte delle specie movimenti carpotropici in rapporto alla disseminazione, la quale deve prevalentemente avvenire, causa la mancanza di peculiari adatta- menti, in Joco od a pieeola distanza. < REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 407 PARTE SPECIALE I. CENNI STORICI E BIBLIOGRAFICI SULLA SISTEMATICA ALA E SULLA: DISTRIBUZIONE GEOGRAFICA DEL GENERE ROMULEA. Nella prima parte della mia Monografia ebbi occasione di citare pa- reechi lavori nei quali, di proposito od incidentalmente, sono illustrati fatti morfologici o biologici relativi al genere Romulea. Assai più varia e ricca è la letteratura speciografica e biogeografica che riunisco , per comodità , nel presente capitolo destinato a riassumere in. un quadro compendioso ma, per quanto possibile, completo, i progressi e lo stato attuale delle conoscenze sulla sistematiea del genere. A questo scopo ho creduto opportuno di fissare, avanti tutto, la data ed il luogo di sco- perta delle singole specie, nonchè il nome dello scopritore e di citare la diagnosi prima che ne fu redatta nella nomenclatura binomica e le relative figure e sinonimi: ricerche nelle quali ho creduto di dover pro- cedere. con qualche senso critico. Per le altre stazioni ed in generale per l’area distributiva riporto, non essendo il caso di fare sfoggio di una’ facile erudizione, solo quei lavori nei quali sono contenute notizie ed osservazioni originali ed in special modo quelli che riassumono eri- ticamente tutte le conoscenze biogeografiche relative alle entità segna- late in un dato territorio. Nè omisi di consultare e riferire le trattazioni generali sulla famiglia delle Iridacee e specialmente sul gruppo delle Croeoidee, onde mettere in evidenza la varia posizione nel sistema del genere, a seconda dei botanici più autorevoli. Siccome poi esso fu lar- gamente distribuito in numerose e classiche Essiccate, molte specie de- scritte su esemplari facenti parte di collezioni numerate ed altre poste in eireolazione senza diagnosi o con diagnosi imperfette, stimai conve- niente di completare questa rassegna storico-bibliografica con la elenca- zione critica di tutte le Essiccate numerate con la conferma o la corre- zione della determinazione originaria o posteriore. Quadro dal quale emergerà la parte che ciascuno, sia pure sotto la forma più modesta , 408 A. BEGUINOT ha avuto nell’accrescere la conoscenza del genere: e la cui redazione, aggiungerò, mi fu possibile solo mercè il liberale uso della ricchis- sima biblioteca del R. Istituto botanico di Padova, nonchè di quelle degli Istituti botanici di Firenze e Roma. (1) Teofrasto, Za storia delle piante; trad. it. di F. Ferri Mancini, Roma 1901, lib. VII, cap. XIII, p. 261 — serive:« ci sono anche molte altre bulbose, ma più piccole: come, per esempio, il leucoto, la bulbine, l’opitio, la eyix ed in certo modo anche il sisirinchio. Si chiamano bul- bose perchè hanno radici rotonde: sono di color bianco e non formate di tuniche. Il sisirinehio ha questa singolarità, che prima cresce la parte inferiore della radice, la quale è denominata invernale: poi, al cominciare della primavera, questa scema e cresce la superiore che è mangereceia ». Ho riportato integralmente questo passo in quanto che l'Ecluse « Hisp. p. 260 » ed « Hist. p. 208 » ha ereduto di riconoscere nei nomi di « bul- bine, opitio e eyix » alcune Romulea, mentre Colonna « Ecphr. p. 328 » credè di rintracciare la pianta apula corrispondente a R. Columnae nel « Sisirinchio » di Teofrasto e che, difatti, designò col nome di « Sysi- rynchium Theophrasti ». Interpretazione accettata anche dal Bauhin « Pinax », che ascrive le specie scoperte dal Colonna, come vedremo (n. 8), appunto al suo genere « Sisyrinchium » ‘ripetendo, per quanto con- cerne l'apparato radicale, la descrizione datane da Teofrasto, accettata anche da Plinio « Hist. nat. lib. XIX, cap. 5 » e tenuta presente da Co- . lonna nell'opera sopra citata. (2) 1561. — L. Anguillara, Semplici dell'eccellente M. L. A. ecc. ; in Vinegia, app. V. Valgrisi, 1561, p. 162, — Cito questo lavoro perché de l’Ecluse « Hisp. p. 260 » ed « Hist. p. 208 » dubita doversi all’ An- guillara la prima menzione del genere « primum genus observatum fuisse videtur Anguillarae et Crocum silvestre angustifolium ab eo vo- eari »: dubbio che tutt'ora permane, poichè i dati consegnati nel lavoro citato sono tutt'affatto scarsi ed insufficienti. (3) 1576 — Ch. de I Ecluse, Rariorum aliquot stirpium per Hispanias REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 409 observatarum historia ecc.; Antverpiae, ex off. Chr. Plantini, vol. I, lib. II, cap. IV, p. 258 — sotto i nomi di « Croeus vernus minor I », e Crocus vernus minor alter » e di « Crocus vernus minor III » de- E. scrive e figura tre specie spagnuole corrispondenti a R. Clusiana, uligi- i nosa e gaditana e tutte facenti parte del suo « Croco verno », nel quale | vi sarebbero due generi « unum tenui admodum folio, et Croco dissi- È mili » — e sono le nostre Romulea — e l’altro « aliud foliis croci vul- garis aemulis, sed brevioribus » ed è il genuino Crocus. E dopo aver detto che e bulbo, fiori ed epoca di fioritura corrispondono nelle due ca- tegorie di piante, ne dice diverse le foglie « folia tamen Croci non sunt et capillaria plane ». La prima specie (R. Clusiaua) la diee frequente 2 « Gadibus atque inter Asindum (vulgo Medina Sidonia) et Calpem, 2 ` loeis salebrosis et apricis » : la seconda (R. wliginosa) « in Baeturiae a È E collibus Lusitaniae conterminis » e la terza (R. gaditana) « prope .. Gades ». . (4) 1576 — M. de l'Obel, Plantarum seu stirpium historia; Aniver- = piae, ex offic. Chr. Plantini, p. 68 — sotto i nomi di « Crocus sylve- | Stris minor, hispanicus, flore patulo, vulgo Nozilieha minor ecc. » e di « Crocus..... vulgo Nozilicha major » brevemente illustra le Æ. Clw- siana e gaditana, accompagnandole di due figure, evidentemente rical- cate su quelle dell’opera Clusiana. | (5) 1587 e 1653 — J. Dalechamp, Historia generalis plantarum in libros XV111 per certas classes artificiose digesta, ecc. Lugduni, 1587 ; id., Histoire général des plantes , ecc., Lyon, vol. II (1653), lib. XV, ; ‘chap. VIII, p. 407 — sotto il nome di « Saffran printannier » (V edi- i zione latina non mi fu possibile di consultare), appartenente alla eate goria delle piante bulbose o che hanno la radice polposa o divisa in zodi, minutamente descrive le R. Clusiana, gaditana ed uliginosa e delle due | prime dà una figura: il tutto ricalcato sulle opere di Clusius sopra ei- = tate e nulla v'è quindi di originale! (6) 1591 — M. de P Obel, Zcones stirpium sew Plantarum tam evo» 410 A. BÉGUINOT licarum , quam indigenarum , in gratiam rei herbariae studiosorum in duas partes digestae; Antverpiae, ex off. Plantiniana ap. Vid. et J. Mo- retum — alla pag. 141 riporta le due figure di R. Clusiana e R. uli- ginosa ed alla pag. 142 quella di R. gaditana con la nomenclatura già adoperata da Clusius nella « Historia » (efr. n. 3). (7) 1601 — Ch. de P Ecluse, Rariorum plantarum historia ; Antver- piae, ex off. Plantiniana, ap. J. Moretum, p. 207 — riporta la diagnosi delle tre specie già illustrate nel lavoro sulla Spagna (efr. n. 3) e vi ag- giunge la figura corrispondente a R. uliginosa Kunze. Ascritte sempre al genere Crocus fanno parte, come tutte le entità illustrate nel libro 2.°, delle piante provviste di radice bulbosa o tuberosa e che spiccano per la eleganza e varietà dei fiori agli occhi di tutti: categoria nella quale sono comprese quasi tutte le monoeotiledoni ed anche cubo dicotiledone! (8) 1606 e 1616 — F. Colonna, Minus cognitarum rariorumque nostro coelo orientium stirpium Ecphrasis ecc.; Romae 1606 e 1616 (l’ediz. da me vista!), p. 327 e p. 328 — ritenendo che il nostro genere fosse men- zionato fra le piante du/dose di Teofrasto e che corrispondesse più pre- cisamente al « Sysirynchium » del botanico greco, descrive sotto il nome di « Sysirynchium Theophrasti » una pianta da lui trovata « per viarum. margines herbidas Cirinolae Martii initio » e che corrisponde a R. Columnae Seb. et M. Altra specie, della quale peró non diede fi- gura, fu pure descritta (p. 329) dall’insigne botanico sotto il nome di « Sysirynchium alterum latifolium » e raccolta « Cirinolae via qua ad Acquamenam Vineam itur inter Orchides Sphegodes » nella quale forse potrebbesi riconoscere una R. ramiflora Ten.: ma l' imperfetta, ed a quel che pare, contraddittoria diagnosi non permette, a mio giudizio, un si- euro riferimento, nè a questa nè ad altre specie del genere. Finalmente una terza entità trovasi deseritta nella parte 2.* dell’ Ee phrasis (pag. 5, fig. p. 7, sin.) sotto il nome di « Sysirynchium Aspren- sium angustifolium alterum » da lui osservata in fiore nel Gennaio « in | Castro, Aspra dieto, in Sabinis, olim Casperies appellato » e corrispon- x dA VA Re e REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 411 ` dente a R. Bulbocodium Seb. et M. Della quale è detto che le foglie sono simili a quelle dei Pini e percorse da un cazalicolo così sottile che, se non si fa attenzione, sembrano quelle di uno Juncus e ben ri- ` levato è il complicato cromatismo del perigonio « variat flos: nam tria ex sex foliolis exteriora dorsum habent, vel rubens, et lineis variega- tum, vel ex luteo virente linea inter purpureum eolorem , aut obsoleta purpurea ». Interessanti, come già feci notare a suo luogo, sono pure le notizie relative alla.biologia dell apparato radieale ed in generale possiamo dire che le diagnosi in questione emergono per la notevole esattezza e perspicuità e sono certo fra le più accurate di quelle re- datte prima di Linné. Al Colonna spetta, inoltre, il merito di avere dato le prime sicure indicazioni del genere in Italia. (9) 1608 e 1616 — R. Dodoens, Cruydt-Boeck; Tot Leyden, Inde Plan- lijnsche Druckeriye van Fr. v. Ravelingen , 1608, p. 354; id. Stirpium historiae pemptades sea, sive libri XXX ecc.; Antverpiae, 1616, p. 214 — sotto il nome di « Crocus silvestris vernalis alter » ha inteso di descri- vere, però con diagnosi imperfetta e senza figure, le tre specie già il- lustrate dai precedenti botanici. Esse sono comprese fra le piante prov- viste di bulbi: gruppo nel quale lA. riunì le Monocotiledoni bulbose e tuberose, (10) 1623 — G. Bauhin, Pinas theatri botanici ecc.; Basileae, lib. II, sect. MI — alla pag. 40 fra le bulbose e sotto il genere Sysirynchium aserive piante diverse tra eui le due Romulea scoperte e descritte dal Colonna (efr. n. 8), la prima (R. Bulbocodium) sotto il nome di « Sysiryn- chium minus angustifolium flore majore variegato » e la seconda (R. Columnae) sotto quello di « Sysirynchium minus angustifolium ». Alla pag. 67, quali varietà del suo « Crocus vernus angustifolius » e sotto i nomi di « Crocus vernus, angustifolius, magno flore » di « Crocus..... gemino bulbo » e di « Croeus..... parvo flore » e relativa sinonimia ri- porta rispettivamente le R. Clusiana, gaditana ed uliginosa diagnosti- cate da Clusio, Lobelio, ece.! Distinzione fittizia e strana, se si pensa s alle figure che accompagnano le diagnosi citate e che dovevano premu 412 | A. BÉGUINOT nirlo trattarsi di specie strettamente affini, facenti parte di un solo genere. (11) 1633 — J. Gerard e Th. Johnson, Zhe Herball or generall Hi- unistoria of Plantes; London, print. by A. Islip Toice Norton A. R. Whi- takers — dànno nomi e figure di R. Clusiana, gaditana ed uliginosa : il tutto evidentemente riealeato sulle opere di Clusio e Lobelio sopra citati. Qui avverto ehe la prima edizione dell'opera, dovuta esclusiva- mente al Gerard, è del 1597: ma non fu da me consultata. (12) 1650-1651 — J. Bauhin e J. H. Cherler, Historia plantarum versalis nova et absolutissim cum consensu et dissensu circa eas; Ebro- duni, vol. II (1651), lib. XIX, p. 645 — fra « le erbe bulbose ed af- fini » dànno descrizione, sinonimia ed habitat, evidentemente. ricalcati sui precedenti Autori, di R. Clusiaza (= Crocus vernus angustifolius, flo- ribus caeruleis sive violaceis interdum candidis, hispanicus) , «w/iginosa (= Crocus vernus minor alter flore minor ex albo purpureo) e gadi- tana (= Crocus vernus, angustifolius, SE, Clusio, flore multo minore caer uleo). (13) 1661 e 1749 — G. Grisley, Viridarium lusitanum , in quo ar- borum, fruticum et herbarum differentiae onomasti insertae , quas ager Ulyssiponensis ultra citraque Tagum ad trigesimum usque lapidem pro ` Sert, ecc., Ulyssipone, ex prelo A. Craesbeeck, 1661; Veronae, 1749 (le- dizione da me vista) — sotto i nomi di « Croeus vernus tenuifolius, flore amplo, variegato et? Crocus ‘brumalis tenuifolius flore vario, caule- scens: Crocus brumalis tenuifolius, floribus variis, minor: Crocus vernus, — tenuifolius, flore violaceo, major: Crocus vernus, tenuifolius , flore vio- laceo, minor: Crocus vernus, tenuifolius, flore albo, minor » dà l indi- cazione di cinque entità, nelle tre prime delle quali mi parve ricono- scere le R. Clusiana, uliginosa e gaditana e nelle ultime due, però con dubbio, le R. Columnae e ramiflora. (14) 1697 — F. Cupani, Supplementum alterum ad Hortum Catho REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 413 licum; Panormi, p. 83 — sotto il nome di « Sisyrichium (sie!) minus angustifolium C. B. P. Sysirychium Th. seu brevi tenuique Gramineo folio, parvo flore purpureo albe striato » diede una delle più antiche indicazioni di A. Columnae per Y Italia. (15) 1700 — J. Pitton de Tournefort, /nstitutiones rei Herbariae ; Parisiis, vol. I, p. 352 — aserive alla classe IX « De herbis et suf- fruticibus flore liliaceo », alla sezione II « De herbis, flore liliaceo, mo- - mopetalo, in sex partes secto, eujus calyx abiit in fructum » e sotto cai genere Crocus, con nomenclatura propria, quattro entità apparte- nenti al genere Romulea e cioè due forme di R. Clusiana (= Crocus ver- nus, angustifolius, magno flore et Croeus vernus, angustifolius, magno flore candido), la R. uliginosa (= Crocus vernus, angustifolius , gemino bulbo) e la R. gaditana (= Crocus vernus, angustifolius, parvo flore) ` tutte già diagnosticate in precedenza. - (16) 1703 — Tournefort, Corollarium. Institutionum rei herbariae , = În quo plantae 1356 in orientalibus regionibus observatae recensentur et ad genere sua revocantur; Parisiis, 1703, p. 50 — dice che alla nona classe deve ascriversi il nuovo genere Bulbocodium di cui dà una breve, ma nitida diagnosi, assegnandovi otto diverse entità e cioè « Bulboco- dium cerocifolium, flore magno, albo, fundo luteo » (= R. Bulbocodium); « Bulbocodium crocifolium, flore parvo, violaceo » (=R. Columnae); « Bul- bocodium foliis Porraceis, fructu rubescente » (= Sysirynchium alterum ~ latifolium di Colonna: Romulea?) ed altre 5, però con frase diagnostica A -~ così breve ed imperfetta e senza riferimento a sinonimi o figure, da es- WE TI Fafe sere irriconoscibili. E (17, 1714 — J. Barrelier, Zcones plantarum per Galliam, Hispaniam et Italiam. observatae, ecc.; op. post. ed. eura et stud. A. de Jussieu, Paris, p. 67, n. 710, ie. 383 — sotto il nome di « Crocus vernus , minor, violaceus, medio purpureo flore, Italicus » dà una delle prime 1n- -~ dicazioni e figure della R. Bulbocodium d'Italia, che egli raccolse sulla | * via ad Ostia Tyberina, juxta semitas in herbidis ». SE DAC ^w 414 A. BÉGUINOT (18) 1715 — R. Morison, Plantarum historia universalis. Oxoniensis seu herbarium distributio nova per tabulas cognationis et affinitatis ea libro Natura observata et detecta ; Oxonii, vol. I, p. 2, st DS p. 345 — nella sezione delle « exapetalae tricapsulares » e sotto il ge- nere Sisyrinchium descrive, evidentemente sulla scorta del Colonna (efr. n. 8) tre specie e cioè R. Bulbocodium e R. Columnae ed una terza di difficile decifrazione. Le figure annesse, evidentemente tratte dal Co- lonna, riproducono bene le prime due: ma la terza, destinata forse a rappresentare la A. ramiflora Ten. di cui il Colonna non diede figura, è fittizia! (19) 1731 — Ph. Miller, Zhe Gardeners Dictionary ece.; ed. I, Lon- ` don, C. Rivington, 1731, p. 160 — sotto il nome di « Bulbocodium peduneulis nudis unifloris, foliis subulatis linearibus longissimis » dà una dettagliata diagnosi di una pianta proveniente dal Capo di Buona Speranza e coltivata nel giardino di Chelsea, corrispondente a quella che in seguito fu chiamata Zeit rosea L. e B. rosea Eckl. Nella tavola. 240 sono delineati tre individui fioriferi s l'uno con perigonio a lembo roseo, fauce azzurra e tubo biancastro e due con perigonio azzurro, ma di un colore inverosimile! Nelle edizioni posteriori ai « Genera » di Linné (quella da me esaminata è del. 1760) è detto che Linné a torto riunì Bulbocodium ai Crocus, mentre l'Autore tiene Bulbocodium Tourn. quale genere ben distinto ed al quale riferisce la sua specie! (20) 1737 -— €. Linné, Genera plantarum; Lugduni Batavorum, ap. C. Wishoff, 1737, p. 10 — ascrive alla « Triandria monogynia » il ge- nere Crocus, al quale fa sinonimo il genere Bulbocodium Tourn. Ciò che spiega come nella prima edizione delle « Species » le Romulea fanno parte del genere Crocus. (21) 1737 — Chr. Q. Ludwig, Definitiones generum plantarum in usum auditorum ; Lipsiae, Gleditsch , 1737, p. 12 — fonda il genere Bulbocodium. E siccome questo lavoro, secondo il Kuntze, Rev. gen. plant. p. 2.» (1891), p. 700, sarebbe comparso nel Maggio-Giugno 1737, REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 415 laddove i`« Genera plantarum » di Linné apparvero nell'Ottobre dello stesso anno, il gen. Bulbocodium avrebbe la precedenza sull’ omonimo linneano della fam. delle. Colchicacee! 1 (22) 1740 — A. van Royen, Florae Leydensis prodromus, eribens plantas quae in Horto academico Lugduno-Batavo aluntur; Lugduni-Ba- tavorum, 1740, p. 41 — ascrive R. Bulbocodium con il sinonimo di Co- lonna (= Sysirynchium Asprensium) alla classe dei « Lilia » ed all’ or- dine dei « Lilia caliculata », sotto il nome di « Croeus flore fructui . imposito tubo longissimo ». Non assegna habitat! (23) 1753 — €. Linné, Species plantarum , ed. I (1753), Holmiae, imp. L. Salvii, p. 36 — ascrive alla sua « Triandria monogynia » il genere Crocus e stabilisce un Crocus Bulbocodium L. con i sinonimi n ` di Colonna, Bauhin, Van Royen e Tournefort e eon l erronea indica- IK TENENTES = "ione di « habitat in alpibus italicis »: corrispondente in ogni modo a R. Bulbocodium S. et M., quantunque, secondo il Baker, nel suo Er- E. bario e sotto questo nome, si conservano pure esemplari di R. rosea! (24) 1759 — €. Linné, Systema naturae, ed. X, p. 862 — nulla di immutato a riguardo di Crocus Bulbocodium della l.^ edizione delle « Species ». (25) 1762 — €. Linné, Species plantarum, ed. II (1762), Holmiae, P. 51 — trasporta il suo Crocus Bulbocodium (1753) nel gen. Ivia (= I. Bulbocodium L.) con i sinonimi e l'abitat già ad esso assegnato! ` b. PE 2 * (26) 1763 — M. Adanson, Familles des plantes ; à Paris, ehez Vin. cent, 1763, p. 2.5, p. 497 — fonda il genere 7lmw sui generi Bulboco- dium Tourn. e Sisyrinchium Col. da porsi subito dopo il gen. Sisyrin- - Chium. Tra gli altri caratteri che servono a contraddistinguerlo l'Autore cita pure le « feuilles en canal demi-cilindrique »! : à Va E di E ES. (27) 1766 — F. De la Roche, Descriptiones plantarum aliquot nova- le, ft E x * Fee 416 A. BEGUINOT rum; Lugduni Batavorum, p. 19 — descrive per pianta del Capo di ` Buona Speranza /zia bulbocodioides, trasportata quindi dall’ Ecklon, ma con erronea interpretazione, nel genere Romulea e più correttamente pa- recchi anni dopo dal Baker. (28) 1766-1768 — €. Linné, Systema naturae; ed. XII; Holmiae, vol. II (1767), p. 75 — riferisce al gen. Jwia sotto il nome di Z. rosea L. l « Ixia scapo unifloro aphyllo brevissimo » di Miller (cfr. n. 19). (29) 1768 — N. L. Burmann, Florae capensis prodromus; in calce all'opera « Flora indica; Lugduni Batavorum ap. C. Hack: Amstelae- dami, ap. J. Sehreuderum, p. 2 » — sotto il nome di Crocus capensis e con la citazione della fig. 240 del Miller (efr. n. 19) designa la R. rosea L. che dice variare, appunto come nella figura Milleriana, per i fiori gialli o violacei. (30) 1771 — €. Linné, Muntissa plantarum altera; p. 320 — ag- giunge ai sinonimi addotti nelle due « Species, 1753 e 1762 » quello del Miller (cfr. n. 19) che appartiene a R. rosea, quello di Clusius Hist. « Crocus vernus angustifolius » che è R. Clusiana e quello di « Ro- mulea » dovuto al Maratti. (31) 1772 — G. Frane. Maratti, Plantarum Romuleae, et Saturniae in agro romano ecistentium specificas molas describit inventor D. J. Fr. M. ece.; Romae, Typis Archang. Casaletti, 1772 -- fonda il genere Ro- mulea di cui dà una dettagliata, sebbene non sempre esatta, definizione e ne mette im evidenza le principali differenze con i generi affini. Così il bulbillo è detto unico, solido e tunicato: le foglie oblunghe ed an- guste, affini ai Crocus che ricordano a prima vista: il fiore liliaceo prov- visto di un calice monofillo ed abbracciante e di una spatula membra- nacea (i due ipsofilli o spate!) ecc. Lo dice differente dai Crocus, perchè questi hanno due bulbi, lo stilo della lunghezza degli stami ece.: dal Colchicum, perchè hanno sei stami: da Sisyrinchium, in quanto la spata è difilla e gli ‘stami sei (1): da Bulbocodium; in quanto la corolla è in- Ge Se E Te GR Ch SI t PA vius P KENE E ter VR H SIONE ti ila Pacs SEHR SE x. REVISIONE MONOGRASICA DEL GEN. ROMULEA MARATTÍ 417 ' tera e gli stami sei. Più minute differenze riscontra confrontandolo con Iria di Linné. Vi riferisce come sinonimi dubitativi « Sisyrinchium Asprensium angusto folio ecc. » del Colonna e « Bulbocodium crocifo- lium, flore magno albo, fundo luteo » del Tournefort (Coroll.). E vi ascrive le seguenti « species sive varietates » a lui note: 1 Romulea flore albo ; 2 Flore ea albo, et violaceo misto; 3 Flore ea violaceo, et luteo variegato ; 4 Flore intense violaceo ; 5 Flore parvo variegato. Vi aggiunge le seguenti indicazioni di abitat e di fioritura: « Romulea vegetat Februarii, et Martii mensibus in Antonini Caracallae circo extra Januam D. Sebastiani, et etiam ad Testaceum montem, et extra maenia Januarum D. Paneratii, et Portuensis urbis Romae ete. ad prata, et herbosa ». Nonostante le imperfezioni e le laeune della diagnosi, il ge- nere Romulea, anche perchè accompagnato da tavola che rappresenta quella che in seguito fu chiamata R. Bulbocodium S. et M., vi è per- fettamente riconoscibile ed abbastanza bene individualizzato. Non altret- tanto le specie troppo concisamente designate: tuttavia, in base alle sta- zioni citate i primi quattro nomi corrispondono a forme diverse di R. Bulbocodinm ed il quinto a R. Columnae S. et M. E tale fu l’interpre- azione di Sebastiani a Mauri (efr. n. 65), cui devesi la rivendicazione di questo genere a torto pretermesso o sinonimizzato. (32) 1774 — €. Linné, Systema vegetabilium; ed. XIV, cur. J. A. Mur- ray, Gottingae, p. 85 — riunisce alla Zzia Bulbocodium la Z. rosea e relativi sinonimi, distinta in precedenti lavori: riunione falsa. (33) 1783 — J. D. Rung, Dissertatio botanica de Isia; Upsaliae , Typ. Edman, — sotto il nome di Zria Bulbocodium, comprende sette forme diverse fondate sulla grandezza e colorazione del perigonio, sul numero dei fiori, la forma delle foglie eec. con i sinonimi di Z. rosea? L., I quadrangula De la Roche (che è una Geissorhiza) ed 4. bulbocodioi- des De la Roche e con Aabitat pel Capo di Buona Speranza e le Alpi italiane! Specie, come vedesi, intesa in un senso abbastanza largo e nel €ui seno furono in seguito scoperte e deseritte parecchie delle entità ca- pensi ed italiane. ; 28. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. E o5 SE 418 À. BÉGUINOT (34) 1781-1793 — N. J. Jaequin, /cones plantarum rariorum ; Vin- dobonae, vol. 1 (1781-86), p. 6 — sotto il nome di Ivia Bulbocodium descrive e figura (tab. 271) 1a R. Bulbocodium e sotto quello di Z. chloro- leuca del Capo dà pure una breve diagnosi ed una figura (tab. 272) di una nuova specie del cielo, a quel che pare, di R. rosea. Le foglie, però, disegnate lunghissime, sono nella diagnosi descritte come prostrate: ciò che contrasta con quanto si verifica con le forme del ciclo nominato. Que- sta seconda specie fu pure descritta e figurata (tab. 3, f. 1) nei « Collecta- nea; Vindobonae, 1790, p. 180 »: ma la figura datane ricorda piuttosto una forma del ciclo di R. bulbocodioides, quantunque l'Autore diea che «ad Ixiam roseam accedit ». In ogni modo mantengo la prima, nell'ap- prossimativa interpretazione sopra indicata. Sotto il nome di /. cruciata descrive (p. 8) e figura (tab. poi nel vol. II (1786-1793) altre specie pure del Capo. (35) 1786-1796 — N. J. Jacquin, Collectanea ad botanicam, chemiam et historiam naturalem spectantia ; Vindobonae, vol. III (1789), p. 265 — dettagliatamente descrive, sotto il nome di 4zia Bulbocodium, l'omonima Romulea raccolta « in collibus herbidis et aridis cirea Flumen ad mare . Adriatieum » da N. Host: estrema stazione della specie da questo lato dei territori adriatici. (36) 1789 — W. Aiton, Hortus Keirensis ; London, vol. I — elenca, sotto il genere Zzia, le due specie Linneane Z rosea e 7. Bulbocodium. (37) 1789 — A. L. de Jussieu, Genera plantarum secundum ordinis naturalis disposita; Parisiis, p. 57 — divide le « Irides » in quelle a stami con filamenti connati ed in quelle con filamenti distinti e colloca, in questo secondo gruppo, Zria, Crocus, ecc. (38) 1790 — De la Marek, Zocyclopédie méthodique. Nouvelle édition enrichie de remarques dédiée à la Sérénissime République de Venise. Bo- fanique, vol. III, Padoue, 1790, p. 321 — riunisee in quattro varietà di Ivia Bulbocodium le specie e forme, sia mediterranee che capensi, fino. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 419 allora descritte e fonda Zzia sublutea Lam. del Capo di Buona Speranza trasportata dal Baker sotto il genere Romulea. (39) 1791-1823 — De la Marck, Tableau encyclopédique et méthodique .. des trois règnes de la nature. Botanique. Illustration des genres; Paris, vol. I (1791), p. 109 — fonda, a spese di Zria Bulbocodium, una I. campanulata del Capo di Buona Speranza. La descrizione molto imperfetta non lascia esattamente riconoscere la specie, ma alcuni autori credettero corrispon- dere a R. hirsuta Eckl.: il nome però non è ripristinabile, essendovi una precedente 7. campanulata Houttuyn (1774-1783). Descrive pure una Ivia flava che è sinonimo di R. bulbocodioides Bak. già descritta dal De la Roche sotto il gen. Zzia (n. 27). (40) 1794 — W. Curtis, Botanical Magazine; London, vol. VII (1794), pag. et tab. 265 — dà una breve diagnosi ed una figura di R. Bulbo- codium, sotto il nome di wia Bulbocodium. (41) 1796 — R. A. Salisbury, Prodromus stirpium in horto ad Cha- pel Allerton vigentium; Londini, p. 34 — stabilisce una Zzia parviflora Salisb. sinonimo di R. Columnae S. et M. (1818). È il nome più antico sotto il quale fu designata questa entità, ma non ripristinabile, essendo Stata in seguito descritta una R. parviflora Eckl. (1827). (42) 1796 — N. J. Jacquin, Collectaneorum supplementum ; Vindobo- nae, ex offic. Wappleriana, 1796, p. 16 — descrive Zzia eruciata su pianta proveniente dal Capo di Buona Speranza, su cui cfr. n. 34. (43) 1797-1824 — K. L. Wildenow, Species plantarum ; Berolini, vol. I (1797), p. 195 — elenea le cinque specie fino allora note sotto il genere Zria appartenente alla « Triandria-monogynia » e precisamente alla se- zione « Ixia scapo foliis breviore ». (44) 1797-1804 — Ker-Gawler, in H. Andrews, Botanists Repository, London, vol. ITI (1797-1804), tab. 107 — descrive e dipinge una Irig 420 À. BÉGUINOT Bulbocodium var. flore speciosissimo sopra pianta sviluppatasi da bulbi ricevuti dal Capo di Buona Speranza e da riferirsi a Æ. speciosa ! (45) 1800 — P. K. A. Schousboe, Jagítagelser over Vextriget i Ma- rocco. Förste stycke; Kiòbenhavn, typ. Seidelin, 1800, p. 25 — indiea pel Marocco Zria Bulbocodium con tre varietà a major, B media e y mi- nor, imperfettamente descritte e con sinonimia inestricabile: non essendo così possibile precisare che cosa l’ Autore abbia inteso designare sotto questi tre nomi! (46) 1802 — Ker-Gawler, in « Botanical Magazine » vol. XVI (1802) sub tab. 575 — fonda il gen. ZricZonema, che dice molto affine ai Crocus e dettagliatamente descrive e figura una delle specie e cioè Tri- chonema cruciatum, a cui riferisce i sinonimi di Zria eruciata Jacq., I Bulbocodium var. 1. corollis roseis Rung (entità rideseritta in seguito sotto il nome di R. longifolia Bak. non corrispondendo a quella diagno- sticata dallo Jacquin). A questo genere vanno pure, secondo l’ Autore, riportate Z. Bulbocodium L., T. rosea L., I. des oleuca Jacq., J. humilis Thunb. ed Z. pudica Herb. Banks. . (47) 1803 — Ker-Gawler, in « Botanieal Magazine » vol. XVIII (1803), tav. 672 — trasporta sotto il genere Geissorhiza, Y Jia sublutea Lam. che è una vera Romulea e V1. humilis Thunb. già avanti (efr. n. 47) riferita al gen. Zrichonema, ma che ée una vera Geissorhiza. (48) 1805-07 — €. H. Persoon, Synopsis plantarum seu Enchiridium botanicum ece., Parisiis Luteriorum, part. La (1805), p. 46 — riunisce le specie del genere fino allora note sotto il genere Ivia, assumendo Romulea quale sezione dello stesso. Ad essa appartengono: x 4. mi- nuta , chloroleuca, Bulbocodium (europaea) con una varietà 2 capensis Andrew, cruciata, Jragrqns ed x T. humilis. Le specie precedute da x non sono certo delle Romulea! Della 6 capensis fu fatto nello stesso anno un Zrichonema speciosum, che io mantengo, trasportata sotto il genere Romulea, quale specie a sè. à REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 421 (49) 1805 — Ker-Gawler, in König et Sims, Annals of Botany, vol. I (1805), p. 223 — ascrive al suo genere Z'ichonema le specie: Bulboco- dium, chloroleucum , speciosum e pudicum, su eui efr. n. 47 ed al gen. Geissorhiza la Ivia sublutea Lam. che è una vera Romulea. (50) 1805 — A. P. De Candolle, in Redouté, Les Ziliacees , vol. II (1805), pag. et tab. 88 — figura una Zzia che chiama 7. Bulbocodium con due varietà, l'una (fig. A) che chiama A parviflora corrispondente a R. Columnae S. et M. ed un'altra (fig. B), che designa col nome di B grandiflora, sembra corrispondere per il portamento della pianta ed il co- lore del perigonio a R. purpurascens Ten. Però è da notarsi che nella diagnosi l'Autore dice che la corolla varia per essere bianca, violacea (come nella figura di dettaglio) e talvolta col fondo giallo. La figura, quindi, non corrisponde alla. descrizione e tanto meno alla distribuzione geografica ed alla sinonimia che le affibbia. (51) 1806-13 — J. Sibthorp et J. E. Smith, Florae graecae prodro- mus; Londini, vol. I (1806), p. 25 — indicano « in montibus maritimis ; insularum Archipelagi » la Zzia Bulbocodium L. figurata poi sotto questo : nome nella tav. 36 della « Flora graeca » degli stessi autori: pianta : | *interpretata in seguito quale R. Linares Parl. e che deve precisamente rifesirsi a R. Lin. subsp. graeca Bég. M. T p TERRENOS (52) 1804.06 — M. Vahl, Fnumeratio plantarum vel ab aliis, vel ab ipso observatarum ecc.; Havniae et Lipsiae, vol. H (1806), p. 49-77 — elenca sotto il genere Zria, tutte le Romulea fin allora note e cioè Z. rosea, 1. ochroleuca (che è la 2. chloroleuca Jacq.), I. Bulbocodium (questa con tre varietà « parviflora, 5 media e y grandiflora , eui riferisce arbitra- | riamente sinonimi di Clusio, Colonna, Monson, in modo da non lasciare comprendere che cosa egli veramente abbia inteso di designare con questi tre nomi), Z. cruciata, e fonda (pag. 51) con breve ed imperfetta dia- gnosi una Z. elongata Vahl. crescente « in littoribus arenosis Sardiniae »che l'Autore dice simile o soltanto varietà di Z. Bulbocodium, ma che l'Ascher- son (efr. avanti) propende piuttosto a riconoscervi una Zris Sisyrinchium. ed indecifrabile. d : da ; n. E. In ogni modo essá resta per me specie dubbiosa 422 A. BÉGUINOT (53) 1809 — De la Roche, in Redouté, Les Liliacées; Paris, vol. V (1809), pag. et tab. 251 — fonda (fig. 1) una Iria recurva n. sp. ehe che è sinonimo di I. bulbocodioides De la Roche e quindi di R. bulbo- codioides Bak. e (fig. 2) una Ivia filifolia n. sp. di cui descrive una varietà a fiori gialli (il tipo!) ed una a fiori rossi (quid?), riferita da quasi tutti gli autori ad Z. sublutea Lam. e quindi a. R. sublutea Bak. Ambedue le piante provengono dal Capo di Buona Speranza. (54) 1809 — Ker-Gawler, in « Botanical Magazine » vol. XXX (1809), sub tab. 1995 — figura Trichonema roseum con i sinonimi di Zria ro- sea L., I. campanulata Lam., I. Bulbocodium Thunb., Bulbocodium pe- dunculis nudis unifloris ece. di Miller e Crocus triflorus ece. di Burmann e denomina una (331 lutea con i sinonimi di: Zréa recurva, filifolia e bulbocodioides De la Roche e che quindi comprende in parte R. bul- bocodioides ed in parte R. sublutea! Le speeie che, secondo l'Autore, an- drebbero riferite a questo genere sono: Trich. Bulbocodium (= xia L.) Ker [1802]; Trich. elongatum (= Iria. Vahl.) Ker; Zrich. roseum (= Iria L.) Ker (1802); Trick. cruciatum (= Teia Jacq.) Ker [1802]; Trich. chloroleucum (= via Jacq.) Ker [1802]; 7rich. speciosum (= I. Bulb. Bot. Rep. tab. 70) [1805] e Zrich. pudicum (= Teia Soland. in Erb. Banks) [1802]. (55) 1810 — Ker-Gawler in « Botanical Magazine » vol. XXXI (1810), sub tab. 1244 — descrive e figura Zrichonema pudicum trovato sotto il nome di Ivia pudica nell’Erb. Banks e sul quale cfr. anche il n. 54). (56) 1811 — Ker-Gawler, in « Botanieal Magazine », vol. XXXIV (1811) sub. tab. 1399 — descrive e figura un Zrichonema caulescens su esemplari da lui trovati nell'Erb. Banks e provenienti dal Capo di Buona Speranza, sotto il nome di Zzía rosea var.: specie SOI a R. bulbocodioides ! (57) 1812 — Ker-Gawler in « Botanical Magazine » vol. XXXVI (1813), sub tab. 1476 — dà diagnosi e figura di Zrichonema speciosum proveniente ` REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 423 dal Capo di Buona Speranza ed introdotto nei giardini d'Europa dal- l'Hibbert: figura peró imperfetta in quanto mostra lo scapo munito di due foglie nel punto di biforeazione dei peduncoli, laddove é normal- mente afillo sopra terra: se pure tale earattere non é in rapporto con la cultura! (58) 1811-15 — 1835-36 — M. Tenore, Prodr. della Flora Napolitana; in « Flora Napolitana » vol. I (1811-1815), p. VII — indica per la regione Ixia Bulbocodium insieme ad una var. minima (senza però diagnosi!) e descrive, senza indicazione di habitat, una Zzia purpurascens Ten. quale specie nuova. Nella unita Flora Napolitana, p. 12 dettagliatamente dia- gnostica Zria Bulbocodium con due var. A flore parvo albo e B flore parvo coeruleo, le quali, nelle praterie montuose presso Caserta, Martina ed al- trove, erescerebbero insieme al tipo « senza alterare la minutezza dei loro fiori, e di tutte le loro parti: sembrerebbe perciò potersene formare una nuova specie col nome d'Zzia minima »: descritta in seguito (1831), quando già Sebastiani e Mauri (1818) avevano stabilito R. Columnae , della quale l’ imperfetta creazione Tenoreana è un sinonimo. Alla pag. 13 diagnostica R. purpurascens Ten. e la ritrae poi alla tav. III sopra esemplari coltivati. Nel 5.° vol. (1835-36), p. 314 della stessa opera, dà poi una diagnosi ed alla tav. 203, fig. 3 una figura della sua Ixia ramiflora. (59) 1812 — R. A. Salisbury in « Trans. Hort. Soc. » vol. I (1812), p. 316-317. -- Lavoro da me non potuto consultare, ma nel quale, se- condo l'Zudez Kemensis, p. 1108, sono descritte : Trich. hypoxidiflorum Salisb. (= R. bulbocodioides Bak.); Trich. longifolium Salisb. (= R. | longifolia) e Trich. collinum Salisb. (= Bulbocodium [L.] S. et M.); nome quest'ultimo ripristinato dal Kunze (— Bulbocodium collinum Kze). (60) 1813 — J. S. M. Poiret, Fncyclopédie méthodique. Botanique , Supplem.; vol. XIII (1813) Paris, p. 201 — cambia arbitrariamente in Isia recurvifolia la I recurva di De la Roche (efr. n. 53) ed aggiunge che in definitiva potrebbe essere considerata quale una delle molte va- rietà di Zria Bulbocodium L. laddove è sinonimo di R. bulbocodioides. 424 A. BÉGUINOT (61) 1813-15 — J. W. Hornemann, Hortus regius Hafniensis in usum tironum et botanophilorum; Hafniae, vol. I (1813), p. 50 — de- scrive una Zzia fugax che sulla fede del Baker (non avendo io potuto consultare l'opera dell'Hornemann) riferisco a R. rosea (L.) Eckl: (62) 1814 e 1869 — Fnglish Botany ecc.; London, La ed. vol. XXXVI (1814), n. 2549 — sotto il nome di Zria Bulbocodium v'è una breve descrizione ed una figura (tav. 2549) riferibile a R. Columnae S. et M.: la stessa pianta sotto il nome di Trichon. Columnae Rchb. è riportata nella 3.* ed., vol. IX (1869), p. 140 e ritratta nella tav. 1492. (63) 1815 — A. Ronconi, Zziae novae speciei descriptio cum tabula; Neapoli, apud A. Garruceio, 1815 — dà, sotto il nome di Zeie parviflora una diffusa descrizione, sinonimia e storia di una specie fino allora, se- condo l'Autore, confusa con Zria Bulbocodium da lui trovata in « arenis nostri litoris vulgo Bagnoli et Granatello » e già intravveduta da Cirillo durante un viaggio dell’anno 1764 « in litore arenoso versus Puteolos, vulgo Bagnoli » come l Autore ricavò da un manoscritto del Cirillo stesso esistente allora presso il signor Francesco Ricca. Nell attuale no- menclatura la specie corrisponde a R. Columnae Seb. et Maur. (efr. n. 65) ed aggiungerò che tutti i sinonimi della pianta spagnuola desunti dal de l’ Ecluse, Bauhin , Lobel ecc. , Si riferiscono a specie diverse. Il nome di « parviflora » non è ripristinabile, essendovi già una prece- dente 7. parviflora Salisb. (1796) ed essendo stata in seguito descritta una A. parviflora Eckl. (64) 1817-30 — J. J. Roemer et J. A. Schultes, Systema vegetabilium; Stuttgardtiae, vol. I (1817), p. 371 — riassumono con dotta sinonimia e con tutte le indicazioni di habitat e le variazioni quanto era noto sin allora sul nostro genere, che fa parte di una sezione (Romulea) del ge- nere Zria, comprendente pure alcune Zria genuine. Una nuova specie, I. tortuosa Licht. (= R. tortuosa Bak.), vi è descritta per la prima volta. (65) 1818 — A. Sebastiani et E. Mauri s Florae romanae prodro- REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 425 mus ezibens centurias XII plantarum circa Romam et in cisapenninis Pontificiae ditionis provinciis sponte nascentium ece., Romae, 1818, p. 17 — rivendicano al Maratti la priorità del genere Romulea e ne de- scrivono dettagliatamente pei dintorni di Roma due specie e cioè R. Bulbocodium S. et M. corrispondente essenzialmente all'entità quale fu intesa dal Maratti ed alla Zria Bulbocodium di L. e come nuova la R. Columnae S. et M. cui riferiscono una delle forme (la 5.3), intravve- duta dal Maratti stesso. Accuratissime le diagnosi ed esatti gli habitat, lascia non poco a desiderare la sinonimia. Così i sinonimi di Bauhin e Clusios riguardano, come fu detto sopra, specie ben diverse e non cre- — scenti in Italia! (66) 1818-1820 — C. P. Thunberg, Flora Capensis sistens plantas Pro- montorii Bonae Spei Africae, secundum systema sexuale emendatum, ecc.; ed. 2», Havniae, Bonnier, p. 217-220 — indica Jzía radians Thunb. che farebbe parte della Z. Bulbocodium quale fu intesa dal Rung (cfr. n. 33), ma che è invece sinonimo di una specie di Geissorhiza (G. Ro- chensis Ker.); L Bulbocodium con i sinonimi di 7. dulbocodivides ed I. qua- drangula; ed 1. reflera Thunb. parte anch'essa della sopra citata / Bul- bocodium e che sembra doversi riferire a R. dulbocodivides. Nella ediz. 3." (1820) curata dallo Schultes (pag. 55) vi è pure una Zzía crocea che è sinonimo di A. sublutea e che dice intermedia fra le due Z. ra- dians ed 1. Bulbocodium. La prima ed. (1807-1813) non mi fu possibile consultare, . (67) 1821 — S. F. Gray, A natural arrangement of British plants, ece.; London II, p. 195 — vi descrive sec. l’/ndex Kewensis, p. 1108 un Fri- chonema parviflorum S. F. Gray che sarebbe sinonimo di R. Bulboco- dium S. et M. (68) 1899 24 — W. J. Burchell, Travels in the interior of southern Africa; London, vol. II (1824), p. ` 960 — seopre e descrive pel Capo ` di Buona Speranza Zrichonema spirale, ehe è l'attuale donet spirali Bak! 426 A. BÉGUINOT (69) 1822 — G. Fr. Maratti, Flora romana, op. post., Romae, vol. I (1822), p. 31 — riassume brevemente la diagnosi generica e sotto il nome di Romulea Iria Maratti quella delle specie o varietà a lui note eon i relativi sinonimi e stazioni di cui nell’ opuscolo n. 31. (70) 1822 — J. A. Schultes, Mazfissa in volumen primum systematis vegetabilium ece.; Stuttgartiae, 1822, p. 279 — aggiunge notizie a ri- guardo delle specie elencate nel « Systema vegetabilium » (efr. n. 64) e descrive come nuova la Zria neglecta Schult. sinonimo di R. speciosa! (71) 1825-28 — €. Sprengel, Systema vegetabilium; ed. XVI, Gottingae, vol. I (1825), p. 149 — accetta il genere Trichonema Ker come distinto da Zria L. e vi elenca le sci specie fino allora note e cioè rick. Bul- bocodium, cruciatum, roseum, ochroleucum, recurveum Spr. (= I recurva Red.) e Tr. speciosum Ker con la relativa sinonimia! (72) 1827 — €. F. Ecklon, T'opographische: Verzeichniss der Dffan- zensammlung. I Lieferung; Esslingen, 1827, p. 18 — dà l'elenco di 17 Romulea capensi, alcune già descritte sotto il genere Ivia e per la prima volta trasportate sotto il genere nominato (Zzia reflexa Thunb., I. cruciata Jacq., I. rosea L., 1. fragrans Jacq., I bulbocodioides De la Roche, Z. recurva Red., I. chlorolenca Jacq., 1. filifolia Red.) ed altre proposte come nuove (R. vulgaris [= Ixia Bulbocodium capensis Auet.], i R. tabularis , R. arenaria, R. Zehyeri , R. parviflora , R. hirsuta , R. ramosae R. similis). Qui però è da osservare, che i trasporti non sono sempre esatti e le diagnosi delle specie nuove mancanti o così incom- plete da lasciare gravi dubbii. L'esame da noi fatto di esemplari au- tentiei distribuiti dall’Autore da solo o con lo Zeyher ci hanno per- messo di risolvere alcuni di questi punti oscuri: ma è da avvertire che sia l'uno che l'altro hanno talvolta distribuito, sotto lo stesso nome, specie diverse, non sempre corrispondenti a quelle diagnosticate: sicchè, sotto . il suo nome, restano soltanto le R. arenaria, rosea, hirsuta , similis e filifolia. Su esemplari distribuiti senza diagnosi dall’ Ecklon descrissi ` ` per la prima volta R. Zehyeri e R. tabularis: mi restano tutt'ora ignote REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 427 la R. ramosa e la R. parviflora. La R. minuta Eckl. e cioè Zria minuta L. è Pauridia hyporidivides Harv. della famiglia delle Amarillidacee. (73) 1827 — Ker-Gawler, Zridearwm genera, cum ordinis charactere naturali, specierum enumeratione synonymisque ; Bruxellis, 1827, p. ? — Lavoro da me non consultato ma nel quale, secondo Under Kewen- sis, p. 1108, sono riportate al genere Zrichonema le Ivia filifolia Delar. (= rich. filifolium Ker) che è R. sublutea Bak.; T. recurvifolia Poir. (= Zrich. recurvifolium Ker), che è R. bulbocodioides Bak. e la I. tor- =, tuosa Licht. in R. et S. (= Zrich. tortuosum Ker) e che è R. tortuosa. (74) 1827, 1830 e 1839 — R. Sweet, Hortus Britannicus ; London, ed. I (1827), p. 399 — descrive sotto il nome di Trichonema monadel- phum Sweet una pianta di origine culturale, che torna poi a ridescri- vere ed illustrare nella tav. 300 (a. 1829) dell'opera « The British Flo- wer-Garden » sotto quello di Spathalantus speciosus: genere dapprima mantenuto dal Baker (in « Journ. Linn. Soc., XVI, p. 104 ») quindi (Handb. Irid. p. 104 e FI. cap. VI, p. 43) ricondotto al genere Romulea sotto il nome di R. monadelpha Bak. essendovi una precedente R. spe- ciosa. Specie che dovrebbe presentare i filamenti staminali saldati (donde il nome) — carattere estraneo alla giurisdizione fiorale del genere Ro- mula — e da riferire quindi a genere- diverso. Nella prima edizione (1827) dell ortus Brit. sono pure riportate al genere Trichonema la Iria purpurascens Ten. e la 2 quadrangula De la Roche (che è una Geis- sorhiza) e nella seconda (1831) la R. ramiflora Ten. Nella terza edi- | zione (1839) — la sola da me consultata — compaiono ascritte al ge- . nere Trichonema 15 specie, tra cui Trick. coelestinum del Nord d'Ame- rica, corrispondente a Nemastylis coelestina Nutt. (75) 1827 — M. Tenore, Appendix ad « Index seminum Horti nea- politani »; Neapoli, p. 3 — stabilisce con breve descrizione una nuova. | Specie, la R. ramiffora Ten., da lui scoperta nei pascoli sterili presso Napoli « praecipue juxta viam Campi, prope Aedieulam Divae Mariae, cui nomen er planctu » e nel Tavoliere di Puglia. 428 A. BÉGUINOT (76) 1828 — H. G. L. Reichenbach, Conspectus regni vegetabilis per gradus naturales evoluti; Lipsiae, 1828, p. 59 — distingue le Iridee in: Ferrarieae, Gladioleae ed Irieae e colloca in questo ultimo gruppo i generi Zrichonema, Crocus, Galaria, ece. (77) 1829 — B. C. Dumortier, Analyse des familles des plantes avec Vindication des principaus genres, qui s'y rattachent ; Tournay , 1829, — distingue le Iridee nelle tribù seguenti: Ferrarieae , Moraeaceae, Gladioleae , lrieae e Crocineae e colloca Trichonema nella penultima tribù: Crocus è l’unico rappresentante delle Crocineae, collocazione in grande parte esatta, come sarà detto a suo luogo! (78) 1830 — Fr. Th. Bartling, Ordines naturales plantarum; Gottin- gae, 1830, p. 45 — accetta il genere T7ichonema Ker, di eui sarebbe sinonimo Romulea Maratti. (79) 1830-32 — H. G. L. Reichenbach, Flora germanica ezcursoria; Lipsiae, p. 83 — indica Zrich. Bulbocodium Ker per la Dalmazia, Istria e Friuli (indieazione quest'ultima erronea, arrestandosi la specie nell'Istria meridionale) e trasporta nel genere Trichonema la R. Columnae Seb. et M. che designa per l'Italia superiore e.con dubbio per la Dalmazia: ha- bitat il primo troppo vago ed il secondo erroneo! (80) 1831 — M. Tenore, Sylloge plantarum vasculariwm florae nea- politanae hucusque detectarum ; Neapoli, 1831, p. 24 — designa per questa. regione Jæia Bulbocodium con una varietà B flore albo; Ivia mi- nima sinonimo (efr. n. 58) di R. Columnae S. et M.; I. purpurascens ehe indiea « in collibus Calabriae ulterioris, cirea Rhegium », ma che è specie indubbiamente capense (!) ed 7. ramiflora. (81) 1832 — M. Tenore, Descrizione della Romulea a scapo ramoso; in « Atti R. Accad. Se. Napoli », vol. III (1832), p. 113 — dà una detta- gliata diagnosi e relativa figura (tav. VIT) della sua R. (Ixia) ramiflora Ten. (efr. n. 58 ed 80) ed elenca, brevemente illustrandole, le altre specie COE ELO er EE ZA c Ue eU. UAR en zl ET PIL ue e Me TE e EE, CNN AIR dësen LC ee Z- Es ^ x Mou. COEM A icis Mi AN SET E a OE EO » via E° m ue E WI ISEE MAT A EE KE a t i $ im x D NEP enne REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 429 fin qui note per la flora napoletana e cioè R. Bulbocodium S. et M., R. purpurascens Ten., R. minima Ten. (= R. Columnae S. et M.). Come feci già notare altrove la diagnosi e la figura della R. ramiflora fu- rono essenzialmente ricalcate su una specie affine, ma non italiana, che fu in seguito contraddistinta col nome di R. longiscapa Tod.: ciò che è anche confermato dall’ ispezione del suo Erbario. Questo nome perciò non potrebbe essere mantenuto, se alla sua conservazione non fossi in- dotto dal largo uso fattone per una specie indigena, certamente ben nota al Tenore. (82) 1833, 1839 e 1842 — A. Bertoloni, Flora italica; Bononiae, vol. I (1833), p. 219 — assegna all'Italia quattro specie e cioè X. Bulbocodium, purpurascens, ramiflora e Columnae, che dettagliatamente descrive e cor- reda di ricca sinonimia e di molteplici indicazioni di stazione. Nel ciclo della prima specie comprende una varietà P che corrisponde a R. grandi- Jora Tin. — forma a quel che pare esclusiva alla Sicilia ed almeno in aleune regioni vicariante del tipo — ed una varietà k corrispondente a R. Requienii, che ebbe dalla Sardegna e Corsica. Nel vol IV (1839) p. 272 della stessa opera accetta come specie a sè la R. Linaresii Parl. inviatagli dallo scopritore stesso dai pressi di Palermo: riferita, quindi, alla sua R. Bulbocodium k nel vol. V (1842) p. 631, ciò che è erroneo! * (83) 1833-45 — F. L. Nees ab Esenbeck, Genera plantarum Florae Germanicae iconibus et descriptionibus illustrata; Bonnae, vol. I — Dà la definizione del genere Zrichonema , quale fu istituto dal Ker e ne illustra con una tavola i principali caratteri. (84) 1836-1840 — S. L. Endlicher, Genera plantarum secundum or- dines naturales disposita ; Wien, fasc. 3, 1837, p. 169 — mantiene il Ni d È ` ; mhas * È ! genere Zrichonema Ker, che colloca fra 1 generi Geissorhiza e Crocus ! . (85) 183650 — P. Barker Webb et S. Berthelot, Histoire naturelle ` des iles Canaries. Phytographia Canariensis; Paris, Béthune-Mellier, vol. | li, 2 p, sect. 3.2, p. 312, tab. 222 — fondano Trichonema grandisca- Si 430 A. BÉGUINOT pum su materiale raccolto dagli Autori a Teneriffa e su esemplari pure di questa provenienza collezionati dal Bourgeau e Riedle. . (86) 1837 — P. Sanguinetti, Centuriae tres prodromo florae romanae addendae; Romae, 1837, p. 11 — fonda R. Columnae G versicolor Sang. che rieonosee poi in « Flora romana prodromus alter » corrispondere al R. ramiflora Ten. In questo lavoro sono indicati per il Lazio questa specie, R. Bulbocodium e R. Columnae. (87) 1839-47 — D. Dietrich, Synopsis plantarum ; Vimariae, vol. I (1839) p. 159 — accetta il genere Zrichonema Ker cui riferisce 10 spe- - cie, tra eui l'Zzia ornithogaloides Licht. in Roem. et S., che non vi ap- partiene. (88) 1839 — F. Parlatore, Flora punormitana sive plantarum prope Panormum sponte nascentium enumeratio; Panormi, 1839, p. 38 — descrive come nuova A. Zinaresii Parl. degli erbosi marittimi presso Palermo. Le altre specie note a quel tempo per la regione sono Æ. Bulbocodium, purpurascens (nec Ten.), ramiflora e Columnae. ' (89) 1840-1841 — E. Th. Steudel, Nomenclator botanicus ; Stuttgard- tiae et Tubingae, ed. II, p. 2.* (1841), p. 702 — ascrive al genere Tri- chonema le R. arenaria Eckl. (= quindi rich. arenarium Steud.); R. hirsuta Eckl. (= Trich. hirsutum Steud.); R. parviflora Eckl. (= Trich. parviforum Steud.); R. ramosa Eckl. (= rich. ramosum Steud.); R. refleza Eckl. (= Trich. reflexum Steud.) ; R. similis Eckl. (= Trich. simile Steud.) e la R. Zehyeri Eckl. (= Zrich. Zehyeri Steud.). Ad esso, secondo l'Autore, apparterebbero in definitiva 23 specie. (90) 1842 — E. Boissier, Diagnoses plantarum orientalium novarum; Lipsiae, ser. 1^ (1842), n. 13, p. 18 — descrive, insieme all’ Heldreich, Romulea crocea Boiss. et Heldr. scoperta da questo secondo botanico sul M. Solima nella Licia. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 431 (91) 1842-1852 — R. de Visiani, Flora dalmatica ; Lipsiae, vol. I 1842), p.121 — in base ad habitat dati da precedenti esploratori e ad osservazioni proprie, indica come comune, sia nel continente che nelle isole Dalmate, la R. Bulbocodium X. et M. che dettagliatamente descrive. Secondo le mie osservazioni, buona parte e forse tutto questo materiale . deve riferirsi alla varietà sublutea Bég. be Ewe 3 (92) 184245 — G. Gussone, Florae siculae synopsis; Neapoli, vol. I —— (1842) p. 33 — indica per la Sicilia e vicine isole R. Bulbocodium (in ^ grande parte da riferirsi alla varietà grandiflora Tin. in Tod.); R. Lina- | sii; R. purpurascens Ten. (una forma di R. ramiflora contraddistinta . in seguito sotto il nome di R. Parlatoris Tod., non certo la specie dia- E gnostieata dal Tenore, che non é pianta italiana!); R. ramiffora e R. Co- — lumnae. (93) 1842 — R. de Visiani, Z' Orto Botanico di Padova nell'anno 1842; Padova, p. 142 — basandosi sulla priorità del genere Romulea sul ge- - nere Trichonema, che erroneamente attribuisce allo Sweet, chiama £. coelestina Vis. il Trich. coelestinum Sweet: se non che questa specie, nè è un Trichonema nel senso del Ker, né una Romulea nel senso del Ma- Fatti e degli autori posteriori e corrisponde a Nemastylis coelestina Nutt. (94) 1842 — M. Tenore, Indez seminum in R. Horto botanico neapo- litano anno 1842 collectorum, p. 12 — descrive un Zrichonema candidum d . ricevuto dall'Inghilterra sotto il nome di « Triehonema flore albo ex Ca- ` Dite Bonae Spei » e che dalla diagnosi e dall'esemplare autentieo da 2 me esaminato nell'Erbario Tenore corrisponde a R. bulbocodioides ! (95) 1842 — J. Lindley, Miscellaneous Notices and miscellaneous Matter; $ Append. of Bot. Register, p. 86. — In quest'opera trovasi riportata un E Trichonema edule Herb. che dal Baker « Journ. Linn. Soc. XVI (1878), — P 87 » à riferito, ma con dubbio, a varietà di R. purpurascens Ten. a indicata dell’isola di Socotra e delle spiaggie del Mare Rosso; mentre St i Balfour, Botany of Socotra in « Trans. R. Soe, of Edinburgh, 1888, 432 i A. BÉGUINOT p. 286 » ve la ascrive con sicurezza per esemplari raccolti dallo Sehwein- furth (n. 580) a Socotra a 3000 m. di altezza: pianta a me perfetta- mente ignota e della quale duolmi di non poterne tener conto. (96) 1843 — E. Boissier, Diagnoses plantarum orientalium novarum; Lipsiae, ser. 2.* (1843), n. 4, p. 92 — descrive, insieme al Kotschy, sotto il genere Zrichonema, linteressante R. nivalis della catena del Libano ed Antilibano, che gli autori confrontano con R. Bulbocodium, dalla quale aberra per molti caratteri, così da costituire, a mio giudizio, una stirpe a sé. (97) 1843 — J. F. Drége u. E. Meyer, Zwei p/anzengeographische Documente; Besond. Beigabe zur « Flora 1843, Bd. II » — eleneano al- cune Romulea (sub Trichonema) raccolte dal primo nell'Africa meridionale. (98) 1845 — M. Tenore, Catalogo del Real Orto botanico di Napoli; Napoli. — alla p. 61 elenca le specie colà coltivate, compresa una R. suaveolens Lindl. del Brasile, che certo non appartiene al genere, ed alla pag. 95 dettagliatamente descrive R. candida Ten., su cui cfr. n. 94. (99) 1846 — E. Spach, Histoire naturelle des végétauz. Phaneroga mes; Paris, vol. XIII (1846), p. 4 e 99 — mantiene lo schema di clas: sificazione delle Iridee di Dumortier e colloca il genere Zrichonema nella tribù delle Ixiee, ascrivendovi quattro specie e cioè: Zrich. Bulbocodium, Columnae, purpurascens e ramiflorum. (100) 1846 — G. Kunze, Chloris austro-hispanica. E collectionibus Will- kommianis a m. Maio 1844 ad finem m. Maji 1845 factis in « Flora», vol XXX (1816), p. 689 — indiea per la Spagna meridionale A. Bul- bocodium S. et M., che è R. Clusiana (n. 455), descrive R. Linaresii Parl. var. gaditana Kze, che è la nostra R. gaditana Bég. (n. 456 a), € R. uliginosa Kze, che dice affine ma distinta da R. Bulbocodium (ciò che è esatto!) e indica, inoltre, con sicurezza R. ramiflora Ten. (456 b) e con dubbio R. Linaresii Parl. (456 c). Conclude che: species hujus ge- REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 433 neris e speciminibus siccis, nec semper bene siccatis, aegre determinandae et in vivo recognoscendae. — (101) 1847 — L. Reichenbach, /cones Florae Germanicae et Helveti- cme; Lipsiae vol. IX (1847), p. 8 — dà una breve diagnosi e le figure (tav. 354) di due forme di Zrich. Bulbocodium (fig. 782 e 783) e di Trich. Columnae (784 e 785). S (102) 1847 — J. F. Drége, Vergleichungen von Ecklon und Zeyher und von Drige gesammelten südafrikanischen Pflanzen mit den Erem- i plaren von Zeyher's neuesten Sammlungen, welche derselbe zum Verkauf = stelt durch J. F. Drège ete. in Linnaea, vol. XX (1847), p. 222 — elenca — le Romulea (sub: Zrichonema) distribuite dai nominati raccoglitori. (103) 1847 — W. Herbert, in « Botanical Register » vol. XXXIII (1847), London, tab. 40 — sotto il nome di Trichonema palustre (fig. 1) dell’ isola di Salonicco e sotto quello di Zrichonema Pylium (fig. 2) dell isola di Navarino dà la figura, senza diagnosi, di due forme del ciclo di R. Bul- bocodium, la prima estremamente affine a R. uliginosa Kze e V altra corrispondente alla forma più comune, sotto cui si presenta la genuina R. Bullocodium S. et M. (104) 1848-1856 — €. Grenier et D. A. Godron, Flore de France ; vol. MI (1855-56), p: 258 — indicano per la Francia Trích. Bulbocodium Rchb. (le stazioni della ‘Corsica devono certo riferirsi a R. ligustica Parl.); v Frick. Linaresii Godr. et Gren. (della Corsica, ma certamente è R. Re- e quienii Parl.) e Trich. Columnae Rchb. (105) 1848-68 — G. G. Walpers, Annales botanices systematicae; E Lipsiae, vol. I (1848-49), p. 833 — trasporta, sotto il genere Zrichonema, lo Romulea subpalustris (pr. err. Trich. subalpestre Walp.) e Pylium Herb. in Lindl. e la Æ. uliginosa Kze. # .. (106) 185253 — J. E. Planchon, Flores des serres et des jardins de ^s 29. Malpighia, Anno AXL Vol. XXI. ER" Du WR 5 T RE Sch wé 434 A. BÉGUINOT ID Europe, tom. VIII, Gand, 1852-53, p. 133 — assegna a R. rosea L. tre varietà e cioè x Milleri Planch. corrispondente al tipo quale fu de- scritto ed iconografato dal Miller (cfr. n. 19); 6 Gawleri Planch. cor- rispondente al ZÉichonema roseum ritratto dal Ker nella tav. 1225 del « Botanical Magazine » (cfr. n. 54) ed una varietà y Celsii Planch. di cui dà la figura alla tav. 799 e che pel complesso dei suoi caratteri la riferisco a R. speciosa ! (107) 1853 — J. Lindley, The vegetable Kingdom ; London, 3.* ediz., p. 161 — accetta il genere Trichonema Ker (cui sarebbe sinonimo Ro- mulea Maratti) e lo colloca tra i generi Geissorhiza:e Nemastylis. (108) 1854-55 xs Nyman, Sylloge Florae europaeae; Oerebroae, ` ; p. 362 — assegna all'Europa le R. Bulbocodium , Linaresii, ramiflora, Columnae, purpurascens ed uliginosa. (109) 1855 — Gay, in Bourgeau, Plantae canarienses exsiccatae; n. 1473 - — trasporta sotto il genere Romulea il Trichonema grandiscapum Webb. et Berth. (cfr. n. 85). (110) 1855 — G. A. Pritzel, /conum botanicarum index locupletissi- mus ete. — sotto i generi Zzia, Trichonema e Romulea, riporta quas! tutte le figure edite fino a quell'anno da noi sopra citate. (111) 1857 — A. Todaro, Index seminum R. Horti bot. Panormitani; p. 4445 — riporta, senza diagnosi, i nomi di due varietà — grandiflora - ed intermedia — di R. Bulbocodium, corrispondenti a R. grandiflora Tin. e R. intermedia Tin. [ined.], la prima delle quali soltanto ricono- scibile ed ammessa come forma appunto di R. Bulbocodium dal Parla- tore, Nicotra, Freyn ece. il quale ultimo ebbe il merito di esattamente diagnosticarla. Fonda inoltre (p. 45) una nuova specie, R. Parlatorii Tod. comune nei colli e pascoli montani della Sicilia e che confronta — con R. purpurascens, con la quale egli ed altri la scambiarono. La giu > dica, invece, affine a R. ramiflora Ten. di cui, a mio giudizio, è una — forma ridotta. Cfr. anche in « Linnaea, vol. XXIX (1857-58), p- 749 *« us ON ag Ën AT nt déet e ale AE gp, Leaks At? 32 i BUE cui SUR S Ota s CQ JT GH m cec op re "et, artt xu T e ORIS E des (necs pte s Reo Mr dip Eq wis SCH D. Cu Do C BE Ta v ` E Se REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 435 | (112) 1858 — F. Parlatore, Flora italiana; Firenze, vol. III (1858), p. 241 — dettagliatamente e con grande cura e minuzia descrive tutte le Romulea fin allora note nell'ambito della Flora italiana e cioè R. Bulbocodium, R. purpurascens, R. ramiflora, R. Columnae e R. Lina- resii e fonda come nuove R. Requienii Parl. per esemplari trasmessigli dal Requien dalla Corsica; A. ligustica Parl., di cui ebbe saggi dai dintorni di Genova da De Notaris e Caldesi e R. Rolli Parl. del lit- torale romano presso Torre del Vajanico per esemplari comunicatigli dal Rolli. Aserive a R. Bulbocodium una varietà grandiflora (= R. grandiflora Tin. in Tod.) ed a R. ramiflora una b. scapo subunifloro ritenuta dai botanici quale R. purpurascens Ten. Non esito a dire che a questo celebre botanico devesi il maggiore impulso allo studio scien- tifico delle Romulea della Flora italiana. (113) 1860 — T. Caruel, Prodromo della flora toscana ; Firenze, p. 610 — indica per la Toscana R. Bulbocodium, ramiflora e Columnae. (114) 1860-61 — J. Lange, Pugillus plantarum, imprimis hispanica- rum, quas in itinere 1851-52 legitin « Naturh. Foren. vidensk. Meddelser » Hafniae. — sul « Crocus vernus minor I » di Clusio fonda il Zricho- nema Clusianum Lge (p. 75) e descrive un Zrich. purpurascens Sweet var. major Lge (p. 76). Notizie desunte dal Prodromo di Willkomm e Lange, non essendomi stato possibile di consultare il lavoro originale! (115) 1861-1880 — M. Willkomm et J. Lange, Prodromus florae hispa- — nicae; Stuttgartiae, vol. III (1880), p. 144 — indicano per questo paese Trichonema Clusianum, Tr. Bulbocodium, Tr. purpurascens con le var. uliginosum e major (forme tutte di R. uliginosa Kze!; Zr. ramiflo- rum (cui erroneamente è riferita R. Zinar. var. gaditana Kze, che é la R. gaditana Bég.!) e Tr. Columnae. | (116) 1861? — F. Parlatore in G. Hartung, Geognostische Verhältnisse der Inseln Lanzarote und Fuertaventura, p. 143 (cfr. anche: Müller in Walpers, Ann. bot. system. vol. VI [1861], p. 49) — descrive di queste isole una R. Hartungii Parl. forma parviflora di R. grandiscapa. 436 A. BÉGUINOT (117) 1865 — C. F. Nyman, Supplementum Sylloges florae europaeae; Oerebroae, p. 62 — aggiunge alle specie citate nella « Sylloge » (efr. n. 107) le R. Clusiana (Lge sub Zrich.) Nym., Requienii, ligustica, Rol- lii, tutte crescenti in Europa. (118) 1865 — G. Bentham, Handbook of the British Flora; London, vol II, p. 835 — dà le seguenti esatte indieazioni di A. Columnae S. et M. che é l'uniea specie che si spinga fino all Inghilterra , dove trova l'estremo nord della sua area distributiva e di quella del genere tutto: « in heats and sandy places, chiefly near the sea, nearly all round the Mediterranean, and up thé western eoasts of Europe, to the Channel Islands and Devonshire, where it is found in abundance at the Warren, near Dawlish ». (119) 1865-66 — F. W. Klatt, Revisio lridearum, in « Linnaea » vol. XXXIV (1865-66), p. 659 — divide le Iridacee in 5 sottordini (Gla- diolee, Iridee genuine, Cypellee, Sisyrinchiee ed Ixiee) e ripone il genere Trichonema Ker in quest'ultimo, raggruppandone infelicemente le specie in una sezione Romulea, quando hanno stami eguali o più brevi del pistillo ( Zrich. Columnae, Linaresii, uliginosum, ramiflorum, cruciatum, roseum, caulescens, speciosum, pudicum , hirsutum , longitubum , tor(uo- sum, dichotomum, arenarium) ed in una sezione Trichonema, abbrae- ciante le specie con stigmi più lunghi degli stami (Trichonema Bulbo- codium, Pylium, subpalustre, croceum, umbellatum, ochroleucum, filifo- lium e grandiscapum). Parecchie sono le specie che lA. crede traspor- tare al genere Zrichonema : ma in realtà egli aveva tenuto scarso conto dei precedenti passaggi. Risulta quindi per la prima volta riferita a que- sto genere una sola specie e cioè R. crocea Boiss. et Heldr. (= Trich. croceum Klatt) e ve ne sono descritte tre nuove e cioè Trich. longi- tubum Klatt (ritenuto dal Baker quale sinonimo di Syriagodea bicolor Bak. ma in realtà, secondo |’ esemplare autentico da me esaminato nell’ Erbario del Museo di Berlino, è una forma di R. rosea!); Trich. dichotomum Klatt (= R. dichotoma Bak.) ambedue del Capo e Trich. umbellatum Klatt (— R. ligusticà Parl.) del Marocco. È fatta varietà. Te e KA Teen pere. H IUE HE » o » sug ram "e Det de EE AT CETT CP EFC E te IR KE SE KEE de NIE Det el T Aie ERANT INC REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 437 di Trich. Bulbocodium il Trich. Clusianum Lange: ciò che è erroneo. In generale, poi, oltre alla nomenclatura, anche le diagnosi, la sinoni- mia e gli Aabifat sono poco esatti, quando non del tutto erronei! (120) 1866 — Richter et Loret, Note sur un Romulea de Montpel- lier nouveau pour la flore de France, in « Bull. Soc. Bot. Franc. » vol. XIII (1866), p. 245 — segnalano per la flora di Montpellier una specie nuova per la Francia e dapprima ritenuta dagli Autori anche nuova per la scienza (R. juncifolia Rich. et Lor.), ma poi riconosciuta come corrispondente od almeno semplice forma della R. ramiflora Ten. È „probabile che le differenze riscontrate dagli stessi, fra la pianta dell’agro Montpellierano e quella dell’Italia, debbansi al fatto che parecchi Autori ed il Tenore stesso, sotto questo nome, hanno distribuito l'affine R. lon- giscapa Tod. che, a quel che pare, non sarebbe specie mediterranea. (121) 1866-68 — A. Jordan et J. Fourreau, Breviarium planta- rum novarum, sive specierum in horto plerumque cultura recognitarum descriptio contracta ulterius amplianda; Parisiis , fasc. I (1866), p. 48 — descrivono quattro nuove specie e cioè R. syrtica Jord. et Fourr. (delle lande di Mont de Marsan: leg. Ed. Perris): forma di R. Bulbo- codium; R. Revelieri Jord. et Fourr. (di Corsica a Portovecchio : leg. Reveliére) della stirpe di R. Reguienii; R. numidica Jord. et Fourr. (di Algeria presso Costantina: leg. A. Jannon) di quella di R. ramiflora; e R. modesta Jord. et Fourr. (di Corsica e Portovecchio: leg. Revelière) forma di R. Columnae — tutte, ma erroneamente, ascritte dagli Autori al « grex R. Bulbocodii ». Nel fase. II (1868), p. 106 sono descritte altre cinque nuove specie e cioè R. pulchella Jord. et Fourr. semplice forma (culturale?) di R. Bulbocodium; R. flaveola di Saint-Tropez (Varo: leg. Lannes), che non è che un sinonimo di A. Rollii Dal: R. corsica Jord. et Fourr. di Portovecchio della stirpe di R. eguienii e R. ne- glecta e subalbida, semplici forme della polimorfa R. Columnae S. et M. (122) 1866:68 — A. Jordan et J. Fourreau , Icones ad Floram Fu- ropae novo fundamento instaurandam spectantes; Parisiis, vol. I (1866-68), 438 A. BÉGUINOT p. 39 — dànno diagnosi e figure di R. purpurascens Ten., A. Line- resii Parl., R. pulchella Jord. et Fourr. (semplice forma di R. Bulbo- codium!), R. grandiflora Jord. et Fourr. (che è R. ligustica Parl.!), | R. syrtica Jord. et Fourr. (forma del cielo di R. Bulbocodium !), R. Re- quienii Parl., R. Revelieri Jord. et Fourr., R. affinis Jord. et Fourr. (del cielo di R. Columnae e che nell'opera citata va sotto il nome di R. modesta Jord. et Fourr. Brev. che è tutt'altra specie!) e R. subal- bida Jord. et Fourr (pure di questa stirpe). : : (193) 1868-1901 — V. Cesati, G. Passerini e G. Gibelli, Compendio - della Flora itatiana; Milano, fase. 6-7 (1870), p. 167 — espongono in una breve chiave diagnostica le specie italiane e cioè £. Bulbocodium, Rollii, purpurascens, ramiflora, ligustica, Columnae , Linaresii e Re- quienti. (124) 1869 — N. Terracciano, Florae Vulturis synopsis, ewibens plan- tas vasculares in Vulture monte ac finitimis locis sponte vegetantes; Nea- poli, 1869, p. 163 — fonda una R. Bulbocodium yar. collina Terr. che sembra essere una forma micrantha ed a lungo stilo del tipo, ed è l’unica specie nel distretto. (125) 1872 — L. J. A. de C. de Marsilly, Catalogue des plantes va- sculaires indigène ou généralement cultivées en Corse ecc. ` Paris, 1872, p. 144 — indica per quest'isola Zrichonema Requienii (Parl.) Mars. ; Revelieri (Jord. et Fourr.) Mars.; purpurascens (Ten.) Mars (reetius: | Sweet!) e Zrich. Columnae (S. et M.) Rehb. (126) 1872 — R. de Visiani, Florae dalmaticae supplementum ; Venetiis, 1872, p. 30, tab. II, fig. 2 — descrive una nuova specie, la Æ. croci- folia Vis., dei Monti Verme presso Cattaro, dove sarebbe stata raccolta | dal Maly: corrispondente, come già dimostrai (efr. avanti) a Æ. niva- lis, che non cresce in Dalmazia. (127) 1873 — N. Terracciano, Seconda relazione intorno alle pere du D REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 439 grinazioni botaniche fatte nella Provincia di Terra di Lavoro per dispo sizione della Deputazione provinciale; Caserta, 1873, p. 19 — riproduce, riassumendo quanto aveva già scritto nel 1861 il Pasquale, Cat. R. Orto bot. Napoli, p. 90 ed egli stesso nel 1867 negli « Ann. Accad. Asp. Nat. di Napoli », che cioè, dato il grande polimorfismo e la presenza di numerosi intermediarii, R. Linaresii, R. ramiflora e R. purparascens non sarebbero che forme di R. Bulbocodium S. et M. (ciò che è sicura- mente erroneo!) e che specie a sé sarebbe R. Columnae S. et M. (128) 1873-74 — L. Pfeffer, Nomenclator botanicus ; Cassellis, vol. II, ` A. part. (1874) — tiene (p. 285) il genere Romulea, che dubita sino- nimo del genere Zrichonema: il quale è poi ammesso (p. 1463) quale genere a sè, ambedue muniti di ricca sinonimia. (129) 1874 — J. T. Moggridge, Contributions to the Flora of Mentone and to a Winter Flora of the Riviera, including the Coast from Marseilles to Genova; London, 3.^ ed. — dà diagnosi e figure di Æ. Columnae (tav. 91); R. ramiflora (tav. 92) e R. Bulbocodium e ligustica (tav. 93) — queste ultime due dei dintorni di Genova e precisamente di Pegli, la prima e di Valle dei Molinacei, la seconda, Fonda inoltre una R. Colum- nae var. discreta Magg. (cfr. tav. 91 d, e, f) che è una forma grandiflora e stenofilla della specie, facente insensibile passaggio a R. Rolli Parl. (rae- colta da suo padre al Capo Croisette presso Cannes) ed una R. ramiflora var. contorta Moggr. (efr. tav. 92 b), che fu scoperta da Strickland pure presso Cannes, ma che solo con grande dubbio riferisco a questa specie. (130) 1876 — Baker in Trimen « Journ. of Bot. » n. ser. vol. V (1876), p. 236 — descrive come nuova A. camerooniana Bak. dei M. Ca- meroon su esemplari raecoltivi da G. Mann (n. 2135); &. cuprea Bak. del Capo di Buona Speranza sopra un disegno a colori inedito di Dean Herbert conservato nella biblioteca di Lindley (pianta a me ignota!) ; R. Macowani Bak. raccolta da Barber e Mac Owan (n. 1547) al Capo (Somerset); R. barbata Bak. pure del Capo, ma deseritta sopra un di- segno di D. Herbert a me ignoto e R. latifolia Bak. pure sopra un di- 440 A. BÉGUINOT segno del citato autore e poi ridotta dal Baker stesso a varietà di R. bulbocodioides. (131) 1876 — H. Loret et A. Barrandon, Flore de Montpellier; vol. Il (1876), p. 642 — indicano pei luoghi arenosi ed erbosi dei dintorni di Montpellier le... Columnae S. et M. e ramiflora Ten. ed affermano che tra Villeneuve e Saint-Jean-de-Védas trovasi una forma assai poco ramosa di questa specie che eorrisponderebbe a R. Rollii Parl. Sta il fatto che, come io dimostrai (efr. avanti), questa specie (e non forma!) eresce anche nella Francia meridionale. (132) 1877 — J. Freyn, Die Flora von Süd-Istrien in « Abhand. d. k. k. zool-bot. Gesell. in Wien » a. 1877, p. 437 — indica per l Istria meridionale Zrichonema Bulbocodium Ker, ana delle estreme sta- zioni della specie da questo lato dei paesi adriatici. Cfr. anche Koch, Synops. der deutsch. und schw. Flora, vol. III (1907), p..2452. (133) 1878 — J. G. Baker, Systema Iridacearum in « Journ. Linn. Soc., Botany » vol. XVI (1878), p. 86 — divide le Iridacee in tre serie (Ixiee, Iridee e Gladiolee) e colloca le Romulea, assieme a Crocus e Sy- ringodea, nella tribù delle Crocee della serie delle Ixiee e ne elenca 36 specie divise in due sezioni « Species mediterraneae et montium Africae tropiealis » e « Species capenses »: le prime alla loro volta distinte in tre sottosezioni: « grandiflorae » eon R. Bulbocodium, Clusiana, crocifolia, elongata e grandiscapa; « purpurascentes » con R. ligustica, Rollii, ra- miflora, corsica, neglecta, purpurascens, numidica, Linaresii e Requienii e « parviflorae » con R. Columnae, Revelieri e Camerooniana; le seconde in altre tre e cioè « luteae » eon R. bulbocodioides , sublutea , filifolia, Macomani e tortuosa ; « rubroviolaceae » con R. rosea, longifolia, cru ciata; pudica, cuprea, speciosa, hirsuta, barbata , arenaria e dichotoma e « chloroleucae » con R. chloroleuca, similis, latifolia e spiralis. Rag- gruppamento quasi sempre infelieissimo, come sarà detto nel prossimo capitolo. Nè più felicemente costituiti sono i singoli cieli specifici: così in quello di R. Bulbocodium vi ha compreso come sinonimo R. uliginosa En E ME er ^aa E EE TAVIT UON TIONI S Oc RE REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 441 Kze, che è specie a sè e come varietà R. flaveola Jord. et Four, (= R. Rollii Parl), R. crocea Boiss. et Heldr. e zirelis, tutte specie egregiamente distinte, Æ. subpalustris del cielo di R. uliginosa, R. umbellata , sinonimo di R. ligustica Parl. eee. Tiene poi come specie a sé la A. crocifolia Vis. sinonimo di R. nivalis Klatt; R. elongata (Vahl) Bak. ehe forse non è una Romulea ece.! In ogni modo sono per la prima volta trasportate sotto questo genere le seguenti entità: R. elon- gata, sublutea, tortuosa, longifolia, cruciata, pudica, speciosa, dichotoma, chloroleuca e spiralis. (134) 1878 — J. Ball, Spicilegium Florae Maroccanae in « Journ. Linn. Soc., Bot. » vol. XVI (1878), p. 676 — indica per la regione R. Bulbo- ` codium, grandiscapa (determinazione meritevole, a mio giudizio, di ul teriore controllo !), Columnae e ramiflora. (135) 1878-1882 — €. F. Nyman, Conspectus florae europaeae; fase. IV (1882), p. 704 — vi indica 12 specie raggruppate in tre serie: e grandiflorae » (R. Bulbocodium , Clusiana, crocifolia ed elongata) ; « purpurascentes » (R. purpurascens , Linaresii, Requienii, ligustica , ramiflora e corsica); ed in « parviflorae » (R. Columnae e Revelieri) : raggruppamento che svela pell" Autore imperfette conoscenze del genere: Seguitano inoltre ad essere mantenute Æ. erocifolia Vis. che è R. nivalis Klatt e X. elongata Bak. che forse appartiene ad altro genere. La R. Rol- lii della « Sylloges supplementum » diventa forma di R. ramiflora! (136) 1878 1883 — L. Nicotra, Prodromus Florae Messanensis, Mes- sanae fase. 2 e 3, (1879-83), p. 447 — indica pel Messinese A. Bulbo codium insieme alla b. grandiflora Tin. e R. Columnae R. et S. (sic). In un lavoro, Observ. in Flor. sic. in « Linnaea » 1844, p. 267 il Ny- Man aveva fatto conoscere pure dei dintorni di Messina (presso il Te- legrafo) una varietà « flore albo » di R. Bulbocodium, caratterizzata dai tepali bianchi all'interno e sul dorso, gli interni gialli alla base ed i tre esterni di un verde flavescente per tutta la lunghezza, mentre il tubo è giallastro. Cita inoltre R. purpurascens (nec Ten.*) e R. Columnae. 442 A. BÉGUINOT (137) 1880? e 1890 — M. Gandoger, Flora algeriensis easiccata ; n. 1089 e Flora europaea, vol. XXII (1890), p. 200 — distribuì e descrisse una R. macrantha Gand. ehe non è che una forma grandiflora e doli- costila di R. ligustica. Lo stesso botanico nella « Fl. Alg. exsice. m. ` 1090 » sotto il nome di R. monticola Gand. e nella « Flor. Eur. XXII, p. 259 » sotto quello di R. editorum Gand. ha pure distribuito e de- scritto una forma a perigonio meno sviluppato, ode e dolicostila della stessa specie! (138) 1880 — P. Marès et G. Vigineix, Catalogue raisonné des plantes vasculaires des iles Baléares; Paris, 1880, p. 273 — indicano per questo Arcipelago Zrich. Columnae, Bulbocodium e Linaresii: ma le ultime due quasi certo per scambio con affini specie! (139) 1880 — V. de Janka, Romulearum europaearum clavis analytica Sc in « Mag. Nov. Lap. > vol. IV (1880), p. 146 — dà una chiave di nes sun valore del genere! (140) 1881-1892 — M. Willkomm, Zl/ustrationes Florae Hispanicae in- sularumque Balearium; Stuttgart, vol. I (1881-85), p. 57 — illustra Tri- chonema Clusianum Lge (tab. 39 A, a, b) che dice affine, ma ben di- stinto, da rich. Bulbocodium e Trich. purpurascens Ten. var. uligino- sum (Kze sub Romulea) (tab. 39 B. a, b.), che ritiene differente dal . tipo per i fiori un po' più grandi e per il colore del perigonio — rus ferimento erroneo poiehé la pianta tenoreana appartiene à tutt’ altra — stirpe e non é specie mediterranea! (141) 1881 — G. Strobl, Flora des Etna in « Oesterr. bot. Zeitschr. > vol. XXXI (1881), p. 279 — elenca per questo distretto Tr ich. Bulbo- codium (che si spinge fino a 2000") ramiflorum e Columnae (trovata fino a 2000). (112) 1882 e 1897 — Beek in « Glasnik » vol. XV (1882), p- 218 — ed in « Wiss. Mitth. » IX (1897), p. 503 — indica A. Bulbocodium | per l’ Erzegovina. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 443 (143) 1882 — J. V. Klatt, Erganzungen und Berichtigungen zu Ba- * 3 kers « Systema Iridacearum » in « Abhandl. Naturf. Gesell. zu Halle » : vol. XV (1882) — accetta il genere Romulea, che ripone nel gruppo - delle Zuizieae insieme a generi distantissimi, laddove Crocus e Syrin- godea sono riposti nelle Croceae e Galazia nelle Sisyrinchieae e ne elenca | 54 specie, ripartite in due sottogeneri: Zuromulea, che comprende le spe- = eie munite di scapo (seaposae) e Trichonema le caulescenti, le une e le 3 altre alla sua volta raggruppate a seconda dell'altezza dello stigma ri- E spetto alle antere. Fra le entità elencate sono deseritte come nuove: È. ; - tridentifera, minutiflora, obscura, aurea, elegans , flexuosa, tubata ed d uncinata: ma, fatta eccezione delle prime due, le altre non sono che | sinonimi o tutt'al più forme di specie notoriamente polimorfe. Sono poi trasportate e mantenute al rango di specie le A. Pylia e subpalustris |. (forme della stirpe di R. Bulbocodium), R. caulescens (sinonimo di R. bullocodioides), R. nivalis e R. umbellata (sinonimo di R. ligustica Parl.). Quali entità specifiche sono considerate semplici forme (R. neglecta, syr- tica, Celsii ecc)? mentre R. flaveola Jord. et Fourr. è tenuta distinta da = R. Rollii Parl. di cui è un sinonimo. Fatti tutti i quali dimostrano nel- l'Autore imperfettissinie conoscenze del genere ed in generale una poco chiara comprensione dei gruppi sistematici tutti delle Iridacee. (144) 1883 — G. Bentham et J. D. Hooker, Genera plantarum; Lon- dini, vol. III, part. 2 (1883), p. 683 — dividono le Iridee in tre tribü (Moreae, Sisyrinchieae e Irieae) e collocano le Romulea nelle Crocee sot- totribù delle Sisirinchiee, assieme ai generi Crocus, Syringollea e Gala- ia: classificazione accettata anche dal Van Thiegem , Traité de Bota- ~ ique, Paris, 1884, p. 1381. e (145) 1883 — A. Battandier, Sur quelques cas d'héteromorphisme in ` E « Bull. Soc. Bot. Frane. » vol. XXX (1883), p. 238 — stabilisee a spese S x della R. Bulbocodium dei dintorni di Algeri una varietà dioica Batt. risul- . tante di due categorie di individui, gli uni maschili, grandiflori ed a lungo -stilo e gli altri femminili parviflori ed a stilo appena. più lungo delle an- 3 tere atrofiche, come fu detto nella prima parte della mia Monografia. 444 A. BÉGUINOT (146) 1884 — E. Boissier, Flora orientalis; Genevae ete., vol. V (1884), p. 4 — riconosce, nei limiti della Flora orientale, sei specie e cioè R. Bulbocodium, R. crocea, R. nivalis (descritta dapprima sotto il genere Zrichonema: cfr. n. 96), R. Linaresii (che è la R. Bulboco- dium S. et Smith e che corrisponde alla mia subsp. graeca), R. rami- flora e R. Columnae. (147) 1884 — J. Freyn, Phytographische Notizen insbesondere aus dem ` ` Mittelmeergebiete in « Flora » a. 1884, n. 36, p. 684 — afferma che A. grandiflora Tin. non differisce, come già ritenne Parlatore, soltanto nè sempre da R. Bulbocodium per la grandezza dei fiori, ma pel colorito del perigonio , il eui tubo è di un giallo chiaro ed il resto di un vio- laceo-azzurrastro più o meno intenso. (148) 1884 — W. Barbey, Florae Sardoae compendium; Lausannae — vi indica parecchie specie: Æ. Bulbocodium, ligustica, modesta Rev. exsiec. nec Jord. et Fourr. (= R. Rollii Parl), Requienii, flaveola Jord. et Fourr. (= R. Rollii Parl.), Columnae e ramiflora. Ala pag. 940 sono poi espressi dall'Aseherson dubbi sopra una Romulea affine alla Bulbo- codium e ligustica, ma abbastanza distinta da ambedue: entità distri- buita in alcuni Erbari dal Gennari sotto il nome di R. sardoa, ma che non v'è alcun dubbio per me corrisponda ad una delle molte forme delia R. ligustica del continente. A proposito di R. flaveola l Ascherson ammette pure essere una piccola specie smembrata dal tipo di R. Bul bocodium — laddove è per me specie di primo ordine e tipo a sè, cor rispondente a R. Rollii e che Zria elongata Vahl., descritta da questo Autore (efr. n. 52) su pianta di Sardegna e trasportata dal Biker. | (cfr. n. 133) sotto il genere Romulea, sia una forma impoverita di Zris E Sisyrinchium. (149) 1885 — €. Bicknell, Flowering Plants and Ferns of the Ri- i viera and neighbouring Mountains; London — illustra e figura (tav. 66) le R. Bulobocdium (fig. A), ligustica (fig. B) e Columnae (fig. €) tutte e tre raecolte dall' autore nei dintorni di Genova. MC 7 BE D de XB. MOTOR Seu t ME MSIE TRIS IURE ETE NITE oa Weed RUE tbat, A Zi REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI ` 445 = (150) 1887 — Gay in Lucante « Rev. de Bot.» vol. V (1887), p. - 998 — descrive una R. Batfandierana, di cui nulla so dire, non aven- .. done esaminata la diagnosi originale, nè essendo stata riportata da nes- - suno degli autori che si occuparono della flora dell’Africa settentrionale. (151) 1887 — A. Battandier, Note sur quelques plantes d' Algérie rare, nouvelles ou peu connues in « Bull. Soc. Bot. Frane. » vol. XXXIV (1887), È p. 390 — descrive R. Rouyana Batt. scoperta « ad maris littora circa ` Delles », che dice affine a R. Linaresii Parl. ma che, come ho potuto ‘verificare nel suo Erbario, non è che una forma di R. ligustica Parl. Come in questa specie alcuni individui sono ermafroditi ed altri fem- minili, cioè ginodioiei! (152) 1887 — F. Tornabene, Flora sicula ; Catinae, p. 507 — indica per la Sicilia R. Bulbocodium Bert. (sic), Linaresti, Columnae, purpurascens . Ten. (non certo la specie di Tenore, ma una forma — R. Parlatoreis 3 Tod. — di R. ramiflora), R. ramiflora ed una varietà b. foliis recur- —. vis Tin. i» lit. di Pantelleria (quid?) (153) 1888 — Bayley Balfour, Botany of Socotra , in « Trans. R. Soc. of Edinburg » Edinburg, 1888, p. 286 — indiea per l'isola di So- cotra a circa 3000' di altezza R. purpurascens Ten. var. edulis Bak. scopertavi dallo Sehweinfurth (n. 580): pianta da me non vista e dub- biosa in sommo grado! - (154) 1888 — F. Pax, Iridaceae, in Engler et Prantl, Nafurlichen | Pflancenfamilien, Leipzig, 2.» T., 5 Abth., p. 143 — divide le Iridacee . in Crocoidee, Iridioidee ed Ixioidee ed assegna Romulea, insieme a. Cro- cus, Syringodea e Galazia, alla prima divisione. = (155) 1889 — M. Colmeiro, numeracion y revision de las plantas de — la Peninsula hispano-lusitana d islas Baleares ; Madrid, vol. V (1889), cd 67 — elenca, con abbondante sinonimia, non sempre però esatta, le E cinque specie del genere già assegnate per questo paese da Willkomm 446 ` A. BÉGUINOT e Lange. Ciascuna specie è inoltre accompagnata da quasi tutte le sta | zioni dove era stata indicata dai precedenti floristi: riferimenti però non controllati su materiale d'Erbario e quindi non seevri di inesattezze | — e di errori. (156) 1889-90 — N. Terracciano, Synopsis plantarum vascularium Di Montis Pollini in « Anu. R. Ist. bot. di Roma » a. IV (1889-90), Mi- — lano 1891, p. 26 — segnala per le basse pendici di questo distretto — montuoso R. Bulbocodium e R. Columnae. (157) 1890 — K. Richter, Plantae europaeae, Leipzig, 1890, p. a — ascrive alla flora europea 14 specie e cioè quelle enumerate dal Ny- man (n. 143) e più R. Rollii Parl. e R. neglecta Jord. et Fourr. Vi È permangono ancora R. crocifolia Vis. (che è R. nivalis Klatt della Dal- SW mazia) e AA. elongata Bak. (specie dubbia) della Sardegna. (158) 1890 — J. Henriques, Zzploracào botanica em Portugal por 3 Tournefort em 1689 in « Bol. Soc. Brot. » vol. VIII (1890), p. 249-252 ud — dà la sinonimia di due delle specie scopertevi dal Tournefort e de- scritte nelle « Institutiones », l'una delle quali sotto il nome di « Cro- cus vernus, angustifolius, minor, parvo flore » eorrisponderebbe a Tri- chonema purpurascens Sweet (è invece, secondo me, R. uliginosa Kunze) e l’altra « Crocus vernus, angustifolius, parvo flore C. B. » sarebbe Jri- - chonema ramiflorum (ed è invece R. gaditana Bég.). (159) 1890-93 — P. Gennari, Repertorium florae Calaritanae; Cala — ris, p..99 — indica per la regione R. Columnae, ramiflora , Bulboco dium e R. Gennarii Tod. (a Monturpino?), che dovrebbe trovarsi nel — « Cat. sem. hort. panorm. an. 1888 » dove però non esiste, nemmeno di nome. Credo sia riferibile a qualche forma di R. ligustica Parl. (160) ? — L. Nicotra, Commentario diagnostico in « Accad. Zel. Acireale» — p. 127 — divide in due gruppi le Romulea siciliane: Zubulbocodium, — comprendente le specie eon lo stigma profondamente diviso in sei parti — Wehen Ae ADU ied is m siue M Tate NES I la REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 447 eguali e Pseudobulbocodium, quelle con lo stigma trisetto, a lacinie bi- . fide o bilobe e dice estranea dalla Sicilia la R: purpurascens Ten. ap- partenente al primo gruppo: laddove la pianta sicula è una forma di R. ramiflora e fa quindi parte del secondo. Nel « Syllabus Florae si- b 4 E, : ^eulae < alle « Eubulboeodium » è ascritta la sola R. Bulbocodium ed 3 alle « Pseudobulbocodium » le uo Linaresii, ramiflora e Columnae. (161) 1891 — L. Paolucci, Flora Marchigiana ; Pesaro, p. 103 — segnala per le Marche le R. Columnae e Bulbocodium, quest’ ultima presso Pesaro, una delle ultime e forse l estrema stazione della specie da questo lato della Penisola. | (162) 1891 — P. Porta, Vegetadilia a DD. Porta et Rigo in itinere iberico austro-meridionali lecta in « Atti I. R. Acc. Agiati di Rovereto » 1891, p. 172 — indicano dei dintorni di Cartagena una A purpurascens Ten. che è la mia R. Carthagenae (cfr. n. 218 e 226). (163) 1891-93 — 0. Kuntze, Revisio generum. plantarum; Leipzig, ece. | p. 2* 1891, p. 700 — fa la storia del genere arrivando alla conclusione E^ che il nome più antico, e già del resto coniato dal Tournefort (cfr. n. 16), E ` è quello di « Bulbocodium » stabilito nel maggio-giugno 1737 dal i ` Ludwig (cfr. n. 31), laddove il gen. Bulbocodium, col quale Linné in- | tese di descrivere una Colchicacea, comparve solo nell’ottobre dell’anno e quindi deve passare in sinonimia. In base a ciò, I'A. propone la seguente nomenclatura: Bulbocodium grandiscapum (con due forme a normale e 4 atroviolaceum), collinum (= rich. collinum Sal. 1812; at prior Isia Bulbocodium L.!), flavum (= ria flava Lam. 1791; at prior 7. bulbocodioides De la Roche 17661), -campanulatum (= I. campanulata Lam. 1791: sed nom. non 'repristinand. | prior. Z. campanulatae Hutt. 1773! ), arenarium, barbatum, camerunia- num, chloroleucum, Clusianum, Columnae, € corsicum , crocifolium, Cru- ciatum , cupreum, dichotomum , elongatum , filifolium , latifolium , ligu- stieum, Linaresii , longifolium, Macowani, neglectum, numidicum, pu- dicum, purpurascens, ramiflorum, Requienti, Revelieri, Rollii, roseum, (0 Simile, speciosum, spirale, subluteum, tortuosum. 448 A. BEGUINOT (164) 1891-92 — A. Engler, Ueber die Hochgebirgsflora des tropischen Africa in « Abhandl. K. Preuss. Akad. d. Wissensch. z. Berlin; Jahr. 1891 »; Berlin, 1892, p. 172 — indica per l'Abissinia R. Zinaresi Parl. che dice identica alla pianta mediterranea (essa corrisponde alla mia ` subsp. abyssinica) e per il M. Kilimandscharo la R. Camerooniana Bak. prossima a R. Columnae Seb. et M. (165) 1892 — J. G. Baker, Handbook of the Irideae; London, 1892, p. 97 — accetta lo schema di classificazione di Bentham ed Hooker (efr. n. 144) e riassume sinteticamente tutte le conoscenze del nostro ge- nere, che mantiene nella sottotribù delle Crocee della tribù delle « Sy- sirynchieae » ed al quale aserive 33 specie, artificiosamente raggruppan- dole come nel « Systema Iridacearum » sopra citato (cfr. n. 133). Com- paiono come nuove R. citrina Bak. (Bolus, n. 6619), R. gracillima Bak. (leg. Drége), R. parviflora Bak. ed è trasportato al gen. Romulea il Tri- chonema monodelphum Sweet. (166) 1892 — (€. Bolle, Florula insularum olim Purpurarium nunc Lanzarote et Fuertaventura etc. in « Engler's Bot. Jahrb. » vol. XIV (1892), p. 254 — indica per l'isola di Lanzarote R. Hartungi Parl. che «dubita, però, essere soltanto una forma depauperata di R. graudiscapa (efr. inoltre n. 220). ; (167) 1893 — M. Willkomm , Supplementum prodromi florae hispa- nicae; Stuttgartiae, 1893, p. 37 — aggiunge alla varietà di Zr. purpu- rascens Sweet una Y coerulescens Lge da riferirsi, eredo, ad una delle molte forme della polimorfa R. uliginosa Kze! (168) 1893 — F. Pax, Zridacene africanae in «'Engler's Bot. Jahrb. » vol. XV (1893), p. 150 — descrive R. Fischeri Pax dell Africa orien- tale, dove fu raccolta dal Fischer (Zrsice. n. 587). (169) 1894 — G. Arcangeli, Compendio della Flora italiana, 2.* ediz. Torino e Roma, p. 153 — assegna 8 specie alla, Flora d'Italia e cioè : ERA EEN ORSI KEE Re 1. Rao NAAR ELE d ENI, NI AG AUD gie E "V KA È SNA INE er CH REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 449 R. Bulbocodium, purpurascens , Linaresii, Requienii, ligustica, Rolli, ramiflora e Columnae, la prima con una 8 grandiflora (Tin.). (170) 1893-1895 — B. Daydon Jackson, Indez Kemensis plantarum phanerogamarum ; Oxonii — sotto i generi Ivia, Trichonema e Romulea sono riportate quasi tutte le specie e relativi sinonimi fino all'anno 1895. I Supplementi contengono la massima parte delle più recenti scoperte, fino all' anno 1900. | (171) 1894 — S. Sommier, Una erborazione all isola del Giglio in Marzo in « Bull. Soc. Bot. Ital. » 1894, p. 132 — descrive per l'isola del Giglio una nuova varietà di R. ramiflora Ten. che chiama varietà violacea, per la colorazione più intensamente violacea del perigonio: ri- portata anche insieme a R. Columnae S. et M. in un posteriore lavoro dello stesso Autore « L'isola del Giglio e la sua flora: Torino 1900, D 78». 5 (172) 1894 — H. Baillon, Histoire des plantes. Monographie des Ama- ryllidacces, Bromeliacces et Iridacces; Paris — divide le Iridacee in tre serie: Iridee, Crocee e Gladiolee ed assegna le Romulea, assieme ai generi Crocus, Syringodea e Galazia, alle Crocee, dandone i caratteri dei ge- nere e l'elenco delle specie con la relativa distribuzione geografica. Il tutto evidentemente ricalcato sui lavori di Bentham et Hooker, Pax, | Baker ece.! (173) 1894 e 1896 — A. Vaccari, Flora dell Arcipelago di Madda- lena in « Malpighia » vol. VIII (1894), p. 267 e Supplemento alla flora dell'Arcipelago di Maddalena « ibid. » vol. X (1896), p. 531 indica per queste isole R. Reguienii Parl., R. Columnae S. et M., R. Bulbocodium S. et M. (indieazione certamente erronea) e A. ligustica Parl. (questa per la vicina costa sarda). . (174) 1895 — H. Harms in A. Engler, Diagnosen neuer Arten verschie- dener Familien in « Engler's Bot. Jahrb. » vol. XIX (1895); Beiblatt, 30. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 450 Aa "e LAT BEQUINOT n. 47, p. 28 — descrive come nuova R. campanuloides Harms scoperta nel 1893 da Volkens nella regione alpestre del Kilimandscharo: specie che mantengo. (175) 1895 — A. Engler, P/anzenwelt Ost-Africas ecc., Berlin, vol. V, p. 3 (1895), p. 147 — indica per questo paese: R. campanuloides Harms; R. alpina Rendle (che suppone ed è identica alla precedente); R. camerooniana Bak. e R. Fischeri Pax. (176) 1895 — H. Schinz, Beiträge zur Kenntnis der Afrikanischen Flora in « Bull. Herb. Boissier » vol. III (1895), p. 395 — descrive una R. Schlech- teriana raccolta al Capo di Buona Speranza presso Capetown dallo Sehlech- ` | ter (n. 852) nel 1892: ma che, come deduco dall'esame degli esemplari autentici dell’Erbario gen. del Museo botanico di Zurigo, corrisponde a R. filiifolia! (177) 1895 — Th. Durand et H. Schinz, Conspectus florae Africae; vol. V (1895), p. 162 — elencano alfabeticamente 42 specie note per l'Africa: eleneo evidentemente riealeato sui lavori del Baker e senza veruna critica. (178) 1895 — A. Battandier et L. Trabut, Flore de V Algérie. Monoco- tyledones (1895), p. 37 — indicano per l'Algeria R. Columnae, Bulbocodium, ligustica (questa con dubbio, ma secondo il materiale da me visto nel- l Erbario Battandier da riferire a Æ. Rollii), Linaresii (corrispondente alla mia R. Battandieri Bég.) con una sottospecie descritta come R. Rouyana Batt. (cfr. n. 151) e R. ramiflora che, causa esemplari di R. longiscap: Tod. dal Todaro distribuiti sotto il nome di R. rami- Hora, dicono diversa dalle specie italiane, laddove ne è identica! (179) 1895 — A. B. Rendle, A contribution to the flora of eastern Tro- pical Africa in « Journ. Linn. Soc. » vol. XXX (1895), p. 376 e 401 — descrive come nuova, su esemplari raccolti nel 1888 dal Taylor nel- l'elevata -regione del Kilimandscharo, una R. alpina Rendle corrispon- | i 4 DH 3 5 e c A 5 AE a oem E teil, P AI Ae PATTES Ki ^. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 451 dente a R. campanuloides Harms descritta nello stesso anno ed alla quale diamo la precedenza. (180) 1895 — G. E. Post et E. Autran, Plantae Postianae. Fase. VII in « Bull. Herb. Boissier » vol. III (1895), p. 164 — indicano pei din- torni di Killis Z. Bulbocodium L. (sic) pubblicata nel n. 400 delle P. Postianue e corrispondente alla mia var. syriaca. (181) 1896 — Baker in W. T. Thiselton Dyer, Flora Capensis; Lon- don, vol. VI, p. 1. (1896), p. 36 — seguendo in grande parte lo schema di classificazione delle Iridacee di Bentham ed Hooker, ascrive Romulea, insieme a Galazia e Syringodea, alla tribù delle « Galaxiee » del sot- tordine delle « Moree » e ne elenca venti specie raggruppate in due sottogeneri: Romulea comprendente le specie a filamenti staminali li- beri e Spathalanthus con filamenti saldati: quelle in tre categorie « lu- teae, ehloroleueae e rubro-violaceae »: classificazione in grande parte er- ronea, come sarà detto a suo luogo. (182) 1896 — Ed. Bonnet et G. Baratte, Catalogue raisonné des plan- les vasculaires de la Tunisie; Paris, p. 395 — indicano pel paese R. Bul- bocodium insieme a 5 grandiflora Parl. (quid?), R. Linaresii Parl. (de- terminazione quasi certamente erronea) e A. ramiflora. (183) 1896 — L. Nicotra, Ultime note sopra alcune piante di Sardegna in « Malpighia » vol. X (1896), p. 331 — indica pel Sassarese R. Co- lumnae e R. Bulbocodium : ma dalle osservazioni fatte a proposito di questa seconda appare troppo evidente che l'Autore abbia avuto presente una delle molte forme di A. ligustica Parl. che già vi aveva indicata in una precedente nota « Malpighia, 1895, p. 7 ». (184) 1896 — A. Béguinot, Di alcune piante nuove o rare per la Flora omana in « Bull. Sóc. Bot. It. » 1896, p. 32 — dà notizie su stazioni di R. Bulbocodium 3 grandiflora (Tin.) e di R. Rollii Parl. nel Lazio: ma la varietà sopra nominata corrisponde ad una forma macrantha Bég. 452 A. BÉGUINOT e non alla pianta denominata dal Tineo e che forse è esclusiva della Sicilia. (185) 1896-98 — Adr. Fiori in Fiori e Paoletti, Vlora analitica d' Ita- lia, Padova, vol. I, fase. I (1896), p. 221 — elenca quattro specie prin- cipali e cioè R. Columnae, purpurascens, Linaresii e Bulbocodium, ripor- tando a varietà della prima le R. Rollii e ramiflora e della R. Linaresti le R. ligustica e Requienii : quattro fra le specie meglio caratterizzate del- l'intero genere! La R. uliginosa Kze sarebbe sinonimo di R. purpurascens Ten. che, come sarà detto nella parte sistematica, è specie capense della stirpe di R. rosea, laddove R. uliginosa appartiene al gruppo di R. Bul- bocodium. Sono riconosciute come forma di R. Columnae la var. discreta Moggr.; di R. ramiflora la var. contorta Moggr. e di R. Bulbocodium la R. grandiflora Tin. (186) 1896 — U. Martelli, Notule botaniche in « Bull. Soc. Bot. It. » 1896, p. 154 — segnala nella R. Zigustica Parl. di Sardegna una forma grandiflora ed ermafrodita ed una a polline abortivo e che dice sterile. Cfr. inoltre n. 204. (187) 1896 — E. v. Maláesy, Beiträg zur Flora von Griechenland in « Oesterr. bot. Zeitschr. » vol. XLVI (1896), p. 18 — descrive sotto il nome di R. Zeichtliniana Hal. una pianta della Laconia a lui trasmessa dall’ Heldreich e raccolta nel 1894 dal Leonis: forma del ciclo di R. Bul- bocodium , distribuita nel n. 4380 dell’ Herbarium normale del Dörfler, sotto il nome di Bulbocodium vernum L.! (188) 1897 — 0. Penzig, Florae ligusticae synopsis in « Ann. Mus. Civ. Stor. Natur. di Genova » ser. 2.*, vol. XVIII (1897), p. 95 — in- dica per la Liguria R. Bulbocodium, ligustica, Columnae e con dubbio la R. ramiflora Ten. la quale anche a me consta mancare in questo territorio, mentre è frequente nel prossimo Dipartimento del Varo ed in generale nella Franeia meridionale. S È ai. 3 E 3 E È: ; sat È Si 3 i 4 REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 453 (189) 1897 — J. Freyn, Ueber neue und bemerkenswerthe orientalischen Pflunzenarten in « Bull. Herb. Boiss. » vol. V (1897), p. 798 — de- serive come nuova per Cipro (Penisola Karpas) su esemplari raccolti dal - Deschamps nel 1894 (ezsice. n. 465) la R. Tempskyana Freyn che dice vicina a R. Requienii e paragonabile a R. Zigustica (in realtà le mag- | giori affinità cadono invece con R. Lizaresii!), ma da ambedue egre- i giamente distinta. (190) 1897 — A. Béguinot, Prodromo ad una Flora dei Bacini Pontino ed Ausonio e del versante meridionale dei monti limitrofi in « Ann. Mus. Civ. Stor. Nat. di Genova » ser. 2*, vol. XVIII (1897), p. 235 — as- segna. per la regione le R. Bulbocodium, ramiflora, Rollii e Columnae. (191) 1897 — €. Pau, Dos Zrideas gaditanas in « Act. Soc. esp. de hist. nat. » 1897, p. 133 — descrive della Spagna meridionale una È. bifrons da me ritenuta (n. 218) forma stenofilla di R. gaditana (Kze) Bég. "` (192) 1897 — B. Merino, Contribución á la flora de Galicia. La vegeta- tion espontánea y la temperatura en la cuenca del Miño; Tuy, Tip. regional, 1897 — indica per la Conca del fiume Miio le seguenti specie: Tricho- nema Bulbocodium (forma piuttosto di R. uliginosa D; Trich. Clusianum; Trich. purpurascens (anch'essa da riferire a forma di R. uliginosa !); Trich. viride Mer. (a quel che pare un prodotto di incrocio tra R. uli- ginosa è R. anceps Bég.!); rich. ramiflorum con due varietà B nodo- sum e Y humile (la prima da riferirsi al tipo e la seconda probabilmente alla varietà Parlatoreis); Trich. anceps Mer. (corrispondente a Æ. anceps Bég.: (efr. n. 218); Trich. coronatum Mer. (forma di R. Columnae S. et M.)e Zrich. Columnae con due varietà gallecica e purpurea (da riferirsi piuttosto a R. anceps Bég.)! (193) 1898 — J. G. Baker in W. T. Thiselton Dyer, Flora of Tro- pical Africa; London, vol. VII, p. 2.* (1898), p. 345 — indica per lA- ` bissinia R. ramiflora Ten. (che è la nostra R. Linaresii subsp. abys- 454 ‘A. BEGUINOT sinica Bég.), per il Cameroon la R. camerooniana Bak., per il Kilimands- charo la R. campanuloides Harms (suo sinonimo è R. alpina: Rendle e parte la R. Camerooniana Bak. Handb. lr., p. 102) e R. Fischeri Pax dell’Africa orientale (Abori). (194) 1898 — A. X. Pereira Coutinho, Contribucoes para o estudo das Monocotyledoneas Portuguezas in « Bol. da Soe, Brot. » vol. XV (1898), p. 60 — elenca per la Flora portoghese le R. Clwsiana (Lge) Nym., | R. Bulbocodium S. et M., R. purpurascens con le varietà D uliginosa o y coerulescens e R. Columnae S. et M., esprimendo però dubbi che le varietà citate debbano rientrare nel cielo di R. purpurascens e pone in evidenza le grandi affinità fra questa e R. Bulbocodium ! (195) 1898 — S. Sommier, Aggiunte alla florula di Capraia in « Nuovo Giorn. Bot. Ital. » n. ser. vol. V (1898), p. 132 — scopre in quest'isola e dettagliatamente descrive R. insularis Somm. che confronta con È. Co- lumnoe, pure ivi esistente, con R. Linaresii e R. Requienii (al cui cielo appartiene e che rappresenta nell'isola) e R. Revelieri Jord. et Fourr. fa- cendone rilevare le differenze. (196) 1898 — R. Sehlechter, Decades plantarum novarum austro-africa- narum in e Journ. of Bot. » vol. XXXVI (1898), p. 318 — descrive come nuova una R. hodei Schl. scoperta nel 1896 da J. Thode nello Stato Libero d'Orange: specie valida. (197) 1898 — R. Schlechter, Decades plantarum novarum austro-afri- canarum in « Journ. of Bot. » vol. XXXVI (1898), p. 377 — descrive, su esemplari raccolti nel 1895 da E. E. Galpin (ezsicc. n. 3023) nel Capo di Buona Speranza presso Port Alfred, una R. longipes, specie nuova e che ritengo valida. (198) 1899 — R. Schlechter, Plantae Schlechterianae novae vel minus cognitae describuntur. TI. in « Engler's Bot. Jahrb. » vol. XXVII (1899), S p. 90 — descrive una varietà aurantiaca Schl. di R. hirsuta Eckl: e. . l'interessante Æ. hirta da lui raccolte nel 1896 al Capo di B. Speranza. Chapelle E NEE Tus REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 455 (199) 1899 — A. Béguinot, Notizie preliminari sulla biologia fiorale del genere Romulea Maratti in « Bull. Soc. Bot. Ital. » 1899, p. 214 — contiene notizie sul polimorfismo fiorale e cioè sulla varia grandezza e colorazione del perigonio e sulla distribuzione dei sessi in R. Bulboco- dium, ligustica, ramiflora, Columnae e Rollii. (200) 1900 — Wolley-Dod, New Cape Plants in « Journ. of Bot. » vol. € XXXVIII (1900), p. 170 — descrive una nuova specie e cioè A. papyra- cea da lui trovata al Capo di Buona Speranza nel « Lower Plateau »: entità che mantengo. (201) 1900 — A. Palanza, Flora della Terra di Bari: nel vol. III dell’opera « La Terra di Bari »: estr. p. 24 — indica per la regione la R. Bulbocodium insieme ad una varietà grandiflora (Tin.) Parl. — in- dicazione per me dubbia e da riferire forse ad. una forma macranta del tipo! — e la R. Columnae. (202) 1900 — €. €. de Dalla Torre et H. Harms, Genera siphono- gamarum ad Systema Englerianum conscripta; Lipsia, fase. 1.° 1900, p. 80 — accettano lo schema di classificazione di Pax (efr. n. 168) e riferi- scono quindi il genere Romulea, assieme a Crocus, Syringodea e Gala- zia, alla sottofamiglia delle Crocoideae. (203) 1901 — R. Helms, Romulea rosea in « Agric. Gaz. Sydney » vol. XII (1901), p. 231. (204) 1901 — U. Martelli, Monocotyledones sardoae , sive ad floram Sardoam Josephi Hyacinthi Moris continuatio; Firenze, fase. 2.° (1901), p. 91 — indica per la Sardegna R. Columnae , ramiflora , Requienii , Linaresii (indicazione questa per me dubbia), ligustica con una « gran- diflora Mart. e R. Bulbocodium con una 4 grandiflora (determinazione questa da ulteriormente controllare). Ciascuna specie è munita di un'am- pia diagnosi e sinonimia: e la tav. III le riproduce con molti dettagli, tra cui la sezione del lembo fogliare. . 456 A. BÉGUINOT (205) 1902 e 1904-05 — Sampaio in A. Luisier, Apontamentos sobre | a Flora du Regiao de Setubal in « Bol. Soc. Brot. » vol. XIX (1902), p. 196 — dà il nome nudo di una R. tenella, descritta in seguito dal Sampaio stesso nelle Conzribue es para o estudo da Flora Portugueza. Gen. Romulea « ibid. » vol. XXI (1904-05), p. 13 — specie anche da Ce me accettata (cfr. n. 218). (206) 1902-3 S. Sommier, Za Flora dell Arcipelago Toscano in « Nuov. Giorn. Bot. Ital. » n. ser. vol. X (1903), p. 181 — indica per le isole di questo Arcipelago le R. Bulbocodium S. et M.; insularis Somm. solo a Capraia (efr. n. 195); R. Rollii Parl. (solo all Elba, dove fu ricono- sciuta per primo da Sommier e Levier); ramiflora Ten. e R. Columnae S. et M. (207) 1904 — Baker in Schinz, Beiträge zur Kenntniss der Afrika- nischen-Flora in « Bull. Herb. Boiss. » n. ser. vol. IV (1904), p. 1003 — descrive R. tortilis Bak. raccolta al Capo di Buona Speranza presso Porterville dallo Schlechter (n. 4890). (208) 1904 — A. Engler, Syllabus der Pflanzenfamilien ; Berlin, 4.* ediz. (1904), p. 101 — mantiene lo schema di classificazione del Pax (cfr. n. 154) e colloca Romulea nelle sottofam. delle Crocoidee. (209) 1904-05 — G. Sampaio, Contribuições para o estudo da Flora Portugueza. Gen. Romulea in « Bol. Soc. Brot. » vol. XXI (1904-05), p. 3 — riconosce nel Portogallo rappresentanti di due sezioni « bre vitubiferae e longitubiferae »; la prima con un gruppo « Bulbocodia- nae » (R. Clusiana & e E serotina Samp.; R. Bulbocodium a e {6 debilis Samp.) e la seconda con due gruppi « Linaresianae » (R. Columnae) e « Ramiflorianae » (R. ramiflora e R. tenella): schema di classificazione non accettabile, come sarà detto a suo luogo. (210) 1904 — E. De Haláesy, Conspectus Florae graecae; Leipzig, vol. III (1904), p. 192 — designa per la Grecia le seguenti specie: A. Bul- Po el ER nd mS I ULT i ef PUR AMNES e HERREN PAPER RE NM NAME SEEN YS REVISIONE MONOGRANICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 457 bocodium ; R. Linaresii (che è la nostra R. Lin. subsp. graeca Bég.); R. ramiflora è R. Columnae, di cui cita numerose stazioni e quasi tutti gli Ezsiccata nei quali furono distribuite ad opera di Orpha- nides, Heldreich, Reverchon eec. Gli esemplari del Prom. di Hagios Cosmas distribuiti dall'Heldreich sotto il nome di R. ramiflora varietà = subuniflora sembrano all'Autore appartenere piuttosto a R. Rollii Parl.: ciò ehe io confermai in maniera indubbia (efr. n. 215 e 216). In que- st opera trovasi pure citato un Z'richonema minutum Mazz. Ant. jon., II, p. 454 che, secondo l'Autore, andrebbe riferito alluna od all'altra delle specie sopracitate; ma del quale nulla so dire, non essendomi stato pos- sibile consultare l’opera dove fu descritto. (211) 1904 — Rohlena, in < Sitzb. Böhm. Ges. Wiss. » vol. XXXVIII (1904), p. 90 — indica R. Bulbocodium S. et M. per Duleigno (Monte- |. negro): prima stazione a me nota per la regione. (212) 1905 — A. Béguinot, La vegetazione delle isole Ponziune e Na- KE: poletane in « Ann. di Bot. di R. Pirotta » vol. III (1905), p. 333 — . riconosce per i due Arcipelaghi la sola R. Columnae S. et M. e ritiene erronee le indicazioni di R. Bulbocodium, ramiflora e Linaresii indi- ‘cate per questa o quell’ isola dai precedenti botanici. Discute, quindi, sull’accettabilità del nome di R. Columnae, rispetto ad altri pubblicati .. prima o dopo del 1818. (213) 1905 — A. Béguinot, Osservazioni intorno ad alcune Romulea della flora sarda in « Bull. Soc. Bot. It. » 1905, p. 171 — indica e breve- . mente illustra R. Zigustica (con una var. parviflora Bég.); R. Requie- nii (pure con una var. parviflora Bég.); R. Rollii (distribuita dal Re- verchon in parecchi Fæsiccata) ; R. purpurascens Ten. (riconosciuta in seguito dall'A. solo quale specie coltivata); R. Parlatorei Tod. (forma di R. ramiflora); R. insularis Somm. (del ciclo di R. Revelieri e nota ; | sin qui solo dell'isola di Capraia); R. modesta Jord. et Fourr. (forma - Ñ R. Columnae) e R. Columnae var. discreta Moggr. — Sono poi messe . in dubbio per la flora sarda R. Bulbocodium e R. Linaresti. 458 A. BÉGUINOT (214) 1905 — H. Coste, Flore descriptive et illustrée de la France, de la Corse et des contrées limitrophes; Paris, vol. III, fase. 4.» (1905); p. 362 — indica e figura R. Bulbocodium (fig. 3509); ligustica (3510); Requie- nii (3511); Linaresii (3512) (della Corsica: ma evidentemente per scambio con forme del ciclo di R. Requienii!); ramiflora (3513) e Columnae (31514). (215) 1905 — A. Béguinot, Cenni intorno all'area distributiva di Ro- mulea Rollii Parl. in « Bull. Soc. Bot. It. » 1905, p. 179 — fa la storia a della scoperta, l'eleneo dei sinonimi e delle stazioni in cui fu sin qui riscontrata, con considerazioni sulla sua area distributiva. (216) 1906 — A. Béguinot, Ulteriori notizie intorno all'area distribu- ` tiva di Romulea Rollii Parl. in « Bull. Soc. Bot. It. » 1906, p. 99 — da ulteriori stazioni di questa interessante specie, di cui più importanti sono quelle delle isole Hyères (Francia meridionale), Algeria e Grecia. (217) 1906 — P. Ascherson e P. Graebner, Syaopsis der Mitteleu- ropeischen Flora; Leipzig, vol. III, Lief. 42 e 43 (15 Maggio 1906), p. 463 — seguendo lo schema di classificazione delle lridacee della scuola Engleriana, ammettono per il territorio dell’ Europa media quale è in- teso dagli Autori, 4 specie e cioè A. Bulbocodium con parecchie varietà una delle quali nuova: B crocea, corrispondente alla mia varietà sub- lutea Bég. (cfr. n. 219); R. crocifolia Vis. che, come -dimostrai altrove ` | (cfr. n. 219) è identica a R. nivalis del Libano e non è quindi specie europea (!); R. ramiflora Ten. con le varietà Purlatorei Tod. e R. 00 S lumnae S. et M. con parecchie varietà. Vi sono poi elencate le prm ` cipali specie mediterranee, tra le quali compare per la Sardegna an- che una R. elongata Bak. (= Iria Vahl) che già l'Ascherson (efr. n. 148) aveva ritenuto per specie dubbia e forse sinonimo di Iris St syrinchium L. e che in ogni modo non è un sinonimo di Zrichonema elongatum Ker-Gawl. che è pianta capense! Erroneamente poi è ritenuta ` — R. flaveola Jord. et Fourr. quale forma di R. Bulbocodium, laddove às sinonimo di A. oli Parl., specie di primo ordine ! E. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 459 (218) 1906 — A. Béguinot, zerisione monografica delle Romulea della Flora iberica in « Bol. Soc. Brot. » vol. XXII (1906), p. 3 — dopo un breve cenno storico sulle. conoscenze del genere nella Spagna, Portogallo ed isole Baleari, ne elenca nove specie e cioè R. Clusiana , uliginosa, ra- miflora, tenella e Columnae già note: stabilisce come nuove R. Cartha- genae Bég. è R. Saccardoana Bég.: innalza al rango di specie R: ga- ditana descritta dal Kunze quale varietà di R. Zizaresii e trasporta, sotto il genere Romulea, la Trichonema anceps Mer. A R. uliginosa sono ascritte le var. debilis Bég., ambigua Bég., maritima Bég., rectifolia Bég. e fleriscapa Bég. La R. Parlatorei Tod. è inoltre ritenuta forma di R. ramiflora Ten., la R. bifrons Pau di R. gaditana ece. (219) 1906 — A. Béguinot, Alcune notizie sulle Romulea della flora dalmata in « Bull. Soc. Bot. Ital. » 1906, p. 45 — dimostra come l'unica specie sicuramente nota per la Dalmazia sia R. Bulbocodium, dove è prevalentemente rappresentata da una varietà sublufea Bég.: che lin- dicazione di R. crocifolia Vis. per esemplari raccolti dal Maly presso Cattaro e comunicati dal Visiani debba riferirsi a R. nivalis Klatt, spe- cie che però non cresce in Dalmazia e che gli habitat di R. Columnae S. et M. dati da alcuni Autori sono erronei od almeno molto improbabili. (220) 1906 — A. Béguinot, Alcune notizie sulle Romulea delle isole at- lantiche in « Bull. Soc. Bot: Ital. » 1906, p. 76 — indica per queste isole (Azorre, Madeira e Canarie) tre specie e cioè R. grandiscapa I. Gay, Columnae S. et M. e R. ramiflora Ten. e descrive della prima due va- rietà suderocea Bég. e subviolacea Bég., questa seconda già stabilita nel 1891 dal Kuntze sotto il nome di azroviolacea : ritiene R. Zartungü Parl. una semplice variazione di £. grandiscapa. (221) 1006 — A. Béguinot in Schedae ad Floram italicam ezsiccatam cur. Adr. Fiori, A. Béguinot et R. Pampanini « Nuov. Giorn. Bot. Ttal. » I. n. ser vol XIII (1906), p. 98 — descrive (n. 242) una nuova varietà (angustifolia Bég.) di R. Columnae e dà molteplici e eritiche notizie E GR ligustica (n. 243), R. Requienii (n. 244) o R. Bulbocodium s 460 A. BÉGUINOT 245). Altre notizie su R. ligustica Parl. della classica località di Sestri Ponente, donde fu scoperta e descritta, trovansi nella Scheda n. 213 bis « ibid. p. 337 ». (222) 1906 — J. A. Henriques, Esboco da Flora da Bucia do Mondego in « Bol. Soc. Brot. » vol. XXII (1900), p. 104 — distingue le Romulea della regione in « Brevitubiferae » con R. uliginosa Kze ed in « Lon- gitubiferae » eon R, ramiflora Ten. e R. Saccardoana Bég. (223) 1907 — A. Béguinot in Schedae ad Floram italicam exsicca- dam cur. Adr. Fiori, A. Béguinot et R. Pampanini « Nuov. Giorn. Bot. Ital. » n. ser, vol. XIV (1907), p. 76 — dà molteplici notizie si- nonimiche, bibliografiche e sistematiche su JV. Columnae (n. sù R. Parlatorei Tod. (n. 519) e R. ramiflora Ten. (n. 520). (224) 1907 — Adr. Fiori, Appendice ed indice generale; vol. IV, fase. 1 della « Flora analitica d’Italia »; Padova (1907), p. 51 — elenca alcune forme stabilite o richiamate in vigore dal Sommier, Martelli , Terrac- ciano ecc., ed accetta come specie a sè la R. insularis Somm. (225) 1907 — S. Sommier, Ze isole Pelagie, Lampedusa, Linosa , Lampione e la loro flora in « Bull. R. Ort. bot. Palermo », a. VI (1907). Appendice, p. 142 — indica per Lampedusa A. Columnae S. e& M. scam- biatavi da Gussone e Solla eon R. Bulbocodium ed alla pag. 244 segnala, ma con dubbio, pure quella specie per Linosa. (226) 1907 — A. Béguinot, Diagnoses Romulearum novarum vel minus cognitarum in « Engler's Bot. Jahrb. » vol. XXXVIII (1907), p. 322 — descrive le seguenti specie nuove, inedite o sotto nuova combinazione, della regione mediterranea: A. Engleri Bég.; R. Limbarae Bég.; R. Battan- dieri Bég.; A. melitensis Bég.; R. Jordani Bég.; R. gaditana (Kze) Bég.; R. Carthagenae Bég.; R, anceps (Mer.) Bég.; R. Saccardoana Bég.; R. CY- renuica Bég. e della regione capense: R. sulphurea Bég. (nom. nov.) R. montana Schlecht. (ined.); R. caplundica Bég; R. gigantea Bég. R. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 461 Klattii Bég.; R. sabulosa Schlech. (ined.); R. amoena Schlecht. (ined.); R. Schlechteri Bég.; R. cruciata (Jacq.) Bég. con le varietà typica, vul- garis, parviflora e neglecta; R. tabularis Eckl. (nom. nud.); R. Zeyheri Eckl. (nom. nud ); R. ambigua Bég. (= R. rosea X hirsuta); R. in- termedia Bég. (= R. rosea var. elegans X R. cruciata var. vulgaris); R. hybrida Bég.; (= R. sublutea X R. rosea, e le seguenti due sotto- specie di R. Linaresii e cioè R. Lin. subsp. graeca (con una var. Sin- tenisii Bég.) e subsp. abyssinica Bég. i Elenco degli « Exsiccata » numerati nei quali furono distribuite specie del gen. ROMULEA UI ROMULEA BULBOCODIUM (L.) Seb. et M. 1. Blanchet in « Rel. Maill. n. 95a » sub: Zrich. Bulbocodium (Fran: ` cia merid.) — È la var. syrtica (Jord. et Fourr.). (*) Qui avverto che, non essendomi sempre riuscito di stabilire la data di distribuzione di molte Essiccate, ho preferito di collocarle per ordine geo- grafico e solo quando furono pubblicati più numeri di una stessa regione ho cercato di disporli in un ordine cronologico approssimativo. Avverto pureche le attuali Romulea in un grande numero di Essiccate e specialmente nelle più antiche furono distribuite sotto i gen. Ixia L. o Trichonema Ker.; ma le correzioni da me effettuate si limitano solo agli errori di specie o di varietà. Il nome che precede le singole schede è quello dell'autore editore degli Exsiccata : quando solo quello del raccoglitore, è collegato al titolo con un « in ». Dove non appaia chiaramente dal titolo ho aggiunto, tra parentesi, il nome della regione donde provengono i saggi distribuiti, ri- Servandomi di aggiungere altri particolari nella parte speciografica : il segno x riguardo i numeri nei quali furono distribuite o riconosciute nuove specie o varietà. Prevengo da ultimo che non ho citato che le Es- siccate da me esaminate e che sono la massima parte: alcune poche da me non autenticate si trovano citate dal Nyman (Consp.) € dal Baker (in Thisel- ton Dyer, Fl. Cap. et FI. Trop. Afr.) — queste ultime per le ragioni dette nella prefazione. All'elenco degli Erbari da me consultati q | (Hb. Deless.) testé comunicatomi da Ginevra per la cortesia del pro ui aggiungo l Erb. Delessert f. Briquet. 462 2. Motelay in « Rel. Maill. n. 95» sub: Trick. Bulbocod. (ibid.) — bi 3. "UN ep Ei ~ 7 oc Koch c A. BÉGUINOT la var. syrtica. Chantelat in « Herb. FI. loc. de France, 1850, n. 9 (fL) e n. 10 (fr.) [Frane. mer.] sub: R. Bulbocod. — E la var. syrtica (Jord. ` et Fourr.). . Jarris in « Soc. Dauphin. 1878, n. 1851 bis » sub: R. bulbocodiwm — (Frane. merid.) — È la var. syrtica (Jord. et Fourr.). . Piteone in « Soc. Dauphin. 1878, n. 1851 » (Liguria). Cesati, Caruel e Savi in « Pl. it. bor., ed Hohenaeker, n. 576 » (Toscana). . P. Savi in F. Schultz « Herb. norm. Cent. IV, n. 354 » (ibid.). bis. C. Billot « Fl. Gall. et Germ. exsicc., 2547 et bis » (ibid. e Fr. meridionale). . Groves in e Soc. Dauphin. 1878, n. 1851 ter » et in « Rel. Maill., n. 1772 » (ibid.). . Lévier in « Soc. Helvet. 1872, n. ? » (ibid.). . Lévier in Baenitz « Herbario Europ. n. ? » (ibid.). . Forsyth Major,« Plant ital. select. n. ? » (ibid.). . Porta e Rigo « It. II Ital. n. 544 » (Puglia). . Rigo « It. ital. IV, a. 1898 cur. J. Dórfler, n. 12 » sub: R. pur- purascens (Calabria). . E. et A. Huet du Pavillon « PI. sic., n? » — E la var. grandiflora (Tin.). . Todaro « FI. sic. exsicc. n. 482 » sub: R. Bulbocodium. — È la var. grandiflora (Tin.). rum var. grandiflorum. — È R. Bulbocod. var. grandiflora (Tin.). . Lojacono « PI. it. *select. Cent. IV, n. 311. . Ross « Herb. sie. n. 83 » sub: R. Bulbocod. — È la var. grandi- flora (Tin.). . Müller in « Un. itin. » sub: Zria Bulboc. (Cagliari). . Noë « Exsice. n. 82 » (Fiume). 3 Freyn « Pflanz. aus Oesterreich-Ungaru, n. ? » (Istria). Marchesetti in F. Sehultz « Herb. norm. n. ser. Cent. XIX, n. 1877 » (Istria). dir MEAT RET. S xr we . Lojaeono « Pl. sie. rar. Cent. II, n. 101 » sub: Zrickon. ramiflo- y REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 463 = 23, Untehy in Fiori, Béguinot e Pampanini « FI. It. exsiec. n. 245 » (Istria). 24. v. Welden « n. 305 » sub: Zrich. Bulboc. (Dalmazia) — È la var. sublutea Bég. 25. Reichenbach « n. 305 » — id., ibid. — È la var. sublutea Bég. x 26. Petter « Fl. dalm. exsice. n. 213 » sub: Zzia Bulboc. — È la var. sublutea Bég. 27. Adamovic in Kerner, « Fl. exsicc. austro-hung. n. 1860 » sub R. Bulbocod. (Dalmazia) — È la var. sublutea Bég. . 88. Orphanides « Fl. graeca exsice. n. 1183 ». ‘29. Heldreich « Pl. graec. n. ? ». 30. Heldreieh « Pl. creticae n. ? » sub: R. uliginosa Boiss. et Heldr. — È R. Bulbocod. var. pigmaea Bég. 31. Reverchon « PI. de Crète, 1884, n. 265 » sub: R. Bulbocodium — È la var. pigmaea Bég. . 32. Reverchon in Ch. Magnier « Fl. sel exsice. n. 1813 e 3601 » (Creta) — E pure la var. pigmaea Bég. | 88. Siehe « Bot. Reis. nach Cilicien, 1895-96, n. 126 ». * 34. Zahn in De Heldreich « Herb. graec. norm. n. 1483 » — sub: R. Zahnii — È R. Bulb. var. Zahnii. 35. Leonis in Dórfler « Herb. norm. n. 4380 » sub: Bulbocodium ver- num! et sub: R. Bulbocod. (emend.) — È R. Bulb. var. Zahnii (Grecia). 36. Fleischer in Un. Itin., 1827, n. ? » (Smirne). 37. Gaillardot in « Rel. Maill. n. 1714 » sub: Trich. Bulbocodium var. grandifloram Coss. — È R. Bulb. var. syriaca Bég. (Siria). . 38. Postian « Pl. Postianae; n. 400 » sub R. Bulboc. — E la var. sy- riaca Bég. 39. W. Schimper in « Un. Itin, 1832, n. ? » sub: ria Bulloc. uid ria) — È R. Bulb. subsp. dioica Batt. = A. Durien in Jamin « Pl. d'Algérie, 1850, n. 97 » sub : Trich. Bulb. — È la R. Bulboc. var. dioica Batt. 4l. Balansa « Pl. d'Algérie, 1852, n. 639 (sub: R. Bulb.) e n. 640 (sub: R. Bulb. var. grandiflora) » — È R. Bulb. var. dioica Batt. 464 A. BÉGUINOT 42. Balansa « Pl. d'Algérie, 1853, n. ? » sub: R. Bulb. var. grandiflo- rum — È R. Bulb. var. dioica Batt. 43. Karsten « Fl. v. Marocco, n. 24 » sub: Rom. Bulb. — Forma di passaggio a R. ligustica ! 44. } « Fragm. fl. alg. exsice. » n. 388 » sub: 7zia Bulb. — Forma di passaggio a R. ligustica ! 45. Gandoger « Fl. Alg. exsice., n. 844 » sub: R. Bulboc. f. maritima Gand. — Esemplare in frutto e quindi indecifrabile! 46. Paris « It. boreale-africanum, n. 176 » (Alen) sub: Trick. Bull. -- E R. Bulb. var. dioica Batt. x 47. Battandier in « Soc. Dauphin. 1884, n. 4283 » (= R. Bulboe.. var. dioica Q) e n. 4282 (id. è). x 48. Battandier et Trabut « PI. d'Algérie, n. 24 » (c. s.). 49. H. Gay in Ch. Magnier « Fl. sel. exsice. n. 3602 » (Algeria) sub: R. Bulb. var. dioica Batt. « f. sabalbida Gay. ROMULEA ULIGINOSA Kunze. 1. Webb « It. hispan. a. 1826-28 n. ? » sub: R. Columnae. 2. Hochstetter « n. 207 » sub: / Bulb. 3. Willkomm « Fl. hispan. n. 456 » sub: Trich. Bulboc.; « It. hisp. n. 820, = 456 b » sub: R. ramiflora; « It. hisp. n. 456 d » sub: R. uliginosa ( mescol. con A. ramiflora!); « It. hisp. n. 831 » sub: A. uliginosa; « It. hisp. n. ? » sub: R. Limaresii. 4. Welwitsch « It. lusit. contin. 1851, n. 357 » (sub: Zrich. Bulb.) e « n. 358 » (sub: R. Bulboc.). 5. Bourgeau « Pl. d'Esp. et de Port, 1859, n, ? » sub: £. Bulb. 6. Graells in Bourgeau « PI. d'Esp. n. 88 » sub: Zrich. Bulb. 7. Daveau in « Herb. lusit, n. ? » sub: Trick, Bulb. — E R. uligin. var. rectifolia Bég. 8. Carvalho « Herb. de Port., n. 801 » sub: Trick. Bulboc. 9. Carvalho in Fl. Lusit. (Soc. Brot. 4.° anno) n. 456 » sub: R. Bulb. ; « 456 a » = R. ulig. var. rectifolia Bég.; « n. 496 b,» = tip. e var. fleriscapa Bég. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 465 ES 10. Peres in « FI. lusit. (Soc. Brot. 6.° anno), n. 456 a » sub: rich, Bulb. — E la R. uliginosa var. pulcherrima Déeg, ll. Brandeiro in « Fl. lusit. (Soc. Brot. 10. zonis n. 456 b » sub: Trich. Bulboc. Iz 1d in « Fl. lusit. eier, n. 26 » sub: Trick. e R. Bulb. 13. Moller in « Fl. lusit. exsice., n. 234 » sub: Trich. Bulloc. .]4. Sampaio in « Fl. lusit. exsiec. n. 1635.» sub: Trich. Bulb. 6 debi- lis Samp. — E R. uliginosa var. debilis Bég” ROMULEA LIGUSTICA Parl. . Penzig in F. Schultz « Herb. norm. n. ser. Cent. XXV, n. 2492 » (Genova). : Penzig « Select stirp. Lig., 1892 n. ? » (Genova). Requien « Fl. gall. et ees exsice., n. 1326 » sub: R. Zinaresti (Corsica). Reverchon « Pl. de Corse, 1885, n. 467 e 1894 n. 467 ». Reverehon « Pl. de Sard., 1882, n. ? ». Forsyth Major « It. sard. 1885, n. 305 ». H. du Pavillon « PI. de Sard., 1854, n. ? » sub: Trich. Bulb. 8. Gandoger « Fl. Alg. exsice. n. 1089 [sub: R. macrantha Gand.) e n. 1090 [sub A. monticola Gand.]. 9. Bové « Herb. de Mauritaine, n. ? » sub: Ivia Bullocod. (Algeria). + 10. Reverchon « Fl. Alg. exsiec. n. 353 » sub: R. Lin. var. Aabyliana Deb. et Rev. * ll. Battandier « Fl. d'Alg., 1887, n. 291 » sub: R. Rouyaza Batt. — E R. lig. var. Rouyana Bég. 12. Murbeck « It. alger.-tunet., 1896, n. ?» sub: R. Bulbocodium (AL geria). a— w m * uo wp ok ROMULEA CLUSIANA (Lge) Nym. * l. Lange « Pl. eur. austr. 1851-52, n. 126 » sub: A. Bulboc. var. Clusiana Lge. I 2 Willkomm « It. hispan. a. 1845, n. 455 » sub: Ixia e R. Bulbocod. 31. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 466 A. BÉGUINOT 3. Willkomm « It. hispan. n. ? » sub: A. Linaresii. 4. Bourgeau < Pl. d'Kap, et de Port., 1853, n. 2044a » sub: R. Bull. var. grandiflora. 5. Barbosa in < Fl. lusit. exsiec., n. 48 » sub: rich. Clusianum. 6. Johnston in « It. lusit. (Soc. Brot. 3.» anno), n. 319 » sub: eod. nom. 7. Buchtien in Baenitz « Herb. eur., n. ? » sub: eod. nom. (Portogallo). ROMULEA GRANDISCAPA (Webb et Berth.) Gay in Bourg. 1. Bourgeau « Pl. canar. n. 28 » sub: Zrichonema Bulbocod. x 2. Bourgeau « Pl. canar. (ex It. sec.) 1855, n. 1473 » sub: R. gran- discapa Gay. 3. Mandon « Pl. Mad. 1865-66, n. 243 ». 4. Burchard « Pl. exsicc. Canar. n. 24 ». 5. Ball « It. eanar. 1888, n. ? ». 6. Bornmiiller « Pl. exsicc. canar. n. 2879 ». ROMULEA NIVALIS (Boiss. et Heldr.) Klatt. * l. Kotschy « It. syriac. 1855, n. 81 » sub: Zrichonema sp. 2. Peyron « Plant. syriae. n. ? ». 3. Postian « Pl. Anti-Libanoticae, n. 276 ». ROMULEA LINARESII Parl. l. E. et A. Huet du Pavillon « Plant. sic. n. 197 ». 2. Todaro « Fl. sie. exsicc. n. 870 ». 3. Lojaeono « Pl. sic. rarior. n. 201 ». * 4. Heldreieh « Herb. n. 44 »; « Herb. FI. hell n. 53 »; « Herb. graec. norm. n. 378 e 1076 » sub: R. Linaresii — E R. Lin. subsp. graeca Bég. x 5. Heldreich in Baenitz « Herb. eur. n. . 3133 » (Grecia) — Stessa correzione. 6. Balansa « Pl. d'Orient, 1854, n. ? » sub: Trick. Bulb. (Smirne) — stessa correzione. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 467 7. Reverchon « Pl. de Crête n. 1883 » sub: R. Linar. — Stessa cor- rezione. x 8. Sintenis « It. trojanum, 1880, n. 7 » sub: R. Linaresii — E R. Lin. subsp. graeca Bég. var. Sintenesii Bég. x 9. Sehimper « It. abyss. sect. II, ap. Un Itin. 1842, n. 550 » sub: Ixia Bulbocod. — E R. Lin. subsp. abyssinica Bég. ROMULEA TEMPSKYANA Freyn. x l. Sintenis et Rigo « It. cyprium, n. 183 » sub: A. Columnae. 2. Deschamps « Pflanz. aus Cypern, n. 465 ». ROMULEA REQUIENII Parl. 1. Soleirol « Herb. corsicum, n. 4083 » sub: Zzia Bulbocod. 2. Kralik « PI. corses, n. 797 » sub: 7. Bulbocod. 3. Mabille « Herb. corsicum, n. 392 » sub: Zrichonema Requienii. 4. Reverchon « Pl. de la Corse, a. 1885, n. 371 e n. 4217 ». 5. Le Grand in Baenitz « Herb. eur., n. ? » (Corsica). 6. Le Grand in « Soc. p. l'étud. de la Flore franco-helv., 1894, n. 337 e 338 » (Corsica). 7. Reverchon « Pl. de Sardaigne, a. 1881, n. 162; a. 1882, n. 162 ». 8. Forsyth Major « Pl. de Sardaigne, a. 1885, n. 306 ». ROMULEA REVELIERI Jord. et Fourr. l. Mabille « Herb. corsieum , n. 393 » sub: Trich. Revelieri Jord. e n. 394 sub: Zrick. sp. ROMULEA ROLLII Parl. l. Tholin in F. Sehultz « Herb. norm. n. ser. Cent. XVII, n. 1668 » sub: R. ramiflora (Frane. merid.). 2. Pernardin in « Soc. Dauphin. n. 970 » sub: R. ramiflora (ibid.). 468 A. BEGUINOT 3. Reverchon « Pl. de Corse, 1880, n. 370 » sub: R. modesta Jord. et Fourr. ; « id., 1855, n. 370 » sub: R. flaveola Jord. 4. Bourgeau « Pl. de Corse, n. 389 » sub: A. Columnae. 5. Reverchon « Pl. de la Sardaigne, a. 1881, n. 161 (sub: A. mode- sta); a. 1882, n. 333 » (sub: R. flaveola Jord. et Fourr.). 6. Reverehon in Ch. Magnier « Fl. sel. exsicc. n. 406 e 406 bis » sub: R. flaveola Jord. et Fourr. (Sardegna). x 7. Todaro « Fl. sic. exsicc., n. 1493 » sub: R. tenuifolia Tod. 8. Lojacono « Plant. it. sel. Cent. III, n. 206 » sub: R. Columnae. 9. Heldreich « Herb. Fl. Hellen., n. ? » sub: A. ramiflora (e mesco- lato con questa specie! ). 10. Heldreieh in Baenitz « Herb. eur., n. 4201 » sub: R. ramifl. var. subuniflora Parl.! * ll. Battandier et Trabut e Pl. d'Algéria, n. 257 sub: AA. sides » | — E R. Rolli var. algerica Bég.! ROMULEA RAMIFLORA Ten. l. Pereira Coutinho in « FI. lusit. exsicc., n. 1636 » sub: Zrich. Co- lumnae. 2. Pereira Continho in « Fl. lusit. (Soc. Brot., 17." anno), n. 1639 » sub eod. nom. 3. Bourgeau « Pl. d’Esp., 1849, n. 467 » — Esempl. in frutto e quindi dubbio. 4. Bourgeau « Pl. Canar. (ex Itin. sec. 1855), n. ? » sub: R. Co- lumnae. 9. Loret et Riehter in « Fl. exsice. de C. Billot cont. par V. Ba- voux, ecc., n. 3680 » (Franc. merid.). 6. Bourgeau « Env. de Toulon, n. 388 ». 7. Cesati, Caruel e Savi « Fl. It. bor., n. 734 ». .8. E. et A. Huet du Pavillon « Pl. sic., n. 196, 198 e 199 » sub: Æ. Columnae — Questi ultimi saggi, pure sotto il nome di R. Co- lumnae, devono riferirsi parte a questa specie e parte a R. rami- ` Hora var. Parlatorei (Tod.). REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 469 9. Todaro « Fl. sic. exsice., n. 1379 ». #10. Id. « FI. sie. exsicc. n. 871 » sub: R. Purlatorei Tod. — E' la R. ramifl. var. Parlatorei (Tod.), mescolata qua e là con R. Co- lumnae. ll. Heldreich « Herb. Fl. Hellen., n. ? » — mescolata con R. Zollii. 12. Reverehon « PI. de Crête, a. 1883, n. ? » sub: R. Bulbocod. 13. Sintenis et Rigo « It. cyprium 1881, n. 162 ». 14. Gandoger « Fl. Alg. exsice., n. 87] » sub: R. Bulbocod. 15. Siehe « Bot. Reise nach Cilicien 1895-96, n. 126 » sub: A. Bulb. 16. H. Gay in Ch. Magnier « FI. sel. exsiec., n. 3602 » (Algeria) — mescolata eon Æ. Bulboc. var. dioica. ROMULEA GADITANA (Kze) Bég. l. Willkomm « It. hispan., n. 456a » (sub: R. Limaresii var. Gadi- tana); n. 456 b (sub: R. ramiflora); n. 456 c (sub: R. Línaresii).» 2. Lange « PI. eur. austr. a. 1851-52, n. 125 » sub: R. ramiflora. 3. Guimaráes in « Fl. Lusit. (Soc. Brot. 13.° anno), n. 456c » sub: Trich. Bulboc. 4. Bourgeau « Pl. d'Esp. et de Port., 1853, n. 2073 bis » sub: R. Lin. var. gaditana. 5. Dantez et Reverchon « PI. de Gibraltar, a. 1888, n. ? », mescolata con altre specie ! ROMULEA CARTHAGENAE Bég. x l. Porta e Rigo « It. II Hispan. 1890, n. 91 » sub: Triconema pur- purascens Ten. ROMULEA NUMIDICA Jord. et Fourr. 1. Balansa « Pl. d'Algérie, 1852, n. 639 » sub: R. Bwllocod. E 2. Durando « Fl. atl. exsice., n. ? » sub: Zria Bulbocod. E. 3. Debaux « PI. d'Algérie, n. ? » sub: £. Bulb. var. Clusiana. 470 w Ww rc Ke) A. BÉGUINOT ROMULEA COLUMNAE Seb. et M. G. Mandon « PI. Mad., 1865-66, n. 236 ». Bornmiiller « Fl. exsice. Mad., n. 1250 ». . Delognes in F. Schultz « Herb. norm. Cent. XII, n. 1146 » (Franc. occid.). Chantelat in « Herb. fl. loc. de France, n. 9 » sub: 7. Bulb. (ibid.). Canut in Bourgeau « Pl. Alp. Marit., 1863, n. 78 » (Nizza). Penchinat in Billot « Fl. Gall. et Germ. exsice., n. 1337 » (loc. ?). Daniel in Puel et Maille « Fl. region., 1857, n. 48 » (ibid.). Piecone in « Soc. Dauph., 1878, n. 1851 » sub: R. Bulbovod. (Li- guria). . Cesati, Caruel et Savi « Plant. It. bor, ed. Hohenacker , n. 575 » (Toscana). . Reverchon « Pl. de la Corse, 1885, n. 146 ». . Todaro « Fl. sie. exsicc., n. 869 ». . Orphanides « Fl. graeca exsicc., n. 47 ». . Heldreieh « Pl. exsice. e Graecia, n. 43 ». . Heldreich in Baenitz « Herb. europ., n. ? » (Grecia, mescolata con . Noë « Exsice., n. 204 » (Turchia). . Sintenis « It. trojanum, 1883, n. 13. ». . Roth « It. in Palaestinam, n. 303 (sin nom.). . Balansa « PI. d'Algerie, 1852, n. 638 » (mescolata con R. Bulboc.). . Murbeck « It. alger.-tunes., 1896, n. ? ». . Battandier et Trabut « Pl. d'Algerie, n. 24 ». ROMULEA CYRENAICA Bég. x l. Rühmer « Flora cyrenaica, n. 324 » sub: R. Columnae. ‘ROMULEA LONGISCAPA Tod. x l. Todaro « Fl. sic, exsice., n. 9 (?); n. 1379 (sub: R. ramiflor a) e n. 1492. » REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 471 ROMULEA ROSEA (L.) Eckl. l. Ecklon « n. 701 » (sub: R. reflexa Eck. = R. rosea var. refleza Bég.); « n. 702 » (sub: R. rosea). . Ecklon et Zeyher « n. 1602 » (= R. elegans Klatt; è A. rosea var. elegans); « n. 1603 » (sub: Trich. fragrans Eckl.; è R. rosea var. chloroleuca); « n. 1605 » (= Trich. cruciatum Klatt); « n. 4044 ». . Zehyer « n. 1602 » (var. elegans); « n. 1605 e 4039 » (= Trich. cruciatum Klatt.); « n. 4043 » (= Zrich. elegans Klatt; è R. rosea var. elegans). 4. Drège « n. 581 e 592 » 5. Bergius « n. 475 ». . 6. Leibold « n. 223 e 225 » (= R. rosea); « n. 1091 » (= Trich. ochro- leucum Klatt; è R. ros. var. chloroleuca). 7. Mund et Maire « n. 580 » me Ixia Bulbocod. E R. rosea var. » Lä * eo Jlascescens Bég. 8. Bachmann « Pl. Cap., n. 193 » (pr. p.). 9. Rehmann « Exsice. Africa austr. ex anno 1875-1880, n. 935 e n. 4898 ». 10. Mae Owan « Herb. austro-Afric. Cent. XVIII, n. 1780 ». ll. Wilms « Fl. Afr. austr., n. 3719 » (sub: R. rosea; è ro var. refleza), « n. 3720 e 3721 » (sub: A. rosea); « n. 3724 » (sub: R. bulbocodioides ; è R. ros. var. chloroleuca). 12. Seott Elliot « n. 1153 ». 13. L. Diels « Reis. in Auftrag d. Humboldt-Stiftung, n. 1880 » sub: R. cruciata (Australia occid., ma indigena? ). 14. Schlechter « Austro-afric., n. 4 ». 15. Id. « Pl Schlecht- Austro-afrie. It. sec. n. 8910 » sub: R. rosea; « n. 9124 » (sub: R. chloroleuca ; è R. rosea var. chloroleuca). ROMULEA INTERMEDIA Bég. l. Zehyer a. 1847 « n. 4044 » sub: Trick. sp. 472 A. BÉGUINOT ROMULEA CRUCIATA (Jacq.) Bég. l. Ecklon « n. 700 ». 2. Zehyer « n. 4040 » sub: Zrich. bulbocodioides. — E' R. cruciata var. parviflora. 3. Aberth in « Hb. P. Conrath, n. 610 » sub: R. rosea var. speciosa — E R. cruciata var. vulgaris. 4. Mac Owan « Herb. austro-afrie. Cent. XVIII, n. 1750 = 3216 » sub: R. parviflora Bak. — E R. erue. var. parviflora. 5. Wifms « Fl. Afr. austr., n. 3724 » sub: R. sp. — E R. cruciata typica ! 6. Bachmann « Pl. Cap., n. 194 » sin. nom:; è R. cruc. typica. 7. Schlechter « Austro-afrie., n. 1047 » sin. nom.; è R. cruc. var. vul- garis; « n. 1567 » sin. nom., è R. crue. var. parviflora. ROMULEA FISCHERI Pax. x l. Fiseher « n. 587 » sub: A. Fischeri. ROMULEA CAMPANULOIDES Harms. x l. Volkens « Reise nach Kilimandschiaro, ecc., n. 782 » e « Fl. d. Kilimandschiaro, n. 782a » sub: R. campanuloides. ROMULEA SIMILIS Eckl. l. H. Bolus « Aostroafric. It. reg. austro-occid., n. 4601 » sub: R. are- naria. ROMULEA MINUTIFLORA Klatt. x l. Drége « n. 538 >». 2. Rehmann « Exsice. Afr. austr. ex anno 1875-1880, n. 602 ». 3. Wilms « It. Afr. austr., n. 3716 ». 4. Schlechter « PI. Schlecht. Austro-afric. It. sec., n. 8897 ». E i SUCRE A va à 1 1 3 2" 1 : eh S "x NS MAR DER SE E EE N E QU PERIZIA EE ARTT — Zeg WET " REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 473 X ROMULEA AMBIGUA Bég. l. Ecklon et Zeyher « n. 585 » sub: R. hirsuta. 2. Schlechter « Austro-afric., n. 4844 » sub: A. sp. 3. Id. «Pl. Schlecht. Austro-afrie. It. sec. n. 10784 (sub: R. Air- suta), x n. 8694 (sub: R. biflora Schl., è R. bulboc. var. biflora Bég.) e x n. 8897 (sub: R. kirs. var. aurantiaca Schlech., è R. am- bigua var. aurantiaca Bég.) ». ROMULEA HIRTA Schlecht. = x l. Schlechter « PI, Schlecht. Austro-afrie. It. sec. n. 8766 » sub: R. 1 hirta. ROMULEA SABULOSA Schlecht. xl.Sehleehter « Pl. Schlecht. Austro-afrie., It. sec., n. 10964 » sub: R. sabulosa. ROMULEA SPECIOSA Bak. _ 1l. Mac Owan « Herb. Mac Owanianum, n. 246 » sub: Trick, specio- sum ed « Herb. norm. Austro-afric., n. 525 » sub: R. speciosa. 2. Schlechter « Austro-afric., n. 1563 » sub: R. speciosa var. ROMULEA HIRSUTA Eckl. * l. Ecklon « n. 703 » sub: R. hirsuta Eckl., ma qua e là mescolata con esemplari riferibili a R. ambigua Bég. 2. Bergius « n. 594 ». 3. Brentel « Pl. Afr-austr. ed. Hohenacker, n. 6 ». 4. Bachmann « Pl. Capens., n. 218, 525, 1577 e 1578 ». -. A Rehmann « Exsice. Afr-austr. ex anno 1875-1880, n. 1207, 1735 e É TOA: »..- SA Mac Owan « Herb. norm. Austro-afrie., n. 254 e 529. I saggi del se- | condo numero corrispondono a R. hirs. var. uncinata Klatt. 474 A. BÉGUINOT 7. Wilms « FI. Afr. austr, n. 3717 e 3718 »: qua e là mescolata eon — | R. ambigua. 8. Schlechter « Austro-Afric., n. 1116 » sub: R. sp. e mescolata con R. ambigua Bég.; « n. 1052» sub: R. sp. e mescol. con R. bulbocodioi- des; « n. 5223 » sub R. sp. aut sub : R. speciosa Bak.; « n. 4982 » sub: A. sp. 9. Id. « PI Schlecht. C. B. Spei, n. 1047 » sub: R. rosea e mescol. | qua e là con R. cruciata var. vulgaris. ROMULEA AMOENA Schlecht. in Bég. x l. Schlechter « Pl. Austro-afric., n. 10896 » sub: R. amoena. ROMULEA DICHOTOMA (Klatt) Bak. l. Eeklon et Zehyer « n. 76 » sub: Trichonema (Ramulea) fragrans, mescolata in alcuni Erbari con R. rosea. ROMULEA KLATTII Bég. * l. Bachmann « Pl. Capenses, n. 513 e 1579 » sub: R. rosea var. speciosa sec. Bak. E ROMULEA SCHLECHTERI Bég. 4 x l. Bachmann « PI. Cap. n. 1576 », sub: Rom. sp.; mescolata con : R. Bachmanni Bég. i * 2. Sehleehter « Austro-afric., n. 8648 » sub: R. rosea var. í ROMULEA TORTILIS Bak. a x 1. Sehleehter « PI. Austro-afric. 4890 » sub: R. tortilis Bak. E x 9 Id. « Pl Schlecht. Austro-afrie. It. sec., n. 10735 » sub: Æ. Sp: B. e R. flezifolia Bak. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 475 ROMULEA TORTUOSA (Licht.) Bak. 1. Schlechter « Pl. Schlecht. Austro-afric. It. sec. n. 10894 » sub: R. tridentifera Klatt. ROMULEA SUBLUTEA (Lam.) Bak. 1. Ecklon et Zeyher « n. 4045 » sub: Zrich. filifolium Eckl. ? 2. Zehyer a. 1847 « n. 4045 » sub eod. nom. 3. Schlechter « Austro-afric., n. 1543 » sub: Rom. n. sp. 4 Id. « Pl Schlecht. Austro-afrie. , n. 8002 (sub: R. filiifolia) e n. 8782 (sub: R. bulbocodioides) ». ROMULEA HYBRIDA Bég. x l. Zehyer a. 1847 « n. 4043 » sub: Zrich. sp. ROMULEA SULPHUREA Bég. * l. Schlechter « Pl. Schlecht. Austro-afric. It. sec., n. 10818 » sub: R. aurea Schlecht. non Klatt. ROMULEA MONTANA Schlecht. in Bég. * l. Schlechter « Austro-afric., n. 10949 » sub: R. montana. ROMULEA FILIIFOLIA Eckl. * l. Ecklon « n. 7610 » sub: Rom. filiifolia Eckl. * 2. Ecklon et Zehyer « n. 681, 685 e 687 » sub: Trich. caulescens Klatt: il n. 687 è R. fil. var. filicaulis Bég. 3. Drége « n. 2636 » sub: R. sudata Klatt. 4. Leibold « Prom. B. Spei, n. 228 » sine nom. 5. Wilms « Fl. Afr. austr., n. 3729 » sine nom. 476 A. BÉGUINOT x 6. Schlechter « Austro-afrie., n. 852 » sub: R. n. sp.? et sub: A. Schlechteriana Schinz (Hb. Zurig ! ). 7. Id., < Pl. Schlecht. austro-afrie. It. sec., n. 8002 » sub: R. fiii- folia. ROMULEA BACHMANNII Bég. x L Schlechter « Pl. Schlecht. Austro-afric. It. sec., n. 7970 » sub: R. chloroleuca. ROMULEA TABULARIS Eckl. ap. Bég. x l. Ecklon et Zehyer « n. 595 » sub: R. tabularis Eckl. 2. Zehyer « n. 594 », siu. nom. et sub: Trich. speciosum Klatt. 3. Bergius « n. 587 » sub: Zrich. cruciatum Klatt. 4. Mund et Maire, « n. 587 » sub eod. nom. 5. Wilms « Fl. Afr.-austr., n. 3716 » sub: R. rosea var. parviflora Bak., mescolato con esempl. di R. rosea, Thodei, ecc. ROMULEA ZEHYERI Eckl. ap. Bég. x l. Ecklon et Mia « n. 682 », sub: Zrich. speciosum Klatt. x 2. Zehyer « n. 565 », sub eod. nom. x 3. Drége « n. 645 » sub eod. nom. ROMULEA BULBOCODIOIDES (De la Roche) Bak. l. Ecklon « n. 700 (sub: R. vulgaris Eckl.) »; « n. 704 (sub: R. fra grans Eckl. : saggi corrisp. ora alla var. Zatifolia Bak. ed ora alla var. minor Bég.) »; « n. 705 (sub: Æ. recurva Eckl.). » 2. Ecklon et Zehyer « n. 581 »; n. 583 (var. Zatifolia Bak.); « n. 686 (= Trich. caulescens Klatt.) »; « n. 687, sub eod. nom., è la var | minor Bég.) ». 3. Zehyer a. 1847 « n. 4046 » sub: Zrick. sp.; è la var. minor Bég. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 477 4. Bachmann « PI. Cap., n. 627 (typ. et var. elongata Bak.); n. 646 (var. minor Bég.); n. 1845 e 1856 (var. viridiflora Bég.); n. 1914, 2016 e 2018 (sin. nom. aut sub R. bulbocodivides); n. 2158 (sub: R. rosea) ». 5. Rehmann « Exsiec. Afr.-austr. ex anno 1875-1880, n. 943 e 945 (R. chloroleuca Bak.: è la var. latifolia Bak.); n. 1437 (var. mi- nor Bég.); n. 1438 e 1439; n. 1838 e 1841 — sub R. sp. aut R. bul- EE (sub: R. vulgaris; è la var. latifolia) ». 6. Mae Owan « Herb. norm. Austro-afric., n. 255 » sub: A. latifolia Bak: è la R. bulboc. var. latifolia ! 7. Wilms « Fl. Afr.-austr., n. 3728, 3730 e 3731 », sin. nom.; « n.? » sub: nom. sp. è sopratutto la var. latifolia ! 8. Schlechter « Austro-afric., n. 1052 (mescolata qua e là con R. hir- suta); n. 1055 (var. latifolia); n. 1138 (sub: Ge mum ae- thiopicum L.!); n. 1158 (sub: Rom. sp.) ». 9. Id. « Pl. Schlecht. C. B. Spei, n. 758 » sub: R. qe Bak.; è la var. latifolia. 10. Id. e PI. Schlecht. Ausho atri, je sec., n. 6782; n. 7866 e 8396 (sub: A. sublutea Bak.); 8782 (var. minor Bég.) ». ROMULEA LONGIPES Schlecht. * l. Galpin « Austro-afric., n. 3023 » sub Rom. sp. ROMULEA MACOWANI Bak. ` ` L Bolus « n. 592 » sub: Zrich. speciosum. 2. Galpin « Herb. n. 1516 » sub: Romulea sp. 3. Rehmann « Exsice. Afr-austr, ex anno 1875-1880, n. ? » sub: Iri- ‘chonema specios. e R. MacOwan. * 4. Mae Owan < Afr-austr. n. 1547 », sub: Zrich. speciosum. ps 314 « Herb. Mac Owanianum austro-afric. , n. 1547 » sub: AK. Mac Omani.: 478 A. BÉGUINOT ROMULEA ARENARIA Eckl. x 1. Ecklon et Zehyer « n. 758 » (sub: R. arenaria Echl. et sub Trich. arenar. Klatt.) e « n. 591 » (sub: R. ramosa Eckl.). 2. Zehyer « n. 1606 »: sine nom. 3. Mund et Maire «n. 581 » sub: Trick. arenarium Klatt. . 4, Bergius « n. 581 » sub eod. nom. 5. Bachmann < PI. Cap., n. 2158 » sub: R. cAloroleuca Bak. 6. Rehmann « Exsiec. Afr-austr. ex anno 1875-1880, n. 62 » sub: Romulea sp. i 7. Schlechter « Pl. Schlecht. austro-afrie. It. sec., n. 11121 » sub: A. arenaria ! ROMULEA VERSICOLOR Bég. x l. Mae Ovan « Herb. norm. austro-afric., n. 256 » sub: R. arenaria. x 2. Penter « Austro-afric., n. 608 » sub: R. rosea. x 3. Wilms « Fl. Afr-austr, n. 3728 »: sine nom. x 4. Schlechter « Pl. Afr-austr, n. 5340 »: sine nom. EM Eden, leg Ee tee S E e EE M M D." GIUSEPPE ZODDA Primo contributo alla Briologia della Provincia di Belluno. Recatosi nell’ agosto ultimo scorso il mio carissimo amico Renato = Pampanini nel Cadore, onde studiarvi la flora vascolare, lo pregai di rac- cogliere anche muschi, ed egli soddisfece appieno il mio desiderio, dan- . domi così modo di portare un contributo importante alle conoscenze brio- E logiche del Cadore italiano. Si abbia egli perciò pubblicamente i miei | ringraziamenti più vivi, insieme alla nuova preghiera che estenda ancor più al mondo delle briofite le proprie ricerche nello stesso e in altri di- stretti. Il territorio, dal quale proviene il materiale briologieo raccolto dal Pam- panini, giace nella parte settentrionale-occidentale della provincia di Bel- luno, nel cuore delle Alpi Cadoriche gran parte delle quali, pur costi- tuendo un distretto geograficamente e botanicamente italiano, fa parte politicamente del Trentino; litologicamente è in generale costituito di dolomite o di prodotti dolomitici e di arenarie silicee. Le località ove fu raccolto il materiale illustrato nelle seguenti pagine, sono per ordine altimetrico : Musigo presso Chiapuzza, 920-975 m., esplorato il 20 agosto. Bosco sulla riva destra del Boite di fronte a Chiapuzza, fra 980 e 1000 m., il giorno stesso. S. Vito del Cadore, 1050 m., il 29 agosto. ; M. Antelao lungo il Salvela, 1500 m., il 27 agosto. «Bosco di Giau, 1850 m., il 21 agosto, luogo di confine. . Campo di Rutorto sul M. Pelmo, 2000 m., il 17 agosto. M. Penna, fra 2000 e 2190 m., il 17 agosto. E Punta della Poina, 2000-2225 m., l'8 agosto. - . Mondeval, 2200 m., il 25 agosto. 480 G. ZODDA Forcella piccola, 2225 m., il 15 agosto. Forcella grande, 2250 m., il 27 agosto. Lastoni di Formin, 2500 m., il 25 agosto, luogo di confine. Una parte di questo stesso distretto era già stato esplorato con ocula- tezza dal Molendo nel 1864, onde le località citate di Laste o Lastoni e di Sasso di. Formin, il Passo di Giau, il letto del Boite sono più volte menzionate nelle pubblicazioni briologiche di quest'autore (*), pub- ` blicazioni, che io non ho veduto, ma i risultati delle quali si trovano tutti nel lavoro di Dalla Torre e Sarnthein (°), che è stato da me lar- gamente compulsato. Il resto del Bellunese, tranne qualche località ita- liana, Caprile (Molendo), ece., e qualche altra di confine, come Pizzo di Sora, M. Marmolada (Molendo), ece., non figura in alcuna opera brio- logica italiana. o straniera. Questo fatto, indice della grande deficienza delle conoscenze briologi- che di una provincia, per la natura molto accidentata del proprio suolo, importantissima per le ricerche briologiche, è tanto più deplorevole in quanto che i territorii ad essa contigui, ma politicamente austriaci, sono incomparabilmente meglio conosciuti; basta confrontare le numerose in- dicazioni topografiche, citate nel lavoro sopra menzionato di Dalla Torre e von Sarnthein, con quelle scarsissime date dal Bizzozzero (P), per una medesima specie, per convincersi di ciò. Aggiungasi a questo l’altro fatto che alcune specie e varietà, che si dicono conosciute per il Veneto e come tali riportate dal Bizzozzero e dai sigg. Venturi e Bottini (^) non sono state rinvenute in località politicamente italiane e facienti parte del Ve- neto, ma invece o in luoghi di confine (Marmolada, Colle di Giau, Sasso di Formin, ece.), o addirittura fuori dei confini politici d'Italia e quindi — nel Trentino come M. Padon, M. Cristallo, Valle d'Ampezzo, ece., cosi la deficienza sopra lamentata appare anche più evidente. (!) Zweiter Bericht über die Bryolog. Reise in Flora 1863. D 864. ritter Bericht ete. in Flora 1 Bri KEE Reisebilder aus den Alpen in Flora 1866. Dp (°) Die Moose von Tirol, Vorarlberg und Liechtenstein; Innsbruck, 1904. ` (*) Flora Veneta Crittogamica; parte II, Padova 1885. (4) Enumerazione critica dei Muschi italiani in Atti Soc. Crittogam. Ital Varese 1884. PEN ed Aa in ER ee CCRN At DEET MAR PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 481 L’opera del Pampanini è quindi meritevole di encomio, perchè con questo materiale raccolto ha contribuito efficacemente a colmare in parte la differenza delle conoscenze briologiche fra due territorii confinanti e geograficamente italiani. Volendo dire qualche parola dell' importanza dei muschi qui illustrati, basta notare, per quanto riguarda la sistematica, che fra essi sì hanno due varietà, nuove per la scienza: Cinclidotus riparius (Host.) Arn. v. angustifolius Roth. Calliergon giganteum (Scop.) Kindb. v. leptotus Zodda. Di entrambe vien data la diagnosi da me stesso; parimenti in queste pagine, per la prima volta è data la diagnosi di due varietà ancora inedite : Tortella tortuosa (L.) Müll. v. spinidens Roth in litt. ad Lévier. Cratoneuron filicinum (L.) Roth v. elegantulum Roth et von Bock. in Schedulis. Altre forme infine, secondo il Roth, potrebbero costituire nuove varietà, ma io le ho riunite ai rispettivi tipi o ad altre varietà, già note, per le ragioni, che saranno esposte nel contesto del lavoro nei singoli casi. Complessivamente i Musehi qui determinati appartengono a 105 spe- cie, incluso uno sfagno, oltre 24 altre forme o varietà; numero rilevante se si tien conto che tutto il materiale è stato raccolto esclusivamente nelle regioni montana e alpina. Fra queste forme un buon numero è nuovo per tutta l Italia: Dicranum scoparium f. alpestre, Tortella in- clinata v. densa, Schistidium confertum v. pruinosum, Grimmia Holleri, Mnium inclinatum, Pseudoleshea atrovirens v. intermedia, Brachythecium turgidum, Cratoneuron filicinum var. elatum, Ptychodium plicatum v. rhoeticum , Drepanocladus uncinatus var. subsimplez , Ctenidium mol- luscum var. condensatum, Limnobium palustre var. julaceum e var. ne- glectum. Inoltre 15 specie sono da ritenersi nuove per il Bellunese, e cioè: Di- cranum Bonjeani, Fissidens tanifolius, Georgia pellucida , Mnium ser- ratum , Mn. spinosum , Mn. afine, Timmia bavarica, Thuidium deli- catulum, Th. decipiens, Lescuraea striata, Brachythecium salebrosum , Euryhnchium cirrhosum v. Breidleri, Cratoneuron falcatum, Drepanium 32. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 482. .— oO ZODDA cupressiforme var. elatum, Sphagnum acutifolium var. purpureum e Cho- miocarpum quadratum, Un numero maggiore invece è nuovo per tutto il Veneto; sono in tutto 35 fra specie e varietà: Mymenostylium curvirostre v; scabrum , Anoectangium compactum, Dicranum scoparium v. orthophyllum e var. paludosum, Campylostelium strictum?, sarebbe nuovo per l'Italia conti- nentale, Tortella caespitosa, T. tortuosa var. fragilifolia, var. pulvinata e var. spinidens, Rhacomitrium canescens v. ericoides, Webera elongata , W. longicolla var. alpina, Bryum elegans, B. caespiticium var. duva- lioides, B. Schleicheri e var. angustatum, B. bimoideum, Maium medium, Mn. hymenophylloides, Philonotis alpicola, Timmia norvegica, T. austriaca, Pogonatum urnigerum var. humile, Polytrichum alpinum var. arcticum, Polytrichum decipiens, Pseudoleskea atrovirens, var. tenella , Lescuraea sazicola, Orthothecium strictum, Eurhynchium cirrhosum var. Funkii, Rhynchostegiwm rusciforme var. lutescens. Cratoneuron filicinum var. (ri- chodes, C. irrigatum, Campylium protensum , Drepanocladus uncinatus var. plumosus, D. eranulatuse, e D. purpurascens var. Rotae. Degni di particolare menzione sono Grimmia Holleri, nuova per VI talia, e rinvenuta all'altezza minore per essa fin oggi conosciuta; Bryum bimoideum, specie notarisiana, confusa dai più col B. pseudotriquetrum e, a nostro parere, distinta da esso almeno come varietà. Anche per le epatiche si hanno da notare delle cose importanti seb- bene esse non siano state oggetto particolare dell’ attenzione del Dott. Pampanini, in conformità, del resto, alla preghiera da me datagli. Difatti la massima parte delle specie qui ricordate sono rappresentate da fram- menti scarsi e spesso unici, che io separavo dai muschi, fra i quali tro- vavansi impigliati. Nondimeno esse ammontano a 18 specie e due va- rietà, delle quali una nuova per tutta l'Italia, l’ Aplozia riparia (Tayl.) D. M. var. potamophila (J. Müll). Fra le epatiche 6 specie sono nuove per il bellunese: Cololejeunia echinata , Scapania aequiloba , Blepharo- stoma trichophyllum, Lophocolea minor, (questa specie in troppo esigua. quantità per una determinazione sicura), Sphezolobus minutus, Lophozia | quinquedentata. Le seguenti altre riescono nuove per tutto il Veneto: Plagiochila ge var. major , Sphenolobus Michauaii , Lophozia A x Wen ES ACHT E ee Cetb, av Se e. be: a y Zeg CM E 4 DIES Lp ur OPNS Yo IE T ON ix D AR de o i dicc: cup EE e, RO PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 483 Floerkei var. squarrosa, Aplozia atrovirens var. sphaerocarpoidea. Tutte le specie sono state determinate da me, tranne le poche indicazioni in contrario come si vedrà nel contesto del lavoro. Oltre che al mio amico Dott. Pampanini, esprimo i miei più vivi rin- graziamenti ai signori Professori Baccarini, G. B. De Toni e P. A. Sae- cardo e al sig. Dott. Levier, i quali con grande gentilezza mi hanno reso possibile le ricerche bibliografiche comunicandomi notizie o dan- ` domi libri e periodici in prestito e i signori Roth e K. Müller per es- sersi prestati alla revisione di alcune forme per me dubbie o lasciate indeterminate, come apparirà nelle pagine seguenti. Per la determinazione ho ricorso ai lavori seguenti : Boulay — Muscinées de la France; vol. 2, Paris 1884; 1904. . De Notaris — Epilogo della briologia italiana; Genova, 1869. Lacouture — Hépatiques de la France; Paris, 1905. (Raecomandabi- lissima per le epatiche sterili !). Limpricht in « Rabenhorst's Krypt. Flora ». Die Laubmoose; vol. 4; Leipzig, 1890-1904. Massalongo — Le specie italiane del genere Jungermannia in Atti Soc. Ven.-Trent. di Sc. Nat., 1895 (Estratto 46 pag.). — Le specie italiane del genere Ro in da dip 1902, pag. 393.438. — Censimento delle specie italiane del genere Madotheca in Bull. | Soc. Bot. IL, 1904; pag. 36-40. Müller K. in « Rabenhorst's Krypt. Flora » Die Lebermoose; NE . 1906-07 (pubblicati 5 fascicoli). Roth G. —- Die europaeischen Laubmoose; 2 vol.; Leipzig, 1904-05. Schimper F. W. — Synopsis Museorum europaeorum: ete.; 2.3 ediz.; Stuttgart, 1876. 484 G. ZODDA ELENCO DEI LAVORI CONSULTATI PER LA DISTRIBUZIONE DELLE BRIOFITE NEL TRENTINO E NEL VENETO. | Bizzozero — Flora Veneta crittogamica; parte II; Padova, 1885. In essa si contiene il repertorio generale delle briofite venete fino al 1884. Dalla Torre und von Sarnthein — Die Moose von Tirol, Vorarlberg und Liechtenstein; Innsbruck, 1904. Vi si contiene il repertorio gene- rale delle briofite del Trentino, fino al 1902. De Toni E. — Note sulla Flora Friulana in Cronaca Soc. Ad Friu- lana, Udine 1889 ('). Handel-Mazzetti — Beitrag zur Kenntniss Mosflora von Tirol in Verhandl. der k. k. zool.-bot. Gesellschaft, Wien, 1904, pag. 58-77. Holler — Beiträge und Bemerkungen zur Moosflora von Tirol etc. in Bericht naturm.-mediz. Vereins Innsbruck, XXIX, pag. 71-108 (°). Lévier — Appunti di briologia italiana — Estratto dal Bullet. Soc. Bot. It., anno 1905; 34 pag. Litsehauer — Beitr. zur Kenntniss der Moosfl. Tirols in Oest. Bot. Zeitschrift, LIII, 1903, pag. 370-376. Massalongo €. — Repertorio della Zpaticologia in Atti del R. Ist Bot. Roma, II, 1886, pag. 87-155. — Novità della flora briologiea del Veronese in Bull. Soc. Bot. It, anno 1896, pag. 209-211. Matouschek — Bryologischen Notizen aus Tirol, Vorarlberg und Liech- tenstein in Hedwigia, Band XLIV, pag. 19-45; 1904. — Beiträge zur Moosflora von Tirol etc., IV; in Ber. naturm.-mediz. Vereins, Innsbruck, XXX, pag. 91-130; 1907 (°). Saccardo P. A. — Musci Tarvisini enumerati ete. — Patavii (1872) Uh Venturi e Bottini — Enumerazione critica dei muschi italiani. Estratto dagli Atti Soc. Crittog, Ital., III; 1884; Varese, pag. 79. C) Trascrittomi per intero dal chiar. Prof. G ) Potei prender Wë di questo lavoro deit Gelee cata R. Acca- demia Peloritana di Mes CHI Wetten: delle tre RE EE precedenti dello stesso autore sono esposti nel lavoro sopra citato dei signori Dalla Torre e von Sarnt ein. (5 Le notizie contenute in questo lavoro mi sono itato comunicate gen- tilmente dall’Autore stesso. PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 485 MUSCHI WEISIACEAE. 1. Hymenostylium eurvirostre (Ehrh). Mitt. Sterile. Sulle rupi do- lomitiehe lungo il Musigo presso Chiappuzza; alt. 975 m. * var. scabrum hindb. Sterile. Rupi dolomitiche a Mondeval a circa 2200 m. Già nota per il Trentino (Wagner), ma non per il Veneto. 27" Anoectangium compactum Schwäg. (Vidit Roth.) Pochi frammenti sterili frammisti a Cratoneuron commutatum, la pre- E senza dei quali mi fu avvertita dal chiarissimo briologo G. Roth. Rac- E. lendo, Degen ece.). colto lungo la riva destra del Boite di fronte Chiapuzza — 975 m. Nuova per il Veneto, ma già conosciuta per il Trentino (Venturi, Mo- DICRANACEAE. 3.' Dieranum Bonjeani DNtrs. 2 Con frutti: sotto i cespugli di Rhododendron hirsutum sulla Forcella 1 | piccola (2225 m.) e nelle boscaglie sulla Punta della Poina fra 2000 e E ak m.; sterile nei boschi di abete in Giau (1850 mi È conosciuto fidi molti luoghi del Trentino, fra i quali il più vicino a quelli sopra- citati è la valle di Ampezzo ('); per il Veneto era noto soltanto di Tarzo | nel Trevigiano (Saccardo). 4. Dicranum scoparium (L.) Hedw. Grossi esemplari sterili : rupi dolomitiche sulla Forcella piccola (2225 m.); altri esemplari con frutti nelle boscaglie sul Monte Penna fra 2000 — e 2190 m. **^ var. orthophyllum Brid. Sterile, sulle rocce: Punta della Poina fra 2000 e 2225 m. Non cono- e 5 C) Da noù confondere con Ampezzo, borgo della provincia di Udine. 486 G. ZODDA sciuto sinora di luoghi veneti politicamente italiani, ma scoperto dal Molendo sul M. Cristallo, luogo di confine. ** forma alpestre Hüb. Sterile nelle boscaglie del M. Penna fra 2000 e 2190 m. Sconosciuto per tutto il Trentino e da ritenersi nuovo per l’Italia intera. ** var. paludosum Schpr. . Grossi esemplari con frutti: Nel boseo sulla destra del Boite di fronte Chiapuzza 980-1000 m.); ed anche nei boschi di Giau ; alt. 1850 m. Nuovo per il Veneto, ma conosciuto di V. di Fiemme nel Trentino (Venturi). CAMPYLOSTELIACEAE. ? 5.* Campylostelium strictum Solms. (det. Roth con qualche dubbio). ; Esemplare sterile, che il signor Roth con ogni probabilità riferisce a questa rarissima specie, propria dei monti iberici e della Corsica. Fu raccolto in stazione argillosa lungo il Musigo presso Chiapuzza a circa 975 m. e tale località è importantissima, poichè segna finora l'estremo limite orientale dell’area occupata da questa specie , oltrechè è l’ unica italiana continentale. Secondo il Bottini non sarebbe che l'Zweladiwm verticillatum (L.) Br. eur. LEPTOTRICHACEAE. 6. Ceratodon purpureus (L.) Brid. In esemplari fertili e rari, raggiungendo il caule appena un centi — metro di altezza, e formanti cespugli densissimi sulle rocce sulla Punta della Poina; alt. 2000-2225 m. Anche con frutti in esemplari meglio sviluppati sulle rocce dolomitiche sul M. Penna fra 2000 e 2190 m. 7. Leptotrichum flexicaule (Scleich.) Hampe. Sembra una specie molto diffusa, essendo stata raccolta dal Pampa- nini in parecchie escursioni sia in esemplari fertili che sterili. Ho ve duto belli esemplari con frutti misti a Tortella tortuosa Limpr. Y. fra gilifolia Schp. provenienti dalla riva destra del Boite di fronte Chiap- puzza, fra 980 e 1000 m. di altezza. Esemplari sterili, spesso formanti va larghi cespugli provengono da Musigo presso Chiappuzza a circa 920 2 pd m.; dalle rocce dolomitiche della Forcella grande, 2250 m., dai Lasto PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 487 Formin, 2500 m., da Mondeval 2200 m. e dal M. Antelao presso i 1500 m. Era già stata rinvenuta dal Molendo nel Cadore italiano al Sasso di Formin a 2650 m. ('). 8. Distiehium eapillaceum (Sw.) Br. eur. Affine alla precedente e malamente distinguibile da essa ad occhio nudo; gli esemplari di questa specie, esclusivamente calcicola, raccolti dal Pam- panini provengono da altezze superiori a 2000 m. Fertile sulle rocce do- lomitiche sul M. Penna fra 2000 e 2190 m.; sterile delle seguenti località: rocce dolomitiche dei Lastoni di Formin a 2500 m., della Forcella grande 2250 m., è quivi mista a Plagiochila asplenoides D. M., della Punta della Poina fra 2000 e 2225; della Forcella piccola, 2225, e quivi commista a Leptotrichum flericaule Hampe. POTTIACEAE. 9. Didymodon cavernarum (Mdo) DT. e Sarn. in Die Moose von Tirol ete. pag. 203, = D. ruber Jur. Unico frammento sterile: rocce dolomitiche ai Lastoni di Formin, 2500 m., ove era già stata scoperta dal Molendo stesso nel 1864. — Entro i confini geografici italiani questa specie è sin oggi nota di Y. di Fassa nel Trentino, del luogo sopra citato nel Veneto e di Campello Monti nel Novarese in Piemonte (°). 10. Geheebia gigantea (Funck) Boul. i Belli esemplari sterili dalle rupi umide del M. Antelao lungo il Sal- vela a 1500 m. Già nota per il Bellunese, che ancora rimane l’ unico distretto veneto occupato da questa specie. 11. Barbula bicolor (Br. eur.) Lindb. Questa specie alpina o, di rado, subalpina è stata raccolta dal Pampa- nini in due luoghi su rocce dolomitiche: fertile sulla Forcella grande, 2250 m. ed anche, parimenti fertile ui Lastoni di Formin , alt. circa 2500 m. Per il Veneto, tranne di queste due località e del Passo di 0) DALLA TORRE, und VON SARNTHEIN — Die Moose von Tirol ete. pag. 192. Innsbruck, 1904. (?) Levier, Appunti di briologia italiana in N. G. B. 1, 1905, pag. 120-122. 488 i G. ZODDA Giau, luogo di confine, non si hanno altre località sicuramente note per questa specie, poichè tanto il M. Cristallo, quanto le Alpi di Ampezzo, località riportate dal Bizzozero (*); sono fuori dei confini politici italiani. 12.** Tortella caespitosa (Schwigr.) Limpr. Un piccolo esemplare sterile sulle rupi dolomitiche della Forcella pic- cola 2225 m. Specie già nota per il Trentino, ma non per il Veneto. 13. Tortella inclinata (Hedw. f.) K. Müll. v. densa (Lorentz) Limpr. Sterile sulle rupi dolomitiche sulla Forcella piccola, 2225 m. La forma tipica è conosciuta di parecchi luoghi d’Italia e del Trentino, ma la va- rietà è da ritenere nuova per entrambi. 14'* Tortella tortuosa (L.) Müll. v. fragilifolia (Jur. Limpr. Con frutti, mista a Cfenidium molluscum Mitt e a Leptotrichum flexicaule Hampe, nel bosco sulla destra del Boite di fronte Chiappuzza; altezza 980-1000, e della stessa località anche sterile; in quest'ultimo stato anche sulle rupi dolomitiche sulla Forcella piccola, alt. 2225 m., a Mondeval 2200 m., nel Musigo presso Chiapuzza a 920 m., in esemplari immise riti, nani e sterili sui Lastoni di Formin a 2500 m. Il tipo è diffuso ovunque; non così la varietà nota delle Alpi e del- l'Appennino toscano. Debbo al chiarissimo briologo G. Roth la deter- minazione degli esemplari sterili della Forcella piccola e dei Lastoni di Formin. * var. pulvinata Vent. Sterile nelle rupi dolomitiche sul M. Penna, 2000-2190 m. Avevo deter- minato l’unico esemplare di questa varietà come Z. tortuosa (L.) K. Mull., che il Roth invece riferì alla varietà del Venturi, scoperta da quest’ au- tore a Vezzano nel Trentino e non più rinveuuta in altri luoghi da altri. La località del M. Penna è l’unica politicamente italiana nota per questa varietà. T. var. spinidens Roth iz litt. ad Lévier; var. inedita. Differt a typo caespitulis densis, brevibus; foliis brevioribus, ut in varie- tate fragilifolia, a qua nervo e latere dorsali dentato in spinam desinente recedit. (') BizzozERO, Flora Veneta crittogamica, parte II, pag. 194. PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 489 Piccolo esemplare sterile sulle rupi dolomitiche della Forcella grande; 2250 m. — Questa varietà è stata istituita dal Roth su alcuni esem- plari del Novarese, speditigli dal Levier, che li aveva raccolti; egli però non ne aveva dato la diagnosi, che io do ora esaminando l’ esemplare raccolto nel Cadore dal Pampanini; esemplare, che io avevo riferito alla var. fragilifolia, affinissima oltre ogni dire e sull’ identificazione del quale mi richiamò il Roth stesso. 15. Tortula alpina Bruch. Frammenti sterili in un cespuglietto di Dülyacdm e cavernarum, sulle rocce dolomitiche dei Lastoni di Formin; 2500 m. 16. T. aciphylla (Br. eur.) Hartm. È Con frutti sulle rocce dolomitiche della Forcella grande, 2250; ste- E rile sulle rocce della stessa natura sulla Forcella piccola, 2225 m. FISSIDENTACEAE. 17. Fissidens decipiens DNtrs. 1 — Sterile e commisto a Tortella tortuosa var. fragilifolia sulle roece do- lomitiche sulla Forcella piccola; alt. 2225 m.; sterile e commisto ad altri muschi nel bosco. inge la destra del Boite di fronte a Chiapuzza, 980-1000 m. 18.* F. taxifolius (L.) Hedw. Sterile in luoghi argillosi lungo il Musigo presso Chiappuzza; alt. 975 m. Questa specie poco diffusa nel Trentino, dove è nota di pochi luoghi (Trento, V. Sugana, Arco ece.), ma più nel Veneto, riesce nuova A per il Bellunese. E GRIMMIACEAE. 19. Cinelidotus riparius (Host.) Arn. var. angustifolius Roth nova = ar., solo nomine, in litt. m : Differt a typo foliis parvis, recte, nec elliptice, linguaeformibus, mm. — 182 metientibus, angustioribus (mm. 0,4-0,6). I pochi esemplari sterili, — Sui quali: il Roth ha istituito questa nuova, e, per me, ben distinta va- | get, furono raccolti dal Pampanini nelle acque correnti del Musigo 490 G. ZODDA presso Chiappuzza a circa 975 m. Essi distinguonsi dal tipo per il por- tamento alquanto più gracile e per le foglie, anche ad occhio nudo, e ben più strette e corte. Nel tipo infatti le foglie variano in lunghezza. i da 2,5 a 3 millimetri, mentre nella varietà presente solo in due o tre casi raggiunsero 2 mm., rimanendovi poi sempre più corte; anche la ` larghezza nelle foglie del tipo è notevolmente maggiore, oscillando tra E 0,8 e 1 mm., in nessun caso raggiunta dalla presente varietà. Notevole è poi come nel tipo le foglie abbiano margini ellittiei in modo da rag- giungere la massima larghezza verso il mezzo, mentre in questa varietà ` sono esattamente lingueformi e in ogni punto di eguale larghezza 0 d n rS! E reae Dt pressoché. 20. Schistidium apocarpum (L.) Br. eur. ; Con frutti: rupi dolomitiche sulla riva destra del Boite di fronte a 3 Chiapuzza fra 980 e 1000, e così pure nel Musigo vicino Chiapuzza a S 920 m., anche con frutti sulle rupi dolomitiche del M. Penna, 2000-2190 a m. e della Forcella piccola a 2225 m. d 21** S. confertum (Funck) Br. eur. var. pruinosum (Wils.) Braithw. : Sterile sulle rupi sulla Punta della Poina, alt. 2000-2225. Avevo deter- ` minato i pochi esemplari, provenienti da unica località, semplicemente i come $. confertum; il Roth però mi avverte che essi per il pelo fogliare liscio sono da riferirsi alla var. pruinosum, da Wilson e da lui stesso | tenuta come specie distinta, mentre Husnot , Braithwaites, ritengono — come semplice varietà e il Limpricht anzi la considera come sinonimo di S. confertum (*). In ogni modo, sia specie distinta o varietà , come - mma- . L9 e vo LEA anch'io la ritengo, la presenza di essa nelle Alpi cadoriche è 50 : mente importante, costituendo il punto estremo meridionale, ove fin oggi - | è stata osservata; essa difatti non era nota che dell'Europa settentrionale j e centrale. 5 22"* Grimmia Holleri Mdo. Sterile sulle rocce dolomitiche nei boschi di Giau a 1850 m. E È importante la scoperta di questa specie nelle Alpi cadoriehe Së ` () LimPRIcAT in « Rabenhorst's Flora — Die | Lduriscale Doutchlandse vol. l, pag. 710. ; $ : MEC Een] Te ffe SS eo usitas EI PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 491 perchè questi monti ne segnano l’unico luogo italiano dell'area di di- stribuzione di essa, sia perchè vi è stata raccolta alla minore altezza , non essendosi pria d'ora rinvenuta al disotto di 2100 m. ('). 23*. Rhacomitrium canescens (Weis) Brid. v. ericoides ( Web.) Br. eur. Esemplari eon anteridii sulle roece della Punta della Poina.a 2000-2225 m. — Questa varietà riesce nuova per: il Veneto, mentre, secondo il Breidler (*), è diffusa nelle regioni montana e alpina delle Alpi trentine e tirolosi. ORT ACEAE 24. Orthotrichum anomalum Hedw. Con frutti sulle rupi dolomitiche a S. Vito Cadore; 1050 m. ENCALYPTACEAE. 25. Encalypta commutata Nees et Hornsch. Unico e scarsissimo esemplare con una capsula dell'anno precedente e un'altra in via di sviluppo, sulle rocce dolomitiche dei Lastoni di Formin a 2500 m.; altri frammenti con frutti sulle rocce dolomitiche della For- cella grande, 2250 m. Questa specie era già stata raecolta dal Molendo nel Cadore stesso à Giau (?) ed al M. Marmolada (*). 26. E. eontorta (Wulf) Lindb. Raccolta dal Pampanini in diversi luoghi, anche sotto i 1000 metri , ma sempre in esemplari sterili: rupi dolomitiche lungo il Musigo presso Chiapuzza a: 975 m.; mista a Cfenidium molluscum nel bosco sulla destra del Boite fra 980 e 1000 m.; sulle rupi dolomitiche del M. Penna fra 2000-2190 m. e quivi commista a Distichium capillaceum , e infine sulle stesse rocce sulla Forcella piccola a 2225 m. Q) DALLA TORRE u- SARNTHEIN, Op. cit., pag. 257. (2) DALLA TORRE u. SARNTHEIN, Op. cit., pag. 281. (3) DALLA TORRE u. SARNTHEIN, Op. cit., pag. 310. (t) Bizzozero, op. cit., p. 172. 492 G. ZODDA SPLACHNACEAE. 27. Dissodon Früólichianus (Hedw.) Grev. et Arn. Con frutti sulle roccie dolomitiche dei Lastoni di Formin, 2500 m., esemplare searsissimo. 28. Splaehnum sphaerieum L. f. in Sw. Belli esemplari eon frutti sullo sterco bovino sul M. Penna fra 2000 « e 2190 m. GEORGIACEAE. 29.' Georgia pellueida (L.) Rabnh. Esemplare cpn gemmule fra Polytrichum alpinum v. arcticum, nei boschi di abete di Giau a 1850 m. Specie 'non ancora conosciuta per il Bellunese, sibbene del Trentino, del Trevigiano, del Padovano e del Ve- ronese. BRYACEAE. 30." Webera elongata (Hedw. Scehwügr. Pochi frammenti, con frutti, sparsi fra altri muschi: Boschi di Giau a 1850 m. Questi frammenti mi furono determinati dal Dott. G. Roth. È nuova per il Veneto, ma diffusa nel Trentino. I signori Venturi e Bottini riportano questa specie per il Venéto (!); ma è da notare che il Bizzozero, nella sua pubblicazione, posteriore di un anno a quella dei prelodati autori, non la riporta affatto. 31." W. longicolla (Sw.) Hedw: v. alpina (Hpe et Hornsch.) Frammenti sterili fra altri muschi sulle rupi dolomitiche del M. Penna; 2000-2190 m. Tanto il tipo che la varietà sono nuovi per il Vendtò; non così per il Trentino, ove questa era già stata scoperta in V. di Rabbi nella parte occidentale (°). . 32. W. cruda (L.) Bruch () Enumerazione Muschi italiani, pag. 37. (Estratto dagli Atti Soc. Critt. ital., vol. III, anno 1884 (*) DALLA TORRE u. SARNTHEIN, Op. cit., pag. 344. PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 493 Con poche capsule vecchie e, in massima parte, cadute, sulle rupi dolo- mitiche sulla Forcella piceola 2225 m.; altri esemplari sterili sul M. An- telao lungo il Salvela, 1500 m.; e quivi eommisti a Mnium orthorrya- chum, e sul M. Penna fra 2000 e 2190 m. 33. W. Ludwigii (Spreng.) Sehp. v. Breidleri (Jur.). Sterile nelle boscaglie di M. Penna 2000-2190 m. — È stato il Roth, ehe mi ha avvertito che l'esemplare di questa specie non appartiene al tipo, ma alla var. Breidleri (Jur, uti species); questa varietà d'altronde aleuni autori (Dalla Torre e Sarnthein) non la distinguono affatto dal tipo, il quale sarebbe nuovo tanto per il Veneto che per il Trentino, mentre la varietà l'è per tutta l'Italia ('). 34. Mniobryum albieans (Wahlb.) Limpr. Frammenti sterili sulle roece dolomitiche dei Lastoni di Formin, 2500 m. Massima altezza fin oggi osservata per il tipo. Altri esemplari ste- rili sul M. Antelao lungo il Salvela a 1500 m. 35. Bryum bimum Schreb. Frammenti sterili sulle rocce dolomitiche della Forcella grande, 2250 m. e della Forcella piccola, 2225 m. — Riferisco questi scarsi frammenti sterili a questa specie e non al B. pseudotriquetrumper le foglie più pic- cole, più strette e più attenuate nella metà superiore, e perchè esse rag- giungono la massima larghezza, non verso il mezzo o nella metà supe- riore, ma in quella inferiore. 36." B. elegans Nees. Unico esemplare sterile, proveniente dalle rupi dolomitiche dei La- stoni di Formin a 2500 m.; determinatomi dal Roth. Avverto che questa specie è realmente distinta dal B. Venturi, sicchè la località di Alpe di Saent nel Trentino (°) è da riferirsi per quest’ultima specie; il B. ele- gans, secondo Dalla Torre e von Sarnthein è stato rinvenuto nel Tren- tino dal Venturi stesso nei dintorni di Paganella; ed è questa sin oggi l’unica località del Trentino, in cui sia stato osservato. (') Anche secondo il Bottini quest'esemplare deve riferirsi alla forma ti- pica, alla quale già lo avevo riferito io sesso. © 6) VENTURI e BorrINI, Op. cit., pag. 35. 494 G. ZODDA 37. B. caespiticium L. Bene fruttificato nei pascoli alpini sul M. Penna 2000-2190 m. e a Mon- deval, 2200 m. 38. B. pallens Sw. Sterile. Rocce dolomitiche sui Lastoni di Formin, 2500 m. Secondo il Roth non bene distinguibile se appartenente a B. lutescens Bom, 0 a B. pallens; ma a me sembra appartenga a quest'ultima specie, dopo il ` confronto che ne ho fatto con altri esemplari, specialmente con taluni della Slesia e della Norvegia. 39. B. pseudotriquetrum (Hedw.) Schwàgr. Con frutti a Mondeval, 2200 m.; sterile sulle rocce dolomitiche sui La- E di Formin a 2500. m. * var. duvalioides Jtzigs. (la var. è stata Selena dal Roth) Esemplari abbondanti, ma sterili, nelle aeque correnti del Musigo presso Chiapuzza, 975 m. ed a Mondeval a 2200 m. Era già stata rin- venuta nel Trentino sul Col di Lana da Molendo (*), ma riesce assolu- tamente nuova per il Veneto. T 40. B. Sehleieheri Schwágr. In belli esemplari, ma sempre sterili: nelle acque correnti del Musigo presso Chiapuzza; alt. 975 m., e così lungo i ruscelli a Mondeval, 2200 m., ma anche sulle rupi dolomitiche, probabilmente umide, sul M. Penna, 2000-2190 m. " var. angustatum Schpr. Sterile lungo i ruscelli a Mondeval, 2200. Varietà già nota per il Trentino e soltanto per questa regione italiana (°). 41." B. bimoideum DNtrs. Con frutti sul M. Antelao lungo il Salvela sulle rupi dolomitiche a 1500 m. Molti autori non distinguono minimamente questa specie dalla pre- cedente; anzi i signori Venturi e Bottini nella loro « Znumerazione cri- tica dei muschi italiani » non la citano nemmeno come sinonimo di (!) DALLA TORRE u. SARNTHEIN, Op. cit., pag. 376. (*) DALLA TORRE u. SARNTHEIN, Op. cit., pag. 375. U PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO . 495 — essa. Gli esemplari, da me riferiti alla specie del De Notaris, si distin- guono abbastanza dal B. pseudotriquetrum ed il chiarissimo Roth, cui ne mandai porzione per esame, confermò la determinazione da me fatta. | Il De Notaris stesso diede a suo tempo la diagnosi di questa specie sco- = perta in Valtellina dal Rainer ('), aggiungendo anzi i caratteri diffe- A renziali per distinguerla da B. pseudotriquetrum e B. pallescens, di cui è strettamente parente e da B. bimum, a cui somiglia straordinaria- mente per il portamento; mi sembra superfluo che anch'io esponga le | ragioni per tenere questa forma distinta corre specie, o almeno come 3 varietà di B. pseudotriquetrum come mostra di ritenere il Roth (°). È . nuova tanto per il Veneto che per il Trentino. 42. Rhodobryum roseum (Weis.) Limpr. — Scarsi individui sterili fra altri muschi nelle boscaglie sulla Punta della ` Poina, 2000:2250 m. MNIACEAE. 43. Mnium orthorrynehum Brid. Spesso in esemplari abbondanti, formanti larghi tappeti, ma sempre | sterili. Raccolto dal Pampanini sul M. Antelao lungo il Salvela, alt. 1500 E m. e sulle rocce dolomitiche della Forcella Piecola, 2225 m. e in entrambi a i luoghi commisto a Webera cruda; raccolto anche sulle rupi della stessa . natura sulla Forcella grande, 2250 m. . . Intorno a questa specie gli autori non sono d'accordo nel deserivere ` le cellule fogliari; il Boulay (?) attribuisce ad esse forma esagona; mentre | JJ Limpricht (*) e il Roth (5) le descrivono come angoloso-rotonde. Real- E mente di quest'ultima forma sono quelle degli esemplari cadorici da me osservati, ma d'altro eanto sono densamente clorofillose e non scarsamente, 5 come afferma il Limpricht (loe. cit.). 44."* Mnium inclinatum Lindb. tits. () De NorarIs, Epilogo della Briologia italiana, pag. 384, Genova 1869. () Born, Die europaeischen Laubmoose, vol. Il, pag. 175 () Muscinees de m Mousses, pag. ? E Op. cit., Il, pag. 4 . 0 Born, Op. eit, IL p^ 179. 496 o ZODDA Unico e scarsissimo esemplare sterile proveniente dalle rupi dolomi- ` tiche dei Lastoni di Formin a 2500 m.; debbo la determinazione di esso al chiarissimo briologo Roth. Data l'autorità del Roth, non posso — nutrire alcun dubbio sull'identificazione di quest’ esemplare, sebbene in stato sterile; è perciò importantissima la scoperta di questa specie entro i confini italiani, laddove essa era nota in precedenza soltanto della ` Lapponia. 45.' M. serratum (Schrd.) Br. eur. Sempre sterile e sulle roece dolomitiehe: M. Penna, 2000-2190 m.; Punta della Poina 2000-2225 m. e Lastoni di Formin a 2500 m. 46.' M. spinosum (Voit) Sehwàgr. Scarsi frammenti sterili sulle rocce dolomitiche dei Lastoni di Formin, — 2500 m. 47.* M. affine Bland. A differenti altezze e in più luoghi, sempre sterile: sulle rive del Mu- sigo presso Chiapuzza, 975 m.; sul M. Antelao lungo il Salvela, 1500 m.; sul M. Penna 2000-2190 m. 48.* M. medium Br. eur. (det. G. Roth). Sterile; un solo esemplare lungo un ruscello a Hondi, 2200 m. ` Già noto per il Trentino in V. di Fiemme per merito di Sendtner ('). 49.** M. hymenophylloides Hüb. Esemplari sterili sul M. Antelao luugo il Salvela a 1500 m. La pre senza di questa specie in Italia è limitata sin oggi alle Alpi ce tridentine e cadoriche. MEESEACEAE. 50. Meesea trieodes (L.) Spruce v. minor (PB.) W. et M. Esemplari scarsi, ma con frutti, sulle rupi dolomitiche sulla Fo piccola, 2225 m., e ai Lastoni di Formin, 2500 m. rcella (') DALLA TORRE u. SARNTHEIN, Op. cit, pag. 386. & E E E EE Kaz ege j AC ci OL li ee ol aliene e EE EE ntrali, — EE e era tente S A, Ce III SIS A S EE EE E ISO EUR QU VENTE M seb E PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 497 BARTRAMIACEAE. 51. Bartramia ithyphylla Brid. Scarsi frammenti sterili fra altri muschi, sulle rupi silicee della Punta della Poina, 2000-2225 m. 52. Plagiopus Oederi (Gunn.) Limpr. Con frutti, sulle rupi dolomitiche sul M. Penna, 2000-2190 m., commi- sto a Leptotrichum flexicaule. 53. Philonotis calcarea Schpr. Sterile nelle aeqna correnti del Musigo presso Chiappuzza, 975 m. 54.'"* Ph. alpicola Jur. Sterile sulle rocce dolomitiche della Forcella grande, 2250 m., e dei Lastoni di^ Formin, 2500 m. Specie distribuita nelle Alpi orientali austriache e bavaresi, nel gruppo del Tatra e oggi anche nelle Alpi cado- riche e scoperta di recente in Lombardia e Toscana (') Anche in stato . sterile non è difficile distinguere questa specie dalla prossima PA. to- mentella; poiché le cellule fogliari sono provviste di una papilla anche all'angolo superiore. " var. tomentella (Mol.) Sterile sulle rocco dolomitiche dei Lastoni di Formin; alt. cirea 2500 m. Esemplare determinato dal ehiarissimo G. Roth. TIMMIACEAE. 55.* Timmia bavarica Hessl. Con frutti sulle rupi dolomitiche a Mondeval, 2200 m., e sulla For- cella grande, 2250 m. 56." T. norvegica Zett. Searsi frammenti sterili sulle rupi dolomitiche dla Forcella grande 2250m. — Sebbene in stato sterile riferisco questi fr: ammenti alla presente specie per le foglie molto lunghe, giungendo le superiori sino a 12 mm. di lunghezza per 2 di larghezza e per i denti fortissimi ed ineguali. © Levier. Appunti briologici italiani in Bull. Soc. Bot. It, anno 1905, 33. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 498 G. ZODDA 57.* T. austriaca Hedw. Sterile sul M. Antelao lungo il Salvela, 1500 m. Anche questa specie mi risulta, come la precedente, nuova per il Veneto. POLYTRICHACEAE. 58." Pogonatum urnigerum (L.) PB. v. humile (Wahl.) Brid. Con anteridii, nelle boscaglie sulla Punta della Poina; alt. 2000-2225 m. Il tipo è largamente sparso; la varietà invece era nota soltanto per il "Trentino, ove era stata scoperta dal Venturi, secondo i signori Dalla Torre e von Sarnthein ('). 59. Polytriehum alpinum L. Con sporogonii, nelle boscaglie sulla Punta della Poina, 2000-2225 m. * var. arcticum (Sw.) Wahlb. Fertile, sotto gli alberi nei boschi di Giau, 1850 m.; era già nota per il Trentino nei dintorni di Primiero presso S. Martino, ove era stata scoperta dal Marchese Bargagli (*). 60." P. decipiens Limpr.. Con anteridii, sulle rupi dolomitiche a S. Vito Cadore, 1050 m., e nei prati al campo di Rutorto sul M. Pelmo a cirea 2000 m.; sterile a Mondeval, 2200. Tutti gli esemplari di questa specie, nuova per l'Italia, sono stati determinati dal Roth (?). | 61. Polytriehum formosum Hedw. Con sporogonii, nelle boscaglie sul M. ES 2000-2190 m. LESKEACFEAE. 62. Myurella julaeea (Vill) Br. eur. Sterile e commista a Plagiopus Oederi, sulle rupi dolomitiche del M. Penna fra 2000 e 2190 m. (D Op. cit., pag. 423. (* DALLA TORRE u. SARNTHEIN, Op. cit., pag. 4 424. j () Il Bottini mi avverte che forse questi esemplari dovranno riferirsi al P. commune (L.) v. minus Weis; ma la questione non può essere risoluta con certezza per la mancanza di piante con capsule. D 2 CR ja d UU SC Ea e glia KE eebe e Sa aspe i SIN <> Si ^ WO NES da cR pi DEUX CRUCES x CEUNT NODE PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 499 63. Leskea catenulata (Brid.) Mitt. Sterile nel bosco sulla destra del Boite di fronte Chiapuzza, 980- 1000 m. 64, Pseudoleskea atrovirens (Dicks.) Br. eur. Sterile sulle rocce dolomitiche dei Lastoni di Formin, 2500 m. ** var. intermedia Boul. (sec. Roth.). Sterile, sulle rupi dolomitiche sul M. Penna 2000-2190. Varietà deter- minatami dal Roth e della quale seonoseo se l'autore ne abbia pubbli- cata la diagnosi. Se ben distinta dal s sarebbe una varietà nuova per l'Italia. * var. tenella Limpr. (det. Roth.). Frammento sterile fra altri muschi, sulle rocce dolomitiche sulla Forcella grande, 2250 m. — Questa varietà allo stato attuale delle nostre cono- scenze presenta una distribuzione abbastanza saltuaria; la si conosce di fatti dei Riesengebirge in Boemia, della Lombardia nel Comasco, del Tirolo, del Cadore e dell'Abruzzo (!) è da ricercare quindi se nelle re- gioni intermedie essa manchi realmente 0 sia stata confusa colla forma tipica. 65." Pseudoleskea rigescens Lindb. (Gee: Roth.) Sterile, sulle rocce dolomitiche della Forcella grande, 2250 m. È questa la seconda località italiana per questa specie, essendo già stata rinvenuta da me stesso nel Bosco di Mangalavite in Sicilia, ed anche gli esemplari siciliani furono determinati dal Roth stesso (^). GG." Thuidium delieatulum (L.) Mitt. Scarsi frammenti con anteridii, fra Cfenidium molluscum, nel bosco sulla destra del Boite, di fronte a Chiappuzza 980-1000 m. 67.* Th. decipiens DNtrs. Sterile e commisto a Maium rostratum e Webera Ludrvigii, nelle bo- scaglie sul M. Penna, fra 2000 e 2190 m. — Per.essere commisto ai () Levier, Appunti di Briologia ilaliana in Bull. Soc. Bot. Ital., anno 1905, pag. 152. - (®) In una recente lettera il Bottini mi avverte che, secondo lui, quest'e- semplare è da riferirsi alla v. tenella della specie precedente. (Nota inse- . Fita durante la stampa). ~ 500 G. ZODDA muschi suddetti e in esigua quantità, quest'esemplare mi era sfuggito; esso fu isolato e determinato dal Roth come forma gracile del tipo. 68. Th. abietinum (L.) Br. eur. Con anteridii, commisto a Clenidium molluscum nel bosco sulla destra del Boite di fronte Chiappuzza, 980-1000 m. CYLINDROTHECIACEAE. . 69.' Lescuraea striata (Schwîgr.) Br. eur. Piccolo esemplare sterile sulle rupi dolomitiche della Forcella piccola, ` 2225 m. 70." L. saxicola (Br. eur.) Mdo. Sterile e commista a P/ychodium plicatum, sulle rocce dolomitiche della Forcella grande, alt. 2250 m.; determinata dal Roth. Specie già nota per il Trentino in diversi luoghi prossimi ai confini politici italiani, ma i non per il Veneto. 71. Orthotheeium rufescens (Dicks.) Schp. Sterile sulle rupi dolomitiche sul M. Antelao lungo il Salvela, a 1500 m.; sul M. Penna, 2000-2190 m.; sulla Forcella piccola, 9995 m.; sulla ` Foreella grande, 2250 m. e sui Lastoni di Formin a 2500 m. Sembra una specie largamente sparsa nel distretto cadorico. | 72. 0. intrieatum (Hartm.) Br. eur. Sterile; un solo esemplare sulle rupi dolomitiche a Forcella piccola a | 2225 m. 73.°* 0. strictum Lorentz. Sterile sulle rupi dolomitiche dei Lastoni di Formin a 2500 m.; de- terminato dal Roth. BRACHYTHECIACEAE. 74. Camptothecium luteseens (Huas.) Br. eur. | Sterile sulle rupi dolomitiche della Forcella grande, 2250 m., é in fram- menti sterili a M. Penna, 2000-2190 m. 75. Ptyehodium plicatum (Schleich.) Schpr. Sterile; sulle rupi dolomitiche della Forcella grande, 2250 m. e ivi E Ee ie ST, PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 501 commista a Zescuraea salricola; inoltre sulle rupi della stessa natura ` sul M. Penna, 2000-2190 m., a Mondeval, 2200 m. e sulla Forcella grande a 2250 m. "* var. rhaeticum Kdb. Un frammento sterile sulle rocce dolomitiche della Forcella piccola, 2225 m.; determinato dal Roth. 76. Brachythecium salebrosum (Hoffm.) Br. eur. Frammenti sterili fra altri muschi sul M. Antelao lungo il Salvela, a 1500 m. 77.** B. turgidum Hartm. Sterile sulle rupi dolomitiche sul M. Penna, 2000-2190 m.; determinata da me e eonfermata la determinazione dal Roth. Specie rarissima nella catena alpina, ma diffusa nell'Europa settentrionale; era già stata rin- venuta nel Tirolo, ma fuori dei confini geografici italiani ('). 78. B. velutinum (L.) Br. eur. Sterile sulle rocce dolomitiche dei Lastoni di Formin, a 2500 m. Esem- plare che differisce per diversi caratteri dalla forma tipica, ma troppo scarso per poterne dare un giudizio sicuro. 79. B. glareosum Schp. Sterile e commisto a Cfenidium molluscum, nel bosco sulla destra del Boite di fronte a Chia puzza , 980-1000 m. - 80. Rhytidium rugosum (L.) Kindb. Scarsi e sterili frammenti; nel bosco sulla destra del Boite di fronte a Chiappuzza, 980-1000 m. 81. Eurhynchium cirrhosum (Schwigr.) Limpr. (°). Sterile nelle boscaglie sul M. Penna fra 2000 e 2190 m. * var, Breidleri Limpr. Unico frammento sterile fra altri muschi sulle rocce dolomitiche della Forcella piccola, 2225 m. determinato dal Roth. Questa varietà è stata E | istituita dal Limpricht su esemplari scoperti nel Friuli nel 1884 da- Breidler. (Ü DALLA TORRE e SARNTHEIN, Op. cit. pag. 493. (*) Setivo cirrhosum e non cirrosum come scrivono molti. (Venturi e Bottini, Limprieht, Roth, Dalla Torre e Sarnthein eec), contrariamente alle regole ortogratiche. 502 d. ZODDA * var. Funckii Mdo. Sterile sulle rupi dolomitiche a Mondeval, 2200 m. Riteniamo doversi tenere distinta dal tipo questa varietà per le cellule fogliari ben più strette e un poco più corte. ` 82,* Rhynchostegium rusciforme (Neck.) Br. eur. var. lutescens Schpr. Grandi esemplari sterili nelle acque correnti del Musigo presso Chia puzza a 975 m. Varietà ben distinta e nuova pel Veneto. | AMBLYSTEGIACEAE. 83. Amblystegium Sprueei (Bruch) Br. eur. probabiliter. Sterile sulle rocce dolomitiche dei Lastoni di Formin, 2500 m. Seb ` bene sterile, riferisco quest'esemplare alla presente specie, e non all’ af- finissima A. confervoides, perchè le cellule della parte superiore delle foglie sono in esso ad evidenza più lunghe delle rimanenti, mentre nel- l'A. confervoides sono tutte quasi delle medesime dimensioni. — Con- ` vengo però che questo solo carattere non rimuova assolutamente ogni dubbio sull'identificazione di questo esemplare e che l'unico carattere. per determinare con certezza queste due specie risieda negli organi di. riproduzione; data però la forma delle cellule fogliari per l'esemplare in ‘parola le probabilità stanno per la specie sopra citata e non per la com Fervoides. i E 84. Cratoneuron filicinum (L.) Roth. Sterile in luoghi argillosi, nel bosco sulla destra del Boite di fronte Cape fra 980.1000 m., e a Mondeval, 2200 m. * var. trichodes (Brid.) | Sterile sul M. Antelao lungo il Salvela, a 1500; varietà d 2 dal Roth. var. graeileseens Schp. Assieme alla varietà precedente, era già stata scoperta lungo il Boite ; dal Molendo (°). (0 DALLA TORRE e SARNTHEIN, Op. cit., pag. 54L. KO EE e e TEE. Ce E er e uis E Sprea PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 503 "* var. elegantulum Roth et von Bock, ear. inedita. Sterile nelle aeque correnti del Musigo presso Chiapuzza a 975 m. Questa varietà, ancora inedita, fu istituita dai signori Roth e von Bock sopra esemplari raccolti da quest'ultimo nel Lioland (Russia occidentale) e l’unico esemplare, raccolto dal Pampanini nel Cadore, fu riferito alla suddetta varietà dal Roth stesso, senza peraltro avermene comunicata la diagnosi, che io stesso do ora dietro esame dell'esemplare del Cadore: Differt a typo caule gracili recto, viz ad apicem uncinato, pulchre pin- nato, ramis rectis, laxis, supremis tantum ad apicem paullulum recur- vatis; foliis minoribus, rameis squarrosulis. ** var. elatum Schp. Sterile sulle rocce dolomitiche della Forcella piccola; alt. 2225 m. Varietà ben distinta dal tipo e non ancora rinvenuta entro i confini italiani. 85. C. commutatum (Hedw.) Roth. - Grandi esemplari sterili nelle aeque del Musigo presso Chiapuzza , 975 m.; lungo il Salvela sul M. Antelao, 1500 m. (l'esemplare di questa località, secondo il Roth, costituiscono una forma di transizione a C. irrigatum); lungo i ruscelli a Mondeval, 2200 m., di questi, secondo il Roth, alcuni sono tipici, altri seguano gradi di passaggio a C. irriga- tum, e altri a C. subsulcatum. 86.* €. falcatum (Brid.) Roth. | Con sporogonii scarsi sulle rocce umide nel Musigo presso Chiapuzza, 920 m.; sterile lungo il Salvela sul M. Antelao, 1500 m., (l'esemplare di questa località fa passaggio , secondo il Roth, a C. irrigatum) nelle acque correnti del Musigo a 975 m., sulle rupi dolomitiche umide della Forcella piccola, 2225 m., e dei Lastoni di Formin, 2500 m. 87. €. suleatum (Schp.) Roth. Frammenti sterili fra altri muschi sulle roe cella piccola, 2225 m. e sul M. Penna fra 2000 e 2190 m. 88. C. subsuleatum (Schp.) Roth. Sterile sulle rupi dolomitiche della Forcella 89.** C. irrigatum (Zett.) Roth. Con pochi frutti nelle aeque correnti 975 m.; sterile lungo i ruscelli a Mondeval, 2 ce dolomitiche della For- piccola, 2225 m. del Musigo presso Chiapuzza; 200 m. Il Roth riferisce 504 G. ZODDA l'esemplare del Musigo alla var. virescens di C. commutatum; varietà che io, dietro esame di esemplari da me posseduti, ritengo come sino- nimo di C. irrigatum, conformandomi in ciò al Limpricht (*); anzi ri- tengo che sarebbe meglio ritenere questa specie come varietà di C. fal- catum non differendone veramente che per l'apice fogliare slargato e non acuminato; gli altri caratteri distintivi degli organi vegetativi pre- sentando numerose forme transitorie e nessuno essendovene fra gli or- gani di riproduzione. 90. Campylium protensum (Brid.) Kindb. Sterile, nel bosco sulla destra del Boite di fronte Chiapuzza, 980-1000 m., e sulle rocce dolomitiche della Forcella piccola, 2225 m.; nell’ ul- - tima località commista a Distichium capillaceum. Già noto per diversi luoghi del Trentino. 91. C. stellatum (Schreb.) Bryhn. Sterile sulle rupi sul M. Antelao lungo il uses 1500 m. Forma graeilescens Roth. Sterile sulle rupi dolomitiche dei Lastoni di Formin. 2500 m.; è piut- tosto una forma biologiea, che deve i propri caratteri peculiari a parti- colari condizioni edafiche, difatti suol mostrarsi qua e là col tipo per tutta l’area di distribuzione di essa, a meno in Europa. Dei saggi di questa specie conservati nell’Erbario di questo Orto Botanico, molti pos- sono riferirsi a questa forma, provenienti da paesi differenti come Nor- vegia e Svezia, Svizzera, Germania ecc. 92. Drepanocladus uneinatus (Hedw.) Warnst. Sterile sulle rupi dolomitiche a S. Vito, 1050 m. * var. subsimplex Warnst. Sterile sulle rupi del M. Penna, 2000-2190 m. e al Campo di Rutorto (dal M. Pelmo), 2000 m. Il signor Roth stima che su questi esemplari possa istituirsi una va- rietà filiformis distinta per i seguenti caratteri: cauli densamente sti- pati in cespuglio, eretti, quasi privi di rami o con rami assai corti. — Dal canto mio, esaminati attentamente numerosi individüi di questi esem- TARE RE SACE \ (') Op. cit., vol. III, pag. 442, x x $ + 5 tu E, a A E E SE E "ét "Re E i ow Qr BE E S EE EN Equine ho DEE ET -F per 2 EE PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 505 plari, mi sono convinto che essi possono ascriversi alla varietà subsim- Dez del Warnstorf. Questa varietà infatti possiede le foglie con orec- chiette poco o niente distinte alla base, ma con cellule alari differen- ziate, come appunto le presentano gli esemplari sopraddetti; la ramifi- cazione presenta i medesimi caratteri del tipo; soltanto i cespuglietti non sono così densi. Non differiscono dalla varietà subsimplez del Warn- storf che per le foglie lunghe in questa 1,8-2 mm., mentre negli esem- plari, esaminati da noi, sono lunghe 3 a 3,5 mm. come nella forma tipica. " var. plumosus Schpr. i Sterile nelle abietine a Giau, 1850 m. e sulle rocce dolomitiche della Forcella grande, 2250 m. Possiedo esemplari di questa varietà raccolti E dal Levier nel Piemonte. | 93."* Drepanocladus purpurascens (Limpr.) Roth. var. Rotae (DNtrs.) Limpr. Sterile nel Lago delle Baste a Mondeval, 2277 m. Questa specie mi risulta nuova per tutto il Veneto. Esemplare determinato dal Bottini. NRI di ni M M | (LM Gi A Dm än d Kan Gë, Kam: i Kë at de M l Vu / jy = FG, 1. Base di foglia caulina di Fo, 2. Base di foglia caulina di Cal- K- Calliorgon giganteum (Sehp.) Kindb. liergon giganteum (Schp.) Kind. v. lep- 2 totus Zodda, 94.* D. exannulatus (Gümb.) Warnst. | d Esemplare sterile lungo i ruscelli a Mondeval, 2200 m. Secondo il 5 - Roth, di quest'esemplare potrebbe istituirsi una forma brevifolia, ma a ... me non pare doverla tenere distinta poiché molte foglie sono egualmente ` lunghe come nel tipo, mentre altre sono appena un poco più corte. SCD, Calliergon giganteum (Schp.) Kindb. v. leptotus Zodda nova var. 506 G. ZODDA Differt a typo caule valido, em. 40-50 et ultra metiente; ramis rigidis, dense foliosis; foliis dimidio latioribus, caulinis late cordatis , auriculis rectis et, ratione laminae, parvis magis decurrentibus; rameis valde con- cavis, apice rotundato, egregie denticulato. di Raccolto nelle acque correnti del Musigo presso Chiappuzza ; altezza È 975 m. HYPNACEAE. 96. Isopterygium depressum (Bruch.) Mitt. Sterile in luoghi umidi lungo il Salvela sul M. Antelao a 1500 m. 97. Brepanium Sauteri (Br. eur.) Roth. Piccolo esemplare con sporogonii; nei boschi del Musigo presso Chiap- puzza, 920 m.; determinato dal Roth. i 98.* D. cupressiforme (L.) Roth. var. elatum (Br. eur.) Grande esemplare sterile -nel bosco sulla destra del Boite di fronte a Chiapuzza, 980-1000 m. ; . 99. Ctenidium molluscum (Hedw.) Mitt. ; ' Grossi esemplari nel bosco sulla destra del Boite di fronte a Chia- puzza, 980-1000 m., e sul M. Penna, 2000-2190 m.; frammenti sterili com- misti a Fegatella conica sul M. Penna suddetto, e commisti a Bryum pseudotriquetrum sul M. Antelao lungo il Salvela, 1500 m. "* var. condensatum Schp. Sterile, commisto a Tortella tortuosa var. fragilifolia, nel bosco sulla 2 destra del Boite di fronte a Chiappuzza; alt: 980-1000 m. ** var. gracile Boul. ; Sterile; sulle rocce dolomitiche della Forcella grande, 2250 m., © nel bosco sulla destra del Boite di fronte a Chiapuzza. Varietà nuova per il Veneto 100. Limnobium palustre (Huds.) Br. eur. S Con sporogonii sulle rocce dolomitiche del M. Penna 2000-2190 m.* . della Forcella grande, 2250 m. var. subsphaeriearpon (Schleich.) Br. eur. Esemplari eon frutti abbondanti, commisti a Rhynchostegium rusciforme var. lutescens, nelle acque correnti del Musigo presso Chiapuzza; 975 ni PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 507 ** var. julaeeum Br. eur. (det. Roth.). Con frutti sulle rupi dolomitiche del M. Penna, 2000-2190 m. 101. Hypnum purum L. ; Sterile, un solo frammento fra Ctenidium molluscum nel bosco sulla . destra del Boite di fronte a Chiapuzza, 980-1000 m. 102. H. Sehreberi W. Di molte località e spesso in grandi esemplari, ma sempre sterili: nel bosco sulla destra del Boite, 980-1000 m., sulle rive del Musigo, 975 m., nei boschi di Giau, 1850 m., sul M. Patti 2000-2190 m. e sulla Punta della Poina 2000-2225 m. 103. Hylocomium triquetrum (L.) Br. eur. Anche questa specie sembra comune, poichè fu spool dal Pampanini in molti luoghi e spesso in esemplari ampii. Frammenti lungo le rive del Musigo a 975 m. esulla Punta della Poina 2000-2250 m.; buoni esem- “plari nel bosco sulla destra del Boite, 980-1000 m., nei boschi di Giau a 1850 m., nelle boscaglie del M. Penna, 2000-2190 m. e quivi commisto eon Hylocomium splendens, e infine sulle rupi dolomitiche della For- cella, 2225 m. 104. H. pyrenaicum (Spruce) Lindb. Frammenti sterili sulle roece dei Lastoni di Formin a 2500 m. 105. H. splendens (Hedw.) Br. eur. Grandi esemplari sterili sulla destra del Boite fra 980 e 1000 m., sulla Punta della Poina, 2000- 2225 m.; nelle boscaglie del M. Penna, 2000-2190 m. e quivi commisto a Hylocomium triquetrum; frammenti sterili sulle rocce dolomitiche a Forcella piccola, 2225 m. SFAGNI. 106.* Sphagnum acutifolium Ehrh. var. purpureum Schpr. Sterile e raccolto nei prati paludosi del Campo di Rutorto nei dintorni di S. Vito Cadore. Nel veneto lo si conosceva unicamente del laghetto di Tarzo, ove era stato scoperto dal Saccardo o (!) Saccarpo, Musci Tarvisini; pag. 98; Patavii, 1872. 508 G. ZODDA EPATICIIE. JUBULOIDEAE. l.' Cololejeunia echinata (Hook) DT. et Sarnth. Scarsissimi frustuli sterili quasi nascosti fra altri muschi sul M. An- telao lungo il Salvela, 1500 m. La si conosceva, per il Veneto, soltanto del Veronese (Massalongo). SCAPANIOIDEAE. 2.' Seapania aequiloba (Sehwügr.) DM. Con colesule e commista a Cfenidium molluscum, nel bosco sulla destra ` ge del Boite, 980-1000 m. e sul M. Penna, 2000-2190 m.; l'esemplare di que- st'ultima località fu determinato dal chiarissimo Karl Müller. 3. S. eurta (Martius) DM. Scarso esemplare sterile, sulle rupi dolomitiche dei Lastoni di Formin, 2500; anche questo determinato dal Müller. È indicato dal Massalongo per il Veneto, ma senza località (1). Leeds 4” Blepharostoma triehophyllum (L.) DM. Sterile sulle roece dolomitiche ai Lastoni di Formin, 2500 m. ed E e sulla Punta della Poina, 2000-2225 m. TRIGONANTHEAE. 9. Calypogeja Trichomanis (L.) Corda. Sterile e scarsissimo frustulo fra altri muschi; sulla Punta della Poina 2000-2250 m. () Hepaticologia veneta in Atti Soc Ven. Trent., vol. VI, anno 1879, pagi 17. — PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 509 EPIGONIANTHEAE. 6." Lophoeolea minor Nees (?). ` Spedii l’unico e scarso frammento sterile, raccolto -dal Pampanini sulle rocce dolomitiche della Forcella piccola, 2225 m., al Dott. K. Müller, per ottenere la conferma della determinazione, che ne avevo fatta; ma egli, stante l’esiguità dell'esemplare, me lo restituì dopo avere aggiunto un interrogativo al nome specifico. Era già noto per il Veneto, ma per il Trentino non se ne conosceva che la sola località di Arco (Diettrich- Kalkhoff sec. Matouschek) ('). 7. Plagiochila asplenioides (L.) DM. Sempre sterile; nel bosco sulla destra del Boite, 980-1000 m.; lungo il Musigo, 975 m.; sul M. Penna, 2000-2190 m. e sulle rupi dolomitiche sulla Forcella piccola, 2225: m., sulla Forcella grande, 2250 m. e sui Lastoni di Formin, 2500 m. " var. major (Nees) Got., Lindenb. et Nees. Sterile anch'essa, nel bosco sulla destra del Boite, 980-1000 m. 8.' Sphenolobus minutus (Crantz.) Lindb. Sulle rocce dolomitiche sulla Punta della Poina, 2000-2225 m.; determi- nato dal Dott. K. Müller. 9'* S. Michauxii (Web.) Lindb. Frammenti scarsissimi, da me stesso determinati e confermati. nella determinazione dal Müller, provenienti sulla Punta della Poina, 2000-2250 m. É specie non ancora conoseiuta per il Trentiuo. 10. Lophozia lyeopodioides (Wallr.) Cogn. | Sterile sulle roece dolomitiche ai Lastoni di Formin, 2500 m. Sco- perta in precedenza nel Bellunese sul M. Borea dallo Spegazzini (°). 11.** L. Floerkei (W. et M.) Schiffn v. squarrosa Nees. Sterile sulle rocce dolomitiche dei Lastoni di Formin, 2500 m. La va- E: ` rietà era conosciuta dell'Italia settentrionale, ma non per il Veneto. —————— — (9) MarouscHEK, Briologischen Notizen aus Tirol. ecc. in Hedwigia, B. ^ E. €) MassaLonco, Repertorio Epaticol. Italiano in Atti Istituto Bot. Roma; vol. II, pag. 108. 510 G. ZODDA 12* L. quinquedentata (Web.) Cogn. Esemplari abbondanti ma sterili nei boschi di Giau, 1850 m. 13. L. turbinata (Raddi) Steph. Sterile nelle aeque del Musigo, 975 m.; e nelle rocce dolomitiche sui Lastoni di Formin. Era già stata scoperta nel Bellunese sotto la forma. corcyrea dal Saccardo ('). 14. Aplozia riparia (Tayl. DM. Sterile in grandi esemplari sul M. Antelao lungo il Salvela, 1500 m. ** var. potamophila (J. Müll.). Nelle aeque correnti del Musigo presso Chiapuzza, 975 m. Varietà biologica di maggiori proporzioni della forma ups da nes- sun autore citata per l'Italia. 15.** A. atrovirens (Schleich.) DM. v. sphaerocarpoidea (DNS Mass. uti I. pumilae varietas. (?). Sterile ed esiguo frammento sulle rocce dolomitiche della Forcella pie. cola 2225 m. — Esemplare troppo esiguo per una sicura determinazione . e per giunta sterile. Avevo determinato quest'esemplare . nel modo come sopra, ma poi per le cellule quasi rettangolari della base delle foglie. come A. riparia. Per essere sicuro mandai l'esemplare al chiar. K. Mül- ler, da cui mi fu rimandato come A. pumilu? Intanto è da scartare che appartenga a questa specie, non fosse altro che per la natura dolomitica ` del suolo, su eui fu raccolto quest'esemplare e su cui è tuttora aderente; mentre lA. pumila è universalmente nota come silicicola. Se poi la pe- à euliare forma delle cellule basali delle foglie mi spinse per un momento ` a ritenerla, come forma di A. riparia, d'altra parte il portamento e le dimensioni piecolissime di esso ii hanno persuaso a mantenere la prima. determinazione da me fatta. Probabilmente trattasi di una forma di pas- saggio tra le due specie atrovirens e pumila, così affini e così comune- mente confuse allo stato sterile anehe da epatologi provetti. S (!) BizzozERO, Op. cit. pag. 220. ‘PRIMO CONTRIBUTO ALLA BRIOLOGIA DELLA PROV. DI BELLUNO 511 CODONIOIDEAE. 16. Pellia Fabroniana Raddi. 3 Rupi dolomitiche umide lungo i ruscelli del Musigo presso Chiapuzza, S .975 m.; parecchi esemplari sterili, che ho determinato unieamente in base alla natura chimica del substrato. EN MARCHANTIACEAE. —. ]7.' Chomioearpum quadratum (Scop. Lindb. = Preissia commutata) Nees. ; . Con frutti giovani, sulle rupi dolomitiche del M. Penna, 2000-2190 m. 18. Fegatella eoniea Raddi. = Sterile sul M. Antelao lungo il Salvela a 1500 m. , sul M. Penna, 2000-2190 m., sulla Forcella grande, 2250 m.; ovunque sopra rocce do- lomitiche umide. | Messina, R. Istituto Botanico, febbraio 1908. Li Pror. G. B. DE TONI MATTEO LANZI Dopo una lunga vita, tutta dedita alla famiglia, ai doveri professio- nali, alla scienza si spense ai 27 gennaio di quest’ anno il dottor Mat- teo Lanzi, medico e libero docente di micetolugia nella R. Università di Roma, dove era nato ai 24 Luglio 1824. Dall’ esempio del padre suo, Giuseppe, appassionato perito del giar- dinaggio e di flora (*) ed amico del professore Ettore Rolli, il qun Matteo fu attratto allo studio della Botanica ed appartenne a q onoranda schiera di studiosi, che fatte oggetto di ricerca le plua in- feriori, diede all’ Italia quell’ importante ed utile collezione che è l'Er- bario Crittogamico italiano , appartenne a quella schiera della quale , scomparsi il De Notaris, il Castracane, il Gibelli, il Cesati, il Gennari, il Piccone, lo Strafforello e tanti altri, rimangono solo pochi superstiti e tra essi il venerando abate Carestia, il Saccardo , Y Ardissone , 'il Ba- glietto, l’ Arcangeli. Matteo Lanzi limitò le proprie osservazioni alle Tallofite , dele parte del suo tempo ai Funghi, parte alle Diatomee. Egli si occupò in particolare dei Funghi della provincia di Roma ; del Fungo della Fe- rüla (Pleurotus Eryngii DC. var. Ferulae) del quale diede una buona illustrazione (1873); dell’ origine e natura dei batterii, in occasione del Congresso internazionale botanico in Firenze (1874); dei batterii paras- siti di funghi (1876) e di alcuni altri patogeni (1876, 1883); dell'Aga- ricus tumescens Viv., che credette potersi riferire al genere Entoloma Fr. (1881); dei funghi. commestibili in rapporto all' igiene , volgariz- zando alcune cognizioni sull’ importante questione dei funghi velenosi .. (9 Cfr. Saccardo P.A., La Botanica in Italia. Materiali per la storia a di questa scienza, parte BE pag. 61 (Memorie del Reale Istituto Ven di scienze, lettere ed arti vol. XXVI, N. 6, Venezia 1901). MATTEO LANZI . 513 ed insistendo sulla necessità d'una sorveglianza rigorosa alla vendita di essi (1889), ritornando più tardi, nel 1897, sullo stesso argomento con una Memoria intorno ai Funghi nocivi; dell'Agarieus algeriensis Fr., del quale segnala la presenza in Anzio (1893). Dei Licheni si occupò esaminando una specie del Colosseo , della quale descrisse gli apotecii, gli aschi e le spore, contribuendo in tal maniera a definire meglio la collocazione di questa crittogama nel si- stema (Placodium albescens Kürb.). - Per lo studio della Diatomee, il Lanzi ebbe una particolare predile- zione al punto che ben volentieri aveva aderito a collaborare, ormai più che ottuagenario, alla Flora Italica Cryptogama, pur restringendosi ad esplicare la sua operosità nel gruppo delle Synedra, come egli mì scriveva da Roma il 28 febbraio 1902: « Di buon grado accetto di col- laborare alla futura edizione della Flora crittogamica italiana per le Diatomee è La ringrazio del pensiero avuto di rivolgersi anche a me ». Al buon esito di questa offerta davano affidamento i numerosi e sva- riati scritti del compianto collega tanto sulle Diatomee viventi nell'acqua dolce e marina, quanto sulle Diatomee fossili. Al Lanzi devonsi infatti aleune memorie sulle ‘Diatomee lacustri (lago di Traiano, Bracciano , Cotronia) e parecchie note sulle Diatomee fossili, d'aequa dolee, e ma- rina come risulta dall’ elenco bibliografico. Tra le pubblicazioni diatomologiche di Matteo Lanzi una merita di essere particolarmente segnalata, quella che tratta sull'endoeroma delle Diatomee (1885); in questo lavoro egli espresse l'opinione che nelle Diatomee, oltre alla formazione di auxospore « possa eziandio avvenire un altro modo di moltiplicazione , sia per scissione dei. feoleuciti, sia per libera formazione di cellule che in seguito divengono spore agame. nate per endogenia, analogamente a quanto accade in alcune altre Alghe e nei Funghi ascosporei ». Il Lanzi con queste sue affermazioni veniva a dare appoggio al Ca- stracane il quale fino dal 1869 aveva gettato le prime fondamenta a quella che il Deby chiamò poi chère théorie della riproduzione per mezzo di germi o spore, teoria su eui il Castraeane, più tardi, voleva basare la classificazione delle Diatomee desunta dalla blastogenesi. 34. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. 514 G. B. DE TONI H Come si è verificato oggi quell’augurio, che, nel redigere la biografia di quell’ insigne diatomologo (') io espressi otto anni or sono: La clas- sificazione biologica delle Diatomee recherà in piena luce il nome del Castracane, primo e strenuo sostenitore di essa ! Chè ai pochi e mal creduti, anzi quasi scherniti E che ae-. cedevano più o meno davvicino con le loro osservazioni a quelle del Castracane (Wallich J., Newton Coombe, Macchiati, De Toni, Lanzi, ece.) ` vengono ora a dar ragione gli studii di recentissimi autori, di guisa che i fatti da poco tempo stabiliti , come giustamente osserva il Pera- ` gallo (*), danno ragione al Castracane, morto avanti di aver goduto del trionfo delle sue idee, trionfo al quale il Lanzi stesso, nel commemorare al 16 aprile 1898 all’ Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei il suo il- lustre collega, preconizzava affermando di « non credere lontano il giorno in eui nuove e più coneludenti osservazioni giungeranno a per- - suadere gli stessi suoi oppositori » ! | Matteo Lanzi si occupò dei suoi prediletti studii fino a quando la salute, ormai resa malferma dalla avanzata età, glielo permise e ne diè prova col suo ultimo scritto sulle sporule delle Diatomee stampato nel 1905. | i Meno fortunato del Castracane, morto pochi giorni dopo aver presen- tato alla detta Accademia uno scritto sull'autoredenzione delle terre povere, da qualche anno il Lanzi viveva ritirato e tranquillo; ma a lui possono rivolgersi le stesse parole che egli dedicava al suo illustre e pur compianto collega : Cittadino si mostrò fornito di carattere nobile, elevato, di specchiata integrità, gentile, buono ed affabile con tutti, amante a preferenza di trattare con persone colte e dotte! ` (1) Cfr. De Toni G. B., Commemorazione del conte ab. Francesco Castra- — cane degli Antelminelli. Roma 1899; Padova 1900. (°?) H. PERAGALLO, Sur la gnii des spores des Diatomées. (Bull. Soe. biol. d'Arcachon 1904- 1905; Microgr. prépar. XIV, 1906, n. 4, pag. 145-162). | MATTEO LANZI 515 PussLicazioni Di MATTEO LANZI. Il polviscolo aereo. Osservazioni (Arch. di Medie. Chir. ed Igiene vol. V; Roma 1871, C. Bartoli, 8°). i I militari vajuolosi curati nell’ Ospedale di S. Spirito negli anni 1871 e 1872. Roma 1872. Il Fungo della Ferula, con una tavola colorata. Roma 1873, C. Bar- toli, 4°. Sulla origine e natura dei Batteri. Tema XIV proposto al Congresso internazionale botanico tenuto in Firenze nell’anno 1874. Roma 1874, Tipografia Romana, 8°. Il miasma palustre (in collaborazione con Guglielmo Terrigi) Roma 1875 Alcune Diatomacee raccolte in Fiesole (N. Giorn. Botan. ital., vol. VII, pag. 153-155; Pisa 1875). l Batteri parassiti di Funghi. Osservazioni (N. Giorn. botan. ital. vo- lume VIII, pag. 256-261; Pisa 1876). Le Diatomacee raccolte dalla spedizione della Società geografica italiana in Tunisia (Bollett. Soc. Geogr. Ital., vol. VIII, fase. I; Roma 1876). La malaria ed il clima di Roma; Roma 1877. , Le thalle des Diatomées, avec 1 planche. (Ann. Soc. Belge de Micro- scopie T. IV, pag. 5-14; Bruxelles 1878). Diatomee raccolte in Ostia (Atti Soc. aa ital., vol. I, pag. 25-32; Milano 1878). Alcune parole in risposta al Sig. P. Petit. (Brebissonia I, pag. 129; Paris 1879). Utilità dello studio delle Diatomee (R. Accad. Med. di Roma, seduta 28 Decembre 1879; Roma 1880). Sul Placodium albescens Körb. del Colosseo. (Atti Accad. Pont. N. Lincei, anno XXXIIl, sess. V del 18 apr. 1880; Roma 1880). Le malattie diffusive e gli ospedali. Roma 1880. Le Diatomee fossili di Tor di Quinto (Atti Acead. Pont. N. Died: anno XXXIV, sess. V del 24 apr. 1881; Roma 1881), — Le Diatomee rinvenute nelle fonti urbane dell Acqua Pia Marcia (Atti 516 G. B. DË TONI Accad. Pont. N. Lincei, anno XXXIV, sess. VI del 12 giugno 1881; Roma 1881). i L’ Agaricus tumescens Viv. Nota (Atti Accad. Pont. N. Lincei, anno XXXIV, sess. II del 16 genn. 1881; Roma 1881). Il parassita del morbillo. (Bollett. R. Accad. Medica di Roma vol. IX, n. 7; Roma 1883). Le Diatomee raccolte nel Lago di Bracciano (Atti Acead. Pont. N. Lincei anno XXXV, sess. VI del 21 maggio 1883; Roma 1883). Le Diatomee rinvenute nel lago Traiano, nello stagno di Maccarese e loro adiacenze (Atti Soc. crittog. ital., vol. III, disp. 3; Milano 1884). Fungi in ditione florae romanae enumerati (Annuario R. Ist. Botan. di J. Roma, anno I, 1884, pag. 89-121, Roma 1885). | La forma dell'endocroma nelle Diatomee (Atti Accad. Pont. N. Lincei, anno XXXVII, sess. VI del 20 aprile 1884; Roma 1885). Le Diatomee fossili di Gabi (Atti Accad. Pont. N. Lincei, anno XXXIX, sess. V del 20 Aprile 1886; Roma 1886). È Le Diatomee fossili della cava presso S. Agnese in Via Nomentana (Atti Accad. Pont. N. Lincei, anno XXXIX, sess. VI del 16 Maggio 1886; Roma 1886). Le Diatomee fossili della Via Flaminia sopra la tomba dei Nasoni (Atti ' "Aeead. Pont. N. Lincei, anno XL, sess. I del 19 Dicembre 1886; Roma 1887). : . Le Diatomee fossili del terreno lano di Roma (Annuario R. Ist. Botan. di Roma, anno III, fase. I; Roma 1887). x Le Diatomee fossili del monte delle Piche e della Via Ostiense (Atti e Accad. Pont. N. Lincei, anno XL, sess. VII del 15 Maggio 1887; Roma 1888). I Funghi commestibili e l’ igiene (Bollett. della Commissione speciale d'Igiene dell'anno 1888; Roma 1888, Tip. R. Accad. dei Lincei, 8°). Il lazzaretto di S. Sabina pei cholerici nel 1887. Roma 1888. Le Diatomee fossili della Via Aurelia (Atti Accad. Pont. N. Lincei anno XLII, sess. III del 17 febbr. 1889; Roma 1889). sì Le Diatomee fossili del Gianicolo (Atti Accad. Pont. N. Lincei, anno XLII, sess. VII del 16 giugno 1889; Roma 1899). S MATTEO LANZI 517 Saggio di classificazione delle Diatomee secondo il sistema naturale (Atti Accad. Pont. N. Lincei, anno XLIII, sess. II del 19 gennaio 1890; Roma 1890). Diatomacearum naturalis et metodicae dispositionis specimen (Notarisia V, n. 19, p. 1017-1019; Venezia 1890). Le Diatomee fossili di Capo di Bove (Neptunia I, pag. 245-247; Ve- nezia 1891). Sull’Agaricus algeriensis (Atti Accad. Pont. N. Lincei, anno XLVI, sess. IV del 19 marzo 1893; Roma 1893). Presentazione di una Memoria del Dott. Vicentini [Della Leptothrix racemosa] (Atti Acead. Pont. N. Lincei, anno XLVI, sess. VII del 18 giugno 1893; Roma 1893). Le Diatomee fossili del Quirinale (Atti Accad. Pont. N. Lincei, anno XLVII, sess. VII del 17 giugno 1894; Roma 1894). I Funghi nocivi (Memorie Pont. Accad. N. Lincei, vol. XIII, pag. 147- 172; Roma 1897). I Funghi della Provineia di Roma (Memorie Pont. Accad. N. Lincei V, 1889 , p. 61-82, 153-167, 291-303, 3 Tav.; IX, 1893, p. 219-259, 2 Tav.). Commemorazione del eonte ab. D. Francesco Castracane degli Antelmi- nelli (Atti Accad. Pont. dei N. Lincei, anno LII, sess. V del 16 aprile 1899; Roma 1899). — Commemorazione del socio ordinario Prof. Giovanni Battista Carnoy (Atti Accad. Pont. N. Lincei anno LIIL, sess. V del 22 Aprile 1900 ; .. Roma 1900). La così detta farina dell'Amanita ovoidea Bull. (Atti Accad. Pont. N. Lincei, anno LV, ses. IV del 16 marzo 1902; Roma 1902). Diatomee del lago di Cotronia (Atti Accad. Pont. N. Lincei, anno LV, sess. VII del 15 Giugno 1902; Roma 1902). Funghi mangerecci e nocivi di Roma descritti ed illustrati (Mem. Accad. Pont. N. Lincei, X, 1894, p. 261-283, 2 Tav.; XII, 1896, p. 309-342, l Tav.; XIII, 1897, p. 301-344, 1 Tav. ; XIV, 1898, p. 269-311; XVI, . 1900, p. 23-49, 287-336 ; XVII, 1901; p. 183-232; XVIII, 1901, p. 135-184; XIX, 1902, p. 1-96, 2 Tav.). 518 See G. B. DE TONI | Considerazioni biologiche su le Diatomee, Atti Accad. Pont. N. Lincei, ; Anno LVI, sess. VII del 7 Giugno 1903; Roma 1903). S Serbatoi e canali laticiferi dei Funghi (Atti: Acecad. Pont. N. ue : anno LVI, sess. IN del 15 marzo 1903 ; Roma 1903). Diatomee contenute nel canale alimentare di Oloturie del Modi (Atti Ace. Pont. N. Lincei, anno LVII, sess. VII del 19 giugno” js 1904 ; Roma 1904). x Le oe delle Diatomee (Atti Accad. Pont. N. Lincei , anno LVII, sess. IV del 19 marzo 1905; Roma 1905). | Dorr. GIUSEPPE CAMPAGNA - Ricerche sulla disseminazione per uccelli carpofagi. Affinchè gli uccelli carpofagi possano riuscire mezzi disseminatori delle piante, sono necessarie due circostanze essenziali: l'una è che i semi, non ostante il lavorìo chimico-meccanico della digestione, conservino inalterata la loro capacità a dare la rispettiva specie vegetale; l’altra è che la natura del terreno, in cui il seme cade, e tutte le circostanze di ambiente che si svolgono intorno ad esso, siano propizie allo sviluppo di quello. Onde uno studio completo su questa maniera più comune di disseminazione ornitofila non può prescindere dall'indagine accurata delle suddette condizioni; ed allora soltanto esso può offrire utili dati a quel ramo di biologia vegetale, che tratta della diffusione delle piante. Però, le difficoltà che accompagnano l'una o l’altra serie di ricerche, sono del tutto differenti. Infatti, la qualità delle condizioni elimatolo- giche, con le quali potrà aver luogo il germogliamento, sta senza dub- bio in stretto legame colle abitudini di vita dell'uecello stesso; abitudini, che subiscono nella loro modalità variazioni diverse, spesso individuali, e dipendenti da cause, che possono sfuggirei con grande facilità. E nel caso poi di uccelli viaggiatori, bisognerebbe tener dietro alle loro mi- grazioni; cosa poco agevole e scarsa di risultati positivi, quando non venga congiunta ad una serie di indagini accurate e numerose. Se a ciò si aggiunge la necessità di determinare con esattezza la natura del clima e del suolo di un dato territorio, si vede quanto debba riuscire | complicato questo primo genere di ricerche, anche perché esse non pos- sono condursi pienamente dentro la sfera della nostra esperimentazione. Invece, è relativamente più facile constatare, se il seme defecato sia an- cora atto a germogliare o no. Il metodo più ovvio, quello che si pre- senta subito alla mente, è di affidare il seme a un terreno sufficiente- mente adatto e aspettare il nascimento della nuova pianta. Nel caso che abbia luogo lo sviluppo, è logico concludere che la vitalità del seme siasi 5090 - G. CAMPAGNA conservata, e la eonclusione serva come criterio per giudicare delle at- titudini disseminatriei dell’uccello posto in esame, acd Ma non è difficile che la prova abbia un esito negativo, come io ho potuto eonstatare in aleune mie esperienze, eseguite con questo metodo. Tale esito dipende senza dubbio dalla maneanza di uno o più fattori necessari allo sviluppo di un seme: esterni ad esso, e riferibili ad una certa dose di aequa, di ossigeno, di calore, talvolta anche di luce, alla ` x presenza di speciali sostanze nel terreno, all’ assenza di animali nocivi | al seme stesso; interni, e riguardanti lo stato dei tessuti che lo costi- tuiscono. Questo stato si riferisce al grado di vitalità dei tessuti stessi; la quale è di tutte quelle esigenze, senza dubbio, la più essenziale. Dif- | fatti, se essa vitalità è distrutta, anche l’optimum delle condizioni di ` suolo e di clima non può riuscire a determinare lo sviluppo del seme; mentre sappiamo, che allorquando esse sono ancora poco opportune, D germogliamento può differirsi ad un tempo successivo, cioè quand’ esse ` Se siano divenute più So purchè la vitalità necessaria siasi con- servata. Bé La sussistenza di essa vitalità è resa certamente possibile dalla strut- tura del seme. Poiché, se questa non lo rende capace di resistere agli ` agenti meccanico-chimiei della digestione, esso andrà soggetto ad alte- = razioni così profonde da esserne distrutto quasi in totalità; mentre non. ; subirà cambiamento di sorta il seme dotato di resistenza sufficiente. Ma potrebbe darsi anche che esso, pure restando in uno stato di apparente integrità fisica, venga chimicamente alterato in quella parte, ove si inizia lo sviluppo della nuova pianta, per un processo di penetrazione dei succhi gastrici attraverso i tegumenti seminali. In quest’ultimo GER Ouell apparente integrità potrebbe mentirci, ad un esame superficiale, ! permanenza nel seme della facoltà germinativa; e se d'altra parte Sì considera che non possiamo mai essere sicuri d'aver creato intorno ad esso in maniera esatta ogni modalità di terreno e di clima, indispensa- i bili al suo sviluppo, qual valore dovremo dare all’ esito negativo della |. prova? Il fallito germogliamento è dipeso dal difetto di circostanze in- . trinseche al seme? Comunque, potremo esser tratti a false conclusion; circa lattitudine disseminatrice di un uccello. Ad evitare siffatto dubbio, { si RICERCHE SULLA DISSEMINAZIONE PER UCCELLI CARPOFAGI 521 ‘sollevatosi diverse volte, durante le mie ricerche, ho ricorso ad un me- = todo che, studiando la letteratura della disseminazione, mi è dato ve- dere non sia stato ancora messo in atto. Io ho pensato di constatare = la presenza o l'assenza della vitalità del seme defecato mediante un VE Larsen PE nr esame micro-chimico. Questo esame ci renderà egualmente certi delle nostre deduzioni, se si ammette che la sola conoscenza dello stato ana- iomico delle parti embrionali e degli organi annessi basti per giudi- care della vitalità del seme, e se si pensa che la tecnica della miero- | scopia vegetale ci suggerisce mezzi opportuni e sicuri per siffatto esame. E Liberato il seme dagli involucri esterni, io praticavo delle sezioni sulla i : | parte isolata, costituita dall'embrione e dal suo albume. Le dette sezioni venivano lasciate in una soluzione acquosa di fuesina, la quale, come è : noto, fa assumere al protoplasma vivente una colorazione violetta. Se, oltre questa colorazione, notavo, una continuità degli elementi istolo- gici, e la mancanza di lesioni o di alterazioni nella struttura nucleare, io eoneludevo che le condizioni vitali della mandorla fossero perfetta- .. mente integre. 4 Per vedere poi quanto potesse influire sulla conservazione delle me- desime la struttura dello spermoderma, io eseguivo anche delle sezioni in toto del seme, previo rammollimento dello stesso in potassa caustica, «qualora fosse stato necessario, e ricorrendo spesso ai reagenti, per po- tere rilevare in esse la possibile esistenza del legno (1) o del sughero OC), Nè questa ultima ricerca m'é sembrata priva di interesse, giacchè è noto che i tessuti legnosi riescono permeabili ai liquidi; i quali nel caso nostro, trattandosi di suechi digestivi, non riuscirebbero innocui , se penetrassero nell’ interno del seme. I tessuti, invece, formati in mas- - sima parte da sughero, essendo esso impermeabile, costituiscono, quando E non vengano lesi dalle azioni mescaniche, uno strato, che difende il = seme dalle reazioni chimiche, che si svolgono nel tubo gastro-enterico, durante la digestione. Come vedesi, il metodo è semplicissimo e preferibile al primo, anche (1 Per la ricerca della lignina usai la floroglucina in presenza di acido cloridrico. aa ; () Per la suberina seguii il metodo del Buscalioni, usando il Sudan Ill. . per il fatto ch'è più abbreviativo, essendo necessario un tempo incom- ` . cune poche osservazioni nuove, a cui sono giunto seguendo il metodo 522 a. CAMPA NA È parabilmente minore per trarei alla conclusione finale; poichè, anche ` nei easi, in cui s'è quasi sicuri che il seme non abbia perduto la fa- eoltà di vegetare, l'attesa della nuova pianta richiede talora un tempo 5 assai lungo. | Queste ricerche, eseguite più che altro a titolo di saggio, furono fatte ` su semi evacuati da uccelli stazionarii o di passaggio nei dintorni di ` Messina, dei quali la maggior parte sono granivori con ventriglio poco . robusto. Di essi alcuni vennero tenuti in gabbia, alimentati con frutti ` di piante ben note; e le feci poi, esaminate con accuratezza. Altri in- vece furono uccisi nelle campagne. Nell'interno del tubo gastro-enterico io rinvenni spesso gran copia di semi, soprattutto poi nel gozzo e nel ventriglio. Ma, per dare maggior valore ai risultati dell’ esperimento , prescelsi sempre questi ultimi, come prossimi ad essere defecati. Prima di registrare i risultati ottenuti con l'esame micro-chimico, riferisco al comune degli autori. Esse mirano a far conoscere altri casi di dissemi- nazione avvenuta per uccelli carpofagi; ed io passo a registrarli enume- rando le piante studiate e mettendovi accanto (in parentesi) il nome ` del disseminatore OC). Crataegus oxyacantha L. (Merula nigra Leach., Monticula per D ex ipod Fragaria vesca L. (°) (Merula nigra Leach., Passer hispano Temm., Fringuilla coelebs L.). ( Per i nomi scientifiei degli uccelli ho seguito l'opera del Salvadori (che fa parte della Fauna d’Italia edita dal Vallardi) e n di V. oc rini, Avicula. Giorn. ornitologico italiano - Siena È) A. DE CANDOLLE (Origine des plantes cultivées , De: 161, Paris 1900) fa notare, a proposito di questa pianta, che la sua diffusione in qua tutto il mondo, si deve in principal modo agli uccelli, i quali probabi mente sono attirati dal colore e dalla squisitezza dei frutti. j RICERCHE SULLA DISSEMINAZIONE PER UCCELLI CARPOFAGI 523 Io credo che si deve alla piccolezza stessa dei semi, se alcuni di essi riescano a sfuggire all’azione meccanica del ventriglio. | Ficus carica L. (*) (Monticola cyanus L. ex Gesn., Garrulus glan- T darius L. ex Gesn. ). I semi venivano emessi colle feci tre ore dopo. A proposito di essi mi sembra si possa fare la stessa osservazione che per quelli di Fragaria. Myrtus communis L. (Merula nigra Leach. Monticula cyanus L. ex Gesn.). Olea europaea L. (°) (Zurdus musicus L. ex Schwenk). Opuntia Ficus-indica Mill. I semi di questa pianta venivano defecati dopo quattro ore circa dalla somministrazione dei frutti. —. Prunus avium L. (*) (Lanius auriculatus Müll, Pica rustica, Scop. ex Klein). Rubus discolor Weih: et Nees. (Merula nigra Leach., Sylvia atri- capilla L. ex Gesn., S. cinerea Bechst. ex Briss., S. melanocephala Salvi — — Č) A. DE CANDOLLE (op. cit., pg. 235) fa osservare, come l’abitazione spon- | .tanea dei Ficus siasi estesa in gran parte per effetto della dispersione dei semi operata dagli animali, attraverso il tubo digerente dei quali essi pas- sano inalterati. ( Secondo lo stesso (op. cit., pg. 223), molti individui. sorti spontanea- mente in diversi luoghi e che raggiungono un'età molto avanzata (più di mille anni) sono stati diffusi per opera dell’ uomo o degli uccelli in una epoca antichissima. ; i — () A proposito della distribuzione di questa pianta, il De Candolle (op. cit., pg. 164) osserva che a partire dalle regioni a mezzogiorno del Caspio edel Mar Nero, essa diventa piü rara e meno naturale; ed è assai proba- e: G. CAMPAGNA Certe ubicazioni del rovo (crepacci delle rupi, punte di rocce scoscese - ecc.) non potrebbero venire spiegate, se non si pensasse alla dissemina- 4 zione ornitofila. Viburnum Tinus L. (Merula nigra Leach, Monticola cyanus L. Gesn.). g Allo scopo di essere maggiormente sicuro, che l’ espediente da me posto qui in esame possa recar utile servizio nell’ importante studio dell ' disseminazione per uccelli carpofagi, ho voluto far delle prove prelim nari, congiungendo i due metodi, per vedere se essi conducessero alle medesime conclusioni. Infatti, sottoponendo all’ esame micro- chimico. semi del Rubus discolor Weih. et Nees, dell’ Olea europaea L., dell’ puntia Ficus-indica Mill. e del Crataegus Oxyacantha L., che tutti in vaso ‘erano germogliati, io potei eonstatare non solo l'integrità morfologic dei loro tessuti , ma anche quella biochimica ; colla quale si può log camente , in difetto di altra prova, dedurre che i detti semi erano in uno stato di perfetta vitalità. Questa doppia integrità si deve porre ir stretto rapporto con la natura dei tessuti seminali; essa è in gran parte l’effetto della protezione dovuta alla presenza in questi di tessuto sele- renchimatico legnoso. Ricerche altrui eseguite. sopra la anatomia dei semi surriferiti, hanno dimostrato infatti che essi contengono tutti une strato di tessuto fortemente indurito, il eui significato biolog gico è quello di servire come organo protettore del seme. Nel Rubus, e in quasi tut le Rosaceae, tale indurimento s'estende di solito all’endocarpio, ment il mesoearpo diviene carnoso e anche saporito. Il frutto acquista così una durezza press'a poco lapidea (Steinfrüchte) (*). Nell Olea la cuticu- larizzazione si estende alle pareti radiali delle cellule esterne dell 'endo- sperma, e essa spesso sostituisce la mancanza di uno strato protetto Ro) fori W. 0., Rosaceae (Engler und Prantl, Die natürlich. bes - fam., III. Theil, 3. Abtheil., p. 8-9). RICERCHE SULLA DISSEMINAZIONE PER UCCELLI CARPOFAGI 525 del tegumento del frutto (1. Nell’ Opuntia il seme maturo presenta uno strato di cellule che riveste l'enibrione, le cui pareti si mostrano molto grosse, e formano insieme una zona di tessuto schiacciato, in modo che Geib il lume cellulare è quasi scomparso e le diverse membrane si saldano in una falsa parete cellulare molto ispessita (°). Anche nel Crataegus la sclerenehimatizzazione della parete cellulare dell’ endocarpo raggiunge |. un così alto grado di spessezza, che il lume è notevolmente ridotto. Il b mesocarpo invece è costituito da tessuto parenchimatico (?). Dall'altro canto volli esaminare al microscopio alcuni semi di Bra- chychiton diversifolium Don., rinvenuti nell'intestino retto della Sylvia atricapilla L. Questi semi interrati in un vaso non germogliarono, e poi- chè non potei attribuire tal fatto a circostanze sfavorevoli di clima o di suolo, essendomi occorso altre volte di vedere numerosi esemplari di ` essa specie nell'ambito del viale, ove si trovano quelle del nostro Orto Botanico, io li giudicai in sul principio incapaci di resistere alle azioni = chimiche digerenti. Ma l’ osservazione microscopica mi fece constatare E n presenza di uno strato a cellule evidentemente sclerenchimatiche e ` ricche di lignina, che corrisponderebbe al terzo dei tre strati, nei quali Schumann distingue lo spermoderma del Brachychiton (*) Questo Au- tore parla solo dei earatteri della zona mediana, eh'é infiltrata da una ‘sostanza oleosa secreta dalle cellule che la formano, mentre tace sulla natura di quella interna, formata evidentemente da tessuto scelerenchi- "a TE | matico legnoso. E L'albume poi e l'embrione si mostrarono ricehi di protoplasma vivente. — . L'esame micro-chimico mi trasse quindi a conclusioni del tutto opposte | (‘ PrnorTA, Sulla struttura del seme nr « Oleaceae ». (Ann. del R. -. ]st. Bot. di Roma, vol. I, 1882, p. 1-48, «VI. P £) MoiTRM Age, Contributo allo So dell'anatomia del frutto e del EO seme delle « Opuntie ». (Atti Ist. Bot. della R. Univ. di Pavia, serie II, vol. GD. 59-67). E È Non essendo stata fatta nessuna ricerca sull'istologia dei frutti del Crataegus oxyacantha L., io mi penc di comunicare quanto prima i ; Bian ag mie osservazioni su di e (4) SCHUMANN, Slerculiaceae. (Engler de ‘Pranti, Die natürlich. Pflanzen- : fam, UI That '6 Abtheil, p. 78). 526 G. CAMPAGNA rispetto alla possibilità di una disseminazione per uccelli earpofagi ; mentre m'induce a pensare che il mancato sviluppo dei semi messi a germogliare sarà dipeso da cause estrinseche ad essi, cui non riuscii a poter determinare. : Assieuratomi dunque, sia nell'un easo come nell'altro, che il metodo . istologieo poteva eondurmi a risultati attendibili, io eseguii altre ri- cerche che qui riferisco. | E Celtis australis L. (Merula nigra Leach.). L' Engler (*) erede che la. polpa doleiastra dei frutti delle Celtidee induca gli uccelli ad ingoiarli. Fa inoltre notare, che i semi, per avere il loro involuero durissimo, re- sistono all’azione digerente. I frutti di mesy specie furono sommini- strati direttamente all’uccello. k | Coriaria myrtifolia L. (Merula nigra Leach.) L'emissione dei semi, avvenuta cogli escrementi , si verificava cirea quattro ore dopo la loro somministrazione. All'esame microscopico dello spermoderma notai che in questo si distinguono nettamente due strati: uno esterno costituito da cutina e sormontato da lunghi ed esili bastoncini cerosi, e uno in- ` terno sottile formato da tessuto legnoso. La protezione dell’ endosperma " vien data principalmente da quest’ ultimo strato; ma è probabile che | anche il primo vi contribuisca per il suo carattere d' impermeabilità ` (vedi Il’ incisione nella pagina seguente). L’ Engler (°) ritiene che lo strato epidermico del frutto giovi probabilmente come nutrimento. B certo però che la trasformazione dei sepali e dei petali in questa e cie contribuisca al richiamo degli uccelli. (') ENGLER, Ulmaceae, in Natürlich. Pflanzenfam., III Theil, 1. Abtheil., ome prova che le Celtidee possono essere disseminate dagli uc- celli, egli cita il fatto che molte specie di questa famiglia noi troviamo in. parecchie isole oceaniche, dove non potrebbero essere state importate da | altri agenti disseminatori. Sud E Coriarieae, in Natürlich. Pflanzenfam., III. Theil, 5. Abtheil, pg. 129). . > - y y M + ic o dr d S RICERCHE SULLA DISSEMINAZIONE PER UCCELLI CARPOFAGI 527 Daphne Gnidium L., (Merula nigra Leach., Monticola cyanus L. ex .. Gesn.) In un primo periodo della maturazione del frutto I esocarpo , l'endocarpo ed il tegumento seminale sono, secondo il Gilg (*), fra loro intimamente aderenti. In seguito l’esocarpo si ispessisce, assumendo una consistenza coriacea, che diviene poi polposa, molle, sicchè il frutto ac- | quista i caratteri di drupa. È in quest'ultima fase che può venir in- | goiato dagli uccelli, nonostante contenga dei prineipii velenosi. L'esame istologico del seme, raccolto nelle deiezioni intestinali degli uccelli posti in esperimento, mi fece rilevare la presenza di lignina nel tegumento | esterno. Sezione trasv. del seme di Coriaria myrtifolia. a, bastoncini cerosi b, strato cutinoso c, strato legnoso d, tessuto parenchimatico. : ; C. Verick. Oc. 2. Ob. 4. -Phytolacca decandra L. (Merula nigra Leach., Monticola cyanus L., Gesn.). Anche gli uccelli, nella loro piena libertà, mangiano i frutti i 528 G. CAMPAGNA della Phytolacca. lo ne rinvenni più volte i semi nel ventriglio del ` Passer hispaniolensis Temm. e della Fringilla coelebs Linn. Inoltre il fatto stesso che questa pianta è inadatta ad altre specie di dissemina- zione (anemofila, idrofila ecc.), parla in favore di quella per uccelli car- pofagi. Il pigmento rosso-bruno, che colora fortemente lo spermoderma P della Phytolacca impedisce, come già aveva osservato Harz (*), di consta- tare con sicurezza la presenza della lignina, per mezzo della reazione . col solfato di anilina, con la fluoroglucina e con l’acido cloridrico; giac- E ché essa lignina assume per queste sostanze una eolorazione simile ai quella che ha il pigmento suddetto. Tentando allora di scioglierlo me- — diante etere solforico o acido cloridrico o formalina, non potei mai rag- - giungere completamente lo scopo, poichè (il liquido, in cui era deposto il seme, pur cessando dopo parecchi giorni di assumere una leggiera - tinta rossastra) lo spermoderma mostrava ancora una spiccata pigmen- tazione rosso-vinosa. Donde mi sembra lecito dedurre la probabile esi- ` stenza in esso di almeno due sostanze coloranti, chimicamente diverse, - delle quali l'una venga disciolta nei liquidi suddetti, e l’altra no. Nono- ` ` stante però che la decolorazione non sia stata completa, potei osservare abbastanza chiaramente, al disotto della zona pigmentata, uno strato di cellule sclerenchimatiche, di cui fa menzione lo stesso Harz. 1 i Dalla porzione succolenta dei frutti della Phytolacca, come da altre. parti della stessa pianta, è stato estratto un principio (acido phytolae- S cico) ad azione eminentemente purgativa; ed io infatti constatai , che il seme veniva emesso dopo brevissimo tempo (un'ora circa). Dato questo, si deve attribuire alla presenza del tessuto sclerenchimatieo suddetto o all’azione di questa sostanza, il fatto che i semi sono indiscutibilmen defecati in buone condizioni? In realtà, potrebbe darsi anche che, per l’accresciuta peristalsi intestinale, gli agenti fisico-chimici della dige- stione, non abbiano tempo d'interessare il seme, anche quando esso P : eredo, a la sua struttura sia incapace di resistervi. Questa osservazione, possa estendere, del pari a tutte quelle piante, i cui frutti siano prov- () Hanz, Verholzungen bei hühern Pflanzen , speciell über das Vorkom- 1-31). o men von Lignin in Samenschalen. (Bot. Centr. Bd. XXIV, pg. 2 A z RICERCHE SULLA DISSEMINAZIONE PER UCCELLI CARPOFAGI 529 visti di principii drastici, a cagion dei quali l’ evacuazione dei semi si fa rapidissima. In tal modo potremo spiegarei come aleuni uccelli a ventriglio robusto, riescano a defecare integri semi che hanno tegu- menti relativamente poco ispessiti. Così, la possibilità della loro diffu- sione non riposa più sulla costituzione istologica dello spermoderma , ma è l'effetto della composizione chimica delle porzioni molli del frutto. Sarebbe perciò utile, nello studio della disseminazione per uccelli car- pofagi, una serie di ricerche tendenti a precisare quanta parte vi abbia tale natura chimica, ed in quali condizioni essa può giungere all ef- fetto suaccennato. Trachycarpus humilis Guy (Sylvia atricapilla Linn. ex Gesn.). L'i- stologia dei semi del Trachycarpus è stata minutamente studiata dal Beccari (1. Egli ha visto che l’ endocarpo è formato da cellule scleren- chimatiche a pareti molto spesse e canaliculate, le quali evidentemente proteggono la mandorla. : Vitis vinifera L. (°), (Merula nigra Leach., Monticola cyanus Linn. ex Gesn., Garrulus glandarius Linn. ex Gesn.). L'esistenza d'un ispes- simento sclerenchimatico della primina è stata notata dal Penzig (°). Anche qui tale ispessimento funziona come strato difensivo del seme. R. Orto Botanico Messina, Dicembre 1907. &) BEccARI, Note anatomiche sul frutto del Trachycarpus Webbii , 1905, 2. O Che la vite possa venir disseminata dagli uccelli l’ aveva già notato il DC. (op. cit., p. 152), ìl quale anzi ritiene che tale disseminazione do- vette essere assai importante nella diffusione della vite (3) Penzie, Anatomia e Morfologia della vite. (Archiv. del Labor. di Bot. Crittogamica, vol. IV, p. 141-146, tav. I-V, 1882). 35. Malpighia, Anno XXI, Vol. XXI. Dorr. SEBASTIANO NIZZA A proposito di una critica del Dott. G. Pollacci alla pubblicazione dal titolo: Il problema dell’aldeide formica nelle piante. Il Dott. G. Pollacci pubblicava nel 1907, negli Atti dell'Istituto Bo- tanico dell’Università di Pavia — Serie II, vol. XII — una nota dal titolo: « Critica alla pubblicazione del Dott. S. Nizza intitolata : Il pro- blema dell’aldeide formica nelle piante ». ‘ Il suddetto Autore mette in dubbio la verità delle conclusioni stam- pate nella Malpighia — Anno XX, vol. XX — servendosi di alcune con- siderazioni inerenti al reattivo di Voisenet. Egli dice, in primo luogo, che il reattivo di Voisenet non è affatto adatto per la ricerca del for- molo in tessuti così complessi come sono quelli della pianta. In ordine a questa affermazione tengo a dichiarare che le mie esperienze, eseguite ‘nel laboratorio di botanica dell'Università di Catania, furono fatte anche sui distillati di molte foglie, senza ch'io abbia riscontrato il minimo accenno alle colorazioni formaldeidiche di Voisenet e di Rimini; ma da esperienze, fatte in seguito alla pubblicazione della suddetta critica, ho dovuto constatare coi distillati di alcune foglie (Arum italicum, Iris ger- manica) la colorazione tipica della formaldeide, e col reattivo di Voise- net e col reattivo di Rimini, quando però le foglie stesse — prima di essero distillate — furono tenute col picciuolo immerso in una solu- — zione all'l */, di formolo al 40 °/,. Come vedesi — a me pare — de se una foglia si pone in grado di contenere anche tracce di formaldeide, questa ci viene confermata — previa distillazione — e col reattivo di Voisenet e col reattivo di Rimini. Fino ad un certo punto il Dott. Pollaeei ha ragione di dire che il reattivo di Voisenet non è adatto per la ricerca del formolo in tessuti ` complessi come sono quelli delle piante, ma soltanto quando si fa agire - i ; x Ve K A PROPOSITO DI UNA CRITICA, ECC. 531 il reattivo direttamente sul materiale vivo, poichè si potrebbe supporre che il pigmento clorofilliano, misto ad altre sostanze contenute nelle foglie; mascherasse la caratteristica colorazione formaldeidica. Non al- trettanto possiamo dire invece operando sui distillati, dappoichè è facile vedere che l’aldeide formica, qualora esistesse nelle foglie, sarebbe una fra le prime sostanze che distillano; e non e 6 quindi ragione di cre- dere che anehe in questo secondo caso il reattivo di Voisenet non è adatto alla ricerca del formolo. Un secondo punto della critica con- siste nel richiamare alla mente del lettore le parole del Voisenet: e La plupart des aldehydes ne donnent pas cette réaction ...... Toute- fois T aldéhyde, salicylique et d'autres aldéhydes phénols donnent cette réaction ». e Il Pollacci con ciò vorrebbe dimostrare la impossibilità delle mie con- clusioni, poichè, mentre ci dà nota la presenza dell’aldeide salicilica nel legno di molte piante, ha il dubbio che le colorazioni caratteristiche da me trovate coi distillati di rami legnosi, siano dovute non all'aldeide formica, ma all’aldeide salicilica. Il suddetto Autore però ha tenuto conto soltanto del reattivo di Voi- senet, senza preoccuparsi del reattivo di Rimini, che, come ho detto nella mia pubblicazione, è il più sensibile fra i reattivi adoperati sino a pochi anni addietro per la ricerca del formolo. Col reattivo di Rimini laldeide salicilica dà una colorazione giallo-arancione, che non ha nulla a che fare colla colorazione rosso-viva da me ottenuta e che è specifica della formaldeide. Il Pollacci infine asserisce che il reattivo di Rimini è quello che per varie cause ha dato meno buone prove degli altri , adducendo il fatto che basta mettere il solo acido eloridrico concentrato — che entra nella costituzione del detto reattivo — in contatto di diverse sostanze orga- | niche, per ottenere la colorazione rosso-viva data come caratteristica per laldeide formica. È da notare però che nelle mie esperienze di Catania col reattivo di Rimini, ho avuto l’ accortezza — quando ho. riscontrato la colorazione rosso-viva — di ripetere i saggi o col solo acido clori- drico, o col cloridrato di fenilidrazina, o col cloruro ferrico, oppure con ‘due di queste sostanze in modo da non completare il reattivo di Rimini, 532 Ss CT ed ho ottenuto sempre in questi easi una colorazione diversa dalla rosso- viva. Soltanto pel caso dei petali di Viola tricolor ho avuto la colora- ` ` zione rosso-viva anche col solo acido cloridrico, e di ciò ho dato la spiegazione nella mia memoria. Naturalmente questo fatto poteva pas- sare inosservato facendomi cadere in errore, se io non avessi operato con | quelle cautele precedentemente esposte. Pescia, Febbraio 1908. (GW bein rt e Ee AT dree TMT) iaia RETE, + 4 n x Wad E Ne EN 4c Ur wat "i D." GIACOMO SIRACUSA JANNELLI Sopra aleune interessanti anomalie vegetali. (con Tav. V). Per solito l’ enumerazione delle anomalie vegetali riesce di scarsa utilità, trattandosi molte volte di forme accidentali, difficili ad interpre- tarsi, dovute, non di rado, a cause patologiche. Tuttavia qualche volta si hanno casi partieolari che molto si prestano a rischiarare alcuni problemi morfologici, e specialmente a confermare la omologia delle singole parti in qualehe particolare e caratteristica mo- dificazione organica. Di tale sorta mi sembrano le anomalie ehe ho riunite nella presente mota e che ora vengo. illustrando. 1. — Halimodendron argenteum In questa specie le foglie sono normalmente pari-pennate, e portano due o tre coppie di foglioline opposte, su di una rachide rigida, spine- seente all’ estremità. In un robusto individuo eoltivato nel R. Orto Bo- tanieo di Palermo, trovai che in molte foglie, le due foglioline estreme, erano più o meno spostate verso la parte superiore della rachide ed av- vicinate fra loro in modo da toccarsi coi loro piccioletti. In aleune questi piccioletti sì saldavano assieme, lateralmente, mentre i due lembi restavano perfettamente liberi. In altre anche i lembi inco- mineiavano a saldarsi, ma solo nel loro terzo inferiore; in altre la sal- datura giungeva fino a metà dei lembi ed in altre infine era completa, raggiungendo l’ apice dei lembi stessi. Allora si avevano foglioline che differivano dalle normali solo per una maggiore larghezza, e. per essere munite di due nervature mediane invece di una sola. ‘Però in alcune foglioline, evidentemente doppie, anche le nervature LE Ge 094. - o SIRACUSA JANNELLI erano, per massima parte, fuse in una sola, restando traccia della loro duplicità solo nella estrema loro parte superiore. Comparando queste foglioline con quelle delle foglie normali, non resta dubbio che qui si tratta di veri casi di sinfisi, ed interessa tenerne nota, essendosi sovente messa in dubbio l’ esistenza di veri easi di sin- fisi nel Regno Vegetale, ma anzi volendosi dagli autori ascrivere a sdop- piamento quelli già noti. Queste anomalie poi interessano in modo particolare, SE? rivelare che in alcune Leguminose le forme di foglie impari-pennate possano es- sersi originate in tal modo. Certamente in molti casi le foglie impari-pennate dovranno aver pre- cedute quelle pari-pennate, come lo dimostrano anche le prime foglie delle pianticelle germinanti; ma non si è escluso che qualche volta sia — ` aecaduto il contrario, forse questo vien dimostrato. dalla frequenza con eui in diverse specie di trifogli, le foglie stesse sviluppano una foglio- lina soprannumeraria, divenendo così pari-pennate a due coppie di fo- glioline (Tav. V, fig. 1). 2, — Lathyrus sp. In una specie di Zathyrus non identificabile, perchè non fiorita, si osserva una foglia avente inferiormente una coppia di foglioline nor- mali, poi una coppia di cirri semplici, normali ed infine, in luogo del cirro terminale, mediano, una nuova fogliolina identica nella forma alle due precedenti, ma con apice alquanto più allungato e subrecurvo. Questo certamente è un ‘caso atavico, cioè la resurrezione della foglio- lina terminale della metamorfosi cirrosa. Ciò conferma, se ve ne fosse ancor bisogno, come i cirri delle Viciee rappresentino la nervatura mediana di singole foglioline , spogliata in- tieramente dal lembo (Tav. V, fig. 2). 3. — Vicia Faba. In una pianta coltivata di Faba rinvenni una foglia con inferiormente - SOPRA ALCUNE INTERESSANTI ANOMALIE VEGETALI 535 una coppia di foglioline normali; poi, in luogo della seconda coppia di tc: Xue E foglioline, la rachide si biforeava producendo due rami eguali, termi- nati ognuno da una coppia di foglioline normali: nel punto poi di bi- - foreazione della rachide si avevano due foglioline saldate insieme per | quasi tutta la loro lunghezza, ma con gli apici distinti. Questo caso è di difficile interpretazione: si potrebbe ritenere come rappresentante una tendenza nella foglia a divenire bipennata, ma sem- bra poco attendibile non avendosi nelle Viciee esempi di specie a foglie bipennate. Credo piuttosto si debba ascrivere ad un vero caso di sinfisi, in cui due foglie vicine si sono saldate per metà per la loro rachide, restando libere nella metà superiore. Le due foglioline poi appartenenti p^ prima coppia inferiore di ciascuna foglia, dai lati in eui avvenne . la fusione delle rachidi, sarebbero state spostate in alto, e rappresente- y coner la fogliolina mediana duplice, già descritta. M il - Disgraziatamente nel raccogliere questa foglia non si pose attenzione . ai rapporti fillotattici, che poteva presentare con le vicine, quindi non possiamo avere la conferma di una tale supposizione (Tav. V, fig. 3). 4. — Phasaeolus vulgaris z In un giovane frutto di questa specie si osservava la concorrenza di ` tre foglie earpidiali saldate per tutta la loro lunghezza, salvo all'apice ove restavano distinte tre brevi punte mucroniformi. Il legume si pre- sentava trigono, però uno dei lati era alquanto carenato concavo, anzi- ehé eonvesso come negli altri. A Internamente poi si avevano tre linee placentarie , perfettamente pa- rietali, corrispondenti alle tre linee di sutura delle foglie carpidiali. In un secondo legume più giovane si osservava la concorrenza di due - sole foglie carpidiali, con gli stessi apici per buona parte liberi, e ri- | curvi verso l’ esterno. Il fatto di legumi bicarpidiali, più o meno saldati fra loro, nelle Le- E guminose, non è nuovo, essendone stati già descritti aleuni altri esempi, E ma è nuovo affatto quello del concorso di tre foglie carpidiali in un sol x 536 G. SIRACUSA JANNELLI Devesi poi rilevare la tendenza di questi earpidii a restare disgiunti. » Ciò può confermare l'ipotesi, accettata dalla maggior parte degli au- tori, che le Leguminose derivino dalle Rosacee, avendosi in queste ul- ` time sovente due o più EE in tutto od in gue disgiunti (Tav. V, fig. 4, 5). 5. — Convolvulus ii In una giovane pianta di questa specie si osservano diversi brevi | rami, prostrati al suolo, ma con tendenza ad arrampicarsi ; i quali por-. tavano foglie perfettamente bipartite, e non lanceolate, astate eome nor- ` malmente dovrebbero essere. ud Queste foglie ricordavano in modo assai evidente la forma delle fogl ‘cotiledonari della stessa specie, quantunque fossero maggiori di too in grandezza e rieeamente provviste di clorofilla. Questo caso è un esempio non frequente della continuazione o vid stenza della forma cotiledonare nelle foglie superiori. | Se però osserviamo che tanto la forma delle foglie cotiledonari, quanto quella delle foglie successive normali risponde a determinate funzion non si comprende l’utilità della persistenza della forma cotiledoneare ne caso presente. Tuttavia dobbiamo rammentare che questi rami a foglie anormali erano striscianti sul suolo e che un’altra Convolvulacea, T po- moea Pes-Caprae, a rami sempre prostrati, ha foglie normali che si av vicinano nella forma a queste. In tale specie però si avrebbe la per stenza della forma cotiledonare resa normale (Tav. V, fig. 6). 6. — Olea mm Osservai un easo istruttivo di frutto doppio in questa specie. Le d e olive erano di differente grandezza, essendo una assai più piccola d l'altra, e si trovavano saldate fra loro per cirea i due terzi di loro lun: ghezza. Aperte, si trovavano SES i nogcieli lignificati, ope u analoga aderenza. i Questa anomalia è istruttiva se poniamo attenzione alla circosta! che gli autori considerano le Oleacee come affini alle Apocinee. Orb: iii De Eet SOPRA ALCUNE INTRRESSANTI ANOMALIE VEGETALI 537 in queste ultime si ha la costante presenza di due pistilli, più o meno saldati fra loro. L'esistenza quindi in una Oleacea di due carpidii, comparsi teratolo- gicamente, in luogo di un solo, può confermare la reale affinità fra le due famiglie. Però nel caso presente non è possibile dire in quali rap- porti si trovano questi due pistilli con le altre parti florali; se cioè erano comparsi in un fiore normale, oppure se trattavasi della sinanzia di due fiori distinti. (Tav. V, fig. 7). 7. — Fieus carica Ebbi un frutto di questa specie perfettamente duplice. Erano cioè due . frutti, normalmente sviluppati, ognuno con cavità propria, ma saldati assieme lateralmente per tutta la loro lunghezza. Alla loro base un in- voluero unico li avvolgeva. Non è facile dire se trattasi di vera sincarpia o piuttosto di duplica- zione. | Si deve peró tener presente che in molte specie di Ficus, i cenanzii sono prodotti a coppie, ed assai avvieinati fra loro; potrebbe quindi trat- tarsi della resurrezione di un carattere atavico, obliterato nei nostri fichi coltivati (Tav. V, fig. 8). 8. — Dracaena Draco Esaminando alcuni fiori di Dracaena nel R. Orto Botanico di Palermo, me ne capitò uno con ovario di sei carpidii e non di tre, come è il caso normale. Ognuno di questi carpidii presentava una cavità normale con relativa | produzione di ovuli. Ma curioso era il modo di riunione di questi car- pidii; essi formavano infatti un ovario unico, però mentre tre, più in- terni, in nulla differivano per forma e per posizione da quelli degli = ovarii normali di Dracaena, gli altri tre, più esterni, erano addossati a questi ultimi, con perfetta alternanza, formando così un pistillo unico - biciclico. ` 1 2 3 A 5. — Frutto bicarpellare di Phaseolus vulgaris. 6 $ 8 9 d e G. SIRACUSA -JANNELLI = a Le altre parti del fiore, portante questo pistillo, erano normali S e la regola di alternanza era affatto rispettata. Trattavasi quindi della produzione di un ciclo florale in sù cioè n fiore da pentaciclico trimero, quale è normalmente, era divenuto esaci- clico trimero (Tav. V, fig. 9). : TAVOLA V. — INDICE DELLE FIGURE. . — Halimodendron argenteum. Foglioline sdoppiate. . — Foglia di Lathyrus sp., con lamina terminale. . — Foglia anormale di Vicia Faba. . — Frutto tricarpellare di Phaseolus vulgaris. . — Foglie anormali (forma cotiledonare) di Convolvulus arvensis. . — Sincarpia di Olea europaea. 3. — Sincarpia di Ficus carica. . — Frutto di Dracaena Draco con oe verticilli sad deere INDICE ^ 1 Lavcri originali. ` E. pag. 4 EGUINOT A. — Revisione i unio del genere Romulea (con inci- ; sioni nel testo) 49, 364, 385 E BUSCALIONI L. e Tuncaurgul G. — Mate RSA (continuaz e fine; con Tav. II) 175 3 l CAMPAGNA G. — Rueckebe duna dba: ser uccelli carpofagi E (con incisioni nel testo) . | CANNARELLA P. — Contributo allo studio dei nettarii estranuziali e È fiorali di alcune Cucurbitacee e di alcune Passifloree (con Tav. Ill) 340 | CELANI A. e Penzie 0. — Ancora sugli Erbarii conservati nella Bi- blioteca Angelica (con Tav. I). . . 153 S BATIN L. C. — Note sur une graine de Mosa Arnoldiana Wilden: de- * pourvue d'albumen (con incis. nel testo). 38 E MassALoNGOo C. -- Le specie italiane del Sege Cephalozia det? in- E cis. nel testo) . . 289 ! Nizza SEB. — A pr Sposito di una “ia del Dott. G. “Pollacci, alla E pubblicazione dal titolo « JI problema dell’ aldeide formica nelle E ENEE V, . 530 D. PzgROTTI R. — Per una obi di G. ‘De Rossi Sui begiert R je duttori dei tubercoli radicali delle Leguminose | Siracusa JANNELLI G. — Sopra alcune interessanti anomalie ‘vegetali l (con Tav. V) tia 533 | De Tont G, B, — Matteo Lanzi . ia | TRINcHIERI G. — Intorno a due piini cadiiflore > ., 263 S Tropea C. — Sulla posizione naturale del Lathyrus setitis Vi i5. M TRoPEA C. — La variazione della Bellis perennis L. in aa alle È sue condizioni d’esistenza . . 276 . TRoPEA C. — Su alcuni casi di sementi ; ee — VILLANI A, — Contributo alla Flora Campobassana (Nota tarda). . Voero P. — Intorno ad un parassita dannoso al Solanum Melon- ti; gena (con Tav. IV) . EU VEU. qu AW E ae n) ZopDA G. — Briofite sicula (Cottbus. cata: 3 š 25 ZODDA G. — Primo contributo alla Briologia della Provindin di Bel- inno (OR eO bel IND) . lo E ale c a eu 5 AvEBURY R. How. — Notes on the Life 2 of British Flowering plants pa Ani DOERFLER 3 — ` Botaniker-Portraits, " Iv SONGEON A. echerches sur le mode de developpement des ‘orga ta végétatifs de diverses plantes de la Savoie . 3 4 VA i ELENOVSKY. — Verglei leichende Morphologie der Pflanz h a WIESNER dom Anatomie und Physiologie der Sp, RS Aufage à E E de e racusa ex nat i $ SOMMARIO. Lavori originali. A. BEGUINOT: Revisione monografica del genere Romulea Ma- ratti (continuaz. e fine) . G. ZoppA : Primo contributo alla Briologia della EE di Belluno (con incis. nel testo) . G. B. pe TONI: Matteo Lanzi . : G. CAMPAGNA : Ricerche sulla disseminazione per BETA) car- . pofagi (con ineis. nel testo) S. NIZZA : .À proposito di una critica del Dott. e Pollacci alla: Gët, dal titolo: I problema dell’ aldeide formica - nelle piante. : G. SIRACUSA JANNELLI: Šop Sa EE ege ve- getali 0H TEX M) e o E US dee: ; Pag: Y 385 479: 512 519: 930 533.