EK jq 18. MALPIGHIA RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA REDATTA DAL có N . DOTT. L. BUSCALIONI PROF. ORD. DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA ANNO XXV —. VOL. XXV MARCELLO MALPIGHI I CATANIA Tipografia « La Siciliana » Fratelli Perrotta 1912 RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA REDATTA DAL . DOTT. L. BUSCALIONI PROF. ORD. pI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA ANNO XXV. MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. " MALPIGHI? RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA REDATTA DAL DOTT. L. BUSCALIONI PROF. ORD: pr BOTANICA NELLA R. UNIVERSITA DI CATANIA ANNO XXP - PASO F. MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. CATANIA — Tip. La Siciliana F.lli Perrotta ` 1912 oa ER p de me P0 UE fe t in 8. con circa 20 tavole) sa sarà messo in vendita EF Aus prizo. di Is 30. i Mon saranno venduti fascicoli separati. VO autori saranno corrisposte 100 copie estratte dal periodico, 15 giorni, dopo as ee del fascicolo. Qualora fosse dá er richiesto un _ RABigloE numero | Profi LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO Studio monografico sulle Specie americane del Gen, “Saurauia,, Willd. (continuazione) Per quanto concerne le precipitazioni è stato constatato che nella Cordillera di mezzo il clima è fresco e secco, fatta eccezione per le pendici Est. La costa è invece aridissima, salvo su pochi tratti, e tale pure si presenta il Puna al limite del deserto di Atacama, per quanto qualche precipitazione abbia luogo nella Cordillera del West. All’op- posto molto grande è l’umidità nelle pendici orientali e la stessa au- menta verso N. E. e verso N. W. Così mentre a Cochabomba si ban- no 462 mm. di precipitazioni distribuite pressochè nel periodo che va da Dicembre a Febbraio, nella Iungla le pioggie diventano abbondan- tissime e cadono uniformemente nel decorso dell’anno. Sull’alta montagna cade la neve e, per le ragioni sopra esposte, in più abbondanza sulle pendici Est: pereió noi vediamo elevarsi il limite delle nevi perenni procedendo da Est a West. A quanto pare il clima della Bolivia era anticamente più umido, come l’attestano le traccie di passate glaciazioni e i resti fossili di | alberi in regioni ora desolate. 3. Vegetazione — La costa è aridissima, meno i tra.ti bagnati dal- le Garuas, i quali ospitano una vegetazione xerofila. Sulla Cordillera del West la vegetazione si fa sempre più scarsa a misura che ci innal- ziamo, ma in generale è ovunque ben poco lussureggiante. Attorno ad Iticaca il carattere di aridità dell’ Atacama si attenua notevolmente, per quanto tuttavia la vegetazione ricordi ancora quella delle steppe più o meno xerofile. Tratti del tutto aridi, che si alternano colle steppe de- | pauperate, o con una triste vegetazione di alofite si osservano nel do- minio dei Puna inferiori, elevati a circa 3700 m. e dei Puna superiori ` 2 LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO che eampeggiano a 3900 m. Questi ultimi portano per lo piü una ve- getazione di erbe e cespugli. Le pendiei Est infine, grazie alla grande umidità che si fa sem- pre maggiore quanto piü ei avvieiniamo alla pianura, offrono un largo sviluppo delle praterie e delle steppe nelle parti elevate: piü in bas- so cominciano ad apparire gli alberi isolati e le Cactee, poi si affaccia la Iungla di mezzo (foresta montagnarda che si eleva da 1500 a 2500 m.) nella quale predominano le forme arboree, a tipo un po’ xerofilo e finalmente verso i pianori troviamo la foresta vergine a tipo udico sviluppata in tutto il suo splendore. H). Pianura orientale della Bolivia e del Perü LI Coperta da foreste lussureggianti tropicali è bagnata da abbon- danti precipitazioni, che però si fanno più scarse a Sud, di guisa che accanto alla foresta vediamo ivi insediati anche i Llanos estesissimi. La regione non entra, che indirettamente, nel dominio delle Saurauia e percio non insisteremo sulla sua costituzione geologica e floristica. I). Chili settentrionale Questo territorio merita di esser illustrato, avendovi il Poeppig raccolte o segnalate alcune specie di Sauröuia (S. Ruitziana e S. Sca- bra Pòp.) Devesi però far osservare che per la prima delle soprain- dicate specie la località d'origine non fu constatata con sicurezza, poichè in molti esemplari dello stesso Poeppig l’indicazione «Chili» trovasi sem- pre seguita da un punto di interrogazione, senza contare poi che altri esemplari, ma portanti gli stessi numeri, furono dall’insigne naturalista assegnati, sempre però in modo dubitativo, alla Guiana e al Brasile, ` due territori dove non fu, fino ad ora, riscontrata alcuna specie di Saurauia, per cui vanno esclusi dalla rassegna (1). Grazie all'esame _ di moltissimi esemplari io ho potuto convineermi che le due specie. sopra accennate sono proprie del Perù e del Chile settentrionale, ‘per (1) Nel Brasile fu segnalata la presenza della S. spectabilis, ma a quanto pare trat tasi di un lapsus calami, vivendo la specie nella Bolivia. ; > STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. B ` cui ë evidente che il Poeppig è caduto in errore assegnando loro una patria differente. 1) Costituzione orografica e geologica della regione. A Nord di Acocanga comincia ad accennarsi la doppia Cordillera di eui abbiamo sopra parlato e intanto compare una catena costiera. Anche qui l'alti- piano centrale é fatto in massima parte a spese della Catena Est, che peró si mantiene sempre piü bassa di quella West. Il sistema orientale ha del pari, come nelle altre parti, un' origine piü antiea dell'oeeiden- tale, non essendo mutata gran che la sua costituzione geologica. Le catene montuose si elevano a 3000-4000 m. e su di esse si impiantano quà e là dei coni vuleanici, taluni dei quali elevatissimi. La Cordillera del West, mesozoica e disseminata di roccie erut- tive antiche e recenti, annovera dei vulcani altissimi (Parinacota 6376 m.). Anche i passi sono elevati (4180 m. fra Tacna e Paz). | Dal lato del mare la Cordillera degrada lentamente formando così una spiaggia che però riesce porzialmente interrotta dalla Catena costiera, la quale consta di roccie eruttive antiche e di terreni sedimen- tari (altezza media 1200-2500 m.). 2) Condizioni climatiche : temperatura e precipitazioni. — Benchè situata nelle regioni tropicali e subtropicali la costa offre un clima mite, come lo attesta il fatto che da Valparaiso a Lima la tempera- tura media annuale oscilla fra 149,3 e 19°. Per quanto riguarda le altre stazioni riportiamo qui alcuni dati: Copiapò med. an. 169,4. Temp. d. mese più caldo 21°. Temp. d. mese più freddo 13° » 9 17° Arica BEL > > Ba. » Coquimbo ` > 155,6. » » IH. » » 12: La Sirena 1 AN. > > 18^. » » 13? . Le oscillazioni medie raggiungono 8°,5—5" e gli estremi sono po- co distanti fra loro (Copiapó 32°,1—3°,1: Arica 28°—13°,3). Nella regione dei Puna interni gli estremi di temperaiura sono pià distanti fra loro a causa del cielo sempre sereno, per eui Copiapó ha un estate più calda di Caldara, e il Pampa di Tamarugol presenta, nei giorni di maggior calore, 32°-33°. Molto forte è il riscaldamento al di sopra della zona delle Garuas. Infine notiamo ancora che nel de- 4 LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO serto di Ataeama (S. Pedro 2980 m.) la temperatura notturna si avvi- cina a O° e nel Puna raggiunge anche 12°. Per quanto concerne le precipitazioni lungo la Costa è stato as- sodato che mentre a Valparaiso si hanno ancora 355 mm. di pioggia a Sirena sol più 38 mm. e a Copiapò 8 mm. Mancano le pioggie ad Iquipe, Meyllones e Cobya. Ad Arica le precipitazioni tornano a mo- strarsi, ma sempre scarsamente (Lima 64 mm.) In molti siti la man- canza di piogge è parzialmente compensata dalle nebbie o Garuaz, frequenti da Giugno a Settembre e in primavera, le quali però eserci- tano la loro azione solo fino a 450 m. circa sopra il livello del mare. Difettano pure di pioggia la Cordillera del West e quella della Costa, come pure l'Alto e Basso Atacama. A causa della scarsità di precipitazioni il limite delle nevi si pre- senta molto elevato (4900-5500 m.) e le stesse difettano anche su talune punte elevate, come ad es. nel Lulliaco alto 6000 m. 3) Vegetazione.— Dal 34? nord la foresta comincia a diradarsi per scomparire verso il 32°. Ben tosto però la Costa diventa aridissima e si mantiene tale fino verso l'estremo nord della regione, o tutt’ al più. ricetta dei Cereus, delle alofite e delle erbe dotate di rapido sviluppo, le quali eompiono il eielo nel breve periodo piovoso. La sterilità ë dovuta anche iu parte alla presenza di terreni salati. La Cordillera della Costa ha pure un aspetto desolato, in specie fra Tocoyullo e Iquique per cui i Pampa di Tamarugal e di Atacama bassa sono dei veri deserti: solo verso il nord i primi perdono rcs to la fisonomia di contrade desolate. Nelle regioni dove abbondano le Garuas (fra 259-19? lato S.) si incontrano taluni suffrutici e poche piante erbacee, ma gli uni e le altre scompaiono al di sopra di 450 m. Sulla Cordillera West non mancano i terreni aridi e salati, ma non manca neppure qualehe aceenno di vegetazione. I Cereus sono in- fatti abbastanza diffusi fino a 1450 m., gli alberi scompaiono a circa 1700 m., le piante cespugliose e frutieose a circa 3000 m., le erbe a 4000 m., per eui nelle parti alte torna a comparire il deserto. Infine nell'Alto Atacama (Puna) si trovano quà e là delle specie ` STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC 5 xerofile (Cereus), ma il deserto e le terre salate sono ivi largamente rappresentati. Le erbe arrivano ivi fino a 3000-4000 m. A complemento di questi dati merita di esser notato che nell'in- terno le condizioni climatiche attuali contrastano singolarmente con quelle delle ultime epoche geologiehe poichè ivi troviamo indubbie traccie di glaciazioni e di paesaggi fluvio-laeustri. * * * La succinta rassegna delle condizioni geografiche, geologiche e climatiche delle varie regioni abitate dalle Saurauia ha posto in chia- 1 ro che, in tesi generale, dalle regioni messicane a quelle peruviane e chilene si ha un regime di scarse precipitazioni in corrispondenza dei territori rivolti verso il Pacifico. Le p.oggie invece si fanno più & abbondanti dal lato orientale e sui monti fiancheggianti il Golfo del Messico a nord della Columbia e Venezuela. Ma il tenore delle piog- gie è lungi dal subire un incremento regolare da Ovest verso Est, poichè noi abbiamo visto che arche nelle regioni piovose i valloni ehiusi e i territori situati a ridosso di alta catena montagnose atte a condensare il vapore acqueo, si presentano per lo più aridi sebbene le contrade che li ricettano siano comprese nel dominio dei territorii soggetti a ploggia. Questa singolare disposizione di cose influisee sulla . costituzione delle Saurauiu? Noi crediamo di poter rispondere affermativamente per quanto molto scarsi siano i dati ehe abbiamo in proposito. Alcuni fatti lo provano: La Saurauia Rutiziana e la S. Scabra Poepp. sono proprie delle regioni più o meno aride del Perù e le stesse, ma in special modo la prima, mostrano un forte rivestimento di peli sulle s foglie, sui rami e sulle infiorescenze. Nell'ambito della Columbia e del = Venezuala abbiamo un complesso di forme Ira loro strettamente imparen- tate, quali sono appunto la S. exce/sa Wild, la S. scabra HBK. la S. Brachybotrys Turez. Fra queste, l'ultima presenta un marcato abito xe- rofilo, che al botanieo appare in armon:a eolla eondizione d'ambiente, poiehé la S. Brachybotris vive nelle regioni poeo piovose della Colum- . bia (Cordil. oecidentale) e le altre invece in regioni dove le pioggie sono più abbondanti. 6 LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Molti altri esempi si potrebbero detrarre dalla flora messicana e centro americana, ma noi ci limitiamo a ricordare la costituzione emi- nentemente xerofila di alcune forme della S. Selerorum viventi ap- punto in siti aridi. ; Vi sono, ë vero, delle eecezioni, ma noi dobbiamo aver presente che anche in territori umidi, alcuni settori, per le speciali condizioni di ubieazione, possono esser aridi ed albergare pertanto delle forme ‘eminentemente xerofile. Allo scopo di far meglio risaltare i rapporti tra le condizioni cli- matiche e la costituzione delle varie specie di Saurauia, riporteremo nel presente specchietto la distribuzione geografica delle stesse, no- tando, per ogni specie, i dati relativi alle condizioni elimatiehe d'esi- stenza. In questo studio ei siamo attenuti, per quanto riguarda i nomi delle specie, alle denominazioni da uno di noi (Busealioni) proposte, ma valendoci all'uopo dei dati che abbiamo trovato sui cartellini an- nessi ai vari esemplari. 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A quanto pare lo sviluppo del Genere richiede una eerta somma di umidità e quindi, mentre da un lato vediamo i tipi abitare, per lo più allo stato sociale, con partico- lar frequenza le regioni boschive, le rive dei fiumi, i siti paludosi, i valloni freschi, anzichè la nuda Savanna, dall’altra parte assistiamo a un più rigoglioso sviluppo di specie nelle regioni più umide della lunga catena andina, Il Genere comincia, come si è detto, a Sud del territorio arido del Messico settentrionale e termina, si può dire, a Nord delle regioni desolate di Atacama e del Chilì settentrionale. Ma anche nell’ambito delle regioni comprese entro questi limiti le Specie si fanno tanto più numerose quanto più noi ci portiamo dal West più o meno arido verso l’Est più o meno umido. Non occorre poi spendere molte parole per dimostrare come le Specie delle regioni orientali della catena andina abbiano ovunque un abito meno xerofilo di quelle viventi nella regioni occidentali. A grandi tratti la tavola riportata nelle precedenti pagine ci dà preziosi ragguagli in proposito, per cui qui basterà far notare che le forme Laevigatae, poco o punto setose e perciò poco xerofile si trovano preci - samente in maggior copia nel versante orientale, mentre i tipi molto xerofili, irti di sete lunghe, prediligono il West. Un determinato regime meteorologico è per lo più localizzato in un’area ristretta, e questo fattore, secondo il nostro modo di vedere è la causa principale per cui, fatte le debite eccezioni, le varie specie di ` Saurauia sono di preferenza accantonate: le forme messicane relativa- mente molto diffuse appena arrivano al Guatemala e Costarica: quelle. di queste due regioni, in generale, non oltrepassano l'America centrale: la Cclumbia orientale infine e il Venezuela sono centri di forme ac- cantonate e così dicasi per l'Equador, la Bolivia ed il Perù. (Continua) E. PANTANELLI Sui caratteri dell’arricciamento e del mosaico della vite. (Cont. e flne v. n. prec.) Alterazioni istelegiche degli organi arricciati. (Tav. VI-VII) ASSENZA DI PARASSITI INTERNI. — Nella letteratura troviamo una supposizione di Viala (1893), che il roncet sia una malattia batterica, senza che sia detto dove risiederebbero questi batterii. Prillieux e De- lacroix hanno riunito questa malattia con la Gélivure nella loro gom- mosi bacillare, di cui Mangin, Ráthay e Kremla hanno poi dimostrato l'inesistenza; ciò che i detti Autori avevano preso per batterii, erano probabilmente granuli minutissimi del precipitato che riempie gli idıo- blasti albumino-tannici, di gommoresina nei vasi affetti da resinòsi del legno etc. Ravaz e Bonnet ritengono prodotte dalla folgore le al- terazioni descritte da tanti Autori fra il 1894 e il 1901 come gom- mosi bacillare. Questa affezione rientrerebbe del resto nel tipo del Mal nero, e non può essere confusa col roncet. Nel Congresso di Ro- ma del 1903 Ravaz ritiene invece il roncet prodotto talvolta da bat- terii, tal'altra da cause fisiologiche non ancora precisate, e Briosi in- clinava (1905) a crederlo un’affezione batterica. Lo stesso Ravaz per il eourt.noué della Francia, Peglion (1908) per l'arriceiamento delle viti europee nella bassa Emilia e Biasco (1909) per il roncet sicilia- noe pugliese, escludono la presenza di batterii. E' da notarsi che Ravaz e Biasco sono gli unici Autori che abbiano fatto un esame ac- curato dei tessuti delle viti malate. Invece Pichi è recentemente tor- nato alla descrizione (1907) di «.iperplasie attorno a centri d'infezio- 18 E. PÀNTANELLI ne... che si presentano in forma di cumuli batterici... > al confine del- l’astuecio midollare della < barbéra rissa >, ciò che non si osserva nella Barbéra sana. Schiff-Giorgini (1906) dice di aver osservato tal- volta batterii nei tessuti delle radici di viti malate; probabilmente si trattava di batterii che stavano nei vasi, come si osserva nelle estre- mità radicali. Per mia parte, l'esame minuzioso del contenuto cellulare di tutti gli organi, erbacei e legnosi, dalle gemme alle radici, delle viti ma- late nelle diverse stagioni dell’anno ha confermato l’assenza di paras- siti interni vegetali od animali, tolto il fungo della micorriza già de- scritta da Petri (1907), la quale si trova anche nelle viti sane (4). Nelle estremità radicali prossime a marcire penetrano anche altri fun- ghi e batterii del terreno. Quanto alla Dematophora, a cui ha accen- nato recentemente Sannino (1910), e ad altri funghi che la sostituiscono in molti luoghi, la loro presenza sulle radici a struttura secondaria di viti malate è molto frequente, ma viti tipicamonte arrieciate possono averne le radici completamente libere; però la mancanza del fungo è talvolta puramente « anatomica », mentre in realtà la radice viva si trova nella sfera d’influenza di esso, perchè questi funghi abitano spesso nel periderma vecchio della radice stessa. ALTERAZIONI NELLE GEMME non si riscontrano, sebbene la malattia debba necessariamente cominciare nelle gemme, o per lo meno sembra fissarvisi, come mostra la tenacità con cui essa vi si conserva per anni nelle talee. Anche Biasco non accenna a lesioni della gemme, mentre Ravaz (1900) dice che «....nell’asse della gemma, nelle giovani foglie, nei giovani grappoli, si scopre sempre sia qualche vaso, sia alcune cellule del midollo e della scorza, con pareti e contenuto gialli. Quan- do la malattia é più accentuata, le alterazioni sono più importanti, e gli occhi possono essere distrutti, in parte o del tutto....». Dall'insieme della descrizione di Ravaz, come noteremo anche in seguito, si po- trebbe arguire che egli abbia preparato materiale danneggiato dai geli, (1) Questo risultato negativo è stato confermato dalle ricerche più recenti di Pe- ri (1910, 1911). SUI CARATTERI DELL’ARRICCIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 19 ma nulla di tutto questo si osserva nell'arrieciamento tipico delle Ru- pestris e di altri vitigni. ALTERAZIONI NELLE FOGLIE sono state descritte da Ravaz (1900) e Biasco (1909). Schiff-Giorgini accenna soltanto alle macule trasparenti, in corrispondenza delle quali manca il tessuto a palizzata, o per me- glio dire è sostituito da un parenchima a cellule tondeggianti o irre- golari, povero o privo di clorofilla. Ravaz ha osservato già nell’epi- dermide delle placche di cellule morte, imbrunite, sotto le quali il palizzata può essere sano o imbrunito; in corrispondenza delle piccole macule bianche poligonali la mancanza di clorofilla e la presenza di isolotti di cellule morte che occupano lo spugnoso o tutto il mesofillo; il contenuto delle cellule malate è più o meno bruno; i corpi elorofil- liani vi sono deformati o distrutti. Biasco ripete le stesse cose. L’esame dell’abbondante materiale che io ho raccolto in diverse parti di Sicilia, Italia e Francia mi ha condotto a distinguere le al- terazioni che sono proprie dell'arrieeiamento da altre dovute a punture di animali, sebbene anche queste si trovino a preferenza od esclusiva- mente sulle viti arricciate. Le lesioni che si possono trovare sulle foglie malate sono: a) macchie pallide o brune. con o senza necrosi dei tessuti fo- liari; 0) fenestratura o perforazione della lamina. A. Di maculature se ne distinguono parecchie sorta, fra cui essen- ziale e caratteristica per il roncet è la maculatura pallida per tra- sparenza, che nel roncet tipo verde, o arricciamento tipico quale si osserva nella Rupestris du Lot, metallica e in parecchie viti nostrali, si presenta solamente /ungo le nervature, cosi che queste per traspa- renza appaiono bianchicce, vitree, diafane, però non in tutta la loro unghezza, ma a tratti, alternati a tratti di un verde pallido, come nelle nervature delle foglie sane (efr. Tav. XI, fig. 3). In corrispon- denza dei tratti diafani manca lo clorofilla nell’ipoderma inferiore della costola, talvolta nell’ipoderma superiore o in tutti e due; i elo- roplasti vi si disgregano e mancano affatto nei casi più gravi (nerva- ure più diafane), La mancanza di clorofilla si avverte già in quest 20 p TET? E. PANTANELLÍ tratti nelle foglie ancora ‘chiuse del germoglio. Nessun'altra alterazio- ne si osserva nella nervatura, mentre la descritta cominciando dalla base della foglia si estende per tutte le nervature fino alle più sottili, fino alle punte dei denti; non sempre però si osserva su tutta la la- mina, ma solo in singoli lobi o in singole porzioni delle costole. Essa però non manca mai, almeno in qualche punto, sulle foglie deformate, tanto in quelle sviluppate in primavera, come in estate ed autunno. L'arrieeiamento ed il mosaico sono collegati da uno stadio inter- medio, in cui la detta maculatura pallida delle nervature si estende per una striscia di mesofillo lungo di esse, larga non più di !/, mm In questa troviamo diminuzione della clorofilla nello strato più basso dello spugnoso, o nel tessuto a palizzata, o in ambedue. Tali nerva- ture appaiono per trasparenza allargate; anche questa alterazione si osserva luugo nervature di qualunque grandezza, per lo più a tratti, in tutta la foglia se è molto deformata, o in singoli punti, e in n foglie | sviluppatesi in qualunge stagione. 3 Nelle foglie affette da mosaico, quale si osserva in tutti i vitigni, i la maculatura pallida dalle nervature per le terminazioni vascolari passa ai piccoli campi in cui queste hanno sfogo e si determinano così areole pallide, che dapprima hanno contorno irregolare e frastagliato, — ` poi si estendono fino ad occupare tutto uno spazietto o isola di meso- fillo fra le sottili nervature di ultimo ordine, ed acquistano allora con- torni poligonali, netti, determinati appunto da queste nervature. In seguito le macule pallide si possono allargare ancora ad occupare più ` isole intereostali ed allora possono essere delimitate da nervature di — ordine vario, oppure per aggregazione di altre macule incipienti ae ` quistare contorno frastagliato o sfumato (cfr. Tav. XI, fig. 4). La presenza di tali areole diafane è da considerarsi come un ca- rattere essenziale e facilmente riconoscibile del mosaico, se anche ri- cordano in molti casi le chiazze pallide delle foglie albicate, oppure e macchie seolorate che si formano attorno alle punture di insetti, à- ` “ cari ete., perchè cominciano sempre nei piecoli campi in eui termina- no i fascetti di trachee, per espansione della striseia diafana ehe ae- compagna questi, per lo più sulla pagina inferiore. In generale non | superano 1-2 mm. di diametro, ma talvolta raggiungono anche 1 em. SUI CARATTERI DELL'ARRICCIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 91 Esaminando una di queste foglie maeulate a luee trasparente eon un ingrandimento di 50 60 diametri, si vede, oltre alle areole pallide visibili ad occhio nudo, un'infinità di altre macchiette scolorate così ‘piccole che aecupano lo spazio di una sola o di poche cellule epider- miche; esse si trovano a preferenza sopra ai campi ove terminano i fascetti e sulle costole e rappresentano lo stadio iniziale delle mac- chiette macroscopiche. Nelle areole pallide il colore da un verde più pallido del resto della lamina scende fino a gialliecio o bianchiecio per trasparenza, nelle foglie giovani esse sono spesso tinte leggermente in rosa per la presenza di una piccola quantità di antociano nell'epidermide; assumen- do diverse tonalità di colore fra il verde e il giallo-bianchiceio le singole macchie, la foglia appare marmorizzata. Si noti la perfetta analogia col mosaico di altre piante (1). Le areole pallide sono sparse senza regola, più frequenti al mar- gine della foglia, che nelle Berlandieri spesso è tutto scolorato come in un pelargonio variegato, e in vieinanza di determinate nervature; in questo caso risvegliano l'impressione che si sia versata fuori dalle nervature una sostanza che diffondendosi per il lembo foliare vi abbia distrutto la clorofilla. Dove le areole diafane sono più numerose o più estese, l'acere- -seimento della lamina si arresta e ne risultano le caratteristiche de- formazioni, in corrispondenza appunto di quelle nervature da eui è uscito l'agente clorolitico. Nelle foglie di Berlandieri e lero ibridi, di Solonis un solo lobo talvolta è atrofizzato e proprio su quello si os- serva qualche macula. i In corrispondenza delie areole pallide le alterazioni anatomiche efr, Tav. XI, fig. 1, 2) sono di diverso grado, nelle macchie verdiece e giallo-verdiece manca solo un pò di clorofilla nei cloroplasti del tes- suto a palizzata o dello strato inferiore dello spugnoso, nelle macchie gialliece o incolore non si differenzia il tessuto a palizzata e al suo posto troviamo nella foglia appena sbocciata cellule irregolari, tondeg- (1) Cfr. Woods, 1899 (tabacco); Stone, 1910 (melone); Westerdjik, 1910 (pomidoro). — * e t WA E 22 E. PANTANELLI gianti, per lo più molto turgide, con pochi eloropasti piccoli o defcr- mati, poveri o privi di clorofilla. Col crescere la foglia questi eloro- Va plasti scompaiono del tutto, spesso dopo essere stati agglutinati in una massa informe, dal palizzata e diventano rari anche nel resto del me- sofillo. Il finissimo precipitato albumino-tannico, che è molto frequente nelle cellule del palizzata, aumenta sul principio dell’alterazione, poi, a mano a mano che procede la clorolisi, è disciolto in gran parte. Lo spessore della foglia diminuisce in corrispondenza delle aree i pallide per Ja mancanza del palizzata e dello strato inferiore dello m spugnoso; inoltre le celiule vi sono tutte più piccole che nelle parti ; verdi, serrate, con piccoli intercellulari. Nella massima parte dei casi non si trovano alterazioni nei fasci, però nelle costole che attraversano vaste zone diafane, specialmente nelle Berlandieri e nel 420 A ho ve- duto talvolta alcune lamelle mediane rigonfiate (gelificate) nell’ipoder- ma superiore e nel parenchima dei fasci. La mancanza di clorofilla si osserva già nelle foglioline ancora chiuse del germoglio, del resto le areole pallide sı trovano nelle fo- glie di qualunque stagione, tanto sui tralci come sulle feminelle basali, anche nelle viti malate tenate in serra, e si formarono nel 1909 sulle foglie delle viti tenute coperte con terra fino a maggio o giugno, seb- bene esse si sviluppassero nella Rupestris du Lot, Riparia Gloire e Aramon Rupestris nella prima metà di maggio, nella Berlandieri Ress. 2 dopo il 1. giugno (1). : UT NITE Le areole descritte, come pure la maculatura pallida sulle nerva- ture, sì conservano in questo stato per tutta la vegetazione e anzi di ventano più spiccate in estate per il procedere della c'orolisi. Accade però spesso che la loro parte centrale vada soggetta a gommosi ed a necrosi (2) e forse a queste macule necrotiche, circondate da un’aureo- (1) Si potrebbe spiegare questo farto ammettendo che l’agente clorolitico si fissi nelle gemme soltanto in primavera, che cioè le gemme dei nodi basali vengano in- fluenzate durante la loro formazione. (2) Per la storia di queste alterazioni è interessante il confronto con quelle otte nute da Buscalioni e Muscatello (1911) in una lunga serie di piante mediante la pun- tura o l’applicazione locale di sostanze caustiche, SUI CARATTERI DELL'ARRICCIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 28 la seolorata, si riferiscono le osservazioni di Ravaz. L'alterazione co- mincia nelle cellule dell'epidermide inferiore al centro dell'area palli- da con una gelificazione o rigonfiamento della loro lamella cellulosica esterna, sottocuticolare (efr. lav. XI, fig. 3). In questo stadio le cellu- le epidermiehe seno ancora vive, anzi piü turgide delle circostanti e perciò si solleva leggermente l'epidermide; il nucleo, situato contro la parete interna, s'ipertrofizza leggermente. Anche le cellule dello spu- gnoso appaiono più turgide e in uno stadio ulteriore alcune di esse si segmentano parallelamente all’epidermide formando una piccola in- tnmescenza; la clorofilla vi si perde del tutto, il precipitato albumino- tannico si scioglie in gran parte. Il rigonfiamento delle lamelle mediane guadagna poi le membra- ne laterali dell'epidermide e si fa strada fra le cellule dello spugnoso riempiendone gli intercellulari di una gelatina pectica che si colora in rosso-vivo con la safranina e la fuchsina acida, in violetto cupo con l'ematossilina di Delafield e si lascia estrarre completamente trattando le sezioni sul bagnomaria a circa 50° con ammoniaca al 10 °/, per un'ora, o bollendole a ricadere con acido cloridrico normale per due ore. Nel secondo easo si ha una idrolisi della materia gelatinosa, nel primo un sempliee diseioglimento. Con oreina ed acido cloridrieo le lamelle mediane gelifieate si eolorano in violetto, che poi passa al verdastro, con resoreina e acido eloridrieo in rosso carminio. Sono tut- te reazioni di pentosii, per cui la natura gommosa di questa sostanza mi pare ammissibile (1); essa si origina evidentemento per incipiente idrolisi (ed ossidazione) della sostanza pectica delle lamelle mediane. Per l’ipertrofia delle cellule dello spugnoso e la gelificazione delle lamelle mediane gli intercellulari scompaiono quasi del tutto nello spu- gnoso; la gelificazione cempare in seguito anche in gruppi di elementi del leptama del fascetto vicino e in altre cellule più o meno lontane, isolate o a gruppi senza regola, talora anche in singole cellule del palizzata soprastante, quando però la gommosi raggiunge questo tes- (1) Cfr. deduzioni analoghe di Comes (1888 e 1894) e Biasco (1909). Su la na- tura pentosanica della lamella mediana o sostanza intercellulare, vedi Carano (1908). 24 E. PANTANELLI suto le eellule dell'epidermide inferiore collabiseono e muoiono, oppu- re il loro contenuto subisce una humificazione, nel qual caso muoiono senza collasso. La necrosi penetra poi anche nello spugnoso per uno o due strati; spesso si tratta di humificazione del contenuto cellulare e gommosi delle lamelle mediane, oppure di imbrunimento di tutta la cellula senza gommosi. Lo spugnoso cireostante al punto gommoso si segmenta e forma un parenchima cicatriziale (callo) privo di clorofilla, aequoso, con grossi nuclei; alla sua formazione può prendere parte anche il paren-. chima della guaina dei piccoli fasci attigui. Si origina così un orlo ineoloro, leggermente sporgente sulla pagina inferiore della foglia at- torno al punto necrosato, bruno-nerastro, dell’epidermide. (1) L'ipertrofia e parziale iperplasia dello spugnoso sotto l'epidermi- de gommosa o neerosata, sono talvolta cosi rapide da determinare u- na minuscola vescica o bolla sulla pagina inferiore della foglia, che poi talora seoppia per rottura dell'epidermide al limite della parte gommosa (cfr. Tav. XI, Fig. 7) si laeerano allora le cellule del tes- suto mediano per il tratto corrispondente all’intumescenza dello spu- gnoso. Quando questa non scoppia, il palizzata e le cellule dell'epi- dermide superiore subiscono una leggera ipertrofia, così che la parte centrale dell’area pallida appare in tal caso leggermente ingrossata anche sulla pagina superiore; queste vesciche hanno struttura identica a quelle descritte da Soraner (1909, p. 531) col nome di “Frostblasen,, per altre piante e causate da brinate primaverili. Sulle foglie malate a mosaico si trovano anche areole necrosate su ambo le pagine (Tav. XI, fig. 6) che prendono per lo più origine delle predette vesciche, ma in esse la gelificazione delle pareti ha ormai guadagnato tutti i tessuti e anche il plasma di molte cellule pare abbia subito la degenerazione gommosa. Il precipitato albumino- tannico generalmente si scioglie in massima parte quando la cellula (1) Alterazioni identiche ho poi osservate in foglie di viti europee che ‘avevano ` sofferto per brinate tardive nel Lazio e nell'Emilia. Il fatto era già noto. cfr. Müller. Thurgau (1890-1893). Mancava peró in questi casi la deformazione tipica dell’arric- ciamento. d SUI CARATTERI DELL'ARRICIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 25 comincia a ipertrofizzarsi, prima che cominei la gommosi del plasma, ma se resta incluso nella gomma non si scioglie più. La provenienza della gomma nel lume cellulare è dubbia, perché la parete di cellu- losa resta intatta (1) e per gelificazione dell'amido non può certamente formarsi la gomma, che ë un pentosano; del resto quando compare la gomma nell'interno della cellula non iolo l'amido, ma anche i eloro- plasti sono scomparsi da un pezzo. Probabilmente la gomma intracel- lulare si origina per condensazione secondaria dei pentosii che si for- mano per l'idrolisi della sostanza pectica delle lamelle mediane. Infatti questo processo non si arresta al rigonfiamento della peetina, ma pro cede oltre sciogliendola, perchè a mano a mano che la gelificazione passa alle lamelie mediane di cellule del palizzata, diminuiscono o scompaiono i rigonfiamenti nelle lamelle mediane delle prime cellule colpite nello spugnoso, che finiscono per restare isolate le mne dalle altre. Questo fatto prova l’esistenza di un enzima che idrolizza lenta- mente la pectina delle lamelle mediane (Griiss, 1910). I fasci di ráfidi e le macle di ossalato di calcio attorno ai fasci vascolari non vengono disciolti. Nel punto necrosato le cellule sono morte e più o meno collasse, così che la macula è depressa al centro, più sulla pagina inferiore, sulla quale la necrosi è anche più larga. Il collasso può essere così forte da ridurre lo spessore della foglia a metà. Spesso la cuticola si fende o non si differenzia e la gomma trasuda a formare sulla mae- chia bruno nera una gocciolina visibile a luce riflessa. Se la gommosi e necrosi abbracciano un fascio vascolare, si pro- pagano entro i suoi elementi per qualche mm., e la macula necrotica appare allora per trasparenza leggermente stellata. Nei fasci gli elementi teneri del leptoma e della guaina subisco- no più presto la gelifieazione delle lamelle mediane, però infine anche le piecole trachee non sono risparmiate e vi si accumula gomma. Sul fresco queste alterazioni dei fasci si riconoscono difficilmente, perchè (1) Butler (1911) attribuisce l'origine della gomma nel legno degli alberi da frutto ad una gelificazione della lamella secondaria, di cellulosa. lo non ho mai osservato ciò nella vite, al pari di altri Autori. Cfr. Sorauer, 1910, 1911. 26 E. PANTANELLI tranne in vieinanza della neerosi le lamelle mediane rigonfiate hanno la stessa tinta delle normali. L'orlo della macchia bruna è costituito da un callo cicatriziale alla cui formazione prendono parte tutti i tessuti del mesofillo, un pò più spesso nella metà inferiore della foglia. dalla qual parte sporge | anzi sulla superficie della lamina. | Nelle cellule le cui pareti sono colpite da gelificazione, nello sta- dio in cui il precipitato albumino-tannieo si va sciogliendo e i cloro- plasti sono scomparsi, il nucleo appare ingrossato, il nueleolo più grosso e meglio colorabile che nelle cellule normali (1), il nueleo prende an- zi talvolta la forma di un fuso leggermente ondulato nelle cellule al lungate del palizzata. Quando la macula è attigua ad una costola non si ha collasso, anzi la macula è un pò tumescente per l'ipertrofia delle cellule epi- — dermiche, che si segmentano anche talvolta in senso orizzontale, ciò ` che per altro non le difende dal subire in seguito la gommosi o l’hu- mificazione. Quando la necrosi cominciando dall'epidermide inferiore non ar- riva al tessuto mediano si forma nello spugnoso una piecola intume- scenza, mentre le cellule della metà superiore della foglia s’ingrossa- no e serrano; lo strato delle cellule collettriei dá origine a un callo ehe einge l'intumescenza dello spugnoso. Infine nelle foglie in cui le macule pallide neerosate sono molto ` ` abbondanti si esserva gelificazione nelle lamelle mediane degli elementi teneri dei fasci o anche gomma nei vasi delle principali costole, fuori dalle aree necrotiche. f Tutti questi processi di gommosi e necrosi non rappresentano una ` sorte inevitabile per le areole pallide, anzi la maggior parte di esse, 1 come già ho detto, si conserva fino all'autunno senza necrosare, spe- - cialmente sulle Rupestris, le ViniferaX Rupestris, sul Solonis. Una leggera gommosi di qualche lamella mediana dello spugnoso (1) L'ipertrofia del nucleolo era già stata indicata da Schiff-Giorgini (1906, p. 977), il quale però esaminando roncet verde raccolto a Messina non aveva naturalmente po tuto osservare i processi di gelificazione. SA Rc ta ZE EE WT SUI CARATTERI DELL'ARRICCIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 27 si stabilisce però di solito nelle areole pallide nel corso dell’ estate, ma che la necrosi sia un fenomeno indipendente dalla clorolisi tipica per la malattia viene provato dall’esistenza di un gran numero di piccole cicatrici o placche necrotiche anche nei punti verdi delle foglie mala- le e sulle foglie sane. Tali placche o cicatrici necrotiche sono la conseguenza delle pun- ture del tisanottero Drepanothrips Reuteri Uzel o dell’eriofiide Phyllo- coptes viticolus n. sp., di cui ho parlato altrove (1910, III, V; 1914, III, IV) (cfr. Tav. XI, fig. 8). Quando le areole pallide con necrosi centrale hanno forma ton- deggiante, si confondono con le punture di fillossera gallicola, cui non è seguita la formazione della galla. Dove la galla non si forma perchè la foglia non reagisce, come accade quasi sempre sulle foglie malate di roncet, tutta la foglia au- menta di spessore per aumento degli strati del tessuto spugnoso nel punto opposto alla puntura, in cui invece il palizzata non si differen- zia più. L'epidermide superiore si fa papillosa tranne nella zona col- pita dalla fillossera, in cui le cellule epidermiche muoiono. Il percorso del rostro è ben vis bile, perchè le cellule perforate si coartano e svuo- tano, oppure si riempiono di precipitato albumino-tannico bruno; le pareti imbruniscono e gelificano. Il risucchiamenio avviene di prefe- ronza nei campi di mesofillo fra le terminazioni vascolari, e siccome nel palizzata diminuisce o scompare la clorofilla per un certo tratto attorno alla puntura, mentre le cellule del palizzata e dell’epidermide superiore si ipertrofizzano attorno alla zona ipoplastica, si forma un orlo pallido leggermente tumescente attorno alla puntura, così da ri- cordare in modo sorprendente le areole pallide necrotizzate del roncet, senonchè queste esordiscono dalla pagina inferiore, le punture di fillos- sera dalla superiore e queste si trovano anche su foglie sane. Se la le- sione fillosserica fu profonda, in seguito può gelificare, imbrunire e necrosarsi la lamina in tutto lo spessore, ma forse perchè la macula fillosserica coi suoi tessuti iperplastici e ipertrofici è più esposta a pro- sciugarsi; in altri casi è l’orlo rialzato che imbrunisce per il primo. Infine sarebbero da ricordare le macchie di melanösi,che quando sono ancora piccole potrebbero essere scambiate con le placche necro- 28 E PANTANELLI tiche così frequenti in estate (cfr. Tav. XII, fig. 1). Senza escludere che il fungo penetri appunto nell'epidermide già sofferente o gommosa, osservo che le macule di melanosi, d'un bruno quasi nero, non sono mai contornate da un'aureola pallida, neppure sul principio. Essa esordisce sulla pagina inferiore della foglia; le prime a imbrunire e morire suno le cellule epidermiehe, poi via via le cellule dello spugnoso. I fi amenti miceliari del fungo che produce quell'alterazione serpeggiano nei mea- ti intercellulari e sciolgono la lamella mediana causando la morte delle cellule attigue; sono sottilissimi, di colore olivaceo foseo, poi s'insinuano nei vasi delle sottii terminazioni vaseolari e di qui migrano a breve distanza attorno alla macchia nera. Dal tessuto lacunuso mediano qual- che filamento penetra fra cellule del palizzata, di cui imbruniseono solo quelle toecate dal fungo, spesso una sola, con aspetto caratteristico. Infine il filamento arriva ad uccidere le cellule epidermiche superiori, separandole dal palizzata e fra loro. Il micelio non penetra mai nella cellula, che muore per la separazione meccanica dalla sua vicina, nè pare che si diffondano veleni dal micelio, perchè la sua azione è pu- ramente locale, limitata talvolta a una o due cellule epidermiche e alle attigue del mesofillo. Nen si forma callo nè sughero attorno alla macula melanotica; le cellule non direttamente toccate dal micelio non accusano aleun cambiamento. Non ho mai trovato organi di fruttificazione di questo fungo; le cellule colpite si riempiono di precipitato albumino tannico in grossi granuli e diventano nere, ma non si ha gelificazione delle lamelle me- diane. La macula di melanosi per lo più è tonda e può raggiungere 5-6 mm. di diametro, talvolta assume forma stellata. perchè il micelio si è irradiato per i vasi attorno al centro d’infezione. Il tessuto fo- gliare non collabisce nè si solleva in corrispondenza della macchia melanotica, ciò che del resto è spiegato dal reperto anatomico. Riassumendo i caratteri di tutti questi generi di maculature che si sogliono trovare sulle foglie delle viti malate a mosaico, possiamo dire che: 1. Caratteristiche per la malattia sono le macchie pallide che e- sordiscono sulle nervature e di qui si diffondono nella lamina, indi- + á SUI CARATTERI DELL'ARRICCIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 99 cando colla loro estensione e col grado di clorolisi l’intensità della malattia; 2. Le areole pallide possono andar soggette a gommosi e necrosi nella loro parte centrale, ove l'alterazione è più grave, in qualunque. stagione dell’anno; 3. Cicatrici e placche necrotiche o gommose simili compaiono in primavera anche sulle giovani foglie sane (non affette da roncet); 4. Il Drepanothrips, ls filossera gallicola aleuui eriofiidi Phyllo- coptes v'tis, Ph. viticolvs) con le loro punture o raschiature producono lesioni che non sempre si possono distinguere dalle precedenti, ciò che prova che lo stesso genere di alterazioni istologiche può avere cause prime ben diverse; 5. Le macchie di melanosi hanno struttura diversa dalle areole pallide del roncet e di tutte le sorta di macule necrosate sopra indi- cate; non vi è mai proliferazione nè ipertrofia dei tessuti adiacenti, forse perchè il micelio penetra in tessuti già adulti e la sua azione è strettamente locale. B. Fenestratura o perforazione delle foglie. Sulle foglie delle viti americane si osserva spesso una perforazione del tutto simile a quella che hanno descritto Cuboni (1896), Baldrati (1897), Aducco (1895), Brizi (1901), Peglion (1908) per alcuni vitigni nostrali della bassa E- milia. Le fessure interessano la lamina fra le principali costole e quin- di appaiono allungate, lineari, contornate da un orlo un pò ispessito, gialliecio o ineoloro, cui aderiscono per lo più inferiormente i resti del mesofillo lacerato (efr. Tav. XII, fig. 2, 3). Questo margine è co- stituito da un callo serrato un pò più grosso della lamina circostante, con lamelle mediane gelificate nel piano inferiore della foglia, contor- nato quivi da 2-3 serie di cellule appiattite e regolarmente suberifi- cate, cui verso la lacerazione seguono i residui necrosati, imbruniti o totalmente humificati del mesofillo strappato. Non ho mai osservato u- na vera e propria epidermide sull'orlo della perforazione, come asse- risce Brizi per i vitigni emiliani; il derma è costituito da elementi del callo leggermente papillosi o appiattiti, con la membrana cellulosi- .ea esterna più o meno gelificata. Attorno alla perforazione il mesofillo si trasforma tutto ‘in un callo acquoso, sprovvisto di clorofilla, con 30 Ë, PATANELLI grossi nuelei, speeialmente nel piano inferiore. Cosi lo spessore della foglia aumenta, il tessuto superiore si serra, e si perde la struttura a palizzata, però la clorofilla vi si conserva fin quasi all'estate. Nel piano mediano della foglia attorno alla perforazione à notevolela ge- lifieazione delle lamelle mediane, che peró non si diffonde per i fasci. I residui neerosati possono maneare quando la rottura della lamina avviene così per tempo che il callo arriva a chiudere completamente la ferita; il mesofillo allora s’ingrossa e si forma un cercine pallido, sporgente a preferenza sulla pagina superiore. Le perforazioni avvengono in corrispondenza delle plaeshe necro- tiche che si osservano sulla pagina inferiore della foglia, non appena questa esce dalla gemma, anzi esordisce sulla striscia che per prima resta esposta. Per la gelifieazione e neerosi dell'epidermide o anche degli strati inferiori del mesofillo lungo questa striscia, si ha un arresto nell’ac- erescimento della pagina inferiore, mentre la pagina superiore conti- nua a crescere, s'ineurva fortemente (bollositä), poi si lacera per tutta ` l'estensione libera da costole importanti. In seguito la fessura si con- serva lineare perchè le nervature maggiori fanno resistenza. Nei easi in eui la perforazione ë assai precoce, la foglia puó an- che ridursi alle sole cinque costole primarie, ma questo caso si osser- va raramente in Sicilia, mentre è comune più al nord su determinati vitigni (Riparia Gr. Glabre). Le perforazioni rappresentano cicatrici in eui eorrispondenza la lamina non eresce, provoeando deformazione, corrugazione e bollosità della foglia; caratteri che Planchon credette poter considerare come proprii di una « antracnosi deformante ». Una perforazione tipica in Sicilia si ha specialmente sulle Riparia (Gloire, Martinaud, glabra, tomentosa) sui getti primaverili, specialmente ` sulle viti malate di roncet, ma anche nelle viti immuni da questa ma- lattia. Le foglie del traleio che spuntano dal maggio in poi non sono perforate, mentre qualehe fenestratura compare ancore sulle foglie delle femminelle basali. Dalla fine di luglio in poi la perforazione ritorna ed essere molto frequente negli ultimi germogli delle femminelle e delle punte dei tralei. Una leggera differenza si ha fra le perforazioni pri- maverili ed estive quanto all'aspetto dell’orlo, che in estate è più * | x MMC EN STU C CENE RENNES TT T CO ENEMIES TIS TAS RE YG diri centi ir IRL NW Set, visa 7 : i i 3 3 SUI CARATTERI DELL'ARRICCIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 81 grosso, più pallido, senza gli stracci di parenchima morto. È da no- tarsi che nelle Riparia le foglie colpite da perforazione in primavera sono anche abbruscate ai margini o fra le nervature per lunghe esten- sioni e cosparse di un numero sterminato di cicatrici gommose e plae- che necrotiche su ambo le pagine, ma specialmente su quella inferiore, nel qual caso esse sono circondate da un areola pallida; le foglioline colpite da perforazione si seccano dopo qualche tempo o restano piccole. Tale insieme di alterazioni delle Riparie ricorda molto ciò che una volta si diceva antracnosi deformante e antracnosi punteggiata; la prima a mio avviso è sinonimo di perforazione, la seconda s'iden- tifica con ie escoriazioni superficiali dette gercures, dartrose etc. dai francesi. Tali termini sono quindi da abbandonarsi, per riservare la denominazione di antracnosi alla sola forma maculata, prodotta dal Gloeosporium. Negli ibridi RipariaX Berlandieri 420 A, B, 157-11, 34 EM le perforazioni sono frequenti, però meno che nelle Riparia; si presenta- no del resto nello stesso modo, solo che gli orli sono più grossi e ge- neralmonte non portano attaccati gli stracci del mesofillo. Anche in questi vitigni la perforazione compare in due periodi separati da una pausa. sulle prime foglie in primavera e sulle femminelle in estate, ed ë curioso che tanto le prime come le seconde sono piü frequenti nei punti più umidi, p es. nei filari di piante madri che confinano con appezzamenti di barbatellaio. In queste condizioni anzi la perfo- razioni colpisce anche vitigni che nei luoghi più asciutti dello stesso vivaio non la mostrano mai, come ho csservato ogni anno nelle colle- zione di ibridi italo-americani di Noto, di Barletta, di Paulsen, di Grimaldi, di ibridi produttori diretti di Coudere, Seibel ete. La frequenza della perforazione negli ibridi BerlandieriX Riparia è una prerogativa inerente specialmente al sangue di Riparia, perchè le Berlandieri pure (Ress. 1 e 2) non portano mai fenestrature, se non su le foglie di qualche femminella. Su le Berlandieri si osserva- no tuttavia lacerazioni angolari, come se fosse bucato il parenchima fra le nervature con uno specillo ottuso; non crescono longitudinalmente e compaiono di preferenza in estate; non hanno orlo nè cercine differen- ziata; gli stracci di lamina sono circondati da un'aureola pallida. Tali 32 E. PANTANELLI Tut I lesioni sono dovute all'eriofiide Phyllocoptes viticolus, ed appaiono iden- tiche a quelle ehe il Phyllocoptes vitis produce in Svizzera (1911, IV). La Ripariax Rupestris 3306, 3309, 101-14, la Riparia x Cordifo- lia; Rupestris de Grasset 106-8, la Solonis: Riparia 1616 vanno pu- ro soggette a perforazione, ma molto meno delle Riparia e degli i- bridi RipariaX Berlandieri. La lacerazione della lamina progredisce lentamente, così che mentre la necrosi dell'epidermide inferiore cemin- cia in primavera, lo spacco si determina più tardi. Altre viti che mo- strano in primavera ed in estate molte foglie perforate sono il Noah fenominale, S. Antonino 24, 134-11 di Coudere. Rare sono invece le perforazioni su gli ibridi Ruvestris< Berlan- dieri 220 A, 1737, 301 A, 219 A, 301 C, e pare che siano dovute al sangue di Berlandieri, perchè su le Rupestris nen si osservano mai, o solo eccezionalmente su le R. Metallica. Così anche l'Aramon X Rup. g. 1 ne va esente, ma altri ibridi Rup.X Vinifera le mostrano, sebbe - ne raramente (MourvedreX Rup. 1202, Colombeau X Rup. 3103), e per la stessa ragione gli ibridi ViniferaX Berlandieri ne soffrono più delle Berlandieri pure (AlbanelloX Berlandieri Perrotta, Grosso nero Ber- landieri de Astis, Cabernet Berlandieri 333 M, Chasselas X Berlandie- ` ri 41 B). Le perforazioni compaiono tanto su le foglie primaverili come su le foglie estive delle femminelle, sebbene siano più gravi nelle prime (1) e ciò fa dubitare che il freddo primaverile ne sia l’unica causa, come inclina ad ammettere Peglion (1908) per la perforazione primaverile, per analogia con la fenestratura che si osserva nelle foglie di diversi alberi colpiti dai geli tardivi dopo il germogliamento (2). Alcuni fatti (1) Anche Fuschini (1906, p. 418) osserva che la perforazione delle vite europee colpisce a preferenza i primi tralci che si sviluppano in primavera, ma si verifica tal volta anche in germogli sviluppati più tardi. I soli succhioni ne sarebbero immuni. (2) Brizi (1901) e Fuschini (1906) vedono nella perforazione delle foglie una for ma di antracnosi prodotta dal Gloeosporium, ma nei diversi vitigni che ho potuto stu- diare mai ho potuto trovare tracce di questo fungo su le foglie perforate. Del resto i caratteri anatomici della fenestratura e dell’orlo sono opposti a quelli chc si osservano nella lesione dl antracnosi. SUI CARATTERI DELL’ ARRICCIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 85 parlano a favore di questa spiegazione, già avanzata da Comes (1891) per l'antraenosi deformante, sostenuta poi con ardore dal suo allievo Averna Saecà (1910), peró altri fatti e resultati di prove dirette stanno a dimostrare, che anche il tisanottero Drepanothrips reuteri produce analoga perforazione e ne ë senza dubbio l'uniea causa su le foglie estive (1910, HI 1911, III). Quanto alle relazioni che passano fra la perforazione e l'arrieeia- mento Peglion e Averna-Saccà (anche Comes considerando che l'an- tracnosi deformante sia sinonima di arrieeiamento) ritengono che si possano assimilare. La perforazione sarebbe uno dei sintomi esteriori dell'arrieeiamento. Questa conclusione è forse affrettata, 1) perchè la per forazione non si osserva in molti vitigni cbe soffrono di roncet od ar- ricciamente tipico, anzi nei più sensibili, come nelle Rupestris, nel "Solonis, nel 554 5, nelle Berlandieri, nel Biancone all'Elba, nella Bar- béra in Piemonte, mentre ë quasi costante in vitigni ehe ne soffrono poco, p. es. la Riparia Gloire, lo ChasselasX Berlandieri 41 B, 2) per- chè la perforazione colpisce in questi vitigni anche ceppi immuni da roncet, mentre proteggendo le viti contro il freddo primaverile o con- tro il Thrips si constata che anche le Riparie e gli ibridi R.pariaX Berlandieri soffrono di un arrieciamento analogo a quello della Ru- pestris, consistente in un vero Krautern, cioè in uno sviluppo cespu- glioso di foglie, profondamente frastagliate, senza speciali lesioni, tran- ne la leggera clorolisi lungo i fasci ed attorno alle terminaz oni va- scolari. Viceversa io sono riuscito nel 1908 e 1909 ad ottenere la perfo- zione tipica su Riparia Gloire e 420 A (non su Rupestris nè Ara- mon Rupestris) tenendole di giorno in una serra riscaldata a 30°, di notte all’ aperto, dal Febbraio al Maggio, cosi che sono in grado di confermare pienamente l'ipotesi di Comes e Peglion, che la perforazio- ne primaverile sia prodotta da bruschi abbassamenci di temperatura dopo il germogliamento. Tuttavia non ottenni mai per questa via la deformazione tipica dell’ arricciamento e, sebbene non possa eselude- re che questo resultato negativo fosse dovuto allaver sottoposto le viti alla prova per un solo anno, mentre in natura gli sbalzi di tem- 84 E. PANTANELLI peratura si ripetono ogni primavera, sono per ora dall' osservazione diretta e dalle esperienze portato a coneludere che: < la perforazione delle foglie nei vitigni americani ë un fenome- no indipendente dall’arricciamento, prendendo sempre come tipo quello delle Rupestris, ed é prodotta dal solo Thrips in estate, in prima- vera anehe dal freddo ». ALTERAZIONI DEI TRALCI ERBACEI, VITICCI, PICCIOLI, PEDUNCOLI FIO- RALI. — Sono tutte analoghe fra loro e consistono, sulle viti che io ho avuto fra mano in: a. Escoriazioni suberifieate, visibili anche ad occhio nudo, specie di minuscole lenticelle, chiamate da Ravaz gercures, talune sollevate, talune affondate a guisa di piccole ulceri, che hanno fatto dare al fe- nomeno il nome di dartrose da Cuodere. b. Centri o focolari o nidi gommosi interni nei tessuti ancora te- neri, descritti già da Ravaz, riconosciuti da Biasco (1909) e che pos- sono ritenersi analoghi a quelli descritte recentemente da Sorauer (1910) per gli alberi da frutto. Le escoriazioni o placche suberose superficiali mancano nell'arrie- ciamento tipico delle Rupestris e dei loro ibridi, nel roncet non ma- culato, si trovano però anche nelle Rupestris quando le foglie sono maculate. I due fenomeni probabilmente vanno insieme, infatti la fre- quenza e l’estensione di queste cicatrici superficiali raggiunge il mas simo nelle Riparia sui primi germogli di primavera, un pò meno fre- quenti sono sulle RipariaX Berlandieri, Ripariax Rupestris, Vinifera, Vinifera x Berlandieri, meno ancora su le Beriandieri. Esse sono disposte in serie longitudinali, generalmente nelle in- fossature fra le costole che corrispondono ai fasci di collenchima. La ragione di questa disposizione sta nella loro origine. Negli or- gani assili e nei piccioli appena usciti dalla gemma le cellule a rà- fidi (efr. Tav. XII, fig. 4) che si trovano al limite fra l'ipoderma e il parenehima costieale sono situate ad eguale distanza in serie longitu- dinali fra i fasci di eollenehima. Nella zono colpita le lamelle media- ne e la lamella esteriore di quasi tutte le cellule epidermiche inde- terminate strisce longitudinali subiscono una gelificazione analoga a hg ee, Oasen. Sis s cf e Sawka iG SS i. È SUI CARATTERI DELL'ARRICCIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 35 quella che abbiamo veduto nelle foglie, che poi guadagna le membra- ne dell'ipoderma sottostante, qualche cellula più esterna del paren- chima corticale e perfino i fasci di fibre di collenchima, i cui spessi- menti di emicellulosa subiscono pure un leggero rigonfiamento. Quan- do la gelificazione ha investito la parete delle cellule a ràfidi, il muco pectico, in cui sono inglobati i cristalli di ossalato di calcio e che riempie ognuna di queste cellule molto più grandi delle circostanti, improvvisamento rigonfia e produce la spaccatura dei due strati di i- poderma e dell’epidermide, evidentemente perchè qui trova una resi- stenza meccanica minore che verso l'interno, dove si oppone la pres- sione positiva delle cellule turgide del parenchima corticale. Le cellule spaccate collabiscono e insieme alle loro membrane ge- lificate imbruniscono; una gocciola di gomma della cellula a rafidi geme dalla piccola ferita in questo stadio, ancora invisibile ad occhio nudo, ma intanto i tessuti circostanti e più profondi reagiscono, l’ipo- derma e gli strati strati esterni del paremchima proliferano e forma. no un callo tutto attorno, ed il processo di reazione in questi organi giovani è così vivace, che perfino le fibre di collenchima sciolgono i loro spessimenti e si segmentano trasversalmente, concorrendo alla formazione del eallo a pareti sottili, che arresta la gelificazione all’in- torno (efr. Tav. XII, fig. 5-6). Al posto dei 2-3 strati si originano cosi pareechi strati di callo che spinge in fuori i lembi della spaccatura, ehe assume l'aspetto di un piccolo eratére. La gelificazione della lamella mediana procede verso l’interno, guadagnando i diversi tessuti fino al midollo, non ar- riva mai all'asse dell'organo, nè è mai tanto forte da produrre la mor- te di cellule, tanto meno il loro riassorbimento. Sui piccioli quest'alterazione finisce con la formazione dei piccoli crateri imbruniti, limitati da un callo, dal cui fondo la gelificazione s'infiltra nei tessuti sottostanti; nei fusti, vitieei e peduncoli fiorali in- vece la lacerazione si allarga; sotto gli strati d'ipoderma e parenchi- ma corticale a lamelle mediane gelificate si forma un callo continuo e poi un sughero di 3 o 4 strati, ciò che dà all’insieme l’aspetto di una lenticella. Nei punti intermedii fra un cratere e l’altro le cellule epidermi- 5 s LOW. CST ET RES, Ar 86 E. PANTANELLI che gelifieano, imbruniscono e collabiseono anch'esse, per cui si ha un'alternanza di zone lacerate, erateriformi, cicatrizzate da un sughe ro e di zone collasse con lamelle mediane gelifieate. Il precipitato al- bumino-tannico dell’ipoderma viene disciolto durante il rigonfiamento delle lamelle mediane. Le serie longitudinali di ‘‘gercures,, si osservano per lo più sopra un fianco solo dell’organo, forse quello più esposto al raffreddamento o al prosciugamento, e si formano appena l'organo lascia la gemma. Più tardi confluiscono e si allungano tangenzialmente, specialmente nei fusti (erbacei), nei quali la gommosi penetra talvolta così rapida- mente, fino al midollo, che si ha uno spacco come nel mal nero, però sempre limitato al punto corrispondente alla prima placca suberosa, mai per tutta la lunghezza del meritallo. Il loro modo di formazione, qualunque ne sia la causa prima (p. es. punture di Drepauothrips reuteri, freddo (cfr. 1911, III), mostra che si tratta di una gommosi delle lamelle mediane, come si vide per le ci- catriei delle foglie, dovuta all'attivazione di enzimi che attaccano le sostanze pectiche della lamella mediana, gli spessimenti emicellulosi ei delle fibre collenchimatiche, perfino il muco pectico delle cellule a ràfidi. I tessuti devono essere in uno stato quasi embrionale per subi- re queste alterazioni; la parte che ha finito di crescere longitudinal- mente è insensibile. Nei vitigni più soggetti a questa “dartrose,, le escoriazioni eom- paiono anche su le femminelle basali che si sviluppano all’ascella di foglie colpite da gommosi e perforazione; le tre alterazioni sono di soli- to consociate evariano nello stesso senso. Pare che la causa di questa eruzione agisca ritmicamente, e può essere il freddo; si potrebbe pensare p. es. che la pectinàsi si attivi in quel punto dell’ organo che lascia la gemma nell’ ora più fredda del mattino; ma la presenza di ^gergures, sui germogli estivi e la concomitanza dei Thrips non permettono di concludere senz'altro. Con le irrorazioni infatti se ne impedisce la formazione in estate, non in primavera: dobbiamo dunque ammettere che in primavera oltre che alla Thrips siano dovute anche ad un altro agente, probabilmente al freddo, come sostengono Ravaz, Biasco, Averna-Saccà, io pure le ho SUI CARATTERI DELL'ARRICIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 91 ottenute sperimentalmente nella Riparia gloire e 420 A nel modo già detto. Infine, esse corrispondono precisamente all'antracnosi punteggiata degli Autori. Per queste escoriazioni superficiali, come per le lesioni fogliari, e per le medesime ragioni, i rapporti col roncet mi sembrano solo ap- parenti, sebbene si vedano in gran copia sui germogli malati. Se si considera come tipico il roncet delle Rupestris, esse appaiono piuttosto segno di affezioni concomitanti. b. Lesioni interne sono state deseritte con molti particolari da Ra- vaz e Biasco. Nel materiale siciliano che io ho avuto sott'oechio esse sono eccezionali e non hanno la gravità indicata da questi Autori neppure nelle Riparia, RipariaX Berlandieri (420 A, 157-11), Vini- fera X Berlandieri, RupestrisX Berlandi. ri (1737), in cui talvolta s'in- contrano. Schiff-Giorgini (1906) non vi accenna neppure,e con ragio- ne, perché non s'incontrano mai nel roncet puro. Consistono semplice- mente in gelificazione delle lamelle mediane in gruppi di cellule del parenchima corticale, del leptoma dei fasci (primarii), dei raggi mi- dollari, dell’astuceio midollare, senza però che le cellule muoiano nè collabiscano nè siano riassorbite (efr. Tav. XII, fig. 7). La gelifieazio- ne è leggera e le lamelle rigonfiate imbruniscono solo in tralei che stanno per seccarsi, così che sezionando l’organo fresco non si osserva alcuna alterazione nè macchia bruna ad occhio nudo, come invece Ravaz indica per il court-noué e Biaseo per materiale raccolto in Puglia; in questo ho osservato anch'io simili tracce d'imbrunimento, specialmente nella Riparia gr. glabre dei vivai di Lecce. (1). Generalmente le lesioni interne corrispondono in Sicilia al fondo del cuneo di gelificazione che si affonda sotto le escoriazioni più gra- vi e sì trovano esclusivamente in tralci affetti da gommosi e perfora- zione delle foglie. Sono fenomeni che vanno tutti insieme e ragione Ravaz, Peglion e Biaseo li considerano dovuti ad una causa comune; (1) Anche Petri (1910) descrive per viti arricciate di Marsala, che avevano indub- biamemte sofferto per venti molto freddi fino a metà Maggio, chiazze imbrunite nel midollo, ' 88 E. PANTANELLI quale sia, ë diffieile dirlo, perehë i nidi gommosi si ottengono speri- mentalmente esponendo i germogli di Riparia ai geli, ma ciò non spiega, perché si formino in piena estate negli assi delle invocare femminelle nei piecióli, nelle nervature fogliari; né si può invocare l'intervento della Thrips per spiegare tali lesioni interne, a meno che non si tratti di correlazioni o della diffusione della pectinasi dagli strati esteriori agli interni (1). I nidi di gelificazione mancano nelle Rupestris, Rupestris< Vini- fera, Solonis; s'incontrano però talvolta nelle RipariaX Rupestris, Mour- védreX Rupes'ris 1202,1616,106-8. Non si possono considerare senz'altro come sintomi del roncet, ma di altre affezioni concomitanti, per le stesse ragioni addotte per le altre lesioni gommose sopratutto perchè si può ottenere sperimentalmente il roncet delle Rupes/ris senza traccia di questa gommosi. Essi si formano solo nella parte piü giovane dei germogli e col passaggio degli organi a struttura secondaria non si allargano né si aggravano, ma neppure scompaiono. Naturalmente la loro importanza diminuisce a mano a mano che i tessuti circostanti crescono e si for- mano nuove cellule immuni, ma è da notarsi che gli internodii in cui si trovano queste lesioni raramente proseguono il loro accrescimento longitudinale dovuto essenzialmente all’ acerescimento del midollo che esercita su gli altri tessuti una forte tensione positiva, stimolandoli con ciò a crescere (Pfeffer 1901, p. 73). Di qui la brevità di quegli internodii, che si conserva fino all'agostamento. Il midollo viene poi sostituito in gran parte da legno, e i nidi gommosi restano solo nel li- bro molle, ove si ritrovano talvolta nella primavera successiva. (2) (1) Sorauer (1910 e 1911), ha descritto alterazioni analoghe in rami di alberi da frutto danneggiati dai geli. La loro presenza in femminelle che si sviluppano in estate potrebbe essere dovuta all’alterazione della rispettiva gemma durante la sua formazione cfr. p. 22. (2) Petri (:911) ha aggiunto recentemente una terza sorta di alterazioni, che egli identifica con le Stabbldungen o cordoni intracellulari descritti da taluni Autori tedeschi. Secondo Petri, queste formazioni sarebbero proprie delle viti malate di roncet e man- cherebbero tanto nelle viti sane come nelle viti colpite da altri rachitismi S'incontrano — SUI CARATTERI DELL'ARRICCIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 39 ALTERAZIONI NEL LEGNO. Nei tralci agostati non si trovano altera- zioni esterne nè interne, tranne qualche nido di gelificazione in quei vitigni che vanno soggetti a tali lesioni interne (Vernaccia, Riparia grand glabre, tomentosa, Berlandieri Ress. 1, RipariaX Berlandieri 420 A). (1) | Spacchi longitudinali, come nel mal nero, non si osservano su le spalle dei ceppi malati di arrieciamento. Nelle spalle e nei ceppi si è spesso considerato come un sintomo, anzi come causa del roncet la gommoresinosi e la tilosi abbondante che co.pisce i vasi rimasti aper- ti per le ferite di potatura, ma tali alterazioni sono proprie di tutte le viti sane e malate, specialmente dele varietà di Rupestris e di Riparia, meno di Berland eri e meno ancora di Vinifera; esse non possono quindi essere comprese nel quadro patognomieo dell’arriccia- mento, sebbene siano piü gravi nei vitigni che piü facilmente si ar- rieciano. Interessante ë la frequenza di una invasione profonda del legno del ceppo, a comineiare dalla testa, anzi evidentemente dai tagli di potatura, e fino a tutta la parte sotterranea del fusto e al prineipio delle piü cordoni longitudinali nell'epidermide dei tralci verdi, delle rachidi dei grappoli (rara- mente nelle foglie), cordoni radiali nel parenchima corticale secondario, nella peridermide e nei tessuti fibro-vascolari, rarissimi nei raggi midollari e si originano per la prima volta poco prima del passaggio allo stato legnoso. In una pianta che ë al primo inizio della malattia, compariscono, negli internodii basali, solo i cordoni del libro e del legno nei tralci lignificati o che stanno per lignificare. Petri asserisce che questa alterazione istologica precede la comparsa di deformazioni esteriormente visibili: ma avendo egli osservato le viti in cempagna in una sola sta- gione primaverile (1911), tale asserzione é ancora ipotetica, per quanto sia da accogliersi con simpatia ed interesse, vista l’importanza che avrebbe un carattere istologico, proprie del roncet, per la scelta del materiale da impianto. Resta per altro a stabilirsi, se anche questi cordoni intracellulari non siano alterazioni prodotte dal freddo dopo il germo- gliamento. [Nel contempo Petri (Rend. Acc. Lincei, 1912, II, p. 248) pubblica di avere ottenuto la formazione dei cordoni intracellulari con l'applicazione di forti sbalzi di temperatura dopo il germogliamento]. (1) Secondo Petri, negli internodii basali, già lignificati e anche nelle spalle si tro vano cordoni intracellulari nei tessuti fibrovascolari. 3 is 40 E. PANTANELLI grosse radici, da parte di un micelio tipicamente legnicolo, che appar- tiene probabilmente ad un Imenomicete. L'aspetto del legno così alterato è identico a quello descritto da Vinet (1909) e Ravaz (1909) per le viti colpite da apoplessia; io però non ho mai potuto trovare corpi frutti- feri, che permettano l'identifieazione di questo fungo, che sarà proba- bilmente un’esca, e difatti i contadini siciliani chiamano iscàti i cep- pi che presentano questo marciume interno del ceppo. La parte col- pita, in cui le cellule sono isolate e ridotte quasi alla pura membra- na cellulosica per l’asportazione completa della materia pectica e dei glucosidi lignici, viene limitata dal legno ancora intatto da un orlo nerastro di elementi ripieni di gommoresina, orlo che ogni anno nella stagione estiva viene qua e là rotto dal fungo, che invade nuove por- zioni di legno. Tentativi di cultura del fungo non riescono. Per quanto i vitigni più facili ad arricciarsi siano appunto quelli che più spesso si trovano invasi da questa esca, come la Rup. du Lot, le Riparia tomentose, il Berlandieri>< Riparia 420 A, pure è da esclu- dersi che l’arricciamento dei tralci dipenda dall’invasione di questo parassita nel ceppo, perché lo si trova anche in viti che hanno ger- mogli normali, purchè abbiano una certa età, e viceversa manca nelle viti giovani per quanto gravemente arricciate. L'invasione deli’esca è in relazione con l'età del ceppo, a partire da 12-15 anni in sue pro- cede visibilmente dalle grandi ferite di rimonda, specialmente da quel. le a livello del suolo. La CONCLUSIONE delle predette ricerche anatomiche è che l’unica alterazione che si riscontri nelle viti colpite da arricciamento puro, cioè non complicato da rachitismo nè da mosaico, è una leggera clo- rolisi lungo i fasci principali delle foglie e nei campi ove terminano le loro più sottili diramazioni, nonchè al fondo di ogni insenatura della lamina. In talune foglie, pur tipicamente deformate, di Rupestris manca anche qualsiasi accenno a clorolisi. Nella seconda forma, cioè nell'arrieciamento complicato da rachi- tismo, possono egualmente mancare alterazioni anatomiche (1). (1) Stando alle notizie preliminari di Petri è in questa forma che si dovrebbero ri- . SUI CARATTERI DELL'ARRICCIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 41 Quando all’arricciamento si unisce il mosaico, cioè la maculatura in chiaro delle foglie, è dalla distribuzione e gravità della elorolisi che dipende la deformazione della lamina, la quale oltre che arriccia- ta appare atrofizzata nelle regioni di maggior elorolisi. Le areole pal- lide del parenchima fogliare vanno poi incontro, più o meno rapida- mente, a seconda dei vitigni e delle condizioni climatiche, ad una gom- mósi, cui può seguire una necròsi. Le cicatrici o plache necrotiche, le pertorazioni della lamina fo- gliare, le escoriazioni superficiali degli altri organi erbacei, sono le- sioni che si accompagnano al roncet spesso ( Ripari 1, RipariaX Berlan- dieri) o raramente ( Rupestris X Be landieri, RipariaX Rupestris), ma sono dovute ad altre cause e difatti mancano nell'arriceiamento tipico. In Sieilia esse sono del resto molto piü leggére che in paesi piü sog- getti alle brinate tardive (Puglia, Francia). Anche i nidi gommosi in- terni negli organi erbacei (fusti, pieeiöli, viticei, ràchidi dell’ infiore- scenza) non s'incontrano mai in Sicilia nelle viti affette da arriccia- ‘mento tipico e sono rari anche in quelle malate di mosaico. Essi man- cano sempre nei germogli di viti sane, sono probabilmente conseguenze. ‘di geli tardivi o bruschi abbassamenti di temperatura, come mostra l’ esperimento e come Sorauer ha constatato per alterazioni analoghe degli alberi da frutto. | La gommoresinosi del legno e la frequente invasione di micelii di esche nei ceppi sono fenomeni indipendenti dall'arrieciamento; non fu per anco trovato aleun parassita specifico negli organi arricciati. ; Roma; R. Stazione di Patologia vegetale 1911. SCRITTI CITATI Aducco, Italia Agricola 32, 1895 Averna Saccà, Ann. R. Istit. Ineoragg. Napoli, (6), 8, 1910; Babo e Mach. Weinbau, 3° Ediz., 3, 1910, p. 1210; Baldrati, scontrare i cordoni intracellulari di cellulosa o di altre materie di origine plasmatica (escretizia). ; 42 E. PANTANELLI eit. da Peglion, 1908; Behrens, Bericht d. landw Versuchsanst. Augu- stenberg, 1904, 1905 e 1906; Bérard, Rev. d. vitic., 33, 1910, p. 265; berlese, Riv. di patol. veg., 3, 1894, p. 105; Biasco, Ann. R. 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Verbr. d. Reblaus i. SUI CARATTERI DBLL'ARRICOIAMBNTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 48 Oesterreich, 9096, p. 12; 1898-1899, p. 30; 1901, p. 25; Krasser, Jah- resber. d. Verein. f. angew. Bot., 2, 1905, p. 73; Intern. Landw, Kon- gress zu Wien, 1907, Seet. X, Ref. 3; Kremla, cfr. Ráthay 1896; Linhart e Mezey cfr. Zeitschr. f. Pflanzenkr., 6, 1896, p. 95; Mangin, Revue d vitic. 2, 1895, p. 276; 3, 1895, p. 5, 29, 469 e 420; Comptes rendus, 133, 1901. p. 304; Mazade, Revue de vitic. 1, 1894, p. 239; Micheli, Bull. Classe Agric, d. Soc. des Arts de Genéve (4), 5, 1906, p. 219; Moritz, efr. Zeitschr. f. Pflanzenkr., 7, 1897, p. 307; Müller-Thurgau, Centr. f. Bakter., (2), 15, 1906, p. 623; Noll, efr. Babo e Mach. Weinbau, 3, 1910; Pantanelli, Bull. Soc. Agric. Ital.. 12, 19)7, p. 549; Relaz. d. R. Staz. Patol. veg. di Roma, 1903, p. 17; Bull. Off. Minist. Agric., (2). Anno 1910, Serie C, Fase 21 Relaz. d. R. Staz. ece., 1910, p. 15; Rendic. Accad. 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Klosterneuburg, 1896; Programm d. k. k. Vers. i. Klost., 1885; Ravaz, Revue d. vitic., 2, 1894, p 605; 3; 1895, p. 237, 281 e 308; 4; 1895, p. 101; 6, 1896, p. 12; 9, 1898, p. 129; Aun. Ecole Montpellier, 11, 1900 p. 294; Atti Congresso Intern. Agrico. Roma, 1903, 2, p, 1026; Progrès agr. et vitice., 26. 1909, p. 574-579; Ravaz e Bonnet, ivi, 14, 1909; Comptes rendus, 132, 1901, p. 805; Ravaz e Soursac, Progrés agric. et vitic., 23, 1906, 1? Sem., p. 576; Ravaz, Bull. Mens. Rens. Agrie., Paris, Paris, 6, 1907; 44 ; E. PANTANELLI p. 837; Progrés agrie. et vitie., 26. 1909, 2° Sem. p. 73, 536, 714, 148, 28, 1911, 1° Sem, p.9; Annales Ecole Montpellier, 1909; Richter, ivi, 1895, p. 663; Rougier, Ivi. 24, 1907, 1? Sem. p. 12; Ruggeri, Viticolt. mod. 2, 1895. p. 78; Bull. Not. Aer, 21, 1899, p. 1147; 23, 1901. p. 1330; Vitieolt. mod., 9, 1902, p. 69; Bull. Off. Min. Agrie., (2), 1903, 3, p. 1223; Viticolt. mod., 10, 1903, p. 147; Bull. Off, Minist. Agric., (2), 1906, 6, p. 535; Sannino. Rivista (di Conegliano), (4), 16, 1910, p. 401; Schiff Giorgini, Boll. Uff. Min. Agric, (2), 1906, 6, p. 911; Shil- bersky, Zeitschr. f. Pflanzenkr., 5, 1895, p, 305; Silva, Viticolt. mo- derna, 9, 1902, p. 230; 12, 1906, p. 299; Boll, Uff. Minist. Agric., (2), 1905, 1, p. 9C; 1906, 6, p. 373; Coltivatore, 52, 1907, 1° Sem., p. 113; Sorauer, Handbueh d. Pflanzenkr. I, 1907; Landw. Jahrbücher, 40, 1910, p. 259; 47, 1911, p. 131; Stone, Report Mass. Agrie. Station, 22, 1910, p. 163; Via'a, Une mission vitic. en Amérique, 1889; Maladies de la vigne, 1893;. Rev. d, vit.. 2, 1894, p.17; 3, 1895, p. 269, 418; 5, 1896, p. 142; 15, 1901. p. 471, 454; Viala e M ingin, ivi, 17, 1902, p. 425; Viala e Sauvageau, La brunissure de la vigne, 1392; Viet, Re- vue de vitic., 23, 1909, p 676; Westerdjik, Bot. Centrbl., 116, 1911, p. 52; Woods, Centr. f. Bakter., (2), 5, 1899, p, 745; U. S. D. A., Bur. Plant Ind., Bull. 18, 1902. Zschokke, Zeitschr. f. Pflanzenkr., 18, 1903, p. 359. Spiegaziene delle tavole ! Tav. V. Fig.1, Ceppo malato, isolato, fra viti sane, di Riparia < Berlandieri 420 A. R. Vivaio di Noto; 15 giugno 1907. — Fig. 2. Margine di una macchia ai viti arrieciate, al confine con le sane; Ri- paria X Rupestris 3306; R. Vivajo di Barletta, 19 giugno 1909. : Tav. VI. Fig. 1. Ceppo malato, di 17 anni, di Solonis. A destra, ` ` dietro lo schermo, un ceppo normale. — Fig. 2. Ceppo franco di piede. arricciato, di 20 anni, di Vernaccia. Tav. VII. Fig. 1. Tralei di Rupestris du Lot con arricciamento pu- ro (tipico). !/,. del nat, — Fig. 2. Idem, con arrieciamento e rachiti- - smo, "Lea del nat. — Fig. 3. Idem, con arrieeiamento, rachitismo e moe SUI CARATTERI DELL'ARRICCIAMENTO E DEL MOSAICO DELLA VITE 45 saico (specialmente il tralcio a sinistra). — Fig. 4. A sinistra traleio normale, a destra tralci malati di Vernaccia, !/,, del nat. Tav.VIII. Fig. 1.Tralci normali di Ber/andieri Ress. 2, !/,, di nat. Fig. 2. Tralei arricciati del medesimo vitigno; eguale età (b Maggio 1909); 1/ del nat. — Fig. 3 Vite di Nerello affetta da Mal nero, M.te Pedara sull Etna, 23 giugno 1908. Foglie piccole e bollose, ma non ap- ricciate nè maculate. — Fig. 4. A sinistra traleio (di eontroechio) nor- male, a destra tralci di controcchio malati, di Aramon x Rupestris G. 1. 4/5, del nat. Tav. IX. Fig.l. Traleio malato di arricciamento, di Riparia x Ber- landieri 420 A; 27 Luglio 1909; le femminelle ultime sono sane— Fig. 2. Tralei malati di acariosi, del medesimo vitigno; le femminelle ultime sono le più attaccate. — Fig. 3. Vite di 17 anni di Riparia gloire, gravemente attaccata da roncet e da Thrips. !/, del nat. Tav. X. Foglie di Rupestris du Lot (I), Berlandieri Ress. 2 (II), Riparia Gloire (III), Moscato (IV). Vernaccia (V). Tutte della stessa età, nodo e tutte impiccolite nella stessa proporzione. A sinistra la foglia normale, poi verso destra forme sempre più gravi di arriccia- mento. Nella Vernaccia manea la foglia normale. Tav. XI Fig. 1. Sezione attraverso la parte verde di una foglia malata di Rupestris du Lot. Ingr. 160. — Fig. 2. Sezione attraverso una macula pallida della medesima foglia. ingr. 160. — Fig. 3. Plesso costolare scolorato in una foglia arricciata “ verde,, di Rup. du Lot. Fotograf. per trasparenza, ingr 25 — Fig. 4. Macula pallida di una foglia a mosaico di Rup. du Lot. Fotograf. per trasparenza, ingr. 10. — Fig. 5. Principio di gelificazione (gommosi) delle lamelle mediane al centro di una macula pallida di Rup. du Lot. ingr. 120.—Fig. 6 Ma- eula pallida totalmente gommosa, ingr. 120. — Fig. 7. Centro neero- tico di una macula pallida. Gli strati inferiori si sono staccati dai su - periori, ingr. 120. — Fig. 8 Vecchia lesione di Drepano thrips reuleri su la pagina inferiore di una foglia ormai adulta di RipariaX Berlan- dieri 420, A, in Agosto. Sughero e tessuto eicatriziale, con geliticazione delle lamelle mediane. Ingr. 120. Tav. XII. Fig. 1. Inizio dell’invasione di Melanosi in una foglia adulta di Rup. du Lot; il micelio è penetrato negli intercellulari. Ingr. 46 É. PANTANELLI 160. — Fig. 2. germogli perforati di Riparia Gloire; 1/, del nat. — Fig. 3. Orlo di una perforazione in una fogiia di Riparia X Berlandieri 420. A agosto; ingr. 140. — Fig. 4. Cellula a rafidi scoppiata e ini- zio di una “gercure,,. Fusto di Rıparia Gloire. Ingr. 120.—Fig. 5 E- seoriazione imbutiforme (cosiddetta “antraenosi punteggiata,,) sul fusto di. Riparia Gloire. Ingr. 120. — Fig. 6. Una simile escoriazione in sezione trasversale, Ing. 120. — Fig. 7. Cicatrice superficiale e nidi gommosi interni (nel leptoma) nella nervatura mediana di una foglia giovanissima di Riparia Gloire. Ingr. 60. MASSALONGO G, Pugillo di funghi nuovi per la Flora dell'Agro Veronese La massima parte, come si vedrà, dei funghi registrati in questo pugillo, va ascritta agli imenomiceti e di essi alcune specie risultereb- bero nuove non solo per la provincia o per il Veneto, ma ancora per altre regioni finitime d’Italia. Tale constatazione relativamente a queste poche specie da me segnalate nell’agro veronese, non deve pe- rò significare che esse non esistano altrove nel nostro paese, ma so- lamente che non vi furono sinora scoperte; ciò che può arguirsi dal- l'uniformità di cui è improntata la Flora micologica dell'Europa me- dia, nel dominio della quale rientra ancora l'Italia del nord, sebbene giacente al suo confine più meridionale (1). Nell'ambito infatti di detto (1) Per questa sua posizione l’Italia settentrionale potrebbe ancora considerarsi, forse più covenientemente un territorio di passaggio fra i due dominii della Flora del- l'Europa media cioè e Mediterranea, territorio nel quale é da aspettarsi che le aree distributive di varie specie spettanti a detti due dominii, vengano a compenetrarsi, o trovino almeno il loro limite piü meridionale, rispettivamente settentrionale. Secondo lo Schroeter il Clathrus cancellatus e Puccinia Cerasi (esistenti ancora nel veronese) spe- cie caratteristiche della Flora Mediterranea non oltrepasserebbero verso nord il Tirolo, analogamente si comporterebbe il Boletus Bellinii della Sicilia che fa ancora nella pro- vincia di Verona, dove d'altra parte il Phallus imperialis diffuso nel centro d'Europa troverebbe la sua stazione piü australe. Del resto intorno allo micologia europea le cognizioni sono ancora troppo fram- mentarie e per questo ci mancano numerosi dati indispensabili per stabilire su basi attendibili le norme e maniera di distribuirsi di queste crittogame. Fra gli altri paesi d'Europa, a merito specialmente del Saccardo e suoi allievi, la flora micologica del Ve- neto é di certo la più completamente nota e per ciò potrebbe prestarsi, a titolo di sag- gio, ad uno studio sintetico relativo alla distribuzione dei funghi, almeno per questa regione d’Italia. 48 MASSALONGO C. dominio si ineontrano pressoehë dapertutto le stesse specie; soltanto si notano qua e là delle differenze in riguardo alla loro maggiore o minore abbondanza, nonchè al diverso modo dì associarsi, e ciò in conseguenza, del numero, estensione ed ubiquità delle stazioni offerte dalle singole regioni o distretti. Se si considerino le specie (particolarmente d’imenomiceti) fungi- ne diffuse nella stazione nemorale d’un determinato territorio, si con- stata però che se da un lato, molte d’esse fanno indifferentemente in ogni sorta di bosco, altre per contrario sono proprie di talune essenze forestali soltanto. Sotto questo aspetto esiste uno spiccato antagonismo, fra i boschi delle latifoglie e queili delle conifere, Tale diversità ri- levasi non solo per le specie che vivono sopra altre piante indebolite, mo- renti, già defunte, oppure sui legni marci, ma ancora per quelle che crescono sul terreno, ciò che dipende da differenze inerenti alla na- tura del substrato, e si potrebbe dire quasi indipendentemente da al- tri fattori d'ambiente. À questo proposito bisogna considerare che i funghi essendo esseri parassiti o saprofiti, e perciò soltanto consumatori, hanno la loro esi- stenza, contrariamente alle piante clorofilligere (esseri produttori) le- gata ad un determinato substrato di natura organica, e la sua diversa composizione dovrà perciò potentemente influire sul carattere e spe- cializzazione della flora micologica che su di esso sì sviluppa; ne con- segue per ciò che la distribuzione dei funghi è essenzialmente subor- dinata, per lo più, a quella di altre piante a clorofilla, su cui vivono o che forniscono coi prodotti di loro decomposizione il terreno adatto a questo crittogame. Se delle conifere nostrali, per scopi diversi vengano p. e. colti- vate in luoghi collini o di pianura, in stazioni cioè differenti da quelle dove tali piante vegetano spontaneamente, dopo un certo tempo, al- lombra od in vicinanza di esse, compaiono degli imenomiceti che sono propri dei boschi di dette essenze resinifere. Al di sopra del paesetto di Marcemigo (valle di Tregnago) e pre- eisamente nella località detta Castelletto (circa 200 m. s. m.), dove esisteva un’uccellanda, trovasi una ventina di esemplari di Pinus sylvestris, forse da un secolo ivi impiantati allo scopo di tendere delle PUGILLO Dl FUNGHI NUOVI PER LA FLORA DELL’AGRO VERONESE 49 reti. In quella ristretta, isolata e fuori di posto stazione di pini, ogni anno nel mese di settembre o d'ottobre sviluppansi: Lactarius deliciosus, L. sanguifluus, Gomphidius sp., Boletus granulatus, che sono delle specie fra le piü earatteristiche delle pinete e che indarno si cerche- rebbero altrove in quei paraggi. Parimenti in un cortile d'una casa del paese di Tregnago da sei anni circa, vennero collocati per orna- mento delle piante d'Abies excelsa, sotto delle quali verso la fine d'ot- tobre od ai primi di novembre, pullulano in quantità esemplari di Hebeloma mesophaeum, che fa nei bosehi di questa ed altre essenze resinifere. Lo stesso fatto si verifica ancora alla stazione del tramvia, situata in pianura, presso il paese di Caldiero, per gli Abeti da un ventennio ivi coltivati. D'altra parte ricorderò ancora che in mezzo d'un bosco di castagni detto «i Sccchi >, posto all'origine della val- letta dei Tessari, di fronte al paesetto di Cogolo, esiste un'ampia ra- dura erbosa dove stanno qua e la disperse alcune piante legnose di Gi- nepro, Quercia, Pogulus tremula, e Betula alba; in questa radura da molti anni, fra altri interessanti imenomiceti osservo numerosi esemplari d'una forma di Lactarius torminosvs, la quale però esclusivamente cre- sce al disotto od in vicinanza delle piante di betula. Di certo numerosi ed interessanti dati concernenti l’avento, l'a- dattamento , e topografica distribuzione, più particolarmente degli imenomiceti, si potranno ricavare dallo studio comparativo della flora di questi funghi, quale si incontra nelle associazioni forestali costituite di una sola (od almeno in grande predominanza), o di varie essenze arboree spettanti alle latifoglie ed alle conifere, e rispettivamente da quelle che risultano invece dalla convivenza di questi dve tipi di fa- nerogame. Da un simile raffronto è probabile che si possa un giorno stabilire se esistano p. e. delle specie d’imenomiceti cle in una data associazione nemorale, abbiano valore dr stazione o di adattamento al substrato, e perciò si comportino da viearianti ecologiche e topografi- che, rispetto ad altre specie di differenti assceiazioni forestali. A tale riguardo, poiché le essenze resinifere sono filegeneticamente di data anteriore, al paragone di quelle latifoglie, si potrebbe sospettare che ancora non pcehi almeno dei funghi appartenenti alla flora dei boschi di dette piante resinifere, rappresentino delle entità relativamente an- 50 MASSALONGO C. TNCS È cestrali di fronte a talune di quelle che fanno nelle associazioni ar- | boree di latifoglie. 1 Seguendo questo ordine d'idee, non sembrerebbe perciò fuori di | luogo, ritenere che quest'ultime entità fungine, siansi evolute da altre ` particolari alla flora delle associazioni delle anzidette resinifere. i Non intendo però con ciò escludere che delle specie d'imenomi- | ceti, dai boschi frondosi, abbiano potuto per una’ postuma o seconda- ` ria plasmazione, sotto altre forme, adattarsi a vivere ancora in quelli delle conifere. da Le considerazioni di cui sopra sebbene possano estendersi a di- verse sorta di funghi, si riferiscono ad ogni modo più essenzialmente - agli imenomiceti,perchè essendo essi i lussureggianti dell’intera classe di questo crittogame, appunto per questo si prestano meglio a dare un’impronta caratteristica alle variazioni subite dalla flora micologica d'una determinata regione. Nell’Italia settentrionale, perciò ancora nel veronese, l'epoea più favorevole allo sviluppo più particolarmente di questa sorta di funghi, si estende dalla metà di settembre all’ultima decade di ottobre, può però anticiparsi o prolungarsi fino ai primi di novembre, subordina- tamente al variare delle condizioni di umidità del suolo, ed alla tem- ` peratura dell'ambiente. Per uno stesso territorio in generale si rileva | che nella regione montana e massime in quella subalpina, detta epoca ` è relativamente meno lunga, sebbene più precoce, in confronto di | quanto si verifica in località di pianura o colline. Per contrario fra ` gli ascomiceti maggiori, specie dei generi Helvella e Morchella, di so- lito fruttificano di primavera e per lo più di marzo od aprile se si tratta di luoghi di pianura, mentre in quelli elevati nei mesi invece di giugno e luglio. In base alle mie osservazioni devo dire che tutti gli anni nelle ` medesime località o situazioni, si rinvengono d'ordinario le stesse en- ` tità fungine. Questa regola va peró soggetta ad eecezioni in quanto- ° hë talune speeie trovansi solo di rado e saltuariamente. La Russula vesca e R. olivacea p. e., furono nel territorio notate - soltanto lo scorso auno in luoghi da me assai visitati, e che perciò. negli anni precedenti non mi sarebbero sfuggite, anche perchè si tratta PUGILLO DI FUNGHI NUOVI PER LA FLORA DELL'AGRO VENONESE 51 di funghi che per la loro grandezza e colore sono assai appariscenti. Ricorderò ancora ehe l'Hygropho:us Colemannianu:, ogni auno rin- viensi in una sola e ristretta stazione erbosa, e finora non lo conosco d'altre località della provincia; lo stesso dicasi per il Boletus varie- gatus, che segnalai soltantu in un boschetto di Pinus sylvestris. Da più di 25 anni esploro la valle di Tregnago particolarmente per studiarne la sua flora mieologiea, e per questo le precedenti poche osservazioni, fatte durante un periodo cosi lungo di tempo, possono a- vere un certo interesse. Nel presente } ugillo fiugurano aleune specie che raecolsi assieme al mio maestro nello stadio degli imenomiceti, l'illustre mieologo G. Bresadola, eol quale da tempo desiderava di eseguire nella valle di Treguago numerose escursioni. Purtroppo questo desiderio non fu peró esaudito ehe in parte, perché eausa la stagione piovosa, non ho potuto fare in sua compagnia che due brevi gite, che lasciarono iu me il più caro ricordo, e cioè il giorno & dello scorso ottobre (1911) nella valle dei Damati presso Badia Calavena, ed il successivo giorno nei dintorni del paesctto di Cogolo. In queste due brevi gite, oltre alle entità a suo luogo citate e ehe sono nuove per la provincia, incontrammo le seguenti speeie, già note per altre località del veronese vale a dire: Clitocybe infundibu'iformis, C. phyllop rila, Clitop'lus Prunulus, Copri- nus micaceus, Cortinarius bivelus, Galera antipus, G. hypnorum, G. te- nera, Jnocyb? asterospora, Lycoperdon pratense, Marasmius erytropus, Mycena pura, Panus stipticus, Russula chamaelontina, R. emetica. Nell'ultimo censimento dei funghi dell'agro veronese, edito nel nel 1902 (1), i! numero delle specie fino allora segnalate ammontavano a 1200. Oggigiorno, tenuto- conto degli ulteriori contributi pubblicati dallo scrivente (2) dopo quell’anno, e delle aggiunte qui censite, |: (1) Massalongo C. — Le nostre cognizioni intorno ai funghi della Flora veronese in: Atti Accad. Veron. ser. IV, vol. HI; Verona 1912. (2) Massalongo C.— Note micologiche in < Malpighia > vol. XVII; Genova 1905. » > — Nuove reclute Fl. Micol. Veronese in < Malpighia > vol. XX; Genova 1906. » » -— Osservazioni Fitologiche in < Madonna Verona > annata II, fasc, I; Verona 1908. U 4 52 MASSALONGO G. Flora micologica della provincia, allo stato attuale delle conoscenze, risulterebbe di 1500 specie, senza computare le varietà e le cosidette forme di substrato. I. BASIDIOMYCETAE 1. GASTEROMYCETEAE 1. Geaster minimus Sehwein; Hollos Gasteromye. Ungarn p. 76, tab. X, fig. 8-10; Lloyd Mycolog. Writing vol. I « The Geastrae » p. 21, fig. 50-52. — @. coron.tus C. Massal. olim. (nee Schroet). Ad terram in pinetis prope locum < Righetti > supra Tregnago et ex loco < Roccolo di Castelletto > supra Marcemigo; 909-910. Obs. Ab affine Gaestre coronato differt ob peridium externum, ma- - turitate in 7-12 (nec 4) lacinias dehiscente. 2. Phallus imperialis TEEN in Kalchbren. Icon. selectae Hymen. Hung. p. 63 tab. XL, fig. 1. — Ithyphallus impudicus v. im peria- lis Fisch.; Hollos Gasterom. p. 21. Ad terram m plantis Taxi baccatae prope vieum Parona, aestate 1910 leg. P. Zor A Phallo ¿mpu disa imprimis N colore roseo carnicino involucri. 2. HYMENOMYCETEAE Fam. Agaricaceae 3. Clitocybe amp!a Pers.; Fries Hymen. Europ. p. 89. In sylva delle Kaute prope Tregnago ad terram; oct. 909. 4. CI. ericetorum Bull.; Fr. Hym. Europ. p. 99; Bresad. Fungi Trident. tab. 113; Barla Champ. Alp. Marit. lab 62, fig. 1-5. Massalongo C. — Nuove osservazioni Fitologiche in « Madonna Verona » annata III, fasc. I; Verona 1909. » » — Appunti micologici in: Atti Accad. Scienze Medic. e Natur. di Ferrara anno 84; Ferrara 1910. - Veggansi i micromiceti nuovi in: Saccardo, Notae Mycologicae ser. HI, x vivi X, XIII, ex Sydow: Annales Mycol.; Berlin ann, 1903-911. | I | | d | | È PUGILLO DI FUNGHI NUOVI PER LA FLORA DELL'AGRO VERONESE 53 Ad terram herboso-muscosam prope viculum « ws P » ex loco < Villa > ad oras sylvarum frondosarum; 5 oet. 911; G. Bresad. et C. Massal. 9. Collybia sewitalis Fr. Hym. Europ. p. 110; Bresad. Fungi Trident. tab. 158. Ad jun herboso-museosam in sylva gunge > valleculae < Damati > prope pagum Badiacalavena; 4 oct. ; G. Bresad. et C. Massal. 6. Cortinarius (Hydrocybe) duracinus Fr. Hym. Europ. p. 388. In nemorosis vallegulae < Damati > prope vicum JBadiacalavena ad terram; oct. 911. T. C. (Myzacium) mucosus Fr. Hymen. Europ. p. 355. Ad terram in sylva castaneicola < delle Raute > supra Tregnago oct. 911. 8. C. (Inoloma) praestans Cordier Champ. Frane. I, p. 98, tab. XXI. In sylva castaneicola prope vicum 8S. Mauro de Saline ex loco < Varesca > ad terram; 28 sept. 910. C. (PAlegmacium) purpurascens Fr. Hym. Re p- 345; Gillet b France icon In sylva Castaneae vescae < Raute > vocata; oet, 911. 10. C. (Dermocybe) raphanoides Fr. Hym. Europ. p. 373. In quereetis ex loco « Boseo di Ferrari » prope Tregnago, ad ter- ram; oct. 910. 1055, Crepidotus luteolus Lambot; Saec. Syll. . 888. Ad ramulos emarcidos Clematis Vitalbae, Rubi forie aliarum- que plantarum e collibus supra Tregnago ex loco < Calavena >; nov. 910. 11. Entoloma sericellum Fr. Hym. Europ. p. 194 et Icon. selectae tav. 95, fig. 3. Loi muscoso-herbosam ex loco « Bosco de Ferrari » prope Tregnago; oct. 910. e 12. E. sericeum Bull; Fr. Hym. Europ. p. 196; Gill. Bo Fr. con. d terram in sylva Castaneoe vescae ex loco < Valle Damati > prope Bad’acalavena ad terram; 4 oct. 911, G. Bresad. et C. Massal, 54 MASSALONGO C. 13. Flammula graminis Quel. fide Bresad. Ad terram subarenosam ex loco, « Basse di S. Michele » prope Veronam, super eulmos Typhae sp. et Ca/amagrostidis emarcidos; 11 april. 911. 14. Inocybe corydalina Quelet, Champ. Jura et Vosges IIl, p. 543. Ad terram herbosam in sylva pee. vesca? ex loco < Damati» prope pagum < Badiacalavena > 4 oct. 911 G. Bresad. et C. Mass. 15. I. eutheles Berk. et Br; Fries Hym. Europ. p 232. In nemorosis valleculae < Damati > vocatae prope pagum Badia- calarena ad terram herboso-muscosam; 4 oet. 911, G. Bresad. et C. Massa 16. Lepiota lilacea Bresad. Fungi Trident. II, p. 3 tab. 106 fig. 1. Ad terram herbosam « Tregnago » oct 909. ii, L, permiela Barla Champ. Alp. Marit. p. 23, PI. 10, fig. 1-4. In pinetis ex loco < ai Valentini > supra Badiacalavena, 30 oct. et 4 nov. 18. SNE euchlora Lasch ; Fries Hym. Europ. p. 204; Gill. Hym. Fr. Icon? Ad Wen prope Tregnago ex loeo < Vico »; oet. 1909. 19. Mi chordalis Fr. Hym. Europ. p. 415; Bresad. Fungi Trident. tab. fig. Ad i a folia emareida in valleeula « dei Tessari » dieta, prope viculum < Cogolo >x; 27 oct. 909. 20. Mycena plumbea Fr. Hym. Europ. p. 144. Inter museos in valle « Damati » prope Badiacalavena; oet. 911. 21. M. tenerrima Berckl.; Fries Hym. Europ. p. 151.— M. capilla- ris C. Massal. olim. nee Scham. d conos djeetos:et folia emortua Pini sylvestris ex loco < Casin > prope vieulum « Righetti »; oet. 1908. 22. Pholiota togularis Bull; Fr. Hymen. Europ. p. 216 et Icon. selectae tab. 104 fig. 4. d terram herbosam ex loco « Basse di S. Michele » prope Ve- ronam; 11 april. 1911. 23. Psathyra pennata Fr. Hym. Europ. p. 308; Quelet ees Ju- ra et Vosges tab. 8, fig. 3. | ue clc o. basa A SLE PUGILLO DI FUNGHI NUOVI PER LA FLORA DELL’AGRO VERONBSE 55 Ad terram herbosam secus semitas ex loco < Calavena > prope pagum 7regnago; autumno. 24. Psilocybe bullacea géie Fries Hym. Europ. p. 299; Michael Führer Pilzfr. III, Bd. Icon. 58. n Stercore equino circa RER oct.-nov. 25. Ps. spadicea Fr. Hym. Europ. p. 302; Schaeff. tab. 60, fig.4-6. Ad ligna emareida dense caespitosa in cella vinaria ex loco < Ord > prope pagum Gretianam; Aug. 910, L. Merzi. 26. Russula badia Quelet.; Costantin et Dufour Nouvelle Fl. Champ. France III ed. p. 65 n. 537 Ad terram herboso muscosam ad oras sylvarum Ee vescae in valle Damati; 4 oet. 911, G. Bresad. et C. Mas 21. R. maculata Quelet fide Bresad ; Costantin et Dufour Nouvell* Fl. Champ. France IIl ed. p. 61 n. 510. In valle < Damati > dicta prope CEET ad terram; 4 oct. 911, G. Bresad. et C. Massal. 28. R. olivacea (Schaeff.) Fries Hym. Europ. » 445; Gillet Hym. Fr. icon. (optima) — Agaricus Schaeff. Fungi Bav. tab 204. In sylva collina castaneicola < Raute » dicta ad terram; 19 oet. 29. R. rosacea (Pers. Fries Hym. Europ. p. 442; Michael Führer Filzfr. II, ed., II Bd. Ieon. n. 60. n pinetis ad terram ex loco < ai Valentini > supra Bidiacal:- vena; 30 oet, 911. 30. R. vesca ae or Europ. p. 446; Michae! Führer Pilzfreund. II. Aufl., I Bd. tab. In sylva bio La ex loco < Battistini > prope Tregnag) ad terram herboram; 14 Iun. 911. di: dr o p das carneolum Fr. Hymen. Europ. p. 65 et Icon se- lectae tab. 40 fi Ad terram e gramina prope Tregnago ex loco < (alavena >; autumno 908. 32. T. paneolum Fr. Hymen. Europ. p. 73. — var. caespitosa Bresad. Fungi Trident. II, p. 48 tab. 153. d ligna terra tecta in editioribus mr. Gada supra Tregnago oct. 911. 56 MASSALONGO C. 33. T. portentosum Fr. Hym. Europ. p. 49: Gillet Hym. Frane. Icon.; Barla Champ. Alp. Marit. Pl. 25 fig. 1-9 In sylvis castuneae vescae ex di « iau » ad terram; oet. 910. 34. T. soponaceum Fr. Hym. wr p. 59; Gillet Hym. France Icon.; Barla Champ. Alp. marit. Pl. 37, fig. 1-9. Ex loco « boseo delle Raute » supra Tregnago; oct. 910. Fam. Polyporaceae 35. Boletus Bellini Inzenga Fung. Sie. II, p. 25 tab. VL, fig. 1 7. In pinetis (Pini sylsestris) ad terram ex loco < ai Va entini > supra S. Mauro di Satme; 17 Iun. 911, s. Ab affinisimo Boleto granutato imprimis recedit: tubulis hymenii latioribus et eorumdem ore polygonale (an var.?). 36. DB. rimosus Vent. Miceti Agro Bresciano tab. 64, fig. 3-4; Fr. Hym. Europ. p. 507 In sylva Castaneae ves.ar, mt. Gadà supra Tregnago; oct. 910. 37. B. variegatus Sw.; Fr. Hym. Europ. p. 501; A Hym. Frane. Icon.; Michael Führer Pilzfreund. I. Bd. 1I Aufl. tab. 8. In pinetis (Pini sylvestris) ex loco < Casin > CH viculum fe- ghetti supra Badiacalavena; 1 oct. 0. 38. Fomes fulvus Fr. Hym. Europ. p. 559 (sub Polyporo). Ad truncos Prun: cerası < Tregnago > in cultis, autumno 911. 39. Fomes torulosus (Pers.) Llyod. Mycol. Not. N. 35 (1910) p 470. Ad truncos Castaneae vescae ex loco < Varesca > supra S. Mau- ro di Saline; Sept. 910. 40. Polyporus brumalis Fr. Hymen. Europ p. 526. Ad truncos Pini Mughi in valle Revolto; Iul. 911. 41. P. vernalis Fr. Hym. Europ. p. 527. Ad ligna terra tecta, ex loco subalpino < Lago Secco > dieto in val'e < Revolto »; Iun. 910. Fam. Hy dnaceae 2. Hydnum ocre ci Costantin et Dufour Nouvelle FI. Champ. en Ill ed. p. 159 n vii uoo d eS PUGILLO DI FUNGHI NUOVI PER LA FLORA DELL'AGRO VERONESE 51 In nemorosis castaneicolis ex loco < Varesca > supre S. Mauro di Sılin?; 28 Sept. 910. 45. H. cinereum Bul; Fr. Hym. Europ. p. 604. Ex loeo « Varesea » in, sylva castencicola, S. Mauro di Swine, 28 Sept. 910. 44. H. velulinum Fries, Hym ua P 604.— Hy inum hybridum Ball. — Mich. Nov. Pl. Gen. tab. 12, tig. 4. Supra Tregnago ad terram in nia « Raute » vocata; oct. 910. Fam. Thelephoraceae 45. Cralerellus cornucopioides Pers. Fries Hymen. GER p. 631; Schaeff. Fungi Dav. tab. 165-166; Gillet Hym. France ico In sylvis castaneicolis ex loco « Varesca » prope vieum S. Mau- ro di Suline, ad terram; 28 goes 910 3. USTILAGINEAE 6. Urocystis NOI) Körn.; Schroet. Krypt. Fl. Schles, «Pil. ze » E) T d fo lia, quae deformat, Anemonis montanae in pratis cirea S. Mauro di Saline; Sept. 910 41. Ustilago segetum (Bull.) Dittm.; Sace. Syll. VII, p. 461.-— Re- ticularia Bull. — Ü. Cynotontis Dactylidis. 9. In ejusdem floribus, Veronae ex loco < La Polveriera »; ae- state 911. 4. UREDINEAE 48. Aecidium elatinum Alb. ” Sehw.; Saec. Syll. VII, p. 825. Coeoma Link.— Peridermium K. In pagina inferiori foliorum su Piceae in x subalpina « Mol- lezze » voeata ad originem vallis « Revolto; Iul. 911. bs. Folia quae hoe aecidium proferunt, decolorata, arcuato-recurva atque quoqueversus aequaliter circa ramos disposita sunt, nec, ut nor- maliter evenit, disticha. Insuper pars plantae a myeelio hujus fungi.li vexata, deformationes hypertrophieas et eladomaniacas monstrat quas vulgus nomine < seopa di strega > vocat. Ex experimentis cl. prof. 58 MASSALONGO C. Fischer hoc aeeidium constituit status hymenieus Me :mpsorellae cary ophyllarum, parassiticae specierum generum S/ellariae, Cerastit et Arenariae. 49. Puccinia Hieracii (Schum.) Schroet. Fl. Krypt. Schles. < Pilze > vol. I, P; 333. — rsii eriophori v. spathulata. B. m fol. SSC (II-III) mt. Precastio supra Tregnagc; autumno 910. 50. P. Menthae Pers., Schroet. in Krypt. Fl. Sch'es. Pilze vol. I, p. 324. — Ü. Menthae aqvaticae. . Ad folia ejusdem (II) prope Veronam ex loco « al Porto »; ae- state 908. . Uromyces Genistae (Pers.) Sehroet. in Krypt. Fl. Schles. Pil- "Se, En L 08. . Genistae tinctoria B. In fol. et cadis ejusdem (II-III) prope Veronam ex loco « Basse di S. Michele »; aestate 908. II. ASCOMYCETAE 52. Peziza aurantia Müll; Schroet. in Ron: FI. Schles. Pilze vol. Il, p. 42 —Aleuria Rhem; in Rabenb. Krypt. F.. Deutschl. < D.- na ee >. A am in sylva eastane cola loei < Varesca » vocati, prope S. Maa di Saline; Sept. 910. III. PHYCOMYCETAE 53. Bremia lactucae Regel. Sace. Syll. VII, p. 244. — Ü. Crsii arvensis. 8. In pagina inferiori fol. ejusdem (nee ex errore in fol. Cirsii lanceolati: conf. C. Massal. Nuov. Oss. Fitologiche in < Madonna Ve: rona > ann. III, fase. I), in cultis vieuli Marce-nigo; oct. 908. IV. DEUTEROMYCETAE Cercospora beticola Sacc.; Bizz. Fl. Venet Critt. I, p. 519; Ead Maladies PI. Mene IL.» 357, fig. 407; Erb. Critt. It. ser. 29. IL n. B8 PUGILLO DI FUNGHI NUOVI PER LA FLORA DELL'AGRO VERONESE 59 n pagina inferiori Betae ciclae L., ex locis cultis prope Vero- nam; Die. 91 5b. C. Mejan! hemi Fnek.; Sace. Syl'. IV, p. 476; Bizz. FI. Venet. Critt.. Le 521 i'a/ca — Maculis olivaceis internerviis, caespitulis hypophyllis, punctiformibus; hyp^is fertilibus fuliginosis, 40:70% 4:6 U, varie infle- xis, 1-2-septatis, apiee alterne dentieuligeris; conidiis fuligineis eylin- draceo- fusoideis, primum EE dein 1-3septatis, 10:50X4:6 u, rectis vel eurvulis, utrinque o In foliis Purid:s quadr ifv'tte in nemorosis, uliginosis. loci < Mollezze > dieti ad originem vallis < Revolto >; 14 Tu Obs. A forma tipyea et a varietate Parid’ s Bäunl,, satis differt; an propria species? 96. C. propirqua spec. nov.—Maculis foliicolis, amphigenis 5-10 mill. latis, ferrugineis in pagina superiori fol. obeurioribus et areola subochracea cinetis. Caespitulis epip'yllis panetiformibus, hyp^is ferti- libus dense fasciculatis, rubiginosis, extremitate saepe subhyalinis, 1-3- septatis, 50:70><6 |, varie inflexis ct dentieuligeris; conidiis hyalinis, acieularibus Z È crassis et usque ad 80 u longis, sursum parum at- nuatis, 4-5-sept d folia b ruo tia Avistolochiae pallidae in nemorosis, ex lo- co e Le: dei Socchi >x; testate 911. bs. olivascente Sace. Syll. IV., p. 453 et Fungi It. autogr. delin. tab. ‘1964 et Mycoth. Venet. n 1275, distinguitur: hyphis ferti- libus rubiginosis, solum 1-3-septatis, et minus elongatis, insuper coni- diis brevioribus, nec 8-12-septatis. "e 91. Orularta steller.a? (Rabenh.) Saee. Syll, X. p. 542. — Ra- mulor a Raben Maculis e luteolo- dealbatis, areola subochracea limitatis; caespi- tulis ! ypoppyllis eandidis, erebre disseminatis; t yphis conidioforis ad bisin arete penicillato fascictatis, 120:200)<3:5 p, continuis, sinuosis, extremitate ramulosis et denticuligeris; conidiis ovoideo- -oblongis, con- tinuis 10:16X4:6 u, gii catenulatis, 58. Phyllosticta platanoidis Sacc.; G. Bizz. Fl. Venet. critt. I, p. 313. — B. Areris campestris. B. In ejusdem foliis prope pagum Tregnago; Sept. 906. 60 MASSALONGO C, 59. Ramularia Borgheltiana sp. nov. Maeulis parvis subferrugineis internerviis; eaespitulis hypophyllis sordide albis, farinageis, densissime stipatis; eonidioforis usque ad 40 u. longis et 4 u. crassis, vulgo continuis, extremitate plus minus attenuatis, saepeque alterne denticuligeris; conidiis ex ovoideo, eylindraceo-fusoideis, continuis (semper?), catenulatis, usque ad 16 u. longis et 2,8:4,2 u. crassis. Ad folia Scrophularine vernae in montanis editioribus ex loco < Baito Mollezze >x; 14 Tul. 91 Dieavi clarissimo amico Eq. A. Borghett', sylvarum vallis Trem- niacensis inspectori, quem saepe comitem babui in botanieis peregrina- tionibus. s. Proxime ad R. Nicolai Bubak (Ein Beitrag Pil;fl. Montene- gro 1893) aecedit. 60. nen Clavus DC.; Bizz. Fl. Venet. Critt. I, p. 544. k Avenae sterilis. In ovariis florum ea hy pertroph ce deformatis, prope Tre- Dd locis cultis; aestate 911 EN 1 Se die So ae” e a Dorr. A. BEGUINOT Docente di Botanica presso la R. Università di Padova La Flora delle mura e delle vie di Padova STUDIO BIOGEOGRAFICO «cont. vedi mum. prec.) s. Gaspare Bauhin (1560-1624) Cardamine hirsuta (1) Poa bulbosa var. prolifera (3) Centaurea amara (2) Linaria Cymbalaria (4) 6. Giovanni Bauhin (1541-1613) (5) Bromus arvensis Nasturtium silvestre Centaurea Calcitrapa Parietaria officinalis Erodium cicutarium Senecio vulgaris Heliotropium europaeum Thymus Serpyllum Lycium europaeum 7. Cristiano Mentzel (1622-1701) (6) Acetosa minima tota rubra (1) Gasp. Bauhin, Phytopinax etc. Basileae, 1596. (2) S Prodromus Theatri botanici etc. Francofurti 1620; Basileae 1671 (l'ediz. da me consultata). (3) ld., Theatri botanici etc. Basileae, 1658. (4) Cfr. C. De Candolle, L’ Herbier de G` Bauhin determine par A. De Candolle in < Bull. Herb. Boiss., 2. ser. IV (1904) >, (5) Giov. Bauhin, Historia plantarum universalis etc. Ebroduni I-II (1650) e HI (1651). E. (6) C. Mentzel, Pugillus rariorum plantarum, in calce al libro « Index nominum ; plantarum multilinguis ». Berolini, 1682. 62 DOTT. A BÉGUINOT Alsine minor foliis rotundis pilosis etc? A. hederacea? A. spinosa? 8. Pietro Arduino (1728- 1805) (1) Sagina apetala Sagira p'ocumbens. 9. Ciro Pollini (1782-1833) (2) Achillea toment: sa Chenopodium murale Bromus tectorum » urbicum Cheiranthus Cheiri Eragrostis pilosa ro. Girolamo Romano (1765-1841) Cheirantus Cheiri (3) Tr folium mon'asum (5) Onopordon Acanthium (4) 11. Roberto De-Visiani (1800-1878) (6) Aethionema saxatile Ononis Natrix Eragrostis pilosa Medicago m nima Erodium cicutarium Potentilla hiria var. Galium parisiense var. lit giosum T ifoliuim scabrum 12. Nicolò Contarini (1780-1849) (7) Alsine tenuifolia Poten'illa Gaudini var. Cerastium brachypetalum Sigina procumbens Ceterach officinarum Thymus Serpyllum var. (1) P. Arduino, Animadversionum botanicarum specimen. Patavii, 1759. (2) C: Pollini, Flora Veronensis. III (1822) e HI (1824). (3) G. Romano, Flora Euganea (manoscritto presso il R. Orto bot. di Padova). (4) » Le piante fanerogame Euganee. Padova, 1823-28 e 1831. (5) » "Plantae europaeae ll, p. 669 (mns. d. s.). (6) Da esemplari conservati nell'Erbario generale presso il R. Orto Bot. di Padova. (7) Da esemplari conservati nel suo Erbario presso il Museo Civico di Venezia * è LA FLORA DELLE MURA E DELLE VIE DI PADOVA 68 Hieracium Pilosella Trifolium repens Holosteum umbellatum _ Veronica didyma Koeleria phleoides Polycarpon tetraphyllum 13. Francesco Facchini (1788-1852) Cerastium glomeratum, (1) 14. Alberto de Bracht (1804-1848) (2) Chenopodium Bonus-Henricus Sherardia arvensis Holostev.a umbellatum Sisymbrium officinale Nasturtium silvestre 15. Maurizio Rainer nob. de Haarbach (prima metà sec. XIX) Allium carinatum var. violaceum (3) 16. Giovanni Montini (1802-1854) (4) Achillea tomentosa Nasturtium silvestre Agrostis interrup'a Onopordon Acanthium Amaranthus deflexus Phleum paniculatum Anthemis tinctoria Petroselinum hortense Fibigia clypeata Potentilla canescens Medicago sativa Verbascum snuatum > falcata 17. Giovanni Zanardini (1802-1854) (5) Aeth'onema saxatile Medicago lupulina sd (1) Da saggi inviati al Bertoloni e da questi pubblicati nella sua « Flora Italica ». (2) Da saggi inviati e pubblicati nell’opera s. c e da altri conservati nell’ Erbario privato di P. A. Saccardo. : : (3) Da saggi inviati e pubblicati dal Bertoloni. (4) Da indicazioni desunte dalla < Flora Italica > del Bertoloni e da saggi esa- minati nel suo Erbario conservato nel Museo Civico di Bassano. (5) Dati desunti per la massima parte dalla revisione fatta da me nel suo Erbaric conservato presso il R. Istituto Veneto a Venezia. 64 DOTT. A. BÉGUINOT Agrostis alba - Medicago minima Allium oleraceum Orchis militaris Alsine tenuifolia Polycarpon tetraphyllum Anthoxantum odoratum Potentilla argentea Arabis Thaliana Arenaria leptoclados Avena sativa Sagina apelala var. ciliata Cardamine hirsuta > | procumbens Carex caryophyllea var. Salureja vulgaris > glauca var. erytrostachys Saxifraga tridactylites » muricata Sch erocloa rigida Sedum albu n Cerastium glomeratum » mile Convolvulus arvensis > sexangulare Crepis tectorum Draba terna var. praecox Trifolium agrarium » aureum » incarnalum Hieracium Pilosella » pratense Tunica saxifraga Holcsteum umbellatum Veronica didyma Linaria Cymb:laria » persica Luzula campestris var. Viola odorata 18. Alessandro Spranzi (1802-1890) (1) Aethionema saxatile Geranium pusillum Bromus sterilis Cnaphalium uliginosum Campanula pyramidalis Holosteum umbellatum Centaurea calcitrapa Medicago minima Chenopod um opulifolivin Onopordon Acenlhiuin » urbicun Polyrarpon te'raphyl'um (1) Da esemplari conservati nell'Erbario generale presso il R. Orto botanico di Padova od in quello privato del Saccardo. LÀ FLORA DELLE MURA E DELLE VIE Dl PADOVA 65 Potentilla recta Coronopus jrocumbens Sax fraga tridacty'iles var. exilis Datura. Stramonium Trifolium s'riatv m Diplotax’s tenuifolia Verb scum sinuatuni Filago gall ca Veronica acinifolia > german ca var. Valpia Myurus 19. Pietro Andrea Saccardo (1845-viv.) (1) He'minthia e hivides var. pratenss ulentil'a recta JAethio ema saxatile Rapistrum rugosum var. glabrum Agrostis inter «pta Rhamnus Alaternus Ammi majvs Rosa canina 1 brom: s madvilens’s Se'aria i'alica » sterilis Sinapis alba Ery'hraca pu che'la T ifolium scobrum Lepidium Draba Oxalis corniculata var. villosa Vulpia cilia’a l'ha'aris canariens's 20. Caro Massalongo (1852-viv.) Bromus madri'ensis ‘2) 21. Giacomo Bizzozzero (1852-1885) (3) Arabis hirsuta Ononis spinosa A-plenium Tri homanes O iganum vulgare Bromus mad i'ensis Pimpine’la scaifraga var. niri Chenopodium a'bum Rapistrum "zeen var. g'abrum ut Dac si a qas Erbario privato e da qualche indicazione conse- guata nel « Catalogo delle piante vascolari del Veneto » di De Visioni & d'accordo. o (2) Cfr. Alcune piante da aggiungere alla flora della Provincia di Padova in < Boll. Soc. It Sc. Nat, vol XVIII (1875) » (3. Da saggi conservati nell'Erbario generale presso il R. Orto Bot. di Padova. 66 DOTT. A. BÉGUINOT Crepis foetida Satureja Nepeta > setosa var. À spida Trifolium procumbens > scabrum Filago germanica var Tunica saxifraga 22. Adriano Fiori (1865-viv.) (1) Allium carinatum var. violaceum Hordeum murinum Amaranthus deflexus Koeleria phleoides Asplenium Ruta muraria Ornithogalum umbellatum Bromus madritensis Carex praecox Chenopodium murale Parietaria officinalis var. judaica > vulvaria Polycarpon tetraphyllum Crepis setosa var. hispida Potentilla vecta Eleusine indica Prunus myrobalana Sagina procumbens Eragrostis minor Saxifraga 'ridac!ylites » pilosa Veronica arvensis Holcus lanatus Holosteum umbellatum 23. Lino Vaccari (1873-viv.) (2) Bellis perennis ` Veronica didyma Draba verna > persica Holosteum umbellatum 24. Ugolino Ugolini (1856-viv.) (3) Aethusa Cynapium | Evonymus europeus Ajuga Chamaepytis Fi'ago germanica (1) Da saggi conservati d. s. (2) Cfr. Erborazioni invernali eseguite negli anni 1894-95 e 1895-96 nel Bassanese e Padovano in « Boll. Soc. Ven.-Trent di Sc. Nat., VI, n. 2 (1896), p. 50 ». (3) Dati desunti dalla revisione da me fatta nell'Erbario conservato presso il R. Ist. Tecnico di Padova e qualcuno edito nella sua < Nota di specie e varietà nuove pel Veneto e segnatamente pel Padovano > in Malpighia, XI (1897), p. 554. ET LA FLORA DELLE MURA E DELLE VIE DI PADOVA 67 Alsine tenuifolia Hieracium florent num Amaranthus deflexus > Pilosella » descendens Inula Conyza » retroficzus Kochia scoparia Anthemis Co'ula Koeleria phleo:des Asplenium Trichomanes Linaria Eletine Atriplex hastata Medicago falcata » patula Ononis spinosa subsp. mitis Beta vulgaris | Brunella laciniata Oxalis stricta Carduus nutans Poa compressa Celtis australis Pulicaria vulgaris Chenopodium allum var. viride Rapistrum rugosum var. glabrum » murale : Reseda lutea > opulifolium Salvia pratensis > verticillata > polyspermum Sax'fraga tridactylites > vulraria Schleroch'oa rigida Cirsium arvense var. incanum Senecio erraticus > lanceolatum Setaria verticillata var. ambigua Cuscula Epithy num Sinapis arvensis var. villosa Digitaria sanguinalis var. ciliar’s Sisymbrium Loeselii Diplotaxis muralis Tragus racemosus » tenuifolia Echium vulgare Trifolium scabrum Eleusine indica Verbascum sinuatum Eragrostis megastachy ı Xanthium strumarium » pilosa Erodium cicutarium > spinosum Euphorbia Chamae-yce » nutans 25. Giuseppe Sartori (1855-1904) Pimpinelia suxifraga (1) (1) Da un esemplare conservato nell’Erbario gen. presso il R. Orto Bot. di Padova. ` 68 DOTT. A BÉGUINOT Enumerazione delle piante finora riscontrate sulle mura, vie, e piazze di Padova. Come si deduce dal eapitolo precedente, la flora urbiea di Pado- va, quantunque non sia stata oggetto di uno speciale lavoro, fu suffi- cientemente esplorata da parecchi botanici. In base alle indicazioni che mi fu possibile raccogliere, il numero delle specie ammonta a 162. A queste le mie investigazioni mi permettono di aggiungere altre 165. Sieché la flora urbica padovana si compone attualmente di 327 entità specifiche, di cui do qui la enumerazione sistematica (1). EMBRYOPHYTA ASIPHONOGAMA š = OSSERVAZIONI PTERIDOPHYTAE "quas pas Filices 1. Ceterach officinarum Willd. + Raro (Cont.!) 2. Asplenium Ruta-muraria L. |+ Comune. 3. A. Trichomanes L. — Comune dovunque. * 4. Adiantum Capillus-Veneris L.| + Equisetaceae * 5. Equisetum arvense. L. + !+ Mura presso S. Massimo e binari | presso S. Sofia ! EMBRYOPHYTA SIPHONOGAMA GYMNOSPERMAE Coniferae 6. Cupressus sempervirens L. + Avventizio sulle mura presso la Barriera Mazzini ! Un solo individuo avv. presso Piazza Ipp. Nievo ! 7. Thuya orientalis L. + (1) Per l’enumerazione sistematica seguo la mia « Flora Padovana » parte 2. (pa- " gine 107-607). Padova, Tip. del Seminario, 1911-12. Le specie precedute dall’ * rappresentano le aggiunte da me apportate. 2 Tre Oe PETS EK ee ee LA FLORA DELLE MURA E DELLE VIE DI PADOVA 69 ANGIOSPERMAE MONOCOTYLEDONES N oo 28. Graminaceae. . Andropogon Ischaemum L. Chrysopogon Gryllus L Setaria viridis P. B. . S. verticillata L: a et var. ambigua Guss. . S. italica P. B ; qsqa SO be di ciliaris ‘Retz. . Panicum “Cr uxgalli L. . Tragus racemosus L. . Phalaris canariensis L. Anthoxanthum odoratum L. hleum paniculatum Huds. Alopecurus utriculatus L.. restis L. . Agrostis interrupta L. A. alba x ar. coarctata Ehrh. Vv . Holcus lanatus . Trisetum flavescens Pers. . «Avena sativa . Cynodon Dactylon Pers. . Eleusine indica Gaertn. s. prem Pers. « brachystachya Na . K. cristata Pers. . Eragrostis minor Host. . E. megastachya Lk. . E. nigricans Steud. . E. pilosa P. Dactylis glomerata L. ae (Mura ++ + TT Ir + < — = wa + ++ + + +++ ++ + E FE OSSERVAZIONI Comune dovunque e caratteristico. Bastioni tra la Polveriera e le ca- se operaie della via Citolo da Perugia ! ja ! eo Osservatorio — piazza Castello. Avv. «in hortieulo Gymnasii Pa- tavini » (Saee.!) Binari di S. Sofia (Ugol.!) ua e là, ma raro. Mura del Maeello (Ugol.!) vv. lungo la riviera Ruzzante (Saee.!) Comunissimo. Raro (Mont.!) Presso ponte Molino! Rara (Mont.!; Sace.) Comune ovunque. Qua e là col tipo. Comune id. Avv. e rara (Zanard.') Comunissimo. Naturalizzata nelle vie e piazze di Padova al borgo Sehiavin (Ugol.!ete.), in piazza del San- to e V. Emanuele! Comunissima x unque. Col tipo. Comune Vie e piazze presso l'Orto bota. nico ! Comune. Qua e là, non comu Rara ed avv. in Pad. dal Santo! 70 DOTT. A. BÉGUINOT 3 =Z! = OSSERVAZIONI 1 g: |= : var. abbreviata Drey. + |+ |Dovunque e specialmente sulle | * 35. Poa bulbosa L. * et war. prolifera (Schm.) . P. annua L . P. compressa L. P. pratensis L. OP. irimialic L. . Festuca rubra L. subsp. eurubra Hack. * * . F. ciliata Lk. . Sclerochloa rigida P. B. . Bromus erectus Huds. « et var. villosus Kunth. . B. tectorum L. . B. tenis E d. madritensis L. var. ee et var. nanus (Weig.) . B. squarrosus L. * wa ° . Lolium berenne . L. multiflorum ele? . Agropyrum repens P . Hordeum murinum L. a et var. leporinum (Lk.) Cyperaceae . Carex muricata L. . C. praecox Schreb. * A SES A N . C. caryophyllea Latouret subsp. mollis (Host). C. glauca Murr. var. erythrostachys (Hpe.) . Vulpia Myurus C. C. Gmel. . Brachypodium pinnatum P. B. B. var. Leersianum Rchb. ++ + ++ + +++ +44 + ++ ++ ++ Zar + + — SIE mura. Comune dovunque specialmente. sulle mura. Uomunissima. ua e tuc ma non comune. Com 1 A CASS Più e comune della precedente. Comune e caratteristica. 7 Mara di Pad. e ruderi dell'Arena! ` ` Fra le specie più comuni e ei ratt. della flora inurale. Frequente e caratteristico, Indicato dal Pollini, mai da me ecolto. Comune sulle mura, raro lungo Pià comune del precedente. Mura di S. Massimo. : Cemunissimi dovunque. | Mara tra S. Massimo ed il Ber- 3 sag io! Mur presso 7. Massimo! Piazza Castello! Comune dovun Mura presso il Bersaglio! Dovunque comunissimo. Rara sulla mura presso il Ber- saglio' e sui bastioni (Fiori!) Qua e là non frequente. Po. Mura presso la via Citolo da Pe- rugial 6o. 6I. * oN NI . A. oleraceum L. . Ophrys een id. Huds. . "Orchis Morio L. . O. coriophora L . O. militaris L. . Platanus occidentalis L. . Ulmus campestris L. æ et . Celtis austra . Broussonetia papyrifera Vent. . Morus alba L. 5. Ficus carica L . Humulus Lupulus L L. . U. dioica L. « et var. pube- LA FLORA DELLE MURA E DELLE VIE DI PADOVA 71 Juncaceae Juncus compressus Jacq. Luzula campestris L. subsp. multiflora (Ley.) Liliaceae . Ornithogalum umbellatum L.|- . Muscari comosum + . Allium carinatum L ` var. violaceum (W.) Orchidaceae DYCOTILEDONES Platanaceae Urticaceae var. suberosa (Mnch.) lis Urtica urens scens (Ledeb.). {Mura ce + - : OSSERVAZIONI < — > cae + (Raro in via Belzoni, nelle vie tra S. Sofia e l'Ospedale ete. Mura di Padova (Zanard y Mura di Padova (Rain. ex. Bert; Bolz.!) e su quelle presso Por- ta Codalunga (Fiori!) Mura di Padova (Zanard.!) Mura presso S. Massimo! Ibid. ed ambedue rare! Rara lungo i bastioni presso porta . Giovanni! Mura di Padova (Zanard.!) Avventizio sulle mura presso S. Massimo! Mura presso l'ospedale (Ugol.!) Avventizio qua e là sulle mura ed anche sulla torre di Galileo presso Ponte Molino' AS sulle mura tra Pontecorvo a Gius Camuno isa: + 79. Parietaria officinalis L. subsp. Judaica (L.) var. las (Mnch.). Polygonaceae 80. SRO aviculare L. ar. erectum (L.) var. depressum Meisn. 81. “P. orientale 82 Rumex pulcher L. Chenopodiaceae 83. «Atriplex hastatum L. 84. A. patulum L 85. Beta vulgaris L. 86. Chenopodium Bonus-Henricus E vulvaria L. murale urbicum L. album L. « et var. viri- de (L A SCH opulifolium L. . C. polyspermum L. . Kochia scoparia Schrad. P 93 Amarantaceae 94. Amarantus retroflexus L. DS. cd. NAMES Lois. 96. A. deflexus L. Pytolaccaceae * 97. Phytolacca decandra L. Portulaceae * 98. Portulaca oleracea L. Paronychiaceae 99. “Polycarbon tetraphylium L. | | | | | | | | | | | | | pe I Ute äi ++ FF DOTT. A. BÉGUINOT OSSERVAZIONI ` Comun ssima dovunque. Appoggiato ai muri, lungo i bi- nari della ferrovia ece. Luoghi calpestati. Avxonien nel eortile dell’ Ist. !) Tecnico (Ugol. pene. Porta Savanarola (Ugol.!) biden co dell’Ist. T: enico (Ugol.’) Spontanco (2) a Padova Bracht in hb Sace.) Muri di Padova (Spranzi!) + ++ FE + ++ + + |Cortile del R. Ist. Teenieo (Ugol.!) + |Avventizia presso Porta S. Gio- vanni (Urol. ) Avventizia sulle mura presso S. Massimo! + + ‚Comunissimo dovunque. Caryophyllaceae | 100. Sagina procumbens L. x co- i rollina Fenzl in 101. S. apetala Ard. var. glabrata Schultz. var. dodi ap. scabra 104. A. GH Guss. A been Rouy 105. Stellaria aidia. (E> Cyr: subsp. typica. var. trichocalyx Trautv. var. subgymnocalyx Bég. var. gymnocalyx rautv var. subapetala Bég. subsp. pallida (Dum.) Pi- ré « var. intermedia Gürke| subsp. apetala (Ucria) « var. major Bég. 107. Holosteum umbellatum L. 108. Cerastium brachypetalum L. 109. C. glomeratum Thuill. drum L. 112. C. manticum L. = = e- s == pm Saamen * 103. car es ee hs Fen ae LA FLORA DELLE MURA E DELLE VIE DI PADOVA IC OSSERVAZIONI Dovunque e tre le specie più ca- ratteristiche. £ + + Rara presso la stazione di S. Sofia! + Assai più comune della preced. 102. «Alsine tenuifolia Crantz z + |-F |Comune dovunque. var. arvatica Cald. + Più rara del tipo sulle mura pres so S. Massimo ed il Bersaglio! Mura presso S. Massimo! Più com. d. preced. e dovunque. Comunissima. Ke Cortile della R. Seuola Normale SEENEN Riviera Albertino Mussato e pres- so le Caserme di prato della 4- + + + _ Valle ! -- Comune dovunque. +10. s. + P j. D X C. 8 Bara lungo la Riviera A. Mussato! + Mura di Padova (Cont.! Zanard.! Bracht.! L. Vaccari! Fiori!) e preeisamente presso la porta Ponte Corvo! e la porta Por- tello (Spranzi !) Comune su tutte le mura ed i bastioni. Raro sulle mura ae? Porta Ponte Corvo e porta S. Gi vanni! 74 113. Lychnis alba Mill. Silene vulgaris Garke. . gallica L. 6. S. flavescens W. et K. Tunica saxifraga Scop. Hypericaceae * 118. Hypericum perforatum L. var.microphyllumDC. Violaceae 119. Viola odorata L. e Resedaceae | 120. ‘Reseda lutea L. ; Capparidaceae * 121. Capparis spinosa L. var. rupestris (S. et m.) Cruciferae 122. Cheiranthus Cheiri L. 123. Arabis birsuta Scop 124. A. Thaliana L. 125. Sisymbrium Loeselii L. 126. S. officinale Scop. 127. ‘Nasturtium silvestre R. Br. 130. Brassica Sinapistrum Boiss. subsp. #ybica var. villosa Fiori. 131. Diplotaxis muralis DG. 132. D. tenuifolia DC. 133. Brant rugosum R. Br. r. glabrum Host. + ET a — ++ = DOTT. A, BÉGUINOT OSSERVAZIONI Comune e caratteristica. Rara lungo la Riviera A. Mussato! Avventizia sulle mura pressso Ponte Corvo Comune dovunque e caratteristica. Com. dovunque e caratteristico. Sulle mura di S. Croce (Zanard.!) e lungo la via del Seminario! Tra Porta S. Giovanni e Porta Savanarola (Ugol.!)e copiosa su di un muro in via dei Rogati! fanche P. A. Sace.!) Muri presso Porta Ponte Corvo! (anehe P. A. Saee.!) Raro Qua e là non comune Comunissima dovunque. Bastioni press» la Porta S. Gio- vanni (Ugol.!), raro e forse ora scomparso. Comune dovunque. > C. s. Mura di Padova (Saee.!) Bastioni di Padova (Ugol.!) e ra- ra su di un muro presso l'Or- to Agrario (Sace.!) | Comune sulla mura, più rara lun- go le vie. : C. s Raro. * * * * + T * * LA FL^RA DELLE MURA E DELLE VIE DI PADOVA 134. Fibigia clypeata Medic. 135. Draba muralis L. 136. D. verna L subsp. praecox Rouy et Fouc subsp. lanceolata R. et. F. subsp. glabrescens R. et. F. 137. Coronopus procumbens Gilib. 138. Lepidium Draba L. 139. Iberis L. 140. Capsella Bursa ‘Pastoris Medic subsp, Ros Medic. : Hagenb. I4I. Sa saxatile R. Br. 142. Thlaspi perfoliatum L. Papaveraceae 145. Fumaria officinalis L. 144. Chelidonium majus 145. Papaver “Rhoeas L. Ranunculaceae I46. Clematis Vitalba L. 147. E iens es L. 148. R. bulbosu var. go (Willk). Saxifragaceae 149. Saxifraga tridactylites L. x ER + È ++ + P_i = fini + + n ++ OSSERVAZIONI EON E Padova (Montini! ed in Be . Mas- Rara ET mura simo! presso Mura di S. ni (Zanard.!) e di onte Corv Comune. Bastioni tra Porta Savanarola e S. Giovanni! Vie di Padova (Zanard.') e pres- so l'Ospedale (Spranzi!) Muri di Padova (Sace.!) Comunissimo dovunque. D x + +++ H+ E Col tipo in Prato della Valle ete. Dove s. ed in altri luogai col tipo. Ad vias Patavii (Vis.!); mura di Padova (Zanard.! Sace.!) e pres- 80 des di Ponte Corvo (Spran- zi!) e di S. Massimo! |Comunissima. Comune s. mura, raro lungo le vie. Rara lungo la via Dimesse! aro Raro. Comunissima sulle mura, rara l le vie. ungo le vie * * * DOTT. A. BEGUINOT var. exilis Poll. Crassulaceae 150. Sedum rupestre L. 151. 5. mite Gilib. S. acre 163: S. album T. 154. $. rubens L. Rosaceae 155. Prunus spinosa L. 156. P. myrobalana Lois. 157. P. avium L. 158. Potentilla reptans L. 159. P. Gaudini Gremli var. longifolia Wolf. 160. P. hirta L. subsp. pedata W.) "y 160. P. Verla L. 162. P. argentea L. 163 P. canescens Bess. 164. Rubus caesius L. 165. Alchemilla arvensis L. 166. Poterium Sanguisorba L. 167. Rosa canına L. 168. ne doi L. onogyna (Jacq.) 169. Mespilus Fri L. | Mura +++ ++ ++ + ++ + HE: sa = — + OSSERVAZIONI Qua e là col tipo sulle mura. Comune dovunque. Comunissimo. Più raro del precedente sulle mu- ra di Piazza Castello (P. A. Michiel; Anguillara), e su quelle tra Porta Savanarola e orta S. Giovanni! Comunissimo dovunque ed auche sulle mura interne. Raro sui bastioni di Padova! Raro sui bastiovi tra S. Giovan- ni e Porta Savanarola! Avventizio sui bastioni presso Porta S. Croce (Fiori! Avv. sui bastioni presso il Ber- saglio! CAM in un cortile di una casa in via A. Gabelli! =€ di Padova (Cont.!)e preci- amente: presso Porta S. Gio: . vanni ed all'Arena! Comune su tutte le mura. on la precedente, più rara. Mura di Padova (Zanard.!) e pre- cisamente presso Porta S. Gio- nni ! Mura di Padova ( Montini!) e pre- cisamente presso 3. Massimo, Ponte Corvo, Maeello e sui ra- deri dell'Arena! Qua e là non comune. Comunissimo su tutte le mura. Raro s. mura presso il Bersaglio! na arr Ti barco st * * $» * 170. 171. 124 ds TJA: WES 176. 187. 188. 189. 190. 191. 192. 193: LA FLORA DELLE MURA E DELLE VIE DI PADOVA Ta Leguminosae Ononis spinosa L. subsp. spinosa L. subsp. mitis L. O. Natrix L. « ig ee L: M. M. fiiia È M. varia Martyn. M. minima Gruf in L. a var. recta (W.) Trigonella monspeliaca L. Trifolium striatum L. T A: um L. T. incarnatum L. È; Reger Huds. T. pratense L. T. repens L. T. montanum L. T. patens Schreb. T. agrarium L., Poll. var. pseudopr sg (Gmel. T. aurenm Poll. Lotus corniculatus L. Lathyrus Aphaca L. L sphaericus P. Vicia sativa L. Robinia pseudoacacia L. Gleditschia Misc L. a IMura ++ HH + + HH ++ < — > LS + ++ OSSERVAZIONI Mura di Padova (Bizz.!), ma rara. Mura tra Porta S. Giovanni e Porta Savanarola (Ugol.!) Mura di Padova (Vis.!) Comune dovunque. Mura presso Porta Ponte Corvo e orta S. Giovanni! Comunissima dovun Mura tra Porta $5. Giovanni e Savanarola e presso S. Mas- simo Mara tra Porta Ponte Corvo e la ehiesa di S. Massimo! Mura di Padova (Spranzi), mai da me raccolto. Comunissimo. Mura di Padova (Zanard.!) Lungo la riviera di S. Benedet- to (Cont.! Mura di Padova (Rom. e preci- samente su quelle presso via Citolo da Perugia! La varietà frequente sulle mura. Mura di Padova a S. Croce (Za- nard.), raro e forse ora scom- parso. Prato della Valle (piazza V. E.!) Mura presso la Barriera Mazzini e dell’Arena! Qua e là naturalizzata. ui OE HL uw ; ; è i Nor: Yeh Me. 3 h : 5 d Í : : à 194. 202. 7. P. major . Peucedanum Oreoselinum L. . Aethusa Cynapium L. ; Rb. DOTT. Umbelliferae Astrantia major L. . Petroselinum bortense Hoflm. ‘Pimpinella saxifrasa L. ò Huds. . Daucus Carota L Chaeropbyllum temulum L. Araliaceae Hedera Helix L. Cornaceae Cornus sanguinea L. Rhamnaceae . Rhamnus catharticus L. Rh. Frangula L. Alaternus L. Ampelidaceae Vitis vinifera L. Partbenocissus quinquefolia] Planch Celastraceae . Evonymus europaeus L. Sapindaceae . Acer campestre L. Mura Tr => ++ EE -— — > un + + + + = A. BEGUINOT OSSERV AZIONI Avventizia dietro la Chiesa di S. Comune: aleuni saggi jadis pas- saggio alla var. Rara in Prato dalla Valle! aro. Avventizia nel ER dell" Ist. Tecnico (Ugol.') omune Mura presso Porta Ponte Corvo, ma raro! Comune su tutte le mura. Frequente sui bastioni. Mura presso S. Massimo e presso orta S. Giovanni! Raro d. s. Avventizio sulle mura fuori Por- ta S. Croce (Trotter!) Mura tra Ponte Corvo ed il Ma- ! ! Mura presso Porta Ponte Corvo: Mura presso Porta Savanarola (Ugol.), e Porta S. Giovanni e S. Massimo! Mura tra Porta Ponte Corvo ed il Macello! Re SETE e Ei in E ee a a ee te EE Kr: m } . 229. Dx, M P Lernia E LA FLORA DELLE MURA E DELLE VIE DI PADOVA Geraniaceae ona molle L. ısillum L. . Erodium cicutarium L'Her. subsp. typicum subsp. chaerophyllum 1 DC. . Oxalis corniculata L. var. villosa (M. "BJ var. fropaeoloides Hort. ex Vilm. . Ov stricta. L. Simarubaceae Ailanthus glandulosa Desf. Malvaceae . Malva silvestris L. Euphorbiaceae . Euphorbia nutans Lag. . E. maculata L. . E. Chamaesi am Li E. ene irate E. P Mind annua L. Primulaceae . Anagallis arvensis L. Oleaceae . Fraxinus Ornus L. - Ligustrum vulgare L. - Lycium europaeum L. Gentianaceae Erythraea Centaurium {L3 ers. 230. E. pulchella Hoffmgs. et Lk. Mura | llit + ++ +++ + +++ + + Ett + + c2 OSSERVAZIONI Comunissimo dovunque. Mara di Padova (Spranzi!) Mura di Padova Più comune. (Vis.!) ma raro. Mura di Padova (Vis. Piazza del Santo ecc. e Sacc.!) Cortile dell'Ist. Tecnico (Ugol.!) Mura tra Porta Ponte Corvo ed il Macello! Rotaie della tramvia di Padova- Fusina (Ugol.!) Piazza del Santo etc. Piü rara, a quanto pare, d. preced. Comunissima dovunque sE, Segnalato da Giov. Bauhin su vee- chie mura da tempo abbattute. Mura presso S. Massimo! lresso la Chiesa di S. pene P. A. Sace.!) 80 DOTT. A BÉGUINOT Borraginaceae 231. Myosotis intermedia Lk. 232 . M. collina Hoffm. 233; Lithosper mum arvense L. 23%. Heliotropium Page L. Convolvulaceae 236. Convolvulus arvensis L. 237. C. sepium 238. Cuscuta Epithymum Murr. R: Solanaceae 239. Solanum “Dulcamara L. 240. Š. nigrum " 241. -Physalis Alkekengi L 242. Datura Stramonium L. var. Tatula (L) Scrophulariaceae 243. Verbascum M eid Ke 244. V. sinuatum 245. Linaria Cymbalaria Mill. 346. L. Elatine Mill. ° 247. Antirrbinum majus L. 248. Veronica Chamaedrys L. 249. V. peregrina L. * ` HMM b A A wA A un didyma Ten. hederifolia- L. (ex p.) ` E D l3 49 JM = O Labiatae 255. Ajuga Chamaepytis Schreb. 256. ‘Ballota nigra L. + Tr + + + Big. NUM ++ FH į Vie +4 m OSsERVAZIONI Più comune del precedente spo- cialmente sulle mura, Comune Presso Porta S Giovanni (Ugol !) Mura di Padova (Bauh.) ete. Comune specialmente lungo le vie. Mura t S. Massimo eil Bersaglio! Bastioni di 8. Croce (Ugol !), r ra. Raro s. mura presso S, Massimo! Comune lungo le vie. Via N. Fate ae pr. il Seminario! Attorno alle mura di Padova piut- tosto rara (“pranzi! Qua e là, ma sporadico. Mura di Padova (Montini! Spran- zi!), presso Porta Codalur ga (U- mar P) e Rivieva Mazzini! Comunissima sulle mura esterno ed na più rara ai piedi Mura tra y ‘Gioeanini e Savana- rola (Ugol.!) Rara. Avv. ntiza p.esso Porta S. Croce! Comuniss. speeialm lungo le vie. Mura di Padova ( eem | <= IPadova (Bracht! in Hb. PÁ. DELLE VIE DI PADOVA 81 OSSERVAZIONI Raro |. la via G. B. Belzoni! Più com. d. prec. spee. |. le vie. Comune special. s. mura esterne. Bastioni presso Porta Savanarola (Ugol.!). Mura di Š. Croce (Zanard. !). Comuniss. e specie caratteristica. Mura di Padova (Bizz. !). Mura presso S. Massimo! D. s. Comune sulle mura. Comune lungo le vie, rara sulle mura Rara lungo le vie adiacenti del- l'Istit. botanico |Comunissima dovunque. Frequente sui muri, raro lungo le vie. Raro sulle mura presso Porta Porta Ponte Corvo! Mura di Padova (Vis.!), ma raro Saec.) nn sulle mura esterne co- e quelle presso Porta S. Gio- vanni ed interne GER la Ri- viera A, Mussato * * ww DOTT. A BÉGUINOT Valerianaceae Valeriana officinalis L. . Falerianella olitoria Pollich var. lejocarpa Krock. Dipsacaceae . Scabiosa columbaria L. Campanulaceae . Campanula medium L. . C. pyramidalis L. Compositae . Senecio vulgaris L. . S. erraticus Bert. . Tussilago Farfara L. . Bellis perennis L. . Erigeron canadensis L. . E. annuus Pers. . Chrysanthemum Leucanthe- mum . Anthemis tinctoria L. . A. Cotula L. . Matricharia Chamomilla L. . Achillea Millefolium L. æ et var. collina (Beck). t . A. tomentosa L. . Artemisia a be L. . Inula Conyza D . Pulicaria ee Gaertn. I2 Filago germanica L. (transit ad var. spathulatam) . F. gallica L. . Gnaphalium uliginosum L. {Mura ++ ++ ++ ++ age ++ = — = ka adi ++ + OSSERVAZIONI Comune. Rara s. mura presso il Bersaglio! Rara e dove la precedente! Rara sulle mura dirimpetto alla via ( itolo da Perugia! Mura di ! adova (Spranzi!) e pre- cisamente sulla antica cinta in- terna tra Ponte Altinate, Ponte olo! Molino e Corso d. Popolo Comunissimo dovunque. Mura es Portello e Codalunga (Ugo Vie trà _ l'Osservatorio e Piazza Caste Comune. Mura di Padova (Montini! e sec. Bert.'). Mura ocio Savanarola (Ugol.!) Comunissima dovunque La varietà sopratutto sulle mura. Padova (Poll.)e precisamente sul- le mura (Montini! e sec. Bert.) Comune e caratteristica. s. Presso Porta Savanarola (Ugol. D Mura di Padova (Spranzi! Bizz.!) e preeisamente presso Porta Co- dalunga (Ugol.!) Mura di Padova (Spranzi!) Mura di Padova : ? (Spranzi!) B a ur E ? REESE * de * A LA FLORA Centaurea vochinensis Bernh. C. Calcitrapa L. 301. 302. 303. Arctium minus Bernh. 304. Carduus nutans L. 305. Cirsium arvense Scop. æ et var. incanum (Fisch.) 306. C. lanceolatum Scop. n QUU strumarium P. . A. spinos aos en punc L. 310. Cichorium Intybus L. 311. Lapsana communis L. 312. Hypochaeris radicata L. 313. Leontodon hispidus L. ar. danubialis (Jacq.) ne v [transit ad L. hyoseroides W.!| 314. H NEGO echioides Gaertn. r. pratensis Chev. - 315. Taraxacum vulgare Schrank x et var. levigatum (DC.). 316. Sonchus oleraceus L. « levis arti. 317. Lactuca saligna L. 318. Chondrylla juncea L. 319. Crepis foetida L. 320. C. tectorum L. 321. C. vesicaria L. 722, (2 oed Hall. f, r. hispida W. et K. 323; Hierüchon Pilosella L. ++, Mura ++ H+ + ++ E + + DELLE MURA E DELLE VIE DI PADOVA 88 OSSERVAZIONI Comune dovunque Presso le mura (Giov. Bauh) e sulle mura di Padova (Spranzi!) Raro in prato della Valle! Mura p. Porta Codalunga (Ugol.!) Mura tra Porta *avanarola e S$. Giovanni (Ugol.!) Mura p. Porta Savanarola (Ugol.!) Dietro l'Ospedale (Ugol.!) Mura di Padova (Montini! Rom.! Spranzi! Rara in piazza del Santo! Mura tra Ponte Corvo e la Pol- veriera Muri presso il Beato Torresino (Sace.!) e bastioni presso il Ma. cello! Comune specialmente lungo le vie e le piazze, non manca sui muri. Raro sulle mura. Binari ferroviari presso la stazio- ne di S. Sona (Ugol.! Mura presso la Porta S. Giovan- 2 ni! Mura di Padova (Bizz !) Mura di Padova (Zanard.) Bastioni dirimpetto la via Ci- tolo da Perugia! (‘omunissima specialm. s. mura. Frequente. V s eS ra dns ue P EC Wo sar. = p dm mere Xe e Y = tg 224. A. E Li r. praetiform: var Pille (Vill.) 325. H. muroru 326. TI. oum Fr. ( Aggiunta) 327. Fragraria vesca L. « silve stris- L. ++ Mura TES DUTT. A BÉGUINOT OSSERVAZIONI Comune. » ) Mura presso S. Massimo! ura presso il Bersaglio! Rara s. mura presso l'Ospedale ! (continua) f°, È c= E = E = = = = EM Kä = E ° = t = = = = ad S = ° Ki Ke ISm d Esodem ismi e Ende I di oseq ee ‘toneajos tyson, ru “dərs aa “nung rop > nuəiio) est IDDEA]JƏS o Ipe pes "ursi v a mnueSiruuac) “wie [ou "Die UJ ‘Aone pa 08107) oder) au tuoi -149 E *o[oIN E 'oo»ssoAtry Ip Ə enja3seg Ip Jea wíiəu *enbov,p ayuasios tun pe QUIDIA 23107) ‘vidos Opuojoy “IU [ou ə əuons -0 uu Pu : S109 u 'ruSəpirç Ip a v21S10)) Ip rw ip ıdny `se1Sə]8 ossaid euBapieg ui ‘Pall "Sai ran 1][o» rop. ijooseq | "pzzzod ip apuris | auow [eu *euorSunig ao [au ‘euajed IP 9 ouuvog Ip eid mu 9 OSSES ueln [ou SUOLIOW “WI pu "rz onbum lap oureg O]9^ uoo tui ayuaostap ejnssey vyvurunor ‘qojò `əstəp v[nsse?) 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Porteim) resi noti i risultati ottenuti somministrando a piante di Phaseolus vulgaris alcuni fra i composti meno velenosi dell’aldeide formica; il metilal e il solfoformato di sodio, e l'aldeide formica stes- sa, po oo gasosa (V. Malpighia vol. XXIV, fase. 1911). guenza principale delle esperienze intraprese fu: < che I’ al- GER Dër può servire come sostanza nutritizia per le piante espo- alla luce, nelle quali fa aumentare la sostanza secca > n questa seconda memoria (A. ricorda che anche il Bokorny (già noto per le sue esperienze in proposito sulle alghe) ottenne da piantine di crescione in fiore, tenute per 13 giorni in ambiente esente di anidrite carbonica e saturo di aldeide formica, un aumento sensibile, ciò che non si verificò nelle piante di controllo, tenute in ambiente esente di anidride carbonica e di a I Grafe nota che re ae sarebbe stato anche piü rigo- glioso se il terreno di cultura fosse stato riparato dai vapori di aldeide formica, poichè, questa sostanza è un veleno per gli organi privi di elorolilla Sugli organi elorofilliani al contrario essa agisce benefica- mente, poichè la clorofilla scinde l'aldeide formica nei suoi gruppi tantomeri labili e ne attiva le rapide condensazioni, mentre l'ossigeno viene Een dal sistema. Inoltre, che un sieuro rapporto vi sia fra presenza della elorofilla e azione Lac formiea gasosa, si rileva dai risultanti delle eerehe all'oseuro, già pubblieati nella prima parte di questo lavoro: In colture all'oseuro non v'è nessuna differenza tra 'e piante di con- trollo (con o senza anidride carbonica) e quelle trattate con aldeide formica. Qnando però le piante tenute all’oseuro vengono portate alla luce ed csposte all’azione dei vapori di formaldeide, appaiono, sop un tempo piü o mene 2 o, delle macchie e delle striscie brune su gli steli e sulla pagin inferiore delle foglie, precisamente come ac- cade negli organi privi “di clorofilla (per es. nelle radici). Ciò natural- mente DOSI la den della pianta. rag fenomeno si ha nel fatto che alla luce, mentre si rende pobi l'attività di scambio nelle piante eziolate, non così ra- 102 RECENSIONI pidamente si forma la clorofilla da neutralizzare, seindendola, l'aldeide formiea, che diventa quindi una sostanza nociva Oltre l'azione della formaldeide sul Phaseolus vulgaris e sul P. multiflorus PA. sperimentò anche l'azione del’acetaldeide, delle aldei- di salicilica e benzoica, dell'aeido acetico e dell'aeido benzoico, sulle stesse piante. Alcune fra queste sostanze si dimostrarono nocive, altre no, tuttavia nessuna provocó un visibile incremento nello sviluppo delle piante. Riguardo alla formaldeide invece l’A. riconferma i risultati spe- rimentali della prima memoria, e cioè che essa provoca un aumento nell’accrescimento e nella formazione di sostanza secca, agendo dunque non solo come stimolante, ma come vera e propria sostanza nutritizia. E poichè il Richter, ripetendo le ricerche del Grafe aveva trovato che piante di Phseolus cresciute iñ presenza di aldeide formica gas- sosa contenevano pochissimo amido, IA. volle dosare la quantita di zucchero che in tali piante si forma, in confronto alie piante cresciute in ambiente normale. Dalla ricerca quantitativa risultò che nelle pri- me si forma una quantità di zuechero talvolta doppia, talvolta tripla di quella che si forma nelle seconde. L'A. ammette con l'Éuba che l’idrolisi dell'amido e la sintesi degli zuccheri possano avvenire o per opera di due diversi enzimi o per opera di un solo enzima catalizzante, che darebbe luogo ad una reazione reversibile, provocando cioè la condensazione o l’idrolisi a seconda delle diverse condizioni del mezzo in cui la reazione avviene. Phaseolus vulgaris cresciuto in ambiente contenente formal- deide, verrebbe ad esempio ostacolata l'attività dell'amilasi, mentre rimarrebbero attive le azioni sintetiche trasformanti l'aldeide formica in zuechero, che si accumula: E. MAMELI sulle Specie | BuscarroNr E Giuseppe MuscateLLO — Studio monografico cane del Gen. * Sauraia , Willd. . ` > rasa o di Pugill Ss! ONGO ` funghi nuo ) per [ALPIGHIA RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA — $ REDATTA DAL DOTT. L. BUSCALIONI | Pror, ORD: DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI. CATANIA . ANNO XXV. — FASC. IL CONDIZIONI dr da Mainonta s si pa una t volta al mese, in n fascicoli dr 3 fogli di stampa. al- Proff. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO Studio monografico sulle Specie americane del Gen. “Saura uia, Willd. (continuazione) È lecito quindi affermare che spesso le specie di Saurauia sono pura- mente entità geografiche: però se noi rivolgiamo l’attenzione alle forme di territori vicini troviamo che fra loro domina un tratto, o meglio una fisonomia comune che ci indica a chiare note come molte di esse siano derivate le une dall’altre in seguito a sconfinamento, per cui eostituiseono delle forme rappresentative. La Saurauia ursina e la S. Ruitziana, l una di Antioquia, l'altra del Perù, appartengono a questa categoria e sono così simili fra loro per aspetto che molti au- tori le hanno descritte ora con l'uno ora eon l’altro nome. Esempi a- naloghi si potrebbero ricavare dalle forme del Messico e del Centro America. Basterà però ricordare in proposito l'affinità tra la S. Pitter? e la S. rubiformis, tra la S.oreophila e la S. Pringle’, tra la S. Nel- soni e le forme della S. Selerorum per convincersi di quanto si afferma. Ancor più interessante è lo studio delle forme congiunte colla S. sca- bra Poepp. le quali raggiungono anche regioni abbastanza lontane dal Perù e Chili, dove questa vegeta. Aleuni autori hanno assegnato a certe specie un area estesissima; così ad es: la S. serrita, oltre che nel Messico, fu segnalata anche in Bolivia, ma, vedremo in seguito, come si tratti unicamente di dia- gnosi erronee, Oltre all’umidita anche la temperatura influisce non poco nello sviluppo delle varie Specie del Genere. Il tipo è montagnardo, essendo pochissime, per quanto almeno ci consta dai molti dati ottenuti, le specie che vegetano nelle basse regioni o al livello del mare. Ma an- che nell'ambito delle montagne il Genere evita le stazioni molto e- levate: regioni situate a 1000-2500 m. di altezza sono i territori che meglio si eonfanno coll’esistenza del singolare Genere, non molte es- sendo le specie che arrivano a grandi altezze (4000 m.). Siamo pertanto d’avviso che appunto la diffusione del Genere nelle 104 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO stazioni di media montagna sia una delle condizioni che hanno fa- vorito la formazione delle Specie, essendo risultato da un altro nostro lavoro che gli endemismi e le forme aceantonate si trovano di pre- ferenza a metà costa dei monti, poiché ivi ad ogni passo variando le condizioni esterne la Specie pure è sollecitata a variare. In conclusione un certo grado di umidità, una certa elevazione sul livello del mare (di rado superante però la zona delle tierra tem- plada) sono i fattori che determinano, in America, la diffusione del Gen. Saurauia. Vi influiscono però anche a natura del suolo , le as- sociazioni vegetali ed altre condizioni di minor momento. 3. LA POSIZIONE SISTEMATICA DEL GEN. Saurauia E LE SUE AFFINITÀ (I). Le affinità del Gen. Saurauia sono tutt'ora alquanto controverse, di guisa che i differenti Autori che hanno studiato il Genere lo in- scrivono ora in una ora in un altra Famiglia. Il Gilg e qualche altro sistematico inglobano il Gen. nella Fami- glia della Dilleniacece, molti essendo i caratteri comuni, per uanto non manchino quelli che tendono a spostare un po le affinità. Nella sfera della vita vegetativa e nell’ambito dei caratteri mor- fologici il Gen. Saurauia ha comuni colle Dilleniaceae il tipo fogliare. Le foglie sono infatti alterne e semplici, intere o dentatoserrate, per lo più grandi o mediocri, irte spesso di sete e di peli ramosi, stellati, che le rendono scabrose o ruvide: il color bruno del lembo (spesso coriaceo, o subcoriaceo), causato da abbondante deposito di tanni- no nelle cellule, entra pure nella categoria dei caratteri comuui, al pari della pelosità alle ascelle dei nervi secondari che trova riscontro con qualche disposizione analoga reperibile in talune forme australiane di Dilleniaceae (Hibbertia) a tipo ericaceo. È duopo ancora accennare alla mancanza di stipole, alla presenza di un piceiuolo più o meno svilup- pato, alle nervature secondarie disposte secondo il tipo pennato, ai nervi principali fortemente sporgenti sulla pagina inferiore, paralleli fra loro al pari di quelli di 3° ordine, e infine alla costituzione arborea o per (1) Nel presente studio abbiamo preso in considerazione quasi soltanto le Saurauia americane. ; —ÉÉ—————— WU" STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 105 lo meno di frutiei o suffrutiei poichè anche questi caratteri sono lur- gamente rappresentati fra le Dilleniacee. Nella sfera sessuale si hanno pure molti caratteri comuni. Innan- zi tutto occorre menzionare la forma delle infiorescenze ascellari o terminali, cimose, variamente modificate da processi di riduzione o di altra natura, per cui si incontrano pannochie, più o meno ben definite e qualche volta anche delle infiorescenze contratte. I fiori gialli, bianchi, di rade rossi, sono anche pedicellati o subsessili con o senza brattee lungo il pedicello. Il tipo Dilleniaceo si rivela non soltanto nella piü o meno completa separazione dei sessi o viceversa nella bi- sessualità fiorale, ma parimenti nella costituzione morfologica del fiore, vale a dire nel calice a 5 sepali diseguali, liberi o saldati alla base, spesso persistenti ed accrescenti, nella corolla caduca, pure di 5 pezzi, per lo più saldati fra loro alla base, negli stami numerosi, nel gineceo ‘costituito da più carpelli fusi fra loro (per lo più 5) sormontati da 5 stili lunghi o brevi, terminati da altrettanti stimmi semplici, o bilobi. A queste caratteristiche comuni che abbiamo brevemente esposte, non tenendo conto delle rare forme abberranti, fanno contrasto alcuni pe- culiari caratteri morfologici che staccano le Saurauia dagli altri tipi di Dilleniacee. Poco si ba a dire in proposito nell’ambito della sfera vegetativa, mentre notevoli sono le variazioni nell’ambito fiorale. In- nanzi tutto le brattee sottostanti ai fiori talora mancano, oppure sono così avvicinate ai sepali da formare quasi un rinforzo al calice. I fiori actinomorfi presentano gli stami spesso subsaldati fra loro o colla corol- la. I filamenti, barbati alla base, si inseriscono all'antera presso la parte mediana del dorso, di guisa che l’antera diventa oscillante: que- st'ultima poi si apre per due pori, ognuno dei quali è situato verso l'e- stremità basale dell’antera bifida e capovolta all’antesi. Questa particola - re costituzione dell'antera, i rapporti di questa col filamento, unitamen- te alla mancanza di staminodi, sono caratteri che allontanano le Sau- rauia dalle altre Dilleniacee genuine, mentre le avvicinano alle Actini- dioideae rappresentanti pure un gruppo anomalo di questa Famiglia. Gli stami sono, come fu sopra detto, numerosi, e probabilmente la molteplicità degli stessi (che del resto si ha in molte altre Dillenia- cee) va considerata, a nostro parere, come un carattere primordiale 106 LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO anzichè derivato da sdoppiamento dei filamenti e delle antere, come ammisero Prantl e Baillon. Però l’ultima parola in proposito verrà detta allorchè si sarà potuto seguire lo sviluppo dei fiori nelle loro primissime fasi. Abbastanza caratteristica è la fusione dell’ovario in un sincarpio subearnoso o secco a 5 loggie, o più di rado a 3—4—6, con placen- tazione . assile molto ingrossata, carnosa, in cui stanno immersi i nu- merosi ovuli e semi privi dell’arillo, reperibile invece nelle altre Dil. leniacee, o muniti soltanto di uno rudimentale, erostoso che noi tro- veremo pure nel Gen. Actinidia. La riduzione dell’arillo é probabil- mente collegata colla presenza della polpa nel frutto. Valgono pure a distinguere le Saurauia gli embrioni diritti o poco curvi, piuttosto grossi, immersi in un albume abbondante. Quali di- sposizioni non del tutto prive di interesse possiamo annoverare sia la la completa separazione degli stili, che solo tende a rendersi meno manifesta nei casi di brachistilia, sia infine la deiscenza del sinearpo che è limitata per lo più all'apice di questo. Stando a questi caratteri non sarebbe del tutto inopportuno ag- gruppare le Saw auia e le Actinidia in una Fam glia a se, che però andrebbe posta accanto alle D.lleniacee, Data la stretta parentela tra le Dilleniacee e la Teacee (Ternstroa- miacee) non ci deve recare meraviglia se molti autori hanno inglo- bato le Saurauia in quest'ultima Famiglia. Depongono invero a favore di un tale collegamento le seguenti disposizioni: Nelle une e nelle altre vi hanno specie arboree, o arbu- stiformi, a foglie spesso pelose o tomentose con nervatura pennata, quasi sempre senza stipule, molte volte coriacee ed alterne. Nell'ambito della sfera di riproduzione incontriamo anche fre- quentemente nelle Teacee i fiori dioici accanto agli ermafroditi, per eui si concreta ta'ora la poligamia.Per quanto concerne i pezzi calici nali e corollini le variazioni state osservate sia rispetto al numero che alla relativa grandezza delle parti corrispondono su per giù a quanto ha luogo nelle Dilleniacee e lo stesso può dirsi pel numero degli stami, i quali anche qui accennano a una moltiplicazione (per sdoppiamento?). Però accanto alle analogie troviamo anche numerose le divergen- PARCO TE Det o eT RM Ec e M s: es E 3 (RETE RENE OE S SE " Š x EEE ae BE ZII I NI RSI re NE EE ERE in nn Amin un TI ee en Zn u SIINO "CO y STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 107 ze, nei rig 'ardi colle Saurauia. Innnnzi tutto le Teacee hanno infio: rescenze meno ricche di quelle delle Saurauia e presentano le brattee più intimamente connesse al calice, per quanto questo carattere si os- servi pure qua ela pel Gen. Saurauia. Poche sono le differenze nella forma e costituzione del calice e della corolla, entrambi più o meno gamofilli, o liberi, ed il primo ane'e spesso persistente ed accrescente: non bisogna.tuttavia dimenticare che nelle Ternstroemiacee vi ha spes- so un trapasso graduale dalle brattee ai pezzi calicinali, e da questi; ai pezzi corollini (salvo il caso di opposizione dei due involucri fio- rali che ha luogo in Ternstroemia), mentre nella Saurauia e nelle Dil- Jeniacee ^n genere la separazione fra bra tee fiorali, calice e corolla — è come sopra è stato detto, molto a prescindere da poche eccezioni più netta. Assai più importanti sono i caratteri differenziali reper bili negli stami che nelle Teacee sono per lo più glabri, con antere spesso immobili aderenti molte volte al filamento per la base. con abbondante connettivo e per di più deiscenti per una fessura longitudinale, ciò che solo di rado si osserva nel Gen. Sau-aa. L'apertura delle teche per mezzo di un poro si verifica nella Tremanthera, la quale però per il calice in parte aderente al frut'o che è indeiscente e contiene molti semi, per lo stilo unico, non può esser confusa colle Saurauia. Infine nelle Teacee l'ovario (talora substipitato) è unico, a più loggie, sor- montato da 2 5 stili spesso enaliti, in parte almeno, quando non sono obsoleti, (Hameocharis), e inoltre contiene dei s:mi sforniti o poveri d'albume ad embrione più o meno curvo. A questi caratteri difteren- ziali in gran parte puramente morfologici si potrebbero aggiungere: quelli desunti dall'anatomia: le foglie delle Teacee sono ricche di sele” reidi, quelle delle Saurauia contengono invece dei rafidi che però so- no anche presenti nelle Pelliceraceae che per gli altri caratteri diffe- riscono tuttavia notevolmente dalle Saurazia (1). A misura che ci allontaniamo dal tipo Dillaniaceo le affinità colle (1) Nella parte anatomica torneremo sull’argomento delle affinità, presentando ij caule delle Saurauia una struttura che ricorda assai più quella di un fusto di Tern- Stroemiacea anziché di Dilleniacea. 108 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Saurauia diventano più evanescenti, come lo attestano i seguenti dati relativi alle singole Famiglie. Tiliaceae. Fiori di rado unisessuali, muniti talora di involucro e- sterno, e con calice quasi mai acerescente. Corolla talora mancante. Stami portati da un androginoforo, quando non sono inseriti al fondo della corolla, molte volte poi trasformati in staminodi e di frequente anche uniti in falange. Antere per lo più deiscenti per fessura longi- tudinale, di rado per un poro. Frutto secco, pluriloeulare, con pochi o molti semi contenenti un po d'albume, od anco esalbuminati, circondati da polpa nella sola Apeiba che però ha ben pochi earatteri comuni colle Saurauia. Infiorescenze spesso ricche, panicolate, cimose ma portanti delle brattee che talora formano un involucro sotto il calice o sono spostate per concrescenza col pedicello (il quale carattere però è pure reperibile, ma raramente, nel Gen. Szurauia). Nell'ambito degli organi della vita vegetativa accenneremo solo alla presenza di stipole. L'unione delle Saurauia alle Tiliacee fu proposta dal Willdenow e dal Mirbel. Magnoliaceae. Questa famiglia ha comune colle Saurauieae i fiori ermafroditi o unisessuali, gli stami numerosi, la molteplieità degli ovari, . l’albume abbondante; ma se ne allontana per le foglie spesso opposte e munite di guaina (non sempre peró!), per le infioreseenze spesso pauei- flore (reperibili anche nelle Sawrauia pauciflora e pauciserrata!) quando non sono sostituite da un unico fiore, per la disposizione spesso a spirale delle parti fiorali, per gli ovari è vero multipli, ma quasi sempre li- beri e con pochi ovuli e infine per il tipo di deiscenza delle antere. Le affini Anonaceae, benché prive di stipule, pei loro ovari quasi sempre separati, per l'albume ruminato, per gli involueri perifiorali spesso corollini, per la presenza non infrequente di nettari e per altri caratteri difficilmente potrebbero comprendere nella loro cerchia il Gen. Saurauia. Del parile Ranunculaceae, che pur hanno non poche affinità colle Dilleniaceae, pei fiori quasi sempre bisessuali, per il perianzio sem- pliee o eompletato da involueri fiorali, per la metamorfosi corollina 9 staminodiea degli stami (che per altro sono spesso numerosi) per la dei- STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, 109 scenza de:le antere, pei frutti spesso monomeri, di rado concrescenti, con pochi o molti semi oleosi, per la mancanza di un arillo, per la distribuzione geografica, si mostrano nettamente distinte dalle Saurauia. Si aggiunga ancora che per lo più trattasi di erbe o di piante legnose a peli quasi sempre semplici, a fog ie isolate, non intere, spesso guainan- ti e qualche volta stipolate. La famiglia delle Maia ege presenta non pochi caratteri comuni alle Saurauia, ma anche non pochi affatto specifici e differenziali. Si tratta infatti di alberi o frutici a foglie spesso alterne e semplici ad infiorescenze a racemo o in cima più o meno ridotta in cui talora (Eritrochyton)le brattee si mostrano coalescenti. I fiori sono qualche volta unisessuali ed hanno un calice a sepali liberi, o più o meno ga- mofilli al pari dei pezzi corollini. Gli stami sono molte volte numero- si, subaderenti fra loro alla base che può esser anche barbata (Bo- ronella) e coll'antera fissa al filamento pel dorso (Pit ıv’a). Il frutto risulta spesso dalla fusione di più ovari, in grado maggiore o minore carnosi. L’embr one infine è diritto. Ma a questi caratteri quasi tutti di affi- nità se ne contrappongono non pochi divergenti: foglie opposte e com- poste o trasformate in spine: infiorescenze ridottissime: calice corollino o con un sepalo molto più grande degli altri (Monn ero): corolla spes- so zigomorfa: stami obdiplostemoni talora ligulati, o sdoppiati, e colle antere deiscenti per fessura laterale, oppare trasformati in staminodi; ginoforo sorreggente gli ovari che hanno stile ginobasico: semi con o senza albume. Per la grande affinità colle E-ic:ceae da un lato, colle Ternstroe- miaceae dall'altro, anche le Clatracea2 presentano non pochi rapporti col nostro Genere. Come in questo l’infioroscenza è a racemo, gli sta- mi sono ripiegati all'esterno nel boccio e poi eapovolti, colle antere deiscenti per un poro; i semi hanno un arillo (che però è assai svilup- pato) e contengono un embrione corto e cilindrico immerso in un al- bume carnoso Differiseono tuttavia notevolmente per il calice e la co- rolla di 5 pezzi liberi, per il basso numero di stami (10), pel frutto a 3 loggie sormontato da stilo tribolo. Merita per altro di essere se- gnalato che tanto le parti vegetative quanto il calice sono, come in molte Saurauia, coperti di peli stellati e semplici. 110 LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Ericaceae. Caratteri di affinità: fiori ermafroditi aetinomorfi (non sempre però): calice di 5 pezzi persistente e acerescente: antere saldate al filamento per il dorso (non sempre) per lo più sdoppiate e colle teche deiscenti per poro; carpelli conerescenti fino all’apice e ineludenti spesso numerosi semi rugosi o a tegumento sacciforme: questi aderenti ad una placenta centrale e forniti di abbondante albume: infiorescenze per lo più a tipo di racemo portanti delle brettee ipocalicinali. Caratteri differenziali: Piante talora striscianti a foglie opposte» aghiformi, sessili o brevemente picciuolate, spesso seagliose. Corolla campanuliforme, imbutiforme (petali però liberi in Leda); stami non nemerosi con antere saldate talora per la base al filamento, a loggie appendicolate: frutto portante un solo stilo e contenente un certo nu mero di semi spesso alati. Quasi per gli stessi caratteri differiscono le Mirsineae in cui tro- viamo una corolla di rado formata da petali liberi, un androceo con solo 5 stami (per la trasformazione di alcuni di questi in staminodi), un ovario a stilo semplice, le foglie pieciuolate o sessili, (alterne). Il calice è spesso persistente e rafforzato da 2 brattee; la antere hanno pure le teche in parte disgiunte (non sempre però); embrione è circondato da albume copioso (di rado questo manca); le infiorescenze infine sono spesso a pannocchia e munite di brattee. Ebenaceae. Alberi o frutiei spesso cauliflori (come le Saurauia delle regioni paleotropiche) a foglie alterne (talora però vertieillate) senza stipule, coriacee, intere, a infiorescenze ascellari munite di brattee trasversali sotto i singoli fiori. Questi ultimi ermafroditi o dioici per cui si ha spesso l’esplicazione della poligamia:calice persistente e spesso acerescente: corolla regolare:stami inseriti sul fondo del tubo corollino, colle antere aprentisi talora per un poro apicale. Frutto carnoso, spesso deiscente, epigino, con parecchi stili liberi semi ad albume abbondante e ad embrione diritto o leggermente curvo. Frai caratteri che fanno di- fetto alle Suuriuia noteremo: il calice e la corolla si mostrano varia- mente incisi: gli stami raramente sono numerosi (sdoppiamento) e ta- lora al loro posto troviamo degli staminodi: i filamenti appaiono spesso saldati fra loro: le antere quasi sempre sono più lunghe del fila- mento e si aprono per una rima laterale, (il quale carattere si trova š > arretra ERN o EE RS SEES WAT en fic eo a ee cri dll USCIRE STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 111 però in qualche Siurauii!) mentre poi aderiscono per la base al fila- mento: l'ovario non contiene molti semi ed anzi talora ne ha assai po- chi per riduzione, i quali poi offrono un'albume ruminato. Le infiore- scenze in fine si mostrano paueiflore. Ancor meno affini sono, da ultimo, le Simploceze, ed infatti basterà ricordare che il frutto è indeiscente, talora ipogino, con un solo seme e che le antere si aprono per una fessura laterale. Risulta dalla rassegna fatta che le Famiglie in cui si trovano dei caratteri ricordanti quelli delle Saurcuia sono specialmente diffuse fra i tropici (Ebenacee, Simplocee, Cletracee, Mirsinee, Dilleniacee, Teacee, Anonacee). Alcune però hanno una larghissima diffusione anche fuori delle regioni tropicali e subtropicali (Ranuncolacee, Rutacee, Ericacee) mentre poi qualcuna si contraddistingue, al pari delle Szwrauia, per esser poco o punto rappresentata in Africa od avere due centri di di- stribuzione (Simplocaceae, Mirsineae, Dilleniaceae, T.liaceae, Mogno- liaceae). Ben ponderati però i rapporti delle varie famiglie risulta evi- dente che le Saurau?a presentano la somma maggiore di affinità colle Dilleniaceae, da cui tuttavia potrebbero andar disgiunte per le ragioni sovra esposte, per formare così quasi l’anello di congiunzione colle Ternstroemiaceae. 4. ORIGINE DEL NOME « SAURAUIA » PRINCIPALI CARATTERI DEL GEN. Saurauia E SINONIMIA 1.) Origine del nome < SAURAUIA ». — Il Noronha scoprì la pri- ma Specie di questo Genere nelle Indie Orientali (Giava); ne rilevò le caratteristiche principali (corolla monopetala, stami numerosi, ovario libero a 5 loggie e 5 stili), ma inve-e di darne la descrizione, si li- mitò a sancire la scoperta (Acta Soc. Bot.) battezzando il nuovo Ge- nere co! nome di Scapha, non si sa se in omaggio alla leggerezza del 119 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATBLLO legno che serve a fabbricare battelli (1), o alla forma dei fiori. Le relative figure sono conservate nelle collezioni di Jussieau. Poco dopo Commerson e La Huye raccolsero, parimenti in Giava, qualche altra specie di questo nuovo Genere, ma neppure essi si cu- rarono di descriverlo. Pel primo il Laschenhalt, avendo raccolto, nella stessa regione, tre altre specie, ne diede la descrizione, sotto la nuova denominazione di Vanhalp/mia, ma il lavoro inviato al Jussieau restò inedito. Infine anche il Deschamps fece noto di aver battezzato cin- que specie del tipo in questione col nome di Overstratia, in onore del Governatore Generale dell’Isola di Giava, Van Overstraaten che aveva aiutato la sua spedizione scientifica nella regione. Per quanto concerne il territorio americano le prime notizie sulle fo 'me viventi ivi si debbono a Mocigno e Sessè che con adatti disegni fecero note due specie arboree state raccolte nella loro grande spedizione al Mes sico. In omaggio ai fiori bianchi essi le denominarono Leucothea, sen- za tuttavia descriverle, per cui anche questi tentativi di rendere noto un nuovo Genere rimasero senza risultato, non avendo gli autori dato alla stampa le loro osservazioni. Al Willdenow spetta realmente il merito di aver illustrato il Ge- nere per mezzo di una pubblicazione comparsa nel 1800, in cui veniva descritta una specie stata raccolta dal Bredermayer a Caracas. Egli -la dedicò al C.te Franz de Saurau mecenate delle Scienze, Imperiale Ministro plenipotenziario spagnuolo, Presidente delle « Hof Cammern », Ministro di Finanza, Ministro aiutante di Polizia, Protettore dell'ae- cademia Teresiana dei Cavali ri, Superiore Maresciallo del Ducato di Stejemark. Non tutti gli autori sono tuttavia concordi sull'origine del nome generico; così il Don afferma che il medesimo fu dedicato al boranico portoghese Saurau, il che parrebbe erroneo: l'Hooker (Bot. Mag) so- stiene, al pari senza fondati motivi, che il Willdenow volle dedicare (1) Le Saurauia sono piante di pochissimo valore tecnico, essendo il legno troppo poroso. I frutti polposi di talune specie sono utilizzati in forma di sciroppi dagli indi- geni dove le piante crescono, ma non costituiscono un cibo prelibato. EE IUe ERE ES a STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 118 il genere ad un botanico portoghese denominato Sauraujo: non meno erronea è l’interpretazione dell’Hassack che ritiene, senza darne le prove, che il nome fu assegnato in omaggio al «Spanische Kruidkemdige Sauraujo >: l'ultima parola in proposito la diede il Gilg il quale nella sua interessante monografia sulle Dilleniaceae entra in argomento sulla denominazione del Gen. Savrauia, facendo rilevare che nell'esem- plare autentico del Wildenow (Erb. Berlinese) il cartellino porta seritto per mano di questo autore il nome di Suurauia, per cui l'A. conclude che si debbano ripudiare le altre denominazioni in cui al posto del- l'« i> entra < j >. E probabile ohe ıl Gilg abbia pienamente ragio- ne; solo faeciamo osservare che la questione ë resa piü complessa dal fatto che nella copertina annessa all'esemplare del Willdenow torna a comparire il nome di Sauravja e così pure nelle incisioni illustranti la descrizione che della specie ci ha dato il Willdenow, le quali dovet- tero passar sotto gli oechi di questo autore. 2.) Principali caratteri del Gen. SaURAUIA Wild.— Alberi o frutici a fiori bianchi, rosei, gialli e di rado rossicei: rami adulti cilindrici, sol- eati, per lo più glabri, di rado molto rugosi: rami giovani e foglie in via di sviluppo coperti da villi od anco da sete talora squamiformi, ferru- ginee, giallastre, più di rado brunastre: non mancano però i peli tipici variamente lunghi, cenerognoli e quelli stellati, o infine; minuti cuscinetti pulverulenti: corteccia bruniccia, rossiccia o cenerognola, con una colora- zione più o meno sordida: foglie semplici, senza stipule, regolarmente sparse lungo i rami (diritti o genicolati ai nodi), oppure prevalentemente raccolte in cima agli stessi; piceiuolo sottile o robusto, breve o lungo, per lo più setoso, setoloso o pulverulento, brunieeio, leggermente seanalato dal lato superiore: lembo coriaceo, subcoriaceo, membranaceo o sottile, grande o mediocre, di rado piuttosto piccolo, ma con variazioni notevoli sia nella grandezza che nella forma negli esemplari di una stessa specie e talora in uno stesso esemplare! Forma del lembo per lo più ovale od obovata, talora lanceolata ovalare; margine per lo più serrulato den- tato, talora finamente denticolato, più di rado grossolanamente e dop- piamente serrato, oppure crenato crenulato, od intero: in qualche specie le serrature e dentature all’apice delle nervature maggiori sono più svi- luppate delle altre, e quasi sempre poi le accidentalità del bordo si ac- 114 LU1G1 BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO centuano verso l'apiee del lembo, ehe può esser dentieolato, serrulato dal mezzo iu su, integro alla base; denti e serrature per lo più sor- montate da un mucrone, o da seta diritta o curva, persistente o caduca; molte volte la sete interposte tra i denti simulano dentature minori: apiee del lembo per lo più acuto o terminato in punta più o meno lunga, di rado ottuso: base cuneiforme, acuta, spesso disimmetrica, talora alquanto decorrente, un pò più di rado ottusa, o fortemente arroton- data: pagina superiore del lembo quasi sempre più intensamente o di- versamente colorata dell’inferiore, nel maggior numero dei casi rosso- bruniceia, più di rado verdiceia o gialliccia, mentre l’inferiore è più pallida. Lembo di rado completamente glabro, malgrado che tale ven ga descritto assai spesso dagli autori; molto spesso invece coperto di rade o fitte sete, di mucroni, di cuscinetti pulverulenti o di peli sulle nervature prineipali (le quali appendici in mo te specie però ricoprono anche il parenchima interposto fra i nervi); quasi sempre la pagina su- periore è diversamente pelosa rispetto alla inferiore che il più delle vol- te ha un rivestimento più denso e fatto non solo di sete ma anche di. peli stellati o ramosi. In molte specie, troviamo le ascelle dei ner: i se- condari e qualche volta anche quelle dei nervi terziari, a la pagina in- feriore, barbate (peli bianco grigiastri), sia la foglia piùo meno glabra o viceversa pelosa sulla rimanente superficie. Il rivestimento di peli ab- bonda nelle foglie giovani e in moltissime specie persiste anche nelle foglie adulte, ma non infrequentemente cade parzia mente, o totalmente, per cui nor sempre le descrizioni degli autori comprendono tutte le mo- dalità reperibili in una data Specie. La forma di tricoma più diffusa è la seta a base più o meno dilatata, talora quasi squamiforme, oppure barbata. La lunghezza delle sete varia da esemplare a esemplare e più ancora da specie & specie per cui abbiamo distinto quelle brevi col di- minutivo: setule.Talora le sete e le setule sono barbate in tutta l'esten- sione. In questo caso se si riduce notevolmente il tricoma principale’ centrale la setula si trasforma in un muerone di forma stellata o in un pulvinulo o cuscinetto peloso. Sete, setule e mueroni sono quasi sempre rossieei o ferruginei, più di rado giallicci, mentre i pulvinuli o eusci- netti sono per lo più giallieei cenerognoli. Dato il singolare comporta-. mento del sistema pilifero alle Saurauia, ma più di tutto dato il gra-- - STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, 115 duale trapasso della seta nella setula, si sarebbe incorsi in grave errore qualora si fossero inglobate le forme brevi di seta nella categoria dei peli ordinari i quali sono pure presenti accanto alle setule e alle sete, per quanto non sempre riesca facile il distinguerlì da queste produzioni. I peli sono quasi sempre cenerognoli, bianchicci, stellati o ramosi e per lo più presenti alla pagina inferiore della foglia. I peli e le sete sviluppate danno una morbidezza speciale alla pagina che li porta (per lo più l’inferiore), mentre i mueroni, i eusei- netti pulverulenti e le sete corte o cortissime (visibili alla lente al pari dei mueroni e cuscinetti) tendono a rendere ruvida la parte (per lo più la pagina superiore) In qualche Specie si incontra una pulveralenza diffusa, visibile in particolar modo lungo i nervi principali, oppure la superficie del lembo appare, alla lente, granulosa. Nervature poco distinte alla pagina superiore, più o meno spor- genti sulla inferiore, in specie la costa che è talora robusta assai: Ner- vi secondarî in numero subcostante per ogni Specie, patenti od ob- bliqui, paralleli, o (di rado) a decorso irregolare, distanziati o appres- sati, spesso dieotomiei all'estremo libero e verso l'apiee fogliare: di- rezione dei nervi più o meno obliqua o perpendicolare alla costa, retti- linea, o eurvilinea a seconda della grandezza del lembo: nervi di terzo ordine per lo più appressati, ma spesso anche distanti gli uni dagli altri, fini, di rado nascosti dal tomento o so'o segnati da sete diver- samente colorate e sviluppate; gli stessi decorrenti, all'origine, perpen- dicolari a quelli secondari o un pò obliqui agli stessi, diritti o di irre- golarmente curvilinei ma risolventisi quasi sempre in reticolo nel mezzo del parenchima; nervi di quarto ordine formanti reticolo con quelli di terzo, o ben distinti da questi: ‘in qualche Specie dalla costa partono dei nervi di terzo ordine che si perdono nel mezzo del lembo: nerva- tura marginale formata dalla anastomosi dei nervi secondari, ma non sempre ben distinta. Infiorescenze per lo più isolate, ascellari o terminali, ampie, ra- mose, multiflore, a rami patenti o fastigiati, più lunghe delle foglie a queste subeguali, ma molte volte anche raggiungenti solo la metà del lembo in lunghezza: più di rado si hanno infiorescenze pauciflore, 116 LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO contratte in glomerulo,o brevissime.Peduncolo lungo o di medio sviluppo mai mancante, robusto o sottile. Ramificazioni terminanti il più delle volte apparentemente in dicasio o tricasio: quasi sempre le infiorescenze sono coperte di sete, setule, mucroni, peli, pulvinuli. Le sete abbondan sul peduncolo, gli altri tipi di tricomi si fanno più abbondanti, ma sempre più brevi, sui rami terminali. Quasi sempre in corrispondenza delle bi- foreazioni rameali si trova una brattea: questa è caduca o persistente, piccola, lineare, lanceolata, più di rado fogliforme, con picciuolo o senza, La brattee fogliaeee si incontrano come accidentalità in quasi tutte le specie, per cui è spesso dubbio se abbiano valore specifico, come taluni autori (Hemsley) vi attribuiscono. Spesso le brattee sono conerescenti eol ramo e perciò spostate dalla loro sede naturale, ed anco questo carattere ha servito per creare nuove specie. Nelle rami- ficazioni terminali le bratte sono ridotte e i pedicelli fiorali portano delle bratteole più o meno d seoste dal calice, più di rado a questo appressate (fiori subsessili). Non è improbabile che nel caso di fiori a 6 membri calicinali uno di questi non sia altro che una bratteola ad dossata al fiore come ta luogo nelle Teacee ed in altri tipi affini alle Dilleniacee. Le infioreseenze nelle specie asiatiche sono spesso impiantate sui vecchi rami (eaulifloria) il che non si riscontra che eccezionalmente . o forse accidentalmente in quelle americane. La caulifloria venne da uno di noi (1) messa in rapporto colle condizioni di umidità in cui vivo- no le piante e colla loro costituzione arcaica. Le piante arcaiche, per lo più già presenti nel Cretaceo, erano soggette a un clima molto umido, per cui la caulifloria doveva esser frequente servendo essa a tenere i fiori sotto il riparo del fogliame (v. in proposito anche le ricerche del Potonié). Or bene, questa costituzione morfologica si fissò nelle forme attuali, da quelle discendenti ed abitanti le regioni tropicali soggette a pioggie abbondanti (Malesia eee.) mentre scomparve dai tipi viventi in climi più secchi (regioni americane). Su questo argo- mento si dovrà però ritornare nel Capitolo riflettente la biologia delle Saurauia. (1) V. Buscalioni — La Caulifloria, Malpighia Vol. XXVIII. arcas r. gemeeten een A, d ff TUPEPEE TRES WË e ne STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 117 Le infiorescenze, a tipo cimoso, sono per lo più a pannocchia, o ra- cemo, o subeorimbose; non mancano tuttavia neppure le infiorescenze contratte quasi in glomeruli e faseieolate. Il Gilg appunto in base a questi caratteri distinse due tipi o gruppi di Nauwrauia: il primo rap- presentato dalle specie a infiorcseenze panicolate, il secondo da quelle a infiorescenze fascicolate; quest'ultime sono prevalentemente asiatiche. I fiori subsessili o più o meno lungamente pedicellati, di dimen- sioni discrete, raramente grandi (2,5-3 cent.) o piccolissimi, presentano un calice infero a 5 divisioni, libere, o sublibere, ımbrieate nel boc- cio, spesso persistenti ed accrescenti nel qual caso diventano un pò coriacee, Di rado si hanno 6 pezzi calieinari (v. sopra). I sepali sono per lo più diseguali acuti o subottusi, un pò coneavi (i maggiori) od anco subcarenati, membranosi spesso ai bordi. Di rado il calice è del tutto glabro (S. Noronhianae dell'Asia e della Malesia), per lo più lo è soltanto all'interno (S. Reinwaldiance dell'Asia e della Malesia). La pelosità dorsale varia a seconda della posizione del sepalo nel boccio: i due sepali esterni sono quasi sempre puberuli, tubercolati, mueronati, setcsi, villosi su tutta la faccia esterna, con maggior sviluppo del rive- stimento sulla parte mediana; due altri sono pelosi sulla linea mediana e subglabri ai lati, il quinto infine è glabro da un lato peloso dall’al- tro. La disuguale distribuzione del sistema pilifero dipende dal fatto che solo le parti scoperte nel boecio della faccia esterna dei sepali por- tano i peli. Frequentemente il margine è eigliato, mentre la faccia inter- na,anche nelle forme americane, può esser glabra, o viceversa parzial- mente o totalmente puberula. Le parti glabre sono spesso rossiccie negli esemplari d’Erbario. La corolla per lo più caduca ed ipogina, è quasi sempre più lunga del calice e talora molto di più. Essa consta di 5 petali alterni ai se- pali, imbricati nel boccio, quasi sempre un pò sa!dati alla base, ottusi, uguali fra loro, obovati, sottili, glabri o pelosi? (5 Veraguensis secondo Seemann). Ad eccezione di un solo caso i petali sono sempre presenti nei fiori unisessuali, mentre mancano mai in quelli ermafroditi. Variano colla grandezza del fiore e talora sono piccolissimi. In molte specie sonvi forme mierante e macrante. 118 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Stami ipogini inseriti sul toro o alla base della corolla in, due o piü ordini: essi sono in numero variabile (14-150), ma sempre piü numerosi dei pezzi eor»llini. In talune specie il numero oscilla a se- conda della natura del fiore, a seconda cioè che questo ha più tenden- za a sviluppare le caratteristiche femminili o quelle masehili.Maneano gli staminodi, ma spesso le antere o parte di queste sono atrofiche (fiori prevalentemente femminei). Gli stami sono quasi sempre inclusi, non oltrepassando le dimen- sioni del calice o della corolla; qualche volta si mostrano un pò sal- dati fra loro alla base, formando così un anello nel punto d’inserzione alla corolla, colla quale cadono I filamenti bianchicei, brunicei rossicei, rosei (nei fiori secchi) sono quasi sempre più lunghi delle antere, di rado subeguali: spesso poi si mostrano dilatati alla base, dove vi ha costantemente un fascio di peli lanugginosi ferruginei, o cenerognoli. Le antere versatili, mobili, incombenti, introrse, lineari o corte ed o- vali, di color giallieeio chiaro, o bruniccie rossiccie, costantemente bi- fide: esse si attaccano pel dorso al filamento (dorsi fisse). Il punto d’in- serzione, segnato spesso da un’area oscura, corrisponde al punto di se- parazione delle teche. La deiscenza avviene per un poro che si forma apparentemente all’ apice di ogni teca, ma che in realtà è basilare, poichè nel boccio le antere sono ripiegate ed estrorse e durante l’an- tesi si capovolgono diventando così intrors». Rarissima è l'apertura per mezzo di una rima laterale, mentre più frequente e lo slabbramento del poro. Ovario mancante o rudimentale nei fiori maschili, presente negli altri. Sinearpio a 5 (talora meno) loggie mostrante anche alla matu- rità, sotto forma di linee o solehi longitudinali, la sua struttura com- posta. L'ovario è impiantato sul toro ma libero, glabro, o di rado pe- loso, ovale od arrotondato, per lo più nericcio (nei fiori secchi) Esso contiene molti ovuli anatropi od obbliqui attaceati ad nn placentario centrale infossato e carnoso. Stili 5 (di rado 3-4-6) disgiunti fin dalla base, di rado un pò saldati fra loro, diritti od ineurvati, lunghi brevi o mediocri a seconda dei fiori, talora raccolti in colonna (stili brevi). Ogni stilo è sormontato da uno stigma puntiforme,o capitato, o subbi- lobo. Non mancano i casi in cui gli stili sono atrofiei. (Continua) ACCU MR pe o PROF. MICHELE CRAVERI Dottore in Chimica e Farmacia - Dottore in Sciénze naturali. PIANTE MEDICINALI OSSOLANE DELLE ANTICHE FARMACOPER Chiunque abbia un pò di pratica conoscenza della Materia medi- ca e della Farmacognosia sa che le Farmacopee moderne hanno sop- presso l’uso di molte piante medicinali a cui si attribuivano antica- mente meravigliose virtù terapeutiche e curative. In generale si può asserire che si venne man mano sostituendo all'uso empirieo di deco- zioni, infusi, cataplasmi e polveri di erbe medicinali quello più razio- nale dei loro principii attivi, in conseguenza del progresso delle scienze chimiche che insegnarono il modo di separare da molti vegetali le so- stanze di vera ed indiscussa azione terapeutica. Ho sott'occhio la “Pharmacopea SorToa,, del 1113 scritta in latino ed il “Codice farmaceutico militare,, del 1832 in cui sono elencati sotto il nome di Ma/eria medica « tutti i medicinali semplici ed aleuni eom- < posti dei quali, ancorchè d’ordinario non preparati dal Farmacista, < dovranno essere provviste le Farmacie Militari », Mentre ho la possibilità di confrontare il ricco erbario della Flora ossolana del Museo annesso al Collegio Mellerio-Rosmini di Domodos- sola, opera del defunto Prof. Stefano Rossi, sono in grado di stabilire quali delle piante usate anticamente in terapeutica crescono spontanea, mente o sono coltivate nelle valli dell'Ossola e cioè: Valli Formazza e Antigorio (alta valle del Toce); valle d’ Ossola inferiore (bassa valle del Toce); valle Divedro o del Sempione (della Diveria aftluente di destra del Toce); valle Bognanco (valle del Bogna .d. id.); valle An- trona (valle dell'Ovesea id.id.); valle Anzasea (¿alle dell'Anza id. id.); valle dell'Isorno (afluente di sinistra); valle Vigezzo (valle del Melezzo occidentale id. id.) Troppo lungo sarebbe il mio lavoro se volessi dare un cenno di 120 PROF. MICHELE CRAVERI tutte le piante medicinali ossolane, perchè io eredo di non allontanar- mi dal vero affermando che quasi tutte le piante le quali crescono in queste vallate delle Alpi Lepontine ebbero qualche applicazione pratica, come si può facilmente rilevare consultando gli antichi ricettari ga- lenici. (1) Mi limiterò quindi a passare in rassegna quelle sustanze vegetali che sono contemplate nel Codice farmaceutico militare del 1832 per gli stati del Re di Sardegna. 1. ACONITUM NAPELLUS, Linn, (Aconito napello, fam. Ranunculacee) Cresce nei luoghi umidi, boschivi dei luoghi alquanto elevati; abbastan- za raro.Valle Anzasca, boschetto di Formalé (Val Quarazza); fiorisce in estate. È prescritto l’uso di tutta la pianta erbacea che ha proprietà nar- cotiche dovute all'alealoide aconitina, la cui azione si esplica special- mente sul sistema nervoso. È veleno potente, ma a piccole dosi au- menta la frequenza del polso e l’attività delle secrezioni cutanee e re- nali; era usato contro i reumi cronici, la gotta, la sifilide costituzionale, la paralisi, l'amaurosi, e le affezioni cancercse, oltre che nelle idro- pisie passive e nella tisi polmonare. Si somministrava sotto forma dei seguenti preparati galenici: polvere, infuso, estratto aequoso, estratto aleoolieo, alcolaturo, tintura eterea, saccaruro. [Confronta Farm. Uff.le Aconiti tubera | Vegeta nell'Ossola anche l'Aconitum anthora, Linn. (Aconito sa- lutifero) assai raro sulle rupi della val Bognanco; fiorisce in estate. La radice di questa pianta, meno velonosa delle altre specie, fu usata co- me contravveleno degli Aconiti e dei Ranuncali. 2. ALTHOEA OFFICINALIS, Linn. (Altea, Fam. Malvacee), coltivata nei giardini e qualche volta spontanea lungo i torrenti; fiorisce da Giugno ad Agosto. Sono officinali le foglie e le radici dotate di proprietà emollienti per la mucilagine che contengono. Si usava l'Altea per via gastrica (1) Ho consultato a tal uopo anche l’antica Farmacologia del Dorvault e la **Far- macopea italiana ossia Dizionario popolare di Farmacia e terapeutica ecc.,, compilato sotto la direzione del Prof. Giuseppe Gallo (Torino, Carlo Coppa e C.ia edit.. senza data), € la Farmacopea Ufficiale del Regno d’Italia. RETRO Mem a Ce SD UU ENDS oss E AM: FAR, T n uM EE cU EK SE em PIANTE MEDICINALI OSSOLANE DELLE ANTICHE FARMACOPEE 121 sotto forma d'infuso o di macerato nelle malattie di petto, nella rau- cedine, nelle affezioni catarrali, nella pleurite ed anche nella blenor- ragia; per uso esterno sotto forma di decotto nelle oftalmie, risipole, bruciore, ecc. Si usa anche oggidi l'Altea oltre che in infuso e deco- zione anche sotto forma di sciroppo, di cataplasma e per iniezione, per clistere, per gargarismo. La polvere di Altea serve da eccipiente a di- versi elettuari e masse pillolari; anche i fiori venivano usati sotto for- ma di infuso. (Cfr. F. U.: A/theae radia]. Ha proprietà terapeutiche analoghe V’ A/thoea rosea Linn. Coltivata nei giardini ed orti dovunque; fiorisce in Luglio-Agosto. 9. ANGELICA ARCHANGELICA, Linn. (Angelica, Fam.Ombrellifere). Cre- sce nei prati umidi in val Bognanco, fiorisce in estate. Ha virtù eccitante e stomatica; si prescrivono le radici sotto forma d’infuso ed i semi che en'rano in varî preparati galenici. L'Angelica sylvestris, Linn. frequente lungo gli acquedotti in Val Vigezzo, Bognanco, ecc. fiorisce in Luglio-Agosto. La sua radice so- stituita qualche volta alla precedente è però meno odorosa e meno attiva. 4) ARNICA MONTANA, Linn, (Arnica, Fam. Composite). Volgarissima nei pascoli in tutti i monti dell'Ossola; fiorisce in Giugno-Luglio. Si usano le foglie, i fiori e le radici. I preparati dei fiori d’ Ar- nica (polvere, infuso, estratto alcoolico, tintura) sono stimolanti ener- gici del sistema nervoso e venivano somministrati internamente per combattere gli effetti della commozione cerebrale in seguito a contu- sioni, oltre che nell'astenia, gotta, dolori reumatiei e paralisia. P. u. est. si usa la tintura come risolvente, eccitante, atiemorroidale. A dosi alte i fiori d'arniea sono emetiei. La polvere della radice era racco- mandata nella dissenteria e nella quartana, ed esternamente nelle ul- ceri maligne e nelle cancrene; la polvere delle foglie è starnutatoria. [Cfr. F. U.: Arnicae flores et rizoma]. : D. ARTHEMISIA ABSINTHIUM, Linn. (Assenzio comune o grande As- senzio, Assenzio romano, fam. Composite). Trovasi nei luoghi aridi e fra le rocce del M. Calvario (Domodossola) ed al Sempione; fiorisce in Luglio-Agosto. È prescritta tutta la pianta erbacea che ha proprietà toniche, sti- 122 PROF. MICHELE CRAVERI molanti energiche, oltre ad essere un medicamento vermifugo, emme- nagogo e febbrifugo. si usava in polvere, in infuso aequoso o vinoso; il sugo d'assenzio era consigliato nella dispepsia o diffieili digestioni, nelle febbri intermittenti, nella itterizia e nelle malattie verminose. P. u. est. Si facevano fomenti di Assenzio e cataplasmi come eccitanti e risolutivi, Anche oggidi viene usato nella preparazione di molti li- quori. [Cfr. F. U.: Absinthii folia et summ 'tates]. L’ A-thenisia vu'garis, Linn. è comune anche in queste valli lungo gli stradali, nei luoghi incolti, nei campi, eee. Ha proprietà analoghe all'Assenzio pure essendo meno amara, e ne venivano usate le som- mità fiorite come emmenagoghe ed antisteriche sotto forma d’infuso, di polvere o di estratto: i preparati delle radici d'Artemisia volgare furono anche usati eontro l'epilessia. 6. ATROPA BELLADONNA, Linn. (Belladonna, Fam. Solanacee) Cre- sce nei boschi ombrosi in valle Antrona e valle Anzasea, ma é piut- tosto rara; fiorisee in estate. Il Cod. farm. militare prescrive le foglie, ma vennero usate anche le radici e tutta la pianta erbacea. L’azione narcotica e vasculo car- diaca della Belladonna è dovuta all’atropina, alcaloide velenosissimo, per cui si usa anche oggigiorno nelle affezioni del sistema nervoso quali la paralisi, le nevralgie della faccia, gli spasimi, la tosse ner- vosa, ecc.; si impiega pure nella pratica oftalmoiatrica grazie alla sua proprietà di dilatare la pupilla, e finalmente la corteccia della radice venne raccomandata contro la tosse asinina. I principali preparati galenici di Belladonna sono la polvere delle foglie e della corteccia della radice, l'estratto alcoolico, l'estratto ac- quoso in pillole od in pozione, la tintura aleooliea in pozione, il sei- roppo. P. u.est. si impiegava sotto forma di empiastro, collirio, pomata, glicerolato, olio, infuso, ed entra nella composizione del famoso bal- samo tranquillo. Venne adoperata la Belladonna anche in fumigazioni od in sigari contro la tubercolosi polmonare. [Cfr. F. U.: Belladonnae folia ]. T) MATRICARIA CHAMOMILLA, Linn. (Camomilla comune, Fam. Com- posite). È volgarissima negli orti. nei ruderi, e presso le case rustiche fiorisce dalla primavera all'autunno. PIANTE MEDICINALI OSSOLANE DELLE ANTICHE FARMACOPEE 193 Tutta la pianta erbacea od i soli fiori erano e sono usati per la loro azione antipasmodica e stomatiea nell'isteria e nelle affezioni ner- vose sotto forma di fumigazioni, di infuso, decozione, idrolato, seirop- po, e l'estratto acquoso di Camomilla serve come eccipiente di masse pillolari. [Cfr F. U.: Ch :m»mil'ae communis et romanae flores]. 8) CICHORIUM INTYBUS, Linn. (Cicoria Fam. Composite) Trovasi in tutta l’Ossola nei luoghi incolti dei colli; fiorisce in estate ed autunno. Si usavano in medicina le foglie e le radici come amaro depura- tivo, sotto forma di infuso, estratto, sugo depurato, sciroppo semplice e sciroppo composto. [Cfr. F. U.: Cichorii folia et radia]. 9) CoNIUM MACULATUM, Linn. (Cicuta maggiore o comune o ma- culata, Fam. Ombrellifere) Vegeta nei luoghi sterili ed è un veleno narcotico acre per l'alealoide coniina o cicutina contenuto in tutta la pianta. Il citato Cod. farm. militare prescrive l’uso delle foglie, ma pare che i semi siano anche più attivi. Le virtù medicinali della Cicuta e- rano note fin dal tempo di Ippocrate ed essa venne usata nelle afte- zioni cancrenose, negli ingorghi, nel rachitismo, nelle serofole e nei residui sifilitici; era raccomandata anche contro l’asma, la tisi polmo- nare, la tosse ferina, il priapismo ed altre malattie nervose. La Cicuta si somministrava pervia gastrica in polvere, estratto ac- quoso, estratto aleoolico, alcolaturo, tintura eteres; p. u. est. sotto forma di questi preparati ed inoltre come decotto, olio, pomata empiastro, veniva usata nelle ostruzioni del fegato e della milza, negli induri. menti ghiandolari non sostenuti da flogosi ed in quelli del bassoventre, nei sèirri. nelle serofole, nel cancro delle mammelle e dell'utero, nelle affezioni sifilitiche associata al mercurio, nelle affezioni reumatiche got- tose, nelle dermatiti acute e croniche, eee. Vennero usate in medicina anche le pillole cicutate, l'etere cicutato ed il balsamo cicutato o di conicina preparati coi semi della Cicuta maggiore. Vegeta negli orti ed è frequente in tutta l'Ossola anche l Aethusa cynapium Linn. (Cicuta minore) che fiorisce in estate, ma non ha ri- cevuto applicazioni terapeutiche, mentre nell'Erbario della Flora osso- lana sopra citato non figura la Cicuta virosa, Linn. (Cicuta aglina o 124 PROF. MICHELE CRAVERI Cicuta acquatica) che anticamente serviva agli stessi usi della Cicuta maggiore. 10) CvNocLossuM OFFICINALE, Linn. (Cinoglossa, Fam. Borraginee). È volgare nei luoghi aridi, incolti, presso le case e lungo i sentieri anche nei dintorni ni Domodossola. Sono officinali le radici che si usavano come anodine, antidiar- reiche ed emollienti, sotto forma di pillole. 11) ALLIUM CEPA, Linn. (Cipolla, Fam. Liliacee) Coltivata; fiorisce da Giugno a Luglio. Si usavano, specialmente nella medicina popolare, i preparati del- le cipolle erude per le loro virtù eccitanti e diuretiehe, oppure cotte come emollienti e risolutivi. 12) NASTURTIUM OFFICINALE, R. Br. (Crescione, Fam. Crocifere), Ve- geta presso le fontane, le gronde, e nei luoghi freschi paludosi; fiorisce in estate. Tutta la pianta erbacea fresca serviva a preparare il sugo, il sei- roppo, l'olio volatile, la tintura p. u. est. e cataplasmi con la pianta contusa. Si usava nelle malattie croniche per combattere l’atonia degli organi digestivi, come stimolante nello scorbuto, serofole rachitismo; come diuretico nell’idropisia, nelle malattie delle vie urinarie, nei cal- coli, applicato ìn cataplasma sulle ulceri scorbutiche, serofolose, ecc. Può essere sostituito dagli altri Crescioni de$ generi Nasturtium e Sisymbrium quali il Nasturtium palustre, D. C. (Ro ‘ipa nasturtioides, Spach.) che vegeta negli stagni e luoghi paludosi presso Ornavasso; non comune, fiorisce in estate; N. sy/vestre R. Bn. che cresce sui mar- gini dei ruscelli e nelle sabbie umide al Sempione, e fiorisce in Luglio- Agosto; N. pyrenaicum, B. Br. ecc; Sisymbrium pinnatifidum D.C. che si trova presso le fontane nei luoghi elevati (Gagliardi) e fiorisce in estate; S. alliaria, Scop. (Alliaria officinalis, Andr.) volgare nelle siepi e luoghi ombrosi, boschivi, fiorisce in Aprile-Maggio; S. officinale Scop. (Erysimum, Linn.) volgare nelle strade e nei luoghi erbosi, fio- risce in Maggio Giugno; S. acutangulum D. C., var. Aust -iacum, D. C. che cresce nei luoghi elevati del M. Rosa e fiorisce in primavera. 13). DIGITALIS PURPUREA, Linn. (Digitale, Fam. Serofulariacee). Tro: CN KDE 4 TRETEN ae PIANTE MEDICINALI OSSOLANE DELLE ANTICHE FARMACOPEE 125 vasi in val Segnara di Calasca (Ing Belli) sulle rupi di Cimamulera (Biroli); fiorisce in estate. Sono prescritte le foglie che contengono diversi alealoidi: digita- lina, digitonina, digitorina ecc. la cui azione però non è ancora sicu- ra come quella dei preparati diretti della pianta, e perciò anche oggidi si usano i suddetti preparati galenici che sono la polvere, l'infuso, l'e- stratto alcoolico. La digitale è conosciuta come rimedio eroico nelle malattie di cuore, per cui viene usata come calmante nelle palpitazioni e negli aneurismi del cuore e dei grossi tronchi vascolari. Si usava anche come diuretico nelle malattie di cuore, nelle malattie renali, nel e idropisie; come an- tidiaforetieo nelle febbri e nelle flegmasie febbrili; come antipiretico nelle febbri tifoidi; come antiflogistico nelle flegmasie toraciche, nel reumatismo articolare acuto, nella pneumonia, nell’ etisia polmonare; come emostatico nell'emottisi, nell'apoplessia polmonare. A dosi elevate è un veleno potentissimo, ed anche nella pratica medica va usata con molta prudenza. Per ottenere effetti diuretici si usarono anche PERE smi di foglie fresche. [Cfr. F. U.: Digitalis folia]. Hanno azione terapeutica press’apoco analoga, quantunque meno efficaci, la Digitalis lutea, Linn. (parviflora, All.) che vegeta nei boschi della val Segnara di Calasca (Gagliardi ed Ing. Belli) e fiorisce in e- state, e la D. ambigua, Murr. (grandiflora All.) copiosa nei boschi della val Bognanco che fiorisce in estate. 14) SOLANUM DULCAMARA, Linn. (Duleamara, Fam. Sulanacee). E comune nelle siepi e nei boschi, fiorisce in estate. Le radici e gli stipiti si usavano in medicina per la loro azione depurativa, diaforetica e diuretica nella cura della sifilide, amenorrea, itterizia, leucorrea, ingorghi ghiandolari delle mammelle, ece. sotto forma di decotto, sciroppo ed estratto. 15). NEPHRODIUM FILIX MAS, Presl. (Felee maschio, Fam. Felei). Vol- gare nei luoghi selvatici, montuosi in tutta l'Ossola. È officinale il rizoma come antielmintico contro la Tenia solium da somministrarsi in polvere, decotto, tintura eterea, estratto. [Cfr. F. U.: Filicis maris rhizoma]. 126 PROF. MICHELE CRAVERI 16) ANHETUM FOENICULUM, Linn. (Finocchio, Fam. Ombrellifere) Coltivato negli orti. Sono prescritte le radici che entravano nella composizione del sci- roppo delle cinque radici aperitive, la pianta erbacea che ha virtù car- minative e diuretiche, ed i semi al cui idrolato si attribuiva un’azione eccitante ed afrosidiaca. [Cfr. F. U.: Foeniculi fructus et radix]. 17) FUMARIA OFFICINALIS, Linn. (Fumaria, Fam. Fumariacee). Cresce sui margini dei campi e luoghi coltivati; fiorisce in estate. Si usava tutta la pianta erbacea, che ha proprietà toniche e de- purative, sotto forma di sugo, di sciroppo, di estratto e di infuso nelle malattie della pelle e nell’itterizia. 18) GENTIANA LUTEA, Linn. (Genziana grande o gialla, Fam. Gen- zianacee).. Trovasi nei boschi di Rosereccio presso Macugnaga (Ing. Belli) ed al Moncuceo (Gagliardi). š Sono preseritte le radiei ehe contengono essenzialmente un prin- cipio amaro e la genzianina sostanza tannica da cui deriva l’azione stomachica, tonica e febbrifuga. Si usa anche oggidi in medicina, ed i suoi principali preparati galenici sono l’infuso, il sciroppo, l’estratto, il vino, la tintura alcoolica e la polvere (antigottosa, eee.) (Cfr. F. U.: Gentianae radix]. Furono adoperate come toniche e febbrifughe anche la Gentiana purpurea, Linn. che sitrova nei pascoli del Moncucco (Gagliardi), nei boschi di Rosereccio (Belli), al Sempione (Favre) e fiorisce in estate; la G. cruciata dei prati alpini e boschivi di val Vigezzo (Gagliardi) che fiorisce pure in estate. La G. acaulis Linn (Genzianella) copio- sissima nei prati e pascoli non molto elevati, si trova colla varietà angustifolia, Vill. ed excisa, Presl, nei pascoli del monte S. Bernardo; ha proprietà stomachiche ed antifebbrili in tutta ia pianta e special mente nelle foglie che si somminisirano sotto forma di infuso e di tintura. Alla stessa famiglia delle Genzianaeee appartiene P Erythraea centaurium, Pers. (Centaurea minore) che gode pure di virtù tonica,sto- matica e febbrifuga; vegeta nei prati umidi del Monte Calvario, a Vagna presso le fontane, e fiorisce da Maggio a tutto l’estate. Si som- ministrava in polvere od in infuso, | Bee Ee a NP Sh na rU ME E. PIANTE MBDICINAL1 OSSOLANE DELLE ANTICHE FARMACOPEE 121 19) SAROTHAMNUS scoparius, Koch (—Spartium scoparium, Wild) (Ginestra, Fam. Papilionacee) Volgarissima nei pascolirocciosi, fiorisce in Luglio-Agosto. La sommità della pianta erbacea ed i fiori erano usati in medi. cina, come pure la Genista tinctoria, Linn. delia medesima famiglia, volgare sui colli apriei o sul margine dei boschi in tutta l'Ossola, per le loro proprietà diuretiche e purganti, sutto forma di decotto. 20) JUNIPERUS COMMUNIS, Linn. (Ginepro, Fam Conifere.) Comune nei boschi e fra le rupi dell’Ossola, fiorisce da Marzo a Maggio. Sono medicinali le bacche dotate di proprietà aromatiche e sti- molanti; si usavano in suffumigazioni contro il reumatismo; sotto forma di estratto o rob, di conserva e di infuso le bacche erano raccoman- date come rimedio tonico e diuretico. Anche alle sommità fiorite ed al legno di Ginepro si attribuivano proprietà diaforetiche e diuretiche, per cui furono usati in decotto contro le affezioni reumatiche, ed uni- tamente alla Salsapariglia contro la sifilide. [ Cfr. F. U.: Juniperi fructus. 21) Prunus cerasus, Linn. (Ciliegio Fam. Amigdalacee) Coltivato e spontaneo nei prati, nei campi e presso le siepi dal piano fino a 2000 m. circa di altitudine. Se ne usava la gomma per fare mucilaggini. 22) TRITICUM VULGARE, Vill. (Frumento, Fam. Graminacee) Coltivato. Il Cod. Farm. Milit prescrive i semi(cariossidi) e la farina che si usava in cataplasmi emollienti, in decotto contro la tosse e la diarrea, come eccipiente pillo'are e come antidoto dei sali minerali. 23) GRATIOLA OFFICINALIS, Liun. (Graziola, Fam. Serofulariacee. È frequente nei prati umidi o lungo i ruscelli, presso il M. Calvario, nei prati di Prezlia, eee; fiorisce in primavera ed estate. È prescritta tutta la pianta erbacea che si usava per le energiche proprietà purganti comuni anche alla radice. 24) Hyoscyamus nicer, Linn. (Giusquiamo, Fam. Solanacee). Cre- sce presso le case, ma è piuttosto raro nel/'Ossola; fiorisce da Maggio a tutto estate. Sono prescritte la pianta erbacea ed i semi che contengono l’al- caloide giwsquiamina dotato di proprietà narcotiche e perciò usati co- me calmante; i semi sono di azione più energica delle foglie, e queste *. 128 DOTT. MICHELE CRAVERI sono piü energiche delle radiei. Si somministrava sotto forma di pol- vere, di infuso, di estratto acquoso ed alcoolico, di tintura a'coolica e di pillole. P. u. est. il Giusquiamo entra nella composizione di olii, pomate, linimeuti ed empiastri contro e affezioni nevralgiche. |Cfr. F, U.: Hyosciami folia]. Il Hyoscyamus albus, Linn. dotato delle stesse proprietà dell’ H. niger quantunque meno energiche, non compare nell’Erbario del Col legio Rosmini. 25) PRUNUS LAUROCERASUS, Linn. (Lauroceraso, Fam. Amigdalacce), È coltivato e quasi naturalizzato în molti luoghi dell’Ossola; fiorisce in primavera. Le foglie contengono il glucoside amigdalina ed emulsina e di- stillate in presenza di acqua danno aldeide benzyica, glucosio ed acido cianidrico. Si usava l'infuso che ha proprie:à antispasmodiche, calmanti, narcotiche e deprimenti, e l'idrolato prescritto anche oggidi sotto il nome di acqua coobata di lauroceraso. P. u. est. si preparavano po- mate con l'idrolato e con l'essenza per medicare le scottature ed i can- eri uleerati. [Cfr. F. U.: Laurocerasi folia]. 26) LICHEN rsLANDICUS, Linn. (Lichene islandieo, Fam. Licheni). È comune sulle rupi dell'Ossola. La gelatina preparata per soluzione del Liehene in aequa ealda era celebrata per le sue virtù nutrienti e toniche e consigliata nelle bronchiti croniche, nell'etisia polmonare, nella dissenteria. Il lichen pre- parato (dopo separazione del principio amaro o cetrarina per mezzo di ripetuti lavaggi), diventa dolcificante e nutritivo, ed è ancora usato in forma di decotto, gelatina, saccaroleo, pasta, tavolette, sciroppo, ecc. [Cfr. F. U.: Lichen islandicus). 27) MALVA ROTUNDIFOLIA. Linn. (Malva, Fam. Malvacee) Trovasi negli orti, lungo le strade e presso gli abitati nei luoghi secchi; fiori- sce in estate. Sono prescritti i fiori, le foglie e le radici di questa pianta e del- la Malva sylvestris, Linn, che cresce nei prati asciutti, nei luoghi in- colti e lungo le strade in tutta l'Ossola, e fiorisce da Maggio a Luglio. Il decotto emolliente preparato specialmente colle foglie si usava per clisteri e bagni; l’infuso dei fiori nelle irritazioni degli organi re- DUM, Ux AS ALONE EE pon er PIANTE MBDICINALI OSSOLANE DELLE ANTICHE FARMACOPEE 129 spiratori e digestivi. Il residuo delle decozioni serviva a preparare ca- taplasmi emollienti. [Cf. F. U.: Maleae flores et folia.) 28) IuGLANs REGIA, Linn. (Noce, Fam. Iuglandee). È coltivato qui nel piano e fino a 1000 m. circa d’altitudine. Si usava l'olio come lassativo per via gastrica ed in clisteri, e per preparare emulsioni, linimenti, saponi medicinali, cerotti. ecc. p. u. est. 29) ULMUS campestris, Linn. (Olmo piramidale, Fam. Ulmacee). Forma boschi e siepi nella regione della quercia,; fiorisce da Febbraio ad Aprile. È prescritta la corteccia dei rami giovani che è mucilagginosa, amara, astringente. Si usava sotto forma di decotto, di estratto, di pol- vere nelle malattie croniche della pelle, contro lo scorbuto, le scrofole e l’artritide. Cresce qui colla specie sul M. Calvario la var. suberosa, Ehrh. 30) OLEA EUROPAEA, Linn. (Olivo, Fam. Oleacee). Vegeta sul monte Calvario ed a Calice dove fiorisce in Giugno e qualche rara volta dà frutti immaturi. L'olio ha la stesse applicazioni di quello di noce (Vedi). [Cfr. F. U‘: Oleum olivarum]. 31) HORDEDUM VULGARE (Orzo, Fam. Graminacee). Coltivato, fiori- sce in Maggio-Giugno. Sono medieinali i semi (cariossidi) che in forma di decotto erano im- piegati come tisana rinfrescante nelle malattie infiammatorie; la pol- vere e la birra di malto vennero raccomandate nella dispepsia, nell'e- tisia quali stomachiche e ricostituenti. 32) PAPAVER SONNIFERUM, Linn. (Papavero bianco, Fam. Papavera- cee). É coltivato e reso anche spontaneo negli orti; fiorisce in Giugno- Luglio. Sono medicinali la capsula immatura, i semi, la gommo resina ed il sugo condensato (oppio). Le capsule o teste di papavero si impiega- vano per farne decotti calmanti e soporiferi ed il sciroppo detto dia- codio. Si utilizza anche oggidi l’azione dell'oppio dovuta agli alealoidi morfina, codeina, narcotina, meconina, teba/na ecc. donde le sue pro- priesà soporifere, eccitanti e tossiche. Si somministra sotto forma di 130 PROF MICHELE CRAVERI estratto, pillole, pozione, seiroppo, ed entra nella eomposizioue di mol- ti preparati galeniei come il laudano, la polvere del Dower, ecc. [Cfr. F. U.: Opium |. 33) PINUS SYLVESTRIS, Linn. (Pino selvatico, Fam. Conifere). Cre- sce nei luoghi aridi, bosehivi da 300 a 2000 m. d'altitudine in tutta l'Ossola; fiorisce da Aprile a Giugno. Ë medicinale la resina o ragia di pino. Si usarono anche le o- stremità dei rami giovani in deeozione od infusione come eccitanti, bechiche, antiscorbutiche e diuretiche, oltre all'acqua aromatica, alle: stratto ed al sciroppo preparati colle gemme. La essenza di pino (od acqua resinosa balsamica o balsamo di pino od olio essenziale di legno) veniva applicata come bagno balsamico nella cura della gotta e dei reumatismi, somministrata sotto forma di perle o capsule, o serviva per inalazione nelle affezioni delle vie respiratorie, od in frizioni sot- to forma di pomate. La colofo.iia o pece gre:a ottenuta per distillazione della tereben- tina entra nella composizione di molti empiastri, unguenti e saponi p. u. est. La ragia di. pino o galipot che cola dalle incisioni del tronco da’ per distillazione Volio di raze od aqua ragia. |Cfr. F. U.: Pini gem- mae |. 34) Prxus PICEA, Linn. (Pino, Fam. Conifere). È copioso in Val Bognanco, Vigezzo e Divedro. Si utilizza la resina o pece di Borgogna che entra nella compo- sizione dì diversi empiastri o cerotti cosparsi di polvere di cantaridi come vescicatorio. [Cfr. F. V.: Pix burgund:ca]. 35) Pinus LARIX. Linn, (Lariee, Fam. Conifere). Cresce nei Kasel e boschida 2000 a 2500 m.; eopioso nelle valli Bognanco e Vigezzo. È prescritta la trementina usata come stimolante, diuretico, deter- sivo. Venne raccomandata nelle affezioni delle vie urinarie, nei catarri bronchiali e come cicatrizzante di leggere ferite. [Cfr. F. U.: Pin- gemmae |. Vegetano nell'Ossola anche le seguenti Conifere i cui prodotti hen- no proprietà analoghe ai precedenti: Pinus pinea, Linn. eoltivata al m. Calvario nell’interno del Castello, fiorisce in Aprile-maggio; P. mon- tana, Duroi, al Sempione e in val Formazza; P. abies, Linn., nei bo- PIANTE MEDICINALI OSSOLANE DELLE ANTICHE FARMACOPEE 131 schi fino a 2000 m. eirea, forma estese e fittissime foreste iu Val Vigezzo. 36) PLANTAGO MAJOR, Linn. (Piantaggine, Fam. Plantaginee). Ve- geta nei luoghi erbosi, lungo le vie, dal piano fino all'altezza del Sem- pione; fiorisce da Maggio a Luglio. È officinale tutta la pianta erbacea che fu usata come rimedio contro le emorragie ed i vomiti, come vulneraria e propria a guarire la tisi; se ne preparava anche un idrolato usato come collirio. Si trova qui colla specie la var. intermedia Gillb. Le altre spe- cle comuni nell'Ossola non sono medicinali. 37) Prunus DOMESTICA, Linn. (Pruno damasceno, Fam. Amigdala- cee). Coltivato; fiorisce in Marzo-Aprile. Sono officinali i frutti che sotto forma di polpa o di conserva si usano ancora per la loro azione leggermente lassativa nelle infiamma- zioni ed affezioni acute. Veniva pure usato il decotto solo o come vei- colo di soluzione della manna, dei principii purgativi della senna eee. 38) Quercus ROBUR, Linn Quercia, Fam. Cupulifere). Vegeta nei boschi del piano o poco elevati: fiorisce in Aprile Maggio É medicinale la corteccia dotata di proprietà toniche ed astrin- genti; venne raccomandata come febbrifuga sotto il nome di china fran- rese. Sì usava internamente sotto forma di estratto contro la dissente- ria, l'emottisi, e l’etisia; p. u. est. si impiegava in polvere ed in de- cotto contro le piaghe, canerena, gli ingorghi e le ulceri serofolose, i bitorzoli. Si usava anche in gargırismo nell'angina cronica e nella cancrenosa, in iniezione nella leucorrea, in bagni ai bambini nelle feb- bri intermittenti; si sommistrava pure sotto forma di estratto acquoso o di vino di corteccia di quercia. Anche le ghiande furono usate in medicina per le loro proprietà amare e toniche analogamente alla cor- teccia e come surrogato del caffè. La var. pedunculata W. forma boschi verso il Lago maggiore. 39 Rosa GALLICA, Linn (Rosa domestica, Fam. Rosacee) Coltivata. Sono officinali i fiori i cui petali erano considerati come astrin- genti, amari e tonlei. Si usavano sotto forma di iniezione nella leu- correa e blenorrea, di elistere nella diarrea, di collirio nella oftalmia, di gargarismo nella laringite leggera, di lozione nelle uleeri atoniche» di tisana nella dissenteria cronica, diarrea, emottisi, etisia polmonare- 182 PROF. MICHELE CRAVERI Altri preparati galeniei sono la conserva di rose che ha proprietà a- stringenti, per cui veniva usata nelle diarree sierose, nell'atonia dige- stiva; la polvere, l'infuso p. u. int. ed est. il miele rosato, il vino e l’aceto rosato. [Ctr. F. U.: Rosae rubrae petala]. 40) Rosa CENTIFOLIA, Linn. (Rosa incarnata, Fam. Rosacee). Col- tivata. Sono preseritti i bottoni o gemme fiorifere che servivano a pre- parare un idrolato usate per collirio, un aleoolato, un sciroppo lassa- tivo leggero per i bambini, oltre all'essenza, l'olio, l'unguento e la po- mata di rose. È officinale anche la Rosa canina (Rosa selvatica) che nell’Ossola è abbastanza frequente nelle siepi e fiorisce in Maggio-Giugno, ed i cui frutti o cinorrodi ben maturi servivano a preparare una conser a usata come astringente. 41) ROSMARINUS OFFICINALIS. Linn. (Rosmarino, Fam. Labiate). È colt'vato dal piano di Domodossola fino all'altezza di circa 2000 m. e fiorisce da Marzo fino all’autunno. Sono officinali la parte erbacea della pianta ed i fiori con i ca- liei. Come stimolante, stomachico, emmenagogo era usato nell'atonia dello stomaco, nella dispepsia non infiammatoria, elorosi, serofola, af- fezioni nervose od isteriche, febbri tifoidee adinamiche, paralisi. asma e eatarri eroniei, Si usava la decozione delle foglie per lavare le pia- ghe cancrenose, in bagni aromattei nei reumatismi articolari, in bagni fortificanti per i bambini, in fomenti sui tumori freddi. Per via ga- strica si somministrava l’infuso, l'aleoolato e l'essenza, e p. u. est. in frizioni l'essenza mescolata con olio di olive. Il Rosmarino entra nella composizione del balsamo tranquillo, del balsamo o podeldoch, dell’aceto dei quattro ladri ed in altri preparati galeniei. [Cfr. F. U.: Rosma- rini folia |. 42) SAMBUCUS NIGRA, Linn. (Sambuco, Fam. Caprifogliacee). È fre- quente alle siepi e tra le macerie, fiorisce, in Aprile-Maggio. Sono pri scritte la corteccia interna, i fiori, le foglie e le bacche. La corteccia della radice serviva a preparare un sugo prescritto come emetico-catartico contro l’ ascite; il sugo della corteccia interna (o li- bro) del fusto e dei rami si usava come purgante puro od in forma PIANTE MEDICINALI OSSOLANE DELLE ANTICHE FARMACOPEE 133 di vino, specialmente raccomandato nell'idropisia e nelle accamulazioni sierose. Il decotto delle foglie è un purgante leggero di uso popolare, ma meno efficace del sugo; le foglie soppeste si adoperavano contro le emorro'di e le scottature. I fiori sono emetiei. catartici ed il loro idrolato si usava per collirio, l'infuso era impiegato come diaforetico per rieccitare la traspirazione cutanea e per combattere i brividi del- la febbre; si prescrivevano pure in fomenti contro le imfiammazionj superficiali della pelle, foruncoli e risipola, ed in decotto come pedi- luvio contro la gotta. Il sugo delle bacche evaporato a consistenza co- stituisce il rob di Sambuco sudorifico e purgativo. [Cfr. F. U.: Sam- buci flores et fructus]. Anche il Samdurus ebulus, Linn. (Ebolo) volgare nei prati e bo- schi umidi in tutta Ossola che fiorisce in Aprile-Maggio, venne im- piegato in medicina per le proprietà emetiche e diuretiche della ra- dice, e diuretiche diaforetiche dei tiori; le foglie si applicavano ester- namente contro gli edemi e le risipole. 43) TEUCRIUM SCORDIUM, Linn. (Seordio, erba aglio, erba querciola, Fam. Labiate). Cresce nei luoghi umidi, ombrosi della Val Vigezzo e nei dintorni di Crodo; fiorisce in Agosto. Si usava tutta la pianta erbacea fiorita che è giudicata stimo- lante per l'amaro che contiene. Era prescritta nell’ atonia digestiva, nella debolezza generale, come carminativ. diuretica, antielmintica, an- tiseorbutiea; fu pure vantata nella discrasia e nelle cachessie. Si som- ministrava p. u. est. in forma di lozioni, fomenti, ed in polvere sulle u'ceri canerenose; internamente si usava l’infusione, il sugo, l’idrolato, il sciroppo, l'estratto, la tintura, l’elettunrio. ece. 44) SECALE CEREALE, Linn. (3ega'a, F. Gram nacce). Coltivata do- vunque nell’Ossola. Sono officinali i semi e `a farina per gli stessi usi del frumento (Vedi). | 45) Sınarıs NIGRA, Linn. (Senapa, Fam Crocifere). Coltivata e spon- tanea in molti luoghi dell'Ossola. Era usata la farina dei semi come stimolance, antiscorbutica. pur- gativa per via gastrica, e si usa anchè oggidi come rubefacente e re- vulsiva p. u. est. in forma di senapismi oppure su cataplasmi di fa- m 134 PROF MICHELE CRAVERI rina di lino. Si preparano pediluvii senapisati. [Cfr. F. U.: Sinapis ni- grae semina |. I semi di Sinapis arvensis, Linn. (Ravizzone) che vegeta nei cam- pi e luoghi coltivati del 'Ossola inferiore e fiorisce in estate si usano per falsificare la S. n'gra, ma sono inefficaci. Cresce nell'Ossola anche la S. alba, Linn. i cui semi si usavano come eccitanti nelle affezioni del tubo digerente. 46). DAPHNE GNIDIUM, Linn. (Dafnoide o Biondella, Fam. Time'ea- cee). Il Cod. farm. milit. prescrive la scorza fresca di questa pianta di azione irritante, purgativa. vescicante, antisifilitica, diuretica, e diafo- retica. Era usata internamente contro la sifilide, gli ingorghi seirrosi, le erpeti, sotto forma di infuso, di decotto o di polvere; ma special- mente p. u. est. come vescicatorio in pomata, taffetas, carta e simili. Nell'Ossola vegetano le seguenti specie: Daphne mezereum, Linn. (Laureola femmina o Camelea o Mezcreo) nei pascoli sabbiosi del Sem- pione, di Formazza e della Vai Bognaneo; fiorisee da Febbraio a Giu- gno. D. laureola, Linn. (Laureola maschia o sempre verde) al mer- gozzolo sul lago Maggiore (De Notaris); fiorisee in Marzo-Aprile. D. cneorum, Linn, nelle selve di Craveggia, Val Vigezzo; fiorisce in pri- mavera ed estate. D. alpina alla Frua e luoghi rupestri; fiorisce in pri- mavera. Thymelaea arvensis Lamk. (—Stellera passerina, Linn.), (Ti- melea) nei campi, non comune; fiorisce in estate. 47) VALERIANA OFFICINALIS, Linn. (Va'eriana, Fam. Valerianacee). Vegeta nei prati e boschi umidi in Val Formazza; fiorisee in prima- vera ed estate. : È officinale la radice usata come antispasmodico nelle affezioni nervose per virtù dell'essenza e dell’acido valerianico; fu molto van- tata contro l'epilessia, convulsioni epilettiformi, eclampsia, isteria, e nel- le febbri intermittenti, affezioni verminose, amaurosi, polidipsia, asma. I pr.ncipali preparati galenie! sono l'estratto idroa’'coolieo, l'idro ato, la tintura aleooliea, la tintura eterea, l'olio essenziale, la tintura am- moniaeale, lo sciroppo, l'infuso. [Cfr. F. U.: Valerianae radix}. Si sostituiscono spesso alla Valeriana officinalis le seguenti specie più o meno attive che vegetano pure nell’Ossola: V. celtica, Linn. (Va- leriana celtica, Nardo celtico) che cresce nei pascoli rocciosi, sul Sem- Én RE SOT Et à PIANTE MEDICINALI OSSOLANE DELLE ANTICHE FARMACOPEE 185 pione, rupi della val Formazza e valle Strona sopra il Forno; fiorisce in estate. V. dioi:a, Linn. (Valeriana dioica, Phu minore, Valeriana acquatica). Cresce nei prati e boschi umidi, non comune; fiorisce in Luglio-Agosto. 48) VERBASCUM TAPSUS, Linn. (Verbasco, tasso barbasso. fior d'al- luvione. Fam. Serofulariacee). Cresce lungo le vie e nei luoghi incolti, nei dintorni di Domodossola; fiorisce in estate ed autunno. Sono prescritti i fiori ritenuti come addolcenti, bechici e pettorali in infusione. Si usavano anche le foglie in decotto per clisteri nei ca- si di diarrea e dissenteria, e quale fomento contro le scottature ed i biturzoli; in forma di eataplasma con latte furono usate contro i fo- runculi, i patereeci, e emorroidi, e soppeste sulle piaghe superficiali. 49) Vrris VINIFERA Linn, (Vite, Fam. Ampelidee) Coltivata. È of- fieinale il vino bianco e nero come eccipiente di numerose sostanze medieamentose. | Cfr. F. U: Vinum]. 50) VIOLA ODORATA. Linn. (Viola mammola, Fam. Violacee). Vol- gare presso le siepi, fiorisce da Febbraio ad Aprile. I fiori seecati sono un rimedio popolare bechico, emolliente e dia- foretico, sotto forma di infuso, sciroppo, conserva. La radice ha pro- prietà vomitive succedanee dell’ipecaquana. [Cfr. F. U.: Violae odo- ratae flores |. Venne pure usata in medicina la Viola tricolor, Linn. (Viola del pensiero selvatica) che cresce nei luoghi incolti, presso gli abitati e fiorisce da Maggio ad Agosto. Le sommità fiorite si usavano in forma di tisana, estratto, sciroppo, come depurativo ed antierofolose, e contro la crosta lattea ed erpeti dei bambini. APPENDICE Piante medicinali del Codice farmaceutico militare che non compaiono nella Flera essolana del Ressi Aloe succotrina, Persoon (Aloe, sugo condensato). Pimpinella anisum, Linn. (Anice, seme). Anonis spinosa, Linn. (Anonide, radici). Ferula assa-foetida, Linn. (Assafetida, gommo.resina). Citrus aurantium, Linn. (Arancio, scorza del frutto). Copaifera officinalis, Linn. (Balsamo di Copaive, resina fluida). Acorus calamus, Linn. (Calamo aromatico, rizoma). Laurus camphora Linn. (Canfora, essenza). Cincona cordifolia, Mutis (China gialla, corteccia). Coclearia officinalis, Linn. (Coclearia, foglie). Gossypium herbaceum Linn. (Cotone, peli che rivestono i semi). Boletus ignarius, Linn. (Esca, fungo preparato). Phellandrium acquaticum, Linn. (Fellandrio acquatico. semi e foglie) Ferula orientalis, Roemer (Gomma-ammoniaco, gommo resina). Acacia vera, Wild. (Gomma arabica, gomma) Sla:agmites caimboigioides, Wild. (Gomma gutta, gommo-resina). Triticum repens, Linn. (Gramigna, radici). Guaiacum officinale (Guaiaeo, corteccia, legno e resina). Phsycowia emetica, Linn. (Ipecaquana, radici). Lavandula spica, Linn. (Lavanda, fiori) Citrus medica, Linn. (Limone, frutto, foglie e cime). Linum usitatissimum, Linn. (Lino, seme intero e farina). Liquiritia officinalis, Pers. (Liquirizia, radice e sugo condensato). Amygdalus communis, Linn. (Mandorle amare e dolei). Mentha piperita, Linn. (Menta piperita, erba). Mentha crispa, Linn. (Menta crespa, erba). Cucumis melo, Linn. (Melone, semi). Strychnos nux vomica (Noce vomica, seme). Quassia amara, Linn. (Quassia, Legno quassio, legno e scorza) Rheum palmatum, Linn. (Rabarbaro, radice). kia W* aea - RECENSIONI Krameria triandria, Pers. (Ratania, radiee). Ricinus communis, Linn. (Ricino, seme, olio). Oryza satira, Linn. (Riso, semi). Smilax salsaparilla, Linn. (Salsapariglia, radice). Laurus sassafras, Linn. (Sassofrasso, corteccia e legno). Convolvulus jalapa, Linn. (Gialappa, radice, resina) Scilla marittima, Lind. (Scilla, bulbo). Arthemisia judaica, Linn. (Seme santo, semi). Cassia senna, Linn. (Sena, foglie). Quassia simaruba, Linn, (Simaruba, corteccia). Delphinium staphisagria, Linn. (Stafisagria semi). Tamarindus indica, Linn. (Tamarindo frutto). Rhus toxicodendron (Tossieodendro, foglie). Fucus vesciculosus (Varek o quercia marina, soda delle ceneri). Crocus sativus, Linn. (Zafferano, pistillo). Domodossola, 20 Dicembre 1911. D.R MICHELE CRAVERI 187 Pror. LOJACONO POJERO IL GIARDINO VARVARKO Le varie piante rustiche dell'Agro Palermitano. Nel nostro Agro che non a torto, nella nostra letteratura è stato chiamato Conca d’oro, per le condizioni tanto felici di clima di suolo, piante esotiche le più rare e di climi tropicali, trovano agio a svol- gere egregiamente le loro fasi di esistenza, dando così a questa Pa- lermo Za Felice, prerogative uniche che la rendono famosa non solo per a riechezza della Flora spontanea, ma anco per la perfetta acclima- zione di piante di grande interesse e per il lusso della vegetazione di tante forme esotiche ehe non è facile riscontrare in altre contrade della stessa Isola e neanco in altre regioni australi d'Europa se si eccettuino solo quelle analoghe in alto grado privilegiato per locazione per clima come l'Andalusia in Ispagna (Malaga ete.) ed Algeri. Bisogna pur dire che molto. ma molto pià completa sarebbe la nostra Flora esotica e molto più ricca la serie cel'e introduzioni nei nostri giardini, se, più evoluta fosse l’arte orticola da noi e se allo scopo della formazione di essi giardini si fosse provveduto con un maggior intento e con tutte quelle cure che non possono esplicarsi se non in grazia di un gusto sentitissimo per le cose naturali e che 4 questo fine di godimento avesse contribuito un maggior numero della casta rieca e non sprovvista di quella giusta dose di intellettualità che al pari di come tanto comunemente si osserva in :ltri Paesi, sa procurarsi e trova le più pure e serene sodisfazioni dello spirito, nel giardinaggio e nella cultura delle piante e dei fiori. E’ doloroso constatare e dover confessare, quanto lontani noi sia- mo da questo modo di esplicare ed interpretare questo modesto intel- lettualismo che trova tazto pabulo nell’ innocente occupazione giardi- niere, ed a quanto soverchia dose di vanità invece si esercitano le cure dei nostri bravi e grassi borghesi. Sorvoliamo su queste miserie nostre L'anima siciliana per cause etniche è refrattaria, inaccessibile a questi sentimenti è deficiente di questo senso, IL GIARDINO VARVARO 139 Per leggi di natura è positivo che il gusto per le cose naturali in genere, va man mano riducendosi, andando verso i paesi e le latitu- dini più calde. Il perchè non è facile lo spiegare, molto probabilmen- te in proporzione diretta del grado del loro incivilimonto, A noi tocca guardare con invidia le razze nordiche ¿ barbari di un tempo, che ci fanno pensare con un senso di triste ironia alle nostre antiche civiltà. Quanto strani paragoni ci è da fare, strani ed inespli- cabili! Quistione di maggior cultura? Quistione di adattamento ad un clima do'ce ad una natura lussureggiante che fa l’uomo molle e che fa che esso aspetta che il huon Dio gli faccia cadere i fichi su/la pan- cia? Probabile. Ripeto perciò che se gusto ci fosse la Conca d’oro potrebbe racchiu- dere fra i tolti ed olezzanti aranceti, tutto il ben di Dio che la natura ha sparso sulle cinque parti dsl mondo. Diremmo che è per caso per atto incosciente che tante belle es- senze forestiere si vedono prosperare e dare la loro prole di qua e di là pei nostri giardini. Eccezionali quanto mai i casi in cui l'uomo si è ri- vol'o col preciso intento di introdurre una essenza per gusto suo e per suo godimento. Prova ne siano i nostri giardini pubblici, che avreb- bero potuto dare una spinta vigorosa a tanta inerzia e che non l’han- no dato. Rammento che si deve ad un giardiniere forestiere (il Besson) l’introduzione in un nostro giardino pubblico delle prime Araucarie, delle prime famose Jacarande e le tante cose che però perla non per- fetta conoscenza delle condizioni che quel signor si avea del nostro elima, in una gran parte perirono. I giardini publiei non per tanto per ragioni di personali deficienze, poco più poco meno son r'masti un'an- ticaglia e nello stato in cui sinora si mantengono, (salvo qualche ec- cezione), rammentano le barocche cose del secolo di Luigi XIV e della Pompadour! E’ una bella cosa l'ignoranza! Essa ci impedisce di con- cepire cose più belle. Mette un limite alle nostre aspirazioni, e ci ri- sparmia il disappunto di non poterle realizzare. Beati monocoli ^n ferra coecorum ! Ma avanti. Lo scopo del presente articolo coll’aspra critica per quanto giusta, non è poi di fare della maldicenza. : Dé 140 PROF. LOJACONO POJERO ` Seopo preeipuo ë quello di rendere un modesto servizio allascien- za, annunziando a chi ne ha interesse, il fatto della completa rustici- tà nel elima di Palermo, di una serie di preziose piante, affidate al suolo da una serie di anni e coltivate all'aria libera, ove svolgono da tempo le loro funzioni nel modo piü splendido (poche specie come ora diró, in quel rigidissimo inverno del 1908 ove la temperatura discese a qualehe grado sotto zero, perirono o furono nelle loro parti tenere, più o meno danneggiate) e nello stesso tempo compiere un dovere che io sento vivissimo di tributare i maggiori encomii al Proprietario della Villa alle Terre Rosse, unica spiccata eecezionalità fra tanta deficien- za di cultori e di amatori della gentile arte o scienza se si vuole, al signor Comm. Fr. Varvaro Pojero ehe fra le tante sue cariche pubbli- che ed umanitarie oecupazioni, ha saputo ed ha voluto con nobile e non comune tenacia, dedieare i briecioli del suo tempo, all'introduzio- ne di tante belle culture. ag Alla Villa Varvaro alle Terre Rosse manca un Guardaporta gal- lonato, e col baston pomato, niente sal portone, neanco il benché me- nomo stemma. Potrebbesi ivi, come si legge su la porta di un nostro Istituto d’infanzia, scrivere la leggenda < Qui si insegna non si tortura». Mi spiego. I gran Signori sentono che nen possono prescindere e che importa al loro decoro, tenere parchi, giardini, stufe, giardinieri di grido. Essi non scendono in giardino, tira vento, in esta il sole scotta, la terra ë umida essi fanno venire le Piante a loro per aggiungere al lusso dei loro saloni e far l' addobbo alle loro feste (Orchidee, Felci, Aroidee, (la più bella roba) tenute in serre ad alta pressione vanno e vengono, si alternano per riuscire a tanto grandioso scopo. Ed ë vero peccato che tante cose meravigliose si tenghino per sciuparle e consu- marle per tante lussuose vanità. Niente di tutto questo nella Villa Varvaro. II Giardiniere ë il Padrone, un ajuto lo segue attento ad eseguire tutto quanto oecorre nel giardino. Tutto ë affidato là alla gran madre terra ed i piü importanti ri- sultato di una inconscia acelimazione, egli l'ha ottenuto, direi senza. IL GIARDINO VARVARO ERR sapere ehe con eió egli ha apportato una buona dose di dati impor- tanti per la scienza pura e per la pratica culturale. Si entra. Un bell'atrio a eui fa torno la palazzina, da tre lati ha i muri deliziosamente coperti delle più rare piante rampicanti. Non. diciamo dell'intera serie delle Bougainvillee, Bignonie rare (B. venusta) (B. buccian:t,rum= Phiedranthus Lindleyanus) Thunbergia grand - flora Bignonia Tewe:diana (tanta rustica e comune nelnostro agro. Antigonon leptopus Bignonia grandiflora Polyzonum floribundum, s'in- treeciano in magnifiehe ghirlande rivestendo ogni canto. B. bucciana- torum e Thunbergia (1) poi serpeggiano per tutta l'area, eoprono o. gni supporto, si arrampicano su un alto torrione, si rendono quasi in- feste, ingombranti di certo. Non dico poi di un'altra rara pianta i di eui tralei singolarmente protesi e pendenti condotti pria dal basso, poi dall'alto scendono, ri- vestendo dell’ intenso verde del er: nde fogliame le due rampe della scalinata, coprendola come una cupola, tutta ombra, sotto la quale si salisce le scale impigliandosi le vesti, le chiome volentieri pur di ri- spettare tanta bellezza di natura. E la Solandra grandifl;ra specie di Liana, dai grandi fiori a tromba che quì annualmente dà frutti e semi fecondi. Auco la Bign. buccinaloria fruttifica dal signor Varvaro. E il frutto una rarità per come serivea il Bureau di Parigi, a cui fu mandata per lo studio, ha la forma e la dimensions di un melone. Cantalupo. E dentro di mirabile struttura, c'è una miriade di tenuissi- mi semi pellucidi e come tante altre Bignonie tanto elegantemente fog- giate. Esse sono perfettamente fecondi. L'esemplare d'onde, sia per via di semi o per talee, sono provenuti tutte quelle piante di cui il signor Varvaro generosamente ha fatto dono ai suoi Clienti, Boecone del Povero, Ospizii di beneficenza, Rifugii, di cui. egli è amministratore, è piantato nella corte della sua casa in Città, e nel modo di crescere è un bello esempio della caratteristica struttu-. (1) Il tronco di queste due putenti rampicanti misura circa 20 ct. di diametro, ma ` : l'a. : ee ae sono parecchi come é uso nelle Liane, attortigliate, costituendo un tronco di più p deroso spessore. 142 PROF. LUJACONO POJERO ra delle Liane. Superfluo il dire che eon tali proporzioni la pianta ha invaso ogni fabbricato che le sta attorno. B. Lindleyi e B. Mac Kennyi sono piante rare che vanno a fare la loro splendida fioritura sulle cime dei cipressi secolari del Giardi- no. Così Tecoma floribunda dell’Australia, fortissima liana che comple- tamente rustica nel nostro agro, si copre di un’ infinità di pannocchie di piccoli nori bianchi, si arrampica ogni dove. Tale specie fruttifica. e dà semi fecondi regolarmente. È difficile seguire con un certo metodo la enumerazione del pro- digioso numero dei splendidi esemplari delle rare piante che figurano nel Giardino. Il signor Varvaro ha saputo sapientemente distribuirle ed adattar- le come meglio ha potuto nei posti più confacienti alle varie essenze. Procedendo pel viale principale vediamo: Xanthoceras sorbifolia (in frutto) Tamarix Kashgarica Polygonum Balchuanicum, Phiicdendron bipinnatipidum le eui radici avventizii si stendono per oltre i 30 - 40 m.! Aristolochia labiosa, ornithocephala e grandiflora, forti cespiti che regolarmente mostrano nell'està i loro fiori strani, enormi, ridico- li Bauhinia Gelpini, junnamense e montana (1) la prima e l’ultima frut- tificante e che hanno dato la tanta prole che il signor Varvaro ha spar- so di quà e di là nei nostri giardini. La B. montana è un albero ma- gnifico i cui fiori grandi, bianchi, simulano i Gigli del gruppo lanceo- latum. Un albero gigantesco di Bimbax Ceiba che non lo é, sssendo per come ho ricavato dai libri P Erione purpurea (albero a Kapok ?) spoglio di foglie o quasi in quest’ anno in cui ha maneato l’inverno, è coperto di fiori che simulano gli Hibiscus. (2) E procedendo, un Ficus nymphaeafolia colossale, di semi, prodot” to dal signor Varvaro 28 anni addietro ed in fondo la superba pianta che col nome Linneano è stata intesa Ruscus cndrogynus, oggi Se- mele androgyna. Pianta a fusti volubili, coperta di denso fogliame e con cladodi che simulano su una rachide principale, una grande foglia pin- (1) E piuttosto la B. candicans dell’Argentina. x H > è 9 ` . . (2) Cosí l'altra magnifica Bombacea la Chorisia insignis che fa grossi alberi co- perti di magnifici frutti e dà annualmente frutti e semi fecondi. ee EE E ETENEE G O ale cei en nee E E GE Se IL GIARDINO VARVARO nata. La Semele androgyna ora (Marzo) è in piena fioritura ed abbo- nisce semi perfett te fecondi. E’ una pianta singolare delle Cama- rie, se non erro, che in un Paese che non fosse il nostro, avrebbe do- vuto essere sparsa e comune in ogni giardino di delizia, In fatto di Palmizii a non parlare delle cose tanto comuni da noi, citiamo Areca Baueri Seaforthie dalle strane inflorescenze ed in frutto, Erahea glauca (B. Roezlii), tutte le Chamaedoree note e fra le quali l’elat:or che per la robustezza, forma dei culmi che si scam- bierebbero per quelli dele nostre Bambus? e Ch. oblongat: che con altre specie fruttifica e dà semi fecondi che il signor Varvaro ha sparso di quà e di là. Chamaerops hystrix esemplare magnifico di specie tanto ara. Cocos flecuosa e campestris il primo che fa tonnellate di frutti mangerecei, Kentia in frutto, una Phoenix rupicola che è forse la più bella Palma che esista, anch’ essa in via di fruttifieare, Pri/chardia robusta e Sonorae e Thrinax brasiliensis tutte in esemplari colossali. Per coloro che hanno interesse a formarsi un concetto completo di ciò che é facile ottenere nel clima di Palermo, affidando con sa- piente amore le piante alla piena terra ed assegnando loro quei posti ove esse possono sodisfare a tutte le loro esigenze di clima, esposizio- ne, suolo ete., do quì un Elenco delle principali cose che si coltivano (sempre in piena terra) nella Villa del signor Varvaro, passando sotto silenzio una quantità di piante belle, ma che sono di climi freddi e la cui cultura nell’ Europa media è più diffusa e dà più di qua sodisfa- centi risultati. Sono così Spiraea, Astilbe, Syringa, Abies, Lonicera, Quercus, Weige'ia Azohlea etc. etc., piante che sotto il nostro clima troppo secco stontano a formarsi bene. Escludo pure tutta l immensa coorte di rari tipi di pianticelle annue o bienni o vivaci colle quali si guarniseono ajuole, si formano plafebandes, sebbene con quel gusto che distingue l’ egregio proprietario, tutti questi tipi formano un mondo nuovo di fronte a quella anticaglia, che tuttora ci si fa vedere nei nostri giardini comunali a nostra immensa vergogna! PALMIFERE Brahea dulcis, Chamaedorea Andreana, corallina, Ernes'i- Au- gus'i, geonomaeformis, Ghiesbreghtii lunata, oblongata, Kentia Belmo- 144 PROF. LOJACONO POJERO reana, Forsterian:, Moorzana, Livistonia olivaeformis, mauritiana, Phoenix pumila, rupestris, tenu s, Roebelin’, etc. CONIFERIE Abies inverto, Pinsapo, orientalis etc. Araucaria Bidwilli, Goldeana, Chamaecypaus Boursieri, Sequoja, Pinus canariensis etc. VARIA Juanulloa aurantiaca, Kiggellaria africana, Lagunaria Patersoni, Mallotus japonicus Muhlenbeckia implexa (esemplari colossali), Man- devillea suaveolens ! Muraya exotica, Musa Arnoldiana! superba! ete. Nandina domestica. Olea floribunda! (alberetto magnifico) etc. Ara- liaceae diverse, Pithecoctenium muricatum, Pithecolobium farinosum (frutti elicoidali), Populus Bolleana! Porliera hygrometrica ! (Rutacea rara), Quillaja saponaria !, Quisqualis indica! Rondeletia speciosa! Ro- sae rare specie! Senecio Ghiesbreghti, (alberetti giganteschi) Solandra grandiflora ! Solanum Wendlandi! (superba pianta); Sparmannia afri- cana (Corchoreacea bellissima) Toxicophlea venenata! fruttifera (Apo- einea magnifica), Yucca imperialis! Xanthoceras sorbifolia, Acacia Bayleana! in fiore magnifica e rarissima! A. Cavenia, dealbata, Don - kelarii (Mimosa), Giraffae, gnidium, Nemu, podalyriaefolia, Spegazzini (Mimosa) in frutto, uncinella, ete. ete. Agave, superbi esemplari in fiore e frutto ed Ag. Reg. Vietoriae! ferox, ete. etc. Fourcroya colossali in fiori e frutto! Aloe arborea! cernua, ciliaris, ferox ! Hanburyana ! Lan- zae, Varvari! Schweinfurthi, supralaev! ete. ete. Beaumoutia grandi- flora ! (Liana magnifica) Barnadesia rosea ! (Comp. Mutisiacea) in fiore e frutti (2) Biancaea scandens Bidens? erocata! magnifica ! Budd- leya madagaseariensis! Brachichiton Gregorii (fiori bianchi, grande al- beri) Brunfelsia americana! Calliandra Porteana! C. portorirensis! (magnifiea e in frutto !) Cerbera odollam Thewetia neriifolia ! Cordia Francisci ! Corynocarpus laevigata! (grande albero frutt. D Danae ra- cemosa ! rara frutt. Doryanthes Palmeri! frutt., Ficus grande collezio- ne. Guevina avellana | Hexacentris coccinea rara! (colossale pianta EN IL G'ARDINO VARVARO 145 scandente), Hibiseus varii, Holmskioldia sanguinea rara! Jasminum varii e rari ! Su una collina artifieiale si ammirano la gran parte delle Aloe, Opuntice rare, colossali, Foureroye Retame Ginestre Ephedra Cras- sulacee etc. L'amieo mio vorrà benignamente perdonare se io forzando la sua grande modestia, e quel sentimento eosi poco comune che io tanto comprendo e condivido, quello ehe sa sdegnare il plauso, la fama e tutte quelle mondane esteriorità, abbia creduto occuparmi del suo Giar- dino pubblicamente. In vero quando si serba saldo il fuoco sacro ed il gusto per lo studio delle Scienze e delle bellezze della natura, di tali omaggi si tiene ben poca cura. Però da modesto Botanico la cosa mi interessa e se da tale e da suo ämico anzi cugino, ho ereduto do- vere illustrare il sacro suo tempio di Flora, è stato più il piacere di rendere sempre un lievo servizio alla Scienza e sciogliere un inno alla bellezza di questo elima di Sicilia, che di rendere un omaggio per quanto sentitamente dovuto a lui, che cei suoi mezzi ed il suo gusto mi ha messo in condizione di far conoscere al pubblico scientifico qua- li piante reggono sotto il bel cielo della nostra Conca d'oro, rustiche nell’alma magna Terra. ProF. Lojacono Pojero DOTT. TEODORO FERRARIS x DOTT. CESARE MASSA MATERIALI PER UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTE Seconda Contribuzione alla Flora Micologica del Circondario d'Alba (") PHYCOMYCETAE PERONOSPORACEAE (7) PHYTOPHTORA INFESTANS (Mont) De Bary. (2) Sace. Syll. VII, p. 237. Su foglie di Solanum tuberosum: Alba, Luglio 1911. (13) Peronospora Mvosoripis De Bary. Sace. Syll. VII, p. 245. Su foglie di Lithospermum arvense: Alba, pasa 1906. 290 PERONOSPORA ALSINEARUM Caspary. Sace. Syll. VII, p. 246. Su foglie di Cerastium arvense: Colli Albesi, Maggio 1906. 291 PERoNosPoRA LINARIAE Fuck. . Sace. Syll. VII, p. 255. — Berlese Riv. di Patologia Vege tale, Vol. X (1904) p. 264-265. Su foglie di Linaria vulgaris: Alba, Maggio 1906. Osservaz. Nella Monografia del Berlese non è citata per lI- talia. (1) Per la Prima Contribuzione confr. T. Ferraris in Malpighia anno XX vol. XX (1906). (2) I numeri fra parentesi si riferiscono alle specie albesi già citate nella 1 Con- tribuzione e qui riportate o per nuovo habitat o per osservazioni particolari. I numeri fuori parentesi e progressivi indicano specie nuove per la Flora Micologica Albese. MATERIALI PER UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTE 147 BASIDIOMYCETAE USTILAGINACEAE 292 UstILAGo DiorranraE Kunze Saec. Syll. VII, p. 454 Su infiorescenza di Digitaria sanguinalis: Alba, Dicembre 1909 (30) UsrILAGo viOLACEA (Pers) Fuck. Sace. Syll. VII, p 474. Su antere di Svene italica: Monticello d'Alba, Maggio 1906. UREDINACEAE 293 PUCOINIA GRAMINIS Pers. Saee. Syll. VII p. 622 — Trotter Uredinales p. 288. ču foglie di Festuca sp. Alba, Gennaio 1901. Oscervaz. Forma teleutosporica (teleutospore 35—16 y. pedun- colo 49—50 v. di lunghezza, spessore dell’ episporio all’api- ee p. 1) 294 PuccIiNiA GRAMINIS Pers. Sace. Syll. VII, p. 622 —Trotter Uredinales p. 288. Su foglie di Phalaris canariensis. Alba, Giugno 1910. 295 Puccinia DISPERSA Eriks. et H. Saee. Syll. XVII p. 381. Trotter Uredinales p. 295. = P. rubigo vera Auct. Saec. Syll. VII p. 624. Su foglie di Anchusa officinalis: Diano d'Alba, Aprile 1911. Osservaz. Forma ecidiosporica. 296 Puccinia Sympnyrı — Bromorum Fr. Müller. Trotter, Uredinales p. 304 = P. bromina Eriks. Sace. Syll. XVII p. 382. Su foglie di Bromus sterilis: Alba 1910. Ossrrraz. Teleutospore 44-54=17 — 20 y. con loculi ineguali, l’inferiore più stretto. (57) Pucemıa PHRAGMIFIS (Schum) Korn. Sace. Syll. VII p. 680 — Trotter Uredinales p. 318. Su foglie di Arundo donax: Alba 1910. 148 DOTT. TEODORO FERKARIS E DOTT. CESARE MASSA 297 Puccinia ALL (DC) Rud. Sace. Syll. VII p. 655 — Trotter Uredinales p. 261. Su foglie di Allium sp. Alba presso Diano, presso Roddi, presso Verduno, Maggio 1911. Osservaz. Forma uredosporica. (67) Puccinia ARENARIAE (Schum) Wint. Sace. Syll. VII p. 673 — Trotter Uredinales p. 239. Su foglie di Lychnis alba. Alba Dicembre 1909. (92) Puccinia PRUNI-SPInosaE Pers. Sace. Syll. VII p, 648 — Trotter Uredinales p. 219. Su foglie di Eranthis hyemalis. Alba 1909. Osservaz. Forma ecidica = Aecidium punctatum Pers. (48) Puccrsta VioLar (Schum) DC. Saec. Syll. VII p. 609 — Trotter Uredinaies p. 210. Su foglie di Viola canina: Alba, Maggio 1911. Osservaz. Forma ecidiosporica. (69) Puccrsta MarLvacEARUM Mont. Saee. Syll. VII p. 686 — Trotter Uredinales p. 215. Su foglie di Althaea rosea: Alba, Luglio 1910. 298 Puccinia SALVIAE Unger. .. Trotter Uredinales pag. 162— P. Glechomatis DC. Sace. Syll. VII p. 688. : Su foglie di Salvia glutinosa: Alba Ottobre 1909. 299 Puccinia Taraxaci (Reb.) Plow. Sace. Syll. IX p. 305 — Trotter Uredinales p. 340 Su foglie di Taraxacum officin. Alba 1910. Osserraz. Forma uredosporiea: Uredos; ore 20-217—16 20 y. (88) CoLrosporium CAMPANULAE (Pers) Lèv. | Sace. Syll. VII p. 753. Su foglie di Phyteuma sp. Cornegliano d'Alba, Maggio 1911. 300 CRONARTIUM ASCLEPIADEUM (Wild.) Fr. Sace. Syll. VII p. 597. Su foglie di Cynanchum vincetoricum. Alba O.tobre 1909. Osservaz. Forme uredo e teleutosporiea. 301 Akcıpıum PLANTAGINIS Ces. MATERIALI PER UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTE 149 Saec. Syll. VII p. 813 Su foglie di Plantago lanceclata: Colli Albesi, Maggio 1906, TELEPHORACEAE (98) CoRTICIUM ROSEUM Pers. Sace. Syll. VI p. 611. Su di un troneo di Populus alba — Alba, Marzo 1911. ASCOMYCETAE PERISPORIACEAE (233) SPHAEROTHECA PANNOSA (Wallr.) Lév. Sace. Syll. I p. 3. Su foglie di Rosa centifolia: Alba, Maggio 1911. Osservaz. Forma conidica di Oidium leucoconium Fr. (146) EnvsiPHg Ponvaoxi DC. = E. communis (Wallr) Fr. Sace. Syll. I p. 18. Su foglie di Ranunculus bulbosus: Alba 1911. (147) EnvsiPHE GRAMINIS DC. Saec. Syll. I p. 19. Su foglie di Hordeum murinum. Castellinaldo (Alba), Maggio 1911. 302 ANTENNARIA PITHYOPHILA Nees. = Sace. Syll. I p. 80. ei Su foglie di Pinus silcestris. Diano d'Alba, Aprile 1902. SPHAERIACEAE 303 SPHAERELLA PUNCTIFORMIS (Pers.) Rabh. Saec. Syll. I p. 416. Su foglie di Quercus sp. Alba 1910. 304 SPnaERELLA HxpkRICoLA (Desm.) Cooke. Saee. Syll. I p. 481 Su foglie di Hedera helix: Alba. 1910. 305 PrEosPHAERULINA BEIOSIANA Pollacci. 150 DOTT. TEODORO FERRARIS E DOTT. CESARE MASSA Sace, Syll XVI p. 554. Su foglie di Medicago sativa. Alba, Giugno 1910. 306 LEPTOSPHAERIA DECAISNEANA (Crié) Saec. Sace. Syll. II p. 50. Su foglie di Populus nigra: Alba 1910. Osservaz. Spore 4-5 settate. 307 LEPTOSPHAERIA CANNABINA Ferraris et Massa. Ferraris et Massa «Mieromiceti nuovi.o rari» in Annales My- cologici. vol. X n. 3, 1912 pag. 286. Tav. IV fig. 3: 1-4. Su foglie di Cannabis sativ. Alba Luglio 1911. Diagn. Maeulis irregularibus initio ocbraceis dein centro late albicantibus ochraceo —marginatis 3-5 mm. diam. Peri'heciis epiphyllis, parvulis, nigrescentibus, paucis 130-140 u. diam., membranaceis, distinete perforatis; aseis numerosis, aparaphy- satis, clavatis, rectis, vel leniter curvulis, apice rotundatis, basi brevissime constrieto — pedicellatis 45-50 = 7-10 y. Sporulis subdistichis, melleis, fusiformibus, suberectis, bisep- tatis, septis parum constri»tis 19-20 = 5 p. 308 LEPTOSPHAERIA ARRHENATHERI Hazsl. Sace. Syll. XIV p. 570. VAR. ITALICA Massa. in Ferraris et Massa < Mieromiceti nuovio rari» in Annales Mycologici. vol. X, n. 3, 1912 pag. 287. Su foglie di Arrhenatherum elatius: Alba 1910. Diagn. Peritheciis atris, membranaceis 90 p. diam, ascis cy- lindraeeis 50=9 u., apice rotundatis, eurvulis paraphysibus indistinetis, sporidiis laete olivaceo — viridibus, curvulis di- stinete 3 septatis, utrinque leniter fusoideis, ad septa non con- strictis 18-20—4 y. Nota. Differisce dal tipo per gli aschi più corti e per le spo- re un pó piü brevi (C. Massa). 309 LeprospHAERIA ULMmicoLa. Massa in Ferraris e Massa «Mieromiceti nuovi o rari » in Annales Mycologici. vol. X. n. 3 1912 pa- gina 287. Tav. IV fig. 4: 1-3. Su foglie di Ulmus campestris: Alba, Ottobre 1911. MATERIALI PER UNA FLORA MiCROLOGICA NEL PIEMONTE 161 Diagn. Maculis variis plerumque irregulariter elongatis, a- rescendo brunneo .- fusco — marginatis et zonis interruptis aurantiacis cinetis, centro aridis et tune perforatis vel irre- gulariter laeeratis. Peritheeiis membranaceis paucis, sparsis, in centro griseo maeularum, hypophyllis, atris, ostiolo promi- nulo, plerumque 140 y. diam., uscis 30-40—12 u. eylindrizo— obtusis; sporidiis monostichis, oblique dispositis, fusoideis, fu- seis, uno latere magis incurvatis, plerumque 67 septatis ad septa parum constrictis pluriguttulatis 31-35—4 «v. (C. Massa) 310 PLEoSPORA HERBARUM (Pers) Rabh. Saec. Syll. II p. 247: forma Trilomae Ferraris et Massa Su peduncoli fiorali seechi di Tritoma sp. Alba: Dicembre 1902, Osservaz. Aschi 122—320 p. spore 25—12 pn, 311 RosELLINIA NECATRIX (Hart.) Berlese. Sace. Syll. XVII p. 595 = Dematophora necatrix Hart. Su radici di Vitis vinifera su cui determina il marciume ra- dicale: Alba 1909. 312 RosELLINIA AQUILA (Fr) De Not. Sace. Syll. I p. 252. i Su rami secchi sul terreno: Alba, Giugno 1901. Su corteccia secca di Castanea vesca: Alba 1901. 313 HYPoxYLoN Fuscum (Pers) Fr. Sace. Syll, I p. 361. Su corteccia di rami secchi di Corylus avellana e di Alnus glutinosa. Alba 1910. VALSACEAE 314 VALSA SALICINA (Pers) Fr. Sace. Syll. I p. 131. Su rametto secco di Saliz sp. Alba, Aprile 1911. DOTHIDEACEAE 315 PHYLLACHORA GRAMINIS (Pers) Fuck. Saee. Syll. II p. 602. 152 DOTT. TEODORO FERRARIS E DOTT. CESARE MASSA Su foglie di una Graminacea spontanea Alba Maggio 1902. HYPOCREACEAE (165) CLAVICEPS PURPUREA (Fr.) Tul. Sace. Syll. II p. 564. Su Festuca sp. Alba Luglio 1902: Benevello, Luglio 1902 su Brachypodium sp. Benevello Luglio 1902, su fiori di Anth- cantum odoratum: Alba Luglio 1902. CALICIACEAE 316 RoEsLERIA HYPOGEA Thüm = R. pallida (Pers) Saec. Saec. Syll. VIII p. 826. Su radici di Vitis vinifera colpite dal marciume e su radici di U mus: Alba. PEZIZACEAE 317 PEzIzA BRUNNEO-ATRA Desm. Sace. Syll. VIII p. 92 Su terreno ealeareo dopo la pioggia. Alba, Maggio 1904 Osservaz. Spore subialine. PATELLARIEAE 318 HETEROSPHAERIA PATELLA (Tode) Grev. Saee. Syll. VIII p. 775 Su steli secchi di Ombrellifera. Alba, Maggio 1906. PHACIDIACEAE 319 RuyrisMa PUNCTATUM (Pers.) Fr. Saec. Syll. VIII p. 753. Su foglie di Acer campestre. Alba Ottobre 1903. MATERIALI PER UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTE 153 EXOASCACEAE 320 Exoascus CELTIDIS (Sadeb.) Saee. Saec. Syll. X p. 69. Su foglie di Celtis australis. Monticello d'Alba, Maggio 1906. Osservaz. Aschi u. 20 25 = 10-12: spore u. 3, 5-4 diametro. DEUTEROMYCETAE SPHAERIOIDACEAE 321 PHYLLOSTICTA POPULINA Sace. Sace. Syll. III p. 33 Su foglie di Populus nigro: Alba 1910. 322 PuyLLosticra Quercus Saec et Speg. Sace. Syll. III p. 34 ‘Su foglie di Quercus sp. Alba 1909. 323 PHYLLosTICTA RuBIcoLa Rabh. Sace. Syll. III p. 8 Su foglie di Rudus sp. Alba 1909. 324 PnuvLLosricTA MespILI Saec. Sace. Syll. III p. 5 Su foglie di Mespilus germanica: Alba 1909. 325 PuvLLosrIcTA HEDERICOLA Dur. et Mont. = Sace. Syll. III p. 20 di Su foglie di Hedera helix: Alba 1910 326 PayvLLosticra coRNIcoLA (DC) Rabh. Saee. Syll. III p. 21. Su foglie di Cornus sanguinea: Alba 1909. x a ag e. i GRUT i 327 PAYLLOSTICTA JULIA Spegazz. Sace. Syll. HI p. 48 | FORMA ITALICA Ferraris et Massa Su foglie di Datura fastuosa: Alba, Agosto 1908 Osservaz. Il tipo è dato solo per l'Argentina ove lo riscontrò lo Spegazzini.La forma da noi osservata, aflinissima a quella, 154 DOTT. TEODORO FERRARIS E DOTT. CESARE MASSA presenta stilospore misuranti p. 6—3. 328 PnuvrLosrTiCTA MeLIssopHYLLI Passer. Saec. Syll. X p. 131. FORMA MICROSPORA Ferraris et Massa Su foglie di Melittis melissophyl!u n Alba: Maggio 1906. Osservaz. Periteci di u. 130 di diametro, distintamente per- forati. Spore p. 5=3, di una metà più brevi del tipo. 329 PayLLosTIora SAMBUCI Deem. Sace. Syll. IJI p. 19 Su foglie di Sambucus nigra: Alba, Ottobre 1909 330 PnuvrLosricTA OPULI Sace. Saee. Syll. III p. 16 Su foglie di Viburnum lantanc: Alba 1909. 331 PHYLLOSTICTA VULGARIS Desm. Saee. Syll. III p. 18. VAR, VIRBURNI Saec. Su foglie di Viburnum lantana: Alba 1909 332 PHYLLosTICTA FARFARAE Saec. Sace. Syll. III p. 45. Su foglie di Tussilago farfara. Alba, Maggio 1906. 333 PHoMA HERBARUM Westd. Sace. Syll. III p. 133 Su steli secchi di Achyranthes sp. Alba. Orto Botanico della Scuola Enologica: Febbraio 1901. 334 Proma CUCURBITACEARUM (Fr) Sace. Sace. Syll. III p. 148 | Su piceioli putrescenti di Cucurbita sp. Alba: Gennaio 1908. Osservaz. Spore u. 5-6=2,5 335 PHoma aLLICOLA Saec. et Roum. Sace. Syll. HI p. 157. Su stelo fiorale di Allium sp. Alba, Giugno 1902. (194) MACRoPHoMA CRUENTA (Fr.) Ferraris in Ferraris et Massa < Mi- MATERIALI PER UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTE 155 eromiceti nuovi o rari ecc. > in Annales Myeologiei vol. X N. 3. 1912 p. 288. = Phyllosticia cruenta (Fr.) Kx. Fl. Fland. I p. 412 - Sace. Syll III p. 58 = Macrophoma Polygonati Ferraris < Mater. per una Flor. Micol. del Piem, Prima Contrib. alla FI. Micol. del Circond. di Alba » in Malpighia XX 1906: Genova pag. 147 Su foglie di Polygonatum officinale Alba: Giugno 1903. Diagn. Maculis initio subeireularibus vel oblongis, sangui- neis, sparsis vel confluentibus dein magnis, ovato-irregulari- bus centro pallescentibus intense fuseo - marginatis; perithe- ciis prominulis epiphyllis, gregariis vel sparsis, majusculis 200 — 250 p. diam. cire., globosis, brunneis, perforatis. Basi- diis eylindrieis, brevibus 10-12—4 u. Sporulis numerosis hya- linis, ovalibus vel subeylindrieis, apice rotundatis intus gra- nulosis 12 - 11 = 6 - 7, 5, Nota — Avendo avuto occasione di esaminare altro materiale di questo fungillo del Polygonatum potei convincermi della identità del mio Macrophoma Polygonati colla specie già nota col nome Phyllo- sticta cruenta. Osservo qui però che secondo me il fungo deve essere - escluso dal Genere Phyllosticta essenzialmente per la forma e dimen- sione delle spore, nell'interno granulose poi per la dimensione note- vole dei periteci, l'aspetto delle macchie non perforate eec. e riportato = invece al Genere Macrophoma mantenendo però il nome specifico. (T. ` Ferraris). d (continua) ‘01397191, ‘N [nS a reant OLY IP 312201 3[[RS VIAIƏN Ip [FA 3 auoum jap Əpə d jr osaaa id -ni ə|[ns ‘epuay, 10 VIUN v[[9p 3][E^ epu 'tursi2231d 3 oisoq Ip ed [f^ ur ugi dje aan nuou 5 5 Tg = -qns ‘Fal v]]ap Isoaqwo 1j80n'] y EE `: usıgjeg = (2) BIS = | "9SJEA ‘OUN Ip ode] Ir ‘31107 "St at ds pn E | e ossaid ‘(333 auouSv?) ‘osouay Det ‘nunu ‘dui “sy indi 010,P 0729137 *opuojos ‘ossoar) IS019UUNU Uu pa cpuoau a `juə5 449 = ‘OMAS "WI v31sioO v]|op nuou -əs qo|sqns ‘MA ‘ing ‘pds of voi = nye sap ‘dre po 3uoui auolsay v[nssto Kal WnjRss9s vuimaj ^ud YINNYANYO cH ‘PI ‘pen cds cp ve "O1qv] 321129 ‘JO pa EX > | EH 9?uospiuoy rp pur wyesıpın 'P oquia| [ep "u31)pour “Hai v][op = | fowmpıew Ip ‘st pa ouvjoo ‘N *üO102 9 12315 'quioads ew ‘ayy po "m x | qns guedvip “ole cy [ns ow -n]oaur IER ‘SV '"puaur ə `nuə5 = = | «Ia]eg É IPINI J! ossəid vipawi "AU osojosur 1174 "ung'p'dsog esna `= Š | əuoiñər elpap Insadnı mjgon] c 16 orau»y 15) O 9Hojruourg esomquag IVIIVIVSAIO S È ‘pet de ^p ^N = ‘10Q "UV '32O pl "ais ‘sy ‘og "jy “ung “a "une opp»u eumegy -09 uo? 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Le lettere G e D indicano rispettivamente Gamopetale, Dialipe- tale (Vedi colonna **Corolla,,) I numeri posti nella colonna ‘Regioni e zone , indicano: 1. Regione sommersa marina. 2. » mediterranea dell'Olivo (dal mare ai 100-975 m.) 3. » padana, o di transizione (Pianura Padana dal mare | ai 100-300 m.) | 4. > submontana, o del Castagno e del Rovere (dal mare l o più spesso dai 100-975 m. ai 900-1300 m.) d Wu d montana o delle Conifere e del Faggio (dai 900-1300 ai 1600.2100 m.) 5. » subalpina, o degli arbusti alpini. 6. > alpina, o scoperta (dai 1600-2100 m. in su) Quando i numeri son legati fra loro da una lineeta () significa che la pianta trovasi anche nelle regioni intermedie; quando sono uniti dalla congiunzione e vuol dire che la specie si trova soltanto nelle regioni indicate. Le indicazioni relative alle “Regioni e zone,. furono desunte aal- ° ; l'opera dei Sigg. Fiori e Paoletti. 1 Dai risultati delle tabelle otteniamo le seguenti proporzioni (per x 1000) di endemismi nelle varie classi- NERONE. teen t ri EES (continua) BIBLIOGRAFIA MODERNA raccolta da C. Schuster (Gr. Lichterfelder b. Berlino) — -— X Paleontologia | Bèrry, E W. Fossil Lycopodium (Amer. Journ. of. Sei. XXX. (1910) r p. 275 - 276 with figs.). Bèrry, F. W., An Eocene flora in Georgia and the indicated physikal | conditions. (Bot Gaz. I. (1910) p. 202 - 208 f. 1-2) x Bèrry, Edward, W, A, Lower Cretaceous Species of Schizaeaceae from Ai Eastern North Amerika, (Ann. of Bot. XXV (1911) p. 193 - 198 + pl. XII and 1 Fig.) 7 Oliver, F. W. and Salisbury, E. F. On the structure and Affinities’ | of the Palaeozoie Seeds of the Conostoma Group. (Ann. of. Bot. I XXV 1911, p 1-50 + pl. I- III). XI Piante coltivate o utili Anonymus, Cotton Growing in Ceylon. (Cire. Agrie. Journ. Roy. Bot. Gardeus, Ceylon V 1910 p. 181 - 200.) Baillaud, E. 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HI-IV MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. tà ECS " d w u D M. p Tip. La Siciliana F.lli Perrotta = 1912 NO. Dot, Gar. 1913 CONDIZIONI La MALPIGHIA si pubblica ogni bimestre, in fascicoli di 6 fogli di stampa almeno, oppure in fascicoli doppii corredati, secondo il bisogno, da tavole. l'annata. cal prezzo di L. 30. Non saranno venduti fascicoli separati. - Agli autori saranno corrisposte 100 copie estratte dal periodico, 15 giorni dopo da pubblicazione del fascicolo. Qualora fosse de loro richiesto un maggior numero di esemplari i le copie. in più verranno: BE 9 tavoli L'abbonamento annuale mp L. 25, pagabili alla ricezione del r. fascicolo del- L'intiero volume annuale G6 fogli in 8. con circa 20 tavole) sarà messo in vendita ` Aramos di pe 10 al out (di 16 pag.) Proft. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO Studio monografico sulle Specie americane del Gen. “Saurauia,, Willd. (continuazione) Frutto brunastro, cinto spesso dal calice e coronato per lo più da- gli stili, di natura capsulare, ed allora deiscente alla sommità in tanti pezzi quanti sono gli ovari originali di cui consta, od all'opposto più o meno carnoso ed indeiscente. Cavità del frutto ripiena di polpa in eui stanno immersi i semi. Questi, piccoli, un pò irregolari, angolosi, serobieolati, alveolati, giallognoli, ad embrione diritto od un pò curvo, grosso, assile, con due cotiledoni piccoli, ottusi, semieilindriei e colla radiehetta volta verso lilo. Testa suberostacea e albume abbondante. I semi sono però ancora poco noti per ciò che riflette la loro costituzio- ne anatomica. Risulta dalla descrizione del fiore che le Saurauia sono spesso poligame o unisessuali: si deve però far notare che il problema riflet- tente la sessualità non è stato ancora a sufficienza chiarito e forse le differenze tiorali hanno talora indotto i sistematici su una falsa via al- lorchè si accinsero a determinare delle forme poligame. Noi troviamo infatti degli esemplari e delle forme a fiori bisessuali accanto ad altre dioiehe, o monoiche o poligame. La differente costituzione fiorale va ‘associata probabilmente a un differente sviluppo degli stili, a un diverso numero di stami, e a un diverso grado di maturazione di questi ultimi, ma fino a tanto che siffatte differenze morfologiche non saranno a fon- do studiate si avranno sempre delle determinazioni un pò incerte, Ba- sterà ricordare che lo Sprague indica come caratteristica della S. Spru- ‘cei la presenza di 5 stili brevi, mentre noi abbiamo potuto studiare talune forme iongistile indubbiamente appartenenti a tale Specie. | 3. SINONIMIA Acrotrema Iack (2), Apatelia (DC.) B umia (Spreng.), Cleyera D3wya, (Moe. et Sess.) D-ayt n'a (Asa Gray), Eurya, (Thumb.), Freziera (Sw.), Letstemia (R. et. Pav., Leucothea (Moc. et Sessè), Marumia (Re nw.) Ob-lanthera (Turez.), Overstraatia (Desch. (mserp.), Palava (R. et. Pav.), Palav'a Poir. Reinvardtia (Bl. non Korth.) Sau- ramia, Sauranja (Auct.) Saurauia (Willd) Sauravia (Juss) Scapha (Nor.) ex Choissy), Tonshia (Buch--Ham (Don. Prod. F. Car Tro- chostygma (Sieb. Zuce.), Vanhalpimia (Lesch, mser.) 188 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Questa complessa sinonimia dimostra per se stessa quanto indrieato sia il problema dei rapporti sistematici del Gen Saurauia, come del resto apparirà più chiaro dalla succitata discussione dei singoli nomi proposti. ^. Già abbiamo accennato nelle precedenti pagine ai nomi di Vanhalphi- mia, Leucoteca, S:apha che Lechenhault, Moquino e Sesse, Noronha, pri- ma del Willdenow, avevano dato ad alcune forme giavanesi o messicane che più tardi vennero inglobate nel nostro Genere.La priorità dei nomi non puó esser aecampata poiehé, per un singolare complesso di cause, nessuno degli autori, come è stato detto, riusci a pubblicare la diagnosi del genere. Il nome di Scapha fu tuttavia rimesso in onore dal Choissy, e forse non senza ragione, pel fatto che esso fu proposto per contras- segnare le Saurauia a 3 stili e presentanti inoltre altre caratteristiche. Il Choissy sostiene che siffatte forme sono proprie delle Molueche, Filip- pine e Malesia, ma faremo osservare che qualora la denominazione meritasse di esser conservata dovrebbe essere anche estesa ad alcune forme americane, nelle quali tuttavia si nota una certa oscillazione nel numero degli stili.E duopo peró aggiungere che il eoneetto del Choissy corrisponde solo in parte alle vedute del Noronha, avendo questi com- presa sotto tale denominazione anche le forme giavanesi a corolla mo- nopetala dotate di molti stami e di ovario libero, con 5 stili e 5 loggie, come risulta evidente dai disegni che l'autore ha spedito al Jussieau. Il Ruitz distinse il Gen Palava, o Palaua in omaggio ad Antonio Palau direttore dell'Orto Botanico di Madrid; ma siccome sotto questo nome era già conosciuto un altro Genere appartenente alle Malvacee, il De Candolle stimó opportuno di cambiarlo in Apalelia (anatnhos falso). Questo Genere presenta i seguenti caratteri: calice profondamente pen- tafillo con foglioline ovate, elittiche, imbricate, a margine membra- naceo, due delle quali più piccole: corolla bianca, caduca cogli stami; petali cinque (di rado con 6-7) coll’unghia cigliata e connati alla base: Stami numerosì, subulati, inseriti sull’unghia in 5 serie, colle antere incombenti, attaccate per la parte mediana del dorso al filamento, bi - fide, biperforate alla base: disco nullo: capsula epigina, sessile, sub- globosa, pentagona, 5 loculare, deiscente verso l’apice agli angoli, sor- montata da D stili a stimma reniforme; semi piccoli, inseriti su ricet- EEA a STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 189 tacolo carnoso ai quattro angoli interni della capsula, troneati, pun- teggiati, crostacei, eon embrione retto, emdosperma carnoso e radicola volta verso l'ilo. Trattasi di frutiei eretti, a caule cilindrico, strigoso o peloso sulle parti giovani, a foglie alterne, pieciuolate, senza stipole, ampie, serrate, penninervie, peloso-villose, o glabre, a racemi ascellari, composti e con pedicelli bibratteolati ed inoltre con 2 o 3 bratteole sotto il calice » infine forniti di fiori bianchi. Come si vede i caratteri sono quelli delle Saurauia per cui dal Kunth e Chambessede i due generi furono fusi assieme. Infatti le dif- ferenze si riducono a poca cosa, trattandosi unicamente di una più profonda divisione dei petali nell’Apafelia e della peculiare inserzione degli stami che non è neppure costante. Forse si potrebbe accordare maggior importanza alle brattee cali- licinari, ma il De Candolle osserva che il calice è ebratteato, per cui cade anche questa difterenza che potrebbe far passare il Genere o i due Generi accoppiati dalle Dilleniacee alle Ternstroemiaceae. L'incer- tezza in cui vennero a trovarsi gli autori che vollero tenere disgiunti Saurıuia da Apatelia si rivela anche dalla stessa denominazione data, poichè Apatalia significando, in greco, falso o fallace, con questo nome essi vollero appunto al'udere alla poca attendibilità dei dati relativi alla profondità di incisione della corolla. Una confusione assai maggiore ha apportato la fusione coi Gen Eroteum stabilito dallo Schwarz che poi lo cambiò in Freziera per evitare uno scambio col Gen Erodium. I fiori di Eroleum sono erma- froditi, poligami o dioici, gli stami 15 o e, liberi o saldati colla co- rolla; le antere si mostrano pelose, si aprono per rima longitudinale, sono immobili colle teche congiunte dal connettivo. Lo stilo è unico sormontato da 5-3 stimmi. Le specie vivono nell'India orientale, nel Mes- sico, nelle Guyane ed altre parti del Sud America. Secondo V Engler il Genere, o meglio la sezione Freziera, non com- ‘prenderebbe che un certo numero di specie formanti, come sostengono alcuni, parte del Gen Eurys (Thumb), le altre reclamando di esser comprese nella Sez. delle Cleyera. Il Gen Eurya di Thumb. ha fiori ermafroditi, poligami o dioici, calice con 2 bratteole alle base, potali non opposti ai sepali (come avviene invece nel Gen Ternstroemia), stami 190 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO pochi o numerosi, liberi o saldati colla corolla, colle antere spesso pe- ose, frutto indiscente eon 2-5 logge, contenente molti semi dall’ em- brione eurvo ed aderenti ad una placenta assile, frutto sormontato da 1 stilo che termina in 3 5 stimmi: talora peró si hanno piü stili separati sin dalla base. Il Gen. comprende delle forme arboree o fru- ticose del Giappone (dove appunto lo scoprì il Thumbey), delle Indie orientali ed occidentali, del Messico e del Sud America. Le foglie sono coriacee e portano all’ascella o fiori isolati o corte pannocchie fiorali. Nella Sezione Cleyera, che comprende sia forme americane che a- siatiche, si avrebbe, quale carattere differenziale, le antere pelose mentre nella Sez. Freziera ci incontrerebbero dei tipi a fiori glabri, a foglie cuoriformi, arrotondate e con altre particolarità inerenti in specie alla pelosità e villosità: il tipo infine apparterrebbe al dominio americano. Importante però è la costituzione morfologica degli stami che nella Freziera, come del resto anche nel Gen. Eurya, presentano delie antere deiscenti per rima, immobili, saldate al connettivo. Riesce adunque evidente che la presenza di brattee calicinali, le antere fisse al connettivo e deiscenti per rima longitudinale, gli stili uniti fra loro o varianti da 3 a5 (nell'ambito di un’unica infiorescenza secondo Choissy), l'embrione curvo, i fiori mai disposti in pannochia peduncolata, sono caratteri tali che non permettono di assimilare le Freziera, come del resto gli altri tipi sopra accennati e compresi sotto la denominazione di Eurya, Eroteum ete., al Genere Saurauia. Ciò non di meno la confus'one non fu evitata da alcuni autori, perchè non tennero abbastanza conto di siffatti caratteri differenziali ‚che ei obb igano di assegnare un Genere alle Dilleniacee, l'altro alle Ternstroemiacee. Infatti il Bennet, scambiando probabilmente le genui- ne Sau-auia colle Freziera, affermò che in quest'ultimo Genere le due brattee calicina'i sono lontane dal calice, lo stilo è diviso, i semi nu- merosi, alveolati e l'embrione solo un po curvo, per cui le Freziera co- stituiscono l'anello di congiunzione fra le Saurauia e le Ternstroemiacee. Il Bennet poi insiste sull’arillo, che erroneamente descritto ed interpre- tato dal Kunth, sarebbe presente nei due Generi e costituirebbe quindi un carattere di affinità ancor più evidente. Non ci soffermeremo a discutere il Gen. Let/stomia proposto da Ruitz 1 : i | STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 191 e Pav. poiché esso fu riconosciuto come sinonimo di Freziera. Il Choissy peró erroneamente sostiene che differisce per gli stili divisi alla som- mità in 5 stimmi e pel frutto a 5 loggie. Il Baillon separó, sotto la denominazione di Clethra, le specie di Saurauia asiatico-malesi, ma la distinzione non fu ben aecolta, troppo essendo i vincoli di affinità con quelle americane. Le Clethraceae poi hanno earatteri ben differenti perché siw il easo aneora di insistere nella distinzione. Per la stessa ragione cadde pure la denominazione di Obelanthera proposta da Turezianinow per alcune specie messicane che differiscono unicamente per la pelosità, e quella di Dray’onia creata dall'Asa Gray. poichè il Warburg osserva che la distinzione, basata unicamente sulla presenza di sepali convoluti, è tutt'altro che sicura. Per non protrarre più a lungo questa rassegna sulla complessa si- nonimia che offre il Gen. Saurauia noteremo soltanto che non furono | neppure accettate le denominazioni di Torshia, Davya, mertre poi per altra parte vennero messe in chiaro le differenze, più che le affinità, fra Apeiba (Aubletia), Actin'd'a (Tochostygma) Acro'rem?, Psichotria, Vismia da un lato e le Saurauia dell'altro. Il materiale abbondante consegnato negli Erbari ci permette ora- mai di fissare i limiti delGenere Saurau'a e noi dobbiamo aver sempre presente, se si vuole procedere con un sano criterio diagnostico, che, fra l'altro, nelle Saurauia genuine gli stili sono per !o piu 5, liberi, il frutto rappresenta un sincar pio, i semi presentano un tegumento cro- stoso, non sono decisamente arillati e contengono un embrione diritto, grosso, ass le, avvolto da molto albume, le antere sono bifide, deiscenti quasi costantemente per due pori e stanno attaccate pel mezzo del dorso al filamento il quale poi è barbato alla base. Altri caratteri di minor importanza possono esser desunti da! numero e dalla forma, dei pezzi calicini, o corollini e dai rapporti dei primi colle bratteole pedicellari. Più di tutto, a nostro parere, si dovrà porre molta attenzione alle sete e agli altri tricomi che ricoprono le foglie giovani e adulte, il frutto, l’infiorescenza, a riguardo dei quali le osservazioni degli au- tori che ci precedettero si mostrano disgraziatamente troppo monche. 192 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 4. IL PROBLEMA DELLA SPECIE — CRITERI DIAGNOSTICI E SINONIMIA DELLE VARIE SPECIE — SOPPRESSIONE DI DENOMINAZIONI RELATIVE A SPECIE TROPPO INCOMPLETAMENTE DESCRITTE. Uno studio un po accurato del Gen. Saurauia ci dimostra che per lo più le specie malesi e asiatiche sono più facili a determinarsi, rispetto alle americane. La ragione del diverso comportamento, che a primo aspetto può parere alquanto singolare, in specie a coloro che sostengono ad oltranza la teoria delle Mutazioni come fattore essenzia- le per la produzione di nuove entità specifiche, va ricercata nelle di- verse condizioni biologiche e geografiche sotto il cui dominio vivono da un lato le forme asiatico-malesi di Saurauia, dall'altra le americane. . Nel territorio Asiatico-malese assistiamo frequentemente all’accan- tonamento dei tipi, in specie nell’ambito delle isole Malesi, per quanto non manchi neppure sul continente dove l’irraggiamento quasi a ventaglio delle catene montagnarde meridionali orientali, con direzione prevalente da Ea W costituisce una barriera non indifferente alla diffusione delle for- me montagnarde tropicali. Nel dominio insulare ogni isola, si può dire, ha un determinato numero di specie endemiche di Saurav'a, accanto a molte altre esodemiche. La ragione degli endemismi è ovvia; le specie di una data isola difficilmente possono fondersi, inerociarsi con quelle delle isole o dei continenti vicini, per cui conservano tenacemente i carat- teri acquisiti, con grande vantaggio per la conservazione del tipo. Nel caso però delle Saurauia le difficoltà d’inerocio sono rese tuttavia minori dal fatto che molte specie sono unisessuali, o tendono ad essa. Ben differentemente procedono le cose nel territorio Americano. Qui abbia- mo le catene montuose che nell’ambito dei tropici attraversano il con- tinente da N. a S facilitando così straordinariamente la diffusione delle varie forme. Queste però nella loro marcia da un territorio all’altro vengono a pocoa poco a trovarsi sotto l’influenza di condizioni biolo- Siche sempre più differenti da quelle cui erano originariamente sot- toposte, per cui le piante subiscono degli stimoli che le portano alla variazione. Ma le condizioni climatiche ed edafiche, i fattori esterni in altre parole, variano ivi per lo più gradatamente, solo in determinate con- tingenze potendosi avere delle brusche variazioni, e per conseguenza STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 198 anche gradatamente avvengono le variazioni nelle forme, quasi senza sal- ti; di guisa che vediamo che nel dominio amerieano le specie si sosti- tuiscono nei diversi territori, pur restando fra loro eollegate quasi sem- pre per mezzo di una catena di forme intermedie. Ed è precisamente al limite di un dato territorio che noi troviamo queste forme di colle- gamento, le quali assai spesso mostrano dei caratteri così indecisi che il botanico rimane incerto se debba inglobarle piuttosto nell’ una che nell’altra delle due specie vicarianti. Assodato questo principio riesce evidente che i botanici abbiano trovato non poche difficoltà nella classificazione delle specie americane, a separarle le une dalle altre, a descriverle esattamente. Ed è questa la ragione per cui nei grandi erbari troviamo oggigiorno non poche specie contrassegnate ora con un nome, ora con un altro (Es. S. ex :elsa Willd), quando non vengono indicate eol solo nome generico, Abbiamo rilevato in altre pagine come l'area delle singole specie sia per lo piü abbastanza ristretta; qui bisogna aggiungere che per converso essa si amplia notevolmente se si prendono in considerazione le forme cognate, rappresentative. Cosi, per citare pochi esempi, l'area della S. Excelsa Willd. è limitata, si può dire, alle regioni di confine fra il Venezuela e la Columbia: se però prendiamo in esame il domi- nio -delle forme affini (S. scabra Hook, 8. Schlimmi, Sprague, flori- bundı Sprague, brachybotris Turcz.) vediamo che esso si estende no- tevolmente, raggiungendo V Equador e la Cordillera occidentale, per quanto talune di siffatto forme à loro volta invadano il dominio della stessa S. excelsa genuina, perchè ivi anche sonvi località adatte al loro sviluppo. (1) Lo stesso dicasi per la 8. scıbra Poepp. che, localizzata al Perù e fors'aneo nel Chile settentrionale, è rappresentata in territori assai più nordici da qualche forma rappresentativa che noi per i primi ab- biamo segnalato. (1) La distribuzione delle forme è collegata, per quanto cencerne le Saurauia, spes- se volte al fenomeno dei Climi locali sui quali ha recentemente richiamato l’attenzione il Christ nella sua dotta monografia « Die Geographie der Farne ». 194 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO È nostra ferma convinzione che poche forme si mostrino così adatte come le Saurauia, a dimostrare che oltre ai fattori interni anche quel- li esterni entrano in giuoco nella formazione di nuove specie. Nel ca- so speciale delle Saurazia la ragione precipua di questo fatto va ri- cercata nei caratteri morfologici ed istologici che i botanici hanno u- tilizzato per la determinazione delle varie specie del Genere. Dopo che il Nägeli ebbe messo in rilievo la grande differenza che intercede tra i caratteri di organizzazione e quelli di adattamento, quasi tutti i naturalisti, e specialmente quelli moderni, ligi alla scuola delle Mutazioni, ritennero che i caratteri di organizzazione siano quelli più fissi e meritino quindi maggiormente la nostra attenzione, serven- do essi di criterio diagno:tico più sicuro. In generale troviamo siffatti caratteri più accentuati e più numerosi nell’ambito degli organi di ri. produzione, sebbene non facciano neppure difetto in quelli della vita vegetativa. Ma, se in ultima analisi, ci domandiamo quali sono siffatti caratteri di organizzazione, troviamo che la risposta è difficile se non addirittura impossibile.Un dato carattere difatti che per una Specie o un Genere può esser inglobato nella categoria di quelli di organizzazione, per un’altra Specie o Genere può aver invece unicamente il valore di carattere di adattamento. Basterà ricordare la pelosità che per talune Specie è abbastanza caratteristica, per altre invece un’accidentalità atta appena a distinguere le Varietà. Orbene, se la scelta dei caratteri, con speciale riguardo per quelli di organizzazione, rappresenta una condizione di grandissima impor- tanza nella classificazione della Specie, essa acquista un significato di primo ordine allorchè si tratta di classificare le Sauraw/a ame- ricane. In questo gruppo abbiamo una grande uniformità di struttura e tutte le variazioni su cui devono far assegnamento i sistematici per identificare le Specie si riducono a poca cosa, di guisa che ben si com prende come più di un autore abbia affermato che la determinazione delle Specie riesce spesso incerta e che molte di queste andrebbero radiate, sia perchè non sufficientemente accertate sia perchè costituisco - no puramente delle sinonimie. Per comprendere il significato di quanto affermiamo è duopo ana- lizzare da vicino i caratteri presi in considerazione per le determina- ech ui ue aie t and cca ue '- — mec usur Sat EE e DTS GO DT ATO | + I | a im RT STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 195 zioni, comineiando all'uopo dagli organi di riproduzione come la parte più nobile della pianta in eui i caratteri di organizzazione sono più mareati e numerosi. Il frutto, salvo casi rarissimi di peluria (accidentale forse nelle S. Waldheimia), è glabro e non offre caratteristiche di notevole importan- za, all'infuori di piccole variazioni di. forma, non sempre reperibili ne- gli esemp'ari. Gli stili e gli stimmi invece meriterebbero di fissare l'at- tenzione del sistematico qualora il numero loro, come la forma, e la lun- ghezza loro non subissero notevoli variazioni da un esemplare all’altro. È duopo infatti aver presente che le forme americane di Saurauia sono spesso dioiche, o per lo meno tendono a questa ecndizione fiorale, per cui la stessa Specie può esser rappresentata ora da una forma a stili ed ovari più o meno ridotti, ora da forme che presentano caratteri op- posti. La unisessualità può quindi in molti casi condurre il botanico su una falsa via. Anche il numero degli stami è un buon elemento diagnostico, ma del pari a questo riguardo dobbiamo sempre considerare che gli stami aumentano d’ordinario di numero nei fiori prevalentemente maschili, diminuendo all’opposto in quelli prevalentemente femminei. Merita in- fatti di esser rilevato che spesso i fiori delle Sauravia prendono un determinato atteggiamento sessuale,senza che per questo venga del tut- to abolito l'elemento sessuale complementare. Pochi dati possiamo ri- cavare dalla forma delle antere (per quanto la varia lunghezza nelle differenti Specie sia un carattere diagnostico disereto), dalla costituzione dei filamenti e dei peli staminali, regnando una grande uniformità nella loro eostituzione.Tutt’alpiü possiamo assegnare una terta impor- tanza al modo con cui le antere si aprono, poichè in certe forme il poro apicale si prolunga più o meno in una rima che interessa una parte dell'antera. Ben pochi dati ci offre la corolla la quale, come vedremo fra poco, va tuttavia soggetta a forti variazioni di grandezza nelle differenti Specie, ma anche talora è più o meno sviluppata nei vari individui di una stessa Specie,o nelle Varietà «di questa, Segnaleremo per altro che trattandosi della S. Rudiformis Watche essa fa difetto nei fiori fem- 196 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO minei, sebbene ineliniamo a credere che la disposizione non abbia quel grado di costanza che gli assegna il Watche. L’attenzione dei botanici si è fissata in particolar modo sul calice, la cui pelosità più o meno accentuata ha servito come criterio di dia- gnosi, non potendosi dare molta importanza alla forma dei pezzi calici- nali. Ma per dimostrare che il criterio della pelosità, o viceversa della glabredine calicinale, non è sicuro basta accennare a'la storia della S. serrata DC. Questa presenta un calice glabro, il che permise al Hocker di separare la S.pedunculata dal calice peloso o puberulo, mentre poi gli autori moderni hanno riconosciuto che le due specie debbono esser fuse in una sola. Un altro esempio ancor piü dimostrativo ci viene offerto dalla S. anisopoda Turez. la quale avendo il calice setuloso, puó, secondo il Turezianinow, esser facilmente rintraceiata nel polimorfo gruppo delle S. leucocarpa Schlecht. a calice glabro. Avendo per altro avuto agio di esaminare moltissimi esemplari di siffatte forme abbiamo potuto convincerci che il trapasso della S. leuzocarpa genuina alla S. anisopoda viene effettuato da non poche forme intermediarie. Infatti accanto a forme col calice glabro ed accanto ad altre col calice pelo- sissimo abbiam trovato non pochi tipi nei quali al più su qualche sepalo, e talora su uno solo, vi erano ancora uno o pochi minutissimi mueroni, quasi fossero stati messi a bella posta per mettere nell’imbarazzo il bo- tanico, o per indicargli che l’una Specie non si è separata dall’altra per un brusco salto, per una mutazione.Uno o due peluzzi quasi mieroseo- picisu uno o due sepali non hanno alcun significato biologico: essi devono quindi costituire unicamente un reperto d’indole filogenetica. Molti fatti analoghi si potrebbero citare nell’ ambito delle Laevigetae, ma non ere- diamo di dover insistere ulteriormente dovendo ora soffermarci a trat- tare della grandezza dei fiori. Due specie sono state create in base a questo criterio, vale a dire la S. pseudoparviflora (erroneamente fino ad ora determinata negli essiccati come parviflora Tr. e Pl.) da un lato, la S. latipetala Hemsl. dall'altro. Or bene merita di esser ri- levato ehe gli stessi autori che hanno studiato le due forme,la prima mieranta la seconda maeranta, furono costretti a denominare da una parte S. parviflora delle forme che avevano dei fiori se non vistosi per lo meno discreti (mentre la Pseudoparviflora genuina ha fiori mi- ee MARS i "edo eee eR Loy "Serië, Q eae y e T a STUDIO MONOGRAF?CO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 197 nutissimi) e forse arrivarono alla diagnosi un'eamente in considerazione delle località in eui venne riscontrata la pianta (Jungas boliviane), dall'altro ritennero come latipetale delle forme che trapassavano all'O- reophila, i cui fiori hanno solamente diserete dimensioni. Piü volte ei fu dato di imbatterei in esamplari portanti sul ear- tellino nomi specifici differenti benchè fossero contrassegnati dallo stesso numero e dalle stesse indicazioni relative alla data della raccolta, alla località in cui vennero riscontrati e al nome del raccoglitore! Il confronto di siffatti esemplari ci ha subito dimostrato che le diverse determinazioni erano state motivate da lievi differenze nella grandez- za dei fiori, forse strappati da rami differenti, o da individui diversi. Il fenomeno cui si allude si riferisce, fra l’altro, a due esemplari di Saurauia luno determinato come S. parviflora Tr. e Pl. (pseudoparvi- flora nob.) l’altro come S. Rusbji ! Dall'esame del riechissimo materiale avuto a disposizione abbiamo potuto eonvincerei che nelle Saurauia devono verificarsi delle variazioni sia efarmoniche sia costituzionali nell’organizzazione dei fiori e che solo con attento esame delle piante vive, fatto nella loro patria originaria, si potrà stabilire se una data modifieazione appartenga piuttosto all'una ehe all'altra categoria. Aleune delle variazioni sono indubbiamente de- terminate dal mezzo esterno (siccità, terreno e via dicendo), altre ine- renti all’epoca della fioritura (fioriture precoci o tardive, invernali od estive), altre infine dovute allo stato dioieo o poligamo delle piante, come venne osservato da qualche autore in altri tipi vegetali. Di qui la grande confusione dei criteri diagnostici. Passiamo ora all’infiorescenza. Da quasi tutti gli autori venne se- gnalato, come carattere di una certa importanza, l’allontaramento dal calice delle bratteole pedicellari. Il reperto fu da noi trovato esatto nella grande maggioranza delle specie e quindi ottimo per tener di- stinte le Saurauia da quelle Famiglie in cui ha luogo l’ accollamento di dette bretteole al calice; non è però un carattere costante, sia per chè alle volte, come nelle Tiliacee, le bratteole tendono a conerescere col pedicello, sia perchè riducendosi notevolmente questo ne avviene che detti organi si addossano al fiore. Non è neppur da escludersi che ad una tale associazione debba riferirsi la presenza di 6 pezzi calicina- 198 HROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO li segnalata da qualche autore in certe specie a fiori minuti. Le brat- teole talora poi mancano o sono in numero vario da 1 a 2. Poco rimane a dire sugli altri caratteri dell’ infiorescenza che nella stessa specie può essere ampia, multiflora e lunga quanto le foglie, o più ancora, o viceversa assai più breve, depauperata e poco ramosa. Ricorderemo solo in proposito che per la S. brachybo'rys, è stato, a volta a volta, asse- gnata come caratteristica l'infioreseenza lunga quanto le foglie, o vi- ceversa più breve di queste. Cosi pure nella S. Ruitziana troviamo spiccato questo dualismo e ancor di più forse nella S. scabra Poepp. Anche nella determinazione infine della S. Pittieri si ë fatto troppo as- segnamento sullo sviluppo dell'infiorescenza. Particolare menzione meritano per altro le brattee inserite alla bi- foreazione del peduneolo fiorale, o alla base dei rami prineipali. Esse sono in generale di varia forma nelle differenti Specie, ma a prescin- dere dalla circostanza che esse spesse volte sono eaduche, rileviamo che frequentemente vanno soggette a notevoli variazioni nella fo: ma e nella grandezza entro l'ambito di una stessa Specie, mettendo cosi in imba- razzo il botanico che talvolta viene indotto a credere di trovarsi di fronte ad una nuova Specie a causa dell'esagerato sviluppo accidentale» di siffatti organi. Il caso della S. pauciserrata di Hemsley vale a pro- vare quanto asseriamo. Questa forma, stando ai dati dell'Autore, è con- traddistinda fra l'altro, dalle brattee fogliacee. Nell’ esemplare auten: tico la disposizione sussiste, ma se si esaminano molti esemplari di diversa provenienza si nota che il più delle volte le brattee basali del- l’infiorescenza sono invece minute. Uno studio un pò accurato di que- sta questione ci ha dimostrato che in ogni specie è frequente l’ingran- dimento delle brattee basali al puuto che queste diventano fogliacee. Bellissimi esempi di questo genere ci hanno offerto la S. Pittieri, la S. macrophylla, la S. leucocarpı e via dicendo. Solo forse in due o tre forme che abbiamo raccolto sotto la denominazione di Veran'anae la disposizione assume, a quanto pare, un carattere di fissità specifica, per quanto anche su questo punto sarebbero utili ulteriori indagini su materiale più abbondante e di diversa provenienza. Per le altre Spe- cie trattasi di una vera accidentalità e noi abbiamo contrassegnate col nome di Veranii le forme che presentano saltuariamente tale carattere. Gr JES; e JEE Q wo STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 199 Anche lo spostamento delle brattee deve esser esaminato con sani criteri, essendo risultato dalle nostre ricerche che esso ha luogo più fre- quentemente di quanto si ereda e spesso si presenta come un’aceiden- talità. Noteremo frattanto che la S. angustifolia fu dal Turezianinow elevata alle dignità di Specie appunto in base alla presenza delle brat- tee lungo il peduncolo. Sta però il fatto che tale concrescenza costi- tuisce un carattere di affinità tra le Sıurauiz e le Tiliacea?. Molti sono i criteri diagnostici che si possono ricavare dagli or- gani della sfera vegetativa, ma pochi sono veramente fedeli e presso- .chè sicuri. A questo riguardo non staremo a rilevare lo stato di eonsi- stenza delle foglie che può variare nello stesso esemplare, premendoci di più raffermarci su altri dati di maggior rilievo. Frequente e singolare è la pelosità all’ascella delle nervature se- condarie, nel punto, cioè, dove queste si attaccano alla mediana, dal lato inferiore del lembo. È un carattere questo però che ricorda trop- po da vicino le produzioni patologiche, dovute a domazi, perchè pos- sa aver valore specifico; ad ogni modo sarebbe utile studiarlo nelle piante vive perchè solo a questo modo si potrebbe chiarire la sua in- tima essenza e stabilire quali sono i fattori che lo hanno prodotto. Ma qualunque sia il valore che si vuole attribuire al carattere è duopo aver presente che esso e estremamente variabile, come chiunque può consta- tare studiando, negli erbari, le forme conosciute col nome di S. ser- rata, Ñ. kegeliana, S. leucocarpa, S. barbigera, S. aspera et. che costi- tuiscono un vero caos di forme ad ascelle dei nervi più o meno bar- bate od aneo glabre! Talora abbiamo notato che sono barbate persino le ascelle delle nervature di terzo ordine e con un carattere di acciden- talità ancor più spiccato abbiamo segnalato la disposizione anche in altre forme, dove non era stata vista dai nostri predecessori. Non vi ha dubbio che la pelosità, benchè sia un carattere emi- nentemente efarmonico, compie, nella determinazione delle Saurauia un ufficio grandissimo, e non possiamo far a meno di deplorare la pochissima attenzione che i botanici sistematici, anche eminenti, han- ‘no dato alle caratteristiche peculiari dei tricomi. È probabile che essi non abbiano intuito la grande importanza delle strutture di questi or- gani, poichè altrimenti non si comprende il loro silenzio in proposito. 200 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Nelle Saurauia pelose i tricomi assumono delle forme curiosissime che solo con un attento esame fatto al microscopio, o per lo meno con forti lenti, puó essere rilevato. I nostri predecessori hanno al riguardo distinto delle forme, o degli organi pulverulenti, pubescenti, forniti di peli stellati, di mueroni, e di squame e di sete. Ë nostra eonvinzione che il tipo prevalente sia quello della seta, più o meno squamiforme o bar- bata alla base, il quale come altrove si è fatto rilevare, si va modi- fieando da una Speeie all'altra, da una Varietà all'altra, e persino da un'organo all'altro dello stesso individuo. Assodata questa disposizione, sebbene sotto il nome di sete si com- prendano solo determinate forme di tricomi pià o meno lunghi e rigidi, abbiamo ritenuto opportuno di comprendere, salvo casi particolari, sotto tale denominazione tutte quante le forme di tricomi ferruginei, brunastri o giallicci, siano essi lunghi o più o meno ridotti squamiformi barbati o sbarbati che rivestono abbondantemente le parti giovani e sono pure pre- senti spesso in gran copia sulle parti adulte della pianta ed in specie sulle foglie e sull’infiorescenza. Solo per i tricomi, che pur mantenen- do il colore, si sono ridotti al grado di essere appena percettibili con una lente, o ad un attento esame ad occhio, sotto forma di un corpo rigido, talora ancor nettamente barbato o stellato abbiamo adottato la denominazione di mueroni. Molti tricomi poi sono di color bianchiecio e fini, e per questi abbiamo preferito il nome di peli, che diventano stellati quando sono ramosi e i rami si dipartono da un centro o da una base comune, mentre sono semplicemente ramosi se i rami si dipartono a varia altezza del pelo centrale. Le due sorta di tricomi, peli e sete sono fa- cilmente riconoscibili al diverso colore e alla differente consistenza. Riducendosi ancor di più i mueroni barbati si hanno al più dei. pul- vinuli o cuscinetti minutissimi, i quali del resto possono anche derivare dai peli stellati o ramosi per un identico processo di riduzione. Infine non mancano i casi in cui si ha una pubescenza più o meno diffusa, in specie sulle nervature maggiori. Il trapasso dalla seta ordinaria, barbata, al muerone stellato o al pulvinulo avviene per un processo di atrofia del filamento o pelo cen- -trale che nella seta tipica è molto sviluppato in confronto delle barbe — s — aaa u. Ee STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECO. 201 basali le quali prendono invece, in certo qual modo, il sopravvento quando esso si atrofizza. Non crediamo di errare affermando che molte volte le modificazioni di aspetto che presentano le varie parti delle piante nelle differenti Specie o Varietà sono unicamente dovute alla estrema plasticità del si- stema pilifero ed in specie delle sete che ricoprono le foglie e gli or- gani giovani. Si tratta di un meraviglioso polimorfismo di organi minuti, che poco importante nelle altre piante, acquista un valore grandissimo nel nostro Genere. È probabile pertanto che uno studio un po’ accurato, fatto al microscopio, del sistema pilifero delle Saurauia, possa con- durre a una più facile e razionale determinazione delle varie forme. Su questo argomento avremo pure occasione di ritornar più tardi, quan- do tratteremo dell'anatomia e della biologia delle Saurauia. Sta intanto il fatto che neppure i caratteri desunti dalle intime strutture dei tricomi sono costanti! basterà all’ uopo ricordare che in molte Specie, quando le foglie, il fusto e le altre parti hanno superato lo stato adulto, i tricomi scompaiono o avvizziseono, per cui la fiso- nomia della parte muta notevolmente. La $. Ruitziana venne dal De Candolle contrassegnata come glabra, allo stato adulto, in corrispon- denza della pagina superiore delle foglie. Il carattere è reperibile, è vero, ma è ben lungi dall’essere costante, poichè si osserva solo nelle foglie invecchiate, di guisa che se si volesse dare un peso eccessivo allo stesso si dovrebbero ritenere differenti specificamente quelle for- me della S. Ruitziana che presentano ancora pelosa la pagina supe- riore delle foglie adulte. Siffatte variazioni non menomano punto I’ alto significato del si- stema pilifero; che in aleune Specie presenta dei caratteri molto costan- ti, come è il caso per la S. tomentosa i cui esemplari sono quasi tutti egualmente conformati per quanto riguarda il tomento. Fra le accidentalità di superficie dobbiamo annoverare la rugosi- tà, la scabrosità, la direzione e il numero delle varvature, talune delle quali offrono pure degli ottimi eriteri diagnostici, mentre altre (sca- brosità e rugosità) hanno meno importanza. Una Specie, la S. bullosa Wawre è stata fondata in base alla presenza, in certe forme apparte- 209 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO nenti indubbiamente al ciclo delle S. Ruttziana e della S. ursina, di alveolature o infossature minute reperibi'i nella pagina inferiore del lembo. Il carattere salta agli occhi e si impone, ma disgraziatamente perde di valore se si considera che noi abbiamo trovato in una stessa foglia uno dei lati cosparso di alveolature, l’altro piano! Ma vi ha di piu: esso non è proprio ed esclusivo della 8. bullosa Wawre. Più fisse sono le caratteristiche delle nervature: in generale per ogni specie abbiamo un dato numero di nervi laterali. secondari, (1) siano le foglie grandi o piccole, mentre poi il numero di essi varia notevolmente da Specie a Specie. In base appunto a questo criterio ab- biamo potuto stabilire le affinità tra Specie apparentemente poco simi- li, come ad esempio la brachybotrys, var. scabra e le forme cognate della S. excelsa. Ma non si può per altro negare che talora le oscil- lazioni nel numero delle nervature sono molto forti quando si hanno due estremi fogliari opposti, per quanto concerne la grandezza del lembo. Anche la vicinanza dei nervi secondari o viceversa le distanze relative, la dicotomia, cui vanno soggetti sono buoni criterî, assieme alla maggiore o minore visibilità degli stessi e alla loro direzione. Lo stesso dicasi peri nervi di 3° ordine. La nostra attenzione fu in parti- colare modo diretta a questi, avendo notato che a seconda della Specie considerata essi talora formano un reticolo lasso nel mezzo del paren- chima interposto fra due nervature secondarie, tal’altra si fondono con quelli di 4° ordine, per formar un minuto reticolo, o all’opposto resta- no da questi indipendenti. Anche la direzione di siffatti nervi rispetto ai secondari e rispetto alla costa è un buon dato. Da ultimo, fra le accidentalità di superficie, rileveremo ancora che nelle forme glabre (ad es. S. Yasicae Loesen.) si incontrano spes- so dei minutissimi alveoli alla pagina inferiore del lembo lungo i ner- vi minori. Essi sono abbastanza costanti per meritar l'attenzione del sistematico e non hanno alcunchè a vedere colla bulla'ura della S. bullosa Vawre. Anche alle accidentalità del margine fogliare fu rivolta V atten- (1) Nel corso del presente lavoro i nervi secondari, per ragioni di brevità, vengo- _no spesso denominati colla semplice notazione; nervi. | os > STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 203 zione del sistematico, ma poche parole basteranno a dimos rare quan- to incerti siano i criteri desunti da tali disposizioni morfologiche. La prima specie di Saurauia, quella descritta dal Willdenow, sotto il nome di Exce'sa, è appunto contrassegnata dal margine intero, mentre la S. xanthotricha del Turezianinow differisce dalla stessa unicamente pel bordo serrulato. Il criterio era ottimo quando pochi erano gli esem- plari di Saurauia depositati negli Erbari; non più però oggigiorno, ed invero avendo potuto studiare, olt e agli esemplari elassiei del Willde- now e del Turezianinow, moltissimi altri, fra cui quelli veramente co- lossali del Museo di Vienna, abbiamo potuto convincerei che dalla forma descritta dal Willdenow a fogle integre si passa per gradi a quella più o meno serrata della Š. can hotricha. In generale influisce molto sulla comparsa delle serrature la grandezza del lembo, poiché le foglie colossali sono quasi sempre serrate, almeno all’apice. Riesce quindi chiarito come i vari esemplari stati raccolti dal Funk e Schlimm e portanti lo stesso numero! siano stati, a seconda delle accidentalità margin ili, ora determinati come spettanti alla S. excelsa, ora come appartenenti alla S. wanthotriche. E si noti che la serratura o vice- versa l’ integrità marginale sono i soli caratteri per cui le due sopra citate Specie (1) differiscono fra loro. Quasi le stesse indecisioni si notano se noi prendiamo in conside- razione la setulosità del margine e più ancora le forme del lembo e la lunghezza dei picciuoli. Nel'e differenti Specie le sete marginali sono soggette, come le altre, a variazioni di lunghezza: il lemb» è acuto, od ottuso, obovato, lanceolato, con base o tondeggiante, o disimmetria, o acuta e persino decorrente. Ma al momento dell’ ap licazione questi caratteri diventa- no evanescenti. Cosi la S. Pittieri è pel Donnel Smith facile a distin- guersi per l'apiee ottusissimo, che però in molte forme da noi stuliate diventa acuto. Parimenti nel gruppo delle S. Yasi ae e delle S. Leu- cocarpa l'ineertezza del criterio appare quanto mai manifesta. Lo stes- (1) Nel presente lavoro la S. xanthotricha Turcz. è stata abbassata.al grado di mera varietà della S. excelsa. 204 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO so dieasi per la grandezza del lembo e per la lunghezza del pieciuolo soggette l'una e l’altra a notevoli oscillazioni. Per quanto concerne il eaule pochi ragguagli d'importanza emer: gono: esso è per lo più glabro nelle parti adulte, mentre verso lapi- ce presentasi più o meno peloso, setoso o pu'verulento. Nessuna o Do: chissima importanza può darsi al colore della corteccia, alla ‘unghez- za degli internodi, alla natura fistolosa dei rami (che solo eccezional- mente manca) ed alle cicatrici fogliari colle sovrapposte gemme, i quali caratteri sono soggetti a notevoli variazioni nella stessa Specie. Tutto al più noteremo che la forte rugosità del caule è reperibile nella S. pauciserrata Hemsl. Anche la radice, -la plantula e i semi, per quanto ci consta, non hanno fornito notevoli ragguagli al botanico sistematico. Questa lunga discussione sul valore dei caratteri d’ indole preva lentemente efarmonica, quali elementi di diagnosi, può a taluni pa- rere oziosa poichè è noto che nella definizione di una specie non si tiene quasi mai conto di un unico carattere, ma bensì di molti, per cui se ognuno di essi ha poco importanza per se stesso, associato agli altri contribuisce a formare un cumulo di documenti diagnostici tatto altro che privo d’interesse. Per quanto V obbiezione possa parere fon- data, è d'uopo tuttavia considerare che nel caso speciale delle Sau- rauia i caratteri su cui può fare assegnamento il sistematico sono ta- lora pochissimi e di un’ estrema variabilità per cui è più che giustifi- cato il nostro dubbio sulla loro costante attendibilità. La ottusità del- l’apice fogliare e la lunghezza dell’ infiorescenza, due elementi varia- bili, non hanno forse servito a distinguere la S. Pittieri da. altre for- me affini ? La S. ovalifolia non è forse caratterizzata, come chiunque potrà eonvincersi consultando la diagnosi, da caratteri di una FP tanza secondaria ? Dalla poea attendibilità di molti dati sono appunto nate 7 diver- genze nel concetto della Specie, il che ha dato luogo ad un ingom- brante sinonimia. Citeremo alcuni esempi. d Esiste una S. barbigera Hook, una S. Kegeliana Schlecht., una S. leucocarpa Schlecht, e infine una S. leucophylla di Ch. e Sehl. Nei varî Erbari i relativi esemplari sono indifferentemente contrassegnati Te, = EE, E TEE E ana astin EE BS iE ET sù EXE io STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECO, 205 ora con l'uno ora l’altro nome, malgrado che la S. Kegeliana non sia altro che nna forma della S. pauciserrata, del tutto differente dalle al- tre e che la S. barbigera e la S. leucocarpa, quando hanno le rispet- tive caratteristiche pronunciate, non mostrino alcuna rassomiglianza fra loro, mentre poi nei casi intermedi trapassano l'una nell'altra. Si com- prende pertanto come per alcuni autori le tre forme siano specifica- mente differenti, per altri invece delle semplici variazioni fluttuanti. La S. rubiformis di Watche è diventata per le stesse ragioni la S. polyantha Gilg., sebbene la diagnosi della nuova specie sia stata fatta sugli stessi esemplari ehe hanno servito al Watehe per la determina- zione della specie da lui scoperta. Nell'ambito della S. villosa DC. abbia- mo a distinguere due forme variamente descritte dagli autori: una è la S. villosa tipica, l'altra la S. villosa DC. A queste poi deve aggiungersi la S. macrophylla Lind. Sotto il nome intine di S. scabra HBK (non Poeppig!) furono comprese parecchie forme, fra cui una a foglie piecole, un' altra a foglie grandi. Solo quest'ultima, a nostro modo di vedere, ë la speeie in questione. Per eonverso il Turezianinow ha separato da questa la §. Morıtziana prendendo per criterio diagnosti- co le forme delle sete, il ehe l'ha condotto per una falsa via. Ma per colmo di confusione altri autori hanno omologato la S. scabra HBK., la S. excelsa Willd e certe forme della brachyibotrys Turez, di guisa che il botanieo ehe non abbia studiato a fondo il Genere non riesce più a raeeapezzarsi. Qualche Specie è addirittura un mito pei sistematici. Così la S. glabrata di cui si hanno due Specie: una dello Steudel, l’altra del Choisy. La denominazione di quest’ ultima è, negli esemplari dei differenti erbari che abbiamo consultato, costantemente segnata da un punto in- terrogativo. La descrizione che ne ha dato il Choisy è così monca chè é diffi- cile identificare la Specie, per cui abbiamo creduto opportuno di radiar- la per non mantenere ancor più a lungo un elemento di confusione. È quasi certo tuttavia che alla stessa si riferisca la S. aequatoriensis Sprague, ma noi, derogando un po’ alle leggi di priorità, abbiamo ac- cettato la terminologia di questo autore poichè basata su una diagnosi che non lascia sussistere alcun dubbio. 206 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Ancor più nebulosa è l'altra forma conosciuta anche sotto il nome di Apatelia: gli autori opinano che si tratti della S. scabra Poepp, mentre poi dovrebbe corrispondere anche alla S. biserrata R. e P.che ë pure un'entità inafferrabile. Perció anche quest'u tima denominazione venne radiata dalle nostre descrizioni, mentre della prima (Apatelia) non neabbiamo tenuto conto perle ragioni altrove esposte a riguardo della sinonimia. Il colmo della confusione viene raggiunto per altro colla S. Ruit- z:ana Steud. (S. lanceolata DC.) A prescindere che la Specie fu suddi- visa in due forme < e 8, distinguibili unicamente per la forma della base fogiiare e per la lunghezza diversa dell'infioreseenza, due earat- teri, cioè, non sempre attendibili: a prescindere che l'una fu denomi- nata peduncolaris, l’altra tomentosa (HBK), ciò che induce il botanico a falsi apprezzamenti, poichè tali nomi spettano anche ad altre Spe- cie, il colmo della confusione fu apportato dal De Candolle, il quale, (stando a quanto riferisce il Choisy,) nel descrivere una specie di Giava, stata raccolta dal Leschenhault, a cui aveva appunto dato il nome di S. lanceolata trovò che la specie era affine alla Apa'elia lanccolata o Saurauia R.itziana del Perù! Questa osservazione, aggiunta un po’ alla leggera, fu la conseguenza di un curioso equivoco, dovuto a ciò che l’ A. aveva rilevato la grande rassomiglianza che correva fra le fig. IV e VIII della sua memoria sulla Ternstroemiacee, ben lungi dal sospettare che il suo disegnatore gli aveva mandato due volte il dise- gno della stessa specie che era appunto la S. Ruitziana Steud. e in conseguenza nen era punto quello della specie di Giava che il De Can- dolle in quel momento stava studiando e della quale eredeva di aver sott'oechi i disegni ! Cosi per un errore la specie del Perü ë diventata sinonima di quella di Giava (S. Ruitziana Steud.— S. lanceolata DC.). Il Choisy, allo scopo di dar maggior valore a quanto asserisce, fa rilevare che egli ebbe occasione di esaminare l'esemplare autentico di Leschenhault, nel Museo di Parigi, sul quale si legge il nome seritto di proprio pu- gno dal De Candolle. L'esemplare non corrisponde affatto alla fig. IV della Memoria sulla Ternstroemiacee a cui si riferisce, men're cal- za a pennello colla descrizione che V A. ha dato della Specie. Infatti x ukax GAI i DUM. IU MM D STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, 207 l'esemplare e la descrizione ei indicano delle pannocchie a peduncolo comune corto (1. pollice appena), ment'e nella figura IV è segnato un peduncolo d'infioreseenza lungo 4 pollici circa ! il quale poi é villoso, mentre nella Specie giavanese è glabro, Vi banno poi altre differenze che mettono la questione fuori di du!bio. Per conto nostro possiamo agginngere che la confusiono è ancor più accentuata, trovandosi nel Museo di Parigi un esemplare che, accanto al nume di S.serrata, por- ta pure quello di S. lanceolata! Gli esempi testé riportati dimostrano pertanto a chiare note che i caratteri diagnostici sono quanto mai incerti nel gruppo che stiamo studiando. Il torto é però in parte anche degli st ssi botanici. Molti sistematici, infatti, forse convinti che col metodo della nomenclatura binomia si potesse con facilità arrivare alla distinzione delle varie Specie, senza l'ineubo di lunghe descrizioni, hanno tratteggiato le Specie con diagnosi assai condensate e sommarie, le quali oggigiorno a causa del grande numero di Specie similari note sono del tutto prive di va- lore sc’entifico. Per un Genere così critico come quello della Saurauia occorre tornare al metodo antico delle lunghe descrizioni prelinneane. Chiuderemo pertanto la presente rassegna concludendo che i ca- ratteri specifici delle Seurauia sono in gran parte cfarmoniei e muta- bili, vale a dire dovuti spesso all’influenza del mezzo esterno, anzichè all’intima essenza dell'organismo. È dubbio quindi che le varie entità cui diamo il nome di Specie siano nel caso nostro nate da mutazioni. Le molte Specie amerieane si concatenano l'una eoll'altra per gra- dazioni quasi insignificanti di caratteri e meritano quindi l'attenzione di coloro che si dedicano allo studio dei problemi inerenti alla origine delle Specie. Forti di questa convinzione erediamo che, nell'ambito del nostro Genere, tra Specie e Varietà non corra spesso una grande differenza. Nè il botanico può troppo far assegnamento su piccole variazioni per stabilire o una Varietà o una Specie nuova, poichè in caso contra- rio quasi ogni esemplare di erbario diventa o l’ una o V altra. E pur troppo i botanici mostrano maggior inclinazione a separar le forme an- che affini, anzichè a collegarle! Ben più proficuo, ma più arduo compito, è quello di collegare fra loro le forme similari, cercando le loro affinità, sia in base ai caratteri 208 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO morfologici, sia in base alla distribuzione geografica delle varie forme, poichè noi avremo occasione di dimostrare che forme similari abitano regioni per lo più contigue. Neanche però su questo criterio dobbiamo far troppo assegnamento, essendo venuto in luce dalle nostre ricerche che in grazia dei così detti fenomeni di convergenza, i quali compiono un ufficio importantissimo nel'a plasmazione delle varie forme di Saurauio, Specie differenti ed abitanti regioni disparatissime possono acquistare una medesima fisonomia (Saurauia laevigata Tr. e Pl. di Quindio e S. Yasicae Loesen. del Centro America), come del pari forme differentis- sime posssono sullo stesso territorio acquistare caratteri similari (S. peduncolata Hook. e S. scabrida Hemsl.). Ben ponderati i fatti possiamo tener come assodato che per la de- terminazione delle differenti Specie o Varietà bisogna tener conto di tutti i piccoli caratteri che ognuna di esse presenta, anzi che di uno solo, ` senza tuttavia aver la pretesa di arrivar sempre allo scopo di separa- re nettamente la Specie dalla Varietà. b) CRITICA DELLE PRINCIPALI CLASSIFICAZIONI ADOTTATE PER IL GEN Saurauia. Molti tentativi vennero fatti per classificare le numerose specie del Gen. Saurauia, ma tutti quanti hanno raggiunto solo incompleta- mente lo scopo. Le classificazioni proposte per lo più si riferiscono alle forme asiatico-malesi e perciò non dovrebbero entrare nel quadro del- le nostre ricerche e noi ci saremmo astenuti dal discuterle se le stesse non fossero anche applicabili, con risultato per altro più o meno at- tendibile, alle specie americane. Non ci soffermiamo qui sulla distinzione basata sul numero degli stili che ha portato a separare dal Gen. Saurauia un certo numero di Specie meno ricche di stili le quali vennero inglobate nel Genere A- . patelia. Essa è da tempo caduta e per quanto concerne le forme ame- ricane non meriterebbe invero molta considerazione, pochissime essendo le specie che offrono una variazione nel numero degli stili (S. Yusicae Loesen. e qualche altra) e le stesse poi sono troppo congiunte per altri PEN — eee E TE a eae eA aber o PORTE PTT VC EE ES STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 209 caratteri alle Saurauia genuine perché sia il caso di separarle, tanto più che mo'ti dei loro rappresentanti hanno 5 stili. Noteremo solo che il Miquel adottò il criterio con abbastanza successo nella descrizione del- le forme dell’Antico Continente. Sempre fra le forme asiatiche Blume, Walpers ed altri autorihan- no distinto le Specie Noronhiane, a calice glabro, da quelle Reinward- tiane a calice peloso, il quale criterio diagnostico, riportato alla flora americana, incontra non poche difficoltà alla sua applicazione poichè se è vero che alcuni tipi (Specie collettive) hanno ii calice glabro (S. scabra Poepp.ad esempio) altri sono costituiti da forme a calice varia- mente vestito, senza che sia possibile distinguere nettamente gli uni dagli altri. Basterà ricordare all’ uopo la S. anisopoda Turez. e la 8. Teucocarpa Schlecht. che noi abbiamo fuso in un'uniea specie e le va- rie forme della S. peduncolata Hook. (S. serrata DC.) = Il Merril per la classificazione delle Saurauia delle Filippine s si è basato sul numero degli stili,- sullo sviluppo delle Brattee e delle infiorescenze, e infine sul numero di queste ultime all’ ascella di ogni foglia. Or bene tali eriteri mal si adattano ad una classificazione delle forme americane e la ragione è ovvia. Per ciò che concerne gli stili è già stato sopra riferito che nell’ambito delle Yasicae e di altre forme similari questi oscillano da 3 a 5,di guisa che a seconda degli esem- plari ehe si hanno sott’oechio si può arrivare a determinazioni diffe- renti.In secondo luogo lo sviluppo delle brattee è nelle forme ameri- cane un carattere eminentemente accidentale che solo in alcune Specie (S. peduncolaris ed altre) può assurgere alla dignità di carattere spe- cifieo, Ma la prova decisiva al riguardo si potrà avere, anche per queste solo quando si potranno coltivare o studiar sul sito parecchi individui della stessa Specie, non potendosi escludere che, allo stato attuale della scienza, il sistematico non annoveri fra le forme a brattee ‘ grandi (Veraniana nob.), tutti quegli individui di una Specie che acci- dentalmente sviluppano eccessivamente le brattee. Basterà a dimostrare l' opportunità di queste riserve, l'aecenno alla S. pauciserrata Hemsl. che non sempre è munita di brattee fogliacee come vuole l'Hemsley. Ancor più elastico è il criterio dell'ampiezza della pannocchia che 210 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO nei vari individui di una Specie varia notevolmente in lunghezza. For- se maggiore considerazione meritano le distinzioni basate sul numero delle pannocchie all’ascella delle foglie, vale a dire se le stesse sono isolate o fascieolate. Ma nell'ambito delle forme americane il eriterio servirebbe a classificare pochissimi tipi a pannocchie fascicolate, i quali poi sono per altri caratteri abbastanza facilmente distinguibili dalle forme affini. Per la stessa ragione non possiamo estendere alle forme america- ne la classificazione dell'Hooker basata ad un tempo sulnumero degli stili e sulla disposizione panicolata o fascicolata dei fiori. Una classificazione che si allontana alquanto dal eriterio pura- mente morfologico è quella proposta da Koorders e Valeton che, fra l’altro, accordano una certa importanza alla Caulifloria nella determi- nazione delle varie Spe.ir. Noi non crediamo che la Cauliflora, tanto comune fra le Specie dell’ Antico Continente, sia diffusa fra quelle americane: gli autori non accennano alla stessa e rare volte su materiale d’ Erbario si sono trovati indizi della stessa i quali poi possono esser ben diversamente interpretati. Per quanto concerne gli altri caratteri ‘scelti dagli autori testè ricor- dati dobbiamo confessare che non abbiamo potuto formarei un chiaro concetto a causa della lingua usata nelle descrizioni del gruppo malese di Saurauia. Se, lasciate da parte quest’ ultimo, passiamo alle forme americane constatiamo ben tosto che per le stesse i botanici non si sono preoc- cupati gran che del problema tassonomico. Il Martius distingue alcune Specie in base alla deiscenza delle antere che è per lo più poricida basilare (apparentemente apicale per resupinazione delle antere), men- tre solo in due o tre Specie avviene per rima laterale, che però è quasi sempre soltanto un poro slabrato da un lato, e quindi anche queste forme sono, in ultima analisi, riducibili a quelle poricide. Lo studio che abbiamo fatto dell’ argomento ei ha dimostrato che molto spesso non sì può esser sicuri se si ha a fare con una rima, o non piuttosto con un poro: quest’ultimo in tal caso assume l’aspetto di cuore con il vertice più o meno allungato. ` STUDIO MONOGRAF.CO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 211 Un altro criterio credette di trovare il Martius nella bullatura delle foglie, ma noi abbiamo già rilevato, e lo vedremo meglio in se- guito, come il medesimo sia fallace, esistendo o mancando su talune dia EI | foglie di un unico individuo, o talora persino su una parte di un unica foglia. Del resto sono poche le specie ehe presentano tale carattere (3-4). Più pratico e più manifesto è il carattere della strigosità e pelo- sità, o viceversa della glabedine, per quarto anche qui le variazioni non siano poche. dn Fra coloro che si occuparono della classificazione delle Saurauia merita, da ultimo, di esser ricordato il Gilg (1), il quale fa, innanzi i tutto, giustamente rilevare che le Saurauioideae si distinguono dalle altre D lleniaceae (eccezione fatta per le Actinidioideae) per le antere ay mobili, poco estesamente saldate al filamento, per l embrione svilup- | pato, per l'ovario a stili liberi, mentre poi si distinguono dalle affini A tinidioideae per le placente ispessite e situate al centro dell'ovario. 2 L'autore ë d'avviso ehe si possa arrivare ad una distinzione te: i sue e . : . . 2/7 nendo conto della posizione degli stimmi che sono abbattuti nelle Acti- NA nidioideae, eretti nelle Saurau a: noi abbiamo per altro potuto consta- " , T tare che anche in quest' ultimo Genere gli stimmi sono talora sdraiati a ridosso dell'ovario. Neppur molta importanza si può infine accordare alla sottigliezza del lembo fogliare variando enormemente la consi- : stenza di questo nelle stesse Sıurauia. Per quanto riguarda in particolare modo queste ultime il Gilg con saggio criterio separa le forme americane da quelle asiatico - malesi, incorporando le prime in gran parte nel Gruppo delle paniculotae, mentre ingloba le forme asiatico - malesi in quello delle fasciculatae, salvo poche specie che vanno pure ascritte alle paniculatae. Questo criterio basato sulla costituzione dell’infiorescenza è ottimo: solo faremo | rilevare che anche fra le specie amerieane qualeuna presenta un infio- 2 rescenza a tipo fascicolato. Tale è il caso ad es. per la S. scabra (1) Abbiamo riportato solo i principali lavori sulle classificazioni, per non estende- ^. re troppo lo studio critico. 219 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Poepp., per la S. pauciserrata Hemsl. e per la S. Rui/ziana Steud. Noteremo infine che il Gilg dà pure una certa importanza al mo- do con eui si aprono le antere che è per lo più poricida, avvenendo di rado per rima. ili ER. co 7 ns + ne Classificazione e descrizione delle Specie americane L.) CLASSIFICAZIONE Le ricerche fatte sulle Saurauia americane col sussidio del ricco materiale avuto a disposizione ci hanno dimostrato che una classifica- zione rigorosa e veramente scientifica delle differenti Specie (il cui numero venne qui notevolmente aumentato) non potrà essere escogita- ta, fino a tanto almeno che non si sarà trovato il filo conduttore in qualche carattere nuovo che pel momento ci sfugge. Abbiamo passato all'uopo in assegna tutti quanti i criteri sistema- tici e le caratteristiche delle varie Specie descritte dagli autori, senza trovare in alcuno di essi quel grado di stabilità che si richiede perchè valga come indicatore, ci si permetta la parola, delle varie Specie. E sì noti che a questo riguardo le nostre osservazioni sono state più ae- curate di quelle dei nostri predecessori, in ispecie per ciò che concer- ne la costituzione del sistema pilifero, nel quale troviamo ancor sempre un’ ottima guida nella discriminazione delle varie forme. Abbiamo già altrove accennato al polimorfismo cui vanno incontro i tricomi nel nostro Genere: e come tale condizione di cosa sia appun- to di grave inciampo alle classificazioni: qui è d'u»po far rilevare che spesso nelle Saurauia americane troviamo delle forme strettamente congiunte fra loro, tanto che potrebbero formare una Specie collettiva, le cuì singole entità specifiche (Specie elementari) sarebbero date da individui molto pelosi, poco p losi, o quasi glabri. Le forme estreme molto setose,o all'opposto glabre, appaiono ben distinte le une dalle al- tre, ma esse sono fra loro collegate, oseremo dire per gradi insensibi- li, dai tipi a scarsa setosità. La ripetuta constatazione di questo sin- golarissimo fenomeno ci ha pure dimostrato che nell’ambito del nostro Genere non può esservi una netta distinzione tra Specie e Varietà, almeno in molti casi, di guisa che teniamo fin d’ora a dichiarare che non diamo molto peso a questa distinzione, per quanto sia importan- tissima. Una classificazione è tanto più rigorosa quanto più riesce a man- tener unite le forme morfologicamente similari e filogenetieamente af- » 216 HROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO fini. Disgraziatamente mancando un criterio direttivo nella classifica- zione delle Saurauia e dovendosi far assegnamento, più che altro, alla maggior o minor setosità delle varie forme, o rispettivamente alle gla- bredine delle stesse, ne viene di conseguenza che le Specie collettive, rappresentate dalle tre forme sopra indicate, riescono spesso nella clas- sificazione da noi proposta grossolanamente smembrate e le singole Specie elementari tenute troppo disgiunte, essendo state assegnate a categorie diversissime. Abbiamo perciò cercato di porre riparo all'inconveniente citando nuovamente, a fianco delle forme affini, la Specie elementare stata stac- cata: il lettore così può subito trovarla al posto ove per ragioni mor- fologiche fu riportata. Si ha in tal guisa una c'assificazione mista, fi- logenetica e morfologica, in cui p'ró alla morfologia è data la prefe- renza. Le affinità sono del resto anche indicate dal prefisso pseudo di cui abbiamo fatto largo uso (es. N. Pseudopittieri). Noi siamo ben lungi dal voler ritenere che il nostro tentativo di classificazione sia perfetto: a priori tanto risultato è da escludersi poi- chè le supposte affinità filogenetiche furono desunte in base allo studio su materiale d’erbario, poco adatto invero per un tal genere di studio. Si tratta di un tentativo e nulla più e noi saremmo lietissimi se questo potesse indurre qualche botanico a concietare una classifica- zione più rigorosa. La classificazione è basata principalmente sullo sviluppo e sulla forma dei tricomi nelle parti vegetative: poi si prese in considerazione la pelosità dell’ ovario, la grandezza dei lembi, le accidentalità del margine e la grandezza delle brattee. Alla classificazione fa seguito la descrizione delle singole Specie nell’ ordine stabilito dalla classificazione stessa, per cui le stesse ven- gono descritte secondo la posizione che occupano in base al criterio morfologico. Nella descrizione si riportano, per ogni singola Specie, i dati che ci hanno fornito uno studio aceurato di un ricchissimo materiale: le va- riazioni individuali sono ivi tenute in conto, per cui il lettore può farsi sabito un idea dell'estensione della variazione fluttuante. Per ogni: Specie sono inoltre indicati i numeri relativi, P Erbario che la custo- STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMKRICANE ECC. 217 à disee, le provenienze e tutte quelle altre particolarità che possono tornar È utile allo studioso. In un Genere così polimorfo come la Saurauia è " meglio abbondare nelle descrizioni dei particolari: noi abbiamo perciò | š seguito il sistema adottato dal Loesener per la S. Yasicae, anzichè ` - . quello conciso di De Candolle e di altri, il quale se poteva servire. i quando poche erano le specie note, non ha più certamente valore og- ` gigiorno. EE O 7s = - x PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 218 ‘sng vuma -naad g v “osng vuvau -s20T'g v ©2910 J, Pqotagou -Kd'e v auge Dua g ‘osng ruridvig `S Can DAquos 'g ve © VG DIA] -OUJUVXOST Ç v oujye:pugsAn'g "MEH P4QV95 "S v 'engvadg nad `ç v `əngueidç Tuum] qos se 'ongvids ppung -40]f "wu © auge vsyaoxe ç ‘MALAY Dron, sone vuvandpadg sng :42npq4eqo€M “AVA pnajg VUNNNY, 'sng 224042 VUOJ 'sng r$0814/5 ELO ‘Id 3 ‘IL onari ‘ISN, rqondoqiunxosr 'osng 127702409) ‘osng vu D149u9$90'T ‘ISN vummpjoqungg “IVA 'osng vs]23xeopnesq 'sng rqonjogmry “IVA "zeng 2214042 BUIO] THUM STAT ‘au o opuvi8 Quad aidwas ‘ezzapuess enea Ip Oquuə' ‘any `əəu 15119} 3199 Ojon -1d [ns ə own} ns amads ur ‘egenus ot 0}]ow PIISOFLNG J avuvnnny 9s03as oyotu ‘aed dnttas ouaw 2180] av; fadosepy touu] ‘OE LIAS- 012 JON Up ajuouirHvA O 0159]U1 ‘apeao ‘ordue nid o| 19d oquia] t 211304 was ane vjsiur vzuo[niaA[nd uoo Iso} -əs ə1uətuəjurpuoqqu o1dtuas isenb ?;u258210gu1]]op nur ə ILI 21807 epp əA94q nid quad ossads ‘ayiquisea ezzaysun] Ip ezuaosa1ogur `əəurgni -19J 3398 ay sunt Ip ONSA -u amd nid o| sad sny ‘(pup 4212520] "wl OJq deu ısenb oper tp oqua] (od. nnunu *nejpoas o I1|duuəs ruon) ‘100911 1p atuo anje asnu -1UOI ¥10ļ]e} OuosələSə||V 'nuojed * əye[npuo jo[ei x H 10[o? 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JOA spes 20149901: sai2eds pur] ert enneg əuəonəuə3oln rue HiqQueqolJqd ANOIZVOIAISS VT) 226 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 2. DESCRIZIONE DELLE SPECIE AMERICANE Gen. Seurauia Willd. Nov. Act. Soe, Nat. Cur. Berl. III. Sinonimia. Apate/ia DC. Choisy Mem. Ternstroem: Droytonia Asa Gray: Palava Ruitz. e Pav. Choisy l. c: Scapha Nor. Choisy l. e. Blumia Spr. Choisy l. e. Darga: Leucothea Moe. et Sessé DC. Mem. Ternstr: Marumia Reinw. De Vries Pl. Ind. Dat. rar.: Obelanthera: Turez. (Choisy l. e.) Ocerstraatia Lesch, (Choisy Mem. et): Reinwardtia Willd. (Choisy l. ¢.): Sauravja Willd. (Gilg in Engl. Nat. Pf. Fam. Vanalphinia Lesch. (D.C Mem. Ternstr.). Flores vulgo ermaphoditi. Calyx S. sepalus, persistens, basi ebrac- teatus, sepalis valde imbrieatis, obovatis orbieulatisve, interioribus margine submembranaceis. Petala imbricata toro inserta, basi in co- rollam monopetala eoalita; tubo brevi, limbo 5. lobo, lobis obovatis, obeordatisve. Stamina plurima ^^ corollae basi adnatae ed inter se basi filamentorum subeoalita.Antherae erectae, versatiles, apice poro vel rima brevi dehiscentes. Ovarium globosum 3-5 loculare: stili 3-5 filiformes, a basi distineti vel plus, minus coaliti in stygmata simplicia desinen- tes. Bacca, vel capsula globosa subdeiscens, calice cineta, stilis coro- nata, 3 5 locularis 3-5 valvis. Semina plurima, anatropa, parva, angulo locumentorum interno affixa, pulpa immersa. Albumen sat copiosum. Embryo axilis, rectus val laeviter incurvus, cotyledonibus brevibus. Arbores fruticesve aliae americanae, aliae asiatieae ligno molli donata. Rami teretes juniores, ut pedunculi, petioli et foliorum nervi medii plus minusve pilis stiogosis, membranaeeis, ferrugineis obsiti. Folia alterna, estipulata, petiolata, ovalia, aeuminata, serrata, pauei- nervia, venis parallelis e costa divergentibus, more Dilleniacearam, superne glabra aut juniora pilos sparsos gerentia, subtus glabra, sub- velutina, nervo medio semper substrigosa. Pedunculi axillares, aut la- x E E ys STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 227 terales, simplices, aut ramosissimi, aut multiflori. Braetcolae vulgo par- vae a calice remotae. Flores albi. (1) 1.) Seurauia excelsa Willd. Drey nue Gatt, l. c. Sinonimia, Palara scabra Humb. Bompl. n. gen. et sp. Kunth. Spreng. Syst. veget. Martius Fl. Bras. Steudel. Nom. Bot. Sauravj 1 scabra K. (Mserpt.). Saurauja mi rophyllı Lind. (Mserpt.). Saurauia xantholricha Turez. (pro parte) Animadv. Bull Soc. Imp. Mocou 1858. Figure: Nov. act. Naturfs. Berl. III. (Willd.). Arbor 25-30 pedalis, ramis patentibus ramulis dense villosis, fer- rugineis, Folia alterna, pe!iolata oblongo-obovata, aeutiuseula, integer- rima, venosa, venis trasversalibus, supra seabrida, subtus praesertim ad venas piloso hirta, decem pollices longa et sex lata, basim parum inaequalia, Petioli pollicares vel sesquipollicares erassi, fusco-villosi. Flores albi, odoratissimi, in panicula trichotoma longa, pedunculata, axil- laris, folio breviore. Pedunculi communes et partiales ut et pedicelli, denique bracteae et calyces fusco villosi. Bracteae lineares, augustae ad peduneulum divisionem Menem Cap ula alba. Il Willdenow, da eui è desunta la diagnosi, aggiunge i niens dati: Si tratta di una pianta sempre verde crescente fra le roeeie e sulle rive dei fiumi, in montagna, presso Caracas, dove però non è frequente. Fiorisce in agosto (verso il fine) e porta fiori bianchi, grandi. Ampii pure sono i lembi fogliari. La specie appartenenti alla Tiliaceae secondo il sistema di Jussieau, ë assai affine a Aubletía da cui diffe- risce pel calice, corolla, stili, frutto, e per altri caratteri. granda pure a Melostoma e Psichotria. (1) Come si vede questa diagnosi, del Willdenow, dato il numero grande di spe- cie oggigiorno conosciute, richiede di esser integrata con la descrizione che noi abbia- mo dato nelle pagini precedenti. Ciò non di meno abbiamo creduto opportuno ripor- tarla nella sua: nn in ‘omaggio al grande botanico che pel primo DI: il =n Sanrabidi; l 060r 4 ; : í ; Loi 228 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Esemplari studia’i. Ex d. Willdenow (Bredemayer) di proprietà dell’Ist. Bot. di Berl. Ex N.106 raccolto a Caracas (Galipan) da Funk e Schlim (1848) a eirea 4500 -5000 p. (fior. in gennaio), reperibile negli Erbari di Deles- sert a Ginevra (sotto il nome di S. Xanthotricha Turez.), di Bruxelles (sotto il nome di Š. macrophylla Lind., S. Villosa D.C.) di Pietrobur- go (Univ.), di Lipsia (sotto il nome di s. brachybotrys Turez.). Ex. N. 38 d. Coll. Linden d. Erb. di Parigi e Kew. Raccolto a Caracas (fiorit. aprile e giugno) nel 1848 (sotto il nome di Palava, S. Xanthotricha Turcz. e S. excelsa Willd.) Ex. d Jaequin f. del Museo di Vienna, senza aleuna indicazione cirea la provenienza ed il raccoglitore. Ex. N. 1144 del British Museum. (Londra) raeeolto da Ernst fra Santorequis e Dos aguas (Caracas), sotto il nome di S. montana e 8. Veraguensis (fior. in aprile). Rami fistolosi, rugolosi, bruno - nerastri o rufescenti, coperti di sete ferruginee o fulve, sottili, lunghe 4-5-8 mm., patenti, decidue; ci- catrici fogliari tonde, piccole, ombellieate: parti giovani villose assai. Picciuolo lungo 3-5 cm. robusto, bruno rossastro, un po appiattito, irto di set? pa'enti o appressate, gialliccie ferruginee, fine, lunghe 2- 2, Dmm. Lemba obovato, ampio (20 — 40 em. X 8 — 17 em.) cartaceo, membranaceo o talora anco leggermente coriaceo. Apice acuto o acu- minato o viceversa leggermente ottuso. Base gradatamente assottiglia- ta, acuta o all'opposto alquanto ottusa, disimmetrica. Margine integro, o minutamente denticolato, in ispecie verso l' apice, con dentieoli sor- montati da maeroni o da sete diritte o curve, a base spesso dilatata. Fra i denticoli si notano delle fine se'e che simulano denti secondari Pagina superiore rosso-brun'ccia, un po’ srabra, irta di sete gialliccie, lunghe assri sulla costa (3-4 mm.) e barbate alla bose, un po’ più brevi sulle nervature secondarie e sul parenchima. Su quest’ultimo sono più parcamente disseminate e vanno associate a minuti mucroni. Pa- gina inferiore verdiccia, d’ aspetto grossolanamente pulverulento e molle al tatto per sefe lunghe circa 1-1 '/, mm. sulla costa, ridotte a !,- 1 mm. sulla residua superficie. Nervi poco marcati alla pa- LN Re, STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC 229 gina superiore, ove più che altro, sono segnati dalle numerose sete di color più chiaro del parenchima, sporgenti invece alla pagina inferio- re. Costo'a assai robus'a: nervi secondari in numero di 19-95 circa, sottili, distanziati, patenti, ed obliqui (verso l’apice della foglia) a de- corso un po’ curvo dal mezzo in su, subdicotomi presso il margine fogliare. Nervi di 3. ordine, perpendicolari ai secondari e talora anche alla costola eui si inseriscono, a decorso vario, ondulato, o diritti, fi- nissimi, distanziati gli uni dagli altri e ben dist.nti da quelli di 4. ordine. Questi ultimi formano un fitto reticolo, poco marcato. Inficrescenza ascellare subeguale alla fog ia, o pù breve (lungh. 17-27 cm. largh. 3-8-10 em.) piramidale o subeorimbosa, a pan- nocchia mu!tiflora, di rado depauperata, più o meno compatta allorchè è immatura. Pedunco'o principale robusto, lungo 12 - 16 cm., rosso- bruno come i rami, striato finamente. Rami primari lungh. 3-4 cm., espan- si, patenti o un po’ obliqui ascendenti, quelli di ordine superiore più brevi e gli estremi sorreggenti il dicasio o tricasio fiorale. Tutta quan- ta U infiorescenza è i-pida per sete ferruginee, particolarmente abbon- danti verso l’estremità, lunghe da 2 a 4 mm. patent’, un po’ riccie e sottili. Alla biforcazione dei rami si incontrano delle brattee, rispetti- vamente delle bratteole lanceolate, lineari acute, salvo le terminaliche sono minute, deltoidee. Le brattee basali raggiungono 10-16 mm. in lunghezza, 2- 3 mm. in larghezza: le superiori sono notevolmente più piccole (4 -5 mm. X 2 mm.) tutte quante sono ferruginee setolose sul dorso. Ta’ora le brattee e p à ancora le braí!eo'e sono spostate lungo i! ramo e quel'e terminali possono trovarsi a metà del pedicello, od anco appressate al calice. (Es. 38 dell'Erb. Parigi) Come in quasi tutte le altre Specie di Saurauia le brattee basali, od anco le bratteole diventano talora fogliacee (es. 106 d. Erb. di Bruxelles e di Pietrob.) ed allora assumono un pieciuolo lungo 10-15 mm., mentre il lembo raggiunge la lunghezza di 2-3 em. per 1 em. di larghezza e presen- tasi attraversato da nervature. x Le forme che presentano questo earattere vennero da me denomi- 250 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO nate Veranii (1) per far risaltare la loro affinità morfologica col grup. po della Veranianae pr. d. in cui le brattee sono costantemente (?) fogliacee. Pedicelli fiorali brevissimi o medioeri (6 mm.), robusti, villosi, ferruginei. Fiori di dimensioni diserete od anco (raro !) relativamente grandi (Es. d. Erb. Pietroburgo). Calice del diametro di 11 mm. costituito da 5 sepali subeguali fra loro o un po’ disuguali, lunghi 5 mm. lanceo- lati acuti i due esterni, un po’ ottusi gli interni. I primi sono rivestiti in tutta la faccia esterna, da sete tozze, pulverulente alla base, mi- nutissime (1/, mil. o meno): due altri presentano lo stesso rivestimen- to solo sulla linea mediana, il quinto solo su una metà di detta faccia. Tutta la residua po zione della superficie esterna (che ne! boc io é ri- coperta) come, pure la faccia interna, si mostrano coperte da fine pul- verulenza cenerognola g a'liccia; il margine é cigliato. Corolla bianca, caduca cogli stami, subeguale al calice, o di poco più lunga (!/, circa) a 5 petali lunghi 8 mm. a lamina obovata o sub- quadrangolare, sottile. | Stami in numero vario da 25 a 35, più brevi del calice, o a que- sto subeguali: filamento di mediocre lunghezza, barbato alla base con peli rossiccio - bruni; Antere profondamente bifide, fozze, non molto lunghe giallo rossiccie, aprentisi per un poro situato all'apice delle teche, attaccate pel mezzo del dorso al filamento (dorsifisse). Ovario glabro, bruno nerastro, globoso, sormontato da 5 stili brevi o anco cortissimi. Un esemplare che differisce alquanto dal normale, segnando il passaggio alla S. Scobra HBK. è quel'o portante il N.1744 del British Museum. Le foglie adulte si mostrano quasi sprovviste di sete, mentre conservano i mueroni alla pagina superiore, per cui il lembo diventa molto seabro. Nelle altre parti però l'esemplare è molto villoso. Caratteri differenziali e di affinità. La nostra Specie differisce dalla S (1) In omaggio al mio carissimo amico e compagno di studi D. Luigi Verani di Torino. ` STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 281 S. scabra HBK. unicamente, si puó dire, per un maggior sviluppo del sistema pilifero e in ispecie delle sete. La presenza di brattee foglia- cee potrebbe far scambiare certe forme della S. ««celsa con taluni tipi della Veranianae genuine, ma la S. peduncularis Tr. e Pl. che più si avvicina per aspetto alla nostra presenta le seguenti particola- rità differenziali: tutte le brattee dell’ infiorescenza sono fogliacee o grandi; il pieciuolo fogliare è breve; il lembo, meno sviluppato, è ottu- so alla base, colla pagina inferiore abbondantemente fornita di tuber- coli stellati; i nervi sono in minor numero; l’ infiorescenza’ più breve della foglia. Nella Var. Veraniana Buse. abbiamo, è vero, un pieciuolo lungo; ma anche qui le vene sono poco numerose e inoltre incontriamo. gli altri caratteri testè ricordati nella forma genuina. La S. isoxanthotricha presenta un lembo assai pù piccolo, allun- gato, stretto, molto ottuso alla base. La S. ursina è molto setosa, ma. differisce per le dimensioni minori del lembo, per i nervi poco nume- rosi, pel margine fogliare molto scabro, per le brattee brevi, per gli stami scarsi (20) e per l'ovario a stili lunghi. Le forme della S. Ruitziana si riconoscono facilmente all'infiore- scenza abbreviata e al più abbondante tomento alla pagina inferiore. Lo stesso dicasi per la S. pseudoexcelsa, Una certa rassom g;ianza si può trovare colla S. villosa e colla S. scabrida, ma entrambe differiscono notevolmente per i peli s'ellati abbondantissimi a'la pagina inferiore del lembo, e per altri caratteri di minore importanza. Più intima é la rassomigliaaza colla S. pycno- tricha Turez. la quale però ha foglie meno sviluppate, più tipicamente lanceolate - ovalari e sottili, acutissime alla base. Kë La descrizione ehe ei ha trasmesso il Willdenow della prima spe- cie di Saurau‘a, per esser troppo concisa, ha indotto i botanici a con- fondere con la S. excelsa parecchie Specie che poco o nulla hanno a vedere colla medesima. La confusione é dovuta al fatto che il Wilde- now, non avendo altri tipi del genere sott'oechi, ha deseritto come sca- 232 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO bra la pagina superiore del lembo, il qual carattere se è realmente pre- sente, non è così accentuato come nella S. scabra HBK. ed in altre Specie. Perciò non pochi autori hanno riportato la Š. scabra genuina e il N. 973 di Linden (S. b*achybotrys nob.) alla S. excelsa. Noi però avendo avuto occasione di esaminare l'esemplare di Bredermayer, sul quale il Willdenow ha intessuto la diagnosi, abbiamo anche potuto fare i con- fronti opportuni, dai quali ë risultato che la ruvidezza del lembo nel. l’Excelsa è solo relativa, di molto inferiore a quella delle altre forme Sopra citate. La seabrosità del lembo ë nell? Ex elsa attutita dalla presenza di sete lunghe, sul quale. carattere il Willdenow non ha insistito, appunto perchè non aveva il materiale di confronto, che poche diecine d’anni più tardi divenne colossale (140 e più specie!). Questo fatto dimostra come pei Generi critici come il nostro, nei quali i caratteri differen- ziali sono poco manifesti, occorrano delle d agnosi minute, particolareg giate se si vuole arrivare alla discriminazione delle varie forme. Prima di porre termine alla descrizione della S. exce/s1 devo far notare che aleuni autori segnalarono questa specie nel Messico, (esem- plare di Pavon) e nel Guatemala (Lindley e Paxton). Evidentemente trattasi di una deplorevole confusione colla S. villosa e forme affini, l’area della S. exce'sa essendo limitata alle regioni prossime a Caracas. Si comprende qundi come, a causa di tale confusione la S. excelsa venga anche da taluni denominata S. macrophy la, il quale nome spetta appunto alla S. vil'osa del Messico e Guatemala. Il Martius (fide Triana e sub nom. S. scabra!) segnala pure la no- stra Specie a Quindio prov. di Mariquita (200) m. di altezza) e a Me- rida (esempl di Engler fior. in ottobre), ma anche per questi esemplari trattasi di uno scambio con altre forme, come vedremo fra poco. x) Saurauia excelsa Willd. var. xhantotricha Busc. Sinonimia: S. a in'hotricha Turez Bull. Soc. Bot. Moseou XXXI 1858. S. excelsa Willd. Turez. l. e. Ramis patulis, pedunculis ealieibusque pilis patentibus, rufis, den- se vestitis: fuliis oblongo - obovatis acutis, basi obtusis ad medium in- AC QUA o A E MORIS PIRO, sex tee xu Vae cake rie 2 oer. IPS Ao Eheu 2 RES - E pre ua oa Masa Ng # m Se STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 283 tegerrimis, a medio ad apicem remote serratis, supra pilis appressis in costa eopioribus hirtis; subtus ad costam, ad venas venulasque rufo - setosis; panieula subterminalis, trichotoma foliis breviore, bracteosa; petalis medio dilatatis in laminam subquadratam emarginatam calicem sesquie superantibus; braeteae lineares elongatae intarduum pedieellos acquantes; folia 8 polliearia 3 !/, poll. lata: setae margini approxima- tae denticulos secundarios mentiunt. An S. excelsa Willd.? sed folia non integerrima, pedunculisque vix semi pedales. In Provincia Caraeasana prope Galipan ad 5000 p. Funk et Sehlim N. 106. (Turez. Bull. Soc. Mose. XXXI). Esemplari studiati: Ex. N. 38 della Collezione di Linden, stato raccolto a Caracas nel luglio 1842 (Erb. Delessert, Ginevra). Ex. N. 106 della Collez. Lind. e Schlim. raccolto nel Venezuela (1845) e portante il n. 98906, del Mus. Palatin. di Vienna. Ex. N. 106 Erb. Stuttlewort. Coll. Linder (1845). Museo di Sud Kensington. | Ex. N. 606 Coll. E. Otto, raccolto il 12 marzo 1840 a AE h a fiori bianchi. (Museo di Berlino). — Id. ma raccolto a Quebrada Chocaito nel Venequela (Erb. di Vienna). Ex. N. 290 di Moritz. Raccolto a Caracas nel 1843 (Erb.di Ber- lino sub nom. S. excelsa N. 60359). Ex. di Bonpland (Herb. de P Amer. equat.) proveniente dalla N. Granata (Museo di Parigi sub nom. S. brachybotrys Turez). Rami cenerognoli, scanalati e glabri nelle parti adulte, di rado notevolmente ingrossati, rosso bruni all’apice e ivi comerti di sete pa- tenti fulve - ferruginee o gialliccie, curve, lunghe 4-8 mm. le quali li rendono villosi, al pari delle foglie giovani. Cicatriei fogliari renifor- ml, poco o punto sporgenti. Picciuolo robusto lungo 2 -4 cm., coperto analogamente da sete patenti ferruginee o sordidamente giallo -bianchiccie lunghe cirea 3 mm. Lamina di varia grandezza, ma talora vis'osa (16 - 27 em. X 6 -12 em.) ovale, obovata, acuta od anco terminante in breve punta, ` cuneiforme alla base che inoltre ë un po' disegnale, Lembo cartaceo, 984 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO integro e denticolato dalla base fino al mezzo, serrulato, serrato od anco doppiamente e grossolanamente serrato verso l apice, con serra- ture mucronate, setose. Fra i denti si incontrano delle sete. In qualche esemplare le foglie molto grandi sono tipicamente serrate dal mezzo in su, le picro’e invece serrulale od anco subintere (N. 606 di Otto. Er- bario di Berlino). Pagina superiore rosso - bruna, poco o punto scabrida, essendo ri- vestita di sete lunghe ed appressate sulla costa, un po’ più brevi (2 mm.) sulle altre parti. Le sete più chiare del fondo segnano la direzione dei nervi principali sui quali sono più numerose. Negli intervalli fra le sete il parenchima presenta un’aspetto granuloso alla lente. P.gina inferiore verde gialliecia, in specie lungo i nervi; anch'essa molle al talto per lo stesso rivestimento di sete giallo ferruginee o ful- ve, sottili, che sulla robusta costa sono per lo più disposte come le barbe di una penna e lunghe circa 5 mm., mentre sulle altre parti sono più brevi. Anche questa faccia mostra una minuta granulazione nelle parti prive di sete. (Esempl. 606 Otto. d. Mus. Berl.) Nervi secondari 16 - 18 - 24 a seconda della grandezza del lembo, distanziati, obliqui, un po’ curvi, subdicotomi, prominenti e distinti solo alla pagina inferiore. Nervi di 3. ordine perpendicolari a’ secon- dari finissimi, diritti, avvicinati fra loro, distinti da quelli di 4. ordine. Infiorescenza ascellare multiflora o pauciflora (più raro) a pannoc- chia più o meno ampia, un po’ più breve della foglia (langh.8-15 em.) molto ramosa, a rami secondari lunghi 1 - 3 em. patenti, talora però anche brevissimi e formanti quindi una pannocchia contratta assai. Peduncolo robusto o più o meno sottile, lungo al più 8-10 cm. Brattee basali lineari, lunghe i cm. o più (quasi subeguali al ramo) larghe 2-3 mm. di color fulvo e setose: quelle terminali. deltoidi, minute. i Pedicelli aggruppati in due o tre all’ apice dei rami, brevi o di media dimensione (6-10 mm.) bratteolati. Tutta quanta l’infiorescenza, in specie sui rami e pedicelli, è co- perta di se'e lunghe 2-3 mm. fulvo-rufescenti, fine, patenti. Fiori del diametro di circa 15-18 mm. Calice a sepali lunghi 6- 7 mm. subacuti od arrotondati. I due esterni sono setosi ferruginei su Fiabe rie a E $ b : : STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 285 tutta la faccia esterna, due altri solo nel mezzo, il quinto da un lato. La rimanente superficie esterna, al pari di quella interna, rirestita da una minuta pulverulenza cenerognola. Talora peró la faccia interna ë subglabra. Il margine ë quasi sempre cigliato. Corolla !/, circa più ampia del calice, glabra, a 5 petali saldati alla base, lunghi 8-9 mm, obovati o subquadrangolari, smarginati. Stami 20-30, più brevi del calice, a filamenti lunghi, barbati, ma non eccessivamente, alla base, ad antere tozze, brevi, profondamente bifide, rossiccio ferruginee, con un poro apicale per teca, dorsifisse. Ovario glabro a 5 stili robusti, lunghi, con stimma sviluppato, op- pure brevissimi. Le due sorta di stimmi sono riconoscibili già nel fiore in boce'v. A quanto pare le forme ricche di stami presentano un ova- rio per lo più a stili brevi, quelle povere sono invece longistile. Però vi sono non poche eccezioni alla regola. (Esemplare di Bonpland.) Caratteri differenziali e di affinità. Non insisteremo su questo argomento poichè si può applicare alla S. xanthotricha quanto abbiamo rilevato a riguardo della S. ex-elsa. Solo noteremo che le brattee assai lunghe e lineari dell’infiorescenza, ricordano, come vedremo più tardi, quelle della S. Ruitziana Steud. . ec Emerge dalle osservazioni fatte che nel novero della S. excelsa Willd. var. xanthotricha compaiono non pochi esemplaricontrassegnati col N. 106 e 38 della Collezione di Linden, taluni dei quali sono stati aseritti alla S. excelsa tipica. Per altra parte alcuni esemplari di S. zanthotricha portano il n.290 e appartengono alle collezioni di Moritz, i quali dal Turezianinow fa- rono elevati al grado di Specie, sotto il nome di S. Moritz ara. Discu- scuteremo più tardi se la Specie creata dall'autore russo sia più o me- no buona: qui vogliamo solo far rilevare che uno degli esemplari di Moritz (Erb. Vienna) porta il n. 10359 e con questo stesso numero è pure contrassegnato l'esemplare originale di S. ex-elsa del Wildenow. Avendo confrontato i due esemplari abbiamo trovato che quello di Moritz differisce unicamente per un’ infiorescenza depauperata e pù 286 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO breve (5-9 cem.) , mentre le foglie sono egualmente grandi (22-30 em. > 9-12 cm.) per cui la infiorescenza raggiunge appena la parte mediana del lembo (nella 8. excelsa è invece subeguale a questo). Tutto questo prova adunque che gli autori hanno separato delle forme omologhe, portando non poca confusione nel campo della siste- matica. Riteniamo pertanto assodato che icaratteri pei quali la S.zan- thotrica differisce dalla forma genuina siano troppo insignificanti (den- tature e serrature più o meno accentuate, infiorescenze più brevi delle foglie ete.) e che perciò non sia lecito separare radicalmente l'una dall’al- tra, come hanno fatto gli autori che ci precedettero. La S. xanthotricha di Turez. non è altro adunque che una Varietà della S. excelsa Willd., colla quale condivide la patria. Non è improbabile che le due forme di foglie si trovino sullo stesso individuo o su individui diversi, ma associati : ciò che qualora venisse dimostrato, toglierebbe persino il significato di Varietà alla for- ma che stiamo studiando.Vedremo in seguito come tanto la S. excelsa, quanto la S. xanthotricha, per alcuni esemplari portanti i n. 106 della Collez. di Linden. e 290 di Moritz., si colleghino colla S. scabra HBK. costituendo così un ciclo di forme strettamente fra loro congiunte. La grande affinità fra la S. excelsa tipica e la Var. xanthotricha si rileva anche dal fatto che entrambe hanno forme brevistile accanto ad altre longistile. Noi abbiamo persino trovato che nell'Esemplare N. 606, stato raccolto a Caracas dall’ Otto (Erb. Berl.) taluni fiori sono brevistili altri longistili ! 2.) Saurauia pseudoexcelsa Buse. n. sp. Esemp'ari studiati. Exs. di J. L. Holton, stato raccolto presso Cartago, Cacubra (El. Koble). Porta il n. 792 della Collez. (Flora Neogranardina Quindiensis), e trovasi nell'Erb. di Kew (sub nom. S. Ursina Tr. e Pl. forma ma- crophylla). Exs. del Museo di Kensington, proveniente da Guajacuil (raccolto da Pavon) e stato determinato (in schedula) come Palava ewce'sa e come Palava paniculata. ET ER SET cr OTTO Bet a Ct le 2 WA Bee e Geo ouf Dai dea RASTA di Seti Eet E AS eR Ee Mae Ee S o EE ee Hënn ? IZ Seege Open i a STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, 937 (I due esemplari sono in cattivo stato poicbè ridotti a una foglia e a un’infiorescenza staccata). Petiolus 5 em longus, erassus, ferrugineus, pulverulento-villosus. Lamina pedalia, ovalia vel obovata, superne atro- rubra et sca- brida, subtus velutina et griseo -ferruginea, utrinque acuta aut basi subacuta: margine minuto denticulato - serrulato, denticulis setosis aut mucronulatis. Pagina superior setis et tuberculis minutis instructa, in- ferior tomentosa: setae ad basim saepe barbigerae. Nervi laterales 22-28 eireiter, inter se distantes, in retieulum laxum desinentes. Panicula pe- dunculata, pauciflora, piramidalis, pulverulenta, tuberculata aut brevi- ter setosa, bracteata, bracteis parvis. Flores breviter pedicellati aut sub- sessiles. Sepala utrinque pubescentia: externa parte, in gemmulario non tecta, minute tuberculata. Corolla ? Stamina numerosa, anteris parvis, thecis poris magnibus se se aperientibus. Styli elongati. Picciuo’o lungo oltre a 5 cm. robusto, ferrugineo, fulvo - villoso, per se'e curve, lunghe 3-4 mm. (Es. di Guajacuil) o 0,5 - 1 mm. (Es. di Cartago) patenti, miste a pulverulenza cenerognola. Lembo molto grande (30 - 40 em. di lungh. per 12-15 cm. di largh.) ovale-obovato, bruno rossiccio e un po’ scabro alla pagina su- periore, molle al tatto, grigio giallastro all’ inferiore, acuto ai due e- stremi o solo subacuto alla base, con margine discretamente dentato (Es. di Guajaeuil), serrulato cd anco un po’ serrato, a dentature diritte e distintamente setose. Fra i denti si incontrano talora delle sete rs di Cartago). La pagina superiore è distintamente setosa: le sete nell'Es. di Car- ` tago arrivano sulla costa alla lunghezza di 3 mm., solo a 1 mm. sugli altri nervie sul parenchima. L'esemplare di Guajacuil é meno tipiea- mente setoso poiché sul parenchima si incontrano quasi soltanto dei tubercoli rossieei che danno un aspetto granuloso alla parte, mentre le sete della costa e dei nervi maggiori sono mucroniformi, lunghe 0,5 mm. La pagina inferiore presenta un aspetto pulcerulento-tomentoso ed è coperta abbondantemente, sul parenchima, di sete grigiastre o ferruginee, barbate alla base, mentre porta sui nervi e sulla costa delle minute sete e tubercoli giallicci, o bianco sporchi (lunghi 0,3 mm.), quasi. 238 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO sempre commisti a pulverulenza. I tricomi barbati sono anche qui meno evidenti nella forma di Guajacuil. Costa robusta. Nervi seconderi 22-28, distanziati obliqui, sub- dicotomi, non sempre fra loro paralleli, distinti per le sete sopra, ma anche poco sporgenti sotto: quelli di 3. ordine, fini, pure distanziati gli uni dagli altri all'origire, si risolvono in un reticolo sul parenchima interposto fra le nervature, rimanendo ovurque cbbastenza ben distinti dai nervi di 4. ordine, poco manifesti. L'infiorescenza (staccata !) é appena lunga 10- 14 cm., pauciflora, a pannocchia dai rami molto distanziati e brevi (1 cm. nell’ Es. di Cartago), oppure ampia, piramidale, coi rami lunghi 3 em. Tutta quanta l infiorescenza, compreso il peduncolo, lungo 3 - 8 cm., robusto o sottile, è coperta di pulverulenza cenerogno'a con qual- che mucrone (distinto solo alla lente) nella forma di Guajacuil, con qualche seta, fulva patente, invece nell'esemplare di Cartago. Le sete si fanno numerose sui rami e ivi raggiungono 1 mm. Le brattee sono triangolari, lunghe 3-4-5 mm. larghe 2 mm., se- tulose, mueroneulate, pulverulente come l'infiorescenza. I fiori sono brevemente pedicellati o subsessili, col c»lice grande o di diametro discreto. I sepali ovali (lunghi 8 mm. nell’esemplare di Cartago) pulverulenti, cenerognoli, giallicci dentro e fuori, sono distin- tamente tubercolati ferruginei, nelle parti scoperte nel boccio, ma i tu- bercoli dell'Esempl. di Guajaeuil sono appena visibili alla lente, mentre quelli dell’Es. di Cartago sono setuliformi lunghi un millim. o meno. - Corolla ? S'ami numerosi (?) a filamenti sottili e barbati alla base con peli bianchi. Antere piccole, mollo ampiamente aper’e all’ apice delle teche e bifide. Ovario a stili lunghi, capitati, visti però soltanto nella forma di Guajacuil. Caratteri differenziali e di affinità. Questa specie, che si presenta sotto due forme alquanto diversa- mente costituite nel sistema pilifero, può esser confusa soltanto cola S. excelsa Willd., colla S. scabrida, Hemsl., colla S. villosa DC., colla S. Ruitziana Steud. e colla S. Scabra HBK., tutte quante fornite di foglie ampie. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 239 Per quanto riguarda |’ Exvelsa Willd., e in specie la var. xan- thotricha dal margine serrato, basterà ricordare cle questa é meno to- mentosa al'a pagina inferiore e porta un infiorescenza notevolmente più sviluppata. Assai meno ricca di tricomi, in specie alla pagina in- feriore, è la S. scabra, per cui la confusione non è possibile. All’ op- posto la Š. Ruitziana è notevolmente più villosa e fulva: poi sotto la forma macrofilla presenta un lembo ben diversamente conformato (lanceolato-ovalare) e meno ricco di tubercoli alla pagina superiore ed ha infine un’infiorescenza più contratta e con fiori più vistosi e a brat- tee più grandi. Oltremodo facile é la confusione colla S. villosa DC., la quale però abita regioni differenti, presenta infiorescenze più grandi (non sempre però!) e fiori più piccoli, in eui poi le antere non si aprono per un poro notevolmente ampio. Colla S. srabrida Hemsl. lo scambio è meno facile, avendo questa la pagina superiore meno pelosa e presentando dei lembi più piccoli. Notiamo da ultimo che assolutamente non é possibile la confu- sione colla forma tipica dell’Ursina, dalle foglie più piccole e più vil- lose. Il Triana tuttavia l’ha inglobata in questa specie, facendone una varietà macrophylle, ma noi vedremo più tardi che molte forme diS. ursina del Triana non sono che forme delle S. Rui'ziana con eui realmente la nostra specie non ha pochi caratteri di affinità. * * GE L'habitat della nostra Specie è abbastanza esteso, essendo stata rinvenuta a Cartago e a Gunjacuil; ciò ci chiarisce forse la diversa costituzione del sistema pilifero nelle due forme, che diventa più bre- ve, ma più ruvido nell’ esemplare crescente nelle regioni abbastanza aride della Costa del Pacifico. Non si è creduto tuttavia di dare gran peso a siffatte variazioni che incontreremo ad ogni momento anche nelle altre Specie, ma non possiamo passar sotto silenzio che la nostra Specie ha notevoli affinità colla S. villosa e con alcuna delle sue forme, da cui si distingue più che altro per la distribuzione geografica. Ma siamo certi che non sia avvenuto un po’ di confusione nella cernita delle varie specie ? 240 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Abbiamo i nostri dubbi, innanzitutto perché l'indieazione dell'ha- bitat « Cartago » puó indurre il sospetto che trattisi di Cartago di Costa Rica che si trova ancora nel dominio della S. villosa, e poi per- ché il Pavon, a cui si riferisce l'esemplare nostro, ne ha distribuito qualche altro del Messico appartenente alla S. macrophylla che, come si sa, va attribuita alla S. villosa. Però la nostra specie non lascia ri- conoscere, almeno ad un esame alla lente, le presenza di peli stellati alla pagina inferiore i quali caratterizzano le varie forme della 8. villosa e dell'afüne S. scabrida, ma anche a riguardo di questo carat- tere puó esservi eampo al dubbio, poiché il tomento é molto intenso nella pseudoexcelsa, di guisa che riesce difficile a stabilire la costi- tuzione dei singoli tricomi senza l'esame al microscopio. 3.) Saurauia pycnotricha Turcz Turez. Bull. Soe Not. Mose. XXXI 1858. Ramis petiolis peduneulisque pilis patentibus, longis, rufisque dense vestitis; calycibus tomentosis aut breviter setosis; foliis oblongo - obo- vatis, acuminatis, basi vix acutatis, infra medium breviter serrulatis supra medium subduplicato serratis, utrinque setis appressis ad costam densioribus et longioribus: peduncolo axillari trichotome-paniculato, folio breviore; petalis ad apieem vix dilatatis, emarginatis. Folia fere praecedentis magnitudine in acumen augustum producta, serraturae foliorum setiferae. In (ravines) umbrosis prope S. Sebastiano in Prov. Caraeassana, Galeotti N. 406. Esemplari studiati: Exs. d. Mus. di Parigi, stato raccolto a S. Sebastiano di Caracas dal Funk (1843), ma portante il N. 306 (sub nom. S. excelsa, Willd.) h a fiori bianchi. Idem dell’Erb. Delessert. Exs. dello Stabilimento di Linden stato dal Funk e Schlim raecol- to a Galipan presso Caracas (1846), a cirea 5000 p. di altezza. (N. 106, dell’Erb. di Bruxelles), Fior. in gennaio. Fusto bruno nericcio all’ apice ricoperto, al pari foglie giovani, da sete, fulve, giallo chiare, ondulate, patenti, lunghe circa 8 mm., sot- TA be ER SA EE Zee eae STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 241 tili; a base un po' dila'ata. Solo nell' esemplare 106 sono un po' meno sviluppate. Picciuolo non molto robusto, Zungo 2,5 - 7 cm., di color bruno, ma parimenti coperto da sete simili a quelle del fusto, per quanto meno lunghe (3 - 4 mm.), commiste anche a leggera pulverulenza. Lembo di grandezza molto variabile (13-28 x 6,5-10 cm.) sot- tile, membranaceo, tipicamente obovato, terminato in punta acuta più o meno lunga (al più 1 cm.). Base gradatamente assottigliata talora anche marcatamente disuguale-decorrente, più di rado solo acuta: Margine integro alla base, doppiamente e spesso anche irregolar- mente serrulato o denticolato dal mezzo in su, colle dentature sormon- ta'e da mucroni e da sete curve minute; queste ultime pure presenti fra i denti. Pagina superiore rossiccia, leggermente scabra, coperta, non ab- bondantemente, di sete sul parenchima, sui nervi e sulla costa. Su que- st'ultima, come pure sui nervi maggiori, le sete sono più lunghe e più abbondanti (eccezione fatta per l'esemplare N. 106.) Le sete sono ovunque sottili ed appressate ed oscillanoin lunghez- za da 1 mm. (sete del parenchima) a 3 - 4 mm. (sete della costa), per cui sono ovunque visibili ad occhio nudo. Pogina inferiore verdiecio - chiara, d'aspetto pulverulento, almeno lungo le nervature (eccezione fatta per l'esempl. 106), molle al tatto, coperta da fine sete fulre, più lunghe sulla costa (4 mm.) brevissime invece sulle nervature di 3' e 4° ordine, sulle quali raggiungono solo 1 mil. o sono talora appena visibili ad oechio nudo. Qualche minuta seta sì osserva pure sul parenchima, assieme a qualche raro e minuto pe'o stellato, visibile solo alla lente e del resto mancante nell’ esem- plare 106. La costa è robusta, le nervature secondarie invece fine, distinte sulle due faccie, ma più sull’inferiore, in specie per le sete da cui so- no accompagnate. In nuinero di 18- 21 sull'esempl. 106, di 22 -27 sull’ altro, per lato, i nervi secondari decorrono eurvilinei, obliqui, paralleli, distanziati (in specie verso l’apice e nell’esemplare 106) gli uni dagli altri. Verso il margine spesso si ramificano ed anastonizzano. Nervi di 3° ordine 242 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO finissimi, numerosi, perpendicolari ai secondari, formanti con quelli di 4° ordine un fine reticolo e decorrenti obliquamente ed irregolarmente da una nervatura secondaria all’altra. Infiorescenza ascellare a pannoechia mon moto ricco, più breve della foglia (15-16 em. di lunghezza), portata da un peduncolo lungo 6 cm. circa. Rami brevi (3 em.) pedicelli invece lunghi quanto 1 fiori e più (1 cm... Le brattee, spesso spostate dalla sede normale (Es. d' Erb. Deles- sert), sono minute, lineari, acute (lungh. 2-7 mm. largh. 1 - 2 mm.) Tutta quanta l’ infiorescenza porta delle rare e brevi sete caduche, più abbondanti sui rami, ove raggiungono 1 mm. Oltre alle sete vi ha ovunque una minuta pulverulenza cenerognola giallastra: solo la base del peduncolo appare bruniceia per difetto di rivestimento. Fiori discretamente sviluppati (15 mm.), portati da fini pedicelli di varia lunghezza. Calice a 5 divisioni strette, allungate (5 mm ), ot- tuse o acute, pulverulente o subglabre sia all’ esterno che all’ interno. Sulle parti scoperte nel boccio si nota tuttavia, alla lente, qualche ra- ra seta. Corolla a petali !/, più lunghi dei sepali, pure stretti, ottusi. Sta- mi non molto numerosi, o in numero discreto (15-30), ad antere giallo- chiare, allungate, conformate, al pari del il filamento, sullo stampo ordinario. Ovario glabro con Ó o 6 stili fini, DNI 5.6 mm.a stim- ma foggiato a capocchia, robusto. Caratteri differenziali e di affinità. Gli esemplari N. 308 presentano una grande affinità colla S. ex- celsa var. «xanthotricha, ma questa, al pari della forma genuina, ha calice munito di sete patenti sulle parti scoperte nel boccio, foglie ot- tuse alla base (non sempre però !) mentre per gli altri caratteri con- corda assai bene colla nostra a apacis, che però ha lembi più sottili. Colla 8. scabra HBK. è più difficile addivenire ad un’ omologa- zione, essendo questa una forma a tipo molto xerofito (pagina superio- re ruvida) e presentando per il calice i caratteri dell’ Excelsa. Lo stesso dicasi per la S. Moritziana che, a nostro parere, è soltanto una forma della Scabra HBK. Dalla S. ursina Tr. e Pl. è facile contraddistinguerla, essendo A i STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC 245 questa molto villosa - strigosa alla pagina superiore del lembo che è inoltre assai meno ampio, ottuso per lo più alla base, dent'colato sul margine, improntato insomma a un tipo xerofito che si rivela anche allo spessore. Nella jS. ursina il calice poi è setoso e le brattee si pre- sentano piccole. Assai grande è l’ affinità colla S. Ruttziana Steud. che si rivela alla forma del lembo, alla villosità, ma oecorre aver presente che la S. pycnotricha ha il lembo più sottile, è assai meno rivestita di trico- mj, sia nelle parti vegetative che sull’infiorescenza e sul calice e pre- senta inoltre un’infiorescenza notevolmente più lunga. Ben considerati i fatti, la rassomiglianza si riduce alla forma e grandezza del lembo. Si noti ancora che una specie è del Perù, l’altra di Caracas. La Brachybotrys nella forma scabra condivide pressocchè le ca- ratteristiche differenziali della Scabra HBK. Nella forma genuina, ben- chè abbia le basi fogliari acute, differisce dalla nostra pei seguenti caratteri principali; I fiori sono notevolmente grandi, brevemente pe- dicellati, con ovario a stili brevi: la foglia riveste un carattere di xerofilia mareato, reperibile nella notevole ruvidezza della pagina su- periore, nello spessore del lembo, nella forma quasi squamosa delle sete; infine il calice ë molto setoso - villoso all’esterno. La accentuata strigosità e la ruvidezza del lembo, come pure la forte serratura del margine fogliare (a prescindere dalla patria diffe- rente) separano la S. Lehmani Hier. dalla nostra specie. E' d'uopo da ultimo notare che anche dalla stessa forma studiata dal Turezianinow gli esemplari portanti il N. 306 si allontanano al- quanto (1) come risulta dalla seguente tabella: (1) Anche anatomicamente si notano delle diflerenze, sulle quali però insisteremo nel lavoro, d'imminente pubblicazione, sull'Anatomia delle Sawrauia. 244 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali Caratteri Comuni S. pyenotricha Turez. iù N. 406 S. Pyenotricha N. 306 Calici tomentosi, oi Calici pulverulenti,| Rami, picciuoli, pedun- brevemente setosi. o subglabri, con raris-|coli densamente coperti di Foglie alla base « vix sime e minute sete = sete patenti, lunghe, ros- acutatis s. l'esterno. cele. Base fogliare acu- SE PUTA obovate, tissima, decorrente. |acuminate, serrulate verso la parte mediana del mar- gine,subduplicate - serrate dal mezzo in su, con ser- rature setifere. embo sparso, sopra e sotto, di sete, più dense e più lunghe sui nervi mag- giori e sulla costa. Peduncoli Nei tri- cotomi. Infiorescenza a ipannocchia,più breve della foglia. Petali poco dilatati all’ apice. S. Sebastiano I(Caracas). Malgrado le differenze che esistono fra le due forme non crediamo che sia il caso di accennare a varietà. ` Passiamo ora all'esemplare n. 106, il quale, come ë noto, mentre * ë stato pure assegnato ad altra specie lo vedremo di nuovo eomparire bentosto assieme ad altre forme. Dal nostro studio ë stato assodato che esso ha delle incontestabili affinità colla forma tipica di pycnotri- cha, sia per la forma e per la consistenza delle foglie, sia per la vil- losità, sia infine per la costituzione delle basi fogliari. Peró non manea neppure di caratteri differenziali: l'esemplare difetta infatti di peli stel- lati alla pagina inferiore del lembo, ha un margine più decisamente serrato, una base fogliare non decorrerte, ma solo acuta o subacuta e infine presenta il sistema delle nervature un po’ diversamente confor- mato, poichè i nervi secondari sono più distanziati fra loro e più curvi. ta 1p E e eg U SES ETE OE Amr E » kz ERO aka NE Si STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 245 Non avendo avuto sott' oechi l' esemplare su cui il Turezianinow (1) ha fatto la diagnosi, non possiamo pronunciare un giudizio sul me- desimo: sta pero il fatto che nella forma da noi riscontrata a S. Se- bastiano di Caracas la S. pycnotricha è abbastanza bene caratterizza- ta. All'opposto i caratteri diventano evanescenti nella forma portante il N. 106, di guisa che noi assistiamo al graduale passaggio da una specie ad un'altra (S. Excelsa var. xanthotricha). Trattandosi di tipi che vivono nella stessa regione non ë improbabile che le forme di passaggio siano degli ibridi. E però evidente che la Š. pycnotricha è una specie filogenetieamente affine alla S. er elsa, alla S. scabra HBK. e ad altre forme similari. 4. Saurauia Lehmanii. Hier. Engler's. Bot. Jahrb. 1895. S. arborea, ramis, petiolis, inflorescentiis, sepalisque extus pilosis- strigosis; foliis petiolatis, laminis ehartaceis, cuneato-oblongis, utrinque acutis, apice imo breviter et abrupte acuminatis, exerte et inaqualiter serrato - dentatis (dentibus apice strigilla terminatis, elongato triangu- laribus vel sublinearibus), supra taetu asperis, in nervo mediano stri- goso-pilosis, subtus ad nervos strigoso - pilosis, inter nervos laterales praecipue ad venas puberulis; laminis maximis in specimine 32 em. long. 13 em. latis; petiolis 4-4 1/, em. longis; thyrsis axilaribus fo- lia brevioribus, eymoso - divisis, densiuseulis, multifloris, braeteis in- florescentiae linearibus e. 6 mm. longis, 1 mm. latis, dorso strigoso- pilos's; florum diametro e. 15 mm.; calicis laciniis ovatis vel ellipticis: exterioribus dorso ubique strigoso pilosis, interioribus linea mediana solum strigoso pilosis, dorso margine lato et inter strigas suprasque puberulis, cirea 6 mm. longis, c. 5 mm. latis; petalis obovato oblongis, (1) Le specie del Turczianinow si trovano nell'Istituto Botanico di Carchow, il cui Direttore (come quello proposto alla Direzione dell'Erbario Universitariodi Madrid) non ha creduto opportuno di rispondere alle nostre lettere colle quali domandavamo infor- mazioni sugli esemplari ivi depositati. 216 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO obtusis vel emarginatis, glabris e. 8 mil. longis, 4 mil. latis; pilis in- ter stamina albescentibus. Ovarium pauce puberulo. Arbor schedula Cl. Lehmanii e. 5 m. alta, ramis divaricatis, foliis e rubeseentibus, textura molli, floribus albis, fragrantibus. Esemplare studiato: Autot. del Hier. (N. 6673), stato raccolto nelle foreste di Molleturo sulle pendici occidentali delle Ande ozcidentali, (Prov. di Quenca) a 2000-3000 m. Fior. in Nov. (Plant. Lehman. in Guatem , Costa R., Co- lumb., Equad. eolleetae). Fusto rossigno bruno all’ apice, seanalato, coperto da sete fulve, lunghe circa 6 - 8 mm. curve o riccie, robuste. Picciuolo lunzo 4-5 cm., bruniceio, discretamente robusto, er Ber: to delle stesse sete del fusto, ma un poco più brevi (4 mm.) patenti, ondulate. Lembo rossiecio-bruno sopra, giallo-verdiecio sotto. Pagina supe- riore portante sulla nervatura mediana; ma solo dalla base fino al mezzo, dalle sete fulve, oppressate, disposte quasi a guisa di barbe di penna, lunghe 3 mm. Anteriormente la costa è coperta da muzroni che diventano molto brev’ all'apiee. Il parenchima é disseminato di mucroni di varia grandezza che danno un’aspetto granuloso alla superficie. I più piccoli, più numerosi, sono rossicci, quelli maggiori, i soli visibili ad occhio, hanno invece una colorazione gialliccia. Questi diventano più abbondanti sulle ner- vature e ne segnano il percorso. E La pagina inferiore presenta un'aspetto pulrerulento sulle nerva- DE ture e si mostra quasi dolce al fatto sul parenchima. La costola, molto sporgente e rossiccia, è disseminata di brevi sete (2 mm.) fulve, pa- tenti, dilatate alla base, quasi squamiformi. Le stesse se'e, commis'e a peluria cenerognola, notansi nelle nervature secondarie, ma esse sono ridotte qnasi a mueroni appena visibili ad occhio nudo. I! parenchima, infine, è coperto da peli stellati fulvi, o con rami in parte di questo colore in parte gialliccio-bianchicei. Essi sono in realtà distribuiti (come, del resto, è il caso per le altre Saurauia) sulle nervature di ultimo ordine e appaiono ad occhio nudo come una minuta pu'verulenza. Il margine fogliare presentasi oltremodo irregolare per i denti va- STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 247 riamente lunghi e per le sete marginali ropuste che in talune foglie simulano dei denti secondari. Nervature 18 - 20 circa, oblique, distanziate, curve verso l’ estre- mo libero, spesso dieotome, sporgenti sotto, appena accennate sopra, Nervi di 3° ordine pure fra loro distanziati, a decorso non sempre ret- tilineo, genicolato, formanti un reticolo lasso in mezzo al parenchima, La infiorescenza ascellare non raggiunge in lunghezza /a metà della fog’ia, (14 cm. lunga, 6 cm. larga): essa è multiflora, a pan- nocchia contratta. Peduncolo lungo 5-7 cent., bruno rossiccio, pareamen- te rivestito di sete fulve patenti, curve, lunghe 3-5 mm. Fra le sete si nota una minuta pulverulenza cenerognola. Rami brevi, molto più den- samente setosi, ma con sete più corte. Brattee lineari, acute, lunghe 1 cm. larghe 2 mm. setose sul dorso, brune e pulverulente superiormen- te: bratteole terminali minute, pulverulente. Fiori portati da brevi pedicelli. Calice pulverulento dentro e fuori, giallo cenerognolo, portante inoltre, nelle parti scoperte nel boccio, del- le sete fulve lunghe 1 mm. o meno. Sepali ovali, diseguali. Nulla di notevole nella corolla. Stami non molto numerosi, 25 circa, a filamento tozzo, breve, bruno, ad antere lunghe, bifide, gialliccie, colle teche a- prentisi per un poro che si prolunga in rima raggiungente la parte mediana dell’antera. Ovario a stil ridotti. Caratteri. differenziali e di affinità. Questa specie differisce dalle congeneri per taluni caratteri abba- stanza spiccati. Dalla S. ex-elsa var. xanthotricha, con cui ha comune la forte dentatura marginale, differisce per esser fornita, sulla pagina inferiore del lembo, di una minuta pulverulenza costituita da peli stellati, per una maggior ruvidezza della pagina superiore e infine per le an- tere deiscenti per un poro che si prolunga in fessura. Dalla S. brachybofrys tipica si allontana pei fiori non molto gran- di, più lungamente pedicellati, per il modo speciale di deiscenza delle antere, per le foglie grandi fortemente dentate. Secondo il Hieronymus differisce dall" Ura/na per le foglie cartacee, non corjacee: noi aggiungiamo che anche per il rivestimento di sete è differente, 248 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO I caratteri degli stami valgono facilmente a farla distinguere dalla S. strigillosa, la quale poi ba un rivestimento di sete alcrimenti con- formate e dentature marginali pure differenti. Le brattee non fogliacee, oltre ad altri caratteri, non permettono una confusione colla S. peduncularis, mentre poi il diverso rivesti- mento, l ampiezza dell’ infiorescenza, il margine fogliare fortemente dentato costituiscono una somma di caratteri differenziali rispetto alla S. Ruitziana. Per quanto concerne le affinità e le differenze rispetto alla S. Prai- niana avremo occasione di metterle ben tosto in evidenza, quaudo trat- teremo di questa specie. o La S. Lehmanii abita le regioni oecidentali dell'Equador e pereió riesce chiarito il suo abito xerofilo. Le sue affinità sono alquanto o- scure; ciò non di meno riteniamo che sia affine alla S. Prainiana e for- s’anco alla S. peruviana. Può darsi anche una lontana parentela colla S. Ruitziana e colla S. scabra HBK. 5.) Saurauia Prainiana (Busc.) n. sp. (1). fig. 10 Esemplari studiati: Ex. N. 6530 dell'Erb. di Leiden (Herb. Lugd. Bat.)e di Berlino, raccolto dall'Ule (Nov. 1902) a Cerro de Escalar (1100 m.) nel Perü (Dipart, Loreto) sul versante orientale delle Ande (Herb. Brasil. Ama- zonas Expedit.). Id. dell'Erb. di Kew, colle stesse indicazioni. Arbor setis longis ferrugineis, vel luteis, squamiformibus induta. Petiolus erassus, nigrorufescens, setoso-strigosus. Lamina obovata, vel ovalia, chartacea, virescens, subtus pallidiora, apice acuto, acumi- natoque, rarius obtuso, ad basim tamen aeuta vel obtusa; margine (1) Dedicata all’ illustre direttore del Giardino di Kew, che ci fu largo di aiuti nel presente studio. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 249 mucronulato, serrulato, setigero; setae saepe serraturas minutas men- tiunt. Nervi secundari circiter 16-18, subpara leli, distantes; tertiarii in retieulum transeuntes. Superficies superior selis brevibus, squamifor- mibus ad costam instrueta; parenchima et nervi minores mucronibus tecti. Pagina inferior in parenchimate glabra, secus costam setige- ra: nervi majores mucronulati. Pedunculi axillares tum paueiflori, tum multiflori, folio breviores, squamellosi, ramulis valde setosis Braeteae lineares aut lanceolatae, 4-5 mm longae. Flores subsessiles, ant brevis- sime pedieellati, pedicellis bracteolatis. Sepali extus setuloso-puberuli, intus glabri et rubri aut parce ad marginem puberuli. Corolla ealy- cem parum superans. Stamina 25 circiter, antheris longis, flavis; ova- rium stylis brevibus nonnunquam brevissimis, ornatum. Albero di 5-10 metri, dai rami cavi, sottili, bruno-nerieci e solcati, coperti di sete fulvo-gialliccie o ferruginee, lunghe 6 - 7 mm. spesso dilatate alla base, squamiformi. Parti giovani del tutto ricoperte da detti tricomi, in specie sulle foglie che assumono perciò un color decisamente fulvo. Le sete sono ivi appressate, ma non superano la lunghezza di !, mm. (sete delle coste e dei nervi maggiori). Picciuolo robusto, bruno-rossastro, lungo 2,5-3 cent., parcamen- te coperto di sete fulve, di varia dimensione, ma lunghe al più 4-6 mm., spesso aggregate in ciuffi, un po’ dilatate alla base. Lembo lungo 15-20 cm. largo 6-8-10 cm. ovale, ma talora obovato-lanceolato, cartaceo, verdiccio-bruno alla pagina superiore, verde-chiaro all’inferiore, un po’ scabro da ambo i lati, ma in specie sopra. Apice terminato in breve punta, o solo acuto, non di rado an- che ottuso. Base gradatamente assottigliata, diseguale, acuta o subacuta, o anco leggermente arrotondata. Margine mucronulato - denticolato, al più serrulato: fra i denti si notano delle piccole sete che simulano denti minori. Denticolature e mucroni distanziati gli uni dagli altri e ter- minati da sete curve, o rette, minute, spesso decidue. Nervi secondari 16-18, distanziati gli uni dagli altri, patenti od anco un po’ obliqui, molto curvi all’estremo libero, poco o punto manifesti sopra, sporgenti, ma non molto robusti, soito. Nervi di 3° ordine non eccessivamente fini, perpendicolari alle nervature secondarie od alle costole, a decorso 250 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO diritto o più o meno irregolare e formanti un lasso reticolo in mezzo al parenchima interposto fra due nervature principali. Pagina superiore coperta, sulla costa, di sete dilatate alla ER ap- pressate, lunghe 1 mm. o meno; le sfesse sete, ma più corte, mucroni- formi si incontrano sui nervi secondari, mentre mucroni abbastanz 1 nu- merosi si hanno sul parenchima, non distinti però ad occhio come quelli delle nervature secondarie. La superficie si mostra perciò scabra e fi- namente granulare. Pagina inferiore, ad un esame ad occhio nudo, di aspetto pun. teggiato, in rilievo, od anco mucronu'ato. Costa parcamente coperta di sete appressate, fulve, a base discretamente sviluppata, ma del resto fi- nissime, lunghe 3-1 !/, mm. Sulle nervature secondarie le stesse sete gialliccie, ma più minute; mucroni invece poco numerosi e appena vi- sibili alla len e su'le nervature di ultimo ordine; parenchima glabro. Infiorescenza pauciflora o multiflora (Es. di Kew), lunga 9-10 em, e perciò assai più breve della foglia (!/, circa), non molto ramosa. Peduncclo robusto, poco lungo (3 em.—3 ?!/, em.) striato pel lungo, brunastro - rossiccio, irto di sete lunghe 4- 6 mm., fulve, patenti, ondulate, gradatamente ingrossale alla base, più numerose, ma più cor- te all'apiee dell'organo. Rami intensamente setulosi, ma a sete più brevi. Pedicel i nulli o brevissimi e portanti delle bratteole deltoidi, lun- ghe 4-6 mm., setose all’esterno, glabre e rossiccio-brune superiormente, acute, che ricordano un po’ quelle della S. Ruitziana. Brattee basali dell'infioreseenza o mancanti, o un po’ più lunghe del'e bratteole: Fiori talora subsessili, del diametro di 15 - 16 mm., quasi circon- dati delle bratfeole. Calice a 5 sepali ovali, o subquadrangolari, ottusi o subottusi, poco diseguali fra loro in grandezza, lunghi 6 mm. varia- mente setulosi (setule lunghe 0.5 mm. o meno) nelle parti scoperte nel boccio, vale a dire due setulosi su tutta la faccia esterna, due lungo la linea mediana, il quinto su un lato. IL resto della superficie è pro- tetto da un minuto rivestimento pulverulento cenerognolo, che però sul- la faccia interna talora può mancare e d'ordinario arriva solo fino al mezzo; le parti basali, si mostrano brune, quando sono glabre. (continua) d dE let, AE DOTT. PIETRO CANNARELLA Osservazioni biometriche sull'apparato cladodico e fiorale DELLA SEMELE AN.DROGYNA KUNTH. La Semele Androgyna Kunt. è nna liana indigena delle Isole Ca- narie. Appartiene alla famiglia delle Asparagacee e fu introdotta a Palermo, nel R. Orto Botanico, nel 1881 per mezzo del generale Ri- casoli, che donò all'Orto stesso dei semi avuti forse da qualche suo amico. Appresso, nel 1894 il Comm. Varvaro di Palermo chiese ed ot- tenne dei semi dall’Orto Botanico e ne formò un altro individuo nella sua splendida villa ricca delle più belle rarità che crescono in tutte le parti del mondo. Sicchè oggi in Palermo di questa specie esistono due belli individni nei giardini sopra nominati. Siccome presenta una grande variabilità sia per il numero, che per la disposizione e per le svariate forme tipiche dei suoi cladodi, nonchè per rispetto al numero dei fiori che, a fascetti, nascono sul mar- gine dei cladodi medesimi, così ho ereduto utile presentare in questo lavoro lo studio di queste variazioni. nia Prima però di esporre le mie osservazioni, riporto in ordine ero- nologico tutto ciò che si sa intorno a questa pianta, rara, almeno per noi. BIBLIOGRAFIA 1. Petiver J.cob — Musei Petiveriani. Cent. I. Rariora Natura. Londini 1695, pag. 26, n. 258. im Laurus Alexandrina Palmensis, baccis et crenis foliorum prodeun- tibus. GE — L'autore accenna come la scoperta di questa pianta sia dovuta all’infaticabile amico Sig. James Cunningham che la raccolse al- l’Isola di Palma (Canarie). 952 DOTT. PIETRO CANNARELLA 2. Pluckenet Leonard — Mantissa — Londini 1700, p. 114. Laurotaxa epiphyllocarpos crenatis foliis, maxima e singulis fo- liorum erenis baccifera, ex insula Palma. 3. Dillenio Joli. Jacobo -— Hort. Eltham. Lond. 1132, p. 332-333 e Atl. Tav. CCL. PI. 332 F. 322. Ruscus latifolius, e foliorum sinu fllorifer e baccifer. Deserivendo la specie dice che le foglie superiori nella loro parte più larga sia dalla parte interna che dalla parte esterna: hanno un seno o lobo, dal quale nel mese di Maggio gradatamente ai sviluppa un glomerulo di fiori presso l'angolo foliare e non ‘nel margine dei eladodi. 4. Linnaeo Carolo — Hortus Cliffortianus: Amstelaedani 1757 p. 166. n. 4. Ruscus foliis | margine floriferis hermaphroditus =- Usokeis. t Riporta ciò che dice il; Dillenio, il Pluekenet ed il Petiver. | «| 5. Linnaei Caroli — Specie Plantarum ed. I. Holmiae 1753, p. 1041 n, 4. Riporta la diagnosi dell'Hortus Cliffortianus e del Dillenio, Sn Habitat in Canariis. 6. . Miller Philippe — Dietionnaire des Jardiniers. Tom. VI. Paris 1785. oap p. 404. n.,7. Riporta la diagnosi dell'Hortus Cliffortiauus ed aggiunge: Houx- frelon, dont les flleurs eroissent sur le bord des feuilles. T. Lamarck (De) — Dictionnaire encyclop2dique methodique — Bo- tanique Paris 1790, p: 521, n. 4, cu M M Les feuilles sont alternes, ovales, pointues, plus larges et presques arrondies à leur base,avec un petiole trés court un peu contouvne’ d'un vert agréable, entieres lorsqu'elles sont dépour- vues de fruetifieation, et garnies au milieu d'un de leur bord d'une erenelure remarquable- lorsqu'elles ent sont chargécs. Les fleurs sont pedicellées, et disposées six a douze ensemble par U^ ‘petit bouquet situés dans les erenelures laterales des feuilles — Croit dans les Canaries, File de Madère et est cultivé au Jardin £n Roi, 8; Sims” John. M. D: in Curtis's Botanical Magazine, Vol. LXIV. Lon- don 1827, n. 1898 — Cita Wild. Sp. Pl. 4. p. 815 — Hort. [T pæd =) Ge die m m Eech OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 258 Kew. ed. I. 3. p. 429. et alt. 5. p. 421.— Mart. Mi l. Diet. n. 4— Persoon Syn. 2. p. 636 e quindi Linneo, Dillenio colle varietà «, By 9, e. Fa delle osservazioni sull’esemplare che ha avuto e che gli ë stato comunicato da John Walker Esq. of Arnos-grove, e diee che ë nativa delle isole Canarie. Hooker... in Curtis's Botan, Mag. vol. Lond. 1838 nm. 3029. Non ko potuto avere il volume. Webb et Berth. Phytogr. Can. III. p. 2. (1836.50) p. 320-21. t. 324. Danae Androgyna Webb. — Caule seandente, ramis teretiuseulis squamis laneeolatis, aeutis, ramulis foliaeeis lanceolatis vel. ovato— lanceolatis, basi attenuatis vel sub cordatis; floribus fascicu'atis; fasciculi in erenulis brevibus ad margines ramulorum qispopitis; peduneulis gracilibus brevibus. ad margines ramulorum dispositis, pedunculis gracilibus. Debbo alla cortesia del dott, Giovanni Rippa derl'Orto Botanico di Napoli, la diagnosi e la figura tratte dall'opera del Webb, che manca nell’Orto Botanico di Palermo. Kurita, Cav. Sigismundo — Emuneratio plantarum, Tom. V; Stutgardiae et Tubingae 1850 p, 211-218. Precedentemente, in Aet. Aead. Berol, 1842. p. 49, aveva creäto il gen. Szmele e riportato la specie Androgyna. Qui ne riporta la diagnosi « Cladodia in specimene suppetente ovato-oblonga, acuminata, basi angustato stipitàta, sub quadripol- licaria, inferue 15-16 lin. lata Flores flavidi. » e ne fa cinque varietà secondo il Sims. l. c. la prima delle quali See alla speeie del Dillenio. Drouet Ilesri—Catalogue de la Flore des Iles Aporea Paris 1866, pP. 120: n. 45%, =Z: Ruscus Lei Lin. Hab. Pico, Payak Kate mais s echappe’ des jardins (Seubert.) Biker I, G. — Revision of the genera and apesi of. SE ceae (Journ, of Linn. Soe XIV. (1875), p 508 632. wh SM H. XXX). Ref. Inst. Botan. Jahrs, 1875. p. 461 466. ` Non ho potuto vedere la monografia, © l eel, an 254 14. — Lä = or) = = > > — sS DOTT. PIETRO CANNARBLLA Sauer Fritz — Catalogus plantarum in Canariensibus insulis sponte et subsponte crescentium — Halix Saxonum 1880. p. 38. — Se- mele Androgyna (Danae) — Madeira. Bentham G, el J. D. Hooker — Genera plantarum II. pars H. Loud. 1883. p. 765 fam. Liliaceae Trib. II. Asparagaceae. Cladodia foliiformia alterna v. sparsa ad axillas squamellarum fuseo — membranacearum solitaria, ovata v. ovato-lanceolata, a- cuminata, coriacea, tenuiter multinervia. Flores parvi, fasciculati, fasciculis ad margines cladodiorum saepe in eodem cladodio plu- ribus, rarius in facie eladodii solitariis pedicellis brevibus apice articulatis. Ins. Canariensium incola. . Christ, H. Specilegium canariense — Basileae 1887, p, 151. Ruscus Androgynus L. (Sep.-Abduek aus Engler, Bct. Jahr. IX Band. I Heft. p. 151). Apex plantarum adultae mirum in modum a partibus intermedius et inferioribus differt ita ut stirpem alienam videre crebas. Sum- mus axis ind ramulos innumera cladodia inferioribus multo minora auguste lanceolata et lineara iterum atque iterum appendiculata proferentes diffinditur et a margine eladodiorum hie illie flos so- litarius saepe abortivus protruditur. Engler A. e Prantl R. — Die naturlichen Pflanzen familien 11. Theil. Leipzig 1889. 5 Abth. p, 78 n. 163 Semele Kunth. — Dà i caratteri del genere ed in ultimo cita le due specie Androgyna e Gayae. Casali C. — L’Eterofillia e le sue cause — Reggio nell Emilia 1892 — Tav. LX. a pag. 27 a proposito della Semele androgyna cita delle osserva- zioni fatte dal Delpino a proposito della rudimentarietà delle fo- glie che durante l’epoca della germinazione sono sviluppatissime come nelle specie di Dracaena. Celakovshy L. — O Kladodiich Asparagei (Rodù Danae, Se mele Rus us a Asparagus) — Skrovnavaci morfologieka studie (Sep. Abdr. aus Rozpravy Ceske’ Akad. Cis. Frant. Joseph Réenick II. Trida II. Prag. 1893. Mit. deutschem Resume' 66 p. 4 ve Refer. Just. 1893, p. 353 n: 284). dn "ager mei i dia ini n " 7 OSSERVAZI: NI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 255 Non ho potuto avere il volume. 20. Durand Th. e Schinz Hans — Conspectus Florae Africae ou enu- meration des plantes d'Afrique — Vol. V. Mon. Bruxelles 1895, p. 280 gen. 3 sp. I — S:mele Androgyaa Kunth.l. e. —Schwein furt. Pl. quod. Nilot. p. 49 (Non ë esatta questa indicazione per- chè non esiste in questo autore la specie in discorso). Ruscus And o;ynvs Lin. l. e. t Sims l. e. — Danae Androgy 1a Webb e Berth, l. e — Seubl. Fl. Azor. p. 125. Canarie, cultive’ et subspontane’ aux Azores. OSSERVAZIONI ORIGINALI I. Numero complessivo dei cladodi - Poichè i diversi autori a proposito di cladodi parlano di innumerevoli cladodi: la prima cosa che abbiamo trattato è il numero complessivo dei cladodi, Le osser- vazioni furono fatte su 250 rami, dei quali 160 presi dall’individuo dell'Orto Botanico e 90 da quello della Villa Varvaro. Il numero complessivo dei cladodi per ogni ramo varia da 16 a 27 nel seguente modo: 16,-17,-18,,-19,,- 20,, -21,,-22;,-23,,-24,,-25, 26,,-27,. Come si vede, il caso più frequente è quello di 22 cladodi per ogni ramo, che offre la percentuale del 27,8, Din mentre casi rari sono quelli di 16, di 17 e di 27 cladodi. II. Distribuzione dei clad di sui rami — Come si sa, i eladodi sui rami sono situati in due file, a destra ed a sinistra Abbiamo vo- luto vedere perciò quanti ve ne sono per ogni fila. Dalle osservazioni fatte si ricavano i seguenti dati: A) Cladodi a sinistra — Il numero di questi eladodi varia fra T e 14 nel seguente modo: 7,-8,-9,,-10,.-11,,-12,,-13;- 14,. Però men- tre per l'individuo dell'Orto Botanieo il fatto di 11 eladodi a sinistra ë di gran lunga piü frequente di quello di 10, nonché di quelli di 9 e di 12 eladodi, per l'individuo che cresce nel giardino Varvaro si no- ta che è più comune la presenza di 10 eladodi, anzichè quella di 11 e che la presenza di 12 e di 13 eladodi è perfettamente uguale e di un grado inferiore a quel'a di 9 cladodi. Dippiù in quest’ultimo il nu- 956 DOTT. PIETRO CANKARELLA mero dei cladodi varia da 9 a 14 mentre nel 1° da 7 a 13. Per far rilevare meglio questi fatti, sin da ora e per tutte le altre osservazio- ni, credo utile tenere distinti i due individui. 1. Individuo dell Orto Botanico — Il numero dei cladodi varia a sinistra da 7 a 13 nel seguente modo: 7,-8,-9,,-10,,-11,;-12,,-19..- Come si vede il numero dei cladodi cresce sensibilmente da 7 ad 11 e decrescente rapidamente da 11 a 13; è notevole la grande fre- quenza di 11 cladodi rispetto agli altri casi. 2. Individuo della Villa Varvaro — Il loro numero varia da 9 a 14 nel seguente modo: 9,0-10,9-11,7-12,;-13,,-14,. Si vede adunque che è più comune la presenza di 10 cladoli e che in generale il nu- mero dei cladodi è più grande di quello dell’individuo precedente. Trattandosi di una specie esotica, assai rara, ma ho potuto avere un numero maggiore di rami, per cui non posso fare conclusioni più gran- di e più assolute. B) Cladodi a destra — La disposizione su questo lato è quasi i- deniiea che a sinistra. Infatti il numero dei cladodi a destra varia da 8 a 14 nel seguente modo: 8,-9,,-10;,-11,,-12,5-13,,-14,. Manca qui il caso di 7 eladodi che del resto è raro a sinistra mentre gli altri casi sono su per giù identici, ed uguale perfettamente è il caso di 14 cladodi che si è verificato 2 sole volte tanto a sinistra che a destra. Ma la disposizione è diversa nei due individui. Infatti: 1. Individuo dell'Orto Botanico — Il numero dei cladodi varia da 8 a 13 nel seguente modo: 8,-9,;-10,,-11;3-12,;-13,, È in questo individuo adunque che esisteva il eas» di 7 cladodi a sinistra e qui ora non si verifica più. Il caso di 8 cladodi, sebbene raro, è più fre- quente a sinistra che a descra. Perfettamente identico è il caso di 9 cladodi che è di 25 tanto a destra che a sinistra. Il caso di 10 cla- dodi è un pò più frequente a destra che a sinistra mentre quello di 11 eladodi è più frequente a sinistra che a destra ed è sempre il più fr.quente di tutti. Il caso di 12 cladodi è più frequente a destra che a sinistra, mentre perfettamente identico è quasi quello di 13 eladodi che a destra si è verificato 5 volt», mentre a sinistra lo era stato 6 volte, = o A ee Sisa OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 257 2. Individuo della Villa Varvaro — I eladodi di destra variano da 9 a 14 nel seguente modo: 9,-10,,-11,,-12,,-13,-14,. Come si vede, il caso più frequente è, come a sinis'ra, quello di 10 eladodi, meno ` frequente è quello di 11 eladodi, meno ancora quello di 12 ed ancora meno quello di 13, rarissimo quello di.14. Dal eonfrorto poi eol lato sinistro si osserva che la distribuzione dei eladodi sui 2 lati ë quasi identica; difatti in entrambi i lati sem- pre è più frequente il caso di 11 eladodi, meno quello’ di 10, meno ancora quelio di 12, poi quello di 9 ed ugualmente raro è quello; di 14. Solo fa eecezione il easo di 13 eladodi ehe a sinistra ha la stessa frequenza del caso 12 eladodi, mentre qui ne è minore. i III— Dieses dei «ladodi di sinistra risgetto a "quelli di de- Stra sul medesimo ramo — I casi della diversa distribuzione dei cla: dodi di sinistra rispetto a quelli di destra e viceversa, sono in tutto otto e sono: 1. Caso: Set'e cladodi — Si è avuto, come si sa, una sola volta in un ramo avente 7 cladodi a sinistra e 9 a destra. 2. Caso: Otto cladodi — Si è avuto 2 volte, la 1* in un ramo con 8 cladodi a sinistra ed 8 a destra. d 3. Caso Nore cladodi—Si è avuto 35 volte, delle quali 25 nell'in- dividuo dell'Orto Botanico e 10 in quello della Villa Varvaro. Di que- sti 35 rami, 16 erano dati da rami aventi 9 cladodi a sinistra e Ha destra e 19 da rami aventi 9 cladodi a sinistra e 10 a destra. Però mentre sui 25 rami dell’individuo dell’ Orto Botanico, 13 erano con 9. eladodi a sinistra e 9 a destra e 12 erano con 9 cladodi a sinistra e 10 a destra, in quelli della Villa Varvaro si verificò che soltanto in, 3 esistevano 9 cladodi a sinistra e 9 a destra e gli altri T avevano 9 eladodi a sinistra e 10 a destra. 4. Caso: Dieci cladodi — Si è avuto aio in 67 ra- mi, dei quali 38 nell’individuo dell’Orto Botanico e 29 in quello della Vılla Varvaro. Si possono presentare 4 disposizioni: a) 10 eladodi a sinistra e 9 a destra; b) 10 cladodi a sinistra e. 10 a destra; c) 10 a sinistra ed 11 a destra; d) 10 a sinistra e 12 a destra. . n OL 258 DOTT. PIETRO CANNARELLA a) Questo caso si è avuto in tutto 11 volte, 9 per l'individuo del- l'Orto Botanico e 2 per quello della Villa Varvaro. b) Si è avuto in tutto 29 volte, 13 per l'individuo dell'Orto Bo- tanico, e 16 per quello della Villa Varvaro. c) Si é avuto in tutto 25 volte, 14 per il 1' individuo e 11 per il 2°. d) Si è avuto soltanto in 2 rami dell'individuo della Villa Varvaro. ` 5. Caso: Undici cladodi — In tutto si ebbe 94 voulte, delle quali 61 per il 1^ individuo e 27 per il 2. Si possono presentare 5 easi: a) 11 cladodi a sinistra e 9 a destra; si è avuto una sola volta nell'in- dividuo dell’oıto Botanico; ` b) 11 eladodi a sinistra e 10 a destri; si é avuto 25 volte delle quali 16 per il 1° e 9 per il 2° individuo. e) 11 cladodi a sinistra ed 11 o destra; si è avuto complessiva- mente 51 volte delle quali 38 per il 1° e 13 per il 2° individuo; d) 11 eladodi a sinistra e 12 a destra; si ë avuto 17 vo'te delle quali 12 per l'individuo dell'Orto Botanieo e 5 per quello della Villa Varvaro; e) 11 cladodi a sinistra e 13 a destra; rarissimo; si è avuto una volta soltanto nell’individuo dell’Orto Botanico. Caso: Dodici cladodi — Si è avuto complessivamente 32 volte delle quali 21 per l’individuo dell’Orto Botanico ed 11 per quello del- la Villa Varvaro. Si possono avere 4 casi: a) 12 cladodi a sinistra ed 11 a destra; si ebbe 14 volte, cioé 12 per il 1° individuo e 2 per il 2.; b) 12 a sinistra e 12 a destra; si ebbe 15 volte, cioè 9 per il 1° in dividuo e 6 per il 2°; c) 12 a sinistra e 13 a destra; si ebbe 3 volte delle quali 1 per il 1° individuo e 2 per il 2°; d) 12 a sinistra e 14 a destra; si ebbe una sola volta nell’individuo della Villa Va varo. 7. Caso: Tredici cladodi Si ebbe in tutto 17 volte così distinte: 6 per l'individuo dell'Orto Botanico ed 11 per quello della Villa Varvaro- Si possono avere 4 disposizioni: a) 13 c'adodi a sinistra cd 11 a de- stra: si ebbe 2 volte una per c'ascun individuo; b) 13 a sinistra e 12 a destra: si ebbe 5 volte delle quali 2 nel 1° individu» e 3 nel 2°; e) 13 a sinistra e 13 a destra; si è avuto 9 volte cioè 6 in quello del- la Villa Varvaro e 3 in quello dell'Orto; d) 13 a sinistra e 14 a de- (SSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL APPARATO CLADODICO E FIORALE 259 Stra; rarissimo si verifieó una volta soltanto nell'individuo della Villa Varvaro. 8. Quattordici cladodi - - È rarissimo e si è avuto solo due volte in quest'ultimo individuo; in un ramo si trovavano 14 cladodi a sini- stra e 12 a destra e nell’altro 14 a sinistra e 13 a destra. IV Cladodi sterili e cladodi fertili — Appresso dovremo distin- guere varie forme tipiche di eladodi. Per ora anzitutto osserviamo che vi sono due specie di eladodi, i fioriferi che si possono chiamare fertili ed i non fioriferi che meglio possiamo chiamare sterili. Esaminiamo la varia disposizione che queste due specie principali di cladodi hanno sui rami. La prima cosa che si è osservata è che vi sono due specie di ra- mi; 1° rami con cladodi tutti fertili; 2. rami con cladodi in parte fer- tili ed in parte sterili. A. Rami con cladodi tutti fer'ili. Si possono avere due casi: 1° che tutti i cladodi, tanto a destra quanto a sinistra siamo fertili; 2 che siano soltanto tutti fertili o quelli di destra o quelli di sinistra. 1. Caso — Rami con cladodi (lutti ferti à tanto a sinistra quanto ° a destra — Questo caso, come l'altro che appresso esamineremo, non si è mai notato nell'individuo che cresce nella Villa Varvaro. Invece, sebbene rarissimo, si è presentato in quello dell'Orto Botanico in 6 ra- mi sui 160 esaminati, Nel 1° s trovarono 24 cladodi distinti perfet- tamente 12 a sinistra e 12 a destra; nel 2° si ebbero 21 cladodi di cui 11 a sinistra e 10 a destra; nel 3° si trovarono pure 21 cladodi ma distinti 10 a sinistra e 11 a destra; nel 4° si notarono 22 cladodi di cui 11 a destra ed 11 a sinistra; nel 5? si videro 19 cladodi di cui 9 a sinistra e 10 a destra; e finalmente nel 6° si notarono 20 cladodi di cui 10 a sinistra e 10 a destra. 2. Caso: Rami con cladodi fertili da un lato. Qui e opportuno distinguere: x) Rami con cladodi tutti fertili soltanto a sinistra. Si ebbe 7 volte in tutto; 1° in un ramo portante 23 cladodi di cui 12 a sinistra tutti fertili ed 11 a destra, distinti in 10 fertili ed uno ster le; 2* iu un ramo avente in tutto 20 cladodi così distinti: 10 260 DOTT. PIFTRO CANNARELLA . tutti fertili, a sinistra, 10 a destra di cui 9 fertili ed 1 sterile; 3° in un ramo avente 21 cladodi di eui 11 a sinistra tutti fertili e 10 a de stra distinti in 9 fertili ed uno sterile; 4* in un ramo avente 23 ela- dodi di eui 12 a sinistra tutti fertili, ed 11 a destra, distinti in 9 fer- tili e 2 sterili; 5* in un ramo che portava 22 cladodi di cui 11 a si-. nistra tutti fertili ed 11 a destra distinti in 9 fertili e 2 sterili; 6° in un ramo eon 19 eladodi di eui 9 a sinistra tutti fertili e 10 a destra distinti in 8 fertili o 2 sterili; e finalmente 7* in un ramo con 23 cla. dodi di eui 12 a sinistra tutti fertili ed 11 a destra distinti in 9 ste- rili e 2 fertili. Quantunque si tratti di pochissimi diti, pure si può notare che sui 7 casi riscontrati, 3 sono di rami con 23 eladodi, uno con 22, u- no con 21, uno con 20 e l'ultimo con 19. Dei tre casi con 23 eladodi ë esatto il riseontro dei 12 cladodi tutti fertili a sinistra, e di 11, in parte fertili ed in parte sterili, a destra mentre si è avuto che due volte, di questi, 9 siano fertili e 2 sterili e nel solo 1° caso che 10 siano fertili ed uno sia sterile. Per gli altri casi si nota ehe quantua que il numero complessivo dei eladodi sa stato p. e. di 22 e di 21 (5° e 3° caso), pure è esatto il riscontro di 11 cladodi fertili a sinistra, però nel 3° caso ci sono 10 cladodi a destra di cui 9 fertili ed uno sterile, e nel 5° ve ne sono 11 di cui 9 fercili e 2 sterili. Negli altri due casi, quello cioè di 20 e di 19 claáodi complessivi, troviamo nel 2° 10 eladodi a sinistra tutti fertili e 10 destra di cui 9 fertili ed nno, sterile e nel 6° trovi mo 9 cladodi tutti fertili a sinistra e 10 a de- stra di cui $ fertili e 2 sterili. Ë) Kami con cladodi tutti fertili soltanto a destra. Questo caso é molto raro e si è trovato semplicemente in 3 rami nell’individuo dell’Orto Botanico. Nel 1° ramo si notarono 21 cladodi dei quali 10 t tti fertili a destra ed 11 a sinistra di cui 10 fertili ed, uno sterile; nel 2° si ebbero 18 eladodı distinti 9 a destra e 9 a sini- sfra dei quali 7 erano fertili e 2 sterili; nel 3° si sbbero 23 ‘cladodi dei quali 12 a destra tutti fertili ed 11 a sinistra distinti in 10 fer- tili ed uno sterile. B) Rami con cladodi in parte fertili ed in parte sterili Il numero di cladodi fertili è sempre di gran lunga superiore a OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 261 quello dei eladodi sterili, i quali si trovano quasi sempre all’apice del ramo in numero esigno, che appresso preciseremo e quasi sempre contigui, Raramente, come vedremo appresso, vi è interruzione fra detti cla- dodi per lo sviluppo intercalato di qualeuno fertile, come è anche raro il caso che l’ultimo del ramo a destra, od a sinistra o d’ambo i lati, sia fertile. Di questi cladodi dobbiamo studiare diversi fatti: 1° Cladodi fer- tili complessivi per ciascun lato; 2? Cladodi sterili complessivi per ciascun lato; 3° cladodi fertili a sinistra; 4° eladodi fertili a destra; 5? eladodi sterili a sinistra; 6° eladodi sterili a destra; 7’ distribuzione dei cladodi fertili di sinistra rispetto a quelli di destra; 8' distribu- zione dei cladodi sterili di sinistra, rispetto a quelli di destra; 9° di- stribuzione fra cladodi fertili e eladodi sterili sui rami; 10° distribu- zione dei cladodi fertili e dei cladodi ster li a sinistra; 11° distribu- zione dei cladodi fertili e sterili di destra. V! — Cladodi fertili complessivi per ciascun ramo — Il numero, la distribuzione e*la frequenza sono grandemente variabili. I lim ti di variazione sono compresi fra 10 e 24 colla seguente frequenza: 10,- 11,-12,-13,,-14,,-15,,-16,;- 17,5-18,,- 19.,-20,,-21,,-22,,-29,-24, e con un crescendo sempre più sensibile da 10 sino a 19 e con un decrescen- do graduale da 19 a 24 che è un caso rarissimo. Si sono avuti perciò in tutto 4405 eladodi fertili, che divisi per 250 cioè per il numero dei rami esaminati ci danno una media di 17, 65 che o privata della parte decimale o ridotta a 18, poichè la parte decimale supera la metà, rappresenta sempre la frequenza media del numero dei cladodi fertili che realmente si possono trovare per ogni ramo. Infatti basta osserva- re la serie sopra esposta per vedere come realmente la massima fre- quenza sta per il numero 19 (eladodi fertili) mentre la frequenza me- dia è data dai numeri 17 e 18 eladodi fertili. Ma la variazione diventa ancora più intelligibile quando si distin- guono i due individui studiati, che per quanto siano, per modo di dire parenti e stanno fra di loro come madre a figlia, presentano dei carat- teri differenziali non trascurabili. Difatti: a) Individuo dell’ Orto Botanico — Il numero dei cladodi fertili o 262 DOTT. PIETRO CANNARELLA varia da 10 a 24 nel seguente modo: 10,-12,-13,-14,-15,,-10,,-11,,- 18,,-19,,-20,, -21,,-22,-23,-24,. Si osserva che la serie non ë eompleta, perehé vi manea il ter- mine 11, ciò che vuol dire che in questo individuo sopra 160 rami, mai si trovarono 11 eladodi fertili, mentre poi si nota che la maggio- re frequenza è quella relativa a 19 cladodi fertili, ciò ehe corrispon- de al fatto generale dianzi notato. Il caso di 18 cladodi fertili è meno frequente tanto ci quello di 19 che di quello di 17, quantunque più frequente di quello di 20. I casi di 15 e 16 cladodi fertili hanno su per giù la stessa frequenza, mentre perfettamente uguali e poco co- muni sono i casi di 14 e 22 cladodi fertili ed ugualmente rari sono poi i casi di 12, 13 e 23 cladodi fertili. Più raro è il caso di 10 cla- ` dodi fertili e rarissimo ë il easo di 24 cladodi fertili per ogni ramo. b) Individuo della Villa Varvaro — Il numero dei eladodi fertili varia fra 11 e 23 nel seguente modo: 11,-13,-14-15,,-16,3-179-1807 19,-20,-21,-22,-23,. Come si vede, qui i fatti sono del tutto differen te da quelli presentati dal 1° individuo. Manca anzitutto il caso di 12 cladodi fertili; il caso più frequente, sebbene non abbia frequenza ele- vata, è quello di 16 cladodi fertili, a eui tien dietro quello di 15 e poi quello di 18. Il caso di 19 cladodi fertili che nell’altro individuo presentava la massima frequenza, ora tiene il 4° posto ed è perfetta- mente identico a quello di 20. Un po’ meno frequente è quello di 13 cladodi fertili. Casi rari sono quelli di 21 e 22 eladodi fertili, rarissi- mo è quello di 23; manca del tutto quello di 24. Dal confronto dei due individui si osserva che mentre tutti gli altri casi presentano più o meno grandi divergenze, solo quello di 14 eladcdi fertili è perfettamente uguale essendosi presentato in entrambi otto volte. Poca differenza presenta il caso di 16 cladodi fertili, mentre gren- dissima è la differenza fra i casi di 17, di 18, di 19, di 20 e di 21 cladodi fertili. VI° — Cladodi sterili compless vi per ciascun ramo — Variabi- lissimo è pure il numero e la distribuzione di questi eladodi sui rami. I loro limiti di variabilità sono compresi fra zero ed otto nel seguen- l—— OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 263 te modo: 0;-1,-2,,-3,,-4,,-5,,-6,,- 7,-8,. Il 1° termine significa la man- canza assoluta di questi cladodi e questo s' verifica quando i cladodi del ramo sono tutti fertili. A partire dal 1? che rappresenta pereió l'assenza assoluta di ela- dodi sterili, caso che si è verificato solo in 7 rami, in tutti gli altri 243 abbiamo avuto sempre la presenza di eladodi sterili. ehe in tutto sono risultati 962 con una media di 3.95 che ridotta intera a 4 si accosta di molto al 5° termine della serie da noi trovata. Intanto si osserva che è rarissimo il caso di 8 cladedi sterili; meno raro è quello di 1 solo eladodo sterile; comune è quello di 6, più comuni sono sue- cessivamente quelli di 2, di 3 e di 4 cladodi sterili e finalmeute co- munissimo è il caso di 5 cladodi sterili. Ma al solito erediamo utile distinguere i due individui: Infatti in queilo dell'Orto la variabilità ë eompresa fra zero e 6 nel seguente modo: 0;-1,-2,,-2,,-4,,-5,,-06,; iu quello della Villa Var- varo essa è compresa fra 2 ed 8 nel seguente modo: 2,-3; Ae Duc Dis T; 8,. Come si vede, mai in questo individuo si è avuta fertilità com- pleta dei e'adodi, anzi mentre nel 1? si possono avere casi di zero e di un eladodo sterile, ed al massimo i rami ne presentano 6, nel 2° individuo i cladodi sterili sono più frequenti e più abbondanti, tanto che al massimo ne troviamo persino otto. Dippiü mentre nel 1° i casi di 2, di 3 e di 4 eladodi sterili sono offerti rispettivamente da 37,da 43 e da 44 rami, in quello della Villa Varvaro i easi di 2, di 3 e di 4 cladodi sterili sono rappresentati da cifre bassissime che sono 1, 5 e 16. Il solo di 5 cladodi sterili in questo individuo si è avuto 44 vol. te, mentre nel 1° si presentò appena 20; e quello di 6 cladodi sterili che nel 1° individuo si ebbe appena 5 volte, nel 2° si ebbe 17 volte. I easi di 7 e di 8 eladodi sterili, quantunqne rari, si ebbero rispetti- vamente in 5 ed in 2 rami nei 90 esamin ti. VII? — Esaminiamo ora la distribuzione dei eladodi tanto fertili che sterili sopra ciascun lato del ramo. E cominciamo prima eoi cladodi fertili. Cladodi fertili a sinistra — Il numero di questi cladodi fioriferi varia fra 4 a 12 nel seguente modo: 4,-5,-6, -7,,-8,,-9,,- 10,4 11,,-12,. > a van ee SEL N B lie = BRA. Vn ‘264 DOTT. PIETRO CANNARELLA ‘Si vede subito come il caso più frequente è quello di 9 eladodi fertili e che comuni sono quelli di 8 e di 10, meno comuni sono quelli di 7 e di 11; ancora meno comune è quello di 6, ancora meno quello di 8; raro è il caso di 5 e rarissimo è infine quello di 4. Ecco i fatti osservati nei due individui. In quello dell’Orto Bota- nico la variazione di questi cladodi è la seguente: 4,-5,-6;-7,6 825-954 10,4-11,,-12,, dalla quale si vede subito che il caso più frequente è quello di 9 cladodi fertili. In quello della Villa Varvaro invece la variazione è quest'altra: 5, 6;-17,,-8,,-9,,-10,,-11; dalla qnale si osser- va che mancano i casi di 4 e di 12 eladodi fertili e che la maggiore frequenza è rappresentata dal caso di 8 cladodi fertili. Quantunque il numero dei rami osservati nei 2 individui sia di- versissimo pure il caso di 6 eladodi fertili è perfettamente identico e quasi identici sono i casi di 5, di 7 e di 8 cladodi fertili. Diversissi- mi, ma non proporzionati al numero dei rami esaminati, sono i casi di 9, di 10 e di 11 eladodi fertili. VHI? — Cladodi fertili a destra — Il numero di questi eladodi complessivamente varia da 5 a 12 nel seguente modo: D,-6,-1,;-8;,- 9,,-10,, 11,,-12;. Come si vede, anche a destra il caso più frequente è quello di 9 cladodi fertili; anche qui i casi di 10 e di 8 cladodi fer- tili, come a sinistra, sono sub-eguali; un po’ più frequente rispetto a sinistra, è il caso di 7 cladodi fertili, mentre un poco meno sono quel- li di 11 e di 12 eladodi fertili, e diversi sono i casi di 6, e di 5 cla- dodi fertili, il quale ultimo caso è poi rarissimo. Nei due individui separatamente si è osservato: a) Individuo dell’ Orto Botanico. — Il numero dei cladodi fertili a destra oscilla fra 5 e 12 nel seguente modo: 5,-6;-7,,-8,,-9,5-10,,- 11,,-12,. Si vede adunque che realmente il caso di 9 cladodi fertili è il più frequente e che meno frequenti sono successivamente quelli di 10, di 8, di 7, di 11, di 12 e di 6 ed in ultimo, caso raro, è quellodi 5. b) Individuo della Villa Varvaro. — 1l numero di questi cladodi oscilla fra 6 ed 11 nel seguente modo: 6,-7,, 819,10, 11, 12, E comune adunque il caso di 9 cladodi, a cui tien subito dietro quello di 8, poi quello di 7, di 10, di 11, di 6 ed in ultimo, caso raro, quel- OSS ÉRVAZIONI BIOMETRICHE SULL APPARATO CLODODICO E FIORALE 965 lo di 12. Manca il caso di 5 eladodi fertili, ed invece si presenta quello d 12 ehe manca a sinistra. IX° — Distribuzione dei cladodi fertili di sinistra rispetto a quelli di destha — Dalla variabilità che questi eladcdi presentano e dai li- miti che sono rappresentati dai numeri 4 e 12, si possono distinguere nove casi. ; 1° Caso — Quattro cladoi fertili — Raro; si è presentato in un solo ramo dell’individuo dell'Orto Botanico, insieme con 6 cladodi fer- tili a. destra. 2'.Caso — Cinque cladodi fertili — Raro; si è presentato in 3 rami due dell'individuo anzidetto, il 1° insieme con 5 eladodi fertili a destra, ed il 2° con 9; il 3° nell’individuo della Villa Varvaro con 6 cladodi fertili a destra. 3° Caso — Sei cladodi fertili — Si è presentato in 10 rami, 5 in ciascuno dei due individui; però per quelli dell’Orto Botanico si è a- x H Pre k E vuto ehe in 3 rami si ebbero 6 cladodi fertili a sinistra e 6 a destra, ed in due rami invece si ebbero 6 cladodi fertili a sinistra e 7a de- stra; mentre per l'individuo della Villa Varvaro tutti e 5 rami aveva- no à destra 7 eladodi fertili. LR c s £ rure adf 4° Caso — Sette cladodi fertili — Si è presentato in 35 rami, 3 dei quali 16 dell'Orto Botanico e 19 della Villa Varvaro. E La distribuzione può aversi in 4 modi tanto nell'uno quanto nel- E. l'altro individuo peró in proporzione diversa: | UE 1.1 eladodi fertili a sinistra 6 a destra; si ebbe 3 volte due per l'individuo Varvaro, 1 per quello dell' Orto. 2. 1 cladodi fertili a sinistra e 7 a destra; si ebbe 16 volte, pre- eisamente uguale nei due individui. x 3. 1 eladodi fertili a sinistra, 8 a destra; si ebbe 13 volte delle quali 8 nell'individuo della. Villa Varvaro, e 5 in quello dell’Orto. 4. 1 eladodi fertili a sinistra, 9 a destra; si ebbe in tutto 3 volte delle quali due per l'individuo dell'Orto ed uno per quello della Villa Ke de Varvaro. - D. Caso — Otto cladodi fertili. — Si è avuto complessivamente 52 volte delle quali 23 per il 1. individuo e 29 per il 2. yu 266 DOTT. PIETRO. CANNARELLA Si sono avute quattro consociazioni che sono: 1* 8 cladodi fertili a sinistra, 7 a destra; si ebbe in tutto 11 vol- te delle quali 5 nel 1. individuo e 6 nel 2; 2' 8 cladodi fertili a sinistra, 8 a destra; si ebbe in tutto 21 volte, di cui 14 per il 2. individuo e 7 per quello dell'Orto. 3° 8 eladodi fertili a sinistra, 9 a destra;si ebbe in tutto 18 vol- te, in proporzione uguale nei due individui. 4* 8 eladodi fertili a sinistra, 10 a destra; si ebbe in tutto due sole volte per l'individuo dell'Orto Botanico. U. Caso — Noce cladodi fertili — Si è avuto in tutto 69 volte di cui 54 uell'individuo dell’Orto e 15 in quello della Villa Varvaro. Si sono notate 5 consociazioni: 1° 9 cladodi fertili a sinistra, 7 a destra; si ebbe in 3 rami nel l. individuo; 2" 9 cladodi fert li a sinistra, 8 a destra; si ebbe in 15 rami nello stesso individuo; 3° 9 cladodi fertili a sinistra, 9 a destra; si ebbe in 29 rami dei quali 19 nel 1. individuo e 10 nel secondo; 4° 9 eladodi a sinistra, 10 a destra; si ebbe in 19 rami dei quali 15 nel 1. individuo e 4 nel secondo; 5° 9 cladodi fertili a sinistra ed 11 a destra; si ebbe in 3 rami, dei quali due appartenevano al 1. individuo ed uno soltanto al secondo. T. Caso — Dieci cladodi fer'ili — Si è avuto in 49 rami dei quali 36 del 1. e 13 del 2. individuo. Si sono osservate 5 consociazioni: 1' 10 cladodi a sinistra, 8 a destra, unsolo caso nel 1. individuo; 2° 10 eladodi a sinistra, 9 a destra; si è avuto in 16 rami dei quali 12 nel 1. e 4 nel 2. individuo; 3° 10 a sinistra, 10 a destra; si è a- vuto in 22 rami, di cui 15 nel 1. e 7 nel 2. individuo; 4* 10 a sini- stra, 11 a destra; si è avuto in 8 rami, di cui 6 nel 1. e 2 nel 2. in- dividuo; 5° 10 a sinistra, 12 a destra, si è avuto in due rami nell’in- dividuo dell'Orto Botanico. 8. Caso — Undici cladodi ‘fertili. — Si è avuto in 23 rami, di cui 16 nel 1. e 7 nel 2. individuo. Si sono osservate 4 consociazioni: 1° 11 a sinistra e 9 a destra; in 4 rami nel 1. individuo; 2° 11 a sinistra, 10 a destra; si ebbe in 40 rami di cui 7 nel 1. e 3 nel cre es ae SES e A a ee a Bar: OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 261 secondo individuo; 3° 11 a sinistra, 11 a destra; si ebbe in 7 ramidi eui 4 nel 1. e tre nel 2. individuo: 4* 11 a sinistra, 12 a destra: si ebbe in 2 rami nei due individui. 9. Caso — Dodici cladodi fertili — Si è avuto in 8 rami nelsolo individuo dell’ Orto Bitanico. Si sono osservate 4 consociazioni; 1° 12 a sinistra, 9 a destra; in tre rami; 2* 12 a sinistra, 10 a destra: in due rami; 3° 12 a sinistra, 11 a destra: in due rami; 4^ 12 a sinistra, 12 a destra: si ebbe in un solo ramo. Da tutti i fatti sin quì osservati si può coneludere che i casi più frequenti di consociazioni dei eladodi fertili di sinistra rispetto a quelli fertili di destra sono quelli in eui i eladodi sono uguali da un latoe dall' altro, come si ë perfettamente osservato nei easi di 7 eladodi a sinistra e 7 a destra, 8 a sinistra ed 8 a des'ra, 9 a sinistra e 9 a destra, 10 sinistra e 10 a destra. Per gli altri casi osservati di 6, di 11 e di 12 cladodi fertili di s nistra, i fatti non sono gli stessi, pur essendo sempre discretamente frequenti i casi di e'adodi omonumerari a preferenza di quelli etero- numerari. Dei easi di 4 e di 5 eladodi fertili a sinistra non si puó parlare con precisione, ossendo easi rari ed isolati. X. — Cladodi sterili di sinistra .— Il numero dei eladodi sterili di sinistra varia da zero a quattro nel seguente modo: 0,71592,0596 4,. E’ chiaro adunque che il caso più frequente è quello di due cla- dodi sterili; così molto comuni e supergiù identici sono quelli di 1 e di 3 cladodi sterili; caso poco comune è quello di zero cladodi sterili, cioè di cladodi tutti fertili a sinistra, e, caso rarissimo è quello di 4 cladodi sterili. Ma la variazione è più caratteristica se si scindono i due indivi- dui. Infatti in quello dell’ Orto Botanico ess» è compresa fra zero e tre nel seguente modo: 0,4-1,,-2,,-3,,, mentre in quello della Villa Varvaro è compresa fra uno e quattro nelseguente modo: 1,-23; Aus 4g» Dal 1. individuo si vede che i easi di m^ ggiore frequenza sono quelli di 1 e di 2 cladodi sterili, casi uguali per frequenza e. disposizione; mentre dal secondo individuo si nota che in nessun caso si ha avuto completa fertilità dei rami, che è rarissimo che si abbia un solo cla- 268 bDOrT. PIETRO CANNARELLA dodo sterile, mentre che il caso più frequente è quello di 3 eladodi sterili; il caso di 4 eladodi sterili si verifica soltanto qui e non nel primo. XI. — Ciadodi sterili di destra — Il numero di questi eladodi varia fra gli stessi limiti di quelli di sinistra, cioè a dire fra zero e quattro, però nel modo seguente: 0,,-1,, 2136-347 45- Il caso, adunque, di 2 cladodi sterili è frequentissimo, anzi è moi- to più frequente che a sinistra, mentre quasi uguali a quelli di sini- stra sono i casi di zero e di quattro cladodi sterili: meno frequenti di sinistra sono, ma sempre su per giù identici, sono i casi di uno e di tre eladodi sterili. Osservando ora isolatamente ciascun individuo si è visto: in quello dell'Orto Botanico la variazione è la seguente: 0,,-1,;-237-3,4 in quello della Villa Varvaro è quest’altra: 13-2,9-333-4;. Come si vede, il caso di nessun cladodo sterile si trova solo nel 1. iudivi'uo e manca nel 2. e viceversa quello di 4 cladedi sterili si verifica in questo e non nel 1.; in entrambi è più frequente il caso di 2 eladodi sterili; nel 2. è molto frequente il caso di 3 cladodi sterili, mentre nel 1. è poco comune ed ha quasi la stessa frequenza del caso di nessun eladodo sterile. XII. — Distribuzione dei cladodi sterili di s nistra rispet'o a quelli di destra — Da quello che si è detto sopra è chiaro che si possono avere cinque easi: 1. Caso — Zero cladodi sterili a sinistra — Si è avuto in tutto 14 volte nel solo individuo dell’ Orto Botanico. Si possono presentare 3 disposizioni: 1° zero cladodi sterili a sinistra e zero a destra, cioè eladodi tutti fertili a sinistra ed a destra; ë il caso piü frequente e si ebbe 7 volte come si disse a proposito dei cladodi fertili; 2* zero cla- dodi sterili a sinistra ed uno a destra; è raro e si è presentato 3 sole volte; 3* zero eladodi sterili a sinistra e 2 a destra; ë meno raro e si ebbe in tutto quattro volte. ' 2. Caso Un cladodo sterile a sinistra. Molto comune, specialmen- te nel 1. individuo dove si ebbe in 65 anni, mentre è raro nel 2. in- dividuo dove si ebbe solo 4 volte. Si presenta con 4 disposizioni: 1° 1 cladodo sterile a sinistra e zero e destra; rarissimo; si ebbe solo due Er — om ERT OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 969 volte nel 1. individuo; 2* un cladodo sterile a sinistra ed uno a de- stra; molto comune nel 1. individuo dove si ebbe 32 volte, rarissimo nel 2. dove si trovò appena una volta; 3* un eladodo sterile a sini- nistra e 2 a destra; presenta quasi la stessa frequenza o si trovò 29 volte nel 1. individuo ed appena 3 nel 2.; 4* un cladodo sterile a sini- stra e 3 a destra; rarissimo si trovò in due rami nel solo individuo dell'Orto Botanico. 3. Caso. Due cladodi sterili a sinistra. Il più comune fra tutti; si è presentato 100 volte con 4 disposizioni: 1* 2 cladodi sterili a sini- stra, zero a destra; rarissima, si ebbe una sola volta nel 1. individuo; 2° due eladodi sterili à sinistra, 1 a destra; poco frequente; si ebbe 16 volte di cui 14 nel 1. e 2 nel secondo individuo; 3* due cladodi sterili a sinistra, 2 a destra; la piü frequente di tutte; si ebbe 59 vol- te di eui 42 nel 1. individuo e 17 nel 2; 4°: 2 cladodi sterili a sini- stra, 3 a destra, poco frequente, specialmente nell'individuo dell'Orto Botanico, dove fu trovata 8 volte, mentre è più frequente in quello della Villa Varvaro dove fu trovata in 16 rami. 4. Caso. Tre cladodi sterili a sinistra. Molto comune, si ebbe, in 61 rami; può avere 3 disposizioni: 1^ 3 cladodi sterili a sinistra, 2 a déstra; poco comune nell'individuo dell'Orto, dove si notò in 12 indi- vidui; è più comune in quello della Villa Varvaro dove si notò in 29 rami, sicchè in tutto si ebbe in 41 rami; 2° 3 sterili a sinistra e 3 a destra; si ebbe in 19 rami, di cui 4 nel 1. e 15 in quello del 2. in- dividuo; 3° 3 a sinistra e 4 a destra; raro, si ebbe solo nel 2. indivi-. duo in 3 rami. 5. Caso Quattro cladodi sterili a sinisira. Raro; si presentò in 6 rami dell'individuo della Villa Varvaro con 3 disposizioni ugualmen- te frequenti: 1* 4 cladodi sterili a sin stra e 2 a destra; at Saber > > > "E. WI o 4 x > > > > 4» EH XIII. Dis'ribazione fra cladodi fertili e cladodi sterili sui rami. Esaminiamo prima questa distribuzione fra il numero complessivo dei eladodi fertili e poi fra quelli sterili. Dalle osservazioni fatte si sono avuti 1D easi che sono: 970 DOTT. P;ETRO CANNARELLA 1. dieci cladodi fertili. Si & avuto in due soli rami nel 1. indi- viduo, consociato sempre con 2 cladodi sterili. 2. Caso. Undici cladodi fertili. Si ë avuto in 2 rami nel 2. indi- viduo, sempre consociato con 8 cladodi sterili. 3. Caso. Dodici cladodi fertili. In 3 rami del 1. individuo con due disposizioni, nella 1* con 5 cladodi sterili, nella 2°, osservata due volte, consociati con 6 cladodi sterili. 4. Caso. Tredici cladodi fertili. In 10 rami con 3 disposizioni: nella 1* i 13 eladodi fertili sono consociati con 5 sterili; nella 2" eon 6 e nella 3* con 7. Queste due ultime nel 2. individuo. 5. Caso. Quattordici cladodi fertili. Si è avuto in 16 rami con 4 disposizioni: 1* 14 fertili e 4 sterili (Orto Botanico); 2° 14 fertili e T sterili, osservata 9 volte di eui D in questo individuo e 4 nell’altro; 3° 14 fertili e 6 sterili; 4^ 14 fertili e 7 sterili. Queste due ultime furono osservate nel solo secondo individuo. 6. Caso. Quindici cladodi fertili. In 24 rami con 5 disposizioni: 1° 15 fertili e 3 sterili; due volte nel 1. individuo; 2° 15 fertili e 4 sterili; 5 volte nell’individuo precedente ed una volta nel 2. individuo; 3° 15 fertili e 5 sterili; è il caso più frequente; si è osservato 3 volte nel 1. e 9 volte nel 2. individuo; 4^ 15 fertii e 7 sterili, una sola volta nello stesso individuo. Ç. Caso. Sedici cladodi fertili. Si è osservato in 27 rami con 5 disposizioni: 1° 16 fertili e 2 sterili; due casi nel 1. individuo; 2' 16 fertili e 3 sterili; in 6 rami dello stesso individuo; 3° 16 fertili e 4 sterili; in 5 rami di eui 3 dello stesso e 2 del 2. individuo; 4^ 16 fer- tili e 5 sterili; è il caso più frequente specialmente per individuo della Villa Varvaro, dove si ebbe 12 volte, mentre si osservò una sola volta per quello dell'Orto Botanieo; 5* 16 fertili e 6 sterili; una sola volta nel secondo individuo. 8. Caso. Diciassette cladodi ferlili. Si è osservato in 33 rami con 5 disposizioni: 1° 17 fertili e 2 sterili; 5 volte nel 1. individuo; 2* 17 fertili e 3 sterili; rarissima si è avuta una sola volta nello stesso in- dividuo; 3° 17 fertili e 4 sterili; comunissima, specialmente per lo stesso individuo, dove si osservò in 12 rami, mentre è poco comune per il 2., dove si osservò solo 3 volte; 4° 17 fertili, 5 sterili, pure ee ee eee ee ec a ee OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL’APPARATO CLADODICO E FIORALE 211 abbastanza comune; si osservò 6 volte nel 1. e 5 nel 2. individuo; 5a 17 fertili e 6 sterili; rarissima; solo una volta nel 2. individuo. 9. Caso. Diciolto cladodi fertili. Si è osservato pure 33 volte, pure con 5 disposizioni: 1° 18 fertili e 2 sterili; frequente nel 1. individuo dove si ebbe in 5 rami; 2 18 fertili e 3 sterili; frequente pure nello stesso individuo dove si è avuto in 3 rami; 39» 18 eladodi fertili e 4 sterili; comunissimo e si ebbe in tutto 16 volte di cui 11 per lo stes- so individuo e 5 per quello della Villa Varvaro; 4: 18 fertili e 5 ste- rili; rarisstma per il 1. individuo dove si ebbe nna sola volta, mentre è più comune nel 2. dove si ebbe 4 volte; 5° 18 eladodi fertili e 6 sterili; rarissima, si ebbe 1 sola volta nel 2. individuo. 10. Caso. Diciannove cladodi fertili. Si è osservato in 34 rami, eon 7 disposizioni: 1» tutti fertili; rarissima, osservata solo nell'indivi- duo dell'Orto Botanico; 2* 19 fertili ed uno sterile; rarissima, osserva- ta nello stesso individuo una sola volta; 3* 19 fertili e 2 sterili; fre- quente solo nello stesso individuo, dove si notò 6 volte; 4» 19 fertili e 3 sterili; frequentissima nello stesso individuo «dove si osservó in 13 rami, mentre è raro per l’individuo della Villa Varvaro, dove si os- servó 2 volte; 5a 19 fertili e 4 sterili; poco comune; fu osservata 5 volte nel 1. individuo e 2 nel 2.; 6 19 fertili e 5 sterili; si ë trova- to solo per quest'ultimo individuo in 3 rami; 7^ 19 fertili e 6 sterili; rarissima; una sola volta in questo stesso individuo. 11. Caso. Venti cladodi fertili. Si notó 29 volte con 8 disposizio- ui: la tutti fertili, rarissima, nell'Orto Botanico; 2° 20 fertili ed uno sterile, rara, osservata 2 volte nello stesso individuo; 3a 20 fertili e 2 sterili; eomune nello stesso individuo dove s; osservó in 9 rami; 4* 20 fertili e 3 sterili, poco comune nello stesso individuo dove si vide in 6 rami; 5° 20 fertili e 4 sterili; rara nelio stesso individuo, dove fu osservata 3 volte; rarissima nel 2. individuo dove si notó una sola volta; 6° 20 fertili e 5 sterili; solo nel 2. individuo 2 volte; Ta 20 fer- tili e 6 sterili, solo nello ste so, osservata 4 volte; 8a 20 fertili e 7 sterili, rarissima nel solo individuo precedente, dove si osservó una sola volta. - : 12. Caso. Ventuno cladodi fertili. Fu osservato in 20 rami con 5 disposizion'; 1* tutti fertili; 2 volte nell’individuo dell'Orto Botanico; 272 DOTT. PIETRO CANNARELLA 2a 94 fertili e 2 sterili; comune nello stesso individuo, dove fu osser- vata 8 volte; 3° 21 fertili e 3 sterili; poco comune nello stesso indivi. duo dove si osservò 5 volte, rara per quello della Villa Varvaro dove si constatò una sola volta; 1° 21 fertili e 4 sterili; rarissima nei 2 in- dividui e si osservò 2 volte in tutto; 5° 21 fertili, D sterili; due sole volte nel 2. indirizzo. 13. Caso. Ventidue cladodi fertili. Si osservò in 12 rami con 6 disposizioni rare o poco comuni; 1° eladodi tutti fertili; rarissima nel- l'Orto; 2* 22 fertili ed 1 sterile; rara; due volte nello stesso individuo; Ba 22 fertili e 2 sterili; rarissima nei due individui dove si osservò una sola volta; 4 22 fertili e 3 sterili; poco comune nel 1. individuo, dove si notò 3 volte, rarissima nel 2. dove si notò 1 volta; 5° 22 fer- tili, 4 sterili, rarissima nei 2 individui dove si notò una sola volta; 6° 22 fertili, 6 sterili; rarissima; nel 2. individuo dove si osservò 1 sola volta. 14. Caso. Ventitrè cladodi fertili. Fu osservato in 4 rami, con 2 disposizioni: 1^ tutti fertili; rarissima nell’Orto. osservata 4 sola volta; 2° 23 fertili e 3 sterili; rara nello stesso individuo dove fu osservata in 2 rami; rarissima col 2. individuo dove fu notata 1 scla volta. 15. Caso. Ventiquattro cladodi fertili. Caso rarissimo, osservato una sola volta nell'individuo dell'Orto Botanico, senza nessun cladodo sterile. XIV. Distribuzione dei cladodi fertili e dei cladodi sterili a sini- stra. Importanti conelnsioni si hanno dall'esame della diversa distri- buzione dei cladodi firtili e dei cladodi sterili sia a sinistra che a destra sul medesimo ramo. Cominciamo prima dal lato sinistro. Dalle osservazioni fatte sui cladodi fertili di sinistra si hanno i seguenti 9 casi di distribuzione di tali cladodi: 1. Caso. 4 cladodi fertili. Una sola volta, con 3 cladodi sterili nel 1. individuo. 2. Caso. 5 cladodi fertili. In 3 rami con tre disposizioni diverse: l* eon un cladodo sterile; 2° con 3 eladodi sterili; 3a con quattro; le prime due nell'individuo dell'Orto Botanico, la 3: in quel o della Vil- la Varvaro, OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 218 3. Caso. 6 cladodi fertili, In 10 rami con 3 disposizioni: lš eon 2 cladodi sterili (Orto Botanico); 2» ecn 3 sterili, osservata 6 volte di eui 4 in questo individuo e 2 in quello della Villa Varvaro; 3« con 4 sterili, osservata 8 volte ne] medesimo ultimo individuo. 4. Caso 7 Cladodi fertili. Osservato in 35 rami, con 2 disposizio ni; 1° eon 2 cladodi sterili, constatata 19 volte di cui 13 nel 1. e 6 nel 2. individuo; 2° con 3 sterili, osservata 16 volte di cui solo 3 nel 1. e 13 nel 2. individuo. 5. Caso. 8 cladodi fertili. Osservato in 52 rami; presenta 3 di- spos'zioni; 1° con un cladodo sterile, notata 6 volte nell'orto Botanico; 2° con 2 eladodi sterili, constatata 23 volte, di cui 11 nello stesso in- dividuo e 12 in quello della Villa Varvaro; 3° con 3 cladodi sterili frequentissima in quest’ultimo individuo dove si ebbe in 17 rami, poco comune nell’Orto Botanico dove si notò appena 6 volte. 6. Caso. 9 cladodi fertili. E’ il caso più comune e presenta 4 di- sposizioni: 1» tutti fertili, rara, osservata 2 volte nel 1. individuo; 2a 9 fertili ed 1 sterile, comunissima nel medesimo dove fu osservata 21 osservate; fu trovata in 39 ramì, di cui 30 uel 1. individuo e 9 nel 2.; 4° 9 fertili e 3 sterili; rarissima nel 1. individuo, dove fu osser- volte; 3° 9 fertili, 2 sterili; la più frequente fra tutte le disposizioni vata 1 sola volta, comune nel 2. (sei volte). T. Caso. 10 cladcdi fertili. Osservata 49 volte, con 5 disposizioni; 1° tutti fertili, rara, constatatata 3 volte (Orto Botanico); 2° 10 fertili ed 1 sterile; comunissima nello stesso individuo, rara nel 2. dove fu vista solo 2 volte; 3: 10 fertili e 2 steril’; osservata in 11 rami, di cui 8 nel 1. individuo, e 3 nel 2.; 4 10 fertili, 3 sterili; esiste poi il solo 2. individuo dove fu osservata 7 volte; 5* 10 fertili 4 sterili; rarissima; nell'individuo precedente (1 volta). 8. Caso. 11 cladodi ferti/i. Poco comune; fu osservata 23 volte con 4 disposizioni: 1* tutti fertili; poco comune; 5 volte nel 1. indi- viduo; 2° 11 fertili, 1 sterile, più comune, osservata in 11 rami, di cui 9 nello stesso individuo e 2 nel 2.; 3° 11 fertili, 2 sterili, osser- vata in 6 rami di cui 2 del 1. individuo e 4 del secondo; 4^ 11 fer- tili e 3 sterili; rarissima; una sola volta nel 2. individuo. 9. Caso. 11 cladodi fertili. Rara, osservata in tutto 8 volte, con 974 DOTT. PIETRO CANNARELLA 2 disposizioni numericamente uguali, la 1° con nessun eladodo sterile, la 2: eon uno solo (Orto Botanico). XV. Distribuzione dei cladodi fertili e dei cladodi sterili di destra. Dall'esame fatto sui 250 rami e da ciò che si è detto a proposito dei cladodi fertili di destra, si possono formare i seguenti otto casi. 1. 5 cladodi fertili. Rarissimo; osservato una sola volta, con 3 cladodi sterili nell'Orto Botanico. 2. 6 cladodi fertili. Poco comune; sì osservò 10 volte con 2 di- sposizioni; 1* con 3 cladodi sterili; osservata 7 volte di cui 5 nel pri- mo e 2 nel secondo individuo; 2° con 4 eladodi sterili, solo osservata 2 volte in quest’ultimo. 3. Caso. 7 c.adodi fertili. Osservato in 37 rami con 3 PS ni: la con 2 eladodi sterili, comune nell’individuo dell'Orto Botanico dove fu notato in 13 rami, rara in quel'o della Villa Varva-o, dove fu notata in 3 rami; 23 con 3 eladodi sterili, più comune, osservata 4 volte nell’Individuo delllOrto Botanico, 14 in quello della Villa Var- varo; 3. eon 4 cladodi sterili, rara, osservata in quest'ultimo individuo due sole volte. 4° Caso. 8 cladodi sterili. Molto comune; fu osservata in 50 rami con 3 disposizioni: 1° con un cladodo sterile, poco comune nel 1° in- dividuo (5 volte); 2° con 2 eladodi sterili; frequentissima nei due individui, osservata in tutto 36 volte, di cui 20 nel primo e 16 nel secondo; 3° con 3 cladodi sterili, poco comune, osservata 9 volte di cui 3 nel primo e 6 nel secondo individuo. ° Caso. 9 cladodi fertili. Estremamente comune; osservato 74 volte di cui 50 nel 1° e 24 nel 2° individuo; presenta 3 disposizioni: 1° eon 1 eladodo sterile, comune solo nel 1° individuo (13 volte); 2° con 2 cladcdi sterili, la più comune fra tutte le disposizioni a destra; fu osservata 55 volte, di cui 36 nel primo individuo e 19 nel secondo; 3° con 3 cladodi sterili, rara, osservata 5 volte nel 2° individuo. 6° Caso. 10 cladodi fertili. Frequentissimo ; fu osservato 54 volte di eui 40 nel 1° individuo e 14 nel 2°. Si presenta con 4 disposizioni: 1° tutti fertili; poco comune, trovata in 4 rami nel 1° individuo; 2° 10 fertili ed 1 sterile; comunissima, riscontrata in 22 rami nello stesso individuo; 3° 10 fertili e 2 sterili, comune nei due individui; notata OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 215 14 volte nel 1° ed 8 nel 2°; 4* 10 fertili e 3 sterili ; non esiste nel 1° individuo; poco eomune nel 2° dove si notó 5 volte. T° Caso. 11 clad:di fertili. Poco comune ; fu provato 20 volte, di eu. 14 nel 1. e 6 nel 2° individuo; presenta 4 disposizioni: 1" tutti fertili, rara, nel 1° individuo» 2* 11 fertili, 1 sterile, poco comune nello stesso (8 volte), rara nel 2° (2 volte) : 3* 41 fertili e 2 sterili; rara; fu trovata 4 volte nel 1° individuo e 3 nel 2°; 4° 11 fertili e 3 sterili; rarissima, trovata una sola volta nel secondo individuo. 8° Caso. 12 cladodi fertili. Raro; fu trovato solo 5 volte di cui 4 nel 1° individuo, ed 1 nel 2°; presenta 2 disposizioni 1% tutti fer- tili, rara, nel 1° individuo (3 volte); 2* 12 fertili ad uno sterile; ra- rissima nei due individui nei quali fu notato una sola volta. XVI. Posto che occupano i cladodi sterili sui rami. I eladodi ste- rili generalmente occupano la parte più alta del ramo e seguono i cladodi fertili che ne occupano la parte bassa. Poichè, come abbiamo visto, si può avere un numero diverso di eladodi sterili, così è bene distinguere tutti i casi singoli, avanti studiati. 1° Caso. Un cladodo sterile. Come sappiamo, possono darvi 3 casi: 1° che in tutto il ramo vi sia un solo cladodo sterile; 2° che ve ne sia uno, soltanto a sinistra; 3° che ve ne sia uno, soltanto a destra. Nel 1° caso, che è abbastanza raro, abbiamo trovato che il cla- dodo può essere situato a sinistra od a destra del ramo; esso occupa sempre il posto apicale e mai è il sub-apicale Dei 6 rami sui 250 esaminati, 4 volte era a sinistra; 2 volte a destra; qnasi sempre è l'11. (2 volte a sinistra, ed uno a destra); ma può essere anche il 10° (sempre apicale) come si ebbe una volta a si- nistra ed una a destra; rarissimamente è il 12°, come si trovò una volta a sinistra. Consideriamo ora gli altri due casi: x) Cladodo sterile a sinistra. Come si sa questo caso si presentò in 69 rami. Si possono presentare due easi; 1° che il eladodo sterile sia l'apieale; 2° che sia il sub- apicale, si ebbe il 1' caso in 49 rami, di eui 37 nel 1° individuo, e 4 nel 2° ; si ebbe il 2° caso in 28 rami di cui 27 nel 1° ed 1 nel se- condo individuo. Bi Cladodo sterile a destra. Dei 46 rami in cui si è presentato questo caso, 42 appartengono al 1^ individuo e 2 al 2.° Di XM" d nd P] d J 276 DOTT. PETRO CANNARELLA essi, in 33 casi si ebbero eladodi apicali, ed in 13 easi eladodi sub-apicali Si può coneludere perciò che nei easi di un solo eladodo sterile, tanto a sinistra che a destra, quasi sempre esso è l' apicale, fatto che si verificò complessivamente 74 volte (fra cladodi di sinistra e di de- stra, mentre è poco abituale che sia il sub-ap‘eale fatto che si veri- ficò complessivamente 41 volte. Tolti i casi di cladodi sterili apicali, in tutti gli altri casì il cladodo apicale è fertile. Senza tener conto dei casi di cladodi tutti fer- tili, noi abbiamo trovato che in 23 rami il cladodo apicale a sinistra è fertile e che in 13 rami si è verificato lo stesso fatto a destra. 2° Caso. Due cladodi sterili. Il 1° caso che dobbiamo considerare e che non abbiamo contemplato quando si trattò di eladodi sterili in generale ed in particolare, è quello di due eladodi sterili complessivi nello stesso ramo, cioè uno a destra ed uno a sinistra. Qui si possono avere 4 disposizioni: 1. che siano entrambi api- cali; 2. ehe il eladodo a sinistra sia apieale e quello a destra sia sub apicale; 3. che quello a sinistra sia sub-apicale e quello a destra sia apieale; 4. che entrambi siano sub apicali. Il 1^ easo ë piü frequente e si ë avuto in 11 rami. Di essi poi, in 4 si ebbe perfetta eorrispon- denza nell'ordine numerieo del eladodo, difatti in due rami si ebbe che i 2 cladodi sterili erano il 10° tanto a sinistra ehe a destra, in un ramo si ebbe che era l'11^; nel 4° che era il 12°. Negli altri rami si ebbero poi fatti diversi: in uno, lo sterile a sinistra era il 9° e, quello a destra era il 10°; in un altro si ebbe perfettamente l'oppo- sto; in un terzo lo sterile a sinistra era il 10° e quello a destra l’11°; in 2 altri quello a sinistra era l'11' e quello a destra il 10% negli altri 2 rami infine quello a sinistra era l'11? e quello a destra il 12°. Tl 2? caso, cioé che il eladodo sterile a sinistra sia l'apieale e quello a destra sia il sub-ap'cale è pochissimo comune e si è avuto appena 4 volte; anche quì però è più frequente c'e l’apicale sia 111° ed il sub-apicale sia il 10°, come si è verificato in 2 rami, ma quest'ulti- mo può essere ane' e l’11°, come si trovò una sola volta, e può darsi che i 2 cladodi siano rispettivamente il 10° ed il 9°. Più comune è invece il 3° caso, cioè a dire che dei 2 cladodi sterili, quello a sini- OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE TU stra sia il sub-apicale e quello a destra sia l'apiea'e. Si ebbe questo fatto in 7 rami con le seguenti disposizioni: in 5 si ebbe perfetta cor- rispondenza nel numero del cladodo, perché in un ramo i 2 eladodi furono il 9° tanto a sinistra che a destra; in un altro fu invece il 10? d'ambo i lati ed in tre casi l'117; solo in un caso quello di sinistra era il 10° e quello di destra era III", Finalmente il 4 caso, cioè a dire di eladodi sterili sub-apieali, é rarissimo e si presentò in un solo ramo; dei 2 cladodi, quello di sinistra era il 9° e quello di destra 1'8°. 3, Caso. Tre cladodi sterili. Anche qui dobbiamo eonsiderare il caso di 3 eladodi sterili a sinistra e 3 a destra. Questo caso si ebbe in tutto 19 volte di cui 4 nel 1? individuo e 15 nel 2°. Di esse, in 11 si trovò perfetta corrispondenza nell'ordine numerico del gladodo: di- fatti in un ramo si trovò che i 3 cladodi erano il 6°, il 7° e Dën tanto a sinistra che a destra in 2 rami si trovò che essi erano il 7°, F8° ed il 9% in 3 rami che erano l'8", il 9° ed il 10°; in un solo ramo erano il 9°, il 10° e 111°; in un altro soltanto che erano ¿1 10°, 711° ed il 12° e negli altri tre che erano 1’11°, il 12° ed il 13°. Negli altri rami si sono avuti cinque casi: 1° mentre i 3 cladodi a sinistra erano il 5°, il 6° ed il 7’, quelli a destra erano il 7°, Dën ed il 9° (una vol- ta); 2° quelli a sinistra erano i. 7°, l'8? ed il 9°, quelli a destra era- no 1’8°, il 9° ed il 10° (una volta); 3° quelli a sinistra erano 1’8°, il 9° ed il 10°. mentre quelli a destra erano il 9°, il 10° e l’11° (3 volte); 4° i tre a sinistra erano il 9°, il 10' e F119, mentre quelli a destra erano il 10°, l'11? ed il 12° (una volta); 5° infine quelli a sinistra erano il 10°, 114° ed il 12°, mentre quelli a destra erano III, il 12? ed il 13° (una volta), ovvero il 12°, il 13° ed il 14° (una volta). XVII. Un cenno di Clado'apsia. Sui rami esili ed allungati i cla- dodi sono disposti in due file quasi sempre regolari, una a destra e l’altra a sinistra. Generalmente i 2 cladodi apicali, che, come si è visto avanti, sono quasi sempre sterili, sono opposti, e si guardano per la faccia dorsale, mentre tutti gli altri cladodi sono alterni con internodi più o meno lunghi. La disposizione è quasi regolata dai primi due cladodi basilari, i quali possono essere alterni, opposti e sub-opposti. Nel 1° caso il 278 DOTT. PIETRO CANNARELLA eladodo basilare a destra puó essere piü alto e piü basso di quello di sinistra. Dalle osservazioni fatte su 140 rami, si ë visto che in 56 il eladodo destro è più alto del sinistro; in 64 è più basso, in 13 i due cladodi sono perfettamente opposti e solo in 7 sono sub opposti. Parrebbe che l'uguaglianza o la disuguaglianza nel numero dei cladodi del ramo dovesse dipendere dalla posizione dei cladodi basi- lari, per eui quando il eladodo destro fosse più alto, il numero di tutti i eladodi a destra dovrebbe essere minore di quello di sinistra. e vieeversa, quando il cladodo basilare destro fosse piü basso del si- nistro, il numero dei cladodi di destra dovrebbe essere maggiore di quello di sinistra; ed infine che trovandosi i 2 eladodi allo stesso li- vello il numero dei eladodi delle due file dovrebbe essere perfetta- mente uguale. Ma le osservazioni fatte non corrispondono a tali concetti: Infatti, consideriamo il 1° caso. a). Cladodo basilare destro pù alto del sinistro. Si sono avuti 3 casi: 1° le 2 file contengono ugual numero di eladodi in 29 rami; 2° la fila di sinistra è più numerosa di quella di destra in 24 rami; 3° raramente la fila di sinistra è meno numerosa di quella di destra come ai ebbe in 3 rami. Nel 1° caso i eladodi in numero uguale sulle 2 file possono essere 9, 10, 11, 12, 13. Si sono avuti 9 cladodi in 3 rami, 10 cladodi in 12 rami, 11 in 10 rami, 12 in 3 rami, 13 in un solo ramo. Nel 2° caso si sono avute 4 combinazioni: 1* 10 a sinistra e 9 a destra (5 volte); 2° 11 a sinistra e 10 a destra (13 volte); 3° 12 a sinistra ed 11 a desra (5 volte); 4 13 a sinistra e 12 a destra (1 volta). Nel 3° caso si sono avute 3 combinazioni : 1%? 10 eladodi a sini- stra ed 11 a destra (1 volta); 2* 12 a sinistra e 13 a destra (1 volta); 3° 13 a sinistra e 14 a destra (1 volta). Si conclude su questo riguardo coll’ammettere che quando il cla- dodo basilare destro è più alto del sinistro è più frequente che le file siano omonumerarie e che contengano ciascuna 40 eladodi; è meno comune che le file siano eteronumerarie, con quella di sinistra più numerosa di quella di destra, nel qual caso è più frequente che a si- OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO GLADODICO E FIORALE 219 nistra si abbiano 11 eladodi ed a destra 10; e che ë raro che siano invece eteronumerarie eon la fila di sinistra meno numerosa di quella di destra. b) Clidodo basilare destro più basso del sinistro. È più frequente del precedente e fu osservato in 64 rami. Anche quì si presentano i 3 easi dianzi accennati: 1° le 2 file sono omonumerarie; 2° la fila di sinistra è più numerosa della destra ; 3° la fila di sinistra é meno numerosa della destra. Il 1° caso è il più frequente e si ebbe in 31 rami; raro è il 2° che si ebbe in 5 rami, abbastanza comune è il 3° che si ebbe in 28 rami. Nel 1° caso i eladodi possono essere, il 9°, il 10°, P 11°, il 12° il 13°, Si ebbero 9 cladodi a destra e 9 a sinistra in 5 rami; 10 se ne ebbero in 4; 11 in 18; 12 in 6; 13 in 3. Come si vede è più fre- quente che se ne abbiano 11 a sinistra ed 11 a destra. Il 2° caso, cioè in cui la fila di sinistra è più numerosa della destra, è raro e si ebbe in 5 rami con 4 combinazioni : 1° 10 cladodi a sinistra e 9 a destra (1 volta); 2° 11 a sinistra e 10 a destra (2 volte); 3° 13 a sinistra ed 11 a destra (1 volta); 4° 13 a sinistra e 12 a destra (1 volta). Il 3° caso è comunissimo e si può presentare con 6 combinazioni: 1* 8 cladodi a sinistra e 9 a destra (i volta); 2° 9 a sinistra e 10 a destra (8 volte); 3" 10 a sinistra ed 11a destra (8 volte); 4° 11 a si- nistra e 12 a destra (9 volte); 5* 12 a sinistra e 13 a destra (1 volta); 6° 12 a sinistra e 14 a destra (1 volta). Si conclude su questo caso coll'ammettere che anche, come nel caso precedente, quando il cladodo di destra è più basso del sinistro, è più comune che le file di cladodi siano omonumerarie e che se in- vece sono eteronumerarie è molto più frequente che la fila di sinistra contenga un minor numero di cladodi. Nel caso di file omonumerarie la maggior frequenza è di 11 cladodi a sinistra ed 11 a destra, men- tre nel caso contrario i casi più frequenti sono 1° per 11 a sinistra e 12 a destra; 2° che siano 9 a sinistra e 10 a destra; 3° che siano 10 a sinistra ed 11 a destra. e) Cladodi basilari opposti. Questo caso è pochissimo frequente e fu osservato sopra 13 rami. Anche quì si sono avuti i 3 casi soliti, cioè 1° file di cladodi omonumerarie; 2° fila di sinistra più numerosa 280 DOTT. PIETRO CANNARELLA di quella destra; 3' fila di sinistra meno numerosa di quella destra, Il 1° caso si è notato in 6 rami, il 2° in 5 ed il 3° in 2 soltanto. Nel 1^ easo le file possono portare 10 eladodi (2 volte), 11 eladodi (2 volte), 13 cladodi (2 volte). Nel 2° caso si sono avute 5 combinazioni: 4° 11 cladodi a sinistra, 10 a destra (1 volta); 2° 11 a sinistra e 12 a destra (1 volta); 3° 13 a sinistra e 12 a destra (1 volta); 4° 14 a sini- stra e 12 a destra (I volta); 5° 14 a sinistra e 13 a destra (1 volta). Infine nel 3. caso si sono avute 2 combinazioni: 1. 10 a sinistra, 14 a destra; 2. 41 a sinistra e 12 a destra. Anche per questo caso adunque è più frequente il fatto di file omonumerarie di cladodi, mentre è meno frequente quello di eladodi a sinistra più numerosi di quelli di destra, ed è raro il caso contrario. d) Cledodi basilari sub-opposti. In questo caso il cladodo destro può essere un po’ più basso ed un po’ più alto del sinistro; dei 7 rami trovati con cladodi basilari sub opposti, 4 si trovarono nel 1. modo e 3 nel 2. 7 strano che quì è quasi costante il fatto di file omonumerarie, come fu riscontrato 5 volte, mentre raramente si hanno gli altri due casi avanti osservati. i Solo una volta fu notato che la fila di sinistra conteneva maggior numero di cladodi che a destra ed una volta pure si notò il caso con- trario. Nel caso di file omonumerarie, una volta si constatò che con- tenevano 10 cladodi, 3 volte 11, ed 1 volta 12. Degli altri due casi nel 1. si notarono 10 cladodi a sinistra ed 11 a destra, e nel 2. se ne ebbero 13 a sinistra e 12 a destra. A prescindere dai cladodi basilari, tutti gli altri sono regolarmente alternati e quasi sempre distici, con l’indice cladotassico uguale a circa IG. Raramente notasi che in un internodio si trovano due cla- todi, come raramente si è notato che da un nodo sorgano due cladodi: (Tav. II. fig. 32) rarissimo è poi il caso di cladodi verticillati. Quasi sempre i cladodi apicali sono opposti, raramente sono so- litari, nel qual caso il cladodo che si eleva al di sopra è più o meno lungamente picciolato; talvolta, come fatto anomalo, esso è ridotto ad un’ appendice lesiniforme, o lineare, qualche volta faleato, quasi sempre sterile e talvolta anche fertile, OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 281 XVIII. Forma dei cladodi. La forma che hanno i cladodi della S:mele Androgyna Kunth. è variabilissima e dipende prineipalmente della varia posizione che occupano i fascetti fioriferi che si svilup- pano sul loro mangine. Generalmente hanno forma ovale, acuta al- l'apiee, a contorno integerrimo, tri-penta-nervie, brevissimamente pie- ciolati. Però si possono subito notare due forme principali di cladodi: la forma dei eladodi sterili e quella dei eladodi fertili. I eladodi sterili sono tutti omomorfi. La loro forma ë come quel- la ora detta e non presenta. che pochissime variazione che riguardano lampiezza, la lunghezza, e qualche altra peculiarità poco notevole. Importanti invece sono i eladodi fertili che sono grandemente etero- morfi, per la ragione ee i glomeruli fiorali variano da 1 ad 8 e nel punto dove si sviluppa il glomerulo il margine del cladodo si presen- ta con un lobo all’ indentro, per cui il numero di queste insenature o lobi varia continuamente. Dall’ esame di. tutti 5357 cladodi esistenti sui 250 rami studiati si sono potute constatare 22 forme tipiche principali di cladodi, oltre delle forme secondarie che appresso accenneremo. Ecco quali sono queste forme con la frequenza osservata : 1. eladodi eon un lobo superiore 119 2. » » » » inferiore 125 3. » > o» » superiore ed uno inferiore 818 4. > > >» » » e 2. inferiori 278 5. > > > > > > 8 > 63 6. » en > > > » 4 > 3 re > > due lobi superiore 7 8. » | » > > inferiori 5 9. > » » > superiori ed 1 in.er.ore 292 10. » >x > > > e 2 > 1206 11. > » » » » > 3 > 244 12: » eS > > Te > Il 13. » » tre lobi superiori 3 14. » > > > inferiori 3 15. » » » > superiori ed 1 inferiore 100 16. > Ra » > e 2 » 330 282 DOTT. PIETRO CANNARELLA 17. cladodi con 3 lobi superiori e 3 inferiori 529 18. » » : 3 » » » 4 » 10 19. » » 4 » » SA > 10-3 20. » » 4 » » » 2 > 16 SE > T 5 » » 3 » 17 2s » » 4 » » » 4 » 28 Basta dare uno sguardo alle cifre che rappresentano la singola fre- quenza osservata per ogni tipo di eladodi, per vedere la grandissima varia- zione che i easi stessi presentano sui rami. I casi più rari sono stati quelli ebe si riferiseono ai eladodi aventi un lobo superiore e 4 inferiori ed a eladodi aventi 3 lobi inferiori o superiori soltanto. Un pó meno raro è quello presentato da cladodi che hanno 2 lobi inferiori; poi quello da eladodi con 2 lobi superiori; poi quello da eladodi aventi 4 lobi superiori e 4 inferiori; identiei per frequenza sono i easi di eladodi con 3 lobi superiori e 4 inferiori e di eladodi con 4 lobi su- ` periori ed uno inferiore; poco piü frequente ë quello di eladodi con 2 lobi superiori e 4 inferiori; poi quello di cladodi con 4 lobi superiori e 2 inferiori ed inne quello di cladodi aventi 4 lobi superiori e 3 inferiori. Ora la frequenza si eleva rapidamente; vengono prima i eladodi eon 1 lobo superiore e 3 inferiori; 2. quelli eon 3 lobi supe- riori ed uno inferiore; 3. quelli con un lobo inferiore; 4. quelli con un lobo superiore; 5. quelli con 2 lobi superiori e 3 inferiori ; 6. qu lli eon 1 lobo superiore e due inferiori; 7. quelli con 2 lobi supe: riori ed 1 inferiore; 8. quelli eon 3 lobi superiori e 2 inferiori; 9. quelli eon 3 lobi superiori e 3 inferio-i; 10. 1 lobo superiore ed 1 inferiore; 11. quelli con 2 lobi superiori e 2 inferiori. Ë notevole il fatto ehe i casi più fr qu nti sono s mpr3 rappr? s ntati dai eladodi con lobi simm-trieamente disposti, uno ed uno (818), due e du^ (1206), tr» e tr» (1206). Ma la variabilità appar» più not^vole quando si oss rva la distri- buzione d-i vari tipi di eladodi p r ogni ramo. Al solito distinguiamo le 2 file di eladodi a sinistra ed a destra. Aceioceh® si possa meglio ved re la fr qu nza di questi singoli easi a sinistra ed a destra sopra eiaseun ramo e sopra ciaseun lato riuniamo in questa tabella i risul- tati dell» osservazioni fatte: (continua) spara nes j p | I Proff. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO Endemismi ed Esodemismi nella Flora Italiana (continuazione) numero delle famiglie numero di fam. con endem. Classi (in ltalia) : esoendemiche [con endemismi {PF 1000 fam. esoendemiche Pteridofite $ I 200,0 Gimnosperme 2 o Hr Monocotiledoni 17 5 294,1 Dic. monoclamid. 21 2 95,2 > dialipetale 52 I4 269,2 > gamopetale 29 I3 448,2 Lasciando da parte le Gimnosperme, per le quali non è possibile eseguire un ealeolo di eonfronto, a causa dell'esiguo numero di fami- glie eui sono rappresentate, (1) troviamo adunque che la grande maggio- ranza di endemismi si trova nelle Gamopetale. Il minimo (percentuale) ei viene invece offerto dalle Monoclamidate. Tra le Gamopetale e le Mono- clamidate si schierano in ordine decrescente le Monocotiledoni, le Dialipe- tale, le Pteridofite. In queste ultime però sono alquanto bassi i numeri delle famiglie dai quali abbiamo desunto le eifre comparative perché il ri- sultato sia da ritenersi esatto, almeno per quanto concerne le deduzioni che verranno emesse. Se invece di attenerci ai valori basati sulla cifra 1000, come unità di misura, rivolgiamo l'attenzione alle eifre assolute degli endemismi, troviamo la seguente proporzione decrescente rispetto a questi: Diali- petale (massimo), Gamopetale, Monocotiledoni, Monoclamidate, Pterido- fite e Gimnosperme. All'ingrosso pertanto la proporzione assoluta degli endemismi va di pari passo colla proporzione numerica relativa delle fa- (1) Nel corso del lavoro abbiamo avuto occasione di eseguire delle percentuali in cui uno degli elementi dei rapporti era molto basso. Pur comprendendo benissimo che le cause di errore sono tanto più accentuate quanto più basse sono le cifre messe in rapporto; facciamo osservare che noi non eravamo autorizzati a selezionare i dati of- ferti dalla statistica. 981 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO miglie nelle singole classi, diminuendo col diminuire di esse. Solo vi ha una eccezione a riguardo delle Monocotiledoni rispetto alle Monoelamida - te, poichè le prime, malgrado abbiamo un minor numero di famiglie, pur tuttavia offrono più endemismi. In tutta la flora italiana abbiamo 126 famiglie (Pteridof. Gimnosp. Monocot. Dicot.) delle quali 35 sono rappresentate da forme endemiche; si ha dunque una proporzione media di 277 famiglie con endemismi per 1000 famiglie italiane. Data questa proporzione se ne ricava che le Gamopetale e le Monocotiledoni la superano, le Dialipetale, le Mo- noclamidate e le Pteridofite invece non la raggiungono. Anche molto istruttiva a questo riguardo è la seguente tabella, in cui, tenuto conto delle famiglie di ogni classe da un lato, e delle cor- rispondenti famiglie con endemismi dall’altro, si sono riportate le cifre a 1000 famiglie della flora italiana ed a 1000 famiglie con endemi- smi della stessa. Dumero delle famiglie Rapporto delle famiglie se: seri ia a nell gnate mella celonna TT! casetta TH rispetto alle Sg esodemiche | con endemismi eas “+ palese E nn m Pteridofite 5 I | 39,7 28 Gimmosperme 2 o 15,8 — Monocotiledoni 17 $ I34,9 142 Dic. monoclamid. 21 2 166,0 57 > dialipetale $2 14 413,0 400 > gamopetale 29 15 229,0 371 Dimostra il quadro cha entro certi limiti vi ha un parallelismo tra la percentuale delle famiglie nelle siagole classi (rispetto a 1000. famiglie italiane) e la percentuale delle famiglie endemiche (1) nelle stesse (rispetto a 1000 famiglie endemiche italiane), poichè i due valori ere- (1) Per ragioni di brevità chiameremo d'ora in poi mdifferentemente famiglie e€ generi con endemismi e famiglie e generi endemici quei gruppi in cui si incontrano endemi smi, sebbene la seconda espressione non sia rigorosamente esatta. ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 285 seono di eonserva, fatta eccezione per le Monocotiledoni di fronte alle Monoclamidate. I valori acquistano un altro significato se si estende maggiormente l'analisi, confrontando all'uopo le eifre riportate nelle due ultime easelle: iufatti si rileva che le Gamopetale con sole 229 famiglie esoendemiehe rispetto a 1000 famiglie italiane entrano in conto con 371 famiglie endemiche, mentre le Dialipetale, con ben 413 famiglie ne hanno appena poche di pià endemiche (400). A questi alti endemismi si contrappone la bassa cifra delle Monoclamidate che con 166 famiglie per 1000 famiglie italinne hanno solo 57 famiglie endemiche (per 1000 famiglie endemiche italiane). Relativamente è pure assai elevata la cifra degli endemismi fra le Monocotiledoni poichè qui, come nelle Gamopetale, la cifra delle famig'ie endemiche riportata a 1000 fam. endemiche italiane supera quella delle famiglie riportate a 1000 famiglie italiane (142 rispetto a 134,9). Passiamo ora allo studio dei Generi. Coi dati della tabella a pa- gina seguente e col solito mezzo delle proporzioni, riportando a 1000 il numero dei generi nelle singole classi, troviamo i seguenti valori relativi agli endemismi: Pteridofite n. dei generi 29 : gen. end. 1 = 1000: 34 Gimnosperme » » > Pr y Monocotiledoni > > $ “208 o> » Tee M OD : 25 Monoelamidate > > » 0f; » $7 9. 24000: 49 Dialipetale » >» a 0950 2 > » 46 — 1000 : 130 Gamopetale » » s 299 1 » » 44 — 1000 : 147 Confrontando questi dati con quelli riportati a pag. 283 e relat vi alla proporzione delle famiglie endemiche rispetto a quelle che son proprie di ogni classe, si nota che l’accordo esiste soltanto per ciò che riguarda le Gamopetale che danno ovunque un massimo di endemismi rispetto alle altre classi. Le Monoclamidate, che avevano un minimo di famiglie endemiche, danno qui una percentuale di generi endemici superiore alle Monocotiledoni che sono rappresentate da una cifra vera- mente bassa di endemismi. Anche molto mutati sono i rapporti fra le Pteridofite e le Monocotiledoni, perchè mentre le prime hanno un minor numero di famiglie endemiche, presentano invece una percentuale mag- giore di generi pure tali.Sempre alto è l’Endemismo nelle Dialipetale. e Er PRoFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO In tutta l'Italia abbiamo 956 generi di Fanerogame e f teridofite, dei quali 101 con endemismi. Questi due dati ci permettono di rilevare la percentuale di endemismi nelle varie elassi rispetto ai generi italiani da un lato e a quelli endemiei dall'altro. Risulta da questa tabella che i I Il HI IV V VI VII ug. ie u. 05 E [o4 NR SL È A Classe = Se (EB. =” =-= sE. = £^ |=#ES | Zm. | g | 85° > Ss |&s=5| ŠE | Es | BSE Pteridofite 29 287,1 I Gimnosperme 8 8 79,2 Monocotiledoni 209 218 2069,3 7i #3 69 Dic. monoclamid. 61 64 603,9 3 3⁄1 30 » dialipetale 350 362 3465.5 46 45,9 460 > gamopetale 299 313 2861,3 44 48 440 rapporti già segnalati a pag. 234 per le famiglie tornano a comparire nei generi con un certo paralle- lismo a preseindere da lievi modifieazioni secondarie. Le Pteridofite dànno una bassa percentuale di endemismi, e ancor piü bassa la presentano le Gimnosperme, per quanto la maneanza di dati in questa classe non permetta di analizzare completamente il fe- nomeno. Le Monocotiledoni tornano ad elevare il numero degli ende- mismi rispetto alle Monoclamidate, mentre infine il massimo è dato dalle Dialipetale e secondariamente dalle Gamopetale. A grandi tratti vi ha una certa proporzionalità sia percentuale, sia in termini assoluti tra il numero dei generi di una elasse e quello dei corrispondenti generi endemici. In pari tempo si osserva che i ge- neri delle varie classi rispetto sia a quelli che formano la flora ita- liana (956) sia a quelii ehe contribuiseono alla formazione della flora endemiea italiana (101) sono rappresentati in numero massimo nelle Dialipetale. Seguono in ordine decrescente, le Gamopetale, le Monoco- tiledoni, le Monoclamidate, le Pteridofite e le Gimnosperme. ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 987 Anche un certo interesse può offrire lo studio degli endemismi fra i generi in base alle famiglie (riportate a 1000) delle singole classi; all'uopo provvede la seguente tabella. I ll HI IV V VI VII VIII E & E è è sz Ss == = = = = = = == = = = 2 = == 228 Klasse 2 pE = = | E == ===. "T | = < = Su -2.|gB8EÉr se |S&| BS |=| ES | S25) š==š | k Pal a" T ae X^ hat MERE | em usuy EE... HERE e, SA Pteridofite | 9 5800 “| 1 200 1000 Gimnosperme 2 8 4000 o = o Monocotiledoni 17 209 12294 7 ATI 5 1400 Monoclamidate 21 61 2904 3 142 2 1500 Dialipetale 57 350 6140 46 807 14 3285 Gamopetale 29 299 | 10310 44 1517 13 3384 Da questa tabella si deduce: 1) Il massimo dei generi per numero di famiglie si ha nelle Mo- nocotiledoni. Seguono in ordine decrescente le Gamopetale, le Diali- petale, le Pteridofite, le Gimnosperme e le Monoclamidate, (v. colon- na III) | 2) Malgrado siffatta seriazione, il numero dei generi con endemi- smi va decrescendo in quest’ordine: Gamopetale, Dialipctale, Monoco- tiledoni, Pteridofite, Monoclamidate, Gimnosperme (colonna VI). 3) Il numero dei generi con endemismi rispetto a 1000 famiglie pure con endemismi nelle varie classi tiene lo stesso ordine di decre- scenza rispetto alle Gamopetale e Dialipetale. Poi si osserva che seguono le Monoclamidate anzichè le Monocotiledoni; infine le Pteridofite e le Gim- nosperme danno la più bassa percentuale, (ultima colonna). D'interesse veramente grande è lo studio degli endemismi in ri- guardo alla specie ed a questo genere di ricerche perciò indirizzeremo le nostre indagini studiando la specie non soltanto come entità sistematica, ma sibbene ancora come un essere biologico. = 288 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO In tutta la flora italiana abbiamo, secondo Fiori e Paoletti, 4100 specie, delle quali 202 endemiche. Con la scorta di questi dati caleoleremo innanzi tutto la proporzione delle specie endemiche nelle differenti classi in base al solito valore 1000. I Il HI IV 2 SC zu Ə 2 E C \ e T A n |^ o =, Classe = SE = 2 Gs e, Q9 " bà DS z 25 EC | Pteridofite 81 I 12,3 Gimnosperme 22 o -- Monocotiledoni 764 I2 15,7 K Monoclamidate 196 4 20,9 Dialipetale 1572 71 45 Gamopetale 1465 II4 77 Anche per le specie vale adunque la regola che le Gamopetale sono percentualmente più rieche di endemismi. In ordine decrescente succedono le Dialipetale, le Monoclamidate, le Monocotiledoni e le Pteridofite. Per le Gimnosperme si potrebbe in base a dati ipotetici affermare che sono pereentualmente ancor meno ricche di endemismi poichè se le Pteridofite con 81 specie dànno i 12 °/,, di endemismi, le Gimnosperme, eon 22 specie, dovrebbero darne almeno 3°/,,. Colpisce alquanto la povertà di endemismi fra le Monocotiledoni rispetto alle Monoelamidate, non accordandosi tal rapporto con quanto si ë eonstatato nelle tabelle precedenti relative alle famiglie ed ai ge- neri nelle quali si è riscontrata quasi sempre una percentuale maggiore d'endemismi fra le Monocotiledoni. Rileveremo per altro che a pag. 285 nella tabella relativa ai rapporti percentuali tra generi eon endemismi e generi privi di questi le Monocotiledoni vengono pure in seconda linea rispetto alle Monoclamidate. D'altra parte se stiamo ai valori as- soluti degli endemismi quali son quelli riportati nella eolonna IIT del- l’ultima tavola, appare manifesto che le Monocotiledoni superano le . ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 289 Monoclamidate per endemismi (12 contro 4), mentre non raggiungono le Dialipetale e tanto meno le Gamopetale. Le Pteridofite e le Gim- nosperme danno anche qui dei valori bassi o nulli. Sta intanto il fatto che aumentando il numero delle specie aumenta pure proporzionatamente il numero assoluto degli endemismi (colonna II e III), mentre ciò non ha luogo che in misura più velata se si tratta di percentnali (si confrontino le colonne II e IV). Ammesso ora che in Italia vi siano circa 4100 specie di cui 202 en- demiche merita di essere indagata la misura con cui le singole classi partecipano alla costituzione della flora nella sua totalità da un lato e della flora endemica dall’altro, quando questi due ultimi termini sia- no portati a 1000. A ciò si riferisce la seguente tabella I Il IH IV V VI VII i È co SS > Š 5.2 B E ES o E 29 aS Sa LSC — — - — E et ERE DE E SW SÉ 2.9 2933 P ind = iode = ftc Classe "Ss e S. 98 BS" o 95 O u ._ DO en > 2o c a] G E 2:8 9 v 373 o È KS du è = =: Re too Sea Dn pa M3 | dv aoe Pteridofite 81 4100 19,8 I 202 49 Gimnosperme 22 id. Ka o id. — Monocotiledoni 764 id. I86 12 id. 59 Monoclamidate 196 id. 48 4 id. 19 Dialipetale 1572 id. 383 71 id. 351 Gamopetale 1465 id. 357.5 II4 id. 565 Fatta eccezione per le Gamopetale, rientriamo nella regola ordi- naria, che cioè aumentando il numero delie specie aumenta il numero degli endemismi sia in termini assoluti (V colonna) che relativi (quali ci vengono offerti dal calcolo in cui si sono riportate a 1000 le specie endemiche o esodemiche della flora italiana). Le Gamopetale danno la massima percentuale; seguono le Diali- petale, le Monocotiledoni, le Moroclamidate, le Pteridotite, le Gimno- sperme. La questione degli endemismi, fra le specie, merita ancora di es- 290 ` PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO sere studiata nei rapporti coi generi e con le famiglie come indica la sottostante tabella I Il HI IV V VI VII | VII | IX | Ye M rs PeR Ra Ba | 22 | E [SS (Cs a a Sp e BEER 19 v aM o9 5 ooo) oe oi Bele Oe ye de T = = 9) wi voi O o“ 86 vas = O 2 N; UNE e peu. cU My Š dë zZ e zm 5 Z du fg do Pteridofite 5 29 8r | 16200 2793 fe: 206 34 Gimnosperme 2 8 22 | 11000 2750 o — mie Monocotiledoni 17 | 209 | 764 | 44941 3655 i* 1 $03 57 Monoclamidate 2I 61 | 196 9333 3213 4 | 190 65 Dialipetale 52 | 350 |1572 | 30230 | 4491 71 |1365 | 202 Gamopetale 29 | 299 [1465 | 50517 4899 | 144 |3931 | 381 La tabella ei indica che il numero minimo di specie per 1000 fa- miglie ë dato dalle Monoclamidate, il massimo dalle Gamopetale. Se- guono in ordine decrescente le Monocotiledoni, le Dialipetale, le Pte- ridofite, le Gimnosperme (colonna V). Se consideriamo i rapporti numeriei delle specie per 1000 generi cambia alquanto la fisonomia del quadro, poichè si susseguono in ordine di decrescenza le Gamopetale, le Dia- lipetale, le Monocotiledoni, le Monoclamidate, le Pteridofite, le Gim- nosperme (colonna VI). Anche lievi oscillazioni troviamo nei rapporti fra le specie ende- miche, 1000 famiglie da un lato e 1000 generi dall’altro, ma la tabella qui lascia riconoscere l’elevata percentuale di specie endemiche fra le Gamopetale e la bassa percentuale invece fra le Monoclamidate. Però la cifra minima passa alle Monocotiledoni nei rapporti fra specie endemiche e generi (colonna IX). Consideriamo ora i rapporti tra le specie esoendemiche da un lato, quelle endemiche dall’altro e le famiglie e i generi endemici ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 291 =: l Il HHI IV V VI VII | VII | IX w. 1 W T. 3 5 S IS EESEHE BE BENE TE lass e z š SS SS = "SE SS EN E a EIE AR L m. GE S. i id La E Zug Pteridofite I I 81000 | 81000 I 1000| 1000 Gimnosperme o o 82 Monocotiledoni $ 7 | 764 | 152800 | 109142 I2 |: 2400| 1714 Monoclamidate 2 3 | 196 98000 | 65333 4 | 2000! 1333 Dialipetale I4 46] 1572. | 122286 11.341731. 5071| 1543 Gamopetale 13 44 | 1465 | 112692 | 33295 | 114 | 8769| 2590 Qui giova il confronto innanzi tutto con la tabella preeedente (pag. 290). Colpisce subito il fatto che le specie esodemiche Gamopetale (colonna IV) non tengono più il primato sia nei rapporti fra specie e famiglie con endemismi (colonna V), sia in quelli tra specie e generi con endemismi (colonna VI). Il che è ovvio, poichè noi sappiamo che il primato nella classe delle Gamopetale è una particolarità degli endemismi. Ed a prova di questo valgono le cifre consegnate nelle due ultime colonne (VIII e IX) della ultima tavola in cui il nu- mero (percentuale) delle specie endemiche, sia in rapporto a 1000 fa- miglie con endemismi che a 1000 generi pure con endemismi, si eleva notevolmente nelle Gamop. rispetto alle cifre proprie delle altre classi. Si rileva inoltre ehe la proporzione delle specie endemiche per 1000 generi endemici (colonna IX) è quasi tanto elevata quanto quella delle specie esoenderriche riportate a 1000 generi (pel confronto vedi la penultima tabella: (colonna VI). Tanto nei rapporti fra specie endemiche e famiglie endemiche quanto in quelli fra specie e generi endemici, a prescindere dalle Pte- ridofite (i cui valori sono piuttosto incerti a causa del basso numero di specie e famiglie), le Monoclamidate dànno una bassa percentuale. Seguono in ordine ascendente le Monoeotiledoni (pei rapporti con le fainigl. con endem.)o le Dialipetale (pei rapporti con i gen. con endem.) e da ultimo vengono, come si è detto, le Gamopetale. 299 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Rimangono a considerare da ultimo i rapporti tra il numero delle specie, dei generi e delle famiglie. : c oo oo o Q x4 C e Na ipod — 6 — (C -= DÒ = = g; tmd EN, U — =| cè o d ay "ad O O AO NU "-— a ct T Ou U p A Q D va o = Cu ne m aw pad pt © ei o ms = n 2" oe En a = D sd e —. Pu o bd i o 2 O es d) = a "ES veer TE vs meu O a oes gus. "U E od been Jet Kr ere = or == É = u C55 ER = = O Dia QD e ier Yo SINE ei = ua GO e eo D du io e = - S Ss cu, & aos E 325 - a -— — Co on ee o SHE A Si Ge oi S e O = x e © Z, x I26 956 4100 32539 4288 | 202 | 1603 VL Oo ELT e Gu Ga — = 9 on =: ° oo a S.C — DO “= n Oo Ca o fag (5) Ù 0, Ex — N n "ek Ud ee =: — e a EM. r E pu. A e S. = = sa ES ag is —- 0 UV n E O GU E "c 5 9 x a O d - on’ — O a« ° A bp — “° ` a e] ui E o Garg — G = =. = — oO Li "ur per 5 5 AU u ul AB RS 2:9 RR: HF O > ^ z v >v & a & RE 8 g |E282 | 2883 Sm Q of oU S o= A4 Son ai E Z Es x e | 211 35 IOI 5485 2000 Risulta dalla tabella che in media vi sono 32 specie per famiglia e 4 specie per genere. Trattandosi però di famiglie, generi e specie endemici i valori cambiano nel senso ehe si hanno circa 5 specie en- demiche per famiglia endemica e 2 specie endemiche per genere en- demico; vale a dire una assai più bassa proporzione. Molto più basse diventano le cifre, per ovvie ragioni, se si considerano le specie ende- miche in rapporto alle famiglie e generi con e senza endemismi. Riassumendo i dati relativi alle specie possiamo concludere che le Gamopetale tengono ovunque il primato nel numero di endemismi rispetto alle altre elassi. Le Monocotiledoni vengono dopo, ma non in modo costante essendo talora superate dalle Monoclamidate. * È k Nelle pagine precedenti si è incidentalmente rilevato che il numero degli endemismi aumenta nei generi, nelle famiglie e nelle classi più ricche di specie; questo risultato a priori ammissibile, richiede ora di esser studiato nei suoi particolari. Riporteremo qui pertanto le famiglie di Fa. nerogame e di Crittogame superiori italiane, segnando accanto ad o- . ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 293 gnuna di esse il numero delle specie che presentano (II colonna). La seriazione ha luogo in ordine decrescente come appare manifesto dalla III colonna. Nella IV colonna riportiamo il corrispondente numero di specie endemiche presenti in ogni famiglia ed accanto (V colonna) il numero d’ordine, in serie decrescente, che corrisponde alle cifre ripor- tate. La VI colonna è destinata ad indicare il numero delle specie endemiche relativo a 1000 specie della corrispondente famiglia. Accanto come al solito, riportasi (VII colonna) una cifra corrispondente al posto che verrebbe ad occupare il numero trovato nell'ordine decrescente. Nell’VIII colonna è dato, per ogni famiglia, la proporzione di specie che la famiglia verrebbe a possedere qualora venissero riportate a 1000 le 4100 specie italiane. Nell’attigua colonna IX viene eseguito analogo calcolo per le specie endemiche di ogni famiglia qualora le specie i- taliane venissero parimenti riportate a 1000. La X colonna indica il posto che vengono ad occupare le cifre nell’ordine di decrescenza. Nell’ XI colonna è indicato, per ogni famiglia, il numero di specie endemiche che verrebbe a possedere qualora le 202 specie endemiche della flora italiana venissero riportate a 1000. Non si è tenuto conto dell’ordine di seriazione decrescente corrispondendo esso, per ovvie ra- gioni, a quello segnato nella colonna V. Infine nella XII colonna si indica la classe cui la famiglia appartiene. ee ML MON C BI Ext. Ac raso qe DLP TA RES QOL ANE Tun UR E 294 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO I H |jnpivivgi VI IVII ed IX |X| XI | XII JHHEMHNSEHEPBSS famiglia 2) sas a ré s =Ë EZ š ane Classe =|=|-|2|=, = 37-72 = /22= = 5 |= ëlo | Š SE Ge ES. Composite 626| 1 I| 99,0| ro} 152,6| 15,1] 1 306,9 Gamop. Leguminose 3099 2 $| 33,0] 32| 81,2) 2,6] 8| 54, | ialip. d p S ui 4d $| 35f 69,5| 0,7| ı5| 14,8|Dialip Crucifer 3| 4| 14 Lol 22! 519| 3,4} 3| 69,3[Dialip Eer WE 195| SL ISL 2| 76,9| 18| 475,5| 3,6, 2| 74:2|Dialip Labiate Is4l 6|. gl 6| 58,4) 24| 3755| 2,1) 9| 44,5|Gamop Cariofillacee 145] 7|.5| 10} 34,4) 31| 353]. 1,2] 13] 24,7|Dialip Scrofulariacee | 142| 8| 13| 4| 91,5| 11| -346| 3,1) 4| 64,3|Gamop ^ |Liliacee 130| 9| 3| 16} 23,0| 33| 31,7| 0,7| 16| 14,8|Monoc Rosacee (ra 10] 6| 8| 50,4| 27! 29,0] 1,4| 11! 29,7|Dialip Ranunculacee tool II] 2|20| 20,0| 34| 24,3! 0,4| 20| 9.9|Dialip Campanulacee 66| 12| 6| 9| 90,9| 13]. 16,0| r,4| 12] 29,7|Gamo Borraginee 57| 13| 7| 7| 122,8] 9| 13:9| 1,7| 10|. 34,6|Gamop Euforbiace $6| 14| 5| Iı| 91,0, I2| 13,6] 1,2| 14] 24,7|Gamop E] ubiacee 541-151 41 121 2776 19]..13,14- 3,11 s| 19,8| Gamog E Saxifragacee $1| 16]. 3| 17]. 58,8'.23] 12.4|. 0,7| 17|. 14,8|Diali Geraniacee $600 17/4130 80,01 171. 151]. 3,1 19,8|Dialip 4 Primulacee 47| 18| 4| 14| -85,1| 15| 1174| 3,1| 7| 19,8|Gamo : Crassulacee 41} 19| ;2| 21| 48,7] 28| -10,0] 0,4} 21 9,9| Dialip Orobancacee 36| 20| 2] 22] 55,5] 26! 8,7] 0,4] 22) 9,9|Gamop Iridiacee 35] 211: 31 181 85,71 14 Bal 0,7| 18| r4,8|Monocot Valerianacee 311 221 | 33]. 84,51. 201° 7,3! 0,4134 9,9| Gamop ipsacacee 3129 21 24 645| 21 2,51..0,4| 24 9,9| Gamop i Cistacee 251 24] 1|27| 40,0] 30] Gol 0,2) 27| 4,9|Dialip Urticace 21/254 5] 19| 145,8 5,1| 0,7| 19| 14,8|Monocl Plantaginac 21| 26] 1{ 28| 47,6| 29] 5,1] 0,2/28| 4,9|Gamop Amarillidacee 18| 27; 1| 291 55,5] 25| 453| 0,2| 29] 4,9|Monocot x lumbaginee 14| 28| 2| 25| 142,8] 6 3,4| 0,4| 25 9,9 Gamop : acee 12| 29| 2|26| 166,6 4| 2,9| 0,4| 26| 9,9|Monocot 1 Ramnacee 121 $0] Li 10]. 953| 16 2,9| 0,2) 30] 4,9|Dialip Rutacee 931 1) 31 125.01 8 1,9] 0,2| 31 4,9 Dialip Poligalacee 7| 32| 1|.32| 142,8] 5| 1,7} 0,2] sa 4,9|Dialip Chenopodiacee 6) 33| 1| 33) 166,8] 3 1,6) 0.2| 33| 4,9|Monocl Isoetee ; GA 1| 34 200,9) ‘2]- 132]. 0,2] 341. 4.9| Critog | Globulariacee 35] ı| 35| 200,0] 1 1,2: 0.2| 351, 4,91Gamop. Dalla tabella NEP dedurre le seguenti conelusioni. 5 1°) Nelle famiglie poco rieche di specie il numero delle specie en- : demiche decresce parallelamente a quello che ci indica le specie delle = famiglie; non così nel caso di famiglie rieche poichè allora non vi ha ENDEMISMI ÉD ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 295 più un rapporto diretto (vedi colon. II, III, IV, V.) Quando però la cifra delle specie di una famiglia è molto elevata è pure molto alta la cifra degli endemismi. Alcune famiglie sono interessanti per la man- cuza o quasi di rapporto tra il numero delle specie e quello rappre- sentante gli endemismi. Valgano ad es. le Graminacee che con 285 specie (per cui occupano il terzo posto) non hanno che 3 endemismi, di guisa che passano al 15° posto. Analogamente si comportano le Li- liacee e le Ranuncolacee. Spostamenti in senso inverso non mancano. Così le Urticacee che occupano il 25° posto per numero di specie passano al 19 per numero di endemismi. In modo analogo si comportano le Crocifere. Studiando più da vicino il fenomeno dello spostamento (efr. co- lona III e V) si osserva che otto famiglie non mutano posto, vale a dire il numero di specie endemiche che esse presentano è quello che corrisponde al numero di specie presupposto: cioè Composite (G.), La- biate (G.), Ramnacee (D), Rutacee (D). Poligalacee (D), Chenopodia- cee (Mel.), Isoetee (Cr.), Globulariacee (G.). Trattasi qui di 3 Gamopetale, 3 Dialipetale, 1 Monoclamidata, 1 Crittogama superiore, in generale poco rieche di specie o viceversa ricchissime. Inoltre 14 famiglie hanno un minor numero di endemismi rispetto al numero di specie offerte: Leguminose (D.), Graminacee (Mt.), Cariofillacee (D), Scrofulariacee (G), Liliacee (Mt), Ranuculacee (D), Saxifragacee (D), Crassulacee (D), Orobanea:ee (G), Dipsacee (G), Cistacee (D), Plantaginacee (G), Ama- rillidacee (Mt.), cioè 6 Dialipetale, 5 Gamopetale, 3 Monocotiledoni. Infine 13 famiglie presentano un numero di endemismi più alto di quello che loro compete dato il numero di specie che offrono (Cru- cifere (D), Ombrellifere (D), Rosacee (D), Campanulacee (G), Borra- ginee (G), Euforbiacee (G), Rubiacee (D), Geraniacee (D), Primulacee (G), Iridacee (Mt.), Urticacee (Md), Plumbaginee (G), Aracee (Mt) cioè 6 Dialipetale, 4 Gamopetale, 2 Monocotiledoni, 1 Monoclamidata. Se ora si confrontano i davi della V colonna che ci indica l’ordine di seriazione delle differenti famiglie in base al numero assoluto degli endemismi, con quelli della colonna VIII che ci dà la seriazione delle stesse famiglie in base però alla percentuale degli endemismi pos- siamo per ogni famiglia studiata stabilire il grado dell’escursione, cioè dello spostamento che subiscono i valori nell'ordine della seriazione, 296 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Tale eseursione ë indieata dalla eifra ehe rappresenta la differenza . fra il primo ed il secondo numero. Nella seguente tabella che illustra il fatto si è avuto eura di unire le famiglie in dus gruppi, il primo comprendente le famiglie in cui l’escursione è minore di 9, il secondo quello in eui l'eseursione ë maggiore. Le tamiglie vennero disposte in serie a partire da quelle in eui l'eseursione ë minima. PPO Er, su occupa-| Posto occupa-|v.lore dello N d'ord. Famiglia Classe Ito dalla fam.|to dalla fam.| ' * nels col. V |nella col, VII|SPOstamento I Primulacee G 14 15 I 2 Plantaginee G 28 29 I 3 Borraginee G 7 9 2 4 | Euforbiacee G Il 14 3 $ Istacee D 27 30 3 6 | Valerianacee G 23 20 4 7 | Dipsacee G 24 21 4 8 | Amarillidacee Mctl. 29 25 4 9 | Orobancacee G 22 26 4 IO Iridacee Mctl. I8 I4 4 Ir | Campanulacee G 9 13 4 12 eraniacee D I3 17 4 I3 | Saxifragacee D 17 23 6 14 Crassulacee D 21 28 7 I5 Scrofulariacee G 4 II 7 16 Rubiacee G I2 19 7 17 Composite . G 20 9 Il. GRUPPO. 18 | Urticacee Mcld. 19 7 12 19 | Ranunculacee D 20 34 14 20 | Ramnacee D 30 16 14 21 | Ombrellifere D 2 18, 16 22 Liliacee Mctl. I6 35 17 23 | Labiate G 6 24 18 24 Soa ating Saga G 25 6 19 25 Crocifer D 3 22 19 26 | Rosacee D 8 27 19 27 | Graminacee Metl. 15 35 20 28 | Cariofillacee D 10 31 21 29 | Aracee Mctl. 26 4 22 30 | Rutacee D 31 8 23 31 peas D 32 $ 27 32 Legum nose D 5 32 27 34. | Che EE ee Meld. 33 3 | 30 34 Glóbilsriacke CG 34 | I 33 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 297 Come risulta dalla tabella le oscillazioni possono essere fortissime (Globulariee, Chenopodiacee ece.) o debolissime (Primulacee, Plantagi- nee). Ma, fenomeno di una certa importanza, emerge frattanto la re- gola che le oscillazioni sono inferiori alla cifra 9 (primo gruppo) in 10 Gamopetale, 4 Dialipetale, 2 Monocotiledoni, il che ei indica come le Gamopetale abbiano un numero di endemismi costantemente eleva- to sia in termini assoluti (valori della colonna V) che sotto il punto di vista della percentuale (valori della colonna VII). Si notano invece delle oscillazioni superiori alla cifra 9 (2. grup- po) in 3 Gamopecale, 9 Dialipetale, 2 Monoclamidate, 3 Monocotile- doni, il che è pure non privo di interesse. Si possono pure dividere le famiglie in due gruppi a seconda che presentano un’alta percentualità di endemismi (1. gruppo) o viceversa se ne presentano una bassa (2. gruppo), ben inteso rispetto al numero di specie proprie di ogniuna delle famiglie: 1. GRUPPO 7 famiglie Gamopetale (Globulariacee, Plumbaginee, Euforbiacee, Bor- raginee, Composite, Campanulacee, Primulacee. 5 famiglie di Dialipetale (Poligalee, Rutaeee, Ramnacee, Geraniacee, Ombrellifere). 2 famiglie di monoclamidate (Chenopodiacee, Urticacee) 2 famiglie di Monocotiledoni (Aracee, Iridacee) 2. GRUPPO 6 famiglie di Gamopetale (Rubiacee, Valerianacee, Dipsacee, Oroban- cacee, Plantaginee, Labiate) 8 famiglie di Dialipetale (Crueifere, Saxifragacee, Rosacee, Crassula- cee, Cistacee, Cariofillacee, Leguminose, Ra- nuneulacee) 3 famiglie di Monocotiledoni (Graminacee, Amarillidacee, Liliacee) Da questo specchietto risulta parimenti, fra l’altro, ribadita la lezge che le Gamopetale tengono il primato negli endemismi. Se invece teniamo solo conto dei numeri assoluti indicanti la cifra degli endemismi nelle famiglie troviamo che i ac eebe dcr eos Tae 298 PROFF. LUIGI BUSCALIONI Ë GIUSEPPE MUSCATELLO i Appartengono al 1. Gruppo: T famiglie di Gamopetale (Composite, Serofulariaeee, Labiate, Borra- ginee, Campanulacee, Rubiacee, Euforbia- cee, Primulacee) 7 famiglie di Dialipetale (Ombrellifere, Crucifere, Leguminose, Rosa- j cee, Cariofillaeee, Geraniacee, Sassifragacee. 2 famiglie di Monocotiledoni (Liliacee, Graminacee) Appartengono al 2. Gruppo 6 famiglie di Gamopetale (Globulariee, Orobancacee, Valerianacee. Dip- sacee, Plantaginacee, Plumbaginee) 6 famiglie di Dia ipetale (Ranuneulacee, Crassulacee, Cistaeeee, Ram- nacee, Rutacee, Poligalee) 2 famiglie di Monoclamidate (Urticacee, Chenopodiacee) 3 famiglie di Monocotiledoni (Araece, Amarillidacee, Iridacee) LI Anche qui è evidente che le Gamopetale appartengono alle forme ricche di endemismi. Se ora fissiamo la nostra attenzione a le caselle VI e VII della tabella a pag. 292 troviamo che nelle famiglie meglio dotate di specie il numero di endemismi ë basso, mentre si fa alto in quelle scarse di specie. Ma questo risultato deriva dal fatto che si sono riportate a 1000 le specie di ogni singola famiglia. Viceversa si ottiene un risul- tato diametralmente opposto se, come si è proceduto per compilare le colonne IX e X, si calcolano gli endemismi di ogni famiglia in base alla flora italiana riportata da 4100 a 1020 specie. Non vi ha però una assoluta corrispondenza, come era a priori supponibile, tra la proporzione delle specie delle varie famiglie ed il numero degli endemismi proprio delle stesse. Gii stessi fenomeni si verificano allorchè presupposto 1000 il numero delle specie endemiche italiane (202) si ri- porta a tal valore il numero degli endemismi delle varie famiglie (co- lonna XI). Prima di chiudere questo argomento faremo rilevare che si hanno 10 famiglie con 1 specie endemica 6 x` » 2 >» endemiche ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA PLORA ITALIANA 299. 5 famiglie eon 3 specie endemiche 3 » » » » 2 > * Ü > > È > > 9 > > 1 > » 4 59 » 1 » # 95» » 1 » » 11 » » 1 » > 18 2» » { » > 14 » » 1 » » 15 » » 1 > » 62 » » La quale dispos'zione di cose, tradotta in grafica, ci dà una curva a una sola cuspide ed unila'erale, fortemente e rapidamente decrescente in prineipio lentamente degradantes verso la fine. Si hanno da ultimo 5 generi monotipiei (Morisia, Petagnia, Bonnan- nia, Nananthea, Robertia) * * * Studiate cosi sotto i vari aspetti le relazioni ehe corrono tra le specie endemiche e quelle esoendemiche, conviene passare ad altri ar- gomenti, analizzando innanzi tutto le località in cui vivono le forme endemiche. Per questo genere di ricerche ci siamo attenuti alla distin- zione stabilita nella flora dei Sigg. Fiori e Paoletti la quale venne da noi riportata a pag. 172. : La regione sommersa difetta di specie endemiche; la regione me- diterranea ne comprenderebbe 77; nella regione padana sarebbero pre- senti 11 specie endemiche, mentre se ne incontrerebbero 60 nella re- gione submontana e 53 in quella montana; infine la regione snbalpina ne albergherebbe 30, e 39 quella alpina. Taluni endemismi sono comuni a due o ‘più regioni come risulta dal seguente specchietto. Sono diffuse dalla regione 2 alla 3 N. O specie endemiche _ » » » » 9 +4 4 » » sig ‚> » Br e x X. tid. » » 300 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Sono diffuse dalla regione 2 alla 5 N. 0 specie endemiche » » » » 2 > D » 0 » » » » » B 4 ew U g » » » » » E eet LE Eé ee > > > > > 2» n. » » » » 9.39" Ix 0-3 » » » > > à » d'a db. e > > > > > 4 » Fk 2 » » » » » » 4a Boe he > > > > > a $. Wo 4 » > > > > > è u DE s: BOs > > > > > Ed D.» 5 S$ » Inoltre son comuni esclusivamente alle regioni 2 e 4 N. 14 specie. endemiche ed alle regioni 4 e 4' N. 1 specie endemiea. Appare dunque manifesto che le specie endemiche hanno poca ten- denza a diffondersi nelle varie Regioni italiane o in altre parole sono squisitamente accantonate. Merita tuttavia di essere rileva'o che ben 16 specie endemiche sono comuni alle Regioni 4 e 4’ il che indica che le regioni montane e submontane presentano condizioni edafiche e climatiche similari, per cui la diffusione degli endemismi non viene ivi ostacolata. Lo stesso può dirsi per le regioni alpine e subalpine 5 e D. Per quanto concerne le classi cui appariengono le specie ende- miche comuni a due o più territorî troviamo quanto segue: 6 specie sono Monocotiledoni 2b > > Dialipetale 39: > > Gamopetale Ora, considerando che: le Monocotiledoni contano 764 specie, di cui 12 endemiche le Dialipetale “x ADEM + & + BO » le Gamopetale » 1465 > » > 114 3 ‚si verifica che la metà esatta delle specie endemiche fra le Monocoti- UT ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 801 ledoni, !/, delle dialipetale ed !/, circa delle Gamopetale occupano più di una regione. Risulta da ultimo che: 53 specie endemiche sono proprie della regione mediterranea (2) 1 > endemica è propri » » padana (1) 12 > endemiche sono proprie > > submontana (4) 15 » » » » » » montana (4’) 6 > endemica è propria » » subalpina (5) 17 > endemiche sono proprie > » alpina (57) Per chiarire meglio i rapporti di distribuzione oecorre studiare il fenomeno tenendo per base la pereentuile delle specie sparse nelle va- rie località; ciò non di meno, stando unicamente ai dati assoluti, si può già affermare che la zona padana è povera di endemismi, che quella marina ne è addirittura sfornita (forse per la facile diffusione delle piante acquatiche) mentre la regione mediterranea alpina e quella sub- alpina ne sono ricche. Molto iscruttivi in proposito sono i rapporti percentuali fra le spe- cie endemiche accantonate in una sola regione e quelle diffuse a due o più, come si risulta dal seguente specchietto : Regione 2 (Mediterranea) [77 sp. endem. : 53 sp. endem. accant. = 1000 : 688 accant. » "EE WEN » » 3 (Padana) II » » —1000: go » » 4 (Submontana) [60 > » SI CN » » =1000: 200 » » 4’ (Montana) 58 > » I$ » » 3 8 7000 47258 5: » » 5 (Subalpina) 30 » » aes > » o> == 1000 = 200. 5» » 5’ (Alpina) 39 » » rig. 5 » » ' =1000: 436 » Emerge infatti che le specie endemiche accantonate rispetto a quelle diffuse a due o più territorî sono più numerose nella regione mediterranea. Poi seguono in ordine decrescente Falta regione alpina, la regione montana, la regione submontana, la regione subalpina, la regione padana. Quest'ultima perciò sarebbe poverissima di endemismi accantonati. Un risultato di un certo valore scientifico si ottiene quando si stabilisce la percentuale fra le specie endemiche e quelle esodemiche delle singole regioni. 802 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO A tal uopo abbiamo ricavato i dati, oltrechè dalla Flora del Fiori e Paoletti, anche da quella Ieonografiea degli stessi Autori, e qui facciamo notare, a scanso d'equivoci ehe abbiamo dovuto leggermente modifieare le cifre fondamentali del calcolo, poichè nella Flora Iconografica, oltre che non sono compresi tuttii Hieracium e qualche altro genere, non è sempre indicato l'habitat delle specie. Le piccole variazioni numeriche che per tale fatto sono derivate non alterano per altro i risultati, traitandosi di un errore trascurabile inerente all’omissione di poche specie. Colla scorta dei documenti soprariferiti troviamo innanzi tutto: Specie della Zona I (Marittima sommersa) N. 6 di cui 0 non comuni ad altre zone » » » 2(Mediterranea) 5» .2418.9»- Wr) 850.0» » > > > > > » 3 (Padana) » 1536 » » af» » EST. » » » » 4(Submontana) ) 1215; 9: 42 120- 3 » 2:8 » » 2 » 4 (Montana) » 1498 » » 116 » » » » » > > » $ (Subalpina) » Hp» os 12 9 » 3 3 » » » » 5’ (Alpina) > 729 » di 224 » » » » » Ora, ricavando i rapporti percentuali fra i varî termini valendoci dei dati di questa e della precedente tabella (p. 301) si hanno per ogni singola zona i seguenti dati. Zona marittima sommersa (1) E stata trascurata per mancanza del secondo dato. Zona mediterranea (2) 2418 sp. esodem. : 77 sp. endem. = 1000 : 31 2418 » » 7.59 > » 21000 = 21 850 > > accanton. però (in Italia) nella zona : 53 sp. endem. accantonate = 1000 : 62 Zona padana (3) 1536 sp. esodem. : 11 sp. endem. = 1000 : 7 1536 > ‘ » tT > aceant. alla sola zona = 1000 : 0,6 Rt b > ma accant. (in Italia) alla sola zona : 1 sp. end. pure accant. alla zona = 1000 : 37 Zona submontana (4) 2183 sp. esodem. : 60 sp. endem. — 1000 : 27 4 4 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 303 2183 sp. esodem. : 12 sp. endem. ed accant. alla sola zona—1000 : 5 120 > > ma accant, (in Italia) alla sola zona : 12 sp. endem. pure accant. alla zona = 1000 ; 100 Zona montana (£) 1498 sp. esodem: : 58 sp. endem. = 1000 : 38 1408 > > 58D yy > ed aceant. alla so'a zona = 1000 : 10 116 » > ma accant. (in Ital.) alla sola zona : 15 sp. end. ed aecant. alla sola zona — 1000 : 139 Zona Subalpina (Ó) 141 sp. esodem. : 30 sp. endem. — 1000 : 40,3 144 » » EER E > maaccant. nella sola zona = 1000 : 8, 12 > > ma aceanton. (in Ilalia) nella sola zona: 6 sp. end. ma, accanton. nella zona — 1000 : 500 Zona alpina (5) 129 sp. esodem. : 39 sp. endem. — 1000 : 53 129 » » : 17 » » ma aeeant. nella sola zona = 1000 : 23 224 » > ma accant. in Italia ne la sola zona: 17 sp. end. aceant. nella zona = 1000 : 76. La tabella ci indica, innanzi tutto, che in ogni zona la percentuale maggiore ci vien data dal confronto fra le specie esodemiche accant, e quelle endemiche parimenti accantonate (62 per la 2 zóna, 37 per la 3, 100 per la 4, 139 per la 4’, 500 per la 5, 76 per la 5’). Valori diametralmente opposti, come del resto è a priori ammis- s bile, si hanno dal confronto delle specie esodemiche con quelle ende- miche accantonate (21 nella 2: 0,6 nella 3; 5 nella 4; 19 nella 4: 8 nella 5; 23 nella 5). Infine valori intermedî si ottengono dal confronto tra specie eso- demiche e quelle endemiche, a prescindere dal fenomeno dell’accanto- namento, (31 per la 2; 7 per la 3; 27 per la 4; 38 per la 4’; 40,3 per la 5 e 53 per la 5’), x Confrontante poi le singole zone fra loro in merito ai risultati ot- tenuti appare evidente che le zone 5 e 5’, 4 e A sono quelle che danno una massima percentuale di endemismi rispetto alle forme es3- demiche. Non vi ë peró una corrispondenza esatta fra i tre valori tro- vati nelle singole zone, per quanto a grandi tratti si osservi che dove 804 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO aumenta l'uno tendono pure ad aumentare gli altri. La maneanza di correlazione ë dovuta alle condizioni del substrato, ed invero nella zona padana pianeggiante, che non offre quindi difficoltà agli scambî con altre zone, il numero percentuale degli endemismi accantonati deve essere basso necessariamente (0,6 e 37), All'opposto nelle regioni ae- cidentate, dove gli scambi con territori vicini si fanno difficili, la per- centuale degli endemismi accantonati deve elevarsi, come è il caso appunto per le zone 4, 4’, 5 e 5’. Di qui la non costante correlazione fra i tre valori trovati per ogni singola zona. Nella zona 4' abbiamo il massimo percentuale di specie endemiche accantonate rispetto alle specie esodemiche pure accantonate (139); nella zona 5’ la percentuale massima delle specie endemiche accantonate rispetto alle esodemiche non accantonate è 23, mentre poi in questa stessa zona abbiamo pure il massimo di specie endemiche rispetto alle esodemiche. Ha pure richiamato la nostra attenzione lo studio dei rapporti per- centuali che corrono fra le specie esodemiene e quelle endemiche in merito alla loro distribuzione a dne o più zone contemporaneamente. Questo fenomeno va studiato sia in sè stesso, sia in funzione della somma totale delle specie italiane o soltanto di quelle endemiche (SPECIE ITALIANE, ESCLUSI I HIERACIUM), 3932 Specie endemiche comuni a più zone: ° o ° ° o v £ v £ ° £ v = O = v s nr CO ar a ee ee S ss ar ao Rt pan | Ses eal A ERI ee Ba pe "e mea = c "A ex P. PA. ! Len : o" oq" zm o t m n Li oo = o e — ) è P ) vat j è = = = E 5 < 5 d BT "a 5 "ei = Du = = = 53 13 630 160 374 | 90 48 12 100 | ¿57 56 ° ° ë Iv [I5 S C Te e le ib O (LE F es m S o Ë va E da = Da = da an] oe lano gale ig Grete HE sgt ae Mee = Bite | Gand R ` N 4 = ƏN CEN =D N 4 “= ON K VT ON Nr z = > dic š um u ut ot le o t zë gs = Ó q = gc per Ú d = Y < Se od ET] m S e bj la; 9 3 S 3 [nm Di Ay Pa È = 14 72 18 9 22 17 4 262 66 75 19 505 FLORA ITALIANA ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA ££6$ e onadsti ‘5194 $-p a £ QSUOZ DIS ct6t v onadsıı ‘2194 et az 3uoz E TIOE v onadsıı ‘2194 $-F ə £ əuoz aye 0,7 TEGE v onadsıı ‘2194 0.5 ev 9 x< apos II | yc v^ ett v éi əuoz a]]e 2 [lonedsu sgsv rz ct£6t v = S-ə £ o onadsıı 21941 S əuoz ar EK o cí6t v a Əuoz ale © [onedsu aghk © TIOE v S y-£ az e opadsu aagi- S Əuoz oe 57S o TEGE v im auoz ale © lonedsu 194 Stéit v d var a onadsu srg] © Əuoz oe ^ «Sed x TEGE v E əuoz ep ^ Lonedsu ‘5194 Stot v A təf S oyadsıı gj 9S »uoz oe ns $- Sa TEGE v D Əuoz aye © Fondining S Ett v E dat n ouadeu 21241 S əuoz aye St Sp ctót è - »uoz EE N ]lopnedsu sag) ^9 1 171 SPECIE ENDEMICHE ITALIANE (ESCLUSI I HIERACIUM) Y ¿che comuni a più zone - Specie endem GA? Əuoz ale GAR onadsu ‘diag Set 2uoz ae ılı v Gg TS onodsu ‘2194 onadsu ‘5194 > St CH oo auoz alle ouoz ape rires It € e onadsi ‘2194 onadsu ‘5194 v^ br SES e = əuoz ae ouoz ae ılı è ILI £ we onedsu ‘9194 y bez auoz E onadsıı "2194 Ir g onodsu ‘9194 t-z əuoz av 806 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Risulta dal confronto delle due tabelle che le specie endemiche mostrano ben poca tendenza ad espandersi rispetto alle esodem. Quan- do poi si espandono a uno o più territori esse attestano sempre, coi bassi valori percentuali (nelle tabelle sono ovunque riportati a 1000) la scarsa loro tendenza a uscire dagli accantonamenti. Fanno tuttavia eccezione a questa regola le specie endemiche dei territori montagnardi ed alpini nei quali esse danno valori uguali a quelli delle specie eso- demiche (zona 4-5’ con 23) ed anco superiori (zone 4-4’ con 93 per le specie endemiche, 66 per le specie esodemiche; zone 4’-5, con 23 per le specie endemiche, 22 per le esodemiche; zone 4’ 5’ con 49 per le specie esodemiche, 52 per le endemiche, e zone 5-5’ con 46 per le specie endem. 21 per quelle esodem. | Allo stesso risultato si arriva prendendo in considerazione, per ogni zona, le specie che sono comuni anche ad altre, tanto nel caso che si tratti di esodemismi che di endemismi. SPECIE ESODEMICHE ED ENDEMICHE gi : Q - Q O ae nt [e Mie 17 29 a D 2 FE Ma Mor z Ë — = t 28 aic 275 a Z Dub a Os W dm 3 Zone e= dn = om BpÓ 2$ - 359 ze mn Lm EA Sl d ou 3, S v "Mos O Qo uw" m. 3925 05:8 ab Se ~ e o Z, Ay A, pa spec. esodem. 2418 614 spec. endem. 25 146 spec. esodem. 1536 390 Zona 3 6,7 : 1 m endem. IO 58 pee esodem. 2183 555 Zona 4 19:1 m endem. 48 280 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 807 AN E 3 e iss as 29 23 gi = g M. "RE cs 38 EW 2^8 - Zon E s ER » x o g = Z9 PRE e ndo Bos. CEET Se SE, Š 8 Š o SET 285 vu Š SE $5 + m Z, e e x ES esodem. 1498 380 g 3 Zona 4 Lic spec. endem. 43 251 pe esodem. 744 188 Zona 5 10$ 3-2 m endem. 28 179 pe esodem. 729 185 Zona 5° Lau m endem. 22 128 Infatti nella zona padana troviamo le differenze più elevate fra la percentuale di diffusione delle specie endemie"e (le quali danno una cifra bassissima) e la diffusione (pure studiata percentualmente) delle specie esodemicte 6,7 : 1. I valori sono ancora molto disparati nella zona 2 (Mediterranea); tendono invece ad eguagliarsi alloreté si tratta di zone montagnarde ed alpine ed è specialmente nella zona 5 dove i due valori si egua- gliano fra loro nel rapporto (1,05 : 1). La tabella ci dice ancora che nelle regioni pianeggianti o poco accidentate (2, 3, 4, 4") la diffusione delle specie esoendemiche rag- giunge il grado più elevato; l'opposto ha luogo in montagna (zone 5 e 5’) mentre in tesi generale si può affermare che ivi sono gli ende- mismi che tendono a diffondersi e prendono in pari tempo il soprav- vento sugli esodemismi. La diffusione in montagna, sia che si tratti di specie endemiche ce esodemiche ron ha mai luogo su tratti estesi (in senso verticale D 308 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO giacchè difficilmente le specie montagnarde invaidono le pianure dove potrebbero trovar campo ad una larga diffusione. | Il eriterio da noi scelto di stabilire le percentuali in base al nu- mero delle specie, sia endemiche che esodemiche italiane, se ei per- mette di rilevare alcuni fatti intimi relativi alla potenzialita di dif- fusione delle specie endemiche e non, nelle varie regioni d'Italia, non è scevro di inconvenienti poichè essendo variabile il numero di specie nelle varie regioni questo fattore interviene per mascherare leggermente 1 risultati. Reputiamo pertanto non inutile istituire i nuovi calcoli delle percentuali in base al numero delle specie presenti in ogni singola zona. All’uopo riportiamo qui i dati che ci servono di base pel calcolo I Numero delle specie esodemiche ed endemichə a) presenti in un uni o lerri'orio nel ia bao nel nel nel nel ` nel territorio territorio I | territorio 2| territorio 3 | territorio 4 territorio 4’, territorio § ç : 6 ; 850 27 120 116 12 224 : b) presenti in due o più terri ori Wi territori 2, 3 Ü. delle spec. com. 53 | Dei territori 2 e 3 D. delle specie comuni 86 KU» 4304 bus» » 610] »* O ae b» v os» 2994 » » 2,3. 4 € 4 Sen, » » 374 » » 2 € 4 2.» » » 3 ia d E M RESO o », S »*" n PE o E e A I08 ie ee s CS I. o > > 3, 4 D. o. o9. 36 » » 3 64 3 o E, > 3I Dr eh O, S lo Mr cow Jeu acce e 12 vw +3. € š DI did » ». "3'& 5-4 Eo No Tee I » » bi ed 3.5 ds » » 3 4-5 De Did » 6 » » 44 k » 9$. 3253 » » $ € Asd << a CS » 2 » » 4, 4 5 y » p° Z$ > » ge des 5 DD » » 3 » » 4, 4’, s, S. dd» ». 94 » » 2 e 4-4 » » » » IO » » 4.3 kp Ve 5 A > 3€ g£- 5” Noc» » » 3: Go SL ET » »..»-,» I94 Pe x4 ee ere: BO Colla seorta di questi dati otteniamo le seguenti percentuali : 3 Territorio 2 i 850 (specie proprie): 53 (specie comuni a 2-3) == 1000: å » 5619. ( > ». » 2-4) se 100602 241 > — 374 Ç $ » >p 24-4) — 1000: 440 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 809 850 (specie proprie): 48 (specie comuni a 2-5) == 1000: T $6 » ee 9 » 5» 2-5) == 1000: 137 » » E2866 eee » >» » 2.€ 3) = 1000; IQI $1 » t253 (5 €" s 2€4) = 1000: 297 > > MEO » »2€4) == 1000: 3 » » Bo E.» >» » 2€3-4) = 1000: I e > b ats » » 2e 4-4)- 1000: 11 a Territorio 3 27 (specie proprie): 56 (spec. comuni a 3-4) = 1000: 2074 > LH 2 ( » » » 3-4’) == 1000: 2666 3 » B ni » 3-2) — 1000: 1962 3 : š 9( > >»: » Jas) 410001333 i > > UI >». > 3-59).. = 1000: 629 » » 86 ( » » 2» 3°€ 2) = 1000: 3185 » » SEO 3 > »53e€4) = 1000: 1148 » » A > > 2€3-4)= 1000: 37 > » 6( >» » > 3€ 4-5) = 1000: 222 > » 2 ( > > > 3 e 4-4) —. 1000 74 » » m » n»3€4-5’)= 1000: III » > 3 (C > EEE £-S y 1060: 111 Territorio 4 120 (specie proprie): 630 (specie comuni a 2-4) = 1000: 5250 » > Tq m U: $ » a 3-4) = 1000: 466 » » 262 ( » > > 4-4’) = 1000: 2183 » » ep C 3 > .» 4-5) : = 1000: 625 » > 94 ( > > > 4-5) = 1000: 783 » » 253 s s »4€2) = I000: 2108 » » 31 ( » » DIE 4) == 1000 258 » > DP ši »4€4) es 1000; 100 » » I ( » » > 2e 3-4) = 1000 8 » » of s >» > 384-5) = 1000 SO > > 2C P > »3€4-4)= 1000: 16 » » dur S >» > 3€4-5°)= 1000 25 » » s e 9 > 5»26€4-4)-— 1000: 83 Territorio 4° 116 (specie proprie): 374 (specie comuni a 2-4’) == 1000: 3224 » » cvs P d » » 3-4) = 1000: 620 » » t303 $ > > 4-4) = 1000: 2248 » a 5.9 Bg 0» » o» 4-5) = 1000: 775 810 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 116 (specie proprie): 194 (specie comuni a 4’-5’) = 1000: 1672 > MERE. vi aga) = 1000: 034 » » 12 (458 $. > bug Bo) T0060: 101 » » "T » y 3 e 4-4") == 1000 2” > > ID uw » è 2€4-4) = 1000: Së > > ce, > >» 3€ 4'-5)— 1000 26 Territorio 5 I2 (specie proprie) : 48 (specie comuni a 2-5) — 1000: 4000 90» 5-5 355), = tood? 750 » » vie es >» » 4-5) = 1000: 6250 > > > 89 (° s »' » 4'-$) . == 1000: 7416 a > £o 864 » «v p» — 1000: 7166 » » $0063 > »3€4-5 = 1000: 500 Territorio 5’ 224 (specie proprie, : 108 (specie comui a 2-5’) = 1000: 482 > > Pd > W 5.329) "Se 1000 75 » » 94 ( » Sim $4). S1000: 419 > > 194 ( » »' » 49). s 1000: 866 » » 86( » Poo c» $9) - e 1000: 383 » » TCR s D$ 4-5) == 1000 13 » » ij pro. è. 8 Fe gs’ pe 10007 1$ Le cifre riportate dimostrano: 1) che nella regione mediterranea le specie hanno poca tendenza a diffondersi altrove: condizioni similari permettono tutt'al più una diffusione un po’ più accentuata nei territori submontani. Pochissima tendenza hanno le sue specie a diffondersi nel territorio padano o in quelli di alta e media montagna. 2) La regione padana si contraddistingue per la scarsezza di spe- cie accantonate rispetto a quelle diffuse altrove. Gli scambi sono nu- merosi coi territori submontani e colla regione mediterranea. Ora que- sto risultato che a primo aspetto parrebbe in antitesi con quanto ab- biamo rilevato a proposito della flora mediterranea, è unicamente di- pendendente dal fatto che questa ha molte specie che non emigrano dall'area (850), mentre la flora padana ne ha solo 27 accantonate. Si può quindi affermare che la diffusione è più facile dalla zona padana ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 811 verso la mediterranea, anzieché in senso inverso. Bassa é la percentua- le di scambi fra la regione padana e l'alta montagna. 3) La regione sub-montana ha numerosi seambi colla zona medi- terranea; non molti sono invece quelli eolla regione padana, di guisa che si puó ammettere che la regione padana tende piuttosto ad invia- re delle specie alla regione submontana anzichè r'ceverne. Scarsi infine si presentano gli scambi coll’alta montagna. Presso: ché le stesse caratteristiche incontriamo se analizziamo la flora dei territori montani. 4) Nei territori alpini difettano gli scambi con la regione padana, sono invece piü frequenti quelli con l'alta montagna, mentrenon sono neppure scarsi i rapporti colla zona mediterranea. 5) Finalmente, trattandosi di tipi di alta montagna, vediamo gli scambi floristici localizzarsi alla regione subalpina. Con le regioni mon- tana e submontana i rapporti diventano di già assai scarsi e si fanno poi deficienti colla regione padana e con la mediterranea. 6) Caratteristica della flora montagnarda è la circoscrizione dei rapporti, poichè, infatti, difficilmente vediamo questi estendersi a tre o piu territori contemporaneamente, mentre cid ha luogo non di rado nella flora padana, mediterranea e di bassa montagna. Passiamo ora alla analisi della flora endemica, valendoci degli stessi eriteri usati testè per quella delle varie regioni. La flora ende- mica appare così ripartita (vedi pag. 301): Territorio 1: manca Territorio 2: Su 77 specie endemiche 53 sono accantonate nel terri- torio, 24 comuni ad altri. Territorio 3: Su 11 specie endemiche 1 è accantonata, le altre 10 sono comuni ad altri territori. Territorio 4: Abbiamo ivi 60 specie di cui 12 accantonate e 48 co- muni ad altri territori. Territorio 4: Su 58 specie endemiche 15 sono accantonate, 43 diffuse. Territorio 5: Possiede 30 specie endemiche, di cui 6 accontonate. Territorio 5’: 39 specie endemiche, di cui 17 accantonate e 22 diffuse. Le specie presenti in due o più territori, ma endemiche, sono co- sì distribuite: 812 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Comuni ai territori 2-3 N. o Comuni ai territori 3-5” N. 4 » , > 4 a » » 4-4 »16 » » » 2-4 » 7 » » » 4-5 » 3 > > > 2-5 » O » » » 4-5” » 4 > > > 2-5’ > 0 » » » 4'-5 » 0 > > > 3-4 > O > > > 4-5 » 9 > > > 3-4 > o E » » 5-5” » 8 > > > 3-5 > O > > » 2e4 > 14 Comune ai territorii 4 e 4° N. I Questi dati ci permettono di già di stabilire qualche confronto con le tabelle precedenti (pag. 308), dove pure abbiamo riportato le ci- fre di diffusione, ma in termini assoluti, relativamente alla flora del- le varie regioni. In tutte e due tabelle il massimo di specie si riscontra nella zo- na mediterranea. Poi seguono, per la flora eso endemica, i territori 5’, 4, 4’, 3, 5 el, mentre per la flora endemica si ha il seguente ordine decrescente 4, 4’, 5', 5, 3, 1. Per quanto riguarda il numero delle specie comuni a due o più territori troviamo la seguente seriazione decrescente. specie esoendemiche specie endemiche 374 spec. per i territori 2-4| . 16 spec. per i territori 4-4’ 262 > » > 4-4’ 14 > > » 284 253 k q > 2e4 9 sy » 4-5’ 194 > > > 4-3 8 > > > 5-5’ 94 Dop > 4-5° 7 wr» » 2-4” 89 Sai » g- 4 $09 > 4°- 86 3 > 5-5’ 4 MG » 4-5” 75 > > » 4-5 4 » o» » 2-3 48 > > 2-5 3 > > > 4-5 Come si vede dai confronti delle 2 metà della tabella se non si ha un parallelismo assoluto fra i due gruppi, purtuttavia gli spostamenti non sono notevoli, fatta eccezione per i rapporti tra i territori 2-4 che han- no un altissimo numero di speeie comuni fra le specie eso-endemiche, assal basso invece fra le endemiche. Lo stesso, ma in senso inverso può dirsi per i rapporti f a i territori 5-5’. ` | Studiata così, in termini assoluti, la diffusione delle specie ende- miche, analizziamola sotto il punto di vista della percentualità in rap- porto alle specie accantonate per ogni territorio, analogamente a quanto si è fatto per le specie esoendemiche a pag. 308 e seg. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 313 TERRITORIO 2 | 53 spec. end. accant.: 4 (spec. end. comuni a 2-4) = 1000: 75,4 D Br N > » Poe ES » > > 2-4) == 1000: 132,0 TERRITORIO 4| 12 » >» > : 16( > » » 4-4) = 1000: 1333,3 » voli > > dont dica » » > 4-5) = 1000: 250,0 » Y » » dr e E > > > 4-5) == 10GO.: 335. SE RE e + i G > » 4-5) = 1000: 266,6 > KEE » s 4-5) = 1060 ge i 6.2 > $t. BACC x » s $-5) = 1000: 1335. TERRITORIO 2 | 53 » » » 2: ill» a » » 264) =— r000: 264,1 TERRITORIO 4 | 12° » » eee Se ee > » 4€2) = 1000: 1166,6 TERRITORIO 4] 12 » « Vy EPUM lt, » Red) 1000: 83;3 TERRITORIO 4’ | Iy `> > yi ToU Yuq » » 4 e4) — 1000: 66,6 Anche qui troviamo che il territorio mediterraneo mostra poca tes indi a diffondere le sue specie endemiche: all'opposto gli endemi- smi alpini si portano con facilità dai territori 5 al 5’ o viceversa; ed infine sono parimenti facili gli scambi fra i territori 4-4’. Adunque si può dedurre che la diffusione delle specie endemiche presenta qual- la corrente di emigrazione si dirige. Specie esoendemiche TERRITORIO 2 TERRITORIO 3. TERRITORIO 4 š = 3 š E = s S E te 3 ei 5 GE La 8 = = e. < 5 sr Su ^] RI Re] $ „ar 0851 SE ES # 436 ee $-| Re] 25] RT So zt os [o e s Kei pa = x na E co | 850 2418 2844 27 1536 | 56888 120 2183 | 18191 TERRITORIO 4° TERRITORIO 5 TERRITORIO ;? a i Ee éi 9i £g De DERE d Si it e x Da os x EE ES S pug pom eu ee eet t T RE š o = 2& 9 NS di £ <. Š er Sa E o5 dn = o E I" = o E 2^ " bra Ps È gra — È SS ° O ee "euge CE E Ow] te 5 vs (a e Ke D e | 116 1498 12913 12 744 | 62000 224 729 3209 | 314 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Specie endemiche TERRITORIO 2 TERRITORIO 3 TERRITORIO 4 : de PES š SE og de 9 3 š iu La = = E Sea = Sb mi d ice S o = c D o e hem ° > "a : o usi a an oO = F Y D u ta o SE r = [5] DE ua = vs o M = vs en = au E D ` o= = Os si d'a ° d si Do BUPELOCeSSLUP ag a CE uev ES : vs e n : n E e a as x = $3 24 452,8 I IO Ioooo I2 48 4000 3 ` - TERRITORIO 4 TERRITORIO 5 TERRITORIO y vo p Bs vo. DE Q d GH Gr v Da o D) sr o D [5] H . o = B5] ms š BE Sd S AE X 5 B o g = E ° = = Š ° o "3 S. v "d Mi o nai da im 3 = eg E o num LA Ù E £ £4 s O £ 2 = vo rm Ki E ° i a - SE x De d $ohomw LiB e uma Meus © "J I$ 43 2866 6 24 4ooo 17 21 1294 Se non si tien eonto adunque dei territori o zone in cui avviene la diffusione, si rileva quasi un perfetto parallelismo tra la percentuale di diffusione delle specie esoendemiche e quella ehe è propria delle endemiche. Infatti la più alta cifra di diffusione nella tabella degli esodemismi è data dalle specie subalpine (5) che però passa in seconda linea negli endemismi; seguono in ordine decrescente la regione pada- na (3) che si cemporta in modo inverso, la submontana (4), la mon- tana (4^, l'alpina (5) e la mediterranea (2). * * * : Da un altro punto di vista conviene analizzare la questione del- la diffusione delle specie, indagando cioè in quale misura le specie del Nord d'Italia si diffondano al Sud e viceversa, e secondo quali leggi si diffondano le specie insulari. Per questo secondo quesito abbiamo limitato la nostra attenzione alle tre isole maggiori, non potendosi, per ovvie ragioni, tener conto di quelle picecle che vennero perciò incor- porate colle isole e coi territori peninsulari più vicini. Per lo studio della distribuzione delle specie nella Penisola italiana siè ereduto op- portuno dividere la superficie dell’Italia continentale in due parti e-. 815 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA guali, seguendo all'uopo il metodo di Ambronn delle pesate. Perciò sì è tracciato su un foglio di carta il contorno esatto della Penisola (quale si presenta politicamente circoscritta), e di poi, ritagliata la fi- gura lungo la linea di contorno si è tagliata trasversalmente in guisa che le due metà dell’Italia poste su una bilane ia molto sensibile pre- sentassero peso eguale. E’ evidente che, data la costituzione uniforme della carta, ad eguale peso debba corrispondere uguale superficie, pre- supposte le aree piane. Siffatta linea di taglio corrisponde ad una ret- ta che va da Cecina a Forlì. E' vero però che con questo processo non si tien conto dello sviluppo delle montagne che possono rendere, colla loro maggiore o minore al- tezza, le due aree disuguali, ma ciò malgrado i risultati si possono rite- nere come attendibili. Essendo nota la superficie dell’Italia peninsulare due metà sud e nord in cui è stata divisa, ed essendo parimenti note e quindi delle le aree delle isole maggiori italiane, noi abbiamo in mano gli ele- menti fondamentali di questo studio. Stando ai dati raccolti nei trattati di Geografia si hanno per VI- talia peninsulare e per le isole maggiori i seguenti valori: Area dell’ Italia peninsulare Km2 236465 » DI settentrion. > 118232 » » meridionale » 118232 > della Corsica (colle isolette attigue)» 8750, cioè la 27° parte dell’Ital. peninsulare. > » Sardeg.( » » dii 33900) s” + 99 s >» >» » > » Sicilia ( > > > > 25461) » > 9.2 » 3 » Su questi territori le specie sono cosi distribuite: Flora italiana ett. E accant. Specie accant.| ell’It. Set nell'It. Merid. Specie accant.| nella Corsica Specie accant. nella Sardeg. |Specie accant. nella Sicilia Sp. comuni a tutte le reg. 640 300 33 1190 endemiche endemiche endemiche endemiche endemiche endemiche 56 15 25 y o rela an HEY h | 816 PROFF. LUIGI BUSCALIONI É GIUSEPPE MUSCATELLO Stando ai dati esposti, la metà settentrionale della penisola ita- liana albergherebbe, in termini assoluti, più specie accantonato della meridionale, sia che si tratti di specie endemiche o esoendemiche. Probabilmente la maggior riechezza va ricercata nella maggiore estensione ed altezza dei massicci montagnardi. Però in compenso lI- talia meridionale è, in termini relativi, più ricca di endemismi aven- do 31 sp. endemiche su 300, mentre l’Italia settentrionale ne conta 56 su 640 (dovrebbe averne 72). Per quanto concerne le tre isole troviamo pure dei dati abbastan- za curiosi. La Corsica, rappresentando la 27° parte dell’Italia peninsu- lare dovrebbe avere un numero 14 volte minore di specie dell’Italia settentrionale o meridionale, cioè da 21 a 45 specie accantonate, ed un numero assai minore di specie endemiche, mentre invece è gran- dissima la proporzione di queste ultime che raggiunge quasi la metà del numero delle specie accantonate. Passiamo alla Sardegna. Raggiungendo per area la decima parte cir- ca dell'Italia peninsul. e quindi !/; dell’Italia settentr. dovrebbe avere in proprio da 60 a 128 specie accantonate, mentre ne ha solo 33, vale a dire quanto la Corsica di molto più piccola; al contrario ha un nu- mero relativamente elevato di endemismi (15 invece di 11) La Sicilia che rappresenta circa la 9° parte dell’Italia peninsulare, ma però è quasi unita a questa, è un pò più povera dell’Italia setten- trionale in fatto di specie proprie (120 invece di 142), ma più ricca dell’Italia meridionale (120 invece di 66,6), mentre poi in fatto di endemismi, supera il numero di quelli della Sardegna, ed è in pro- porzione evidentemente più ricca di quest'isola, mentre non lo è della Corsica. E' invece notevolmente più ricca dell'Italia settentrionale in specie endemiche. I rapporti fra le specie accantonate e le endemiche appariranno più chiari quando si fa rilevare che il rapporto fra le une e le altre è: per l'Italia settentrionale 11,4:1 » » meridionale 96:1 » la Corsica IB: » » Sardegna 22:1 » > Sicilia D2: 4 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 817 Ben ponderati i fatti si rileva che nelle isole le specie esodemi- che ma accantonate, sono per lo più meno numerose rispetto a quan- to ha luogo nelle aree continentali o peninsulari, mentre ha luogo l'opposto per le forme endemiche. Sotto questo punto di vista la Cor- sica tiene il primato, poi viene la Sicilia e infine la Sardegna. Analizziamo ora le ieggi che regolano la distribuzione delle spe- cie comuni a più territori, cominciando da quelle che si riscontrano nell’Italia settentrionale. Specie esoendemiche Comuni all’ Italia | Comuni alla Corsica} Comuni alla Sard. |Comuni alla Sicilia settentr. e meridion.| e all’Italia settentr. | e all’Italia settentr. | e all’Italia settentr. 549 42 14 23 La combinazione della 2. casella, rappresentando la Corsica per grandezza la 14° parte eirca dell’Italia settentr., dovrebbe al più avere 40 specie comuni; la Sardegna costituendo la Dé parte della semipenisola italiana 110; la Sieilia ‘infine, rappresentando la 4,5° parte della semi- penisola, 12 2 specie comuni all’ Italia settentrionale. Risulta um che se l'Italia settentrionale, per ragioni ovvie di continuità, ha m specie eomuni eolla meridionale, attenua i rapporti floristiei colla i- sole, ma non sempre in proporzione (tenuto conto della superficie) alla loro lontananza dal nord della penisola italiana. Infatti i rapporti so- no bassissimi eolla REN: un po’ piü intimi colla Sieilia ed abba- stanza accentuati colla Cors La quasi continuitä della Sicilia con l'Italia meridionale /quest'ui- tima ha 549 ec comuni colia metà settentrionale e forma da ponte per gli seambi) spiega la maggior riechezza di specie comuni della Sieilia eoll'Italia sett. di fronte alla Sardegna con la stessa Molto istruttivo ë il eonfronto eon quanto avviene nelle specie endemiche. Specie endemiche Comuni all’Ital. sett.|Comuni all’ital. sett.| Comuni all'Ital. sett.| Comuni all’Ital. sett. e meridionale ed alla Corsica ed alla Sardegna ed alla Sicilia 818 PROFF. LUIGI BUSCALIONI M GIUSEPPE MUSCATELLO Per quanto le cifre siano molto esigue pur tuttavia ci indicano che la Sardegna e la Corsica, malgrado l’esiguità territoriale, hanno, rispetto all'Italia merid. in rapporto con la settentr. un grande numero di specie endemiche comuni coll’Italia settentr. Il fatto appare abba- stanza singolare se si considera che il numero delle specie non endemi- che comuni all’Italia settentr. e merid. è molto elevato, ciò che dovrebbe a priori implicare anche un grande numero di endemismi comuni. Si noti poi che la Sardegna ha solo 14 specie esoendemiche comuni col- l’Italia settentrionale (vedi tabella a pag prec.). La Sicilia presenta an- cor meno endemismi comuni col nord. di Italia. Conoseiuti i rapporti tra l'Italia settentrionale e le altre parti del nostro paese e con la Corsiea dobbiamo ora analizzare i rapporti floristici dell'Italia meridionale. Specie esoendemiche Comuni all’Ital. mer.| Comnni all’Ital. mer.| Comuni all’Ital. mer. | Comuni all’Ital. mer. e alla Corsica e alla Sardegna ed alla Sicilia je alla settentrionale] 60 27 230 549 Prendendo come termine di confronto le 549 specie comuni alle due metà della penisola, troviamo che la Corsica (1/,, circa dell’Italia meridionale) dovrebbe avere soltanto 40 specie comuni (invece di 60), il che indica che i rapporti dell'isola sono maggiori con l'Italia me- ridionale anzichè colla settentrionale (1). Il fatto risulta anche dal confronto delle cifre che indicano i rapporti coll’Italia settentrionale a riguardo dei quali si è visto che la Corsica ha solo 42 specie comuni. La Sardegna (‘/,,; dell’Italia meridionale) dovrebbe avere 110 spe- (1) Questa conclusione trova in parte la spiegazione nel fatto che la Liguria e la regione marittima della Toscana, che nella divisione della penisola da noi fatta appar- tengono alla metà settentrionale, costituiscono ciò non ostante un dominio floristico af- fine a quello dell’Italia meridionale contando esse moltissimi rappresentanti della flora mediterranea abbondanti nella metà sud dell’Italia, ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 819 cie comuni, ne ha invece molto meno, tanto da stare al disotto della Corsica e ciò pel suo maggiore allontanamento dal eontinente e pel più accentuato isolamento. Ha però più evidenti rapporti che coll’ Italia nordica. Molto intimi sono i rapporti floristiei della Sicilia con l’Italia me- ridionale, poichè, mentre, stando al calcolo le spetterebbero circa 122 specie in comune, ne ha invece 230. I rapporti quindi sono assai più intimi fra l’Italia meridionale e la Sicilia che fra la prima e l'Italia settentrionale e ciò malgrado lo stato d’insularità della Sicilia. Per quanto concerne le specie endemiche otteniamo i seguenti rapporti: Specie endemiche Comuni all’ It. mer.| Comuni all’ It. mer.| Comuni all’ It. mer.|Comuni all’ It. mer. e settentrionale e Corsica e Sardegna e Sicilia 4 2 o I4 Qui spieca subito la povertà di rapporti floristiei eolla Sardegna e la ricchezza degli stessi con la Sicilia. Inoltre appare pure evidente che la Corsica, malgrado la poca estensione del suo territorio, ha un numero comune di specie endemiche discretamente elevato in confronto dell'Italia settentrionale molto più vasta. L'Italia settentrionale 4,6 vol- te più vasta della Sicilia dovrebbe avere 64specie endemiche comuni, la Corsiea 5. Per meglio far risaltate le affinità floristiehe tra le varie regioni studiate riporteremo qui, in base ai dati offerti da le varie tabelle, i rap- porti numerici tra le specie escendemiche ed endemiche comuni ai varii paesi. Specie comuni all’Italia settentr. e meridion. : esoend. 549, end. 4. Rapp. 137 : I » » » » e Corsica » 43,» 2 » Zt ik » » » » e Sardegna : E 16 » I » 14: | » > » » e Sicilia - » 23,» Li > 2341 » » » meridion. e Corsica : » 60, » ar » 30 : I Ke » > > e Sardegna : » 27, (a oO, > w csi > > > » e Sicilia ; ` A A » HM. » 6. I 820 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Molto interessanti sono i rapporti trovati, e degli stessi è possi- bile dare una chiara spiegazione. Considerando il maggiore isolamento della Sardegna e gli altri fattori sopra esposti, facciamo rilevare che trattandosi di aree contigue e continue si fanno numerose le affinità floristiche per quanto riguarda le specie non endemiche, probabilmente a causa della loro enorme prevalenza. L'opposto pare che avesse luogo nei rapporti fra aree disgiunte. Non sappiamo per altro se il fenomeno sia l’espressione anche di qualche causa recondita. Se ora passiamo allo studio dei rapporti floristici fra le isole tro- viamo i seguenti dati. Specie esoendemiche Comuni alla Cors. e Sard.|Comuni alla Cors. e Sicilia] Alla Sardegna e Sicilia 38 5 2I Qui i rapporti floristiei sono evidentemente subordinati alla in- fluenza della contiguità e questa disposizione di cose appare ancor più manifesta se si studia la diffusione delle forme endemiche. Infatti ab- biamo: Specie endemiche Comuni alla Cors. e Sard.|Comuni alla Cors. e Sicilia} Comuni alla Sard. e Sic. 25 o 2 Dalle quali cifre otteniamo i seguenti rapporti di diffusione tra specie esoendemiche ed endemiche : Per la Corsica e la Sardegna : Rapporto 1,5: 1 Per la Corsica e la Sicilia ti Per la Sardegna e Sicilia - > iot: i Meglio che nella precedente lista spieca in generale l'enorme pro- porzione di endemismi comuni rispetto alle forme pure comuni esoen- demiche. i bigs ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 821 In questo studio ci siamo attenuti unieamente a prendere in con- siderazione le specie che occupano due territorii. Ora è noto che non pochi tipi sono comuni a tre, quattro ed anche cinque territori i quali meritano pure di fissare la nostra attenzione, per quanto le leggi di diffusione si mostrino qui alquanto più complesse ed oscure. Daremo qui pertanto le cifre relative alle specie comuni a parec- chi territori ad un tempo. Specie esoendemiche comuni AlPItalia es AllTtalia settentrionale, All’Italia settentrionale, meridionale e Cors meridionale e Sardegna meridionale e Sicilia 70 25 96 AlP Italia settentr. Corsica | Al'I talia settentr. Sardegna e Sardegna e Sicilia 14 2 Sommando le aree chilometriche delle tre regioni combinate si hanno i seguenti valori: Italia peninsulare piü Sicilia — Km? 261926 » » » Sardegna = » 260264 > > » Corsica ce 245215 > settentr.tSardegna+Sicilia = » 167492 > +Corsica+Sardegna = >» 152443 Se l'ampiezza delle aree fosse l'unico fattore che regola gli seambi floristici si dovrebbe trovare che questi sono più numerosi nei territori associati più ampi. Intervenendo invece, come é noto, altri fattori nel processo della distribuzione delle forme, si constata invece che la legge è valida unicamente, per la combinazione: Italia peninsulare+Sicilia, la quale essendo più ampia di tutte le altre combinazioni a tre ter- ritori, ha pure il massimo degli scambi. Invece i rapporti appaiono 822 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO invertiti allorehë si eonfrontano fra loro le eombinazioni Italia penin- sulare+Sardegna e Italia peninsulare+ Corsica, poiché quest’ultima, benchè rappresentata da una area inferiore ha maggior numero di spe- cie comuni. Lo stesso dicasi per le combinazioni Italia settentrionale+- Sardegna+-Sicilia da un lato e Italia SEA rt gna dall’altro. I risultati richiedono qualche delucidazione. La diffusione è facile attraverso l’Italia peninsulare e la Sicilia e perciò in questa combina. zione m il massimo di specie comuni. L'aggruppamento Italia | le+Sardegna comprende un territorio non solo isolato (Sardegna) ma Sarees lontano dalla rimanente area: per- cid noi vediamo che questo aggruppamento, malgrado rappresenti u- n'area superiore alla Corsiea-tItalia peninsulare, pure presenta un mi- nor numero di specie comuni. Costituito da territorii quanto mai disgiunti l'uno dall'altro, l'ag- gruppamento Italia settentrionale+Sardegna+-Sicilia, benchè come area superi l’aggruppamento Italia OE R tiene l'ultimo posto per numero di specie comuni. Dai fatti esposti appare evidente l'influenza della vieinanza come elemento di diffusione, ed infatti in quasi tutti gli aggruppamenti in eui entrano in campo le isole, quelli che comprendono la Sicilia e la Corsiea si mostrano piü favoriti rispetto agli altri che comprendono la lontana Sardegna. Non abbiamo trovato dati sufficienti per stabilire i rapporti di affinità nella seguente combinazione: Italia settentrionale+Corsica+Sicilia. Non crediamo di dovere insistere ülteriormente sui rapporti floristici dell'Italia settentr. eon questi altri due territori, maneando le surriferite combina- zioni territoriali di specie endemiche e quindi del necessario termine di confronto. Per quanto concerne le combinazioni in eui uno degli elementi è dato dall'Italia meridionale si hanno i seguenti dati: ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA Specie comuni Alla Corsica, Sarde- i -se | Alla Sardegna,» Sici- gna e Italia meri- de Piers Dina lia e Italia meri- dionale ia det e a ` specie esoendemiche 48 61 83 specie endemiche 7 o 3 Aree territ. in Km.2 152443 142443 167492 ` Poca ë la differenza di grandezza delle aree, viceversa grande ë l'isolamento di aleuni territori in ogni aggruppamento. Perciò vediamo che ë molto basso il numero di specie comuni nella combinazione Cor- sica+Sardegna+Italia meridionale; elevato invece, per ragioni opposte di maggior contiguità in quello: Italia meridionale+Sicilia +Sardegna. Da ultimo si sono raccolti i dati riflettenti le seguenti combina- zioni : Specie (esoende;n. ed end.) comuni ee = s eos ud dud ESI oU 55 Pme 9t ú oo = nt b: nn as od Bo E = E = v v "v os e 9 bp e x Ki ER = e E ce © BE) exc) s US bus ga e Q bp fk Ur ne tom «om O + vy Sa add, 7 34 | + "Ü OO "9 Qr D -.—1 sue keng ome c mem = .— .= ba A um ke KC AIR a M zu N = 09 = 5% «uo X E a “ko | <Éu <Ü o 1697400 > Da Italia meridionale 394100 » 3477411 > | Corsica 397724 > 416666 > Sardegna 721181 > 1586600 > 826 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Dai quali rapporti spieea ancor di piü l'influenza favorevole che spiega la condizione di insularità nella produzione di endemismi e vi- ceversa la condizione di continentalità nella furmazione di forme faci- li a diffondersi (esoendemiche). | Se ora passiamo allo studio delle specie diffuse a due territori abbiamo i seguenti dati: Specie escendemiche con. uni LV zu LU en G Doe Aon av Za SÉ Eu N m p E d 8 i] = e sE 5 s $E gg e SG $0 Gia = N = ° DÉI = = s Gë = = 322 PES LESS w 9 EET = = s = = z man == S == = 38 = B oT cu = s S pi eS "MEMBR ER CHER NL. N. delle specie comuni 549 42 14 23 60 Area in Kmg 236465 126982 142031 143693 126982 N. d sp. com. per 1000 K.m2 2:3 0,33 0,09I 0,15 0,47 è v mr v v s = os E o da 2 > = E = oc ° XE SÉ LE. = as S bb Sa wis 20° ee GS Se KAS Sea | 5 È 3 T^ eg DI z EE Sa =F e < = Aë < < N. delle specie comuni 27 230 38 5 21 Area in Km2 142031 143€ 3254 4211 49260 2 N. d. sp com. per 1000 Km.2 0,119 1,6 I,I o, 14 0,42 Specie endemiche comuni all’ Italia settentrionale e meridionale 4 per 1000 Eine: 0,016 » > > » Corsica 9 » » » 0,015 > > > > Sardegna du» > > 0,007 > > > > Sieilia Lo» > » 0,008 » > meridionale > Corsica E £.- s » 0.015 » » » > Sardegna 0 > » >. ie » » » > Sicilia J s > » 0,091 alla Corsiea e Sardegna Shs. » Ot > > > Sicilia Os > > —— > Sardegna e Sicilia 2>» » 04 Ec EE ees ENDEMISMI ED ESODEMISMI NBLLA FLORA ITALIANA 327 Trattandosi pertanto di specie comuni esoendemiche il massimo di queste (per 1000 Km?) si osserva nella conibinazione Italia setten- trionale e meridionale (2,3). Seguono in ordine deerescente le seguenti combinazioni: Italia meridionale e Sieilia Corsiea e Sardegna Italia meridionale e Corsica Sardegna e Sicilia Italia settentrionale e Corsica Italia settentrionale e Sicilia Corsica e Sicilia Italin meridionale e Sardegna Italia settentrionale e Sardegna. Territori contigui tendono adunque ad (1,6) (1,10) (0,47) (0,42) (0,33) (0,5) (0,14) (0,119) (0,091) aumentare il numero delle specie comuni triviali ( esodemiche ) per ogni Km?; territori separati tendono a un risultato opposto. L'influenza lamento appare qui assai manifesta. Trattandosi di speeie endemiche si ha combinazioni sempre meno rieche di specie Corsica e Sardegna Sardegna e Sieilia Italia meridionale e Sieilia Italia settentrionale e meridionale Italia meridionale e Corsica Italia settentrionale e Corsica Italia settentrionale e Sieilia Italia settentrionale e Sardegna del mare come fattore d'iso- la seguente seriazione di comuni (per 1000 Km?) (0,7) (0,4) (0 09) (0,016) (0.015) (0,015) (0,008) (0,007) Mancano i dati per le seguenti combinazioni: Italia meridionale e Sardegna Corsica e Sicilia. Come per le specie esoendemiche , l'aumento delle specie comuni non è sempre inerente a vastità territoriale. Infatti Corsica e Sardegna, 828 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO assai più piccole delle due metà dell’Italia peninsulare, hanno un nu- mero assai maggiore di specie endemiche comuni. L'influenza della contiguità territoriale è anche qui manifesta, ma, a differenza di quanto ha luogo per le specie triviali, la condizione di insularità agisce come fattore atto a favorire l’incremento del numero delle specie endemiche comuni. Così si hanno 0,7 endemismi comuni tra Sardegna e Corsica (cioè il massimo) pur non essendo i territori congiunti, mentre fra le due metà della penisola si arriva appena a 0,0016. Quando tuttavia il distacco fra due territori è eccessivo, siano es- sì insulari che continentali, allora si abbassa il numero delle specie endemiche comuni (Ital. settentrion. e Sardegna ece.), come avviene per gli esodemismi. Le condizioni elimatiche esercitano pure la loro influenza e quin- di si spiega come gli enlemismi comuni siano molti fra l’Italia me- ridionale e la Sicilia (il che in certa misura vale anche per la diffu- sione delle specie esoendemiche). Le leggi che si son poste in evidenza non vauno considerate come assolute, non mancando le eccezioni che trovano però la loro ragione di essere in condizioni speciali facilmente rilevabili, Osserviamo intanto che se si considerano le due serie di risu.tati riportati nella pagina precedente si osserva che pel caso degli esode- mismi i primi posti sono occupati da territori continentali, mentre nel caso degli endemismi i primi posti sono occupati dai territori in- sulari, per cui avvengono degli spostamenti notevoli nell’ ordine pro- gressivo, Così la combinazione dei territorî Italia settentr.-meridion. dal primo posto, negli esodemismi, passa al 4°; la combinazione Italia meridion.-Sicilia dal 2° passa al 3° posto; la combinazione Corsica-Sar- degna dal 3° al primo; la combinazione Italia merid. - Corsica dal 4° al 5°; quella della Sardegna - Sicilia dal 5° al 2°; tre altre non mutano di posto e sono le tre combinazioni dell’Italia settentr. colle tre isole. i Passiamo ora allo studio delle flore comuni a tre o quattro terri- tori associati. 8 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA u os jes E ) Ë = a | BS ¿SS l £2 | 888 E no nue. aE ner Territori S 2S4 |228| 29 | 283 otc GEX C AA m... CI ek 174 1,70% < sg EDER SR Z ° Bs Ital settentr. merid. e Corsica 245214 70 0,28 o o Ital. settentr. merid e Sardegna 260263 25 0 096 o o Ital. settentr. merid. e Sicilia 61925 96 0,3 o o ltal settentr. Corsica e Sardegna 150781 14 0.092 o o Hal. soa Sardegna e Sicilia 167492 2 0,01 o o Ital. meri . Corsica e Sardegna| 150781 48 0,31 7 0,046 Ital. bodie Corsica e Sicilia 152445 61 o, o t Sardegna e Sicilia 167492 83 0,49 3 0,017 Corsica, Sardegna e Sicili 58010 7 0,12 I 0,017 I r. Corsica e Sardegna| 269013 43 0,15 4 0,007 Ital. sett. mer. Corsica e Sicilia 270675 4o 0,14 o o Ital ch mer. Sardeg. e Sicilia 285724 42 0,14 o o Ital. sett. Cors. Sardeg e Sicilia 176242 IO 0.005 o o Ital. merid. Cors. Sard. e Sicilia 176242 230 L4 o o Con la seorta di questi dati e di quelli relativi alle combinazioni di due territori possiamo affermare che l'ingrandimento delle aree co- muni porta come conseguenza, in generale, ad una diminuzione nel numero delle specie comuni sia in termini assoluti che rispetto a 1000 Km’. Infatti, per citare un solo esempio, mentre la combinazione Ita- lia settentrionale e Meridionale con una superficie di 236465 Km? ha 549 specie comuni, la stessa combinazione cui siasi però aggiunta la Corsica con 245214 Km" ne presenta soltanto in più 70. Se poi a que- sti territorî associamo la Sardegna, con un’area complessiva di 269013 Km? si hanno solo in più 43 specie comuni. Lo stesso principio appare manifesto se si fa il computo in base a 1000 Km? di superficie, poichè la prima combinazione presenta 2,3 specie comuni, la seconda 0,28 e la terza 0,15. Vi sono tuttavia alcune rare eccezioni alla regola. Così, ad esem- pio, la combinazione Italia meridionale - Corsica - Sardegna - Sicilia con 176242 Km? di superficie presenta 1,3 specie comuni per 1000 Km? (pari a 230 specie comuni); la qual proporzione non è raggiunta con nessuna delle combinazioni di tre territori. È però superata dalle combinazioni a due territorî (Italia meridionale e Sicilia) che con sali 143693 Km? offre 1,6 specie comuni per 1000 Km?, pari a 230 specie comuni. Quì rientriamo di nuovo nel normale. 880 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLÓ Del resto anche nelle combinazioni di due territori troviamo ana- loghe anomalie. L'Italia settentrionale e Sardegna (142631 Km?) han- no 14 specie comuni, il che significa 0,091 specie comuni per 1000 Km?, il qual rapporto si ritrova all'ineirea nelle seguenti combinazioni a tre territori: Italia settentrionale - Corsica - Sardegna (150781 Km?) Italia meridionale - settentrionale - Sardegna (260263 Km?). Da ciò si può dedurre che le combinazioni in cui entrano terri- tori insulari tendono a diminuire il numero delle specie comuni e per- ciò diventano eguali a territori prevalentemente continentali, ma più ampi. Non vogliamo estendere ulteriormente l’analisi dei casi anomali per concludere che trattandosi di specie comuni la diminuizione nel loro numero, sia in termini assoluti sia in proporzione a 1000 Km?, dipen- de in prima linea dalle condizioni di insularità dei territori presi in esame. Le aree della Sardegna e della Corsica incorporate con altri territori provocano sempre una depressione nella cifra delle specie co- muni. Un'altra eausa atta ad ostacolare la diffusione, oltre alla presen- za di fiumi, monti, mari ece, la abbiamo nello allungamento della nostra penisola da Nord a Sud, che determina condizioni climatiche ed edafiche disparatissime. Sotto questo punto di vista sarebbe oltre- modo interessante paragonare i dati che ci offre l’Italia con quelli che si potrebbero ricavare dallo studio di Nazioni i cui territori siano di- sposti quasi attorno ad un centro, anzichè lungo una linea assile, e perciò quanto mai interessante riescirebbe lo studio comparativo colla Francia o colla Penisola Iberica. Più chiari ancora appaiono i risultati se rivolgiamo l'attenzione alla distribuzione delle specie endemiche. Nelle aree comprendenti due territori troviamo solo due combinazioni prive di specie endemiche co- muni. Nelle altre il numero di queste è variabile, ma talora anche molto elevato benchè si tratti di territori accoppiati poco ampi. Così ad esempio la Corsica e la Sardegna con 32549 Km? hanno 25 specie endemiche comuni, vale a dire 0,7 specie endemiche comuni per 1000 Km?. ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 851 Passando invece ad aree risultanti dall'assoeiazione ditre territori vediamo elevarsi a 6 il numero delle stesse prive di endemismi co- muni; delle tre che ne presentano, l'una ha 7 specie su 160781 Km? (0,046 su 1000 Km?), l'altra ha 3 specie su 167492 Km? (0,017 specie per 1000 Km?) un'altra 1'su 58010 Km’, il che dà 0,017 specie per 1000 Km?. Trattandosi di combinazioni a 4 territori una sola presenta delie specie endemiche comuni con una bassissima percentuale per Km? (0,007). Si noti che il numero delle specie comuni arriva appena a 2 ed il territorio é relativamente esteso cioè 269013 Km?. La condizione di insularità in queste combinazioni complesse è più ehe mai di ostacolo alla diffusione delle specie endemiche. Ma non meno evidente è l’azione della forma allungata della penisola italiana, E qui giova notare che i gradi di longitudine e di lalitudine spiegano quasi una azione antitetica fra loro nel senso che mentre sono pochi i rapporti floristici fra il sud ed il nord cioè nel senso dei meridioni, essi sono invece più intimi nella direzione dei paralleli come l’attesta il non esiguo numero di specie comuni fra l’Italia meridionale da un lato, la Sardegna o la Corsica dall’altro. Se si considera da ultimo che si hanno 1190 specie comuui a tutti e quanti i territori (insulari e peninsulari) dell'Italia (294475 Km? di superficie) si ottiene per 1000 Km? una proporzione di 4 specie co- muni, Come si vede è una cifra piuttosto elevata, poichè supera il rap- porto 2,3 corrispondente alle specie comuni alle due metà dell’ Italia peninsulare. Parrebbe quindi che la legge altrove enunciata, la quale vorrebbe che con l’ingrandimento delle aree diminuisca il numero delle specie comuni, sia erronea. Si tratta per altro di una contraddizione unicamente apparente, poichè presupposta la flora italiana ricca di 4100 specie noi ricaviamo i seguenti dati: N. 1190 specie sono comuni a 5 territori, il che di; come sopra & sta- to detto, 4 specie per 1000 Km?. N. 2910. specie sono accantonate a un territorio, o comuni a due o più territori, il che dà un valore variabile da 10 a 16 specie per 1000 Km?, a seconda delle aree e dei territori ehe prendiamo in esame, 832 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO La legge quindi che ci segnala la diminuzione delle specie ed in partico'ar modo di quelle endemiche, con l'aumento delle aree, è an- cora qui a grandi tratti rispettata. Non vi ha dubbio peraltro che il fenomeno dell'elevato numero delle specie comuni a tutta l'Italia, in- sulare e peninsulare, superiore di molto a quello delle specie comuni a quattro territori, rappresenti una condizione di cose quanto mai sin- golare. Se si considera peraltro che trattasi in gran parte di specie a grande diffusione, talune addirittura cosmopolite, l' anomalia non ap- pare più così stridente. Per potersi tuttavia constatare la diminuzione di siffatte specie proporzionatamente all'ampliamento delle aree occor- re soltanto prendere in considerazione territori più ampi dell’ Italia, come ad esempio due o più nazioni europee od anche tutta |’ Europa. La flora di una regione è costituita da specie appartenenti a dif- ferenti classi le quali possono essere più o meno rappresentate. Non è del tutto quindi privo di interesse studiare la distribuzione delle spe- cie in Italia in base alia Classe cui queste appartengono e tenendo separati gli endemismi dalle altre forme. Come al solito, perchè lo studio possa essere comparativo si sono ridotti i valori trovati a 1000 (unità di misura). ; ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 388 Distribuzione delle specie esoendemiche ed endemiche nei vari territori Pteridofite | Gimnosp. | Monocotili| Monoclam. | Dialipetale| Gamopet. Territori esoend Jend|esoend |end|esoend | end|esoend |end|esoend | end|esoend {end I 17 I 4 |—-| 115 Ll «at. |——].363 56.172320. |.38 II 2 - — | 53 2 8 |— 79 1211158 21727 III — — 3 2| — |-—| 12 8 7 2 IV = -— — — 3 I I -— 9 3 20 IO V us — I — 18 o $ 2 37 IO 59 II I-II 16 | 3 {—-| Bo 17 |— | 240 2| 193 2 I-III — |—| — |—| r | 2 |—]| 17 |— 9 2 I-IV — |—| — | — 3 — I |— 5 | 4 I -V 2 |=} — 5 I 2 | 7 | — 6 |— II-III 2 |—| — |— I| 16 |— 4 |—| 16 |—]| 22 |-- II-IV 2 |—| — |— 7 || — 4 |—]| 14 I II-V 5 || — 35 I 6 |-— 88 6| 96 3 TII-IV = || — 7 7 I 2] 14 go YG: 120 III-V — |— — J— 2 I| — | 2 | I | IV-V I I | 3 | 2 |— 6 2 8 |— I-II-III 4 |—| — |— I! 10 |— ç |--| 30 |—] 21 - I-II-1V —j—l]— Är I — I | 9 |—I 14 I— 1-II-V I —|-— |—] 6 | 6 |—| st 1| 20 I I-III-IV sl — |— 4 || 1 |— 6 | 3 |— -IV-V pb aae tu — |~— I | I | I-IIT-IV dei Pi fin xo 4 Lol to |—[ 15 I II-III- 3 fo L RE; 3 |—| 17 || 14 I II-IV-V ww Je Be uya [pw 3 |— ! 29 |—| 28 I atya Di PIE Dp E EUM I Hp s ee $ 1 I I I-1I-III-IV 1 I — 6 | 3 || 15 I b Soe -II-III- I _ I == LI us à EECH ig E E Tx I-II-IV-V An < I ub Yos Dee E e Re de I-III-IV-V su NOTE EROR) [ANN s iL To s rue "du te E II-III-IV-V _ t pep yi — 1 13 k= Jo [—4.91 I- talia 31 EE $531 |<} 36 ft 495 det FER 1 Totale 81 I 22 o | 764 12 | 197 4 [1572 | 71{1455 |114 Nella precedente tabella il territorio I corrisponde all’Italia settentrionale ed isole vicine > II » » » meridionale s > » » » His » Corsica ed isole vicine » E V » Sardegna » » » » V » » Sicilia » » Limitando lo studio a quei territori o associazioni di questi pei quali ë assodata la esistenza di specie esoendemiche ed endemiche | otteniamo i seguenti dati: PRoFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 834 du 9'901 9'981 0 918 688 6) | 0081 | rd $ 1e GH 88,8 Ot SO 629 Dei 0016 $ 9 08 Cr qa deg 897 88 000% Z I AI-HI € 66 8 688 GI 991 9 IF 081 OOF 6 Q A| pruepouow ƏIPƏW 1691 64601 07% Org VL9I IFPI | v6 gt 873 "eor | 2688T | 14992 891 6 99) 6°L06I 2651 10908 eT PEZ goot | 00001 I dal SERI L OS I l A7AT-TII 51 — eg 0:006 0.007 q 0'00q l 6 AHI 009 0.085 q 9.89 C PSI 88 Los Z L ATI SU 0 0093 VI eh TZAI 08% Go I qg A-H - e Ce e LGA vor z 0'006 1 q AI 9°99 0'003 qI #08 6.06 86 € 668 T 8 AI Go GH IG 806 g 981 GG 9.999 6 8 HII 8°89 8901 v8 9.9 SOLI 008 DN Z gq II GLI Mcget gq SI "oi 079 9'8 I qIT I| :}19050uoW . SLI (op 89 GI G9 OF9 8°89 I LI I eujopriaid 19] 'p ‘puo 119} [op 3191 ‘ads 0001 |*131 p "pua 31493 ]əpl:doid ‘ads udo;d| OPON OLIO} id ‘ddey| ds ooor:d ‘ds 0001 ‘djooor sad It xà sp PP ‘doad ]|-19 ap ard ‘311193 ]ep[dey T ‘svo} 211231 [op | dey [ “seo Eat ‘119)| "1193 [9p Sra Ca "SEI viet -oud [ egos 'pua'['sto|vj[op 'xəds 'puə 'əəds| p 'puə 'ds|jop 'doud I «doad ‘sads ad ddy PUS '2ədç |-v» ‘jap del mopa I, _ asse]o rap ‘oads “gra :p.:ds E IIX IX x. XI INA HA IA A AI IH II I DIS? Pllasp? vase) las? Costo 141240) PUSSE? t||9stO vs 121609) ease Pas? 335 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 00007 I oly Ic zt titer ç 6 HI-I 9 999 eig | £ ot Gott oss for c £61 II [11134 £*6£6t $1 9*16 9‘ 16¥ OZI Fogt II 6$ A 9999 £f£ffr SI o'£of 0909 ££ root or oc AI ç $6 Ett IT 6*06 gie tt L'$gc ç L IH 0*00f o‘Lp9t vt 9'9$ 9*9c $ 00£ $‘Lor LI git II I'$59 EGLE | a Let Line org Zeit gf OTT I| apradowen apa I*Fos 9‘p60£ (a 1'99 6'£LE£ grt vlt si Geo 11830 J, 9'$e $$ 9'opgoff | 0°061 £*964 g‘9gtp o'g6oc g'örgz L9 61g o'oo$ 00054 c eee gott £t 9°99 I $1 APU UPTP: Otooor o'ooc I g'chı IL Z o*ooc I H A^ALI — - + gʻor Gett 16 ger I r$ urn OfOOOI 0°000£ z të L'$gc IT EES g 9 A-AI o*o9f 0°095 Sz gott Foot gf ag 6 pI ATI gar 2'6g79 yi EN? 9'zgf ofc Let ç 88 AH 9'999 o'ooog £ ot ott ott MI z Opt II 9°999 099tc SI f tg £‘g0£ ozi coLc OI Lt À ofooz 0'009 SI 6*06 6'c/c ££ 1/11: £ 6 AI 6‘09£ Vault IT Got Fri cc 9999 8 E HI 62S E S-trfz yt ot $*£9c oot got? tI 6L Il IAA PESI ot Sz 6°oiF oro g‘09 9I foz I| >paodırrıq ‘193 ‘p ‘puo "1191 [op ads ooor|::ə):p ‘pua ‘1193 [op |'doad ‘ads *19} [pp `id| oroa OLIONA gad ‘ddeyy|'ds ooor d ‘ds ooor ‘djooor 19d I ‘svo "Jap |]op ‘doad ]|-19) Japorid ar Jeppydew ses) 1192 jap 'dey p ‘seo 'ddew Aua) 213439) [ap |2ads 0001)'se9 ejjəp lol T vas pua J `se5 elop ‘99ds|*pua 'əəds|-p puo deliap 'doid q 'doid ads iəd "ddey|'pua “ads |-e» ‘Jap der mopu], asst] vip “deds ‘sed ^p ‘ds TIK IX X XI IILA HA TA A AI III Il I rast eppse) | €Hasto | eier | vise) | vise?) | vise) | reen vise) | esep tasto rar PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 336 ƏIPƏW 6£9 ke MT 888 gott L‘Soz 6'£$c 9*9 Vel 1030 T, i‘Lofg | $'gFí6or| 661 6'60f 1 0'L909 gört IO VII ifti — -— — EN L‘91£ O6II A c LLE ACATTIEIEL 0°0001 0°0001 I och geri PA otooor I I A-AT-IH KEEN E'ELEG £ OCI ELEF £9 Art I gc A-AI-I — — —- £*91 DND: 19 Fri I I ACUI g'cv1 g'epte | Z g'oc eit st 9°99 I $I AT UI) — _ —— gʻor Lei’ $6 oto I oz AT- otoog otoro d £‘97 5 och gf o'ofc1 oz oi AI-U gyz 1'489 p o*£1 £Lit ofc t I£ £ 96 ASI — -= — o*Zt $'g1$ Lc g1l I Yi AT-II o*oof o'oooç c 6°9L g'Lo£ fi ofc I Y AI-I| apviedoury ‘193 ^p Dua ua op ‘ads 0001|*19) ‘p "puo ‘119) (op) doud 'oəds *19) Jap d| ordollii9) OLIONI id ‘ddey|'ds ooor d ‘ds ooo1 'd|ooor 19d I ‘seo [op | [op `doid r|-J1[əpərd 319) [op[dey p'seo| “1193 jap] ‘dey p 'seo|'ddey ‘119)| 3149) [9p ‘ads oooi|'se» vj[op|-oid T eos ‘pua q 'sv»|v][op 'xəds "puo '»ads|:p ‘puo 'ds|jop `do:d I ‘doad :»ads|1ed "ddeyj|'pu> ‘ads |-e> "pp del 1011112 [, aen vjpp reds | ‘seo p ‘ds HX IX X XI IIIA ILA TA A AI HI II I esep | aer? else) | ease | asp | rier | *wIse5_1 *ləseO vases | aer? vaseg ejst ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 337 Dall’esame delle precedenti tabelle risultano i seguenti dati: 1. Quanto più grande è il numero dei territori occupati da uwa determinata classe con le sue specie endemiche tanto è più grande il numero delle corrispondenti specie esoendemiche in ogni territorio. Le medie che si sono riportate in calce alle singole tabelle riferentesi alla classe stanno a provarlo. Noi osserviamo a questo proposito che le Monoclamidate le cui specie endemiche sono presenti solo in due territori, dànno una media di 3 specie esoendemiche per ogni territorio in cui si trovano accan- tonati i loro endemismi. Le Monocotiledoni presenti con endemismi in 9 territori dànno una media di 24,8 specie in siffatti territori; le Dia- lipetale che offrono endemismi in 12 territori comprendono 68,2 specie in dette regioni. Infine Ie Gamopetale si presentano con 72,4 specie per ogniuno dei 17 territori in cui appaiono i loro endemismi. Questo è quanto è venuto in luce dallo esame delle caselle I, II, II. 2. Se ora ci softermiamo allo studio della distribuzione delle spe- cie endemiche (casella IV) troviamo pressochè gli stessi rapporti, seb- bene le differenze, per ragioni ovvie, siano molto meno accentuate. Cosi abbiamo che le Pteridofite occupanti coi loro endemismi un solo territorio si presentano con 1 specie endemica in media; le Monoclae midate oeeupanti due territori coi loro endemismi presentano 2 specie endemiche in media; !e Monocotiledoni (con speeic endemiche presenti in 9 territori) hanno in media 2,3 specie endemiche; le Dialipetale, occupanti 12 territori con gli endemismi, hanno una media d 5,5 spe- cie endemiche; infine le Gamopetale presenti in 17 territori coi loro endemismi dànno una media di 6,6 specie endemiche. La legge però soffre alcune eccezioni, ed infatti abbiamo osser- vato un lieve abbassamento nella cifra media degli endemismi fra le Monocotiledoni rispetto a quella degli endemismi medî delle Monocla- midate, sebbene queste ultime occupino eoi lero endemismi minor nu- . mero di territori. Così le Pteridofite, benchè rappresentate da 17 spe- cie, di cui 1 endemica, occupano un territorio coi loro endemismi. Quì però non è il caso di parlare di medie. 3. La legge spicca parimenti più o meno evidente se noi conside- riamo i rapporti fra le specie esoendemiche e quelle endemiche ripor- 888 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO tando le prime a 1000, come lo attestano i risultati a eui si riferisce la V casella. Nella penultima casella (XI) sono riportate, per ogni classe, le medie delle specie endemiche riportate a 1000 specie pure endemiche della flora dei vari territori. Ora la legge sopraenuneiata appare qui evidentissima. — Infatti: le Pteridofite (occupanti con gli end. 1 terr ) dánno 17,2 sp. end. per 1000sp. end. delterr. `> Monoclamidate ( > » 453] ee 66 » » dei terr. » Monocotiledoni ( » » gua gom 189,4 » » » » Dialipetale C » 12 ek SON » » » » Gamopetale ( » » ij 3). 819-3 » » 4. Trattandosi di applieare analogo procedimento alle specie eso- endemiche dei vari teriitori e delle varie classi, mentre si riportano a 1000 le specie endem che della flora dei rispettivi terri or. (casella X medie), il risultato appare sempre manifesto sebbene le Pteridofite oc- cupanti 1 solo territorio coi loro endemismi diamo una eifra (che non è però una media) di 293,1 specie. 5. Se ora, lasciati da parte i valori medi, consideriamo i valori trovati nei singoli territori o gruppi di questi, troviamo pure qualche dato di un certo interesse. Innanzi tutto (casell. J, IT, III, IV, V) per ogni classe il rapporto fra le specie endemiche e quelle esoendemiche diventa tanto più alto quanto più i terri'ori occupati da una data clas- se di piante sono piccoli, più nettamente circoscritti ed isolati (Vedi gli alti rapporti per le flore delle isole: Territ. III, IV, V). Secondariamente il rapporto percentuale fra la flora endemica e quella esoendemica si abbassa in tutte le classi a mano a mano che il numero dei territori occupati dalle dette flore diventa più grande. Così ad esempio nelle Gamopetale la flora dei territori I, II, III, IV, V, considerati separatamente gli uni dagli altri (cas. V). presenta per quanto concerne la percentuale delle specie endemiche rispetto alle eso- endemiche, dei valori che oscillano fra 107,5 e 500. All’ opposto, la flora degli stessi territori associati (ved. Ter:it. I, IT, III, IV, V, Ga- mopetale—cas. V della tabella) dà un rapporto bassissimo (5,3). Qualche eccezione si rileva per ciò che riguarda le flore comuni ai territori III e IV il eui rapporto percentuale (cas. V) raggiunge —- =~ Nice dod Pa ae ee MyRO i KASS A ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 889 l'alta cifra di 1250, e per la flora dei territori III, IV e V in cui lo stesso rapporto arriva a 1000, ma qui trattasi di territori insulari nei quali i rapporti fra le specie endemiehe e quelle esoendemiche sono sempre elevati. I prineipi accennati possono pure essere messi in evidenza dalle cifre consegnate nelle altre caselle, ma non crediamo di dovere insistere ulteriormente per illustrarli. Solo facciamo notare che, analogamente a quanto fu segnalato prendendo in considerazione le medie, le Gamopetale (ved. cas. XI) dànno in ogni territorio un’alta percentuale di endemi- smi rispetto alle altre Classi ed alle specie endemiche dei singoli ter- ritori, mentre siffatta percentuale diventa bassa fra le Dialipetale, e si riduce ancor di più fra le Monocotiledoni. Rimane ora a prendere in considerazione un’ultima questione: stu- diare cioè i rapporti fra le specie endemiche e quelle esoendemiche prendendo per base di studio da una parte la somma delle specie di tutti i territori (ved. totali delle tabelle a pag. 333) sommati assieme, dall’altra la somma delle specie endemiche degli stessi. Il rapporto si stabilisce in base a 1000 specie. N. delle specie > N. erw goin wg Rapporto per 1000 Classi senti in tutti i iche presenti in| specie delle varie ritori. fuc i EH classi. Pteridofite 81 1 125 Monocotiledoni 764 19 15,7 Monoclamidate 191 4 20,9 Dialipetale 1572 71 45,1 Gamopetale 1455 114 18,3 Dalla quale tabella si rileva che la pereentuale degli endemismi rispetto alle specie va aumentando dalle Pteridofite alle Gamopetale. mg È noto che le specie di una flora possono indifferentemente vege- tare su qualunque terreno, oppure prediligono un substrato di deter- minata costituzione chimico-fisica, (piante alofile, calcicole, silicicole 340 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO ece.). Non é quindi privo di interesse analizzare la costituzione dei ter- reni che servono di substrato alle specie endemiche, in considerazione del fatto che il mezzo esterno può influire grandemente nella varia- zione delle specie, salvo il caso, ben inteso, che si voglia col De Vries considerare unicamente il fattore interno quale causa di mutazione. Gli elementi per una esatta determinazione del substrato non sem- pre furono da noi riscontrati, essendo sotto questo punto di vista un po’ monche le flore; ciò non pertanto riteniamo che i risultati cui sia- mo pervenuti offrano un certo interesse, Per ogni singola specie venne indicata, per quanto almeno fu pus- sibile, la natura del substrato, e siccome assai spesso una determinata specie vive in substrati diversi, così venne posta in differenti categorie di terreni. Inoltre si è tenuto pure conto della natura dell’habitat (bo- seo, campo, siepe ecc.). Dallo spoglio delle 202 specie endemiche ab- biamo rilevato i seguenti dati: Lasa viventi su altre (parassite) I negli acquedotti I » » nelle grotte $ I » » n laghi salati . I » » helle siepi. 3 » » ei campi. ac $ » » sulle rupi vulcaniche. 7 > > nei i 8 B » sui muri ` : 8 » » lungo le strade š Se ER » » nelle sabbie 14 > > lungo i fiumi, torrenti ecc. 16 » » nei luoghi aridi 18 » » presso il mare . i 20 » » nei luoghi umidi . : 2I » > sul calcare . ; 82 » nei prati, BEE ecc... 33 > > nei boschi. . š 96 » » sulle rupi, fra le pietre, p roccie 92 (compresi i graniti). La scarsità di forme endemiche nei eampi, nelle siepi, ci indiea chiaramente che |’ endemismo affinchè possa esplicarsi richiede delle speciali condizioni di esistenza non realizzabili che in scarsa misura nelle stazioni sopra indicate. ee sh kG ee ee Sa AC. e ETT ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 841 Per la facile disseminazione a distanza cui vanno scggette le pian- te acquatiche dobbiamo aspettarci che le specie viventi nei Jaghi, nei fiumi eec. non debbono essere rappresentate fra gli endemismi. E per la stessa ragione troviamo un basso numero di endemismi lungo le strade. Anehe il litorale marino ron é una stazione di spiecata endemi- cità. Purtuttavia esso occupa di già una posizione relativamente ele- vata nella tabella deg? endemismi, ciò che forse va ascritto alle spe- ciali condizioni climatiche imperanti sulle rive del mare e alla natura salata dei terreni. E stato infatti assodato che sotto certi punti di vi- sta le regioni eostiere hanno non poea affinità eon quelle montagnar- de per ció che concerne lo sviluppo della vegetazione. ' La flora montagnarda ë rieea di endemismi che sono pure non infrequenti nei prati, nei pascoli e nei luoghi umidi. La spiegazione di questo fatto può riuscire alquanto difficile se non si ha cura di stabilire dove si trovano siffatte stazioni per lo più alpine o di bassa montagna (vedi tabella). Emerge quindi c'e l' endemismo non è qui favorito dalle assoeiazioni vegetali, ma sibbene dalla sede elevata sul livello del mare dei boschi, pascoli e via dicendo che albergano gli endemismi. Pare invece che un' influenza non dubbia sia esplicata dalla na- tura del terreno, prediligendo gli endemismi i terreni calcari. È dif- ficile stabilire le cause di siffa:te predilezioni. Noi sappiamo per al- tro che il calcare si comporta dal punto di vista della temperatura e dell'umidità molto diversamente dai terreni siliejei, sabbiosi, e che inoltre a causa della sua costituzione chimica esercita una notevole selezione sulla vegetazione. A questi fattori associati deve quindi pro- babilmente ascriversi l'abbondanza degli endemismi sul terreno eal- care, i quali si sarebbero forse venuti organizzando da specie viventi su terreni di altra natura che diffondendosi sul calcare hanno dovuto mutare costituzione per adattarsi alle nuove condizioni edafiche, Ma, ammessa questa ipotesi, sorgono bentosto le obbiezioni. Infatti si può rilevare che se le specie dei terreni non calcari adattandosi ai ter- reni caleari hanno dovuto mutare fisionomia altrettanto dovrebbe ve- rificarsi per le specie che dai calcari trapassano ad altri terreni, di guisa che il grado di endemicita svi calcari non dovrebbe essere no- tevolmente più elevato di quello che si incontra in altri terreni. L'o- 849 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO biezione é grave, e, per giunta, mancando di dati, non cercheremo di risolverla ; facciamo solo notare che sarebbe in‘eressante studiare più a fondo la vegetazione dei vari terreni per vedere se per caso le specie ehe vivono sul caleare mostrino minor tendenza ad esulare dal terreno su eui vivono rispetto a quelle ehe crescono in altri terreni: in altre parole se le specie ealeieole siano più strettamente legate al terreno di quelle silieieole o adatte ad altri terreni. I ealeari presentano spesso la proprietà di frantumarsi in blocchi e ammassi di aspetto ruiniforme che rendono tanto pittoresche le montagne costituite da questa roccia rispetto a quelle granitiche. Ora si vedrà fra pocco, accennando alle rupi, che il modo differente di degrada- zione eui vanno incontro le roccie può influire a favorire o viceversa ad ostacolare l’insediamento delle forme endemiche. Non vi ha dubbio infine che la vera sede degli endemismi sono i territori rocciosi, cioè le rupi, siano caleari, vulcaniche o di altra natura. In generale gli endemismi che appaiono su questi subtrati so- no di preferenza localizzati alle regioni montagnarde. Appare quindi logica la supposizione che la ragione degli endemismi vada di prefe- renza ascritta ad uno sviluppo indisturbato della vegetazione. Nei pascoli, nei boschi, nei campi, lungo il littorale marino e via dicendo le piante spontanee sono soggette a non pochi nemici, fra eui dob- biamo annoverare innanzi tutto l'uomo e gli animali superiori. Eb- bene è un fatto noto che li dove è più contrastato lo sviluppo della vegetazione spontanea (campi, prati, ecc) tanto più tendono a predo- minare le forme triviali. Questo non ha di certo luogo sulle rupi delle alte montagne sul'e qual gli animali erbivori diffieilmente si avven- turano. Quivi la flora si evolve indisturbata e puó a piaeimento va- riare senza correre il pericolo di vedersi o pres'o a tardi decimata dal dente dell'animale. Di qui Ja f equenza degli endemismi fra le rupi ed in special modo su quelle calcari che tanto contribuiscono, sfaldandosi, a dar dei blocchi riuniformi difficilmente accessibili agli animali. Non è certo però questa la sola ragione degli endemismi sulle rupi, potendo influire altre condizioni ed in ispecie l' aridità, la tem- peratura e via dicendo, elia o n i a a a a Vitae tate carie ie "ERETTI " ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 343 Sulla distribuzione delle forme, e quindi sulla maggiore o minore diffusione delle specie endemiche, esereita una influenza anche la co- stituzione degli apparati di riproduzione, essendo a priori supponibile che le specie dotate di validi appareechi per la disseminazione a di- stanza non debbano che entrare in scarsa misura fra gli endemismi di una data regione. Per studiare questo importante problema abbiamo suddiviso la flora italiana in gruppi basati sulla natura e eostituzione degli organi di riproduzione (frutto) e per cgni categoria si è poi stabilito il numero corrispondente delle specie che ne sono fornite. Accanto ad ogni sin- gola specie si è segnata l'area occupata da questa, e, come al solito si è indicato con I. l'Italia settentrionale, con II. l’Italia meridionale, con III. la Corsica, con IV. la Sardegna e con V. la Sicilia. Per le specie occupanti due o più territori i numeri associati indicano chia- ramente la loro area di distribuzione. Nella tabella si sono compresi, per ragioni di opportunità, sotto la denominazione generica di frutti anche i sincarpi e le spore. A scanso di equivoci dobbiamo far rivelare che nella compilazione della lista dei frutti abbiamo seguito differenti autori. Ne è risultato che il numero delle specie italiane non è più di 4100, quale venne indicato dai Dott.ri Fiori e Paoletti ma bensì di 4090. Non per questo risulta- rono gran che variati i rapporti tra le specie endemiche e quelle eso- endemiche, poiebé anche le prime diminuirono da 202 a 194. L’srrore inoltre, pressochè insensibile allorchè si comparano fra loro i numeri assoluti, si attenua ancor di pù od anche scompare al- lorchè si stabiliscono le proporzioni in base al solito fattore 1000. Premesse ora queste considerazioni, riporteremo nella pagina se- guente la tavola che indica, per ogni sorta di frutto, il numero delle specie che lo offrono ed i territori che le stesse occupano. 844 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO E | Territori Achenio Cariosside | Otricello È | Specie esoendem. | Specie endemiche = | = | = | = | Specie esoendem. ES " I8. aLe I " {al Ë 5 |&m.1/°al 6 | S| uo] © 5 Š î 5 | B. = SEIT KI S TEST er EE. RIE ZS PSS SSE S ER | ^ bes Vino ea. WD] Uo "un [77 C 23 I 380| 226| 154| 34] . 25] 9| 37 l| 9 231 AY {II 142} 63] 79] 16 Gi 101 32 I 4 79 si HI 8 2 6 5 3 3 I I 9 : IV IO 7 3 i 2 $ I I I IO V 53 27 26 14 4 IO 8 $ I 14 I-II 2191 96| 123 2 3 14 3 192 I-II 15 5 IO I I 2 I 14 LIV 6 I $ I I 1 -V 3 3 2 3 9 ILI 291] ^W) ys 3 29 LIV 16 8 8 2 I 1 5 pe 100| 34| 66 6 I $| 14 56 I-IV PEE Vae sts. 3 9 2 Bit 3g III-V I I 3 IV-V 6 3 3 I I 4 FILHI 23 8 15 4 I I2 I-I-IV 5 I 4 2 I 7 I-II-V dl st (3 6 I 27 I-III-IV 2 2 2 3 5 I-II- II-1V-V 26 Alor 10 9 5 17 II-III-IV 13 7 5 18 II-III-V 20 3 17 I I 3 I 24 -V 3 3 I I I [-II-III-IV 14 5 9 I 3 17 HI-V IQ 2 8 3 IO [-IT-IV-V 8 2 6 $ I 15 LIIIT-IV-V 76| 42 34 23 I 46 HI-IV-V 1 I I 2 talia 294| 89] 205 2 21,716 41 371173 1523| 657| 866| 102| 48| 54| 287 4| 88 31 1142| $5 945 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA | = m a |əuoruəpuə vds] | S = Co `o ANNILO == ort LE s AE | |'uuəpuəosə stad 3 T | | EU EY | eg |? 2t tuopua əroədç E ion ^ ea "m" DD är 0 ca MO — tA in Annales Mycologici. vol. X. n. 3 (1912) | p. 293 Tav. V. fig. 13: 1-2 | Su di un caule marcescente di Dianthus caryophyllus tenuto da lungo tempo in camera umida (seattola Petri). Alba, Gennaio 1909. | Osservaz. Caespitulis eandidiss mis, dens s, floccoso laneis, ara- chnoideis: hyphis sterilibus, copiosissimis, intricatis, tenuibus, ramosis, hyalinis, septatis 3,5—5 p. crassis, hine inde vesci- culoso inflatis, vescieulis (chlamidosporis) tune solitariis, tune catenulatis quandoque longe appendiculatis: eonidiophoris su- berectis continuis vel 1— septatis, simplicibus 60— 10 p.. longis; conidiis hyalinis, obovatis, continuis 9,5—13=5—6 y. denique 1— nucleatis quandoque uno apice subapieulatis in catenu’as tortuosas usque ad 150 p. longas. Nota. La proprietà di formare clamidospore ricorda il eomporta- mento della Oospora Lactis con cui ha qualche affinità e così della Osspora Citri-aurantii (Ferr) Sace. Syd. (T. Ferraris). 375 Oospora HaLoPHILA Ferraris in Ferraris et Massa < Micromiceti nuovi o rari»in Annales Mycologiei vol. X. n.3 (1912) p.294. Su frammenti di Boletus edulis conservati in sale. Alba 11 — 1906 Osservaz. Caespitulis minutis effusis, pulvinatis subcandidis, hyphis sterilibus repentibus, hyalinis obsolete septatis 2,5 x. Cu WO Sp cct ann MATERIALI PBR UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTE 855 crassis. Conidiophoris erectis, brevibus, 7—8 p. long. simpli- cibus, continuis, apice sporigenis. Conidiis breve catenulatis dein secedentibus, globulosis, hyalinis 5—7 yw. diam. Nota Vi è una Oospora albo-cinerescens Maubl. (Sace. Syll. Vol. XVIII p. 498) che vive nelle soluzioni di sale e che somiglia a questa specie, i conidii sono però più piccoli (3 u. diam). (T. Ferraris). 376 Oospora cuNICULINA Massa in Ferraris et Massa < Micromiceti nuovi o rari» in Annales Mycologici. vol. X. n.3 (1912) pag. 293: su sterco putrescente di Coniglio. Alba — Maggio 1905 Osservaz. Caespitulis albis, sparsis, conidiophoris indistinetis, conidiis longe catenulatis, ovoideis, dilutissime fuscescentibus 7,35=5 y. i Nota Portamento di una Oospora non di una Torula. | (C. Massa). , 377 FusIDIUM GRIsEUM Link. Obs. I p. 6 — Sturm D. C. F. t. 17 — | Lindau Hyphomyeetes p. 61 — Sace. Syll. IV p. 26. | Su fog!ie di Quercus sp. Alba, Ottobre 1909. Osservaz. Completiamo la diagnosi del Saccardo, — Mycelio tenerrimo evanescente, conidiophoris fasciculatis, caespitulosis, fumosis 100—150—4 p. pluriseptatis; conidiis fusiformibus utrinque attenuatis pellueidis in strata tenera late diffusis 7—15=4 p. catenulatis, eatenulis initio ramosis. (C. Massa). 378 Mos necans (Passer. Ferraris. = Ramularia neans Passer. = Ovularia necans Sace. Su foglie di Mespilus germanica. Monticello d'Alba: Maggio 1906. Osservaz. Questa specie fin qui compresa sotto il Genere Ovu- laria da Saccardo (Syll. X p. 540). Lindau, Briosi e Cavara evidentemeute deve riferirsi a questo Genere Monilia come dol resto sospetta anche il Lindau (Hyphomye. pag. 245) pur denominandola ancora Ovularia necans. L'aspetto dell altera- 356 DOTT. TEODORO FERRARIS E DOTT. CESARE MASSA zione ricorda molto davvieino quello prodotto dalla Monilia Linhartiana : i caratteri del fungo sono poi quelli di una Monilia e non di una Ovularia, nè tantomeno di una Ramu- laria. Il micelio è intercellulare e manda attraverso all’ epidermide all’ esterno numerosi conidiofori brevi, clavati su cui si inse- riscono conidi catenellati come asserisce Tubeuf (Pflanzen krankheit. p. 518.) e come in una bella figura rappresen- tano chiarissimamente i Proff. Briosi e Cavara (Funghi paras- siti di piante coltivate od utili N. 110.). Lo sviluppo poi con- fermerebbe ancora che si tratta di una Monilia poiché secon- do Woronine (Die Sclerotienkrank. ete. in Mem. Ac. Imp. St, Pétersb. II n. 1 p. 21 (1895)) tal specie sarebbe la forma co- nidiea di una Sclerotinia che produrrebbe selerozi nei frutti dal Nespolo. In vista di tutte queste considerazioni ho creduto opportuno riportare tale specie nella sua vera posizione si- stematica. (T. Ferraris). 379 Orpium QUERCINUM Thümen Sace. Syll. IV p. 44 VAR. GEMMIPARUM Ferraris in Annales Myeologiei: vol. VII n. 1 (1909) p. 62-73. Su foglie di Quercus sp. Alba 1909, 380 Opium CYNARAE Ferraris et Massa in Ferraris et Massa < Micro- miceti nuovi o rari > in Annales Myeologiei. yol. X n. 3 (1912) p. 294. Tav. V. fig. 16:1 — 3 Su foglie di Cynara Scolymus. Alba, Settembre 1910. Osservaz. Maculis hypophyllis candicantibus fere argenteis, arescendo albo griseis, dein subochraceis. Hyphis sterilibus repentibus superficialibus (semper?) intricatis, hyalinis, sep- tatis. Conidiophoris longitudine varia, ramosis, api cecrebre septatis 5 a eire. crassis. Conidiis catenulatis, facillime secen- dentibus cylindricis, apice rotundato-truncatis 44—54—12—17 v. hyalinis (eonidiis terminalibus vertice subeonieis et majo- ribus 54—56=20 ts) Pe TUNE PR dici : MATERÍALI PER UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTE 357 Nota Conidii di grandi dimensioni come quelli di questa specie, li presentano pure l'O;diu n Chrysanthemi Rabenh. e l’ Oidium gigasporum Scalia, da questa specie diverse. Il fungo presenta uno strato di ife bianco grigiastre che ri- veste a volte tutta la pagina inferiore delle foglie coll’ aspet- to generale della Bremia Lactucae Regel. con cui si può con- fondere al portamento esterno e da cui si puó distinguere solo per l'esame microscopico. È un fungo curioso, interessante di cui ci occuperemo ancora per la malattia che può produrre. Lo trovammo in autunno su foglie languide della Cynara Scolymus. È probabilissimo che come gli altri Oidium abbia una azione parassitaria. (T. Ferraris, G. Massa). 381 AspereiLLus FLAVUS Link. Saee. Syll. IV p. 69 Su frutto di Arachis hypogea. Alba, Aprile 1911. 382 ASPERGILLUS CALYPTRATUS Oudem. Saee. Syll. XVIII p. 514 VARIETÀ ITALICUS Ferraris. in Ferraris et Massa < Mieromiceti nuovi o rari» in Annales Myeologiei vol. X, 3, (1912) pag. 294. Alba superficie di un Tartufo (Tuber melanosporum) quasi putrescente conservato da lungo tempo in aleool denaturato. Alba, Gennaio 1911. Osservaz. Differisee dal tipo per le catenelle di conidii più lunghe (p. 420-450). I conidi sono molto aderenti alle cate- nelle distaecantisi in serie, difficilmente isolati. Le catenelle si presentano stipate tra loro, quasi conglutinate e formanti come una massa cilindrica raddrizzata sopra il capitolo. Ce- spitoli effusi crostacei, fragili, color bianco sporco di sotto, di sopra fortemente polverssi, polvere color tabacco o bruno ros- sastra. Conidii singoli perfettamente globosi ocraceo fuliggine’, translueidi 2,5 u. di diametro. Vescicola del capitolo globosa 19-20 u di diametro: sterigmi stipati, brevi, semplici di 5 u. di lunghezza. Conidiofori color ocraceo fuligginoso. Specie bellissima ! (T. Ferraris). 958 DOTT. TEODORO FERRARIS E DOTT. CESARE MASSA (238) PENICILLIUM GLAUCUM Lk. Saec. Syll. IV p. 78 Nelle Castagne crude. Alba, Dieembre 1908. 383 SpPoroTRICHUM FLAVICANS Fries VARIETÀ sSPICATUM Ferraris in Fer- raris et Massa < Mieromieeti nuovi o rari » in Annales Myco logici, vol. X. n. 3 (1912) p. 295. Tav. V. fig. 17. A — B. Sul turaeciolo di una boccetta contenente della soluzione con- centrata di acido picrico. Alba, Febbraio 1908. Osservaz. Caespitulis dilute roseis, late effusis tenuibus mol- libus, hyphis repentibus remote et tantum ramulorum basi sep- tatis amoene et pallide aurantiaco-flavidis 2,5—3 u. crassis, aequalibus; ramulis alternis vel oppositis erectis JO — 150 p. altis eire. 2 u, crassis apice 3-4 verticillato ramosis pariter flavidis; ramulis extimis simplicibus vel raro fureatis hyalinis, subulatis apicem versus tenuioribus, longeque flexuoso-undulatis dentieulatis et conidigeris; conidiis in spicam longiusculam et flexuosam longe digestis pleurogenis et acrogenis, numerosis- simis, sessilibus, ovatis vel subglobosis, minimis, hyalinis, continuis. (Spica 25—35—50 et usque v. longa; conidia 2,5 p. diam. vel 3—4=2,5—3.). Nota. Curiosa l'origine dei conidii e la formazione delle spichè conidifere. Il primo conidio si forma all’ apice, sotto di esso si forma un altro ramo che porta un altro conidio più in alto, così il primo diventa laterale, poi un altro ramo che si dirige in senso opposto e così via sempre alternativamente, sì da for- mare una ramificazione simpodica nell’ insieme regolarissima. L’ asse della spica risulta quindi flessuoso e come piegato a zig-zag, talora lunghissimo. Strano poi lo sviluppo su tal matrice in presenza cioè delle esalazioni di una soluzione concentrata di acido picrico che riempiva quasi per metà la fialetta, (T. Ferraris). 384 BOTRYTIS TENELLA Sace. MATERIALI PER UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTE 859 Saec. Syll. IV p. 119 Su di una Vespa morta in un vaso di fiori. Alba, Aprile 1909. 385 Bornvris vuLeaRIS Fr. VARIETÀ PLEBEJA Fr. Sacc. Syll. IV p. 129. Su frutti putrescenti di Mespilus germanica. Alba: Dicembre 386 OVULARIA OBLIQUA (Cooke) Oud. ‘Sace, Syll. IV p. 145. Su foglie di Rumex obtusifolium. Alba Maggio 1906 - Mag- gio 1911. Osservaz. Conidiofori y 33=3,5; conidii ovato -ialini o 19 I (246) VERTICILLIUM LATERITIUM Berk. Sace. Syll. IV p. 456. ` Su steli fraeidi di Rheum palmatum. Alba: Orto Botanico del- la Seuola Enologica: Novembre 1906. 981 CLowosracHys ARAUCARIA Corda 8) compacta Preuss Linnaea XXV p. 727 — (1852) Saec. Syll. IV p. 165 — Lindau Hyphomycet. in Rabh. Kry pt Flor. p. 346 — Ferraris et Massa « Mieromiceti nuovi o ra- ri » in Annales Mycologici. vol. X n. 3, 1912 pag. 296. Su di un caule putrido di Dianthus caryophyllus. Alba: Gen- naio 1909. Osservaz. Cespitoli sparsi, di poi confluenti, qua e là subeffusi; alquanto compatti, pulvinati candidi, di grandezza varia. Co- nidiofori eretti, ialini, alti 160-200 u. grossi 3-3,5 p. distin- tamente settati, semplici in basso, verso l'alto verticillato ra- mosi. Rami di 4. ordine solitari o verticillati a tre, rami di 2. ordine più brevi 3-4 verticillati lunghi 12-14 u., rami di 3. ordine in vertieillo trimero eretti sottili subulati, lunghetti 15-17 u all’apice conidigeri. Rami tutti arcuato— ascendenti colle ramificazioni portate presso a poco allo stesso livello sì da presentare nell'insieme aspetto corimboso. Conidii disposti 860 DOTT. TEODORO FERRARIS E DOTT. CESARE MASSA a spa compattissima e grossa, obovato — allungati, tra loro embriciati, formanti ammassi lunghi fino a 60 e più p.e lar- ghi 15-20 u. La massa enorme dei conidii costituisce uno 1 strato subeompatto e polvereso che copre e riunisce le estre- È mità dei conidiofori. In realtà questa spica non presenta nel centro una rachide; i conidii sono acrogeni, ma probabilmen- te lo sviluppo successivo e rapido dei conidii dall’apice, fa sì che questi rimangano come fra loro agglutinati in tale dispo- sizione. È probabile che i conidii siano disposti un po’ obli- quamente all’apice del ramo conidigero e che nello sviluppo successivo si alterni la loro disposizione in modo che i nuovi conidii si comprimano contro i vecchi prendendo tale disposi- zione embriciata. I caratteri sono quelli del Genere Clonosta- chys Corda (V. Corda Prachtfl. Tav. XV p. 31 (1839). V. Costantin Les mucédin, simples p. 119). I conidii sarebbero a spirale attorno al rametto conidigero ed ordinati in 4 e più file. Le figure di Corda, Harz. ece. rappresenterebbero i co- nidii aeropleurogeni, eioë le spiche si originerebbero attorno ai rametti conidigeri, ciò non appare ne’ miei esemplari in i cui si vede nettamente che tali rametti non portano intacca- ture laterali onde credo, come ho già avvertito, che tale di- spos'zione sia dovuta più ad un agglomeramento di conidii originatisi sempre dall’apice anzichè dall’ origine pleurogena dei conidii stessi. T. Ferraris. 388 GoNATOBOTRYS SIMPLEX Corda. Saec. Syll. IV p. 169. Su frammento di viticeio di Vitis vinifera secco e fracido. Alba Dicembre 1909. i Osservaz. Conidii ialini ovati 19—22—410 inseriti su piccoli dentellini sui rigonfiamenti nodulosi dei conidiofori. (247) TRICHOTHECIUM ROSEUM (Pers) Link. Sace. Syll. IV p. 178. Entro una Noce guasta. Alba Maggio 1906. o Su foglie di Vicia Faba sul terreno. Alba Maggio 1911. bei... MATERIALI PER UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTE 861 Su tacche prodotte dall’Antracnosi su tralci e foglie di Vitis vinifera. S. Stefano. Belbo. (Alba) Ottobre 1902. 389 DIDYMARIA UNGERI Corda. Sace. Syll. IV p. 184. Su foglie di Ranunculus sp. Alba 1909. 390 DIDYMARIA LINARIAE Pass. Sace. Syll. X p. 550. Su foglie di Linaria vulgaris. Alba: Maggio 1906. 391 RAMULARIA ANGUSTISSIMA Saee. Sace. Syll. IV p. 196. Su foglie di Cornus sanguinea. Alba 1909. 392 RAMULARIA ROSEA (Fuck) Sace. Sack. Syll. IV p. 199. Su foglie di Salix. Alba: foce della Cherasea nel Tanaro. No- vemb e 1910. Osservaz. Conidii trisettati y.. 20—24—4 — 5. (249) RAMULARIA LACTEA (Desm.) Saec. Sace. Syll. IV p. 201. Su Viola tricolor. Cornegliano d' Alba: Maggio 1911. 295 RAMULARIA ARVENSIS Saee. Sace. Syll. IV p. 203. Su foglie di Potentilla reptans. Alba Luglio 1907. 394 RAMULARIA GERANII (Westd ) Fuckl. Saec. Syll. JV p. 204. Su foglie di Geranium sp. Cornegliano d'Alba: Maggio 1911. 395 RAMULARIA PRATENSIS Sace. Saee. Syll. IV p. 215. Su foglie di Rumex acetosa. Cornegliano d'Alba: Maggio 1911. 396 RAMULARIA Cigs Allesch. Sace. Syll. XI p. 605. Sa foglie di Cirsium arvense. Alba Luglio 1901. 862 D.TT, TEODORO FERRARIS E DOTT. CESARE MASSA DEMATIACEAE 397 HADROTRICHUM Sorcui (Pass) Ferraris et Massa in Ferraris et Massa < Micromiceti nuovi o rari > in Annales Mycologici. U Vol. X. n. 8. 1912 pag. 297. 3 Sn foglie di Sorghum halepense. Alba—Fontanafredda: Monteu Roero. Giugno 1910. Osservaz. Maculis amphigenis ellipticis confluentibus, brunneis, centro griseis et subvelutinis rubro-marginatis; conidiophoris fuseis, rigidulis 15—24—7—10 v., ap'ee simplicibus, vel 2-3 lobulatis, dense stipatis, continuis, conidiis solitariis, acrogenis obovato - rotundatis continuis 14—17—10—16 wp levissime punetulatis, fuscis. Nota. Il Saccardo (Syll. Vol. X p. 599), riferendo la diagnosi del Fusicladium Sorghi Pass. esprime I’ ipotesi che si possa trattare piuttosto di un Coniosporium, da questo genere però la specie del Passerini differisce per i conidiofori brevi si, ma ben distinti. Briosi e Cavara in < Funghi parassiti delle piante coltivati od utili > al N. 240 recante il Fusicladium S rghi Passer. vorrebbero riferire questa specie piuttosto al genere Orularia per la forma e disposizione solitaria dei co- nidii. L’ esame dell’ abbondante materiale da noi raccolto ei indusse ad escludere l'ipotesi che si tratti sia di un Fusicla- dium che di un Confosporium che di un Orularia, al qual genere la specie non può riferirsi per i conidiofori foschi, ri- gidi, per il portamento caratteristico delle Dematraceae e per il carattere delle macchie prodotte sulle foglie; si deve pure modificare nella diagnosi origina!e del Passerini l’indicazione di « ife fruttifere brevi, cilindro coniche raramente unisetta- te » mentre nel nostro caso i conidiofori appariscono invece generalmente divisi in due all’apice, ciò che fa supporre ab- biano portato due conidii invece di uno, i conidii poi appa- riscono finamente granulosi all’esterno non solo, ma il profilo interno della membrana è leggermente poligonale. Perla no- tevole rassomiglianza delle macchie e del portamento con lo See G. up renze SBI Sey Ts) Ro S UT um fee yahaspa WEN s P.S k. i ET ar ps “x SU a absus Mc NA SSS GE S a sp ET TT i = ? ur ET AC MATERIALI PER UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTE 363 Hadrotrichum Populi Saec. e con l'Hadrotrichum phragmitis Fkl. (Saee. Syll. IV p. 301,) ei sembra ehe la specie fin qui riferita come un Fusicladium debba considerarsi come un Hadrotrichum affine alle specie citate da cui differirebbe per i conidiofori meno foschi, più compatti, più corti ed un po' più teneri, infine per l’apice diviso in 2-3 lobuli, ciò che non risulterebbe, nè dalla diagnosi, nè dai disegni (Vedi Saccardo < Fungi Italici > Tav. 796) che gli Autori danno di questa specie. T. Ferraris e C. Massa. 398 HELICOTRICHUM OBSCURUM (Corda) Sace. Saec. Syll. IV p. 313. Su rametto secco a terra. Alba: Boschi presso la Madonna di Como. Marzo 1906. 399 FUSICLADIUM DENDRITICUM. (Wallr) Fekl. Sace. Syll. IV p. 345. Su foglie di Melo. Alba: Giugno 1910. 400 CLADOSPORIUM NODULOsUMCorda. Sace. Syll. IV p. 351. Su foglie ái Quercus sp. Monteu Roero (Alba) Giugno 1910. 401 CLADOSPORIUM GRACILE Corda. Sace. Syll. IV p. 361. Su foglie putride e marcescenti al suolo di Mespi/us germa- nica. Alba: Gennaio 1911. Osservaz. Conidiophoris faseieulatis simplicibus erectis, sub- flexuosis 200-220 v. long. septatis basi fuscis, sursum palli- dioribus in apiee quandoque inerassato-rotundatis, vel fere subelavulatis rarius attenuatis. Conidiis pallide fuscese‘nntibus, catenulatis, continuis vel 1-3 septatis, septis non constrietis, eylindrieis, apicibus subattenuatis 16—22=9—6 v. T. Ferraris. 402 HELMINTHOSPORIUM FUSIFORME Corda. Sace. Syll. IV p. 413. Su rametti secchi di Robinia pseudoacacia. Alba Marzo 1911. 403 CERCOSPORA RUBICOLA Thuem. Sace. Syll. IV p. 460. 864 DOTT. TEODORO FERRARIS E DOTT. CESARE MASSA Su foglie di Rubus fruticosus. Alba 1908. 404 CERCosPORA TRAVERSIANA Saec. Sace. Syll. XVIII p. 600. Su Trigonella foenum-graecum. Alba Giugno 1910. 405 MACROSPORIUM SARCINULA Berk. Saec. Syll. IV p. 524. Su frutti putrescenti di Cucurbita Pepo. Alba. Osservaz. Secondo me sarebbe — a Aacrosporium nitens. É (Fres.) Saee. Conidiofori brevi pallidamente olivaeei, fascico- lati t... 60—75=5, all’apice rotondati, semplici o quasi, poco settati. Conidii pallidamente olivaeei di forma varia, obovati, sarciniformi (la maggior parte) p. 15-19 di diametro, oppure oblunghi u. 24 = 17-19. T. Ferraris. 406 MACROSPORIUM HETERONEMUM (Desm.) Saec. VARIETÀ PANTOPHAEUM Saee. Syll. IV p. 525. Su piccioli putreseenti di Cucurbita Pepo Alba: Gennaio 1908. Osservaz. Conidii freschi color giallo oro, seceti bruni. 407 MacROSPORIUM MepicaGINIS Cugini. Sace. Syll. XVIII p. 618. Sulla Medicago sativa. Alba: Lu- glio 1910. Osservaz. Macchie prima piccole e scure, poi estendentisi a tutta la foglia e circondate da un margine nero, cespuglietti di conidiofori regolarmente disposti, ipofilli, semplici, retti, 1-2 settati (foschi, olivacei, fuligginei) u. 36 —44—5—T: Co- ER nidii apicali solitari staecantisi faeilmente fuligginei, granu- | losi ellissoidali, arrotondati alle estremità v. 20—27=12—20 uni-trisettati, leggermente stretti ai setti. C. Massa. (259) ALTERNARIA TENUIS Nees Saec. Syll. IV p. 545. = -Su foglie di Amarantus retroflexus: Alba 1910. = 408 ALTERNARIA BRASSICAE (Berk) Saec. ER Saee. Syll. IV p. 525 forma Exrriosa (Kühn) Ferr. = a Po- E lydesmus exitiosus Kühn Saee. Syll. IV p. 402. SEN: Su infiorescenza di Brassica oleracea: Alba Marzo 1907. PNRM k ieri a ede ed "-*- 2 MT ROT INE «ru E a NEMPE TEES —T- AA 8 u e š ms ee CUN OMNES MATERIALI PER UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTE 865 Osservaz. Conidii spesso a eatenelle olivacei plurisettati, con setti trasversali (rar. alcuni longitudinali) ristretti ai setti. T. Ferraris. STILBACEAE 409 STILBELLA ERYTHROCEPHALA (Ditm) Lind.—Stilbum erythrocephalum Sace. Syll. IV p. 567. Su stereo di Coniglio. Vaecheria (Alba) Novembre 1909. 410 Isarıa FELINA (DC) Fr. Sace. Syll. IV p. 587. Ò) cuxICULINA Ferraris in Hyphales pag. 152. Socia alla pre- cedente su sterco di Coniglio raecolto a terra e tenuto per qualche tempo in eamera umida. Alba Novembre 1909. 411 COREMIUM GLAUCUM Fr. Sace. Syll. IV p. 581. Su una placea di gelatina a lungo lasciata essiccare in scat- tola Petri, Alba Novembre 1911. Osservaz. Sinnema a base fioceoso — globulosa, citrina, for- mata da ife densamente intrecciate; stipiti ialini lunghi anche 2 mm. e più, semplici o raramente biforcati terminati all’a- pice da un capitolo globoso od oblungo, polverulento, glau- cescente per i molti conidii disposti in lunghe catenelle su conidiofori divaricati e penicillati all'apiee a mò dei Peni- cilliu:a. Conidii piccoli. ovati 2,5 —3—2 y, Si avvicina nel- l’insieme al disegno della specie che ne da Corda (Praehtfl. tab. 25.) T. Ferraris. TUBERCULARIACEAE — 412 TUBERCULARIA SARMENTORUM Fr. Saec. Syll. IV p. 645. Su tralci secchi di Vitis Vinifera: Alba 1910. 866 DOTT, TEODORO FERRARIS E DOTT. CESARE MASSA 413 SPHACELIA TYPHINA (Pers) Sace. Sace. Syll. IV p. 666. Su infiorescenza di Poa sp. Alba (Prati umidi.) 1907. 414 Fusarium oxysporum Se! lecht. Sace. Syll. IV p. 705. Su piccioli putrescenti di Cucurbita pepo: Alba Gennaio 1908. Osservaz. Sporod. giallo-araneiati, conidii corti, larghi, m. 28—35=5 coi setti areuati, ecnidii fortemente curvi. Si av- vicina alla forma Lycopersict. 415 FUSARIUM INCARNATUM (Desm) Sace. Sace. Syll. IV p. 712. Su piccioli putrescenti di Cucurbita pepo: Alba Gennaio 1908 Osservaz. Sporod. largamente effusi bissinei, candidi, poi ros- so sanguigni specialmente al centro. Conidiofori subrosei riu- niti in cordoni a sinnema di poche ife, parallele e largamente decorrenti, settate lateralmente ramoso conidifere, conidii di- ritti o curvoli 3— settati, ialini o subrosei, acuti, quasi non ristretti ai setti n. 40—45—5— 6. T. Ferraris. 416 FUSARIUM AURANTIACUM (Link.) Corda. Saee. Syll. IV p. 720. Su piccioli di Cucurbita Pepo putrescenti, Alba: Genn. 1908. Osservaz. Sporod. vivamente aranciati, conidii 3-5 settati ia- lini u. 40—45—4,5 ar.uati ed acutissimi. T. Ferraris 417 PIONNOTES BIASOLETTIANA (Corda) Saee. Saec. Syll. IV p. 725. Su corteccia di Vitis Viniferc: Alba Giugno 1906. (286) Ericoccum PURPURASCENS Ebrbg. Sace. Syll. IV p. 136. Su foglie di Amarantus retroflexus, Alba 1910. 418 EPICOCCUM NEGLECTUM Desm. Sace. Syll. IV p. 737. — Su foglie di Silene sp. Monteu Roero (Alba) Giugno 1910. — Su foglie di Robinia Pseudoacacia Alba 1911. ai T TN + i StS Ee d SE, i E : CERNI E ee et E E EI "TE Eu us I DONUM 5 ^ |] 209 2 50 qe ERIT En MATERIALI PER UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTH 961 MYCELIA STERILIA — (288) RHACODIUM CELLARE Pers. Sace, Syll. XIV p. 1189. Nelle castagne affumicate di cui produce il < Nerume > Alba Dicembre 1908, CONCLUSIONE Le specie nuove riferite sono successivamente: * (1) 1. LEPTOSPHAÉRIA CANNABINA Ferraris et Massa su Cannabis sativa (foglie) Alba: Luglio 1911. T die LEPTOSPHAERIA ULMICOLA Massa su Ulmus campestris (foglie) Alba: Ottobre 1911. TE ada RABENHORSTIA MATTIROLIANA Massa ° su rami secchi, Alba: Maggio 1911. xn A. ASCOCHYTA ACERICOLA Massa su Acer campestris (foglie). Alba Novembre 1902. T ON HENDERSONIA VIBURNI Massa su Viburnum lantana (foglie) Alba: Settembre 1909. a ` RHABDOSPORA VITICOLA, Massa | su peduncoli di acini d'uva. Alba: Settembre 1901 | * T. Oospora FLoccosa Ferraris. su Dianthus caryophyllus (caule marcescente) Alba Gennaio 1909 T © Oospora HALOPHILA Ferraris, | su frammenti di Boletus edulis conservati in sale. Alba: No- vembre 1906, " 9. OosPORA. CUNICULINA Massa su stereo putrescente di Coniglio. Alba: Maggio 1905. (1) Gli asterischi indicano le specie già pubblicate in Ferraris et Massa « Micro- miceti nuovi o rari per la Flora Micologica Italiana » Nota Prima, estratto degli « An- nales Mycologici > Sydow. Berlino 1912 pagg. 285-302. 368 - r o DOTT. TEODORO FERRARIS E DOTT. CESARE MASSA Orptum CYNARAE Ferraris et Massa su Cynara scolymus (foglie) Alba: Settembre 1910. Le varietà o forme nuove seguenti: LEPTOSPHAERIA ARRHENATHERI Hazsl. VAR. ITALICA. Massa su Arrhenatherum elatius (foglie) Alba 1910. PLEOSPORA HERBARUM (Pers.) Rabh. ror. TRITOMAE. Ferraris et Massa su Tritoma sp. (peduncoli fiorali secchi.) Alba Die. 1902. PHYLLOSTICTA JULIA Speg. FOR. ITALICA Ferraris et Massa su Datura fastuosa (foglie) Alba: Agosto 1908, PHYLLOSTICTA MELISSOPHYLLI Pass. FOR. MICROSPOR& Ferraris et Massa su Melittis melissophyllum (foglie) Alba: Maggio 1906. CONIOTHYRIUM OLIVACEUM Don. FOR. CORNICOLA Massa su Cornus sanguinea (foglie) Alba 1911. DipLopia LAUREOLAE Fautr. FOR, MEZEREI Ferraris su Daphne Mezereum (rametti secchi) Alba Febbraio 1904. SEPTORIA TRAILIANA Saec. VAR. ITALICA Ferraris su Brunella vulgaris (foglie) Alba: Giugno 1905. COLLETOTRICHUM OLIGOCHAETUM Cav. FOR. BRYONIAE Ferraris su Bryonia dioica (foglie) Alba: Maggio 1906. ASPERGILLUS CALYPTRATUS Aud. var. ITALICUS Ferraris: alla superficie di un Tuber melanosporum quasi putrescente con- servato da lungo tempo in alcool denaturato. Alba: Gennaio 1911. SPOROTRICHUM FLAVICANS Fries. VAR. SPICATUM Ferraris, sul turaeciolo di una boccetta contenente della soluz. concen- trata di acido pierieo. Alba Febbraio 1908. Hanno inoltre speeiale interesse le seguenti specie: MACROPHOMA CRUENTA (Fr.) Ferraris = PhyMosticta cruenta Fr. = Macrophoma Polygonati Ferraris. su Polygonatum officinale (foglie). Alba 1903, citata per le osservazioni critiche ed il nuovo nome. MONILIA NECANS (Passer.) Ferraris = Ramularia necans Passer. = Ovularia necans Sace, MATERIALI PER UNA FLORA MICOLOGICA DEL PIEMONTE 269 su Mespilus germanica (foglie) Monticello d'Alba: Maggio 1906, citata per il cambiamento di nome. i CLONOSTACHYS ARAUCARIA Corda B COMPACTA Preuss. su Dianthus caryophyllus (caule putrido) Alba: Gennaio 1909, interessante per osservazionl e note relative. HADROTRICHUM SorcHI (Pass. Ferraris et Massa. = Fusicla- dium Sorghi Pass. su Sorghum halepense (foglie). Alba Giugno 1910, notevole per il cambiamento del nome del Genere e la relativa no'a critica. — RECENSIONI Exkursionfiora con Java (Koorders) È venuto di recente alla luce l'ultima parte di quest’ opera che, come si annunciò in una precedente recensione, appartiene alla Casa Editrice del Dr. Fischer di Jena. Il 3. volume, che comprende le Dicotiledoni (Metachlamidee), è il- lustrato da 6 tavole in eliotipia, da 4 carte e da 19 figure nel testo: Esso è inoltre corredato da aggiunte ed innovazioni, da una minuziosa errata-corrige, dall’elenco dei nomi volgari (giavanesi) e scientifici delle specie e dei generi e dall’indice generale di questi, nonchè delle Fa- miglie vegetali presenti nell'Isola di Giava. Splendide sono le tavole che illustrano alcune formazioni ed associazioni vegetali e così pure bellissime le carte geografiche. Nella prima di queste sono illustrate le principali vie di comunicazione del territorio giavanese, le elevazioni, i centri abitati e le riserve forestali : nella seconda sono riportate le quattro regioni ideate dal Junghuhn, come pure il profilo, o sezione longitudinale, dell’isola, colle altezze dei monti e la natura di questi; nella terza carta, forse la più interessante pel botanico, tratteggiato con differenti colori le foreste udine (Regenwalde) le foreste a Tectona, le varie specie di Savanne, i territo î coltivati. Infine la quarta illustra i territori botanici orientali, centrali ed occidentali dell isola, colle re- lative stazioni botaniche e riserve forestali. Non occorre dire che il libro sarà destinato ad un grande suc- cesso e seguerà indubbiamente una importante data nel progresso seien- tifico della botanica delle regioni tropicali. L. Buscalioni | funghi della Provincia di Brandeburgo Il 2. fascicolo del 7° volume della Flora crittogamica della Pro- vincia di Brandeburgo pubblicata a cura della Bot. Verein della Prov, 872 RECENSIONI Brandeb. è consacrato ai funghi della regione. Ne sono autori il Prof. Lindau e il Dr. K. Kirekstein i quali iniziano lo studio cogli Sphae- riales. Nel fascicolo sono illustrate le famiglie delle Chzetomiaceae, Sor- dariaceae, Sphaeríaceae, Ceratostomataceae, Amphisphaeriaceae, Lophi- ostomaíaceae e Cucurbitariaceae. Per rendere accessibile ed utile l'opera anche a coloro che non sono molto versati nello stadio dei funghi gli A. hanno fatto largo impiego di tabelle e chiavi dicotomiche, come si riscontra nei trattati di floristica riflettenti le Fanerogame. Grazie a siffatto metodo lo stu- dioso arriva facilmente dalla famiglia alla specie, tanto più che alla descrizione di ogni singola famiglia fu seguito la chiave divotomica dei generi, ed alla descrizione di questi la tavola dicotomica delle specie. Per ogni specie è data una suecinta descrizione dei caratteri più importanti. Inoltre ogni genere é illustrato (per lo più nelle ta- vole annesse al volume) colla figura di una delle specie che lo com- pongono. La figura ci mostra il fungo nelle sue naturali dimensioni, mentre gli apparati di riproduzione (spore e sponrangi) sono rappre- sentati fortemente ingranditi. Per quanto concerne la circoscrizione delle Famiglie, ed in gran parte anche dei Gener', gli A. si sono attenuti all'opera: Die natür- lichen Pflanzenfamilien dell’ Engler e Prantl. I Generi Podospora Ce- sati e Bombardia Fries sono stati inglobati in un solo che prende no- me dal secondo, più antico, poichè nel Genere Podospora, come in quello di Bombardia (per opera di Kirkestein), fu incontrato il earat- teristico processo di sviluppo delle spore stato segnalato da Winter, di guisa che viene a mancare la ragione della separazione. Fra le forme descritte se ne trovano alcune molto rare, o poco note. Fra queste vanno annoverate alcune specie che oggi giorno furono soltanto indicate per l’Italia settentriona'e come Cera'ostoma rhyncho- phorum (De Not.) W. Kirekst: Bizzozeria veneta Saccardo e Ber- lese; Fracchiaea eterogenea Saccardo; Pseudolizonia Buildinii Pirotta. Molte specie, a causa della mancanza di genuini caratteri dif- ferenziali, vennero fuse in una sola ; altre all'opposto incorporate in differenti generi. Come speeie nuove vennero deseritte : OP MEUSE TET ES qn TE : 3 | * : i 1 : ep s Io M; ai LR o d Z er a RECENSIONI 878 Bombaria idrophyla e nigro-papillata, Delittschia Sydowiana, Pieophragmia pleospora, Trichosphaeria angularis, Rosellinia fusi- spora e tunicata, Melanopsamma sphaeroidea, Herpotrichia leptospora, Lasiosphaeria coaila e leptochaeta, Zignoella lentskeana, Melanomma corticis. Ceratostomella similis, Amphishaeria brachyspora e hyalinospora. Il materiale di studio fu ricavato in specie dalla Mycotheca Mar- chica di Sydow, dall’ Erbario del Museo Belinose (Dahlem), dalle rac- colte di Otto Jaap (Amburgo) e dalle collezioni personali degli Autori. G. Muscatello A. Engler e E. Gilg— Syllabus d. Pflanzenfamilien — T. Ediz. (Born- triager, Berlin 1912). Coordinata eolsistema di classificazione adottato per l'opera « Die natürlichen Pflanzenfamilien» l'interessante pubblicazione non manche- rà di trovar buona raccoglieaza fra gli studiosi della Botanica e spe- cialmente presso i farmacisti ed i cultori della botanica sistematica e di quella medica ed applicata. Il compito della determinazione delle singole Specie, in particolar modo di quelle più utili praticamente, come del resto anche dei Ge- neri e delle Famiglie, mercè l’ opera dei Prof. Engler e Gilg riesce grandemente agevolato, numerosissime essendo le figure che illustrano il testo (circa 500 in 383 pagine, molte delle quali originali). Inoltre lo studioso facilmente arriva a rilevare nelle singole Famiglie, le Spe- cie più utili o più importanti, poichè le stesse sono contrassegnate in carattere grassetto. Ad una succinta introduzione che illustra lo scopo del libro fa seguito un breve cenno dei principi che devono regolare la coordina- zione sistematica delle forme vegetali, la quale, come è noto, deve es- ser basata sulle affinità naturali. Poichè questa parte del volume rive- ste pure non poca importanza per l’autorità dei nomi che l’hanno com- pilata cercheremo di riassumerla brevemente. Le variazioni fluttuanti, le mutazioni, l'atavismo, la generazione alternante, le forme giovanili costituiscono delle modalità di eui il bo- tanico deve tener conto nella classificazione, valendo esse a stabilire le affinità. Trattandosi di organismi inferiori grande assegnamento do- 874 RECENSIONI vrà pure farsi alla interna struttura e alla costituzione chimica di essi, poco marcate essendo le variazioni nella costituzione morfologica anche fra forme poco affini. Se il principio che la ontogenesi ripete la filogenesi è valido, de- vesi tuttavia andar cauti nella sua applicazione, non potendo esso in- tervenir in causa allorchè trattasi di sviluppo parallelo di forme non innestate su un ceppo comune filogenetico. Appartengono ad una Famiglia quei gruppi di forme che presen- tano una più o meno grande somma di caratteri comuni, pur avendo i vari rappresentanti delle caratteristiche peculiari. Una Famiglia si presenta tanto più nettamente circoscritta quanto più è costituita da forme differenziantisi per gradi lievi fra loro. Quando tra i rappresen- tanti esistono dei < salti > la delimitazione della Famiglia riesce più malagevole. Si comprende pertanto come molte volte la circoscrizione di una Famiglia sia sottoposta a criteri personali e che gli autori diano dit- ferente importanza ai vari caratteri ritenuti come capisaldi per la clas- sificazione. Dalle Famiglie riechissime di Specie si passa per gradi alle monotipiche. Allo stesso modo che i Generi si aggruppano su Famiglie queste si uniscono in Classi: le une e le altre possono comprendere dei tipi aberranti in cui mancano talune delle caratteristiche più cospicue dal punto di vista sistematico: tali forme non vengono tuttavia staccate pol- chè, fra l’altro, i caratteri apparentemente mancanti possono trovarsi allo stato latente. I caratteri su cui si basano le classificazioni sono importanti e se- condari, ma questi ultimi acquistano talora maggiore dignità dei pri- mi; sta intanto il fatto che non pochi caratteri i quali dai botanici dell’antica scuola erano ritenuti come fondamentali, dal punto di vista tassonomico, ora sono diventati accessori ed hanno ceduto il posto ad altri. E’ compito del sistematico di raggruppare le forme sia in base a concetti morfologici che filogenetiei, ma poichè i documenti fossili so- no spesso monchi, egli farà particolare assegnamento alle caratteristi- che delle forme viventi. Indubbiamente il problema filogenetico si pre- RECENSIONI 875 senta quanto mai complesso, inquantochè forme similari possono esser divenute tali per adattamento, anzichè per derivazione ed inoltre il botanico ignora gli stadi evolutivi che hanno attraversato le varie forme. Gravi difficoltà spesso si affaceiano allorchè trattasi di stabilire se una data forma o struttura semplificata sia tale dall'origine o non piuttosto divenuta tale per riduzione (involuzione). Si aggiunga ancora che forme semplici possono rappresentare una innovazione, vale a dire indicare una tappa ulteriore nello sviluppo rispetto ad altre più com- plesse (forme parassite rispetto a quelle ce non sono tali nello stesso gruppo). Non sempre uguale grado di progressione è indizio di affinità, lo stesso potendo essere raggiunto da forme appartenenti a serie paralle- le; perciò sono talora più affini fra loro forme discoste sulle vie della evoluzione, ma appartenenti ad una serie. L' affinità in tali easi può esser stabilita in base a criteri di indole geografica (in ispecie se sì tratta di forme accantonate), sia in base alle caratteristiche anatomi- che non sottoposte all’azione del mezzo esterno. L’ anatomia c'insegna che dalle forme più semplici si arriva alle più complesse mercè un progressivo perfezionamento; é però discutibi- le se sisfatte modificazioni progressive abbiano da esser ritenute co- stantemente quali caratteristiche utili pel sistematico. E a questo pro- posito daremo maggior importanza a quelle caratteristiche reperibili con una certa costanza in forme viventi in condizioni disparate, o in forme apparentemente poco similari, ma viventi in condizioni analoghe; così la presenza di cellule annesse agli stomi in piante viventi in con- dizioni disparate può esser un ottimo elemento di diagnosi. Nello sviluppo del germoglio si ha indizio di progressione quanto si passa dai tipi omomorfi a quelli eteromorfi. Anete il tipo di fillo- tassi va presa in considerazione. Nell’ ambito della infiorescenza è dubbio se il tipo racemoso sia superiore a quello cimoso: sta però il fatto che possono insorgere com - plieazioni di varia natura, come riduzioni, conerescenze, spostamenti con passaggio alla dorsoventralità, accenni di unisessualità, aborti, 876 RECENSIONI eteromorfosi ete., per eui il nesso filogenetico risulta oltremodo masche- rato. Il massimo della complicazione si ha colla pseudanzia. Variabile assai ë la progressione negli organi di riproduzione: la isogamia trapassa all'eterogamia ed all'oogamia: nell'ambito delle Ar- chegoniate col perfezionamento si riduce il protallo e con questo il numero degli apparati sessuali è e 9, tanto che al fine la fecondazio- ne avviene in seno alla spora. L'asse fiorale richiama pure l'attenzione, essendo esso un germo- glio. Originario ë il tipo convesso che si perfeziona coll’ interpolazio: ne degli iaternodi fra i vari membri del fiore, coll’allargamento a di- sco, coll’infossamento a calice, colla periginia ed epiginia. Queste due ultime disposizioni possono comparire ripetutamente in uno stesso grup- po, oppure presentarsi con una grande costanza in taluni aggruppa- menti. Poco chiara è la progressione nei riguardi della disposizione a spira o verticillata (in l. s.) delle foglie: poichè tuttavia la disposizio- ne verticillata dei membri fiorali è indizio di perfezionamento, altret- tanto deve dirsi per la uguale disposizione dei fillomi vegetativi (1). La zigomorfismo deriva dall’ actinomorfismo: i fiori aclamidati, quando non sia il caso di aborti, rappresentano delle forme degradate, essi prevalgono in aleune Famiglie, appartenenti sia alle Dicotiledoni che alle Monocotiledoni. Gli autori diseutono a lungo sul grado di perfezionamento rag- giunto dalle forme aclamidate o aploelamidate, dielamidate, dai tipi fio- rali bratteoidi e corollinici, da quelli omojoelamidati ed eteroclamidati: essi fanno rilevare che si puó eadere in errore a riguardo della di- sposizione dei Fillomi fiorali involueranti se noz si tien conto della disposizione degli stami, e piü ancora della cireostanza che questi pos- sone trasformarsi in quelli assumendone le posizieni e le funzioni. I Fillomi fiorali possono esser isolati o fusi fra loro. In quest'ul- (1) L'autore della presente recensione pubblicò alcuni anni or sono, una comuni- cazione preventiva nel Bull. d. Accad. Gioenia di Catania, allo scopo di dimostrare che la gamopetalia é assai più frequentemente accompagnata dalla fillotassi verticillata, anziché da quella sparsa, per cui havvi una strettissima correlazione fra gamopetalia e disposizione verticillata delle foglie. RI RO IRE POSE Sai 4 ESC pata RECENSIONI 877 timo caso si ha la sinfillodia che è rara nelle speeiv apoclamidate, frequentissima nelle eteroclamidate e si presenta talora più volte in una data Famiglia. À queste disposizioni evolutive si eontrappongono quelle di ri- duzione che però talora è sola apparente, nel qual caso si ha anzi progressione. Diffieile ë tuttavia distinguer questa da arresti reali nel- la evoluzione. Sono le forme ac'amidate e apoclamidate sempre ridot- te, o non piuttosto primordiali ? Le risposta ë incerta. I fiori possono ancora esser apopetali e apoclamidati. Forse nei passato si é andati troppo oltre nell'ammettere l'aborto dei fillomi invo ueranti, e non è sempre lecito affermare che le forme anemofile a involucri ridotti o mancanti siano sempre der.vate dalle zoofile a fiori più o meno involucrati. In generale i fiori ermafroditi rappresentano uno stadio primor- diale e più arcaico rispetto agli unisessuali. Le Gimnosperme, eoi mierosprorangi dal lato inferiore dei fillo- mi staminif ri, mostrano una certa affinità colla Pteridofite. Più evo- lute sono le Angiosperme coi microsporangi da ambo le faccie del fil- loma. Nelle divisioni della cellula arehespora i setti possono formarsi simultaneamente (Dicotiledonee), o suecessivamente |Monocoiledonee, Ninfeacee): vi ha qui adunque un criterio per stabilire la progressione, la quale si manifesta pure colla segmentazione trarversale delle logge colla formazione delle massule polliniehe, e colla comparsa di nettari staminali. La progressione nel polline ë segnalata da riduzione nel numero delle cellule di protallo (v. lavori di Lopriore e di Nicolosi Roneati sulle Gimensperme. N. d. L. B.), dalla scomparsa del tipo anterozoideo e da altre modifieazioni secondarie (calazogamia, ramifieazione del tu- betto pollinieo (v. lavori di Longo N. d. L. B.) ` Nell'ambito degli stami la disposizione ciclica segna un progres- so su quella a spirale: lo stesso dicasi per la fusione degli stami ri- spetto allo stato libero degli stessi, per le ramiticazioni loro di fronte alla struttura semplice, e infine per la disposizione zigomorfica dell'apparato maschile rispetto alla actinomorfica. A riguardo del numero e della disposizione degli stami non si 878 RECENSIONI può sempre affermare che le forme a stami polieieliei siano filogeneti- - camente più arcaiche di quelle monocicliche, salvo il caso che la pre- senza di nettari (staminodi) non intervenga come elemento di diagnosi e non si abbia un evidente segno di riduzione (Iridacee). Enomemen- te ridotte sono le forme a 1 stame. Indizio di progressione e lo sviluppo dello stigma (v. lavori di Nicotra. n. di L. B). Le forme a carpelli liberi (apoccarpe) soro me- no evolute, come l’attesta la comparsa dalla disposizione a spira degli ovari in tali forme. L’apocarpia compare però anche in seno a Fami- glie sincarpiche per eccellenza, e spesso si presenta con carpelli atro- fici o sterili, il che può esser indizio di progressione. La sinearpia ha luogo nelle forme a carpelli vertieil'ati. La ri- duzione nel numero delle loggie e degli ovuli segna un’altra tappa evolutiva, quando in specie il numero originario dei carpelli è anco- ra indicato da quello degli stili o degli stimmi. Alla placentazione assile centrale dei ginecei sincarpi e tramezzati si contrappone quel- la parietale nei ginece uiloculari sincarpi. Non sempre tuttavia si può parlare di perfezionamento allorchè si ha placentazione parietale, poichè dipende da molte accidentalità se i setti si formano o no nelle sincarpia. Vi ha invece spesso indubbio rapporto tra le placendazione basale-centrale, libera in gineceo unilocolare e la placentazione cen- trale in ginaceo pluriloculare. Falsi setti indicano sempre un motivo nuovo di progressione. Vario è il numero dei semi nell’ovario a talora esso varia nei differenti carpelli di uno stesso fiore; la riduzione numerica non è sempre indizio di progressione. Le forme a semi con un solo tegumento sono spesso arcaiche, talora però anche derivate; notevole è il fatto che nelle Monocotiled- lonee e Archiclamidate predominano le forme a 2 integumenti, nelle Simpetale invece quelle a un solo. Nelle forme degradate una secrezione mucilagginosa agevola il percorso dell'elemento maschile; in quelle più evolute questo si apre la via attraverso a tessuti rigidi per arrivare alla cellula 9. Lo svi- luppo dello stilo, dello stimma e delle papille indica un perfeziona- mento. In talune Santalacee e in Torenia il sacco embrionale o la ma- "Ie ME T Nu ecu RECENSIONI 879 erospora va ad ineontrare il tubetto pollinieo (lo stesso ha luogo anche in alcune Gimnosperme N. d. L. B.) infine apogamia, parte- nogesi ed altre particolarità sono il prodotto di evoluzione, come lo è il campilatropismo e .’anatropismo rispetto all'ortotropismo. Poco si può dire a riguardo del perfezionamento nella costituzio- ne del frutto, essendo quest’organo molto influenzato dal mezzo ester- no: le caratceristiche evolutive compaiono perciò molto di frequenti in varie Famiglie. Altrettando può accamparsi nei riguardi dei tegumendi seminali e dal seme in genere: segni tuttavia di progressione la sono comparsa dell'arillo, la permanenza dell'embrione nel seme sino a esaurimento delle sostanze nutriritive, la presenza di un sospensore e la natura del contenuto delle cellule endospermiche (4). Paralleli sono i tipi dicotiledonei e nonocotiledonei, anzi che derivati l’uno dall’altro: le forme tuberose monocotili e quelle acotili fra le parassite non accennano a stati arcaici, ma bensi a progressione. Dallo studio dell’apparato fiorale risulta che il nesso filogenetico viene talora mascherato dalle differenti vie seguite nell'evoluzione dai differenti ordini. Lo stesso motivo filogenetico poi si ripete talora in uno stesso gruppo saltuariamente, per cui nasce una « combinazione di progressioni ». Ora compito del sistematico è quello di sceverare, in mezzo alle varie modalità di evoluzioni, il filo conduttore filogenetico comune ai vari tipi di una Famiglia, avendo però sempre presente che l'evoluzione in senso lineare non è ovunque reperibile. In seno ad ognuno dei rami in cui si è smembrato un determi- nato gruppo le affinità sono maggiori che fra i rappresentanti di rami differenti; sebbene in tutti si presenti più o meno manifesto il moti- vo originale ele ha dato la fisonomia del gruppo in questione. In particolar modo devesi porre attenzione all'evoluzione degli involucri fiorali che ha percorso differeuti strade e raggiunto un diffe- rente grado nei varii gruppi. Si può pertanto ammettere che l’evolu- (1) A riguardo degli apparati di riproduzione P A. della presente recensione ritie- ne che la caulifloria sia un indizio di condizione arcaica (v. Buscalioni: la caulifloria Malpiglia 1906). 2 m PE EI d 380 RECENSIONI zione delle Simpetale non è monofiletiea, ma polifiletica, poichè gruppi differenti delle Archielamidate possono aver raggiunto tale stadio. E’ però indubbio che non poche delle divisioni delle Siempetali, sono strettamente fra loro congiunte da reali vincoli di parentela, e d'altra parte non poeh esempi di coripetalia in seno alla Simpetalia non de. vono per lo più esser considerati quali ritorni. A questa interessante sintesi della filogenesi nel mondo vegetale gli autori fanno seguire un breve cenno storico delle principali classi- ficazioni ed infine si passa alle descrizioni delle forme vegetali, te- nendo come base di classificazione quella proposta dall'Engler s'esso. Il volume termina con nn breve cenno sulla distribuzione geogra- fica delle piante e sulla cost tuzione dei differenti territori floristici. L. Buscalioni Reno Muschler. A Manual Flora of Egypt (Berlin: Friedländer et Sohn 1912). Questo manuale che fa seguito alle pubblicazioni di Delile, di Ascherson (J) e di Se" weinfurth e che costituisce in certo qual modo il complemento, verrà benevolmente accolto e eon profitto consultato da tutti coloro che si occupano della vegetazione delle regioni afri- cane settentrionali. I due volumi di cui consta l’opera colmano una grande lacuna scientifica, poichè le specie vegetali della regione egiziana sono ac- curatamente descritte, assieme ai generi ed alle famiglie. Ed in questo sta appunto il merito dell'opera del Muschler, poi- ché prima della comparsa del < Manuale» lo studiosc della flora egi- ziana doveva fare pressoché unico assegnamento sull’ingombrante flora del Boissier e su quella di Post che solo subordinatamente trattano della vegetazione dell’Egitto, (1) L’illustre scienziato veniva a mancare proprio di questi giorni (6 marzo 1913) nell’età di 79 anni. La scienza ha perduto uno dei suoi migliori cultori, ben noto nel mondo botanico per i suoi interessanti lavcri sulle flore d'Europa e dell’Africa setten- trionale e tutti coloro che, come l’autore della presente nota, ebbero occasione di cono- scere ed ammirarne le belle doti d’animo dell’illustre estinto non mancheranno di sen- tire alto il cordoglio per l’irreparabile perdita. RECENSIONI 381 Per dimostrare l'utilità della nuova opera basterà ricordare che essa illustra oltre 1500 specie, mentre prima le specie eleneate arriva- vano appena a 1316: aggiungesi ancora che il Muschler ha vissuto a lungo in Egitto che percorse in ogni senso ed inoltre, nella sua qua- lità di Assistente presso il celebre Istituto botanico di Dahlem, ba pc- tuto consultare, oltre alle proprie collezioni, anche quelle dell’Istituto e le non meno importanti dei Prof. Schweinfurth e Ascherson e di altri eminenti botanici, i quali poi hanno validamente coadiuvato il Musehler col consiglio o coi dettami della personale esperienza in me- rito alla flora egiziana. Il Manuale contempla unicamente la flora dell’Egitto, ma per ogni specie l’A. da la distribuzione geografica anche fuori del territo- rio studiato, di guisa che il lettore si fa una chiara rappresentazione dei rapporti floridici di questa contrada. Per le specie endemiche sono riportate, per quanto era possibile, tutte le località in cui esse furono rinvenute, mentre per quelle utili industrialmente od altrimenti è fat- ta menzione delle proprietà interessanti. ; Oltre alla illustrazione delle specie il Muschler ha dato una bre- ve deserizione dei generi, delle famiglie e delle classi, come pure ha fatto precedere la descrizione delle varie suddivisioni da una chiave a- nalitica. Le singole specie vennere quasi sempre illustrate con deseri- zioni originali, frutto dell’osservazione diretta della pianta vivente o conservata in erbario; oltre a ciò l'A. ha sempre avuto cura di far i dovuti confronti colle descrizioni che ci banno tramandato il Boissier ed altri autori. L’opera comincia colle Embrioite asifonogame (Arche- goniate) secondo lo schema della classificazione dell'Engler. Per ogni specie é indicata l'opera in cui trovasi illustrata, e le particolarità biologiche più importanti che essa presenta. All’interessante parte sistematica fanno seguito, nel secondo vo- lume, alcune appendici. APPENDICE I. L'autore accenna alle scoperte botaniche fattasi in Egitto. In un primo periodo i botanici si sono limitati a viaggia- re la regione; esso comincia con osservazioni di Forsk4l (1761) e ter- ` mina con quelle di Ascherson e Schweinfurth (Aufzahlung sammtlicher Zurzeit bekannten Phanerag. u, Gefüsskrypt. aus d. Gesammtgebiete 882 RECENSIONI d. Nilländer 1867). A questo succede il secondo e forse più impor- tante il quale si inizia coll’anno 1865. ed è caratterizzato dalle osser- vazioni fatte da botanici residenti nel territorio Alle esplorazioni di Forskal seguono quelle di Delile che prese parte alla grande spedizio- ne militare di Napoleone I (1798). Esso ci ha dato una descrizione dell’ Egitto, una atlante di piante di questa regione e la ben nota « Florae aegiptiacae illustratio ». Vengono in seguito le ricerche di Caillaud, Sieber, Hemprich e Ehrenberg, Saebo, Brocchi, Acerbi (e collezioni di quest'autore furono deseritte dal Visiani nell'opera: Plan- tae Aegypti ac Nubiae et. Padova 1836) Aucher Eloy, Bovè, Schimper e Kotschy, Samartini, Figari Bey (le cui collesioni, frutto di 30 anni di ricerche e depositate a Parigi, furono illustrate da Baker Webb nei «Fragmenta Flor. Etiop. Egypt.») Boisser, Schweinfurth (Beitr. S. fl. Aeth) Pfund, Klunzinger, Siekeaberger, Cramer, Heusen e Suer- mondt, Volkens, Deflers, Gaillardot, Schneider et Hurst. Oltre alle opere sopra ricordate, grazie alle esplorazioni fatlesi in Egitto, sono comparsi molti lavori sulla flora di questo paese, che noi esamineremo limitandoci però ai principali: Figari Bey, studi scien- tifici nell'Egitto 1850: Klutzinger Die Veget. d. aeg. arab. Wüste etc. (Zeitsehr. Gesellsch. su Erdkunde, Berlino 1878): Comes, Catalogo di piante raecolte dal Prof. A. Costa in Egitto e Palestina nel 1874 Napoli 1880: Barbey, Herbor. au Levant, Lausanne 1882: Saneider, Ueb di Flora d. Wüste um Ramleh, Iris 1871; Hort, List of Desert Plants colleet at Ramleh, Manehster Mem. Litt. and Phil. Soe. 1878. La flora Egiziana veniva pure illustrata nel 1889 dal Sikember- ger colle Contributions à la flore d'Egypte. nel 1908, dal Muschler stesso colle Emmeriat.d.alg. marin. et d'eau douce observées, jusqu' a cet jonr eu Egypte (Mem. d. l'Inst. Egypt. 1908) e infine nel 1909 dal Bomfield eolle Wild Flowers around Alexandria. A coronare questo edifizio scientifico di indole sistematica venne in buon punto la elassiea pubblieazione del Volkens Die. Flora d. ae- gyptisce-arab. Wüste auf Grundlage anat. physiol. Forsehungen, che illustra la vegetazione dal punto di vista biologieo. APPENDICE II. E' eonsaerata alla fitogeografia ed alla geologia dell'Egitto, con particolare riguardo allo studio del Nilo e dei suoi d xd e 5 a EN Er ? ef zk m E NE. AE QUE — E En use S È pm E m h Š A Y 3 CUTS S TEE ET E E e EE EE E E EE E E EE E RECENSIONI 883 aflluenti e del Delta nilotico, la cui costituzione, come è noto, si è an- data lentamente modificando. Fitogeograficamente l'Egitto far parte della provincia desertica afro-indica nordica: il territorio west del Nilo appartiene alla Pro- vincia del Grande Sahara, quello a Est del fiume all’Egizio-arabica; tra i due si accampa il territorio fertile. L’area floristica egiziana è stata dal Muschler suddivisa nelle seguenti cinque regioni: 1. Regione mediterranea. E’ suddivisa in due subregioni: una oc- cidentale, l’altra orientale, rispetto al Nilo. Sabbiosa e sparsa di dune e con qualche colle essa ci offre un clima piovoso d'inverno, saharia- no d'estate. La flora che é in piena fioritura dall'autunno tardi all'in- verno, presenta notevoli affinità con quelle della Siria e della Cire- naica, i 2, Regione del Delte nilotico. a) Subregione del Delta p. d. Comin- eia al Cairo, sebbene il Delta oggigiorno prenda origine piü a Nord, ed è formata dalle alluvioni del fiume che oceupuno 239000 Kq. Le con- dizioni climatiche sono pressochè quelle della regione mediterranea, come l'attestano le tabelle dell’A. riportate; le precipitazioni sono tut- tavia poeo notevoli, fatta eccezione per Alessandria.Ilavovi di sbar- ramento eseguiti su! Nilo hanno favorito lo sviluppo dell'agricoltura, la quale poi a eausa della sua estensione ha contribuito a modifieare il clima locale. b) Pi Fayum. In parte arido, in parte occupato da un lago, con una estensione di 12000 Kq. presenta circa 1800 Kq. col- tivati, e questi sono in gran parte ricoperti dalle alluvioni nilotiche. Estesi tratti della regione sono soleati da burroni, mentre altri con- stano di terreni sabbiosi eocenici, oppure di terre salate. Canali arti- ficiali hanno permesso la coltivazione in aree primitivamente aride. Il lago Birket, il quale va continuamente restringendosi per lasciare così allo scoperto nuove spiaggie sabbiose e salate, è, secondo Schweinfurth, alimentato da falda sotterranea per cui si spiega come le sue acque siano freschissime. Il territorio del Fajum non è ancor ben noto geolo- gieamente: le roccie sono in parte sedimentarie, in parte basaltiche. Le specie della regione non sono endemiche. c. La stretta valle alluvio- nale del Nilo. Il lato orientale del bacino nilotico è assai più esteso di quello occidentale: il primo è inoltre quasi più soggetto alle pre- 384 RECENSIONI eipitazioni meteoriche del seeondo. La maggior ristrettezza del ver- sante West ë dovuia al fatto che da questo lato il fiume si seosta poco dalla barriera desertica, mentre a Est scorre in una ampia pia- nura, essendo i monti allineati a poca distanza delle coste del Mar Rosso. Siffatta costituzione oregrafica determina anche il regime me- teorico della valle. Questa è molto ristretia tra Assuan e Cairo ed ivi consta di terreni calcari e di arenarie. Per favorire l’agricoltura della regione il corso del fiume venne disciplinato per mezzo di canali di irrigazione. Le stazioni di osservazione ivi instituite hanno dimostrato che in tempi storici il Nilo ha depositato cirea 5 metri di alluvioni. Le specie della regione sono per lo più comuni all'Asia ed all’A. frica tropicale, poche essendo quelle endemiche. 3.) Oasi del deserto libico. Esse occupano per lo più le depressio- ni che interessano gli strati orizzontali eoceninci, fatta eccezione per l'oasi del Dakhel che è scavata nel terreno eretaceo. La falda acquea raggiunge la superficie, oppure é messa allo scoperto mercè pozzi, dai quali l’acqua talora sporga sotto notevole pressione, a) Oasi Siwa. Più fertile nella parte orientale, è ovunque ricoper- ta di Palme a Datteri. Ricetta pure un grande lago dalle acque sal- mastre, nonchè piccole conche lacusteri attorno a cui si accentrano altre oasi di minor importanza. b) Piccola oasi. E’ solo in parte coltivata (cereali, datteri, riso, olivo etc.) e, a quanto pare, il territorio agricolo va sempre più restrin- gendosi a causa della progressiva diminuzione nell’afflusso della falda acquea, malgrado i cunicoli ed altre opere che si sono costrette per attivarla. | c) Farofra. E’ una depressione situata a 300 K. a W. di poggiante Sul calcare eretaceo: vi si coltiva la dura, l'olivo, la Palma a dattero ete., ma soltanto su una estensione di cirea 500 acri. Anche qui pare che le fonti vadano lentamente esaurendosi. d) Dakhel. E' una delle più importanti oasi (400 Kq.). Circa 25000 acri sono soggeti a coltivazione (13900) palme), sebbene una maggior estensione di terre potrebbe esser utilmente sfruttata. Abbon- dano le terre salate e le paludi. La falda acquea, che proviene probabilmente dal Darfur, è richia- EN 4: EYES e SE ORE RE MEER Gees See a ap ars, ae ee S S ee ene NT E o Es si PEN E UE a EEE ICE Une S OE TERE > re DEP ER RECENSIONI 385 mata alla superficie per mezzo di pozzi e cunicoli, i quali però se fos- sero più profondi darebbero forse una più grande vena acquea. e) Grande oisi. È in gran parte una depressione in via di col- matura. La porzione coltivata, che conta 60000 palme, occupa 4500 acri, ma è insufficiente per alimentare la popolazione locale. Anche quì abbondano i pozzi profondi e superficiali, moderni ed antichi. La regione delle 5 oasi offre poche piante, quasi tutte esode- miche e derivate dall'Africa tropicale. 4.) Regione arida (deserto). È accidentata, poichè dal lato est consta innanzitutto di colli e monti formati da antiche roccie cristalline e al- lineati lungo la costa del Mar Rosso, ai quali succede l'altipiano cre- taceo e terziario delimitante il Nilo. A West del fiume il deserto com- pare bruscamente, a pochi chilometri dalle sponde, sotto forma di un gradino che poi si prolunga in una specie di altipiano corrugato, de- gradante lentamente verso occidente. Data una tale disposizione oro- grafica il bacino di raccoglimento occidentale del Nilo è molto ristret- to, e per di più le acque superficiali tendono a perdersi nelle sabbie del deserto. All’opposto dal lato orientale del fiume le pioggie essendo più abbon- danti e l’area di raccoglimento più estesa si hanno maggiori corsi di acqua. Occorre però notare che le pioggie cadono spesso con estrema violenza, di guisa che ogni uno o due anni circa qualche torrente (Wa- dis) entra improvvisamente in piena arrecando gravi danni alle contrade. Per effetto di queste impetuose correnti il terriccio vegetale manca su e- stesi tratti ed ivi non si ha che la roccia nuda. La vegetazione é uni- forme e squisitamente xerofila; è d’uopo tuttavia aver presente che il peggiore nemico di essa é il deserto salato, in cui il cloruro sodico oc- cupa parecchi strati del terreno eocenico. La vegetazione è perciò spes- so accantonata lungo i corsi di acqua temporanei e 1 suoi rappresen- tanti sono per lo più delle piante annuali che vegetano nel breve pe- riodo piovoso. Poche sono le piante perenni e appena due o tre arrivano allo stato di arbusti. | a) Il deserto libico. Compare quasi bruscamente à West della fer- tile vallata nilotiea, sotto forma di una landa sabbiosa e rocciosa, sul- (ee aH : * st 386 RECENSIONI la quale di rado cade qualche pioggia temporalesca. E’ nello stretto senso della parola in gran parte un deserto, dove non alligna nè ani- male, nè pianta. Il lato nord della regione è ondulata e pietosa, quella centrale è formata da un altipiano ealeare denudato, mentre quella meridionale risulta costituita da argille compatte (sandstone) e da roc- cie cristalline. Il deserto libico ha una diecina di specie endemiche. b) Il deserto arabico. Costituito da sabbie mobili con interposti letti di argille e sabbie cementate, la regione è disseminata di laghi e paludi separati da terreni ondulati. Il Canal di Suez è stato appun- to tracciato nella regione dei laghi, a partire da quello di Menzale che una bassa barra separa dal Mediterraneo. La regione settentr. e quella meridionale, che hanno le caratteristi- che di un altipiano, constano di terreni terziari nummulitici. A Est dominano le argille compatte nubiche (sandstone nubico) del terziario recente; al centro, dove abbondano le dioriti e i porfiri, ma più di tutto i graniti e i gueiss, compaiono i monti soleati da fessure e bur- roni e del tutto denudati dal lavaggio meteorico. Poche specie sono repertibili nella regione; nel nord ammontano a circa 80, di cui 10 endemiche; il territorio sud è ancor meno ricco. Le forme esodemiche sono pure reperibili nel Sinai. 5.) Regione del Mar Rosso. È formata da una lunga e stretta stri. scia di terre pianaggianti, fiancheggianti il Mar Rosso, e da catene di colli disposti in serie parallele. Predominano ovunque le sabbie nubi- che e il sandstone, sebbene non manchino neppure le roccie vulcaniche associate al granito rosso. Questa regione presenta 20 specie tipiche. APPENDICE III. Una lunga tavola ci indica la distribuzione delle 1503 specie nelle varie regioni in cui PA. ha suddiviso il terri- torio egiziano; inoltre una casella speciale è destinata alle forme en: demiche e a quelle naturalizzate. L'autore della presente recensione ba potuto rilevare da detta Ta- vola che 74 specie sono endemiche (49: 1000) e queste sono per lo più accantonate nella regione del Delta, od in quella Mediterranea. Pochis- sime sono le specie diffuse a tutte quanti i territori (Phoenix dactyli- x | fera, Juncus bufonius, Allium Cepa, Chenopodium murale, Plantago RECENSIONI 387 Coronopus e Medicago sativa, mentre non più di 20 occupano per lo meno qualtro quinti degli stessi. APPENDICE IV. È destinata a metter in evidenza i rapporti che la flora egiziana contrae con quella della rimanente regione mediterranea (Spagna, Francia, Italia, Grecia, Marocco, Algeria, Tunisia, Tripolitania, Cirenaica, Marmarica, Arabia Petrea, Palestina, Siria, Asia Minore, Mesopotamia e Persia). In una casella sono consegnate le indicazioni relative alla distribuzione delle varie specie in territori più o meno lontani dal bacino Mediterraneo. x i Ora VA. della presente nota ha potuto rilevare, dall’ esame della tabella, che si hanno i seguenti rapporti: Specie comuni colla Spagna 415 » » » Francia 219 » » > Italia 304 > > > Grecia 441 » » » Marocco 520 » » » Algeria 580 » » » Tunisia 583 » » » Tripolitania 583 » » » Cirenaica 498 » » > Marmarica 483 » » » Arabia Petrea 730 » » » Palestina 583 » » » Siria 556 » » » Asia Minore 233 » » » Mesopotamia 225 » » » Persia 202 Risulta pertanto: a) che le regioni nordiche del Bacino del Medi- terraneo entrano in minor misura nella costituzione della flora Eyizia- na rispetto a quelle meridionali dello stesso, b) che in generale quan- to più i territori si avvicinano ai meridiani che attraversano |’ Egitto, tanto più diventano ricchi di specie comuni, fatta tuttavia eccezione per la Spagna, l'Asia Minore e la regione Marmariea, c) che il massi- mo delle specie comuni culmina nel settore nordico del Bacino Medi- terraneo con 441 specie presenti in Grecia, nel settore sud con 730 388 RECENSIONI specie disseminate nell’ Arabia Petrea, d) da ultimo che la maggior affinità è data appunto dall’ Arabia Petrea. L' Egitto conta infine 85 specie comuni a tutti i territori del Bacino Mediterraneo. APPENDICE V. Ci dà la lista delle piante coltivate in Egitto. APPENDICE VI. È un glossario dei termini botanici più in uso. APPENDICE VII. L’ A. molto opportunamente ha aggiunto una lista dei nomi arabi delle piante. L’opera termina coll’indice e coll’arrata corrige. Non crediamo di andar errati affermando che il Manuale del D. Muschlar verrà ben accolto nel mondo scientifico e specialmente in I- talia, dove, colla conquista delle terre libiche si é iniziato lo studio del- la flora della Tripolitania e della Cirenaica, due regioni cioè che han- no non poche specie comuni coll’Egitto. Lurer BuscALIONI Malpighia - Vol. XXV ADU * BET ` Malpighia - Vol. XXV +4 Ce We GE ua Vol. XXV Upighia— € € M H 4 M, ER. ara € ad ee a y i SS II Se SOMMARIO A Lavori originali: USCATELLO — Studio monografico sulle Specie ameri- Luigi Buscarioni E Giuseppe M Pag. 187 cane del Gen. “ Saurauia , Willd. Decuria II mem. Z: . ig O Dorr. PIETRO CANNARELLA — Osservazioni biometriche sull'apparato cladodic » Lo ë orate i ° 3 : s š i ` : i BR Luret BUscALIONI E. GIUSEPPE MUSCATELLO — Endemismi ed esodemismi nella Flora Italiana. Decuria II mem. 8& . + È ` PUE : » | Teoporo Ferraris E CESARE Massa +- Materiali per una Flora micologica e ; | del Piemonte SE i C ; 5 È | IE MALPIGHIA? RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA | 3 REDATTA DAL | E DOTT. L. BUSCALIONI PROF. ORD. DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA l ANNO XXV — FASC. V-VI. * r x MARCELLO MALPIGHI 4 1627-1694. — F Tip. “La Siciliana, CIURCA & STRANO — — n CONDIZIONI — ey H La Milani. si pubblica ogni bimestre, in fascicoli di n fogli « di i stampa BEA 4 oppure in fascicoli S redii secondo il E pe tav role. SC E l'annata. | L’intiero. volume annuale G6 fogli i in 5 con circa 20 GEN sarà à messo in vendi al prezzo di L. 30. ps j PU Od Non saranno venduti: fascicoli separati. E ES dm ue autori saranno ERROR 100 copie DUM m periodico, E giorni esemplari, le copie in più verranno pagate in ragione di L. 10 al foglio (di 16 = d per 100 PT reg alle: role en esa q soltanto ere le ipe | principali deeds Italiane € ‚deifEstero... te E Ai Librai è accordato lo sconto del 20 opo. Pn As oni periodi iche Senn Se Prof. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO Studio monografico sulle Specie americane del Gen. “Saurauia,, Willd. (continuazione) Corolla di poco più lunga del calice, a petali quasi subrettango- lari, stretti, ottusi, lunghi 1 cm. Stami circa 25, subeguali al calice ad anlere assai lunghe (3 mm.) strette, giallo-chiare, a filamento bre- vissimo, rossiccio, leggermente barbato alla base con peli rossiccio - bruni, molto lunghi. Antere dorsifisse, poricide all’apice delle teche, profondamente divise, ma a teche non molto divaricate. Ovario glabro. a 5 stili brevissimi o discreti. Caratteri differenziali e di affinità: Caratteri differenziali Fi q A. "e. D D | E Caratteri Comuni | E E $ brachybotrys Turez.| S. Prainiana Buse. Sete del fusto, dell Sete del fusto, pic-| Foglie lunghe 1-1 1/, pieeiuolo e dell’ infio-|ciuolo e infioreseenza dm. acuminate, serrula- - —rescenza non molto svi [molto sviluppate, dila-|te, denticolate, a base’ ` luppate tate alla base. acuta ed apice acuminato, ONE Foglie obovato- -oblun-| Foglie ovali, a base|Petali più lunghi, ma di - ghe, a base decorrente.|poeo o punto decor-|poeo, del calice, Lembo coperto su-|rente. Stili brevi. Pagina superiore co-| Fiori borai pedi- : erta di mueroni, l’in-|cellati (15 mm. s sen = sete più dense, mollijferiore pareamente ri-|tro) a sepali ott : e rufeseenti. vestita di sete brevi, Peli staminali WP, Peduncoli multiflori.|rigide. Pannocchia appena più) Infiorescenza molto unga del pieciuolo p lunga del pieciuo- (non sem , multiflora o pauci- Petali Spora flora. . Granata. Petali subquadran-| golari. Perù L’afine S. Leoi è glabra e perciò può ancor meno esser confusa colla nostra. BCEE Ñ ETUR EE ar NET DO ke 3% o =; 53 GE e E ° Ba © Le is °: g 28 PE PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali S. Lehmanii Hier. S. Prainiana Buse. Caratteri Comuni Lembo serrato, den- tato, ma inegualmente. Pagina inf. con mi- nuti peli stellati sul parenchima. mina grande. Piceiuolo lungo 4- em. Infiorescenza ramo- sa, piramidale, multi- flora. seien lineari, bre- vissim Peli staminali bian- antere deiscenti per una fessura. Ovario puberulo. Equador. Margine fogliare den- ticolato Lamina brevemente setosa alla un in- eriore e superior Lembo di ried Ban dimensioni. Picciuolo breve. Infiorescenza arami spiciformi, pauciflora. Brattee larghe. del = toldee. Peli staminali rossi- gni. Antere deiscenti per poro. Otto glabro. Perù. Rami, picciuoli, infiore- scenza, sepali (all’esterno) peloso-strigosi. Foglie car- del margine strigillosi. Lem i mente. Infiorescenza piü breve dolla foglia. Brat- tee lunghe 6 mm. strigo- se sul dorso. Fiori ud = mm. circa di diam Calice eimi elittieo a smarginati, glabri, lunghi , larghi 4 mm. Caratteri differenziali S. excelsa Willd. var. xanthotricha Buse. S. Prainiana Buse. Caratteri Comuni Sete relativamente| sottili Sete squamiformi. Foglie a base asim- Base fogliare ottusa r metrica, ottusa od a- euta. u al mezzo, serrato al- l'apiee. Pagina superiore del| lembo coperta lunghe quanto il pedi-|i cello. Foglie grandi. | Caracas Margine denticolato. Pagina superiore del lembo irta di mueroni si pis pero più copiosi -[sulle c Brati deltoidi, le inferiori però lanceola- te. Foglie di mediocri dimensioni. Perù. Rami, picciuolo, pedun- coli e calici coperti di sete patenti, rufescenti, se. Foglie obovate, oblon- sulla costa della pagina inferiore. Margine con se- S SE denti secon- = Pali abicohia setosa. Pe- tali subquadrangolari e smarginati. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 891 Nella S. eæcelsa tipica abbiamo il margine dentieolato, ma gli altri caratteri corrispondono a quelli della varietà. L’infiorescenza poi S . è grandissima. Ë E Colla S. peduncularis pochissime sono le affinità (setosità accen- i tuata dei nervi e dei calici): questa poi differisce principalmente per le brattee fogliacee e per la superficie fogliare che si presenta aspra al tatto. Caratteri differenziali Caratteri Comuni S. Humboldtiana Buse.| S. Prainiana Buse. P Sete sottili. Sete squamiformi. Rami giovani setosi, SC 128 Foglie one alla} Foglie acute alla ba-|strigosi. Foglie cuneate, : pa base, ‘oblongh se o un po’ tonde, o-|denticolate, reticolate, ve- i Venelataselt appros-|bovato-oväli. nose. Lembo piü pallido 7 ` gimate e molto o promi-| Vene laterali distan-|sotto, strigoso setoso sulla | nenti sotto, coperte dilziate fra loro e poco DES di mediocri dimen- ara tubercoli. prominenti sotto. sion Dr Bratteole lanceolate,| Vene coperte di se- E breve, strigo- subulate. te e di tubercoli, so-setoso, come del resto x Columbia. Bratteole deltoidi. |i rami edi pedunocoli fio- Perù. |rali. Fiori pressochè sessili. — Sepali ovato-elittiei, se- tosi, strigosi all esterno. Stami 25-30, di poco pià S- brevi delle corolla. p Stili 4-5, brevi. an Quanto abbiamo detto per la S. Humboldtiana vale per la var. — Bomplandi piü pelosa. ims 392 PROPF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali Caratteri Comuni S. scabra HBK. S. Prainiana Buse. Sete sottili. Sete squamiformi. Rami setoso - strigosi. Nervi primari ap-| Nervi primari di-|Foglia ‘uneato-oblonga, a, Pa stanziati, non sempre|subacuminata. Base fo- paralleli. parall li. liare ottusa Lembo grande. Lembo di mediocri] Margine denticolato. Pannocchia grande. dimensioni. Pagina inferiore reti- Columb. Venez. Pannocchia breve. Pedicelli brevissimi. Stami circa 25. Stili brevissimi, atro- Perù. colata, venosa Lembo scabro sopra e sotto; costa strigosa, seto- sa da ambo i lati. Piceiuoli non molto lun- ghi, ‘setoso-strigosi come ’ infioresce Calice all’esterno seto- so-strigoso. Corolla di poco più lun- ga del calice. Stami più brevi della corolla. Colla S. scabrida Hemsl. si hanno degli apparenti rapporti di af- nità: entrambe sono infatti fulvo-strigiliose, con foglie scabre superior- - mente ( strigose allo stato giovane), acute, strigilloso-squamulose sui nervi, mucronulato-denticolate al margine: infine entrambe hanno i rami dell'infiorescenza, i pedicelli, i caliei densamente furfuraceo-squa- mulosi. La 8. scabrida differisce tuttavia pel lembo più setoso alla pagi- na inferiore, pei fiori più piccoli, per la pannocchia ampia, per le fo- glie più ampie e subcoriacee, »tondeggianti, alla base e per gli stili subeguali ai petali. La patria poi è del tutto differente (Messico). STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, Caratteri differenziali S. ursina Tr. e PI. S. Prainiana Buse. Caratteri. Comuni molto ruvido. le foglie villosa. Nervi 2 Pawascebia paueiflo- ra, brevissima, a fiori grandi. Calice pulveru- lento dentro e fuori, e Inoltre strigoso sulle parti scoperte nel boc- eio. Stili lunghi. N. Granata. Strigosa tomentosa , con sete poco dilatate. Margine coriaceo, Pagina inferiore del- Strigosa, con sete di- zn quasi squami- orm sites fogliare mu- eronato, ma non ruyi- dissimo. Pagina inferiore del la foglia brevemente setuloso - mueronata Nervi 18. Infiorescenze parziali ‘spiciformi,discretamen- te lunghe.Fiori ein ulverulenza all’inter- no del ealice idete o mancante. Stili brevi o ridot- tissimi. Setesquamiformi. Pian- Pe usa O oe Margi- e dentico ot 0 pee alla pa- gina superiore. Infiorescenza breve,con {fiori brevemente pedicel- lati o subsessili. Pelistaminali rufescenti. Brattee dell'infiorescen- za non molto sviluppate. Perù. Caratteri d ifferenziali S. pyenotricha Turez. S. Prainiana Buse. Caratteri Comuni Base fogliare acuta. Margine fogliare ser rato-serrulatodal mez- zo in su. Pagina superiore se-| SE rio a ee Se eee Sere sg dup Penas CERA : e tX ER 3 AR ET PU bee a eR A E. Die fogliare spesso ottus Margine fogliare mu- ronato-denticolato. eel superiore se- tosa. Peli stellati e sete alla pagina inferiore. Bra ttee dell' infiore- scenza minute. Calice tomentoso. Caracas. sa, mucronata: lo stesso rivestimento al-| l'inferiore. Bratte del toidi. Calice setuloso-pul-| verulento. Perù. Rami, picciuoli, MR eoli kem di lunghe sete. rvi 18. Sete della co- sta pe lunghe annochia più breve della foglia. d rescenza brev 394 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali S. rubiformis Watche S. Prainiana Buse. Caratteri Comuni Sete poco o punto dilatate alla base. Ramie pieciuoli se- toso-pubescenti. Base fogliare un po’ arrotondata, asimme- triea. Lembo largo an- Pannocchia subeguale alla foglia, subeorimbo sa. Calice glabrescen te. Stili lunghi. Fiori unisessuali. Costa Rica. Sete dilatate alla base. ami e piceiuoli se- tosi. embo acuto o un po’ arrotondato, asim- metrico. Pannoechie piü bre- vi delle foglie. d setoso- pul ve- rulent | Stili ern Fiori bisessuali. Perù. Rami e peduncoli fer- rn ei, pubescenti, seto- . Foglie ellittiche, mu- AP RSS serrulate, irt di sete, da ambo i lati, sul- e coste e sui nervi mag- giori. Lamina di dimensioni Vadis un po' aspra a tatto pe r la presenza di mucroni. Caratteri differenziali S. Ruitziana Steud. S. Prainiana Base. Caratteri Comuni Foglie acute o un po’ tonde alla base serrate, ferruginee, co- tonose sotto, con rare sete sopra, ami e pannocchie p pena villosi. immerse nel vello SÉ pagina in- feriore. B Foglie tonde alla ba- se, portanti delle eorte sete alla pagina infe- riore, mueronul. sopra. ami e pannoechie eoperti da sete dilata- te alla base, peró non molto abbondanti, eccessivamente lunghe. Vene distinte alla Fiori piuttosto grandi Calice villoso. Stili 5 filiformi. acemo a rami sub- spicati, poco ramoso. Peduneoló dou Brattee ° sviluppate. pagina inferiore. Fiori "i discrete di- mension Calice Seber ale seta: iso. Stili alrofici. Racemo piuttosto ramo- so. Peduncolo discreto Brattee poco sviluppate] Rami e pannochie vil- losi, al pari del pieciuolo. Foglie ovate, oblonghe, minutamente serrulate. Fiori subsessili, strigosi sulla parte scoperta del calice in boeeio. ; erü. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 595 La S. Rusbyi ha parimenti un caule ispido, le foglie obovate, a- cute all’apice, un pò cuneate alla base, i fiori infine di mediocri dimensio- nia calice irsuto (come i pedicelli). Le foglie sono però ispide da am- bo i lati, serrato-aristate; la pannocchia infine è lunga, poco strigosa, portata da un gracile peduncolo, con brattee piccole, ed è ricca di fiori a calice pulverulento, tubercolato o subglabro, a stili lunghi. Caratteri differenziali S. strigillosa Tr. e PI. S. Prainiana Buse. Caratteri Comuni Sete per lo più fine, mar: gine serrulato-serrato. Pagina superiore po- a-|che più minute, Tea los pagina inferiore. Nervi -116-18. Sete dilatate alla Foglie ovali- dod te, aeute od acuminate, dentieolate, superior- mente mueronate, setu- lose sullenervature an- alla Infiorescenze pauei- ore. Brattee poco svi- luppate, deltoidi.Calice setuloso. Stili lunghi. ja. setnloso - Pa nien to [Stili b erü. Foglie n al tatto superiormen Ge più pe” delle EN j% = Fiori sereto, di diametro di- Nella S. pseudostrigillosa Buse. troviamo pressochè gli stessi carat- serrulato, i nervi sono teri differenziali; il margine è più nettamente più abbondanti, V infiorescenza è ampia, con pedicelli lunghi e colle brattee spesso spostate, i fiori infine sono longistili. x a $ Ben ponderati i caratteri di affinità, risulta evidente che la SS. Prainiana è strettamente collegata colla S. brachybotrys e colla S. Humboldtiana, per quanto differisea notevolmente da entrambe a causa Se 396 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 3 dei nervi distanziati. L'infioreseenza ë la parte che presenta maggiori affinità pei fiori disposti a spiga sui rami secondari, o di ordine supe- riore. Le brattee sono però più sviluppate nella nostra forma, per quan- to presentino come quelle della brachybotrys e dell’ Humbo!dtiana la forma triangolare. Un accenno di dilatazione delle basi delle sete si verifica anche nella S. brachybotrys, per cui si ha un nuovo vincolo, Lo Habitat è però un po’ diverso. a) SAURAUIA PRAINIANA Bosc. Var. HumBoLpDTIanA Buso. Esemplari studiati: Exs. dell’Erb. di Kew, proveniente da N. Granata: sub nom, s, Sza- bra HBK. (Ex. Triana e PI.) Exs. dell'Erb. di Kew, stato raccolto nella N. Granata (Pacho, Cun- dinamarea,) e pure sub nom. S. Scabra HBK. ! Fusto talora pieno, coperto da una corteccia rugulosa, rosso bruna, portante delle cicatrici fogliari grandi, ombellicate, oppure divise in due da un rialzo orizzontale. Apice parcamente setoso e colle sete di gran- dezza discreta (1-3 mm.) ferruginee, appressate, non dilatate alla base. Picciuolo breve (2 em., 2 !/, em.), robusto, rossigno, parcamente rivestito di sete squamose o dilatate alla base, ferrug'nee, lunghe 2- 3 mm., appressate, commiste a mucroni minuti, dello stesso colore. Lembo obovato-lanzeolato od ovato, lungo 13-21 cm., largo 6- 12 em.), rosso—castagno o verdiecio—bruno sopra, ferrugineo o di co- lor castagno sotto, subcoriaceo o coriaceo, molto ruvido alla pagina superiore, un po’ meno all’inferiore. Apice acuto od acuminato, talora però ottuso; base conformata analogamente, ma più di frequente arro- tondata e ristretta, un po’ diseguale. Margine minutamente denticolato- serrulato con sete curve sui denti, od anco semplicemente mueronulato, quasi integro, Pagina superiore sparsa, sulla costa, di sete appressate, abbondanti; a queste si associano, sui nervi maggiori, dei mucroni, men- tre sul parenchima questi ultimi soltanto sono presenti (aleuni ridottissi- mi, appena visibili od occhio) per cui la superficie appare granulosa pun- teggiata. Le sete della costa sono lunghe 2 mm., quelle dei nervi 1 mm. Sulla costa della pagina inferiore incontransi sete e mucroni più . O meno sviluppati, appressati, lunghi 1 mm: sulle nervature predomi- «nano i mueroni, più o meno lunghi, od anco setuliformi a seconda del- STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 397 l importanza dei nervi, su quelli maggiori essendo più o meno ben distinti ad occhio, sugli altri visibili colla lente. Nervature secondarie 20-25, distanti od avvicinate fra loro, a se- conda della grandezza del lembo, a decorso un po’ irregolare verso la estremità anteriore del lembo, patenti alla base, oblique e curve in alto. Alla pagina superiore spie^ano solo per le sete e mucroni che le ricoprono, mentre sull’inferiore risaltano pel colore ferrugineo intenso, pur non essendo molto robuste. Nervi di 3° ordine perpendicolari ai secondari, a decorso irregolare. Infiorescenza lunga 12 cm. larga 6 cm., più breve della foglia, pauciflora, a peduncolo lungo 6 cm. robusto, a rami brevi "(1-1 !/, em.) patenti, poco numerosi, Peduncolo e rami parcameate cosparsi di tozzi mucroni ferruginei, o anco di sete curve, pure leggermente squa- miformi e dein stesso colore, gialle alla base, ferruginee all’ apice, appressate, più abbondanti sulle ramificazioni terminali (lunghezza del- le sete variabile, ma mai superiore a 1-2 mm). Brattee e bratteole brevi, triangolari, rossiccie alla pagina superiore, ferruginee e setulose neli’ inferiore. Fiori subsessili o brevemente pedicellati, grandi (20 mm.) o di dimensioni discrete, parzialmente involucrati da!le bratteole. Calice gran- de, pulverulento, cenerognolo sulla faec'a esterna e in parte o del tutto anco sull' interna. La parte che nella prima ë seoperta nel'a gemma presenta inoltre dei mucroni e delle brevissime sete (!/, mm, o meno) ferruginee, a base dilatata. I sepali sono per lo più diseguali, gli e- sterni acuti, gli interni ottusi, più grandi. Corolla di poco superiore al calice in grandezza (circa 1/,), a pe- tali obovati-ovali, talora assai smarginati. Stami 25-40, più corti della corolla, ad antere poricide, lunghe, gialliecie, profondamente divise, a teche poco o punto divergenti. Filamento inserentesi sul dorso dell’au- tera, barbato con peli rossi alla base. Ovario glabro con 4 stili brevi. Caratteri differenziali o di affinità. Grandissima è la rassomiglianza colla S. brachybotrys la quale però differisce perla base fogliare acuta, leggermente subdecorrente e per il mag- gior sviluppo delle sete alla pagina inferiore che perciò è molle al tatto, 898 PROFF LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Entrambe, oecorre notarlo, sono proprie della N. Granata, entrambe hanno i picciuoli e i calici coperti da sete brevi, le foglie obovate oblon- ghe, serrulate denticolate, ed entrambe infine presentano un ovario a stili brevi. š Vediamo ora quali sono le affinità colla S. Humbo dtiana, Buse. Caratteri differenziali Caratteri Comuni $ : S. Prainiana Buse. var. S. Humboldtiana Buse. Humboldt ke fou Pagina inferiore eo-| Sete lunghe sulla co-| Fusto bruno rossiccio, perta di minuti muero-|sta; sete brevi e mu-|coperto,all’apice, con sete ni che sulle nervature|eroni sulle nervature|brevi appressate, presenti sono però sostituiti dalminori; mueroni minu |anche sulle parti giovani. minute sete, tissimi sul parenchima|Pieciuolo breve, tozzo, i- Parenchima della pa- della pagina inferiore.|spido per lo stesso rive- gina ée d'aspet-| Parenehima della pa- S, rosso bruno. Le = to lisei gina inferiore d'aspet-| Lembocoriaceo scabro, Retie GES dei nervilto granuloso. obovato, rosso e 80- molto pronunciato alla, Reticolo dei nervi pra, più pallido sotto, ot- pagina inferiore fino uso od acuto all’apice, a Peduncolo tubereo-|. Pedun colo tuberco- bue ristretta, ma arroton- loso - setuloso (alla lato-setoso; sete distin- data. Marginedenticolato. lente). te ad occhio e di latate| Pagina superiore coperta Fiori piccoli, o me- alla base. i mucroni. dioeri. Fiori relativamente| Nervi poco manifesti Stami pochi, inclusi. grandi. sopra, formanti un reti- Stili eorti (4). Stami 25-40. colo sotto. Infiorescenza Stili atrofici. più breve della foglia : pannocchia ristretta, pau- ciflora. Peduncolo robusto, rossiccio, tubercolato-se toso come i rami. Brattee triangolari poco vistose; bratteole appressate al ca- lice. Fiori subsessili colca- lice tubercolato sulle parti bruna. Corolla più gran- de del calice. Ovario glabro. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 399 Le affinità colla S. scabra HBK. sono poche e perciò gli autori E che l'hanno a questa assimilata son caduti in grave errore. Infatti la S. sca- , bra tipica ha un lembo assai più grande, infiorescenze più ampie, più setose, coi fiori più piccoli, pedicellati, non avvolti dalle brattee, le quali poi sono diversamente conformate. Le due forme si rassomiglia- no per il rivestimento di sete e mucroni, ma le prime non sono dila- tate alla base o lo sono assai meno nella S. scabra la quale poi, alla lente, presenta dei minuti mueroni stellati sulla pagina inferiore. | 2 * | : * * L’esame comparativo fatto ci induce a credere che nella S. Prai- niana var. Humbo'dtiana abbiamo una forma di passaggio atta a col- i. legare differenti specie fra loro. Essa ë indubbiamente affine alla S. Prainiana, ma ë pure affine grandemente alla S. Humboldtiana e al'a S. brachybotrys. Non è improbabile che abbia anche stretti rapporti colla S. Leoi la quale non ë che una forma pil o meno glabra della S. brachybo'rys. Infine l’affinità è pure grande colla var. Scabra della S. brachybotrys. 6) Saurauia Loeseneriana (Busc.) spec. nov. Tav. 12 fig. 28. Esemplari studiati: Exs. N. 259 della Collezione di Piante Peruviane di C. de Jelski (distribuite dal D. Ig. Szyszylowiez), stato raccolto a Tambillo, (sub nom. S. reraguensis Seem.). Erbari di Vienna e di Berlino. j Ramuli suleati, rufo-nigrescentes, ad apicem setis ferrugineis longis, patulis obtecti; folia juniora ad nervos setis et mucronibus induta, cae- - terum pilos ramosos, minutissimos gerentia. Petiolus crassus (3-4 em, longus), paree setigerus, sed setis valde longis, exertis praeditus. zr Folia chartacea, laneeolato-ovalia, magna, ad marginem denti- culata, serrulata aut serrata; apice acuto vel acuminato, basi in pe- tiolum decurrente, aut acuta. Lamina utrinque scabrida, reticulata, ad costam setis minutis induta. Nervi secundarii mucronibus obtecti; pa- - renchima parce et obsolete tubercolatum, caeterum glabrum. Nervi se- cundarii 25-30 circiter, inter se distantes, paralleli, curvi, subdicho- tomi, a nervis tertiaris satis distincti. Nervi minores in reticulum la- ` 400 i PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO xum desinentes. Inflorescentia pauciflora, petiolum parum superantia. Pedunculus erassus, ut rami iique patentes et breves. Bracteae prima- riae lanceolatae, maiuscu'ae; braeteolae triangulares desuper scabrae subtus rufescentes. Pedunculus, rami et pedicelli setis longis, ferru- gineo-fulvis, patentibus aut adpressis instructi: setae ad basim saepe crassae. Flores maiusculi, breviter pedicellati aut subsessiles, bracteolis cineti. Calyx extus'et intus puberulus; attamen ad marginem ciliatus et extus in parte gemmulae ad aerem exposita, setis ferrugineis longis obteetus. Sepala magnitudine valde diversa. Corolla glabra. Stamina ad basim pilosula. Ovarium glabrum stilis diseretis. Fusto scanalato rossiccio bruno, liscio, por'ante delle sete fine, fu’- vo-ferruginee, pat nti, lunghe 6-8 mm., abbondanti però soltanto ali’api- ce dei rami. Gemme piccole, coniche, villose. Foglie a metà sviluppo rossiccie da ambo i lati, denticolate, mu cronate, coperte, dal lato superiore, di sete le quali sulla costa si pre- sentano gialliecie, appressate, lunghe 1-1!, em. mentre si accorciano assai sulle nervature secondarie e su quelle minori, per ridursi allo stato di mucroni, appena visibili ad occhio, e poco numerosi, sul pa- renchima. Sulla pagina ‘inferiore si riscontrano delle sete diseretamen- te lunghe sui nervi, dei minutiss mi peli ste'lali (vis bi'i alla lente) sul parenchima. Nelle foglie adulte il picciuolo è lungo 3-4 cm., robusto, bruno- rossiccio, parcamente ricoper'o di sete fulve, patenti, ondulate. Il lem- bo lungo 28-37 cm., largo 8-11 cm. è cartaceo, membranoso, sottile ovato-lanceolato, dent colato alla base, denticolato serrulato od anco serrato dal mezzo in su. La pagina superiore assai scabra, almeno lun- go le nervature, è verdiccio-bruna, opaca, reticolata, quella inferiore più chiara. L' estremità anteriore è acuta, talora anche terminata un po’ bruscamente in punta stretta, lunga !/, em. - 1 em. e più. | La base è gradatamente assottigliata, acuta, un po’ diseguale e talora anche un po’ decorrente. Sete finissime, lunghe 3-4 mm. appressate, gialli cie, non molto nu- merose, sulla costola della pagina superiore: sulle altre nerva'ure si notano invece dei mucroni seluliformi, appena discernibili ad occhio, mentre ij parenchima è coperto da rari mucroni visibili solo alla lente. Sila PE at C T I RE mm STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, 401 La stessa costituzione si ha sulla pagina inferiore, dove però le sete della costa, e in parte anche quelle dei nervi secondari, sono più lunghe e più abbondanti. Grazie alla enorme piccolezza dei mueroni spasi ‘ovunque, questa faccia appare quasi sublucida e perciò anche meno ruvida al tatto. Nervature piane, ma distinte alla pagina superiore, un po’ rileva- ta invece all’inferiore, ad eccezione della costa che è robustissima. Ner- vi secondari cirea 29-30, distanzia'i gli uni dagli altri, paralleli fra loro, obliqui, a decorso leggermente curvilineo verso il margine, e ivi subdieotomiei e anastomotiei. Nervi di 3° ordine non sempre ben distinti da quelli secondari, fini, rossieei, formanti spesso un reticolo lass) in mezzo al parenchima. Essi sono prevalentemente diretti in senso perpendicolare ai secondari, oppure alla costa quando a questa si innestano. Infiorescenza pauciflora, molto più breve della foglia, lunga al più 9 em. e larga 8 em., ma talora appena subeguale al picciuolo. Il pedun- colo è robustissimo e di lunghezza variabile (2-4 em.). I rami, anche essi ispessiti, si mostrano patenti, non molto numerosi, talora però anche ridottissimi e brevi (2-3 em. quelli basali). 7 pedicelli sono brevissimi o quasi mancanti, Le brattee basali dell’infiorescenza lanceolate, lunghe 2 cm. larghe 1 cm. sono rossigno-brune alla pagina superiore, giallo-fulve per le sete all’inferiore: assai più corte, quasi triangolari, ed a base larga si mostrano le bratteole termina i, le quali inoltre s'anno addos- sate ai fiori. Tutta quanta l'infiorescenza è coperta da un fitto vello di sete fulve, appressate o patenti, di varia dimensione l2 une fine le al- tre robuste, lunghe 3-4 mm.: sui rami terminali le sete sono più brevi e curve. Fiori talora scarsissimi (2-8), talora non mollo numerosi (20-30) già assai grandi nel boccio. Calice fulvo per un fitto rivestimento di sete lunghe (3 mm.), le quali però coprono solo le parli dei sepali che nel boccio sono scoperte. La residua superficie esterna e tutta quanta la faccia interna dei sepali si presentano pulverulente, mentre il mar- gine è cigliato. I sepali sono diseguali, ottusi gli uni, acuti gli altri. Corolla glabra. Stami pelosi alla base. Ovario glabro a stili discreta- mente sviluppati nei fiori ancora in boccio. 402 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Questa specie presenta una fisonomia sui generis, per cui non puó andar eonfusa con altre forme, affatto caratteristico essendo il lembo grande, lanceolato-ovale, acuto agli estremi, d' aspetto subglabro, che contrasta fortemente colla intensa villosità del fust-, picciuolo e infio- rescenza. Il tipo di questa ultima poi ricorda quella della S. Ruitziana. Non comprendiamo pertanto come sia stata confusa colla S. veraguensis Seem, la quale poi é divenuta un po' un mito dopo le osservazioni di Choisy e di altri autori, nonché dopo i presenti studi sulle varie forme eontrassegnate ecn tal nome. La S. Loeseneriana appartiene indubbiamente al ciclo della Ruit- ziana; noi l'abbiamo però staccata dallo stesso a causa della grandez- za del lembo che l’avvicina alle specie macrofille. Per l’infiorescenza l'affinità é assolutamente conclamata, mentre la mancanza di sete, o per lo meno la loro riduzione sul parenchima fogliare vale a distin- guere la nostra specie sia dalla S. Ruitziana tipica, che dalle altre forme affini. Noi ci troviamo qui di fronte, a quanto pare, ad un caso di de- pilazione più o meno completa di un determinato organo (nella $. Loeseneriana trattasi del lembo fogliare), la quale può esser interpre- tata sia come una semplice variazione, sia come una reale mutazione, probabilmente collegata coì fattori esterni. Non essendo il cambiamento della pelosità accompagnato da altre modificazioni, se si eccettua forse il maggior sviluppo del lembo, esso dovrebbe rappresentare, secondo la teoria del De Vries, una pura va- riazione fluttuante, ma noi dubitiamo che realmente si tratti di un ac- cidentalità poco o punto stabile e riteniamo quindi che le forme che la presentano siano delle specie più che buone. Avremo più tardi occa- sione di studiare molti altri casi analoghi, e forse ancor più interessanti. Non abbiamo potuto trovare, anche nei migliori atlanti consultati, le località Tambillo (1) dove è stata segnalata la specie e perciò igno- (1) Nello Stielers Hand-Atlas é segnalata una località, con detto nome, nell’Equador e un'altra nell'Argentina (regione montana di Catamarca), non già nel Perù. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 408 riamo in quale misura le condizioni esterne abbiano influito sulla va- riazione, ciò che sarebbe stato di non poco interesse. Abbiamo ereduto nostro dovere dedicare questa specie all’ illustre collega ed amico il Dott. Loesener. dell’ Istituto Botanico di Berlino, il quale ci fu sempre largo di autorevoli consigli e di preziosi aiuti nel corso delle presenti ricerche. 1) Saurauia Conzattii Busc. spec. nov. Tav. 6 fig. 9 Esemplari stadiati: Exs. raecolti da H. e G. Conzatti (Giugno) al Cerro della Raya, a Cujacuemaleo, a Chinaulta e a Curicateca (Oaxaca: Messico) a circa 1800-2800 m. Erbario particolare del Prof. Busealioni ed Erb. del- l'Unit. Stat. Nat. Mus. di Washington. Caulis glabrus aut parce setosus, lentieellis rubris ornatus, apice nigrescente, valde setoso; setis luteis eurvis. Petiolus gracilis, hispidus setis patentibus vel appressatis ornatus. Lamina utrinque virescens, sea brida, oblaneeolato-obovata, ad basim gradatim attenuata, in petiolum saepe decurrens, in superiore parte dilatata, abrupte acuminata. Mar- gine antice subduplicato-serrato, serraturis aristatis. Lamina utrinque ad costam et nervos majores setis luteis conspicue obtecta; in paren- chimate parce setosa. Costa crassa; nervi secundarii circiter 15 inter se distantes, arcuatim decurrentes. Inflorescentia quam folia longior vel subaequans, rarius brevior; pedunculus, ramuli, pedicelli et bracteae hispido-puberuli, ferruginei. Bracteae lineares, 1 cm. vel 1 !/, em. longae. Flores disereti aut magni: in alabastri parte non tecta sepali hispidi ad marginem ciliati, in reliiquis partibus glabri. Petali ealy- cem valde superantes. Stamina 20, antheris oblongis. Ovarium glabrum, stylis brevibus. Rami adulti glabri, di rado setosi, sottili, cenerognoli, fistolosi, leg- germente striato-soleati pel lungo e portanti qualehe pieeola lenti- cella di color rossiccio, prominente. Cicatrici fogliari ovali, piccole, con un semicerchio bianchiecio all’ interno. Apice dei rami bruniccio, ruvidamente setoso: sete un po’ curve, gialliccie, lunghe 3-8 mm., va- riamente robuste. Foglie ‘giovani coperle dello stesso indumento, ma più breve (2-3 mm.). 404. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Picciuolo sottile, lungo 2-4 cm. bruno, ma rivestito di sete giallo- ferruginee o brune, patenti od appressate, lunghe 2-4 mm. Lembo lungo 18-20 cm., largo 5-8 cm., sottile, verde bruno so- pra, più chiaro sotto, un po’ scabrosetto o liscio alla pagina superiore, liscio ed anche un po’ lucido all’inferiore, del resto pianeggiante. Per quanto concerne la forma esso è un po’ dilatato anteriormente, e ter- mina bruscamente in punta breve o discreta (3 mm. -1 cm.), mentre presentasi gradatamente assotliglialo verso la base che è acuta, talora subdecorrente e quasi sempre diseguale. Il margine è fortemente e grossolanamente serrato o dentato dalla base all'apice e talora anche subduplicato serrato-dentato. Le serrature sono spesso larghe alla base, triangolari, lungamente mucronite e co! mucrone spesso sormontato da setola lunga e caduca. Tra š denti e le serrature si incontrano delle sete minori. Pagina superiore coperta abbondantemente, sulla costa, da sete lunghe 3-4 mm. sottili, gialliccie. Queste sono pure presenti, sebbene più corte e meno numerose, sulle nervature di second’ordine. Il paren- chima è invece parcamente irto di sete appressate, lunghe appena 1-2 mm., le quali per la loro finezza sono spesso mal distinguibili ad oc- ' chio. Sulla costa della pagina inferiore abbondano le sete fulve, lun- ghe 4-5 mm., taluna delle quali è ramosa (raro !): altre più brevi (3 mm.) sono presenti sui nervi di secondo e terz’ ordine, come pure sul parenchima, dove però sono meno numerose, ' Nervi secondari circa 15 per lato, obliqui, distanti, curvi, subdi- cofomi e anastomizzati fra loro’ alla periferin, fini e poco sporgenti sotto, ma ciò non di meno molto distinti, pel colore chiaro de'le se- te che li accompagnano, anche alla pagina superiore, (non sempre perö!). Costa molto robusta: nervi di 3° ordine perpendicolari ai secondari, distanti gli uni dagli altri, fini o robusti, curvi o genicolati, talora anche visibili alla pagina superiore. Infiorescenza ascellare, piramidale o subcorimbosa, ampia o ri- stretta, multiflora o pauciflora, più lunga della foglia, o a questa sub- eguale o infine anche assai più breve (lurga 8-21 cm., larga 3-8 cm.), ramosa e a rami patenti, distanziati, lunghi 2-3 cm., oppu- re brevissimi. Peduncolo lungo circa 4-13 cm., sottile, bruno ros- siccio, striato per lungo: pedicelli fiorali brevi, o più di rado, lunghi ` i a Ered il nal a STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 405 (1 ml Tutta quanta l’infiorescenza è ispida per sete patenti, ful- vo-ferruginee o brune, sottili, diritte o curve, lunghe circa 7 mm. sul peduncolo, più brevi (2-4 mm.) sui rami e pedicelli. Qua e là qualche accenno di pulverulenza. Braitee lineari, spesso spostate dal- la posizione normale, lunghe 1-1, 5 cm., larghe 1-2 mm., acute, fer- ruginee, coperte al pari dell’infiorescenza da sete patenti. Fiori di discrete dimensioni o grandi (2,3-2,5 cm.) aggruppati, in 2 o 3, all’ apice dei singoli rami fiorali. Calice nel borcio del tutto ispido per sete fulve, ferruginee, patenti, riccie, lunghe 3- 4 mm. Sepali quasi del tutto liberi, lunghi 4-6 mm., molto diseguali, uno ovale-ottuso, due altri quasi triangolari ad apice acuto, gli al- tri due lanceolati e stretti. Questi ultimi selosi su tutta la faccia e- sterna, altri due solo sulla linea mediana e parcamente, il quinto se- toso da un lato della faccia esterna. Il margine è glabro e la ri- manente superficie, sia interna che esterna dei sepali, pure glabra. Petali glabri, molto più grandi del calice, obovati, ottusi, smar- ginati, lunghi 1,2-1,3 cm. Stami poco numerosi (20 circa), assai più corti della corolla, a filamento roseo, dilatato alquanto alla base, dove si hanno dei corti peli gialliccio—rosei, o bianchicci. Antere lunghe, strette, profondamente bifide, gialliccie, poricide all’apiee. Ovario glo- boso, con 5 stili corli. Caratteri differenziali e di affinità. È molto simile alla S. pauciflora di Rose, poichè entrambe hanno foglie, picciuoli e calici coperti di peli rossieci, ruvidi, rigidi; entram- be presentano le foglie brevemente picciuolate, acuminate, serrate for- temente, pelose sopra e sotto, non molto grandi; entrambe infine hanno peduncoli molto lunghi, sepali orbicolari, setosi ed abitano le stesse regioni, la S. pauciflora crescendo a Chiapas. Vi hanno tuttavia talune differenze abbastanza notevoli, fra cui merita di essere ricordato il lem- bo ottuso alla base e munito di peli stellati alla pagina inferiore nella S. pauciflora, mentre la base è acuta e il lembo porta soltanto delle sete nella S. Conzattii. 406 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali S. Nelsoni Rose S. Conzattii Busc. Caratteri comuni Foglie arrctondate| sotto: margine ondula- to, dentato minuta- mente. Foglie acute alla ba- se ed all’ apice, non iscabre alla pagina su periore e neppure vel- lutate all inferiore, ma soltanto setose. Margine grossolana-| mente serrato. Rami coperti da peli rossigni, rigidi. Foglie o- iblonghe, discrete per gran- dezza. Infiorescenza spes- so lunga quanto le foglie. pies coperti da peli pa- leace Oaxaea. Caratteri differenziali S. oreophila Hemsl. S. Conzattii Buse. Caratteri comuni Foglie lungamente Palate. Pagina inferiore co- perta di peli stellati e di sete. jos fra loro appress Bedancoli paueiflori. | Foglie brevemente] oe is subco oria-|pleeiuolate, cartacee, “ar 1 t SUI 5 8 i rate. 2 pollici Fiori Tati ? Se- pali furfuracei. Guatemala. Pagina inferiore co- perta solo da sete. Nervi erg gli ni dagli alt Pawnsahia per lo piü assai lunga Messico meridionale. Peduncoli uu mul-| Pannochia lunga 1-|ti co Fiori srimafeadità Se-|ne pali lungamente setosi.|a stili atrofiei. Rami, piceiuoli, pedun- euli furfuraceo-strigillosi, al pari dell’apice del fu- sto e delle foglie giovani. Foglie lanceolate, ispide sioni diserete, a sepali i- uali. Ovario globoso m A d =. LITER QE ET Se = sy pines ne STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 407 Caratteri differenziali S. latipetala Hemsl. S. Conzattii Buse. Caratteri comuni Peduncoli brevi,pau- ciflori. Fiori molto grandi. Brattee piccole. Sepali furfuracei ES l'esterno. Stami numerosi. Stili lunghi 3-4 lin Peduncoli spesso lun- ii, multiflori. Fiori grandi o di- screti. Go lunghe e "Soch ispidi all’ e- stern Rami densamente stri- lgilloso-furfuracei, rufe- scenti. Foglie membrana- cee, oblongo - lanceolate, acute all’apice, poco ottu- se alla base od attenuate. Da ambo i lati il lem- ispido, pre co- rgin Caratteri della S. Sani poco nume-|me pure il ma Oreophila. | |rosi. Parti giovani fare Stili pa; brevi. ceo- -rufescenti ido- Ben distinta dalla . Pieciuolo bre- S. Oreophila. ve. Fiori ermafroditi. Se- pali ineguali. Ovario glabro. Messico, ` La S. Pringlei Rose ha sete appressate, scagliose; presenta le foglie, è vero, fortemente serrate, ma pubescenti sopra e densamente bianco-to- mentose sotto per peli stellati; infine porata un’infiorescenza assai più breve delle foglie, con fiori a sepali soltanto cigliati. La S. excelsa Willd. differisce notevolmente per il margine in- tegro, o al più denticolato, per le foglie assai più grandi e per l’infio- rescenza notevolmente sviluppata. Più affine è la var. «xanthotricha, ma questa ha le basi fogliari ottuse, col margine serrato solo dal mez- zo in su, quasi integro alla base e presenta inoltre un’infiorescenza a- naloga a quella della S. excelsa; anche per la patria infine è differente. Da entrambe poi la distinzione riesce facile inquantochè nel tipo Hacelsa la foglia non ha mai l’aspetto di quella dell’Oreophila che noi riscontria- mo invece nella S. Conzattii. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali S. ursina Tr. e Pl. S. Conzattii Buse. Caratteri comuni Fusto coperto di sete dilatate assai alla base. iceiuolo brevissimo. Pagina superiore bru- na e seabra, l'inferio- re bruna e d' aspetto namente serrulato , base ottusa. Nervi secondari cir ca 20: quelli di 4. or- dine poco distinti. Infiorescenza più bre- ve della foglia, a fiori subsessili o portati da revi pedicelli. Fiori di dimensioni discrete. Caliee setuloso sulle parti scoperte nel boc- cio, puberulo dentro e fuori. Ovario longistilo. Columbia. Fusto coperto di se- te sottili, o leggermen- te dilatate alla base. Piceiuolo breve. Pagina superiore- verdiccia, liscia o leg- germente scabrosa so- |pra. liscia sotto o sottile, serra- vemente acuminate, cute. to, a base acuta. Nervi circa 15, quel- li di3.° ordine ben di stinti Infiorescenza quasi sempre assai più lunga delle foglie, a fiori pe- grandi. Sepali solo setosi sul- le parti scoperte nel boccio, Ovario brevistilo. Messico. Rami strigosi: Foglie oblunghe, bre- a- Lembo non indito svi- luppato. Dalla S. strigillosa Tr. e PI. differisce per la patria, per le fo- glie non glabre superiormente ed aspre al tatto, pei tirsi ascellari non molto brevi e per i fiori più grandi. Entrambe però hanno foglie serra- te, brevemente e bruscamente acuminate, strigose lungo i nervi. Neppure colla S. Lehmanii Hier. possibile uno seambio, avendo questa l'ovario un po’ puberulo, le lamine fogliari più grandi con peli stellati alla pagina inferiore, pieeiuoli più lunghi.e fiori più piccoli, con antere deiscenti per fessura breve. Le analogie sono solo reperibili nei rami, picciuoli e sepali strigosi, nelle foglie cartacee, cuneate-o- COSE STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 409 blonghe, acute agli estremi, irregolarmente serrate, strigose e infine negli stili atrofici. La S. isoranthotricha Buse. presenta pure molti caratteri di affinità e anche non pochi differenziali, ma noi avremo occasione di studiare le due forme comparativamente quando tratteremo di essa. Caratteri differenziali Caratteri comuni .S. pedunculata Tr.ePl.| S. Conzattii Buse. Pieeiuolo BEE, Picciuolo setoso. Fusto notevolmente se- lento, setulos Punta della foglia SN per sete patenti, ros- A pice Bierg a pun-|disereta. ceie, presenti anche sul- ta lunga Brattee lineari. le e parti giovani. Pieciuolo Brattee fog'i iacee mol-| Sepali glabri dentro|collo stesso rivestimento, to ampie. e solo setosi sulle parti|ma più breve. Sepali setosi, pulve- scoperte nel boccio. Lembo cartaceo, non rulenti dentro e fuori. Messico, |molto grande, p) Gebei bruscamente in Base fogliare ale fan; acuta Pagina inferiore setosa sui nervi che non sono molto numerosi. Infiorescenza subeguale alla foglia, setosa, fulva (sete patenti). Fiori bre- vemente pedicellati. Sta- o numerosi. Ovario a stili atrofiei. La S. pseudopeduncular's Buse. pure del Messico, differisce pei seguenti earatieri: pieeiuolo breve, villoso, pulverulento: lembo subeo- riaceo, rossiccio sopra, molle al tatto da entrambe le parti: margine dentieolato: pagina superiore molto setosa, |’ inferiore con qualche pe: lo stellato: nervi secondari 18, quelli terziari poco distinti: infiorescen- za setoso-pulverulenta: brattee fogliaeee: fiori non molto grandi: calice pulverulento dentro e fuori. Le affinità sono troppo scarse perchè me- ritino di essere segnalate: diremo solo che l'ovario è brevistilo. 410 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO sa La S. Conzattii è adunque una forma abbastanza ben caratteriz- zata, la quale si allontana notevolmente dalle altre specie, senza pre- sentare notevoli affinità piuttosto coll’ una che coll’ altra. Essa mostra solo una certa rassomiglianza colla S. peduncularis, ma non sì può parlare di affinità filogenetiche, poichè la patria è disgiunta e poi l’ul- tima ha brattee fogliacee. Abbiamo dedicato la specie all’illustre botanico messicano il Prof. Conzatti, la cui amicizia altamente ci onora. 8) Saurauia isoxanthotricha Busc. Tav. V. Fig. 6 Esemplare studiato: Exs. N. 1216 dell'Erb. di Kew (sub nom. Palava R. P. an Palara sca- bra HBK. Il cartellino annesso all’ esemplare porta altre indicazioni che noi non abbiamo potuto decifrare. Probabilmente si fa cenno del Perù per quanto concerne la patria. Rami fistulosi, suleati, rubro-nigrescentes, ad apicem setis longis fulvis curvis, ad basim satis dilatatis, obtecti. Petiolus codem quo rami indumento vestitus sed setae breviores. Lamina coriacea, lanceolata, subobovata, apice acuta vel acuminata, basi rotundata, vel acuta. Pagina superior et inferior, praecipue ad nervos, setis exsertis ornatae. Margo dentieulato-serrulatus ; serraturae setulosae. Nervi secundari 18, utrinque perspicui, tertiarii in reticulum de- sinentes, a secundariis satis distineti. Panieula ramosa, scabra, nigrescens, foliam subaequans, pedun- colo striato, bratteis linearibus, 1 em. longis. Inflorescentia puberula atque setis rufescentibus, patentibus vestita. Flores discreti, subsessiles aut breviter pedicellati. Calyx extus strigoso-puberulus, intus pubescens. Corolla glabra. Staminaccantheris luteis, thecis poro in rimam desinente, dehiscentibus. _ Ovarium glabrum stylis obsoletis. Caule fistoloso, solcato, irregolare, bruno rossiccio, coperto del tutto, ma in ispecie all'apice, di sete fulvo-gialliccie, patenti, curve, lun- ` STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIB AMBRICANE BCC. . 411 ghe 1 cm. circa, un po’ dilatate alla base. Foglie giovani collo stesso rivestimento. Picciuolo lungo, 3,5 cm. non molto robusto, coperto pure, ma più parcamente dei rami, di sete. patenti che però sono alquanto più brevi. Lembo di forma alquanto variabile, per lo più lanceolato-ovale od obovato, spesso asimmetrico, un po’ coriaceo, lungo 13-15 em, lar- go 5 cm. notevolmente arrotondato, o per lo meno subrotondo (di rado acuto) alla base, che perciò è più o meno espansa, terminato sempre in punta anteriormente. Margine serrato un po’ irregolar- mente, a serrature diritte, sormontate però da sete diritte o curve, caduche: tra i denti si incontrano delle sete dilatate alla base che simulano dentature minori. Entrambe (e faccie molli al tatto, o per lo meno poco 0 punto scabre, in ¿specie l'inferiore. Pagina superiore rosso bruna, irta, sul parenchima, di sete fulve, erette, lunghe 2 mm. circa. Le stesse sete, più abbondanti e più lunghe, sono reperibili sui nervi maggiori, e ancor di più sulia costa. La pagina inferiore presenta lo stes- so rivestimento, ma le sete sono più abbondanti, e più lunghe (2- 4 mm.). Nervi secondari circa 18, fini, anche distinti alla pagina supe- riore, curvi, distanziati, subanastomotici alla periferia: quelli terziari poco distinti, irregolari, distanti fra loro, formanti un reticolo lasso con quelli di ordine superiore. i Infiorescenza a corimbo o a pannochia lassa, lunga quanto le fo- glie o più (47-18 em.), eon un peduncolo lungo 11 em. striato, e eoi rami lunghi 2-3 em., obliqui o patenti. Brattee basali lineari, lunghe circa 1 cm. o poco meno, larghe 2 mm., le altre più brevi. Tutta quanta l’infiorescenza è rosso bruna, ma il colore è mascherato dalla tinta fulva rossiccia delle sete. Queste, lunghe 5-6 mm. sul pedun- colo, più brevi sui rami, pedicelli e brattee, si mostrano patenti, riccie e assai fine. Fra le sete si nota una leggera pulverulenza. Fiori (in boccio) discretamente sviluppati, subsessili, o brevemen- te pedicellati. Calice pubescente esternamente ed internamente ed inol- tre rivestito, sulle parti scoperte nel boccio, di sete prop 2 mm. o più, patenti, rossigne. 412 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Corolla glabra a lobi ovali. Stami numerosi ad antere gialle, grosse, poco profondamente bifide, deiscenti per un poro che si pro- lunga in fessura raggiungente circa la metà della teca. Filamenti ros- sicci, brevi, barbati alla base con peli rossieci, robusti, un po’ pulve- rulenti. Ovario glabro a 5 stili ridotti. Caratteri differenziali e di affinità. La nostra specie non può esser confusa colla S. Euilziana la qua- le sebbene abbia foglie, rami e peduncoli coperti da un fitto vello fer- rugineo fulvo, presenta la pagina inferiore del lembo del tutto tomen- tosa, un peduncolo breve, un infiorescenza compatta, a fiori grandi as- sai, i cui stili poi sono filiformi. A prescindere dalle brattee fogliacee, la S. peduncularis differi- sce per il picciuolo breve, per la pagina superiore scabra a causa dei mucroni che la rivestono, per la pagina inferiore coperta, in parte, da tubercoli stellati, per l’infiorescenza più breve delle foglie. Le due for- me collimano per la base fogliare ottusa, per l’aspetto del margine fo- gliare, per le sete che rivestono il fusto, le foglie e l’infiorescenza, pel calice setoso sulle parti scoperte, del resto pulverulento fuori e dentro, per l’ovario infine a stili ridottissimi. La pseudopeduncularis Buse., pure dotata di brattee fogliacee, ha il lembo acuto alla base. Per gli altri caratteri invece corrisponde abbastanza bene alla nostra specie, di guisa che se non abitasse re- gioni differenti (Messico) potrebbe facilmente esser scambiata per una varietà latibratteata (forma Veranii). SEH STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECO 418 a Caratteri differenziali S. pyenotricha Turez. Pieeiuolo talora mol- to lungo. Base fogliare assot- tigliata, acuta Margine doppiamen- te serrulato inferiore, spesso portante qualche pelo stellato. Nervi seeondari 18: quelli di 3° ordine for- manti un reticolo con quelli di 4 Infiorescenza poco ricca e assai più breve della foglia. Brattee minute. Se- te dell’ infiorescenza brevi e caduche. Calici pulverulenti o l m parti scoperte nel boc- cio. Stili lunghi. Caracas. S. isoxanthotricha Buse Caratteri comuni Picciuolo discreto. Base fogliare arro- tondata. Margine irregolar- mente serruiato Pagina inferiore pri- va di peli stellati. quelli di 3° ordine di- stinti da quelli di 4 Infiorescenza sube- guale alla foglia. Brattee grandi. Sete dell’ infiorescenza lun- che ghe. Caliee setoso sulle Stili atrotiel: Fusto coperto all'apice da sete lunghe, fulve, di- latate alla base. Lestesse sete, ma più corte sul picciuolo. Sete marginali simulan- ti denti secondari. Pagi- sete: lo stesso rivestimen- to sull’inferiore Infiorescenza coperta, oltrechè da sete, da mi- nuta pulverulenza. Dalla S. Lehmani: differisce per le foglie non acuminate alla ba- se, non aspre alla pagina superiore, per l’infiorescenza più lunga, per Vovario non puberulo, per la mancanza di peli stellati alla pagina in- feriore del lembo e per il modo di deiscenza delle antere. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri d ifferenziali S. xanthotricha Turez. S. isoxanthotricha Buse Caratteri comuni Foglie integre alla base, as dal mez-| zo in Pannochis più breve della Anere deene per Foglie serrate o ser- rulate fin dalla base. Pannochia subeguale alla foglia. Antere deiscenti per un poro wap si prolun- a in fessur Rami, piceiuoli, pedunu coli e calici coperti den- obovate, ottuse alla base, a serrature distanziate verso l’apice. Lembo co- un Foglie grandi, lar-| Foglie bie, perto, alla pagina supe- ghe, ovali. strette, di dimensioni riore, da peli rufeseenti, Venezuela. |diserete. piü eopiosi sulla costa. Se- Perù. |te marginali simulanti denti secondari Pannochia a brattee li- neari Caratteri differenziali Caratteri comuni P uz Te PLI isoxanthotricha Buse Pieeiuolo breve. agina inferiore del lutata. l lembo ve Pagina superiore co- perta da sete minute. Infiorescenza più bre- ve della foglia Brattee triangles, revi. Ovario longistilo. Sta mi deiscenti per poro. Antioquia. Pieeiuolo discreto. Pagina inferiore mol- e al tatto, ma non vel- lutata. Pagina superiore co- perta di lunghe sete. Margine serrato. Nervi secondari cir- 18. rn p lun- a della fog “Prese unghe. Stami aprentisi per essura. Ovario a stili atrofici DRM; Pert. Piaute SECOND tomen- to Se. rossiee Pa u Foglie coriacee, oblon - ghe,Urevemente acumina - te, cuneate od ottuse alla bie: Margine ruvido à denti diritti. Pagina superiore stri- gosa. Pannochia densi- flora. Fiori brevemente edicellati Peli staminali rossicei. vario globoso, glabro. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC 415 Dalle S. basilatae e in special modo dalla S. rubiformis differi- see per non avere i fiori unisessuali privi di corolla, per gli stili bre- vi e per le sete piü lunghe. Infine dalla S. psewdoexcelsa differisce, fra |’ altro, per le foglie più piccole, per V infiorescenza subeguale alla foglia, più strigosa, e per la pagina inferiore delle foglie meno tomentosa. * * ë Le affinità della S. isoxantotricha sono molto incerte. Da una par- te ha una certa rassomiglianza colla S. zınthotricha Turez., e colla S. peduncolaris,dall’altra si mostra affine alla S. ursina. Noi riteniamo che sia più intimamente collegata con quest’ultima, sia perchè la for- ma delle foglie è eguale, sia perchè il rivestimento di sete è analogo. Potrebbe perciò rappresentare una varietà ad infiorescenza svilup- pata, ma fino a tanto che non sarà più esattamente determinata la patria, la questione rimarrà sub judice. 9) Saurauia Ursina Tr. e Pl. Ann. Se. Nat. S. IV. XVIII 1862 e Prodr. Fl. Gran. Arbor tota strigosa-tomentosa rufa, foliis oblongis, breviter acu- minatis, acutis basi interduum euneato-obtusiusculis, exerte denticulatis, margine scaberrimis, coriaceis, supra dense strigosis, asperis, subtus velutinis. Paniculis axillaribus brevibus, densifloris: bracteis parvis; floribus brevissime pedicellatis, diametro circiter 15-18 mm: calycis 5 partitis, laeiniis externis ovatis, internis ellipticis; petalis obovatis, e- marginatis, pilis inter stamina rufis; ovario subgloboso glabro. Vulgo Dumoco: Rio Negro (Cordillera Centrale) Provincia d' An- tioquia: altezza 2150 m. (Tr.): Alto de Lasca (Goudot). Gli autori aggiungono che la specie è rimarcabile per il color falvo di tutte le sue parti, pei grossi peli dei rami, dei picciuoli, del- l'infiorescenza e del calice. E affine alla S. Ruitziana (Steud) = A- patelia lanceolata DC. = Palava R. e PI. Esemplari studiati: Exs. n. 3251 (5414) del Museo di Kensington, stato raccolto ad Antioquia (Erb. di Triana Y Nome Vulg. Dumoco. 416 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Exs. di M. Jervisé, stato raccolto pure ad MES (sub nom. S. ursina Tr. e Pl). Exs. del Museo di Parigi (N.1), proveniente da Alto de Lasca (N. Granata), dove fu raccolto da Justin Goudot nel maggio 1844. Sul car- tellino si nota: S. lanceolata (non) S. ursina Tr. e PI. E’ l'esemplare autotipico di Triana. Esso porta pure il nome vol- gare di Dumoco, non del tutto privo di interesse, poichè anche un nome analogo (Moco) viene dato in Costarica ad altre forme di Sau- rauia (S. costaricensis D. Sm.). Fusto cavo finamente striato, cilindrico coperto all’ apice di sete fine, ma dilatate alla base, ferrugineo-brune, miste a pulverulenza cenerognola. Le sete sono poco o punto patenti, lunghe 2-4 mm. Pic- ciuolo breve o discreto (lungh. 1-2 em.), robusto assai, coperto dallo stesso rivestimento del caule, ma più bruno e formato da sele più cor- te (lunghe 1-2 mm.) patenti, curve. poco o punto dilıtate alla base. Lembo lungo 16 cm., largo 5,5 em. lanceolato-ovale, svbroria- ceo o coriaceo (?), a base oitusı o arrotondata, ad apice acuto od an- co acuminato, a margine finamente serrulato, con serrulature curve, minutamente setulose. Pagina superiore scabra, di color bruno-sporco, l’inferiore cene- rognola bruna, liscia e d'aspetto pulverulento: la prima coperta da sete minute (0,5 mm.) ferruginee, abbondanti sulla costa, un po’ me- no sui nervi principali e sul parenchima dove sono commiste a mu- croni. Le sete spesso scompajono dalla costa che perciò appare bian- chiccia. La pagina inferiore è del tuito irta per sete fulve, ferru- ginee, patenti, curve, minute. Nervi secondari circa 20, poco o punto distintì sopra, poco o mol- to distanziati fra loro a seconda delle dimensioni del lembo, obliqui, poco curvi. Nervi di 3° ordine appressati, formanti spesso un lasso reticolo: quelli di quart'ordine non distinti. Infiorescenza ferrugineo-bruna, più breve della foglia, pauci - flora, a pannochia talora di poco superiore al picciuolo, talora lun- ga */, circa del lembo, raggiungente ali’ incirca la lunghezza di 4-7 m. per 4 cm. di larghezza. Peduncolo assai robusto, al pari dei rami; il primo lungo 1-3 cm. coperto da sete bruniccie, ferrugi- | È STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, 417 nee, Curve, lunghe !|,-1 mm. un po’ dilatate alta base e commaste a pulverulenza. Rami patenti, brevi, (1-0,5 em.). Fiori del diametro di circa 18 mm. subsessili o brevemente pedicellati, inglobati fra le bratteole che sono brevi, triangolari, ferrugineo-brune, setulose. Se- pali lunghi 5-6 mm. ferrugineo-bruniper sele lunghe 0,5 mm. sul- la parte della faccia esterna scoperta nel boccio, del resto pulveru- lenti giallognoli, sia all’esterno che all’interno. Corolla lunga il dop- pio del calice. S’ami 25-30 circa, ad antere lunghe, giallo-rossiccie aprentisi per poro, profondamente bifide, a filamento robusto, barbato alla base. Ovario longistilo. Stili sporgenti, capitati. I.) Forma strigosa (Es. Jervisè) Differisce dalla forma genuina per i seguenti caratteri: Fusto giallo-bruno, liscio, coperto all apice do sete lunghe 5 mm. e più, curve, patenti. Sulla foglia in via di sviluppo si incontrano due sorta di sete, le une ferruginee, insediate sulle nervature, le altre più chiare sul pa- renchima. Con un altento esame si osserva inoltre che la pagina in- feriore presenta anche dei minuti peli bianchicci stellati (?) Nelle foglie adulte il picciolo, lungo 1,5 cm. e nericcio, è par- camente irto di sete curve, patenti, giallo-fulve, espanse alla base. Il lembo è obovato-cuneiforme, acuto alla base, a margine subintero o parcamente denticolato-setuloso. La pagina superiore è resa scabra dalle sete lunghe 5 mm. ful- ve, fine, erette, ma è inoltre, fra le sete, di color cenerognolo e gra- nulare. Le sete della pagina inferiore sono gialliccie, assai dilatate alla base, lunghe 3 - 5 mm. in corrispondenza dei nervi maggiori. Il parenchima, oltre le sete, è anche cosparso abbondantemente di peli bianchicci, stellati. Il lembo, lungo 15 cm., largo 8 cm. è percorso, da ogni lato, da 16 nervi secondari, al pari della costa poco sporgenti. I nervi di 3° ordine formano un reticolo lasso. La pannochia raggiunge I2 cm. ed è abbondantemente coperta, verso Ju base, di sete dilatate alla inserzione, patenti-ferruginee. Il peduncolo è lungo 4-6 cm., solcato, ma non molto robusto; i rami ` appaiono patenti, brevi (3 cm.), molto setulosi, ferruginei, ma anco 418 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSBPPE MUSCATELLO un po’ pulverulento-cenerognoli per minutissimi peli stellati (visibili soloa forte ingrandimento). Bratlee triangolari, brevi (4-5 mm.), setose, non sempre ben di- stinte. Fiori grandi coi sepali rivestiti, nelle parti scoperte nel boccio, da sete lunghe J mm. v più, ferruginee, cenerognolo-pubescenti sulle rimanenti parti. II.) Forma Veranii. Caule rugoso, subglabro nelle parti adulte dis- seminate di cicatrici cuoriformi, piane, portanti una gemma pelosa. Apice del fusto e foglie giovani conformate come nella forma strigosa; sete però caduche. Nulla di notevole nel pieeiuolo che ricorda pure lo stesso tipo. Lembo iungo 9-14 cm., largo 4-5 cm. sottile, membra- naceo, cartaceo, rossiccio sopra, più chiaro sotto, non scabro, anzi mor- bidissimo alla pagina inferiore. Lamina ovale-lanceolata, a base un po’ cuneiforme, acuta, o un po’ arrotondata, quasi sempre diseguale. Apice spesso terminato in breve punta. Margine fogliare finamente mucronu- lato alla base, denticolato dal mezzo in su. Dentature terminate da sete corte e caduche. Lungo il margine si notano delle piccole sete che simulano denti minori, Nervature secondarie 14-17, oblique, curve, poco distinte anche alla faccia inferiore, appressate e parallele. Pagi- na superiore coperta di numerose sete lunghe i mm. sul parenchima, commiste a mucroni: l’inferiore ornata di sete sericee, erette, egualmen- te lunghe. Una delle infiorescenze dell’ esemplare è un poco più breve delle foglie con rami patenti od obliqui, distanti gli uni dagli altri, lunghi 3 em. Il peduncolo è bruniceio, lungo 5-6 em. e le brattee appaiono trian- golari-allungate (5-8 mm 3 mm.) Il tipo di infiorescenza è adunque quello segnalato da Triana. Però a una certa distanza dall’ apice si stacca una seconda infiorescenza, il cai punto di inserzione al ramo è sovrapposto ad una cicatrice fogliare. Quest’infiorescenza è lunghissima (24 cm.), con rami lunghi, patenti, curvi, muniti di piccole bratteole, fatta eccezione per una che è fogliacea, lunga 7 cm., larga 2-5 em. a pre- scindere dal picciuolo lungo 1 cm. I bordi di essa sono quasi integri, o denticolati come nelle foglie ordinarie. Il ramo fiorale non porta al- tri fillomi per eui riteniamo che si tratti realmente di un infiorescen- CUT ERE h S e ni dic cat 6 > TUN aL. SW S Z= Kes ii STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC 419 za la quale sarebbe perciò notevolmente più sviluppata delle foglie. Non sappiamo però se il fenomeno si verifichi normalmente. Le infiorescenze portano delle sete fulve. ferruginee, patenti, lun- ghe 2-3 cm; solo il peduncolo della maggiore è subglabro alla base e cenerognolo. Fiori portati talora da pedicelli discreti. Nulla di notevole nel ca- lice e nella corolla. Stami 20 circa. Ovario a stili già discretamente lunghi nel boccio. Caratteri differenziali e di affinità. La forma tipica differisce dalla S. excelsa Willd., innanzi tutto per il lembo fogliare notevolmente più piccolo, poi per il maggior svi- luppo delle sete alla pagina inferiore, per il picciuolo notevolmente più breve, per l’ infiorescenza assai meno sviluppata e per le brattee di forma deltoidea. Entrambe hanno però sepali strigosi sulle parti scoperte nel boccio, pulverulenti dentro e fuori, foglie setose, infiore- scenza villosa. Per quanto riguarda la var. Xanthotricha vale pressochè quanto si è detto per l’Excelsa, a prescindere dal margine che è serrato. Colla Š. anisopoda Turez. non ha altro di comune che la setosità del calice, dei peduncoli, dei rami e dei piceiuoli. PROPF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO > rp è, Tipe, T S i Dd E AE, m Caratteri differenziali Caratteri comuni S. R 2 S. Ursina Tr. e Pl. 1 Apice del fusto se-| Apice del fusto pul-| Sete del fusto lunghe. 4 toso, ma le sete non|verulento-setoso e le Pieciuolo breve, coperto ‘dilatate alla base. sete dilatate alla base|delle stesse sete reperibi- Lembo sottile, a mar-| Lembocoriaceo, sub- li sul caule, ma più cor- gine serrato disegual- eoriaceo o anche sot-|te. Margine del lembose- . ile, a margine serru-|tuloso; base ottusissima. Nervi secondari 12-|lato. Lembo di dimensioni di- ` ' 14; quelli di3° ordine| Nervi secondari eir- wën: Pagina P formanti unreticolocon ca 20. coperta di sete miste quelli di quarto. Nervi di 3° ordine|mucroni. Pagina om Brattee fogliacee. |formanti un reticolo|ornata di sete e di peli Stami 35. Stili atro-|senza l’ intervento dilstellati. ° ei. quelli di 4? ordine. Pannochia più breve Brattee deltoidi. della foglia, rossiccio-bru- Stami talora solo 25.|na, ma coperta di sete Stili lunghi. lunghe commiste a pul- verulenza. Rami brevi. Fiori sub- sessili o brevemente pe- dicellati. Sepali pulverulenti den- tro e fuori ed inoltre se- tulosi sulle parti seoper- te nel boceio. Columbia. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, 421 Caratteri differenziali Caratteri comuni S. pseudopeduncularis| ç ursina Tr. e PI , B : ; ; Sete della pagina in-| Sete della pagina in-| Fusto rossiccio, coperto, eriore commiste alferiore commiste a peli all'apiee, di sete patenti, peli, taluni dei qualilstellati. fulve, dilatate alla base, ramosi. Nervi secondari ben|eommiste a pulverulenza. Nervi secondari po-|distinti alla pagina in- Pieciuolo breve, robu- eo distinti eriore. sto, collo stesso rivesti- Infiorescenza a rami am Eu M mento del fusto. Lembo diser a bre di discrete dimensioni, ns dell inferi. je deltoidi, pie-|subcoriaceo, molle al tatto. scenza fogliacee. cole. Base acuta od arroton- Stili atrofici. Stili langhi. data; apice acuto o acu- Messico. Antioquia. minato. Margine dentato- serrulato,con sete sui den- ti e fra i denti. Sete e mucroni alla pa- verulenza fuori e dentro ed inoltresetosi sulle parti > scoperte nel boccio. - 2 Stami 25 - 30. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali S. Pyenotrycha Turez. S. ursina Tr. e PI. Caratteri comuni Pieciuolo lungo. Lem- o a base acuta. Margine doppiamen- Le serrulato-serrato. Pagina ON co- perta di Peli mene alla pa- reticolocon quellidi4 ° Brattee C aperta scenza minut Calice ERE A dentroe fuori,con qual- che rara seta sulle par- ti scoperte nel boceio. Caracas. Pieciuolo breve. Lem- o a base ottusa. Mar- gine meno fortemente serrato Pagina superiore co- ertà di sete e mu- eroni Nervi meno nume- rosi. N di 3.° ordine ervi formanti un reticolo a se. Brattee discrete,trian- igolari. Caliee assai piü se- toso. N. Granata. i e Peli stellati alla pa- ilgina inferiore abbon- ildanti. Apice del fusto coper- to di lunghe sete fulve, spesso dilatate alla base. ieciuolo. setoso-pulveru- lento. Margine setoso an- che fra i denti. Apice a- uto o acuminato. Pagina superiore rossie- cia, scabra, l inferiore molle al tatto. Pagina inferiore coper- ta di sete, con qualche ra- rissimo pelo stellato. Infiorescenza più breve della foglia. Ovario longistilo. 3 i ERU NODI Re ec { STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, 423 Caratteri d ifferenziali ` S. Ruitziana Steud, S. ursina Tr. e PI. Caratteri comuni Pieeiuolo breve o ungo. Lembo spesso grande, per lo pitiacuto ai due estremi. Margine den- ticolato mucronulato. Pagina superiore ora subglabra ora villosa, spesso disseminata di verruche sormontate da sete. Pagina inferiore to iuto, ad ascelle dei nervi secondari bar- bate Nervi secondari eir- ca 20-25, quelli di 3.° ordine poco distinti in mezzo alle sete. Infiorescenza brevis- sima, a brattee basali grandi , a ae e rami robusti Pieeiuolo breve. Lembo. di dimensio- ni diserete, ottuso alla base. Margine a serru- lature più evidenti. Pagina superiore più o meno villosa. Pagina inferiore se- tosa, con qualehe mi- nuto pelo stellato. A- scelle dei nervi non barbate. Nervi meno nume- rosi e distint In orania meno breve, a rami e pedun- coli piü sottili. Fiori disereti. Stami circa Ovario brevistilo. ntioquia. Fusto coperto, all'apiee, di sete ferruginee, lunghe, dilatate se, pre- senti pure sul piceiuolo, Lembo cartaceo Infiorescenza villosa. Caliee villoso sulle par- ti scoperte nel boceio, pul- verulento dentro e fuori. Ovario longistilo. id grandi. ic Per p^ le foglie Lui solo sui nervi, serrate la S. slrigillosa, Tr. e Pl, si distiugue subito dalla nostra e così pure dicasi perla S. Vil- losa DC. del Messico, la quale ha foglie grandi, pannochia sviluppata, fiori per lo più piccoli. La S. scabrida Hemsl. è pure fulva, rufescen- te, strigillosa, con foglie molto densamente setose alla pagina inferio- re, con pedicelli e calici ferruginei per lunghe sete, con ovario longi- stilo, ma differisce, al pari della villosa DC., per il predominio di lun- ghi peli stellati alla pagina inferiore {dei lembo che poi è cuneato, molto scabro superiormente. La patria inoltre è diversa. La presenza di bullature sulla pagina superiore è di peli stellati Y 424 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO sviluppati assai alla pagina inferiore del lembo, come pure la man- canza distinguere le vario forme di S. Selerorum. ulverulenza sui sepali e infine gli stili atrofici, valgono a Le altre reophilae sono abbastanza caratterizzate dai robusti peli stellati e dalle ascelle dei nervi per lo p non avesse tuttav iü barbate. a S. Conzattii potrebbe pure essere scambiata coila nostra forma via i calici glabri nelle parti non setolose, gli stili se corti, le foglie assotigliate alla base e prive di peli stellati alla pagi- na ita. Una forma infine che merita di essere confrontata coll’ Ursina e la S. Humboldtiana Buse. Caratteri differenziali S. Humboldtiana S. ursina Tr. e PI. Caratteri comuni Fusto coperto, all'a- pice, da fine e brevi sete appressate, pre- an nf sulle oe van "Pieciuolo corto, into] gine denticolato. ete sulle nervature maggiori, mueroni al- trove, sia alla pagina inferiore che superiore. Nervi secondari da 20 a 23 in reticolo alla) i Ipulverulenti. iori subsessili. Se- Sete lunghe all’api- ce del dena e sulle fo- glie giovan “Piccinole "erto; ma ehe molle al tat- .\to sotto, a margine più distintamente serru- o. Sete presenti in ab- bondanza sopra e sotto. Nervi secondari 14- 20, non in reticolo. Peduncolo e rami del- l'infioreseenza setoso- Fiori brevemente pe- dicellati. Sepali setosi sulle parti scoperte nel pali tubereolati sulle|boccio. parti scoperte nel buc- cio, pulverulenti del re- sto dentro e fuori. Stami pochi. Ovario a stili atro- ci Perù. Stami 25. Ovario a stililunghi. Lembo coriaceo, obova- to, acuto all’apice, ottuso alla base (che è però ri- stretta). Infiorescenza più breve della foglia, pauciflora.Pe- duneolo e rami robusti. en minute, triango- "Sepali den- tro e fuor Columbia. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 425 Per quanto riguarda la forma Veranii le affinità mutano legger- mente, avendo essa le basi fogliari acute e le brattee sviluppate, fo- gliformi. Però quest’ultimo carattere presentandosi piuttosto come una accidentalità, non modifica i rapporti di parentela della specie. La forma s/rigosa presenta gli stessi rapporti di affinità che ab- biamo segnalati in quella genuina. se Noi ci troviamo di fronte ad una forma che, per quanto abbastan- za ben definita, contrae intimi rapporti con altre specie. Innanzi tutto le sue affinità sono grandissime colla S. Rui/ziana Steud., tanto che il Triana, il quale pure accennò a siffatta affinità, inglobò nella nostra specie non pochi esemplari che noi riteniamo non sufficientemente di- stinti dalla S. Ruitziana per meritare di essere da questa separati, E vero che gli stessi furono riscontrati ad Antioquia, ma è d’ uopo am- mettere o che si tratti di un errore di citazione o di confusione avve- nuta nella cernita delle forme, o ehe la S. Ruitziana estenda il suo dominio fino a tale località ciò che ci pare poco probabile. Grandissimi e stretti sono i rapporti colla S. peduncularis Tr. e Pl., la quale si può dire si distingue solo per la presenza costante di brattee fogliacee che, come accidentalità, si presenta pure, si è visto sopra, nella nostra specie. A priori si potrebbe escludere un’affinità colla S. Humboldtiana e le altre forme affini (var. Bomplandı, S. Stapfiana etc.), ma se si con- sidera che queste hanno dei piccoli peli stellati alla pagina inferiore e che abitano le stesse regionio territori limitrofi, si può ritenere che non rappresentino altro che forme più xerofile e perciò a sete più aecoreiate, mueroniformi. Ma se si ammette questa parentela dobbiamo anche ritenere che l'Ursina sia più o meno collegata eon certe forme del cielo della S. scabra HBK. (S. brachybotrys Turez., var. scabra Busc.). 10). Saurauia Ruitziana Steud., Nom. Ed. II 516. Sinonimia: Apatelia lanceolala R. e Pav. Vanalphinia lanceolata Lesch. Palava lanceolata R. e Pav. e Saurauia lanceolata DC. Palava 426 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO tomentosa HBK. (Choisy. Mem. Ternstr.). S. peduncularis Ch., S. tri- ste, S. hirta, S. lanuguinosa (in sched. Herb. Willd.). Frutex 5 orgyalis. Rami juniores, pedunculi, petioli undique pilis. strigosis rufo-ferrugineis longis, subadpressis coperti. Folia ovalia, o- blonga, fere lanceolata, utrinque attenuata, serraturis parvis crebris in- structa, superne atroviridia, pilis raris praesertim in nervis donata, subtus ferruginea, pilis confertissimis in nervis strigosis super paren- chyma velutinis, petiolis pollicem longis; limbo 8-9 longo, 3-4 lato, nervis pennatis, superne medio et lateralibus perspicuis, subtus medio et lateralibus elevatis, tertiariis reticulatim dispositis. Peduneuli axilla- res, petiolo triplo longiores, aphylli, villosissimi. Racemus pedunculo dimidio brevior, confertissimus, subramosus, multiflorus. Flores subses- siles. Calyx persistens, 5 sepalus: sepalis obovatis, concaviusculis, ob- tusis, extus in parte aéri esposita strigoso-pilosis, caeterum glabris. Pe- tala D, receptaeulo inserta, inter se vix ae nervis subcoalita, rotatim disposita, ovata, calyce paullo breviora: basis intus subpilosiuscula. Stamina plurima cum petalis subadnata, in quinque phalanges dispo- sita. Filamenta subulata ima basi subvillosa, petalis paullo breviora. Antherae oblongae, dorso adfixae. Ovarium glabrum, liberum. Styli 5, filiformes, apice subeapitati. Fructus ? Var. B a priore differt ramis, petiolis pedunculisque multo minus pilosis: foliis minoribus, angustioribus, basi secus petiolum non pro- ductis, sed obtuse, aud rotunda basi terminatis, subtus magis tomento- sis, pedunculis petiolo quadruplolongioribus, gracilioribus; racemo mi- nus conferto, pedunculi tertiam longitudinis partem. vix acquante, pe- dicellis perspieuis, nec sub nullis, petalis calyce paullo longioribus. Peruvia (DC. Mem. Ternstr.). Esemplari studiati. Exs. N. 125 (1396 ?) del Museo di Parigi raccolto dal Poeppig; (loc. incerta, Perù, Chili, Guyana, Brasile ?) Exs. del Museo di Parigi, proven. dal M. Rivero (Chincao nel Perù). Exs. del Museo di Parigi, stato raccolto da Pavon (Don. Edm. Boissier). Exs. del Museo di Parigi, stato raccolto da Triana (1851-57) ad. Ee PPR E ; š i W E. ì \ STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 427 Antioquia di Columbia (Rio Negro) e dallo stesso autore determinato col nome di 8. ursina. Exs. del Museo di Parigi, proveniente forse dal Perù (1) (sub nom. Palava lanceolata R. e Pav. = Apatelia lanceolata DC. = Saurauia lancco'ata mon DO.) Exs. del Museo di Parigi, raccolto dal Bompland e determinato da Tr. e Pav. col nome di S. ursina, sebbene proveniente dal Perù! Exs. del Museo di Parigi raccolto da Dombey. Exs. dell'Erb. di Kew, stato raccolto da Jervissè ad Antioquia e da Triana e Planchon determinato col nome di S. ursina. Exs. 2056 del Museo di Kew (lIerb. Hook.) raccolto da Mathews, senza indieazione di loealità. Exs.del Museo di Berlino proveniente dal Perù (Raecolto da Poeppig). Exs. del Museo di Berlino N.125, (1396) raccolto dal Poeppig al Chili (colla notazione nella scheda: Planta ignota). Exs. N. 10560 e 10364 dell'Erb. di Willd. (Museo di Berlino) ri- ` dotti a una foglia. | Exs. dell’Erb. di Monaco, ridotto a una foglia e a uu'infiorescenza staccata. Exs. del Ist. Imp. di Pietroburgo, stato raccolto da Poeppig (Erb. Fiseher) coll' annotazione nel eartellino: Planta ignota e portante i num. 125, 1396 ? Exs. del Museo Palat. di Vienna, stato raccolto dal Poeppig a Chin- cao (1839). Exs. del Museo di Vienna (N. 1601). Exs. d. Museo di Vienna (N. 1396), stato raecolto da Poeppig a Chuchero sui monti calcari aridi (Perù Subandino). ; Exs. N. 125 (1396?) del Museo di Lipsia, raccolto dal Poeppig al Brasile o al Chili. Exs. N. 1396 del Museo di Leida, stato raecolto dal Poeppig a Chuchero nel Perù, sui monti calcari seechi (Perù subantino) o al Bra- sile. (1) La località è indicata a matita ed è seguita da un punto di interrogazione. 428 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Fusto fistoloso spesso un po’ striato per lungo, glabro nelle parti adulte, oppure ivi coperto da sete lunghe (Ex. del Museo di Kew), genieolato ai nodi o diritto, di eolor bruniceio. Cieatriei fogliari a cen- tro bruno, orlato da un cerchio bianco. Apice dei rami fulvo-ferrugi- neo per abbondanti sete, lunghe 8-10 mm. e più, riccie, patenti od ap- pressate, sottili o talora più o meno dilatate alla base (le due forme di sete presenti sullo stesso ramo). Sete spesso bicolori, ferruginee al- l'apice, giallo chiare in basso. Foglie giovani pure avvolte dallo stesso feltro di sete che però sono meno robuste ed appressate. In molti e- semplari tra le sete del fusto e delle foglie giovani si notano dei mi- nuti pulvinuli di peli stellati, cenerognoli, visibili per altro distinta- mente solo alla lente. Picciuolo lungo 1-4-6 cm., robusto, fittamente vestito delle stesse sete del caule che però sono più brevi (4-5 mm.) appressate o patenti, fine o talora un po’ larghe alla base. Lembo coriaceo, subcoriaceo, cartaceo, membranaceo, di varia di- mensione : talora breve (7-16 em. lungh. X 3-7 cm. largh.) o di medie dimensioni e per lo più ovale, o un po' obovato (lungh. 19-23 em. X 8-12 em. largh.) od ovale lanceolato ed allora per lo più lun- ghissimo (36 cm.>K12 cm.) Nello stesso esemplare le differenti forme fogliari sono reperibili le une accanto alle altre. L’ apice è subacuto (raro) od acuto, o anche spesso terminato in punta breve, larga: Za ba- se è per lo più asimmetrica, cuneiforme, acuta, subacuta od anco ottu- sa, arrotondata e larga (foglie piccole e mediocri). Margine fogliare scabro, finamente denticolato, mucronato, più di rado poco o fortemen- te serrulato. Dentature sormontate da setule curve (caduche) le quali poi sono anche presenti fra i denti. Pagina superiore rossiceio-bruna, giallo, verdiceia, od anco infine cenerognola a le varie colorazioni in gran parte dipendenti dall’ età della foglia; Zalora lisci, talora scabra, ad aspetto granulare od anco reticolato; più di rado vellutata per rilievi o verruche, le une relati- vamente grandi le. altre minute (visibili alla lente) sormontate da sete e mucroni rossicci (le une e gli altri spesso caduchi) e circoscritte dai nervi minori (Ex. di Kew e di Parigi). Pagina inferiore giallo-chiara, molle al tatto o (raro!) aspra per EI ODE BE STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIB AMERICANE ECC. 429 una leggera verrucosità, d' aspetto tomentoso od anco reticolato e non infrequentemente anche presentante degli alveoli corrispondenti alle ver- ruche della pagina superiore. Spesso l2 alveolature occupano solo una parte del leinbo. La pagina superiore, nelle foglie vecchie, mostrasi disseminata, sul parenchima, di rade sete sottili, lunghe 1-2 mm. appressate, le quali perciò molte volte passano inosservate ad un esame superficiale. Si comprende quindi come molti autori, fra cui il De Candolle, abbiano indicato come glabra la pagina superiore. Nelle foglie adulte, ma non molto vecchie, quasi sempre le sete sono più abbondanti e fra le se'e si notano spesso dei mucroni (visi- bili alla lente) che rendono la superficie alquanto granulosa. Le sete si fanno più numerose e più lunghe sui nervi maggiori e in ispecie sulla costa, dove raggiungono 3-4 mm. cirea (almeno in vi- cinanza della base fogliare, essendo ivi sempre più sviluppate), e dove sì presentano riccie ed erette, ma più spesso appressate e disposte & guisa di barbe di penna. La lunghezza delle sete va soggetta a notevoli variazioni, non solo da esemplare ad esemplare, ma persino da foglia a foglia, e talora poi i tricomi in questione difettano sulle nervature minori ed anco sulle altre, almeno per tratti più o meno estesi. Sulla pagina inferiore incontrasi innanzitutto il parenchima e i nervi minori coperti da un fitto feltro di peli bianchicci, probabilmente stellati o ramosi, ben distinti solo alla lente. I nervi di 3.° e 4. òrdi- ne o sono quasi glabri, oppure si mostrano coperti da setule tozze, non sericee, brevi, mueroniformi, appena però visibili ad oechio: quelli di 2.9 ordine presentano un investimento sericeo fatto da sete più lunghe (2 mm.), fine all’apice, dilatate alla base che offre una colorazione più chiara: la costa infine è ornata di sete lunghe 5 mm., commiste a pul- veru'enza cenerognola. Il diverso colore dei tricomi sui nervi e sul parenchima è caratteristico. Le ascelle dei nervi secondari sono bru- scamente barbate, o più di frequenti non presentano che il solito rive- stimento diffuso sul parenchima. Nervature secondarie piuttosto numerose (22-36) anche nei fillomi piccoli, oblique o patenti, talora a decorso eurvilineo, regolari, paral- 450 PROFF..LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO lele fra loro, appressale le une alle altre, poco o punto dieotomiche all’estremitä. Molto spesso sono poco distinte sia alla faccia superiore che all'inferiore, oppure solo in ecrrispondenza della prima: esse sono però sempre con'raddistinte pel colore più chiaro delle sete che le ac- compagnano alla pagina superiore, pel colore fulvo-sericeo delle sele che le rivestono alla pagina inferiore le quali sono sempre un po’ di- versamente confermate rispetto a quelle del parenchima. J nervi di 3." ordine sono fini, numerosi, distanti gli uni dagli altri, diretti per lo più perpendicolarmente a quelli secondari, ma con decorso attraverso il parenchima alquanto irregolare. Essi formano co: nervi di 4." or- dine un lasso reticolo. La costa è molto larga, robusta, ma spesso poco sporgente a causa del vello che ricopre il parenchima. . Infiorescenza a corimbo o a pannocchia, ta’ora contratta in glome- D ru.0, lunga da 3 a 18 cm. ma sempre molto più breve della foglia, e talora appena subeguale al picciuolo, larga da 3 a 6 «m. e sorret- ta da un peduncolo che ë lungo o brevissimo (lunghezza variabile da 1 a 15 em.), sempre robusto. J rami sono per lo più brevi (1-4 cm.) obliqui o patenti, un po’ curvi, tricotomi, del pari assai tozzi. Tutta quanta I’ infiorescenza è rivestita da sele fulve, riccie, patent’, lunghe cirea 8-10 mm. e più, dilatate spesso alla base. Alle sele va associata una fina pulverulenza che se si rende predominante impartisce una co- orazione cenerognola alla parte. Brattee basali grandi, lanceolate-ovali, acute, sessili, od oscura- mente picciuolate, subeguali al ramo (lungh. 15 mm. largh. 8 mm.) rossiccie e subglabre o un” po’ setulose alla pagina superiore, ful ve in- vece o gialliccie, per lunghe sete, all’inferiore. Le bratteole d:i pedicel- li, più lunghe dei fiori, sono a questi addossate e sporgono in mezzu ai villi come lamine deltoidi, acute (lungh. 6 Fiori subsessili, o su brevi pedicelli robusti, (lunghi 1,5 em.) di dimensioni discrete od anche grandi, (2,5 em.), non molto numerosi. Calice accrescente, fulvo sulle parti della faccia esterna scoperte nel boccio, ed ivi ricoperto da sete lunghe 2-4 mm. fine, appressate (2 se- pali perciò setosi, come al solito, su tutta la faccia, 2 sulla linea me- diana ed 1 su un lato). La parte priva di sete è pulverulento-cenero- mm, circa). gnola per minuti peli: stellati, che però lasciano scoperta la parte ba- . STUDIO MONOGRAFICO SULLE ‚SPECIE AMERICANE BGU. 491 sale della faccia interna, la quale spicca" pel colore rossiccio. 1 sepati lunghi 5-8 mm. sono acuti (gli esterni), od ottusi (gli interni). La. corolla è subeguale al calice o di +]; più tunga—di- questo e consta di 5 petali glabri (lunghi 1,5 cm) subquadrangolari od. obo» vati, ottusi, talvolta smarginati, uniti fra loro alla base. Stami talora ridotti assai in numero (10 in taluni Esemplari di Parigi) e quasi tutti in cattivo sla'o, talvolta invece numarosi' (30-40 circa) più brevi del calice, a filamento barbato' alla base eon. peli ros- sicci, ad antere di colore giallo chiaro, tozze o lunghe, bifide;. ma a teche poco ‘divergenti, dorsifisse, ognuna aprentesi Pa * poro npa Molte volte gli stami cadono colla corolla. Ovario glabro, oscuramente diviso in 5 parti, ‚sormon We da 4 Am Exs. Kew) a 5 stili diritti lunghi, discreti o brevi, ma sempre più corr: ti del frutto, a stimma largo. Nello ‘stesso esemplare si possono incon- trare dei fiori brevistili accanto ad altri longistili (Exs. d. Mus,, Imp, di Pietroburgo). + à € Semi piccolissimi, alveolati, eau spess un po eurvi. ` Caratteri differenziali 2 di affinità. | E Ed S. wanthotricha Turez. didiétipin pel calice, tomentono o Th vemente setuloso, per le foglie ordinariamente piü grandi, grossolana- mente serratë dal mezzo in su, per dà paunochia più lunga, più ampia, a peduncoli e rami relativamente più sottili, con brattee meno lunghe, pei fiori più piccoli, più lungamente pedicellati e portanti un minore numero di stami. Per gli altri caratteri si rassomigliano ed in ispecie per la presenza di sete rufescenti, appressate o patenti sui peduncoli, rami, pieciuoli e calici, per la forma della foglia e per la pannocchia quasi sempre più breve delle foglie. La patria è però differente. Particolarmente facile è la distinzione delle forme a superficie fo- gliare verrucosa non incontrandosi mai questo tipo fogliare nella S. excelsa var. xanthotricha. La S. pycnotricha, Turez. ha una grande rassomiglianza colla no- stra specie, ma non difetta di caratteri differenziali, come risulta dal seguente specchietto: PROPF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLÓ Caratteri differenziali Caratteri comuni S. pyenotrieha Turez.| S. Ruitziana Steud. | oglie portanti un] Piceiuolo per lo più} Fusto coperto da sete piceiuolo lungo, pulve-|bre ve, distintamente lunghe, patenti, fulve, di- rulento, setoso. setoso, villoso. latate alla base. Picciuolo Base fogliare di va-|robusto. ria forma, ma per lo Margine fogliare denti- iù non decorrente. |colato, mucronato, con Peli stellati rari alla} Lembo quasi sempre|denti portanti delle sete; pagina iuferiore della|ispessito. queste pure interposte fra ia, Peli ramosi abbon i denti. Apice fogliare . Brattee dell’infiore-|danti alla pagina in-|acuto. scenza lineari; fiori pe-|feriore d. foglia. Sete abbondanti sulle dieellati, non molto Brattee dell’ infiore-|due pagine e commiste a grandi. peli stellati alla pagina Calice subglabro al-| Fiori brevemente pe- inferiore. Nervi secondari l'interno e anche all'e-|dieellati, grandi, av-|eirea 22-27. sterno. Stami non mol-|volti dalle bratteole. Infiorescenza non mol- to numerosi. Calice villoso all'e-|to ricca, più breve assai Ca sterno e pulverulentojdella foglia, a rami bre- entro e fuori. vi, setulosa. Stami numerosi. Stili lunghi. Perù. e Tacas, STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Caratteri differenziali S. pseudoexcelsa Buse. S. Ruitziana Steud. Caratteri comuni Piceiuolo lungo assai, setoso pulverulento. Lembo ovale, grande, scabro alla pagina su- periore che & setuloso- tubercolata. M argine dentato- serrato,a denti . Sete della pa m tomentosa,dalle brattee piecole. Sepali tuberco- lati sulle parti scoperte nel boccio. N.Granata. Guayacuil. i villosa , grandi.Sepali setosi sul- le parti seoperte nel Piceiuolo breve, pre- valentemente setoso. Lembo di varia forma, spesso piccolo, quasi sempre setoso alla pa- gina superiore. Margi- ne dentieolato-muero- nato, a denti eurvi. Se- te alla pagina inferiore non barbate. Nervi di 3° e 4° ordine formanti reticolo. Infiorescenza i eon brattee boccio. Perù. Pagina inferiore d’aspet- to pulverulento-setuloso. Infiorescenza della foglia. Fiori grandi. a stami numerosi e a stili lunghi. 434 '"PRoFF. /LUIGI-BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO sm o*GOaratteri- differenziati S. peruviana Buse;, S, Ruitziana, Steud. Caratteri comuni Fusto coperto,all’api- te: SAES PA et (peli: sstellati)..- terrugi-| nee, fulve patenti. | Pieeiuolo lungamen- -|te. setoso ae mon stel-| . flati Í deine Serge molle CD Ce tal tatto sopra e giallo vo sotto. Weeer bruno satto. ] Pagina inferiore vil- Pag.inferiore eon ris vestimento araenoideo. Margine fortemente| serrato e per lo più an- che doppiamente ser-|r osa, tomentosa. ` ] to-serrulat Base: ee? d; va: rma. Nervi abcondari. più numerosi, paralleli. . ato. Base fogliare decor rente, acuta. Nervi secondari 18, non sempre paralleli fra loro. Pagina superiore co- erta di sete minute Pagina superiore di- lora verrücosa. Pagina inferiore prov- vista di lunghe sete e di peli bianchicci, ra- (più lunghe sui nervi|mosi. maggiori), commiste a mucroni e a pulverul. Pagina inferiore mu- nita di sere barbate alla base, gialle, ferru- ginee, minute. Ascelle dei nervi se- condari barbate. Brattee un infiore- ali tosi, cigliati al margi- ne, del resto glabri. Stami 25-30, Ascelle dei nervi se- te Brat dies infiore- scenza paie Sete delPitdioreenn- za brevi con pulveru- lenza giallo chiara. Fiori grandia sepali esterno, jii dentro e uori. Stami spesso nu- merosi. Sete dell’apice eau-| ce,da sete brevi, brune,|linare_lnnghe, f Pieéiuolo breve." _Lembo grande, oboya- stintamente setosa, . tas : ;0, ; cartaceo, rossiccio su- periorm Lore del lembo .termi-. iie in punta. Margine. M i di 3° otdine in ticolo. re : Infiorescenza molto bre- ve, pauciflora Margine mmh Ovario a stili luoghi, $ ^ Perù. 435 STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Colla S. isoranthotricha, si è visto altrove, la confusione non è possibile e lo stesso dicasi per la S. peduncularis Tr. la quale ha fo» glie < exerte > serrate, strigose solo sui nervi e brattee primarie no+ tevolmente più grandi, realmente fogliformi, pieciuolate. Fer quanto concerne la S. rubiformis Watche la differenza essent ziale sta nell'unisessualità dei fiori di questa specie, la quale però, co* me vedremo in seguito, è pure accennata in certe forme della S. Ruit: ziana e talora trovasi accidentalmente anche nella specie tipica. Occorre tuttavia notare che nella S. rudiformis 1’ infiorescenza è più ampia e porta delle brattee lineari. La patria: infine é differente. La S. Excelsa: ha solo comune il bordo dentieolato mueronatoj del resto differisce dalla nostra per gli stessi caratteri em ai quali differisce la S. xanthotricha Turez. Per ciò che concerne la differenza nei riguardi della 8. ursina Pr. @-PE vedasi questa specie e quanto si dirà in appresso. Caratteri differenziali S. tomentosa HBK. S. Ruitziana Steud. Caratteri comuni: Foglie callose, aspre alla pagina superiore.|cose, ma non callose e Rivestimento | peloso Lan gialliccio o grigias Foglie WEE ve- nose, ottuse o rotonde alla base. D DPOTII inon sono verruco Foglie talora verru- molto aspre (se se). ivestimento setoso- fulvo. TA Fogliequasi mai net- tamente reticolate e o/mal Costa molto phu nente. Brattee brevi Calice pressochè gla- bro internamente, to- mentoso fioccoso all'e- sterno. Equador. N. Granata.| i spesso acute alla base Costa larga, ma po- o prominente a causa del tomento VILLE RE Brattee lunghe alice Re uberulo all’ interno, puberulo villoso all'e- erno. Perü. Chili. Foglie obovate De late (più strette.perö nel» la.S. tom mentosa), dentieo- pagina inferiore, al pari dei rami, piceiuoli, infio- resce Veio parallele nume- rose, Brattee tomentose. Padi. Dem più, breve della, si 30-40. Stili persistenti e caps sula rivestita del cálice. ' 486 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Dall’aspera Turez. differisce per le ascelle dei nervi secondari po- eo o punto barbate, pei fiori piü grandi, per l'infiorescenza piü breve ma piü tozza, per le brattee piü grandi e per una maggiore villosità. Infine osserveremo che la 8. villosa DC. se presenta molti carat- teri comuni colla nostra specie (foglie elettiche, attenuate od acute al- la base, ad apice acuto, a margine denticolato; rami, picciuoli, infio- rescenze e lembo fogliare ispido villosi; sete rossiceie molli al tatto; 20 e più nervi paralleli) presenta anche non pochi caratteri differen- ziali (pagina inferiore del lembo, pallida glaucescente; sete miste a lunghi peli stellati: pagina superiore spesso scabra pertubercoli e sem- pre irta di sete non molto lunghe: pannochia ampia, ramosa: fiori pie- eoli o disereti. La patria poi ë del tutto diversa. x *ock La S. Ruitziana Steud. ë una specie che per quanto abbastanza ben definita da caratteri di una eerta importanza andò ciò non di me- no confusa con altre specie. Abbiamo già trattato altrove dell errore in eui cadde il De Candolle assimilando la stessa alla 8. lanceolata del Leschnhault, qui vogliamo solo affermarcı a segnalare |’ errore in cui son caduti Triana e Planchon inglobando alcuni esemplari ti- pici di S, Ruitziana nella S. ursina. Uno degli esemplari eosi denominati trovasi nel Museo di Parigi e proviene dalia raecolta di Triana. Se non vi fu confusione, per quan- to concerne la località ín eui fu raccolto, esso sarebbe stato trovato ad Antioquia di Columbia (Rio Negro), vale a dire nella stessa loea- lità dove cresce l’Ursina. Avendo avuto occasione di esaminare l'esem- plare nel Museo di Parigi abbiamo rilevato i seguenti caratteri: Fusto villoso, cenerognolo, ferrugineo coperto di sete lunghe 5 mm., dilatate alla base che è un po’ cenerognola. All'apice le sete sono ric- cie e commiste a pulverulenza: talune di esse poi appaiono quasi squa- mose. Sulle foglie giovani le sete si mostrano poco o punto dilatate. Picciuolo robustissimo, villoso assai, lungo 1-3 cm. e parimenti fulvo, (continua) DOTT. PIETRO CANNARELLA Osservazioni biometriche sull’apparato cladodico e florale i DELLA SEMELE AN,DROGYN.A KUNTH. v (continuazione) E Cladodi Cladodi oh , YT Tipi di Cladodi a a Totale » "S Sinistra Destra ier? ; 3 I I lobo superiore 92 87 179 2 T5» iore: 59 66 125 3 l » sup. 1 inferiore 419 399 818 4 L cy ox > 134 144 278 $ Lx EE. » 25 39 63 6 l 3 4 » 3 — 3 7 2 lobi superior 4 3 7 = 8 2 » inferi 2 3 $ fer 913 » sup I inferiore 145 147 292 Hs 10 4. 49 $.2 607 599 1206 e II A9». » 121 123 244 A I2 2 » 4 » 7 4 11 > ' I3 3 ) PEE: PT 3 3 E 14 : o» rouge? 3 — 3 m 15 3.» sup. 1 inferiori 43 57 100 SH 16 Tah a ie uu. 161 169 330 ni 17 FD i DEN. » 255 274 529 18 3 » LSZ D $ $ lo I9 Ee KK » 4 6 lo 20 4.» 329 » 5 ıl 16 21 Wo c» ae: » lo 7 17 22 S -* & 3 » 7 1 8 Totale complessivo 2111 2146 4257 Come si vede, manca a sinistra il caso di eladodi aventi 3 soli lobi superiori, e, tranne piccole differenze, in generale i fatti concor- dano con quelli osservati nel complesso dei rami. Sono più frequenti perciò a sinistra: 1° i eladodi aventi 2 lobi su- periori e 2 inferiori (607); 2° quelli coa 1 lobo superiore ed 1 lobo - inferiore (419); 3° quelli eon 3 lobi superiori e 3 inferiori (255); 4° quelli con 3 superiori e 2 inferiori (169); 5° con 2 lobi superiori ed 1 inferiore (145); 6° quelli con 1 lobo superiore e 2 inferiori ('34); 7° quelli con 2 lobi superiori e A inferiori (121) e 7° quelli con 1 solo lobo superiore (92). Tutti gli altri casi sono sempre meno fre- | 498 Š DOTT. PIETRO CANNARELLA quenti ed i più rari sono quello che si riferisce a cladodi con 2 lobo inferiori e quelli che riguardano eladodi con 1 lobo superiore e 4 in- feriore e con 3 soli lobi inferiori. A destra abbiamo perfettamente gli stessi fatti per quanto riguarda i casi di maggiore frequenza; mancano però del tutto eladodi con un lobo superiore e 4 inferiore e cladodi con 3 lobi inferiori, sicchè i tipi di cladodi si riducono a 20 e solo esiste un cladodo del 22° tipo, che perciò da questo lato è estremamente raro. Riassumendo si può affermare che il easo più frequente non solo sui singoli rami ma anche per i singoli lati dei rami è quello di ela- dodi con 2 lobi superiori e 2 inferiori, poi quello di cladodi con 1 lobo superiore ed 1 lobo inferiore è poi quello di cladodi con 3 lobi superiori e 3 inferiori. Vi sono dei easi che sono quasi ugualmente distribuiti janto a sinistra che a destra come quelli appartenenti al 1°, 7°, 8° al 9°, al- P 11°, ed al 19° tipo; nel solo 18° tipo vi è perfetta ugnag'ianza nel numero dei eladodi di sinistra e di destra. I tipi più rari sono il 6°, il 13° ed il 14; sebbene quasi rari siano pure i tipi 8°, 7°, e 229; solo per il complesso, si sono dimostrati identici per rispetto sempre alla frequenza i tipi 18° e 19° ed all'ineirea anche il 12°; scarsi sono i tipi 20 e 21°. A partire da questi, tutti gii altri sono più o meno frequenti. Esaminiamo ora ciascuno di questi tipi per rispetto alla frequen- za che essì hanno sui singoli rami. 1° Tipo — Cladodi con 1 lobo superiore. Come si è detto avanti, questo caso fu in tutto osservato 179 volte di cui 92 a sinistra ed 87 a destra. Però quantunque i cladodi di sinistra siano un poco più nu- merosi di quelli di destra, pure si è osservato che a sinistra solo 68 rami portavano cladodi di questo tipo, mentre a destra il numero dei rami è maggiore ed ascende a 78. Ciò si verifica perchè non sempre uno stesso ramo porta un solo cladodo di questo tipo, ma ne può por- tare 2, ed anche 3 o 4. Infatti, ecco come sono portati questi eladodi sui rami: T 3 aci rcu: OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 489 a sinistra — rami aventi 1 solo eladodo eon 1 lobo superiore 52 > » 2 cladodi id. id. » » 8 » id. id. 1 » » 4 » id. id. 3 — Totale dei rami N. 68 a destra — rami aventi 1 solo eladodo eon 1 lobo siiperiore 68 » » 2 eladodi id. id. » » 3 » id. id. 2 » » 4 » id. id. 0 Totale dei rami N. 78 Dunque abbondano i easi di rami aventi 1 solo cladodo con 1 lobo superiore, e sono piü frequent! a destra che a sinistra; sono searsi i casi di rami con 2 cladodi con 1 solo lobo superiore e sono più fre- quenti a sinistra che a destra; sono rarissimi i casi di rami con 3 cladodi con 1 solo lobo superiore e più rari a sinistra she a destra ed infine sono rari i casi di rami con 4 cladodi con 1 solo superiore, che mancano addirittura a destra e solo si presentano a sinistra. Cladodi a sinistra. Il caso di 1 solo eladodo con un lobo supe- riore a sinistra può presentare diverse varietà. Il cladodo, infatti, che ha il lobo superiore può essere il 2°, il 5°, il 7°, 8°, il 9°, il 10°, P 14°, il 12° od il 13°; mai si sono visti altri casi. Anzi è rarissimo che sia il 2 od il 5 (una volta), mentre è però comune che sia il 7° (6 volte) o 8° (5 volte) od il 9` (7 volte). Più frequente è che sia il 10. (15 volte), ovvero 1’11. (11 volte); ed è quasi raro che sia il 12 (4 volte), od il 13. (2 volte). Dippiù è frequente che il cladodo fertile sia l’apicale (18 volte) ma può essere anche il sub-apicale (13 volte), ed è poi più comune che sia il terz'ultimo (20 volte); é rarissimo che sia alla base del ramo, come avvenne per un ramo in un quarto cladodo era il 2. Il caso di 2 cladodi sullo stesso ramo con un lobo superiore si è 440 DOTT. PIETRO CANNARELLA verifleato 12 volte. Variabilissimi sono i due cladodi; talvolta sono i due eladodi estremi cioè l'apieale ed il sub-apieaie (4 volte); raramen- te sono i due primi basilari, cioè il 1. ed il 2. (una volta) talvolta sono alternativamente disposti, cioè il 4. ed il 3. (una volta); od il 4. ed il 6. (una volta), o il 10. ed il 12. (una volta); ma qualche vol- ta sono sparsi sul ramo, come avvenne per il 1. e 1’8. (una volta), per il 5. e I 8. (una volta), per il 2. éd il 7. (una volta) e per il 4. ed il 6. (una volta). Il caso di rami con 3 cladodi con 1 solo lobo superiore a sini- stra fu unico; i 3 cladodi erano il 1., 1 8. ed il 10. (apicale), Il caso di rami eon 4 eladodi con 1 solo lobo superiore a sinistra avvenne 3 volte. Nel 1. i 4 eladodi erano il 4; dM By PSs ad. 165105 nel 2. erano il t, il 2, il 5. e P 8. e nell'ultimo erano il 4., il 2, 13 V’8., ed il 10. Cladodi a destra. Come a sinistra, il caso di un solo eladodo | 3 avente un lobo superiore, puó presentare diverse variazioni. Il eladodo infatti puó essere compreso fra il 2. ed il 13. senza nessuna esclusio- ne; mai si verifleó che fosse il 1. cioè a dire il basilare. I casi più rari sono che sia il 2., il 6. od il 13. (una volta); meno raro è che sia il 3., il 4. od il 5. (due volte), ë meno raro ancora che sia il 12. (3 volte). Casi poco comuni sono quelli in cui questo cladodo sia il T. (6 volte), o P 11. (7 volte) ovvero il 9. (9 volte). Ma i casi più co- muni e che sono perfettamente uguali sono quelli in cui questo ela- dodo sia l'8. ovvero il 10. (17 volte). Riguardo poi alla posizione che questo cladodo oecupa sul ramo, esso può essere l’apicale (13 volte), ovvero più comunemente il sub- apicale (19 volte); ma è più comune che sia il terz'ultimo (32 volte); raramente è intercalato fra gli altri cladodi facili sul ramo (4 volte). Il casò di 2 eladodi eon 1 solo lobo superiore a destra si ebbe 8 volte, con gli stessi concetti come a sinistra; solo 3 volte i 2 eladodi ` furono contigui coll’ultimo apicale; 4 volta si trovavano alternatamen- te disposti sempre coll’ultimo apicale; in un caso si trovò che essi era- ` no il 2. ed il 3.; in un altro il 2. ed il 4.; negli ultimi 2 casi furono il 2. ed il 7. ed il 4. ed il 6. Il caso di 3 eladodi con 1 lobo superiore a destra si ebbe 2 vol- it SSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 441 te. Nel 1. caso i 3 cladodi erano il 1., il 3. ed il 4; nel 2. erano il 1. il 4. ed il 6. Cladodi a sinistra ed a destra. Non soltanto si possono trova- re cladodi di questo tipo solamente a sinistra o solamente a destra, ma non è raro che se ne trovino contemporaneamente a sinistra ed a destra. Si possono avere 3 casi: 1. 1 eladodo per ogni lato; 2. 2 cladodi per ogni lato; 3. 2 cladodi a sinistra ed uno a destra. Il 4. caso si è avuto 17 volte, in 4 rami era lo stesso eladodo (il 10, 1’11., il 12); spesso erano l'uno l'apieale e l'altro il sub-apicale o viceversa: qualche volta erano cladodi disparati sparsi sul ramo. Il 2. caso si ebbe 1 sola volta fra cladodi disparatissimi; a sini- stra i 2 cladodi erano il 1. e 1’8.; a destra il 2. ed il 7. Il 3. caso si ebbe 3 volte; fra i 2 c'adodi a sinistra si trovò sempre il 9. accom- pagnato una volta col 10. e 2 coll'8.: il eladodo di destra fu il 10., il 4. ed il 7. 2. Caso —Cladodi con un lobo inferiore. Come si può rilevare dal- la tabella più sopra esposta, si sono avuti in tutto 125 cladodi con 1 lobo inferiore, di cui 59 a sinistra e 66 a destra. Siccome si è riscon- trato che questo caso, si è avuto in 5 rami a sinistra e in 53 a de- stra, cosi si può subito argomentare che i rami portano quasi esclusi- vamente un solo eladodo di questa forma, a differenza del caso pre- cedente, in eui uno stesso ramo poteva portare 2, 3 ed anche 4 cla- dodi con un lobo superiore. Infatti, dei 59 rami aventi cladodi con 4 solo lobo inferiore a sinistra, due ne portano due, e 58 ne portano uno solo; mentre dei 53 rami aventi cladodi della stessa forma a destra, 7 ne portano 2, 22 ne portano 3 e 42 ne portano uno solo. Nel caso di un solo eladodo con 1 lobo inferiore a sinistra que- sto può essere compreso fra il 4. ed il 12. senza interruzione. E’ ra- rissimo che sia il 1. od il 2. (una volta); meno raro è che sia il 4., il 5., il 6. od il 12. (due volte) e meno raro ancora è che Ne. dl & (3 volte). E’ più comune invece che sia il 7. (6 volte), il 10. (8 vol. te), l'8. (9 volte); ma è più frequente che sia il 9. o P’ 11. (11 volte). Diversissima è invece la disposizione che questa forma di eladodl hanno a destra, Il eladodo infatti non è mai nè il 1., nè il 2., nè il 442 DOTT. PIETRO CANNARELLA 4., ma può essere soltanto il 3. (3 volte), raramente il 5. (una volta), od il 6. (2 volte), il 7. (4 volte), l'8. (T volte); più comunemente è il 9. (12 volte), meno frequente è che sia il 10. o I’ 41. (5 volte) e ra- ramente è il 12. (3 volte). In tutti questi casi, al solito, il cladodo con 1 lobo inferiore può essere l’apicale, il sub-apicale, od intercalato fra gli altri eladodi nel ramo; raramente, come a sinistra, può essere il basilare. A sinistra in 12 rami si è visto che il cladodo con 1 lobo infe- riore è apicale; in uno era il 9., in 2 il 10., in 7 1141. ed in2 il 12. Solamente in 3 rami è il sub-apicale. In tutti gli altri rami era interealato fra gli altri eladodi. A destra in 8 rami si è trovato che il cladodo con 1 solo lobo inferiore era l’apicale: in 1 ramo era il 9., in 1 il 10., in 3. P11. ed in 3 il 12. In soli 2 rami era il sub-apicale. Negli altri casi era in- tercalato fra gli altri cladodi. Rari o rarissimi sono i casi di rami aventi 2 eladodi con 1 lobo inferiore. Infatti a sinistra si è trovato questo fatto solo 2 volte, men- tre a destra fu trovato con più frequenza (7 volte). Dei 2 rami di si- nistra in uno i due cladodi erano il 4. ed il 6., e nel 2. il 5. ed il 1. In quelli di destra i cladodi erano rispettivamente: il 6. ed il 7.; iE40; wd il 12.;:il-1000e P14.;-18. ed. il 105. hog. ed il 5; d-2. 9d 195 51 2. ed il T: Rarissimo infine è il caso di rami che portano 3 eladodi con 1 solo lobo inferiore. Infatti questo caso non si verifleó mai a sinistra, mentre in tutto, 2 sole volte si verificò a destra. Nella 1. i 3 eladodi erano il 4., il 5. e 1’8.; nella 2° erano il 2., il 4. ed il 5. Come per il caso di cladodi aventi un solo lobo superiore, anche vi sono stati dei rami con cladodi aventi un solo lobo inferiore a si- nistra ed a destra. Si possono avere anche qui 3 casi: 1. un cladodo a sinistra ed 1 a destra; 2. due a sinistra e 2 a destra; 3. 1 a sini- stra e 2 a destra. Il 1. caso si è avuto 9 volte; una sola volta il ela- dodo si trovò simmetricamente lo stesso (il 3. a destra ed il 3. a si- nistra); negli altri rami furono cladodi disparati: l'8. ed il 6., il 2. ed il 6; P41. ed il 105 il 9. ed il 10.; 1°14. (apicale) ed il 12. (apicale); il 6. ed il 3.; il 10. (apicale) e 1’8.; il 10. ed il 9. Il 2. caso si ebbe GER — MT. OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 443 1 sola volta; i due cladodi a sinistra erano il 4. ed il 6., a destra e- rano il 3. ed il 5. Il 3. caso è pure raro e si ebbe anche una volta; il cladodo a sinistra era il 1. e quelli a destra il 6. ed il 7. 3. Tipo — Cladodi con 1 lobo superiore ed un lobo inferiore. Co- me si è detto avanti questo tipo di cladodi è comunissimo, tanto che in tutto si è osservato in 818 cladodi di cui 419 a sinistra e 399 a destra. Una delle tante ragioni per cui è così comune è quella del trovarsi questo tipo in quasi tutti i rami, tranne poche eccezioni. Difatti fra i 250 rami solo 30 non presentavano mai eladodi di questa sorta mentre 220 ne presentarono sempre. Essendo così diffusi per tutta la pianta, questi eladodi si presentano con una disposizione svariatissima, per cui distinguiamo i seguenti 41 casi: 1. Caso — Un cladodo a sinistra. Fu osservato in 46 rami. Mai è il L, il 3. il 4. od il 5. Raramente è il 2. (2 volte) od il 6. (una volta) e può essere anche il 6. (3 volte) o 111. (5 volte). Più comu- nemente è l’ 8 (8 volte). il 10. (9 volte) e quasi sempre è poi il 9. come si è visto in 18 rami. 2. Caso — Un cladodo a destra. E’ meno raro del precedente e fu osservato in 37 rami. Mai è il 1., il 4. od il 5. Raramente può essere il 3. (una volta), il 6. e P 11. (2 volte) ovvero il 2.,0 il 7. o l 8. (3 volte). Molto comune è che sia il 9. (9 volte), ma è frequen- tissimo che sia il 10. (44 volte). 3. Caso — Un cladodo a destra ed uno a sinistra. E' molto co- mune e si è riscontrato in 42 rami. Può avvenire che il eladodo dide- ` stra corrisponda numericamente a quello di sinistra o che siano cla- dodi diversi. In tutto si ebbe in 20 rami la perfetta corrispondenza numerica dei cladodi di questo tipo sul ramo. Però in un solo ramo si ebbe che i 2 eladodi erano il 2. tanto a sinistra quanto a destra; in 5 erano il 7. a sinistra ed a destra; in 3 rami erano l’8., in 4 il 9.; in 4 il 10. ed in 3. l’11. Negli altri casi non esiste questa corri- spondenza, ma può avvenire o che quello di sinistra sia più alto di quello di destra o viceversa. Il 1. caso si ebbe in 10 rami nei quali i 2 eladodi erano: il 5. ed il 3., il 7. ed il 3., l'8. ed il 4, V8. ed il 7 (3 volte), il 9. ed il 2., il 9 o 18, il 10 ed il 1., lIi. ed il 10. Il 2, caso si ebbe in 12 rami nei quali i 2 cladodi erano: il 1. e 1’8., 444 DOTT. PIETRO CANNARELLA arIo 2. ed if fo, H 4 éd 11 9. il 5. ed 116, il 7, el 8 (2 volte) il 7. ed il 9., r8. ed il 9. (4 volte). 4. Caso — Un cladodo a sinistra e 2 a destra. E" raro e si ebbe in tutto in 5 rami, nei quali il eladodo a sinistra era il 3. il 6., l8. il 9., e F14. ed i 2 cladodi a destra erano rispettivamente il 2. ed il B3 O6 oq DS anaq 19; VS. ee, 110; € PIL 5. Caso — Un cladodo a sinistra e 3 a destra. E’ rarissimo e si ebbe soltanto in un ramo in cui il cladodo a sinistra era il 2. e quelli S dés 1:32; il S. íl 5 6. Caso — Due clot a sinistra. E' raro e si ebbe in 3 soli rame nei quali i 2 cladodi erano il 1. ed il 7., il 2. ed il 7, il 3. ed il 10, T. Caso — Due c'adodi a destra. E più comune del precedente e si ebbe in 7 rami nei quali i 2 eladodi erano: il 1. ed il 2. (2 volte), il 1. ed il 7., il 2. ed il 7., il 5. ed il 6., l'8 ed il 9., il 9. ed il 10. 8. Caso — Due cladodi a sinistra ed 1 a destra. E’ poco comune e si ebbe in tutto 10 volte nelle quali i 3 eladodi erano: a sinistra il 2. ed il 7. (2 volte), il 2. ep (2 volte), il 2. ed il 9., il 5, ed il 6., il 6. ed il 7., il 6. e Il'8,, il 7. è PS. PR ed il 9. ed a destra rispettivamente erano il 6., il 7., il 9. (2 volte), il 1., il 6., il 7. il 6., V 8 (2 volte). 9. Caso. Due cladodi a sinistra e 2 a destra. E’ poeo comune e si ebbe in 5 rami, nei quali due volte si trovò la esatta corrispon- denza numerica e quindi la perfetta simmetria dei 4 cladodi che ri- spettivamente a sinistra ed a destra erann il 6. ed il 7. e l8 ed il 9. Negli altri 3 rami, i cladodi di sinistra erano: il 2. ed il 3., il 2. e PB. H 6. ed il 1. ë quelli di destra erano: il 2. ed il 9., 18. ed il 95 1l 1-80 d 6. 10. Caso — Due cladodi a sinistra e 3 a destra. E’ raro e si con- | statò soltanto in 3 rami, nei quali i 2 ciadodi di sinistra erano il 4. ed il 6., il 6. ed il 7., ed il 7. e I'8. e quelli di destra rispettivamen- - te il 5., il 6. ed il 7. (2 volte) ed il 4., il 7. e 18. 11. Caso — Due a sinistra e 4 a destra. E raro come il prece- dente ed al pari si ebbe in 3 rami in cui i 2 cladodi di sinistra era- no il 2. ed il 3., il 4. ed il 7. ed il 4. e P8., mentre i 4 cladodi 7 AT qi CORSO w 2 Y , Zë » 1 3 2 | OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 445 destra erano rispettivamente: il 2., il 3., il 7. ed il 9; il 3, il a., 1’8., ed il 9; ed il 4, il 7, 18. ed il 9. 12. Caso — Tre cladodi a destra. Rarissimo e si ebbe in un solo ramo i cui i 3 cladodi erano il 2. il 3. ed il 40. 13. Caso — Tre cladodi a sinistra ed 1 a destra. E’ poco comu- ne e si ebbe in 4 rami nei quali i 3 eladodi di sinistra erano il 1. il 3. ed il 5., il 4,, il 5, ed il 6, il 5., V8 eJ il 9; ed il 6., il 7. e l'8. sd il eladodo di destra era rispettivamente il 2., il 6., il 9.e1’8. 14. Caso — T're cladodi a sinistra e 2 a destra. Rarissimo e si ebbe soltanto in 1 ramo in cui i 3 cladodi di sinistra erano il 2., il 3. e F8; ed i 2 di destra i} 2. ed il 9. 15. Caso — Tre cladodi a sınisra e 3 a destra. Raro, si ebbe in 3 rami in 2 dei quali i 3 cladodi a sinistra erano il 1., il 2. ed il 3., e nel 3. il 2., il 6. ed il 7., mentre quelli di destra erano rispet- tivamente: il 1., il 3. ed il 10; il 4,, il 5. ed il 6., il 3., il 4. ed il 7. 16. Caso — Tre cladodi a sinisira e 4 a destra. Rarissimo e si ebbe in 1 solo ramo in cui i eladodi di sinistra erano il 1., il 3. ed il 4. e quelli di destra erano il 2:, il 3., il 4. ed il 5. 17. Caso — Tre cladodi a sinistra e 5 a destra. Raro. si ebbe in 3 rami nei quali i 3 eladodi di sinistra erano il 2., il 3., il 4. il 3., li 4., il 6.; ed il 5, il 7., il 9; ed i 5 di destra rispettivamente era- ño: H 3,14 3,4550, 6; l5; iE E; GES, H4; e ño C; ed il 2,4 5,1 6;i4b 1-218. 18. Caso — Quattro cladodi a sinistra 2 a des!ra. Raro, si ebbe in 2 rami nei quali i 4 a sinistra erano sempre il 1., il 2., il 3. ed il 4. ed i due a destra rispettivamente il 3. ed il 4., il 2. e P8. 19. Caso — Quattro cladodi a sinistra e 3 a des ra. Poco frequen- te: si ebbe in 3 rami, nei quali i eladodi di sinistra erano rispetti- vamente: il. 2., il 4, il 5, il 6; it 2, il 3, il 4, il 5; il 3, il 4; il 6., il 7.5 ed il 2., il 5., il 6, il 7. ed i 3 cladodi a destra erano: ` ib, Ro il Tí; d i| 41,412; 6764 13, ñ 6 iri 20. Caso— Quattro c'adod: a sinistra e 4 a destra. Raro. Si ebbe solamente in 2 rami, nel 1. deiquali i eladodi erano a sinistra il 2., il 3, il 4, il 5. a d stra il 1, il 2., il 3. ed il 4. e nel 2. erano il -3., il 4., it 6. ed il 7. ed a destra il 1., il 5., il 6. il 7. v sot 446 DOTT. PIETRO CANNARELLA 21. Caso — 4 Cladodi a sinistra e 5 a destra. Raro. Si ebbe pure in 2 rami coi seguenti cladodi: a sinistra il 2., il 3., il 4. ed il 5.; il 3., il 4., il 6., il 7.; a destra nel 1. dal 1. al 5. e nel 2. dal 3. al 7. 22. Caso — 4 Cladodi a sinistra, 6 a destra. Rarissimo. Si ebbe in un solo ramo coi seguenti cladodi: a sinistra il 3., il 5., il 6., il 7, a destra ordinatamente dal 2. al 7. 23. Caso — 4 Cladodi a sinistra, 7 a destra. Raro. Si constatò in 2 rami. Nel 1. i cladodi di sinistra erano il 2., il 3., il 4. ed il 5. e quelli di destra dal 1. al 7; nel 2. quelli di sinistra erano il 3., il 5., il 6. ed il 7. e quelli di destra dal 2. all’8. senza interruzione. 24. Caso — Cinque cladodi a sinistra, 1 a des'ra. Rarissimo. Si ebbe in un solo ramo nel quale i 5 a sinistra erano ordinatamente dal 2. al 6., e quello di destra era il 7. 25. Caso — Cinque ciadodi a sinis'ra e 2 a destr:. Rarissimo. Si ebbe in un solo ramo in cui i 5 cladodi a sinistra erano ordinata- mente dal 2. al 7. ed i 2 di destra erano il 2. cd il 7. i 26. Caso — Cinque a sinistra e 4 a destra. Raro. Si ebbe in 2 rami. Nel 1. i cladodi di sinistra erano: il 2., il 5, il 6., il 7. e K3; e quelli di destra il 4., il 5., il 7. e l'8. Nel 2. quelli di sinistra e rano il 1., il 4, il 5, il 6., il 7. e quelli di destra erano il 1., il 3., 46,167, 21. Caso — 5 Cladodi a s‘nistra e 5 a des!ra. Raro. Si ebbe in 2 rami nei quali i cladodi di destra erano perfettamente simmetrici e numericamente uguali a quelli di sinistra ed erano il 2. il 3., il 4., il 5. ed il 6. 28. Caso — 5 Clalod: a sinis'ra e 6 a des'ra. Raro. Si ebbe in 2 rami. Nel 1. i 5 cladodi di sinistra erano dal 2 al 6. e quelli di destra dal 1. al 6.; nel 2. invece quelli di sinistra erano il 3., il 4, il 5., il 6. e l'8. e quelli di destra erano il 3, il 4., il 5., il 6., il 16:78, 29. Caso — Sei cladodi a sinistra 1 a destra. Rarissimo. Si ebbe in un solo ramo in cui i 6 eladodi a sinistra erano il 2. il 3., il 4, il 5., il 7. e 1’8. e quello a destra l'8. 30, Caso — Set cladodi a sinistra 2 a destra. Rarissimo. Si veri- OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 447 ficò in un solo ramo in cui i eladodi a sinistra erano il 2, il 3., il 4., il 6., 18., il 9. ed i 2 a destra erano il 7. ed il 9. 91. Caso — Sei cludodi a sinistra 3 a des'ra. Rarissimo. Si con- statò in 1 solo ramo in cui i 6 cladodi a sinistra erano dal 1. al 6. e quelli a destra il 3., il 4, ed il 5. 32. Caso — Sei cladodi a sinistra e 4 a des'ra. Rarissimo. Si ebbe in un ramo in cui i cladodi di sinistra erano il 2., il 3, il 4, il 5., il 6., l'8. ed il 9. e quelli di destra il 2., il 3., il 4. e 18. 33. Caso—Sei cladodi a sinis'ra 5 a desa, E! poco frequente e si ebbe in 2 rami. Nel 1. i 6 eladodi erano regolarmente situati dal 1. al 6. e quelli di destra pure regolarmente situati dal 2. al 6. Nel 2, i 6 di sinistra erano: il 1, il 2., il 4., il 5., il 6, il 7. e 18 ed i 5 di destra erano il 2., il 4., il 5., il 6, il 7. 34. Caso Bet cladodi a sinistra e 6 a destra. Si ebbe in due rami coi seguenti eladodi: nel 1. a sinistra: 2, 4., 5., 6., T., 8.; a de- stra: 2., Dy 6, Ta Bar MA nel.2. a sinistra 2, 9, 4, 6, 15.85 a de stra dal 2. al 7. 35. Caso — Szi cladodi a sinistra e 7 a destra. Rarissimo e si ebbe in 1 ramo coi seguenti eladodi: a sinistra 2., 3., 4., 5,6. 7; a destra:-1,, 25:05 44 9, Bel: | 36. Caso — 7 Cladodi u sinistra 4 a deslra. Poco frequente; si ebbe in 3 rami coi seguenti eladodi: 1. a sinistra 2., 3., 4., 5., 6., T., 85 a dostra 2, 4, DB; 7.; 2. a sinistra: 2., 9., Ab, 6., 8, 9.; a de- stra 2., 8., 4, 8; 3. a sinistra i. 2., 3,4, D; t 95.4 destra 9,4, bd 37. Caso — 7 Cladodi a sinistra 5 a destru. Rarissimo. Si ebbe in un solo ramo coi seguenti eladodi: a sinistra dal I. all’8. ed a de- atra 2. 235 Dis (49. 38. Caso — 7 Cladodi a sinistra 6 a destra. Rarissimo. Si ebbe in un solo ramo coi seguenti eladodi: a sinistra dal 1. al 7.; a destra 1.2.4 5; 0; L. 39. Caso — 7 Cladodi a sinistra 7 a destra. Si ebbe in 1 solo ramo coi seguenti cladodi: a sinistra 1. 3. 4. 5. 6. 7. 8.; a destra re- golarmente dal 1. al 7. 40. Caso — 7 Cladodi a sinistra 9 a destra. Rarissimo, si ebbe in 448 ; DOTT. PIETRO CANNARELLA un solo eladodo in eui i 7 a sinistra erano compresi fra il 2. e l'8. ed i 9 di destra erano regolarmente dal 1. al 9. 41. Caso — 8 Cladodi a sinistra 7 a destra. Rarissimo. Si ebbe in un solo ramo coi seguenti cladodi: a sinistra 1. 2. 3. 4. 5. 6.8. 9; a destra 1. 2.3 4. 5. 7.8. Non esistono altri casi. Dagli ultimi casi si potrebbe pensare che esistono dei rami con cladodi tutti del medesimo tipo, Però questo fatto non si è mai otte- nuto. Difatti uno dei più tipici è il ramo che porta 5 cladodi a sini- stra e 5 a destra (N. 166) però esso aveva 4 cladodi sterili d'ambo i lati ed a destra il 1. era con 1 solo lobo superiore. Caratterististico è pure il ramo 232 che porta 8 eladodi a sinistra e 6 a destra di questo tipo; ma a sinistra ha il 1. con 2 lobi superiori ed 1 inferiore e 3 cladodi sterili apicali, mentre a destra ha il 1. ed il 2. abortiti, il 9. con 1 lobo inferiore e gli ultimi 2 sterili. Del pari caratteristico è il ramo 234 ineui vi sono 6 eladodi di questo tipo a sinistra e 6 a destra, perchè a sinistra ha il 1. abortito, il 5. con 1 loba inferio- re e 3 sterili apicali (in tutto 11 cladodi), ed a destra ha il 1. con 2 obi superiori ed 1 inferiore e gli ultimi 4 apicali sterili. Lo stesso quasi si verifica per il ramo 242 che ha 10 cladodi a sinistra e 1. a destra, di cui 6 da una parte e 7 dall’altra di questo tipo, ma ha il 1. a sinistra con 1 lobo superiore ed i 3 apicali sterili, ed a destra ha P8 con 1 lobo superiore e gli ultimi 2 sterili. F finalmente im- portante è il ramo 249 che ha 11 eladodi r sinistra e 12 a destra, di cui 7 a sinistra e 9 a destra di questo tipo, ma ha a sinistra il 1. abortito e gli ultimi 3 apicali sterili ed a destra i tre apicali sterili. 4. Tipo — Cladodi con 1 lobo superiore e 2 inferiori. Come si è detto avanti il numero di questi cladodi sui 250 rami studiati ascen- de a 278 di cui 134 a sinistra e 144 a destra. Il numero dei rami su cui questi cladodi si sono osservati, è quasi lo stesso d'ambo i lati; difatti a sinistra questo tipo di eladodi fu osservato in 93 rami ed a destra in 97. Generalmente questi eladodi sono searsi e non sono mai così nu- merosi come quelli del tipo precedente. In ogni caso non superano mai i 4 a sinistra e mai i 6 a destra. OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 449 Non esistono mai 5 cladodi di questo tipo. A sinistra il loro andamento varia così: 1% — 218 — 31° — 41: a destra varia in questo modo: 199 — 215 —. 3° — 4? — 61. Come si vede è frequentissimo che ne -esista uno solo; la presenza di 2 cladodi è identica a sinistra ed a destra; quella di 3 è quasi identica; quella di 4 è sempre rara; rarissima è la presenza di 6 eladodi. Come per il caso precedente così anche per questo tipo di cla- dodi si possono distinguere vari casi. 1. Caso — Un cladodo a sinistra. E’ abbastanza frequente e si è osservato in 42 rami. La posizione che esso ha sul ramo a variabilis- sima, per cui il cladodo può essere il 1. (una volta), il 2. (5 volte), il 3. (7 volte), il 4. (6 volte), il 5. (4 volte). il 6. (2 volte), il 7. (4 volte), l'8. (3 volte), e infine il 9. od il 10. (5 volte). 2. Caso — Un cladodo a destra. E' un poco meno comune del pre- ` cedente e si è verificato in 38 rami. Il eladodo varia di posizione e raramente è il 1. od il 5 (una volta); spesso è il 3., il 4., il 6. od il 7, (4 volte), ovvero il 2. (5 volte), ma più comunemente é il 9 (7 vol- te) e meglio ancora 1’8. (8 volte); non è mai il 10. 8. Caso — Un cladodo a destra ed 1 a sinistra. E' poeo frequen- te e si è verificato in 22 rami. Raramente i 2 cladodi sono simme- trici, come si verificò in tre rami in cui i cladodi erano gli stessi, cioè 1’8. a destra ed a sinistra. E eo:nune che il eladodo di sinistra sia più alto di quello di destra come si constatò in 7 rami, maè più. — comune che quello di sinistra sia più basso, come si constato in 12 rami. 4. Caso — Un cladodo a sinistra, 2 a destra. Raro. Si ebbe in 2 rami nei quali il eladodo di sinistra era il 4. ed il 7. e quelli di de- stra rispettivamente il 3. ed il 4,, il 2. ed il 4. 5. Caso — Un cladodo a sinistra 3 a destra. Ugualmente raro. Si eonstató in 2 rami in eui il eladodo a sinistra era sempre il 2. ed i 3 di destra il 1.,il 3., il 5. ed il 2., il 3,, il 6. 8. Caso — Un cladodo a sinistra 4 a destra. Rarissimo. Si ebbe una sola volta, nella quale il eladodo di sinistra era il 4. e quelli di destra erano il 1., il 2., il 3, e Ip, 7, Caso — Due cladodi a sinistra. Raro. Si ebbe in 3 rami nei 450 DOTT. PIETRO CANNARELLA quali i 2 cladodi erano rispettivamente il 3. ed il 9., il 4. ed il 7., il 6, e l'8. "8. Caso — Due cladodi a destra. Poco comune. Si constatò in 6 rami fra i seguenti cladodi: 4. e 6.; 4. e 55 2. e T; 1. e 25 3. e 8; 3. e 5. 9. Caso — Due cladodi a sinistra 1 a destra. Poce comune. Si verificò in 4 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra: 1. e 5:; 5. e 9. 1.e 6; 8, e 9; a destra 4, D, 1. e 4. 10. Caso — Due cladodi a sinistra e 2 a destra. Più comune del precedente. Si verificò in 5 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 2, 6.105 51e 6,2.0 1,3. 00,2, e 45 a destra 2. 0 4, 4.606, T. e 3.3. 6 7, 2.6 6. 11. Caso — Due cladodi a sinistra 3 a destra. Rarissimo e si ve- lified in 1 solo ramo in cui i 2 di sinistra erano il 6. e P8 e quelli di destra il 4., il 5. ed il 7. 12. Caso — Due cladodi a sinistra 4 a destra. Rarissimo, si ebbe in un ramo in eui i 2 di sinistra erano il 1. ed il 6. e quelli di de- stra il 4. il 2., il 3. ed il 4. 13. Caso -— Due cladodi u sinistra 6 a destra. Rarissimo, si ebbe in 1 ramo, a sinistra 5. e 7. a destra 2., 3., 4., 5., 6., 8. 14. Caso — Tre ciadodi a sinistra. Raro, si ebbe in 2 rami nei quali i 3 cladodi erano rispettivamente il 2., il 3., ed il 7. ed il 5. il 6. ed il 7. 15. Caso — Tre cladodi a destra. Poco comune. Si ebbe in 4 rami, nei quali i eladodi erano nel 1. il 2. il 4. ed il 9.5 nel 2.: il 2., il 4. ed il 6., nel 3.: il 3., il 4, ed il 5. e nel 4. il 5., il 6. edil T 16. Caso — Tre cladodi a sinistra 1 a destra. Raro. Si ebbe in 2 rami; nel 1. i tre di sinistra erano il 5., l'8. ed il 9. e quello a destra il 2.; nel 2. i primi erano il 3., il 5. ed il 6. e l'altro era il2. 17. Caso — Tre cladodi a sinistra 2 a destra. Raro; si ebbe in 5. rami fra i seguenti cladodi; a sinistra nel 4. il 4, il 6. ed il 9.; nel 2. il 3. il 4. il 5; a destra nel 1, il 2. ed il 7. e nel 2. il 2. ed il 6. 18. Caso — Quattro cladodi a sinisira 3 a destra. Rarissimo. Si ebbe in un solo ramo nel quale i eladodi di sinistra erano il 3., il 5., il 6. e l'8. e quelli di destra erano il 4., il 5. ed il 6. OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 451 5. Tipo — Cladodi con 1 lobo superiore e 3 inferiori. La presen- za di questi cladodi sui rami è rara, tanto che sopra 4256 cladodi sol. tanto 63 sono di questo tipo, vuol dire circa 0,71 0/0, e che sopra 250 rami soltanto 27 volte a destra e 21 volte a sinistra presentavano questo tipo di cladodi. Essendo rari, strettissima è la loro variabilità sicchè a sinistra variano da 1 a 3 con la seguente freguenza 129 — 2° —3! ed a destra variano da 1 a 2 nel seguente modo 1?! — 2?, Perciò quasi di regola ne esiste uno solo, mentre raramente ne esistono 2 e rarissimo è che ne esistano 3. Appunto per la loro rarità questi eladodi presentano pochissimi casi rispetto alla loro disposizione sui rami. 1. Caso — Cicdodo a sinistra. Poco comune. Si è notato in 13 rami. Il cladodo può essere il 1. (2 volte), il 2, (2 volte) il 4. 4) volte), il 6. (1 volta), il 7. o P8 (2 volte). 2. Caso — Un cladodo a destro. E più frequente e si è notato in 21 rami. Il cladodo può essere compreso fra il 1. ed il 10. nel se- guente modo: 1. (2 volte), 2, (1 volta), 3. (4 volte), 4. (2 volte) 5. (1 volta), 6. e 7. (3 volte), 8. e 9. (2 volte), 10. (1 volta), 3. Caso — 1 Cladodo a sinistra ed 1 a destra. Poco frequente; si è notato in rami, dei quali in due i due cladodi erano simmetrica- mente il 2. a siuistra ed il 2. a destra; ma possono essere il 2. ed il 4., il 6. ed il 5, il 5. ed il 4. il 5. od il 6. 4. Caso — Un cladodo a sinistra e 3 a destra. Rarissimo. Si è notato una sola volta in un ramo in cui il eladodo di sinistra era il 2. e quelli di destra il 1. il 2, ed il 3. 5. Caso — Due soli cladodi a sinistra. Raro; si è notato in 2 rami; nel 1. i 2 cladodi erano il 6. ed il 7.; nell'altro il 2. e P8. 6. Caso — Due cladoli a destra. Raro. Si ë avato in 3 rami, ne] 1. i 2 eladodi erano il 1. ed il 6.; nel 2. il 1, e l'85 nel 3. il 3. ed il 4. 6. Tipo — Cladodi con 1 lobo superiore e 4 inferiori. Rarissimo. Si & eonstatato soltanto in 3 rami fra i 250 studiati, portanti ognuno a sinistra 1 solo cladodo di questo tipo. In due di essi il cladodo era il 1., nel 3. si riscontró di essere il 5. 7. Tipo — Cladodi con 2 lobi superiori, Rarissimo. Si è constata 452 : DOTT. PIETRO CANNALELLA in 7 rami, portanti un solo eladodo di questo tipo, distinti 4 volte a sinistra e 3 volte 3 destra. Quasi sempre è il 2, eladodo come si con- statò 4 volte in tutto, di cui 3 a sinistra ed 1 a destra, ma può es- sere anche il 6., il 10. o V 11. 8. Tipo — Cladodi con 2 lobi inferiori. Rarissimo. Si constatò in D rami di cui 2 portanti eladodi di questo tipo a sinistra e 3 a destra e sempre uno per ognuno. Questo cladodo può essere il 3., il 7., il 9. (due volte) od il 10. 9. Tipo — Cladodi con 2 lobi superiori ed 1 inferiore. Abba- stanza frequente; si è notato in 292 cladodi di cui 145 a sinistra e 147 a destra. E’ comune in molti rami, tanto che a sinistra si notò 101 rami ed a destra in 99, Per ogni ramo ve ne possono essere a sinistra da 1 a 4, ed a destra da 1 a 5. Cemunissimo è che ve ne sia uno solo, come si constatò a sinistra in 71 rami ed a destra in 66; poco comune è che ve ne siano due. come si ebbe in 18 rami a si- nistra ed in 23 a destra; pochissimo comune è che ve ne siano 3, come si ebbe in 10 rami a sinistra ed in 7 a destra, raro o rarissimo che ve ne siano 4 come si verificò in 2 rami a sinistra ed in 1 a destra; mai ve ne furono 5 o più a sinistra; in 2 soli rami se ne contarono 5 a destra. Per la frequenza abbastanza buona si ebbero molti casi che ri: guardano la loro posizione sui rami. 1. Caso — Un solo cladodo a sinistra. Poco comune. Si è consta- tato in 30 rami dei quali in 5 si è visto che era il 1., in 2 che era il 2.. in 1 che era il 3., in 3 che era il 4., in 2 che era il 5 od il 6., in 4 che era il 7 o 1’8,, in 5 che era il 9. ed in 3 che era il 10. 2. Caso — Un solo cladodo a destra. Quasi uguale al precedente. Si è osservato in 29 rami, nei quali in 2 era il 1., in 3 era il 2, od il 3., od il 4., mai era il 5., mentre in 2 era il 6., in 5 il 7. o 1’8., in 1 era il 9. ed in 5 il 10. nb 3. Caso -- Un cladodo a sinistra ed uno a destra. Poco comune. Si.è osservato in 25 rami. I due eladodi sono allo stesso posto in 5 rami dei quali in 2 erano il 4, a sinistra ed a destra, in uno il 2, in uno il 6. ed in uno il 7 Il eladodo di sinistra è più alto di quello di destra in 9 rami ed ë piü basso di quello di sinistra in 11 rami. (continua) ELLE ice Mita "a E cV TO AEN MR I ^. Proff. LUIGI BUSCALIONI e GI e GIUSEPPE MUSCATELLO por ro Endemismi ed Esodemismi nella Flora Italiana E (continuazione) nelle specie esoendemiche LE E Peponide | Pomo Galbulo | Nuculanio | Noce NNNM d —— MM Wee eg — ——— cm Le Ce pe a 5 9 v O o i 3 2 p E E: S 155 3 i = EE? 2 ta S Hal 2 Hai 2 m > BL Su dzh. 5 kšullu. ee al 1° = Rea: > È 3 È * È E S ELUS TIA IRE E RO IE Ee | I LI FIER Italia Italia Italia us É V 1 {Il 1 |LILIILIV í IV.V 1|rI-V | 1 |LIHV-V È D [9| Italia | 1]|M-IV-V |8 | Italia È 1 |II-TIT-V 12| Italia 13 17 6 1 1 | 4t4 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Stando ai dati consegnati nella tabella appare evidente che il primo posto, in ordine di frequenza ed in termini assoluti, è dato dal- l’Achenio, eon 1523 specie. Seguono di poi le Cassule (1142 sp.) i Legumi (325 sp.), le Cariossidi (287 sp.) le Silique (199 sp.), le Bseehe (132 sp.), gli Otrivoli (88 sp. le Drupe (86 sp.), i Follieoli (83), le Spore (81 sp.) le Cocche (33 sp.), le Pissidi (23 sp.) le Samare (19 sp.) i . Carceruli (18 sp.), i Pomi (17 sp.), i Peponidi (13 sp.), i Coni (11 sp.) i Galbuli (6 sp.), gli Esperidi (2 sp.), ed infine i Nuculani e le Noci (1 specie ciascuna). Fra gli achenî abbondano quelli non forniti di apparati di disse- minazione (866) rispetto a quelli che li presentano più o meno svi- luppati (657). Lo stesso dicasi per la siliqua e per la capsula. Se ora passiamo alle forme endemiche troviamo pure che il mag- gior numero di specie è fornito di achenî, seguono le forme munite di capsule e di silique. I legumi, che nella flora italiana sono superiori in numero alle silique, qui vengono invece dopo. Per quanto riguarda le cariossidi, esse occupano nella seriazione pressocchè lo stesso posto tanto nelle forme esoendemiehe quanto nelle endemiche. All'opposto le bacche, le quali nella flora italiana sono più numerose degli otrieelli, si fanno meno abbondanti di questi fra le specie endemiche. Viceversa resta immutata la posizione delle drupe nelle due tabelle : e così pure per le altre forme di frutti i rapporti, di posizione tornano a diventare eguali. Per agevolare il confronto fra le specie esoend>miche e le ende- miche riportiamo qui in ordine decrescente i varî tipi di frutti ed i numeri di frequenza eoi quali essi compaiono nella flora endemica : Achenî (102), Cassule (53), Silique (14) Legumi (11), Cariossidi (4), Otricelli (3), Bacche (2), Drupe (2), Follico!i (2), Spore (1). Il quadro ci dice ancora che fra le specie endemiche molti tip: di frutto non sono rappresentati, come ad esempio la Samara, il Car- cerulo, le Coeche, i Coni, le Pissidi, i Peponidi, i Pomi, i Galbuli, i Nuculani, le Noci e gli Esperidî. Di questi taluni sono notoriamente disseminati dal vento, mentre non pochi altri servono di nutrizione a- d RENO ru RSI oas | | ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 455 gli animali che poi disperdono i semi e quindi ben si comprende co- me in tesi generale non mostrino grande tendenza a far parte della F coorte degli endemismi. La poca attitudine a far parte della flora endemica riscontratasi nelle specie fornite di semi o di frutti (spore comprese) facilmente dis- seminabili a distanza risulta anche evidente dalle seguenti considera- à zioni: i Le specie endemiche con spore sono rappresentate in 1 territorio 3 » » » » bacche » » » 2 » » » » » drupe » » $ > > > > > follicoli > > » 2 > : » » » > otricelli > > » 2 » » » » > eariossidi > » » 4 » » » » » silique » » » T » » » » > legumi > > > 9 > > > > > achenii > > » 14:5 » » » > cassula > > >45: s All'opposto, trattandosi di specie esoendemiche troviamo il seguen- | te schema di distribuzione in base alla natura dei frutti, semi o spore. x Le specie esoendemiche con nuculanio, noce, esperidio occupano 1 territ. sà me > » peponide e galbulo > 4 > Roo» >. > samara, cono, e pomo > ee + > > carcerulo > 8...» ` » » pisside » 10 » > » » drupe e spore » 1D > È » » » > bacca » I8 > : Rh > o. » otricello » 20 » 5 d E oy » » siliqua e follieolo » Si ` | ws » > legume > 22 » | EU US x. » » » eariosside » 24 » e > > > > eassula > 28 > e 3 » » » » achenio » 29 » Dai quali dati appare manifesto che vi è quasi un comportamento antitetico (fa ta eccezione per specie fornite di achenio e di altri frut- ti secchi) fra la potenzialità di distribuzione delle specie endemiche e 456 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO di quelle esoendemiche rispetto alla natura dei frutti. Infatti per ci- tare un solo esempio le bacche endemiche occupano appena due terri- tori rispetto a 15 delle cassule endem., mentre le bacche esodemiche occupano 18 territorî rispetto agli achenî esodemici che ne occupano 29. Per entrare un po’ più addentro nello studio comparativo riflet- tente la distribuzione delle specie endemiche ed esodemiche a seconda della natura dei frutti (in largo senso) abbiamo preso, come al solito, i valori per mezzo di proporzioni. Riportiamo quì i risultati facendo rilevare che le cifre da cui vennero ricavati i dati sono consegnate nelle tabelle a pag. 344-345. "o ae, ERC NECQ CIA ET Ut Th S ICE D. z z95" ifgauòt UE TR ss [98,585 + r g) o o ë an a,” Ea bias ur up OE MS = Sota Sua Row lm UR MAL oH. ON AI a org nz da [5] O = oe agg MAT. 0 ul ory umo) N "DA oo" t2 . 0.59 2D “a VD wé E = pt tuf ve 9 f£ 4.2.9 e [as u—-gBZO| o fl RB eloo Ecoles 57 = m Dent SEV DEA ra 2 8 r |o É ° i IT A2 ue : I E ez o = oi Ë O Sols iint mm Go E m Ki E M Sg Rees Leem meweoje M e hi = a° PR epe dx o scum Ur uu VO 3 cass Amz m D] REOS B uüuwB.|Sa9d g 3 bd PRE. pl 3 S Pa 9 [to S8olsca gs kl ae Ses] EK < BES Fade. ERBE ER s ass "v. vocis ez im «aas uunc Cariosside I 27 57 1,5 17,8 Il 45 73 353 32 72 130 4,8 49,8 Totali 36 65 2 24,9 Medie Bacca II 66 so 353 32 Drupa Il 90 36,6 3,3 32 IV 1000 30 30 66,6 1090 66,6 33,3 98,6 Totali 5 33,3 16,6 44,3 Medie Siliqua 67,9 67,2 4,6 53,5 500,0 20,0 IO, 96,7 HI 100 136,0 136,0 25 166 50,0 43,4 ër Y tir 39,0 30 71,4 cum. — ==: $2,0 80,0 - 1000 47,6 47,6 500,0 2845 359,8 . 201,9 1095 Totali 474 51,4 37:4 156,4 Medie (1) Vedi tabella a pag. 315. sas 256,5 352,8 ENDEMISM!. ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 451 BE tle Xu been Oo iat h Ot 11.506597 E z fa 893988. sera pren Dir ERI B Sud BO. mss rt et Ga 8| = docte ta LR wen d e usi ode ait ee, Be atu hei E o8 =; 8.8 o| s.s TE REH EK suom|)z29.21]| ai EE ern ECH Obes m oU ow eet Su ER © 32% le PEG] St EE fee elem 8 A = S499 l El amu Som sg |S us oss BÄI 3 ness Jamana ear seo JETESA [ERU = E = D WI g Duo | Be San NIE Rae oy > Br. Sy .~solSra ge AJAn Anola "525 = Plug [Sep 8 ol ss Ee mos S le E p E li S 5.8 votis Soana) 395 Legume I | 33,3 5145 | 1,5 17,8 | 3557 9353 353 32, IV | soo, 6o 30,0 66,6 575,0 66,6 25,0 43,4 I-II 27,0 67,3 1,8 250 III-IV 500,0 52,6 26,3 40 : IV-V 1000,0 47,6 47,6 500 » Liy 166,6 63,8 10,6 éi E. IH-IV-V 1000,0 142,8 142,8 1000 Ë i : 3637,6 645,5 287,9 1950 Toali E 404,1 71,7 31,9 243,7 Medie Follicolo I 125 12,5 ES 17,6 V 200 41,6 ñ 8,3 43,4 325 $4,i 9,8 61,2 Totali ee 162 27,05 4,9 ' 30,6 Medie ^us Otricello V 200 41,6 8,3 43,4 i II-IV | 37,0 CE 200 1,6 45, 43,4 Totali x $ 29 Medie S —— M ——"4 i "i | Cassula I 64,9 360.9 23,4 267,8 | II IOI,2 330 26:6 258 HI 333,3 136.3 250 | hd 400 303 121 266 | 214 116,6 m 130,4 | I-II ‚2 349,7 r, 250 I-II 71,4 333 23,8 500 II-HI 34,4 485,3 16,6 oo II- 53,5 243,4 13 214,2 IIl-iV 529,4 447,3 236,8 3 pi 333,3 600 | II-IV-V 588,2 204,8 . 12 333,3 II-1II-IV 555 375 20,8 142,8 5 i I-1V-V 1000 142,8 142,8 1000 n. | I-II-1II-IV 58,8 395 23,4 500 _ 3842,1 4992,8 1023,3 4972,5 Tolali i | | 68 355,1 Medie 458 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO d eA, bv. NEC 1 n 1 NC RE e - ' " 1 > Oy OS z 29727 |d2822 |*9er3z|ERTRR [gelso E EE EE = Pye g Wi Ore | jd Abo Me OR > H tt = Rz] dog. E Oe ee | 59 i io Ó dn o ma S nd s] o s db Gad Le usss [7] $ S ia eon. Wan Tag Pei etto sb Rf paio MA = A "> D oi oO = oi ca u Oo ka ES: we Iren do = ka Go ` d ee Det Hus e cl red, s S g =v * 9 di 7 M, at Se E LB eet woes aug 5 CG Be [aaa Zen Ben OY UCUOBBS.|Ra5d a 5 H = La q 5 = t4 gs ees v| Sagana 5] EL MOS. "wong .,-wOlWdu*uegn|!godumo|ld*..o0-0 = Megs IB RSS 8 En cls BS 58 sors ü P t Bodo «a0 S ui È Achenio I 89.4 590,6 53,1 607,1 I 112,6 473, 53,3 516 ` III $ ; 3299 416,6 d IV oo o 2I2 66,6 264,1 441,6 116,6 608,6 ; I-II 9,1 398,9 3, I-III 66,6 35751 23,8 I-I 166,6 428,5 71,4 1000 o 434.7 428,5 : II-IV 705,8 447,3 315,7 48 : II-III-V 327,8 16, a HI-IV-V 333,3 428,5 142,8 1000 Ko Í 1-H-Ill-IV-V 6,7 247 i 2234,9 4239,1 834,4 6523,4 Totali 203,1 384,6 75,8 593,7 Medie Spore 58,8 26,5 1,5 17 Prima di diseutere i risultati che si sono posti in evidenza nei precedenti quadri, anzi allo scopo di completarli, crediamo opportuno d riportare qui un altro quadro. In questo, per ogni singola specie di 3 Sr frutto (in largo senso), tenuto eonto del numero di speeie endemiehe ed esoendemiche che si presentano nella flora italiana (ved. totali generali delle tabelle a pag. 344-345), si stabilisce la proporzione percentuale fra le specie esoendemiche ed endemiche dotate dell'istesso frutto. Grazie a questo metodo si può, per ogni sorta di frutto, stabilire la proporzione con cui si presenta questo nella flora italica e se con- tribuisce più a formare le specie esoendemiche o quelle endemiche. ca A © ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA Ó an LA zl e — ex o + I (ari AM at e D D e ed LI .` U . X. = . A mel to qs 2 = $5 [Be l RS] S. da cela ei ims ik x. ée aud = d o a bei a s" | C S u + ELE d ‘= 5 D v ot wl. A BE En] oom 2u Ke 9 £ Pa bd tla pG dp IS jG Hl e 9 o |= 9 o pri Fa we Rm és = coop. osx = j ox aS E E c er S a = = Ë ._ E Š vn S = d Dei E a al = i 50 = > O :g ; M "Uns O & d 22-|$2.|9«ad| 9. Ekr a cs] S |l^Sel88-^ a B = Š a PS. Ben les um E.S EXE a È = ni dipl ld "Su Oe AB et 9 pio iS 3 o +} Ow [teur aay oom OH kel A| ù= s DEZ jaj . a o kq po; O 4 "i d ty PI x O H o = E aSsSRSÉEIEST| RE. ass as5| š lass hs E [eT O = Da ee] as Sind 6 |% Gol. AS [o sen O &| de ins Blane 8 81 I 12,3 |4100 197| 0,2 | 202 49 | 492 Follicolo 83 2 25 » 20 0,48 | » 9,9 » rupa 2 4,4 » 20,9 0,48 » 9 » Otricello 87 $ 3444 | » AINT 071] 9 14,8 > c 132 2 15,I » 32,1 0,48 | > 9,9 » iliqua 199 14 70,3 | » 48,5 | 354 > 69,3 * Cariosside 285 140| » 645| 0,9 | » 198 | » ‚egume 325 1I 358| » 79,2] 2,6 | » $44 | ? Cassula 1142 $3 46,4 | » 278,5 | 12,9 > 278,5 - Achenio 1523 102 66,9 | > 371,4 | 29,2 » 504,9 > Emerge dalle tabelle che le specie munite di organi di riprodu- zione facili ad essere disseminati a distanza (spore, bacche, drupe, fol- lieoli eee.) in generale danno una bassa percentuale fra gli endemismi. All'opposto gli achenî, le silique ece., che si trovano per lo più in con- dizioni di esser difficilmente trasportati a distanza, danno una percen- tuale di endemismi abbastanza rilevante. Il fenomeno appare un po’ meno manifesto qualora si consideri che fra le specie esoendemiche con achenio abbiamo solo !/, circa di specie fornite di validi apparecchi per la disseminazione a distanza, mentre fra le specie endemiche fornite dello stesso tipo di frutto eirca la metà è dotata di validi apparati di disseminazione. Questa anoma- ia è dovuta al fatto che li Hieracium endemici, e sono circa 31, si Presentano muniti di pappo. Colpisce intanto la bassa percentuale di specie con bacche e drupe fra gli endemismi. Se invece di considerare i rapporti percentuali fra forme endemi- che ed esoendemiche per stabilire quale sia l'importanza del frutto nella diffusione delle specie esaminiamo i valori assoluti, arriviamo pure a risultati che collimano a grandi tratti con quanto è stato detto. Infat- ti se ci basiamo sul numero delle specie fornite di un dato tipo di frutto e disponiamo le stesse in ‘ordine decrescente a partire da quelle 460 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO ehe hanno cifre maggiori vediamo dei curiosi rapporti tra gli endemi- smi e le forme esoendemiche. Basta per questo considerare e paragona- re fra loro i dati consegnati nella 2° e 3* colonna dell’ ultima tavola i quali ci dicono che per le specie esoendemiche abbiamo la seguente seriazione decrescente: Achenio (1523 sp.) Cassula (1142), Legume (325), Cariosside (285), Siliqua (199), Bacca (132), Otricello (87), Drupa (86), Follicolo (83), Spore (81); mentre per le specie endemiche si ha l’ordi- ne seguente: Achenio (102), Cassula (53), Siliqua (14), Legume (11), Cariosside (4), Otricello (3), Follicolo, Bacca, Drupa (2), Spore, (1). Dal quale confronto risulta confermato il fatto che non vi è cor- rispordenza nelle due seriazioni, difettando le forme endemiche anche in termini assoluti, di specie con spore, bacche, drupe e follicoli, che invece sono assai più rappresentate fra le esoendemiche (spec almente le bacche e drupe). Il rapporto non è però così nettameute antitetico se si considera- no le forme con capsule ed achenî; ma qui occorre notare che essendo altissimo il numero delle specie esoendemiche fornite di tali frutti de- ve di necessità aversi anche un’alta cifra (assoluta) di specie endemi- che pure fornite di tali frutti. Se ora rivolgiamo più particolarmente la nostra attenzione alla 1° tabella a pag. 456 constatiamo ben tosto che in ogni colonna aumen- tando il numero dei territori occupati dalle varie specie fornite di dif- ferenti specie di frutti, le cifre rappresentanti le percentuali tendono pure a diventare più elevate. Il fenomeno appare in particolar modo evidente se si esaminano i valori medî posti in càlce alle somme dei valori riferentisi alle sin- gole specie di frutti. Non è sempre così chiaro se si prendono ad uno ad uno e si confrontano fre loro i dati relativi ai singoli frutti ed ai differenti territori. Si può quindi affermare che quanto più un tipo di frutto tende a diffondersi nei differenti territori da cui risulta costituita l’Italia tanto più tendono parimenti ad aumentare i valori percentuali ed assoluti delle specie endemiche ed esoendemiche che posseggono tali’ frutti nei varî territori. Questa legge é subordinata a quell’altra già altrove enunciata la quale ci dimostra come aumentando il numero delle specie di un ge- ENDEMISMI ED: ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 461 here aumentano pure le specie dello stesso nei differenti territori, come aumenta il numero di questi occupato da siflatto genere rispetto ai ge- neri meno ricchi di specie. Da ultimo merita di essere segnalato il tatto che nei territori in- sulari (Corsica, Sardegna, Sicilia) difettano o mancano le specie ende- miche di cariossidi, di bacche, di drupe e di follicoli. Sono molto ab- bondanti invece le forme endemiche con achenî, legumi, cassule. Gli otricelli sono scarsamente rappresentati. Nei territori continentali si ha per le forme esoendemiche la se- guente proporzione decrescente: Achenio (741), Cassula (502), Legume} (98), Siliqua (85), Cariosside (73), Bacca (40), Spore (35), Follieolo (30),; Drupa (29), Otricello (16). Trattandosi di forme endemiche invece: A- chenio (52), Cassula (24), Siliqua (12), pisa (3), Cariosside (2), Bae-: ca, Drupa, Follicolo, Spore (1). Nelle isole le forme esoendemiche decrescono secondo il seguente: schema: Achenio (98), Cassula (58), Legume (17), Siliqua (13), Carios-! side, Otricolo e Bacca (9), Follicolo (8), Drupa (6), Spore (1). Le for-: me endemiche sono così rappresentate: Achenio (39), Cassula (21), Le- gume e Siliqua (7), Cariosside e Otricolo (2), Bacca, Follieolo, Drupa (1). La seguente tabella chiarisce meglio ancora i rapporti o le diver-; genze tra le isole e la terra ferma rispetto alla distribuzione dei vari. tipi di frutti. 462 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Continente | Isole > la, d è = o ' 2 A b o [m 2 S e © 2 : v Natura del frutto] £ ° cere. eet ee = bed è Los G i 2 258 5 = E 229} Tu E 2 & land E 2 A |SS] 5% A D A V (= = Achenio I 380 34 89 |l 8 5 625 II 142 16 112. IN 10 Tt FOO I-II 219 2 9 IN $3 14 264 HI-IV 17 H-V I -V 6 M-IV V 3 I 333 741 52 210 98 27 |1922 |Totali 247 17 70 14 6,91 480 |Medie Cariosside I 37 I 27 ||V 8 22 I 4s |IV.V I I-II 14 I 1 I IV I I 73 2 72 II 2 Totali 24 I 36 37 I Medie Otricello I 9 I u 4 5 I 200 I-II 3 z I 500 I I6 9 2 700 Totali 53 2 I 350 |Medie Cassula I Sit] i l G 9 3 {338 I 79 8 IOI IO 4 400 I-II 192 I 5 14 3 | 214 17 | 9 | 529 3 I 333 4 I I [7000 $02 24 170 58 21 |2809 {Totali 167 8 56 8 3 46 Medie Follicolo I ‘8 I 125 5 I | 200 Il 6 I LI 16 I I 30 125 I 8 I 2oo |Totali 10 | 125 I 2 I 200 Medie ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 468 Continente I Isole ^ = O š w a i pda ba 2 2 POR B L 8 ? le®g| o Natura del frutto] = N A |508| E 9 SIE 23|:- E K o lo) Er = Aë oe a e | 8] & esse | $ | & lass) ss pote D = = Legume I 33 I 30 2 ll 28 35 2 AE 308 1-1] 37 I 27 8 3 375 2 I $00 I I 1 |rooo 1 1 11666 E Wd: scia odori ugs Pas a 32 I 30 | 2 1,4 | 675 TUE vA Sili 1 6 I | iliqua a 5 ; : 9 6 i 166 1-11 36 - ap peret ıV- I r |rooo Il 3 3 [1o à Totali 85 569 13 3166 : S 28 | 3 | 284 201 17 | OL, Deve 2 — E GN Drupa 1 6 IV I I |looo Pes ll II I go UN 4 1-11 12 IV-V I 3 1 |looo |Totali | 3 i jo 2 I looo Medie i Bacca l 6 IV a d Il 15 I 66,6 ||V i 1-1 19 1N-iV 2 I 500 IV 2 = Ó 66,6 9 r 500 Totali a | CSR | DA j | Spore l I7 I 58 INN I : Il 2 E 1-1 16 I I 58 Y Totali 11,6} £ $8 I Med 464 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO A prescindere dalla altissima cifra percentuale media offerta di; specie endemiche nelle Isole rispetto alla penisola italiana, la quale ` cifra raggiunge il massimo (in par'e apparente però !) nelle Drupe, a cui seguono in ordine decrescente: Siliqua, Legume, Bacca, Achenio, Cassula, Otricello e Follicolo, mentre nella penisola si ha la seriazio- ne: Siliqua, Follieolo; Drupa, Achenio, Bacca, Spore, Cassula, Carios- side; a prescindere che la penisola e le isole dànno i seguenti rapporti percentuali medi, riducendo a 100) le specie esodemiche portanti i varî tipi di frutti. Continente: Achenio per 1000 specie esoendemiche si hanno 68 sp. endemiche. 41 diues dp » » » » UE » » Otrice » » » » — » > baie » » » » » » di. s » Fol l ieolo » » » » » » 1 00 » » Legume > » » » » js 31 >» » Sil iqua » » » » » » HOT: > » Bacca » » » pers » » 16 » » Drupa » » » » > > 141: s > Spore > > > 3 > > 86 > Isole: Achenio per 1000 specie esoendemiche si hanno 492 sp. endemiche. Cariosside » » » » y 7. 30 5 » Otricello > » » > » «* 500 » » Cassula » » » » » rm ii d 5 - > Follicolo > > > > > > 500 » » Legume » » » » » » 100 » » Sil iqua 1 » » » » » » 653 » » Bacca » » » » es 42900 * » Drupa » » »- » » » 500- » » Spore » » » » » » —- > » il ehe indica l'esistenza di condizioni diverse biologiche e floristiche che imperano nelle isole rispetto alla penisola; a prescindere da questi dati faremo osservare che riportata la superficie territoriale a 1000 Km? nella Penisola e nelle Isole si avrà Ta seguente percentuale dei vari tipi di frutti proprî ai differenti territori. | ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA Achenio Territori Area degli} N d. sp. PER N..d. sp. der goed PC per Ap mn stessi esoend. SÉ endemiche in F ° [soon ed Italia settentr. 118232 380 312 34 o,28 AE Italia:meridion. | 118232 142. 1,2 16 0,13 88:1 Penisola 36464 741 31 52 0,21 14,29 orsi 8750 8 0,9 $ 0,57 1,6 4^1 Sardegna 23799 IO 0,42 7 0,2 rid Sicilia 2546: 53 2,0 14 0,54 3,7 zë Cors. Sard. Sicil.| 58oro 98 1,6 27 0,46 36:1 Cariosside {Area degli! N. d. sp. | Rapporto | N. d. sp. | Rapporto ree. Territori pre ooo per 7000 |esoend. ed stessi esoend. Km.2 endem. Km.2 Wes Italia settentr. 118232 37 0,31 I 0.008 37:1 Italia meridion 118232 2p ,8 I 0,008 qi SIT Penisola 236464 73 0,3 2 o,oo8 36:5 Corsica 8750 I „II Sardegna 23799 I 0,042 icilia 25461 8 0,31 ; Cors. Sard. Sicil.} s8oro 9 0,15 0,034 4:1 Otricello | Rapporto Area degli|N. d. sp.|Rapporto | N. d. sp. | Rapporto fr ni n Territori er looo per 1000 esoend. ed stessi esoend. 2 endem. Km.2 endétà Ital. setten 118232 9 0,076 Ital. us 118232 4 0,03 Penisola 36464 16 0,06 Sax 8750 em ardegna 23799 I 0,042 ' n Sicilia - 25461 5 | omg i 0,038 SCH = Cors. Sard. Sicil| s8oro 9 0,15 2 0,054 4: 466 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Cassula Area degli} N. d. sp. | Rapporto | N. d. sp. | Rapporto SCH wem Territori er 1000 er 1000 [esoend. ed stessi esoend. Km? |endemiche| Km.2 ¿ide Ital. settentr. 118232 231 1,9 15 0,12 IS4:1 Ital. meridion. 118232 79 0,66 8 0,067 9,8 : I Penisol 36464 $02 23 24 0,1 40,9 t 1 Corsica 8750 9 1,0 3 0,34 553 Sardegna 23799 IO 0,42 4 0,12 dsc Sicilia 25461 14 0,54 3 0,11 40 3:3 Cors. Sard. Sicil.) 58010 58 0,99 21 0,36 archi Follicoto Area degli| N. d. sp. | Rapporto | N. d. sp. | Rapporto EE Sé Territori per 1000 per 1000 poet SÉ stessi esoend. Km endem. Km.2 end en Ital. settentr. 118232 8 0,067 I 0,008 a ltal. meridion. 18232 6 0,05 Penisola 36464 30 0,25 I 0,004 nre Corsica 8750 Sardegna 23799 Sicilia 25461 $ 0,19 I 0,039 KZ Cors. Sard. Sicil.| 58010 8 0,13 I 0,017 Sii È Legume à Area degli| N. d. sp.| Rapporto | N. d. sp. | Rapporto E? ng "Territori er loo per 1ooo dei éd Stessi esoend. um. endem Km.2 der ende Ital. settentr, 118232 33 0.27 I 0,0084 SEI Ital. meridion. 118232 28 0,21 I 0,0084 38 t1 Penisola 36464 98 0,41 3 0,012 32:1 Corsica 8750 2 0,22 Sardegna 23799 2 0,084 I 0,042 CNS icilia 25461 8 0.31 3 O,II 2,6 : 1 Cors. Sard. Sicil.| 58010 17 0,29 7 0.12 2,4 : I ` j ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 467 Siliqua Area degli| N. d. sp. | Rapporto | N. d. sp.| Rapporto SAID en Territori per 1000 per 1000 sant d d stessi esoend. Km. endem. m.2 up pata Italia settentr. 118232 43 0,36 3 0,025 j4 st Italia meridion. 18232 6 0,05 3 0,025 diri Penisola 236464 85 0,35 6 0,025 14 ¿I Corsica 87so 3 0,34 3 0,34 (CS? E 23799 I o,o42 Sicili $461 6 0,23 I 0.039 6:1 Cors. " Sard. Sicil.| 58010 13 0,22 7 0,12 r.c Bacca Area degli| N. d. sp. | Rapporto | N. d. sp Rapporto LM Territori per looo per looo idend, ed stessi esoend. Km. 2 endem Km.2 de: Italia settentr. 118232 6 0,05 talia meridion. 118232 15 0,12 I 0,0084 It t “6 Penisola 236464 40 0,16 I 0,004 40:1 (n Corsica 8750 2 Sardegna 23799 I 0,042 Sicilia 5461 4 0,15 Cors. Sard. Sicil.| 58010 9 0,15 I 0,01 9 t Drupa d Area degli| N. d. sp. | Rapporto | N. d. sp. | Rapporto prse © Territori per 1000 er 1000 | ace ^ stessi esoend. m.2 endem. cade. = Italia settentr. 118232 0,05 | Italia meridion. | 118232 II 0,092 I 0,008 11:1 Peni 36464 29 3r I 0,004 29-: I Corsica 8750 Sardegna 23799 I 0,042 I 0,042 ri Sicilia 5461 4 257 Cors. Sard. Sicil.| 5801o 6 0,10 I 0,01 6: £ 468 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Spore Area degli| N. d. sp. | Rapporto | N. d. sp.| Rapporto deg Territori | per 1000 per 1000 DT dd : stessi esoend. Km.2 endem. Km.2 Add Italia settentr. 118232 17 0,14 I 0,008 17:1 Italia meridion. | 118232 2 0,016 Peniso 236464 35 0,14 Corsica 750 Sardegna 23799 Sicilia 25461 Cors. Sard. Sicii. s8oro I 0,01 I 0,01 iud ` Dai riportati quadri si deduee che nella regione peninsulare la metà settentrionale è più ricca di Spore, Achenî, Otricelli, Cariossidi, Cassule,. Follicoli, Legumi, Silique e Bacche della metà meridionale. Questa invece si presenta più ricca dell’altra per Drupe e Bacche. Lo eccesso delle Drupe e Bacche nelle regioni meridionali è indizio di xerofilia o di emixerofilia (secondo le osservazioni di Buscalioni). ` Con l'aumentare di un dato genere di frutto aumentano pure gli endemismi, per eui gli achenî, che costituiscono il frutto più comune e diffuso, sono pure largamente rappresentati, e più di tutti gli altri tipi di frutti, fra gli endemismi. ‘Per quanto riguarda il numero dei varî tipi di frutto rappresen- tanti nelle varie regioni troviamo la seguente proporzione in ordine decrescente. V. pag. 465 e seguenti. Penisola Forme esoendemiche: 1° Achenio (3,1) — 2° Cassula (2,1) — 3° Legu- me (0,41) — 4° Siliqua (0,35) — 5° Cariosside (0,3) — 6° Follicolo (0,25) — 7° Bacea (0,16) — 8° Spore (0,14) — 9° Drupe (0,12) — 10° Otricello (0,06). Isole Forme caohidemiake i 1° Achenio (1,6) — 2° Cassula (0,99) — 3° Le- PEARL ——— BRR a wa C Ee ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 469 gume (0,29) — 4° Siliqua (0,22) — 5' Bacca, Otricello, Cariosside (0,15) — 6? Follieolo (0,13) — 1? Drupa (0,10) — 8° Spore (0,01). Dal quale speechietto risulta che gli Acheni sono ovunque i piü numerosi, e che nelle isole tendono a diventare un pò più numerose le Baeche e le Drupe rispetto al continente. Per quanto eoncerne le forme endemiche troviamo i seguenti rapporti : Penisola 1° Achenio (0,21) — 2° Cassula (0,36) — 3° Siliqua, (0,25) — 4. Ca- riosside, (0,125) — 5° Follicolo, Bacca, Drupa (0,004) — 6° Le- gume (0,0012). Isole 1° Achenio (0,46) — 2° Cassula (0,36) — 3° Siliqua, Legume (0, 12) — 4° Cariosside, Otricello (0,034) — Follicolo (0,017) — 6° Bacca, Spora e Drupa (0,01). Questo specchietto dimostra che tra le forme endemiche, e più di tutto nelle isole, i fru ti succulenti occupano un posto molto basso. * Ex Consideriamo ora quali rapporti intercedono fra le specie endemiche e le triviali (esodemiche) per ciò che riguarda la disposizione delle fo- glie, per vedere da ultimo quale relazione passa fra le Gamopetalia e la fillotassi. A questo riguardo premettiamo che uno di noi (Busea- lioni) avendo analizzati i rapporti che corrono tra la Gamopetalia e la fillotassi nei riguardi colla flora australiana giunse alla conclusione ehe le Gamopetale presentano una percentuale di specie con foglie op- poste-vertieillate superiore a quella offerta dalle Dialipetale fra eui predominano invece le forme a foglie isolate, sparse. Riportiamo dapprima i valori trovati, facendo osservare che lo spoglio delle specie a foglie alterne, opposte (1) e radicali fu eseguito separatamente per le forme endemiche e quelle esoendemiche. (1) Per brevità comprendiamo talora sotto questa denominazione anche le specie a foglie verticillate. 470 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Specie endemiche WE SC : N. delle specie nella Disposizione delle foglie fara Le: SC Classe alterne verticillate Radicali |'esoendem. [endemiche Monocotiledoni 12 764 12 Monoclamidate 2 2 . 196 4 e Dicotiledoni/Dialipetale 58 10 2 ua d Gamopetale Oe A | 23 20 1465 114 Totale 147 35 22 3997 201 In termini assoluti le Gamopetale hanno un grande numero di $ specie con foglie opposte, alterne e verticillate rispetto alle altre clas- j | " si. Le foglie alterne sono poi più numerose delle opposte e delle ra- W dieali. In tutte le elassi poi si nota la stessa disposizione, essendo o- ; vunque più rappresentate le specie a foglie alterne e pochissimo quel- le a foglie radieali. Ben altri rapporti ei dànno le percentuali. Monocotiledoni 764 sp. esoend.: 12 sp. con bach alterne = 1000: 15,7 12 » endem.: 12 » » ps == 1000: 1000 de Monoclamidate 196 sp. esoendem.: 2 sp. con foglie alterne = 1000: 10 | 4 > endem.: 9 > > » » — 1000: 500 EVO 196 > esoendem: 2 > > » opposte = 1000: 10 be ad 93 3" > > = 1000: 500 Dialipetale 1572 sp. esoendem.: 58 sp. con foglie alterne = 1000: 36,8 dl > endem.: 58 > > >» > — 1000: 816,9 1512 > esoendem: 10 > > » opposte — 1000: 6,3 » endem.: 10 > > "de o = 1000: 140,8 1572 » esoendem.: 2 » » » radicali = 1000: 1,2 4L» endem.: 2 » » > > = 1000: 28,1 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 411 Gamopetale 1465 spec. esoendem.: 75 sp. con foglie alterne = 1000: 51,1 114 » endem: 75 > > » » = 1000: 657,8 1465 > esoendem.: 23 > > » opposte = 1000: 15,6 114 » endem.: 28 > > » » == 1000: 20LT 1465 » esoendem.: 20 » > » radicali = 1000: 13,6 114 » endem.: 20 > > » » — 1000: 175,4 Flora ilaliana 3997 sp. esoend. della flor. ital.: 147 sp. con fogl. alterne — 1000: 36,5 201 » endem. » » 141 58 » » == 1008 191,9 3997 » esoend. » y » 8D»... opposé = 1000. 8,7 201 » endem. » c t 5059 os » — 1000: 174,1 3997 > esoend. > pi» 2 5 » 5 vada = L000? 5 201 < endem. > 407 RA 9 » — 1000: 109,4 Stando ai rapporti colla flora italiana endemica e la esoendemica presa nella sua totalità la percentuale massima si ha fra le foglie al- terne: seguono in ordine decrescente le foglie opposte, e poi le radi- cali. Ciò sia che si tratti di specie endemiche che esoendemiche. Per quanto concerne le singole classi troviamo che la percentuale più alta è data dalle foglie alterne delle Monocotiledoni (1000). Però i valori trovati sono un po’ incerti a causa del basso numero di spe- cie da cui si dedusse la percentuale. Inoltre i dati riferiti alle specie Monocotiledoni esoendemiche italiane diventano bassissimi. Nelle Monvclamidate i rapporti fra le foglie alterne ed opposte, si tratti di dati desunti dalle specie italiane esoendemie^*e od ende- miche, sono eguali. Faremo intanto osservare che in questa classe ad un solo verticillo fiorale, spesso gamopetalo, è elevata la proporzione delle specie a foglie opposte (500), tanto che, fatta eccezione per le Monocotiledoni, non la troviamo in altre classi. Le dialipetale si contraddistinguono per una elevata proporzione di specie a foglie alterne (816,9) superiore a quella offerta dalle Gamo- petale (657,8) quando i dati siano ricavati in base alla cifra degli en- demismi italiani: all'opposto appare un po’ più bassa se si confrontano “472 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO a fra loro i dati ottenuti in base alla cifra delle specie italiane esoen- demiche. Bassa ë poi la percentuale delle specie a foglie opposte, e lo stes- so dieasi per le specie a foglie radieali rispetto alle Gamopetale. Nelle Gamopetale troviamo che tendono a diminuire le specie a foglie alterne, ad aumentare invece quelle a foglie opposte o radieali. È certo intanto che il rapporto fra le specie a foglie opposte e quello a foglie alterne muta se si confrontano fra loro le Dialipetale e le Gamopetale. Abbiamo infatti: Per le Dialipetale: foglie alterne 36,8, foglie opposte 6,3; Rapporto 6 : 1 » » 816,9, » » 140,8; » 5,8 t4 Per le Gamopetale: foglie alterne 51,5, foglie opposte 15,8; » ez > ee, s » 201,7; > SEA Questi rapporti sono abbastanza eloquenti, dimostrando che real- mente si innalza la percentuale delle foglie opposte fra le Gamopeta- le e she si abbassa invece nelle Dialipetale. Specie esoendemiche eT SUY N. delle specie nella Disposizione delle foglie Bora talan Classe alterne |OPPoste ola Rosetta|spec'e eso-|specie en- verticillate| (Radicali ) endemiche| demiche Gimnosperme 15 7 | 14 o Monocotiledoni 593 13 153 764 12 LO 177 20 196 4 Diecactesbónd Dialipetale 1236 297 39 1572 71 I 920 455 80 1465 114 Totale 2941 792 272 4019 201 Anche qui si rileva che le Gamopetale, in termini assoluti, hanno minor numero di specie a foglie alterne rispetto alle dialipetale, men- ke, C M TERN a t š T at ee oe, Fal oes mos ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 413 tre l'opposto ha luogo per le specie a foglie opposte e per quelle a foglie a- rosetta. Le Monocotiledoni superano le Monoclamidate per numero di spe- cie a foglie alterne, mentre non si scostano granchè da quelle per ri- spetto alle forme a foglie opposte. Passiamo alle pereentuali: Gimnosperme 22 spec esoendemiche: 15 spec. con foglie alterne = 1000 : 681,8 CA > Ta REV » opposte — 1000 : 318,1 Monocotiledoni 164 sp. esoend.: 593 sp. a foglie alterne = 1000 : 776,1 12 » endem.: 593 » » > » — 1000 : 49416,6 164 » esoend: 13 » » » opposte = 1000: 11 12 = endem: 123 » » » » == 1000 : 1083,3 164 > esoend.: 153 > > » a rosetta = 1000: 200,2 12 » endem.: 153 » » » » == 1000 12750 Monoclamidate 196 sp. esoend.: 177 sp. a foglie alterne = 1000 : 898,4 iil x 28 » == 1000 : 442222 4 » endem. opposte = 1000: 101,5 » —1 196 » esoend: 20 » » » 4 » endem.: 20 » » » Dialipe'ale 1572 sp. esoend.:1236 sp. a foglie alterne = 1000: 786,2 71 » endem.:1236 » » >» > = 1000 : 17408 1572 » esoend.: 297 » > » opposte = 1000: 188 il >- endemi: 201 » + > » — 1000: 4183 1572 » esoend.: 39 » » » a rosetta = 1000: 24,8 71 > endem.: SD» » » » == 1000: 549 Gamopeta'e 920 sp. a foglie alterne = 1000: 628 DU > » >» | = 1000 : 8070 opposte = 1000: 310,5 1465 sp. esoend.: 114 » endem.: ‘1465 » esoend.:455 > > » = y Ge ^ a pud Ep BERN er re Sue 474 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO : 114 sp. endem.: 455 sp. a foglie opposte — 1000 : 5991 1465 > esoend.: 80 > > » a rosetta — 1000: 54,6 114 » endem.: 80 » » » » - 1000: 101 Flora italiana 4019 sp. esoend. della flora it. : 2941 sp. a foglie alterne = 1000: 731 201 » endem. » » »:2UMIS » a » — 1000 : 14631 4019 » esoend. » >» »: 792 » » » opposte = 1000: 197 201 » endem. » eos SOE »- > — 1000: 3940 4019 » esoend. » X.» 219» » » a rosetta =: 1000: 67,6 201 > endem. » » »4 JdMiM» » » » — 1000: 1353,2 Per la flora italiana, al pari che per quella Australiana e come forse per tutte le flore del mondo, vale adunque la legge che le Ga- mopetale dànno un'alta percentuale di forme a foglie opposte o verti- cillate, mentre mostrano rispetto alle altre Angiosperme una diminu- zione nella percentuale delle forme a foglie alterne. | | Nelle Monocotiledoni è bassa la percentuale delle foglie opposte > | re'ativamente a quella delle forme a foglie alterne. | Le rosette radieali sono pure percentualmente numerose fra le Mo- nocotiledoni; scarsissime invece fra le Dialipetale e poco abbondanti fra le Gamopetale. Le Gimnosperme dànno una altissima percentuale di foglie oppo- ste, mentre rispetto alle altre classi scarseggiano di tipi a foglie al- terne. Le Monoclamidate sono prevalentemente costituite da forme a fo- glie alterne. Non insisteremo più oltre in questi rapporti poichè sarà nostra eura nelle conclusioni di formulare una teoria che ci dia la ragione dell’alta percentuale di forme a foglie opposte fra le Gamopetale, e di forme a foglie alterne fra le Dialipetale. Frattanto per quanto riguarda irapporti fra le specie munite delle diverse forme di foglie troviamo i seguenti dati: Gimnosperme : Spec. con fogl, alterne 681,8. Spec. con fogl. opposte 318. Rapporto2 : o ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITAL'ANA 475 Monocotiledoni : Spec. con fogl. alterne 776,1 Spec. con fogl. opposte 17 » 45 » E » 49416,6 » y: » 1083,83 » 45 » K 8 » 116,1 » > »a rosetta 200 ». 9 » e $ 4941606 » » »r .» 12750 » 38 » » »opposte 17 » $c » 2002 — = 0,08: » $ 7X4» 3 1083,3 > Ne» » 12750 » 0,08: Mora ra = == Monoclamidate : Spec. con fogl. alterne 898,4 Spec. con fogl. opposte 101,5 a B ou e n aeg, a > 44222,2 » NE. > 5000 » "B1 Dialipetale: Spec. con fogl. alterne 786,2 Spec. con fogl. opposte 188 » » » » » 17408 > o» » 83 ; » » 186,2.» » wa rosetta 248 » 319 : » > o» » 11408 » » iw » D > > > opposte 188 » » » » » » 4183 » » » » 549 » 7,6: Gamopetale: Spee. con fogl. alterne 628 spec. con fog]. opposte 310,5 > r | E cer oe » 8070 » » > » 3991 » 2 79 rS nate" » 623 » » »a rosetta 54,6 » 11,121 > > > > 8070 » » » » 101 » 41.0% 1 54,6 > 5,6 :1 1 ^", »* 3» oppose 310,00 :» » lee S » UI $ 3» > 701 > 5,6 : F/ora italiana : Spec. con fogl. alterne 731 spee. con fogl. opposte 197 > GEES * * Oe » 14081 P * 9» » 3940 > 8, 6:1 eo sS > Tl » > sa rosetta . 670 » HUC AR. UN © » 14631 de ow um » 1353,2 > 11 i > + > opposte IW > > 61,6 » 29:1 et oe » 3940 — x » 3 » ; 19532 > 29:1 È inutile insistere ulteriormente su questi rapporti che collimano 476 PROFF LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO con quelli precedentemente ottenuti. Ci limitiamo ad osservare che le Dialipetale vengono dopo delle Monocotiledoni per il basso rapporto tra le forme a foglie opposte e quelle a foglie alterne. * * * Le specie di una flora possono essere vivaci, bienni, annue, erba- cee, legnose, suffrutici, frutici, alberi e via dicendo. Il carattere, di natura biologica, è certamente collegato con le condizioni sotto il cui impero vive la pianta e perciò merita di essere analizzato allo scopo di rilevare le eventuali differenze che possono intercedere fra le for- me esoendemiche e le endemiche. ENDEMISMI ÉD ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 477 Specie esoendemiche ed er demiche Territori olola | n looloala ale lols h |A J £l zh |< le Isle Isle | ule | ula Is Is s = ER = Da ET O v| o ajo oio Viu O D [5] I 90 1| 20 456| 54| 19| 1| 10 10 4 li 67° 4| 9| 2| 179] 98| 89| 9| o 5 II 2 8| 1 iH 1 2 IV DIL ee) a ogi it 1 ¥ 28) 8| 1 63| 14| 94| 5| 1 it. 1 H+ 1H A di 406! 8| 51 3 4 1 l lil 6 81| 9| 1 1 1 IV 8 1 6 9 V 7 18| 3] d 1 1 Il 13 2 88| 1| 6 1 IV 9 8 131. 8 2 1.8 V 64| 1| 4| 1| 129| 21] 19 5 4 1 Li: 9 LIV 6l 4 921.9 - 90 AL AE 92] 1 ti 1 1 1V 9 y. BEL ASI Tid ll il 9 1 51 8 1 1 BI 1 l IV 5 15 4 2 1V 18: 15 9 56| 1| 10 9 8 ul 1V 5 9 1 1 E] 11V V 2 u n iv IL 114 II 11.6 1 2 4 Ll v 10 1 42 4 1| 2 liv V 27 3 45| 1| 5 2 1 n niv 8 6: 3] 5 9 3 I ty 12 2 22 3 1 liv V 17 20 2 1 1 1 VV 9 10 H HLIV V| 99 5 92 9 4 1| 2 1 i Or. i| 8 ; Italia 415 28 501| 2|158 35 19 3 1| 16) 22 Totale 1019| 18|110 8 28909 156 434| 14| 75| 3| 60| 1| 8| 2| 2| 87| 35 In Italia predominano adunque le specie vivaci erbacee; seguono di poi in ordine decrescente le annue, le vivaci legnose, le bienni, le E annue-bienni, le bienni-vivaci erbacee, le annue-vivaei erbacee, le F annue-bienni-vivaci erbacee, le vivaci erbacee-legnose ed infine le bienni legnose. Per gli endemismi, che non sono rappresentati nella categoria delle bienni-vivaci legnose (®-h), in quella delle annue-vivaci erbacee (0-2) ` 478 FROFP LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELt.O ed infine in quella delle annue-bienni-vivaci erbacee (D-©-%4), si ha pressochè la stessa progressione. Un piccolo spostamento avviene tut- tavia nella categoria delle bienni-vivaci erbacee (© 2) ed in quella delle vivaci erbacee-legnose (JL h); ma si tratta di variazioni insigni- ficanti inerenti poi a cifre quanto mai basse. Stando ai totali i rapporti tra le specie esoendemiche e le ende- miche per ogni colonna presentano i seguenti valori: (0 1019 : 18 Rapporto 56 : 1 © 110... 8 » tied 9L 2309 : 156 » 14:1 h 434: 14 > DIA GO dr 2 1 I 60 1 > 60:1 Ah M Z Appare manifesto che si hanno notevolissime oseillazioni nella pro- porzione delle speeie endemiche rispetto alle esoendemiche a seconda della durata delle piante. Il rapporto raggiunge valori massimi 60:1 fra le bienni-vivaci erbacee (@ 9) e degrada secondo il seguente or- dine: annue, vivaci legnose, annue-bienni, vivaci erbacee, bienni, vi- vaci erbacee-legnose (%- h). I territori che dànno maggior numero di specie in tutti itipi (en- demiche ed esoendemiche) sono I e II come quelli più estesi. Seguono la Sicilia, la Sardegna e la Corsica. Non tutti i tipi sono presenti in tutti i territori. La Corsica, sia da sola che associata alla Sicilia, ad esempio, difetta di molti, mentre al contrario i territori II e V, al pari del resto di III e IV hanno rappresentati quasi tutti i tipi. In generale riscontriamo che quanto più aumenta l’estensione dei terr.tori presi in esame tanto più tendono a scomparire certitipi (ved. territ. associati I-III-IV-V) e questo ha luogo in ispecie quando nei territori presi in considerazione vi sono anche compresi quelli insulari. d’ uopo ora studiare la percentuale di distribuzione dei diffe- renti tipi, nei vari territori. [en] Ct 7" | Spam SCH 6823 | 818 6 €8 8FOI | 9 Far PGTA ot q 11810 I, TT68 9 PPU 601 q'69T 1729 69 | 82688 8 % q | 0'08 OO q 9'cq 9'zq 88 0'0001 6 Z Al Ill PIL Lou DI £r gl 086 0.098 I y A ll : z GA GK ST 9 09 909 88 0'000T 6 C AI | < gr 6 088 IG ver 9'898 Ta 0'931 I 8 lll B 884 2798 8 9'9 008 008 6 BES 6 6 Il tuag | E < | Š | emew | Cor Sept | 2/08 GE o6I | 2'808 (ver e 9'98 | el neorL | 89981 | 899868 99I 93 80861 1802 PERI 8T 998 OI d ar NU Bee en | Bd: Vor Got 19 0.001 I OT JA MT | 4 9'0T L'T6T v6 ‘gq I 8t A Tri | ci gong | 0008 6 925 0'885 16 0'003 I q A AI | 2 0091 | 0088 q Sot SLët 88 9:999 T 9 AI III | z YI, latu VI gy c SLB 086 got I 19 A II I = $968 | 886899 | € 8T Leet ogg 9 81 I SL Ut | zi 0006 | 9'998T GI 0'ac 8887 051 ‘LOT 8 88 A - 9'99 Goen qI 808 e'IgI gg 0'003 I q AI S QUII | S'OZ6I (GC £l 8,885 008 gn y L9 II | ë OLI Log 8q ST 9‘OFI 089 T'IT I 06 I ənuuv | = uu È BERS SREE] SY |E. EEE BY | aoe | BEZ | BEZ | EE | A Pag ijafs.| sŠ ispüsISRARA] SE | S Ri Rel 255 BRI > "SN E:EQER oE opr | ey Ra mu g^ e o RI | B SIPPW | ep Blasga ne Bo Er 1 PE 5o aoc d — = “5 | EU =. P. = | B Cuba FRE 2 od n. © o 9 033 smads || 9 EEE Ee I a A l DE [7 Sx] 38] 68° | up P Tana AP Rl oF | wahl Zei BE eR] Per £8 | 800 | aemg | Hor | 2828) eye Se |88E-|88&—-| ge n Ze Be | g28 | o x Om’ Q aS "Pu |’ AB P e a 2 B. UR Bee | BachRitSRRRIt b. aol: poli za = S go se | SAS | "$5558 ,.| =® D ay ñ bU a. 9,8 2.5 o, p SG ) IX x XI HIA Hai IA -A Al uro Ris SEI PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MU-:CATELLO 066), 68991 e Gal Z LSG q'o81 q'ogg : $986IT Gott) gog OTTGC G°8I00T|] Pag 8 8689 I | 9'T oig? O6IT | Ee Z 00002 | OO^08I Z 883 9709 SP 788 T 0.0008 | 00001 I Lou gtt L 0‘0007, g 8 S&S 0'9009T 8 OI Ley 88 BBS T Ser 3708 L 808 8 op SF 979 I 9'01 vers +6 GO I 0'008 0'003 d 0'0001 I 0078 0 0801 që 9'6&qq 8 01), 88 AM 18 PILG e 7166 y! OFS 8.099 083 069 8 0 28 FI Lë 8'88 T 0'008 0'0006T 6 9'9T 8'689 09 898 I 0'008 0 0008 6 69 gor gI 9'991 I 0*00G 0 00018 I 9 0'882 er Gro Š 00001 | g'eceeel| g rg T 882 099 G2 8 8'886 0 0027 qI 9 911 0'929 081 Siet PI g'egq 0'00FI GT FPS 9°989 [re 6 088 8 8829 G'acy 16 0'009 Som ZE 08251 7919 L 7929 18 9*9), 9 969 008 PSST arg 186 03982 8G #78 eat) 079 Pott A9 DUAA SREP S F BH ea" enel BY oO | BEZ DEA | BES | Fu eee E E O ER SE sg see x BS Bod „Bali See nes | s n | B esp 5° SAB BARI. PE Go Bel 80m Sul | E © D. — E. o M Tali md Lm D.O oa véi Ce n.” = no eS R|ROSR| pe S ool moos | E Ri | 28S | 2 $1 of 8 ü Spade Sg a paro] ER KEE m SS ef m": — E 2ua EK séi? ALR D GER: E M cde. G & ET nun PoeRIBSS* Es Be 251855 | eg eS | ma 28 | pap] M og DIET $5 ` ë Pig | Sëel ^^ P g Ë Pa TE c p e P Ka KS a] im] Ë © a = z) 3 Ae fo RSR] Ee | seB$| BES] Bg ES EB Rh | Fri | IX X Xr. IAA IIA -IA A AI HI II Í H d əsousə] P. 9'99 9'99 ST 88 e'g 051 0097 I I A s eig WC TEN: kam cus pos oce HA oe sm p ad eee ‘DUI DEA OO Sal? 96 GC € 96 88 0001 I T° AT ti * fec < 8 €) g'gq 03 PIP 882 q'ag m q'I I < na | 99FI | 990r OF 6'z8 9'99 U 0008 8 6 6 3 BEL lr kd a IL TDI rw — — < E ; « Y - 1uuotq P 0/08 0 OF që 9 ¿q ‘97 88 00008 š I Abim | tuus! 4 999 999 Gr 808 808 88 0'0001 l I Ap | anwy Ë DAE, o a ee 2 SÌ emew | sog. | Barer | prg 709 g29T | Etat 6'88r rd 8t af eor | 98818 2, 8886 OCT 8848 S'BLIT GPII 6 TEPS PI 951 L z ors ERE A, PER APR P | Cuasi E V PL a s E 2 o I | 00008 I Sal | gas 2 0'009 I 6 A Att S 0 009 0‘0088 3 OAI g'geg 13 gert Į L A Af 8 0'08 O'OF që 9°24 € 96 86 0000€ 6 I AT HI E g 886 0‘009T qI 91% 0'006 081 8805 q va A a Got 9'996 qT q'09 SISI gg 0'00q 6 T Al j E 884 E SEIT 76 9'9 0081 008 6 1G 6 68 u əsou - BLT 8 #78 89 SI GEI 079 T 0C I 6P I [9] peat, Ka È Sep Bg (Eee ESES] 33 | 27 | Eez | PEZ | mga ñ ERa jeej 85 |5P8s|oBs2.| sì | 385 | ro dé O eae “PSN =” = Ë B MS P ZB di Bis Sa E 3 È a8 3 +Ë a US cK S, ə15əds > ahi SP ORES U ee BS | a8? xe up FOLLI of 3 È one SÉ =? e^ CA LI Bao lis (el | £8 EE | 2 Ë £s |#8E=-|8s22-] BE 5 Se KE {ieee aa Re Ld E ele BRAN Yi s: d nel] „os Spe RSR] 28 | SES| BRS] Es 2&5] al BR | RR IX X XI ILA UA IA A AI Wm 1 4 ha c gh uii c a SRA ela ia Apo . —PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO : I I Il IV VI VII Vill IX , hr ge CR 1 d U = ix a we ud so Ó — Gr | Sg ee oe ep eS vos |= O's Shas Pe = ag |o vg s £g “ CO s s e ed". 1 0- et = = loa die i Sa d s (Italia) eo |o= ER t Tolle Sai T = G |g ys - A im U e — DE) ` o 9$ PO ga ri o £s "E el 68] o “Qe |5 Eu ei 26 2 Saj VE |SX- HIL!LL ƏIGXM — "= s , PPQ cas NO $ n = ot £.o0 g 2 5 s CS sa a da a so = ao Durata delle specie E. = of $" |g age Dä ss emsa | . es vs axed =o < = Bug gao a gie s bas - Mia S rto S gu ["?"wI9 Si pie EN „u are Sy Sgad] ge |gs9/g&s| B= gg et 2, M < = lg Q a w uu P 4,2 B * ZS e Egels AY les Zlëeäl HE Ders 1019 18 17,6 | 4100 | 2487 | 4,3 202 5048,5| 89,1 bienni 110 8 [727 25 1,9 544,5| 39,6 vivaci erbaeee 2309 | 156 #1, 563,2| 38,0 11430,6| 772,2 vivaci eeng 434 I 33.2 104,8 3,4 2143,5| 69,3 annue-bie 75 3 0,0 18,31 0,7 3171. 14,3 Basste erb. 37 I 27,0 9,0| 0,2 183.1 4,9 viv. erb.-legnose 8 2 | 250,0 DAL 4 39,6 9,9 Analizziamo ora i dati, assai = complessi, delle tavole, ed esaminia- b | mo dapprima le medie. > Specie annue. N. medio delle specie endem. per 1000 esoend. 143,4 s. bim. » > » » » Wi » 519,4 » vivaci erbacee » » » * 77$ » 336,5 » vivaci legnose . » > » NE » 488,9 » annue-bienni » » » di. ` » 1500 » annue-bien.-viv. erb. » Nu» Tt » 1000 > vivae. erb.-viv. legnos. > » xc» » 1000 La percentuale massima di specie endemiche rispetto alle esoende- miche è dunque data dalle annue-bienni, eui seguono le annue-bienni- vivaci erbacee, le vivaci erb.-viv. legnose. I valori trovati non hanno però molta attendibilità a causa dello scarso numero di dati che si son presi per formulare le medie. Più attendibili, sotto questo punto di vista, sono i rimanenti dati dai quali risulta che tendono a dare una alta percentuale media di endemismi, rispetto agli esoendemismi, innanzi tutto le bienni, poi le vivaci legnose, le vivaci erbacee ed infine le annue. Nelle bienni il valore trovato supera la cifra 500, il che è molto, mentre per le annue arriva solo a 143. Se noi ci atteniamo ai soli totali troviamo una seriazione alquan- to differente, la quale però non deve infirmare i risultati delle medie, meritando questi di essere presi in maggiore considerazione. ia e? = ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALTANA 483 Nelle caselle VI, VII e VIII si sono riportate alle singole flore proprie dei vari territori (e ad essi esclusive) le specie esoendemiche ed endemiche dei vari tipi floristiei. Dalle medie ë risultata la seguen- te seriazione: a) per le specie esoendemiche e su 1000 sp. esclusive dei varî ter- ritori (media della cas. VII) le annue entrano nella proporzione media di 192,0 bienni » = = vivael erbacee Y v vivaci legnose > annue bienni » annue-bien.-viv. erb. » vivae. erb.-viv. leg. » » 924, » » 527,2 » » 161,5 » + 283 » > 263 » $593 Si ha dunque la seguente seriazione decrescente: vivaci erbacee, bienni, vivaei-legnose, annue, annue-bienni, annue - bienni - viv. erb. ed infine vivac. erbac. viv. legnos. b) trattandosi degli endemismi su 1000specie esclusive endemiche dei vari territori si ha (media d. cas. VIII). ` per le specie annue » » » bienni > ^» vivaci erbacee > » vivaci legnose > » annue-bienni > » annue-bienni-viv. erb. » » vivaei erb.-viv. legnos. La seriazione non corrisponde miche, poiché primeggiano le vivaci legnose, cui seguono le vivaci er- bacee, le annue-bienni, le bienni, le annue, le annue-bienni-vivac. er: bacee e infine le vivaci erb.-vivaci legnose. I varî tipi di piante entrano nella composizione della flora ende- mica delle varie regioni con le seguenti medie (Ved. easel. IX e XI), annue bienni vivaei erbacee 183,1 78,2 799 25,6 33,9 123,3 167,5 41,4 25 15 più a quella delle specie esoende- 484 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO vivael legnose 303 annue-bienni 19,9 annue-bienni-viv. erb. 40 vivaei erb.-viv. legnose 66,6 La seriazione decrescente avviene dunque secondo il seguente or- dine: vivaci erbacee, vivaci legnose, annue, bienni, annue-bienni, vi- vaci erbacee-vivac. legnos., annue-bienni-viv. erbacee. Dai valori consegnati nella casel. X troviamo che per i vari tipi floristici il rapporto tra le specie esoendemiche degli stessi e la flora endemica dei vari territori sono tali da aversi la seguente seriazione: vivaci erbacee, annue, vivaci legnose, bienni. Ben ponderati i fatti emerge ad evidenza che le specie annue en- trano assai poco nella costituzione della flora endemica assai più rap- presentata dalle forme vivaci o bienni. All’opposto, e per ovvie ragio- ni, le specie annue entrano largamente nella composizione della flora esoendemica, in cui peraltro prevalgono pure le forme vivaci erbacee. L'ultima parte della tabella fu destinata allo studio dei rapporti che corrono fra i differenti tipi floristici e le specie presenti in tutta Italia. Anche questi meritano di fissare ora la nostra attenzione. Lasciando da parte i tipi che sono rappresentati da troppo esiguo numero di specie, e limitandoci perciò allo studio delle specie annue, bienni, vivaci erbacee, e vivaci legnose ricaviamo i seguenti dati: Gli endemismi dànno un’ alta percentuale rispetto alle forme esoendemiche fra le bienni (72), le vivaci erbacee, le vivaci legnose; vengono in ul- timo le annue (ved. casell. III). Rispetto alla flora italiana (4100 sp.) le specie endemiche sono nu- merosissime fra le vivaci erbacee, poi le annue, le vivaci legnose, e da ultimo le bienni (casel. VII). Gli stessi rapporti troviamo se rica- viamo la percentuale delle forme esoendemiche rispetto al numero del- le specie componenti la flora italiana (casel. VI). Vi ha quindi corre- lazione nel senso che il tipo floristico che ha più forme esoendemiche ha anche più forme endemiche. Fatti analoghi troviamo analizzando i dati offerti dalle caselle IX e X rispetto alla flora endemica italiana (cas. VIII), il che però non infirma la regola altrove enunciata che gli endemismi siano percen- ` ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 485 tualmente più numerosi fra le forme vivaci e bienni anziché fra le annue. Le specie endemiche annue, bienni, vivaci e via dicendo, in quale misura sono ripartite rispetto alle esoendemiche nei varí territori del- l'Italia ? Predominano le une di preferenza nei territori insulari, le al- tre in quelle continentali? Ecco due questioni alle quali cercheremo ora di rispondere. Le forme endemiche sono, in termini percentuali, rappresentate coi seguenti valori nei vari territori e rispetto a quelle esoendemiche (colonne I, II, III, IV, V). a) Territori continentali: 1°) bienni 222,2 Territorio II ! Media 222,2 2°) vivae. erbac. 128,4 » II 118,4 » 13 » I-II 3°) annue 64,5 » II 11,1 & I 13,6 » I-II 49) Viv. legnos. 51,2 » II 904 : I | » 35 b) Territori insulari: 1°) Vivaci erbae. 1222 Territorio III 380 2 222 » e "UD o» DD Media 933 1000 » II- 2000 » III- Iv- V 2°) Vivaci legnose a » = 20 » » III-IV » 837 442.8: > IV-V 500 » III-IV-V 3°) bienni 1000 » IV 1 » III-IV > 708 000 125 » III 486 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 4^) Annue 666,6 Territorio III-IV 200 » I : 200 » IV-V Media 293 107 » V Stando a questi dati, a prescindere dal fatto altrove illustrato, del maggior numero di endemismi nei territori insulari, appare evidente che nelle isole abbiamo la seguente seriazione decrescente. Tengono il primato per endemismi le specie vivaci erbacee; seguono le vivaci le- gnose, le bienni e le annue. Nei territorî continentali non si ha più la stessa seriazione poichè predominano gli endemismi fra le bienni, cui seguuno in ordine de- crescente le vivaci erbacee, le vivaci legnose e le annue. Ogni territorio in cui venne suddivisa )’ Italia ha una flora pro- pria oltre a quella comune con altri territori del paese. Si tratta di una flora esoendemica contenente perciò un certo numero di endemi- smi (casella VI) i quali saranno variamente ripartiti fra i varî tipi floristici. Noi dobbiamo quindi occuparci di questo argomento (casella VII ed VIII). a) Percentuale delle forme esodemiche (cas. VII) rispetto alle flore proprie dei territori continentali: 1°) Vivaci erbacee 712,5 m cs I 596, 6 II Media 682 738,1 » I-II 2°) annue 233,3 » 140,6 » » 168 132,7 » L II 3°) vivaci legnose 130,0 » II Es o A | exit: 4^) bienni 30 > II d > 30 b) Bësse delle forme esodemiche rispetto alle flore proprie dei territori insulari. See J = RTRT ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 487 1°) Vivaei erbae. 710,5 territorio III-IV 636,6 » IV 525,0 ; 409,9 x NE Media 437 200,0 » III-V 142,8 » III-IV-V 2°) Viv. legnose 121,2 » IV 200,0 » V 26,3 » III-IV » 966 333,3 > IV-V 285,5 » III-IV-V 3°) Annue 238 » IV-V 233,8 » V 008 + HEN x qe 151,8 » IV 4°) Bienni 363,6 > III 60,6 » IV y 476 bad: .* IV Come si vede le due seriazioni non si corrispondono. Però tanto nei territori continentali che in quelli insulari abbondano le forme esodemiche annue, sebbene non tengano il primato. Scarse sono ovun- que le bienni. Passiamo alle forme endemiche. a) Percentuale delle forme endemiche appartenenti ai varî tipi fio- rali nei differenti territori e rispetto alla flora propria di questi (ca- sella VIII). I) Territorio continentale: 1°) Vivaci erbacee 84,4 territorio I 5 » II Media 55 5,4 » I-H 2°) Annue 1,5 > I 1,8 » I-II » 5 13,3 » H | 3°) Bienni — | 66 > II i > Bhi 485 ; PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 4°) Vivaci legnose 1,5 territorio I ; 6,6 š II Media 4 II) Territorio insulare: 19) Viv. erbae. 522,6 » . III-IV 500 » I 285,7 » ULIV-V 0424 >» DN ea 200 » III-IV 116,6 » 20) Viv. legnose 142,8 » III-IV-V 60,6 » 52,6 > I-IV > 69 47,6 > IV-V 41.6 > V ` 3°) Annue 06:8: y ° BER 41,6 E IV-V sati x TS UMS 20,9 » V 4^) Bienni 60,6 » IV 52,6 » HI-IV > 52 Tanto nei territori eontinentali che in quelli insulari le specie vi- vaei erbacee dànno la percentuale media massima. Nelle isole ë pure alta la media percentuale delle vivaei legnose, mentre le annue e bien- ni dànno pressochè gli stessi valori relativamente bassi. Invece nei ter- ritori continentali le vivaci legnose occupano l'ultimo posto. Anche qui emerge la legge che le forme annuali non dànno molti endemismi. Rimane da ultimo a considerare, per ogni tipo floristico la per- centuale con cui le sue forme endemiche entrano a far parte della flo- ra endemica di un dato territorio (casella IX e XI), o viceversa in quali proporzioni i tipi esoendemiei si trovano rispetto alle forme en- demiche (casel. IX e X). I°) Rapporti tra le forme esoendemiche e gli endemismi dei varî territori: Sek a t, ee ie ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 489 a) Territori continentali: 1) Specie annue 26333,3 territorio I-II 1970,5 "RARA | Media 9950 1551,7 > Ë 2) » bienni 2647 » H Í > 264,1 3) x viv. erb. 135323,3 » I-II MEE » 49483 5264 » II .4) > viv. legnos. 844,8 » I iN. HN : eid b) Territori insulari: 1) Specie annue 333,3 » IV 18660 sa Y E Se o 2500 » IV-V 2) » : bienni. 3809- (> IH 133,3 » IV » 198 80 » III-IV 3) > viv. erbac. 4200 » V | 1 » IV 1080 » III-IV » 1621 1000 » II-IV-V 4984 >». Hi 4) > viv.legnos. 3500 » IV-V 2000 » III-IV-V 1600 » V > 1493 266,6 » IV 40 » II-V I Per i territori continentali ed insulari non si verifica la stessa progressione in ordine decrescente, poichè si invertiscono le posizioni delle vivaei legnose rispetto alle annue; queste sono pià numerose del- le altre nei territori continentali, vengono invece dopo negli insulari. Il minimum è ovunque dato dalle forme bienni, il maximum dalle vi- |. Vaci erbacee, 490 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO II°) Rapporto fra le forme endemiche appartenenti ai varî tipi floristici e gli endemismi dei vari territori. a) Territori continentali: 1°) Specie annue 17,0 territorio I 115, » II | Media 155 5993. >» I-1I 2) » bienni 588 » II 4 » 58,8 99) » viv. erb. 931 » I 616 » » 869 1000 » I-II 4^) »viv.legn. 17,2 > I ^ 38 58,8 » I b) Territori insulari: | 1°) Specie annue 66,6 » IV 160 > III-IV x 234 200 » V 500 » III-V 29) » bienni 47,6 > III 80 » III-IV » 86 133,6 » IV 3°) >» viv. erb. 2000 » III-IV-V 933,9 >» 840 M-IV > 966 533,3 IV 523,8 > IIT 4°) > viv. legn. 1000 » IJI-IV-V 500 > IV-V 333,3 > V » 409 133,3 > IV > JHI-IV Nei territori eontinentali abbiamo la seguente seriazione deere- stente: 1° vivaci erbacee, 2? annue, 3° bienni, 4° vivaci legnose. Ad eccezione per quanto concerne le bienni e le vivaci legnose la seria- zione corrisponde a quanto si è osservato per gli esoendemismi. Nei territori insulari si ha: 1° vivaci erbacee, 2° vivaci legnose; ` ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 491 9" annue, 4^ bienni; la qual seriazione eorrisponde esattamente a quel- la delle forme esoendemiche studiate nei territori parimenti insulari. Dal complesso dei dati si può affermare che nei territori insula- ri predominando gli endemismi, e questi essendo meno frequenti fra le forme annue, devono di necessità predominare le forme vivaci, co- me quelle che sono più ricche. L'opposto deve aver luogo nei conti- nentali. Dalla tabella risulta da ultimo che la Sieilia abbonda di forme annue, vivaci erbacee e legnose rispetto alle altre isole, quando ben inteso si prendano in considerazione soltanto i tipi propri anzicché quelli comuni ad altri. Dato il numero delle specie esoendemiche ed endemiche annue, bienni, vivaci ece. presenti in ogni territorio, e data l’ estensione di ` questo si può arrivare e stabilire quante specie endemiche o non dei differenti tipi occupano 1000 km.? Per risolvere questo problema si è creduto opportuno limitare le ricerche ai seguenti territori : Italia settentrionale, meridionale, Corsica Sardegna e Sicilia tenendo conto unicamente delle specie accantonate, cioè proprie, ad ogniuno di questi territori ed eliminando perciò le specie comuni a due o più territori. Sperie annue E rex E ter. [Specie annue | eie annue N. delle sp. per 1000Km.2 Territorio occupato | in Km] £S0endemi-| endemiche e spec. esoend. |spec. endem. Italia settentrionale 118232 90 I say? 0,0008 Ital. meridion. 118232 67 4 0,5 0,003 Corsica 875 2 — 0,2 Sardegna 23799 5 I 0,2 0,05 Sicilia 25461 28 3 1,0 9,1 Specie bienni PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE. MUSCATELLO Territorio occupato Italia settentrionale Italia meridionale rsica Sardegna Sicilia area del ter-|spec. bienni|spec bienni rit. in Km.2|eso-endem. | endemiche 118232 20 118232 9 2 8750 8 I 23799 2 = 25461 I Specie vivaci erbacee N. dellesp. per 1000 Km.2 spec esoend spec. end. t Spec. viva . . [N.delle sp. per 1000 Km.2 Territorio occupato jareä del ter-| erbac des apep - VIYAE- : rit. in Km.2| endemiche |erb. endem. í spec.esoend.| spec. end. Italia settentrionale 118232 456 54 3 0,4 Italia meridionale 118232 179 23 I 0,1 pria 8750 9 II I 1,2 Sardegna 23799 21 8 0,8 0,3 Sicilia 25461 63 14 2 0,5 Specie vivaci legnose top Spec. vivaci|spec. vivaci|N. delle sp. per 1000 Km.2 Territorio occupato [area del ter- legnose eso- Risa eso- SÌ rit. in Km.2| endemiche | endemiche spec esoend.| spec. end. Italia em 118232 49 I 0,4 0,0008 Italia meridio 118232 39 2 0,3 0,01 rsica I _ š ardegna 23799 4 3 0,1 0,08 Sicilia 25461 24 5 0,9 0,1 La mancanza di cifre un pò elevate nei singoli territori, fatta eccezione per alcuni di questi e per le specie vivaci erbacee e forse anche per le vivaci legnose, non permette di giungere a risultati sicu- ri e a conclusioni esenti da mende. Ciò non ostante crediamo di non errare affermando : 1°) Che la Corsica tiene il primato per ricchezza di endemismi fra le specie vivaci erbacee e bienni; mancano invece gli endemismi ‚fra le specie annue e vivaci legnose (su un’area di 1000 km?.) ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 498 2°) Che la Corsica è pure ricca di specie esoendemiche apparte- nenti a quei tipi che le forniscono la supremazia in endemismi. Però per quanto riguarda le forme vivaci erbacee è superata dalla Sicilia. 3°) Che i territori continentali hanno (per 1000 km? presi come unità di misura) un minor numero di specie endemiche fra le piante vivaci legnose, le annue ed in parte fra le bienni in confronto dei territori insulati, 4°) Che le forme vivaci erbacee dànno un massimo di specie en- demiche per 1000 km? in tutti i territori. 5°) Che le specie annue e le vivaci legnose dànno invece nei va- ri territori una bassa percentuale di specie endemiche per 1000 km?. 6°) Che le bienni si comportano pressochè come le vivaci erbacee. 7°) I territori continentali hanno per 1000 km? un massimo di specie vivaci erbacee esoendemiche a cui tengono dietro, in ordine decrescente, le specie annue, e le vivaci legnose pure esoendemiche. 8) La Sicilia, per quando riguarda le forme esoendemiche, si comporta come i territorì continentali essendo pure assai fornita di ta- li tipi La sua vicinanza al continente da la spiegazione del fenomeno. Non abbiamo reputato opportuno di estendere ulteriormente le in- dagini. Però non possiamo fare a meno di rilevare che una forte diffe- renza nella percentuale degli endemismi appare evidente qualora si paragonino fra loro territori associati, in quanto chè quelli che sono costituiti da isole, e perciò non contigui, presentano quasi sempre un più alto grado di endemismi fra i differenti tipi floristici rispetto ai territorî associati e contigui. * EW Le differenti elassi in eui si suddividono le Fanerogame presen- tano un numero variabile di specie annue, bienni, vivacie via dicen- do. Di qui un differente comportamento per quanto riguarda la com- partecipazione delle singole classi alla costituzione della flora ende- mica. Appare quindi non del tutto inopportuno chiudere la presente rassegna statistica con lo studio di siffatti rapporti, per cui abbiamo tuttavia ritenuto conveniente prendere anche in considerazione le Pte- ridofite. PROFF LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 494 a a + ra Cara Fa bi ra oH OO Fa oo ~ a > AO qq q QR uno l + ra Ae = +10 = H yu puos D12082 qu pues Ju puios? “pw pos? KIT pues yu maan a (areds cc) aunadsoumtr) (ards 18) ə91)UOpii91d ea @ @ e DRS at ISSEIO ioa ], 495 - ra ra OOO ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA = ANH Jui pus "Pu pios ui pios KIT puos “pla | 912093 | pu | | pinos ‘ads Fal tu ‚OP3]NO90UOW 2 E | G) mon | = Im | ©) = ISSEIO 11031119 T, PROFF LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO = Aen es "pu puos Ju puon qui ED) ui puos) a u HO) | Ju = un - € ta AMA a £9 en e€ q n Aen Fa 21305 | uu 30$] Ju TENI © © Imon e puaosi K (ads 961) ai -Pprure[20uOy | — — = 1 = ' e ISSEIO 11031139 ], 497 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA oc [4 St IZ 6£ | or 6c, Sp Irok; ç [St | 6 wi T II I 6 g pI Lg tl TI be ee z I £1 8 T tr AA 9 I A-A I I I L Kl AAT I 9 I 6 AUDIT I I fobs £ Atti- [4 I |t I AA I t tr £ II AA [4 £ 9 I š Au I Y c $ £ t Al-lli-l I ALTA I 1 I £ AI [4 £ I 9 9c I I tI AI c Y T I AVIEL I I t I Oc I Y III I |f £ I A7 AI T I AH A DRÉI z I E c 6 1$ jot I {pf AU I T 1 ATI I € 8 Y Itl I £ t ASI t I I I Atl I I II t Ilt Y € of II Tote 9 I |9c 1-1 I I Y igor IS 16 I dH A £ |y |! JP 1 AI c 1:48 [o I |T c HI t I I |ve |g les £ £ {Sc | (ads 1411) Il £ + 9 ot |Sr |glı II I {IV sposdiperq I = 3PEBESEGRE3EFGE3ESE3ESE3PRSE3ERE3ERIFIE: E Ae mE mii 2 EI ELM EI IE TOO uwao|icolicoioo| Y tG © ® ISSEIO H01H9 J, PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO ` 498 yI t | Le Jt PEDI 98| 1619691 9 | £9) 6 see pi Lei « |161 91 $o1 eie È ç 9 or £ 6£ A^Al-llI-1 t AJAS I 9 v ACAIII c t t A-III-II- I I OI t ATI IC ki I 1 A-ALII z| it [gr I L A-AII ei Nu At 2 j big ; 9 AMI AAT : ALU £ t QI I A-UI- £1 z Atp " st , IN-1I- I T I r A-A ! A-I I I Tri ti t 1497 19 A1-1 CG RR UTES wl lp IZ A- tony £ i Al- Ci [^ 8 lll- I £ E A^ I |t I AI t g III" orl € |chı 5 ot Il- I $ | 6 ILE I| € |Sı A LoT Gi ye ILE (I JE AI dk ; Il I I ii 101) kreni e | 9 | 1 12 | (dsSohı) Il L y | 1 | vi} Zelgsı 6 ge | apunadoueg I a8 | ali) ajf| asia: a: #5 | 2/2 | 12 | 212 UG 1690|uco|lio,icojoo, 4 16 (8) @ ISSv]D) H03119 T, ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 499 Dalla ultima tabella si sono eliminate due specie appartenenti al territorio Italia ed alle Dialipetale: per una si doveva tracciare un'ap- posita eolonna sotto la formola @ h; per la seeonda un'altra colonna sotto la formola @ © Rh. In termini assoluti le Pteridofite sono rappresentate da un grande numero di vivaci erbacee, 2 annue ed 1 bienne. Nelle Gimnosperme troviamo un unieo tipo dato dalle vivaei legnose (22). Le Monocot le- doni sono riechissime di forme vivaci erbacee (598), e di anrue (149) Mentre presentano un numero quasi insignificante di specie annue-bien- ni, annue-vivaci e vivaci legnose. Pressochè gli stessi rapporti trovia- mo fra le Monoclamidate, colla differenza tuttavia che le forme vi- vaci-legnose sono molto più largamente rappresentate delle vivaci er- bacee, le quali, anzi, stanno al di sotto delle specie annue. Le Dialipetale dànno un massimo di forme fra le vivaci erbacee. Seguono a queste le annue, le vivaci legnose, le bienni, le annue-bien- ni, le bienni-vivaci erbacee, le annue-bienni-vivaci erbacee. Gli altri tipi sono trascurabili per lo scarso numero di specie che offrono. Infine le Gamopetale concordano con le Dialipetale, in quanto- chè presentano la seguente seriazione decrescente: vivaci erbacee (898) annue (335), vivaci legnose (86), bienni (63), annue-bienni (27), bien- ni-vivaci erbacee (27), annue-bienui vivaci erbacee (14). Questo per i tipi esoendemici; ma le stesse seriazioni valgono an- che per quelli endemici (a prescindere da lievi variazioni), poichè i tipi che dànno più forme esoendemiche presentano pure un maggiore numero di forme endemiche. Le Monoclamidate vivaci legnose ne so- no tuttavia più ricche delle vivaci erbacee sebbene meno fornite di specie esoendemiche. Vi è però ovunque una eccezione importantissima a segnalarsi, ed è che le forme annue, sebbene rappresentate in alcune classi da mol- te specie esoendemiche hanno una bassa proporzione di endemismi, i quali raggiungono per lo più il massimo, come si è detto altrove, fra i tipi vivaci erbacei e legnosi innanzi tutto. e poi fra le bienni ed an- nue-bienni. Studiamo ora quali sono i rapporti fra le forme endemiche ed e- soendemiche nelle differenti classi e fra i differenti tipi floristici, 500 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Pteridofite Specie vivaci erbacee eaoend. 78 | » » > endem. 1 Rapporto 78: 1 Monocotiledoni » » > ` esoend. 598 » » > endem. 12 Rapporto 49: 1 Monoclamidate Specie vivaci erbacee esoend. 37 | > endem. 1 Rapporto 37: 1 Specie vivaci legnose esoend. 82 i i > > > endem. 1 Rapporto 82: 1 Dialipetale Specie vivaci erbacee esoend. 701 » » » endem. 45 Rapporto 17: 1 Specie annue esoend. 470 » » endem. 9 Rapporto 52: 1 » vivaci legnose esoend. 239 » » » endem. 10 Rapporto 23: 1 » bienni esoend. 45 r > endem. 2 Rapporto 22: 1 Gamopetale » vivaci. esoend. 898 » » endem. 92 Rapporto 9: 1 » annue esoend. Dän » » endem. 9 Rapporto 37: 1 » vivaci legnose esoend. 86 » » » endem. 3 Rapporto 28: 1 > bienni esoend. 63 > » eudem. 6 Rapporto 10: 1 » annue - bienni esoend, 27 e > > > endem. 3 Rapporto 3: 1 > bienni-vivaci erb: esoend. 2 > > > > esoend.1 Rapporto 27: 1 Dai quali rapporti risulta che nelle Classi in cui gli endemismi sono numerosi (Gamopetale) cresce la proporzione delle forme endemi- che fra le specie bienni, vivaci erbacee e vivaci legnose (in parte); ei fa bassa invece fra le annue. Le prime poi sono ovunque molto rie- che di endemismi, anche a prescindere dal numero delle corrisponden- ti forme esoendemiche. | =J (Continua) 1 Risultati di alcune erborizzazioni invernali — eseguite nel Canale di Brenta Nota peL Dorr. ROBERTO COBAU | Nell’ultima decade del dicembre testé passato, trovandomi a S. ! y Nazario nel Canale di Brenta (1) a passarvi le vacanze di Natale, . . Volli seguiré alcune escursioni per vedere quali piante si trovassero D ; allora fiorite in quei luoghi, prevedendo che contrariamente al solito, do- . vevano essere abbastanza numerose, grazie all'andamento della sta- gione; la quale, eccezionalmente, decorre colà poco ventosa, piuttosto umida e punto fredda. La ristrettezza del tempo m’impedì di spin- gere le ricerche oltre i paesetti (Carpanè, Solagna, Oliero, Valstagna) più vicini al sunnominato e di allontanarmi di molto dal fondo della valle (alt. m. 150 circa s. m.) per salirne i versanti; tuttavia le specie P = — fiorite che. vi potei osservare sono parecchie, come risulta dal seguente H eleneo: i 1 Achillea Millefolium L. B collina (Becker) Fiori. (Maggio-Set- ` = tembre.) (2) : + ` 2 * Alopecurus agrestis L. (Aprile-Dicembre). a 3 Anemone hepatica L. (Febbraio-Maggio). | 4 Anthemis arvensis L. « typica Fiori. (Maggio-Settembre). à 5 Anthyllis vulneraria L. z typica Fiori (Maggio-Settembre). S 6 Arctium Lappa L. y minus (Bernh.) Fiori. (Luglio-Agosto). 7 * Brassica campestris L. b Ropa (L.) Paoletui. (Dicembre-Mag- E. gio). 8 Brassica Napus L. a oleifera DC. (Aprile-Maggio), 9 Brunella vulgaris L. < typica Béguinot. (Aprile-Agosto). i 10 Buphthalmun salicifolium L. « typicum Fiori. (Giugno-Ottobre). (1) Ë? il tratto italiano della Valle del Brenta ed appartiene alla provincià di Vi- cenza. ti (2) Accanto a ciascnna specie indico tra parentisi l'epoca della sua fioritura nor- — male nel territorio in esame. $ DOTT. ROBERTO COBAU 11. Campanula glomerata L. (Giugno-Settembre). 12. Campanula rotundifolia L. « typica Beguinot. (Giuguo-Agosto) 13. Ca.apanula spicata L. (Giugno-Agosto). 14. * Capsella Bursa-pastoris (L.) Moench « typica Paoletti. (Mar- zo-Dicembre). 15 * Cardamine hirsuta L. (Gennaio-Giugno). 16 Carduus defloratus L. B glaucus (Baumg.) Fiori. (Giugno-Agosto) 17 Carduus mutans L. « typicus Fiori, (Giugno-Settembre). 18 Centaurea Jacea L. D amara (L.) Fiori. (Luglio- Novembre). 19 Centaurea Jacea L. © pratensis (Thuill) Fiori. (Giugno-No- vembre). 20 Centaurea montana L. & Triumfetti (All) Fiori. (Giugno-A gosto) 21 Centaurea paniculata L. « maculosa(Lam.) Fiori. (Maggio- Agosto). 22 Cerestium triviale Lk. x typicum Fiori. (Aprile-Agosto). 23 Chamaebuxus alpester Spach. (Febbraio-Giugno). 24 Chrysanthemum Leucanthemum L. « vulgare Fiori. (Maggio- Ottobre). 25 Chrysanthemum Parthenium (L.) Bernh. (Giugno-Settembre). 26 Cirsium lanceolatum (L.) Scop. € vulgare Naeg. (Luglio-Ot- tobre). 27 Cirsium oleraceum (L.) Scop. (Luglio-Settembre). 8 Coronilla Emerus L. « typica Fiori. (Gennaio-Giugno). Crepis virens L. a dentata Bischoff. (Luglio-Ottobre). Cyclamen europaeum L. (Agosto-Ottobre). 1 Dactylis glomerata L. (Aprile-Giugno). 32 * Daucus Carota L. « typicus Paoletti. (Maggio-Dicembre). 33 Dianthus Caryophyllus L. y inodorus (L.) Fiori. (Maggio-Ot- tobre). 34 Dorycnium pentaphyllum Scop. x herbaceum (Vill) Fiori. (Maggio-Luglio). 35 Echium vulgare L. « typicum Fiori. (Aprile-Settembre). 36 Erica carnea L. (Febbraio-Giugno). 91 Erigeron annuus (L.) Pers. (Giugno-Settembre). 38 * Erigeron canadensis L. (Luglio-Dicembre). SENE N. A x RISULTATI DI ALCUNE ERBORIZZAZIONI INVERNALI 508 39 * Erodium cicutarium (L.) L'Hérit. x typicum b. praecox DC. (Marzo-Dicembre). 40 Erythraea Centaurium (L.) Pers. (Maggio-Settembre). 41 * Euphorbia helioscopia L. (Dieembre-Settembre). 42 ° Euphorbia Peplus L. « typica Fiori. (Dicembre-Ottobre) 43 Festuca elatior L. « pratensis (Huds.) Fiori. (Aprile-Giugno). 44 Fumaria efficinalis L. « typica Fiori. (Dicembre-Settembre). 45 Galanthus nivalis L. (Febbraio-Aprile). 46 * Galinsoga parviflora Cav. (Luglio-Dicembre). 47 Geranium Robertianum L. « typicum Paoletti. (Marzo-Settemb.) 48 Geranium rotundifolium L. (Aprile-Giugno). 49 Globularia vulgaris L. (Marzo-Giugno). | 50 Helleborus viridis L. x typicus Fiori. (Gennaio-Aprile). ; 51 Heracleum Sphondylium L. a typicum Paoletti (Giugno-A gosto). 52 Hieracium Pilosella L. (Marzo-Ottobre). 53 Hieracium porrifolium L. (Agosto-Ottobre). 54 Hypochaeris radicata L. « typica Fiori. (Maggio-Ottobre). 55 Inula Conyza DC. (Giugno-Ottobre). 56 Lamium album L. (Marzo-Agosto). 57 * Lamium amplexicaule L. a typicum Béguinot. (Dicembre- Settembre). 58 * Lamium purpureum L. v typicum Béguinot. (Aprile-Die.) 59 Lapsana communis L. a typica Fiori. (Maggio-Ottobre). 60 Leontodon hispidus L. Ú danubialis (Jacq.) Fiori. (Giugno-Set- tembre). 61 Leontodon hispidus L. « typicus Fiori. (Giugno-Settembre). 62 Linaria Cymbalaria (L) Mill. x typica Béguinot. (Marzo-Ott.) 63 Lychnis alba Mill. « typica Fiori. (aprile-Novembre). 64 Lychnis rubra (Weig.) Pat. (Maggio-Agosto). 65 Medicago lupulina L. « typica Fiori. (Aprile-Agosto). 66 Melilotus officinalis (L.) Lam. y alba (Desr. Fiori. (Giugno- ` Settembre). 67 * Mercurialis annua L. « typica Fiori. (Marzo-Dicembre). 68 Moehringia muscosa L. x typica Fiori. (Maggio-Agosto). - 69 Nasturtium officinale R. Br. (Marzo-Luglio). | DOTT. ROBERTO COBAU 70 Peucedanum Oreoselinum (L.) Moench (Luglio-Settembre). 71 Pimpinella saxifraga L. x typica Paoletti. (Giugno-Settembre) 12 Picris hieracioides L. « typica Fiori. (Giugno-Settembre). 13 * Poa annua L. (Gennaio-Dicembre). 14 Polygala vulgaris L. « typica Paoletti. (Marzo-Agosto). 75 * Polygonum lapathifolium L. 8 Persicaria (L.) Fiori (Maggio- Dicembre). 16 * Polygonum lapathifolium L. « typicum Fiori. (Maggio-Die.) 77 Poterium Sanguisorba L. « typicum Fiori. (Marzo-Agosto). 18 Primula acaulis (L.) Hill. x typica Fiori. (Febbraio-Maggio) 19 Ranunculus acer L. « napellifolius (Crantz) Fiori. (Maggio- Settembre). 80 Ranunculus bulbosus L x typicus Fiori. (Aprile-Luglio). 81 Rumex conglomeratus Murr. (Maggio-Agosto). 82 Rumex obtusifolius L. (Giugno-Agosto). 85 Salvia pratensis L. (Maggio-Agosto). 84 Satureja Nepeta (L.) Seheele « typica Béguinot (Giugno Ott.). 85 Scabiosa Columbaria L. a typica Béguinot. (Giugno-Ottobre). 86. Sedum album L. (Giugno-Agosto). 87 * Senecio vulgaris L. « typicus Fiori. (Gennaio-Dicembre). 88 Sisymbrium officinale (L.) Scop. (Marzo-Agosto). 89 * Solanum nigrum L. « vulgare L. (Heg.) Fiori. (Marzo-Die.) 90 * Sonchus oleraceus L. D asper (Hill) Fiori. (Marzo-Dicembre). 91 Stachys officinalis (L.) Trevison « typica Béguinot. (Luglio- Settembre). 92 * Stellaria media (L.) Cyr. « typica Fiori. (Gennaio-Dicembre). 93 Tararacum officinale Web. in Wigg. x typicum Fiori. (Mar- zo-Ottobre). 94 Thymus Serpyllum L. y ovatus (Mill.) Béguinot. (Maggio-Set- tembre). 95 Tofieldia calyculata (L) Whlnb. a typica Fiori. (Luglio-Sett.) 96 Torilis Anthriscus (L.) Bernh. (Giugno-Agosto). 97 Trifolium patens Schrb. (Maggio-Agosto). 98 Trifolium pratense L. « typicum Fiori. (Maggio-Settembre). 99 Trinia glauca (L.) Rchb. (Maggio-Luglio). RISULTATI DI ALCUNE ERBORIZZAZIONI INVERNALI 505 100 Trisetum flavescens (L.) P. B. a typicum Fiori. (Maggio-luglio) 101 Tunica saxifraga (L.) Scop. x typica Fiori. (Giugno-Sett.). 102 Verbascum thapsiforme Schrad. a typicum Béguinot. (Maggio- Settembre). 103 * Veronica agrestis L. B didyma (Ten.) Béguinot, (Settembre- Maggio). 104 * Veronica hederaefolia L. (Dicembre-Giugno). 105 Vinca minor L. (Febbraio-Giugno). 1. Tutte le altre (quelle contrassegnate coll’asterisco *) sono da ritenersi come fiorite normalmente trovandosi sempre in tale stato nel- la stagione fredda, come risulta da osservazioni da me fatte negli anni precedenti. Esse vegetano di solito nei campi e la loro fioritura si deve soprattutto attribuire alle loro scarse esigenze di calore e alle buone condizioni fisiche del substrato nel quale si sviluppano. Sono per lo più specie annuali in vegetazione tardiva. 2. Alcune spccie si devono considerare come fiorite straordinaria-. mente per azione precipua delle eccezionali condizioni del clima e sono: o relitti di stagione, o entità a fioritura tardiva oppure precoce. A proposito poi della loro anormale fioritura è opportuno accennare che a determinarla deve aver influito, oltre all'andamento della sta- gione attuale, anche quello delle precedenti, dell’ estate e cioè del- l autunno, le quali essendo state umide e poco calde, mentre hanno prolungato il periodo vegetativo delle specie che ora sono in fiore per prolungamento o ritardo di fioritura, hanno invece invece raccocciato quello di riposo delle entità ora fiorite precocemente. Sono specie, per la massima parte, perenni, atte per ciò, mediante le loro sostanze di riserva, a formare nuoviorgani qualanque volta si verifichino le condi- zioni favorevoli. 3. Molte entità tra quelle a fioritura straordinaria sono rappre- sentate da uno scarso numero d'individu/, mentre poche si possono dire largamente fiorite (Centaurea pratensis, Erigeron annuus, Gera- nium Robertianum, Trifolium pratense, Tunica saxifraga): in gene- rale gl’individui in fiore si trovano nelle stazioni che godono migliore esposizione. 4. Considerando le nostre specie nella loro distribuzione rispetto 506 DOTT. ROBERTO COBAU all’altitudine è da notare che parecchie spingono normalmente i loro rappresentanti fino alla regione montana ed: anche all’ alpina. Ciò di. mostra la possibilità che esse hanno di prosperare anche in zone a temperatura poco elevata ed incostante e ci facilita la spiegazione della loro fioritura invernale nei luoghi e nelle condizioni indicate. 5. In alcune delle specie che ci occupano, certi mezzi da esse presentati normalmente possono aver favorito, sia pure in grado at- tenuato, la resistenza degli organi vegetativi alla bassa temperatura e quindi anche lo sviluppo de’ fiori. Sono noti i mezzi atti a scemare la dispersione del calore da parte della pianta e ad impedirne il dis- seccamento per eccessiva evaporazione, quali per esempio: l'abbondanza di peli (Echium vulgare, Hieracium Pilosella, Verbascum thapsiforme ecc.) la grossezza della cuticola (Chamaebuxus alpester, Globularia vulgaris, Vinca minor ecc.) e i movimenti nictitropici delle foglie (Me- lilotus, Trifolium). Per altre specie invece deve essere stato utile l’usufruire larga- mente del calore irradiante del suolo, grazie alla loro posizione cori- cata sul terreno (Medicago lupulina, Stellaria media, Veronica eee.) o alla disposizione a rosetta delle loro foglie basali (Capsella Bursa- pastoris, Cardamine hirsuta ecc.). Né maneano in talune entità dei mezzi destinati specialmente a proteggere dal freddo i fiori in via di sviluppo, come ad esempio, i noti movimenti periodici delle infiorescenze (Daucus Carota, Pimpi- nella saxifraga, Scabiosa Columbaria), la posizione inclinata dei ca- polini prima dell'antesi (Leontodon hispidus), la stessa posizione dei fiori che si trovano talvolta coperti dalle foglie (Lamium “album, L. purpureum ecc.) e l’arrossamerto di certi organi per la presenza di antocianina, la quale, secondo aleuni autori, avrebbe, tra altro, l'uffi- eio di trasformare in ealore i raggi luminosi. Tale arrossamento ë e- gregiamente presentato dalle glume e dalle glumette di aleune Grami- nacee (Alopecurus agrestis, Dactylis glomerata, Festuca pratensis), da corolle ordinariamente bianche (Erigeron annuus, Lamium album) e, nel sistema vegetativo, dalla pagina inferiore di foglie normalmente ` verdi (Geranium rotundifolium, Globularia vulgaris), per tacere di tutti quei casi in cui la presenza di antocianina ë. frequente o Dot: uc BEES SEE ETC EE RISULTATI DI ALCUNE ERBORIZZAZIONI INVERNALI 507 male, sia negli organi vegetativi come nei fiori (Geranium Robertia- num, Anemone hepatica, Cyclamen europaeum ecc.). 6. Alcune entità presentano dei caratteri accidentali dovuti evi- dentemente all’azione della bassa temperatura, per cui i loro indivi- dui hanno l’aspetto di piante eresciute in regioni alpine. Tra le mo- dificazioni principali sono da ricordare: la riduzione degli organi ve- getativi aerei (Helleborus viridis, Ranunculus acer ece.), il raccorcia- mento degl'internodi caulinari o dei peduncoli fiorali (Anthyllis vulne- raria, Globularia vulgaris ecc. e l'impieciolimento delle lnguette di alcune composte (Buphtha!mum salicifolium, Erigeron annuus). 7. Non di rado gli stami portano delle antere abortite o coi gra- nelli polliniei striminziti e quindi molto probabilmente inattivi. L'o- dore dei fiori è sempre un po’ affievolito. 8. E lecito sospettare che la maggior parte dei fiori osservati, non sia atta a dar frutti, sia per la poca vitalità degli organi sessuali, sia anche per la mancanza di pronub’. Gabinetto di Botanica della R. Scuola Superiore d’Agricoltura. Milano, gennaio 1913. Arboricole osservate nella provincia di Vicenza Nora pet Dort. ROBERTO COBAU Nel pregevole lavoro intitolato: « Ricerche intorno alle arboricole della flora italiana » (1) i proff. A. Béguinot e G. B. Traverso indi- cavano per la provincia di Vicenza 90 specie di arborieole, che il primo aveva osservate «nei pressi della città, sui colli Berici e nella pianura finitima >. A tali specie, che sono in numero assai ragguar- devole per un'area d'esplorazione così ristretta, se ne aggiungono eol- la presente nota parecchie altre, e precisamente 63, la cui presenza fu recentemente constatata in seguito alle ricerche da me eseguite qua e là nella pianura della provineia e in qualche punto della zona montuosa. Osservai delle arborieole in aleuni luoghi della Valle del- l'Astieo, dell’altipiano dei Sette Comuni, della Valle del Brenta e nei dintorni di Lonigo, Montebello, Vicenza, Lisiera, Quinto vicentino, Schia- von, Pianezze, Marostica, Bassano, Romano d’Ezzelino, Rosà e Ros- sano; la gran parie sul Salice bianco, sul Gelso e sulla Robinia, le altre poche sul Faggio, sul Pioppo nero, sul Castagno, sulla Quercia, sul Bagolaro, sul Gelso da carta, suil’Acero, sull'Orno, sull’Ippocasta- no, sull'Olmo e sul Carpino. D. esse dò qui sotto l'elenco sistematico tenendo conto anche di quelle indicate da Béguinot, allo scopo di presentare un: quadro completo delle arboricole vascolari finora osser- vate nella provincia di Vicenza, le quali sono 153, e rappresentano 113 generi e 37 famiglie. Segno con un asterisco (*) le specie trovate esclusivamente da Béguinot, con due (**) quelle osservate soltanto da me, e quindi nuove per la provincia, e con tre (***) le entità nuove per l’Italia; lascio poi senza contrassegno quelle già indicate dal — profes- sore € trovate anche da me. Le arboricole vicentine flnora note sono adunque le seguenti: x Polypodium vulgare L., *** Aspidium falcatum Swartz (una sola volta, (1) Nuovo Giorn. Bot. Ital, n. s., vol. XII, Firenze, 1905. ARBORICOLE OSSERVATE NELLA PROVINCIA DI VICENZA 509 su Salix alba, tra Lisiera e Quinto vicentino), Nephrodium Filix-mas (L.) Rich., ** Cystopteris fragils (L.) Bernh. Asplenium Trichomanes L., ** Setaria glauca (L.) P. B., 8. viridis (L.) P. B, S. verticillata (L.) P. B., ** Digitaria sanguinalis (L.) Scop., ** Alopecurus agrestis L., ** Agrostis alba L., ** Arrhenatherum elatius (LJ Pe. M et Ka Cynodon Däctylon (L,) Pers., * Dactylis glomerata L., ** Poa annua L., P. pratensis L., P. trivialis L., * Festuca sp. efr. Festuea ovina L, ** F. pratensis Huds., ** Vulpia myurus (L.?) C.C. Gm, ** Bro- mus sterilis L,** B. mollis L. ** Brachypodium silvaticum (Huds.) P. B., Lolium perenne L., ** L. italicum A. Br., ** Triticum aestivum L., ** Hordeum murinum L, ** Carex vulpina L., C. muricata L., * Ornithogalum umbellatum L., * Alnus glutinosa (L.) Gaertn., Quercus Robur L. (var. pl.), Ulmus campestris L., ** Ceitis australis L., Mo- rus alba L., ** Ficus Carica L. Humulus Lupulus L., Urtica dioica L., Parietaria erecta M. et. K. * Aristolochia Clematitis L. Polyco- num Convolvulus L., * P. Hydropiper L., ** P. aviculare L., Rumex conglomeratus Murr., ** R. Acetosella L., R. Acetosa L., ** Chenopo- dium album L., ** Arenaria serp`llifolia L., Moehringia trinervia (L.) Clairv., Stellaria media (L.) Gyr, Malachium aquaticum (L.) Fr., Ce-. rastium triviale K., * C. silvaticum L., *** C. arvense L., (una sola volta, su Fagus silvatica, ai Colli Alti di Solagna, a circa 1200 m. s. m.), Lychnis Flos-cuculi L., L. alba Mill., * Silene vulgaris (Moench) Garcke, Viola canina L., V. odorata L., ** Nasturtium silvestre (L.) R, Br., * Cardamine hirsuta L,, * Calepina Corvini (All.) Desv., ** Cap- . sella Bursa-pastoris (L.) Moench, ** Chelidonium majus L, Clematis VitalbaL.,* Ranunculus repens L.,* R. acer L., ** R. bulbosus L, ** Se- dum album L., * Prunus spinosa L., * P. avium L,.** P. Cerasus L.,Geum urbanum L.,** Fragaria vesca L., ** Rubus ulmifolius Schott, R. cae- sius L., * Rosa canina L. var, * Pirus communis L., ** P, Aucuparia (L.) Eherh., Medicago lupulina L., ** Trifolium pratense L., T. re- pens L., ** Vicia saliva L., ** Epilobium montanum L.. ** Hedera Helix L., ** Pimpinel'a maior (L.) Huds., Angelica silvestris L, Dau- cus Carota L., ** Anthriscus silvestris (L,) Hoffm., ** Chaerophyllum femulum L , Cornus sanguinea L., ** Rhamnus Frangula L. Acer cam- | pestre L., Geranium Robertianum L., *** Oxalis Acetosella L, * (aleune ` — 510 DOTT. ROBERTO COBAU volte, su Fagus silvatica, ai Colli alti di Solagna), O. corniculata L., O. stricta L., * Anagallis arvensis L., ** Ligustrum vulgare L., ** Fraxinus Ornus L., '" Myosotis collina Hoffm., " Convolvulas se- pium L., Solanum Dulcamara L., ** S. nigrum L., " Physalis Alke- kengi L. ` Scrophularia aquatica L., ' S. nodosa L., Veronica Cha maedrys L., ` V. arvensis L., * V. agrestis L., ° V. didyma Ten., Aju- ga reptans L., ` Scutellaria galericulata L., Glechoma hederacea L., Galeopsis pubescens Bess., ` Lamium Orvala L., L. purpureum L., L., album L., L. maculatum L., " Ballota nigra L., * Melissa officinalis L., Lycopus europaeus L., * Verbena officinalis L., Plantago major L., ° P. media L. P. lanceolata L., Galium Cruciata (L. Scop., G. Mollugo L., ` G. palustre L., * G. Aparine L. ` Sambucus Ebulus L., S. nigra L., Valeriana officinalis L., Eupatorium cannabinum L., * Senecio paludosus L, Erigeron canadensis L., " E. annuus (L.) Pers, * Chrysanthemum Leucanthemum L., Artemisia vulgaris L., ` Achillea Millefolium L., *** Carpesium cernuum L., (alcune volte, su Salix alba, presso Lisiera) *** Siegesbeckia orientalis L. (una sola volta, su Salix alba, presso Schiavon), ** Bidens bipinnatus L., ** Ga- linsoga parviflora Cav., ** Arctium minus Bernh., Centaurea vochin nensis Bernh., ** Cychorium Intybus L., Leontodon danubialis Jacq. * Picris hieracioides L., Taraxacum officinale Web. in Wigg., So- chus levis Bartal., Lactuca muralis (L.) Fres., ** Hieracium murorum L. Dalle indieazioni date da Déguinot cirea la frequenza delle specie da lui trovate e dalle mie osservazioni, risulta che le arboricole ca- ratteristiehe della regione, non considerando la zona montuosa, sono: Poa trivialis, Quercus Robur, Humulus Lupulus, Parietaria erecta, Moeh- ringia trinervia, Stellaria media, Malachium aquaticum, Viola odorata, Rubus caesius, Oxalis stricta, Solanum Dulcamara, Ajuga reptans, Glechoma hederacea, Lamium album, L. maculatum, Sambucus nigra, Taraxacum officinale e Sonchus levis. Si tratta in complesso, salvo qualche differenza dovuta molto probabilmente a searsezza di esp!o- razioni, delle medesime specie considerate come caratteristiche per le altre regioni della pianura padana studiate al riguardo, e ciò con- ferma ancora una volta l’importanza della stazione arborea per certe piante. ARBORICOLE OSSERVATE NELLA PROVINCIA DI VICENZA 511 Nella parte montuosa della provineia, data la diversità della fora ordinaria, si osserva una notevole differenza anche in quel- la arborieola. Vi notai piü frequentemente le seguenti specie quasi tutte portate da tronchi di Faggio: Polypodium vulgare, Poa trivialis, Moehringia trivervia, Cerastium triviale, Viola odorata, Pirus Aucu- paria, Epilobium montanum, Geranium Robertianum e Taraxacum officinale. Delle 5 arboricole nuove per D Italia (1) contemplate nella pre- sente nota, sono da ritenersi dissem:nate dal vento: Aspidium falca- tum, Cerastium arvense e probabilmente anche Oxalis Acetosella; dagli animali (uccelli o formiche): Carpesium cernuum e Siegesbeckia orientalis. A proposito poi dell’ Aspidium falcatum è da notare che deve essere provenuto da piante certamente coltivate a notevole di- stanza. Gabinetto di Botanica della R. Scuola Superiore di Agricoltura, Milano, ottobre 1912. (1) Per la bibliografia relativa alle arboricole italiane vedi: Cobau R. Florula ar- boricola della provincia di Milano. Ann. di Bot. pubbl. dal prof. R. Pirotta, vol. IX, fasc. 4, Roma, 1911—e aggiungi: Gola G.—Nota (2) pag. 415 del Saggio di una teo- ria osmotica dell'edafismo. Ann. di Bot. pubb. dal prof. R. Pirotta, vol. VIII, fasc. j à 1910. Sistiti assieme ai peduncoli ed ai pedicelli, nei quali le numerose pro- Dorr, SIMONE SIRENA CORLEO ALCUNE DEFORMAZIONI DEL FRAXINUS ORNUS ‘Facendo ricerche botaniche in una mia proprietà, situata presso Palermo, sui colli fra S. Ciro e Gibilrossa, coltivata a Frassini da manna, ebbi occasione di osservare sopra alcuni alberi di Fraxinus 3 Ornus, diverse grosse deformazioni, variamente localizzate, prodotte, a giudicarne all'aspetto, da un Eriophyes. Ricordavo averne veduto altre di simili alla R. Favorita, nelle È vicinanze di Palermo, ma allora non mi curai di esaminarle. Il maggior numero di tali deformazioni si trovava all’apice dei rami floriferi, formando quà e là, sopra assi allungati o più spesso accorciati, voluminosi ammassi, costituiti da vlomeruli irregolari, al- quanto appiattiti, lobati o erestati, di color bruno rossastro, turgidi, più o meno glandulosi: si trattava evidentemente di assi floriferi, per- tuberanze rappresentavano gruppetti di fiori, de'ormati ed abortivi, contornati da rudimenti degli stessi organi florali. In alcuni di essi si potevano distinguere piccole depressioni centrali, circolari, forse cor- rispondenti alla regione talamica, ma non vi si riscontrava traccia di pistillo. Devesi però ricordare che il Fraxinus Ornus non è specie esclusivamente ermafrodita, come generalmente si ritiene, ma presen- ta ancora individui maschili, e questi ultimi sono di preferenza eol- tivati per la produzione della manna, affinchè la secrezione di que- sta non venga rallentata, o comunque disturbata, dalla fruttificazione, Il primo che notò l’esistenza di individui di Fraxinus Ornus con fiori senza pistillo fu il PonrEDERA (1), il quale ne distingue due forme, cioè Ornus fructifera ed Ornus sterilis. (1) PONTEDERA I, Anthologia - 1720. p. 300. E uM SEI e i rl li E GU iA a Sewa at asss Li m Ru LEON T Kee š yel ` fe Jun cruda De, To SA IATA ALCUNE DEFORMAZIONI DEL FRAXINUS ORNUS 113 In seguito il VavcHER (1) aserive a questa specie fiori ermafro- diti misti a fiori maschili ed a fiori femminili. L’ HILDEBRAND (2) par- la pure di fiori ermafroditi e di fiori unisessuali: dice che quelli ma- sehili si confondono con gli ermafroditi, perchè i rudimenti dei pi stilli sono abbastanza grandi. Il Vurarinovic (3) pure dice che nel Caucaso il Fraxinus Ornus tende alla dioeeia, presentando eon mag- giore frequenza individui unisessuali in luogo di individui ermafro- diti. Il Kerner (4) parla per questa specie di fiori pseudoermafroditi. Il Koune (5) attesta dell'esistenza di fiori maschili accanto a fiori er- mafroditi. Il Kırenser (6) trovò parimenti soli alberi masehili ed al- beri ermafroditi, non avendone riscontrato alcuno di femmineo. Il Panprant (7) pure nota, in Liguria, per questa specie Fesi- stenza di individui unisessuali, cioè alberi a fiori maschili con stimma abortivo, alberi a fiori femmineo eon antere sterili, ed arbusti cow fiori maschili e femminili mischiati ad ermafroditi. Ciò è aneora eon- fermato dal Falci (8) per la Sicilia, quindi è verosimile ehe alcune delle deformazioni da me osservate spettassero ad infiorescenze ma- schili e non ermafrodite, ma non potevasi più controllare, — quando le rinvenni, già passata la fioritura. La forma peró dei glomeruli da me esaminati non potevasi rd identica a quella descritta e figurata dall’Houarp (9) e neppure cor- (1) Vaucuer I. P. Histoir. pysiolog. des plantes. de l'Europe. Paris 1841. UL P. 379. (2) HirzpEBRAND F. Die Geschlechter. Macra bei den Pflanzen. 1867 p. II. (3) VukariNovic H. Flora Caucasica. 1869. (4) Kerner Dr MauRILAND A. La vita delle piante. Lione Il. p. 288. (s) Konne O. Deuth. Dendrologie. 1893. p. 508. (6) Kırcaner O. Mitteilungen uber die Bestaubeinricht. der Bluten. Mitteil Ib 1903. p. 19. (7) PANDIANI A. I fiori e gli insetti. Genova 1904 p. 57. (8) Farcı R. Il frassino da manna in Sicilia. In Bollettino del R. Orto Botanico di Palermo. Vol. IX. 1910 p. 152. (9) Houarn C. Les Zoocecidies des Plantes d'Europe etc. Tom. II. 1909. Pag. 804 fig. 1136 514 DOTT. SIMONE SIRENA CORLEO rispondeva alla figura data dal MAssALoNGo (1), massime mancando i numerosi fillomi squamiformi (petali anormali) riscontrati e figurati da questi autori, quantuque anche nelle nostre deformazioni apparisca quà e là qualche organo florale piü evoluto e perfino esageratamente ingrandito. La forma invece di questi glomeruli si avvicinava piuttosto a quella descritta e figurata dallo stesso Houanp (2) per il Fraxinus excelsior, quantunque sull’identità della specie da me incontrata, cioè del Fraxinus Ornus, non poteva esservi dubbio. Comunque si ritiene che tanto nell'una specie che nell'altra queste deformazioni sieno pro- dotte da uno stesso acaro, cioè dall'Eriophyes Fraxini (Karp.) Nar. quindi la constatazione di queste minime differenze ha relativamente | poco importanza, quantunque i fiori di Fraxinus Ornus sieno ben di- versi da, quelli di Fraxinus excelsior, si che molti autori credettero perfino opportuno costituire due generi separati. A] contrario ha grande importanza un’altro fenomeno che potat osservare sopra queste produzioni gallifere: si tratta della secrezione di sostanza zuccherina e dell’accorrervi di formiche a raccoglierla: e ne fui edotto dall'andarivieni di molte formiche piuttosto grosse, che dal troneo degli alberi portanti questi glomeruli, passavano ai rami, giungendo fino ai glomeruli, ove sostavano a lungo, ritornandosi dap- poi mentre altre sopraggiungevano. Le regioni mellifere dei glome- ruli trovavansi nelle piccole aree concave, che ritenni corrispondesse- ro ai talami florali: eió ë singolare, non presentando normalmente i fiori di Fraxinus Ornus alcun nettario, ma non deve far meraviglia se si considera la ingente quantità di manna contenuta nella linfa di questi alberi, massime nella stagione estiva, prima della fruttificazio- ne. Nei glomeruli prodotti dagli Eriophyes si ha appunto una pletora di questi umori, e il loro turgore è tale, che trasudano all’esterno, sotto forma di goccioline mellee, nei punti precisamente ove devesi (1) Massatonco C. Acarocecidi nella flora Veronese. In Nuovo Giornale Botanico Italiano. Vol. XXIII. 1891 p. 86. n. 1. tav. L fig. 6 (2) Hovard C. op. cit. fig. 1137. est E EE ae = ee El E E š š IR: 2 E ALCUNE DEFORMAZIONI DEL PRAXINUS ORNUS $15 ritenere essere l'epidermide meno ispessita. Piuttosto sarebbe da ve- dere se individui non manniferi dello stesso Fraxinus Ornus, eventual- mente presentanti le stesse deformazioni, abbiano o no in esse una analoga secrezione. Questa constatazione si potrebbe fare nei paesi dove normalmente tale albero non produce manna (1). Ciò che è certo è che nel frassineto di mia proprietà, che io osservai con la massima esattezza, questa secrezione avvieue e le formiche vi accorrono. L'esistenza di galle secernenti miele fu già segnalata da altri autori, quindi non è fenomeno nuovo: il Mac-Coox (2) bene illustrò le relazioni esistenti agli Stati Uniti d'America e nel Messico, fra una sorte di formica ed una galla mellifera, che si riscontra sulla Quercus undulata, prodotta da un Cynips, che il RILEY appunto chia- mó Cynips Quercus-mellariae. Di queste galle mirmecofile diede pure notizia il DeLPIno (3) ed il RarHay (4): secondo tali autori il Bugs avrebbe segnalato come mellifere anche le galle di una Carya ed il BasskTT avrebbe parimenti vedute diverse galle visitate dalle formi- che. Ma tutte queste osservazioni si riferiscono unicamente a galle americane. (1) Sull’origine della manna dai Fraxinus, credo manchino studii appropriati: si ritiene sia favorita una tale secrezione dal clima caldo di Sicilia e di. Calabria, ma allora perchè il Fraxinus Ornus in Ispagna, nelle Baleari, in Liguria, nella penisola Balcanica, sottoposto a temperatura quasi eguale, non produce manna ? Eppoi anche in Sicilia si hanno individui che aftatto non ne prodncono, ma di- | ventano produttivi innestati con innesti tolti da individui produttivi. E proprio qui si € riusciti a rendere produttivo anche il Fraxinus excelsior, nelle sue forme australis ed oxyphylla, che in nessun altro luogo produce manna, neppure nell'Africa settentrio- nale. Ciò mi fa pensare che alla produzione della manna concorra qualche microrga- nismo, a somiglianza di quanto avviene per la produzione della gomma arabica e di altre gomme. i (2) Mac-Coox H. C., The Honey Ants of the Garden of the Gods, In Prooss: diugs of the Acad. of Nat sc. of Philadelphia, 1897. (3) DELPINÓO F. Galle quercine mirmecofile. In Malpighia. Vol. III. p. 349. (4) RALHAY Em., Ueber myrmecophile Eichengallen. In Si Azungsberichten der kk. xoolog. botanischen Gesellschaft in Wien. BandXLI. 1891. $16 j ` DOTT. SIMONE SIRENA CORLEO ‘> Sulle secrezioni mellee di galle europee il TrortER (1) ha rac- colto abilmente le scarse notizie ehe si hanno in proposito: la più im- portante si riferisce ad una osservazione dell’ADLER, secondo il quale autore, le galle di Andricus Sieboldi, allo stato giovanile, sarebbero visitate dalle formiche: è da notarsi la rassomiglianza mimetica di queste galle eon certi Coeeidi. Il Hreronymus ritiene pure mellifere le galle della Cynips Quercus- Tozae, infine lo stesso TrortER riferisce di aver osservato una volta alcune formiche sulle giovani galle di Cynips Kollaris, senza avere allora fatto attenzione a che fosse dovuta la loro presenza. Certamente, anche in Europa, si avranno altre galle - mellifere, ma mancano osservazioni in proposito (2). Ad ogni modo niuno, che io sappia, ha segnalato qualsiasi secrezione nelle produ- zioni di cui sto trattando. E’ vero che qui si tratta di semplice fuo- ruscita di linfa, dovuta ad un eccesso di turgescenza, e non di veri heitari appositamente elaborati, e, trattandosi di linfa doleiastra, le formiche se ne sono accorte e vi sono accorse, ma il fenomeno è non- pertanto notevole, essendo la prima volta che viene segnalato in galle prodotte da acari. Questi fenomeni sono importanti a segnalarsi imperocchè dimo- strano come i rapporti fra le piante e le loro produzioni patologiche sieno più complessi di quello che potrebbesi supporre; infatti funzio- nando queste galle in modo analogo ai nettarii estranuziali,- possono costituire una valida difesa, non solo per la galla stessa, e per i suoi autori, ma ancora per la pianta che ne dà ricetto. Così ad un danno reale si contrappone un vantaggio, che in qualche modo può compen- sare il danno stesso. Nel caso di galle prodotte da Cinipidi, come nelle (1) TROTTER A., Contributo alla conoscenza del sistema secretore in alcuni tes- suti prosoplastici. In Annali di Botanica. Vol. I. 1904. | (2) Ho veduto alcuni saggi secchi di una galla di Sicilia, sopra Quercus, che credo corrisponda alla Cynips coronaria, De Stef. Mentre i denti della corona sono privi di qualsiasi secrezione e la parte sottostante ai denti è come verniciata, la parte — superfore, centrale conico schiacciata o quasi umbelicata, presenta la superficie che ri ` corda, massime per il colore, quella dei tessuti quondam melliferi. Sarebbero interes- santi osservazioni sul vivo per constatare di qual natura ne & la secrezione. | ALCUNE DEFORMAZIONI DEL FRAXINUS ORNUS 517 preeipitate specie, il vantaggio puó essere forte anche per la larva, abi- tante la stessa galla, che trovasi poco difesa, mentre nel caso di galle pro- dotte da acari, come gli Eriophyes, poco si comprende quale vantag- gio possano ritrarne, essendo a sufficienza protetti dalle ipertrofie che essi stessi produssero: anzi, essendo noto l’antagonismo che per solito esiste fra formiche ed acari, devesi ritenere che, nel caso presente, tutto il vantaggio sia dal lato della pianta ospitante. Però è noto come in qualche caso anche gli acari si nutrino di sostanze zuccherine, e non è escluso che essi stessi possano usufruire del miele segregato da queste galle. Ad ogni modo, anche prescindendo dalla finalità di questi feno- meni, i fatti che sono andato segnalando sono degni del massimo in- teresse, imperocchè fin qui non erano stati segnalati da altri. RECENSIONI — Pinoy g Macron — Sur la sterilisation des graines (Bull. d. la Soe. bot. de Franee, 59, 609) 1912. Gli Autori richiamano l'attenzione dei fisiologi sull'uso dell'aequa ossigenata eome antisettieo per la sterilizzazione dei semi, preferibile all'uso del sublimato corrosivo e ai mezzi asettici meccanici. Dopo un soggiorno di 5 ore nell'aequa ossigenata, semi di pisello, di fava, di fagiuolo, comperati al mercato, danno un rendimento del 90 Oo alme- no di sterili. Eguali risu'tati gli Autori ottengono con semi di: Orobus tuberosus, di patata, di orchidee, di pino. Un soggiorno di 12 ore, e anche di 24 nell'aequa ossigenata, non solo non offre inconvenienti, ma innalza al 100 Ojo la percentuale dei semi sterili. Notano inoltre gli Autori che l’acqua ossigenata non in- traleia, anzi rende più attiva la germinazione: semi di pisello ad e- sempio, trattati con l’acqua ossigenata, hanno germinato un giorno e mezzo prima dei semi di controllo. ` Gli Autori però dimostrano di conoscere ben poco la bibliografia di quest'argomento, poichè fin dal 1906 Sanna (La germinazione dei se- mi in presenza dell'acido di Caro. VI Congr. internaz. Chim. applic. Ro- ma) in soguito a numerose esperienze stabili che l’acqua ossigenata è un’evidenie azione sui semi germinanti, accelerando, almeno nel pri- mo stadio germinativo, l’ attività vegetativa dell’ embrione; nel 1910 Pollaeei e Mameli (SulP assimilazione diretta dell’ azoto atmosferico libero nei vegetali, Atti Istit. Bot. Pavia, XIV, 159; Metodo di sterilizzazione di piante vive per esperienze ecc. Rendie. Accad. Lincei, XIX, 569) applicarono con successo l’ acqua ossigenata alla sterilizzazione ti semi e di piante vive (Salvinia auriculata, Lemna major); nel 1911 Miege (The Treatment of Seeds with Hydrogen Peroxyde and Holyhock Rust. The Gardener's Chronicle 4, 242) ottenne, usando il perossido d'idro- geno, buoni risultati contro la ruggine delle Malve, constatando inol- RECENSIONI 519 dre che l’acqua ossigenata è uno stimolante dell’ accrescimento delle piantine. E. MAMELI A. BURGERSTEIN — Furtschritte in der Technik des Treibens der eee (Progressus Rei Botanicae IV, 1, 1) 1912. L’esporre certe piante ai vapori di etere o di cloroformio riesce utile per la loro forzatura. 1 Prunus fiorirono dopo 45 giorni se trat- tati con 40 grammi di etere; dopo 25 giorni se trattati con 60 gram- mi di etere. Alla riuscita della forzatura contribuiscono: la specie della pian- ta, la durata di esposizione ai vapori, e la temperatura. Per |’ Azalea mollis fu sperimentata optima la dose di 38 grammi di etere su un ettolitro di aria ambiente (1 gr. di etere = 1, 4 cc.) Il massimo della durata d'azione dei vapori ë di 48 ore. La stes- ii sa planta sopporta invece gr. 9 di eloroformio per ettolitro di aria (1 | gr. di cloroformio = 0,67 cc.) T Eguali effetti produce com'é noto, il bagno delle piante in aequa ae ealda. I migliori risultati si hanno anche secondo Molisch, dopo un bagno di 9-12 ore a una temperatura variabile tra 26° e 35° C. Si capovolgono le piante entro la vasea contenente l'aequa calda (possi- bilmente circolante), in modo che solo le parti aeree siano immerse. Aleune piante a radici resistenti: la Convallaria majalis, la Spiraea japonica ad es. possono venir immerse interamente. Piante di Azalea mollis e di A. pontica trattate a meta novembre I per 9-12 ore eon aequa a 35° e poste poi in serra a 13-20° fiorirono ai primi di gennaio. Anche esponendo le piante al vapor d’acqua o al freddo (0, 5° — 2° C.) si possono avere in certi casi (Azalea mollis) risu'tati simili ai | precedenti, en L’A. non di'e quanto tempo debba durare questo trattamento. Sd Il periodo di riposo delle piante viene in tal modo interrotto e diminuito. La spiegazione dell'azione fisiologica esercitata dai tratta- menti suddetti, non ë data dall'A. E. MAMELI 520 RECENSIONI AvnceLico F. e CaraLANo G.— Sulla presenza della formaldeide nei. succhi delle piante verdi (Gazz. chim. ital. XLIII, 38) 1913). La nota ipotesi del Bayer sulla formazione di aldeide formica nella sintesi che avviene alla luce entro il granulo clorofilliano, rice- ve dalle esperienze degli Autori una nuova conferma. Dopo ıl Pollaeei, che ne dimostrò per primo la presenza nelle piante verdi e l'assenza nei vegetali privi di elorofilla, quest'aldeide venne riscontrata nelle piante anche da Grafe, Kimpflin, Gibson, Gen. til, Schryver, Curtius e Franzen; Kimpflin e Usher e Priestley inoltre ne dimostrarono la localizzazione nei cloroplasti e precisamente negli strati periferici di essi. Gli Autori, con un reattivo « squisitissimo e specifico »: actratili na e acido solforico, riscontrano la presenza della formaldeide nei suc- chi e nei distillati di numerose piante esposte normalmente alla luce; ottengono invece reazione negativa da piante tenute per un giorno al buio e dai funghi. La reazione è sensibilissima: 3 goccie di una soluzione di aldeide formica al 40 Ojo diluite in un litro d’acqua, sono sufficienti per far apparire alla sua superficie di contatto fra i due liquidi una colora- zione violetta con riflessi azzurrognoli piùo meno intensi; ed è speci- fica poichè non venne ottenuta dagli Autori trattando con lo stesso reattivo moltiesime aldeidi e sostanze varie. E. MAMELI A. Bieuinor ep N. Dirarzouran.— Contributo alla Flora dell’ Armenia. Venezia, 1912. Con 12 tavole fuori testo e figure intercalate nel testo. In questo lavoro gli Autori hanno illustrato circa 600 specie del- la ricca ed interessante Flora dell’ Armenia, in parte raccolte dal se- eondo di essi (specialmeute nell'Armenia transcaucasica e quindi rus- sa), ma in grande parte ed a loro comunicate da corrispondenti arme- ni cui si erano fin dal 1907 rivolti onde avere materiale di studio. Questa contribuzione, che è il primo saggio di una futura Flora Ar- ` mena, eui attende il secondo di essi, contempla piante dei dintorni di ` . RECENSIONI 521 Artwin, Ardanutseh, Am, Mamaneliseh, Sarikamish, Ak-Kilisse (Arm. transcaucasica), dr Erzerum, Musch e Gumgum (Arm. centr. turca), di Urmia, Kboy ed Ardaz (Arm. persiana) di Elbistan, Aiutab, M. Beryt- dagh ete. (Arm. cilicica) ece. Il lavoro è preceduto da cenni storico- bibliografici sullo stato delle conoscenze floristiche e fotogeografiche del paese e da notizie sulle località donde furono raccolte le piante studiate a Padova di confronto con le cospicue collezioni di piante o- rientali di cui è ricco l’Erbario generale di quell’Istituto Botanico. Se gue la bibliografia da Rauwolf - Tournefort e quindi dal periodo che gli A. chiamano « preboissieriano » a quello che culmina con la clas- sica < Flora orientalis > di Boissier che comprende anche l'Armenia, al periodo che designano col nome di « postboissieriano » e che giun- ge fino a noi, Le specie più rare a critiche sono corredate da più o meno copiose osservazioni, qualcuna è descritta come nuova e le 12 tavole che corredano il lavoro ritraggono quanto di più importante è emerso agli A. dell’accurato studio da essi condotto a termine. A. BëGUINoT ED A. Vaccari. — Contributo alla Flora della Libia in base a piante raccolte dall'Oltobre 1911 al Luglio 1912, con 10 tavole. — Ministero degli affari Esteri. Direzione centrale degli Affari coloniali: Monografie e rapporti coloniali, n. 16. Roma 1912. Questa memoria contiene l'enumerazione di 400 specie raccolte dal secondo degli Autori in vari punti della costa libica durante le varie operazioni di guerra che condussero l’Italia alla conquista del paese. In qualità di ufficiale medico della R. Marina il maggior Vac- cari fu imbarcato nella R. Nave-ospedale « Regina d’Italia » che fe- ce approdi a Tripoli, Homs, Misrata, Bengasi, Derna, Tobrulk e Ma- cabez, donde provengono le piante quivi illustrate. Per quanto la ve- getazione della Libia littoranea poteva considerarsi, dal punto di vi- sta floristico, esaurientemente nota, sta il fatto che le esplorazioni dei Vaccari, per quanto rapide e sommarie e necessariamente limitate nel tratto militarmente occupato, hanno permesso di scoprire e descrivere qualche nuova entità, da aggiungere parecchie specie e varietà non ancora segnalate, indicare nuove stazioni per specie rare e fotogeo- / 522 RECENSIONI graficamente interessanti e quindi contribuire all'ineremento dell'inven- tario floristico della regione. La memoria à preceduta, oltre che da succinte notizie sulle località visitate, da considerazioni biologiche sul- la durata della vita, sulle fioriture invernali in confronto con i perio- di antesici delle piante crescenti anche in Sicilia, sul nanismo, sul camefitismo di parecchie specie, sulla rizocefalia o basianzia, non che da considerazioni fitogeografiche tendenti a stabilire i rapporti che. collegano la flora libica e specialmente quella insediata nell’altipiane cirenaico con i territorii, specialmente orientali, con cui rivela una spiccata affinità. Bareer, EE ne ee a ae msc Lg ng > WENN ZE E BIBLIOGRAFIA MODERNA raccolta da C. Scuster (Gr. Lichterfelder. b. Berlino) XIII Fito-Pathologia Anderson, I. R., Plants insured by ereosote. (Ottawa Nat. XXIII (1910) p. 128). Andrews, F. M., Some monstrosities in plants. (Proceed. Indiana A- - ead. Sei. 1909 [1910] p. 373-374). Anonymus, A disease of fig trees. (Iourn. Bd. Agr. London XVII 1910 p. 41-49). 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C.— Pugillo di funghi nuovi per la Flora dell'Agro Veronese Pantanelli E. — Sui caratteri dell’arricciamento e del mosaico della vite . Pojero Lojacono — Il Giardino Varvaro . : è . . Sirena Corleo S. — Alcune deformazioni del die sud : Ç - Recensioni. Angelico F. e Catalano G. — Sulla presenza della formaldeide nei succhi delle piante verdi . Bèguinot A. e Dico N. m Contribute alla Téi detA. Bèguinot A. e Vaccari A. — Contributo alla Flora della Libia in base a piante raccolte dall'Ottobre 1911 al Luglio 1912, con lo tavole. . : Burgestein A. — Furtschritte in der Technik des Treibens der Pflanzen . — Engler A. et Gilg. — Syllabus d. Pflanzenfamilien . . . . . 534 INDICE Grafe V.—Untersuchungen über das Verhalten gruner Pflanzen zu ged? Formaldehyd. . . i >» "oi Koordeks H. — Esckursionflora von Lia E " Blütenpflanzen etc. » 371 Lindau et Kirckstein — I funghi della: Provincia di UNO à : CENE a Muschler R. — A Manual flora of Egypt. --. sd i ‘ : š » 380 Pinoy e Magron — Sur la stérilisation des graines . ; i ; i » $18 Bibliografia. : par C. - Bibliografia moderna : ‘Paleontologia . het Mans ET TT Piante coltivate od utili af PROM CUR pong ate ion oD b cm ae Ci Geografia bOtanich 5. Lä ar 4 di RUS oui, š » 175 Far ABO LO vil, n oo cis à . - » 523 lav. VH 'hia— Vol. XXV O o l Malp — ern 3 —— à nandi: API eee PIA RETTEN Malpighia— Vol. XXV Tav.. VIII ‘Luter Buscazioni E Gene MuscaTELLO - E -Studio monografico sulle Specie am “nai Tatiana De ris di. mem. ga - Risultati di alcune erborizzazioni re eseguite. ae canale d