I? "MABPIGHIA = 3 RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA ` REDATTA DA ; O. PE N ZIG i ; Prof. all’ Università di Genova ANNO XXHI — VOLUME XXIII (con IX Tavole ed incis. nel testo) MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. xe x : GENOVA E E TIPOGRAFIA DI ANGELO cimmvago. REDATTA DA O. PENZIG Prof. all’ Università di Genova | | v ANNO XXIII — Fasc. LII (CON TAY. MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. CONDIZIONI MALPIGHIA RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA REDATTA DA b O. PENZIG 3 j Prof. all’ Università di Genova ANNO XXIII — VOLUME XXIII MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. GENOVA TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO 1909. mu. BOT. GARDEN 1911 L. BUSCALIONI x G. MUSCATELLO A | NOTE BOTANICHE DECURBRIA I foglie O pena olini: in cima, che ricordano, in più modeste = dimensioni tuttavia, quelle di taluni Dasylirion. Dal centro della rosetta, .. che p la sua piene e compattezza Gunn. wed es un cuscinetto, ciato all ombre degli diari E erasi inwece 5 nell al estato ad un’ "altezza di circa m. 1,80 Pipinus per raggiungere Tu a ritus che si erano dno non meno di trecento dor às Bronco invece ne abbiamo invo 129 L. BUSCALIONI E C. MUSCATELLO peró dello scapo porta delle brattee sterili, cominciando a comparire i fiori a cirea ] m. dalla superficie del terreno. All’ascella d'ognuna delle brattee nascono o uno o due fiori (di rado tre) su peduncoli brevissimi. La comparsa di uno o più fiori alla ascella | delle singole brattee non è sottoposta ad alcuna regola, alternandosi in modo quanto mai variabile fiori isolati e fiori associati. Noi abbiamo pina salata e peso) fiorali siffatti ASBTOppanion: di fiori. Et A à quell 3 delle A lid vi ha un perigonio, 1 ; "che krmia in 6 lacinie; 6 dubai: i eui stami si aprono, non contempo- raneamente , per mezzo di fessure; infine un -ovario che, per quanto | riguarda la sua conformazione, non presenta nulla di particolare. ` I fiori aetinomorfi, od anco leggermente zigomorfi, per differente | lunghezza degli stami, si aprono in seguito all’azione meccanica spie- . gata dai filamenti staminali sul perigonio. Infatti gli stami, che nel | fiore ancora in boccio sono piegati verso il mezzo dei filamenti, iniziando — -il movimento che determina il loro allungamento prima ancora che it; fiore sia. aperto, spingono la porzione genicolata del filamento contro le - commissure delle lacinie perigoniali che, sotto la pressione, non tardano a fendersi nella parte mediana. La fessura poi allargasi, sia in basso ehe. dn alto, e ed in i ei le lacinie aces si distendono e. anche si Ux i NOTE BOTANICHE 5 po ore, cioè, in cui le farfalle crepuscolari o notturne sogliono visitare i . fiori, come afferma il Delpino, in opposizione al Müller il quale ritiene | ehe fiori siano visitati dagli insetti apiari. I fiori sono indubbiamente proterandri, ma di poco, fatta eccezione, —— come vedremo in seguito, per quelli apicali i quali — occorre notarlo — i quando lo scapo fiorale ha raggiunto il suo completo sviluppo e già hanno cominciato ad aprirsi i fiori basilari (la fioritura avviene per lo più in ordine acropeto), sono così piccoli e ridotti, che potrebbero essere scambiati per fiori cleistogami od arrestati nello sviluppo. Questo almeno, per gli ultimi 8-10 fiori apicali, ed invero abbiamo notato che gli ultimi due e talora anche qualche altro più distante dal vertice dello scapo si ` | staccano quando ancora sono piccolissimi. | | Abbiamo detto che la fioritura avviene in ordine acropeto: dobbiamo o ora aggiungere che l'ordine eon cui si sviluppano e si aprono i fiori non è troppo regolare, in quanto che spesso tra l’ultimo fiore aperto el l penultimo completamente evoluto possono inserirsi 3-5 od anche più a i fiori ancora chiusi. Inoltre, quando i fiori sono inseriti in due o più — all'ascella di una brattea, per formare una coppia od un sistema fiorale, lapertura non ha luogo contemporaneamente in tutti quanti: per lo più, all'opposto, l'apertura di uno di essi precede quella degli altri di dw oe, ma P. regnon qii di i porno i te STE ci hanno indotto a seguire ca Bari in tutte i sue fasi, registrando giorno per giorno il numero dei fiori, che veni- is n ed Aigglio. venne Lisi aena a mp p o la cima danii. la fioritura. a Een oque le osservazioni i fatto, riservandoei i in ultimo di RE. ELLO a MUSCAT * VI E SCALI L. BU ( mb 91€UJ9]S9 Ip ojuej4od nem ourers 'OoIUIQUOJ]SP OLIO] i Must -numos ojuournuos odouuoA P vopioJsOune virprum po opor [op virsopnqou *enjvaoduioj - po r "opaeg cr ui ojuouroAojou tide Is Qroged əyə o[peseq e10g ourud qr oso1dut0o BAOIY 18 9 1 RITO » 2 i k uozmouuy 0 oAo1d | ejr odwaz | opPeq odua s 2 d I b E ep mera NOTE BOTANICHE *0jeroooqs oduro) vp 9 ome ino ur *erddoo eun ip oped ez ooy ur) "eddog €ssojs run pe ououoyi«dde uoy en([ 'osniqo Ojseuii 9 onj[e[ mo rp erddoo os1eAtp ogyenb € ouoSuejieddw wog oppend osmiy PIODUL Q 01} -|e ino rp *erddoo wun rp oyred. 9j 1 Iss 1p oun "u?jepiejur ouos iode moy o T '(widdoo) Rope vssojs eun pe ouoSuejreddw mede woy 1p nq ‘ISNI wjooue MOY 91} OURAOJ] IS oyode o10g ojienb [t © oz46j [t Bd oneg oduioj '0]U0A QUA ‘oyru qesodwo) ‘otfoq odurej oneq oduwa} *ojuoA 0]U90A 0]U9A z9 67 # OZW t ` quoizpjouuy 9191$0[010030w1 $ ruorzpuop GALTI wpun | METTO -OMaON MUSCATELLO i do [ca] Lon) $ E ge a eun pe ouoguoj1edde ijeseq moy mq RUP. Vu "apa -of odnos oqo muro ut woy p owo«dp ig ‘OSNITO VIOJUL 'PSIOAODIA ‘O OjUIO -90qs oduiej ep 9 oIquew Ogj[&[ 109 ut eiddoo ip 631ed ouuej moy € *»2229$0.40)/41 4p ondo q0 dog oaonn un oslo 19 ca opao odvas opp 0040 yo toy 04 "1ddoo gun ıp ojied wj Mog top oup — 10p o414md. v GI p ‘2121000Q8 V outuuoooe uou eq» moy o ouosuodiojur Is Lo! 142812 -0qs enb o 1550 imsmaede woy pp — ouod 1g | DIN | o[[eq oduioj oymaq oduro opoq odwaz | * ù quoizmouuy | ouorstooaoojon: | ‘oyode oduwa} ep 9 aroy ip eiddoo eun ip oped eg one] ino ut ‘oyide odurej ep 9 ouSeduioo Ji 1m9 ddo & Ip ejied. ouewaoz moy Np I 'Osnio 81090 oooAur vaze pu ‘opode odu} ep viddoo eun ur 9 oy oye 'ddoo enp € ouoSuoyreddw woy p I *Osnio waooue our oneg mo ıp oerddoo ip ojred rode. moy ong ‘node onp rum 4j 1js0d.io3ut ISNIT[O MOY p OUVJOU ig "Isuio vaooue p ouoduodaojur ou. os iade moy enp run q3 vy eqond *ojyubur o[req odua} 033n.1q odur} *ojuoA əaord otoq odo) veiSotd o oquo4| x x * + eo quonpjouuy L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO wode odur wp o ouSed' -w09 [r mə ur *eiddoo eun tp oped eg oymaq odua} | 69 o[feq odur | o4 i ; -eAotd 9, ‘osna 9 ouSveduroo i IL mə ıp ddos eun pe ouonieddy əaord eL "uiddoo vun pe ouoSuojredde moy c ‘oymaq oduioj IL e 'ojnpeo 9 wuj[e [ou ‘oyode oduie3 ep giS 9 ouSeduioo pr eun 5 u[ 'eiddoo ojuejjon[e pe ouoSuejredde : LIO ong ‘202024 102 Ww 1$1249dD 02u2w9] Dips) -wapa9o4d. anb vp o odvos 'ojjop ondo gop SILA vzwp)sip wood v 910) oso un oudn ig oynaq oduro | 64 . 0 muto ut ooy oaonu un | - soudy "evddoo worun un Ip aged ouuvq oaord L8 | 033n4q odo) LE: '0310d€ odwaz ep e 010] | oyeg mo rp eiddoo eun rp oped vy | o[[oq oduiog 99 . ; eqotSo[o1oojour CAMBI | LITE | am} |prode ja 2uoizvjouuy JN qpuotzrpuo;) -opmqox, |-vxodwo], | oo nnn. ur *orddoo enp ıp ejred ouuvj uoy en(q odutoj [oq ouejuoo 18 tede ojuourojuopooo4d 110] ro nsonb wi oyode odwaz ep 9 oused -U109 [I 1M9 üt *turojsts e ouoSuojyiedde onp 11}]e 19 "osniqo w109u€ 9 010] Ope, g mM ur erddoo ojuejjon[e ıp ojrmd ouuvj c ^ "isnt? uoy p ouoSuodaojut 18 oyode ounj[ued jt pe ojsonb rig, 'osniQo Iosue 9 ode mo ur *erddoo eun ip oped vr 0]u9A 0]U0A "suryo w109ue ouos ruZeduioo | `odwag [oq | Imo ul orddoo onp è ouoSuojieddy *04uoA -NOTE BOTANICHE ‘osnjo E10oue o ouSeduroo [t mo ur*eiddoo eun ip oyred wp ozioj JI erddo? vun pe ouoguoyuedde pog aq | piu odua} oyaq oduwa} 'ojnpuo 9 outta IT ‘eiddoo vun rp oped eg | oAotd oqorsdo[ot09gour LH 140)120]0uUMy -. ve os è a : TUOIZIpUo;). ) L (0) MUSCATELL L. BUSCALIONI E G: AE ipee np uye 118 aed ojsod | "o, epeoons agua *oyrodw odo) ep o | ouSeduoo 210] [T əyə wAJosso ıs onp iod RR vu *orddoo ip oed ouusj moy i MNT oduiej Toq . "(40g oj1enb [t sod apeoons ojsoddo,T ‘osnigo è ouSeduroo [t mo ur *erddoo eun tp eped vy ooy oppe x un ddos eun rp moy onp 0ue1990gg oduwa} [oq '0jepavjLI oj[our ojueurero90qs oun ip erug tg "0310de odwaz ep 9 o10jg onpe] mo ur *erddoo eun ip oped ug erod *ojuoA. LI ` aAoId ‘ojade odua} wp a one, AE ‘erddos eun ip ój1ed ez ooy uf - i - mə ul 'osnmpo VIDUL 9 on[e[ mo ip | - i ‘ddos eun rp əped ez moy 1p oun oquea ^ — (| eq odwa RA (i oa UU v109ue ouGeduro [| wq ooeAur Oz19) Uf] | -— d ‘pode odua} ep $ oIquewr on[e[ mo qu e ; mu ~ |'enotitopozoojour. UOITMOUUY | gs odua 1q erod *ojuo^ “oyode odua vp 9 ouSeduroo [t t (tub o[[eu *orddoo tp Heyepiejar MOY enp rp "pen IS ‘osniyo oudedutroo " eq ozio) Jp 'oy1odu- oduwa} ep 9 o1qureur ospe, ino ur *oiddoo sudant tp oed ouuej uoy nq ‘orde odua} pa p pmo ur erddoo rp. eped d "ojetaooqs oduio ep ou Svduioo [t eq ENT ; one Uf] 'osniqo eoue 9 o4quioui | one : 1 'erddoo ip ej1ed ouutj Hoy al Ji do 1g vnmpi 3 ` alt 14 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO È duopo ora discutere i risultati della tabella, e per questo ci atter- remo come più dimostrativo, al diagramma, che in base agli stessi abbiamo ricavato, in cui la linea. punteggiata segna l'andamento della tempe- ratura nel periodo di tempo della fioritura della Littaea, la linea a tratti alternativamente lunghi e puntiformi lo stato del cielo (nebu- losità) in siffatto periodo; ed infine la linea continua e’ informa sul numero progressivo dei fiori che vennero sviluppandosi giorno per giorno, durante il ciclo evolutivo dell’ infiorescenza (dal 18 febbraio al 20 aprile). I tratti ispessiti (orizzontali) della stessa corrispondono ai giorni in cui non avvenne sbocciamento di sorta. Infine gli asterischi sottoposti alla linea indicano i giorni in cui i fiori apicali sbocciarono. | Questo premesso, ecco ora quali risultati si sono ottenuti. Lo sviluppo dei fiori, in generale, + non segue un ritmo uniforme, ma va a sbalzi con periodi di riposo, che si alternano a periodi di intenso sbocciamento. La curva di apertura dei fiori è prima — quando venga considerata nel suo assieme -- abbastanza sentita, poi si appiana, per tornare infine a farsi alquanto ripida. ^ 1l periodo di pigro sboceiamento corrisponde ai giorni di basse tem- perature e di forte ‘mebulosità che dominarono dall'8 Marzo circa fino E . al principio di Aprile. ign La differente intensità nello sbocciamento, corrispondente ad un periodo | di 10 giorni (sbocciamento decadico) è messa in evidenza dai triangoli - che si sono tracciati al di sotto della curva prendendo per base questa. =: . Mercé questo artifizio si è potuto metter in evidenza la diminuita inten: . | sità di sboceiamento nel periodo accennato. T ex Lo sviluppo dei fiori associati avviene quasi sempre in modo che solo uno dei fiori della coppia o del sistema si apre a un determinato | giorno: l'apertura del compagno, o degli altri, se sono in parecchi, d’ | dinario ritarda assai (V. tabella), quasi che I' energia che determina 1 | sbocciamer to di un fiore di una Coppia si esaurisca tutta quanta. in tale atto e solo a una distanza più o meno grande di tempo torni di . raggiungere l'intensità necessaria per provocare l’ apertura di un altro | fiore. Con questa ipotesi, forse, si potrebbero spiegare i salti che si osser- i wand nello sbocciamento, per cui talora fra I ultimo fiore sbocciato ed. tp nultimo, pure aperto, si interpongono parecchi fiori chiusi. | NOTE BCTALICHE 15 Abbastanza interessante è lo studio dei periodi di riposo quando ven- d gano messi in rapporto eoll'andamento della nebulosità del eielo e colla | temperatura dei giorni corrispondenti. - Per ovvie ragioni, temperatura bassa e cielo coperto sono due condi- | zioni che ostacolano lo sbocciamento, venendo a difettare quei prodotti, probabilmente dovuti all'assimilazione, che determinano un’innalzamento nel potere osmotico delle cellule, grazie al quale avviene lo sbocciamento. A questi due fattori combinati devesi, probabilmente, l arresto del 27 Febbraio e del 30 Marzo, oltre all'abbassamento sopra accennato nelle eurve di sbocciamento. = Però i due fattori agiscono con differente energia. Ed invero si -. . osserva che per lo meno 4 arresti nello sbocciamento si sono verificati z nei giorni in cui le temperature erano relativamente elevate (1 e 17 Marzo, l e 15 Aprile), di guisa che, entro certi limiti, non si può dare =- un'eeeessiva importanza alla temperatura. All'opposto appare evidente | che i periodi di arresto coincidono abbastanza bene con quelli di grande . nebulosità, o, per esser forse più esatti, tiene dietro immediatamente ad essi. Siffatto rapporto appare evidente per gli arresti del 20 Febbraio (che si protrassero fino al 22 a causa forse delle basse temperature domi- = manti il giorno 21) e per quelli del 27-28 Febbraio, del 1.°, dell’8, del 13, pel 16, del 21 (in parte), del 29 Marzo, nonché dell'8 e 14 aprile. 7 Coincidono i invece con un periodo di bassa nebulosità gli arresti del 21 Febbraio, del 1." Marzo (in parte), del 25 Marzo, del 2 e del 14 Aprile : “Gn parte). Giova notare tuttavia che spesso la coincidenza è solo appa- rente, trattandosi in realtà, molte volte, di arresti susseguenti immedia- inte ad un periodo dia ‘alta. nebulosità (arresti del 14 Marzo del farzo, del 2 Aprile e del 14 Aprile). La regola enunciata sopra, che cioè il difetto di sostanze osmotiche nel periodo di grande nebulosità sia la eausa del ritardo nello sboeciamento, trova nei fatti esposti una conferma, se non assoluta, di certo però degna esser presa in seria considerazione. Più di tutto merita di fissare la nostra attenzione lo sbocciamento ri apicali, il quale avvenne in una prima fase nei giorni 5, 7, 8, 0, quando , cioè, lo sbocciamento in senso acropeto si era 16 : L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO appena iniziato, di. guisa che ancora moltissimi fiori ehiusi (eirea 80) si interponevano fra i due gruppi di fiori in via di apertura. Una seconda fase si ebbe fra il 21 e il 22 Marzo quando non meno di 40 fiori chiusi si interponevano fra quelli basali e gli apicali aperti. E Perchè è avvenuto uno sbocciamenlo così intempestivo? Ardua è la ` risposta; ciò non di meno se noi consideriamo che i due periodi di sboc- - ciamento dei fiori apicali coincidono con due intensi e lunghi periodi. di nebulosità (in specie il primo) possiamo avanzare la seguente ipotesi. Nel periodo di grande nebulosità non si formano, per quanto è stato detto, le sostanze osmotiche in quantità sufficiente perchè abbia luogo un attivo sbocciamento fiorale secondo l'ordine normale acropeto, ma non é pertanto del tutto soppressa la formazione di tali sostanze. Pereió la quantità prodottasi se non avrà avuto l'energia sufficiente pet aprire i fiori più vistosi e quindi più resistenti della parte inferiore dello scapo; | * od avrà avuto il potere di aprirne solo pochissimi (come è appunto il caso nei giorni 6-7 e 9-10 Marzo) sarà stata abbastanza grande per fare Po sbocciare molti fiori apicali piecoli a tessuti poco resistenti e perciò faeil- - bs 1 mente. cedevoli, sotto la pressione esercitata dagli stami. Infatti nel 1." periodo di grande nebulosità, mentre si sono apad 9:5, i fiori apicali, ne sono sbocciati solo 9 di quelli basali: orbene in un egual : periodo di tempo quasi sempre sbocciò un maggior numero di fiori. Lo stesso dicasi nel secondo periodo che ha dato 5 fiori basali e 2 apicali. — — Lo shocciamento avviene nei fiori apicali secondo le norme altrove - indieate, vale a dire grazie alla pressione dei filamenti genieolati contro | J le lacinie perigoniali. | Facciamo osservare, a sostegno della nostra ipotesi, che la specie da zt noi studiata è è propria delle regioni aride e soleggiate del Messico, per S cui pane 1 si sp psi sia oltremodo sensibile alle variazioni - uda illu uminazione. 25 Noi non ci pa lata ehe l iini si presta a più di è una. x obbiezione , ma à sua giustificazione rileveremo ehe riquitbbo- oltre- ; modo Tie cercare un’ altra pon: noi gettiamo lo sguardo sulla curva del diagramma. Risulta infatti che nel periodo di massima nebulosità corrispondente alla prima fase dello : sviluppo fiorale anche gli arresti dello sbocciamento sono numerosissimi a ad onta della temperatura relativamente elevata di tal periodo. Viceversa nella seconda fase la nebulosità decresce e con essa diminuiscono pure E k cdi NOTE BOTANICHE 17 : ` gli arresti nello sviluppo. Studiato così il ciclo evolutivo dei fiori nel suo assieme, è "dine ora 1 soffermarsi alquanto sullo sviluppo dei fiori apicali. Nei fiori non apicali, che si aprono successivamente in senso acropeto, una volta che gli stami hanno divaricato le laciuie del perigonio, ha luogo la protrusione dello stimma e dello stilo dai bordi perigoniali, la quale però non avviene costantemente avendo noi notato che spesse volte gli stimmi raggiungono appen. l'altezza dell’orlo del perigonio. In questo frattempo gli stami si sono raddrizzati gli uni dopo gli altri, ‘come avviene d’ordinario in molte Amarillidee, e poco dopo aperti. Tutti questi rimaneggiamenti nell’aspetto fiorale avvengono in poche ore, di guisa che la proterandria si riduce a poca cosa. . Ben diversamente si eompie l'evoluzione dei fiori apieali: dopo che = le antere hanno provocato la divarieazione delle lacinie perigoniali, ha luogo il distendimento e persino l’estroflessione di queste in guisa che il fiore assume l’aspetto di una campana, senza tuttavia raggiungere un notevole sviluppo. Intanto lo stilo non tarda ad allungarsi di guisa che in due giorni circa riesce a sporgere dall’ orlo perigoniale. Gli stami, esaurita la loro funzione di organi di sbocciamento, rientrano di nuovo in riposo, e siccome i filamenti sono piegati, ne viene che le antere vengono. a E trovarsi ad un livello più basso dello stimma, non oltrepassando mai gli orli il perigonio. Del resto siffatti stami non possono provocare la ondazione avendo le antere tuttora chiuse. Subita questa metamorfosi, il fiore per lungo tempo non sottostà più ad alcuna altra variazione degna di nota; tutt'al più si allunga alquanto, estroflette ancor più energicamente le lacinie perigoniali, assumendo un aspetto zigomorfo, ed infine si colora parzialmente in rosso per la com- parsa di antocianina, la quale si fissa con speciale. predilezione sullo ilo, sulle antere e sui filamenti staminali. .— | 2. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII. L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO Noi eravamo persuasi che l'evoluzione di siffatti fiori avesse costituto - unicamente un tentativo di fioritura, di poi abortito. Non fu poea pereió la nostra sorpresa allorquando, a tempo opportuno, cioè dopo ehe tutti - i sottostanti fiori basali eransi aperti, vedemmo i fiori apicali rientrare a lor volta in attività ed in ordine aeropeto diventare simili in tutto e- per tutto a quelli sottostanti. Solo quelli dell'estremità dello scapo morirono prima di aver iniziato il movimento d’ apertura, mentre qualche altro non arrivò a separare completamente le une dalle altre le lacinie perigoniali per cui siffatti fiori avevano un aspetto bilabiato. Sotto il nuovo impulso vitale gli stami, che per cirea un mese e mezzo (quelle dei fiori apertisi tra il 5 e I'8 Marzo) O per un mese almeno . (quelle dei fiori apertisi il 22-23 Marzo) erano rimasti in riposo, in pochi giorni si raddrizzarono e si allungarono notevolmente da elevarsi di parecchi ‘centimetri al di sopra dell’ orlo perigoniale: gli stimmi invece sì allungarono di poco, o non subirono mutazione di sorta. All allun- gamento dei filamenti successe ben tosto la deiscenza delle antere. Intanto va notato che l'allungamento degli stami e l'apertura delle antere in ogni fiore avvennero successivamente. Prima a raggiungere la #5... maturità fu lo stime rivolto verso l’asse e di poi successivamente gli i altri. L'allungamento poi fu diseguale avendo raggiunto il massimo nello stame che prima aperse le antere ed il minimo in quello diame- > tralmente opposto, donde uno spiccato zigomorfismo del fiore. à È singolare il fatto che anche per questi fiori apicali l'apertura delle lacinie perigoniali e il consecutivo sviluppo non avevano luogo contem- poraneamente nei differenti fiori di una coppia o d'un sistema fiorale, m analogamente a quanto aveva luogo nei fiori basali, ‘tura e lo per lo più dt sviluppo di due fiori di una coppia avveniva in tempi diversi. E Non meno singolari sono le particolarità osservate nella struttura dei — — i fiori Ape ni petto a quelle. dei fiori sottostanti. Noi abbiamo studiato 2o E aleuni i siffatti fiori in diverso periodo di sviluppo, a partire dal giorno ; in cui sboeeiarono per arrivare a quello in cui raggiunsero la maturità - | sessuale. Le nostre osservazioni sono tuttavia limitate ai soli stami. In un fiore. sboceiato da una ventina di giorni le antere avevano un 'epi- T — dermide. costituita. da un unico strato di cellule grandi, con pareti | | E esterne > potato posito. Lo NOTE BOTANICHE 19 ; Seguivano di poi parecchi strati (da 3 a 4) di cellule meccaniche, le È quali però, malgrado che il fiore fosse da tanto tempo aperto, avevano conservato le pareti sottili, di natura cellulosica, senza presentare alcuna traccia di quegl'ispessimenti a nastro o a reticolo che costituiscono la carat- teristiea dello strato in questione. Infine si mostravano ricche di con- L tenuto con uno o più nuelei che si coloravano bene col verde all’jodio. r Degno di nota è il fatto che uno di tali nuclei era in cariocinesi. Il processo mitotico si era però svolto alquanto irregolarmente, in- quantochè i cromosomi, allo stato di diaster, si presentavano alquanto p indistinti, quasi parzialmente fra loro fusi, mentre era nettamente visibile il fuso acromatico. i Al tessuto meccanico faceva seguito il tappeto rappresentato da ele- menti schiacciati, od anco rotti. Il polline non si presentava in buone condizioni, non essendosi molti degli elementi emancipati gli uni dagli altri, donde la presenza di ` parecchi deer bicellulari. Non phone cellule polliniche poi erano in cattivo stato. ' Il connettivo dell’ antera era normalmente iiiu e pressus nella parte assile, i fasci vascolari, i cui elementi però erano ancora allo stato meristematico. Le linee di deiscenza delle antere apparivano segnate da cellule meccaniche più piccole che occupavano il fondo di un'inse- ie di minori dimensioni rispetto ai compagni. 3 riscontrati i seguenti caratteri: - Le cellule epidermiche sono molto grandi; solo nel soleo che separa due logge si hannò delle cellule più. piccole.. Il tessuto meccanico consta di tre o più piani di cellule disposte abbastanza regolarmente in strati concentrici. Solo dal lato del connettivo il numero dei piani aumenta e va perduta la regolarità della stratificazione. Le cellule poi degradano in grandezza dai piani esterni verso quelli interni. Le loro x pareti sono ispessite e sono inoltre munite delle solite bende di rinforzo anastomizzate fra loro e dirette prevalentemente in senso radiale. Molte All'opposto nelle antere dei fiori basali che si erano aperti abbiamo lule poi contengono un nucleo, e accanto a queste un corpo più jalino natura nella quale si stratificava un’ epidermide, i cui elementi e erano € E gt 20 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO 0 meno grosso, tondo, d'aspetto schiumoso od anche foggiato ad anello, insolubile nell’ acqua, nell'aleool e nell’etere, solubile nel acido cloridrico non colorantesi eol verde all'jodio, col bleu di anilina o col Sudan III, colorabile invece in giallo pallido coll'jodio ed infine non dimostrante traccia di sostanze tanniche eol trattamento al cloruro ferrico. Sulla sua natura non possiamo quindi pronunciarci. Il tappeto è come nella an- tera dei fiori apicali costituito da cellule schiacciate e sottili. Il polline mostrasi in massima parte formato da cellule isolate, non tutte in buone condizioni. i Nulla di notevole nel connettivo e nella rima, la quale occupa il soleo che separa le due loggie. Nel connettivo delle antere non abbiamo trovato notevoli variazioni di struttura ; solo si osserva che il tessuto ha raggiunto la completa maturità e perciò non presenta più traccie di divisioni cellulari, che abbiamo osservato invece nelle antere dei fiori apicali. L'asse del fila- mento è percorso da 5 fasci vascolari, che poi si riducono a 4 in seguito a parziale fusione. Essi formano una vera cerchia che circoserive una specie di porzione assile o midollare. La porzione xilematiea e quella floematiea sono nettamente distinte, avendo gli elementi raggiunta la maturità. Avendo esaminati i don apicali in un periodo più avanzato dello sviluppo, ma sempre in un’ epoca anteriore al definitivo allungamento degli stami, abbiamo trovato che il tessuto meccanico, disposto in tre strati, erasi modificato per-la comparsa, in molte cellule, delle bende di ispessimento. Il tappeto presentava poi, almeno in un Som pain celiule a Aiya divisione. All'epoea della maturità le antere dei fiori apicali assumono la strut- tura degli organi analoghi nei fiori sottostanti, ciò che spiega come esse — ele aprono. Ya. notato però che in siffatte antere i granuli di clorofilla - sono presenti in quasi tutti i „tessuti e solo quando le antere stanno per : aprirsi essi perdono il pigmento verde, per eui si ha una den sors gial- astra dovuta alla comparsa dell’ eziolina. . Dai fatti. esposti emergono le seguenti conclusioni: ^. ed | Nella Littaea Pus da noi esaminata lo sviluppo dei fiori è subor- + NOTE BOTANICHE 21 dinato alle condizioni di temperatura, ma più di tutto è in stretta dipen- . denza allo stato di maggiore o minore limpidità dell'atmosfera, o della nebulosità del cielo la quale, quando è forte, ostacola l'apertura del pe- * rigonio nei fiori inseriti alla parte inferiore dello scapo fiorale, mentre, | indirettamente, favorisce lo sviluppo dei fiori apicali. Lo sviluppo dei fiori lungo l’intero asse fiorale non segue la legge del grande periodo regolare, inquantochè per le ragioni esposte, l'aper- tura dei fiori è troppo subordinata alle variabili condizioni esterne (luce Ta e temperatura). I fiori basali sono iditblamento proterandri, quelli apicali invece tendono alla proteroginia, poichè in essi si sviluppano dapprima stilo e stigma, mentre solo molto tempo dopo — talora dopo due mesi — ha luogo lo sviluppo degli stami e l'apertura delle antere. Noi riteniamo che questa disposizione sia unica più che rara in natura, presentandosi assai più complessa della proteroginia della Globularia cordifolia e del Citrus, in cui tuttavia si osserva del pari che lo stimma riesce a pro- 'trudere dagli involucri fiorali quando questi sono ancora chiusi nella gemma e solo più tardi si sviluppano le antere. (7). Il differente comportamento dei fiori apicali rispetto a quelli sotto- stanti (che noi per ragioni di chiarezza abbiamo sempre chiamato basali) rimane inesplicabile, se si considera il fiore soltanto dal punto di vista biologico; esso invece si presenta, secondo la nostra ipotesi, suscettibile di una spiegazione di indole fisiologica nel senso che l'apertura precoce ! dei fiori apicali sarebbe subordinata alle peeuliari condizioni di illumi- nazione, eui vanno soggette le infiorescenze durante lo sviluppo. Sotto l'influenza di una illuminazione debole le sostanze osmotiche prodottesi dn quantità non sufficiente per provocare l'apertura dei fiori più grandi e più resistenti della base dello scapo, possono tuttavia provocare l'apertura di quelli apieali (talora anche di aleuni basali). Lo sviluppo ulteriore dei Q) Il De Vries nell'opera: Die Mutationstheorie a pag. 569 del Vol. I, 7 CI delle pelorie ereditarie così si esprime: Wichtig ist auch der be i noch wenig berücksichtigte Umstand, dass bei Digitalis und einigen È a die pelorische Endblüthe sich zu allerest öffnet, während sonst die medutolde der Traube eine normale, acropetale ist. » 22 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO fiori apicali però sarebbe sottoposto alle leggi che regolano la successione nello sviluppo fiorale lungo lo scapo, per cui esso si inizia allorquando è cessato l'aeereseimento dei fiori sottostanti. Noi non possiamo terminare questa nota senza far rilevare che nello scapo fiorale studiato nessuno dei fiori diede semi. Non è possibile dare un'interpretazione del fenomeno il quale appare abbastanza strano anche pel fatto che nell’altro esemplare di Littaea filifera crescente nell’ Orto di Catania molti dei fiori basali abbonirono i semi, sebbene le antere avessero presentato — almeno quelle poche da noi-esaminate — la identica costituzione dei granuli pollinici e non si fossero constatati speciali insetti pronubi. Catania, 1° Settembre 1908. K : Dorr. GIUSEPPE ZODDA Notizie briologiehe sull’ Italia meridionale. -Le ricerche briologiche per l Italia meridionale hanno, senza dubbio, ricevuto una spinta negli ultimi anni, tanto da apportare una cono- scenza non addirittura superficiale, com'era vent’ anni fa; ma questa ancora è niente affatto sufficiente, tanto che basta lo studio di una quan- tità non troppo grande di materiale, raccolto in questa parte d'Italia, per apportare nuovo contributo agli studii briologiei. Approfittando della gentilezza di amici, che vollero a me affidare The We M T TNR RETIRER E a m ER ELE IPPICA N ec. xd EC E l'incarico di studiare il materiale briologieo, loro pertinente e raccolto . jin tempi diversi; ed avendo potuto studiare altro materiale, che altri raccolsero dietro mio invito, ho potuto ottenere i risultati, esposti in queste pagine, per i quali si arriechiscono considerevolmente le cono- scenze briologiche di queste eontrade. Difatti, oltre un numero rilevante j E. E : di forme nuove per le diverse provincie o per l'intera regione, se ne hanno aleune nuove per la scienza e preeisamente:? Bryum atropur- | pureum Auct. X B. murale Wils., Zodda; forma probabilmente ibrida es fra le due specie; Rhynchostegiella curviseta (Brid.) Limpr. v. elata Bot- - tini Za. litteris ad me; Barbula vinealis Brid. v. cylindrica (Tayl. Boul. ot longifolia Bottini im schedulis meis; Grimmia crinita Brid. f. calabra Zodda. Fatto poi di un certo JA geografico è la scoperta sulla terraferma della Riccia insularis per opera del carissimo mio amico Dr. Giulio Trinchieri; questa specie difatti è sparsa in molte isole italiane, ma di | terraferma era conosciuta, con qualche dubbio, soltanto dell’ Istria. (*). | Di altri fatti che interessano la fitogeografia, di forme nuove per l'Italia o per l'Italia meridionale o per singoli distretti di questa regione e sarà fatta parola nel contesto del lavoro, poiché le prime saranno ( MiiLLER, Die Lebermoose in Rabh. Krypt. Fl; B. VI, pag. 195. 24 G. ZODDA indicate eon tre, le seconde con due asterischi e le ultime con un asterisco. Per facilitare lo studio a chi si occupa di briologia, ho diviso il lavoro in due parti; nella prima delle quali ho esposto i risultati dello studio fatto sul materiale proveniente dalle provincie del Napoletano e preci- samente da quelle di Napoli, Caserta, Avellino, Salerno e Potenza; nella . seconda parte invece trovansi quelli appartenenti a materiale delle tre provincie calabresi di Cosenza, Catanzaro e Reggio. Il materiale riguardante il Napoletano mi è stato comunicato da varii amici e, primo fra tutti per quantità, cito quello di Terra di Lavoro e - di Basilicata di proprietà dei signori Proff. Nicola e Achille Terracciano, . raccolto da essi o da alunni del primo; poi un’altra quantità discreta dell'Avellinese, raccolta dal Prof. Trotter; ione del materiale fresco, : raccolto dal Dr. Trinchieri fra Napoli e Baia e infine un ‘epatica del . e Cilento, speditami dal Prof. B. Longo. Quello che riguarda le Calabrie appartiene per una porzione al M. B. VE . Pollino, ove fu raccolto nel 1890 dal Calvelli, e fa parte dell’ erbario - È del Prof. Nicola Terracciano; per un’altra ai dintorni di Gerace, ove fu È Se raccolto , dietro mio invito, dallo studente in medicina signor Fran- | cesco- Spadaro; il restante, di proprietà di questo Orto Botanico, fu rac colto dallo Zwierlein presso Serra S. Bruno in provincia di Catanzaro, ed il resto sull'Aspromonte o sulla eosta ealabrese dello Stretto di Messina dal Prof. Nicotra. Le forme più critiche, e quelle che avevano un particolare valóre P. E : grafico, sono state controllate o determinate dal chiarissimo brioipe " RE Bottini, c come purea dal contesto del lavoro. | MARTA e ; logiche, rendo: i Sii d vivi, per avermi data Vopporkauitil | di. contribuire alla miglior conoscenza degli studii briologiei di una. 4: regione così vasta, così ricca e così meritevole di ulteriori studii. Medi ai e ia 9 NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL’ ITALIA MERIDIONALE 25 | I. NAPOLETANO i : 1 (Provincie di Napoli, Caserta, Avellino, Salerno e Potenza) 3 MUSCI CLEISTOCARPI. } | BRUCHIACEAE. ; * Pleuridium subulatum (Hedw.) Rbnh. — Presso Teano a Rocca- |. monfina in aprile 1873 (NT.). Gli esemplari appartengono ad una forma robusta, misurando i cauli 5 o 10 mm. di lunghezza. _ ACROCARPI. WEISIACEAE. ** Hymenostomum mierostomum (Hedw.) Br. eur. — Rupi calcaree lungo la strada, che mena a Morrone, in aprile 1869 con frutti (N. T.); sul M. Tifati in aprile 1870 con frutti (N. T.). ** y, obliquum (Nees) PA. — A Caserta nel parco in aprile 1868 con frutti (N. T.). ; ** H. tortile (Schwàgr). Br. eur. — Raccolto ovunque in frutto da p. N. Terracciano: Puccianiello a S. Angiolillo in marzo 1869, sul monte Po .&. Nicola in marzo 1870, sul m. Tifati in aprile 1870, a Casalvieri in | marzo 1894. |. Gymnostomum ealeareum Br. germ. — Sulle mura lungo la sirada . da Caserta a Sala in marzo 1869 con frutti (N. T.); a Carbone presso Marcianise, in aprile 1894 con frutti (A. Ten.). ** v, brevifolium Schp. — Sul m. S. Nicola in marzo 1870 con - frutti (N. T.). =- * Gyroweisia tenuis (Schrad. ) Schimp. — Sullé mura da Caserta a -Sala lungo la strada, in marzo 1869 con frutti (N. Ti Questa. specie era nota dei dintorni di Napoli e della penisola sorrentina. — . .* Weisia viridula (L.) Hedw. — Raccolta in frutti da N. Terrac- 26 : I G. ZODDA - eiano a S. Silvestro, in marzo 1869; sul m. Tifati in aprile 1870 e in - maggio 1868; sul m. S. Nicola in marzo 1870; all'aperia nel giardino - inglese a Caserta in aprile 1869; lungo la strada vecchia a Gradillo, in aprile 1869; alle Cave di Puccianiello in febbraio 1870; inoltre dal Bac- | carini in un bosco di castagno dietro la seuola ad Avellino in gennaio 1887, e dal Trotter ad Avellino nell’inverno 1904-905 con frutti e in aprile ai Cappuccini presso questa città. ; È una specie diffusa; per tutta l'Italia, ma non se ne avevano ancora indieazioni partieolari per le due provineie di Caserta e Avellino. ** v. densifolia Br. eur. — Nel Bosco di S. Leucio in marzo 1869 con frutti e in febbraio 1878 (N. T.); alle Cave di Puecianiello in feb- braio, 1870 con fr. (N. T.); ad Avellino con frutti (Trotter). Eucladium verticillatum (L.) Br. eur. — Ad Arpino con frutti (N. T.); : |». ‘alla cascata di Caserta con frutti (N. T.). DICRANACEAE. Dicranella varia (Hedw.). Sehpr. — Sulla strada nuova a Gradillo in. marzo 1870 con frutti (N. T.); a Caserta e a Tifati 1868 (N. T); sugli argini dei campi presso Puccianiello in marzo 1868 (N. T.); a Portico, marzo 1894 (N. T.); a Carbone presso Marcianise, marzo e aprile 1894 (N. T.); sui muri umidi da Bacoli a Baia, e a Torregaveta, in gen- i : .. naio 1908 con frutti (Trinchieri). Non la trovo indicata per la Terra. t^. . di Lavoro. - — -** v, tenuifolia Br. eur. — Presso le siepi lungo la strada da abi > . difreda a Sala in febbraio 1869 sterile. (N. ex. a Carbone in aono 1894 — > es con frutti (A. T.). D. scoparium (L) Hedi. - — A Zaffineto in luglio 1878 con frutti Jj ad Tsola Liri in — 1896 con frutti (A. T). LEPTOTRICHACEAE. NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL'ITALIA MERIDIONALE 27 - eon frutti (Trotter). Non è indieato per la Terra di Lavoro nè per la j provincia di Avellino. | i | 2 Leptotrichum flexieaule (Sehleieh.) Hampe v. densum Br. eur. — Presso Sora a Vicalvi, sterile (N. T.) i = Distiehium capillaceum (Sw.) Br. eur. — Sterile e con frammenti 1 di Drepanium cupressiforme e Ctenidium molluscum; in luoghi umidi ombrosi presso Bagnoli (Avellino) a cirea 1000 m. sul mare (Trotter). - POTTIACEAE. . ** Pottia minutula (Schleich.) Br. eur. — Puccianiello a piè degli ulivi in marzo 1869 con frutti (N. T.). P. truncatula (L.) Lindb. — A Caserta con frutti (N. T.); senza altra indicazione, ma forse questi esemplari sono della stessa località di quelli osservati dal De Notaris (Epilogo briol. it., pag. 589-590). ; (** P. crinita (Wils.) Br. eur. — Puccianiello alle Cave, febbraio 1870, con frutti (N. T.). É nuova per tutto il Napoletano. Didymodon luridus Hornsch. — Puccianiello a S. Angiolillo i in marzo - 1869 sterile; sulle rupi calcaree lungo la strada, che mena a Morrone : aprile 1869 con frutti; presso Sora a Viealvi con frutti; sempre rac- ol da. N. Terracciano. St tophaceus (Brid.) Jur. f. brevicaulis Schp. — Puceianiello a | Angiolillo in marzo 1869 sterile S N.); forma non indicata sper il poletano. .** f. lingulata - jou. è Presso Sora a Viealvi di fr. (N. di urno in maggio 1894 (A. T). | cylindrica Boul. — Sul m. Tifati in maggio 1868 e. va (na T Anche questa eome le precedenti. rigidulus Hedw. — Sopra le mura a Caserta vecchia in marzo , sterile (N. T.); nel boschetto presso i Passionisti in aprile 1868 frutti (N. T.); lungo la strada vecchia a Gradillo in maggio 1869 È Lo a S. MUN in asta Pon sterio; sulle DIEN; calcaree = 98 G. ZODDA marzo 1870, ster. (N. T.); sul Tifati 1868, ster., (N. T.); sul m. Campese | presso Maranola in marzo 1894 sterile (N. T.); presso Sora e Vicalvi con : frutti (N. T.); a Fondi, in marzo 1894, ster. (N. T.); a Carbone presso ^ Marcianise in marzo 1894 ster. (A. T.); sui conglomerati presso Chianche | in aprile 1904 sterile (Trotter) e sui muri intorno ad Avellino con frutti 1 in aprile 1905 (Trotter). — Non era indicata per l'Avellinese. $ ** D. spadiceus (Mitt.) Limpr. — A Settefrati presso la casa comu- nale in settembre 1869 con frutti (N. T.). | d Trichostomum erispulum Bruch. — Raecolto sempre da N. Terracciano: | Strada vecchia a Gradillo in maggio 1869 con fr.: strada auova a Gra- | dillo, marzo 1870, con fr.; m. S. Nicola, marzo 1870 e. fr.; Bosco di S. Leucio, marzo 1869 c. fr.; Puecianiello a S. Angiolillo in marzo 1869. c. fr; Caserta nel 1868 e, fr.; m. Campese presso Maranola in marzo 1894 sterile. *** v. brevifolium Br. eur. f. Mereeyi Besch. — Sulle rupi calcaree. lungo la strada, che mena a Morrone in aprile 1869 *N. T). È una — forma, collegantesi alla var. brevifolium, conosciuta della Francia australe $ $ litoranea. TERN longifolium Sehp. — Lungo la strade vecchia a Gradillo, maggio . 1869, con frutti (N. T.). ** v. elatum Boul. — Sul m. Campese presso Maranola, marzo 1005 con fr. (N. Tj ea Fondi in Marzo 1894 con fr. (N. T.). * T. flavovirens Bruch. — Castelvolturno in maggio 1894 con tuti] (A. T.). Non era indicato per la terra di Lavoro. È 1 °° T. viridiflayum DNtrs. — S. Silvestro in marzo 1869 c. fr. (NS Quest'esemplare fu determinato dal Bottini, 1 - *' T. inflexum Bruch. — A Tifati nel 1868 con frutti; sul m. Ca pese presso Maranola in marzo 1894 c. fr; sul m. Meta in luglio 1 “con frutti; sempre raccolto da N. Terracciano. Era noto delle Pug ma non del Napoletano, Ai T. mutabile Bruch. — Nel bosco di S. Leucio in marzo 1869 è 1 sa os con fr; sul m. Campese presso Maranola in marzo 1894 con frutti, ! "ES ambo i eni raccolto da N, Rerracciano. | NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL’ ITALIA MERIDIONALE 29 * T. nitidum (Lindb.) Sehimp. — Nel bosco di S. Leucio come la precedente e a Caserta nel pareo in aprile 1868 sterile (NAT) Timmiella Barbula (Schwigr.) Limpr. — A Portico in marzo 1894 E: con fr. (N. T.); a Montoro presso Avellino in aprile 1894, sterile e rac- coltovi da anonimo; sui muri umidi a Torregaveta in gennaio 1908 con frutti giovani (Trinchieri). Non era indicata per i dintorni di Avellino. Aloina ambigua (L.) Limpr. — Sempre in frutto. A Caserta nel parco in aprile 1868 (N. T.); a S. Silvestro in marzo 1869 (DT); sui E. . muri lungo la strada da Caserta a Sala, marzo 1869 (N. T.) e lungo a E la strada che mena a Morrone in aprile 1869, nel bosco di S. Leucio in febbraio 1870 (N. T.); a Puccianiello lungo i margini dei campi in marzo 1869 (N. T.); a Portico in marzo 1894; a Carbone presso Mar- cianise in marzo 1894 (A. T.); sui muri umidi da Bacoli a Baia, e lungo la strada per la Solfatara di Pozzuoli e a Torregaveta in gen- = naio 1908 (Trinchieri). * A. aloides (Koch) Kindb. — Ovunque in frutti: Sulle rupi calcaree lungo la strada che mena a Morrone in aprile 1870 (N. T.); sul m. Cam- poe presso Maranola in marzo 1894 (N. T.). * Crossidium squamiferum (Viv.) Jur. — Raccolto da N. Terrac- ciano sulle rupi calcaree lungo la strada che mena a Morrone in aprile 869 c. fr; a Faniello lungo i margini dei campi in marzo 1869 on frutti. . * Barbula convoluta Hedw. — Strada nuova a Gradillo in marzo 1870 e. fr, (N. T.); a Caserta nel pareo in aprile 1868 c. fr. (N. T.); presso Avellino ai Cappuccini in febbraio-marzo 1905 sterile (Trotter). È nuova. per le due provincie. ** v. sardoa Sehp. — Caserta presso il Casino nel Giardino all’ In- glese in marzo 1869; nel boschetto di Caserta presso i Passionisti in aprile > 1868 e a Tifati nel 1868; raccolta sempre in frutto da N. Ter- OTT ET ET eos rM T ui i; E gracilis Schwägr. — Puccianiello a S. Angiolillo, marzo 1869, . (N. T.); a Tifati in aprile 1870 e. fr. (N. T.); strada vecchia a adillo in maggio 1869 sterile E T p ` + Hornschuchiana Schultz. — Nei parchi del Giardino all'Inglese 2 Cave in febbraio 1870; a Carbone presso. Marcianise in marzo 18 i ce T); a Casaluce i in marzo 1894 ico febbraio-marzo 1905 (Trotter). 30 i G. ZODDA 8 di Caserta in febbraio 1869 con frutti; a Casalvieri in marzo 13498 sterile (N. T.). 3 * B. revoluta Sehwügr. — A Caserta nel Giardino Reale, in aprile | 1868 con fr, (N.'T.); sulle rupi calcaree lungo la strada che mena a Morrone in aprile 1869 e. fr., (N. T.); lungo la strada vecchia a G 1 dillo in maggio 1869 c. fr. (N. T.); nei parchi del Giardino all'Inglese di Caserta in febbraio 1869 c. fr. (N. T.); sui muri umidi a Torregaveta. in gennaio 1908 sterile (Trinchieri); sui conglomerati presso Chianche (Avellino) in aprile 1905, sterile ( (Trotter). Nuova per le due provincie di Caserta e Avellino. B. unguiculata (Huds.). Hedw. — Da N. Terracciano è stata rac- colta la forma tipica sempre fruttificata presso Puccianiello a S. Aug lillo in marzo 1869; nel bosco di S. Leucio, marzo 1869; lungo la strada che mena a Morrone in aprile 1869; lungo la strada nuova a Gradi in marzo 1870; nei parchi del Giardino all’ inglese in febbraio 186 sul m. Tifati in aprile 1870 e in maggio 1868; sul m. S. Nicola marzo 1870; inoltre da A. Terracciano a Carbone in marzo 1894 ec fr. e sterile; sulle muraglie presso Avellino in aprile 1905 da Trotter sui muri da Baeoli a Baia in gennaio 1908 con fr. dà Trinchieri. 4 v. cuspidata (Schultz) Br. eur. — Nel bosco di S. Leucio in marzo 1869 e febbraio 1870 e sul m. Tifati in aprile 1870; da N. Terraccia ovunque con frutti. — v. apiculata (Hedw.) Br. eur. — P Mensis fruttificati Had da. 3 N. Terracciano: S. Silvestro, marzo 1868; Carditello lungo i fossi novembre 1868; presso Sora a Vicalvi. ** v. obtusifolia (Schultz) Br. eur. — Esemplari in frutto: S muri alla cascata di Caserta, marzo 1869 (N. T.); presso le siepi lun la strada da Aldifreda a Sala in febbraio 1869 (N. T.); Puccianiello a (A. T.); ai Cappuccini presso Avelli : Tow mierocarpa (Schultz) Sehp. — A Montoro. presso Avellino, rae- ~ colto da sconosciuto in aprile 1894 con frutti. ds B. vinealis a Caserta ea n nel 1868 c. fr. e T Ace LA "m SET - NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL'ITATIA MERIDIONALE dsl lungo la strada vecchia a Gradillo in maggio 1869 e sulle rupi calcaree lungo la strada che mena a Morrone in aprile, 1869 c. fr. (N. T.); a Portico in marzo 1894 sterile (N. T.); a Carbone presso Marcianise in aprile 1894 (A. T.); sui muri umidi da Bacoli a Baia e a Torregaveta in gennaio 1908 (Trinchieri). v. cylindrica (Tayl) Boul. — Sul m. S. Nicola e sul Tifati in aprile 1870 sterile (N. T.); nel boseo di S. Leucio in marzo 1869 sterile INCI E: a S. Silvestro in marzo 1868 con fr. (N. T.); sulle rupi calcaree lungo E. .. la strada che mena a Morrone in aprile 1869, a Puccianiello lungo i E margini dei campi in marzo 1869 e alle Cave in febbraio 1870 e. fr. (N. 1.5; a Portico in marzo 1894 con fr. (N. T); a Carbone e a Casaluce in marzo 1894 con fr. (A. T.); sui muri umidi da Bacoli a Baia e a Torregaveta in gennaio 1908 sterile (Trinchieri); sulle muraglie presso Avellino in aprile 1905 e presso Avellino ai Cappuccini in marzo 1904 e 1905 con fr. (Trotter). Risulta nuova per la Terra di Lavoro e per la provincia di Avellino. Tortella squarrosa (Brid.) Limpr. — Lungo la strada che mena a Morrone in aprile 1869 sterile. (N. T.); a Fondi in marzo 1894 sterile (N. T.); nei dintorni di Avellino con frutti (Trotter). Non era indicata per la provincia di Avellino. | * T. tortuosa (L.) Limpr. — Nel bosco di S. Leucio in febbraio 1870 d (4e T.) sterile. .. * Tortula cuneifolia (Dicks.) Roth. — A Morrone e a Tifati in aprile ; .1870 eon fr. (N. T.; a Carbone in Marzo 1894 con fr. (A T3. * T. atrovirens (Smith) Lindb. — Pueeianiello alle Cave i in febbraio 1870 con fr. (N. T.). T. muralis (L.) Hedw. — Raccolta in frutto da N. Terracciano nelle . Seguenti località: Sui muri lungo la strada da Caserta a Sala in marzo . 1869; sulle rupi calcaree a S. Angelo di Puccianiello in marzo 1869; d Ponie | a Fondi ea Casalvieri in marzo 1894; da A. Terracciano parimenti in frutto a Casaluce in marzo 1894 e a Carbone presso Mar- cianise in aprile 1894; da uno sconosciuto con frutti a Montoro presso vellino; da Trinchieri sterile a Torregaveta e con frutti dell’anno pre. cedente sui muri lungo la strada da Bacoli a Baia in gennaio 1908. S 32 G. ZODDA * v. incana Br. eur. — A Tifati in aprile 1870 e sul m. S. Nicola | in marzo 1870 con frutti (N. T.). E ** v, rupestris Schultz. — A Tifati in aprile 1870 e a m, Campese presso Maranola in Marzo 1894 eon fr. (N. T.). T. aestiva (Brid.) Mont. — A Casaluce e a Carbone presso Marcia- nise in marzo 1894 eon fr. (A. T.); sui muri umidi a Torregaveta in gennaio 1908 con fr. (Trinchieri). j La vedo citata dal Falqui (') per la Terra di Lavoro, ma non dl | Bottini (*) che determinò il materiale raccolto dal primo. T. marginata (Br. eur.) Spruce. — Sulle pietre nella fruttiera di Caserta in marzo 1869 e presso Sork a Vicalvi con fr. (N. T.); a S. Sil vestro in aprile 1898 e a Portico in marzo 1894 con fr. (N. T.); a Car- bone in marzo 1894 con fr. (A. T.); sui muri umidi a Torregaveta in gennaio 1908 sterile (Trinchieri). È * T. subulata (L.) Hedw. v. integrifolia Boul. — A Tifati in marzo f 1870 con fr. (N. T.); ad Avellino (Trotter) e dietro la scuola enologica E ] sulle colline in gennaio 1887 (Baccarini); nei luoghi elevati sul m. Cor. vialto in giugno 1905 con fr. (Trotter). Non era indicata per entrambe , le provincie. '* T. inermis (Brid.) Mont. — Sul m. S. Nicola, maggio 1868 (N. T.), — a Carbone presso Marcianise in marzo 1894, sterile (A. T.. Non era 3 indieata per il Napoletano. 7T. levipila DNtrs. v. levipilaeformis cue — A Portico e a For- mia in marzo 1894 con fr. (N. T.); a Casaluce in marzo e a Carbon in marzo e aprile 1894 con fr. (A. T.). — Il Giordano (*) indiea per la — Terra di Lavoro il tipo, ma probabilmente si tratta della varietà, poiehé . è questa la forma, che nell'Italia meridionale e in altri pem australi | lo sostituisce Sota pletumenie: E E pulvinata Jur — A Casalvieri in marzo 1894 sterile NT Non la vedo indicata per il Napoletano. m Contrib. alla flora del bacino del Liri in B. S. B. L, 1904, pag. 58. , €) Frammenti di briologia italiana in Webbia, 1905, pts 17-24. (© Pugillus Muscorum in agro neapoli itano ipsc in Atti Soc. Critt. It., vol. H, Ser. 2, pag. 84. è FA ce go NISUS De NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL'ITALIA MERIDIONALE AT * T. montana (Nees) Lindb. — Sul m. Campese in marzo 1893 ste- rile (N. T.). * T. ruralis (L.) Ehrh. — A Pietrastornina presso Avellino sulle rocce del Castello in giugno 1904 con fr. (Trotter). — Non indicata per la provincia di Avellino. ** y, ruraliformis (Berch.). — A Casalvieri in marzo 1894 con fr. (N. T,) e a Muro Lucano all'Aequaviva in settembre 1891 sterile (A. T.). — La varietà non era indicata per il Napoletano. Dialytrichia Brébissoni (Brid.) Limpr. — Sui tronchi delle querce a M. Cassino in maggio 1868 (N. T.). FISSIDENTACEAE. * Fissidens ineurvus Starke. — Con frutti, presso le siepi lungo la strada da Aldifreda a Sala in febbraio 1869 (N. T.). ** F. tamarindifolius Limpr. — Sul m. S. Nicola e presso le siepi lungo la strada da Aldifreda a Sala in febbraio 1869 eon fr. (N. T.). F. pusillus Wils. — A Caserta e a Tifati nel 1868 eon fr. (N. T.); ad Avellino nell'inverno 1905-906 con fr. (Trotter). — È nuovo per la provincia di Avellino. i F. decipiens DNtrs. — Sterile: sul m. Campese presso Maranola in marzo 1894 (N. T.); presso Muro Lucano all'Aequaviva in settembre 1891 (A. T.). F. taxifolius (L.) Hedw. — A S. Leucio sterile (N. T.); presso dde lino ai Cappuccini in giugno 1905 sterile (Trotter). -- Non era indicato E . per la pure. di Av e GRIMMIACEAE. Eo Cinelidotus aquatieus (Jacq.) Br. eur. — Con anteridii nelle acque presso Serino in provineia di Avellino nell'inverno 1904-905 (Trotter). — Nuovo per il Napoletano. — ** Grimmia Lisae DNtrs. — Das Muro Lucano all’ Acquaviva in settembre 1891 con fr. (A. T.). | 3. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII. 34 ; G. ZODDA * G. orbicularis Bruch. — Sui conglomerati presso Chianche in aprile | 1904 con fr. (Trotter). — Non indicata per l’Avellinese. ; 4 ** G. pulvinata (L.) Smith v. obtusa (Brid.) Br. eur. — Sui muri | intorno ad Avellino con frutti in aprile 1905 (Trotter). ** f. robusta Boul. — A Montoro presso Avellino in aprile 1894 c. fr., . raccolto da sconosciuto. ` ORTHOTRICHACEAE. Zygodon viridissimus (Dicks.) Browne. — Sopra gli ulivi a S. Leucio | in marzo 1870 con fr. (N. T.); sugli ulivi nel Giardino Inglese a Ca- serta in marzo 1869 con fr. e a Formia in marzo 1894 sterile (N. T.); a Carbone presso Marcianise in marzo 1894 sterile (A. T.). * Orthotrichum stramineum Hornsch. — A Caserta sui peri nella fruttiera in marzo 1869 e a Portico in marzo 1894 con fr. (N. T.); ai Cappuccini presso Avellino in aprile 1904 con fr. (Trotter). . 0. lejoearpum Br. eur. — Sui muri del Castello di Monteforte presso i Avellino in febbraio 1900 con frutti (Trotter). ENCALYPTACEAR. * e contorta (Walt) Lindb. — Presso Muro Pino all’Acqua- viva in settembre 1891 sterile (A. T). eon frutti, in luoghi umidi ombrosi presso Bagnoli (Avellino) a eirea 1000 m. s. m.) Trotter). — Non indieata per la Basilicata nè per l’Avellinese. FUNARIACEAE. zm cianiello nel 1886, sempre con frutti M. T) .. Entosthodon fascicularis (Dicks.) C. Müll. — Nel a di "Caserta, S [T da. N. Nisi ee. con frutti. NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL'ITALIA MERIDIONALE 35 F. eonvexa Spruce. — A Portico e a Fondi in Marzo 1894 con fr. (N. T.); a Carbone in marzo 1894 con fr. (A. T.); a Montoro presso Avellino in aprile 1894 con fr. da sconosciuto; ad Avellino nell'inverno 1905-1906 e in aprile 1908, come pure sul terreno presso le siepi ai Cappuccini in marzo 1900, sempre con frutti (Trotter). F. hygrometrica (L.) Hedw. — A Morrone e a Portico in marzo 1894 con fr. (N. T.); a Carbone presso Marcianise, in aprile 1894 e a Castelvolturno in maggio 1894, con fr. (A. T.); nei luoghi arenosi alla discesa di S. Cristina verso Morchiano presso Avellino, in maggio 1908 eon fr. (Trotter). * v. ealveseens Schp. — Presso Muro Lucano all degni in set- tembre 1891 con fr. (A. T.); presso Avellino a Seiorta in marzo 1900 con fr. (Trotter). BRYACEAE. .Anomobryum juliforme Solms L. — Lungo la strada nuova a Gra- dillo in marzo 1870 sterile (N. T.); nei dintorni di Avellino, inverno 1905-906 con fr. (Trotter). — Non indicato per la provincia di Avellino. Mniobryum albieans (Wahlb.) Limpr. — A Casaluce sterile in marzo 1894 (A. T). . Bryum torquescens Br. eur. — Nelle vasche a fior d’acqua alla Ca- scata di Caserta in marzo 1869 con fr. (N. T.); sul m. Tifati in aprile 170 e sul m. Campese presso Maranola in marzo 1894 con fr. (N. T.); a Carbone presso Macianise in aprile 1894 con fr. UU Lg Montoro presso Avellino in aprile 1894 sterile da seonosciuto; sul terreno umido 25 Wi Cappuecini presso Avellino in aprile 1904 con fr. (Trotter). E B. provinciale Phil. — A Portico in marzo 1894 « e sul m. Campese presso Maranola in marzo 1894 eon fr. (N. T.). . ** B. pallescens Schleich. — Presso Muro Lucano all Acquaviva, in . settembre 1891 con fr. (A. T.). —. Non trovo indicata ap specie per . il Napoletano. — E B. atropurpureum Auct (non -Wahlb.). — Sulle rupi calcaree lungo la strada, che. mena a Morrone in aprile 1869 con anteridii e con frutti (N. T.; nelle vasche a fior d’acqua a Caserta in marzo 1869 con frutti 36 G. ZODDA (N. T); sul m. S. Nicola in marzo 1870 e a Tifati con fr. (N. T); presso le siepi lungo la strada da Aldifreda a Sala in febbraio 1869 sterile (N. T.); a Portico in marzo 1894 con frutti (N. T.; a Carbone e a Casaluce in marzo 1894 (A. T.); sui muri umidi da Bacoli a Baia in i gennaio 1908 con fr. (Trinchieri); ai Cappuccini presso Avellino con anteridii in febbraio-marzo 1905 (Trotter). < - * v. dolioloides Solmsh. — A Puccianiello alle Cave in febbraio 1870 con fr. (N. T.); a Casalvieri in marzo 1894 eon anteridii (N. T.). ? B. atropurpureum Auct. X B. murale Wils. — A Carbone presso Mareianise in aprile 1894 con fr. (A. T.). Caespitosum. Folia ut in B. atropurpureo, integra vel ad apicem sub-den- ticulata; perichaetialia similia sed parum minora; pedunculus purpureus, 2-2,2 cm. altus; sporogonium 4-4,5 mm. longum, ad basim in collum. at- 2 tenuatum desinens, pyriforme, operculo alte convero, ut in B. murali; sporae 9-12 p. fenuissime punctulatae. Ho voluto dare una descrizione piuttosto minuta di questo esemplare, © che ha dei caratteri comuni alle due specie sopracitate, tanto da doverlo ritenere, almeno provvisoriamente, come una forma, originatasi per ibri- dismo da esse. Il Bottini, dal quale ho chiesto l'autorevole parere intorno a questa forma aberrante, propende a ritenerlo più vicino a B. atropur- pureum che a B. murale; e veramente così è, se si guardauo gli organi di vegetazione; la cosa cambia invece se si esamina lo sporogonio, che ritrae la forma di quello del B. murale, del quale persino supera le dimensioni. Inoltre è da notare che mentre nel B. murale e nel B. atro- purpureum le spore sono perfettamente lisce, nella forma in parola appaiono al microscopio cosparsi di minutissimi punti. Per rendere più facilmente osservabili le differenze e i caratteri comuni fra le tre Pre metso bee: sotto il LE costo: NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL'ITALIA MERIDIONALE Bryum murale Foglie sensibilmente e- guali, intere o den- ticolate all' apice. Perieheziali poco mi- nori. Pedicello lungo 1,5-2,5 em. Capsula lunga 3-4 mm. Collo assottigliato, lun- go. Proporzioni capsula 1:3 a 1:4. Opercolo non più largo della bocca della cap- sula, altamente con- vesso. | Spore 8-11 p., lisce. B. atropurpureum X B. murale Foglie superiori più grandi, subdentico- late. Pericheziali poco mi- nori. Pedicello lungo 2-2,2 , em. Capsula lunga 4-4,5mm Collo assottigliato, lun- go. Proporzioni capsula 1: 3. Opereolo non più largo della bocca della cap- sula, altamente con- vesso. Spore 9-12 p. finissima- mente punteggiate. 37 B. atropurpureum Foglie superiori più grandi, intere o con 1-3 denti in alto. Pericheziali molto mi- nori. Pedicello lungo 1-1,5 em. Capsula lunga 2 mm. Collo eorto, gonfio. Proporzioni capsula 1:2. Opercolo piu Iargo del- | orificio, regolar- mente convesso. Spore 8-11 p. lisce. .B. murale Wils. — Sul m. S. Nicola in marzo 1868 e sul m. Cam- pese presso Maranola in marzo 1894 con fr. (N. T.); lungo la strada nuova a Gradillo in marzo 1870, nel bosco di S. Leucio in febbraio 1870 e a Puccianiello alle Cave in febbraio 1870 con fr. (N. T.); a Fondi in marzo 1894 con fr. (N. T.); a Carbone presso Marcianise in aprile 1894 . 1908 con fr. (Trinchieri). B. capillare L. v. meridionale Schp. — Sui peri nella fruttiera del Real Parco di Caserta in marzo 1869 con fr., sul m. S. Nicola in marzo 1870, sul m. Campese presso Maranola in marzo 1894 con anteridii e = con fr. (A. T.); sui muri lungo la strada da Bacoli a Baia in an = a Portico in marzo 1894 con anteridii, ovunque da N. Terracciano; -sulle muraglie presso Avellino in febbraio e marzo 1905 e in primavera T 1906. con fr. e ai Cappuccini in giugno 1904 con fr. (Trotter). 38 G. ZODDA * B. Donianum Grey. — Nel bosco di S. Leucio in marzo 1869 con fr. e a Portico in marzo 1894 (N. T.); a Carbone presso Marcianise con fr. in marzo 1894 (A. T.). B. argenteum L. — Sterile in marzo 1894 a Portico (N. T.). ** v, lanatum Schp. — Sulle muraglie presso Avellino in inverno. 1904-905 sterile e in aprile 1905 con anteridii (Trotter). Non trovo indi- cata questa varietà per il Napoletano. ** v, majus Br. eur. — Nelle vasche alla cascata di Caserta in di- cembre 1867 sterile (N. T.). MNIACEAE. * Mnium undulatum (L.) Neck. — Ai Piani di Serino in luglio 1904 sterile; tra Nusco e Cassano in provincia di Avellino, primavera di 1907 sterile; in una cupa presso Avellino verso le selve in aprile 1904 sterile; in stazione nemorale alla Seiorta presso Avellino in inverno 1907- 908 con frutti; e presso Bagneli di Avellino a circa 1000 m. s. m.; b. 2 ovunque da Trotter. uU M * Mn. affine Bland. — Nei dintorni di Avellino, sterile (Trotter). : * Mn. punctatum (Brid.) Hedw. — Sterile in aprile 1870 sul m. Tifati. (N. T). : : AULACOMNIACEA E. 3 | | ** Aulacomnium palustre (L.) Sehwágr. — All'Isola galleggiante nel - lago di Posta presso Sora in MM 1873 sterile (N. T.). BARTRAM IACEAE. os * Philonotis dala Schp. — Nei prati umidi presso la Madonna ` | x valle di Canneto, agosto 1872, sterile (N. T.). — Non la vedo indi- eata per il Napoletano. : .. ** Plagiopus Oederi (Gumi). Limpr. — Commista a dini E i: d pienois presso Bagnoli di Avellino a cirea 1000. m. $ m. con fr.; - Sce da Title. » NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL'ITALIA MERIDIONALE 39 * Pogonatum aloides (Hedw.) PB. — Nel bosco di S. Leucio in . febbraio 1870 con fr. (N. T.); nelle colline dietro la scuola enologica - ad Avellino in gennaio 1887 con fr. (Baccarini); in luoghi elevati sul m. Cervialto.in giugno 1905 con fr. (Trotter); nei dintorni di Avellino in gennaio 1887 e ai Cappuccini in marzo-aprile 1904 con fr. (Trotter). ' P. urnigerum (L.) PB. — Sul m. S. Michele presso RUD! luglio 1906 con anteridii e con frutti (Trotter). PLEUROCARPI. CRYPHAEACEAE. Leucodon seiuroides (L.) Schwügr. — Sugli alberi presso Bagnoli di Avellino a cirea 1000 m. s. m. con frutti abbondanti (Trotter). x v. morensis (Schwàgr.) Br. eur. — Sui vecchi ulivi a Puccianiello m in marzo 1869 con fr, sul m. Meta in luglio 1878 sterile, a Casalvieri con frutto e a Formia sterile in marzo 1894 (N. T.); presso Muro Lucano all’Acquaviva in settembre 1891 sterile (A. T.). — Il Giordano ricorda solamente il tipo (*), ma probabilmente, almeno in parte, si tratta an- che della varietà, che lo suole sostituire nei paesi meridionali. va rad NECKERACEAE. - s * Leptodon Smithii (Dieks.) Mohr. — Sopra un trol d'albero ai s Cappuccini presso Avellino in giugno 1904 sterile (Trotter). . Neckera crispa (L.) Hedw. — Sempre sterile e raccolta da N. Ter- | racciano all'Isola galleggiante nel lago di Posta presso Sora in ottobre . 1873 e sul m. Campese presso Maranola in marzo 1894. LESKEACEAE. - #iKnomodon vitiealosas (L.) Hook. et Tayk — Bur tronchi degli € 0 Op. cit. pag. 60. 40 G. ZODDA alberi nel Parco di Caserta in dicembre 1868 con fr. e all'Isola galleg giante nel lago di Posta presso Sora in ottobre 1873 con fr. (N. T.) sulle rupi ombreggiate sotto il Montagnone di Nusco (Avellino) i giugno 1908 con anteridii (Trotter) — Non indicato ancora per le due | provincie di Caserta e Avellino. S Pterigynandrum filiforme Hedw. v. decipiens (Web. et Mohr). — Sügli alberi presso Bagnoli a circa 1000 m. s. m. (Trotter). CYLINDROTHECIACEA E. ** Leseuraea striata (Schwügr.) Br. eur. — In luoghi elevati sul m Cervialto in provincia di Avellino in giugno 1905 con fr. (Trotter). BRACHYTHECIACEAE. Homalothecium sericeum (L.) Br. eur. — Sui castagni nel bosco di S. Leucio in febbraio 1870 c. fr. (N. T.); sui vecchi ulivi a Puccianiello i in aprile 1869 c. fr. (N. T.); sui tronchi d’alberi nel Giardino all’ Inglese a Caserta in febbraio 1869 c. fr. (N. T.; sul m. Meta in Luglio 1878 sterile e a Casalvieri in marzo, 1894 con fr. (N. T.); a Casaluce e a Carbone sterile in marzo 1894 (A. T.); nei dintorni di Avellino in p mavera 1908 con fr. (Trotter). — Non trovo indicata questa specie la provincia di Avellino. 3 Camptothecium aureum (Lag.) Br. eur. — A Carbone in marzo 1894 Es nom (A. T.). d * €. lutescens (Huds.) Br. eur. v. fallax (PhiL) Breidl. — Nel bes di S. Leucio in aprile 1870 con fr. e a Casalvieri in marzo 1894 con fr.; nel Matese in luglio: 1873 sterile e a Zaffineto in luglio 1878 ste- rile; raccolto sempre ; 5 Brachythecium rutabulum (L.) Br. eur. — Nel Parco di Caserta con . ^ fr. (N. T.); a Carbone presso Marcianise e a. Casaluce in marzo 1894 - | sterile (A. T.). = TS densum Schp: DET Casaluce in marzo 1894 . con fr (AK. TX ON velutinum (L.) Br. eur. — Sul m. Vergine presso Avellino in ie aprile 1904 con 5 ora e Sg a dal roter, NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL'ITALIA MERIDIONALE 41 * Seleropodium Illecebrum Schwügr. — Nel bosco di S. Leucio in febbraio e marzo 1870 e sul m. Campese presso Maranola in marzo 1894 sterile (N. T.). * f. minor Boul. — A Monte Civita presso Gaeta in aprile 1890 m. T). ** v. spininervium Zodda. — Presso Puccianiello alle Cave in feb- braio 1870 con frutti (N. T.), e sui muri umidi a Torregaveta in gennaio 1908 con fr. (Trinchieri). Eurhynchium circinatum Br. eur. — Sempre sterile: lungo la strada nuova a Gradillo in marzo 1870; nel bosco di S. Leucio, febbraio 1870; e a Formia in marzo 1894 (N. T.); a Casaluce in marzo 1894 (A. T.). ** f. attenuata Boul. — Sopra gli ulivi a S. Leucio, marzo 1870 e a Fondi in marzo 1894 (N. T.); a Casaluce in marzo 1894 (A. T.); ovunque sterile. E. striatum (Schreb.) Schp. v. meridionale (Schp.) — Sulla. vetta del m. S. Nicola in aprile 1868 fr. e nell'Isola galleggiante nel lago di Posta in ottobre 1873 ster. (N. T.); sul m. Campese presso Maranola in marzo 1894 ster. (N. T.). ** E erassinervium (Tayl.) Br. eur. v. auronitens Mol. — Sui muri | nel bosco di S. Leucio fr.; febbraio 1870 e marzo 1869 (N. T.). Il tipo 3 era già indicato per la Terra di Lavoro, ma non la varietà. * E. Stokesii (Turn.) Br. eur. — Sempre sterile sul m. Campese a Mara- «nola in marzo 1894 e a Portico in marzo 1894 (N. T.); a Carbone ea Casaluce in marzo 1894 e a Isola dei hiri in aprile 1896 (A. T.). — Non indicato per la Terra di Lavoro. ** y. fallax Loeske. — Nel bosco di S. Leucio in marzo 1870 fr. (N. T.). — Questa varietà è stata determinata dal Bottini. -. * E. pumilum (Wils.) Schpr. — Sulle pietre nei luoghi ombrosi del . . Giardino inglese in aprile 1869 fr. (N. T.); a Carbone presso Marcianise -. in marzo 1894 sterile (A- T.) | * E. praelongum (L.) Br. eur. — Nel boschetto di Caserta presso il canalone in dicembre 1868 fr. (N. T.); a Casaluce in marzo 1894 ste- - mile (A; T.). - ** E. Lians (Hedw.) Jaeg. et Shot — In terra di lavoro fr; 42 G. ZODDA - Portico, marzo 1894, e sul m. Campese a Maranola, marzo 1894; sempre | sterile (N. T.); E. Swartzii (Turn.) Curn. — Nel Parco di Caserta; a Portico aj piedi degli alberi, marzo 1894 e sul m. Campese presso Maranola in b marzo 1894; sempre sterile (N. T.) a Carbone e Casaluee in marzo 1894 - ; (A; 7.) * Rhynehostegium megapolitanum Br. eur. v. meridionale Schp. — Lungo la strada nuova a Gradillo in marzo 1870 fr, s. m. Campese presso Maranola in marzo 1894 sterile (N. T.); a Carbone in marzo 1894 sterile (A. T.). ss Rh. confertum (Dicks). Br. eur. — Sulle mura del ponte di fabbrica | nel giardino all'Inglese di Caserta in febbraio e marzo 1869 fr. e sui tronchi d'albero nella stessa località in marzo 1870 (N. T.); nel bosco di S. Leucio in febbraio 1870 fr. (N. T.); a Carbone presso Marcianise in marzo 1894 fr. (A. T.). — Non indicato per la Terra di Lavoro. , 777 Rh. murale (Neck.) Br. eur. v. julaceum Schimp. f. subalpinum 5 Ren. — A Settefrati presso la casa comunale in settembre 1869 (N.T) — 06 È una forma nuova pe l’Italia e conosciuta dapprima di Melon! elevate nei Pirenei. PEOR NA i H Yi gil NT HUM NOS " wa Ma i De a 4 LA ed Ba Pte. RA N E E Rh. ruseiforme (Neck) Br. eur. — Gli sia E peitenenti 2.4 questa specie possono riferirsi alle seguenti varietà: : '* v. luteseens Schp. — Presso Muro Lucano all’Acquaviva in set- tembre 1891 fr. (A. T.); in un piccolo corso Lair verso Capriglia | ha presso Avellino, sterile (Trotter). i °° v. prolixum Br. eur. — Nei pantani di Mindurno nel 1874, ste- file IN. T. | : Y. inundatum Br. eur. — Nelle acque della Ferriera presso Avellino, © | nell'inverno 1907-008 sterile (Trotter). ; A US laminatum Boul — In una fi onte ad e a presso Avellino, E in giugno 1899 e in aprile 1905 (Trotter). * Rhynchostegiella tenella (Dicks.) Limpr. — A Portico e a Fondi in marzo 1894 fr. (N. T.); a Casaluce in marzo 1894 fr. (A. T.). y * Rh. curviseta (Brid.) Limpr. — Sul m. Tifati in aprile 1870, fr. d ES Te ds E Xd NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL'ITALIA MERIDIONALE 43 *** v. elata Bottini in litteris ad me. Caespites elati, parum cempacti, rami longiores, folia maiora. — Sul m. Campese a Maranola in marzo 1894, fr. (N. T.). AMBLYSTEGIACEAE. ; ** Amblystegium irriguum (Wils.) Br. eur. — Nelle vasche a fior : d'acqua alla Cascata di Caserta in marzo 1869 fr. (N. T.); presso Muro E “Lucano all'Aequaviva in settembre 1891, sterile (A. T 5 ** A. Kochii Br. eur. — Al lago di Posta presso Sora in ottobre 1873, E fr. (N. T). | — .* Cratoneuron filieinum (L.) Roth. — Presso Muro Lucano all’ Ac- E | quaviva in settembre 1891 sterile (A. T.). È HYPNACEAE. Er Drepanium cupressiforme (L.) Roth. -— Da N. Terracciano è stato raccolto nelle seguenti stazioni: Bosco di S. Leucio in febbraio e marzo ~ [870 fr.; sui vecchi ulivi a Puecianiello in aprile 1869 fr.; sul m. Cain- pese presso Maranola; a Formia e a Monte Civita presso Gaeta in marzo 1894, sterile. In un bosco di castagno dietro la scuola enologica ad | Avellino in gennaio 1887 fr. (Baccarini); nei dintorni di Avellino, fr.” (Trotter) e presso Bagnoli (Avellino) a eirea 1000 m. s. m. raccolto da A Trotter. — * v. uneinatulum Sehp. — Nel bosco di S. | sui tronchi degli alberi nel. Giardino all'Inglese di Caserta in marzo 1870; fr. (N. T.); ad Isola del Liri in aprile 1896, sterile (A. T.). ** v. subjulaeeum Mol. — A Roccamonfina in aprile 1873 e a Formia n marzo 1894, sterile (N. T.). aci D. pratense (Koch) Roth. — Nell'Isola galleggiante al lago di Posta presso Sora in aprile 1873, sterile (N. T.). — È la stazione europea più meridionale per questa specie. | Ctenidium molluseum (L.) Mitt. — Sempre sterile: All'Isola galleg- .giante nel lago di Posta presso Sora in ottobre 1873 e a m. Campese & Leucio in marzo 1869 e =o- Fossapiatta in maggio 1894, sterile (A. T.). .. in febbraio 1870 sterile (N. T.); in un bosco di castagno dietro la scuola . . enologiea di Avellino, gennaio 1879 (Baecarini); sul muro del Castello 2 14 umet presso Avellino, in febbraio 1900, fr. (Trotter). An pigna FR sterile. B (ratto 44 ^G. ZODDA rg 1869 e. col.; 5 in un bosco di castagno dietro la scuola enologica a ma non del Napoletano. in marzo 1894 (N. T.); ai Piani di Sirino in luglio 1904 (Trotter), E presso Bagnoli di Avellino (Trotter). — Non era indicato per la provincia. 3 di Avellino. ** Acrocladium euspidatum (L.) Lindb. — Nel Matese nel 1872 fr sulle rive del lago di Posta e all'Isola galleggiante in aprile 1873 ster. | (N. T.); a Castelvolturno nella pineta sulla riva destra andando al Piatto. * Hypnum purum L. — A Fondi in marzo 1894 sterile (N. T.). DENDROIDEACEAE. * Thamnium alopecurum (L) Br. eur. — Ad Avellino nell inverno. 1904-1905, sterile (Trotter). SPHAGNACEAE. Sphagnum eymbifolium Ehrh. — All'Isola galleggiante nel lago di i È Posta in quel di Sora, sterile (N. T.). bos HEPATICAE. JUNGERMANNIACEAE ACROGYNAE. Frullania dilatata DM. — Sui tronchi di Fagus silvatica nel Giar- dino all'Inglese in febbraio 1869 con col. e sui vecchi ulivi a Puecia- È niello in marzo 1869 eon col. e sopra gli orni nel bosco di 8. Leucio . : * Lejeunea serpyllifolia (Dicks.) Lib. — Nel bosco di S. Leucio in di \ voll gennaio 1887 (Baccarini). — Era conosciuta delle Calabrie, x Madotheea platyphylla DM. — In aste elevati: sul m. Cervialto, ] N I, NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL'ITALIA MERIDIONALE 45 Radula complanata DM. — Sui tronchi di queree nel Giardino all’In- — glese di Caserta in febbraio 1869, fr. (N. T.); in un bosco di castagno dietro la scuola enologica di Avellino, gennaio 1896, fr. (Baccarini). — Non era nota per la provineia di Avellino. Calypogeia Trichomanis Raddi. — Nel bosco di S. Leucio in marzo 1870, sterile (N.- T). Lophocolea heterophylla DM. — Nel bosco di S. Leucio in marzo 1870, con col. (N. T.). Plagiochila asplenioides DM. — A Zaffineto in luglio 1878, sterile (N. T.); a Isola del Liri in mezzo a Dicranum scoparium in aprile 1906 (A. T.); presso Bagnoli di Avellino a eirea 1000 m. s. m. commista a Plagiopus Oederi (Trotter). — Sconosciuta sinoggi per la provineia di Avellino. * Fossombronia pusilla DNtrs. — Nel bosco di S. Leucio, aprile * 1870 fr. e s. m. Campese presso Maranola in marzo 1894 fr. (N. T.). — | Era conosciuta soltanto dei dintorni di Napoli. PA rr e TE ia at iii a, JUNGERMANNIACEAE ANACROGYNAE. , Metzgeria furcata DM. — Sui tronchi di querce nel Giardino all'In- glese di Caserta, febbraio 1869 c. col. (N. 1. MARCHANTIACEAE. Marchantia poli L. -- Nel Cilento, raccolta da Prof. D. Longo "n esemplari con sporogonii, verso 1600 m. s. m. Cervati in. luglio 1906. s paleacea Best. — Presso Caserta, con sporogonii (N. T.). Lunularia vulgaris (L.) Smith. — Sempre con scifi propaguliferi : Portico e Monte Campese in marzo 1894 (N. T.); sui muri da Bacoli a Baia in gennaio 1908 (Trinchieri). Fegatella conica (L.) Raddi. — A Portico in marzo 1894 con scifi ANT). — Srimaldia dichotoma Raddi. — A Tifati presso la Seala di Lene in maggio 1869; fr. (N. T.). 46 G. ZODDA * Reboulia hemisphaerica Raddi. — Lungo la strada vecchia a Gra- dillo, maggio 1896 (N. T.). ' Riccia insularis Lev. — Muri umidi coperti di terriccio fra Bacoli . e Baia in gennaio 1908 (Trinchieri). — E questa la seconda locali italiana di terraferma. Vi è inoltre un esemplare sterile di Anthoceros raccolto sulla strada vecchia a Gradillo in aprile 1869 (N. T.). II CALABRIA (Provincie di Cosenza, Catanzaro e Reggio C.). MUSCHI BRUCHIACEAE, Pleuridium subulatum Bruch. — Presso Serra S. Bruno in provincia di Catanzaro, raccolto dal barone Zwierlein. WEISIACEAK. ‘Riboldi verticillatum L) Br. eur. — Presso gli stillicidii tari 2 sul m. Pollino Mica | DICRANEAE. * Dieranella squarrosa (Starke) Schp. — Lungo i ruscelli; Aspro- monte al Salto della Veechia (1400-1600 m. kh raccolta in luglio. 1908 dal Prof. Nicotra, in stato Sterile. - - Dicranum m (L) Hedw. — Sul m. Pollino raccolto dal : Avati in | aprile 1890 con frutti, e dallo Zwierlein a Serra S. deep Sterile. uo * Dieranoweisia cirrhata Lindb. f. angustifolia Boul. — Sterile, nei T VEN boschi di faggi all’Aspromonte al Salto gena venne 1300 m., in luglio us i ractola- EE Prof. Nicotra. Af vos NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL'ITALIA MERIDIONALE 47 LEPTOTRICHACEAE. Ceratodon corsieus Br. eur. — Sterile nei Piani d'Aspromonte a Cambaria, 1400 m.; e sul m. Basilico, 1300-1500 m. , con anteridii; in ambo i luoghi in'luglio 1908 dal Prof. Nicotra. POTTIACEAE. Timmiella Barbula Limpr. — Con frutti presso Villa S. Giovanni. ."' Trichostomum crispulum Bruch v. elatum Boul. — Sulle rupi ealearee presso Gerace, rinvenuto sterile in marzo 1908 dal Sig. Fran- cesco Spadaro. - Barbula unguiculata ( Huds.) Hedw. — Con frutti ip aprile 1890 sul m. Pollino dal Calvelli. s * v. obtusifolia (Schultz) Br. eur. — Sterile presso Pellaro in pro- ; : - vincia di Reggio Calabria. '7* B. vinealis Brid. v. eylindriea (Tayl) Boul. f. longifolia Bott. nova forma. Folia longiora, interdum 6 mm. metientia. Nei pascoli ai piani d'Aspromonte, 1200 m., sterile in luglio 1908 (Nicotra). Barbula gracilis (Sehleich.) Schwügr. — Sui muri presso Gerace supe- riore, con frutti in marzo 1908, dal Sig. Spadaro. Tortella squarrosa (Brid.) Limpr. — Sterile presso Serra 8. Bruno, raccoltavi dallo Zwierlein. j Tortula muralis (L.) Hedw. — Sui muri a Gerace superiore con fr. in marzo 1908 (Spadaro) e presso Pellaro anche con frutti. T. marginata (Br. eur.) Spruce. — Sui muri presso Gerace con frutti A cin marzo 1908 (Spadaro). Questa specie era nota per il versante tirrenico | calabrese, ma non per il jonico. —. * T. subulata (L.) Hedw. — Con fr. presso Serra S. Bruno (Zwierlein). v. angustata ( Wils.) Schimp. — Con frutti nei pascoli sull’ Aspro- monte al Salto della Veechia, 1300 m., in luglio 1908 (Nicotra). * T. montana (Nees) Lindb. — Con frutti sul m. Pollino in aprile 1890 ig 48 G. ZODDA T. ruralis (L.) Ehrh. — Nei boschi di faggi sull'Aspromonte a Basilico 1500 m., sterile in luglio 1908; e sopra un’acacia a S. Stefano di Aspro- monte, 1300 m., in luglio 1908 con frutti (Nicotra). GRIMMIACEAE. Schistidium apocarpum (L.) Br. eur. — Sulle rupi: Aspromonte, 1400 m., con frutti in luglio 1908 (Nicotra). * f. subepilosa Bott. — Sulle rupi: Aspromonte a Basilicò, 1300 m., — — in luglio 1908 (Nicotra). — Avevo riferito questa forma alla var. epi- losum dello Schimper, ma il Bottini mi avverte che appartiene alla forma subepilosa dallo stesso istituita nel 1902, e che in fondo non è che una forma collegante il tipo alla varietà Schimperiana. *** Grimmia crinita Brid. v. ealabra Zodda forma nova. Caulis pusillus, 1-3 mm. longus ; cellulae foliorum parum irregulares ; gropi apicem elongatae, rectangulae vel etiam sigmoideae. Raccolta con frutti in aprile 1908 sulle rupi arenoso-calcaree sopra Melito Porto Salvo, 150 m., dal Prof. Nicotra. i * 6. Lisae DNtrs. — Sul m. Pollino raccolta in frutti in aprile 1890 . dal Calvelli, e sulle rupi silicee ai Piani d'Aspromonte, 1200 m., in esemplari con anteridii dal Prof. Nicotra. ‘ .. * G. sardoa DNtrs. — Esemplari fruttiferi, raccolti dal Nicotra sulle rupi sopra Terreti e a S. Stefano d’Aspromonte in luglio 1908. * Dryptodon Hartmanni (Sch.) v. epilosum Milde. — Nella faggeta ad Aspromonte ai Materazzelli, 1400 m., sterile in luglio 1908 (Ni- Di cotra. — Esemplare determinato dal ehiar."^ briologo Bottini. Rhacomitrium canescens Br. eur. — Nei pascoli boschivi e precisa- . mente nei boschi di abete Serra S. Bruno (Zwierleia ) e in quelli di È faggio. sull’ Aspromonte da 1200 a 1700 m. ai Piani d' Aspromonte, al - Salto della. Vecchia, a Cambaria, a Basilio, in luglio 1908; sempre eu | sterile (Nicotra). - Rh. heterostichum Brid. — Sterile, nei boschi sull’ Aspromonte al x Salto della vecchia, 1300 m.; a Basilicó, 1500 m.; e con anteridii ai us Piani d quet, 1200 m.; in luglio 1908 (Nicotra). NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL’ ITALIA MERIDIONALE 49 ORTHOTRICHACEAE. Orthotrichum lejocarpum Br. eur. — Sui faggi ai Piani d'Aspro- monte, 1400 m., e sulle querei s. m. Basilicó, 1300 m., in luglio 1908 (Nicotra). * 0. affine Schrad. — Sulle querci: Aspromonte a Basilicò, 1300 m. e sopra un'aeaeia a S. Stefano d' Aspromonte, 1100 m. in luglio 1908, con frutti in ambo i luoghi (Nicotra). * 0. Sturmii H. et. H. — Esemplare con frutti, di stazione impre- = cisata, raccolto sull'Aspromonte al Salto della Forns 1300 m. in luglio P CE 1908 (Nicotra) e determinato -dal Bottini. 4e ; FUNARIACEAE. irt. Fierin hygrometrica (L.). Smith v. calvescens Schp. — Con ue frutti a Serra S. Bruno (Zwierlein). Delle Calabrie conoscevasi soltanto il tipo. i 2 BRYACEAE. Bryum mc L. — Nei bid di faggi ai Piani d' Aa: 1200, in luglio 1908 (Nicotra). ; Eoy meridionale Senp — Con frutti in ipe 1890 sul m. Pollino (Calvelli). . B. atropurpureum (L.) Wahlbg. — Con frutti presso Pellaro Reggio Da Calabria). Era noto del vers. tirrenieo ealabro. B. murale Wils. — Con frutti a Pellaro, e eon me in marzo 7 1908 a Gerace (Spadaro). Anehe questa specie era conosciuta per le Calabrie solamente nel versante tirrenico. | Sal subdenticulatum Roth. — Sui muri a Villa S. Giovanni in esem- È plari fruttiferi. — * B. alpinum Huds. v. mediterraneum Schp. — Nei luoghi umidi elevati: Aspromonte al Salto della Vecchia, 1300 m., e a Cambaria, 300; m., in luglio 1908, sterile (Nieotra). - Delle Calabrie era noto il tipo non la, varietà. E Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII Mu- BOT, GARDEN > 1911 — — è : x "A i D con sporogonii in luglio. 1908 (Nicotra). s E : velli), e nelle faggete a Serra S. Bruno (Zwierlein; e anche sterile sul- bu ow T'Aspromonte i in luglio 1908 ai Piani di papa 1200 n m., a Terreti, y "s des © a Basilicò, 300 m. 50. o ee GRIDA B. pseudotriquetrum Schwägr. — Nei luoghi umidi in esemplari ste- rili, con anteridii e sporogonii sull’ Aspromonte a 1200 m., in luglio - 1908 (Nicotra). MNIACEAE * Mnium hornum L. — Sterile ai Piani d'Aspromonte al Salto della Vecchia, 1200 m., in luglio 1908 (Nicotra). r . Mn. undulatum (L.) Br. eur. Sterile nei pascoli ai Piani d'Aspro-. | monte, 1200 m., in luglio 1908 (Nicotra). FI . Mn. punctatum (L.) Br. eur. —; Nei boschi ai piani d’ Aspromonte, ` ; 1200 m., e nella faggeta ai Materazzelli, 1400 m., in luglio 1908, sempre ` 1 sterile (Nieotra). | ; x BARTRAMIACEAE. Bartramia pomiformis Hedw. — Nei boschi di faggi: Aspromonte al Salto della Vecchia, 1300 m., e ai Piani d'Aspromonte, 1200 m., in luglio 1908 con frutti (Nicotra). : B. ithyphylla Brid. — Nei boschi di faggi: ai Piani di Aspromonte 1200 m., in luglio 1908 con frutti (Nicotra). o3 Philonotis ealearea Br. eur. — In luoghi umidi: S. Stefano d'Aspro- monte, 600 m., in luglio 1908 con anteridii (Nieotra). | Ph. fontana Brid. — In stazioni umide: Aspromonte al Salto della Vecchia, 1200-1400 m., in luglio 1908, esemplari con anteridii e con. sporogonii (Nicotra). POLYTRICHACEAE, - Pogonatum aloides PB. — Con frutti a Serra S. Bruno (Zwierlein). E Polytrichum piliferum Bud. “= luoghi boschivi: Piani d’ Aspro- p monte, 1200. m.,e al Salto della "Vecchia, 1500 m., ferii con anteridii F juniperinum W. — Sterile in aprile 1890 sul m. Pollino (Cal- NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL'ITALIA MERIDIONALE cw FONTINALACEAE. Fontinalis antipyretiea L. — Nei ruscelli sull'Aspromonte a 1400 m., sterile in luglio 1908. Era conosciuta di Calabria, ma senza indicazione preeisata. : LESKEACEAE.- Pseudoleskea atrovirens (Dicks.) Br. eur. — Sterile sui faggi: sul- l'Aspromonte a Basilicó, 1400 m., e con anteridii all’ Acqua dei Car- bonari, 1500 m., in luglio 1908 (Nicotra). Pterigynandrum filiforme Hedw. — Sterile sui faggi ai Piani di Aspromonte a Cambaria 1200 m., e-con anteridii al Salto della Vecchia, 1590 m., in luglio 1908 (Nicotra). CRYPHAEACEAE. * Leucodon sciuroides Schwügr. v. morensis (Schwügr.) Br. eur. — Con frutti sul m. Pollino in aprile 1890 ( Calvelli ); sopra un'aeacia a S. Stefano d'Aspromonte a Basilicò, 1900 m. in luglio. — Per la Ca- labrie si eonoseeva il tipo, non la varietà. CYLINDROTHECIACEAE Isothecium myurum (Poll. Brid. — Con frutti nelle faggete a Serra S. Bruno (Zwierlein) e sui faggi sull’ Aspromonte al Salto della Vecchia, 1300 m., in luglio 1908 (Nicotra). BRACHYTHECIACEAE. Brachythecium rutabulum Br. eur. — Sterile sul m. Pollino in aprile 1890 (Calvelli), anche sterile a Serra S. Bruno (Zwierlein). v. flavescens Schimp. Sterile a Villa S. Giovanni, raccolto da sconosciuto e senza data. es .. B. salebrosum (Hffm.) Br. eur. — Sulle querci: Aspromonte a Basilicò, E n 1300 m., in luglio 1908, sterile Cie 59 i G. ZODDA B. rivulare Br. eur. — Lungo i ruscelli e gli stillicidii, sterile e con anteridii: Aspromonte 1200-1400 m. in luglio 1908 (Nicotra). * B. velutinum Br. eur. — Sterile nei boschi di abete a Serra San Bruno (Zwierlein); nei boschi di faggio, con frutti; Aspromonte al Salto della Vecchia, 1300 m., in luglio 1908 (Nicotra) ) * v, eondensatum Br. eur. — Nei boschi di faggi: Piani d' Aspro monte 1200 m. ea Basilicò, 1500 m., con frutti in luglio 1908 (Nicotra). Seleropodium Illecebrum Schwigr. — Nei boschi di faggi: Piani di Aspromonte, 1200 m., sterile in luglio 1908 (Nicotra). Eurhynchium eireinatum Br. eur. — Al pié degli alberi: Gerace superiore, sterile, in marzo 1908 (Spadaro). Questa specie non era ancora conosciuta del versante jonico delle Calabrie. » E. Stokesii (Turn.) Br. eur. — Sterile a Serra S. Bruno (Zwierlein). E. Swartzii ( Turn.) Curn. — Sterile sul m. Pollino in aprile 1890 (Calvelli).. ` Rhynchostegium megapolitanum Br. eur. v. meridionale Schimp. — Al piede di un albero: Gerace superiore, sterile in marzo 1908 Spadaro). Camptotheeium aureum Br. eur. — Sterile sul m. Pollino in aprile 3 1890 (Calvelli); nei boschi di faggio: Aspromonte al Salto della: Vecchia, = „ 1400 m, in luglio 1908 (Nicotra). i * €. lutescens XHuds.) Br. eur. — Sul m. Pollino in Apre 1890 con frutti (Calvelli). I *.v. fallax (Phil) Breidl. — Con frutti sul m. Pollino in aprile 1890 | (Calvelli). Homalothecium sericeum Br. eur. — Sterile a Serra S. Bruno (Zwier- lein); .sui faggi ai Piani d'Aspromonte, 1200 m.; Sopra un'aeacia: Aspro- | “monte a Basilicò, 1300 m., sui castagni à E Stefano d' Aspromonte, i 600 m. in Juge 1908 8 (Nitra id x AMBLYSTEGIACEAE. : o: - Ctalénewron. commutatum (Hedw.) — Som sul m. Pollino: in aprile B (Calvelli). | SU, gom em De faleatum hi) d Roth. — Sterile sul m. Pollino in oris 1890. SUCI. LN SOR NOTIZIE BRIOLOGICHE SULL'ITALIA MERIDIONALE 53 HYPNACEAE. Drepanium cupressiforme (L.) Roth. — Sterile a Serra S. Bruno (Zwierlein) nei boschi di faggio sull'Aspromonte al Salto della Vecchia 1300 m. in luglio 1908 (Nicotra). * v. uneinatulum (Br. eur.) — Nelle faggete a Serra S. Bruno (Zwier- lein). Un esemplare raccolto sull’ Aspromonte al Salto della Vecchia, 1300 m., dal Nicotra, può riferirsi a questa varietà, sebbene non sia perfettamente caratterizzato, presentando caratteri intermedii fra essa e la forma tipica. * v. subjulaceum Mol. — Nei pascoli ai piani di Aspromonte, 1200 m., sterile in luglio 1908 (Nicotra). Ctenidium molluseum (L.) Mitt. — Sterile sul m. Pollino in aprile 1890 (Calvelli). Hypnum purum L. — Con frutti a Serra S. Bruno (Zwierlein). EPATICHE. - JUNGERMANNIACEAE ACROGYNAE. Seapania eompaeta DM. — Con colesule ai Piani di Aspromonte, 1200 m., in luglio 1908 (Nicotra). S. undulata DM. — Con colesule sull’ Aspromonte al Salto della Vecchia, 1200 m., in luglio 1908 (Nicotra). * S. nemorosa DM. Lungo i ruscelli: Piani di Aspromonte, 1200 m., e nelle faggete ai Materazzelli, 1400 m.. in luglio 1908, (Nicotra). ‘ Radula complanata DM. — Nelle faggete sui muschi a Serra San Bruno (Zwierlein), con colesule. : Diplophyllum albicans DM. — In luoghi umidi: Aspromonte al Salto della Vecchia, 1400 m., in luglio 1908, sterile. Calypogeja Trichomanis Raddi f. propagulifera Nees. — Sterile sul- l’ Aspromonte al Salto della Veechia, 1200 m., in luglio 1908 (Nicotra). Plagiochila asplenioides DM. — Nei pascoli: Piani di BV, 15-1200 m, in luglio 1908 (Nicotra). | 54 G. ZODDA ** Marsupella emarginata DM. — Sulle rupi umide: Aspromonte ai Piani, 1200 m., con colesule in luglio 1908 (Nicotra). È nuova per tutte le Calabrie, né aneora si conosce del Napoletano. MARCHANTIACEAE. Fegatella conica Corda. — Presso gli stillieidii: Aspromonte al monu- mento di Garibaldi, 1200 m., sterile in luglio 1908. R. Istituto botanico di Messina, dicembre 1908. REVISIONE MONOGRAFICA del genere Romulea Maratti STUDIO BIOLOGICO DEL Dorr. AUGUSTO BÉGUINOT . Assistente e Docente di Botanica presso la R. Università di Padova ‘II. Enumerazione ed illustrazione sistematica delle specie del gen. Romulea (Continuazione) LE 28. — ROMULEA SACCARDOANA Bég. Rev. Mon. Rom. FI. iber. in « Bol. Soc. Brot. XXII, pag. 18 (1906) »; Diagn. Rom. nov. v. min. cogn. in « Engler's Bot. Jahrb. XXXVIII, pag. 330 (1907) ». - SYN. — R. Columnae, Per.-Cout. in Bol. Soc. Brot. XV, pag. 62 (1898); Samp. ibid. XXI, pag. 10 (1904-05) et auct. Fl. Lus. ex p. vel ex toto? Diagn. — R. tuberculo ut in praeced.: scapo debili saepius etiam sub anthesi elongato et ultra foliorum vaginas etiam sub anthesi producto, -2- floro; foliis eylindrico.filiformibus non vel parum compressis, elon- gatis, erectis, nervis tenuibus percursis et ideo non rigidis, scapum longe superantibus ; spathis 6-7 mm. longis, foliolo inferiore herbaceo angustissime marginato, superiore tota vel marima parte membranaceo et f'usco- punctulato; perigonio parvo spathis subduplo longiore, 10-12 mm. congo, albido-lilacino lineolisque intensioribus notato, tubo exili et praelongo (4-5 mm.) fere dimidium perigonii aequante , laciniis linearibus, angu- stis 1 mm. latis , acutis; staminibus ‘/, perigonii brevioribus; stilo an- theras non superante; capsulam non vidi. 9|. Fl. Mart. et Apr. An. GEOGR. E STAZ. — Portogallo, Coimbra nos olivaes de Santa Clara, a IV, 1878 (M. Ferreira in Hb. lus. sub: R. Columnae); Zezere em Dor- ni: nes (Fr. de Sousa Pinto: ibid. et sub eod. nom.). Indicata recentemente | dal prof. Henriques (in Bol. Soc. Brot. XXII, p. 104) per il Bacino del 56 A. B:GUINOT Mondego, resta a vedersi se ad essa debbano riportarsi le stazioni di RO Columnae del Portogallo (Torrão nas Aleacovas, Cintra na Quinta da Penha Verde: ex Sampaio) e se quindi sia l'unica a doc ugue della. stirpe nella regione. Osserv. — Distinta da A. Columnae per il portamento, le foglie ci- lindrieo-filiformi assai strette, ma erette e sopratutto per il perigonio più grande, a tubo assai lungo e raggiungente circa la sua metà, non che, a quel ehe puó giudicarsi sul seeco, per la sua colorazione. Anatomicamente la foglia di A. Succardoana si lascia differenziare da quella di X. Columnae per la presenza di un solo fascio fibro-:vasco- lare in corrispondenza delle costole anteriori e posteriori; l’ epidermide. inoltre è poco ispessita, molto alta e munita di papille assai sviluppate 3 in corrispondenza delle cripte stomatifere. 29. — ROMULEA CYRENAICA Bég. Diagn. Rom. nov. vel min. €o- gnjt. in « Engler's Bot. Jahrb. XXXVIII, p. 331 (1907) ». Exsicc. — Ruhmer Fl. Cyren. n. 324; Petrovich FI. Cyren. n. 5 pg. T Duoi — AR. tuberculò ut in praeced. : scapo debili 1-2-floro; foliis E eylindrico filiformibus, nec compressis, angustissimis, flexuosis sed rigi- diusculis , scapum longe superantibus ; spathis subaequalibus. lineari-lan- ceolatis acutis, Foliolo ‘inferiore herbaceo, superiore anguste hyalino-mar- ginato, 7-10 mm. longis; perigonio parco, spathis subduplo longiore, (hi a 8 mm. longo, albo, fauce citrina, laciniis linearibus acutis, albis vel dorso venis purpureis striatis ; staminibus dimidiam perigonii partem aequantibus ; stilo antheras numquam superante ; capsula oblonga, obtusa, 10 mm. longa. Y. Fl. Mart. i sAm GEOGR. E STAZ. — = Cirpnaipa y, in pil, ‘eyrenuico, alt. 528 m. n Hb. Ber sub: Romulea sp.); Benghasi, "ade ] Cyr n. 324 in Hb. Ber. sub: R. Columnae); ecu (Petrovich, FL Cyr. n. 5, ibid. et sub eod; nom.). | Osservaz. — Dal punto di vista morfologico R. cyrénaica si distin- | gue da R. Columnae per le foglie assai più strette, flessuose, mai com- res ili a quelle di R. Rollii e per la valva. super. della spata“ inata. Egrogiomente distinta nella struttura anato. | REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. RUMULEA MARATTI 57 mica-della foglia, che è provvista di un solo fascio fibro-vascolare mediano in corrispondenza di ciascuna costola : le cellule epidermiche hanno pareti fortemente ispessite e quindi lume molto ristretto, ridotti invece i fa- scetti fibrosi decorrenti all’ estremità delle eripte stomatifere. VIII STIRPS R. LONGISCAPAE. Comprende una sola specie di patria ignota, che ricorda per la strut- tura anatomica delle foglie, la forma e grandezza del perigonio la R. ramiflora — da cui si distacca per le laeizie percorse lungo il dorso da strie fosco-porporine assai marcate e ramulose — mentre per altri ca- ratteri e sopratutto per lo seapo non o. poco allungantesi dopo l'antesi e cop peduncoli fruttiferi eretto-patenti, ma non ricurvo-contorti e per al- cune caratteristiche perigoniali si approssima a forme S Nuno) della Arnone R. rosea. - Stirpe, RE provvisoria! PS 30. — ROMULEA LONGISCAPA Tod. Ind. sem. hort. bot. pan. a. i . 1853, p. 7; Fl sie. exsice. n. 1492 (1878?) — sine diagn. m Sys. — R. ramiflora Tod. Fl. sie. exsice. n. 1379 (mista hic illic cum R. ramiflora Ten.). Exsicc. — Cfr. supra cit. et Fior. Bég. « e qm FI. it. exsicc. n. 521 (Nuovo Giorn. Bot. It. n. ser. XIV, p. 78 [1907]). E DiaGN. — R. tuberculo ut in praeced. ; scapo exili, jam sub anthesi elongato et parte cospicua e vaginis foliorum ererto, 1-2-floro; foliis eylindrico-compressis, elongatis, plerumque erectis, flaccidis, scapum sub- . duplo superantibus; spathis subaequalibus, lanceolatis, acutis, foliola. in- o Fferiore herbacea, superiore anguste hyalino-marginata ; perigonio mediocri tel parto spathis subduplo longiore 15 mm. longo, tubo brevi, fauce lu- . teola, laciniis linearibus, acutis, intus pulchre lilacino-riolaceis , este- rioribus dorso tribus lineis fusco-purpureis, eliam in sicco, percursis, re- liqua parte luteolis ; staminibus perigonii dimidium aequantibus , o fila- mentis. prope basim conspicue pilosis antheras subaequantibus ; stilo an- theras non superante, stigmatibus breviter divisis ; capsula oblongo-abtusa pese Mo Nba J. FI. Fr. in eult. Apr- Maj. 58 A. BÉGUINOT AR. GEOGR. ED OSSERY. — Questa specie fu descritta dal Todaro su pianta coltivata nell'Orto botanico di Palermo nell'opera sopra citata e distribuita in seguito nel n. 1492 della « FI. sie. exsice. ». In antece- denza e cioè nel n. 1379 — mescolata in qualche Erbario con la vera R, ramiflora — fu pure dallo stesso distribuita con l indicazione « in herbosis maritimis: Palermo a Mondello »: stazione dove certamente cresce la genuina R. ramiflora, laddove non vi fu in seguito mai se- gnalata la R. /ongiscapa la quale, come deduco dagli esemplari, porta caratteri indubbi di pianta proveniente da cultura. Dal ricco materiale da me compulsato desumo pure che R. longiscapa fu introdotta fino dai primi è anni dello scorso secolo in pareechi Orti botanici e, come dissi a proposito di R. ramiflora, è questa la pianta che il Tenore tenne essen- zialmente presente nel redigere la diagnosi e nel ritrarre la figura della sua R. ramiflora. Sta il fatto che nel suo Erbario con l'indicazione di « S. Maria del Pianto e Tavoliere », nell’ Hb. centr. it. con 1° habitat « nei colli erbosi presso Napoli e nel Tavoliere di Puglia » — esemplari autotipi comunicati nel 1858 —, nell'Hb. Cesati eon la provenienza di . « S. Maria del Pianto, Tavoliere » e nell'Hb. Ber. eon quella di « Valle di S. Rocco e Belvedere » si conservano saggi trasmessi dal Tenore stesso riferibili a R. longiscapa, mescolati nell’ ultima collezione à R. Columnae. Evidentemente. trattasi sempre di pianta eoltivata, compresa quella con- servata nell'Hb. Monae. (ex Hb. Zucearini) con la provenienza: « Hab. in Europa australi et in Barbaria ». | Ad un primo esame, difatti, R. longiscapa potrebbe essere scambiata 3 ~ Con R. ramiflora: nè la struttura anatomica della foglia, da me di re- «| cente presa in considerazione, rileva. sostanziali differenze nelle due en- tità. Qualche altro carattere. invece, come sopratutto, la direzione dei s peduneoli in frutto, he s000 eretto-patenti , ma mai rivolti in basso e tanto nieno ricurvo-eontorti, ben poeo allungantisi dopo la fecondazione, - la eolorazione del perigonio striato all' esterno di linee fosco-purpuree < molto marcate, I approssima a forme parviflore di R. rosea, senza che — perciò sia riuscito a trovare nel materiale del Capo di Buona Speranza ER una forma che i in tutto corrisponda alla pianta coltivata in Europa. Da | semi ottenuti s Orti botanici di li Palermo èdi Madrid ottenni pianta REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 59 che corrisponde in tutto a quella studiata e distribuita da Tenore e To- daro: eió che starebbe a dimostrare trattarsi di speeie bene individua- |. lizzata e costante. Per tutte queste ragioni ho ereduto frattanto di ri- 2 porla in una provvisoria stirpe, che colloco fra quelle mediterranee e i | capensi, essendo riservato ad ulteriori ricerche di stabilire una piu esatta * posizione e la sua patria di origine. P ! IX. STIRPS R. ROSEAE. Comprende numerose specie tutte munite di spata a valve di solito rigide, striate, erbacee o solo la superiore strettamente marginata, con Scapo, ora (R. rosea, eruciata, purpurascens, Thodei, Fischeri, campanu- - loides, ambigua, gracillima) ramoso in corrispondenza ed in prossimità del - bulbo-tubero, non o di poco allungantesi dopo l'antesi; ora (R. gigantea, longipes, similis, minutiflora) ramoso-multifloro in alto e più o meno al- lungantesi, sempre però eon peduncoli fruttiferi eretti od eretto-patenti, mai contorti a spira. Le foglie, di solito rigide e sul secco fortemente: | striate, presentano caratteri xerofitici per lo più assai accentuati e sono ` sempre munite di robusti fascetti fibrosi all’ angolo esterno delle eripte tomatifere: mancano di ipoderma seleroso ed aequifero ed i fasei, fatta eccezione. di R. minutiflora; poggiano direttamente contro l'epidermide, che è generalmente molto bassa, Grande variabilità nel perigonio, ora grande o mediocre ed ora piccolo, spesso nello stesso ciclo, ed a svariato . eromatismo con colorazioni prevalentemente antocianiche e cioè roseo- violacee o roseo-porporine. Lo stilo non emerge dalla cerchia anterale o è ad essa immediatamente sovrapposto , in modo che l’ pia zione deve essere la regola. Sono specie capensi R. rosea, cruciata, pur spurascens, irais, gigan- ct, longipes, similis, minutiflora, ambigua e gracillima (+): nello stato O Di pest uttima Spena testè ricevei, col cortese intermezzo ‘del sig. C. Lacaità, un disegno leato sugli autotipi conservati aa di Kew e po- tei cosi formarmi un'idea abbastanza esatta della stessa. aggiunta alla stirpe di R. rosea nell’ elenco redatto nella proin della . Monogra - toto herbaceo , superiore anguste marginato ; perigonio spathis subdup x degna mediocri vel densi rarius MM ii sed plerunque rose SUN ba : x landi del genere dell’ Erbario di Berlino e- trovai fra questi un nuovo e 60 A. BÉGUINOT di Orange cresce R. Thodei: nell'Afriea orientale tedesca e nel Marocco meridionale la R. Fischeri: nel Kilimangiaro la R. campanuloides : n Camerun la R. Camerooniana. 31. — ROMULEA ROSEA Eckl. Top. Verz. p. 19 (1827); Bak. Syst. Irid. in « Journ. Linn. Soc. XVI, p. 88 (1878) »; Handb. Irid. p. 103 (1892 | Fl. Cap. VI, p. L*, p. 41 (1896); Klatt Erg. u. Bericht. in « Abhandl. Nat. Ges. z. Halle XV (1882) »; Dur. et Schinz Consp. Fl. Afr. V, pi 166 (1895). | Svw. — Bulbocodium pedunculis nudis unifloris, foliis subulatis linea- ribus longissimis: Mill. Gard. Diet. ed. I, p. 160 (1731). — Ivia rosea L. Syst. nat. ed. XII, p. 2.*, p. 75 (1767). | — Crocus capensis Burm. FI. Cap. prodr. in app. FI. Ind. p. 2 (176 8). — xia Bulbocodium L. Syst. Veg. ed. XIV, p. 85 (1774) — pr. p- Rung. Diss. bot. de Ixia (1783) — pr. p.; Lamarck Encycl. méth. HI p. 321 (1790) — pr. p. | | >. — Trichonema roseum Ker-Gawl. in Bot. Mag. XVI sub tab. 57 (1802); Klatt in Linnaea XXXIV, p. 663 (1865-66). — Iria fugaz Horn. Hort. reg. Hafn. L p. 50 (1813). _— R. vulgaris Eckl. Top. Verz. p. 18 (1827) — fid. Bak. _ Bulbocodium roseum Ktze- Rev. gen. pl. 25, p. 700 (189)). | DiaGx. pec o: tuberculo subovato, tunicis rigidis castanei coloris api fissis tecto; scapo brevissimo vel fere nullo, pedunculis 1-3 elongatis pos anthesim parum divaricatis numquam protensis; foliis cylindrico compre: sis, erectis, rigidis, nervis validis in sicco prominentibus percursis, scapui parum superantibus ; spathis diphyllis rigidis, acutis, Foliolo inferiore fei | Nello è scorso Marzo T in Binnibezone dal prof. Engler gli intere interessante ibrido (R. Dielsii Bég.), non che parecchi numeri di Éssiccatt av y erto che i il primo deve essere aggiunto alla stirpe di R. hirsuli di all’ elenco. dello. Fanale. memea, consegnato nelle pari REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI - 6l. purpureo vel roseo-violaceo, tubo brevi et fauce luteola, laciniis ovato lan- ceolatis, dorso tribus lineis plus minus intense fusco-purpureis insigni- i$; staminibus perigonio */,-*/, brévioribus , filamentis antheras luteas parum superantibus ; stigma antheris protinus superimposito ; capsula glo- bosa, spathis parum breviore. 9L. Fl. Fr. Aug.-Nov. . AR. GEOGR. E VARIAZ. — È la specie più largamente distribuita della ; stirpe ed è comune dal mare ai vicini gruppi montuosi della parte oc- -eidentale e meridionale della Colonia del Capo, con isolate stazioni nel .l. R. ros. x typica = R. rosea 2 Milleri et 6 Gawleri Planch. Fl. 4. serr. et d. jard. de l'Eur., VIII, p. 133 (1852-53). . le. — Miller op. e. tab. 250; Bot. Mag. XXX, tab. 1225. Exsmc. — Eckl. n. 702; Eckl. et Zehyer n. 1605 e n. 4044; Zehyer . 1605. e n. 4039; Drége n. 581, 592 e 2637; Bergius n. 475; Leibold 223 e 225; Bachm. PI. Cap. n. 193 (pr. p.); Rehm. Exs. Afr. austr. n. 935 e 4898; Mac Owan Herb. austr-afr. cent. XVIII, n. 1780; Wilms Afr-austr. n. 3720 e 3721; Scott Elliott n. 1153; Diels Reis. Humb.- - Stift. n. 1880; Schlecht. Austro-afric. n. 4; Id., Pl. Schlecht. Austro-afrie. sec. n. p 910 m: et Sole e Mus. Grahamstown n. M e 446; oe — dt II, n. 9124. 62 ^25 È -simità del tubereolo: carattere selenne che, mentre l’ avvicina ad altre entità della stirpe, la distacca a prima vista da tutte le mediterranee. 32. — X ROMULEA INTERMEDIA Bég. Diagn. Rom. nov. vel min. -eognit. in « Engler's Bot. Jahrb. XXXVIII, p. 339 (1907) » = R. rosea var. elegans X R. cruciata var. vulgaris (ut videtur). Draew. — R. scapo pygmaeo multifloro, prope basim ramoso et vagi- nis foliorum maxima parte obtecto: foliis ut in R. cruciata-vulgari, sed minus latis et nervis debilibus percursis ad structuram foliorum R. roseae per gradus intermedios sensim abeuntibus; spathis illis R. roseae i similibus ; ; perigonio 15-18 mm. longo, tubo luteo, laciniis roseis dorso -~ linea luteola percursis, R. rosea v. elegantis parum minore. a < Has: — Prom. B. “pei, (hyer di: 1847, n. posu in Hb. Bojas: sub: ni Trichonema "es : T ^ 79 eM - RONULEA CRUCIAT | hus. Diei. Non. ar. val. min. pai lidi ine Engler's Bot. Jahrb. XXXVIII, p. 335 (1907) ». | | - Isia cru iata | d Ie. id rar. d Uu 8 gene) Collect. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 67 — Trichonema cruciatum Ker-Gawl. in Bot. Mag. XVI sub tab. 575 ES (1802) — pr. p. E — R. cruciata Eckl. Top. Verz. p. 18 (1827) — pr. p.; Bak. Syst. . Trid. in Journ. Linn. Soe. XVI, p. 89 (1878) — pr. p.; Klatt. Erg. u. | Beriet. in Abh. Nat. Gesell. z. Halle XV (1882) — nec Hb.! — Ñ. rosea var. R. speciosa Bak. in This.-Dyer Fl. Cap. VI, p, 1.5, p. 42 (1896); Hand. Irid. p. 103 (1892) — pr. p. — Bulbocodium cruciatum Ktze Rev. gen. pl. p. 2.8, p. 200 (1891). Diae. — R. tuberculo ut in praeced.; scapo brevi, simplici vel prope basim ramoso, 3-10 cm. longo, fructifero parum elongato; foliis cylin- dricis, valde compressis, glabris, 1-4 mm. diam. latis, utrinque quadri- costatis, nervis plus minus etiam in sicco prominentibus, erectis vel solo recurvatis, rigidis vel rarius flaccidis, basi late vaginantibus, apicem ver- 2 sus sensim attenuatis ; pedunculis e vaginis foliorum exertis, elongatis, in anthesi suberectis ; spathis diphyllis ovato-lanceolatis, 12-18 mm. lon- gis, foliolo inferiore herbaceo, superiore anguste marginato ; perigonio spathis subduplo longiore, magnitudine valde variabili, tubo brevi sublu- teo, laciniis oblongo-lanceolatis, subobtusis, plus minus intense roseis vel P lilacinis, tribus exterioribus interdum dorso pallide lutescentibus, omnibus > venis intense purpureis plerumque percursis; staminibus perigonio subdi- midio brevioribus; stilo antheras non superante; gine non vidi. MY. FI. Jun.-Sept. = ÅR. DISTR. E VakIaz. — Specie capense, nota sin qui di stazioni lit- ue | foranee o poeo distanti dal mare attorno al Capo di Buona Speranza. j In ogni modo essa presentasi validamente polimorfa ed il seguente qua- dro riassume le principali forme a. me note: fx e E eruciata Bég. « typica Bég. in l. e.; Jacq. Ie. pL rar. II, tav. egt — Draw. — Distinguitur foliis diam. latissimis (3 |,-4 mm), erectis, -~ nervis debilibus et parum prominentibus et ideo flaceidis percursis; spa- uh this debilibus tenuiter striatis; pedunculis 6-9 cm. ra: Floribus Ax | longioribus ; perigonio ad 30 mm. longo. ui Ness E Loc. — Cap B. Sper., mg v von n Hopefield, Es 1883; - 68 A. BÉGUINOT. (Bachmann PI. Cap. n. 194 in Hb. Ber. sub: Romulea sp.); Prom. B. Spei bei Capstadt, Signalhill, 26 VIII 1883 (Wilms Fl. Afr. austr. n. 3721 in Hb. Z. sub: Romulea sp.). 2. R. eruc. var. vulgaris Bég. in l. c. Sy. — Trichonema et Romulea cruciata Auct. al. nec Jacquin ! Dian, — Differt a praecedente foliis minus latis, 1 */,-2 mm. diam. - brevioribus ; nervis validis prominentibus percursis et ideo rigidis pun- gentibusque, plus minus incurcatis et solo plerumque adpressis; spathis | rigidis, striatis; perigonio minore 20-25 rarius 30 mm. longo. Sraz. E Loc. — Cap. B. Sper. (Eckl. et Zeyh.; Mund et Maire; Ber- gius in Hb. Ber.; Bowie n. 397, e Verreaux [mizta con R. hirsuta] in Hb. Del); Cap. (Drége Id. 197 = 51.8 e 198 = 85 in Hb. Del; Brehm in Hb. Mon.); Hantam Gebirge (Meyer in Hb. Ber.); Winberg bei Capstadt (Aberth in Hb. P. Conrath, n. 610); Signalhill bei Cap- stadt (Wilms Fl. Afr. austr. n. 3719, mista cum R. rosea var. reflexa); . in clivis montis Leonis 200' (Schlecht. Austro-afric. n. 1047 in Hb. Sehl. e Hb. Barbey-Boiss. ii mista cum R. hirsuta!); C. B. Spei, Kuysna (Newgate in Hb. Lub. sub: R. longifolia Klatt! ). Y 3. R. erue. var. hirsuta Bég. Rev. Rom. Hb. Delessert in « Ann. Cons. et Jard. Bot. de Genéve 11-12 ann., p. 158 (1907-1908) ». Diagn. — Distinguitur foliis diam. latiusculis et potius flaccidis pilis minutis secus oryptarum margines insignitis; scapo secus angulos pi- lifero. > «Mas. — Cap de Espérance Gia DE a. 1831 in Hb. Del. um sin. vali x ie R. erue. var. parviflora .du I Jahrb. S. C. = R. nes | “var. 8 R. parviflora Bak. pr Pe ci t$ Dna. — Differt a var. AFER e eui ‘vallo affinis , folis angustiori- bus. saepius erectis et perigonio minore, 10-12 min. lag.) laciniis striis 34 quere: plerumque. bene distinctis, percursis. | E 3 E Loc. — oup B. me iini n. Md in m. Boiss. ; Drège REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 69 ibid.; Verreaux in Hb. Del.); in arenosis ad nivellam maris prope Van- kamps Bay, VIII 1896 (Mae Ow. Hb. austr.-afr. cent. XVIII, n. 1750 = 3210 sub: A. parviflora Bak. in Hb. Ber.); ad vias prope Claremont 100' (Schlecht. Hb. austro-afrie. n. 1567). 5. R. erue. var. neglecta Bég. in Engl. Jahrb. s. c. us DiaGn. — Foliis ut in praeced.; perigonio parvo ad 12 mm. longo, laciniis acutis, pallide violaceis striisque fusco-purpureis in parte infe- riore et in tubo notatis. Sraz. E LOC. — Capo B. Sper. (Drége in Hb. Mon.); in arenosis prope litus Van Camps Bay (Krauss in Hb. Mon. et Boiss.). |’ OssERv. — Specie, nonostante il suo notevole polimorfismo, non dif- ficile a riconoscersi su materiale d’ Erbario: ma per lo più scambiata con specie affini e sopratutto con R. rosea. Il tipo, che sembra essere piuttosto raro, è pianta a foglie molto sviluppate, fortemente appiattite, a mesofillo rieco ed a fasci fibro-vaseolari relativamente poco robusti: caratteri indizianti forse stazioni emixerofite. Foglie più strette, rigide e quasi pungenti, percorse da fasci con sistema meccanico molto robu- sto e prominenti sul secco all’esterno, contraddistinguono la var. vul- garis, che sembra essere la forma di gran lunga più comune e di ori- gine xeromorfa: rara è invece la var. hirsuta che molto ricorda per r apparato fogliare il tipo. Meno ben distinte sono le var. parviflora e neglecta, facenti passaggio a forme parallele del ciclo di A. rosea. La tav. 575 del Bot. Mag. (sub: Trichonema cruciatum) è riferita dal Baker a Zrich. longifolium Salisb. e quindi alla sua R. longifolia: ma la descrizione, condotta pure sopra un disegno di D. Herbert, non cor- eu risponde esattamente alla figura ed a me resta il dubbio, sia. sulla loro sinonimia, sia sul riferimento a forma del ciclo di R. cruciata od a quello di A. rosea. 34. — ROMULEA PURPURASCENS Ten..Deser. Rom. a scap. ram. in « Mem. R. Accad. Sc. Napoli, III, p. 25, p. 117 (1832) »; Bert. FI. It. I, p. 222 (1833) — pr. p.; Parl. Fl. It. III, p. 2.*, p. 245 (1860); Nym. Consp. p. 704 (1878) et Richt. Pl. eur. L p. 252 (1890) — pr. p- = 70 A. BÉGUINOT Sv. — Zria purpurascens Ten. Prodr. Fl. nap. p. VII (1811) et FL... — nap. I, p. 13 (1811-15); Syll. Fl. neap. p. 25 (1831). di — Trichonema purpurascens Sweet Hot. brit. 2. ed. p. 503 (1830). Ic. — Ten. Fl. nap. tav. 3; Fi. e Paol. Ie. Fl. it. tav. 90, fig. 772. Y. Exsicc. — Fi. Bég. e Pamp. Fl. It. exsice. n. 769 (in Nuov. Giorn. Bot. It. n. ser. XV, p. 344, a. 1908). DiaGn. — R. tuberculo ut in praeced. ; scapo prope basin ramoso 3 - " pedunculos gerente, rarius unifloro, pedunculis in fructu nunquam elon- gatis, post anthesim parum. divaricatis ; foliis omnibus tuberculo insiden- tibus cylindrico-compressis, erectis vel subpatulis, parum rigidis, scapum longe superantibus, spathis ut in R. rosea et cruciata ; perigonio mediocri, tubo luteolo brevissimo, laciniis lanceolatis, acutis, intus a basi fere usque ad medium luteolis, reliqua parte interna laete rubro-purpureis, tribus exte- rioribus dorso viridi-luteolis lineolisque saturate purpureis, ramulosis , percursis, tribus interioribus dorso violaceis et striis intensioribus sed minus evidenter. insignitis ; staminibus | perigonio plus quam duplo bre- vioribus, Jilamentis a basi ad medium pilosulis, anthera brevioribus, stilo staminibus parum breviore; stigmatibus breviter trisectis ; capsula ANS obtusissime trigona spathas subaequante. 9|. AR. GEOGR. ED OSSERY. — La storia di questa specie non è molto di- versa da quella di R. Jongiscapa e merita di essese brevemente riassunta. . Tenore (FI. nap. I, p. 13) la descrisse su pianta coltivata nell'Orto bo- tanico di Napoli, ricevuta dall'Orto botanico del Prine. di Bisignano e profetizzó che, data la sua affinità con R. Bulbocodium — parentela tutt'affatto insostenibile anche ad un esame superficiale — si sarebbe trovata indigena in Italia. Sta il fatto che essa, sia nella Sylloge che nella Memoria sopra citata, compare indieata come spontanea nei colli ` È ` presso Reggio. Calabria e come tale fu da lui comunicata al Bertoloni, ; - Parlatore, all Erb. panormitano , eec. Nell Hb. Ten. sotto il nome di Trichon. purpurascens Ten., , Si conservano saggi con la provenienza «< Calabria e Sicilia » ed altrettanto nell' Hb. Ligustico. Nell Hb. È | Gussone sono pure saggi di questa spia eon l indicazione « Italia a au- ^. strali e Colis » ed in IE | i ho REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 71 Monaco, sotto il nome di Zzia purpurascens Ten. e provenienti dalla Calabria, il Tenore trasmise esemplari della genuina R. Bulbocodium ! In nessuna di queste località R. purpurascens fu ritrovata dai tempi ^ J— di Tenore e Gussone in qua e l'indicazione che parecchi botanici si- culi diedero di essa per la Sicilia devono, come fu detto sopra, riferirsi a forma di R. ramiflora: L'esame anatomico della foglia mi ha, d'altra parte, rivelato che le sue affinità sono da ricercarsi con specie capensi della stirpe di R. rosea e dirò anzi che anatomicamente essa non diffe- risee punto da questa specie: tutti eli altri caratteri morfologici (divi- sione dello scapo presso il bulbo-tubero, peduncoli non allungantesi dopo l’antesi, colorazione del perigonio, ecc.) ricordano le due entità avanti ^ descritte. Quali stazioni indigene non restavano che quelle da me se- «| gnalate (in Bull. Soc. Bot. It. 1905, p. 175) pel Cagliaritano ed Iglesiente, in base a materiale trasmessomi dall’ Istit. Bot. di Cagliari.: ma ulte- riori indagini non lasciano aleun dubbio che detto materiale provenga da piante coltivate, a quel ehe pare, nell Orto bot. Cagliaritano. Nulla = dir della indicazione di Portovecchio in Corsica ( Mabille ex Fi. e di Paol. Fl. An. d' It. I, p. 222); ma è molto probabile che si riferisca a | pianta coltivata o si debba ad errore di determinazione. Constatazioni che, prese nel loro complesso, inducono a ritenere che anche la pianta segnalata nel pareo di Caserta ed a Reggio Calabria tragga origine da colture fatte in qualche Orto botanico e che, di conseguenza , questa specie debba radiarsi dalla Flora italiana. Qui aggiungero che, nel ricco materiale da me esaminato, non ebbi occasione di trovarne saggi spon- tanei. Ma se si pensa che la sua coltura dura da oltre un secolo, non è da escludere che i caratteri attualmente da essa assunti siano stati influenzati dalla prolungata coltivazione e che è ardua la ricerca della sua reale parentela. Alcune forme di R. rosea e sopratutto la var. re- flega è indiscutibile che molto la ricordano e potrebbe darsi che un ulteriore confronto sul vivo conducano ad una riduzione della stessa nel T proteiforme ciclo di R. rosea. A Le culture da me fatte su materiale comunieatomi dall' Orto bot. di E i -Napoli e di Cagliari mi hanno edotto sull'estrema variabilità della gran- . .. dezza del perigonio e della grande costanza del suo eromatismo, come 7 in genere doi altri cain Mae e fiorali. 29 i; A. BÉGUINOT . — ' Qui aggiungerò che la tav. 88 dell'opera del Redouté, Zes Liliacées (vol. IL, p. 80), ritrae, sotto il nome di Zzia Bulbocodium B grandiflora, una specie ehe potrebbe essere riferita alla tenoreana : però gli stigmi, ' come già fece osservare il Bertoloni, sono più lunghi degli stami e nella diagnosi è detto che la corolla varia per essere bianca, violacea e tal- volta col fondo giallo. Ragioni per cui non può essere riferita con sicu- rezza, nè a R. purpurascens, nè a R. Bulbocodium. 35. — ROMULEA THODEI Schlecht. Dec. plant. nov. austro-afric. in.« Journ. of Bot. XXXVI, p. 318 (1898) ». —. Draew. — R. tuberculo parvo tunicis debilibus obtecto ; scapo filiformi, - debili, glabro, 1- 2-floro; foliis paucis , cylindrico-filiformibus , erectis, rigidiusculis, scapum longe superantibus ; spathis valvis lanceolatis, acu- lis, margine anguste marginatis , reliqua. parte herbaceis rigidisque; pe- -rigonio parvo, ad 15 mm. longo, tubo brevi (6 mm.) viridi-luteolo, laci- niis oblongo-ellipticis , subacutis, 3 mm. latis, roseis, dorso tribus lineis pA Susco-purpureis percursis; staminibus perigonio subdimidio brevioribus , -~ filamentis a basi ad medium pilosulis : stilo antherarum apicem attin- gente : stigmatibus profunde bifidis ; capsula 2%. Fl. Jan. vor AR. GEOGR. E staz. — Indicata dallo Schlechter (op. e.) « in regione ! (capensi) austro-orientali : in arenosis humidis in planitie montis « Mont aux Sources » in terra Orange Free State , alt. e. 9200”, L 1896 (leg. Thode) ». Vidi. nell' Erb. Schlechter gli autptipi così schedati « Nassen Pendgrund auf den Grigfelplatzen des Montanae; Sources, alt. 2900- er I 1896 (Thode) ». ; — Osserv. — Strettamente affine a forme parviflore di R. rosea, con le x^ quali è ‘ulteriormente da confrontare. Pianta stenofilla e quindi a me- sofillo poco: e oc pce e un numero m fasci Minore Mine | sin. into fino ad un certo pinto Gode, noltre, di un’ àrea propria, essendo forse l’ unico rappresentante della - € o Stato di omesse Bios pr eui ho dazio ‘per. ritenerla REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 73 36. — ROMULEA GRACILLIMA Bak. Hand. Irid. p. 103 (1892); Id. in This. Dyer Fl. Cap. VI, p. 1.2, p. 41 (1896*. Sym. — Trichonema cruciatum. a. Hb. Drége (fide Baker). DiaGN. — R. tuberculo ut in praeced.; scapo, ut videtur, unifloro, de- bili; foliis 3-4 cylindrico-filiformis, setaceis, elongatis, scapo brevioribus vel longe superantibus, glabris; spathis herbaceis, valvis lanceolatis, ri- gidis; perigonio infundibuliformi , pullide roseo, parvo, ad 12-15 mm. longo, tubo dimidium perigonii aequante ; antheris perigonii tubum via — superantibus. 9|. Ar. GEOGR. E sTAZ. — Indicata dal Baker (op. c.) per le « Draken- stein Mountains » della Colonia del Capo su esemplari raccolti dal Drége e comunicati all’ Erbario di Kew. Nella scheda traserittami a : piè del disegno, ricaleato sugli autotipi dal Sig. Smith e trasmessomi dalla Direzione dell’ Orto Botanico di Kew, trovo la seguente indica- zione di provenienza: « Drakenstein Mts. Worcester Division, 3000. 4000': Drège a. 1840 ». Orserv. — Per la pieeclezza del perigonio ficorda la RA da cui si distingue per le foglie setacee e per il tubo perigoniale lungo la metà dell'organo: ma è da ulteriormente confrontare e studiare. 37. — ROMULEA FISCHERI Pax Irid. Africe. in « Engler's Bot. Jahrb. XV, p. 150 (1893) »; et in Engler Pflanzenwelt Ost.-Afrieas V, p. 35, p. 147 (1895); Bak. in Thi.-Dyer, Fl. trop. Afr. VII, p. 345 (1898). Exsicc. — Fischer n. 587. Diagon. — R. tuberculo parvo tunicis coriaceis tecto; scapo tenui, elon- ^. gato, 1-2-floro, 10-12 em. longo, pedunculis longissimis , erectis vel ; erecto patentibus ; foliis cylindrico-filiformibus, rigidis, suberectis, scapum longe superantibus ; spathis lanceolatis, acutis, debilibus, 15-16 mm. lon- ss gis, foliolo inferiore herbaceo plerumque fusco-purpureo, superiore an- guste marginato ; perigonio mediocri, ad 25 mm. longo, tubo brevi (7 mm.), “uico, laciniis lanceolatis, subacutis, 5 mm. latis, violaceis; staminibus i E perigonii dimidio brevioribus, filamentis filiformibus tubo sub fauce in- — e sert antheris luteis 3-6 mm. longis; stilo antheras 3-4 mm. supe rante. SM. FE Apr. & 74 A. BÉGUINOT Ar. GEOGR. E STAZ. — Scoperta dal Fischer nella alta valle del Nilo; vidi esemplari autotipi conservati nell’ Hb. Ber. così schedati « Ostafrica, Abori, 28-30IV, sub: R. Fischeri Pax ». Vi si trovano pure saggi delle altre due interessanti provenienze: « Acakoublagh et Mont Omahon, pay x montagneux à l journée de marche à N-E de Tazeroualt, S-O du Ma- roc, Mardochee, 1876 (ex Hb. Cosson, sub: Zrich. Bulloc.); Ida Ou- chembal et Adrar Mgorn, Maroc Méridional occidental indipendant, Mar- dochee, 1876 (id. ibid.) ». Osserv. — Ricorda per alcuni caratteri le Bulbocodiane della regione mediterranea: ma la struttura anatomica della foglia induce ad avvi- cinarla a R. Thodei, da cui differisce per una minore vascolarizzazione» possedendo ‘un solo fascio fibro-vascolare per costola, e ciò in rapporto con una più accentuata stenofillia. Dal punto di vista fitogeografico, la R. Fischeri, data la sua distribuzione, resta, come sarà detto più am- piamente nel prossimo capitolo, uno dei documenti più importanti. 38. — ROMULEA CAMPANULOIDES Harms in A. Engl. Diagn. neuer Art. versch. Fam. « Engler's Bot. Jahrb. XIX, Beibl. p. 28 (1895) »; Pax in Engl. Pflanzewelt Ost-Afrikas V, p. 3, p. 147 (1895); Bak. in This.-Dyer. Fl. Trop. Afr. VII, pae n 345 (1898). Syn. — R. alpina Rendle Centr. Fl. of East id Afr. in « Journ. Linn. Soe. XXX. p. 376 e 401 (1895) ». — R. Camerooniana Bak. Hand. Irid. p. 102 (1892) — pr. p.; Engl. Haeleebirgafiora d. trop. Afr. in « Abh. k. Preuss. Akad. d. Wiss. Z. Ber- lin, p 172 (1892) » — pr. p Exsico. — Volkens Reis. n. Ai aduer: n. sid FL d. Kil. ns ; 782 a. | i | Diagon. c M tuberculo jiha tunicis Duni: obtecto ; up simplici | vel prope basim ramoso, 1-8 Floro, pedunculis elongatis, tenuibus, erectis one etiam in frueto, 12-25 mm. longis ; foliis cylindrico- fili, formibus, rigidis, aC OK n AE "rita, ad 40 em. longis ; spathis debilibus, anguste lanceolato-linearibus, E A acutis, gae mm. xoi e inferiore herbaceo, superiore late mar- e M brevi, eta: te lonqeoîatis REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI P. 75 DM m depu. CU Weir ora a BE CI. LEER o MUN S c OR i : DIS TATARS O i nio subduplo brevioribus, filamentis 6 mm., antheris 4 mm. longis ; stigma = antheras non excedente; capsula parva, globosa, obtusa. d}. Fl.-fr. Sept.- Dee. 3 Ar. GEOGR. E STAZ. — Scoperta dal Volkens nel Kilimangiaro (2, " IX 1893) e così indicata dall’ Harms: « an Grase häufig, auf Wiesen .. zwischen 2000-2500 m.; in mittlerer Höhe des Mawensi, 2400 m. ; Berg- . . wiese oberhalb des Urwaldes, Lager am Ruassibach ». Deseritta nello stesso anno dal Rendle su esemplari raccolti nel 1883 da W. E. Taylor ec aur irat ari ter LED 2^ Aerob E | puro di questo massiccio: « Higher slopes of Mount Kilimanjaro above Morang to 10000' » ed indicata dal Baker (op. e.) « Mozamb. Distr. | Germ. East Africa: Kilimanjaro, 6000-10000'!: Thomson, Volk. 782 e Taylor ». Vidi i saggi seguenti: « Kilimandscharo..... in mittlerer Höhe des Mawensi , 2440 m.; Bergwiese oberhalb des Urwalder, Lager am .. — Ruassibach (Volk. Reis. n. 782 in Hb. Ber.); auf den Bergwiesen ober- -` | halb des Gürtewaldes, am Fus des Kifinika-Vulkans, 2 XII 1893 (Volk. FI. d. Kil. n. 7824 ibid.); Oberhalb Mamba, 2700 ra. 1X 1893 (Volk. FI. ON d. Kil. n. 782 in Hb. Barb.-Boiss.) ». . OssEkv. — Confusa dapprima con R. Cimerookdaiil; sembra distin- A dn Ms Hd hi cU xn bc e sq vt È E a guersene per i fiori più grandi, la speciale colorazione e le spate più . deboli e cartacee: ha, inoltre, area propria. Simile pure a R. Fischeri, P + od ne slip per la saio patetica della eta che a cel- Sa aM c.g del margine esterno delle cripte stomul lin destinate evidentemente a rinforzare i fascetti Bbrvsi decorrenti all’ estremità delle cripte stesse le due costole laterali sono, inoltre, munite di due fasci fibro-vascolari di piccola potenza per parte ed i fasciolini situati fra le cripte presen- wm tuno qualche fibra prosenchimatica. È invece suo sinonimo la R. alpina . .. Rendle della stessa provenienza e deseritta nello stesso anno. .. 89. — ROMULEA CAMEROONIANA Bak. in « Journ. of Bot. n. ser. V, p. 236 (1876) »; id. in This.-Dyer FI. trop. Afr. VII, p. 2.5, p. 345 ; (1898); Pax in Engler Pflanzenwelt Ost-Africas V, p 3. p. 147 (1895) ° . Bak. Hand. lrid. p. 102 (1892) — pr. p.; F Hochgeb. trop. Afr. ino oL e p 172 US, ba x 76 A. BEGUINOT Diaen. — R. tuberculo ut in praeced. ; scapo unifloro, elongato, de- bili, erecto; foliis cylindrico filiformibus, debilibus, 30 cm. longis, sca- pum superantibus ; spathis valvis inter se subaequalibus, herbaceis, ro- bustis; perigonio parvo ad 12-15 longo, purpureo, fauce albida, laciniis oblongo-lanceolatis, obtusis ; staminibus perigonio subdimidio longioribus ; stilo antheras non excedente. 9|. Ar. GEOGR. — Scoperta da Mann nel 1862 e da Kiosk nel 1886. sul monte Camerun a 7000-9000” (fide Baker). Non vidi sin qui esem- . plari della specie, che fu confrontata e confusa, come sopra dissi, con - R. campanuloides del Kilimangiaro. 40. — ROMULEA SPIRALIS Bak. Syst. Irid. in « Journ. Linn. Soc. XVI, p. 90 (1878) »; Hand. Irid. p. 102 (1892); Fl. Cap. VI, p. 1.8, p. 40 (1896). ; — Syn. — Zrichonema sirirale Burchell Trav. int. south. Afr. II, p. 260. : (1824). | Draw, — R. tuberculo ut in praeced. ; scapo brevi, unifloro; foliis cylindrico-compressis , falcatis , undulato-crispis; spathis lanceolatis , fo- liolo inferiore apice breviter scarioso, superiore anguste- murginato ; ; pe rigonio mediocri, albido-lilucino, tubo brevi, laciniis oblongo-obtusis ; sla- 3 minibus perigonii dimidium VAM; stilo apicem antherarum at tingente. 9|. AR. GEOGR. — Bop dal Burchell nella parte centrale della Colo” nia del Capò e precisamente: « Freserburg Div.: Middle Roggeveld , between Kuilenberg and Great Reed River: Burchell n. 1356 (ex Bak.) ». - OssERv. — Non mi riuscì sin qui di esaminare saggi di questa rara . ed interessante specie, la quale é, a prima vista, distinta. dalle con-, .. generi della stirpe per le foglie Dude E R ROMULEA GIG STEA Bég. Pascha nov. vol min. co- : gnit. in« « Eogler's Bot. Jahrb. XXXVIII, p. 333 (1907) ». : n Diseu e, R tuberculo ovato magno tunicis coriaceis - castanei nl aloni E ngo , valido, erecto, vaginis foliorum longe ezerto, 7 SME ramoso, mu 40- 50 em. el REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 77 foliis. eylindrico-compressis , erectis, 2 mm. latis, nervis parum validis ` percursis et ideo potius Slaccidis, scapum superantibus, superioribus bene evolutis et basi vaginantibus ; pedunculis subtrigonis, praelongis, in an- thesi 4-6 cm. in fructo 12-14 cm. longis, semper floribus et fructibus —— multo longioribus ; spathis ovato-lanceolatis, acutis, striatis, 15 cm. lon- gis, foliolo inferiore herbaceo, superiore anguste marginato ; perigonio, quoad plunta, parvo spathis parum longiore 15-18 mm. longo, tubo brevi, laciniis lanceolatis, acutis, 1-1'/, cm. latis, colore . . . . . ; staminibus dimidiam perigonii partem attingentibus ; capsula ovata, obtusa, 10 mm. . Aido ea dc P longa, spathis breviore. 9|. AR. GEOGR. — C. di B. Sper. (reg. mer.-occid.), Livonia (Rust a. 1891- 93, sub: Romulea sp. in Hb. Ber.). OssERv. — Specie distinta a priva vista da tutte le congeneri per le pe gigantesche proporzioni ehe essa raggiunge nello scapo e nelle foglie : seapo scindentesi in alto in numerosi peduncoli all’ascella di foglie egre- giamente sviluppate. Dal punto di vista anatomico le foglie di Æ. gi- gantea si lasciano distinguere per un’epidermide piuttosto alta, le cripte stomatifere ampie e beanti, l' abbondante vascolarizzazione, pel debole -. sviluppo della porzione meccanica dei fasci e viceversa pel grande svi- luppo del mesofillo più o meno nettamente palizzatiforme. Qui ricordo ; che, oltre i fasci che giacciono scontro l’ epidermide e quelli intercalati | fra le cripte, il mesofillo è percorso da fasciolini, per dire così, sopran- numerari e con frequenti anastomosi : — se costante, di indub- bio valore casio 42, — ROMULEA LONGIPES Schlecht. Dec. pl. nov. austro-afrie. in Journ. of Bot. XXXVI, p. 377 (1898) ». Exicc. — Galpin, Austr.-afr. n. 3023. Diaan. — R. tuberculo ut in praeced. ; scapo elongato, erecto, rigido, subdichotomice ramoso-multi, ifloro , 20-45 cm. longo ; foliis eylindrico-fili- | formibus , rigidis, erectis, basi vaginantibus, glaberrimis, scapum supe- - rantibus; spathis valvis inter se subaequalibus , ovato-lanceolatis, acutis, anguste membranaceo-marginatis , 13-18 mm. longis; perigonio mediocri, 15-20 mm. lango, pedunculum subaequante vel longiore, 15-20 mm. longo, . BÉGUINOT >. - 78 albido, tubo '[, circ. perigonii, laciniis lanceolatis, acutis, utrinque gla- bris; staminibus perigonio brevioribus, filamentis glabris, 7 mm. longis, antheris lineari-oblongis, apice glandula parvula (fide Schlechter) orna- tis 4 mm. longis ; stilo antheras non excedente. 9}. Fl. Nov. AR. GEOGR. E staz, — Così indicata dallo Sehleehter (op. c.): « Cap. B. Spei, in reg. austro-orientali, in graminosis prope Port Alfred, in di- tione Bathurst, alt. c. 2007, XI 1895 (E. E. Galpin, n. 3023) ». Nel- l Hb. Schl. vidi gli autotipi così schedati : « Port Alfred, alt. 200", 1895 ^ (Galpin, Austro-afrie. n. 3023) ». Osserv. — Affine a R. gigantea, eui rassomiglia per l abito, se ne distacca. per i foglie più anguste e rigide e per i pedunculi fiorali più sottili, eguali o più brevi del perigonio: merita però di essere ulterior- mente confrontata sopra più abbondante materiale. Ü 43. — ROMULEA SIMILIS Eckl. Top. Verz. p. 19 (1827); Bak. Syst. Irid. in « Journ. Linn. Soc. XVI, p. 89 (1878,»; Hind, Irid. p. 102 (1892); Fl. Cap. VI, p. 1, p. 40 (1896). Syn. — Iria pumila Hb. Banks ex Bak. (op. e.). ‘— Trichonema simile Steud. Nom. bot. ed. 2.2, p. 2.*, p. 702 (1841). — R. obscura Klatt in « Abh. Nat. Gesell. z, Halle XV, p. 65 (1882) » — ex Bak. Ee —- R. bulbocodioides Eckl. op. e. p. 19 (1827)? Exsicc. — Bolus Austro-afrie. n. 4601. - s DiaGn. — R. tuberculo parvo tunicis ut supra ; scapo brevi, 1-2 ra- - rius 3-4floro, pedunculis terra adpressis, post anthesim elongatis et va- | : lidioribus ; foliis paucis. cylindrico-subcompressis, filiformibus, rigidis , | scapum superantibus ; spathis anguste lanceolatis et fere linearibus, acu- | e dis, foliolo inferiore herbaceo , rigido , striato, superiore anguste margi- E 5 nato, 9-10 mm. longis ; perigonio parvo, 13-15 mm. longo, tubo brevi, laci- m lie lanceolato-acutis, intus albide-lilacinis, extus viridi- luteolis lineolisque Pu purpureis pereursis ; ; staminibus dimidiam perigonii tn Mtabies, i. stilo stamina aequante. 9|. FT Sept. AR GEOGR, E STAZ. — Indicata dal Baker top el per. d reg. stie. ; #2 del C: D qu 7 Tr IM E re E CR » isan > « Lion È nr — eri» e CNN REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MaRATTI = 79 Camps, Bay (Eckl.) e presso Capetown (Bolus n. 3734, pr. p.) ». Vidi i saggi seguenti: Cap, am Meerestrande und Dünen bei ..... (Zugh in Hb. Ber.); in campo aperto « Camp grund » dieto prope:Capetown, alt. intra 100°, IX 1880 (Bolus Austr. afric. n. 4601 sub: R. arenaria Eekl. ibid.). | OssERv. — Come fece già osservare il Baker (op. c.), è Il entità ca- pense più affine e che più da vicino ricorda la mediterranea A. Colum- nae. Qui aggiungerò che essa per la struttura anatomica della foglia ricorda altre specie stenofille del gruppo e da R. Columnae, cui corri- - sponde per il numero e la disposizione dei fasci, se ne distacca appena per il maggiore sviluppo e potenza della guaina meccanica. 44. — ROMULEA MINUTIFLORA Klatt Erg. u. Bericht. z. Bak. Syst. Irid. in « Abh. Nat. Ges. z. Halle XV, p. 65 (1882) »; Bak. Hand. Irid. p. 102 (1892); Fl. Cap. VI, p. Le p. 30 (1896). Exsicc. — Wilms Fl. Afr. austr. n. 3716; Schlecht. Pl. Sehl. austro- afric. It. sec. n. 8889; Réhm. Exs. Afr. austr. n. 602. Dragn. — R. tuberculo ut in praeced.; scapo brevi mazima parte va- vinis foliorum obtecto, deinde elongato, 2-5-floro , 3-7 em. longo; foliis cylindrico-compressis, nunc filiformibus , nunc latiusculis, semper elonga- T tis, subf lezuosis, terra recurvis. vel adpressis; spathis lanceolatis, acutis . vel subobtusis , rigidis, leviter striatis, foliolo inferiore herbaceo, supe- riore late marginato vel omnino membranaceo; perigonio parvo vel me- diocri , magnitudine variabili 5-12 mm. longo , tubo brevi, laciniis lan- ceolato-linearibus, acutis, violaceo-lilacinis; staminibus perigonii dimidium LI | parum superantibus ; stilo antheras non excedente. 9|. Fl.-fr. Sept. . . AR. GEOGR. E STAZ. — Descritta dal Klatt su esemplari raccolti al m Ciro da Drège « versus Helflussberg (n. 538) » ed indicata dal Baker ‘ anche per la « Mossel Bay, the Point: leg. Rogers ». Vidi i saggi se- guenti: Cap (Drège in Hb. Lub. sub: R. minutiflora Klatt, specim. autotypum !); monti della Tavola presso il Capo di B. Sp. (Rehm. n. 602); Greenpoint n. Seapoint b. Capstadt, 19 IX 1883 (Wilms n. 3716); Terra cap. reg. occid. Konde Bockefeld 3500', 7 IX 1376 (Schlecht. n. 8889). Osserv. — Specie, come la precedente, parviflora, ma abbastanza n 80 (A. BÉGUINOT riabile per la grandezza del perigonio, che oseilla fra 5-12 mm.: varia pure il diametro fogliare. Morfologicamente assai affine alla precedente, se ne distacca per parecchi caratteri anatomici della foglia: epidermide della costola inferiore molto alta ed acquifera, quella delle altre costole più bassa ad elementi fortemente ispessiti: fascio fibro-vascolare mediano della costola superiore separato dall’ epidermide da un'assisa di cellule sottili, ecc.: caratteri che ricordano la sez. di R. hirsuta e non è da escludere del tutto l'ipotesi sulla sua origine ibrida. 45. — x ROMULEA AMBIGUA Bég. Diagn. Rom. nov. vel min. eognit. in « Engler's Bot. Jahrb. XXXVIII, p. 338 (1907) » = R. rosea — Eckl. X R. hirsuta Eckl. Syn. -- R. hirsuta var. glabra Bég. in al. herb. Exsico. — Eckl. n. 703 (pr. p.); Eckl. et Zeys n. 585 (pr. p.); Bowie n. 399; Wilms FI. Afr. austr. n. 3717 e 3718 (pr. p.); Schlecht. Austro- Afric. n. 4844 (sub: Romulea sp.); Pl. Schl. austro-Afric. It, sec. n. 8694 (sub: R. biflora Sehl.); id. ibid. n. 8847 (sub: R. hirs. var. aurantiaca Sehl.); id ibid. n. 10784 (sub: R. hirsuta); Diels Reis. Humb. Stift. n. 605 (sub: R. hirs. var. aurantiaca. : Diaen. — R. tuberculo ut in praeced. ; scapo exili, subfleruoso, 1-2- E Floro , illo R. hirsutae simili; foliis omnibus tuberculo insidentibus, ri- gidis, bicostatis, eryptis stomatiferis glabris, R. roseae forma et fere ana- lomica structura; spathis rigidis, striatis, foliolo inferiore herbaceo, su- periore anguste marginato ut in R. rosea; perigonio grandiusculo plus aninus intense roseo-purpureo, fauce macula rhomboidali purpureo-fusca : ut in R. hirsuta. — Planta humilis, pygmaea vel (= var. biflora Bég. = R. biflora Schl.) omnibus partibus majore et ramosiore, perigonio ad © 25 mm. longo, saepe (var. aurantiaca Bég. = R. hirs. var. aurantiaca —— : Schl. in « Engler's Bot. Jahrb. [1899], p. 90 ») dimidio inferiore haud — | roseo, sed laete aurantiaco. 9. Fl. Aug.-Sept. AR. GEOGR. E STAZ. — Cap-de-Bonne-Esperanee ( Elliot ; Bowie n. 399 vos a Hb. Del); arenosa altit. 2 montis Diaboli. septentr. (Eckl. n. 703, ea pr p Eckl. et Zeyh. n. 585, pr. p; in montibus prope Capstadt (Zeyher ci » dn Hb. "M a B ne ode: Bi €. e. F); per (Wilms, «NH. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 8l e 3718, pr. p.); in humidis prope Piquetberg, 600' (Schlecht. Austro- afric. n. 4844); Terra capensis, reg. occid., Matyes Rivier 2500' (id. PI. Schl. n. 8847 — var. aurantiaca Bég.); id. Bidouw Berg, in lapidosis 3600'; (id. n. 8694 = var. biflora Bég.); id. Olifant Rivier, in collibus prope Braekfontein, 400' (id. n. 10784); N. W. Capland (Calvinia) Bok- e keveld, Fläche am Van Rhyns Pass: feuchte Stellen des Sandes ca. 800 m. (Diels Reis. Humb. Stift. n. 605 = var. aurantiaca Bég.). Osserv. — Entità di ardua discriminazione. A primo esame potrebbe confondersi e fu di fatto confusa con A. hirsuta ed io " ho dapprima interpretata per una forma a foglie glabre della specie. Sta il fatto che la struttura anatomica della foglia e la fabbriea delle spate ricordano molto da vicino la stirpe di R. rosea, da far pensare ad una probabile origine ibrida, tanto più che i due presunti genitori crescono spesso promiscui e, come chiaramente dimostrano parecchie Essiccate, la forma glabra si associa nelle stesse stazioni di quella pelosa corrispondente a R. hirsuta. L' epidermide molto bassa, con elementi a parete esterna fortemente ispessita, i fasci fibro-vascolari appoggiati contro l'epidermide e validamente protetti da fibre meccaniche numerose ed a lume ri- stretto, i-fascetti fibrosi molto sviluppati sono caratteri xerofitiei che hanno una larga esplicazione nel gruppo di #. rosea: il cromatismo del perigonio e sopratutto la macchia fosco-porporina in corrispondenza della fauce, come pure i peduneoli in alcuni esemplari pelosi agli an- goli, ricordano invece A. hirsuta. In aleuni saggi, generalmente poco sone l’unica differenza morfologica apprezzabile su materiale secco è la mancanza di peli: laddove" altri, raggiungenti maggiore sviluppo, i come sono le var. biflora ed aurantiaca, portano prevalenti caratteri di Rr rosea. : X. STIRPS R. HIRTAE. | Comprende una sola specie, nota sin qui di una sola località della - reg. austro-occid. della Colonia del Capo, provvista di foglie larghette 7 ed assai schiacciate. In sezione trasversale notasi che, a differenza di tutte le congeneri, le costole laterali sono meno sviluppate delle antero- | posteriori e fortemente compresse. Ne risulta così un nomofillo che, ad 6. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII. — SE A. BEGUINOT un esame superficiale, sembrerebbe costituito su di uno stampo diverso. Sta il fatto che ogni costola è percorsa nella parte mediana da un sol fascio fibro-vascolare il quale, causa la compressione, giunge quasi a toccarsi al centro con il fascio contrapposto: le antero-posteriori sono invece percorse da 5 fascetti fibro-vascolari e terminano all’ estremità con un robusto fascetto fibroso e con una linea di peli. Gli stomi, piutto- sto che in vere e proprie cripte, giacciono in una regione leggermente de- pressa fra le costole laterali e le autero-posteriori e sono protetti dal ripie- garsi di queste su quelle. Questa stirpe è perciò essenzialmente caratteriz- . zata dalla struttura anatomica della foglia : per il resto efr. la diagnosi. 46. — ROMULEA HIRTA Schlecht. Pl. Sehl. nov. vel min. cogn. in « Engler's Bot. Jahrb. XXVII, p. 91 (1899) ». Exsicc. — Schlech. PI. Schl. austro-Afrie. It. sec. n. 8766 (sub: R. hirta Schl.). Diae. — R. tuberculo ut in praeced. ; scapo simplici ed ideo uni- Sloro, maxima parte vaginis foliorum obtecto, suberecto, pedunculo. de- bili, flezuoso, subglabro vel tenuiter hirtello; foliis omnibus basilaribus, | Fluccidis, eylindrico-compressis, costis lateralibus multo compressis, antero- posterioribus elongatis et ideo distincte suleatis, sulcis stomatiferis peram- plis, margine ezteruo minute pilosis; spathis valvis subaequalibus, de- bilibus, lanceolato-acutis, anguste marginatis, 13-15 mm. longis; perigo- nio mediveri, spathas subduplo superaute, tubo perbrevi, laciniis lanceo- latis, acutis, intus sulphureis, tribus exterioribus extus virescentibus, c. 2 cm. longis, 4 mm. latis ; staminibus perigonio brevioribus, filamentis gla- bris, compressis, antheris linearibus utrinque obtusis fere duplo longio qe ribus ; stilo antherarum dimidium haud excedente , stigmatibus breviter trisectis; capsulam non vidi. J. Fl. Aug. « cin regione ‘austro-occid. : inter frutices in clivis montis Konde-Berg, ‘alt, e. 3600", VIII 1896 ». Vidi. saggi di questa provenienza (n. 8766) T che n nelle collezioni dei j Maiei è “Berlino . e eag Ar GEOGR. E STAZ. — Seoperta dallo Schlechter (op. e) al C. di B. 8. e negli Erbari Schlechter, Barbey-Boissier, De Candolle e Delessert, non È - REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 83 quale, invero, non ha molto a che fare. La struttura anatomica della foglia, quale fu da me riassunta nella diagnosi della stirpe, la diffe- renzia nettamente, sia dal gruppo precedente, che dai seguenti, restando, però, allo stato delle conoscanze, molto difficile fissarne la sua esatta po- E sizione nel sistema. . XI. STIRPS R. SPECIOSAE. Comprende tre specie capensi eon l'Aabitus di R. rosea: da questa e da tutte le entità da me ascritte al gruppo delle « roseae » si distac- ‘ cano per la presenza di un ipoderma sceleroso congiungente i fasci fibro- vascolari con i fascetti fibrosi, interrotti solo in corrispondenza delle > cripte stomatifere e R. pudica e R. sabulosa per una distinta macchia fosco-violacea in ciascuna delle laeinie presso la fauce perigoniale. 47. — ROMULEA PUDICA Bak. Syst. Irid. in « Journ Linn. Soc. XVI, p. 89 (1878) »; Klatt Erg. u. Bericht. in « Abh. Nat. Gesell. z. Halle XVI, (1882) » — pr. p. — Trichonema pudicum Ker-Gawl. in Bot. Mag. XVI (1802) — sub: tab. 575; id. in Kón. et Sims Aun. of Bot. I, p. 223 (1805) et in Bot. Mag. XXXI (1810), tav. 1244; Klatt Rev. Irid. in Linnaea XXXIV, Pe - 665 e 718 (1865-66) — pr. p. = Syn. — Teia pudica Hb. Banks ex KerGawl.; Roem. et Schult. Syst. veg. E p 377 (1817). ' ` — Zrich. monodelphum Sweet Hort. Brit. ed. I, p.. 399 (1827). — Spatalanthus speciosus Sweet Brit. Fl. Gard. ser. I, tab. 300 (1829). | — A. vasea var. R. pudica Bak. Hand. Irid. p. 103 de. Fl. Cap. VL p. 1.2, p. 42 (1896). — Bulbocodium pudicum Ktze Rev. gen. plant. p. 2a, p. 700 (1891). : — R. monodelpha Bak. Handb. Irid. p. 104 (1892); Fl. Cap VI, p. pes, p. 43 (1896). | ^. Je. — Bot. Mag. XXXI, tav. 1244. Dragn. — R. tuberculo ut supra ; scapo 1-2-floro; foliis cylindrico- compressis , rigidis, striatis illis R. roseae similibus ; spathis rigidis , " E lele in « Englors Bot. Jahrbi XXXVIII, p. 344 (1907) ». 84 . A. BÉGUINOT striatis, 30 mm. longis, foliolo inferiore herbaceo, superiore anguste mar- ginato; perigonio magno spathis duplo-triplove-longiore, tubo brevi vel fere obsoleto, laciniis oblongo-ellipticis, 15-17 mm. latis, apice abrupte con- strictis et rotundato-mucronulatis, intense roseo-purpureis , macula oblongo- elliptica fusco-purpurea prope basim insignitis, 10 mm. longa; staminibus dimidium perigonii subaequantibus, filamentis prope basim pilosis autheras aequantibus ; stigma lacinulis fimbriatis revolutim divaricatis , antheras parum ercedentibus; capsulam non vidi. 9|. Ar. GEOGR. — Descritta da KerGawler su pianta coltivata prove- niente dal Capo, fu indieata dal Klatt (in Linnaea) per il Capo (Drége + 2637 b); Olifantrivier prope Kleen William (Bergius in Hb. Ber.); esemplari questi ultimi da riferire a R. sabulosa Schl. Inoltre nell’ Hb. Cop., sotto il nome di Zrickonema pudicum Klatt e senza provenienza, : sono saggi di una Zz/a sp. e nell’ Hb. Lub., sotto quello di R. pudica Klatt, eon provenienza « Kleine Namaqualand steinige Hóhe bei Wit- komit (Drége, n. 2637) » si conservano esemplari riferibili a Æ. rosea! Sicchè questa specie mi resta nota solo dalle diagnosi e figure sopra ‘citate e trattandosi di pianta coltivata non è certo da escludere che al- cuni dei caratteri che la distinguono dalla seguente debbansi alla col- tura o ad errori di osservazioni: il che non può essere chiarito che in base a materiale più istruttivo di quello avuto a mia disposizione. Ossev. — Nella parte storico-bibliografiea avevo espresso dubbi che lo Spatalanthus speciosus dello Sweet, trasportato in seguito dal Baker nel gen. Romulea, dovesse davvero riferirsi a questo genere che è privo di spe- cie monadelfe. Una copia della figura della rara opera dello Sweet testé trasmessami , dietro il cortese intervento del Sig. Carlo Lacaita, dalla s Direzione dell Orto Botanico di Kew, mi ha edotto trattarsi di una Ro- mulea, già descritta sotto il nome di R. pudica (donde la sinonimia) ed si use. nevada: devesi Ws cda: ad un errore di disegno. Pie “Mete: PRC | | ‘Behlocht. in Bég: Diagn. Rom. nov. E n REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 85 — R. pudica Klatt Erg. u. Bericht. in « Abh. Nat. Gesell. z. Halle XV (1882) » — pr. p. Exsico. — Schl. Pl. Schlecht. austro-afrie. it. II, n. 10964 (sub: R. sabulosa Schl.). Diaew. — R. tuberculo ut supra; scapo erecto vel ascendente, rigido, masima parte vaginis foliorum ezerto, 1-2-floro, 5-10 cm. longo; foliis ~ omnibus tuberculo insidentibus , cylindrico-filiformibus, nunquam com- deat Yom 2. A" | pressis, rigidis, erectis, glabris, basi anguste vaginantibus, bicostatis et evidenter cryptis stomatiferis sulcatis , scapo brevioribus vel subaequali- bus; perigonio campanulato , magno , 35-38 mm. longo, tubo brevissimo vel fere obsoleto, laciniis ovato-oblongis in parte superiore ampliatis el rotundato-acutis, basi sensim attenuatis, intense roseis, fauce macula ob- longa fusco-purpurea notatis, dorso venulis lutescentibus variegatis ; sta- minibus '/, perigonii brevioribus, antheris filamento basi praesertim. pi- -doso longioribus ; stilo dimidiam antherarum partem aequante; capsula? “ar Fl. Aug. Ar. | Am. GEOGR. E staz. — Cap. B. Spei, Olifantrivier prope Kleen Wil | liam, VIII 1815 (Bergius in Hb. Ber. sub: Trich. pudicum Klatt! ); reg. occid. Onder-Bokkeveld, Oorlogskloof in collibus, 2400, 2, VIII 1897 (Schlecht. n. 10964 in Hb. Schl., Barbey-Boissier e Del.!). . Ossmgv. — Simile a R. pudica, dalla quale si distacca per lo seapo = per lo più unifloro e privo di foglie, per le foglie pià anguste, corte e | più rigide, non molto allargate alla base, per il perigonio munito in Corrispondenza della fauce di maechia oblunga e non lineare, immaco- - lato nel dorso, per le antere più brevi del filamento, che è verso l’ in- serzione più densamente peloso, ma non fioccoso-lanato e pr lo stigma i più breve delle antere. RE n Re EL TT AR ILE Ra WM ee. Tuo RT pag V EY. x Tee T ^E A VADE ha. giri 49. — ROMULEA SPECIOSA Bak. Syst. Irid. in « Journ. Linn. Soc. XVI, p. 89 (1878) » -- excl. syn. al.; Klatt in Abh. pf Ges. z. Halle LXX (1882) — pr. p. = Syy. — Iria Bulbocodium var. flore speciosissimo Ker-Gavl. in Andr. |. Bot. Rep. II, tav. CLXX (1797-1804). — Trichonema speciosum Ker-Gawl. in Kön. a, Sims Ann. Bot. Lp. % A. BÉGUINOT 223 (1805), in Bot. UR sub: tav. 1925 e tav. 1476; Klatt. Rev. Irid. in Linnaea XXXIV, p. 664 (1805-66) — pr. p. — Iria Bulboc. G capensis Pers. Syn. Pl. I, p. 47 (1805). — dria neglecta Roem. et Schult. Mant. in vol. I Syst. veg. p. 279. (1822). ~ — È. rosea var. Celsii Planch. in FI. d. serr. et d. jard. d'Eur. VII, p. 133, tav. 799 (1852-53). — R. rosea var. speciosa Bak Hand. Irid. p. 103 (1892); FI. Cap. VI, p. L5, p. 42 (1896). — Bulbocodium speciosum Kze Rev. gen. plant. p. 2.8, p. 700 (1891). Ic. — Bot. Rep. tav. 170; Bot. Mag. tav. 1476; FI. d. serr. et d. Jard. d' Eur. VIII, tav. 799. Exsico. — Mae Owan Herb. norm. austro-afric. n. 525; Hb. Mac-Owan., ae n. 246; Schlecht. Pl. Schl. n. 1563. : bte Diracen. — R. tuberculo, foliis et spathis, quoad forma externa , illis R. roseae sumilibus : ab hac differt, praeter. fibras subepidermicas continas, perigonio majore, tubo brevi et late companulato , laciniis ovato-oblongis É - latioribus et apice rotunduto-acutis. CAR. GEOGR. E STAZ. — Descritta dapprima su pianta coltivata, fu in- | dieata in seguito dal Klatt di parecchie stazioni del C. di B. S. che mi ; restano dubbie. . Vidi i seguenti esemplari: Cap de | Bacio tane (Bowie n. 398 in Hb. Del.); in depressis humidis pr. Wynberg VIII, 1892 (Schlecht n. - 1563); in arenosis vallis Groene Kloof in ditione Malmesbury (Mae . Owan Herb. norm. n. 525); in graminosis planitiebus prope Grahams- | p» town (id. Hb. Macow. n. 246). — Nell'Hb. Del. sotto il nome di R. zo- - sm var. Celsii Planch, E eate o Ania ella specie, ma [es REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTTI 87 E. tifere più piccole e munite di brevi ma distinte papille, per i fasci fibro- vascolari più sviluppati, eireondati i laterali ed il posteriore da una com- pleta guaina meccanica con fibre poco ispessite: il Miesoalle è, inoltre, | distintamente palizzatiforme. Baker (in This.-Dyer Fl. Cap VI, p. 42) vi riferisce come sinonimo la sua A. barbata Bak. (in Journ. Linn. Soc. XVI, p. 89) che, secondo un esemplare da me visto nell'Hb. Lubeck (sub: R. barbata Klatt) sem- brerebbe piuttosto una forma di R. rosea. Certamente erroneo è il ri- ferimento fatto dallo stesso Baker di Zria cruciata Jacq., R. tabularis - e R. cruciata Eckl. che sono specie diversissime. Nell’ Hb. Berolinense, sotto il nome di A. /ongitubum si conservano autotipi di una forma grandiflora della specie, laddove la genuina R. longitubum, quale fu descritta dal Klatt (in Linnaea XXXIV, p. 665) e ... che pure conservasi nel predetto erbario per esemplari trasmessi dal Mund pow Maire, è una specie del gen. Syrizgodea (= S. longitubum Ktze). * XII. STIRPS R. HIRSUTAE. Abbraccia 7 specie tutte capensi con perigonio generalmente ben svi- . luppato e variamente colorato, a tubo di solito giallastro ed a segmenti : rosei o violaceo-lilacini, spesso con macchie fosco-porporine in corrispon- denza della fauce: lo stilo è rinchiuso nella cerchia anterale o solo di poco emergente, ma in modo che l auto-impollinazione resta sempre possibile. I earatteri di gran lunga piü importanti risiedono nella strut- tura anatomica del nomofillo con disposizioni emixerofitiche più o meno ; accentuate e cioè: mancanza di fascetti fibrosi nell'angolo esterno delle cripte (in. R. amoena la funzione meccanica è devoluta all’ epidermide fortemente ispessita in questo settore della lamina), scarsa vascolarizza- zione risultante di fasci fibro-vascolari mediocremente sviluppati, con fibre meccaniche poco ispessite e separati dall'epidermide, generalmente alta ed acquifera, da una o due serie di cellule a pareti sottili; pre- - senza di un parenchima foggiato ad ipoderma aequifero in A. kir- suta, ecc. Le foglie sono, di conseguenza, poco robuste, a solchi stoma- tici evidenti, medioeremente striate sul secco o, come in R. tortilis, av- a A E A. BÉGUINOT volte a SS Le spate sono ora erbacee e° SETA ora più o meno ud | gamente marginate e deboli. 50. -- ROMULEA HIRSUTA Eckl. Top.: Verz. p. 19 (1827); Bak. Syst. Irid. in « Journ. Linn. Soc. XVI, p. 89 (1878) »; Hand. Irid. p. 102 (1892^- Fl. Cap. VI, p. 1.* (1896), p. 40; Klatt Erg. u. Berich. in « Abh. Nat. Ges. z. Halle XV, p. 64 (1882) ». | Svw. — Iria campanulata Lam. Tabl. eneyel. Ill. d. genr. I, p. 109 (1791), non Houttuyn (1774-1783). — Trichonema hirsutum Steud. Nom. bot. ed. II, p. 2.2, p. 702 (1841); Klatt Rev. Irid. in Linnaea XXXIV, p. 665 (1865-66). — Geissorhiza sublutea Hb. Zehyer ex Bak. — Bulbocodium hirsutum Kze Rev. gen. plant. p. 2.*, p. 700 (1891). i Exsicc. — Eckl. n. 703 (pr. p.); Eckl. et Zeyh. n. 585 (pr. p); Ber- gius n. 594; Drège n. 8450 a; Brentel Pl. Afr. austr. ed Hohen. n. 6; Bachm. PI. Cap. n. 218, 525, 1577 e 1578; Rehm. Exs. Afr. austr. n. - . 1207, 1735 e 7624; Mac Owan Herb. norm. austro-afrie. n. 254 e 529 (sub: R. uncinata); Wilms Fl Afr-austr. n. 3717 e 3718 (pr. p.); Schlecht. -Austro-afrie. n. 1116 (pr. p.), n. 1052 (pr. p.), n. 5223 e 4982; - id. Pl. Sehl. C. B. Spei n. 1047 (pr. p.); Diels Reis. Humb. Stift. n. 1163. | Diaan. — R. tuberculo parvo tunicis rigidis castanei coloris tecto; seapo i brevi mazima parte vaginis foliorum obtecto, 1-5- floro, pedunculis filifor- nibus, suberectis, lateraliter minute pilosis, floribus subduplo longioribus ; _ Joliis cylindrico.filiformibus rigidiusculis, erectis, scopum subaequantibus, in margine externo | eryptarum pilis minutis insignitis; spathis lanceo- — ; latis glabris, rigidis, 9- a mm. longis, fune inferiore herbaceo, superiore | ; j li lo longiore Mm min. j LU Vs sid gs DU È rigi 2 subdimidium attingentibus; aps * FI. ter. (femina) -_ Lavori originali. EA : | L. BUSCALIONI e G. MUScATELLO: Note | botaniche, decuria ; Xeon- Tay. 1). - Sk Sce SRD I TONET x. ZopbA: Notizie ‘briologiche sull’ Ita BiGtixor. Revisione monografica. de alti obtina a ds Tav. MALPIGHIA — Vol. XXIII * t. — Apertura di 1 fiore apicale, X 2. — Apertura di 3 fiori apicali. % 3. — Apertura di 1 fiore apicale. Æ 4 — Apertura di 4 fiori apicali. % 5. — Apertura di 1 fiore apicale. X 6. — Apertura di 1 fiore apicale. 100 a TE sedi 2 a wm m 22 2o Si ts e "CR -— Temp. Neb. 10 11 19 13 14 15 16 17 18 19 939 21 22 23 24 95 96 27 B 99 39 31 LIT. E. CIOFFI 8 44 H4 ad umo ums». 8 7 T —- 3 3 & 6 6 1 Marzo Temperat. al 17 Febbr. 11. 6 C. 17 18 19 930 til 99 93 934 935 96 27 98 99 - Febbraio Curva fiorale < 1908 RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA - REDATTA DA 3 . O. PENZIG ae Prof. alU Università di Genova PE i ANNO XXIII — Fasc. HIE-IV (con Tav. HVH MARCELLO MALPIGHI G 1627-1694- s : UOLH CSDL RNC S BENDUM TIPOGRAFIA "DI A, REVISIONE MONOGRAFICA del genere Romulea Maratti STUDIO BIOLOGICO DEL Dorr. AUGUSTO BÉGUINOT Assistente e Docente di Botanica presso la R. Università di Padova (Continuazione) AR. GEOGR. E STAZ. — Scoperta dall’ Eklon presso Capetown e distri- buita dallo stesso della seguente provenienza: « arenosa altitud. 2 montis Diaboli septentr., n. 703 (qua e là mescolata con R. ambigua Bég.) » e da Mae Owan: « lapidosis ad latere montis Diaboli prope urbem, alt. 150', n. 254 ». Vidi i seguenti altri saggi : Cap, im Gebirge bei der Capstadt (Zeyher in Hb. Ber. mista cum R. ambigua); in arenosis lapidosis juxta Sea Point prope Capetown, alt. 0-100" (Mae Ow. n. 529); Capetown , Stinkwater (Rehm. n. 1207); bei Capstadt, Signalhill (Wilms n. 3718) e Paarl (id. n. 3717, mita cum R- ambigua); Rondebosch (Rehm. n. 1735); Bergrivier bei Paarl, 500' (Drège n. 8450 a); Roggeveld (Lichtentst. in Hb. Ber.) div. Malmesbury, Um- gegend von Hopefield, Lilienfontein (Bachm. n. .218 e n. 1578), Darling (id. n. 525 e n. 1578); Groenepoint (leg.? in Hb. Schlecht.); in elivis - montis Leonis 200’ (Schlecht. Austro-afric. n. 1047, Aic illic mista cum R. Bulbocod. et R. eruciata var. vulgaris): in elivis arenosis prope Sir Lowrys Pass, 400' (id. ibid. n. 1116, mita cum R. ambigua); ad pedem montis | Piquetberg 8-900' (id. ibid. n. 5223); Piquetberg, nahe Piquetberg-Road- Station, feinkiesige etwas feuchte Stellen der buschigen Triften 80 m. (Diels n. 1163); in ripis fluminis Olifant Rivier 600° (id. ibid. n. 4982). — Provenienti dal Capo di B. Sp., ma senza precisa designazione di loca- lità, vidi saggi raccolti da Miss E. Elliot (Hb. Del. mixta cum R. ro- — sea), da J. Verreaux (ibid., mista cum R. cruc. v. vulgaris), da Brehm ‘ (Hb. Mon.); Bergius n. 594 (Hb. Ber.); Drège (Hb. c. e. F. migta cum R. ambigua) e senza alcuna provenienza da Brentel (Pl. Afr. austr. ed P : Hoh. n. 6 in Hb. Boiss.). 7. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII A. BÉGUINOT Baker (Fl Cap.) cita inoltre, sempre dei dintorni di Capetown, le seguenti altre Essiecate da me non eseminate : Bolus n. 3760, Zehyer n. 5007; Tyson n. 2454; Mae Owan n. 2274, 2565 e 2616: indicazioni tutte da controllare, causa il facile scambio con la mia R. ambigua ed altre affini entità. | Osserv. — Specie fra le più largamente distribuite della stirpe e fa- cile a riconoscersi, anche su materiale d' Erbario, per le foglie minuta- mente pilifere lungo i solehi stomatiei, per il perigonio a tubo netta- mente giallastro ed a fauce distintamente macchiata. Anatomicamente la foglia presenta, come. tutto il gruppo, spiccati caratteri emixerofitici e le cellule mesofillari ssi nta all’ epidermide si conformano ad ipo- $ derma acquifero. , Non ritengo specificamente distinta m R. uncinata Schlecht. che, come - x misi in evidenza, nella parte generale presenta, bensì qualche carattere du “anatomico in pcr dn ma merita di essere confermato su materiale piü abbondante. cal E - ROMULEA AMOENA Schlecht. in Bég. Diagn. Rom. nov. vel min. cognit. in « Engler's Bot. Jahrb. XXXVIIL p. 334 (1907) ». , Exsico. — Schlecht. ‘Austro-afrie. n. 10896 (sub: R. amoena Schl.! | Diaex. | — R. tuberculo ovato , mediocri, tunicis coriaceis tecto ; scapo brevi murima parte. foliorum vaginis obtecto, 1-2-floro, 4 €m.. longo; | foliis cylindrico-filiformibus, basi late vaginantibus, compressis, glabris, rigidis, suberectis, evidenter cryptis stomutiferis sulcatis, , scapum parum p ipi diphyllis, rigidis, striatis, 20-30 cm. longis, foliolo ji t Mgertone reped i in po ne latiuscule REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MaRATTL 9 pera in collibus, 2200", 19 VIII 1897 (Schlecht. n. 10896 in Hb. Schl., Barbey-Boiss. e Del.!). ‘Osserv. — Specie affine a R. hirsuta, ma dai questa egregiamente ste e sviluppate, per il perigonio più grande e di un cromatismo tut- t'affatto differente. Riconoscibile anche ad una sezione trasversale della foglia, che ha la figura di una croce greca, per le cellule che tappez- zano il margine esterno delle cripte stomatifere fortemente ispessite ed a lume quasi obliterato (ad evidente funzione meccanica!), quelle più | interne non papillifere e per i fascetti soprannumerari nella parte cen- trale della sezione disposti attorno alla lacuna del parenchima clorofil- logeno. 52, — ROMULEA DICHOTOMA Bak. Syst. Irid. in « Journ. Linn. Soc. XVI, p. 89 (1878) »; Klatt Erg. u. Bericht. z. Bak. Syst. Irid. in < Abh, Nat. Ges. z. Halle XV (1882) ». Syn. — Zrichonema dichotomum Klatt Rev. Irid. in Linnaea XXXIV, p. 666 (1865-66). . — R. rosea var. R. dichotoma Bak. Handb. Irid. p. 104 (1892) et in This,-D. Fl. Cap. VI, p. l., p. 42 (1896) — excl. syn. al! . — R. fragrans Eckl. Top. Verz. p. 19 (1827)? — Zrichonema fra- rans Hb. Zeyhr. ex Bak. : pue. — Bulbocodium dichotomum Kze "nw. gen. pl, p. 2.*, p. 700 (1891). xsicc. — Eckl. et Zeyh. n. 76 (sub: Trichonema Lee: sie!] Phe Eckl. et Zeyh. ic ilic mista cum R. rosea! ). 3 Dues.—R. tuberculo ut in praeced.; scapo parte notabili e vagina hse exerto apice subdichotomice diviso et basi dichotomiae folioso, pedunculis — sculis, subflezuosis, in margine esteriore cryptarum minute piliferis, rarius glabris, scapum parum superantibus ; spathis anguste lanceolatis, Liane parum firmis, Foliolo inferiore fere toto herbaceo superiore angu- ste marginato ; perigonio mediocri, spathis subduplo longiore , 20-95 mm. longo, albido-lilacino, laciniis exterioribus dorso albido-virescentibus; sta- minibus rigirigos ‘is brevioribus; stilo anite) haud ezcedente. 9|. distinta per le foglie glabre ed un pò più larghe, per le spate più robu- lateraliter pilosis; foliis cylindrico-filiformibus, parum compressis, rigidiu- . | tano indicazione di località, ma è A. BÉGUINOT ` | AR. GEOGR. E staz. — Così indicata dal Klatt: « Cap.: Clainwilliam, am Fluss Olifantrivier und bei der Villa Brakfontein: leg. Eckl. et Zeyh. in Hb. Horto Hafn. ». Gli pe distribuiti nel n. 76 da Eckl. e Zeyh. e da me visti negli Hb. g. W., Zurig. Cop. e Lub. non por- è alle siano gli stessi di cui il Klatt fa cenno. Vidi inoltre i seguenti altri: Cap (Hb. Groves in Hb. €. e. F.); Prom. B. Spei (Verreaux in Hb. Webb); Forest Hale (New- legato in Hb. Lub. sub: R. dichotoma Klatt: autotypa!) e senza loca- lità (Hb. Boivin in Hb. Webb sub: Trích. speciosum). OssERv. — Specie tipicamente contraddistinta da tutte le conge- neri della stirpe per gli assi multiflori, assumenti una disposizione pseudodiceotomiea tutt'affatto caratteristica. Per questo e pel complesso degli altri caratteri non può essere riferita e nemmeno avvicinata a R. rosea, cui differisce, come chiaramente è messo in evidenza anche dalla struttura anatomica della foglia, fin di stirpe. Nella foglia cioè di R. dichotoma mancano, come in tutte le congeneri, veri e propri fascetti fibrosi lungo il margine esterno delle cripte, i fasci fibro-vascolari sono — separati dall'epidermide da 1-2 assise di parenchima, il sistema mecca- nico è molto ridotto, Il epidermide alta e poco ispessita, ecc. Le mag- 5 giori rassomiglianze cadono con la foglia di R. amoena, da cui diffe- | risce per essere quasi. simmetrica in. sezione, per la presenza (costante?) - 3 . di peli lungo il margine delle doccie e per la mancanza di fascetti centrali. Non escluderei che Ecklon e goce intesero questa entità sotto il nome di Romulea e di Trichonema fragrans: ma tale nome non è ri- - | pristinabile, poichè gli autori vi distribuirono anche forme di A. bul- Pocodioides (cfr. n. 583 è dis REVISIONE DNO NC DEL GENERE ROMULEA MA iudi Exsicc. — Bachm. PL E n. 513 e n, 1579 ut R. rosea v. spe- en ciosa). ; Drew. — R. FUSE ut in praeced:; scapo erecto, valido, levi vel 3 QUE maxima parte e foliorum vaginis exerto, superne ramoso, nodis distantibus et folioso-bracteatis, 10-14 em. longo; foliis cylindrico-com- pressis, subangustis, basi breviter vaginantibus , rectis, nervo valido in costa percursis et in latere eryptis stomatiferis minute piliferis sulcatis, A pedunculis striatis , erecto-patentibus , validis, glabris; spathis diphyllis, Jlaccidis, levibusque, 15-20 mm. longis, foliolo inferiore herbaceo, superiore juxta basin anguste marginato; perigonio magno, campanulato, roseo-lila- | cino, 35-40 mm. longo, tubo brevi pallide violaceo vel aurantiaco, laciniis ovato-oblongis 10 mm. latis, apice rotundato-acutis, dorso lineis tribus P pallidioribus notatis; staminibus perigonii dimidia parte brevioribus , an- theris filamento subaequalibus; stilo inter antheras incluso vel 2-8 mm. longiore; capsulam non vidi 9. Fl. Aug.-Sept. | AR. GEOGR. E STAZ. — Cap. B. Sp. div. Malmesbury, Darling, VIII 1883 (Bachm. n. 513 in Hb. Ber.); id. prope pue c IX 1885 Sar .n. 1579 in Hb. Ber. et Zur.). Osserv. — Riferita a R. speciosa dalla dia: vite per debi we - la mancanza di ipoderma scleroso e per tutti i caratteri emixerofitiei (AUN. È E Usus - ROMULEA SCHLECHTERI je funi. Rom. nov. vel min. cognit. in « Engler's Bot. Jahrb. XXXVIII, p. 335 (1907). » Exsico. — Baehm. Pl. Cap. n. 1576 sub: Rom. sp. et mista cum R. sea var. 2). scapum breviter superantibus, superioribus pedunculos late amplexantibus; | caratteri morfologici, si distacca, all'esame anatomico della foglia, per. della fires nel resto non differisce sostanzialmente da T di R- Bachmanni Bég.); Schlecht. PL Schl. austro- Afric. n. 8648 (sub: R. ro- eMe . Draw. — R. PATO, ut in Pe, scapo debili, i de suberecto, dc sa foliorum vaginis maxima parte obtecto, 1-3-floro, 4-8 cm. longo; foliis cylindricis, valde compressis , erecto-patentibus , evidenter. eryptis. stoma- tiferis sulcatis, sulcis tenuissime hirtis, nervis debilibus non perni do oe! A. BÉGUINOT © et ideo flaccidis, scapum subaequantibus vel parum longioribus ; foribus pedunculos triangulari-bicostatos, in costis tenuiter pilosos , subaequan- tibus; spathis diphyllis, lanceolatis, 12-16 mm. longis , foliolo inferiore herbaceo, superiore latiuscule hyalino-marginato vel omnino herbaceo; peri- gonio spathis subduplo longiore, 20 mm. longo, tubo brevi (4 mm.), laciniis i orato-oblongis 3-4 mm. latis, subacutis, tribus exterioribus intense, tribus interioribus dilute violaceis , concoloribus vel striis intensioribus notatis , tubo et fauce luteo-sulphureis; staminibus dimidium perigonii aequantibus, antheris filamento valde piloso subaequalibus; stilo dba apicem non excedente ; capsulam non vidi. 9|. Fl. Jul. «Aug. V AR. GEOGR. E STAZ. — Cap. B. Spei, div. Malmesbury, prope Hope- n field, VII 1886 (Bachm. n. 1576 in Hb. Ber.); reg. occid. Packhuisberg, : in saxosis, 3000", 24 VIII 1896 (Schlecht. n. 8648 in Hb. Ber., Zur., Schlecht., Barbey-Boissier e Del.). OssERv. — Specie egregiamente caratterizzata dalla struttura anato- mica delle foglie e come tale distinguibile da tutte le congeneri della n stirpe per l'epidermide eccezionalmente alta e riccamente acquifera e per le costole attraversate da un solo fascio fibro-vascolare separato dall'epi-' dermide da 1-2 assise di cellule parenchimatiche, tutti con porzione mec- canica assai ridotta e ad elementi poco, ispessiti: non ha quindi nulla - a vedere con la R. rosea che è una tipica xerofita. Ad un esame su- perficiale potrebbe essere scambiata eon R. hirta ma da essa, oltre che | per la struttura anatomica della foglia, si distacca per il colore del pe- rigonio, la forma dei E oli stami con i filamenti pelosi, ece. x A D — ROMULEA PAPYRACEA Wolley.-Dod New vu Plants | An xs -.« Journ. Bot. XXXVIII, p. 170 (1900) ». A - ni = WolkDod: n. , 9006 keen R. papyracea W.D.). ir (GN. — R. Ce .; scapo abbreviato, 1- 5: floro, mao — ( lecto; fe oliis cylindrico-compressis, latiusculis, Sa fa x cidis, solo recurvis, glerengue secus Stig nerve minute En s REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN: i aM NE A am ; 96 a | lutescente ; staminibus perigonii subdimidium aequantibus , filamentis an- | theris brevioribus ; stilo antheras non excedente ; capsula? Y. on Ar. GkOGR. — Scoperta da Wolley-Dod « in the plantations on the n ‘Lower Plateau, Table Mountain, 2300' ». Vidi il n. 3075 nell’ Hb. di d , Kew, e sono in grado, quindi, di confermare la bontà della specie che, crm per la struttura anatomica della foglia, ricorda la precedente e come questa presenta indubbi caratteri emixerofitici. Se ne distingue per l’ e- pidermide.un pò più bassa, per le cellule situate all'imboccatura delle cripte per lo più prolungate in breve pelo e per i fasci fibro- vascolari separati dall’ epidermide da 3-4 assise di cellule parenchimatiche. Men- tisce ad un primo esame R. cruce. var. vulgaris, da cui i caratteri ana- - tomiei della foglia egregiamente ne la Palagano 56. — ROMULEA TORTILIS Bak. in Schinz Beitr. z. Kenntn. d. Afrik. Flora in « Bull. Herb. Boiss. 2.2 ser. IV, p. 1003 (1904) ». Exsicc. — Sehlecht. Pl. Afr-Austr. n. 4890 sub: R. tortilis Bak.); Pl. Schl. austro-Afrie. It. sec. n. 10735 (sub: R. ffezifolia Sehl.). Diagn. — R. tuberculo ut in praeced.; scapo brevi 1-3-floro, exili, pedun- culis suberectis basi foliosis; foliis infimis 2-3, cylindrico-compressis , rigidiusculis, plus minus spiraliter contortis, scapo subbrevioribus , cau- linis pedunculorum basim late amplezantibus , erectis , debilibus ; spathis - .. — erato-lanceolatis, foliolo inferiore herbaceo, superiore anguste marginato; x perigonio mediocri, sphatis subduplo longiore, 20 mm. longo, tubo brevi au- rantiaco, laciniis oblongis roseo-fuscis, fauce macula 'usco-purpurea insi- gnitis; staminibus perigonio subduplo brevioribus, filamentis antheris lon- gioribus; stilo antheras non excedente; capsulam non vidi. 94. Fl. Aug. Ar. GEOGR. E STAZ. — Cap. B. Spei, reg. occid. in arenosis prope Por- - terville, 9007, 19 VIII, 1894 (Schlecht. Austro-Afrie. n. 4890 in Hb. g. rom.; Zur. Cop, DC., Del. e Sehl.; id. Pl. Schl. n. 10735 in Hb. Ber., Zur., Barb.-Boiss., DC., Del. e Schl.!). Ossknv. — Egregiamente distinta da tutte le congeneri. i della. spi | per la flessuosità della lamina contorta a spirale e potrebbe per questo — carattere essere scambiata con A. spiralis del gruppo di R. rosea; ma. - M Be ne distingue per i earatteri anatomiei della bem che sono: xerofitiei si 3 in sta ed emixerofitici in e 43 CAE al » Ww . | 0A. BÉGUINOT 57. — X ROMULEA DIELSII Bég. n. hybrid. = R. hirsuta X cru- ciata Diels in Hb. Ber.! Exsico. — Diels Reis. Humb. Stift. n. 146. ; Draen. — Distinguitur: scapo unifloro, rarius bifloro, exili, 5-8 em. - longo; foliis in cryptarum margine minute piliferis ut in R. hirsuta, E sed. validioribus rigidioribusque fere ut in R. cruciata var. vulgaris; spa- this herbaceis et robustis; perigonio grandiusculo, 20-25 cm. longo, tubo luteo-aurantiaco, laciniis amoene roseis maculis in fauce parum eviden- tibus vel deficientibus; staminibus dimidium perigonii ed stilo incluso. 9|. .. ÅR. GEOGR: E STAZ. — Capetown Nordfuss des Dorila Peaks: Kiesigo, steinige Triften mit lockeren Gebüsch: an den frejen Stellen oft zahl- reich mit Ozalis und Mesembryanthemum (Diels, n. 146 in Hb. Ber., specim. autotypa! mizta cum 'R. cruciata var. vulgaris). XIII. STIRPS R. TORTUOSAE. Comprende due specie capensi concordanti con quelle della precedonte sezione per i caratteri emixerofitici delle foglie, se ne distaccano per il perigonio totalmente giallo (in R. £ridentifera con macchie fosco-porpo- rine in corrispondenza della fauce) e per le spate deboli, di eonsistenza cartacea e biancastre. =- — 58 — ROMUDEA TORTUOSA Bak. Syst. Irid. in « Journ. Linn. Soc. XVI, p. 88 (1878) »; Handb. Irid. p. 100 (1892) et in This-D. FI. Cap. VI, p. L*, p. 37 (1896); Klatt in « Abb. Nat. Ges. z. Halle XV (1882). ». : ; San. - — Ivia tortuosa Licht. in Roem. et Schult. Syst veg. I, p. 375 317). — Trichonema tortuosum Ker Gen. Irid. p. 83 (1827); Klatt in Lin- vaea XXXIV, p. 666 (1865-66). E Bulbocodium tortuosum Kze Rev. gen. pl. p. 3.*, p. 701 (1891). XSIOC. — Sehlecht. PI. Schl. austro-Afric. It. sec. n. 10894 (sub: X. M BESE A RT e PM AE E REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI in LB tuberculo ut supra ; scapo abbreviato, mawima parte va- o; | finis foliorum obtecto, prope basim ramoso, 2-3-floro, 4-5 cm. longo, pe- culis suberectis aut parum recurvis perigonio subaequalibus ; foliis ndr ico- Ali iformibus, tortuosis, glabris, scapum parum superantibus ; pathis ovato-lanceolutis, debilibus, late jalino-marginatis, rarius omnino | jalino-membranaceis ; perigonio grandiusculo , 20 mm. longo, tubo brevi, laciniis oblongo-lanceolatis potius latis (4 mm.) sulobtusis, toto flaco-au- rantiaco; staminibus perigonii dimidium attingentibus, filamentis per d subaequalibus ; stilo incluso ; capsula? 9|. Fl. Aug. EU GEOGR. E STAZ. — Cosi indieata da Roemer e Sehultes (op. e). | « Hab. in regione Middelroggeveld prope Jakals Valley, Cap. B. Spei », località riferita dal Klatt e così completata dal Baker (Fl. Cap.): « Fra- seburg Div., Middle Roggeveld , between Jakhals Fontein and Kuilen- erg, near Sutherland (Burchell n. 1343) ». : Nell'Erb. del Mus. bot. di Ber- ino si conservano, senza indicazione di provenienza, esempl. trasmessi dal Lichtenstein (sub: Trichon. tortuosum Klatt, autotyp.!), certamente. provenienti dalla località sopra citata. In questo Erbario, come in quelli . di Zurigo, De Candolle, Delessert Barbey-Boissier e Schlechter sono È seguenti altri così schedati: Reg. occid. Onder- Bokkeveld, dra in collibus, 2300’, 18 VIII, 1897 (Schlecht. n. 10894). : 59. — ROMULEA TRIDENTIFERA Klatt. Erg. und Bericht. z. Ba- kers Syst. Irid. in « Abh. Nat. Ges. z. Halle XV, p. 348 (1882) »; Bak. . Handb. Irid. p. 101: os ed in nem Fl Cap. VI, P l5, p. 39 896). Diagn. — R. tuberculo ut supra ; scapo brevi mazima parte casini filiorum tecto semper, ut videtur, unifloro, pedunculis calidis, latiusculis | '[, perigonio longioribus ; foliis numerosis (68), cylindrico-compressis, fezuoso-undatis , secus cryptas minute piliferis, scapum aequantibus vel breviter superantibus; spathis ovato-lanceolatis, debilibus, late hyalino-mar- ginatis ; perigonio grandiusculo 25 mm. longo, tubo brevi (5 mm.), laci- niis oblongo- lanceolatis, subobtusis, 8 mm. latis, sensim basi constrictis, o-aurantiacis , fauce macula triangulari fusco pur, purea insignitis ; minibus dimidium aurei depen: stilo antheras non excedente; 98 2 od A. BEGUINOT Ar. GEOGR. — Indicata da Klatt per gli Hautam-Gebirge: vidi auto- tipi così schedati: Sud-Africa, Hantam-Gebirge (Meyer in Hb. Ber. sub: R. tridentifera Klatt, specim. autotypa!). OssERv. — Affine alla precedente, da cui differisce per le foglie pe- lose lungo il margine esterno delle cripte stomatifere e per il perigo- nio munito alla fauce di una distinta maechia oeellare: nessuna diffe- renza nella Seena anatomica delle foglie. XIV. STIRPS R. SUBLUTEAE. — N Comprende 9 specie tutte capensi a perigonio mediocre o grande, ora _ completamente giallo (R. sublutea , sulphurea , montana , filifolia e ci- E trina), ora bicolore e cioè con tubo giallastro ed il resto di uà roseo- | violaceo (R. Bachmannii, tabularis, Zeyherii ed hybrida), con .spate nel primo gruppo quasi del tutto erbacee ed abbastanza robuste, nel se. condo con la valva superiore. più o meno od anche del tutto membra- : nacea. La foglia presenta gli stessi caratteri emixerofitici delle due stirpi VOR precedenti e le entità di questo gruppo si distinguono essenzialmente DIR per il colore giallo del perigonio o per la fabbrica delle spata. La scarsa. vascolarizzazione le distingue dal gruppo seguente, fatta eccezione di È. citrina e R. hybrida più riccamente vascolarizzate. e muni'e di fa- scetti fibrosi, in modo da ricordare gruppi dove essi sono presenti, R. P Bachmannii, tabularis e Zehyeri volgono, per il complesso dei i carattori, È alla stirpe seguente. . 60. — ROMULEA SUBLUTEA Bak. Syst. Irid. in « Journ. Lin (Boe. XVI, p. 88 (1878) »; Handb. Irid. p. 100 (1892) et in This.-D. TL Sap. VL p..L* p.37 nec Klatt e, Berich. in « Abh. Nat. Ges. 4 (2. Halle XV (1882) ». px : : sm — - lwia sublutea Lam. Eneyl. meth. nouv. ed., III, p. 3231(1790). - Ve Geisorhy sublutea Ker-Gawl. i in Bot. Mag. XVIII, it 672 pr E. et i in ns Ann. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. Konuta MARATTI 99 = Trichonema roseum " lutea Ker-Gawl. in Bot. Mag. XXX sub: tub. 1225. (1809). ON — Teia crocea Thunb. FI. dip. p. 55 (1823). -— Trichonema filifolium Ker-Gawl. Gen. Irid. p. 82 (1827). ` — Bulbocodium subluteum Ktze Rev. gea. pl. 25, p. 701 (1891). Ic. — Bot. Mag. XVIII, tab. 672; Red. Liliae. tab. 251, f. 2. Exsico. — Eekl et Zeyh. n. 4045; Zeyh. n. 4045; Schlecht. sepes Afric. n. 1543; Pl. Schl. austro-Afrie. it. sec. n. 8002 e n. 8782. — , e DIAGN. — R. tuberculo parvo , conico-ovato , tunicis carthaceis apice : longe fissis obtecto ; scapo debili, fleruoso, glabro, unifloro, rarius multi- © foro 4-5 rarius 6-10 cm. longo; foliis fere omuibus basilaribus, cylin- x E | drico-filiformibus, debilibus, glabris, scapum parum superantibus; spathis EUR | ovato-lanceolatis, acutis, fere omnino herbaceis, 12 mm. longis; perigonio — |< ©» mediocri, spathis duplo majore, 25 rarius ad 45 mm. longo, tubo brevi, Sh laciniis oblongo-luuceolatis, subobtusis, fluvo-aurantiacis; staminibus peri- gonii subdimidium aequantibus, antheris subluteis filamentis parum bre- E vioribus; stilo apicem antherarum attingente. 9|. Fl. Jul-Aug. ub ce AR. GEOGR. E staz. — Vidi i seguenti saggi: Cap. (Drége in Hb. Del); Eckl. et Zeyh. n. 4045 (Hb. Z. sub: rich. filifolia Eckl.?) ; Cap. (leg.? in Hb. g. W. et Hb. DC.); Zwartberg near Caledon (Zeby. n. 4045); in ericetis prope Wynberg, 100° (Sehl. Austro-Afrie. n. 1443): reg. occid. Kondeberg, 3900”, 30 VIII. 1896 (id. PI. Schl. austro-Afrie. n. 8782); id. Olifantrivier ‘300°, 9. VII 1896 (ibid. n. 8002) — Baker m Cap.) cita medi Simons s Boy (Wrigt. | n. 279); essiccata da me non vista. (— Ossirv. — Specie tra le più minuscole della stirpe ed anzi dell iu: tero genere , facile ad essere riconoseiuta anche all' esame morfologico. È una forma {forse soltanto sottospecie) la R. aurea Klatt Erg. p. 399, che distinguesi dal tipo per essere pianta in ogni. parte più sviluppata, : con seapo lungo fino a 55 mm., peduneuli fiorali più lunghi e robusti, | perigonio più sviluppato, lungo fino a 45 mm., di un giallo. più in- tenso ; ece. Indicata dall’ A. per gli « Hantam- Gebirge » vidi nell’ Hb... Ber. gli autotipi cosi schedati : : Sud-Africa : Hantam- iss 2860; I " uu B E A A. BÉGUINOT E -s ROMULEA SULPHUREA Bég. Diagn. Rom. nov. vel min. |. cognit. in « Engler’s Bot. Jahrb. XXXVIII, p. 331 (1907) » - . SYN. — R. aurea Schecht. in PI. Schl. austro-Afrie. It. sec. n. 10818 Lo ( (1897) — non Klatt. | Exsico. — Cfr. supra. DraGw. — R. tuberculo ut supra ; scapo humili xa toto vaginis fo- liorum tecto, 1-2-floro, 1-4 cm. longo ; foliis cylindrico-filiformibus, an- gustissimis, erecto- patentibus, basi late vaginantibus, glabris, scapum longe ..— superantibus ; pedunculo ezili, flore breviore ; spathis diphyllis, foliolo in- eriore herbaceo, superiore breviore praesertim in inferiore parte late mar- giyato ; perigonio quoad planta magno, 20 mm. longo, luteo-sulphureo, tubo brevi, laciniis oblongo-lanceolatis , subobtusis, 3-5 mm. latis, tribus. x | exterioribus in proximitate tubi Iateraliter pur ‘pureo-maculatis , macula — lineari-oblonga saepe in tubum producta rarius deficiente, dorso extus lu- teo-purpurascentibus cenulisque purpureis insignitis, tribus interioribus concoloribus ; staminibus dimidium perigonii attingentibus, filamentis usque ad apicem valde “pilosis antheris duplo circiter longioribus ; stilo anthera- rum apicem attingente ; capsula oblongo-obtusa spathis multo breviore. 9|. EL Aug. AR. GEOGR. E STAZ. — Cap. B. Spei, reg. oecid. Poiana g in saxo — sis, 1300, 12 VII 1897 (Schlecht. n. 10818 in Hb xd Zar. Del et - i Schl. 1). i OssERv. — - Strettamente affine alla precedente, dalla e si distacca i per le foglie più strette, le spate con la valva superiore piuttosto larga- : mente marginata, la forma ed il colore del perigonio e per le antere più brevi. Non conosco la struttura Anatomica delle foglie. . li ROMULEA MONTANA Sehléeht.. in Bég. Din Rom. nov nov. mi pont. in « pest Bot. Juhib. XXXVIII, P 332 dun » : REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MaRatti — 10] lidis percursis et ideo rigidiuscucis , ` scapum superantibus ; pedunculis flexuosis, glabris, floribus aequalibus vel subduplo longioribus; spathis diphyllis, lanceolatis, rigidis, 15-18 mm. longis, foliolo inferiore herba- ceo, striato, angustissime marginato, superiore praesertim in parte infe- riore margine hyalino cineto, perigonio spathis subduplo longiore, 25-30 x qum. longo, luteo-sulphureo, tubo brevi, laciniis oblongo-lanceolatis, 4-7 mm. - latis, subacutis, tubo venis purpureis dorso percursis, in tertia. parte in- Jeriore tribus maculis lineari-oblongis f'usco-purpureis insignitis; stami- - nibus */, perigonio brevioribus, antheris filamento aequalibus; stilo an- theras non excedente; capsulam non vidi. 9|. FI. Aug. Am. GEOGR. — Cap. B. Spei, reg. occid. Onder-Bokkeveld, Oorlogs- — ; 2 kloof, in collibus, 2200", 2 VIII 1897 (Schlecht. n. 10949 in Hb. Bar- i bey-Boiss., Del. e Sehl.!). Osserv. — Affine sopratutto a R. sulphurea, da cui distinguesi per essere in ogni parte più sviluppata, per il perigonio più grande, eon i Mm È X segmenti nell''/, inferiore muniti ciascuno di tre piccole macchie fo- sco-porporine. Per la. struttura anatomica, la foglia di R. montana ri- corda quella di R. sublutea, dalla quale si differenzia per le cellule e. ehe tappezzano le cripte stomatifere leggermente ricurve all’ esterno, ma non gibbose, per le costole laterali munite ciascuna di tre fasci, an- ziché di un solo, per i fasciolini intercedenti n le cripte provvisti di m fibra, ece. 63 — ROMULEA FILIFOLIA Eckl. Top. Via: p. 20 (1827) — excl. - syn. Red.; Bak. Syst. Irid. in « Journ. Linn. Soc. XVI, p. 88 (1878) »; : — Handb. Irid. p. 101 (1892) et in This.-D. FI. Cap. VI, p. 1.*, p. 38 (1896); : Klatt Erg. u. Bericht. in « Abh. Nat. Ges. z. Halle XV (1882) ». — Sy. — Trichonema cari Klatt Rev. Irid. in Linnaea crinale » 671 (1865-66). |. — A. tubata Klatt Erg. y Bericht. in Abh. Nat. Ges. z. Halle XV, P 401 (1882). | — R. Schlechteriana Sohini Beitr. z. Kennt Afrik. FL in Bull. Hb. Boiss. III, p. 395 aw > : — eve ue filifolium Ktze Rev. gen. plant. p. 2.*, p. 700 (1891). — 35 A. BEGUINOT Exsrcc. — Eckl. n. 76. 10 (sub: R. filifolia Eckl.); Eck. et Zeyher n. 681, 685, 687 (= var. filicaulis Bég.); Drége n. 2636 (sub: R. tubata Klatt!) n. 26374 e 8449; n. 204 — 77; Leib. Prom. B. Spei n. 228; Wilms Fl. Afr. austr. n. 3729; Schlecht. Austro-afric. n. 852 (sub: A. spec. et sub: R. Schlechteriana Schinz!); id. Pl. Schl. austro-afrie. It. sec. n. 8002; Diels Reis in Auftr. d. Humb. Stift., n. 828, PS Diaan. — R tuberculo ut in praeced.; scapo elongato, exili, flexuoso, maxima parte vaginis foliorum ewerto, 10 12 cm. longo, multifloro, pe dunculis elongatis , subarcuatis , basi Soliosis; foliis cylindrico-filiformi- bus, angustis, erectis, caulinis basi parum dilatatis et pedunculos ad 30 mm. longos amplezantibus ; spathis diphyllis, lanceolatis, firmis, foliolo inferiore omhino herbuceo, superiore angustissime marginato; perigonio grandiusculo , spathis subduplo longiore, 25-30 mm. longo, flavo-auran- tiaco, tubo brevi (5 mm. ). laciniis lanceolatis, 4-5 mm. latis; staminibus | ~ perigonio subdimidio brevioribus, antheris filamento brevioribus; stilo an- | theras aequante, sed frequentius 2-3 mm. longiori; capsula? — Variat (= var. filicaulis Bég.), planta minore, 4-5 cm. longa, pedunculis peri- . gonio subaequalibus , perigonio parvo 12-13 mm. longo segmentis Pp stioribus, stilo antheras non excedente. 91. Fl. Jun.-Aug. ' ÅR. GEOGR. E staz. — Del Capo di Buona Speranza, senz’ altra più | precisa indicazione, vidi esemplari distribuiti da Ecklon n. 76. 10; Eckl. et Zeyh. n. 681 (sub: Trick. caulescens Klatt in Hb. Ber.), 685 e 687. (sub: Trich. caulescens Klatt = var. filicaulis Bég. in Hb. Ber.); Drége (Hb. e. e. F. e n. 204 = 77 in Hb. DeL); Ludwig ( Hb. Lub.), leg.? (Hb. DC. sub: Iria juncea! ); Leibold n. 228 (Hb. Zur.) — e con indica- i zione più precisata: zwischen Vitkomst u. Geebelskraal 2000-3000” (Drège | m. 2637 4 in Hb. Del.); Bergvalei 1000 (id. ibid. ); sudwestliches Cap SA i Riversdale (Rust in Hb. Ber. = var. filicaulis Bég.); nach Mei- - e übers Silbermine nach Kalkberg. b. Capstadt, 12 VIII 1883 dd nsn in arenosis E nini: Pete Rondebosch 90', 12 udi REVISIONE MONOGRA®ICA DEL GEN. ROMULEA Maratit — 103 Nell'Hb. Ber., senza precisa indicazione di provenienza, si conversano saggi, a ‘quel che pare, autotipi, trasmessi dall'Eeklon sotto il nome di A. ramosa. Eekl. Klatt (in Linnaea) eita inoltre: Clanwilliam am Fluss Oli- fantrivier und b. Villa Brakfontein e Baker (Fl. Cap.): Uitenhage (Zehy.). . Ossknv. — Affine a æ. sublutea, da cui si distacca a prima vista per le maggiori proporzioni (fusto allungato, foglie sottili e lunghe, infio-: rescenza multiflora, ece.). La struttura anatomiea della foglia ricorda invece A. montana, dalla quale si differenzia per le cellule ehe tappez- ano le cripte stomatifere nettamente papillifere e per la costola ante- — * riore percorsa da tre fasci fibro-vascolari e qualche volta da quattro: i | — fasciolini interposti fra le cripte presentano, come questa, qualche fibra | prosenchimatica. Specie relativamente poco variabile: la var. filicaulis sembra essere .una forma nana. Sono sicuro dei sinonimi di R. £ubata Klatt e R. ScAlecA- terianu Schinz avendone esaminati i corrispondenti autotipi, di confronto -con la genuina A. filifolia, quale è da me intesa. 64. — ROMULEA BACHMANNII Bég. Rev. Rom. Herb. Delessert in. « Ann. Cons. et Jard. bot. de Genève. 11-12 ann., p. 161 (1907-08) ». | Exsico. — Sehlecht. Pl. Schl. austro-afric. It. see. n. 7970 (sub: R. chloroleuca); Bachm. Pl. Cap. n. 1576 (mista cum R. Schlechteri "óc | = var. angustifolia Bég.). — Diacon. — R. tuberculo mediocri tunicis subchartaceis « apice et basi fis- is obtecto : scupo erecto, debili, levi, in parte superiore e vaginis foliorum ezerto, unifloro vel 2-7 flores gerente, pedunculis filiformibus, debilibus, — subflezuosis, perigonio duplo longioribus : foliis cylindrico-compressis, sub- — angustis, debilibus , nervis purum evidentibus, glabris, structura anato- mica illae R. filifoliae similibus; spathis diphyllis Auccidis , ovato-lan- ceolatis, 10-12 2 mm. longis, foliolo inferiore fere toto herbuceo, superiore ad membranaceo et fusco-punctulato ut in R. bulbocodioidi ; perigonio gran- diusculo spathis duplo vel subtriplo longiore, 20-20 mm. longo, inferne i flacescente , superne pallide roseo-lilacino , viridi vel cupreo lineolato vel Luride albo, laciniis oblongo-lanceolatis , 3-5 mm. latis, inferne in tubo. brevi validi, apor distincte acutis ; ; paia pru dimidium at- 104 M CE ! A. BÉGUINOT tingentibus, antheris filamento subaequalibus ; stilo antherarum apicem | attingente vel 23 mm. antheras superante. Capsulam maturam non vidi. 9r. FL Jun, 7 | An. GEOGR. — Terra Cap reg. occid., Modderfontein, 800", 30 VI 1896 © : (Schlecht. n. 7970 in Hb. Bi Zur., Barb.-Boiss. e Schl.); div. Malmes - bury, Umgegend von Hopefield (Bachm. n. 1576 = var. angustifolia). Osserv. — Questa entità per la struttura delle spate corrisponde a » R. bulbocodioides, mentre per la struttura anatomica delle foglie rico la R. fflifolia. E più ancora la ricorda la var. angustifolia che ha foglie | strettissime e subrigide e spata superiore strettamente marginata. T colorazione inoltre del perigonio è molto variabile èssendo una combi- | nazione dei colori gialli propri a R. bulbocodioides e R. filifolia con quelli rosei: il che forse indizierebbe origine ibrida. Alcuni individui presentano i tre pezzi esterni del perigonio sfumati di colore cupreo. desiderabile che tale entità sia studiata su materiale diù abbondante e meglio. precisata la sua genesi e le sue affinità. | 65. — ROMULEA TABULARIS Eckl. Top. Verz. p. 18 (1827) — - . nom. nud.!; Bég. Diagn. Rom. non vel min. cognit. in « Engler's Bot. Jarbh. XXXVIII, p. 337 (1907) ». | : — 000 0 SYN. — R. rosea ear. parviflora Bak. Hand. Irid. p. 104. (1892) et om - in This.-D. FI. Cap. VI, p. L*, p. 42 (1896) — pr. p. ` í VEN — Trichonema cruciatum, ernen; roseum Klatt in Hb. Ber. ; Ev. ‘Exsicc. — Eckl. et Zeyh. n. 595 (sub: R. tabularis Eckl.) ; Zoyher. : . ‘n, 503 e 594; Drége n. 199-83; MEM n. 587; Mund et Maire n. 587; | Wilms Pl. Afric. Austr. n. 3716. E ton = R. tuberculo ovato , Mena, funicis raihan fuse tecto; scapo erecto sed debili, maxima parte vaginis foliorum ererto, multi; loro, nodis brevissimis, 8-12 cm. longo ; foliis cylindrico-com- evite scd erectis ce tropea pe Pa spathis diphylls, 7- 9 mm. longis, Foliolo inferiore herbaceo, flaccido, su- | periore toto vel maxima parte membranaceo; perigonio parvo, spathis _subduplo. longiore, 12-15 mm. longo, tubo brevi, viridi-luteo, laciniis lan- ceolatis, subobtusis, 2 mm. latis, roseo-violaceis; staminibus perigonii di- | midium aequantibus ; stilo antheras non excedente ; capsula ovato-obtusa , subaequante. 9|. AR. GEOGR. E STAZ. — Prom. B. Spei (Eckl. et Zeyh. n. 595; Zeyh. n. 594; Bergius n. 587; Lalande in Hb. Ber); Fl. Cap. (Zeyh. n. 503 in - Hb. Webb); Cap. (Zwackher in Hb. Mon.; Drége n. 199.83 in Hb. Del.); - Capetown, Table mountain (Schinz in Hb. Z. sub: R. rosea v. parvi- flora Bak.!); prope Capstadt, Greenpoint (Wilms n. 3716). Osserv. — Specie di difficile estricazione , per lo più scambiata con varietà parviflore di A. rosea, da cui differisce fin di sezione. La strut- ` tura anatomica della foglia mostra accentuati i caratteri di emixerofilia della stirpe e rieorda molto da vicino quella di R. filifolia e R. Bach- mannii: per l' abbondante vascolarizzazione fa. pure passaggio alla se- guente. Ho mantenuto il nome di R. tubularis fondandomi sugli auto- tipi di Ecklon e Zeyher, verosimilmente corrispondenti alla pianta così denominata dall’ Eeklon (op. "E s - 66. — ROMULEA ZEYHERI Eckl. Top. Ann. p- 19 a827) - — nom. i1 T h Bég. Diagn. Rom. nov. vel min. epit in « Engler's Bot. Jahrb. XXXVII, p. 338 (1907) ». | Br —m richonema Zeyheri Steud. Nom. bot. ed. 2.*, p. 702 (1840-41). cv Trichon. SM Klatt Rev. Irid. in Linnaea XXXIV, p. 664 E R. rosea var. Zeyheri Bak. Haddi Tā. p: 108 (1899) o Geissorhiza Zeyheri i in Hb. jocum ex Bak. in This.D. Fl. Cap. VI; | Exsico. — Eckl. et Zeyh. n. 682; Zeyh. n. 565; Dr n. 645. p Piza: a tuberculo ut in praeced. ; scapo fere toto vaginis. folio- t eserio. Ld cm. atari hen "coo Aa; busi "s ‘A. BÉGUINOT gioribus; spathis ovato-lanceolatis, flaccidis, levibus, foliolo inferiore her- baceo, superiore anguste marginato; perigonio spathis subduplo longiore, |. 3 ad 30 mm. longo, tubo brevi, laciniis lanceolato-oblongis, acutis, basi in- tense luteo, in media parte roseo-violuceo, in parte superiore pallide-vio- laceo; staminibus perigonio subdimidio brevioribus ; stilo antheras non excedente. H- xd AR. GEOGR. — Prom. B. “Spei (Eckl. et Zeyh. n. 682; Drège n. 645; Zeyher n. 565 i in Hb. Ber. sub: Trích. speciosum Klatt!); loc.? (Zeyher - in Hb. Ber. sub: Geissorhiza Zeyheri Spr.!). ; OssERv. — Specie anch' essa di ardua estricazione e delia ric d ferita al ciclo di R. rosea o di .R. speciosa, da cui i caratteri morfolo- : .. gici e la struttura anatomica della foglia la distaccano. Il perigonio, . EC presentando. traccie di colorazioni antocianiche, fa pensare ad un pro- ; dotto di incrocio con qualcuna delle specie della precedente stirpe: ma - . questo punto merita di essere chiarito su materiale piü abbondante. Ho mantenuto a questa entità il nome di R. Zeyheri Eckl. fondan- dl: domi sopra esemplari distribuiti sotto questo nome e verosimilmente cor- | ; E dtc mia specie denominata dall’ Ecklon, nell” opera sopra chan 7 — ROMULEA CITRINA Bak. Handbs Iria. p. 100 (1892); in. > This-D. FI. Cap. VI, p. 1.3, p. 38 (1896). 2 um | Dren. — R. tuberculo parto, globoso, tunicis coriaceis lecto; scapo —— brevi vaginis foliorum vestito, 1-2-floro, rarius 4-5, floro, internodiis ab | breviatis ; foliis cylindrico-compressis , Jfaecidis , scapum longe superan- i libus ; spathis maxima parte herbaceis ; : perigonio mediocri, luteo-citrino, tubo longiuseulo, laciniis oblongo-lanceolatis ; staminibus perigonii subdi- 5, midio Piscines. stigma antheras paulo superantibus. Mio: GEOGR. — Così indicata dal. Baker: « Little Namaqualand, near sjt n, 30007: Bolus n. 6619 ». Nell’ Hb. Ber. vidi saggi, evi- te della stessa pra, così schedati :« pb mi- ^. Scull; i >» A } fascetti fibrosi lungo il margine esterno dei solchi stomatici: caratteri che, nel mentre la differenziano dalle congeneri, fanno pensare ad in- fluenza di polline estraneo. eognit. in « Engler's Bot. Jahrb. XXXVIII, p. 339 UD » — R. sub- lutea X rosea. Exsico. — Zeyher n. 4043 (sub: Trichonema sp. Dragn. — R. scapo brevi, sed vaginis foliorum exserto, supra ramoso et folioso; foliis ut in R. sublutea , sed parum latioribus et robustiori- bus ; spathis rigidis, breviter marginatis fere ut in R. sublutea; perigo- nio fauce lutea, laciniis exterioribus roseo-fulvis , interioribus pallidio- ribus et ideo distincte bicolore. : ; Ar. GEOGR. — Prom. B. Spei (Zeyher n. 4043, in Hb. Boissier). XV. STIRPS R. BULBOCODIOIDIS. ; Comprende cinque specie capensi a perigonio egregiamente sviluppato SI ed anzi in R. Macorani raggiungente le maggiori dimensioni del ge nere, mediocre invece in R. caplandica : fondamentalmente giallo, però - con cromatismo assai variabile, come nella proteiforme R. bulbocodioides e con sfumature violacee, come in R. arenaria e R. versicolor, da ren- dere verosimile la loro origine ibrida. Le ipto sono nettamente dimorfe e cioè con la valva. superiore più o meno o del tutto membranacea; di consistenza cartacea sono in R. Macowani. Foglie variamente confor- | feriscono da quelle delle precedenti - sezioni per la piu ricca vascolariz- um eed la omini ee : REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI — — 107 . di vista anatomico la foglia ricorda nei suoi caratteri essenziali la stirpe, | ma se ne distacca per l'epidermide molto alta e per la presenza (co- stante?) di ridottissimi fascetti fibro-vaseolari ai lati dei maggiori e di 68. — x ROMULEA HYBRIDA Bég. Diagn. Rom. nov. vel min. mate, ma tutte con caratteri emixerofitiei più o meno accentuati : dif- zazione, presentando inoltre spiccate differenze anatomiche, da permettere - A. BÉGUINOT e 69. — ROMULEA BULBOCODIOIDES Bak. Syst. Irid. in « Journ. Linn. Soc. XVI, p. 88 (1878) »; in This.-D. FI. Cap. NIC o L5 37 (1896); Klatt Erg. u. Bericht. in « Abh. Nat. Ges. z. Halle XV. (1882) » — non Eekl. (1827). SYN. — Jeria bullocodioides De la Roche Deseript. pl. al. nov. Fi 19 (1766). — Aria flava Lam. Tabl. eneyel. Ill. des genres I, p. 109 (1791). — — Tria recurva De. la Roche in Red. Lil. V, pag. et tab. 251, f. L (1809). — Trichonema caulescens Ker.-Gawl. Bot. Mag. XXXIV, tab. 1392 (1811); Klatt Rev. Irid. in Linnaea XXXIV, p. 663 (1865-66). — Trichonema hyporidiforum Salisb. in Trans. Hort. Soc. I, p. 316 (1812). | — Iria recurefolia Poir. in Lam. Encycl. meth. Suppl. XIII, p. 201 (1813). | — ria. Bulboc. pr. p. et ? Z. reflera Thunb. Fl. Cap. ed. II, p. 217 - (1818-20). — Trich. roseum &? lutea Ker-Gawl. in Bot. vid XXX, sub tab. 1295 (1809) — pr. p. c Trich. recurvifolium Ker-Gawl. Irid. gen. p. 83 as). — Trich. candidum Ten. ha sem. hort. bot. rois a. 1842 collect. id "E. vb 12 (1842) | — R, caulescens Klatt Erg. u. AR in Abh. Nat. Ges. z. Halle cud XV (1882) — pr. p. p eru Bulbocodium flatum Ktze Rev. gen. pl. p. 2.5, . 200 n 8n. a | Red. Lil. V, pag. et tab. 251, fig. E Bot. 2 XXXIV, tab. Zeyher n. 4046; Drège Irid. 202 — 83, 203 — 51. 8, 208 65; Baehm. Pl. Cap. n. 627, 646, 1845, 1856, 1914, 2016, 2018 e Rehm | Exsice. Afr. cm ex anno 1875-80, m. 943, 945, Ow . norm. austro-afric. n. 255; ht. austro-Afrie. n. 1052, id. PL A Ecklon n. 700, 704 6705; Eckl. et Zeyh. nber, 688/75 Schl. esc dcs : REVISIONE MONOGRAFICA DEL. GEN. ROMULEA MARATHI Sus 109. DiaGn. — R. tuberculo vidus: graadiusculo , tunicis rigidis pallide castaneis tecto; scapo brevi vel frequentius elongato et mazima parte va- ginis foliorum ererto, rigido, robusto, glabro, superne ramoso-multifloro et folioso, 8-30 cm. longo; foliis eylindrico-compressis, basi late vaginan- tibus plerumque in orbem expansis, rarius erectis, 2-4 mm. latis, flacci- dis, glabris, striatis, floralibus bene evolutis pedunculos amplezantibus ; pedunculis 1-5, saepe secus anguloso minute piliferis, floribus duplo-tri- plove longioribus, 30-35 mm. longis; spathis diphyllis , ovato-lanceolatis , late vel omnino hyalino-imembranaceo lineolisque notato; perigonio mediocri vel saepius magno, 15-35 mm. longo, tubo brevi (4 mm.), laciniis oblongo- lanceolatis, 3-10 mm. latis, apice obtusiusculis, luteo-aurantiacis, tribus 1, perigonii attingentibus , antheris filamentis subaequalibus; stilo anthe- ras aequante vel superimposito; capsula oblongo-obtusa. 3|. Fl. Jul.-Sept. Varraz. — Specie polimorfa in sommo grado, con variazioni di ardua delimitazione, crescenti e confluenti fra di loro e perciò spesso promi- scuamente distribuite nelle Essiccate. Sono, allo stato delle conoscenze, le seguenti con significato di varietà: 1. R. bulbocodioides Bak. « typica. — Planta 20-30 cm. longa; foliis 4 mm. latis ; pedunculis 30-40 mm. longis ; perigonio magno, luteo-auran- tiaco, 25-35 mm. Mnt spatha folulo. peior omnino membranacea. — 2. R. bulboc. var. latifolia Bég. Rm latifolia Bak. in Journ. of Bot. p.237 (1876); Handb. Irid. p. 101 (1892) et in This.-D. Fl. sius VI, p. i , p. 39 (1896) — = Trichonema uci Herb. ex Bak. = f. refleza var. Thunb. ex Bak. — Differt a typo perigonio | deal unis luteola, laciniis ESE tribus exterioribus dorso saepius viridi-albis. — .. Descritta come specie, tutto lascia credere sia null'altro che una va- 15-17 mm. longis, foliolo inferiore herbaceo, striato, apice obtuso, superiore. exterioribus dorso luteo-riridibus, rarius omnibus dealbatis; staminibus. È riazione éromatica del perigonio, come del resto il Baker stesso fini per A. BÉGUINOT 009. R buiboe: var. viridiffora Bég. — Differt a typo perigonio mi- nore, laciniis acutioribus , extus vel omnino viridi-dealbatis. 4. R. bulboe. var. minor Bea. — Differt a typo planta omnibus par- tibus minore, stenoph yila, geduaculis floribus brevioribus, perigonio luteo 15- 20 mm. longo. È una forma nana della specie, che si avvicina alla tav. 1392 (sub: Trichonema caulescens K.-Gawl.) del Bot. Mag. ed è da qualche Autore pro De il ud : 5. R. bulboc. var. elongata Bak. i in This. Dye Fl. Cap: VE p. ta p. 38 (1906). Planta omnibus gartibus majore, platyphylla , PME ; Latera 40-50 mm. NM (6. R. bulboc. var. prostrata Bég. — Scapus abbreviatus, maxima ford vaginis Soliorum tecto, pedunculis debilibus in orbem expansis , ipe lati vel I solo recurvis. ` f A R. bulboc. var. AME Bág. Rev. Rom. Herb. Delessert in Ann. - Conserv. et jard. bot. de Genève 11- 12 ann. p. 163 (1907. 08). — Differt ab omnibus praecedentibus spathis foliolo superiore mazima parte dat | floribus. roseis et ideo hybrida progenies videtur. | | AR. GEOGR. E STAZ. he Comune nei luoghi arenosi ed ii Losi, asciutti od umidi dal mare alla zona, submontana e montana della . ; parte occidentale e meridionale della Colonia del Capo e frequente so- ut i i dintorni di BEREN dove su Meere e largamente distri- _. i distribuiti da Ea. e stk » olia), 686, elis culi da po n. eod gi (^ . REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MaRaTT! lll = v. latifolia in Hb. Mon.); Sieber, Schlechtendal, ece. (Hb. DC); Drège, .. Elliott; Verreaux, eec. (Hb. Del.); Drège Irid. 202 = 83, 203 = 51. 8 (var. minor), 908 = 65 (= var. ambigua ia Hb. Del.); Drège (Hb. c. e. F.) ece. . Con l'indicazione di Capetown esaminai saggi distribuiti dal Rehmann nei n. 1437 (= var. minor), 1438 e 1439; di Cape Flats pure dal Rehmann nei n. 1838, 1841 (= var. minor): dallo Schlechter nel n. 758 (= var. latifolia) ecc. Ed inoltre: Prom. Bon. Spei Capstadt, beim alten Castell der Devilspeak (Wilms n. 3728); Saltrivier Flats b. Capstadt e Mawbray am Fusse der Devilspeak (id. n. 3730); arenosa lapidosa altitud. 2 mont. leonis (Ecklon n. 700 sub: A. vulgaris Eckl.); in clivis montis Leonis 150 (Schlecht. n. 1052, mista cum R. hirsuta); in monte Leuwenberg (Zuccarini in Hb. Mon.); in radice m. Leuwenberg (Schlechter in Hb.); 3 arenosa lapidosa altitud. 2 montis tabularis septentr. (Ecklon n. 704 — sub: A. fragrans Eckl. = var. latifolia); in declivibus arenosis montis Tabularis supra Orange Kloof, 700' (Schlecht. in Hb.); Pattklipp am Fusse der Tafelberger (Wilms n. 371 = specialmente la var. latifolia); auf der Flache der Tafelberger (Drége in Hb. Lub.); Tafelberg (Spiel- haus ibid.); Prom. b. Spei in monte Diaboli (Rehm. n. 943 e 945); in | lapidosis ad latera montis Diaboli prope urbem, 250° (Mae Ow. n. 255 200-5 var latifolia); in clivis arenosis prope Sir Lowryss Pass 400” (Sehle- ©hter n. 1138 sub: Anthospermum aethiopicum L.!) et in clivis mon- tium prope Sir Lowryss Pass, 500' (id. n. 1158); juxta vias prope Sea Point (id. n. 1055: sopratutto la var. latifolia); in argillaceo-arenosis i Green Point (Krauss in Hb. Boiss. ; Webb; Zur. e Mon.); am die Berg- men (Ludwig in Hb. Ber. sub: Trich. Bulboc. 5 capensis Thunb ). - Div. Malmesbury, Darling (Bachm. n. 627 = a typ. et v. elongata); f Malmesbury (id. n. 646 = =v minor) ; - Umgegend von Hopefield vor diBoodevalei (id. n. 1914, 2016, 2018); Umg. v. une "p nach Coenra- | senberg (id. n. 2158, miria cum R. arenaria!). - "ferm Cap. reg. occid. Saron 600' (Schlecht. n. 7866) egaki 250 (id. n. 8396 = sopratutto la var. minor); Konde Berg, 3900' (id. A 8782. = var. minor). i | Sudwestliches Capland, Riversdale (Rust in Hb. JBeny : | Baker (in. This.-D. FI. Cap.) eita inoltre i dintorni di unes (Bur * chel n. cati e ds aesti (Bolus n. DO A. B GUINOT Osserv. — Specie estremamente polimorfa e proteiforme, sia negli or- gani vegetativi, che nei riproduttivi, come appare chiaramente dal qua- i dro sopra esposto, che non comprende che le variazioni più marcate e riconoscibili anche su materiale d'Erbario. Descritta fin dal 1766 da De la Roche, non fu presa in considerazione da Linné e venne trasportata, però eon interpretazione erronea, al gen. Romulea dall'Ecklon. Più volte, come mostra la sinonimia , ridescritta, vennero a sue spese create pa- recchie false specie, riconducibili ad un unico cielo, in preda a grande A variabilità, complicata con T ibridismo. Egregiamente distinta da R. ca- : plandica e R. Mac Owani, le maggiori affinità cadono con, R. arenaria e R. versicolor alle quali, essendo di origine ibrida, ha concorso. 2 Anatomieamente la foglia di R. bulbocodioides si lascia distinguere — - per le costole quasi simmetriche e per l’ abbondante vaseolarizzazione ,. presentando 5 fasei in eorrispondenza delle costole laterali, ben 7 nelle antero-posteriori e 4 per lato nel parenchima ipterposto fra i solchi sto- matici. Tutti i fasci sono distanziati dall'epidermide e mancano fascetti | fibrosi. Caratteri che sono però da controllare su abbondante - ‘materiale, | presentando la specie forme stenofille eg in: fete un grande palio . mismo nell’ apparato fogliare. | | # W — ROMULEA CAPLANDICA Big. Diipa hora. nov. vel min. Da cognit. in « Engler's Bot. Jahrb. XXXVIII, p. 332 (1907) ». : Draen. — R. tuberculo magno tunicis coriaceis castanei coloris obtecto ; ; | scapo praelongo vaginis foliorum radicalium mazima parte erserto, erecto, E : glabro, subdichotomice ramoso et folioso , 40-50 em. longo; foliis eylin- | drico compressis, basi vaginantibns, 1-1*/, mm. diam. latis, erectis, nervis s percursis et ideo rigidis, cryptis stomatiferis conspicuis et minute js scapum. parum superantibus, superioribus ad basin singulae | ic, lene e volutis, successive minoribus bracteaeformibus, pe- : | parc sg Pn Men, diabete; Jo- i z viridibus ; - staminibus dimidium perigonii attingentibus ; stilo antheras non y superanté ; capsulam non vidi. >). . Ar. GEOGR. — Sudwestliches Capland, Riversdale, 1891-93 19 Rust in Hb. Ber. sub: Romulea sp.). .. OssERv. — Ricorda per il tipo di ramificazione la R. dichotoma, ma ne differisce a primo esame per le foglie più larghe, rigide e moltico- . State, per lo scapo più riccamente dicotomo-ramoso, con i rami glabri e per il perigonio più grande. Distinguesi da R. longipes pure per le i ET molto più larghe e robuste, per le eripte stomatifere pelose, per - T infiorescenza più riccamente ramosa, le spate più angustamente mar- ginate e per i peduncoli fiorali più lunghi. Egregiamente è poi distinta per la struttura anatomica delle foglie — oltre che per altri caratteri morfologici — dalle specie della stirpe. In questa, difatti, le costole an- i teriori e posteriori sono più sviluppate e riccamente vascolarizzate delle. "laterali, presentando le prime 5 e le seconde L fascio per lato: aggiun: gero che dei fasci, alcuni poggiano contro l epidermide, altri ne sono distanziati; ed il sistema meccanico, quando esiste, è in essi poco svi- luppato e con elementi medioeremente pesta: n. — ROMULEA x SUAM Pale. in« Journ. of. Bot. n. Ser., X, Hand, of Iri. pi 101 (1892) vi in This-D. FL DS VI, pls (1896). Sin — delirio Macon Kze Ron. gon: Pes p- 2 p . 700 (1891). TER — - Bolus i n. 592; Galpin Herb. n. 1516; Rehm. yars Afr.-austr. . ex anno. 18751880, mi; Mac | Owan Afr-austr. n. 1547; Herb. Mac p. 38 Diaen. — R. PERSA ut i in praeced. scapo brevi mazima parte | P S1 liorum vaginis ues » glabro, perit rarius ges igi 9169. mm. lago; A. BÉGUINOT aurantiaco, in parte superiore pallidiore vel dilute violaceo, tubo luteo- © albido ; staminibus 35 mm. longis, antheris filamentis brevioribus ; stilo : 2-3 mm. antheras superante, rarius antherarum dimidium altingente ; ; capsulam non vidi. 9|. ÅR. GEOGR. E staz. — Indicata per la parte centrale della Colonia del Capo e cioè della Somerset Div. (Bowker) e della sommità del Bosch Berg a 4500” (Mac Owan n. 1547). Vidi i seguenti esemplari: in summo monte Ondeberg ad 5000 prope Graaf Reninets (Bolus n. 592 etin | Rehm. n.?); summit of Stanglipdop Andriesberg Queenstown, alt. 6300- 6600” (Galpin n. 1516); in graminosis lapidosis summi Boschberg (Mae ` Ow. n. 1547 in Hb. Ber.); in summo monte Boschberg, prope Somer- - set Last (id. n. 1547 in Hb. Keck e Zur.); in planitie summitatis mon- tis Boschberg alt. 4500' (id. n. 1547 in eae) Zur.); in summo monte Boschberg (id. n. 1547 et in Rehm. n.?: ; Hb. Zur. ; Schlecht., ece.). Osserv. — Specie egregiamente conditus e riconoscibile, a primo esame, per il grande sviluppo del | perigonio, ehe tocca in essa le mag- giori dimensioni fra le capensi e tra le maggiori di tutto il genere. La struttura anatomica della foglia la distingue poi da tutte le con- - generi per la presenza di un unico fascio nella parte mediana di cia- s ; scuna costola, fascio di forma ellittica con l’asse maggiore: parallelo al en l'organo, circondato: da una potente guaina meccaniea od accompagnato | dal due fasciolini di minime dimensioni posti ai lati ed in basso : di- > Sposizione questa che la distacca anche da tutte le specie del genere. ve 79. — ROMULEA ARENARIA Eckl. Top. Nux p. 18 (1827); Pu pne Irid. ‘dati Linn. Soc. XVI, p. 89 (1878) »; Handb. Irid. p. í in This.-D. FE Cap. VI, p. L*, p. 43 (1866); icit s v. « Abh; Me eh ds Z "Hle IN tana wi x È: ^ MI Ki f AN ud is d 1 si A REVISIONE MONOGRAFICA DRL GEN. ROMULEA MARATTI : 2 Exsic. — Eckl. et Zeyh. n. 591 (sub: R. ramosa Eckl.) e 758 (sub: sR arenaria Eckl.); Zeyh. n. 1606; Drège Irid, n. 200 = 78. 4; 206 = .76; Mund et Maire n. 581; Bergius n. 581; Bachm. Pl. Cap. n. 2158; Stro-afrie. it. see. n. 11121 (specim. dubia! ). Dian. — R. tuberculo ut in praeced. ; scapo elongato, erecto, multi- : Jhoro, pedunculis subflezuosis , plus minus elongatis, lateraliter pilife- ris, perigonio manifeste longioribus; foliis cylindrico.filiformibus, erectis, secus eryptarum margines plerumque minute pilosis, scapum longe supe- membranaceo ; perigonio mediocri, spathis subduplo longiore, tubo longiu- seulo, laciniis lanceolatis, acutis, nune viridi-dealbato, nunc albo-lilacino = tribus laciniis exterioribus striis intensioribus notato; stilo antheris. su- E perimposito; capsula? 9j. | Ar. GEOGR. E STAZ. — Indicata dal Klatt (in Linnaea) delle seguenti | provenienze : Rietvalley (Mund. et M. et Bergius), Doornhoogde, i in der Capflüche (Eckl. et Zoyh. Irid. n. 200); Clainwilliam, am Fluss Olifantri- vier und bei Villa Brakfontein (Eckl. et Zeyh. Irid. n. 206) e dal Baker (Fl. Cap.): Piquetberg Div., Sandhills, Bergvallei, belon 1000 (Drége n. 8489); Cape Flats (Zeyher), Wynberg (Ecklon). Vidi i seguenti esemplari: senza località (Bergius n. 581); Afrique australe (Zeyher n. 1606); Prom. ‘b. Spei (Eckl. et Zeyh. n. 518 e 591); Rietvalley (Mund. et M. n. 581); n Clanwilliam (Eckl. et `Z. misit Drège in Hb. Gansange ap. Hb. Ber.); «div - Malmesbury, Umgeg. von Hopefield, Weg nach Coeurasenberg in n collibus 20007 and n. 11121) — N Nell Hb. c. ext. F. vidi inoltre TIE Bok pP di Buona Fuga trasmessi w Dire e nell’ pe (Irid. n. 200 = 76. 4 sub: R.u arenaria. PRR en. 206 — 76 uu. H ru- mosa Eckl.) « e sari L OLNE Rehm. Exs. Afr.-austr. ex anno 1875-1880, n. 62; Schlecht. PI. Schl. au- i rantibus; spathis lanceolatis foliolo inferiore herbaceo, superiore omnino | achm. n. 2158, mista, cum um rosea et pure ad R. o deseas : Y A. BÉGUINOT tura delle spate, laddove il perigonio ora bin istro ed ora suffuso di di roseo-lilacino fa pensare ad un verosimile prodotto di incrocio fra ie i nominate. Sta il fatto che nel ricco materiale da me visto, ora - ‘notasi prevalenza di caratteri di specie antocianiche, ora di specie xan- tiche: donde la difficoltà di un esatto riconoscimento e circoserizione. : ; Dal punto di vista anatomico, la foglia di R. arenaria presenta costole (Sd laterali percorse da tre fasci per lato e quindi meno vascolarizzate di quelle antero-posteriori, che ne presentano sette di vario sviluppo e po- tenza. Le cellule del margine esterno delle cripte sono molto ispessite e si prolungano a costituire una banda pilifera all'ingresso delle cripte” stesse : carattere però, a quel che pare, non costante e che starebbe ad indicare che alla costituzione del presunto ibrido, oltre R. bulbocodioides, . prendano parte ora specie a cripte pilifere (R. hirsuta) ed ora a cripte. glabre (A. rosea). 73. — ROMULEA VERSICOLOR Bég. n. sp. (an hybrid. nov.) —— es Eno s R. arenaria et R. rosea Auct. al. pr. p. = A. bulboc. var. versicolor Bég. in sched. : | T Exsicc. — Mac Owan Herb. norm. austro-afrie. n. 256 (sub: R. are- naria); Penter austro-afric. n. 608; Wilms Fl. Afr. austr. n. 3728; Schlecht. Pl Afr. austr. n. 5340. -~ Diaen, — R. tuberculo, scapo, foliis et spathis ut in R. bulloco- So dioidi , foliis. tantum in al. speciminibus angustioribus et validioribus ; E perigonio tubo et fauce lutea, laciniis. plus minus saturate roseo-lilacinis. IE AR. G&OGH. E staz. — Vidi i seguenti saggi: senza loe. (Eckl. n. n 78. 4. sub: Trich. arenarium. Eckl. in Hb. Z.); Cap. b. Spei (Eckl. et uc — Zeyh. mis. Drége in Hb. Gansange ap. Hb. Ber. sub: R. arenaria); - Wasserfall der. Devilspeak | b. Capstadt ( Wilms n. 3728); Undersberg- | : sale (Penther n. 608, sub: R. rosea); in humidis prope Darling, 100” AESA n. 5340); in depressis arenosis humidis pr. ostium flum. Bol- Lilo Caledon, 250” (Mac Owan n. 256 sub: R. arenaria). | . Osserv. — Entità di ardua. Jalerpepiaaiono e PERA, Seam- REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI R. bulbocodivides — ora con R. rosea, che ricorda nella colorazione del . perigonio. Meglio che la precedente, R. versicolor porta scolpiti i carat- teri d'inerocio, al quale avrebbero concorso verosimilmente le due specie Pas sopra nominate, prevalendo negli organi vegetativi la Æ. bulbocodioides ed in quelli fiorali la R. rosea. La mancanza di peli lungo le cripte, | nel mentre concorre a distinguerla nel maggior numero dei casi da R. arenaria, inducono ad escludere che neila eoneretazione di questo pro- . dotto abbiano concorso specie pilifere. Dal punto di vista anatomico la = foglia si distingue per il prevalente sviluppo delle costole antero-poste- PR riori sulle laterali, percorse le prime da 9-11 fasci di varia potenza e t. 5 sviluppo e e le seconde da tre: fasci i quali o poggiano contro l’ epider- E . mide o ne sono separati da un'assisa di cellule a pareti sottili : le cripte hanno epidermide nettamente papillifera. APPENDICE. — Nel corso della enumerazione sistematica ho avuto più volte occasione di accennare a specie o varietà che solo dubitativamente ho riferito come sinonimi o forme di entità quivi descritte. Mi restano in- vece del tutto oscure le seguenti quattro e cioè: R. intermedia Tin. ty d DBulboc. var. intermedia Tod. Ind. sem. H. Pan.. a. 1857, p. 4445 — sine diagn.!); R. Geznarii Tod. ex Genn. Rep. FI. Calar. San: R. Battandierana Gay in Luc. Rev. de Bot., V (1887), p. 238 e R. /fezuosa 2 Klatt in Abh. Nat. Ges. z. Halle XII (1882), p. 400. — | Pure ignote — © mi restano zia elongata Vahl Enum. pl. Il, p. 51 (= Trich. elongatum —— 3 Ker.-Gawl. e R. elongata Bak.); Trichonema minutum Mazz. Ant. jon. II, 454; Trich. edule Herb. in Lindl. Bot. Reg. (1842), Miscell. p. 86 (=R. i x purpurascens & edulis Bak. e Trich. ornithogalioides Dietr. pl. IL, p. 583. | Dal gen. Trichonema, in quanto è.sinonimo del gen. Romulea, sono da escludere, perchè appartenenti | ad altri generi, le seguenti entità: Trich. : caelestinum Sw. (R. caelestina Vis.) da riferire a Nemostylis caelestina Sta Bartr. sub : Iria) Nutt. ; Trich. humile Ker-Gawl. che è Geissorhiza | humilis (Thunb. sub: Isia) K.-Gawl.; Trich. quadrangula (Delar. sub: i K-Gawl . e Trich. longitubum Klatt che, come già dissi a suo 3 sinonimo di Syringodea. longitubuu O. Kze. one a minuta Eckl. Eoen è Pauridia hyporidioides Hatv.! ni Dorr. ARMANDO VILLANI . Sui nettarii di aleune specie di Biscutella L. | (Nora PREVENTIVA) e s (con Tav. II 3 Nella numerosa famiglia delle - bati füre, il genere Biscutella Loe senza dubbio, uno dei più ben caratterizzati e costituiti. De Candolle (7), dopo aver notato che i caratteri così spiccati di questo genere debbono bg averlo fatto conoscere fin dalle origini della botanica, cita Lobel come. l’autore più antico, che ne disegnò una specie sotto il nome di Thlaspi | (Tourn) L. Ricorda poi i lavori di Gaspard Bauhin, di Tournefort e di - m . A Linneo, ed in ultimo , dopo aver osservato che dall' Enchiridion di M. r Persoon si rileva che undici erano le specie di Biscutella Le; conosciute — in quei tempi, ne indica Vinea divise in tre sezioni nel Roc ;Sépuente: y 2: ved L ° les Biscutelles. à PE eperons ; P. P n om ME E o les espèces dont le calice ne Pu e tirn è et i dont le Sint 6a le bord menbraneuz; ; a celles qui comme les précédentes. n'ont. Dem E piadar, mais “Toni le ni four n'est que bordé par un rebord ou "e membranen ticule | 1 ser DI ALCUNE SPECIE DI BISCUTELLA L. es d: B Miel L., 2. B. erigerifolia DC., 3. B. juphda DC., 2 i = 4. B. cichoriifolia Lois. Il. Biseutellae marginatae, nempe calyeum foliolis ecalcaratis, si- lieulis margine membranaceo aut chartaceo einetis, ` 5. B. megalocarpa Fischer, 6. B. Peruviana Lam., 7. B. suf- fruticosa DC., 8. B. chilensis Lagas! in litt. DO. — $ III. Biseutellae genuinae. Nempe calycibus ecalearatis, siliculis im- 4 marginatis. + Annuae. 9. B. ciliata DC., 10. B. iaia) Wild., 11. B. microcarpa DC., 12. B. eriocarpa DC., 13. B. lyrata L., 14. B. rapha- nifolia Poir., 15. B. Apula L., 16. B. leiocarpa DC. ++ Perennes. 17. B. montana Cav., 18. B. obovata hort. par. DC., 19. B. lae- vigata L., 20. B. lucida DC. x et 5, 21. B. alpestris Waldst et Kit, 22. B. coronopifolia L., 23. B. ambigua DC: a et | 5,24. B. sazatilis Schleich. a, 6, Y. 25. B. sempervirens L. Questa divisione è poscia dallo stesso pri: (*) modificata nel se- guente modo: i Bier. L -Jondraba DC. Syst 2, p. v; prd Mol gén. n0v6€ 1, f. 14.7. - 7. — ^ Qalyees basi bicalcarati. Glandulae vt valde ear, s mentes, — d. B. auriculata L., 2 B. erigeifolia DC., 3. B hiopida DC., pu B grana bep i e dL Thlaspidium DC. Syst. 2, p. 409. — Med. gen. nov. t. 1, f. 5. — Calyees basi isse Glandulae tori vix prominentes. B D? Species annuae, —— TR lyrata L., 6. B. riphanifolia Poir,, 7. B. maritima Ten., 8. B. ciliata DC., 9. B. depressa Willd., 10. B. microcarpa DC., Bg B. EUM i 12. B. Columnae E 13. B. A. VILLANI Apula L., 14. B. leiocarpa DC., 15. B. obovata hort. par. DC. ! À S 2. Species perennes. 16. B. montana Cav., 17. B. laevigata L. & B. FS Waldst. et Kit., Y. B. glabra Clairv., 18. B. lucida DC. « foliis. : e è E inferioribus dentatis, B. lucida Balb.! É foliis omnibus in- tegris, B. spathulata Lam., 19. B. coronopifolia All, 20. B. ambigua DC. x dentium sinubus revolutis, B. coronopifolia _L B dentium sinubus planis. 91. B. sazatilis Schleich! t a foliis integris B. longifolia Vill., K Solis. inviso-dentatià : | sinuato-pinnatifidisve B. mollis Lois., Y foliis hine inde den- T — tatis, caule humillimo B. intermedia Gouan. 22. B. semper- ` : ~- o |wirens L., 93. B. tomentosa M in litt. et DC., 24. 5. i qu SI BERA Duf. -F Species vig notae. 25. B. major Schkuhr. handb. 2, n. 1822, 26. B. caput Schkuhr handb. 2, n. 1823. => . Come si vede b mbdiflenzioli apportate consistono nello stabilire due 3 S CUM sezioni di Biseutella L., notando per ognuna anche il carattere dei | ta nettarii, La sezione Thlaspidium DC. è suddivisa in due sottogruppi : i hi specie annue, 2. specie perenni; essi ne comprendono un numero mag- - - giore, di quello stabilito nel lavoro precedente. La B. obovata DC. è po- — sta tra le specie annue; la B. alpestris Waldst et Kit. e la B. glabra. | - Clairy. sono ritenute var. della B. laevigata L., la B. coronopifolia hi = var. della B. ambigua DC. e la B. coronopifolia AM. specie distinta. n queste vengono in i ultimo aggiunte. due NA dobbiss St ce 4 è soppressa, e le specie, e vi erano com- ue generi distinti. La B. pesos Fischer à e com- 121 sur NETTARII DI ALCUNE SPECIE DI BISCUTELLA Le cs 2, p. 418, coi nomi di C. Peruvianus DC., C. suffruticosus DC. e - C. Chilensis DC. Lamarck, Webb, Berthelot et Boissier diminuirono il numero delle specie indicate da De Candolle, e R. Caspary ('), seguendo il loro eseni- pio, si propose di fare degli esperimenti su alcune di esse, coltivate ac- . euratamente, per ricercare se dovevano o no ritenersi specie distinte. Rivolse la sua attenzione sulle seguenti specie: B. auriculata DC., B. erigerifolia DC. , B. lyrata DC., B. raphanifolia Poir. , B. microcarpa DC., B. ciliata DC.; e credé opportuno di ridurre a tre il numero dec i specie, disposte nel modo seguente : 5. 1l. Biscutella auriculata L. Sepalis lateralibus obtuse calcaratis, siliculis in stylum coeuntibus ; a siliculis glabris Lam. B. erigerifolia DC., B. auriculata B erigerifolia i E Boiss. oe | f siliculis scabris Lam. B. auriculata DC. - qus 2. Biscutella lyrata L. char. ref. POT Sepalis lateralibus subaequalibus, ro in TE non cocuntibus, foliis radiealibus lyratis; zx : a siliculis glabris plerumque minoribus ; B. rapha iit Poir. i pos. ur a PI. erit. VII, 830. a f siliculis margine ciliatis plerum majoribus: B. h lyrata Wild, p 3 maritima Ten. — durs iis siliculis disco piloso- hispidis, liio piana: plerumque minoribus: B. > lyrata L., DC. ex parte, B. lyrata Rchb. 1. e. 827. è siliculis- undique hispidis. ciliatisque : E idee Rehb. l. c. 828. | 3. Biscutella apula L. char. ref. Sepalis lateralibus subaequalibus , siliculis in E non aibi, pia oblongis, spathulatis, lanceolatis, dentatis. i a Megacarpaea Bois. (4) siliculis disco et margine Fibre caule baada: B. Columnae Ten. WE R. ‘Giani: De Biscutellis nonnullis annuis observationes. A pp. gene- m rum.et specierum novarum et minus cognitarum quae in horto regio bo- — tanico Berolinensi coluntur 1854; WALPERs: Ann. dot. le T Jv 1857. jo 9. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII. LE A. VILLANI b) silicalis laevibus ciliatis, caule folia longe superante: B. apula Lam., B. coronopifolia W. Sp. 1804, III, 474. B. didyma W. Enum. 1809, ves II, 673. B. ciliata DC. c) siliculis laevibus ciliatis, caule folia vix superante: B. depressa W. E «herb Willd. — . d) siliculis laevibus glabris: B. obovata Desf., DC., Rchb. 1. e. 835. È -~ B Microcarpa Boiss. a) silieulis pube minima disco et margine scabris, caule folioso, ramoso: B. apula W. ez herb. ejus, DO. E. b) sieulis in disco scabro-hispidis, margine ciliatis, caule subnudo, ra- mosissimo : B. microcarpa DC. siliculis in disco piloso-hispidis, caule SA B. eriocarpa DC. siliculis glabris, laevibus: B. leiocarpa DC. Della B. auriculata L. non fa alcun cenno dei nettarii. Nelle osser- . vazioni sulla B. lyrata L. dice « Nectaria hujus speciei placentaria cy- - lindrica, elongata, capitata >», ed in quelle sulla B. apula L. « Nectaria hujus speciei placentaria subglobosa, brevia ». . I ristretti limiti di questa breve nota non mi permettono di discutere sulle esperienze fatte da R. Caspary, aggiungo solo che le specie di Biseutella L., il cui numero subì continue variazioni dagli autori che ne seguitarono lo studio, salvo qualche lieve modificazione, sono state. tutte comprese nelle due sezioni, stabilite da De Canoa e che io ho - riportato in questo lavoro. m Le ricerche eseguite da me intorno si alcune. specie | sono “fondate Y principalmente sui caratteri dei nettarii, di cui ora mi oecupero. : Linneo dei nettarii della. 5. auriculata L. dice « B noces necta- — rio utrinque gibbis.. » Sp. pl. E Cesati, Passerini e Gibelli Di attribuiscono all’ infero genere « glandole — una sub-biloba tra la base di ciascun filamento breve e l’ova- mse SUI NETTARI DI ALCUNE SPECIE DI BISCUTELLA L. 123 i calcarata discendentes, elongatae v. cornutae (Jondraba Webb, Phyt. ca- nare; L 193) ». ; Willkomm e Lange (') fanno precedere ai caratteri delle due sezioni Jondraba DC. e Thlaspidium DC. quello dei nettarii « Glandulae tori 4, 2 minores inter et infra stamina longiora , 2 majores infra stamina» breviora. » AME Prantl (°) riconosce nel genere Biscutella L. un nettario mediano éd aserive alla Sec. I. Thlaspidia « nettarii non prolungati in giù » ed ed alla Sect. II. Jondraba « nettarii laterali prolungati in giù. » — — — In Parlat. et Caruel (°) nella descrizione della B. cichoriifolia L. detto « Le glandole sono quattro, due orizzontali-patenti, schiacciate da sopra in sotto, un po’ convesse di sopra, e concave di sotto, con il mar- È gine esterno grosso, quasi troncato, verde, e due dirette in giù in modo da penetrare dentro lo sprone dei sepali laterali, quasi tonde, con una depressione all’apice, verdi, fornite di un grosso e corto stipite bianchie- - cio » e nella descrizione della B. apula L. « le glandole corrispondenti ai due stami più corti sono sessili, le altre sono lungamente pedicel- late, verdi, quasi tonde e glabre ». Della B. laevigata L. non fa cenno alcuno dei detti organi. .. Rouy et Foucaud (*) assegnano alla B. cichoriifolia Lois ( Jondraba | cichoriifolia Webb. Phyt. Canar., I, p. 94) « sépales luterana prolon- gés à la base en un long éperon conique, grêle; glandes hypogynes véfic- chies, entières, ovales, non logées dans l'éperon » ed alla B. auriculata Le « sépales â éperon cylindrique , tres obtus, renfermant deuz glandes hypogynes lincaires-allongtes , courbées en are, bifides ». | Della B. laevigata L. a cui i suddetti autori attribuiscono diéci sotto specie, non é fatto cenno aleuno dei nettarii. Paoletti (*) nel suo lavoro sulle Crocifere italiane riduce a quattro il () WILLKOMM et Linos J., Prodromia Florae Hispanicae , |I. Stuttgar- iae. 1880. ; Q PRANTL E, ‘Cruciferae, in Engler u. Prantl Pflansenfamilien , IN T., 2. p. 162. 1891. i n PARLATORE e CanuEL, FI. Ital., Vol. dh Miren 1893. - Rouy G. et FOUCAUD J., Flore de Frar x ES PaoLerti Gap Cruciferae in FI. anal. d'Italia per Fiori e Paoletti. Pa- "ss A. VILLANI numero dalle specie tipiche. I caratteri dei nettarii di B. cichovifolia. Lois. « glandole ipogine laterali riflesse, intere, non penetranti nei cor- netti del calice » e di B. auriculata « glandole ipogine laterali arcuato- ; | riflesse, bifide, penetranti nei cornetti del calice » concordano eon quelli | riportati da Rouy et Foucaud. Alla B. didn yma L. ed alla B. laevigata 5 L. assegna poi « glandole ipogine laterali suberette ». | Il carattere dei nettarii, adottato da De Candolle nella divisione delle due sezioni Jondraba DC. « Glandulae tori valde prominentes » e Thlas= | E; pidium « Glaudulae tori viz prominentes » ha, secondo il mio modo di | vedere, pochissimo valore; né mi sembra molto esatto il .Caspary che, nelle osservazioni alla B. lyrata L., dice: « Nectaria hujus speciei pla- ; centaria cylindrica , elongata , capitata » ed in quelle alla B. apula L: « Nectaria hujus speciei placentaria subglobosa, brevia »; poiché, in molti esemplari delle due ultime specie, da me esaminate, ho sempre riscon-. trata la stessa forma nei nettarii posti alla base esterna e tra i fila- menti lunghi. Dalle ragioni, che andrò esponendo, si rileva che, ponendo come ca- rattere fondamentale quello dei nettarii nella suddivisione delle specie di Biseutella L., si possono stabilire tre gruppi. . 1l primo è rappresentato dalla B. cichoriifolia Lois., il second dalla B. didyma L., ed il terzo dalla B, laevigata L. Per diversi anni ho potuto coltivare e studiare alcune piante di B. ci- choriifolia Lois., B. hispida DC., B. auriculata L. e B. erigerifolia DC. Curai di chiedere i semi della stessa specie da più orti botanici, ed os- servai che in vari giardini col nome di B, auriculata L. spesso è colti- Vata la` B. cichoriifolia Lois. e la B. hispida DC., e viceversa. ola generale, salvo leggere differenze, nelle suddette specie, che hanno i sepali laterali un po” più grandi, prolungati in basso in uno sprone, Lo meno lungo, e quasi sempre ottuso all'apice, i i nettarii presentano à n nedesi mà conformazione. Quelli degli stami brevi sono A, più o meno lunghi, riflessi od arcua to-riflessi , due per lato ed. alla base di ciascun filamento e posti ino titio bete bene sviluppato, ottuso all’apice ed alquanto curvato in 3 19, 2e, 3b, 6b, T 10%, - 1b, , 125). Le estremità su- - È SUI NETTARII DI ALCUNE SPECIE DI BISCUTELLA I. — 125 - periori sono rigonfiate ed il più delle volte eurvate lateralmente ed in. serite all’ esterno e sotto ciascun filamento lungo; raramente si presen- tano diritte ed alquanto acuminate (Tav. II, fig. 5b). I nettarii poi degli stami lunghi sono situati all'esterno ed alla base dei filamenti, e variano, anche nella stessa specie, per numero, forma e posizione. Possono essere: 1. 2 in forma di linguetta rudimentale (Tav. II, fig. 4), o di tubereo- . letti semplici, bilobi o bifidi, uno alla base e tra ciascuna coppia di . filamenti lunghi (Tav. II, fig. 12, e, g; 24; 3d, e; de, d; 64; 10e, d; lle: 12e). Spesso mentre uno è intero, l’ opposto è bilobo od anche bifido (Tav. II, fig. 14, e, g; 3d, e; 5c, d); oppure uno è bilobo o trilobo e l altro è diviso in due o tre tubercoletti distinti (Tav. IJ, fig. 2/, 9; 3c, d, e; 6c, d; 12e, d). Nel caso in cui uno dei net- tarii si presenta bilobo, uno dei due lobi é quasi sempre piu svi- luppato dell'altro, e quando sono tutti e due bilobi, si osserva che ^ se in un nettario è più grosso il lobo sinistro, nell'opposto invece è il destro (Tav. II, fig. 54, 12c). . 4 piccoli, tubereoliformi, uno alla base esterna di ciascun filamento lungo. Qualche volta se. ne riscontrano due sotto ed all’ esterno di una coppia di filamenti, e tre alla base dell'altra (Tav. II, fig. 7c). . 5. 4 piccoli, tubercoliformi, ognuno alla base esterna di ciascun fila- ." mento lungo, collegato per mezzo di sottilissime striscie coi quattro | nettarii laterali (Tav. II, fig. 8a; 9a). u “Noi fiori di B. hispida DC. i nettarii degli stami i Mighi bises più apako la forma e la ] posizione indicata nel primo caso; nella B. cicho- - riifolia Lois. e. nella B. erigerifolia DC. predomina la seconda forma; . nella. B. auriculata L. si osservano jama e là pun i i casi di sopra de- er «La. B. auriculata L., la B. Mapas, la B. eickiriifulia e la B. erige- rif ex DC. costituiscono un primo gruppo, di specie, caratterizzato dalla w + F fessi, due per lato ed alla base di ciascun filamento breve. presenza. di quattro nettarii allungati, areuati od arcuato ri- 7 i 7 126 A. VILLANI È ai nettarii di queste specie che alludono Linneo, Baillon ex Webb, Phyt. can. e Rouy et Foucaud. Nella 2. didyma L. in generale i nettarii sono quattro, due posti uno tra ciascun filamento breve e l ovario, e due, uno alla base esterna e tra ciascuna coppia di filamenti lunghi. Questi ultimi sono quasi sempre eretti, allungati, subeilindrici, ingrossati all'estremità (Tav. II, fig. 145, 166, 17c, 18c). Quelli dégli stami brevi hanno forma di cuscinetti con- vessi, arcuati o spioventi, sono posti ognuno alla base e tra il filamento e l'ovario; di eui spesso circondano i lati e qualche volta anche intera- mente per una sottilissima striscia nettarifera esterna (Tav. II, fig. 164, 174, 184, 194). Spesso il nettario degli stami brevi è all'interno pro- fondamente solcato come si trattasse di due nettarii, appena conereseiuti e éireondanti i lati e la base interna del corto filamento (Tav. II, fig. 14a , 15a). Quest'ultimo easo lo presentano molto frequentemente la B. apula L. - (Tav. II, fig. 20a, 21a) e la B. Columnae Ten. (Tav. I, fig. 22a, 22b). Nella B: lyrata L. e nella B. raphanifolia Poir. si riscontrano le stesse forme notate nelle precedenti specie. I nettarii posti alla base esterna e tra ciascuna coppia di filamenti lunghi sono sempre eretti, allungati, ingrossati all estremità (Tav. II, fig. 234, 24c, 25c, 26c, 28c, 29c); quelli degli stami brevi sono inseriti tra il filamento e l'ovario ed ora sono interi in forma di cuscinetti (Tav. II, fig. 23a, 284) o di sella con due eavità centrali (Tav. II, fig. 240, 254); ora sono bilobi o divisi cia- scuno in due nuovi nettarii (Tav. II, fig. 29a, b, c). Non di rado sono per una sottile bandelletta nettarifora riuniti anche all'esterno del fila- mento, che viene perciò ad essere interamente circondato (Tav. II, fig. 26a, 27a). Ee ‘degno di sala il fatto che, quando il nettario è semplice, ha molto spesso la fores di sella eon due cavità centrali , come ho: già innanzi notato. - PHealsdeio per ora di oceuparmi del nettario degli stami brevi, se esso : cioè “ebbe: essere "eur realmente mecs o se si tratti di due Ls ai LÍ e. tra a. lamento corto e I ovario. : Fi ^ SUI NETTARII DI ALCUNE SPECIE DI BISCUTELLA L. 127 Nella B. leiocarpa DC. i nettarii hanno la stessa posizione di quelli della B. didyma L., i laterali di frequenti si mostrano profondamente sol- cati. La B. didyma L., la B. apula L., la B. Columnae Ten., la B. ly- rata L., la B. raphanifolia Poir. e la B. lejocarpa DC. formano un se- condo gruppo, molto ben caratterizzato dai nettarii, che 1n tutte pos- sono essere ritenuti in numero di quattro: due, uno alla base e tra ciascuno stame breve e l'ovario, e due, uno alla base esterna e tra cia- scuna coppia di filamenti lunghi. Le notizie riguardanti i nettarii, ri- portate da Cesati, Passerini e Gibelli e da Willkomm e Lange, si rife- riseono di sicuro alle ultime specie indicate. / La B. levigata L. ha quattro nettarii: due subeilindrici eretti e qual- che volta orizzontali , grossi , corti , arrotondati all’ estremità od anche trilobi, uno alla base esterna e tra ciascuna coppia di filamenti lunghi (Tav. II, fig. 30c, 3lc, d, 320, 34e, 35d, 36c, 97c) e due a cuscinetto intero o bilobo, ognuno inserito alla base esterna ed ai lati di ciascun filamento breve (Tav. II, fig. 304, 322, 334, 31a, 35a, b, 36a, 37a). Qualche volta si nota, all'esterno del nettario del corto stame, un leg- giero soleo che fa pensare trattarsi di due nettarii, posti ai lati di cia- scun filamento e coneresciuti all’ esterno (Tav. II, fig. 31a). : : Lo stesso fenomeno si osserva nella B. coronopifolia L. La B. levigata L. è la B. coronopifolia L. possono infine essere riu- + — ‘© mite in un terzo gruppo, rappresentato da specie aventi quattro nettarii, — . due, uno alla base esterna di ciascun filamento breve, e due, uno alla ^ base esterna e tra eiaseuna coppia di filamenti lunghi. - —. Da quanto sopra ho detto si rileva che i tre gruppi di specie di Bi- SH béntellá L. porone essere, tenendo conto dei soli nettarii laterali, così JS i» suddivisi : : z : ..& 4 nettarii riflessi, od areuato riflessi, uno per lato ed alla base di cia- — scun filamento breve . i . + + B. auriculata L. & 2 nettarii in forma di cii notti, eri od ar- ; cuati, interi o più o meno profondamente bi-- lobi, uno ai lati e tra ciascun filamento breve . sli. 2. hoo. . amhgnd. L. SIND Eon a cR NILLAN s Y 2 nettarii in forma di euscinetto arrotondato, sem- x rg plice o leggermente solcato, vno ai iati ed al- Gu l esterno di ciascun filamento breve e V ovario B. levigata L. SPIEGAZIONE DELLA TAVOLA SECONDA. Fig. 1. Biscutella auriculata L. a stame breve, b nettarii degli stami brevi, - c stami lunghi, d.e.fg forme diverse dei net- - . tarii degli stami lunghi. ts N di e > «stami brevi, b stami lunghi, c . nettarii de- | 1 i : : p i stami brevi, d.e.f.g forme diverse dei net-. Si tarii degli stami lunghi, Suh. » & stame breve, b nettarii degli stami brevi, 2 c.d.e. forme. diverse dei nettarii degli stami lunghi.- "as XA o » a aie SHIBORALI lunghi, b nettarii degli — E : stami lung cud y E » » a stame E ore b nettarii degli stami brevi, 2 ‘c.d nettarii degli stami lunghi ssi > 6. » » a stami brevi, b nettarii degli. stami brevi, =o EON c fllamenti staminali lunghi, d.e nettarii di p . i gli bee unghi - ds A » » -> ` a stame breve, b nettarii degli stami brevi, E e ; á ni degli stami lunghi, c nettarii de- m aa ; i gli stami lunghi. Ese Dec A Nee > >. a nettarii degli stami brevi concresciuti con È; m quelli dei filamenti lunghi, ò stami brevi, c — —— $e Sg stami lunghi. $t gi n Pl x » a nettarii degli stami lunghi concresciuti con — — de n Zone dei filamenti brevi, è stame breve, c => s stami lunghi. » | cichoriifolia ^c a stami brevi, b nettarii degli stami — spit brevi, c filamenti staminali laghi: d.e net- D ure >; tarii degli stami lunghi. sf /—.. . » a stame breve, b nettarii degli stami brevi, : -- — - e nettarii degli stami lunghi. COM |... > .» wii b - v v Y,v v v v x Y y y » » 2 R^ » » »* e hett st. m" » i 6. TRS Ten. « aeb fare ü ren degli indi brevi, stami brevi, d nèttario degli stami lunghi. li yrata L.ae >» forme di nettarii degli stami brevi, c stami p brevi, d nettario degli stami brevi a nett. st. brevi, b st. brev., c Soli st. lung. raphanif. Poir.a » » >» b » XI »-1* | » me » »- ub» * o0. x» » E 36 S BY S » b T» » » a, bec forme diverse dei nettarii degli stami brevi, d stami brevi, e nettario degli stami lu unghi levigata L. a hettario degli stami brevi, b stame eem Y c nettario degli xs lunghi. a nettarii degli stami brevi, 5 stame breve, d due Tiene i nettarii degli st. henga a nett. st. brevi, d st. br., È ao st lunghi. UO che po — ei » Ec» em ae ni nettarii dog stami brevi, c stami brevi, d nettario degli sta mi lung s x x ves st br, d st. br. e mett: st dunghi. : n ) ^ i » È i O = L. BUSCALIONI x G. MUSCATELLO MUITE BOTANICA Sopra alcuni SENECIO dell’ Etna: [S. aetnensis (Jan.), S. incisus (Presl.) e S. chrysanthemifolius (Poir.)] (con Tav. IILVIII). GENERALITÀ SULL'ARGOMENTO. Le classiche ricerche di Bonnier, di Kerner, di Stebler, di Weinzierl e di altri autori sulle variazioni di forma cui vanno soggette le piante di pianura, quando vengano trasportate sui monti, o viceversa quelle delle alte regioni alpine quando siano coltivate in pianura, hanno gettato. una nuova luce sul problema biologico della vegetazione di montagna. Ma lo studio delle variazioni di forma cui può andare soggetta una specie a seconda dell’altezza sul mare delle regioni in cui vivono i suoi rappresentanti, va acquistando specialmente importanza in questi ultimi anni pel fatto che la biologia e la fisiologia hanno tracciato nuovi oriz- zonti alla botanica sistematica. Anche un non piccolo contributo ha ap- portato la giovane ipotesi della mutazione, che si è affacciata nel do- minio delle scienze biologiche, ben accolta specialmente da coloro che vedono nel clima un fattore pressochè incapace a modificare la costitu- zione della pianta, reagendo questa (come affermano i sostenitori della teoria), quasi unicamente alle cause interne, almeno per quanto riguarda molte di quelle modificazioni capaci di essere trasmesse ai discendenti. Ma se le piante di montagna si mostrano quanto mai adatte per lo |. studio dei grandi problemi biologici testé accennati, è duopo tuttavia far rilevare che le stesse costituiscono un materiale più o meno prezioso (A seconda delle località da cui vennero presi. in esame gli esemplari o le specie destinate ad essere analizzate dal pacis di vista biologico ed . evolutivo. wo engem Men parrebbe che si dovesse. dare la preferenza, nella | © uc a P # de NOTE BOTANICHE A3. K 131 iii ie ie i scelta del materiale di studio, alla flora dei nostri maggiori massicci montagnardi che costituiscono le Alpi, i Pirenei, il Caucaso, per restare . . nell ambito della flora europea. Ma, chi ben considera i fatti, rileva su- | bito che le montagne sovra indicate presentano, in certo qual modo, un vizio d’origine che rende quanto mai complesse e difficili le ricerche e peste: non sempre chiari ed evidenti i risultati. È infatti noto che le Alpi, per soffermarei unicamente a un tipo di montagne che ci interessa da vicino, subirono l'ultimo spostamento pendici è in parte derivata da quella corrispondente a tal periodo, e per- ciò da lungo lasso di tempo acclimatata alle condizioni biologiche do- minanti in montagna. In secondo luogo il ripetuto flusso e riflusso del- ; l'onda glaciale ha a volte spinto sulle Alpi o viceversa ha da queste al- | 2 — lontanate molte speeie arcaiche delle regioni artiche, delle quali troviamo ‘qua e là disseminati nelle regioni fredde ed inospitali gli attuali rap- presentanti. Infine nelle Alpi, a causa delle vicende di clima cui queste k montagne andarono incontro, si insediarono non pochi tipi provenienti da regioni — prevalentemente montagnarde — più o meno meridionali rispetto al massiccio alpino stesso e non poche specie dei sottostanti piani. Le quali forme di poi si modificarono più o meno radicalmente o rimasero invece immutate, a seconda della maggiore o minore suscet- tibilità loro a variare in correlazione colle nuove combinazioni climati- che ed edafiche cui venivano assoggettate, e alla più o meno grande Abi del loro insediamento nelle Alpi. PI Per queste ed altre ragioni che ometteremo, il problema delle affinità — floristiehe della vegetazione alpina e della derivazione delle singole forme di questa, si presenta quanto mai complicato quando venga stu- diato sui monti ‘che per esser sorti in epoche geologiche più o meno E remote e in regioni temperate o fredde hanno subita l'influenza del- pe- riodo glaciale, sottostando a ripetuti rimaneggiamenti floristici. Il problema invece si semplifica non poco, quando l atteazione del Botanico venga diretta a quelle masse montagnarde- di formazione re- lativamente recente, che sorsero cioè nel quaternario : quali sono non ; poeni dei nostri vulcani attivi, - | P i | : . erogenetieo importante nel terziario, per eui la flora che ne riveste le 3 2 | 132 L. BUSCALIONI E C. MUSCATELLO Qui la flora non ha subito così profondi rimaneggiamenti come av- venne invece nelle Alpi, e perciò i suoi rappresentanti più caratteristici rivelano più facilmente allo studioso le loro affinità: la flora inoltre presenta le stimmate di una produzione in gran parte locale, non avenco avuto sufficiente tempo per attirare nel suo dominio i rappresentanti ‘ di flore proprie di regioni lontane, i quali invece sono largamente dif- fusi in seno alla vegetazione alpina. | Fra i vuleani che meglio si prestano per lo studio di questi problemi merita di essere segnalato l' Etna, il quale, benehé giovane, conta non poche specie elicomorfe (nel senso di Diels) od anco neocarpiche (se condo Buscalioni), la cui affinità con altre specie proprie di territorii più o meno prossimi al vulcano è abbastanza. manifesta. E noi abbiamo appunto, nelle presenti pagine, rivolta la nostra atten- zione ad alcune forme neocarpiche dell’ Etna quanto mai singolari, ap- partenenti al genere Senecio, le quali furono più volte discusse dai bo- taniei sistematici che si occuparono della flora del più grande vulcano Europeo. Però, conscii che lo studio di determinate forme vegetali e degli aspetti biologici che esse presentano non può effettuarsi a dovere, se prima non sono analizzate le condizioni biologiche stesse, sia climatiche sia edafiche , nell’ ambito delle quali le specie vivono, riteniamo utile far prècedere allo studio delle forme da noi prese in esame l’analisi dei fattori che possono averle plasmate. I. cd. origine dell’ Etna. Il maestoso vulcano, che ora spinge » sua vetta ad un'altezza di a tre 3300 m. sul livello del mare, trasse origine dai flutti marini che, verso là fine del terziario od al prineipio, forse, del aoge copri- vano 4 attuale pianura di Catania. à Esso iniziò. la serie delle sue formidabili eruzioni come vulcano sot- _ tomarino,. cat e si era esaurita o stava per esaurirsi l’attività degli NOTE BOTANICHE 133 altri distretti vulcanici della Sicilia orientale (regione vulcanica di Noto, di Palagonia e di Aci Castello). L'immane sovrapposizione di masse palagonitiche, trachitiche, ande- sitiche e basaltiche, coadiuvata dal graduale elevarsi della costa orien- tale della Sicilia e dagli interramenti dei fiumi che versavano le loro acque nel Golfo catanese, ha fatto sì che, dopo un lasso non molto lungo di tempo, il vulcano divenne prettamente terrestre. Le eruzioni divennero allora subaeree, ed i prodotti delle stesse mu- tarono natura a poco a poco, passando dallo stato di lave trachitiche, andesitiche, palagonitiche a quelle di lave prevalentemente basaltiche quali sono quelle eruttate oggigiorno. La sovrapposizioue di strati la- ` vici e di ceneri è stata la eausa precipua dell’ innalzamento del vulcano, sulle cui pendici a poco a poco venivano insediandosi quelle specie ve- getali che gli agenti soliti della disseminazione apportavano da territo- rii più o meno propinqui. Data una tale eondizione di eose risulta evidente che l'Etna deve albergare una flora fanerogamiea eminentemente moderna (') È vero che anche dei rappresentanti di flore antiche, terziarie, sono insediati sulle sue pendici, ma gli stessi formano l'elemento ordinario, volgare, della vegetazione attuale mediterranea od anco nordica, mentre non è meno vero che per la grande lontananza del Vulcano dai centri che al- bergano con speciale predilezione siffatte flore arcaiche (Alpi, Carpazi, ecc.) e per la notevole altezza che raggiunse I Etna rispetto agli altri monti siciliani, il nostro vulcano deve di preferenza aver scelta la sua flora fra i tipi propri dalle terre circostanti. Il che è in accordo con quanto ebbero ad osservare l'Engler ed altri.autori che, cioè, la flora dei grandi vulcani attivi, fatte; ben inteso, le debite eccezioni (vulcani delle isole Sandwich, Krakatau- ed altri vuleani eminentemente marini) albergano una flora locale, moderna e poco rieca di forme (?). () Forse sarebbe più opportuno chiamare col nome di attuale la flora- etnea, poichè la parola moderna potrebbe da taluni essere interpretata nel | senso che la flora siasi organizzata nel quaternario soltanto, ciò che non è: nas nel nostro ordine di idee. (3) A prescindere, come facilmente si iow prenda) dallo impoverimento che è insit alla frequenza più o meno T a delle eruzioni, le quali, 134 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO IL Condizioni climatiche ed edafiche dominanti sull’ Etna. A) Temperatura. La grande altezza raggiunta dall' Etna implica ne- cessariamente che quasi tutti i climi sono rappresentati, a partire da quello della regione mediterranea per arrivare fin quasi a quello delle regioni nordiche (Capo Nord) o delle balze alpine ricoperte quasi tutto l anno da nevi. E vero che nella cima dell’ Etna non esistono nevai, ma però le osservazioni di Sartorius von Walterhausen hanno dimo- strato che la neve può persistere tutto l'anno in certe zone riparate della sommità del vulcano, specialmente quando le precipitazioni sono abbondanti e gli strati di neve vengono ricoperti da detriti vulcanici sciolti (lapilli, ceneri, ecc.). Del resto è pratica largamente in uso sul- | Etna di conservare la neve anche durante l'estate, ricoprendola con terriceio. Il gradiente di temperatura si comporta un po’ diversamente. di quanto ha luogo nei grandi massicci alpini, nel senso che, se dal piano fino ad una certa altezza la temperatura decresce eon una data norma che a grandi tratti corrisponde a quella reperibile su altri monti riuniti tuttavia in catene (come lo attestano gli studi ehe ven- nero eseguiti nell'Osservatorio astrofisico di Catania), più in alto F ab- bassamento di temperatura in funzione dell' altezza supera la norma, ciò che, secondo il Buscalioni (II), si spiega considerando che la parte inferiore dell Etna forma coi monti circostanti (Nebrodi, ecc.), quasi un altipiano, discontinuo è vero, e perciò dal punto di vista della temperatura deve comportarsi analogamente. All'opposto, la parte supe- i je cem montagna, per la condizione di isolamento in eui si trova (°), - eoi loro prodotti d'indole Syariatissims, che da un lato ostacolano lo svi- luppo della seo sui fianchi del Vulcano, dall'altro diradano la ve- getazione preesistente, quando non la Penggera addirittura (Krakatau). ( Il valore del y een termico, 00 metri di elevazione, e sull’Etna espresso d alie. seguenti dfe: : P] NOTE BOTANICHE 135 provoea un piü rapido abbassamento della temperatura coll’ eleva- zione (*). L'abbassamento della temperatura reperibile sulla vetta non è però tale, almeno nell'estate, da escludere del tutto la vegetazione faneroga- mica: noi vedremo però ben tosto che altri fattori provocano sull’ alto Etna la comparsa di un vero deserto. B) Umidità e precipitazioni atmosferiche. Situato quasi nel cuore della regione mediterranea, l’ Etna partecipa del clima di questa, che, come sj sa, è caratterizzato dal predominio delle pioggie invernali. L'altezza poi raggiunta dal vulcano esercita una decisa influenza sulla condensa- zione del vapore acqueo contenuto nell'atmosfera, per cui si comprende come frequentemente, in ispecie d'inverno, il cratere centrale sia avvolto da nubi. Nella parte bassa del vulcano le precipitazioni hanno luogo in forma di pioggia, mentre in corrispondenza delle regioni elevate pre- dominano, per lo meno d'inverno, in autunno e in primavera, le nevi- cate, talora assai abbondanti. I dati meteorologici che possediamo non ei permettono di estendere maggiormente l'analisi delle condizioni di umidità e di idrometria, e tanto meno di rilevare in quale misura la pioggia e le nevicate sono . distribuite nel corso dell'anno a differenti altezze sull’ Etna. È, ciò non Inverno Primavera » . Estate . Autunno 09,62 09,65 che corrispondono pit diminuzione di un grado di temperatura per og 161 metri d'inverno m. di primavera; 153 m. d'estate e 159 m di autunno. Il comportamento è perciò alquanto differente da quello stato os- servato nelle Alpi, dove, secondo lo Schroeter, si avre nell’ inverno un ba abbassamento di temperatura pari a un grado per ogni 220 m., mentre d'e- state per ottenere una differenza di 1 grado, sarebbe sufficiente un disli- vello di 140 m. Le differenze vanno ricercate, secondo noi, nella persistenza delle nevi d nella pns "mE delle Alpi durante la cattiva stagione, ció che non ha PG * Etn. XU di vicia lento della temperatura, quale è stato Toad negli altipiani (Tibet, ecc.) è pure riferibile nelle regioni mon- tane (Alpi) come venne rilevato dallo Schroeter recentemente, di guisa che i monti aggruppati in catena si potrebbero nia per rispetto al gradi ente termico, come degli altipiani discontin 136 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO di meno, probabile ehe la regione media del vulcano, dove predominano i boschi, sia più umida di quella elevata o scoperta, il che si accorde- rebbe in parte col fatto che le precipitazioni atmosferiche sono più ab- bondanti a Catania che all'osservatorio Etneo. A causa, frattanto, della prevalenza delle precipitazioni nel semestre freddo, e specialmente per l’ accentuazione delle stesse nei mesi di feb- braio e marzo, ne deriva che la regione etnea, dal piano al vertice, pre- senta i caratteri dei territorii piuttosto aridi, come del resto valgono a provarlo gli scarsi corsi d’acqua che solcano la regione. . €) Vento. Nella parte bassa della montagna questo fattore non spiega una notevole azione sulla vegetazione (salvo ehe in vicinanza immediata del mare), non spirando che in via eccezionale eon. grande violenza; non così nella regione elevata, dove frequentemente soffia molto forte e per lo più diretto da NW a SO. Per la sua intensità esso pertanto può ‘esercitare un'azione sulla disseminazione di molte specie, come del pari può essere d'ostacolo alla estensione, in alto, della regione boscosa. Nella parte elevata del vulcano le emanazioni solforose e di altra natura pro- venienti per lo più dal eratere inquinano l'atmosfera, per cui si spiega come la vegetazione non possa raggiungere il vertice della montagna. D) Natura del suolo. Se si fa astrazione da una zona più o meno ampia che lambe la base del vuleano, e dove il terreno è di natura al- luvionale e sabbioso-argilloso, od anche calcareo, tutto quanto il terri- torio del nostro monte consta di roccie o di detriti vuleaniei, spesso pro- fondamente alterati. La parte bassa del vulcano è di varia età. Il manto di vegetazione rigogliosa o all'opposta scarsa, di . costituita da numerose colate di lava cui sono ricoperte; indica ehe la loro origine è più o meno recente ('). = Le lave modernissime sono per lo più prive di vegetazione. Le re- gioni orientali del vulcano sono in gran parte ricoperte da ceneriti e arene (lapilli) e lo stesso materiale, sotto forma di grani di varia dimen- zione, ma spesso relativamente grossi, oceupa il vertiee della montagna. My DONA colate antiche, per la patérà del magma poco deeomponibile, - sono tu ttavia porci di vos zione. x NOTE BOTANICHE 137 | Siffatta costituzione del suolo, come pure la colorazione oscura delle roccie, le quali assorbono energicamente le radiazioni solari, costituiscono due fattori tutt'altro che favorevoli allo sviluppo delle forme xerofite; non deve perciò recare meraviglia se specialmente sulle nude lave e sullo sciolto lapillo vediamo prosperare una vegetazione di tipi rustici, che solo si rende meno rigogliosa nei siti ombreggiati. Fra le cause precipue del xerofitismo, dobbiamo inoltre annoverare la grande permeabilità del suolo e la forte percentuale di sali solubili che, in generale, è la caratteristica dei terreni di natura vulcanica. > Un grado più accentuato di umidità verificasi nella regione boscosa, sia che le essenze boschive, arrestando la radiazione solare, favoriscano la imbibizione aequea per parte del suolo, sia che nelle insenature o nei deelivi meno forti la falda acquea, raggiungendo maggior spessore che altrove, valga ad intrattenere la vegetazione arborea e con questa le essenze igrofile del sottobosco. » HL La vegetazione dell’ Etna. A grandi tratti, per quanto forse con eriteri non troppo rigorosi, quasi tutti i botaniei distinguono sull' Etna tre regioni suddivise a lor volta in sottoregioni. La prima è costituita dalla zona coltivatà, la seconda dalla zona boschiva, la terza infine dalla zona scoperta o della steppa che ricetta l’ Astragalus siculus (Bivona), il Berberis aetnensis (Presl) ed il Juniperus hemisphaerica (Presl) ed altre forme cespugliose od a cu- scinetto. 3r Al di sopra di questa zona (parte alta del Pian del Lago), domina il deserto di lapilli e di eeneri che si estende fino al vertice del vul- cano. La zona coltivata, che è stata, come facilmente si può comprendere, oltremodo rimaneggiata dall'uomo, si contraddistingue per una grande fertilità; quella boschiva è ormai ridotta a poca cosa a causa del van- dalismo umano che ha abbattuto estese foreste di quereie, di castagni. 10. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII. | 138 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO e di altre essenze, 0 permesso agli animali (capre in ispecie) di divo- rarne i virgulti (*). I limiti altitudinari non sono più oggigiorno quelli che a priori sì potrebbero supporre, data la natura delle essenze forestali costituenti i boschi dell’ Etna e la posizione geografica del nostro vulcano : l abbas- samento della zona forestale è inerente in parte all’azione dell’uomo e degli animali, in parte alla distribuzione dei coni vulcanici parassiti, molti dei quali si sono formati. un pò al di sopra di detta regione nella quale di poi hanno riversato le lave devastatriei (V. Buscalioni II). L'abbassamento del limite superiore della foresta è qui contraddistinto dal rapido seomparire delle corrispondenti essenze al limite della regione della steppa, senza che si rendano numerose le forme boschive nane, reperibili invece nella regione delle Alpi e di altri monti, dove il bosco è stato più o meno rispettato dall uomo e dagli animali. Dagli studi dello Strobl, del Chaix, del Baccarini, del Cavara, del Nicotra e di altri autori risulta che la flora etnea è relativamente po- vera. Essa poi difetta di veri e genuini tipi alpini (°) forse pel fatto che il vento, i vapori emanati dal vulcano, la natura del terreno e la grande siccità dominante nell’ estate sull’ alto Etna oaeoi lo inse- diamento delle forme di alta montagna. È vero che nella regione scoperta del nostro us vennero segna- late circa 20 forme endemiche, taluna delle quali potrebbero forse essere ritenute come. alpine, ma le stesse appena appena si contraddistinguono dalle forme analoghe della sottostante pianura e dei prupinqui monti. Si tratterebbe insomma piuttosto di varietà, anzichè di vere specie (al- meno per molti tipi) (*), ma lo studio di queste forme prettamente etnee (1) Forse all’ abbassamento della zona forestale ha contribuito non poco l'enorme densità della popolazione etnea la quale, secondo i dati di Chaix, A eleverebbe a 503 abitanti per kq. Cifra veramente imponente, che non | ha quasi riscontro con altri siti della terra! (€) Perciò erroneamente il Tornabene distingue una zona alpina. 2 Fra le forme endemiche meritauo di essere segnalate le seguenti spe- : Rumex aetnensis (Presl), Alyssum compactum (D. Nrs.), Viola aetnensis (Rab), Astragalus siculus (Biv.), Scleranthus vulcanicus, Cerastium aetneum (Jan), Anthemis aetnensis (Schouw), Taracacum m Gasparrinii, Genista aet- nensis (Dec. Spr. » Adenocarpus Bivonae, Betula aetnensis (Presl), NOTE BOTANICHE 139 non è stato ancora iniziato con eriteri veramente scientifici perchè si possa portare un giudizio in proposito. Intanto fra le forme più singolari dell’ Etna segnaleremo appunto il gen. Senecio che, oltre alle altre specie, annovera anche il S. chrysaa- themifolius (Poir.), il S. incisus (Presl) ed il S.: aetnensis (Jan) a ri- guardo dei quali i botanici sistematici sono ben lungi di avere un con- corde parere. In conclusione, se noi esaminiamo nelle sue linee generali la flora etnea, troviamo che le specie derivano in gran parte dalla sottostante pianura, nel qual caso si tratta di tipi che hanno invaso il monte a misura che questo si innalzava e preparava così nuovi territori alla ve- getazione. Altre appartengono alle volgari forme più o meno monta- - gnarde od anche di pianura della regione mediterranea; non poche di queste sono elementi reperibili sulle montagne fiancheggianti il vulcano. Infine abbiamo qualche raro elemento presente in territorii alpestri molto lontani, o nelle parti poco elevate dell’ Europa. E La generale povertà della flora poi è l'espressione della grande gio- - = ventü del vulcano e delle peculiari condizioni edafiche e climatiche do- minanti su questo. È noto del resto che le flore dei vulcani sono per .. To più povere di tipi (°). IV. I « Senecio ehrysanthemifolius, ineisus ed aetnensis » . considerati dal punto di vista sistematico. Fra i tipi più singolari dell’ Etna meritano di essere segnalati questi tre Senecio, sia perchè l'uno di essi è una forma propria dell'alto Etna, sia perché le affinità ehe li eollegano fra loro, sono state variamente in- terpretate dai differenti autori che si oceuparono della flora dell' Etna. Noi riportiamo qui le principali osservazioni fatte in PN dai botanici ehe studiarono le tre forme: (!) Forse per la stessa ragione è assai povera di forme la regione orien- tale dell’ Etna, lungo la quale si è svolta imponente l’attività vulcanica M in proposito il Baccarini). 140 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO Il De Candolle distingue : a) il Senecio aetnensis (Jan) (2)? proprio delle arene vulcaniche della regione alta dell Etna [Jacobaea carnosa (Presl)]. Di questo l'autore segnala la varietà & incisus, probabilmente bienne, della regione nemorale. Egli trova che questa corrisponde alla Jacobaea incisa (Presl) e al Senecio chrysanthemifolius (Biv.), ma non tralascia di notare che si tratta di una pianta polimorfa e « a Senecione squalido distincta lobis foliorum lanceolatis basi latioribus nec fere t nearibus, integerrimis nec dentatis ». Poi descrive il Senecio chrysanthemifolius Poir.) (D @ e forse (91) presente in Sicilia, dai piedi dell' Etna sino al mare, nelle arene dove è comunissimo. Si trova pure a Castrogiovanni, in Tauria (?) e nell’ In- dia (provincie bor. occid.). Questa specie poi sarebbe congiunta alla varietà 5 microglossus dei dintorni di Catania e a quella y /a£ilobus ehe è annua. Il Gussone, dopo aver distinto 1." Senecio aetnensis (Jan) = Jacobea carnosa (Presl) — S. chrysanthemifolius (Biv.), ex parte, = S. linifo- folius (Ueria) = Jacobaea aethnica (Cup.) et: 2.°) Senecio squalidus (a) ineisus, S. glaber (Ucria), S. aetnensis: (b) incisus (Dec.), S. squa- lidus (Lin.), S. chrysanthemifolius (Wiv.), ex parte, Jacobaea incisa (Presl), Jacobaea aetnea Cup. et: b) ehrysanthemifolius (Poir), S. squalidus Lin.; bb) foliorum laciniis distantibus; c) mieroglossus: ligulis minimis re- volutis (anthodia vix superantibus), afferma, a sua volta, ehe la specie. è molto polimorfa ed anzi la varietà æ sarebbe piuttosto da riferirsi al S. aetnensis. Anche molta incertezza troviamo nell'opera del Bertoloni, che distin- gue un Senecio aetnensis e. un Senecio squalidus, corrispondente al S. chrysanthemifolius, con una varietà a peus i fornite di lacinie angustis- sime. Stando: ai dati del Tornabene (') si dovrebbero distinguere le seguenti “i “pi! 5 m 9 Nell'Erbario di Tornabene esistono le tre forme di Senecio dell' Etna, ma dagli esemplari i osservati, come pure da quelli dell’ Erbario generale di | Catania non è possibile farsi un esatto criterio sui concetti che puuno gui- dato i differenti botanici nella delimitazione delle tre t 3 NOTE BOTANICHE dl 1.° Senecio aetnesis, proprio della regione alpina e nemorosa, raro nella pedemontana o culturale. Esso corrisponderebbe alla varietà y del S. squalidus di Jan e al S. chrysanthemifolius Biv. 2. Senecio squalidus, la cui area di distribuzione coinciderebbe, in parte, con quella della specie precedente. Dalla stessa sarebbero sorte le seguenti varietà : b) chrysanthemifolius della regione pedemontana e nemorosa. bb) dalle lacinie fogliari molto distanti le une dalle altre, pin glabre e piane. e) microglossus della regione pedemontana e nemorosa. d) aetnensis della regione nemorosa, per la quale lA. è incerto se non le si debba dare piuttosto il significato di specie propria. Il lettore può rilevare facilmente quanto complicata si presenta la si- nonimia proposta dal Tornabene, sebbene da noi sia stata notevolmente semplificata. Fra gli autori parimente moderni l Arcangeli distingue unicamente il Senecio squalidus L. (colle sue due varietà siculus (All) e microglossus (Guss.)) dal S. aetnensis (Jan). La varietà sicula poi non sarebbe che il S. ehrysanthemifolius (Poir.). - Nella Flora italiana di Cesati, Passerini e Gibelli il Senecio siculus (AlL) sarebbe identico al S. chrysanthemifolius . Presl e al S. squalidus (Bertol.), mentre il S. squalidus L. costituirebbe un'altra forma, al pari- del S. aetnensis Jan. Il S. aetnensis (S. carnosus (Presl), Jac. chrysanth. var. lanceol. (Raf.), Jac. carnosa (Presl), il S. glaber (Uer.) (Jac. incisa (Presl), S. incisus (Presl), Sen. squalidus (Guss.), S. aetnensis var. minor 2 DO.) e il Senecio chrysanthemifolius (Poir.), (S. siculus Ces., Pass., Gib.) ‘sarebbéro per Fiori e Paoletti delle varietà del Senecio squalidus L. re- peribili a varia altezza nella regione dell’ Etnea Ch (1) Dalla descrizione annessa alla Flora Ital. exsiec. > Fiori e y aspera si rileva come il S. aetnensis a foglie intere sarebbe una forma fissata ditariamente, come lo attesta che la specie non kx vato nelle parigi zioni fatte in Culi dal prof. Baccarini. Però poco dopo, aggiunge il Fiori, il Cavara ha ottenuto, nelle stesse condizioni, delle forme a foglie . dentate. 142 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO Da ultimo merita di essere segnalato il Lojacono. Pojero, che nella sua « Flora sicula » a pag. 61 e seg. descrive le tre forme (S. aetnensis (Jan), S. incisus (Presl) e S. chrysanthemifolius (Presl). Però l au- tore si mostra alquanto perplesso a riguardo della specificità delle stesse. Facendo infatti egli notare che il S. incisus « non è affatto tipico, nè alla Casa degli Inglesi (da dove a torto viene citato da Gussone), tro- vandosi a quell'altezza il S. aetnensis, nè giù sino alla marina di Giarre, Catania, Acireale, S. Nic. dell'Arena, sino al mare, trasformandosi (?) De S. chrysanthemifolius. Il Lojacono, dopo aver descritto quest'ultimo. Te è reperibile nella parte bassa dell’ Etna, soggiunge: « Ho visto l istruttivo fatto che queste tre piante presentano sull’ Etna da dove da 3000 m. discendendo al mare si vedrebbe il tipico /&. aet- nensis (diremmo cogli altri) mutarsi nel 5. chrysanthemif. passando per gli stadi del S. incisus. Collo Strobl però non convengo che o le tre forme debbano distinguersi sotto un nome specifico, o tutte e tre fon- dersi in un unico tipo, di cui il S. incisus ed il S. ehrysanthemifolius sarebbero mere varietà. Non posso convenire su ciò, perchè se tra il 5. aetnensis e il S. incisus è chiarissimo il nesso, non è così eol S. chry- santhemifolius. Il S. incisus sceude fino al mare, ma ha il suo centro di diffusione nella regione selvosa dalla quale ascende fino alla aperta più elevata e diventa il S. aetnensis. Ciò non è un fatto singolare, ben- chè assai importante, e che sull'Etna più che altrove può acquistare tale importanza. Singolarissimo sarebbe il fatto che il S. incisus finisse col discendere a diventare un S. chrysauthemifolius, perdendo così per in- tero i suoi caratteri specifici per acquistarne altri assolutamente nuovi. CE mia opinione adunque che S. aetnensis e S. incisus rappresentano un'unica specie, e che distinta deve serbarsi l'altra che è il nostro S. chry-. | santhemif. E ciò è convalidato dal fatto chie anche alla marina, il S. iz - | cisus resta tale, tanto che Strobl, Gussone, Nicotra ed io stesso lo notiamo . di Giarre: Catania (Cosent.). Se esso si fosse trasformato nel S. chry- santhemifolius, & chiaro che nessuno dí noi avrebbe potuto constatare la ? TAE bassa località attribuita. al S. incisus. Ciò importa che il S. ehry- if. non è una | trasformazione del S. incisus; che esso si trova NOTE BOTANICHE 143 alla marina, là ove vi è il S. incisus e che di là esso (e ciò non può impressionare in un monte come l’ Etna. Cfr. Lojae. introd. alla Flora Sic. 1.° Vol.) si estende sino a 4500 piedi in piena regiohe selvosa, alla x Casa del Bosco. Il S. chrysanthemif.,a parte dei suoi caratteri, è chiaro - ‘che è pianta niente affatto di montagna; il suo centro di diffusione este- sissimo, accenna alla sua predilezione per la regione collina e mediter- ranea nelle varie sue stazioni in Sicilia; e per quanto comune nell’Etna non è affatto pianta etnense, trovandosi ovunque nel centro dell’ isola, nella parte orientale e settentrionale (Val Demone) e nelle. isole. Eolie ove è una delle piante più comuni e caratteristiche (Cfr. Lojae. Veget. isole Eolie) ». i Dalla breve rassegna fatta risulta evidente che vi ha una grande con- fusione di idee e di concetti per quanto concerne la specificità delle tre forme di Senecio che noi abbiamo preso a studiare, le loro affinità e persino a riguardo della loro area di distribuzione. Noi dobbiamo ve- dere ora se è possibile in questa intricata matassa trovare il filo con- duttore di Arianna che possa portarci a un risultato attendibile in mezzo al dedalo di opinioni disparate che i nostri predecessori hanno enunciate. V. Osservazioni eritiehe sulle tre forme di « Senecio ». Per orientarei alquanto in questo ginepraio di sinonimie, noi dobbiamo - innanzitutto distinguere le forme principali e le varietà, e ciò colla scorta ‘delle deserizioni che ci hanno dato gli autori test? citati. Stando ai dati del De Candolle, Gussone e Bertoloni le differenti spe- eie e varietà sono contrassegnate dai seguenti caratteri : 1.) Senecio aetnensis (Jan). Caule glabro, eretto o ascendente, striato, ‘abbondantemente rivestito di foglie, di ‘color verde glaucescente, annuo. | Foglie subearnose, dentate o subintere, glaueo- verdi, a margini re- voluti, le inferiori obovate, spatulate, ‘attenuate in picciuolo; le 144 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO superiori lanceolate, cordate, auricolate alla base, sessili od am- plessicauli. » Inffortscenta. Peduncoli brevi, bratteati; brattee minute, ovate, cor- date, acute; corimbo subcomposto, di 6-12 capolini grandi, cam- panulati, coll’ involucro di squame lineari, secche e frangiate o pe- lose all'apice e coi margini bianchi, membranacei. Fiori: ligulati in numero di 10-12 (*): ligule piane o subrevolute. = Frutti : albidi, striati, glabri (secondo Gussone), pubescenti (secondo ai i De Candolle e le nostre osservazioni): pappo appena più lungo del i E tubo corollino. i 2.°) Senecio squalidus (Lin.) di Gussone (AGI. 3 f incisus di De Can- dolle). i Caule; glabro o peloso (Bertoloni); verde glaucescente; eretto, striato, subangulato, semplice alia base.. rate a incisioni piuttosto profonde e intere, acute; le foglie supe- riori picciuolate e con picciuolo piuttosto lungo (Bertoloni) :- lembo oblungo-lanceolato; molto spesso queste foglie tardive sono anco cordate, amplessicanli, subauricolate. ; laftorescenze: glaberrime, oligocefale : capolini su pedicelli braeteo- p ; lati, Brattee interne intere, nere all’ dna Frutti: striati, pelosi. a 3.» Senecio chrysanthemifolius (var. b dello squalidus secondo Gussone). Caule: eretto suffruticoso, ramosissimo, cilindrico, glabro. Foglie : sottili, 1-2-pinnatifide colle lacinie distanti; strette lineari denticolate (con denti acuti) o integre a bordi subrevoluti ; foglie inferiori picciuolate, le superiori serrate, semiamplessicauli, Infiorescenze: Corimbo lasso, oligocefalo, coi pedicelli bratteolati. Fiori: ligulati in numero di 8-10 (°) colle ligule subrevolute. | Achenii queens pappo lungo quaai i flosculi. A mid fido i i ai; che abbiamo otten uto dallo studi io di un centinaio circa di capolini i fiori ligulati sarebbero in m | €) Nelle foglie adulte i peli scompaiono, j| Secondo 1 Do da 10 a u e più Spesso at talora anche fino a 13. TAR Foglie: carnosette, glabre o pelose con peli articolati (7), ineiso-ser- - X NOTE BOTANICHE . .. 145 Varietà b) di Gussone: foglie colle laeinie molto distanti le une dalle altre. | Varietà c) di Gussone (microglossus): ligule piccole, revolute, aupin appena l'involucro. | Senecio aetnensis (2) 9 (?). Sulle arene dell'alto Etna fino alla Casa degli Inglesi (Gus- sone). Fiorisce in Luglio-Agosto (Gus- / sone). Stazioni nella Re- | Senecio incisus (2) (?) 91. Nella regione, media gione Etnea, fioritura .. del monte. Secondo Gussone,l' area di . e ciclo di sviluppo. | questa specie si estenderebbe dalla casa degli Inglesi al mare. Senecio chrysanthemifolius (4) (2) 91. Dalla base dell’ Etna fino al mare. | Var. snieroglossus : Catania. : ; Come si vede chiaramente dallo specchietto, le foglie ci offrono i prin- cipali caratteri differenziali, poichè nel Sezecio aetaensis sono intere o dentate, nel jS. incisus più o meno lobate, incise serrate e nel S. chry- . santhemifolius, infine, 1-2-pennatifide. - Ma sono dessi caratteri reali e costanti? Chiunque salga l'Etna dalla ci marina di Catania, può osservare l’avvicendarsi e il susseguirsi delle tre forme principali da noi adottate e che sono il Senecio chrysanthemifolius | (fig. I C), il Senecio incisus (fig. I B) ed il Senecio aetnensis (fig. I A). Lungo la spiaggia di Catania e di qui fino a Nicolosi, od anco più in su, fin quasi alla Casa del Bosco (regione nemorale) il Senecio chrysan- themifolius è comunissimo; ma nell’ambito del suo habitat mostra no- tevoli variazioni nella forma delle foglie, che possono essere fornite di laciniature più o meno profonde, presentarsi ridotte quasi alle sole ra- i obses. tanto è scarso il parenchima, oppure portare dei lobi e lacinie più o meno larghe. Un picciuolo è più o meno manifesto, ma è anche re- / pene: in molti esemplari un accenno di auricolatura, per eui le foglie | diventano quasi sessili. In generale si nota che le forme viventi in siti umidi o in regioni più o meno elevate m mare tendono ad allargare le ue fogliari, n stretti ed incisure profonde. A rigor di termini si può dire che tanto - E: ehrysanthemifolius, anzi aleuni autori l'hanno segnalato persino ia. riva. achenii forniti di pappo possono essere trasportati dal vento. Anche il | grande traffico che le popolazioni della spiaggia eatanese hanno eoll'Etna ; tanti fattori di na HM6 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO Nella regione nemorale, tra la Casa del Bosco e Nicolosi, al Senecio chrysauthemifolius si associano le forme del Senecio incisus, che diventa sempre più tipico, quanto più ei portiamo in alto. Le prime forme ehe . ; si trovano nella parte bassa del bosco, lasciano spesso quanto mai per- plesso il botanico, poichè potrebbero le stesse andare unite tanto alle forme del chrysanthemifolius che a quelle dell’ zcisus. Anche qui si ve- rifica un allargamento dei lobi e perciò una diminuzione nella profon- dità delle incisioni nelle forme crescenti via via più in alto. A prescindere dalle accidentalità testè indicate, anche il contorno del lembo fogliare si mostra quanto mai mutabile, presentandosi a volta a volta spatulato, ovato, obovato, lanceolato, oppure passando dal tipo ab- bracciafusto, con due auricole più o meno pronunciate, a quello più o meno nettamente pieciuolato. D’ interesse grandissimo pel botanico sono certe forme che mostrano una distinta eterofillia, nel senso che alla base dei fusti si hanno delle foglie con lobi ampi, all’ apice invece delle foglie ad incisioni strette che ricordano quelle del Senecio chrysanthemifolius. Del resto questa x eterofillia è pure reperibile nello stesso S. ehrysaathemifolius, e ciò pro- babilmente in stretta relazione colle condizioni di esistenza, in quanto chè le prime feglie le quali. nascono in primavera, quando cioè le piog- . > gie sono abbondanti, hanno lobi e lacinie più ampie di quelle sboc- cianti nell'estate, vale a dire nel periodo di siccità, che presentano lobi il ©. chrysanthemifolius quanto il §. incisus sono normalmente etero- filli nel decorso della loro esistenza, poichè è difficile riscontrare un esem- plare che non varii la forma delle foglie durante il ciclo evolutivo, a prescindere, ben inteso, dalle foglie cotiledonari che, come in a à altre piante, differiscono dalle susseguenti. = Sta intanto il fatto che l'habitat del S. izcisus invade il territorio del al mare, ciò che non deve recar meraviglia, data la facilità con cui gli e la facilità infine com cui i Senecio i sono pure due imparo NOTE BOTANICHE 147 Nel dominio quasi incontestato del Senecio incisus alcuni esemplari + GE questa forma vanno segnalati per la larghezza veramente eccezionale dei lobi fogliari che starebbero quasi ad accennare ad una varietà lati- - folia (Senecio della Mandra sopra la Casa del Bosco, a duecento metri eirea dalla Casa Cantoniera, il quale probabilmente dovrebbe la sua ori- | gine all'abbondante coneimazione del terreno su eui stazionano le capre). Al limite della regione boscosa, o poco più in alto, cominciano ad ap- parire le forme di transizione: che costituiscono quasi l'avanguardia del S. aetnensis delle regioni dell’ alto Etna. Anche qui si tratta di forme indecise che per avere le foglie dentate - auricolate, potrebbero essere ritenute per S. aetnensis, da cui si differen- ziano tuttavia per la profondità dei denti. Anche la carnosità delle fo- glie potrebbe far ritenere che tali forme appartengano realmente al §. aetnensis, ma è duopo rilevare che siffatto carattere non ha grande va- lore, essendo anche abbastanza carnosetti gli esemplari tipici del S. in- cisus della regione nemorale. La carnosità, si può dire, tende ad accen- tuarsi coll’ altitudine. Dal monte Faggi alla Cantoniera il Senecio incisus ed il S. aetnensis si trovano commisti tra loro: più in su ha luogo una seconda selezione nel senso che a poco a poco diventa predominante e poi assoluto so- — vrano del sito il Senecio aetnensis. ; Ma nel territorio contestato, quante forme di passaggio, quanti esem- | plari dubbii, quanti ceppi che il botanico può ascrivere arbitrariamente a questa o a quella forma! A prescindere dai casi, però oltremodo rari, in cui vi hanno delle spiccatissime variazioni di gemme, per eui su una stessa pianta, come venne da noi osservato in un esemplare di S. izci- sus crescente presso la Cantoniera, un ramo può avere delle foglie con -laciniature forti, un altro invece dello foglie dentate più o meno forte- mente, noi troviamo tuttavia che, in generale, ogni esemplare tende a presentare un solo tipo fogliare, nel senso che è esclusivamente fornito di foglie intere, oppure porta soltanto delle foglie dentate più o meno x - profondamente. Questa fissità morfologica del lembo non è in antitesi -colla eterofillia sopra enunciata, poichè le foglie più primaticcie, spesso diversamente conformate da quelle tardive, sono da tempo cadute, allor- chè la pianta ha we: la maturità, tà 148 : L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO L’ abbondanza di ceppi sia del S. incisus, sia del S. aetnensis nella regione scoperta della Cantoniera. lascia supporre che di necessità deb- bano avvenire degli incroci fra le due forme, nello stesso modo che più in basso devono verificarsi degli incroci fra il S. incisus e il S. chry- santhemifolius. È probabile pertanto che la vegetazione dei Senecio sia subordinata alle leggi del Mendel, ma è difficile stabilirlo, sia perchè il genere è pure soggetto alla geitonogamia (!), sia perchè l uniformità di foglie reperibili in ogni ceppo farebbe piuttosto supporre che le forme a foglie dentate o lobate derivino esclusivamente da progenitori confor- mati in modo analogo; e lo stesso dicasi per le forme a foglie intere. Coll'elevazione, le forme tipiche e quelle dubbie di Senecio incisus si fanno più rare; ed al fine noi troviamo sol più, come si disse, il Sene- cio aetnensis rappresentato da due forme, l’una a foglie debolmente den- tate, l'altra a foglie quasi intere, Entrainbe hanno lembi fogliari car- nosetti, glauco verdi: per quanto riguarda l'auricolatura, troviamo delle variazioni grandissime da esemplare ad esemplare. Lo stesso dicasi per la forma del lembo, essendo ora obovato, ora spatulato, ora anna e via dicendo. In conclusione, per quanto concerne le foglie di Senecio, noi abbiamo l rilevato che nessun carattere è costante: solo gli estremi sono netta- mente distinti. Infatti l'aurieolatura é presente, benchè ridottissima, nul c. 8 chrysanthemifolius; aumenta nel S. incisus, e diventa notevole nel AS. aetnensis. Ma talora essa manca in tutte e tre le forme. Le lobature fogliari tendono a diventare sempre meno profonde, al- lorehé si passa dal S. chrysanthemifolius al S. incisus e poi da questo al S. aetnensis, ma nessun limite netto vi ha fra la dentatura del S. in- cisus e quella del S. chrysanthemifolius. Lo stesso dicasi della presenza o meno del pieciuolo ehe é reperibile, quasi costantemente, nelle foglie : - superiori del S. chrysanthemifolius, sì fa invece più raro nel §. aetnensis. Infine analoghe considerazioni valgono per la carnosità e la glauce- | dine delle foglie, che sono più marcate negli esemplari situati nella parte - à) Bateson osserva che l'inerocio fra Pompa differenti dà nei Senecio. qun ps robusti, | i pha : NOTE BOTANICHB 149 Lois alta dei rispettivi territori, tanto più se si tratta del S. incisus o del S. aetnensis. Tutte quante le variazioni testé segnalate, più che appartenenti al do- -minio dei caratteri di organizzazione, hanno ]' impronta delle particola- rità biologiche. Vale a dire sarebbero caratteri dovuti in gran parte alle differenti condizioni di insolazione e di umidità a cui si trovano espo- ste le piante, tanto nel corso dell’esistenza che nelle differenti stazioni. in cui vegetano. Nelle pianure di Catania, dove il clima è relativamente umido d'inverno, secco e caldissimo invece d'estate, abbiamo il S. eAry- santhemifolius in cui le prime foglie portano un lembo relativamente sviluppato, mentre quelle che traggono origine nella stagione estiva lo. riducono quasi alle sole nervature. Unicamente gli esemplari crescenti all' ombra conservano un lembo piuttosto sviluppato. Il nanismo è fre- quente nelle piante delle stazioni aridissime (lave). Nella regione nemorusa, dove l' umidità è relativamente forte tutto l'anno, e dove l'insolazione è minore e la temperatura mite, rispetto alla pianura, il lembo fogliare si amplia, mentre si riducono le laciniature, donde la comparsa delle forme del Senecio incisus. Infine nella parte scoperta dell'alto Etna, dove l'insolazione è più in- tensa e le condizioni di umidità un pò differenti da quelle che si hanno nella regione nemorale, compare la terza forma, cioè il S. aefaensis effi- -= cacemente protetto contro la radiazione ed il vento dalla cera che rive- ste I epidermide. Noi non possiamo, per ora almeno, pronunziare un giudizio sieuro ^W riguardo delle cause che provocano l'ispessimento del parenchima fo- gliare, ma non crediamo neppure di andare errati ammettendo che la disposizione sia in relazione, in parte almeno, coll’alto contenuto in sali . dei terreni vulcanici, grazie al quale riesce favorito l’ accumulo del- i l’acqua nelle foglie. Donde la succulenza che trova pure la sua ragione . di esistere nell’insolazione accentuata, ed in altri fattori (vento, freddo . notturno, eec.). Nelle parti basse dell’ Etna il.clima eccessivamente arido ‘e caldo predispone all'atrofia del parenchima verde della foglia e deter- ; mina quindi la eomparsa di lembi fogliari pennatifessi, o ridotti quasi alle sole nervature. 150 . L. BUSCALIONI E G.. MUSCATELLO Frattanto, se noi prendiamo in considerazione l'area di distribuzione delle supposte tre specie di Senecio, troviamo che mentre il Senecio aet- nensis può estendere il suo dominio dalla Casa degli Inglesi (3000 m. circa), alla casa Cantoniera (ciò che corrisponde a un'estensione di 1800 metri circa, 2000 m. secondo F iori) e il S. chrysanthemifolius occupa pa- rimenti un'area presso a poco eguale (da 0 m. a 1200 m. circa; 1000 m. secondo Fiori), il S. incisus ricopre un territorio assai più ristretto e che si può calcolare di un'estensione di 600 a 800 m. in altezza. Sporadi- camente tanto questo quanto il S. aetnensis vennero trovati ai piedi del- l'Etna, quasi al mare, mentre il caso inverso non si verifica, poiché sia il ©. chrysanthemifolius, sia il S. incisus non vennero fino ad ora riscon- trati alla Casa degli Inglesi, per quanto in questo senso, ma secondo noi erroneamente, si pronunci il Gussone. ; Vedremo più tardi le ragioni di ‘un tale comportamento : intanto non possiamo, dalla presenza del S. aetnensis e del S. incisus tipici sulla riva del mare di Catania, trarne, eol. Lojacono, la deduzione che queste due forme siano specificamente distinte dal S. cArysazihemifolius, poichè se il S. incisus non è difficile riscontrarsi al mare, altrettanto non può dirsi del S. aetnensis, ciò che non dovrebbe aver luogo, se le due forme rap- presentassero un’ unica specie suggetta a forti variazioni , indipendenti però dalla stazione. Quasi quasi si dovrebbe invece ammettere che il $. incisus, per la sua attitudine a sopportare il clima marino, sia più af- | fine al S. chrysanthemifolius che al S. aetnensis. L'unica conclusione pertanto che si può: trarre dallo studio degli organi vegetativi è, che nessun carattere segnalato dai sistematici può- servire di guida per separare nettamente, l'una dall'altra, le tre forme. Altrettanto può dirsi pei caratteri desunti dagli organi fiorali, i quali però hanno attirato meno la nostra attenzione. È certo che i fiori li- - gulati e persino gli interi capolini ingrandiseono nelle forme. viventi - nell’ alta montagna, ma questo è un carattere eminentemente biolo- gico, essendo noto che la radiazione più forte, reperibile nella alta mon. tagna, favorisce l'ingrandimento degli organi fiorali (petali, eec.). Nulla di più naturale pertanto che il S. aetnensis ed il S. incisus abbiano de NOTE BOTANICHE . : 151 fiori ligulati più grandi e più vistosi del S. eArysauthemifolius. Se a ciò concorrono anche gli insetti od altri pronubi noi non lo possiamo affermare. | Ed anche in base ai dati biologici si può spiegare l’ impicciolimento dei fiori nella forma del Senecio chrysanthemifolius, conosciuta col nome di microglossa, essendo noto che un clima arido ed eccessivamente caldo, . assieme a un terreno povero d’acqua (lave), provoca talora l’ impiccio- i dimento dei. fiori. Questo fatto venne da Buscalioni e Béguinot segna- - — lato, fra l'altro, nei fiori del Chrysanthemum segetum della Sardegna, i quali, nel cuore dell'estate, sviluppano capolini assai piccoli, come è il ‘caso appunto per alcuni esemplari di Senecio chrysanthemifolius viventi in siti aridissimi e sottoposti ai rigori del clima estivo siciliano. Noi ‘abbiamo osservato che un esemplare di questa forma vivente nell’ Orto " Botanico di Catania portava due sorta di capolini: gli uni forniti di | fiori ligulati piccoli, quali sono quelli della varietà microglossa, gli altri ‘ conformati sullo stampo di quelli proprio del Senecio chrysanthemifolius tipico della pianura catanese. Risultati quasi analoghi abbiamo ottenuto dallo studio dei frutti, es- . sendosi constatate delle variazioni di poco momento, e neppure costanti. ; Gli acheni sono cilindrici, un poco rieurvi (in ispecie quelli del Senecio | Chrysanthemi folius ed incisus) e presentano delle scanalature. In queste sì notano dei peli cortissimi, cilindrici, non articolati, o divarieati e rivolti ; ` colla punta verso l'apice del frutto. Se si esaminano gli acheni al mi- croscopio, non sì tosto sono stati posti in una goccia d’acqua, si osserva ` un fenomeno curiosissimo dovuto al fatto che i peli sopra ricordati, per lo più appressati allo stato secco, al frutto, divaricano ben tosto, mentre dalla loro estremità sorte un lungo budello di sostanza mucilagginosa. CA forte ingrandimento questo corpo, che diventa parecchie volte più lungo del pelo, si mostra costituito da una sostanza fondamentale jalina, percorsa in tutta la sua lunghezza da parecchi esilissimi filamenti più rifran- . genti attoreigliati a spira gli uni sugli altri. Questa singolarissima di- | sposizione ha evidentemente lo scopo di fissare il frutto al terreno al- | lorchè questo è umido e ricorda così quanto ebbe ad osservare il Klebs : in altri semi e frutti. Nello stato secco si può riconoscere il batuffolo ` ; disposizione sia reperibile per vedere se, per avventura tesse PH i un certo valo 152 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO mucilaginoso all’interno del pelo. Questo sì mostra come riempito di is corpi baeterifomi che non sono altro che i punti più a foco dei fila- menti a spira ('). A Data una tale costituzione dell’ achenio appare evidente che è quanto mai erronea l’ indicazione di « glabri » colla quale alcuni autori con- trassegnano i frutti dei nostri Senecio. I peli, o meglio la peluria (pube- d scenza) si mostra più fitta alla base del frutto ed è anche più aecen- tuata nel Senecio chrysanthemifolius; nelle altre due forme è pressochè ugualmente sviluppata. A riguardo del caule non abbiamo gran che da aggiungere, oltre a quanto hanno osservato gli autori che ci precedettero. Noteremo perciò solo che la tendenza alla forma quadrangolare è evidente nel Senecio aet- nensis, mentre gli altri due presentano un fusto quasi cilindrico. Le ; eccezioni però non mancano e dipendono, in parte almeno, dl maggior L o minor avvicinamento delle foglie che sono sparse. Dai fatti esposti risulta evidente che le nostre conelusioni si scostano da quelle cui arrivarono i botanici che studiarono i Senecio dell’ Etna. . i Esse però hanno il merito indiscutibile di rappresentare la sintesi delle - osservazioni fatte non solo sul sito in cui vivono le tre forme, ma sib- bene ancora sulle piante coltivate nel giardino botanico di Catania dove — abbiamo raccolto parecchie centinaia di forme più o meno critiche. E noi vedremo appunto nel prossimo capitolo, quali risultati abbiamo ot- tenuto dalle nostre coltivazioni eseguite per oltre due anni. (!) Abbiamo ricercato se i Seneei del materiale d'erbario del Museo di — . Berlino posseggono la stessa disposizione, ma le nostre ricerche, limitate per 5 Mess a poche specie, ci hanno dato risultati negativi, nessun achenio avendo £ rato di esser fornito di peli a contenuto mucilaginoso svolgibile a guisa di na coll’ umidità. Non sappiamo per altro se l'esito negativo di- i penda dalla troppo vetustà del materiale o dai metodi di conservazione. rebbe peró interessante studiare con materiale fresco, in quale s ia , potesse significato.di un carattere sistematico, ció che non mantieni tg: aver pe lore $ NOTE BOTANICHH — . 153 VI Esperienze di coltivazione delle tre forme di « Senecio. » La presenza, sull' Etna, di non rari esemplari nei quali è più o meno manifesta. l’eterofillia, localizzata talvolta su determinati rami (variazione _ di gemme) induce a ritenere che le tre specie di Senecio dell'Etna non siano entità distinte. La prova è tuttavia alquanto malfida, troppi es- sendo gli esemplari che conservano più o meno inalterati i caratteri del- l'una o dell'altra forma. Un criterio più sicuro l'offrono le colture éhe perciò formarono appunto larga parte dei nostri studi. Noi abbiamo fatto i seguenti esperimenti colturali : 1°) Si sono piantate nell’ Orto botanico di Catania le forme adulte del Senecio aetnensis e del Senecio incisus. 2^) Si seminarono, in Catania, le stesse due forme. 3°) Si seminò nel giardino sperimentale « Gussonea » alla Canto- niera di Nicolosi sull’ Etena (1800 m. circa) e più in alto ancora (2000 m. circa) il Senecio chrysanthemifolius. 4°) Si sottoposero le piante di S. incisus e di S. aetnensis, colti- vati in Catania a differenti condizioni biologiche. 5°) Si piantarono nel giardino « Gussonea » alcuni esemplari vi- gorosi- del Senecio chrysanthemifolius che erano stati previamente rac- - colti in Catania. Inoltre si trapiantarono in tale giardino non poche . pianticelle dello stesso Senecio che da poco tempo erano nate nell’ orto Catanese, ; j Riassumeremo qui i principali risultati ottenuti. Nessun giudizio siamo in grade di pronunciare sulle colture di $e- -necio chrysanthemifolius fatte alla Cantoniera con gli esemplari vigorosi di tale forma (esperimento N. 5), poichè andarono tutte quante a male. Noi faremo solo rilevare che il metodo da noi usato per tali colture si . allontana da quello elassico del Bonnier, poichè vennero utilizzati al- x

Ds G >» vso i nomofit primordiali abbiamo invece le se- È . RUSCALIONI E G. | MUSCATELLO a) lato destro 3 denti 135 foglio bj lato sinistro 3 denti 151 foglie 4 » H o y 4 » 103 . $ " >» Do x D s 21 » D S dI» 2 10 0 y E 9 i Do dl ces 1 » 0 » Lo» 0 xs m : o a 0 x5 5 e 6) Entro certi limiti era il numero dei denti tende ad aumen- tare nelle foglie che compaiono più tardivamente. : i gu ol Trattandosi tanto delle foglie primordiali che di quelle successive | si nota che il S. incisus mostra, in confronto delle altre due specie, una. più spiccata attitudine a sviluppare soltanto due denti. All’ opposto nel. Senecio aetnensis è manifesta la tendenza ad elevare il numero dei denti rispetto alle altre forme. Infatti in tale specie il numero degli esemplari È che portano 4 o 5 denti per foglia è notevolmente elevato in confronto agli altri due tipi. Il che è in rapporto colla peculiare struttura della” foglia, d’ordinario dentata, ma a fini denti. VI. ci. Anatomia comparata delle tre forme di « Senecio. » a. FOGLIA. e + * A) ErmeRmins. a) Foglie cotiledonari ('). In queste foglie si notano delle differenze nella grandezza e nella forma delle cellule epidermiche a seconda della - Specie che si considera e, per una stessa specie, a seconda della faccia che si prende in esame. In tutte e tre le forme la pagina superiore ha i cellule epidermiche con un contorno meno ondulato di quelle della pa DAC NOTE BOTANICHE | 165 am cellule spiato: della pagina superiore non mostrano però un . contorno veramente regolare, poichè questo è più o meno ondulato in s tutte e tre le forme (fig. 22, 24, 26). Se poi si paragonano fra loro i $ tre Senecio, si nota che l' ondulazione del contorno è più marcata nel S. incisus (fig. 24) che nel S. ehrysanthemifolius ed aetnensis (fig. 22- . 96). Oltre a ciò si nota che il S. incisus presenta sulla pagina superiore . delle cellule epidermiche più piccole, ma di poco, di quelle della corri- -spondente faccia del S. ehrysanthemifolius, m grandi invece di quelle analoghe di S. aetnensis. Queste disposizioni ci portano a ritenere che il S. incisus sia una forma meno xerofita delle altre due specie. Siccome il tipo vive nella regione nemorale, ben si eomprende come la faccia superiore dei suoi ‘cotiledoni presenti delle cellule relativamente grandi ed alquanto on- .dulate. i La pagina inferiore dei cotiledoni in tutti e tre i Senecio è contras- . segnata da cellule epidermiche a contorno più o meno ondulato (fig. 21, .. 93, 25). Il Senecio incisus mostra tuttavia degli elementi più ondulati E . (fig. 23) di quelli del S. chrysanthemifolius (fig. 21) e del S. aetnensis 5 (fig. 25). Nello stesso poi le cellule sono più grandi che nel S. aetnen- sis, mentre di poco differiscono da quelle del S. chrysanthemifolius. Vi hanno poi delle leggere variazioni individuali che non si accordano colla regola. . In conclusione le foglie cotiledonari del S. incisus, per "adio con- cerne l'epidermide, si staccano notevolmente dalle altre due forme, men- . dre il 5. a starebbe quasi a rappresentare l’ anello di | congiunzione, Va notato che il Senecio aetnensis colle sue cellule epidermiche della | ; pagina inferiore dei cotiledoni piuttosto frastagliata nei contorni pre- senta una struttura che noi ritroveremo nella pagina inferiore delle fo- glie adulte del S. chrysanthemifolius. Nel punto di attacco all’ asse ipocotile le cellule epidermiche dei tre Senecio cambiano di forma, in quantochè, pur mantenendosi più grandi del lato superiore, diventano più piccole del parenchima sottostante. I eotiledoni sonò forniti di stomi più numerosi costantemente in cor- 166 È: BUSCALIONI E G. MUSCATELLÙ rispondenza della pagina inferiore. Per la conformazione di questi or- gani il ©. incisus rappresenterebbe una forma di passaggio, avendo de- — Es gli stomi più grandi di quelli del S. aetnensis e più piccoli di quelli del IS. chrysanthemifolius. A quanto pare però, la maggior piccolezza rispetto a quest'ultimo sarebbe compensata da un maggior numero di aperture. Nel S. aetnensis gli stomi sono più abbondanti che nel S. chrysanthe- mifolius, Però anche sotto questo punto di vista le variazioni indivi- duali sono notevoli. La cuticola è più o meno sottile e presenta dei piccoli rilievi sotto forma di microscopici rialzi simili quasi a granuli di cera o a bacteri. b) Catafilli primordiali. Si hanno delle leggere variazioni per quanto . concerne i caratteri già stati rilevati nei cotiledoni. Le cellule dell'epi- dermide superiore sono più grandi di quelle dell'inferiore (fig. 23, 25, 22, 24, 26), salvo forse nel S. aetnensis. L’ ondulazione dei contorni è * a . . . . : t più marcata nella S. aetnensis (pagina inferiore) fig. 22, meno accen- tuata nel S. chrysanthemifolius (fig. 26, 27) e nel S. incisus (fig. 24, 25). Questo ultimo ha cellule presso a poco ugualmente. grandi del +8. : ; ; | aetnensis , almeno nella pagina superiore, più piccole di S. chrysan- E themifolius. In altre parole per le dimensioni delle cellule epidermiche —— della pagina superiore il S. aetnensis offre le caratteristiche di una pianta ‘eminentemente xerofita (cellule epidermiche piccole), il S. incisus si ri- scarse differenze istologiche notate nel S. chrysauthemifolius rispetto al S. incisus dipendono dal fatto che queste due forme nascono per lo più in primavera, quando l'umidità nella regione nemorale dell'Etna e della pianura di Catania è piuttosto rilevante. Il xerofitismo del S. aetnensis 1 trova la sua spiegazione nell’ intensità della radiazione cui va dep l'alto Etna. ( Continua) vela quale tipo nemorale igrofilo o tropofito (celle epidermiehe grandi - à piuttosto ondulate), mentre di nuovo alquanto xerofito appare il S. chry- santhemifolius (cellule grandi, ma meno ondulate del §. incisus). Le mi ése Dorr. ENRICO MUSSA A | Appunti sulla Flora Cacuminale del Rocciamelone. . La più elevata e celebrata e più ricca di tradizioni fra le montagne "di Val di Susa è indubbiamente il Roeciamelone — alto m. 3537 — 1 the termina in una svelta piramide molto caratteristica o | Nella sua zona inferiore — e cioè fin verso i m. 600 — è coltivata a vigne od a campicelli terrazzati ed in tale zona non maneano le — 2 vegetali di qualche interesse per il botanico. Così nei dintorni della Chiesetta della Madonna dell’ Equà — m. 700 — trovasi il Tribulus terrester L., graziosa pianficella che tanto diffusa- mente si riscontra nelle sabbie delle spiaggie e delle dune littoranee. Così pure il prof. Oreste Mattirolo nella sua pregevolissima opera su .« La flora segusina dopo gli studi di G. F. Re » (), cita le seguenti ‘specie raccolte in gran parte da lui e da quel sagacissimo e distinto botanico che è il sig. Enrico Ferrari, Conservatore al R. Orto botanico à di Torino : p bi une W., Avena Tordoia Brot. , ‘Biscutella. cichoriifolia > Ephedra helvetica May forma gracilis , diseriminata dal Dott. ‘Negri e ) Medicago rigidula Desr., Odontites verna Reich., Opuntia vul- geris Mill., Punica Granatum L., Quercus Tanzini var. glabrescens Borzì, Valerianella Morisonii DC.. ed io stesso potei raccogliere: Aethionema | saratile KR. Br., Alsine Jacquini Koch, Cheilanthes odora Sw., Herniaria incana Lamk., Heteropogon Allioni R. et Sch., Zuula spiraeifolia L., — Nardurus unilateralis Fries, Ophrys Arachnites Host, Ruta angustifolia 5 N Telephium Imperati ta ece. i an ci Hon fu scelta come base d' operazione per la misura d'un o di e O parallelo eseguita nel 1821 geodetieamente dallo dcs Maggiore adit Esercito Piemontese ed astronomicamente dal Plana e dal Carlini. "qe zeit Memorie Reale Accademia delle Scienze. Torino, anno 1907. > (*) Cfr. Negri, Sulle forme piemontesi del Genere me in Atti della - Re Accademia delle Scienze di Torino, Vol. XLII, 1907. ve 168 ENRICO MUSSA La vera regione dei pascoli stendesi a partire dai 1700 metri: questi danno un buon taglio di fieni, in luglio ed agosto, costituiti dalla solita flora foraggera delle nostre Alpi a sottosuolo prevalentemente calcare ; ivi aleune, ormai rare, conifere attestano di quel che doveva essere stato in altri tempi il manto forestale di tutto il versante segusino della montagna. A questa regione succede il pascolo di alta montagna, non più acces- sibile- alle. bovine ma soltanto alle pecore, le quali snottano sul sito stesso: tali pascoli vanno, man mano che si elevano, dimagrando e per numero di specie e per la statura degli individui fin verso la linea li- minale dei pascoli stessi , cioè fino all’ altitudine della così detta ers di Asti — m. 2834. : A Casa d'Asti il suolo cessa di avere il vero rivestimento continuo di cuticola terrosa,;e quivi comincia la regione dei detriti più 2 meno grossi ed incoerenti, i quali, per la loro mobilità, non permettono altro che la formazione di minuscole areole di terriccio, più o meno precarie, dove rabbiosamente si attaccano le gara piante della flora cacu- minale del Rocciamelone. Questa regione dei detriti, provenienti dallo sfacelo secolare della parte superiore del monte, rimane scoperta dalle nevi soltanto durante i mesi - più caldi — luglio ed agosto — nè sono rare le nevicate che imbian- x cano quell’ alta regione durante lo stesso periodo canieolare, mentre è un fatto abbastanza comune il congelamento notturno doi acqua a quelle altezze superiori. Due cause adunque cospirano contro lo sviluppo della vegetazione in quella zona: la incoerenza del suolo e la persistenza troppo protratta delle nevi, aggiunte ad una forte irradiazione ed all’azione disseccante dei venti che quotidianamente soffiano in quelle regioni. Poverissima pertanto è la flora cacuminale di questa vetta, intendendo con questo termine la flora superiore al limite estremo della regione dei ui eri , cioè del suolo a rivestimento continuo di terriccio. | Nei dintorni di Casa d'Asti, in quei punti dove si trovano ancora ri- E strette placche di terriccio, e cioè fin verso i 2400 metri, si incontrano- . Arabis cossa L., Campanula cenisia la Cerastium se iue Lb co: i kind vis APPUNTI SULLA FLORA CACUMINALE DEL ROCCIAMELONE 169: santhemum coronopifolium Vill. e minimum Vill., Festuca alpina Sut., - Phyteuma orbiculare L. in rari esemplari rachitici, mentre ancora sotto Casa d'Asti si incontra molto frequente e normalmente sviluppata Poa, alpina L. . Nel tratto di montagna fra la Casa d'Asti predetta e la Crocetta di ferro — m. 3317 — costituito essenzialmente di detriti di calcescisti, si raccolgono sporadicamente: Androsace helvetica Gaud., Aronicum scorpioides. Reich. , Campanula pusilla Scop. e cenisia L., Cerastium latifolium L., Chrysanthemum al- pinum L. e minimum Vill., Cirsium spinosissimum L., Draba frigida Saut., Erigeron uniflorum L., Festuca alpina Sut., Galium helveticum . Weig., Hutchinsia petraea R. Br., Linaria alpina Mill., Phyteuma pau- ciforum L., Poa alpina L., Saussurea alpina L. var. depressa Matt. : n uest' ultima specie costituisce la forma più interessante della monta- p gna, ed i calcescisti predetti sono la stazione classica di questa pianta . la quale finora, per quel che mi consti, fu riscontrata in Val di Susa solo nel sito ora indicato ed a Moncenisio; poi: Saxifraga Rudolphiana Horn., e moschata Wulf., Silene acaulis L., Tararacum officinale Wigg., Viola cenisia L. La fisionomia botanica di questa zona è data essenzialmente dal Ce- rastium latifolium e dalla Campanula cenisia, per la loro relativa ab- bondanza, nonchè dai tipici compatti cuscinetti della Silene acaulis. A proposito della Saussurea depressa giova rieordare che il chiaris- simo Prof. Oreste Mattirolo, esaminata questa pianta del Rocciamelone, ha dimostrato non potere essa assurgere alla dignità di specie autono- mma, come aveva ritenuto il Grenier, ma di semplice varietà della Saus- surea alpina , fondando la sua dimostrazione sulla assoluta maneanza di differenze nei caratteri morfologici delle infiorescenze, unica differenza notando invece nell’apparato vegetativo, e concludendo che nella « Saus- « « « « « surea depressa del Grenier abbiamo la pianta prettamente *nivale, umile, stolonifera, pelosa, sdraiata, serpeggiante fra i detriti di roc- e cie, a sistema radicale sviluppato, adattato insomma alle speciali con- dizioni termometriche ed igrometriche assai differenti da quelle in cui. | si svolge generalmente la Saussurea alpina del D. C. didis 12. Malpighia, Anno XXIII, Vol XXIII. 4 LS cox 7 RM TM ide ENRICO MUSSA « detta », eon queste parole eonfermando quanto il Reichenbach, il quale per altro non aveva potuto osservare esemplari viventi di questa forma, intuiva quando scriveva: « Saussuream autem depressam crescere in illis locis pulcherrimis, ubi rupium nuper aére diremptorum stratum arenosum quoddam praebent », frase scultoriamente descrittiva di questa nostra regione classica del Rocciamelone ! Ck Oltrepassata la Crocetta di ferro — 3317 — sfidando la inelemenza dell'ambiente, poche Fanerogame toccano anche i 3450 metri: Achillea nana L., Aronicum scorpioides Reich., Campanula cenisia L., Cerastium latifolium L., Draba frigida Saut., Geum reptans -L., Lina- ria alpina Mill., Silene acaulis day Tararacum officinale W., Thlaspi rotundifolium Gaud. La fisionomia botanica di questa alta zona del monte è data dal Geum reptans che offre il maggior numero di individui: esso accompagna il viandante nel cammino alla vetta facendosi riparo, a mo’ di cornice, delle sporgenze delle roccie sotto alle quali allunga i suoi stoloni; al Geum reptans sì aggiungano lo Aronicum scorpioides per i capolini in- tensamente dorati e la bellissima Campanula cenisia. Oltre ai 3450 metri non mi fu dato di raccogliere più alcuna specie | — fanerogama. Sarebbe per altro prematuro affermare senz’ altro che la flora cacuminale di cui si tratta abbia un limite superiore, rimanendomi e da esplorare qualche sito a cui finora, per condizioni meteoriche e per ` ristrettezza di tempo, non mi fu dato di accedere. L'unica conclusione provvisoria pertanto è questa, che la Flora cacu- minale del Rocciamelone è molto limitata quanto a numero di entità tassonomiche — 26 — non solo, ma anche quanto a numero di indi- - vidui, e ehe sopratutto eolpisce la notevole resistenza del Cerastium la. tifolium, il quale, a quel che potei osservare, è la specie che si avanza H * più in alto fra tutte le altre su pides montagna. 0) Cfr. eh] MATTIROLO, « Sul valore sistematico della. Saus ussurea de- pressa Gren., nuova per la flora g’ TAPA », in Malpighia, anno II, 1890. ndis pratico , abe la pianta don trovandosi nelle naturali con- | dizioni di vita e sviluppo, reagisce unicamente colle proprie forze alle 1 infezioni parassitarie, e per conseguenza lo studio accurato di tali mi- Igraicoti è è di E sussidio alia Lat sian mol fun- zioni eacchidoeha la gant aipu cresce in località, montuosa ovvero nel piano. Per tale fatto, molte ricerche sui caratteri dei funghi occorre 3 eseguirle sopra matrici raccolte in disparate località affinché siano ben note le forme fungine che si sviluppano sulle varie piante. Così ho ri- tenuto utile rendere di pubblica ragione alcune osservazioni fatte sopra i nghi raccolti in questi ultimi anni nella Valle dell’ Ossola dall’ egre- io voie: G Gola, e dall’ accurato studio di tali intemsnli Sa rile- eu Di e esso ‘tioamderaîmo « come ai importante una specie di Ustilago, e cioè la U. longissima. Tul., assai ampe alla U. A; ypodites Fr. i Mit su eui. si sviluppa: essa invero colpisce le foglie della Glyceria aquatica, mentre l’ U. hypodites si sviluppa tra il culmo e la guaina , converrebbe quindi raccogliere esemplari dell'una e dell' altra specie i studiare le differenze specifiche qualora esse esistano. | doi Tra le Puccinie è notevolissima la P. fusca Relhan la quale, sebbene ua IE UE Dm IE T SEC NORLI non raccolta nell’ Ossola, tuttavia presenta lo stadio uredosporico, il quale finora non fu osservato, e di essa si parlerà in appendice alle Puccinie stesse. Pure importante è una specie di Claviceps, e cioè la CT. pusilla Ces. - che corrisponderebbe alla Sphacelia segetum Lév., ma mancando gli spo- i | rofori, così si può arguire che in questo caso si tratti di una specie co- on gli selerozi in via di formazione. Y Inoltre ricorderemo come particolarmente importante la Molise. Pt È gicola n. sp. la quale è affine alla M. caesia (Fuck.) Sace. È una spe: cie che si sviluppa sul Faggio e differisce dalla specie accennata, per- chè si sviluppa sulle foglie anzichè sui tronchi putrescenti, e perchè presenta maggiori dimensioni negli aschi (sino a 180 n.) e nelle spore | (sino a 39 p.). Inoltre le spore non sono biguttulate. Per questa. dif- E ferenza credo opportuno ritenere nuova questa specie. chiamandola pr . l'appunto M. fagicola. A Sulle foglie di Pioppo e di Quereia riseontrai numerosi. esemplari. di ci Discosia Artocreas (Tode) Fr., specie questa che colpisce numerose piante, i tanto arboree come erbacee, ma non si può ritenere che sia causa della . precoce caduta delle foglie, agio si Pop solamente allorquando le E | foglie sono già secche. Da tutto quanto si è detto, emerge r importanza dello studio delle | varie forme fungine e l utilità di favorire anche le raccolte di tali es- : i seri che si sviluppano nelle regioni alpine; epperciò in altro prossimo | contributo procurerò di trattare particolarmente di quelle forme che | | crescono in alta montagna. d ; . Per ultimo mi è grato esprimere la mia viva riconoscenza al Dott. i Gola; il quale mi favorì gentilmente il prezioso materiale da lui stesso ie raccolto ed il Prof. Voglino per tutti gli aiuti favoritimi. | Dal Osservatorio Consorziale di Fitopatologia - Novem. 1909. FRS MYXOMYCETAE STEMONITACEAE Rost. CoMATRICHA . Preuss. €. typhina (Roth). Rost. ; P. A. Saccardo, Sylloge "Fuugorum VIE, p. 394. Sui legni putridi ro - settembre 1904. TRICHIACEAE Rost. TRICHIA Hall. ita Pers.; P. A. Saccardo, Sylloge Fungorum | VII, M 442. .. Sui tronchi putrescenti a Prata - settembre 1904. . T. scabra Rost; P. A. Saccardo, Sylloge Fungorum VII, p. 444, Sui legni putrescenti sopra Prata - settembre 1904. + PHYCOMYCETAE — — — — ur PERONOSPORACEAE De By... : Cvsropus Lev. o Bliti (Biv.) De By.; P. A. da syll. Yoigo VII, p. 236. ulle pae d di Amarantus Blitum at orti al Piedimulera - Sta "De BASIDIOMYCETAE: AGARICINEAE Fr. Marasmius Fr. C6 -M. Rotula gu Fr.; P. A. Saccarlo, Sylloge Hymenomyestum 1 i; CERA Sulle foglie di city pedneaat allo sbocco del Vallone del Nibbio a Cuzzago - Questo Marasmius sembra molto affine al M. capillaris Mg Su ud: che le spore hanno eguali dimensioni. re ' THELEPHOREÁE Pers. i Ue CRATERELLUS Fr. » A € pusitius Kr; P 5 Saccardo, Sylloge Foam VL p: 517. Nei boschi a Gozzano presso Villa Parona - deer 1904. — Spore En IURE 9.12 v T- Brosisipru Worn. E > E. fikodedindei Cramer; PRA. Saccardo, Syge e VI; E : jeg. 664. | Sul Rhododendron dirmi presso il lago d'Aütiona - eto 1903. USTILAGINACEAE UsriLAGO Pers. V. longissima ow) Tul; F A. Saccardo, e: Tiera vit . Negli ovari di Setaria viridis nei prati presso l'Auza a grz - settembre 1903. - -11. U. utrieulosa (Nees) Tul; P. A. Saccardo, e Fungorum VII, ir p 476: Sul Polygonum alpinum in Valle Formana sopra la cascata del Toce - agosto 1904. A UREDINEAE Brongn. Uromyces Link. i 12. U. Genistae-tinctoriae (Pers.) Page: P. A. Saccardo, Sylloge Fun- gorum VII, p. 550. Teleutospore. Sulle foglie della Galega officinalis sopra il canale dell'Anza presso Piedimulera - settembre 1907, e sulle foglie di Cy- | tisus alpinus nel Vallone di Tignaga presso SRO - setter: bre 1907. 13. U. Hedysari (D. C.) Fuck.; P. A. Forca Sylloge reae VII, p. 560. della Cascata del Toce - agosto 1905. Spore Mo Y 14-19. Wien MELAMPSORA Cast. u M. farinosa (Pers.) Sehroct.; PA Saccardo, Sylloge Fungorum, ds VII, p. 587. Uredospore. Sulle foglie di Salir cinerea a i Pei: presso il ponte sul Toce - agosto 1904 e sulle foglie di Salix sp. presso l'al- bergo della cascata del Toce - agosto 1904. Teleutospore. Sulle foglie di Saliz sp. presso l'albergo della ca- scata del Toce - agosto 1904. 15. M. populina (Jaeq.) Low. P A rc m Sylloge Fungorum, VII, | p. 590. ERNE PN ALCUNI MICROMICETI DELL'OSSOLA Or H5 Teleutospore. Sulle foglie di Hedysarum alpinum presso l'albergo se Uredospore. Sulle foglie di "ages toa lungo il Toce preso 7 NOELLI A. Vogogna - settembre 1904, e sulle foglie di Populus nigra presso . lo sbocco del Vallone della Marmazza - settembre 1904. | Teleutospore. Sulle foglie di Populus nigra lungo il Toce alla Pieve Vergonte-- settembre 1907. onu Puccinia Pers 16. p. coFonata Molei Kleb. m Die wirthswechselnden Rostpilze p. 252,. . Berlin 1904. , Bulle: faglie d di Saliz e Guru nei boschi di Vall Anzasca di fronte. K SI Lev. Dis mal A Vol. XL p 252 = Sulle foglie di „Cytisus alpinus nel Vallone di Tignaga Lina : - Ceppomorelli in Valle Anzasca - agosto 1907. : a © Exxsipms ta ; Pomni H.P. Yagis I Funghi più dannosi alle pianto della | Provincia di Torino nel 1905. Ann. Reg. Ace. Agric. Torino, Yol 48, A PM A. NOBLLI E: communis W: sho Era P. A. Saccardo, Sylloge Fungorum WILL p. 18. ` Sulle foglie di Cytisus alpinus presso il lago d' Antrona - ago- sto 1903. T n Aschi 48-73 « 39-43; spore 10-19 v 9-14. SPHAERIACEAE CORLOSPHAERIA. Sace. 32 C. sami Pers) Karst.; P. A. faida. Syll. Fung. I, p. 9l. r Sui tronchi putrescenti tra S. Carlo di Vanzone o Pontegrande — - agosto 1905, e sui Hone: putrescenti presso Pallareno - ottobre 1903. "Asch 67.80 912; spore 16-21 v 3-4. j -Varsa Fr. | 33. V. salicina F. Fi; P L Seco» sylloge Fung. Vol. 3l. ps Sui rami di Salis purpurea. in Valle d’ Ossola presso la Tea alla Pieve Vergonte - settembre 1907. ie Aschi 26-30 x 6-7,20; spore 12-14 v 22,40; nella kabe E me hanno le seguenti dimensioni : 44-68 v 8, e trovasi notato che gli aschi. - ior hanno de eon 2032 * 57 n. HypoxyLon Bull. - 9E HM. cacchnstm Bull., P. A; uccardo, Sylloge Fangy Vol..I; pi 383. Nei bosehi di Corylus Appllana + di fronte a a i oon > settem. 1904. doi 672, A4. Pruosrona Rab: PL. Mean (Pers.) Rab.; P. A. Saccardo, Sylloge Fung. II, p. 247. .. Sui fusti di Phyteuma sp. presso Ceppomorelli in Valle Anzasca | - agosto 1907. HYPOCREACEAE De Not. CravicEPS Tul. CL pusilla Ces.; P. A. Saccardo Sylloge Fungorum II, p. 565. Sphacelia segetum Lév.; P. A. Saccardo, Sylloge Fung. IV. p. 666. Sulle foglie di Andropogon Ischaemum lungo il Toce a ia ` - estate 1907. Spore 3-7 v 2,403, - Questa specie importantissima, corrisponde per le dimensioni alla Sphacelia segetum Lév., ma non mi fu possibile osservare gli sporofori. > Si avrebbero quindi, in questo caso, md. solenni: in via di formazione. DOTHIDEACEAE N Nits. et Fuck, PLOWRIGHTIA Sace. 38. Plowrightia Usak imas ie P. A. Saccardo, Sylloge - Ent orum II, | pe 034. : “Sui rami di BE rhamnoides nell: alveo del Toce a rede "d wa. Agosto 1907. Negli esemplari studiati. gli anch e le spore differiscono di molto per: le dimensioni da quelle indicate nella Sylloge e difatti ottenm: : aschi ae ber 30-4968 y 25pn. -. OOS CETE qe Col i HELVELLACEAE Swartz. SPATHULARIA Pers. 3. . Sp- clavata (Schaft » Biss p. A. Saccardo, Syllog. Fog Vol. VII, = » 48. : Sp. flavida Pers. ca Nel Vallone di e presso a ila in Valle Anzasea > : agosto 1907. Spore 43-48 v 2,40 — parafisi 52-59 v 2. PEZIZEAE Fr. Peziza Dill. 40. Poll tineturella Cooke et Sace.; P. A. Saccardo, Sylloge Fungoram Vol. VII, p. 88. Sulla terra a Premosello - ottobre 1904. . npe 12-16 Y 68. Mottisia Fr. 4L. M. Rino n. sp. des | Ascomatibus gregariis, “Saper sficialibus, minutis, sessilibus, 1- 1 5 mmn. dat. planis, demum converis, extus glabris, fuscis. Ascis elongatis, clavifor- nibus, 8-sporis, 165-180 v 14-19 p.; sporidiis stipatis in parte supp: asci, elongatis, continuis, hyalinis, apice obtusis, infra acutis, 21 -39 wi - La s Paraphysibus filiformibus, gracilibus, curvulis. Sn : © Sulle foglie di Fagus sylvatica sopra Fomateo - Settanta sms p Questa specie differisce notevolmente: dalla M. caesia (Fuck.). «en: P. Sn RM Moe Fungorum Vol. TS is T us le dimensioni s xs SPHAEROPSIDEAE PEN EM a SPHAERIOIDEAE Sics D | Phoma Fr. . . Ti e E CMM (Bers.) West.; P..A. dana. Sylloge Fungorum aa p. 125. Cxróstona Ehrh. COSE Saec. Sylloge Fungorum III, p. 262. Sui rami di Saliz purpurea a Piedimulera - estate 1907. LEPTOSTROMACEAE Saee. Discosra Lib. | Sulle foglie di Populus nigra e di ‘Querce pedunculata. nel Val- : ne di Hm preso nd in Valle Anzasca : ea 1907. i deny si sviluppa solamente sulle foglie secche. | die quc MHYPHOMYCETEAE | (0 DEMATIEAE Fr. ve 2 | Coxioriomw Culla van dt ai Desm.; P. A. < Saccardo, Sylloge Po Vol. IV, ba. Salle foglie i) Cornus sanguinea bn il Toce a Qi p ede ot a s. Clematidis Fuck.; P. A. nies Sylloge Fung Vol. IV, P6 5 22 A. Villani ex nat. delin. Malpiglia Vol. XXIII. Le BUSCALIONI E G. MUSCATELLO FOT. ELIOT. CALZOLAR! & FERRARIO ~ MILANO Malpiglia Vol. XXIII. L. BUSCALION! E G. MUSCATELLO FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO - MIL x ; Le è FERRARIO - Mii CALZOLAR! ELIOT. Malpiglia Vol. XXIII. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO FOT. L. Fig. 49 _. L. Busealioni e G. Muscatello delin. fe Panca a e a LA TE Te " s PEU IRE ELIOT. CALZOLAR! & FERRARIO - MiL: x x $ > s E à | 3 | t. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO FOT. Lu qr CONDIZIONI — Wi La MALPIGHIA si pubbliea una volta al mese, in DAL di 3 fogli di stampa almeno, corredati, secondo il bisogno, da tavole, L'abbonamento p ums importa L. 25, pagabili alla zieezione del 1? fascicolo. dell’ annata. L'intiero volume annuale (36 fogli in 8° con cirea 20. tavole sarà messo in vendita al prezzo di L. 30. "Non saranao venduti fascicoli separati. Agli Autori saranno corrisposte 100 copie estratte dal periodico, 15 giorni dopo la pubblicazione del fascicolo. Qualora fosse da loro.richiesto un maggior numero di esemplari, le copie in più verranno pagate in ragione di L. 10 al x foglio (di 16 pag.) per 100 eopie. Quanto alle tavole T occorrerà soltanto rimborsare le spese di earta e di tiratura. Le associazioni si ricevono presso il Prof. 0. Penzio in Geneva e Mosen: le prineipali Librerie Italiane e dell' Estero. Ai Librai è accordato lo sconto del 20 9/,. I manoscritti e le corrispondenze. destinate alla MateicuIA dovranno essere indirizzate al Prof O. Penzie in Genova ssh ; ‘Sì accetta lo scambio con altre p pubblicazioni periodiche seelysivaniento bo- ; taniche.. ` une Per annunzj e inserzioni. i rivolgera al Redattore Prot. 0. Penzig, R. Univer- i sità, Genova. o Tariffa delle inserzioni i sulla copertina per ogni inserz ione. i 1 e S È i ue pagina... ‘L./20 3/4 di pagina. » 29 | ^ 1/4 di pagina. » ‘15 T UM In fogli separati, annessi al faseicolo, a Prat da onyenirel. m IALPIGHIA - RASSEGNA .MENSUALE DI BOTANICA REDATTA DÀ O. PENZIG Prof. all’ Università di Genova Axxo XXIII — Faso V-VI ie e MARCELLO MALPIGHI 4625-1694. NOVA -TIPOGRAFIA DI ANGELO CIMINAGO BU v c CONDIZIONI - La MarPrenmiA si pubblica una volta al mese, in fascicoli di 3 fogli di stampa : almeno, corredati, secondo il bisogno; da tavole. : "Nrabbonaiento annuale MS L. 25; BREST alla ricezione del 1? AEN dell anne.: : —L'intiero volume: iaia (36 fogh i in go eon eirca 20 tarpia) sarà messo dn vendita al prezzo di L. 30. . Non saranno venduti fascicoli Béparsii. Agli Autori saranno corrisposte 100 copie estratte dal brodé, 15 giorni - dopo la pabblicazione del fascicolo. Qualora fosse da loro richiesto un maggior numero di esemplari, le copie in più verranno pagate in ragione di L. 10 al soltanto rimborsare le spese di carta e di tiratura. Le associazioni sì ricevono presso. al Prof. 0. Penàto in Genova e presso A. , principali Librerie Italiane e dell' Estero, Ai Librai à accordato lo sconto. del 20. To: “I manoscritti e le corrispondenze destinate alla Matrici iuo d essere liucivizzato al Prof ‘0. PENZIG in Genova. taniche. , Per annunzj e indi fata al Redattore Prot 0; benie, R R. Univer- onu, Genova. - Tariffa delle inserzioni šali copertina per ogni inserzione. PME ju pagina... E 30 — 1/2 aha. L 20 Due di i pogina; » a E A di pagina. » 15 h fog separati, annessi. al il fascicolo, a zen da convenirsi. | foglio (di 16 pag.) per 100 soplé; Quanto álle tavole em occorrerà. 8i accettà le paia con nis pubblicazioni pedi che ésilusivamente bo-. A REVISIONE MONOGRAFICA E del genere Romulea Maratti DR STUDIO BIOLOGICO DeL Dorr. AUGUSTO BÉGUINOT Assistente e Docente di Botaniea presso la R. Università di Padova im (Continuazione) : III. Considerazioni sulle affinità, sulla distribuzione geografica e sulla genesi del Genere Romulea \ 1. La posizione sistematica del gen. Romulea ed i eriteri di classificazione. l. Critica dei sistemi di classificazione. — La posizione sistematica ‘ del gen. Romulea, le sue affinità, la maniera di circoseriverne e di rag- i grupparne le specie furono intese, come emerge dai due precedenti ca- SÈ pitoli, in modo assai diverso a seconda degli autori. Brevemente riassumendo, qui ricordo che specie dell'attuale genere fu- rono descritte o riferite (*) al gen. Crocus da Anguillara (1561), Clusio A e 1601), Lobelio (1576 e 1591), Dalechamp (1587 e. 1653), Do- loens (1608 e 1616), Gerard e Johnson (1633), Bauhin e Cherler (1651), Grisley (1661 e 1749), Barrelier (1714), Van Royen (1740) e collocato per lo più fra le piante bulbose. Gruppo eterogeneo nel quale, con evi- : dente misconoscenza delle: affinità naturali, erano comprese monocotiledoni È e dicotiledoni con Pares ipogei di riserva a tipo di bulbo, (ide ri- zoma, ece. ^ Partendo dalla supposizione the il nostro genere fosse stato già de- seritto da Teofrasto, sotto il nome di « Sisirinchio » ad esso riferì il Co_ — E de Per le opere, da | cui questi dati sono desunti, rimando ai cenni sto- xu : rici e bibliografici consegnati nel primo: capitolo della parte speciale, limi- — tandomi a citare solo quelle colà non ricordate. [d b Malpighia, “Anno XXIII, Vol. XXII. fu 186 $ A. BÉGUINOT ; e - lonna (1606 e 1616) le tre specie da lui scoperte in Italia: opinione se- x: guita da Cupani (1697), laddove Morison (1680 e 1715), Gaspare Bauhin ^ - (1623) e Ray (1693), con strano trattamento, ascrissero alcune specie a Crocus ed altre a Sisyrinchium. Questo ultimo nome, come è noto, fu * in seguito adottato da Linné per un genere, pure delle Iridacee, tutt’ af 3 . fatto diverso ele cui specie, in prevalenza americane, furono eertamente SOM ignote a Teofrasto. Nella seconda metà del sec. XVII il nostro genere entra a far parte, | per opera del Morison, della sezione « De exapetalis tricapsularibus » e precisamente del gruppo di specie a radice tuberosa. Sezione abbastanza felicemente costituita, in quanto essa non contiene che rappresentanti — delle Gigliacee, Iridacee ed Amarillidacee ed è quindi forse la prima in- | tuizione, per quanto rudimentale, delle « Liliiflorae » — avendo l’A. col» locato in un « membro » a sé le Dicotiledoni eon organi ipogei meta- morfosati. E classificazione non molto diversa fu escogitata dal Ray (1682 e 1693) (*) ehe dalle bulbose genuine — tra eui colloca Crocus e Si-- syrinchium e quindi le nostre Romulea:— distacca le « erbe affini alle bulbose » comprendenti, assieme ad alcune Iridacee e Ped: non pochi generi dicotiledoni. Visione più chiara portò Tournefort, la cui classe IX delle Zastitu- tiones (1700) abbraccia erbe o suffrutici « flore liliaceo ». Le Romulea, comprese fra i Crocus, fanno parte della sezione seconda: « De herbis, flore Liliaceo, monopetalo, in sex parte secto, cujus calyx abit in frue- tum » e che comprende, oltre il nominato, i gen. Nurcissus, Iris, Xi- phion, Sisyrinchium, Gladiolus; Aloe e Cunnacorus: progresso evidente | rispetto ai precedenti classificatori. Nel Corollarium (1703) le Romulea fino allora descritte sono riunite sotto un genere a sé « Bulbocodium » pure da riferirsi alla classe IX. Al Tournefort spetta, quindi, il merito della istituzione del genere, purtroppo non ripristinabile, avendo Linné adoperato (1737) questo nome per una nota Colchicacea. ; Venne invece mantenuto dal Ludwig (1737) e collocato nella classe | © G. Rav, Methodus plantarum nova 1 etc, Londini 1682, p. 151; Historia e pen tom. II, Londini 1098: p. 1104 i i i REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA Madia ; E Ere prima « Plantae flore perfecto, simplici , svi , monopetalo » e pre- -cisamente nel gruppo, molto eterogeneo e quindi fallace, delle « Trian- |’ n therae monostylae ». Poichè Bulbocodium Ludw. fu pubblicato nel Mag- gio-Giugno del 1737, laddove il « Corollario » ai Genera di Linné. = vide la luce solo nell’ Ottobre di quell’anno, il Kuntze (1891) tentò la rivendicazione ed il ripristino del genere quale fu inteso da Tournefort e Ludwig: ma, come è noto, il suo tentativo non ebbe seguito. Non maggiore progresso segna la costituzione della « Triandria Mo- nogynia » di Linné (1737), alla quale ascrisse, in base al numero degli stami e dei pistilli, i gen. Valeriana), Boerhaavia, Tamarindus, Cneorum, Rumphia, Crocus, Gladiolus, Antholyza , Iris, Commelina, ~ Xyris, Cyperus, Scirpus ed Eriophorum: indigesta collezione contenente — elementi di ben 9 famiglie naturali, aumentate nelle successive edizioni dei Genera e delle Species. È però da tenere presente che in altre opere . M a ino introdotte nel seno della « Monandria Monogynia » ulteriori divi- x D È sioni. Cosi nel « Systema Naturae » del 1748 (Crocus, Ixia ed altre O - Iridacee, insieme a Commelina e Xyris, fanno parte di un gruppo ca- ee ratterizzato da fiori spatacei e da cassula triloculare. Nell’ edizione del | di 1760, assai meno felicemente, generi di Iridacee insieme a Valeriana, Melothrix ecc. costituiscono un gruppo caratterizzato da fiori superi, in | contrapposizione di un secondo a fiori inferi e di un terzo a fiori gra- miniformi. Nei « Fragmenta methodi naturalis » (in « Classes plan- kil 1738, p. 490 ») il V ordine comprende Zris, Gladiolus, Antho- lyzae Sisyrinchium ed il VII Crocus, Gethyllis , Bulbocodium è Col- chicum; mentre nella « Philosophia botanica » del 1751 (p. 27) fra i gruppi proposti compaiono le « Ensatae » con i generi /ris, Giada, | Antholyea, Iria, Sisyrinchium, Commelina, Xyris, Eriocaulon ed Aphyl- lantes: i quattro ultimi da escludere ed altrettanto dicasi dello stesso gruppo quale fu concepito nelle « Praelectiones in ordines naturales plantarum » (1792). Continuato sforzo, non coronato da successo, per arrivare ad un metodo naturale di classificazione! In queste ed altre opere le Romulea sono dapprima assegnate al gen. Crocus MER. n. e quindi alle Zzia (1762, 1766, 1768 ete.). | n x Preoceupato il gen. Bulbocodium e non ripristinabile per mal de à A. BÉGUINOT. finito, il gen. Imu (') proposto dall’ Adanson (1763), non restava che istituire un nome nuovo e questo devesi al Maratti (1772) che, in base a confronto con i gen. Crocus, Sisyrinchium, Bulbocodium, Tria e Col- chicum, riconobbe nelle forme crescenti nei dintorni di Roma' caratteri di un genere a sé, che chiamò Romulea: nome, consegnato in un opu- scolo raro e scarsamente diffuso, e perciò non preso in considerazione . durante cirea mezzo secolo. i ; ` La « Dissertatio botanica de Ixia » del Rung (1783) è il primo ab- bozzo di una Monografia del genere evidentemente ricaleata sulle opere linneane. Sotto il nome di Zzia Bulbocodium, l autore sommariamente - deserive sette forme diverse, alcune già considerate come specie a sb. altre descritte in seguito allo smembramento di questo farraginoso com-. plesso. . All’ignoranza di quant era | stato acquisito alla scienza devesi la crea- zione del gen. Zrichonema da parte di Ker-Gawler casa e del genere Spathalanthus da parte dello Sweet (1829). Il nome di Romulea fu tratto dall'oblio, per ‘quanto io sappia, la prima — - . volta dal Persoon (1805), che lo adoperó a distinguere una sezione di C x: Izia: ma il merito della rivendicazione del genere, quale fu inteso dal | Maratti, devesi a Sebastiani e Mauri (1815) che, inoltre, ne descrissero . con nomenclatura binomia due delle specie sommariamente da quello | caratterizzate. La sua posizione è fra Crocus e Gladiolus nelle « Trian- - dria. Monogynia »: classificazione, tale fu I influenza dell’ opera lin- neana, mantenuta dalla massima parte dei sistematici e floristi fino a mezzo secolo fa. | Le ribellioni, però, è da tenere presente si iniziarono ben presto di- rette, da parte delle menti. più evolute, alla ricerca di un metodo vera- | mente. naturale. Ed il primo tentativo devesi, per quanto io so, appena - i tre anni dopo la pubblicazione dei « Genera » ad opera del Van Royen ti (1740). Nel « Preludium methodi naturalis » premesso alla sua « Flora — 5 Leydensis » il Van Royen spartisee, con notevole perspicacia, le piante | tutte in 20 classi, nella seconda delle quali « Lilia » e precisamente o0 È frai« nomina ARRET > secondo il deliberato del Da i in- ternazionale di botanica insigne a Vienna nel. 1905. i REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA amat 189 nell'ordine « Lilia dleii » annovera il gen. Crocus, insieme r^ altre | Liliiflore, Juncus e qualche altro genere estraneo: e nei Crocus sono comprese le nostre Romulea. . Maggiore indipendenza e dirittura di vedute rivelò l'Adanson (1769) . che colloca il su gen. 7Ipmw accanto a Sisyrinchium nella sez. VIII ni lrides » della famiglia delle « Liliaceae »: sezione contenente generi per la massima parte riferibili alle Iridacee ed 6, quindi, la prima na- turale eomprensione della Famiglia. La quale, purifieata di elementi estranei, fu elevata ad ordine a sè « Irides » dal Jussieu (1789) e posta - (fra le Monocotiledoni. All’ immortale autore dei Genera devesi, inoltre, la prima spartizione dei generi, ponendo in un gruppo quelli con stami — i eonnati ed in un altro, comprendente Iria e Crocus, quelli con stami liberi. Distinzione non accettabile, essendosi il carattere ripresentato piü volte in gruppi filogenetieamente molto distanti, ma che apre l adito ‘ad un più razionale raggruppamento degli stessf. Ludovico Reichenbach credo sia stato il primo (1828) a provarsi al 5: | cimento, spartendo le Iridacee in Ferrariee, caratterizzate da perigonio ‘eterogeneo, regolare, con filamenti staminali connati, Gladiolee con pe- i rigonio irregolare ed Ixiee pure eon perigonio regolare e stami liberi , ed a queste ultime ascrive i generi Zrichozema, Crocus, Galazia, _ Izia, ece.: gruppi abbastanza ben costituiti e che, è bene riconoscerlo, i - formano la base delle successive classificazioni. Cinque sono le tribù che il Dumortier (1829) incide nella Famiglia e cioè ‘una, le Ferrariee, con È stami monadelfi e quattro con stami liberi (Moreacee, Gladiolee, Ixiee | Crocinee). É notevole in questo schema di elassificazione , integral- o mente accettato dallo Spach (1846), la collocazione di Zrichonema nelle Ixiee a spata bivalve, mentre Crocus, unico rappresentante, è posto nelle D Crocinee a spata univalve: dico notevole, perchè in parte è lo schema da me proposto. Il gen. Trichonema è, invece, collocato tra Crocus e Geissorhiza da Bartling (1830) e dall’ Eadlicher (1837), mentre Parla- tore (1858) divise le Iridacee italiane in Croeee, Gladiolee e Xifiee di- : ‘visione accettata da molti botanici. Tra il 1863 ed il 1866 vide la luce, ad opera del Klatt, la più volte — citata « Revisio Iridearum » che é il primo lavoro complessivo sulla Fa- do 190 . | A. BÉGUINOT d ; miglia a carattere monografico. La quale é divisa in cinque sottordini : TR y - . Gladiolee, Iridee genuine, Cipellee, Sisirinchiee ed Ixiee ed il gen. Tri- ; i ‘chonema trova il suo posto in quest'ultimo, nel seguente schema di clas- sificazione : | | stigmatibus linearibus indivisis (Iria, HesperanBla, Geissorhiza) stigm. linearibus emarginatis (Botherbe) stigm. profunde bifidis ( Trichonema, Freesia) stigm. sensim dilatatis, subtruncatis, vel fimbriato-plicatis, md dis vel multifidis ( Crocus). Il gen. Trichonema è è alla sua volta distinto nelle seguenti due sezioni : L Romulea. Stamina stigmatibus aequalia vel breviora. II. Trichonema. Stigmatibus stamina superantibus. Classificazione alla quale, come dimostrerò ampiamente netto pagine seguenti, è fatta una posizione arbitraria ai gen. Trichonema e Crocus che sono i due capostipiti di gruppi indipendenti delle Ixiee : e tutt'af- T fatto arbitraria e falsa la distinzione introdotta nell'ambito di Zrieho- nema, in quanto l'altezza del pistillo e quindi la posizione dello stigma . . rispetto agli stami designa, non raramente, variazione individuale do- | vuta ad eterostilia e perchè l’A. ha riunito nei due gruppi tue medi- terranee e capensi di diversissima affinità. Mo Altre due trattazioni generali sulle Iridacee devonsi al Baker. Nella ` is prima (1878), sotto il titolo « Systema Iridacearum », l'A. divide la Fa- ile in tre serie: Îxiee, Iridee e Gladiolee, ciascuna con tribù e sot- totribü. Le Ixiee, che più direttamente ci riguardano, abbracciano 4 tribù, nella prima delle quali « Croceae: herbae bulbosae staminibus li- beris » nel gruppo a fiori non disposti a spiga colloca i generi Crocus, ` Syringodea e Romulea; mentre nella seconda tribù « Galaxieae: herbae bulbosae , staminibus coalitis » è posto il gen. Galazia, che parecchi autori in seguito hanno avvieinato ai tre sopra nominati: laddove è | quivi. posto accanto a Spa£halanthus (che non esiste! ), Homeria, Ferra- ria, ece. ad affinità assai disparate. Nè più felice è il raggruppamento - delle specie del. gen. Romulea del seguente tenore: «e Species mediterraneae et montium Africae tropicalis (distinte alla — |J d ins, ra rae, premis e mdp) mw Fe E. Raggruppamento quasi in ogni parte arbitrario e per valide ragioni. | Il criterio fitogeografico, ‘nella sistemazione delle entità specifiche, è da prendere, senza alcun dubbio, in grande considerazione, ma a condizione che ciascun gruppo fitogeografico comprenda elementi morfologicamente (e presumibilmente filogeneticamente) affini: sia cioè un gruppo morfo- geografico. Non è questo il caso del primo gruppo proposto dal Baker, dove le specie tropicali sono una evidente emanazione delle capensi, cui de- vono essere ricondotte. Le distinzioni fondate sulla grandezza e colora- -. zione del perigonio hanno, entro certi limiti, innegabile valore: ma l'A., avendo omesso di tener conto di altri caratteri, è riuscito per lo più a riunioni eterogenee. Così le « Chloroleuche » contengono due specie (R. chloroleuca e R. latifolia) da considerarsi quali variazioni, con tendenza - all'albinismo, la prima di una entità rosso-violacea e cioè di R. rosea e la ... seconda di una gialla e cioè A. bulbocodioides, ecc. Egregiamente costituito .. è il gruppo delle Mediterraneo-grandiflore, che comprende (il caso qual- che volta aiuta!) entità affini di una sola stirpe, quale è da me intesa : laddove il gruppo delle porporine abbraccia entità grandiflore e parviflore appartenenti, secondo il mio schema, a ben cinque diversi lignaggi o stirpi ! Nel 1883 vide la luce quella parte dei « Genera plantarum » di dacee. Le quali sono distinte in Moree, Sisirinchiee ed Ixiee e le se- conde in 4 sottotribù, la prima delle quali « Croceae » abbraccia i ge- neri Crocus, Syringodea, Galazia e Romulea. La grandiosa opera.dei botanici inglesi indusse il Baker a ritoccare nel 1892 nel suo « Handbook of the Irideae » — che è e resta la trat- tazione più completa dell'intera Famiglia — il suo schema di classifi- cazione, accettando quasi dovunque quello proposto dai sunnominati. Immutato restò invece il raggruppamento delle specie del gen. Romu- dacearum » fu ritoccato e completato dal Klatt, collocando Romulea , insieme ad Zzia ed altri generi, nelle Euixiee, Syringodea e Crocus nelle | Crocee. Notevolmente peggiorandolo , l’ A. riformò il suo quadro delle Romulee, che integralmente riporto : REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 191 II Species capenses (e queste in: /ufeae, rubroviolaceae e chloroleucae). Bentham ed Hooker che comprende, fra le altre monocotiledoni, le Iri- lea, sopra analizzato. Il primo lavoro, invece, e cioè il « Systema Iri- ang I. Euromulea: scaposae. A. Scapus solitarius. IL Stigmata staminibus breviora a Columnae e R. purpura- scens). I. Stigm. stam. aequalia ( R. Parlatorii, longifolia , hirsuta , | uliginosa e tridentifera). > III. Stigm. stam. superantibus (R. Pylia, barbata, subpalustris | e chloroleuca) La B Scapus simplex , Mor ex eodem bulbo 1-3, basi foliatus et | eaginatus. I Stigm. stam. breviora (R. o e AR toi | i I. Stam. stigm. aequalia (R. multiflora, Camerooniana, obscura, caulescens, tortuosa, subiutea, aurea, Linaresii, Rollii, s tica e Revelieri).. i HI Stigm. stam. ni (A. elegans , rosea, Celsii, dn. | Cowani , Bulbocodium , crocea, nivalis, crocifolia, numidica, pulchella, corsica, ss ligustica e latifolia). i Subgenus II. Trichonema: caulescentes. E Caulis apice foliatus. Inflorescentia spicata. aa a “COR Stigm. staminibus breviora (R. flezuosa , tubata , sl n° speciosa e dichotoma). | IL Stam. stigm. Meses (R. cruciata, i pudioa, vncinata e cu- prea). ; : GIL Stigm. stam. superantibus (R. arenaria , umbellata e Clu- siana).. ~ Caulis apicem e ex spattis Foliaceis flores ie producentibus. I Stigm. stam. breviora (R. bulbocodioides).. sd er stam. - superantibus E fli. drpudiean ed tar- sioni, su cui non. | poco ps a M ed p^ daro w un’ idea soltanto approssimativa di quanto di erroneo ed ) nello schema è Miaaificasione dalla omai so- "i © REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI intercalare, dopo la fecondazione ed assume, specialmente in alcune spe- cie, l'apparenza di vero fusto. Inoltre lo scapo è sempre unico e resta semplice in alcune specie, si ramifica in altre, dando l' apparenza che sullo stesso tubercolo prenda inserzione più d' uno: ramificazione , ag- : giungo, che è non raramente carattere individuale o di semplice varia- rispetto agli stami che, in alcune specie o gruppi ha indubbio valore, non può essere assunta indipendentemente da altri caratteri, anche per- ché spesso gia come dissi sopra, variazione individuale dovuta ad eterostilia. | Dati criteri siffattamente erronei e conoscenze così imperfette, si com- ends come il Klatt sia pervenuto alla costituzione di gruppi etero- genei e disobbedienti alle leggi delle affinità naturali : eterogeneità ri- elata a prima vista dal trovarsi riunito in uno stesso gruppo specie mediterranee e capensi con filogenesi, a vero dire, molto oscura. Seguendo la classificazione Engleriana, il Pax (1888) distingue le Iri- dacee in Crocoidee, Iridioidee ed Ixioidee e nella prima sottofamiglia annovera i gen. Crocus, Syringodea, Romulea e Galasia : gruppo già Vd da Bentham ed Hooker. Sarebbero distinti dai seguenti caratteri: - à, Olerivdiseher Stengel fehlt. Röhre der Bih. sehr lang. (0 Grifet (Crocus). : b. Narb. pap. auf. der Innenseite der PAIR Griffeláste (Syrin- m godea). | B. Oberirdischer Stengel kurz. Röhre der Bit. kurz oder massig lang. a. Stb. frei. Griffelüste nicht blumenblattartig verbreitert (Romulea). b. Stb. in eine Röhre verwachsen. TT oben. S edera verbreitet (Galazia).. ruppo, come sarà detto avanti, solo apparentemente omogeneo, ma à tutt affatto fittizia , poichè tutte le Romulea hanno scapo in grande | parte ipogeo, che più o meno si allunga, in seguito ad accrescimento zione: l’ infiorescenza non è mai a spiga, eec. La posizione del pistillo. a. Narben-papillen nur an der Spitze des priva: oder Sa : # tavia accettato da Baillon dieen e più di recente dal Dalla Torre ed 194 A. BÉGUINOT Nell'elaborazione della Famiglia per la « Flora Capensis » di Thisel- ton-Dyer, il Baker riunisce le 19 specie in un sottogenere Romulea, ca- ratterizzato da filamenti staminali liberi ed una in un sottogen. Spa- thalanthus con i filamenti saldati in tubo: le prime, alla lor volta, di- stinte in « luteae, chloroleucae e rubroviolaceae ». Ove è da osservare che il gen. Spathalanthus, creato dallo Sveet è, come dimostrai nella parte sistematica, fittizio, mentre le altre divisioni incorrono nella stessa critica già avanti prodotta. Nelle Romulee del Portogallo il Sampaio (1904-05) ib due se- zioni « brevitubiferae e longitubiferae »: la prima con un gruppo « Bul- bocodianae » comprendente R. Clusiana e R. Bulbocodium: la seconda — in due gruppi « Linaresianae » con R. Columnae e « Ramiflorianae » EU con R. ramiflora e R. tenella. Corrispondenti il primo alla mia stirpe | di R. Bulbocodium, la terza a quella di R. ramiflora e perciò indovi- nati: laddove nel secondo è tentato un ravvicinamento invita natura di R. Columnae e R. Linaresii, questa ultima mancante nei territorii ibe- rici e ad affinità assai diverse. Aggiungerò da ultimo che Delpino (‘) aserisse le Iridacee tutte uit ; ..— Monocotiledoni eucicliche (tricieliche) criptadeniee e criptadenie è il ge- nere Romulea: laddove, come egli stesso finì per riconoscere (°), altri generi sono genuini petaladeni (?). ^ 2 Schema di classificazione proposto. — Da questa esposizione emerge | che le classificazioni avanzate dai botanici che si cimentarono sulle Iri- dacee od in particolare sul nostro. genere differiscono notevolmente fra loro ed offrono, qual più qual meno, il fianco alla critica. Prima di pro- porre la nostra, data eosi profonda divergenza di vedute, credo oppor- - tuno di portare la diseussione sui caratteri tutti» offerti dalle Romulea: .— () F. DELPINO, Applicazione di nuovi criteri per la classificazione delle » piante. Sesta Toe n « Mem. R. Acead. d. Sc. dell" Ist. di Bologna, ser. 5.*, «tom. VI (1896) ». s Gi Apg ianje alla teoria della k, aspici gione delle Monocotiledoni. A, | < Thid., ser. 5.3, tom. X (1909) ». C) Queste pagine erano già scritte e sia quando vide la luce il 3.9 | volume della « « Flora sicula » di M. cano Palena (Palermo 1909) , che REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 195 m AM trattazione che faccio precedere da una suecinta esposizione sui carat- Ras teri. in generale , la maniera con cui furono intesi e classificati ed il x oro impilgo sistematieo e nell' indagine filogenetica. . 1 contiene (pag. 59-66, tab. V. fig. 1-3) la trattazione relativa al gen. Romulea. A. dispone le 13 specie (di cui solo 11 crescenti con sicurezza in Sicilia) da. sd E seguente modo: E 4 Stylus androcev brevior t Folia longa rigidissima ai erecta (sic!) dura non éorciütula coorti plerumque vernicosa (sic!?). Herbae robustae. © Florex maximi (R. sicula Lojac.). CO Flores medii (R. longiscapa Tod., R. ramiflora Ten., R. Parlatoris Tod.). SEI Folia giusta are-distorta v. varie fera (R. flaveola Jord., R. Li- i Parl.). . OOO Flores minimi (R. Columnae Seb. et M., R. modesta Jord. at Fourj - Ao | ** Stylus androceo superans (sic!). Flores e grandiores v. maximi (sic!) i (R. Bulbocodium Seb. et M., R. pulchella Jord. et Four., R. lon- o gistyla Lojac., R. Bruni Lojac., R. intermedia Tin.). Sa Come può dedursi dal confronto con gli schemi sopra addotti, il pre- sente ne condensa, in un latino pibe e la maggior parte degli er- rori ed altri ne aggiunge di proprio. Patente dm dimostra che l'egre- = 0° gio autore è ben lungi dall’ essersi reso. ver: | polimorfismo o, dirò du aeiio, sario variazione fluttuante cui il prize è in preda: il che reca n dien sia pet vi si è cimentato Ped ultimo, = l’ espe- for- dai pin tiche fondate su prevalenza, ora de la lunghezza dello stilo (eterostilia), la la larghezza e cioè il diametro su iore della foglia (pla latifillia. e stenofii il grado di sfiocca : a iato in natura ed in 196 A. BÉGUINOT A. Generalità sui caratteri e loro classificazione. — Tutti i diagno- sti e specialmente gli autori di sistemi, artificiali o naturali i ebbero presente uno schema di classificazione dei caratteri e fra i prelinneani merita di essere ricordato l inventore dei generi naturali, il Tournefort, ; che nella prefazione degli « Elementi di Botanica » (*) e nella « Isagoge E in rem herbariam » (°) discusse a fondo e con notevole competenza ed tutte le specie da lui proposte od accettate. Cosi R. sicula Lojac., il cui carattere principale risiederebbe nelle spate « supra ovario constrietae, | m strangulatae » (carattere indiziante secondo l'A. affinità con specie dell'A-.. a friea merid.!!) mostra all'evidenza che egli non si é accorto che tale Ro rium normalmente prende di phis hec la spata superiore od interna e é comune a tutto il genere e è bene evidente solo quando Povi : rio non ha subito fecondazione! di di R. longistyla Lojac. è il. prodotto della genuina miscoscenza di quanto fu scritto dal Battandier, Freyn, Pandiani e da me stesso sull'eterostilia cui molte Bulbocodiane - il tipo per parecchie località di Sicilia: indicazioni per me assai dubbiose, prevalendo nell'isola la variazione cianica descritta sotto-il nome di var. grandiflora ecc. ecc. me chiunque può rilevare dalla parte sistematica della mia monografia, mi sono guardato bene di trascurare, come il Lojacono afferma, quanto Jordan e Fourreau avevano scritto sul genere: ma mi sono anche guar- dato di considerare, a dignità di specie, semplici varietà che l egregio florista siculo si affanna a corredare di diagnosi, piuttosto che suffragare rajatta dal Parlatore su pianta secca!) ed in nessun caso da avvicinarsi a R Linaresti, capostipite di una stirpe a sè: che R. Parlatoris Tod. non sia specie buona, ma forma stenofilla ed uni-pauciflora di R. ramiflora Ten n. ; e che a questa non possa essere avvicinata R. longiscapa Tod., specie di pa- ia tria ignota, ma con manifeste affinità capensi, ho o portato troppi dati, per- ché io debba qui ripetermi. E mi limito a concludere che lo schema di ; classificazione del sig. Lojacono e la maniera di intendere e circoserivere . le specie designano nell’ A. conoscenze E MN. A genere, e come egli. sia ben poco al corrente dei progressi della scien P Élémens de Botanique, ou méthode pour A les plantes, rari, Es Nella prefazione alle; + Institutiones rei Herbariae. Dr. 1700. | REVISIONE MONOGMAFICA DEL GEN. ROMULEA MaRA?TTI ——— 197 ‘indipendenza di giudizio sui caratteri e sopratutto su quelli generici. I qu Linné (! ) distinse in artificiali (factitii), inservienti a distinguere i n SANO idea dinis per lo più sopra uno solo b e ‘che: soccorrono a a sistema od impiego: cui NP MS gli abituali e cioè desunti dall’ abito o dall’ assieme e disposizione di i tutte le parti della rias e che di solito iik en adoperati dai bota- niei empirici. ` ; . Questo schema fu SARCA da Ch. G. Ludwig (*), che distiuse i ca- ratteri generici in essenziali, accidentali ed artificiali ed i primi in col- lettivi e singolari, a seconda che da soli o più cospirano a caratteriz- : ware un genere. Fu invece battuto in breccia dall'Adanson (*), che fece osservare che ` qualunque carattere dipende pur sempre da una scelta più o meno ar- traria, considerando alcuni come accidentali o secondari caratteri che altrì ritengono per essenziali e naturali e che uno stesso carattere, per . importante che esso sia, può avere valore assai diverso a seconda dei - gruppi nei quali si studia. Più esplicitamente il Lamarck (5), in seguito ad una sottile analisi dello schema linneano, finisce per concludere che . le proposte distinzioni sono, in definitiva, più nocevoli che vantaggiose = studio delle piante, nel senso che le risorse della natura sono tal- Dr ore, come già. prima l'Adanson , serive ehe « il est necessaire de faire usage de tous les caractères que les plantes peuvent offrir, et d'en : iprunter indistinctement de toutes leurs parties. » .— : > | Linné, Genera plantarum. Lugduni — Batavorum, 1737. I, Philosophia botanica. Stockholmiae, Amsterdam, 1751, p. 128. Cn.G. Li. om bolanici in usum auditorum HOT SAT. up- Raten Famila des nin: A Paris, 1763, I, p. CXXII. “d m LAMARCK, Flora Francaise. A “da 1778, I, p. IXe p. 5. À i f essenziali o no. La costituzione da parte dello stesso del naturalissimo : : tificiosità. 198 A. BÉGUINÓT d Sa Qui aggiungeró. che, per quanto Linné si dica da sè stesso il primo PE inventore dei caratteri naturali (« ego primus hos characteres composui »), è certo che nei suoi schemi di classificazione ha fatto per lo più uso dei caratteri da lui ritenuti (e non sempre lo erano) per essenziali. La co- stituzione della eterogenea « Triandria Monogynia » ed i ripetuti sforzi per introdurvi una naturale sistemazione, senza però riuscirvi, sono una prova patente dell'asserto e mostrano quanto l’ Adanson ed il Lamarck, pur quasi suoi contemporanei, vedessero più a fondo nella questione. Il concetto della dignità e della subordinazione dei caratteri à il perno del sistema naturale escogitato da Jussieu (*), che così si esprime: « cha- — racteres igitur praestantia inaequales pro subjecti organi dignitate et - diversorum ejusdem rationum momento ordinatim disponuntur, alii in constantes seu varii, alii eonstantiores, alii constantissimi seu essentiales, % in comparandis plantis non indiscriminatim sed ex ordine adhibendi ». Ed altrove, a proposito della costituzione degli ordini, distingue i ca- ratteri in primari, sempre uniformi ed essenziali e cioè desunti da or- gani fondamentali: secondari o subuniformi e cioè generali od eccezio- : nalmente variabili, desunti da organi. non essenziali, non che. mancanti i terziari o semiuniformi, ora costanti ed ora variabili, dedotti da orga) ordine delle « Irides », già del resto intuito dall'Adanson e sfuggito 8. Linné, é in parte una felice applicazione dei suoi criteri di classifica- - zione dei caratteri, laddove la distinzione di generi a filamenti stami- nali connati e liberi sta a dimostrare che l'A. non ebbe modo di ac- corgersi che un carattere, per quanto essenziale e costante, quando si è ripetuto più volte nel seno di una data famiglia non designa di so- ito affinità ed i gruppi che ne risultano hanno patenti stigmate d ar. Un intero libro, il secondo, dedica P. A. Dë Candolle (?) nella e damentale « Teoria elementare della Botanica » allo studio degli or- - © A. L. DE JUSSIEU,. Genera plantarum HR UR ordines naturales di- : sposita. Parisiis, 1789, P XIX e XL. : A. P. Dg € Théorie élémentaire de la Botanique. Troisieme edition. Paris, isis, Lao dite ; Ex p REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 199 M xs e dei caratteri e particolarmente interessanti sono i cap. 3.° e 4.9, nei quali ne investiga eon originalità di vedute l' i impiego tassonomico, * - formulando una serie di leggi e regole al riguardo. La tirannia dello spazio mi vieta di farne una minuta analisi e mi limito solo ad av- » vertire ehe il carattere é essenzialmente studiato in rapporto alla costi- -tuzione di gruppi sistematiei naturali. . Una classificazione che risponda anche a criteri genetici ed a requi- siti biologici fu escogitata dal Delpino (') ed è documento notevolis- simo pel tempo. Secondo l'A. i figli non riproducono perfettamente le forme e le qualità dei genitori, variandone per qualche carattere e cioè a riprendendo caratteri avuti dagli avi e perduti dai genitori, ovvero spo- gliandosi di determinate caratteristiche od assumendone altre non pos- | sedute dagli antenati. Sicchè i caratteri tutti possono classificarsi in pa- dristiei, atavici, exutivi e neomorfici: i primi due sotto l’ influenza della forza ereditaria e quindi in condizione di fatalità, gli altri sotto varie specie di potenze (adaptatrice, adottatrice fisiologica ed adott. biologica) in rapporto con il libero arbitrio (compreso anche l'adattamento all’ am- biente, ciò che in grande parte è ben lungi dall’ essere provato !). Schema leggermente mutato, il grande botanico presentò in una più recente | memoria (?), nella quale i caratteri sono distinti in continuativi, ` neo- morfiei e saltuari ed i secondi in positivi (aequisizione) e negativi (eli- minazione). È ben noto poi come Delpino, prevalentemente biologo, abbia e spesso con fortuna applicato il eriterio biologico nell' indagine siste. “pisa ma che questo criterio non possa essere adoperato n ite nella sistemazione delle Romulea traspare da tutto il mio TR e mi basti citare il fatto che in alcune delle mie stirpi, più na- turali ed omogenee, sono comprese specie autogame e dicogame : che, . come in parecchie capensi, non sempre all'esaltazione dei caratteri di- cogamici (grandezza e colorazione del perigonio, macchie ocellari, seere- zione di nettare ecc.) corrispondono disposizioni dui la eteroimpollina- id DeLPINO, Pensieri sulla Biologia dti in « Nuovo Cimento: Pies 1867) », p. 68, estr.

controllare su materiale T 2 di i erbario. dallo lrs embrionale, si rivelano quali Lu o continuativi e rispondono ai pup di Vuillemin ed ai filetiei di dotes 0o "ud nella loro essenziale natura ed in molti partieolari di struttura. » Le divergenze maggiori e le oscillazioni più marcate sono fornite dalle foglie adulte. A prescindere dai earatteri specifici, in grande parte ere- | ditari, che in essi si sono venuto incidendo, sta il fatto che il nomo- -fillo adulto nell'ambito del genere mostrasi variare per il grado di aper- - m. tura della così detta lamina, essendo notevole in molte specie e variando - S. ‘anche nelle varie foglie di uno stesso individuo. Sicchè è evidente la tendenza in alcune specie alla completa chiusura, carattere recente 0 3 cenogenico, ed alla completa apertura in altre, carattere atavico, ammet- tendo eon il Celakowsky (*) che le attuali foglie chiuse discendano da 4 antichi tipi a lamina aperta ed a struttura bifacciale. — Che in Romulea siano stati osservati atavismi negli organi fiorali non mi consta. Ma meritano di essere qui ricordate (°) le interessanti ed istruttive ricerche dell’ Heinricher, per quanto concerne il perigonio ed il verticillo staminale di alcune Iris. L' A. coltivando alcune forme ano- — sale: di s petes ha ntiamo Jeggore Regzanioni ne. numero dont uale Vries. [os UA Kaempferi del Giappone, largamente coltivata nei giar- dini « di epe mostra uod variazioni nel numero delle nn fiorali cd L. È Diosa, 0 dion Ra in « Abhandl. bóhm. Akad. cl. Il. Jahrg. XII (1903) » Cfr. recensioni nello Just's Jahresb, 1903, I, a p. 418 e nel Bot. Centralbl, 1903, p. 343. N -® Cfr. la bibliografia citata nella parte abu : CX ues, Espèces el variétés, p. 109. ^ £ brano altamente eloquenti, tendendo a dimostrare che caratteri filetici o raggruppandoli nella seguente maniera: "d chium e del gen. Tapeinia annuali, tutte le Iridacee sono piante vivaci 206 i A. BÉGUINOT e presenta talvolta sei stami: lo studio metodico della stessa è verosi- mile conduca a risultati identici a quelli ottenuti dall’ Heirincher, agendo su Zris pallida. Aggiungerò che uno o più stami fertili o staminodi della cerchia interna epipetala sono noti nella teratologia di Z aurea Lk. e di Gladiolus furibundus Jacq. (*) e F Herbert fondò (Bot. Reg. tab. 57) una Eleutherine anomala caratterizzata da sei stami, ma che in seguito fu considerata quale una mostruosità di Z. plicata Herb. Come riferii nella parte generale, sec. Van Tieghem nel gen. Crocus si troverebbero trac- cie del fascio che avrebbe dovuto. innervare gli stami oppositipetali traccie da me non riscontrate in Romulea. Ma i fatti addotti mi sem- Pa palingenici, in condizioni speciali, possono essere riducibili e designano, - f 4 in questo caso, un atavismo sistematico nel senso di De Vries. | C. Caratteri generici e posizione del gen. Romulea nel Sistema. — La famiglia delle Iridacee è, delle Monocotiledoni, fra le più. naturali ed egregiamente costituite. I generi, come in tutti. i casi consimili, pre- sentano una grande uniformità, distinguendosi soltanto per la compli- - cazione o semplificazione, cui determinati organi o caratteri andarono : incontro nella evoluzione filogenetica. Passiamoli brevemente in rassegna È 1. Organi ipogei. — Se si fa eccezione di alcune specie di Sisyrin- con organi ipogei molto sviluppati a tipo di rizoma, ora sottile ed al- lungato, ora ingrossato e legnoso: oppure di ¿ubero, da alcuni erronea- mente designato col nome di bulbo, poco esattamente con quello di bulbo solido o tunieato ma che, pel fatto che deriva prineipalmente da meta- morfosi di fusto, da chiamarsi con il nome di tubero o tubereolo e cor- risponde per la posizione ai tuberi-basali (Basalknollen di Velenowski)e - pel fatto che innegabilmente à circondato da tuniche o eatafilli di ori- gine fogliare si potrebbe chiamare anche. bulbo-tubero o finalmente a tipo di bulbo e cioè costituiti (Pigridia, Cypella, Trimezia, aleune spe- () Cfr. Penzie, Pflanzenteratologie, IL p. 379-385. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 207 eie di 7ris, di Moraea ecc.) da tuniche fogliari carnose, funzionanti da magazzini di riserva: tipo quest'ultimo eccezionale per la famiglia (*). Tutte le attuali Romulea sono piante geofile con tubercoli basali, che è di gran lunga la formazione più sviluppata e caratteristica della fa- miglia. Come dimostrai nella parte generale della mia monografia, tale organo deve interpretarsi quale un rizoma raccorciato costitgito da 2-6 internodi, di cui uno solo allungato e ben visibile. Organo il quale, foggiato sullo stesso stampo in tutte le specie, non designa affinità al- cuna, essendosi inoltre ripresentato eon leggiere variazioni in gruppi per. altri riguardi assai diversi e lo stesso genere possedendo specie tuberose ed altre rizomatose (Moraea, Iris ecc.). Nell’ affine gen. Crocus, sec. il Maw (°), alcune specie (Cr. nudiflorus, lazicus, banaticus, ecc.) nei primi stadi dello sviluppo hanno un breve rizoma, che solo in seguito si trasforma in tubercolo, ingrossandosi : nel gen. Hermcdactylus, come ho potuto io stesso constatare, il rizoma oriz- zontale permane e genera al suo apice uno o più tubercoli verticali, da cui prende origine il fusto. AzAolyza praealta coltivata nel nostro Orto Botanico ha la proprietà di emettere dai vecchi tubercoli rizomi stolo- niformi multiinternodiati, serpenti nel suolo, all’estremità dei quali pren- dono origine veri e propri tubercoli: genuina forma intermediaria fra i Basalknollen ed in Rhyzomknollen dei botanici tedeschi! Aggiungerò che, individui di Sisyrinchium californicum, pure coltivato nel nostro Orto, oltre che fibre radicali fascicolate sottili od ingrossate, possiede lunghi stoloni emettenti ‘gemme in alto e Smo avventizie in basso. (1) sno il Van Tieghem (Trait. de Bot.. 2a ed., p. 1525) alle Iridacee mancherebbero veri bulbi, che erano stati già descritti dall’ Irmisch e più . di recente ammessi da Bentham ed Hooker, Pax, Rimbach ecc. Anche io fui molto in dubbio siti esatta miel epi di questi organi: ma l'esame . di esemplari di Tigridia Puvonia L. "eis vati nel nostro Orto ouod mi tolse qualunque incertezza dj peus 0. (.G. Maw, A cei of the etu Crocus. London, 1886. — A pro- ito di Crocus nudiflorus ecco quanto scrive (pag. 92, tav. VI): « Planta increscit stolonibus, longis e cormo undique orientibus qui, parente mortuo, cormi liberi facti sunt ». Credo che uno studio accurato di questa ed affini specie, fin qui imperfettamente note dal punto di vista della bio- logia dello sviluppo, riuscirebbe del piü grande interesse. 908 eel Pon cov A POLINO.. Come è noto, la massima sparte dei rizomi si stendono orizzontalmente -sotterra, allungandosi ad una estremità e distruggendosi dall'altra, dando luogo ad un simpodio che, o resta costantemente sotto terra o fuoresce ad una estremità per dare luogo alla parte vegetativa. Invece la successione della massima parte dei tubereoli ha luogo vertiealmente o quasi. Nelle Iridacee tale successione procede nelle Romulea in direzione sublaterale, nel senso che il nuovo tubercolo occupa una posizione intermedia fra la orizzontale e la verticale. Ma perfetta successione orizzontale ho potuto constatare in specie dei generi. Sparazis, Tritonia, Antholyza, Gladiolus, Tigridia coltivati nell'Orto Botanico di Padova. Notevole è quanto ha luogo in Tritonia. fenestrata e Gladiolus angustus, dove 3-4 o più tu- bercoli, a quel che pare rappresentanti vari periodi vegetativi, perman- | gono accanto ed in posizione esattamente laterale dell’ ultimo sostenente la pianta in via di sviluppo. Quanto ai generi affini a Romulea, nei Crocus, dove a il tuber- colo è multinternodiato, la successione ha luogo, nelle parecchie specie da me esaminate, in direzione perfettamente verticale, dando 1’ impres- sione che in coincidenza di questo genere sia avvenuto uno dei più | perfetti rovesciamenti dalla primitiva direzione orizzontale. È sublate- rale e multinternodiato nel gen. Syringodea, laddove è costituito, a quel che pare, di un solo internodio ed in alcune specie mom. a mezzo a tuberetti ascellari nel gen. Galazia. ci Disposizioni e fatti i quali a me sembrano, nel loro complesso, alta- mente eloquenti, dimostrando T origine del tubero basale delle Romulea a D dal Po di vista biologico, la perdita della facoltà reptante propria 1 ale specie rizomatose o provviste contemporaneamente di tuberi e di S stoloni. Le ricerche sperimentali del Vöchting ('), tendenti ad investi- | gare sotto quali condizioni un rizoma è in grado di tuberifieare, git- | tano nuova. luce sulla genesi dell organo in questione, Così, per citare Ux un solo. esempio, se si separa da Ozalis crassicaulis un frammento di rizoma. x periodo di energwo. acerescimento e si pone. in terra umida, : d) H. Vocumivo, Zur Pisoni der Krotengeteh Studien uber vi- 3 ^X earirendé Organe am e in « Lied ptf f. wiss. Bot., 1900 ». . ; REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI icalmente e lateralmente si pe di gemme PpS e mai un vero Costanti i in tutto le Romulea sono i forma e lo sfibramento, tutt "affatto caratteristico, delle tuniche circondanti il tubercolo, che si ripetono iden- ici in Syringodea ed è ricordato in alcuni Crocus, dove raggiungono , notevole polimorfismo, utilizzato anche dai sistematici. Swi generis è la forma e la decomposizione delle tuniche in Galazia, ehe sono a scom- TS MR ARES MIU ciascuno Dore pro interna, » E e » C c [2 Er [wd E d e E O e. e (© c e x] e [77 S = S 7A rd o i F pera [a*] B "uz 3 E (©) m © 3 FI 3 EN o i B LA T riale di riserva e di aequa e con faeoltà contrattile. Variamente eonfermate e più o meno numerose trovansi ambedue anche nei generi rizomatosi (in i, de hor l'attitudine alla contrazione manca ns De; ma m ecc. e ion nei suoi iin adibiti a nalis delle Posi è importante il fatto da me. notato che le foglie del primo periodo SA delle specie di questo eon molto da Tino ricordano quelle iol del gon- Crocus. A A da uno LI in grande pare sotterraneo ad e centri- i i i o, semplice: ed unifloro , ovvero T È i dal tubereolo i in assi all” aseella di sui poco * i 210 A. BÉGUINOT ha modificate, ciascuno dei quali termina in un fiore. E degno di nota che | © ciascun asse è della stessa potenza degli altri e dal punto della prima . partizione in poi esso non si distingue più dall’ asse principale. Si ha così l’ apparenza di una ramificazione dicotomica quale si verifica in molte acotiledoni: apparenza resa anche più manifesta dalla disposizione pseudodicotomica presentata da aleune specie capensi (R. dichotoma ecc.). In molte specie, in seguito ad accrescimento intercalare, ha luogo dopo l'antesi allungamento dell'asse principale dello scapo. Ben diverso è, a questo riguardo, il comportamento della massima | parte delle Iridacee, le quali sono provviste, come è noto, di un vero e proprio fusto, con fiori più o meno distanziati, ora sessili e formanti - una spiga, come in tutte le Ixioidee, ora stipitati, come in quasi tutte. : le Iridioidee: fusto che resta semplice, ovvero si ramifica dando luogo | ad una pannocchia o corimbo. In ogni caso peduncolo e rami appar- tengono ad assi di minor potenza, sicchè è sempre possibile distinguerli dal principale da cui sono derivati: manca quee disposizione a tipo di falsa dicotomia. Ho voluto insistere su questi particolari, per concluderne che il ge- nere Romulea presenta un sistema di ramificazione con indubbie stig- mate di primitività o di regressione e molto si avvicina ai tipi di ra- mificazione. ritenuti quali primordiali dal Delpino (*) e dai quali si sa- rebbero evolute, talvolta nello stesso genere o nei generi di una stessa famiglia, forme più complesse rappresentate, nel caso di infiorescenze indefinite, dalla spiga, racemo, pannocchia, corimbo, ombrella, eec. (1) DELPINO, Applicazione di puri criteri per la classificazione delle piante. Quarta Memoria in 1. €., p. 267 — che così scrive: « La evoluzione delle - infiorescenze in qualche caso può fornire un Yer criterio filogenetico. Quando le infiorescenze sono Zorni abbiamo i seguenti stadi di evo- luzione : d. « A, Fiori isolati, pedicellati, fja all’ ascella di foglie non mutate, at- - torno ad un asse agamico, dotato d'un ineremento potenzialmente inde- finito. Sono. yodiscutipitüleidte arenetipe. ? 4B E € dell’ asse agamico resosi defhnio, le foglie pae ridot- tesi a T hanno le infiorescenze a racemo, tirso, EHE o rimbo. Sena à; p ppongono la presistenza delle: for. | REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 211 . La rassomiglianza, nel nostro caso, con la ramificazione terminale- obuka delle piante inferiori dà a questa teorica il suggello di una | grande probabilità. .. . Ciò premesso, dei generi affini Syrin ha scapo breve e del tutto rs ipogeo ed, a quel che pare, non allungantesi dopo lantesi; Crocus ha .Seapo brevissimo, sempre ipogeo prima della fioritura, per lo più sem- — plice e, quando ha luogo sfioccamento, questo si verifica in prossimità del tubereolo, in modo da dare l'apparenza che i fiori $’ impiantino di- rettamente sullo stesso. Dopo l'antesi ha luogo allungamento più o meno manifesto, in modo che la cassula sia portata al livello o poco al di- sopra del livello del terreno. In ogni caso in ambedue i generi esso rap- presenta forse l'estremo grado di riduzione a cui va incontro nell'intera famiglia. Ben diversamente comportasi al riguardo Galazia, di cui le due specie sin qui descritte (G. ovata e G. graminea) hanno un asse principale, ora del tutto ipogeo, ora solo in parte e sfioccantesi in mezzo ad una fitta rosetta di foglie in brevissimi peduneoli, inconspicui prima dell’ antesi, brevemente allungantesi dopo la fecondazione, in modo che l'ovario re- sta nudo. È, invece, nettamente stipitato fin dall'inizio in una specie, che ritengo nuova, confusa con G. graminea e di cui vidi esemplari di due hie penes nell' Erb. del Museo botanico di Berlino 0 carattere di O La descrivo brevemente sotto il nome di Galaxia pedunculata Bég. «di sp.: Tuberculo tunicis reticulatis parallelis debilibus interno latere de- labentibus, prolifero : scapo brevi basi foliis Map nier vestito, apice dn foliorum. fasciculo mutuo basi amplexantibus et in EMI floralibus _lilacims, staminibus Bene inclusis, ovario nudo: “stigmata et «hse iderantur. ^ Specimina autotypa extant in Herb. i Berolinensi : Cap. Bonae Spei i (Drège n. 656 [2600] sub @. graminea Klatt nec L.!); Siidwestliches ada Riversdale (Rust 1891/93, n. 38 vid G. graminea Ruhl. nec L.!) ) tata B ipo G. grami con cui non ha nulla a vedere, non d alcuna altra delle | forme create a spese di questa o di G. 212 i . A. BÉGUINOT una grande importanza per la: filogenesi del genere, come sarà detto a suo luogo. Del resto non nascondo che anche alcune Iridioidee (es. Iris pumila, qualche specie di Sisyrinchium) ed alcune Ixioidee (es. Zria rochensis, re Geissorhiza setacea, qualche Babiana, ecc.) presentano: fusto molto rac- corciato, con un sol fiore o con un fascetto di peduncoli, ravvicinati al suolo, con apparenza di scapo: ma nessuno ha mai pensato di collo- carle aecanto alle genuine scapose, da eui si lasciano distinguere da nu- merosi altri caratteri morfo-biologici. 3. Nomofilli. — Ricondueibili, attraverso molte deviazioni, al tipo equi- tante od ensiforme in diverso grado di perfezione, offrono, sia nella forma esterna che nella struttura interna, caratteri utilizzabili per la circoseri- zione dei generi. i ; Secondo il Ross ('), nelle Iridacee possiamo distinguere quattro tipi principali di foglie adulte collegati, s' intende, da numerosi passaggi e cioè: l'ensata, la piegata, la terete ed angolare e la foglia a 4 od 8 angoli. Le foglie delle ` Romulea appartengono s senza eccezione al tipo qua- drangolare, sono cioè costituite, nella porzione della lamina congenita- mente chiusa, da quattro costole più o meno compresse e quattro solchi i o cripte stomatifere: sieché le due metà corrispondono solo alla pagina inferiore (*). Il carattere è ovata. Fa parte di un sottogenere; che propongo di chiamare Pseudogalaxia, caratterizzato dai fiori peduncolati fin dall’ inizio, con perigonio a tubo bre- mo od inconspieuo e stami con filamenti liberi. Si contrappone al sot- tiers FERIA alaxia, comprendente le forme di G. graminea e G. ovata e | che a prima vista distinguesi per i peduncoli fiorali brevissimi e quasi man- - canti, subenti nn lieve allungamento è solo dopo l’antesi, per il perigonio je e dosrizione di Lese nuova ed interessante Pat ha pases teoriche che saranno avanti diseuss C) H. Ross, Anatomia comparata Bon foglie delle Iridee in l. c. à) Recentemente Velenowschy Hg L Mor, orph. d. Pflanz., M Teil. Prag, ei : iss p. 468) ha dato una curiosa uanto erronea, interpretazione della I' A., esse Mod degno delle foglie. del gen. Romulea. Secondo evidentemente continuativo o patristico, ma REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI ! 213 mon è però esclusivo del genere. Foglie quadrangolari si riscontrano in alcune specie della sez. Diaphane del gen. Zris, nel gen. Hermodactylus, in alcune specie di Geissorhiza (G. irioides), Acidanthera (A. platipe- tala), Gladiolus (G. tristis), in alcune Ivia, ecc.: il che vuol dire che | esso si è ripetuto, sia pure con qualche leggera variante, in tutte e tre le sottofamiglie e tribù in cui vennero scisse le Iridacee dalla maggior parte dei sistematici moderni. Sorprendente è, ad esempio, la rassomi- . glianza della struttura esterna ed interna fra la foglia di Gladiolus tri- stis, quale è descritta e figurata dal Ross, e quella di Romulea amoena, da me illustrata nella prima parte, senza che possano indursene rapporti di parentela prossima o remota! \ La porzione saldata si continua in una porzione più o meno pervia e verde e questa nella guaina, immersa nel terreno e perciò scolorata, ma sempre presente. Quanto ai generi ritenuti piu affini al nostro, Crocus presenta ton Al tipo fogliare più aberrante, in quanto la porzione che può ritenersi morfologicamente corrispondente alla guaina è ridottissima e la. porzione così detta laminare è piatta ed a struttura bifacciale o dorsoventrale. La pagina inferiore presenta normalmente due solchi ó doccie rassomi- gliando, secondo quanto dissi sopra, alle foglie del primo periodo vege- tativo delle Romulea, pure bisoleate. Sicchè se ne potrebbe dedurre che il nomofillo a tipo romuleoideo, per quanto imperfettamente, ensato 0 .. semigladiato, rappresenti - un gradino più elevato nell’ evoluzione dell'or- | gano. È degno della più grande attenzione il fatto rilevato dal Maw e E' dal Ross che due gruppi di Crocus presentano l'uno (es. Crocus valli- ^ cola e C. Scharojani) foglie con tendenza a diventare quadrangolari ed a raggiungere, perciò, il tipo romuleoideo e l’altro (Cr. nevadensis e C. carpelanus) foglie senza doccie e semicilindriche, passaggio al tipo teretiforme: caratteri verosimilmente atavici. sono percorse da 4 grossi nervi orientati concentricamente, al di sopra dei ae sporgono 4 eminenze e tra l'una e l’altra 4 solchi. L epidermide. e oni anatomiche di questi solchi le fanno ascrivere alla pagina Merle dei ordi naria fusis bifacciale, ma le costole corrispondereb- agina superiore (sic!). Ma poichè, sempre sec. l’A., l interno della guaina corrisponde alla regione ventrale delle foglia originariamente piatta e RM così in Aoii abbiamo una. foglia AR E sie!) 214 A. BÉGUINOT Syringodea presenta specie con foglie filiformi-convolute (S. pulchella, montana, filifolia, Flanagani, longitubum, rosea), una con foglie lineari ^ piatte (S. minuta) ed un'altra con foglie lanceolate e piatte (S. lati- Jolia). L'esame del materiale degli Erbari Delessert e di Berlino mi ri- velò che esse sono bifacciali in S. montana, bifacciali sin verso la metà e quindi monofacciali in seguito a saldatura dei margini (come in Romulea) in S. longitubum: dalla figura 6072 del « Botanical Maga- zine » si dedurrebbe che quest'ultimo è il caso di S. pulchella. Sono invece tipicamente bifacciali e di tipo erocoideo, per quanto si può ri-. cavare dalla diagnosi, le foglie di S. minuta e S. latifolia. Dalla figura sopra citata sembra che in S. pulchella la lamina si eontinui in unà guaina, che à presente in una delle due specie da me esaminate (S. lon- gitubum), manca nell'altra (S. montana) ricordando così i Crocus. Sicchè questo interessantissimo genere, nonostante che rappresentato da poche specie, porta le traccie di un grande polimorfismo fogliare eon tendenza ora a realizzare il tipo Romuleoideo ed ora quello Crocoideo: ; tendenza che non ritengo casuale. T Non meno polimorfo, ma più aberrante, è l'apparato fogliare nel ge- nere Galazia. A differenza dei due generi sopra nominati, attorno al tubercolo prendono inserzione una o due foglie, per lo più ridotte alla sola guaina, o più raramente la seconda prolungata in breve lamina verde. Le restanti foglie trovansi ordinate a costituire un denso fascetto „alla sommità dello seapo, in mezzo al quale su peduncoli inconspicui o (G. pedunculata) bene evoluti prendono origine i fiori. Esse sono a la- Y — . mina slargata, oblunga od ovaliforme, piatta, completamente ` bifacciale 3 n3 (o solo, sec. il Ross, con una breve punta saldata e monofaeciale, ció n che io non ebbi oceasione di constatare) in G. ovata ; lanceolate, piegate sul nervo mediano, ma non saldate nella mia 6. pedunculata: filiformi convolute con la metà superiore saldata e tipicamente monofacciale in G. graminea, secondo potei io stesso osservare nel materiale degli Er- bari di Ginevra e di Berlino. i In 6. ovata è notevole la presenza, nel fascetto sopra descritto, di fo- glie filiformi riunite a due o tre e nascondenti attorno al punto di in- serzione un minuscolo tubercolo inserveniente alla propagazione agamiea : . fatto ch'io sappia fin qui non constatato da alcun botanico, REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTT —— 215 Dalla quale esposizione può concludersi che la struttura morfologica ed anatomica del nomofillo adulto caratterizza bene spesso aleuni generi (e concorre al loro nominent ma deve essere Argo con grande muka e vedremo qual conto potrà farsene nella ricerca delle affinità. 4. Ipsofilli. — Hanno grande valore nella sistematica delle Iridacee da offrono uno dei caratteri più di frequente escogitati dai monografi, sia per le grandi, come per le piccole partizioni. . Nelle Ixioidee, quali sono intese da Engler, Pax ed altri autori re- centi, risultano di due pezzi conformati a spata, l'una inferiore ed esterna, . l’altra, per quanto ravvicinatissima, superiore ed interna, fra cui s'im- punta sessile l'ovario. Sono ambedue erbacee e verdi, oppure la supe- riore è membranacea, di solito non saldate. Tale è la struttura presen- | da tutte le Romulea, che ricordano in ciò le più genuine Ixioidee. - Alquanto diverso à il caso dei Crocus, in quanto le due spate sono sempre membranacee, assai sottili, scolorate e non di rado saldate in un solo pezzo a mo’ di tubo o di imbuto. Inoltre parecchie specie pos- | seggono due coppie di spate, l'una inserita alla base del peduncolo fio- > e i4 DE alla sa Mh enis Vesti il gruppo degli « in- bratteiformi "elle SATA ridotte ad esilissime lamelle sla destituito, a quel - pang; di aiaiga funzione. Laddove è è dana la mai | trovasi alla base del peduncolo o stipite che lo sorregge.. Di guisa che, pour Esso è comune a tutti gli attuali rappresentanti dei gen. Crocus, S. CURA goden € e ri i que perciò, rispetto ad altre Iridacee, dovrebbero i : rale ben diversa. — vario stesso resta. nudo, come ha luogo in moltissime Iridioidee: marca di fabbrica di un grande significato filogenetico. : = stanti in tutte le Iridacee e possono anzi considerarsi fra i più valida « mente fissati dall’ ereditarietà. Variabile è, invece, la conformazione dei | subeguali alle interne: generi con perigonio pure regolare, ma con le di- visione interne nettamente diverse e distinte dalle esterne: e finalmente ; | mopetalia, l'indipendenza degli stami, la sottigliezza degli stigmi che sono filiformi con eiaseun segmento bifido, la localizzazione del nettario questa bangis, designi affinità escluderei , essendosi il carattere ripe- d A. BÉGUINOT miglianza con i Crocus a spata monofila è grandissima ed identica . deve essere la funzione, poiché anche nella Syringodea lo scapo, restando ipogeo, grande parte del tubo e l'ovario sono sotterra. Tutte le Galazia hanno spata in grande parte saldata, ma a diffe- renza dei tre generi sopra citati nei quali è situata alla base dell’ ovario, in seguito ad allungamento postantetieo del peduncolo in G. ovata e gra- minea e fin dall'inizio dell'evoluzione fiorale in G. pedunculata , Toy g- Antofilli. — Il numero e la simmetria, come dissi sopra, sono. co- pezzi perigoniali eda questo riguardo le Iridacee devono essere distinte in tre gruppi: generi con perigonio regolare con le tre divisioni esterne generi con perigonio irregolare o zigomorfo. In ogni caso la petalizza- zione dei sei pezzi è perfetta ed investe qualche volta, come in molt Iridioidee, anche lo stigma: gli. stami sono Bc ma in gruppi di e eon i filamenti saldati a tubo. - | Sono caratteri del gen. Romulea r actinomorfismo perfetto, la semiga all’ apice dei setti ovariani e quindi a tipo di ghiandole settali. - Secondo Delpino e la massima parte dei biologi, l’actinomorfismo de- signa | carattere meno evoluto e generalmente procede lo zigomorfism 1* 13 i forme semplici o semplificate. Ma che, nell’ ambito tuto in gruppi sistematicamente. molto disparati e con Breite tonica fio- La parte saldata del } peri. nio è É hant molto brave deri A AET LUC n ge WM. ea ATA AM. irta: | REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 217 1/,- ], dell’ organo, indiziante, duodi, zoidiofilia operata principalmente -da imenotteri: è lunghissimo e sottile in Crocus e Syringodea ed il net- tare è accessibile solo a lepidotteri. Nel genere Galazia hanno perigonio erocoideo G. ovata e graminea, perigonio a tubo brevissimo e quindi romuleoideo G. pedunculata. È degno di nota che Rom. MacOmwani , che è forse la specie a perigonio più sviluppato, misurando ben 55- 60 mm., il tubo è lungo ed esilissimo e ricorda quello di alcune Syringo- dea. Delle quali una (S. bicolor) aberra, non solo dai generi sopra no- minati, ma si può dire dall’ intera famiglia per le lacinie perigoniali bi- lobe all’apice: carattere aberrante sulla cui origine e significato è arduo portare giudizio. Gli stami hanno filamenti liberi in diuini: Crocus , Syringodea e Galazia pedunculata, saldati in G. ovata e graminea: ciò che di- mostra la fluttuazione del carattere nel seno di uno stesso genere: ca- rattere che si é inoltre piu volte ripetuto in gruppi disparatissimi e che eontrariamente a quanto ritennero Jussieu, Reichenbach ed altri è lungi dal designare affinità e conduce a raggruppamenti eterogenei e fittizi. : Interessanti sono le forme dello stigma, i eui lobi sempre filiformi , sono bifidi in Romulea, filiformi ed indivisi in Syringodea, che ricorda perciò le Ixiee e le Gladiolee, lamellosi in alto e con tendenza peta- loidea in Galaxia come, ad esempio, nel gen. Babiania delle Ixioidee- Gladiolee. E ritengo, anzi, che, per quanto inconspicuo, sia questo uno dei segni più evidenti della sua origine da qualche stipite delle Ixioi- : dee-Gladiolee. Stigmi grandemente complicati possiede il gen. Crocus con superficie collettizia del polline alla periferia esterna dei singoli lobi stigmatici , per lo più conformati a tubi cavi od a doccie, laddove ha luogo lungo tutto il lobo stigmatico, mai cavo o scanalato, nei tre ge- neri più volte nominati. Tutte le Romulea da me esaminate presentano nettario settale ed ap- partengono, perciò, sec. il linguaggio di Delpino, alle Monocotiledoni criptadenie e tali sono anche i Crocus. Ignoro come si comportino al | riguardo le Syringodea, mentre sec. Scott Elliott in Galaxia graminea il nettare sgorgherebbe alla base dei segmenti perigoniali e sarebbe, per- 15. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIIL. 218 i À. BÉGUINOT ciò, una petaladenia (*). Carattere biologico e filogenetico eui il Delpino assegnò valore di vera marca di fabbrica, salvo a riconoscere in seguito che la stessa famiglia poteva possedere l'un tipo e l'altro. E le Cro- coidee, quali sono intese da alcuni autori, comprendendo generi cripta- deni e petaladeni, starebbero a dimostrare che tale presunta marca di fabbrica, pure avendo indubbio valore biologico, è ben lungi dal desi- gnare affinità naturali e soccorrere l’ indagine filogenetica. Funzione nettarostegica può essere attribuita al fascetto di peli presso l’ inserzione dei filamenti staminali che sono costanti, sebbene in alcune specie ridottissimi e quasi inconspicui, nelle Romulea. Crocus possiede specie pilifere ed altre glabre ed anzi sulla presenza o mancanza di questo carattere l' Haworth istituì nel genere due gruppi « piligeri » e « depilati »: sono glabri in Syringodea, dove la difesa è evidentemente operata dall'eecezionale lunghezza e sottigliezza del tubo. Tutte le Crocoidee hanno fiori ombrofobi essenzialmente come difesa del polline contro le intemperie ed il freddo notturno. | Nulla di notevole ei presentano l'ovario ed il frutto : ma vuole essere qui ricordato che in alcune Galazía vidi il frutto sormontato da un cercine a mo’ di rostro, riscontrato in alcune specie di Zris e di Moraea Q) e sulla cui origine e funzione le ulteriori indagini faranno più ampia luce. Aggiungo che, nelle cassule di specie pure di questo genere, ho - avuto occasione di osservare (per quanto si può giudicare su materiale d'Erbario) semi disposti in più di due serie per loculo e trattasi forse di un conato di placentazione subparietale, ar fu segnalata in Her- modactylus. , Quanto al seme mi limito a dire che lo spermoderma di Romulea presenta lo strato mediano costituito da 3-10 assise di cellule, ricordando così quello delle Zris: laddove in Crocus consta, come ad es. in Gla- C) Già Thunberg (Nov. gen. plant., ORIS 1782, p. 50) fra i caratteri del sad aveva notato: « laciniis... da tribus exterioribus basi fovea nectari- g P Bentha ed Hooker (en. plant., Ill, p. 682) scrivono: « Ova» rium..... apice in rostrum tenue eo tubum simulans productum in speciebus nonnullis Iridis et Moreae ». # diolus, di Us sole assise: carattere eui non credo si possa fare assegna- mento aleuno dal punto di vista filogenetico e forse nemmeno da quello | sistematico. Da questa dettagliata esposizjone si rileva che i quattro generi più . volte nominati, nei quali buona parte dei sistematici moderni si accor- à dano a riconoscere una tribù o sotto-famiglia a sè, hanno indubbia- mente molti caratteri in comune ed un Aabitus apparentemente conforme, Ma ove si prendano in considerazione i caratteri propri e differenziali — . prescindendo da quelli che si sono più volte ripetuti e che male soccor- e meritevole di essere posto in nuova luce. Esso comprende tre pAylum diversi ed à è perciò di origine à tolifistica, © la somiglianza, spesso soltanto apparente, che intercede fra i quattro . comprende Galazia, genuina derivazione di una progenie Iridioidea, come è rilevato sopratutto dall'ovario nudo e dallo stigma con tendenza alla petalizzazione: il secondo, che rappresenta il phylum in cui la re- gressione, come sarà detto avanti, ha raggiunto l’ultima espressione, abbraccia Crocus e Syringodea e discende da ancestrale a me ignoto: il. terzo, rappresentato dal nostro genere Romulea, ha manifeste impronte. . Ixioidee, eui si distacca essenzialmente per il fusto seapiforme in grande da parte sotterraneo. | Tenendo per buone e valide lo sottofamiglie. delle Iridioidee e delle Ixioidee, ammesse con varia estensione. da quasi tutti i moderni e con- 2 siderando i i tre phylum delle Crocoidee quali tre distinte tribù, i caratteri v Ini di menare PERF sono i DN : 1 - di Fusto in pa dirti. epigeo mg da un rizoma, da un tubercolo 0 più raramente da un bulbo, semplice ò ramoso, ma con rami di solito di minora potenza dell’ asse principale, più raramente “e forme. ; comam con due o più fiori (di rado uniflore). Solito ram. L Tridioideae y Bp. sempre uniflore. REVISIONE. Manca DEL GEN. ROMULEA MARATTI HE 219 rono all indagine filogenetica — il complesso appare molto eterogeneo =} . componenti essendo dovuta a convergenza di caratteri. Il primo phylum . BÉGUINOT Sotto-fam. II. Txioideae B. Fusto in parte o del tutto ipogeo a tipo di scapo, semplice 0 ra- moso in seguito a sfioccamento subterminale, con rami (peduncoli florali) di eguale potenza e non distinguibili per lo più dull asse principale. Sotto fam. III Crocoidene x Ovario brevemente o lungamente stipitato sempre nudo e cioè con spata alla base del peduncolo o stipite. Trib. IL. Galazieae Bak. em. 5. Ovario sessile abbracciato da una o due spate od ipsofilli. l. Perigonio a tubo lunghissimo e stretto involucrato alla base del- l’ovario da spata mono-difilla, span volta (in alcuni Crocus) da una spata alla base dei peduncoli. Trib. Il. Croceae Dum. ampl. 2. Perigonio a tubo breve e slargato cinto alla base dell’ ovario da spata costantemente difilla. d Trib. 11. Romuleoideae Bég. La tribù delle Galaxiee, come parte delle serie delle « Ixieae » fu ereata dal Baker (1878) e comprende, oltre Galazia, i gen. Spatalanthus (stabilito su di una presunta Romulea monadelfa e che non ha nessuna ragione di esistere corrispondendo a R. pudica), Homeria, Ferraria, Gela- sine e Clamydostylus (Nemastylis), che sono delle genuine Iridioidee. Secondo le attuali mie ricerche, esso non comprenderebbe che il solo gen. Galazia indubbiamente egresso da questo gruppo e eon manifesti caratteri di eonvergenza di tipo erocoideo. Non è però da escludere che un ulteriore e più approfondito studio sui nominati e su altri generi af- ` fini, riconduca a questa tribù — vero tratto d'unione fra le due sotto famiglie — qualche altro. genere aberrante. » La tribù delle Crocee fu istituita pel solo gen. Crocus dal Dumortier - (1829), ma evidentemente deve comprendere, pel complesso dei caratteri aalihi discussi, anche il gen. Syringodea che, in certo modo, è il vicariante dei Crocus nel dominio capense e viceversa le Syringodea sono i Crocus del dominio mediterraneo. Sicchè tutto lascia credere che ‘quest’ultimo genere, che attualmente ‘non ha alcun rappresentante in - agito capeusi, abbia colà tratto la sua remota origine. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 221 I caratteri che li differenziano sono prineipalmente i seguenti. d. Foglie nella massima parte delle specie bisolcate nella pagina infe- . riore e percorse nel mezzo della pag. superiore da una caratteristica linea. - bianca, sempre aperte e quindi bifacciali. Perigonio sempre a tubo lun- ghissimo e sottile con ovario sorretto da peduncoli spesso involucrati alla base da una spata totalmente ipogei, ma allungantesi dopo l'antesi. Lobo stigmatico trifido o multidiviso, per lo più cavo e con papille solo nel mar- gine superiore. Gen. retis L. B. Foglie | non con formate come sopra, ora mono- ed ora bifacciali. Pe- rigonio a tubo lunghissimo e sottile con ovario sorretto dallo scapo o da peduncoli non allungantesi dopo l'antesi e quindi del tutto ipogei. Lobi stigmatici indivisi, fliformi e con pipila lungo il margine interno. Gen. Syringodea Hook. La tribù delle Romuleoidee, da me stabilita, comprende il solo genere Romulea, che fu da molti botanici avvicinato ai due precedenti, cui con- viene per indubbi caratteri dovuti a convergenza, mentre ne differisce per essenziali stigmate Ixioidee e le sue maggiori affinità cadono con il gen. Zria, da eui verosimilmente è egresso. Ne é da escludere che ulteriori studi su opportuno materiale sopra altri generi della famiglia dimostrino queste affinità anche in modo più evidente e forse qualeuno di essi non é sr trovi il suo ee naturale nella tribù da me dgtituita. D Caratteri specifici e loro impiego. — Il gen. Romulea consta, compreso qualche presunto ibrido, di 73 specie, intendendo con questo nome di riferirmi a specie elementari che, come l’osservazione in natura 0 su materiale d'Erbario e la eoltura di un quinquennio hanno dimo- . Strato, raggiunsero un certo grado di stabilità. Riservandomi nell'ultimo - 3 capitolo di chiarire meglio il concetto, passo qui ad esaminare quali | sono i caratteri che più spesso inservono nella discriminazione specifica. b E Sm. Organi ipogei. — Validamente fissati dall'ereditarietà, non offrono | caratteri differenziali apprezzabili ed altrettanto dicasi della biologia “a germinazione e dello sviluppo. A. BÉGUINOT b. Scapo ed infiorescenza. — Sono insigniti di una grande uniformità, | sia nella morfologia esterna, che interna. Nelle specie mediterranee lo scapo è immerso per grande parte.nel terreno, fatta forse eccezione di R. ramiflora e di R. grandiscapa: mentre, dopo l'ntesi in seguito ad accrescimento intercalare, subisce un più o meno sensibile allungamento, c che è nullo o quasi in parecchie capensi nelle quali, di eonseguenza, i D. peduneoli (earattere correlativo) sogliono essere molto lunghi. Glabro, A presenta minuti peli nei margini esterni dei peduncoli nelle capensi. A. 3 hirsuta, dichotoma ed arenaria. i In R. dichotoma, longipes, gigantea e caplandica l infiorescenza tende ad assumere. una disposizione pseudodicotomica. E c. Foglie. — Nelle foglie ridotte alla sola guaina è memorabile A. j nivalis , che le ha chiuse totalmente: carattere crocoideo. Quanto alle normali, la grande uniformità esterna cui il nomofillo é andato incontro nelle Monocotoledoni induce un numero di combinazioni assai ridotto. Glabre nella massima parte. delle specie, sono munite di ineonspieui peli ES lungo il margine esterno delle cripte stomatifere e lungo quello della | © i parte aperta della lamina in R. hirta, hirsuta, dichotoma, Klattii, pa- : pyracea, Dielsii, tridentifera, caplandica ed arenaria. La straordinaria . tenuità delle foglie distingue le mediterranee R. Rollii, cyrenaica, Sac- cardoana e tenella, laddove foglie spiraliformi presentano le capensi A. tortilis, tortuosa, tridentifera e spiralis. * & , Altre modificazioni, più o meno afferabili, sono in itbporho eon là ; struttura anatomica e fra i caratteri meglio inservienti alla discrimina- zione. specifica qui ricordo: sm numero dei fasci fibro-vascolari, ché è massimo nelle xerofite, minimo nelle emixerofite stenofille, notevole nelle platifille : 2s v la. posizione dei. fasci, che sono di solito subepidermici, ma che nelle ; T 1 DPF SNR ossono essere frenate dall’ "piqprinide da una o più MM 5 di cellule. parenchimatiche: | gn a la presenza di fascetti fibrosi nell angolo esterno delle ‘cripte sto- | matifere ue fossi e la mancanza nelle emixerofite: resenza et scolari sussidiari attorno alla lacuna ii o o presso i woa osse. delle costole . i REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 223 5. la struttura dei fasci fibro-vaseolari, ehe possono essere circondati da un anello continuo di tessuto meccanico o solo all'esterno: carattere SIE Vies & : 3 variabile a seconda della posizione e potenza dei fasci, ma spesso ca- ratteristico di determinate specie, ove si confrontino nomofilli esatta- mente corrispondenti per l'inserzione: 6. la forma dei fasci stessi, che è di solito ellittica con l’asse mag- giore normale all’ organo, ma può essere anche quadrangolare, come in alcune specie della stirpe di A. rosea od ellittica, ma con l’asse mag- giore parallelo all’ organo, in R. Mac Owani : 7. l'altezza delle cellule epidermiche, che è minima o debole nelle ti- piche xerofite, è massima e con parete esterna poco ispessita nelle emi- xerofite, non che il suo irrobustimento in corrispondenza dell’ SA esterno delle eripte in R. amoena: 8. la presenza di un ipoderma seleroso congiungente i fasci fibro- vascolari con i laterali fibrosi in R. sabulosa, VINO e pudica: e di un ipoderma acquifero in R. hirsuta: 9. la forma delle cellule tappezzanti le eripte stomatifere, ehe sono di solito papillifere, più raramente liscie o solo con minute gobbe all'esterno. Nessuna delle 58 specie da me potute esaminare, sotto questo punto di vista, ha offerto caratteri anatomici così divergenti dalle morfologi- camente affini, da poter essere per ciò stesso considerata quale specie a sè: d'altra parte entità egregiamente caratterizzate per la esterna mor- fologia, non lo sono altrettanto per linterna struttura. Tuttavia l'im- piego dei caratteri anatomici, come sussidiari ai morfologici, ha dato in buon numero di casi eccellenti risultati. d. Organi florali. — Fissati quanto al numero ed alla simmetria, non offrono earatteri specifici che nelle variazioni di grandezza, di forma, di eolore e su qualche altra peculiarità. Eccellenti caratteri differenziali offrono gli ipsofilli o spate, in quanto il loro margine puó essere inconspieuamente marginato, o la superiore ed interna puó essere largamente marginata o del tutto membranacea. — Così tutte le specie della stirpe di R. ramiflora, con spate quasi inte- ramente erbacee e rigide, si distinguono a primo esame da quelle della stirpe di R. Columnae e dalla A. Rollii, cui potrebbero essere confuse 224 A. BÉGUINOT i per la piccolezza del perigonio. Il carattere si ripete in tutti i rappre- sentanti della stirpe di R. speciosa, che è perciò carattere di stirpe: lad- dove pervade solo alcuni elementi della stirpe di R. rosea, R. hirsuta, R. sublutea e R. bulbocodioides e, dove è ben scolpito, inserve a.sole dif- ferenze specifiche, di cui va tenuto grande conto. Cosi, per citare qual- che esempio, R. filifolia si distingue a primo colpo dagli altri elementi del cielo per le spate rigide, robuste e quasi del tutto verdi: R. ambigua, probabile prodotto di incrocio di R. rosea e R. hirsuta, ha spate con- formate come la prima: R. versicolor, evidente ibrido fra R. bulboco- dioides e R. rosea, ha spate come la prima e quindi con il pezzo supe- riore membranaceo, laddove il perigonio nel mescolamento dei colori gialli o rosei mostra di avere subito l’ influenza della seconda : la R. spiralis della stirpe di R. rosea e la R. tortilis di quella di A. Airsuta si distinguono da EK. tridentifera e R. tortuosa — tutte a foglie spirali- tortuose — per le spate ambedue robuste e rigide nelle prime e carta- ceo-membranacee nelle seconde ecc. Rimando a quanto ho detto nella parte generale sulla grandezza e colorazione del perigonió, soggette a grandi variazioni, sia nelle varie entità di una stessa stirpe, che.nelle varie forme, spesso individuali, di una stessa specie. Ricordo qui solo che la tonalità del colore distingue di per sè specie affini, come R. Bulbocodium e R. ligustica, R. Columnae e B. ramiflora, V intera stirpe della R. Requienii da quella di R. Lina- resii e le capensi gialle delle stirpi di R. £ridentifera, sublutea e bulbo- codioides da quelle di R. rosea, speciosa ed hirsuta, fatta eccezione per i prodotti di incrocio. Qualche carattere può offrire la forma delle lacinie e sopratutto la loro terminazione, non che i rapporti tra la lunghezza del tubo ed il resto del perigonio: carattere quest’ ultimo difficilmente apprezzabile e soggetto a grandi oscillazioni. $3 Gli stami, invece, non comportano che lievi differenze, per lo più de- signanti solo variazioni: il polline è pure uniformemente costituito e l'e- sina è gialla, fatta eccezione di R. ligustica, in cui è solitamente bian- castia o a a | Degni di attento esame Sono i caratteri offerti dallo stilo, che può eo = REVISIONE HONORATA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 225 lore, normalmente sopraelevato le grandiflore, dandosi peró specie , uanto alla grandezza del perigonio intermedie e con disposizioni ora per r autogamia ed ora perla staurogamia, nonche individui brachistili l Am spesso ginodioiei, nelle stesse grandiflore: sieché il carattere va adope- : rato con grande circospezione (! ) Nelle tropicali e capensi, siano esse a perigonio molto o poco sviluppato, prevalgono le specie a stigma o rin- chiuso nella cerchia anterale o di poco emergente, nonostante esplichino altri esaltatissimi caratteri dicogamici: ma è degno di nota che alcune di esse (ciò che curai di mettere in ‘evidenza nelle rispettive diagnosi) E: hanno anche individui dolicostili. — Su di uno stampo uniforme è costituito lo stigma e nessuna diffe- | renza specifica ho riscontrato nell' ovario e frutto, nè negli ovuli e semi. Chiudo questa sommaria rassegna facendo notare che i caratteri spe- cifici si sono evoluti a spese dei caratteri patristici o continuativi domi- . nanti nel genere, indiziando una evoluzione più recente, rilevata da uno . grado di costanza minore. Sarebbero, quindi, da ascriversi alla categoria dei neomorfici, secondo è intesa da Delpino, avvertendo che, se la specie davvero un esistenza reale, non sarebbero meno continuativi di quelli. | base a criteri biologici le grandiflore-dolicostili dei paesi mediterranei segnano. caratteri progressivi rispetto: alle parviflore-brachistili , pure di iesti territori, avvertendo che nelle capensi specie anche grandiflore sono normalmente a stilo corto. In ogni- modo, ammettendo la deri- vazione di quelle da queste, la dolieostilia sarebbe un carattere di re- cente acquisizione o neogenico: donde la sua grande instabilità. La maneanza nelle. mediterranee di colorazioni porporino-vinose e di . mac- chie ocellari, sempre ammettendo l’ anzidetta derivazione, starebbe a de- nare una perdita di caratteri dovuto ad exutismo o neomorfismo aa Vedansi le critiche da me fatte agli schemi di classificazione sopra. ui addotti e cenno a quello del Lojacono.. 226 A. BÉGUINOT Kos 9 mj 5 ns RE da ae i io BUR pex xw negativo (nel senso di Delpino), laddove la colorazione violaceo-intensa, v propria ad alcuna stirpi mediterranee (Requienii e Linaresii), designe- rebbe una conquista e quindi un carattere neomorfico positivo. 1 carat- teri desunti dall’ anatomia della foglia, riflettendo egregiamente le con- dizioni del mezzo, è pure probabile che rappresentino un’ acquisizione non antica, nè, come dimostrano le colture, sono del Sao irreducibili : ma sarebbe audacia stabilirne la filogenesi. E. Caratteri di variazione. — Romulea va annoverato fra i generi — : più polimorfi delle Iridacee, come è dimostrato dal grande numero di combinazioni, a cui lievi caratteri danno vita. Fra le specie più poli- - forme ricorderò R. Bulbocodium con 10 varietà, R. uliginosa con 5, R. li- : gustica con 2 sottospecie ed alcune varietà, R. Zinaresii con 3 sotto- specie, R. ramiflora con 4 varietà, R. Columnae con 9, R. rosea con 7S pure eon 7 R. bulbocodioides ecc. ` Ogni carattere capace di oscillare attorno ad un valore medio contribuisce i a tale polimorfismo. Le deviazioni più frequenti ed accentuate sono dovute: — — l. alla lunghezza maggiore o minore dello seapo, che può essere sem- it plice o ramoso, donde forme nane, giganti, semplici-o multi-scape, uni- - pauci-o multi-flore ecc.: 2. alla variabilità del diametro della lamina fogliare, ehe puó essere. platifilla e cioó molto compressa ai lati e stenofilla e cioè quasi perfet- - tamente cilindrico-filiforme, nella sua lunghezza e per essere ora flae- : cida e poco robusta e perciò appoggiata o rivolta al suolo, ora rigida, eretta o solo un po’ divaricata : ... 8. alla marginatura della spata superiore che può essere più o meno - larga od anche quasi del tutto membranacea (R. Columnae) : 4. all'eterantismo del perigonio dovuto ad: eferocromia e cioè a pre- valenza negli individui o forme di una stessa specie di colorazioni cia- niche o xantiche, al vario mescolamento delle stesse, ad albinismo o cloroleucismo (questo ultimo solo in specie capensi, quali R. rosea e R. bulbocoi ioides): a macrantismo e micrantismo, quest'ultimo sopratutto | negli. individui ginodioiei. Variabile (es. œ. Bulbocodium e R. ligustica) è pure la terminazione delle lacinie, ora acute, ora ottuse o rotondato- | REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI | 227 ottuse: carattere quest’ultimo che si è specificamente affermato, ad esem- pio, in A. Requienii. Soggetto ad oscillare è anche la lunghezza del tubo rispetto al resto del perigonio : “5, al ginodioicismo limitato alle specie tutte della stirpe di R. Bul- | | bocodium ed a R. nivalis: forme ginodioiche coincidenti spesso con mi- crantismo ed attenuazione delle colorazioni perigoniali : 6. all’ eterostilia dovuta alla presenza di individui brachistili in spe- cie normalmente dolicostili. Lo stigma varia inoltre per i lobi superficiali o più o meno profondi e la cassula, ora ovale e piccola più breve delle spate, ora cilindrigo- oblunga eguale o più lunga delle spate stesse. : Soggetti a variare sono pure, entro certo limiti, i caratteri anatomici della lamina fogliare: ma per questi rimarido alle osservazioni che ac- eompagnano le singole specie descritte nel precedente capitolo. ‘AI polimorfismo concorre anche l’ibridismo. limitato principalmente alle specie capensi (') fra i rappresentanti di R. rosea, cruciata, hirsuta, () Una probabile origine ibrida, fra le A E fu da me ammessa: r R. Limbarae (= R. Requienii X ligustica?) oc Sardegna Meters ein in esemplari della Galizia che trovai nell'Hb. Pau sotto il n -= X Columnae. Da un recente lavoro del Meri mparso quando la pre- | sente parte era già stata cina (sottò il itio Monografia de las espe- cies del genero « Romulea » que vegetan cerca de la desembocadura del -Miño vile aa lcu in « Mem. d. Prim. Congr. de Natural. Españoles, Junio, . 13-29 ») si deduce che l'ibridismo ha una larga espli- fra le im crescenti presso la foce del Miño. Delle 12 entità spe- cifiche che I A., sulla scorta del mio lavoro sulle Romulea iberiche pub- blicato nel 1906, riconosce in questo territorio, ben 6 trarrebbero un’ o- rigine ibrida e cioè: R. Merinoi Pau (= R. des X coronuta), R. va- Pass Mer. Boi R. Ohisiana X etie — Mer. (— R. Clu- | Ul s ce nd spensabile. prima di aceettare le con ui il Merino è qvo nel suo, del resto, accurato lavoro. 228 A, BÉGUINOT sublutea e bulbocodioides e che, in maniera più o meno manifesta, rive- lasi nell’ interferenza dei caratteri della struttura anatomica delle foglie, nell’acquisizione o perdita di minuti tricomi, nella forma e consistenza delle brattee e sopratutto nella colorazione del perigonio. Tutti i caratteri sopra citati ripereuotono le condizioni del mezzo- ambiente, di eui sono una diretta od indiretta emanazione e vanno Qt ascritti fra gli efarmoniei di Vesque e, per l epoca della loro comparsa, — fra i neogenici, senza escludere che l'uno o l’ altro di essi siasi manife- stato anche in periodi remoti, senza essere fissato dall'ereditarietà. Fanno, in E ogni caso, parte della variazione fluttuante e quali regressivi , nel senso di De Vries, devonsi interpretare il mierantismo, la brachistilia, x el colorazioni albine e forse anche la prevalenza dei colori xantici sui m cianici. Caratteri i quali, fino ad un certo punto, possono ritenersi per correlativi essendo, come ho esposto nella parte generale, tutte e tre l'in- dice di eondizioni disagiate di nutrizione. La seissione fisiologica dei sessi ha raggiunto il suo culmine in R. Bulbocodium var. dioica dell’ Al- geria ed i caratteri regressivi della forma femminile ed i progressivi di quella funzionante come maschile sembrano oggidi fissati dall’ eredita- rietà (*). Ma che varietà regressive siano stabili, dopo le ricerche speri- mentali del De Vries, non reca meraviglia: né, da quanto é sin qui acqui- sito alla scienza, sorprende la costanza, come le mie culture hanno. rivelato, di aleune colorazioni perigoniali in individui moltiplicati aga- (1) Seissione fisiologica completa ho pure osservato. testé in R. Battan- dieri Bég. che ebbi nel 1909 in coltura presso l Orto Bot. di Padova da tubercoli cortesemente inviatimi dal Battandier provenienti dalla località classica (la sommità del Djurdjura in Algeria) donde la descrissi su esem- plari secchi conservati nell’ Erbario dello stesso. La pianta che, nella stazione normale, fiorisce nel giugno, andò in an- tesi dai primi del Dicembre alla prima metà del Gennaio producendo fiori — morfologicamente ermafroditi e brachistili (con stigma completamente in- cluso nella cerchia anterale) ed in altri individui fiori dolicostili con an- tere atrotiche. I primi restarono completamente sterili! Secondo mi comu- nica il Battandier, la pianta coltivata ad Algeri fiori fin dal Novembre e semi fertili produsse solo mercè l incrocio artificiale da lui operato. Phanérogames » dell’ Algeria (Paris-Alger, 1910, p. 85) su questa interes- - sante specie. — d i ATTI Li it micamente. In Gerd però tutti questi caratteri sono grandemente in- stabili e T esagerata importanza ad essi concessa dai sistematici delle vecchie es e la tacita ammissione ine non Maoshi dali wm e significato. = SER lunga esperienza nella intima costituzione degli elementi del ge- nere mi ha rivelato che vi sono gruppi di specie collegate da legami di evidente affinità, con abito conforme e qua e là con termini inter- mediari di origine non ibrida. Esse si contrappongono ad altri gruppi in eui le affinità sono minori o tutt'affatto oscure, l'abito spesso diverso, gli intermediari mancanti o rarissimi. A questi gruppi, presumibilmente ‘con cui furono designati per primo dal Nylander (*) e dal Fries (°), ed in seguito dal Clavaud (°), Gibelli e Belli (*), Terracciano (5) ed altri. Entità siffattamente intese corrispondono alle specie elementari nel senso di De Vries e cioè elementi di ciò che molti botaniei chiamano specie nel senso classico o Linneano. Secondo il Clavaud « l’ espèce a . son unité dans la filiation actuellement existante, le stirps ne tire la que cette rassemblance est l'indice d'una DN: commune, Fem à-dire L8. E. FRIES, Epicrisis generis Hieraciorum. Upsaliae, 1862. | (®) NYLANDER, Synopsis. methodica Lichenum, omnium hucusque cognito- rum, Parisiis, 1860. b CLAVA AUD, Flore de la Gironde. Bordeaux, 1884. i com; apri pra sez. loggen Koch. in « Mem. R. Accad. pighia, RR .F. Caratteri di stirpe e gruppi naturali del genere « Romulea ». — discesi da un capostipite unico, mantengo il nome di stirpe (= stirps), A. por Dell’ Allium Rollii e delle specie pur affini in « Mal- * sienne que de la rassemblance des éléments qui le composent, en tant | ~ Come vedemmo nella critica dei sistemi di classificazione, parecchi botanici si provarono a disporre le specie del nostro genere in gruppi di varia estensione e valore: ma poco esperti nel maneggio ed i impiego dei caratteri pervennero per lo più ad aggruppamenti eterogenei e die- dero più o meno palesemente nell’ artificiuso. Lo studio approfondito del genere e degli affini in tutti gli attuali rappresentanti e nel complesso delle loro manifestazioni vitali e volto, senza preconcetti, alla ricerca delle vere affinità naturali, mi ha con- dotto ad un raggruppamento ben diverso e cioè al riconoscimento e de- limitazione di ciò che ho chiamato stirpe o, se si preferisce, ciclo di specie affini. Esse sono. in 1 numero di 15, delle quali 7 comprendenti specie distri- buite nei territori mediterraneo-atlantici e dipendenze e le altre nei ter- ritori dell Africa meridionale e centrale — e cioè: I. MEDITERRANEO-ATLANTICHE. E - Stirps R. Bulbocodii: R. Bulbocodium , uliginosa , DR Lim. barae, Battandieri, Engleri, Clusiana , grandiscapa , crocea — [9). R. nivalis: R. nivalis [10]. e R. Linaresii: R. Zinaresii, Tempskyana [11-19]. 4 > R. Requienii: R. Reguienii, insularis, Revelieri, corsica, i Jordani [13-17]. 5 » R. Rollii: R. Rolli [18]. - 6 >» R. ramiflorae: 2 R. ramiflora , gaditana, tenella , anceps, Car qua thagenae, numidica, Penzigi, melitensis [19-26]. hel Columnae: R. Cotentin xe cyrenaica (2729). w Y II. CAPENSI-TROPICALI. 8 Stirps R. longiscapae (?): 4. longiscapa [30]. i B s R. roseae: R. rosea, x R. intermedia , cruciata, purpura- scens, Thodei, gracillima, Fischeri, campanuloides, came- . rooniana , spiralis , gigantea, longipes, similis , minutiflora, _X R. ambigua [31-45]. > R. hirtae: R. hirta [46]. > R. speciosae: R. pudica, sabulosa, speciosa [47-49]. >) R.hirsutae: R. hirsuta , amoena , dichotoma , Klattii, Schlech- . teri, papyracea , tortilis, X R. Dielsii [50-57]. > K. tortuosae: A. tortuosa, tridentifera [58-59]. > R. subluteae: A. sublutea , sulphurea, montana , filifolia, Bachmanni, tabularis, Zeyheri, citrina, X R. hybrida [60-68]. » R. bulbocodioides: R. bulbocodioidis , caplandica, Mac Owani, - __ arenaria, versicolor (hybrid.?) [69-73], Come si rileva dalla definizione diagnostico-sistematiea di ciascuna | stirpe nel precedente capitolo, i caratteri da me ascogitati sono molte- . plici, ma non esattamente paralleli e contrapponibili, come sono quelli delle comuni chiavi dicotomiche. Un carattere dominante in una stirpe l uò essere gobordito od accidentale i in un altra, dosia etd bituali o dell dito de: Spano Jii. sarebbero chiamati in. ausa solo. dagli empirici, tenni in linea di conto per l'inquisizione delle affinità e non disdegnai porre a canto a quelli della struttura anato- mica della foglia, che solo un’ "accurata analisi microscopica pone in evi-. denza. Qualche stigmate ehe, sotto un certo punto di vista, potrebbe: quasi essere considerata quale una anomalia, mi rese, in alcuni casi, ser- vizio eccellente per rintracciare le affinità e cito tra queste il ginodioi- Ismo, ehe caratterizza tutti i costituenti la stirpe delle Bulbocodium e affine stirpe di R. nivalis. Grande conto tenni dei così detti caratteri 239 À. BÉGUINOT morfogeografiei, specialmente nelle specie che vicariano in una data area del tutto od in parte le affini. - Ciò premesso, dirò che i caratteri che maggiormente mi giovaronosi © riducono ai seguenti principali: grandezza del perigonio, sua colorazione, distanza degli stigmi dalle antere o loro inclusione nella cerchia stami- nale, struttura delle spate, che possono essere ambedue erbacee o solo l’ inferiore, platifillia o stenofillia delle foglie, presenza 0 mancanza di ipoderma seleroso od acquifero, presenza o mancanza di fascetti. fibrosi ipodermici, numero, posizione e struttura dei fasci fibro-vascolari e, sus- sidiariamente, qualehe carattere anormale, quale il ginodioicismo, l'ete- rostilia, il mierantismo ece. . Così, ad esempio, la stirpe di R. Bulbocodium, comprendente ben 9° entità diverse, è contraddistinta da perigonio assai sviluppato ed a ero- matismo complesso, con varia distribuzione di colori cianici e xantiei — — | senza esclusione di una quasi del tutto xantica (R. crocea) — da stilo tipicamente sopraelevato sulle antere, da spate dimorfe, da foglie con spiccate disposizioni xerofitiche ed, in linea subordinata, da ginodioicismo, braehistilismo e mierantismo. L'affine stirpe di R. nivalis, con un solo rappresentante localizzato nell'elevata zona alpina del Libano ed Anti- libano, coincide con la precedente nei caratteri fiorali, ma se ne distin- gue per la struttura anatomica delle foglie con disposizioni emixerofi- | tiche, in grazia al suo abitat. Le stirpi di R. Linaresii è R. Requienii sono fondate e distinte, principalmente, sulla forma e colorazione sui generis del perigonio. R. Rollii, unico rappresentante di ciclo a sè, la- scia eontraddistinguersi da mierantismo ; ma sopratutto dalla estrema tenuità e stenofillia delle foglie. Mierante sono pure le polimorfi stirpi di R. ramiflora e R. Columnae che si differenziano, la prima per le spate ambedue rigide, robuste ed erbacee e la seconda per la spata su- periore del tutto o largamente membranacea. Il polimorfo cielo di de rosea è fondato su esaltati caratteri xerofitici nelle foglie e ‘comprende. | specie grandiflore con apparato vessillare molto sviluppato e specie parvi- - flore, ma evidentemente egresse dalle prime. L'affine stirpe di R. speciosa - abbraeia invece tutte specie grandiflore e con accentuato cromatismo, ma 3 : se ne distacca per la presenza di un ipoderma seleroso congiungente - | ' REVISIONE. MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTT 233 fasci fogliari. Sono più o meno emixerofitiche le stirpi di R. hirsuta, tri- dentifera, sublutea e bulbocodióides: ma la prima ha elementi con peri- | gonio giallo nel tubo ed antocianico nel resto: laddove tutte le altre, fatta eecezione dei prodotti di incrocio, hanno perigonio xantieo e si di- stinguono fra loro principalmente per la iiu aem anatomica delle fo- | glie. Che abbia sempre incolto nel vero, lascio ai NÉ il giudicare | 2. La distribuzione ata del Gen. — Gom: — Come si rileva dal elio complessivo delle specie testé prodotto e dalla dettagliata illustrazione delle stesse nel precedente capitolo, le entità facenti parte del gen. Romulea sono per la massima parte distribuite in due domini, il mediterraneo ed il capense. Alcune specie del primo giungono nei territori europei. bagnati -dall’ Atlantico dalla Spagna all’ Inghilterra, ed altre nelle isole atlantiche (una delle quali endemica), una nell'Abissinia. Aleune ques del secondo trovansi anche nell' Africa orientale-meridionale e 3 specie hanno in ient territori dell’ Africa intertropicale. x Sieché, volendo passarie in sommaria rassegna, si possono cosi T WINpparer 1. Specie del dominio mediterraneo. — Sono 28 appartenenti a 7 stirpi da distribuirsi , in base all’ CE dell’ area, nei sea tre gruppi: | 89. Specie ad area. distributiva aipliàrima: Vi baitoa: | R, Bulbocodium. [Bacino medit. centrale, orientale e Ponatur” R. ligustica. [Bac. medit.. centr. e- mer.]. R. Linaresii. [Bac. medit. mer. one or, Gute graeca) ed Abis. sinia’ (subsp. abyssinica]. R. Rollii. [Bae. medit. oce. (Francia SES centr.-orient. (Gri) è e mer. (Algeria)]. 0 R. ramiflora. [Bac. medit. dalla bags e Portogallo alla: Persia ed Africa sett.]. — R. Columnae. [Bac. medit, dalla Spagna alla Siria ed all Afr. soit 6. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII. 234 A. BÉGUINOT b. Specie ad area distributiva limitata. Entrano in questa categoria : E. uliginosa. [Spagna e Portogallo in sostituzione di A. Bulboc. e R. ligustica). R. Clusiana. [Ibidem.]. R. Engleri. [Africa settentrionale]. R. numidica. [Ibidem.]. e. Specie ad area limitatissima e perciò, allo stato delle conoscenze, endemiche. Vi appartengono: R. Limbarae. [Sardegna sul M. Limbara]. R.Battandieri. [Algeria nella Kabylia, massiccio del Djurdjura]. R. crocea. [Asia Minore sul monte Solima]. R. nivalis. [Libano ed Antilibano]. R. Requienii. [Arcipelago corso-sardo]. R.insularis. [Areip. toscano all’ isola di Capraia]. R. Revelieri, Corsica e Jordani. [Corsica]. R. Tempskiana. [Cipro, Asia Minore e. Palestina]. R. gaditana. [Spagna mer. e Portogallo con tendenza a sostituire R. — ramiflora]. tenella. [Portogallo e Spagna occid.]. anceps. [Spagna occid.]. Carthagenae. [Spagna]. melitensis. [Malta, Gozzo e Lampedusa]. Penzigi. [Algeria nel’ massiccio del Djurdjura]. cyrenaica. [Cirenaica]. Saccardoana. [Portogallo in sostituzione forse di R. Columnae]. Questo quadro richiede aleune spiegazioni. TERETE Il primo fatto importante è la forte percentuale di specie ad area li- mitata od endemiche di zone ristrette e che sono ben 18 su 28, cifra di per sè eloquentissima. Degne di speciale menzione sono le cinque specie della stirpe Requienii esclusive dell’ Arcipelago corso-sardo, con un rappresentante in quello toscano e R. nivalis, stirpe a sè, unico rap- presentante del genere nella zona alpina delle catene del Libano ed —. Antilibano. - .Altro fatto degno di nota è la sostituzione: delle aree, nel senso che D aleune specie, da interpretarsi quali viearianti, rappresentano le affini in una determinata area: sostituzione in aleuni casi totale, in altri solo . quale tendenza più o meno accentuata. Esempio elequentissimo é for- ‘ nito dalle Bulbocodiane di cui R. Bulbocodium è la specie del Bacino centr. ed orientale, R. wliginosa e Clusiana di quello occidentale , R. grandiscapa (che sarà citata avanti) delle isole atlantiche, ‘2. crocea del- l'Oriente: dalle Ramifloriane con A. gaditana, tenella, anceps e Cartha- genae più comuni della tipica R. ramiflora nella parte occidentale (Spa- |. Stituisce R. Columnae nel Portogallo e R. cyrenaica che la vicaria nel deserto cirenaico. Frammentazione la quale ha PR anche neit forme di una stessa specie. Così di R. Bulbocodium il tipo occupa sopratutto la parte cen- trale della sua area, la var. grandiflora la Sicilia occidentale, la va- rietà syrtica la parte più occidentale, la var. sudlutea, Leichtliniana , È | pygmaea e syriaca l’orientale e la var. dioica la meridionale (Africa sett). Del pari ed in maniera più evidente R. Zinaresii è rappresentata nella sua forma tipica solo in Sicilia, dalla subsp. graeca in Grecia ed Asia Minore e dalla subsp. abyssinica in Abissinia. «suo culmine nei territori più occidentali del Mediterraneo e quindi nella - Penisola Iberica che, notoriamente, ripete la ricchezza della sua flora i dall’ esaltato polimorfismo che vi raggiungono alcuni gruppi. Così, per tare qualche esempio, le Bulbocodiane vi sono rappresentate da ben. tre specie endemiche (compresa la R. grandiscapa delle isole atlantiche), le Ramifloriane da 5, di cui 3. endemiche, le Columniane da 2, di cui una in proprio: laddove in Italia esse sono. rispettivamente 3 (di cui una sola endemica), 2 ed 1. Sembra più attenuata, allo stato delle conoscenze, nei territori più orientali (dove però è endemica una stirpe solenne, seb- bene monotipica : R. nivalis!), ma si esalta di nuovo in quelli più me- - ridionali e cioè nell’ Africa settentrionale, dove le Bulbocodiane sono rappresentate da 4 entità e cioè 2 specie e 2 varietà in proprio, le Ra- mifloriane da 3 specie, due delle quali endemiche e le Columniane da 2 ‘specie, | una delle Aut ad area limitatissima. Il massimo sviluppo, ik, gna e Portogallo): dalle Columniane con R. Saccardoana che forse so- Qui aggiungerò che tale frammentazione sembra avere raggiunto il REVISIONE MONOGRAFICA. DEL GEN. ROMULEA MARATHI 235 236 À. BÉGUINOT territori relativamente non molto estesi, ma geologicamente antichi, come sono quelli dell' Areipelago corso-sardo, vi ha raggiunto la stirpe Requienii rappresentata da 4 diverse entità. E d'altra parte notevole la maneanza di endemismi in arcipelaghi ed isole di recente costituzione ed emersione, come sono le Ponziane, le Napoletane, le Eolie eec. Sovrapposizione totale o parziale di area presentano A. Zigustica, che: s'intercala nell’ unica stazione italiana e nell’ Africa sett. nell'area di R. Bulbocodium, che tende a vicariare in Corsica. e Sardegna: R. Limba- rae che alla sua volta si sovrappone a quella di R. ligustica, da eui sembra egressa: 2. ramiffora crescente a Malta insieme a R, melitensis, con altre: 4 specie nella Pen. Iberica, eon R. numidica nell’ Africa settentrionale. E 5 entità del ciclo di R. Requienii, qua e là crescenti promiscue, pos- siede la Corsica, laddove 1’ unico rappresentante in Sardegna è il tipo: . Parlatoreano, nell’ isola di Capraia Ja R. insularis e via dicendo. Varia- zioni di R. Bulbocodium, Columnae e ramiflora si associano, non solo: nella stessa area, ma spesso nelle stesse stazioni. Altro fatto distributivo, sù cui richiamo l’attenzione, sono le lacune. nell’area di specie a larga dispersione. Per citarne le più salienti ricor- derò che R. Bulbocodium manca al settore padano e più precisamente in quei territori della lacuna che proposi testè di chiamare (1) italo-adriatica, arrestandosi da una parte nel Pesarese e dall’altra nell’ Istria meridionale: R. Columnae offre lacuna anche più ampia, pure in corrispondenza di. questi territori, le sue ultime stazioni cadendo nel versante italiano nel Piceno e, nell’opposto in Grecia: R. Rollii, largamente distribuita nella Francia merid. fino al Varo, ricompare nel littorale toscano e Laziale, per poi nuovamente scomparire dal Casertano all’ estrema Calabria ; ri- presentandosi da una parte nella Sicilia settentr. e dall'altra in Puglia: (presso Taranto) e quindi di nuovo in isolate stazioni in Grecia: R. ra- miftora, pure frequente nella Francia mer. sino al Varo, s'interrompe i in- : corrispondenza. della Liguria, la sua area riprendendo dalla Toscana Pao in | Calabria, laddove non propi nel versante adriatico oltre il © A. BücUrNor, Ricordi di ima escursione botanica nel ‘versante orientale Gargàn no « Nuov. Giorn. Bot. ben, n. ser. vol. xyi (1909), ‘p. 120 », ^ X REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 237 Gargano e quindi ad uno dei eapi della lacuna italo-adriatica. Notevole e EL pure la mancanza di rappresentanti del genere nell’ Egitto, laddove . una entità mediterranea (R. Linaresii subsp. abyssinica) ricompare in Abissinia, una tropicale trovasi nell’ alta valle del Nilo e nel Marocco i merid. (R. Fischeri), una, di dubbia origine e provenienza, cresce a So- cotra. La Siria, la Palestina e la Persia hanno le ultime irradiazioni di specie francamente mediterranee. L'unieo rappresentante del genere in parecchie piecole isole italiane (Ponziane, Napoletane ecc.) è R. Colum- nae e resta inesplicabile la mancanza, ad esempio, dell’ affine R. ra- miflora. ) Eloquentissima, in rapporto alla zonazione, è la distribuzione in italia delle nostre Romulea. Di queste R. Rollii, corsica, Jordani, Revelieri, insularis, ramiflora, melitensis, Requienii e Linaresii sono specie costiere, | viventi cioè nelle immediate vicinanze dell'attuale linea di spiaggia: A. Columnae, invece. se ne allontana per invadere i vicini dossi collinosi e montuosi della regione dell’olivo e più se ne distacca R. Bulbocodium, che pervade la zona submontana e quella montana, in massicci anche di- stanti dall'attuale costa e ad altezze che giungono fino a 1300-1400 metri. È adunque la specie più transigente, avvertendo però che essa si a- ©. vanza solo dove vi siano traccie più o meno manifeste di vegetazione . mediterranea e mancando, ad esempio, nei distretti montuosi centrali dell’ Appennino settentr. e centrale, nonche nelle espansioni mediterranee in corrispondenza degli amfiteatri lacustri, nei distretti. termofili dei Colli Euganei, Berici, ‘delle colline Torinesi ecc. .Nelle isole la distinzione di una flora littoranea ed orofila, data la maggiore uniformità delle condizioni climatiche, è più difficile a farsi ed in queste contingenze , ad es. A. lZigustica, R. Requienii, forme di R. Bulbocodium e di R. Rolli, possono anche incontrarsi nei distretti -o massicci più internati e R. Zimbarae sembra. anzi essere esclusiva del distretto montuoso del Limbara nella Sardegna settentrionale. | Fuori d'Italia la massima parte dei rappresentanti del nostro genere i; preferisce la vicinanza del littorale ed i territori depressi: ma qui ri- _ cordo che, ad esempio in Spagna e Portogallo, la polimorfa e. uliginosa lots anche la zona submontana e montana, la R. Zinaresii RE at .938 ; A. BÉGUINOT per la vegetazione primaverile-estiva comportantesi come xerofile, es- della Spagna. — Sono in numero di 8 (') e cioè R. Clusiana, R. uli- i ginosa, R. ramiftora, R. gaditana, R. tenella, R. anceps, R. Columnae e Saccardoana , tutte evidente emanazione ed irradiazione di specie me- diterranee. Di esse R. tenella, anceps e Saccardoana, non furono sin qui graeca trovasi püre nei distretti montuosi dell'Imetto, Parneto, Pentelico eee. e la subsp. abyssinica nell'aerocoro centrale dell’Abissinia sui fianchi del sommo Bachit, la œ. nivalis è un endemismo della regione al- ‘pina del Libano ed Antilibano, la R. crocea fu sin qui solo riscontrata nel M. Solima nell’ Asia minore e le R. Peuzigi e Battandieri furono raccolte nel massiccio montuoso dell'Aizer (Djurdjura) nella Kabilia « ad nives deliquescentes ». RN Quanto alle stazioni, non starò a ripetere ciò che dettagliatamente esposi per ogni singola specie nell' enumerazione sistematica. Qui rieor- derò solo che le Romulea mediterranee sono piante generalmente di p. grande adattabilità ai piu diversi tipi di stazione, quali sonó le arenarie e le sassieole, le xerofile ed igrofile. Pure essendo costituite su un in- dubbio stampo xerofitico, non disdegnano quest’ ultimè ed anzi il loro — cielo vegetativo, iniziandosi al cadere delle prime pioggie autunnali, È proseguendo nell'inverno ed entrando in antesi sulla fine di questo o sull’ inizio della primavera , la tollerabilità all’ umidità dell’ aria e del suolo deve essere notevole, molte stazioni che in seguito asciugano e, sendo in realtà bagnate od inondate durante l inverno. Ed in clima ri- gido ed in terreno umido hanno contratto adattamento, pure fiorendo : piu tardi, le specie localizzate in distretti montuosi, di cui non rara- - mente occupano la zona più elevata a contatto delle nevi in liquefazione ! Appariscono essere specie più decisamente od esclusivamente arenicola R. Clusiana , Rollii e ramiflora. 2. Specie del dominio atlantico. — I territori bagnati dall’ Atlantico albergano 9 specie, ripartibili néi seguenti tre gruppi: : » Specie iberiche e cioè delle coste occid. del Portogallo, occid. e sett. . 2%) Piece dalle entità di origine ibrida e di cui votan. ciò che ni dico "e pagtue. precedenti. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI © 239 constatate che in territorio prossimi all’ Atlantico ed anzi, l ultima, sembra sostituire nel Portogallo i’ affine R. Columnae. Ma è da tenere presente che le ulteriori ricerche i situ e l' esame di materiale più ab- bondante di quello avuto a mia disposizione è assai probabile rivelino un'area più vasta di quel che appare al presente. b. Specie. della provincia atlantica (nel senso di Engler) (*). — Sono due e cioè R. Bulbocodium var. syrtica, che si spinge in parecchie sta- zioni della Francia mer.-occid. e R. Columnae, a quel che sembra esclu- sivamente rappresentata dalla mia var. occidentalis, che si diffonde lungo le coste occidentali della. Francia fino a Cherbourg e dintorni ed ha qualche stazione nell’ Inghilterra merid. e nelle isole della Manica. Ti- pico esempio di espansione di specie schiettamente mediterranea lungo le coste atlantiche ed uno dei più istruttivi esempi del. termofilismo di questa regione! | €. Specie delle isole atlantiche. — Sono tre e cioè R. grandiscapa delle isole Canarie e di Madeira, A. Columnae di Madeira e dell'is. di San Michele nelle Azzorre e R. ramiflora dell’ is. di Teneriffa nelle Canarie. La prima entità vi rappresenta un genuino endemismo, ma le sue af- finità sono evidentissime con le Bulbocodiane, alla cui stirpe appartiene e tutte e tre vi stanno a rappresentare una evidente irradiazione medi- terranea. : (continua) D m regias Versuch. einer Entwicklungsgeschichte der Pflanzenwelt seit 336. estiürperiode. II. Theil, p. A. VILLANI SUI NETTARII DI ALCUNE SPECIE DI “ BISCUTELLA ,, L. Nello scorso anno fu da me pubblicata nella « Malpighia, Anno XXIII, vol. XXIII, 1909 » una nota sui nettarii di diverse specie di Biscu- | tella L. Della forma e della SON Due di aleuni di essi ne dor relativi dish : A ... mella Tav. II, e, servendomi dei loro caratteri : suddivisi le specie stu- 3 diate in tre gruppi principali, rappresentati il primo dalla B. auriculata 4 d secondo dalla B. didyma L., ed il terzo dalla B. levigata L. p^ È . Tanto chiaramente appare dalla nota citata e dalla relativa Tav. i i» tuttavia nella divisione dei gruppi, per errore di traserizione, fu ripor- i tato il nome di B. ambigua L. È però il quadro riassuntivo deve essere cosi esposto: 24 nettarii riflessi, od arcuato riflessi, uno pr lato ed alla bale di l ciascun filamento breve . . . IAE auriculata L P j B 2 nettarii in forma di cuscinetti, si “i arcuati , interi o più o meno profondamente bilobi, uno ai lati e tra ciascun fila- mento breve e l obarioa. . 5 CIR didyma L. y a nettarii in forma di cuscinetto Fu, semplice o leggermente Wal. solcato, vno ai lati ed all'esterno di ciascun filamento breve e lo- E . + B. levigata L. nae Po Cl Tes E QUU ee Parma, gennaio 1910. | È G. B. DE GASPERI Un caso di fasciazione caulina e fiorale IN UN LEUCANTHEMUM VULGARE Il 25 maggio 1909 mi fu portato un fiore di margheritone ‘bianco che | presentava un curioso caso di fasciazione su cui stimo non inutile ri- chiamare l’ attenzione. Disgraziatamente l'esemplare, che conservo in formalina ('), è privo - di foglie e radici e consta solamente dell" ‘Infiorescenza con 12 centimetri di peduncolo fiorale. Il eaule, faseiato, ha una larghezza di 9 mm. con uno spessore di 1,9 mm. ai lati, meno verso il centro ove presenta una specie di im- . pronta longitudinale che rende concava una delle faccie. Questo incavo si osserva anche all’ interno ove, in sezione, si vedono due cavità abba- stanza grandi, laterali, che si assottigliano verso il mezzo sino ad an- nullarsi ove le pareti si toccano (si veda lo schizzo). . : La superficie delle due facce si mostra percorsa da una serie di ri- (!) Fu raccolto da Bruno di Prampero a S. Martino al Tagliamento (Friuli) . sul margine di un aratorio. 242 G. B. DE GASPERI lievi longitudinali, paralleli, separati da minuscoli solchi nitidamente ; visibili. i In vicinanza del fiore questo peduncolo fasciato si torce, allargandosi orizzontalmente a ventaglio ondulato, in senso perpendicolare all’ asse e quivi sostiene il capolino. La porzione di peduncolo da me esaminata mancava di foglioline , che pure esistono, negli esemplari normali, ogni 3 o 4 centimetri; in- . vece nel centro di quello che abbiamo chiamato ventaglio si possono vedere 4 o 5 piccole linguette (2-3 mm.) contorte ed attorcigliate. di .. Il ricettacolo del capolino, o meglio del complesso di capolini che x ‘compone l’ infiorescenza, è di forma allungata, piegato ad anello, della lunghezza massima di mm. 70, con un'altezza di 13 mm. Il diametro. esterno di questo asse anulare è di 26 mm.; quello interno di 14 mm.; pu le estremità libere distano tra loro di 9 mm. i Il ricettacolo è percorso da un solco centrale che termina ai due lati a 5 mm. dal margine esterno. I fiori periferiei sono muniti di linguetta amen 10 o 15 iij e seaglie involuerali sono di 7 mm. ) Nella sezione ho misurato lo spessore del ricettacolo con i fiori cen- trali in mm. 6 e "nr del pena fiorale fasciato ed allargato a ventaglio in mm. 25». Confrontando queste dimensioni con quelle di un esemplare komal di sviluppo medio, si possono istituire i seguenti confronti : Es. normale Es. in esame Caule — larghezza 2 9 d. spessore 2 1,5 Ricettacolo — diametro. 12 70x14 ium | spessore. 6: 6 scaglie 6,5 7 hes 18: — — 1045 | ficato nel ren LUIGI CUFINO Species Cryptogamarum a cl. prof. F. Gallina - in Erythraea collectae. Colonia Erythraea, hucusque a botanicis pervestigata, inter regiones eryptogamarum fertilissima certe aecensenda. Clarissimus doctusque F. Gallina, qui anno 1908 Erythraeam visitavit, eximiam messem phane- rogamarum eryptogamarumque collegit. Leguminosae, Convolvulaceae, Graminaceae et Lichenes praecipue abundant. Omnia mihi benevole de- terminanda demandata sunt et, nune, studium Cryptogamarum praebo. FILICES POLYPODIACEAE. Adiantum aethiopicum L. Sp. PI. 7943. Pirotta R.: Flora della Co- lonia Eritrea; Parte l.5, fase. 1.°, p. 15. Habab: Rora Enzelal; ad rupes, nov. 1908. Distr. geogr.: Afriea tropicale, Australia e Nuova Zelanda. Cheilanthes farinosa (Forsk.) Kaulfm. Enum. Filie., p. 213. O. Pen- zig: Piante raccolte in un viaggio botanico fra i Bogos ed i Mensa; in « Atti del Congresso Botanico Internazionale, 1892 », Estr. p. 58. Pi- rotta R.: Flora della Colonia Eritrea, l. c., p. 16. Pteris farinosa Forsk. Fl. Aeg. Arab., p. 187 (1775). ° Habab: Rora Enzelal; ad rupes, nov. 1908. Distr. geogr.: Asia ed Africa tropicale. Aetiniopteris radiata Lk.; Acrostichum radiatum Poir. ( 1810). "m nium radiatum Swartz (1801). Bogos: Keren, M. Itaabber, oct. 1908. per. E Africa inen ed India. SPECIES CRYPTOGAMARUM toc oc ME 1 : | MUSCI. R . Pleurochaete malacophylla (C. Müell.) Broth. in Engler und Prantl.: Die Natürlichen Pflanzenfam. Musei, p. 398 (1902). Barbula malaco- phylla C. Müell.; in « Linnaea », XXXIX, p. 400 (1875). Tortella ma- - lacophylla Paris: Index Bryol., ed. 2.5; V, p. 31 (1900), . . Habab: Rora Enzelal, ad. terram , november 1908, ^ Obs. Affinis P. squarrosa (Brid.) Lindb.: De Tortul., p. 252 (1864). P. malacophylla a C. Müeller, Brotherus et Paris descripta est sub no- mine errato P. mallacophyllae.. LICHENES. Usnea Maisto (L.) Fr. : var. sonpdinzoniià (Sch) Me Habab: Rora Laba; ad truncos, november 1908. . . ; |. var. strigosa Ach. Meth. p.. 310.. Raglio Do grs pa lect. a O. Beccari (N. Giorn. Bot: Ital., VII, 1875, p. 240) e Lich. abyss. a cl. rane Penzig coll. (« Malpiztia$, VI, 1892, p. 206). Habab: Rora Laba; ad truncos; nov. 1908. U. articulata (L.) Hoffm. Fl. Germ., p 133. Beglitsi in « ali ghia », l.c., p. 206. E Habab. Rora Laba, super Mod tA NEN nov. 1908. Tsertserà ; : | Rora Enzelal; Rora Mashal; Altopiano di Hagher., . -Anaptychia leucomelaena (L.) Neum., var. multifida in et. Fy) )Wainio; forma cireinalis A. Zahlbr.: Flechten, in Hochlande. Ecuadors | gesam. (Botanisch. Centralbl. Origin. Arb. B. XIX, Abt. II, Heft 1, 1905). E . Habab: Rora Enzelal; ad terram, nov. 1908. ed Xantoria chrysophthalma (DC.) Nyl. Syn. 410. Physcia chrysoph- ~ thalma (L.) DC. FI. Fr., II, p. 401. Baglietto; in « Malpighia », L e., p. 207. - bab: Rora Laba; ad truneos, nov. 1908. . Parmelia Ears (L.) Ach.; Imbricaria caperata (L)K 246 L. CUFINO Habab: Rora Laba; ad truncos, nov. 1908. Rora Enzelal; ad terram, nov. 1908. P. conspersa (Ehrh.) Ach. Meth. 202. Bogos: Keren; ad saxa, nov. 1908. M. Itaabber; ad saxa. P. Hildebrandtii Krplh. Habab: Rora Laba; ad truncos, nov. 1908. © Physcia caesia (Hoffm.) Nyl. Prod. Lich. Gall. Aly. (Bull. Soc. Linn. Bord. XXI, 1857), p. 308. Baglietto; in Nuovo Giorn. Bot. Ital, l. c., p. 241. Lichen caesius Hoffm. En. Lich. (1784) p. 65. Bogos: Keren; ad saxa, nov. 1908. Placodium murorum Hoffm. DC. Fl. Fr. II (1805) p. 387. Lichen . murorum Hoffm. En. Lich. (1784) p. 63. Lecanora murorum Ach. Lich. | Univ. (1810) p. 433. Xanthoria murorum Th. Fr. Lich. Arct. (1860) p. 170. Physcia m. Arn. Lich. Tirol. XXX (1897) p. 12. Bogos: Keren; ad saxa, nov. 1908. | Callopisma aurantiaeum (Lghtf.) Krb. Syst. p. 130. Caloplaca auran- tiaca (Lghtf.) Th. Fr. — Baglietto; in Nuovo Giorn. Bot. Hal, l e. ——— pag. 247 e « Malpighia », l. e. p. 209. Bogos: Keren, M. Zeban; ad saxa, nov. 1908. Biatora sp. ? Bogos: Keren; ad saxa, nov. 1908. Buellia spuria fee) Krb. Baglietto; in Nuovo Giorn. Bot. Ital., e. p. 250. Bogos: Keren; ad saxa, nov. 1908. Acarospora flava (Bell.) Stein. Bogos: Keren, M. Zeban; ad saxa, nov. 1908. Land F Napoli, 30 Aprile 1909. Pror. G. E. MATTEI | Apparecchio staurogamico di Sauromatum. Ben conosciuta è l’ Aroidea comunemente coltivata negli Orti botanici con il nome di Sauromatum guttatum: sorge però il dubbio che non Sempre con questo nome si abbia la medesima specie: studiandone più ` 2 esemplari si osservano nelle foglie differenze abbastanza cospicue, ma è difficile porre a confronto le infiorescenze, fiorendo di rado. L’ ENGLER (1) e ammette almeno sei specie, tre delle quali corrisponderebbero a quelle comunemente coltivate nei giardini , cioè Sauromatum pedatum, S. gut- tatum e S. venosum: queste vengono riunite in una sola dall’ Zudez Kewensis e dall' Hookgg (°). Sarebbe perciò utile coltivarne molti esem- plari, di diverse provenienze, per procedere sul vivo ad un loro minu- T Anche sull'apparecchio staurogamieo di Sauromatum si hanno non : elo Scarse pom. ma opos Sono diat motio RS: per cui ORI L' alii e menziona questa specie, ritenen- per necrocoleotterofila. Il Detrino (*) ne tratta, più per esteso, rum ». Tom. II, (*) Hooker J. D., Flora of British "lola Vol. VI, 1894, p. (©) ARCANGELI G., Sulla fioritura del Dracunculus, In « Nuovo Giornale Botanico Italiano ». Vol. IV-IX, 1879, p. 24 1) DELPINO F., Staurogamia presso il Sod guttatum. In « Mal- 145% » Vol. v 1890, p. 30. Č) MATTEI G. E., Sui pronubi del Sauromatum Kotalni là: « Rivista Italiana di Scienze Naturali ». Vol. XII, 1892, p. Sm O ENGLER ADR., Araceae. In De Cannon « | Monographiae Phanerogama- 569. * fatti quello di Bologna presentava colori più lieti, con prevalenza di - | prevalenza di atrosanguineo. Anche l'odore esalato dallo spadice di que- Dracunculus e di altre Aroidee. 248 G. E. MATTEI covero e non a carcere e che era semplicemente miofila, venendo visi- i tata da mosche comuni e non da mosche carnarie: infatti trovai che il —— pronubo più abbondante ad accorrervi era l’ Onodontha penicillata, Roux. a specie che depone normalmente le uova nelle immondezze e nelle con- cimaje: in correlazione a ciò, notai pure che l odore; esalato dallo spa- dice di detta Aroidea,-si avvicinava a quello degli ovili, ossia dello stereo di pecora. i Ora ho avuto occasione di esaminare un altro Sauromatum , fiorito nel R. Orto Botanico di Palermo: differiva certamente da quello che esaminai a Bologna, e poteva riferirsi, secondo |’ ENGLER, al Sauro matum pedatum: tuttavia con quest’ ultimo non combinava avendo il. picciolo fogliare macchiato e non concolore ; come dovrebbe averlo il ` vero Sauromatum pedatum. Però in tutti quanti i Sauromatum da me ie veduti, non fioriti, quantunque.piü o meno differenti fra. loro, ho sem- . pre riscontrato il picciolo con macchie, ad eccezione del Sauromatum abyssinicum, del quale vidi giovani esemplari non fioriti, provenienti — dall’ Eritrea, e pure coltivati nell’Orto Botanico di Palermo. Il Sauro- i matum da me studiato a Bologna corrispondeva molto bene a quello fi- gurato nella tav. 1334 della Flora des Serres, ritenuto dall’ ENGLER per Sauromatum venosum, mentre quello fiorito qui in Palermo corri- — sponde a quello figurato nella tav.. 495 della Gartenflora, ritenuto dal- l ENGLER per Sauromatum pedatum. Non potendo però maggiormente approfondire la loro identificazione, ritengo questo esaminato a Palermo per Sauromatum pedatum , continuando dubitativamente a chiamare. quello che esaminai a Bologna col nome di Sauromatum guttatum, - avendolo allora appunto pubblicato con tale nome. L'esemplare avuto in esame qui a Palermo, fion 1'8 maggio 1908: tosto mi parve distinto da quello di Bologna per l'infiorescenza più pic- i cola, di colore più oscuro, con lo spadice più lungo e più sottile. In- giallo e di aranciato, mentre quest’ ultimo aveva colori più lividi, con st ultimo, quantunque pur rammentante quello di stalla, mi parve più forte e nauseoso, avvicinandosi alquanto a quello eadaverieo, proprio del. | APPARECCHIO STAUROGAMICO DI SAUROMATUM 249 Il Sauromatum pedatum (così continuo a chiamare quello osservato in .. Palermo), come gli altri congeneri, fiorisce prima di sviluppare le fo- .. glie, quindi la spata sorge direttamente dal suolo, restandone la sua cM inferiore, corrispondente alla camera nuziale, sempre immersa nel | terreno stesso. Questa spata si prolunga in un lunghissimo nastro, che osi rovescia sul suolo, ove va avvolgendosi irregolarmente a spira: dal scorgere in basso i fiori maschili, assai più piccoli che in altre Aroidee: per portare questi fiori alla fauce della spata, lo spazio nudo di spadiee, che li separa dai fiori femminei, é lunghissimo, cioè oltre 6 centimetri, mentre nelle altre Aroidee per solito è brevissimo o nullo. Superiormente alla camera nuziale, e precisamente in corrispondenza ai fiori maschili, . la spata è compressa lateralmente, per cui restano, ai lati dello spadice ‘stesso, due aperture, per le quali possono entrare ed uscire i pronubi: | infatti anche in Questa specie l'apparecchio devesi considerare a rico- ‘vero e non a carcere. La spata presenta esternamente un colore atrocefufug lividissimo, con isfumature quasi argentine, ricordante il eolore della pelle di certe serpi : . internamente poi, nella sua parte espansa, sopra un fondo sordido, pre- senta piccole macchie oblunghe, numerosissime ed avvicinatissime , di colore atropurpureo, tendente al nerastro. Lo spadice è di colore bruno iaro, tendente al plumbeo, gradatamente più pallido in alto: i fiori shili infine, nella. ‘parte in cui restano scoperti, sono di colore crema : idissimo, non gialli come in altre Aroidee. 35r intera infiorescenza dà l'impressione di una serpe, avvolta su sé ix stessa a spire, con la coda protesa in alto: credo in ciò di scorgere un + U per metà dilaniata da qualche rapace: ciò forse per meglio ingannare altro singolare mimismo: i fiori maschili, che in parte restono scoperti, piccolissimi, allungati e di color bianco crema pallido, danno l illusione - completa di un ammasso di uova di mosche carnarie, depositate su un | brandello di carne putrescente. Con questa strana imitazione forse si in- coraggiano vieppiù le mosche earnarie ad. accorrere ed a penetrare nella camera nuziale. | 17. Malpighia, Anno XXIII, Vol. xxm. mezzo della spata esce lo spadice che si protende obliquamente, e lascia | vero caso di mimismo, quasi a voler rappresentare una serpe morta e : ed attrarre alcune. sorta di mosche carnarie. Parmi pur di scorgere un - - riferito quello esaminato a Genova dal DkrPiwo. it / a X, ade e Menta sul ms cr Mar. <—.. i : . Infatti nell’infiorescenza qui apertasi era un continuo accorrere di - al comuni e carnarie, promiscuamente. Molte, massime quelle di — dimensioni piccole e medie, entravano ed uscivano sovente per le due ‘aperture, comunicanti con la camera nuziale. Fra le mosche comuni, la | | specie che vidi più abbondante era la Megerlea caminaria , Man. Dal predetto appare che, mentre il Sauromatum , da me esaminato a a Bologna , era esclusivamente miofilo, cioè adattato a mosche comuni e B da queste unicamente visitato , il Sauromatum qui fiorito era preferen- | temente sapromiofilo, cioè adattato anche a mosche carnarie, ste. pure visitato. Forse a quest’ultima specie di e da que- unas andava. In entrambi quelli da me esaminati mancò affatto il concorso dei nes crocoleotteri, quali sempre accorrono alle infiorescenze di Dracunculus. 3 Ció tende a provare che nel Dracunculus si ha realmente un. adatta- mento promiscuo, cioè prevalentemente sapromiofilo e suecedaneamente neerocoteotterofilo, mentre nei Sauromatum si ha un adattamento eselu- sivamente sapromiofilo. A questo si presta ancora l’apparecchio a car. cere del Dracyneulus, con la spata largamente imbutiforme, a super: > -ficie levigatissima, per eui i piecoli coleotteri neerofagi , arrivando a | volo, ed urtando con impeto nella - spata, rotolano, senza potersi. fer- mare, fino nella camera nuziale, ove restano prigionieri : ad un tale adat- -tamento i invece male si presterebbe la. pen dei Sauromatum , avvolta — 2 RASSEGNE Tu. Bokorny — Ueber die Assimilation des Formaldehyds und die Versuche, dieses Zwischenprodukt bei der Kohlensüure- Assimilation nachzwweisen (Archiv für die ges. Physiolo- . gie 1908. CXXXV, p. 467). V. GRAFE und L. RITTER von PonrHEIM — Orientierende Un- lersuchungen über die Einwirkung von gasfórmigem jo maldehyd auf die grime Pflanze ( Bot. Zeitschr. LIX, und 66) 1909. V. GRAFE und E. Vierer — Untersuchungen über das Ver- halten grüner Pflanzen zu gasförmigem Formaldehyd (Deut. Bot. Gesell. XXVII, 7, 431) 1909. Gli Autori, eol fare la storia dell'argomento dell'assimilazione e della i | presenza dell’ aldeide formica nei vegetali, accennano anzitutto all’ ipo- ; tesi del Bayer, sulla formazione dell’ aldeide formica come primo pro- um dotto dell: assimilazione dell’ acido carbonico nelle piante verdi, ipotesi y che, come è noto, è oggi quella che più si avvicina al vero. Due fa- — rono le vie seguite dai vari autori per la dimostrazione di ‘essa, e cioè: — - 1. Dimostrare che l'aldeide formica è presente nelle piante verdi, e che la sua presenza sia in stretta relazione con l'assimilazione del carbonio; de Dimostrare che l’aldeide formica o alcuni dei suoi componenti meno enosi (per es. metilal e solfoformiato di sodio) possono servire come gostanze nutritizie per le piante. : d . Alla prima questione , per tanto tempo dibattuta, venne risposto af- a fermativamente i in special modo dal Pollacci con una serie di accurati M CHO. i eui risultati vennero poi confermati da molti altri autori, tra uet i quali sono anche il Grafe e il Ritter von Portheim. n° Riguardo alla seconda questione, se cioè l'aldeide formiea. possa venir : utilizzata dalle piante verdi a costruire i loro idrati di carbonio, è da | notare che l'aldeide formica, mentre è un veleno potente per i baeteri e. per i funghi (Geuther) ha invece sulle piante superiori una diversa in- fluenza, specifica, ma non nociva, Pet venga somministrata i in solu. zioni diluitissime (Tréboux: */,, */, Già dal igne Loew e Bokorny Svisiane notato che i derivati meno ci 952 RASSEGNE velenosi dell'aldeide formica si possono trovare nelle Spirogire per ar- resto della formazione dell’amido, Nella memoria su citata il Bokorny, somministrando del solfoformiato di sodio a una eultura di Spirogire non eontenenti amido, trova dopo tre giorni, osservando le alghe al mi- croscopio , una considerevole quantità di amido. nelle loro cellule. Egli Y. deduce da ciò: 1.° Che l'ossimetilsolfonato di sodio, facilmente dissocia- bile, si è seomposto in aldeide formica e solfito di sodio acido; 2.° Che l'aldeide bigis formatasi è stata adoperata dalla pianta per la forma- zione dell’ an i Nelle idea al buio le Alghe formano egualmente amido, per quanto in piccolissima quantità. Per, la formazione di questo composto dall’al- deide formica, la luce non è dunque necessaria, ma lo è solo per la prima parte del processo di assimilazione : per la riduzione cioè dell'a- cido no in aldeide formica. orny ottenne la formazione di amido nelle Spirogire anche dal- ; Y'aldeide formica gasosa. Grafe e Ritter l'adoperarono, pure sotto forma di gas, per le fanerogame, a fine di constatare se potesse venir assimi- lata dalle foglie meglio che dalle radici, e giunsero, con la prima me- ` moria, alle seguenti conclusioni : : 1.° Che l'Elodea vive benissimo in ambiente contenente il 0,04 °/, di aldeide formica gasosa, ossia 80 volte la quantità limite (0,005 */.) tro- vata dal Tréboux, usando la soluzione; 2.» Che coltivando il lista vulgaris in ambiente: 4) privo di aldeide formica; 3) privo di aldeide de formica e di anidride carbonica; c) con aldeide formica e senza anidride — Sar carbonica; 4) in aria normale con aggiunta di aldeide formica, otten- E | nero che, a parità di tutte le altre condizioni , le piante della serie d) — =: Spieeano notevolmente sulle altre per la loro readin: che era quasi doppia di quella delle piante della serie 4), cresciute cioè in aria nor- j male. Notarono nelle loro foglie, ossia negli organi che d la maggior quantità di clorofilla; un notevole accrescimento in grandezz ed anche una differenza nella forma, specialmente per F SAY e per la diminuita insenatura del leo alla base. L’ accrescimento degli | organi assili inveee non variava in confronto alle piante cresciute in È ambiente normale. — Queste variazioni di forma (molto visibile delle ; _ foglio primordiali ) giustifieava l'ipotesi che l'aldeide form ce sulle piante come uno stimolo anzichè come una sostanza nütritizia , ; "ma la certezza del fatto poteva aversi solo somministrando alle piante una determinata quantità di gas, e stabilendo alla fine dell' esperienza |» quanto, ne era stato trattenuto dalla pianta. La risolnzione di questa : | questione è “lo scopo della terza memoria, nella quale gli AA. arrivano — ni alle: M Sopeliioni y y 5 quantità di dicis formiea danilo dalle piante non è solo p ETT rapporto con la quantità di aria a cui essa vien mescolata, ma di- -pende anche dall’ individualità di ciascuna specie e dal loro stadio di sviluppo. Tanto che era necessario determinare per ciasenna specie la concentrazione del formolo che non fosse ad essa nociva. .. 29» In generale le piante assimilano senza danno gr. 0,001 di aldeide s formica ciascuna. œ Le variazioni nell’ abitus della pianta (Phaseolus) coltivata con sali sono meno piegate all'infuori, e di un verde più oscuro, che non nelle piante normali 4.° Specialmente dalla elorofilla dipende la resistenza. relativa degli or- gani verdi in confronto con gli organi non clorofilliani, come pure la resi- stenza degli organismi contro l'aldeide formica. Ciò vien provato dal fatto i è nociva, se viene somministrata a piante che siano in condizioni nor- * wh, ló diventa quando venga invece somministrata a piante poste prima all'oseuro (e per conseguenza ez iolate), poi esposte alla luce. Dopo p che ore comparvero dei punti bruni sulle foglie gialle, e delle strie brune. sugli steli eziolati. Avviene cioè che aunientandó alla luce lo scambio delle sostanze, e non potendo, per l'assenza della clorofilla, ve- . nir assimilata l aldeide formica. ipsis questa agisce come un | veleno. 5.° Per quanto sia assai difficile provare se l si formica sommi- span non è detta ancora è l'altima PRE sull 'assimilabilità reo interessanti delle dte Dott. F Eva ai che una soluzione di aldeide formica, ad una data concentrazione che non . pm alle uon in Inee sia rien di aumentare M sostanza secca, "yo ei che, ads la nu sur una comunica- reli; da Pd | i ES NEC : g^ id formica, confermano quelle della memoria precedente. Le foglie - is 254 RASSEGNE i anidride carbonica, dà occasione al Grafe di ripeterne le esperienze, per forma di soluzione amidica. quanto in piccola dose, dell’ anidride carbonica. - così venir fatta con maggiore accuratezza, sia nel substrato che nei da anidride carbonica e sempre rinnovata. . dal Lefèvre, e cioè: -iono quando vengono private delle sostanze di riserva, sia se vARBORE .. loro somministrate delle amidi, che nel caso contrario. Esse quindi non . | hanno la facoltà di assimilare il carbonio amidico, ciò ehe si può veri- . ficare anche microchimicamente in sezioni di radici e di fusti. : | sive in aria esente di anidride carbonica, che da quella che vive in aria ta normale. La qon amidi n non ne upper, la morte, anzi RM V. GRAFE — Untersuchungen über die Aufnahme von stick- stoffhaltigen organischen Substanzen durch die Wurzel | von Phanerogamen bei Ausschluss der Kohlensäure (Sit. zungsber. d. Kaiserl. Akad. der Wissensch. CXVIII. Abt. 1. Juli 1909 n 6 oggidì accertata la questione dell'assorbimento dei composti ` inor- - ganici del carbonio per parte delle radici delle Fanerogame, non lo 6. invece per ciò che riguarda il carbonio organico. Il recente lavoro del Lefevre, nel quale l’ Autore conclude in favore dell’ assimilabilità delle amidi per parte delle radici di piante che vivono in ambiente privo di constatare se veramente, in assenza completa di anidride carbonica, le piante possano assimilare il carbonio organico somministrato loro sotto. 1 È a Le amidi su cui VA. sperimentò furono: la tirosina. 5 M glicocolla , A l'alanina, l'ossamide, la leucina. d rafe, criticando il metodo di ricerca del Lefèvre, nota che con l'amide in sostanza azotata inorganica, e inoltre che il museo, che nelle culture del Lefévre forma una parte del substrato, mette in libertà, mr. Il Grafe adopera invece come substrato la stessa ae nutritizia, e come pianta di coltura il Phaseolus vulgaris. La sterilizzazione p semi, i quali vengono, in alcune culture, liberati dalla scorza e da uno o da entrambi i cotiledoni. L'aria ambiente era completamente esente . I risultati a cui l'A. giunge, coltivando il Phaseolus vulgaris in tali condizioni di esperimento, sono perfettamente contrari a quelli ottenuti 1° Le piante crescenti in ambiente privo di anidride carbonica mu 25» La mancanza dei cotiledoni è risentita più presto dalla pianta che pastus Dus. agisca svantaggiosamente. Infatti, le amidi hanno un'azione vele- nosa | specialmente sulle radici, che si allungano, si colorano in bruno e rmano, al ‘posto delle radici laterali, dei bulbilli. Gli steli si rammol- liscono e diventano trasparenti, piü corti. e le gup hanno brevissimo iluppo. 30 (iena singole amidi usate le meno nocive sono la leucina e la ti- Tel, Nelle soluzioni nutritizie esenti ‘di azoto inorganico, l’ azione no- _ civa delle amidi è meno pronunciata. Dott. Eva MAMELI. V. Grare — Studien über dns Anthokyan — Í und II Mit- teilung. (Sitzungsber. d. Kais. Akad. d. Wissensch. Wien. CXVIII. Abt. 1. 1906 und 1909) < Nella prima nota su questo argomento l'A. ha reso noto nee la so- stanza colorante rossa dell'4/fAaea rosea si scinde, per conveniente trat- assoluto, con colorazione rosso-violetta dopo aggiunta di alcune. goccie .. di acido cloridrico, mentre l altra, amorfa, è solubile in aeqna- acidu- la prima sostanza la formola C,, H,, 0; alla seconda C,, H,, Oxs elegiae sì separa facilmente del destrosio , ciò he dimostra la: sua Ae fille la la solubile in eni assolu to à e fa una rassegna critica degli studi più recenti sulla natura e sull'origine delle « antoeianine ». Trattando convenientemente la parte solubile in alcool, acido acetico e acetato di sodio, l'A. cercò di determinare il numero e la posizione dei gruppi ossidrilici, e trovò che essa contiene due ossi- drili (per la possibilità della sostituzione con due gruppi acetilici) e ap- artiene al gruppo degli idrochinoni. "Tra i prodotti di scissione delle sostanze solenni della malva, lA. la pirocatechina, e questo fatto ha un doppio interesse, sia echa orte che hanno preso una colorazione scura, sia anche perchè fa pen- i sare. a un rapporto tra le antocianine, le sostanze tanniche e i derivati Xantonici. e flavonici. — tamento, in due parti colorate, ses si differenziano subito per il fatto ; lata, con colorazione rosso-giallastra. L'analisi elementare fece assegnare all con la presenza dello stesso composto nei succhi delle piante $ 256 RASSEGNE Miss Wheldale sostiene anzi che l’antocianina deriva direttamente da certi componenti aromatici della serie xanton-flavonieo, per azione di un fermento ossidante, di modo che le diverse sostanze rosse che colorano i fiori, rappresenterebbero dei gradi diversi di ossidazione di questo cro- mogeno, dovuti alle varie condizioni in eui possono trovarsi i fermenti per TO di qualcuno dei fattori essenziali alla formazione dell'anto- cianin Grafe invece attribuisce piuttosto le differenti colorazioni alla pre- senza di « d » di diversa composizione, poichè è ormai cosa certa che sotto il nome di « antocianine » si debbano comprendere nu- merose sostanze Soia delle piante, che possiedono forse ùn eguale o simile aggruppamento degli atomi di carbonio, ma in particolare hanno una disposizione molto diversa delle catene laterali del gruppo aromatico. Come il Grafe dai fiori di Malva, anche la Wheldale ottenne dalle bacche di Zigustrum due sostanze rosse diverse per intensità di colore, e che differivano nettamente per la loro solubilità in acqua e in alcool, e per il loro comportamento di fronte agli alcali e ai sali di ferro. Il Grafe, studiando vai ois i rapporti che uniscono queste due so- stanze coloranti, che sono presenti nelle malve, nel mirtillo, nell'uva, e che sono così simili — apparentemente — l'una all'altra, trova clie l'affinità dei due componenti, è per lo più assai notevole. Nel mirtillo - ad esempio una delle sostanze rappresenta il glucoside dell' altra; nelle malve la riduzione e la scissione con sigg conducono all’ salici eal conseguente passaggio dall’ una all'altra, ecc. 3 Che alle ossidasi sia affidato il compito di trasformare ua sorte “DR nel pigmento antocianico, è opinione condivisa da molti autori: Busca- - lioni e Pollacci, RAM, Mirande, Griffith, Palladine, e anehe il Grafe vi si associò. . L'A. fa poi rilevare che l'opinione sostenuta per lungo tempo dal Wiesner e da lui non accettata, che dalla presenza delle sostanze tan- niche dipenda la colorazione verde delle soluzioni antocianiche con al- cali, è veramente ben fondata quando — come fece la Wheldale — si- considerino i eorpi suddetti eome sostanze madri delle antocianine. Del. resto non si deve dimenticare — dice l'A. — che i componenti colorati labili si decompongono già per l'aggiunta di aleali forti, e possono ve- nir trasformati in modo che le colorazioni varie che si ottengono nelle - reazioni, possano indicare, non le reazioni delle sostanze eolorate primi- tive, ma quelle dei loro prodotti secondari. E È > | A j E Y. ss a #1 vd sl Dott. Era Mans MALPIGHIA RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA REDÁTTA-DA : O. PENZIG , Prof. all’ Università di Genova ; Anno XXIII — Fasc. VILIX | REVISIONE MONOGRAFICA del genere Romulea Maratti STUDIO BIOLOGICO pL Dorr. AUGUSTO BÉGUINOT Assistente e Docente di Botaniea presso la R. Università di Padova (Continuazione e fine) 3. Specie del dominio eapense. — Sono 39, distribuite in 8 s irpi, rappresentando oltre la metà del totale. Interessante € è la loro dispersione nell'Africa meridionale di cui occupano, come vedremo, prevalentemente il settore sud-occidentale, che è anzi da considerare quale la patria ori- . ginaria dell'intero genere. Le notizie floristiche che si vennero SA durante lo scorso . secolo e fin negli ultimi anni, sull' interessante e ricca vegetazione del Capo sono numerose e non scarse quelle sulla distribuzione geografica , cui contribuirono soprattutto Drége e Meyer (*), Bunbury (3), Fritsch (°), cuam (*), Bolus (5), Thiselton-Dyer (*), Schinz (°), Engler (5), Mar- E DREGE, Zwei i pflanzengeographische Documente nebst. einer Einleitung. n E. direi Beigab. z. Flora, 1843, Bd. II ». ES NBURY, punc al Excursion in South Africa « Hooker, Journ. of . Bot. 0a Ha 843) no AQ) Hein Drei Jahre iù in Süd-Afrika (1886). (* REHM. otanic Afryk ARIA d. Akad. T "m Kracau. Math.-naturhist. Abth. Bd. Y (1880) » etr. un sunto nell'Engler's Bot. Jahrb. (1881) p. 551. i (©) Bonus, Sketch of the Flora af South dict « Offic. Panah: of Cape , of Good Hope » ; (9 Possis Deis) Flora Ca, apensis. co ait C) SCHINZ, Durch Südwest-Afrika. « Vb d. Gesell. f. iius zu Berlin. oen Bd. XIV (1887), p. 322 »; Die Vegetation des deutschen Schu gie Mus in Afrika. « Re iN, 1893 » Ueber die Frühlin, l. bot. toi Appendix XI »; DAN paci gen Glie- gsflora des Tafelberges bei Bipini. «. No-. e. À. BÉGUINOT loth () e qualche altro. | Am Secondo Rehmann nell ANA mer. si possono distinguere le seguenti - ^ 7 regioni: reg. delle pioggie invernali nell'orlo sud-occidentale tra il fiume Gauriz ad'est e l'Olifant a nord: il deserto del Karroo: il Ka- — ^ lahari: il Roggeveld: gli altipiani del fiume Orange: il dominio dei monsoni nell’ orlo sud-orientale: l' Urwald sud-africano. Thiselton-Dyer distingue una regione costiera comprendente I orlatura sud-occid. e quindi i territori eapensi in senso stretto: una regione oc- = - cidentale che abbraccia i territori prossimi al fiume Orange: il Kalahari : una regione centrale comprendente il Karroo ed il Roggeveld ed una — - | occidentale con il Natal e finitimi territori. vc M Engler nelle provincie steppiche sud-africane stabilisce le seguenti 4 - ET sottoprovincie: del paese littoraneo del sud e sud-est: del Karroo e del Roggeveld: degli altipiani dell'Orange, del Transwaal e del Kalahari ca e finalmente la sottoprovineia del paese dei Nama e degli Herrero. P Dal suo canto il Marloth , uno dei più esperti conoscitori della flora dell’Africa meridionale, distingue nel Kapland: la ftorà capense in senso Le stretto, limitata alla parte sud-occidentale : i boschi della parte meridio- — — . nale della costa Africana: il dominio centrale, comprendente il grande — vm | Karroo, il piecolo Karroo ed il Karroo occid. ( Bokkeveld. Karroo). La | | RE Kapflora giunge fino al Bokkeveldberg ed ha numerose isole al di là "^. =| del suo dominio e di-cui le piü ear trovansi nei Ziartbergen e I. iot. ia Wittebergen. 2 Dal punto di vista climatico , secondo la RATAT i del Dove (5, sòno compresi quattro distinti domini il dominio delle piog- VII (1908), P. 781 »; Die Pflanzenwelt Afrikas insbesondere seiner DONE Gebiete « Engler u. Drude, Die Vegetat. d. Erde, IX: II Bd., Leipzig, 1908 » Cfr. - oltre: J. Palacky, Zur Genesis der abet Fiara < Hes. sink ~ ; à [ > Bot. » Vienne, 1905, p. 369. g ARLOT Kapland, insonderheit das. Reich tler Kapflora, das Wat- | degebiei und reagire geographisch dargestellt. Il Bd. IN Teil der o« Wiss. iss. Ergebn. d. Deutsch. T escis auf dem ao « Waldi- via » 1808-899. » Jena, I E , Das 'ropischen Südafrika, mit -Berüchsichti-: ; aftlichen EENE nach kima- REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI gie invadit ; Adoni due provincie climatiche , la sud-occid. (I) dall’ Olifant fino presso al Capo di B. Speranza e quella (II) del Karroo occid. e dei Piecoli Nama: il dominio di passaggio con prevalenti piog- =. gie primaverili ed autunnali, abbracciante 4 provincie e cioè la costa . merid. dell’Africa (ID, il sud ed il nord del Karroo (IV-V) e eli alti- piani sud-orientali (VI): il dominio caratterizzato da pioggie estive con 5 provineie, le coste sud-orientali (VII), l'alto Orange (VIII), il Trans- waal del nord (IX), il Kalahari (X) ed il paese dei Grandi Nama e Da- . mara (XI) e finalmente (XII) il dominio delle coste occidentali, che è l'orlatura littoranea che dal fiume Olifant va fino al nord del fiume Orange, in prosecuzione con il primo dominio. T Le proposte partizioni fitogeografiche non sempre's'accordano fra di . loro e non sempre combinano con quelle climatiche: tuttavia un certo — | accordo esiste nelle linee generali ed è sufficiente a lumeggiare la di- ‘stribuzione delle Romulea ed a farne risaltare le principali peculiarità. Sono così disperse (i numeri tra d aging: sioe aad alle provin- cie climatiche del Dove): — R. rosea. [Africa sud-occid., (I) occid. (paese dei Piccoli Nama, m, merid. (Riverdale e Graamstown, III) ed orient. (Natal, VII)]. - R cruciata. Jo sud-occid. (b ed occid. ira: ID). UR hirta. ps MI qud sei _R. pudica. [1did. (DL. NS 3 ume ARE UC R. sabulosa. (Ibid. mi is AUS cl R. speciosa. [Ibid. (I) ed Afr. mer. E, HD]. " d E hirsuta. [Afr. sud-occid. (I) fino ai confini della a regione del Karro | "OE e del Sa e» NU E - A. BÉGUINOT X R. Dielsii. [Afr. sud.-occid. (1)]. — R. gracillima. [Ibid. (1)]. R. amoena. [Ibid. (1) ]: R. dichotoma. [Ibid. (I)]. R. Klattii. (Ibid. (I)). R. Schlechteri. [Ibid. (I)]. - R. papyracea. [Ibid. (1)]. - R. tortilis. [Ibid. (I)]. | R. tridentifera. [1bid. (I) ed Hantamgebirge (II) ]. R. tortuosa. [ Afr. sud.-occid. (I) e Roggeveld medio (V)]. R. sublutea. [Afr. sud.-occid. (I) ed Hantamgebirge (II)]. x R. hybrida. [Afr. -sud-oeeid. (I) ]. R. sulphurea. (Ibid. (1).} | i | R. montana. (Ibid. (I)]. E | R. filifolia. [Ibid. (I) ed Afr. merid. (Riverdale IID J. | R. Bachmanni. [Ibid. (I)]. R. tabularis. [Ibid. (I)]. . R. Zehyeri. [Ibid. (1)]. ; — AR. citrina. [ Afr. occid. (paese dei piccoli Nama, II)]. ARTIS — R. bulbocodioides. [Afr. sud-occid. (I) e merid. (Riverdale, III)]. | Td — R. caplandica. [Afr. merid. (Riverdale, III)]. R. Mac Owani. [ Afr. merid.-or. (VD]. R. arenaria. (Afr. sud-occid. (I) e mer. (Outeniqua Monts, IV)]. X AR. versicolor. [Afr. sud-occid. (I)]. | Da questo prospetto si ricava che delle 39 specie ('), compresi i pro- dotti d'incrocio evidenti o supposti , ben 21 sono localizzate, allo stato attuale delle conoscenze, nella parte sud-occidentale della Colonia del Capo E quindi nella prima provincia climatica del Dove, caratterizzata da e pioggie » invernali, che cadono colà da Giugno a Settembre. : l . Hanno pure quivi una larga distribuzione, ma si spingono nella se | UN provincia, pure contraddistinta da | pioggie invernali, ma più nor- i Pa t AL Quasi certamente a si devono aggiungere [3 bod: Tod. e R. : i cui non mi riuscì sin qui di trovare saggi spontanei. — n rosea si è resa Ma in yarani punti Qol Kunst Hn. si IUE PREVISIONE. MONDE gi DEL GEN. ROMULEA MARATTI P diea ed a rispetto alla precedente, 4 specie (R. rosea, cruciata, : tridentifera e sublutea), trovando alcune confine nel fiume Olifant, altre . nel fiume Orange, il quale ultimo non è mai oltrepassato, nessuna specie 2 essendo stata mai raecolta nei territori a nord, quali il paese dei Grandi Nama ed il deserto di Kalahari. Qualche specie si spinge fino al confine del Roggeveld (5* prov. del Dove), nessuna nel paese dei Boschimani, pure essendo situati a sud dell'Orange: una (R. citrina) non fu sin qui riscontrata che nel paese dei Piccoli Nama. Hanno stazioni nell'orlatura meridionale dell' Africa e quindi nella 3.* provineia elimatiea del Dove, caratterizzata da pioggie prevalentemente autunnali e primaverili, 5 specie (R. rosea, speciosa , filifolia, bulboco- dioides e arenaria) e ne sono esclusive 3 (R. longipes, gigantea , cap- anar: queste contraddistinte dal grande sviluppo che assume lo scapo e con abito proprio. Una (R. arenaria) si spinge fino negli Outeniqua- . Berg che sono ai confini del Karroo (4° prov. del Dove). Nella parte centrale dell’ Africa meridionale e precisamente nella sotto- provincia del Roggeveld, sec. la partizione fitogeografica dell’ Engler, e nella zona della 5^ provincia climatica del Dove, pure earatterizzata da pioggie autunnali-primaverili , vegetano le seguenti: R. spiralis, R. tortuosa e R. hirsuta, essendone esclusive le prime due, contraddistinte dalla strana inerespatura del lembo fogliare e qui rieordo ehe una terza specie (R. £ridentifera), pure con foglie increspate, vegeta negli Han- tamgebirge e quindi ai eonfini occid. del Roggeveld. . Nell Afriea meridionale-orientale, che non compare quale aiaprovincia. a sè nella partizione dell’ Engler e corrisponde alla 72 provincia del Dove, contraddistinta da pioggie estive, sono stazioni di R. rosea (Natal) e del- I'&s è esclusiva R. Thodei (Orange), laddove R. Mac Orani è loealiz- zata nell elevato distretto montuoso che culmina con ii Boschberg, On- deberg ed Andriesberg e cade nella 6* provincia del Dove a pioggie autunnali-primaverili. Nessuna oltrepassa il fiume Tugela e la più in- ternata ed isolata, da questo lato dei territori orientali, è senza dubbio A R. Thodei, trovata non lungi dalle sorgenti dell’ Orange. Essa è ge- nuina emanazione della proteiforme stirpe di &. rosea ed è anzi affinis- sima alla tipica R. rosea, che si rivela sd la specie più imagine: e resistente ai climi più svariati. d 262 - Ax BÉGUINOT COLORS Dal che si puó eoneludere che il settore dove le Romulea hanno rag- giunto il maggiore sviluppo ed il più marcato polimorfismo cade nel- loratura africana sud-occidentale tra il fiume Olifant ed il Capo di B. Speranza e nelle vicine propaggini distaccantesi dal sistema centrale ‘montuoso. Da questo settore, alcune specie più transigenti irradiarono verso nord raggiungendo il fiume Orange, lungo l'orlatura meridionale e lungo quella orientale fin presso al Tugela o s' internarono qua e là fino a raggiungere le propagini più avanzate del Roggeveld, dell'altipiano del Karroo, dei Drakenberge. Regioni le quali hanno aleune specie in proprio, ma in ogni caso con intime affinità con le sud-oecid. e quindi una di- - retta frammentazione delle stesse in base a peculiari condizioni di am- biente e soprattutto di clima. E non è certo da escludere che le ulte- riori ricerche, estendendone l'area, che oggidì per alcune specie appare molto limitata, rendano anche più intimi e palesi i rapporti sistematico- geografici. Circa la stazione, le Romulea capensi vivono socialmente nei Doni sabbiosi od argillosi, non che in quelli sassosi, in stazioni aride o più o meno inumidite durante la stagione delle pioggie, non che in ge- nuine stazioni igrofile, come si rileva dalle indicazioni di ‘parecchie - schede riportate nella parte sistematica. E qui ricordo tra quelle riscon- trate in tali condizioni: R. rosea, R. ambigua , R. speciosa, R. filifo- lia, R. versicoior: particolarità per noi di non trascurabile interesse, per. n le ragioni ehe saranno adotte nell'ultimo capitolo a riguardo della ge- nesi di aleune strutture anatomiche. Quanto alla zona vegetativa, mi limito a dire che molte specie fu- rono raccolte in territori depressi lungo il littorale o nell'interno: ma non poche vivono nei dossi collinosi o nei massicci montuosi, sia .co- stieri, che più o meno internati e dai dati consegnati nelle schede de- zt | sumo e riporto i seguenti, che stanno a dimostrare l’ attitudine di pa- x recchie planiziarie a vivere anche a notevoli altezze, mentre alcune spe- cie (precedute dall’ asterisco) ne sembrano esclusive: R. rosea (Bocke- | veld, 3500"), var. cAloroleuca (Bains Kloof 1500"), * R. Thodei (Monts aux Sources 9200"), R. ambigua. (Bidouw Berg : 3600', Matyes Rivier 2500); AM È hirta CE 36007); R. minutiflora (Konde Bokkeveld 3500"); . t d MONOGRA FICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 263 * R. sabulosa (Onder Bokkeveld 2200"); * R. Schlechteri (Packhuisberg 3000); * R. citrina (Little Namaqualand 3000"); * R. tortuosa (Onder Bokkeveld 2300"); * R. amoeng (Onder Bokkeveld 2200"); R. sublutea (Konde Berg 3900"); *R. montana (Onder Bokkeveld, Ooregs Kloof 22007); R. Bulbocodioides (Konde Berg 39007); R. arenaria (Brakdamm 2000") ece. - Nella regione mediterranea le Romulea cPéscono gregarie, spesso as- um . sociate nella stessa stazione e tra le associazioni più frequenti noto quelle costituite da Æ. Bulbocodium, ramiflora e Columnae, cui si ag- giunge in alcuni distretti, la Æ. Rolli: elementi di 4 diverse stirpi. Esse sono, per citare un solo esempio, gli unici rappresentanti del ge- nere nella provineia di Roma, nel eui vigna trovansi non raramente associate. | Tale tendenza alla sociabilità è anche più spinta pelle capensi e ciò CAPE la frequenza di prodotti di inerocio. Così nei dintorni di Ca- petown furono segnalate: R. rosea, cruciata, speciosa , hirsuta, fili- : Jolia, Bachmanni, bulbocodioides , arenaria, tabularis , Zehyeri, versi- color , hybrida , intermedia , similis ece. ! Nei monti della Tavola crescono R. rosea , bulbocodioides, tabularis : nei monti del Diavolo le prime due e AR. sie : in x aei dal ni p s rosea, cruciata , hiet; pupy- arenaria e ‘così via dicendo. dai | Ciò non esclude, come dissi nelle pagine precedenti che vi siano : es. ad aroa. ve limitata ed isolata, nella € sono. spesso le ia i Fun entita ie a olte specie tti. che da tendenza a possedere un’ area propria è molto meno spinta che nelle mediterranee E che non di rado T associazione è costituita da rappresen- tanti della stessa stirpe e quindi da specie affini od elementari. Questo, | 5 ..]a più marcata. ‘attitudine orofila e la localizzazione di numerose entità au e in zone vegetative elevate, costituiscono tre fatti fitogeografici, che sa- > ranno. de in considerazione nella genesi del genere. i dg. lo dell Africa» tropicale. — Bou tre, iplo tutte | ut o alla e di R. rosea, e cioè R. eampanuloides, L3 Fischeri e R. Ca-. EIE d vs in zone vegetative elevate, crescono specie del genere con prevalente af- > seca con quella dei due generi più affini (Syringodea e Galaria). Ag- © pe È A. BÉGUINOT merooniana. La prima scoperta nell’ elevata regione del Kilimangiaro fra 2000-2700 m. , la seconda nell’ alta valle del Nilo nel protettorato in- glese dell’ Africa orientale (Abori) e la terza nel Camerun. tra 7000- 9000'. Qui avverto che nell' Erbario del Museo botanieo di Berlino ho E trovato esemplari della seconda del Marocco merid.-occid. fatto geogra- 3 fico di gran rilievo e merifà, d'altra parte, di essere ricordato che nel- 3 l altipiano centrale dell’ Abissinia sull’ eccelso Bachit esiste una Romulea , che ha rivelato le maggiori affinità con una specie mediterranea, la R. Linaresti, di cui può considerarsi quale una razza geografica. A Socotra, | a circa 3000' di altezza, fu pure raccolta dallo Sehweinfurth una specie E. del genere, che non mi fu possibile esaminare e quindi riferire a stirpe mediterranea o capense. In ogni modo sta il fatto che nella grande fa- scia equatoriale dell’ Africa, in alcuni massicci montuosi e, solitamente finità capense. 9. Patria di origine, di adozione, emigrazioni ed espansioni del | T. gen. Romulea. — La famiglia delle Iridacee è rappresentata, allo stato | delle conoscenze, da 57 generi con approssimativamente 800 specie. Dei primi sono esclusivi dell’Africa meridionale (intesa i in senso molto largo) , 26, delle seconde non meno di 400, con una forte percentuale di ende- mismi di primo ordine. Il gen. Romulea è rappresentato , in questa vasta e climaticamente proteiforme regione da. 39. entità, tutte ad essa propria, con una percentuale del 53 °% E da specie capensi del gruppo di R. rosea sono indubbiamente egresse le tre tropicali, le quali accrescono l'anzidetta percentuale. In questa regione, e precisa- mente nel suo settore sud-occidentale, l'area del nostro genere s' inter- PA c MIL MER LU AE RACER Fun e TI RR e AM uuo 10 AAA AF oc giungerò che, appunto nell’ Africa merid., le specie, sopratutto le sud- a occidentali , presentano area più limitata e con spiccata tendenza alla consociazione che conduce, in molti casi, all’ ibridismo. Fatti che, presi nel loro complesso, conducono alla conclusione che la patria d'origine e quindi. il centro di. creazione delle Romulea — se non di tutte le Iri- dace (si xo alle non ps ips e Heer distribuiti in ADR): + REVISIONE - MONOGRAFICA UE GR. Roma NARON 265 giace nel dominio capense e soprattutto nella parte più occidentale dello Tel dove la genuina Flora del Capo tocca notoriamente il suo più pico e rigoglioso sviluppo. Come ebbero occasione di fare rilevare Grisebach, Engler, Christ ed x altri fitogeografi, la vegetazione dei territori cireummediterranei ha nu- -merosi elementi di quel dominio dati, o da generi i eui affini trovansi | nell’Africa meridionale, o da specie o gruppi di specie, sia indigene che di recente introduzione, ehe hanno colà il maggior numero di rappre- "n sentanti. Trattasi, quindi, di due flore con indubbi caratteri di affinità .. e ciò in rapporto anche col clima sensibilmente analogo. La tesi, per quanto concerne le affinità della Flora italiana eon quella. capense, fu ripresa ed approfondita negli ultimi anni dal Crugnola, al cui lavoro (^) rimando. Risultato generale è che attorno al continente icano lungo le coste, nelle isole e qua e là nell’ interno, esiste una z | con quella capense e che si è espansa in alcuni elementi in corrispon- denza dei paesi mediterranei. L'A., a sostegno della sua tesi, cita i ge- néri Crocus, Romulea , Gladiolus, che sarebbero genuine irradiazioni del Capo, avvertendo che i primi due avrebbero raggiunto il maggiore Taw non è punto genere capense e Jia in gnito alle recenti oppi ed alia Gerianne a numerose nuove entità, mantiene il a tica le. più con la mediterranea, che con le ca- S si: laddove | per me. R. Cumerooniana è un elemento della stirpe di ca R. rosea. Dalla S sono dedi gie la nedbnei, la R. vpi gii X eds $ Marocco n inceididlsle e forse p la specie indicata di Socotra. Ele- | . CRUGNOLA, Analògie frà la Flora Italiana e duele dell Africa me- on. «< Nuov. et e Bot. Ital, n. ser. VI (1899), p- 81-130 », * ids parecchie delle quali sono ‘solenni endemismi — funzionarono e tutt’ ora Si solo alcune. propaggini. Le quali, in seguito alla lenta conquista di una BÉGUINOT A. menti i quali stanno a dimostrare ehe, anche il nostro genere, ha in. dubbi rappresentanti in regioni tropicali e subtropieali , evidentemente irradiati da sud verso nord e quindi dall’ Africa meridionale. Uno studio completo, anatomieo e biologico, della pianta abissina — di cui mi fu possibile di esaminare solo scarsi frammenti — riescirebbe senza dub- bio di grande interesse: a me è parso che si riattacchi, per la struttura dei fasci fibro-vascolari, direttamente alle mediterranee. Laddove A. cam- —- , panuloides, R. Fischeri e R. Camerooniana ripetono una struttura che le fa riporre senza alcun dubbio fra le capensi. La presenza quindi di queste - specie nella grande fascia equatoriale o nei prossimi territori non chiari- | sce abbastanza — allo stato delle conoscenze — come da queste propag- gini siano derivate le specie mediterranee e se la R. Linzaresii di Abissi- nia vi sia emigrata dal Capo — dove sembra mancare — ovvero da ter- ritori mediterranei e quindi da nord verso sud. Mancanza di un phylum vg continuo che, come dirò nelle pagine seguenti, si ripereuote nello schema — genealogico, assai più oscuro di quanto a prima vista si crederebbe. Ciò che, per altrò, non distrugge punto la tesi delle analogie floristiche fra il Mediterraneo ed il Capo, suffragata da numerosi ed intenti i esempi nelle stesse Iridacee parecchi dei quali addotti dal Crugnola e che potrebbero — scorrendo l’ Handbook del Baker — agevolmente au- mentare e di cui di gran lunga il più tipico è fornito dal bees Gladiolus. — . : In ogni modo, i territori interposti fra quelli dell' Africa eravate e dell’Africa mediterranea hanno rappresentato per le Romulea territori : di emigrazione od irradiazione: emigrazioni delle quali, attualmente, non constatiamo che isolate e discontinue vestigia. | : . Ammessa l'origine capense del nostro genere, i territori che si schie- ud rano attorno al Bacino mediterraneo — dove é rappresentato da 29 specie, : funzionano: da patria di adozione o da centro secondario (di sviluppo), nel o quale, in un’ epoca che sarebbe molto arduo precisare, arrivarono forse dea e pa lg si frana ipud cuam plement REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 267 Jora e R. Columnae, tre dei presunti capostipiti, il primo di specie gran- diflore e dolieostile , gli altri due di specie parviflore e brachistili. Se- | condo esposi nelle pagine precedenti, i tre supposti ancestrali hanno am- plissima area distributiva, laddove le specie derivate godono di area molto più limitata o ristrettissima, rappresentando frammenti — spesso . dizioni speciali del mezzo, di cui sono una diretta od indiretta ema- ‘> nazione. E che qualche cosa di simile stia tutt'ora avvenendo, sarebbe dimostrato dal comportamento di aleune varietà della prima specie e 3 cioè di R. Bulbocodium che, per deboli siano i caratteri differenziali , sanguinee. Tra i molti esempi non posso qui non ricordare quello of- ferto dalla pianta nord-africana, diventata quasi del tutto fisiologica- ente dioica, quivi vicariante la pianta italiana ed orientale prevalen- temente ermafrodita e nel contempo con intermediari di collegamento eon R. ligustica, egregiamente distinta nelle sue stazioni italiane. - Fra i vari settori mediterranei, I Arcipelago corso-sardo (eon l'ap- di antica costituzione ed emersione e con esaltato endemismo, sia di tipo paleogenico, che neogenico — apparisee quello che ha più attiva- mente funzionato da centrò evolutivo, traendo da esso origine ben 5 ntità (R. Requienii, insularis, Revelieri, corsica e Jordani) E grande | pure la influenza. esercitata dai territori più occidentali (Pen. iberica) bei nali (Africa al meno Prese x Povera, allo stato attosle | vicarianti del tutto od in parte gli affini — evolutisi in base alle con- - tendono a sostituire le affini o costituiscono intermediari con specie con- - | pendice dell'is. di Capraia in quello Toscano) — notoriamente territori: a all Inghilisra i una forma di R. unie. deve. interpretarsi La nostro > genele qoni a un dorriterio: di espansione. Ed é pure we i BÉGUINOT A. bile che ad una espansione mediterranea debbasi la presenza di 3 specie del genere nelle isole atlantiche: ma esce dal quadro del lavoro di in- dieare il come ed il quando e mi limito a giustificare l asserzione fa- cendo osservare che due delle specie (R. Columnae e R. ramiflora) hanno raggiunto la più tipica dispersione in questo dominio e che l’unico en- demismo (R. grandiscapa) rivela strette affinità con le Bulbocodiane, genuina stirpe cireummediterranea. 3. Cenni sulla origine delle Romulea e dei generi più affini. 1. Genesi del genere. — Stabilite le affinità, la posizione nel Si- - | stema di Romulea ed il suo centro di creazione, resta brevemente a trat- tare, in base agli scarsi elementi filogenetiei a nostra disposizione, della - | sua probabile origine, in rapporto soprattutto ai generi.dai quali é ve- rosimilmente disceso ed a quelli a eui, in seguito a earatteri di conver- genza, fu avvicinato dalla maggior parte dei botanici. í Da quanto esposi nelle pagine precedenti, il gen. Romulea porta le ED i stigmate di una patente semplicità nell’apparato vegetativo ed in pM : in quello fiorale. Sono principalmente le seguenti : a. Tubercolo basale a tipo di rizoma contratto con perdita della facoltà reptante e quindi di spostamento in senso orizzontale. j i b. Fusto a tipo di scapo in grande parte sotterraneo a ramificazic dovuta a sfioccamento dell’ asse principale, che resta quasi sempre ipogeo, : perdendo in grande parte la sua dignità. e. Foglie imperfettamente ensate e quindi di tipo semigladiato. d. Perigonio aetinomorfo, spesso minuscolo e spessissimo con indub- x bie disposizioni autogamiche. x . e. Semi privi. di manifesti initam per la disseminazione a d : stanza. gu ; | Degli altri to gaai, Pauli gode anche di Ladiglicazione dani ma le foglie sono anche più imperfettamente ensate e per lo più a strut- tura dorsoventrale + la massima parte delle Syringodea e tutti i Crocus i hanno porzione guainante. brevissima. o quasi mancante e lamina quasi. i; mdi ac e Ju e pet bifacciale: stigm y. AN ove si rifletta alla * MONOGRAFICA. DeL GEN. ROMULEA MAP . 269 i nes delle foglie equitabti, di indubbia primitività. In Syringodea, inoltre, ‘poeo dal terreno e la difficultazione per la disseminazione a distanza è anche maggiore che in Romulea. In base a ciò, nei due generi in que- ds stione ed in Galazia, la difesa del perigonio contro gli attriti del ter- reno è più valida ed è realizzata, in Galazia, da un fascetto di foglie eireondanti e proteggenti la spata diventata monovalve ed in parte sal- .. data e, nei gen. Syrizgodea e Crocus, da numerose foglie vaginiformi per- sistenti, dalla spata spesso saldata ed in alcune specie dell'ultimo genere da una seconda spata alla base del peduncolo ed involgente quella posta alla base dell'ovario. È bensì vero che nei. tre generi (fatta eccezione A Gal. TES il P a tubo ue nee e ence diffi- ali esigenze biologiche | sia in rapporto con la brevità dello scapo del tutto o quasi ipogeo. E suffrago l’ ipotesi col confronto di Romulea, il cui seapo per lo più sfioccantesi in peduncoli in grande parte epigei (ed emerso dal terreno è pure in aleune specie parte dell'asse princi- | pale) sorregge perigonio a tubo breve o brevissimo ed abbastanza largo @ con quanto osservasi nell unico rappresentante del sottogen. Pseudo- galazia « e cioè in G. peduncularis, il cui perigonio lungamente stipi- tato ha tubo brevissimo, con manifesta differenza dalle forme di 6. ata e graminea del sottogen. Eugalazia con fiori brevemente oret lati e quasi a livello. del terreno. È comune ai quattro generi Pisliucmodüned, il quel se non é marea, data la larga distribuzione nella famiglia, di vera semplicità, non prova nemmeno il contrario: laddove le disposizioni autogamiche realizzate da molte specie sarebbero da interpretarsi, secondo l’ 4 c eis di molti bio- - ogi, quale una espressione di inferiorità. i Poichè gli attuali rappresentanti delle Crocoidee, come sopra dimo- | si i, hanno origine polifiletica e d'altra parte presentano manifesti ca- ne di convergenza in as ai gonn furono riuniti in un $m gruppo, rrà dire che essi ri logicl r A v VVUIURSIVAU "m A. BEGUINOT | RM ue di degradazione Hopoi, se non biplogicn, a cui l’ apparato — attraverso ad una lunga serie di ancestrali, alle speciali condizioni di : retta od indiretta dell'ambiente. Ed è pure fra le cose probabili, che la 5 struttura dello. stigma dei Crocus, straordinariamente polimorfo e con | apparente complicazione, non rappresenti un deposito, per dire così, loghe: condizioni le quali possono chiamarsi 1n causa per spiegare i fatti di semplicità organica sommariamente indicati. E da quanto venni sin qui esponendo appare verosimile la congettura che i caratteri in: questione siano stati indotti dalla riduzione del fusto del tutto od in grande parte ipogeo e quindi dalla uniformità di condizioni che una notevole porzione del corpo di queste piante ha incontrato in siffatto ambiente : riduzione che ha rag ggiunto il suo culmine in Crocus e Sy- ringodea, è meno accentuata in Galazia e meno ancora im Romulea, che è difatti il genere in cui la semplicità in parola è meno gi i ed il riattacco alle genuine Irioidee più evidente. pu Poichè la derivazione di un tubercolo da un rizoma, secondo quanto ; i esposi nei caratteri generici, è fatto incontrovertibile ed il tubereolo , se, fisiologicamente, vale un rizoma, in grazia alla perdita della facoltà reptante e quindi di spostamento orizzontale, biologicamente, vale molto meno, abbiamo un valido argomento per ritenere che tale semplicità non sia primitiva, ma acquisita e cioè trattisi di semplificazione dovuta, ambiente. Secondo tale congettura — che tale e non altrimenti deve interpetrarsi — i tre phylum non sarebbero che i prodotti ultimi di — ; una lenta semplificazione organica. Così nell'apparato fogliare non dob- biamo scorgervi lo stigma della primitività, ma solo della semplifica- zione da un tipo di completa ‘evoluzione, quali sono le foglie completa- mente gladiate e la tendenza a raggiungerlo non è neomorfiea, ma solo un ritorno atavico. Argomenti meno comprobanti offre l'apparato fiorale, anche perchè sembra essere in grande parte sfuggito all'influenza del mezzo edafico. Ma ove si rifletta che niun apparato della complessità | di quello realizzato, ad es. da una Zri$, coincide con organi vegetativi così semplificati, è prova che quel tanto di semplificazione è opera di- - di energia potenziale verso altre combinazioni, ma piuttosto T estremo. è andato incontro. | REVISI E MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 271 Assumendo, quindi, Crocus e Syringodea quali i generi po retro- qui. avremo il seguente schema filogenetico: CROCOIDEAE —MMMMs s UU 050 — - r aem Moraea (Iridioidee) Antenato? Ixia (Ixioidee) Galaxia ; Romulea Croeus | Syringodea Genesi delle specie. — Poichè i caratteri su cui sono fondate si ri- velano in preda a più o meno ampie oscillazioni, provoeabili anche ar- tificialmente, più chiara e precisa riesce, fino ad un certo punto, l'in- quisizione filogenetica. La quale procede, naturalmente, da nuclei facili ‘ad essere scossi e quindi da combinazioni instabili a nuclei più o meno validamente fissati dall' ereditarietà. Come appare da tutta la mia Monografia, moltepliei sono i fattori ehe hanno influenzato la costituzione delle entità specifiche. Per impor- - tanza sembra occupare, limitatamente alla morfologia fogliare, il primo posto la. facoltà delle cellule di immagazzinare e trattenere una più o - meno notevole percentuale di acqua. Quando tale facoltà à è poco accen- ata, sia. per condizioni. esterne di stazione. o di clima, che per attitu- n interne, si realizzano tipiche disposizioni xerofitiche conducenti al rallentamenti od alla diffieultazione della traspirazione (cellule epidermi- he basse ed a parete esterna molto : ispessita, fasci appoggiati contro l’e- pidermide e cinti da una robusta guaina meccanica, fascetti fibrosi nel- r ni esterno PRA det stomatifere A ANS invece, è molto co esterna poco iem, le inii facilmente distensibili. me- sofillo più ampio gape volta. organizzato v verso la sc a renga: UIS si Ge A. BEGUINOT acquifero, fasci più o meno distanti dall’ epidermide e meccanicamente poco protetti, fascetti fibrosi di solito mancanti ece.). Specie cosifatte, per distinguerle dalle precedenti, designai col nome di emixerofite e sono esclusive del dominio capense, fatta eccezione di R. nivalis della re- gione alpina del Libano ed Antilibano. Che, in definitiva, tali caratteri igrofitici, date le qualità del clima capense, inservano a scopo xerofitico e cioè a mantenere umidi i tessuti ed a fornire acqua alla pianta du- rante i giorni in cui non cade pioggia, non nego: ma faccio osservare che le Romulea compiono il periodo vegetativo durante la stagione delle pioggie e non poche specie, o sono localizzate, o preferiscono le stazioni paludose ed è classico l'esempio di R. nivalis che trovasi nella catena libanotica « ad nives deliquescentes » e quindi in terreno inu- midito dalla pioggia o dall'acqua derivante dallo scioglimento delle nevi. Avendo inaffiato per tre mesi di seguito, quotidianamente, esem- plari in vaso delle xerofite R. Bulbocodium, ramiflora e melitensis, ho potuto assistere, nel limite di un solo periodo vegetativo, alla presen- tazione di caratteri emixerofitiei con tendenza a convergere a quelli. realizzati da molte capensi. Inoltre specie stenofille, quali A. Rollii e A R. Clusiana e variazioni stenofille di specie a foglie con sezione larga (R. ramiflora, Columnae , ecc.) , vegetano da noi in stazioni di solito arenarie, notoriamente povere di acqua e, ciò nonostante, non posseg- le gono disposizioni emixerofitiche. Quindi non escludo che, l’acquisizio delle stesse possa in alcuni casi essere indotta, non tanto dal bisogno di immagazzinare acqua a scopo xerofitico, quanto dall’eccesso di ac- qua, come ha luogo nelle genuine igrofile. Questione che resta per me controversa e che non potrà definitivamente risolversi che studiando le Romulea capensi nella loro stazione e nei rapporti con il regime plu- | viometrico delle varie zone vegetative. In ogni caso non v'ha dubbio | che il fattore acqua ha indotto una cospicua serie di caratteri e rispet- - tive combinazioni, alcune delle quali sembrano fissate dall’ ereditarietà e tutt’ affatto proprie a singole Specie o ad intere stirpi. . Che le foglie aciculari, soprattutto quando appressate al terreno, si . difendano dall’ azione. molesta del vento, fu asserito da molti biologi e Tem ascrisse le- foglie dei Crocus al a delle « Windblitter > > z se y : , REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 273 E non nego che tale interpretazione possa estendersi anche alle Romulea, . avvertendo però che l'influenza del vento non è seindibile, dato lo j stampo xerófitieo, da quella del clima. Nel caso poi delle Crocoidee è da osservare che l'appressamento al terreno è in rapporto eon l'aecor- ciamento dell'asse caulinare e quindi è piuttosto quest’ organo che avrebbe acquisito l'ipogeismo per sfuggire ai danni del fattore vento. L’ architettura fiorale delle Romulea, come di tutte le Iridacee, è ti- picamente ordinata alla dicogamia di tipo zoidiofilo. Ma quale influenza modificatrice debbasi all’ ‘agenzia dei pronubi impollinatori è assai ar- duo precisare, in considerazione che ai caratteri dicogamici s' interea- lano o sovrappongono genuine disposizioni autogamiehe e tali che, | in numerose specie, l'autogamia è la regola, favorita anche dalla pe- riodica chiusura del perigonio. Disposizione ombrofoba rappresentante es- — senzialmente una protezione contro la pioggia o l'abbassamento di tem- : “peratura e non uña difesa contro pronubi molesti o nocivi. Senza, quindi, e portare un definitivo giudizio su una questione così controversa, riterrei . ehe le variazioni di grandezza, forma e colore del perigonio — riferite di solito a stimoli animati esterni — ripereuotano piuttosto stimoli edafici o climatici, non che condizioni interne. Interpretazione che sa- i rebbe suffragata dalla costanza della colorazione di alcune specie o va. rietà in determinate aree o stazioni, dalla tonalità assunta da aleune : “stirpi mediterranee e che mai riscontrasi nelle capensi e viceversa, non ` : che dall’ attenuazione del cromatismo nelle variazioni mierante e per lo | più ginodioiche di aleune specie: indice quest” ultimo di condizioni di- iate, come. dissi nella parte generale. à Né adattamenti . a speciali agenzie di disseminazione presentano le Romulea, ciò che spiega 1l’ uniformità nella struttura del frutto e del - seme, il cui. tegumento - eoriaeeo è è evidentemente ordinato alla difesa dell’ embrione. Non escludo che uccelli granivori possano cibarsene e la presenza. di aleune specie in isole di recente emersione fa pensare a tale : agenzia disseminatrice: ma da questo all'asserzione "€ siano stati co- strutti. per P ornitoeoria ci corre! e Dopo premesso, passiamo a vedere quali categorie di entità possano stabilirsi in rapporto alla genesi : 19. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII. se ai 974 A. BÉGUINOT a. Specie elementari. — In più luoghi della mia Monografia ho fatto s cenno che le entità nominate e descritte rappresentano l'ultimo frazio- x namento a cui un dato prototipo è andato soggetto nel limite di una stirpe e quindi corrispondono alle specie elementari, nel senso che il De Vries ed altri botanici moderni attribuiscono a questa parola. Esse sono fondate su di una combinazione di caratteri che, grazie alla forza ereditaria, hanno raggiunto un certo grado di stabilità. E ehe sia così è indirettamente dimostrato dalle specie sizoiche o cenobitiche le quali, . nonostante la promiscuità nella quale convivono nella stessa stazione od | _°‘’‘associazione, si perpetuarono fino a noi, dalle specie prosoiche o vica- ce rianti in quanto sostituiscono, spesso in un'area vasta e polimorfa, af- t fini entità e direttamente dalla coltura da me fatta per un quinquennio su parecchie specie (*). Al grado di specie elementari ho pure considerato alcune entità le quali mi hanno presentato, in qualche settore dell’area, intermediari con le affini. I quali distinguo in tre categorie : intermediari veri, dovuti a convergenza di caratteri con tendenza a collegare due phylum distinti e fissati dall’ereditarietà in gruppi di individui occupanti un'area o |». zona determinata: pseudointermediari, carattegizzati dalla fluttuazione di AS CE . uno o più caratteri senza designazione filogenetica: intermediari di ori- d gine ibrida. È ovvio intendere che la reale esistenza delle specie (°), codium, normalmente macranta, non può essere assunta quale interme- diario di collegamento con una specie normalmente mieranta e con ca- i en in proprio), nè da intermediari dovuti ad inerocio, in quanto m Si nee costanti e quM riconoscibili: R. Bulbocodium, | lumnae, R. ramiflora , R. preet R. melitensis, R. Rollii, R. longiscapa, rosea e R. purpurascens. La sola R.gadilana , “vata dall'Orto Botanico d Coimbra, dopo un biennio di coltura, era difficilmente sega ron dall affine R. ramiflora. | | Cfr. al riguardo : S, Belli, Observations critiques sur la réalité da E tel. “nature au i poini de vue de la sepah des végéiaua: Tu- 2 nd E das fa pale è concepita da molti botanici, non è compromessa, nè dalla pre- senza di pseudointermediari (ad es. una forma mieranta di R. Bulbo- - OR ligustica, R uliginosa, R. Linaresii, R. Requ ienii, R. Clusiana , R. Co-. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI . o rappresentano un /usus accidentale, o l'origine di nuove entità eon ca- ratteri propri ed ereditari. Invece, secondo parecchi autori, la presenza di intermediari veri — e di cui è innegabile l’esistenza in alcuni gruppi . di Romulea (!) — è è argomento più che sufficiente per considerare tali entità quali sottospecie 0 ppl varietà (°). Per certo il problema, come è da me- posto, di entità costanti in un settore dell’area e quindi in un gruppo di individui e variabili in un altro con intermediari di collegamento, riveste i caratteri di una evi- dente gravità e conduce alla conclusione che in dati generi o gruppi : di specie non si possa parlare di esistenza assoluta, ma soltanto relativa e cioè ristretta a speciali categorie di individui. In altre parole, in que- sti gruppi, eió che sembra a prima giunta paradossale, la specie e cioè una collezione di individui fondata e riconoscibile su di un complesso di caratteri, avrebbe e nello stesso tempo non avrebbe esistenza. Dal . punto di vista sistematico e, limitatamente al gen, Romulea, ho riso- luto il problema considerando a dignità specifica anche entità con veri intermediari in zone o settori dell’area. Così, per citare un solo esempio, R. Bulbocodium e R. ligustica si comportano nelle due stazioni dei din- torni di Genova, dove crescono promiscue e nell’ Areip. corso-sardo, dove la seconda vicaria forse la prima, quali specie di primo ordine, laddove invece nell'Africa settentrionale i due phylum s interferiscono e si col- “legano, causa numerosi intermediari, da rendere estremamente difficile \ : la determinazione su materiale d' Erbario. Nonostante ciò, le ho consi- Ld Es derate ambedue al rango di specie e le colture proseguite entro un quinquennio con materiale di varia provenienza hanno confermato il pig signi Un procedimento diverso mi avrebbe condotto a (1) Cito, come frequenti, gli intérsyedisi tra R. Bulbocodium e R. ligu- | stica e tra queste e R. uliginosa, tra la prima e R. crocea , tra R. insu- laris e R. Revelieri, tra R. gaditana e ramiflora, tra R. rosea e cruciata, | tra R. sublulea, R. sulphurea e montana, tra R. Bachmanni e R. bulboco- : tni e; piü rari, tra R. Columnae e R. ramiflora e tra la prima e R. ze Gi. fra i molti lavori al. riguardo: ig Briquet, Observations critiques . sur les les conceptio ns actuelles de l'espèce végétale au point de vue systéma- ipe in « Burnat, Flor. d. Alp. Mar., vol. III (1899-1 ma 276 A. BÉGUINOT riconoscere nel genere appena quattro o cinque tipi o tutt'al più uno per stirpe: con qual vantaggio della sua sistematica ognun vede. Del resto, qui avverto che lo stesso criterio della costanza ed ereditarietà di un dato carattere non ha valore assoluto, essendo ben noto, per accurate ri- cerche sperimentali, la fissità di alcune varietà progressive o regressive: ma esse si distinguono dalle specie elementari perchè fondate sull’ ac- quisizione o la perdita di un solo carattere (*). Considerarle al rango di specie, si eadrebbe nel Jordanismo puro e quindi ad un estremo e con- fusionario sminuzzamento. Variazioni cromatiche di R. Bulbocodium (°) o varietà stenofille di R. ramiflora e R. Columnae (è), coltivate per parecchi anni di seguito, si mantennero costanti: ma mi guardai bene dal eostituirre specie a sè o conservarle al rango con cui furono non raramente descritte, ben conoscendo la loro estrema variabilità in natura! In conclusione, quindi, nessun eriterio ha valore e dignità assoluta e solo uno studio approfondito e monografico di un dato genere o gruppo. è il filo d' Arianna per la sua sistemazione. La stessa realtà della specie, se è evidente nei gruppi dove mancano intermediari, lo è molto meno ed in senso solo relativo dove questi sono presenti e la distinzione fra spe- cie elementari variabili in un gruppo di individui e varietà progressive 0 regressive s/abili si presenta molto ardua e qualche volta , conviene riconoscerlo, con soluzione armirana e tutt affatto approssimativa. (*) Queste ed altre «questioni, eui qui accenno sommariamente, saranno oggetto di lunga e dettagliata discussione, sussidiata da dati biometrici e sperimentali, nel mio lavoro in corso di stampa sul polimorfismo del cielo di Stellaria media (L.) Cir. (3) Cito, ad esempio, una forma della specie trasmessami nel 1906 dal . Monte Pisano e caratterizzata dal perigonio ridotto e con le lacinie per- . eorse lungo il dorso da una larga banda giallastra e la var. grandiflora comunieatami dei dintorni di Palermo con perigonio fortemente violaceo. (3) Viceversa la var. a/gerica di R. Rollii, comunicatami dei dintorni di Algeri e caratterizzata dalle foglie a sezione larga e dal perigonio più grande e più intensamente violaceo del tipo, mi si trasformò dopo un biennio in an in modo da non essere più riconoscibile. en già dissi nella ceps generale, niuna costanza si verifica in co nar ella gran- perigonio e, quanto alle Bulbocodiane, nell'e Man d e gi- bad oina, spesso rds anche nei diversi fiori di uno stesso indi- viduo! b! b. Specie geografiche. — Qushtaqüe specie, in quanto possiede un'area, è geografica. Ma tuttavia, per generale consenso, questa designazione è applicata ad entità di un dato ciclo o stirpe che si sostituiscono o vicariano, sia come fatto, che come tendenza, in territori, zone (e tal- volta solo stazioni) che formano l'area naturale della stirpe stessa. — Esempi moltepliei sono offerti dalle mediterranee Bulbocodiane, da aleune Ramifloriane e Columniane più volte citati e non mancano, sebbene più scarsi e meno evidenti, nelle eapensi. Le tre specie. (R. Fischeri, cam- panuloides e Cameraoniana) che rappresentano il genere nell’ Africa tro- picale, evidentemente uscite dalla stirpe capense di A. rosea, sono tre tipiche specie geografiche. La R. nivalis, stirpe a sé, è l'unico rappre- sentante del genere nella zona alpina del Libano ed Antilibano, la R. - grandiscapa è la sola Bulbocodiana delle isole atlantiche e così via di- cendo. In tutti questi casi sembra doversi ammettere una genesi prin- — cipalmente per adattamento alle condizioni esterne, sopratutto clima- : tiche, e depongono a favore della teoria coneepita e svolta dal Lamarek. È degno di nota che tendenza a possedere area propria é pure dimo- — . . Strata da alcune varietà e sempre dalle sottospecie: ma che trattisi di E specie in formazione sarebbe molto arduo precisare. ‘e. Specie sinoiche o cenobitiche. — Naegeli (') designò, sotto questi (eppoi le entità affini (*) e strettamente consanguinee crescenti con- | sociate nella stessa area e talvolta nelle stesse stazioni od associazioni. . Non mancano esempi, più volte ricordati, nelle mediterranee: ma il cenobitismo è molto più sviluppato, come fu detto a suo luogo, nella x presunta patria di origine e cioè nel dominio capense e specialmente È si nei territori sud-occidentali. Più arduo riesce intuire la genesi di queste entità, le quali possono essere un prodotto di differenti condizioni in- -contrate in uno stesso territorio (le xerofite e le emixerofite della Flora | oem potrebbero esserne un esempio) od anche in una stessa stazione. zx c NAEGELI, Das Gesellschaftliche Entstehen neuer Spezies in « Sitz. d. o math.-phys. Classe d. K. Akad. d. Wiss. d. Munchen: Bd. II (1872), p. 305 ». ~o in contrapposizione alle prosoiche od eremiliche che sono le nostre - specie pie: o vicarie. A. BÉGUINOT NS ic atistonte omogenea, oppure con stimoli e condizioni interne con- ducenti a complicazioni e semplificazioni per cause o verso direzioni difficilmente sindacabili. Genesi quest’ultima ehe sarebbe giustificata dalla variazione singola e lenta, indipendente dall'ambiente, quale fu concepita dal Darwin. Sta il fatto che più varietà di uno stesso tipo possono crescere associate nella stessa stazione, il che è fuori di discus- sione. Ma che esse possano avere fornito la stoffa su cui si è esercitata una vera e propria lotta per l’esistenza con la conseguente eliminazione delle meno adatte è fra le cose possibili ma, nell'ambito del genere, jo “non sono in grado di giustificarla con dati positivi e sperimentali. Que- sta genesi, perciò, riesce molto più oscura di quella multipla o clima- tica, di cui si hanno numerosi ed evidenti esempi nelle così dette spe- cie o razze geografiche. Nè d'altra De conosco alcun fatto di muta- zione nel senso di De Vries. d. Prodotti di incrocio. — Sembrano rari nelle specie mediterranee e | tropicali, ne sono noti invece parecchi in quelle del dominio capense , dei quali quattro evidenti e due supposti. Tutto lascia credere che le ulte- riori ricerche — chiarendo meglio i limiti di ciascuna entità e le leggi dell'ibridismo — contribuiseano ad aumentare un tale contingente: ció che devesi all'esaltato cenobitismo di eui sopra è parola. Spetta poi a ricerche sperimentali stabilire se siffatti prodotti, sulla cui genesi ibrida | non versa dubbio, mantengano i caratteri intermediari e se quindi rap- presentino, non un caso speciale di polimorfismo, ma una sorgente da cui sarebbero derivate specie fissate dall'ereditarietà. Interessante ed ine- splorato campo di ricerche in grande parte nuovo nell’ambito del no- T cs P duum. € Monogenismo e politopismo. — Tutti i fatti sin qui si ala — | scienza e discussi nelle pagine precedenti conducono a collocare la pa- tria di origine e; verosimilmente, il eentro di ereazione delle “Romulea, rame della massima Pos delle Te der dominio coppa, gli abet odo ON ss Des 41 o TERCER EC ‘cireummediterranei). Il monogenismo del nostro genere sembra, dunque, . fuori di discussione. Ed evidente è pure, nella massima parte delle spe- ^ cie, il monotopismo, l’ origine cioè, non solo da un ancestrale unico, ma SCA in un luogo soltanto. Merita di essere qui segnalato qualche aso che | può interpretarsi quale una più o meno evidente aberrazione da queste i due leggi. Il più tipico è forse dato dalla R. Rollii la eui area, assai 4 . discontinua, si può raggruppare nei seguenti settori: 1. Francia meri- dionale; 2. Arcipelago corso-sardo; 3. littorale toscano e romano 4. Si- cilia sett.-occid.; 5. Puglie; 6. Grecia; 7. Algeria. Come dissi a suo luogo, questa. specie è, fra le mediterranee, la più decisamente arenicola e de- ai wd d riva il eomplesso dei suoi caratteri caulinari e fogliari dalla peculiare stazione in cui è localizzata. D'altra parte le sue affinità con forme stenofille e grandiflore di R. Columnae — specie distribuita in tutto il Mediterraneo, nelle più svariate stazioni — sono evidentissime. La sua | area frammentaria è in rapporto con una molto ipotetica disseminazione a distanza o non è meglio giustificata da una lenta trasformazione in settori diversi sotto analoghe condizioni? Un'origine monogenetico-poli- topica non sembra repugnare, nonostante trattisi di entità oggidi egre- giamente caratterizzata. Altrettanto può dirsi di R. Zigustica, la cui area è oggidì raggruppabile nei tre seguenti settori: 1. dintorni di Ge- nova: 2. Arcipelago corso-sardo: 3. Africa settentrionale. Le affinità con R. Bulbocodium sono strettissime e con essa s'associa, rimanendone ben distinta, nel primo settore: mentre nell'ultimo presenta indubbi termini di collegamento. Poichè, in definitiva, le principali differenze si riducono ‘alla. speciale tonalità del eromatismo perigoniale ed al polline biancastro, anzichè giallo, repugna forse dall’ ammettere che si siano coneretate in | tre diverse regioni? La mancanza in Corsica di R. Bulbocodium e la sua rarità in Sardegna starebbero tutto al più a dimostrare la com- pleta o quasi trasformazione di questa in quella, piuttosto che lipote- tico congiungimento di questi territori con intercapedini oggidì inabissate. | La più volte ricordata R. nivalis presenta, grazie al suo habitat, caratteri nella struttura anatomica delle foglie che ricordano quelli di alcune emixerofite capensi. Analogia che, secondo il mio avviso, è chia- : ps rita. o: da un fatto di- convergenza indotta da condizioni analo- 989 6 | | A. BÉGUINOT ae : - ghe, che da vera discendenza di questa da quelle. E le sue affinità EC con la planiziaria A. Bulbocodium appoggiano questa conclusione. E D'altra parte non verte dubbio che la forma stenofilla ed uniflora di . R. ramiflora, descritta sotto il nome di R. Parlatorei, le forme steno- fille o platifille di R. Colwnzae, le ginodioiche e mierante. delle Bul bocodiane ece., sono una ripercussione delle condizioni edafiche e sarebbe .- asserzione priva di fondamento, ad esempio, che la R. Parlatorei della - $ Francia merid. derivi da quella della Sicilia o viceversa. Il politopismo ; di queste ed altrettali variazioni parallele è un fatto ineontrovertibile A ed è un argomento, tra i molti, che accredita la congettura che specie — - Y elementari, oggidi fissate, sia per parallelismo, che per convergenza di —— caratteri, possano avere avuto un'origine monogenetico-politopica. ja j i Genesi delle stirpi. — Che una evoluzione, qualunque ne sia stato a l'intimo meccanismo, abbia avuto luogo nel limite delle stirpi, quali vennero da me circoscritte, e che le attuali specie elementari né siano E i prodotti ultimi, è fatto per me che non ammette dubbi. L'ampiezza 3 Es dell’ oscillazione di alcuni caratteri, lo spostamento e l'interferenza di | altri verso vicine combinazioni, la presenza di intermediari in natura od in eultura, la ridueibilità volontaria dei caratteri, la determinazione di variazioni mercè apposite culture, ne sono le prove manifeste. Non nascondo, peró, che io > dopo un così immane lavoro analitico, deside- ravo di fare un passo più in là: di redigere, cioè, uno schema filoge- netico che sinteticamente lasciasse intravvedere il phylum evolutivo anche ^ - B fra vari componenti le singole stirpi. Ma, dopo molti tentativi, ho do- vuto desistere dall'impresa e per molteplici ragioni. I rapporti fra le specie capensi e le tropicali sono evidenti, essendo quest’ ultime, come sopra asserii, genuina emanazione delle prime: permangono, invece, per me, oscuri i rapporti fra queste e le mediterranee delle quali, quindi, ignoro i capostipiti! Là presunta generalità della legge staurogamica, | quale fu intesa da Delpino e da molti altri biologi, porterebbe a rieo- - noscere nelle disposizioni ordinate all'impollinazione ineroeiata, indubbie | stigmate di perfezione rispetto. alle autogamiche e di conseguenza le: forme Larisa di un 2 dato paes, dorbberg RA quali pet? T + T gs FOMEN UM E un Sr zoe did UE RENS y REVISIONE monoonAFICA DeL GEN. BETE RT 981" mordiali o regredito E può bi che la teorica regga per le mediter- . ranee: ma essa è battuta in breccia dalle capensi, nelle quali esaltati caratteri dicogamici (ho sotto gli occhi in perfetta fioritura la splen- dida R. rosea!) sono frustrati dalla posizione dello stigma rispetto alle antere conducente all’ autogamia, favorita anche dall'ombrofobia del perigonio. Qual posto dobbiamo concedere loro nel costruendo schema | genealogico? La facoltà di immagazzinare e trattenere acqua per i bi- . sogni fisiologici è diversa nelle varie specie ed ha indotto strutture proprie, che l’analisi microscopica delle foglie prontamente rivela. Ma delle due categorie da me stabilite, devono considerarsi come più evo- lute le xerofite o le emixerofite o non per caso rappresentano due cate- gorie jore m ciascuna P ciae a speciali condizioni di stazione o di clima? Il parallelismo che esiste fra le mediterranee e le tropicali-capensi la costituzione e struttura delle spate, nella grandezza del perigonio, nella posizione degli stigni rispetto alle antere in rapporto ai processi auto-e dico-gamici, sta a dimostrare ehe l'evoluzione fu orientata se- E condo determinate linee, ma non è indice di affinità in quanto il ca- rattere si è ripetuto più volte in gruppi molto disparati. La presenza .. -di qualche intermediario, ad esempio, fra le stirpi di A. Rollii e R. Co- lumnae e fra questa e R. ramiflora, illumina alquanto il meccanismo. evolutivo, ma non la posizione gerarchica. Tutt'al più, come ipotesi, sì uò affermare che la stirpe di R. rosea, forse la più polimorfa delle ca- sie che è la sola che ha fornito le specie distribuite nell’ Africa tro- n ina. delle quali raggiunge il Marocco meridionale, in quanto nell: attualità contiene bras: tatto” ae combinazioni aan nelle i così pure R. Julsliin , R. sandra e R. Vila, | in quanto der leno p "hine area ius possono es- un D. e. » soddisfacente albero genealogico ci corre el i i dati sin qui B - : A. BÉGUINOT e acquisiti, per quanto numerosi ed interessanti, renderebbero tale costru- | zione prematura e problematica. Ed è anche questa la ragione per eui. non ho ereduto opportuno di procedere ad aggruppamenti superiori a Na quelli che ho designato col nome di « stirpe ». È certo che le ‘affinità fra le specie capensi e le tropicali sono molto più intime che non fra queste e le mediterranee: ma l'istituzione di due sezioni o sottogeneri che abbraccino le due categorie lascia supporre — se le classificazioni non debbano essere arbitrarie o di comodo — risoluti parecchi punti tuttora oscuri e controversi. La via che conduce al vero è lunga’ ed irta di difficoltà, la più grave delle quali è l'illuderei di avere toccata la meta, quando ancora ne siamo, nonostante i replicati sforzi, ben lungi! IV. Chiave dieotomiea per la determinazione. delle « Romulea » di origine non ibrida. A scopo di facilitare la determinazione delle « Romulea », chiudo la mia Monografia riassumendo, nella seguente chiave dicotomica, i prin- cipali caratteri differenziali delle specie di origine non ibrida ('). Av- verto che, per lo scopo speciale, ho dato prevalente importanza ai ca- ratteri morfologici, ma non ho potuto esimermi, in qualche gruppo, dal prendere in considerazione quelli anatomici desunti dalla struttura del nomofillo adulto e quelli biologici inerenti alla struttura fiorale. Dato il forte numero di deviazioni dal valore medio della massima - parte dei caratteri prescelti si questa chiave si riferisce principalmente | Mia donus tipiche e non può essere ad essa dimandato più di quanto .() Qui ricordo che evidenti prodotti di ineroeeio ho riscontrato nelle specie capensi fra entità del ciclo di R. rosea (= R. intermedia Bég.), fra | R. bulbocodioides e R. rosea (= R. versicolor Bég.). Traccie di ibridismo . trovansi pure nelle specie mediterranee e manifesti prodotti di incrocio | ; ha riscontrato il Merino (op. cit.) nella Spagna fra san del cielo R. Bul- . bocodium , fra queste . e quelle del ciclo di R. Colu n us one e ‘di questa u rine. Cave a conoquentiri i sei unvistov ONOGI FICA EL GEN. ROMULEA MARATID 283 contiene e può. dene La dina dell’ area distributiva per le spe-. . cie ad area ristretta od. endemiche ne faciliterà, spero, il ragionevole e i | disereto impiego. A. Specie mediterranee o med -atlantiche. i Perigonio applet sviluppato (15-55 mm.) a cromatismo com- i plesso e cioè con varia mescolanza di colorazioni gialle, roseo-lila- cine e più raramente violacee. Stilo tipicamente più lungo delle ss antere. Spate dimorfe con la valva inferiore quasi del tutto erbacea, la superiore più o meno largamente membranacea. Specie mediter- ranee o med.atlant. [Stirps R. Bulbocodii]. 1. Perigonio roseoilaeino percorso da linee porporine o gialla- stre, sfumato spesso di verdastro all’ esterno ed a tubo gialla- stro (eccetto talvolta la var. dioica Batt.). Stilo biancastro. Pol- line giallo (fatta eccezione delle forme ginodioiche dove è più o meno atrofico) R. Bulbocodium (L.) Seb. et M. 2. Peribonio c. s. con colorazioni, ora prevalentemente giallastre, - ora violaceo-lilacine , ma eon foglie tipicamente più strette. LE Stilo sfumato di violaceo con lobi fas più e e e ion divarionti row iberica. ^ Ro RS ASE ka S E ine alitis: s violaceo lilacino a tubo biancastro ed | D 0 a lacino. ‘ovato-lanceolate per lo più subottuse. Bene multi- ie EL Polline biameastro. 0000 * | (00000. 0 igustica Parl. p Perigoso siberiana ees a tubo bianeastro ed a laci- i cinie lanceolato-acuminate. Polline. eu Specie sarda Uc > sai Limbara). : B : ea R. Limbarue Bég. a Perigonio Modius con cromatismo particolare e cioè con la- cinic biancastre nel margine e percorse da tre strie * intensamente. 4 violacee e djura) : R. Battandieri Bég. 6. Perigonio violaceo-lilacino, assai grande, bruscamente contratto in breve tubo con le lacinie ovato-oblunghe assai larghe ed ar- rotondato-acute in alto. Foglie a sezione assai larga e molto compresse. Specie del Marocco. Ft. Engleri Bég. |» 7. Perigonio tipicamente nell’ '/, infer. di un giallo aranciato, | verso il mezzo biancastro, in alto violaceo, più di rado conco- lore. Spate deboli, dir. spesso obs od antocianiche. : s NS iberica. ; Es B c - R. Clusiana (Lge) Nym. ` 3 des : Petigonin lilacino o violaceo od anche giallastro e quindi, per il cromatismo, non distinguentesi dalle specie precedenti o se- - guenti, da cui si distacca a prima vista per lo seapo assai al- e | lungato, in grande parte epigeo ed assai ramoso. Specie. xs E isole atlantiche. i 33e E R. grandiscapa (Webb et Berth.) Gay in Bourg. - : 9. Perigonio di un giallo eroceo con le tre lacinie esterne per- part corse nel dorso da strie fosco-porporine. Sere. dell’ Asia. Mi 2 i -/. more (M. grana # R. crocea a et Heldr. IL Pact. stilo e spate come nella precedente stirpe, da cui si di- stacca per il tubercolo protetto da tuniche membranacee e non i E " | coriacee, per le foglie vaginiformi con guaina chiusa, quelle adulte. : Pon - molto compresse e con lamina in grande parte aperta. Stirpe mo- E "e regione fie um del Libano ed DAR [Harpe E nivalis]. : E: nivalis Dis et EM Klat 5 REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI ` 285 * x Tubo e fauce del perigonio giallastri. Stilo sopraelevato sulle antere. are i R. Tempskyana Freyn. I. Perigonio grandoito o piccolo, di ialità intensamente violaceo a la- cinie ovate o lanceolate, ma sempre più o meno rotondato-ottuse all apice. Arcipelago corso-tardo [Stirps R. Requienii]. + Perigonio grandetto (20-25 mm.) con i segmenti manifesta- mente slargato-arrotondati, quasi spatolati. Stilo nettamente fuorescente dalle antere. A. Jeguionis Parl. ++ Périgonio medioere o piecolo. Stilo lungo quanto le antere o con stigma appena ad esse sovrapposto. © X Lacinie perigoniali manifestamente slargato-ottuse all’ a- pice. Specie delle isole di Capraia, Maddalena e Caprera. R. insularis Somm. X X Lacinie perigoniali meno manifestamente slargate in alto e eon tendenza ad essere acute. * Foglie cilindrico-filiformi assai strette ed Aeneis erette. Specie della Corsica. : R. ‘Revelieri Jord. et Fourr. A Fg. clindricocomprese, larghette, per lo più curve al suolo. Spate con fogliolina super. del tutto jalino- membranacea. Perigonio con lacinie striate di m ni A mine sami dis. E * Pi e e 20 con la fogliolina super. strettamente marginata. Perigonio più grande che nella prece- < dente e e con le beue. gtrinto. di violaceo. Sp. d. s. A (Re ca ei Beg. = Piana a foglio adidas Ahi spite al suolo ed un po’ verona Sa allungato, debole, , generalm t uni — R. corsica Jord. et du a: ‘A. BÉGUINOT floro. Spate eon la valva super. del tutto membranaeea [Stirps R. Rollii]. R. Rolli Parl 33 Pinoto a foglie meno allungate, generalmente più robuste; più o meno compresse ai lati. a Spate con valve ambedue quasi del tutto erbacee o solo ‘la superiore strettissimamente marginata Sa R. rami- florae]. T Fg. tipicamente molto robuste lle ai > 2 si lati. | : - eX Perigonio di un violaceo pallido o lilacino. Po e DIRE ed = Perigonio piccol lungo 20-25 mm. = | R. ramiflora Ten. x Pesigonio più grande, lungo 20-30 mm. xut qw 25 i iberica. | R. gaditana (Kze) Bá. XX a goie di un violaceo o lilacino intenso. S Lacinie perig. lineari larghe 1 '/, mm. Stami ede raggiungenti la metà del SOROR Specie del- e. E . l'isola di Malta, p ur £s | R. sci Biss M er on S8 Lacinie perig. largamente lanceolate, ‘sub-ottuse - Cee: e rotondate. Stami ragg. '/, del perigonio. Res Wort 7 |. eie d et (Djurdjura) -R. Penzigii bèp- | + + Foglie meno robuste, cilindrieo-filiformi, poco o punto compresse ai lati. a. Perigonio. grandetto, lungo 15-22 mm. a tubo lungo. x ed an ngustiss pos A circa del perigonio: Fg. uas REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 287 c. Perigonio mediocre, lungo 15-18 mm. con lacinie lan- ceolate-aeute, larghe 3 mm. violaceo-lilaeine, le tre ... esterne più pallide. Fg. flaeeide, percorse da nervi de- boli. Specie d. s. R. Garthagenie Bég. d. Perigonio mediocre, lungo 18-20 mm. eon tubo lungo circa !/, dell'organo. Stigma incluso, qualche volta un po' al di sopra delle antere. Fg. sottili, ma robuste , rigide, molto più lunghe dello scapo. Specie dell’ AI- geria. R. numidica Jord. et Fourr. B Spate con valve dimorfe e cioè ĉon la valva inf. erbacea, la super. più o meno largam. membranacea [Stirps R. Columnae]. * Foglie cilindrico-filiformi, angustissime. l. Perigonio piccolo, lungo 7-8 mm. a tubo breve, bian- castro. Specie dell’Africa sett. x R. cyrenaica Bég. 2. Perigonio mediocre, lungo 10-12 mm. a tubo lungo cino e percorso da strie ' DR intense. Specie del Por- togallo. zen K Saccardoana Bég, ii * B Fa Xipicumante à sezione larghetta - e cilindrico-com- x | presse ai lati. siste assai variabile per grandezza e LFOHIMN OL: Sici qo. ~ s a T Es Columnae Seb, et M. B Specie Capensi e dell'Africa tropicale. A Pofon pico (15 m) aaa con le lacinie pereorse . lungo il dorso da strie fosco-porporine assai marcate e ramulose. | Portamento e foglie come in AR. ramiffora , da eui differisce per lo | seapo non o poco allungantesi dopo l'antesi e per i PES frut- " circa la metà dell'organo ed assai stretto, bianco-ila-. ma i COR MEHR capense o [Stirps R. nega i R. longiscapa Tod. II. Perigonio di grandezza e cromatismo assai variabile. Piante con i | portamento proprio. : -x Foglie flessuose o tortuose-convolte. Perigonio giallo Soma RO tortuosae]. : ; i a. Margine delle cripte stomatifere glabro. Perigonio. intensa- a ménta giallo. 7 R. tortuosa Bak. 3 b. Margine delle cripte stomatifere peloso. Perigonio: con mac- chie enna alla fauce. i R. tridentifera Klatt. X a cilindrico. fliformi, diritte od nach contorte a spirale, ma in tal caso con perigonio versicolore. © Fe. in sezione trasversale con costole laterali meno svilup- p m pate delle antero-posteriori e fortemente compresse. Stomi | s > giacenti in solchi molto aperti e cioè in una AE to depressione della n ee R. hirtae]. f z R. hirta Schlecht. Se tu Fe in sezione trasversale con wu laterali pià cdi | pate delle antero-posteriori od eguali. Stomi infossati in solchi | . profondi costituenti vere cripte stomatifere. X Fg. con fasci fibro-vascolari congiunti da un ipoderma sele- nore roso interrotto soltanto in corrispondenza delle eripte sto- E matifere. Specie eapensi [Stirps R. speciosae]. a Perigonio intensamente roseo-porporino, con lacinie oblun- - Sie, brientténte punte all nee e duri roton È i da vo Stami 7 del perigonio e con alamen và ille antere, Stigma a un w: Too cai sulle antere, REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MA RATTI 289 bilmente attenuate alla base e quivi munite di una mac- chia oblunga fosco-porporina. Stami '/s più brevi del pe- rigonio con antere più lunghe del filamento. Stilo con stigma rinchiuso fra la cerchia delle antere. R. sabulosa Schlecht. in Bég, Y Perigonio c. s. ma a colorazione meno intensa ed a lacinie meno slargato-rotondate all’ apice. Stami |, più brevi del perigonio e con filamenti tre volte più brevi dell’ antera. Stigma appena emergente dalla cerchia anterale. R. speciosa (Ker.-Gawl.) Bak. p. p. X X Fg. con fasci fibro-vascolari non congiunti da cellule sele- renchimatiche e perciò fra loro indipendenti. * Fg. di varia lunghezza e diametro, ma sempre valida- mente robuste e cioè con fasci fibro-vascolari circondati di fibre numerose e fortemente Ispessite, poggianti diretta- mente sotto l'epidermide, che è ad elementi molto schiac- ciati e con la parete esterna fortemente ispessita. Fascetti fibrosi sempre presenti. Perigonio con prevalenza di colo- TA razioni antocianiche e per lo più roseo-porporine. Specie : capensi e dell'Afriea tropicale [Stirps R. roseae]. S Specie dell'Afriea meridionale. i i. Perigonio mediocre o grande, ma sempre egregiamente sviluppato. Spate con valve ambedue erbacee. a. Fg. avvolte a spirale. : : R. spiralis Bak. b. Fg. diritte o piegate verso il suolo, mai spiralate, a Fg. rigide, erette, poco compresse, con nervi poco o punto prominenti. Perigonio estremamente varia- bile per colorazione e grandezza. : R. rosea (L.) Eckl. 5 Fg. flaccide od anche rigide ed in tale caso cur- vate verso il suolo, sempre lateralmente molto ap- piattite e con nervi poco pronunciati. R. cruciata (Jacq.) Bég. em. 20. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII. i ^ SSS Specie del Camerun. A. BLGUINOT Y Fg. c. s. ma a sezione più stretta, ti lo più erette. — Perigonio mediocre. R. purpurascens (Ten.) 7 Ten. 2. Perigonio piccolo, eguale o poco più lungo delle spate. -- Piante molto sviluppate con scapo robusto, allungato, in grande parte fuorescente dalle guaine fogliari. 1. Fg. a sezione larga, lateralmente molto compresse, le caulinari più o meno vaginanti. Peduncoli fio- rali assai più lunghi del perigonio e robustissimi. E. gigantea Bég. 2. Fg. a sezione più stretta, meno compresse, ma più rigide. Peduncoli fiorali eguali o più brevi del perigonio, sottili. R. longipes Schlecht. 3. Fg. cilindrico-filiformi, angustissime. Peduncoli fiorali TR ed esilissimi. R. Thodei Schlecht. ++ Piante poco ee con geapo breve, in grande parte ipogeo e nascosto fra le guaine fogliari. C Spate con le due valve rigide ed erbacee. Perigonio lungo 12-15 mm. con tubo lungo circa la metà di esso. R. gracillima Bak. © © Spate con js valva superiore più o meno o del i tutto membranacea. d Perigonio lungo 13-15 mm. con le lacinie laneeo- lato-acute, bianco-lilacine. - R. similis Eckl. xx Perigonio lungo 5-12 mın. con le lacinie lanceo- lato-lineari, acute, violaceo-lilacine. R. minutiflora Klatt. SS Specie del Kilimangiaro. I R. campanuloides Harms. R. camerooniana Bak. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 29]. - S Specie dell’alta valle del Nilo e del Marocco merid. i. Fischeri Pax. * x Fg. variamente eonformate , ma sempre meecanieamente deboli e cioè con fasci fibro vascolari circondati da fibre meccaniche scarse e poco ispessite, separate per lo più dall’ epidermide da una o più assise di cellule parenchimatiche. Epidermide alta ed acquifera. Fa- scetti fibrosi mancanti. Perigonio del tutto giallo od almeno nel tubo, in ogni caso con colorazioni antocianiche meno intense che nelle precedenti. Specie esclusivamente capensi. © Fg. scarsamente vascolarizzate e cioè con esiguo numero di fa- sci fibro-vascolari. + Perigonio con tubo giallastro ed a lacinie rosee o violaceo- lilacine, spesso con macchie fosco-porporine alla fauce sa R. hirsutae]. E X Fg. convolto-tortuose, spiralate. x l R. tortilis Bak. XX Fg. mai spiralate. æ Fg. glabre con cellule tappezzanti il margine esterno E delle eripte stomatifere fortemente ispessite ed a lume es ; quasi obliterato. CEN ; zum Ra R. amoena Schlecht. in Bég. 3 6 Fg. per lo più minutamente pilifere -a il margine esterno delle cripte stomatifere. U 1. Seapo in grande parte fuoruscente dalle guaine fo- gliari e replicatamente diviso in alto a mo’ di pseu- dodieotomia. Perigonio bianco-lilacino o bianco-ver. t NR | X. dichotoma (Klatt) Bak. 2 Beapo c. s. ma con ramifieazione normale. Perigo- > | nio roseo-lilacino a tinte più cariche del precedente. | | R. Klattii Bég. 3. Scapo in grande parte nascosto nelle guaine fogliari ^ e poco ramoso. | * Fg. cilindrico-compresse, assai schiacciate lateral- A. BÉGUINOT mente e con solchi stomatici molto evidenti. Epi- dermide alta e fasci fibro-vascolari da essa sepa- rati da 1-2 assise di cellule parenchimatiche. Pe- - rigonio lungo 20 cm. R. Schlechteri Bég. x x Fg. c s. con epidermide più bassa e fasci fibro- vascolari da essa separati da 3-4 assise di cellule — parenchimatiche. Perigonio più grande, lungo 25 cm. E ; R. papyracea N oll.-Dod. : x x x Fg. tipicamente cilindrico-filiformi, assai sottili e — — con solehi poco evidenti. Perigonio grande per la J pianta, giallo nel tubo e roseo-lilacino nelle la- cinie, che sono macchiate in corrispondenza della fauce. \ R. hirsuta Eckl. : DA Perigonio del tutto giallo, oppure sfumato di roseo-lila C aves cino nelle lacinie. Specie capensi [Stirps R. subluteae]. de bee. A. Perigonio giallo. Spate co valve ambedue in grande us e ^» E x Scapo molto allungato, esile, eretto, con i pedone subarcuati ed allungati. 2 : ; R. filifolia Eckl p. pi | 5 Scapo breve, in grande parte nascosto nelle guaine fogliari con pedunculi brevi, suberetti o poco divari- - eati. 2 | -§ Pianta tipicamente esilissima, uniflora, a perigo- nio totalmente LAOS Spate quasi del ^ STI tutto erbacee. 2 LU CU di pitt (Lomic) Bh. — : ^s Pianta e. S., udin a perigonio giallo-solfino con um macchie e venule porporine. Spate con la valva Da superiore abbastanza largamente marginata. mes R. sulphurea Bég. REVISIONE MONOGRAFICA DEL GEN. ROMULEA MARATTI 293 RY Pianta più sviluppata delle due precedenti. Perigonio di un giallo-solfino più grande con distinte macchie fosco-porporine nell’ *), inferiore delle lacinie. 5 LIO R. montana Schlecht. in Bég. ni . SSSS Portamento di R. filifolia, ma foglie più larghe, m ‘nodi caulinari più brevi, perigonio più piccolo. R. citrina Bak. B. Perigonio a tubo giallo ed a lacinie sfumate di violaceo. Spate con la valva superiore largamente o del tutto membranacea. a. Perigonio lungo 20-30 mm. roseo-lilacino e con striature verdi o eupree od anche ocroleuco : lacinie larghe 3-5 mm. R. Bachmanni Bég. b. Porgohia SEHR 12-15 mm. con le laeinie [roseo-violacee larghe 2 mm. R. tabularis Eckl. c. Perigonio lungo 30 mm. giallo in basso, roseo-violaeeo nel mezzo, pallidamente violaceo in alto. R. Zehyeri Eckl. OG Fa. abbondantemente vascolarizzate e cioè con fasci fibro-vascolari Ed numerosi e di solito molto SOB Specie tapenn: [Stirps R. | bulbocodioidis]. È t Perigonio piccolo, di un VEM. od ocroleuco. Seapo assai ramoso. R. caplandica P T Püifani- grande = egregiamente» sviluppato. X Perigonio lungo 40-50 mm. campanulato-infundibuli- | forme con me lungo 20 mm. e lacinie ovato-subottuse. Sa. - R. Mae Orani Bak. XX 00 lungo. 2535 1 mm. A Perigonio a cromatismo assai variabile quasi del tutto giallo, giallo-verdastro od ocroleuco. Fg. larghette, per lo più assai compresse lateralmente, dens e deboli. Peduneoli fiorali glabri. ! A Delbacodioides (De la Roche) Bak. i-o. sed 0 verde-bianeastro 396 i stomatiferi, rigidotte. ‘Peduncoli fiorali pilifri spesso ai lati. INDICE x Parte generale : E : 3 — Biologia della germinazione e dello oue QUID oS Osservazioni oneri; oo urn MIA : Gormaz ipogea: s 0 Re me aD . Sviluppo dissociato . . è i | Radici tuberose ORTA e toni significato via Foglie primordiali. . : $ » — Morfologia esterna ed Gini della ^ plantula i Radice primaria . . . Radiei avventizie . . cia a < Pormazioni caulinari — 3. 77. e È fogliari s i x i Miedo esterna ed interna degli. organi LE tivi della pianta adulta . x ; Formazioni radicali -i e S Fa iem dix VE s caulinari. x a a Taran | | costituzione del frutto e del seme EU V iS T T Biologia fiomle. .. . b. .2. Fecondazione e iR. EEN Pe alla costituzione del frutto e del seme... : d ss s |. PREFAZIONE Ei e crop x pu Ad D CN Radici tuberose trajo peto ub C VR X : » n della o, dC SL Vaneluzion ai E no ari Cw ww.v V v v v v Vv Y v vv Y vd pag. 49 296 | A. BÉGUINOT Parte speciale : I. — Cenni storici e bibliografici sulla sistematica e sulla distribuzione geografica del genere Romulea . Elenco degli « Exsiccata » numerati nei quali fu- rono distribuite specie del gen. Romulea . II. — Enumerazione ed illustrazione sistematica delle spe- cie del gen. Romulea vol XXII, pag. 377 e vol. XXIII pag. IL — Considerazioni sulla aai, solli diste bauiodo geografica e sulla filogenesi del gen. Romulea . . La posizione sistematica ed i criteri di classificaz. l. Critica dei sistemi di classificazione . . . 2. Schema di classificazione proposto . . A. Generalità sui caratteri e loro dibsilicazione B. Caratteri di famiglia . . C. » generiei e RA del gen. Ro mulea nel Sistema. . . . D. » specifici e loro X cir Esci. E. » di variazione . F. di stirpe e gruppi sati da: ie: nere BIRRE ST 2. La distribuzione geografica del ne Roms ie l. Specie del dominio mediterraneo. . . . : ni » —-mtlunheo- ie; 3. » capensE- 4-0 a, 4. » dell Africa tropicale 5. Patria : origine, di NE E emigrazioni di espansio 3. Cenni cli origine delle Rimaleit e a generi di aBD > <<. 04 : 1. Genesi del pendo foina oor xis 2: Genes dellé aperte >- s e e 2 v ose s a. Specie Hcr MR d APPLE T b » geografi di Lal FL QE & * afa o i : d. Prodotti di incrocio . . . . e. Monogenismo e politopismo . . 3. Genesi delle stirpi . IV. — Chiave dicotomica per la demi delle Ro- mulea di piod non shoe Wi, . . . . XXIII. 185 » » » » » Y » wv y» y VV v ov Y ww Www w* Ww v V e j oa eM L. BUSCALIONI x Œ. MUSCATELLO NOTE BOTANICHE Sopra alcuni SENECIO dell’ Etna: [S. aetnensis (Jan.), S. incisus (Presl.) e S. chrysanthemifolius (Poir.)] (continuazione). Nelle foglie successive della plantula i caratteri differenziali tendono a rendersi meno evidenti. Del resto tale fenomeno si osserva di già nei catafilli di molti individui. e) Epidermide fogliare delle piante adulte (fig. 33, 38). In tutti e tre i Senecio la pagina superiore delle foglie è rivestita da un’ epidermide a cellule irregolarmente rettangolari, poligonali od anco ovalari (fig. 34, 36-38). Nel S. aetnensis (fig. 33-34) le cellule sono però alquanto più piccole che nel S. incisus (fig. 35-36). Il S. chrysanthemifolius si con- traddistingue invece per la grandezza delle cellule che tendono ad as- sumere, anche nella faccia superiore, la forma ovalare (fig. 37-38) od anche leggermente ondulata col maggiore diametro per lo più diretto _ nel senso della foglia. Sulla faccia inferiore del ,S. aetnensis le cellule epidermiche hanno anche un contorno un po ondulato (fig. 33), e tale carattere si mostra, sebbene in più scarsa misura, nel S. incisus (fig. 35) il quale però ha, come si disse, degli elementi un po più grandi. La pagina inferiore del S. chrysanthemifolius si distingue sempre per la grossezza degli elementi epidermoidali i quali sviluppano un orlo decisamente ondulato (fig. 37). | Gli stomi sono distribuiti disegualmente nelle due faccie delle foglie, essendo più numerosi su quella inferiore e mancando poi del tutto lungo le nervature. Il S. incisus presenta, almeno sulla pagina inferiore, degli stomi piü grandi di quelli del §. aetnensis. Inoltre si contraddistingue per posse- derne un po meno di quest'ultimo, per quanto tuttavia ne porti molti. Sulla pagina superiore gli stomi sono un po più piccoli. 21. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII. . E i L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO Il S. chrysanthemifolius ha stomi più grandi, ma più rari che le al- tre due forme. In tutte e tre le specie uguale è la forma dell’apparato che presiede allo scambio dei gas e del vapore acqueo. Gli stomi sono spesso fian- cheggiati da una o due cellule un po più piccole delle altre che corri- spondono alle ‘cellule annesse. Molte volte poi le cellule dello stoma protendono alquanto nello interno degli elementi confinanti che diven- tano perciò reniformi. Dall'esame dell'epidermide dei nomofilli delle tre. forme di Senecio si potrebbe conchiudere che il S. ehrysaathemifolius colle cellule epidermiche grandi a contorno ondulato rappresenti una forma più igrofita delle altre due, provviste di cellule più piccole polie- driche ed a contorno solo lievemente ondulato. E forse a questa conclusione sono tratti tutti coloro che non conside- rano come i caratteri biologici dell'epidermide non sono insiti unica- mente nella forma dei suoi elementi. Invece se noi prendiamo a considerare che le forme del S. incisus e del S. aetnensis, a foglie relativamente più grandi di quelle del S. chry- santhemifolius (perchè meno laciniate e più abbondantemente provviste di parenchima verde) sviluppano sulle due epidermidi un maggior nu- o mero di stomi rispetto al 8. chrysanthemifolius, comprenderemo del pari che la minor grandezza delle cellule epidermiche nei due tipi sopra ri- cordati e il contorno più regolare degli elementi stessi sono unicamente dipendenti dalla più energica suddivisione cui andarono incontro le cel- lule, allo stato giovane, per dar origine a un maggior numero di stomi. Se noi pertanto vogliamo trovare un giudizio nel maggiore o minor grado di xerofilia di un dato filloma, analizzando unicamente l epider- mide, dobbiamo sempre aver presente che le cellule possono apparente- mente assumere carattere xerofito (forma rettangolare e poco ondulata nel contorno), ma unicamente a causa del più attivo frazionamento de gli elementi destinati a produrre molti stomi. E pereiò solo tenendo nel dovuto conto questo nuovo criterio e prestando la debita attenzione alle | dimensioni dei lembi fogliari, potremo interpretare col dovuto rigore scientifico la natura dell’ epidermide. ad È evidente itanta; dagli studi fatti sulle foglie cotiledonari, sui NOTE BOTANIOHE eatafilli e sui nomofilli, che la forma delle cellule epidermiehe muta continuamente, per quanto tuttavia nel g. chrysanthemifolius rimanga costante il maggior volume delle stesse rispetto al S. incisus e al S. aetnensis. In generale la maggior divergenza di forma si mostra nei catafilli, poiché i nomofilli tendono a sviluppare un tipe di epidermide che ricorda quella dei cotiledoni. E mentre muta la costituzione e la forma delle cellule ordinarie, cam- - bia pure la scena rispetto agli stomi, in quantochè questi, pressochè ugualmente numerosi nelle foglie cotiledonari dei due generi si fanno ben tosto più numerosi nel S. aetnensis e nel S. incisus, ràggiungendo il massimo sulla faccia inferiore delle foglie del S. aetnensis. . Anche nella cuticola delle piante adulte abbiamo notata la presenza di granulazioni, le quali però nei tre Senecio non presentano differenze degne di nota, sia riguardo al numero che alla forma. d) Peli. La pelosità costituisce un carattere soggetto ad enormi va- riazioni nelle tre sorta di Senecio. In generale i eotiledoni difettano di peli, salvo forse in vicinanza del punto di attacco all’ asse. Nelle foglie successive i peli compaiono in più o meno grande nu- mero; sono d'ordinario rari nel jS. aetnensis, in cui sono localizzati sol- - tanto sul picciuolo; più abbondanti nel S. incisus e ancor di più nel 8. chrysanthemifolius. Però le condizioni di vegetazione possono influire grandemente sulla distribuzione e abbondanza di siffatte produzioni epi- dermiche. - - I peli sono pluricellulari, e le cellule sovrapposte le une alle altre di- | minuiscono in grandezza avviciffandosi all’ apice dell’ organo. Anche nelle piante adulte si incontrano i peli, sia nelle foglie che sul fusto, ma il grado di pelosità è oltremodo variabile da pianta a pianta. Sta il fatto che il S. chrysanthemifolius, vivente nei siti aridi, si mo- stra più peloso degli altri due, e tanto il S. aetnensis quanto il S. in- cisus o sono glabri del tutto o portano pochi peli presso i capolini. I peli si mostrano spesse volte sdraiati. 300 a È. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO B. Parenchima fogliare. a) Foglie cotiledonari. I cotiledoni dei tre Senecio da noi studiati sono muniti di pieciuolo piuttosto lungo, su cui si innesta un lembo ovale, carnoso, intero. La struttura del pieciuolo è abbastanza- semplice ed uniforme in tutte e tre le specie. Ad un’ epidermide, costituita di cellule quasi rettangolari, in sezione trasversale, succede un robusto parenchima a cellule ovalari o tondeggianti, le quali, verdi ai margini, tendono a farsi acquifere verso la parte centrale dell’ organo. L'asse di questo è occupato da un fascio vascolare; mentre altri due fascetti più piccoli decorrono in vicinanza dei bordi. Le cellule epidermiche e quelle del parenchima fondamentale sono grandi in specie nel S. incisus, i cui spazi intercellulari si presentano, almeno nei preparati avuti in esame, più grandi di quelli dei picciuoli cotiledonari delle altre due forme. L’ aetnensis, a quanto pare, ha un pieciuolo alquanto più robusto del S. incisus e chrysanthemifolius. Il lembo fogliare mostra pure delle differenze, in quanto che molto ispessito nella forma alpina e nemorale si presenta relativamente sot- tile nel S. chrysanthemifolius. L' esame microscopico delle sezioni tras- versali praticate a metà dël lembo, permetteva di riconoscere che tutto quanto il tessuto è attraversato da un sistema aerifero molto sviluppato, ampie essendo le camere che le cellule circoscrivono e specialmente quelle del palizzata. Questo tessuto consta nel S. aetnensis e S. incisus di elementi larghi ovali. a pareti alquanto robuste. Lassamente fra loro uniti essi si diri- gono col maggior diametro perpendicolarmente all’epidermide, le cui cel- lule, nelle regioni trasversali, appaion tabulari, ovalari e talora schiac- ciate.. E . Nel Senecio chrysanthemifolius il palizzata è pure formato da grossi. elementi, ma questi tendono ad allungarsi prevalentemente in senso pa- rallelo alla epidermide. | Il palizzata forma ovunque non pià di due strati eui tiene dietro il . laeunoso, rappresentato nelle tre forme da elementi allungati tangen- NOTE BOTANICHE COMM zialmente, otricoliformi. A questi poi succede le l'epidermide inferiore, co- stituita da elementi irregolari alquanto schiacciati. Il tessuto fondamentale della foglia consta unicamente di elementi pieni di granuli elorofilliani molto grandi. Solo in vicinanza dei fasci vascolari, costituiti, per quanto riguarda il legno, da vasi spiralati , si nota uno strato di elementi allungati incolori. Il fascio vascolare sta al limite fra il parenchima al palizzata ed il lacunoso. b) Nomofilli. Il Senecio aetnensis presenta delle foglie piuttosto ispes- site che nella sezione trasversale mostrano i seguenti caratteri: L’ epi- dermide della pagina superiore consta di cellule rettangolari o quadran- golari dalla cuticola notevolmente ispessita. Il palizzata è formato da due o tre piani di cellule rettangolari, strette piuttosto e intimamente fra loro congiunte, ricche di corpi elorofilliani. Il tessuto lacunoso risulta costituito da parecchi ordini di cellule, variamente conformate. Nella parte assile della sezione queste presentansi quanto mai irregolari, perchè si collegano fra loro per mezzo di corte braccia: nei piani più vicini al- l'epilermide inferiore compaiono invece delle cellule ovalari ehe in im- mediato contatto dell’epidermide diventano quasi simili per forma agli elementi del palizzata, colla differenza tuttavia che subiscono un allun- gamento meno accentuato (fig. 14). I meati intercellulari sono ovun- que presenti nel lacunoso ed anzi diventano piuttosto ampi nella parte mediana della sezione, là dove, cioè, le cellule accennano e diventare ramose. .L'epidermide. ffrio è rappresentata da elementi aliquanto più schiac- ciati di quelli. della pagina superiore. Essi poi sono anche più piccoli e presentano una cuticola meno tspessita. Gli stomi sono frequenti e su- perficiali. Presso i bordi delle felisi il tessuto verde cambia. TERE di aspetto, assumendo tutte quante le cellule forma rotondo-ovalare, di guisa che riesce difficile distinguere il palizzata dal lacunoso. Alla base della foglia, se questa è abbracciafusto, o in corrispon- denza del picciuolo, la parte mediana della sezione mostrasi piuttosto — ispessita, ed ivi compare un tessuto di cellule ineolori, poligonali, inti- mamente fra loro congiunte. Gli elementi si fanno più grandi verso la 302 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO parte centrale della sezione e attorno ai fasci. Sui bordi di questa re- gione, ma limitatamente, agli strati sottoepidermici, notasi qualche cel- lula colorata in verde dai cloroplasti, mentre sulla linea mediana si pre- senta un tessuto collenchimatoso ipodermieo. Tutta la rimanente por- zione del tessuto consta di cellule verdi che per forma e dimensioni si avvicinano a quelle dei margini del lembo fogliare. Il parenchima verde però si rende sempre più scarso a misura che si assottiglia la base della foglia, per cui, quando questa è molto esile, risulta costituita quasi esclu- sivamente dagli elementi incolori della regione mediana. Nel Senecio incisus (fig. 15) troviamo delle piccole differenze strut- -turali che si possono riassumere in un'epidermide superiore ad elementi più sviluppati in senso radiale: in un aumento nel diametro longitu- dinale e trasversale delle cellule del palizzata; in un corrispondente in- grandimento delle cellule del lacunoso che delimitano però degli spazi aerei non molto grandi, e infine in una maggior ampiezza del diametro trasversale delle cellule epidermiche della faccia inferiore. Anche qui verso i margini del lembo fogliare le cellule del paren- chima verde tendono ad assumere la forma ovalare, diventando poco dissimili le une dalle altre. Alla base della foglia o lungo il picciuolo, se questo esiste, troviamo ripetuta la struttura che già abbiamo segna- lato nel S. aetnensis, fatta astrazione tuttavia di piccole differenze, fra le quali occorre rilevare la minor grandezza degli elementi privi di clorofilla. Per i caratteri sovra esposti si comprende come le foglie del S. incisus abbiano uno spessore eguale od anco superiore a quelle del S. aetnensis. I earatteri che abbiamo testé segnalati non si trovano che in scarsa misura nelle foglie del S. chrysanthemifolius (fig. 16) il quale si con- . traddistingue per un minore ispessimento del lembo. Inoltre in questa forma troviamo ancora che le cellule del parenchima verde sono meno | sviluppate, mentre gli elementi del tessuto lacunoso si mostrano più irregolari, e relativamente più ramosi, perchè più piccoli. Si aggiunga infine che le cellule dell'epidermide appaiono meno grandi e rivestite di degli stomi pure superficiali. Muse i p LI una cuticula meno ispessita, come più piccole e più delicate mostransi le - cellule di chiusura NOTE BOTANICHE 303 Anche in corrispondenza della base della foglia compaiono delle eA differenze, nel senso che le cellule prive di clorofilla, costituenti la parte mediana rigonfiata, sono piuttosto grandi, mentre pochissime variazioni di forma troviamo nel collenchima ipodermieo o nelle cellule verdi che formano il prolungamento di questo tessuto sui bordi dell' organo. Per quanto concerne il contenuto delle cellule, noi non abbiamo a se- gnalare alcun dato degno di interesse o delle differenze: crediamo tut- x tavia opportuno di rilevare che l’amido è presente non solo nelle cel- lule verdi, ma sibbene ancora in quelle incolore e specialmente in vici- nanza dei fasci vascolari. In generale i granuli amilacei sono piccoli. Nelle colture fatte in Catania durante l'inverno si è notato tuttavia che mentre nel S. chrysanthemifolius e nel S. incisus manca quasi comple- tamente l'amido, questo è invece presente nelle foglie del S. aetnensis, Mas perche la specie essendo abituata al clima rigido dell’ alta montagna, | trova anche d'inverno in Catania le condizioni di temperatura favore- voli all’ assimilazione. A complemento di questi Dari cenni sul parenchima fogliare, ricor- deremo ancora che tanto nel S. aetnensis quanto nel S. incisus vi ha . della cera nell' epidermide fogliare, ma non in grande quantità. Le fo- glie così protette non vengono che difficilmente bagnate dall’ aequa di ) | pioggia. Nell’esame della cera occorre tuttavia aver presente che, come altrove si è detto, la cuticola porta dei piccoli bitorzoli, simili a gra- nui, parimenti eutinizzati, i and possono facilmente venir scambiati con granuli. di cera. | Dallo studio fatto sui nomofilli : aa lecito arguire che tanto il — S. incisus quanto il S. aetnensis per il maggior ispessimento del paren- . chima verde e per le maggiori dimensioni delle cellule che costituiscono lo stesso parenchima, si allontanano dal S. chrysanthemifolius. Entrambi poi hanno delle foglie foggiate sul tipo dei nomofilli al- piùi, sui quali il xerofitismo da un lato, la stazione elevata dall’ altro — imprimono una fisonomia speciale alquanto differente, iz generale, da = quella che è propria dei fillomi xerofitici della pianura. La carnosità è infatti meno evidente nel 8. chrysanthemifolius, ciò che, per quanto si è ora detto , en appupio un carattere differenziale che a primo. S o L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO aspetto mal si concilia collo spiccato xerofitismo di questa forma. Così pure noi dobbiamo in parte attribuire alla stazione elevata la carnosità del S. incisus che vive nella regione nemorale, umida o per lo meno ombreggiata, dell’ Etna. Del resto l'alto grado di xerofitismo del S. chry- santhemifolius appare evidente, se si considera quanto ridotto sia il pa- renchima fogliare e quanto esigui gli spazi intercellulari di questo. La struttura che siamo venuti segnalando, occorre notarlo, non è tuttavia costantemente reperibile nelle tre forme da noi studiate. Ed in- vero in molti esemplari che passarono sotto la nostra osservazione ab- biamo trovato delle differenze notevolissime, tanto da aversi in una data forma i caratteri proprii di un’altra. Per esempio sì è notato che qual- che volta i caratteri istologici- anatomici del S. aefaensis erano reperi- bili nel S. incisus, oppure si aveva il caso opposto. E dunque lecito con- . eludere che tutti e tre i Senecio, mentre vanno soggetti a forti varia- zioni morfologiche, si mostrano pure suscettibili di notevoli variazioni strutturali (polimorfismo istologico). Egualmente questa tendenza alla variazione appare manifesta, allorchè si confrontano fra loro le tre forme ripetutamente, scegliendo il materiale di studio in epoche differenti del- l'anno. A noi occorre ad esempio di rilevare che in primavera le foglie del S. aetnensis da noi studiate, avevano una struttura molto differente da quella che mostravano di poi i fillomi sviluppatisi durante T estate, ciò che non può spiegarsi altrimenti che ammettendo una decisa influenza delle condizioni climatiche assai differenti nelle diverse stagioni dell’anno. e) Catafilli primordiali. Questi fillomi si distinguono sia dai nomo- filli-ehe dai cotiledoni per una maggior sottigliezza del lembo, partico- larmente evidente nel S. incisus e nel S. aetnensis. Essi tuttavia mostrano nella struttura del parenchima verde una grande affinità colle foglie co- tiledonari. L'epidermide sia superiore che inferiore è sottile; il palizzata è costituito da grandi cellule otricoliformi, disposte in un unico piano e dirette col maggior asse perpendicolarmente all’ epidermide; al di sotto | del palizzata troviamo poi dei grossi elementi allungati prevalentemente in senso trasversale, ì quali, essendo disposti in parecchi piani, formano un vero tessuto lacunoso, i cui meati si fanno particolarmente grandi in vicinanza dell'epidermide inferiore. Del resto si riscontrano anche degli i NOTE BOTANICHE pt 305 spazii aerei di dimensioni piuttosto. grandi, a prescindere, ben inteso, da variazioni individuali fra le cellule del palizzata. La lacunosità è parti- ~- colarmente evidente nel S. aetnensis, i cui catafilli , pereió, si mostrano alquanto più ispessiti di quelli del S. incisus. Ben ponderati i fatti appare manifesto ehe i catafilli delle tre forme di Senecio si mostrano conformati pressoché su un unico stampo; egli è solo più tardi che i fillomi del S. chrysanthemifolius si allontanano dal tipo proprio delle foglie del S. incisus del S. aetnensis. C) I fasci vascolari delle foglie. a) Catafilli primordiali. Le foglie, in tutte e tre le forme, sono attraver- sate da finissime nervature che anastomizzandosi fra loro circoserivono delle ampie maglie riempite di parenchima. Qua e colà nelle maglie vengono a metter capo dei piccoli fascetti terminanti quasi a clava. All'apice del lembo fogliare la nervatura mediana e i grossi fasci mar- ginali si uniscono per formare una specie di pennello di tracheidi che terminano sotto degli stomi acquiferi reperibili in tale regione. Analo- e -ghi stomi acquiferi si trovano pure sulle dentature laterali; queste sono innervate dai cordoni vascolari marginali, i quali distaccano all'uopo un «rosso fascio che si incunea nei denti terminando poco al di sotto del- . Tepidermide, senza che per altro sia distinto un vero epitema. Insignificanti appaiono le differenze nella grandezza delle maglie cir- coseritte dai fasci vascolari, quando si paragonano fra loro le tre specie “di Senecio, ciò che è in rapporto coll' uniformità strutturale dei catafilli | primordiali, già messa in evidenza; tutt'al più si può rilevare che le denta- ture, portano nelle differenti specie, dei fasci vascolari più o meno robusti e eió pel fatto che esse sono variamente sviluppate nelle ‘tre forme, b) Nomofilli. In generale il sistema vascolare è anche qui foggiato in un unico stampo nelle tre forme. I fasci vascolari del lembo sono più robusti di quelli delle foglie primordiali, e le maglie che essi circoserivono hanno dimensioni variabilissime. Molto numerose sono le terminazioni ` dei cordoni vascolari in seno alle maglie che appaiono piuttosto robuste e variamente conformate in corrispondenza dell’ estremità, a al di dietro del legno, un arco di cellule collenchimatose. Tutto quanto. - j t Ex mide stessa al di sopra dei fasci fascolari modifica la sua struttura, in- . 306 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO Sui margini ed all’apice del lembo si contano molti stomi acquiferi, i quali anche qui corrispondono alle dentature fogliari e sono innervati dai rametti provenienti dai cordoni marginali, se si tratta di stomi acqui- feri laterali, da un pennello di vasi risultante dalla fusione del fascio E mediano con quelli marginali, se si tratta di stomi acquiferi apicali. In generale si osserva che l'apparato acquifero è poco sviluppato nel S. aet- nensis, un poco più nel S. incisus, rigoglioso nel S. ehrysauthemifolius. c) Struttura dei fasci vascolari e loro rapporti cogli stomi. Poco vi ha a dire sulla struttura dei fasci. Nei cotiledoni dei tre Senecio i fasci va- i scolari sono piccoli, ma ciò non ostante in essi è nettamente visibile sia Do il legno che il libro: varia tuttavia è la grossezza loro nelle tre specie; in generale si può affermare che il S. chrysanthemifolius possiede fasci di minori dimensioni. Nelle foglie successive si va a poco a poco accentuando la struttura A che noi troviamo nelle piante adulte, dove osserviamo che i fasci mag- |. à giori sono circondati da una guaina di cellule prive di clorofilla e assai spesso amilifere. I vasi del legno ed i tubi cribrosi colle relative cellule annesse sono quanto mai esigui, in specie nel $. chrysanthemifolius che per questo carattere si differenzia appunto notevolmente dalle altre due- forme, e in particolar modo dal S. aetnensis che sop degli elementi di trasporto relativamente grandi. I vasi del legno sono ordinati in serie separate da piesoli elementi di | parenchima; è duopo tuttavia notare che la disposizione è nettamente. distinta soltanto nella forma alpina e in quella nemorale, i eui fasci va- scolari sono di dimensioni maggiori. . Nel picciuolo delle foglie (nomofilli) i fasci vascolari, oltre che la Lia sopra ricordata presentano ancora, sia al davanti del libro, sia > poi. il tessuto. compreso. fra il fascio e l’ epidermide appare costituito, come altrove abbiamo rilevato, da cellule prive di clorofilla. L’ epider-. | quantoche ivi mostra degli elementi allungati ust senso stesso dei cor- doni S oto dei appare sfornita di NOTE BOTANICHE in quella nemorale di Senecio rispetto al sistema vascolare del S. cAry- sancte, e dato l'ingrandimento del calibro dei vasi del legno nelle prime due, è lecito inferirne che il S. aetnensis è il S. incisus possono usufruire di maggior copia di acqua,.e perciò il loro xerofitismo, di tipo montagnardo, non dovrebbe essere così accentuato come si mostra nella forma di pianura, le cui foglie hanno un parenchima quanto mai ridotto. Allo scopo di illustrare questo argomento, noi abbiamo nume- . rato gli stomi nelle tre specie di Senecio e nei differenti periodi evolu- tivi delle piante. I risultati sono consegnati nella presente tabella: ‘ Numero degli stomi (media di 5 osservazioni) (!) .. eotiledoni cata primord. | . nomofilli | pagina | pagina inferiore superiore u pagina gina pagina superiore inferiore | superiore inferiore | Senecio aet- nensis. . 7 24 cg IF 6 12 s Senecio inci- | š MEI 10 13 pb [28 | 4 11 | Senecio chry-| . i D qe RU ; js ug Er 2c do 1 s i iii FIOR; 8 13 qe guo 8 25 E : 3 6 Sebbene. le: variazioni mel numero degli stomi siano ioletali da indi- iduo a individuo e da foglia a foglia, pur tuttavia dallo specchietto si che trattandosi di piante adulte, la specie di montagna e quella della regione. nemorale sono molto più fornite. di stomi della forma di cu pianura. Le differenze. si attenuano ed. aneo si invertiseono, quando si im tratta di foglie cotiledonari « o di catafilli primordiali. Tutto questo di- iostra. che la traspirazione è più intensa nel S. aetnensis ed incisus che à ET a uranio aliorehà gli Vivas pd mggiu nto lo dris dell’ oc, 2 Kor. (tubo pim mentre. pei nomofilli si i impiegò l'obb. 8 e; s Foe. 1 Kor. mae chiuso. ig 308 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO adulto. Le esigue differenze che si son rilevate nel numero degli stomi, sia sui cotiledoni che sui catafilli primordiali, indicano che tanto in montagna quanto in pianura, quando cioè normalmento si sviluppano questi fillomi , le condizioni di» umidità sono pressochè eguali. Ed in- vero in questo periodo le pioggie sono ovunque abbondanti nella regione etnea. B " F usto. a) Asse ipocolile ed epicolile. A grandi tratti la struttura dell’ asse ipocotile è uniforme nei tre Senecio. Dal colletto fin quasi all’ inserzione dei cotiledoni noi incontriamo la seguente struttura : L'epidermide è formata da cellule rettangolari notevolmente ispessite. A questa fa seguito un parenchima corticale, le cui cellule ovalari e cir- coscriventi perciò dei piccoli meati intercellulari, si fanno sempre più grandi verso l interno. L'ultimo strato è costituito dall’eadodermide che presenta anche i caratteri di una guaina amilifera. I punti di Caspary sono tuttavia poco distinti. Il pericielo consta di piccoli elementi che , non differiscono da quelli del tessuto fondamentale. I fasci vascolari sono allineati quasi in un piano assile di guisa che x il midollo non è reperibile. ‘In corrispondenza dell’ asse, dove cioè do- vrebbe trovarsi il midollo, il sistema vascolare subisce un allargamento. Nel suo assieme il complesso vascolare assume perciò quasi la forma di z una stella a quattro raggi. I vasi della regione assile si distinguono poi dagli altri per un minor calibro, di guisa che si potrebbe quasi sup- porre che ‘alla formazione del cordone interno vascolare concorrano quat- tro fasci disposti in croce ed alternativamente grandi e piccoli. Il libro, piuttosto ridotto in confronto del legno, forma una specie di — semiluna al davanti dei grossi fasci legnosi, Questa: struttura si mantiene inalterata dal eolletto fin quasi al punto. 4 in cui si inseriscono i eotiledoni. Al di sotto del colletto ha luogo lo sdoppiamento della porzione legnosa del fascio onde preparare la strut- . tura propria della radice. Noi non abbiamo tuttavia a oe lo sdoppia- . mento nei suoi particolari. Un pò al di sotto dei cotiledoni ha luogo la frammentazione della i SUR be NOTE BOTANICHE de 309 cerchia vascolare di guisa che vengono a formarsi più fascetti assai piccoli .. che dispongonsi alla periferia del cilindro centrale in modo da circoseri- E . vere un vero midollo, da eui si dipartono tanti raggi midollari pras E quanti sono i fascetti vascolari. | Tutto quanto il sistema vaseolare assume, in RR la forma ovale ai due estremi o poli dal quale si staccano ben tosto, ma in piani un pò differenti, i fasci mediani dei cotiledoni, ognuno dei quali, attraversata la corteccia, si porta al rispettivo filloma. Altri due fascetti si staccano ad angolo retto coi precedenti. Si tratta qui di due piccoli fascetti che nascono dalla porzione mediana o equatoriale della cerchia vascolare e che giunti nella corteccia si sdoppiano per formare i due fascetti mar- | ginali che noi troviamo nei cotiledoni. | AI di sopra dei cotiledoni la cerchia vascolare diventa più regolare, ed inoltre assume forma perfettamente rotonda, pur risultando sempre | costituita da parecchi fascetti, i quali poi sono separati dalla corteccia, TISCA per mezzo del perieielo anche da nna guaina amilifera non sem- | pre però evidente. Solo le traccie fogliari destinate ai catafilli primor- | diali turbano di tanto in tanto l’ ordine e la simmetria dei fasci vascolari. . Nalla di notevole si rileva, in questa regione, nell'ambito della cor- teccia, se si eccettua la presenza di un collenchima ipodermico no o . meno sviluppato. — Questo è lo schema tipico della struttura dell'asse ipocotile e dell’ e- picotile nei tre Senecio: se noi ora ci accingiamo a comparare fra loro- le tre forme, troviamo delle piccole differenze strutturali che riassume- remo qui brevemente. L'asse ipocotile è più robusto nella forma. alpina e in quella nemo- rale, ed infatti nelle sezioni trasversali troviamo il parenchima corticale costituito da cellule assai grandi. L ' epidermide poi ha una struttura meno xerofita di quella del S. chrysanthemifolius. - . Nulla di partieolare nell'endodermide; solo si nota un maggior ispes- simento della così detta benda di Caspary nel S. incisus. Il cilindro centrale di questo Senecio si contraddistingue, almeno negli esemplari noi esaminati, per un'attiva divisione delle cellule del periciclo, di L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO lungo meristematici. Le cellule più profonde del tessuto trapassano quasi insensibilmente negli elementi della porzione liberiana del fascio vascolare. I fasci vascolari si contraddistinguono, nel S. incisus, per un calibro maggiore dei vasi del legno e degli elementi fondamentali di questa porzione del fascio. ' Il ©. aetnensis, per il tipo di struttura del cilindro centrale, si avvi- cina più al S. chrysanthemifolius che al S. incisus, tanto da apparire quasi come una forma intermedia. Il $. chrysanthemifolius spicca p% per la piccolezza del calibro dei vasi legnosi. \ b) Fusto delle piante adulte (fig. 17-20 e 39-40). Noi limitetemo lo. studio al S. eArysanthemifolius, riservandoei di far risaltare alla fine le differenze che si rilevano dal confronto di questa forma col S. incisus e col S. aetnensis ; come pure segnaleremo i caratteri per i quali que- - ste due ultime forme si distinguono Il’ una dall altra. i In un giovane ramo di S. chrysanthemifolius (fig. 17) che abbia non : ancora del tutto superato il periodo meristematico , noi rinveniamo un ampio midollo formato di grandi cellule poligonali molto intimamente fra loro riunite. Alla periferia si nota una zona perimidollare formata | da piccoli elementi. Chiude questa regione la cerchia vaseolare formata in grau parte da tessuto giovanile, i eui elementi sono in attiva "E : mentazione. - Ad un esame un pò attento appaiono i grandi raggi midollari pri- - marii costituiti da piccoli elementi poligonali. I fasei vascolari interposti ai raggi si mostrano in tutti gli stadii di sviluppo, avendo aleuni già dato origine ai vasi del legno ed ai tubi cribrosi, presentandosi invece gli altri nello stadio di puro meristema, o di cordoni in cui a mala pena. si può discernere qualche elemento del libro. i . I fasci vascolari sono di varia dimensione; i più peü constano di ; o peli elementi dell'adroma, particolarmente di vasi disposti in serie ra- | | diali, fra cui si infiltrano gli elementi del parenchima corrispondente, sugli ele- 0 differen- Gli uni e gli altri sono di color brunastro, per cui spiccano menti del libro che hanno aspetto nt e si presentano men ziati. pai uni aa altri. — . NOTE BOTANICHE —— ASS, 311 Il cambio interposto fra il libro ed il legno è molto robusto e di color | giallastro per abbondante contenuto cellulare. Fra il cambio e il legno primario si nota, almeno nei fascetti più evoluti, uno strato più o meno 5 grosso di legno secondario i eui elementi, per non aver ancora raggiunto . la maturità, non differiscono gran che per aspetto da quelli del libro. i All esterno di questo vi ha qualehe accenno, almeno nei fasci mag- Ws giori, di archi collenchimatosi, le cui cellule sono ancora in parte in via di sviluppo. Inoltre si rilevano qua e là dei canali circondati da 6-8 cellule secretrici. . Una guaina amilifera separa la corteccia dal cilindro centrale i cui | ‘elementi periferici formano una zona pericielica, non sempre ben di- È stinta dagli altri tessuti. =, Nulla di notevole nella ore che mostrasi costituita da più piani . di cellule parenchimatose che in corrispondenza delle costole sono in i parte sostituite da grossi fasci di collenchima addossati all’ epidermide. i Qua e là del resto si nota anche un’ ipoderma collenchimatoso stratificato. A misura che procede lo sviluppo del fusto, si nota un contemporaneo ispessimento dei fasci vascolari, localizzato prevalentemente nell’adroma i cui vasi si accollano gli uni agli altri per formare lunghi cordoni di- retti radialmente e separati da parenchima. Solo in qualche punto si, j | che la distribuzione degli elementi del legno è è alquanto disordi- no hei lo comparire in peu una zona kaoba ET inter- fase sin che si- reali ai pe estremi col ambis ese. Bütsriosl nell’: ibo del ui in ia än la formazione dei vasi da legno diventa saltuaria, ha luogo la frammentazione dei cordoni vasco- lari sopra accennati, donde la comparsa di isolotti di puro parenchima fondamentale o di raggi midollari secondari nell’ interno dei fasci, i qi li raggi o separano i vasi gli uni dagli altri o li seindono in gruppi ù 0 1 meno robusti. I vasi di nuova formazione pronen fang. un calibro prune dont : Alla periferia dei fasci vascolari più grandi, o per lo meno di media E grossezza, appare distinto l'areo di selerenehima incappucciante il libro. Nella corteccia avvengono pure dei cambiamenti, ma essi si dapprima alla formazione di setti diretti in vario senso, (prevalente- mente però radiali) i quali suddividono le cellule primordiali : più tardi ha luogo la comparsa di una zona sughero-fellodermica sottoepidermica. Con questo, si chiude, all’ ingrosso, il cielo evolutivo del fusto che quando ha raggiunto una certa età mostra la seguente struttura: ud Il midollo è sempre presente e notevolmente sviluppato, come piut- tosto robusta è la zona perimidollare: i fasci vascolari si mostrano enor- memente ispessiti, in specie dal lato del legno, mentre poi si presentano parzialmente fusi fra loro pel fatto che il cambio duce, oltre gli elementi dei raggi midollari, dei veri cordoni vascolari, riducono - interfascicolare pro- anche qua e là dei vasi o Nei cordoni legnosi si distinguono ancora nettamente i vasi primitivi alla loro colorazione giallo-bruno, mentre quelli di nuova formazione si mostrano ‘incolori, grandi e notevolmente distanziati. altri. Tutta quanta la cerchia vascolare è poi attraversata da raggi mi- D. ; dollari di secondo o terzo ordine, di varie dimensioni, mentre quelli primari si riducono talora notevolmente di spessore a causa dellu tra < sformazione di alcuni elementi in vasi legnosi. : gli uni dagli Non è possibile distinguere i giri annuali, per quanto i ferici accennino a disporsi in serie tangenziali e concentri di vasi primordiali siano separati parenchima legnoso. vasi più peri- che, e i gruppi — da quelli più tardivi per mezzo di - Persiste infine un grosso strato di libro incappucciato, come sì è detto, qua e là da archi di cellule meccaniche (fig. 39). Nulla di notevole nella corteccia, fatta eccezione per dla comparsa ; delle formazioni suberose col conseguente distacco. dell' epidermide. : Nelle sezioni longitudinali del fascio abbiamo notato che j vasi sono punteggiati od oseuramente areolati, e per lo più aperti (trachee). Il tessuto che li accompagna è per lo più costituito da fibre corte ispes- site e parimenti punteggiate. Il libro consta di tubi eribrosi di piccolo > calibro a setti obliqui e contenenti molti granuli d’ amido; - -Ora che abbiamo. studiato la costituzione del fusto nel S. chrysanthemi- Solius, possiamo analizzare quella delle altre due forme, in quanto si allontana dal tipo testé messo in evidenza. PR Nel Senecio aetnensis ed incisus v'ha, a grandi tratti, la stessa co- stituzione segnalata nel S. chysanthemifolius, ma però certi caratteri differenziali diventano evidenti, qualora si abbia cura di fotografare le sezioni trasversali del fusto dei tre tipi, praticate in punti che più o meno corrispondano fra loro per grado di sviluppo. Non occorre aggiun- gere che le fotografie vanno eseguite allo stesso ingrandimento. Con questo metodo noi abbiamo rilevato che il S. chrysanthemifolius ha dei fasci vascolari più tozzi (fig. I7 e 39), dei raggi midollari più » ampi, e dei vasi legnosi di calibro maggiore rispetto alle altre due da specie. Il S. aetnensis si contraddistingue per caratteri opposti (fig. 19 di e 40) mentre il S. incisus costituisce quasi l'anello di congiunzione T fra le due forme ora ricordate (fig. 18 e 20). Y Radice. Un grande disordine regna nella eostituzione della radice, tanto che si studi l'organo nelle varie fasi della sua vita, quanto che si compa- rino fra loro esemplari differenti di una stessa specie o specie diverse. Noi esporremo qui soltanto i principali fatti che caddero» sotto la 1l midollo fu trovato presente negli esemplari di S. cArysanthemifolius esaminati, maneante negli altri o sostituito dalla sola zona perimidol- lare: noi siamo "m ben lontani dal voler asserire che il fenomeno sia costante. ES legno colla sua struttura rispecchia assai da vicino le variazioni delle condizioni esterne cui sono sottoposte le piante. Infatti noi abbiamo — trovato un accenno di giri annuali, mentre, per quanto sopra è stato detto, questi sono poéo o punto marcati nel legno del fusto. Ma si tratta realmente di anelli annuali? È molto difficile dare in : proposito. una risposta categorica: ciò non ostante se si tien eonto dello sviluppo delle singole radiéi in rapporto al numero di em che esse pre- 22. Malpighia , Anno XXIII, Vol. XXIII. NOTE BOTANICHE 313 nostra osservazione nell esame di radiei alquanto invecchiate (fig. 41-43). - L. BUSCALIONI E d. MUSCATELLO a sentano, appare più conforme al vero affermare che si tratta scio mente di giri dovuti a variazioni accidentali, saltuarie, irregolarissime (forse parecchie volte reperibili in una stessa annata) nella provvista d’acqua nel terreno o nell’ attività di traspirazione degli individui. Ad ogni modo una risposta definitiva può darsi solo col sussidio della col- tivazione. In generale il S. qetnensis è quello che presenta più distinti siffatti giri, che si potrebbero forse chiamar acroni anzichè annuali. Nello stesso è quasi sempre distinto un legno primario, cui segue nelle radici grosse un robusto strato di legno secondario quasi tutto formato di tessuto fondamentale nel quale sono disseminati, ma molto irregolarmente, in ordine -concentrico dei grossi vasi legnosi, sia isolati che raccolti in gruppi. Questi si trovano di preferenza verso la periferia dello strato (fig. 43). I raggi midollari sono evidenti, ma variamente sviluppati e talora -si mostrano alternativamente rigonfiati e ristretti, quando non presen- tano un'accidentale interruzione per la presenza, ngl loro interno, di uno o più vasi. La lignificazione è pure soggetta ad importanti variazioni. Doriano la parte più antica o primordiale del legno è fortemente lignifienta, sia in corrispondenza dei vasi che dei raggi midollari e del tessuto fonda- mentale. Nella porzione più giovane, sebbene si tratti di elementi che . hanno raggiunto lo stadio adulto ; noi vediamo far difetto la lignifica- zione lungo i raggi midollari e nello stesso tessuto legnoso, fatta ecce- zione tuttavia pei vasi. Grazie a questa condizione di cose con opportune colorazioni si possono epora abbastanza bene in evidenza i giri con- centrici. La presenza di anelli o di segmenti di giri fortemente o, viceversa, debolmente lignificati, contribuisce a dare un aspetto abbastanza singo- lare alle radici, mentre accenna alle forti variazioni nelle condizioni del mezzo esterno cui dovettero andare soggette le piante durante il loro sviluppo. — Il libro forma una spec ie di cuffia o di cinpasón molto aguzzo al davanti del legno da eui è separato mercé un grosso strato di cambio. NOTE BOTANICHE 315 Grazie alla sua forma allungata, quasi conica, esso si protende notevol- mente nello spessore del tessuto fondamentale, | Al davanti del libro molle si notano dei fasci di selerenchima i quali . mancano per altro al davanti dei fasci vascolari di minori dimensioni. A quanto pare i canali secretori che abbiamo riscontrato nel fusto, man- cherebbero nelle radici. Il disordine nell’ evoluzione della radice appare particolarmente evi- dente in quelle piuttosto grosse, in quanto che, assai spesso, nelle se- zioni trasversali, aeeanto a settori in cui la cerchia vascolare è normal- mente sviluppata e i raggi midollari si mostrano piuttosto robusti, se ne notano degli altri nei quali il sistema vascolare ha subìto un'ar- resto di sviluppo fin dalle prime fasi dell’ evoluzione, Perciò la sim- metria raggiata va completamente perduta in siffatte radici (fig. 41-43). Nulla di notevole abbiamo rilevato nella corteccia. Per quanto concerne il diametro dei vasi noi abbiamo rilevato che nel $. chrysanthemifolius (fig. 41), nel S. aetaensis (fig. 43), si ineon- trano i vasi di maggiore dimensione, mentre il . incisus li presenta piuttosto piccoli (fig. 42). Non sappiamo DI altro se la disposizione sia costante. È stato inoltre da noi rilevato, fra l'altro, -che i vasi legnosi pri- mari del S. incisus sono assai grandi, mentre quelli secondari e in specie se situati alla periferia del faseio hanno un calibro piuttosto ridotto = cg) 42) L' opposto ha luogo nel $. chrysanthemifolius (fig. 41). Forse più costanti e in maggiore armonia con quanto si è osservato nel fusto, sono le caratteristiche dei raggi midollari, i quali sono assai ampi nel S. MPH NDUE p molto stretti. nel $. aetnensis, di media dimensione nel & incisus. Tw Organi di riproduzione. Lo studio di questi organi fu eseguito in modo maw sommario e perciò noi ci tamg. a segnalare i fatti pee che sono venuti in luce. I capolini sono più grandi, a causa di un RESTA sviluppo dei 316 È. SUSCALIONI R G. MUSCATELLO fiori ligulati, nella forma alpina ed in quella nemorale. Il ^. chrysan- themifolius oltre all’ avere capolini più piccoli, produce assai spesso, quando cresce in siti eccessivamente aridi, delle infiorescenze a fiori ligulati, ligule estremamente ridotte, donde la ereazione della varietà mi- croglossa per parte dei botanici sistematici. Il polline è rotondo in tutte e tre le forme, irto di punte, con tre pori di deiscenza, ma i granuli sono alquanto piccoli nel S. aetnensis e nel 5. incisus. Il frutto è ‘costituito da un parenchima rafforzato da cordoni sclerosi i quali percorrono l’ achenio longitudinalmente. La grossezza dei fasci è alquanto differente nelle tre forme, ma per altro non possiamo dire che il carattere sia sufficientemente costante, perchè meriti di esser preso in considerazione. La struttura del resto, collima a grandi tratti con quella osservata dal Portheim (V. Sitzungsb. d. deutsch. Naturwissen- schaftlichen u. mediz. Vereins für Bóhmen. Lotos Jahrg. 1901) e dal Carl Gerdts (Bau u. Entwick. d. Compositenfrueht. Inaug. Diss. Leipzig 1905). Nulla -di notevole abbiamo notato nei eotiledoni e nelle altre parti dell'embrione. Solo facciamo rilevare che le dimensioni delle cellule del parenchima cotiledonare e dei canali seeretori, già abbozzati in questi organi, variano alquanto da una specie all’ altra, come varia del resto anche la grossezza dei fasci vascolari che si presentano sotto forma di. cordoni meristematici. Neppure per questa particolarità siamo in grado di- affermare che le differenze osservate siano collegate all’ una o all’ altra 2 forma dei tre Senecio. In conclusione, colla scorta dei dati anatomici che ci hanno offerto le tre forme di Senecio, noi possiamo affermare che questi reagiscono, mutando la struttura, a seconda delle condizioni di esistenza cui sono sottoposti e che in particolar modo sensibile all’azione del mezzo esterno sono le foglie. I caratteri distintivi sono già presenti nei cotiledoni, al- lorchè questi organi hanno raggiunto un certo sviluppo; si fanno poi meno evidenti nei catafilli primordiali, per mostrarsi di nuovo quanto mai accentuati ‘nei successivi nomofilli. Il caule presenta un minor numero di caratteri differenziali. In gene- rale si osserva che esso reagisce alle condizioni del mezzo, aumentando o diminuendo il calibro dei vasi (*), ampliando o viceversa assottigliando i raggi midollari, e sviluppando una maggior o minor copia di tes- sufo fondamentale nell’ interno e fuori dei fasci vascolari. Però le mo- dificazioni cui va incontro il caule non sono tali per evidenza o per . costanza da autorizzarci a stabilire in base ad esse delle distinzioni siste- .. matiche, ciò che riesce invece più facile, se si prendono in considerazione - le foglie. Anche la radice presenta delle defferenze strutturali nelle tre forme, ma neppure esse sono costanti o degne di assurgere alla dignità i du: caratteri specifici. : Ragguagli di una certa importanza ci offre infine l’ anatomia, quando: si vogliono fare delle considerazioni sull'età eui possono arrivare i tre Senecio da noi studiati. Nei trattati di sistematica si hanno a questo riguardo delle nozioni quanto mai incerte, limitandosi gli autori ad ac- eennare alla possibilità che le tre forme possano essere vivaci o per lo meno bienni. Noi erediamo invece che tutte e tre le forme, ma special- mente quelle di montagna, siano in grado di vivere due o più anni. Lo attestano la. notevole grossezza e la durezza che acquistano certi ceppi di jS. incisus e di S. aetnensis, e lo attestano le coltivazioni che abbiamo fatto del S. chrysauthemifolius, del quale alcuni esemplari vis- sero più di un anno nell'orto botanico di Catania, e lo attesta infine il grande sviluppo delle cerchia vascolare nelle radici ingrossate e vecchie e nei ceppi sotterranei, per quanto tuttavia sia poco evidente la forma- ` zione dei giri annuali, specialmente nel caule. Con questo per altro non A vogliamo negare ehe i tre Sezecio non possano’ essere piante annuali, poichè | all’ opposto riteniamo che molti esemplari non riescano, per cat- NE condizioni CNN E a campare. più di un anno. E Analoghe osservazioni avrebbe fatto il Rosenthal nel suo studio sulla Struttura delle ju apis. : : ques. a NOTE BOTANICHE 317 7*9 L. BUSCALIONI E G, MUSCATELLO SRO =- in Variazioni di struttura presentate dalle tre forme di * Senecio ,, coltivate nell’ Orto Botanico di Catania. Dalle precedenti ricerche è risultato che il S. aetnensis coltivato in pianura (orto botanico di Catania) quasi a livello del mare, ha pre- sentato assai spesso notevoli variazioni nella forma delle foglie e del fusto, nel senso che le prime diventarono per lo più sottili, con lo- bature più o meno marcate, oppure esse hanno conservata la forma intera propria del filloma di siffatta specie, ridussero le loro dimensioni, divennero più sottili, e qualche volta poi si resero distintamente pie- ^ ciuolate. Le variazioni del caule si ridussero ad un allungamento degli internodi che poi divennero cilindrici, come 2 il caso per il S. chrysan- themifolius, il quale ha un fusto cilindrico, perchè manca delle costole — che sono invece sviluppate nella forma alpina, a causa” della. decorrenza — dei bordi fogliari lungo il fusto. L' allungamento degli internodi si è à manifestato in particolar modo evidente nelle piante coltivate all’ ombra ‘ed all’ umido. Parimenti il S. chrysanthemifolius solvat in siti ombrosi e i ‘umidi non tardò ad allargare il lembo delle foglie di nuova formazione, che per altro si mantennero sempre sottili e profondamente lobate, incise. pinnatifide. La specie, in altre parole, si è avvicinata, per la forma delle foglie, al S. incisus, pur rimanendo distinta da questa per la sotti- gliezza del lembo fogliare e per la profondità dei lobi e delle incisioni. Un così grande rimaneggiamento nelle foglie e del caule deve neces- sariamente andar collegato a forti variazioni strutturali, e noi abbiamo perciò intrappreso lo studio anatomico delle forme aberranti comparando la struttura dei lembi fogliari e dei fusti delle stesse con gli organi omologhi delle forme viventi in condizioni normali. Riassumeremo qui i risultati che vennero in luce dalle nostre ricerche in proposito. a) Fusto. Le variazioni di struttura che quest’ organo presenta sono = di poca entità, avendo noi rilevato unicamente un ingrandimento del Pd {NOTE BOTANICHE 319 parenchima corticale e del cilindro centrale nei fusti cresciuti all’ ombra e perciò filanti, i quali poi d’ ordinario presentavano meno sviluppati gli archi di selerenchima che incappucciano il libro molle. Siffatte va- riazioni strutturali erano particolarmente evidenti nel S. aetnensis , pel quale si è avuto cura di comparare la struttura della porzione termi- . nale, ma adulta, del caule cresciuto all’ ombra e nell'Orto Botanico i catanese con quella basilare sviluppatasi nelle condizioni normali sul- x l'alto Etna. «Sa b) Foglie. 1.°) Senecio aetnensis (fig. 46-49). Le foglie assottigliate che Fi questa forma ha sviluppato nell’Orto Botanico catanese presentano, nelle kc sezioni trasversali, un’ epidermide formata di grandi elementi a pareti piuttosto sottili, ai quali tengono dietro — ben inteso dal lato supe- riore delle foglie, uno o al più due strati di palizzata le eui cellule pre- sentansi poco sviluppate in senso radiale. Fanno seguito al palizzata delle cellule rotonde od irregolari fornite di corte braccia. Siffatti elementi costituiscono il tessuto lacunoso che risulta formato soltanto di 2 o 3 piani di cellule. I meati intercellulari sono piccoli o mancano del tutto FA fra le cellule del palizzata; si presentano di media grandezza invece nel Ca lacunoso. i i p Le maggiori variazioni hanno luogo nell'epidermide e specialmente = in.quella inferiore, ma per metterle in evidenza oecorre esaminare dei lembi più o meno grandi di epidermide asportati, all’ uopo’, colle pinze anzichè delle sezioni trasversali. Le cellule dell’ epidermide della faccia superiore, che normalmente hanno contorno regolare poligonale (fig. 46), tendono ad acquistare dei margini ondulati (fig. 47), il quale carattere, occorre qui notarlo, si rende poi particolarmente evidente nell’ epider- mide della pagina inferiore della foglia (fig. 48, 49); oltre a ciò le pa- reti si mostrano quanto mai sottili. Gli stomi parimenti vanno soggetti a modificazioni, nel senso che, mentre nelle foglie delle piante di monta- gna essi sono quasi sempre fiancheggiati da una o due cellule piü pie- cole (cellule annesse?), nelle foglie cresciute in pianura appaiono quasi sempre circondati da cellule poco o punto differentemente conformate dagli altri elementi dell’ epidermide. mU. . Mentre le cellule epidermiehe vanno aequistando dei margini ondu- à 390 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO lati, si allargano anche notevolmente a motivo, forse, dell’ ingrandimento cui vanno soggette le foglie cresciute in pianura e al ombra: di qni ne deriva un' apparente diminuzione nel numero degli stomi (per mill. q. di superfieie fogliare) la quale trova ad usura compenso nell' ingrandita superfieie del lembo. 2.°) Senecio incisus. Le piante trasportate in Catania (quando erano ancora in via di attivo accrescimento) hanno sviluppato delle foglie che presentavano pressochè gli stessi caratteri differenziali già stati segna- lati per il S. aetnensis, colla differenza tuttavia che le cellule epider- miehe non avevano subìto così profonde modificazioni. Si è poi rilevato che la guaina amilifera fiancheggiante i fasci va- . scolari delle foglie si presenta quanto mai distinta nei fillomi nati e cresciuti in pianura ed all’ ombra. - 3.9) Senecio chrysanthemifolius. Gli individui nati in siti aridi, quando vengono coltivati in luoghi ombrosi ed umidi, sviluppano delle foglie . fornite di un lembo moito largo e portante sui margini dei lobi piuttosto ampii. Il filloma tende adunque ad acquistare la forma che è propria di quella del S. incisus, e specialmente degli esemplari di questa specie viventi in certe località della regione nemorale dell’ Etna ricche di nu- trimento, piuttosto umide ed ombreggiate. La struttura di siffatte foglie del /S. alrquanthomifolius non si allon- tana tuttavia da quella che è tipica per la specie, anzi si nota che-le . cellule epidermiche esagerano persino l'ondulazione dei margini che è reperibile nelle stesse foglie viventi in siti soleggiati. Noi possiamo adunque concludere che nella specie alpiza e in quella nemorale coltivate in Catania, le foglie mostrano una decisa tendenza, in specie se gli esemplari crescono all’ ombra, ad assumere i caratteri anatomici propri delle foglie del S. eArysanthemifolius, tanto per quanto riguarda la Struttura del tessuto verde che per quella dell’ epidermide. Il caule invece reagisce assai poco alle mutate condizioni di esistenza. All’ opposto il S. cArysanthemifolius , quando venga coltivato in siti umidi ed ombreggiati, da una parte esagera i proprii caratteri istolo- gici (maggior ondulazione dei bordi delle cellule epidermiche), dall’ al- tra tende ad avvicinarsi al S. incisus coll’ ampliamento del lembo; - NOTE BOTANICHE Egli è vero che in molti casi trattasi di fenomeni pressochè patolo- gici, inquantochè le foglie profondamente metamorfizzate delle specie alpina e nemorale mostrano in modo evidente di essere sofferenti (in- giallimento, scarsità d'amido, ecc.); ma questo non toglie importanza al fatto che le piante di montagna tendono, per la struttura e forma acqui- state dalle loro foglie, ad avvicinarsi al S. chrysanthemifolius. Noi insistiamo su questo punto sebbene sia cosa nota che l’ ondula- | zione dei bordi delle cellule epidermiche dei lembi fogliari sia un ca- . rattere reperibile con grande frequenza nelle piante tenute all’ ombra , e vi insistiamo con tanta maggior ragione in quanto che il fenomeno ni án questione si é appalesato a noi anche in individui di S. aetnensis e . di &. incisus coltivati al sole, nell'Orto Botanico di Catania. E adunque : un'azione complessa dipendente dal clima — in senso lato — que!la - ehe modifiea le foglie dei nostri Senecio montagnardi, i quali per la loro natura sono quanto mai plastici e pronti a reagire, allorchè ven- gono a mutarsi loro attorno le condizioni di esistenza. Sotto questo punto di vista le nostre osservazioni collimano con quella di R. Muschler sui Senecio africani (System. u. Pflanzengeogr. Glieder. d. Afrik. Senecio- arten. Inaug. Diss. Berlin 1908) e di Jesse More Greenmann (Monogr. d. nord-u. centralamerik. Arten d. Gattung Senecio. Inaug. Dissert. Leipzig 1901). -IX | Considerazioni sulle foglie di « Senecio » con speciale riguardo alle specie di montagna. Dato il grande numero di specie che annovera il genere (circa 900 secondo il Syllabus dell'Engler) ben si comprende come anche polimorfo sia il tipo fogliare, tanto che lo si consideri dal lato della forma e gran- dezza del lembo, e dalla presenza o meno di un picciuolo, quanto dalla | accidentalità dei margini. Nè solo il tipo fogliare varia da una specie all'altra, ma sibbene an- cora entro l' ambito di una stessa specie a seconda delle condizioni in | cui questa vive o dello stato di sviluppo cui essa è arrivata. E perciò usd L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO non desterà meraviglia il constatare come una stessa specie sia stata da differenti autori descritta con nomi differenti, e come ancora oggigiorno il genere sì presenti quanto mai complesso al botanico sistematico. Il poliformismo fogliare deve avere probabilmente una ragione di esi- stere nettamente biologica, ma allo stato attuale della scienza sarebbe prematuro voler spiegare con criteri d’ indole biologica o fisiologica la varia forma delle foglie che si possono incontrare in uno stesso individuo o în individui differenti. Che però le condizioni esterne possano influire grandemente sulla conformazione dei fillomi lo prova il seguente fatto. Nella ricca collezione dell’ Istituto Botanico berlinese che venne messa cortesemente a nostra disposizione dall’ illustre Direttore dell’ Istituto È: -il Prof A. Engler (!), trovasi un Senecio, disgraziatamente indetermi- ‘nato, stato raccolto dal Hieronymus nella Repubblica Argentina. L'esem- - plare presenta la particolarità singolare di aver delle brattee estrema- mente allungate, cosa che non si verifica negli altri Sezecio. La ragione di questo fatto singolarissimo, che è illustrato nella figura 50, è stato messo in evidenza dal Hieronymus stesso con una nota in calce all’ e- semplare, la quale ci attesta come questo, cresciuto sulle rive di un - torrente a corso rapido, per essersi torto, durante lo sviluppo, fu obbli- gato a sdraiarsi nell’ aequa, ciò che ebbe per risultato 1° allungamento delle brattee. Si tratta perciò di un fenomeno che trova riscontro con quanto ha luogo nei Ficus,- Populus eec. crescenti lung» le acque cor- renti, i quali allungano enormemente le radiei che pescano nel liquido. Molto interessante sarebbe lo studio delle forme fogliari delle pian- tine giovanissime, in quanto ché dallo stesso si potrebbe forse assurgere a considerazioni d'indole filogenetica ed a stabilire dei rapporti di pa- rentela tra le varie forme. Le poche specie che caddero sotto la nostra osservazione ei hanno dimostrato che già i eatafilli primordiali variano nelle differenti specie, presentandosi talora” lobati, talora dentati con Qn Prof. L. Buscalioni è lieto di poter esternare qui le più sentite azioni di grazia al Chiariss. Prof. A. Engler per la cortese ospitalità accor- datagli nel grandioso Istituto Botanico Berlinese durante la vacanza estiva NOTE BOTANICHE pieciuolo più o meno marcato, e via dicendo. Persino gli stessi cotile- doni sono, del resto, differentemente conformati nei varii tipi. Ma anche limitando semplicemente lo studio alle piante adulte delle varie parti del mondo troviamo che il tipo fogliare va soggetto a va- | riazioni non indifferenti, talune delle quali abbastanza interessanti dal punto di vista biologico. i Fra i caratteri che maggiormente colpiscono l’ osservatore a cagione delle forti variazioni cui vanno soggetti, merita di essere segnalata in- nanzi tutto, la grandezza del lembo fogliare. Il S. minimus è una delle forme che ha foglie di minori dimensioni, e lo stesso può dirsi per certe forme alpine delle Ande, di Atacama , i eui fillomi sono ridotti quasi ad eserescenze irregolarmente conformate, lunghe appena '/, cent. o poco più. All'opposto noi troviamo delle foglie veramente colossali, per lo più irregolari, ma anche non infrequentemente regolari od ovali, in molte forme delle regioni tropicali. Sono tipi, come il A. mulgediifolins del Messico, prevalentemente dei siti umidi e non eccessivamente freddi, nei quali perciò il lembo ha potuto assurgere a dimensioni veramente co- lossali (50 o più cent.). Taluni di questi tipi, poi, appartengono alla categoria delle singolari composite arborescenti o suffruticose, ed è per- = ciò non improbabile che l'attiva assimilazione che sono capaci di effet- Sa, tuare siffatti lembi ingrossati, abbia favorito lo sviluppo delle forme in questione, che sarebbero così diventati perenni, mentre le altre forme del . genere — viventi nei siti lontani dell'equatore e delle regioni tropi- cali — sono per lo pià annue, bienni od, in altre parole, di breve esistenza. He foglie possono essese picciuolate o sessili e, in quest’ ultimo caso, si presentano frequentemente auricolate ed abbraceiafusto. In generale | poi sono sottili, o per lo meno di mediocre consistenza. Fanno tutta- via eccezione alla regola non poche specie a foglie spiccatamente pal- mate, simili a quelle dei nostri platani, e taluni tipi a foglie ovalari . i quali portano dei fillomi veramente coriacei e talora anche dotati di : una particolare lucentezza. ( Alcune specie, ad esempio, della Nuova uc TUA e delle isole vicine). - Il lembo fogliare nelle forme di pianura e uit dei siti = umidi si mostra per lo più glabro, o poco peloso ; all’ opposto nei tipi pè ^ 324 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO dei siti aridi e più ancora in quelli alpini appare per lo più peloso. In talune forme alpine la pelosità è così accentuata che le foglie riescono quasi completamente nascoste sotto il fitto feltro, comme avviene in al- cuni Gnaphalium, nella Diotis candidissima e via dicendo. Siffatta esu- beranza nel sistema pilifero si ritrova specialmente in alcune forme delle Ande. In altri tipi la pelosità è sostituita dalla glaucedina dovuta a cera. Anche la nervatura va soggetta a forti variazioni: frequente è il tipo — .- pennato, ma non mancano le forme aventi nervature a tipo palmato od —— altrimenti conformate. Per quanto riguarda alle accidentalità dei bordi, le quali in partico- lar ‘modo ci devono qui interessare, perchè costituiscono le caratteristiche distintive dei nostri tre Senecio dell’ Etna, noi possiamo distinguere pa- recchi tipi fogliari © Som A E Innanzi tutto occorre prendere in considerazione quei Senecio che ana- logamente al nostro S. aetnensis hanno foglie intere o tutt’ al più cosi finamente dentate, che solo con un esame un pò attento è possibile ri- levare il dettaglio di struttura. Ee Appartengono a questa eategoria molti Senecio di pianura e di col. lina diffusi nelle varie parti del mondo, nonché le seguenti specie mon- | tagnarde : : PES iE Senecio montagnardi a foglie intere o oscuramente dentate. SPECIE HABITAT S. occidentalis W nitidus DC. i australis Willd. lavandulaefolius NOTE BOTANICHE mierocephalus Br.. melanolepis . . . Tonduzi Grnm. halophyllus Remy Hoi Dubz. Hookeri Gray guadalajerensis Rob.. Humillianus Wedd. imbrieatus Grnm.. “Sprint Av. Nels., LI Willd. pachyphyllus Remy . humillimus Sch. e Bip. Serra d. Rio Branco (Erula) ; sità solo-nei casi in cui è ALTEZZA (località indicata ANNOTAZIONI negli esemplari dell'Erb. Berl.) SUL MARE Armenia 5000 ° Talora il lembo è dentato.: Columbia , 3800 m. ARSA 3500” Sui monti. Cordilliere Il lembo è peloso (!). Grecia 1700 m. id. Perù Sui monti. + ; Columbia 2600 m. N. Am. ? Monti rocciosi ed aridi. Ande. Ecuador 2800-4000 m. Tasmania 800 m. Monte Vellington. Nilgherie Il lembo è peloso. Cordiliere Chile Perù 4000 m. Ande 1600 m. ‘Bolivia 2800 m. Costa Rica 1459 m. Cordil. d. Cile 2000 m. Il lembo é peloso. China 5000 ' En N. Am. 4300 p. Messico sui monti. Bolivia 3600 m. 0) Abbiamo tenuto conto della pelo- marcatissima. Senecio montagnardi a foglie intere e oscuramente dentute. L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO on SPECIE HABITAT ALTEZZA (località indicata ANNOTAZIONI negli esemplari dell'Erb. Berl.) SUL MARE Hohenackeri . ; Howellii Gon. : hydrophyllus Nutt. lutiola Dunn. .. . Hieronymi Grsb. . Hypsobates Wedd. Griffithsi Hoch. Humboldtianus DC. decompositus Schutz Chionogeton Widd. cinerarioides Kunth latifolius DC. . launicaulis . . . cernuus Gray ... vi Perù - 4700 m. | peloso. A peloso. È affine al ZJenderi e all'oreo- phylus. Als 4300 p. le foglie arrivano a 30 cent. di lungh. cde China 5000 " peloso. us Nevado d. Castillo fap Ande. Columbia 3000-3500 m. AEn E Kasia 6000 ' A Chimborazo 4800 m. peloso. LE. Messico 3000-6000 p. | peloso. ja Ande sil Merida (America) 4500-6000 p. | un pò polimorfo. y ds Ecuador 3800-4000 m. ng Columbia. Brasile 2600-3700 m. os Colorado 14000 p. e Cordil. d. Chile Sa S. Louis d. Potosi e Guatemala 4300 p. le foglie sono grandi e lucide. n Ecquador 2800 m. "e" Perù 4000 m. le foglie sono coriacee.. EU Messico 7800 p. peloso. . . | Capo di B. Speranza 700-2000 m. | talora il lembo è dentato. id Messico 8000 p. peloso. j br Colorado 10000 p. 8 ‘Iputi8 or[30j | ‘U 000% (oipe Balog) oasa | ^ * * * ‘9g IXNOLIpuy pt euu pt -Iy "[pioo *p opeaoy | * ‘- qNO snpeydovoue "pt 'IIp107) "p opeaoN Els "Ug sisuoongue "oso[od ‘ugig oduro Not '"Oq ueqone '"ut 00fc IQ PION vt ur Mode * p 'd 0006 18019004 WUON jig) | * * *. *xooH snueo 'osopod | ‘d 0008I (00188977) sa a gp '"HMH Snee 'd 0013 epuer ‘N ji n SƏPIOLUISSLJ 'Ijuour. ins aod ' "drew “SO epooropeo 5 ‘pi 'd 000; eipe[y taiog ‘oossoo | * snulissiprpueo bs 'sopod | ‘ut 000[-068 PPID ^N * ` ' MOOH septotpr[req z "I 000F-000£ Biqunjog ‘apuy * * Zj[hWq9g SOSOOIUIVA 2 < 000£ ‘ ‘Tg cf soddedo1uoo 2 "Ul 006[-004T ` UPH ‘0 snueezjunxq i 2 'Oyeqo 9 riore "iu. 0001 [BIEN * 7 t t ‘sopiomnejdog n " grüc SOR RISO) L5 0 PED Tpugan(q ; E d 000F-008£ eog, * * T "PPOAX snsoooxi[o * "wu 0023 (egen An 'opnA) Bon voogde * ‘uaap snem fjes iS019901 1,UOTK "ot * SON SISUOIURIB]T 'osoped *juop eaopej yeso *rpuva3. oi[0j ‘i 0093 JOpenoH] ' t. * * "rH sisueo[) ‘d'0003I . Op*40[o) | "o t o sui[ojrugede] . i twonp (c tot * a stdejosKiuo) E i suvk ‘Ins og "quor, rep iuis ELIO INOIZV.LONN VIVOIPUI vjrjeoo] V VZZALIV dust SIOSdS "epgwop opuowepamoso O Lui obof' v ipevubmuom o100uagr 4 TR TN. E PE E E AET A E RE E EN VT N rate EID Le PERS x LI Senecio montagnardi a foglie intere o oscuramenie dentate. HABITAT 4 ALTEZZA SPECIE (loealità indicata ANNOTAZIONI negli esemplari dell'Erb. Berl.) SUL MARE on L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO argyrophyllus Ph.. . . Cordil. 2500. m. peloso (varietà diseoideus Phil.). Bonplandianus DC.,. . Cajamarca 4000 m. peloso. breviligulatus Hier. . . Columbia 1600-1800 m. Buihualia Ham. . . . Sikkim 6000 p. peloso. ceylanicus: aa Ceylon sui monti. albolanatus Ph. . . . Atacama peloso. telophyllus Remy. . . Cordil. 2500 m. hoeniculatus Ph... . Ande (Valdivia) albisianus DC. .'. + Crissolo 1600 m. talora distintamente dentato. Antennaria Wedd. . . Cordil. Perù 4500. p. peloso. argenteus Kg. . . . .| Ande, Chil. Patag. i id. dealbatus Ph.-... . + Cordil. d. Chile 2000 m. id. microdon Wedd. . . . Cotopaxi 2000 m. longipes Hook . . . - Patagonia 950 m. macranthus Koch. . + Australi: monti di Warnumbungle. Lyalli Hook |... . > N. Zelanda 2200 p. * : filifolius Wutt.. 3% New Messico 6600 p. peloso. sphaerocephalus Gra... Nord America 6400 p. prionopterus. . . . + Oaxaea (Messico) 6000 p. . sarcophyllus Ph. . . . Chile 1400 m. evacoides Br. : Ande Perù 1500 m. peloso. subauriculatus Gram; i Messico : sui monti. Stubelii Hieron. . i Vule: Cumbal Columb. scorzoneroides Hook. j - N. Zelanda 800 m. ; ‘ut 00cT opo A rus qd wneu} 2 ‘oso]od 18019009 13UO] "o7 0t ‘NN snuerqsinq S "d 00031 (à) 1801990] KW toI UID si[eoonoq 'osofed | *d 000£1-0086 09ISROTN. PO ‘QQ Veu A ʻu 0063 vuguoSI,y le "XO sujeudoou] d 0004 ogg apuy va -ddog suiqojroir éd "ul „0007 00LE equino?) : pu * SOpiOLUInIRA ‘oso]od 1 008I OTTO "RIAIPIRA ‘oae 'ezy surAyd£ A1 ; Rea 0098 "Iquinpo)) ‘apuy "o MƏH sisuouededod "ui 000% epuy © * ‘nr snuerso[ej.1rod 18019903]. 1300]X "o ION "AV sueuuoiod BULTOL 9y]y eiquip]o) | * * erg snuetjoppoAy LIOZUOANY "oC MOO SISUOIOZUOA DI A ‘03S0} [9p o[wseq oed v[[ou 048 u 004& ouo "o7 t Oq suipojrdoaotur z l nido oje3un][e nid ouos 01790} o[ ‘UI 008g opuy 'Piquin]oo) UU EL ANT snjreuortid x = opuy tot 0t wq snqyueuo&d a ‘u 006 epuepoz ‘N tto MY T SIPLIA- 2 ‘GI 00C Raog 4 MH sidojonbutub + cu ‘pi 'd 0004 eeuen Vo t HZOLMOZIU AN d B ‘pi ‘d'000L 09ISSO J * t "tungt siueoosogd ü Z ʻ*osojod ' 009g PME "© © * sna&dedopo È ` 'ut 009I tuüeopegq 'o1ouojuo]q Cot COSSeq snuurmerst A " ‘pueg 9180} 'd 0009 e[euro]enx) * * 'Ulnir) sisuouejedsn j "Ut 00FI "®© MeIH SISUOLION È ‘osoppd — tsejSno Jop “ia eun ki "u 000€ O91SS0]K tot "OG srunojirpetpooogs : d 00041 nəq die Ua R degenza 'W È MUVI TOS (TIA QOP nepdumso ng8ou Š INOIZVLONN V FISOIDUI vineoop | IOS E ; VZZAL'IV LYLISVH : Š Re TE OOO +0 LN : 090pyuop opuowmamoso 0 242)u aybof v ipinubfvzuom 0190u9g "m > 350-- À L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO Noi abbiamo pertanto 119 specie di montagna a foglie intere,-di cui circa la terza parte presenta foglie pelosissime, È questa una caratteri- stica che si trova anche largamente sviluppata in certe forme delle re- gioni fredde artiche ed antartiche e in non pochi tipi dei siti aridi. Frequente pure è nei tipi alpini da un lato la riduzione del lembo fogliare, dall'altro la forma pressochè aciculare dello stosso. Noi troviamo infatti le seguenti disposizioni : Senecio di montagna a lembo ridotto Lembo semplice ridotto lembo ridotto ed aciculare oliganthus Hieronymi mieropifolius A ericifolius humillimus . polyphyllus ar 8 clivicolus plis eifolrus capsinoides Franeiseii thermarum Bonplandianus argenteus Weddelianus albolanatus aceidus Humboldtianus Anternnaria argyrophyllus melanolepis antucensis c atus Gri ii Petroeallis halophyllus chrissolepis isti longipes teretifolius mierodon tricephalus Hypobates evacoides portalesianus * |, Howellii Stubellii morrensis ‘| halophyllus N humillianus phoeniculatus | ealeieola |» T vaccinioides seorzonerifolius recurvatus okema qui le lavandulifolius sarcophyllus pulchellus : ierocephalus .Jodopappus OR paehyphyllus perennans Seneci di montagna a lembo di media grandezza o grande (allungato o aciculare) - ou euroides | laramiensis Si haerocephalus - mbricatus pratensis ; spero ezii hir) hilus, i | Reissianus Vulneraria yuxdhléistensls , Kuntzeanus pteroeaulis pyenanthus Jathitoius i subaüriculatus scorzoneroides ~ NOTE BOTANICHE ^ e 33i "nde di montagna a lembo di media grandezza o grande (allungato o aciculare) - Dappeanus latifolius .. maeranthus ceylanieus centropappus X perplexus — Andrieuxi cinerarioides prionopterus Aucheri rnuus Purshi canus cobanensis ^ piera na oetidus filifoli calcar constrietus Appare evidente dalla tabella che molti dei tipi montagnardi di Se- necio si contraddistinguono per aver foglie allungate od aciculari, men- tre poi sono relativamente scarsi quelli che hanno un lembo ridotto. In generale quest’ ultimo tipo, in specie se si tratta di foglie aecieulari , manca di picciuolo, il quale è invece spesse volte presente nelle foglie ‘di dimensioni maggiori, per lo più variamente conformate (ovate, astate, . euoriformi, ecc.). Fra i caratteri reperibili con una certa frequenza nelle specie monta- gnarde, tanto appartenenti al tipo che stiamo studiando, quanto | guenti, noteremo ancora la carnosità, il r | gliari ed il riv al se- ivolgimento dei margini fo- estimento ceroso. La carnosità, per quanto si mostri anche -in talune forme di pianura o di collina (come del resto si verifica anche : iper il rivolgimento dei margini fogliari) la troviamo ad esempio nel S. ellipticus (Serra des orgao Brasile), nel S. pinnatus dei monti Tabu. ` ; laren, nel S. Tourneforti dei Pirenei, nel $. Doronicum dei monti di : 2 i uropa centrale, nel S. Hatanensis dell’ Arabia, nel A aetnensis ed in altre forme ancora. 8 - Sulla distribuzione della glaucedino elle piante alpine, non albi raccolti molti dati; solo possiamo affermare che esiste in molte specie "tU aetnensis compreso). Per quanto si riferisce il rivolgimento dei mar- . gini fogliari abbiamo riscontrato siffatto carattere nelle seguenti specie alpine: ceylanicus ,. E lavandulifolius, strictifolius , asperulus, linoides, barbatus, rufescens, zerophylus, polyphyllus, spinosus, patens, tabulosus, ratus, scrobicaria, nitidus , Bomplandianus, Humboldtianus, pul- s cinerarioides, calcareus, Douglasii, stoechadifolius , marginatus, crispus, pu (HW gen. Senecio mi Prodr. di De ii DE | i. BUSCALIONI E G. MÜSCATELLÓ Quale sia la ragione ehe determina la inflessione dei bordi marginali - è difficile dirlo; se si tratta di foglie aciculari è probabile che la dispo- sizione abbia lo scopo di diminuire la traspirazione formando una spe- — cie di eamera d'aria sopra gli stomi. All'opposto questa interpretazione non è più valida allorchè si tratta di foglie ampie. Qui, secondo noi, è possibile che si tratti di una disposizione diretta unicamente ad im- e una eccessiva perdita d’acqua per parte degli stomi acquiferi che, come risulta dalle nostre ricerche, stanno distribuiti lungo i margini” fogliari. Coll accartocciamento dei bordi gli stomi acquiferi restano sot- tratti all’azione della luce diretta e posti perciò in condizione di non perdere troppa acqua o vapore acqueo. : Accanto al tipo di foglie intere che noi possiamo chiamare cotiledo- nare per la sua grande analogia, per la forma, coi cotiledoni, trovasi sviluppato nei Sezecio, sia di montagna che di pianura, il tipo di foglia dentato, crenato, serrato. Questa forma di foglia che chiameremo sem- plicemente colla denominazione generica « dentata » potrebbe essere con- siderata come analogna al tipo fogliare che noi abbiamo contrassegnato col nome di eatafillo primordiale dei Senecio il quale appunto ha un lembo più o meno espanso e coi bordi provvisti di dentature più o meno profunde. A questo tipo apparterrebbe il nostro S. incisus. Una varietà molto singolare di questo tipo è quella in cui i denti sono limitati . quasi esclusivamente alla base della foglia o viceversa alla parte api : : cale. Quest' ultima forma si trova dbi des nelle seguenti specie E montagnarde dell’ Erbario borinn: : NOTE BOTANICHE ALTEZZA SPECIE HABITAT ANNOTAZIONI SUL MARE i S. Geissei Ph.. A Atacama E assai poli- trifureifolius Hier. Perù 4300 m. |. morfo. trifureatus Lees . ` Chile 1500 m. sa (Tra- i |». .versia) Hook . N. Zelanda 900 m. | molti denti. Zeyheri Turchz . Capo B. Speranza 2000 m. Navarri Phil. . . Chile Cordil. Metralfei Grenm. | © -New Messico 10200 p. Aspericanth. Remy Chile 2400 m. Allochophyl. Hoffm Patagonia 1000 m. | peloso. ispar. Av. Nels.. Monti Rocciosi molti denti. Columbaria Remy Cordilliere 800-1200 m.| polimorfo. clavifolius Razby Bolivia 3100 p Palmensis Ch. D.. | Caldera di Las Palmas itudin Ph. Cordilliere hypsophylus Ph.. Cordilliere Chile 2400 m. RE» : Chile È un tipo fogliare che del resto non manea neppure nelle regioni poco elevate sul mare poichè lo si trova nel S. andryaloides di Monte- - video, nel S. Darwinii del Capo Horn, nel Mendocinus dei Campos di . Rio Negro, nell Zightsii di Punta Arenas e in qualche altra forma ancora. Nella sua forma più classica il tipo fogliare a dentature- localizzate- | nella metà enterióre delle foglie è rappresentato da un lembo dilatato - : . soltanto in vicinanza dell'estremo libero, dove d'ordinario si incontrano | tre denti pressochè uguali , oppure. disuguali per atrofia o, viceversa, - “sviluppo eccessivo del dente mediano. La foglia - viene così a rassomi- gliare ad un trapano (foglia trapanoide). Talora si hanno solo due denti ced anzi uno di questi è situato quasi di lato; altre volte invece se ne hanno molti e in questo caso la res e lo re ovale, cuneiforme 0 trapezoidale. Molto frequente è anche la posi di 4 denti (S. paucidentatus) - obliquamente inseriti sull'estremità espansa della foglia. Del resto molti Persio Z € dis dye sono as pee eui noo quanto più: raro, tanto che si rinvenne solo nel s. dote i(G i del Nevado del Castillo (Argentina), nel S. rerzosicoides (S. B.) di Rii Jineiro, nel S. chicharrenesii (Greum) delle montagne del Messico (6000 p.) e infine nel S. amplectaus (Gray) del Colorado (12000 Di Talune di queste foglie sono strette, altre ovali e il numero dei denti, o delle crenature ; è variabile, per quanto sempre relativamente scarso | (6-8-10 eec.). Solo il S. chicharrensis ci ha presentato, almeno nell'esem- - plare avuto in osservazione, un unico grosso dente localizzato v» parte mediana della foglia. ! Una forma di foglia abbastanza raramente visibile nei Senecio à - quella subdigitata mentre è relativamente assai frequento quella pal- mata o platanoide che pure parrebbe. avere un certo rapporto. genetico colla precedente. Nel tipo subdigitato noi Mosam ehe la foglia si espande in tre o quattro lacinie, talora variamente. lunghe, che spesso a lor volta si bi- - ; foreano (S. palmatus) (Poll; ) del Giappone, (Quasi sempre le lacinie or. tano. déi denti (S. palmatus) o dei denti e delle lobature (S. quinque- - lobus) dell’ Himalaja). La grandezza del lembo ci indica che le specie | fornite da siffatto tipo fogliare per lo più vivono in siti umidi, ed in- - fatti, il jS. quinquelobatus è dell Himma € il 5. Leda. del cen pone e delle paludi di Amur. - d Per quanto la forma si allontani dai soliti tipi fogliari, noi aria A non andar errati ammettendo che essa, in ultima analisi, sia deri- vata dal tipo trapanoide in seguito ad un esagerato iano dei. der ti apicali, i quali si sono così trasformati in laeinie dentate-lobate. - Straordinariamente frequente è il tipo fogliare prettamente dentato ci (crenato, serrato, ecc.) in cui le dentature , più o meno profonde , sono - si uniformemente distribuite lungo tutto ie margine A CI come è dis caso per il S. incisus dell’ Etna. - Trovasi il tipo ae; nelle ‘pone specie ei " i ^ NOTE BOTANICHE SPECIE Poll... pallens Wall. Rosei Gree nm. * Vaingandrani Sv. Nelsonii Regb. pentodon Grenm. nutans Schultz Pringlei . Ber ia nus ‘Dob: oreophilus Grnm. otophørus Medd. . praecox DC. resinosus Dsy . pentaphyllus Ph. reticulatus DC. platanifolius Benth. polycephalus Clark petanoides Grenm patens DC.. ALTEZZA HABITAT SUL MRRE Somm. d. M.e Itacolumy (Brasile) Sikkim, Himalaja 1000 m. Messico ( Sierra ) Madre) Caucaso 1400 m. Monti di Nilgherri Imalaja 7000 m. Madagascar 1400 m. Yoming (Mont. Rocciosi) New Messico, Colorado |8000 p-15000 p. Bolivia 4000 m. Monti del Messico Monti di oa 9000 p. Columbia 3800 p. Messico (Orizaba) 14000 p. Monti d. Afriea Australe Messico 1200-7800 p. Laghi di Patagonia 500 m. Cordil. Santiago Messico 115000 p. Guatemala 800 p. Monti Nilgherry Guatemala .1300 m. Ande ANNOTAZIONI polimorfo. luoghi ombrosi anche in pianura. penare e foglie sono ridottissime. Forse è una var. del bipennati-lobatus. Va forse unito al Fealeri o ‘al S. Hoivellii. peloso. peloso, polimorfo. tipo di foglia platanoide. quasi lobato. cit di foglia platanoide. Da tipo platanoide talora lobato. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO L. 336 SPECIE HABITAT SET ANNOTAZIONI x : SUL MARE tomentosus Mich. . . . Monti Rocciosi ^ peloso. Tolueesons DO, s Messico 10000 p. Tourneforti Lap... . . . Pirenei 1800 m. la var. granatensis ha bordi in- teri (Sierra Nevada. 2300 m.). trigonocephalus Greenm . Sierra Nevada 2460 m. "foglia astate. trixioides Greenm . ` Guatemala 5500 p. ovatus DC.. : Monti ? radiatus Ok. . . . : Chile 2600 m. Roldana DC. A Messico 7500-8000 p. | tipo platanoide. occidentalis Gra y MEE Montana 1000 p. olitus . AAT Chile. saliens Rydb. . VUE is Monti Roeciosi minusculus Greenm.— . New Messico 6600 p. scalaris Greenman e oi Sierra Madre (Messico) huaeuaeanus Grey . . . Sierra Madre (Messico) 9000 p. ` involucratus DC. —. ... Ande peloso. iscoensia Hier o os Monti Antisana (America) 3400 p. Jonesil Bydb . u Ar Utalm 11000 p. Levingii Clark -.. . . . Himalaja 9000 p. Pindilicensis Hier. . . . Ecuador 3000 m. jeoglossus DO. o-s .. . Minas 2000 m. Foglie di *;, m. di inizia Vive resedifolius Ledeb. . . . Monti bianens ? nei siti palustri. jaliscanus . ia Messico (monti) leucanthemifolius Ph. . . Cordill. di Mendoza peloso. Lessingianus Clark. . . Monti Nilgherri id. y Ligularia HK. . 2 1d Himalaja 9000 p. foglie grandi. LÀ NOTE BOTANICHE SPECIE hyoseridifolius. . Hali Hier. . Hartwegi Beith, luridus "DC. Gg Mi eriospermus DC. . Fremonti T. e G. ALTEZZA HABITAT SUL MARE Cordilliere Perù 4400 ' Chimborazo 5000 m. Messico 7500-9000 p. 1000 m. di 6700 ' Monti d. Capo di B. Sper. : . Ceylon 7000-9000 p. Messico 8000 p. Monti di California Arequipa 3850 m. Sierra Serna 4000 p. ieinu - 8000 p. Erzerum 7300 . p. Mont Roceiosi, Colorado 12000 p. Plateaux di Ixinga 8000 p. Cieni 3800 m. Columbia Vule. d'Agua. Guatemala ANNNOTAZIONI peloso. tipo platanoide. : peloso. : lie lunghe 30 e più cent. i igi grandi. eloso, polimorfo. i eo : ' ALTEZZA | i SPECIE HABITAT ANNOTAZIONI ; SUL MARE | ; ehloranthus Grnm. . . . .| Colorado, New Messico 9500- 10000 p. | peloso. f uumesdnüss 0*0 7 s Guatemala 5000 p. lentus .Knuth 5. 2.5. Ande, Columbia 2600-3800 p. lampsanoides DC. . . . . Russia ‘| 6000 '-7000 ’ S coronopifolius Remy -. . . Jordil. Chile 2500 m. E donBebormis DU. usse Monte Tauro 6000 m. AM oderdatos Kar A uo 5, Righi, Austria 2000 m. & Jatifohus Hook ... Y. N. Zelandz |^. HOA m. 2 chinoides Kuntz. . . . . Ecuador .. 9800 m. ig x; duetucinus:-Grenm, o 41. Colorado ' 12000 p. Del 7 Lauglesii POETA. Messico 1600 m. a Berlandieri "Benth: D? md Guatemala 3500 p. va unito al Calocephalus. : 4 braehychaetus DC. . . . . Pirenei 1500 m. glabro o peloso. È B ennmiidus" Wittho::.. i iia Tirolo 2860 m. peloso. Pe mius Hook: idees Monti Rocciosi id. DS ecdsasicus DO... 5233 Caucaso foglie reniformi. A. candicans Wall. . a Nilgherri peloso. HB -Uaealhbster Lam, = i . 5. Spalato 900-1800 m. : atacamensis Ph... 7... Atacama ; Hpuls HBE . 5 Messico 9500 p. baecharoides Hook . . . . N. Zelanda 3700 p. Barbà Joannis. 4 . s Messico 8000 p. Bangia Rusby . co Bolivia 3400 m. Aschersonianus Sch. . . . Messico 4000 p. peloso. n Boissieri DC. i Serra Nevada 9000" > peloso. brachyglossus a vM. . | M.ti Lindurst. (Australia) 200 m. trovasi anche in pianura. | Uu ek NOTE BOTANICHE SPECIE HABITAT Bigelowii Gray . .. . biserrifolius Ktze . . rs arbutifolius Ktze . . acuminatus MU lc. alpinus Scop. . hM albonervius Grütti. i alatus Wall. Spal Baurisi Oliv... . affinis Grnm. . . ; amadorensis Grnm. . amplexicaulis Ktz. . ~ magnificus. F. v. M. . serridentatus Khtz . . R. subalp. N. Am. Bolivia Mezz. Sierr. d. tres Mar. Imalaja Afr. Austr. Guatemala Columbia Ecuador M.ti Lindurst (Australia) Ecuador Guatemala Cordil. Santiago Bolivia Messico ALTEZZA SUL MARE 2600 m. 17000 p. 4300 m. 3000 m. 1400 m. 2500 p. ANNOTAZIONI peloso. id polimorfo. tipo foglia platanoide. polimorfo. x i foglie grandi. «°° Nevado, California — | 10000 p. | polimorfo. qc c e p O o s - | Somm. Sierra Mad. (Messico) CT oper o QNO CUM. Bolivia (Plateaua oo E eu : de. iue. 5 og E ELI foglie grandissime Orgaos | — Imalaja procerus Grsb ^ | prealpi Balcaniche Serra d. I m L. BU . NOTE BOTANICHE Oltre a queste forme ed a prescindere dalle numerose specie di pia- nura, pure formate dallo stesso tipo di foglia, noi abbiamo ancora tro- vato numerose altre forme proprie di monti più o meno alti, ma di queste ‘non si è potuto tenere conto perchè gli esemplari dell' Erbario berlinese . non erano determinati. Ad ogni modo, pur tenendo conto soltanto delle specie passate in ras- segna (138 sp.), si rileva che il tipo di Senecio fornito di foglie crenate, dentate, serrate è più diffuso del precedente sui monti. Nel grupposche stiamo studiando sono un pò meno frequenti le spe- cie a foglia ridotta, mentre si mantengono ancora assai numerose quelle fornite di fillomi aghiformi, lanceolati o altrimenti allungati, come ri- sulta dal seguente specchietto : Specie con foglie ridotte foglie grandi o mediocri foglie foglie ridotte a tipo aciculare semplicemente ma di forma ridotte aciculare S. crispus M scolaris B. REC minusculus radiatus Conzatti —.aeuminatus — Ken- Baurii lineatus Min brachychaetus — ama- graveolens resinosus dorensis — formosus — iscoensis ecuadorensis braehyglossus | — Fremonti — huacuanus — Halii procumbens Tourneforti — tomentosus — lanatus Boissieri ovatus — Bigalowii — patens — IRAN, . cianus. | Gardneri — exaltatus — Ley- us rterianus | singianus — involutus — um- coronopifolius | braeulifer — scorzonella — Ty- resedifolius — à 2 zoni —- subv is — i— atacamensis Nelsoni — Mochensis — biser- em ; rifolius — ostio — ehry- santhus — nudi caulis - argu- tus. Nelle specie fornite di foglie dentate, a quanto pare, ha luogo un ingrandimento dei diametri dei lembi fogliari poichè la specie a foglie ridotte sono in minor numero che le specie a foglie intere sebbene l’e- - Tenco delle forme a foglie dentate sia più ricco di specie. Così pure sembra che anche la pelosità non sia più tanto accentuata. La maggior 9 SA L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO # grandi lembi fogliari (V. elenco) ci indica che la foglia dentata è è eminentemente montagnardo lo è in ml un p minore del ue a foglie cotiledonari. foglie subdigitate, dal tipo dentato, probabilmente in [seguito a ridu- lobata, pinnatifida e persino anche quella a foglie composte in cui le lar. -cnie fogliari raggiungono il rachide principale o mediano. : * da nostra attenzione, trovandosi esso: nella s sua Joras m evidente svi- frequenza, nel gruppo delle specie fogliari dentate, di tipi forniti di — — è più adatta, di quella intiera, ad assimilare intensamente. Anche il pieciuolo è spesse volte presente, ma a riguardo di questo organo si possono ri- levare delle differenze notevoli non solo da specie a specie, ma sibbene ancora sullo stesso individuo a seconda dell’ età raggiunta ed il punto in cui nascono i fillomi. In generale si osserva che le specie a foglia dentata vivono sui monti alla stessa altezza e cui prosperano i tipi a foglie intieres anzi, se ben consideriamo i fatti, troviamo che forse le prime raggiungono un’ al- tezza media un pò maggiore. Però il grande numero di specie proprie della pianura che offre il tipo ei porterebbe a concludere che se questo Se dalle specie a foglie trapezoidali ha potuto svilupparsi il tipo a zione del lembo. Fra le nervature dovette svilupparsi la forma laciniata, N tipo fogliare laciniato, lobato, pannatifido merita di fissarè | un m NOTE BOTANICHE SPECIE ALTEZZA con foglie laciniato-lobate HABITAT : PE G0. SUD en Vin gr "EIU Guatemala 900 p. tenuifolius Huds. . . . . Alpi germaniche incanus L.. . . +. (| 8: Bernardo. Savoia 2000 m. millelobatus Ridh. . . . . M.ti di Eulalia? mierophyllus Ph. . . . . | Cordil di Santiago tocornalis C. cro ERI Cordil. 1800 m. ramosus Webb . . . . . Nepaul 5000-7000 p. Qoi QE ou NUNT e, Tibet : Jaras Ph. . pl mri Bolivia, Chile 3900 m. maerotus Kz. . E ES M.ti di Valparaiso holoseridifolius Wedd.. . . Perù 4000 m. Hohenackeri Hoff. . . . . Nilgherri genoma DES luus Sikkim 10000 p ginapanicus Orm. . . . . Messico 7000- 9000. p. past Ds... (NECS Chile 2400 m. ipinnatifolius Dep.. . . . | Mti d. Africa austr. fia Pan ovo. Argentina 2600 m. eremophilus Rich. . . . ..|M.ti Rocciosi N. Messico 7560 p. © Kongh c. . + +. | Lago Salato (N. Am.) 4300 p. Copenicusis Him... uos Costariea 1800 m. chamaecephalus Medd. . . Cordil. Chile 2200 m. chihuahuensis Nots. . . . | sommità Sierr. Nev. decorus Graum .. . . . . | Vulcan d'agua, Guatem. 11000 p. cerepideus Ph... . carpaticus Herb... Atacama Alpi Serbie ANNOTAZIONI si trova anche in pianura. loso. uoghi umidi freddi. n le foglie sono assai larghe e con lun- CR ghi lobi. — cal vive anche in pianura. id. polimorfo. foglie grandissime. olimorfo. oglie grandi. : L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO 311 SPECIE con foglie laciniato-lobate pinnatifide ecc, acanthifolius Homb. | ius bipinnatilobatus Webb . . arborescens S Stutz PRETE ambraceus Turehz . . . clpuus BC . o ano abrotanifolius L . B . . LI . . . . E . chenophyllus Ph. . . . . montereyonus. . atta mohinarensis Gram. (is vieosispurus. , incanus . putealensis Hier., polypodioides Greenm. . . . HABITAT Monti del Chile Messico (Cordil.) Tibet Atacama Cuocanga Macedonia (Serbia) Cordiliere M.ti di Pachino Etna Monti di Tirolo Cordil. di Santiago Messico Cordova Serra Achal. Perù Messico, Sierra Madre Monti del Messico ALTEZZA SUL MARE ANNOTAZIONI , P foglie erandi 9-13000 p. di prealpino 4000 p. 4009 p. 1500 p. 7000 p. foglie enormi. ; vive anche in pianura. i 6000 p. polimorfo, peloso. Vegeta anch al l piano. 2000 p. 15000 m. 5000 p. foglie grandi. paliman: : _ 17000” sé à : alo luoghi aridi. peloso. 2000 m. 9000 p. foglie grandi. 19 3 HABITAT ALTEZZA SPECIE (località trovata indicata ANNOTAZIONIONI negli esemplari dell’Erb. Berl.) SUL MARE Hm 8. purpuratus Ph. HE Cordill. 2500 m. È Sanguisorbae DC. . .| Messico M. Patzcuero 10000 p. foglie grandi. : | pteropogon Griesb. ..-. . Sierra de Castillo thinophilus Ph. . + | Cord. Chile Atacama 2300 m. pimpinellifolius Ktz.. Ande e Quito purpuratus Ph. E Cordill. Chile presso i nevai. Gilliesianus Hieron . . Monti d'Argentina vive anche al piano. Appare evidente dallo specchietto che se il tipo è largamente rappresentato in montagna, pur tuttavia è in grado minore, rispetto ai precedenti, adatto all’ ambiente alpino, inquantochè le forme montagnarde oecu- pano in generale una stazione meno elevata di fronte alla forma delle due categorie precedenti, le quali sal. gono più in alto. NOTE BOTANICHE Dall'esame della ricca collezione di Berlino appare inoltre che il tipo non è molto frequente, e i suoi rap. presentanti sono per lo più distribuiti nelle pianure o nelle colline. Anpi mooi infatti alle forme di pia- nura 0 di basso monte (colline incl) le seguenti specie : 24. Malpighia, Anno XXIII, Vol. jo. L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO Breveri Dowy . bahioides Hoék. et Arn. argunensis Turez. . anthemidifolius Remy aphanactis Grom.. . stigophlebius Baill. . Sebbene molti di questi Senecio vivano in siti aridi, fusa che nelle forme prettamente alpine, quasi che la fieiente per render adatta la specie in questione a vivere nei siti aridi. Campos d. Patagonia Colli d. California Valparaiso Manciuria. Colli di Rio Janeiro (pradoglaai de c DE o... yon GEN i... squalidus L erisithalifolius Str. i delphiniifolius Wahl. Iu DLP o bieolor Wall. : ammophilus Grenm. . sagittatus Hoffm. . . - ` pur tuttavia la pelosità è riduzione del lembo da sola abbia avuto effetto suf- * SPECIE HABITAT SPECIE HABITAT 8. Nikoensis Miqu.' e e Giappone ERE so e ‘Calabria sylvaticus. L. . +| Berlino - Stuttgart Gilliesii Au Mendoz: rudbeckiifolius Mey. Tp Brasile millefolius UNA ideis 8. Louis pinnatifidus DC. . . . Messico imparipennatus Klatt . . Texas Nordenskjöldi HÆ. . . Terra del fuoco eruedolius Huds . ^. .. , Europa i Nord America daoa POIR o. n Arkansas assa California, Europa Brasile (foglie lunghe 30 e più cent.) Sicilia (Palermo) Stretto di Magellano Nisida California Patagonia orient. lungo i fiumi assai meno accentuata e dif- Se noi prendiamo ora in considerazione le specie a foglie laciniate, ma ridotte e le compariamo con quelle fornite di fillomi più o meno sviluppati, troviamo i seguenti dati rispetto all’ Anti. SPECIE A GRANDI FOGLIE HABITAT SPECIE A FOGLIE RIDOTTE HABITAT B. hyperboreus s. si, N. Ameriea Nordenskjbldi . . . . . Terra del Fuoco. ikoensis. . . . . .| boschi del Giappone ys e DW Meca piani e monti | byivaticani "sun. Germania, Russia macrotus .. . . . . . .| monti e piani di Val- à pinnatifolius. . . . . Messico Lo paraiso. rudbeckiifolius . . , . valli del Brasile Gal QU S i Mendoza. gibbosus . 24m. Calabria Miléfohum S n Va 8. Louis. imparipennatus. ECT HR Texas bipinnatifidus . . . . .| monti e piani (Africa). ammophilus. . . . . California cedrosebil 5; . 7 u.a bassa California. m incisus. Vie ad Texas pinnatus . . . . . . .| monti e piani d'Argent. ks barbareifolius . . . . Bulgaria, prealpi ambraceus. . . . . . .| montie piani China (Pe- z flagelliseetus . ... . Pampas chino). & Buc - . 5. Europa Lyoni . A bassa California. E: delphiniifolius . . . . Palermo desideratus . . . . i. campi d. Patagonia. ; m Bois: . o Ean Arkansas bahipides NS 1o. cs Valparaiso. ci 5 meno, l1... Nisida stipellatus. . . - . . .| Patagonia orientale. o ^ Iueginus =s . . . .]| Büretto di Magellano. || Breveri. 2 4 « » 4^. . California (colli) ict brasiliensis . . . . .|colli brasiliani. Montev. | aphanaetis. . a . . . . California. uc argunensis . . . . .| colli di Manciuria e || Gillianus . » + + | monti e piani d'Argent. Mongoli: anthemidifolius. . . . . Santiago stigophlebius . . . . Rio Janeiro erisithalifolius . . . . Brasile |ualidus 2.0.5 Europa E . da. Piani di Messico : L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO [eel uesta tabella dimostra ehe — a grandi tratti almeno — le forme dotate di foglie larghe abitano preva- ò o 8 i lentemente i luoghi di pianura o di bassa montagna (colli inclinati), quelle invece fornite di foglie ridotte prediligono i monti, pur non rifuggendo tuttavia dalle stazioni basse ed anco di pianura. Il fenomeno della prevalenza in montagna di forme aventi parenchima ridotto, emerge anche dalla distri- .Pp 8g E buzione delle seguenti specie a foglie laciniate innatifide, ma a parenchima fogliare molto ridotto: 8 I p 8 SPECIE HABITAT SPECIE HABITAT do Mr QUAE MODE TT 3900 p. Chile ADUE 5... , . ,| Cordi di Santiago Smeda n eo Atacama chenophyilus. , s. Tarrapaca (170007) thinophilus : . . . . .| Chile Cordil. 2300 m. sti litus. B3 nx i1 Patagonia pinnatus . . . . . . . | Monti 2600 m. e piani | Gilliesianus . . . ... .| monti e piani argent. Argentini DNE C. us sls Valparaiso APBPnACO S vos out California | bradlioepla i, i... Acocangua maed ur; i Patagonia hakeifolius.. . . . . . | Cordil. (1500 m.) Sant- anthemidifolius . . . . . Santiago d. Chile | iago. La tabella dimostra che, fatta eccezione per poche specie, i tipi a foglie pinnatifide o laciniate, ma con ri- dotto parenchima, sono montagnarde. Profondamente lobato-partiti e spesso dimorfi sono il S. incanus (S. Ber- nardo) e l'erucifolius (pianure europee) i cui lobi sono spesso sdoppiuti od irregolarmente conformati, ed altre forme ancora che omettiamo. Aleune specie hanno dei lobi sviluppati, ma presentano anche una larga zona di, parenehima verde attorno alla nervatura mediana. Noi ricorderemo come tali le seguenti specie: doratophyllus (montagnarda), acaathi- Solius (montagnarda), chamaecephalus (montagnarda), moharensis (montagnarda), eremophilus (di montagna - e di collina), ambiguus (montagnarda), deborus (montagnarda). NOTE BOTANICHE 2i. 949 Altre forme presentano cosi ridotto il parenchima attorno alla nerva- tura mediana principale, che le foglie paiono composte o appartengono realmente a questo tipo. Le lacinie poi sono spesso molto elegantemente conformate, per lo più dentate, e di rado appaiate lungo la nervatura. Appartengono a questa categoria le seguenti specie: Montereyanus (montagnardo), putcailen is (montagnardo), Sauguisorbae (montagnardo), Heracleifolius (montagnardo), pinnatisectus, gibbosus (Calabria), chichua- buensis (montagnardo), pimpinellifolius (montagnardo), millelobatus (mon- tagnardo), laciniatus (montagnardo), Kingii (montagnardo) ed altre spe- cie ancora. Talune speeie sono partieolarmente interessanti per la forma speciale e la localizzazione delle dentature nel lobo primario (abrotanifolius, in- canus , imparipennatus, Sanguisorbae). Certi tipi fogliari si direbbero quasi derivati da una forma trapezoide, anziché da una dentatura, a causa della lunghezza delle lacinie, che inoltre non si mostrano molto numerose e appaiono dirette verso l’apice della foglia, verso la cui som- mità sono pure spesso localizzate. Non poche delle specie citate, infine, sono polimorfe. Alla forma testè ricordata di filloma e che noi chiameremo crisante- moide, poichè si avvicina a quella che è propria del S. chrysanthemifo- lius, sì collega in altro tipo fogliare, caratterizzato dalla irregolarità del lembo e dalla presenza di un grosso lobo terminale più o meno laci- niato o lobato, quasi sempre poi dentato. Noi dobbiamo aggiungere tuttavia che la distinzione è alquanto artifiziosa, non mancando le specie degli individui in cui il tipo fogliare, che stiamo descrivendo, trapassa nel precedente, come, del resto si è verificato anche per gli altri tipi di - fillomi. Appartengono al bon che stiamo studiando e che entra nella catego- ria delle foglie lirate, le seguenti specie: nuoc SPECIE ALTEZZA A HABITAT OSSERVAZIONI a foglie lirate SUL MARE S. vagus . . . . . + + | Monti bleu (Australia) | La foglia porta un lobo terminale ut profondamente dentato o due lun- ghe lacinie laterali. Monti della China Un lobo terminale dentato auri- colato-astato; i due lohi laterali pure dentati decorrenti sul rachide prin- Oldhamianus Max. . . o : 5 cipale. z lobatus Pers. . . . . S. Louis Il lobo terminale è ovale dentato; A i due laterali come nelle forme pre- "i cedenti. a elbrusensis Boiss . . . Elbrus 2300 m. id. SE il lobo termin. é astato). z franciscanus Gyn.. . . S. Francisco 12000 p. Foglia piccola, lobo terminale o- z vale, i due laterali decorrenti sul A rachide principale. o dysophyllus Mey.. . . Perù ... 17000 p. Simile al S. vagus, ma a lobi la- m ) terali meno nettamente separati dal- d l'apicale. i floseulosus Jord. . . . Isére . |]. id. e Cooperi Grnm.. . . . ? 4500 p. Il lobo terminale è grande e den- ; tato. Al di sotto vi hanno due o più lobi laterali. ; oliganthus Greenm. . . ? id. Idaboensiv- di. . 4.4 Stati Uniti id. eximius Hemsl., . . .| Monti Tres Marias i i (Messico) 9500 p. Simile al |S. lobatus, ma con un 350 NOTE BOTANICHE o[fou * o[perouod ui ‘əyə o1o8unigSe ourerssod mò 'rppyourou 109 rjejuogpuoo ouezueA opuwnb iperpaourtd. 119 -wjeo t ourjuosold oyo s242u2/ 14$ owy Oe 0jeuuoooe vi oureiqqe opojrdeo ojsonb rp outed owud PN *ewi[8og oumsgaounod [op vwajqosd pr oupa wp od un awp -mjs oureiqqop 10u *ejeuriopuoo oQuouresioArp oi[8og eaduros isenb ouujuosoid ojsnj [ep vzzej[v ojuorogip € O oddnpus ip (se; muedopip o[[ou eo or»ouog top wonsuejjereo eun Isenb opuost orer3oj owsgiounod [tr BIO 'ejounpod 2180; € o100ds rp euorzuour €jjej 9 is ejueur[ejuoprout opos ‘ JIOWOUOUI IWO]] 1p Opu -10J ojuej[os ouroo o10uo8 pı ejuoureorun isend opuriapisuoo croouog 10p etpgojy e[[op eyen ourerqqe voug upe, epep ezuwujej[e, opueururopeid *ojsoddo oje] [op renb rp oppa ossojs oppe nizosut Opes Ip ouos ogg] un ip jonb *isoijoumu ouos t[eseq rqo[ 1 opuenb oya vjou 18 10d o[perouoS uf ‘ompiatpui oon un tp ojsnj [t oSung IIGISIA vao[eg ouos IUOIZBLIBA oyjyepig "(s2p20w017uD$fi./g9) vjejuop wjuoArp egoy ep edo] [e pe *opiqowr qı ojuenb oym} è opuojso ıs ounddo *ojnawdojeuuid o ojeqop ojueuroorduros 21780; ip wsieduioo ele oSon[ sep sod oej[o4 ej[our ereduroos o[euruni0 oqo[ [t ero osues jeu *gaounjod e4dures isenb isutquosodd oreuog njegis euorod *ojuesso1o]u! ezuegsegqe o odi} [[ 'ejeAe[o opjowt ruordo1 ele Qgoizue *vnuerd w[[e po N ougvwjuour osseq oje ogsognid ouoGuojreddw @7eIr] 9go v 0222098 tp woy è] ‘erqe, vep vjpusti our) "wapp | -— eueSmng * » * * *9ugg suesseqnia operjuoo vuo * + oq soprottogguesAato (iptum 1tyFon]) eiquiog ‘uio snsot[0j . '(yeaedos. o1uouregopduroout 190] 109 Ə 03ejs? ojejuop oqeunuso} oqoq opuvig Uv "Ins Rat] 91]20J € INOIZV.LONNY LVIIAVH VZZAL'IV MIDAdS L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO evoluzioni dell’ individuo del tipo di filloma -dentato e più o meno ampio (catafilli primordiali) si passa a tipi di filloma più complicati, i quali poi in vicinanza dell’ infiorescenza cedono il posto a foglie tardive di nuovo più semplificate. Solo in un caso (S. nilgherrianns DC.) abbiamo trovato che le foglie basali erano più complicate delle successive, mentre si può affermare che le foglie basilari dei Senecio fornite di rosette sono assai semplici. In molti Senecio il polimorfismo si riduce a poca cosa: per lo più trattasi di fillomi eon o senza pieciuolo che dalla forma subrotonda passano a quelle allungate ed abbracciafusto. In altri easi invece la metamor- x fosi è assai profonda per cui si spiega come la stessa specie raccolta in differenti località o in diverso periodo di sviluppo sia spesse volte stata descritta con nomi differenti. In non pochi casi la stazione spiega una de- cisa influenza sulla forma delle foglie, di gnisa che un’ unica specie, a seconda che cresce in montagna o in pianura, in regioni fredde, o temperate, o calde assume aspetti differenti per la diversa conformazione dei fil- lomi vegetativi e non infrequentemente anche di quelli destinati alla riproduzione (petali più grandi di un Senecio di montagna). Uno studio veramente proficuo del poliformismo fogliare si potrebbe fare soltanto, qualora fosse possibile se- guire le singole specie nelle loro variazioni fogliari a partire dai eotiledoni: ciò non ostante riteniamo che una ricerca limitata unicamente alle piante adulte ed al materiale d'erbario, come quella da noi seguita nelle precedenti ricerche, non sia del tutto priva d'interesse. Riferiremo pertanto i dati principali che sono venuti in luce dalla stessa. Nella forma più semplice di poliformismo la foglia presenta le seguenti variazioni a seconda della sede in cni nasce sul fusto. NOTE BOTANICHE SPECIE HABITAT ALTEZZA ' SUL MARE S. Wightianus DC. . argenteus Kz. . heterotrichus DC. . squalidus L. . . chionogeton Wedd. violaceus Wall. Kunthianus Wall. multidentatus Sch. Bip. vasis 1. .-. polyphyllus Kze . macrotus L.. . . incanus L. . calophyllus Remy. decompositus Sch. PM trifurcatus Legg. . discoideus Br. . . taraxacifolius DC. Uinthaensis . . ^. Monti Nilghiri Chile Patagonia Porto Allegre Europa Perù. Ecuador Nepaul Himalaia Messico Europa Cordil. d. Chile Monti piani Valparaiso S. Bernardo Chile. Argentina. Cord. Utala N. America 3-400 m. 12-17000 p. 10000 p. 3500-8000 p. 2000 m. 2000 m. 4500 - 6000 1500 m. i 9000. p. ANNOTAZIONI f. basil. rot. (*), dent., le successive triang., astate, dentate. f. strette, lineari od ovalari. f. ovali dent., serrate lungo il mar- gine o solo verso l'apice nel qual caso la f. è lanceol. : f. laciniata soll lacinie più o meno ampie. f. picciuolo o sessili. f. ovali o strette allungate. id. f ovali sessili o astate, piccole od ovali piccole. f. strette o lunghe. Lacinie fogliari più o meno ampie. ; f. intere ovali o lineari. come il viscosus. id. foglie lanceol. int. od ovali int. f. ovali o quasi platanoidi. f. trapanoidi o dentate. f. bs o laciniate. id. f. pinnatif. o dentate lobate. () Frequenti è la forma rotonda nella prima foglia (f. basali) e la stessa è in relazione forse colla minor illu- E e che ha luogo in primavera (V. in proposito il lavoro di Góbel sulla Campanula rotonda. Flora 1896). BL EN o. x Tote: PO V ALTEZZA SPECIE HABITAT ANNOTAZIONI Ax VPE SUL MARE i iti e S. pinnatus Poir. . . . . Argentina monti e- lacinie fogl. più o meno lunghe, piani ramose o intere. : ambiguus DO, j^. n f. più o meno grandi, variam. la- d. i ciniate. ; 3 bupleuroides DC... . . Africa australe 1000 m. f. intere o lobate, ovali o lanceol. Z hyoseridifolius Wedd. . Perù 4000 m. lacinie On più o meno grandi. : z Scorzonella Grnm. . .|. California 4560 m. f. ovali o e; più o meno distint. d : picciuol, B- textilis Gi. ig Cordova lacinie V md e foglie più o meno ; grandi, ; brasiliensis Less. . . . Brasile lacinie f. più o meno lunghe e nu- ds " merose, talora ridotte a tre (var. z tripartita). De 3 d palmatus Poll.. . . . Giappone, Amur | idem. : : á Lyelli Hook 4 5. 1x3 N. Zelanda 2200 p. f. aghiformi o lanceol. : 5 imparipennatus. . . . Texas f. lacin. Lacin. dilat. all’ apice che "m è dentato.: v | H scalaris Grnm.. ... .| Messico. S. Nevada f basil. dentate, lirate sessili, le- E altre dentate pieeiuolate. occidentalis Gray. . . montana . 10000 p. f. dent. sessili lanceol. o ovali dent. : pieeiuolate, — C Fremonti T. GL. (0 Monti Rocciosi f. dent. larghe ovali o strettee piccole. saxosus Klatt . . . . Myouring 12000 p. pisos più o meno lungo. delphiniifolias Wahl. . Europa acinie fogliari grandi larghe sud- - divise o strette e semplici quasi E: f dentiformi, — Due SPECIE HABITAT A EPA. ANNNOTAZIONI SUL MARE exaltatus Nutt. . . . ? f. strette, fortemente dentate o lar- ghe, ovali e variamente dentate. eordatus Koch. . . . Righi | 2000 m. foglie sessili o picciuolate. Qui adunque le modificazioni si riducono, in generale, a poca cosa; si tratta di un picciuolo più o meno lungo od anche mancante, di variazioni leggere nella forma del lembo che passa dal tipo lanceolato lineare : m i 5 a quello allargato, e di dentature, lobature e laciniature più o meno evidenti. Più interessanti sono le varia- É zioni che presentano non poche forme a seconda che nella stessa predomina il tipo fogliare a lembo intero od & oscuramente dentato o viceversa è caratteristica la dentatura dei bordi della foglia. [C M z Specie a foglie intere od oscuramente dentate. ALTEZZA SPECIE HABITAT Tipo di variazione fogliare / SUL MARE i boma Ba... Cordil. d. Chile 1500-250 m. | f. digitate con tre lobi profondi. salsus Griseb. Cordil. e Pampas ; f. int. sessili o lineari con forti denti, ; adenophyllus Mey. et Wal. Perù 4000 p. f. int. acieulari pice. od ovali dent. | crenate., Well 3.4. Sikkim 11000 p. f. cord. int. grandi od ovali e con forti denti. SPECIE HABITAT ALTEZZA SUL MARE MUSCATELLO BUSCALIONI E G L 8. Nilghirrianus DC. porophylloides Remy ropens DG;-; 5. ; rosulatus Rydb. . plantagineus Benth. linifolius CL. . tuberosus Schtz. mierodontus Hall. . » rivularis DC. longilobus Benth. . x Balsamitae Muhl.. orizabensis Sch. . triangularis Hook. Renardi Winkl. . racemosus on j pedunculatus dgw. . papposus Rehb. . * * * . Monti Nilghirri Ande Perù Colorado Valdivia Alpi austriache ew Messico M. Roeciosi e d. Cascade Orizaba Colorado, M. Rocciosi Turchestan Armenia (monti) Tibet. Himalaja Alpi Bulgaria f. inf. dent. lin., f. suss. strette abs : lungate inf. i f. int. ovate, f. dent. trapes. a tipo trapanoide. : f. int. o dent. a oe ero dint o ovali. 4600 m. d cad p. | f strette int. e f. ‘sinuate adt ala t 4500 f. int. e foglie lobate dent. larghe. - : 7500-11000 p. | f. ovali intere o dentate. a 600-800 m. | f. ovali int. o lanceol. cord. dent. | un f. int. aghif. lanceol. o erede ss con tre lacinie lunghissime. — f. int. ovali e f. dent. gal pin, natifide, (talune forme s ; scritte con nomi spe 11500 P. ! int. efr 10000 p. f. cordif. int-e f t triang. RI: 8000 ° f. ovali int. e f lirate con du lobi "ael ;, 2000'-4600' | f. ovate in .6000-10000 p. [fin NOTE BOTANICHE fera Hook". . .—.-. MS Wal.. 2 carniolicus Var. incane- nescens Will. . vulcanicus Boiss. . . . Munroi Hook. viis campestris De: .-- . albicaulis Hook . . cymbalarioides Nutt. . australis Willd. . . Afr. austr. Sand. Riv. Assam Kasia Carpazi Persia subalp. Mongolia monti e piani Argent. Cordil. Mendoza - Monti Rocciosi Australia. Mti La V ittor. 1000-2000 m. 9900 p. 2400 m. 3900 m. - E pochi. segmenti. dentate, SPECIE Hinta € Tipo di variszotie fogliare SUL MARE B. paluster DC. .- 0. Germania f. ovali allung. laneeol, | int. e i i; trapezoident. lobate. Gorali Brit: o . Virginia ; f. int. ovali o laciniate strette deut pallens Wal V... Sikkim. Himalaja 10000 p. f. ovali sessili int. e f. dentate. scandens Ham.. . . . Mti di Omil. China ci . | f. ovate cord. int. od obov. ovali dent. nano DO... Messico 1800 m. — | f. allung. strette ovali lane. int, 4. dentate. spartioides Tor. di Gr. . ? f. lineari lanesol. 0 pinnatif. con f. lanceol. sessili e f. ovali eridula. aghiformi int. e f. denti lune ; ovali e dentate lobate. £ raa int. od ovate eren. lob. | pinnat. , strette int. 0 dent. dba. f. f. ovali intere e f. dent. eren. f. intere ovali (f. inf.), f. sup. lanceol. lineari sessili, b ceiuolo auric. dentato, - r£ aghiformi lasse int, e in natif. ` eren. rrate. fg ate int, e f. dent L put lanceol. int o [3 "biais ‘ovali L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO SPECIE HABITAT S aureus L.. ; 7 . Ayapatensis Schultz brachychaetus DC. spathulaefolius DC. Giessei-Ph. .; o>. aronicoides DC. . integerrimus Will. lugens Reich. . . curtophylleus Kl. . crispatus DC. . . Hieracium Remy . Gregori F. v. Müller goyianus DC. . . aurantiaeus Hopp. . N. America Bolivia Pirenei Pirenei Atacama California Oregon Color. Mti Roce. e d. Case Natal, Cordoba Riesengebirge Cordillere Barrier Range (Australia Chile, Cordil. Caucaso ) ALTEZZA SUL MARE 2000 m. 5000 p. 5500 p. 1700-3700 m. 6000 p. 3000-4000 p. 450-2400 m. SUE ee M Doe ew oe f. e f; fi f. f. Tipo di variazione fogliare lanceol int. (Var. compactus) e f. lirate (con parecchi lobi late- rali) runeinate e f. astate, den- tate o subrot. dentate. tate erenate pieciuolate. int. obl. sessili e f. ovali orbie. picciuolo dentato. sessili int. oblonghe e f. dentate ovali, piceiuolate. ovate o aghiformi int. e f. trape zoidi a tre lacinie sviluppate. basali oblonghe int., f. sup. den- tate serr. sessili. int. lineari, ovali, obl. e f. dent. ovali. int. obbl. e f. dent. ovate triane, spatut. int. e f. a grandi denti. ioline int. e f. irregol. dentate. in. int. e f. trapanoidi o serrate. ovali int. e £ dentate, * AUDEZZA. SPECIE HABITAT Tipo di variazione fogliare SUL MARE S. aquaticus Huds. . . . Europa f. int. e f. lirate od ovili dent. o E runcinate e infine pinnatifide. Sonnei Gram. . . . . California f. oblonghe int. e f. ovate dent. adamantinus Bong. . . Brasile f. obl. od ovali int. e f. fortem. dent. linearifolius Pópp. . + Cordil. Chile 2500 m. A m rid int. o f. lirite con 2 lobi asali. bio procumbens HBK. . . Messico (Orizaba) 14000 p. f. ovali intere e f. dentate. : E obtusatus Wall. . . . Khasia 3000 m. f. ovali Nae e f. strette dent. run- n vu cinate. 4 arenosus DC. .. . .., Uruguay, Giava 7000 p. f. lasse, strette int. e f. lasse obov, E serrate e quasi cordiformi. & stratis Grnin. ; n n N. America 11-12000 p. | f. basali lanc. lin., f. caul. obov. int. - e f. dent. ovali 9 Darwinii Hook. . . . Capo Horn : f. obov. RE picciuolate a tipo tra- panoide. DUOUD PI ^V. N. America f. ov. lane. intere a f. dent. ovali | lanceolate. minutus DU... s Monti f. piccole obov. int. e f. a tipo tra- panoide. Lastarrianus Remy . . Cordil. f. int. lanc. A e f. eren. lob. baccharidifolius DC. . . . . Cordil. Chile f. int. ovate e f. a tipo trapanoide. crassulus Gr. . b ie Colorado. Somm. del N. Peak Range 13000 f. int. ovate e f: dentate. Doronieüm Li 4 Tirolo 1840-2400 m. | f. ovali sessili piccole e f. dentate. fastigiatus Nub 22. . Oregon f. oblonge int. e f. fortem. serrate. glaberrimus Rchb; Monti d. Bulgaria | f. int. lin. ovali e f. dent. ovali. * MUSCATELLO L. BUSCALIONI E G. ALTEZZA SPECIE HABITAT SUL MARE glutinarius DC, . . . Africa (colli) f. expansus Wedd. . . . | Argent. Nevado d. Castillo f. Douglasti DO... X] ? 5800 p. | f. | Zendleri s 3 2 2 N. Messico 8800 p. Ef. Fatte le debite eccezioni, i tipi di Senecio a foglie polimorfe, i lineari int. e f. runcin. dentate irregolarmente. intere subrot. orbie. e f. erenate. intere ovali allungate e f. strette pinnatifide. intere ovali e f. pinnat. i quali però allo stato adulto portano normal- mente delle foglie intere, sono montagnardi e non pochi persino di alta montagna. Le variazioni cui vanno incontro le foglie consistono semplicemente nel passaggio dalla forma a lembo intero a quello dentato, erenato, serrato che noi abbiamo quasi sempre comprese, per ragioni di brevità, sotto il nome di foglie dentate. Ra- ramente ha luogo la comparsa di lembi fogliari irregolarmente lobati e, ancor più di rado, si ha il trapasso alla foglia pinnatifida. Vediamo ora a quali variazioni progressive vanno incontro quei Senecio che, allo stato adulto Mai svi- luppano normalmente delle foglie dentate. Le variazioni regressive consistenti nella Pom di un lembo intero sono state studiate nella precedente tabella. Specie a foglie dentate. SPECIE HABITAT ap Variazioni progressive : SUL MARE e norne D e us Egitto f. fortemente dentate e f. laciniate. lautus Forst. . . | Mti Lindhurst (Australia) | 1000’ finoal mare| f. ovali allung. e f. pinnatifide. 2 9 lyratifolius Reich.. . . ? subalp. e alpino | f. ovali lirate dent. e f. pinnatif. d iversifolius Wall. +. . | Nepaul. Capo B. Speranza f. dent. eren. triang. e f. lirate lo- > ; ; bate runciate pinnatifide. 4 e ionge DO. 0: Monti Rocciosi f. dent. e f. runcin. lobate. i 3 joniphyllus Grnm. E N. Americe f. subrotonde dentate e f. lirate. : erithmifolius A. Rich. . | N. Zel. Tasm. Gypsland f. dent. lane. aghiformi e f. serrate $ . (Australia) a denti profondi e f. pinnatif. "a nemorensis L. . + . | Monti Athos Macedonia. : z Mti d. China. Giappone 6000 p. f. dent. ovali lanc., f. lirate runc. È | laciniate. 3 obovatus Mohl. . . . Connecticut f. dent. ovali obovate e f. allung. .: È lobate. > = plattensis Nutt. . . . Colorado f. basali dent. ovali, f. sup. lobate H E lacinie pinnatifide. H mexicanus Gray . . . Arizona 4000 p. f. dent. cren. e f. lirate con molte lacinie basali. E mol W:-. 2s l Armenia dal mare a 4600'| f. dent. e f. lob. serrate a denti prof. z vernalis L. . . . . . | Germania. Russia. Serbia colli f. dentate e f. runcin. lobate, pin- $ natifide. E uniflorus All. . . . . Sempione 2450 m. f. dent. a tipo trapanoide e f. pinnat. È 3 trichodon Bark. . . . Argentina colli f. erenate e dent. e f. lobate. , pauciflorus Pursh. . . Labrador f. basali. dent. picciuol. e f. caulin. i sessili lob. dent. serrate. "NOTE BOTANICHE 362 B. pectinatus- DO. .- ALTEZZA mutabilis Grnm. SPECIE HABITAT SUL MARE ini; Australia "Tasm. pp Colorado laciniosus Wall . . . Sikkim | 1600 p. cuspidatus DC. . . . Montevideo californiensis DC. . . . | California (S. Diego) 2000 p. cacalioides. Mesp. . . . Chile 10000 p. Billandieri' Gray. . . . lobatus Peli... 25. S. Louis arenarius Thbg. . . . | Regione austro africana 3800 p. chrysanthemoides DC. . Himalaja da 4000 a 17000 p. caespitosus Ph.. . . . -. Cordil. Chile 1200-1500 m Columbaria Remy. . . 5 0 800-1200 m, Jacobaea L.. . . ... Europa piani e monti auricephalus Gray. . California erraticus Bert. . . . . ‘Europa dal mare a 200 m. piani e monti brachyglossus F. et M. Australia... V va Š Lindhurst f. L e^ (PS miro yu I PN Variazioni progressive dent. pieciolate (forma alpina) e f. lirate o pinnatif. lobate. basali dent. ovali lanceol. e f. su- periori lirate con più lobi late- "li e con un lobo term. dent. lobate. dent. piccole basali e f. caulin. lob. dent. strette acicul. e f. a tipo trapanoide a lunghi lobi. dent. e f. trapezoidi e laciniate. serrate e f. laciniate. | subrot. lobate e f. lacin. allung. laciniate e f. lirate a 2 lobi basali. dentate e f. lobate. dent. ovali e f. lirate a molte la- cinie basali, f. pinnat., f. erose. prof. dent. o pinnatifide, : a tipo trapanoide dentate e foglie pinnatifide, d ovate dent. e f. lirate pinnatif..- dent. serrate lobate e f. composte o pinnatifide. — — dent., f..lirate con 2 lobi lat. e f. runcin. pinnatifide. dent. ollung. quasi int. e f. dent. laciniate. — .— dum NOTE BOTANICHE ; | 2r i | SPECIE ; HABITAT iss Variazioni progressive TUL MARE - S. hyperboreus Grom . . N. Ameriea f. a tipo trapanoide con molti lobi apicali e f. pinnatifide. alpinus Stop: . . = a Monti d'Austria - 1600 m. f. iuc ovate e f. lirate con 2 lobi asali. aconitifolius Turez. . . | Monti di Corea, Peking. f. iu dent. e digitate (quinque- foliate). jodanthus Grnm. . . . Messico 12000 p. f. dent. e f. grandi lobate dent. li- rate. chilmahuensis Raddi. . | somm. Sierra Madre (Mess.) f. dentate e f. pinnatifide. nebrodensis L.. . . . Europa f. dentate lob. e f. lirate. dimorphophyllus Grnm. Colorado 11500 p. f. dentate ovali e f. lirate con un lobo laterale. Anche questi Senecio a foglie dentate o più o meno profondamente divise, se noi confrontiamo la stazione loro con quella della for viame che, sono per lo più montagnardi, ma ma a foglie in parte intere e in parte dentate , tro- in generale, i primi vivono nelle parti meno elevate delle montagne e si diffondono anche frequen- temente in pianura, quando non abitano pressochè esclusivamente queste o le regioni di collina, Dai fatti esposti risulta evidente che i Senecio a foglie tipicamente polimorfe si comportano , in tesi gene- sale, come quelli:a foglie quasi monomorfe, nel senso che i tipi a foglie poco profondamente divise si tro- vano di preferenza nell’ alta montagna. (*), quelli con foglie, almeno in parte profondamente laciniate, ten- (') Crediamo utile far rilevare che il Kerner nel suo studio sui Salici ha dimostrato che le forme a foglia in- tera abitano di preferenza le regioni calcaree delle Alpi, quelle a foglie dentate le regioni centrali dello stesso massiecio montagnardo. fe de BUSCALIONI E G. atei -dono a diffondersi nelle parti medie delle montagne od anco sui colli ; ed in pianura. P Accanto a queste forme nelle Collezioni del Museo Berlinese esistono ancora altri tipi di Senecio in cui il polimorfismo si rende evidente per una diversa conformazione di un lembo variamente laciniato. Apparten- gono a questa categoria, ad esempio, le seguenti specie : S. doratophyl- lus (Benth.) delle montagne del Messico; „S. eremophilus (Rich.) delle montagne del New Messico; S. decorus (Grnm.) delle regioni elevate del Guatemala; S. S, coronopifolius (Desf.) della Persia; S. heteroschizus — . (Bak.) del Brasile; S. flosculosus, S. erubescens (Panc., della Bulgaria); > S. erucifolius Huds. e qualche altra forma ancora. Lo scarso numero jdi- Suoi prese in considerazione non ei autorizza tuttavia a formulare | conclusioni in. base a tali forme, per cui rileveremio solamente che I — molte di siffatte specie a foglie piuttosto grandi, non sono proprie delle | alte è montagne o esclusivamente. sonale : (Continua), | AM Congresso Internazionale di Botanica in Bruxelles (Maggio 1910). E Congresso Internazionale di Botanica tenuto in Vienna nel giugno 1905 (C), deliberata come sede della successiva riunione la città di Bruxelles, lasciò alcuni importanti temi per la discussione ai botanici che nel maggio 1910 avrebbero preso parte ai lavori del nuovo Con- | gresso nella capitale del Belgio: importanti temi, quali la nomenclatura delle Crittogame, la nomenclatura fitogeografica, la documentazione ecc. La maggior parte delle nazioni ebbe rappresentanti ; dell’ Italia si iseris- sero undiei botanici, ma intervennero alle adunanze solo i prof. Cuboni, Nicotra, Pampanini e lo scrivente; larga e bene scelta la rappresentanza degli altri paesi, avendo, oltre a molte personalità del Belgio, ad es. prof. Atkinson, Farlow, Robinson dall'America, Degen, Figdor, Filarszky, Nemec, Al. Richter, Wettstein, Zahlbruckner dall'Austria-Ungheria , . Petkoff dalla Bulgaria, Boergesen e Warming dalla Danimarca, Bertrand, 'Cardot, De Vilmorin, Flahault, Laurent, Lecomte, Lutz, Maire, Mangin, Radais, Vuillemin, Zeiller dalla Francia, Cotton, Dixon, i coniugi Gepp, Groves, Kidston, Prain, Stapf, Rendle dalla Granbrettagna, Hayata dal . Giappone, il padre Blatter dalle Indie inglesi, Lotsy, Went e la signora Weber van Bosse dall' Olanda, Hansteen dalla Norvegia, De Fomine, Fedtschenko, Golenkin dalla Russia, Eriksson, Lindman, Jnel, Nathorst, Nordstedt dalla. Svezia, Drude, Engler, Fedde, Harms, Heering, Giesen- hagen, Klebahn, Magnus, Neger, Potonié, Roll, Schorler dalla Germa- , Lazaro y Ibiza e Moreno dalla Spagna, Beauverd, Briquet, Chodat, aeeard, Schinz e Schroeter dalla Svizzera, ecc. Nel pomeriggio di domenica 15 maggio la Società Reale di Botanica del Belgio tenne una adunanza straordinaria in onore dei congressisti nella grande sala delle serre del Jardin botanique de l'État; alla seduta (1) Cfr. O. PENzIG, Congresso internazionale di Botanica tenuto iu Vienna Bommer, De Wildeman, Durand, Gravis, Grégoire, Marchal, Massart, le signore Rousseau e Schoutenden-Wery, notato tra gli intervenuti i - dall'Í1 al 18 giugno 1905 (Malpighia, vol. XIX, pag. 227-228; Genova, 1905). ~ 366 CONGRESSO INTERNAZIONALE DI BOTANICA presiedette il dott. E. De Wildeman, presidente della Società; al banco . presidenziale si trovavano i vice presidenti Páque e Ed. Marchal, il se-* gretario generale T. Durand, i socii Cogniaux, Coemans, Van Aerdschot, Bommer, Gravis, Grégoire, Mieheels, Em. Marchal, J. Massart, Van' den :Broeck. i ‘Dopo un saluto rivolto ai congressisti dal presidente ed un ricordo commovente dei botanici belgi recentemente rapiti alla scienza (Errera, — Laurent, De Wevre.....) e di Francesco Crépin che fu l'anima della Società botanica, si tennero alcune comunicazioni scientifiche. C. Bom- mer discusse intorno alla struttura ed alle affinità di un genere fossile. ; di Felci, Weichselia; Y abate Grégoire parlò intorno il modo di azione . del nucleo nella differenziazione istogenetica, esprimendo nuove idee in questo difficile campo di studii; E. Marchal espose alcune considera- zioni. sulla -sessualità dei muschi, discutendo sulla sessualità nel tipo ` dioieo e non dioieo e sulla aposporia nel tipo dioico e non dioico; in- fine J. Massart trattó del elima del Belgio dal punto di vista botanico, ricordando -alcuni fatti esposti in due volumi regalati ai Congressisti, „dal titolo Esquisse de la géographie botanique de la Belgique. Dopo que- | Sta importante adunanza i congressisti visitarono gli altri locali, soffer- n mandosi nella sala grande degli Erbarii, ammirando le cospicue’ colle- zioni del Congo, la gran raccolta del genere Rosa fatta dal compie nti A Crépin, la ricca biblioteca, i copiosissimi schedarii. -o È inaugurazione del Congresso ebbe luogo il giorno successivo , allo ; ore 10. Il barone De Moreau, presidente del Comitato organizzatore del - Congresso , ringraziò i congressisti di essere venuti a Bruxelles anche da remote regioni del mondo, segnalando gli argomenti che formeranno oggetto di discussione ed indieandone i relatori; chiuse il suo discorso, ` molto applaudito, rammentando la riunione dei botanici in Bruxelles . nell occasione del einquantenario dell' indipendenza del Belgio GAR ur. DI inviando - un saluto alla memoria di Edoardo VII. di n dott. T- Durand, direttore del Giardino botanico, evocò le figure is di Leo Errera e del conte Osvaldo de Kerchove, che erano stati scelti | 2 per organizzare il Congresso di Bruxelles. sig. E seus l'a asoni del ministro. dell'interno ų e dell'agri 5 connesso INTERNAZIONALE DI BOTANICA: 367. — coltura, Pow di SISSI in séguito alla morte del Re d' Inghil- terra e portò ai congressisti il benvenuto in nome della persona da lui rappresentata. Infine viene data lettura di un rapporto sui lavori del Jomitato permanente del Congresso. Vengono poscia acclamati presi- denti d'onore i professori Atkinson, Drude, Engler, Flahault, Mangin, Prain, Rendle, Wettstein e Warming, vicepresidenti d’ onore i profes- ori Bertrand, Briquet, Chodat, De Toni, Eriksson, Lecomte, Nathorst, Nordstedt, Perrot, Potonié, Robinson, Rouy, Schinz, Schroeter e Zeiller, segretarii Fedtschenko, Golenkin, Harms, Pampanini, Madrid-Moreno e Massart: - : Nei giorni successivi si discussero le SAS sopra indicate, se è le cito esprimere un parere personale, forse un po’ troppo rapidamente, così che la questione della nomenclatura delle Crittogame darà ancora l filo da torcere ai botanici che interverranno nel 1915 al Congresso internazionale, per il quale fu scelta, dietro proposta di Kidston e Prain, come sede la città di Londra. . Non manearono le conferenze serali nel grande salone Patria, tenute da Fedtschenko sulle esplorazioni da lui compiute nell'Asia, da Blatter sulle Palme del vecchio mondo, da Volz sulle esplorazioni in Africa, da Bommer su aleune piante fossili, da Schroeter sulla protezione delle 2 piante nella Svizzera. Argomento di interesse per molti cengia furono le visite agli Istituti scientifici (Istituto botanico L. Errera, Giardino botanico, ece.) alla Biblioteca Reale (dove erano esposti vecchi erbarii ed antichi manoscritti di storia naturale), una. mostra. di carte fitogeografiche rac- te da C. Schroeter (*), le gite per erborizzazioni a Gembloux sotto ida dei due Marehal e di Massart, la visita al bacino carbonifero x belga con le opportune spiegazioni fornite dal direttore del Museo geo- logico G: Schmitz, la gita ad Anversa con la visita di quel magnifico giardino zoologico e della casa (ora ridotta a Museo) Plantin , conte- nente tanti e tanti curiosi ricordi dei tipografi Plantin e Moretus, casa T O De TonI G. B., Una mostra di darle ioniche a Bruxelles (Na- tura, vol. I, p. 229,-933 : Milanio, pn drachi i italiani e EREET edizioni aldine ed dat mappe; d | segni, prime stampe plantiniane, tra le quali, per noi decor Il - di oit di Lobel, di Clusio.... ha e questioni della nomenclatura, non peu sol AU MEM | ne definiti sa 1 futu Congresso di Londra. | "La Micosi si oveja: una Hole > mese, in fascicoli di 3 i fogli di stampa ud almeno, corredati, 4 ‘secondo il bisogno, da tavole. ; SI annuale deporte L5 € alla ricezione del p fascicolo. E è ape ee venduti ‘fascicoli soparati. i anno gorrisporte. 100. iios parte dal perodien | 15 giorni U ro di esémplari,. is copie in aa pagate in "aio di E 10 a foglio (di 16 pag.) per 100 copie. Quanto alle tavole applet occorrerà. nto rimborsare le spese di carta e di tiratura. De iv. ta associazioni si ricevono presso i Prof. O. Penzia in ‘Geneva. sy > principali Librerie. Italiane e dell Estero. — è accordato lo sconto. del 20. Ue A. Fs i ssi e le corrispondenze. d d RASSEGNA MENSUALE DI BOTANICA REDATTA DA O. PENZIG Prof. all’ Università. di Genova i ANNO XXIH — Fasc. X-XII LI MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. ; GENOVA à TIPOGRAFIA. DI ANGELO .CIMINAGO 1909. Avviso ai Lettori Colla nuova annata (Vol. XXIV) la direzione de giornale ** Malpighia ,, verrà assunta dal Profes- sore Luigi Buscalioni, Direttore del R” Orto Bota- nico di Catania. Si prega quindi la Direzione dei periodici che sono in rapporti di scambio regolare con la « Malpighia », di voler inviare, dal 1° Gennaio 1911 in poi, i loro fasci- coli all'indirizzo sopra indicato. Essendo la fine del Volume XXIII, per circostanze estranee alla volontà della Redazione, uscita con parecchio ritardo. si avrà cura di regolare la pubblicazione del giornale im modo, che il Volume XXIV (che dovrebbe corrispondere all’ anno 1910 ) possa uscire completo entro i prossimi sei mesi. Gli abbonamenti al Volume XXIV, di cui il prezzo è già stato versato alle mie mani, sono stati passati alla nuova Amministrazione. Nel congedarmi dai miei valorosi collaboratori € dai lettori benevoli, sento il dovere di ringraziare gli uni e gli altri del valido appoggio che hanno accordato alla « Malpighia »; e nutro fiducia che vorranno conti- nuare la loro benevolenza a questo periodico anche sotto la nuova Direzione. GENOVA, 25. Novembre 1910. Prof. O. PENZIG.- c RENI A December 23, 1910. Dear Professor Busoalioni:- I note from a circular in the last fascicle of Malpighia, re- ceiveà from Professor Penzig a few days ago, that from the New Year you take over the editing of the Journal. I wonder if it may be consistent with Jour plans anê wishes to allow us to Mii Kalpighia regular- ly in exchange for our Reports. If so, the courtesy will be appreciated. Sincerely yours, Director. P rofessor Luigi Bus cal ioni ê (o Orto Botanico ài Catania, i Sicily, Italy. ta sa Pror. G. E. MATTEI | Posizione naturale delle Plantaginee. 4 P More in tutto il Regno Vegetale la famiglia di eui meno si cono- p Scano le affinità naturali è quella delle Plantaginee. Di essa BENTHAM | ed HookER (*) dicono : « Ordo nulli prope accedit, etsi characteres ge- . merales Gamopetalarum ostendit », aggiungendo: « Ordo parvus ad i calcem Gamopetalarum seorsum relinquendus ». In realtà anche Lin- NEO (3), che nei suoi Methodi naturalis fragmenta aveva riconosciuto le affinità naturali di tante piante, pone il genere Plantago fra le ie et etiamnum incertae sedis ». Antonio LORENZO DE Jussieu (°) colloca le Plantaginee fra le « Di- eotiledoni apetale », e precisamente interposte fra le Amarantacee, le Nietaginee e le Plumbaginee. Egli ritiene che sieno realmente apetale, considerando come ealiee la loro pretesa eorolla, e considerando come iàvolucro di brattee il loro preteso calice. Peró aggiunge: « Plantagi- es ab Amaranthis satis distinctae, tubo extra calicem exserto infra AE infero, et praecipue perispermi defectu, unde nee his nec Nyetagy- nibus vere confines ». Ora la tesi che le Amarantacee, le Nictaginee e le Plumbaginee sieno apetale è conforme al vero, avendosi in queste, | ultime famiglie calici petaloidei e non vere corolle, ma è meno soste- . nibile per le Plantaginee, come vedremo più avanti. Tuttavia questa Aen fu accolta da altri autori: così il LINDLEY (*) inserisce le Planta- inee nell'ordine delle apetale, ed anche il GRISEBACH (*) le colloca fra Ee le bee considerando la loro pretesa corolla come un calice alla di- d) Dieci G. et ge J P: Genera plantarum, vol. IL 1876, p. 1224. a Su) LINNEO e Methodi. naturalis puse. In Philosophia botanica. 1751, M ini (DE) ANT. L., Genera piniarsa. 1789, p. 89. "e LINDLEY i An introduction to the natural system of Botany. London a P- D GRISEBACH AvSpicilagium florae rumelicae et bilhynicae, vol. II, e » 302. 26. soin, Anno XXIII, Vol. XXIII. dd a A de) p G. E. MATTEI pendenza degli stami. Il BarscH (*), seguendo questo ordine di idee : aveva collocato le Plantaginee alla dipendenza delle Amarantacee, ed anche recentemente il Cusini (°) avvicina le Plantaginee alle Amaran- tacee, in causa della struttura dei loro peli, con membrane cellulari for- nite di protuberanze. Fino dall'anno 1759 BERNARDO DE Jussieu (°) aveva collocato le Plan- taginee nel suo ordine delle Jalapae, precisamente dopo le Nictaginee e le Plumbaginee, Ora appunto questa affinità fu ritenuta vera da molti autori: così la Plantaginee sono avvicinate alle Plumbaginee da RosERT- Brown (*), da ReIcHENBACH (7), da ENpLiCHER (°) e recentemente an- che da Maury (*). Ma a questo avvicinamento si oppone la posizione : degli stami, alterni e non opposti ai petali: del resto la forma delle foglie di alcune specie di Plantago, che ripete quella di molte specie di Armeria, devesi ritenere come una somiglianza dipendente da iden- tità di ambiente e non da vincoli genetici. Le Plumbaginee, quantunque gli autori non lo riconoscano, sono intimamente collegate con le Cario- fillee, entrando così nelle Ciclosperme: come nelle Cariofillee, il loro pre- teso calice è un involucro, e la gamofillia della loro pretesa corolla non è sufficente ad allontanarle , avendosi sovente, in famiglie affinissime , esempii di organi ora dialifilli ed ora gamofilli. Come rilevò il Vesque (°), le Plumbaginee sono quasi intermedie fra le Poligonacee e le Cariofil- : Oo BATSCH A. J., Tabula affinitatum regni vegetabilis. Wimariae, 1802, 34. ® CUGINI G., Descrizione di alcune purticolariá anatomiche riscontrate nei peli delle piante uos al genere Plantago. Iln Nuovo Giornale Bo- tanico Italiano, vol IX, n. 1, + p. 82. (3) JusstEU (DE) BERN., Ordines naturales in Ludovici X V Horto Tria- nonensi dispositi. In Jussieu (DE) ANT. L., Tenera a plantaru um, 1789, p. LXVIII. (9 Brown R., Prodromus Florae Novae Hollandiae, vol () REICHENBACH H. G. L., Handb. d. naturl. Pflanzensystems. 1831, p. 202. . (€) ENDLICHER ST, Genera plantarum, 1838, p. 340. . C) Maury P., Etudes sur l'organisation et la distribution géographique des Plumbaginacees, 1886. e VESQUE J., Caractères des principales familles Gamopétales , tirés de l'anatoinie de la feu iue. In Annales des Sciences Naturelles. Botanique. Ser. a VII, tom. 4, Hes p. 1 NATURALE DELLE PLANTAGINEE : Ba e l’ OLIVER () mise in evidenza le concordanze di struttura Mato: mica esistenti fra Plumbaginee e Cariofillee. - Ammessa la affinità delle Plantaginee con le. Plumbaginee, era facile 3 trovarvi una affinità anche con le Primulacee, e su questa insisterono diversi autori, fra eui il DECAISNE C) ed il DUCHARTRE (*): ma, come per. le Plumbaginee, si può rilevare che ostacola a questo avvicinamento la posizione degli stami, alterni e non opposti ai petali. Un altro ordine di affinità credette scorgere il BarTLING (5): : egli, co- stituendo l'ordine delle Aggregate, con le Globulariacee, le Dipsacee, le Valerianacee e le Composte, vi incluse ancora le Plumbaginee e le Plan- taginee. Siecome le Aggregate vere dipendono dalle Campanulacee e i uest’ ultime dal gruppo delle Aristolochiacee e delle Papaveracee, devesi ritenere che le Plantaginee vi hanno ben ‘poca affinità. Lo Spach (5), i accogliendo questa tesi, colloca pure le Plantaginee fra le Aggregate. Però nella maggior parte degli autori moderni prevale il concetto che le Plantaginee sieno provviste di vero calice e di vera corolla, per eui . le aserivono alle corolliflore. Ma persiste l'incertezza sulle loro più strette . affinità. Il BRoNGNranT (°) le avvicina glle Verbenacee, ed in verità nel- habitus si hanno diverse somiglianze, che fino ad un certo punto giu- | stificano questo avvicinamento, ma non si ha poi alcun carattere deci- sivo che lo confermi. L'EicALER (7), che pure fu felice in molti avvicinamenti naturali di piante, lo è meno per le Plantaginee : egli erede seorgervi molta affi- nità con le Serofulariacee, ritenendo che il loro tetramerismo sia una ns larizzazione postuma, come avviene in Veronica, cioè procedente da RD Observations on ihe structure of the stem in the certain species 38s the natural orders Caryophylleae and Plumbagineae, In Transac- . tine of the Linnean Societ, y or Londo on. Tom. XXII, PS p. 280 "e DUCHARTRE P. Kien: de "Polen, 1877, p. 215 — Duc CHA TRE "p. Or- . nogénie de la fleur des plantes à placenta central libre, 4844, p. 26. 5n [9] BARTLING F. TH., Ordines naturales, 1830, p. 125. si SPACH E., Histoire natur. des Phanerogames, vol. X, 1841, p. x Lola LONGNIART A. T., Enumeration des nia de ma cullives au 1 Mu- ; d' His toire naturelle de Paris, 18 igi FicaneR A W sper reped i 4875; p. 224. £s primordiale pentamera, con un tetramerismo postumo, avvicinandole però . loea alla coda delle Tubiflorae e precisamente subito dopo la famiglia analogie fra Plantaginee e Solanacee, e rileva come potrebbero riunirsi . tento esame morfologico. Harus e Rercae (*) poi avvicinano le Planta- | che pretesero appartenessero all'ordine delle Aggregate. ; l'anatomie de la m In Annales des Sciences Naturelles. Botanique, Ser. 1 una primitiva architettura pentamera, e conseguita mediante l'aborto di uno stame e relativa fusione di due petali in uno: ma se in Veronica la morfologia comparata giustifica una tale interpretazione, e molti casi teratologici la confermano, in Plantago nulla troviamo di analogo nè si può citare un sol caso teratologico accennante a pentamerismo. Devesi ritenere perciò che nelle Plantaginee il tetramerismo sia normale. Io - pure da principio ritenni. possibile per le Plantaginee un' architettura piuttosto alle Acantacee, nella quale famiglia si hanno numerosi esempii | di tetramerismo postumo, che non alle Serofulariacee. Questo ordine di - idee deve essere stato seguito dall’ ENGLER ('), il quale, facendo delle — Plantaginee un ordine a parte, quello cioè delle Plantaginales, lo col- s delle Acantacee. Il Paruro (*) pure avvicinò le Plantaginee alle Acan- tacee, insistendo sulla analoga struttura dei peli in entrambe le famiglie. de: Il Vesque (*), studiando anatomicamente le diverse famiglie gamope- Us n e tale, rileva come non esista assolutamente alcuna affinità istologica fra le Plantaginee, le Plumbaginee e le Primulacee, mentre rileva strette affinità fra Plantaginee e Labiate: però nessun carattere morfologico giustifica un tale avvicinamento. Il BaiLon (*), al contrario, trova molte in unica famiglia, ma anche questo avvicinamento non regge ad un at ginee alle Campanulacee, ritornando così in parte all'opinione di coloro Infine dobbiamo rilevare un altro ordine di affinità, già intraveduto C) ENGLER A., Syllabus der Vorlesungen ete. Berlin 1892, p. 171. i .(&) Paruto S , Contributo allo studio delle diuo. eid li Rivista di PR sica, Matemati ica e Scienze Naturali, vol. VIII, (3) VESQUE d., Caractéres des principales familles Bamoa. tirés de VII, tom. 1, 1885, p. (5) BAILLON H., Histoire des plant es, vol. IX, 1888, p. 274. ita Harms H. et REicHE C., Plantaginaceae. In ENGLER et eg Die Na- lichen Pflanzenfamilien, IV. Teil. 3. Abt. b, 1 DI p. 365. | POSIZIONE NATURALE PELLE PLANTAGINEE dall’ ADANSON (C) e ripreso da Ferd. MürLER C). L’ ApANSON costituì l'ordine delle Jasmina, in cui collocò le Plantaginee assieme alle Ja- | sminee, alle Oleacee ed alle Loganiacee, allontanandosi così totalmente | da quanto fecero dappoi gli altri autori: il MiùLLER riprese questo con- cetto, collocando le Plantaginee subito dopo le Loganiacee, ed insistendo i sulla stretta affinità esistente fra le due famiglie : egli però allontanava . di molto le Loganiacee dalle Rubiacee. Da questa lunga esposizione appare evidente l'incertezza degli autori nell'assegnare un posto naturale alle Plantaginee: quindi sorge il dub- bio che. questa famiglia sia stata erroneamente collocata dapprima fra le apetale, poi fra le eorolliflore: ne consegue l opportunità di cercare le sue affinità naturali in altri gruppi vegetali. x Ora appunto, procedendo io a nuove ricerche filogenetiche, per una uova e più razionale classificazione del Regno Vegetale, cui sto da tempo attendendo, eredo di avere intuito la vera posizione naturale delle " Plantaginee. Esse sarebbero caliciflore , quantunque non conservino piü alcun carattere di vera calicifloria, e dipenderebbero dalle Rubiacee. . Mi ha condotto a quest’ ordine di considerazioni una Rubiacea del- l Eritrea, classificata dal Lanza come nuova, con il nome di Z/ypodema- dium Erytraeae (*): essa appartiene alla tribù delle Spermacocee, ed ap- punto questa tribù collega le Plantaginee con le rimanenti Rubiacee : . ma, mentre le Spermacocee sono entomofile, le Plantaginee, sono ane- . mofile, per eui si presentano con profonde semplificazioni e depaupera- zioni florali, dovendosi, come in ogni caso di anemofilia, ritenere quao time per derivate dalle preeedenti e non per primitive. Vediamo quindi di confrontare i prineipali caratteri fra Rubiacee e Plantaginee, per rilevarne le eoneordanze e le diserepanze. E ADANSON M., Familles des ndis: tom. Il, 1763, p. 225. (2) MÜLLER pe Systematic census of Australian Plants. Part. I, Mel- bou m 1592, p. 83. TTEI G. E. F Lanza D., Plantae Erythraeae a L. Sennio lectae. - jn Bolle. tet diet R. Orto PORNO, | e Giardino Coloniale di Palermo, vol. VIII, 1909, p. 25 tab. Uno dei vien Loan costanti nelle Rubiacoe è quello delle foglie op- .. PN mentre la ueni n. delle Plantaginee presenta foglie alterne: senta in molte Spermacocee, ed é quasi abituale nelle Stellate. A que- = delle Stellate, e se ne avrebbe la conferma in aleune specie, come nella - biacee abbiamo cime dicotome, sovente assai complesse , mentre. nelle | Plantaginee abbiamo spighe densiflore, qualche volta capituliformi. Tut- tavia anche nelle Rubiacee abbiamo una tendenza a quest'ultima infio- rescenza. Già nei generi Pentas e Pentanisia si osserva che l infiore- i elicoidali o scorpioidi, facenti passaggio a tipi spiciformi, si osservano ria, Bertiera, Hamelia, ete. In queste anzi, per solito, una delle due © jr nore di fiori, accennando ad una non lontana sua soppressione: infatti | i in sea si hanno infiorescenze spiciformi = asse unico, persistendo | ma nello stesso genere Plantago si ha la sezione Psyllium, che per molti caratteri’ devesi ritenere come prototipa, in eui le foglie sono non solo opposte, ma anche lé foglie di ciascuna coppia sono unite fra. i; loro da un cingolo, precisamente come in molte Rubiacee : sopra que- . sto cingolo si hanno sovente lunghi peli, analoghi a quelli interpezio- lari che sostituiscono le stipole in molte Spermacocee. Aggiungusi pure |. che molte specie, dei generi Spermacoce e Borreria presentano un aspetto ; di Lil così accentuato, che difficilmente si | potrebbe ritenere fo. n carattere delle foglie parallelinervie, molto costante in Plantage: S non riscontrasi nella maggior parte delle Rubiacee. Tuttavia già si pre- - sto riguardo ritengo che le foglie di Plantago corrispondano ad un fil- lodio, ossia ad un picciuolo ampliato, mancante di lamina, come ino molte Monocotiledoni, ed, in generale, in tutte le piante a foglie con nervature parallele. Tali potrebbero essere considerate anche le foglie - Rubia discolor, in cui l'estremità del filloma è ampliata a guisa di la- mina, pur conservando una nervazione perfettamente parallela. i Di più difficile interpretazione è la forma dell’ infiorescenza. Nelle Ru- sce scenza, dapprima accorciata, presentantesi come cima umbelliforme, si va allungando nella fruttificazione, per un postumo sviluppo degli in- ternodii, divenendo in realtà spiciforme. Cosi pure infiorescenze a cima, in altre Rubiacee, specialmente nei generi Guettarda, Gonzalea, Paede- biforeazioni è molto più debole dell'altra e porta un numero assai mi- POSIZIONE NATURALE DELLE PLANTAGINEE 375. tuttavia più fiori per ogni brattea: in Geazalea poi si nota una spic- cata tendenza di dissociazione delle coppie di fillomi ascellanti. Questi esempii ei dimostrano come sia facile passare dal tipo normale di in- fiorescenza delle Rubiacee, a quello delle Plantaginee: d'altra parte, ad uno studio attento, l'infiorescenza di queste ultime si rivela come una falsa spiga, risultando piuttosto come una riunione spiciforme di glo- meruli cimoidali, ascellari, sovente ridotti ad un sol fiore: nelle specie tratte, e non essendosi in esse ancora effettuata la dissociazione delle coppie ascellanti. Possiamo perciò ritenere che l'infiorescenza allungata, spiciforme , delle Plantaginee, proceda da quella delle Rubiacee e siasi costituita in correlazione con l’adattamento anemofilo assunto dalle dir taginee stesse. Il carattere del tetramerismo florale corrisponde in entrambe le ta- miglie, e, se consideriamo che nel Regno vegetale sono abbastanza rari i tipi tetrameri, anche questa coincidenza è di qualche valore. Si ha cioè nelle Plantaginee un tetramerismo reale e non apparente, quale sarebbe quello di Veronica e di molte Acantacee. Nelle Plantaginee poi abbiamo corolle con lobi imbricati o valvati, mentre nelle Rubiacee predominano i tipi a corolle contorte: ma nelle Rubiaeee stesse non mancano esempii di corolle embricate o valvate: tali sono anche nei generi Spermacoce, Mitracarpum ed in altre Spermacocee. Resta però un carattere che sembra insormontabile, e forse questo ha trattenuto tutti gli autori dall'avvieinare le Plantaginee alle Rubiacee: è cioè il carattere dell’ ovario supero nelle prime, infero nelle seconde. | Ma dagli autori si è data una importanza troppo assoluta a questo ca- rattere: in parecchie famiglie vegetali abbiamo tipi ad ovario supero e tipi ad ovario infero. Per citare un esempio troviamo le famiglie mo- noeotiledoni delle Gigliacee e delle Amarillidee falsamente dagli autori differenziate secondo le aderenze dell'ovario. Già il GASPARRINI (') aveva rilevato come il Nectaroscordon siculum sia un vero Allium ad ovario zO GASPARRINI G. , Del la varia imporlanza dei caratteri per trovare le affinità delle Manda Napoli, 1844, p. 16. della sezione Psyllium ciò è evidente, avendosi infiorescenze più con- TG. E. MATTEI infero. Il DeLPINO (!) pure rilevò come le Amarillidee, sieno Allioidee ad ovario infero, come il genere Pazeratiwm sia nella più manifesta correlazione con gli Allium a stami trifidi, trovandosi perfino nel Pan- cratium parviflorum la corona monadelfa dell'androceo scissa in sei stami trifidi: come infine la Zulbaghia alliacea sia grandemente affine ai Narcissus e come l Agapanthus umbellatus apparterebbe propriamente al genere Amaryllis, se avesse l’ovario infero. Ad analoghe conclusioni venne il Ronca (^) nel suo studio sulle Narcissee. Anche il Tropea (°) non ritiene carattere sufficiente l' ovario infero di Nymphaea. per allon- tanare questo genere dalle Papaveracee. E questo basti per dimostrare la poca attendibilità dei caratteri “desunti dalle aderenze dell’ ovario. 4 im realtà, ritornando alle Rubiacee, troviamo che anche fra queste l ovario infero non & poi così assoluto come credesi: anzi in varii generi tende a ritornare supero, cioè a liberarsi da ogni aderenza con gli altri organi. Ad esempio nei generi Henriquezia ed Oldenlandia - abbiamo I ovario semisupero: nei generi Rhachicallis e Synaptantha l ovario è per tre quarti supero; nel genere Polypremum V ovario è quasi interamente libero: infine si hanno ovarii completamente liberi , superi, nei generi P/atycarpum e Mitreola. Quindi l’ ovario supero non fa ostacolo all' avvieinamento delle Plantaginee con le Rubiaeee: anzi l'arehitettura florale, negli ultimi eitati generi, é meravigliosamente iden- tica a quella di Plantago. Devesi ritenere che, con la semplificazione ap- portata dalla anemofilia, si è avuto una correlativa disgiunzione delle : aderenze florali, eon un ritorno all’ indipendenza dell’ ovario. Molte Plantaginee hanno due soli ovuli per ovario, e cosi pure molte Rubiacee: tuttavia esistono Plantaginee con ovario pluriovulato, ma an- | che nelle Rubiacee si hanno tipi a molti ovuli, come ad esempio 0 DELPINO F., Classificazione delle ie In Memorie della R. ‘Academia delle Scienze di Bologna. Ser. V, 896, pag. 83. — DELPINO F. , Aggiunte alla teoria della (deal azione delle Monocotiledorni. In Memoria della R. Accademia delle Scienze di Bologna. Ser. V, tom. X 1903, p, Ê) Ron Aire ai ite aa Napoli, 1902. DI Torna C ne Eisen: della corolla. Palermo, 1909, p. 49. POENT NATURALE DELLE PLANTAGINEE 377 !' nelle tribù delle Cinalionis. Confrontando poi una sezione di ovario di Plantago con altra di qualche Spermacocea, si possono scambiare fra loro, senza più riuscire a distinguerle: il paragone è facile avvici- nando le figure che ne danno gli autori, non certamente suggestionati dal preconcetto di affinità fra le due famiglie. La deiscenza a pisside del frutto, caratteristica in Plantago, trovasi altresì in qualche Rubia- cea, pure della tribù delle Spermacocee, come in Staelia e specialmente in Mitracarpus. La forma dei semi di Plantago sì rinviene pure in di- verse Spermacocee, con tale identità dei più minuti particolari, che ec- cede ogni analogia supponibile, dipendente da mimismo o da identità di adattamento. I semi del già citato Z/ypodematium Erythraeae sono ssolutamente identici a quelli delle Plantago della sezione Psyllium : anzi. un genere di Rubiaeee Spermacocea fu chiamato per questo Psyl- locarpum (sarebbe stato più esatto dire Psyllospermum, trovandosi la so- miglianza nei semi e non nei frutti). I semi di Plantago , infine, sono | provvisti di larga albume cornea, come nelle Rubiacee, caso non fre- quente nel Regno vegetale. Per tutte queste considerazioni ritengo che la vera posizione. naturale elle Plantaginee sia vicino alle Rubiacee. È plausibile ammettere che e Plantaginee costituiscano una stirpe di Rubiacee depauperata per ane- nola, derivante dalle Spermacocee e forse parallela alle Stellate. Già nelle Rubiacee, come rilevò il DeLpIno (*), si trova un'altra stirpe ane- -mofila, quella delle Antospermee , ma quest' ultima non ha diretti rap- porti genetici con le Plantaginee: quindi dobbiamo concludere che, nella a ig ed interessante famiglia. delle Rubiacee, l'anemofilia si attuò due | indipendentemente, costituendo da un lato le Antospermee e dal Ra le Plantaginee. In sauia queste stirpi persiste la corolla, ma Ammessa quindi la dipendenza delle Plantaginee dalle Rubiacee , le Plantaginee stesse dovrebbero venire tolte dalle Corolliflore ed incluse - nelle Caliciflore. Ciò dà NS dell’ imbarazzo in cui si trovarono gli flore. Però la classe delle Caliciflore non è certamente omogenea, ma a coglie diverse stirpi, che in una classificazione naturale andrebbero al- lontanate : così come ora sono costituite, le Calieiflore comprendono alc mene tre gruppi differentissimi, oltre a diverse famiglie che a torto vi. ` furono incluse. Una di queste famiglie è quella delle Rubiaeee: il po- sto che le spetta, come già notò il DErPiNo (P, è nell’ ordine delle Ga- mopetale contorte, ordine già intraveduto dall’ EICHLER , il quale però non osò includervi le Rubiacee. Questo gruppo naturalissimo è costi. tuito dalle Rubiacee, dalle Jasminee, dalle Genzianacee, dalle Lo niacee, dalle Apocinee e dalle Asclepiadee. Ineidentalmente. notiamà- che le Jasminee sono molto affini alle Loganiacee ed alle Rubiacee, men tre non hanno che rapporti di analogia eon le Oleacee, alle quali gli autori propendono unirle: le Oleacee appartengono ad altro gruppo, cioè alle vere Corolliflore genuine. i In realtà fra Rubiacee e Loganiacee passano le maggiori affinità po sibili. Anche ALFonso De CANDOLLE (7?) aveva rilevato la grande iden tità di caratteri esistente fra il genere Gaertaera delle Loganiacee ed i genere Chazalia delle Rubiacee: può dirsi che l unica differenza con- sista nell'ovario libero in Gaerfaera ed aderente in Chazalia. Infatti l Rubiacee e le Loganiacee si avvicinano per le stipole interpeziolari, p il tipo delle infiorescenze e per la costituzione dei fiori e dei frutt fiori nelle Loganiacee sono per solito pentameri, ma abbiamo esempii di tetramerismo in Nuzéa ed in Chilianthus. La presenza di molti ovuli è normale nelle Loganiacee ma si trova ancora in molte Rubiacee, special- mente nelle Cinchonee : identica ne è la deiscenza delle capsule. L'albume eo ruminato si trova in una Loganiacea, Pagamea, ed in parecchie Rubia- va o REA calare: pair A rAr it: È Rutidea, CMM etc; In- .. P) D&zPINO F., Punizione mirmecofila ne l Regno vegetale. Parte HI. " Memorie della R. Accademia delle Seina dal M Ser. IV, tom. X, 1889, È. 15. EUER metto raro nel "gem CM cioè ld di joel organi chiamati dal Treu8 (! ) crocchi, tanto nelle panna, Strychnos, quanto | nelle Rubiaeee, Uncaria. Queste considerazioni fanno ritenere verosimile ehe le Rubiacee deri- zs Uo dalle Loganiacee : da queste ultime pure dipendono le Apocinee e e le Asclepiadee: quindi possiamo nel seguente schema riassumere la probabile filogenesi delle famiglie che ora abbiamo esaminate : Loganiacee a | ) s x i -e | gs | Rubiacee uu: # Br - uw ws : E Antospermee Spermaeocee Asclepiadee E M i i Plantaginee - Così stabilita la filogenesi delle Plantaginee, rileviamo come si fosse i avvicinato al vero l’Apanson, quando includeva questa famiglia nel- To ordine delle Jasminee, in cui includeva pure le Loganiacee, e come | anche Ferd. MiLLER si avvicinasse al vero, collocando le Plantaginee A alla dipendenza delle Loganiacee. Entrambi però questi autori non ine? si | tuirono gli stretti rapporti intercedenti fra Loganiacee e Rubiacee, per — — da) cui allontanarono le Rubiacee stesse dalla loro vera sede naturale, sepa- — randole di. uti dalle diem dalle quali, come abbiamo di 0 "Tias a. E une nouvelle categorie de plantes re In An- nales du vu Botanique. de Rea. ime HI, mil nr Pror. G. E. MATTEI Altro esempio di dimorfismo nei clorofillofori. Il De Gasparis (*) ed il DeLpPiNno (°) segnalarono, dapprima nella Portulaca oleracea, poi in altre piante, l’esistenza di un singolarissimo dimorfismo nei clorofillofori : io pure potei osservarne, sul vivo, la pre senza in una Boerkaavia, oriunda del Messico e coltivata nel R. Orto Botanico di Palermo. Ma tutte le specie che fin qui si conoscevano, pre- sentanti questa particolarità, appartenevano al gruppo delle Ciclosperme, per cui era lecito dedurre che si trattasse di un fenomeno isolato, pre- sentatosi ed evolutosi in detto gruppo, Hid déndanténante da qualsiasi causa esterna od influenza di ambiente. Recentemente peró ho avuto occasione di ritrovare il medesimo di morfismo in una specie che certamente non appartiene alle Cielosperme, e questo induce a considerare tale fenomeno sotto altri aspetti. Si tratta del Zygophyllum simplex, specie singolarissima, diffusa in molte regioni | dell’Africa e dell'Asia tropicale o subtropicale: essa abita le dune ed i deserti arenosi, poco lungi dal mare, spingendosi qualche volta anche più all’interno, come ad esempio nell’ Egitto e nella Nubia. Ha un por- tamento prostrato-diffuso, e foglie semplici, cilindriche, a differenza delle altre specie congeneri, le quali portano foglie composte. Colpisce tosto la grande somiglianza che presenta questa pianta nell’aspe:to e spe- cialmente nelle foglie, con la Portulaca oleracea: non potendosi però invocare alcuna parentela fra le due specie, pren appartenenti a gruppi Q0) DE GASPARIS AUR: , Considerazione intorno al tessuto assimilatore di alcune specie del genere Portulaca. Negli « Atti della R. Accademia delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli » Vol. XII, Ser. 25, n. 11. qm (® DeLpino F., Sviluppo della eteromerica? rpia nelle Portulacee, e nuovi casi di dimorfismo nei clorofillofori. In « Rendiconti dell Vad delle Scienze fisiche e matematiche di Napoli » p RE vol. XI, fasc. IV, p. 140. SR 1905. — DeLPINO F., Applicazione di nuovi criteri per la classifica- piante. Memoria settima. In « i della R. Accademia dene. ciclone dell istituto di Bologna », Ser. VI, tom. lI, p. 227. Bologna, 1905. e LL rA 7^ ALTRO ESEMPIO DI DIMORFISMO NEI CLOROFILLOFORI 381 naturali diversi. e nemmeno alcun mimismo, perchè viventi in aree dis- giunteg dobbiamo ritenere si tratti di uno di quei numerosi casi di so- miglianza, così bene posti in evidenza dall’ AprsI ('), dipendenti da identità di ambiente. Il Fonskar (°) pure dovette essere colpito da una tale somiglianza, avendo ehiamata questa specie Zygophyllum portula- | coides. Avuto da determinare aleuni saggi di questa pianta, raccolti dal MacaLuso (?) nel Benadir, e precisamente sulle dune litorali di Moga- discio, fui io stesso sorpreso della sua somiglianza eon la Porlulaca ole- racea, per cui, prima di contemplarne i fiori, ritenni si trattasse real- mente di una Portulacacea. Alcuni saggi diseccati erano in troppo pes- . sime condizioni per una loro identificazione: altri peró, conservati in d formalina, si presentavano in uno stato assai migliore, e su questi ul- = timi portai la mia attenzione. Suggestionato dalla somiglianza con la Portulaca, volli esaminarne le foglie, per trasparenza, con una semplice lente, e tosto mi convinsi che presentavano un dimorfismo nei clorofil- lofori, identico a quello della medesima Portulaca oleracea. Ciò sarebbe’ stato normale se realmente si fosse trattato di una vera Portulacacea, ma la mia sorpresa accrebbe di molto, quando dovetti convincermi che si trattava di una Zigofillacea. Perciò volli esaminare un poco più accuratamente il comportarsi dei clorofillofori in questa specie: il materiale, eonservato in formalina, non . era troppo adatto per osservazioni microscopiche, riuscendo specialmente difficile il farne buone sezioni : tuttavia mi fu possibile vedere quanto z bastava per accertare che qui pure sì hanno disposizioni molto analo- di ghe a quelle riscontrate in Portulaca. Come. aveva da ppinonia veduto con una TUR lente, si trova, (1) ps ADESI G., Somiglianze e mimismo nel Regno Vegetale. Messina P- turia HE 1775, p. 88. — @ MATTEI G. E, Contribuzioni alla Flora della Somalia Italiana. Cen- "ría Il. In « Bollettino Wir x Orto Botanieo e Giardino Coloniale di Palermo. Anno VII. MA B (*) FORSKAL P.,. Flora Aegptiaco-Arabica. Descriptiones plantarum. Cen- nelle foglie di questo Zygophyllum, che i elorofillofori sono in massima parte disposti lungo il decorso dei fasci fibroso-vascolari, formano una reticolazione di color verde carico, che bene spicca sul restante tessuto quasi trasparente. Ciò si può agevolmente osservare ad un minimo in- grandimento, massime se sottoponiamo la foglia, sul pottoggetti, ad una lieve pressione, in modo da schiacciarla alquanto. Facendone poi sezioni, sottili, per quanto fu possibile, ed osservandole ad un ingran- dimento maggiore, si trova che ogni fascio è cinto da un vero astuecio di grosse cellule contenenti numerosi clorofillofori , abbastanza grossi e | di colore verde scuro, quasi bluastro: essi sono limitati verso la parete — della cellula che cinge il fascio stesso. Le cellule invece del rimanente mesofillo sono quasi prive di clorofillofori, presentandone solo, in numero assai scarso, molto più piccoli, e di colore giallastro. Nella quasi as- senza di clorofillofori in questo tessuto, si ha una variante da quanto osservasi in Porfulaca, in eui anche le cellule lontane dai fasci presen- tano numerosi clorofillofori, quantunque più piecoli e più pallidi. Tut- tavia non può negarsi che nelle due specie esista una singolare somi- glianza di disposizione e di dimorfismo riguardo ai ai la quale non può essere fortuita. Sul dimorfismo dei clorofillofori fin | qui non fu data aleuna interpre- tazione plausibile. Il De Gasparis ammette che si tratti di una ten- denza nei clorofillofori stessi a rendersi indipendenti e ad individualiz- zarsi, in rapporto al lavorio della nutrizione : il DreLp:N0 invece pensa che si tratti di vere alghe unicellulari, le quali abbiano assunta la fun- zione assimilatriee a vantaggio della pianta, sostituendosi ai veri cloro- fillofori. Il DeLPINO poi, visto ehe tutte le piante, allora: note come pre- sentanti questo dimorfismo, appartenevano alle Cielosperme, se ne pre- valse come di carattere diagnostico, ed anzi fu felicissimo nell’ intuire la grande affinità ‘esistente. fra Portulaca e Trianthema , disconosciuta dagli autori. — Or tuttavia, con la scoperta di questo dimorfismo nelle Zigofillacee, la questione cambia aspetto. Le Zi igofillacee non appartengono certamente alle Ciclosperme, ma si avvicinano piuttosto alle Ossalidee ed alle Con- i de | naracee, facendo così passaggio alle Leguminose : appartengono cioè al - gruppo delle E a gans Polidiname di Lino] ed hanno non dubbi e stretti rapporti con le Rutacee. Devesi, perciò de- durre che il dimorfismo nei elorofillofori può avere una causa biologica, rse in rapporto a partieolari eondizioni di ambiente. Infatti, se consideriamo le diverse piante presentanti questo dimor- . fismo, Pontulaca, Trianthemum, Boerhaavia, Amaranthus, Atriplex, Zy- hyllum , ecc., troviamo che sono di preferenza ruderali e qualcuna e alofila. Ora il Gora (') ha posto in evidenza gli strettissimi rap- porti esistenti fra le alofite e le piante ruderali, per cui sovente le une e le altre sono improntate ad una medesima struttura: in parecchi ge- neri si hanno specie vicinissime, vicarianti, le une alofile, le altre ru- | derali. Devesi considerare che i terreni marittimi sono impregnati di quantità di cloruro sodico, mentre quelli ruderali lo sono al pari nitrato potassico o di altri sali potassici: la presenza di questi sali generano soluzioni ad alta pressione osmotica, la quale può venire cal- . colata fino da 12 a 15 atmosfere. Le piante quindi, vegetanti in tali luoghi, per far fronte ad una simile pressione, debbono contenere, nei loro tessuti, soluzioni approssimativamente isotoniche , cioè abbastanza concentrate di cloruro di sodio, o di nitrati potassici. E che realmente piante alofile e ruderali contengano di tali soluzioni, è un fatto ben ‘accertato. Ne deriva che quando avvengono forti pioggie , queste , la- -vando rapidamente il terreno, lo liberano dall eccesso di soluzioni sa- line, e fanno abbassare la pressione osmotica dei liquidi circolanti in esso: allora, per ristabilire l equilibrio osmotico nel corpo delle piante, generano tosto, entro le piante stesse, forti correnti ascensionali di i quasi priva di soluzioni saline. È probabile che quest'aequa, giun- o ai tessuti assimilatori, influisca per determinare momentanea- mente una maggiore energia operativa nei clorofillofori. Ammettendo uesto, si può intuire l'utilità che deve ritrarre la pianta, durante i pe- iodi di pioggia, dalla localizzazione dei elorofillofori in un astuceio di llule attorniante i fasci fibro-vascolari, e dalla localizzazione degli f * ) GoLa G., Studii sui RESSE tra la distribuzione delle piante e la co- uzione fisico-chimica del suolo. In I « Annali di Botanica », vol. Ill, 1905, p. 455. zioni luminose che percepiscono, nel nostro caso invece si possono rite- raccolti in Egitto al Cairo, e dagli autori (*) viene altresì indicata fre- Boissier ». Tom. VII, 1899, | h. stessi elorofillofori, entro ogni ipei cellula, verso la parete die einge. il fascio stesso. Per rendere più attivo e speditivo il lavorio di nutri- zione, ossia di assimilazione, si avrebbe avuto questa divisione di la- voro nelle diverse regioni della foglia, eon conseguente dimorfismo di clorofillofori. Cioè, in altri termini, quasi tutto il parenchima fogliare, immagazzinando forti quantità di eloruro di sodio o di nitrati potassici, avrebbe in massima parte rinunziato alla funzione assimilatrice, loca- lizzandosi questa ed esagerandosi nelle sole vicinanze dei fasci. E che una tale localizzazione risponda ad un bisogno impellente per la pianta si può agevolmente dedurre dal fatto che, mentre nella pluralità delle piante i clorofillofori sono sensibilissimi alla luce e si dispongono di preferenza negli strati più esterni, spostandosi a seconda delle radi ia- nere poco soggetti a reagire all’ azione della luce, collocati come sono attorno al fascio stesso. È perciò verosimile che il bisogno impellente di utilizzare aequa meno earica di soluzioni dos abbia determinato que- sta loro localizzazione. A questo proposito noto un fatto curioso, e che dapprima mi parve | inesplieabile. Gli esemplari di Zygophyllum simpler, da me esaminati, furono raccolti nella zona costiera del Benadir, i in terreni senza dubbio fortemente salati, come lo provano le Swaedae e le altre alofite prove nienti dalla medesima regione. Ma questa specie si Spinge sovente nel- l interno del continente africano. Lo SCHWEINFURTH (! ) la cita dell'Eri- trea à Saati, cioè a circa 260 metri di altitudine: secondo l'ExaLER Q) E Blasi l avrebbe rinvenuta in Somalia, nella regione montana, fino a 500 metri di altitudine; io pure ne ho veduti saggi d' erbario quente nella Nubia. Ora in tutte queste regioni è verosimile che sia, (» aW G., Sammlung Arab. MAeROp. In « Bulletin au Herbier 3 7. i | ® ENG GLER A., Zygophyllaceae somalenses. in Prtorra « Annuario del R Istituto Botanico di Roma ». su VII, 1898, -8 Borssier Epw., Flora orientalis. Vol. I, p. via - — - OLIVIER D... Flora. ed APT Vol. LO 1868, p. 285. * ALTRO ESEMPIO DI DIMORFISMO NEI C,OROFILLOFORI | 385 — sottratta all’azione del sale marino: ma se ciò avviene, a meno che non acquisti abitudini ruderali, persisterà il dimorfismo dei clorofillofori ? Mancano osservazioni in proposito, ed io non ho potuto avere materiale di tali provenienze adatto a siffatte ricerche. Però non posso fare a meno : di rilevare ehe il VoLkens ('), il quale tanto bene studiò le piante dei so deserti di tali regioni, citando appena di passaggio il Zygophyllum sim- plez, assieme ad altre specie congeneri, tace affatto di una simile par- ticolarità, ehe certamente avrebbe dovuto rilevare, Ciò lascia supporre ehe questa specie, presenti o no il detto fenomeno, a seconda della sa- turazione salina dei terreni in eui vegeta. A conferma di una tale sup- posizione volli vedere se anche nella nostra Portulaca oleracen avveniva i qualcosa di simile: posi perciò a confronto piante vive di detta specie, raccolte in terreni ruderali, certamente ricchi di nitrati potassici, con È altre raccolte in terreni ortensi, in cui verosimilmente tali nitrati scar- seggiavano. Orbene nelle prime le foglie, fortemente cilindriche, presen» tavano uno spiccatissimo dimorfismo nei clorofillofori, mentre nelle se- conde, le foglie, più appiattite, presentavano solo scarsamente un tale fenomeno. Ciò tenderebbe a dimostrare esser vera l'ipotesi cui sopra ho accennato: Ritengo che con colture sperimentali, in ‘terreni apposita- mente preparati, si potrebbe ottenere qualche variante confermante i fatti suddetti, e questo mi riprometto fare in seguito. Intanto parmi plausibile I’ ammettere che il dimorfismo dei clorofillofori sia in rela- zione con particolari condizioni di ambiente, senza ricorrere nd altre teorie geniali, ma meno dimostrabili A - (') VoLkens G., Die Flora der Aeg yptisch-Arabischen ‘liste. Berlin, 1887, ‘D. 113, et Taf. Xh fig.. 4. 3) Mentre correggo le bozze di questa nota ho trovato che anche diverse -o di a della ne S Sopu yllum, ad esempio Euph. Preslii, 4, Euph. maculata, etc. presentano il medesimo dimorfismo sbruilc us é una une coder delia tesi che sono andato svol- : le Euforbiacee non appartengono affatto nè alte Ciclosperme, nè idi emprepiü c quest t. in parte almeno, indipendente da affinità filogenetiche: l'essere poi ie di Euphorbia, appartenenti alla sez. Anisophyllum, prevalentemente ruderali, viene in appoggio alla interpretazione da me 27. muet Anno XXIII, Vol. XXIII. Dorr. A. VILLANI Contribuzione allo studio della Flora Campobassana. NOTA QUINTA. Tra i lavori dei botanici, che si occuparono dello studio della Flora Campobassana, e che vengono richiamati nel presente contributo, meri- tano anzitutto di essere ricordati quelli di Fabio Colonna. Diverse specie questo insigne naturalista raccolse sul Matese, ed in modo speciale nella Valle di Campochiaro e sui monti che la sovrastano. I suoi lavori (^), ricchi di pazienti e minuziose ricerche; sono molto interessanti per la storia della Botanica Campobassana; e però io ho ritenuto ‘importante aggiungere ai nomi moderni di ciascuna pianta quelli riportati dal Colonna con le osservazioni, che riguardano più spe- eialmente l'A4abitat della specie. In questa nota sono ancora elencate le piante che raccolsi nello scorso anno in luoghi diversi della provincia, posti ad altezze varianti tra 700-1000 m., ed alcune altre indicate nei lavori di G. Scarano (*), di A. Bertoloni (?), di F. Parlatore (4), di N. Terracciano (e e di U. Mar- telli (°). (!) E. CoLonna, Purofaravo: sive plantarum a liquot antiquorum historia ef. jose : Piscium aliquot plantarum historia. Neapoli 1592. — F. LONNA, Minus cognitarum TOONI nosiro coelo orientium stirpium- 1616. Expozo. Romae (3) G. ScanaNo, Rapporto di Botaniche peregrinazioni. Giornale enciclope- dico di Napoli, quinto anno di associazione, pag. 170, tom. III, Napoli 1881. Stamperia Michele Migliaccio. (3) A. BERTOLONI, Flora italica. ge scm 1833-62. È F. PARLATORE, Flora italiana. Firenze 1848-75. 5 N. TERRACCIANO, Terza vox intorno alle peregrinazioni botaniche A nella provincia di Terra di Lavoro. Caserta 1870. — N. TERRACCIANO, Quarta relazione intorno alle peregrinazioni botaniche fatte nella pror di Terra di Lavoro. Caserta 1878. - (5 U. MARTELLI si E. TANFANI, Le [UNES TE e le protallogame raccolte | durante la riunione gener ale in Napoli della Società botanica italiana nel- T agosto 1891 (Nuovo giornale botanico ilaliano, vol. XXIV, luglio 1892, n. 3, pag. 172A € * (AMM fen $ CON NTRIBUZIONE Nel tóm THE ces allo studio della Flora Campobassana feci i nomi di una parte delle piante, raccolte da Scarano a Trivento; ora mi oc- cuperò delle rimanenti, tralasciandone poche, della eui determinazione non ho piena sieurezza. | Per questa stessa ragione ed anche per le insuffieienti notizie della osi precisa ho dovuto omettere il nome di poche specie, notate nei lavori degli altri botanici citati. Ho compreso in questa nota alcune piante che nella Flora di Ka loni sono indicate di Campobasso, e ho fatto anche il nome di quelle che, pur essendo eleneate nei contributi precedenti, Dra nel Berto- > ‘loni di altre località della provincia. Le specie: Rumex obtusifolius L., Polygonum romanum Jacq. « P. fla- gellare », Alsine graminifolia (Ard.) J. J. Gm. « Arenaria Arduini », “Sedum neglectum Ten., « S. acre », Geranium asphodeloides Burm. f., Genista triangularis Kit. in W. « G. genuensis », Hypericum hissopi- folium Vill. non sono state richiamate in luogo opportuno, perchè tutte le indicazioni , che ad esse sono riferite dal Bertoloni , corrispondono esattamente a quelle già da me riportate in altro lavoro. . Il medesimo sistema ho seguito per le piante Campobassane , notate nella « Flora Italiana » di Parlatore, e peró ho omesso tutte le notizie, ‘che riguardano le specie seguenti : Colchicum Tenorei Parl.; Asparagus tenuifolius Lam., Serapias longipetala (Ten.) Pollini,, Aceras anthropo- phora (L.) R. Br., Orchis longibracteata Biv. « Barlia longibracteata » Parl., Orchis intakta Lk. « Tinea cylindracea », Orchis ustulata L. , Alsine verna (L.) Whlnb., Alsine graminifolia (Ard.) J. I. Gm., Lychnis Coronaria (L.) Desw., Hypericum hissopifolium Vill., Helianthemum sa- licifolium (L.) Mill., b. denticulatum (Thib.)., Reseda lutea L. Y gracilis — (Ten) « R. lutea », R. Phyteuma L., Hesperis matronalis L. Arabis 3 muralis Bert., Sisymbrium Sophia Jacq., Nasturtium silvestre (L.) R. s Br, Myagrum perfoliatum L., Draba aizoides L., Lepidium campestre Ti CR Br., Aethionema sazatile (L.) R. Br., Sedum neglectum Ten., « S. acre », Sedum magellense Ten., Bupleurum ezaltatum M. B. « B. fal- o- ; cat CE er », pane gue Ue ) Are. « AZ fe * * letto, sulla Gallinola (m. 1922 ) e nella vallata di Roccamandolfi (*) ie, date da essi, non figurano nelle mie precedenti note. letti ». |. nome di « Vallata di Roceomandolfa » Peucedanum Carvifolia (L.) Vill., Polygala major Jacq., Geranium re- : Jlezum L., G. asphodeloides Burm. f., Linum capitatum Kit., Hibiscus — Trionum L., Olea Cajetana Pet., Galeopsis Tetrahit L., G. Ladanum E, Acanthus spinosissimus Pers., Lonicera alpigena L., Valeriana tuberosa L., Campanula foliosa Ten. : : Delle specie riportate da N. Terracciano nella terza e quarta relazione di peregrinazioni botaniche in Terra di Lavoro figurano in questa nota solo quelle trovate sulla Vetta di M. Mutria (m. 1822), sul monte Mi- - Un buon numero di specie, tra cui alcune interessanti, raecolsi nel- - l'estate dell'anno 1908 sui monti di Capracotta, ma di queste, come di altre trovate sul Matese nello scorso anno, me ne occuperò in. una nuova nota. Osservo tuttavia che ne ho raccolte alcune, che in questo contri buto sono notate in altre località della provincia dai botanici da me ri- chiamati. od Ho accompagnato con un * quelle piante che, pur essendo già state indicate in altri contributi, sono riportate in questo lavoro, perchè o fu- - rono trovate in nuove località dagli autori di sopra ricordati, o le noti- ‘Circa l'ordine ed il nome delle singole specie e varietà mi sono atte- nuto ai criteri adottati nella « Flora ‘analitica d'Italia di Fiori e Pao. Polypodium vulgare L. (Trivento. G. Scarano, Rapporto di Bot. pereg. ~ Giornale enciclopedico di Napoli, tom. III, p. 183). In luoghi bo- schivi ed ombrosi del bosco Fajete, presso Monte Vairano a circa 900 m. di altezza, aprile 1908. Scolopendrium vulgare Sm. (Trivento. G. Searano, Op. eit. p. 180. « Asplenium scolopendrium. »). ) Pteris aquilina L. (Trivento. G. Searano, op. eit. p. 183). Equisetum arvense L. (Nel luogo detto « la dotte » a SE di Trivento. à €) La Valle di Roccamandolfi viene da Terracciano sempre citata col + CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA FLORA CAMPOBASSANA 389. G. Scarano, op. cit., p. 175 e 181). Comune lungo i corsi d’ acqua, in luoghi umidi e nei campi, qua e là nella provincia. Equisetum maximum Lam. Lungo le rive del Biferno, aprile. Juniperus communis L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182). . Phalaris canariensis L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182). Milium effusum L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182). * Phleum alpinum L. (Matese sul Monte Miletto e nella vallata di Roccamandolfa. N. Terracciano. Pereg. bot. III, an. 1874, p. 93). Lagurus ovatus L. (Trivento. G. Scarano, op. cit, p. 182). Polypogon monspeliensis (L.) Desf. (Trivento. G. Scarano, op. cit, p. __ 179 « Alopecurus paniceus »). Deschampsia flexuosa (L.) Trin. (Trivento. G. Scarano, op. cit, p. 179 « Aria flexuosa »). Avena fatua L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 180). Luoghi erbosi ed incolti nelle vicinanze di S. Giovannello e nei pressi del Ca- stello Monforte. : Sesleria caerulea (L.) Ard. 8 nitida (Ten.). (Nei luoghi aprici e sas- sosi e talvolta umidi dei monti degli Abruzzi, del Molise, ecc. Parlatore, Fl. It. I, p. 313, « Seslera nitida Ten.). Sesleria tenuifolia Schrad. (Pietraroja sulla vetta del Monte Mutria. N. Terraeciano. Pereg. bot. IV, an. 1878, p. 129; Matese. Parlatore, FLIE E p 3H) Koeleria eristata (L.) Pers. (Monte ir al Matese. N. Tarfaieiano. e Pereg. bot. III, an. 1874, d Lamarkia aurea fL.) Moench. ene G. Searano, op. cit., p. 18], | 07. « Cynosurus aureus »). -Briza minor L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 180). x Poa alpina L. (Pietraroja sulla vetta del Mutria. N. Terracciano, Pereg. bot. IV, an. 1878, p. 130). Poa bulbosa L. Mura, luoghi incolti e tra le macerie nelle vicinanze della città, aprile. | Poa bulbosa L. b. vivipara (Mazziari). Sulle mura del Castello Mon- - i forte e qua e là in luoghi incolti, aprile. | Selerochloa rigida (L.) P. B. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183 « Poa rigida »). Nardus strieta L. (Pietraroja sulla dem del M. Mutria. N. Terracciano, ci Pereg. bot.-IV, an. 1878, p. " Lolium temulentum L. (Trivento. G. fa op. cit. p. 182). Luoghi . erbosi ed incolti nella località detta « Masseria del dda » -- presso S. Giovannello ed altrove, aprile. Y p. Seirpus Holosehoenus L. y romanus (L.). (Trivento. G. panta, op. cit., p. 183 « S. romanus »). Rhynchospora fusea (L.) Dryand in Ait (Teivento. G. Searano, op. cit., p. 183 « Schoenus fuscus »). Carex verna Chaix in Vill, Luoghi erbosi ed apriei a Colle Senda aprile. Carex hirta L. (Ex montibus Comitatus di Molise ab Eq. Gussonio. 3 Bertoloni, FI. it., X, p. 152). Typha latifolia L. (Trivento. (+. Scarano, op. cit., p. 176 e 184). Lungo un. corso d’acqua ed in fossi nelle vicinanze di Cercepiccola e. della Castagna, luglio. Arum maculatum L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 180). Luzula pilosa (L.) W. (Trivento. G. Scarano, Op. eit. p. 181 « Juneus losus »). ‘Luzula pilosa (L.) W. B Foribsl S Luoghi ombrosi .à bosco Vo a- jete, aprile. | Colchicum alpinum DC. 5 parvulum (Ten.). (Nel vrac sul Monte ii Mezzo [Gussone!] Parlatore, Fl. it. III, p. 186; in pratis mon- tanis di Molise ab Eq. Gussonio. Bertoloni, FI. it 4V; 5. 278 « C. autumnale var. K »). Colchicum autumnale L. (Trivento. G. Scarano, op. eit., p. 180). * Colehieum Bivonae Guss. (Habui ex Campobasso, et Trivento ab Orsino. Bertoloni, Fl. it., IV, p. 276). Lilium bulbiferum L. (Trivento. G. Scarano, op. eit, p. 182). | Gagea arvensis (Pers) Dum. Copiosa nei campi presso S. Giovannello, a S. Giovanni alla Castagna, ece., aprile. Ornithogalum exseapum Ten. b. biflorum (Jord.). Luoghi erbosi e sas- sosi sotto il Castello Monforte a circa 790 m. ; luoghi apici od - erbosi della località detta « Pischiuturo » presso Oratino, aprile. Ornithogalum nutans L. (Trivento, G. Scarano, op. cit., E 182). x CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA FLORA CAMPOBASSANA 391. -Ornithogalum narbonense L. (Ex provincia di Molise in Monte di Mezzo ab Eq. Gussonio. Bertoloni, Fl. it., IX. Additamenta ad volumen quartum, p. 651). Ornithogalum pyrenaicum L. (Ex provincia di Molise in Monte di Mezzo ab Eq. Gussonio. Bertoloni, FI. it. IX. Addit. ad vol. quart. p. 651). Scilla bifolia L. Luoghi boschivi nei pressi della località detta « Maria Nera » e nelle vicinanze della « Varaza »; aprile. Muscari comosum (L.) Mill. (Trivento. G. Scarano, op. cit, p. 181. « Hiacinthus comosus »). Copiosa qua e là nella provincia, aprile. Allium earinatum L. B violaceum ( W.) et s pulchellum (G. Don). (Nelle rupi e nei luoghi aridi dei ia e nei colli delle parti settentrionali e centrali ed in parte meridionali della penisola fino ai monti di Molise. La varietà 4 è più rara esi trova anche nei monti di Molise e di Salerno secondo Tenore. Fiorisce in lu- glio ed è perenne. Parlatore, FI. it. II, p. 557, « A. pulchellum » Don et A. pulchellum b umbella pauciflora basi bulbillifera). Allium angulosum L. 9 montanum (F. W. Schm.). (Monte Miletto, U. ; Martelli, op. cit., p. 173. « A. falaz‘ Don. »). Allium triquetrum L. (Trivento. Scarano, op. cit., p. 180). Asparagus officinalis L. Urea G. Scarano, op. cit, p. 180). Ruseus Hypophyllum L. 5 hypoglossum (L.) (Eandem etiam praeteri- tis annis esse ia hypoglossum et Lauro taxam Plinij quam nos in Campoclarensium valle copiosam invenimus magna ligula ut depinximus floribus et fructu onustam Autumno, ha- bentem maturos rubentes vetustos, et virentes novos immaturos, bis enim floret, Vere etiam, locis umbrosis humentibus frigidis, post nostri Phytobasani editionis annum, in montis radice contra loeum dietum ZZ Colle di mezzo. Colonna Ekfrasis I, an. 1616, p. 166 con fig. « Zippoglossum Dioscoridis et Lauro Taxa Pli- nij »; — ex memoribus Samnii ab Eq. Prof. Tenorio. Bertoloni, Fl. it. X, p. 461). | Smilax aspera L. (Trivento. G. Scarano, op. cit. p. 183). Nareissus Tazetta L. p. p. Lois. (Trivento. G. Searano, op. cit. p. 182). A. VILLANI Romulea Bulboeodium (L.) Seb. et Maur. Luoghi erbosi ed apriei del colle detto « Pischiaturo » nelle vicinanze di Oratino, copiosa, aprile. ! Iris Pseudo-Acorus L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 181). Gladiolus communis L. (Trivento allo « Sterparo ». G. Scarano, op. cit., p. 174 e 181). In luglio erbosi presso le eosi dette « dun di Nobili » maggio. Ophrys Arachnites (L.) Lam. (Trivento allo « Siemens: ». G. Scarano, op. eit, p. 174). Ophrys tenthredinifera W. (Ex collibus di Molise ab Eq. Prof. Teno- - ; rio. Bertoloni, FI. it. IX, p. 589). ` Ophrys lutea Cav. (Boschi ombrosi del Trivento. Parlatore, FI. it. III, p. 958). i myodes (L.) PR (Trivento allo Sterparo. G. Scarano, op. cit., p. 174 « Orchis miodes ». Serapias Lingua L. p. p. (Trivento alla « Botte ». G. Scarano, op. cit., p. 175 Loroglossum hireinum (L.) Rich. (Trivento allo « BM rpury ». & Sca- rano, op. cit., p. 174 < Sazirium hircinum »). Orchis coriophora L. (Trivento allo « Sterparo ». G. Scarano, op. cit., p. 174). | x Orchis ustulata L. (Trivento alla « Botte », G. Scarano; op. cit., p. 175 Orchis longieruris Lk. (Trivento allo « Sterparo ». G. Scarano, op. cit., p. 174). | | Orchis maculata L. (Trivento, op. cit, p. 182). Limodorum abortivum (L.) Sw. (Trivento. G. Scarano, op. cit., pag. 176 « Serapias abortiva »), ; Cephalanthera ensifolia (Ehrh.) Rich. (Trivento allo Sterparo. G. Sca- rano, op. eit, p. 174 e 183 « Serapias ensifolia ») — Populus alba L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183). Lungo i fiumi ed i corsi d’acqua, qua e là nella provincia. Ostrya earpinifolia Scop. (Trivento. G. Scarano, op, cit., p 180 « Car- PM Ostrya »). E Corylus Avellana L. (Trivento. G. Scarano, op. eit., p. 180). Copiosa nei boschi di Monte di Mezzo, S. Pietro Avellana ed altrove. Quereus Cerris L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183). Qua e là nei : boschi e nelle chiuse di tutta la provincia. Ulmus campestris L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 184). Humulus Lupulus L. (Trivento. G. Scarano, op. eit, p. 181). Urtica dioica L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 184). Comune qua o là tra le macerie, presso le siepi ed in luoghi incolti. Parietaria officinalis L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182). Co- 3 - mune tra le macerie, sui muri e tra i ruderi. | Daphne Laureola L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 181). Nel bosco : Fajete a circa 900 m., aprile. ; rem seutatus L. (Matese alla Gallinola ed a Monte Miletto. N. Ter- ^ racciano, Pereg. bot. III, an. 1874, p. 81). Chenopodium Botrys L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 180). x Seleranthus annuus L. (Pietraroja sulla vetta del Monte Mutria. N. Terracciano, Pereg. bot. IV, an. 1878, p. 89)... x Herniaria glabra L. (Trivento. G. Scarano, op. city p. 181). Stellaria nemorum L. (... in umbrosis excelsium montium Campocla- ii rensium. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 289 con fig. « Alsine montana hederacea mazima »). Stellaria media (L.) Cyr. Copiosa in luoghi erbosi del Castello Mon- i forte, lungo le strade ferrate e nei margini delle vie, aprile. ; . Stellaria holostea L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183). Cerastium glomeratum Thuill. Presso le cosi dette « Morgie di Oratino ». Cerastium silvaticum W. et K. (Er Monte di Mezzo in provincia di Molise ab Eq. Gussonio. Floret. TRE Julio. Bertoloni, Fl. it. IV, p. 757). Patrica tomentosum L. (Rapi del Monte Miletto. U. Martelli, op. cit: p 188) | Agrostemma Githago L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 176). Silene vulgaris (Moench.) Garke. exo G. Scarano, op. eit, p. 181. i « Cucubalus behen »). Silene pendula L. (Trivento. G. Scarano, op. cit, p- 176). CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA FLORA CAMPOBASSANA 393 394 asia o E E Silene gallica L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183). LE Dianthus barbatus L . (Trivento sul monte di Guardiabruna. Gz Se rano, op. eit, p. 173). 2. Dianthus Caryophyllus L. (Trivento sul monte di Guandiabrülit Scarano, op. cit., p. 173, 176 e 181). * Dianthus Carthusianorum L. (A Monte Capraro in provincia di Mo- lise ab Eq. Gussonio, Bertoloni, Fl. it. IV, p. 542). * Dianthus deltoides L. (Ex provincia di Molise a Mya enpote, ab Eq. Gussonio. Bertoloni Fl. it. IV, p. 564). Tamarix gallica L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 174 e 183). Hypericum montanum L. (In Valle oritur Campoclarensi umbrosis; et E per Matesium montem septentrionalibus locis. Julio mense flori- dam invenimus. Colónna. Ekfrasis I, an. 1616, p. 73 eon hg. « Audrosaemum. Campoclarense »). E Viola calcarata L. 5 Zugeniae (Park). (Matese a Capo d'Aequa. U. : LM Martelli, op. eit., p. 183. Il Martelli, a proposito di questa spe- > i. cie, dice: Questa pianta merita forse appena di essere distinta Le: | specificamente dalla P. calcarata). Der * ARE alba L. (Trivento. G. Scarano, op. cit, p. 183. « R. undata ». Hesperis laciniata All. (Hoc ideo saxatile Leucoium appellavimus, ut, cum in saxorum praefertim rimis, et vetustarum moenium Came — poclarensium reperiatur, aliquid proprii et diversitatis exprime- | remus... In saxis et rupibus Vallis soli expositis. Colonna, Ek- frasis I, an. 1616, p. 261 eon fig. « Zeucoium sasatile alterum ER | obsoleto flore »; Parlatore, FI. it. IX, p. 952). Cheiranthus Cheiri L. (Trivento, G. Scarano, op. cit., p. 189). Copiosa sulle mura del Castello Monforte, unita alla for. b. rstieubna à (L. mant.), aprile. i x Arabis alpina L. (Monte Miletto. U. Martelli, op. STA p. 184; Par- i es - latore, FI. it. IX, p. 863). Alliaria officinalis Andrz. Siepi presso la Cascina Guacei, lungo la via S. Giovanni, aprile. i Cardamine pratensis L. (Trivento. G. RA op. cit, p, 180) ol : soma hirsuta L. Copiosa in luoghi erbosi e tra le macerie del Y ë y 3 i * i » N È : ui CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA FLORA CAMPOBASSANA 395 Castello Monforte, presso i margini delle vie, lungo le strade A ferrate ed altrove, aprile. . x Cardamine Chelidonia L. (Ex Samnio in provincia di Molise in monte di Mezzo ab Eq. Gussonio. Bertoloni, Fl. it. VII, p. 20; Pariatook, FI. it. IX, p. 832). x Dentaria enneaphyllos L. (...... terreno nigro uliginoso in montium umbrosis septentrionalibus humentibus frigidis nivosis Campoela- - rensium frequentissima. Colonna Ekfrasis, I, an. 1616, p- 308 con fig. « Ceratia Plinij »; Monti di Campochiaro (Col), il Matese (Ten. ) il monte Mutria (Terr.) Parl., Fl. it. IX, p. 836). E Dentaria pentaphyllos L. > polyphylla (W. et K.) (Ex Samnio in monte di Mezzo ab Eq. Gussonio. Bertoloni, Fl. it. VII, p. 9; n Parlatore, FI. it. IX, p. 842). x Dentaria bulbifera L. (Ex provincia di Molise in monte di Mezz ab E. Gussonio. Bertoloni, Fl. it. VII, p. 9; Parlatore, Fl. it. x . 844). (Krug sativa Mill. Sui tetti di una casa in via x Giardini a Campobasso, aprile. Brassica Sinapistrum Boiss. (Trivento. G. Scarano, op. eit, p. 183 « Si- napis arvensis »). Brassica Gravinae Ten. (Junio floret inter saxa Vallis Campoclaren- sium, supra loeum vulgo dietum, il Colle di mezo, locis um- brosis atque humentibus, atque frigidis. Colonna Ekfrasis I, an. 1616, p. 260 con fig. « Zeucoium terrestre maius frigid rne . num »; Parlatore, Fl. it. IX, p. 986). Moricandia arvensis (L.) DC. (Friveato: G. Scarano, op. cit., p. 180 « Brassica arvensis »). cal) Rapistrum perenne i Berg. fin Molise [Ten] Parlatore, Fl. it. IX, p. 1021). : -Alyssum montanum L. (Trivento. G. Scarano, op. eit, p. 176 e 179). x Aubrietia deltoidea (L.) DC. 5 Columnae (Guss.) (Vetta del Monte Miletto. U. Martelli, op. eit, p. 184. Il Martelli, a proposito, dice ; - « Questa specie è stata designata col nome di A. deltoidea da | vari autori italiani i quali la confondevano coll'affine A. graeca di cui A. deltoidea è è sinonimo; Parlatore, FI. it. IX, p. TE - 396 A. VILLANI Draba muralis L. Lungo le siepi, in luoghi ombrosi e boschivi del bo- sco Fajete, di Montevairano, delle Morgie di Oratino, in siti er- bosi del Castello Monforte, ecc., aprile. Calepina Corvini (AlL) Desv. Fossi e luoghi umidi della strada che mena alla cascina De Gaglia.e Masseria del Signore, sulle mura del Giardino Palombo nelle vieinanze della stazione ferroviaria , in luoghi coltivati presso il Tappino ed altrove, aprile. * Lepidium Draba L. (Pietracatella [Avellino!] Parlatore, Fl. it IX, |» p. 658). Thlaspi alliaceum L. Luoghi erbosi, néi campi e lungo i margini delle strade campestri e ferrate, aprile. Thlaspi montanum L. 9 praecoz (Wulf) (Matesii montis excelsa nuda et saxosa iuga meridiei opposita ibi, la Vede/fa idest prospeetus.... Colonna Ekfrasis I, an. 1616, p. 275 eon fig. « Thlaspi monta- num, Bursa done fructu »; nel Matese [Col.] Parlatore, FI. it. IX, p. 702). Fumaria capreolata I: (Livonia G. Scarano, op. cit, p. 181). a Papaver Rhoeas L. (Trivento. G. Scarano, op. eit., p. 182). Comune nei eampi, aprile. Anemone alpina L. (Trivento alla « Botte ». G. Searano, op. cit, p. 175). Anemone Pulsatilla L. (Trivento. Œ. Scarano, op. cit., p. 179). Anemone apennina L. Luoghi boschivi a Maria Nera, a Moran ps alla Varana, alla Difesa di Oratino e lungo le siepi della via di Oratino e di Ferrazzano, aprile. Anemone hortensis L. (Trivento allo Sterparo. G. Scarano, op. eit, p. 174). x Anemone Hepatica L. Nel bosco « Za Varena » aprile. Adonis annuus L. ò aestivalis (L.) (Trivento allo Sterparo. G. TRU s Op. eit, p. 174 e 179 « A. aestivalis »). Ranunculus Ficaria L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183). Comune nei campi e nei luoghi incolti, aprile. -* Ranunculus millefoliatus Vahl. (Collium Campoclarensium admo- dum familiarem. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 312 con fig. « € Rasénculuk mont. leptophyllon Asphodeli radice »). CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA PLORA CAMPOBASSANA 891 Eranthis hiemalis (L.) Salisb. Lungo un viottolo campestre nella strada che mena alla località detta « Calvario >, IMarzo. Helleborus viridis L. (Trivento. G. Scarano, op. eit, p. 181). x Aquilegia vulgaris L. (Campoclari..... et aliis montibus frigidis fre- quens loeis austro aversis. Colonna , Fitobasanos an. 1744, p. 1, con fig. « Zsopyrum Dioscorides ») — Delphinium Consolida L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 181). Saxifraga tridactylites L. Copiosa in luoghi erbosi e sassosi del Ca- stello Monforte, sulle mura ed i tetti della città, aprile. . Saxifraga trydaetylites L. 5 adscendens (L.) (Matese sulla vetta della ` Gallinola. N. Terracciano, Pereg. bot. III, an. 1874, p. 64 « S. controversa Sternb. »; Matese. U. Martelli, op. cit., p. 186 « S... tridactylites L. vat. controversa »). Saxifraga bulbifera L. (Pratensibus montium gaudet et saxosis herbi- | dis umbrosis Campoclari. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 318. con fig. « Sazifragia bulbosa altera bulbifera montana »). Saxifraga moschata Wulf. e. ampullacea Ten. (Monte Miletto. U. Mar- telli, op. cit., p. 185 « S. muscoides Wulf. var. ampullacea »). Saxifraga Aizoon Jacq. (Ex monte Capraro in provincia di Molise ab Eq. Gussonio. Bertoloni, Fl. it. IV, p. 462). + Saxifraga media Gouan 6 porophylla (Bert.) (Ex monte Matese Cam- poclarensium ex herbario Micheliano a Prot Octav. Targionio- Tozzettio. Bertoloni, Fl. it. IV, p. 460). . Cotyledon Umbilicus L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183). . Sedum maximum (L.) Sut. (Campoclari in Valle in saxis_ oritur fre- i quens. Colonna Ekfrasis I, an 1616, p. 305 con fig. « Cotyledon alterum Dioscoridis Cymbalaria verior »). Sedum stellatum L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183). Sedum annuum L. (Monte Miletto. U. Martelli, op: eit, p. 182). ; edam hispanicum L. (In Molise [ Ten. ] Parlatore, Fl. it. IX , p. 63 « S. glaucum »). . x Sedum hispanicum L. (b. eriocarpum [S. et S.]) (Monte Miletto. U. e Martelli, op. eit, p. 182 « S. glaucum Waldst. var. eriocarpum »). “ene spinosa L. (Trivento. G. Searano, op. cit., p. ee Comune : ME le siepi, apte - 398 A. VILLANI Spiraea Filipendula L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183). '* Geum urbanum L. (Trivento. G. Searano, op. eit., p. 181). Potentilla verna L. (Pietraroja sulla vetta del Monte Mutria. N. Ter- racciano. Pereg. bot. IV, an. 1878, p. 83). * Agrimonia Eupatoria L. (...... prope oppidum Campoclarensium in montis radice septentrionali. Colonna, Ekfrasis, an. 1616, p. 139 « Eupatorium Dioscoridis »). Agrimonia agrimonioides L. (Campoclari. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 145 con fig. « Agrimonoides »). Alehemilla alpina L. (Pietraroja sulla vetta del M. Mutria. N. Terrac- < ciano, Pereg. bot. IV, anno 1878, p. 86). ‘ * Alchemilla arvensis (L.) Scop. (Hane rariorem plantulam novem ab hine annis eum aliis Campoclarensibus, deinde in Aequicolorum montibus, et incultis etiam depressis observavimus copiosam. Co- lonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 145 con fio. « Alchimilla minima montana »). ; Rosa arvensis Huds. (In Monte di Mezzo ab Eq. Gussonio. Bertoloni, El it: V,-p. 205); Pirus communis L. (Obtinui ex regno Neapolitano in Contado di Mo- lise. Bertoloni, Fl. it. V, p. 165 « P. communis f foliis oblongo- ovatis, utrinque angustatis, subintegris ; pomis turbinatis »). Pirus Aria (L.) Ehrh. (Trivento. G. Searano, op. cit., p. 181 « Cra. e taegus Aria »). Cytisus scoparius (L.) Lk. (Trivento. G. Scarano, op. cit. p. 183. « Spartium scoparium »). Cytisus hirsutus L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 181). * Spartium junceum L. (Trivento. G. Scarano, op. cit. p. 173). Trigonella corniculata (L.) L. (Trivento. G. Scarano, Op. cit, p. 184). Trifolium stellatum L. (Trivento sul monte di Guerdistiruna G. Sea- dh rano, op. cit., p. 173 e 184). Anth yllis montana L (Trivento, sul monte Guardiabruna. G. Scarano, op. cit., p. 173 e 180). Lotus siliquosus L. (Trivento. G. Scarano, op.-cit., p. 182). x Astragalus glycyphyllos L. (Trivento. G. Scarano, op. eit.,, p. 180). i XN : PNE & - NET A i ly 5 a 1 a È bes j i : neq" CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA FLORA CAMPOBASSANA 399 * Colutea arborescens L. (Trivento, nel monte di Guardiabruna. UR A Searano, op. eit, p. 173 e 180). Scorpiurus muricatus L. ò subvillosus ( L.) (..... Campoelari in collibus meridiei oppositis. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 154 con fig. |»... « Clymenum Dioscoridis »). Coronilla minima L. (Ex provincia di Molise, a Monte di Mezzo ab . Eq. Gussonio. Bertoloni, Fl. it. VII, p. 583; Pietraroja sulla vetta del Monte Mutria. N. Terracciano, Pereg. bot. IV, an. 1878, p. 81. « C. minima Bertol. »). | x Coronilla Emerus L. (Trivento sul monte di Guardiabruna. G. Sca- rano, op. cit., p. 180). Hippoerepis eomosa L. (Ex regno Neapolitano a Molise in Monte di Mezzo ab Eq. Gussonio. Bertoloni, Fl. it. VII, p. 603). “Hedysarum spinosissimum L. (Trivento, sul monte di Guardiabruna. G. Scarano; op. cit., p. 173). x Onobrychis viciaefolia Scop. e alba (Desv.) (Pietraroja sulla vetta del M. Mutria. N. Terracciano, Pereg. bot. IV, an. 1878, p. 81 : « O. alba Lin. »). * Lathyrus montanus Bernh. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182 | « Orobus tuberosus »). Lathyrus vernus (L.) Bernh. (In provincia di Molise in monte di Mezzo ab Eq. Gussonio. Bertoloni, Fl. it. VII, p. 422 « Orobus vernus »). . Vicia Cracca L. (Trivento. G. Scarano, op. eit, p. 184). ; Tiis hirsuta (L.) S. F. Gray. (Trivento. G. Searano} op. cit., p. 181 Su Ervum hirsutum »). yrtus communis L. (Trivento. G. SEE. op. eit, p. 182). Sanicula europaea L. (Trivento. G: Scarano, op. eit., p. 183). Bupleurum rotundifolium L. oa allo Sterparo. G. Scarano, op. cit., p. 174 e 180). Bupleurum Odontites L. Ve MR Campochiaro [Col] Parlatore, FL it. VIII, p. 415; Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 178). > Trinia glauca (L.) Rchb. (Pietraroja sulla vetta del M. Mutria. Terracciano, Pereg. bot. IV, ann. 1878, p. 93 « T. vulgaris Dec. »; Parlatore, Fl. ital. VIII, p. 503 « Apinella glauca. »). "E: VILLANI "finta Bulbocastànum z (Cumpoelari in Matesio saxosis orienti. op- positis loeis, et aliis gracilibus montanis collegimus Junio mense. | Colonna, Ekfrasis II, an 1616, p. 14 con fig. « An Cyminum — _ bulbosum Plinij). x Apium nodiflorum (L.) Rehb. f. (Molise [Ors.] Parlatore, FI. it. VIII, Os Cieuta virosa L. (Trivento. G. deano, op. eit, p. 180). * Sison Amomum L. (Luoghi paludosi a Sud di Trivento. G. Sean. op. cit., p. 176 e 183). Pimpinella saxifraga L. (A Trivento [Ten.] Parlalore, FI. it VII, p 457 « Apium Tragoselinum » »). x Pimpinella peregrina L. ( Natalis quippe baden in quo in- venimus in Sylvestribus, respondere videtur, Campoelari quidem - pér eolles nigro terreno refertos. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 108 con fig. « Daucus tertius Dioscoridis, Secundus Plinio ») * Aegopodium Podagraria L. (Trivento. G. Scarano, op. cit. p. 179). Seseli montanum L. (Ex Molise a Monte Capraro ab Eq. Gussonio. Floret Augusto, Septembri. Bertoloni, Fi. it. III, p. 325; in Mo- lise a Monte Capraro [Bert.]. Parlatore, Fl. it. VIII, p. 318). Tordilium maximum L. (Trivento. G. Scarano, op. cit, p. 194). Daucus Carota L. è mauritanicus L. (Trivento. G. Scarano, op. dte 181 « D. mauritanicus »). Daueus grandiflorus (L.) Scop. (Junio floruit, et Julio mense perdita Campoclari, locis ineultis, saxosis. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 91 con fig. « Echinophora IHuwizagros am Diosc. Gingid »; Campochiaro [Col] Parlatore, Fl. it. VIII, p. 530). * Daucus grandiflorus (L.) Scop. & platycarpos (Scop.) (Junio floret, et Julio mense perficitur, Campoclarensium incultis. Colonna , Ekfrasis, an. d p. 95 con fig. « Echinophora altera asperior Ixcuxap0;). Torilis Anthriscus (L.) Bernh. (Ex Molise, t Monte di Mezzo in regno Neapolitano ab Eq. Gussonio. Floret Julio. Sto Fl. it. III, .p. 186; Molise [Ten.] Parlatore, Fl. it. VIII, p. 555 « Gana Anthriscus »). CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA FLORA CAMPOBASSANA 401. Caucalis daueoides L. syst. non sp. (Campoclari iisdem loeis cum su- periore invenitur. Colonna, Ekfrasis, an. 1616, p. 96 con fig. « Echinophora tertia Venzigu) dov purpurea »). Turgenia latifolia (L.) Hoffm. (Campoclari depressioribus locis, atque ` humentibus parum observavimus. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 98, con fig. « Fehinophora quarta maior wAxvÜyo)70» purpu- rea »). Antriseus silvestris (L.) Hoffm. (Trivento. G. in op. cit., p. 180 7 « Chaerophyllum silvestre »). ; $ Scandix Pecten Veneris L. Nei campi a S. Giovannello, alla Lamas e nei pressi di Cercepiccola, luglio. — Smyrnium perfoliatum L. (Ex regno Neapolitano in montibus di Molise - ab Eq. Gussonio. Floret Majo, Junio. Bertoloni, FI. it. HI; p. 290; in Molise : a Gambatesa [Avellino !] Parlatore, Fl. it. VIII, p. 480). Oenanthe pimpinelloides L. (Molise: a Gambatesa [Avellino!] Parla- tore, Fl. it. VIIL, p. 498). Cornus sanguinea L. (Trivento. G. Scarano, op. eit, p. 180). Evonymus europaeus L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 181). * Acer campestre L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 119). Acer Opalus Mill. (Molise [Ten.] Parlatore, FI. it. V, p. 409). Pistacia Lentiseus L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182). Impatiens Noli-tangere L. (Coeli aestum ita odit planta haec, ut non nisi Septemtrionalibus umbrosis, humentibus, üliginosis et frigidis admodum loeis, nec frequens oriatur: atque uno tantum loco in tota Campoelarensium valle. Colonna, Ekfrasis 1, an. 1616, p. 149 con fig. « Noli me tangere Bulsamita altera »). Polygala vulgaris L. (Trivento allo gn G. Scarano, op. cit., p. 174 e 183). Geranium dissectum L. Siepi presso il torrente Tappino, aprile. * Geranium cinereum Cav. (Nel pendio meridionale del monte Miletto al Matese [ Terraeciano!] Parlatore, Fl. it. V, p. 139; vetta del monte Miletto. U. Martelli, op. cit. p. 183). Anche nell’ estate dello seorso anno ritrovai eopiosa qe specie sul M. Miletto, fin quasi alla cima. 28. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII, 402 ? i . A. VILLANI Erodium malachoides (L.) W. (Trivento a Monte Calvario. G. Scarano, op. cit., p. 176 « Geranium malachoides »). Erodium cicutarium (L.) L'Herit. b. praecoz (W.) DC. Luoghi erbosi e pietrosi del Castello Monforte, Morgie di Oratino ed a Montevai- rano, aprile. Linum tenuifolium L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182). Ruta graveolens L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183). x Malope malachoides L. (Trivento [ Ten!], a Pietracatella [Avellino] Parlatore, FI. it. V, p. 34). Althaea rosea (L.) Cav. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 179 « Alet rosea »). Sulle mura di alcune case sottostanti al Castello Mon- forte, luglio. ved * Malva moschata L. (Octobri mense perfieitur, super Matesij montis supercilium :Septemtrioni oppositum Civita vecchia appellatum, et etiam loco Stazzo della Serra. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p- 148 « Malva montana sive Alcea rotundifolia Laciniata »). x Malva rotundifolia L. (Zr Molise a Monte di Mezzo ab Eq. Gusso- nio. Floret Junio, Julio, et iterum autumno. Bertoloni, Fl. it. VII, p. 253; Trivento. G. Searano, op. cit., p. 182). Euphorbia Peplis L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 181). Euphorbia helioscopia L. Qua e là in luoghi erbosi , presso i margini delle strade campestri e ferrate, aprile. * Euphorbia yrsinites L. ( Rupi del Monte Miletto. U. Martelli. Op. cit., p. 188). Buxus sempervirens L. (Trivento. G. Searano, op. cit., p. 180). Arbutus Unedo L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 180). Androsace villosa L. (Pietraroja sulla vetta del M. Mutria. N. Terrac- ciano, Pereg. bot. IV, an. 1878, p. 105). Cyelamen vernale Mill. Lungo le siepi nelle vicinanze del torrente Tap- pino, ed in luoghi boschivi a Montevairano, aprile. Ligustrum vulgare L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182). Fraxinus Ornus L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 181). Gentiana utriculosa L. (Pietraroja sulla vetta del M. Mutria. N. Ter- - racciano, Pereg. bot. IV, an. 1878, p. 107; Parlatore, Fl. it. VI, p. 770). : TI eg PIERRE CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA FLORA CAMPOBASSANA 403 Gentiana eiliata L. (Ex Molise, et Monte di Mezzo in regno Neapolitano ab Eq. Gussonio. Floret ab Julio in Septembrem. Bertoloni, FI. it. III, p. 100; Parlatore, FI. it. VI, p. 773). Cerinthe minor L. (Trivento, G. Scarano, op. eit., p. 180). Cerinthe maior L. 5 «spera (Roth.). Lungo la via di Oratino in luo “i ghi erbosi ed umidi nelle vicinanze delle « Morgie di Mitis » aprile. Onosma echioides (L.) L. (Trivento sul Monte di Guardiabruna. G. Sca- rano, op. cit., p. 173 e 182). Lithospermum purpureo-caeruleum L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182). Luoghi erbosi nei pressi delle « Morgie di Oratino » in località detta « Piesco Casale », aprile. Pulmonaria officinalis L. Luoghi hosehivi a Maria Nera ed a Monte Vairano, aprile. Lycopsis variegata L. Luoghi erbosi alla cima di Monte Vairano, aprile. Anehusa undulata L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 179). Symphytum tuberosum L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183). Cynoglossum apenninum L. (In frigidis tantum regionibus, Apenni- nis montibus excelsis, atque humentibus, sponte ortam observa- vimus Campoclarensium Matesio, et Aequicolorum Rascizo appel- lato quam maximam atque montanam appellamus. Colonna, Ek M frasis I, an. 1616 con fig. « Cynoglossa montana frigid. regionum »). | Cuscuta europaea L. (Trivento. G. Scarano, op. eit, p. 181). Datura Stramonium L. (Trivento. G. Scarano, op. eit, p. 181). . * Hyoscyamus niger L. (Trivento. G. Scarano, op. cit, p. 181). * Lycium europaeum L. (Trivento.-G. Scarano, op. cit, p. 182). : Solanum nigrum L. (Trivento. G. Scarano, op. cit, p: 183). x Physalis Alkekengi L. (Trivento allo « Sferparo » ed ads « Botte ». T G. Scarano, op. eit, p. 179 e 182). x Verbaseum phlomoides L. igi Campobasso [ Ten.] Parlatore, EG FLdt VI: pi 577) / — Antirrhinum majus L. Sulle mura di una easa à Campobasso, Aprile. sg Serophularia vernalis L. (In Valle Campoclarensium, atque etiam supra Matesium umbrosis septentrionalibus nivosis invenimus. 404 A. YILLANI Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 191 « Scrophularia montana MIATIMA »). i Veronica Teucrium L. (Matese, sulla vetta di Monte Miletto. N. Ter- racciano, Pereg. bot. III, an. 1874, p. 76). Veronica montana L. (Nune autem rariorem plantam in Campoela- rensium Matesij montis iugis sylvosis, umbrosisq. primum col- lectam describemus. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 286 con fig. « Alyssum Dioscoridis montanum »). Veronica spicata L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 184). Veroniea agrestis L. Lungo le strade ferrate ed i margini dei campi, qua e là nella provincia , aprile, * Digitalis ferruginea L. (Matese sino alle parti medie del Monte Mi- letto. U. Martelli, op. cit, p. 175). Eufrasia offleinalis L. var. minor. (Rupi del Monte Miletto. U. Mar- telli; op. cit, p. 175). * Rhinanthus Aleetorolophus (Scop. Poll. (Ex provincia di Molise —— i in Monte di Mezzo ab Eq. Gussonio. Floret ab Junio in autumno. Bertoloni, Fl. it. VI, p. 284; Parlatore. Fl. it. VI, p. 451). * Elephas Columnae Guss. (Campoclarensium Vallis [ob excellentiam ita denominata]. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 186 con fig. < Hlephas Campoclarensium »; fra le rupi umide lungo il fiume a Capo d'Acqua sul Matese. U. Martelli, op. cit., p. 175. In que- sta stessa località, indicata da Martelli, fu anche da me ritrovata nell'estate dello scorso anno. Pedieularis gyroflexa Vill. 6 elegans (Ten.) (Pietraroja sulla vetta del Monte Mutria. N. Terracciano, Pereg. bot. IV, an. 1818, p. 111 « P. fasciculata Willd. »). Orobanche major L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182). Ajuga reptans L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 179). Luoghi bo- | schivi a Maria Nera ed a Monte Vairano, aprile. * Teucrium Polium L. (Ad Agnone in Molise [Ten.] Parlatore, FI. it. VL p.301. Prasium majus L. (Trivento allo « Sterparo » ed alla « Botte ». G. - Scarano, op. cit., p. 179 e 183) CONTRIBUZIONE ALLO SLUDIO DELLA FLORA CAMPOBASSANA 405 . * Seutellaria peregrina L. 6 altissima L. (Ex montibus Samnii a Molise et Monte Capraro ab Eq. Gussonio. Bertoloni, Fl. it. VI, p. 248 « S. commutata »; Parlatore, Fl. it. VI, p. 323). d x Seutellaria peregrina L. y Columnae (All. (cum Melissophyllo et x similibus in Campoclarensium collibus. Colonna, Ekfrasis I, an. $ AN 1616, p. 187 « Cassida »). È : Sideritis sicula Ucria. (In Molise [ Ten.] e sui monti di Campobasso TE [Pasquale]. Parlatore, Fl. it. VI, p. 61). Melittis Melissophyllum L. (In Molise a Campobasso. Pirliore. Fl. it. VI, p. 153; Trivento a Monte Calvario. G. Scarano, op. eit, p. 176 e 182). x Phlomis Herba-venti L. (In Molise a Pietracátella [Avellino!] Par- latore, Fl. it. VI, p. 226). Galeopsis Ladanum L. f intermedia (Vill. (Ex cultis Samnii; et di Molise a Capracotta ab Eq. Gussonio. Floret Julio, Augusto. Bertoloni, Fl. it. VI, p. 125 « Galeopsis Ladanum (8 foliis brevio- ribus, ovato oblongis). Lamium amplexicaule L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182). Lamium bifidum Cyr. (Trivento allo « dein » ed alle « Botte ». G. Scarano, op. cit., p. 179). Lamium purpureum L. Comune in luoghi ibd e boschivi, lungo i margini delle strade campestri e ferrate, aprile. x Lamium maculatum L. (.... in frigidis montium locis septentriona- libus Campoclarensium et Aequicolorum oritur circa vepres et vias... Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 190 con fig. « Zamium Plinij Campoclarense et montanum »; in monte di Mezzo ab Eq. Gussonio. Floret Martio, Aprili. Bertoloni, FI. it. VI, p. 113). 4 Staehys italica Mill. (..... in saxosis locis, sterilibus, incultis, Cam- poclari. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 128 con fig. « Sideri- tis prima Dioscoridis »). = Stachys alpina L. (Monte Miletto. U. Martelli, op. cit., p. 177). -. Salvia pratensis L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183). x Satureja vulgaris (L.) Béguinot (Luoghi paludosi a Sud di Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 178 e 180 « Clinopodium vulgare ». 406 | A. VILLANI Lycopus europaeus L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182). Acanthus mollis L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 179). Globularia vulgaris L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 181). Plantago Lagopus L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 182). Plantago subulata L. (Pietraroja sulla vetta del M. Mutria. N. Tusc ciano, Pereg. bot. IV, an. 1878, p. 115). Plantago Cynops L. b. minor Goiran. Nel letto del Biferno e del tor- rente Tappino, aprile. Rubia tinetorum L. (Trivento. G. Scarano, op. cit. p. 183). Galium verum L. (Luoghi paludosi a Sud di Trivento. G: Scarano, op. cit, p. 178). Galium silvestre Pollich. var. (G. Magollento Ten. ) (Rupi del Monte Miletto. U. Martelli, op. cit., p. 178). Galium Aparine L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 181). Sherardia arvensis L. (Trivento. G. Scarano, op. eit, p. 183). | x Asperula cynanchica L. È. aristata (L.) f. b. flaccida (Ten.). (In collibus soli expositis Campoclarensium frequens toto autumno, vere germinat per terram repens. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 298 con fig. « Galium montanum latifolium cruciatum »; Ber- toloni, Fl. it. II, p. 80; Parlatore, Fl. it. VII, p. 89). Valeriana montana L. (Matese a Monte Miletto. N. Terracciano, Pereg. bot. III, an. 1874, p. 68; Parlatore, Fl. it. VII, p. 147) Dipsaeus silvestris Huds. (Trivento alla « Botte » G. Scarano, op. cit., Scabiosa crenata Cyr. 5 glabriuscula (Ten. ) (Montibus di Molise in regno Neapolitano ab Eq. Gussonio. Floret a Majo in Augustum. Bertoloni, Fl. It. II, p. 50 « Scabiosa crenata (5 foiiis tenuiori- bus, capitulis minoribus , setis pappi cyatho coronante duplo tan- tum longioribus, fuscis »). Phyteuma hemisphaerieum L. (Pietraroja sulla vetta del M. Mutria. N. Terracciano, T bot. IV, an. 1878, p. 104 « P. hemisphae- rica L.). Campanula Bellardi All (Monts Miletto. U. Martelli, op. cit. p. 181). Campanula latifolia L. (Valle di Campochiaro [Ten.]. Parlatore, FI. it. | VII), p. 87). EU CONTRIBUZIONE ALLO STUDIO DELLA FLORA CAMPOBASSANA 407 ` Campanula rotundifolia L. (Monte Miletto. U. Martelli, op. cit., p. 181). x Hedraeanthus graminifolius (L.) DC. f. (Monte Miletto. U. Mar- telli, op. cit, p. 181 « Wahlenbergia graminifolia Cand.; Parla- ‘tore, Fl. it. VIII, p. 38) Petasites officinalis Moench. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 184 « Tussilago Petasites »). Senecio Doronieum (L.) L. (Matese sulla vetta della Gallinola. N. Ter- racciano, Pereg. bot. III, an. 1874, p. 69). x Doronicum Columnae Ten. (..... oritur in Matesio monte locis bo- realibus. Colonna, Ekfrasis II, an. 1616, p. 32 con fig. « Scorpio Theophrasti Theliphonon dictus, sive Doronicum Cyclaminifolio , nigra radice Campoclarense ». | Bellis annua L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 180). Chrysanthemum Balsamita L. 8 Tanacetoides Fiori (Trivento. G. Sca- rano, Op. eit, p. 184 « Tanacetum Balsamita »). Artemisia Absinthium L. (Trivento al Monte di QuiardistiFudh G. Sca- rano, Op. cit, p. 173). à Anthemis Cotula L. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 180). Achillea Millefolium L. (Trivento, G. Scarano, op. cit., p. 179). x Gnaphalium sylvaticum L. œ rectum (Sm.) (Ex regno Neapolitano in Molise, Montecapraro ab Eq. Gussonio. Bertoloni, Fl. it. IX, p. 144; Pietraroja sulla vetta del M. Mutria, N: Terracciano, Pereg. bot. IV, an. 1878, p. 99 « G. rectum Willd. »). Carlina gummifera (L.) Less. (.... in Matesio Campoclarensium monte. j Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 12 con fig. « Chamaeleo albus Apulus purpureo flore .gummifer »). . x Carlina corymbosa L. (.... in Campoclarensium collibus. Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 26 con fig. « Acarna Theophrasti, sive Acorna Plinio »). ' x Xeranthemum inapertum W. (Ex collibus in Comitatu di Molise ab Eq. Gussonio. Bertoloni, Fl. it. IV, p. 168). x Cartamus lanatus L. (Septembri mense finitur..... atque etiam Cam- poclarensium collibus, aliisq., loeis montanis. Colonna, Ekfrasis, I, an. 1616, p. 19 con fig. « A£ractylis Theophrasti, et Diosco- ` ridis, sanguineo succo >). 408 A. VILLANI Carduus pycnocephalus L. (Trivento. G. Scarano, op. eit, p. 180). ‘+ Cirsium arvense (L.) Scop. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 176 e 183 « Serratula arvensis »). x Cirsium acaule (L.) Scop. (Ex montibus di Molise ab Eq. Gussonio. Bertoloni, FI. it. IX, p. 33). Cirsium spinosissimum (L.) Scop. (Trivento a Monte Calvario. G. Sca- rano, op. eit, p. 176 e 180 « Cnicus spinosissimus »). Rhagadiolus Stellatus (L.) Gaexgn. (Trivento. G. Scarano, op. cit. , p. 182 « Lapsana stellata »). Hyoseris seabra L. Luoghi ja ed apricì del Castello Monforte a circa 890 m., aprile. * Hypochaeris cretensis (L.) Boiss. ò pinnatifida (Cyr. ex Ten.) (Monte Miletto. U. Martelli, op. cit., p. 180 « H. pinnatifida Cyr. »). Hypochaeris aetnensis (L.) Ces. P. et G. (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 183 « Seriola aetnensis »). - * Robertia taraxacoides (Lois) DC. (Monte Miletto. U. Martelli, op. cit., p. 180 « R. tarazacoides Cand. »), Leontodon autumnalis L. (Ex regno Neapolitano in pratis montanis di Molise ab Eq. Gussonio. Bertoloni, FI. it. VIII, p. 438 « Apar- gia autumnalis »). Leontodon Taraxaci (All) Lois. 6 breviscapus Fiori (Matese nei pa- scoli della Vallata di Roccamandolfa. N. Terracciano, Pereg. bot. III, an. 1874, p. 70 « Apargia aurantiaca Willd.). x Leontodon hispidus L. (Rupi del M. Miletto. U. Martelli, op. cit., p. 181) Leontodon Villarsii (W.) Lois. (Molise ab Eq. Gussonio. Bertoloni , FI. it. VIII, p. 436 « Apargia Villarsii »). Leontodon crispus Vill sazazilis (Rchb.) (Vallis Campoclarensium lateribus oritur. Colonna Ekfrasis I, an. 1616, p. 244 « Hiera- cium alterum. sazatile montanum »; ex Molise in Monte di Mezzo ab Eq. Gussonio. Bertoloni. Fl. it., VIII, p. 432 « Apargia his- pida »). | Urospermum Dalechampii (L.) J. W. Sehmidt (Trivento. G. Scarano, op. cit., p. 184 « Tragopogon Dalechampii »). CONTRIBUZI — Geropogon glaber L brum »). ; EN * Taraxacum offleinale Webb i in Wigg a typicum. Luoghi erboli présso $e da cima del Castello Monforte, aprile. A ito acum officinale Webb in Wigg y levigatum (DC.) d. erythro- Pa spermum (Andrz.). Luoghi erbosi e boschivi a Colle PEA: ed : a Monte Vairano, aprile. nchus tenerrimus L. (Trivento. G. Scarano, op. ni p- 183). * Lactuca viminea (L.) J. et C. Presl. (Radice - longa inter saxorum rimas nixa, et in vetustioribus etiam moeniis Campoclarensium. ^ Colonna, Ekfrasis I, an. 1616, p. 238 con fig. « Chondrilla saza. — ilis viscosa caule xvayYoypow Galeni »). neglecta L. (Trivento. G. Scarano, op. eit, p. 181). (Trivento. G. Scarano. 1 op. dits P 161 « a. T L. BUSCALIONI & G. MUSCATELLO NOE BOTANICHE Sopra alcuni SENECIO dell’ Etna: [S. aetnensis (Jan.), S. incisus (Presl.) e S. chrysanthemifolius (Poir.)]. | (continuazione e fine con Tav. III-VIII). AGGIUNTA. Non essendosi potuto, per parecchie ragioni, licenziare a tempo debito il manoscritto per la stampa, abbiamo stimato opportuno eseguire an- | cora una seconda serie di esperienze culturali, tanto col Senecio aetnensis, quanto col 8. incisus. In questa seconda serie di ricerche ci fissi di studiare in partieolar modo se i differenti frutti di un unico capo- lino o quelli appartenenti ai differenti eapolini di uno stesso individuo, . affidati al terreno nell'Orto botanico Catanese, avrebbero dato individui | dotati di differente costituzione morfologica e se inoltre si sarebbe veri- fieato nuovamente il trapasso della forma alpina di nemorale e da questa a quella di pianura. Dobbiamo tuttavia far rilevare innanzi tutto che le ricerc fornito soltanto risultati parziali poichè le' colture, siamo pre- Senecio a quella. he ci hanno essendo state soggette ad una ‘continua Osservazione, andarono parzial- mente a male e furono specialmente quelle del S. aetnensis che mag- giormente ebbero a soffrire. ye Per ottenere un risulfato attendibile noi abbiamo interrato in un unico ‘vaso tutti quanti gli acheni di un capolino, i quali vennero raccolti assieme alla pianta nell'alto Etna allo stato di perfetta maturità verso il 15 luglio del corrente anno. I vasi, in numero di circa 120 e corri- spondenti perciò ad altrettanti esemplari sia di S. aetnensis che di S. in- cisus, rimasero, durante tutto quanto il UNE MEL durante l’ estate, non : decorso dell'esperienza, in sito | a E : J eo ? AO Ma a x » 3 TEN E NUS E LES EIU EENE Per eae iE e EN ER S T ers id umido ed ombroso e vennero convenientemente innaftiati. Le piante ma- dri che avevano fornito gli acheni furono soltanto fatte essiccare e con- servate allo scopo di poter stabilire dei confronti colle nuove piante, non sì tosto queste avessero raggiunta la maturità. Fu pure nostra cura JE seccare, a scopo anche di confronti, aleune plantule di ogni singolo - del vaso nel quale erano stati seminati gli acheni rispettivi. In tutte quante le colture eseguite si sono rilevate delle notevoli va- riazioni nella forma delle foglie, di guisa che le piante figlie presenta- . vano un aspetto ben differente dai loro rispettivi progenifori. . Le prime foglioline dopo quelle cotiledonari, si mostravano: per lo più assai grandi, ovalari o quasi rettangolari subromboidali, per lo più poi ‘erano lungamente pieciuolate, col piceiuolo abbastanza nettamente di- ` " stinto dalla lamina, piuttosto esile e sfornito delle auricole presenti con grande frequenza nelle foglie delle piante madri. Non poche delle col- .ture presentavano inoltre un dimorfismo spiccato delle foglie primordiali nel senso che in uno stesso vaso si incontravano delle plantule con fo- glioline poco dentate accanto ad altri esemplari che invece presenta- È vano delle dentature fogliari piuttosto marcate (fig. 44 Senecio aetnensis). | Più interessanti osservazioni si sono potute fare sulle piante adulte: ‘in tutti quanti gli esemplari si notò che le foglie presentavansi fornite “di un picciuolo più o meno lungo, talora lunghissimo (fig. 51 S. inci- sus), sebbene quasi tutti fossero derivati da piante a foglie sottili o for- . nite di un piceiuolo piuttosto corto. In generale abbiamo rilevato che le. piante provenienti dal S. aetnensis tendevano a produrre dei pieciuoli assai larghi per un eccessivo sviluppo del parenchima verde fiancheg- giante. la robusta costola, tanto che in non poehi esemplari era difficile ; stabilire il Mii dove cominciava il lembo, quasi che la foglia fosse | sessile. i L'auricolatura era spento E ma indes nei casi in eui i pie- n per la sua larghezza diventava abbraeeiafusto, non si osservavano mai quelle espansioni che sono carattesistiche delle foglie del S. aetnensis o del S. incisus tipico. Si può quasi affermare che l auricola apparan nello piante figlie come una produzione atrofizzata. NOTE BOTANICHE CEU 3 411 ‘vaso, Ogni esemplare secco portava un numero che corrispondeva a quello ^ denti che i lobi erano rivolti verso l'a | zioni reperibili in uno stesso vaso e talora in uno stesso individuo a 23m d GATE 3 x pod * (Ie a * S k e 3 5 CE 412 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO In ogni vaso poi si notarono delle grandissime variazioni rispetto alla lunghezza e larghezza dei picciuoli (fig. 52 S. aetnensis), come pure si rilevarono delle notevoli differenze a riguardo della lunghezza delle fo- glie, talune delle quali arrivavano fino a 18 e 90 cent, vale a dire ad una dimensione di certo non reperibile nei dell' alto Etna. Grandi differenze individuali si rilevarono nella forma dei lembi gliari ; molte piante di uno stesso vaso avevano infatti Senecio . aetnensis e incisus fo- un lembo ova- lare più o meno grande, sottile o viceversa carnosetto, mentre le com- pagne presentavano dei lembi allungati e relativamente poco larghi tanto da ricordare, per la forma po irregolare. ; una lamina di coltello a contorno un Non meno variabile era il contorno delle foglie presenti in uno stesso vaso ; taluni esemplari portavano infatti delle foglie fornite di denti ap- pena accennati, altre invece avevano delle profonde dentature od anco dei veri lobi portanti a loro volta delle dentature. In generale tanto i- pice fogliare, per cui le foglie S. aetnensis, fig. 51 S. incisus). Le piante di S. izcisus hanno dato per lo più delle forme a denti e lobi piuttosto manifesti, raramente a tipi sui quali le accidentalità dei mar- EC gini fogliari erano meno accentuate di quelle reperibili sulle fogliedella — . pianta madre. In quest’ ultimo caso si aveva quasi il passaggio dalla forma fogliare propria del S. incisus a quella che è propria del S. aèt- — nensis per quanto le foglie differissero sempre da quelle di quest’ultima specie per la lunghezza dei picciuoli ed aneo un po” per la forma, spesso ovalare, del lembo. Non occorre agginngere che i due tipi foglia nero riscontrati associati in uno stesso vaso. Le forme di S. aetnensis tipiche o quelle di S. incisus poco dissimili da quelle di S. aetnensis hanno dato dei prodotti forniti quasi sempre di foglie provviste di dentature più o meno profonde (ma con varia- erano distintamente serrate (fig. 52 ri ven- seconda dei rami presi in considerazione). Solo in rari casi abbiamo ot- tenuto la riproduzione di lembi fogliari interi o subdentati come è ca- rattere per le foglie del S. aetnensis tipieo. » Da ultimo rileveremo ancora che gli esemplari di Senecio aetnensis e incisus forniti di foglie larghe hanno anche dato delle piante dotate di “larghi fillomi. ` . In conclusione dalle nostre colture si ricavano i seguenti dati : Le forme coltivate all'ombra ed all'umido hanno dato dei tipi che si i ‘allontanano notevolmente dai progenitori per la forma dei fillomi e per la più o meno marcata dentatura dei bordi di questi, tanto che difficil- mente si potrebbero ancora ascrivere alla specie da cui derivarono. Da ogni singolo progenitore, anzi da ogni singolo capolino fiorale di questo, sono sorte delle piante per lo più differentemente conformate : raramente si hanno avuto dei diebns foggiati tutti quanti sullo stesso stampo. - Il Senecio incisus ci ha fornito in pai delle forme portanti delle - foglie più profondamente dentate di quelle provenienti dal S. aetnensis : talune foglie avevano delle vere laciniature ricordanti quelle delle fo- glie del S. eArysanthemifolius (forma macrofilla) (fig. 55 S. incisus). Non mancavano però gli esemplari offrenti delle deviazioni in senso in- | verso dovute al fatto che le figlie erano poco dentate e perciò simili a quelle del S. aetnensis. Il S. aetnensis ha pure variato, inquantochè ha dato dei prodotti a | foglie per lo più dentate, di rado ha mantenuto quasi immutata la forma fogliare nei discendenti. I lembi fogliari di questi sono poi quasi 4 sempre sbiaditi (indizio di misi e prn più meno carnosi di m del S. incisus. La maggiore o minore insolazione ed. i grado maggiore o minore di m idità cui vanno soggette le piante sottoposte alla coltivazione, sono : i gliari. Ed in vero i risultati attuali, ottenuti con colture tenute all’om- -bra od all'umido, si allontanano. notevolmente da quelli avuti in prece- denza e nelle quali coltivazioni si aveva avuto cura di mantenere per lo più le piante al sole e un po anche al secco. L'influenza dell’ umi- dità esuberante si è anche manifestata colla produzione di molte radiei avventizie lungo g gli internodi del fusto, per lo più limitatamente alle tà in cui i questo. erasi ineurvato e dal lato convesso. is NOTE BOTANICHE F BRA 413 i ‘adunque fattori atti a far notevolmente variare la forma dei lembi fo- - 414- | yel BUSCALIONI E pro Faremo ancora notare che avendo noi affidato al terreno alcuni acheni di un Senecio incisus, stato nell’anno precedente coltivato nell'Orto Bo- tanico, abbiamo ottenuto alcune delle variazioni testè segnalate e ciò pel fatto che le piante erano pure cresciute all'ombra ed all’ umido. Perciò è duopo coneludere che i Senecio dell’ Etna sono quanto mai È sensibili alle variazioni del mezzo che li circonda, tanto che nelle col- ture eseguite in Catania essi hanno dato assai spesso, in specie se te- nuti all' ombra ed all'umido, delle forme che, per la costituzione degli organi vegetativi (foglie), non hanno pià nulla a vedere colle forme vi- venti allo stato spontaneo nella regione. CONCLUSIONI. Il grande vuleano siculo, sorto in un’ epoca geologica recentissima , a non ha ancora potuto sviluppare, come hanno invece fatto le Alpi e gli i altri massicci montagnardi più antichi, quelle forme vegetali sui generis. che per le loro caratteristiche tenacemente fissate meritano d' ordinario ("s il nome di specie endemiche. Sulle pendici dell’ Etna vegetano, è vero, - | alcuni tipi speciali, nia questi o sono soltanto delle mere varietà o solo, | con benefizio. d' inventario (vale a dire soltanto col criterio delle colti- vazioni che fino ad ora non vennero tentate dai nostri predecessori che in modo incompleto) meritano di essere classificate fra le specie buone. Al tipo di specie più o meno discutibili si connettono i tre Senecio che noi abbiamo studiato i quali sì presentano diversamente eonformati E gli uni dagli altri unicamente perchè le tre forme vivono in condizioni di clima, di terreno, di illuminazione differenti. p Noi abbiamto seguito i botanici nella descrizione delle tre forme (che — per ragioni ovvie vennero nei capitoli. precedenti indifferentemente de- mE nominate specie, tipi e via dicendo) rilevando i concetti sistematici ve- "Ga ramente disparati a cui essi si sono inspirati nell’ apprezzamento delle - tre forme, ciò che ha portato ad una enorme confusione, ad un vero caos di determinazioni. | Jh. L'incertezza delle conclusioni in eui incorsero i botanici sistommtità) p va in gran logia ascritta al ana delle tre forme che mee Ro NOTE BOTANICHE - A 415 per gradi dall’ una all’ altra, rappresentando il S. incisus, che occupa un'area meno estesa del S. cArysanthemifolius e del S. aetnensis, quasi l’anello di congiunzione fra queste due forme. Sono in specie le caratteristiche fogliari quelle che hanno guidato i botanici alla separazione delle tre forme, ma noi abbiamo potuto rile- vare che colle coltivazioni fatte in pianura la forma delle foglie cambia quasi costantemente nel senso che il tipo alpino (S. aetnénsis) si avvi- cina al S. incisus e questo al S. chrysanthemifolius. Talora vi ha, è vero, una variazione inversa nel senso che il S. aetnensis, dopo aver luppare delle foglie a lembo intero, ma questa è un'aeeidentalità che non infirma punto la regola precedentemente enunciata circa la varia- one fogliare. Si potrebbe anzi affermare che la conferma. | Anche la struttura delle foglie subisce delle variazioni in seguito alla coltivazione in pianura. La variazione avviene pure secondo una deter- minata legge la quale fa sì che i Seneci montagnardi diventano con- formati quasi sullo stampo del S. ehrysanthemifolius. Sono partieolar- mente degne di nota le modificazioni eui vanno incontro le cellule epi- dermiche e gli stomi le quali ricordano i fenomeni di convergenza. Noi abbiamo studiato queste variazioni tanto nelle coltivazioni otte- nute da piante state sradicate nel loro sito d'origine, cioè in montagna, quanto nelle eolture ottenute da semi le quali hanno dato dei risultati partieolarmez :te dimostrativi. tre forme di Senecio, ma i caratteri distintivi che si possono desumere dallo studio istologico anatomico di questi organi hanno un'importanza assai minore rispetto a quelli che emergono dallo studio comparativo della radice sono poco marcati, dall'altro non mutano grandemente per effetto delle coltivazioni. Esistono, è vero, delle differenze nella gran- dezza dei vasi, nella larghezza dei raggi midollari e dei fasci vascolari, áppsiono abbastanza evidenti allorchè si confrontano fra loro i tre , ma Lin caratteri più che usate ino colera anaona dato dei fillomi foggiati sul tipo di quelli del S. incisus, torna a svi- Anche il fusto e la radice presentano delle strutture particolari nelle. delle foglie, inquantochè da un lato i caratteri distintivi del fusto e . come frequentemente siasi riseontrato un certo disordine strutturale quasi rispeechiante le condizioni del mezzo esterno e a causa del quale non era possibile stabilire l'esistenza di giri annuali. Degno di nota è il fatto che, per quanto concerne la struttura dei fil- lomi, i-eotiledoni sono assai più diversamente conformati gli uni dagli altri, che i catafilli primordiali. In questi le differenze sono notevol- mente attenuate, mentre poi tornano ad accentuarsi nei nomofilli sue- cessivi. i La presenza di un Senecio a foglie laciniate nella parte bassa del- | Etna, di un'altra forma a foglie dentate nella regione nemorale e in- fine di un terzo tipo a foglie intere nelle regioni elevate del monte ci ha indotto a studiare se nel grande gruppo dei Senecio montagnardi le forme di alta montagna presentino prevalentemente delle foglie intere o dentate e quelle di bassa montagna o di pianura delle foglie pinnatifide. - Lo studio fatto in proposito sul materiale d' Erbario ci ha portati alla - eonelusione che, in tesi generale, il fenomeno si avvera, e che anzi, quando E si tratta di Seneci molto polimorfi, le forme di alta montagna tendono | y a sviluppare delle foglie dentate od intere, quelli invece di bassa mon- D. tagna delle foglie dentate o laciniate in grado maggiore o minore. I fenomeno è evidentissimo per quanto, per ovvie dod le eccezioni. siano numerose. 2 La tendenza al poliformismo, che è una delle cartra äi moli i forme del Gen. Senecio, ma più di tutto i facili cambiamenti di forma 1 eui vanno incontro le foglie nelle specie ehe vivono indifferentemente in stazioni pià o meno elevate, ci hanno portato a ritenere che anche le tre forme dell’ Etna da noi studiate, il S. CArysauthemifolius, VS. — | incisus e Y S. aetnensis non siano che modificazioni di un'uniea forma, vale a dire delle semplici varietà, anzichè delle specie genuine. Or bene le colture eseguite in Catania hanno confermato a pieno le nostre vedute. È difficile stabilire quale sia stata la forma originaria da cui son de- rivate: non si può escludere che tutte e tre abbiano avuto un progeni- tore comune, ma è più logico ammettere che la forma di pianura, cioè il AS. chrysanthemifolius, molto probabilmente già esistente all'epoca in cui SES e^ i De 3i K 3 rm ES NOTE BOTANICHE ST. l’ Etna si veniva elevando, e distribuita inoltre sopra un’area disereta- mente ampia sia stato il progenitore comune del §. aetnensis e del S. incisus. Il che si accorda col fatto che la vegetazione dell’ Etna è in gran parte presa ad imprestito dai territori vicini, anche se si tratta di forme endemiche, poichè la loro affinità con altri tipi delle circostanti re- : | gioni, e persino della stessa pianura, è troppo evidente perchè sia messa in dubbio. Se però il S. aetaensis e più ancora il S. incisus sono delle semplici varietà fluttuanti esse si mostrano tuttavia abbastanza fisse finchè cre- scono nelle loro stazioni naturali e solo rivelano la loro labilità orga- nica quando vengono coltivate in pianura e specialmente da semi. Noi tuttavia dobbiamo far rilevare che la mutazione dei caratteri non si ve- rifica con eguale facilità in tutti gli individui sia di JS. aetnensis che È di S. incisus coltivati; all'opposto taluni si mostrano alquanto refrattari alla variazione durante tutto il cielo evolutivo percorso allo stato di pianta coltivata. Se ne deve concludere che la tendenza alla variazione quale carattere latente è più o meno manifesta nei differenti individui in dipendenza del fatto che i nuovi caratteri assunti nelle stazioni montagnarde sono diventati più o meno fissi. In altre parole la varia- zione è inversamente proporzionale alla fissità dei nuovi caratteri. Ma data una tale condizione di cose noi possiamo anche trarne la conse- guenza che gli individui nei quali la fissità dei caratteri propri delle forme alpine, è più radicata siano più inoltrati nella strada della varia- zione ed abbiano oramai superato il periodo della variazione fluttuante. In altre parole sarebbero da considerarsi come delle specie anziché delle . semplici varietà, forse perchè la stazione più elevata in eui essi vivono o una più protratta eredità dei caratteri avranno contribuito a fissare la nuova organizzazione. Stando a questo concetto appare probabile che col tempo le due varietà, forme orazze montagnarde potranno definitivamente ij e ‘stabilmente fissare le loro differenze caratteristiche. Ma dato che la no- e stra ipotesi sia conforme al vero, ne deriverebbe anche l'importante con- | clusione che le forme montagnarde di Senecio, che per ora non crediamo . di dover elevare a dignità di vere specie, si sarebbero evolute e conti- nuerebbero ad evolversi per gradi, lentamente anziche per peat Cia 29, ute Anno xxu, Vol. XXIII. . 418 L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO | salti come è il caso per le specie che traggono origine in virtù di una ` vera mutazione ('). Noi non sappiamo terminare questi brevi cenni senza far rilevare che i singolari fenomeni biologici offerti dai tre Senecio dell’ Etna trovano riscontro con quanto venne recentemente segnalato per alcuni Senecio delle Alpi. È noto infatti che il S. incazus L. dalle foglie pelose to- mentose è una forma delle Alpi occidentali la quale cresce fra i 2000 e 3000 m. evitando i terreni calcari. AI opposto il S. carziolicus dalle ` foglie meno incise e meno pelose abita pure le regioni non calcari delle Alpi, ma limitata alle regioni orientali del massiccio . montagnardo. Stando ai fatti offerti dalla Geografia botanica, le due forme sarebbero nettamente distinte l'una dall'altra, come due vere speeie, ma, all'oppo- sto, le affinità eho esse presentano stanno a dimostrare che sono stret- tamente fra loro affini, per eui è probabile che colle coltivazioni pro tratte e in condizioni speciali, si riesca ad ottenere od anche a soppri- mere del tutto quelle caratteristiche per cui le due forme furono dal Chodat ritenute come specificamente distinte. Del resto è pure noto che il Senecio cineraria della regione mediter- ranea avrebbe dato nelle montagne Kuropee (dove si sarebbe diffuso, se- condo il Chodat, fin dall'epoca geologica che precedette il periodo gla- ciale), una serie di specie vicarianti quali il leucophyllus dei Pirenei, il Pearsonii delle Alpi marittime, l’ incazus delle Alpi occidentali, 1’ uni- Horus nelle Alpi meridionali, il carziolicus nelle Alpi orientali, nonche - molte forme proprie della Grecia, Armenia, Creta e via dicendo. Anche per queste specie sarebbe interessante studiare le affinità per mezzo delle coltivazioni le quali forse ci potrebbero dire se le singole specie (1) È nostra intenzione continuare lo studio di questo interessante pro- blema biologico e sistematico ed all'uopo eseguiremo nell'Orto botanico di Etna per vedere se in queste forme, nelle quali il clima ha piü energica- mente agito, i caratteri acquisiti si mantengano piü tenacemente fissati anziché in quelle forme dello stesso Senecio stato raccolto nelle parti meno alte del monte. i rà pure nostra cura, non si tosto avremo un Istituto adatto, coltivare le tre forme per procedere di poi alle ibridizzazioni più disparate. | NOTE BOTANICHE naequero per ocasion! improvvise o per lente variazioni, come noi ri- Pene più probabile (*). Catania, 17 agosto 1908. Lurer BuscaLioni Giuseppe MuscATELLO. LETTERATURA DELL’ ARGOMENTO. | - ea | dean G. iran della Flora italiana. Torino 1894. Cost t Appunti sulla vegetazione di aleune parti. della Sicilia orientale. N. Giorn. Bot. N. Serie. VIII, 19 Btoloni i Flora italiana. Bologna 1853, vol. anier G. Rech. expér. sur l'adaptation d. plantes au climat alpin. Ann. Se. Nat., tom — Briquet J. Le devoloppenient des flores des Alpes occident., etc. 1901. . Buscalioni L. La neocarpia studiata nei suoi rapporti coi fenomeni geol. ._.‘e coll’evoluz. Atti d. R. Accad. Gioenia di Catania, vol. Buscalioni L. L'Etna e la sua vegetazione con speciale riguardo all’ori- . gine della valle del Bove. Boll. d. R. Soc . Geografica Ital. 1909. Cavara F. Note floristictie e Aaa per " Sicilia. via Soc. Bot. Ital. 1904-1905. Cesati. V. Passerini Lol e Gibelli G. Compendio della Flora italiana. ilano 1884. d ag. L toe Palermo. 1908. - Er i i A. Die Pf er n und die Pantengesgr. Gliederung ts i ose Berlin 1901. Pe. ! dai. V. Mendola. né po 9. Flora analitica d Italia. Padova 1396. n - qj koba il S. abrotanifolius MEE dato divers forme alpine (razze o |. ie) che si sarebbero evolute a poco a poco fino a raggiungere la costi- - zione attuale, La storia dg; non poche Parure alpine è pure ricca di va DE AMARE i : 420 | I: BUSCALIOMI E G. MUSCATELLO Gibelli G. Vedi Cesati e Passerini.. Gussone 1. Florae siculae synopsis. Napoli 1843. Hupfer. Die Regionen am Aetna. Wissensch. Veróff. d. Vereins f. Erd- kunde zu Leipzi Jerosch M. Geschichte u. Herkunft d. Sehweizerichen Alpenflora. Leipzig 19 Jungner. ‘Elia u. Blatt in Regio Alpina. Flora 1894. ` x. Kerner A. V; Marilaun. Niederósterreichische Weiden. Wien 1860, p. 74-78. Kerner A. V. Marilaun Die Abhàngigkeit d. Pflanzengestalt d. Klima und Boden. 1869. Leist K. Ueber den Einfluss d. SEN Standortes auf die Ausbildung d. Laubblätter. Mitt. d. Naturf. Gesellsch. Bern Lojacono-Pojerio M. Flora sicula. Palermo 1902. E Lyniewshi W. Beitr. z. Biol. d. Alpenpfl. Flora, 1896. Magnin. Végétation des Alpes Francaises. Paris 1893. Mendola 1. ed Eredia F. L'Osservatorio Etneo in rapporto al servizio meteorologico. R. Accad. d. Lincei, 1907. Nicotra L. Elementi statistici della Flora Siciliana. N. Giorn. Bot. Ital. XVI-XXIV. vi e T P EM Pampanini R. Essai sur la Géogr. bot. des Alpes. Freiburg 1902, x Ga Paoletti V. Fiori. E Parlatore. Etud. sur la Géogr. bot. de l'Italie. In Grisebach, Végét. «du globe. Paris, 1878. Passerini V., Cesati e Gibelli. Philippi R. Ueber die Vegetation des Aetna. Linnaea 7, 1852. Rafinesque.. Chlorisi aetnea in Recupero Storia nat. d. Etna, 1815, p. 15, Rosenthal M. Ueber die Ausbildung der Jahrringe an d. Grenze d. Baum. wuehses in den Alpen. Hodin, 1904. Ross H. Bull. d. Soc. Nat. ed Econ. di Palermo. Sed. 12 Marzo 1892, Schimper A. Pflanzengeographie. Jena 1898. Schröter C. Das Pflanzenleben d. Alpen. Zürich 1908. (V. anche Stebler). Stebler und Schröter. Alpenfutterpflanzen. Bern 1898 ut Steenstròm. Ueber d das Vorkommen ders. Arten in vifadied. Chaton Ta und an verschiedenen Standorten. Flora 1 1895. : — Stròbl. Der Aetna und seine Veo getation. Brünn 1880. Tornabene F. Saggio di geog rafia botanica per la Sicilia. Atti d. Con- gresso I. Natur. Napoli 1846. i Tornabene F. Flora nitian. Catania m p. 213. proce der [ ischen Ape M tung. TEN. Der non Fattoria Vota Bac ue Th. Bericht ùber die alpinen Versuchsgarton. Wien 1902. mus 422 . L. BUSCALIONI E G. MOSCATELLO SPIEGAZIONE DELLE FIGURE. Tav d TE i Fig. la. — Senecio aetnensis. « lb. — Senecio incisus. » le — Senecio chrysanthemifolius. » 2. — Senecio incisus coltivato in Catania » 3. — Senecio chrysanthemifolius coltivato all ombra. » 4 — Senecio incisus coltivato in Catania. Le foglie apicali gliano a quelle del S. aetnensis. > 9. — Foglie basali del S. aetnensis.. » 6. — Foglie apicali del S. aetnensis. Rassomigliano alle foglie del S. incisus. ; » 7a, 7b, 8a, 8b. — Senecio aetnensis. Catafilli primordiali pieeiuo- .— — lati. Accanto alla piantina (7a, 8a) si osserva la pianta ia. La dre (7b, 8b) da cui essa è derivata per se : Lo Y — "» 9a — Piantina. di Senecio aetnensis coltivato in > 9b. — Senecio aetnensis dell'alto Etna i cui semi hanno dato ori- . gine alla piantina illustrata nella fig. 9». » 10. — Esemplare di Sezecio aetnensis coltivato in Catania e fornito di foglie pieciuolate. SEA IV. » 13. — Senecio chrysanthemifolius. » 14. — Sezione trasversale di foglia di Senecio aetnensis. » 15. — Sezione trasversale di foglia di Senecio incisus. | » 16. — Sezione trasversale di foglia di Sezecio chrysanthemifolius. si o» I4 ow Sezione trasversale di un giovane ramo di Senecio chrysan- themifolius. | » 20. — Sezione trasversale di un SC. accanto la piantina madre (12 b) che ha fornito il seme, » 18. — Sezione trasversale di un giovane ramo di Senecio incisus. >» 19. — Sezione trasversale di un giovane ramo di Senecio aetnensis. fusto adulto di Senecio incisus, Í NOTE BOTANICHE 423 Tav. V. - Fig. 21. — Senecio f iced darin Epidermide della pa yon die = dei cotiledoni (obb. 5* oe. oristka — tu » 22. — Senecio chrysanthemifolius. Epidermide della E supe- A riore dei cotiledoni (obb. ed oc. come so | o» 23. — Senecio- incisus rie della faccia infuria dei cotile M doni (obb. ed oe. eome so UN » 24. — Senecio incisus. Epidermide della faccia ata dei coti- ledoni (obb. ed oc. come sopra). » 25. — Senecio aetnensis. Epidermide della faccia inferiore dei coti- ledoni (obb. ed oc. come sopra » 26. — Senecio aetnensis Epidermide della faccia superiore dei coti- ledoni (obb. ed oc. come sopra). n. » 27. — Senecio aetnensis. Epidermide della pagina inferiore dei ca- mem tafilli primordiali (obb. 6, oc. 2 Koristka — tu sd chiuso). » 28. — Senecio aetnensis. Come sopra — pagina superio. > 99. Senecio incisus. Epidermide della pagina inferiore dei catafilli ; primordiali (obb. 6 oe. 2 Koritska — tubo chiuso). |. 7» 30. — Senecio incisus. Come sopra — pagina superiore. =» 31. — Senecio chrysanthemifolius. Sea della pagina inferiore : dei eatafilli primordiali (ob. 6 oc. 3 Koristka — tubo chiuso). — Senecio chrysanthemifolius. Come sopra — pagina superiore. — Senecio aetnensis. Epidermide della pagina inferiore dei no- : mofilli in pianta adulta (obb. 6 oc. 2 Koriska — tubo chiuso). v v e» E : =» 34. — Senecio eque Come Sopra — pagina superiore. 1 » 35. — Senecio incisus. » ». » inferiore. » 36. — Senecio incisus » > » superiore. >» 37. — S. chrysanthemif. » » » inferiore. > 38. — S. chrysauthemif. » » » Superiore. Tav. VI. x ‘Fig. 39. — Sezione trasversale di un fusto adulto di Senecio chrysan- themi folius. B ^» 40. — Sezione Ed di un fusto adulto di Senecio Vasa ` » 4l. — Sezione trasversale di una radice on chrysanthemif. des rd e » » + > » » Senecio incisus. l J4 > uoc » » » cai i ‘BUSCALIONI E G; . MUSCATELLO ic Fig A. - — - neci aetnensis. Tapen primordiali dimorfi , indicati con È à . la lettera P. (?). A^ » 45. — Senecio incisus. Pianta coltivata in lira, avente delle fo .. glie simili a quelle del Senecio aetnensis. Tav. VII. Fig. 46. — ai aetnensis. Epidermide fogliare (pagina superiore) di pianta che fu raccolta sull’ Etna » 47. — Senecio aetnensis. Tee fogliare (pagina aree di - pianta coltivata in Catani » 48. — Epidermide della pagina ERE delle foglie di S. aetnensis .. (pianta raccolta sull’ Etna). — Da » 40. - Epidermide della pagina inferiore delle foglie di S. aetnen- UM sis. (Pianta coltivata in Catania). >» 00. — Senecio sp. Pianta fornita di brattee mostruose, Tav. VIILO è 3 Te 5l. =e Senecio incisus. Foglie lungamente. picciuolate (pianta col- tiva » 52. — - inani aetnensis. Picciuoli molto dilatati nel filloma di pianta adulta coltivata in Catania. (Lunghezza à della glia A' cima o em.). i» 53. Sgr aetnensis. Polimorfismo bus : | » 54. — Senecio incisus. Polimorfismo fogliari: o “0°: da COR DE ex Pen de ncisus. Foglie simili a quelle del 8 chrysanthemi. 0 Nelle è figure m x e eps intendiamo catafilli primordiali di i ^ ofilli m le 1 > della ride madre (materiale d’ erbario). A. TROTTER Nuove osservazioni e ricerche sulla flora irpina. I. OSSERVAZIONI FITOGEOGRAFICHE. Alla distanza di cirea due anni dalla mia ultima pubblicazione sulla E: flora dell’Avellinese ('), mi è possibile ritornare con una nuova ed anche più notevole contribuzione, frutto delle attive ricerche da me proseguite anche in questo ultimo triennio. Credo non sia presunzione il dire che oramai la flora irpina è la meglio nota di tutto il Mezzogiorno, come può arguirsi dai seguenti dati statistici : La compilazione del Casati (°) la quale (dopo una necessaria epura- zione doeumentata-nelle mie precedenti pubblicazioni) racchiude il no- tevole numero di cirea 1230 specie, per le mie personali ricerche si é accresciuta di altre 366 circa, che unite alle 40 circa segnalate dal Frame (*), alle 8 segnalate dal Prof. Cavara (9 ed alle 9 rinvenute dal Sig. Lacarra (7) formano a tutt'oggi un insieme di circa 1653 spe- SO Ulteriori osservazioni e ricerche sulla. Flora irpina. Malpighia vol. a 10. 15 pp. ?) Flora irpina , Avellino 1901 (edita dalla R. Scuola di Viticoltura ed pora. di Avellino). dup aggiunte alla Flora PRESA Nuovo Giorn. Bot. it. N. S., vol. - XH 1906, p r — (9 F. Cavana, Il Gi iardino | a alpino di Monte Vergine, Boll. Soc. Nat. N oli, v. XXIII, 1909, p. 151. Ritengo come del tutto nuove per iA alins seguenti specie da lui segnalate di M. Vergine: Lilium Martagon L. — amnus pusilla Ten. — Seseli polyphyllum Ten. — Saxifraga moschata — Saxifraga porophylla Bert. — Verbascum rotundifolium "E var. uum = .— Campanula foliosa Ten. — Carduus affinis Guss baro eC. LACAITA, il quale nel giugno 1908 visitó i monti Cervialto, ; Ile 496 | . A. TROTTER eie; cifra notevole, capace di Meihe altro sensibile accrescimento e che non ritengo raggiunta da alcun altro territorio meridionale a parità di superficie. E le ricerche su di una determinata regione, come quelle da me intraprese, riescono poi tanto più importanti quanto più insi- stentemente sono continuate. Non tanto per il materiale accrescimento numerico ch’ esse possono determinare, quanto per i fatti che da esse possono emergere, i quali sogliono rivestire una maggiore importanza, non alle prime ricerche, ma sol quando le esplorazioni hanno raggiunto il massimo carattere intensivo. Come può facilmente ricavarsi dall’ e- same delle mie pubblicazioni, le specie più interessanti, i fatti più sa- lienti io ho potuto acquisire solo in questi ultimissimi anni, malgrado che le mie ricerche rimontino oramai al 1902. Fra le scoperte più interessanti contenute nel presente lavoro mi sia lecito segnalare: Prunus Cocomilia Ten. e Chrysosplenium Macro- carpum Cham. ritenuti sin qui quali endemismi calabrici; Genista tineto- ‘ria L. var. virgata (W.) entità che dai compendii non risultava nota per l'Appennino; Trifolium obscurum Savi di cui la presente è la terza se- pue italiana; una forma nuova (latifolia m.) di Plantago lanceo- | lavoro e mi limito a trascrivere le ede nuove per l'Avellinese quali ho desunte dal suo elenco manoscritto ron viride Huda. — M. Acelica, ad rupes v umbrosas versus boream, 300 m.; 21. VI. 900. î cur Hypboglossum L. — M. Acelica, in fagetis versus boream, c. | 4350 m.; : 21. VL 908. Silene quadrifida (L) x — M. Acelica, ad rupes umbrosas versus boream, m.; 94. VI. 908. | : is, x Carum istum (DC.) Are. — M. Acelica, ad rupes umbrosas versus o ; ream, c. 1321 m.; 25. VI. 908, Podicularis elegans Ten. — M. seen in saxosis, 21, VI. 908;? M. Cervinito i. Pinguicula hirtiflora Ten. — M. Acelica, ad stillicidium prope speluncam, ; c. 1300 1.5 21 VL Adowa Moschatellina L. — M. Cerviato, in fagetis elitissimis versus bo- Ge NER NE L 908. CU NS NUOVE oinit Laon, E RICERCHE SULLA FLORA IRPINA 427 lata ; i 1 Phyituma rtowibes L. var. hungaricum R. Schulz, nuova acqui- sizione per la Flora italiana, mentre poi il tipo, rappresentato dalla ‘Var. Columnae, non si conosceva di località più al sud dell’ Abruzzo; «ma anche per l'Europa, anzi ritenuta sin qui come un endemismo del- l'Algeria. Per tacere di altri ritrovamenti di minor importanza, ma che — hanno ad ogni modo o un interesse locale o contribuiscono alla più pre- -cisa conoscenza della, distribuzione e frequenza di talune specie, non co- muni in Italia, come Apium ruido tum, Bunium cynapioides, Centaurea EEN ete. (Anche lo ricerche di questi ultri due anni, con numerosi e caratte- ristici esempi, mi hanno confermato il fatto, più volte segnalato nelle mie precedenti pubblicazioni, dell’esistenza nell’Avellinese, entro i limiti da me assegnati, di due distinti distretti floristici, cui già da tempo io avevo ereduto di poter assegnare i nomi di distretto terziario e distretto secondario o mesozoico. | Nel territorio relativamente piccolo da me impreso a studiare (cirea 80 chilom. nella sua massima lunghezza) è certo che i fatti fitogeografici ` (ecologici e sistematici) coincidono coll’affiorare dei due territori geolo- : giei e perciò la denominazione da me adottata può egregiamente con- |. venire. Non erederei peró opportuno, contrariamente all'opinione da me tra volta espressa, per quanto. dubitativamente, estendere tale denomi- azione anche alle altre parti delP Appennino centrale e meridionale, là dove. questi terreni si mostrano, come nell'Avellinese, largamente estesi ed ortograficamente. ben separati. - Una tale denominazione, se applicata a | territori molto ampi, può generare confusione ed equivoco ed è perciò i niente sia DE ora abbandonata; per pidas io sia convinto T pu 498 5 je rnorren di adottare due altre espressioni, ho non solo meglio conve a n territori pià ampi, ma ehe forse rispondono in modo anche più preciso A alla realtà dei fatti; mentre servono approssimativamente a qualificare quegli stessi fenomeni fitogeografici che mi avevano determinato a pro- porre per l’Italia paniyalar quelle due espressioni sco strettamente : geologiche. i^ Data la configurazione della nostra penisola ed il partieolare orienta- mento della catenà appenninica, ne risulta un fatto fitogeografico di notevolissima importanza : il distribuirsi cioè delle piante non solo, co m'è ovvio, secondo la latitudine, ma anche ed in un modo assai per- spicuo, secondo la longitudine. Per tal modo la catena appenninica di- vide l'Italia peninsulare approssimativamente in due grandi settori lon- gitudinali, l'uno prevalentemente adriatico, l'altro prevalentemente tir- - renico, settori da potersi poi suddividere, a seconda della loro situazione latitudinare, in settentrionale — , centrale —, meridionale-adriatico — settentrionale —, centrale —, meridionale-tirrenico. Possono tali espressioni, a carattere climatico, valere, almeno come | grandi circoscrizioni, ad indicare dei fatti di distribuzione geografica , meglio di quanto non lo potrebbero delle espressioni a contenuto storico od amministrativo ? "9 Le due designazioni -— ed è su questo che io dedi ora soffermarmi -— di regione meridionale-adriatica e meridionale-tirrenica (per alcuni ; mediterranea), hanno già in Italia una consacrazione quasi ufficiale es | sono perciò largamente impiegate nella limitazione di molti fatti clima- tici ed agrari e certamente, a parer .mio, esse rispondono assai bene a em anche dei fatti di distribuzione naturale delle piante. —. E che in Italia esistano i due climi, adriatico e tirrenico, non vi ha Pea io eredo, di dimostrazione, essendo oramai un fatto registrato in tutti i trattati di metereologia. Quanto poi all' influenza. preponde- rante del elima sulla vegetazione e sul. distribuirsi delle. specie , anche. questo è fatto oramai troppo noto perchè non se ne debba ammettere Pe delle regioni botaniche. A SSR, r pae reme, centrale c e sopratutto meridionale, -Nuova OSSERVAZIONI 1 E | RICERCHE UIT Mo in hod principale, due "e territorii Mss luno prevalentemente influenzato dal clima adriatico o settore meridionale- adriatico, V altro dal clima tirrenico o settore meridionale-tirrenico ; il a primo inoltre caratterizzato da un ampio sviluppo di terreni terziari (mame, argille, sabbie, arenarie, conglomerati, eec.), il secondo dagli . importanti rilievi orografiei, costituiti da terreni seeondari o mesozoiei p rocce calcari, dolomie, ecc.). L'egregio collega ed amico Prof. A. FrorI nel suo interessante Pro- Larosa di geografia botanica dell'Italia (in Flora analitica v. I) pur rico- noscendo un clima tirrenico ed un clima adriatico (p. XII-XIII), pur met- tendo in rilievo la diversa distribuzione altitudinare dell’olivo sui due versanti (p. XLIII), nella limitazione invece delle regioni botaniche ita- ds liane non utilizza un tale eriterio, che gli sembró forse di secondaria | importanza, ma divide tutta la penisola in base alla sola latitudine e cioè nei 3 settori: peninsulare settentrionale, p. centrale, p. meridionale (p. LII). Quest'ultimo poi suddiviso negli 8 distretti seguenti: a. Campano e delle isole Pouziane e Napoletane, b. Sannitico- — irpino, c. Pugliese, d. Garganico e delle isole Tremiti, e. Lucano, È Calabro-settentrionale , g. Calabro-medio, o Silano, h. Calabro-meri- .. dionale. i. prescindere dalla migliore opportunità di escludere i distretti gar- ganico- -diomedeo e forse qualche altro brandello meridionale-adriatico da questo settore, i quali forse meglio potrebbero partecipare del dominio ` illirico della penisola italiana (p. LXXVI); alla non evidente necessità d i separare. il distretto calabro-meridionale dal medio (La Cryptotaenia Tho- masi ad es., citata. dal Fiori, si trova anche alla Sila (CAVARA e GRANDE, | Trotter e Form), chè anzi io penserei si potrebbero riunire, in un’unica provincia geobotanica, al distretto peloritano , che il Frort include nel E dominio siculo-maltese (p. LXX); parmi ehe anche gli altri distretti di questo settore meridionale non sieno nè Ep limitati nè omo- genei nella loro composizione floristica. . ‘Così il distretto Campano e delle isole Ponziane e Napoletane, che an- drebbe dai monti Ausonii ed Aurunci fino a Salerno, possiede, è vero, delle specie vm ma proprie, parmi, dio una limitata parte di. 430 = C O A. TROTTER tutto il distretto, cioè del territorio situato nell'immediata vicinanza deb golfo di Napoli, ed è perciò troppo ampio. Il distretto Sannitico-irpino, al quale non viene assegnato alcun proprio carattere floristico, si estende in latitudine, secondo Fiori, dalla pianura Campana al Tavoliere di Puglia (esclusi), in longitudine dal Molise al Sele, cioè sino alla Luca- nia. Orbene, questo distretto possiede due tipi floristiei del tutto diversi: un tipo che io ascrissi già ad un proprio distretto, distretto me- sozoico, ed altro cui assegnai il nome di terziario, visto che la distribuzione di molte specie e di molte associazioni coincideva coll’ affo- rare di tali terreni. Distretti.che, per i fatti più sopra esposti, potrebbero. farsi rientrare separatamente nelle due più ampie circoscrizioni, meridio- nale-adriatica e meridionale-tirrenica più sopra illustrate; giacchè questo vasto territorio, che va, secondo From, dal Molise, anzi quasi dall'Abruzzo, alla Lucania, sta preeisamente a. cavaliere dei due versanti e risente perciò non solo l'influenza dei due climi ma anche con- temporaneamente dei due territorii geologici. Perciò il distretto sanni- tico-irpino di Fiori, per una parte possiede i caratteri del distretto Cam- pano, per l’altra del distretto Pugliese. Non potendosi. quindi considerare come un distretto omogeneo, non avrebbe ragione di esistere. Analoghe osservazioni potrebbero farsi per il distretto Zucamo, il quale per buona parte non è che continuazione del distretlo Campano, per l'altra del distretto Pugliese, e partecipa perció esso pure dei due tipi floristiei. Me- glio individualizzato è invece il distretto. calabro, che per F'assottigliarsi della penisola risente assai meno l influenza dei due versanti, inoltre - peculiare per gli imponenti massicci cristallini che ne formano l'ossatura, per quanto anche qui non è improbabile che la flora meridionale- adriatica si allunghi attraverso la faseia di terreni terziari che einge la Calabria, speeialmente sul versante Jonico, continuandosi verso nord con i terreni terziari della Basilicata e delle Puglie. Quanto al distretto pu- gliese, conviene riconoscerne la consistenza e |” ‘omogeneità; trovo però che esso ha avuto nel Prodromo dei gonfini troppo ristretti in ogni direzione, appunto perchè i distretti sannitico-irpino, lucano, calabro-settentrionale ne hanno usurpato notevoli porzioni. Valga un esempio tipico, tolto dallo : | Stesso Prodromo del Front: la Hrac centauroides, segnalata, (p. LXV. Lm X p» | quale una specie bdrotteristica del distretto Pugliese, sì trova però aie nel distretto sannitico-irpino ed in quello lucano; però, aggiungerei io, nelle parti di questi distretti che si estendono sul versante adriatico o ter- ziario! Da ciò la necessità di estendere il limite del distretto pugliese, se pur si vuol dis Preig un tal nome, molto pià a ponente di quanto egli non abbia fatto. Lo stesso io credo debba avvenire per il confine settentrionale. ü Cardopatium corymbosum ad esempio, altro caratteri- stico elemento pugliese , non solo si estende , verso ponente, per buon ‘tratto entro i confini dei distretti sauaitico-irpino e lucano, ma si spinge, - verso nord, sino alle Marche, però sempre lungo il versante adriatico ; con | che si dimostra chiaramente l’ influenza preponderante di questo settore ppc e delle sue particolari condizioni edafiche. È certo poi che aleune entità hanno realmente nel distretto pugliese un'area assai piü limitata delle precedenti, ma qui converrà esaminare quanto in tale fatto sia da attribuirsi all’ altitudine, e quanto alla distribuzione oriz- zontale, giacchè il settore meridionale-adriatico dal livello del mare rag- giunge i 1200 m. ed è perciò probabile debbano vota anche dei fatti di distribuzione altitudinare. Questo estendersi della flora e della vegetazione pugliese oltre i con- fini amministrativi della regione, non era sfuggita neppure a, GUSSONE ‘e TENORE, i quali nella loro Memoria Peregrinazione da Salerno al Monte Vulture (*) constatano ehe la flora pugliese si avanza sino alle falde di questo monte e presso Atella « su terreni calcari- -argillosi — essi scrivono, P 371, — comparisce la Flomide Erba venti, nunzia della vegetazione ugliese »; e più oltre, p. 471, « lungo quest' ultimo tratto di strada presso Rendina — la vegetazione é affatto identica a quella del Ta- voliere di Puglia, e perciò alla Cynara horrida si associano la Carlina lanata si Cardopatium corymbosum , lo Cnicus syriacus, la Centaurea $ | salmantica, Anthemis pubescens e lo Ziziphus Paliurus ». B. settore meridionale-adratico non sarebbe poi, soltanto de: signato dalla presenza di particolari endemismi o dall' abbondare degli. lementi balcanici e mediterraneo-orientali (Melampyrum barbatum NV us et K. ad esempio, che si spinge sino alle Marche e poi più in su sino - al Veneto ed all Istria), ma anche da perspicui caratteri della sua ve- o getazione, cosicchè vi abbondano gli elementi e le associazioni xerofite, us e la xerofilia, più di quanto non avvenga in altri settori peninsulari, è impressa, in modo più o meno accentuato , in tutte le sue forma- zioni. Caratteristica parmi, ad esempio, la facies steppica delle sue for- mazioni erbacee e pratensi, che qui è più evidente di quanto non lo sia nelle analoghe formazioni di altre località del Mezzogiorno. — Qon tutte queste osservazioni non intendo di voler abrogate le eireo- scrizioni fitogeografiche proposte dal Fromr, ma solo di avere avanzate | aleune idee, suggeritemi dalle mie esplorazioni botaniche nel centro e - nel mezzogiorno della Penisola e che non credo prive di un qualche | fondamento, onde altri sopratutto FEMA controllarle, portando ATO nuovo contributo di fatti. Una buona classificazione delle regioni botaniche italiane; che io mi auguro possa essere fra non molto un fatto compiuto, non avrebbe solo. un interesse strettamente scientifico, cioè puramente botanico, ma né avrebbe anche uno pratico od agronomieo, L'agronomia, la silvieultura, si trovano nella stessa necessità, di dover porre cioè dei limiti alle di- ^ verse eulture; limiti che dovrebbero essere naturali, ondé , sconfinando, non esporre le piante a dei danni climatici e l'agricoltura a dei danni | economici. Ma tali limiti sono ıl più spesso all'arbitrio dell'uomo e per- ciò assai poco naturali; cosicchè gli agronomi si fondano, e giustámente, in mancanza d'altri criteri, sulle condizioni climatiche; ma queste pos- rt. sono fornire indizi insufficienti se non si rispeechiano sulla vita ve- getale, ed in questo caso evidentemente non sulle piante coltivate, poichè entreremmo in un circolo vizioso, ma solo unicamente sulle piante — spontanee. Cosicchè la fitogeografia, gettando le, basi di una precisa elas- sificazione dei territori botanici, potrebbe rendere in Halia un utile aer- -vizio “anche all’ agronomia. NUOVE OSSERVAZIONI E RICERCHE SULLA FLORA IRPINA 433 II. NUOVO CONTRIBUTO. * Agrostis Spiea-venti L. 5 interrupta (L.). — Terreni erbosi, argil- losi, della zona collina presso Aquilonia. x Arundo Pliniana Turra. — Luoghi arenoso-sabbiosi, spesso argillosi, soleggiati, talora anche nel sottobosco dei Querceti radi. Abbonda presso la Stazione di Apice S. Arcangelo (arenarie), al Ponte di Lapio presso Taurasi (argille). In fiore nel mese di luglio. * Gaudinia fragilis (L.) P. B. — Luoghi arenosi erbosi, pascoli presso Lioni, 20 giugno 1908; alla « Mattina » sopra Calitri a circa 900 m. s. m., 1 luglio 1909. x Imperata cylindrica (L.) P. B. — Luoghi aridi erbosi, arenosi od anche rocciosi. Cospicue colonie non lungi dalla linea ferroviaria, tra le stazioni di Montoro e Solofra, zona collina, in fiore I'8 lu- glio 1908. Lepturus incurvatus (L.) Trin. 5 filiformis (Trin.). — Pascoli della « Mattina » sopra Calitri a circa 900 m. s. m., 1 luglio 1909; »* erbosi presso Lacedonia e Rocchetta, comune, luglio 1910. x Phalaris coerulescens Desf. — Erbosi soleggiati, pascoli aridi, in prossimità dei seminati, dalla zona collina alla montana, tra La- pio e Taurasi, 29 maggio 1908; comune alla « Mattina » sopra Calitri a circa 900 m. s. m., 1 luglio 1909: * Phalaris minor Retz «. — Margine di una strada presso Avellino, Giugno 1908 (race. dal Prof. P: A. Saccardo). | % Trisetum flavescens (L.) P. B. a. — Pascoli della zona montana, | alla « Mattina » sopra Calitri a circa 900 m. s. m., 1 luglio 1909. Fi Vulpia ciliata (Pers.) Lk. — Luoghi aridi erbosi soleggiati tra da pio e Taurasi, zona collina, 29 giugno 1909. * Scirpus maritimus L. — Aquitrini in terreno argilloso sotto il M. Teuta, presso Monteverde, a cirea 450 m.s. m., 28 maggio 1909. * dani Chamaemoly L. — Erbosi solegg giati alla « stinceta » di 8. Arcangelo Trimonte, zona collina; in frutto il 24 aprile 1908. -x ? Muscari commutatum Guss. — Margine dei campi presso la « stin- eeta » di S. Arcangelo Trimonte; 28 aprile 1908. 30. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIIL. 434 | A. TROTTER Ea cu x Iris graminea L. z. — Luoghi erbosi, aprici, boscaglie soleggiate: presso il Cimitero d'Ariano di Puglia a circa 800 m. s. m., in frutto alla fine di giugno 1908, presso il M. Teuta verso Aqui- lonia a circa 500 m. s. m., in fiore il 28 giugno 1909. x Iris italica Parl. — (= Iris germanica B illirica Trotter, Malpi- ghia, vol. XVII. an. 1908, p. 68, cfr. PampanINI, Nuovo Giorn. bot. it, vol. XVI, 1909, p. 89, Nota 3). x Romulea Columnae Seb. et Maur. — Pratelli soleggiati alla « stin- : ceta » di S. Arcangelo Trimonte, zona collina; in frutto il 24 aprile 1908. Orchis pyramidalis L. — Anacamptis sp., Casali, Fl. irp., p. 34. x var. albiflora Fiori. — Frequente nelle radure soleggiate del Bosco di Sassano, in terreno fortemente argilloso, ove pare sostituisca quasi completamente la forma a fiori rosei, della quale non mi fu possibile rinvenire che un solo individuo. Primavera 1908. Thesium linophyllum L. — Casali, Fl. irp., p. 39. x à montanum (Ehrh.) — Castagneti sul M. Velizzano sopra cara a circa 700 m. s. m., maggio 1909. x Atriplex laciniatum- L. — Macerie presso il paese di Calitri, 1 lu- glio 1909. Gli esemplari da me raccolti non essendo ancora in fiore non mi consentono di preeisare a quale delle varie entità di questa specie polimorfa sieno da ascriversi; parmi peró si ac- costino alla sottospecie tataricum (L.). Chenopodium album L. — Casali, Fl. irp., p. 43. * ò opulifolium (Schrad.). — Erbosi scoperti nel bosco presso la sta- zione di Aquilonia; in fiori e frutti nel novembre 1909. Cerastium campanulatum Viv. — Casali, Fl. irp., p. 45. x £ granulatum Hut. P. et R. 1877, It. III ital. n. 330. Nuovo Giorn. bot. it. 1879; Hurer, Herbar. Studien 1908, p. 31. — Si distin- gue dal tipo per le. sue dimensioni in ogni parte maggiori. Al- cuni individui da me misurati raggiungono ed oltrepassano an- che i 70 em.; ‘petali lunghi 10-12 mm.; capsule 10 mm.; foglie sino a 40 mm. lunghe, 10 mm. larghe; semi più oscuri e più distintamente granulosi che nel tipo. Era nota sin qui di Monte . Pollino. E cd NUOVE OSSERVAZIONI E RICERCHE SULLA FLORA IRPINA 435 Silene catholica (L.) Ait. — Comune nel bosco presso la stazione di Aquilonia in terreno argilloso, a circa 200 m. s. m., rifiorisce nel- 'T autunno. Era già stata da me segnalata dell'Avellinese in un precedente contributo, però dubitativamente, in causa degli esem- plari non ancora in fiore. Tunica prolifera (L.) Scop. — Casali, Fl. irp. p. 48 (con var. f). * Pare prediliga i terreni dell'Appennino terziario, a differenza della var. velutina largamente distribuita nell'Appennino mesozoico. Il tipo fu da me raccolto presso Lioni, il 20 giugno 1908, Andretta il 27 giugno 1908, al Bosco presso la stazione d'Aquilonia; in | terreni per lo più argillosi, erbosi o boschivi, dalla zona collina alla submontana. B velutina (F. et M.). — Tunica velutina Parl-Caruel Fl. it, IX, p. 298. — Assai diffusa dalla zona collina alla montana; nei ca- stagneti, nei luoghi erbosi aprici od ombreggiati, muraglie ecc.; da me raccolta a Ospedaletto, Capriglia, Forino, Quindici, Monte | Costa S. Angelo, Bagnoli, Castelfranei, Montoro, Morra irpino. Con tutta probabilità sono da riferirsi alla var. velutina le loca- lità (Avellino, Castello di Avellino, Ospedaletto) indicate per Zw- nica prolifera da MILANIT, BACCARINI, FERRARIS. | Helianthemum Chamaecystus Mill. — Hol. vulgare Casali p. p., Fl. i | arp, p. 87. Di. Y grandiflorum (DC.). — Erbosi rupestri presso la vetta del M. Ter- minio a circa 1800 m. s. m. (e certamente anche altrove); in fiore alla fine di luglio 1909. * . Alyssum montanum L. — Parlatore-Caruel, Fl. it. qx, p. 743. La forma x diffusum (Ten.) frequente fra le rupi calcaree presso le cime di Colle di Basso (Terminio) a eirea 1000 m. s. m., in frutto alla fine di giugno 1909. - Alyssum saxatile L. var. orientale (Ard.) = Al. saz. var. leucadeum, Trotter in Malpighia v. XXII, 1908. .. x Arabis alpina L. y albida (Stev.), f. canescens (Brocchi) Chiov. — Rupi ombreggiate sotto il Montagnone di Nusco, in fiori e frutti alla metà di giugno 1908. L' Arabis alpina già indicata per l'Avel- A. TROTTER linese da PanLATORE-CARUEL (Fl. it. IX, p. 864) è con tutta pro ~- babilità da riferirsi alla var. albida. L'Arabis albida invece indi- cata dal Baccarini, per controllo del materiale d'erbario, è da ri- ferirsi a forme di Arabis collina. * Arabis pauciflora (Grimm.) Garcke. — Radure nel bosco di Sassano presso la Stazione di Aquilonia, in terreno argilloso, primavera 1908. Il limite meridionale di questa specie è rappresentato in | Italia dal Monte Vulture che è RO alla località più sopra : indicata. i x Brassiea adpressa (Moench) Bons —- Erbosi, aridi, presso la stazione 3; ferroviaria di Rocchetta, fine di giugno 1910. * Adonis annuus L. f. x autumnalis (L.). — Margine dei campi sotto. . Aquilonia, 28 maggio 1909. * * Chrysosplenium dubium Gay in DC. 1830 (= Cr. oppositifolium | B calabrum! Tenore 1830, Fl. Nap. v. IV, p. 200, Chr. macro- ‘carpum Chamisso 1831, Chr. ovalifolium Bertoloni 1839). — Al Piano Laceno sopra Bagnoli (lungo la Tronnola poco al di sotto della sorgente entro il bosco di Faggio a circa 1110 s. m.), ia = frutto alla fine di luglio 1910. — Secondo Lacarra (Bull. Soc. zm bot. it. 1910, p. 63) questa specie sarebbe stata trovata dal Ga- | SPARRINI (in Herb. TR vue in una località, ignota, della Lu- cania. x Pirus domestica (L.) Ehrh. — In un bosco di Querce presso il be . vio Lacedonia-Rocchetta a circa 500 m. s. m., luglio 1910. x Potentillà caulescens L. — Tra le rupi calcaree, ombreggiate, delle zone montana e subalpina del Monte Terminio: presso la vetta- di Colle di Basso a circa 1500 m. s. m. e presso il S. Salvatore a circa 1000 m., Mnt 1909. ug : * init Cocomilia Ten. £ brutia (Terr. N.). — Boschi della Rajā i Maura nei monti di Bagnoli in località detta Conche dell’Orno , a eirca 1300 m. s. m.; in frutto alla fine di luglio, 2 vecchi esem- plari di 45 m. di altezza. Con la. presente segnalazione viene ad | allargarsi notevolmente l'area di distribuzione di questa rara . i Lana nota sin qui solo della Calabria sues iriubale NUOVE OSSERVAZIONI E RICERCHE SULLA FLORA IRPINA 437 * Rosa agrestis Savi. — Rupi calcaree presso il Santuario dell’ Inco- - ronata ai Torchiati (Montoro), 8 luglio 1908; M. Terminio, giu- gno 1899 (CASALI e Ferraris! sub R. micrantha Sm., Casali, FI. irp., p. 66 p. D): : Rosa canina L. — Casali, Fl. irp., p. 66. ^x a lutetiang (Lém.). Dintorni di Avellino (Casali!), M. Vergine (Bae- earini!), al « Vallone delle Brecce » sopra Caposele, giugno 1907! x £ seabrata (Crep.). — Siepi presso Morra Irpino, 26 giugno 1907. x 7 dumetorum (Thuill.. — Boschi sotto il Montagnone di Nusco, 20 giugno 1908. . Rosa gallica L. — Parlatore-Caruel, Fl. x p. 20. — Boschi presso la- stazione di Aquilonia, in fiore il 28 maggio 1909. — Una forma (? x agrestis) da doversi accostare a R. gallica ho rinvenuto in luoghi rupestri calcarei, sopra S. Stefano im Sole, nella primavera 1906. x Rosa mierantha Sm. — Luoghi tipa calcarei sui monti di Ba- gnoli, in frutto nel luglio 1908. — La R. micrantha Casali, FI. irp., p. 66, per l'una località (M. Terminio) è da riferirsi a R. agrestis K per l'altra (Volturara) è da riferirsi piuttosto ad altra specie di Rosa, non però a R. micrantha (secondo Pius, "e Giorn. bot. it. 1906, p. 72, Nota 1). * Rosa pimpinellifolia L. x — Abbonda nei luoghi rupestri calcarei soleggiati presso le vette di Colle di Basso (M. Terminio) a circa 00 m. s. m.; in fiore alla fine di giugno 1909. x Rosa tomentella Lem. — Rupestri calcarei, soleggiati, tra Bagnoli ed il Laceno, giugno 1906, tra il Laceno e l’Acernese, in frutto ot- tobre 1906. * Cireinus circinnatus (L.) 0. Ktze. - — Erbosi aridi presso la Stazione ferr. di Rocchetta, zona collina; in frutto, fine di giugno 1910. Coronilla Valentina L. x. — .Rupi calcaree al « Castelluzzo » presso 8. Agata di sopra; zona collina; in fiori e frutti nel maggio 1908. | Genista tinctoria L. — Casali, Fl. irp., p. 67. =» G virgata (W.) — Boscaglie della zona collina e TA tra il « Vado dell'Asta « e Caposele, luglio 1907, Apr di pus + 438 A. TROTTER 25 giugno 1908, bosco di Lunara, 8 luglio 1908, M. Vergine | (GuaADAGNO) — Dai opend: risultava sin qui nota solo del- l’Italia settentrionale x Lathyrus Nissolia L. — Erbosi a « Vado dell'Asta » sotto il Monte Cervalto a circa 1200 m. s. m.; un solo RE , in fiore nel giugno 1910. * Lotus edulis L. — Macchie in suolo rupestre calcareo sopra Lauro, zona collina; in fiori e frutti il 14 maggio 1908. * Medicago intertexta (L.) Mill. x Radure erbose nel bosco di Sassano, non lungi dalla stazione di Aquilonia, presso le rive dell'Ofanto, primavera 1908, pascoli sotto . il M Teuta tra Monteverde ed Aquilonia, 28 maggio 1909. Y muricoleptis (Tin.). — Luoghi erbosi boschivi del M. Teuta tra Monteverde ed Aquilonia, in fiori e frutti il 28 maggio 1909. * Medicago Murex W. « sphaerocarpos (Bert.). — Radure del bosco di Sassano presso la stazione di Aquilonia, primavera 1908. , x Melilotus elegans Salz. — AI margine dei seminati ai « Cappuceini » presso Avellino, in fiori e frutti nel luglio 1908; raro. x Melilotus italica (L.). — Boscaglie presso S. jm di Sopra, mag- gio 1908. Ononis mitissima L. — Tenore, Viaggi I, p. 163. Erbosi aridi préssó la stazione ferr. di Rocchotfá zona iù | fine di giugno 1910. * Trifolium maritimum Huds. — Diffuso nei terreni arenosi ed argil- losi, erbosi, soleggiati, pascoli, dalla zona collina alla submontana in tutto l'Appennino terziario Avellinese. Da me raccolto al bo- sco di Sassano, tra Lapio e Taurasi, presso Montefusco, alla « Mat- tina » sopra Calitri, ece., primavera 1907-1909. .* Trifolium obscurum Savi — Querceti sotto il M. Teuta tra Monte- verde ed Aquilonia a a circa 500 m. s. m.; in fiori il 98 maggio 1909. — La presente è la terza località italiana di questa inte- ressante specie, nota sin qui solo della Toscana (S. Casciano ai Bagni) e della Basilicata (Castellagopesole). Per la storia e la | descrizione di questa specie si potrà consultare con Labaro la P NUOVE OSSERVAZIONI E RICERCHE SULLA FLORA IRPINA 439 pregevole Monografia di GiseLLi e BELLI, Riv. critica e deser. ‘specie di Zrifolium it. (Torino, 1889, p. 130, tav. VII, fig. 4). Trifolium scabrum L. — Casali, Fl. irp., p. 70 x 5 lucanicum (Gasp.). — Erbosi soleggiati, boscaglie, tra Lapio e Tau- rasi, 29 maggio 1908, sotto Monteverde, giugno 1909. Trifolium Sebastiani Savi. — Aleuni esemplari in fiore al limitare di un bosco, in terreno argilloso, non lungi dall'Ofanto, sotto Mon- teverde, il 28 mag ggio 1909. — Era già indieato per il Princ. UI- teriore ma senza riferimento a località alcuna (efr. BERTOLONI, FI. it. VIII, p. 209; Mitani, Elenco piante Prine. Ult., p. 15). x Vicia melanops S. et S. — Boschi sotto Monteverde non lungi dal- l’Ofanto, frequente; in fiori e frutti il 28 maggio 1909. * Oenothera biennis L. x. — Boscaglie presso il Cimitero di Ariano di Puglia, a circa 700 m. s. m. Un solo individuo, probabilmente sfuggito da qualche giardino od avventizio, 25 giugno 1908. Myriophyllum spicatum L. — Tenore, Viaggi I, p. 163. Abbondante nel Lago Laceno sopra Bagnoli. Mancava nel 1902, è perciò di recente avvento ; probabilmente introdotto in seguito all’ immis- sione di anguille ed altri pesci fatta in questi ultimi anni. Ammi majus L. e. glaucifolium (L.). — Tenore, Viaggi I, p. 14l. Campi presso Lioni, 20 maggio 1908. x Apium inundatum (L.) Rchb. x. — - Aquitrini alla « Mattina » sopra Calitri, a circa 800 m. s. m.; al- euni esemplari in fiore il 1. luglio 1909. x Bunium eynapioides (es) Bert. — Radure dei boschi presso. le . « Ripe del Muojo » nella regione della Raja Maura, gruppo del . Cervialto, a circa 1300 m. s. m.; in fiori e frutti alla fine di lu- glio. 1909. x Coriandrum sativum L. — Erbosi aridi, margine delle strade; co- - pioso alla « Petrara » presso Monte Arvato nel territerio di Roe- chetta e vieino alla stazione ferr. omonima, fine di giugno 1910. : Era indicata del Beneventano dá Fiori, Fl. anal. III, p. 364. Physocaulis nodosus (L.) Koch. — Scazdiz nodosa, Tenore, Viaggi I, p. 170, Casale e Gussone, Rapporto, p. 178; Cassitto, Fl. irp. p. 126. 440 n A. TROTTER I i E Luoghi freschi, ombrosi, al Bosco di Sassano, non lungi la stazione di Aquilonia, primavera 1908. x Physospermum verticillatum (W. et R.) Vis. — Bosco del M. Airola | sotto Andretta, a cirea 770 m. s. m., 27 giugno 1908. ES . . Ridolfia segetum (L.) Moris. — Anetum segetum, Cassitto, Fl. irp. Co- Sg . mune nei seminati, scarpate delle strade, ece., sotto Calitri, Roc- chetta, Lacedonia, in terreni argillosi, aridi; in fiore nel luglio ru cd 1909-1910. B — . . xRhamnus alpina L. — Alle coste del M. "diia: a cirea 1500 m. A s. m. Raccolta anche dal Prof. Cavara a M. Vergine. IMS Polygala vulgaris L. — Casali, Fl. irp., p. 81. * 7 nicaeensis Risso. — . È l entità più diffusa e forse esclusiva nel- i l'Avellinese, oltre lalpesiris (Rehb.) propria dei pascoli montani ` ; e subalpini. Gli esemplari irpini raccolti da GussoNE e conservati È x , nel suo Erbario (Bovino, Ariano, Chiusano, Monteforte, Monte- 2. vergine) furono rivisti da CRM ed aecritt tutti alla var. ni- caeensis. Geranium asphodeloides Burm. f.— Geranismi nemorosum Ten., , Syll. . p. 333; Bertoloni, Fl. it. VII, p. 226. Comune lungo una siepe a Bagnoli irpino, non boss dalla sta- vi zione ferr, a cirea 550 m. s. m., giugno 1910. : ~. . - *Tribulus terrester L. — Luoghi erbosi aridi a M. Arvato presso Hol. si QE Et chetta, a circa 450 m. s. m.; pochi esemplari in fiori e frutti alla | et fine di giugno 1910. * Linum perenne L. è austriacum (L.). — Rupi ealearee presso l'Ospi- zio vecchio a M. Vergine, a cirea 1000 m. s. m. (Race. dal Pa- dre D. Rom. Donaggio Benedettino). Il Zinum austriacum era i stato raccolto nel vicino Taburno dal TerRaccIANO (efr. PRG eS d FI. anal. IV,-P. I, p. 188). - i: 4 + Euphorbia cernua Coss. et Dur. — T ER boschivi, argillosi, dalla zona collina alla submontana, presso Monteverde ad Aqui- lonia, nella valle dell Ofanto, aprile-maggio 1907-1909. — Que- (sta interessante specie, ehe à è una nuova aquisizione per la flora rim iniu e per, da flora Deb: fu 9d. me is Papini: illu- NUOVE OSSERYAZIONI E RICERCHE SULLA FLORA IRPINA 441 |. Strata in una speciale comunicazione (efr. Nuovo Giorn. bot. it È | v. XVII, 1910, p. 218, tav. II) + x Euphorbia Chamaesyce L. — In un campo di Mais, a M. Arvato presso Rocchetta, a circa 450 m. s. m., luglio 1910. Pochi esem- | plari. a Euphorbia nieaeensis All —- Erbosi soleggiati della zona collina’ | presso Taurano in valle di Lauro; 14 maggio 1908. . Chlora perfoliata (L.) L. — Tenore, Viaggi I, p. 149. a Chl. perfol. var. intermedia, Casali, Fl. irp., p. 100 p.p. Dintorni di Avellino ed a Pietrastornina (CasaL1!); da me raccolta in sta- zioni aride, arenose o rupestri, a Lapio, Morra Irpino, Torrecusi, dintorni di Avellino, Benevento, tra Serino e Solofra, Bagnoli, Atripalda. : * Y serotina (Koch). — Meno comune della precedente, però cresce in . stazioni analoghe. L'ho raccolta ai conglomerati di Barba, presso “Tufo, Stinceta di S. Arcangelo Trimonte, M. Fagliese. x Melampyrum barbatum W. et K. — Querceto presso Rocchetta, a a cirea 650 m. s. m., in località « Guardiola »; copioso, in fiore =: alla fine di gingno 1910. In Flora anal. it, vol. III, p. 447 è segnalata del Beneventano. x Galeopsis Ladanum L. x angustifolia (Wallr.). — Luoghi aridi bree- ciosi, in piccole colonie, lungo la strada ehe da Bagnoli conduce al Laceno, luglio 1909 ad ottobre 1909; stazione ferroviaria di Montemarano, ottobre-novembre 1909-1910. Hyssopus officinalis L. — Cassitto, Fl. irp., p. 74. dig Abbondante tra le rupi calcaree salendo a Colle di Basso (M. Ter- minio), 20 giugno 1909. + Stachys hirta L. — Erbosi aridi presso la stazione ferr. di Rocchetta, . . fine di giugno 1910. Teuerium Seordium L. — Cassitto, Fl. irp., p. 138. i; TE 8 seordioides (Schreb.). — Lungo la strada da Bagnoli al Laceno, rara, ottobre 1908. x Plantago Bellardi All. f. c. pygmaea Kam. — Brboet di presso SiR Agata di Sopra al « Castelluzzo » a circa 450 m. s. m., in A. TROTTER fiore il 7 maggio 1908; NN benché sopra un'area assai ristretta. Plantago lanceolata L. — Casali, Fl. irp., p. 118. * f. latifolia n., foliis ellipsoideis v. ovato-ellipsoideis, 8-9 cm. long. 3-3.5 cm. latis, margine remote sinuosis, denticulatis, basi in petiolum —— attenuatis. Forma assai caratteristica per le sue foglie che laeco- - stano a Plantago media. Luoghi erbosi e boscaglie a M. na £ éstate 1907 (leg. Padre D. Rom. Donaggio). E - ; * Asperula levigata L. — Nel Bosco di S Sassano presso la stazione fer- — roviaria di Aquilonia a cirea 280 m. s. m.; in frutto il 14 no- È vembre 1909. | * Crucianella angustifolia L. — Aridi erbosi nel Bosco di Sassano presso la stazione ferr. di Aquilenia. Raccolti vari esemplari di- seccati il 14 novembre 1909. ; x Campanula rotundifolia L. var. Seheuehzeri (Vill.) f. eonsanguinea. Schott N. et Kotscky. — Abbastanza frequente sulle ruppi om- . breggiate e nei luoghi erbosi boschivi, oltre i 1500 m., sotto le vette «— del M. Terminio; in fiore alla fine di luglio 1909. — Un piccolo frammento di tale pianta era stato raccolto nella stessa località anche dal Gussoni, durante l’ escursione da lui compiutavi il 2 - luglio 1846, e trovasi indeterminato nel suo Erbario. La presente entità, determinatami dal ehiaro monografo Sig. wi TASEK col gentile intervento dell' amico Prof. L. VACCARI, pare. debba essere diversa, almeno per la descrizione, dalla critica Cam- panula Lostritti Ten., che per essere stata scoperta sul vicino Ta- . burno-si potrebbe ritenere affine se non eguale alla nostra. * * Phyteuma orbieulare L. subsp. flexuosum R. Schulz v. hungarieum — 5 xu o R Schulz. — Erbosi rupestri soleggiati presso le vette del Ter- - n e Rio circa. 1800 m. s. m.; in fiore alla fine di luglio 1909. -- DER E Rara. In questa stessa località vi fu raccolto anche da GUSSONE. „ancora il 2 luglio 1846, ma taie località rimase inedita. Fu quivi pure di recente © feno i icd d sche dal bacara secondo. NUOVE OSSERVAZIONI E RICERCHE SULLA FLORA IRPINA Mw dell’ Apponniio abruzzese, dove del Mr è rappresentata dalla var. Columnae, appartenente alla sottospecie depauperatum secondo : R. Schulz. La var. poi Aungaricum riesce anche nuova per l’Italia veg RE sin qui pare che la sua area distributiva vada dalle Alpi Giu- = lie alle Dinariche fino all’ Albania; trovasi inoltre nei Carpazi, Tatra, Rodmeer Alpen fino all'Arpaser Alpen. A Anthemis Cotula L. — Tenore, Viaggi I, p. 42. — Campi presso Lioni, 20 giugno 1908. Aster Linosyris (L.) Bernh. x. — Abbonda nel bosco di Sassano presso la Stazione ferrov. di Aquilonia a circa 200 m. A m., ove Il’ ho raccolto in fiori e frutti il 14 novembre 1909. — Questa specie SA; manca alla « Flora irpina » del Casali, pur essendo stata segna- | lata dell' Avellinese (Volturara) ancora da Fas. Corowwa (Ekfra- sis an. 1616, p. 81) col nome di Chrysocome Dioscoridis et Plini, ma dopo d’allora non più ritrovata. Arguisco debba essere perciò una specie rara nell'Appennino mesozoico, di cui fa parte il ter- ritorio di Volturara, ma probabilmente abbondante e diffusa nel- l'Appennino terziario dove io l' ho rinvenuta. Bellis silvestris Cyr. — Trotter, Malpighia XX, 1906. x «a. Ne ho raccolti numerosi esemplari, in fiore, il 14 nov. 1909 nel bosco di Sassano , presso la stazione ferrov. di Aquilonia, ove di primavera cresce anche Y entità distinta col nome di var. verna N. Terr., cosicchè qui le due entità crescono promiscuamente, men- tre in altri luoghi sembrano invece escludersi. Ma è poi vero debba ‘ trattarsi di due entità distinte? Caratteri morfologici differenziali, ben sicuri e costanti, pare facciano difetto e l’ unica distinzione | perspicua consiste nella diversa epoca di fioritura. Ora può essa eon- siderarsi nel nostro caso come una solida distinzione tra le due entità ? A me non parrebbe per il fatto che in alcuni degli esem- plari autunnali da me raccolti persistevano dei peduncoli dissec- i posizione è nel vero, la forma originaria di Bellis silvestris è quella | primaverile, mentre quella che taluni pensano di dover conside- | cati della fioritura primaverile (var. verna). Quindi se la mia sup- rare come il tipo, non sarebbe che una rifioritura autunnale del- - 444 ] A. TROTTER l'altra; fatto non infrequente nel Mezzogiorno dove molte piante | a tipica fioritura. primaverile, rifioriseono dopo il riposo estivo, al sopravvenire delle prime pioggie autunnali. * Carduus : corymbosus Ten. — Terreni arenosi incolti, « tratturi >», tra Ariano di Puglia e Flumeri, Calitri, in fiori e frutti nel giugno e luglio 1908-1909. Questa specie fu raccolta anche dal Prof. Apr. si Frori nel giugno 1899 a Rocchetta, ai confini quindi della Basili- cata con l’Avellinese. í x Catananche lutea L. — Erbosi aridi, argillosi; abbonda al vallone . i Canneto ed a M. Arvato, ove si spinge sino ai 450 m. s. m., nel | territorio di Rocchetta, giugno-luglio 1910. x Centaurea centauroides L. — Una cospicua colonia su alcuni ban- chi di arenarie sotto Calitri il 1 luglio 1909; querceti alla Guar- diola presso il bivio Lacedonia-Rocchetta, luglio 1910. Centaurea Jacea L. — * P amara (L.). — Al bosco di Sassano presso la stazione ferrov. d'Aqui e lonia, in fiore il 14 novembre 1909. 7 x Centaurea nicaeensis All. — Aridi arenosi lungo la: via che dalla ' Stazione conduce al paese di Rocchetta a circa 400 m. s. m., fine. di giugno 1910. x Centaurea salmantiea L. — Querceti eon Spartium junceum su bai- chi di arenarie sotto Calitri, nella stessa località ove cresceva Cent. centauroides ; in fiore il 1 luglio 1909; frequente presso Rocchetta e Lacedonia, giugno 1910. x Chrysanthemum corymbosum L. © Achilleae (L.. — Luoghi aridi erbosi soleggiati al bosco di Sassano presso la stazione ferrovia- ria di Aquilonia, assieme a Slipa pennata; primavera 1908. Cirsium eriophorum (L.) Scop. — Cnicus eriophorus & i$. Bertoloni, Fl. ...— it. IX, p. 25, Cnicus feroz Tenore, Viaggi 1, ^p. 150. + Comu- SEE n nissimo — ma ora quasi estirpato perchè invadente — al Piano Laceno presso Bagnoli, a circa 1100 m. s. m.; è una forma a capo- lini piccoli di difficile riferimento a qualcuna delle varietà più | comuni nel Mezzogiorno come spurium, Morisianum, Lobelii. x Cirsium syriacum (L.) Gaertn. — Pascoli aridi, lungo le strade, Hat. usata eec. sopra Rocchetta verso M. Arvato, fine di giugno me NUOVE osi Agioni M Airok SULLA | IRPINA © 44b x Cynara Cardito: L. x. — Terreni aridi pioi: tioii « trat- turi » tra Andretta e la Stazione di Conza-Andretta, giugno 1908 ; ^ presso Cairano e Rocchetta, estate 1910. x Geropogon glaber L. — Erbosi soleggiati sotto Monteverde, a circa . 400 m. s. m.; in fiore il 28 maggio 1909. | - Helminthia echioides (L.) Gaern. T ‘a tubereulata (Moench.). — Erbosi incolti, margine dei campi e | delle strade sull'altipiano del Formieoso presso Bisaccia; a circa 900 m. s. m.; 27 giugno 1908. Myoseris scabra L. — Tenore, Syll. p. 395. i Erbosi aprici, pascoli, sotto Cairano, abbondante, aprile 1910. e Inula Helenium L. — Questa specie che in Italia è ritenuta come : naturalizzata e che per l'Avellinese era già stata indicata di M, Vergine (Tenore , Viaggi I, p. 158, Syll. p. 434) io l'ho rinve- nuta in due altre località (sotto Andretta e alla « Guardiola » non lungi dal bivio Lacedonia-Rocchetta) in stazioni tra loro similari, cioè boschi di quereie lungo i valloni che raccolgono le acque di pioggia, a cirea 5-600 m. s. m. Non parmi possa ‘escludersi la possibilità del suo indigenato in Italia, nell’ Avelli- : nese almeno ha tutta l'apparenza di elemento aborigeno. i Leontodon tuberosus L. — Thrincia tuberosa Tenore, Viaggi I, p. 143, Syll. p. 395. Erbosi argillosi umidi al bosco di Sassano, presso la stazione ferrov. - . ,. di Aquilonia, in fiore il 14 novembre 1909. | Scolymus maculatus L. — Tenore, Viaggi I, p. 171. : Erbosi aridi, lungo la via prato la stazione ferrov. di D oris Ls luglio 1910. * Senecio Doronieum (ta) La ox a b. Barrelieri (Gouan). — Erbosi iva intorno al Piano Lacono, .— versante di levante; fine di giugno 1906. | Benchè il tipo non sia mai stato indicato più al sud dell Abruzzo credo egualmente, in base alla descrizione, di dover qui riferire gli esemplari da me- raccolti, provvisti di infiorescenze con 8-10 e più capolini, questi del diametro di 3-4 cm. — i 4 Serratula cichoracea (L.) DC. a. — Luoghi apriei del bosco di be 3 25 - Mb presso la stazione ferrov. di Moti e ab M. Teuta p Monteverde, fine maggio 1908-1909, "sd t 50 alcune alterazioni del sistema radicale di questa specie, (con Tav. IX) (35 Nora pELLA Ile Decora). Quando la carie (Kerafüule degli Autori bdo) colpisce il tronco di un albero — ed alla stessa vanno prevalentemente soggette le essenze durame poco distinto dall’alburno — la lesione, per lo più d'origine parassitaria ed in relazione, molte volte, a tagli od innesti mal eseguiti «sui rami, dopo aver distrutto in un dato punto la corteccia si fa strada lungo l’asse del fusto, portando ovunque la distruzione che viene acce- lerata dall’attitudine che hanno i tessuti morti, messi allo scoperto, di | imbeversi e di trattenere l’acqua di pioggia e l’ umidità atmosferica. | Come conseguenza quasi immediata il tessuto midollare, gran parte del legno. e persino il libro si trasformano in un detrito friabile, bru- nastro per più o meno progredita umificazione, costruito da elementi morti ed alterati, in cui trovano ottime condizioni A Tappo non po- chi organismi saprofiti e parassiti. il male ha cominciato poi dall’ aeo continuando esso la sua | di distruzione, finisce quasi sempre per demolire su uno o piü nehe la corteccia; ed allora, come è noto, si originano quelle torme bizzarre di. tronchi scavati a doccia tanto comuni a riscontrarsi fra i Salici, gli Olivi ed altre essenze forestali. - Non poche volte tuttavia la lesione, benchè faccia gravi danni all'in- | terno, non si appalesa all’esterno che per la presenza di uno o più fori dic varie dimensioni, i MP sione in comunicazione la m cen- L. P ox E G MUSCATELLO | Ey VUL aep cia — a poco” a poco il tessuto centrale del tronco si distrugge, e "e u A lora ne rimane una cavità unica, oppure. una serie di cunicoli i i quali. È attraversano in vario senso il fusto e contribuiscono a far sì che l'ispes- simento di questo non avvenga più regolarmente. . Quasi sempre però nelle parti più basse della cavità e del sistema di cunicoli rimane un accumulo, talora notevole, di detriti organici ed inorganici costituiti per lo più da pulviscolo atmosferico, da residui fo- gliari e rameoli caduti nel cavo, da escrementi di animali vivi, da spo- i | glie di quelli morti, e infine da semi , frutti accidentalmente ivi pes c venuti. pd ; . Siffatto so quasi sempre assai umido, ed in decomposizione;, | Di permette, non infrequentemente, la germinazione dei semi caduti nel- E l'albero, di guisa che non ci deve recar meraviglia che qualche volta A la nuova. pianta riesca ad attecchire e a far strada all’ esterno attraverso i fori del tronco. La letteratura botanica farcita non pochi casi di- siffitte piante che più che epifite potrebbero chiamarsi endoepifite, ed uno dei più. classici S certamente è quello stato segnalato -dal Prof. C. Massalongo, poichè si . trattava di un Salice cariato, inglobante due specie di Sorbus. ; Per i motivi sopra esposti non di rado, nel cavo dei. fusti cariati, s sviluppano anche delle radici avventizie, provenienti dalle pareti stesse - del tronco ammalato. Anche su queste irregolari formazioni si. on una piccola letteratura. Per quanto ci informano i dati raccolti nel Just, fotétissh! à Thes bericht e nel Botanisches Centralblatt, già il Mohl aveva notato la pre- senza di radici nel cavo dei fusti cariati, ed. analoghe osservazioni ven- nero di poi fatte dal Tubeuf, dal Focke, dal Russow, dal Nicola Ter- racciano, dal Musset, dall’ Hartig, dal Mayer, veio Stenzel , dal Góppert e da altri autori, sax Quali piante predisposte a produrre radici interne, vennero segn e Tigli (Reuter, Magnus, Tubeuf, Schübeler, Güppert , Mohl, zel, — Mayer, Hartig); i Salici (Schübeler, Göppert, Tubeuf, Focke, Bolle); ` gli Olmi (Musset); il Sorbus aucuparia (Tubeuf, Schübeler); i i Pioppi ves noh i Alnus eljek: i Faggi bro le e Betulo SULLE RADICI AVVENTIZIE ECC. (Russow e Schü tibelor) ` e infine le Conifere, ERRETES quando ven- gono malamente capitozzate (Terracciano, Schübeler, Tubeuf). Fra que- ste ultime hanno offerto radici interne il Let (Terracciano) il Tasso (Schübeler) e l'Abete (Tubeuf). Come si vede dalla breve nota, la quale certamente non ha la pre- | tesa di essere completa, l’ anomalia è reperibile in piante appartenenti (a famiglie disparatissime. Alcuni dei generi sono: rappresentati da non poche specie viventi in siti umidi o paludosi e quindi in un mezzo. che per sua natura provoca spesso la comparsa di radici avventizie; al- tri invece crescono in siti aridi, o per lo meno poco umidi. È però molto probabile che vi sia un certo rapporto coll’ attitudine , | per parte della pianta, a formare radici avventizie. Più tardi avremo . occasione di ritornare su questo argomento; qui ei limitiamo a rilevare che il Dietz ha segnalato la comparsa di radici avventizie nei pioppi interrati, ed analoghe disposizioni furono messe in evidenza dal Tubeuf nelle Conifere e dal Wedding in qualehe altro tipo di pianta (Faggio) che hanno precisamente radici interne. Però non possiamo del tutto ge- neralizzare i fatti, non poche essendo le piante le quali, benchè fornite -di radici interne, presentano poca attitudine a formare radici avventizie | esterne. Assai più intima è la relazione tra la formazione dei calli e la com- parsa di siffatte radici. Il Titmann ci informa dettagliatamente sulle | radici che nascono dai calli; ed inoltre quasi tutti gli autori che hanno udiato le radici crescenti nell’interuo dei fusti, sono concordi nell'am- ttere che esse traggono origine dai calli che si sviluppano là dove la carie. ha raggiunto la superficie dell'organo (Musset, Tubeuf, Terrac- ciano, ecc.). Siffatta disposizione si collega colle osservazioni del Neu- bar e dell’ Hansen i quali videro spesso formarsi al di sotto della cor- si teccia, e più precisamente dal cambio, dei fasci di radici avventizie, la cui wr produzione sarebbe agevolata dal fatto, messo in evidenza dall’ Areschoug, che il sistema radicale per svilupparsi richiede minor quantità di pabu- lum, e forse anche un nutrimento meno specializzato aggiungiamo noi, x Hspatto alle gemme rameali e fiorali. B radici interne nascono a qualuuque altezza nel ; cavo del fusto, d 31. Malpighia, Anno XXIII, Vol. XXIII. & 450 JL. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO -e come infine venne dallo Schumann segnalato nelle Cactee (!). meno reagiseono alla gravità qnanto più sono di ordine elevato (salvo ; m e E x noto dai lavori di Czapeck che difficilmente si può annullare l'azione del cui non si può stabilire un diretto rapporto colla polarità che fu messa in evidenza dalle classiche ricerche del Vóchting. Furono infatti segnalati a fior di terra e a 6 e più metri dal suolo (Góppert). - Favorite dall'umidità e dall’oscurità (V. lavori di Kny e di Jltis) le radici interne si allungano sempre più, mentre si vanno ispessendo fino a raggiungere la grossezza di un braecio (Stenzel nel Tiglio, Tubeuf nell'Abete): per azione della gravità, come ebbe a rilevare il Musset, esse arrivano spesso fino a contatto del terreno ed allora si m— ac guisa di quelle normali. Il Terracciano ha fatto tuttavia l’ interessante osservazione che nel Ci- presso da lui segnalato, non poche radici si portavano in alto, analoga- mente a quanto si osserva per le radiei nate sulle talee e margotti (Agrumi, Pittosporum Banisteria, Salvia, Pothos, Philodendron) e come fanno le cosiddette radici pneumatodiehe delle Palme, delle Mangrove; . Secondo il Terracciano due sono i fattori che hanno provocato, nel Cipresso da lui studiato, la direzione ascendente delle radici interne. Il primo va ricercato nella disuguale distribuzione dell'umidità in seno al terriecio raccolto nel cavo dell’albero, essendo ovvio che le parti supe- riori dello stesso dovevano essere più umide. Ora essendo noto pei la- vori di Darwin, Pfeffer, Johnson ece. che le radici sono pure soggette | : all'idrotropismo, la singolare orientazione riuscirebbe chiarita. L'Autore, È a giusto titolo, dà anche una certa importanza alla posizione delle ra- dici ascendenti su quella principale, poichè si sa che le radici tanto. il caso di perdita della radice principale o di quelle di ordine inferiore). Dai dati esposti appare manifesto che se noi siamo abbastanza infor- - mati sulla morfologia delle radici interne, poco invece conosciamo à. riguardo della loro intima o è essendosi gli autori limitati a de ON Duclartre bà osservato ehe dai semi di talune Leguminose quando siano interrati in n modo che la punta radicale sia rivolta in alto, la radice goin ape imc ees la pun ‘a radicale rivolta in alt 0. SULLE RADICI AVVENTIZIE ECC. E c IE |. Scrivere quanto cadeva loro sott'occhio. Soltanto il Terracciano accenna ed anco illustra con una tavola la struttura della regione in cui le ra- x . dici. prendono attacco al fusto. Non ei pare adunque del tutto privo di . interesse segnalare qui un nuovo caso di radici interne avventizie, tanto più che l' osservazione istologica e anatomica a eui ci siamo dedicati ci ha rivelato dei fatti di una certa importanza. — -La nostra attenzione fu rivolta ad un grosso albero di Rhus vimina- | lis Ait., crescente nell’ Orto Botanico di Catania , il quale per essersi > E Pectus sviluppato assai contorto e coi rami maggiori notevolmente patenti, quasi orizzontali, copriva pressochè un'intera ajuola del giardino impe- dendo lo sviluppo delle piante sottoposte. | Stabilito perciò l'abbattimento, quando si segó il fusto, con nostra grande meraviglia abbiamo trovato che questo, oltre all’ essere scavato to da un labirinto di canali dovuti alla carie del nocciuolo (Kernfiule), presentava questi riempiuti da un poderoso ammasso di radici avventi- zie, le quali avevano tratto origine dai calli che si erano prodotti in corrispondenza dei fori che la carie aveva praticato nella corteccia al di sotto del punto dove il tronco si biforeava (fig. 1 e 6). I fori larghi eire JO e più cent. erano orlati da un robusto strato di callo che | penetrava per un certo tratto nel cavo del fusto sotto forma di una massa bernoccoluta. Nel punto in eui il callo cessava, si innestava un poderoso ciuffo di radici grosse circa '/; centimetro ed anco meno, le quali, dopo un breve cammino obliquo, giunte all'asse del fusto piega- | vano ‘bruscamente in basso per internarsi nei canali prodotti dalla ca- rie. A poca distanza dal punto di uscita esse cominciavano poi a rami- [e ficarsi, e la formazione di nuove radici secondarie diveniva sempre più. co | rigogliosa a misura che quelle principali procedevano nel loro sviluppo. Il punto di impianto delle radici al fusto era situato a circa 3 metri dal terreno, ciò non di meno non pochi rami delle stesse arrivavano fino 1 al suolo ed anzi si erano in questo radicate o ramificate ulteriormente. Analogamente a quanto vide il Terracciano nei Cipressi, abbiamo os- servato che talune radici di terzo o quarto ordine, nate in corrispon- denza del callo, erano dirette all’ insù (fig. 6). Si trattava però di ra- dici esili e perciò il fenomeno non rivestiva l' importanza che è duopo 45 | L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO attribuire a quello dei Cipressi. È probabile che nel caso nostro la di- rezione anormale fosse, più che- altro, inerente alla posizione e gerarchia delle radici negativamente geotropiche rispetto ai rami principali. Po- trebbe però anche darsi il caso che si tratti di fenomeni di chemotropismo, analoghi a quelli osservati dal Lilienfeld, quando non entri anche in campo la ristrettezza dello spazio in cui tali radici avevano preso origine (V. in proposito i lavori di Sachs). Le radici dirette all’ ingiù, come si disse, erano ramificate; e questo fenomeno avveniva con tanta esuberanza e vigoria da. farci ricordare le così dette code di volpe (fig. 12) che si formano nelle radici di pioppo e di altre piante crescenti nell'aequa, le quali quando invadono le condutture riescono talora a danneggiarle gravemente, poiché le ottu- rano con un fitto feltro di esili ramificazioni. Ed invero la cavità prin- cipale e i canalicoli secondari del fusto erano completamente riempiti da siffatto feltro radicale, costituito quasi del tutto da rami filiformi, della grossezza presso a poco di una setola o di un ferro da calza. Solo qua - e là, in mezzo al feltro, si notava qualche ramo più grosso, per quanto il diametro di questo .non peso mai il mezzo centimetro o poco più. Lo sviluppo rigoglioso del sistema radicale avveniva in seno al de- trito prodotto dalla carie. Abbiamo tuttavia notato che non poche ra- dicelle si erano insinuate fra le cellule non del tutto alterate e perciò ancora abbastanza intimamente fra loro unite in tessuto. Si ripeteva quindi, in più debole misura tuttavia, quanto osservò il Peirce coll’in- nesto di semi germinanti nell’ interno dei tessuti e quanto videro il Leger ed il Prunet (sebbene qui si tratti di rizomi che perforano radici 0 tuberi). Forse l’ analogia è ancor maggiore eoi casi di perforazione del tubero di Solanum per parte delle radiei dello stesso individuo (V. Oesterreichisches Laudwirtschaftliches Wochenblatt, 1876). Evidentemente il detrito contenuto nel cavo del fusto serviva di nu- e trimento alle radiei, per eui si aveva un vero autotrofismo od autofa- gismo. Inoltre il detrito, quasi sempre umido, doveva furnire molt' acqua : . alle radici per eui si spiega come al taglio queste si presentassero pn. È ; tenere di cale normali. e al microscopio epus un esuberante svi r SULLE RADICI AVVENTIZIE ECC. 453 luppo di grossi vasi. Del resto anche il fitto feltro radicale non può spiegarsi altrimenti che con una eccessiva umidità. La presenza di radici interne nel Rhus viminalis trova la sua spie- gazione nel fatto che molte specie di questo genere, come hanno osser- vato Grábner, Engler ed altri autori, producono facilmente delle radici avventizie lungo il fusto; tale disposizione è in particolar modo mani- festa nel Rhus radicans che grazie appunto alle radici aeree può abbar- biearsi alle rocce. Le radici da noi osservate, fatta eccezione per le più piccole, erano più o meno diritte o tutt’ al più lievemente ondulate: raramente pre- sentavano dei veri ginocchi o si mostravano altrimenti contorte. -La corteccia era bruna, rossastra, solcata da rugosità e solchi nume- rosi e larghi. Le rugosità, prevalentemente dirette in senso longitudi- nale, sì anastomizzavano fra loro per mezzo di rami obliqui formando una specie di retieolato prominente, d'aspetto farinoso rossastro. Nume- rose erano pure le lenticelle insediate quasi sempre sul reticolo, anziché nelle maglie affondate: le medesime poi erano del pari diritte col mag- gior asse prevalentemente nel senso stesso della radice. Spesso le lenti- celle erano disposte in file, le une al di sotto delle altre, in numero da 3 a 5 e più. Talune poi spiecavano per notevoli dimensioni (da '/, a 2 cent. di lunghezza) ( (fig. 5). Esaminate attentamente le lenticelle mo- stràvansi costituite da due cuscinetti ovalari separati da un solco dia- metrale. Talora però erano suddivise in più porzioni da due 0 più in- ; cisure dirette. in vario senso. Quardo poi si avevano parecchie. lenticelle aceoppiate, si notava in mezzo al gruppo la presenza di piccole radici che si erano arrestate néllo sviluppo, La presenza di lenticelle alla base. . delle radiei costituisee una disposizione abbastanza comune, che come ha : segnalato il Torres ed altri, è in relazione colla diminuzione di tensione che ha luogo là dove una una radice trae origine dal cilindro centrale. poche lacerazioni trasversali reperibili lungo la corteccia. Nulla di notevole abbiamo trovato nelle radici di ultimo ordine, fili- jrai, le quali si presentavano brune, dirette in vario senso, brevi e di frequente u un po contorte. Grazie al loro numero veramente straordina. Oltre alle lenticelle venivano anche ad assicurare gli scambi aerei non . B # 454 i .L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO rio, il terriccio contenuto nel cavo dell’ albero rimaneva strettamente aderente al sistema radicale. Se si confrontano le radici interne con quelle esterne della pianta si rilevano subito non pochi caratteri differenziali. A prescindere dalla mag- gior flessibilità e tenerezza delle prime, si osserva che quelle terrestri sono meno rugose ed inoltre il reticolato di rughe forma delle maglie non aventi una direzione decisamente longitudinale, non essendo raro il caso di trovare dei sistemi di rughe disposte persino in senso trasver- sale. Talora poi le rugosità mancano quasi del tutto, e ciò si osserva in specie nelle radici maggiori che sono notevolmente più robuste di quelle interne. i i Anche differente è la forma e la direzione delle lenticelle che nelle radici esterne: esse sono spesso rotonde e mostrano pure di frequente la rima mediana diretta in vario senso e di frequente trasversale. Il mo- tivo di questa diversa orientazione va ricercato nelle diverse condizioni fisiologiche, sotto il cui impero si sono sviluppati i due sistemi radicali. Nel terriccio le radici normali trovano libero campo al loro sviluppo; perciò crescono senza mutualmente intraleiarsi e tanto meno si compri- mono a vicenda. Una mutua compressione si verifica invece con estrema frequenza nelle radici crescenti in un ambito ristretto qual é il cavo di un albero (fig. 7 e 13). Per le osservazioni dell’ Hoffmann, del Kny e. di altri autori sull'influenza che la pressione esercita sopra i tessuti, s sa che negli organi assili (fusti e radici) lo sviluppo in senso radiale, avviene di preferenza lungo le linee di minor pressione, favorendo la pressione lo sviluppo delle cellule in senso tangenziale e le divisioni in senso radiale degli elementi che costituiscono siffatti organi. In confor- mità di questo principio è facile comprendere come le lenticelle delle radici crescenti nel cavo dell’ albero dovessero svilupparsi di preferenza . in senso longitudinale e su determinate ortostiche, vale a dire lungo le ; linee dove non si esercitava pressione aleuna per parte delle radici con- | tigue.. al - In questi tratti il numero delle lenticelle è ancora assai più grande di quanto si verifichi nelle radici terrestri, il che è pure in correlazione colle condizioni meccaniche, avendo il Torres fatto rilevare che la for- - SULLE RADICI | AVVENTIZIE — °° cr o mazione delle lenticelle avviene sotto gli stomi, perchè oa in gra- zia all’ esistenza delle camere d’aria ipostomatiche, viene esercitata sol- ‘tanto una debole pressione, per parte del tessuto della corteccia, sugli elementi generatori della lenticella. Che noi ben ci apponiamo dando una grande prevalenza alle condizioni meccaniche nella formazione e localizzazione delle lenticelle, lo prova anche il fatto che non poche delle radici da noi osservate appiattite, o quasi alate in seguito a forte com- pressione subìta, non presentavano, nei punti di maggior compressione, traccia alcuna di lenticelle, le quali invece comparivano abbondanti su- gli spigoli della porzione appiattita, cioè nel sito dove la pressione era nulla. Depone pure nello stesso senso il fatto che in vicinanza dell’ in- serzione delle radici al fusto, dato il numero esiguo di queste che permetteva il libero sviluppo dei rami, le lenticelle tornavano ad as- sumere forma rotonda, dirigendo la rima in vario senso. Ivi inoltre non si aveva piü rocon di omm come pure scomparivano gli ap piattimenti. Passiamo ora allo studio anatomico delle due sorta di Md Le radiei giovanissime siano sotterranee che incluse nel fusto, quando "non sono ancora andate soggette a pressioni, presentano pressochè la struttura che il Möbius ci ha segnalato per il Rhus verniciflua. Vi ha cioè una corteccia assai robusta avvolta dalla zona pilifera e avvolgente, coll'endodermide assottigliata, ma fornita di punti di Caspary distinti, il cilindro centrale. Il quale consta di un periciclo, quasi sempre dispo- sto in più piani per attiva segmentazione delle sue cellule; della cer- chia vascolare, i cui elementi, libro e legno, hanno una disposizione va- riabile tetrarca esarca, mentre il floema è caratterizzato dalla presenza, nel suo seno, di ampi canali secretori. Infine incontriamo ancora i raggi midollari ed il midollo. . Nelle radiei adulte, di medie dimensioni, il cilindro centrale mo- strasi avvolto da un robusto strato di cellule sugherose, poligonali, di- sposte in 8 o più piani, ordinate in serie radiali, ed anco, sebbene meno nettamente, in direzione tangenziale, nel quale senso offrono anche il ‘maggior diametro. Gli elementi, quasi del tutto vuoti, hanno pareti sottili colorate in giallo bruno. L'origine di siffatto strato è indubbia- 456 , L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO mente perieieliea, come del resto ebbe a dimostrare il Möbius pel Rhus vernicifiua, che ha pure la stessa struttura. Il sughero confina dal lato interno eon tre e quattro piani di cellule piene di masse tanniche, le quali formano una vera guaina attorno agli elementi essenziali del floema e del xilema. In seno a questo tessuto, ma prevalentemente al davanti dei raggi floematici, si incontrano dei cordoni o degli strati non sempre ben delimitati, di elementi meccanici, a eui si interealano o.sì mescolano dei canali resinosi circondati dalle caratteristiche cellule secretrici che spesso protrudono nel lume del canale e contengono delle masse rosso brune. Gli elementi caratteristici del libro formano dei pic- coli aggruppamenti, senza tuttavia mostrarsi molto distinti dalle cellule ordinarie del parenchima. Il cambio è sottile, e le sue cellule, almeno in preparati esaminati, erano in riposo e quindi poco differenziate. Il legno, primitivo e secondario, occupa quasi tutta la rimanente por- zione del cilindro centrale poichè il midollo è ridotto a poca cosa. La massa principale del legno è costituita dal parenchima contenente amido; i vasi sono per lo più grandi, tanto che occupano lo spazio compreso fra due raggi, fatta eccezione per quelli perimidollari o pri- mari : i raggi midollari primari e secondari numerosissimi sono costi- tuiti da una sola fila di cellule spesso riempite da una massa bruna, la quale, occorre notarlo, si trova pure disseminata in molte cellule del midollo. In generale, i raggi midollari diventano poco appariscenti in corrispondenza del parenchima perieiclico, confondendosi ivi colle cellule di questo tessuto. Colle sezioni longitudinali non si ottengono particolari degni di nota; solo si osserva che i vasi e le tracheidi sono prevalentemente forniti di strette punteggiature areolate, ehe i raggi midollari sono poco alti, con- stando solo di 8-10 cellule sovrapposte, che il tessuto fondamentale del xilema risulta formato da elementi alquanto allungati e per lo piü colle estremità appuntite, che nella robusta corteccia secondaria i cor- doni sclerosi sono costituiti da cellule corte variamente orientate , for- nite di robuste pareti, percorse da lunghi canalicoli ramosi, e che in- fine il meiden anta i caratterizzato dalle. membrane. sottili e dal SN ES RADIO AVVENTIZIE: ECC. 457 contenuto brunastro ia qua e là, delle masse cristalline o dei eri- stalli isolati di ossalato caleieo. . Per completare l’ osservazione notiamo che in taluüe vecchie radiei Li, d’aspette ammalate, le masse tanniche si fanno talmente abbon- danti che, oltre all’invadere il parenchima corticale secondario in tutto suo spessore, rispettando unicamente i cordoni meccanici, si difton- dono pure nel parenchima legnoso, i cui vasi poi sono otturati da cel- lule grandi a pareti ridotte contenenti amido (tilli). La distribuzione del tannino non è però uniforme, essendo più accentuata al limite tra due giri. annuali che per tale disposizione di cose diventano oltremodo evidenti. Così pure, grazie all’ infiltrazione tannica dei ra gi midollari ; uesti possono essere seguiti anche nella corteccia secondaria e persino attraverso ai cordoni meccanici. i . Questa è, in tesi generale, la struttura delle radici, siano sotterranee che interne: ciò non toglie tuttavia che ad un esame un po' attento non si possano rilevare delle differenze fra i due tipi. Innanzi tutto lo ‘strato sugheroso è assai più sviluppato nelle radici interne, e il feno- meno appare in particolar modo manifesto se si comparano fra loro ra- | diei di medie dimensioni. La massa poi di periderma e più partieolar- mente lo strato sugheroso non forma un manto continuo attorno alla . radice, presentandosi variamente ispessito nei vari settori e quasi sem- (^. pre ridotto in segmenti da numerose lacerazioni. I punti di maggior r3 a di cellule sugherose che si producono nelle radici intérne vi ha che una modificazione di forma degli stessi elementi a seconda della ione che occupano. nel tessuto : sono piccoli nelle parti profonde di à i arrotondano, me: la caratteristica Niooondano à strati con- centrici e radiali. ` e cilindro centrale si osserva un più abbonat sviluppo di vasi le radici interne, ciò che ci chiarisce come queste siano più facili a. iarsi e più floscie delle sotterranee. Talora i vasi sono situati in ca- - ispessi mento del periderma corrispondono alle parti sporgenti dei reti- ' coli. che noi abbiamo segnalato alla superficie delle radici. Data la grande a i i Ter esi fanno sempre più grandi verso la superficie dell'organo, dove — - gli uni dietro gli altri; eos di radi, tra un raggio e l’altro sios- — . L. RUSCALIONI E G. MUSCATELLO serva più di un grosso vaso sulla stessa linea tangenziale. I vasi poi E sono talora così larghi che obbligano i raggi midollari a curvarsi a — ferro di cavallo per seguire la loro strada verso l’ esterno. Infine le ra- | : diei interne presentano i raggi midollari sdoppiati verso l'esterno, dade t la formazione di due serie di cellule accollate. x : Mancando alle radici interne i grossi rami non ci fu possibile stabi- ; lire dei confronti colle radici sotterranee maggiori; faremo quindi sol- - tanto notare che in queste la corteccia secondaria molto ispessita pre- senta i cordoni meccanici assai bene individualizzati, anche pel fatto che mancando o difettando le loro cellule di Jam spiecano nel ri- manente parenchima brunastro. P eso istruttive sono le radici soggette a compressione, le quali, come - " è detto, sono reperibili nell’ interno del fusto, benchè. per ragioni che - CANCEL in seguito non manchino neppure fra le radici sotterranee. Spesso torte a spira come le liane, incastrate le une nelle altre, e colla ' faccia a mutuo contatto (fig. 7), quasi sempre levigate, di aspetto quasi | alato, siffatte radici offrono, dal lato in cui viene esercitata la pressione, . un minor sviluppo del legno e della corteccia di guisa che l’asse della . radice, rappresentato dal midollo diventa quanto mai eccentrico (fig. 3 e 14). Oltre a ciò i vasi si riducono in calibro e in numero dal lato della maggior compressione (fig. 3e 14) mentre aumenta il parenchima legnoso , e questo contribuisce a dare ivi una maggior resistenza alla. radice, come si rileva ai tagli. In compenso il numero dei vasi aument i parallelamente alla direzione di massima pressione, accrescendosi in par DE tempo il loro diametro. Di qui una forte disuguaglianza nello spessore | dei giri annuali che appaiono molto stretti sotto il punto compresso. Anche i raggi midollari sì alterano diventando più numerosi (forse a . eausa del diminuito numero dei vasi) nella regione compressa, e talo: ch yug si presentano | costituiti da due ordini. di cellule giustaposte scum RADICI AVVENTIZIE ECO. 459 sistenze che essi dvd superare per svi pg Infatti essi detis quasi. sempre dalla loro direzione radiale per assumere un decorso on- E o > eurvilineo. sa ant ultimo e caso EU ERO a sia la con- per ciò ‘che concerne il loro decorso; solo noteremo che in tali coi zioni non pochi raggi si piegano bruscamente a ginocchio per conti- — nuare di poi nella primitiva direzione. Siccome le pressioni cominciano a manifestarsi allorchè due radici contigue hanno raggiunto un certo sviluppo, riesce evidente che nei annuali primordiali il decorso dei raggi debba essere normale , ra- L' osservatore puó quindi giudieare dal punto o meglio dal giro UM in eui i raggi midollari cominciano a divergere dalla giusta ` - direzione l’ epoca in cui si è cominciata a far sentire la pressione. Per la presenza di tannino nei raggi a decorso anormale riesce facile. seguirli attraverso il libro e nella rimanente porzione della corteccia se- condaria, nell'interno della quale essi risultano quasi costantemente co- -stituiti da un maggior numero di cellule e quindi dilatati. a È fenomeni testè descritti riproducono quanto ci ha segnalato il Kny n olle sue interessanti ricerche sulla influenza che le pressioni esercitano sopra la segmentazione cellulare. Risulta infatti che se viene mantenuta un forte pressione iu senso diametrale su una radice, questa si deforma; n pm sms del lato parey il sal si i iom qup USE to rina di incisura longftoditide Sd "T e cent. e più, ma uc ieteal mente PO "m Il tessuto qeu si mostrava Renna o al- L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO 2 sezione si possono trovare due o piu regioni lese, situate sia sulla stessa linea diametrale che aceanto le une alle altre ma separate da tratti più o meno estesi di tessuto sano. à Nell’ ambito della lesione, ma in corrispondenza sempre della corteccia sana ; sì nota spesso una piccola radice. Al di sotto del punto malato, | in senso acropeto , la radice lesa quasi sempre si rigonfia, si deforma Si per scindersi in un fascio di radici secondarie poco dissimili fra loro per grandezza (fig. 8 e 9) e quindi nate pressochè contemporaneamente che crescendo avvicinate le une alle altre, si comprimono mutuamet t deformandosi. Si ripete qui, per altre cause tuttavia, quanto abbiamo constatato fra le radici interne, poichè anche queste, un po’ al di sott del punto in cui si presentano appiattite per mutua compressione, danno facilmente luogo a produzione esuberante di radici Secondarie. Vi ha dunque un certo rapporto tra la lesione e la compressione da un lato e la formazione disordinata di nuove radici. Tale disordine pe ` in modo particolare là dove le radici 0 lese o compresse si trovano circon date da altri rami. In tali condizioni infatti le nuove radici nascono dal. ,lato che ancora resta libero « e le une dietro le altre sulla stessa linea diametrale. . : Ad Per comprendere a fondo i fatti offertici dal Rhus, occorre E x delle sezioni trasversali e longitudinali sulle. radici malate, tanto nel . punto in eui si manifesta la lesione quanto in quello UN si inizi p formazione delle radici secondarie. id Data la scarsità del materiale che avevamo a disposizione à non ei fu. dato " sudes i primi iac della mes per cui le nostre osserva- a di mezzi e lia non abbiamo cercato di agente patogeno. - no | SUL RADICI AVVENTIZIE ECC. abbondano. le sellis tanniche. La lesione può arrivare fino al midollo, . ma più di frequente si arresta bruscamente al limite tra due giri annuali, 2 da) dead citis ei informa circa v dell epoca in cui la radice > ini li; impregnazione tannica. “La lesione però, dopo essersi arrestata a ridosso di un giro annuale, m cambiare direzione e seguendo la stessa linea di confine rimontare | per un certo tratto in senso tangenziale nello spessore del legno appor- tando la distruzione fra gli elementi che segnano il fine o rispettiva- mente il principio di due giri contigui, ma a breve distanza sia in alto — ehe in basso I punto più gravemente leso il tessuto torna normale. . © Come sopra è stato accennato, frequentemente sulla stessa sezione trasversale troviamo parecchi raggi midollari invasi dalla lesione per «cui il cilindro centrale ed anzi, per essere più esatti, tutta quanta la se- zione della radice appare smembrata in due (fig. 2) o tre frammenti. che sono ancora tenuti in sesto unicamente dal midollo o dai primor- a diali giri annuali, relativamente sani. . Alla lesione tien dietro ben tosto la reazione, e questa, come al solito, $i manifesta sotto forma di un callo che cominciando a formarsi dal posu situato nei lati della parte necrosata, non tarda a pam nella ferita arrivando fino a contatto del legho sano. Il callo neoformato produce dal lato. rivolto verso il legno qualche rato di elementi xilematici (parenchima ) a disposizione e struttara i midollari giganteschi spiccano sulle sezioni esaminate anche * NO 40 5^ o L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO | ; a øčchio nudo o con una semplice lente come cordoni biancastri. Le cellule sono, per lo piu, povere di eontenuto, ma hanno la forma di quelle ehe costituiscono i raggi. Occorre notare che talora la radice nei punti sani appare percorsa radialmente dal limite interno della cor- teccia fino al midollo, da un fascetto bianchiecio che potrebbe venir scam- biato coi sopra accennati raggi midollari. L'esame microscopico ei rivela — invece che lungo il fascetto il tessuto è formato da elementi del légno disposti disordinatamente. Per lo piü noi troviamo siffatta struttura ai due estremi, inferiore e superiore, delle lesioni che stiamo descrivendo, j rappresentando essa una modalità di cicatrizzazione. Cosi pure non bi- Aa e sogna confondere coi raggi midollari dilatati il tessuto foggiato a cuneo | col vertice verso il midollo, pure d'aspetto anomalo, e che ci indica l impianto di una radichetta laterale nata da tempo ed ora inglobata parzialmente nel legno secondario. Quando i tratti ammalati sono parecchi, nella sezione si incontrano al- trettante strie bruno-nerastre radialmente dirette, le quali arrivano tutte — ‘quante fino al midollo o si arrestano a breve distanza, indicandoci che x la malattia ha colpito la radice quando era assai giovane e persiste tut- tora. Capita, non di rado, che due tratti lesi si uniscano tangenzialmente mercè una benda di tessuto pure necrosato che si porta dall'uno all'al- tro attraverso un determinato giro legnoso. Siecome nell'ambito della lesione alla necrosi tiene dietro la formazione di un tessuto calloso, | l aspetto corticale, ne avviene che la porzione di legno sano rimasta se- questrata dal morbo che la ineornicia da tre lati resta alfine avvilup- pata tutta all' ingiro da un tessuto corticale, normale sulla faccia esterna, patologico sui lati e all'indentro. La radice in tal caso appare scissa in due o. più cilindri centrali separati gli uni dagli altri da un grosso strato di tessuto simile al corticale. Degno di nota si è che, data l'ine- : guale frammentazione del primordiale cilindro centrale, taluni degli ag- gruppamenti libero legnosi, per essersi .formati alla periferia del cilindro centrale restano depauperati di midollo a beneficio degli altri (fig. 4). | Intanto può avvenire che uno degli aggruppamenti libero-legnosi così E A si eiu: del ne i altri in dics alla coartazione del E SULLE RADICI AVVENTIZIE ECC. fende lungo la linea mediana tutto all’ ingiro del pleroma che avvolge. i: Si origina così un moncone che ha tutto l'aspetto di una radice secon- - daria. A quanto pare, siffatti monconi non crescono o crescono in modo . atipico. non producendo il callo neoformato che li avvolge per tre lati Itro che elementi abnormi corticali o legnosi. i L'osservatore può però facilmente ritenere che anche le radici le quali ascono in fasci sotto la lesione abbiano siffatta origine, derivino cioè “da una vera e propria sehizorizia preceduta dalla schizodesmìa (!). "La confusione deriva, in tal caso, dalla circostanza che anche le radici sopra accennate, benché abbiano origine come di regola dal perieiclo, si l sviluppano di poi in modo abnorme. Coincidendo la loro formazione quasi sempre eoll'epoca in cui la radice madre venne colpita dalla necrosi, esse accrescono quasi in egual misura di quest'ultima. Ma l'accrescimento loro avviene in guisa tale ehe esse, invece di rendersi divergenti, s' al- lungano parallelamente le une alle altre, laonde, raggiunto che hanno una certa grossezza, vengono compresse dai rami vicini e dallo stesso | ceppo materno e a lor volta esercitano su questi una pressione che si rende . sempre più sensibile. I fenomeni di compressione sono palesi iù massimo - grado alla base delle radici neoformate. Ed allora ritroviamo nelle sezioni trasversali tutti i sintomi di compressione sopra descritti, vale a dire. eccentricità del midollo che si porta verso il lato compresso, scomparsa : — in questo dei vasi, spostamento dei raggi midollari e via dicendo. Noi abbiamo osservato delle radici le quali erano deformate in tal misura che i p dun gel cie si erano dra mo e resi ud uo 404 — E BUSCALIONI E G. MUSCATELLO un diverso spessore dei giri annuali, sia antichi ehe di nuova forma- zione, lungo i vari settori della sezione ei ricordano ancora che l'organo neoformato ha tratto origine in modo singolarmente anomalo. Le radici a struttura anomala tornano spesso ad ammalarsi, ed allora si ripete il fenomeno della frammentazione del cilindro centrale colla riii. formazioni atipiea di nuove radici. Il complesso dei fatti osservati ci attesta chiaramente che noi abbiamo a fare con strutture che ricordano da vicino quelle di certe Liane ap- partenenti alle Famiglie delle Sapindacee e Menispermacee, per quanto in parte l’anomala struttura si manifesti nel fusto e non sia collegata | a condizioni patologiche come è ‘il caso per le radici di Rhus. Più intima è l'analogia con quanto avviene nel sistema radicale della. Phoenix dactylifera dove, secondo quanto ebbe ad osservare uno di noi (Buscalioni) in un lavoro in collaborazione col Prof. Lopriore, ineontrasi pure lo smembramento del ciliadro centrale in più desmi, e ciò assai spesso sotto l’ influenza di particolari agenti patogeni che ledono la punta | radicale. Nella Phoeniæ pure, al di sotto della schizodesmìa, ha luogo la | comparsa di un fascio di radici, mentre una o più radichette crescono nell’ambito stesso della lesione, ma dal lato sano del cilindro centrale e per opera del pericielo. Le analogie cessano però a questo punto, poichè innanzi tutto la schizodesmìa e la sehizorizia nella. Phoenix sono due | disposizioni quasi normali, mentre, come abbiamo visto, la schizodesmia nel Rhus è rarissima e porta poi solo eccezionalmente alla formazione di monconi radicali. In questa pianta poi il fascio di radici che nasce al di sotto (in senso acropeto) del punto malato, ha un’ origine quasi sempre normale, cioè periciclica, mentre nella Phoeniz non poche delle radici derivano da una pregressa schizodesmìa. Data la analogia di comportamento tra questi due tipi di vegetali - tanto diversamente costituiti, è nostra intenzione seguire su giovani e | piantine i processi che si. determinano nelle radici sotto l’ influenza dei. tagli. Già molto é noto in questo argomento grazie ai lavori di Nemec, le quali reagiscono in modo così particolare , come le PAoeniz ed i | He, Anna nuovo sb posa, essere. cena. al capitole della ri } E * Lopriore, Simon ed altri, ma non è improbabile che trattandosi di piante cd ; ste RADICI syret ECC. BER Fin d' ora per altro, possiamo allo che i badist ot. tenuti. sono ben lungi dal farei. ammettere l' esistenza di una stela, di una ai 0 di un'astelia nel senso noto nnd scuola Sonar E Pai così per sommi capi i principali ice delle nostre osser- ds DTE chiuderemo la presente rassegna con pochi cenni sulle lenticelle. rat . Queste si originano nel modo solito da uno strato generatore che si con- | tinua sui lati col fellogeno della corteccia secondaria e risultano costi- > tuite da un tessuto omogeneo di cellule rettangolari abbastanza ben or- dinate in serie, sia nel senso tangenziale che radiale. Non vi ha poi dif- ferenza nella forma e struttura delle cellule, per cui non si può parlare à t strati di chiusura alternanti con quelli di riempimento. Giunte ad un certo grado di sviluppo l'acereseimento del tessuto cessa sulla linea mediana, dove abbiamo osservato la presenza di un solco, mentre ORE o8 tinua sui bordi, di guisa che la lenticella risulta al più costituita da 2 | cuscinetti suberosi, nell'ambito dei quali e nelle sezioni dirette perpen- | dicolarmente al maggior diametro dell'organo le cellule mostransi dispo- -sto a copu M PRA, come 1: stato PHF crescono mne a di oa In tal caso cid loro interno si generano dello tensioni hoe cui non è infrequente di riscontrare che i loro cuscinetti inglobano una lacuna (ie 11) dota gi da distruzione dei tessuti mt del pa- /. L. BUSCALIONI E G. MUSCATELLO - E VN Jue LETTERATURA DELL' ARGOMENTO. Areschoug ii Ueber Regeneration d. Püansenthello: Bot. visam 1887. | Bessey C. Objets jmieddod in trees. Amerie. Bot. II. 1906. Buscalioni L. e Lopriore G. Il pleroma tubuloso, l'endodermide jadol- lare, la frammentazione desmica nelle radici della Phoenix dac- tylifera. Cannot; Gebiinderte Wurzeln eines Epheustoekes. Schrift. Phys. ökon. ese 82 zeln. ET Engler A. Ueb. die TREE Yemas u. d. geographische Verbreitung d. Gattung. Rhus ete. Engler's. Jahrb. jS Figdor W. Experimentelle und ‘histologische Studien: sd i Erschei- - CA nung d. Verwachsung ir im Pflanzenreich. K. Akad. d. e: Wien 1891. Foche W. Vero so in alten SAMOA RICA Abhandl. d. Naturw . Vereins zu Bremen LH. Franke M. cateto nuovo caso di fun delle radici. N. Giorn. Bot. Ital. Firenze 1882. Franke M. Beiträge. z. Kunpinse d. Di veresrlmingen-- 1 Breslau 1881 Gatin C. d sur l'appareil respiratoire d. organes ita ti d. Palmiers. Rev. gén. Bot. XIX. 1907. Goeppert H. P Lana b. Linden u. Pappen Bot. Zeit. 1806 e Sitzungsb. d. Schlesischen Gesellseh. f. Vaterlànd. Cultur. “È Nov. 1877 ui Graebner L. Die in Deutschland winterharten Rhus. Mitteil. der deut- ~ => schen Dendrol. Gesellseh. 1907. : Š Gregory E. Developpement of Cork-wings on certain trees. Bot. Gaz. Kerr W. Butressed Roots. Proc. of the Natur. Science Soc. of State - Kny L. Ueber d. Zag u. Druck u. d. Richtung d. Seheidewünde in sich teilenden Pflanzenz. Pringsh. Jahrb. 1902. RO Kay I. Ueb. d. Einfluss d. Lichtes auf d. Wachstum d. ud | Pringsheim Jalirb. f. Wissensch. Bot. 1902, XXXVII : aeos A. Ueb. Adventivbildungen. Sitzungsber. d.. idum ps Soc. Era 1880. angen. i E à ` surie RADICI AVVENTIZIE ECC. c AOT Hartings Sai aus der Natur. Bd. II i Hofmann Unters. üb. d. Wirkung mechanischer Kraefte auf d. Teilung, : Anordnung u. Ausbildung d. Zellen b. Aufbau d. Stammes ete. Berlin. 1885. ` ditis N. Ueb. d. Einfluss v. Lieht u. Dunkel auf das Laàngenwachstum d. Adventivwurzeln d. ili sio Ber. d. deutschen bot. Ge- sellsch. XXI. Lager S. diis d. racines vivantes P. 2; Rhizome de Graminées. oc. Linn. Normand. V, Série I Lilienfeld ? Ueber Chemotropismus d. Woran. Ber. d. deutschen bot. - Gesell. XIX. Lopriore G. Ueb. bandformige Wurzeln. Atti Ac. Leop, Car. Halle 1907. pM Flora 1873, p. 384. Ein aus sich selbst PETER ziehender Baum. | ete. Berlin 1885. ` Massalongo C. Di una singolare associazione di piante legnose. ue Soc. Bot. It. 1904. Me. Dougal. The Curvature of Roots. Meehan Th. Excentricity of the annual. woody circles in Rhus Toxico- dendron L. Proc. Acad. Nat. Se. Philadelphia. 1899. Mer ^ Des modifications de texture et de forme qu'éprouvent les raci- nes suivant les milieux où elles végétent. Assoc. Franc. pour bi PAv, d. Sc 1880. : È xm Moebius M. Der japanische Rhus vernicifera DC. or d. Senckenberg. Ges. XX , 1899. Mohi H. Rinden u. Wurzelbildung im koneng eines Lindenstammes. E uc ix ax. E^ mE $ G. It. 1890. Musset Ch. De l'influence immédiate de la Ar. sur ‘la formation . d. racines isa ca de la Se de Statistique de l’Isère. 1881. iso B. Stodian über d. lied: Berlin. 1905. : Neuber 4 Beitrigo * vergleichenden Anat. der Wurzeln. Breslau. 1904. Wochenblatt. 1876. | Peirce g Das Eindringen d. Wurzeln in lebendige Gewebe. Bot: Zeit. 1894. Persecke K. Ueb. d. F ormaenderung d. Wurzeln in Erde u. Wasser. Bot. Zeit. QE. Tiida sur les Phénomènes vitaux d. racines d. arbres. Bd. L. XXV. Bot. Centralbl. p. 27 2. Prunet L. Sur la perforation d. tubereules des pommes. de terre m le ni Rhizome de Chiendent. Rev. Gén. Bot. III. 1891. vie d GREC imme. Sitzun Sachs J. Physiol. Notizen III Schenk H. Ueb. Aerenchym, ein dem Kork loin Gewebe b. Sumpf- pflanzen. Pringsheim Jahrb. XX. 1889. | Schumann K. Negativ geotrop. Wurzeln. Monatsh. f. Kakteenkunde, 1903. . Scott and Magn On d floating roots of Sesbania aculeata Pers. Ann. of Bot. 1888, vol. mon. Regeneration d. us Pringsh. Jahrb. XL. Ls N. Produzione di radici avventizie nel cavo di un Cipresso è cammino ascendente. Rend. d. R. Acc. d. Sc. Kinna e Ma i Napoli. 1 — Terras J. Note on the mee of Lenticelles with special reference to those occurring in Roots. Trans. and Proc. of the Roy. Soc. Edin- burgh. | Tittmann H. Physiol. Unters. üb. Callusbildung an Stecklingen holzig. Gewächse. Jahrb. f. Wissensch. Bot. XXVII. 1895 — Tschirch A. Ueb. die Heterorhizie b. Diko otylen. Flora. 1905. Tuleuf v. Weitere Falle v. Adventivwurzelbildung a. Baumstàmmen. Naturw. Zeitschr. f. Laud. u. Forstwesen. 1904. Wacker J. Die Beeinflussung d. Wachstum d. Wurzeln durch d. um- | bende Medium. Jahrb. f. Wissensch. Bot. 189 Wedding H. Buche mit Wurzelbildung am. oberirdischen Stammestheil aturwiss. Zeitschr. f. Land. u. Forsttwirtsch. lI. 904. Wilson W. The production of aerating organs on the roots of Swamps ui de other Plants. Proc. of the Acad. of Nat. sc. - Philadelphia. palace E. Neue Beiträge z: Koiutajle d. Lots Verh. d. Bot. — Wien. 1884. i SULLE RADICI AVVENTIZIE ECC. | 53 Eee n0 STAVO o 0. kis SPIEGAZIONE. me FIGURE. LI L Sézione longitudinale del fusto cariato, eseguita in corrispon denza di uno dei fori prodotti dalla carie, per mettere allo scoperto le radici. prin, e il loro VU di impianto pitone del callo. » II. Sezione trasversale di una radice necrosata lungo una linea a metrale. La necrosi arriva fin quasi al midollo. OW HL Formazione di una radice secondaria. Nel punto i in cui le 2 ra- ý dici (materna e secondaria) si separano, i tessuti di cui constano. appaiono alterati per una forte eccentricità del midollo e per mancanza di vasi legnosi di sotto della faccia a mutuo contatto. , » Jy. bow ammalata in eui la neerosi e la susseguente eieaiugza- |} one per mezzo di un tessuto corticale ha suddiviso il cilindro j ae in tre » y. Radice fornita di e grosse lenticelle. » aee Impianto delle radici interne sulla volta della cavità prodotta dalle radici del fusto. Una delle radici più piccole è diretta in .. alto. z » "Vi. Jens di grosse radici interne stipate le une contro. le altre od i intrecciate. iim >» vi Formaziono di fasci di radici. TOTAL su una radice am- i mala no dei rami di neoformazione (I inferiore) è a sua volta se: longitudinalmente dal Mies ‘carioso. - IX, Fascio di radici secondarie. dd ; » X. Sezione trasversale di m Pues penetrante un grosso raggio x e. vo XL Lond Jonticll il « cui bada è in acu lacerato à causa delle . lens > XIL Fascio di radici a tipo di « Coda di volpe > » nell’ interno del - | fusto cariati » XII. Radici che si eomprimono a Vicenda. >» XIV. Formazione di un fascio di radici sulla stessa linea diametrale. * Per mutua compressione le due radici maggiori sono divenute . entita è e una delle stesse difetta di vasi dal lato MAE: aber =p Conf. Compt. rend. Paris, 30 maggio 1904. JO RASSEGNE J. Wiesner, Der Lichtgenuss der Pflanzen. Leipzig (W. En- gelmann) 1907. VIII + 322 pag. con 25 ill. nel testo. L'Aut. comprende nell'opera presente il risultato di numerose ricerche proseguite con instaneabile attività per ben 15 anni, sotto climi ed in. ; regioni molto differenti. Tali ricerche avevano per scopo lo studio degli ef- .. fetti esercitati dalla luce sulla vegetazione, e su tale argomento egli aveva pubblicato singolarmente già parecchie memorie; nonpertanto l'opera at- tuale non è affatto un compendio di queste pubblicazioni, ma ne è in- vece un ampliamento e nello stesso tempo un coordinamento omogeneo di tante singole osservazioni sotto un unico punto di vista che viene espresso nel termine di godimento di luce da parte delle piante; o — come propone l'Autore stesso — di « fotolessia ». Si tratta dei rapporti che passano fra la pianta, quale ente a sè e la intensità della luce che gode; il bisogno di luce da parte di una pianta trova qui un'espressione matematica; l'Aut. dimostra inoltre, in base alle osservazioni sue proprie in regioni diverse, come la distribuzione geografica e la vita delle piante dipendano dalla luce. Anche il lato ‘praticò, che sommo scienziato è stato sempre preso di mira con special riguardo, qui come altrove, trova nella que- stione presente il suo appoggio a’ dettami della scienza, sia per le di- verse coltivazioni agrarie, forestali, di giardinaggio, sia per la coltura di piante nelle serre, nei salotti, ecc. L’opera, corredata di alcune splen- ide illustrazioni è di grande interesse non solo, ma apporta una serie- d gigantesco fatto dalla scienza negli ultimi anni, ed offrono numerosi argomenti a nuove serie di studi, ad altre tesi per ulteriori indagini. di nuovi concetti e di così argute osservazioni che palesano un passo Anche di quest'opera si può dire, ben a ragione, quello che il Darw (!) serisse in chiusa di uno dei suoi ultimi lavori, « il meglio che essa può offrire è di dar impulso a nuove ricerche. » E tale è anche il libro pre- sente del Wiesner: non solo una sintesi di fatti ben dilucidati, ma una sorgente per parecchie ricerche in diversi campi della scienza e della ; pratica. x Il celebre medico e naturalista Jan JNGEN Housz, Che visse nola w iw Ace SCOTUS 7C CRASSHONE * - scorcio del secolo XVIII fu, come sappiamo (') il primo che rivolse la — . — | sua attenzione ai processi vitali ehe la pianta svolge in presenza della > luce. I fisiologi distinsero in seguito gli effetti meccanici e quelli chi- j e im la luce determina nelle piante, ma per lungo tratto di tempo . Ress o pensò di stabilire un confronto fra la pianta a sè e la variabile s eimi della luce diurna; nessuno rivolse l'attenzione all'adattamento E delle piante, alla quantità della luce che esse possono godere là dove vivono. Quest'é il compito che il Wiesner si propose fin dal 1892. I ao fra la vegetazione e la temperatura sono stati studiati partico- larmente e diffusamente ed hanno scoperto un ricco corredo di fatti pre- cisi, relativi alla hopoia delle piante , preeipramente alla loro distri- rato; gli esperimenti fisiologici avevano svelato soltanto ehe per lo svolgersi di determinati processi, vitali nella pianta fa bisogno una data — forza di luce, e ehe quelli si arrestano ad un grado superiore di forza luminosa. — | WIESNER, servendosi di un metodo fotometrico appropriato, cercò «di determinare la quantità di luce che torna a vantaggio della pianta, tanto i in natura quanto nelle culture artificiali. Egli stabilì quale rapporto | passi fra la luce che colpisce vna pianta, o solo un organo di questa, , relativamente al grado della luce diffusa, e tale rapporto, espresso in una | frazione, è è la fotolessia per quella data pianta o per quel determinato or- - gano. Questa frazione esprime la quantità di luce che colpisce la pianta, ^ non già quella che ne viene assorbita, essendo quest' ultimo valore dipen- - dente da diverse altre condizioni. Il rapporto fra I intensità della luce che agisce sulla pianta e quella della luce del cielo esprime la fotoles — . sia relativa, TT €— nelle — dime del giorno, piis diverse y TUR e ; Hm. si Bion. la fotolessia assoluta della Vins. la pec a sua volta può oscillare, però in dipendenz adi Diet ari variazioni, quali la | Il metodo seguito dall'Aut. per determinare ; T'intenaità di luee a van- ‘taggio della vegetazione, si basa — in complesso — su quello fotogra- fico ideato da Bunsen e Roscor, ridotto però ad una manipolazione più d - Esso consiste m hei: alla mes una cartina SRS aed } Vedi J. WIESNER, Jan Jngen Housz, sein Leben und Wirken als Ni l More und Arzt; Wien, 1 e Pl £s | RASSEGNE tinta oscura, che essa acquista dopo un determinato tempo, con un S grado di tinta costante (tinta normale o fondamentale). La valutazione LS dell’ intensità risulta dall'equazione d'intensità e di tempo, stando le in- | tensità di luce, che hanno prodotto un’ identica colorazione della carta T leggiare, al buio, per due minuti, sopra una soluzione di nitrato d'ar- $ gento al 12 °/,, dopodichè la si mette ad asciugare all’ aria, ma com- o | pletamente a riparo della luce. La tinta normale viene preparata con ium 1000 parti di ossido di zinco chimicamente puro mescolate intimamente sità di luce richiesta per colorire nel corso di un secondo di tempo una | cartina normale a quell’ intonazione identica, viene indicata, dietro propo- ta di ità (= 1). La tinta normale è all'in- circa bigio piccione, senza riscontro nella scala internazionale del RaDDE, ma si avvieina al: 20 bleu, primo passaggio al violetto £; essa corri- sponde al valore 1. 3. x : Per valutare una data intensità si prende un’assicella (sostituibile al- .. l'occasione da un libriccino) con una fessura nella. quale si fa passare ‘la quale resta coperta fino all'atto di iniziare la ricerca. L’ assicella ,- detta insolatore a mano, viene posta nella posizione voluta e, scoperta la listerella di carta sensibilizzata, si segue, mediante un orologio a se- condi , attentamente il tempo che ci vuole finchè nella cartina di sag- | gio apparisca’ l identica- tinta di quella normale. Dividendo ora l'unità .. per la somma dei secondi richiesti durante questo processo si ottiene il ^. grado dell’ intensità.. Poniamo siano passati 8", I’ intensità sarà allora tms M. panca 0.125 delle unità di Bunsen. Non sempre è possibile nè opportuno l’ adoperare nelle ricerche l in- solatore. Talvolta, specialmente nel bosco o nel folto della macchia, è suf- | ficiente il disporre listerelle di carta normale in posizione diversa sulla . pianta e di confrontare le diversità delle tinte ottenute su ciascuna entro un tempo determinato. Alla luce diffusa di una finestra si possono va- v lutare, in seguito, le graduazioni delle tinte sulle ‘diverse cartine e fis- . sare il rapporto col tempo trascorso, donde si ricava indirettamente il - - grado dell'intensità luminosa. — L'Aut. ha ideato pure, allo stesso scopo, - una scala di tinte, adoperando i colori LEFRANC, che si mantengono u SRT N Nach 1 È z ; S >. SE * f $ E x : messe a pesos con quae alta ARR sane cartine sen- | sibilizzate. Poniamo che, ad una data luce, si abbia ottenuto dopo 33” ze» * una colorazione della -cartina normale pari alla gradazione 6.6 della — — . scala, allora si dividerà la cifra 6.6 per il numero dei secondi e si ot- hs à la riehiesta intensità di quella data luce, espressa in unità di vw s Bunsen (= 0-2). | v Per valutare l'intensità chimica della- luce diretta del sole il Wiesner anna tiene il suo insolatore orizzontalmente avanti a sè in modo che venga E completamente colpito dal sole, e misura il tempo richiesto per ottenere sulla cartina sensibilizzata la-tinta normale. Poscia, volgendo tutta la persona (di 180°) in modo di. avere l’insolatore perfettame iite nell'ombra del corpo, calcola egli il tempo che corre fino allo sviluppo della tinta — normale sopra una seconda cartina sensibilizzata. Le due misure di — - tempo, così ottenute, sono inversamente proporzionali all’ intensità di — tutta la luce (luce diffusa e luce solare), rispettivamente alla luce dif- - fusa (?). i Si ottiene la somma di luce goduta da una pianta entro un deter- minato periodo di tempo, ricorrendo al metodo grafico di integrazione. In un sistema di eoordinate si segna sull’ ascisse il tempo e sulle or- dinate le intensità; unendo i punti rieavati ne risulta la curva del- xs È T intensità : : la superficie fra la curva e T ascisse corrisponde al valore Si * che si cerca. Malgrado tutto, il metodo non'è perfettamente esatto e può — dar adito ad errori fino a 10 °I,, masi può rimediare eventualmente a ciò col ripetere più volte le osservazioni, usando però costantemente 1 | stesse pratiche di ricerca. Un inconveniente è dato pure dalla limitata stabilità delle cartine, che devono venir preparate di fresco. All’occasione sì possono adoperare anche altre carte fotografiche, delle quali si possa fidarsi ‘come della carta normale, tanto nelle osservazioni indirette, quanto ‘nella valutazione della fotolessia relativa. Però si dovrà sempre accer- tarsi, ‘prima dell’ esperimento , che esse it na perfettamente al- E equazione fra intensità e tempo. ] eelebre meteorologo J. Hien hà calcolato, dalle determinazioni fo- ag ottenute dal WiesxeR, il quantitativo di calorie che la luce - viluppa nella pianta. WiESNER ha osservato verc ber ur nel marzo a Vienna, un minimo di fotolessia = los ed al Cairo — irs nella Con questo metodo non si ottiene una valutazione esatta di tutta la luce diffusa, perchè nel secondo calcolo, il capo de Ir e esq. facendo mbra, porta via all’ insolatore una porzione del cielo. wt UIT SARE Pia S 1 FAM NT d | stessa stagione: riportando questi valori ai calcoli sulla costante solare si avrebbe per Vienna 108.6, per il Cairo 53.2 calorie. 555 E La luce diurna è luce solare modificata dall'atmosfera .nelle maniere — 2 le più svariate; solo una parte della luce proveniente dal sole arriva — .- " . alla superficie terrestre (luce solare diretta), il resto viene in parte as- — = sorbito, in parte riflesso, oppure si diffonde in parte nell’ atmosfera — stessa e dà la luce diffusa ch'é la luce del cielo , cioè la luce precisa di luce diffusa, alla quale sono esposti, che giunge ad essi da tutti i n [22 z a i D ch z © E E: e z d em 2 © — + S n z 5 52 [e] $ è la luce solare - „esclusivamente, ma sempre o alla luce mista, oppure a quella diffusa. In base agli studi appositamente istituiti si può stabilire che l'intensità dei i raggi riflessi perpendieolarmente dal cielo procede dall'ineid-nza orizzon- ^ ‘tale a quella verticale in progrersione molto più rapida che l'intensità di luce sopra superfici ad esposiziono libera, ma con inclinazioni eguali, che vengano illuminati da tutte le parti. Una pianta puó ricevere luce dall'alto. | (sopraluce), e questa in quantità maggiore o minore, a seconda dell’ in | eidenza dei raggi solari, ed a cielo ereno in quantità sempre più rilevante. bero od altra pianta si trova davanti ad un muro oppure sul eiglione di un bosco, allora può ricevere dal lato posteriore anche luce riflessa (luce riduzione, hanno invece una . grande importanza per l'esistenza della pianta quando splende nitido il Sole in un'atmosfera diafana. A questi fatti l'Aut. ha rivolto prineipal- mente la sua attenzione, perché é dal loro comportarsi che dipende l'e- sistenza , lo sviluppo di una vegetazione , od anche di una pianta in ' . particolare, entro un determinato ambiente. Nelle regioni equatoriali si sha il massimo di intensità per la luce solare diretta : nelle regioni ar- | tiche prevale invece la luce diffusa. Nelle elevazioni si osserva che — - data. una eguale incidenza dei raggi solari — l'intensità della luce so- . lare diretta aumenta con l'altitudine, l’ intensità della luce diffusa au- — menta pure, ma solo fino ad un limite, sopra il livello del mare, al di là del quale va scemando, quanto più si sale. A ~ 7 Per ben comprendere la fotolessia di una pianta conviene conoscere le condizioni di a alla: quale essa sta to SEA , ed in secondo luogo anche i mezzi coi quali la pianta si difende da un ec- - cesso di luce o tenta di trarre il massimo. profitto da una scarsità di luce. — La durata dell’ illuminazione di una pianta è variabile come la. sua. intensità. Le piante delfe regioni artiche sono illuminate di se- "uito durante tutto il tempo del loro massimo sviluppo; nelle latitu- medie si ha un comportarsi vario, a seconda che le piante sono ef- p [e annue o bienni, a seconda. che vivono in boseo folto o rado P oos pianta sottrata, durante il suo sviluppo, ad un ripetersi ritmico di gradazioni diverse d' illuminazione ; se per le piante delle regioni artiche questo fatto è assai poco pronunziato, lo è tanto più invece per dali, mentre si osserva, a CETUR lo Rio delle piante legnose E | deperire delle piante. annue e col Scemare di Quai UIDES Ton zione diretta ; je piante delle vibus e dei uu ) pss a bulis la ione della luce del co, poncegono organi ridotti, ed mi- im nente vediamo invece che le piante sidus: eome ds noi, da un eccesso di luce che le tocca, sviluppando organi ve- or poe a M oie modificano, NoDUUmente il si, terreno sul quale essa cresce. Là dove le piante sono poco illuminate | vediamo che le loro foglie usano il massimo di economia di luce: esse AR REA diretta {pantotometriehe). Vi sono però delle piante, le foglie delle y ali non manifestano la benchè minima orientazione alla luce, il loro | ! do di fotometria è 3 Wen insignificante (afotometriche); ed altre, che no bensì la pagina superiore della loro foglia alla luce più in- . ma non orientano affatto la lamina- a seconda del variare della luce T. WIESNER, Elementi di Botanica scientifica ; MI vol., (EN : p. >; AS y T à è x RASSEGNE | (oligofotometriche). — Per lo sbocciare delle gemme si richiede sempre una luce di una intensità relativa, come ce lo apprendono le conifere, ed in generale le piante sempreverdi, le gemme delle quali si trovano - situate solo alla periferia della chioma. La luce solare diretta favorisce anche nelle piante a dee caduca (faggio, Amorpha) lo sviluppo della fronda, e molte volte anche l' ulteriore sviluppo della pianta. Il Sedum acre non arriva p. es. a fiorire se rimane esposto unicamente ad una luce diffusa. La luce diffusa contribuisce, a sua volta, a modificare notevolmente | ^ la fillotassi. Di tutta quanta la luce a disposizione della pianta, una. parte soltanto viene assimilata, perché il complesso delle pagine fogliari > E. e — S P I e e = 5 v 2 oi œ E et F 3 c Sz S z e o - s 3 5 D £g z= Cc c d d D e © 2 > ue > . . zioni di illuminazione in natura è quella piramidale, che riscontriamo - SE in parecchi alberi. Questa forma di portamento dell’ albero schiva, nei paesi subtropicali e nelle regioni elevate, la luce forte del sole : esposta i a settentrione, od a mezzogiorno, una pianta con la chioma a piramide. | .. gode tutta la luce solare che le arriva obliquamente; essa può godere xe ape la luce diffusa I solo la mures diffusa non le torna chi Phat Bino e da trospiratioto esse sono protette mercè di un mento e e. v. Nel tempo di massima intensità della luce Eus gno e luglio) la vegetazione erbacea scompare quasi del tutto. — Sulla. . . . tundra vegetano pure piante erbacee e vivaci. (perenni), mentre sono. | . molto ridotti gli arbusti: tutte queste piante tendono a godere il mas- . . - simo di luce che solo in piccola parte viene loro contrastata dalle acci dentalità del terreno, nel. qual caso le piante appariscono dee molto modificate, « oppure spariscono: solo il Salig polaris se | tarsi ad una riduzione della luce. Le foglie di queste piante sono afo- ' | tometrie he od. appena oligofotometriehe, ed il loro sviluppo ‘morfologico. nonché il loro carattere fisiologico danno l’espressione esatta di un ai | tamento a quelle speciali condizioni di vegetazione, — I Licheni ix "8000 affatto piante lucifughe, com come ordinariamente si suppone. Là nel. =. la tuce antica non si parso, sui ier RASSEGNE. de oue su obe lato ed in tutte i posizioni dove i lioheni (DD dere la luce. In media, si può dire, che i licheni delle nostre ut | prosperano ad '/, — "Ja di intensità di luce, mentre singole possono vivere ancora ad '/ di quella. Gli apoteci di qualun- ue. bene senno a o üsbeve di orientarsi “verso la luce e sono sor- è, ui 2 come i tallo di un IU sui tronchi degli i viene a godere esclusivamente luce àntica. La fioritura di queste e e richiede in media un’ intensità di luce maggiore di quella che ra di fitti boschi, prospera ad intensità di luce mediocri e basse, ma fiorisce solo ad una forte insolazione , alla quale, come è noto, la AN modifica completamente il suo aspetto. a; foto lessia, oltre e con le ore del giorno, varia Pe la stessa pianta e si sfrondano into Molte di: queste piante fioriscono pre- mente; data la diversa posizione del sole, dalla. fioritura allo sviluppo ` leto, D fronda, si deve gia sw n maae della fotokes filolo a Dirar, per la foglia, a TRA dei fiori. An- alcuni casi LA inge non legnose si osserva che, per lo pe : apm i richie sta una luce intensa : esem RASSEGNE : che istituite con betulle, sorbo, acero ece. hanno palesato che nelle latitu- dini più settentrionali la fotolessia relativa ed assoluta delle piante v; uanti che al di sopra d' una data EU HEY il minimo di fici relativa resta costante o va addirittura scemando. Con la diminuzione de lore relativo va invece aumentando quello della fotolessia assoluta d ` ma a sua volta, si ieia e ad una SR Pasce gnose. Gli aldi ehe ARE per tempo la loro fronda perdono yo buona parte di questa nel corso dell'estate; quelli ehe inverdiscono più tardi eonservano gnare più a ju i loro fogliame, a meno che ti ricerche dello SranL (908 hes fatto. levan che anche lo luppo delle micorrize nel terreno è dipendente da un vario grado d hanno le fibre radicali intrecciate co’ miceli fungini. Le diverse gradazioni nella tinta verde delle foglie ipee" pure in generale, dalla. intensità variabile della’ luce. Questo fatto è molto. Wn orbes nella chioma degli alberi. A questo. proposito si Ee stabi lire le norme segue Pa Il colore stazionario raggiunto dalle fog iagnos lità. — verde. iian : dalla pi giga PM ‘clorofilla. d PIE | " | periferia della doni ài un i colpite direttamente od judisitis- nte da eni solari , sbiadise ono, prima o poi, in vario grado , dopo to il carattere stazionario. Ma, per la stessa deccm sbia- #9 il ciii in Deque resta constato a Dade anche iie fo una colorazione più intensa dei pron di 8 jnimo, allora, proporzionalmente alla scarsa inti di luce, sì avrà an he un ritardo nell'inverdimento. — Le foglie degli alberi a fronda ca aumentano la gradazione set loro verde finchè crescono ; quee " ito ma A da una riduzióne BEER della tofia re in questi casi, una moltiplicazione di granelli clorofillian on è cosa facile di dare una spiegazione fisiologica della fotolessia; *pretazione della sua vera natura e del suo manifestarsi, ci rimane Ile 1 piante e tenendo conto di numerosi fatti in natura, si arriva V r lo meno una interpretazione desiderata. Le piante ee- amani illuminate deperiscono per disseeeamento, mentre quelle rieevono scarsa luce resistono, negli esperimenti, molto più a lungo in natura e, modificando perfino i propri organi, presentano i feno- di eziolizzazione. In natura, per quanto si cerchi, non si troveranno inticelle ridotte che come rare eccezioni. Poichè quelle piante che o in luoghi dove la luce è troppo scarsa, si sviluppano bensì e è deficiente, y va diminuendo, nello mee dein la forza di * m BASSRONE O M oss COT ra più fitta; tivamente alla quantità della clorofilla; non resta poi, sa tutte esclusa ttosto oscura. Tuttavia, seguendo sperimentalmente il eompor- . gono in Seguito soppresse nella lotta di concorrenza che fanno le altre piante, le quali godono. condizioni di luce più favorevoli. RASSEGNE resistenza. dei loro organi allo influenze esterne, e questi acquistano un | carattere Salitan gui Simili organi presentano molte volte - una tendenza spiccata a marci In diretto rapporto eon la cola della pianta sta l'assimilazion dell'anidride earboniea da parte di essa, ed in generale si deve concedere E che questo processo si arresta ad un' intensità di luce ancora superiore. al minimo della fotolessia. Ne deriva ‘che molte foglie nel folto dell chioma degli alberi sono inerti, a questo proposito, non godendo esse . la quantità di luce richiesta per poter assimilare. Non cadono però queste foglie, nè sono del tutto inutili alla pianta, perchè contribuiscon ~ alla sua traspirazione e possono riprendere, all’occasione, dopo uua sfro ECC datura o dopo qualche lesione che le mettesse in grado di poter goder s un maggior quantitativo di luce, la funzione assimilatrice. A ques a funzione sembra competere la massima importanza nel grado di co | portarsi della pianta a seconda di intensità luminose diverse. La forma zione della clorofilla nelle cellule, avviene molto al di sotto di un mi nimo di fotolessia. A difesa della clorofilla contro una luce troppo forte. la pianta provvede normalmente con una serie di disposizioni, per | quali a’ granelli di clorofilla non arriva che una luce mite. Il verdi stazionario della pianta viene raggiunto invece entro i limiti della fo tolessia, e così pure lo dios en nope er organi ha luogo un un mente entro questi limiti. 'EODORO: HARTIG aveva pubblicato già nd 1877 un appello ai fo stali, di interessarsi più dav ondizioni della luce in rapp .. eon la vegetazione boschiva, poichè i suoi studi r avevano. messo Pr. grado di accertare, che la luce esercita un’ influenza maggiore sull’e = gia della traspirazione che non il calore stesso. Egli aveva anche . delle. osservazioni sulle differenze che la luce induce nel terreno, fr: . rami morti ed a. diverse altezze della chioma degli alberi, nonchè su l’importanza dell’ ombra laterale, servendosi all'uopo anche di un a sito sunset, fotometrico.- Ma la sua Memoria cadde del tutt l'oblio e nessuno pensò più a s | i 2 SEL um RASSEGNE ese P9 Y - T su questo campo, sono j porti nel volun pum pito Da un mo pure, come le condizioni meno os dell ij ure a differenti. fotolessie. Analogamente ottennero dei risultati. eno interessanti anche lo SrnakoscH. nelle coltivazioni di barbabietola, l LINSBAUER a proposito dell'allevamento della vite, e parecchia impor- anza conviene pure ai risultati che l Aut. ha ottenuto studiando il , arsi delle piante in vaso, relativamente. all’ intensità della luce s no godere sia nei salotti sia - sulle verande o nelle serre e c. v., veva rivolto finora ben poca attenzione, continuando a mante- LM Lavori originali. pag. BÉGUINOT K — Revisione ue cip del Genere singer Ma- : patti 185, 275 ALIONI L. e MUSCATELLO Hos "Sulla fioritura della pata fili- fera Sal m n-Tav. LJ. ONI L. e MUSCATELLO Gi - Sopra alcuni Senecio dell'Etna (con Tav. II-VHI) . 130, 297, 410 ONI L. e Mus ELLO G. — Sulle radici avventizie nell'interno el | fusto di Rhus viminalis (con Tav — Species aep um a el. Prof. F. Gallina in Ery- 4 o di fasciazione ‘caulina e florale in ‘un deuil (eon idis, Del testo) | . 4 5. s «x. 9M ilii o staurogamico di Sauromatium .- . 247 e naturale V icai Pla i 369 — Altro bePibpió di orfismo nei clorofillofori FEST CE .E. — Appunti sulla Flora NOU Grid ale del Rocciamelone. . 167 A. — Aleuni Micromiceti del' Ossola cos SE R A. — Nuove nies ioni e rie cerche sulla Flora irpina- E ber G. B. — Congresso Internazionale di Bo viria in Me lles. S ed Sui Setiorii idi alcune specie di Biscutella L. (con Tav. II) 118 = — Sui nettarii di alcune specie di Biscutella | L. Aggiunte) 240 Contribuzione m Flora Campobassana. Nota > E G- Rot brpa sulľ Italia meridio nale Rn i | Rassegne. cher "ud Assijnilation oset EER ete., 1908. . — Orientirende Versuche über. die sostormigom Formaldelvd auf De gr üne ma hyd Gia Aufna hne von stickstoffhaltigen organischen. durch die Wurzel von exei qx d A Ausschluss . . . ES] ER J. — ; - Der r Lichtgennss der Pflanzen. . Aha ner: das Anthokyan (1909) . iuvi Ww. d. x din Malpighia Vol. XXIII. MX A. sa ^" Z.Buscalioni e G AMuscatello 2 -Pogisione naturale delle Plantaginee . — Altro: esempio di dimorfismo nei clorofillefori Contribuzione alla Flora paie Nota Sa e G. EES — Sulle radio avventizie del: | l'interno del fusto di Rhus viminalis (con Tav: IX).