OMALPIGHIA RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA REDATTA DAL DOTT. L. BUSCALIONI 7 PROF. ORD. DI BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA i ; ANNO XXVI — VOL. XXVI MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. mo. Boi. Garden CATANIA Tipografia « La Siciliana » Fratelli Perrotta I9I3 RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA REDATTA DAL ^ DOTT. L. BUSCALIONI — Pmor. ORD: p: BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI. CATANI: ANNO XXVI FASC. IE. MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. — "x abbonamento annuale importa dc 25, LI alla ricezione a fo p n um occorrerà soltanto rimborsa 7 SUTTON Lo adl A ee XLI TO A ER T e NE RS TN MN e LA cor MET T3 SEP TU! WU WALT Wa, NP, NM ANS VC NE, g m" esr LACE DE aha SR dm à ART AR LE » NICE ud a " j NEM. s TÉ a de i $ t M a ela È) SUC NIU d 3 AE » " 3 ) a ^ Proff. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO Studio monografico sulle Specie americane del Gen. “Sauratia, Willi (continuazione) IT Lembo coriaceo, lungo 20 cm. circa, ovale od obovato, acuto all'a- P pice od anco sormontato da breve punta (!/, cm.-1 em.) larga alla . base. Margine fogliare, finamente denticolato, con sete minute inter- ~ poste fra i denti. Base del lembo acuta, o leggermente arrotondata. Costa robusta. Nervi secondari robusti, curvi, obliqui (ma non à molto) circa 20-22, spiccanti sulla pagina superiore unicamente pel color più chiaro rispetto al parenchima; sporgenti invece sulla pagina A inferiore ed ivi rivestiti da sele diversamente confermate rispetto à : quelle che coprono il parenchima: nervi di 3. ordine appressati, Pe | pendicolari ai secondari, robusti, a decorso un po’ irregolare. Pagina superiore rossobruna, poco o punto scabra, coperta da mu- croni e sete su tutto il parenchima; i primi visibili solo alla lente, le seconde fine, lunghe 1 mm., appressate, più chiare del substrato. Ner- vi secondari e costa molto più abbondantemente forniti di sete : que- ste sulla costa raggiungono 2 mm. e si mostrano ondulate. Pagina inferiore ferruginea e molle al tatto pel rivestimento di se'e clie sui nervi presentano una base gialliccia e più dilatata. Ascelle .dei nervi secondari non barbate. Infiorescenza brevissima, di poco più lunga del picciuolo, glome- rulare. Peduncolo lungo 3 cm. ferrugineo per sete dilatate alla base. Fiori grandi : calice villoso fulvo sulle parti scoperte nel boccio, ce- . merognolo, pulverulento dentro e fuori. Corolla !/, più grande del ca- lice. Staminon molto numerosi ad antere lunghe, bifide, di color gial- … lochiaro, poricide. Ovario a stili brevi. 3 Le differenze, come si vede, rispetto alla S. Ruitziana tipica sono troppo searse perché sia il easo di separarla da questa. É vero che nella forma testé descritta gli stami sono poco numerosi e mancano i peli stellati alla pagina inferiore del lembo, ma questi earatteri sono anche reperibili nella forma tipica di Ruitziana. +4 Pure à questa specie, e non già alla S. ursina, deve ascriversi lo mplare proveniente dalla raccolta di Bompland (America meridio- nale), me pe Triana e Planehon stato anche determinato come pro » 3 2o PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO sebbene gli autori nor abbiano fatto attenzione alle provenienze del- l’esemplare che fu raccolto al Perù! Esso presenta solo 14 nervi laterali per parte, ma del resto cor- risponde a quello testé descritto. Il pieciuolo è lungo 2 em. villoso, con sete miste a pulverulenza; il lembo lungo 14 em., largo 5 è ser- rulato al margine, con sete interposte tra le serrature. La pagina su- periore del lembo è rossiccia, villosa, in specie sui nervi: l inferiore tomentosa, ferruginea. La infiorescenza piramidale, lunga 10-11 em. larga 6 cm., è di poco più breve della foglia. Il peduncolo è robusto, lungo 5-6 em., villoso-pulverulento; i rami brevi e con brattee lunghe 5-10 mm, lar- ghe 3 mm., fulve, villose. I fiori raggiungono 16 em. di diametro, col calice conformato secondo norma rispetto al rivestimento di trico- mi: Stami 30-35. Ovario longistilo. In quest'esemplare le sole differenze un po' rilevanti sono reperi- bili nei fiori, alquanto piü piecoli, e nel minor numero di nerva'ure. Riteniamo per altro che questi due caratteri non siano sufficienti per. allontanare la forma dalla S. Ruitziana. Infine alla stessa conclusione ei porta l’ esame degli osemplari di Jervissè stati studiati dal Triana e depositati nel Museo di Kew. Questi presentano i seguenti caratteri : Sete del fusto (rugoloso) lunghe 4-5 mm. e squamiformi; pic- ciuolo lungo 1,5 em. villoso (sete 4 mm. di lunghezza) : lembo lungo 1T em. largo 5 em. depticolato, serrulato, setuloso al margine, acu- to agli estremi, con 22 nervi laterali: nervi di 3. ordine poco distin- si: costa robusta: Pagina superiore scabra per sele e per mucro- ni rossicci, lunghi 0,5-1 mm. sulla costa, per soli mucroni setulifor- mi o tubereolari sulle rimanenti parti: pagina inferiore vellutata per sete lunghe 1-1 !/, mm. ferruginee sui nervi, più chiare sul pa- renchima: infiorescenza lunga 4-6 em., pauciflora, contratta (rami 1 cm.); peduncolo e rami robusti, il primo lungo 2-3 em: tutta Pin- fiorescenza villosa per sete spesso squamiformi, curve, lunghe 4-5 mm; brattee triangolari, grandi (lungh. 5 mm., largh. 3 mm.), setuloso-fer- ruginee: Fiori grandi a sepali lunghi 5 mm., conformati, pel rivesti- mento, secondo norma (sete lunghe quasi un mm.): corolla molto più grande del calice: stami numerosi. "xc Te era S ae tt ei Lita i a Ti E à "T i CS ae OM TL RUM d uice Baa e Ev STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 3 Uno degli esemplari ha foglie più grandi e più tonde alla base, villosità meno accentuata, pannochia più ampia, presenta inoltre pieciuolo ‘e rami un po’ più sottili e infine mostra di già hen distinte le differen- ze di forma e di colorazione delle sete ricoprenti i nervi rispetto a quelle rivestenti il parenchima fogliare. : Negli esemplari di Jervissè adunque la sola differenza rispetto alla | forma tipica sta nelle sete che sono meno sviluppate, ma questo carattere perde di valore di fronte agli altri che collimano con quelli propri della S. Ruitziana a cui noi associamo perciò gli esemplari. Ma ammesso che la S. Ruitziama, più o meno tipica, si trovi an- che ad Antioquia ne verrebbe che la area sua di distribuzione riesci- rebbe notevolmente allargata (dal Chile alla Colombia). Ciò non è del tutto da escludersi sebbene sia noto che le diffe- renti specie di Saurauia occupano un area ristretta: non possiamo in- vece convenire col Poeppig che la specie si estenda fino al Brasile od alle Guyane. Del resto il Poeppig stessó ammette il reperto solo du- bitativamente, poichè nei cartellini, dove segnò come patria della Ruit- ziana le Guyane,o il Brasile, ha fatto seguire la denominazione geo- grafica da un punto di interrogazione. La forte pelosità delle foglie ci indica che la Specie vive in ragioni aride, quali sono appunto certi territori dal Perù e del Chili; mal si concilia invece coll’esistenza in regioni piovose, quali sono i versanti delle Ande che fronteggiano il Brasile. Le Guyane poi sono troppo lontane dal dominio della S. Ruit- ziana in ispecie e delle S. americane in genere per albergare la. for- ma del Perù e del Chili, La S. Ruitziana è una specie assai polimorfa, di guisa che non ci deve recar meraviglia se gli esemplari contrassegnati dallo stesso numero, e distribuiti nei vari Musei siano oltremodo fra loro differenti, come è il caso, ad esempio, per quello portante il N. 1607 del Poeppig. Il De Candolle dallo studio di siffatti esemplari distinse due va- | rietà di S. Ruitziana, l una contrassegnata dalle foglie grandi, ovali | lanceolate, l’altra dalle foglie ovali, brevi, un po’ ottuse alla base. La ; prima sarebbe anche più pelosa, ma meno tomentosa alla pagina in- | feriore e fornita inoltre di peduncoli fiorali quanto mai brevi. _- Dalle osservazioni fatte su un ricco materiale abbiamo ragione di 4 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO ritenere che la distinzione stabilita dal De Candolle non abbia ragio- ne di sussistere, essendo troppo numerosi i termini di passaggio da una forma all’altra. Inoltre non è più conveniente assegnare, come ha fatto il De Candolle, ad una delle pretese varietà il nome di pedun- cularis, servendo oggigiorno questo a contraddistinguere un altra spe- eie. A quanto pare altri autori avrebbero reso ancora più confuso il quadro sistematico denominando la forma a foglie lunghe, lanceolato- ovali var. tomentosa HBK., poichè ciò induce a confondere fra loro - due tipi che non hanno alcun tratto comune, come vedremo meglio fra poco. Il polimorfismo cui va incontro la specie può indurre facilmente il botanico in un errore di diagnosi, tanto più facile inquantochè le — descrizioni che i nostri predecessori, ed in ispecie il De Candolle, han. no dato della specie collimano poco colla costituzione delle varie forme. Basterà ricordare che il De Candolle indica come subglabre alla pagina superiore le foglie adulte, mentre ben di raro si osserva que sta caratteristica, malgrado che l’indicazione si trovi consacrata in quasi tutte le monografie sulle Saurauia. Le variazioni maggiori si hanno appunto nel grado di setosità: le sete lunghe, villose, riccie possono in qualche esemplare o in qualche organo di un unico esemplare accorciarsi notevolmente, od anco scom- parire (a prescindere dalla caduta che avviene normalmente su certe parti come ad es. sul caule). La Saurawia Ruitziana si comporta a que- sto riguardo come molte altre specie parimenti pelose setose, le quali hanno delle forme cognate (individui, o specie, o varietà ?) subglabre o glabre del tutto (es. S. brachybotrys e S. Leoi) E noi vedremo ap- punto come la S. Loeseneriana non sia altro che una S. Ruitziana — a foglie quasi glabre. Molto singolari sono le variazioni cui va soggetta la pagina sū- - periore del lembo: in aleune forme è liscia, in altre quasi divisa in un mosaico; in altre infine le aree o le maglie circoscritte dai nervi minori si elevano in forma di verruche rossiecie, sormontate da un mucrone o da una seta. A primo aspetto questo diverso comportamen- to potrebbe autorizzarei a fondare delle varietà, e forse anco delle spe- — 3 Ex aree rossigne separate da un reticolo più chiaro, pressochè simulante - 1 È 3 4 3 NS Th ww STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECU. cie (molti botaniei non avrebbero esitato un sol momento), ma si ca- drebbe in un errore, poiché talora una foglia di un determinato esem- plare si appalesa liscia o reticolata alla pagina superfore, un'altra ve- rucosa. L'età del lembo influisce molto su siffatte accidentalità mor- fologiche. La pagina inferiore subisee pure l'influenza di talune delle dispo- sizioni offerte dalla pagina superiore, ed infatti le forme a pagina su- periore molto verrucosa sono spesso alveolate all’ inferiore. Le alveo- lature sono peró di rado diffuse a tutta quanta la superficie del lem- - bo e neppure sono reperibili in tutti gli esemplari a foglie verrucose superiormente. Noi crediamo di dovere insistere su queste particolarità, avendo il Wawra descritto una specie nuova, sotto il nome di S. bul- losa, in base appunto al carattere della bullosità. E giustificata siffat- ta concezione ? Lo vedremo fra poco quando tratteremo appunto della S. bullosa Wawra. Il margine fogliare è abbastanza uniforme, presentandosi ovunque . denticolato, mueronato o minutamente serrulato, e per di più fornito di sete curve sui denti e fra questi. Le ultime simulano denti minori. Anche abbastanza fissi sono i caratteri delle nervature ugualmen- te numerose nelle foglie grandi e piccole, il che ci indica che le ul- time son derivate dalle prime per semplice atrofia anzichè per muta- zione dell’intima costituzione. Le nervature sono per lo più poco cur- ve, immerse nel tomenio e segnate dasete particolarmente conformate. Variano moltissimo sia la consistenza del lembo che la forma della è per lo più acuto o acuminato. Pure abbastanza base, mentre l’apice è fissi sono i caratteri che si possono ricavare dalla villosità e tomento- "x. HE We ii s sità della pagina inferiore. p Le infiorescenze per lo più pauciflore, subiscono notevoli oseillazio- _ ni a riguardo della lunghezza del peduncolo e dei rami, tanto che si possono avere delle pannochie espanse o viceversa contratte, glomeru- . lari, di poco più lunghe.del picciuolo. La infiorescenza è però sempre | più corta della rispettiva foglia, inoltre si mostra fornita di villi, di brattee lunghe e di bratteole addossate ai fiori. Fissi, entro certi limiti, sono i caratteri riferentisi alla grandezza ; dei fiori, (per lo più subsessili) alla setulosità e pulverulenza del cali- 6 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO ce, e quelli ancora concernenti gli stili, per lo più lunghi o disereti, | (brevi tuttavia in un esemplare di Kew). Molto variabili sono invece. j gli ‘stami, poichè talora sono numerosi, tal altra scarsi in numero. In. i quest’ ultimo caso le antere sono spesso in cattivo stato, il che ci in- + dica che i fiori tendono all'unisessualità. Avremo occasione di ritor- i nare su quest’ argomento fra poco trattando della S. Rwitziana Steud. var. Weberbaueri Buse. r Per ciò che concerne, da ultimo, le affinità noi riteniamo che la ' S: Ruitziana, pur essendo una forma ben definita, sia straordinariamen- — te affine da un lato alla S. ursina Tr. e Pl., come già ebbero a rile- vare Triana e Planchoz, dall'altro alla S. Loeseneriana e alla S. pyc- 1 notricha. Per mezzo di quest' ultima si collegherebbe forse (?) alla. S. - excelsa e alle forme affini. Assai più dubbia è l'affinità colla S. peru- viana Busc. x) Saurauia Ruitziana Steud. var. Weberbaueri Busc.(1) Tav.V.fig.T 1 Esemplari studiati: Tre Es. del Museo di Berlino stati raccolti dal Dr. Weberbauer al Perù e più precisamente sulla strada verso Palca sopra Hacapista- na (Dipart. Junin Prov. Tarma), sul versante occidentale delle Ande, (territorio poco soggetto a pioggie). Gli esemplari portano i n. 2040 e 2020 ed il Weberbaueri ag- È giunge (in Schedula) che si tratta di piante subfruticose, e fiori pur-. purei, opachi eon orlo bianco, probabilmente dioiche, viventi nei siti. umidi, a circa 1900-2000 m. sul mare. Fioritura in gennaio (5). Esemplari prevalentemente maschili (n. 2040). Fusto robusto, sol- cato, fistoloso, straordinariamente villoso (sete fulve, lunghe 1 cm. o poco meno, ondulate, espanse). Foglie munite di picciuolo lungo (4,5 cm.), robusto, egualmente villoso (villi più brevi). Lembo membrana- | ceo, cartaceo; lungo 26 em., largo 11 em. o meno, acuto anterior- - mente o terminato in lunga e larga punta, gradatamente cuneiforme Sr Abbiamo dedicato questa specie all'illustre botanico tedesco Prof. Weberbauer E il. quale attualmente trovasi al Perù per ragioni di studi... STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC 7 verso la base che è acuta, subdecorrente. Pagina superiore rossigna, ruvi- da, d’aspetto tubercolato, verrucosa, l’inferiore tomentosa, fulvo-giallic- cia. Margine oscuramente o grossolanamente doppiamente serrato, op- pure ondulato dal mezzo all apice. Serrature mucronate, o sormontate da sete pure presenti fra i denti. Pagina superiore coperta, sulla co- sta, da sete diseguali, spesso ingrossate alla base, lunghe 2-3 mm. La rimanente porzione irta soltanto di mucroni minuti. Pagina inferiore vestita di sete giallo-fulve lunghe (4-5 mm.) sulla costa, di sete più brevi, ma dello stesso colore sugli altri nervi moggiori, mentre tutta quanta la residua superficie è coperta di poli più chiari. Su alcuni ‘ratti della pagina alle verruche della faccia suprriore corrispondono degli alveoli minuti. Nervi secondari circa 24, poco distinti, un po’ irregolari, subdico'omi, dis'anti, obliqui: quelli di 3. ordine quasi na- scosti dal tomento. Infiorescenza multiflora a pannochia, a corimbo o glomenulare, talora contratta, brevissima, subeguale al picciuolo, talora ampia rag- giungente quasi la parte di mezzo delle foglie, con un peduncolo lun- go 2-12 em. Rami di lunghezza discreta (2-3 em.) o brevissimi. Tutta quanta |’ infiorescenza è densamente villosa per sete fulve, : patenti, fine o robuste, commiste a minuta pulverulenza cenerognola. = Bratlee basali lunghe 2,5 cm., larghe 0,5 mm., lanceo'ate, acute, ros- - siccie s^pra e glabre, fulve invece e setose sotto. Le bratleole terminali | - sporgono in mezzo ai fiori che quasi abbracciano. e Fiori subsessili, grandi (1-1,5 em.) a.sepali lunghi 8 mm. setosi —— sul’e parti scoperte nel bozcio (sete fine, lunghe 3-4 mm.), pubescenti sulla residua superficie esterna e in parte anche all’ interno. Margine eigliato. Petali più lunghi del calice, obovati, smarginati, talora lobati. = Stami circa 50, più corti dei sepali, a filamento breve, peloso alla ba- se, ad antere inserite al filamento verso il mezzo del dorso, poricide, bifide. Ovario piccolo, glabro, oscuramente punteggiato di bianco su fado nero, portante 5 stili brevi, liber’, capitati. = Esemplari prevalentemente femminei (N. 2020). Caule talora un si po’ meno setoloso. Foglie di dimensioni variabili (11-19 em. in lun- ghezza X 48 em. in larghezza) conformate come quelle degli esem- T maschili, ma soltanto denticolato-serrulate con denti tozzi, termi- ue Jy T e Rp TE TA NEN qe E A S. a N © T OTT. STE Me OLI: AME pazzie elfi nt, 5 DS T» We KC MUNI SET i NS 198 4 : NOE : 43 LI È T DUNT 1 8 PROPF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO nati da sete curve, pure presenti fra le serrature. Pieciuolo lungo 3.4 em. non molto robusto, parcamente coperto di sete lunghe e patenti. Lembo subcoriaceo (foglie piccole) o membranaceo, setoso sulla costa, irto | di sele o di mucroni setuliformi (visibili alla lente) sul parenchima della pagina superiore. Pagina inferiore tomentosa, parzialmente disseminata di areolatu- re e alveolature. ; E Nervi numerosi coperti da sete altrimenti conformale rispetto a quelle del parenchima. Infiorescenza a pannochia, discretamente grande (13 em. di lun- . ghezza X 4-6 em. di larghezza). i Peduncolo non molto robusto, lunio 5-7 cm, bruniccio, parcamen- te vestito di sele patenti, fulve. Rami secondari brevi, distanziati, per cui l’ infiorescenza appare piuttosto lassa. Pedicelli lunghi 7-8 mm. Bratlee minute, strelle, lineari, o subtriangolari. setose. Calice acere- | scente, membranaceo, a sepali lunghi 8-9 mm., variamente sviluppati, ot- - tusi od acuti, per quanto riguarda il rivestimento di peli e sete con- - formati come quelli dei fiori maschili (peli stellati all'interno ?) Corol- - la? Stami? Ovario nigrescente, ovoideo, oscuramente suddiviso in ba parti, glabro, sormontato da 5 stili lunghi 6 mm. | Caratteri differenziali e di affinità. Per il margine fortemente ser- - rato può andar confusa colla S. canthotricha Turez., colla S. pycno- | tricha Turez., colla S. Peruviana Busc., ma gli altri caratteri cui ab- - biamo accennato nella precedente tabella (V. S. Ruitziana) valgono subito a distinguerla. Forse una certa rassomiglianza presenta colla S. Lehmanii STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. - Caratteri differenziali S. Lehmanii Hier. S. Ruitziana Steud. var. Weberb i Buse Caratteri comuni Pagina inferiore por- tante dei peli stellati, diversamente colorati rispetto alle sete dei Pagina superiore di inea sul dorso, brune, pul- verulente sopra. Equador. Pagina inferiore non portante dei peli stel- ati, ma solo sete, Pagina superiore ver- rueosa, l’ inferiore al- veolata. Nervi di terz'ordine poco distinti in mezzo ai villi Brattee lunghissime o eorte, subglabre so- pra, setose sotto. Stami 50 (fiori è). Ovario astili lunghi (fiori ©) o brevi, glabro. erù Fusto coperto da sete lunghe, fulve, riccie. Pieciuolo discretamente lungo, coperto del pari da sete Pati, riceie. embo. rossiccio mre setoso silla costa, nato sul parenchima. Margine disegualmente e fortemente serrato, con conpatta, raggiungent metà delle foglie, setoso pulverulenta. Rami dell’infiorescenza brevi. Calice setoso sulle parti della faccia e- * * ok residua superficie esterna ed interna. Questa varietà differisce dalla forma genuina precipuamente pel margine fogliare fortemente serrato e per i fiori unisessuali. A riguar- do del primo carattere noi vediamo tuttavia che esso si attenua negli esemplari prevalentemente femminili; mentre, per ciò che riguarda la sessualità, abbiamo notato accenni di unisessualità più o meno marca- ta anche nelle forme appartenenti alla Ruitziana genuina. Noi non sappiamo poi se il fenomeno dell'unisessualità sia costante; la decisio- ne al riguardo può aversi soltanto da uno studio accurato fatto sugli cu esemplari vivi e nella loro patria. Sta però il fatto che il Weberba- 10 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO uer, il quale potè osservare da vicino gli individui, afferma che le piante sono dioiche. Dallo studio che abbiamo fatto dei pochi esemplari avuti sott’oc- chi parrebbe che le forme prevalentemente o costantemente maschili differiscano da quelle prevalentemente o costantemente femminee. Non siamo in grado di stabilire quale valore abbia siffatta differenziazione morfologica, non sapendo se essa è costante; ci limitiamo perciò a far rilevare che il dimorfismo sessuale fu pure osservato negli organi ve- getativi di taluni altri generi appartenenti a famiglie diverse. Le affinità della var. Weberbaueri sono alquanto incerte: noi in- cliniamo a credere che possa avere dei lontani rapporti colla S. Lehma- nii. Strettissima per altro è la parentela colla S. Ruitziana tipica, il che ci ha indotto a non elevare la forma alla dignità di specie a se, per quanto presenti non pochi caratteri differenziali. 11) Saurauia Spragueana n. sp. Buse. Tav. IV fig. 4. Esemplari studiati : Es. N. 154 del Museo Berl., raccolto da G. I. Sodiro (A. 187) nelle selve subandive presso Pag. Nono (Equador?) a circa 2900 m. d'altezza (Fior. Magg.) - Frutex 3 5 metralis; rami lutei sed setis squamulosis, brunneo- fulvis curvis, ad apicem obtecti, Petiolus brevis, setosus, rubro-ferrugi- neus. Lamina ovalis, mediocris, apice basique acuti vel obtusi. Mar- gine mueronulato-setoso. Pagina superior luteo-fulva, oc villosa: nervis et costa villosis. Pagina inferior molliter villosa, setis ciliatis, brevibus vestita; se- tae nervorum forma et colore diverae. Nervi secundarii 18-20, parum manifesti. Inflorescentiaead ramulorum apicem eongestae folium subaequantes, pauciflorae. Peduneulus aut subglabrus aut pulverulento-tomentosus, cinerascens — - aut brunneo-ruber, cum setis tomento intermixtis. Rami farfuracei; bra- cteis deltoideis, acutis, setosis, 6-8 mm. longis, 3 mm. latis: bracteolis | calycem superantibus. E Vig Ne FAROTAN ET Le PJ CRETE. D hr LEUR NATURE ENS ER ». SUM PTT motti Vire hu + OSA T v I sas LE " Ron "oer g E Ri uude è , STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, lì Flores majusculi (33 cent. diametralibus): calyx pulverulentus extus intusque praeter parte aere exposita in gemmulario minute tuberculata. Sepala 1 em. longa. Corolla !/, calycem superans rubra (in flore sicco). Stamina numerosa (80-100): Thecae poro in rimam brevem desinente dehiscentes. Ovarium glabrum, stylis brevibus, crassis. Caule fistoloso, cilindrieo od angoloso, a foglie per lo più appres- sate all' apice dei rami, gialliccio, coperto di sete curve, fulve, bru- nastre, espanse, dilatate alla base, lunghe circa 2-3 mm. Apice di rami tomentosi e ferruginei. C'eatrici fogliari ombellicate, grandi, a bordi bruni, piuttosto rilevati. Foglie giovani vellutate, di colore rosso san- guigno. Picciuolo lungo 1 cm., robusto, vestito di sete appressate, curve- fulro-rossiccie, lunghe 3 mm. Lamina membranacea, ovale, lunga 12-15 cm., larga 6-8 cm., oltusa o subacula all’estremità anteriore, cuneata aula; base che è acuta o anche un po’ ottusa. Margine integro o finamente mucronula'o-den- ticolato, con denti e mucroni spesso sormontati da sete curve, eaduche , Pagina superiore dolce al tatto, rosso bruna, d' aspetto vellutato sul parenchima, sefosa-setulosa in specie sulie nervature. Le sete della costa sono appressate, curve, lunghe 2 mm., giallo-chiavo o f uve, quel- le delle nervature maggiori più brevi e di colore più oscuro: infine le -setule del parenchima (sul quale formano un fitto feltro commisto a mucroni,) sono di colore rosso bruno, che contrasta assai colla colora- zione dei tricomi coprenti le nervature. Pagina inferiore molle al tatto, ricoperta da un fitto vello fulvo, costituito da sete non eccessivamente lunghe che si fanno più oscure nei nervi di 3° e 4° ordine. Costa rivestita da pubescenza giallogno!a e da sete a base lozza, corte (1 mm.). Queste sono pure presenti sui nervi secondari, ma ivi più fine e più corte, e come quelle della pa- gina superiore segnano il percorso delle venature. Il sistema delle nervature è poco distinto e poco rileva!o: la costa è assai larga, ma poco sporgente; i nervi secondari — circa 18-20 — avvicinati alla base, più distanziati all'apice della foglia, curvi: quelli infine di 3° ordine decorrenti un po’ irregolarmente attraverso il tes suto, 12 PROFF LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Infiorescenze addensate all'apice dei rami, più lunghe della foglia alla cui ascella nascono, 0 subeguali alla s'essa (lunghezza 15 em. cir- ea, larghezza 6-8 em.) pauciflore. Peduncolo lungo 10 cm. ciréa, relativamente sottile, scanalato, rossastro bruno, 0 grigio sporco, subglabro o all’ oppos'o pulverulento- tomentoso per pulvinuli minuti, sordidamente cenerognoli, commisti a sete lunghe 2 mm., rossiccie, patenti, curve. Rami oppos'i od isolati, per lo più patenti, robusti, lunghi 2 cm., furfuracei, setosi, risolventi- si in dicasi (pedicelli) corti. Brattee triango'ari, acute, selose, lunghe 6-8 mm., larghe 3 mm.: bratleo'e più corte e spesso appressate al ca- lice, o spostate lungo il pedicello. Fiori di eolore rossiecio negli esemplari d'erbario, prima dell'an- tesi grossi quasi quanto un’acino d’uva. dopo l'antesi larghi circa 33 mm. Calice formato da 5 s:pa'i un po’ saldati alla base, lunghi circa 1 cm., ovali, subacuti od un po’ ottusi, coriacei, coperti ovunque da un minuto tomento gialliccio, e1 inoltre protetti sulle parti della fac- cia esterna scoperta nel boccio, da esili setule, ben distinte solo alla lente, d’aspetto pulverulento. Corolla '/, più lunga del calice, un po’ rossiecia nei fiori secchi. Petali quasi liberi, ovali, glabri, interi; Stami numerosi (80-100) più corti dei sepali. Filamenti lunghi, barbati alla base: antere di colore rosso mattone, ovali, non molto grandi, bifide: teche munite di un poro apicale prolungantesi spesso in fessura breve o discreta. Inserzione del filamento verso il mezzo del dorso dell’antera, dove trovasi una benda z nericcia. Ovario glabro a 5 stili brevissimi, ma tozzi. Caratteri differenziali e di affinità. Questa specie ha una fisono- — mia abbastanza sui generis, per cui riesce facilmente distinta dalle al- tre; ciò non di meno presenta anche non pochi caratteri di affinità eon ` talune forme. Colla S. brachybotrys (forma genuina) ha eomuni la costituzione delle infiorescenze, dei calici e dei pieeiuoli, i rami aspro-strigillosi, ^ le foglie obovato-oblonghe, di dimensioni discrete, il margine denticolato | minutamente, il tomento alla pagina inferiore del lembo, i fiori grandi, - k à Ee Lie x E INEk STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. brevemente pedicellati, il calice setoso nelle parti scoperte, pulverulento . ovunque, i petali più lunghi del calice, l’ovario infine a stili brevi. Le differenze sono per altro notevoli: la S. brachybotrys difetta di un rivestimento villoso alla pagina superiore del lembo che è in- vece scabra per mucroni, ha un apice fogliare per lo più acumicato, presenta dei minutissimi peli stellati alla pagina inferiore ed ha infi- rente, (Columbia). ne un’ infiorescenza più breve della foglia. La sua patria poi è diffe- Caratteri differenziali S. latipetala Hemsl. S. Spragueana Buse. Caratteri comuni Foglie oblongo-lan- ceolate strette. gina inferiore del be coperta stellati, ramosi, periore scabra. Brattee piccole. Infiorescenze brevi. Sepali furfuracei al- l’esterno. : Messico. Foglie ovali, larghe, villose, molli al tatto, Brattee "€ disere- tamente lung ordena bo Sepali pulverulenti o- vunque, mueronati par- zialmente all'esterno. Equador Fiori grandissimi, er- mafroditi, a stami nume- rosi. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali S. ursina Tr. e PI. S. Spragueana Buse. Caratteri comuni Margine serrulato. Pagina superiore sca- bra per minute sete e 0. Infiorescenza più bre- ve della rispettiva fo- la ia. Brattee minute. Fiori talora subses- sili, del diametro di mm. Sepali setulosi do parti scoperte ne cio, pulverulenti suli residua superficie in- terna ed esterna. Stami 25-30. Stili lunghi. Antioquia. Margine pL to-dentieolato. Pagina superiore vel- utata per sete lunghe miste a mucroni. Nervi 18-20. Infiorescenza più lun- a della foglia, o sub- eguale a questa. Brat- tee lunghe. Fiori brevemente pe- dicellati, à d'ametro di 33 m Sepali pulveralenti dentro e fuori, ma mi- nutamente mucronu- lati salle parti scoper- Stili brevi. Apice del fusto coper- o da sete dilatate alla Da Picciuolo breve, setoso. Lembo ovale, di di- dato ai due estremi. e vestl- pulverulenta. Fiori brevemente pe- dicellati. Equador. mensioni discrete, subco- - riaceo, acuto od arroton- ulve. Infiorescenza setulosa, | di Ht ^ STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Ln e NE A e RO Uis. Caratteri differenziali S.isoxanthotrichaBuse. S. Spragueana Buse. Caratteri comuni Picciuolo lungo. Lembo laneeolato-o- vale, ottuso alla base, acuto all'apiee. Margine serrato. Nervi distinti anche alla pagiua superiore del lembo. Fiori grandi,a calice setoso esternamente. ^ tami non eccessi- vamente numerosi. Stili atrofici. Perù. diserethinibts | Picciuolo breve. embo ovale, ‘acuto od arrotondato ai duelt estremi. Margine mueronula- to, denticolato. Nervi poco Sisin Fiori grandissi epali sane 7 all’esterno. EM cirea 100. Stili brevi. quador. Caule coperto all’apice da lunghe sete, fulve, pa- pu ceiuolo. Mafgino fogliare setuloso. Pagina superiore ed in- feriore del lembo coperte di sete più o meno lun- ghe, molli al tatto. Nervi 18. Pannochia subeguale alla foglia, portante delle oies brattee,setosa pul- erulenta > Logge delle antere dei- scenti per un poro che si prolunga in rima breve. Colle. forme dell’ Ex:elsa la confusione non è possibile a causa delle grandi foglie di questo tipo e dei fiori piccoli, setosi sui calici, portati da pannochie assai ampie. Forse è più facile a confondersi | colla Pseudoexcelsa, la qnale però ha pannochie brevi, brattee più _ Corte, fiori meno grandi, ovario longistilo, foglie molto più grandi, più | decisamente tomentose alla pagina inferiore. La S. tomentosa si di- stingue facilmente al colore bianchiccio della pagina inferiore della foglia e dell’infiorescenza, entrambe tomentose (al pari del caule) e per la forma del lembo. Al pari della Spragueana la S. bullosa Vawre ha il caule geni- d colato ai nodi, il tomento un po’ bruno, le foglie ovali, le pannochie | raccolte all’apice dei rami, subeguali alle foglie, lungamente peduncolate e infine i fiori grandi, ma si differenzia per la particolare alveolatura n della pagina inferiore, pel calice strigoso e per la patria differente. | Nessuna affinità si ha colla SS. villosa DC. dall’apice fogliare lun- gamente acuminato, dai lembi grandi, dai picciuoli lunghi e dall’ infio- rescenza grande o grandissima, portante fiori discreti o un po’ piceoli, numerosi. Per di più la S. villosa è fornita di un tomento fatto in gran parte di peli stellati. Anche la patria è villosa al Messico. Ug A RAAN dir ti hi PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO , diversa, crescendo la $. Caratteri differenziali S. Ruitziana Steud. S. Spragueana Buse. Caratteri comuni Sete del fusto, dei ' infio- appressate o patenti. Sete ferrugineo-fulve. embo spesso ovato, per lo più acuto agli] estremi. Pagina superiore piana, verrucosa, spar- _ sa di sete. - Pagina inferiore spes- so alveolata. Infiorescenza breve, À -— al piceiuolo, glomeru- lare. Brattee grandi. Calice a sete lunghe. Stili lunghi. Perù, Chili. _ per lo più subeguale|. Sete del fusto, pie- ciuoli ed infiorescenze piuttosto brevi. Seterossiecie, o brune. Lembo ovato,ma per lo più ottuso anterior- mente, subacuto alla base. Pagina superiore vel- lutata per sete e mu- eroni, non verrucosa o reticolata. Pagina inferiore non alveolata. Infiorescenza ramo- sa, più lunga della fo- ia o subeguale a uesta Brattee discrete. Calice al più tuber- colato-setuloso. Stami circa 100. Stili brevi. Fusto fortemente seto- so. Picciuoli lunghi o bre- vi. Lembo di varia for- ma, a margine denticola- | to. Pagina inferiore to- | mentosa per sete di vario ti, ricoperte da sete spe: - | Coe ne segnano il j triangolari, a Calice rt pe der tro e faori. Equador. »* * $ Malgrado lo scarso materiale che ha servito pel nostro alari ri- teniamo che la S. AT non sia che una forma piü o meno f STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, 17 go colla S. brachybotrys pure dotata di grandi fiori. Le differenze cò- - stituzionali sono più che chiarite dalla differente stazione e del resto È .8i riducono a poca cosa (rivestimento di tricomi un po’ differente). à Abbiamo dedicato la nuova specie all’insigne botanico inglese Dott. A. Sprague, cui dobbiamo la conoscenza di non poche specie di Sau- rauia e che ci fu in ogni tempo largo di aiuti e di consigli sia du- rante la nostra dimora nell’Erbario di Kew che altrove. 12) Saurauia bullosa Wawra, in Mart. Fl. Brasil. XII I 1886, (cum Tab. LVI fig. I Caulibus inter folia genieulatis, cum paniculis petiolisque tomento brunneo, brevissimo, scabris; foliis ovalibus, argute acuminatis, supra bullatis et strigosis, subtus bullis adaequate lacunosis et ferrugineo- hirsutis, paniculis in ramuli, apice pluribus, folio aequilongis et longe pedunculatis, divaricatis, flaccidis, racemiformibus: floribus majusculis; calyce strigoso: filamentis basi setulosis, antheris lineari-oblongis; ovario 5 loculari. Habitu hand absimilis Mexicanae S. villosae DC. E l. e.) Columbia. É un albero deile foreste fresche. Fiorisce in Luglio (Engel). Esemplare studiato: Es. dell’Erbario dell’Orto Bot. Imper. di Pietroburgo. 5 | Fusto tortuoso, irregolarmente solcato, ad intermodi un po’ appiat - titi, sparso di cicatrici fogliari, ovali o triangolari, un po’ rileva'einx- feriormen'e e bianche nel centro. Corteccia ferruginea, coperta di finis- (sime sele appressate, pure dello stesso colore, o ferrugineo-brune all'a- pice, bianchiccie alla base, lunghe 2-3 mm., leggermente dilatate nel punto d’in:pianto. Alle sete va associata uni minuta pulverulenza ce- nerina, brunistra. Foglie giovani coperte da un fitto manto di sete se- ' ricee simili a quelle caulinari. Picciuolo lungo 2-2,5 cm., ferrugiaeo, coperto di sete appres- sale, lunghe 2-3 mm. ma più distinte di quelle caulinari. Lembo ovale, terminato in lunga punta azuta (sempre ?) grada- — tamente assotigliato verso la base che è ottusa, od arrotondata, lun- 90 10-13 cm., largo 7-8 cm. subcoriace> o anche quasi coriaceo, | brunastro sopra, e grossolanamente verrucoso (bullalo), ruvido al tatto. PARIS di SP A a o i E a i a STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Pag.na inferiore morbida, ferrugineo-gialliccia, minutamer alveolata e cogli alveoli circoscritti dalle nervature minori. Pagina superiore portante delle sete appressate, assai numerose sulla costa e sui nervi principali, più rare invece sopra ie verru- che. Le sete dei nervi sono visibili ad occhio nudo, quelle delle ver- ruche pressochè solo alla lente. 3 Sulla pagina inferiore si hanno sele ferruginee, numerose, ap 1 pressate sulla costa, dove sono lunghe da 1 a 2.5 mm. Sete più cor- te, ma egualmente abbondanti si hanno sulle nervature di secondo or dine, mucroni setuliformi e ferruginei, invece su quelle di ordine pi elevato, mentre attorno agli alveoli si notano dei peli bianchicci. Lu sete dei nervi primari, ma più ancora i mucroni setuliformi e i pel perialveolari richiedono, per esser rilevati, l’uso della lente. La superficie della pagina inferiore appare pulverulenta, subto mentosa ad occhio nudo. 3 Il margine fogliare è finamente mucronato ed i mucroni curvi fini, sono sormontati da sete decidue. I nervi secondari (circa 20-25), sono patenti, appressati gli un agli altri, curvilinei, segnati in incavo fra le verruche della pagin superiore, un po’ sporgenti benchè fini, sulla pagina inferiore. Nervi di 3° ordine formanti un reticolo stretto attorno agli alveoli Costa un po’ sporgente al di sotto, ma non molto robusta. Infiorescenza subeguale alla foglia o più lunga (lungh. 14 em largh. 6 em.) Pannochia multiflora, a fiori discretamente sviluppati non molto avvicinati fra loro. Peduncolo lungo 5 cem., gracile, ful- . vo, bruno 0 sordidamenie bruno-cenerognolo, coperto di sete cortisst me (1-2 mm.), squaniformi, fulvo-brune, un po’ dilatate alla base, ap- pressate. Le stesse sete, ma patenti, rivestono i rami, dove acquistano un colore più ferrugineo. Rami lunghi 2-3 cm., obliqui, distanti 9 uni dagli altri. Brattee basali lunghe 12 mm. e più, acute, triang? lari, larghe 3 mm. alla base, setulose, fulvo-ferruginee. Pedicelli per | più brevi (3-7 mm.) portanti delle bratteole minute, appressate at j flori. Questi del diametro di circa 18-20 mm. Calice a 5 division strette, lunghe, subacute od ottuse, due delle quali furfuraceo-tuberco- late od anco setulose (setule appena distinte come tali ad occhio) $9 ` alii See AI EE Rin a STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPRCIE AMERICANE ECC. 19 tutta la faccia esterna, due soltanto sul mezzo e una sollanto su un lato. La rimanente superficie dei sepali, sia interna che esterna, pre- sentasi glabra, di color rossiccio nel fiore secco. Il margine è però talora minutamente cigliato. Petali un po’ più lunghi del calice, obovati, glabri. Stami circa 35, più corti del cance, a filamento barbato alla ba- ' se, breve, ad antere lineari, gialliecie, piuttosto Innghe, bifide e pori- cide all'apice delle teche. Ovario glabro con à stili lunghi, un po torti, con stimma a capocchia. Caratteri differenziali e di affinità. La posizione sistematica di . questa Specie non è chiara, come del resto anche un po’ incerte sono le sue affinità. î z È 4 È PROFF LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali Saur. Selerorum Buse. x Saur. bullosa Wawra Caratteri comuni Foglie lungamente pieciuolate, di consi- stenza cartacea. Base acuta, o un pu’ arro tondata. Margine ma- eronulato alla base, serrato all’apice. agina superiore mucronata-setulosa sul parenchima. Pagina inferiore per lo più non bullosa, col- le ascelle dei secondari barbate, e con peli stellati sul paren- chima. Nervi secondari 20 - 24: quelli di 3° ordine Stami poco numerosi. Stili atrofici. Guatemala. nervillati rami setosi (sete brevi), foglie acute anteriormente, di medie dime sioni, reticolate venose, setose sopra e ancor più sotto, e infine fiori stami numerosi, differisce pei nervi che non sono molto prominenti, i lembi non serrati, per la pagina superiore non scabra, ma verrucosa (bullata) per la pannochia più grande, pei fiori meno sviluppati, calici non tomentosi all’ interno e neppure strigosi all’ esterno, in per gli stili lunghi. Foglie brevemente pic- ciuolate, di consisten- za subcoriacea. Base del lembo per lo più ottusa. Margine mucro- nulato. Pagina superiore se- tulosa sul parenchima.| Ascelle dei nervise-| condari non barbate. Pagina inferiore alveo- lata, senza peli stel- Nervi secondari 20- 25: quelli di 3° ordine circondanti gli alveoli. Infiorescenza grande. Brattee sviluppate. Fiori grandi. Stami 35. Stili sviluppati. olumbia. Fusto bruniccio, un po torto,coperto, all’apice, sete brune,appiattite. Pie- - ciuoio coperto di sete bru- | ne. Lembo ovale, di di mensioni discrete, acumi nato all'apice. Pagina su- periore coperta di se lungo i nervi (sete un po dilatate alla base). Paren chima verrucoso (non sem pre nella S. Seleroru:a) ge iparenchima. Nervi poco sporgenti palesi unicament Calice glabro, salvo 8 e parti scoperte nel cio che sono setulose. E È STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 21 Qualche lontana affinità può avere colla scabra HBK., (rami gio- vani strigosi, foglie ottuse alla base, denticclate al margine), ma si stacca dalla stessa pei nervi non sporgenti molto alla pagina inferiore, per la pagina superiore verrucosa (non soltanto scabra), per le foglie meno grandi, per la pannochia piü lunga e differentemente setosa, pel calice non pulverulento dentro e infine per gli stami più numerosi. Interessante è lo studio delle affinità colla S. Ruitziana la quale presenta pure spesso un lembo verrucoso: Caratteri differenziali Caratteri comuni S. Ruitziana Steud. S. bullosa Wawra Sete del caule molto| Sete del caule brevi.| Pieeiuolo setoso. lunghe. Piee uolo medioere.| Pagina superiore del Picciuolo breve, o| Lembo subcoriaceo,|lembo sparsa di verruche, ungo. obovato, ottuso alla ba-|rossiccia e setulosa Lembo di varia for-|se, terminato in lunga| Pagina inferiore spesso ma, eartaceo, di rado|punta. nella Ruitziana, sempre subcoriaceo. Nervi bii. alla|nella Bullos2, scavata di Nervi poco distinti|pagina inferior alveoli. alla pagina inferiore.| Infiorescenza x. Nervi e costa setosi. Infiorescenza brevis-|coperta da corte sete| Pagina inferiore con sima, coperta di sete|appressate. rivestimento di peli più fulve, patenti. Calice glabro, ad ec-|chiari sul rentimis ; Calice pulverulento|cezione delle parti sco-|rispettoalle sete dei nervi. ovunque, ad eccezione|perte nel boccio che] Nervi 20-25. delle parti scoperte nel|sono furfuraceo-tuber-| Brattee dell'infiorescen- ecio che sono lunga-|colate. za grandi. mente setose. Stami 35. Fiori grandi. Stami 25-30. Columbia. Ovario a stili lungbi. La Var. Weberbuueri Busc. differisce ancor di più per il margine fortemente serrato e pei fiori unisessuali, i quali, per altro, sono portati . (negli esemplari prevalentemente femminei) da un infiorescenza piut- * | tosto lunga. Nella forma femminea il peduncolo fiorale è inoltre lun- | go, sparso di sete non molto sviluppate patenti, commiste a pulverulenza | eenerognola, ciò che costituisce un assieme di caratteri comuni con quelli della nostra Specie. 22 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO * * * Il carattere della bullatura che è stato scelto dal Wawra per crea- | i re la sua Specie, risulta dai nostri studi non eccessivamente importan- 1 te, essendo stato riscontrato in altre Specie affini alla nostra (S. Ruit- ziana e S. Selerorum dalle foglie verrucose superiormente). Non si tratta quindi di un carattere specifico ed è poi neppure costante in tutte le foglie della Bullosa. Gli altri caratteri reperibili nella S. bullosa, quan- do vengano presi assieme, valgono per altro a caratterizzare abbastan- | za bene la nostra Specie, la quale perciò merita di sussistere, E do il valore insignificante della bullatura. Per quanto concerne le affinità poco possiamo dire. La Specie fa : parte indubbiamente del gruppo della Ruitziana e molto probabilmen-. te è da una di queste derivata. Ma la costituzione è così differente e — sui generis da impedirci di avventurare un giudizio in proposito. 1 Anche colla - Nelsoni potrebbe avere una più o meno lontana parentela. 13) Saurauia peduncularis Ti. e Pl., Prodr. H. novo granat. Am. Sc. Natur. Ser. IV XVIII p. 267. 1862. Sinonimia. Forse dall’ Hemsley questa specie fu identificata colla | S. Veraguensis Seem, —S. mon'ana Seem, (V. Biol. Centr. Am.) Arbor ramis, petiolis, inflorescentiis ealyeibusque extus strigon hirtis, foliis breviter petiolatis, ovatis, cuspidatis, exerte serratis, spars piloso-asperis, subtus ad nervos adpresse strigosis: cymis axillaribus, ioa ge peduneulatis, folio brevioribus, bracteosis pluri-et dense floris, brae- teis primariis amplis, ovato- lanceolatis, serratis : floribus brevi pedicellatis, petalis late obovatis, calyce longioribus. Vulgo Moquillo. È Foresta della Cordillera di Tuquerres (N. Granata), a circa 24 m. Gli autori aggiungono che la specie è facile a riconoscersi per brattee dell’ infiorescenza, le inferiori eguagliando pressochè in lun ghezza i rami della cima. Esemplare studiato: Exs. N. 3252 (5414) del Museo di Kensington, stato raccolto di STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 28 Triana (1853) e dal medesimo determinato appunto come S. peduncu- laris. Esso proviene, del pari, dalla foresta di Tuquerres (N. Granata), dove fiorisce in Marzo, a circa 2400 m., e fa parte delle Collezioni di Triana. È dunque l'esemplare tipico! Fusto cavo, rosso bruno o nericcio all'apice, dove sonvi abbon- danti sete fulve, ricciute, lunghe 3-4 mm., pure presenti, ma appres- sate, sulle foglie giovani. Picciuolo breve (1 cm.) robusto, bruno, coperto pure da sete fulve, lunghe 6 mil., patenti, curve. Lembo sottile ? ovale (tipo di foglia del Corylus Avellena) largo, ma poco lungo (14-15 em. X8-9 em.) acuto ? all’ apice, o/tusissimo alla base, disugualmente serrato, a serrature mucronate. Pagina superiore leggermente scabra, rossiccio-bruna, irta di minuti mucroni setuliformi (lunghi 0,3 mm.) sul parenchima e nervi minori. Costa (incompletamente esaminata), robustissima. Pagina infe- riore poco o punto scabra, g'alliccia, fulvo-ferruginea, d’aspetto gla- bro ed opaco sul parenchima, finamente granuloso sui nervi (esame ad occhio nudo). Costa assai sporgente, coperta da sete appressate, lunghe 3-4 mm, sottili, fulve, miste quà e là a pulverulenza. Nervi secondari con sete minori (lunghe 0,5 mm.), miste a tubercoli stellati, appena distinguibili con una buona lente. Questi ultimi presentansi in _ grande abbondanza sl parenchima. Nervi 12-14, appressati fra loro alla bise del lembo, distanti, - ma non mollo, all’ apice dello stesso. Essi sono fini, ma sporgenti J alla pagina inferiore. Direzione dei nervi prevalentemente obliqua, | salvo alla base, e non molto curvilinea. Nervi di 3° dordine fini, ap- prossimati gli uni agli altri, non molto distinti da quelli di 4' or- dine con cui formano un reticolo. . Infiorescenza più breve della foglia (lungh. 10 em. largh. 5 em.) a pedungolo lungo 7 cm., rossiccio bruno, non molto robusto, sparso .. di sete curve, ferruginee, patenti, commiste all'apice dell'organo con . un po’ di pulverulenza. Rami brevi (1 cm.) Brattee fogliacee sub- | sessili, ovato-lanceolate, un po’ denticolate o serrulate, terminate in punta, subglabre alla pagina superiore che è rossiccia, setose alla 24 PROFF. LUIGI BUSCALIONI © GIUSEPPE MUSCATELLO ` pagina inferiore (sete lunghe 0,5-1 mm. fulve). Lunghezza delle br tee 2 em. d rivi m em. 0 meno. Fiori discretamente grandi (18 mm.) subsessili, o brevemente pe- dicellati, agruppati in cima compatta. Sepali ovali, oftusi o sub acuti, lunghi 6 mm. pulrerulento-cenerognoli all’ interno (fatta ecce zione per la parte basale) e fuori, «d inoltre minutamente setulosi (setule lunghe 0,3-0,5 mm.) sulle parti sccperte nel boccio. ; Corolla !/, più ampia del calice, a petali ovali, smarginati. Stami circa 35, a filamento tozzo, bruno, breve, ad antere lunghe, giallo- fulve, bifide, minutamente poricide. Ovario a stili atrofici. : Caratteri differenziali e di offinità. Una lontana rasomiglianss si ha colla S. Ruitziana, la quale presenta pure le brattee dell’ infio- rescenza sviluppate, ma all’ infuori di questo carattere non si hanno che differenze. | Per il margine mucronato serrato si potrebbe trovare una ce rassomiglianza colla Xanthotricha, ma questa ba foglie molto più gram di, infiorescenze più sviluppate, brattee più piccole e lembo infine di- versamente conformato. L'affine Pycnotricha, a sete espanse e a serrature marginali, differisce per le sete più lunghe sulle foglie le quali poi hanno | una base acuta, e maggior numero di nervi secondari, per il calice glabro all’ interno e subglabro all’ esterno, per l’ovario longistilo, l’infiorescenza con brattee lineari anzichè fogliacee : CE ME STORIA RA A 4 se MT RARE O SNA OI ii piaga STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Caratteri differenziali S. seabra HBK. S. peduncularis Tr.ePl. Caratteri comuni Apice del fusto co- perto da brevi sete. Picciuolo lungo, mi- nutamente setuloso. Lembo grande,o me- Sete lunghesul fusto. Picciuolo breve, con mbo mediocre. Margine fcgliare serra Sete miste a pulveru- lenza. Pagina superiore del lembo irta di mueroni se- numerosi, brattee pieeole e ovario a stili lunghi. allungano molto nella forma Veranii. L’Ursina infine difetta dei peli stel- lati alla pagina inferiore. dioere. to: base ottusissima. Margine fogliare den-| Nervi scarsi (14). to granulare, coperta di ticolato: base acuta o hu più bre- raberooli stellati. Costa e ottusa. e della foglia nervi maggiori setosi, tu- Nervi 25. gi AO bé mes La prima an Infiorescenza sube- sili atrofici. che un po’ pulverulenta guale alla foglia, o più breve. setoso, pulverulento. Brattee piccole, trian- alice sani sulle golari o lineari. parti scoperte nel boccio, Stili brevi, o lunghi. ipulverulento dentro e Venezuela. fuori. Columbia. Poca o nessuna affinità si ha colla S. brachybotrys genuina la quale, oltre ad essere molto tomentosa alla pagina inferiore, presenta brattee piccole e fiori notevolmente grandi. La Var. scabra della stessa non es- sendo che una forma aberrante della S. scabra HBK. condivide quasi tutti caratteri differenziali di questa. Coll’ Ursina le affinità sono abbastanza intime; sete del caule e del picciuolo più o meno sviluppate (dilatate però alla base nell' Ursina !): pieeiuolo breve; lembo discreto a margine serrato: infiorescenza più breve della foglia, setulosa-pulverulenta nel peduncolo: calice setuloso nelle parti scoperte nel boceio, del resto pulverulento dentro e fuori. Le differenze sono peró notevoli poiché nell' Ursina si hanno nervi piü Le Brattee però si Anche intima è l unione colla Stapfiana Busc. Questa infatti 26 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO ha le brattee un po’ fogliacee e porta peli stellati alla pagina inferiore del lembo, ma differisce per le foglie strette, coriacee e pel calice glabro sulle parti che nel boccio sono coperte e infine ha sete appressate. Date le affinità colla Sfapfiana ne deriva pure una certa Mur rie colla S. Humboldtiana Busc. Relativamente notevoli sono le differenze rispetto alla S. pseudo peduncolaris Busc., ma le stesse verranno segnalate quando tratteremo M di questa specie. ì Pa La presenza di brattee a tipo fogliaceo potrebbe dar luogo al sospetto | che la S. peduncularis non sia che una Varietà Veranii di qualche | altra Specie, essendo frequente siffatta metamorfosi delle brattee nelle varie Specie di Sawrauia. Nel caso però della Peduncolaris il fenome no si presenta con troppa costanza e la trasformazione inoltre colpisce quasi tutte le brattee dell’ infiorescenza, perchè sia il easo di parlare di un accidentalità fluttuante: noì dobbiamo pertanto ammettere una vera mutazione. L’ ultima parola in proposito potrà però esser data quando si potrà studiare più a fondo la Specie nei siti ove cresce. Del resto l’ ampliamento delle brattee è nella nostra Specie ac- - compagnato dall’allungamento dei rami dell’ infiorescenza per cui que- 3 sta diventa oltremodo lassa, a rami distanziati, ciò che costituisce un altro ottimo eriterio diagnostico. Il problema della affinità merita di fissare un momento la nostra | attenzione. Abbiamo visto che nella S. scabra HBK., nella S. Stap- fiana Busc., e nella S. Humboldtiana Buse., vi hanno dei piccoli mu- croni stellati alla pagina inferiore del lembo i quali si trovano pure nella S. peduncolaris. Non è adunque improbabile che queste forme siano fra loro collegate filogeneticamente, in specie la seabra HENI le cui brattee sono spesso allungate. a) Saurauia peduncularis Tr. e Pl. var. Veraniana Buse. Esemplare studiato: Exs. del Museo Palat. di Vienna, stato raccolto dal D. Karsten. a S. Peblo (Montana de Barbacaos, Columbia?) e determinato com S. scabra HBK. Be- 2 Wo o RU PRES ES OT OS PRU ES ge pn e nN t e n STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC, 27 Fusto cavo, rossigno-brunastro, rivest.to di ruvide sete fulvo-chia- re, patenti, robuste, lunghe 3 mm., un po’ riccie, rade, od abbondanti secondo i siti, caduche. Picciuolo rossiccio-bruno, scanalato, un po’ appiattito, lungo 5-6 cm., parcamente ir'o di sete pressochè conformate come le caulinari. Lembo subcoriaceo, un po’ s'abro alla pagina superiore che è ros- siccia, liscio all'inferiore che è di co'ore verde gialliccio, lungo 22-28 cm., largo 10-12 cm., ovale, bruscamente appuntito anteriormente (punta lunga 2 cm., stretta, serrata), colla base invece arrotondata, o viceversa acuta e persino un po’ decorrente. . Margine denticolato- serrulato alla base, fortemente serralo e disegualmente dal mezzo in su, con serrature spesso alquanto distanziate le une dalle altre, mueronulate, selose, ma a sete minute e caduche. Vene poco numerose (15-17) distanziate le une dalle altre, alme- no anteriormente, poco distinte superiormente, marcate e sporgenti sul- la pagina inferiore, di color bruno-rossiecie, dicotomiche ed anastomoti- che all'estremo libero. Il decorso è fortemente curvilineo. Vene di 3° ordine perpendicolari alle secondarie, robuste, distan- ziale, forman!i con quelle di quart'ordine un reticolo lasso nella parte mediana del parenchima. Costa assai sporgente alla pagina inferiore. La pagina superiore, d’ aspetto opaco, è coperta, sulla costa, da sete fine, appressate, lunghe 0,5 mm., commiste a qualche mucrone; sul- le nervature sonvi solo dei mucroni e questi poi si fanno abbondanti su! parenchima, dove però non sempre sono visibili ad occhio. La faccia inferiore, di aspetto pulverulento sulle nervature, liscia sul res'o della supirficie, à coper/a, sulla costa, da leggera pulverulenza e da sele lunghe 3 inm., appressate o patenti, fine, giallo-chiare. Lo stesso rivestimento si ha sulle alire nervature maggiori, dove però le sete sono lunghe solo più !/, Mmm., mentre sul parenchima e nervi minori si notano dei minuti peli o pulvinuli stellati o ramosi, fulvi, o bian- chicci, non molto abbondanti e visibili per aliro solo alla lente. Infiorescenza a pannochia multiflora, lunga quanto la foglia, (28- . 90 em.) ramosa, ma parcamente e a rami patenti od obliqui, lunghi 4-8 cm., mollo distanti gli uni dagli altri. Peduncolo lungo 16 em., robusto, cilindrico, bruniccio. Tutta quanta l'infiores"enza è rivestita di FONS Pata 28 ! PROPF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO sete ricciute, fulve, lunghe circa 6 mm., abbondanti specialmente sui | rami, commiste, in specie verso la base del peduncolo (dove però sono | eaduche), a un po’ di pulverulenza cenerognola. Le brattee basali e ter- minali sono fogliformi, o per lo meno notevolmente espanse. Quelle. basali cartacee, sessili o brevemente picciuolate, sono lunghe 4-5 em. - larghe 1 em.; rossiecie sopra, verdiccie sotto, salvo lungo i nervi che sono ferruginei. La pagina superiore delle brattee è coperta di sete abbondanti sulla costa, più rare e commiste a mucroni sul parenchima, dove non sono ben | distinguibili ad occhio. La pagina inferiore porta pure delle sete e ancor 3 più lunghe e più addensaíe sui nervi maggiori, mentre presenta solo À qualche rara seta sul parenchima che è invece coperto, quà e colà, dai | soliti pulvinuli stellati minuti. Le braitee sono integre o denticolatéjl terminate per lo più in punta. Sulle ramificazioni le bratteole si fan- no più brevi, triango'arie perdono il picciuolo, ma si mostrano ancor | E abbastanza sviluppate anche al di sotto dei fiori. Le bratteole sotto- stanti al calice sono lanceolate e lunghe 4 mm. ; L’infiorescenza porta dei fiori di dimensioni discrete (12-15 mm.) i. quali per esser subsessili si trovano spesso associati in piccoli glomeruli 3 Il calice consta di 5 sepali, taluni ottusi (gli interni), pulverulenti. esternamente ed anco parzialmente all’interno (parte superiore ). Le parti. | scoperte della superficie esterna sono inoltre se'olose; le setule sono iv lunghe 1 mm. e non molto abbondanti per cui passano spesso inosser tale anche a causa della loro finezza. Corolla molto più grande del calice, a 5 petali profondamente di visi, ovali. i Stami circa 25, corti, bia Giai sulla base della corolla, a filamento bru'10-rossigno, un po’ espanso, breve e barbato alla inserzione (peli bian chieci). Antere di mediocri dimensioni, gialliccie, bifide, poricide all’ ap delle teche. Ovario a stili atrofici o corti. Caratteri differenziali e di affinità. Questa forma presenta le seguenti caratteristiche di affinità 0 di diseordanza colla forma genuina. o STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Caratteri differenziali S. peduncularis Tr, PI. S. peduncularis Tr. PI. var. Veraniana Busc. Caratteri comuni Pieeiuolo non sca- nalato, breve. embo breve, a pa- gina inferiore giallic- eia. Base fogliare note- volmente tonda. Serrature non setu- lose, al più mueronate. Nervi 12-14, poco o gina ialliccia. o un po’ to Serrature y EE punto dieotomieie po-| Nervi di 3° ordinel co curvi robusti, “ab di 3° ordine| Pannochia subegua- kii is scanalato, go. Wee lungo, a pa- inferiore verde Base fogliare acuta, nda. Fusto cavo, rossiccio- runo, coperto di ravide sete fulvo-chiare, patenti, robuste, riccie, discreta- mente lunghe. Picciuolo rossiccio-bru- o, vestito di sete ricciu- th, Lembo seabro alla pa- gina superiore che è ros- siccia. Margine fogliare Ide a serrulato. acuto, o con distanziati Re Bici più bre- ve della foglia, con ra mi appressati. rattee e bratteole subgla | e alla foglia, con ra-|fini, sporgenti sotto, mi distanziati, color giallo bruno. ta Brattee e bratteole|di 3? ordine in reticolo setose sulla costa, spar-|con quelli di 4° Costa ro- se di mueroni sul pa- busta. Pagina superiore renehi m nrov della pagina soporta di minuti mucro- VAS VUERLZLLLICS annarinn te o anche glabre, prov viste di sete,ma non di qualche mu-[ni, l'inferiore pulverulen- erone stelliforme alla cu sulle nervature, d' a- pagina inferiore. spetto glabro sulla residua — bre JULI e; mueroni e di peli stel lati alla pagina infe- riore. Stami 25. Tuquerres. caos. Stami più numerosi.|superficie, in realtà però Montana di Da rba MO 8 e mueroni stellati sui ner- 1 maggiori, da rari mu- eroni stellati sul paren- chima. Pannochia vestita di sete riccie, fulve, miste a pulverulenza Brattee fogliformi, se- tose alla pagina inferiore, denticolate, terminate in punta. Fiori subsessili : calice pulverulento fuori Colombia. ovali, divisi. Stili atrofici. 30 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 14) Saurauia pseudopeduncularis n. sp. Busc. Tav. VII, fig. 13. 1 Esemplari studiati: Exs. N. 896 proveniente dal Messico (Rac. Jurgensen ?) e più pre- | eisamente dalla Sierra S. Pedro di Nolasco, Talea et. (Erb. di Kew, Kensington, Delessert e Lipsia (Don. Romerianum). L’ esemplare di Lipsia è stato determinato col nome Obelanthera melastomacea Turez. che sarebbe sinonimo di Sawrauia villosa DC. : Ramuli rubri ad apicem dense ferrugineo-lutei, setosi, pulve- rulenti; setae longae, exsertae. Petiolus brevis, villosus, pubescens; la- mina utrinque setosa, ovato-lanceolata, subobovata, chartaceo-subco riacea, supra rufescens, subtus viridi-lutea, utrinque molliter hirsuta: apice acuto vel longe apiculato: basi acuta vel subobtusa; margin setigero, ad basim denticulato, ceterum serrulato; serrature irregulares; setiferae vel mueronulatae. Pagina superior setis fulvis, mucronibus | intermixtis, obtecta; setae ad nervos copiosae, sed minutae. Pagina in- ferior setis albo-luteis, subsquamiformibus vestita; inter setas reperiun- tur pili albis parce ramosis. ; Nervi secundarii 16-20, patentes, aliquod incurvi, inter se distante: Nervi minores subtiliores, setis patefacti. E Inflorescentia pauciflora, folium subaequans vel eo brevior, setoso pulverulenta; pedunculis et ramis crassis. Bracteae primariae amplae, petiolatae, ovales, setosae, margine serrulatae vel integrae. a Flores mediocri, subsessili vel breviter pedicellati, setosi in parte ad aera exposita in gemmulario, in reliquis partibus puberuli cine scentibus. Corolla 1/, calycem superans. | Petala emarginata. Stamina 25-30, antheris linearibus luteis, thecis poro descentibus. Ovarium stylis obsoletis vel brevibus gerens. Rami rossicci, cavi, cil indric?, lisci o scanalati, parcamente seloso- fulvi sulle parti adulte, abbondantemente invece su quelle giovani. à ivi patenti, fine, lunghe 4-6 mil , talora però un po’ dilatate alla È É se, commisle a un po’ di pulverulenza di color ferruginea, o giallo sporco. Foglie giovani filtamente Coperte dallo stesso rivestimento. Picciuolo breve (2 cent.) robusto, fulvo-villoso, pulverulento c il fusto. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 31 Lembo ovale-lanceolato, od obovato-cuneato, lungo 12-19 cm. largo 4 !/,-8 cm., cartaceo o subcoriaceo, brunastro-rossiccio sopra, verde gialliccio chiaro sotto, molle al tatto su entrambe le faccie, ed in specie all’inferiore. Apice terminante in punta acuta, lunga al più 1 cm., di rado subottusa; base per lo più diseguale, grandemente as- sotigliota, acuta, od anco un po’ arrotondata: margine denticolato alla base, serrulato-dentato, a denti distanti o approssimati tra loro verso V apice: dentature grossolane, spesso irregolari, diseguali, triangolari, per lo più sormontate da sete curve (di rado da mucronî) pure in'er- pos'e fra le serrature. Pagina superiore coperta, ma parcamente, da sete bianchiccie, fulve, più abbondanti sui nervi e in specie sulla costa dove sono anche più marcatamente fulve. Fra le sete trovasi qualche mucrone. Pagina inferiore ornata delle stesse sele, ma lunghe, bianco-gial- liccie, curve, a base un po’ larga, come al solito più abbondanti e più robuste sui nervi e sulla costa. Oltre alle sete si incontrano anche sul parenchima, dei peli più o meno sottili e corti, taluni dei quali ra- mosi. La lunghezza delle sete variabile, sulle due pagine, da !/, mm. (parenchima d-lla pag. inf.), a 1‘mm. (parenchima d. pagina superiore) e fino a 2 mm. (costa). La foglia appare ad occhio nudo distintamen- te e uniformemente setos7. Nervi secondari in numero di 16-20 circa, paten'i, dis'anziati, in specie anteriormente, un po’ curvi verso l'esiremo libero e per lo più dicotomici: essi sono meno distinti alla pagina superiore e pochissimo sporgenti anche all'inferiore. Nervi di 3° ordine molto minuti, distanti, | perpendicolari ai secondari, resi evidenti, in specie alla p'gina supe- riore, quasi soltanto dalle sete che li accompagnano. Infiorescenza a pinnochia o tirsoidea, di poco più breve delle foglie (10-15 cm. lunga, 5-7 cm. larga), fulva per se'e patenti lun- ghe 2-3 mm. curve, dilatate alla base, commiste a pulverulenza gial- lo chiara. — Peduncolo e rami robusti; il primo lungo da 6-11 cm., i secon- di 3-4 cm. distanti, patenti, oppure fastigiali, terminanti in dicasi brevi 0 cortissimi. Brattee fiorali (talora spostate), ma più specialmente le basali, 32 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO munite di picciuolo setoso, fulvo, lungo '/,-1 cm. e di lembo ovale, acuto od arrotondato alla base, acuto od anco terminato in punta lun- | ga all'apice, per lo più dentato serrato, rossiccio bruno alla pagina - d superiore, verdiceio all’ inferiore, ed al pari delle foglie ricoperto da 3 | sete lunghe, in specie sulle nervature e sulle coste. 1 Nervi delle brattee non molto numerosi (3-4) obliqui. La TT ii del lembo oscilla fra 2 !/, e 4 cm., la larghezza fra 1-1 '/, cm. 3 Bratfeole setose-line iri, strette, brevi (/, cm), poco distinte ino | mezzo alle sete. ; Fiori non mol!o numerosi, di grandezza discreta (12-15 mm.), apo pressati fra loro per la brevità del pedicello che talora anche può quasi — mancare. Calice a 5 divisioni diseguali assai, le une ovali, ottuse o arrotondate, le altre strette e subacute, tutte quante lunghe circa 5 m., larghe 3-4 mm. Entrambe le faccie pubescenti, giallo cenero- gnole ed inoltre Vesterna coperta in tutta l’estenzione (2 sepali), su un lato (1 sepalo) o sulla linea mediana (2 sepali) da lunghe sete patenti | 1 fulve, lunghe circa 1 mm. 3 Corolla a petali circa !/, più lunghi dal calice (8 mm.) ovali od È ottusi, smarginati, quasi lobati od anco subquadrangolari. Stami cir- ca 25-30, subeguali al calice, ad antere profondamente bifide, allun- | gate e streîte, gialliccio chiare, poricide. Filamenti un po’ barbati alla base con peli rossiceci, ed inseriti a metà dorso dell’ antera. Ovario - glabro a stili corti od atrofici. E Caratteri differenziali e di affimtà: Dalla S. villosa DC., con cui è stata confusa sotto la denomina- zione di Obelantera melastomacea Turez. (Esempl. di Lipsia, in Sche- un tomento alla pagina inferiore del lembo, per la forma e grandezza di questo, per l’infiorescenza meno grande e per le brattee fogliacee. Non meno insignificanti sono le affinità colla S. aspera Turez., dalla quale differisce, oltre che per le brattee fogliacee, anche per la base acuta del lembo, per la mancanza dei peli all’ ascella delle nervature secondarie, per la pannochia più lunga e per la presenza di sete, an- zichè di villi, sulle due pagine della foglia. Entrambe hanno però ra- mi, picciuoli, pedunculi densamente setosi, rufescenti, foglie serrulate denticolate e infine crescono nello stesso territorio. (Continua) DOTT. PIETRO CANNARELLA Osservazioni biometriche sull'apparato cladodico e fiorale DELLA SEMELE A'N,D'R O(; YNA KUNTH (continuazione) 4. Caso — Un cladodo a sinistra e due a destra. Raro. Si è con- statato in 6 rami con cladodi tutti disparati. 9. Caso — Un cladode a sinistra 3 a destra. Rarissimo. Si ebbe in 2 rami: il eladodo di sinistra era nel 1. il 6. e nel 2. il 3. e quelli di destra erano rispettivamente: il 6., il 7. e 1’8., il 3., il 5. ed il 6. 6. Caso — Un cladodo a sinistra 4 a destra — Rarissimo. — Sj verificò in un solo ramo in cui il cladodo di sinistra era il 4. e quelli di destra il 1., il 2., il 3. ed il 9. 7. Caso — Due cladodi a sinistra — Raro. — Si constatò in 3 rami fra i seguenti cladodi 2. e 5., 4. e 5, 1. e 6. 8. Caso — Due cladodi a destra — Poco comune.—Si ebbe in 5 rami fra i seguenti cladodi: 2. e 8., 2. e 9., 1. e 6, 2. e 8, 9. e 4, 9. Caso — Due cladodi a sinistra 1 a destra—Poco comune, —Si ebbe in 6 rami con cladodi disparati come per il 4. Caso. 10. Caso — Due cladodi a sinistra, due a destra — Poco comu- ne.—Si ebbe in 4 rami in uno dei quali vi fu perfetta corrispondenza fra i eladodi che erano il 1. ed il 2. a sinistra ed a destra; ma an- ehe negli altri casi avvenne quasi lo stesso caso perehé in uno i due eladodi di sinistra erano il 2. e 3. e quelli di destra il 2. e 4, e nel- l’altro quelli di sinistra erano il 2. e 5. e quelli di destra il 2. e 7; nel 4. i due cladodi a sinistra erano il 1. ed il 4. e queli di destra il 4. e I'8. © 11: Caso — Due cladodi a sinistra 3 a destra — Raro.—Si con- statò in 2 rami fra i seguenti cladodi: 4. ramo a sinistra 2. e 3.; à destra 2., 4, 5. — 2. ramo s sinistra: 3. e..D. a destra 95 5, 1. 12. Caso — Due cladodi a sinistra 5 a destra — Rarissimo.—Si ebbe in un ramo; sinistra 4, e 5.; destra 2., 9, 4; 5, 6. boul bie: 34 DOTT. PIETRO CANNARELLA 13. Caso — Tre cladodi a sinistra — Raro. — si ebbe in 2 rami fra i seguenti cladodi: 1. ramo 3., 4., 7.; 2. ramo 2, 3, 14. Caso — Tre cladodi a sinistra 1 a destra — pin — Si ebbe | in 3 rami coi seguenti cladodi: a sinistra 1. ramo 3., 4, 1:2; ramo 1., 3., 4; 3. ramo 1. 5., 6.; a destra rispettivamente 10, Z5 10 1 15. Caso — Tre cladodi a sinistra 2 a destra — Rara, — Si ebbe in 3 rami fra i segnenti cladodi: a sinistra, 1. ramo 1., 2., 292] 2. ramo 2., T., 85 3. ramo 2., 3., 4; a destra: 1. ramo 1. e 2.; 2. rasi mo 2. e 7.; 3. ramo 5. e 7. 16. Caso — Tre cladodi a sinistra, tre a destra — Rarissimo.— - si ebbe in 1 solo ramo fra i seguenti cladodi: a sinistra 2, 3. e 538 a destra 3., 5. e 7. È 17. Caso — Quattro cladodi a destra — Rarissimo.— Si ebbe in un solo ramo fra i seguenti cladodi 3., 4., 5. e 6. È 18, Caso — Quattro a sinistra 1 a destra — Raro.— Si ebbe in - 2 rami fra i seguenti cladodi; a sinistra: 1. ramo 3., 4., D., 85 2. rail mo 3., 5., 6. 7.; a dessra rispettivamente il 1. ed il 3. È 19. Caso — Cinque cladodi a sinistra — Rarissimo.—Si ebbe - | un solo ramo fra i seguenti cladodi 2, 9., 4., D. e 6. : 10. Tipo — Cladodi con 2 lobi superiori e 2 lobi inferiori. — bo 4 il tipo più frequente di cladodi osservati, tanto che ne furono osser- vati in tutto 1206 di cui 607 a sinistra e 599 a destra e su 188 ra- mi a sinistra e 191 rami a destra. Il numero con cui questi cladodi si possono presentare, aria da 1 a 7 tanto a sinistra che a destra. Pe- rò diversa è la distribuzione per i due lati del ramo. Infatii a sinistra. le variazioni sono le seguenti: 1,,-2,,-3..- 4,970,406, 14: 4,,-28,-31, 29, 24,16,,7, mentre a destra sono: 41,-36,-36,-33,-31,.14, Ap Essendo questo tipo di cladodi grandemente diffuso per tutta la. | pianta, si possono distinguere moltissimi casi che rappresentano ap- punto la varia diffusione sui rami. 7 1. Caso — Un solo cladodo a sinistra — Raro. — Si notò sola- mente sopra 8 rami; in 2 il eladodo era il 1., in uno il 3., in uno il 6. in uno il 7., in uno l’8., ed in 2 il 9. 2. Caso — Un solo cladodo a destra — Meno raro.— Si notò in. FUE aaah e ER EQ em ua dr NNLLA Te YR os dab dssdo uris ode > né SE ^ RS E x PR Le NUS y OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO OLAODODICO E FIORALE 35 11 rami dei quali in 2 era il 1., in uno il 3., in uno il 4, in uno il 6. in uno il 7., in 3 il 9. ed in 2 il 10. 3. Caso — Un cladodo a sinistra, uno a destra. — Ha quasi la stessa frequenza del caso precedente; si è notato in 13 rami dei quali in 5 il eladodo di sinistra era numerieamente uguale a quello di de- stra, anzi in 3 rami era il 1., nel 4. l'8. e nel 5. il 9. Negli altri rami sempre i due cladodi erano l'uno dopo l’altro, difatti in 3. erano l’8. a sinistra ed il 9. a destra, in uno era il 5. a sinistra ed il 6. a destra, in un altro il 7. ed il 6., nel 10. il 9. ed il 10. Solamente in 2 a sinistra era il 3. ed a destra il 1., ovvero il 5. 4. Caso — Un cladodo a sinistra 2 a destra—Raro. --Si ebbe in 9 rami dei quali a sinistra era in uno il 3., in uno il 4, in uno il 6., in uno l’8. ed in 5 il 9. A destra i cladodi erano rispettivamente: 2. e 3., 4. e 5., 3. e 5, 8. e 9., 3 volte 1 con 8 a sinistra e 2 con 9 a sinistra, 8. e 10. e 9. e 10. due volte col 9. a sinistra. 9. Caso — Un cladodo a sinistra 3 a destra — Rarissimo. — Si constatò in 3 rami fra i seguenti eladodi; a sinistra: 7., 9. e 10; a destra rispettivamente 5., 7., 9.; 5., T., 10. e 2., 8., 9. 6. Caso — Un DAT a is 4 a dara — Rarissimo. — Si ebbe pure in 3 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 7., 10., 65; a destra nel 1. i cladodi erano 2., 5., 7. 8., nel 2. erano BÉ. d. 8. 10. nel 3. erano 1., 3., 4. 7. Caso — Un claîlodo a sinistra 5 a destra -- Raro.— Si ebbe in 4 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 3., 6. (2 volte), 7.; a de- stra rispettivamente 2., 3., 4, 5, 6; 4, 5, 6, 1, 85.2.4: Des di 5,6. 25,4, 6, 7, 8. Casi — Due cladodi a sinistra — Rarissimo. —.Si ebbe in 2 soli rami fra i seguenti eladodi il 1. ed il 3., il 4. ed il 10. 9. Caso —. Due cladodi a destra — Meno raro del precedente.— Si constatò in 5 rami fra i seguenti cladodi 3. e 4.; 4. e 9.; 1. e da 10.0 14; le Y. 10. Caso. — Due cladodi a sinistra 1 a destra— Poco comgne.— Fu notato in 11 rami fra cladodi disparati; però in 7 si constatò che numericamente uno dei cladodi a sinistra era uguale a quello di destra. 11. Caso — Due cladom a sinistra 2 a destra —Poco comune.— 36 DOTT. PIETRO CANNARELLA Si ebbe in 9 rami fra cladodi disparatissimi. Solo in 2 casii eladodi - di sinistra erano numericamente uguali a quelli di destra cioè 1. e 248 8. e 9.; in 4 easi fra i cladodi di sinistra vi era contiguità come 6. e | T., (2 volte), 9. e 10.5 7. e 8; in tutti gli altri non vi era nessuna ; rélafone nè fra i eladodi dello stesso lato né fra quelli dei due lati. 12. Caso — Due cladodi a sinistra 3 a destra —- Rarissimo. — Si notò in 3 rami fra i seguenti eladodi: a sinistra 4. e 9; 2. e 82M 1. e 6.; a destra rispettivamente 2., 5., 9.; 05 6, 8; 15 1576, 413. Caso — Due cladodi a sica 4a lora = Chute il pre-. cedente. — Si notò in 2 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 4. e A 6., T. e 85 a destra rispettivamente 3., 4., 5., 6.; or (55 9 j 14. Caso — Due cladodi a Med 5 a disti — hasta — 1 Si ebbe in un solo ramo in cui i eladodi erano: a sinistra 3. e 6., a Li dons 1,2, 95775, T E! 15. Clio — Tre cladodi a destra — Rarissimó. — Si ebbe in un solo ramo fra i cladodi I5 2.6, 1 16. Caso — Tre cladodi a sinistra 1 a destra — Rarissimo. — Si « notò in 2 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 2., 0,971. 2, 728 & destra 10. in entrambi. 1 17. Caso -- Tre cladodi a sinistra 2 a destra — Poco comune.— 3 | Si ebbe in 9 rami fra cladodi disparati; in 5 rami i cladodi di uno 3 stesso lato erano contigui (2., 3., 4. (2 volte); 3., 4., 5. (2 volte); 143 8., 9.,) e così anche quelli del lato, raramente pré sullo stesse ramo come si notò 2 volte coi cladodi 2. e 3., 5, e 6., ovvero su rami di- versi come si notò in altri 2 rami. 1 18. Caso — Tre cladodi a sinistra 3 a destra — Ha la stessa frequenza del caso precedente e come quello si presentó fra cladodi | disparatissimi. Solo in uno vi fu perfetta corrispondenza fra i cladodi | che da un lato e dall'altro erano il 4., l’8. ed il 9.; in un altro vi fu poca differenza fra quelli di sinistra g erano 1., 2., 4. e quelli di destra che erano 1., 2., 6. Qualche volta i élkdodi di sinistra erano eontigui (2., 9. 45 5., 6., 7.); più spesso erano tali quelli di destra; - anzi in 3 rami si notò de erano 3., 4. e 5.; ed in 2 che erano 4., 5. e 6. . 19. Caso — Tre cladodi a sinistra 4 a destra — Raro.—Si ebbe - in 5 rami fra cladodi molto Ec alcuni però di quelli di sinistra | Pa a OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 37 numericamente corrispondono a quelli di, destra, fra i quali però si notò in 3 rami perfetta contiguiià. | .20. Caso — Tre cladodi a sinistra 5 a destra — Meno raro del precedente. — Si constatò in 8 rami fra cladodi differentissimi; solo una volta per i cladodi di sinistra si notò continuità fra i cladodi (7., 8., 9.), e 4 volte a destra, delle quali due fra i cladodi 3., 4., 5., 6, 1, e 2 fra i cladodi 4., 5., 6, 7., 8. | 21. Caso — Tre cladodi a sinistra 6 a destra — Raro.—Si ebbe in.4 rami sempre fra -cladodi differenti, specie a sinistra; a destra u- na sola volta si notò perfetta continuità (2., 3., 4., 5.. 6., 7.) mentre del resto se non tutti, la maggior parte erano contigui. 22. Caso — Quattro cladodi a sinistra — Rarissimo. — Si ebbe in un solo ramo fra i seguenti cladodi 2., 5., 6., 7. 23.. Caso — Quattro cladodi a sinistra 1 a destra — Raro, — Si ebbe in 2 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 1. ramo 984.4, 5,4 44 2. ramo 1., 2., T., 85 a destra rispettivamente 3. e 6. 24. Caso — Quattro cladodi a sinistra 2 a destra — Raro. — S, ebbe in 2 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 4. ramo: 4., 6., 7; 9.; 2. ramo 1., 5., 6., 7; a destra rispettivamente 6. e 8.; 1. e 7. 25. Caso — Quattro cladodi a sinistra 3 a destra — Raro. — Si ebbe 3 volte fra i seguenti cladodi: a sinistra 1. ramo: 6., 7., 8., 9. 2. ramo 1. 2., 3., 4; 3. ramo 2., 3., 4, 8., a destra rispettivamente CM OPE Pus OEC Vis Cabo MR: SIC A 26. Caso — Quattro cladodi a sinistra 4 a destra — Comune. — Si notò in 10 rami in uno dei quali vi fu perfetta corrispondenza fra i eladodi di sinistra e quelli di destra che erano il 3., il 4., il 5. ed il 6. In altri due rami vi fu poca differenza fra i cladodi di sinistra che erano 3., 4., 6. e 7. e 1., 2., 3., 4. e quelli di destra che erano 3., 4, D. e 7. e 1., 2, 3., 5. Nel resto i eladodi erano tutti dispara- tissimi. 27. Caso. — Quattro cladodi a sinistra 5 a destrx— Poco comu- ue. — Si ebbe in 8 rami fra cladodi differenti sia per la poca conti nuità fra loro nella stessa fila, sia per le file fra loro. In due rami si notò a sinistra che erano gli stessi cladodi (3., 5., T., 8., 9.); in altri 38 3 DOTT. PIETRO CANNARELLA due vi fu lieve differenza (2., 3,, 4., 5., 6. e 2, 4., 5., 6., 7) e cosi pure fra i seguenti: 1., 2., 3., 4, 5. e 1., 2., 4, Dni: 1 28. Caso — Quattro cladodi a sintstra 6 a destra — Raro. — Si - notò in 3 rami con cladodi quasi contigui e cioè: a sinistra: 1. ramo - 2., 3., 4, 6; 2. ramo 4, 5., 6., 1.; 3. ramo T., 4., 5., 6.; a destra: 1, .7 ramo 2., 3., 4., 5., 6., 85 2. ramo 2, 3., 4, 5., 6., 7.; 3. ramo 3,4, 1 i, 0; 18: E ` 29. Caso — Cinque cladcdi a sinistra 2 a destra — Raro. — Si - è avuto in 2 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 1. ramo: 3, 473 5., 8., 94 2. ramo: 2., 3., 4, 6, T; a destra 3., 9. e 3,, 6. 30. Caso — Cinque cladodi a sinistra 3 a destra—Più comune. ar 4 Si ebbe in 8 rami fra cladodi differenti, quasi sempre perfettamente ; contigui, talvolta -a sinistra a cominciare dal 1. sino al 5., o dal 2 al 6., o dal 4. all’8., o dal 5. al 9., qualche volta discontinui, come | spesso si verificò a destra, ove i 3 cladodi mai furono contigui; 2 vol- - te furono 2., 5., 6. ovvero 3., 5., 6. qualche volta 2., 3., 7. ovvero . 2., 9., 8. ecc. i .91. Caso — Cinque cladodi a sinistra 4 a destra — Poco comu- ne.—Si ebbe in 6 rami qualche volta fra cladodi contigui tanto a si- 5 nistra che a destra, talvolta fra cladodi disparati. Perfetta continuità vi fu a sinistra 4 volte; i cladodi erano compresi dal 1. al 5., o dal 2. al 6., o dal 3. al 7., o dal 4. all 8. negli altri 2 rami vi fu di- | scontinuità, Solo in un ramo a destra vi fu continuità fra il 3. ed il E 6., negli altri sempre il contrario. : 32. Caso — Cinque cladodi a sinistra 5 a destra — Raro. — Si. ebbe in 4 rami di cui 2 perfettamente uguali fra loro, per la conti- | nuità dei cladodi tanto di sinistra che andavano dal 1. al 5,, quanto di destra che andavano dal 2. al 6.; negli altri 2 rami vi fu poca dif- ferenza fra i cladodi di sinistra che in uno ramo erano 2., 4., 5., 6, T. e nell'altro 2., 4;, 5., 6., 8; molta ve ne fu fra quelli di destra ehe - rispettivamente erano 2., 3., 5. Mie 95 4; 6,8. e 9. 33. Caso — 5 cladodi a sinistra 6 a destra — Più raro.—Si no- tó in 3 rami fra cladodi quasi identici, tanto a sinistra che a destra; - infatti quelli a sinistra andavano dal 2. al 6. e solo in uno invece OSSERVAZIONI BIOMETRICHE' SULL’APPARATO CLADODICO E FIORALE 39 sino al 7. per mancanza del 5. che apparteneva ad altro tipo; quelli a destra andavano sempre dal 2. al 7. 34, Caso — Cinque cladodi a sinistra 7 a destra — Rarissimo.— Si ebbe in un solo ramo fra i seguenti cladodi: a sinistra 3., 4., 6., 1.,.8.; a destrá- 1523.25; €; 6€; 15.8. 39. Caso — Sei cladodi a sinistra — Rarissimo. — Si ebbe in un solo ramo fra i seguenti cladodi: 3., 4., 5., 7., 8., 9. 36. Caso — Sei cladodi a sinis'ra 3 a destra — Raro.—Si ebbe in 4 rami quasi sempre fra gli stessi cladodi, almeno a sinistra, cioè 2., 9. 4, 5, 6, 7. e talvolta 8. ovvero 9. per mancanza del 7. che apparteneva ad altro tipo; non così a destra in cui i cladodi erano 3., 4., 5., ovvero 3., 5., 8., ovvero 2., 4., 6. ed infine 5.; 6. e 7 37. Caso — Sei cladodi a sinistra 4 a destra — Più comune, — Si ebbe in 7 rami fra cladodi poco differenti. Due volte a sinistra questi erano compresi regolarmente fra il 1. ed il 6.; una volta sino al 7. per mancanza del 4. che apparteneva ad altro tipo; due volte andavano fra il 2. ed il 7.; una volta sino all’8. per mancanza del 5. ed una volta lo stesso per mancanza del 3. che appartenevano ad al- tro tipo; a destra si notò perfetta regola coi casi regolari a sinistra, andando i eladodi fra 2. e 5.; in altri rami andavano dal 2. al 6. o dal 2. al 7. per mancanza dei cladodi 3., 3. e 4., 4. e 6. che appar- tenevano ad altri tipi; in uno andavano dal 1. al 7. senza 2., 3., 4., ed in un altro dal 4. all'8 per mancanza del 7. © 88, Caso — Sei cladodi a sinistra 5 a destra — Meno comune.— Si ebbe in 5 rami dei quali a sinistra in 3 perfettamente ordinati dal 2. al 7.; negli altri due erano alternati con altri di diverso tipo. So- lamente in un ramo, a destra i cladodi emano ordinati dal 1. al 5. ed in un al'ro dal 2. al 6., uegli altri saltuarii. 39. Caso — Sei cladodi a sinis'ra 6 a destra — Raro.—Si ebbe in 2 rami, quasi simmetricamente uguali, andando’ i eladodi a sinistra ed a destra dal 2. al 7. e solo in uno dal 2. all’8 per mancanza del 7. che apparteneva ad altro tipo. 40. Caso — Sette cladodi a sinistra 3 a destra— Poco comune.— Si ebbe in 5 rami fra eladodi quasi ordinati; in 2 a sinistra perfetta- mente in serie dal 2. all’ 8. o dal 3. al 9.; negli altri poco ordinati 40 DOTT. PIETRO CANNARBLLA ‘ per mancanza di qualche eladodo intermedio che apparteneva ad m tipo; a destra sempre saltuari. 1 -— 41. Caso — Sette cladodi a sinistra 5 a destra — Rarissimo. — È Si ebbe in un solo ramo fra cladodi regolarmente ordinati, a sini 1 compresi fra il 2. e l’8. ed a destra fra il 3. ed il 7. 1 42. Caso — Sette cladodi a sinistra 6 a destra — Raro.—Si ebbe in 2 rami sempre fra cladodi ordinati andanti a sinistra fra il 2. e l'8. o fra il 3. ed il 9., a destra fra il 2. ed il 7. ovvero fra il 3. e l8. 11. Tipo — Cladodi con 2 lobi superiori e 3 inferiori — Com 1 plessivamente si sono avuti 244 di questo tipo, distribuiti quasi uguali 3 mente sui rami, tanto che se ne hanno 121 a sinistra e 193 a destra. Il loro numero per ogni ramo è relativamente piecolo, tanto che st massimo nou se ne hanno che 4 a sinistra e 3 a destra, con la se- « guente frequenza: a sinistra 56, -17,-53-4,; a destra 62,-21,-6,.— Per la loro poca frequenza i casi che riguardano la loro dinbel lena sono - relativamente pochi. | 3 1. Caso — Un solo cladodo a sinistra— Comune. — Si è avuto in 25 rami fra i 250 esaminati. Il posto che esso occupa sul ramo è va- riabilissimo. Spesso è il 1. od il 5. (6 volte); ma può essere anche T 3. od il 6. (3 volte); ovvero il 4, od il 7. (2 volte); raramente è il 2,2 l'8. od il 9. (una volta). 4 . 2. Caso —- Un solo cladodo a destra — È più comune del pre- cedente e si ebbe in 29 rami, Il posto che occupa sul ramo è pure variabilissimo. Spessissimo è il 4. (8 volte); spesso è il 4. (6 volte); ma può essere anche l’8 (4 volte) ovvero il 5., il 6. (3 volte) e rara- mente è il 2., il 3. od il 7. (2 volte). 3. Caso — Un cladodo a destra 1 a sinistra -- Meno comune e del precedente. Si ebbe in 16 rami, in 3 dei quali i 2 eladodi erano nū- mericamente uguali (5. e 5., 7. e 7., 4. e 4 .); negli altri rami talvolta erano alternatamente uguali come 1. e 2,D.e€ 6., 4. 5, 3. e 4. 099 vero 9. ed 8., 5. e 4, 4. e 3., 2. e 1,; negli altri rami erano cladodi differenti come 3, ED T. a D, 8/6 01,060.03, 0, cé, 4. Caso — Un cedo a sinistra 2 a étais — Poco comune. Si ebbe in 7 rami con cladodi disparati e cioè a sinistra: 3., 7. @ OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 4l volte), 4., 8., 10., 5.; a destra rispettivamente: 6. e 8., 3.e 4,,4, e 4, 6. e 9., 8. e 6, 3, e 4, 4. e 7. 5. Caso — Un cladodo a sinistra 3 a destra — Ancora meno co- mune; si ebbe in 6 rami sempre fra cladodi diversi che sono: a sini- stra 4., 8., 7., 1. (2 volte), 3.; a destra rispettivamente: 3, 4. e 65 3., 4.e751,4.6651.,,2.60 95 1,2. e 0532 1, 8.8 6. Caso — Due clidodi a sinistra — Poco comune; si ebbe in 9 rami talvolta fra cladodi contigui come 8. e 9., 2. e 3., 5. e6.(2 vol- te), talvolta fra eladodi poco distanti come 5. e 7. (1 volta) o 4. e 6. (1 volta), o più distanti come 4. e 7. (1 volta) e talvolta fra cladodi molto distanti come 1. e Ts an R T. Caso — Due cladodi a destra — Comune come il precedente perchè si ebbe in 9 rami. Raramente i cladodi erano contigui come 2. e 3., 4. e 5., ovvero alterni come 3. e 5.; più spesso erano molto lontani come 5. e 8., 2. e 6., 4 e 84 2 0 B, 3 60, 4 e 9. 8. Caso — Due cladodi a sinistra 1 a destra — Poco comune.— Si ebbe in 5 rami fra cladodi molto bassi e quasi sempre contigui, tranne in uno ove erano molto distanti come 3. e 9. a sinistra; 2 vol- te erano 3. e 4; 2 volte erano 4. e D. a destra erano il 6., il 4., il b..i1.3, il 4. 9. Caso — Due cladodi a sinistra 2 a destra — Raro.—Si ebbe in 2 rami fra i seguenti eladodi: a sinistra T., 8. e 2, 65 a destra 3. e 8., 5. e 9. 10. Caso — Due cladodi a sinistra 3 a destra — Rarissimo.—Si ebbe in 1 solo ramo fra i seguenti eladodi; a sinistra 2. e 5.; a de- stra 1., 4., 6. 11. Caso — Tre cladodi a sinistra 1 a destra — Raro.—Si notò in 3 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 5. bi addi i 4., 8.; a destra rispettivamente 1.0, lh 12. Caso — Tre cladodi a sinistra 2 a destra — Rarissimo.— Si notò in 1 solo ramo fra i seguenti cladodi: a sinistra 1, 3.. T.; a de- stra 6. e 7. 13. Caso — Tre cladodi a sinistra 3 a destra — Rarissimo.— Si verificò in 1 solo ramo fra cladodi numericamente e simmetricamente ugnali, cioè 5., 6. e T. a sinistra ed a destra. TA 42 DOTT. PIETRO CANNARELLA 14. Caso — Quattro cladodi a sinistra 1 a destra — Poco comu. : ne. — Si notò in 4 rami fra i seguenti cladodi; a sinistra: 1. ramo | 9; 4, 5, 0.2. ramo 2, 9., 8, 9; è. Mmo 2. 4, By Ty 4. ramo LM 2., 3., 4. a destra rispettivamente: 3., 4., 3. 3. 4 12. Tipo — Cladcdi con 2 lobi superiori e 4 inferiori — Questo - tipo di cladodi è rarissimo ed è stato osservato appena in 11 rami, non portanti mai più di uno di questo tipo di eladodi. È più raro a. destra dove si notò 4 volte che a sinistra dove si notò 7 volte ed è … sempre consociato con altri tipi di cladodi. Riguardo alla posizione 1 che esso occupa sul ramo abbiamo notato: 5 volte è stato il 1. (8 vol- - te a sinistra e 2 a destra) 2 volte il 3., a sinistra, 1 volta il 6.a_ destra, 2 volte il 7. a destra ed a sinistra ed una volta il 1. In un ramo (134) fu osservato lo stesso tipo di cladodo tanto a destra quan- - to a sinistra e per dippiù si verificò che era il 1. da ambo le parti. 13. Tipo — Cladodi con 3 lobi superiori — Rarissimo. — Nonsi M riscontrò mai a sinistra; si osservò soltanto in 3 rami a destra sempre 1 uno per ciascun ramo e sempre il 1. (eladodo basilare) consociato con - altri tipi di eladodi. 14. Tipo — Cladodi con 3 lobi inferiori — Rarissimo, come il precedente, però non si riseontró mai a destra, e si notò, come quello, in 3 rami a sinistra, sempre uno per eiascun ramo, ed iu posizione variabile: il 1., il 4. ed il 6. 15. Tipo — Cladodi con 3 lobi superiori ed uno inferiore—Questa forma di eladodi è poco comune. Fu osservata complessivamente 100 volte delle quali 43 a sinistra e 57 a destra, per cui è più frequente da questo lato del ramo che dal 1. Però la distribuzione sui rami è quasi identica, essendosi notato che 36 volte tanto a sinistra che a de- stra si è trovato un solo cladodo ed 1 volta soltanto dai due lati se. ne sono trovati 3, mentre poi 2 volte a sinis'ra e 9 volte a destra se . ne sono trovati 2. Così il numero di questi cladodi sopra ogni ramo oscilla fra 1 e 3 nel seguente modo: a sinistra 36,-2,-1,, a destra 36, -9,-1,. Essendo cosi piecola la variazione, uen sono i casi che riguar dano la loro distribuzione. 1. Caso — Un cladcdo a sinistra — Comune. — Si'è avuto: in 24 OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO B FIORALE 43 rami. Il posto che occupa sul ramo presenta poche variazioni. Quasi sempre è il 1. (15 volte); qualehe volta è il 4. o 1’8. (2 volte); rara- mente è il 2., od il 3., od il 5., od il 7. od il 9, (1 volta); mai è il 6. 2. Caso — Un solo cladcdo a destra — Ugualmente comune al precedente e si è presentato pure in 24 rami. Uguale è quasi la posi- zione che esso occupa sul ramo. Spessissimo è il 1. (13 volte), ma può essere anche il 3. (4 volte), e qualche volta il 2. o 18. (2 volte); ra- ramente è il 4., il 6. od il 7. (una volta), mai è il 5. od il 9. 3. Caso — Un cladodo a sinistra 1 a destra — Poco frequente. Si ebbe in 12 rami, in 3 dei quali si notò che i 2 eladodi erano pre- cisamente il 1. a destra ed il 1. a sinistra; in tre erano alterni, il 2. ed il 1., il 1. ed il 2., il 3. ed il 2; negli altri erano molto distanti, cioè 6. e 9. 8. e 1., l. e T, 4. e 2., 1.e 8,8.e 3 4. Caso — Due cladodi a sinistra — Rarissimo.-- Si notò in un solo ramo fra i seguenti eladodi 1. e 9. 9. Caso — Due cladedi a destra — Molto più frequente.—-Si notò in 8 rami dei quali in 3 i 2 cladodi erano il 1. ed il 2., in uno era- no il 1. ed il 3., in uno il 1. ed il 5, in tre erano il 2. ed il 3. 6. Caso -- Due cladodi a sinistra 2 a destra — Rarissimo. — Si ebbe in un solo ramo fra i seguenti cladodi: a sinistra 6. e 8., a de- stra 2. e 8 1. Caso — Tre cladodi a sinistra — Rarissimo. — Si notò in un solo ramo fra i seguenti cladodi: 2., 4. e 9 8. Caso — Tre cladodi a destra — Rarissimo.— Si osservò soltan- to in un ramo fra i cladodi 1., 4. ed 8. 16. Tipo — Cladodi ccn 8 lobi superiori e 2 inferiori — Questo tipo di cladodi è uno dei più frequenti in tutta la pianta, tanto che se ne sono osservati 330, distribuiti quasi ugualmente ai due lati del ramo, come lo prova il fatto che ne abbiamo trovati 164 a sinistra e 169 a destra. Il numero che di questa forma di cladodi si possono tro- vare per ogni ramo varia da 1 a 5, nel seguente modo: a sinistra 49, - 30, 13,-2,-1;, a destra 53,-98,-17,-1,-1, Discrete sono le variazioni che questi eladodi presentano rispetto alla loro distribuzione. 1. Caso — Un so'o cladodo a sinistra — Poco comune.—Si ebbe in 47 rami, Spessissimo è il 1. (11 volte), ma può anche essere il 3. 44 DTT. PIETRO CANNARELLA E “di D E. (3 volte), e raramente è il 5., il 7. od il 9. Mai è il 2. il 4. il 6. ol& 2. Caso — Un solo cladodo a destra—È più Pat e si ebbe - in 22 casi. Spesso il cladodo è il 1. (7 volte), ma può essere anche d 2. od il 5. (3 volte), ovvero il 4., il 6., P8. od il 9. (2 volte) e rara- E mente è il 3. (4 volta). Mai è stato il 7. B 3. Caso — Un cladodo a sinistra 1 a destra— Poco frequente. Fu notato in 17 rami; in 5 i 2 eladodi erano numericamente uguali: | 2 volte erano il 1. a sinistra ed il 1, a destra; 1 volta fu il 6.: Ee | ta il 7. e 2 volte l’8.; poche volte erano alterni come 1. e 2., 3. e4 | (2 volte); 5. e 6., 7. e 85 nel resto erano più o meno dci come. 2. e 4, 5. e 2. Pu i M 6. e 4., 8. e 3. (2 volte). 4 4. Caso — Un oo a sinistra 2 a destra — Raro.—.Si ebbe in 4 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 1, 6,3. 2 e 5.; a destra rispettivamente 6. e 7., 6. e 8, 2. e 3., 5. e 9. 6..e 9. i 5. Caso — Un cladado a S'nistra 3 a dates — Più frequente.— Si osservò in 8 rami; spesso il cladodo di sinistra è il 7. (4 volte) qualche volta è il 3., od il 4., od il 6. o l’8. Avvenne fra i seguent cladodi: a sinistra 7., 7., 3., 8, 1., 6., 4. e 7.; a destra rispettivamen i60, 0, &; La, cd 7. à Le La. 4,6% 2., 4,4%; 802 od PAS i 8; 6. — Un cladodo a sinistra 5 a destra — Rarissimo. — s . ebbe 1 sola volta fra i seguenti eladodi: a sinistra 10., a destra h 4,.6, 8: e 9. Y: 1. Caso — Due cladodi a sinistra — Poco comune.— Si notò E 8 rami fra eladodi talvolta contigui: 1. e 2. 8. e 9. (una volta), ov- vero alterni: 1. e 3., 3. e 5., 4 e 6. (una ara ovvero più o meno | lontani: 1. e 6., 1. e 7., l. e 4, 4. e 7. 8. Caso -. Due cladodi a destra — Meno comune.—Si notò in rami, 3 volte fra cladodi contigui: 1. e 2., 5. e 6, 6. e 7., 2 fra cla- dodi poco distanti 1. e 4., 5. e 9., 2 fra cladodi molto lontani: 1. Otis 8 cL 9. Caso — 2 cladodi a sinistra 1 a destra — Poco comune.— Si ebbe in 6 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 1. e 5., 8. e 5, 2a 3., 4. e 6., 1. e 4., 2. e 4; a destra rispettivamente: 1., 6., 2., D., l- 10. Caso — 2 cladodi a sinistra 2 a destra — Più comune.— OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 45 ebbe in 9 rami, di eui uno fra cladodi perfettamente identici: 8. e 9.; nel resto avvenne fra eladodi disparatissimi. 11. Caso — Due cladodi a sinistra 3 a destra — Poco frequente. Si notò in 5 rami sempre fra cladodi disparatissimi. 12. Caso — Tre cladodi a sinistra — Rarissimo.— Si vide in un solo ramo fra i seguenti cladodi 4, 5. e 10. 13. Caso — Tre cladodi a destra — Raro. — Si notò in 3 rami fra questi cladodi: 2., 3. e 9; 149.6 4; B, 4 n 5. 14. Caso — Tre cladodi a sinistra 1 a destra — Po:o frequente; si notò in 5 rami sempre fra cladodi differenti. 15. Caso — Tre cladodi a sinistra 2 a destra -- Ha la stessa frequenza e lo stesso earattere. 16. Caso — Tre cladodi a sinistra 3 a destra — Rarissimo. — Si notò in 1 solo ramo fra gli stessi cladodi che erano I, 3.e4.a sinistra ed a destra. 17. Caso — Tre cladodi a sinistra 4 a destra — Rarissimo. — Si notó in 1 solo ramo fra i seguenti cladodi: a sinistra 1, 3. e95a destra 1., 4., 6. e 7. 18. Caso — Quattro cladodi a sinistra — Rarissimo. — Si ebbe una sola volta fra i seguenti cladodi: 3., 5., 6. e 7. 19. Caso -— Quattro cladodi a sinistra 2 a destra — Rarissimo. Si notó una sola volta fra i seguenti eladodi: a sinistra 1., 2, 3., 4; a destra 6. e 7. 20. Caso — Cinque cladodi a sinistra 2 a destra -- Rarissimo. Si verificò in 1 solo ramo fra i seguenti cladodi: a sinistra 1., 3., 4. 6., 8; a destra 3. e 6. 17. Tipo — (ladodi con 3 lobi superiori e 3 inferiori— Impor- tantissimo è questo tipo di eladodi sia per la sua grande diffusione, sia per la distribuzione che presenta sui rami. Noi l abbiamo trovato sopra 111 rami complessivamente in numero di 529 volte, distinto così: a sinistra 255, a destra 274. Può presentarsi in vario numero sul me- desimo ramo, però non eccedono mai i 14; spesso se ne trova 1 solo per ramo (27 volte), ma se ne possono trovare 2 (15 volte), ovvero 4 (12 volte); talvolta se ne trovano 8 (9 volte), ovvero 7 o 10 (8 volte); meno comune è che se ne trovino 3 o 6 (T vote); ancora meno comu- 46 DOTT. PIETRO CANNARELLA ne è che se ne osservino 5 (6 volte), scarsamente se ne hanno 9 (54 volte); più scarsamente se ne hanno 13 (3 volte); raramente 12 (2 vol- — te); rarissimamente se ne hanno 11 ovvero 14 (1 volta). E Sopra ogni lato del ramo poi questi eladodi sono variamente nu- | merosi; mai eccedono gli 8; a sinistra la loro frequenza è questa: 1,g- | 2,3-316-415-510-63-7,-83; a destra è la seguente: 1,, 2,,-3,,-4,,-5,-6,-7,-8,. Molto numerosi sono i casi che riguardano la loro distribuzione 3 sui singoli rami. P 1. Caso — Un cladodo a sinistra — Poco comune. Si è notato in 11 rami sopra i 250 esaminati. Spesso è il 1. (7 volte), raramente è il 4, il 5., il 6. o l’8; non è mai nè il 2., nè il 3., nè il 7, nè il 9., ecc. | 2. Caso — Un cladodo a destra — È più comune. — Si notò in 18 rami e presenta caratteri talvolta identici e talvolta diversi da quel- lo precedente. Infatti quasi sempre è il 1. (8 volte), ma può anche es- sere il 5. (4 volte) o l’ 8. (2 volte); raramente è il 2., od il 3., od il 4., od il 7.; mai è stato il 6. od il 9. ecc. 3. Caso — 1 Cladodo a sinistra 1 a destra —- Poco comune. — Si osservò in 9 rami; tre volte i eladodi erano perfettamente uguali e perdipiù il 1. a destra ed a sinistra; due volte fu notato che erano al- terni cioè 5. e 4., e 5. e 6; negli altri i cladodi erano molto lontan cioè 1. e 7. (2 volte), ovvero 7. e I. ed infine 1. e 5. 4. Caso — Un cladodo a sinistra 2 a des'ra — Pochissimo co- mune.—Fu notato in 5 rami fra eladodi molto disparati: a sinistra: 84 Ds d, TOUR destra 7. e 8., 5. e 7, 5.e 1,2. e 3, 5. e 6. : 5. Caso — Un cladodo a sin'stra 3 a destra — Meno comune; fu osservato in 4 rami sempre fra cladodi diversi: a sinistra 1., T., 6: (2 volte; a destra 1., 2., 3; 5, 6. e 7; 1, 4., 5; Lidi, 6: 6. Caso — Due cladodi a sinistra Lis A fie. frequenza, per- ché fu osservato in 4 rami fra.i seguenti cladodi: 1. e 6., 6. e 8., 1. C89, £ 5 D. 1. Caso — Due cladodi r destra — Più comune.— Fu notato in 5 rami fra i seguenti cladodi: 5. e 6, 2. e 6., 6. e T., 4. e T, 4. eB. 8. Caso — Due cladodi a sinistra 1 a destra — Raro.— Fu OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 47 servato in 2 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 5. 6:b5.1. 0-2; a destra 7., 1. 9. Caso — Due cladoi a sinistra 2 a destra — Quasi raro; fu notato in 4 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 1. e O Di GiT., B. e 7., 4. e 5.; a destra 1. e 7., 6. e 15.6, e-8, 2. o K 10. Caso — Due cladodi a sinistra 3 a destra — Raro; fu os- servato in 2 rami fra questi eladodi: a sinistra 6. e 8., 6. e 9.; a de- strà 1, 06, 15 5, 6, 8. 11. Caso — Due cladodi a sinistra 8 a destra — Rarissimo; ca- so unico osservato fra i seguenti cladodi: a sinistra 2. e 6.; a destra 24 9. 4, D. 6., 7.,9., 10. 12. Caso — Tre cladodi a destra — Rarissimo.— Si ebbe in un solo ramo fra i seguenti cladodi: 120. 4 13. Caso — Tre cladodi a sinistra 1a destra—Raro; fu visto in 3 rami fra questi eladodi: a sinistra 4., 5., 65 1., 3, 5: 6. 7.8; a destra rispettivamente 8., 6. e 3. 14. Caso — Tre cladodi a sinistra 2 a destra — Raro; si ebbe in 3 rami fra i seguenti eladodi: a sinistra Da 1, 02 0; 45 85, 04 e T; a destra rispettivamente: 2. e (^5 oo NENNT 15. Caso — Tre cladodi a sinistra 3 a destra — Raro; si ebbe in 2 rami fra eladodi uguali, anzi in uno perfettamente uguali eioé l. 6. e 7.; nell'altro a sinistra erano 1. 9, 6; à dèstra D, 1, &. 16. Caso — Tre cladodi a sinistra 4 a destra — Più comune.— Si ebbe in 5 rami; a sinistra fra cladodi diversi fra eui à comune il 7., il 5. ed il 2.; a destra fra cladodi quasi identiei; in due rami era- no 3., 6., T. e 8; in uno 3., 4, 5., 8., in uno 3, 4., 6. e T., nell'ulti- MOD, 1, B, 9. 17. Caso — Tre cladodi a sinistra 5 a destra — Raro; si ebbe in 2 rami fra cladodi quasi perfettamente uguali almeno per i singoii lati; infatti a sinistra i eladodi erano 9. 6. e 7.; a destra rispettiva- mente: 9, Dy 6, £851, 5, 6, 1,, 8. 18. Caso — Tre cladodi a sinistra 7 a destra — Rarissimo; si notò in un solo ramo fra i seguenti cladodi: a sinistra 2., 3. e 7.; a destra 1; 3, 3,4, 6. 6. o 19. Caso — Quattro eladodi a sinistra — Raro; si ebbe in 2ra- 48 DOTT. PIETRO CANNARBLLA mi fra cladodi quasi identici, cioè 5., 7., 8. e 9 e 1., 7., 8. e 9. 4 | 20. Caso — Quatro a sinistra 2 a destra. — Poco comune. Si notò in 4 rami fra cladodi sempre disparati. 21. Caso — Quattro cladodi a sinistra 3 a destra. — Rarissimo. Si notò in un solo ramo fra cladodi quasi simmetrici, cioè : a sinistra - 1, 6. 1., 8, a destra 7, 8:,:9. 1 22. Caso — Quattro a sinistra 4 a destra — Poco comune. Si ebbe in 4 rami fra cladodi talvolta quasi simmetrici come: a sinistra 2., 3., 5., e 6., (2 volte) e, a destra: 2. 3. 0,1, 02, 4, D el talvolta fra cladodi differenti, come : a sinistra 1., 2., 3., 4, e 4, 5, 65 8, ed a destra 2, 5,4, 5, 65,0, 7, & | | 23. Caso — Quattro cladodi a sin‘stra 5 a destra. — Rarissime; si ebbe in un solo ramo fra i seguenti cladodi : a sinistra 4., 6., 8.e 9., a destra 5., 7., 8., 9., 10. 24. Caso — Quattro c'adodi a sinistra 6 a destra. — Raro. Si notò in 2 rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 4., 5., 6., T, e 2, 3., D., 7.; a destra rispettivamente : 3., & 56, 7. 8. e 2., 8., 59 6, 75. Bi i 25. Caso — Quattro cladodi a sinistra 8 a destra — Raro; si ebbe in due rami fra i seguenti cladodi: a sinistra 1., 7., 8. e 9.5 5, 6., 7., 85 rispettivamente dal 1. all’ 8. e dal 1. al 7. e 9. 26. NS — Cinque cladodi a sinistra 2 a destra. — Rarissimo; si verificò in 1 solo ramo fra i seguenti cladodi 1., 3., 5., 6, 1,8 destra 2. e 6. 27. Caso — Cinque cladodi a sinistra 3 a destra. — Raro; $i notò in 2 rami fra cladodi poco differenti, cioè : a sinistra 2., 3., 4» D, 6, € 3., 4, D, 0, 7, 4 destra 2, 9., 4. e 2., 4., D. 98, Caso — Cinta cladodi a Mbits 4a destra — Poco frequen Si ebbe in 4 rami fra cladodi sempre disparati. i ' 29. Caso — Cinque cladodi a sinistra 5 a destra — Raro. Si notò in 2 rami fra cladodi disparati. : 30. Caso — Sei cladodi a sinistra 11 a destra. — Rarissimo. t notó in 1 ramo fra cladodi quasi gun cioè : a sinistra i5 24 3. 5. e Hi a destra E: 5^ 6., 1. ; rosta Prorr. L. BUSCALIONI £ G. MUSCATELLO Studio anatomo-biologico sul Gen. “ Saurauia „ Willd. con speciale riguardo alle specie americane PARTE I. n Anatomia comparata. GENERALITÀ. Non vi ha dubbio che l'anatomia comparata può portare non poca luce sui problemi delle affinità e facilitare in pari tempo il compito dal sistematico, come l’hanno dimostrato i lavori di Vesque, Solereder, Van Tieghem ed altri autori. Ma il criterio anatomico perchè possa dare un risultato attendibi- le va impiegato con molta eireospeziore e ciò per molte ragioni. In- nanzitutto le variazioni in più o in meno che si osservano in un de- terminato organo, a seconda delle specie in cui esso viene studiato, se appaiono evidenti all’esame mieroseopieo non sempre sono suscettibi di una rigorosa deserizione; in secondo luogo perché il eriterio anato- mieo abbia un valore reale é necessario aver presente che le parti ehe si comparano fra loro devono esser perfettamente omologhe; due inter- nodi aventi una differente età non sono più perfettamente omologhi e lo stesso può dirsi per due regioni diverse del pieciuolo e perciò non devono esser confrontate fra loro. Se ora si considera che nello studio sistematico di un Genere, di una Famiglia, di un Gruppo si deve il più delle volte far uso di ra teriale d’ erbario, spesso preziosissimo, che perciò non è lecito sacrifi- care alla cieca, e spesse volte frammentario, ben si comprende come sare di poi allo studio degli stami (peli staminali, antere e polline), e e sul fusto. Nello studio di questi ultimi organi si è rivolta anche l’at- 50 PROFF. LUIGI BUSCALIONI GIUSEPPE MUSCATELLO di rado sia dato al botanico di far completo assegnamento sui criteri | anatomici, senza correre pericolo di trovare delle caratteristiche del tutto 1 immaginarie. a Queste considerazioni ei ‘hanno non poco preoccupato nelle nostre - ricerche sull'anatomia delle Saurauia, specialmente allorchè fu questio- - ne di studiare il pieeiuolo fogliare. Ciò non di meno abbiamo creduto - prezzo dell’opera riportare i risultati ottenuti poichè dagli stessi sono venuti in luce alcuni fatti abbastanza interessanti, i quali malgrado la scarsità del materiale avuto a disposizione e l' assoluta mancanza : di dati in merito a talune specie e ad alcune parti di queste, ci han- | no portati a conclusioni di una certa importanza, dal punto di vista sistematico. i In questo studio si è fissata l’attenzione solo a qualche parte della | pianta. La radiee, per ovvie ragioni, non fu studiata; all'opposto si è minutamente investigata la struttura del fusto, del picciuolo, del lem- bo fogliare. Nessuna osservazione abbiamo fatto sulla costituzione del. - l’infiorescenza e ciò pure per difetto di materiale, mentre furono presi | in considerazione i fiori ei frutti per quanto concerne le cellule sessuali | maschili, le appendici delle antere, e, sia pure superficialmente, i semi. Cominceremo adunque la nostra rassegna da questi ultimi per pas- chiudere le ricerche colle osservazioni sul lembo fogliare, sul picciuolo È tenzione ai tricomi pel fatto che queste appendici per la loro forma oltremodo variabile e per la loro particolare costituzione acquistano nel Genere che stiamo studiando un particolare interesse. Lo prova il fatto che quasi tutti i sistematici che si occuparono del Gen. Saurauia ri- | volsero ad essi l’attenzione a scopo diagnostico. Data l’importanza dei tricomi abbiamo a questi consacrato un capitolo speciale. Intanto prima di iniziare la descrizione faremo notare che le spe- cie vennero studiate quasi sempre nell'ordine in cui sono elencate nel- - la Chiave analitica proposta da uno di noi (Buscalioni) nello studio 3 monografico sulle Saurauia, che qui riportiamo in riassunto (V. Malpi- | ghia. Anno XXV. e seg): Mei tt DI HE e ME eu È ETE TS Saurauia 3 ^ STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. “ SAURAUIA sì WILLD Classificazione delle Saurauia americane Strigosae Ditrichae Macrophyllae Mesophyllae Ruitzianae Veranianae Oreophilae Excelsa Willd. . forma Veranii Buse. var. xanthotricha Buse. - Pseudoexcelsa Buse Pycnotricha er, Lebmanii Hier. Prainiana Buse Villose i Loeseneriana Buse Conzattii Buse. Isoxanthotricha Buse. Ursina Tr. e PI. forma strigosa Buse. forma Veranii Buse. "Ruitziana Steud. var. Weberbaueri Busc. Spragueana Buse. Bullosa Wawra. insti ed n e PI. Veraniana Busce. Dis pedoni Busc. Selerorum Bus var. gutudondiom Buse. Latipetala Hemsl. Pringlei Rose. var. micrantha Buse. a Ros i var. "Ghisehrech Buse. Villosa DC. d yar. Habni Buse. var. Humboldtiana Buse. Saurauia qr | wit c UN c A 3 ERA bie Lr tal EMEN So A PROFF LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Ditri- chae Brachi. trichae Villosae Tomentosae Gymotrichae | Gymnogynae var. macrantha Busc. var. tuberculata Buse. Buse. var. Hemsleyana Buse. Tomentosa HBK. var. Chillaneana Buse. Radlkoferi Buse. Costaricensis D. Sm var. brachytricha Puse. var. dolichtrich Buse. Ovalifol DA ardite Buse. oe dign Buse. Engleriana Buse. Basilatae Stenobasicae Vateh sid snm e. orma Veranii Buse. | f a aspera Bebdorubiforsali Buse i var. Guatemalensis Busc. SAT Bus B x Scab Brachybotrys Turez. var. macrantha Buse. var. scabra Busc. forma Veranii Buse. STUDIO A Saurauìa. Oligotrichae Pulverulentae | Barbigerae laevigatae NATOMO-BIOLOGICO. SUL GEN. ‘° SAURAUIA .. WILLD |Sprucei Sprague. Floribunda Sprague. var. laevigata Buse. var. peruviana Buse. | Pseudostrigillosa Buse. Schlimi Sprague. |Pedunculata Hook. ma Veranii Buse. var. x Tencocarpa Buse. a Veranii Buse. Pseudo id Busc. ar. AGE d Buse. Retic ulata Pisdidipidsncaleta Buse. ‘Barbigera orma Veranii Buse. ar. granulosa Buse. Téiexcarga Sehlecht. orma erani Buse. var. Stenophylla Buse. forma Veranii Buse. Pseudoleucocarpa Buse. Laevigata Tr. e PI. Yasicae Loesen. var. - lavigala Buse. Maxs Zabibracknr "Bass. mithiana Buse. Aequatoriensis Sprague. var. boliviana Buse. |Parviflora Tr. e P Saurauia | Oligotrichae PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Scabrae Species incertae sedis Cultae | |Fillosa DC. So nsis laevigatae ma LehmannianaBase. reni Buse. ma Veranii Buse. | à Strigillosa Tr. e var. hierop hila Buse. n° B Pulchra Spra gue. Floccifera “Tini Briqueti Buse. Weberbaueri Buse. Pseudoparviflora Buse. var. ‘Rusbyiana Buse. Rusbyi Britt. var. glabrata Buse. var. spectabilis Buse. var. macrophylla Buse. — Coroicoana Buse. 4 Pittieri D. Smith. dubia Busc torem: D. 8m. var. scabrida Buse. Pseudoruitziana Buse. Macrophylla Lind. Lindeni Regel, var. Straussiana Buse. iana Henming. Char. STUDIO, ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ,, WILLD 56 I. Anatomia del Seme Le ricerche fatte su questa parte, limitate a pochissime specie e a materiale d'erbario, ben poco hanno aggiunto a quanto già ebbero a segnalare i nostri predecessori. I semi, completamente evoluti, presentano un tegumento rivestito da grandi cellule a contenuto gia'liccio. Le pareti laterali e profonde di siffatti elementi, per lo più di color bruniccio chiaro e notevolmente ispessite, sono attraversate da numerosissimi canalicoli, oltremodo minuti. A questo primo strato ne suecedono pareechi altri costituiti da cellule schiacciate, allungate tangenzialmente, fornite di membrane sottili. Molte di siffatte cellule contengono dei rafidi, il che costituisce un re- perto non solo di un certo interesse anatomico, ma anche di un alto significato biologico. Sotto lo strato a rafidisi incontra una membrana giallieeia che segna il limite del tegumento e da ultimo l’ albume a cellule poligonali contenenti dei granuli di aleurona abbastanza grossi. L'embrione, incastrato nella parte assile del seme, è relativamente svi- luppato. II. Anatomia dell’ apparato sessuale maschile l. ANTERE —— Lo studio di questi organi non può csser fatto con profitto su ma- teriala secco d’ erbario e perciò ci limitiamo a notare che nello spes- sore del connettivo e nelle pareti stesse delle teche esistono numerose cellule rafidiofore. I rafidi sono orientati in vario senso nel connettivo, paralleli in- vece alla superficie nell'ambito delle teche. Le teche presentano i soliti strati per cui non è il caso di insi- stere ulteriormente sulla loro struttura. | 2. POLLINE l È duopo distinguere due forme principali di polline, le quali, per quanto ci consta non presentansi collegate che apparentemente da for- me di passaggio. i n un primo gruppo di specie il polline si presenta piccolo, ro- tondeggiante 0, nei preparati stati rigonfiati colla glicerina addizionata 56 1 PROF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO di potassa caustica al 2 °/,, anche quasi subtriangolari, ma cogli sp goli molto ottusi. Questa torma di polline è caratterizzata da 3 po o meglio p'iche di deiscenza, situate ‘ai tre vertici del triangolo. L'ex sina è liscia. In un altro gruppo di specie il bolltie è assai più grande e pre rotondo. Questo tipo di granuli pollinici presenta un maggior n mero di pliche, ma per quanto concerne la costituzione dell’exsina es non differisce dal precedente. ~ Tanto il tipo piccolo quanto quello grande si suddivide poi i due sott’ ordini a seconda che le cellule polliniche sono piene di co . tenuto, o viceversa vuote. Nel primo caso il protoplasto è finamente granuloso e spesso i luogo alla comparsa di precipitati bruni sotto l'azione dei reattivi;n secondo il granulo pollinieo mostra una parete alquanto ispessita e. gosa. Non occorre aggiungere che, tanto che si tratti di antere conten pollini grossi quanto di antere a granuli piccoli, nelle singole lo accanto a granuli vuoti abbondano più o meno quelli pieni, per cui. ha quasi un termine di congiunzione fra i due sott’ordini, cioè fra pollini del tutto vuoti o rispettivamente del tutto pieni. Ma esso del pari più apparente che reale. Dallo studio di quasi tutte le specie di Saurauia americane noi descritte è risultato che, a prescindere dalla S. Coroicoana B in cui si rinvennero i pollini allo stato giovanile di tetradi, 57 sp hanno polline piccolo. Fra queste presentano i granuli del tatto pieni o solo raram: vuoti: S. Prainiana, S. Conzattii, S. isoranthotricha, S. Selerorum Pseudonelsoni, S. Nelsoni, S. Pringlei vor. micranta, S. pauci var. Ghisebrechti, S. Spragueana, S. peduncularis, S. pedunculi var. Veraniana, S. pseudocostaricensis, S. scabra Poepp. var. niana, S. brachybotrys, S. brachybotrys var. scabra, S. Spruc pedunculata, S. Pseudopedunculata, S. barbigera, S. pseudop i j na var. fluviatilis, S. reticulata, S. pauciserrata, S. pauciserrata | crenata, S. intermedia var. granulosa, S. leucocarpa var. stenoph S. pseudoleucocarpa, S. Smithiana, S. aequatoriensis, S. Leoi, 8.. chra, S. Floccifera, S. Pittieri. ( Continua Sur deux Sedum nouveaux de l'herbier Royal de Firenze : PAR M. RAYMOND HAMET Je dois à l'extréme bienveillance de M. le Pr. Pasquale Bacca- rini etde M. le Dr. Renato Pampanini, la communieation de nombreux échantillons de Crassulacées conservées dans l'herbier Royal de Firen- ze. Je suis heureux d’exprimer ici ma vive et sincère gratitude aux deux éminents botanistes dont l'aimable concours m'a permis d'étudier les deux espéces nouvelles que je déeris ici: | Sedum Dielsi Raymond Hamet sp. nova. — Planta annua, steriles caules non edens. Radices fibratae. Caules floriferi, glabri, basi subre- pentes deinde erecti, in parte inferiore erassiusculi, simplices, infra medium ramosi, ramis simplicibus, graeiliusculis. Folia per 4 verticil- lata, sessilia, infra insertionem in ealear producta; calcar integrum, obtusum; lamina obovato - spathulata, marginibus integris, apice ob- tusiuscula, longior quam latior. Inflorescentia corymbiformis, satis laxa. Pedicelli calyce breviores, glabri. Bracteae alternae, glabrae, ses- siles, infra insertionem in calcar productae; calcar integrum, obtusum; lamina obovato-linearis vel oblongo-linearis. marginibus integris, apice obtusa, longior quam latior. Flores pauci., Calyx glaber, segmentis 5, tubo longioribus, ‘infra insertionem in calcar non productis, longe li- neari - subdeltoideis, basi leviter dilatatis, apice obtusis, marginibus integris, longioribus quam latioribus. Corolla glabra, calyce longior, segmentis 5, tubo multo longioribus, oblongo - lanceolatis, infra me- dium paulo coarctatis et in parte inferiore paulo dilatatis, marginibus integerrimis, apice acutiusculis et mueronatis, mucrone petali apicem paulo superante, longioribus quam latioribus. Stamina 10, glabra; fi- lamenta longissime lineari - subdeltoidea, oppositipetala infra corol- lae medium inserta; antherae reniformes, basi emarginatae, apice ob- usae et paulo cuspidatae, oppositipetalae corollae medium superantes sed petalorum apicem non attingentes. Carpella 5, pauciovulata, gla- bra, in stylos earpellis breviores attenuata. Squamae 5, spathulato - li- neares, in parte inferiore plusve minusve dilatatae, apice emargina- tae, longiores quam latiores. Folliculi 5, pauciseminati, suberecti, la- 58 PAR M. RAYMOND HAMRT teribus internis non gibbosis. Semina obovata, testa leviter mamillata nueleum duabus extremitatibus non superante vel apice leviter su perante, longiora quam latiora. Caules floriferi 6 — 11em. longi. — Foliorum calear 0.40 I mm. longum; lamina 7,20 — 11,50 mm. longa, 2,50 — 4,25 mm. lata.— Inflorescentia 8-22 mm. longa, 15-38 mm. lata. — Pedicelli 0,60 2,00 mm. longi — Bractearum calcar 0,40 — 0,50 mm. longum; lami- na 2.80 — 6,70 mm. longa, 0,70 — 2,40 mm. lata. — Calycis pars eon ereta 0,50 — 0,80 mm. longa; pars libera 3,40 — 5 mm. longa, 1,10— 1,60 mm. lata. — Corollae pars conereta 0,20 — 0,30 mm. longa; pa libera 6,40 — 7,60 mm. longa, 1,40 .- 1,60 mm. lata. — Staminum a 3 ternipetalorum filamentorum pars concreta 0,20 — 0,30 mm. longa; pars | libera 4,70 — 5,40 mm. longa, 0,40 mm. lata. — Staminum oppositi- petalorum filamentorum pars concreta 1,40 — 1,60 mm. longa; pars li | bera 3,20 — 3,80 mm. longa, 0,30 — 0,40 mm. lata. — Antherae 0,60 0,80 mm. longae, 0,65 — 0,85 mm. latae. — Carpellorum pars concre- ta 1,40 mm. longa; pars libera 3,20 —3,70 mm. longa. — Styli 2—2,40 mm. longi. — Squamae 0,65 — 1 mm. longae, 0,30 — 0,40 mm. latae. — Semina 0,80 mm. longa, 0,35 — 0,40 mm. lata. Cina, Shen - si meridionale, Monte Lean - san, settembre 1898 [Pa- dre Giuseppe Giraldi, in Erbario Biondi n. 3335. — Erb. R. Firenze] Obs. — Cette espèce se rapproche des Sedum Leblancae Raymond. Hamet (1) S. Chauveaudi Raymond Hamet (2) et S. Margaritae R mond Hamet, (3) mais s'en distingue alsément. E Du S. Leblancae, elle diffère: 1° par ses feuilles toutes verticillées par quatre, obovées — spathulées, et non alternes, sauf les inférieures . verticillées par quatre, oboyées— linéaires; 2° par les séphles longuemen linéaires — subdeltoides, légèrement dilatés à la base, non point li (1) Raymond Hamet, Descript. et ét. des affin. de 8 Sedum nouv,, in Fedde, Reperti noy. spec., t. VIII, p. 311 — 313 (1910) (2) Raymond Hamet, S. Chauveaudi, S. Heckeli Sp. nov., in Lecomte, Notul. sys- temat. (1910). (3) Raymond Hamet, Sur 2 Sedum nouv., in Fedde, Repert. nov. spec., t. vil, P. 142 — 143 (1910). Li * Ba. SUR DEUX SEDUM NOUVEAUX DE L'HERBIER RGYAL DE FIRENZE © 59 , 4 hi + * ^ (e) , - . o néal'es ou linéaires — oblongs; 3° par ses pétales moins larges; 4° par son androcé^ diplostémone, et non isostémone; 5° par ses graines beau- coup plus grosses. Elle s'éloigne du S. Chauveaudi: 1° par ses sépales longuement linéaires — subdeltoides, légèrement dilatés à la base, non point obo- vés — linéaires, légèrement rétrécis au milieu; 2" par ses anthères cu- spidées; 3° par ses écailles plus longues que larges, et non aussi lon- gues que larges. Du S. Margaritae, elle se distingue: 1^ par ses feuilles plus lar- ges, vertieillées par quatre, nom point alternes; 2° par ses sépales lon- guement linéaires — subdeltoides, légérement dilatés à la base, et mof oblongs linéaires, légérement rétrécis au dessous du milieu; 3° par ses anthéres cuspidées; 4° par ses pétales plus larges. Sedum Pampaninii Raymond Hamet sp. nova. — Planta perennis, steriles eaules edens. Radices fibratae. Caules floriferi, graciles, glabri, basi subrepentes et ramosi, deinde erecti et simplices. Folia alterna, sessilia, infra insertionem in calcar produeta; calear. integrum, obtu- sum; lamina linearis, marginibus integris, apice attenuata et leviter cuspidata, longior quam laticr. Inflorescentia corymbiformis, satis laxa. , Pedicelli calyce breviores vel illi aequales, glabri. Flores pauci. Brae- setae foliis similes sed eis paulo minores. Calyx glaber, segmentis 5, infra insertionem in valoar produetis; calcar integrum, obtusum; lami- na linearis vel longe ovato — linearis, marginibus integris, apice at- tenuata et leviter cuspidata, longior quam latior. Corolla glabra, calyce longior, segmentis 5, tubo multo longio ribus, lineari — lanceolatis, marginibus integerrimis, apice subacutis et mucronatis, muerone pe- tali apicem attingente vel subattiigente sed non superante, longioribus quam latioribus. Stamina 10, glabra; filamenta longissime lineari — deltoidea, oppositipetala infra corollae medium inserta; antherae reni- formes, basi emarginatae, apice obtusae, oppositipetalae corollae me- dium superantes sed petalorum apicem non attingentes. Carpella 5, paueiovulata, glabra, in stylos carpellis brevioes attenuata. Squamae 9, subobovatae, in parte inferiore attenuatae, apice emarginatae, longio- res quam latiores. Folliculi 5, pauciseminati, subereeti, lateribus inter- ~- 60 PAR M. RAYMOND HAMET nis non gibbosis. Semina subobovata, testa papilloso—mamillata duabus 4 extremitatibus nucleum non superante. È Caules steriles 17 — 45 mm. longi. — Caules floriferi 40 — 55 mm. « longi. — Foliorum et braetearum calcar 0,30 — 0,60 mm. longum; 1 lamina 3,80 — 6 mm. longa, 0,60 1,05 mm. lata. — Inflorescentia 8 — 20 mm. longa, 10 — 20 mm. lata. — Pedicelli 1,80 — 4 mm. lon- — gi. — Calycis segmentorum calcar 0,40 — 0,50 mm. longum; lamina 1 4 — 5,60 mm. longa, 0,80 — 1,10 mm. lata. — Corollae pars concreta : 0,20 — 0,60 mm. longa; pars libera 6. - 9 mm. longa, 1,10—1,60 mm. … lata. — Staminum altermipetalorum filamentorum pars concreta 0,20 — 3 0,60 mm. longa; pars libera 5 — 6 mm. longa, 0,35 — 0,50 mm. lata.— 3 Staminum alternipetalorum filamentorum pars concreta 1,40 — 2,60 — mm. longa; pars libera 3,80 —4,60 mm. longa, 0,30 — 0,40 mm. lata. — Antherae 0,50 — 0,80 mm. longae, 0,50 — 0,65 mm. latae. — Carpel- y lorum pars conereta 2,10 — 3,20 mm. longa; pars libera 2 — 2,80 mm. longa. — Styli 4,20 — 1,80 mm. longi. — Squamae 0,50 — 0,80 mm. à longae, 0,30 — 0,35 mm. latae. — Semina 1 mm. longa, 0,35—0,40 mm. 4 lata. d ; Cina: provincia Shen—si settentrionale: Cima del Lui—-sui—san, d agosto 1899 [Padre Giuseppe Giraldi, in Erbario Biondi n. 3312. — D Erb. R. Firenze|; Cima del Thae—pei—san, 10-20 settembre 1897 [Padre Giuseppe Giraldi, in Erbario Biondi n. 3313. — Erb. R. Firen- ze|; Dalla metà fino quasi alla cima del Thae— pei—san, agosto 1893 [Padre Giuseppe Giraldi, in Erbario Biondi n. 412. — Erb. R. Firenze]. Obs. — Cette espèce, quoique voisine des Sedum trullipetalum Hook. f. et Th. (1), S. platysepalum Franchet (2), S. Barbeyi Ray- mond Hamet (3) S. Beauverdi Raymond Hamet (4), S. Feddei Ray- | (1) Hooker fil. et Thomson, Praecurs. ad fl. ind., in Journ. of the Proceed. of the ` Linn. Soc. of London, Bot., t. II, p. 102 (1858). | (a) A. Franchet, Saxifrag., Crassul. et Combret, nov. e fl. sin, in Morot, Journ. de Bot, t. X, p. 289 (1896). (3) Raymond Hamet, Seda nova v. min. cogn, in Bull. Soc. Bot. France, t. Ji ~- P- 45-46 (1909). (4) Raymond Hamet, loco citato, p. 48 - bo (1909). SUR DEUX SEDUM NOUVEAUX DE L'HERBIER ROYAL DE FIRENZE 61 mond Hamet (5), S. Susannae Raymond Hamet (6), S. Rosei Raymond Hamet (7), S. Heckeli Raymond Hamet (8) et S. Gagei Raymond Ha- . met (9), doit être considéreé comme une espèce bien caractérisée. Du S. trullipetalum, elle se distingue: 1° par ses feuilles beaucoup moins rapprochées les unes des autres, non dilatées á la base, lègèrement cuspidées au sommet, et non acuminées; 2° par ses sépales prolongés au dessous de leur insertion, linéaires ou longuement ovés — linéaires, non point largement lancéolés; 3° par ses pétales linéaires —lancéolés, et non onguiculés, à onglet linéaire un peu plus bref que le limbe ové. Elle diffère du g. pla'ysepalum: 1° par ses feuilles beaucoup plus étroites; 2° par ses sépales linéaires ou longuement ovés—linéai- res, non point oblongs ou obovés — oblongs; 3° par ses pétales subai- gus et mucronés au sommet, à mucron atteignant ou atteignant à peine l'extrémité du pétale, e! non aigus et aristés au sommet, à ariste dè- passant l’extrémité du pétale; 4° par ses carpelles plus longuement soudés entre eux. Du S. Barbeyi, elle s'éloigne: 1° par ses feuilles linéaires, légère- ment cuspidées au sommet, non point largement lancéolées acuminées au sommet; 2° par ses sépales prolongés au dessous de leur insertion, li- néaires ou longuement ovés-linéaires, légérement euspidés au sommet, et non largement lancéolés, acuminés au sommet; 3° par ses carpelles plus longuement soudés entre eux; 4° par ses graines à test papillo- mamilleux, non point trés légórement mamilleux. On ne peut la confondre avec le S. Beauverdi, car elle posséde: (5) Ravmond Hamet, Nouv. asiat. du g.. Sedum, in Fedde, Repert. nov. Sp., t. VIII, P. 25 - 27 (1910). _ (6) Raymond Hamet, loco citato, p. 24 - 25 (1910). (7) Raymond Hamet, ib. zw. n. chines. Sedum, in Beibl. 101 zu Engler, Bot. Jahrb., t. XLIV, p. 32- 33 (1910), (8) Raymond Hamet, Sedum Chauveaudi, S. Heckeli sp. nov., in Lecomte, Notul. Systemat. (1910). (9) Raymond Hamet, Note sur 2 esp. nouv. de Sedum,in Fedde, Repert. nov. spec., t VIII, p. 263 - 265 (1910). 62 PAR M RAYMOND HAMET 1° des feuilles beaucoup plus distantes les unes des autres, à éperon entier et non lobé, à lobes erénelés ou fimbriés, à limbe légèrement cuspidé au sommet, non point acuminé; 2" des sépales prolongés au … dessous de leur insertion, cuspidés au sommet, et non acuminés; 3° des pétales subaigus au sommet, non point aigus; 4° des carpellesbeaucoup plus longuement soudés entre eux; 5° des graines à test papillo-ma- milleux, e£ non trés légérement mamilleux. 1° Ses feuilles linéaires, légérement cuspidées au sommet, non point longuement deltoides, aigues au sommet; 2° ses sépales linéaires ou lon- … guement ovés-linéaires, légèrement cuspidés au sommet, ef non ovés- lancéolés, aigus au sommet; 3' ses pétales linéaires-lancéolés, subaigus | et mucronés au sommet, à mucron atteignant ou atteignant presque | l'extrémité du pétale, non point obovés-oblongs, aristés au sommet, à ariste dépassant le sommet du pétale; 4? ses filets oppositipétales plus longs; 5° ses écailles plus larges; 6° ses carpelles plus longuement soudés … entre eux, permettent de le séparer du S. Feddei. 3 1° Ses feuilles plus étroites, légèrement caspidées au sommet, et non | acuminées; 2° ses sépales prolongés au dessous de leur insertion, légère- - ment cuspidés au sommet, non point acuminés; 3 ses pétales mueronés : au sommet, à mucron atteignant ou atteignant presque l'extrémité du - pétale, et non aristés, à ariste dépassant le sommet du pétale; 4° ses | carpelles beaucoup plus longuement soudés entre eux; 5° ses graines - à test papillo-mamilleux, nom point à peine mamilleux, la distinguent | du S. Susannae. 4 Elle est nettement distincte du JS. Rosei: 1° par ses feuilles cuspi- 3 dées au sommet, ef non acuminées; 2° par ses pétales plus étroits, cuspi | dés au sommet, non point acuminés; 3° par ses pétales mucronés 40 | sommet, à mueron atteignant ou atteignant presque l'extrémité du pé- tale, et non aristés au sommet, a ariste depassant le sommet du péta- le; 4° par ses carpelles beaucoup plus longuement soudés entre eux; D — par ses graines à test mamillo-papilleux, non point à peine mamilleux | 1°. Ses feuilles légérement cuspidées au sommet, et non acuminées; Z. ses sépales plus étroits, légèrement cuspidés au sommet, non point act- minés; 3° ses pètales subaigus et mucronés au sommet, à mueron attei gnant ou atteignant presque l'extrémité du pètale, et non aigus et MU SUR DEUX SEDUM NOUVEAUX DE L'HERBIER ROYAL DE FIRENZE 63 cronés au sommet; 4° ses carpelles plus longuement soudés entre eux à faces internes non gibbeuses, l'éloignent du S. Heckeli. Enfin elle est bien distante du S. Gagei: 1° par ses feuilles linéai- res, ^ bords glabres, légèrement cuspidées au sommet, non point deltoides- linéaires, à bords papilleux, acuminés au sommet; 2" par ses sépales plus étroits, à bords glabres, légérement cuspidés au sommet, ef non à bords papilleux, ovés-linéaires, acuminés au sommet; 3° par ses pétales subaigus et mucronés au sommet, à mucron atteignant ou atteignant presque l’extrémité du pétale, non point aristés, à ariste dépassant le sommet du pétale; 4° par ses graines à test papillo-mamilleux, ef. non légèrement mamilleux. "M RO ur Ca wm TNT E fi D tpe "M NET paie m Trot SE A DS EE NX D oe algo is ud Proft. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO Emdemismi ed Esodemismi nella Flora Italiana (continuazione) Una proporzione bassissima di endemismi si ha invece fra le an- nue, e questo é in particolar modo evidente nelle Gamopetale. Per le Monocotiledoni si potrebbe affermare lo stesso principio, in qnantochè con 149 specie annue esoendemiche non presentano endemismi. Faremo ancora osservare che se 1000 specie di forme vivaci-erba- cee danno in base al calcolo teorico una proporzione di 15, 7 ende- mismi, a 149 specie annne esoendemiche di Monocotiledoni dovrebbero eorrispondere almeno 2, 3 specie endemiche Pereió si può concludere che realmente scarsa sia la tendenza fra le Monocotiledoni annue a formare endemismi. Le stesse considerazioni valgono per le Monoclamidate in cui con una cifra relativamente alta di esoendemismi annuali (63) non vi è trac- cia di forme endemiche. Tenendo per base di calcolo i valori trovati nello studio degli altri tipi si potrebbe ammettere che la cifra delle specie annue endemiche sarebbe prossima a 31 per 1000, il che dareb- be circa 2 specie endemiche per 63 esoendemiche annue. A complemento dei dati ricavati riportiamo qui uno specchietto dal quale si rileva la percentuale degli endemismi nelle varie Classi, a se- conda dei tipi floristici ed in rapporto anche col numero delle specie presenti nelle differenti classi. me PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO = = S d S | 8 _ 8 E 2 & Q S si 5 2 o «e * 2 d d» 8 È È | è À m e e "> i = d (o = CA 0, < = CX = sio P MAT < MUN z= 2l. —- A c - Ma 5 8 a ^. n° << < oo 2D m e Na m» Es 3 He 0 iU + DÈ CRAN En o n 46 “as BE Fa E * Z Lo 5 — i ere e ne gua c © £ 6 [d ogg & ES "93 c: < : | ER o I. T 1000 $ >á FS 8% à RSS 388 CT lae f aod 2) corr.a ne ind. nella at À end. (v. cas. e | | gono decresce secondo il seguente schema: a ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 67 Dal precedente quadro otteniamo i seguenti risultati: 1). La proporzione percentuale delle specie vivaci erbacee ende- miche rispetto alle esoendemiche dello stesso tipo (casella V) decresce secondo il- seguente schema: a) Gamopetale, b) Monoclamidate, e) Mo- nocotiledoni. 2). La proporzione percentuale delle specie vivaci legnose ende- miche rispetto alle esoendemiche dello stesso tipo (Casell. V) decresce secondo il seguente schema: a) Dialipetale, b) Munoclamidate. 3). La proporzione percentuale delle specie annue endemiche ri- spetto alle esodemiche dello stesso tipo decresce secondo il seguente — schema: a) Gamopetale, b) Dialipetale. 4). La proporzione percentuale delle specie vivaci erbacee rispetto alle specie della classe eui queste appartengono decresce secondo il se- guente schema: a) Monocotiledoni, b) Gamopetale, c) Monoclamidate (colonna VII). 5). La proporzione percentuale delle specie vivaci legnose rispet- to alle specie della classe a cui queste appartengono decresce secondo il seguente schema: a) Monoclamidate, b) Dialipetale (Casell. VII). 6). La proporzione delle specie annue rispetto alle specie della Classe a eui queste appartengono decresce secondo il seguente schema: a) Dialipetale, b) Gamopetale. (colonna VII). 7). La proporzione percentuale delle vivaci erbacee endemiche ri- spetto alle specie della classe a cui queste appartengono decresce se- condo il seguente schema: a) Gamopetale, b) Monocotiledoni, e) Mono- _ clamidate (colonna VIII). 8). La proporzione percentuale delle specie vivaci legnose ende- queste appartengono de- miche rispetto alle specie della classe a cui Monoelamidate cresce secondo il seguente schema: a) Dialipetale, b) (Colonna VIII). 9). La proporzione percentuale delle specie annue endemiche ri- spetto alle specie della Classe a cui appartengono decresce secondo il seguente schema: a) Gamopetale, b) Dialipetale (colonna VIII). 10). La proporzione percentuale delle specie endemiche vivaci-er- bacee rispetto alle specie endemiche della classe a cui esse apparten- ) Monocotiledoni, b) Ga- Pas © me x 68 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO stro pianeta. luto e più moderno delle Fanerogame (ved. Wettstein-Handbuch. d. mopetale, e) Monoclamidate, (colonna IX; e per le viveci legnose: a) | Monoclamidate, b) Dialipetale: Per le annue a) Dialipetale, b) Gamo- petale. | Questi dati, riaffermando quanto altrove abbiamo esposto, non ri- chiedono ulteriori delucidazioni. sa CONCLUSIONI. A) Riassunto L'applicazione del metodo statistico, che ha dato ottimi risultati a più di un autore, quali I Engler, il De Candolle, il Nicotra, ci ha pure permesso, dato il grande impiego che di esso neabhiamo fatto, di arrivare a conclusioni di una certa importanza che qui riassumiamo: I) Esiste un rapporto fra la costituzione fiorale e gli endemismi, essendo questi più numerosi fra le Gamopetale che nelle altre classi. - Minor costanza si rileva allorchè si prendono in considerazione gli al- | tri tipi, predominando gli endemismi ora fra le Dialipetale, ora fra le Monocotiledoni o viceversa, a secondo che si considerano le Famiglie, i Generi o le Specie. All’opposto, è questo forse il fatto di maggiore importanza, la predominanza degli endemismi fra le Gamopetale ap- v pare evidente, a prescindere da lievi oscillazioni numeriche, tanto nel caso che si prendano in esame le specie, i generi o le famiglie. Inoltre la supremazia delle Gamopetale in forme endemiche risul- | ta sia se si considerano le cifre assolute, sia se si confrontano le per- centuali. Il fenomeno è abbastanza importante perchè meriti di essere stu- diato e chiarito, non potendosi ammettere che sia l'espressione del ca- so fortuito. E non crediamo di errare affermando che la grande predo- 4 nanza degli endemismi nelle Gamopetale è in relazione col principio | evolutivo che -domina ed informa tutta quanta la vegetazione del no- - Stando infatti ai moderni dettami della Botanica sistematica e della Paleontologia, le Gamopetale rappresenterebbero il tipo più evo- System. Bot.). Trattasi adunque di organismi sorti in tempo recente, ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA ` 69 giovani, e perciò dotati di una grande plasticità che permette loro di adattarsi alle più svariate condizione di ambiente e di modificare la struttura in correlazione con le mutazioni a cui questo va soggetto. LI Ammesso questo principio è ovvio che se in un determinato territorio si vengono a poco a poco mutando le condizioni di ambiente, le Gamo- petale, come organismi nuovi e plastici, reagiranno più prontamente degli altri tipi più antiquati e più fissi nella lote organizzazione, e pereió svilupperanno nuove forme. Queste evidentemente appartenenti in origine alla elasse degli en- demismi, rimarranno più o meno a lungo accantonate e ciò a soconda dei mezzi di dispersione di cui sono fornite e di altri fattori biologi- _ ci. All’ opposto assai minor tendenza ad assumere nuove strutture e nuova organizzazione mostreranno le Famiglie arcaiche (Monoclamida- te, Dialipetale ecc.) e perciò apparirà ovvio che in queste il numero di endemismi che si andranno formando, per effetto di condizioni e- sterne, in via di mutazione, sarà, sia percentualmente che in termini assoluti, minore, | | Per quanto concerne le Monocotiledoni è difficile dare una spie- i gazione: peró dato il numero indifferente di endemismi che esse pre- ‘sentano si può ammettere che anche questa classe sia largamente rap- : presentata da forme giovanili, plastiche, atte ad evolversi. Le Mono- elamidate sono invec® tipi evidentemente antiquati e come tali presen- tano una scarsa percentuale di forme endemiche. Si è così sancito il principio che la plasticità delle forme giova- . nili sia uno dei fattori che più energicamente concorrono a produrre gli endemismi. Però dobbiamo far notare che gli endemismi presi in con- siderazione si riferiscono per lo più al tipo evolutivo, essendo noto ‘che per gli endemismi reliquati o conservativi occorre dare un’ altra | spiegazione, anche perchè questi sono forse più comuni fra le forme arcaiche. Ammesso frattanto il principio filogenetico ed evolutivo quale fat- tore degli endemismi moderni, si potrebbe forse assurgere a qualche considerazione sui rapporti che intereedono fra le Monocotili e le Di- cotili. Il problema fu preso in esame, ma dobbiamo confe:sare che mal- grado le ricerche fatte non siamo riusciti a conclusioni più attendi- 70 ` PROF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO bili di quelle da altri formulate. Molti fra i moderni Autori tendono ad ammettere che le Mouocotiledoni siano derivate dalle Dicotiledoni S gent) e specialmente da forme acquatiche. Ora si può soltanto affer- mare che esse, condividendo con le Gamopetale la caratteristica di a- vere un numero abbastanza notevole di endemismi, debbono esser mo- derne. E' d'uopo tuttavia rilevare che molti tipi sono acquatici o per lo meno derivati da forme acquatiche, ed inoltre, per ciò che concer- ne l'apparato fiorale, si incontrano variazioni notevoli in tipi anche af fini, presentandosi frequentemente associate in uno stesso gruppo la dialipetalia e la gamopetalia od anche l'apetalia. Tanta variazione di | struttura, unita al fatto che la Classe, salvo cecezioni, ha nei fasci fa- sco'ari, una struttura che ricorda quella di talune forme semiacquali che appartenenti alle Dicotiledoni, rende difficile stabilire con sieurez- sistenza di forme eudemiche, non si può fare a meno di restar co ti dal grande numero di endemismi presenti nella Classe. ID. Nelle famiglie povere di specie ii numero degli endemismi pure scarso rispetto a quelle che ne sono maggiormente fornite: il rap porto non appare tuttavia costante avendo incontrato famiglie povere di specie e pur non ostante ricche di endemismi accanto ad altre po vere di queste e ricche invece di specie. Nelle famiglie medioeremen: te rieche di specie i rapporti sono spesso variabili. Le differenze numeriche fra le forme endemiche e quelle esod: miehe, quando vengono rilevate nelle differenti famiglie, conferman il prineipio sopra esposto che cioè gli endemismi sono più numerosi nelle Gamopetale, notandosi in questa classe solo lievi differenze fra il numero delle specie esodemiche « quello delle specie endemiche. A! trettanto può dirsi per le Monocotiledoni, mentre all’opposto i rap ti numerici mutano e ingrandiscono nelle Dialipetale e più ancora ne le Monoclamidate. | Di un certo interesse è la constatazione del fatto che se disponit mo in serie le Famiglie a seconda del numero crescente o decrescente di endemismi che esse presentano si può tradurre il risultato ottenuto ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA ko i in una grafiea costituita da una curva a un sol vertice (unieuspidata) spostata ad uno degli estremi. La curva decresce dapprima rapida- mente e di poi lentamente, senza che lungo la linea:si notino delle . Cuspidi secondarie, che si possono invece riscontrare nelle grafiche rap- | presentanti semplicemente il numero di specie presenti nelle differenti : famiglie. E si HI). Premesso che le forme endemiche tendono piuttosto all’ ac- cantonamento che alla diffusione, facciamo osservare che la maggioranza degli endemismi alpini si trova nella parte media della montagna, an- . . zichè nella sommità. Il. minimum degli endemismi ei viene offerto dal- lisca regione padana e dalla zona littoranea e sommersa. La regione me- r diterranea è discretamente ricca in endemismi, inoltre essa presenta = molti tratti comuni, per quanto riguarda la costituzione floristica, con la montagna, e ciò forse pel fatto che nelle due lion non mancano le condizioni esterne similari. La relativa deficienza nell’alta montagna deriva FERA . dalla bassa temperatura ivi imperante, la quale diminuisce anzichè e- —. saltare la potenza alla variazione. Noi sappiamo infatti che nelle re- .. gioni equatoriali calde l'organismo vegetale mostra una attività ed u- na vitalità straordinariamente esaltate per cui si formano dei tipi bio- logici singolarissimi (piante formicarie, epifite ecc). da noi quasi seo- nosciuti e ancor meno noti nelle regioni fredde. Le specie di alta montagna, non si tosto hanno subito quelle mo- dificazioni strutturali che le rendono atte a tollerare i grandi freddi, hanno si può dire esaurita la loro potenzialità di variazione e, non accennano quindi più a variare. All’opposto, nella parte media della montagna, la temperatura un po’ più dolce permette alle piante di reagire anche a condizioni esterne che forse sarebbero incapaci di e- Splieare una azione modificatrice neile piante di alta, montagna. Le . piante quindi offrono in tali regioni numerosi esempi di variazione o | mutazione (con eccessiva formazione di endemismi) essendo assai va- | riate le condizioni climatiche ed edafiche, ovverosia i fattori delle va- | Tiazioni dominanti nella parte media della montagna (vedi in propo- sito il capitolo « I laghi e la flora alpina » che sta in seguito). La povertà di forme endemiche nel littorale, nelle acque, nella UM 72. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO regione padana. si comprende facilmente, essendo noto che le forme littoranee ed acquatiche possono facilmente esser disseminate a distan- - za dall’elemento stesso in cui o presso cui vivono. : Per quanto si riferisce alle forme di pianura non erediamo di errare affermando che la poca tendenza alla variazione sia inerente alla u- niformità del mezzo in cui vivono le specie ed alla mancanza di o stacoli alla diffusione delle forme che accidentalmente si vanno orga- nizzando. Lo stesso può dirsi per le specie crescenti nella bassa mon | tagna o nelle colline. La regione mediteranea essendo piuttosto accidentata ed offrendo notevoli variazioni climatiche ed edafiche si trova in condizioni favo- revoli allo sviluppo degli endemismi, i quali perciò sono ivi abbastan- za rappresentati. | In tutte le regioni, come sopra è stato detto, l’ accantonamento è | la norma per le specie endemiche. Ciò è ovvio, ma ciò non di meno in montagna sono facili i trapassi delle forme endemiche dalla regio- ne 5 alla 5’, come pure dalla regione 4 alla 4. La poca differenza dj condizioni climatiche ed edafiche dominanti in tan territori aecop- - piati ei dà la spiegazione dei fenomeno. Merita di esseresegnalato un fatto del quale tuttavia non sappiamo dare una spiegazione plausibile. Circa la metà delle Monocotiledoni ende- | miche occupano due o più territori, mentre solo un terzo delle Gama petale e delle Dialipetale tendono a fare altrettanto. Se stiamo ai dati offertici dalle percentuali troviamo che la re- gione, mediterranea é ricca di endemismi accantonati rispetto a quelli diffusi altrove. Vengone in seguito i territori alpini e submontani o montani, mentre la regione padana è assai più ricca di endemismi do- tati di larga dispersione anzichè accantonati. Siffat'o comportamento: degli endemismi nelle varie régioni ci indica a chiare note che le pia- nure dove dominano condizioni edafiche e climatiche abbastauza uni formi, mai si prestano all’ insediamento di tipi endemici, ed i pochi che ivi hanno sede mostrano poca tendenza all'aeeantonamento. L'op- posto si verifica nelle altre regioni, per eui si capisce come ivi siano frequenti gli endemismi accantonati. . | (continua) Dorr. FRANCESCO RAPPÀ L Evoluzione della Capsula dei Mesembriantemi Sinora la classificazione dei Mesembriantemi è stata fondata es- senzialmente sui caratteri del corpo vegetativo, delle foglie in modo speciale, se papillose, se appiattite, se a sezione trasversale più o me- no circolare ovvero più o meno triangolare, se terminate da ciuffi di pe- li, se guainanti o no, e così via; su caratteri cioè di organi i più varia- bili, i più plasmabili quindi verso un tipo simile o unico sotto l’azio- ne di identiche condizioni ambientali o anche riducibili a tipi diversi da un primitivo unico schema a seconda di condizioni nuove in cui le specie vengono casualmente a trovarsi. Le classificazioni attuali quin- di non riflettono le affinità, essendo ‘affatto artificiali; che se vi sono gruppi anche molto omogenei, tanto è merito delle classificazioni quan- to di una fortuita felice combinazione di carattere. Una conferma di ciò l’ avremo quando in seguito vedremo di dover riunire delle specie che per converso oggi sono distribuite in varii gruppi e tra loro distan- tissimi. Prima però di procedere ol re, affinché sia intelligibile il lin- guaggio che qua e là mi occorrerà di usare, è necessario cüe io rias- suma per sommi capi un mio precedente lavoro intorno al medesimo gruppo di piante; questo riassunto servirà anche a chiarire lo scopo e l'indole del lavoro presente. Come già dicevo, le classificazioni che sinora si sono avute dei Me- sembriantemi, sono state tutte artificiali, anzi le successive non rappre- sentano che sempre un semplice rimaneggiamento di una prima clas- sificazione artificiale dovuta all’ Hawort e che in germe ritrovasi già in WiLLoenow, Io fui il primo (1) a tentare una classificazione naturale, (1) F. Rappa — Per una classificazione naturale dei Mesembriantemi. In Boll. d. R. Ort. Bot. e Giard. Col. di Palermo; fasc. I, 2,3. Genn.-Sett. 1912. tà DOTT. FRANCESCO RAPPA cercando anzitutto di stabilire la linea filogenetica che si svolge nel gruppo dei Mesembriantemi. Il carattere fondamentale che mi servi a discoprire la filogenesi dei Mesembriantemi è dato dai nettarii. I net- tarii in questa famiglia si presentano sotto forma di bottoncini eosti- tuenti un poligono pentagono intero coi lati alterni alle logge, ovvero cinque o sei creste opposte alle logge stesse. Con opportune considera- zioni io venni alla conclusione che il nettario spezzato in ereste op- poste alle logge è una derivazione del nettario poligonale intero e quindi chele forme in possesso del primo nettario sono posteriori e de- rivanti da quelle in cui il nettario é disposto a pentagono intero. Vi sono però anche delle forme anettariche ed altre con nettarii fondi; di nuovo con opportune considerazioni potei dimostrare che le une e le altre sono forme più recenti, derivanti le prime dalle forme a net- tario crestiforme e frazionato, le altre o direttamente dalle forme a nettario erestiforme pentagonale intero o anche da quelle a nettario erestiforme frazionato. Si ebbero così i tre gruppi principali: Lofomorfi (Mesembriante- mi a nettario crestiforme), Aneltarii (Mesembriantemi privi di net- tarii), Coilomorfi (Mesembriantemi a nettaroconche). I Lofomorfi poi divisi in Oloneltarii e Meronettarii a seconda che la cresta secer- nente forma un poligono pentagono intero coi lati alterni alle log- ge ovvero è frazionato in cinque o sei pezzi (o anche più) alle logge opposti; ed i Meronettarii alla loro volta in Diastemoni e Adiaste mori a seconda della presenza o no di stami internettarici. Anche i Coilomorfi furono suddivisi in due gruppi: Adetoconchi e Detoconchi , secondo che le conche nettariche sono isolate fra loro o riunite da sot- tile cresta che fu od è ancora secernente. In verità anche la mia classificazione, astratta dalle considerazio- - ni da me svolte nel precedente lavoro, potrebbe sembrare artificiale; però quelle mie considerazioni ricostruiscono rigorosamente la filoge- nesi e Ja filogenesi chiarita giustifica la classificazione la quale si vede così corrispondere alle affinità discoperte. | Certamente la morfologia generale dei nettarii non SER offrir- ci di più. Sin da allora però preconizzammo l'importanza della caps” - .a nella nuova classificazione, e dicemmo che una più estesa conoscen di ipe ge Mer MES PESARE È; Pr e DEC PE EL VA, E 3e" ETT s De Er N | T = To ^ + L'EVOLUZIONE DELLA CAPSULA DEI MESEMBRIANTEMI 15 za della sua morfologia avrebbe condotto molto innanzi quel primo tentativo di classificazione naturale di un genere botanico difficilissimo al dire dello stesso SoNpER. Adesso non abbiamo la pretesa di com- pletare quella classificazione fondandoci appunto sull’organografia cap- sulare, ma poichè abbiamo arricchito la raccolta delle capsule anche pel cortese invio fattocene dalla Mortola dal BERGER, e poichè abbia- mo potuto così confermare quanto preconizzavamo intorno all’ impor- tanza della capsula, vogliamo nel presente lavoro esporre le partico- larità morfologiche in essa riscontrate, particolarità il cui studio por- ta, come era da prevedersi, a risultati conformi a quelli già ottenuti con lo studio dei nettarii. Anzitutto diciamo che l'organografia eapsulare dei Mesembrian- temi rimane un'ineognita se non poniamo mente alla loro biologia; soltanto allora ei si chiarisce la natura delle svariate particolarità e si puó stabilire quanti e quali sono gli organi. Quale luce getti sul- l'argomento il criterio biologico si riconoscerà anche al solo pensare ehe le logge, le quali potrebbero sembrare delle sempliei concamera- zioni dello spazio capsulare, assurgono nei Mesembriantemi: all'impor- tanza di veri organi, fornendo una funzione ben diversa dalla pura e semplice custodia dei semi ; ciò che non si sarebbe discoperto senza la meditazione biologica. Nè qui potremo tessere la biologia di questa famiglia di un’importanza teorica veramente ecceziona'e; ci basti dire però che noi nello stabilire i varii concetti dell'organografia capsulare dei Mesembriantemi ei siamo lasciati rischiarare la via, come potrà vedersi in seguito, dal criterio biologico. Noi qui tratteremo dei sê- guenti punti: 1. Anoicteri da ävotyw agro. 2. Umenoprosteci appendici membranacee, da üuv-évos membrana e mpocsijxn appendice. 3. Schenidici che ha figura di tenda, da cxnv) tenda e eldos fi- gura. 4. Enfrattici da àygpáoco occludo. 5. Valve. 6. Logge. Né con ciò si potrebbe dire di avere esaurito tutte le particolari- 46 DOTT. FRANCESCO RAPPA tà, perchè altre formazioni che in altri gruppi di piante non hanno nessuna funzione oltre a quella che hanno in generale in tutte le piante, come ad es, i funicoli, possono acquistare nei Mesembriantemi ‘ancora una particolare funzione e salire quindi alla dignità di organi capsulari. Ma tutto ciò ci allontanerebbe dal nostro fine immediato, mentre potrà trovare luogo più opportuno in un successivo lavoro che tratterà in particolare della disseminazione nei Mesembriantemi. 1. Gli Anoicteri. Sono gli organi igroscopici che regolano l'apertura e la chiusura delle valve della capsula. Essi decorrono, in generale, —— lungo le valve approfondendosi con l’ultima porzione fin dentro le logge. Possono presentarsi assai robusti ed allora sono in generale di — colore più o meno scuro; però il loro colore dipende generalmente da i quello dell'intera capsula, è quinli molto variabile: bianchiccio, bian- chiccio sporco, gialliceio, bruniccio, miele più o meno carico. Non sem- pre però il colore degli anoieteri corrisponde a quello generale della capsula : bell'esempio ce ne dà il M. linguiforme a capsula spugnosa bianchiccia che ha anoicteri miele chiaro o scuro o addirittura bru- nicci secondo le sue varietà. Allorchè gli anoicteri sono imbevuti di acqua, nei loro strati superficiali divengono trasparenti, specialmente quelli color miele. Il loro modo di fuuzionare è stato studiato dallo Steinbrinek (1). Morfologicamente gli anoieteri possono ridursi a quattro tipi: uno - ad appendici od ovoidale, uno ad angolo, un terzo ad ipsilon, un quarto a lamine parallele. i Il primo tipo è rappresentato da due anoieteri che decorrono giù D abbastanza divergenti, lungo la faccia interna della parete loggiale anteriore e di li lungo i due margini della porzione basale della val- - va. Quivi, al suo estremo superiore cioè, possiede ciascuno anoietere un’appendice appiattita ed espansa la quale, allorchè la valva è aper- ta, si adatta col suo margine inferiore al restante margine della valva nel mentre che nel suo insieme si ripiega verso la linea mediana del- STILO ENI . . (1) Steinbricnk: Ueber einige Fruchtgehäuse, die ihre Samen infolge von Benetzung freilegen. Berichte der deutschen Gesellschait, Band I p. 339, a. 1883 e n ial te d tai TE po 9 i : CUTE OU AEN — o L'EVOLUZIONE DELLA CAPSULA DEI MESEMBRIANTEMI 77 la valva stessa, acquistando per tal guisa il sistema dei due anoicteri una disposizione ovoidale. La presenza di tale appendice che senza aderirvi, decorre come abbiamo detto, lungo il margine superiore del- la valva, ha un’importanza grandissima, perchè è caratteristica di tutto un gruppo di Mesembriantemi che per altra parte ci si appalesano come forme inferiori. Il secondo tipo, quello ad angolo, è rappresentato da due anoicte- ri, che possono diventare assai divergenti fra loro, robusti, omogenei per tutta la loro lunghezza, cioè senza l’appendice apicale appiattita ed espansa. Evidentemente si può ritenere derivato dal primo tipo col semplice sopprimere la porzione apicale ispansa. Il tipo si presenta caratteristico in M. perfoliatum, M. spinosum et. Nei Linguiformi il processo è ancora evidente non mancando un residuo piccollissimo del- l'appendiee di cui quindi si osserva in atto il regresso. Immaginando che nel mentre va atrofizzandosi e scomparendo la porzione apicale espansa del primo tipo, la porzione basale robusta di ciascuno anoictere, invece che divergere dall’altra, le si accosti e le si faccia parallela, si otterà il terzo tipo, cioè quello ad Y. Si atrofizzi invece più o meno e si renda quindi- più o meno o- scura una porzione apicale differenziata dal resto nel mentre che gli anoicteri, divenendo a lama di coltello per tutta la loro lunghezza, si avvicinano l’uno all’altro verso la linea mediana della valva, talora fino ad .addossarsi l'uno all’altro o a lasciare tra loro soltanto una debole linea; ne risulterà il quarto tipo, quello cioè a lamine parallele. La derivazione da noi data è molto semplice e chiara; si può di- re dunque che la disposizione prima, o primo tipo, è la più antica, quella che più si avvicina alla forma originaria, per il che le specie, in cui si rinviene, dovrebbero considerarsi come le più primitive. In- tanto 11 primo tipo degli anoicteri si rinviene appunto e soltanto ne- gli O'onettarii, nelle forme cioè a dire, che nella nostra derivazione filogenetica, quale l'abbiamo seguita nel precedente lavoro, stanno al- la base; il secondo e terzo tipo invece si incontra 0 ancora negli Olonettarii che presentano peró, come vedremo, altri caratteri di evo- luzione, e sono quindi piü recenti dei primi Olonettarii, ovvero nei Meronettarii e negli Anttaris il quarto tipo infine nei Meronettarii e 78 DOTT. FRANCESCO RAPPA nei Coilomorfi, anch'essi forme che hanno subito già un certo grado di evoluzione. Le forme dunque piü primitive dal punto di vista degli anoieteri coincidono con quelle più primîtive dal punto di vista dei nettarii, e le più evolute secondo il primo punto di vista con le più evolute secondo quello dei nettarii ! Intanto mentre si va compiendo l’evoluzione morfologica generale degli anoicteri, fatti notevoli presentano e il loro colore e la loro struttura. Difatti il colore ‘più o meno seuro o semplicemente miele delle forme primitive può ulteriormente conservarsi, ma può anche sbiadire e passare nel bianchiccio più o meno netto, nel gialliccio chiaro, conformandosi per questa parte l’anoictere quasi sempre al zo- - lore generale della capsula. Che il colore possa subire di tali muta- menti ce lo dice, per esempio, il fatto che anche nel medesimo gruppo omogeneo la tinta più carica può divenire la più sbiadita. Così mentre nel M. multiflorum il colore degli anoieteri è miele assai scuro, nel ` M. vaginatum è miele più chiaro e nel M. rigidum più chiaro ancora. Ciò avviene in specie diverse sebbene appartenenti ad un gruppo ben definito quale quello dei Vaginata; ma può anche avvenire per ispecie che vanno consiserate come varietà, quale è il caso del M. depressum, varietà del M. linguiforme, con anoicteri di un colore bruno molto scuro, quasi nero, e del M. linguiforme, con anoicteri di un colore miele chiaro. Vi sono poi non pochi Mesembriantemi nei cui anoicte- ri si presentano contemporaneamente entrambi i colori. Citeremo, fra gli altri, il M. he'eropetalum. Gli anoieteri di questa specie difatti, che parrebbero molto complicati ed invece possono benissimo ridursi al primo tipo, consistono ciascuno in un cercine fortemente arcuato che guarda, fortemente divergendone, con la sua convessità il cercine compagno (cioè quello appartenente all’altro anoictere della coppia) 8 che è poco percettibile per il rilievo, ma benissimo pel colore miele im sul quale cercive, per la sua linea di rilievo, si solleva una forte cresta bianchiccia, terminante in una porzione apicale appiattita, trasparente e di consistenza pergamenacea. E come varia il colore così la robusta ed ispessita struttura dell'apoie- d o tere si assottiglia ed appiattisce e la coppia si trasforma in due lamine | strettamente addossate fra loro o anche: alquanto distanziate, talorà sa srt A SU S Exi DU a MN cse p RE inim AL Laud! Di E re e E Ye nilo TS LEE RES em mE UP EE ELE - Ra Mir ho 66 LE JR ie Ra T a: È, OM L'EVOLUZIONE DELLA CAPSULA DEI MESEMBRIANTEMI 19 assai meno potenti e quindi incapaci, anche se sommanti i loro effetti per la loro disposizione parailela, ad aprire completamenre le valve. Tra così grande variare è intanto notevole la tenace persistenza del colore e della robustezza degli anoicteri del M. linguiforme con le sue numerose varietà: M. depressum, M. uncatum, etc., sebbene la cap- sula, il che rende ancora più singolare il fenomeno, abbia assunto in ogni sua parte, esternamente ed internamente, il colore bianchieeio. 2. Gli Umenoprosteci. Se ora fondandoci su le considerazioni svol- te nel precedente lavoro e su quelle testè fatte intorno agli anoicteri e alla loro derivazione, vogliamo ricercare quali ia realtà siano le forme primitive, ne troveremo parecchie, e fra queste, per es., il M. glomeratum.In questa specie quindi si ha, come in tutte le forme pri- mitive, una grande somma di caratteri ancestrali. Uno di tali caratteri ancestrali è costituito dagli wmenoprosteci. Sono questi degli organi annessi, come gli anoicteri, alle valve e si presen- tano sotto l’aspetto di appendici membranacee, di varia forma e finan- co di varia consistenza nelle diverse specie, trasparenti, collocate sim- metricamente a destra ed a sinistra della valva lungo il margine in- feriore esterreno della porzione apicale di ciascuno anoietere. Un ume- noprostece tipico si può ridurre ad un’appendice di forma rettangola- re, nella quale quindi si distinguono quattro margini: uno anteriore che, allorquando la capsula è aperta e le valve stanno orizzontali, è rivolto all’osservatore, uno posteriore, opposto al primo e rivolto per- ciò verso l’asse della capsula, un terzo laterale interno che decorre lungo il margine inferiore esterno dell'anoietere, ed un quarto opposto al terzo, guardante quindi verso il piano verticale mediano della log- gia. Ma questa forma rigorosa e precisa di rettangolo non si riscontra mai in realtà, sibbene gli umeroprosteci, appartenenti a ciascuna spe- cie, presentano il tipo ideale più o meno alterato e modificato. i Anche per questa parte il M. glomeratum ci offre un esempio di primitività, poichè non solo gli umenoprosteci sono ben costituiti per grandezza (e già la presenza stessa degli umenoprosteci, nana per sé stessa, é un carattere primitivo), ma in essi sono ben ricono- scibili i quattro margini di cui sopra, fra i quali specialmente l'anteriore ha un taglio rettilineo netto... 80 DOTT. FRANCESCO RAPPA Da questa forma ideale, come l' abbiamo descritta, molto sempli- ; ee di umenoprosteei si dipartono due linee entrambe verso le specie superiori. Una di queste linee conduce ‘alla completa scomparsa degli - umenoprosteci o ad una loro riduzione tale da aver perduto, sebbene | ancora presenti, la funzione a cui essi sono chiamati. Ad es., nel gruppo che presso gli autori va sotto il nome di Vaginata e che rap presenta, come tosto vedremo, un passo innanzi nell'evoluzione, gli umenoprostoei sono totalmente scomparsi; lo stesso dicasi del M. rubri- - caule, del M. perfoliatum, insieme forse ai gruppi a eui appartengono. I Linguiformi poi ci danno l'esempio dell'atrofizzazione degli umeno- prosteci ridotti a semplici organi rudimentali, privi affatto di funzione. - E così l'aver seguito già questa linea percorsa dalla filogenesi de- — gli umenoprosteei ci ha dato ragione di quanto sopra aftermavamo, che, cioè, la presenza degli umenoprosteci, considerata per sè stessa, imprime alle forme che ne sono provviste, un carattere di pr.mitività. Difatti se forme, come gli Scabrida, i Blanda, ete., le quali per altro verso si dichiarano per primitive, sono in possesso di quest’ organo, e. forme, come i Vaginata, i Rubricaulia, gli Spinosa, i Linguiformia, che per altri caratteri rappresentano un più alto grado dell’evoluzione ne sono prive, è necessario concludere che la presenza degli umeno- prosteci è un indizio e più che un indizio un carattere di origina- rietà. È il metodo di dimostrazione della navetta, come lo chiama il Le Dantec. La linea, che abbiamo seguita, è la linea della riduzione (1), ma (1) Certamente non mancano in questa linea degli esempii intermedii, cioè non di completa scomparsa nè di completa riduzione fino alla perdita della funzione, ma di i semplice riduzione in grandezza. Fer es. nel M. muricatum gli umenoprosteci sono ri- E dotti a sottili e strette appendici falciformi con la convessità sul margine laterale € sterno; or data la piccolezza della capsula tale riduzione non nuoce alla funzione del- - l'organo, però se ne riconoscerà l'importanza ove si pensi a capsule ugualmente pic- cole di altre specie in cui tuttavia gli umenoprosteci sono esageratamente grandi. AD che il M. heteropetalum ci offre un esempio analogo, però qui la riduzione ë così 4 vanzata e la capsula è cosi grande che la metamorfosi avrebbe certamente portato alla 3 perdita della funzione se una contemporanea metamorfosi della porzione apicale dell'anoi- — ctere e della sua appendice espansa non l'avesse condotto a cooperare con i veri ume noprosteci nell'espletamento della loro funzione. : % L'EVOLUZIONE DELLA CAPSULA DEI MESEMBRIANTEMI 8l evvi l'altra linea, come dicevamo, che potrebbe chiamarsi la linea dell’esagerazione, lungo la quale gli umenoprosteei assumono dimensio- ni aneora maggiori e finaneo adattamenti speciali. Anehe qui la me- ditazione biologica ci darà la chiave di tali cambiamenti. Difatti, co- me meglio vedremo nel lavoro intorno alla disseminazione nei Mesem- briantemi, la fuuzione degli umenoprosteei è duplice: quella di osta- colare in un primo momento, cioé quando la capsula è semiaperta, la dispersione dei semi, e quella di favorirla o soltanto di regolarla in un secondo momento, cioè quando la capsula è completamente a- perta ed è già assicurata una pioggia abbandante. Or se nell’ e: spletamento della prima funzione insorgono nella capsula delle nuove formazioni, come di fatto avviene nella prima linea, gli umenoproste- ci (e ciò conferma per altra via che la loro assenza importa evoluzio- ne), per quella sovrana legge del minimo che in natura si attua, si ridurranno o scompariranno addirittura (1)se poi, pur continuando nel- la prima funzione, gli umenoprosteci devono assumere, come avviene nella seconda linea, una funzione accessoria, quella ostacolatrice anche nel secondo momento o semplicemente regolatrice, appartenente già ad organi che sono scomparsi o seampaiono, esse si ingrandiranno ed an- che si modificheranno in vista della nuova funzione da compiere. Chiarissimi esempii di tutto ciò vedremo nel summenzionato lavoro su . la disseminazione. 3. Gli Schenidii. Organi cooperatori degli umenoprosteci ne!la loro funzione ostacolatrice e regolatrice della disseminazione sono gli schenidii. .. (1) Un esempio veramente singolaresi ha nel IC. cordifolium tanto più singolare che questa specie appartiene ad un gruppo dove gli umenoprosteci hanno sviluppo êd adattamenti particolari. Nel M cordifolium i semi sono distribuiti in due piani della loggia uno superiore ed uno inferiore limitato dal primo come ad una stroz- | zatura loggiale, e la dispersione deve avvenire in due momenti nel primo istantanea- mente ed alla prima pioggia; nel secondo con grande difficoltà. Ebbene gli umeno- prostec' che, per lo speciale modo di aprirsi della capsula, sarebbero soltanto un osta- colo. per il primo momento della disseminazione, non esistono, e, mentre sarebbero un Organo cooperatore pel secondo momento, vengono sostituiti dalla strozzatura suddetta È che rinserra i semi nel piano inferiore della loggia, ostacolandoüe enormemente Pu cita. - ix iii gera 82 l DOTT. FRANCESCO RAPPÀ Essi sembrano come formati dai setti loggiali divenuti membranacei o per- E gamenacei, ma sempre più o meno trasparenti, soprattutto allorchè inu- — miditi, e che nella loro regione superiore si ripieghino ad angolo die- dro costituendo eon la parte ripiegata come il tetto della loggia. Dico i sembrano appunto perchè gli schenidii in realtà non sono che le cel- lule più profonde delle future valve, che, metamorfosate in uno strato — pergamenaceo, si staccano dalle sovrastanti e si mantengono in conti- — nuità di contatt. con quelle dei veri setti loggiali, setti che sono ver- ticali; questa continuità appunto dà l'apparenza che essi siano dovuti | al ripiegamento ad angolo diedro dei setti loggiali; ma è appunto per- i chè gli schenidii appartengono al tessuto valvare che essi sono a cop- - di pia per ogni loggia. Ditatti la divisione loculicida della parete fron- — : tale della loggia inter sserà tutti gli strati cellulari appartenenti alle | future valve della capsula, anche i più profondi, compreso quen co- stituente gli schenidii. Data la sua origine, uno schenidio ideale dovrebbe formare un angolo diedro retto col setto loggiale e presentarsi come un ci piano col vertice all’asse capsulare, con un lato fuso col margine su, periore del setto, con un altro lato anteriore rettilineo rivolto all’ os- - servatore ed in fine col terzo lato (lo chiameremo /ato mediano) decorrente : lungo il piano verticale mediano della loggia, l'intersezione col quale | dovrebbe essere la linea di contatto con ıl lato corrispondente dello schenidio compagno. Uno schenidio siffatto, come abbiamo visto an- che per gli umenoprosteci ideali, non si riscontra in realtà, ma in ge- nerale le modificazioni non ne sono profonde e sono dovute a sem- plici cause meccaniche ovvero a ragioni biologiche. Per es., la. con- vessità mediana è dovuta, come pare, ai semi ce premono dal bae e riboccano in alto il lato mediano dei due triangoli. Caratteristica è al proposito la convessità presentata dalle specie del gruppo dei Va ginata, nel cui cavo sta riposto uno dei grossi semi piuttosto arroton-- dati proprii di tali specie. Per ragioni biologiche invece, cioè per da- va in atto LE ce re alla bocca loggiale una conveniente apertura, si pieg lato anteriore. Ne viene che il fondo centrale della capsula, il quale i è appunto formato dagli schenidii, non rappresenta un piano, ma delle convessità radiali che si alternano con degli avvallamenti Pur wt L EVOLUZIONE DELLA CAPSULA DEI MESEMBRIANTEMI 88 radiali, dovuti peraltro anche a ciò che i setti loggiali contigui non sono fusi lasciando piuttosto fra loro una fessura più o meno accen- tuata. Ma la morfologia degli schenidii con ciò non è esaurita. Difatti al limite interno della riboccatura anteriore esiste su ciaseuno schenidio un ispessimento che per successivo sviluppo evolutivo può raggiungere le proporzioni di un’appendice discendente verso il basso ed adempiente una data funzione, quella cioè di concorrere all'occlusione della boc- ca loggiale. Lo sviluppo di tale appendice rappresenta un carattere evolutivo di un intero gruppo di Mesembriantemi contradistinto dalla prima apparizione di un nuovo organo, che tosto conosceremo, e di LI cui la suddetta appendice non è che un organo ausiliare; che se il EC arx EAE A die at nuovo organo raggiunge la sua completa perfezione, talmente che sarà in grado di compiere da solo la funzione che gli appartiene senza il concorso dell’organo ausiliare quale è, come dicevamo, l’appendice de- gli schenidii, l’appendice tornerà a scomparire. | Però non bisogna credere che il semplice ispessimento sia senza i TEYS ; "m funzione; anche esso è un organo ausiliario per l'ocelusione dell'aper VI e BN Nes OE LAUR tura loggiale, ma organo ausiliario di un altro mezzo (più antico) a cui la specie ricorre per la detta occlusione e che non é altro che l'insieme dei funicoli assai robusti, disposti verticalmente e quindi tutti paralleli fra loro, formanti perciò una siepe dinanzi ‘all’ apertura log- giale; P orlo ispessito dello schenidio ne costituisce il necessario com- pimento per la tota e chiusura. Difatti la linea superiore della siepe è incurvata all'indentro, formando così un ostacolo maggiore alla fuor- Uscita dei semi, ma lasciando con ciò stesso una sottile linea aperta al disotto degli schenidii; or questa linea viene ocelusa dall'ispessimento degli schenidii. Un ulteriore vantaggio si ha da tali disposizioni sia -~ Perchè lo sfregamento dei funicoli avviene contro una superficie più | resistente, qual’è quella dell’ispessimeto, sia ancora perchè lo sfrega- mento si compie tra superficie curve qual'é quella dell'ispessimento | Stesso e quella della siepe dei funicoli ripiegati all’ indentro; il che lo Tende più dolce e'itandosi così il logorio denis dei fanicoli e quel- K del margine degli schenidii. | Senonchè, quando cotesto adattamento dei funicoli viene -smesso’ Er 84 DOTT. FRANCESCO RAPPA Ud per essere stato sostituito da altri adattamenti vicarii o a causa di al- tro vie pigliate dall'evoluzione, allora l'ispessimento degli scheni scompare, Cosi il M. hispidum che hasuna capsula per il r.sto com- | pletamente organizzata come il M. clomeratum, il M. blandum, et., pre- senta (a capsula aperta) il fondo centrale sollevato, formante quindi una | convessità, il che fa sì che gli schenidii piglino una posizione in elinata dall' asse verso il margine della eapsula; inoltre le valve non si aprono completamente; così per la posizione inc'inata degli schenidii e per quella — particolare delle valve nella quale lorlo esterno della loggia non di varica, l'apertura loggiale si riduce ad una strétta fe:sura orizzontale; allora nemmeno i funicoli hanno più la solita disposizione a siepe e anche l’ispessimento scompare. Che se, come dicevamo, l’evoluzione piglia altre vie, e la specie compie una disseminazione assai rapida, cessano i particolari adattamenti di occlusione della bocca loggiale ed | anche in questo caso si ha la scomparsa dell’ispessimento. Esempio el gante di ciò si ha nel M. inclardens? e nel M. heteropetalum. In queste spec'e si formano numerosi ed assai grandi semi che riempiono completamente le logge, venendo anche a coprire, quando la capsula è aperia, la bocca loggiale e lo spazio circostante. Or come manca la solita disposizione verticale, o a siepe, dei funicoli, così manca anche ‘il solito ispessimento degli schenidii per altro benissimo sviluppati (1 Ma quando, come abbiamo anche visto, non si hanno disposizioni nuove di antichi organi, come quella inclinata degli schenidii e quel- la della non completa apertura della valve, e quindi non si rende ne- cessaria l’ obliterazione di formazioni connesse con le antiche disposi- zioni, ma si ha l’apparire di organi nuovi più perfetti in sostituzione di altri che scompaiono (sempre però pel compimento della medesim e funzione) allora le formazioni connesse con questi ultimi organi, nel mettersi in relazione coi nuovi organi, subiranno certe modificazioni. Così allorchè lenfrattieo, che è l’organo nuovo a cui abbiamo à (1) Il caso delle due ultime specie é diverso da quello del M. hispidum, er” mentre in questo manca la disposizione a siepe dei funicoli per essere stata st > da altri adattamenti occludenti, nelle altre due specie manca per lasciare libera Papere tura loggiale. L'EVOLUZIONE DELLA CAPSULA DEI MESEMBRIANTEMI 85 nato di sopra, tuttavia nel suo primo abbozzo filogenetico e quindi in- completo per la funzione che esso deve compiere, si sostituisce alla siepe dei funicoli, l’antico ispessimenio diviene una vera e propria ap- pendice discendente verso il basso per coprire le deficienze che il nuovo organo manifesta rispetto all’antica siepe dei funicoli. Allorchè poi il nuovo organo avrà completato la sua evoluzione e sostituirà perfettamente i funicoli nella loro funzione occluditrice, l’ appendice tornerà a ridursi alle antiche proporzioni, anche diminuite, di sempli- ` ce ispessimento. È il caso del M. spinosum, del M. rubricaule, dei Mesembriantemì del gruppo dei Vaginata da una parte e M. lingui- forme dall’ altra, il quale rappresenta il maggior grado di evoluzione anche in particolare del nuovo organo: nei primi l'appendice è molto sviluppata, specialmente nel M. rubricaule, nell'ultimo si ba un im- percettibile ispessimento. Anche per gli schenidii avviene quello che per gli umenoprosteci appena la biologia della specie piglia nuovi orientamenti, pei quali si rende superflua la loro funzione, cioè a dire si riducono fino a non aver più funzione o scompaiono completamente. Ciò ha luogo nei Me- ronettari. Così il M. subincanum ed il M. megarhyzum, come il M. Lehmanni ed il M. Thunbergii ormai non possiedono piü degli sche- nidii che una strettissima strisciolina, incapace di funzione per la sua strettezza e, quasicche ciò non bastasse, per il ripiegamento dello sche- nidio sull'orlo del setto della loggia, ripiegamento dovuto all'estrema sottigliezza (in ispessore) degli schenidii e che li rende ancor più stretti fino a farli impercettibili o quasi. Il M. splendens, il M. corti- folium e gli altri Coilomorfi a noi noti, sono esempii di totale scom- parsa degli sehenidii; ma per i Coilomorfi bisognerà dire qualeosaltro e su di essi dovremo tornare in seguito. 4. Gli Enfrattici. Un nuovo, importantissimo, maraviglioso orga- no che la capsula dei Mesembriantemi ci dà in mos'ra è l’ enfrattico, tanto più maraviglioso ove si consideri nella correlazione in cui tro- vasi con le app2ndici, correlazione che già conosciamo e per la quale l'un organo integra l'altro per la più opportuna chiusura della bocca loggiale. L’enfrattico è una prominenza che si solleva sula linea me- diana della parete frontale della loggia, un po' internamente. Com- 86 DOTT. FRANCESCO RAPPA pare la prima volta nel M. bland,m come un semplice i pesi della placenta, per il quale questa sembra staccarsi e quindi sollevar- si dalla parete loggiale. Ha ivi l'aspetto di una piccola lamella la cui superficie interna è ricoperta di funicoli i quali ne frastagliano anche l'orlo. È specialmente la massa dei funicoli germogliante su questa superficie che si solleva in alto e forma siepe ai semi, come già ab- biamo detto. Questa lamella è il primo abbozzo dell’enfrattico che ne | manifesta all'evidenza il territorio ontogenetico il quale è, come die vamo, la placenta. Il M. perfoliatum rappresenta un ulteriore svilup | po dell’enfrattico in quanto che questo ha un carattere ormai definito; però il solco che l’attraversa non solo dalla faccia interna, ma anche dall'esterna, mostra che le due linee costituenti la placenta non si 30- no ancora completamente fuse. Nei Vaginata l'enfrattieo appari come linea sottile, rigida, attraversata soltanto dalla faccia interna, sino a brevissima distanza dall'apiee, da un solco il quale non è al; tro che la continuazione, come nel M. perfoliatum e come in tutte le specie provviste di enfrattico, della linea placentare; questo solco quit ; di è sempre ricoperto di funicoli.. Appunto per la sua sottigliezza l’enfrattico non può nel gruppo dei Vaginata riuscire ad occludere completamente l’apertura loggiale. Difatti una fessura resta tra ciascun setto loggiale e l’enfrattico. Alla deficienza di questo in alto riparono le appendici che verso il basso pendono, più o meno prominenti, margine anteriore degli schenidii. Tuttavia l’ostacolo che I enfrat dei Vaginata presenta alla disseminazione è abbastanza efficace | semi sono relativamente grossi e arrotondati, con un diame ché i i maggiore dell'ampiezza della sopradetta fessura. Invece l'e nfrattico del M. perfoliatum ci si presenta piuttosto largo (largo all’ incirca quanto alto) e le sottili fessure, che altrimenti ancora permarrebbero, son? riempite dagli spessi anoicteri, stretti tra il setto loggiale e i fian dell’enfrattico al quale si addossano; ne viene per tal modo una sura ermetica della bocca della loggia ; le appendici degli scher sono qui ridotte a semplici ispessimenti. Ut Nel M. rubricaule ormai l'enfrattico ha acquistato dimensioni cot; siderevoli. Bianchiceio su la superfieie esterna, come quello del M perfoliatum (gli Virili dei Vaginata sono in generale rossicei) K kry À 14 1 j iii re atea Font pr ` L’ EVOLUZIONE DELLA CAPSULA DEI MESEMBRIANTEMI 87 senta su la faccia interna un orlo brunieeio ed il solito soleo placen- tare che corre lungo la linea mediana preservando in alto solo l’orlo brunieeio. Già per le sue dimensioni, per la notevole eonvessità della faccia esterna, per il suo spessore, l'enfrattico del M. rubricaule rap- presenta un elevato grado d'evoluzione, conforme del resto ai carat- teri generali della specie. L'apertura loggiale ne resta completamente ocelusa, per il concorso sovrattutto delle grandi appendici degli sche- . Ma dove l'enfrattieo raggiunge la sua massima evoluzione è nei Linguiformi. In esso presentasi come una enorme emergenza bianchie- eia che pel grande acerescimento seguito lungo il suo lato esterno ri- spetto a quello interno, si in urva verso la cavità loggiale protube- rando anche orizzontalmente nell'interno di questa, cosicchè guardata di fianco offre l’immagine di un angolo. Questo tratto dell’enfrattico ripiegato ad angolo verso l’interno nasconde sotto di sè la massa an- teriore dei semi conferendo all’enfrattico stesso la massima efficienza funzionale, il che è ancora segno di quanto sopra dicevamo, che cioè nei Linguiformi l'enfrattico raggiunge la sua massima evoluzione. Na- turalmente le appendici degli schenidii sono ridotte a semplici ispes- simenti. Gli schenidii robustissimi, streiti l’uno all’altro pel loro mar- gine mediano, e l’enfrattico enorme con la sua protuberanza verso l’in- terno, il quale occlude ermeticamente la bocca loggiale, formano una chiusura perfetta per i semi che a prima giunta fa meraviglia come possano riuscire a scappar via. Ma tutto ciò è conforme alla ‘natura dei Linguiformi che sono le specie tra le più xerofile dei Mesem- briantemi. a 5. Le Valve. Le linee di deiscenza della capsula loculieida dei Mesembriantemi decorrono orizzontalmente dall’orlo capsulare all’asse. Ne viene che, essendo la capsula piatta superiormente, le valve sono delle lacinie orizzontali, allorchè chiuse, e radialmente disposte. Que- sto è carattere comune alle valve di tutti i Mesembriantemi e le par- tieolarità morfologiche provengono loro sovratutto dagli organi annessi: umenoprosteci ed anoicteri; perciò non é il caso di estenderci oltre su di esse. La chiusura delle valve può essere ermetica o no, ma ciò ri- flette, indipendentemente dalla filogenesi, aleuni di quegli adattamen- 88 DOTT. FRANCESCO RAPPA x intorno alla disseminazione. E : .6. Le Logge. Come dicevamo, le logge dei Mesembriantemi supe i no la condizione di semplici concamerazioni dello spazio capsulare assurgere all'importanza di veri organi. Difatti la disseminazione, € trova dei mezzi regolatori negli umenoprosteci, negli schenidii, nell varia disposizione e nel vario grado di potenza degli anoicteri per © le valve si aprono. più o meno completamente, negli enfrattici, funicoli, nelle appendici, ne rinviene ancora un altro neila strut loggiale. In ciascuna loggia si possono distinguere due sezioni: superiore, ampia, da cui i semi, che vi stanno, fuoriescono liberam: te od ostacolati dalle disposizioni a noi già note; ed una inferi profonda, stretta, che tiene serrati i semi e difficilmente li lase sfuggire. Per tal modo anche le capsule che permettono una rap ide nazione raggiuugono un alto perfezionamento, Mors il fondo loggia! si solleva, come avviene nei Linguiformi nei quali tuttavia la loggi non cessa del tutto dalla sua funzione regolatrice, perchè, se ha Pai duto in profondità, ha acquistato nella dimensione antero- -assile, eo servando un fondo appostato sull’asse e alquanto al di là deri seh E nidii. ` | La: : Ma bellisimo ed evidentissimo esempio della funzione regolat che noi attribuiamo alla loggia, ce l'offrono i Coilomorfi. In ques à gruppo di Mesembriantemi la distinzione tra le due sezioni log- - Ee giali acquista caratteri morfologici definiti. Non si tratta più di b Ys linea elie noi tiriamo idealmente tra una sezione e l'altra mentre in realtà la cavità è unica e continua sebbene gradatamente rest gentesi dall’alto al basso; si tratta invece di una vera e propria visione loggiale in due piani, uno inferiore ed uno superiore, per. presenza di mezzi morfologicamente diversi nell'un piano e nell'al E invero mentre negli altri Mesembriantemi la cavità loggiale tutta la sua altezza è delimitata radialmente dai setti -nei Coilom 4 Hs H T L'EVOLUZIONE. DELLA: CAPSULA DEF-MESEMBRIANTEMI ‘89 si osserva la seguente: disposizione : pel tratto. più profondo si «hanno i setti, nel tratto superiore .si hanno gli anoieteri. I setti:dei : Goilo- morfi: difatti nel loro tratto superiore sono ridottissimi e-non raggiun- gono la parete frontale della loggia, cosicchè in realtà in alto la sepa- razione tra le logge non avviene .che per opera degli anoieteri, nei Coi-omorfi opportunamente disposti e conformati. Una. stretta. apertu - ra dà, passaggio dal piano superiore da questi: organi limitato al; piano inferiore limitato dai setti; ma cotesta «apertura si restringe ancor più o scompare completamente allorchè la capsùla inumidita:si apre e de valve. divarieano. La chiusura di questa stretta apertura -può essere così completa che io osservando la capsula aperta di M. ‘cordifobium la eredetti dapprìincipio uniloculare ! L’unica cavità loggiale dunque nei Coslomerfi.si-strozza, per cosi dire in due parti: una superiore ed una inferiore. Quella superiore non solo è amp a, come negli-altri Mesembriantemi, ma anche mancante di schenidii e di enfrattici e talvolta anche degli : umenoprosteci, co- sicchè la dispersione dei semi ne avviene in generale con la massima facilità. Anzi nel M..granulicaule accade. qualche cosa di piü,-eome la preoccupazione di compiere nel più breve tempo possibile lo.spargimen- to dei semi. Difatti le pareti valvari prestissimo si logorano e per tal guisa i semi fuoriescono anche senza pioggia, per semplici scosse del vento. Tutto ciò dimostra l’importanza della sezione loggiale inferiore senza della quale la disseminazione si compirebbe in un istante e non sempre in quello più opportuno; per essa la disseminazione deve com- piersi per lo meno in due momenti successivi molto lontani, perchè o lo stretto passaggio tra le due sezioni o la completa chiusura, come abbiamo detto, di tale passaggio all'aprirsi della capsula, non per- mette che o con somma difficoltà o niente affatto l’ uscita dei semi; in quest’ultimo caso i semi non potranno venir fuori che dietro di- sfacimento della capsula, cioè dopo un tempo assai lungo. E qui è ancora il luogo di accennare ad un altro carattere di straor- dinaria importanza che riferiscesi al gruppo dei Coilomorfi, cioè che men- tre tutti gli altri Mesembriantemi hanno placenta parietale, i Coilomorfi hanno placenta assile. Questo carattere contribuisce, se pur fosse ne- . cessario, a rendere ancor meglio definito il gruppo dei Coilomorfi, il 90 DOTT. FRANCESCO RAPPA q uale ormai ci appare come una unità perfetta. Non mancano tut t avia forme di passaggio. Così il M. acinaciforme ha placentazione | parate che però ms fondo Cala invade l asse con quei l'alto, la pude si i edorebbe soltanto parietale ; sesion ; invece dal basso all’alto e in prossimità del suo fondo, si presenta una doppia placenta: su le pareti e sull'asse. Ció non sembrerà stra- no a chi ha famigliarità con questo singolare gruppo di piante che offre nella sua breve cerchia il piü bell'esempio di un'evoluzione bio- logica passante per tutti i gradi. Talmente graduale è cotesta evolu- zione dei Mesembriantemi che io potrei prevedere l’esistenza di molte u forme a me per ora ignorate, ma che in seguito più o meno presto sarebbero per venire a mia cognizione; per esempio. per restare den- tro i limiti di quanto abbiamo testè detto, l’esistenza di una specie con placentazione precisamente all’opposto di quella di M. acinacifor- 1 me, cioè essenzialmente assile con invasione della parete presso al fondo ovarico ! E Certamente la scomparsa totale degli schenidii nei. Coilomorfi è | connessa con la riduzione dei setti e con la placentazione assile. — . FLEUR n" — L'EVOLUZIONE DELLA CAPSULA DEI MESEMBR!ANTEMI 91 CONCLUSIONI 1. Il risultato più evidente delle nostre presenti osservazioni è la conferma che ne viene a quelle prime che abbiamo fatto nel prece- dente lavoro e alla giustezza della coordinazione che di esse aveva- mo operato per una classificazione naturale dei Mesembriantemi. Nel precedente lavoro i Linguiformi ci sono apparsi come le più e- volute tra le specie di questa famiglia; altri Mesembriatemi, che ab- biamo compreso sotto la denominaz one di Olonettarii, come le più primitive; altri, i Meronettari, come forme intermedie; i Co lomorfi infine come forme più recenti dei Lofomorfi (denominazione generale per tutte le specie aventi nettario crestiforme frazionato o no). Ebbene, l’organizzazione della capsula per la disposizione degli anoicteri, per lo sviluppo più o meno notevole o latrofizzazione o anche l assenza degli umenoprosteci come degli schienidii, per la presenza o no dell’en- frattico e per il vario modificarsi di organi antichi o pel sostituirsi a questi di organi nuovi, ci ha appalesato una linea filogenetica la quale coincide con quella da noi discoperta nel lavoro precedente per mezzo dello studio dei nettarii. Difatti la disposizione più primitiva degli a- noieteri si riscontra negli Olonettarii; così l’enfrattico, che raggiunge nei L'nguiformi (Anettarii) la massima perfezione, o manca negli Olo. nettarii o si presenta come semplice abbozzo, come primo tentativo compiuto dalla specie per un più confacente adempimento di una sua funzione; gli umenoprosteci, molto semplici e soltanto medioeri negli Olonettar i divengono enormi per nuove esigenze nei Meronettarii o si atrofizzano negli Anettarii. Il fatto stesso che anche in certi Olonet- tarii gli umenoprosteci scompaiono mostra come l’obliterarsi di tali or- gani sia un segno di evoluzione, perchè tali Olonetlarii presentano altri caratteri evolutivi che ancora mancano nei primi (per es. il pri- mo abbozzo dell'enfrattico, disposizione ad Y degli anoicteri). Nei Coi- lomorfi poi o gli umenoprosteci sono scomparsi (M. cordifolium) o si sono ingranditi enormemente (M. granulicaule, M. crystallinum, M. splendens); segno l'uno e l’altro, come abbiamo visto, di più alto grado 99 ' DOTT. FRANCESCO RAPPA di evoluzione organica, tanto più che l'ingrandimendo stesso si ae- compagna nei Coilomorfi con l’acquisto, per parte degli umenoproste- ei stessi, di altri caratteri evolutivi e di nuovi speciali adattamenti. 2. I Mesembriatemi costituiscono‘ un gruppo difficilissimo a studia- re per le grandi differenze, ma forse ancor più per le grandi somiglian- - ze. Non puó negarsi quindi la grande omogeneità del gruppo, tale che sinoggi l’intera famiglia. non è stata distribuita che in un sol genere. Tuttavia:vogliamo richiamare. l'attenzione su quel singolare e meravi- glioso ‘organo che è l'enfrattico. Se. pure potesse sorgere dubbio su la | detta omogeneità del gruppo, omogeneità che. leggittima appieno la costituzione di tutte le specie appartenentivi in unica famiglia, vi sa- rebbe: già l'enfrattieo a dimostrarne l'insussistenza, perchè l'enfrattieo si presenta nelle forme più lontane (M. spinosum, M. perfol atum, M. vaginatum, M: rubricaule, M. linguiforme, ete.); ora la presenza di un organo cosi singolare e maraviglioso in forme all'apparenza così: - lontane. non potrebbe spiegarsi, per la: sua stessa singolarità, se non. … con la. fondamentale unità di quelle forme; unità per lo meno di fa — miglia. Ecco un altro dei punti. pei quali è particolarmente grande: l’importanza dell'enfrattico. | . 9. Ma per quanto grande sia. l'omogeneità del gruppo, per quanto giustificata la costituzione di un’unica famiglia, non ci sembra altrettan- to giustificata. quella di un sol genere, anzi diciamo che le nostre: 08- servazioni ci permettono di affermare che in avvenire l'unico genere si scinderà in numerosi altri; per es: i. Vaginata, i Linguifo»mi, pos- sono benissimo costituire due generi. ben definiti; lo stesso potrebbe dirsi forse di altre delle attuali sezioni degli Autori e certamente di gruppi che:si formeranno ex novo con specie raccolte in sezioni di- verse. | 4. Come i. Vaginata e i Linguiformia sono esempii: di antiche se- zioni che. possono passare per intero a costituire nuovi generi, così le sezioni Blanda, Corniculata; Glomerata ed altre ancora potrebbero somministrare delle specie per la costituzione di un altro genere. Ma un esempio eminentemente dimostrativo di quanto diciamo € della natura meramente artificiale delle antiche classificazioni ci vien forni- to dalle specie: che abbiamo compreso sotto la denominazione di. Coi- L'EVOLUZIONE DELLA CAPSULA DEI MESEMBRIANTEMI 98 lomorfi, specie che vengono somministrate dalle sezioni più lontane e che pure ci si manifestano così affini sia per i caratteri dei nettarii, sia; e di qui seorgesi ancora l'importanza della capsula nella nuova classifieazione, pei caratteri della capsula stessa. Le sezioni à noi no- te che somministrano le specie al gruppo dei Coilómorfi sono i Platy- phylla (M. crysta'linum), i Cordifolia (M: cordifolium), gli Sp'en- dentia (M. sp'endens), i Juncea (M. grenulicaule). Or i nettarii per la serie di considerazioni che noi abbiamo fatto su di essi nel prece- dente lavoro, assumono: nei Mesembriantemi un'importanza fondamen - tale nei riguardi della classificazione e già, per chi si mette dal no- s'ro punto di vista, basterebbero da soli a separare il M. crystallinium, ` il M. eordifolium, +l M. splendens, il M. granulicau’e dalle rispettive sezioni per riunirli nel nuovo gruppo dei Coilomorfi. Tuttavia io ri- masi pieno di stupore allorchè, studiando la capsula dei Mesembria- temi, rinvenni nelle specie, che avevo già riunito nei Coilomorfi, quel- ta perfetta identità di organizzazione a cui ho già aecennato prece- dentemente parlando delle logge. Per quanto diversi possano sembrare per es., il M. splendens ed il M. cristallinum pei caratteri del corpo vegetativo, le loro capsule morfologicamente coincidono nel modo più perfetto, cosicchè, se non fosse per qualche carattere meramente ac- cidentale, non si potrebbe far differenza tra le capsule delle due specie. E quel che aggiunge meraviglia a meraviglia si è che anche le modificazioni e gli adattamenti funzionali intervenuti negli organi capsulari di una di queste due specie rispetto ai medesimi organi nel- le specie degli altri gruppi, sono intervenuti nell’altra; di qui la per- fetta identità morfologica delle due capsule. Unica differenza, che tra tanta somiglianza più colpisce, sta nei semi: grandi, lamellari, con aletta o no (secondo le sue due varietà) nel M. splendens, piccoli numerosi, senza aletta, tuttavia appiattiti, nel M. crystallinum. Ma que- sta diversità nei semi (più che nella loro morfologia, nella loro gran- dezza) serve di passaggio, quando non ci fossero gli altri caratteri, al M. granulicaule, il quale ha i suoi semi conformati precisamente come il M. c ystollinum, anche per la grandezza. Il M. cord'fol'um poi ha semi piuttosto lenticolari e grossetti e poco certa Però queste due ultime specie presentano una particolare modificazione, delle + osservazioni sui nettarii e su la capsula dei Mesembriantemi non aves- affinità delle specie che abbiamo compreso sotto la denominazione di * Coilomorfi, esse non cesserebbero di essere importanti. i parete si logora e perfora, cosicchè di esse non restano, esternamente, - che due linee ad angolo rappresentanti lo spessore degli umenoprosteci | sore dei due anoieteri paralleli e l'uno all'altro addossati; degli ume- noprosteci il M. cord:folium in quanto che ne sono scomparsi. | E dopo eió noi sentiamo, ei sia permesso di dirlo, che se le nost sero condotto ad altri risultati che al riconoscimento della strettissima Lav. IX r 'Malpighia— Vol. XXVI ber Royal de Firenze. dr aie ur ARE IRA II la copi er a * ji "e "m E ni RASSEGNA MENSILE DE BOTANICA REDATTA DAL DOTT. L. BUSCALIONI ” PROF. ORD. pr BOTANICA- NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA s ANNO XXVI — FASC. II-VI MARCELLO MALPIGHI 1627-1694 - -CATANIA REN T Tipografia « La Siciliana » Fratelli Perrotta - 1913 | CONDIZIONI La MALPIGHIA si pubblica ogni ee in fascicoli di 6 fogli di stampa almeno, oppure in fascicoli doppii corredati, secondo il bisogno, da tavole. L'abboriamento annuale. importa L. 25, pagabili alla ricezione del :. fascicolo del- = Pann ata. — L’intiero volume annuale G6 di in 8. con circa 20 tavole) sarà messo in vendita "d prezzo di i 30 Non sararino venduti fascicoli separati. "Agli autori saranno corrisposte 100 copie estratte dal periodico, 15 giorni dopo cla pubblicazione del fascicolo. Qualora fosse da loro richiesto un maggior numero di esemplari, le copie in più verranno pagate in ragione di L. ro al foglio (di 16 pag.) per 100 copie. Quanto alle tavole AA girini occorrerà soltanto rimborsare le spese : dr carta € di tiratura. Le associazioni si ricevono presso il Prof. L; BuscALIoNI in Catania e presso le ` princ pali Librerie Italiane e dell'Estero. Ai Librai è accordato lo sconto del 20 ojo. I manoscritti e le corrispondenze destinate alla MALPIGHIA dovranno essere indigi: zate al Prof; L. BuscALIONI in Catania. Si accetta lo scambio con altre TEE die esclusivamente botaniche. Per. -annunzi e inserzioni rivolgersi al Direttore Prof. L. BuscaLioni, R. Univer- SHA- Catania. | Tariffa delle inserzioni sulla copertina per ogni inserzione. E > pagina E16 I[2 pagina . L. 20 314 di pagina —» 25 1]4 di pagina » 15 In fogli separati, annessi al fascicolo, a prezzi da convenirsi. Proft. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLÓ -— Studio monografico sulle Specie americane del Gen. "Saurauia,, Willd. (continuazione) L'ovario puberulo, il lembo notevolmente sviluppato, il pieeiuolo lungo assai, le sete piü robuste, la patria differente fanno distinguere subito la S. Lehmanii dalla nostra Specie, ` Colla S. xanthotricha le affinità sono un po’ più evidenti, ma la S. xanthotricha ha foglie più grandi e più marcatamente serrate, pie- ciuoli assai lunghi e sete lineari. La patria poi è del tutto diversa. Le affinità si rivelano nei rami, picciuoli e peduncoli coperti da sete pa- tenti, rufescenti; nelle foglie oblunghe, obovate, acute agli estremi (non sempre però nella Xantotricha !), ricoperte da sete appressa te, ferrugi- : nee, più abbondanti sulle nervature e sulla costa; nei petali spesso sub-rettangolari, più lunghi !/, cirea del calice e infine nelle sete mar- ginali della foglia che simulano denti secondari. Quasi per gli stessi ca- ratteri sopra ricordati differisce la S. pyenotricha che inoltre ha il calice tomentoso o al più brevemente setoso, pannochia più breve della foglia, x sete molto lunghe, base fogliare molto deeorrente. AX L’ Isoranthotricha ha un pieciuolo lungo; una foglia ben diversa- mente conformata, ottusissima alla base; setosità più accentuata e for- mata da sete più intensamente rossiccie. Non ci soffermiamo a studiare i caratteri differenziali della &, ex- celsa che, a prescindere dal margine fogliare integro, sono quelli della hc Xanthotricha. La S. Ruitziana è molto più tomentosa, ha foglie più grandi, ottuse alla base (non sempre), spesso glabre o subglabre supe- riormente, villose sotto, le infiorescenze subglomerulari e dai rami robusti, : sorrette da un peduncolo pure assai grosso, molto più breve delle foglie e talora subuguale ai brevi pieciuoli. I fiori vistosi poi presentano un ealiee intensamente villoso all'esterno, subglabro all' interno. La patria infine è differente (Perù). Va notato però che nella Ruitziana le brattee sì sviluppano talora notevolmente. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO S. Ursina Tr. et PI. Caratteri differenziali S. pseudopeduncularis B Caratteri comuni brevemente Lembo Base fogliare cunea- ta, ottusa. Pannochia breve. Fiori del diametro di 15- I8 mm. a stili lun- ghi. N. Granata. Lembo a punta assai lunga. Margine fogliare non coriaceo, Base fogliare acuta, talora un po’ decorren- te. Pannochia lunga. Fiori del datto 2-14 mm., a stili trofici. di a- Messieo. Piante strigose, tomen- tose, rufescenti. Foglie oblonghe,acute, den, ticolate, a denti sporgenti. Lembo superiormente mol- to strigoso, sotto vellutato. Nervi scarsi. Fiori brevemente pedi- cellati, a calice setoso nel- parti scoperte nel boc- le cio, pulverulento dentro Ci siamo indugiati alquanto a trattare delle affinità e differenze ehe presentano le varie specie di Saurauia a foglie setose, villose, poichè è noto che spesso nelle stesse le brattee diventano fogliacee, di guisa che riesce oltremodo malagevole distinguere siffatte. forme dalla S. pseudo peduncularis. Nel qual caso l’unico criterio diagnostico differenziale può riscontrarsi nella patria differente e questo giova appunto a distinguere la S. ursina forma Veranii dalla nostra Specie. Vediamo ora quali rapporti intercedono colla S. MN Tr, et PI. S. peduncularis Tr.et PI. ‘ grande, ovale, à pagina | srümo MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Caratteri differenziali S. pseudopeduneularis| B Caratteri comuni Sete del caule sottili, non irem a pulve- rulen Pioin ali setoso. embo non molto superiore coperta da mucroni o tubercoli. Pagina inferiore gial- lo - fulva. Pagina superiore del lembo scabra, apparen- temente subglabra. pice del lembo a- 0. Base fogliare ottusis- ima. Pagina inferiore pul- verulenta, setosa sulla Sete del eaule talora dilatate alla base, com- miste a pulverulenza. n dia setoso pul- verulent deti talora gran- ', Obovato, coperto sulla. pagina 'superiore da sete bianchiccie (sul parenchima), o fulve (sulla costa), disereta- mente FIN Quà alehe muerone. Paria inferiore gial- o verdiecia. Qi E ntrambe 1 ine fogliari molli al tatto pe e ben distinte. Apiee del lembo ter- minato in Agro più o costa; sete e peli nare Manda lati sul resto del paren chima. ot 12 - 14 fini, a sporgenti alla pa- ein inferiore. M di 3. ordine manti un reti-|di l forr edo con quelli di 4. ordine. Rami dell'infiorescen- za lunghi 1 em. Stami eirea 35. - N. Granata. meno lun Base fogliare acuta od ottusa, Pagina inferiore co- perta da sete lunghe sulla costa, da peli, non i rado ramosi, sulle altre parti. | 20 fini Nervi da 16 - poco sporgenti alla pa- gina inferiore. Nervi di 3. ordine non formanti reticolo e appena rilevabili alle sa che li accompagna- no. che lunghi 3 - 4 Ruu 25 - 30. Messico (Nolasco, et.J.| Apice del fusto abbon- dantemente coperto da se- unghe, riccie, fulve. Pieciuolo breve, setoso come il fusto. Pagina inferiore molle al tatto. Infiorescenza più breve della foglia, coperta da sete fulve commistea pul- verulenza. Margine serru- lato-serrato irregolarmen- te. Brattee fogliformi, pic- ciuolate, terminate in pun- ta, villose alla pagina in- eriore Calici puligtuli dentro e fuori e inoltre setosi nelle parti scoperte nel boeeio Petali ovali o subqua- drangolari, smarginati. Ovario a stil atrofici. 100 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Appare adunque dal presente specchietto che se i caratteri differen- ziali sono molto numerosi non appaiono tuttavia molto importanti. Dalla var. Veraniana differisce pel picciuolo breve, pei nervi di 3. ordine non bene distinti, per la pannochia più breve della foglia, per le brattee dentate. Concordano entrambe pel numero relativamente grande di stami e pel numero subeguale di nervi secondari. x + * Le affinità della S. pseudopeduncularis Buse. sono poco chiare; poichè da un lato non è possibile stabilire un rapporto filogenetico colla S. peduncularis, dall'altro neppure una derivazione da forme messicane a brattee piccole. I peli stellati alla pagina inferiore potrebbero lasciar sospettare una affinità filogenetica colle forme dal gruppo Oreophila, ma gli altri caratteri non ci autorizzano a collegare questi tipi assieme. Nep- pure colla Conzattii si può trovare un nesso di parentela chiara. In quanto concerne le affinità colla S. peduncularis, le stesse sareb- bero plausibili se le due forme abitassero regioni uguali; nel caso attuale hanno invece poco valore, salvo il caso che non si voglia ammettere un’accidentale emigrazione dall America meridionale al Messico o viee- versa. 15) Saurauia Selerorum Busc. n. sp. Esemplare studiato: Es. N. 2819 di Cecil. e Ed. Seler, raccolto nel loro viaggio al Cen- tro America, più precisamente nel Guatemala (Giugno 1896) presso S. Martin (Dipart. Huehuetenango) nello Shrub. (Es. d. Museo di Berlino). Caulis geniculatus, striatus, haud fistulosus, minute setosus, ad api cem villosus. Setulae albicantes vel ferrugineae ad basim dilatatae. Petiolus crassus, 3 cent. longus, setis longis, luteis aut ferrugineis (in petiolo senili) indutus; Lamina chartacea, membranosa, ovalis, apice breviter acuminato, basi aeuta aut parum rotundata. Margine setuloso | subintegro aut ad basim mueronulato, ad apieem serrato. Serraturae pese nervis maioribus respondent. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 101 Pagina superior mucronibus rubris et setis minutis hispida, sed nervi majores et costa setis induti; setae albicantes ad basim dilatatae. Pagina inferior parce tomentosa pilis albieantibus vestita: nervis, exceptis maioribus, setas gerentibus. Nervi seeundari 21-24 inter se distantes, cum axillis parce pilosis. Inflorescentia multiflora, brevissime pedunculata, saepe congesta, bru- neo rubra, setis bruneis aut ferrugineis hispida. Bracteae minutae. Flores discreti, subsessiles: calice glabro, praeter partem in gem- mulario ad aera expositam setis minutissimis obtectam. Margine saepe eiliato. Petali lobati, emarginati ealycem superantes. Antherae valde divergentes, filamento rufescente. Ovarium glabrum stylis obsoletis. Caule un po’ torto, grigiastro, rugoso, solcato o finamente striato, non fistoloso (?), coperto di setute o sete minute (lunghe 1 - 1 !/, mm.) abbondanti sulle parti giovani, talune dilatate alla base, per lo più fer- ruginee, ma spesso con punta bianchiecia, le quali danno un aspetto morbido, ferrugineo brunastro alla parte. Cicatrici fogliari umbellicate o piane, ovali, brune, sormontate da gemma setosa, pelosa conica od ovoidea. Foglie giovani villose per sete sericee, più lunghe ed -anche più chiare di quelle caulinari. Picciuolo delle foglie adulte lungo tre cm., robusto, fulvo o bru- niccio per sete abbondanti, curve, lunghe 2 mm., soggette a mutare di colore coll’età, passando dal giallo al bruno. Lembo diseretamente grande, ovale, lungo 20-24 cm., largo cir- ca 10 em., cartaceo o subcoriaceo. Apice terminato in punta (lunga 1-2 em.) larga alla base oppure soltanto acuto o subacuto. Base del lembo acuta, talora subdecorrente, od anco leggermente arrotondata. Margine variamente conformato nei diversi esemplari; talora subinte- gro, mucronulato, denticolato, in tutta l’estensione con denti terminati da seta curva caduca; tal’ altra invece mucronulato alla base, serrato irregolarmente all'apice. Le serrature più grandi, mucronulate, corri- spondono alle terminazioni dei nervi secondari. Pagina superiore di color rosso bruno, d' aspetto marcatamente vellutato come nella S. Spragueana: la inferiore ferruginea chiara, to- | mentosa. Entrambe le faccie molli al tatto, o la superiore un po’ sca- 102 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO bra. Pagina superiore coperta, sulla costa, di sete appressate, bianchie- 1 cie, un po' dilatate alla base, lunghe 1 LB xa mani Le stesse sete, ma più corte, si trovano sulle nervature secondarie, mentre tutto il parenchima è disseminato di mucroni abbondanti, ros- sicci, a cui si interpone qualche rara seta un po’ dilatata e gialliccia alla base, bianchiccia all’ apice. Sulla pagina inferiore le sete sono discretamente lunghe (3 mm.) ai lati della costa, dove formano una specie di rivestimento che rende barbate le ascelle delle nervature secondarie. Le sete sono ivi inoltre fulve. Le stesse sete, ma più corte, esistono pure sui nervi di 2. e 3. or- dine, mentre il parenchima è tomentoso per peli bianchicci stellati (?) Di quì la colorazione giallo sporca o ferruginea chiara della super- ficie e l' aspettto tomentoso. A Nervature principali e costa umicamente È periore, quando non spiccano per accidentale inferiore la costa è fina, sporgente come i nervi accennate alla pagina su- Alla secondari i quali spiccano glabredine. pagina sia per le particolari sete di cui sono ornati lateralmente, sia per il colore brunastro. Nervi terziari poco ‘distinti, fini, distanziati, perpendicolari ai secondari ed a decorso vario, pure contrassegnati dalle finissime e corte sete gialliccio - chiare. Nervi secondari circa 21-24, appressati fra loro alla base del lem- bo, distanziati gli uni dagli altri all'apice di questo, paralleli, o talora anche un po’ irregolari nel decorso, patenti, poco curvi, nettamente di- cotomici all'estremo libero (non sempre !). Ascelle dei nervi oscuramen- te barbate con sete più chiare. Infiorescenza brevissima, a peduncolo lungo 2-3 em., di rado più lungo (1 dm.) a rami brevi o discreti (3-8 em.) patenti, compatti distanziati gli uni dagli altri, a fiori subsessili e in pannochia contratta, più di rado lassa, multiflora. Bratteole fiorali strette e brevi, non sem- pre bene distinte. Tutta l infiorescenza è bruna rossiccia per sete un po riccie, patenti ed appressate, fulve, ferruginee o brune lunghe cir- | ca 2-3 mm. Fiori non molto sviluppati ( 12 mm. circa?) Calice di 5 suli lunghi 34 mm. ottusi od acuti, alquanto diseguali: negli esemplari da noi stu- diati i due esterni, più piccoli, sono at su tutta la faccia esterna È È Mo #4 STUDIO SoNOGIAPICO SULLE SPECIE AMBRICANE ECC. di cortissimi mucroni setuliformi appena ben distinti. ad oechio, bru- ni un po' larghi alla base, due altri li portano solo sulla linea me- diana e il quinto su un lato. Fra le sete si nota una leggera pulve- rulenza. Il resto della faccia esterna e la superficie interna si pre sentano glabre, fatta eccezione per il margine che talora è cigliato. > Corolla rosea, molto più grande dei sepali, a petali un po’ lobati o smarginati. Stami non molto numerosi, più brevi della corolla, pelosi - alla base, ad antere profondamente bifide ed a teche divaricate, dorsi- fisse: filamento rossiccio. Ovario glabro, senza stili. Caratteri differenziali e di affinità. La infiorescenza contratta, glo- merulare e la forte setosità sono pure caratteri reperibili nella S. Ruit- ziana Steud. la quale poi presenta nella var. Weberbaueri una forma a foglie denticolate serrate. Ma la S. Selerorum ha foglie più distinta- mente vellutate alla pagina superiore, infiorescenze, picciuoli e rami me- no vestiti di sete e queste poi assai più brevi e brune. Le brattee so- no piccole, mentre nella S. Ruitziana sono grandi, quasi fogliacee, ed i fiori si presentano del pari molto meno-sviluppati di quanto lo sono in questa ultima. L’ovario infine differisee per aver gli stili eorti nella no- stra specie. Ma le differenze più caratteristiche le troviamo nel calice che nella S. Ruitziana è tomentoso pubescente in tutte e due le fac- cie, e porta inoltre delle sete lunghe sulle parti scoperte nel boccio, mentre nella ©. Celerorum è glabro, ad accezione del margine e delle parti scoperte nel boceio, brevemente setuloso-mucronate. Per converso l infiorescenza della S. Selerorum presenta una certa analogia con quella della var. Weberbaueri, pel fatto che è in entrambe pareamente e brevemente setosa, ramosa, un po' lassa, con fiori non molto grandi. Però si tratta di pure analogie, inquantochè non è il caso di parlare di real affinità, in specie che vivono in regioni così discoste l'una dal- l'altra come il Guatemala e il Perù. Colla 8. bullosa Vawre maggiori sono le rassomiglianze. Aid è Vero, nella S. Selerorum la bullatura, ma noi sappiamo che questo è . un carattere di variazione punto specifico. - Per converso la forma delle foglie, l'aspetto vellutato della | pagina superiore, il rivestimento tomentoso dell’inferiore, ed il colore, sono ca- ratteristiche comuni alle due specie. Nella S. bullosa noi abbiamo delle 104 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO toglie intere mucronulate, nella Selerorum invece dei lembi ad un tem- po mueronulati e lassamente serrati, serrülati, ma anche a questo pro- posito giova rieordare che il reperto differenziale non va preso in trop- pa considerazione. Per ciò che concerne la villosità delle foglie le dif- ferenze sono minime. Più sviluppata è l'infioreseenza nella S. bullosa, ma i caratteri fiorali, in specie quelli riferentisi alla glabredine delle parti eoperte del calice, alla setulosità m parti scoperte, sono si può dire corrispondenti. L'ovario nella S. bullosa è tuttavia sormontato da stili lunghi, men- tre nella S. Selerorum questi sono brevi. Caratteri differenziali S. dei Er: et PE S. Selerorum Buse. * Sete lunghe, tulve al- Sete alla pagina in- feriore e superiore. Brattee allungate. Calice tomentoso-pu- bescente all’interno ed all’esterno. Sete sulle parti scoperte della fac- cia esterna. Ovario a stili lunghi. Antioquia rulato-serrato nul Caratteri comuni Sete brevi, fulve o brunastre sulle foglie giovani ed all’apice del eaule. Lembo subcoria- ceo, eon margine ser- mucro- ato. ` Nervi 20-24 barbati alle ascelle, poco obli- qui e poco curvi. Pa- gina superiore coperta di sete e mucroni. Se- te giallo-fulve e peli bianchi sulla pagina inferiore. Brattee brevi. Caliee coperto di se- te sulle parti scoperte nel boccio, del resto NE merica centrale. | Diresse Pieeiuolo lungo, coperto di sete rossiceio-ferrugi- nee, Lembo discretamente grande, rossiccio sopra, più chiaro sotto, dolee al tatto da entrambe le parti. Base fogliare arroton- data od acuta. Apice sO o termina- to in punt Nervi Pone distinti so- pra. Pagina superiore €O- perta di sete assai più ab- b della foglia, ramosa, setu- losa o anco brevemente setosa. Fiori subsessili 0 pedicellati. stami poco numerosi, mc NC ETUIS Ri TE | STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. X Caratteri differenziali S. subalpina D. Sm. S. Selerorum Buse. Caratteri comuni Lembo oblanceolato, cuneiforme Pagina superiore dij: aspetto granulare, as- sai scabra agina inferiore d'a- spetto pulverulento-fer- rugineo. Pagina superiore ir- mueroni sulla costa e nervi . maggiori; parenchima irto di tubercoli bian- chicei, di sete rossicce, barbate alla base con peli bianchi Sete barbiite alla ba- se, ferruginee sulla co- rivestimento pulveru-|e lento. Peli stellati, bian- chi e sete gialliecie sul parenchima. . Nervi 18-22, robusti e ben distinti. nfiorescenza più bre- ve della foglia, turfu-| raceo- Prania, se- Fiori grandi a se- coperti da minu- fiie setule pulveru-| lenti, ma limitatamen- te alle parti scoperte si boccio. Ovario senza stili. li stellati. (?) dalle ya che li accom- ila faccia esterna. Lembo ovale. agina superiore di aspetto vellutato, molle al tatto. Pagina inferiore to- mentosa, ferrugineo- chiara. Pagina superiore co- perta sulla costa e ner- vi maggiori di sete appressate, bianchiccie,|toio dilatate alla base. Pa- renchima di mueroni rossicei e di rade sete dilatate alla base, bianchiecie| all'apiee. Pagina inferiore eo- chima tomentoso per pe- ervi 21-24, poco di- stinti e fini, resi visibili|n agnan Haine talora Stili grandi. disseminato| Rami cenerognoli, co- perti all'apice da sete non molto lunghe. Sete seri- cee, ferruginee o rossic- cie sulle foglie giovani. Pieeiuolo hé 2-3 em. robusto, setos Lembo AN VAR FRE acu- to ai due estremi, o termi- nato in punta (sgoceiola- a to rs spondenza dei nervi mag- iori. S ture tate da sete curve. Ascelle dei nervi se- bate alla pagina me Rami dell’infiorescenz distanti gli uni dagli altri. s rattee e bratteole mi- "Sepali glabri sulle par- ti coperte nel boccio, à margine però cigliato. Guatemala sormon- ^d gta LETI lee ELE x tenenti al gruppo dell'Oreophila è risultato che indubbiamente la £ lerorum è affine filogeneticamente alle stesse, Si tratta adunque di una. ARI P E E 106 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Dall'Oreophila Hemsl. differisce per molti caratteri: il caule non è ey . . . + . . ‘coperto all'apiee da sete pulverulente minutissime e lo stesso dicasi pel picciuolo che nell’Oreophila poi è variamente lungo: il lembo fogliare non è lanceolato, nè costantemente acuto alla base: il margine non è solo denti- colato: la pagina superiore non è soltanto coperta di sete, e queti la infe «i riore non porta dei peli stellati così marcati e abbondanti quanto son quelli dellOreophila. Il numero dei nervi secondari in questa è minore. La infiorescenza nella Selerorum è più sviluppata, non pulverulento- setosa. Nell’ Oreophila le parti scoperte del calice sono rivestite di pulverulenza (peli stellati minuti) e i fiori infine sono unisessuali. Uno scambio colla s. latipetala Hemsl, non è possibile perchè que- sta ha caule e pieciuoli pulverulenti, setosi; presenta la pagina inferiore del lembo irta di peli stellati e di sete pulverulente alla base; offre un minor numero: di nervi; ha un'infiorescenza furfuraceo-pulverulenta, por- tante dei fiori grandi, pulverulenti sulle parti del calice scoperto nel ca boccio e con molti stami (30-35). L'ovario infine è longistilo. i Presso chè per gli stessi caratteri della Oreophila differisce la S. Pringlei dalla nostra specie, con cui tuttavia ha eomune sia la forte ed ii irregolare dentatura del margine fogliare sia le ascelle dei nervi barbate. Le differenze principali consistono nelle sete eaulinari, del pieeiuolo e dei nervi barbate alla base; aggiungansi i nervi meno numerosi, i calici pulverulenti, gli stili lunghi e peli stellati, abbondanti alla pagina infe- — riore del lembo e molto distinti. Non insistiamo sulle differenze che presenta la 5. Villdemanni es- sendo a un di presso quelle dell Oreophila e della Pringlei, mentre el riserbiamo di diseutere le differenze rispetto alla S. Nelsoni quando trat- tasi di questa forma. Qui crediamo utile di rilevare, come ultimo dato, che nessuna affinità si ha colla S. villosa DC, dalle foglie assai più grandi, più villose, più ricche di peli stellati ben distinti, dalla panno- chia grande e a fiori piccoli o discreti. * * * Dallo studio comparativo della nostra specie cogli altri tipi appar e Se n A bu. ns on Foa, divenuta tale probabilmente per le peculiari condizioni d esistenza. Cogli altri tipi del America meridionale che pure abbiamò | preso in considerazione le affinità sono più che altro apparenti: tutto al più qualche lontano rapporto filogenetico, ma molto Sobhit può trovar- si ancora colla Ursina o colla Bullosa. Quando studieremo le altre forme del gruppo della Oreophila fa- remo risaltare le affinità che collegano fra loro i differenti tipi, non sem- pre ben distinti gli uni dagli altri. Qui ci limitiamo a far notare che il nome di S. Selerorum fu dato alla Specie (in schedula) da Loesener e Gilg, per ricordare l'opera scientifica dei coniugi Seler nel Guatemala, i quali appunto raecolsero ivi la Specie. Essi peró non hanno pubbli- cato aleuna osservazione in proposito. Noi abbiamo ereduto doveroso conservare il nome, per quanto data la affinità colle Saurauia del gruppo Oreophila o coll Ursina, sarebbe stato. più opportuno eontrad- distinguere la nostra specie con una denominazione che accennasse alle E forme sopra indicate (p. es. Pseudo-ursina^. a) Saurauia Selerorum Busc. var. pseudonelsoni Buse. Tav. XII P BO. 24. ! Esemplari studiati: Es. della Collez. Galeotti provenienti dall'Herb. di Bruxelles, stati raccolti nel Maggio 1845 al piede del Cratere di S. Martin (Messico). | Fusto gialliccio, striato per lungo, pulverulento-setoso, a sete pa- tenti, più abbondanti all’ apice, ferruginee, spesso robuste alla base, | lunghe 3-4 mm. Apice dei rami setoso - tomentoso. Cicatrici fogliari pianeggianti e a ferro di cavallo. is Picciuolo lungo 20-35 mm., sordidamente cenerognolo o ferrugi- neo, pulverulento-setoso, à sete spesso eaduche, patenti, curve lunghe 2 - 9 mm., larghe alla: base. Lembo di grandezza variabile (12-19 em. x 6-10 em.) obova- to o lanceolato - obovato coriaceo o subcoriaceo, rosso bruno sopra, od anco sparso di macchie grandi ferruginee sbiadite, giallo ferenpineo alla |. pagina inferiore. Pagina superiore molto ruvida, l'inferiore un po’ dolce al tatto. 108 PROPFF LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Margine intero, denticolato - mucronato, di rado irregolarmente denta- to o setoso, a denti e mucroni eretti. Le differenti forme di contorno sono presenti nelle diverse foglie di un unico esemplare. Apice acuto o prolungato in punta breve, talora invece ottuso. Base per lo più leggermente arrotondata, talora invece acuta, cuneifor-. me, quasi sempre un po’ disimmetriea. Pagina superiore coperta, sulla costa, da sete lunghe 3 mm. fine, fulve, appressate, qua e là però ridotte a mucroni setuliformi, brevis- simi. Sulle nervature laterali si hanno le stesse sete, più rare però e meno lunghe, oppure si incontrano solo dei mucroni. Il parenchima è più o meno abbondantemente irto di mucroni giallicci, o rossicci, ta- - lora abbastanza robusti, talora all’ opposto ridottissimi e scarsi. Di qui l'aspetto più o meno granuloso, o viceversa liscio e piano della superficie quando venga esaminata ad occhio nudo. Tra i mueroni si notano delle sete anch’esse scarse od abbondanti, brevi o lunghe. Pagina inferiore setosa, a sete lunghe, appressate, fulve sulla co- sta e sui nervi principali, dove si nota pure una pulrerulenza più 0 meno marcata. Sulle nervature di 3. ordine e sul parenchima abbon- dano invece i peli ramosi stellati, bianchicci, commisti a qualche mu- crone setuliforme fulvo (sui nervi più piccoli). Le sete della costa sono. spesso dilatate alla base, lunghe 2-3 mm.; diminuiscono in lunghezza sui nervi secondari e si presentano minutissime, appena visibili ad oc- . chio, su quelli minori. La superficie appare perciò pulverulenta an zichè tomentosa. | Le ascelle dei nervi secondari sono distintamente barbate con peli bianco giallieei. Nervature secondarie circa 21-22, parallele, appressate fra loro nelle foglie corte, un po’ distanziate in quelle grandi, patenti o leggermente oblique, diritte, subdicotome, poco o punto mareate sopra, robuste alla” pagina inferiore. Nervi di 3. ordine finissimi, numerosi, avvicinati gli uni agli altri, perpendicolari ai secondari, subdiritti. Infiorescenza grande, ma più breve della foglia (lunga cirea 18 em., larga 8 em.) a rami lunghi 3 em., patenti, distanziati gli uni dagli altri, a loro volta ramosi e terminati in dicasi (pedicelli). STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. |. 109 , Peduneolo lungo 8-10 em. robusto, cilindrico e spesso leggermen- te solcato. Brattee e bratteole abbastanza sviluppate (almeno le basali), lanceolate lineari, acute o triangolari (bratteole terminali). Brattee basali lunghe circa 8 mm., larghe 3- 4mm. spesso spostate dalla sede normale. Tutta quanta l’infiorescenza è coperta di sete curve, patenti, ferruginee, brune, lunghe 2-2 !/, mm. miste a pulverulenza dello stesso colore. Rami e pedicelli però più distintamente ferruginei. Fiori del diametro di 12-14 mm. portati da pedicelli lunghi 3-4 mm. Calice di à pezzi un po’ disuguali, ovali ottusi od acuminati, lun- ghi 4-5 mm. coperti di una minuta pubescenza cenerognola sulla faccia esterna e parzialmente anche sull’interna che però è glabra e rossiccia alla base. Le parti scoperte nel boccio della faccia esterna sono inoltre minu- tamente setulose alla lente. Corolla '/, più grande del calice, a petali subquadrangolari, stretti, spesso smarginati od ottusi. Stami circa 30 sub- eguali al calice; antere strette, rosso brune, conformate secondo norma: filamenti sottili, barbati alla base con peli brunastri. Ovario mancante nei fiori esaminati. Caratteri differenziali e di affinità. Questa forma presenta non poche affinità che rendono oltremodo difficile stabilire la sua esatta sistemazione nel quadro sistematico. Indi- cheremo qui pertanto i principali rapporti che essa contrae con altre specie e colla forma genuina. Da questa differisce per l apice del fusto e pel pieeiuolo pulveru- lenti (oltrechè setosi), pel margine fogliare per lo più mucronulato den- ticolato, per la pagina superiore d’aspetto granulare a causa del predo- minio dei mueroni, per le nervature setoso-pulverulente alla pagina in- feriore, per il parenchima su questa faccia pure ricco di mueroni, per l’ infiorescenza grande fornita di brattee sian poro e pel calice subgla- bro sulle parti coperte nel boccio. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali S. aspera Turez. S. Selerorum Busc. |var.pseudonelsoniBuse. Caratteri comuni Foglie sparse ovun- que di mueroni , coper- te però anche di sete alla pagina inferiore. più ottuse. Margine fogliare den- 0. pi Nervi non molto nu- erosl. Basi fogliari per lo o d Foglia solo sparsa di tubercoli abbondanti alla pagina superiore che diventa granulosa. Basi fogliari per lo n) cute. Margine talora sub- Caule car pulveru- lento all’a Pieeniolou. non i molto lun- go, pure pulverulento se- tuloso. Ascelle dei nervi secon- dari barbate Titans di poco più breve della foglia, se- tul osa furfuracea integro. Caliee glabro nelle parti coperte nel boccio. Ovario a stili lunghi. Nervi in numero di-| Brattee lineari, disere- sereto. Caliee in parte|tamente sviluppate e spes- pulverulento sulle parti|so spostate dalla sede nor- coperte nel boccio. male. Ovario $ Calice setuloso pulve- rulento sulle parti seoper- te nel boccio. Messico. Dalla £. brachybotrys Turez. genuina differisce per i fiori piccoli, , poveri di stami, per le ascelle dei nervi secondari barbate, per la patria, e per altri caratteri di minore importanza. Uno scambio colla $. Leh- manii Hier., neppure può avvenire avendo questa le foglie grandi, ear- tacee, molto grossolanamente serrate e colle serrature strigillose, la pa- gina inferiore puberula e infine l' ovario pure pulverulento. La patria è del tutto differente. I’ irregolarità del margine potrebbe fare assimi- lare la nostra varietà alla var. Xanthotricha della S. excelsa Willd., ma nel tipo Exce/s: abbiamo la pagina superiore coperta di sete, foglie molto grandi, pannochie sviluppate e infine calici densamente puberuli dentro e fuori con lunghe sete sulle parti scoperte nel boceio. Anche per queste vale il criterio della patria. Per caratteri analoghi differisce . dalla nostra la S. scabra HBK., per quanto abbia comune la pagina superiore irta di mueroni e il margine denticolato. Le ascelle poi non sono barbate come non lo sono nel gruppo della Eæcelsa. fub sosocearıco SULLE Bane "AMERICANE ECC. SLA Hisnibolatiana Pec si differenzia dalla nostra per avere il alo coperto quasi del tutto da mucroni, per le brattee piccole, pe calice tubercolato sulle parti scoperte nel boccio e infine per gli stami poco numerosi. Per la pannochia più breve della foglia, per i petali” appena dila- tati all'apice, per la forma delle foglie, per il rivestimento di sete pa- tenti la nostra varietà rassomiglia alla S. picnotrycha Turez., che però differisce per esser setosa sulle due faccie della foglia, pel calice tomen- toso o per lo meno brevemente setoso, pei margini fogliari serrulati dalla base al mezzo e subduplicato-serrati dal mezzo in sù; per le nervature setifere e per la patria differente. Caratteri differenziali Caratteri comuni S. Selerorum Buse. var.pseudo nelsoniBuse. ! S. Ursina Tr, et PI. Foglie brevemente | picciuolate. - . Lembo piccolo, sub- coriaceo, non scabro Pieciuolo di varia unghezza. o discreto o! “Caule coperto all'apive i lunghe sete patenti o Pie ri appre obu- diapers terminato bruscamente in serrulato, setuloso Pagina superiore ros- signa, setosa. Infiorescenza pauci- Pesto. u Stili lunghi. nta. "usu dentieolato, | a dei sepali, del rulo. te „grande, molto ruvido ies acuminato od ot- OU denticolato, integro o serrulato, co o punto setoso. Pa- gina superiore rossiecia o o gialla, tubercolata, po- s Fiori unisessuali ? P sto fortemente setoso, ful- vo. Base fogliare ottusa o subacuta, cuneiforme. Pa- gina inferiore setosa. Vene parallele, appres- sate. Infiorescenza di poco più breve delle foglie, a rami patenti, setosa. Stami scarsi. Colum bia. Messico, 112 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali Caratteri comuni S. Selerorum Buse. S. pauciflora Rose s var.pseudo nelsoniBuse.| Calice coperto di se- Calice coperto di se, Rami e peduncoli eoper- te ruvide, rossigne. |te minutissime e di pul- ti di peli ruvidi, rossicei. Foglie brevemente! veru enza. | Foglie neuminate, setose picciuolate, a base ro-| Piceiuolo di varia sulle nervature della pa- tonda, fortemente ser-|lunghezza. gina inferiore, dove sonvi rate, setose superior-| Lembo a base acuta ‘anche dei peli stellati. e. o subrotonda, integro, Sepali setosi. Peduncoli paueiflori. dent colato, serrulato, È errato, al margine e: main inoltre dei tu-| bercoli alla pagina su- perio re. Infiorescenza ricca. | [essico. -La Serbrida Hemsl., caratterizzata pure dalle foglie seabre supe- riormente, vellutate sotto, in molte parti furfuracee strigillose fulve, a fiori piccoli in pannochia ramosa, differisce notevolmente per gli stili lunghi, per le basi fogliari tonde, e per la mancanza di fasci di peli all ascella dai nervi secondari. Molto scabra è anche la S. Pittieri D. Sm. alla pagina superiore e porta inoltre dei peli stellati alla pagina in- feriore del lembo, ma essa ha l’apice fogliare ottuso, le nervature secon- darie sfornite di peli alle ascelle, i sepali canescenti da ambo i lati, la pannochia più grande della foglia o subeguale a questa. Quasi per gli stessi caratteri differisce la S. villosa DC. che però ha foglie acute al l' apice, molto grandi, denticolate, villose e presenta una pannochia svi- luppatissima e ramosa, disséminata di bratteole minute; infine è contras- segnata da fiori piccoli a stili distinti. - STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMBRICANE $C. 4 . Caratteri differenziali T Caratteri comuni S. Selerorum Buse var.pseudo nelsoniBuse. S. Pringlei Rose Pieeiuolo va sete minute, barba sete oglie RSC verulenz acuminate, fortemente serrate, ruvidamente|tuse, pubescenti sopra, den- samente pelose sotto per peli stellati. Base fogliare acuta. Sete della pagina su-|s | periore pulverulente. Infiorescenza molto più corta delle foglie. Brattee piccole. Sepali dapprima co- perti di peli stellati, poi glabri. Stili lunghi. evidenza quando tratte brattee minute. ritubereolate-setose alla Pieeiuolo coperto di e E minuta pul- Foglie: acute od ot- oeii inte- gre, o serrato- RAEN peli stellati sull’inferiore, Base fogliare ottusa. Sete della pagina su- periore non pulveru- Infiorescenza sube- guale alla foglia o più corta. Brattee grandi. Sepali setoso-pulve- Caule pulverulento-se- toso Peliappressati,scagliosi, Foglie oblanceolate, cu- neiformi, un po’ seabre so- ra, ad apice acuto od appuntito. ervi 21, colle ascelle barbate. Infiorescenza setoso-pul- verulenta. Messico. rulenti. Stili atrofici. Selerorum colla S. remo di questa Specie. Infine per ciò che concerne le affinità colla S. notare che questa ha fiori grandi, sepali non pulverulenti all’ interno, * * * Nelsoni Pressochè per gli stessi caratteri differisce dall’ Oreophila la ub ha il margine dentieolato, É : Le affinità della S.. > Questa forma ha indubbiamente una grande affinità col gruppo del- la Oreophila e, come vedremo fra poco, costituisce quasi un anello di congiunzione tra la. S. Serbes e la S. Nelsoni. verranno poste in subalpina faremo PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 16) Saurauia Nelsoni Rose.Unit. St. Dept. Agric. Contr. Nat. Herb. VIII. - È Frutex ramis pilis rubris scabridis obtectis: foliis oblongis, ab basim — | et ad apieem rotundatis, superne scabridis subtus velutinis et pilis stel- latis gerentibus, 1- 2 dem. longis, 7- 8 cent. latis; margine ondulato, mi- nute dentato. Inflorescentia longa foliam subaequans. Calix 5 partitus, sepalis orbicolaris, 6 mil. diametralibus, pilis paleaceis obtectis. Petala orbieularia, rubra, 10 mm. longa. \ Esemplari studiati. Es. N. 800 autotip. stato raccolto da W. E. Nelson presso Totontepeck (Oaxaca) a circa 1122-1670 m. d’altezza sul mare (Luglio 1894). Collez. dello Smith. Inst. Herb. Unit. St. Mus. Washington. Es. N. 2186 dell’Erb. di Berlino (Collez. di Cee. ed Ed. Seler), pro- veniente dalle formazioni a tipo di Shrub della regione di Chapas e più precisamente dal territorio compreso fra Oxhur e S. Martin (Race. il 12 III 1896. Es. N. 3100 dell'Erb. di Berlino (Collez. di Cec. ed Ed. Seler), pu- re raccolto nelle formazioni a tipo di Shrub del Guatemala (Huahua- tenango, Zacaltenango). Questa forma, stando ai dati del cartellino annesso all’ esemplare, avrebbe fiori bianchi. Fusto fistoloso, scanalato, ispido o tomentoso all'apice per sete lun- ghe 3-4 mm. fine, appressate, ferruginee, talora dilatate alla base, com- miste a pulverulenza pure dello stesso eolore: parti adulte soltanto pul- verulenti grigiastre, o subglabre e bruniccie, con qualche rara seta o mu- erone di seta. Foglie giovani molto villose, d'aspetto sericeo fulvo superiormente, sericeo pallido sotto, a sete molto lunghe e simili a quelle della S. Ruit- ziana. Foglie isolate od opposte (raro), munite di picciuolo variamente lungo: talora raggiungente appena 1 !|, em. robusto, tal’ altra lungo 3-4 cm. e relativamente sottile, del tutto rivestito da sete finissime, appressate, ferruginee, più corte di quelle del caule, talvolta un po’ di- latate alla base, miste a pulverulenza (non sempre però). Lembo ovale, od obovato, od anco obovato-lanceolato, cuneiforme alla base, molto variabile nelle dimensioni (lungh. 14-25 cm. largh. * STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 115 6 - 11 cm.) nello stesso esemplare: coriaceo, subcoriaco o membranoso. La pagina superiore é molto ruvida, quella inferiore morbida. La prima appare grossolanamente granulare, tubercolata, verde o rossiccia, la seconda subtomentosa, gialliccio-biancastra, od anco un po’ verdiccia. Estremità del lembo acuta o terminata in punta brevissima, ma per lo più subottusa; base ottusa od acuta, asimmetrica, non di rado decor- rente, margine \fogliare serrulato-denticolato alla base, per lo più doppiamente dentato-serrato verso l'apice e con denti molto diseguali nella stessa foglia o in esemplari differenti di foglie. Denti mucronati tu- bercolati ed anco muniti di brevi sete curve, caduche. Fra i denti si pos- sono incontrare delle piccole sete, ma assai rare. Nervature secondarie circa 20-28, a seconda della grandezza della foglia, appressate alla base distanti l'una dall'altra all'apice, patenti, poco oblique, dicotome al margine fogliare, poco sporgenti sulla pagina supe- riore, dove sono contraddistinte per le sete che le ricoprono e pel color chiaro, sottili e poco rilevate sotto, ferruginee più del parenchima. Nervi di 3. ordine avvicinati gli uni agli altri, finissimi, poco mar- cati anche sotto, perpendicolari ai secondari. Costa robusta, incavata alla pagina superiore, sporgente all’inferiore. Pagina superiore abbondantemente setosa sulla costa e sui nervi principali; sulla prima le sete sono lunghe 2-3 mm., appressate e fi- nissime, sui secondi 0,5 mm. e commiste a mucroni. Talora però la costa appare solo pulverulenta per riduzione delle sete. Il p renchima porta pure qu lehe rara setula bianchiccia, dilatata alla base, non sem- pre ben distinta ad occhio, mentre è del tutto disseminato di tubercoli grandi e piccoli, verdi o rossicci, abbondantissimi. Negli esemplari a sete accorciate anche i tubercoli o mucroni si riducono e allora la su- pe ficie, anziché granulosa, appare p lisci: o finamente punteggiata ai un esame superficiale. Pagina inferiore villosa per peli ricci, lusicmbi, ramosi |?) pre- senti sul parenchima, per sete ferruginee, più o meno lunghe, distri- buite'sui nervi principali, dove sono commiste a mucroni e pulverulen- za: Costa pure setosa e pulverulenta. Le sete della costa sono lunghe 2-3 mil. quelle dei nervi secondari assai più brevi. Sulle nervature di 3. ordine vi hanno solo mucroni setuliformi. 116 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Un accenno di barbatura si ha alle ascelle dei nervi secondari e lungo la costa (peli bianchicci). Infiorescenza multiflora, piramidale, notevolmente sviluppata (11- 21 em. in lunghezza 6 - 18 em. in larghezza), di rado subeguale alla foglia o più lunga di questa (Esempl. di Washington), per lo più rag- giungente la metà del lembo, o poco più. Peduncolo lungo circa 5-12 | em. spesso robusto, scanalato o cilindrico. Rami secondari patenti od . obliqui, talora lunghi 4-5 em., talora invece brevi, a lor volta ramosi. Brattee basali per lo pià grandi, lanceolate, acute, integre, lunghe ta- lora quanto il ramo (lungh. media 23 mm. largh. 3-4 mm.); bratteole più brevi, ma sempre discretamente sviluppate. Pedicelli per lo più bre- vissimi, forniti di profilli lunghi 4-5 mm., istanti dai fiori o più di rado a questi appressati. Tutta quanta l'infiorescenza è setosa, ferrugineo-bruna; le sete rare, ma lunghe 2-3 mm. sul peduncolo, dove sono commiste a intensa pul- verulenza cenerognola bruna. Sui pedicelli il rivestimento assume aspet- … to furfuraceo. Fiori non molto grandi (diametro 12 mm.), spesso numerosi. Sepali piuttosto diseguali, subottusi, leggermente cigliati al margine, pulverulenti all’esterno e sulla parte superiore della faccia interna (di rado su tutta la faccia), brevemente setulosi sulle parti della faccia esterna scoperte … nel boccio. Talora alle setule, sempre molto ferruginee, si sostituiscono dei | tubercoli appena ben distinti alla lente, minutamente barbati alla base. - Corolla di 5 petali (talora 6 ?), ovali, ottusi, lobati, smarginati, molto più lunghi del calice (circa il doppio) talora portanti dei minuti tuber- 3 coli gialli sulla faccia esterna (1). Stami lunghi quanto i sepali, non molto numerosi (25 circa); fila- E mento eoperto, alla base, di peli fulvi; antere lunghe, strette, profonda- 4 mente bifide, poricide. Punto di attacco al filamento oscuro, situato 8 ^ metà del dorso. Ovario fornito di 5 solchi, a stili atrofici o brevi (Es. .— di Washington). (1) Forse si tratta delle cellule rafidiofore che nel materiale secco sporgono 1 alla superficie e possono esser scambiato per peli (v. osservazioni nella §. vera- — guensis Seem). a ES PAN i e Ne REV RES > | STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 117 Caratteri differenziali o di affinità. Le brattee allungate possono far scambiare la nostra specie colla S. Ruitziana; però si può affermare che nessun altro carattere un po’ importante e diagnostico e comnne, Caratteri differenziali S. Selerorum Buse. S. Nelsoni Rose Caratteri comuni Sete del fusto non lunghe (1 mm.-1 7; m.). Pieeiuolo setoso, lun- go 3 em. Margine mueronula- to o mucronulato-ser- rato. Denti spesso se- tosi ina superiore del lembo vellutata. Pagina inferiore po- co o punto pulveru- enta. Infiorescenza brevis- sima, setosa a brattee Calice mare tr tuloso nelle part perte nel baco e ivi pulverulento. Il resto- glabro o subglabro. Margine cigliato. 2-4 mm., mistea pul- distintamente dira i lenta. Sete del fusto lunghe verulenza. Pieeiuolo variamente! ungo, setoso, pulveru- to. Margine serrato, a Sete anche fra i denti. Pagina E mol- O-to ruvida per i molti tubereoli del parenchi- ma. Sulle eoste abbon- da pure la pulveru- lenza. Pagina inferiore, Su alle ai mueron Sete del + hl spesso di- latate alla Base ed bs delle fo- glie pressochè ugualmen- consistenza e la forma lembo. Pagina superiore setosa sulla costa e sui nervi principali, tubercolato-se- tosa sul parenchima. Pagina inferiore coper- ta di peli stellati sul pa- renchima, di sete sui ner- vi e costa (commiste a qualche muero Nervi secondari 20 - 28 colle ascelle barbate Fiori del diametro di Infiorescenza svilup-,12 mm nelle parti scoperte nel boeeio, puberulo fuori de dei sepali, smarginata. 0 Corolla molto più gran- Stami ugualmente con- formati. Ovario a stili pressoe- ein parte anchedentro. chè mancanti o brevi Colla varietà Pseudonelsoni le affinità sono forse maggiori. Infatti abbiamo i seguenti caratteri comuni; caule e picciuoli setosi, pulverulenti: lembo coriaceo, subeoriaceo, colla pagina.superiore ruvida, coll’inferiore morbida, a base ed apice variamente conformati: pagina superiore del lembo setosa sulla costa e nervi, rieca di mucroni sul parenchima: pa- 118 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO . . . . ss y p gina infertore setosa sui nervi maggiori e sulla costa e anche un po pulverulenta su quest'ultima, mentre il parenchima è tomentoso per peli stellati: nervi secondari, barbati alle ascelle, in numero di 21-22: infio-. | rescenza grande, a peduncoli e rami ferrugineo-pulverulenti, colle brattee sviluppate: calici tubercolati sulle parti scoperte nel boccio, pulverulenti fuori e parzialmente anche dentro. Le differenze si riferiscono all’ ovario che non accenna a svilup- parsi negli esemplari esaminati di S. pseudonelsoni, alla differente den- tatura e serratura marginale, al differente sviluppo delle sete e infine alla forma un po’ diversa del lembo. Caratteri differenziali Caratteri comuni S. Oreophila Hemsl. S. Nelsoni Rose Foglie lanceolate, a-| Lemboobovato,aba-| Fusto e People setosi, cute agli estremi, dilse tonda o acuta, di co- pulverulenti color verde anche allo|lorẹ variabile. Pagina gio setosa stato secco. agina superiore insui nervi, fornita sul pa- Lembo setoso alla parte setosa, in parte|renchima di peli stellati. : pagina Mages che èlirta di tubercoli che la Ascelle dei nervi secon- poco sca rendono molto seabra.|dari barbate. Ma PME Margine serrato-on- Vs soleat setoso-pul- -denticolato. idulato, verulenta. .. i Nervi 15 - 18. |. Nervi più numerosi. Sami 25 - 30. Ovario à Infiorescenza molto| Infiorescenza grande.|stili atrofici. reve. Brattee lunghe. Messico. Brattee minute. | alice tubercolato| Calice con qualehe|sulle parti scoperte nel pelo stellato alla faccia|boccio, pulverulento esterna, cigliato al mar- dentro e fuori. gine, del resto glabro Pressochè uguali sono le differenze rispetto alla S. latipetala Hemsl., la quale si differenzia per i fiori molto grandi. La S. Pringlei presenta un margine fortemente serrato, ma pel re- sto corisponda alla S. Oreophila. à E ^ É. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 119 Caratteri differenziali S. subalpina D. Sm. Caule coperto di sete appressate, presenti pu- re sui picciuoli. Infiorescenza più bre- ve della foglia, ma più lunga del picciuolo. Brattee minute. iori grandi, a calice pulverulento- setul 080 sulle parti scoperte nel boccio, cigliato al mar- gine del resto glabro. Corolla molto grande. | S. Nelsoni Rose Caratteri comuni Caule setoso, pulve- rulento all'apice e così pure il picciuolo Infiorescenza talora| superante le foglie, o subeguale a queste sempre peró sviluppata. Brattee grandi. Fiori mediocri, pul- verulenti all' esterno e in parte all'interno, tu- bercolati sulle parti sco- perte nel boccio. Ovario a stili lunghi, capitati. Guatemala. La S. Willdemanii Buse. differisce pel lembo più piccolo, Corolla discreta. Stili atrofici o brevi. Messico. Pieciuolo di dimensioni discrete Lembo subeoriaceo, ob- lanceolato, ius agli estre- mi o anche e unta. [argine Rin; almeno E ste e disugual- — un Paglia superiore gra- nulosa, verdiccia, molto scabra: pagina inferiore tomentosa, o pulverulento- erruginea. agina superiore irta di sete (barbate alla base) e di tubercoli sui nervi, prevalentemente di tuber- le dei nervi secondari bar- bate. Nervi 22. Stami 25. pel mi- nor numero di nervi (12-15), per l'infioreseenza pauciflora e breve, per le brattee minutissime, per gli stili brevi e per gli altri caratteri che valgono a distinguere l'Oreophila. * * * Indubbiamente la S. Nelsoni non è che una forma molto aberrante della S. Selerorum alla quale si connette mercè la forma intermediaria 120 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO dalla S. Pseudonelsoni. Con questa specie essa è infatti siffattamente congiunta che solo confrontando fra loro gli esemplari si può arrivare a rilevarne le differenze, poco suscettibili ad esser messe chiaramente in rilievo nelle descrizioni. In pari tempo perd la | Pseudonelsoni contrae intimissimi rapporti colla Selerorum, tanto che si potrebbe dire che le tre specie non sono che forme di un’unica specie collettiva. i D'altra parte la S. Nelsoni si collega colle altre specie del gruppo della Oreophila per eui, come vedremo meglio in seguito, risulta evi- dente un nesso filogenetieo comune. Ma oltre al legame di parentele vi ha anche un vincolo geografico poichè tutte queste forme similari abitano gli stessi territori. Noi ci troviamo adunque di fronte a un gruppo di forme alquanto polimorfe, quanto mai malagevoli ad esser sempre nettamente separate le une dal- le altre. 17) Saurauia subalpina D. Sm. Bot, Gaz- XXIII. Furfuraceo-strigillosa. Folia longa petiolata oblaneeolata utrinque aeuta mueronulis ineurvis dentieulata, supra tubereulis rubiginosis setu- ligeris seabra, subtus nervis approssimatis et venis rufo strigillosa et parce pubescentia. Peduneuli petiolis pareem longiores floribus inter majores. Sepala furfuracea, tubereulata, setulosa. Orarium glabrum. Ramuli, petioli peduneuli panicularum axes simul cano furfuracei et longe rufo-strigillosi. Folia 20-22 em longa et 6 e 7 em lata, nervis 5-8 mm inter se distantibus venis ‘minutissime reticulatis subtum tan- tum manifestis, petiolis 3-4 em longis. Peduneuli axillares 4-5 em longi, bracteolis linearibus 3-5 mm lon- gis: floribus 2-5 em diametralibus. Sepala ovata 6-8 mm longa setulis validis brevibus puberulis. Petala disereta obovato-oblonga. Filamenta pilis articulatis barbata antheris infra medium affixis paullo longiora loculis triente discretis. Ovarium 4-5 loculare stylis discretis 6 mm lon- gis bis superatum. Vulcan de Agua: Departm. Zacatepequez (Guatemala): altezza 3300 m (aprile 1890) S. Don. Sm. Ex plant Guat. et. N. 2171. Esemplare studiato. Es. N. 2171 del Museo di Berlino e di quello di Kiew provenienti x agde df EUR Mas RUPEM M EIS ^ dome. rb RAI T m STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 121 dalla sopra indicata località (alt. 10000 p.), stati distribuiti dal D. Sm. (Ex pl. Guat. et). Rami di color sordido cenerognolo, robusti, subquadrangolari, un po” soleati o rugosi, coperti all'apice da sete grigie o ferruginee ap- pressate, sottili, lunghe più di 1 mm., ben visibili ad occhio nudo. Foglie giovani vestite delle stesse sete, più distintamente ferrugineo- rossiccie alla pagiua inferiore e pressochè sanguigne alla superiore. Picciuolo robusto, cilindrico, lungo 2-4 cm., irto di sete appressate o un po' patenti, ferruginee o rossiccie, lunghe 1-5 mm. Lembo subcoriaceo, lungo 15-20 em., largo 4-6 cm., ovale, obova- to, oblanceolato con punta più o meno lunga, talora invece solo acuto. Base gradatamente cuneiforme, sempre acuta, disimmetrica. Margine denticolato alla base, grossolamente serrulato serrato dal mezzo in su, con serruture più sporgenti in corrispondenza delle terminazioni dei nervi secondari. Serrature fortemente uncinate, mueronulate o talora sait setose e disugualmente sviluppate del pari fra i nervi. Pagina superiore di color verde castagno, granulosa per punti bian- chicei o anche setolosa, molto scabra; pagina inferiore di color verde ehiaro, pulverulenta, ferruginea. Pagina superiore cosparsa sulla costa di minute sete e di mucroni, le prime appena visibili ad oechio e per lo più terminanti in punta bianchiccia. Tutto il resto della superficie è co- perto da mueroni setuliformi, misti a rare sete rossiccie all'apice, bar- bate (con peli bianchi) alla base, gli uni e le altre più abbondanti sui nervi. ` Pagina inferiore coperta abbondantemente sulla costa da sete fer- ruginee, fulve, lunghe 1 mm. o poco più, tozze, barbate alla base e eom- miste a pulverulenza. Lo stesso rivestimento, ma piü breve, sui nervi secondari e di terz'ordine. Peli stellati brevi, bianchicci sul parenchima, appena distinti come tali alla lente, commisti a sete gialliccie lunga- mente barbate alla base. Ascelle dei nervi secondari non barbate, op- pure solo oseuramente. Nervi appena accennati sopra, molto robusti e sporgenti, in specie la eosta, alla pagina inferiore. Nervature secondarie 18-22 oblique, po- co o punto curve, distintamente dieotomiche o anche tricotomiche. all'a- MT CO Rca 122 - PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE’ MUSCATELLO pice, appressate fra loro alla base fogliare distanti invece le une dalle altre all’apice, ferruginee. Nervi di 3. ordine robusti, perpendicolari ai secondari ed alla costa, con decorso irregolare, terminanti spesso in reti- colo lasso. Infiorescenza assai più breve della foglia, più lunga del piceiuolo (lungh. 8 em. largh. 4 cm.) setosa, furfuracea, ferruginea, a sete pa- tenti, brevissime. Peduncolo breve (2-4 em.) tozzo, anche un po’ pulve- rulento. Rami patenti, brevi (1 em. o meno). Brattee e bratteole mi- nute, deltoidi o lineari, acute, lunghe 2-3 mm., larghe 1-2 mm., spesso spostate dalla loro posizione normale. Fiori grandi, ma di dimensioni variabili (più piecoli nell’esemplare dell'Herb. di Kew). Sepali lunghi 6 mm. e più, ottusi, subacuti o acuti, un po’ disuguali, glabri all’interno, eigliati al margine, cosparsi ma par- camente, sulle parti esterne scoperte nel boccio, di sete o meglio setule minute appena distinte ad occhio (113 mm. lunghe) e barbate alla base. Il resto della superficie è glabro. Corolla molto più grande dei sepali. Petali 12 e più mm. lunghi, smarginati, ovali, ottusi, cosparsi di strie bianchiccie simulanti peli ap- pressati (1). Stami molto più corti della corolla, non molto numerosi (25 circa) a filamento breve e bruno, barbato alla base con peli bianchi. Antere lunghe, profondamente bifide, poricide all'apiee. Ovario glabro a 5 stili lunghi, capitati, sporgenti. Caratteri differenziali o di affinità. Per le affinità colla S. Nelsoni vedasi quanto si è detto a propo- sito di questa: a riguardo delle rassomiglianze colla £. aspera Turcz., pure barbata alle ascelle dei nervi secondari, osserviamo che la nostra differisce pel caule non pulverulento setoso, per la base fogliare sem- pre acuta, per la pagina superiore granulosa, per i peli stellati presenti alla pagina inferiore, pei nervi più numerosi, per |’ infiorescenza più (1) Probabilmente dovute agli otricoli rafidiofori che nel materiale secco sporgono alla superficie. i Ven ba STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 123 breve, pei fiori più grandi (per quanto il calice sia conformato nello stesso modo rispetto al rivestimento e l' ovario abbia pure stili lunghi nella £. Aspera). Caratteri differenziali Caratteri comuni ^ S. brachybotrys Turez.| S. subalpina D. Sm. Serrature marginali] Serrature marginali] Rami e infiorescenza stri- piecole,uniformi. Tuber- grandi, disugu vali. gilloso-aspri per sete bre- coli stellati, minutissi-| Peli stellati distinti|vi, rossigne mi alla pagina inf. dellalla pagina infer. dell . Foglie obovate oblun- lembo. Ascelle dei ner-|lembo. Ascelle barbate. ghe, a base acuta, breve- vi non barbate. Infiorescenza molto|mente acuminate anterior- Infiorescenza spesso|più breve della foglia, mente o ottuse. non molto piü breve|paueiflora Margine serrulato, della foglia, multiflora.| Fiori su ı pedicelli di-, Pagina superiore del AGN brevemente pe- screti. le inb. setosa, scabra e dicellat Calice puberulo (ad|granulare. Calice strigilloso. jun esame ad oechio nu-| Pagina inferiore tomen- Corolla di Pn più do). tosa, rufescente, dolee al grande del calie Corolla cn più tatto, sete e mi- Stili lu grande del calice. nuti peli stellati. Stili nati Fiori grandi. Dalla S. scabrida Hemsl, differisce pei fiori notevolmente ampi, per la base acuta del lembo fogliare. Del resto la.S. scabrida è una forma aberrante della S. villosa DC la quale ha nulla a veder colla nostra specie, se si eccettuano i peli stellati alla pagina inferiore. Nella S. stri- gillosa Tr. e PI. abbiamo le foglie glabre superiormente ed i fiori mai notevolmente grandi, strigillosi. All'opposto delle reali affinità contrae la nostra specie colla S. oreophila e più ancora colla S. latipetala. Per quanto concerne i caratteri comuni con quest’ ultima basterà ricordare che le due specie hanno foglie grandi, lanceolate od oblanceo- late, attenuate alla base, peli stellati alla pagina inferiore, infiorescenza breve, pauciflora, fiori vistosi, calice tomentoso furfuraceo, petali gran- dissimi, ovario longistilo. La S. subalpina differisce però dalla S. lati- petala per le dentature marginali che sono molto irregolari, per la mag- gior verrucosità della pagina superiore, per la forma della foglia che è prevalentemente obovata. 124 '"PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Quasi per gli stessi caratteri differisce pure dall’affine Oreophila e dalla Wildemanii, mentre per ciò che concerne la Pringlei si ha un gra- do di affinità maggior nelle forti serrature marginali di questa specie. A riguardo della S. Selerorum vedasi la tabella e i dati che si so- no riportati nel relativo capitolo. * * k La S. subalpina appartiene indubbiamente al cielo delle Oreophilae e le sue affinità maggiori hanno luogo colla S. latipetala la quale ha pure fiori grandi ma è granulosa, meno xerofila e scabra, colla 5. sele- rorum, colla Nelsoni e Pseudonelsoni cui rassomiglia moltissimo per la eo- stituzione fogliare, mentre se ne allontana per la grandezza dei fiori. Le variazioni che abbiamo riseontrato in tutte queste forme sono più che altro dovute a un più o meno intenso xerofitismo. L ingrandi- mento dei fiori però può esser inerente al dimorfismo fiorale, o alla sta- zione elevata che favorisce lo sviluppo delle forme maerante. Giova intanto rilevare ehe nel cielo della $. villosa DC., pure del Messieo e regioni affini, troveremo delle specie le quali sono del pari con- traddistinte per una forte granulosità alla pagina superiore del lembo e per peli stellati all’inferiore. Il fenomeno è tanto più interessante in quan- to che tra la Villosa e la Oreophila le affinità sono pochissime. Si trat- ta adunque di eonvergenza di earatteri. 18) Saurauia latipetala Hemsl. Diagn. Pl. Nov. Pars I. Ramis dense strigilloso-rufo-furfuraceis, foliis petiolatis vix membra- nanaceis oblongo lanceolatis, acutis obtusisve, basi attenuatis utrinque hispido paleaceis; pedunculis brevibus paucifloris; floris ultra poll. diametro. Arbor? novellis rufo furfuraceis vel hispido strigillosis. Folia pe- tiolata, submembranacea, oblongo lanceolata, acuta vel obtusa, basi cu- neata vel rotundata, utrinque plus minusve strigilloso paleacea vel hi- spida, margine hispido, subtus costa et nervis lateralibus prominentibus, lamina 3-6 poll. longa petiolo 6-9 em. longo. | Flores hermaphroditi, inter maiores, in panieulis pedunculatas 6-12 flores dispositis, pedicellati, peduneulis 1-2 polliearibus, pedicellis brac- teis parvis ornatis: sepala inaequalia, ovato-rotondata, obtusa, extus fur- ncc EE D NM STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 125 furaceo-tomentosa 2 !/, 31/, em. longa; petala glabra, obovata rotundata fere libera, semipollicaria; stamina numerosa, filamentis brevibus, basi barbatis, antheris magnis loeulis in parte superiore diseretis: ovarium glabrum 4-5 loculare: styli ad basim liberi 3-4 em. longi, stygmatibus capitatis. South Messico: Chiapas (Ghiesbrecht 646 HB. Kew.) Esemplari studiati. Es. N. 646 dell'Erb Kew (tipico!) stato raccolto a Chiapes et. (Col- lez. P. Ghiesbrecht Plantae Austro mexicanae: 1864-70). Es. analogo del Museo di Kensington (646). Es. N. 1326 dell'Erb. di Berlino stato raccolto a S. Rafael Depar- tm. Zacatepequez a cirea 6500 p. q’ altezza (febbraio 1892. Ex plant. Guatemalensib. quas ed. F. D. Sm.) (sub nom. Oreophila). Es. portante le stesse indicazioni dell’ Erb. di Monaco (sub nom. Oreophila). Es. colle stesse indicazioni delle Erb. Unit. St. Museum bic (sub nom. Oreophila). Caule rugoso o subliscio, un po’ solcato, pulverulento, cenerognolo, bruno, o viceversa di color giallo chiaro, sparso di rare sete appres- sate, a mala pena distinte ad occhio. Apice più decisamente sefuloso e con sete più lunghe (1-3 mm.) fulvo chiare, pure appressate e finissi- me, di rado dilatate alquanto alla base, miste spesso a peli stellati, le quali coll'età diventano bruniccie. Cicatrici fogliari rotonde, ovali o subtriangolari, pianeggianti, con un punto centralo più oscuro. Picciuolo solcato, non molto robusto, grigio bruno, lungo 2-3 em. costituito, per quanto riguarda il rivestimento di sete e di pulverulenza, come il caule. Lembo lanceolato, relativamente stretto, od oblanceolato, lungo è 7-17 em. largo da 4-b cm., anteriormente acuto o sub-acuto, colla base oseuramente arrotondata, ma ristretta, oppure gradatamente assotigliata, cuneiforme, acuta, quasi sempre disuguale. Margine intero, o finamente denticolato mucronato, spesso disu- gualmente serrulato-serrato, con serrature un po curve e minuta- mente setulose : tra le serrature si incontrano delle sete che simulano denti minori. 126 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Lembo cartaceo, membranaceo, rossiccio bruno o verdiccio bruno, di aspetto finamente granuloso alla pagina superiore che è quasi sem- pre scabra, verdieeio chiaro invece all'inferiore che bida e d’aspetto pulverulento. Pagina superiore coperta di sete finissime, appressate, fulve, lun- ghe 0,5-2 mm. sulla costa, dove sonvi pure dei mucroni; di setule molto più brevi, appena visibili alla lente, sulle nervature secondarie; di mucroni numerosi, commisti a qualche minutissima seta (gli uni e le altre solo visibili alla lente) sul parenchima. Pagina inferiore coperta sulla costa da sete gialliccie, pure fine, lunghe 1 mm. o di lunghezza variabile, ma ben distinte solo alla lente, per lo più pulverulente bianchiccie alla base. Fra le sete si nota qualche pelo stellato associato a minuti pulvinuli. Lo stesso rivestimento, ma fatto di sete più brevi, sui nervi secondarii. Peli stellati, bianchicci, abbon- danti, minuti e perciò hene distinti come tali solo alla lente, ricopro- prono il parenchima. Nervi laterali 12-20, subdicotomi, fini, distanti gli uni dagli altri, curvi come in generale ha lungo nelle specie a foglie strette, alterni, distinti pel colore grigio sopra, rilevati invece alla pagina inferiore, e oscuramente barbati alle ascelle con peli bianchi. Nervi di 3. ordine distanti gli uni dagli altri, perpendicolari ai secondari o alla costa, a de- corso irregolare, spesso formanti fra loro un lasso reticolo. Nervi di 4. ordine pure in reticolo, ma questo distinto da quello dei nervi di 3. ordine. Costa molto robusta e sporgente inferiormente. Infiorescenza breve (4-7 em. lungh., 6 cm. largh.) piramidale, pau- ciflora, pulverulenta e inoltre coperta di sete flne, minute (1 mm.) pa- tenti, barbate alla base. I rami terminali hanno però un aspetto piut- tosto furfuraceo. Peduncolo a rami fini: il primo lungo circa 4-5 em. i secondi 2 em. Rami tricotomi, piuttosto distanziati fra loro e questo in relazione, forse, alla grandezza dei fiori. Brattee minute, deitoidi o aciculari-lineari, setulose lunghe 2-4 mm. larghe 1-2 mm. Solo nell’ esemplare di Kensington si incontrano dalle brattee fogliacee, lunghe 1 em. larghe 0,7 cm., percorse da qualche ner- ` è per lo più mor- E 0s $ MI RP EM pene Pere La rt STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 127 vo, coperte di sete e di peli stellati, pieciolate (pie. lungo 5 mm.), di guisa che si avrebbe qui una forma Veranii. Fiori grandi (2 1/,-3 cm. di diametro) assai scarsi (6-8) portati - da pedicelli brevi o discreti (515 mm. di lunghezza) e bratteolati, ma colle bratteole (profilli) talora inserite sulla parte mediana del pedi- cello. Calice acerescente, di à sepali disuguali, lunghi 45 mm. ovati, ottusi o sub-aeuti, glabri internamente, cigliati lievemente al margine, pulverulenti per peli stellati ed alla lente anche un po’ setulosi (non sempre però) sulle parti esterne scoperte nel boccio. Le setule sono ivi barbate alla base Petali ampi, molto più grandi del calice (12 mm. di lunghezza, 9 mm. di larghezza) ovati, glabri, integri, percossi da fine e numerose nervature disposte a ventaglio. Stami circa 30-35, molto più brevi della corolla, a filamento corto, lievemente barbato alla base, ad antere dorsifis- se, profondamente bifide e tozze, gialliccie, porieide. Ovario, glabro gros- so quanto un pisello, con stili lunghi o di mediocre grandezza, tozzi a stimma capitato. Semi piccoli, rugosi, alveolati. - Caratteri. differenziali o di affinità. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali ‘ S. Oreophila Hemsl. S. latipetala Hemsl. Caratteri eomuni Margine mueronula- to- denticolato. gina superiore un po' seabra,setulosa. Ner- vi appressati. Fiori discreti, poliga- gami. Stami 25-50. Sti- li atrofici. Messico, Guatemala. Margine spesso ser- rato. bra, setosa sulle nerva- ure, molto tubercolata sul parenchima. Nervi distanziati. Fiori grandissimi, bi- sessuali. Stami 30-35. vario a stili lunghi. Guatemala. Pagina superiore sca-| Apice del fusto coper- o di fine sete, talora pe- rò dilatate alla base. Pie- ciuolo setoso-pulverulen- to. Lembo per lo più a- cuto ai due estremi. Pagina inferiore setosa: sete miste a peli stellati sul parenchima. i Nervi secondari 15-20, sottili alla pagina inferio- re, barbati alle ascelle. Nervi di 3. ordine M reticolo. Pannochia breve assal, pulverulenta setosa. fe- dicelli brevi, brattee per lo più minute. Sepali pulve- rulenti sulle parti scoper- te nel boccio, cigliati al margine, del resto glabri — MI. PES MEE NEC STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Caratteri differen ziali Caratteri comuni S. subalpina D. Sm. S. latipetala Hemsl. Caule coperto all’ a- pice con sete: queste di color rossiccio sulle fo- glie giovani. ine fogliare mu- Manip alla base, di- sugualmente serrato al- l'apice. Pagina superiore for- temente granulosa. Nervi robusti e spor- genti sotto. Infiorescenza piü bre- ve della foglia, ma più lunga del piceiuolo. Stami 25-30. Caule coperto all’ a- pice con sete e pulve- rulenza . cenerognola : NIE foglie giovani. Margine minutamen- té e serrulato o dentieolato, mueronulato Pagina superiore po- co o punto granulosa: nervi sottili alla pagi- na inferiore. Infiorescenza breve. Stami 35. molto uniformemente Lembo acuto ai due e- Istremi. Dentature curve. Pagina superiore sea- bra, irta di sete. sui ner- vi, di sete e di mucroni. sul parenchima. Pete e NA GIA 1 sul- la costa e sui nervi mag- giori, peli stellati id pa- renehima della pagina in- feriore Ascelle dei nervi secon- ari un po' barbate: ner- vi seeondari 18-22; i ziari in reticolo a se. marginali ori, furfuracea acu terminazioni. Bratte "Polli brevi creti. Fiori grandi. Calice ci- ò di- glabro. Ovario a st tili loi ghi, capitati. Guatemala Dalla li differisce, si può dire, per gli stessi caratteri gra- zie ai quali la Subalpina differisce a sua volta. La Latipetala però ha un margine meno irregolare e una faccia menta del lembo meno gra- nulosa. Per quanto riguarda le affinità colla S. 2 è Nelsoni vedasi quanto stato riportato nello specchietto nelle pagine precedenti. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali (Caratteri comuni S. Pringlei Rose S. latipetala Hemsl. Caule e pieciuolo se- tosi: sete spesso barba- vs embo. eggermente| cabro sopra, ma di a- spero liscio. Margine irregolar- mente serrato. Infio- rescenza pauciflora, o multiflora, a fiori di- sereti. Stami 20-55. Stili lunghi o brevi. Caule e pieeiuolo se- Ms fida enti. o cartaceo, piut- tosto e im superior- mente e non liscio. Margine a serrulatu- re e Lena u- niform p i TRE pauci- ape ora, con fiori grandi. Stami 30-35. Stili lunghi. Pressochè per gli stessi caratteri differisce dalla W FRR per | cui non è il caso di insistere. $ + E Lembo cartaceo, mem- branoso, acuto ai 2 estre- mi, serrulato-serrato. Nervi 18-21. agina superiore setu- losa: sete pulverulenti sulla costa: sete commi- ste a mucroni sul paren- na inferiore ricca sete minute, miste a pulverulenza sulla costa: sete sui nervi e peli stel- lati sul parenchima. Ascelle dei nervi secon- dari barbate. Infiorescenza setoso-pul- verulenta. Bratte brevi. Calice cigliato al mar- gine, pulverulento sulle parti scoperte nel ri Guatemala La S. latipetala di Hemsl. è pertanto una specie che, per quanto abbastanza ben caratterizzata dai fiori bianchi, contrae tuttavia delle i affinità grandissime con forme affini, dalle quali probabilmente è deri- 5% vata e dalle quali non sempre puó essere nettamente distinta. Siffatte specie cognate sono la S. subalpina D.Sm. e la S. oreo- Per quanto riguarda la prima di queste il carattere differenziale precipuo (granulosità più o meno accentuata alla paginasu- - periore del lembo) presentasi troppo variabile perchè sullo stesso si pos- — phila. Hemsl. TNR STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 131 sa fare grande assegnamento. Per ciò che concerne la differenza essen- ziale che vale a distinguere la nostra forma dall'Oreophila (fiori molto grandi nella Latipetala) possiamo anche dire altrettanto, inquantochè non poche volte si incontrano delle Oreophila a fiori di dimensioni piuttosto rilevanti, come per converso delle Latipetala a fiori meno vistosi. Si comprende quindi come taluni autori abbiano determinato talora la S. latipetala col nome di S. oreophila. Se però lo scambio con que- sta è talora possibile, altrettanto non può dirsi nei riguardi colla &, leu- cocarpa, da cui la S. latipetala differisce pei fiori grandi, per gli stili lunghi, per una costituzione fogliare del tutto differente: non riusciamo pertanto a eomprendere come l'Hemsley, il quale ha saputo cosi ben di- stinguere e segnalare parecchie specie di S. Oreophilae, sia caduto in tanto errore. 19) Saurauia Pringlei Rose. Unit. 5t. Mus. Contrib. Nat. Herb. VIIT 52. . Arbor aut suffretex 18-30 decemmetralis: ramis pilis appressatis parce squamiformibus obteetis. Folia oblanceolata ad basim cuneiformia, abrupte acuminata, serrata. Pagina superior aspere pubescens, inferior "iis stellatis dense obtecta. Lamina 7-25 mm. longa 2-3 em. lata. Inflorescentia folio valde breviora, expansa; sepali apice rotundati pilis stelliformibus ve- estiti, deinde glabrati, margine excepto diuturne ciliato; duo ad basim valde constricti. Petali albidi. s Esemplari studiati: Es. N. 4668 tipico! stato raecolto nel giugno 1894 da C. G. Prin- gle a Oaxaca (Sierra di S. Felipe), a circa 2550 m. d'altezza, entro bur- roni umidi (determ. sub nom. S. oreophila Hemsl.) - Es. N. 606 stato raccolto da E. N. Nelson sulle -pendiei occiden- tali di Zempoaltepech (2210-2400 m. d'altezza) nel Luglio 1894. (Erb. ME Washington). Es. N. 1004, stato | aosoNs nella Sierra madre (suolo argilloso) il 21 IV. 1899 e formante parte dalle Collezioni da E. Langlassè, prove- nienti dagli Stati di Guerrero e Michoagan (Messico). Gli esemplari portanti il N. 4668 (Plantae Mexicanae) sono depo- 182 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO sitati negli Erbari dell'Ist. Bot. Imper. di Pietroburgo, di Kew, di Bru- - xelles, di Parigi, di Monaeo, di Kensington, di Ginevra, dell'Unit. State Nat. Mus. di Vashington. Pieeolo albero di 5-6 metri o frutice a flori bianchi, à caule ru guloso, finamente solcato pel lungo, pulverulento, cenerognolo-bruno o ‘4 gialliccio, coperto inoltre di rare sete fulvo-chiare o bruno - cenero- - gnole, fine, appressate, talora appena ben distinte alla lente, più abbon- danti e più sviluppate (0,5 - 2 mm.) verso l'apice dove si fanno anche patenti. Analoghe sete si hanno sulle foglie giovani, dove diventano fulve e lunghe 1 mm. Cicatrici fogliari semilunari con un semicerchio biancastro verso ne centro e talora soleate trasversalmente, o rilevate. Gemme setulose. A misura che ci allontaniamo dall’apice del caule osserviamo che le sete perdono dapprima la punta e poi cadono, (non tutte però !) Picciuolo di lunghezza variabile da 1 1/, cm. a 3 !/, cm. mon | molto robusto, coperto di sete fulve, o brune, o cenerognole (secondo l'etiv appressate, corte e sottili (appena cen ad occhio), un po’ pul verulente alla base. | Lembo obovato lanceolato, talora distintamente cuneato, di gran- dezza assai variabile (lungh. 13-24 cm., largh. 5-7,5 cm.) sottile, cartaceo, verde bruniecio od anco un po’ rossiccio, scabro (non sempre) setoso sopra, più chiaro sotto ed ivi d’ aspetto grossolanamente pulve | rulento, araneifero o subtomentoso, morbido al tatto: apice terminato bruscamente in punta acuta, lunga 0,8 - 1 em. e più; base gradatamen- te assotigliata, acuta e anche un po’ decorrente. Margine per lo più in- tegro alla base, denticolato serrulato verso il mezzo, irregolarmente € . grossolanamente serralo ed anche subduplicato serrato verso l' apice. Serrature curve o diritte, sormontate da sete, pure presenti tra leser- rature. Pagina superiore coperta, sulla costa, da sete desi appressate, — least alla base, lunghe circa 0,5 - 1 mm., ma talora appena vi sibili alla lente; Ze stesse sete, ma più scarse, si incontrano pure sulle nervature secondarie e sul parenchima. Su quest’ ultimo mancano di /— pulverulenza alla base e sono variamente lunghe, talora mueroniformi. A MPT 7 ; STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE be ECC. ; 188 ; # lembo presenta una punteggiatura bianchiccia, dovuta appunto a siffatte sete. Sulla pagina inferiore le coste e i nervi principali presentano un aspetto bianchiccio, furfuraceo - pulverulento per forte rivestimento di sete brevi, mucroniformi, spesso mal distinte ad occhio, gialliccie, bar- bate alla base, commiste ad abbondante pulverulenza bianchiccia. Sui nervi minori alla pulverulenza si uniscono i peli stellati che diventano abbondantissimi sul parenchima, per quanto appaiono distinti come tali solo alla lente. Le oscelle dei nervi secondari sono distintamente bar- bate. Nervature secondarie 15-21, oblique, un po’ curve verso la parte anteriore del lembo, distanti le une dalle altre, almeno anteriormente, | poco sporgenti sopra e sotto talora subdicotome, sempre di color più chiaro del parenchima. Nervature di 3. ordine, perpendicolari alle se- condarie, fine, distanziate le une dalle altre, diritte o curve o a de- corso irregolare. T'alune di esse simulano delle nervature secondarie, ma terminano a mezzo il lembo. Costa molto sporgente alla pagina inferiore. Infiorescenza più breve della foglia e talora di molto, ma più lun- ga del picciuolo, (lungh. 9-13 em., largh. 6-7 em.) multiflora, a pannochia piramidale o subcorimbosa, talora un po’ compatta. Peduncolo sottile, lungo 4-6 cm. brevemente setuloso (setule lunghe 0,5 mm.) pul- verulento, come anche le brattee e i rami. Questi ultimi brevi (1 em.), sottili, patenti, a lor volta ramosi e terminati in dicasi. Brattee lineari o triangolari, lunghe 4-6 mm., larghe 2-3 mm., talora spostate dalla sede normale. Bratteole minutissime. Qualche volta però le brattee ba- sali diventano fogliacee lunghe 1 cm., larghe 0,5 em. e acquistano un pieeiuolo per cui si ha la forma Veranii. ` Pedicelli sottili, furfuracei, pulverulenti (lunghi da 8 mm. a 1,5 smh o Fiori di mediocre grandezza (15-16 mm.) giallo-chiari. Calice a 5 sepali, ovali, taluni ottusi, altri subacuti, lunghi 4-6 mm., subeguali, minutamente pulverulenti, per peli stellati, appena visibili alla lente, in corrispondenza all'inserzione sul pedicello, glabri o subglabri sul resto della faccia esterna ed all'interno, cigliati al margine. Petali !/, più 134 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO lunghi del calice, talora invece quasi subeguali a questo, obovati o ab quadrangolari, ottusi, oppure un po' smarginati. Stami 20-25 circa, brevi, ma a filamento discreto, roseo, barbat E alla base con peli rosei o bianchieci ed ivi un po’ dilatato; antere tozze, giallo chiare, profondamente bifide, poricide all’ apice delle teche, ma con apertura assai ampia. | Ovario glabro, a 5 stili capitati lunghi o brevi, di rado senza stili. Caratteri differenziali o di affinità. Colla S. barbigera Hook ha comuni i piceiuoli, peduncoli e rami | pulverulenti setosi, le foglie obovate, lanceolate, acuminate, attenuate alla base, serrato-mueronate, barbate alle ascelle dei nervi secondari, come | pure infine la pannochia breve, subeorimbosa, i calici glabriuseuli al dorso, ma differisce notevolmente per le foglie non punteggiate (alla lente) e per la presenza dei peli stellati alla pagina inferiore del lembo. La S. villosa DC., pure del Guatemala e Messico, ha soltanto comu- ni le sete, i peli stellati, la barbatura alle ascelle dei nervi, poichè essa ha foglie molto grandi, denticolate o meno decisamente serrate, una pan- nochia vistosa, multiflora, e i calici infine tomentosi. È L'Aspera, pure caratterizzata dalla barbatura all’ascella delle nerva- - ture e dei peduncoli, rami e pieciuoli densamente setosi rufescenti, si distingue facilmente per la base ottusa del lembo fogliare che poi è più - largo, obovato, rieco di mucroni alla pagina superiore, ma privo di Pa stellati. Nel gruppo delle Barbigerae abbiano molte specie e forme ad a- scelle barbate (Reticulata, Pedunculata ete.), ma queste non possono an- dar comprese colla nostra a motivo delle lamine fogliari pressochè gla- bre. Le stesse hanno però i peduncoli, i picciuoli e i rami furfuraceo- pubescenti. | Caratteri differenziali oreophila Hemsl. S. Pringlei Rose Caratteri comuni Rami se furfu- racei strigillos Foglie FAR acu- te all'apice ed alla base. argine mueronula- to serrulato. Foglie ispide alla pa- gina superiore. Rami eoperti con se- appressate, un dilatate alla base Foglie oblanceolate, bruscamente acuminate a base cuneiforme. gl e fortemente serrato. Foglie setose-muero- nate alla pagina supe-| riore. Pieeolo albero od ar- usto, lic molto più breve della foglia. Pagina inferiore del lem- setosa, ma co ren- dcs coperto di peli stel- lat Pagina superiore setosa. Nervi 15-17. Calice cigliato al mar- gine, pulverulento sulle |parti seoperte nel boecio, del resto glabro. essico. 136 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali Caratteri comuni | S. latipetala Hemsl. S. Pringlei Rose Sete dilatate alquan-, Sete sottili sul fusto.| Pieciuolo pulverulento- to alla base sul fusto.| Margine doppiamen-|setuloso, non molto ro- b Margine serrulato fi- te. serrato. usto. n namente. Apice del lembo per; Lembo un po’ seabro | Apice del lembo a-lo più terminato bru-|superiormente, molle al. cuto. scamente in punta. tatto inferiormente. Pagina superiore| Pagina superiore pre-| Pagina superiore setu- sparsa di mueroni sul|valentemente setulosa. loso-pulverulenta sulla eo- parenchima. Nerviseeondaril5-21.|sta e sui nervi. Nervi lari12-20.| Pedicelli lunghi. Pagina inferiore sparsa Pedieelli brevi. Fiori disereti. di peli stellati sul paren- - Fiori molto grandi.| Stami 20-25. ehima. Ascelle dei nervi Stami 30-35. Stili] Stili talora brevi, od|barbate. lunghi. atrofici. Infiorescenza pulveru- lenta, setosa, più breve del- oglia. Brattee minute. Sepali pulverulenti sul- le parti scoperte nel boe- cio, cigliati al margine, del resto glabri. essico. Le differenze rispetto alla Subalpina son pressochè quelle testé se- gnalate per la Latipetala, e così pure dicasi pei caratteri comuni. La Sub o alpina ha peró il margine fortemente serrato. La ©. Selerorum presenta sete più sviluppate sul fusto, sul pieciuolo e sull'infiorescenza; un lembo marcatamente vellutato alla pagina supe- ‘riore la quale porta delle sete lunghe sulle nervature, mentre è ricca di mueroni sul parenchima; infine brattee più sviluppate. Per gli altri /— Win t TOMAS Bu tto e Br AO n MET DEP Pr ^ è caratteri, se si eccettua tuttavia ancora una più intensa struttura xe- is rofila del lembo e i fiori ermafroditi, corrisponde alla nostra specie. Data la stretta affinità tra la S. Nelsoni e la & Selerorum non occorre insistere sulle differenze e sulle affinità tra la prima e la Pr in- glei: solo faremo rilevare che nella Nelsoni il calice è pulverulento den- PEE x SUM hast molto vellutate sotto, le infiorescenze talora assai lunghe. -— Nel Messico si trova pure la S. Willdemanii la quale è intima- "tetto collegata colla Oreophila. Ora le differenze rispetto alla Pringlei si riferiscono al lembo più stretto, meno rieeo di nervi secondari e allo scarso numero di stami (20. circa). Infine ricorderemo qui ancora la S. pauciflora, pure del Messioó; la quale differisce dalla nostra pei peli rossieei e rigidi ehe coprono i rami, peduncoli, foglie e calici, pei peduncoli assai lunghi e PE la man- canza di barbature alle ascelle dei nervi. * do La ^4. Pringlei è una specie abbastanza ben definita, per quanto tuttavia e forme di cui consta vadano soggette a leggere oscillazioni efarmoniche nella loro costituzione. Così ad es. il rivestimento di sete trattasi di differenze troppo lievi dins meritino di esser prese incon- siderazione. | Per quanto concerne le affinità Tisulia dai confronti fatti che la S. Pringlei è strettamente congiunta colla S. oreophila, colla S. latipeta- la, colla S. Nelsoni, formando con queste un cielo di forme a fisonomia le affinità coll’Oreophila, tanto che lo stesso Pringle distribui la specie tipica di S. Felipe appunto sotto tal nome. Spetta al Rose il merito di aver rilevato le differenze che corrono tra queste due specie, fra cui i precipua è quella del diverso contorno marginale. x) Saurauia Pringlei Rose var. minantha Buse. Esemplare studiato. N. 3113 dell’Erb. Delessort, del Museo Palat. di Vienna e dell'Erb. odi Parigi. Fa parte della Coll. Galeotti e fu raccolto nella Sierra pres- S so. Oaxana a 5000 p. di altezza. Fiorente da Novembre ad Aprile, con fiori rosei. Rami fulvi per cortissime sete approssate, honda sulle parti giovani, A Pa vum dd. fusto sono piü curdi le foglie spesso tonde | appare piuttosto ridotto nell’ Es. N. 606 dell’ Erb. di Washington, ma " í v : Xx x ; t5 sul à comune e abitanti gli stessi territori. In particolar modo evidenti sono 188 - PROFF. LUIGI BÜSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLÓ Pieciuolo gracile, lungo 22 mm., pulverulento-fulvo per un riye mento analogo a quello del caule. Lembo sottile, breve e stretto (largh. 14 cm. lungh. 4-5 cm.) obovato, . lanceolato, o oblanceolato, termina- to bruscamente o gradatamente in punta, un po’ cuneato dal n verso la base che è acuta, più di rado ottusa. : Pagina superiore finamente granulosa, ma liscia, verdiccio-scura © — rosso bruna, linferiore verde e molle. Margine finamente denticolato alla base, serrulato dal mezzo in su, colle serrulature terminate da sete. : Pagina superiore sparsa di sete minute, bianchieeie, più abbo i danti sui nervi e sulla costa, miste a mucroni fini. Pagina inferiore subtomentosa per peli stellati, bianchicci, discretamente sviluppati e per sete gialliccie (queste ultime abbondanti sui nervi ed in specie sui Be. cipali, le cui ascelle sono diffusamente barbate). Nervature secondarie circa 14: nervi di 3. ordine a decorso m quo rispetto ai secondarii, distanziati gli uni | dagli altri e risolventisi in un reticolo lasso. | Infiorescenza lunga 65 mm. piramidale, sabeorimbosa, a rami bre- vi, patenti e a brattee lineari, lunghe 4-6 mm. coperte di minute sete - patenti, lunghe 1-2 mm. gialliccie. E Fiori portati da pedicelli lunghi 6-8 mm. piuttosto piccoli: sepali 7 lunghi 4 mm. ottusi o subacuti, scarsamente puberuli (peli stellati vi sibili solo alla lente) sulla faccia esterna, o pressochè glabri, fatta. eccezione pel margine che è cigliato. Corolla grande il doppio del ea- lice, a petali obovati, interi o smarginati. Stami 20:20 come nella formi tipica. Ovario a stili corti. aa Dalla forma tipica differisce unicamente per la minor grandezza del lembo che è inoltre più setoso e spesso rossiccio alla pagina superiore e per un minor sviluppo delle serrature marginali e dell’ infiorescenza, e infine per la piccolezza dei fiori. Essa segna il passaggio alle Wild manni e all’ Oreophila, e forse potrebbe essere considerata piii come una varietà di questa anziché della dier em - p . loso-ferruginea. Foglie giovani fulvo-setose. | STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. | Saurauia oreophila Hemsl, Diagn. PL nov. III. Ramis junioribus petiolisque furfuraceo strigillosis, foliis longe pe- tiolatis subeoriaees lanceolatis utrinque acutis, mueronulato-serrulatis, totis sparse hispidulis, nervis lateralibus numerosis costaque subtus pro- | minentibus, peduneulis paucifloris. | Arbor (?) ramis robustis foliosis junioribus furfuraeeis strigillosisve Folia in siecis laete virescentia, petiolata, subeoriaeea, auguste lanceola- te, acuta, utrinque sparse hispidula vel seeus costam nervosque furfura- cea, margine mueronulato-serrulato, nervis lateralibus contiguis, subtus prominentibus. Lamina 3-5 poll. longa petiolo furfuraceo 1-1 !/, poll. longo. Peduncoli pauciflori 1-2 pollieares pedicellique furfuraceo-strigil- losi. Flores polygami (?) ad 9 lin. diametro, sepalis inaequalibus extus furfuraceis ovatis ellipticis, 2-2 !/, lin. longis; petalis obovato oblongis fere liberis ad 4 lin. longis: filamentia basi barbata: ovarium glabrum stilis obsoletis. (Guatemala e Messico), Esemplari studiati. Es. (tipico!) del Salvin (Erb. Kew), stato raccolto al. Vulcan di Fuego, a circa 10500 p. d'altezza (Gennaio 1874). i Es. N. 3294 della Collez. Bernoulli e Cario (Herb. Guatemalense), stato raeeolto tra Godines e S. Luea: comun. dal C.te Solms Laubach al Mus. di Kew. |. i | Es. N. 2946 stato distribuito dal Donn. Smith, sotto il nome errato di S. anisopoda Turez, agli Ist. Bot. di Berlino, dell’ Unit. Nat. Mus. di Washington, di Parigi e di Kew. Esso proviene da S. Miguel d’Us- patan (Dep. Quichè. Guatemala) dove fu raccolto a cirea 8000 p. d'al- tezza (Collez. da Heyde e Lux Es. pl. Guatem. maggio 1892). Frutice alto 9-12 piedi (Es. Salvin) a fusto sottile, liscio o all'op- posto rugoloso, bruniccio-cenerognolo o giallieeio (Es. Bernoulli) non cavo (Es. Salvin ?), subglabro nelle parti adulte, setoso pulverulento nel- . le parti giovani. Sete lunghé 1 mm. (Es. Salvin e Bernoulli) 3-4 mm. . (Es. di Eeide e Lux) appressate o patenti, brune o viceversa fulvo chia- re (Es. Salvin), spesso dilatate clla base e un po’ ivi barbate (Es. Sal- vin). Cicatrici fogliari minute, sormontate da una piccola gemma setu- 140 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Picciuolo breve (1 cm. — 1,25 em. Es. Bernouilli e Lux) o lun- go (3, 5, cm. Es. Salvin) sottile, collo stesso rivestimento del caule. Lembo lanceolato-ovale, stretto (lungh. 6-10 cm. largh, 33 '/, em.) — sottile, cartaceo od anco subeoriaceo (Es. Bernouilli}; rossiccio, o verdie I cio (Es. Salvin) alla pagina superiore che è inoltre scabra; verde gial | liccio, pulverulento araneosa, molle al tatto, in corrispondenza dell'in feriore. Apice acuto, o terminato in punta breve, o viceversa lunga (Es. Salvin): base parimenti acuta od oscuramente arrotondata, disimmetrica: — margine minutamente denticolato-mucronulato con mucroni o denti — TA coli terminati da minutissime sete curve (Es. Bernoulli), talora però d il margine è serrato all'apice, denticolato o subintegro alla base, con serrature sormontate da mueroni curvi (Es. Salvin): pagina superiore d'aspetto liscio (Es. Bernouilli), più o meno abbondantemente fornita di setule (appressate) sulla costa e sui nervi, un po’ meno ricca sul parenchima. (Es. Lux e Bernouilli Le setule sono fine, appena destin- guibili come tali ad occhio nudo, lurghe 0,5 mm. circa. Nell'esemplare di Salvin le setule sono per lo più sostituite da | minuti mucroni i quali searsi sul. parenchima diventano abbondanti sulla costa. Le stesse setule, o sete, appressate appena ben visibili alla lente (Es. Salvin) lungh. 1 mm. (Es. Bernouilli), commiste talora a un po’ di pul- verulenza si incontrano sulla costa e sui nervi della pagina inferiore. si Il resto del lembo è ivi coperto abbondantemente da peli stellati, bian- chicci, fatta tuttavia eccezione per VEs. di Salvin che è subglabro, — punteggiato granuloso, o presenta solo quà e là dei minuti peli stel- lati neppure reperibili in tutta la foglia (1: Barbatura dei nervi se a condari appena accennata o mancante (Es. Salvin). Nervi fini sia sopra che sotto, compresa la costa. Nervature se- condarie circa 15 (18-20 nell Es. Salvin) appressate fra loro (Es. Ber- nouilli) o alquanto distanziate (Es. Lux) diritte in corrispondenza della n base fogliare un po’ curve verso l'apice, di aspetto un po’ pulverulento . .. o bianchiccio, molto spesso dieotomiche: nervi terziari minuti, non mol- K, (1) Talora si incontrano delle placche pulverulente, ma queste sono dovute E probabilmente a parassiti. è Seri STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 141 to appressati fra loro, perpendicolari ai secondari e risolventisi in un | lasso reticolo (Es. Salvin). Infiorescenza bruniccia, più breve della foglia (9 cm. od anco appena più lunga del picciolo (34 em. di lungh. nell’ Es. Bernouilli) pauciflora (Es. Lux 4-5 fiori), in forma di pannochia poco ramosa, qual- che volta extra-ascellare. Peduncolo relativamente fino, lungo 2-5 em. Rami brevi, talora brevissimi (8 mm.) distanziati gli uni dagli altri: brattee minute, lineari, filiformi (lungh. 2-6 mm., largh. 1 mm.) spes- so spostate dalla sede normale, setulose. Peduncolo scarsamente vestito di sete minute: il resto dell’ infiorescenza coperta con sete fulve (Es. Bernouilli), patenti, fine, lunghe 0-5 mm., commiste a pulverulenza ce- nerognolo bruna (Es. Lux’. Fiori poligami (?) (Es. Bernouilli) brevemente pedicellati o subses- sili, del diametro di 15 mm., o più ampi (Es. Bernouilli). Sepali lun- ghi 4-6 mm. ottusi od acuti, coperti di peli stellati sulle parti esterne esposte all'aria nel boccio, o attorno all'inserzione di pedicello (Es. Salvin). I peli sono però appena visibili alla lente: solo in qualche ca- so al posto di essi vi ha una minuta pulverulenza, o viceversa delle se- tule patenti, ma anche queste appena visibili alla lente. IZ resto della superficie sia interna che esterna è glabro. Corolla molto più grande del calice, glabra, a petali smarginati od integri, obovati. Stami 25-30 (Es. Bernoulli) brevi forniti alla base di peli rufescenti o rosei. Antere affisse pel dorso, gialle, di discrete dimensioni, ma ristrette. Il punto di inserzione distinto per una macchia nigrescente. Ovario glabro, a stili brevi (Es. Lux) od atrofici (Es. Bernouilli). Caratteri differenziali o di affinità. Nelle precedenti pagine abbiamo tracciati i rapporti di affinità tra la S. Selerorum, la S. Nelsoni, la S. latipetala, la S. subalpina e la S. Pringlei, ciò che ci dispensa dal tornar sopra a questo studio. Noi vo- gliamo qui soltantosoffermarci ad analizzare le affinità tra le varie for- me che abbiamo inglobato sotto la denominazione di Oreophila. Prendendo come tipo della specie l’ Esemplare di Salvin parrebbe che quasi soltanto esso merita di entrare nel novero delle Oreophila, poichè gli altri due che abbiamo riportato si differenziano per non pochi caratteri, fra cui merita di esser segnalata una più intensa setosità del- ^ 142 |. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO À .periore delle foglie secche e via dicendo. del genere Saurawia noi riteniamo che la separazione recisa di queste var. Willdemanni Buse. che studieremo tra poco. Lo studio del ricco la foglia, con maggior sviluppo dei peli stellati, una differente lunghez- za del picciuolo, una colorazione tendente al rossiccio sulla pagina su- LI Premesso frattanto che il polimorfismo è una delle caratteristiche due forme dall'Oreophila di Salvin costituirebbe un frazionamento troppo. minuzioso e non troppo giustificato della specie (che non sempre può esser rilevato alla descrizione), eon disgiunzione di forme fra loro per. moltissimi caratteri affini. Abbiamo perciò tenute associate le tre forme, rilevando però nell’analisi della specie le caratteristiche per cui ognuna di esse tende ad allontanarsi dalle compagne e riportando nella classifica | zione l'esemplare di Salvin (foglie verdi poco pelose setose) alla forma genuina, Buse. le altre due a foglie rossiecie e più pelose alla forma rubra Buse. (Tav. III fig. 2). > bu Entro certi limiti la S. Oreophila, pur essendo soggetta a polimor- | fismo non indifferente, è facilmente distinguibile dalle specie affini, sal 1 vo forse la S. Pringlei var. micrantha che abbiamo testé studiato e la materiale avuto a disposizione ei ha però dimostrato che, grazie appUn-- to alle varie forme più o meno abberranti, la S.. oreophila contrae una. strettissima relazione colle due specie test citate, tanto che si può af- fermare con egual diritto esser la S. Pringlei var. micrantha nient’al- tro che una forma della S. oreophila. Solo il margine più accidentato del lembo, il predominante colore rossiccio alla pagina superiore, WRA i più marcata setosità e pelosità del lembo ed alle ascelle delle nervatu secondarie giustificano la separazione adottata. Lo stesso ha luogo, come si vedrà ben tosto, per la S. Wildeman | ni, mentre per la S. latipetala, che pure ha non pochi caratteri di af finità colla nostra, si potrebbe sostenere la tesi che essa sia solo ana forma macranta della Oreophila. Si | no pertanto affermare che nel easo dell: "Orsophila la spocie è e AI STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. . 14 lementare è evanescente, mentre abbastanza ben. cireostritta presentasi quella collettiva. Non comprendiamo per altro come il Turezianinow abbia potuto de- terminare la S. oreophila sotto la denominazione di S. anisopoda. Le af- finità fra le due forme sono oltremodo insignificanti. Entrambre presen- tano i rami, pieciuoli, peduncoli e calici setosi, ma la setosità è nella : Anisopoda, ed in ispecie sul calice, notevolmente più accentuata: entram- a be poi hanno comuni le foglie oblongo-lanceolate, acuminate, le basi foliari suboblique, i margini denticolati (serrati però talora nell’ Anisopo- da!)i nervie il parenchima setosi alla pagina superiore, i peduncoli brevi, i petali lunghi due volte il calice e infine entrambe abitano l’ America centrale. Ma il carattere distintivo sta nei peli stellati mancanti del tut- ` 3 to alla pagina inferiore della S.. anisopoda la quale poi è priva di bar- batura alle ascelle dei nervi secondari. t Forse qualcuno potrebbe trovare una qualche affinità tra la Oreo- £5 phia e ia.G. pauciflora, ma questa differisce per le basi fogliari roton- : de, pei margini serrati e pei peduncoli lunghi. à Una delle caratteristiche principali della nostra specie sta nelle in- fioreseenze che talora non sono ascellari. Noi troveremo il carattere in «qualche altro rarissimo caso. Questa disposizione ha un certo interesse in quanto che le infiorescenze non ascellari sono frequenti a rinvenirsi nelle *awrauia dell Antico continente. Saurauia W illdemanni Buse. n. sp. ED Esemplari studiati. E N. 3088 (pro parte) d. Collez. Galeotti (Herb. Bruxelles), stato de- terminato dall’ Hemsley col nome ‘di S. leucocarpa Schlecht. Proviene- dal Messico (Prov. di Iuquila). - Es. N. 32 dell'Erb. di Ginevra. stato raccolto dal Iurgensen (1845) a Oaxaca e più precisamente a S. W. di geste territorio, fra Lacam- bra e Moletaqueto (Iuquila). . Rami lutei glabri aut subglabri rugosi; apice ran setis 2-3 mm. longis curvis praedito. ; Petiolus 1-5-3 em. longus validior quam in S. Oreophila, setis pa- -tentibus et pulvinulis obtectus. EC LEES si E a 144 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Lamina subcoriacea chartacea obovata, aut rarius lanceolato-ovalis:. 7-14 em. longa; apice acuto vel acuminato; basi acuta parum sub : decurrente. Pagina superior rubro-fusea, laevis, tactu aspera; inferior .. velutina luteo viridis. Margo ad basim integer vel dentieulatus, prope apieem serratus, subduplieato—serratus. Serraturae setis curvis instructae. Pagina superior, praeter nervos setis luteis appressatis aut mucroni- bus obtectis, glabra. Pagina inferior setis pulverulentis ad nervos prae- dita: parenehimate pilis stellatis albis et setis semplieibus obteeto: Axil- lis venarum barbatis. Nervi laterales 12-15, tertiarii subtus parum manifesti, in retieu- lo laxo desintentes. Inflorescentia quam 1/2 foliorum brevior, paueiflo-- ra, paniculata, parum et breviter ramosa peducunculata, braeteis minu ; tis instructa. Peduneulus setis luteis patentibus ad basim pulverem Obteetus, ramulis furfuraceis. Flores polygami (?) breviter vel longe pedicellati, mediocres ad marginem ciliati eaetrum glabri vel subglabri. Corolla calycem supe rans. Stamina 20. Styli, breviusculi aut discreti. Caule rugoso, reticolato, solcato per lungo, di color gialliccio, gla- bro o subglabro nelle parti adulte, sefoso-pulrerulento all'apice. Sete apicali fulve, patenti o appressate, lunghe 2-3 mm., un po’ riccie o cur ve: pulverulenza cenerognola. : 5» Cieatriei fogliari pieeole ovali, ombellieate. Giovani foglie coperte dal sete analoghe, ma di color dorato o rossiccio, lucide. Piceiuolo di dimensioni variabili (1,5-3 em.), non eccessivamen sottile, fulro gialliccio, spesso coperto di pubescenza e di sete paten ma quest'ultime più corte di quelle caulinari. x Lembo lungo 7-14 em. largo 2-5 em. di dimensioni pertanto ade variabili, lanceolato ovale, stretto, ma più di frequenti cuneiforme e sai dilatato verso l'apice o per lo meno un po' obovato, od oblanceo Apice acuto o terminato gradatamente o bruscamente in pua ac lunga 1 em. larga alla base; di rado l'apiee si presenta un po’ oti Base fogliare acuta, talora lievemente decorrente. (consi i Prof. LUIGI BUSCALIONI e GIU e GIUSEPPE MUSCATELLO Endemismi ed Esodemismi 1 nella Flora Italiana continuazione) Le cifre desunte in base RU proporzioni ei:indieano ancora che nelle montagne si ha pure il massimo di forme accantonate rispetto alle diffuse. Segue, in ordine decrescente, la regione mediterranea, mentre ultima viene quella padana in cui predominano condizioni dia- metralmente opposte, vale a dire alte percentuali di forme esodemiche rispetto alle endemiche. Se si sta solo ai termini assoluti i risultati appaiono alquanto dif- ferenti, poichè ad esempio, la zona mediterranea avrebbe molte specie non comuni ad altre regioni, la zona montagnarda un numero medio ed infine la subalpina e padana un numero minimo. Per quanto concerne l'espansione delle forme endemiche ed esode- miche merita di esser segnalato che nell’alta montagna le une e le altre hanno pressochè ugual potenza di diffusione, la qual potenzialità invece diminuisce per le specie endemiche, mentre si eleva per quelle esodemiche se si passa ai territori di bassa montagna o di pianura. Si può quindi concludere che in montagna tendono più a diffondersi — stando ai dati percentuali — le forme endemiche ed in pianura quelle esodemiche. La regione mediterranea mostra poca vendenza a diffondere le sue specie per quanto non poche di queste si riscontrino nella regione sub- montana, mentre poi non scambia che pochi dei suoi rappresentanti con la zona padana. Quest'ultima invece se riceve poche specie dalla zona mediterranea ne dà a questa non poche, come del resto ne scam- bia anche molte colla regione submontana, la quale invece dà pochi dei suoi rappresentanti alla nostra maggiore pianura. L’alta montagna ha scambi notevoli, ma limitatamente alla regio- ne di media montagna; inoltre mostra pure poca tendenza a diffondere le sue specie a più territorii, ciò che invece fanno più facilmente le : altre regioni. Questi dati valgono tanto per le specie esodemiche quan- to per quelle endemiche. IV). Nelle isole abbondano gli endemismi, sia che si considerino in termini assoluti che in base alle percentuali, e ciò come effetto del- lo accantonamento floristico e di altri fattori (non tutti bene assodati) ed ai territori da questa lontani, o insulari, è assai scarso. Trattando- É ‘esodemismi in montagna, e perciò entrambe hanno una proporzione mento delle forme comportandosi come le isole, presenta anche molte | I specie endemiche per 1000 Km?. i le 2! ^ PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO che sono stati a lungo discussi dal botanici che si sono occupati di — geografia botanica. Il numero delle specie endemiche comuni all’Italia aiton : si peró di endemismi l'Italia settentrionale ha maggiori rapporti con la Corsica e la Sardegna che coll’Italia meridionale, i! che è signifi- eativo anche pel fatto della poca estensione di dette isole rispetto al- l’Italia meridionale. E Questo territorio ha molte affinità floristiche, sia per quanto con- - cerne la flora esodemiea che endemica, colla Corsica e più di tutto — colla Sicilia, mentre è un po’ meno collegato colla Sardegna, per quan- P to tuttavia superi l'Italia settentrionale per esodemismi comuni. 3 La Sardegna e la Corsica, eminentemente montagnose, devono sot- * tostare alle leggi che regolano la diffusione degli cndemismi e degli . percentuale di endemismi e di esodemismi comuni pressoché uguale. | Territori disgiunti, quando vengono considerati come associati, 3 benché rappresentino una superficie maggiore, non provocano un al mento nel numero delle speeie esodemiche comuni, anzi dimostrano | l'opposto. : Le specie dell'Italia meridionale, se diventano insulari, tendono ad 3 invadere tutto quanto il sistema insulare: all'opposto le specie dell’ Pa talia settentrionale, quando si diffondono alle isole, raramente riescono- ad invadere tutte e tre le isole maggiori. d V.) Trattandosi di forme esoendemiche il numero massimo m eie accantonate su 1000 Km?. è, in termini assoluti, maggiore nei ter: ritori continentali (peninsulari) poichè più ampi; se però si studia D fenomeno della diffusione coi dati percentuali si verifica l’ opposto, € E la Sieilia tiene qui il primato (v. pag. 107). Le specie endemiche si comportano differentemente; poichè territori piccoli ed isolati presen tano una percentuale maggiore delle stesse per 1000 Km?. D’ Italia settentrionale coi suoi monti elevati, per quanto concerne Paccantona- ENDEMISMI ED BSODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 14? ~ ^ Se si prendono in considerazione le specie esodemiche comuni a due territori si osserva che in /erritori contigui vi ba un aumento delle stesse per 1000 Km?, All’ opposto è necessario che interrenga il fattore dell’ insularità per aumentare il numero delle specie endemi- che comuni, quando ben inteso si prenda come base del calcolo 1000 Km?. Così si spiega come la Corsica e la Sardegna, benchè piccole, abbiano una percentuale maggiore di endemismi comuni che l’ Italia settentrionale e meridionale. La regola ammette tuttavia qualche ec- cezione. Coll’ingrandimento delle aree si nota una diminuizione delle spe- cie comuni, sia in termini assoluti che per 1000 Km?. Nelle combinazioni poi in cui entrano territorî insnlari il numero delle specie esodemiche ed endemiche comuni subisce una forte dimi- nuzione, di guisachè occorrerebbe ampliare notevolmente le loro aree se si volesse raggiungere lo stesso grado di comunanza floristica dei territorî continentali associati e contigui. Il fenomeno appare evidente in particolar modo se si prendono in considerazione le specie esoen- demiche. VI.) Quanto più grande è il numero dei territorî occupati da una determinata classe, famiglia ece. colle relative specie endemiche altrettanto è più grande il numero delle specie presenti in ogni ter- ritorio. Trattandosi di territorî associati il numero delle specie endemiche di una data classe aumenta pure (ma in più lieve proporzione delle esodemiche) in ognuno dei territori coll'aumentare del numero dei ter- ritori che entrano in combinazione e che albergano la classe in que- stione. Vi sono tuttavia delle eccezioni. Quanto più grande è il nu- mero dei territori occupati da una classe o famiglia tanto più grande è il numero delle specie endemiche della stessa rispetto alla somma degli endemismi del territorio. ‘Il rapporto tra le specie endemiche e quelle esoendemiche diven- ta tanto più alto quanto più i territori occupati da una determinata classe sono piccoli, isolati e circoscritti. I rapporti percentuali fra la flora endemica e quella esoendemica 148 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO per ogni classe, si abbassano coll’ aumentare del numero dei territori M occupati dalla classe. Le Gamopetale dànno in ogni territorio una più alta -—— di endemismi sia rispetto alle altre classi, sia rispetto alle specie eso- demiche dei singoli territori. Piuttosto basso è tal rapporto se si con- siderano le Dialipetale e le Monocotiledoni. La percentuale degli endemismi rispetto al numero totale delle specie presenti in Italia aumenta dalle Pteridofite alle Gamopetale. VII.) La comparsa di endemismi in un deto territorio richiede lo intervento di speciali condizioni edafiche e climatiche che non si riscon- trano che in scarsa misura nelle acque. Di quì lo scarso grado di ende- micità fra le piante acquatiche. Molti altri siti sono anche poco adatti allo sviluppo degli endemismi (come del resto delle forme esodemiche), e ciò pel fatto che ivi imperano delle condizioni poco adatte all’ inse- diamento di non poche specie (siepi, strade, campi, prati, luoghi fre- quentati dall'uomo e dagli animali, in specie erbivori, e via dicendo). Gli endemismi si fanno frequenti nelle montagne, dove troviamo che formazioni ed associazioni per lo più povere degli stessi ne diven- tano più o meno ricche (prati, campi, boschi montani). È prevalentemente nella media montagna, come altrove è stato detto e come ebbe ad osservare incidentalmente il Christ, pur limita- tamente alle Alpi, che gli endemismi appaiono più abbondanti. Non tutti i terreni sono ugualmente riechi di endemismi. I calcari sono quelli che meglio si confanno per l'insediamento delle specie en- demiche. Sotto questo punto di vista le nostre vedute, altrove esposte | nel corso del lavoro, collimano con quelle del Correvon. Le roccie à tipo riuniforme, poco aecessibili all' uomo e agli animali, ne sono la sede prediletta, in specie quando le rupi sono calcari e si trovano lo- calizzate nelle montagne non troppo elevate. Appare quindi manifesto che per lo sviluppo degli endemismi si richiede, fra l'altro, un tipo di regione o di territorio dove la flora possa evolversi indisturbata. VIIL) La forma e la struttura dei frutti (1) e dei semi, pel fatto — (1) Per la denominazione dei frutti ci siamo attenuti, per aver dati piü pre- m xS + SEA RISSA Ru T MC ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 149 stesso che possono influire sulla distribuzione delle specie, riescono del pari ad aumentare o viceversa a ridurre il numero delle forme ende- miche in una data regione. In Italia predominano le specie fornite di achenî e perciò questo tipo di frutto si trova largamente rappresentato fra le forme endemi- che ed esodemiche. Un dato tipo di frutto può essere più facilmente presente fra le specie endemiche, o viceversa fra quelle esodemiche. Cosi ad es. i legumi sono più scarsi delle silique fra gli endemismi, più comuni invece fra gli esodemismi: le bacche sono meno rappresentate degli otricelli nelle forme endemiche, di più in quelle esodemiche. Per ovvie ragioni, i tipi di fratti che meglio si prestano alla dis- seminazione per mezzo del vento (samare, spore ecc.) (1),0 degli ani- mali (bacche, drupe) sono poco rappresentati fra gli endemismi. Ne deriva come logica conseguenza, che le specie con frutti disseminati dal vento, dagli animali, ed anche dalle acque abbondano di prefe- renza fra gli esodemismi ed inoltre sì riscontrano in parecchi territorî, mentre l’opposto ha luogo per le forme a frutti di difficile dissemina- zione anemocora, zoocora, idroeora, che sono di preferenza presenti fra le specie endemiche. La legge di disseminazione—che sopra abbiamo esposto trattando della natura dei fruiti e della diffusione di questi per mezzo del vento, aequa, animali — appare evidente tanto se si considerano i fatti nei termini assoluti che se se ne deducono le percentuali. È adunque una legge fondamentale. Quanto più un dato tipo di frutto è diffuso in Italia tanto più in ogni territorio della nazione è grande il numero delle specie che lo presentano. cisi, alla Flora analitica d’Italia dei Sigg. Fiori e Paoletti non ostante fossimo convinti che parecchi tipi avrebbero potuto essere più opportunamente riuniti in uno solo per lo studio della loro diffusione e conseguentemente della distribu- zione delle specie. i i (1) Non tutti gli Autori sono concordi nell'attribuire al vento una azione energica nella disseminazione. Vedi in proposito i lavori di Kerner v. Marilaun. 150 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO ` Per ovvie ragioni quanto più è elevato il numero delle specie for- nite di un dato tipo di frutto altrettanto più grande è il numero del- le forme endemiche che pure lo presentano. Questa proporzionalità fra endemismi ed esodemismi, rispetto al tipo di frutto, va incontro tutta- via a qualche eccezione. Nei territori insulari difettano le specie endemiche con bacche, dru- - pe, follicoli e cariossiodi. Facciamo osservare che nelle isole imperano delle condizioni biologiche spesso differenti da quelle ehe presiedono allo sviluppo della flora nell’ Italia peninsulare e perciò deve in esse variare la proporzione dei tipi di frutti rispetto a quanto si osserva nella penisola italiana. Poco chiara è, dal punto di vista biologico, la scarsità di folli- coli e cariossidi nelle isole, mentre il difetto fra le specie endemiche di bacche e drupe, che in queste è piuttosto accentuato, è in rapporto con le condizioni che regolano la disseminazione delle specie, in par- tieolar modo zoocora. | L'Italia settentrionale è più ricca della meridionale in acheni, o- tricelli, cariossidi, spore ece., mentre questa è più fornita di specie con drupe e bacche. La presenza non infrequente di specie con drupe e bacche in Italia meridionale può trovare la sua spiegazione nelle condizioni climatiche della regione. Noi sappiamo infatti che le piog- ge nella regione mediterranea sono disugualmente distribuite lungo l'anno, poichè mentre sono frequenti nel semestre autunno-inverno si rendono rare in estate. Il periodo piovoso è poi in certi siti (Sarde- - gna) frazionato, subentrando alle piogge invernali il cosiddetto periodo . delle seeche (Gennaio), cui segue dinuovo la stagione invernale-prima- verile ricca di precipitazioni meteoriche. Nell'Italia settentrionale invece abbiamo le: piogge pù uniformemente distribuite lungo l’anno, sebbene i periodi più piovosi siano l’autunno e la primavera. Orbene, date queste condizioni di elima ben si comprende che nell’ Italia meridionale le piante, dovendo sottostare ad un lungo pe- riodo di siccità estiva, che comincia spesso verso la fine della prima- vera e si protrae fino ad ottobre, devono plasmarsi in modo da non soffrire una eccessiva perdita di acqua — per traspirazione— durante il periodo secco. Di qui l'abito xerofito che acquista la flora mediter- ~ A A UTER xi piii: AC Er Can M cU ic. dmi. ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 151 ranea. All’opposto, le piante della regione nordica della nostra. patria, non andando soggette ad un periodo di estrema siccità estiva, assu- mono per lo più il carattere delle mesofite, tanto caratteristico. della flora dell'Europa centrale. | ; Uno di noi (Buscalioni) ha denominato æero/ilia vegetativa o emi- æerofilia Vabito xerofito che hanno molte piante in eui gli adattamenti alla siccità sono limitati alla sfera vegetativa. I frutti però di molte di siffatte piante meridionali sono succulenti, zuecherini, e quindi a priori si potrebbe sospettare che la xerofilia sia estesa anche alla sfera degli organi di riproduzione, comportandosi tali frutti analoga- mente alle cosidette pale dei Fichi d’India o alle foglie di Aloe che si rendono succulenti per sopperire appunto alle condizioni di siccità del mezzo in eui vivono. Ma la succulenza dei frutti, nel nostro caso, anzichè costituire una prova contraria al nostro asserto, atta cioè a demolire la distinzione proposta, è legata a ben altre cause, e a prescindere da qualche eccezione che non infirma punto la regola, è dipendente dal fatto che i frutti destinati a diventare succulenti si vanno orga- nizzando e sviluppando nella epoca delle piogge (autunno, primavera) come ad esempio gli agrumi. Si tratta quindi di una sueculenza che non ha nulla a vedere col xerofitismo. Un difetto di pioggia durante lo sviluppo vegetativo della pianta, un eccesso di precipitazioni inve- ce durante lo sviluppo dei frutti, una temperatura relativamente ele- vata, una radiazione solare forte sono condizioni che, in specie nel- l'Italia meridionale, favoriscono lo sviluppo di sostanze osmotiche (zuc- cheri ecc.) le quali, accumulandosi di poi nei frutti durante la loro evoluzione (che cade per lo più nel periodo delle piogge) provoca un richiamo di acqua nei tessuti dei frutti stessi. Riesce quindi in tal guisa spiegata la comparsa delle drupe, bacche ed altri frutti succu- lenti nelle regioni meridionali del nostro paese. Per le regioni setten- trionali valgono le stesse cause, colla differenza però che le piogge meglio ripartite nel corso dell’anno dànno alle piante di preferenza un carattere mesofita. (1) i Con l'aumento delle specie aventi un dato genere di frutti aumen- tano pure gli endemismi delle stesse. Perciò gli acheni che costitui- - (1) IL cosi detto mal dello spacco è appunto collegato con i fattori sopra accennati. 152 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO scono il tipo più comune di frutti in Italia dànno. anche, sia in ter- mini assoluti che percentuali, il maggior numero di endemismi. Degno di nota, ed in perfetto accordo con le vedute sopra esposte, -è il fatto che nelle isole, più che nel continente, le forme esodemiche tendono a sviluppare dei frutti a tipo succulento, (Bacca, Drupa ecc.). IX.) Nell’Italia predominano le specie esoendemiche vivaci erba- cee, seguono le aunue, le vivaci legnose, le bienni, le annue-bienni, le bienni-vivaci erbacee, le annue-vivaci erbacee, le annue-bienni-vivaci È HITS erbacee ed infine gli altri tipi di minore importanza. La stessa regola | | vale per le specie endemiche, con la differenza tuttavia che le forme - vivaci erbacee, le viv. legnose e quelle bienni-vivaei erbacee subiscono lievi spostamenti nella graduatoria rispetto ad altri tipi. Il maggior numero di specie di tutti i tipi si ha nei territori pe- ninsulari; seguono in: ordine decrescente la Sicilia, la Sardegna e la Corsica. Non tutti i tipi sono però ovunque rappresentati (La Corsica, come assai piccola, difetta di taluni). Quando i territori sono associati, quanto più grande diventa l'area tanto più tendono a diminuire certi tipi, in specie se i territorî asso- ciati sono insulari. La percentuale massima di specie endemiche rispetto alle esoen- demiche è data dalle bienni; seguono in ordine decrescente le vivaci legnose, le vivaci erbacee e le annue. Alquanto differente è la seria- zione se si tratta di endemismi. Le specie annue non entrano che in proporzione modesta nella costituzione della flora endemica che invece abbonda di forme vivaci e di bienni. All’opposto le specie annue sono relativamente numerose fra le forme esodemiche in cui prevalgono anche le vivaci erbacee. In generale si osserva che il tipo più ricco di forme esodemiche è pure più rieco di forme endemiche, ma questo fatto non infirma la regola della maggior prevalenza, in specie percentuale, delle forme vivaci fra i tipi endemici. Nei territori insulari, specialmente adatti. allo sviluppo di forme endemiche, tengono il primato, in conformità. della regola sopra enunciata, le forme vivaci erbacee, seguono le bienni ed infine le annue (per accennare solo ai tipi più comuni). Nei territorî continentali invece le annue sono pure le ultime, . attra) prat P ra Zu La El PUT de FU RI, vice | ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA ua quando però si considerino i fatti in base ai termini assoluti, le bienni le prime. Se però si stabiliscono le percentuali si osserva chele annue sì fanno ivi più numerose, ciò che non ha più luogo nei territorî in- sulari. Il massimo (sia in termini percentuali che assoluti) è dato o- vunque dalle vivaci erbacee. La Corsica tiene il primato per gli endemismi rappresentati da forme vivaci erbacee e bienni; difetta invece di endemismi fra le annue e le vivaci legnose quando però si s'abilisea la percentuale in base a 1000 Km?. I tipi che dànno maggior numero di endemismi dànno pure un grande numero di esodemismi. Nel continente si ha un massimo, per 1000 Km?, di endemismi fra le vivaci legnose e le annue (in parte anche fra le bienni), il che stabilisce una condizione di cose un po’ differente rispetto alle isole. Le vivaci erbacee e bienni dànno per 1000 Kw? un massimo per- centuale di endemismi in pressochè tutti i territorî; una bassa percen- tuale invece dànno le annue e le vivaci legnose, La Sicilia si comporta come la penisola in cui per 1000 Km? vi ha un massimo di forme vivaci erbacee esoendemiche, cui seguono le annue e le vivaci legnose ece. Premesse queste considerazioni è d’ uopo ricercare quali sono le cause per cui nei territori riechi di endemismi predominano le forme vivaci, mentre scarseggiano le annue che invece si fanno più numero- se nei territorî continentali poveri di forme endemiche. La soluzione del problema, l’affermiamo sin d’ora, ci pare molto complessa ed oscura: ciò non di meno ci permettiamo di esporre qui una ipotesi lasciando ad altri la cura di studiare il fenomeno più a fondo. Risaliamo all’ uopo alla fine dell’ Epoca terziaria, quando cioè le condizioni di clima erano più uniformi e meno stridente si presentava il contrasto fra inverno ed estate, tanto accentuato oggigiorno. In quel: epoca vivevano, come oggi, tipi annui, bienni, vivaci e via dicendo, forse in proporzioni un po’ diverse da quelle che il cal- colo delle percentuali ei indica per la flora attuale. I vari tipi erano dispersi pure in differente misura nelle varie regioni dell’Italia. Sorse però ben tosto il periodo glaciale, che per ragioni di brevità conside- riamo come unico, il quale determinò da una parte la emigrazione e la 154 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO distruzione e dall'altra la trasformazione di non poche specie. E non | crediamo di errare affermando che si presentarono più atte a subire | delle modificazioni le forme più recenti che sono più plastiche e più | adatte perciò a variare in correlazione con le variazioni a cui va sog- - getto il mezzo. L’ influenza del freddo si fece sentire indubbiamente. in modo disuguale (e con effetti disuguali) sulle forme vivaci, sulle - bienni, sulle annue e via dicendo. Egli è certo che le forme vivaci ad organi di immagazzinamento sotterranei ebbero meno a sentire l'influenza delle mutate condizioni, - poichè durante il periodo di maggior freddo annuale continuirono a " vegetare con i loro organi sotterranei per —€— di nuovo all'aria ; coi loro organi epigei all'arrivo della primavera o dell'estate 4 Assai di più ebbero a soffrire le specie annue, le quali, costretti È a circoscrivere il loro cielo vitale nel troppo corto periodo estivo — astrazione fatta da non pochi tipi capaci di un tal genere di vita — esse andarono distrutte o si trasformarono in bienni e vivaci mercè lo. sviluppo di speeiali organi sotterranei, o subendo semplicemente un arresto di sviluppo invernale. Ma siffatta trasformazione, avvenuta in tempi relativamente recenti, — cioè durante il periodo glaciale ed il successivo, fu la causa precipua per cui le specie vivaci di neoformazione sviluppatesi qua e là nelle varie regioni del nostro paese (in prevalenza da forme Gamopetale moderne e plastiche), non ebbero ancora il tempo (e forse mancarono loro le cordizioni opportune) per diffondersi in tutta l'Italia e fuori. di questa, per cui riesce chiarito, fino ad un certo punto, come esse. diano una grande proporzione di specie endemiche rispetto alle annue. I rappresentanti di queste ultime ridotti di numero alla fine dell’epoca | glaciale, dopo avere emigrato dalle loro sedi primitive (che avevan occupato durante il terziario) tornarono ad espandersi durante il qua- ternario, ma mentre facilmente riuscirono ad invadere tutta l Italia non furono in grado di penetrare che in scarsa misura nelle Isole. Di qui la grande prevalenza di forme vivaei in queste dove predomina no pure gli endemismi, l’abbondanza di forme annue nel continente dove invece gli endemismi scarseggiano. In conclusione la predominanza di forme vivaci fra gli endemi | 4 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 155 smi rappresenta, in parte almeno, una condizione di cose affatto mo- derna, dovzta alle glaciazioni. Essa è collegata inoltre alla parziale metamorfosi di talune specie annue, e specialmente di quelle più pla- stiche e più moderne (Gamopetale). Alcuni potrebbero obbiettare che il predominio di forme vivaci, rispetto alle annue, fra le specie ende- miche dipende unicamente dalla abbondanza delle prime nella nostra flora, ma noi osserviamo in proposito che anche le annue son rieche di specie mentre son povere di endemismi e per converso le vivaci le- gnose, a lor volta, benchè ricche di specie, presentano del pari molti endemismi. Noteremo da ultimo che per quanto concerne i rapporti fra le specie endemiche e quelle esodemiche si hanno le più grandi differenze fra le bienni-vivaci erbacee, seguono in ordine decrescente le annue, le vivaci legnose, le annue-bienni, le vivaci erbacee, e le vivaci erbacee- viv. legnose. X.) Nello studio che uno di noi (Buscalioni) ha fatto sulla flora australiana, ebbe a rilevare, parimente in base ai dati percentuali, che in detta flora vi ha un rapporto fra il tipo fiorale e la fillotassi, nel senso che le Gamopetale sono costituite in gran parte da tipi aventi una fillotassi verticillata (in largo senso), mentre le Dialipetale presen- tano moltissime specie a foglie isolate o sparse. Era quindi opportuno indagare se tale fenomeno si presentasse nella flora italiana. Ora le no- stre ricerche su tale argomento ci hanno portato alle seguenti conclu- sioni. In termini assoluti le Gamopetale presentano il maggior numero di forme a foglie opposte, verticillate, rispetto alle altre classi. In tutte le classi le forme a foglie alterne sono più numerose; il minimo è dato dai tipi a foglie radicali o a rosetta. Anche se si tien conto soltanto dei dati percentuali si arriva pressochè agli stessi ri- sultati. Le Monocotiledoni danno una percentuale massima di foglie terne; le Monoclamidate ci offrono un'alta percentuale di forme a fo- glie opposte; le Dialipetale, ed in ispecie se endemiche, presentano un predominio — sempre in base alle percentuali — di forme a foglie alterne, essendo piuttosto basse le percentuali di tipi a foglie opposte w — ' 156 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO o verticillate; infine nelle Gamopetale aumenta alquanto la percentual dei tipi a foglie opposte mentre si abbassa quella dei tipi a fogl alterne o radicali. Le rosette radicali abbondano fra le Monocotiledon mentre son poco rappresentate fra le Dialipetale. Un valore medio si osserva fra le Gamopetale. Qual'è la ragione dell'alta proporzione percentuale di tipi a foglie - opposte fra le Gamopetale, in rapporto specialmente alla bassa cifra che ci offrono le Dialipetale? Per risolvere questo problema basta risalire all’ origine del fiore. Questo non è altro, secondo le vedute filogenetiche di non pochi au tori, fra cui citeremo il Potonié, che un filloma trasformato: non man cano tuttavia coloro che ammettono una ipotesi diametralmente op- posta, vale a dire che la foglia sia un filloma fiorale metaforfizzato - Ammessa la prima ipotesi è ovvio pure ammettere che le piante. in eui i fillomi nascono accoppiati, o in numero più o meno gran sullo stesso nodo (piante a foglie opposte o verticillate) debbano pure dar origine a due o più fillomi fiorali sullo stesso nodo. Ma data la. ristrettezza di spazio in cui rascono e si sviluppano i fillomi fiorali, data la grandezza spesso rilevan'e di questi, è facile comprendere € quando due o più fillomi fiorali compaiono sullo stesso nodo debb di necessità fondersi fra loro pei margini o almeno per le basi, dand così origine alla Gamopetalia. Di qui la frequenza di questa nelle spe- cie a fillotassi verticillata (in largo senso). | All'opposto, se le foglie naseono sugli assi vegetativi in ord sparso, conserveranno spesso tale disposizione nell'apparato fiorale; p eui i singoli fillomi eorollini non verranno in origine a contatto fra di loro e perciò cresceranno indipendenti. D'onde la frequente Dialipeta lia nelle forme a foglie sparse. Questa teoria non si accorda sempre con quanto si osserva nel caliee, a riguardo del quale non abbiamo tuttavia fatto studî speciali, ed urta contro le vedute dominanti le quali vogliono che spesso: tuta quanti i fillomi corollini di un fiore, o taluni di essi almeno, nascano su un unico nodo (a prescindere, in ispecie, dai tipi a foglie corolline evidentemente disposte in ordine sparso). Facciamo però osservare mi spostamenti insignificanti nelle bozze fiorali sono sufficienti ad alterare. ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 157 la disposizione dei fillomi fiorali, anche quando siffatti spostamenti so- no tanto impercettibili da non permettere all osservatore di stabilire se in realtài fillomi fiorali in questione traggano origine tutti assieme su un determinato nodo o ciaseuno su un nodo speciale. La flora italiana conferma adunque quanto è stato stabilito a ri- guardo di quella australiana, ed a conferma del nostro asserto rilevia- mo infine che nelle Monoclamidate in cui si ha pure una percentuale assai alta di specie con foglie opposte è pur frequente la saldatura dei fillomi fiorali colla conseguente gamopetalia. B.) Probabili origini ed affinità delle specie endemiche italiane. Non è nostro intendimento addentrarei nell'arduo quanto oscuro pro- blema delle origini ed affinità delle specie endemiche, consci che la mancanza o per lo meno la deficienza di dati e di documenti che ser- vano di filo conduttore nella ricerca renderebbero poco serii e poco attendibili i risultati. Il nostro compito è più modesto, essendoci limi- tati allo studio della distribuzione di quelle forme che si presentano presumibilmente più o meno affini a quelle endemiche del nostro paese. Quasi tutti i botanici ammettono che le forme affini ad una data specie siano quelle che presentano con questa maggior comunanza di caratteri rispetto ad altre: in base a questo criterio azzardano l’ipotesi che la specie in questione sia presumibilmente uscita dal ceppo comu- ne dei tipi similiari. Nelle ricerche che fanno parte di questo capitolo ci troviamo costretti ad accettare tale ipotesi, ma a scanso d’equivoci non erediamo fuor di proposito far notare che se da un lato è possibile che una data specie endemica sia uscita dal gruppo di quelle che si presentano più ad essa similari, non si può escludere che i fatti vadano ben altrimenti. Innanzi tutto nulla vieta di ammettere che le specie affini siano uscite tutte quante da un ceppo comune ancestrale e quindi la specie endemica, ‘anzichè figlia, sia sorella delle altre; in secondo luogo, prescindendo dai fenomeni di convergenza che possono render fra loro similari entità affatto distinte, stando alle moderne vedute sulla mutazione, dobbiamo aver presente che per effetto della mutazione 158 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO altra: ceppo con i quali essa non ha alcuna affinità. Le ricerche sulle affinità potrebbero condurre a risultati attendi bili solo nel caso che la paleontologia fosse tanto progredita che 1 numerose lacune esistenti fra le forme viventi e quelle passate fossero quasi del tutto colmate. Ora, sotto questo punto di vista, noi siamo ben lontani dall'aver raggiunto la meia. Malgrado le considerazioni esposte è nostra ferma convinzione ch non si debbano trascurare i tentativi di unire le forme quando queste presentano caratteri comuri. Se lo studio fatto in questo senso non porterà sempre a conclusioni decisive sulla filogenesi e sulle affinità reali fra le specie, fornirà tuttavia una serie di documenti che E no essere utilmente impiegati dai botanici nell’avvenire. Forti di questa convinzione riportiamo qui i risultati che son ve- nuti in luce in questo studio, premettendo tuttavia. che i dati consegna nelle presenti tabelle ei furono in gran parte forniti dai Proff. 8 Belli, A. Fiori ed A. Beguinot ai quali sentiamo il dovere di esterna qui i più vivi ringraziamenti. ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA - 159 Crittogame | Specie end. italiana| Famiglia Habitat Spec. probabilmente affini Habitat delle spec. affini Osservazioni |IsoetesMalinverniana | Isoetaceae Italia settentrionale |Isoetes tegulensis var. @ |Pula, Tempio, Teulada in Sarde- Ces. et D. Ntrs. dell’ I. velata A. Br. - gna, Maddalena. Monocotiledoni Specie end. italiana| Famiglia Habitat Specie probabilmente affini Habitat delle specie affini | Osservazioni Trisetum gracile Gramineae |Sardegna T. flavescens (L.) P. B. |Reg. temperate boreali Da non con- (Moris) Boiss. fondersi col T. \disticophyllum Trisetum villosum » Italia meridionale . |T. flavescens L. Reg. temp. bor. i (Bert ) Schult Trisetum Burnoufii » Corsica, Ital. Setten.|T. flavescens L. Reg. temp. bor. Bi. 2 T. Velutinum Boiss. Spagna Dracunculus musci-| Araceae Corsica, Sardegna |Dr. vulgaris Schott. Europa australe, Portog. Francia | Paleogenismo vorus, merid. Dalmazia, Grecia Pelpn, (L. fil.) Parl. Tracia Arisarum probosci- » Ital. meridionale Ar. Vulgare Targ. Tozz. |Reg. medit. raram. submontana di deum. tutta Ital., Port., Francia Grecia, ©. (L.) Savi Algeria, Egitto, Canar. Teneriff. Hyacinthus fastigia-| Liliaceae Sardegna Cors. Reg.|H. orientalis L. Asia occid. Francia merid. Svizzera, | Inselvatichita, tus mediter. —— Dalmazia, Grecia, Barberia originaria del- | . (Viv.) Bert. l'Asia occid. Allium maritimum » Sicilia e Corsica A. oleraceum L. Europa : Raf. | e 5 È A 2 D = È N p © a Z S - < D 5 m 5 5 = È È 160 Specie endemic. Ital.| Famiglia Habitat Specie probabilmente affini Habitat. delle specie affini Allium parciflorum |Liliaceae Corsica e Sardegna |Al. Cupani Raf. Reg. medit. Sicil. Abruzzo, Grecia, Viv. | I minore, Alger. Tunis. Leucojum longifo-|Amaryllidace-|Corsica L. autumnale L. Sic. Sard. Reg. med., Cefal. Spagna lium ae Port. Afr. bor. (F.Gay.) ex Salis Crocus Imperati Iridaceae Ital, merid. Corsica |Cr. versicolor Ker. Gawl. |Princ. di Monac. Nizzardo Bordigh. Ten. Provenza. Crocus medius » Ital. settentr. Cr. nudiflorus Sm. Spagna, Francia Balb. Crocus longiflorus » Ital. merid. Sicilia |Cr. sativus L. Grecia, Asia min. Raf. Cr. nudiflorus Sm. Spagna, Francia Dicotiledoni monoclamidate Specie endemic. ital] Famiglia Hbitat Specie probabilm. affini Habiiat delle specie affini Osservazioni Urtica rupestris Urticaceae — |Sicilia Urtica urens L. Istria. Reg. temp. del vecchio|Natur. inÀme-|: Guss. mondo rica ed altrove Urtica atrovirens » Cors., Sard. Ital. cen.|Urtica dioica L. Reg. bor. temp. del vecchio mon- Req. do Istria ed isol. Parietaria Soleirolii » Cors. Sard. Capraja Affinità poco evidenti | Paleogenismo Spreng. monotipico Kochia saxicola Chenopodia- |Strombolich. lschia,|K. prostrata Schrad. |It. sett.(Aosta) Spag. Fran. Rus. As. Guss. ceae Capri occ. eentr. e bor. Himalaja, Afr. bor. K. arenaria Roth. Veneto, Ravenna, Francia merid. Europa centr. Russia Caucalo. Persia, Siber. occ. 161 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA Dicotiledoni dialipetale Specie endem. ital. Famiglia Habitat Spec probabilm. affini Habitat delle spec. affini Osservazioni. Arenaria Huteri Kern. Arenaria Bertolonii Fiori Silene Elisabethae Jan Silene echinata Otth Silene Requienii Otth. Helianthemum lunu- latum (All ) DC. Malcolmia Orsiniana | . Ten. Caryophylla- ceae Cistaceae Cruciferae Alpi venete Sard. Cors. Ital. mer. Alpi marit. M.ti d. Ital. settentr. Reg. med. It. merid Corsica, Sardegna Ital. sett Alpi. marit. Piemonte Italia meridionale Ar. cretica Spr. Ar. gracilis WK. Ar. saxifraga Spr. Ar. graveolens Schrb. Ar. cretica A Ar. gracilis WK, Ar. saxifraga Spr. Ar. graveolens Schreb. Ar. cinerea DC. Sl. auriculata S. Sil. crassipes Fenzl. Sil. papillosa Boiss. "il. squamigera Boiss. Sil. vesciculifera S. Gay Sil. paradoxa L. Sil. italica Pers. Hel. canum Dun, Hel. petiolatum Thib, Mal. maritima L. Spagna, Grecia, Cipro, Creta Dalmazia Croazia Rumelia Siria, Arab., Grecia Gallia Grecia, Cipro, Creta i Croazia, Dalmazia Rumelia ' Siria, Arabia, Grecia Gallia Ital. sett. centr. Grecia. Siria Asia minore |Asia minore Siria Cilicia Eur. australe Reg. medit. orientale Europa, Asia minore Spagna. Reg. medit. Nizzard. Viterbese Pu- glie Fiume, Malta, Corsica, Si- cilia, Treviso, Europa merid. Negato da Ja- nken Qua è la na- turalizzata PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO E cg e MM Cochlearia brevicau- lis Facch. I epidium humifusum Lois Req. Bivonaea Saviana Car. Aethionema Thom: ,Sianum J. Gay. Corsica 'Toscana Alpi V. Aosta Lep. Bonannianum Guss. B) nebrodense del Lep. hir- sutum Biv. Prolongi Prantl. Aet. saxatile L. R. Br. Sicilia, Calabria, Corsica, Spagna merid, Grecia. Candia, Barberia Spagna merid. Re T que Alpi, Italia merid. Sic ia, Europa centr. mer. Asia minore, "aes | Spec. end. Italiana | Famiglia Habitat Spec. probabilmente affini Habitat delle specie. Keen Sisimbrium Zanoni Cruciferae |ltal. centrale S. Strictissimum L. Europa media e merid. or. Pie- i (Ball.) J. Gay monte e Nizzardo — p macrocarpa » lsole Egadi Brassica oleracea L. Cosmopolita uss. i Morisia hypogaea ^ Corsica, Sardegna Pesia Cacaso | Paleogenismo| (Viv.) J. Gay monotipico Pesia Cacaso Clypeola microcarpa " Sardegna Clyp. Jonthlaspi L. Reg. medit. Parma, Colli Euganei; Moris eneto, Friuli, Istria, Liguria, Toscana, Abruzri, Sicil. Sarde- gna Cors. Eur. Asia occ. Alyssum corsicum » Corsica A. argenteum (All) Vitm. [Europa mer.-or. As. occ. Piem. Dub. Pavese, Parmig., Tosc. Al. Robertianum Bren Corsica e Sard. Alyssum Bobertia- » Corsica, Sardegna |Al Argenteum All. Europa orient.-mer. num Bern. s Draba Loiseleurii » Corsica Dr. Aizoides L. Europa med. e meridionale Boiss. Dr. Olympica Duby Grecia ed Oriente » Monti del Veneto Paleogenismo 7 163 / ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA Spec end. italiana | Famiglia Habitat Specie probabilmente affini Habitat delle specie affini Osservazioni "n semperflorens Cruciferae Sicilia Tb. saxatilis L. Europ. mer. | oo in ; | Thalictrum calabri-|Ranunculac. |Calabria-Sicilia Th. aquilegifolium L. Europ. Asia bor. | cum Spr. 3 | | Adonis dior Ten. » Ital. centrale Ad. chrysocyatus Hook e Th.! Himalaja | Ad. cyÎlenea Boiss Grec. Pelopones. ! Ad. pyrenaica DC, Pirenei ; Sedum alsinefolium |Crassulac. Alpi Lig. e Piem. |Sed. cepaea L. Europ. med. e merid. As. minore, ' All. Tunisia, Algeria | Sedum aetnense » Etna (Sicilia) Sed. glaucum W. et K. |Alpi, Istria, Europ. merid. medit.|Dubbia l'affin. Tin. in Guss. Asia occid. sec, Parlatore Prunus Cocomilia ^ |Rosaceae Ital. meridion. P. domestica L. Coltivatoo Ten. vunque P. insitia L. Europa Asia min. Himal. Istria.|Colt. e inselw, Sicilia - Potentilla crassiner- » Corsica, Sardegna |Pot. valderia L. Piemonte | via Viv. | P. Saxifraga Ard. Europa Alp. marit. P. nivalis Lap. Pirenei, Delfin. | P. Haynaldiana Janka Maced. Balcani, Carpazi P. Grammopetala Mor tal. (Lombardia) P. caulescens Lin. Eur. austr. i Rosa Strobliana » Sicilia Rosa rubiginosa L. [stria, Eur. med. Burn. et Grml. | R. Sicula Tratt. Sicilia, Europa meridion., Anatolia | Africa bor. occ. | dre aeolicus |Leguminosae |Eolie C. alburnoides DC. Alpi marit. i uss. i C. Ardoini Fourn. Alpi mar. Franc. C. Sauzeanus Burn. et Briq. |Delfinato C. Triflorus l'Hérit Circum mediter. occid. Genista Cupani » Sicilia G. triacanthos Brot var. in-|Portogallo Guss. termixta DC. i col Spec. end. italiana Famiglia | "Habitat Specie probabilmente affini Habitat delle specie affini Osservazioni Trif. echinatum M. B. Trif. alexandrinum L. var.|Egitto, Asia min. dispaceum Thuill Genista Corsica DC.|Leguminosae |Sardegna-Corsica G. Morisii Colla Sardegna Genista carpetana Lang. |Castiglia i jx & Gen. melia Boiss Arcipelago Greco d Gen. lucida Cambes Baleari i i & Gen. Scorpius DC. Francia merid. Spagna, Portogallo! S | Baleari, Corsica £ |Genista Morisii Colla » Sardegna Gen. carpetana Lang. Castiglia 5, i 3 Gen. media Boiss. Arcip. Greco a Gen, lucida Camb. Baleari à Gen. Scorpius DC. Francia merid. Spagna zx Portogallo, Corsica B Gen. microphylla Moris |Canarie © |Genista aetnensis » Sicilia, Sardegna Gen. ephedroides DC. Sardegna, Corsica m (DC.) (Biv. Z Quin ephedroides » Corsica, Sardegna |Gen aetnensis DC. Sardegna, Sicilia E Mecum Pironz » Italia settentrion. — |Med. rigidula L. Europa * is. 2 |Trifolluum obscurum| » Italia sett. e med. |T. maritimum Huds. Europa occid Reg. medit. & Savi 5 8 E È FE Bivonae » Sicilia .|Tr. Thalii Vill. Pirenei uss. | Tr. pallescens Schreb. Europa austr. Alta Italia Tr. repens L. Geront bor. temp. | Lathyrus odoratus L. > Ital. merid. Sicilia |L. cicera L. Europa-Oriente coltiv. Ital. sett. Lathyrus Jordani > Ilal. meridionale L. niger (L.) Bernh. Europa reg. Caucas LE en.) Ces. Pas. i ! ib. 3 A 165 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA n | Osservazioni Spec. end. italiana Famiglia Habitat Specie probabilmente affini Habitat delle specie affini roues saniculaefo-| Umbelliferae |Sicilia Paleogenismo| ia Guss. monotipico Supr elatum » Sicilia B. plantagineum Desf. Marocco, Afr. settentr. ed occid. uss Carum rigidulum » Alp. Apuane C. Carvi L. Eur. As. bor. e media occ. (Viv.) Koch. Amni Visnaga (L.) Lam. |Reg. medit. Cryptotaenia Tho. » Italia merid. Cr. Canadensis L. Canadà. Georgia, Luisiana masii (Ten) DC Cr. Africana Drude Africa trop. Ligusticum corsicum » Corsica L. pyrenaeum Gouan Spagna Pirenei Secondo Bri- J. Gay quet sarebbe Ligusticum cynapifo- » Corsica DL. ferulaceum Lapeyr. Europa una specie lium Viv. ap. DC. L. corsicum J. Gay. Corsica d’incertissima affinità Pastinaca corsica » Corsica Pas, satira L. Europ. Amer. Car. i Pastinaca divaricata .» Corsica, Sardegna |Pas. Latifolia DC. Liguria occid Abruzzi, Corsica, Desf. Eur. merid. Asia occid. . Peucedanum panicu- » Corsica Pen. officinale L. Eur. media e mer. Asia Cors. latum Lois . Laserpitium nitidum| » Ital. sett. L. latifolium L. Europa Zanted. Colladonia augustifo-| » Ital. merid. Ferula Opopanax Spr. Grecia, Asia min. Spagna, Africa | Affine ad altre lia Be t. sett, Nizza, Toscana, ta specie della Abruz. Sard. Sic. flor. orientale Rhamnus persicaefo. Rhamnaceae Sardegna R. cathartica L. Eur. As. Afr. lia Moris j ;|Polygala Preslii Polygalaceae |Sicilia Calabria P. venulosa (S. et S.) Grecia: areia Spr i te alpinum — |Geraniaceae |M.ti Ital, meridion. |E. cicutarium (LZ Herit) Reg. medit. As. med. (Burm. f.) P Herit PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 166 Spec. end. itaalina ' Famiglia Habitat Specie probabilmente affini dir Habitat delle specie affini Linum Muelleri Moris Ruta Corsica (DC.) Euphorbia ceratocar pa Ten. Euphorbia coralloides È; Euphorbia Gayi Salis Euphorbia Valliniana Belli Mercurialis ‘corsica Cors. Primula Palinuri Petagna Primula Carniolica (Jacq,) Primula Allionii “Lois. Primula Tyrolensis Schott. Armeria Morisii Boiss. | Armeria leucocephala Koch. Geraniaceae Rutaceae » » Primulaceae » Plumbagina - ceae » |Euphorbiacese|Ital. merid. - Sicilia Sardegna (reg. med.)|L. maritimum L. Corsica Sardegna R. bracteosa DC. Dicotili Gamopetale. E. orientalis L. Ital. merid. Sicilia |E. pilosa L. Corsica E. terracina L. Ital. Settentrionale |E. pauciflora Dufour. Corsica Sardegna |M. elliptica Muell Ital. merid. P. auricola L. P. auricola L. P. spectabilis Tratt. P. tyrolensis Schott. Ital. settentrion. Alpi marittime Ital. sett. Tirolo P. Allionii Lois Ital. mer.-Sic. Sard.|A. Gussonei Boiss A. macropoda Boiss Corsica e Sardegna |A. Gussonei Boiss Lithospermum suf-|Borraginaceæ |Ital. Settentr. e cent. |Lith. petraeum DC. fruticosum (L.) A. Kern. Reg. medit, Reg. medit. Asia occid. Armenia, Persia Eur. centr. è mer. Cauc, Sil. Reg. medit. Arab. Can. Mad. Spagna Spagna, Port. Reg. medit. Spagna, Portog. Reg. medit. Europa Alp. austr. bavar. Ital. sett. Alp. Maritt. Sicilia Appennin. meridion. Tessalia, Illiria, Dalmazia Osservazioni Affine a qual- che altra spe- cie orientale i 167 ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA folium ‘l'en. Verbascum conocar- pum Moris Linaria -hepaticaefo- lia (Poir) Duby Linaria pallida Ten. Sardegna e isol. vic.| V. Corsica | Ital. merid. Boerhaavei L. V. Cymbalaria (L.) Mill. L. Cymbalaria L. Specie end. italiana| Famiglia Habitat Specie probabilmente affini Habitat delle spec. affini Lithospermum cala-|Borraginacea |Ital. meridionale L. purpurocoeruleum L. |Eur. Oriens. bricum Ten. |L. affine Hut. P. et R. |Afr. australe | Lithospermum mini- > Sardegna, Calabria |L. tenuiflorum L. Ind. orient. Oriente mum Moris Anchusa litorea » Sardegna A. arvensis Moris Moris A. crispa Moris ai Laxiflora » Corsica, Sardegna Cynoglossum apenni- » It. centr. mer. Sicil.|Solenanthus mollissimum |Persia num L. DC. S. eriocalycinus Boiss. Transcaucasia S. lanatus DC. S. rumicifolius Boiss. a M Persia S. Tournefortii DC. S. petiolaris DC. Asta occidentale “. Biebersteinii DC. Tauria S. tracifolius Luth. M. Siberia ‘Cynoglossum magel » Ital. meridion. Cyn. cheirifolium L Medit. occident. lense Ten. Verbascum nivum — |Scrophulariac |It, meridion. V. angustifolium Ten. Ital. merid. Ten |Verbascum augusti- » Ital. merid. V. niveum Ten. Italia merid. Reg. mediterran. Europa Europa Osservazioni Affinità oscure Paleogenica Specie end. italiana Famiglia Habitat Specie probabilmente affini Habitat delle specie affini Osservazioni PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Linaria pilosa (L.) DC. Linaria aequitriloba (Viv) Spr. Linaria Muelleri Moris Linaria —pseudolaxi- flora Loyac. Linaria capraria Mor. et. DNtrs. Scrophularia trifolia- ta L. Veronica brevistila Moris Odontites corsica Lois (G. Don.) Orobancke denudata Moris Orobanche rigens Lois Ajuga acaulis Brocchi Nepeta foliosa Moris Scrophular. » Orobanchac. » Labiatae Ital. merid. Sardegna Sicilia Corsica Sardegna Bard. Cors. Capraia Linosa (Sicil.) Arcipelago toscano Sardegna Corsica Sardegna Corsica, Sardegna Sardegna, Sicilia Sardegna, Corsica lial. merid. Sicil. Sardegna L. Cymbalaria L. L. aequitriloba (Viv.) Spr. L. pubescens Torn. Lin. pilosa (L.) DC. L. Cymbalaria L. L. pubescens Torn. L. aequitriloba Spr. L. virgata (Poir) Desf. L. purpurea (L. Mill. Scr. scorodonia L. Veronica verna L. V. digitata Vahl. Odontites viscosa (L.) Rchb, Or. Chironii Lojac. - Or. Rapum. Genistae Thuill. Ajuga lupulina Maxim. A. yesoensis Maxim. A. pygnaea A. Gray. Nepeta Nepetella L. N. Cataria L. Europa Corsica, Sard., Arcip. Tosc. Sicil. Ital. merid. Sard. Sicilia Europa Sicil. Corsica ` Europa LI Afric. boreal. Afric. boreal. Spagna mer. Europa Austr. Sicil. Ital. merid. Grecia Tunisia Nizzardo (?) Europa occidentale Asia Afr. bor. Asia min. Altai, Europa media Venezia, Spagna, Tracia, Anatolia Europa region. medit. Sicilia Europa centr. e mer. China bor. Giappone Giappone Europa australe mer. Afr. bor. As. occ. Am. bor. C. B. S. Eur. or. Specie end. italiana Famiglia Ballôta frutescens (L.) Woods Stachys corsica ers. pn glutinosa DI sanre filiformis Ait.) N Satureja Pipérella (AIL) Bert. Satureja corsica (Pers.) Caruel Mentha Requieni Bth. Globularia incane- scens Viv. Plantago Cupani Guss. Galium litorale. margarita- Kerner Labiatae Globulariac. Plantaginac. Rubiaceae Habitat Specie probabilmente affini Habitat delle specie affini Osservazioni È Alpi marittime x Sardegna, Corsica Corsica Sardegna Corsica Sardegna Ital Settentr. Corsica, Sardegna Corsica, Sardegna Ital. merid. Sicilia Veneto Ital. settentr. B. limbata Bth. B. integrifolia Bth. S. marrubifolia Viv. S. arvensis L. St. spinosa L. S. mucronata Sieb. Spr. S. tetragona Boiss S. acerosa Boiss S. graeca L S. croatica Briq. Sat. alpina Scheel. Sat. acinos ca) Scheel. M. Pulegium L. M. Cunninghamii Bth. Gl. cordifolia L. PI. Coronopus L. G. lucidum All. G. sylvestre Poll. Ind. bor. occ. Cipro Corsica, Vapel. Elba Africa bor. ? Geront. temp. bor. Is. Creta Creta Grecia Persia Asia min. Grecia Alger. Egit. Illiria, Balcani Erzegov., Orania, Monteneg. Serbia Europ. centr. e mer. Europ. Caucaso Europ. As. Afr. bor. Nuova Zelanda Pirenei Francia merid. Giura, Vo- sgi, Apennino, Grecia, Crimea Eur. As, bor. Australia Eur. centr. e mer. As. occ. Afr. bor. Europa Alger. sta specie . Paleogenica Affine con al-| PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO . italiana Famiglia Habitat probabilmente affini| Habitat delle specie affini Europa, Oriente ISpecie end specie Osservazioni il | Asperula tomentosa |Rubiaceae Is Capri Sicilia A. cynanchica L. Eur. med. e merid. Algeria, Ma- | Ten. rocco Asperula Gussonei » Sicilia A. cynanchica L. Eur. centr. e mer. Algeria, Marocco, Boiss Imalaja Centranthus trinervis| Valerianaceæ |Sard. Cors Abruzzo |C. ruber (L ) DC. Europa Siria. Afr. bor. (Viv.) Nob. : Scabiosa limonifolia|Dipsacaceae |Sicilia, Ital. merid. |Sc. graminifolia L. Europa austral. Vahl. Phyteuma serratum|Campanulac. |Corsica, Ital sett. (?)|Ph. pauciflorum L. Europa Viv. P. hemisphaericum L. Europa P. Sieberi Spr. Alpi centr. ed or. Phyteuma Balbisii » tal. sett. (Alpi Mar.)|P. Halleri All. Veneto, Ligur. Alpi, Appen. Pire- DC. f. nei. Carpazi Campanula Raineri » Italia settentr. C maritima Tirolo, Bellunese : Perpenti Campanula elatinoi- » Italia settentr. C. elatines L. Europa austral. Piem. des Moretti | C. Garganica Ten. Gargano Senecio aetnensis — |Compositae |Sicilia (Etna) Sen. squalidus L. Jan é : Doronicum Corsicum » Corsica D. grandiflorum Lam. Europa (Piren Alp. Carp.) Dubbia l affi- Poir. (Lois) nità secondo Briquet Bellium crassifolium| » Sardegna B. belloidioides L. Reg. medit. Moris Chrysanthemum flo- » Sard. Corsica Ch. Leucanthemum L. Europa Am. bor. sculosum L. ; Nananthea perpusilla » Sardegna Corsica Paleogenismo| (Lois) DC. oboli dice Anthemis mucronu- » Ital. merid. A. alpina Europa : lata Bert. A. montana L. AA A v Oe? ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 171 Specie end. italiana! Famiglia Habitat Specie probabilmente affini Habitat delle specie affini Osservazioni Anthemis hydrunti-|Compositae |Ital. merid. Anth. montana L. var. pan- na Groves telica Boiss. Oriens : Anth. maritima L. Reg. mediter. Evax rotundata » Sardegna, Corsica |Evax. pygmaea L, Pers. |Reg. mediter. Moris Helicrysum fri ii » Corsica Hel. virgineum Griseb. M.ti Athos Paleogenismo| (Labil ) . Helicrysum saxatile Moris Buphthalmum inu- loides Moris Carlina macrocephala Moris Centaurea procum- bens Balb. Centaurea horrida Bad. Centaurea filiformis Viv. Centaurea centauroi- des Lin. Ital. settentr. isole Sardegna Sardegna, Corsica Corsica, Ital. sett. Sardegna, Liguria Sardegna Ital. merid. merid. Hel. amorginum Boiss Hel. Billardieri Boiss Hel. italicum G. Don. B. salicifolium L. Carl. lanata L. Cent. pectinata L. C. Aemilii Briq. et Godr Ins. Cyclas Syria Europa media Reg. medit. Francia austr. Francia EJ ordaniana G C, nervosa Willd. C. filiformis. Viv. Cent. horrida Bad. Eur. australe Eur. austral. It. sett. Franc. Reg. medit. orient. mer. Spagna Corsica, Sardegna Liguria, Sardegna Affine alles cé c. sp. di Eur. media e Per. Ge end’ rm Famiglia T mm i | i sa f ; - [Centaurea taurome-|Compositaė Sicilia ì i Dubbia affini- S nitana Guss ` ; OOTI x . nità con sp à; | di Eur. med S: | e Persia ' E 'Centaurea centau- » Ital. meridion. C. alpina L. Europa (Bosn. Spagna) < Bui ! rum |. -— í 7 s . É |Carduus affinis S Ital merid. e centr. |C. chrysacanthus, Ten. Spagna, Italia, Serb. Dalm. | ù z | v a ma p dp E rs i Ù 5 (Guss.) ` | Ma i Í = Carduus fasciculiflo- » odes Corsica lc pyenocephalus L. |Eur Region medit. Oriente di ; - rus Viv. i s BO Cu uc RE i È Carduus cephalan- » |Corsica, Sardegna |C. pycnocephalus L. Eur. Reg. medit. Oriente 2 | thus Viv. | Moni RUE ID EI ES | . 2 |Cirsiam guáphaloides » |Ital. meridion. - ; Affine ed altre] à e| (6028 Ast s di È: ^ EL T : specie d flo] | s ` Ye A p | ded uy | ra orientale | Z | Robertia taraxacoides > |ltal. merid. settentr. i qi 5 sea wel s LIP (Eois) DC. : ro Sardegna. EE | ui Pa leogenismo] i è ne nad oscu- E TIR longidentata » leurdegras E ev Hc Sani Ei X |Europa, Oriente Afr. bor. m" Moris | Pool c |, ii we touts NECUM S e sE E Hieracium hostani » Italia settentr. Alpi H. staticaefolium X H. Alpi marit Ibrido zu | E. Arv. T. rupestre d : au | : à |Hieracium Borneti & o. piak settentr, (Alp.{H. humile Jacq. ` ` | Alpi Piemont Alpi marit. - hi sl 2s BU Burn. et Gr. mar. Alp. Apuane) AS : E È Hier, stenodontum » Ital. detiene lod: : H. atratum Fr. POET o ‘aSempibné, Alpi Sudet. Scand. sx B DUET Arv. T. et Belli i E: 1 et ; -F à CEN £i H. DENAN Gd. : Alpi Ret., A. Sudet. Tir. or. 4 D [Hier negleëtum RG c DIG 7) H. cochleare Huter ^ ^". |Svizzera-Alpi Carniche. SG Arv. T. ; ! » ; G conyzaceum y --— [Alpi marit. - |H. ramossissimum Schl.- gn tal. Frane: edens B Arv. T. prs ap COE M NIME Alp. mar: Savoja E di im Hier. asperum Ng. Ital. sett. frs H: boreale Fr. ^77 ^ Diffuso. in Eur. Omne jeg x A Arv. T. et Bel, Re RIAM d HU di... d * |Specie end. italiana] Famiglia . Habitat Specie probabilmente sfanil Habitat delle specie affini Osservazioni iier. Staui Compositae |Ital. sett. (Alp. mar.|H. sengeanum Francia Alpi mar. Belli ; Piem.) gea Er : Hier. solvadacin » Ital. sett. Alpi, Ti-|H. pseudoeriophorum Burn. Laert Secondo Belli Arts. T. rol, Alpi mar. et Gr. t. | la sp. € die H. heterospermun Arv. T. |Europ. (Franc. Ungh.) fusa in Spa- È gna e Franc.| 7 è perciò nom : QU Pan é endemica ~ Hier Bicknellianum > Alpi marit. H. pedemontanum Alpi marit. bed; E ; Belli et. Arv. T. Burn. Grem, i 2 i MU |Hier. Ferrarianum > |Alpi marit. H. floccosum Arv. Francia ' Dd ce oen B li i 4 i H. lansicum Arv. T. Alpi Francesi. E. Hier. Gibellianum » Alpi Cozie H. floccosum Arv. Francia Grenoble ‘ Arv. T. et Belli TEX PES e 2» Hier. Burnari » Alpi marit. H. chloropsis Gr. et Godr. Alpi marit, "Code: Arv. T. mop d Ku IRE |Hier. Michelianum » Alpi marit. H. elongatum W. ": ^ [Alpi marit. ^" ie i : Arv. T. et Belli i : ; Hier. coruscans ^ © » Alpi marit. H. chloropsis G. G. Alpi marit. Alpi Cozie : Fries E : ; x bui, Hier. digeneum » Alpi marit. E > ' ibrido (?) i. Burn. et Gr. "BT E MS Hier. Portanum » Calatria, Ital. mer. |H. Waldsteini Th. : : Affine a molte Belli ' i specie orien- i H. Stare Uda tali H. Pichleri Kern. n 1 H. lanatum Will - Voi francesi, Vallese i PACA TE s H. cephalotes Arv. T. Alpi marit. Liga s 6 : È ML H. farinulentum Jord. [Alpi franc. Giura . |Hier. Gortanianum.—; - » --- [Alpi carniche | ac De | De HR Affinità colle |^ Ary T. et Bellil' i PA A ub È ! Oreadea dei [oben cu ne fiw i ipi vui got i E e EA ue cani PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 174 Specie end. italiana Famiglia Habitat Specie probabilmenre affini Hier. Aw. T. et Belli Hieracium lucidum Guss. Hier. cophanense Lojac. Hier, Hier. Longanum Belli et Arv. T Hier. Profetarum Belli Hier. Mairanum Belli Hier, Veg our Arv. T. 4 Hier. seneppense Arv. T. Hier. sarracenicum Arv. T. Hier. odontinum Arw. T. Mattirolianum Compositae Alpi marit. Sicilia Ital. merid. Abruzzi Alpi Abruzzi (Ital merid.) Alpi Cozie Ital, sett. e centr. Alpi marit. Alpi marittime Alpi H. H. H. H. H. H H. H. Sartorianum Boiss et Heldr. cophanense Lojac. lucidum Guss incisum Hpe. Trachselianum Christen. austriacum Uechtr. cephalotes Arv. T. murorum L. murorum X heterosper- mum murorum X virga.anraa vViigacaulvcda Hier. epimedium Fr. subalpinum Arv. T. Juranianum Griesb, neoprenanthes Arv. T . Habitat delle specie afüni Osservazioni Grecia, Tessal. Asia min. Sard. ecc. Sicilia Europa Europa Alpi, Valtellina, Tivolo, Fiume, Svizzera, Carinzia, Bassa Austria Tirol. Carn. Austr, Alpi marit. Lig. Alpi Coz. Val Macra Creséé felle ' Alpi matite. ove niaticano Vallombrosa i parenti sup- per cui ’ibridismo è dubbio Alpi, Giura, Pirenei Alpi marit. Alpi ital, franc., Alpi marit. . perte eee M uer NE A Lis ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 175 . Analizziamo ora i dati offertiei dalle tavole cominciando dal pro- blema del Paleogenismo. Si tratta di poche specie (10 circa) aventi po- ca o nessuna affinità con altre, e perciò appunto ritenute dagli autori come endemiche reliquate o paleogeniche. Queste forme abitano — a prescindere da stazioni di poca impor- tanza — la Corsica e la Sardegna, fatta eccezione per due, una delle quali è localizzata in Sicilia, l'altra insediata nelle Alpi. L'influenza dell'isolamento nella conservazione delle forme paleoge- niche è adunque quanto mai evidente; è duopo tuttavia notare ehe una di tali specie trovasi anche in Basilicata, ma non è da escludersi che si tratti di una stazione secondaria, di recente invasione, poichè la specie sì riscontra anche in Sicilia ed in Corsica. Una delle specie abita un unico territorio (alpi dolomitiche e regioni circostanti nell Italia settentrionale), le rimanenti abitano due o più ter- ritori sebbene questi non siano contigui. Per lo più le troviamo in Cor- sica e Sardegna contemporaneamente, il che indica che le specie paleo- endemiche ebbero il tempo di diffondersi a territorî contigui, superando anche ostacoli di una certa importanza come è il mare; salvo il caso che non si vogliano ritenere le loro attuali stazioni come l’ultimo accan- tonamento delle forme in via di esaurimento, il che, forse, appare più logico. sassi bi Nulla di notevole si è osservato a riguardo della natura del terre- no e della stazione; quasi. tutte le specie paleogeniche italiane abitano siti non eccessivamente elevati sul mare e talune anzi prediligono re- gioni marittime. Molte poi sono proprie dei siti umidi, mentre poche vegetano sulle rupi. Endemismi probabilmente neogenici. In omaggio al metodo seguito nella compilazione del presente lavoro, abbiamo studiato separatamente gli endemismi dell’Italia settentrionale, dell’Italia meridionale, della Corsica, della Sardegna e della Sicilia. Qui segnaleremo, per ognuna di queste regioni, quali rapporti contraggono le specie ‘endemiche colle flore cir- costanti riferendoci unicamente all’ Habitat delle specie affini alla ende- mica ed alla loro mutua orientazione geografica. Italia settentrionale. I rapporti delle forme endemiche di questa regione sono multipli, ma si può dire abbastanza uniformemente ripar- | dionali; ma se questa può essere una causa d'errore nel calcolo o | poche specie endemiche aventi affinità con altre localizzate in territor omologhe dell’Italia meridionale. Infine con la regione mediterranea m (1) Analoghe condizioni di cose, se non andiamo errati, vennero dal T "n segnalate per la flora Irpina. | T 176 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO titi secondo i punti cardinali. Ciò non ostante appare evidente una predominanza nelle affinità colle specie orientali o locali. Infatti 1f cie delle regioni orientali sono più o meno imparentate con le em che in questione contro 16 delle regioni occidentali (in ispecie appart nenti al distretto savoiardo montuoso), e 16 dell'Europa media, Svi ece., il che è significante, poichè gli endemismi sono per lo piùm gnardi, vale a dire di regioni fredde. Più scarse sono le affinità e regioni meridionali dove troviamo solo 10 specie affini, di cui tre afri La flora locale entra con 20 specie affini alle endemiche nordiche. Molti degli endemismi dell’Italia settentrionale sono anche prese in Corsica, in Sardegna, nell'Italia meridionale e persino in Sicilia; e sta condizione di cose provoca un aumento nelle affinità colle specie 1 veremo che essa vale per tutti i territori che prenderemo in esame entra pressochè ovunque in eguale misura. i Italia meridionale. Si fanno ancor più numerosi i rapporti con flora orientale (33 specie affini sono quivi localizzate). I rapporti regione mediterranea o colla flora locale sono rappresentati da 25 specie; | l' affinità coll’ occidente da 12 ed infine col sud (Africa) da 8 speci mentre col nord si hanno 28 specie più o meno imparentate. Va notato che i pochi Hieracium endemici noti di questa flora prest tano non dubbia affinità con specie orientali, mentre quelli più numer delle Alpi offrono non poca analogia con quelli distribuiti più a no ad ovest. La maggiore affinità coll’Oriente, riscontrabile nelle specie. l’Italia meridionale, si appalesa anche nei Hieracium della regione Corsica. Al pari delle regioni nordiche la Corsica presenta situati a nord dell’isola (29 specie». Pure notevoli sono le affinità con P Est, ma forse non supe quelle col Nord, poichè abbiamo trovato soltanto 27 specie affini. Pl ‘Pochi sono i rapporti con l Ovest (11 specie), mentre discreti, | numero, sono quelli coll’ Africa (8 specie) tanto da eguagliare le affinità Corsica ha una stretta relazione in grazia di 17 specie che vi prendotio. : dominio. si | Sardegna. Notevoli sono le affinità coll’ Oriente essendo contrasse- | gnata da 34 specie ivi localizzate; all’ opposto diminuiseono le affinità eol Nord (29) ed ancor di più colle regioni occidentali (8). I rapporti coll’ Africa sono inferiori a quelli della Corsica (6 specie); sono invece ‘assai numérosi i rapporti colla regione mediterranea (41 specie), . Sicilia. La cifra 23 ei indieherébbe i rapporti di questa isola, per quanto concerne gli endemismi, colle regioni situate più a nord; 23 i rapporti con la regione mediterranea; 19 colla regione orientale, ciò che. indicherebbe una leggera diminuzione di affinità rispetto al Nord; 7 i rapporti coll’ovest; 8 infine le affinità eol Sud (Africa). Eu Allo scopo di far meglio comprendere le affinità floristiche degli | endemismi italiani riportiamo qui lé somme ricavate rispetto ai vari 3 punti eardinali. Non possiamo tuttavia esimerei dal fare rilevare che i dati raccolti hanno soltanto un valore approssimativo, poichè spesso, nelle flore consultate, le stazioni delle singole specie sono indicate in modo troppo incerto, rn ad esempio: Europa Australe). à; E. eolle regioni nordiche 125 E : » . orientali 1492: EM Affinità delle specie endemiche s ; : È È ui » occidentali 54 È italiane a i » » - meridionali 40 \colla regione mediterranea | 126 Si può quindi ‘concludere che le affinità maggiori della nostra Hora endemica sono eon l Est. Il Nord ha: pure un disereto numero di rap- porti, ma la cifra data è indubbiamente troppo elevata, poichè, ad esem- pio, comprende delle specie che sorio nordiche rispetto agli endemismi dell’Italia meridionale ma non estramediterranei. Inoltre si son compre- se nel numero delle specie situate a Nord della zona degli endemismi pee che nei trattati erano indicate come abitanti l'Europa in genere. Un’ alta affinità si ‘ha pure colla flora locale mediterránea, mentre scarsi sono i rapporti eoll'ovest e coll’ Africa (o eol sud per le. regioni , nordicehe d'Italia). La maggiore affinità della flora endemica italiana con quella orien- tale: va attribuita inno alle condizioni di clima durante e. dopo 178 ‘ PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO l’epoca glaciale. Nel periodo di maggior freddo, l’Italia, anche nelle re- gioni che non furono soggette alla glaciazione, vide mutarsi in gran parte la sua flora termofila in un’altra più adatta alle mutate condizi ni (flora mieroterma). Tornate, dopo il periodo glaciale, a migliorare le condizioni di temperatura, una nuova flora, più adatta a climi tempe- rati, si impadronì dei territori. Ma la stessa, non potendo raggiungere M l'Italia che in minima parte dal Sud e dall'Ovest a causa della barrie- “ra offerta dal Mediterraneo e dal Nord per la presenza degli alti ed estesi massicci alpini, dovette giungervi prevalentemente dall'Est o dal Nord-Est. Molti poi di questi tipi orientali, sia per effetto della migra- zione, sia per aver trovato in Italia delle condizioni esterne non iden- tiche a quelle dei paesi d' origine, lentamente o rapidamente andarono. mutando per ingrossare la falange degli endemismi del nostro paese. Questi adunque colle loro affinità più o meno evidenti colle specie orientali ci indicano quali territori occuparono le specie da cui essi pro- babilmente trassero origine od obbero in comune la patria. C) La flora endemica ed esodemica italiana in rapporto colle teorie evoluzionistiche È noto che la teoria di Darwin proclamante la lenta evoluzione degli esseri tende oggi ad essere, se non abbandonata, per lo meno at- cettata con maggior parsimonia e talora anche con beneficio d’inventario. A limitarne la sua portata è sorta la dimostrazione del fatto che le mo- dificazioni di forma e di struttura, quando ancora non hanno raggiunto pressochè l’ optimum della perfezione, sono quasi spesso più d'impaecio all'organismo ehe d' utilità, e quindi tendono piuttosto ad essere elimi- nate, anzichè conservate e migliorate. Tale è infatti l'obbiezione del Ny geli, alla quale non si è potuto trovare un lato debole che valga ad - firmarla. Molti fra i moderni autori si aceordano oggigiorno colle vedute del De Vries,. secondo le quali una determinata specie, sia animale che vegetale, ad un dato momento acquista il potere di variare la sua organizzazione, per assumere delle caratteristiche nuove da aggiungersi così al corteo di quelle ereditarie precedentemente avute in retaggio dai progenitori. ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA i 179 Sono queste caratteristiche (che volentieri vorremmo chiamare asim- - metriche, sia per metterle in rapporto con analoghe costituzioni che si ri- scontrano nel campo chimico— carb. asimmetrico — sia perchè nell'atto della copulazione dell’individuo che le presenta non trovano un equiva- lente) che costituiscono la vera essenza, secondo De Vries, della forma- zione di nuove specie, vale a dire che impartiscono alle mutazioni una dignità assai maggiore di quella che compete alla variazione. Quest’ ultima, solo subordinatamente, pud acquistare tale dignità, poichè nel maggior numero dei casi i cambiamenti di forma e di strut- tura che provoca tendono ad annullarsi nei discendenti. La teoria fu in principio aecolta con molto favore da botanici e zoologi; ma oggigiorno cominciano a sorgere dei dubbî sulla sua porta- ta ed alcuni autori arrivano anche a conclusioni che mal si conciliano con quelle del De Vries, fondate del resto sull’analisi di un sol genere. Le osservazioni che si son fatte sugli endemismi italiani sono atte a portare un po’ di luce sul problema e riescono ad avvalorare piut- tosto l'una che l'altra delle ipotesi sopra accennate ? Se la teoria del De Vries corrispondesse sempre alla realtàdei fatti si dovrebbe verificare che le forme endemiche dovrebbero essere presso- chè ugualmente rappresentate nei varî territorî del nostro paese. Invece le percentuali ci dicono chiaramente che, a prescindere dei molti endemismi insulari spiegabili coll’ isolamento, il maggior numero degli stessi si trova nelle parti medie delle montagne anzichè nelle alte cime, benchè queste per le loro peculiari condizioni di isolamento si presentino quanto mai atte a dar origine a forme endemiche. Al contra- rio nelle parti meno elevate delle montagne, dove abbondano gli ende- ‘mismi, le condizioni atte a favorire il trasporto a distanza delle specie sono largamente realizzate. È adunque alle speciali condizioni di clima e di terreno imperanti nella media montagna che si deve, (come, del resto, osserva anche incidentalmente il Christ) ascrivere P alta percen- tuale di endemicità ivi esistente. È l Stando parimenti alla teoria del De Vries qualunque terreno sareb- be adatto ad albergare endemismi ed in conseguenza la percentuale di questi dovrebbe essere ad un di presso uguale sui calcari e sui terreni -silicei. All’opposto anche qui vediamo che i caleari sono i terreni pro- 180 PROFF. LUIGI BÜSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO pizi allo sviluppo degli endemismi, in ispecie poi se sono ruiniformi. | Meno ancora si può conciliare colla teoria della mutazione dipe dente da cause interne l’ alta; percentuale di endemismi che offrono specie bienni o vivaci rispetto alle annue. Altrove si è formulata uni potesi per spiegare il singolare fenomeno e la stessa mirava a mettere in rilievo l'influenza delle vicende del clima come fattore di endemismo. Quale altra ragione se non la plastieità maggiore dei suoi rappre- Dialipetale ? Ammesso che la Gamopetalia sia costituita da specie più adatte a mutare in correlazione colle condizioni esterne, pure soggette continue variazioni, il grande numero di endemismi che le forme ga- mopetale presentano resta senz'altro chiarito. Colla teoria della mutazio- - ne il fattore interno eccitatore del cambiamento organico dovrebbe inve ce agire con eguale intensità sia fra le Gamopetale che fra le Dialipe- ‘tale. Si potrebbe tuttavia supporre che le Gamopetale siano oggigiorno in un periodo di mutazione, le Dialipetale invece in uno stadio di ri- poso relativo; ma ammettendosi questo non si fa altro che accumulare | -ipotesi sopra ipotesi mal suffragate dai fatti. Ben ponderati i risultati, riteniamo che il mezzo esterno m non poea influenza sulle specie, eccitandole sia alla variazione ehe all mutazione. Con questo non vogliamo negare che il fattore interno, insito nella organizzazione stessa, non vi concorra ed anzi possa talora da solo determinare la creazione di nuovi tipi, m conformità delle vedute d De Vries: solo intendiamo affermarei sul principio dell’azione del mezzo esterno che molti, col De Vries, trascurano. Ammettendo entrambe le | ipotesi, conciliando le vedute degli uni con quelle degli altri, si evita di cadere nello esclusivismo in eui precipitano tutte le moderne teorie evoluzionistiche; in pari tempo si analizzano più spassionatamente le quistioni, essendo nostra ferma convinzione che il mondo organico non segua un'uniea via per evolversi, come non batte sempre la stessa nic ; da per formare un organo assile od un organo fogliforme. Le teorie moderne di De Vries, Darwin, Lamarck e di altri ou non sono sempre totalmente corrispondenti ai fatti: ora si applicano: a ‘un caso, ora non si eonfanno con un altro, cioè sono solamente l'espres- = ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA sione pura e semplice di un insieme di fenomeni. Ecco qual'è il nostro convincimento. Del resto in tutti questi concetti evoluzionisti gli autori sono troppo preoccupati di guardare unicamente alla terra e forse per questa ragione nessuna teoria riuscirà mai a sviscerare a fondo il grandioso problema dell'evoluzione organica. Orbene, a puro titolo di speculazione, o di digressione scientifica, ei permettiamo di domandare agli studiosi del problema se il processo dell’ evoluzione — almeno nelle sue linee generali — non sia dipen- dente, oltre che dalle influenze terrestri, anche dal raggio Di quel sol che in ciel vedete Che rimase avvinto e preso Di più grappoli alla rete come ben seppe tratteggiare il Redi. Per rispondere affermativamente basta considerare che nella radia- zione solare entrano indubbiamente delle peculiarissime sostanze, talune delle quali ci sono note bene o male, altre quasi sconosciute, mentre non è illogieo ammettere anche l’ esistenza di altri corpi che pel mo- mento ci sono del tutto ignoti. Non è improbabile adunque che tutte queste sostanze agiscano sullo sviluppo e quindi sulla evoluzione degli esseri. Ma ammesso questo, e constatato che molti corpi di recente scoperti (come ad es. il Radio) spiegano una potente azione modifica- trice sulle cellule e sugli organismi, si potrebbe tacciare di visionario chi osasse ammettere che dalle prime epoche in cui si venne manife- stando la vita sulla terra, la costituzione del sole sia andata, assieme alla radiazione (ricea di sostanze attive sulla cellula) lentamente mutando e la mutazione abbia quindi, quasi per induzione, provocata una lenta ma incessante modificazione nella costituzione degli esseri che popola- rono il nostro pianeta? Ecco il problema del quale si lascia al futuro il compito della soluzione, non senza prima tuttavia far rilevare che al Radio recentemente è stato aseri'to il potere di determinare la sintesi di alcuni composti organici e di alterare la costituzione degli organismi. | Dacchè le nostre ricerche ci hanno. pana a diseutere le questioni 182 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO dell'origine delle specie vogliamo ancora soffermarei sull’ argomento per vagliare alcune vedute dei moderni autori. | Due tendenze opposte mantengono scisso il campo dei sistematici dei biologi, inquantochè sotto l’azione innovatrice delle opere di Darwin, Bonnier, Klebs, De Vries ed altri autori, molti si sono indotti quasi a dubitare dell’esistenza della specie, mentre altri si sono più o meno M nuti fedeli al concetto linneano. La coesistenza delle due scuole, capitanate da uomini eminenti, è già una prova, a priori, che qualche cosa di vero esiste nelle argomen: tazioni degli uni e degli altri. La verità sarebbe forse da ricercarsi anche qui in una via di mezzo? M A nostro modesto modo di vedere la risposta sarebbe affermativa, … nel senso che la specie può esistere, o viceversa non esser presente, a seconda degli organismi che prendiamo a considerare, talune forme po- tendo facilmente incastrarsi nel quadro delle specie, altre invece sfug- gendo a una tale ‘delimitazione. | Questo concetto richiede qualche schiarimento, e all'uopo si fa in- nanzi tutto rilevare che una data forma è tanto più facilmente riferi- bile all'entità specie quanto più è limitata la sua potenzialità di evolu- zione. Un’ essenza, o se vogliamo altrimenti esprimerci, un individuo molto plastico, capace pertanto di modificarsi in armonia colle più insi- gnifieanti variazioni del mezzo, darà una serie tale di prodotti o diseen- denti che non pochi di questi potranno benissimo. presentare una som- ma dj caratteri eguali a quelli di un’ altra forma o specie e quindi co- stituire pel botanico un ostacolo alla delimitazione delle forme, cioè di le specie. AI opposto, quegli dividi che sono in via di lenta involuzione o in fase di evoluzione rallentata, di esaurimento o anche di scompari- zione, permettono al botanico di stabilire con facilità i loro limiti spe cifici, ed anzi in molti di questi casi il lavoro di cernita riesce allo stu- dioso straordinariamente agevolato. La ragione di un tale comportamen- to va ricercata nel fatto che l'esaurimento di una specie, essendo di 9 | stacolo alla produzione di quelle che i botanici chiamano « nuove var rietà », ed anzi quasi sempre essendo causa della scomparsa di molte varietà preesistenti proprie della stessa specie, fa si che l' individuo " / ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 188 eireoserive nettamente e la specie esaurita si individualizza, sì stacca dai tipi affini ed assume uno spiccato carattere di autonomia, In conseguenza in molti casi la facilità piùo meno grande con cui uno studioso arriva ad assegnare ad un dato organismo i caratteri spe- cifici costituisce un criterio per stabilire se il medesimo è in via di attiva evoluzione o viceversa di involuzione. L'esuberanza vitale rende difficile l'assegnamento dei limiti della specie; l'involuzione dell'organismo facilita il compito. Vi sono tuttavia delle eccezioni: così un tipo plastico può, per mutazione, dar parimenti una forma specifica ben circoscritta. I Senecio, i Hieracium, i Rubus, le Festuche, i Carex ece. sareb- bero organismi straordinariamente adatti alle attuali condizioni di esi- stenza, quanto mai plastici, ed i loro rappresentanti ribelli perciò ad essere inquadrati nel concetto di specie. Il Ginkgo invece, attualmente in via di esaurimento, ha una somma di caratteri specifici tali che lo rendono distinto anche al profano. Molte specie critiche dovrebbero per- ciò a nostro parere esser chiamate più a buon diritto specie evolutive. Dai fatti esposti appare chiaro che per le entità moriture, a più o meno corta scadenza, si può impiegare utilmente il termine « specie » ` mentre per quelle evolutive, o almeno per talune di queste, è meglio prendere soltanto in considerazione l individuo. Ecco così conciliate le opposte tendenze dei Neo - evoluzionisti e dei moderni Linneani. È strano che il Delpino nella sua opera « Pensieri sulla. Biologia vegetale » abbia paragonato I’ evoluzione delle specie allo sviluppo di una pianta rizomatosa stolonitera. Ciò non si accorda colla realtà delle cose: la pianta stolonifera o rizomatosa si moltiplica per un processo agamico poco favorevole alla variazione, che, come è noto, è subordinata alla mescolanza di due unità (cellule riproduttrici) diversamente con- formate. Per effetto della formazione di varietà che poi evolvono per proprio conto. la specie madre tende a smembrarsi, ma in qualche caso il risul- tato é differente poichè i nuovi tipi che si vanno ereando non solo at- tenuano le differenze esistenti fra le singole forme della specie origina- ria, ma possono anche finire per ampliare i limiti dell'aggruppamento, determinando un ravvicinamento ad altre entità specifiche originaria- mente ben distinte. Di qui la difficoltà di inquadrare le entità nel no- PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO vero o meglio nel concetto della specie quando le forme da questa ; rivate sono molto plastiche. * Un esempio varrà ad illustrare il nostro asserto. Diventino le specie P e B (appartenenti a un genere o a due origine nettamente distinti) ad un tratto molto plastiehe per trovarsi un ambiente vario ma sempre consono alla loro organizzazione, ed lora si vedrà la specie P dare origine a nuove forme (variazioni o mt tazioni) ehe contrassegniamo colla punteggiatura nel seguente modo: mentre la specie B darà a sua vote: origine alle seguenti specie p [vb ome eon punti DE on ne, si saranno fuse fra loro coi loro abus Mibi da guisa che rie ‘dimostrato come la variazione possa non solo aumentare il numero del specie ma far scomparire le caratteristiche per cui due specie diff scono fra loro. Quando poi la convergenza di caratteri avviene fra 1 presentanti di due generi, allora l'intero complesso di forme viene. vato alla dignità di genere unico, con grave pregiudizio dei cone che abbiamo sulla fissità e realtà della specie. In un'epoca ulteriore il genere nato dall’associazione potrà di nu scindersi in seguito alla scomparsa di qualche membro della serie. #4 il tutto, potendo verificarsi durante l’ epoca moderna, ne deriva che s specie è assai spesso un quid molto precario. È stato asserito, ed a ragione, ehe quanto più si vanno estende! le cognizioni geografiche relative ad una data specie altrettanto più n! | questa apparirà come entità reale. Il concetto diametralmente opp pure valido inquantochè molte specie, in origine ben distinte, diven confuse eol progredire degli studi sistematici. Il Linneo ha infatti. Shimo «in una sola specie delle entità che ora vengono smembrate | viceversa ha limitato eccessivamente il quadro delle specie, e ciò. pre ser la conoscenza incompleta delle forme, E non si vede ora | ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 185 chiaramente di quanto lo poteva far Linneo che certe specie sono eva- nescenti poichè si confondono le une colle altre (esempio le Festuche state studiate dall'Haekel) e si confonderanno sempre più a misura che le nostre conoscenze fitogeografiche saranno più progredite ? I criterii esposti valgono anche per la limitazione delle varietà, le quali eon aleuni loro termini possono confondersi colla specie madre, mentre con altri, di massima divergenza, se ne allontanano, per quanto noi siamo ben lungi dal voler seguire gli autori nella ricerca della for- ma genuina da cui sarebbero derivate le sottoforme a, Bj ye via di- cendo. Solo l'esperimento potrà informarci in proposito. Un altro punto che merita di fissare la nostra attenzione è quello della costanza dei caratteri specifici come prova dell’esistenza della spe- cie. In aleuni generi, Hieracium ad esempio, si è trovato (vedi i la- vori del Belli) che anche caratteri insignificanti, di secondaria impor- tanza, quasi appena degni di stabilire in altri generi la variazione, sono ‘così tenacemente costanti da servire di guida nella ricerca delle specie. Stabilito questo prineipio, la banalità dei caratteri che prima pareva essere una delle proprietà delle varietà, acquista d’ un tratto un’ alta importanza, poichè caratteri insignificanti dovranno d’ ora in poi esser tenuti in egual pregio di quelli più appariscenti, salvo il caso che quanto afferma il Belli pei Hieraeium, non sia che una peculiarità di questo o di pochi altri generi. Sulla costanza, o viceversa sull’incostanza dei ca- ratteri, noi dovremo quindi d'ora in poi tar assegnamento per stabilire se un dato individuo sia una specie o sia piuttosto una varietà. Ma a prescindere dalla difficoltà di applicazione del criterio, si fa osservare che anche i caratteri delle varietà sono, entro certi limiti, costanti. Nel- la specie umana, per citare un solò esempio, troveremo che centinaia di individui avranno una determinata costituzione, centinaia di altri una costituzione pure similare, ma differente da quella dei primi, e così via via, per cui tutte queste centinaia di individui similari formano . delle varietà a caratteri decisi ripetendosi, sia pure saltuariamente, tali | caratteri nelle successive generazioni (esempio il tipo biondo nell'Italia meridionale). E se anche tra le une varietà e le altre vi saranno delle forme intermedie centinaia di queste torneranno a formare delle varietà d’ or- dine secondario, siano pure intermedie, ben determinate ma dota fiiente osmotico più o meno elevato (v. studi del Gola sul terreno), caratteristiche piccole, insignificanti, come quelle, per esprimerei € esempio, che distinguono le une dalle altre le varie specie di Hiera Si potrà obiettare che le pretese varietà dell’uomo benchè tra sibile, sia pure saltuariamente, per eredità, non furono mai ogget studî profondi e basati sulle moderne vedute di Mendel, di Corr degli altri biologi. Noi osserveremo che del pari quasi nessuno si mai a fondo (col sistema degli incroci o viceversa dell’ isolamente problema della discendenza nei generi critici, mentre per converso piamo che negli ineroci di tali torme vi hanno degli ibridi che luni, ed a ragione, son ritenuti come nuove specie, (Wettstein) costituiscono una variazione. "I In qualche easo la costanza dei caratteri non potrebbe, forse, sere invocata come garanzia di specificità, e questo è applicabile discusse entità specifiche conosciute col nome di Achillea atra Achillea moschata. Secondo lo Schimper, il Näegeli Schröder ed autori queste due forme (o specie) sono diffuse nelle Alpi ma PA. m schata, che è glabra, vegeta sugli « schisti », P atrata, pelosa, il pi sui calcari dell Engadina, Su certi schisti dove manca l’ A. most [ può tuttavia trovarsi l'A. atrata, e viceversa su taluni calcari, manca l'A. atrata, si può rinvenire VA. moschata. n. Quasi tutt gli autori ritengono, come si è detto, che le due siano specificatamente diverse, cioè rappresentino due buone specie noi osiamo sospettare con qualche autore, che si tratti piuttosto dl. rietà di una stessa specie la quale, a seconda di molteplici fattori cui dobbiamo annoverare il terreno o mezzo più o meno arido 0 a 00 cui la specie vegeta, riveste il tipo di atrata o di moschata, perchè lune sue caratteristiche differenziali (glabredine o viceversa pelosi sono costanti, come lo prova il fatto che talora la moschata è legger | pelosa e glabra del tutto invece presso i torrenti alpini. Non è dv probabilmente consono ai fatti affermare col Náegeli che le due specie varietà) non si trovino associate unicamente per la concorrenza che si f mo mutualmente. Una tale lotta sarebbe concepibile solo nel caso che | due territorii (schisti e ealeari) le due forme di Achillea fossero così à PR ea FEE TIE : | T ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 187 bondanti da ricoprire uniformemente il terreno. Maneando queste con- dizioni di cose vi ha spazio per tutte e due le forme e viene così a mancare il fattore principale della lotta per l’esistenza. Come fu segnalato sopra, la spiegazione del fenomeno andrebbe forse ricercata invece, fra l'altro, nella xerofilia, o viceversa nella igro- filia, come pure nella costituzione del terreno, vale a dire nel potere osmotico più o meno accentuato del mezzo, il quale fa si che la pianta sì veste di pelo o viceversa si rende glabra. Ammesso questo fattore si comprenderebbe come sul calcare (terreno per lo più arido, riceo di sali ed anastatico) vegeti solo l'A. atrata pelosa, e all'opposto sui schisti più umidi e con caratteri fisico-chimiei opposti solo l'A. moschata glabra, Si potrà obiettare, come sopra si é detto, che in taluni siti costituiti da terreni aventi la costituzione degli schisti vegeta l’atrata e non la mo- schata ed all'opposto su qualche calcare trovasi la moschata e non Va- trata. L’ obbiezione non ha gran valore poichè i sehisti alberganti VA. atrata saranno, per particolari condizioni di ubicazione, molto aridi, tanto da escludere la A. moschata, mentre i calcari ricoperti dalla A. moschata si presenteranno umidi tanto da escludere FA. atrata. La so- stituzione può esser anche motivata da altre condizioni di elima e di terreno a costituzione non sempre ben netta. Ecco quindi probabilmente spiegato come su uno stesso terreno dif- ficilmente si trovino le due forme associate, senza che occorra far inter- venire in gioco la lotta per l’esistenza, trattandosi semplicemente di que- stioni di umidità o di secchezza, di soluzioni saline, in altre parole di coefficiente osmotico più o meno forte e di qualche altro fattore. Sta in- tanto il tatto che l'atrata dà degli ibridi colla moschata e tutte e due colla nana il che deve pure esser messo in bilancia quando si parla di specie. È però degno di nota che la moschata ha delle ghiandole le quali a quanto pare mancherebbero all’atrata. S'P riportato quest’ esempio per far rilevare come non sempre il botanico possa far assegnamento sulla costanza dei caratteri per deter- minare una data forma, essendo molte volte tali caratteri legati soltanto col mezzo in cui vive la pianta e perciò transitorii. Quanti esempii non abbiamo in Sardegna, in Sicilia, ed altrove in Italia, per non uscire dal nostro paese, che confermano il nostro asserto! Basta all'uopo sfoglia- molta luce verrebbe proiettata sul difficile problema qualora il natt 188 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO re. per la Sardegna la monografia del Barbej, dove per certe spe riportata una falange di varietà e forme aberranti. Solo le coltiv: sperimentali potranno nella maggioranza dei casi decidere in merita | siffatte questioni. i À ragione il Belli nella sua dotta monografia sulle Specie affe che l'individuo non può servire di base alla tassinomia, ma limitatar te al caso tuttavia, affermiamo noi, che le specie siano abbastanza caratterizzate. Quando si tratta di specie che degradano e si confond no l'una nell'altra, o di specie quasi estinte rappresentate al più da che forme (e ne abbiamo non pochi esempi nel regno vegetale — il Ginkgo —- e ancor molti nel regno animale) l'individuo T" mirab mente rappresentare la specie o a questa sostituirsi. É nostra ferma convinzione, per attenerei ad un solo esempio, ( Ginkgo delle epoche geologiche più favorevoli al loro sviluppo doveva offrire non pochi punti di contatto con altre forme (Tipi feleiformi i esempio) ed inoltre le varie specie dovevano confondersi fra loro, p cui la loro classificazione sarebbe stata allora assai più malagevole al tanico di quanto non lo sia nell'epoca attuale in cui si ha soltanto una specie. I botanici, preoccupati delle difficoltà che offre la distinzione . varie specie di un genere hanno ereduto di poter girare I ostacolo superarlo interponendo un nuovo grado di parentela fra quelli da te adottati dai sistematici e ritenuti come categorie assolutamente teori in opposizione a quella reale della specie. Ma anche se si ammette nuova gerarchia come quella delle stirps non si cambierà lo stato € cose poichè anche la stirpe può portare le stimmate di una categ teorica. | Le questioni riflettenti le parentele dei tipi, l'evoluzione, la ch z ficazione delle forme organiche sono oltremodo complesse. Perciò for lista, con la scorta delle moderne teorie evoluzionistiche, si accinge a studiare l'evoluzione del linguaggio umano che può benissimo es considerato come un organismo, o una caratteristica la quale, anzi esser ‘sottoposta all’azione di molteplici fattori esterni ‘atti a mue è quasi unicamente influenzata da due cause: la costituzione fisiologi ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 189 dell uomo da una parte e i rapporti sociali dall’ altra (1). Nella defi- cienza dei fattori di evoluzione sta appunto radicata la differenza più essenziale tra il linguaggio e le altre earatteristiche degli organismi (a- nimali e vegetali) come lo proveranno fra poco le osservazioni che uno di noi (Buscalioni) ha iniziato sull'argomento. In conclusione è lecito affermare: 1.) che la specie non è sempre nettamente delimitabile, e a tale condi- zione di cose sottostanno spesso gli organismi plastici, in via d'evoluzione; 2.) che la natura « specifica » è manifesta di preferenza nelle for- me ad evoluzione stentata, arrestata, o predestinata all’involuzione; non neghiamo tuttavia che talora, e anche e, si esplichi in forme pla- | stiche, moderne e mutevoli; “Sa 3.) che il criterio della specificità più o meno, manifesta può darei, ‘entro certi limiti, delle indicazioni sullo stato di evoluzione dell'organi- . smo sottoposto allo studio; RW UN EL. 4.) l' individuo può esser omologo della specie e ciò ha luogo in easi di estrema involuzione (specie in via di scomparire) o viceversa quasi sostituirsi alla specie quando si hanno organismi plastici; 5.) che i lavori di Darwin, Klebs, Bonnier, Briquet e di altri autori relativi alle variazioni delle forme vegetali in rapporto colle va- riazioni del mezzo, analogamente a quanto abbiamo osservato nei Sene- 1 | eio dell'Etna, giustificano i dubbi che si possono concepire sull'esistenza costante della specie quale entità reale. D) Gli Endemismi e la Geologia - Tanto ai botanici quanto ai zoologi che si interessano dei grandi problemi riflettenti la distribuzione degli organismi sopra la terra e nel- le acque, si è dovuto più volte affacciare il quesito se le forme ende- miche siano collegate a determinati terreni e se esiste una relazione tra l’antichità di questi e gli endemismi ivi insediati. . Se noi rivolgiamo la nostra attenzione a territorii geologicamente ‘antichi, ed in particolar modo a quelli isolati, a primo aspetto il quesito appare non solo logico, ma suscettibile di soluzione, ed è specialmente mm Alcuni vedono Lise del Di l'influenza di altri cn cr hg fra il clima, le emigrazi ia dicendo, ma le prove non sono state 190 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO ‘dal punto di vista zoologico che il rapporto appare evidente. Noi viamo infatti, per citare solo pochi esempii, nell’ Australia non bae rappresentanti di una fauna di mammiferi degradati, ormai seomp dal resto del mondo. E noi sappiamo appunto che il territorio aus liano è costituito in gran parte da terreni piuttosto antichi, mentre la regione è da tempi lontanissimi, in senso geologico, separata dal res delle terre emerse. I suoi endemismi sono quindi evidentemente co gati a questa doppia condizione di cose. Però a render complesso il problema interviene in causa un nuovo nomeno, la presenza cioè, nello stesso continente, di speciali animali r | presentanti degli endemismi di conservazione o di accantonamento, i q non vivono già sulle terre e tanto meno su determinati terreni più 0 m antichi, ma bensì in seno alle acque. Il Ceratodus, che ha pure dei cong ri, parimenti endemici, nei fiumi africani (Protopterus) e d'America (L dosiren), trovasi in questo caso ed esso rappresenta appunto gli ultimi è vanzi dissociati di una tauna probabilmente marina, molto arcaica e diffusa, nelle epoche passate, sulla terra, e più tardi accantonatasi nei fiu | È evidente dunque che trattandosi di forme acquatiche l'endemis non è più legato alle condizioni geologiche del terreno e quindi il "ES porto fra i due fattori viene del tutto meno. Le stesse osservazioni sono valide perla fauna del lago Baikal, ] quella dei fiumi dell' Ameriea equatoriale, per gli animali endemiei dei ghi della Malesia e più in particolar modo per quelli di Celebes, che stati studiati con tanto suecesso dai Sarrasin, e per altre faune ancor Ma vi ha di più: non pochi endemismi terrestri sono derivati forme acquatiche, per lo più marine, che a poco a poco hanno CAM to dimora, di guisa che anche qui l endemieità non ha nulla a vede ‘colla natura geologica del terreno. Taluni potrebbero elevare l'obbiezione che il criterio che ci de guidare nello studio degli potetici rapporti colleganti gli endemismi natura geologica del terreno, e quindi all’ antichità più o meno gram di questo, non sia applicabile agli animali essendo questi dotati di gani di locomozione. L'obiezione non è senza valore, ma è d’uopo rilevare che € " smi di conservazione si riscontrano anche fra gli animali sedentari, ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA : n quali, pur essendo legati al terreno che li vide nascere, non banno mai fornito una prova chiara dei rapporti sopra invocati. D'altra parte, dati i vineoli che collegano gli animali alle piante, se queste sono atte a fornirei la prova rieereata, di necessità ne viene che anche quelli ce la devono fornire, o viceversa. Inoltre se è vero che gli animali, grazie al movimenti di cui sono dotati, possono abbandonare i territori ed i terreni che prima li videro nascere, non è meno vero che le piante effettuano pure, passivamente, delle notevoli emigrazioni a causa del vento, degli animali, delle acque e via dicendo che disperdono i semi; di guisa che ben ponderati i fatti il problema si presenta altrettanto com- plicato nell’ambito dei vegetali di quanto si mostri in quello degli animali. Preoccupati unicamente del lato botanico del problema, come quel- lo che ci interessa più da vicino, dobbiamo vedere qui se realmente i vegetali sì prestino a mettere in evidenza il rapporto tra il terreno geo- logico e le forme endemiche. Sotto questo punto di vista se ci facciamo di nuovo a considerare l'Australia troviamo che questo continente è anche ricchissimo di ende- mismi vegetali, e sono specialmente le sue regioni occidentali edi suoi monti ehe costituiscono il vero focolare di tali forme. Uno di noi (Bu- sealioni) ebbe a rilevare che sui monti del Ovest gli endemismi rag- giungono il 95 circa per cento! ` Anche le osservazioni ehe si sono fatte nelle isole perdute in mezzo agli oceani, specialmente nelle regioni tropicali, hanno rivelato agli au- - tori un grande numero di endemismi localizzati di preferenza nelle re- -gioni montagnarde. Data l antichità di molte di siffatte isole parrebbe assodato che il rapporto realmente esista, per cui terreni antiehi sareb- bero da considerarsi come i focolari di forme endemiche pure arcaiche. A grandi tratti il rapporto è vero, ma esso ci sfugge quando noi ci accingiamo ad entrare nei dettagli per chiarirlo nella sua intima essenza, - tanto che fin d'ora, anticipando le eonelusioni, possiamo affermare che -non è possibile arrivare, almeno per l’Italia, ad un risultato attendibile. . Innanzi tutto è d' uopo intenderei sulla parola endemismo. Sotto ^ questa denominazione noi comprendiamo più ordini di fatti diametral- -mente fra loro opposti. Da un lato si formano degli endemismi allorchè - un dato elemento floristico, dapprima diffuso a più regioni del mondo, tanto nell’ un caso che nell’altro abbiamo a fare con endemismi che spesso sono forme anche sistematicamente arcaiche, degradate, | partenenti per lo più a famiglie in via di esaurimento o poco dif originarsi non già per accantonamento o per conservazione, ma È riazioni eui va incontro il mezzo esterno che si presentano meglio re. Trattasi adunque di neogenismi, (continua) noc] 3d iul ue Ur Eu HC à 192 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO venendo mano a mano scomparendo, finisce per localizzarsi, cogli mi suoi rappresentanti, in un territorio circoscritto, per lo più insul dove può continuare, più o meno a lungo, a vivere indisturbato. Qui abbiamo da fare con endemismi da accantonamento. In casi trattasi di forme realmente antiquate ehe mai ebbero attitudini spandersi al di là della loro sede natale ed allora abbiamo dei veri en- demismi di conservazione. Non sempre è possibile stabilire se un endemismo appartenga piuttosto all'una che all'altra categoria e 80 può arrivare a un risultato, oltrechè coi dati della Geografia botam anche con quelli della paleontologia che ci rivela se la specie in qt stione sia sempre rimasta accantonata o era prima largamente dif sul nostro pianeta. Del resto la distinzione è talora speciosa. Or | o paleogenici. Ed infatti se noi esaminiamo i tipi che li rappresentano troviamo Nel nostro paese forse la Parietaria Soleirolii apparterebbe à 7 categoria, facendo essa parte di una classe (Monoclamidate) non sivamente rappresentata in Italia. Ogni medaglia ha però il suo rovescio, e perciò anche nel degli endemismi troviamo che alcune forme, tipicamente tali, per una potenza evolutiva, neoformativa, di cui sarebbe insignito il g nere a cui la specie appartiene, od anche la rispettiva famiglia e pet no la classe. Sono specialmente i tipi moderni, meglio agguerriti co le insidie del mezzo esterno, più plastici e quindi più adattabili alle v a produrre nuove forme a misura che la necessità lo richieda. Queste nuove forme che possono nascere per lenta evoluzione € formazione dapprima di varietà e poi di specie, od anche per 14 zione, nel qual caso tendono spesso a dar subito delle specie buone, è no evidentemente in origine endemiche, poichè solo più o meno potranno diffondersi al di là del territorio che le vide nascere e Catalogo delle Alghe italiane e francesi del Museo “Rosmini, DI DOMODOSSOLA Memoria peL Dorr. MICHELE CRAVERI Nel biennio 1910-11 e 1911-12 insegnando Storia naturale nel Li- ceo-Ginnasio e nella Scuola tecnica « Mellerio-Rosmini » di Domodosso- la ho avuto campo di esaminare la piccola ma interessante collezione di Alghe italiane e francesi conservata nel Museo di Storia naturale del Collegio e facente parte del materiale didattico a disposizione di quelle . Scuole secondarie pareggiate. Sono una cinquantina di Alghe del Mare Adriatico incollate su car- tellini di em. 7x5 circa e raccolte in cartelle che portano la data del 1863, benissimo conservate; come pure sono in ottimo stato le Alghe francesi raccolte in due albums con le date del 1885 e del 1884 in nu- mero di duecento. — To non ne darò qui se non un Catalogo nello stesso ordine con eui questi vegetali sono conservati nel Museo predetto, ben lieto che questo possa servire di utile contributo allo studio della Ficologia italiana e francese. ALGHE DEL MARE ADRIATICO classificate secondo il sistema di Kützing. 1— Dasya elegans, Ag. (tallo filamentoso, ramificato, finemente piu- mato per tutta la lunghezza, color roseo). 2 — Ulva lactuca, L. (tallo frondoso, espanso, sottilissimo, color verde giallognolo). 3 — Sphaerococcus palmetta, Esp. (tallo frastagliato in foglioline 5 sottili petaliformi, allungate, di color rosso vinoso). —. 4— Cladophora congesta, Zan. (tallo cotonoso a filamenti aggrovi- gliati, color grigio verdastro). 5 — Hormoceras subtile, Zan. (tallo cespuglioso, dales in fi- lamenti sottilissimi, granulosi, sericei, color roseo). 194 DOTT. MICHELE CRAVERI D 6 — Ectocarpus gracillimus, Kütz. (tallo cotonoso, aggrovig : color I — lania rubens, E. S. (tallo a ramificazione intricata, filame io color roseo-giallognolo). 8 — Phycoseris linza, (tallo nastriforme, cespitoso, sottilissimo, co lor verde chiaro). 9 — Rhyncococcus coronopifolius, L. (tallo a ramificazione simpo diea, aspetto retieolato, esilissimi i rami secondari, terziari, ecc. eon grandezza decrescente, color roseo). 10 — Liagora viscida, Forsk. (tallo a ramificazione dicotomica € rami di grandezza decrescente, color biancastro). 11 — Callithamnion Borreri, Ag. (tallo cespuglioso finemente più mato, color rosso vinoso). 12 — Liagora distenta, Mert. (ramificazione dicotomica come ini mero 10, id. id., color bianco-verdiccio). 13 — Callithamnion variabile, Ag. (tallo ramificato, delicatissimo, | aspetto dendritico, color roseo). 14 — Polysiphonia ramulosa, Ag. (tallo esilissimo, ramificato, & spetto racemoso, color roseo). 15 — Halimeda tuna, Lmk. (tallo di pezzetti crostosi uniti in ca- tena, color verde gialliccio). 16 — Porphyra elegans, Ag. (tallo frondoso, sottilissimo, vein color grigio-roseo e verdiccio). 17 — Phycoseris crinita, Kütz. (tallo fioccoso, sericeo, verde chia- ro con alti esili filamenti nastriformi biancastri). 18 — Cladophora trichotoma, Ag. (tallo ramificato finissimo, cespu- glioso, intricato, color verde scuro). 19 — Callithamnion cupressoides, Men. ( salto ramificato, finissimo, aspetto dendritico, color roseo). 20 — Laurencia pinnatifida, Hos. (tallo bacillare con —À guisa di foglioline pennato-lobate, color giallognolo-verdastro). ~ 21 — Polysiphonia vestita, I. Ag. (tallo nerastro con ramificazioni, à cespugliose, esili, piumate, color giallognolo-rossigno). 22 — Acetabularia Mediterranea, Lmk. (tallo nero con filamenti | CATALOGO RN ALGHE IU E FRANCESI DEL MUSEO ed. 195 bianchi portanti ricettacoli in forma di seodelline concave, Rbrorségisté, bianche). 23 — Hormoceras hospitans, Zan. (tallo ramificato, cespuglioso con filamenti sericei esilissimi, granulosi, color rosso chiaro). 24 — Codium tomentosum, Agd. (tallo a ramificazione dicotomica» rami appiattiti nastriformi, color nero). 25 — Gymmnophlaea dichotoma, I. Ag. (tallo espanso appiattito, sot- tilissimo, ramificato, color rosso sangue). 26 — Polysiphonia pennata, Kütz. (tallo ramificato, esile, cespu- glioso, aspetto di corimbi, color bruno-rossastro). À 27 — Bryopsis intricata, Men. (tallo cotonoso, intricato, color ver- de scuro). 28 — Cladophora prolifera, (tallo bacillare a ramificazione mono- podica con piumette simulanti l'aspetto di foglie di pino, color giallo- gnolo-bruno). 29 — Bryopsis plumosa, Agd. (tallo pennato-sezionato con forma generale triangolare, aspetto di foglia di felce, color verde chiaro). 30 — Polysiphonia Wulfeni, Kth. (tallo esile, ramificato, aspetto reticolato, color bruno). 1 — Codium bursa, Ag. (tallo a guisa di coppa, aspetto di feltro, color grigio verdastro). 32 — Gelidium Pneus: Gm. (tallo ramificato, esile, color bruno rossastro). 33 — Fucus vesciculosus, L. (tallo appiattito, nastriforme a ramifi- cazione dicotomica, color nero). 34 — Chondroclonium Feedii, Fam. (tallo a ramificazione mono- podiea, sottilissimo, aspetto spinoso, color bruno-rossastro). 35 — Sargassum Boryanum, Monh. (tallo frondoso, allungato, coi eorpi fruttiferi, color bruno). 36 — Ectocarpus abbreviatus, Kütz. (tallo iena ed abbondan- ‘temente fioccoso, color verde). 31 — Ovula moluscorum, (tallo nastriforme, aggrovigliato, color - | giallognolo). 38 — Dictyota vulgaris, Lmk. (tallo nastriforme a ramificazione ; dicotomica, cespuglioso, color verdognolo). 196 | DOTT. MICHELE CRAVERI 39 — Echinoceras ramulosum, Men. (tallo ramificato, cespuglioso, : esile, granuloso, color verdiecio). E 40 — Lomentaria subarticulata, Ag. (tallo cespuglioso, ramificato, a aspetto spinoso, con spore sparse, color verde). a 41 — Laurencia pyrifera, Kütz. (tallo a ramificazione simpodica | con ramificazioni di grandezza decrescente, rami esilmente nastriformi, color roseo. 42 — Anadyomene flabellata, Lmk. (tallo fogliaceo con sporangi disseminati, color verde giallognolo). 45 — Callithamnion plumula, Dlluv. (tallo cespuglioso, frastagliti i to color rosso vinoso). E 44 — Ectocarpus siliculosus, Lugb. (tallo nastriforme, allungato eon | 4 espansioni piumose di aspetto dendritico, color verde). a 45 — Wrangelia nigrescens, Men. (tallo ramificato, intricato, esile, - piumoso alle sommità, color bruno-rossastro). a 46 — Dictyota dichotoma, Hees. (tallo a ramificazione dicotomica, nastriforme, color verde). 47 — Wrangelia penicillata, Agd. (tallo ramificato, intricato, esile con rami di grandezza decrescente, piumosi, color giallo-bruno). i 48 — Cutleria multifida, Agd. (tallo ramificato, nastriforme, esile, 3 aspetto di eorimbi, eolor verde). i 49 — Porphyra vulgaris, Agd. (tallo frondoso, espanso, sottilissimo, color bruno-rossastro). E. 50 — Dictyota fasciola, Rth. (tallo a ramificazione dicotomica, nè- - striforme, esilissimo, con rami di grandezza decrescente, color bruno ver- . dastro). j 51 — Ceramium i Kütz. (tallo ramificato, cespuglioso, & - spetto di corimbi, color bruno-rossastro). ; 52 — Zostera marina, L. (stipiti schiacciati color bruno-nero-ar- genteo). 53 — Polysiphonia spinosa, Agd. (tallo a ramificazione simpodica, aspetto di alberello, color verde scuro). CATALOGO DELLE ALGHE ITALIANE E FRANCESI DEL MUSEO ''ROSMINI,, 197 ALGHE DEI MARI DI FRANCIA (Reliquiae Brebissonianae). 1 — Lichina pygmaea, Agdh. Grev.; Alg. Brit. T. 3.; sugli scogli. di Granville; (Leg. Pelvet). 2 — Elachista scutulata, Smith; Duby Bot. Gall; Crouan Flor. Finist. p. 5; parassita su diversi Fueus; Cherbourg; (R. Lenormand). 3 — Sphacelaria scoparia, Lyngb.; Crouan FI. Finist. p. 38; C. aestivalis, J. Agd.; S. Hensleri, Bonn.; Mar Mediterraneo, berg (Cap. Solier). 4 — Cladostephus verticillatus, Agd.; Harw. Phye. Brit. N. 33; Peron (Manica); (Reliquiae Brebissonii). 5 — Myrionema Leclancherii, (Chauv.); Harw. Phye. Brit. N. 41, N. 6. f. 5; parassita sulla Rhodymenia palmata; isole dell’ Oceano Atlantico; (Reliq. Brebiss). 6 — Stilophora Rhizoides, Agd. Fail; Mar. Alg. p. 90; Spermato- chinis Kütz. Atlantico, isola Guernesay; (Reliq. Brebiss). . T — Taoni» atomaria, (Good. e Wodw.); J. Agd. sp. 1, p. 101; Ard. Alg. N. 1, p. 483; Dictyota, Grev., Alg. Brit. p. 50; Stypodium, Kütz, Phye. p. 441; coste dell'Atlantieo, La Tecle (Gironda); (Erbario Chantelah). 8 — Alsidium scorpioides, J. Agardh.; Crouan FI. Finist. p. 322; Helicothamnium, Kütz.; Bostrychia Gmel; nelle sabbie sottomarine e le spiagge marittime; Reville (Manica); (Dr. Lebel). - 9 — Halyseris delicatula, Agd. sp., p. 144; Dictyopsteris delica- tula, Lamouroux; coste del Brasile e Fermambuco; (Reliq. Brebiss). Col- lez. Mettenius. 10 — Chorda filum, Linn.; Harw. Phye. Brit. p. 167: Scytosiphon filum, Agardh.; Peron (Manica); (Reliq. Brebiss). 11 — Laminaria digitata, (Turn) Lamk.; L. Stenolobata, De La o Pyl; Ann, Se. nat. pl. K. N. 9; L. flexicaulis, Farlw., Exb. Alg. Ann. Bot. N. 119; Calvados; (Reliq. Brebiss.). 12 — Laminaria saccharina, (Linn). Lamk.; Crouan FI. Finist. N. 83; Arromanches (Calvados); (Reliq. Brebiss.) : 13 — Macrocystis angustifolia, Bory; Valparaiso; (Reliq. Brebiss.); AS. n ad Eds NU À. tat PC rii LEA m rep e aAA RIE o RR EL TG ACE EV LEN EE wt DI CIAR NTFS EAT RR NINE NI GRE MA ono octo pue 2 t e d. Lego Fade pri MESA ET RDS PEN DS NE MES P EST or gr xps Aion M We dace E d QE e a RI A È, wr i 198 ` DOTT. MICHELE GRAVERI genere della tribù delle Laminarie stabilito da Agard. (sp. 1, p. 46) certe Alghe gigantesche che crescono nelle regioni dell'emisfero anstrale. - 14 — Desmareslia aculeata, Lamk.; Harw. Phyc. Brit. 49; Farlow. The Mar. Alg. p. 65: Desmia, Lyngb.; Sporochnus aculeatus, Agdh.; | isole della Manica; (Reliq. Brebiss.) | |. 15 — Himanthalia lorea (Linn.) Lyngb.; Cr. Fl. Finist. p. 97; Fu- cus loreus, L.; Oceano Atlantico, isole della Manica; (Reliq. Brebiss.) ^ 16 — Fucodium nodosum (L.); Crouan FI. Finist. p. 100; Fucus Nodosus, Turn.; Halidrys, Lyngb.; Ozothalia, Dec.; isole della Manica e Atlantieo; (Reliq. Brebiss.) "ph 17 — Fucodium canaliculatum (L.); Agd. sp. 1, p. 204; Fucus * canaliculatus, Linn.; Kütz. Tab. Phye. X, N. 15; Pelveti, Decaisne; « Oc. Atlantico, Dunkerque; ( Reliq. Brebiss.). | 18 — Fucus vesciculosus, L.; sp. II, p. 1626, Turn.; Harw. Phye. Brit. N. 204; Crouan Fl. Finist. p. 102; isola Jersey, Oe. Atlantico, | (Reliq. Brebiss.) E 19 — Fucus vesciculosus, (L.) F.spiralis; Fucus spiralis, Auct; D. C. FI. Fr. II, p. 19; Calvados; (Reliq. Brebiss.) : . 20 — Fucus ceranoides, L.; Harw. Phye. Brit. N. 271; Farlaw. | The Mar. Alg. p. 101; Port (Calvados), Atlantico, (Reliq. Brebiss.). ` 21 — Fucus serratus, L. sp. II, p. 1626; Harw. Phye. Brit. N. 47; Farlow. The Mar. Alg. p. 101; Oc. Atlantico; (Reliq. Brebiss). | 22 — Sargassum bacciferum, Agdh.; Harw. Phye. Brit. N. 109; Jucus, Turn.; Hist. Fuc. pl. 17; Oceano, isole Jersey; (Reliq. Brebiss 23 — Chylocladia ovalis, Greville; Arromanches (Calvados); (Reliq. Brebiss). : E 24 — Cystoseira ericoides (Linn). Agdh, Harw.,:Duby; Crouan FI. 3 Finist. p. 108; Mediterraneo, Toulon; (Cap. solier). a 25 — Cystoseira Trinodis, Agdh.; Fucus Trinodis, Forsk.; F. 0 nustus, F. Trinodis, Mert.; Mar Rosso; W. Schimper (Reliq. Brebiss)- 26 — Phyllospora comosa, Grev. (Tribà des Cystosiviées); Port Phi- lip, Nuova Olanda; (Reliq. Brebiss.) : 27 — Halydrys siliquosa (L.), Lyngb.; Cystoseira siliquosa, Agdh.; Crouan FI. Finist. p. 112; Le Havre (Senna inferiore); (Reliq. Bressis). 28 — Callithamnion Borreri (Sm.) Harw.; Kütz, sp, p. 643; AT CATALOGO DELLE ALGHE ITALIANE E FRANCESI DEL MUSEO ‘‘ROSMINI,, 199 diss. Alg. Med. I, p. 60; C. seminudum, I. Aghd., Alg. Med. p. 92; Oe. Atlantico, isole della Manica; (Reliq. Brebiss. 29 — Callithamnion roseum (Roth.) Harw.; I. Agdh. sp., " p. 36; Ardiss. Phye. Med., I, p. 65; isole della Maniea (Oceano); (Reliq. Bre- biss.). 30 — Callithamnion tetragonum (With); Alg. sp. II. p. 176; Kiitzg. Phye. XII, 3, 1; Ardiss. Phye. Med. I, p. 74; isole dell’ Atlantico; (Re- liq. Brebiss). 31 — Callithamnion granulatum (Duelz.); Agdh. sp. II, p. 177; Mont. Fl. Alger. p. 147; Ardissone Phye. Mer Medit. I, p. 73.; C. spon- giosum, Harw.; Oc. Atlantico; (Reliq. Brebiss). 32 — Callithamnion Tetricum, Dillw, Agdh., Harw.; Ceramium, Agdh., Syst. Desm., Derby; C. congestum, Bounem; Phletothamnium tetricum, Kütz.; Cherbourg; (Reliq. Brebiss.) 33 — Trentepohlia Daviesi, Harw.; Farlow. The Mar. Alg. p. 109; Callithamion Daviesü; Phye. Brit. N. 314; parassita sulle Rhodymenia; Oc. Atlantico; (Reliq. Brebiss.) 34 — Ceramium ciliatum (Ellis); Duclz. Essai p. 64; Agdh. sp. IT, p. 153: Ardiss. Phye. Medit. p. 118; C. ramulosum, Menegh.; Echi- noceras, Kützg.; Bor; na, Bonn.; isola di Corsica; (Pelvet). 35 — Ceramium Deslongchampii, Chauv; Duby Bot. Gall. p. 967; Calais (Maniea); )Reliq. Brebiss.) 36 — Ceramium Echionatum, I. Agardh, sp. II, p. 131; Ardisso- ne Phye. Med. I, p. 119; Acanthoceras, Kütz. sp. p. 684; Echinoceras, = Ktg., Phye. Germ. p. 292; parassita su altre Alghe; isole della Manica, Oe. Atlantico (Reliq. Brebiss.) 37 — Ceramium rubrum (Huds) Agdh.; Syn. p. 60, sp. II p. 146 Ardissone Phye. Med. I, p. 113, var. Tenue, Agdh., sp. II p. 149; i- sola di Corsica; (Cap. Solier, Reliq. Brebiss). 38 — Griffithia setacea, Agdh.; Syn. p. 28, sp. II, p. 129; Kütz. sp. 660; Ardiss. Phye. Med. I, p. 87; isole «ella Manica (Atlantico); (Reliq. Brebiss). 5 89 — Halurus equisetifolius (Lightf), Ktg. Phyc. p. 374; I. Agdh. sp. II, p. 90; Ardissone Phye. Med. I, p. 87; isole della Maniea (Atlan- tico); (Reliq. Brebiss.) 200 DOTT. MICHELE CRAVERI 40 — Ptilota hypnoides sp. nov. di Brebiss. in Herb.; isola Jersey ( Atlantico); (Reliq. Brebiss). | 41 — Grateloupia filicina, (Walf.); Ag. sp. I, p. 223; Ard. Phyt Med. I, p. 139; var. Armata di Brebiss. in Herb.; isola di Jersey (Atlantico); (Reliq. Brebiss.). : 42 — Iridaea edulis, Bory; Crouan Fl. Finist. p. 184; Arroman- -che (Cerlvados) ; (R. Lénormand). A. 43 — Furcellaria fastigiata, Hudss.; Agardh. Phyc. Med. I, p. 163; Furcellaria lumbricalis, Lyngb., Hyoz.; Polyides rotunda, Mo- ris e de Nott., Fl. Capr. p. 193; Peron (Manica); (R. Lenormand). A 44 — Gigartina mamillosa (Good. e Wood.), I. Ag.; Sphaerocoe - cus mamillosus Brotundatus, Agdh.; Chondrus, Grev.; Oceano Atlan- tico, isole della Manica; (Reliq. Brebiss.). 45 — Gigartina acicularis (Wulf.), Lamk.; I. Agdh. Med. p. 105, sp. II, p. 263; Ardissone Phye. Med. I, p. 167; isola di Corsica; (Cap. Solier, Reliq. Brebiss). 46 — Gigartina purpurascens, Lamk.; Crouau Fl. Alg. Finist; p. 192; Hypnaea purpurascens, Harw. Phye. Brit; isole della Manica (Atlantico); (De Brebisson). i EU 44 — Gigartina Lichenoides, Lamour; Sumatra; (Reliq. Brebiss. 3 48 — Gymnogongrus Norvegicus (Gunn.), I. Agdh. sp. II, p. 320; = Ardiss. Phye. Medit., I. p. 178; Oncotylus, Ktg. sp. p. 789; Sphrero — coccus, Agdh. sp. I, p. 255; Chondrus, Lamouroux; isola Guernesey * (Oc. Atlantico), ( Reliq. Brebiss). x 49 — Qhondrus crispus (L.) Lyngh.; Harw Phye. Brit. N. 6334 Farlow. The Marin Alg., p. 149: Coste di Calvados (Atlantico); (Reliq Brebiss.). DO — Chondriopsis dasyphylla (Wood); J. Aghdh. Sp., II, p. 809; 5 Ardiss. Phyc. Med., I, p, 347; Chondria, J. Agardh. sp. L, P. 250. Laurencia, Grev.; Kütz, Sp., p. 853; Gigartina, Lamour.; Oc. Atlan- . tico, isole della Maniea ; (De Brebisson). 51 — Phyllophora nervosa (De Cand.), Grev.; J. Agdh. sp. M, c p. 332; Ard. Phye. Med. I, p. 83; Sphaerococcus, Agdh., sp. I, p. 236 P Cette (Mediterraneo) ; (Cap. Solier Leg.). E: - ESL TINTA SAT SL I el 92 — Phillophora membranifolia, Good. e Wood.; Cronau Fl E ^ CATALOGO DELLE ALGHE ITALIANE E FRANCESI DEL MUSEO ''ROSMINI, 201 Finist. p. 206; Sphaerococcus, Agd.; Halymenia, Lamk. ; Plyllotylus, Kütz.; isole della Manica (Atlantico); (Alph. De Brebisson). 53 — Rhodymenia palmata (L.), Grev.; Ardiss. Phye. Med. p. 213; coste dell'Oe. Atlantico, isola di Guernesey ; (Reliq. Brebiss.). 54 — Rhodymenia palmata (L.) var. Ellisia, Lenormand in Herb.; Halymenia, Chauvin in Bot. Gall.; Arromanches (Calvados); René Le Normand Legih., (Reliq. Brebiss.). 55 — Rhodymenia palmetta (L.) var. Sarniensis, Grev.; Farlow. Mar. Alg. p. 150; isole dell'Atlantico, Guerne sey ; (Reliq. Brebiss.). 56 — Rhodymenia laciniata, Grev.; Crouan, Fl. Finist, p. 196 ; coste dell'Oe. Atlantico; (Reliq. Brebiss.). 57 — Rhodophillis bifida (Good. e Wood.), Kutz. ; J, Agah. sp. p. 388; Ardissone, Phye. Med. p. 216; Rhodymenia, Grev.; isole della . Manica; (Reliq. Brebiss.). 58 — Rhodophyllis Straforelli; Ardiss. FI. Ital. II. p. 58, Tab. . X-XII; Phye. Med. I, p. 217; R. bifida, var. Humilis, Solier in Herb.; Mare Mediterraneo, Cannes; (CI. Solier leg.). 59 — Calliblepharis Tübota (Good. e Wood.); Kütz, sp. Alg. p. 756; Ardiss. Phye. Med. p. 244; Rhodomenia. Grev., Alg. Brit. p. 91; isole della Maniea, Oc. Atlantieo ; (Reliq. Brebiss.). 60 — Sphaerococcus coronopifolius (Good. e Wood.); Agardh: Syn. p. 29, sp. I, p. 291. Ardissone Phye. Med. p. 247; Gelidium, Lamk.; Mar Mediterraneo e Oe. Atlantico, Marsiglia ; (Cap. Solier, Re- liq. Brebiss.). 61 — Plocanium coccineum, Huds.; Ardissone Phyc. Med. p. 219; Crouan Fl. Finist. p. 218; Delesseria plocamium, Agardh., var. Medi. terraneum, Menegh. ; Mar Mediterraneo ; (Cap. Solier, Reliq. Brebiss.)- 62 — Helminthora divaricata (Agardh.); I. Ag. sp. II, p. 416; Thur Etud. Phye. p. 32; Ardissone Phye. Med. I. p. 265; Nemation, Ktg. sp., p. 713; Dudres naya, I. Ag. Alg. Med. p. 85; Oceano, isole della Maniea; (Reliq. Brebiss). 63 — Chordaria flagelliformis, Agdh. Phye. Brit. N. 3.; Farlow. The Mar. Of. New. Eugl. N. V. f. 2; Capillacea, He: Brebisson; isola Guernesey, Oc. Atlantico; (Reliq. Brebiss.) 64 — Scinaja furcellata (Turn.) Bivona; I. Agdh. sp. IL p. 422; 292 s DOTT. MICHELE CRAVERI Ardiss. Phye. Med. I, p. 269; Halymenia Agardh. sp. I, p.212; manches (Calvados); (Reliq. Brebiss.) 69 — Liagora viseida, Agdh. sp. I, p. 395; II p. 425: Ardiss. Pye Med. I, p. 271; Cannes (Varo), Mediterraneo; (Cap. Solier). 66 — Liagoru cladoniaeformis, Borg; Mories, p. 328; L. viscida, Agdh. pr. p. vix differt; Mar Mediterraneo; (Reliq. Brebiss.) 67 — Gelidium corneum (Huds.) Lamk., Ess. p. 41; J. Agdh, sp II, p. 469; Ardissone, Phyeologia Mediterranea I, p. 285. var. Gracil- limum, De Breb. in Herb.; Peron (Manica): (Reliq. Brebiss.) 68 — Gelidium HER (Turn.) Lamk.; J. Aghd. Epic. p. 546; ar dissone Phye. Mea. I, p. 290; G. corneum var. crinale, J. Agdh, sp. II, p. 470; Oe. Atlantico, Valognes (Manica); (Dr. Lebel Leg.) 69 — Peyssonellia squamaria (Gm.), Deeaisn. Fl. Arab.; J. Agdh- sp. II, p. 502; Ardissone Phye. Medit. I, p. 227; Oe. Atlantico, coste di Calvados; (Reliq. Brebiss.) 10 — Corallina officinalis, (L.), Gaun., Suec., N. 2234; J. Agdh » sp. II, p. 562; Ardiss. Phye. Med. I, p. 463; C. Zara, Ç. longicaulis — Lamk.; Arromanehes (Calvados); (Reliq. Brebiss.) 1 71 Tamia rubens, (Linn, sub. nom. Corallina); Lamour., Polyp. fe- | xibl. p. 272; Agardh. sp. II, p. 557; Ardissone Phye. Med. I, P- uda | Mar Mediterraneo, coste della Corsica; (Cap. Solier). È 12 — Gracilaria confervoides (L.); Grev. Alg. p. 123; J. Agili Sp. II, p. 587; Ardiss. Phyc. Med. 7, p. 237: Gigartina confervoides: Lamk.; Plocardia, Mont; Hypnaea, J. Agd. Med.; Mediterraneo . e Atlantico, isole della Maniak (A. de Brébisson). i 73 — Gracilaria ferox, J. Agardh.; coste del Brasile, Fernamibno®! d (Ameriea Merid.); (Leg. Mettenius, Reliq. Brebiss.) 3 14 — Botryoglossum plati ycarpum, Kütz. Phye. Gen,; (Hypogior - sum Ktg ?); genere della tribù delle Delesserieae, J. Asik Capo Bar si na Speranza; (Reliq. Brebiss.) 3 15 — Nitoph ;llum punctatum (Flack.) Harw.; var. ocellatum, » : Agardh., sp. II, p. 659; Ardissone Phye. Med. I, p. 253; N. ocellatum E Grev. Alg. Brit, N. 78; Aglophyllum ocellatum, De Not, Montga Kte — sp. p. 867; Oe. Adda coste della Manica; (Reliq. Brebis8). ; : 16 —. Nitophyllum uncinatum, (Mont.); J, Agdh. sp. IL p. 2 à re de n ef EE CATALOGO DELLE ALGHE ÎTALIANE È FRANCESI DEL MUSEO "ROSMINI, 208 Ardiss, Phye. Med. I, p. 255; N. laceratum, v^r. uncinatum, Grev. a Brit. p. 84, Oc. Atlantico, La Kesle (Gironda); (Chantelat Leg.) — Nitophyllum Gmelini, Grev. Alg. Brit. p. 82; J. Agdh. sp. II, p. elit: Ardiss. Phye. Medit. I, p. 258; Schizoglossum, Kiitz. sp., p. 870; isole della Manica, Atlantico; [Reliq. Brebiss.) 78 — Nitophyllum versicolor, Harw.; Oe. Atlantico, Ahiahi (Calvados); (A. Lenorniand Leg.) 19 — Dolegieri ia alata (Huds.), Lamk.; Harw. Phye. Brit. N. 247; Crouan Fl. Finist. p. 263; Hypoglossum alatum, Kütz.; coste di Cal- vados (Atlantieo); (Reliq. Brebiss.) 80 — Delesseria ruscifolia. Turn., Lamk.; Crouan FI. Finist. p. 262; Hypoglossum, Kütz.; Valognes (Manica); (Leg. Lebel). 81— Wrangelia penicillata, Agdh. sp. II, p. 138; Ardissone Phyc. Med. I. 312; W. verticillata, Ktg; isola Chaussey (Atlantico); (Reliq. Brebiss.) 82 — Spondylothamnion sitio (Huds.) Naeg. Bert.; Ardisso- ne Phye, Med. I, p. 306.; Wrangelia multifida var. pilifera, Lenorm. in Herb.; Arromanches (Calvados): (René Lenorm. Leg.) 83 — Lomentaria articulata (Huds.): Leybl Hydr. Dan. p. 101; Kütz, sp. p. 863; J. Agdh. sp. IL. p. 728; Ardiss. Phye. Med. p. 202; Chylocladia, Grev.; Oceano, coste di Calvados; (Reliq. Brebiss.) , 84 — Gastroclonium kaliforme (Good. e Hoodw.); Ardissone FI. Ital. II, fase. II, p. 25; id. Phye. Med. I, p. 319; Chylocladia, Harwey Lomentaria, Gaul; J. Agardh. sp. II, p 732; Mediterraneo, Le Frioul (Marsiglia); (Cap. Solier). 85 — Bonnemaisonia asparagoides (Wood.); Agdh. sp. I, p. 197; Mont. Alger. p. 96; Ktg. sp. I, p. 897; I. Agdh. sp. II, p. 179; Ardiss, + Phye, Med. p. 334; B. Adriatica, Zanardini Cel. p. 20; M. Mediterra- Jur ue Le Frioul (Marsiglia); (Cap. Solier). Se 86 — Laurencia h ybrida, Lenorm, in Duby.; Crouan Fl. Finist. p. e 278; L. coespitosa, Lamk.; L. pinnatifida var. Augusta, Grev.; Oc. At- lantico, Cherbourg; (R. Lenormand Leg.) 87 — Laurencia obtusa, (Huds.): Lamk. Emi p. 42; css FI: | Finis p. 280; J-Agdh. sp. II, p. 750; Ardiss. Phycol, Medit. I, p. 327; | isole della Manica, Oe. Atlantico; (Reliq. Brebiss.) i 204 DOTT. MICHELE CRAVERI E 88 — Dasya coccina (Huds.), Agdh.; Crouan FI. Finist. p. 281 Ceramium D. C. Fl. Fr; Callithamnion, Lyngb.; Hutchinsia, Ag. Co | ste di Calvados, Oc. Atlantico; (Reliq. Brebiss.) 89 — Polysiphonia urceolata (Light.); Grev. Edimb. p. 309; kig sp. p. 824; J. Agdh. sp. II, p. 971: Ardiss. Phyc. Med. I, p. 397; Hut chinsia, Agdh. var. p. 141; Oe. Atlantico, isole della Manica; qu Brebiss.) 90 — Polysiphonia fastigiata (Roth.); Grev. Phye. Brit. n. 299; Far low. The Mar. Alg. p. 175: Hutchinsia, Agd. Syst; parassita su diver si Fucus (F. nodosus, ecc. ) Cherbourg (Manica); (Reliq. Brebiss.). 91 — Polysiphonia pennata, (Roth. : ; J. Agdh. sp. II, p. 928; Ktg | sp, p. 803; Ardiss. Phye. Med. t. I, p. 365; Hutchinsia, Agdh. sa p. 156; Oc. Atlantico, Granville; (Reliq. Brebiss.). 92 — Polysiphonia paradoxa sp. nov. Zanard. in Herb.; Hutcki isa polymorpha, Agardh. Sist. pr. p.; Mare Adriatico; (Herb. Zanardin 93 — Polysiphonia nigrescens (Dill; Grev. Phye. Brit. N. 277 ; var. fucoides Agdh.; Farlow. The Mar. Alg. p. 175; Peron (Mes E Oe, Atlantico; (Reliq. Brebiss.). 3 94 — Polysiphonia brevi articulata (Agdh.); Zanardini Syn. p. 61; r J. Agdh. sp. II, p. 1007; Ardissone Phyc. Med. I, p. 407; P. chrys tra, Ktg. sp. p. 815; Hutchinsi , Hgd. Syst. p. 153; Mar Mediterraneo; 1 Coste della Corsica; (Cap. Solier). 3 95 — Polysiphonia fruticulosa (Wulf.; Mont. Fl. Alg. p. 85 K Agdh. sp. II, p. 1028; Ardiss. Alg. Medit. I, p. 392; P. Wulfenii, J. | Agdh.; Rutiphloea, Harw. Phye. Brit. 8, 220: isole della Manica, 00 x Atlantico; (Reliq. Brebiss.'. : 96 — Rytiphloea pinstroides (Gm.); Agdh. Syn. p. XXV; Am. Phye. Med. I, p. 421; Halopithus pin stroides, Agdh., sp. L p. E Oe. Atlantico, coste di Calvados; (Reliq. Brebiss.). 97 — Rytiphloea firma, Agdh. sp.; Capo Buona Speranza, Metten- ley; (Reliq. Brebiss.). : 98 — Cladophora fligelliformis, Ktz. sp. Alg.; Capo Buona e ranza, acque sub-marine; (Herb. De Brébisson). | . 99 — Priphyra leucosticta, Thur. in Lejol. Alg. Mar. Cherl 2 100; Ardisiode Phyc. Medit. I, p. 468; P. vulgaris, Aq.; P. microphylla, ; TR ph ipata E N LEE EI ER te PA PEA st RETRO SIRIA TRENI me s m do me LE + C M its Ta ti rigido Fiet VA ; CATALOGO DELLE ALGHE ITALIANE E FRANCESI DEL MUSEO ‘“ROSMINI,, 205 Zanard. Icon. phye. I, p. 25, Tab. VII; Oe. Atlantico, Granville; (Re- liq. Brebiss.). 100 — Codium tomentosum, Huds., Agardh.; Crouan Flor. Finist. p. 402; Spongodium dichotomum, Lamk., isole della Manica, Oe. Atlan- tieo; Reliq. Brebiss.). ALGHE DI FRANCIA (Dr. A. Mougeot, Dupray e C. Roumeguin). 101 — Melosina nummuloides (Dillw.); Agdh. Syst Alg. 8, (non Kutzing syn.); Bae. T. III. fase. 3; Rabb., Fl. Alg. Eur. I, p. 27; sulle erbe secche e detriti di vegetali in gran numero nelle paludi salmastre alla foce della Senna; presso Le Havre (S. Inf); Ottobre 1884, (Du- pray). 102 — Surirella ovalis, Breb.; Kutz. Bac. p. 61, T. 30; Rabh, FI. Alg. Eur. I, p. 56; in masse galleggianti in una palude di aequa sal- mastra nei pressi di Le Havre (Senna Inf); Ottobre 1884 (Dupray). 103—Achnanthes longipes, Agdh, Syst. p. I, Consp. p. 58; Ball. in Ann. Mag. XIII, C. 7 e 8; Kutz. Bacc. p. 77. T. 20; Sm. Diat. II, p- 26; Rabh. Fl. Alg. Eur. I, p. 3; sulle grandi Alghe; Arromanches (Cal- vados); (A. De Brebisson). 104 — Diatoma vulgare, Bory in Diet. Host. Nat. 1828; f. ellipti- ca, Sm. Diat. T. I; f. d. Rabb. FI. Alg. Eur. I, p. 121; parassita su piante acquatiche; Monjeu (Saone et Loire); (Herb. Gragnot.) 105 — Diatoma vulgare, Bory; Rabh. Fl. Alg, Eur. I, p. 121; f. ovata, Sm.; Rabb. l. e. « apicibus vix productis »; Sm. Diat. II, p. 39, T. XL, f. 309; parassita su diversi vegetali veechi in paludi salmastre; Le Havre; Ottobre 1884, (Dupray). . 106 — Sehizonema eximium, Thwartes in Ann. and. Mag. 1848, T. XII; Sm. Diat. II, p. 66; Rabh. Fl. Alg. Eur. I, p. 266; Gloionema sigmoides, Ehrb.; Eucyonema, Kutz.; acque sub-marine; Arromanches (Calvados); (Alph. de Brébisson). 107 — Schizonema Lenormandi, Kutz. sp. p. 99; Rabh. FI. Alg. Eur. I, p. 276; sui detriti di vegetali e grandi alghe nelle acque salma- stre alla foce della Senna, presso Le Havre; Ottobre 1884, (Dupray). :206 EU DOTT. MICHELE CRAVERI 108. Schizonema sordidum, Kutz, Bae. T. 24, f. 1-3; Desm. er. Fr. 509; Zenni o S. Lenormandi, Kutz.; nelle acque salmastre . al la foce della Senna, Le Havre; Ottobre 1884, (Dupray). È 109 — Schizonema rutilaus (Trent.); Agdh. Consp. p. 18; Kuta Bac. p. 112, T. 23, f. 6, 1-2; Rabh. FI. Alg. Eur. I, p. 269; parassiti su diverse Alghe e piante marittime nelle coste dove giunge l e marina; Valogne (Manica); (Dr. Lebel). 110 — Gloeocapsa pellucida, De Breb. in litt., G. magna À. e lucida, Rabh. Fl. Alg. Eur. II, p. 43; be pellucidus, Naeg. Einz. p. 50; sugli scogli inondati; Falaise Serra (Alph. De Bre bisson). 111 — Microspetià Nottii, Kutz. Phycol. gen. p. 148; Geocys Naeg.; in uno stagno profondo d'aequa dolee nei dintorni di Le Ha Agosto 1884, (Dupray). 112 — Merismopedia aruginosa, Breb.; var. violacea, Rabh. Alg. Eur. II, p. 57; non M. violacea (Careb.) Kutz.; Falaise (Calvad (Reliq. Brebiss.) Kk |. 113 — Oscillaria major, Vauch.; forma Articulis geminatis m Veneta, Ktg.?): Lago di Longemer (Vosgi) (Herb. Godron). 114 — Phormidium vulgare a mi yochroum, Kutz. Phye. gen. p 19; Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 119; Desm. Fl. er. N. 1666; Oscillaria ai tumnalis, Agdh. Syst. p. 62; sulla terra umida dopo le piogge a Mone (Saone et Loire); (Herb. Grognon). 115 — Hyphosthrix foveolarum (Martg.); Rabh. FI. Alg. Eur À | P. 76; Leptothrix, Bue. Mont. Ann. Se. Nat. 1849; Sylloge, p. *9^- ned Stirp. Vog. Rh. n. 1374; Desm. FI. N. 127; Magay; (Leg. D teille). 116 — Hypheothrix Zeukeri, Kutz. sp: Rabh, Alg. N. 66, Eur. II, p. 385; Oscillaria tapetiformis, Zeuk, in Linn. IX, 1835; P 125; Leptothrix Zeucheri, Kutz. Phye. gen. p. 199; sulle pareti cal | ree d'una cava abbandonata in vicinanza dello Seytonema Burdigalens sp. nov. Cambes (Gironda); (Casimir de Aimé Roumeguére). © MT — Lyngbia veruginosa, Agdh. Sist. p. 74; Kutz. Phyc. gena - 225; Rabh. Fl. Alg. Eur. II, p. 128; sulla spiaggia presso il ATI | Le Havre (Senna Inf.); Ottobre 1884, (Dupray). / CATALOGO DELLE ALGHE ITALIANE E FRANCESI DEL MUSEO pu 207 118 — Nostoc verrucosum (Linn.); Vauch. Conf. p. 225; Kutz. sp. p. 300 e Tab. Phye. 2, 9; Mougeot Stirp. Vog. Rhon. N. 1232; Rabh. FI. Alg. Eur. II, p. 176; Tremella verrucosa, Linn; sulle pietre nei ruscelli; Vire (Calvados); (A. de Brébisson.). . 119 — Nostoc minutissimum, Kutz. Phyc. gen. p. 204; Rabh. FI. Alg. Eur. II, p. 162; stagni di Renausots (Saone et Loire); Grognot). 120 — Nostoc lichenoides (Agardh', Vauch. Conf. p. 227. Tab. XVI Rabh. Fl. Alg. Eur. II, p. 166; N. muscorum var. lichenoides, Ag., nelle fessure delle rocce ricoperte di muschi a Cabrioules regione sub- alpina dei Pirenei centrali; (C. Roumeguére e Ch. Fourcade’. 191 — Cylindrospermum spirale, Ktg. sp. Alg. 292 e Tab. Phye. 97 f. 3; Mougeot Vog. Rhoen. n. 1285; Rabensi FI. Alg. Eur. II, p. 117; nei rigagnoli dei prati dove l'aequa stagna, nei dintorni di Friburgo; Luglio, (Cl. R. Braun’. ; -122 — Zonotrichia rivularis, Naeg. in Kutz. sp. p. 342; Rabh. FI. Alg. Europ. II, p. 214; sulle pietre della cascata di Brisecon presso Autur (Saone et Loire); (Grognot). 123 — Zonotrichia numulitoidea sp. nov. in Herb.; Z. lens (Ktz.) pr. p; sugli scogli marittimi a Gujan (Gironda); (Herb. Chautelat). 124 — Seytonema Burdigalense sp. nov. Durr.; S. Mais et C. Roum. in Herb.; (Diam. Trich. e. v. !/jsg — "ss. * ' — 0,00030 = 0,00052”); S. gracile f. erassior, Rabh. Fl. Alg. Eur. 2; nell'oseurità sulle pareti calcaree umide d'una cava abbandonata; Cambes (Gironda); Giugno 1883 (C. R.). | 125 — Sirosiphon alpinus, Kiitz. in Bot. Zeit. 1847, p. 193; Rabh, Fl Alg. Eur. II, p. 288; sulle rocce bagnate, cascata di, Cabrioules (Pi- renei centrali); (Ch. Foureade). 126 — Stigonema nigrescens, Grognot in Herb.; S. Solidum, Stib. in Herb. Alg. 1147, pr. p.; (vix differt Racod. rupestre (P.?}: sulle pie- tre umide alla sella d'Auzy (Saone et Loire); (Grognot). 127 — Tetraspora micrococca. Sin. in Rabh. Alg. Eur. N. 116; T. gelatinosa, var. micrococca, Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 40; sulle pietre dei ruséelli; Mortain (Calvados); (Reliq. de Brébisson). 128 — Tetraspora ulvacea, Kütz. Phyeol gen. p. 175; Rabh. Alg. 208 DOTT. MICHELE CRAVERI Eur. III, p. 39; T. lubrica, Chaus. Alg. Nonn.; nelle acque stagni Vire (Calvados); (A. de Brébisson). 129 — Neurococcus minor, Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 25; Prot coccus, Ktz. sp. e Tab.; sui muri esterni di una serra resi umidi pero lo scorrere dell’acqua di pioggia; Tolosa; Dicembre 1883, (C. Rouma | guére). E 130 — Hydrurus penicillatus, Agdh. Syst; var. Leiblenii, Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 50; Hydrurus Leiblenii, Kutz. Phye. gen. p. 177; nek le aeque stagnanti a Rénaudots (Saone et Loire); (Grognot). i 131 — Hydrurus penicillatus, Agdh. Syst. p. 24; var. irregularis | Rabh. Hunt. II, p. 70; id. Fl. Alg. Eur. III, p. 50; Hydrurus irregt- 1 laris, Kutz. Phyc. gen. p. 178; nelle acque del Touch, Blagnac presso | Tolosa; Maggio 1884, (C. R.). | j 132 — Hypheothrix fontana, Ktz., Phycol. gen. p. 198; Rabh. Fl. | Alg. Eur. III, p. 75; Hygrocrocis olivacea, Kütz. Alg. Ins. N. 8, Baw M gia tenuis, Kutz. l. c.; sulle piante acquatiche, S. Laurent les Chalow | (Saone et Loire); (Grognot). | Al 133 — Closterium Meneghinii var. angulosum, Breb., Herb. p. 127 : : N. 11, T. I, p. 17; Rabh. FI. Alg. Eur. III, p. 163; unito spesso all'& nastrum crenatum, Kutz.;; alla superficie delle acque stagnanti, in un giardino a Vire (Calvados); (Pelvet). p. 134. Spirogyra crassa, (Kutz.) V. articulis longioribus; (Spirogy'? — Heeriana, Naeg. in Kiitz. sp. p. 442); Rabh. Fl. Alg. Eur. III. p. 246 à nelle aeque alluminifere, Le Havre (Senna Infj; Settembre 1884, PE pray). M 135 — Spirogyra setiformis (Roth.): Kütz. Sp. Alg. p. 442; Robh. dm FI. Alg. Eur. III, p. 246; Petit Spir., Paris N. XI, f. 1-2; f. interrupt — (Zygnema interruptum. Hass); in un fosso presso Demouville (Calvar DL dos; Luglio 1884, (Dupray). 136 — Spirogyra affinis (Hassal.); P. Pétit. Bull. Soe. Bot. Fr. T — 21, p. 42, e spir. Paris Tab. III, f. 12-13; Zygnema affine, Hassal; D C una fontana a Honfleur; Giugno 1884, (Dupray). i 137 — Spirogyra orbicularis (Hassal.) Kütz., Rabh. Fl. Alg. Bu III, p. 246; Pétit Spir. Paris, Tab. XII, f. 1-2; in acque alluminifere; 3 Le Havre (Senna Inf.; (Dupray). : E 1 a "i CATALOGO DELLE ALGHE ITALIANE E FRANCESI DEL MUSEO “ROSMINI, 209 5 138 — Spirogyra decimina (Muller); Kütz. f. flavicans; Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 242; S. flavicaus, Kütz. sp. Alg. p. 440; in un ru scello dove l’acqua scorre lentamente; Falaise (Calvados); (De Brébisson) 139 — Zygnema cruciatum, Agdh, var. olivaceum, Grogn. in litt (d’un verde olivastro-nero; articoli della lunghezza del diametro); nei fos si e stagni a Romaney (Saone et Loire); (Grognot). 140 — Zygonium ericetorum, Ktz. Tab. X, Alg. Ess. N. 51; Desm. FI. er. Fr. 351; Rabh. Fl. Alg. Eur. HI, p. 254; al piè d'un muro u- mido; Falaise (Calvados; (Reliq. A. de Brebisson). 141 — Hydrogastrum pyriforme; Rabh. Fl. Alg. Eur. II, p. 266- Botrydium, Kütz, sp. p. 486; unito con VH. Walrothii, Ktz. sulla ter- ra limonitica presso Beverloo (Belgio); (Reliq. Westendorpii). 142 — Vaucheria clavata var. marina (forma sporangifera), Du- pray in Syst; var. sphaerocarpa, Kütz. Rabh. Fl. Alg. Eur. HI, p, 268, pr. parte: sulla spiaggia inondata dall'aequa marina ad ogni ma rea, Le Havre (Senna Inf); Ottobre 1884, (Dupray); questa specie fu pubblieata da Chauvin sotto il nome di V. clavata; essa differisce dal nostro N. 138 (v. Littoria, Agdh\. specialmente per dimensioni minori e per la stazione che è la spiaggia marina. : 143 — Vaucheria sessilis (Vauch.; D. C. Fl. Fr. II, p. 63; Agardh. Syst. e spee. forma sporangifera; (Vaucheria clavata, Auct.; Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 267; Tolosa, nel baeino della fontana di Perpau, poeo ‘comune; Estate 1884, (C. R.) | 144 — Vaucheria sessilis, var. ornitocephala, Hassal. non Agardh.; ` Rabh. FI. Alg. Eur. III, p. 268; nei fossi fangosi degli stagni salati, Le Havre (Senna Inf.); Ottobre 1884, (Dupray). 145 — Vaucheria Armoraciae sp. nov. in Herb. de Brébisson; nel- l'aequa stagnante della foresta di Brique bek; (Leg. Pelvet^. 146 — Chytridium anemones, De By. e Woronin; Beitr. p. 29, T. TI, f. 8-10; Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 284; sulle foglie viventi e sui pezioli dell Anemone sylvestris; Tolosa; Autunno 1884, (C. R.) 147 — Hapalosiphon Brebissonii, Kütz. sp. p. 894; Rabh. FI. Alg. . . Eur. II, p. 284; Tolypothrix Brebissonii, Ktz. l. c.; su piante aequati- _ che marine presso Monjeu (Saone et Loire); (Herb. Grognot). = 148 — Synchytrium succisae, De By. e Woronin; Rabh. Fl. Alg. 210 DOTT. MICHELE CRAVERI Eur. III, p. 284; sulle foglie della Succisa pratensis; Bagnéres de -chon (Pirenei centrali); (C. e R.). Il posto delle C'hytridieae e delle Si chytrieae nella classificazione naturale è rimasto a lungo indeciso; 1 Crittogamisti contemporanei esse formano una transizione tra 1 M æomycetes e le Saprolegnieae; Rabenhorst (l. ce.) pur riconoscendo i questi vegetali delle affinità fungine aveva aolloeajo in unà appendice alle Vaucherieae la famiglia delle Saprolegnieae nella quale erano com presi i Chytridium ed i Synchytrium. 149 — Hydrocoleum chalybeum, A. Br. Rabb. Fl. Alg. Fat T III, p. 293; sulle erbe e sulle pietre dei ruscelli, lago Titisee, Fore No re; (Prof. Kirchleger). 150 — Prasiola Sauteri, Menegh.; Rabenh. Fl. Alg. Eur. u, -310; Ulva intestinalis, Sauter in Regensb. 1839; U. fluviatilis, Somp. | jn mag. 1828; sulle rocee bagnate della regione delle nevi, Port d'O0 (Pirenei centrati) rara; (Leg. Zettersted). 151 — Prasiola Anziana; Rabh. FI. Alg. Eur. III, p. 308 (2); < terrestris » differt colore luteola viridi in cellulis minoribus; sulla ter ra umida e ombreggiata della regione alpina del Tirolo italiano; (Relic Piaget). 152 — Enteromorpha intestinalis (Linn.), Link; f. tubulosa K sp; Rabh. FI. Alg. Eur. III, p. 313; Ulva enteromorpha var. intestint- lis à procerrima, Le Jolis Alb. Cherb.; Solenia var., Agardh.; nelle que sub-marine, Arromanches (Calvados); (Leg. Le N ormand. Herb. Brébisson). * 153 — Enteromorpha compressa (L.) Grev.; f. falcata, Le Jol; Rabh. Fl. Alg. Eur. IlI, p. 314; E. compressa f. minor, Crouan. i Herb.; nei fossati d’acqua sub-marina, dintorni di Brest (Finisterre (Leg. Crouan fréres). 154 — Enteromorpha lanceolata (L.); Rabh. Fl. Alg. Eur. III, 375; Ulva lanceolata, Linn. Syst; Ulva Linza, Harw. Phyc. Brit. 39; sulle pietre, rada di Brest; (Crouan). | 155 — Ulva minima, Vauch.; D. C, FL Fr; Grogn. PI. Cell. Sao et Loire, p. 249; Ulva bulbosa, Lolli; sulle pietre in un ruscello a Mo jeu (Saone et Loire); (Grognot). 156 — Ulva lactuca (L.) Grev.; Crouan FI. Finist. p. 386; Mons Sir TE nau VI LE UE Ub paranoie FE IA Le BART Madam. a OMR I Re joy eri aes BUE E s E NT nah f HESS È CHE cr TE 44 PT e DEE ^UE vg, SNA a CATALOGO DELLE ALGHE ITALIANE E FRANUESI DEL MUSEO ne 211 pellier, spiaggia del Mediterraneo nei luoghi dove s1 è fermata l’acqua marina, (Leg. Salle). 157 — Microspora amoena, Rabh. FI. e Eur. III, p. 321; Con- ferva anabaena, Kutz. ?; in un bacino dove si fermò l’acqua di pioggia Parigi; Giugno 1866; (D.r Roussel). 158 — Microspora laevis, Rabh. Fl. Alg. Eur. p. 321; Conferca laevis, Ktz.?; nelle aeque dolei tranquille. Le Havre ;Senna Inf.); (Du- pray). 159 — Microspora vulgaris, Rabh. Fl. v. Sachs. p. 245 e Fl. Alg. Eur. HI, p. 321; Confere: Bombycina inequalis, subinequalis, Kütz sp. e Tab; in un ruscello presso Lillebonne (Senna Inf) Luglio 1884, (Dupray). |. 160 — Mierospora monilifera, Thuret., Rech, sur les zoosp. p. 12; Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 322; Monilia floccosa, Bory ?; nelle aeque dolci stagnanti, Morvan; (Herb. Grognot). 161 — Microspora punctalis, Auct.; in stagni nei dintorni di Le Havre (Senna Inf.; Settembre 1884, (Dupray). 162 — Conferva gracilis (Kütz.); Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 325; Cladophora pallescens sp. nov. Montg. In Litt; nelle aeque dolci sta- gnanti, Monstaganem (Algeria); (Dr. Roussel.) .163 — Conferva velutina, Dill. Brit. Conf. Tab. 77; Mong. St. vag. Rhen. N. 696; Byssus velutina, Lin.; Octosperma terrestris, Vau- ch. Conf. p. 9, T. 1, f. 1; Vaucheria, D. ©. Fl. Fr. II, p. 62; sulla ter- ra nuda dei sentieri ombrosi dei boschi nei dintorni di Bruyered Vo- sgi); (Reliquiae Mougeotianae). 164 — Byssocladium fenestrale, Nees. ab. Esemb. Fung. p. 50, f. 41; Desm. Fl. er. Fr. 358; Mougeot Stirp. vog. Rhen. v. 1100; Confer- va fenestralis, Roth.; Sporotrichum fenestrale, Ditin., Link.; sui vetri della finestra d'un luogo umido, Strasburgo; (CIl. Buchinger e Sehimper). 165. Sphacelaria cirrosa (Roth. sub conferra), Agardh,; Harw. Phye. Brit. Tab. 178; S. pennata, Lyngb; parassita sugli steli morti della Sa- licornia herbacea nei prati salati a La Nouvelle (Ause); acie Mau- geret): ~ -166 — Chaetomorpha crassa, i Kutz. sp. e Tab.; Rabh FL 212 DOTT. MICHELE CRAVERI Alg. Eur. III, p. 328; Conferva erassa, Agdh. Syst. p. 99; sugli gli del litorale a Valognes (Manica); (Dr. Lebel). 167 — Rhizoclonium setaceum, Kütz. sp. p. 387; Rabh. FI È Eur III, p. 333; nelle acque marine tranquille, Le Havre (Senna Inf. Ot'obre 1884, (Dupray) à 168 — Rhizoclonium lacustre f, rigidum, Kütz. sp. Alg. (non Ra. benh. F1. Alg. Eur.); nuota in inverno nelle acque fortemente sal stre, Le Havre; Novembre 1884, (Dupray). Presenta pochi o punti mi secondari, solamente dei rigonfiamenti a ginocchio. 169 — Schizogoninm contortum, Kütz, sp. Alg. (non Rabenb. Alg. Eur.); in acque quasi salse, Le Havre (Senna Inf.); Novembre 1884 (Dupray). Ha 170 — Oedogonium grande, Kiitz.; De Bary. Oed. und Bulb. T I, f. 1-14; Rabenh. Fl. Alg. Eur. III, p. 353; in masse profonde più di 40 centimetri nei fossi d’acqua salmastra, Le Havre (Senna Inf.) Ot tobre, (Dupray). 171 — Oedogonium scutatum, Kiitz.; Rabh. Fl. Alg. Eur HE P 354; negli stagni a Monjeu (Saone et Loires;; (Grognot). 172—Oedogonium rostellatum, Pringsh., Z. M. p. 69, T. V. f Lh FI. Alg. Eur. III, p. 347; Oedogonium capiliforme, Kütz.; frammis di frequente con l’Oeodog. ciliatum, Pringsh.l. e. p. 70, T. V. f. 8; nel fossi d’acqua salmastra presso Caen (Calvados); Luglio 1884, (Dupray 173 — Bulbochoete elatior, Pringsh.; FL Alg. Eur. III, p. 99 sulle piante delle paludi nei dintorni di Vire (Calvados); (Cl. Pelvet). | 174 — Cladophora Hutchinsiae (Dillw.); Crouan Fl. Finist. p 364 Conferva, Dillw.; Granville, nelle aeque sub-marine e marine; (Cl. Pelvet 175 — Cladophora debilis, Kütz. sp. Alg. p. 411; Rabench. Fl. " A. Eur. III, p. 345; nelle paludi salmastre presso Le Havre (Senna Inf.) Agosto 1884, (Dupray). : E 176 — Cladophora pellucida (Huds.: Kütz. Phycol. p. 208; Cronan FI. Finist. p. 360; C onferva, Desm ?; nelle aeque sub-marine e. marino, Mortain (Manica); (Herb. Lenormand). P i 177—Cladophora Crouani, De Brébisson in Herb.; Cherbourg; ne [e acque sub-marine deif ossati al Sud della rada; Herb. A. De Brébis- son). i | We A Ap ODORE à a Rosi; DEL i 178 — Cladophora crispata ( Roth.) var. vitrea, Kütz.; Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 336; Cl. Vitrea Kütz. Op. Alg. p. 407; nelle acque alluminose, Le Havre (Senna Inf.); Ottobre 1884, (Dupray). 179 — Cl dophora fracta :Dillw.5 f. globulina, Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 336; (. globulin:, Kütz. sp. e Tab. Phye.; nelle aeque sal- mastre, dintorni di Lehavre (Senna Inf.; Ottobre 1884, (Dupray). 180 — Cladophora fracta. (Dillw); f. oligoelona (Kütz. sp. e Tab.) Rabh. Fl. Alg: Eur. IH, p. 336; 5 f. ram, tortuoso-crispatis, Rabh. 1. e.; nelle acque salmastre quasi salate, Le Havre (Senna Inf,;; Ottobre 1884, Dupray). 181 — Cladophora fracta (Dillw); subsimpler, Kütz. sp. Alg. p. 410; Rabh. Fl. Alg. Eur. HI, p. 334; carica di diverse Diatomee: C'o- conneis pediculus, Achuanthes exilis, Gomphonema constrictum, ete., sulle pareti d'una saracinesca al Molino nuovo, Le Havre Senna Inf.) (Dupray). 182 — Cladophora fracta (Dillw). e normalis, Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 334; Cl. crispata, Hass., Conferva fracta, Dillw. Brit. Conf. T. XIX; nei fossati d'aequa salmastra presso Caen \Calv ados); Agosto 1884 (Dupray . 183 — Cladophora arcta (Dillw), Kütz.; Cronan Fl. Finist. p. 315; ` Cenferva, Dillw.; Cherbourg; (Cl. Pelvet). ne 5484 — Cladophora rupestris, Kütz, Phycol. p. 208; C onferva ru- | pestris ar; nelle aeque marine e sub-marine, Montpellier (edemi; (I. |». Soubeyran). |» 185 — Ulothrix tenerrima, Kütz.; f. crispa, Dupray in Litt. « cul stantia genicular longitudinaliter. contracta »; U. ricularis, Kütz.; . Rabh. FI. Alg. Eur. HI, p. 366 pr. ps nelle acque dolci, attaccata alle a pareti d'una fontana, Le Havre (Senna Inf.); Novembre 1884, (Dupray). | 186 — Ulothrisæ stagnorum, Rabenh. Krypt. FI. p. 264, e FL: Alg. — Eur. III, p. 366; U. tenerrima B. stagnorum, Ktz. sp. e Tab.; Le Ha- vre (Senna Inf.), nelle aeque dei fossati intorno alla eittà; Agosto 1884 (Dupray). 187 — Ulothria variabilis, Kütz. sp. p. 345; Rabh. FL Alg. Eur- T HI, p. dis nell'aequedotto di Bouxvilles (Alsazia); (Leg. Buchinger). E 188 — - Ulothria pallesceus, Kütz. sp. f. sphagnorum; U. tenerrima Pose ‘ C ie Rees danni Dub S M MER. d a i eo e Pa e d PI Mheig Pia i E a CE A E Pau À duet "hg dur uu i n RIA zer ag rU e e^ NE MISE ++ Tg BA P : , zi ` dui AAT NA À A Fa d ts 214 DOTT. MICHELE CRAVERÍ Kütz. e Rabh. FI. Alg. Eur. pr. parte; associata all’ U. rigidula. Ne nelle paludi invasi dagli sfagni; dintorni di Le Havre (Senna Inf) No vembre 1884, (Dupray). i 189 — Hormiscia zonata (W. e M.) Aresch. f. rigida, Dupray. Litt; H. zonata f. attenuat', Rabh.; U. rigidula, Reinsch. pr. Ps le paludi dei boschi mescolata agli sfagni, nei dintorni di Le Hong (Senna Inf.) Ottobre 1884, (Dupray). b 190 — Stigeoclonium tenue, var. lubricum, Rabh. Fl. Alg. Eur. III, T. HI, p. 377; Conferva lubrica, Lyngb. Hydroph. T. 411; Stip lubricum, Kütz. sp. Alg.; Vire (Calvados); (René Lenormand). 191 — Draparnaldia gracillima, Agdh; Rabh. Fl. Alg. Eur. ni, p. 383 (sub. nom. D. glomerata 3 gracillima); nelle aeque chiare 4 Monjeu (Saone et Loire); (Gragnot). | 192 — Chetophora radians, Kiitz,; Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 384 spesso associata con la ch. elegans 'Roth.) Agdh.; sulle piante aequati, che sommerse, Vire (Calvados): (Pelvet). 193 — Bangia ireterirens, Harw.; al fondo d'un fossato dove 8 mò l’acqua marina, Arromanche (Calvados) (Lenormand). p. 194 — Batrachospermum moniliforme, Roth.; var. filamentosums Rabk. FI. Alg. Eur. T. IIT, p. 406; Bat. filium, A. Br. Bad. N. 1& laghi degli alti Vosgi; (Buchinger). + |. 195. Batrachospermum moniliforme, Roth; f. gracile. Shuttlews Jack. Lein. e Stib. Bad. N. 469; Rabh. Fl. Alg. Eur. T. II, p. °°? negli stagni di Bousson (Saone et Loire); Grognot). E 196 — Batrachospermum vagum (Roth.), Agardh. Syst. p. 92; p sp; Rabh. Fl. Alg. Eur. III, p. 406 Type); nei fossati intorno a Stra sbourg (Alsazia); :Buchinger). E 197 — Batrachospermum vagum (Roth) Agdh; var. minutum Sauter Fl; nei fossi intorno a Salsbourg; (Cl. Sauter). p 198 — Batrachospermum vagum (Roth.) var. Dillenii; Rabh. ; Alg. Eur. III, p. 407; Batrachosp. Dillenii, Boy. Ann. Museum, forma normale. Pontaudemer (Eure); Luglio 1884, (Dupray). : 199. Lemanea corulosa (Roth.). Agardh. sp. Alg. II, p. 4; Des e FI. er. Fr. 165; Rabh. FI. Alg. Eur. III, p. 411; sulle pietre nelle y que «correnti a Grome presso Cluny (Saone et Loire); (Cap. Jacoulet). 900 — Elachista Lui oi SR FI. Finist. pit E: flaccida (Dill), Areseh.; parassita sui Fucus rigettati sulla spiaggia marittima, a Fermauville (Manica); Dr. Lebel). * * * Orma così l'eleneo delle Alghe italiane e francesi conservate nel Museo di Storia naturale del Collegio « Mellerio-Rosmini » di Do- modossola non mi resta se non a esprimere il voto che questo mio la- voro possa invogliare qualche studioso a visitare la suddetta collezione e ad approfondire la conoscenza delle specie meno note. Susa, 2 gennaio 1913. D.r MICHELE CRAVERI a RR eC te UE ST E e el aig E as n Fs d ip. CCP EU, à i ; Pror. ANGELO GUERRIERO Volendosi pentes ad uno sli particolareggiato, sistema # e filogenetico del genere Sa v a e dei generi affini, conviene anzitutt Li vedere quali sono i caratteri della tribù delle Monardee, alla. q appunto è ascritto il genere Salria. In questa tribù fortunatamente esistono caratteri abbastanza. cisi, per .i quali è razionalmente possibile stabilire dei limiti piut sto netti, Il calice in queste piante è generalmente tuboloso, campar e qualche volta abbastanza sviluppato in lunghezza: esso si pre o nettamente bilabiato, oppure quasi ugualmente quinquedentato | quest'ultima condizione si verifica soltanto nel genere Morardu. - Le due labra del calice non sono mai intere, in generale il | steriore è tridentato ed il labro anteriore è bidentato, o rarame E anche esso tridentato. La corolla varia, in qeanto alla sua lung! ed al suo sviluppo; essa si presenta quinquefida con quattro uw uguali, o eon due lobi posteriori quasi ravvieinati in modo da À re un labro, o nettamente bilabiato con 1l labro anteriore trifido lobo mediano piü sviluppato in lunghezza o in larghezza, ed è sta la forma più frequente perchè la notiamo nei diversi generi. partenenti a questa tribù. Gli stami sviluppati sono gli anteriori, mentre i posteriori cano quasi completamente o sono rappresentati da piccoli filamenti vati o uno solo di essi presenta uno sviluppo più inoltrato è T le tracce di una piccola antera. Gli stami anteriori presentano le dolle antere disgiunte ed il connettivo più o meno sviluppato coll to in bilico su di un corto filamento, oppure disposto obliqua Le antere presentano qualche volta uno sviluppo completo nelle metà; altre volte la sola parte anteriore del connettivo presenta | mezza antera perfetta, mentre l'altra pochissima sviluppata pe s STUDII FILOGENETICI SUL GENERE SALVIA 217 all'estremità una mezza antera atroflea; altre volte nella parte inferio- re del connettivo appena si osserva qualehe vestigia di logge sotto forma di una piccola espansione capitata e qualche volta finalmente dando luogo allo sviluppo di un’espansione all’ estremità del connetti- vo, la quale espansione meglio si addice all’ufficio biologico al quale essa risponde. Tale ufficio biologico, che secondo ia mia opinione, è stata la causa dell’atrofia degli stami posteriori i quali nou avrebbe- ro avuto ragione di essere, perche l’atrofia delle logge posteriori è de- stinata a rappresentare solamente una specie di contrapeso, ovvero u- na superficie destinata a rendere più sicura la rotazione in avanti del- le logge anteriori sul dorso dell'insetto. In questa tribù è possibile stabilire tutti i gradi di passaggio, nei quali vediamo mirabilmente come il meccanismo d’impollinazione rag- giunge a perfezione completamente lo scopo. Il pistillo segue o si adatta alle modificazioni di questo sisi meccanismo fiorale in cui tutto è stabilito con ponderatezza in base . alle più perfette leggi della meccanica. Lo stilo si presenta all’ apice brevemente bifido con due stimmi, ovvero nei generi nei quali ha su. bito un maggior differenziamento, ha due lobi disuguali qualche vol- ta con uno molto sviluppato ed uno meno sviluppato. Il nettario si presenta generalmente sotto forma di un largo disco, raramente ugua- le, in generale dalla parte anteriore assai più sviluppata. Le affinità in gruppo (Monardee) debbono essere stabilite indipen- dentemente dalla forma a bilanciere degli stami, perchè questo diffe- renziamento dinota un lungo processo di elaborazione a scopo biolo- gico; sicchè per stabilire le affinità delle piante di questo gruppo con i gruppi vicini è necessario stabilire quale sia stata la forma iniziale delle Monardee. Partendo dal concetto da una forma primitiva fornita di quattro stami (Monarda ciliata) dovremmo incominciare per trovare un tipo, in cui negli stami anteriori si osserva un lieve distaccamento delle antere (B'ephilia hirsu/a) per modo che esse divise in due metà re- stano disposte all'estremità dei connettivi dei due primi stami. In que- sta forma, che dovrebbe considerarsi come il eapostipite delle Monar- dee dovrebbe aneora persistere il earattere della presenza degli stami 218 PROF. ANGELO GUERRIERO posteriori, poichè questo carattere ha potuto scomparire in seguito l'adattamento biologico degli stami anteriori a bilanciere, per il qu adattamento la presenza degli stami posteriori diventava inutile. Da questa forma primitiva ha dovuto derivare un’altra forma, in eui negli stami anteriori si notava un discreto allungamento del con: nettivo (Monarda didima); ed a misura che questo adattamento si sta bilisce comincia man mano la diminuzione e la scomparsa degli stam posteriori. ^ Sicchè nella forma altamente differenziata, nella quale gli stam: a bilanciere, raggiungono la massima perfezione, deve ritenersi que carattere come l’apogeo dell’elaborazione biologica (S:lvis officinalis e queste forme che ei offrono un apparecchio meccanico tanto mira! ^ le da indieare una perfezione quasi unica tra gli apparecchi fiora à debbono ritenersi come forme medie, benchè le loro funzioni avesse compiuto il massimo di sviluppo. Da queste forme medie derivano altre forme nelle quali lentamen: te il connettivo dalla parte inferiore si atrofizza (Salvia argentea); ! E nelle forme che io chiamo più degenerate il connettivo può a prima vista ad un esame artificiale sembrare addirittura mancante, se non sì tenesse conto della presenza di una mezza antera all’estremità supe- riore del connettivo, ed inoltre se non si tenesse conto dei filamenti | quali sono in parte formati dalla parte anteriore del connettivo, all'e- stremità del quale s'é atrofizzata un'altra mezza antera ed in = del filamento istesso (Salvia candicans). - Questo stadio che rappresenta la massima semplificazione, le Mo > nardee mostrano l’ultimo passaggio, che non ammette maggiore sem: - i plificazione, riducendosi tutto l’apparecchio fiorale a due sole mezze : antere. La eagione di quest "ultima trasformazione potrebbe essere data + dal fatto che in alcune specie la soverchia faciltà colla quale si com- = piva l’impollinazione ha resa possibile nel fiore un’ economia di forze. Da ciò che abbiamo stabilito per lo studio della filogenesi di que : sto gruppo emerge chiaro che le Monardee possono congiungersi da UB | | lato conforme fornito di quattro stami a svilappo completo e da - : altro lato con le forme a due stami. Il passaggio che si osserva grato du2lmente nelle diverse forme di questa tribù è assai completo € giu- n N s d " £ P : * x » STUDII FILOGENETICI SUL GENERE SALVIA 219 stificato dalla presenza di specie le quali riempiscono tuite le lacune, sicchè in questa tribù notiamo che l’appareechio destinato alla stau- rogamia lentamente raggiunge un apice dal quale poi si va verso for- me, in cui l'apparecchio lentamente si semplifica. Se da una parte lo stadio evolutivo del connettivo ei mostra una serie di larghe modificazioni che finiscono per raggiungere un massi- mo di perfezionemento in diverse specie studiate, nelle quali la parte posteriore del connettivo porta organi biologici più o meno adatti al- lo scopo come scudetti, lamine più o meno larghe o spatole, le quali largamente contribuiscono a rendere completa la funzione; da un al- tro lato si va svolgendo un altro tipo, che non può considerarsi come derivante dalle forme precedenti più evolute. Infatti mentre negli ul- timi stadii precedenti abbiamo notato la lenta scomparsa di una me- tà del connettivo e quindi il ritorno ad un periodo atavico più o me- no remoto; in quest'altro tipo notiamo la lenta diminuzione del fila- mento. i In tutti questi easi il connettivo serba sempre il suo sviluppo ri- levante, però il suo impianto sul filamento subisce una progressiva di- minuzione fine al punto di far sospettare che in un periodo futuro po- tesse estinguersi la specie per la completa atrofia degli stami. . Sicchè considerando la disposizione generale degli stami in que- sto gruppo noi possiamo stabilire l’inizio, lo svolgimento di questo ap- parecchio fiorale, 'la quale fine può compiersi o nella cessazione degli organi a bilanciere, lo che si esserva già in quegli stami in cui len- tamente una parte del connettivo s'è man mano atrofizzato fino a scom- parire totalmente. Qualora noi non avessimo assistito allo sviluppo successivo di queste fasi, difficilmente potremmo considerare in questi easi il filamento staminale, il quale è metà rappresentato dal connet- tivo e metà dal filamento (Salria candicans); oppure per l'atrofia suc- | dessiva del filamento, il quale in una serie di specie diminuisce len- tamente fino a ridursi ad un piccolissimo punto di ‘attacco come bene si osserva (Salvia ‘canariensis) nelle quali si può dire che non è mol- to lontano il tempo, in cui questa parte così ridotta tenterà a scom- parire con la distruzione degli stami, e per conseguenza la distruzio- ne della specie. Lo d le” T: a g aa 9 # » —— ba P PPT Ue LS "A" Nd meo N xor" — eco ae 1 ug S m d M TRE a bed à k a n LATI à M y» i7 M bee VLA PES So Me, x y^4 ‘| Tg LE - YA ] F CRT A DE * iow P EUR AE F d amm | Y r A j 220 PROF. ANGELO GUERRIERO Da quanto ho esposto parlando sulla filogenesi delle tribù d Monardee, la classificazione del gen. Salvia proposta dal Benthan, ostante apparentemente razionate, non va esente da inesaltezze. lice, della corolla degli stami e delle brattee, in tal modo cerca adi trarre profitto da tutti i caratteri per una retta divisione. Da ciò però riuslta che i caratteri differenziati stabiliti per is togeneri Salvia, Sclarea, Lecnia, Salv astrum, sono oscillanti e lascia- no troppo margine alla confusione. Il sottogenere Salvia è uno dei migliori caratterizzati e basato - specialmente sulla forma del connettivo e sulle due logge dello antere. Il sottogenere Sclarea, a causa della trasformazione in una spe- cie di placca destinata a facilitare il movimento anche può dirsi net tamente caratterizzato. Non così i sottogeneri Leonia, Salviastrum. Per il sottog. Leonia, egli stabilisce per ciò che riguarda gli sta; mi caratteri pochi precisi, oscillanti e sui quali non si può fare serie fondamenta, perchè vanno riuniti in questo sottogenere tipi specific! i alquanto distanti tra di loro, e cho non potrebbero occupare questo gruppo. Per il sottog. Salviastrum, nè meno abbiamo caratteri rigorost mente scientifici, specie per quanto riguarda gli stami, che a mio ere dere dovrebbero certo rappresentare il vero filo di Arianna destinato a farci battere il retto sentiero in questo laberinto, in cui sono tanto | largamente diffuse forme apparentemente tra di loro lontano. Parmi così giusto, attenendomi a quanto ho esposto, di basare ls : classificazione sopra criteri filogenetiei, che possono trarsi dallo nigi luppo dell'appareechio biologico fiorale, e come in questo caso gli o mi rappresentano la parte principale di esso apparecchio, credo not: errare ammettendo, quasi unico, come criterio, la fase evolutivo a questo appareechio: e: Riassumo nell'annesso quadro schematico la nuova classificazione he propongo per il genere Salvia. : STUDII FILOGENETICI SUL GENERE SALVIA 221 Nuova classificazione del gen. Salvia I. Sottogenere CAMPILOSINAFIA (connettivo curvo) Basata essenzialmente sulla forma degli stami che mostrano un connettivo curvo, a ferro di cavallo portante da un lato una mezza antera fertile e dall'altro lato una mezza antera atrofica oppure fer- tile attaccata con la simile mezza antera dell'altro lato: S. Officinalis S. Cretica: ecc. II. Sottogenere ORTOSINAFIA (connettivo diretto) Basata sulla forma rettilinea del connettivo portante all’estremità una mezza antera fertile e dall'altra estremità una mezza antera al- quanto atrofica; oppure un prolungamento per lo più sottile attaccata col prolungamento dell’altro connettivo, oppure un’estremità conforma- ta a doccia, congiunta dell'altro lato. S. Farinacea; S. Interrupta eec. III. Sottogenere PLACHIASINAFIA (connettivo a placea) Connettivo portante ad un’estremità una mezza antera fertile men- tre dall'altra estremità una placca più o meno larga, piü o meno ela- borata, eongiunta eolla parte corrispondente del connettivo dell’ altro S. Pratensis; S. Horminum cec. IV. Sotlogenere EMISINAFIA (connettivo unilaterale) Connettivo a sviluppo unilaterale portante una mezza antera, e quasi atrofioa dall'altro lato: S. Caudicans: S, Algeriensis ecc. - DOTT. PIETRO CANNARELLA Osservazioni biometriche sull apparato cladodico e fiorale: DELLA SEMELE ANDROGYN.A KUNTH (contiuuazione) 91. Caso — Sei cladodi a sinistra 7 a destra. — Raro. Si 1 in 2 rami fra cladodi quasi uguali e talvolta sinometrici come 1. 3. 4. 5. e 6. a sinistra e 1. 2. 3. 4. D. 6. e 7. a destra. Ad 32. Caso — Sette a sinistra 4 a destra — Rarissimo. Si ebbe in. un ramo fra i cladodi 1. 2. 3. 5. 6. 7. 8. e 1. 3. 7. 8. > 33. Caso. — Otto cladodi a sinistra 5 a destra. — Rarissimo. ebbe in un ramo fra i seguenti cladodi: 1; 2, 3. 4. 5. 6. 7. 9. e! 5. 6. 1. e 8. : 94. Caso. — Otto cladodi a s'nistra 6 a destra. — Rarissimo. Sì notò in un ramo fra i seguenti cladodi: 1. 2. 3. 4, 5. 6, 7. 8. e L4 5. 6. 7. e 8. | 18. Tipo — Cladodi con tre lobi superiori e 4 inferiori. — Qu sto tipo di eladodi è molto raro e fu osservato soltanto in 9 rami ed in tutto 10 volte, cioó uno a destra ed uno a sinistra; negli altri vide 3 volte a sinistra e 3 a destra. Riguardo al posto che oce questo tipo di eladodo sul ramo si è osservato cho spesso è il 5, eR me si vide 5 volte in tutto, di cui 9 a sinistrae 3 a destra; talvolta è il 1. (a sinistra) od il 3. (id.) od il 6. (a destra) ed infine ii T. destra). 19. Tipo — Cladodi con quattro lobi superiori ed uno inferiore. Questo tipo di eladodi ha la stessa frequenza del tipo precedente ® come quello, fu osservato in 9 rami, in uno dei quali però fu nod 2 volte però a destra. E così fu visto 10 volte, delle quali 4 a s'mi stra e 6 a destra. Riguardo al posto oecupato sul ramo si ebbe che 8 volte era il 1.; una sola volta era il 2. e nel ramo 12. dove se 18 trovarono 2 a sinistra, essi erano il 1. e l'8. È . 20. Tipo — Cladodi con 4 lobi superiori e 2 inferiori. — Q y sto tipo di cladodi, sebbene raro, è più frequente dei due avanti sti diati, E’ stato osservato in 13 rami, ed inessi 5 volte a sinistra pe oo [| Re a dau AS. 7 k et sa Pu ou ts f ES ERVAZIONI PIOMETHICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE e 298 i pre unico, 8 volte a destra fra cui due volte con 2 cladodi dello stes- so tipo (129 e 153). Riguardo alla posizione che occupa sul ramo si è notato che 2 volte a sinistra e 4 a destra era il 1.; 1 volta a sini- stra e 2 a destra era il 2.; 2 volte a destra era il 3.; 2 volte era il 4; 1 volta era il 7. ed una volta era |'8. Nei rami dove se ne nota- rono due, essi erano o il 2. e il 3, ovvero il 2. ed il 4. | * 21. Tipo — Cladodi con 4 lobi superiori e 3 inferiori. — Sebbe- ne, al solito sia raro; questo tipo di cladodi è un po'* più frequente del precedente e fu osservato in complesso 17 volte di cui 10 a sini- stra e 7 a destra, sopra 14 rami. Quasi sempre fu visto solitario; so- lo in un ramo (150) fu notato 2 volte a sinistra, conseguenti, e solo in un altro (218) fu osservato 2 volte, di eui 1 a destra ed 1 a sini- stra. Riguardo alla posizione che occupa sul ramo si notò; 10 volte e- ra il.1., cioè 6 volte a sinistra e 4 a dostra; 1 volta era i| 2: mai è stato il 3. od il 45 solo 1 volta era il 5; 2 volte era il 6.; 2 volte il 1.54 volta 18. Nel ramo in eui (150) se ne notarono 2 a sinistra essi erano il 1. ed il 2.; in quello in cui se no notò 1 a sinistra ed 1 ‘a destra essi erano a sinistra ii 1.,.a destra il 5, T4 22. Tipo. — Cladodi con 4 lobi superiori e 4 inferiori — Que- sto tipo di eladodi è più scarso dei precedenti e fu osservato solo 9 volte di cui 7 a sinistra e 2 a destra, in T rami soltanto. Solo in un ramo (145) se ne videro due conseguenti cioè 3. e 4. negli altri se ne vide sempre uno. Rigunrdo al posto che occupa sul ramo fu notato che 6 volte era il 1. di cui 4.a sinistra e due a destra; solo una volta fu il 3., 1 volta il 4., ed una volta i. Tipi secondari — Oltre a tutti questi tipi di eladodi già deserit- ti, se ne trovano poi sui rami altri tipi ehe non sono sostanzialmente differenti da essi per il numero e per la posizione dei lobi fiorali, ma . per altri caratteri che quantunque di secondaria importanza pure fan- no dare ai cladodi un’impronta speciale. Sieché questi altri cladodi di eui ora parleremo non sono distinti da quelli già studiati che per questi nuovi caratteri che stiamo esaminando” * Anzitutto vengono i eladodi bifid’. Qussti sono 'dei eladodi ap- partenenti ad uno dei tipi studiati che presentano l’apice più o meno | profondamente diviso in due; (Tav. I fig. 23, 24, 25, 26, 28 e Tav. II * 224 DOTT. PIETRO CANNARELLA fig. 29 e 30) generalmente al fondo della insenatura del eladodo esi- ste un nodo fiorale, ma altri nodi fiorali si possono trovare sulla fi cia ventrale o raramente sulla faccia dorsale del cladodo. I due a del eladodo possono essere uguali, ovvero disuguali; quasi sempre 80- no poco divergenti, anzi talvolta convergono, mentre in qualche caso divergono notevolmente. (Tav, I. fig. 23). Talvolta uno dei due apiei è abortito, cireinnato o revoluto (Tav. I fig. 28 e Tav. II fig. 38). ' Il numero di questi cladodi sui rami è stato relativamente picco- lo; se ne sono contati in tutto 31 di cui 17 a sinistra e 14 a destra. Riguardo al posto che essi occupano sul ramo si è notato: spesso i eladodo bifido è 1’8. (8 volte), ma frequente è che sia il 5., il 7. o l'& (6 volte), raramente è il 3.; rarissimamente è il 1. il 4. od il 9. mai è stato il 2. Però diversi sono i fatti nei due lati del ramo; a sini- stra infatti è più frequente che sia il 6. (5 volte); può essere anche il 5. o l’8. (3 volte); può essere pure il 7. od il 3. (2 volte); raramen: - te è il 4. od il 9. (1 volta). Invece a destra é più comune che sia il T. (4 volte); ma può essere anche il 5., il 6. o l'8. (3 volte); raramen? te è il 1. (1 volta); mai è il 3. od il 4. od il 9. Un fatto veramente curioso è che mentre questi cladodi sono rari, tanto che in complesso ; si sono trovati sopra 16 rami, pure spesse volte in uno stesso ramo ve ne sono parecchi. Infatti noi abbiamo visto che sopra i rami 218 e 225 ve ne erano due uno a sinistra ed uno a destra; nel 1. erano il 3. e l'85 nel 2. l’8. ed il 7.; nei rami 154, 212 e 222 se ne sono trovati tre, così distinti 2 a sinistra ed 1 a destra in 154 e 223; © sinistra che erano ıl 5. ed il 6.e 3a destra che erano il 5., il 7. e18. Questi cladodi più che come tipo a parte noi erediamo che si POP sono considerare come fatti anomali dei tipi comuni avanti studiati. —— Ora dobbiamo studiare un altro fatto non meno importante del p : cedente. Spesso sul eladodo oltre ai nodi fiorali marginali, per eui I cladodo si può riferire ad uno dei 22 tipi esaminati, si possono presen- tare altri nodi fiorali che diremo extramarginali, ora sulla faccia Vel trale ed ora su quella dorsale del cladodo, (Tav. I e fig. 23-26 e 28€ LÀ OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 225 Tav. II fig. 29 e 31) sicchè abbiamo dei tipi di cladodi misti margino- ventrali o margino-dorsali. Ne trovammo in tutto 26, di cui 10 a si- nistra e 16 a destra, talvolta anche consociati a cladodi bifidi. Possono avere posizione diversa sul ramo; a sinistra si è visto che si spostano dal 3. al 9.; mai se ne sono osservati, al 1., al 2., al 4., all’8. eladodo; più spesso si riferiscono al 6. cladodo (4 volte), talvolta, per caso, al 3. od al 7. (2 volte), raramente riguardano il 5. ed il 9. eladodo; a de- stra lo spostamento è più considerevole e va dal 1. al 9.; mai però ri- guarda il 2. eladodo; più spesso riguarda il 6.(5 volte, come a sinistra, per caso si riferiscono al 3., all'8. ed al 9. (2 volte), raramente interes- sano il 1., il 4., il 5., il 7. cladodo. Riguardo al tipo cui questi cladodi si possono riferire, possiamo di- re che sui 10 cladodi di sinistra, 5 sono del tipo 10. cioè con due lo- bi superiori e 2 inferiori; 2 sono del tipo 11. cioè con 2 lobi superiori ‘e 3 inferiori; 1 si è riferito al 4. tipo cioè con 1 lobo superiore e 2 inferiori; 1 al tipo 16. cioè con 3 lobi superiori e 2 inferiori; ed infine l’ultimo al tipo 17. cioè eon 3 lobi superiori e 3 inferiori. A destra su per giù abbiamo gli stessi fatti: 6 si riferiscono a eladodi del 10. tipo; 3 si riferiscono a cladodi del 3. tipo, cioè con 1 lobo superiore ed 1 inferiore; 3 a cladodi del 16. tipo; 1 a eladodi del 9. tipo cioè eon 2° lobi superiori ed 1 inferiore; 1 a eladodi dell’ 11 tipo cioè eon 2 lobi superiori e 3 inferiori e l’ultimo a eladodi del 21 tipo cioè con 4 lobi superiori e 3 inferiori. Questi eladodi possono avere uno o due nodi fiorali oltre quelli marginali; spesso ne hanno 1 solo, raramente ne hanno 2, a sinistra in- fatti solo 3 ne avevano 2 per ciascuno, mentre 7 ne avevano 1 soltan- to) a destra solamente 3 ne avevano 2 per ciascuno e 13 ne avevano 1 soltanto. Il posto dei nodi extra-marginali è variabile; quando il eladodo ha 2 lobi superiori e 2 inferiori l’unico nodo si trova quasi sempre sulle diagonali del quadrilatero i cui vertici sono dati dai nodi marginali; se i nodi sono due si trovano quasi sempre sulle 2 congiungenti i margi- nali apicali fra loro ed i marginali basilari fra loro, o poco più in al- to, o poco più basso; se i lobi marginali sono 1 sopra ed uno sotto, al- lora quello exstra-marginale trovasi quasi sempre sulla congiungente 226 DOTT. PIETRO CANNARELLA questi 2 eladodi; altre disposizioni poco varie si trovano se i nodi 1 ginali sono più di due sopra o sotto o d'ambo i lati. Le stesse cose si riferiscono ai eladodi bifidi che oltre a pe nodi fiorali marginali portano quelli extra-marginali, quasi sempre v trali, raramente dorsali, talvolta anche interapieali. À Consociazione dei diversi tipi di cladodi sui singoli rames che abbiamo esaminato tutti i diversi tipi di eladodi che si trovare sui rami, dobbiamo vedere come e quanti di questi tipi di dodi sono consociati sui singoli rami. Di ogni ramo, anzitutto distinguiamo, al tole, il lato sinis il lato destro. l. Cladodi a sinistra — I tipi di cladodi che si possono pr tare a sinistra sopra un medesimo ramo, variano da j a 9, nel s Tw modo. e Tuo er tes o a ct - > E cha que che è rarissimo di avere 9 tipi di eladodi; raro l'avere 8, raro laverne 1 solo; mentre è poco comune averne 7 tipi, ancora comune averne 2, più comune ancora averne 6, molto comune ave à o, 3 ed infine è comunissimo averne 5. . 1. Caso — Un solo tipo di cladodi — Il uo. è poco variab quasi sempre (5 volte) è il 3. (un lobo superiore 1 lobo inferiore ramente è il 2. (1 lobo infer. ) il 4. (1 sup. 2 inf.), od il 10 b 2 infer.) 2. Caso — Due tipi di cladodi. — Questo caso presenta magi SM variazioni; fra tutti i 22 rami dove si è constatato, si sono 08 ti 10 sottocasi; 1) i eladodi appartengono al.1. ed al 3. tipo (2 v .. 2,) al 1. ed al 5. tipo. (1 volta); 3.) al 2. ed al 4 tipo (3 volte) . . 2. ed al 10. tipo (1 volta); 5.) al 3. ed al 4. tipo (1 volta); 6 m ed al 9. tipo (8 volte); 7.) al 3. ed al 10. tipo (1 volta; 8.) al | al 10. tipo (1 volta); 9.) al 10, ed al 16. tipo (2 volte); 10.) al - al 17. tipo (2 volte.) — E più comune adunque che appartengano 3. ‘tipo (1 lobo sup. 1 infer.) ed al 9. tipo (2 lobi super. 1 infer.) : - 8. Caso — Tre tipi di cladodi — Le variazioni sono ancora numerose. Fra tutti i 57 rami dove si è osservato questo fefto Serata 96. sottocasi om SON... oo mem wm. ^ Je an dt NU MUTA Ea A TM Ue z ii i T 8. 9 » » » » » » » » 1. i cladodi appartengono al di di » 3 4. 5. 6 Come si vede adunque è no al 1. al 2. ed al 3. tipo. 8. 9. MEAE 4. 10 9. 10 3. 7 8. 9 3. 15 9. 10 4, 5 di 9 9 4 10 9. 10 10. » 11 10. » 15 10. » 16 10. » 17 lá x 17 9. 10 6. 17 10. » 16 i >» [i lu, i H. #18 16 » 17 16 » 17 più comune 4, Caso — Quattro tipi di cladodi — » » P de 2. 3. da Sia 7 s |P 4 ` che i 3 cladodi appartengo- Questo caso che si è eon- x statato in 52 rami, presenta 33 variazioni che sono le ne 33 cladodi appartengono al È 2.8.6. 9. fipo 2 i PS + 228 — | DOTT. PIETRO CANNARELLA P 6. i eladodi appartengono al L, 4, 10 e 17. tipo (1 volta); 1. » » hd AL s ( NN 5 » » Ft, 9: 106 16 » -C id » » © ha DOD 5 14603 r UR » . NH D Fe 22: » (id o » » »:25 9 106 16. » e ^ > »4 4.9 610 » ( EN » » #2, £ 10e 11 + .C HMM » » * 25 410e15 a (Me » » 25:09 10e 16. > - 459 > » »9251011*16 > (O0 » » » 3. 4 9e10 » (1 volte) » » » 95 4 Pell. > (1 volta) » » »:3, 410611. > (1 volta) » » 1.8, #:10 e 16. : » (2 volte) » » da M 10 6 ET, > (od » » »0. De» (1 volta) » » OO 10 6 IE o (0 » » «su 010. IL > (. id od » » » 8 9100 16. » (3 vole) » » »9, 9 10e 17» {E vol » i «Beet» (ia : $ » 3,, 10 116 16. » (2 volte) > » 115,10 iTe Ik + (4 volte) » » x8, 10 16 e 1T, -» (2 volte) | a è*4 9 10.6 15 » (1° volup e : » 41016617. » (2 volte) de e » 1011 17691 » (1 vola a . Come si vede adunque, in questo caso è più comune che i el di appartengono al 3., al 4, al 9, ed al 10. tipo, i .. D. Caso — Cinque tipi di cladodi — Sui 60 rami nei quali di si constatato questo gi, si sono osservate 47 variazioni che sono b se MES a E appartengono HY E 3. 3 9 10 tipo (2 volte (dr st AM IU 0 ve wow ov Go 62 O qo Gia to CI to Qo O9 NO DO NO LO RO DO MD NO M) O m mt mt Mt mi mt mé n n 4 10 15 [9 E © © © © 0000» do 02 05 — st © — — — Si E 8 91015 9 10 16 17 3 10 11 15 17 3 10 11 16 17 3 10 11 17 20 3 10 11 17 22 4 9 16 tipo (1 ( P dan ien I mi C em ut a w 4 P S E w — & PL ld 230 | DOTT. PIETRO CANNARELLA 38. i eladodi appartengono al 4 5 9 10 16 tipo (1 volta) | 39, » » » 4.5 1116 17 » ( id J3 40. » > > 410121722 s (MAM 41. > » > 59111719 » ( id 42, » » s "1 9101511 ( id d 43. > » » 810111617 » ( id 1 44. » » » 1011 12 1517 » (. id pe 45. » » » 1011 1216 17 » ( id 29 46. » d » 40 14 16 1221 » ( id 47. » ; » 4111182021 > ( d B Si può constatare adunque che il caso più frequente è che i clado di appartengano al 3., al 10., all'11, al 16. ed al 17 tipo. ; 6. Caso — Sei tipi di cladodi — In relazione al numero più pic colo di rami in cui fu osservato questo caso, sono anche minori le v riazioni che esso presenta. Si ebbero infatti 26 variazioni che sono seguenti: x | 1. I eladodi appartengono al 1 2 4 10 15 17 tipo 2. » » »o 1 7 91011 15.5 3. > ; + ISOni ‘4, » » »"228 + 940 » 5. » » oc c» dO ON 4-9101( » 6. » » » 7T 04 891015 » T, » wo $ 344 li > 8B » * 1 4 5101116 » 9. » » = 1 +10 1i 19.36 » db. » » * + 4 YIO IC >» 4. » ; * 1 9404111617. » 12. » » » TF 10 11 (I, 3 13. » » » 1 910151617 » 14 » » ^» 289 4910101. è 15. » » * 2 8 MIO 11 16 > "AB, » » 3 # BAI 11 10 16 5 vi e de » » 2 31911 16 17.» I 2 » > 9.410 1546 17 » 3 19. } » » » 21012161718 » 20. i 21. eladodi appartengono al » 3 4 1041 15 17 tipo (1 volta) » _» 3 41011 16 17 » (4 volte) 22, » ^ »- BP D101t16-1T-»-Q(Q-- 50) 23. » » » 3 9 11 16 17 20 > (1 volta) 24. » » » 3 1011 15 16 17 » (2 volte) 25 > " » 310 16 17 2021 » (2 volte) 26 » » » & 5-9 MID IT NT Nr) T. Caso —- Sette tipi di cladodi — Qnesto caso si è presentato in 14 rami con 14 modi diversi; essi sono: 1. I eladodi appartengono al 1 2 5 10 11 15 17 tipo 2. » N 5 1 2410 s ipt 9. » » » I 39-9 910 JD 1T » 4. » » 96 $3540 IE AC IT > D. » » > FR gH TOM x 6. » » sid 19.10 10. li 5 pre > » » 1 51011 15 16 17 » 8. chi » » 9-8 51011 16 11 + ; 9. » » s..8.4-6J04£15 17 » E 10. » » » 8 4.910 15 16 17 » 14, » » * 841018 111921 5 49, » > » $ 51011J2316 IT. > 13. » « »:8:0510 ÓHLUID PIT > 14. » » s -3 1041.18 171024 > 8. Caso — Otto pipi di cladodi — Questo caso si è e in 3 rami con 3 modi diversi, che sono: E Li cladodi tiges dre al 1 3 4 5 940.15 16 tipo SL $ 4459591 141541 m I » i s 3 91 10101 2122 >+ ad 9. Caso — Vous pi di cladodi — Questo caso rarissimo, si è | notato in un solo ramo coi Bonen 08, di cladodi: 1, 40, 65 9,10, 12, 16. . Cladodi a destra — I tipi di eladodi che si possono trovare a 3 Lu presentano quasi le stesse varianti di quelli di sinistra, senonchè _ mai vi sono stati dei rami con 9 tipi di cladodi, mentre il massimo Pe Ae e en tv 7 Me DOTT. PIETRO CANNARELLA giunge ad 8. Ecco qual'è la variante di questi eladodi: 1, - | PW * ; 1. Caso — Un solo tipo di cladodi — Questo tipo è unico risponde per tutti e 4 i rami al 3. cioè cladodi con 1 lobo su eri ed uno interiore. 2. Caso — Due tipi di cladodi — I due. tipi di eladodi p variare come a sinistra fra limiti più o meno estesi. Qui abbiamo i guenti 8 casi di consociazione: 1. Spessissimo i due cladodi sono il 1 e 3 (12 volte); 2. te sono il 1. ed.il 10. (1 volta); 3. possono essere anche il 2. ed . (3. volte); 4. raramente il 2. ed il 4. (1 volta); 5. poco frequenter sono il 3. ed il 4 (3 volte); 6. ma più spesso sono il 3. ed il volte); 7. mentre talvolta sono il 3. ed il 10, (2 volte) e 8. rs sono il 4. ed il 10. “4° 3. Caso — Tre tipi di cladodi — Questo caso, osservato in ‘ | rami, può presentarsi in 24 modi diversi che sono: | A : tre St eve al 1 2 3 tipo (7 ie lta 2. 1.8.9 >. (1 vom 3. il 0 1.915 + ( MB 4. x. ln e 1.10 16 » ( 100 5. » » tO .» [4 6. » » A à 40 1L.» G ic 7. » » » 5 _» ( EA Ri o si 2 410 » (i volta) 9. e à » 21016 > ( id 10. » ». » 24 9.5» © LL: »- y » 8 410 » (b vol a à 4 i» » » 3 910 3 (6 volte) sa 3 947 » (1 volta) » | 31011 » (2 volte » Gi 31016 >» (1 volta 81017 » (2 vole) tow p (A FR v v wow 24. 4. Caso — Quattro tipi di cladodi — Questo caso, riscontrato in » tre -dladodi appartengono al 4 10 16 » » » » 4 10 17 9 10 15 10 11 13 10 16 17 60 rami presenta 34 varianti che sono: i. “RE N 20s I cladodi appartengono al 1 2 3 4 I3 DEB 2° 31011 2 3 16 17 9. 440,17 3 4 910 3 4 9 16 3 410 11 3 9 10 15 3 9 10 16 3 9 10 17 3 10 11 15 3 40 11 16 3 10 11 17 3 10 45 17 3 10 16 17 4 9 10 11 4 9 10 17 4 9127 419 ikir tipo (1 volta) » » » » (id. 9 (sil à (dd) (2 volte) tipo (2 volte) (4 volta) (4 volte) (1 volta) - (2 volte) (1 volta) (44.7 ~ Ld fa w Qu SA er dd. ) (11 volte) (1 volta) (2 volte) Éd) (1 volta) (1 volta) {dd} *( dd x: 234 DOTT. PIETRO CANNARELLA 29. I eladodi appartengono al 4 10 15 16 » 80. » 5141617 >» di. » » 9 11 15 16 » 02; » » 10 11 16 17 » dd, eg » 1011 10 19: s 94. » » 10 16 17 21 » Come si vede adunque la consociazione più comune è la 14. € si è riscontrata sopra 11 rami fra i tipi di cladodi 3. 4. 9 e 10. D. Caso. — Cinque tipi di cladodi - - Questo caso che si è vato in 55 rami, presenta a destra la maggiore variazione, essendosi vute 41 modi con eui si puo presentare, che sono: 1. I cladodi appartengono al 1 2 9 10 16 tipo (1 BA A » » I 5S4 9010 + p Ux a » » ES Dio ll ss M 4. » » 1 8 91015 » (3 J » » E 3.810415 ^ 4 6. » » P 4 5 110 ,» 4 1. » » 1.4 51016 s D 8. » » i-4101112 .» 17 9. » » 4 9101116 » ( 10, » » $1001 1511 n 4. » » 44011 1647» (E23 » » NÉ dr AT Où Home, (2 » » è SIM » d » 2c T 85J0 106 1€ + à A i 3 49101 so (^ » P 5307H ss l » » 3- 9410141 16 » à » " 3 9101516 > C3 p » OR « | » » 210151617 » ( "s » 8S 15 010 5 1 DE, » De 8 MID i ( » » A 51015 » A di: » 8 4 91016 » (2 OSSERVAZIONI BIOLOGICHE SULL'APPARATO CLADODICO E FIORALE 25. I eladoti appa 26. » 27. » 28. » 29. > “90. Sc Ol; » 32; » 83. » 34. » 85. » 36. » 31i » 38. | » 89. i » 40 » rtengono al » » 3 D 10 11 16 9 9 10.11 16 8 9 1045 11 3 10 11 15 16 3 10 11 16 17 3 10 15 16 17 3 10 16 17 18 4 10 11 16 17 4 10 15 16 17 4 10 16 17 18 5 91:416 1 5 10 15 16 77 9 10 11 16 17 10 11 15 16 17 10 11 16 17 19 10 11 17 18 20 Ww w V ww 9 9 ww.» v A v » c LE Pond Lm M M‘ J ( Come si può vedere questo caso per le grandi variazioni che p senta, può dirsi che non ha spiccati caratteri per nessuno di queste va- rianti. 6. Caso — Sei tipi di cladodi — Grandissime variazioni presenta pure questo caso, tanto ehe su 42 rami nei quali si è riscontrato, si sono avute 37 consociazioni, diverse e solo sei volte petizione dello stesso fatto. 1. I eladodi appartengono al 2. » 3. » 4. » D. » 6. » + » 8. » a » 10. » 41. » » » 9 10 11 16 10 11 15 16 8 4 5.910 $ 4 910 15 3 4 10 16 17 hy DI y m o xn pe bi bd E Er i t Qt nd © mÓ - tipo (1 V €" Ww» v 9» V + ~ volta) ih } si è avuta la ri- $ P & i T NW Ww Ww » X o wW o» DOTT. PIETRO CANNARELLA 9 3-9 bo b2 So Q2 vw N N nn pò T e w = = > © © HR ER H HR Qt LU) 3 10 11 10 11 15 10 11 16 11 16 17 10 16 17 11 16 17 5 16 17 20 9 10: 11 9 10 16 . 9 10 17 10 11 16 10 11 17 9 10 13 12 16 17 15 16 17 16 17 19 16 17 20 3 11 15 16 17 20 3 11 16 17 20 21 D 10 1117 —4 5 40 11 46 17 4 9 10 45 16 17 4 10 11 15 46 17 9 10 41 16 17 20 10 11 16 17 18 21 10 11 16 17 21 22 É x » » » v du 1. Caso — Sette tipi di cladodi — Questo caso è stato osser 5 in 10 rami con 10 disposizioni distinte ehe sono: D. UE adod comic a f 2.3 5.10 11 16. upo 1 4 D 10 15 16 17 4 10 14 45 16 17 20 3 5.10 11 15 17 4 5 8 9 10 16 5 9 10 11 46 17 2 1-43 AB 4 9 10 11 16 17 8 5 5 10 11.15 16 17. » » ont moeren. RAR CEADODICO E FIORALE | 9. I eladodi ere al 3 51011 16:17 21 » ; E peu +=. ll | TM 42 46 1748 22 > Ev 8. Acci — Otto Ae di cladodi — Questo caso è rarissimo. È stato osservato in 6 rami, con 6 disposizioni distinte: EN 1. I eladodi appartengono al 1 2 4 10 11 16 17 19 tipo s di 9, > » 1 3 4 51011 1647 » m 3. » » 4:55 9:10 11 40 46-1TP-4 4. » » 92-4 54101T 15 16:17 >» 5. » » 3.4: D :9 1014 46 11.» 6. » 3. 9 10 11 12 16 17 i E’ chiaro ehe eliminando in ogni ramo i tipi di cladodi comuni nei due lati, ora semplicemente a destra ed ora semplicemento a sini- stra, si ha il numero dei tipi di eladodi che si sviluppano per ogni sin- golo ramo. Però siccome questi tipi si riferiscono ai eladodi fertili, per avera il complessivo dei tipi di eladodi che realmente si sviluppano per ogni ramo bisogna sempre aggiungere il tipo unico dei cladodi sterili. Cosi facendo si è osservato che per ogni singolo ramo oltre ai ela- : dodi sterili si possono sviluppare da 1 a xd tipi di eladodi fertili nel A + seguente modo: 1, - % - 5 - * - pe à st no Wt i: " Tipici sono i casi di cladodi identici a suina ed a destra. Questi cm. si rarissimi, otto in tutto, si sono verificati in 11 rami fra i seguenti — — | cladodi. Il 1. caso si è avuto nel ramo 249 che presentava solamente eladodi del 3. tipo a sinistra ed a destra. Il 2. caso si è avuto nei ra- mi 116 e 248 che presentavano a sinistra ed a destra cladodi del 3. e E i dəl 9. tipo. Il 3. caso si è avuto nel ramo 142 che Po cladodi del 1. e del 3. tipo a sinistra ed a destra. Il 4. caso nel ramo 4 che presentava d'ambo i lati cladodi del 2. ‘e 3. tipo. Il D. caso si è verificato nel ramo 127 che presentava a sì nistra ed a destra cladodi del 1. 2. e 3. tipo. Il 6. caso si è verificato nel ramo 188 che presentava a sinistra ed a destra cladodi del 3. e 4. e del 10.- tipo. Il 7. caso si è ottenuto nel ramo 47 che presentava cla- dodi del 3. 9. e 10. tipo e finalmente l’8 caso si è verificato nei rami : 197, 228 e 239 che presentavano elododi del 3. 4. 9. e 10 tipo. D (raid rm è pure il caso, unico ed eccezionale, del ramo 215 che a frequente e si dimostrò su 33 rami. I tre tipi di cladodi possono essere (e cw ide. dc RAD 238 ; DOTT. PIETRO CANNARELLA presentava a sinistra cladodi del tipo 4. 6. e 17. ed a destra cladodi del 3. del 10 dell'11 e del 15. tipo. Esaminiamo ora brevemente i 12 casi or ora accennati. 1. Caso — Un solo tipo di cladodi fertili in tutto il ramo. Ra- rissimo. Fu notato semplicemente in un ramo che presentava solo cla- dodi del 3. tipo tanto a destra quanto a sinistra. 2. Caso — Due tipi di cladodi fertili nel ramo — Pochissimo | comune. Si ebbe in 8 rami fra cladodi diversi, talvolta i 2 cladodi ap partengono al 1. ed al 2. tipo (una volta), più frequente è che siano appartenenti al 1. ed al 3. tipo (4 volte) ma possono anche ap partenere al 2. od al 3. tlpo (2 volte). 3. Caso — Tre tipi di cladodi fertili sul ramo. — E abbastanza tanto differenti da aversi 10 combinazioni diverse: i 1. E' comunissimo che i tipi cladodici sono il 1. ed il 2. (15 vok te) 2. raramente sono il 4., il 3. ed il 4. (1 volta); od il 1. il 8. ed J il 9. (2 volte). od il 2., il 3. ed il 9. (1 volta), possono anche apparte- nere al 2., al 3. ed al 9. tipo (2 volte), ma spesso appartengono al 3y al 4. ed i 9. tipo (5 volte), e talora al 3., al 4. ed al 10. tipo (2 vol- te); ovvero al 3., al 9. ed al 40. tipo (2 io) raramente al 3., 2110. ed all'11 tipo (1 volta) e gaicho volta al 3., al 10. ed al 17 tipo e volte). wr 4. Caso. — Quattro tipi di cladodi fertili sul ramo. — E pv? frequente e si ebbe sopra 17 rami eon 10 combinazioni. E . ‘4 I eladodi ic ibd al 1 2 3 4 tipo (1 volta) E 2. > DÈ 0. (ME E 3. » » 1:3 410» (cid ) M 4. > , 18910 » (id) D. » » 1 910 16.» ( id. ) P 6. > š 2349 » (ii) t " * $ 8 945.5 dei 3 8. » » 2,434016 (i 9 | : E » » 84/910. » (T volte) 2 Mei 4 3101617 » (2 volt) (A 75 / d OSSERVAZIONI BIOMETRICHE SULL'APPARATO CLADODICO FIORALE —— 299 ——— Come si vede adunque è più comune la 9. combinazione mentre sono rare tutte le altre. 5. Caso — Cinque tipi di cladodi fertili sul ramo. — E’ molto comune, e si ebbe in 42 rami. Presenta 25 casi di consociazione, che dimostrano la grande variazione a eui è soggetto. Ecco quali sono que- ste consociazioni. 1. eladodi appartengono al 1: (2 volte) bo x -— ce) 2 8 2. » ^ 18 4.9 + (22 73 3. » » 1.8 41011 » {1 volta) 4. » » 1 9 9 10 170 -* ^ LJ 5. » » r-8 10 26:26: a) 6. » » pob30 sb 13. 09637) 1. » » t-935032130 "^ Eee.) 8. » » 2-:B 4.919. +. [T va) 9. » » 29:8 4 915..» AU vola) 10. » » 2:3 43103206 » (M) II. » » g 4942050» We) Y yao s " è: 4-593» (0 WW) r Hc 5 > 34b toa vb M.) à 14. » » 3 4 932011 » (4 volte) E ice š 3 4 91015 » (3 volte) 5 16. » » 38-49 1010 5. (1. volta) È 17. » » 8 4x1304rT438 S ( Me) dm 18. » » 4103011 ^» (M. 3) 19. » » 5:09 10:60 95 (I) 20. » » 5$. 910.136 > (H) 21. » » 81011 16 17 » (5 volte) ER » es 3 10 15 16 17 » (1 volta) RO.» » S: «IT. n (NL e 24, T 7» 410 1t 014 231. 9 C dda.) 25. » 83031146401. ot m Si vide adunque come le consociazioni più frequenti sono l8. la i A e la 14. 6. Caso — Sei tipi di cladodi fertili sul ramo — Questo caso è dd più frequente di tutti, si è è notato in 50 rami, con 38 consociazioni 240 DOTT. PIBTRO CANNARELLA diverse ehe omettiamo per brevità, solo facciamo notare che lo muni sono le seguenti: 1. I eladodi appartengono al ‘1 2 3 4 9 10 tipo ( 2. » » $1.79 4.9 40.15 ” 9. » » 1.3.4.9 10 16 * 4. » » S 4 10 11 16 11 (0 5. » » 2.3 4 910 15 . » 6. » » 32,43 91011 H a fi » » 3 510111627 » 1. Caso — Bette tipi di eladodi fertili sul ramo sto caso è abbastanza comune, si è osservato in 38 rami con 34 sociazioni diverse fra cui le principali sono: i | | i I eladodi appartengono al 2 3 4 9 10 11 16 tipo (2t 3 4 9 10 11 17 tipo( 8 2. » "or a 2 3. > » 12.3 4 91011 umi 4. > " 1 3 4 5 9 10 16 tipo (3 8. Caso — Otto tipi di cladodi fertili sul medesimo ies meno comune del precedente e si è osservato in 32 rami con con zioni tutte diverse, meno una che si è ripetuta due volte e nella i cladodi appartengono al 2::2::3.5, 10 11 16 e 17 tipo. 9. Caso — Nove tipi di cladodi fertili sul medesimo ramo co comune, si è avuto in 20 rami con consociazioni tutte diverse. 10. Caso — Dieci tipi di cladodi fertili sul medesimo rà Raro si è avuto in 7 rami con 6 distinte consociazioni, essendosi se ripetute due volte, in essa i cladodi appartengono al 1. 3. 4 10. 11. 15 i6. e 17 tipo. 11 Caso — Undici tipi di cladodi fertili sul ramo. — Caso co trovato in un ramo fra i seguenti tipi di cladodi: 1. 2. 3 5 10.-11. 12:45. è 16. 12. Caso. — Dodici tipi di cladodi fertili sul ramo. ^W ~ Come il precedente, si è osservato in un solo ramo tra i sie -.-. di cladodi: 1. 3. 4, 5, 9. 10. Al. 45. 1T. 19. 21. VARIAZIONI FIORALI Accenniamo ora alle principali variazioni fiorali presentate dai cla- dodi e dai rami. Queste variazioni furono esaminate sopra 100 rami e sono pure degne di nota. Si comprende come essendo i eladodi differentissimi ra- ramene si sono trovati casi di uguaglianze numeriche rispetto ai fiori che si sviluppavano sopra ogni eladodo e perciò sopra ogni singolo ra- mo. Per cui si sono trovati cladodi con un numero relativamente gran- de, e similmente si sono trovati rami portanti un numero abbastanza esiguo di fiori e rami portanti invece un numero grandissimo di fiori, Esaminiamo prima ciò che si è osservato intorno ai rami. Il nu- mero dei fiori che si possono trovare sopra ogni ramo varia da 80 a 625, nel seguente modo: 80 - 83 - 86 - 99 - 108 - 109 - 110 - 115 122 - 133 - 146 - 155 - 173 - 182 - 194 - 196 - 199 - 202, - 205, - 211, - 217 - 233 - 236 - 241 - 242 - 248 - 256 - 276 - 281 - 285 - 290 - 298 - 301 - 303, - 305 -307 - 309 - 313 - 314 - 318 - 320-323 325 - 331 - 233,- 334 - 338 - 339 - 340 - 352 - 253, - 355, - 356 - 365 - 366 - 369 - 316 - 383 - 388 - 391 - 399 401 - 402 - 407 - 4IO - 414 - 415 - 418 - 420 - 433 - 435, - 444 - 446, - 441 - 452 - 461 - 468 - 474 - 417 - 492 - 501 - 506 - 525 - 536 - 543 - 550 - 570 - 602 - 625. Facendo la somma di queste che riguardano tutte le osservazioni fatte e dividendo per 100 otteniamo il numero 315,24 che senza la par- - te decimale rappresenta la media del numero dei fiori che si possono trovare sopra un ramo. E poichè questo numero non coincide con nes- suno della serie di valori realmente trovati, noi possiamo dividere tutti i rami per rispetto al carattere fiorale in due grandi categorie: 1. rami pauciflori portanti un numero di fiori minori di 315, 2. rami multi- flori portanti un numero di fiori maggiori di 315, e poichè la 1. cate- goria comprende 39 termini della serie, e la 2. eateoria ne comprende 50, si può arguire che il numero di rami multiflori è sempre maggiore di quello dei rami paneiflori. Alla 1. categoria appartengono rami por- tanti cladodi del 1. 2. 3. 4 7. 8. 9. 16. 14. e 15. tipo, appartengono alla 2. categoria rami portanti tutti gli altri tipi di cladodi. = * i PME UE x ANM laa, ipu SISSE CT s Mr NE Re. + È Me 242 | DOTT, PIETRO CANNARELLA Osserviamo ora come procede la distribuzione dei fiori nei | singoli rami. Peri cladodi che stanno a sinistra abbiamo: 33 - 34 - 38 - 48 - ) 58 - 60 - 61 - 66 - 70 - 72 -80 - 81 - 85 - 87- 88-91 38 101 - 102 - 107 - 108 - 110 - 111- 119 - 120, - 121 - 124 - 1 139 - 141 - 148, - 150 - 151,:- 152, - 154, - 156 - 157, - 160 162 - 165 - 166 - 167 168 - 170 - 171 - 174, 477 - 181 - 182 186, - 188 - 189, - 190 - 198 - 199 - 201 - 203 - 208 - 209, - xi 221 - 223 - 224 - 225 - 227 - 230 - 23] - 233 - 239, - 240 - Mna 254 - 257 - 262 - 264 - 285 - 290 - 334. Facendo la media come sopra si è ottenuto il numero 1664 d ridotto alla sola parte intiera rappresenta la media del numero dei f ri ehe si possono sviluppare nei eladodi a sinistra del ramo. Cosi. q sto numero divide la serie di valori trovati pure in due parti, la p ma che si estende da 33 a 166, valore compreso nella serie, contie! 55 termini, la 2°. che si estende da 167 a 334 ne contiene 45, ciò € . dimostra che da questo lato sono meno abbondanti i cladodi multi che quelli pauciflori. l Vediamo ora quello che suecede a destra. Da questo lato gs : É zioni fiorali sono comprese fra 46 e 245 nel seguente modo: 46-48, 51-61 a 02-60-16-85-87-B8-89-95-102, 103-108, -1 10-1 14-1 18-119-1 20-1214 Et 127-128-131-134-140-145,-147-151- 159-157 -163,-164,-166,-169, - 111, 44 175,-176-177-178-179,-181-182,-185-190-191-199-202, 305206-207210; 212-217-221 -226-227-228-229-230,-234-235, -237-251+252-261-265 2012 = 280-291-296-320-345. Facendo anche qui la media come sopra, otteniamo il numero 1 11 che privato della parte decimale, ci può indicare la media dei : ri ehe si sviluppano a destra sul ramo. Questo numero 166 che è re compreso nella serie di valori trovati, divide questa in 2 parti, la . comprendente 46 termini, la seconda 54, ciò che dimostra che da 4 | sto lato sono più abbondanti i eladodi multiflori che quelli panciflori. | Lunghissimo sarebbe lo studio delle variazioni fiorali per ogni sil) | golo tipo di cladodo, ma per brevità riduciamo le osservazioni ai fatti | principali. — È 1. tipo di cladodi —Cladodi con un lobo superiore — Le seme ` > OSSERVAZIONI ‘SPREA Soi! kinto CLADODICO “FIORALE zioni furono fatte sopra 86 cladodi. Il numero di fiori per ogni cladodo, varia da 1 a 10 nel seguente modo: 1,-2;-3,g-430-D, ;-6g-73-10,. Talvolta vi sono lobi con fiori abortiti (3 casi), appartiene al nic di eladodi pau- ciflori per eccellenza. 3. tipo — Cladodi con 1 lobo superiore ed uno inferiore. Le os- servazioni turono fatte sopra 495 eladodi. Il numero dei fiori eomples- sivamente per ogni cladodo varia da l a 17 nel segnente modo: 1,-2,, 9,5-4,5-05,-09; 1,785, 955-10,,-11,,-12,,-13,-14,-15,-17,. Frequenti sono i casi di aborto, che possono essere di 3 specie: l. parzialea sinistra osser- vata in 36 cladodi, 2. parziale a destra, meno comune, osservata in 27 cladodi, 3. totale, cioè a sinistra ed a destra, osservata in 9 cladodi. 4. tipo — Cladodi con 1 lobo superiore e 2 inferiori — Le osser- vazioni furono fatte sopra 68 cladodi, nei quali i fiori complessivamente variarono da 4 a 28 nel seguente modo: 4,-6,-1,-8;-10,,-11,-12,-13,-15,- 16,-17,-18,-19,-20,-24,-26,-28, — Rari sono i casi di aborti, che sono stati osservati in 3 soli rami dei quali 2 totali per tutti e 3 i lobi ed uno parziale per il lobo superiore ed il lobo inferiore. 5. tipo — Cladodi con wn lobo superiore e 3 inferiori — Le osservazioni furono fatte sopra 46 eladodi, nei quali il numero eomples- sivo dei fiori variava da 9 a 28 nel seguente modo: 9,-12,-13,-15,-16, - 11,-18,20,.-21,-22,-24,-25,-26,-28, — Si è avuto un solo easo di aborto parziale nel eladodo con 9 fiori, nel quale erano abortiti quelli del lobo apieale inferiore e del lobo medio. 6. tipo — Cladodi con.1 lobo superiore e 4 inferiori — Essendo rarissimo questo tipo di cladodi le osservazioni furono fatte sui 3 eladodi a sinistra e fu trovato che il numero dei fiori oseillava fra 20 e 22; furono trovati 20 fiori in 2 e 22 nel 3. 7. tipo — Cladodi con 2 lobi superiori — Ned il tipo è raro, le osservazioni furono fatte sopra tutti i 7 eladodi trovati sui 250 rami studiati avanti e fu notato che il numero dei fiori variava da 5 a 10 nel seguente modo: 5,-6,-8,-9,-10, — Due volte furono trovati aborti par- - ziali riguardauti il lobo apicale, per cui il numero dei fiori si ridusse a 5 ed a 6. 8. tipo — Cladodi con 2 lobi inferiori — Anche per questo tipo di cladodi, abbastanza raro, le osservazioni furono ridotte ai 5 eladodi, $ | aborti parziali, ora ridotti ad 1 e talvolta anche a 2, a 3 e perfino 8404348. DOTT. PIETRO CANNARELLA trovati nei 250 rami e fu visto che il numero dei fiori variava a dodici nel seguente modo: 8-9-10-11-12. : 9. tipo — Cladodi con 2 lobi superiori ed 1 inferiore — Le vazioni furono fatte sopra 100 cladodi. Il numero dei fiori osei e 28, i numeri bassi furono dovuti ai frequenti aborti che si v no 15 volte, di cui 12 parziali ed 1 totale per i 3 lobi fioral aborti parziali, 6 riguardavano il solo lobo inferiore, 1 il lobo : apieale, 3 riguardavano il lobo superiore apicale, e l'inferiore, 1 superiore basilare e l’inferiore ed 1 i 2 lobi superiori. s à Le variazioni fiorali procedettero nel seguente modo : 2,3 408 99-9,510;-11,0-12,-13,-14,-15;-16,-17,-18,-19;-20,-2223,-24,-28,20 -.40 tipo — Cladodi con 2 lobi superiori e 2 inferiori — Le vazioni furono fatte sopra 200 cladodi, nei quali furono trovati IT i parziali ed 1 solo aborto totale per i 4 lobi fiorali. Dei primi, eladodi l'aborto si limitava ad 1 solo lobo, negli altri riguardava s 2 lobi. Le variazioni fiorali erano comprese fra 4 e 37 nel seguente 41-60-75-85-9,-10-11,-12,-13;-14-15/-16,,-17,;è 18,;-199- 20,,- 21,,-22, 24,,-20,-20,-21,-28.-29.-31 ,92,85,36-33,. . | Qui fu visto qualche lobo portare 12 e perfino 15 fiori. 11. tipo — Cladodi con 2 lobi superiori e 3 inferiori = T vazioni furono fatte sopra 80 eladodi, dei quali 8 presentavano casi lobi. Le variazioni fiorali perciò furono comprese fra 4 e 48 nel ' modo : 411,-15,-16,-17,-18 -19,-20,;-21,-22;-24,-25, -26 21,28, 29,- 32,-35, -42,-48, — Anche qui fu visto qualche caso di lobo multif 12. tipo — Cladodi con 2 lobi superiori e 4 inferiori —T dosi di 1 eladodo molto raro le osservazioni si poterono fare = sugli ii eladodi. trovati sui 250 rami esaminati. Fu notato che | mero dei fiori oseillava fra 24 e 48 nel seguente modo: 24, 28,30,9* questo tipo di eladodi, le osservazioni fu solo possibile farle sui 3 dodi trovati a destra e fu visto che il numero dei fiori variava sen neus de 1-a Died a:-19:-in ‘an: diadodo fa. notato. aborto pro | riguardante il lobo medio, N 14. tipo — Cladodi con 3 lobi inferiori — Anche per questo tipo raro di eladodi, le osservazioni furono fatte sui 3 eladodi trovati a si- nistra e si ebbe che il numero dei fiori variava da 12 a 15 ed a 18. 15. tipo — Cladodi con 3 lobi superiori ed 1 inferiore — Le osser- vazioni furono fatte sopra 30 eladodi, nei quali furono osservati 6 easi di aborto parziale riguardanti ora 1 solo lobo, ora 2 lobi. Il numero dei fiori per ogni eladodo oscillava fra 9 a 31 nel seguente modo: 9,- 10,-12,-13,-14,-15,-16,-17 ,-19,-20,-21,-51,. 16. tipo — Cladodi con 3 lobi superiori e 2 inferiori — Le osser- - vazioni furono fatte sopra 80 eladodi in cui si videro 15 easi di aborti sempre parziali e qualche volta sub-totale. Così le variazioni fiorali si estesero fra 6 e 38 nel seguente modo: 6,-7,-9,-10,-11,-13,-14,-15,-16,-17,- 18,-19,-20,-21,-93,-94,-25,-26,-21,-28,-29 -30,-31,-32,-33,-34,-35,-36 -98 > 17. tipo — Cladodi con 3 lobi superiori e 3 inferiori — Le osser- vazioni furono fatte sopra 100 eladodi fra cui 11 presentavano casi di . aborti sempre parziali, limitate ad 1, 2, 3 e 4 lobi, Per cui le varlazioni fiorali si estesero fra 12 e 48 nel seguente modo: 12,-14,-17,-18,-20,-22,- 23 ,-24,-95,-26,-211,-28,-29,-30,-31,-32,-33,-34,- 30,-26,- 31,-38,-39,-40,- 41,- 42, -45,-46,-48,. 18. tipo — Cladodi eon 3 lobi superiori e 4 inferiori — Trattan- dosi di un tipo raro di eladodi, le osservazioni furono fatte sui 10 cla- dodi trovati su tutti i 250 rami esaminati. Il numero dei fiori varia da 35 a 52 nel seguente modo : 35,-36,-37,-40,-44,-49,-52.. 19. tipo — Cladodi con 4 lobi superiori e 1 inferiore — Anche per questo tipo raro di eladodi, trovati su tutti i 250 rami. Il numero dei fiori varia da 10 a 40 nel seguente modo: 10,-20,21,22,24,32,- 34,-40,. Sopra un eladodo fu visto un caso di aborto parziale riguar- dante il 2. lobo medio superiore ed il 3. lobo medio apicale. 20. tipo — Cladodi con 4 lobi superiori e 2 inferiori — Essendo pure raro questo tipo di cladodi, le osservazioni furono fatte sui 16 cla- dodi trovati in tutti i 250 rami. E fu visto che le variazioni fiorali erano comprese fra 20 e 44 nel seguente modo: 20,-24,-26,-28,-30,-31,- 34.-36,-39,-42,-44,..- | |. 91. tipo — Cladodi con 4 lobi superiori e 3 inferiori — Cladodi multiflori per eccellenza. Le osservazioni furono fatte sui 17 eladodi LI je 246 i DOTT. PIETRO CANNARELLA seguente modo: 26, -28 r35r361-37,-39,-40,-41,-42,-46,-50,. 22. tipo — Cladodi con 4 lobi superiori e 4 inferiori — C ancora più grandemente multipli, raro, essendosene trovati solo 250 rami. Il numero dei fiori varia da 40 a 60 nel Me 40,-42-43-48-54-56-60. CONCLUSIONI Dal complesso di tutte le osservazioni fatte, si può dimostrare : | noi ei troviamo di fronte ad una speeie che presenta una grandisi I variabilità. Basta vedere la svariata forma dei suoi cladodi. il num sempre differente che questi cladodi offrono sui rami, la svariati distribuzione colla quale sono diffusi sulla pianta gli sterili fra di lon i fertili fra di loro, i fertili rispetto agli sterili, ed i differenti tipi sinistra, a destra e nel complesso dei rami; basta osservare in ulti la grandissima variabilità sul numero dei fiori che si sviluppano - ogni lobo, per convincersi che effettivamente Ta è una delle $ più variabile che esistono. Utilissime sarebbero le stesse ricerche in altre specie di Ru e nella seconda specie di Semele (S. Gayae Kunt) per poter stabili confronti, e per portare altri contributi al campo biometrico che € og, considerato come uno dei piü importanti rami della biologia. Dorr. Prerro CANNARELLA | Spiegazione delle Tavole si Tav. I. — Alcune forme tipiche di eladodi bifidi, con apici più 0 sviluppati; fig. 27 2 eladodi apicali di cui quello a € anomalo, faleato, fiorifero. Hes Tav. II. — Altre forme tipiehe di eladodi, fig. 30 cladodo con >. destra reflesso, fig. 32 pezzo di ramo con 2 cladodi nas dal medesimo nodo. Sulla variabilità del numero dei sepali e dei petali pr RANUNCULUS FICARIA L. a TYPICUS FIORI is IraLia Nora peL DOTT. R. COBAU — Attratto dalla grande variabilità ehe facilmente si osserva nel numero dei sepali e dei petali di Ranunculus Ficaria L. æ typicus Fiori, mi proposi di studiare l'andamento del fenomeno e indagare possibilmente le leggi che lo governano. Le osservazioni delle quali espongo qui i risultati, furono iniziate nell'aprile dell'anno passato e continuate nel marzo e nell'aprile del presente, su materiale raccolto lungo le rive di aleuni fossati nei dintorni di Milano e precisamente: presso S. Siro, Cagnola, Villapizzone, Affori, Bovisa, Niguarda, Greco, Acquabella, Tagliedo e, entro la stessa città, nel R. Orto Botanieo di Brera e nei pratelli di Via Marina. I dati raccolti l'anno scorso, desunti da soli 722 fiori causa il ri- tardo nell’inizio delle ricerche, mi parvero troppo scarsi per ricavar- ne delle conelusioni attendibili, per cui attesi ad aggiungerne degli al- tri, il che ho fatto appunto quest'anno. Nel frattempo venni a conoscenza di una nota sullo stesso argo- mento redatta dal prof. A. Preda (1) nel 1911 in base a dati raccol- ti alla Spezia In essa l’autore non specifica a quale forma di Ranun- culus Ficaria appartengano i fiori da lui considerati, ma il fatto che egli si tace a tale riguardo, mi autorizza a ritenere che trattisi, co- me nel caso mio, della forma tipica. Faccio perciò tesoro delle sue os- servazioni le quali, tra altro, mi riescono assai utili per istabilire qual- che confronto colle mie, ed anzi riporto per primi i dati da lui rac- colti come quelli che in ordine di tempo precedono tutti gli altri, i quali verranno naturalmente poi. (1) A.Preda — Variazione numerica nei fiori di Ranunculus Ficaria L. Bull. Soc. Bot. It. 1911. pag. 297. DOTT. R. COBAU TABELLA I. Seriazioni coslruite sui doti di A. Preda ottenuti dall’ esame a a fiori raccolti alla Spezia nel 1910 e 1911. Sepali | : ' Classi 4 5 3 Frequenze 458 177 85 Media (1) 3,495 : Petali MEM 8$. 4. :8..98 10. ie Frequenze — 18 32 235 146 107 67: «di. UE Media 9,008 Relazione tra sepali e petali Classi (2) 3-6 3-7 38 39 3-10 3-1 3-12 3-13 344 Frequeizè — 10 19 210 91 52 30 13 11 2 Classi 6 47 48 49 40 4.1 412 418 Frequenze BI 002 Classi «— &8 59 5-10 5-11 5-12 5-13 Frequenze | 15. dh uso 10": I 46 . Ed ora riporto i risultati delle mie osservazioni, comincia quelli ottenuti nel 1912, TABELLA II .. Beriazioni ottenu'e dall'esame di 722 fio-i raccolti presso 8. Si Villopizzone nell'aprile 1912. (1) La ‘media aritmetita è calcolata secondo la solita formula M = dove v e f esprimono il valore e Ia frequenza di ciascuna classe, »— €f È » : ro totale delle varianti. 1 (2) Nelle seriazioni di relazione tra sepali e petali, il primo numero di li ogai se si riferisce ai sepali, il secondo ai petali, M A p Sr 6 ta Nd Pi SULLA VARIABILITÀ DEL NUMÉRO DEI SEPALI B DEI PETALI 249 Sepali UT: gr. Frequenze 534 141 45 2 Media 3,328 Petali Classi 4 5 6 7 8 9 10 11 Frequenze 1 3 14 144 528 25 5 2 Media 7,800 Relazione tra sepali e petaii Classi 3-4 35 36 37 38 3-9 3-10 Frequenze 1 2 5 72 439 13 2 Classi 46 47 48 49 Frequenze 4 51 78 8 Classi 55 56 57.58 959 510 65-11 Frequenze 1 4 20 di 4 3 2 Classi 66 6-7 Frequenze 1 1 Delle osservazioni dell’ anno corrente credo opportuno tenere separate quelle riferentisi a località nelle quali predominavano i fiori con caratteri che, deviando dal normale, assumono speciale importan - za. Così delle osservazioni compiute sul materiale dell’Orto Botanico di Brera, ov'era frequente il caso del calice 5-sepalo, costituisco un gruppo a sè al quale corrispondono le seriazioni seguenti: TABELLA III Seriazioni ottenute dall'esame di 591 fiori raccolti nel R. Orto Bota- nico di Brera nella primavera del 1913. Sepali Classi 3 DI 5 6 7 8 Frequenze Media Classi Frequenze Media Frequenze ^ ; i N d à i : Aes i Un altro gruppo a parte di osservazioni è rappresentato ME sieme di quelle che feci presso Greco m lanese nel margine di un 108 sato ove prodominavano i fiori 9-petali, seriazioni: Seriazioni ottenute dall'esame di 326 fiori raccolti sul margine di Vf 14 152 409 13 DOTT. R. COBAU I -cd48. 007 = 1 5,081 Petali 6 7 8 9 10 11 2 tiae 7,132 Relazione tra sepali e petali 3-8 1 4-1: 48 4 14 5-7 5-8. 5&9 ‘5-10 102 882 9 2 6-7 68 6-9 45 "12." 4 13 1 TABELLA IV. fossato presso Greco nell'aprile 1913. Glassi 3 Sepali Espongo qui sotto le relativ Frequenze Media Classi Frequenze Media Classi Frequenze Classi Frequenze Classi Frequenze Tutte le altre osservazioni, pur riferendosi a fiori raecolti in lo- calità diverse, le riuniseo in un'uniea eategoria non presentando i sin RT goli gruppi di fiori aleun carattere degno di speciale considerazione. I dati raecolti permettono di stabilire le seriazioni che seguono: 298 95 3 3,095 7 8 9 10 11 12 3 129 163 328 2 1 8,693 ; Relazione tra sepali e petali 3-7 38 39 310 311 1. 1439 104 "49 "1 4.7 4-8 49 410 411 2 O... 7 1 510 511 5-12 2 — 1 TABELLA V a Seriazioni ottenute dall’esame di 669 fiori raccolti presso Cagnola, Af- fori, Bovisa, Niguarda, Acquabella, Tagliedo e in Via Marina, nel- la primavera 1913. Classi Frequenze Media Classi Sepali €. 4. 5 4 4 b De £s 3 1 3,269 Petali o. > è RU 53 252 DOTT. R, COBAU po odi. NM EREET Let E P Ii Rea M 13 ees E TUE ^ na ; PET CE runt ate E WINE AR SE RUE EEL EE Apu 25 E Frequenze 2 4 58 453 90 38 14 1 « biamo di ritornare sull’ argomento quando discuteremo il nuovo reperto | per vedere, del pari, se ad esso possa accordarsi un significato sistematico, Poco ei resta a dire sulla costituzioue intima del granulo pollinico. Per lo più il contenuto è pallido (S. reticolata): talora invece appare piuttosto bruno, almeno nei preparati in glicerina addizionata di potassa ^ (S. Rusbyi var. spectabilis, S. aspera, S. leucocarpa var. Smithiana, S. ; strigillosa): oppure presenta un precipitato granulare nericcio, cui ab- " biamo già sopra aecennato (5. pauciflora, S. pseudorubiformis, S. ru a. biformis, S. costaricensis, S. brachybotrys, S. Waldheimia, s. pedun- culata (fig. 47 Tav. VI), S. aequatoriensis var. glabrata, S. pulchra : infine di rado si vacuolizza nei sopra citati reattivi (S. Engleriana, S. Pringleana var. fluviatilis. | III. Peli staminali In tutte le Saurauia esaminate alla base degli stami si incontrano dei peli di vario colore e forma. Si tratta per lo più di tricomi semplici, unieellulari, o formati da più cellule allungate, sovrapposte le une alle altre, od anco da una cellula basale corta, a parete punteggiata (piede) da cui poi si diparte il pelo propriamente detto, formato da una cellula più o meno lunga. Più di rado il pelo è biforeato o ramoso (S. Pseudo- nelsoni, S. pulchra, S. strigillosa). Le differenti specie di tricomi sono talora reperibili in uno stesso individuo e persino in uno stesso fiore. Un attento esame della regione pilifera ci rivela poi la presenza P. di peli in vario stadio. di sviluppo, o per lo meno di peli arrestati in diverso stadio di evoluzione. Per di più in qualche caso si osserva (S. Willdemanni, S. inter- media) che i tricomi forniti di piede si uniseono fra loro per mezzo di questa parte per formare quel tipo di peli che noi deseriveremo più tardi dettagliatamente sotto il nome di peli - flagelli. Per quanto riflette le dimensioni dei peli troviamo delle notevoli, | variazioni in uno stesso fiore: in generale però si osserva. che talune | specie (S. Sprucei, S. Rusbyi, S. Yasicae etc.) sono contraddistinte per |. — . STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘f SAURAUIA ,; WILLD la presenza di peli sottili e lunghi, mentre altre sono caratterizzate pre- valentemente da peli tozzi. Le differenti forme di trieomi non sono peró rigorosamente specifiche. La maggior parte dei tricomi contiene aria e sostanze tanniche; quando queste ultime sono abbondanti i peli appaiono bruno giallieei, altrimenti di color eenerino o bianco sporco. — Di rado i peli sono diritti; quasi sempre presentano delle eurve ed anco si mostrano bruscamente«e ripetutamente genicolati. Essi pol ter- minano in punta acuta od ottusa. Straordinariamente interessante è lo studio delle pareti, poichè dallo LI stesso è risultato che la membrana presenta delle punteggiature non sol- tanto sui setti trasversali che separano le cellule del pelo sovrapposte o giustaposte le une alle altre, ma sibbene ancora lungo la superficie libera del tricoma stesso. Trattasi di una disposizione non molto fre- quente nel regno vegetale, essendo stata di preferenza segnalata qua e là alla superficie dell’ epidermide sia nelle piante dei siti aridi, che in organi sensibili. La parete esterna è quasi sempre ispessita, poche essendo le specie che la presentano assotigliata, e per lo più quando si ha questa condi- zione è indizio che il trieoma non ha raggiunto la completa evoluzione. Le punteggiature lungo la parete esterna furono da noi riscontrate nelle seguenti specie: S. Loeseneriana S. Conzatti, $. Spragueana, 8. peduncularis, 5. Selerorum var. pseudonelsoni, S. Nelsoni, 8. Pringtei, S. Pringlei var. micrantha (fig. 52 Tav. IV e fig. 23 Tav. II, S. Wil- demanii, S. pauciflora, S. pauciflora var. Ghisebrechti, S. villosa, S. scabrida, S. Radllokoferi, S. peruviana (fig. 18 Tav. ID, S. scabra, Poepp. var. boliviana, S. Sprucei, S. floribunda var. laevigata, S. pe duneulata, 8. pseudopringlei var. fluviatibus, S. reticulata (fig. 44 Tav. IV) S. barbigera, S. pauciserrata, 5. pauciserrata var. Kegeliana e Var. erenata, S. intermedia var. granulosa, S. leucocarpa var. Wil- ldemanii, & leucocarpa var. augustifolia, S. pseudoleucocarpa (fig. 2 T D, S. Yasicae, S. Zahlbruckneri, 5. aequatoriensis, À. aequato- mensis var, glabrata, S. aequatoriensis var. gibbosa, S. strigillosa (fig. . 99 Tav. IV), S. pulchra, S. Weberbaueri (fig. 3 Tav. D, & pseudo- Parviflora, S. pseudoparviflora var. Rusbyana, S. Rusby (fig. 24 Tav. + II) e Rusby var. macrophylla (fig. 42 Tav. IV), S. pseudoruitziana e S. macrophilla. Non crediamo pertanto di andar errati affermando che con più a tento esame, fatto su un più ricco materiale, si potrebbero rinvenire le punteggiature sulla membrana esterna dei peli staminali di tutte quante le specie americane. Le punteggiature sono semplici, ma non mancano i casi in eui si allargano a misura che si avanzano verso l’esterno nello spessore della membrana; esse poi sono di preferenza allungate, più di rado arroton- date (S. Nelsoni, S. Pringlei, S. pauciflora, S. barbigera, S. pauciser- rata, S. pauciserrata var. Kegeliana, S. intermedia var. granulosa, $. leucocarpa var. Willdemanii, S. pseudoparviflora, S. Zahlbruckneri ete.). I due tipi di punteggiatura possono trovarsi riuniti in uno stesso pelo, con predominio tuttavia o dell'uno o dell'altro. In qualche caso le punteggiature sono molto minute e numerosissime (S. reticulata, S. sca- brida (fig. 27 Tav. II), S. scabra Poepp.) ed allora, se le stesse sono su- perficiali, vale a dire non si affondano molto nello spessore della pare- te, prendono piuttosto lo aspetto di striature. Uno sviluppo un po’ più accentuato delle punteggiature dà alla superficie interna della membrana un aspetto denticolato. Allorchè le punteggiature sono ovalari e piuttosto allungate quasi mai il loro asse è perpendicolare alla direzione del pelo (S. villosa fig. 20 Tav. I); per lo più è alquanto obliquo a questa. Non mancano poi i casi in eui | la punteggiatura nell'addentrarsi attraverso la membrana gira su se stes- sa per cui esaminata di faccia presenta il ben noto aspetto di due fes- sure accoppiate e disposte in croce: S. Weberbaueri (fig. 3 Tav. I). Varia, come si è detto, la profondità delle punteggiature; spesso esse non arrivano ad attraversare gli strati pià interni dell ispessita mem- brana, ma il più delle volte invece raggiungono fino la cuticola (S. Prit- — glei) la quale, occorre notarlo, è molto sottile e trattata col Sudan lll sì colora male o lievemente, quando non si mostra sotto forma di gra: nulazioni rossiccie applicate alla parete. Fra le specie che hanno pre sentato le punteggiature più numerose e maggiormente sviluppate ricor- deremo la S. Loeseneriana e talune varietà della S. pauciserrata. Noi ci siamo soffermati a descrivere minutamente le particolarità xt m E $ » E 267 strutturali della membrana dei peli staminali (le quali appaiono ben di- stinte nei preparati inelusi in glicerina addizionata di potassa caustica all 1°/, o meglio ancora in quelli stati previamente trattati coll’acqua di Javelle) sia perchè rappresentano una disposizione di cose eccezionale e sia ancora perchè la distribuzione non uniforme delle punteggiature lungo la membrana esterna influisce, come vedremo ben tosto, sulla for- ma dei peli. I canalicoli in generale prediligono l'apiee del pelo (S. Villosa), dove perciò li troviamo numerosi, ben sviluppati in lunghezza e larghezza. Molto numerosi sono pure alla base del pelo (S. villosa, S. scabrida). Per quanto riguarda la rimanente superficie del pelo troviamo che quando questo è diritto le punteggiature si mostrano saltuariamente qua e colà lungo la superficie, ma talora da un lato solo (S. Radlkoferi): se il pelo invece è ineurvato, o bruscamente genicolato in uno o più punti, le punteggiature si localizzano quasi costantemente dal lato eon- ‘cavo, di guisa che da quello convesso o mancano del tutto, o sono assai rare. Solo in casi eccezionali si è notato il fatto opposto, ma si tratta- va di peli bruscamente genicolati in cui la parte concava però era ri- dotta a poca cosa. Allorchè i peli sono articolati talune cellule difettano di punteggiature, mentre altre ne hanno a dovizia. Il protoplasto penetra spesso nell’interno della punteggiatura riem- piendola completamente (S. Selerorum, S. pseudoruitziana), ma i pro- ` lungamenti si staccano facilmente dalle pareti quando vengano trattati con reattivi, IV. Tricomi della foglia e del fusto Pochi generi presentano un così accentuato poliformismo nei trico- mi come quello che stiamo studiando. Non vi ha parte alcuna del si- Stema vegetativo dove non si trovino associate moltissime forme di tri- comi. Se noi prendiamo, ad esempio, in esame le foglie troviamo parec- chi tipi di peli sulla nervatura mediana della pagina superiore: altre forme appaiono sulla costola della pagina inferiore; altre all’ascella dei nervi maggiori, su quelli minori e infine sulle ultime ramificazioni (1). LL e c EE (1) Nel corso del presente voro, come del resto anche in quello di indole sistematica sulle Saurauia, si accenna spesso a peli insediati sul parenchima fo- lare: a rigor di termini si doviebhe parlare di peli impiantati sulle ultime rami- cazioni ro nervi. £ "A m | PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Lo stesso dicasi pel pieeiuolo, pel fusto e per l' infiorescenza, per quanto quest'ultima sia stata solo in via eccezionale da noi presa in con- siderazione, E duopo intanto far rilevare che la maggior parte dei tricomi si allontanano, per forma e struttura, dal tipo ordinariamente descritto nei trattati, per cui il botanico si trova spesso un po’ imbarazzato nella de- serizione, mal adattandosi i nomi di sete e di pelistellati che gli autori hanno per lo più adottato per descrivere il sistema. tricomatoso delle Saurauia. | Siffatto polimorfismo nei tricomi ei ha indotto a prender in aeeu- — rato esame il problema del rivestimento pilifero: nelle varie specie ame- rieane del genere, limitando per altro la nostra ricerca per lo più alla mo impunemente sacrificare la infiorescenza. | "f Dobbiamo intanto fare, innanzi tutto, rilevare che per quanto minu- ta sia stata la nostra indagine, essa è ben lungi dall’ esser completa e ciò pel fatto che delle singole specie abbiamo dovuto utilizzare soltanto minuti pezzi per non rovinare gli esemplari. Ora l'esame microscopico di poche sezioni può dar risultati rigoro- samente attendibili, quando la parte è ricca di peli, può invece condurre a erronei dati quando questi sono molto scarsi. Così, ad esempio, è ca pitato più di una volta di non aver trovato alcun tricoma, o aver sol | tanto rinvenuto qualche. tipo su parti che notoriamente ne sono fornite Di e presentano parecchie forme di tricomi. In questi casi, fortunatamente non numerosi, il lettore potrà integrare il reperto consultando il lavoro monografico sulle Saurauia americane di Buscalioni e Muscatello. A cagione dello straordinario poliformismo dei tricomi la deserizio- ne di ogni singola forma di pelo riesce quanto mai fastidiosa: oltre à ciò taluni tipi di tricomi mal si inquadrano nei tipi classici consacrati nei trattati di botanica. Abbia seguenti gruppi: È cu 1.) Papille. Peli pochissimo sviluppati, quali vengono segnalati nei trattati. mo quindi raggruppate le varie forme nel 2.) Peli semplici unicellulari o pluricellulari. Le papille allun- gandosi dànno questo tipo di pelo (fig. 15 Tav. I), il quale però può - PO i ai n re, qu T foglia ed. al fusto, poiehé trattandosi di materiale d'erbario non poteva- | x N gra Xu MN E RE ST VT TEE E Lm Mes | STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ;, WILLD esser formato da un unica cellula, o da cellule sovrapposte. Talora il pelo si ingrossa a clava, o a V, o a T all'estremità libera, o infine pe assumere forma vescicolare (fig. 39 Tav. IIT). 3. Peli stellati (fig. 32 e 34 Tav. II) Pareechie cellule epidermi- che si associano per formare questo tipo di pelo, ed ognuna di esse pre- senta una base in parte impiantata nello spessore dell'epidermide, in parte libera, da cui si distacca, sotto un angolo più o meno ottuso, la porzione distale che forma il ramo della stessa. La porzione basale o piede di ogni cellula si differenzia ordinariamente per la parete ispessita ricca di punteggiature sulle faccie che vengono a contatto col piede del- le altre cellule dell’associazione. A seconda del numero di queste i peli stellati sono più o meno ricchi di raggi e se questi sono abbondanti si dispongono in parecchi piani per cui la forma di stella riesce alquanto alterata. Intanto giova notare che talora, in corrispondenza del punto in cui le singole cellule si piegano bruscamente, od altrove, può comparire un setto trasversale ed allora ogni pelo formante la stella, o taluni di essi, diventano pluricellulari. 4) Peli-flagelli (1). Questa forma di peli indubbiamente deriva ‘dal pelo stellato. Il piede è conformato normalmente, o tutto al più emerge notevolmente dall’ epidermide: all’ opposto la porzione libera e divergente delle cellule (ramo o flagello) si allunga enormemente, di- ventando tortuosa, genicolata ò più o meno curva (fig. 50 Tav. IV). I flagelli irradiano in vario senso attorno al piede e talora si presentano tramezzati a varia altezza, o nel punto in cui si piegano più o meno bru- scamente per formare il piede. Riducendosi il numero delle cellule asso- ciate si può arrivare alla più semplice espressione che ci è data da un pelo flagello unicellulare (Tav. II fig. 19). Il tipo di peli- £—— fu da noi rilevato frequentemente fra i tricomi degli stami. 9.) Cuscinetti pelosi. È un tipo di peli collegato pure filogenetica- mente ai pelistellati. Si tratta di parecchie cellule epidermiche associate, le quali si elevano al di sopra delle compagne per formare un ammas- (e M DUET RR (1) Nella monografia sul Gen. Saurazia furono "np contrassegnati col no- me di cateto stellati e di peli semplici e ciò perchè non si è fatto uso del micro- so poco rilevato, semilunare, tutto quanto irto di corti peli, indipendenti gli uni dagli altri e che rappresentano le estremità libere delle cellule associate alla base. Talora l'ammasso è formato da elementi tramezzati in vario senso, in cui poi la parte fusa in tessuto è più o meno ricca di punteggiature (Tav. I fig. 4). 6.) Ciuffi di peli. Questa categoria deriva in certo qual modo dal precedente tipo e ciò pel fatto che la porzione fusa si riduce, i peli si individualizzano sin dalla base pur restando appressati gli uni agli altri. Una rudimentale base comune è tuttavia quasi sempre reperibile, ma essa non emerge o di poco dall’epidermide circostante (Tav. I figura 15). 7.) Dai cuscinetti pelosi per esuberante sviluppo della porzione ba- sale fusa in tessuto si trapassa ai massicci tricomatosi (tubercoli nella monografia sulle Saurauia). Qui vi ha un grosso ammasso cellulare spor- gente notevolmente alla superficie dell’ organo, il quale poi presentasi rivestito da un epidermide ordinaria, oppure si. mostra papilloso od anco infine irto di peli. Si hanno quindi varie forme di massicci: a) semplici (fig. 11616 Tav. 1) cioè senza peli: b) papillosi (Tav. II fig. 21): e) DE losi. Non infrequentemente alla sommità del massiccio, che per lo più ha la forma triangolare o di un mammellone, si nota un ciuffo di peli assai lunghi, simili ai flagelli dei peli-flagelli, ed allora abbiamo un mas- siccio flagellifero (1). 8.) Tricomi pluricellulari, ramosi (fig. 9 Tav. 1), flagelliferi e semplici. Hanno un intima affinità coi peli flagelli, ed anche eoi mas . sicci flagelliferi. La porzione basale, pluricellulare, emerge notevolmente Ni dalla superficie dell’organo, per costituire il così detto asse del tricoma È llule che è sempre più o meno allungato, triangolare. Il numero delle ce che si saldano fra loro per formarla può esser più o meno grande : ne! (1) In qualche caso abbiamo a fare con falsi massicci. Se infatti una E : (v. più avanti) viene dal rasoio tagliata non assilmente, la porzione periferie | quando venga esaminata al microscopio, si presenta in forma di cuscinetto; del à tutto simile ai massicci, mostrando, all'occorrenza, anche le papille e i peli. m s evitare un errore di descrizione occorre in tal caso esaminare con la lente ©. la parte studiata porta delle sete o solo dei massicci. Il dubbio tuttavia pem ne se queste due forme di tricomi sono associate. easi estremi di depauperazione si riduce a un unica fila di elementi, mentre d’ ordinario risulta costituita 3-5, o più file di cellule associate. Di tratto in tratto lungo la superficie libera dell’ asse spuntano delle papille acute, o dei peli evidentemente secondari, più o meno lunghi che si dirigono perpendicolarmente all asse, oppure si ineurvano quasi ad uncino in alto, o in basso. La sommità del tricoma poi appare frequen- temente sfioecata in un pennello di flagelli abbastanza sviluppati ed al- lora abbiamo a fare con fricomi pluricellulari ramosi-flagelliferi (fig. 91 Tav. IV). Riducendosi all’ opposto questi e i tricomi secondari laterali si ha un tricoma pluricellulare semplice che, raggiungendo un certo sviluppo, può esser seambiato, come vedremo fra poco, con una seta semplice. Lo studio dei peli secondari impiantati sui fianchi dell’ asse è ab- bastanza interessante poichè ei dimostra che le cellule superficiali, allun- gate per lo più nel senso dell’ asse, per formar il pelo o la papilla, si estroflettono bruscamente o in corrispondenza dell’estremità (fig. 48 Tav. IV), o più frequentemente in un punto qualunque della faccia libera (fig. 45 Tav. IV). Il gavoeciolo che così si individualizza, a seconda della sua lunghezza, forma la papilla o il pelo secondario. Vedremo che analogo comportamento si osserva nelle sete e in altri tricomi ad asse massiccio. Dai tricomi pluricellulari ramosi sì passa con facilità ai massieci tricomatosi e a tal uopo basta che si sviluppi maggiormente la porzione miim : assumendo We pari tempo una forma effotoniat p NUS fia : " Psa Se per converso, come capita spama, i “toa in u wo ramosi dl moterokmente la porzione sete stellati, "s dii : Se maia pn VOS, — » p I. m Tea Loana più sviluppate verso l'apice; in tal caso i tri- ri ramosi accennano ad assumere una torma elavata. gli ui VA è il tipo di piscina più editi segnalato da- ias Pda de > le met i quali sotto tale ing pois PORN SR ng o sapa dhe " pate su molte specie V cnm i T SN S però 1 sistematici si fossero data la pena ge at E ' sete avrebbero tosto constatato che questo tipo di tri- senti tutti e due, Noj perciò nome generico di barbate. 2 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO comi va soggetto a così forti, ma graduali modificazioni di forma e di | lunghezza in ogni singolo organo di un dato individuo o nei differenti | membri della pianta che non è più possibile sapere quando il tricoma P cessa di aver le caratteristiche della seta per assumere quelle di un ak. tro tipo di pelo. Del resto nessun autore ha precisato con una buona | descrizione la natura delle sete. Perciò abbiamo descritto nella mono- | grafia sulle Saurauia sotto il nome di sete tutte le forme di peli co- nici, più o meno allungati, a base più o meno larga, o talora anche ri- stretta, barbati o imberbi. Non occorre aggiungere che le produzioni in O questione non possono sempre esser distinte dai ‘massicci tricomatosi 9j tubercoli e dai tricomi pluricellulari ramosi, flagelliferi e semplici de in fondo, come sopra è stato accennato, non sono che sete meno svilup 4 pate in lunghezza. i Le sete sono variamente lunghe: talora lunghissime, con base larga, i coniche, oppure presentasi alquanto ristrette nel punto di inserzione ak ; l'epidermide e lievemente dilatate a botte un poco al di sopra (fig. T Tav. I). Le sete sono semplici (fig. 5 Tav. I) quando hanno una super ficie liscia; papillose (fig. 53 Tav. IV) se le cellule superficiali si pro lungano in papille: pelose (fig. T- Tav. I» se le cellule superficiali si at crescono notevolmente per formare dei peli secondari alla periferia del | l' organo. In quest'ultimo caso, come del resto anche in quello in eu | si hanno solo papille, le produzioni Modéré tricomatose possono loca- E lizzarsi solo alla base delle sete ( | | : E : ! i sete papillose rispettivamente pelose ; alla base fig. 12 Tav. I) oppurre estendersi a tutta quanta la superficie E laterale (sete uniformemente papillose, rispettivamente pelose fig. 53 rn IV ix Pe S : a Tav. IV). L’apice della seta termina in punta massiccia, oppure si sfioce in flageli, (sete Ls s sd ] 5 - i flagellifere, siano desse semplici, papillose o pelose all base o uniformemente). Quest'ultim renza nelle sete brey à disposizione si riscontra di prefe- E 1 per eui abbiamo il trapasso ai tricomi pluricellular ramosi flagelliferi, tanto che spesso non si può decidere se si ha da fare dr E. una seta o con un tricoma plurieellulare flagellifero. Molte volte non si- può dire con sicurezza se la seta è eps di passaggio da un tipo di tr pelosa o papillosa essendovi . " * ( re- 1c0ma secondario all’ altro o essendo P DI Sl - ; pe C0 3 contrassegniamo assai spesso tali set i | STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ' SAURAUIA ,, WILLD 273 Per quanto concerne le papille, o i peli laterali e basali vale quanto si è detto a riguardo di analoghe produzioni presenti nei tricomi pluri- cellulari e nei massicci. Trattasi cioè assai spesso di estroflessioni delle cellule laterali su- perficiali della seta, le quali sono allungate per lo più nel senso stesso del tricoma: spesso per altro difettano alla base di questo dove troviamo - degli elementi poligonali o arrotondati che formano il corpo stesso della parte. Taluni di questi, più grossi, contengono un pacco di rafidi. Spesso le sete, e specialmente quelle semplici, sono in parte rive- stite dalle ordinarie cellule dell’ epidermide, ma queste cessano là dove ha luogo la formazione di papille o trieomi secondari, per cui nelle se- te barbate gli ordinari elementi epidermiei si prolungano di poco sulla base del tricoma. La parte allungata e ristretta di questo per lo più non ha un rivestimento caratteristico. PaL a a i E x Ben considerati i fatti il sistema pilifero delle Saurauia è rappre- Fr da un complesso di forme tricomatose quanto mai polimorfe le quali Rand l’una nell’altra per gradazioni insensibili. Noi abbiamo Do portare un po’ di ordine nel caos di forme aggruppandole sotto ` Sermmati tipi, ma è d'uopo aggiungere che le nostre descrizioni non pao tutti i casi e tanto meno tutte le forme di passaggio. Lo n Pn dei tricomi acquista per altro una grande importanza qualora si | ©onsideri che la distinzione delle varie specie di Saurauia si basa, nelle mon : . Es : - i tri erabe di quasi tutti gli autori, sullo sviluppo e sulla natura dei comi, E messe queste considerazioni generali passiamo ora allo studio dei . Pen nelle differenti specie. po ae Willd. Foglia. Sete lunghe, pelose alla base che è un DA Li della seta TANG di cellule Lao bacis parete robusta, membizi, pm per la De di impianto poiche ivi le cellule hanno le : T s sottili e sono più corte, poligonali. : Peli secondari basali son diretti in vario senso rispetto alla su- Perficie del pelo. Fusto: Pos ur de PR I ‘ numerosi trieomi pluricellulari ramosi pieni di sostanza tan- S. excelsa Willd. var. xanthotricha Busc. Foglia. Alla pagina infe. riore sete dilatate alla base, ma strozzate nel punto di impianto all e pidermide, pelose o papillose alla base o uniformemente pelose, papilta I tricomi secondari sono diretti in vario senso e talora simulano degli. uncini. S. pseudoexcelsa Buse. Foglia. Sete pelose alla base o uniforme mente, coi peli secondari che si accorciano però notevolmente all'apite : della seta, la quale poi è o dilatata o strozzata in corrispondenza M punto di impianto. Le cellule dell’ asse sono corte alla base delle sete, - lunghe altrove e presentano dei setti obliqui attraversati da purtegpae che ricordano i eribri dei tubi eribrosi. Analoghe sete sul picciuolo e sul Fusto. S. Lehmanii Hier. Foglia: Alla pagina inferiore del lembo abbor ] danti peli flagelli, spesso però forniti di rami brevi per eui tro paste 5 ai peli stellati. Presenti pure le sete semplici a base strozzata, ws te da cellule allungate nel senso dell' asse e tanniche. Qualche cell Situata presso la base, più grossa d' ordinario delle altre, contiene W paeco di rafidi. Fusto: Gli stessi tricomi. ; pehmi $. Prainiana Busc. Foglia: Sete analoghe a quelle della > d nii, ma piü sottili, iuoltre qualche pelo flagello. Qualche seta € Ta i fora verso la base. r; nto pi. di attacco. Le cellule sono rettangolari e tanto più lunghe cha ct . . T i i " prossime all’ apice del trieoma. Qualche modesto massiccio trie ti, coi ; A piace iui amezza flagellifero, coi peli secondari variamente diretti e talora tramez/^» setti riechi di punteggiature. = | ; flagelli trip S. Conzatti Buse. Foglia. Pagina inferiore con peli mie | santi talora al massiccio tricomatoso flagellifero. I rami pero 89 anche pareamente o uniformemente papillose, con papille simulanti degli uneini diretti in vario senso. Le stesse sete alla pagina superiore. AU 4 E 1: LE j^ Caule. Analoghi trieomi ehe d'altronde sono pure reperibili sull’in | S. isoxanthotricha Buse. Foglia. Sete semplici coniche, lunghe, costi- tuite da cellule pure allungate: Fusto: peli stellati a rami ridotti, varia- Mente orientati, con forme di trapasso ai cuscinetti pelosi. S. ursina Tr. e PI. Foglia. Sul lembo, ma in specie sulle grosse nervature, sete semplici o uniformemento pelose o papillose (papille ta- lora minutissime). Per formar queste ultime le cellule superficiali allun- _ gate secondo l’asse emettono dei prolungamenti laterali nei quali si in- | Sinua un po’ di protoplasma. Fusto: Le stssse produzioni ed inoltre peli. E stellati con pochi rami e brevissimi. .. colle membrane piuttosto assottigliate. Peli secondari delle sete molto Spesso ridotti. Fusto: Peli flagelli e peli stellati a rami ottusi, talora tra- d E E —. S. Ruitziana Steud. Foglia. Sete sottili, pelose, a cellule assili basali J i Mezzati: sete rafidiofo re alla base, formate da cellule allungate, irrego- lari, perforate in corrispondenza dei setti trasversali: tricomi pluricellu- lari ramosi, a rami brevi e formati dalle solite estroflessioni delle cel- lile superficiali dell’ | asse. Taluni di questi trapassano alle sete pelose. : S. Ruitziana Steud. var. Weberbaueri Buse. Foglia : Sulla pagina in- feriore peli flagelli a rami numerosi e variamente diretti. Alcuni di Testi riducono il numero dei rami all’ unità diventando così dei- peli flagelli unicellulari, nei quali però il piede è talora ancora rappresen- Sete pelose o papillose uniformemente. Le grandi in vicinanza della base rigonfiata della seta, __ altrove; qualcuna delle cellule basali è inoltre rafidiofora. Fusto: zzate alla base, rigonfiate al ‘di sopra dello strozza- p <-più cellule rafidiofore basali. I rafidi sono più nume- Post nelle sete 7^ grosse, le cui cellule basali sono anche molto grandi, ma ttili. 276 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO S. Spragueana Busc. Foglia: Sulle due pagine del lembo sete va- riamente. sviluppate, pelose uniformemente, coi peli però brevi, ridotti ad - ` uneini diretti in vario senso. La base delle sete è rigonfiata e porta dei pacchi di rafidi: le cellule inoltre, ad eccezione delle superficiali, sono assai larghe ed abbondantemente fornite di punteggiature su tutte le faccie. Vi hanno inoltre peli flagelli, a rami lunghi unicellulari. Le PRE Er es 7 eee sa i stesse produzioni sono reperibili sul pieeiuolo, oltre a papille, peli sem plici, trieomi pluricellulari ramosi e sete semplici rafidiotore, rivestite però soltanto verso la base da un epidermide a cellule tipiche. Fusto: din ads le stesse produzioni del picciuolo (fig. 29 Tav. II). S. bullosa Vawre. Foglia: Peli flagelli a rami lunghi, ottusi, alar- > go lume e a pareti sottili, i quali sono particolarmente sviluppati sulle nervature maggiori della pagina inferiore: Tricomi pruricellulari ramo- si a rami laterali lunghi e prodotti da estroflessione apicale o laterale delle cellule superficiali dell'asse: Infine sete più o meno sviluppate, ri- gonfiate e rafidiofore alla base. S. peduncularis Tr. e PI. Foglia : Sulle due pagine del lembo sete semplici o papillose uniformemente. Le cellule dell’ asse sono ispessite; con forti punteggiature sulle faccie longitudinali, ma più ancora su quelle oblique: qualche cellula basale contiene un pacco di rafidi. or tre alle sete si hanno dei rari tricomi pluricellulari, flagelliferi. Il pie ciuolo si contraddistingue per la presenza di peli flagelli e di peli stel- lati. Fusto: Sete rigonfie alla base, peli stellati e tricomi pluricellulari ramosi, | T S. peduncularis Tr. e Pl. var. Veraniana Busc. "^oglia : Lungo i nervi minute e rare sete e inoltre piccoli peli stellati alla pagina in- feriore, Fusto: sete lunghe, sempliei o papillose alla base. (contin ud) EA rep TM RN i ape TSE NE RÉ UE RASSEGNA BIBLIOGRAFICA La Società Editrice di Milano ha fatto pervenire in dono alla Di- rezione della Malpighia le seguenti opere: 1. Strasburger E., Iost L., Sehenek H. e Karsten G. Trattato di Bo- tanica trad. dal Prof. G. Avetta (11. Ediz. tedesca: 2. italiana). 2. Kolle W. e Hetsch. H. Batteriologia sperimentale e malattie in- fettive: traduzione italiana del D.r D. Blasi (1908). i 3. A. Berlese. Gli insetti (1909). 4. Carazzi D. e Levi G. Tecnica microscopica (1911). Il trattato di botanica, sia per i nomi delle persone che P hanno compilato, sia per la data della sua pubblicazione (1915) riuscirà som- mamente. utile agli studenti di medicina, scienze naturali, agraria e ve- terinaria. Ne dà affidamento la sobrietà con eui i prineipali problemi sono stati trattati, l'armonioso collegamento dei vari eapitoli e la pro- tondità di vedute eon eui vengono discussi i singoli argomenti. Il volume del Prof. Berlese verrà pure accetto a tutti coloro che sì occupano di agraria, di scienze naturali e più particolarmente delle malattie delle piante coltivate. L’anatomia, la storia dello sviluppo e tutte le altre quistioni riguar- danti il mondo dei piccoli esseri sono stati con vera maestria trattate € discusse in questo trattato. Acerescono interesse le numerose figure , non poche delle quali a colori, che illustrano il testo e ne rendono fa cile la lettura. Il trattato di Batteriologia, benchè non recentissimo, costituisce pur sempre un ottima guida per coloro che desiderano conoscere i princi- pali problemi attinenti allo sviluppo dei microorganismi ed alle malat- tie che questi provocano nell’uomo e negli animali. Il testo corredato di numerose incisioni, talune delle quali colorate, riassume quanto di più vitale si è fatio nel campo della batteriologia fino all’epoca della pubblicazione. Anche grandemente utile per gli studiosi si presenta il trattato di 278 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA | tecnica microscopica dei Prof. Carazzi e Levi, per quanto quest’ opera — tuttavia contempli soltanto la microscopia zoologica ed umana. D Molto diffusamente sono trattati nella prima parte i metodi di fis- sazione e di indurimento dei tessuti, l'impregnazione e la colorazione di questi. - . La seconda parte contempla i metodi di preparazione dei differen- ti tessuti animali, siano questi elevati che degradati, ed anzi un capitolo è dedicato allo studio dei protozoi. Un capitolo infine riguarda la tecnica microscopica. Il volume riporta quanto vi ha di più moderno nella disciplina del | microscopio e sotto questo punto di vista è anche consigliabile agli stu- diosi dell’istologia botanica, i quali possono ivi trovare non poche no- zioni relative alla preparazione delle sostanze coloranti, ai metodi di fis- sazione, indurimento e imparaffinamento. Notevoli e numerosi sono pure i dati sui principali strumenti ed accessori che il mieroseopista deve ado- - perare. L. B. S. H. Koorpers, Excursion flora v. Java umfassend die Blüten- pflanzen. Vierter Band. Atlas (I. Abt. Fam. 1-19). Iena: Gustav Fischer. E’ uscito il primo fascicolo dell’ Atlante che illustra l'importante - opera di eui abbiamo già fatto cenno in altra parte del giornale. Esso comprende non meno di 5000 specie. I relativi disegni sono per lo più ricavati dal rieeo materiale d’Erbario dell'autore. Il fascicolo, comprendente 81 pagg., illustra i seg: generi: Cycas, Po- docarpus, Agathis, Gnetum, Typha, Freyeinetia, Pandanus, Potamogeton, Zannichellia, Cymodocea, Najas, Lophotoearpus, Sagittaria, Limnocharis, Hydrilla, Vallisneria, Blyxa, Enalus, Ottelia, Hydrocharis, Sciaphila, Zea, Euchlanea, Coix, Imperata, Miscanthus, Saccharum, Pollinia, Polytrias, Pogonatherum, Apluda, Ischaemum, Eremochloa, Rottboellia, Manisurus, Ophiurus, Arthraxon, Andropogon, Arundinella, Themeda, Tragus, Zoysia, Thysanolaena, Paspalum, Axonopus, Eriochloa, Isachne, Panicum, Opli- smenus, Setaria, Cenchrus, Pennisetum, Stenotaphrum, Thuarea, Leptaspis Oryza, Leersia, Sporobolus, Agrostis, Calamogrostis, Cynodon, Chloris, Gymnopogon, Eleusine, Dactyloctenium, Leptochloa, Neyraudia, Phrag- RASSEGNA BIBLIOGRAFICA | 279 mites, Diplachne, Eragrostis, Centotheca, Briza, Daetylis, Poa, Festuea, Braehypodium, Kerinozoma, Phyllostaehys, Orejostaehys, Bambusa, Thyr- sostachys, Gigantochloa, Oxytenanthera, Dendrocalamus, Schizostachyum, Dinoehloa, Melocanna. Accanto allé figure delle singole piante troviamo anche indicati i principali caratteri specifici. Particolarmente interessanti poi sono le 4 tavole, tratte da fotografie, dei gen. Bambusa, Gigantochloa, Den- drocalamus, Schizostachyum e Melocanna. Non va dubbio adunque che l'opera riuscirà grandemente utile a tutti coloro che si occupano di flore tropicali e in specie della regione indo-malese. L B Il Prof. Francesco ABBA ha pubblicato, per eura della Casa Edi- trice internazionale C. Clausen di Torino, la 3. Edizione del suo Ma- nuale di Teeniea di Microscopia e batteriologia. Il nome ben noto dell'autore, che è a capo di uno dei più impor- tanti istituti di Igiene e di Batteriologia del Regno, ci da affidamento che l'opera, mentre corrisponde a pieno alle esigenze della seienza mo- derna, è stata condotta a termine colla dovuta competenza. Nella prima parte l’autore illustra l’organizzazione di un laborato- rio modello per la tecnica batteriologica, soffermandosi in particolar mo- do sulla suppellettile tecnica (microscopio e suoi accessori, apparati ot- tici diversi, strumenti per la microscopia, termostati e termoregolatori, ap- parecchi per la preparazione dei mezzi nutritivi, strumenti batteriologici). Ampliamente è stato trattato l'argomento della preparazione dei mezzi nutritivi e di quelli attinenti alle principali ricerche sull’ immu- nità. Il lettore trova nel trattato di Abba numerosi dati per ciò che ha riguardo i sieri, gli antigeni, le tossine ed antitossine e via dicendo. Un capitolo è consacrato alla tecnica per la preparazione delle so- luzioni coloranti, mentre un altro riguarda la coltivazione dei mieroor- ganismi in soluzioni aerobie ed anacrobie, in goccia pendente, l' esame mieroseopico dei microorganismi e le esperienze sugli animali (inoeula- zioni). Da ultimo viene la profilassi di laboratorio. La seconda parte dell'opera è di indole prevalentemente igienica, 280 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA Essa ha di mira lesame mieroscopisco e batteriologico delle sostanze a- - limentari (carni, latte, uova, oli, grassi, miele, farine, cereali, paste, frut- ta, verdure, conserve, droghe, condimenti, bevande, e via dicendo). Qui il lettore trova larga messe di dati sia sulle principali e più ovvie fal- sificazioni e sui mezzi per metterle în evidenza, sia sui più comuni pa- rassiti superiori dell'uomo e degli animali. ` Il pulviscolo atmosferico viene studiato in un secondo capitolo ed a questo fa seguito l'esame del terreno dal punto di vista igienico e batteriologico, l'analisi mieroseopiea e chimiea delle fibre tessiti e della carta. Infine viene ampiamente trattato l'esame del sangue, dello sper- ma, degli esereti e degli essudati, delle feci, ed inoltre è fatta menzio- ne delle diagnosi sperimentali delle principali malattie infettive. Gli ul- timi capitoli si riferiscono alla ricerca dell'arsenieo dentro all’ organismo e fuori di questo (Metodi chimici, metodo del Gosio ete.), ai rivelatori cella vita microbica, allo esame battericida dei disinfettanti ed al col F laudo degli apparecchi per disinfezione a vapore. - . L'opera, di oltre 800 pagine, è corredata di numerose figure do, di un rieco indice bibliografico, dell’indice alfabetico degli autori e del- le materie trattate. i Il trattato dell' Abba non è soltanto un libro di coltura ceneri esso deve trovarsi sul tavolino- dello specialista in batteriologia ed in igiene e può esser utilmente consultato anche da chi si occupa di scienze - laterali, come il botanieo ed il zoologo. E’ da augurarsi pertanto che a questa edizione ne segua presto cl : quarta e che l’autore, incoraggiato dal successo, voglia dedicare qualche | pagina di più alla botanica ed in specie ai funghi che nell’attuale edi- zione sono solo brevemente accennati, L. B. V Ea cene it e s Pol: XXVI j Malpighia—\ A, roe een dit "UN e à "Lei M E GIUSEPPE Mincariro — Studio monografico sul x M “cane del Gén... ne; Saurauia » Willd. Decuria ll mem. Su _Lucr Buscatio ONI E s GIUSEPPE Muscaretto — Endemismi ed esode GUERRIERO — = Studii i filogenetici sul genere Sites Å ale della Semele. Androgyna Kunth + "Eden DE Sulla: icd > ficaria Ta typicus fi y 3 k: : . LOS n È Leti BUSCALIONI E Geni Moscateto - PE: - Studio soon ti e E *Saurauia, Willa. : ‘on speciale ETRO Caxwanenta e Osservazioni biometriche sull'apparato « à fel numero: dei -sepali e dei petali di Ri "s * 4 i RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA Ee E SI REDATTA DAL i DOTT. L. BUSCALIONI Pror. Orp. pr BOTANICA NELLA R. UNIVERSITÀ DI CATANIA f ER ANNO XXVI — FASC. VII-VIII i MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. CATANIA - Tipografia « La Siciliana » Ciurca e Strano 1913 CONDIZIONI L'intiero Voie annuale Gé fogli al prezzo di L. 30. — - Non saranno venduti fascicoli separati. | 2x Agli autori ; anno corrisposte 100 copie estratte dal vidi iy. ubblicazi e del fascicolo, Qualora fosse da loro richiesto un maggior le copie in. ‘più verranno pagate in ragione di L. 10 al foglio (di ie ‘Quanto alle Shi supplementari occorrerà soltanto rimborsare e di tiratura. SE ESTE Le associazioni si ricevono presso il IR L. BUSCALIONI in Catania e + principali. Librerie Italiane e dell "Estero. - > rai È accordato lo sconto del 20 ojo. i = I manoscritti e le corrispondenze destinate alla MALPIGHIA dovranno essere i zate al Par L. Buscationi à in Catania. ap he MM MON LE Pro LUIGI BUSCALIONI e | GIUSEPPE MUSCATELLO Studio monografico sulle Specie americane del Gen. “Saurauia, Wil. (continuazione) f Lembo sottile cartaceo o subcoriaceo, superiormente rossiccio-bru- no, un po’ aspro, ma pressochè liscio, inferiormente giallastro o giallo | verdiecio, morbido, aracnoideo. Margine per lo più intero, o denticolato D. alla base, serrulato o serrato irregolarmente o doppiamente verso la- | pice. Serrature spesso però patenti, variabili a seconda delle dimensio- - ni del lembo, larghe alla base e sormontate da seta curva. Pagina superiore irta di sete gialliccie, appressate, lunghe 1-2 mm. à (talora però più brevi, appena tubercoliformi) sulla nervatura mediana; | sete più brevi e più rade sui nervi principali, rarissime su quelli di or- á - dine superiore. / resto della superficie glabro, o finamente granulosa. E Pagina inferiore più abbondantemente fornita di sete sulla ner- | vatura mediana e sui nervi: Le sete sono ivi ramose, o pulverulente alla base. Sui nervi di terzo ordine si incontrano sete più pieeole, mentre i parenchima presentasi coperto più 0 meno abbondantemente di peli ; stellati, bianchicci, commisti ad altri semplici. Le ascelle dei nervi se- condari sono oscuramente, o nettamente barbate con peli bianchicci: talora però la barbatura, benchè sviluppata, è poco evidente per causa del forte rivestimento peloso della pagina inferiore. Nervi secondari circa 12-15, obliqui, distanziati o avvicinati gli u- ni agli altri, curvi: nervi di terz ordine tinissimi, talora poco distinti à anche alla pagina inferiore, perpendicolari ai secondari e formanti un | reticolo lasso. | Infiorescenza talora terminale (?) od estrascellare (rara!) più bre- ve della foglia (lungh. 5-8 em. largh. 3-5 em.): pannochia pauciflora (20 fiori circa), piramidale (talvolta subcorimbosa), à rami brevi (2-3 em.), Patenti od obliqui, distanziati, a lor volta ramosi. Peduncolo lungo 3-4 em, esile, soleato, cilindrico, subfu rfuraceo per setule patenti, lunghe 1-2 Wm. sordidamente giallo cenerognole, commiste a pulverulenza. Brat- tee minute, triangolari, linedri, rossiccie sopra e glabrescenti, setose in- vece sotto. Fiori (10-14 mm. di diametro) su pedicelli fur ‘furacei (se- e 0,5-1 mm.) e lunghi da 3 a 8 mm. Calice a 5 (talora 4?) sepali lun- ni 4 mm. profondamente separati gli uni dagli altri, ovali, ottusi, sub- due faccie, o tutto al più provvisti all'esterno di qualche minutissi- mo pelo stellato, ma d’aspetto pulverulento, Corolla alquanto piü gran- de del calice; petali obovati, ottusi, smarginati, o integri. Stami 20 sub- - eguali al calice: antere giallo-brunastre corte, tozze, quasi bifide, a teche subrettangolari, poricide all'apice. Filamenti molto barbati alla base con peli di color ferrugineo sporco. Orario non sempre presente (?), sormon- — tato da 5 o 4 (?) stili. brevi o discreti. Caratteri differenziali, o di affinità. Nella S. angustifolia Turez. i rami, i pieeiuoli, i peduncoli sono setosi, le foglie conformate sullo stampo della nostra specie, anche per quanto si riferisce alle serrature setose (sete eurve) marginali, i caliei glabrescenti: anche gli altri organi del fiore non presentano differenza, mentre poi la patria è comune. L'Angustifolia però difetta di peli stel- lati alla pagina inferiore del lembo, che poi é solo setoso lungo i ner- vi, nudo alle ascelle dei nervi secondari, La S. anisopoda Turez., vivente pure nelle regioni del Centro ame rica, differisce pei calici setosi e per le ascelle dei nervi nude. Gli altri caratteri di questa specie sono pressochè comuni. All’opposto la S. aspera (pure messicana), se presenta le ascelle dei | nervi barbati, differisce pei lembi a base tondeggiante, pei calici getosh per la maneanza di peli stellati alla pagina inferiore. Gli altri caratte- ri son' più o meno comuni. | Taluni autori hanno incluso la nostra specie nella S. barbigera Hook. (N. 3088 della Collezione Galeotti, stato raccolto a Jalapa). Noi ritorneremo su questo argomento quando tratteremodella S. barbigerd : per ora ci limitiamo a rilevare che questa specie ha il lembo glabro 9 subglabro, ad eccezione dei nervi che sono forniti di poche sete, inolt presenta il margine fortemente serrato, ] ‘infiorescenza più sviluppata ed il calice glabro. Comune colla nostra specie è la barbatura alle ascel- le dei nervi secondari. | Quasi le stesse differenze si notano nell'ambito della S. peduncula- ta Hook. del Messico, per quanto questa abbia foglie più grandi della S. barbigera. I lembi sono per lo più fortemente serrati, i nervi secon- eguali fra loro, ad un esame colla lente cigliati al margine, glabri sulle 3: i barbati alle ascelle, le infiorescenze lungamente peduncolate, dai ca- ; tomentosi pulverulenti (non in tutte le varietà peró!) Lagla bredi- ne del lembo vale subito a renderla distinta. : . A primo aspetto una eerta rassomiglianza si noterebbe colla S. sca- i bra Poepp, ma, preseindendo dal fatto importantissimo ehe questa & pro- ia del Perù, uno scambio non può aver luogo se si considera che nel- specie peruviana le foglie hanno nervature poco manifeste, sono to- mentose sotto, senza che si possono rilevare dei peli stellati, i fiori sono inuti e a calice glabro, le antere si aprono per un poro che si pro- lunga in rima. Quali caratteri comuni annovereremo la pannochia ab- breviata e le foglie cuneate, oblunghe, irsute. = Come si è accennato in principio l'Hemsley determinò gli esem- x plari da noi studiati sotto la denominazione di S. leucocarpa Schlecht. cadde in errore, come appare evidente dal seguente specchietto: Caratteri differenziali S. leucocarpa Sehleeht. (1) S. Willdemanni Buse. Caratteri comuni Apice del caule spar- 80 di sete e mueroni. Piceiuolo cosparso di sete dilatate alla base. Apice del eaule se- subglabro. Picciuolo sottile, breve. Lembo acuto agli e > lanceolato ovalare: margine denti- colato, o erenulato, o integro, ` scenza. stremi; margine setoso. Lembo obovato. agina superiore liscia, un po’ ruvida. Nervi 1 15. i Infiorescenza pauciflora Calice cigliato al mar- gine, subglabro all’esterno e all’interno. | Stami searsi. Ovario a stili discreti. Messieo. superiore glabra sul paren-|setosa sui nervi. lunghe. Pagina inferiore mu- nita di peli stellati. scelle dei nervi bar- bat A Sete patenti, miste a quasi Sete chim Pagina inferiore col- lo stesso rivestiment della superiore. Ascel- le dei nervi non bate. Peduneolo coper- pulverulenza sul pe- to di sete appressate. |duncolo. Fiori brevemente pe- Fiori su pedicelli di- dicellati. creti. Uno scambio colla S. Yasicae, quasi del tutto glabra, non è possibile, come neppure colla S. Pringlei, per quanto questa abbia rami, piccioli s peduneoli setosi e peli stellati alla pagina inferiore, poichè le ogn della Pringlei sono molto più grandi, verdiccie, con un picciuolo coper- to di sete appressate; il margine fogliare è poi più decisamente subdupli cato serrato dal mezzo in su; il parenchima della pagina superiore, infine, E. J IMS . á . . : T erosi nella Pringlei è setoso, i nervi alla pagina inferiore sono più num Caule rugoso, glabro o … x (15-21) ele brattee dell'infiorescenza più sviluppate. Analoghe differenze - i i Les i : , jo per offre la Var. micrantha, ma oecorre aver gli esemplari sott occhio pe ; rilevarle. ~ . (D Nel presente lavoro la S. leucocarpa Schlecht. è tenuta separata dà su 8. barbigera Hook. , Per REN concerne le affinità colla S. enti F discos verrà fatta quando tratteremo di questa specie. Caratteri differenziali da i Caratteri comuni S. oreophila Hemsl. | S. Wildemanni Buse. iaia iii | e ET Da | Sete dell apice dell Sete dell’apice cauli- Fusto fine) nelle. - caule lungh. 1 mm. o|nare lunghe 2-9 mm .|parti a | più, appressate o pa-londulate, patenti. Pie sugo: ng stesso mot. Lembo alquanto più rivestimento caule. -Lembo ovale-laneeo- grande all'estremità an- +5 o con pun- lato, lungo 6-10 em. teriore, rossiccio bruno. ta all bic, acuto alla -largo 3-3, L5 em. Margine più decisa- base bo talora ver-|\mente serràto e quasi Sete sui nervi della pa- diccio, talora rossiccio epN subduplieato gina superiore, sete e br errato, a serrature se- li stellati all'inferiore. È e per lo piü|to 2 . Nervi secondari 12-15. | dentieolato- mueronato, Parenehimia della pa- Dore écensa pabili n po’ serrulato (al-|gina ber subgla- pi i Trio), è serrulature bro, granulo Muer Pedu P ' eoperto|rulent E della pa- di setule patenti, ab Calice glabro all’esterno gina superiore tubercu-|bastanza sviluppate. |e all’interno, ad eccezione lato-setuloso. Stami 20. Stili di-|delle parti scoperte ne = Peduncolo coperto di sereti o brev i. boccio | ( 5 sete minute, appressate 4 25 Stili pulverulente e del mar- gine che è cigliato. Messico brevi od atrofici. più ruvide, le foglie arro- dulato o minutamente amente muero- La S. Nelsoni ha il fusto coperto di sete ‘tondate alla base e all’apice, il margine fogliare on : dentato, i nervi più numerosi, la pagina superiore intens mata, infiorescenza lunga quasi quanto le foglie, infine il calice pulve- rulento dentro e fuori ed inoltre setuloso sulle parti scoperte nel boccio. — Per ciò che concerne le differenze colla Selerorum e colla Subal- pina non crediamo di doverei soffermare essendo troppo palesi; per quanto si riferisce ai suoi rapporti colla Seabra Poepp. vedansi le con- ioni alla fine del capitolo relativo a questa specie. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO sla Nella & Willdemanni abbiamo una forma di passaggio la quale pertanto offre moltissimi caratteri comuni con altre, di guisa che non sempre riesce facile al botanico separarla da queste quando non si ab- biano gli esemplari di confronto sott'occhio. In particolar modo è affine colle forme dell'Oreophila a foglie rossiceie (forma rubra) le quali però si distinguono pel lembo lanceolato ovale, anzichè obovato. Strettissima pure è la sua parentela colla S. Pringlei var. micrantha la quale però per i suoi fiori minuti può esser più o meno facilmente riconosciuta. Noi vedremo fra poco quanto intimo sia pure il legame che collega la Willdemannii alla Pauciflora Rose. 23) Saurauia pauciflora Rose Unit. St. Deptm. Agrie. Contrib. Nat. Herb. VIII. Suffrutex ramis foliis peduneulis calicibusve setis rigidis, asperis, rubris obtectis. Folia breviter petiolata, basi rotundata, apice acuminato, serrata; pagina superior pilosa, inferior nervis pilis indutis ceterum pilis stellatis parce obtecta. Lamina 10-16 em. longa 2- 5 em. lata, Inflore- scentia elongata. Sepala orbicularia interiora minus setosa quam exteriora. Corolla albida (N. 3206). Esemplare studiato: Es. N. 3206. (tipico !) stato raccolto da E. W. Nelson presso S. Cristobal Chiapas ad un'altezza sul mare di circa 2100-2600 m. (7000- 8000 p.) il 18 sett. 1895. Fusto sparso di cicatrici fogliari minute e sormontate da gemme setose, cenerognolo, solcato, abbondantemente coperto, lungo i solchi, di sete ferruginee, minute (lungh. 0,5 - 1 mm.) cosparso altrove di granu- lazioni chiare. Apice leggermente dilatato, fulvo per sete appressate, lunghe 3 -5 mm., commiste a pulverulenza. Lo stesso rivestimento sul- le foglie giovani. Foglie brevemente picciuolate (picciuolo lungo 1-2 cm. f ulvo, setoso (sete lunghe 1 mm.), non molto robusto). Lembo ovale lanceolato, cartaceo, verdiccio od anco bruniccio e un po scabro sopra, verde chiaro e molle sotto. Apice terminato, più o meno bruscamente, in pun- STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 287 ta acuta, lunga 1 cm. o meno. Base acuta, o leggermente ottusa; mar- gine subintegro alla base, serrulato-serrato all’ apice, con serrature setose mucronate e con sete fra i denti. Lunghezza del lembo variabile da 7 a 10 cm., larghezza da 2 a 5 em. i Costola poco sporgente: nervi secondari circa 8-15, curvi, un po’ | distanziati, distinti sopra e sotto pel color bianchiceio, fini e poco mani- - festi alla pagina inferiore: nervi di 3. ordine fini, distinti da quelli di 4. ordine; questi ultimi formanti un minuto reticolo, pure visibile alla parte superiore del lembo. E. Pagina superiore disseminata di lunghe sete (4 mm.) sulla costa, di sete più brevi lungh. (0,5-1 mm.) sulle nervature secondarie e sul parenchima ovunque abbondanti. Pagina inferiore abbondantemente | Setosa sulla costa e sui nervi principali. Sete gialliecie, lunghe 2-4 mm. sulla costa, più breve sugli altri nervi, spesso un po’ barbate alla base È (sete della costa’. 77 parenchima è coperto da minuti peli stellati e le ascelle dei nervi secondari mostransi barbate. = Infiorescenza a pannochia lunga 10-15 cm., con peduncolo e ra- mi sottili, talora Tunga quanto la foglia, ma d' ordinario più breve, Pauciflora, (6 - 10 fiori su rami patenti, distanziati). | = Peduncolo lungo 6 - 10 em. fulvo, per sete patenti, sottili, lunghe i 1-2 mm., miste a minutissimi peli stellati bianchi, visibili solo alla lente, che rendono perciò la parte pulverulenta. Rami più distintamente | Setulosi furturacei come i pedicelli che sono lunghi 1 cm. e più, esili. Brattee lineari, setulose, lunghe 6 mm. Fiori di discrete dimen- sioni (22 mm. di diametro). Calice a sepali disuguali, ottusi o subacuti, 1 lunghi 6 mm. e più, bianchicci all’ esterno, fatta eccezione per le parti .. Scoperte nel boccio che sono fulve per sete minute, dilatate e un po | bianchiccie alla base. Parti coperte, nel boccio, della faccia esterna e tutta quanta linterna superficie glabre, ad eccezione del margine che : A leggermente cigliato. Petali lunghi il doppio del calice, ovali od obo- Vati, talora subquadrangolari, smarginati. = Stami 20 circa a filamento dilatato, roseo, ad antere lunghe gial- iceie, bifide poene stretté, porieide all'apiee. Orario glabro a stili lunghi. ; 2E e ME ONES * Questa specie ha solo una lontanissima affinità colla S. mr a e colla S. latipetala, per eui non è il caso di insistere sulle relative dif- ferenze. Più intimi sono i rapporti colle altre specie del gruppo Oreo- philae. Caratteri differenziali e di affinità. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO |. mueronulate. . sete sui nervi Caratteri differenziali S. oreophila Hemsl. S. paueiflora Rose Caratteri eomuni Le aibi lungo 6-10 em., largo 3 -3 !/ Serrature marginali| agina superiore co- P arta da brevissime i- e sul parenchima: talora su quest’ ultimo si hanno solo mueroni. Nervi laterali 15- 0. Brattee minute, li- Nes lunghe da 2 2.6 Podio setoso. Fiori pieeoli, breve- bes pedieellati o sub- sessi Parti dei sepali sco- perte nel boceio (faccia esterna) coperte di peli stellati minutissimi, tami 25. Stili Lea od atro- fiei. Lembo lungo 7 - ds m. largo 2-5 e Serrature ata se- tose: sete pure presenti o-|fra i denti. . Pagina superiore co- perta da sete lunghe. . Nervi laterali 1 Brattee lunghe6 mm. Peduncolo nato di sete e di peli stellati. Sh Spal su 6|pedicelli em. Parti cai del se- pali scoperte nel boccio! rivestite da sete fulve| a base bianehieeia, di- latata. Stami 20, Stili lunghi. Sete del fusto lunghe | 1.,5-4. mm. dilatate alla ba- se e pulverulente. Pieeiuolo breve. Lele cabro superiormente e verdiecio, molle al alla pagina e Apice acuto e base per lo più anche acuta. Margine serrulato serrato. — agina inferiore ME della foglia, pauciflora. Rami eie farfars "gli eo tatto | 3 o "ER "icu EVENE RE E UM cae o uk r STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANI ECC. e doppiamente serrato. . di di Caratteri d ifferenziali Caratteri eomuni S. Pringlei Rose. S. pauciflora Rose Apice caulinare co- perto da sete minutis- sime, miste a pulveru- enza Sete del pieeiuolo ap- pena visibili ad occhio e miste a pulverulenza.|em Lembo lungo 13-24 em., largo 1 em. Margine fortemente Sete della pagina ii in- feriore corte. Nervi secondari 15-26. Sete dell’ apice cau- linare lunghe 3-5 mm. o PRG unghe 1 n al tatto Lembo tando circa in pu 7-11 em. largo 2-Difornito di base acuta. Margine stalo sulle Margine doppiamen- serrature e ueste. te serrulato. scelle dei nervi secon- lunghe sul pa-dari barbate alla pagina renchima, lunghissime; inferiore. Parenchima di sulla costa. questa coperto di peli stel- Sete della pagina in- lati: costa e nervi setosi. feriore lunghe. Nervi fini bianchieei, Nervi sii per poco sporgenti. Infiorescenza di poc inferiore in pete alla foglia o subeguale Lembo verdiccio e sca- Messico. giù quanto il pieciuolo, multiflora. Peduneolosetuloso pul-| verulento; setule brevi. mm. al ro. Sepali setosi sulle parti della faccia ester- Brattee lineari trian- golari, lunghe 4- 6 mm. edicelli spesso hein Fiori di 15- 16 n lametro, pali m Tem 20-25. Ovario à stili brevi o mancanti. inutamente| pulverulenti all i inser- na scoperte nel boccio, del resto glabri, ad ec- cezione peró del mar- .gine eigliato. Stami 20. Stili lunghi. PROIN. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MOSCA La var. micrantha della Pringlei si distingue pressochè per di : stessi earatteri, ma piü di tutto pei fiori piecoli. Ha però circa 20 stami. Cirattor diffenziali | "estu timo E NE MESA CM vare mI EE EE Caratteri comuni i Willdemanni Buse. S. pauciflora Rose i X Lembo assai de Lembo ovale lanceo-| Apice caulinare coperto — anteriormente. lato. sete lunghe, miste a agina superiore se-| Pagina superiore o- pulverulenza à tosa sui nervi, subgla- vunque setosa. Pieciuolo breve, s D .- bra, granulosa sul pa-| Infiorescenza talora| Lembo lungo da TES renchima. subeguale alla foglia.lem, largo da 3-5 em. — — .. Infiorescenza breve. Pedicelli per lo più di- Margine uc. com sêr- Pedicelli brevi o di-'seretamente sviluppati:|rature setos oa . Sereti: brattee minute Eo lineari lunghe| Pagina inferiore setosa triangolari. su e Fiori del diametro|. Fior del diametro di te o pulverulente alla ba- i 14 m 22 mm. Parenchima coperto di Calice elabro all'in-| Calice setoso sulle peli stellati. Ascelle dei 4 mar-|parti iront si nervi secondari barbate. gme, pulverulento sul-|nel boce o, del re le parti esterne scoper-|glabro, ids Vine il Infiorescenza pauciflora. | boecio. [margini che sono un m RE setoso pulve- Ovario a stili brevi! cig eliati. o disereti Orario a stili T TIR "sani 20. z TA Messico. |. dA. PR La S. Selerorum si done per l'aspetto granuloso vellutato della pagina” superiore, per il maggior numero di nervi, per le infiorescenze pic- ' | cole e per altri caratteri ancora. Tali earatteri sono pure reperibili nella E S. Nelsoni la quale però ha un calice puberulo dentro e fuori. Indubbiamente la S. pauciflora d offro ura grandissima rassomiglian- . za colla S. Willdemanni da. cui si può dire si distingue solo per tre | Caratteri essenziali: setulosità più uniforme della pagina superiore, calici | I i setosi parzialmente all’esterno, fiori più grandi. ~ E pertanto una specie anche intimamente collegata colle altre del | gruppo delle Oreophilae e in specie colla Pringlei, e forse uno studio * STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. rietà, più che di una specie buona. a) Saurauia pauciflora Rose var. Ghiesebrechti Buse. Esemplare studiato: - Es. N. 606 (sub nom. Saurauia) stato raceolto dal Dr. Ghiesebrecht — (anno 1864 - 70) a Chiapas. Fa parte delle eollezioni dell' Erbario Im- à periale di Pietroburgo (Plantae Austr. Mexicanae eb) Caule fistoloso gialliccio, leggermente ruguloso e finamente striato : per lungo, glabro. d Apice dei rami coperto da sete fulve lunghe 3 mm., sottili, pure presenti sulle foglie giovani, dove sono più lunghe. Cicatrici fogliari Do | Piccole. | i Picciuolo lungo 2-3 em., giallo bruniccio o bianchiecio sporco, non molto sottile, setoso, pulverulento, furfuraceo. Sete patenti, curve lunghe 2 mm., caduche. Fra le sete minuti pulvinuli. — _ Lembo subcoriaceo, o anche coriaceo, un po’ arrotondato alla base, di rado ivi subaeuto. Apice invece acuto 0 terminato in breve punta. Margine serrulato denticolato, a denti curvi rigidi, mucronati 0 setu- losi, di varia grandezza. = Lembo (esemplare in cattivo stato) lungo 10 - 13 cm., largo 5 - € Ma, obovato, molto allargato verso l'estremo anteriore. Pagina superio- re leggermente scabra, bruno-rossiccia, coperta di sete appressate sulla costa, finissime, lunghe 1-2 mm. circa. Le stesse sete, ma più brevi, Sulle nervature secondarie. Tutto il parenchima disseminato di mucro- mi rossicci e di poche sete. Queste ultime ben distinte ad occhio (lun- ghe 0,5 mm.) appressate, fine chiare. - Pagina inferiore scabra, o non molto moll grigiastra, colla nervatura mediana di aspetto strigilloso furfuraceo Der sete larghe alla base, ma del resto sottili, di colore bianchiccio Fra le sete si nota una minuta e al tatto, ferruginea 0 sporco, lunghe 1,5 mm., appressate á verulenza. Lo stesso rivestimento sui nervi secondari (un po’ anche Su terziari), dove le sete sono più corte, quasi ridotte alla parte basale bianchiccia dilatata, per cui à nervi acquistano un aspetto pulverulento u ‘080, kaos. Lina: -BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Il ani è abbondantemente in di minuti En Sis distinti solo alla lente. Nervature secondarie 15-17, appressate Sh loro, € poco. marcate alla pagina superiore, dove sono più. che altro segnate dal sete. I nervi, benchè fini, sono invece sporgenti alla faccia inferiore, ed ivi patenti, poco o punto curvi, subdicotomi all’ apice. Nervi di 3. ordine distanti gli uni dagli altri, non molto sottili, perpendicolari ai secondari, diritti. .. Infiorescenza per lo più meno lunga della foglia (1) raggiungen- ; te 5 - 12 em, pauciflora, a pannochia larga 3 -7 cm., poco randi pi | ramidale, a rami brevi, distanziati, patenti. - Peduncolo lungo da 2,5 em. a 7 em. sottile, setuloso, furfuraceo (se- T lunghe 2 mm. patenti, gialliccie all'apice, bianchiccie alla base che è dilatata). Tra le sete si nota una minuta pulverulenza fatta di peli stellati. Rami secondari lunghi da 1 a 3 cm., pure fini, a lor volta ra mosi. Pedicelli sottili, furfuracei, di color giatliccio-sporco, lunghi circa 1 em. o meno. Brattee lineari, lunghe 8-10 mm., larghe 2 mm setose, o giallo chiare, furfuracee. Fiori discretamente sviluppati (18- 20 mm. di diametro). Calice a : à divisioni lunghe 4-6 mm, disuguali, lanceolate, ottuse O subacute, : glabre internamente, cigliate al margine: due di esse tubercolate st tutta la faccia esterna, due solo sulla linea mediana, una su un Da del resto glabre. : Corolla lunga più del doppio del calice, o un po meno, a petali ottusi obovati, o subquadrangolari, integri. Stami circa 20 - 25 subeguali al calice, a filamento rossiccio, un po’ appiattito Antere assai lunghe, strette, di color giallastro chiaro, profonde- i mente bifide, poricide all'apice. Punto di inserzione al filamento situato a mezzo il dorso e di color oscuro. Ovario ? ... (1) Un’infiorescenza, staccata, presentavasi più lunga delle foglie dell’es T - Caratteri differenziali o di affinità. Caratteri differenziali D TT Caratteri comuni 2 WEN " S. pauciflora Rose var. S. Willdemanii Buse. Ghiesebrechti Ris re “Lambo sottile earta-| Lembo coriaceo o| Sete apicali dei rami ceo, di rado subcoriaceo bsc a base ot-lunghe 3 mm. fulve. Ec ieciuolo eiim pulve- s a base acuta. u = Margine serrulato, due doppiamen- rulento setulos denticolato mueron u-|te serrato all apice o| Apice del una acuto. Lembo obovato cunei- Nervi secondarii 15-| Nervi secondari 12 - forme. T B di terz'ordine o n di terz'ordi- -— inferiore eoperta di molto sottili. ottili. peli stellati sul paren- Pagina superiore se- poem superiore se- chima, i sete e pulvinuli tosa sui nervi, iltosa sui nervi e sul pa-|sui nerv ; glabra sul AA renchima. Quest'ultimo Sois più breve Ascelle e-lirto anche di mueroni. della foglia, pauciflora. condari oseuramente o] Ascelle dei nervi se-| Stami 20 circa. î nn bar-leondari non barbate (?) Peduneolo setoso: se- | Eivi setoso pul-|te miste a peli stellati. veralen Brattee lineari abba- ratto minute trian-|stanza sviluppate, se- tose. | Fiori del diametro di| Fiori con un Sari 0-14mm. Sepali pulve-|tro di 18-20 m rulenti sulle parti sco-! Sepali ci sul- CRUS ci faccia ester- le Bow scoperte de ella caratteri: l apice del Dalla forma genuina differisce pei seguenti coriaceo, non cartaceo fusto è solo setoso, non pulverulento: il lembo è x neppure ovale, inoltre presenta una base tonda, ed è un po’ più grande; i nervi secondari sono alquanto più numerosi e più manifesti sotto; il pa- renchima della pagina inferiore è setoso- -tubercolato, anzichè solo setoso, Alla pagina inferiore i nervi sono setosi pulverulenti, anzichè forr niti di sete barbate alla base; le ascelle dei nervi secondari non son barbate; i sepali sono tubereolati, anzichè setolosi nelle parti esterne seo- - perte nel boccio. Le analogie perd sono anche molte, e si riferisco- no: al pieeiuolo breve furfuraceo setoso; all'apice fogliare terminato in - punta; alla pagina superiore setosa, all’ inferiore analogamente confor- | mata, ed inoltre rivestita da peli stellati; all'infiorescenza pauciflora, ta- | lora subeguale alla foglia; al peduncolo setoso, con sete miste a stellati; alle brattee allungate; ai fiori di dimensioni discrete; agli stami poco numerosi e infine alla patria comune. Dalla S. latipetala differisce per la forma del lembo, per la man- canza di un rivestimeuto granuloso alla pagina superiore della lamina, pei fiori meno grandi, meno ricchi di stami, ẹ per altri caratteri. Coll'Oreophila non può esser confusa non avendo il calice puberulo sulle parti scoperte della faccia esterna, presentando una pannochia più lunga, serrature più distinte al margine fogliare ed altri caratteri diffe- renziali di minor momento, tra cui la mancanza di barbature alle ascelle. La S. Pringlei ha lembo cartaceo, base del lembo acuta, margi ne più grossolanamente Serrato, sete pulverulente alla pagina inferio- È re, ascelle dei nervi secondari barbate, brattee brevi, infiorescenza corta; 3 sepali pulverulenti nelle parti esterne scoperte nel boecio. T Dalla S. aspera differisce principalmente per la mancanza di sete x barbate alle ascelle dei nervi secondari e per la presenza ‘di peli stel- lati alla pagina inferiore. 4 Nella $. Humboldtiana (non del Messico !) abbiamo una forma più = decisamente mucronata alla pagina superiore della foglia, con uw im - fiorescenza del tutto differente, munita da brattee esili. ì La Rubiformis differisce notevolmente per aver i fiori 9 apetali e pei calici pubescenti anche internamente. Colla 5. Nelsoni (calice pulverulento dentro e fuori) e colla S. Se lerorum (pagina superiore del lembo vellutata per tubercoli) le affinità i sono così scarse che non merita la pena di discuterle. di iiu SAUT Le A 23) Saurauia Villosa DC Mem. Soc. Phys. Geneve I 1822 p. 420 e Prodr. Sinonimia: Obelanthera melastomacea Turez. Ann. Soc. Bot. Mo- seou 1858. . STUDIO MONOGRAFICO SURE SPECIE AMERICANE ECC, . 295 Leucothea villosa Moc. e Sessè Fl. Mexic. ined. (DC. Mem. Ternstr.) Davya villosa De. Prodr. e Mem. Ternstr.: Don. Gen. Syst. f. Gard. u. Bot. Leucothea excelsa Moe. et Sessè (Steud. Nomenel.). Saurauia macrophylla Lind. e Paxton Flora Gard. II Londra 1851. Saurauia obelanthera Turez. l. e. XXXI 1858 I. 245). Tavola in Lind. e Paxt. Saurauia (an villosa ? DC. Prodr. I 251) foliis magnis elliptieis basi sensim attenuatis et acutis, apiee aeutissime aeuminatis, margine _ subduplicato-argute dentieulatis, denticulis setula recta terminatis, ra- mmlorum apicibus, petiolis pedunenlis eum alabastris densius foliorum- que pagina utraque minus dense hispido villosis. In sylvis Jalapae sed mie. Lo Schlechtendal, da cui è tratta questa descrizione, ha pure accen- nato ad un’altra forma così contrassegnata: Foliis magnis late ellipticis inferne laeviter attenuatis, basi obtusis apice rotundatis brevissime acuminatis, margine minute denticulatis, subulatis, ramulorum apicibus petiolis peduneulisque hispido villosulis, pagina supera foliorum seabriuseula, infera molli subtomentosa. — . lnfloreseentiae e superioribus progredientur axillis; panieulae pedun- culo 2-6 pol. longo anguloso ferunt, irregulariter sunt ramosae, multi- florae (4 circa pol. altae) braeteolis aliquot minutis angustis ad summum tres linees longis; ramulos suos rarius suffulcientibus, sed iis inferius positis sunt instruetae. Flores parvi, expansi diametro vix 5 lineas me- tientes, - Calicis laciniae fere 1 !/, lin. longae obtusissimae, in pagina è exteriore ex situ in alabastra varie tomentosa duae totae, tertia dimidia, quarta anguste in medio, quinta nullo modo tomentosa. Petala majora ue Obtusissima. Stamina his breviora, filamentia filiformia basi di- $ a: et pilosa nonnihil conexa; antherae oblongae dorso paullo supra sin affixae, summo apice, rima brevi porum fere mentiente dehiscen- - Arbor floribus albis (Schlecht. Linnaea X 1875). re Lo Sehlechtendal aggiunge che la prima forma è fornita di peli Tossicei al tatto, ha un picciuolo lungo 1 1/,-1 ?/, di pollice, un lembo ungo 8-10 poll. e largo 4 pol. più pallido sotto e glaucescente. Le ner- Vature Parle ammontano a 20 e da esse si staccano delle nervatu- SER e LAC PROFF. LUIGI BÜSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO riccio, — .Pieciuolo lungo 35-40 mm., robustissimo, coperto da un pale 2 Tre di terzo ordine parallele, pelose. Le foglie giovani sono infine molto pelose. La seconda forma, che l'A. non erede debba essere elevata al grado di specie, differisce dalla precedente per le foglie più grandi, lunghe 1 piede, larghe 6 pol. eon un piceiuolo lungo 1 t, pol. La base del lembo ; fogliare è ottusa, l apice meno acuto e non si prolunga in punta così lunga come nella precedente; il margine ha dentature meno cospicue, - quasi mancanti e porta delle sete curve, rivolte coll’ apice verso il | margine stesso, appena visibili alla lente. Le vene sono più numero- se (25 circa). L' indumento poi è differente poichè nella prima forma i - peli sono distinti, lunghi e rigidi, per quanto costituiscano un tomento un po’ molle essendo ovunque abbondanti, nella seconda invece peli si mili si trovano all’ apice dei rami, sui pieeiuoli e sui peduncoli e lun- go i nervi, ma sono più brevi. La pagina inferiore del lembo presentasi poi densamente coperta di peli molli, brevi, bianchi, ma accanto a questi sonvi inoltre dei tubercoli minuti che rendono la superficie scabra. Stando a queste descrizioni la S. villosa DC comprenderebbe al meno due forme o varietà; ma noi vedremo ben tosto come a causa della diagnosi ineompleta del DC molti autori abbiano confuso la nostra specie con altre. ‘’ Esemplari studiati: Es. N. 329 di Schiede (Herb. di Berlino). Es. N. 11778 della Collez. di Turckheim, stato raecolto ad Alta Vera Paz di Guatemala a 1350 m. sul mare (Erb. di Ginevra, Berlino, Leida e Christiania). Es. N. 2518 stato raccolto dal D. Smith a Chinantha (Guatemala) ^ a circa 4000 p. (Maggio 1892) e contrassegnato, nei cartellini, col nome di S. macrophylla Lind. (Erbari di Washington e di Berlino). Es. N. 210 stato raccolto da Botteri a Orizaba (sub nom. S. sel brida Hemsl. k Fusto bruno robusto villoso per sete fulve, curve, patenti, un po dilatate alla base, lunghe 4-8 mm. Foglie giovani giallo dam per e stesse sete miste però a mueroni. Cicatrici fogliari ovali grandi, umbellieate al centro, di color ne Ha S ct die ee Lo PAIS ks 2 Y > : STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. feltro di sete lunghe 3-4 mm. patenti, curve, caduche (non sempre !) commiste a minuta pulverulenza bianco gialliccia, o a minuti peli stellati. Lembo sottile, cartaceo o anche subcoriaceo, ovale od un po’ obo- vato, lungo 15-32 cm., largo 8 - 12 cm., un po’ scabro, verde bruno od anco rossiccio (Es. Botteri) sopra, più chiaro e molle al tatto alla pagina inferiore. Apice ottuso o leggermente acuto, talora appuntito; base arrotondata o subacuta, diseguale; margine integro o denticolato mucronato, serrulato, setuloso, a seghettature talora distanti le une dalle altre (corrispondenti alle terminazioni dei nervi secondari) curve: fra le dentature e serrulature sonvi delle sete che simulano denti minori. 199 Pagina superiore irta, sulla costa, di numerose sete appressate, 7: fulve, diritte, lunghe 2-4 mm. Le stesse sete, ma più corte, (1 mm.) e più rare si trovano sui nervi di 2. ordine. Sul parenchima le sete presentansi di varia dimensione (1 mm. sull'esempl. di Botteri) e ivi sono commiste a tubercoli o mucroni bruni. Pagina inferiore d'aspetto subvilloso tomentoso, coperta da analo- ghe sete gialliccie, spesso pulverulente alla base che talora è un po’ di- latata (Es. Botteri). Le sete sono molto lunghe sulla costa (4 - 6 mm.) Sui nervi diventano relativamente corte ({ mm.) ed ivi si presentano associate a peli stellati bianchicci, ben distinti come tali solo alla lente, i quali poi sono diffusissimi sul parenchima. - . Costa molto robusta e rilevata; nervi secondari in numero varia- bile (18 - 32), patenti, appressati fra loro alla base, diritti o a decorso | Wn po’ irregolare, un po’ distanziati gli uni dagli altri all’ apice del lembo, paralleli, indicati alla pagina superiore, più che altro, dalle sete, Subdieotomi e un po’ curvi verso l'estremo libero. Ascelle distintamen- te (Es. di Smith) od oscuramente barbate, o talora anche imberbi. Ner- vi di 3. ordine finissimi, perpendicolari ai secondari, diritti o un po' curvi, non molto distanti gli uni dagli altri, talora risolventisi in un reticolo lasso nel mezzo del parenchima. Infiorescenza lunga quanto la foglia o di poco più breve (24 n 31 em. di lungh. per 12 em. di largh.) ampia, ramosissima, subcorim- Bosa © piramidale, ricca di fiori. Peduncolo lungo 13 - 14 em., robusto, solcato per lungo, bruno ros- xa (SA po i ES N | | PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Sieeio, villoso al pari dei rami e delle brattee. Sete patenti, curte, fulvo gialliecie, lunghe 1, (Es. Bott:) 3-4 mm., commiste a pulveru- lenza o barbate esse stesse alla base. Brattee triangolari, lunghe 3-9 mm., di rado raggiungenti 7 em. (Es. Botteri) setose, spesso sona dal sito normale. d Rami basali lunghi 10 cm. cirea, obliqui o patenti,'a lor volta e gamente ramosi, distanziati fra loro. 2 Pedicelli sottili o robusti, lunghi 4 - 8 mm. bratteolati, furfurae per sete patenti lunghe 1 mm. Y Fiori non molto grandi (1cm.) a calice piccolo: sepali lunghi 4 5 mm. ovali, ottusi o subacuti, coperti di minute setule appressate, ap pena visibili come tali ad occhio, pulverulente. Le setule sono presenti | su tutta la faccia esterna dei due sepali esterni, sulla linea mediana di due altri e su un lato della faccia esterna del quinto. La rima — — mente saperficie esterna e lu parte periferica dell'interna (di color ros- siccio) presentansi pulverulente. Il margine è un po’ cigliato. Corolla a 5 petali, lunghi il doppio o almeno superanti !/, la lun- ghezza del calice, (lunghi 6-7 mm.) subquadrangolari io un po’ ovali od obovati, talora smarginati, Stami 20 - 30, subeguali al calice, saldati alla base della corolla, a filamento breve, ad amtere lunghe ma strette, ^ di color giallo chiaro, poricide all’ apice, profondamente bifide e inse- 3 rite sul filamento a mezzo il dorso. Villi basali del filamento deve i © brunastri, o biancastri, non abbondanti e corti. : L Ovario, quando è presente, è sormontato da stili corti (Fiori dioici ?) Caratteri differenziali e di affinità. -La grandezza e la forma della foglia, lo sviluppo dell’infiorescenza ' la villosità dei sepali valgono a primo aspetto a distinguere la 5. villosa dalle forme del Gruppo dell Oreophilie, quale la S. oreophila, la S. læ tipetala, la S. Nelsoni, la S. Wildemanni ed altri tipi, che pur e sendo delle stesse regioni e pur avendo le ascelle dei nervi secondari barbate e peli stellati alla pagina inferiore del lembo presentano foglie e infiorescenze di modeste dimensioni. Um aria di parentela si nota colla S. Pittieri della Costa Rica, la quale peró differisce pei seguenti caratteri: i rami, i picciuoli e la PE PX Vx STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. nochia sono ferruginei ruvidi, i lembi fogliari non presentansi eecessiva- mente grandi, mentre sono molto arrotondati all'estremità anteriore (non | sempre però !) ed hanno la base acutissima; la pagina superiore è rive- = stita di mucroni, mentre sull'inferiore si hanno dei peli stellati minutis- — simi; la corolla infine è di poco più grande del calice. Insomma tutto ac- cenna ad un differente grado o a differente modalità di xerofitismo. D'altra parte i caratteri di rassomiglianza sono pure molti. Le fo- glie sono infatti nella Pittieri obovate e mostransi tubercolate alla pa- gina superiore (tubercoli rossicci però !): la pannochia è grande, ramosa, subeguale alla foglia o persino più ampia di questa; i sepali infine ugualmente puberuli setosi, gli stami non molto numerosi, gli stili brevi. S n Caratteri differenziali Caratteri comuni S. bullosa Vawre S. villosa DC. | Foglieacuminate, ap-, Apice fogliare spes- Pagina superiore e api- puntite, coperte di bre-'so ottuso, o poco aeu-|ce del fusto setosi. ve tomento e bullate,| brevemente picciuolate. | "Nervi 20-25. Fiori grandi su in- fiorescenze pauciflore. Calice strigoso sulle scoperte nel boc- Columbia. minato. Lembo rivesti- to inferiormente di peli stellati, ma non bullato. Picciuolo lungo. Nervi 20 - 32. perte nel boccio. Stili brevi Margine fogliare mu- eronulato dentato. Pannochia lunga quan- to la foglia, a brattee trian- golari i Messico, Guatemala. La S. scabrida Hemsl. differisce, per quanto si può giudicare dalla descrizione dell'autore inglese, per le foglie scabride sopra, e per gli stili lunghi. Le due specie concordano, oltrechè per la patria pei seguenti caratteri: i fiori sono piccoli, portati da pannochia amp assa e ramosa; il calice presenta i sepali disegualmente grandi, ovati, arrotondati, ottusi, setosi o tubercolati sulle parti scoperte nel boccio. comune, ancora ia, 300 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATÉLLO Nella S. tomentosa HBK., abbiamo pure una forma molto scabra e setosa, ma questa differisce per le foglie tipicamente lanceolate ed ar gutamente denticolate, rigide, callose, ruvide sopra, tomentose bianchie | eie sotto, al pari dei rami. Le basi fogliari poi sono molto più ottuse | le vene più avvicinate le une alle altre, i picciuoli e le pannochie più brevi, i calici fioccosi tomentosi, gli stami più numerosi, gli stili presenti. La S. pycnotricha differisce per il lembo alquanto diversamente - conformato, a base un pò decorrente, per le dentature molto accentuate, — per la pagina superiore disseminata di sete al pari dell'inferiore; ag- - giungeremo chei sepali si presentano pulverulenti o subglabri all’ester- 3 : : : Eel PEE Di no, glabri all'interno, mentre l'ovario è sormontato da stili lunghi. Caratteri differenziali | Caratteri comuni - S. excelsa Willd. S. villosa DC. Pagina superiore del-| Pagina superiore del-| Sete WO Ape la foglia rpg Pin-|la foglia per lo piü|all'apiee d feriore setosa verdiecia , l inferiore foglie AAEE ji Ascelle dei nervi non|coperta di peli stellati. Piedad lungo, ro bi barbate. Ascelle dei nervi bar-|sto, portante lo stesso m Calice pulverulento|bate. Calice puberulo — dell’apice eat anche dentro. dentro, ma solo verso|linar Stami 25-30. l'or Lilo grande, obovato Venezuela. et 20-30. ovale, acuto agli veri i Messico, Guatemala. |o anche un po’ ottuso. i Nervi 20-24. Margine delle foglie denti Pagina superio a i mosa, fornita lunghe, villoso-setosa. Fio ri discreti. Calice uberulo. ; È ande del calice. S spesso atrofici. : La S. xanthotricha, non costituendo che una varietà della Su er Caratteri differenziali S. seabra HBK. S. villosa DC. Caratteri comuni Fusto pulverulento, ferrugineo, bruno, con brevi sete all'apice. di °° + | te setulos : coment parolato ; serrato o muero Nervi secondari 25. Pagina inferiore di r dei nervi non Sri rescenza minu- tamente tubercolato-se- ? ; tre °° sulle parti e- Sterne scoperte nel } P nato-|crona 0. | denticolato. Pagina superiore ver- Pagina superiore ros- diccia. - siccia, Nerv io. 3 Corolla subeguale al Fusto ferrugineo, onana setoso Papic “Piccolo fortemente al hot fogliare mu- 4-20. Peli stellat alla pagi- na inferiore sviluppati e cosi pure le sete alla superiore del lembo. . Ascelle dei nervi barbate. Infiorescenza distin- tamente setulosa Bratte resto conformato come nella S. seabra. Corol- Pieeiuolo robusto Lembo grande, ovale, bovato, acuto all' api cé, assotigliato pr grin alla base od ottuso Pagina superiore tu- barche scabra, granu- lare. Infiorescenza grande. Ovario a stili brevi o lunghi. la più grande del ca- lice. Stami 20 - Guatemala. e vide Pete al e o di poco più T ba: 30-35. Colimbis, -Dalla S. brachybotrys tipica, coli, per l'infioreseenza molto più sviluppata, per le ti, molto distinti. di sotto di peli stella la S. villosa differisce pei fiori pic- foglie più grandi, a 302 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO 4 * ^e In Caratteri differenziali Caratteri comuni S. aspera Turez. | S. villosa DC. Caule minutamente | Caule distintamente Margine fogliare den | setuloso, pulv to,|setuloso, pulverulento|colato. Apice acuto. tubercolato all’apice. ‘all’apice. Ascelle 3d nervi secon- — Foglie di dimensioni Foglie per lo pitldari barbat mediocri o piccole, bre- molto grandi o almeno| Pa agina puli della | vemente picciuolate, mediocri, lungamente foglia pis. di tubercoli | Base fogliare molto picciuolate. Basefoglia-le sete, sca ottusa. re, ottusa od acuta. tone NU Nervi non molto nu-| Nervi numerosi ap-|subeguale alla foglia. — merosi, SR gli uni|pressati o distanziati| Brattee dell’infiorescen | dagli altr gli uni dagli Miri. za lineari. Pons m co-| Pagina inferiore co-| Fiori non molto grandi. perta di sole sete. perta di sete e di peli|^ Stami non molto nume- Calice setuloso sulle stellati. rosi. parti scoperte nel boc-| Calice pulverulento Messieo. cio, del resto glabro. |su tutta la faccia e- orolla di poco piü|sterna e parzialmente cd idaga del calice, all’ interno, setuloso i- | 3 Stili lunghi, noltre sulle parti sco- 3 i sterna) nel boceio. Stili per lo piü bre- vi. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Caratteri differenziali S. Ruitziana Stend. S. villosa DC. Caratteri comuni 3 pos del fusto ap- press Foglie adulte talora subglabre superiormen- te, tonde spesso alla base, Vene poco o punto marcate alla pagina in- feriore del lem Infiorescenza GIN della foglia à fiori subsessili, in glo- meruli, Tot and a calice) villos Perù-Chile. Fusto adulto coperto i sete tipiche, anzichè di sete MILITARI: se-| i ue, spesso acute alla Vene eee e se- gnate alla pagina infe- riore del lembo. Digi subegua- in grandezza, “alla foglia, er lassa. ecoli o di- screti jo Mon varie- tà), a calice setuloso fas Guatemala, Messico. [pe i| riore Rami giovani squamosi, Fo glie : acuminate, minu- tamente serrulate, molto elose alla pagina inte- Ra ami , pieciuolo e pan- nochia incilsmehis villosi. Trattandosi di una specie a fiori probabilmente unisessuali potrebbe esser seambiata eolla S. rubiformis (America centrale!) pure ferruginea, Setosa sui rami, sui peduncoli, sui pieciuoli, dalle foglie irte e dall’in- fiorescenza grande, coi calici setosi brevemente: la Rubiformis, per altro si distingue pei fiori femminili apetali, per l'ovario longistilo, pel calice pressochè glabro, per il lembo molto ottuso, arrotondato alla base e me- no grande. Lo stesso dicasi per la 5. pseudorubiformis e per la S. costaricensis che non hanno però fiori ¥ apetali. La Costaricensis . Cile a riconoscersi per l'ovario peloso. è, fa- PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali Fiale). S. pseudo excelsa Busc. RCM LAT -01070 00 IRA . Pagina inferiore co- giallicei o bianco spor- chi, commisti a pulve- rulenza. Ascelle dei nervi non barbate alla pagina in- feriore. Infioreseenza non mol- to ampia, né molto lun- ga. . Fiori grandi, subses- sili o brevemente p ] . I ehicei. e-|lo in parte sulla faccia! S. villosa DC. Caratteri comuni . Pagina inferiore co- Picciuolo lungo, robu- perta, sui nervi, da sete|sto, vestito di sete eurve, spesso dilatate o pulve-|lunghe assai, fulve, miste rulente alla base. Illa pulverulenza. parenchima è rivestito di peli stellati bian- Ascelle dei nervi bar- bate alla pagina infe-| riore. Calice piccolo, setoso sulle parti scoperte nel boccio, pulverulento so- Lembo molto grande, 3 ovale, obovato, un po’ sea- ro e rossiccio sopra, mol- le al tatto sotto. Margine uic dentato, serrulato con se sui denti e fra i denti. Apice aeuto e eosi pure la base. Pagina superiore setosa i nervi, con sete varia- u mente lunghe, setosa e tu- bercolata sul parenchima. Nervi secondari 22-28, poco distinti sopra; quel- dicellati. interna. i di terzo ordine si risol- Calice grande, tuber- Stami non molto nu-|vono in reticolo nel paren- colato esternamente sul-|merosi. i le i scoperte nel Stili brevi o man-| Infiorescenza setosa pul- boccio, pulverulento su canti. erulenta. rattee non tutta la faccia interna. America Centrale. {molto randi, triangolari. Stami numerosi, Sepali tubercolati sulle Ovario a stili lunghi, capitati. Columbia, Guajaeuil. . Differisce dalla S. lungo, per il lembo grande, pulverulento- Ursina Tr. ; :ceiuolo e Pl per la patria, pel picciuol per un minor rivestimento di sete alla S »- &ma superiore, per i peli stellati all’ inferiore, per l’ infiorescenza p^ — - grande ma a fiori più piccoli, e infine per gli stili brevi. Infine differisce dalla ‘1 pieciuolo S. villosa var. tubercolata per il pice : setoso, per la pagina superiore setosa, poco tubercolata, pe 1 1 è, s . . . 1 i i fior! la pagina inferiore villosa tomentosa, per i nervi più numerosi, pe : ; È STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 305 piccoli. A riguardo delle differenze rispetto alle altre varietà vedasi il relativo paragrafo. x) Saurauia villosa DC. var. Hahni Busc. (1) (Tav. 4. fig. 5). Esemplari studiati. Es. del Mus. Imp. di Pietroburgo (proveniente dal Mus. di Parigi) stati raccolti dall'Hahn a Misantha (Messico) nel giugno 1866. Es. N. 1126, stato raccolto dal Botteri ad Orizaba. Collez degli Erb. di Kew e di Washington. Es. del Museo di Kensington, stato raecolto nella Nuova Espana (Cl. 12) sub nom. Palava hirsuta I. Don e Palava villosa Es. dell’Erbario di Kew (Collez. Sallé) stato raccolto dal Botteri a Orizaba (N. 494). Es. dell'Erb. di Washington, stato raccolto da C. Purpus nelle fo- reste umide di Zacuapan (Stato di Vera Cruz) nell'agosto 1906. Es. d. Erb. di Parigi, stato raccolto sui Monti di S. Cristofaro di Orizaba (Maggio 1866). Es. d. Erb. di Parigi, stato raecolto sul Rio Branco d'Orizaba (Collez. di Borgeau 1865-66). Es. dell'Erb. di Parigi, proveniente dalla Collez. Galeotti (N. 7057) stato raccolto a 4000 p. d’ altezza lungo i torrenti d' Orizaba, nei mesi di Giugno e Ottobre. (Nel cartellino annesso all'esemplare trovasi la seguente indicazione: è un h piuttosto raro, dai fiori bianco rosei). Es. d. Erb. di Parigi, stato raccolto nel 1844 a Huatusco. N. TI di Sriesbacht, (fiorit. in Luglio). Es. N. 494 dell'Erb. di Parigi, stato raccolto dal Botteri a Orizaba. Fusto bruniecio, solcato, fistoloso, coperto all'apice da sete fulve, appressate, sottili, lunghe 4 mm., talora dilatate alla base (Es. 1126), pulverulente. Lo stesso rivestimento si ha sulle foglie giovani. Picciuolo poco o molto robusto, talora raggiungente 6 cm. (per lo più lungo da 3 a 3,5 cm.) fulvo, ferrugineo per sete appressate, MM (1) Dedieata ad ITahn, membro delle Comm. Scient. di Parigi, cui si deve là cono: *cenza della pianta, avendola egli raccolta. lunghe 3 mm., curve, spesso pulverulente e dilatate alla base (Es N, ; España) le quali poi diventano, sui picciuoli assai vecchi, atrofiche, bruniccie-ferruginee. Lembo obovato, euneiforme, lungo 19-33 cm., largo 8-13 cm., sot- tile, cartaceo, rossiccio 0 verdiecio bruno, (Es. N. España) wm po’ sea- bro, 0 all’opposto quasi molle al tatto (Es. 1126) alla pagina superio re, d’aspetto pulverulento-tomentoso, gialliccio verdiecio sul parenchi- ma della pagina inferiore, setoso, gialliccio sui nervi della stessa fac- cia. Apice acuto, acuminato 0 terminato in lunga punta (Es. 1126 e 494); base acuta 0 arrotondata Es. 494), asimmetrica. Margine alla, base integro o al più denticolato mucronato, dal mezzo in su parca- mente denticolato-dentato od anco grossolanamente serrato (Es. 494); tutto il margine è inoltre’ densamente coperto di lunghe sete (1-2 mil.) di color fulvo, per cui appare barbato. i Pagina superiore coperta parcamente, sul parenchima, da sete fine, lunghe 1 mm. (Es. di Kensington) od anco 3-4 mm., gialle, appressate, spes- so poco distinte. Le stesse sete, ma più abbondanti, si hanno sui nervi e in specie sulla costa che appare barbata. Le sete segnano il decorso dei nervi poco appariscenti alla pagina superiore. Pagina inferiore col parenchima disseminato di peli stellati, ben distinti a debole ingrandimento, poco ad occhio nudo, bianchicci, mo? eccessivamente abbondanti, per cui la superficie appare piuttosto pulve- rulenta ad oechio nudo. I nervi e più ancora la costa sono setosi. Sul nervi secondari le sete sono giallo chiare e lunghe 1-2 mm. sulla c — | sta, invece, si mostrano fulve, lunghe 3-4 mm., un, po’ curve e talora dilatate alla base (Es. N. España), oppure miste a peli stellati (Es. 494). Le ascelle dei nervi secondari si presentano oscuramente barbate e la barbatura si diffonde alquanto lungo la costa. Nell Es. della N° España la barbatura manca del tutto. Nervi secondari circa 17 - 22, patenti, distanziati, fini, curvi, poc? sporgenti sotto, dicotomi. Nerri di 3. ordine, finissimi, ondulati o diritti distanti gli uni dagli altri e perpendicolari alla costa o ai secondari. + primi sì esauriscono nel parenchima, : Nervi di 4. ordine formanti un fine reticolo, mal distinto ad occhio nudo. Costa poco sporgente, ma discretamente robusta. Y PE Leto E VE E METRE E STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 307 Infiorescenza pauciflora o multiflora (Es. 1126) a pannochia ta- lora appena un po’ più lunga del piceiulo, ma d' ordinario raggiungen- te la metà della foglia (Es. 1126), lunga perciò da 7 a 15 em., larga da 3 a 8 cm., talora piramidale, del tutto coperta da sete fulve, fer- ruginee, appressate, lunghe 1-3-4 mm., (Es. N. España) miste a pul- verulenza cenerognola. Peduncolo lungo 3-8 cm., (Es. 1126) robusto o sottile. Rami scarsi, lunghi 1-3 cm., (Es. 1126) distanti gli uni dagli altri, patenti. Pedicel- li brevi o discreti (4-10 mm.). Brattee lineari o triangolari, lunghe 4-8 mm., larghe 2-3 mm., talora un po’ ineurvate (Es 1126). Bratteole dei pedicelli (profilli) spesso spostate dalla sede normale e più o meno avvicinate al calice. Fiori discretamente grandi (18 mm.). Calice a sepali ottusi od acuti, ovali ma stretti, lunghi 6-7 mm., pulverulenti - tomentosi gial- licci all’esterno ed all’interno ed inoltre setosi sulle parti scoperte, nel boccio, della faccia esterna. Le sete nell'Es. 1126 sono fulve, barbate alla base, appressate e lunghe più di 1 mm; in quello di N. Espana raggiungono al più 0,5 mm. Corolla rossiceia negli esemplari d’erbario, a petali !/, più lunghi del calice od anco subeguali a questo, subqua- drangolari, stretti. Stami 25-30 circa, a filamento tozzo, bruno, barbato alla base con peli bianchi, ad antere giallo chiare, allungate e ristret- te, bifide e poricide all’apice. Ovario glabro a 5 stili brevi (Es. N. 494), - discreti (Es. di Zacuapan), o lunghi (Es. 1126). Caratteri differenziali e di affinità. Dalla S. Villosa tipica differisce, più che altro, per il caule a Sete più brevi, pel lembo più sottile, più lungamente setoso sopra, pul- verulento in parte sotto, pel margine fogliare piü fortemente dentato e più lungamente setoso, pei fiori più grandi, per l'infioreseenza più bre- ve e spesso pauciflora. Dalla var. fubercolata differisce pel lembo più grande, non coriaceo o subeoriaeeo, più distintamente setoso sopra e coi peli stellati e le sete più svilluppate sotto, per l infiorescenza più bre- ve, pei sepali più tomentosi, più decisamente setosi sulle parti € nel boccio e pulverulenti all'esterno. S. scabrida Hemsl. Pieeiuolo breve. Lembo laneeolato ob- lanceolato Base ase fogliare per lo più ottus tato se 0. Pagina superiore del etos Nervi secondari 15, sotto. ca e peli stellati spesso cadue Calice sales inter- namente. La $. aspera Turez. date, il che si osserva le, fra l'altro, e rivesti | tro e fuori, Caratteri differenziali i ———MM MÀ — Re Li ia atei fogliare den-|serrato, setoso. rrul distinti o sporgenti|della pagina Sete della pagina inferiore all’intern e site un margine assai più La lunghezza delle sete e l'i Caratteri comuni S. villosa DC. var. Hahni Busc. Picciuolo lungo. Lembo distintamente obovato ovale ge Basi fogliari acute. |riore, tomentose NT inte Margine denticolato, rio Nc ervi setosi. Ascelle ái agina superiore ros- nervi secondari barbate. - siccia, poco séabra el Pieciuolo robusto, co- lembo rossiccia, gial- piuttosto se verto di sete appressate ete e peli stellati diseretamente sv viluppato, inf. non|cuneiforme, ad apice acuto od acuminato. Pagina in- feriore, pulverulenta to- Calice ICH gli uni dagli altri, subdi- cotomi, poco distinti Sopra. Sete abbondaati sui nervi e sulla costa delle due pa- gine. Infiorescenza paucr flora ti, brevedella o r crescente, setuloso sulle parti scoperte della fae- cia esterna. Ovario a stili spesso brevi. : Messico. presenta le basi fogliari tipicamente arro più di rado nella S. villosa var. Hahni, la qua ta di peli stellati alla pagina inferiore del lembo setuloso, e un calice pude den Parti giovani ferrugi- nee, fulve. s lee tose alla pagina supe- I LI v poco ferruginee, miste a pulve- sporgenti ND. rulenza. Lembo cartaceo, mentosa. Nervi distanziati | infiorescenza accorciata jomebbeti fare - A re SE x FA E SAEC C AUA o STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANI ECC. assimilare la nostra forma alla Ruitziana, ma a prescindere che questa è propria del Perù e regioni vicine, basterà aver presente, per distin- guere le due forme, che nella specie peruviana i fiori sono notevolmen- te più grandi, la villosità più intensa, l'infioreseenza più glomerulare. Parimenti l'intensa villosità della S. pyenotricha potrebbe indurre il sistematieo in errore, ma questa specie, proprio dall’America meridio- nale, ha il lembo più tipicamente acuminato e decorrente alla base, privo di barbatura alle ascelle, il calice glabro internamente, puberulo o subglabro all’ esterno, l'ovario infine a stili lunghi. Non vi ha dubbio ehe tra le due forme vi hanno però anehe molti punti di contatto e noi eilimitiamo ad aecennare al lembo membranaceo, molto setoso sopra, grande, abbondantemente fornito di nervi, eon un margine serralato e setoso, ai peli stellati della pagina inferiore. = La S. æanthotrica non può andar confusa colla nostra torma non avendo infiorescenza breve e pauciflora, non presentando, alla pagina inferiore accenno di lunghi peli stellati e infine non mostrando traccia di barbature alle ascelle dei nervi secondari. —— i Parimenti nella S. Lehmanni, per quanto assai setosa, mancano i lunghi peli stellati alla pagina inferiore del lembo e poi si incontra un ovario leggermente peloso. Da ultimo noteremo ancora che la var. Hahni offre una certa ras- somiglianza colla S. Benikiana, la quale però è una forma coltivata. * * + Fra gli esemplari stati raccolti nella stessa località (Minantha) e- dalla stessa persona, aleuni furono da noi inglobati nella var. scabrida. Perciò riesce difficile comprendere à quale delle due forme volesse al- ludere Hemsley allorchè nella sua opera «Biol. Cent. Am.» accennava alla Saurauia di Misantha raccolta da Hahn, riferendela alla Scabri- da di eui non sarebbe ehe una varietà. Poco ei informa a questo rl- guardo la descrizione che ei ha dato, poiehé mentre da un lato afferma che siffatta varietà ha un indumento più ferrugineo della Scabrida * (Hemsl.) e foglie tonde alla base, i quali caratteri si riscontrano appun- to nella S. villosa var. scabrida Buse., dall altro rileva che essa ha 5 BM PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO un rivestimento peloso poco cospicuo e un'infiorescenza compatta, i quali caratteri si riscontrano appunto nella var. Hanhi. Anche molto problematica è la forma a cui voleva alludere lo Schlechtendal quando, sulla guida del De Candolle (Prod. T. I p. 525) distingueva due forme di sS, villosa, l una delle quali presentante un apice acuto, un margine subduplicato, acutamente denticolato con den- ticoli setosi, un lembo ed un'infiorescenza densamente ispidi per sete. È probabile tuttavia che anche questa forma non sia altro che la ear. Hahni essendo l’altra contraddistinta per le foglie attenuate alla base, arrotondate all’ apice, minutamente denticolate, per la pagina superiore scabrida, ciò che ci porterebbe a credere e che si tratti di una var. Scabrida o della forma genuina. Nessun accenno si ha tuttavia sull’in- fiorescenza e sui fiori, per cui non sappiamo se lo Schlehtendal abbia avuto sott' occhio una forma macranta o mieranta. &) Saurauia villosa DC. var. macranta Buse. Esemplari studiati. Es. dell'Erb. di Washington raccolto da Nelson nel Maggio 1894 presso il vuleano di Tuxla (Vera Cruz), a circa 2500 - 4500 piedi di altezza. Es. dello stesso Museo stato raccolto da Nelson W. (ottobre 1895) sulla strada fra Teneapa e Jajalon, a eirca 3000 - 5000 p. (N. 3249) Es. della Collez. Bernhardi (Mus. di Berlino), senza indicazione al- cuna a riguardo della provenienza. | Es. d. Erb. di Berlino, stati raecolti da Sehiede al Messico (N. 329). . Fusto fistololoso, solcato, ferrugineo, setoloso all'apice, con sete lun- ghe 4 mm. circa. — Picciuolo lungo 2,5 em., robusto, brevemente setuloso (sete talora appena lunghe 1 mm.) e pulverulento, di color ferrugineo. Lembo subcoriaceo (Es. di Tuxla) o cartaceo, (Es. 3249) obovato, di dimensioni assai variabili (20 -32 em. di lunghezza X 10-16 ne di larghezza), rossiccio sopra e un pò scabro, molle al tatto e gial- liccio sotto, Margine integro, o minutamente mucronulato denticolato (mucroni e denticoli non molto abbondanti, curvi), od anco serrulato; : | i È 3 j à | STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Ee acuto: base invece talora acuta, talora arrotondata, quasi sem- pre diseguale. Pagina superiore liscia, coperta sulla costa da sete lunghe 2,5 mm., miste a mucroni e a minuta pulverulenza; questa è però dovuta talora a barbatura delle sete in corrispondenza della loro base (Es. Ber- nhardi); I nervi secondari sono sparsi di sete più rare e più brevi (0,5 mm.) miste a mucroni, mentre ¿il rimanente parenchima porta solo dei minutissimi mucroni, appena distinguibili con una lente, per eui il lembo appare setuloso - granuloso. . Pagina inferiore rivestita pure da sete gialle, a cui però si asso- ciano dei peli stellati, le une e gli altri non molto lunghi. La costa è piuttosto pulverulenta, anzichè setosa, e le ascelle dei nervi secondari sono poco barbate, o talora anche imberbi (Es. di Tuxla). I nervi secondari, piuttosto prominenti sotto, sono circa 29, patenti. Infiorescenza breve, raggiungente per lo più solo la metà della fo- glia in lunghezza, di rado un po’ più lunga, 1 ramosa, a rami fini o ro- busti, formante una pannochia lassa. Peduncolo solcato, robusto, lungo al più 14 cm., molto villoso per sete fulve, patenti. Queste sui rami si fanno più corte (0,5-1 mm.) e più abbondanti. Tra le sete si nota un forte rivestimento pulverulento cenerognolo. Brattee lineari lunghe 1 em., larghe 2 mm. . Fiori discretamente sviluppati (oltre 1 em.), portati da pedicelli discretamente lunghi (4 mm.) e fini. Calice pulverulento setoso alla i faccia esterna, ma colle sete, fulve, non molto sviluppate. Corolla gran- de circa 1/, più del calice, a petali smarginati. Stami in numero varia- bile (20 - 30) ad antere rossiceie e lunghe. Ovario, quando presente, a stili atrofici. Caratteri differenziali. Differisce dalla forma tipica per Je sete del caule più brevi, pel | piceiuolo più corto, brevemente setuloso, privo di peli stellati, per la pagina superiore del lembo più nettamente mueronata, per ja pagina inferiore dotata di un rivestimento piü breve e colla costa piuttosto pulverulenta che setosa, per l’infiorescenza più breve e meno lungamen- ché noue pei fiori più grandi a calice glabro internamente. Differisce dalla var. Hahni per il fusto più brevemente setoso, pieeiuolo più breve, fornito di sete meno lunghe, pel lembo che talora | ` e zichè nata sul parenchima in parte pulverulenta sulla costa, per la pagina inferiore pure pulverulenta sulla costa, pei nervi più numerosi, pei se pali glabri internamente. Differisce dalla var. tubercolata pel picciuolo brevemente setoso, M per l' apice del lembo ottuso, per la base del lembo talora ottusa, per : la pagina superiore spesso liscia, in parte pulverulenta sulla costa, per - il parenehima solo minutamente mucronato, per la pagina inferiore pul- verulenta sulla costa scenza breve, setosa pulverulenta, pel calice glabro all’interno. | Differisce dalla Scabrida per il rivestimento di, sete più lungo sio caule, pel picciuolo più breve, coperto da sete più lunghe, pel ag non grossolanamente serrato, per la pagina superiore liscia e vestita di sete più lunghe, per il rivestimento della pagina inferiore più svilup- pato, pei nervi più numerosi, pel peduncolo villoso, pel calice setuloso esternamente. y) Saurauia villosa DC. var. tubercolata Buse. Esemplari studiati. Es. N. 6077 dei Musei di Monaco e Washington (sub nom. S. M f crophylla Lind.) della Collez. di Donn. Smit. (Ex. pl. Guatem. ete.) rat- colto da Heide et Lux (Nov. 1893) sul Rio des Esclavos Depart $. Rosa de Guatemala, a eirea 2500 p. di altezza. Es. N. 39 degli Erb. di Monaco e Berlino, stato raccolto dal Waber a Cordoba (Messico). temala. Coban (Guatemala: Alta Vera Paz) a eirea 3000 - 4300 p. d'altezza sul mare. (Erb. di Berlino, Monaco, Kew, Parigi e Washington). (continua) Es. del Museo di Berlino stato raccolto dal Warezewiez nel Gua — Es. N. 30 (Coll. di Turkhein distrib. d. Smith.) stato raccolto 9 subeoriaceo, pel margine prevalentemente serrulato e con mueroni an- + sete sulle serrature o tra queste, per la pagina superiore mucro- - . . . uM i » più che setosa, pei nervi numerosi, per l'infiore- - + MO ASE dal TE. z p . Prof. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO Studio anatomo-biologico sul Gen. “ Saurauia „ Willd. con speciale riguardo alle specie americane (continuazione) S. Selerorum Buse. Foglie: Bellissimi peli flagelli a rami lunghi, non tramezzati e col piede a cellule fortemente punteggiate, i quali ab- bondano alla pagina inferiore del lembo (fig. 34 Tav. ID: massicci ra- fidiofori (Tav. I fig. 16) e infine sete spesso trapassanti ai tricomi plu- rieellulari ramosi, uniformemente pelose o papillose. Talora la base della seta manca di tricomi secondari, o viceversa essa sola nè è for- nita (sete pelose, papillose alla base). Sul pieeiuolo vi hanno le stesse produzioni, ma i peli flagelli hanno spesso rami ridotti e le sete sono fortemente pelose alla base. S. Selerorum Buse. var. pseudonelsoni Buse. Foglia: Peli flagelli tipici, oppure trapassanti ai cuscinetti pelosi e ai ciuffi di peli (nella pa- gina inferiore), i quali però mostrano di derivare da tricomi ramosi fla- gelliferi in cui le cellule basali avrebbero assunto la struttura di un piede con cellule perciò fortemente punteggiate sulle pareti comuni. Sulla pagina superiore sonvi anche sete semplici, uniformemente pelose o papillose, con uno o più pacchi di rafidi alla base. Le sete hanno for- ma di cono, o di campana e la parte basale dilatata è rivestita da ro- - busta eutieula, la quale più in su si assotiglia. In qualche caso la base è sfornita di tricomi secondari, presenti altrove. Sul pieeiuolo si hanno sete uniformemente pelose, papillose e massicci tricomatosi flagelliferi. Questi ultimi hanno la base molto sviluppata che si sfiocca all’apice in lunghi peli pluricellulari; oppure presentano una base comune formata da pochi elementi e allora trapassano ai eusein peli (più raro !) etti pelosi e ai ciuffi di S. Nelsoni Rose. Foglia : Sulle nervature della pagina inferiore si incontrano peli flagelli con rami robusti, variamente diretti e talora plu- ricellulari, col piede più o meno sviluppato; inoltre sete brevi, localiz- zate, però sui nervi maggiori, pelose alla base (peli variamente orien- io T rst: E cu ERU qon tati) e sete semplici foggiate a campana, rafidiofore alla base ( sicei tricomatosi, pelosi e talora anche flagelliferi; tricomi ramosi. secondari lunghi e spesso del pari flagelliferi. Le due ultime produzio presentano per lo più una cuticola sottile. S. subalpina D. Sm. Foglia: Pagina inferiore ricoperta da tricomi -pluricellulari, ramosi o flagelliferi, i quali presentano le cellule assi assai robuste e punteggiate: quelli flagelliferi dirigono in varia dire zione i flagelli i quali poi sono brevi o lunghi, diritti o curvi. Son b inoltre massicci tricomatosi, non molto sviluppati e sete pelose. unifor- _memente, le cui cellule assili rettangolari, diventano rafidiofore in vi nanza della base. Il pieeiuolo porta dei ciuffi di brevi peli, tramezzati o unicellulari, talora quasi papilliformi ed inoltre delle sete, dei pe flagelli e massicci tricomatosi come il lembo. Fusto: sete brevi, pun abbondantemente alla base: ciuffi di peli e tricomi pluricellulari ramosi, analoghi a quelli della foglia. Ad LES - S. latipetala Hemsl. Foglia: Sulle nervature della pagina inferiore peli - flagelli a rami spesso assai lunghi : questi sono diretti perpendi- colarmente o parallelamente alla superficie dell'organo e mostransi M niti di membrana robusta, fortemente punteggiata in corrispondenza DI 1 piede. Sulla pagina superiore qualche rara seta. Li. S. Pringlei Rose. Foglia: Sulla pagina superiore sonvi sete, p cellule basali contengono pacchi di rafidi. Sull'inferiore peli flagelli, t luni dei quali sviluppando maggiormente la base si trasformano M m sicci tricomatosi flagelliferi. Alcuni di questi presentano molto syin pati i rami, mentre la base comune (in gran parte costituita us cellule fortemente punteggiate sulle pareti oblique e trasversali) poggia sU n cuscinetto di cellule arrotondate a parete sottili e poco distinti . te punteggiate. Accanto a questi trieomi troviamo ancora i massicel a MT ^ i + (1) Talune cellule rafidiofore situate superficialmente sviluppano in e modo gli aghi che questi, rivestiti sempre dalla rispettiva parete cellulare, 2 | vano fino alla cuticola dopo di aver divaricato le cellule epidermiche. ; DN E E - P 4 i : Md -" .. .-. STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ;, WILLD , 816 > —- comatosi parcamente pelosi, di guisa che appare qui evidente il trapas- m so dal pelo flagellifero al massiccio trieomatoso e da questo alle sete, «| poichè è noto ehe queste ultime poggiano frequentemente sopra uno zoc- - a colo di cellule sottili. Fusto: massicci trieomatosi a cellule allungate, - minutamente pelosi o papillosi e talora anche flagelliferi; ciuffi di pa- Nc 4 pille; peli flagelli e forme di passaggio da questi ai massicci tricomatosi flagelliferi. S. Pringlei. Rose var. micrantha Buse. Foglia: Costituita come la xe forma genuina, ma con peli flagelli (alla pagina inferiore) e sete (alla pagina superiore) più abbondanti. Talune sete sono pelose uniformemen- te, con peli secondari assai lunghi. Sul picciuolo incontriamo sete sem- | gati a CE Sn B EAN È sa E 3 * : E EK Los cod MUR oer aas ONES AEn SV EE De - plici, sete pelose, massicci tricomatosi, flagelliferi o barbati, peli flagelli, 5a tricomi pluricellulari flagelliferi (Tav. IV, fig. 51) e forme intermedie S. Willdemannii Buse. Foglia: Peli flagelli, a lume delle cellule molto largo, curvi e talora tramezzati; alcuni di essi presentano notevolmente svi- luppato il piede e perciò anche più abbondanti ì rami che formano così dei ciuffi. Alla pagina superiore si hanno sete uniformemente pelose, con peli secondari lunghi, ottusi, per lo più rivolti all’ insù. Sul pieciuolo si incon- _trano tutte le forme di passaggio dalle sete uniformemente pelose, al mas- | siccio flagellifero, ai tricomi plurieellulari ramosi ed infine ai peli sempliei. T peli flagelli sviluppano delle fine punteggiature sul piede e contengo- no tannino. Fusto: Gli stessi tricomi della foglia; ma le sete sono ^. pelose alla base, o uniformemente. In quest'ultimo caso i peli secondari, spesso lunghi e curvi, son diretti in vario senso. Le sete poi sono note- volmente ingrossate un po' al di sopra della base strozzata ed ivi eon- stano di grandi cellule commiste ad altre piccole. Esistono infine anche massicci tricomatosi più o meno tipici, o simili a sete. S. pauciflora Rose. Sete semplici e peli flagelli a rami ispessiti è diretti in vario senso. Le prime localizzate alla pagina superiore della foglia, i secondi alla inferiore. Sul picciuolo si riscontrano peli stellati (fig. 32 Tav. IT). S. pauciflora Rose var. Ghiesebrechti Busc. Foglia: Sulla pagina in- PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO feriore numerosi peli flagelli a rami lunghi e robusti; sete semplici, brevi alla pagina superiore. Sul pieciuolo si incontrano brevi peli stellati, - massicci tricomatosi, pelosi o flagelliferi, ciuffi di peli semplici, sete pa- — pillose alla base od uniformemente (talora brevemente pelose), rigonfia | te al dì sopra del punto di inserzione. Lo S. villosa DC. Foglia: Peli flagelli a rami robusti e lunghi, a piede — breve o sviluppato. In quest'ultimo caso trapassano ai massici tricoma- | tosi-flagelliferi: sete semplici alla pagina superiore: sete papillose alla - base o uniformemente pelose - papillose sui nervi maggiori della pagina À inferiore. Talora ognuna delle cellule superficiali della seta emette dai fianchi due o più estroflessioni per formare le papille e i peli secondari. — Il piceiuolo ha la costituzione della sS. Pringlei: peli flagelli di ogni — forma e struttura con rami assai spesso tramezzati. Taluni per riduzio- | me dei rami e sviluppo del piede trapassano ai massicci tricomatosi od — alle sete. Si incontrano inoltre ciuffi di peli, sete semplici, coniche e — sete papillose uniformemente, od anco flagellifere. S. villosa DC var. Hahni Buse. Foglia: Peli flagelli a rami lunghi non tramazzati; sete semplici o uniformemente pelose - papillose (le pa è pille spesso ridotte a mucroni); infine sete flagellifere. Sul pieciuolo SI massicci tricomatosi pelosi od anche flagelliferi, corti e tozzi ed inoltre brevi peli-flagelli. Fusto: Ciuffi di peli corti, tricomi plurieellulari ra — mosi, a rami brevi o lunghi, peli flagelli e infine sete sottili o tozze, brevi o lunghe, per lo più uniformemente pelose o papillose. S. villosa DC. var. scabrida Buse. Foglia: Sulla pagina superiore sete sempliei o piü di rado papillose, molto ridotte, costituite da cellule rieche di tannino, grandi, a pareti sottili e spesso eollabite. Sui nervi maggiori della pagina inferiore vi ha qualehe seta pelosa uniformemen- 2 te, ma con peli secondari sviluppati, e qualche pelo flagello ridotto, i | contenente tannino. Anche ridotto è il sistema tricomatoso del piccine: lo: si hanno massicci tricomatosi flagelliferi, molti peli stellati, qua ramosi; quà e là poi qualehe breve seta papillosa uniformemente e Ta- | fidiofora alla base. - | - an S. scabrida Hemsl. Foglia: Alla pagina inferiore del lembo, ma li- mitatamente ai grossi nervi, peli flagelli con rami assai ampi, spesso torti, colle pareti robustissime, di rado tramezzati. Alla pagina superio- re sete atrofiche. Sul piceiuolo, ma dal lato inferiore, si notano nume- rosi peli flagelli, brevi, commisti a ciuffi di peli unicellulari. Dal lato superiore compaiono le sete semplici, rafidiofore alla base, le sete pelose alla base, dove le cellule assili sono piuttosto sottili; inoltre si hanno numerosi massicci tricomatosi pelosi, peli flagelli, ciuffi di peli semplici formanti spesso una specie di feltro, infine forme di passaggio dalle sete agli ammassi e ai peli. flagelli. S. scabrida Hemsl. var. Hemsleyana Busc. Foglia: Alla pagina su- periore del lembo sete semplici, atrofiche, costituite da cellule a pareti sottili, fatta eccezione pei nervi maggiori dove le sete sono anche più sviluppate. Alla pagina inferiore peli flagelli abbondanti, col piede ta- lora sviluppato e coi rami curvi, a pareti spesso molto robuste (peli fla- gelli situati all’ascella dei nervi): inoltre massicci tricomatosi, pelosi o flagelliferi e tricomi pluricellulari ramosi. S. tomentosa HBK. Foglia: Alla pagina inferiore del lembo si in- contrano: massicci tricomatosi e tricomi plurieellulari ramosi, pelosi e spesso flagelliferi, ma ad asse ridotto a poche cellule disposte in serie tangenziali. I flagelli e i peli secondari sono invece molto sviluppati, curvi o diritti: i peli secondari poi nascono per lo più in seguito ad estroflessioni dell'estremità delle cellulé assili superficiali. Spesso poi si osserva che qualche pelo secondario nasce alla base del trieoma pluri- cellulare ramoso o del massiccio tricomatoso, od anco si emancipa eom- pletamente inserendosi sulle propinque cellule epidermiehe. Non manea- no infine le sete piecole, tozze, rigonfiate un po' al di sopra della base Strozzata. Sulla pagina superiore si hanno solo sete sottili. Il pieciuolo porta dei massicci tricomatosi semplici, papillosi o pelosi, ottusi, robusti, fanniei, spesso rafidiofori alla base; vi hanno inoltre le sete pelose uni- formemente, sottili, i peli flagelli, (fig. 10 Tav. 1), i tricomi pluricellulari ramosi, i ciuffi di peli tozzi e le forme intermedie fra le sete, i trico- mi plurieellulari ramosi e i peli flagelli. Tali forme di passaggio sono oltremodo frequenti. Ws A n PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO = S. Radlkoferi Busc. Foglia: Alla pagina interiore del lembo, accan- to ai nervi maggiori si hanno ciuffi di peli sottili, lunghi, tramezzati più volte presso la base. Talora i peli saldano fra loro le basi ed allo- ra si hanno dei cuscinetti pelosi. Da queste forme si trapassa per gradi - ai peli flagelli, il cui piede risulta da un'associazione di piccole cellule a pareti sottili. Sulla pagina superiore si incontra qualche massiccio tri- comatoso, peloso eon peli secondari tramezzati. Sul picciuolo abbiamo pure siffatti massicci, ma ristretti alla base, costituiti da cellule tonde, | talune delle quali rafidiofore. Fusto: massicci tricomatosi e tricomi plu — ricellulari, ramosi o flagelliferi. | sure des Ms. S. costaricensis D. Sm. var. brachytricha Busc. Foglia: Massicei tri- | comatosi e sete sempliei o pelose-papillose, tozze presso le nervature maggiori: i massicci sono spesso rafidiofori e le sete curve. Inoltre ciuffi ; di peli unicellulari e peli flagelli a rami corti, torti, con cellule ad ampio lume e col piede poco sviluppato. Sul picciuolo si hanno sete papillose, curve, e massicci tricomatosi pelosi o flagelliferi, spesso rafidiofori, peli flagelliferi corti e ciuffi di peli. Fusto: pressochè le stesse produzioni del picciuolo. S. pseudocostaricensis Busc. Foglia: Sulla pagina inferiore, prm * le nervature maggiori si incontrano peli flagelliferi a rami spesso lunghi, curvi, torti, talora tramezzati, i quali trapassano spesso, per iano sviluppo dal piede comune, ai massicci tricomatosi flagelliferi 0 ai trie E comi pluricellulari ramosi. Qua e là vi sono poi delle sete papillose 9 | pelose uniformemente, talora anche flagellifere. S. Engleriana Buse. Foglia: Ciuffi di peli lunghissimi a parete ispes à sita e a lume ampio. Molti di essi trapassano ai cuscinetti pelosi a ¢ausà — | delle loro basi comuni saldate assieme, e ricche di punteggiature Ee pareti ispessite: qua e là dei peli flagelli e trapassanti ai tricomi plu- : ricellulari ramosi in seguito all'allungamento del piede. Sulle nervature maggiori si- hanno sete corte, simili quasi a massicci tricomatosi, S60- plici o uniformemente pelose (peli secondari corti e scarsi). Compaiono ; ivi pure i massicei tricomatosi pelosi, i trieomi pluricellulari flagelliferi, ‘con rami spesso tramezzati e i peli semplici, tramezzati. Sul piceiuolo : i " > s i i A A y " Y STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA 33 WILLD 319 sì notano massicci tricomatosi semplici, rivestiti da una tipica epider- mide e contenenti al centro delle grandi cellule ovali. Inoltre vi hanno trieomi plurieellulari ramosi, spesso flagelliferi e massicci tricomatosi, pelosi-flagelliferi o semplicemente pelosi. S. rubiformis Vatche. Foglia: Sulle nervature maggiori ciuffi di peli e peli flagelli a piede assai corto, per cui trapassano ai ciuffi di peli, sete sviluppate (fig. 53 Tav. IV) spesso rigonfie sopra la base, pelose o papillose uniformemente, coi peli secondarî variamente diretti, molto lunghi verso la base della seta, infine tricomi pluricellulari ramosi (Tav. I fig. 9) trapassanti ai massicci tricomatosi, spesso flagelliferi. Questi sono piuttosto rari alla pagina inferiore. Sul piceiuolo si hanno sete pa- pillose uniformemente, ciuffi di peli brevi, peli flagelli corti, tricomi plurieellulari ramosi, trapassanti alle sete o ai massicci tricomatosi. S. pseudorubiformis Busc. Foglia: Sulle nervature dal lato inferiore rare sete pelose uniformemente e peli ramosi. Alla pagina superiore qualche seta simile a un tubercolo. Fusto: sete flagellifere o pelose uni- formemente (presenti pure sulle infiorescenze). S. pseudorubiformis Buse. var. guatemalensis. Foglia : Sulle nerva- ture qualche breve seta semplice, o papillifera, o pelosa uniformemente. (rami talora lunghi): inoltre peli stellati e tricomi pluricellulari, ciufti di peli e massicci tricomatosi pelosi, il cui asse consta di cellule a pa- reti ispessite e punteggiate. S. aspera Turez. Foglia: Sulle nervature prineipali, dal lato inferio- re, si incontrano corte sete, coniche, pelose alla base o uniformemente, per lo più rafidiofore verso il punto di attacco; inoltre ciuffi di peli lun- ghi, a parete robusta, curvi o diritti, tramezzati presso il piede o uni cellulari, peli flagelli ‘pure presenti altrove) e infine tricomi pluricellu- lari ramosi e tutte le forme di passaggio dall’uno all’altro tipo. Sul pie- ciuolo si nota la stessa struttura, ma ivi abbondano le sete brevi, men- tre ditettano i peli flagelli. Le prime hanno le cellule centrali molto Ingrossate, S. Humboldtiana Busc. Foglia: Sulle nervature grosse, ma anche a trove, piccole sete coniche, tubercoliformi, semplici, talora rafidiofore alla base. Più rare le sete papillose alla base. Le cellule assili delle sete sono punteggiate e tanniche, mentre le periferiche sono piccole, inco- - lore, eon carattere epidermieo nelle sete sempliei. Sul piceiuolo havvi un'analoga eostituzione, ma le sete si fanno ivi più frequenti e spesso | più grandi. Inoltre sonvi piccoli peli stellati e peli semplici, spesso as- | sociati per cui trapassano ai ciuffi di peli e infine ciuffi di papille. i nh ES N S. Humboldtiana Buse. var. Bomplandiana Buse. Foglia: Sulle due par — gine del lembo le cellule epidermiche si allungano per formare dei trico- ; mi otricoliformi assai bizzarri, taluni simili a papille, altri più lunghi, - per cui acquistano l'aspetto di peli semplici, unicellulari rassomiglianti | grossolanamente a T, a V, a globi (Tav. I fig. 8). Tutti quanti hanno 2 un lume largo e pareti sottili, e spesso sono flosci. Il contenuto loro è tar — nico. Sui nervi sonvi sete brevi, coniche. Fusto: peli stellati e trieomi pluricellulari ramosi, ciuffi di peli, sete lunghe, curve, spesso rafidiofo- re, papillose alla base, ma colle papille mancanti talora su un lato. S. Stapfiana Busc. Foglia: Corti peli stellati a rami rigidi, con P rete ispessita e colla base o piede breve, per cui i rami paiono quas i nascere dall’epidermide. Qua e là qualche seta semplice, rafidiofora alla ' base. S. peruviana Busc, Foglia: Sulle due pagine del lembo sonvi sete esili, lunghe, semplici, di rado pelose uniformemente, ma molto parcam te: le cellule assili sono allungate, ispessite, con punteggiature sui in | trasversali od obliqui, e qua e là, anche su quelli longitudinali. Si m- i contrano inoltre peli unicellulari e trieomi pluricellulari ramosi. 8 e pieciuolo si hanno ciuffi di peli brevi, trieomi plurieellulari ramosi ; € sete toniche, brevi, papillifere o pelose alla base od uniformemente; - e talora flagellifere, Quest' ultime per lo più però atrofiche, per Cul z sfioccano subito nei flagelli S. scabra Poepp. Foglia: Sulle due pagine del lembo brevi sete p sottili, talune semplici, altre pelose o papillose alla base; più rare quelle - DA Ai f Mr md ou vr aM ARRETE TN Dum MAT Miu Re otii. Dor UN M MANN S. e ERU EAE, ALTER AN de cf oes gom e Bi or das RC i x STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA sy WILLD 821 pelose uniformemente o flagellifere. Qua e là qualche pelo semplice, corto o di discrete dimensioni. Sul picciuolo si incontrano sete barbate alla base e su tratto più o meno esteso fig. 12 Tav. I), od uniformemente; in quest'ultimo caso con peli secondari poco lunghi talora papilliformi. Qualche seta è rafidiofora alla base. Fusto: sete. S. scabra Poepp. var. peruviana Busc. Foglia: Sete lunghe e sottili per lo più semplici, presenti sulle due pagine e sul picciuolo. i S. scabra Poepp. var. boliviana Buse. Foglia: Sete sottili, coniche, pelose uniformemente, ma parcamente e con peli secondari più o meno sviluppati. i t | S. pseudoscabra Buse. Foglia: Sulle nervature fogliari si hanno rari tricomi pluricellulari ramosi e peli flagelli a rami robusti, ma poco numerosi; inoltre sete abbondanti, talune uniformemente pelose e con peli assai lunghi, altre (le più grosse) solo papillose uniformemente. Le cellule assili delle sete sono rettangolari o irregolari, non molto grandi. Occorre notare che alla base delle sete si incontrano talora dei lunghi peli tramezzati i quali derivano indubbiamente da peli secondari eman- cipatisi dalle sete. Sul pieciuolo vi sono numerose sete coniche, grosse o sottili, semplici o pelose alla base, o uniformemente pelose -papillose, ma con peli mai molto lunghi. Le cellule assili delle sete sono finamen- | te punteggiate. Si incontrano inoltre ciuffi dì peli e peli stellati a rami brevi, $. scabra HBK Foglia: sulla pagina inferiore minuti peli stellati, privi quasi di piede e perciò appressati all'epidermide: inoltre sete brevi pelose alla base e talora anche unitormemente (ma parcamente), o uni- formemente papillose. S. brachybotrys Turez. Foglia: Struttura analoga a quella della 4. .Scabra HBK. Tricomi plurieellulari, ramosi, tozzi rari e brevi, taluni dei quali trapassanti ai peli stellati; sete robuste, coniche, brevi, sem- plici o uniformemente pelose, con peli secondori assai lunghi, e colle cellule assili grosse e circondate da robusta parete. Sul picciuolo si han- regolari, a pareti sottili. Le sete sono a o papiliose alla base. à uniformemente. Si incontrano poi anche peli stellati brevi e infine. tri- comi pluricellulari ramosi. Fusto : sete, tricomi pluricellulari ramosi, e peli stellati a rami corti. S. brachybotrys Turez. var. scabra cm) Fo oglia : Abtonda i sete brevi, tozze, coniche, uniformemente pelose per peli secondari nume- rosi e lunghi, in ispecie verso la base. Alcune sete anche flagellifere. Le cellule assili basali delle sete sono brevi, quelle apicali lunghe. Qua. e là sonvi dei tricomi pluricellulari ramosi, trapassanti però ai massicci trieomatosi od alle sete: infine incontriamo peli stellati appressati, eon. rami tozzi, numerosi e colla base brevissima, peli semplici unicellulari, taluni dei quali impiantati sulla base delle sete indicano che da queste hanno forse tratto origine. Sul picciuolo vi ha la stessa struttura, ma le - sete sono più ricche di rafidi e meno pelose. .S. Sprucei Sprague. Foglia: Alla pagina inferiore, in specie presso. le nervature, si incontrano peli stellati, i cui rami hanno pareti sottili; inoltre qua e colà, ma in particolar modo presso le nervature maggiori, dei peli semplici, vescicoliformi. Sulla pagina superiore si hanno massie- ci tricomatosi ridotti a poche cellule, tanniei, globosi, per lo più rafidio- » e TI fori presso la base di impianto. Il picciuolo presenta un’abbondant vestimento di peli semplici vescicolosi, più piccoli di quelli della S. Humboldtiana var. Bomplandiana e non ramificati; inoltre tricomi pluricellulari ramosi, ma a lor volta rivestiti di vescicole (anzichè a peli o papille secondarie) le quali si fanno più grosse e più abbondanti all’ apice del tricoma, per cui questo sarebbe forse da ascriversi alla categoria dei peli stellati coll’asse e coi rami però più o meno modificati Fusto: Analoga struttura del picciuolo (fig. 39 Tav. IIl); inoltre mas sicci tricomatosi simili a quelli fogliari, spesso più piccoli o più grossi. Quest'ultimi papillosi pelosi ed inoltre earatterizzati da due sorta di cel | lule centrali, le une a pareti sottili, le altre a membrana robusta. Vi i - s da i ciuffi i di peli vescicolosi (fig. 39 Tav. II) allungati = i y d : | Cy p p Cart Pre $ il E P à È |. STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ,, WILLD | S. floribunda Sprague. Foglia: La struttura è quella della S. flori- m | — bunda var. laevigata che Ceseriveremo ben tosto, colla differenza che i + A peli stellati e i tricomi pluricellulari ramosi sono più tozzi, più grossi, À più ramosi e coi rami più sviluppati. Lo stesso può -dirsi pel pieciuolo: | ji peli vescicoliformi sono però più rari. Fusto: analoga struttura del piceiuolo. y mt a S. floribunda Sprague var. laevigata Buse. Non differisce gran che | dalla S. Sprucei. Foglia: Abbondano i peli stellati a piede brevissimo, i massicci ridotti, uniformemente papillosi e contenenti una © più _ cellule rafidiofore alla base, infine i tricomi pluricellulari ramosi con _ le forme di passaggio ai peli stellati, a rami però brevi. Sul picciuolo rn — siha P identica struttura della S. “prucei, per quanto predominino i | peli semplici vescicolosi e i tricomi pluricellulari a rami pure vescico- . losi. Fusto: Analoghe disposizioni: le vescicole dei peli sempliei sono | perd minute e i peli inoltre presentano quasi sempre delle punteggia- | . ture nella parte basale incuneata in seno alle altre cellule epidermiche = ordinarie. Talora si hanno dei peli vescicolosi accoppiati per il piede punteggiato ed allora si ha il trapasso ai peli stellati, quando non si | tratta di veri ciuffi di peli o di cuscinetti vescicolosi derivati dai cu- # scinetti pelosi per ingrossamento dei peli secondari. Y S. floribunda Sprague var. peruviana Busc. È notevolmente differen- ~ te dalla S. floribunda e dalla S. Sprucei. Foglia: Sulla pagina inferio- re del lembo si incontrano minute sete il cui asse però risulta costitui- A _ to soltanto da 2 o 3 cellule curve, lunghe. La base della seta è circon- ci. data da lunghi peli che simulano quasi flagelli (sete barbate alla base). .. Spesso perd le sete riducono notevolmente la porzione assile e allora | trapassano ai cuscinetti pelosi, o ai peli stellati, o infine ai peli ramosi. Queste due ultime forme di tricomi sono pure presenti, ma brevi. Il | pieeiuolo porta dei peli stellati, dei ciuffi di brevi peli, dei cuscinetti Pelosi o meglio papillosi, la cui parte assile comune è ridotta però ta- lora a 2-3 cellule poco o punto differenti da quelle dell'epidermide nor- male, infine dei massicci tricomatosi ridotti, papillosi o pelosi alla base, | Papillosi all'apiee. Fusto: La stessa struttura per ciò che concerne i eu- scinetti, taluni dei quali però hanno la regione assile contraddistinta una porzione basale simile al piede dei peli stéllati e da una termin globosa fatta da cellule rotonde, piccole, numerose. È su questa che impiantano i peli e le papille di second’ ordine all’ ingiro del trie Noi possiamo quindi ritenere che siffatto tipo di tricomi vada ascritto alla categoria dei tricomi pluricellulari. Si incontrano inoltre i peli stellati e piccole sete uniformemente pelose. I peli di queste, variamen te diretti, molto lunghi alla base del tricoma, nascono, come al solito da estroflessioni laterali delle cellule assili superficiali. Nel centro della seta sonvi cellule molto grandi. S. pseudostrigillosa Busc. Questa specie torna simile alla S. Spruce per quanto riguarda i tricomi. Foglia: Sete ridotte, oppure massicci tri- comatosi, schiacciati, semplici, spesso forniti di cellule rafidiofore E base, ed inoltre peli stellati trapassanti talora ai tricomi pluricellulari , ramosi, gli uni e gli altri con rami piuttosto sviluppati e a lume am pio. Sul picciuolo si notano quasi esclusivamente delle sete, spesso n bercoliformi, e dei tricomi plurieellulari ramosi. Fusto: Struttura analo ; ga a quella del picciuolo: le sete però sono molto grandi, per quam appaiano spesso in forma di massicci tricomatosi allorchè non f tagliate assilmente. Qua e là qualche tricoma pluricellulare ramoso tra- passa alle sete sottili. S. Schlimmi Sprague. Foglia: Sulle foglie giovani abbondano i Sete pelose uniformemente e con cellule rafidiofore alla base. Tacit sonvi peli stellati forniti spesso di un lungo piede e coi rami ei pati, per eui trapassano ai tricomi pluricellulari ramosi. Sulle foglie 8. dulte vi ha qualehe breve seta pelosa alla base, o uniformemente peloss . 9d anche flagellifera, assieme a qualehe pelo stellato appressato. Sul "S ciuolo abbondano i ciuffi di peli semplici o di vescicole, le sete prone sime quasi tubercoliformi, i tricomi pluricellulari a piede lungo, Pap" losi-veseicolosi uniformemente, ma con le papille talora localizzate allo | apice del tricoma. > pedunculata Hook. Foglia: Rare sete ovunque e presso le aiit nue È Ape NM vesc ^ í de S | STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. " SAURAUIA ;, WILLD dei nervi maggiori lunghissimi peli unicellulari oppure dei peli flagelli, il emi piede però risulta costituito da più serie di cellule sovrapposte che si continuano poi eoi lunghi flagelli unicellulari. ^ S. pedunculata Hook var. leucocarpa Dusc. Foglia: Qualehe minuta seta sul lembo e sul picciuolo. Su quest'ultimo le sete sono spesso rafi- P. diofore alla base. E | .S. pseudopringlei Busc. Foglia: Un po’ dappertutto, ma in specie .. all’ascelle delle nervature maggiori, sonvi peli flagelli a piede molto svi- divaricati, contorti, unicellulari. Ac- | canto ad essi tricomi pluricellulari, flagelliferi, piccoli. Fusto: Fitto feltro di peli, spesso vescicoliformi, inoltre rudimentali peli stellati derivati evi- .. dentemente da una intima fusione dei peli semplici, i quali perciò hanno . ispessite le pareti della porzione basale comune e sviluppate le punteg- | .giature: infine minute sete e massicci tricomatosi papillosi. na = luppato e a rami pure lunghissimi, var. fluviatilis Buse. Foglia: rare sete pelo- o a tipo vescicoliforme, minuti; ciuffi peli accoppiati per la base, s: S. pseudopringlei Busc. se. Fusto: peli brevi semplici, spess = di peli alquanto sviluppati e pluricellulari; . leeui pareti sono ispessite e punteggiate, di guisa che questi tricomi | trapassano ai peli stellati; peli stellati minuti coi rami divergenti; infi- ne sete atrofiche contenenti al centro, verso la base, delle grandi cellule, mentre poi si presentano uniformemente papillose, pelose, o pelose alla 3 base, papillose all’ apice. Per la struttura dei tricomi questa varietà ri- corda alquanto la S. floribunda. losa e qualche S. reticulata Rose. Foglia: Qualche seta semplice o pe | pelose - . Cuscinetto peloso. Fusto : Pochi cuscinetti pelosi e poche sete " papillose alla. base. =. S. pseudopedunculata Busc. Foglia : Sulle nervature maggiori del lembo poche sete semplici o pelose, spesso rigonfiate un po' al dì sopra della base strozzata e contenenti quasi sempre una © più cellule rafidio- n nella parte rigonfia. Vi hanno inoltre searsi peli stellati e qua e colà dei massicci tricomatosi papillosi uniformemente e minuti. Sul pie- : - i; ARTS (Eu si Tw Mt E ne A : ; k : APT REM - PROFF. LUIGI BÜSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO ciuolo vi ha la stessa struttura del fusto: Quest’ ultimo porta dei peli stellati a rami brevi acuti, qualche pelo semplice breve e i h poche sete pelose alla base, Sul pieciuolo però si osserva che i brevi peli sono talora settati e quindi plurieellulari. Da S. barbigera Hook. Foglia: Sul nervo mediano si incontrano poche , sete semplici, o un po’ papillose alla ‘base e rafidiofore. Vi ‘hanno inol- tre peli flagelli con 4-5 rami lunghi, eurvi ad ampio lume; i peli-flagelli | però sono localizzati alle ascelle dei nervi maggiori. Sul pieeinolo si noè fano: sete piccole, semplici, o uniformemente papillose, ma colle papill ridotte quasi a minutissimi mueroni; massicci tricomatosi papillosi poco sviluppati e formati da cellule punteggiate; peli brevi unicellulari o plu- à ricellulari; peli stellati per lo pià quadrifidi e infine peli flagelli (piui tosto rari). . S. Waldheimia Buse. Foglia: I peli all’ascelle delle nervature fogliari | sono un po’ differenti da quelli della S. barbigera. Trattasi infatti di peli flagelliferi con flagelli corti, diritti o curvi, non molto robusti, FS parete sottile, tramezzati o unicéllulari, i quali si impiantano su bis | base comune molto larga. Sonvi inoltre peli stellati brevi, a più rami, + quasi privi di piede, poco sporgenti sull'epidermide e infine poche sete — curve, semplici, piccole a cellule allungate. Le sete stanno di Bi ferenza sui nervi maggiori. Il pieeiuolo porta dei corti peli stellati, qualche seta uniformemente pelosa, rafidiofora, rigonfia al di sopra del punto di innesto all’epidermide (Tav. I fig. 7) e qualche massiccio i tricomatoso. Fusto: Peli cortissimi, isolati; ciuffi di peli alquanto più | lunghi, taluni dei. quali tramezzati e talora persino sdoppiati per eu. si ha quasi il passaggio ai peli stellati; peli stellati a base comune bre- E vissima e con 2-4 rami corti: tricomi plurieellulari a rami laterali pi o meno sviluppati; infine peli veseieoliformi, rare sete, semplici 0 pelone. uniformemente (con peli talora lunghi alla base), peli flagelli "s lunghi e base sviluppata per cui spesso trapassano ai tricomi ramosi | flagelliferi Rigi rd ue ARR ER RE # S. pauciserrata Hemsl. Non si sono riscontrati tricomi. STUDIO ‘ANATONO-MOLOGICO SUL GEN. * SAURAUIA. T WILLD AB 3 ira Hemsl. var. RIA Buse. Foglia: Qualche seta B papillosa alla base e qualche pelo flagello: qua e là poi dei peli unicel- lulari lunghissimi, (Tav. II fig. 19) evidentemente derivati dai peli fla- geli per riduzione dell'asse e individualizzazione dei rami. Sul pieciuolo sete pelose alla base. S. pauciserrata Hemsl. var. crenata Buse. Non si rinvennero trico- mi nelle sezioni. S. intermedia Buse. Foglia: All'aseella delle nervature, dal lato in- feriore, si notano rari peli flagelli (Tav. IV fig. 50) o i loro derivati (peli sempliei lunghi). I rami sono lunghi, a parete sottile e spesso si presentano tramezzati, mentre il piede è pochissimo sviluppato. Sonvi inoltre dei cuscinetti papillosi pelosi (1). Sul picciuolo si incontra qual- che massiccio tricomatoso nella doeeiatura del lato superiore. S. intermedia Buse. var. granulosa Busc. Foglia : porta sulle ner- vature pochi massicci trieomatosi semplici rivestiti perciò dalle comuni cellule epidermiche, oppure papillosi o anco pelosi, ma pareamente. Molti di essi contengono delle cellule rafidiofore; taluni poi, appuntiti, rasso- migliano a sete ridottissime. S. TREND Sehlecht. Foglia: All’ascella delle nervature si hanno peli flagelli a rami lunghi, diritti, fini e a base breve: inoltre qua e là . Sonvi peli unicellullari parimenti lunghi, derivati indubbiamente dai peli flagelli per riduzione del numero dei rami e della base. Sul pieeiuo- | lo si incontra qualche piccola seta e qualche massiecio peloso piuttosto ridotto; inoltre sonvi dei peli stellati e corti peli unicellulari. S. leucocarpa Schlecht. var. stenophylla Buse. Foglia: Qualche mas- siccio trieomatoso e pochi ciuffi di peli unicellulari, accanto a trieomi | Pluricellulari ramosi. Sul picciuolo pochi massicci tricomatosi pelosi o -papillosi, talora ridotti quasi a cuscinetti. La stessa struttura sul fusto. (1) In qualche caso potrebbero essere sete state tagliate non assilmente. PROFF. LÜIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO S. leucocarpa Schlecht. var. anisopoda Busc. Foglia: Qualche minu- 2 to massiccio tricomatoso sulle nervature. Sul picciuolo sonvi brevi sete - semplici, o pelose alla base, o anche uniformemente barbate e con peli. piuttosto lunghi, ma rari. Inoltre qualche breve pelo semplice assieme a peli flagelli, dai rami sviluppati e dalla base brevissima. | S. leucocarpa Schlecht. var. Wildemannii. Foglia: Rari massicci pe- — losi e sete pelose alla base o uniformemente pelose - papillose: gli unie le altre disseminate sulle nervature della pagina inferiore. Le cellule | da eui risultano costituite le sete sono per lo più allungate, colla parete — ispessita e punteggiata: qualcuna delle cellule basali poi porta un pacco ; di rafidi. Sulle nervature maggiori, ma in corrispondenza dell’ ascella, — sonvi rari peli flagelli a rami lunghi e talora tramezzati, ed inoltre peli unicellulari o tramezzati, lunghi, evidentemente derivati dai peli flagelli. | Sul pieeiuolo abbiamo massicci tricomatosi pelosi, non molto sviluppati, | peli unieellulari, peli flagelli, trapassanti ai peli stellati per riduzione dei rami ed infine brevi sete uniformemente papillose, ma con papille — ridotte quasi a minuti uncini. I massieci tricomatosi e le sete sono epe s so rafidiofore alla base. Fusto: Feltro diffuso di peli, sete brevi e tozze e piccoli massicci tricomatosi. S. pseudoleucocarpa Busc. Foglia : Sulla pagina inferiore si noto dei peli stellati con numerosi e brevi rami, appressati all'epidermide. Le stesse produzioni e forse qualche piccola seta con rafidi alla base sul im picciuolo. Fusto eonformato come il pieciuolo. S. laevigata Tr. e Pl. Sul picciuolo si incontrano dei cuscinetti pe 2 losi, a peli però assai brevi, dei peli unicellulari brevi, disposti à eiuf- i fi e perciò trapassanti ai cuscinetti pelosi-papillos1 (fig. 15 Tav. D E È infine dei peli stellati. - S. Yasicae Loesen. Sul pieciuolo: cuscinetti pelosi a rami corti, DU merosi, unicellulari ed irradiantisi in vario senso: piccoli massicci tri comatosi (derivati dai cuscinetti per proliferazione delle cellule ani ki pure uniformemente pelosi e con peli discretamente lunghi. (continua) Ulteriori ricerche morfologiche e biologiche sulle LABOULBENIACEE PeR CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI SOMMARIO 1° Prefazione. 2° Parte generale: Storia — Struttura — Riproduzione — Sviluppo — Distribu- zione geografica — Osservazioni. 9» Parte speciale: Tavola sinottica dei generi — Descrizione sommaria di comu- ni generi europei con enumerazione delle specie che vi appartengono—Rias- sunto degli animali sino ad ora riscontrati infetti da Laboulbeniacee, Bibliografia. 1. PREFAZIONE Se con l’aiuto di una lente osserviamo attentamente alcuni insetti, specialmente coleotteri, appartenenti ai generi Brachynus, Bembidion, Chlaenius, Gyrinus ecc. si rileva che alcuni individui presentano sulle diverse parti del corpo, elitre, protorace, gambe, delle piecole produ- zioni brunastre, diritte simili a peli corti e grossi d’ una lunghezza variabile da tre a otto decimi circa di millimetro. Queste produzioni non sono che funghi parassiti appartenenti alla famiglia delle Laboulbeniacee. Di queste Tallofite i Botaniei trascurarono in genere lo studio, forse per la difficoltà di procurarsele; e d’ altra parte esse sono igno- rate dagli Entomologi i quali non di rado le levano grattando le eli- tre dell’insetto, con cura, perchè non siano deturpate ! Ben si comprende quindi come su questo gruppo di Tallofite ben poche siano state fin ora le ricerche. Fra queste primeggiano quelle del Thaxter eseguite specialmente su forme americane; in francia ne è ottimo studioso il Picard; in Ita- lia se ne occuparono il Berlese, il Cavara e recentemente il Paoli; ma PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO S. leucocarpa Schlecht. var. anisopoda Buse. Foglia: Qualche minu- to massiccio tricomatoso sulle nervature. Sul picciuolo sonvi brevi sete semplici, 0 pelose alla base, o anche uniformemente barbate e con peli piuttosto lunghi, ma rari. Inoltre qualche breve pelo semplice assieme a peli flagelli, dai rami sviluppati e dalla base brevissima. S. leucocarpa Schlecht. var. Wildemannii. Foglia: Rari massicci pe- losi e sete pelose alla base o uniformemente pelose - papillose: gli unie le altre disseminate sulle nervature della pagina inferiore. Le cellule da cui risultano costituite le sete sono per lo più allungate, colla parete ispessita e punteggiata: qualcuna delle cellule basali poi porta un pacco. ; di rafidi. Sulle nervature maggiori, ma in corrispondenza dell’ ascella, sonvi rari peli flagelli a rami lunghi e talora tramezzati, ed inoltre peli unicellulari o tramezzati, lunghi, evidentemente derivati dai peli flagelli. Sul picciuolo abbiamo massicci tricomatosi pelosi, non molto sviluppati, peli unicellulari, peli flagelli, trapassanti ai peli stellati per riduzione dei rami ed infine brevi sete uniformemente papillose, ma con papille ridotte quasi a minuti uncini. I massicci tricomatosi e le sete sono spes- so rafidiofore alla base. Fusto: Feltro diffuso di peli, sete brevi e tozze e piccoli massicci tricomatosi. S. pseudoleucocarpa Busc. Foglia : Sulla pagina inferiore si notano dei peli stellati con numerosi e brevi rami, appressati all'epidermide. Le stesse produzioni e forse qualche piccola seta con rafidi alla base su pieeiuolo. Fusto conformato come il picciuolo. S. laevigata Tr. e PI. Sul pieeiuolo si incontrano dei cuscinetti FE - losi, a peli però assai brevi, dei peli unicellulari brevi, disposti a ohi fi e perciò trapassanti ai cuscinetti pelosi-papillos1 (fig. 15 Tav. ve A infine dei peli stellati. S. Yasicae Loesen. Sul pieciuolo: cuscinetti pelosi a rami corti; ne merosi, unicellulari ed irradiantisi in vario senso: piccoli massiec! P | comatosi (derivati dai cuscinetti per proliferazione delle cellule assili), pure uniformemente pelosi e con peli discretamente lunghi. (continua) | Ulteriori ricerche morfologiche e biologiche sulle LABOULBENIACEE PER CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI SOMMARIO 1° Prefazione. 2° Parte generale: Storia — Struttura — Riproduzione — Sviluppo — Distribu- zione geografica — Osservazioni. 8 Parte speciale: Tavola sinottica dei generi — Descrizione sommaria di comu- ni generi europei con enumerazione delle specie che vi appartengono—Rias- sunto degli animali sino ad ora riscontrati infetti da Laboulbeniacee. Bibliografia. 1. PREFAZIONE Se con l’aiuto di una lente osserviamo attentamente alcuni insetti, specialmente coleotteri, appartenenti ai generi Brachynus, Bembidion, Chlaenius, Gyrinus ecc. si rileva che aleuni individui presentano sulle diverse parti del eorpo, elitre, protorace, gambe, delle piecole produ- zioni brunastre, diritte simili a peli corti e grossi d' una lunghezza variabile da tre a otto decimi circa di millimetro. Queste produzioni non sono che funghi parassitiappartenenti alla famiglia delle Laboulbeniacee. Di queste Tallofite i Botaniei traseurarono in genere lo studio, forse per la difficoltà di proeurarsele; e d'altra parte esse sono igno- rate dagli Entomologi i quali non di rado le levano grattando le eli- tre dell'insetto, con eura, perché non siano deturpate ! Ben si comprende quindi eome su questo gruppo di Tallofite ben poche siano state fin ora le ricerche. Fra queste primeggiano quelle del Thaxter eseguite specialmente su forme americane; in francia ne è ottimo studioso il Picard; in Ita- lia se ne occuparono il Berlese, il Cavara e recentemente il Paoli; ma 330 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI queste pubblicazioni riguardano più che altro la descrizione di nuove specie. Scopo del presente mio lavoro è primieramente di studiare la bio- logia di queste Tallofite, come argomento che appare per se stesso im- portante e che presenta punti ancora oscuri e degni di ulteriore studio; poi di fare osservazioni sistematiche su alcune forme da me trovate, sia nelle mie escursioni sia su insetti appartenenti a collezioni. Di quest'ultime tuttavia farò argomento di lavori successivi per- chè intendo continuare in questo studio, pochissime essende le specie di Laboulbeniacee d’Europa fino ad ora descritte. Nell'intento appunto di approfondirmi in questo argomento accolsi ‘ con vivo piacere l'invito del Prof. F. Picard, specialista in materia, fattomi quando seppe delle mie intenzioni e mi recai a Montpellier. Fu per opera della squisita di lui gentilezza che con lo studio del materiale della sua ricca collezione ebbi chiariti alcuni punti sui quali ero dubbioso ed ebbi la conferma delle incognite ancora esistenti su varie parti di questo argomento. Egli poi mi fece calde note di inco- raggiamento a perseverare in queste ricerche di cui l'Italia non ha aleun cultore. 7 Ringrazio sentitamente il prof. Picard dell’ indimenticabile di lui cortesia e bontà a mio riguardo e così pure esprimo la mia ricono- scenza verso tutti coloro che mi addimostrarono gentili cure, unita- mente al Prof. Andres e Prof. Porta che oltre suggerirmi il tema mi furono larghi di aiuto e di consigli. 2. PARTE GENERALE Storia È sugli insetti in genere ed in particolar modo sulle parti chiti- nose dei Coleotteri che si rinvengono delle minutissime, sovente mi- croscopiche forme o corpuscoli, estranei all'inimale che si osserva; for- me talvolta caratteristiche e quasi direi bizzarre che sul principio della loro scoperta fecero rimanere dubbiosi ed incerti della loro natt- Ta gli studiosi che le avvertirono. Secondo quanto ci viene riferito il primo ad accorgersi della pré’ ULTERIORI RICERCHÉ MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 351 senza di tali corpuscoli fu l'entomologo francese Rouget il quale li trovò nel 1850 sopra un Brachynus crepitans e ne fece menzione, sen- za definirli e senza curarsi della loro natura, negli annali della Socie- tà entomologica di Francia. Quasi eontemporaneamente lo scienziato francese Laboulbène, an- cora su Brachynus, trovò quanto il Rouget scopriva ossia i primi esem- plari di una serie numerosa di forme che oggi vengono riunite in una famiglia a sè nota col nome di famiglia delle Laboulbeniacee. Come dissi l'incertezza degli studiosi, verso questi nuovi esseri, fu tale che sul principio non seppero decidersi nel definirli se esseri ani- mali o vegetali. Di pià Mayr nel 1852 osservando una Laboulbeniacea sui ,Vebria la credette una formazione patologica ed ancora nel 1857 e 1859 Kolenati e Diesing trovando tali forme parassite sulle Nycte- ribiae credettero riscontrare nelle Laboulbeniacee i tipi d'un nuovo ordine di Vermi prossimi agli Echinorhynchus. Però già nel 1853-56 Montagne e Robin descrissero col nome di Laboulbenia rougeti e L. guerini i parassiti dei Brachynus con un’altra forma trovata sopra un coleottero americano, del genere Güiretes, e le eolloearono nei funghi Ascomiceti (Pyrenomyceti). Potrebbe forse esi- stere una rassomiglianza del peritecio delle Laboulbeniacee eol Capnc- dium piü che per la forma per la struttura, per assegnar loro tale posto nella sistematiea, poiché il periteeio del Capnodium, come nei genuini pirenomiceti, è cellulare e la tunica periteeiale può ritenersi costituita da un parenchima di parecchi strati ricordanti in certo mo do la costituzione del peritecio delle Laboulbeniacee nella quali la pa- rete di tal organo è costituita da poche grandi cellule. La rassomiglian- za con qualunque altro parenchima periteciale non esiste per le La- boulbeniacee. Altri vi furono come il Rouget ed il Mary che non vollero am- mettere le Laboulbeniacee esseri vegetali mentre altri però conferma- rono per vera questa loro appartenenza a tale regno. Da questo periodo fino al 1890 circa non si ha una vera storia continuata per la lentezza con cui i lavori proseguirono e perchè non sono rimasti che documenti sparsi od interrotti, quasi tutti di ordine tassonomico. Di tali memorie, come una delle più importanti, si ha 332 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI nel 1869 quella del Karsten nella quale si trova, come concetto del. l'autore, la eomparazione delle Laboulbeniacee alle alghe rosse a mo- tivo della sessualità messa da lui in evidenza con studi fatti sul pa- rassita della mosca domestica, Stygmatomyces baeri, di cui si era già occupato anche il Knock, il quale per primo suppose la vicinanza di questi esseri entomofiti alle Floridee. Ancora nel 1886 il Karsten non ammetteva, contro il parere di Bary e Peyritsch che le Laboulbenia- cee fossero Ascomiceti. Quantunque non errate le opinioni del Robin, del Montagne e del Karsten, un passo importante verso la vera definizione della natura delle Laboulbeniacee fu fatto da Peyritsch mediante i suoi lavori pubblicati in tre opuscoli all'accademia di Vienna. Questi descrisse pure un certo numero di specie le di cui diagno- si però sfortunatamente superficiali, ed i cui disegni poco esatti laseia- no nascere molta incertezza sui tipi da lui studiati. Sul principio l'au- tore non ammise che il genere Laboulbenia comprendendo in esso an- che il genere Stigmatcmyces ma in seguito accettò le suddivisioni dei generi formandone anzi altri come: Helmynthophana (sopra le Nycteribiae)-Chitonomyces (sopra C. melanurus)- Heimatomyces (su H. paradoxus). Se si fa eccezione per il Sorokine che illustrò la L. pitreana %0- pra un esemplare di Stigmatomyces baeri si può dire non aversi AVU- to sino a tal epoca altro lavoro che fosse originale. Senza formare eonelu- sioni vere si occuparono dell'argomento, basandosi sui lavori di Robin e Peyritsch, il De Bary, il Winter, il Morini, Giard. | A. N. Berlese nel 1899 facendo una rivista della famiglia delle Laboulbeniacee la trovò il allora costituita da 31 specie ed in quel- l’epoca descrisse egli pure una nuova specie L. armillaris. ; Finalmente nel 1890 R. Thaæter col concorso degli entomolog!; esaminati accuratamente un gran numero di insetti e per tale i venuto pure due volte in Europa a visitare musei pubbliei e colles ni private, fece cognite in una serie di note preliminari più di forme nuove. Fu nel 1896 che pubblicò poi la sua colossale pe fia sulle Laboulbeniacee in cui deserisse e raffiguró con cura en forme fino allora note. Pure la parte generale vi è ampiamente * ULTERIORI RICERCHE MORFOLGGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 383 borata ed in essa risulta chiaro il concetto della sessualità delle La- boulbeniacee quantunque il Won Istvanffi fino al 1895 non l'avesse ancora ammessa per vera. Fece in seguito una seconda serie di note preliminari alle quali seguî nna seconda importantissima pubblicazione uscita abbastanza recentemente (1908) con la quale il numero delle specie attualmente note ammonta a circa cinquecento, e di queste solo cirquanta circa sono europee. Contemporaneamente o sopra gli indirizzi forniti dal TAa«ter alcuni altri si dediearono allo studio delle Laboulbeniacee. F. Cavara, (Malpighia 1899) descrive un nuovo genere Rickia crescente sopra formiche in Europa; egli mostra essere più del parere che questi esseri non sono in realtà parassiti ma vivono saprofiti ; il loro organo di adesione è puramente un mezzo di attacco e le appen- dici sono i veri organi assorbenti. P. Speiser nel 1890 da una nota sulla distribuzione geografica dell’Helminthoph na (Arthrorhyncus) enumerando le specie sulle quali questi funghi furono trovati. C. Spegazzini, nel 1902, descrisse una nuova specie di Laboulbe- niacee che chiama L. argentinensis trovata su Brachynus. P. Beccarini, nel 1904, in appendice al nuovo giornale Botanico Italiano descrive e dà figure di due nuove forme sulle G1masidae; una Rhachomyces berlesiana di stretta parentela con la Rickia e Disticho- myces e probabilmente appartenente ad uno dei due generi, e l’altra L. nopo/eonis. I caratteri generici di queste forme non sono esattamente determinabili con le figure e descrizioni date. L. Errers, nel 1905, nella raccolta dell'Istituto Botanico di Bru- xelles, riconosce la presenza di glicogene nelle cellule di Stigmatomy- Ces muscae. U. H. Fau!l in Scienze 1906 dà una nota sugli aschi e forma- zione delle spore nelle Laboulbeniacee, con che egli stabilisce che que- sti procesi si accordano in tutti i sensi con quelli che avvengono in altri tipiei Ascomiceti, | F. Picard dal 1906 in poi si dedicò all'argomento dettagliatamente ed a parecchie riprese; fece varie pubblicazioni nelle quali pose in lu- 334 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI i ce le condizioni attuali dello studio facilitando ai naturalisti europei di tenersi a parallelo con le note del Thaxter oggi difficili ad aversi. — Ciò fece egli oltre che con l’illustrare punti vari di biologia e morfo- logia, con l'enumerare tutte le specie trovate e descritte in Europa. É bene osservare il fatto che induce a credere che un giorno o l’altro si dovrà riconoscere che le varie specie di una limitata regio- ne sono comuni a tutto un continente ; questo perchè per esempio al- euni autori come il Peyritsch descrissero Laboulbeniacee esistenti nel- la loro regione e viventi su insetti che sono comuni anche in altre regioni. Per questo dunque lo studio delle Laboulbeniacee di uns da- ta regione europea non si puó seindere da quello di tutte le altre del continente intero ed è quindi piü opportuno di considerarle come par- ti di un grande complesso unico. ; Ciò non pertanto è merito del Picard e dei suoi collaboratori Chatton e Cepède, di aver segnalato. oltre le sole sei specie facenti parte della flora francese, appartenenti ai due generi RAachomyces € Laboulbenia, altre sedici specie delle quali sette solo erano già cono- sciute dal TAaz/er. Recentemente Guido Paoli, sul giornale di Entomologia «Redia» descrive una nuova Laboulbeniacea del genere Dimeromyces. (Redis 1911). si Alcuni altri, dei quali non per scarso merito, ma per brevità nol faccio menzione, accennarono allo studio delle Laboulbeniacee Ec però che mai nessuno di essi si accingesse a trattare questione di or- ne biologico. Richiamo qui ancora l’attenzione dei naturalisti italiani sulla ssd servazione già esposta; e cioé della quasi nulla importanza — ss ora anche in Italia allu studio, in generale ed in particolare, bio e morfologieo, di questa famiglia di essersi vegetali, la cui pe za è forse più apprezzabile, per ragioni che dirò ‘in seguito, di er lo possa essere a primo sguardo la semplice loro conoscenza dal pun di vista esclusivamente sistematico. Struttura ; :o]ia delle La struttura del tallo dei funghi appartenenti alla famiglia d ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE 1i BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 335 Laboulbeniacee benchè nelle linee generali sia uguale in tutte, varia però assai nei dettagli da specie a specie. Osservata una Laboulbeniacea con un medio ingrandimento la si vede in generale costituita da un numero limitato dì cellule (tipica- mente in numero di sette nelle Laboulbenia) costituenti un tallo o ri- cettacolo esile che si può sempre considerare come formato da tre par- te tipiche. Una prima parte basale, caratteristica perchè in numerosi generi è sempre colorata in nero od in bruno molto scuro, e che vien chia- mata piede. Una seconda parte assile pià o meno sviluppata, in genere di forma ovoide da cui hanno origine le spore, e che è il peritecio. Una terza parte filamentosa formata da organi in numero vario, difficili a vedersi nella totale loro lunghezza perchè molto fragili e soggetti a rompersi od a sparire quasi completamente negli individui adulti. Sono organi la cui missione si riassume in una produzione di cellule spermatiche e si conoscono col nome di appendici. Talvolta la forma piuttosto allungata, nel senso assiale, fa si che tra il piede ed il peritecio corre un certo tratto a mò di peduncolo ; in tale caso si può stabilire una parte ancora che viene detta stipite. Il ricettacolo può dunque morfologicamente variare con molta fre- quenza in differenti specie dello stesso genere e perfino in individui della stessa specie. Il grande numero di tipì caratteristici fa si che in un accenno generale non si può aver modo di distinguere o compara- re tutte le varietà. È quindi materia qnesta che viene svolta nella de- serizione sistematica dei singoli esemplari. In genere il ricettacolo è composto da due fino a molte cellule che possono avere disposizione varia in serie, in file o a parenchima. Nel considerare le variazioni del ricettacolo conviene distinguere in li- nea generale quelle forme nelle quali il numero delle cellule costitutive è determinato, come in Stigmatomyces Ceraton:yces, ece. da quelle in cui come risultato della divisione della cellula secondaria o piccola cellula della spora, (che può essere terminale od intercalare) il nume- ro delle cellule diviene più o meno variabile come in Ec/einomyces, Dichomyces, ecc. 336 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI Nella seconda di queste divisioni si possono distinguere ancora due tipi: un primo che comprende forme nelle quali la produzione secondaria delle cellule risulta da una divisione intercalare dell’ asse principale; un secondo nel quale la produzione stessa è dovuta allo svi- luppo delle ramificazioni od assi secondari, usurpando in tal modo la funzione del ricettacolo primario per originare la crescita del peritecio oppure degli anteridii o di entrambe le regioni. Si vengono così a distinguere tipi i quali posseggono un recettacolo primario unico, corrispondente all’ asse originale della parte basale della spora, e tipi nei quali il ricettacolo primario, quantunque pre- sente, è sterile e la produzione degli organi sessuali è dovuta all'asse secondario il quale dirama lateralmente e può essere distinto come ricettacolo secondario. Struttura del piede * Il piede è la parte di una Laboulbeniacea che sta costantemente fissa al tegumento di un ospitatore. : La sua forma varia eol variare dei generi e mentre per alcuni di essi i vari autori sono concordi nel definirne la struttura, per il genere Laboulbenia è regnata fino ad oggi una incerta od errata interpreta- zione morfologica. Questo fatto fu certamente quello che in massimo arenò le co- gnizioni circa il modo di attacco, di nutrizione e di assimilazione pro pri a questa famiglia di funghi. Infatti da vari naturalisti viene as- sodato e dimostrato che in alcuni generi di Laboulbeniacee la piccola parte, o cellula basale, costituente il piede, e che si trova fissa tegumento dell’animale, si insinua e si protende oltre, nell’iterno del- la cute dell'ospitatore, per mezzo di organi speciali, vari di forma col variare dei generi ma di funzioni esattamente analoghe. Così in Coreomyces, per esempio (Fig. 1) il piede forma una ester sione quasi di struttura rizoidale alquanto simile a quella di gelo myces. Un esempio curioso che si allontana dal tipo normale di piede, Le a dire di semplice cellula basale molto ridotta) si presenta in un DI mero di specie relativamente piccolo, Moschomyces e Rhizomyces. i ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 337 fungo in questi esempi s: insinua nella cavità corporea dell'ospitatore per mezzo di una penetrante intrusione di organi favorito dalla natura soffice e sottile del tegumento; Moschomyces per esempio ha l'organo penetrante che si espande sotto la cuticola in guisa da formare un cuscino o ciuffo cellulare, cresciuto nel sottile integumento sotto le elitre oppure alla base delle gambe quando la natura del tegumento dell’insetto sia piuttosto di dura o coriacea resistenza. Il più stravagante esempio, sin ora noto (fig. 2) circa la forma del piede delle Laboulbeniacee è dato da specie che vivono sopra Dit- teri con rivestimento del corpo soffice e molle; tali parassiti producono un caratteristico apparato filamentoso rizoidale più o meno sviluppato. Così la pelle sottile della superficie inferiore dell'addome di una pic- cola mosca è perforata da Dimeromyces rhizophorus che insinua perciò un grosso filamento fettuccioso, il quale si estende, per una considerevole distanza, tra il contenuto semifluido dell’addome; tale organo filamen- toso è bifido nell’individuo parassita femminile mentre è unico nell’in dividuo maschio. Presenta pure un rizoide molto ben sviluppato per le numerose diramazioni Ceraiomyces dahlii (Fig. 3) ed in forma ancora più evi- dente lo si osserva in Arthrorhyneus (Fig. 4) in cui è facile rendersi conto della copiosa ed intricata ramificazione della parte basale. Non meno interessante è Trenomyces histophtorus trovata su Me- nopon pollidum e che fa parte pur essa dei tipi di Lab.ulbeniacee aventi il piede con struttura simile alle precedenti. Essa affonda at- traverso la cuticola (Fig. 5) un tronco robusto che immediatamente sotto si rigonfia in una specie di bulbo spesso più voluminoso che non la parte esterna del fungo. Aderenti al bulbo, ed in comunicazio. ne con quello, si trovano numerosi bulbi secondari, più piccoli, che danno luogo ad una dicotomia molto regolare, a ramificazioni molto nodulose sempre più piccole ed affilate alla loro estremità in tubi molto fini a punta tronca. Si ha cosi come una massa filamentosa molto fitta che può esten- dersi talvolta fino alla metà larghezza dell’animale, superando di molto, in un piede maschio, le forme esterne del fungo. Rispetto a tali modalità di forma era pur noto che alcune specie 8388 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI di un genere si presentano col piede munito di apparato rizoidale mentre altre specie dello stesso genere appaiono sprovviste. Così p. e. Ceraiomyces selenae e Rhizomyces crispatus non mostrano apparenza alcuna d’essere munite, nel loro piede, di apparato rizoidale mentre tutte le altre specie di questo genere hanno piedi con rizoidi. Le esatte cognizioni dei vari autori circa la struttura del piede nelle forme presentanti apparato rizoidale non hanno avuto esatto ri- scontro, sino ad oggi, con quelle che riguardano le specie di Laboul- beniacee a piede con rizoidi non apparenti. È opinione generale che il piede di queste ultime forme sia com- pletamente privo di rizoidi. Esso sarebbe ridotto ad una piccola parte basale di tutto il tallo, di forma generalmente conica con apice piùo meno aguzzo rivolto verso il basso e di colorazione costantemente ne- ra. Tale anzi sarebbe la forma tipica del piede delle Laboulbeniacee, mentre i generi presentanti rizoidi sarebbero eccezioni o modificazioni prodotte da varie camse. Tali eause secondo lo interpretazioni dei vari naturalisti stareb- bero in rapporto eol diverso modo di vivere di questi funghi. E evidente che se le Laboulbeniacee sono esclusivamente parassi- tiche la natura le abbia fornite di organi con forma ed indole tale pereui il fungo ne abbia a trarre il miglior vantaggio per le funzioni sue di nutrizione. Per questo, ammesso dunque che la nutrizione sia fatta tutta à spese dell'ospitatore, la condizione più favorevole per tale scopo à che il fungo abbia intimo eontatto con l'animale, ed un apparato rizoidale più o meno sviluppato che si interna tra i tessuti dell'ospitatore non puó altro che essere il miglior piede atto alla funzione. Il piede rizoidale dunque non sarebbe altro che una modificazlo ne del semplice piede tipico avvenuta per adattamento all'ambiente- Che tale apparato rizoidale abbia una funzione asso bente è OP! nione anche del Thowter (2* monografia pag. 12) il quale oltre à questa gli attribuisce anche quella di organo di fissazione, data ls sua forma generalmente bene sviluppata e dato l'intimo contatto - tessuti densi dell'ospitatore. Egli conclude quindi col dire che entrambi queste funzioni concorrono a spiegare la presenza di tale forma rizol- ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 339 dale mettendo in evidenza la funzione di attacco, con esemplari figu- rati di Arthrorhynchus e di Ceraiomyces dahlii, (da me più sopra riportati nelle Fig. 3-4) nei quali un rigonfiamento, alquanto brusco del rizoide, immediatamente sotto la superficie del tegumento dell’ospi- tatore, rende impossibile la rimozione di un individuo senza rottura o dell'animale o del parassita. Lo stesso scopo si mostra realizzato da Dimeromyces rhizophorus (Fig. 2) che per la brusea divergenza delle due branche nelle quali il rizoide immediatamente si divide entrando nella cavità del corpo rende impossibile un suo intero distaeco senza lacerare il tegumento. Senza piü avvalorare il secondo ufficio dei rizoidi troppo eviden- te per se stesso è oggi opinione anche di molti altri che l’ apparato rizoidale, presentato dai generi che lo possiedono, abbia anche funzio- ne assorbente; io pure condivido tale modo di vedere e di ciò parlerò più avanti. Sorge ora spontanea la domanda circa l’ interpretazione data al processo vitale di tutta quella maggior parte di questi funghi che pur avendo un piede semplice, il piede tipico della famiglia, si sviluppa- no con non minor facilità e rigoglio di vita dei precedenti loro op- posti. Qui le opinioni sono ben varie; taluni sono tra loro concordi; al- tri ne azzardano anche di disparate ! Dissi come l’opinione generale consideri il piede delle Laboulbe- niacee di apparenza, diciamo, arizoidale, come un semplice conicino capovolto il cui vertice è fisso più o meno verticalmente sul tessuto chitinoso dell’ospitatore. Se prendiamo in considerazione per prime le condizioni di esi- stenza, di questa seconda schiera di funghi e li consideriamo, come i loro precedenti, di indole perfettamente parassitica riesce a priori ve- ramente difficile lo stabilire il modo loro di assimilazione data l’area estremamente ridotta e limitata, da cui debbono provenire i succhi nutritizi, e che in questo caso pare si riduca ad un semplice punto di contatto tra ospitatore e parassita. Di più, se stiamo coi giudizi di molti, il fungo non avrebbe re- lazione alcuna con l'ospitatore. Il piede sarebbe semplicemente ac- 940 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI collato sul tegumento dell'animale perchè infatti niuna traccia di le- sione anche minima pare rimanga sul punto di attacco qualora questo, per eaduta spontanea o causata del fungo, venga allo scoperto. Questo fatto dell'area minima di aderenza del fungo sull'ospita- tore è pure menzionato dal Thaxter, il quale osserva che esso po- trebbe essere addotto a favore di coloro che sostengono le Laboulbe- niacee essere soprofite; tanto più ehe infatti l'ospitatore sembra non risentire apprezzabile danno dalla loro presenza. Ma vi è pure il caso in cui evidentemente un definito danno è arrecato ad un ospitatore ed è dato da una Laboulbeniacea che non possiede un organo intrusivo rizoidale. Questo fu visto su pieeole mo- sche assalite da un gran numero di D.meromycs coarctalus impian- tatosi sul loro addome molle e soffice; in questo caso si ebbero gli ospitatori paralizzati ed è evidente che una definita lesione deve es sere stata associata con la presenza del parassita. La tendenza dell’ autore quindi è però più per un fenomeno di tipico parassitismo, un parassitismo che in linea generale, malgrado il predetto esempio delle mosche, non produrrebbe danno evidente all'o- spitatore. Che danno o lesione alcuna apparente dell’ animale non venga prodotta lo sostiene riferendosi ad una figura schematica della sua prima monografia (tav. III Fig. 4) figura che qui riprodueo (Fig. 6) e nella quale si vedono, in una grossolana sezione del tegumento del- l'ospitatore, due funghi uniti osservati per trasparenza dal di sotto. Come la spiegazione originale esprime, sarebbe il caso di Laboul- benia hageni vivente sul delicato integumento di Termiti; in tale se- zione non è visibile aleuna intrusione prodotta dal piede normale e la regolarità degli strati del tegumento tende a confermarlo. L’ ipotesi di considerare le Laboulbeniacee come veri parassiti è abbracciata dalla maggior parte degli autori, poiché, in vero, poe? | furono quelli che pretesero di stabilire che la nutrizione di queste piante à tratta dal mezzo esterno. : Né gli uni né gli altri seppero peró mai spiegarsi di qual manie ra avvenga la nutrizione nel caso delle Laboulbeniacee arizoidali per” chè le osservazioni anche le più accurate finivano sempre col conelu- ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 841 dere che il piede di questi parassiti è semplicemente accollato al te- gumento senza penetrarvi e senza che lesione alcuna venga in evi- denza al punto di attacco. Di fronte a questi risultati, l’idea del parassitismo generale veni- va sempre ad essere scossa e gli studi deviavano dall'argomento oseu- ro per portarsi su altri di indole più chiara. ` Di questa insufficiente importanza data all’argomento ebbe già a lamentarsi F. Cavara (Malpighia Vol. XIII. Pag. 173-1899-) il quale pur essendo più del parere che queste piante non sono in realità pa- rassite, ma vivono saprofiticamente essendo il loro piede un puro mez- zo di attacco e le appendici sterili i veri organi assorbenti, critica il Thaxter per aver data poca attenzione al problema riguardante il me- todo di assorbimento del cibo. Cépède e Picard, 1909 (Bulletin de la Sociétè Mycologique de France), osservando pure che l’ inserzione del fungo sull’ ospitatore è tutta superficiale, rimareano che vi è quì uno studio istologico da in- traprendere che combinato con l'esperimento potrà solo fornire le in- dieaziobi positive sul modo di nutrizione delle Laboulbeniacee al cui riguardo diverse ipotesi sono fatte. L'ipotesi del parassitismo, essi dicono, è del tutto evidente per le forme a rizoidi come Trenomyces ma per le Laboulbeniacee ad inser- zione superficiale bisogna riconoscere che questa ipotesi non ha valore che per la insufficienza delle altre poiché all’infuori di argomenti di ordine logico alcun fatto dimostrativo non è stato prodotto per soste- nerla, Essi, per il caso delle forme arizoidali, pensano che il fungo si nutrirebbe a spese del tegumento dell’ospitatore e che nuovi strati se- gregati continuamente, al punto di attacco, ristabilirebbero l'integrità del rivestimento dell’insetto. Questa idea avrebbe il vantaggio di spie- gare: 1. la nutrizione del fungo qualunque sia il mezzo ; 2. |’ assenza di traccie lasciate dal parassita sul punto di attacco; 3. La sua in- nocuità quasi assoluta ; 4. la specificità parassitaria delle Laboulbenia- cee per determinate specie di insetti. Tuttavia la specificità parassita- ria, secondo loro, non è prova essenziale che le Laboulbeniacee si nu- trano di chitina poichè potrebbe essere una funzione delle proprietà 342 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI fisico-chimiche del tegumento che permette o no l’aderenza. Se lar- gomento della specificità parassitaria non ha grande valore a sostegno dell’ipotesi della nutrizione a spese del tegumento dell’ospitatore mag- giore ne ha quello della comparazione delle forme a rizoidi con le for- me ad inserzione superficiale. É ben naturale il pensare che le forme non perforanti siano ca- paci d' una stessa azione digestiva ma lenta e cosi moderata che può essere ad ogni momento compensata per l’azione secretiva delle cel- lule ectodermiche. M Di fronte alle lagnanze ed alle incertezze esposte non v'era più dubbio sulla importanza massima della questione; mi sono quindi de- dieato in partieolare a queste ricerche di ordine biologico eon lo seo po di riuscire a mettere qualche raggio di luce sull’oscuro metabolismo di questi microfiti. Per vero dire la questione non mi si presentava molto facile e più volte scoraggiato dall'esito negativo delle ricerche, al prineipio di esse, eredetti non poter riuscire a qualche cosa di nuovo. La prevalen- za però e la costanza di mie considerazioni particolari su questo fatto oscuro mi parve sempre così logica da non dover desistere dall’intento. Questo lo espongo non per lodare da me stesso il mio operato mè per mettere in evidenza che le difficoltà che questo studio presenta à chi lo intraprende, sono il motivo principale, io credo, pel quale molti lo abbandonarono tosto ed altri furono dai primi risultati tratti in M- ganno! tri autori li ebbero, prima di me, a definire, e cioè: piccolissime 5 zioni di tallo di forma più o meno triangolare che può talvolta aY cinarsi alla trapezoidale con un vertice nel primo caso rivolto ve ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 843 il basso o disposto un pò obliquamente, o con la base minore, nel se- condo caso, guardante il tegumento dell’ ospitatore ma con un punto di contatto unico. Mulla di nuovo potevo dunque dichiarare; provai allora un se- condo metodo : Una abbondante cattura di Girini:—Gyrinus natator, G. bicolor, Aulonogyrus concinnus fortunatamente infetti, eon buona frequenza da Laboulbeniacee, mi permise una certa larghezza di esperimenti. Dia- fanizzai in parecchie riprese e per diversi periodi di tempo, con essen- za di garofani, dei preparati in toto; ridotto l'oggetto alla minor mo- le possibile, così da aver per esempio un fungo attaccato naturalmen- te al rispettivo pezzetto di integumento o di elitre lo osservai in po- sizioni diverse, di fianco e di fronte, di sopra e di sotto, nonchè con luce incidente e luce rifratta. Il risultato fu sempre il medesimo; traverso i vari strati diafa- nizzati chitinosi il piede mi apparve sempre della struttura sua solita. Faccio qui osservare che nella specie di Girini nota col nome di Aulonogyrus corcinnus è facile il diafanizzare un’elitra poichè questa si presenta colorata in due modi: vista per trasparenza allo stato na- turale è in massima parte bruna-rossastra con punteggiature allineate longitudinalmente e nere mentre il margine esterno è per una esten- | sione di circa un quinto della larghezza totale dell'elitra, sempre di un color giallo paglierino. Questa regione, a diafanizzazione compiuta, è molto ben rischia- rata ediraggi di luce vi passano con esiguissima perdita. Il fungo poi, cresce sempre, a prefenza, su questa parte chiara che è anche la più tenera e le combinazioni vengono così a sommarsi, in nostro favore, nei loro effetti. Ma, come dico, il metodo quantunque si presti bene, nor conduce a nessuna nuova conclusione. Provai a servirmi di sostanze decoloranti per osservare anche su altre specie di insetti ad elitre completamente oscure : Il cloro, allo stato nascente, decolora la chitina, ma l’azione sua troppo attiva è dannosa al fungo che, a reazione compiuta, si delinea in una massoli- na rattrappita ed informe. Mi affidai ad un altro decolorante più blan- do, l’anidride solforosa, che per lo scopo pareva darmi discreti risul- r5. i s sn 944 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI tati, quantunque molto lento, quando alcune considerazioni, che qui sotto espongo, mi diressero verso altri metodi. Il parassita sta aderende al tegumento, la parte di contatto è li- mitatissima, è vero, ma non si può tuttavia negare che una certa re- sistenza, benchè minima, è opposta dal fungo quando si cerchi di stae- carlo dall’ ospitatore. Tale resistenza è confermata anche dal fatto che nei Girini, gli instancabili e veloci cacciatori delle acque correnti e- sposti di continuo ad urti aspri laterali, nella gara incessante delle loro vorticose escursioni, le Laboulbeniacee benchè situate nelle po- sizioni più facili agli scontri, non risentono danno sensibile dalle con- tinue scosse che ricevono e che di certo sono più che sufficienti per pie- garle notevolmente in vari modi. D'altra parte se pregiudicata fosse la loro sicurezza od insufficiente fosse il loro sistema di attacco, esse per esigenze naturali di esistenza, migrerebbero in altre posizioni ove gli urti e gli strappi non fossero avvertiti. Di più: si sa che unà soluzione di potassa caustica, di media con- centrazione, rammollisce la chitina come pure spapola o distragge so stanze organiche che vengano con essa a contatto e meglio quando si scalda. Misi qualche elitra, infetta da Laboulbeniacee, nella soluzione menzionata e dopo aver scaldato per qualche tempo, impedendo i for- sussulti di bollitura, osservai ciò che fosse avvenuto: I funghi non sì erano per nulla staccati’ e la chitina resa più duttile dimostrava certa l’azione della potassa. Ora se il parassita fosse semplicemente accollato al tegumento non vi doveva aderire che per opera di particolari sostanze cementanti. Po tevano queste appartenere a sostanze organiche non chitinose? No altri menti l'azione della potassa le avrebbe alterate o sciolte originando il distacco del fungo. Erano dunque di natura chitinosa questi legami ? di una sostanza molto affine alla chitina ? Questo non lo potevo decidere; era però certo che i mezzi di at tacco dovevano essere ricercati tra le sostanze costituenti o il fungo o l'elitra entrambe indifferenti verso la potassa, A questo punto è utile ricordare che secondo il Gi/son la membrana cellulare dei fangi consterebbe essenzialmente di una sostanza da lui chiamata micosina simile alla chitina. (continua) Proff. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO / Endemismi ed Esodemismi nella Flora Italiana (continuazione) Accanto a questi poi abbiamo ancora una nuova serie di neogeni- smi originariamente endemici e dovuti a processi di mutazione cui van- no ineontro, secondo De Vries, le specie attualmente in fase evolutiva. Ammesso questo dualismo fondamentale nell'ambito degli endemismi possiamo noi ancora mantenere inalterato nelle sue linee fondamentali il problema dei rapporti fra endemismo e antichità del terreno ? Evi- dentemente la risposta deve essere negativa: i neogenismi possono na- scere in qualunque momento ed in qualunque terreno, e quindi la loro origine non ha nulla a vedere coll’ antichità del terreno su eui li tro- viamo insediati, anche prescindendo ben inteso dai easi—non frequenti però — in cui gli endemismi si formino nelle acque e appartengano a piante galleggianti. Però per dar maggior corpo a queste nostre osservazioni è d’uopo mettere in evidenza che i neogenismi realmente sono tali, escludendo che essi siano sorti in epoche lontane dalla nostra. La prova decisiva non è sempre facile a trovarsi, ma ciò non ostante i dati relativi alle affi- nità hanno portato non pochi autori, che si occuparono direttamente od indirettamente dell'argomento, ad affermare che la grande maggioranza degli endemismi sono non solo recenti, ma recentissimi. Per citare solo pochi esempi ricorderemo che dai lavori di Christ e di Jerosch sulla flora alpina, tanto ricca di forme endemiche, appare ad ogni passo provato che queste si son venute concretando dopo l'epoca glaciale. I lavori del De Vries poi confermano il fatto dal punto di vista degli endemismi da mutazione. Il problema riesce dunque circoscritto ai paleogenismi i quali, co- me sopra è stato ricordato, rinvengonsi spesso in territori isolati ed an- tichi. Ma riferendoei allo studio del nostro paese troviamo che il nu- mero di siffatti endemismi è quanto mai ridotto. Gli autori della flora italiana non sono tutti concordi nel fissarne la cifra, e perciò noi segui- remo nelle ricerche le indicazioni offerteci dall'opera dei signori Fiori e Paoletti, i quali riducono a una diecina, o poco più, le specie più ti- picamente paleogeniche (Dracunculus muscivorus, Parietaria Soleirolii, Morisia hypogaea, Cochlearia brevicaulis, Petagnia saniculaefolia, 346 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Borrago laxiflora, Mentha Requieni, Nananthea piperella, Helichry- | sum frigidum, Robertia taraxacoides), la maggior parte delle quali, come del resto è caratteristico per i paleogenismi, sono monotipiehe e quasi prive di legami con altre forme. b In conseguenza, ben ponderati i fatti, mentre in Italia abbiamo ok tre 200 endemismi (e molto più stando alla flora dell'Areangeli) se ne incontrerebbe appena una dozzina di essi paleogenici, legati quindi pre sumibilmente al terreno. Però anche quest’ ultima conclusione è un po affrettata, non potendosi dare un giudizio sieuro se prima non si è fatto uno studio accurato, dal punto di vista geologico, del terreno su cui la pianta vive. | Troppo lungo ed improbo lavoro sarebbe quello di seguire ogni forma endemica, sia neogeniea che paleogenica, nella sua distribuzione | sul territorio italiano, avendo sempre cura di stabilire l’antichità geologica del terreno che la ricetta. Inoltre un tale compito sarebbe quasi impossk bile ad effettuarsi a dovere poichè per quanto oggigiorno si abbiano pos ottime carte geologiche del nostro paese, o per le meno di molte — di questo, le stesse non sono così dettagliate da darci, per ogni località in eui vive la pianta endemica, esatta informazione sulla natura delter- reno. Se si volesse effettuare un lavoro coscienzioso di tal genere 0% correrebbe che lo studioso si portasse nei siti dove crescono le 202 spe eie endemiche italiane e ne studiasse a fondo la natura geologica del terreni, poco o punto potendo egli giovarsi del solo esame del terreno superficiale quasi sempre di trasporto e quindi recente. (1) i Le nostre ricerche furono pertanto limitate a poche specie, b: " poco ehe abbiamo ricavato dallo studio è più che sufficiente ad illum" — narci sulla controversa questione, (1) Quasi tutti i terreni superficiali in cui si impiantano le radici bos. ui te endemiche od esodemiche sono di recente formazione, e quindi si ha "a d Stato di cose un fattore di più che dimostra quanto siano incerti 0 falla Di porti fra substrato geologico ed endemismi. ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 941 Val di Noto ss Val di Mazzara Is. Marettimo Is. Favignana fs. Levanzo Malta Monte delle Stelle (Salerno) Avola Is. Levanzo Specie ende- E mica Ilabitat Terreno Costituzione dei terreni s Lon- |Monti di Palermo bed Raf. a) M. Pellegrino |Giurese, Titonico domos a facies Der o a facies promis a. Cal- E care rer pl à aniio b) M.i di Palermo|L " medio, inf. e sup. assico Monreale Trias Norico Dolomi a bianca o ias Quaternario medio Lias. | inferiore Trias Nor co Quaternario Lias Trias Norico Recente > medio Lias . $ inferiore Trias Norico Pliocene Miocene (Elveziano) uaternario » Tri Lias medio Favignana (S. Cate- rina) Calcare semicrisallino con a list noduli di diaspri. np cari a cti Calcare cristallino marmor. lora con noduli di selce Dolomia bianca o grigia, p Dr cri- compatta, € o aren e ghiai marine, aviali o nnt Saline Come a Marettimo nu a Marettimo a Marettimo e Favi- Calcare Tufo Calcare Calc are sem ese ee allin crista Dilare 348 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Specie ende- mica Habitat Terreno Costituzione dei terreni Brassiea ma-|Marettimo crocarpa Trapani Iberis sem- Villabate Meinen Busambra Cefalù Panaria Marettimo Favignana Capo P. damp aeoli. Y ei sG uss. ria G T TAA Ce Castelbuono Genista aet- ne Dc. Genista e- phedreides DC. tet-| Etna iv) | Sferracavallo Isnello |Pizzo di Pilo uro Vulcano (Pian 'a Monte Pellegrino Capaci O del- Lias medio inferiore Trias norico Recente Giurese Liassico Eocenico Quaternario Quaternario Lias Giurese (Titonico) U ica iamo ecente POE veiei 1 Lave trachitiche Tri Miocene” (A midgianni Lias medio » Trias norico Miocene (Aquitaniano) Giurese (Titonico) Lias medio n norico Eocene medio Micce ( (Aquitaniano) Lias medio Calcare Dolomia A Titonico calcare 1 Dolomite Sai i i Calcare bianco Calcare Argille An Arenarie j rune omicee ed 0 Calcare Srl Dalcare cristallino — . Dolom Da | "isti conchigliare n semicristallino | cristallino — olomia 2 cu Js ^ NDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA © —. B5 2. pena 100 m. in media, taluni dei primi inoltre hanno il fondo situato . al di sotto del livello del mare. L'ipotesi del Penk ha eattivato le simpatie della maggior parte de- gli studiosi, ma essa è di tal natura da eseludere, domandiamo noi, del tutto le altre ipotesi e specialmente quella che si riferisce agli sprofon- damenti? A priori parrebbe di no, ma per arrivare ad una conclusione un po’ attendibile occorrerebbe dimostrare che la maggior profondità dei laghi, in corrispondenza del versante italiano, non è una caratteri- stica della massa lacustre submontana, ma bensi si verifica in tutti o quasi tutti i laghi alpini vale a dire anche in quelli elevati, sui. quali Fazione della pressione dei ghiacciai si sarebbe fatta sentire in presso- ehé uguale misura tanto sul versante tedesco che su quello italiano. Se in termini medi tutti quanti i laghi del versante italiano, siano elevati ehe bassi, si presentano piü profondi di quelli del versante te- desco il fenomeno troverebbe la sua spiegazione più adeguata nelle frat- ture e negli sprofondamenti più imponenti che si sarebbero verificati sul versante del sistema alpino che avrebbe subito maggiori spinte e maggiori torsioni, che & appunto il versante italiano verso il quale eon- vergono le piü alte cime della catena. Allo scopo di affrontare il problema riportiamo quì una lunga lista di - laghi alpini italiani, svizzeri, tedeschi e francesi desunta dalla classica opera dell Halbfass. Nella tabella è indicato il nome del lago (Casella 1.); la sua altitudine sul livello del mare (Cas. 2.); la sua superficie, in Ettari (Cas. 3.); la sua protondità media, in metri (Cas. 4.); o per lo meno la profondità massima (Cas. 5.5; il volume della massa aequea (Cas. 6.); la profondità del lago in rapporto a 1000 di superficie (Cas. 7.); il volume in rapporto a 1000 di superficie (Cas. 8), e infine il volume in rapporto a 1000 di profondità (Cas. 9.). . PROFF. LUI nd Ab © 2 le] el : Pour Supe-| fora, SaF) 2 lafoia 8 fici fond. |;225*5| g ast BEST OR NOME livello| "P. |media|228^«| = [ESS he del (in Bt- (inme- Sdi 10 chaglshes| ph tari) 4. (Ses "7 be al mare tri) HE due AA oi Tomb o di Emet 2143 | 5,1 -— 43 -— — us = Spluga . 141 | 4,2 Mi 40 si — a Trazo . : . 53 | 25,3 G5 12 * Scala di Fraele | 1934 | 5,79 8 — i Palu. 1925 | 22,8 iui 25 Moncenisio 1913 | 184 | 13,4 nn Misurina 1775 | 14,3 1; int Arno. . 1752 | 59,7 it 62 Antrone. 083 29 18 == Alleghe . 966 | 58 14,8 — He i 922 | 21 T 43 Menghiano 715 | 8,2 5,6 -— ice... 519 | 9,5 6,3 — S.ta Croce 382 | 472 | 22,7 — Bertignano 379 | 8,7 4,6. me VAT 368 | 1087 65 — ana 355 58 EVI xe Avigliana 951 | 414 | 19,5 — edi, 305 | 12,6 1 E PAVO. 290 | 1815 | 11,8 E Pistono . . 281 | 60 5,4 Le PIRO V. 209 | 72 6,4 AS Morto . 205 | "4 | 291 TS EO. . 211 32 1 iba Monate. . 266 | 251 | 18,1 se Iserio . . 260 | 144 | 54 - "n, 260 | 525 | 18,8 as Varano (Comab.)| 243 | 359 4,4 ue ndronno 41 | 88 | 1,66 v S. Michele. 241 | 69 | 8,7 M arese . , 1495 | 10,73 "T Viverone . . 78 | 22,7 DE Candia ico- 226 | 169 | 5,3 4 pra, di Friaul| 226 | 35 4,9 iie Sotto, di Fria 226 | 49 1,4 chel ne. PR . 69 34 17,5 : 20 Lago Màrjelen. e v yv v y y vow ov Y Du v v v V V v y v v wv v v Wow om WU M WOW OW. vow WM M WOW rt do vow M . Crocetta . . . ppitin (alto) . Splügen (basso) Tilisun Silser . mpfer pt ues Joux e de Brenet au Poschiavo Murten Biel Neuenburg , Walen. ; ach . iia Hallwyl ; ; : ENDEMISMI ED ESODEMIS I NELLA FLORA ITALIANA LAGHI SVIZZERI-TEDESCHI Altez. S Pro- sul Spor fond: livello|., "RE media del ia ^" |(inme mare ari) tri) 2365 41 16,8 2809 | 8,5 _ 2270 6 — 330 | 82,7 | 18,4 2196 | 4,5 — 2100 3,5 — 2060 6 — 2008 8 1908 10 — 1874 4 — 1811 10 — 1825 25 — 1797 | 416 | 34,4 1794 55 18,7 1791 | 286 | 47,5 1731 78 25,4 1 2,5 — 1740 | 7,5 — 1592 | 144 45 1562 | 55,9 | 35,4 15 82 25,3 1426 15 10,5 1411 17 18,2 1142 15 LA 1008 52 18 1000 E 963 | 195,6 | 56,4 828 | 118 13,8 736 | 18,3 | 20,8 «28 | 724 49,3 657 | 87,3 1 646 48 14 5 4 c 567 |2977,9| 176 560 | 4792 | 135 541 17,9 524 |- SL TE 7 | 1438 6 473 | 764,3 31,9 ‘470 23 20 466 | 523 34 452 | 1029 | 20,62 ,b| 309 7 439 | 844 19 31 | 400 25 437 | 11401 | 104 4 2742 22 432 | 8940 | 28,5 432 | 23960| 64 499 | 2327 | 108 Profond. mas- alla prof. med. LU RME PER CUP ESA LE LS TR IS | Volume IILIi TS (Ss) nat Duos Seen ASRS Profondità in rapporto a 1000 STN ARI] EI 326 pporto 000 di superficie ES P EFEELL I È eS 185 475 254 Profondità in rapporto a 1000 di superficie 1 8778 58246 5046 Le citre indicano Maasta che la profondità media per in rapporto a 1000 di superficie, è maggiore pei laghi italiani rispetto a 229,7) e lo stesso può dirsi pel volume medio rispetto Superficie (1162 rispetto a 434) e pel volume medio rispetto a D. — profondità media (79683 rispetto a 33825). ! Se noi poi limitiamo le nostre ricerche ai laghi m i vati, ma situati pressochè a pari altezza sul livello del mare, sia sul sante italiano che su quello opposto, troviamo ancora confermata lal ge della maggiore profondità media rispetto alla superficie poe e laghi italiani. : - La seguente tabella illustra il nostro concetto: uo | Profondità LAGHI SVIZZERI Altezza per 1000 di sup. Lago di es od | Poschiavo ' Brienz. e p $ Profondità Volume Man LAGHI ITALIANI Altezza per 1000 per 1000 Fi of di sup. di sup. te Marni... . 1775 125,8 18 144 UT CSSS 966 246,5 143 580 Mengliano PS re ou 715 1437 56 32 Alice Fe ai MU 579 663 63 : 95 Totali 4085 24723 | 980 851 Medie 1009 618 70 212 Pare adunque che la maggior profondità relativa dei laghi del ver- sante italiano non sia soltanto una caratteristica di quelli prealpini, pei quali si può invocare l'azione del peso dei ghiacciai come fattore di escavazione, ma bensi anche di molti di quelli situati nel cuor delle Alpi ad altezze più o meno grandi, dove pertanto, come rileva an- che Richter, l'azione del peso dei ghiacciai è assai minore. Non ere- diamo quindi di andar lungi dal vero ammettendo che se l'erosione gla- ciale si è fatta sentire più intensa sul versante italiano scavando dei laghi più profondi, anche le fratture inerenti al più forte sollevamento del sistema alpino dal latoitaliano dovettero essere più accentuate da | questo versante e quindi contribuirono pure ad aumentare la profondità di taluni laghi situati in queste regioni. L'azione delle piegature e del- le fratture alpine va adunque presa anche in considerazione sia da sola, sia in correlazione coll’azione dei ghiacciai e con altri fattori (erosione chimica, ete. a riguardo dei quali momenti vedansi lavori di E. Fugger di Kolche, di Swerinzen ete.), se si vuol spiegare spassionatamente il modo di formazione di taluni laghi alpini. A contorto del nostro asserto crediamo utile di riportare qui anche le osservazioni del Delebeque, il quale dopo aver rilevato che i laghi sono poco profondi rispetto alla superficie, fatta tuttavia eccezione pr aleuni laghi assai pieeoli, ei dà il rapporto fra la profondità e la 1 della superficie pei seguenti laghi dei Pirenei, Plateau Francese, Alpi, Giura, Vosgi ete. i. GIUSEPPE MUSCATELIA Superficie (in Ettari) | Ben (Pirenei) ..... | Caillouss ‘Pirenei; LI | Girotte (Alpi ==, Godivelle (Plat. Centr. fr.) | Issarles (Plat. Centr. fr.) `. Corbeaux (None Pa Narlay (Giura) . Genin (Giura) Gr. Maclu (Giura) . | Retournemer (Giura). Pic. Maclu (Giura). Bouchet (Plat. Centr. fe: - Chaillexon (Giura). Nantua (Giura) . | Motte (Giura). . Fe Lis (Plateau centr. franc.) . | Tenranat (Plat. Centr. franc. ie Chauvet (Plat. Centr. france.) . En Profondità ‘ 47 39 12,00 "n ED ados viste vinta FIORA ITALIANA Rapporto : | Superficie tra la prof »! 5 LAGHI Profondità |dità e la W (in Ettari) della ; superfice 3 1 2 Push (Alp)... c. 86,00 1990 | ug E. 1 à gis Dn Point (Giura) ie Li 398,20 40,80 de A i 1 A B. De (iura)... ves V yv codes 33,60 11 518 E ai i : 1 RU » Mida (Gies). : s 0 +220. 390,30 95,90 Die ‘SA j 1 E Annecy (Giura)... aia 404 aR 80,60 TEST È | 1 ^us _. | Geneve (Alpi) . . . m LE Li 309,40 e T | | Paentins (Cost. Atlantico), . . .| 8502 20,50 E | DE» | 1 d dj Cayaux (Cost. Atl.) . . . 7 ...] 16606 22,90 Mo vy P | | Houstin (Cost. At.) . . . . . .| 5928 919: LE E à 1 p Gradlieux (Cost. Atl» . . . . .| 8700 2,50 ET) E E Il Delebeque trae la conelusione che il rapporto tra la profondità P ki e la y della superficie si mostra più grande nei laghi più elevati, sia vi pei Pirenei (l. Bleu, l. Caillouas) sia per le Alpi (Girotte), sia infine per qualeuno del Plateau centr. frane. (Issarles, Tazzanat, Pavin, Chauvet): all'opposto si abbassa pei laghi subalpini (Ginevra) e diventa poi mini- mo pei laghi costieri. L'autore non entra in merito alle cause che han- no provocato il fenomeno, ma nella pubblicazione accenna pure agli | sprofondamenti come causa di formazione dei laghi e noi riteniamo che i dati riportati siano ben lungi dall'essere in disaccordo con tali vedu- te che sono in fondo e in parte anche le nostre. È singolare però che il Mangin il quale accetta pure, sia parzial- mente, la teoria degli sprofondamenti (1), sia venuto à conclusioni op- E poste pei laghi del Giura, a riguardo dei quali sostiene che le maggiori Las profondità si osservano nei laghi di pianura. Ma è facile constatare che l’autore intende accennare alle profondità assolute. Dai fatti esposti appare evidente che il sine delle origini dei ei e e (1) Il Lyell fu tra i primi a formulare la teoria degli sprofondamenti come enusa di formazioni lacustri. laghi si mostra assai complesso per cui lo studioso, prima di decid a classificare un determinato lago tra le formazioni attinenti alla tetto- nica dovrà studiare i suoi rapporti colla direzione degli strati terrestri, . Fra le obbiezioni che si elevarono contro i sostenitori della teoria dello sprofondamento ricorderemo che molti dei pretesi laghi da sprofonda mento non hanno aleun rapporto colla direzione degli strati del terreno — ‘0 sono scavati in roccie a stratificazione orizzontale (lago di Caillouas) o in posto (antico lago colmato sovrastante il Tunnuel del Gottardo), 0 1 infine si mostrano variamente diretti rispetto alle piegature tettoniche - . (Annecy, Girotte ete.). Il Delebeque stesso, pur essendo (entro certi li- d i * miti) fautore della teoria degli sprofondamenti, ritiene che molti laghi no su un'antielinale, altri su una sinclinale. Non è da eseludersi, conclude il Delebeque, che molti laghi siano B considerati dall'Heim come tettonici non sono tali poichè taluni poggia 3 in certo qual modo risorti. Tale sarebbe stata la sorte del lago di Bour- . get e di quello di Ginevra (1), entrambi stati preceduti da altre for- mazioni lacustri che più tardi andarono colmate e poi furono nuova mente escavate per formare gli attuali laghi. Ai laghi periferici e ai non pochi di alta montagna, che a seconda | degli autori, hanno avuto origine da erosione fluviale (Gervood e Kilian) © glaciale (Penk, Davis ete.) da sprofondamenti (Heim, Delebeque ete.) da sbarramenti, o da parecchie altre cause e spesso da più fattori asso ciati, si contrappone un'altra serie di laghi che formano quasi una eor nice in corrispondenza della fronte dei ghiaeciai alpini. La loro sede prediletta varia a seconda dell'altezza delle montagne dalla distanza di questa dall'equatore e dalla linea di altezza raggiunta dalle nevi eterne: in generale essa oscilla fra 1600 e 5000 m. sul livel del mare. Così nel Gruppo del Oetzel 74 ‘fo di siffatti laghi sono distri- buiti fra 2400 e 2900 m.; nelle Alpi retiche 76 °/, fra 2200 e 2800 m., nelle Alpi Carniche infine 68 "/, fra 1600 e 2000 m. | Essi sono in intima relazione coi così detti Circhi (o Kahre) sit . Cui origine molto anche si discute, non essendo ben chiaro se questi de . r di “(1 Per.il lago di Ginevra anche il Brückner è dello stesso parere Ui | Vergletscherung d. Salzagebiete), x | rivano da degradazione meteorica, o da quella dei ghiacciai, o da altre _ cause ancora. Forse per alcuni si deve evocare un fattore per altri un altro e non si può neppure escludere che i ghiacciai anzichè formarli abbiano contribuito a mantenere molti Circhì intatti fino ai nostri giorni proteggendoli contro l’azione dei fattori esterni. La stessa ipotesi è stata invocata per spiegare il mancato colmaggio di aleuni laghi. | Molti Cirehi sono privi di formazioni lacustri (in specie quelli si- = tuati più in alto dei ghiacciai), ma molti anche presentano nel loro seno . un lago, per eui si può dire che Cirehi e laghi hanno spesso comune origine, I laghi alpini elevati sono d'origine glaciale, afferma infatti il Richter, nelle sue conclusioni. Il Böhm che molto si è occupato dei laghi inelusi nei Cirehi osser- | va che essi aumentano dal polo all'equatore, che la loro elevazione sul . livello del mare è in diretto rapporto coll’ altezza dei monti, tanto che nell'Himalaja abbiamo dei laghi a 5000 m., e che infine la loro presen- za è in rapporto colla struttura e colla forma delle montagne, essendo essi più abbondanti sui monti cristallini anzichè in quelli calcari. Tra questo cintolo lacustre d’alta montagna, che il Bòhm denomina Bergseen, ed i laghi prealpini di pianura o di bassa montagna che di- | Stingue col nome di Thalseen esisterebbe una zona montagnarda povera = di laghi e priva di Circhi. È la così detta ragione del Mittelgebirg il- . lustrata dal Richter. Quali sono i fattori che mantengono separati i due sistemi lacustri ? Per risolvere il problema il Böhm ei traccia innanzi tutto ‘la storia dei laghi. Egli osserva che tutte quante queste raecolte aequee sono in certo qual modo effimere e transitorie, poichè tutte quante destinate a seom- | Parire sia per colmatura, eui vanno soggetti di preferenza i laghi di pianura e di bassa montagna, sia per svuotamento in seguito a erosio- ne delle pareti, ciò che si verifica spesso nei laghi di alta montagna per opera di quelle acque che colmano invece i laghi situati a più bas- so livello. Attualmente nelle Alpi esistono eirca 5000 laghi di eui 2450 circa appartengono al settore orientale e tutti sono in via di più o me- no rapida estinzione. Dall’epoca della pubblicazione della Carta del Ti- Tolo, per opera di Aniche e Huebner, al giorno in eui venne data alla stampa la Nuova Carta dell’ Istituto Geografico militare, pure relativa i PROFF. LUIGI BÜSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO al Tirolo, cioè nello spazio di un secolo o poco più, sono scomparsi n ‘meno di 118 laghi della detta regione Anche gli stessi grandi lagl | prealpini subiranno tardi o tosto una sorte analoga: così ad esempio | stato calcolato che il lago di Ginevra, il quale anticamente era più. steso ed elevato, potrebbe venir colmato dalle alluvioni del Rodano in 45000 anni qualora non intervenissero altri fattori che ostasa NE la zione di riempimento. | Il eolmataggio, oltre che per i fattori esposti, interviene anche spe so per un'eccessiva evaporizzazione, per la formazione di torbiere, pero ostruzione da valanghe, ed altre cause che non crediamo di indicare non entrando nell’orbita dei nostri studi. Premesse queste considerazioni il Bóhm risale, nel suo studio, ij ca glaciale ed al principio del Quaternario e rileva che mentre i ghiacciai - ‘andavano ritirandosi e risalivano così lentamente le pendici alpine in cor- 3 = rispondenza della loro fronte si venivano organizzando i Circhi e i laghi — di più o meno alta montagna. Questi ultimi, dopo un periodo di vita 3 |... più o meno lungo, venivano colmati o demoliti dalle acque. Progreden- E do però il ritiro dei ghiacciai, nuovi Circhi e nuovi laghi apparivano E: ben tosto più in alto destinati a lor volta a subire la sorte degli alt — Una tale vicendevole formazione e distruzione di Circhi e di a : ghi alpini nella parte bassa della montagna e la loro rieostituzione più > in alto continuò ad effettuarsi fino ai giorni nostri ed anzi si può dire che è tutt'ora inattività. La tormazione dei Circhi e dei loro laghi, esser > E do subordinata anche al pendio alpino, si comprende come essi cessino di z formarsi quando hanno raggiunto una certa altezza. Siamo così in grado di comprendere perchè tra gli alti laghi spi à ni e quelli di bassa montagna esista un’ ampia zona montagnarda priva 3 di Circhi e sfornita quasi di laghi, sulla quale è appunto insediata la o. | vegetazione alpina. Non così chiara appare invece la formazione dei * Circhi, per quanto gli sbalzi di temperatura esistenti nelle alte regioni : T alpine, il vicendevole gelo e disgelo diurno ed altri fattori siano più eMe 1 | sufficienti a spiegare la demolizione delle pareti verticali dei Circhi © " i l'ingrandimento di questi, ; Ammesso il rapporto tra Circhi, laghi e ghiacciai se ne deve infe rire col Bóhm, col Riehter, col Penk e col Bonney (V. il lavoro: On the A VECI, T ge M Pg. eee i | AZ É ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA —— formation of Cirques. Quart Journ of Geol. Soc. London XXIX 1873) che i laghi e i Circhi alpini alla fine dell’epoca glaciale fossero enorme- meute più numerosi di quanto lo siano di oggigiorno, e più bassi. Tutti gli autori sono concordi nell'ammetterlo e tutti quanti sostengono pure che essi andarono gli uni dopo gli altri distrutti sotto l'influenza di varî . fattori i quali rispettarono i laghi più prossimi agli attuali ghiacciai e «quelli di pianura unicamente perchè i primi son di formazione recente siffatti antichissimi Circhi hanno servito al Penk ed al Richter per trac- ciare le linee degli antichi ghiacciai nelle Alpi. Ora che abbiamo tratteggiato una delle caratteristiche più MP delle nostre grandi montagne, i laghi alpini, è duopo che cerchiamo di collegare i fatti esposti coll’ argomento dell’ origine della flora alpina, E (ad eccezione di Circhi elevatissimi) i secondi molto ampi. I resti di x n Eu i; | quale quello che più da vicino ci interessa. Nelle pagine precedenti si son riportate le varie ipotesi state for- topiche e si è fatto anche rilevare che nessuna delle stesse ha appagato completamente gli studiosi. Ivi abbiamo pure accennato alla presenza di una modesta colonia xerotermica nella Val di Susa e fatto rilevare co- . me la stessa sia sulla strada stata battuta da un grande ghiacciaio du- P rante l'epoca glaciale e non molto lontana dai due laghetti di Avigliana. : Non ci pare dunque fuor di luogo sospettare che tale colonia siasi aliante ivi insediata perchè le formazioni lacustri glaciali, alla fine | dell’epoca glaciale assai più estese d’oggigiorno, mantenevano allo sboe- co della Valle di Susa una temperatura piuttosto mite, analogamente a quanto si verifica tutt'ora sulle rive dei nostri maggiori laghi insubrici dove pure è diffusa la flora termofila. I laghi di Avigliana sono ora ri- dottissimi, ma la flora è rimasta pue. ha trovato modo di adattarsi lentamente al nuovo ambiente. Se peró si ammette siffatto legame fra i laghi alpini e le flore ter- mofile eterotopiehe delle Alpi si puó fare un passo avanti ed ammet- tere del pari che la flora in questione siasi anticamente diffusa lungo | tutta la cornice lacustre alpina e di poi abbia continuato a vivere in località privilegiate anche dopo la an dei laghi. La scomparsa di un lago non è l’opera di un giorno e perciò data mulate per spiegare la presenza, nelle Alpi, di colonie termofile etero- si | di clima (contrassegnate dalla tendenza al raffreddamento) che veniva no a mano a mano realizzandosi a misura che diminuivano i laghi o piedi delle Alpi o più o meno in alto dove i laghi numerosissimi, € t - ; . mazioni lacustri attorno alle quali regnava un clima relativamente dolor 2 è causa appunto dell'enorme sviluppo loro. temente il nostro studio non avrebbe legame colle ricerche sull’ origi? 3 una volta insediata nel dominio lacustre, caratterizzato da una tempe ratura mite, abbia avuto tempo ad acclimatarsi alle nuove condizioni. si impicciolivano. I laghi sono scomparsi, ma la flora xerotermica er masta qua e là sulle Alpi. Per comprendere come siffatta flora abbia potuto insediarsi sulle Alpi dobbiamo semplicemente pensare alle con- dizioni di elima, probabilmente molto mite, che dovevano dominare ai | luni vastissimi, costituivano quasi un interrotto cintolo. : Grazie ai lavori di Böhm, Richter e Penk e di altri autori è stato | assodato che detto cintolo in origine quasi si confondeva con quello dei i grandi laghi prealpini, ma di poi risali le montagne per portarsi col — Circhi alle sue sedi attuali. Orbene, date queste condizioni di cose appr i re logico affermare che anche la flora termofila abbia potuto seguire ! laghi nella loro graduale ascensione e siasi quindi a sua volta più 0 meno elevata. La mite temperatura dominante nel dominio dei hgh permetteva alla flora siffatto spostamento. : Allo spostamento verso l’ alto della flora termofila, dei laghi € pi Cirehi tenne dietro in vasta seala la demolizione o il colmataggio delle : formazioni laeustri primitivamente formate ed allora coi laghi soompi ve pure lelemento termofilo, fatta eccezione per alcune località eccezi™ | nalmente favorevoli e privilegiate, dove appunto lo troviamo ancor 088 x accantonato e senza alcun rapporto evidente con formazioni lacustri — Il concetto dei «Massifs de refuge» quale è ammesso dal Chodat : : Pampanini va integrato colla costituzione fisica della Catena alpina "- fine dell'epoca glaciale e più particolarmente colla sua ricchezza di for Nel nostro studio ci siamo soffermati a lungo a trattare dei We i maggiori e all uopo si è riportato qualche documento che può conti” — dare la teoria degli sprofondamenti, non da tutti ben accolta. Appart della flora alpina cui abbiamo consacrato il capitolo, Il nesso hec: un ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 377 esiste, come esiste colla questione dei Circhi e dei laghi corrispondenti; per trovarlo basta considerare che tutte queste formazioni lacustri, stan- ‘ do almeno ai dati dell'Heim, del Delebeque e di altri autori, si svilup- parono imponenti nei periodi interglaciali e specialmente in quello de- corrente tra la prima e la seconda glaciazione. L’ epoca della loro for- mazione era particolarmente favorevole allo insediamento, nel loro do- minio, della flora termofila la quale poi avrebbe continuato a vegetare fino ai nostri giorni in qualche località privilegiata della montagna. Ecco quindi che col nostro concetto la teoria dei Massicei di rifugio torna a far capolino. T Aggiungasi ancora che molti degli attuali grandi laghi, attorno ai quali ora trovasi localizzata una flora termofila, alla fine dell’epoca gla- ciale ed anco prima, nei periodi interglaclali, avevano un’estensione assai maggiore. Così il lago di Ginevra arrivava fino a S. Maurice ed ivi poi si collegava con un lago ora colmato dal Wallis; così pure il lago di Zurigo arrivava a Dietikon, dove aveva origine il sistema lacustre del Wallensee e del Bodensee che raggiungeva Reichenhalle Netsetal. For- mazioni lacustre tanto ampie dovevano favorire eminentemente P inse- diamento della flora termofila rappresentata in parte da elementi terziari. L'ipotesi dei Massifs de refuge sancisce che la flora nel periodo glaciale erasi accantonata di preferenza all'est del massiccio alpino cen- trale, donde poi si diffuse, alla fine dell’epoca dei grandi geli, al resto della catena. I/ ipotesi è in perfetta armonia coi tatti geologici stati messi in evidenza dal Richter, il quale osserva appunto che le forma- zioni glaciali nel versante orientale delle Alpi erano assai meno svilup- | pate, ciò che costituiva una: condizione favorevole all'insediamento della | flora emigrata attorno alle formazioni laeustri pur sempre presenti. Noi non ci dissimuliamo che la nostra ipotesi non trova la via com- pletamente libera dalle obbiezioni. Basterà, ad esempio, ricordare che gli studi del Nehring sulle forme intérglaciali hanno assodato l'esisten- Zà, durante tali periodi, di una flora a tipo xerofito e steppico che mal si concilia colla presenza di grandi masse lacustri. Noi osserveremo tuttavia che anche attorno ai grandi lag abbondano le forme xerofile, per eui il reperto del Nehring non è in hi attuali 378 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO disaccordo colle nostre vedute; occorre inoltre aver presente che non i tutti accettano l'ipotesi del Nehring. Prima di porre termine al presente capitolo è d’ uopo ancora do- | mandarei se la speciale costituzione fisica delle Alpi, le vicende cui am - dò incontro il sistema lacustre alpino, le variazioni climatiche che e bero luogo durante il Quaternario e prima di questo periodo non pow sano aver contribuito alla formazione di molti fra gli endemismi alpini. | Due fatti da noi posti in evidenza nel presente lavoro depongono in senso affermativo. L'uno si riferisce alla prevalenza dell elemento en- demico, come ben nota del resto anche il Christ, nelle località alpine caratterizzate da un clima mite, l’altro alla prevalente distribuzione de- gli endemismi nella parte media (rispetto all'altezza) del massiccio alpino vale a dire in quella regione che attualmente si estende dai Circhi ai laghi subalpini. In questa regione che nel decorso dell’epoca glaciale e quaternaria vide volta a volta scorrere i ghiacciai, formarsi i Circhi e i laghi alpini, scomparire gli uni e gli altri, le condizioni di Clima — in largo senso — dovettero mutare pareechie volte, ma sempre lentamente. Ma, secondo noi, le mutazioni di ambiente sono favorevoli alle varia zioni floristiche e perciò riescirebbe chiarito come appunto nella regione classica dei Circhi antichi si presentino oggi più numerosi gli ende : mismi che altrove. In conelusione la presenza della flora termofila in seno alle Alpi l’esistenza di Massifs de refuge, la predominanza degli endemismi nella parte non eccessivamente elevata del massiccio alpino trovano Un largo appoggio nella nostra ipotesi che vede nell'enorme sviluppo dei laghi alpini alla fine del periodo glaciale (nonchè nei periodi interglaciali nel loro lento spostamento verso l alto, nel elima mite che si sareb realizzato attorno al cintolo lacustre, un cumulo di condizioni favorevoli all'insediamento nelle Alpi di una flora termofila la quale poi si sareb accantonata, previo adattamento, in certe località privilegiate della vw tena alpina, attualmente per lo più prive di laghi, perchè ivi trov? particolari condizioni d’esistenza. E: A questo proposito è d' uopo rilevare ehe il Gola accennando alle colonie eterotopiche, alpine o prealpine, di piante termofile mediterrane? osserva (Saggio di una teoria osmotica dell'Edafismo) che le stesse 500° ENDEMISMI ED ESODEMISMI NELLA FLORA ITALIANA 919 di preferenza accantonate in terreni calcari. Egli ritiene che la stazione non sia motivata dalle proprietà termiche del terreno in questione, va- riando esse a seconda della natura delle roccie, tanto da poter avvici- narsi spesso a quelle dei terreni silicei : neppure ammette che la flora termofila sia esclusiva dei terreni calcari, non difettando nei terreni si- licei, come lo attesta il fatto che la fascia a vegetazione xerofilotermica si trova in tutta la valle del Po, ai piedi delle Alpi, in modo quasi con- tinuo, indipendentemente dalle condizioni petrografiche. Ne trae pertanto la eonelusione che le condizioni permettenti lo svernamento delle specie termofile in tali stazioni non siano soltanto da ricercarsi nel valore termico, ma bensì ancora in altre condizioni cli- matiche che influiscono da una parte sulla pianta, dall'altra sul terreno. Ai piedi delle Alpi si fa poco sentire, egli afferma, il dilavamento autunnale primaverile dei terreni per opera delle precipitazioni essendo queste ivi poco accentuate in tale epoca, senza contare poi che le sta- zioni delle xerofite sono per lo più sovrastanti alla zona delle nebbie invernali apportatriei d' umido ed incombenti sulla pianura padana e sui propinqui contrapposti alpini. Ne viene da questo che sul suolo ri- cettante la flora termofila xerofita il sole opera energicamente come a- gente prosciugatore, di guisa che le piante riescono a vegetare su un mezzo dotato di forte concentrazione osmotica (come l’autore ha potuto esperimentalmente dimostrare per aleuni territori montagnardi prossimi à Torino). Aggiungasi aneora ehe le piante termofile hanno spesso radici su- perficiali, per eui sentono fortemente l'influenza della radiazione termica solare. Ora tutto questo, seeondo il Gola, depone à favore della ipotesi ehe le piante termofile mediterranee siano insediate là dove vi ha un alto valore osmotico nei liquidi nutritivi del terreno. Noi riteniamo ehe l' ipotesi del Gola abbia nn grande fondamento di verità, a condizione però che da un lato non si voglia ad essa sola aserivere sempre la stazione delle piante termofile,, potendo ben altri fattori intervenire in causa, in specie per quanto concerne le stazioni termofile dal lato nordico della catena alpina, e che dall'altro si abbia 380. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO presente che tale flora manca in siti dove pur tuttavia sono le condizioni volute dal Gola. Qualunque, per altro, sia il valore che si deve attribuire ille te del Gola, e noi ne diamo moltissimo, l'ipotesi di quest aw infirma le nostre vedute che mirano solo a mettere in evidenza l dell'insediamento della flora mediterranea xerofita e termofila nelle. ‘mentre gli studi del Gola ei dicono solo perchè tale flora è atti di preferenza insediata in un territorio (e talora limitatissimo), in un altro delle Alpi. D'altra parte, occorre notarlo, noi non € mo quali fossero le condizioni di ambiente al momento dell’ins della flora, benchè tutto induce a credere che non fossero quelle late attualmente dal Gola. | Colla nostra ipotesi riteniamo di aver apportato un nuo) 0 mento ai molti che si riferiscono all'origine delle flore alpine, ben lungi dal volere affermare che le nostre vedute si adattino i easi e che da sole valgano a spiegare il complesso problema flo delle Alpi. Catania - Berlino, agosto 1910. Bibliografia dell’ argomento Arcangeli G. — Compendio della Flora italiana. Torino 1894. Armari B. — Contrib. sull'influenza del clima e della stazione sopra la struttura delle piante della regione mediterranea. Ann. di Bot., Roma 1903. Baccarini P. — Appunti sulla vegetazione di alcune parti della Sicilia orientale. Nuovo Giorn. Bot. Ital, N. Ser. VIII, 1901. » — Studio comparativo sulla flora vesuviana e sulla etnea. Nuovo Giorn. Bot. Ital, XIII. 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Sehmeil noto e benemerito autore di tante opere eminenti di Scienze Naturali, di Botanica specialmente, le quali così valida- mente contribuirono al diffondersi delle cognizioni d: dette scienze, non solo in Germania, ma anche altrove, si è fatto ancora il promo tore della pubblicazione di una serie di atlanti popolari di Storia Naturale. i questa serie fa parte l'atlante che sotto il titolo “ Die Pilze unserer Heimat ,, fu recentemente edito dal Gramberg, dove sono rap- presentate pressocchè tutte le specie più interessanti di funghi supe- riori; della Flora Europea, scelte opportunamente fra quelle mange- reccie, venefiche o sospette. I pregi di questa opera sono così cospicui che ritengo utile segnalarla ancora a tutti coloro che per scopo scien- üheo o per altre ragioni di economia domestica, si interessano fra noi di funghi, tanto più che tenuto conto del suo prezzo veramento mo- desto (cirea fr. 15) è alla portata di chiunque desideri aver una guida - sieura nello studio di queste crittogame e nello stesso tempo voglia apprendere facilmente a conoscere praticamente e distinguere le specie venefiche o sospette da quelle eduli. vuto riguardo alla copia di simili pubblicazioni popolari icono- grafiche, di già esistenti nella bibliografia micologica, non era, come n sì comprende, facile compito dell’A., dare alla luce un novello atlante che richiamasse l’attenzione degli studiosi e del pubblico, come siamo convinti sia in ciò pienamente riuscito potendosi, affermare che per la splendida e naturalissima riproduzione delle specie dei funghi illustrati, questo atlante non tema concorrenza fra i migliori. 388 ; RECENSIONI sula sp.) vennero nello stesso gruppo riprodotti vari esemplari differenti ‘colori sotto cui di solito si osservano. Come è noto essendo nelle Agaricaceae molto importante il mo di inserirsi delle lamelle imenifere sullo stipite del pileo, quasi sem nelle tavole, trovasi una sezione longitudinale, destinata a far ris completare questa recensione va ricordato, che in fine del volume, come appendice, in altrettanti capitoli l' A. riferisce in all'organizzazione dei funghi, alla loro chimica composizione, ai fi eduli, agli avvelenamenti per mezzo di funghi, alla loro raccolta modo di prepararsi dei mangerecei prima di venire adoperati come alimento, al trattamento di quelli freschi, secchi o da mettersi in con- serva, alla coltura loro, alla preparazione dei medesimi a scopo scien BE Verona, 29-XII-913. C. MASSALONGO HII "HAE TIMER san + Fe eau «s Tip ROI] TEIL i sone pass 3 angers. ser coupa seas em: 1 Mirta Sex NEA she n TEE $ 4 Le HAE IL MEN tu n ND CRAN CONST PRESSE sl LB BAT ILLE TIE mE T ERES Xt HE XX VI ol | — V i igh alp M: NE [o MIC ird — as, monografico sulle p Saurauia |, Willd. (Decuria ll, mem. VI) I E GIUSEPPE MUSCATELLO - È Studio anatomo-biologico sul con s speciale riguardo alle specie americane (Di A omni icerche fior ogiche. RASSEGNA MENSILE DI BOTANICA o REDATTA DAL DOTT. L. BUSCALIONI PROF. ORD. DÍ BOTANICA NELLA R. UNIVERSIFA DI CATANTA —ANNO- XXVI =. FASC. IX-XII thes 9t € BIO uo MARCELLO MALPIGHI 1627-1694. — CATANIA Tipografia « La Siciliana » Ciurca e Strano CERTE PEE "CONDIZIONI — vum in Ustica doppii orat ‘secondo il bisogno, da doble | L'abbonamento andéale Mu ca E >. ‘pagabili «alla ricezione del 1 Panata: & op fascicolo ù al prezzo di È: 30. FANE Saranno venduti. fascicoli separati, Agli autori saranno corrisposte 100 copie estratte dal periodico, 15. giorni p d k pubblicazione del fascicolo. Qualora fosse da loro richiestò un maggior numero. di. — esemplari, le copie in più verranno pagate in ragione di L. ro al foglio {di 16 pag. 27 $ per 100. copie. Quanto alle tavole supplementari occorrerà soltanto rimborsare le, pus E carta e di tiratura. "4 Le associazioni si ricevono presso il Prot - E. Butor in Catania € PO e | principali Librerie Italiane e dell’Estero. ial . Ai Librai è accordato lo sconto del 20 ojo. E I manoscritti e le corrispondenze destinate alla MaLpicHIA dovranno essere dii … zate al Prof. L. Buscationi in Catania. cei Si accetta lo scambio con altre pubblicazioni periodiche esclusivamen : Per annunzj e inserzioni rivalersi al Direttore Prof. L. BORAN sità, Catania. Tariffa selle inserzioni sulla copertina per ogni inserzione. sso le te sid R- Un iver VARE pagina. ZLo ; 3 : s n proa Do i n f 314 di pagina — » 25 DO rj4 di pagina » 15 : In fogli separati, annessi al fascicolo, a prezzi da convenirsi. Y Proff. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO | Studio monografico sulle Specie americane del Gen. “Saurauia,, Willd. (continuazione) Es. d. Herb. Kew. (Herb. Hook. 1867), sotto il nome di 5. macro- phylla, ma senza indieazioni di loealità. Albero a fusto notevolmente villoso, sparso di grandi cicatrici fo- gliari (Es. N. 30) ovali, divise in due da un rilievo trasversale. Picciuolo robusto e parimenti villoso assai. Lembo talora sviluppato (16-22 em. X 10-11 em.) e cartaceo (Es. di Kew. N. 6077: Es. di Cordoba) talora subcoriaceo (Es. N. 30), neppur molto sviluppato (Es. di Warezewiez 17-18 em. X 10- 12 em.) ottuso all’ apice, acuto alla base (Es. N. 30) e a margine mucronulato denticolato. Pagina superiore rossastra e ruvida (Es. n. 30), ricca di sete e di mucroni. Quest'ultimi sul parenchima (dove le sete tendono a farsi rare) spiccano anche ad un esame ad occhio nudo, ma come punti bian- co-verdastri. Pagina inferiore fulvo-giallastra per sete brevi sulla costa e per peli stellati, anche non molto sviluppati, sul parenchima. Nervi secondari 16-20, patenti, curvi, come la costa setosi assai, colle ascelle barbate, ma in modo diffuso. Talora sono pure barbate le ascelle dei nervi di 3? ordine i quali si risolvono, nel parenchima, in un reticolo, abbastanza ben distinto a causa del poco sviluppo dei peli e delle sete alla pagina interiore del lembo. Infiorescenza villosa, subeguale alla foglia, od anco più grande di questa (Es. N. 30), munita di brattee discrete o piccole (Es. di Parigi). Fiori piuttosto brevemente pedicellati, per lo più m o rag- giungenti almeno un diametro superiore a un centimetro, più o meno numerosi. Sepali setosi sulle parti esterne scoperte nel boccio, petto: rulenti sulla rimanente superficie della stessa faccia ed anche sa po lungo il bordo internamente: margine dei sepali quasi sempre jn ra Petali 1/, più grandi del calice. Stami 20-30. Ovario a stili atrofici. Caratteri differenziali, o di affinità. Per il grande sviluppo che presentano i tubercoli alla pagina su- 390 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO periore del lembo, la nostra varietà assume una fisonomia che lontana- mente ricorda quella della S. Nelsoni e delle forme affini del gruppo delle Oreophila. Nessun ‘altro carattere un po’ importante, a prescindere dai peli stellati e forse dagli stili atrofici, ha però comune con queste, per cui uno scambio non può aver luogo. All'epposto potrebbe forse scambiarsi colla S. Pittieri e perciò rae- coglieremo nella tabella sottostante i caratteri differenziali e di affinità. Caratteri differenziali x S. Pittieri D. Sm. S. villosa DC. var. tubereolata Buse. Caratteri comuni Fusto tubereolato pulverulento. Pieciuolo tubercolato pulverulento Pagina superiore co- perta da mueroni mi- uti. Costa alla pagina in- feriore pulverulenta,tu- bercolata, setosa. Nervi 20-22. Ascel- le E nervi non bar- bat Décor di tuber- colata ferruginea. Fio- ri piccoli su pedicelli per lo più lunghi. epali tubercolati sulle parti scoperte nel boccio, Stami 20-25. Costa Rica. Fusto villoso Pieciuolo villoso. Pagina superiore mu- eronato-setosa (muero- ni ben distinti). Brevi sete sulla costa. Nervi secondari 16- 22, colle ascelle per lo più barbate. Infiorescenza villosa. Fiori piecoli o gran- di, su pedicelli brevi. Sepali setulosi sulle parti scoperte nel boc- Stami 20-30. Guatemala- Messico. tro Lembo cartaceo o sub- eoriaceo, Margine del lembo mu- oritiatò tubercolato. Apice del lembo ottuso: base acuta. embo verdiccio sotto, bruniccio rossiccio sopra, scabro da ambo i lati. Pagina inferiore del lembo cosparsa di peli stellati. Infiorescenza sviluppata, subeguale alla foglia 0 più eran ade. Brattee piccole. Sepali Pd cera den- e fuori. 8) Saurauia villosa DC. var. scabrida Busc. Esemplari studiati. Es. degli Erb. di Kew e di Parigi stati raccolti dalla Commissione Scientifica del Messico (Hahn) a Misantha (?) nel Giugno 1866. STUDIÒ MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 391 Es. del Museo di Kennsington, raccolto da Schiede e Dieppe a Que- sta grande di Chinconquiaco il 29 settembre {in fiore). Es. N. 6077 del Museo di Berlino, proveniente dalla collez. di Donn. Sm. (Ex. pl. guatem. et.) stato raccolto da Heide e Lux sul Rio des Esclavos (Dep. S. Rosa da Guatemala) a un’ altezza di circa 2500 p. sul mare (1). Es. N. 304 dell'Erb. di Kew. stato raccolto da I. Cooper a Carta- go di Costa Rica, a 5000 p. (fioritura in Marzo) e distribuito da I. D. Sm. Arbusto ? dal caule solcato, brunastro ferrugineo gialliecio per corte sete, mal distinguibili ad occhio, spesso pulverulente alla base. Parti giovani del fusto fulve, al pavi delle foglie in via di sviluppo le quali sono coperte da tubercoli e sete (lunghe 1,0 mm.) alla pagina superiore, da minutissimo tomento fulvo sul parenchima della pagina inferiore, da sete sui nervi e sulla costa. I nervi secondari presenta- no anche nelle foglie giovanissime le ascelle barbate. Picciuolo corto o lungo (1-4 em.), più o meno robusto, bruniecio, coperto di minuta pulverulenza ferruginea mista a qualche setula ap- pressata, barbata spesso alla base e distinguibile solo alla lente. In qualche caso la setulosità si fa tuttavia predominante. Lamina cartacea o anche subcoriacea, grande 0 discreta, (18 a 32 em. di lunghezza, 13 a 16 em. di larghezza), ovale od obovata, talora anche lanceolata oblanceolata e più 0 meno ristretta. Base fogliare acuta o più o meno arrotondata, talora persino ottusissima; 4p4ce acuto margine denticolato o terminato più o meno bruscamente im punta: N. » . i alla base, serrulato od anco grossolanamente serrato all'apice (Es. 304) con serrature munite di sete curve e decidue. (1) L'esemplare consta di un'infiorescenza isolata e di un apice rameale por- tante una foglia coll'annessa infiorescenza ascellare. A quanto pare l'infiorescenza staccata pel peduncolo lungo, per l'abbondanza di fiori tutti brevistili, pei rami patenti e grandi appartiene ad un'altra forma, forse alla S. villosa tipica. Stareb- be a provarlo il fatto che un altro esemplare de sull’annesso cartellino le stesse indicazioni, fu da me classi DC; di guisa che alla varietà Scabrida si dovrebbe solo riferire l'esemplare for- nito di fusto, foglie e fiori. ficato come S. villosa 392 PROPF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Pagina superiore rossiccio bruna, d'aspetto granulare, scabra per minuti mucroni rossicci, spesso non molto abbondanti, (ben distinti solo alla lente) di cui è sparso il parenchima. Mucroni più chiari, se tuliformi, commisti a poche sete minute, s1 incontrano sulle nervature laterali, mentre la costa si mostra maggiormente rivestita da sete mi- nute (0,5-1mm.), finissime, distinte solo alla lente e mescolate a mu- croni e pulverulenza. Pagina inferiore gialliccia ferruginea, d'aspetto liscio, ma più in quentemente pulverulento reticolato, dolce al tatto, coperta, sul paren- chima, da un fitto rivestimento di minuti peli stellati, riconoseibili coms tali solo alla lente, giallognoli ferruginei. Questi sono pure presenti sulle nervature, ma ivi commisti a sete. Sulla costa abbondano i pul- vinuli giallo chiari e le sete minute. Le ascelle delle nervature secondarie e anche un po’ quelle dei nervi di 3. ordine si mostrano barbate per fasci di peli più ehiari di quelli ehe rivestono le altre parti: talora però la PREPARATA può in parte o del tutto maneare (Es. di Misantha). Nervi secondari circa 16-25, patenti, distanziati, poco curvi, talora un po’ irregolari, nel decorso, verso l’ apice fogliare, dicotomici, poco marcati sopra, dove più che altro sono indicati dalle sete fine, più © meno sporgenti sotto. Nervi di 3° ordine numerosi, perpendicolari al secondari, a decorso irregolare od ondulato, appressati gli uni agli altri. Essi sì esauriscono, in seno al parenchima ed assieme ai nervi di 4 ordine, in un lasso reticolo. Costa robusta e sporgente sotto. Infiorescenza di lunghezza assai variabile (7-30 em.), più corta delle foglie o più lunga (Es. di Misantha), più o meno ramosa, ampia e lassa, multiflora o pauciflora, a rami patenti, distanziati, lunghi 2- 3 em. a lor volta ramosi, e terminanti in tricasi. Peduncolo lungo 6- 20 em., seanalato, robusto, subglabro e bruniccio, ma per lo più vestito di pulverulenza ferruginea commista a qualche seta minuta. Rami piü distintamente turfuracei setulosi (sete lunghe 0,5 mm. molto ferruginee) e così pure i pedicelli che raggiungono 4-5 e più mm. Brattee lineari o tozze e triangolari, lunghe 1 - 6 mm., larghe 2 mm., setulose pulve rulente come il resto, ma spesso spostate dalla sede normale, al pari delle bratteole che si avvicinano più o meno ai calici. STUDIO MONOGRAFICO SULL}! SPECIE AMERICANE ECC, 393 Fiori piccoli, discreti od anche relativamente grandi (18 mm.). Calice a 5 divisioni giallo fulve, lunghe 4-5 mm. ottuse od acute, un po’ diseguali fra loro, cigliate al margine, pulverulente ed alla lente anche un po’ tubercolate-setulose sulle parti scoperte della faccia e- sterna, subglabre sulla rimanente superficie, mentre all’interno si pre- sentano un po’ pulverulente lungo l'orlo. Petali più lunghi del calice (!/, eirea o anche meno). Stami 25-30 ad antere gialle-rossiccie, lunghe, strette, profondamente divise, poricide all'apice. Filamenti barbati alla base. Ovario glabro, a 5 stili lunghi con stimma piccolo, o all’ opposto con stilo brevissimo (Es. di Parigi), o mediocre (Es. di Kennsington). Semi piccoli, alveolati. Caratteri differenziali e di affinità. Dalla S. brachybotrys differisce pei peli stellati alla pagina infe- riore, pei fiori più piccoli, per le basi fogliari ottuse. La scarsa e mi- nuta setosità vale pure a distinguerla da altre forme similari, quali sono S. excelsa, E. var. xanthotricha, S. pycnotricha le quali poi non han- no le ascelle barbate e neppure i calici in parte glabri. 82 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali Caratteri comuni S. seabra HBK. S. villosa DC. var. scabrida Buse. Base del lembo aeu- ta, gradatamente assot- tigliata, o un po' tonda. per tu- Calice pulverulento dentro e Columbia, Venezuela. Base del lembo per tatto per abbondanti elunghi peli stellati. Caliee glabro parzial- mente, sia all' interno che all'esterno. Costa Riea, Messico, Guatemala. Fusto ferrugineo, bruno, pulverulento, setoso all'a- pice. Picciuolo analoga- mente conformato, ro- busto. Lembo ovale od obova- to, grande o mediocre. Margine mueronato, den- tato-serrato (non sempre?) Nervature secondarie o meno. Pagina superiore rossie- cia, granulare.. Pagina inferiore setosa e cosparsa di peli stellati. Nervi e costa pulveru- lenti, tubereolato-setolosi. più l i à Fiori di- nta. à Brattee lineari. io eon stili secreti à ovarlo lunghi o brevi. Dalla S. rubiformis Watche, con eui ha molti caratteri comun! (basi fogliari tonde, rami, pieeiuoli, infiorescenza ferrugineo-pulverulen- ti), differisce per i fiori femminei non apetali, per la pannochia più lun- ga, per l'ovario spesso brevistilo. L'Hemsley annovera l'esemplare di Hahn, raccolto a Misantha, fra le Scabrida, ma osserva tuttavia che l'indumento è più ferrugineo e meno copioso, che le foglie sono più ampie, più tonde e infine che le infiore- scenze sono più compatte, STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Caratteri differenziali S. aspera Turez. S. villosa DC. var. scabrida Buse. Caratteri comuni Peduncoli densamen- te setosi, rufescenti. Foglie diserete o pic- cole. Lembo fornito, alla pagina inferiore, di sete un po' barbate alla ba- se, ma non di peli stel- lati. te Nervi non molto nu- merosi, Calice glabro inter- namente. Stami non molto nu-! merosi. Stili lun ghi. Peduneoli pulveru- lenti, setolosi. oglie piuttosto andi Pagina inferiore ri- vestita di peli stellati. Calice solo parzial- mente glabro all’ in- rno. Stili di varja forma. Caule ferrugineo, minu- tamente setuloso tuberco- lato pulverulentoall’apice. stesso rivestimento ‘ sulle foglie giovanissime. Pieeiuolo breve (non sempre nella Scabrida), tozzo, pulverulento setulo- so. Lembo acuto all'apice, a base ottusa, rosso bru- no sopra, ferrugineo sotto. Pagina superiore scabra per tubereoli minuti spar- si sul parenchima, com- misti à 8 sui nervi maggiori. Pagina inferio- re pulverulenta ad un esa- me ad oechio nudo. Ascel- le dei nervi secondari barbate. Infiorescenza multiflora, talora subeguale alla fo- glia, furfuracea ferrugi- nea. Brattee lineari. Fiori non molto grandi. Calice setuloso tubereolato sulle parti scoperte nel boceio. Corolla un po’ più lunga del calice. Messico. 396 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali S. Pittieri D. Sm. S. villosa DC. var. scabrida Buse. Caratteri comuni Lembo seabro da ambo i lati, per lo più ottuso all’ apice, acuto Ascelle dei nervi se- condari non barbate. Pagina inferiore dis- seminata di tubercoli stellati, minuti. lori non molto grandi. Stili brevissimi. Lembo molle al tatto alla pagina inferiore. Apice fogliare quasi sempre acuto: base spes- so ottusa Ascelle dei nervi se- eondari barbate. Pagina inferiore del lembo disseminata di peli stellati. Fiori di discrete di- mensioni. Stili di varia forma. Caule pulverulento tu- bereolato all’apice. Foglie rossiccie sopra, giallieeio-verdieeie sotto. Pagina superiore d'aspet- to finamente tubercolato, l’inferiore granulare pul- iverulenta. Margine del lembo mu- eronulato denticolato. Ner- vi 22, segnati superior- mente dai mueroni. : Infiorescenza grande 0 grandissima, multiflora à peduneolo robusto, a brat- tee lineari o triangolari, spesso spostate dalla loro sede normale. Peduncoli, rami e pedicelli pulveru lenti tubereolati: rami e pedicelli inoltre d'aspetto [furfuraceo fulvo o ferru- colati sulle parti scoperte della faeeia esterna. Petali di poco più lun- ghi del calice. Stami 25. i Costa Rica. Dalla S. Sprucei, pure fornita di pulverulenza e di peli stellati vum : pagina inferiore e dalle foglie molto grandi, differisce pei fiori più pie STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIB AMERICANE ECC. 397 coli, meno riechi di stami e per il fusto, le foglie e l’ infiorescenza ri- coperti da pulverulenza e brevi setule. Alcuni esemplari (Es. Rio d. Esclavos) per il forte sviluppo delle nervature di 4. ordine alla pagina inferiore possono andar confusi colla S. reticulata Rose. Osserveremo pertanto che questa differisce dalla no- stra per il picciuolo più corto, per i lembi pressochè glabri allo stato adulto (salvo un fascio di peli alle ascelle dei nervi) e infine per i peli paleacei del calice. Del resto la S. reticulata appartiene a un gruppo affatto differente da quello in cui è inclusa la nostra varietà. 398 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Caratteri differenziali Caratteri comuni S. villosa DC. var. scabrida Buse. S. villosa DC. Fusto villoso per lun-| Fusto minutamente| Lembo ovale od obova- ghe sete, spesso dilata-|setuloso, pulverulento|to, scabro sopra, molle al te alla base. all’apice. tatto sotto, dove si pre- Cicatrici fogliari| Cicatrici fogliari di-|senta di colore più chia- grandi. screte. ro. Base rotonda (non Sete lunghe sul pie-| Pieciuolo minutamen-'sempre): margine dentico- ciu te setuloso pulveru-'lato mucronato. Pagina superiore del|lento. agina superiore coper- lembo prevalentemente| Pagina superiore pre-ta di mueroni. setosa, anzichè muero-|valentemento mucrona-| Ascelle dei nervi secon- nata, eolle sete assai|ta. Costa pure rivestita dari barbate alla pagina lunghe sulla costa. — |di sete minute. Calice inferiore. Caliee setuloso all'e- piuttosto tubereolato-| Nervi numerosi, patenti, "m pulverulento all'esterno eurvi, subdicotomi; i ter- Stili brevi. Stili di varia forma.!ziari spesso in reticolo asso, perpendicolari al secondari. Fiori non molto grandi, Sepali pulverulento -setu- losi sulle parti scoperte, parzialmente pulverulenti sulla faccia interna e de itutto sull’ esterna. Corol- la più grande del calice. Stami 25-50. Guatemala, Messico. | | | Dalla S. villosa var. Hahni differisee per una minor setulosità, in x cie sul calice, mentre si distingue dalla var. tubercolata pel fusto meno villoso, pel picciuolo piuttosto pulverulento, pel lembo oblanceolato, pee la base del lembo ottusa, per il margine grossolanamente serrato, pel pulvinuli alla pagina inferiore, per l'infiorescenza pulverulenta piü che villosa, pei calici non setosi esternamente. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 399 sa Ora che abbiamo passato in rivista le principali varietà (o forme) sotto cui si presenta la S. villosa DC., e analizzata del pari la forma tipica dobbiamo chiudere il capitolo relativo a questa specie con aleune considerazioni. Innanzi tutto giova ricordare che assai contraddittori e alquanto incerti sono i pareri dei vari autori a riguardo delle caratteristiche della S. villosa. Il De Candolle nella sua Memoria sulle Ternstroemia- cee insiste sulla glabredine del fusto, sulla varia grandezza delle foglie, sulla serratura del margine, sulla forma sia dell’apice che della base fo- gliare la quale sarebbe sempre acuta, sull’infiorescenza corimbosa o pa- niculata, più lunga del picciuolo, ma più breve della foglia, sulle brat- tee lineari acute, sulla forma ovale dei sepali subottusi e villosi, sulla corolla a lobi ovali e bianchicei, sugli stami multiseriati, subeguali alla corolla e infine sulla affinità colla S. scabra HBK. (V. relative fi- gure). Ora noi abbiamo veduto che ognuno, si può dire, dei sopra ac- cennati caratteri non è costante e in quanto poi all’affinità colla Scabra HBK abbiamo fatto rilevare come essa sia tutt'altro che reale. Si com- prende quindi come lo Sehlechtendal ci abbia dato due descrizioni per la S. villosa, senza tuttavia arrivare alla separazione delle forme diver- samente costituite. Il Turezianinow stimò opportuno incorporare la S. villosa nel Gen. Obelanthera che poi fuse con Apatelia contraddistinto per le antere partite oltre il mezzo, per gli stili più brevi del ealiee e pei petali sal- dati fra loro alla base. E noto peró che la distinzione proposta dal Turezianinow non fu accettata e perciò è inutile insistere sulla stessa. Meritano piuttosto di richiamare l’attenzione nostra le osservazioni del Lindley, inquantochè quest'autore nel Flow. Gardn., dopo aver ripro- dotto in un disegno la specie, rileva che trattasi di un arbusto del Guate- mala fiorente in Maggio, a foglie grandi, ‘serrate, cuneiformi alla base, il quale sarebbe analogo alla $. macrophylla stata raccolta da Linden (N. 106) a Caracas. Analoga opinione avanzarono l'Hemsley e il Choisy, ma essa è completamente erronea poichè la pianta non fiorisce soltanto in maggio, e non ha alcun che a vedere colla specie di Caracas, essen- 400 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO do questa una delle molte forme sotto cui si presenta la S. excelsa del Venezuela. La S. villosa è una specie quanto mai polimorfa e le variazioni cui va soggetta colpiscono sia gli organi della vita vegetativa, sia quelli della sfera di riproduzione. Nell’ ambito degli apparati di vegetazione troviamo le seguenti variazioni d’indole efarmonica: la setosità è più o meno accentuata: il lembo fogliare varia notevolmente di dimensioni e conseguentemente anche il numero dei nervi secondari va soggetto a notevoli oscillazioni; il margine fogliare si presenta più o meno forte- mente serrato setoso, oppure appare solo denticolato mucronato: l'apice e la base non offrono costanza alcuna di forma, per cui i dati degli au- tori a riguardo sia dell'uno che dell'altra non hanno molta importanza: varia pure è la consistenza, la seabrosità del lembo e la colorazionesua l'infioreseenza va soggetta a cambiamenti notevolissimi nelle dimensioni, ma in generale è ramosa assai, multiflora, più o meno setoso-setulosa, pul- verulenta: le brattee talora sono triangolari, talora lineari e qualehe volta poi si fanno fogliacee, per cui si ha il passaggio alla così detta forma | Veranii: esse poi o sono insediate al loro posto normale, o più o meno spostate; i pedicelli infine variano notevolmente di lunghezza. Nell'ambito della sfera di riproduzione le variazioni sono alquanto minori: i fiori possono essere discretamente grandi, ma in generale sono alquanto piccoli o mediocri: il calice più o meno setoso: la corolla più o meno grande: gli stami più o meno numerosi: I ovario infine a stili atrofici, brevi o lunghi. Le variazioni nell’ambito della sfera vegetativa sono inerenti alle condizioni sotto le quali vive la pianta: così nelle forme dei boschi le foglie sono relativamente sottili, cartacee, mentre si fanno più coriacee negli esemplari crescenti in siti aridi. Va però notato che talora su uno stesso esemplare possiamo trovare delle foglie diversamente confor- mate, anche per ciò che riguarda la setulosità, essendo noto che nelle foglie inveeehiate le sete della pagina superiore tendono a cadere. Non deve recare pertanto meraviglia se i botanici, i quali classificano le forme quasi sempre in base a materiale d’erbario, hanno collocato in cate- gorie differenti i diversi esemplari portanti lo stesso numero e stati rae- STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 401 colti da un’ unica persona in una determinata località e nello stesso giorno. Le oscillazioni di forma nell’ambito della sfera di riproduzione non sono che l’espressione di un fenomeno che ha luogo su larga scala nel Gene- re Saurauia, in cui vi ha spiccata tendenza alla unisessualità dei fiori. A riguardo della costituzione morfologica delle foglie e dei fiori giova frattanto far rilevare la grande rassomiglianza che presenta la S. villosa con forme viventi nelle stesse regioni, ma appartenenti ad un altro eielo. Nella S. villosa i fiori, come si disse, sono più o meno grandi, con tendenza all'unissessualità: il lembo fogliare è talora tubercolato alla pagina superiore, coperto di peli stellati all’inferiore, colle ascelle dei nervi secon- dari barbate e con margine infine più o meno serrato, o viceversa den- ticolato. Orbene la stessa costituzione morfologica incontriamo nelle Oreo- phila messicane e centro-amerieane, ove la forma tubercolata è rappre- sentata dalla S. Nelsoni, dalla S. subalpina, quella scabrida da talune Oreophila; un margine denticolato si riscontra nella S. oreophila, men- tre quello serrato si ha nella S. Pringlei; la barbatura alle ascelle dei nervi secondari è comunissima in tutto il gruppo, mentre è pure diffuso il rivestimento di peli stellati alla pagina inferiore. Nel gruppo della Oreophila poi incontriamo le forme a pagina superiore rossiccia o ver- diccia, a infiorescenza più o meno lunga, a fiori spesso unisessuali. È un parallelismo che merita realmente di fissare la nostra atten- zione, per quanto dal medesimo non possa trarsi, che con molta riserva, la deduzione che le Creophila siano strettamente congiunte filogeneti- camente colla Villosa. Probabilmente identità di condizioni esterne di esistenza hanno determinato uguale conformazione morfologiea. Ma le rassomiglianze non si limitano alle sole Oreophila, poichè data lattitudine nella Villosa a diminuire il rivestimento di sete, di peli stellati, di pulvinuli, fino alla quasi completa scomparsa di queste appendici noi assistiamo al trapasso della forma tipica ad altre che non hanno forse più nulla a vedere col tipo ViZlosa. Sta il fatto che la var. Sca- brida segna il passaggio alla S. scabrida di Hemsley; noi più tardi vedremo come forse la S. dubia non sia che una forma molto aberrante della S. villosa e intanto rileviamo come questa pel tramite della var, 40 PROFP. LUIGI BUSCALIONI È GIUSEPPE MÜSCATÉLLÓ Scabrida e della £. £cabrida di Hemsley si colleghi, almeno apparen- temente, colla €. pedunculata, colla S. reticulata e via dicendo, Se per altro la affinità con le forme testè indicate è solo apparen- te o tutt'altro che sicura, altrettanto non può dirsi per la Pittieri. Nel quadro che abbiamo infatti riportato è posta in evidenza la grande ras- „somiglianza tra questa forma e quella che stiamo studiando, tanto che si potrebbe a giusto titolo ritenere la jS. Pittieri come una forma più xerofila della S. villosa. Ma noi non intendiamo insistere ulteriormen- te su questo punto dovendo ritornarvi sopra quando tratteremo della $. Pittieri D. Sm. Altrettanto potrebbe dirsi a riguardo di alcune forme derivate dalla S. excelsa, quale la S. scabra HBK. che ha pure mi- nuti peli stellati alla pagina inferiore, foglie grandi, infiorescenze vistose e spiccato dimorfismo fiorale. Ma noi riteniamo che trattandosi di forme viventi in contrade assai lontane dal Centro America sia un po’ azzar- dato lo insistere su affinità filogenetiche. Solo una forma merita di esser presa in considerazione ed è la pseudoexcelsa di Guajacuil la quale ha una grandissima rassomiglianza con la S. villosa di N. España (Messico), per cui si potrebbe esser in- dotti a credere che le indicazioni relative alla località siano erronee. Le differenze tuttavia non mancano ed è in grazia appunto alle stesse che noi ci siamo indotti a tener disgiunta la forma di Guajacuil dalla. Villosa. La & villosa di DO., è adunque una specie collettiva la quale va smembrata in piü forme: noi abbiamo cereato di raggruppare queste in pochi tipi ed abbiamo dato agli stessi il signifieato di varietà, ma non é da eseludersi che si tratti piuttosto di sempliei forme, troppo es- sendo collegate,- per tipi intermediari, le une alle altre. Nè sempre le varie forme da noi ammesse si presentano pure decise in natura poichè noi vediamo che i vari caratteri si combinano fra loro in varia guisa. Cosi possiamo avere uua forma maeranta tubereolata, un'altra ma- cranta scabrida, una forma longipedunculata villosa accanto ad un'altra scabrida, o viceversa. una forma villosa brevemente peduneulata e vià dicendo. Quali forme di trapasso da un tipo all’altro noi segnaleremo qui soltanto l'esemplare N. 329 di Schiede dell'Erb. di Berlino e il n. 1474 STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE BOC. 403 rappresentando esse un tipo intermedio fra la S. villosa e la var. sca- brida. Perché avvenga il trapasso da una forma o varietà all'altra non si richiedono notevoli innovazioni nella costituzione morfologica: una leggera riduzione nella lunghezza delle sete della pagina superiore dà luogo alla comparsa della varietà seabrida, un ingrossamento dei tuber- eoli nella stessa pagina porta alla formazione della var. tubercolata, un assotigliamento del lembo con allungamento delle sete ci da la var. Hahni, un piccolo ingrandimento nel diametro dei fiori determina la comparsa del tipo macranto e così via dicendo, di guisa che il botanico più di una volta può trovarsi perplesso nell’ assegnare ad una determi- nata forma la categoria che le spetta. Vedremo fra poco nella S. sca- brida di Hemsley un esempio non meno interessante di tipi evanescenti. 24) Saurauia scabrida Hemsl. Diagn. Pl. Nov. 3. e Biol. Centr. Am. Fulva vel rufa strigillosa - furfuracea, foliis amplis lanceolatis supra seabridis subtus velutinis; floribus parvis in panieulas amplas laxe ra- mosas dispositis. Arbor ? grandifolia, novellis strigilloso - furfuraceis. Folia petiolata, subeoriaeea, lanceolata elliptiea, vel obovato lanceolata 8 -12 pol. longa, 3-5 pol. lata, acuta, basi cuneata vel rotundata, supra scabrida, subtus velutino - tomentosa, secus nervos strigilloso furfuracea vel squamulata, d pollieari. Flores parvi in margine mucronulato - dentieolato, petiolo a ramulis, pedicellis ca- panieulas axillares pedunculata, laxa, dispositi; lyeibusve dense furfuraceo squanulatis; sepala inaequalia, ovata vel ro- tundata, obtusa cireiter 2 lin. longa; petala obovata 3-4 lin. longa, ai mentia basi barbate: ovarium glabrum 5 loculare, stylis petalis — longis. Baeca globosa ad 4 lin. diametro polysperma seminibus insi- gniter serobiculatis. South Mexieo, Valli di Cordova (Burgeau gione di Orizaba (Burgeau 3221) Hb. Kew. Esemplari studiati : ; A Es. degli Erbari di Bruxelles e di Parigi (N. 1474) stat pun da Hahn: (1865-66) nella Valle ci Cordova (Herb. de la Comm. — du. Mexique) e stati determinati dell'Hemsley stesso. N. 1747); Huatusco, Re- 404 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Es. N. 1747 del Museo di Parigi e di Kew. (tipico!) stato raccolto dal Bourgeau come sopra si è indicato. a. Fusto adulto glabro, rugoloso striato, sparso di lentieelle, bruno rossastro o gialliceio. Parti giovani di color sordido ferrugineo bruno o gialliecio, coperte di sete squamiformi corte (1 mm) un po’ pulve- rulente alla base. Cicatrici fogliari bianchiecie ovali, cuoriformi, sor- montate da una gemma setosa. Pieciuolo breve (1,5-2 em.), robusto, coperto non abbondantemente di sete brevi (1 mm.), fine, ferruginee, commiste a pulverulenza dello stesso colore o bruna. Lembo lanceolato (Es. 1474 di Bruxelles) ovale od anco un po cuneiforme obovato alla base che però è quasi sempre un po’ arroton- data ottusa, acuto all'apice od anco terminato in breve punta, eon margine irregolarmente dentato o serrato dal mezzo in su integro 0 denticolato alla base. Dentatura mueronata-setosa con mucroni e sete eurvi. Talora il margine è in tutta l'estensione doppiamente e grossola- namente dentato (es. di Parigi). Pagina superiore rossiccia, gialliecia, leggermente scabra al tatto, liscia ad un esame ad occhio mudo: pagina inferiore piü pallida, pul- verulento tomentosa, per rivestimento giallo fulvo, lungo la costa, le ascelle dei nervi secondari e su quest'ultimi, del resto liscia. Lembo cartaceo o al più subcoriaceo, lungo circa 16 cm. largo 6- 7 em. : pagina superiore disseminata, sul parenchima, di scarsi mu eroni e di sete minutissime, gli uni e le altre visibili solo alla lente. Le stesse sete, un po’ più sviluppate (0,5 mm.), commiste pure 4 ne croni, sì notano sulla costa e sui nervi, dove sono ovunque però rare e appressate. : Pagina inferiore cosparsa di scarsissime sete corte e di tubercoli o mucroni sui nervi di terz' ordine, le une e gli altri solo visibili alla lente. Lo stesso rivestimento, commisto a pulvinuli p si ha sulla costa e sui nervi secondari: le sete sono distinte & solo sulla costa. ure ra d occhio Sulle nervature e sulla costa, ed in specie all’ ascella dei pit : secondari, si osserva inoltre un'intensa villosità formata di peli 9^ STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 405 lati giallicci, fulvi, distinguibili solo alla lente, i quali diventano oltre- modo rari sul parenchima, forse perchè sono caduchi. Nervi secondari circa 15, obliqui, distanziati gli uni dagli altri, non sempre paralleli fra loro, dicotomici, a decorso diritto o curvo: alla pagina superiore spiccano pel color più pallido sul parenchima, mentre son rilevati, pure essendo sottili, alla pagina inferiore. Costa disereta- mente robusta e rilevata inferiormente. Nervi di terzo ordine fini, di- stanti gli uni dagli altri, perpendicolari ai secondari, diritti, ad ecce- zione di quelli inseriti sulla costa che sono curvi. Infiorescenza pauciflora, lunga quanto la foglia 0 più ancora (19 cm. eirca) a rami patenti, divaricati, lunghi 3 em. a lor volta ramosi. Pedicelli brevi (4-8 mm.). Peduncolo robusto, lungo 13 em. cirea, sol- cato pel lungo, ferrugineo bruno, pulverulento. Rami pure analogamen- te rivestiti o furfuracei verso l'apiee, non infrequentemente perd an- che setulosi (sete lunghe 0,5 mm. appressate). Brattee lineari giallic- cie, lunghe circa 6 mm. larghe 2 mm. pure setulose pulverulente, per lo più spostate (Es. di Parigi). Frutto grosso come un piccolo aeino d'uva, globoso, glabro,cireondato dal calice accrescente (?) i eui sepali sono lunghi eirea 10 mm. e larghi 6 mm. disuguali, profondamente divisi, ovali, ottusi, pulverulenti su tutta la faccia esterna, glabri sull'interna e cigliati al margine. Alla lente le parti scoperte, nel boccio, della faccia esterna dei sepali mostrano qualche minuto tubercolo puberulo. Stili cinque, brevissimi, capitati, talora però lunghi i di Parigi). Semi minuti, poligonali, alveolati. Cimnitiori differenziali e di affinità. Differisee dalla S. aspera Turez. per la pannochia subeguale alla foglia od anco più lunga, per la gra: fogliare molto meno ottusa, per la presenza di peli stellati alla pagi- na inferiore, i quali non sono limitati alle ascelle dei nervi secondari, e Fans per le foglie, rami, pieeiuoliepeduneuli meno ferrugineo rossic- + I caratteri similari sono pure numerosi e le due specie poi abitano " Messico. Nella S. brachybotrys tipica abbiamo fiori molto più grandi, basi fogliari un pò decorrenti, stili aeerescenti, picciuoli, rami e peduncoli strigillosi e cosi pure i calici alla superficie esterna, lembi fogliari mol- ‘406 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO to aspri superiormente, minutamente serrulati, setulosi sopra e sotto, e infine infiorescenze più brevi delle foglie o al più subeguali a questa. Le foglie glabre, lungamente pieciuolate, acute agli estremi, minu- tamente serrulate, non molto grandi, e i fiori piecoli valgono a contrad- distinguere la & Yasieae dalla nostra. In tutte le forme dell'Oreophila abbiamo le ascelle barbate, ma in questi tipi l'infioreseenza è mai notevolmente sviluppata, le toglie più piccole (non sempre) e più setose sopra: la Pringlei ha tuttavia i lembi grossolanamente serrati. Colla S. rubiformis Watche può a priori esser facile lo scambio, ma questa presenta i rami, i picciuoli e i peduncoli coperti di sete più sviluppate e ferruginee, le foglie (parimenti ottuse alla base) molto più irte (e più uniformemente) di sete, in specie alla pagina inferiore, il calice setoso e gli stili lunghi. La patria poi è differente. Qualche lontana rassomiglianza esiste colla S. Nelsoni, ma questa ha rami coperti con sete ruvide, rossigne, foglie scabre sopra, ma vellu- tate sotto, margine fogliare ondulato, o minutamente dentato, e infine sepali coperti con peli paleacei. Quasi lo stesso dicasi per la S. pauciflora dai calici vestiti di sete rigide, rossiccie. Questa specie presenta però le foglie fortemente serrate, tonde alla base, colla pagina superiore se tosa, l'inferiore coperta di peli stellati. Un po’ di confusione potrebbe avvenire anche con non poche for- me fornite di barbatura alle ascelle dei nervi secondari, appartenenti al gruppo delle Barbigerae: segnaleremo perciò le principali differenze. La S. leucocarpa ha il calice cigliato, del resto glabro, le foglie lunghe e strette, notevolmente aeuminate, glabre, ad eecezione delle ascelle dei nervi secondari. iii tene Porc STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIÈ AMERICANE CC. Caratteri differenziali S. barbigera Hook. S. scabrida Hemsl. Caratteri comuni Foglie punteggiate, scabre, attenuate alla base Rami, picciuoli, pe- duncoli pubescenti, se- osi. Ascelle dei nervi se condari barbate alla pa- gina inferiore Calice glabro sulla faccia esterna ed in- terna, cigliato al mar- ine. Peduncoli lunghi Bp con brattee mi- 9 — Foglie quia scabre, ma non punteggiate,| talora acute alla ba ami, piceiuoli, pe- ie pubescenti se- tulo Data delle a- scelle dei nervi molto iffusa lungo la costa e i nervi seconda colato all’ esterno, ci- gliato al margine. Peduncolo lungo quanto la foglia, con brattee diserete. Foglie lanceolate, ovali, Ir aeuminate all' apice, col ase.|parenchima pressochè b glabro. Margine fogliare serrato. Nervi secondari in nu- mero variabile da 15 a 18. Rami adulti glabri. America Centrale. Caratteri differenziali S. pedunculata Hook. Rami, piceiuoli, pe- duneuli pubescenti. Ascelle dei nervi se- condarii barbate. S. seabrida Hemsl. Rami, picciuoli, pe- duneuli pulverulenti e|g in parte anche setosi. Foglie liscie, o leg- germente scabre per tu- bercoli minuti. Pagina inferiore coperta di pe duncoli li stellati. barbate alle ascelle. Caratteri comuni oglie obovate, oblon- lunghi, a brattee iscre- Ascelle dei nervi bar- ti. Calice densamente pu- ao) ma in modo piü|berulo. diffus Dalla S. reticulata Rose si distingue pel Messico. fatto ehe i rami non sono 408 |. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO pelosi ai nodi, le foglie non arrotondate all'apice, nè finamente serrate e con le serrature munite di sete caduche. Inoltre nella nostra specie fa difetto la reticolatura alla pagina inferiore, e mancano i peli palea- cei al calice. Come caratteri comuni rileveremo le ascelle barbate dei nervi secondari, il lembo pressochè glabro alla maturità, oblungo-lan- ceolato e i sepali cigliati. Entrambe le specie abitano il Messico. Si può quasi affermare che l’unico carattere comune, un po’ impor- tante, colla S. villosa DC. è dato dalla presenza di peli stellati alla pagina inferiore del lembo. Nella S. villosa le foglie sono molto più grandi, per lo più acute agli estremi, meno nettamente serrate, molto più setose villose. I peduncoli poi sono grandi, multiflori, a fiori piccoli che presentano dei calici più setosi all’esterno. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. Caratteri differenziali S. villosa DC. var. scabrida Buse. S. scabrida Hemsl. Caratteri comuni Fusto coperto, alla- pice, di sete minutissi- me, pulverulente alla base Pieciuolo pulverulen- to, con qualche minuta seta, breve o lungo Lembo grande o me- dioere, ovale od obo- vato. Pagina superiore se- tosa, mueronata pulve- Pagina inferiore coper- . ta abbondantemente , sul parenchima, di peli stellati. Questi pure presenti, assieme a sete, sulle nervature. Costa vestita di pul- vinuli e sete. Nervisecondari 16-25. nflorescenza più bre- ve della foglia. . Sepali pulverulenti| internamente presso l'orlo, LI Neppure infine e possi Apice del fusto co- perto di sete squami- formi, pulverulento. Pieciuolo setoso - pul- verulento, breve. Lembo per lo piü medioere. Pagina superiore se tosa, mueronata. Pagina inferiore qua- si glabra sul parenchi- ma. Peli stellati e sete sulle nervature e sulla eosta. Nervi secondari 15. Infiorescenza più gran- de delle foglie. Sepali glabri all’ in- terno. A pice del lembo acuto. Ba- se fogliare acuta od ottusa. Lembo di varia forma, cartaceo o subcoriaceo, serrato serrulato ai mar- gini che sono setosi (Se- te curve). Pagina superiore spar- sa di mueroni minuti, mi- sti a qualche seta, Nervature diffusamente ‘barbate all’ascelle. Barba- tura però più o meno svi- luppata (talora per. altro mancante). Nervi secondari confor- mati secondo norma. Peduncolo dell’infiorescen- za pulverulento setuloso. Rami furfuracel. E gliati al margine. — Stili brevi o lunghi. Messieo. bile lo scambio colla 5$. Pittieri D. Sm. rieca di tubereoli alla pagina superiore e di peli stellati minutissimi all'infe- riore del lembo, il quale poi è ottuso anteriormente. L'infiorescenza nella & Pittieri è molto più grande e multiflora. X) Saurauia scabrida Hemsl. var. Hemsleyana Buse. Esemplari studiati: Es. N. 3041 (Erb. Parigi) stati raccolti a Rio Branco presso Orizaba dal Bourgeau (Comm, Scient. du Mexique 1865-66). 410 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Es. dell’ Erb. di Pietroburgo e di Leyden (Es. Mus. Paris,) taluni dei quali contrassegnati col nome: S. scabrida Hemsl. Furono raccolti da Bourgeau (Comm. Scient. du Mexique) nel 1865-66 presso Huatusco. (N. 3221). Es. N. 858 (Museo di Parigi! stato raccolto a Orizaba dal Botteri nel 1856. Albero di media grandezza, in frutto nel mese di agosto, a caule fistoloso, villoso all'apice, per sete fulve o sordidamente ferruginee, pa tenti od appressate, curve, lunghe 4-7 mm., caduche, pure presenti sul- le foglie giovani. Assieme alle sete si nota ovunque una leggera pul- verulenza. Picciuolo robustissimo, breve o discreto (2-3 em.) coperto di sete analoghe a quelle del caule, ma più brevi (2 mm.), un po’ dilatate alla base, le quali nei pieciuoli vecchi perdono la punta. Lembo discretamente grande (16-23 cm. di lungh., 8-12 em. di largh.), cartaceo, ovale, molle al tatto sotto, leggermente scabro sopra; ove presentasi di color rameico gialliccio e d' aspetto distintamente se- toso, o sefoso granuloso. La pagina inferiore è invece di color ceneri- no e d'aspetto tomentoso. L'apice è acuto, o anche terminato in breve punta: la base acuta, cuneiforme e un po’ diseguale: il margine di rado ondulato, per lo più finamente denticolato alla base, dentato e anche molto irregolarmente o subduplicato dentato alla parte superiore. I denti maggiori corri- spondono alla estremità dei nervi secondari. Dentature sormontate da un mucrone o da seta curva o diritta: sete pure presenti fra i denti. P agina superiore delle foglie, a metà sviluppo od anco a sviluppo quasi terminato, irta per lunghe sete (2 mm. circa) gialliccie, non mol- to fine e non molto numerose sul parenchima, più lunghe e più ab bondanti, ma finissime, sulle nervature e in specie sulla costa (dove rag giungono talora persino 4 mm). Nelle foglie adulte non poche delle sete del parenchima cadono, mentre altre si riducono allo stato di mucroni bianco giallicci. Queste poi sono fin dall’ origine della foglia presenti, e in abbondanza, fra le sete, ma appaiono ben distinti solo alla lente. La superficie del lembo appare perciò spesse volte più granulare ehe setosa, Negli esemplari Se ER | | | i À | i buche : 4° 1 e E STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 411 N. 858 e3041 le sete tendono a ridursi sul parenchima che appare così quasi più soltanto mueronulato. Pagina inferiore coperta, sui nervi maggiori, di sete fulve ferru- ginee, un po’ barbate alla base, e lunghe 1-2 mm., mentre sul paren- chima e nervi minori presentasi tomentosa per peli stellati, giallicci. Le ascelle dei nervi secondari sono leggermente od oseuramente bar- bate per ciuffi di peli bianco giallieci. . Nervature secondarie cirea 22, poco marcate alla pagina superiore (dove sono distinte, più che altro, per le sete chiare), pianeggianti e nep- pure molto sporgenti all'inferiore. Costa larga, ma neppure essa molto prominente, Nervi a decorso obliquo o patenti, poco o punto curvi nelle foglie grandi. Nervi di 3. ordine perpendicolari ai secondari, avvicinati gli uni agli altri e fini. Infiorescenza piramidale, più breve della foglia, lunga 12-14 em., larga 8-10 cm., ramosa, a rami patenti, lunghi o discreti (2-3 em. circa) tricotomi o altrimenti divisi (pedicelli lunghi 1 em.). Peduneolo robusto, lungo 5-7 em. e più. Brattee strette, lineari, acute, le basali lunghe 4-6 mm., le altre più piccole, spesso spostate dalla sede normale. Bratteole spesso inserite lungo i pedicelli. Infiorescenza lassa, multiflora (non eccess dantemente di sete curve, fulve, ruvide, lunghe 2-3 mm. lo, più brevi, quasi furfuracee, sui pedicelli, rami e brattee. Le sete MT sono ovunque commiste a pulverulenza. Fiori ? uva, bruno, liscio, glabro, ivamente !) coperta abbon- sul pedunco- Frutto grosso quanto un piccolo acino d à circondato dal calice accrescente. I sepali subeguali fra loro, em ot- tusi o subacuti, lunghi 9 mm., ferruginei, pulverulenti od anco minu- tamente tubercolati sulle varie parti della faccia esterna, a perse della posizione di questa nel boccio, ed inoltre cigliati al e La faccia interna rosso bruna dei sepali è glabra, oppure un po pulve- rulenta all'orlo. L’ ovario porta 5 stili brevi o disereti e sono finamente alveolati e stanno immersi in polpa edule. CE Caratteri differenziali e di affinità. La presenza di peli stellati e il lembo arrotondato alla base valgono a far distinguere la nostra va- si apre all’ apice. I semi 412 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO rietà dalla S. aspera Turez. con eui ha comuni le ascelle dei nervi bar- bate e la patria. Un’ infiorescenza non molto sviluppata è un carattere delle Oreo- phila, ma l Hemsleyana differisce per le foglie ovali, pei nervi poco sporgenti alla pagina inferiore il cui tomento è inoltre più abbondante, Non è possibile fare uno scambio colle forme appartenenti al cielo dell Excelsa le quali hanno foglie più grandi, coi nervi prominenti sotto e più numerosi, mentre poi presentano villosità assai meno marcata e priva di peli stellati sviluppati. L’ infiorescenza poi è molto grande e i calici sono tomentosi dentro e fuori, e più distintamente setulosi allo esterno, (S. excelsa, Xanthotricha, Pycnotricha, Scabra HBK.). La Lehmani per le dentature marginali molto sviluppate e per le lunghe sete sull' infiorescenza, sui rami e pieciuoli, pel numero dei nervi, per l'infioreseenza più breve della foglia, pel calice puberulo puó andar eonfusa eolla nostra forma, ma differisce per i minutissimi peli stellati della pagina sea e per la pagina superiore abbondantemente for- nita di mucroni. Caratteri differenziali Caratteri comuni S. seabrida Hemsl. var. Hemsleyana Buse. E brachybotrys Turez. domibus ln ap pe M Superficie fogliare molto seabra alla pa- gina superiore, Pagina inferiore del- la foglia coperta pa minuti mueroni stellati. Margine denticolato. Columbia. Foglia poco scabra alla pagina superiore Peli stellati della pa- gina inferiore svilup- Margine serrato. Messico. Lembo acuto agli estre- mi e sorretto da un ple ciuolo robusto. Infiorescenza più breve della foglia, forrugint Brattee non andi. : m Calice spesso In parte glabro all' interno. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE. ECC, 418 Caratteri differenziali Caratteri comuni S. scabrida Hemsl. S. Ruitziana ‘Steud. |... Hemsleyana Buse. Fogli a oblonga,ovale| Foglie ovali, setose| Rami giovani, coperti lanceolata, subglabra tubercolate superior-|di sete appressate, squa- superiormente allo im ire allo stato adulto.|mose, decidue. to adult o (non sempre o dilunghezza| Foglie acuminate, le erò ! Mist. dentato, sub-|giovani molto villose. Lembo talora molto rasa dentato. , Vene poco manifeste, lungo,minutamente ser-! Infiorescenza lassa,|più o meno immerse nel Va lunga del feltro ferrugineo. Infiorescenza talora|picciu subeguale al picciuolo, Fiori sorte ellat sempre piuttosto con-| Calice ed tratta. tubereolato. Fiori subsessili, a ca-| Brattee piecole. lice villoso - strigoso. Messico. Brattee dell’ infione- oggi grandi. Perù, Chile et. I peli paleacei al calice, P infiorescenza subeguale alla foglia, il margine fogliare ondulato, i lembi ottusi, arrotondati agli estremi fanno distinguere subito la Nelsoni dalla nostra forma. 414 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATEI.LO Caratteri differenziali S. villosa DC. S. seabrida Hemsl. var. Hemsleyana Buse. Caratteri comuni Foglie grandi con a- pice acuto o acumina- to , dentate ai margini i quali portano delle sete diritte. Base fogliare ottusa. ene 25, prominenti| ARE grande, pl j alla foglia, Calice piccolo. Foglie non molto grandi, acute all’apice, grossolanamente denta- te e con dentature for- nite di sete curve. Base pe inm Nervi 22 Infior bilia più cor- ta della foglia, subpau- n Fiori pedicel- “Galice grande. Fusto e pieeiuoli villosi per lunghe sete curve. . Lembo cartaceo, sub- coriacco, ovale, molle al atto in corrispondenza della pagina inferiore. Pagina superiore setosa, inferiore setosa sul ner- vi, coperta di peli stellati sul parenchima Nervi secondat curvi, colle ascelle barbate. . Brattee lineari,triangolari. boccio Infiorescenza villosa. Se pali pressocchè glabri in- ternamente, puberuli all'e- sterno e setulosi - tuberco- lati sulle parti scoperte nel Messico. STUDIO MONOGRAFICO SULL} SPECIE AMERICANE ECC, 415 Caratteri differenziali S. scabrida Hemsl. S. seabrida Hemsl. var. Hemsleyana Buse. Caratteri comuni Lembo lanceolato o- bovato, ottuso alla ba- se, entato, serrato ir- . regolarm MUS bite ros- siccia gialla. ervi iR RE gli uni dagli a Sete dels pagina su- periore brev Peli stellati della pa- gina inferiore in gran parte caduchi. Infiorescenza lunga quasi quanto la foglia (non sempre però!) Lembo ovale, acuto alla base m mucro- nato. Pagina superiore i color rameico. Nervisecondari spes-| o fra loro avvicinati. Sete della pagina supe- riore sviluppate. Peli stellati alla pagina in- feriore persistenti. Infiorescenza molto più breve della foglia. Caratteri differenziali S. tomentosa HBK. . Foglie eallose, supe- obovato lan- Rami, infiorescenze, plecinol e ned bian- ntos co tome Quito. var. Hemsleyana Buse. e calici più o meno to- mentoso - pulverulenti, fe Fusto je da tes squa- moso all'apice Picciuolo breve, coperto di sete come il fusto. Lembo ampio, acuto all'a- pice,un po’ seabro o alla pa- gina superiore per mucroni e sete. Nervi 20- 25, obli- peli stellati sul parenchi- ma. Infiorescenza pulve- rulenta setulosa, a brattee non molto sv iluppate. Frutto circondato dal cali- ce acerescente, Calice pul- verulento sulla faccia ester- parti scope rte nel boccio, a margine eigliato e a fac- cia interna pressocchè gla- bra. Stili brevi. Messico. S. scabrida Hemsl. Foglie setose tuber- colate sopra, tomentose gin sotto, ma di color gial- .lieeio ferrugineo. vale. Rami, infiorescenza erruginei. Messico. Caratteri comuni lan reiezione o x Pa gir forniad di brattee pic- cole. Capsula sormontata e del calice persi- stente,glabra, grossa quan- to il frutto di pruno spinoso. Calice glabro interna- mente. Semi piccoli, reticolati. 416 AM m PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO rubiformis è monoiea, poi presenta le basi fogliari molto ottuse e porta alla pagina inferiore dei peli stellati molto minuti, oltre alle sete. L’ infiorescenza di questa specie è fiori 9 longistili. x inoltre più ampia e porta Caratteri differenziali Caratteri comuni E gina DC. ar. Hahni S. scabrida Hemsl. var. Hemsleyana Buse. Pieeiuolo talora Mme ngo. Lembo molto i de (non sempre). Margine fogliare co- perto da lunghe sete. Pagina superiore co-| perta di lunghe sete anche sul parenchima. Sete spesso dilatate al- la base. Ascelle dei nervi se- condari diffusamente| barbate. Sepali pulverulenti| all'interno ed all’ ester- no, setosi sulle parti della faccia esterna sco- perte nel boccio. Picciuolo breve o di-| Fusto coperto di sete creto. lunghe, fulve, miste a pul- Lembo discreto. verulenza, patenti. Margine muceronato ciuolo collo stesso rivesti- o brevemente setoso. mento di sete, ma più eor Pagina superiore lun- te che coll’età si spezzano, gamente setosa sui ner- e perciò pajono ancor più vi, ma tubercolata sul ridotte. parenchima per parzia-; Lembo cartaceo, ovale, " riduzione delle sete un po’ scabro sopra, to- e non sono dilatate'mentoso sotto. Apice e alla base. ase acuti Ascelle dei nervi se-| Margine grossolanamen- condari poco barbate. te dentatoserrato all'apice. epali pulverulenti Pagina inferiore setosà all'orlo della faccia in-'sui nervi, ricca di pe eli terna, cigliati al mar- stellati sul Hg gine, pulverulenti sulla ac ta, non ricca di fori. Pe dicelli discreti o lun- pate, spesso spostate. rio a stili brevio disereti. . Mes sico. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIE AMERICANE ECC. 41° Caratteri differenziali S. villosa DC. var. scabrida Buse. Fusto coperto da cor- et sete. Pieciuolo pulverulen- to, con qualche seta. Lamina talora abba- stanza grande. Base fogliare per lo più arrotondata. agina superiore sparsa di sete minutis- sime sui nervi, di mu- eroni sul parenchima. condari e terziari fusamente barbate, o im- berbi Calice tubercolato P orlo della faccia in- terna, cigliato al mar- gine, del resto sub- glabro. idistintamente. S. scabrida Hemsl. var. Hemsleyana Buse. Caratteri comuni Fusto coperto da lun- ghe sete. Pieciuolo setoso. Lamina per lo più discreta, Parenchima se to so mueronato; le sete lun- ghe sulle foglie giovani si accorciano in quelle adulte per rottura del- la punta. Nervi setosi Barbatura alle ascel- le dei nervi secondari meno sviluppata. alice tubercolato minutamente sulle par- te nel boccio, Lamina cartacea, ad a- ice acuto. Margine grossolanamen- te serrato anteriormente. S etose. agina inferiore pulve- rulento-setosa sui maggiori, eoperta di pe stellati sul parenchima. Infiorescenza più breve della foglia, setoso-pulve- rulenta. spostate, modeste, lineari o trian- golari. Stili lunghi o brevi. Messico. cia interna. Guatemala. Messico * * * Poche specie ci hanno lasciato così nell'ineertezza come quella testé studiata, cioè la S. scabrida Hemsl. e la sua varietà Hemsleyana. La forma tipica rassomiglia infatti cotanto alla S. pedunculata che se non si presta una grande attenzione alla distribuzione dei peli stellati della pagina inferiore del lembo si può cadere in errore diagnostico. Non intendiamo affermare con questo che la S. scabrida Hemsl. sia strettamente affine alla S. pedunculata Hook.: solo rileviamo che 418 PROFP. LUIGI BUSCALIONÌ E GIUSEPPE MUSCATELLO per depilamento dell'una le duc specie assumono fisonomia eguale. For- se una guida nella diagnosi differenziale ci può offrire il diverso colore del lembo nelle due specie, ma essa è troppo mal fida perchè possa es sere presa in seria considerazione. Si comprende pertanto come a volta 1 a volta gli autori abbiano scambiata l'una coll’ altra le due specie, op f pure siano rimasti indecisi sulle identità della forma che avevano in | esame. | Gli esemplari forniti di foglie giovani permettono tuttavia di risk vere la questione, poichè il rivestimento di sete e di peli è sulle stesse (quando, ben inteso, appartengano alla S. scabrida) ancora integro, per cui la distinzione rispetto alla S. pedunculata viene in tal caso facile. Ma disgraziatamente non sempre si hanno esemplari colle foglie giovanili. Non meno difficile aleüne volte riesce separare la S. scabrida Hems. | dalla S. villosa DC., o per lo meno da talune delle sue forme: noi ab- | biamo riportato altrove, nelle tabelle, i principali caratteri differenziali € - perciò non occorre ritornare sugli stessi. Ci limiteremo pertanto à riasst- mere qui aleuni dati che convalidano quanto sia difficile talora distin- guere la S. scabrida dalla Pedunculata e dalla Villosa. L’ Hemsley, dopo avere distinto la S. scabrida, a causa delle sue foglie larghe e scabre e dei fiori in pannochia, ritiene che a questa specie si debba unire l'e semplare raccolto da Hahn a Misantha il quale per altro, afferma * stesso Hemsley, ha indumento piü ferrugineo, meno copioso, foglie più larghe, tonde alla base, e infine infiorescenza più compatta. Questa for- ma è stata invece da noi, dopo un attento esame, inglobata tra le for me della S. villosa DC. Per converso nelle Collezioni di Parigi e Bruxelles si trovano p" recchi esemplari portanti il n. 3221, stati raccolti dal Bourgea" "x Regione di Orizaba (Huatusco) i quali pertanto, stando ai dati dello Hemsley, dovrebbero far parte della s. scabrida Hemsl. Essi inve vennero da noi, collocati nel novero della S. pedunculata poichè preset tano, come vedremo più tardi, maggiore affinità con questa, difettando essi del carattere più importante che è quello dei peli stellati alla p% gina inferiore del lembo ed avendo persino estremamente ridotta pe batura ascellare. Ricerche future potranno stabilire definitivamente g posizione sistematica di tale forma. STUDIO MONOGRAFICO SULLE SPECIÉ AMERICANE ECC. 419 Non meno interessanti in proposito sono gli esemplari N. 1747 del Museo di Parigi e di Kew, stati raccolti dalla Commissione Scientifica del Messico (Bourgeau 1865-66) nella Valle di Cordoba (17 gennaio 1866), poichè, più di qualsiasi altro, mostrano quanto mal sicura sia la distinzione proposta dall'Hemsley. Gli esemplari hanno un fusto cenerognolo, eon grandi cicatrici fo- gliari suddivise da un rialzo trasversale. L’ apice è molto villoso (villi fulvi, lunghi 4-5 mm.) al pari delle foglie giovani. Il picciuolo robusto (2-3,5 cm. di luagh.) è villoso come il caule. Il lembo non eccessiva- mente grande (15- 22 em. X 11 em.) rossiccio chiaro sopra, giallo ful- vo sotto, presenta la pagina superiore coperta da sete lunghe 0,5 - 1 mm., miste a minuti mucroni visibili solo alla lente, che la rendono scabra: all’ opposto la pagina inferiore porta sul parenchima dei corti peli stellati gialliceio chiari, mentre presenta i nervi coperti da sete ful- ve. I nervi secondari sono 24 e si presentano barbati alle ascelle, come del resto anche alquanto quelli di 3. ordine fra loro avvicinati. Il lem- bo infine è acuto ai due estremi, denticolato - dentato con sete interposte fra le dentature. L'infiorescenza è grandissima, talora più lunga della foglia (29 em.), assai larga (15 em.) ramosa, cenerognola fulva per sete patenti e per pulverulenza. I rami sono obliqui, distanziati, e portano delle brattee minute, non sempre situate nella sede normale. I fiori, non molto grandi, hanno i sepali ovunque pulverulenti e forniti inoltre di mueroni pulverulenti, minuti, sulle parti scoperte nel boccio. Gli stili sono atrofici. : Stando a questi caratteri si avrebbe il tipo più o meno generico della S. villosa, ma in alcuni esemplari non poche delle toglie invec- chiate riducono allo stato di tubercoli il rivestimento della pagina su- periore, di guisa che segnano il passaggio alla S. scabrida di Hemsley. Or bene, | Hemsley ha appunto creato questa specie in base ET studio di uno degli esemplari portanti il N. 1747 e le altre indicazioni sopra riportate ! Quasi le stesse osservazioni si potrebbero fare per la & scabrida Hemsl. var. Hemsleyana Buse., la cui affinità coll’ Hahni è talora evi- dentissima. A questo riguardo faeciamo notare che mentre molte forme 420 PROFF. LÜIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO portanti il N. 3721 meritano di essere ascritte alla S. scabrida Hemsl. (forma genuina), altre (Esemplari degli Erbari di Leida e di Pietrobur go) non hanno alcuna rassomiglianza con siffatte forme, per quanto sui - cartellini portino le stesse indicazioni (Com. Scient. Mess. Bourgeat | 3221, Huatusco (Orizaba) 1865-66). Le abbiamo perciò inglobate nella | -Varietà Hemsleyana. - Ben ponderati i fatti riesce dubbio che la S. scabrida di Hemsl. | sia realmente una specie buona. Gli studieompiuti ci porterebbero a rite — nere che non rappresenti altro che una forma estrema del polimorfo grup | po della Villosa. E lo stesso si può dire, fors: per la varietà Hemsleya na. 25) Saurauia tomentosa Spreng. Syst. IV Cus. Post. 211. Sinonimia. Palava tomentosa HBK. Apatelia tomentosa HBK. S. bicolor (in Sched. Herb. Willd.). Tav. DCL. in Humb. Bompl. Nov. Gen. et Sp. PI. Ternstroem. P. ramis paniculatis, petiolis calycibus foliisque subtus albido-tor mentosis, supra tuberculato-scabris, obovato lanceolatis, argute dentiet latis. Arbor 3-4 orgyalis, coma ovata, ramulis angulatis, floccoso pe mentosis, ineanis. Folia sparsa, peliolata, ovato lanceolata, argute dent eulata, retieulato venosa, venis primariis approximatis, subparallelis ner- voque medio subtus prominentibus, rigida supra tubercolato - scabra et viridia, subtus dense albido tomentosa, 6 - 8 pol. longa, 22 - 36 lin. lata Petioli 8 - 9 lin. longi floccoso - tomentosi. Stipulae nullae. Paniculae (à apice ramulorum axillares, solitariae, ramosae, peduneulatae, folio dim dio breviores braeteatae, floccoso tomentoso incanae; ramis alternis di vergentibus apice recurvatis (?) bracteis parvis subulatis floecoso tomen- tosis. Flores haud suppetunt. Petala 5 ovato-albida. Stamina 30-40 fundo calycis inserta: antherae flavae (Bompl.). Capsula subglabra s lyce persistente obtecta, stylis persistentibus coronata, quinque sulcata glabra, magnitudine fructus Pruni spinosae, 5 (rarius 4) locularis, apE* | (continua) Prof. LUIGI BUSCALIONI e GIUSEPPE MUSCATELLO Studio anatomo-biologico sul Gen, “ Saurauia „ Willd con speciale riguardo alle specie americane (continuazione) S. Maxoni D. Sm. Non abbiamo riscontrato tricomi (fig. 66 Tav. V). S. Zahlbruckneri Buse. Foglia: Qualche raro e piccolo massiccio tri- comatoso semplice, ottuso, sulle nervature maggiori del lembo e sul pie- eiuolo. S. Smithiana Buse. Foglia: Il piceiuolo porta rari ciuffi di peli e cuscinetti pelosi, cui va associato qualche tricoma pluricellulare ramoso, qualche pelo semplice, (fig. 4, Tav. I) e infine qualche massiccio trico- matoso uniformemente peloso. Fusto: rari massicci tricomatosi notevol- mente pelosi uniformemente, trapassanti però spesso alle corte sete fla- gellifere e uniformemente pelose. S. aequatoriensis Sprague. Foglia: Sulla pagina inferiore del lembo sì incontrano i peli stellati e i tricomi pluricellulari ramosi, gli uni e gli altri però spesso poco sviluppati, col piede ridotto, per cui emergono poco dall’ epidermide. I rami sono ottusi e a lume ampio. Non pochi rappresentanti dei tricomi pluricellulari poi trapassano alle sete minute ed ai massicci tricomatosi. Questi ultimi sono pure presenti e per lo più sotto la forma pelosa. .. $. aequatoriensis Sprague var. boliviana Buse. Foglia: Qualche mi- nuta seta papillosa alla base, e talora rafidiofora: qua e colà pochi mas- sicci tricomatosi, poco sviluppati e pure rafidiofori. S. aequatoriensis Sprague var. glabrata Busc. Foglia: Rarissimi peli stellati, appressati all’epidermide sulla pagina inferiore: rare sete papil- lose alla base, ridotte; pochi e minuti massicci tricomatosi, spesso uni- formemente papillosi. Sul pieeiuolo si hanno sete papillose alla base, ra- Te e piecole, ed inoltre massieci tricomatosi abbastanza sviluppati, pure Papillosi alla base. Fusto: come il pieciuolo (fig. 36 Tav. IID. S. aequatoriensis Sprague var. gibbosa Buse. Foglia: Qualehe raro 422 PROFF, LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO pelo stellato, appressato all'epidermide, col piede, ridotto e coi rami corti e tozzi: pochi massicci tricomatosi sulla nervatura della pagina inferie re. Sul pieeiuolo si hanno grossi massieci tricomatosi papillosi alla base e rivestiti sulle altre parti da piecole cellule epidermiche, oppure uni formemente pelosi. Gli uni e gli altri contengono, nell’asse, delle cellule rafidiofore, mentre presentano verso la periferia dei grossi elementi. w ultimo si notano molti peli stellati, ricchi di rami e corte sete cilindri- che, papillose o pelose. S. aequatoriensis Sprague var. longepetiolata Busc. Non sì sono M- contrati tricomi. $. parviflora Tr. e PI. Qualche seta e qualche massiccio tricomato- so semplice sul fusto: qua e la qualche massiccio barbato- papilloso sul picciuolo (fig. 21 Tav. IT). S. pseudopittieri Buse. Foglia: Alla pagina superiore si incontri bellissimi, ma rari, peli stellati a molti rami fini e corti, trapassanti pel ciò spesso ai cuscinetti pelosi, ma contrassegnati da un piede comun? ridotto a un solo strato di cellule. Alla pagina inferiore abbiamo peli stellati per lo più quadrifidi, o con rami poco numerosi. Sul pieciuolo compare un fitto feltro di papille; si hanno inoltre i peli semplici, ! peli stellati brevi e sottili, i massicci uniformemente ma anche breve- mente pelosi, i quali però sono piuttosto rari, le sete papillose alla base o uniformemente pelose, talora anche flagellifere, quasi costantemente rafidiofore verso la base. Fusto: Le stesse produzioni del picciuolo. S. strigillosa Tr. e PI. Foglia: Pochi peli stellati, massicci tricom" tosi e sete papillose alla base: Sul pieeiuolo si incontrano delle sete 00 niche, brevi, uniformemente pelose, assieme a scarsi massicci tricomatos! papillosi, a pochi peli unicellulari e a rari peli stellati. Fusto: poche sete e massicci tricomatosi ridottissimi. i : S CRM pic jeci S. Leoi Buse. Foglia: Peli stellati, ramosi: ciuffi di peli: EN tricomatosi ridottissimi, ma tutte le varietà di tricomi in scarsa quanti 1 ; b go Mi ! à 0 Fusto: Qualche massiccio tricomatoso ridotto, uniformemente peloso STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘t SAURAUIA ,, WILLD. 423 anco sormontato da ciuffi di peli stellati minuti. Nell'interno dei massic- cì poi una o più cellula rafidiofora. S. pulchra Sprague. Foglia: Sul lembo massicci trieomatosi pelosi ridottissimi. Sul pieciuolo pochi tricomi pluricellulari ramosi e peli stel- lati e qualche massiccio tricomatoso peloso. S. floccifera Sprague. Sul pieciuolo, ed in specie dal lato superiore, si incontrano dei brevi peli stellati, poco o molto ramosi, appressati al- l'epidermide o con un piede più o meno sviluppato; vi hanno inoltre rari peli semplici spesso veseicolosi, pochi ciuffi di peli e infine tricomi pluricellulari ramosi e piccoli massicci trieomatosi uniformemente pelosi e talora flagelliteri. Non mancano neppure le forme di passaggio. Fusto: Pochi massicei tricomatosi pelosi. S. Briqueti Buse. Qualche seta e massiccio atrofico sul lembo, sul picciuolo e sul fusto. S. Weberbaueri Buse. Foglia: Massicei tricomatosi semplici, o pa- Pillosi- pelosi, uniformemente oppure soltanto pelosi - papillosi alla base, contenenti inoltre una o due cellule rafidiofore nell'asse. Essi sono ta- lora molto schiacciati, e quando sono sempliei si mostrano rivestiti delle ordinarie cellule epidermiche. Accanto ai massicei abbiamo anche le sete semplici. S. pseudoparviflora Buse. Foglia: Sulle nervature maggiori della pagina inferiore si incontrano peli flagelli, sete semplici (fig. 5 Tav. 1) o pelose uniformemente e con lunghi peli, oppure anche pelose solo alla base e infine massicci tricomatosi pelosi. Questi ultimi presenti anche alla pagina superiore. Sul pieciuolo si hanno massicci tricomatosi più 9 meno sviluppati, numerosi, uniformemente pelosi, colle cellule centrali rotonde e talora anche rafidiofore. Vi sono inoltre peli stellati a piede brevissimo, sete pelose - papillose uniformemente o solo alla base, Larson delle quali però trapassano ai massicci. Fusto: massicci tricomatosi sem- plici, piccoli, rivestiti dalle ordinarie cellule epidermiche, — = altri papillosi: brevi sete coniche, pelose uniformemente : infine peli stellati. 424 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO S. pseudoparviflora Buse. var. Rusbyana Busc. Foglia: Sulla pagina superiore bellissime sete semplici, coniche o strozzate alla base, costi- tuite da cellule assili, grandi, tondeggianti e talora rafidiofore verso la base, allungate all'apice della seta. Inoltre qualche seta pelosa o papi losa sia alla base che uniformemente, ma con papille talora ridotte e minutissimi mucroni. Sulla pagina inferiore del lembo vi hanno rare sete: queste sono presenti pure sul fusto. Differisce adunque, notevol- mente dalla forma precedente. S. Rusbyi Britt. Foglia: Alla pagina inferiore si incontra qualche minuto massiccio trieomatoso papilloso o brevemente peloso; vi hanno inoltre delle sete piccole papillose o pelose alla base, spesso curve e - talora rafidiofere, dei tricomi plurieellulari ramosi, trapassanti però al tipo seta e infine dei peli stellati appressati con molti rami brevi, i quali Spesso trapassano ad altri tipi. Sul picciuolo predominano i massicci tricomatosi pelosi o papillosi, a cellule centrali tonde e grosse: i corti peli tramezzati, talora un po’ elavati: infine le sete corte, papillose 0 pelose uniformemente, coll’asse costituito da cellule punteggiate. S. Rusby Britt. var. glabrata Buse. Foglia: Sulle nervature della pagina inferiore abbiamo pochi massicci pelosi o papillosi e poche sete sottili, rare, un po’ pelose alla base. Sul picciuolo: ciuffi di peli; mas- sicci tricomatosi, semplici, rivestiti dalle ordinarie cellule epidermiche, a grosse cellule centrali spesso punteggiate, in specie verso l'apiee del | massiccio dove le membrane sono più robuste; infine sete ridotte, Wk - formemente pelose. Fusto: Vi sono delle grosse sete (presenti talora anche | sul picciuolo) a cellule centrali molto ispessite e fortemente punteggiate, fatta eccezione per quelle basali le quali hanno parete assai sottile. ; ordinarie cellule epidermiche, ma colla parete per'altro punteggiata T" vestono la base del tricoma. Oltre alle sete sonvi ancora dei ees tricomatosi, papillosi alla base e rivestiti, nella parte priva di ia secondari, dalle ordinarie cellule epidermiche pure a parete ispessità ° punteggiata. S. Rusby Britt. var. spectabilis Buse. Foglia: Massicei rion E e sete, gli uni e le altre però rari, sul lembo. Il picciuolo, in specie MESS STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘f SAURAUIA ,, WILLD. 425 corrispondenza della docciatura, porta dei massicci semplici con rivesti- mento di cellule epidermiche (fig. 11 Tav. I), oppure papillosi alla base, e delle sete di discrete dimensioni, pelose o papillose alla base. Taluni massicci tricomatosi contengono alla base una o due cellule rafidiofore ed hanno inoltre le cellule superficiali assili alquanto più ispessite e più distintamente punteggiate di quelle basali. Le stesse produzioni si in- contrano sul fusto. S. Rusbyi Britt. var. macrophylla Buse. Foglia: Sul lembo rare sete e massicci tricomatosi. Sul picciuolo bellissimi massicci tricomatosi sem- plici, o pelosi, o papillosi, i quali poi talora sono rafidiofori. Inoltre sete e ciuffi di peli. Fusto: Massicci pelosi o semplici, a cellule superficiali con parete più ispessita: inoltre qualche seta ottusa, curva, rafidiofora, semplice e perciò parzialmente rivestita dall’ ordinaria epidermide, od all’ opposto pelosa papillosa: infine qualche ciuffo di peli e pochi peli stellati commisti a tricomi pluricellulari ramosi. S. coroicoana Busc. Foglia: Alla pagina inferiore del lembo si in- contrano dei peli stellati, ciuffi di peli, sete piccole, molto pelose unifor- memente, massicci tricomatosi piccoli, contenenti dei rafidi ed unifor- memente pelosi, ed infine peli flagelli, ma a rami spesso corti. Vi hanno poi molte forme di transizione. Sul pieciuolo prevalgono i massicci tri- comatosi robusti, semplici e coperti da epidermide ispessita e punteg- giata, oppure papillosi, ratidiofori o presentanti al centro delle grandi cellule a parete sottile. Vi sono inoltre sete brevi, ottuse, uniformemen- te pelose, spesso parimenti rafidiofore, ciuffi di peli e peli stellati. Le stesse produzioni sulle parti giovani del fusto. S. Pittieri D. Sm. Foglia: Lungo le nervature, dal lato inferiore, abbondano i peli stellati, i ciuffi di peli, i massicci tricomatosi minuti o grossi, le sete ridotte o sviluppate, spesso ingrossate al'di sopra della base strozzata, per lo più pelose al pari dei massicci. I peli stellati, dai rami robusti sono localizzati per lo più sul parenchima, o almeno sulle ultime ramificazioni dei nervi. Sulla pagina superiore sì trova qum qualehe seta rafidiofora, lungo i nervi. Sul picciuolo abbiamo un tena quasi continuo di papille, di peli stellati, di ciuffi di peli, di massicci 426 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO tricomatosi, minuti o grossi (quest'ultimi rari), papillosi o pelosi a ceb lule centrali più sottili. Infine si trova qualche seta conica raramente rafidiofora, per lo più pelosa, poco sviluppata. Fusto: papille, peli stel- lati piccoli, appressati e minuti tricomi pluricellulari ramosi. S. dubia Buse. Foglia: Sulle nervature qualche rara seta spesso con pacco di rafidi nelle cellule basali centrali. Sul pieciuolo grossi e rari massicci tricomatosi papillosi, a cellule basali sottili. S. pseudoruitziana Buse. Foglia: Su tutta la pagina inferiore ab- bondano i peli flagelli a rami lunghi e a piede comune pure sviluppato. Sulle nervature compaiono inoltre i massicci tricomatosi semplici, cit- condati da un’epidermide a cellule piccole, mentre nel centro presenta no degli elementi molto grandi. Vi hanno pure sete ridotte. Fusto: Qualche pelo flagello e rare sete, S. pedunculata Hook. (Culta) Nessuna traccia di tricomi sulle foglie, ad eccezione di qualche massiccio tricomatoso papilloso sul piceiuolo. Sul fusto analoga costituzione del picciuolo. S. macrophylla Lind. (Culta) Foglia: Qualche massiccio peloso e ra- fidioforo e qualche pelo flagello. Sul picciuolo si incontrano peli unicel- lulari o tramezzati, peli flagelli coi rami pure tramezzati (non sempre !), massicci tricomatosi rari, pelosi, papillosi o semplici e infine sete più 0 meno pelose, spesso rafidiofore, la maggior parte delle quali brevi e tozze. à S. villosa DC. (Culta) Foglia: Pochi peli flagelli e qualche seta sul lembo. Sul picciuolo si notano sete sviluppate, pelose alla base e colle cellule assili periferiche alquanto ispessite, inoltre peli flagelli a ram! tramezzati e tricomi pluricellulari ramosi. S. Benickiana Henning. Foglia: Qualche lunga seta semplice: Fusto: Massieei tricomatosi e sete pelose. * " o Ci siamo indugiati alquanto sulle varie specie di tricomi reperibili La STUDIO ANATOMO BIOLOGICO SUL GEN. ‘f SAURAUIA ,, WILLD. 427 nel Gen. Saurauia perchè gli stessi dal punto di vista citologico ed ana- tomieo sono abbastanza euriosi, ma piü ancora pel fatto che dal punto di vista sistematico offrono non poco interesse. Innanzi tutto noi dobbiamo domandarci se siffatti trieomi siano tutti d'origine epiteliale o non piuttosto derivati in parte dall'epidermi- de e in parte dal sottostante tessuto fondamentale; nel primo caso sa- rebbero dei veri tricomi o peli, nel secondo invece avrebbero il carat- tere di emergenze. Una risposta definitiva si può dare solo nel caso che si studi lo sviluppo delle produzioni in questione, poichè nel materiale che ha rag- giunto lo stato adulto difficilmente si può trovare la soluzione del pro- blema.: Ciò non di meno le numerose osservazioni fatte ci permettono di rilevare non poche circostanze di fatto atte ad illuminare il quesito. I peli unieellulari e le vescicole sono indubbiamente di origine epider- mica, e lo stesso può dirsi pei peli stellati, pei peli flagelli, la cui base o piede si impianta nell’epidermide. Per quanto concerne i massicci tri- comatosi, le sete, i cuscinetti pelosi, i tricomi pluricellulari, la questio- ne appare alquanto più incerta. Essi per lo più stanno inseriti sulle grosse nervature per cui le cellule che costituiscono la loro base di impianto si confondono con quelle del tessuto fondamentale indifferenziato della regione. Quasi lo stesso può dirsi per gli stessi tricomi (in lato senso) presenti sul pieciuo- lo e sul fusto, poichè anche qui al di sotto del trieoma vi ha per ái più un tessuto fondamentale indifferenziato, analogo a quello che costi- tuisee lasse della produzione tricomatosa. Più facile parrebbe la solu- zione del quesito allorchè si ha a fare con tricomi pluricellulari sormon- i sappiamo che sotto l'epidermide facili a riconoscersi, i elerebbero subito tanti il parenchima fogliare poichè no compare il palizzata o il lacunoso, due tessuti quali qualora entrassero a far parte del tricoma si riv gala all’osservatore. Però neppur in questo caso la soluzione è semplice: " epidermide e normalmente sdoppiata (S. nanzi tutto capita talora che l a può darsi benissimo pseudoparviflora) per formar un ipoderma : poi à che se il palizzata o il laeunoso prendono parte alla formazione del tricoma distaccando all'uopo delle cellule, queste, coll'evolverei sene is del massiecio tricomatoso e via dicendo, possono subire tali variazioni 428 . PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO di forma e di grandezza da cancellare quanto può indicarci una più o meno diretta parentela col tessuto verde della foglia. Nel fusto e nel - picciuolo infine vi ha, come si disse, per lo più il tessuto fondamentale : a uno o più piani di elementi che nel fusto aiventa fellogenico e que- sto può del pari concorrere alla produzione degli elementi basali dei | i grossi tricomi. Noi incliniamo infatti ad ammettere che in molti casi, | come ad esempio nella S. pseudoparviflora e nella S. Radlkoferi, EC | tessuto prenda realmente parte alla produzione dei trieomi. Lo stesso dicasi per le sete e i massicci tricomatosi picciuolari del. la 5. Engleriana e della S. brachybotrys in cui si può riconoscere che | persino le cellule del collenchima sottostante all’ ipoderma si " S un pochino nella porzione basale di dette nine: Nel picciuolo della S. aequatoriensis si è trovato che il tessuto st- - beroso, il quale nasce dall'ipoderma, attraversa la base di taluni massie Li y ci tricomatosi quasi a guisa di cupola, insinuandosi così più o meno nel tessuto basale di queste produzioni. Inoltre qui (ed in altri casi) è pure | facile constatare che l'epidermide dei massici semplici deriva da quella | dell’ organo: al di sotto dell’ epidermide vi ha un tessuto cellulare che forma il grosso della produzione tricomatosa poi il sopra ricordato strato - suberoso. Data questa struttura si dovrebbe, per risolvere definitivamen- te la questione dell’origine dei tessuti, stabilire da quali elementi deri | va lammasso cellulare interposto tra la zona di sughero e l'epidermide | nei tricomi in questione. Noi non abbiamo fatto studi sull’ evoluzione - 2 dei detti massieei, però non crediamo di errare affermando che la zonā - fellogeniea sottostante al tricoma abbia, innanzi tutto, dato per poo liferazione il tessuto cellulare sotto epidermieo e poi sviluppate le cek - lule dello strato sugheroso. In tal caso si avrebbero delle vere emer | genze. (fig. 36 Tav. III Jo In conclusione, dalle osservazioni numerose che abbiamo fatto, sir mo proelivi a ritenere che le grosse sete e i grossi massicci, lune altre produzioni un po’ vistose, situate sul caule e sul p siano delle emergenze. Tale invece non deve essere la natura delle p come tr icciuolo — : duzioni tricomatose più piccole, lasciando queste facilmente riconoscerà | no specialmente quando sono inserite sulla lamina fogliare, che deriva dall'epidermide, STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ' SAURAUIA ,, WILLD. 429 Non meno degna di richiamare la nostra attenzione è la intima costituzione dei tricomi. Essi sono sempre suberificati alla periferia, ma il processo di suberifieazione è poco accentuato sui rami, sui peli, sulle papille, sui flagelli che si trovano sui fianchi, alla base, all’ apice delle sete e di altre analoghe produzioni. Oltre a ciò tutto il sistema cellu- lare centrale di siffatte produzioni è ricco di punteggiature le quali ci indicano che gli scambi devono essere ivi attivi. Aggiungasi che . le cel- lule basali delle sete e dei massicci trieomatosi sono sempre più deli- cate di quelle apicali, in specie quando alla periferia della base esistono peli od altre produzioni tricomatose secondarie. Da ultimo il sistema pi- lifero si rende anche interessante per le cellule rafidiofore frequentissi- me a rinvenirsi alla base delle produzioni trieomatose maggiori, per la mucillaggine che accompagna i cristalli, per il singolar modo con cui si formano spesso le papille e i peli secondari alla superficie dei tricomi, a riguardo delle quali particolarità abbiamo già altrove accen- nato (v. fig. 45 e 48 Tav. IV). Tutti gli autori che studiarono le Saurauia dal punto di vista si- stematieo aecennano alla presenza di peli stellati, di sete e di peli ordi- nari; nessuno di essi si è per altro occupato di studiarne un po’ a fon- do la loro intima costituzione citologica, che fu pure descritta un po” troppo superficialmente anche da quegli autori che, come il Solereder, » occuparono dell’anatomia del nostro Genere. Or bene, nella monografia sulle Saurauia si è fatto da noi rilevare che non sempre si può stabilire dove cessi la seta e dove cominci il pelo ordinario, per cui si sono in detta memoria chiamati col nome collettivo di sete tutti quanti i trico- mi, lunghi o corti e talora anche cortissimi, delle varie specie di Sau- rauia, i quali presentano, alla lente, una base un po’ dilatata ed = forma piùo meno conica. Si è invece riserbato il nome di peli stellati a quelle produzioni tricomatose che si mostrano realmente tali all’esa- me colla ordinaria lente, o appartengono alla categoria dei peli flagelii. Ora l’ osservazione microscopica è venuta à confermare tale modo ba contrassegnare i tricomi, avendoci dimostrato che vi ha quasi esa — zione ininterrotta la quale va dal pelo unicellulare alla seta più gigan- tesca e tipica. A i Il tricoma delle Saurauia americane nella forma sua più semplice 430 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO è rappresentato da un pelo unicellulare cortissimo, talora vescicolare (S. — floribunda, S. Bomplandi, o ridotto allo stato di papilla. Una prima eomplieazione ha luogo quando il pelo si segmenta trasversalmente, o quando la porzione basale, impiantata nell'epidermide, ispessisce le pareti, - sviluppa le punteggiature e forma così il piede. Allorchè due peli eol piede ben caratterizzato si associano allora vediamo che spesso la por- zione emergente di ogni singolo pelo divariea ad angolo più o meno - aperto sulla porzione basale impiantata nell'epidermide, per dar origine al pelo stellato che a seconda del numero dei peli ehe lo compongono sì presenta più o meno ramoso. Una variazione da questa forma tipica | si ha allorquando i rami asssumono l'aspetto di vescicole, come è stato o osservato nella £. Sprucei. (fig. 39 Tav. III. Dal pelo stellato tipico ; con tutta facilità si passa al pelo flagello in cui i rami si allungano notevolmente, talora si segmentano, mentre la base o presentasi poco - sviluppata o ingrandisce (S. tomentosa fig. 10 Tav. I. Se lasse del | tricoma, stellato o flagellifero, ridotto ora allo stato di piede, prende il sopravento sui rami, aumentando il numero delle cellule da cui risulta costituito, in pari tempo allungando queste mentre i tricomi secondati sì arrestano nello sviluppo od anco si atrofizzano, si ha il passaggio al trieoma pluricellulare con tutte le sue varietà, il quale per altro, nella sua espressione più elementare, può esser costituito da un asse for- mato appena da due serie collaterali di cellule che poi in cima si sfoc- cano. Continuando lo sviluppo e la moltiplicazione degli elementi assili, — la porzione massiccia del tricoma si irrobustisee e compare così la seta, parimenti con tutte le sue varietà. Analogo se non identico è il pa — saggio dai peli stellati e flagelliferi ai massicci tricomatosi, i quali dif- feriscono dalle sete unicamente per la forma più tozza, più arrotondata, mentre presentano poi numerose forme di transizione a queste ultime. Del resto anche dai cuscinetti di peli (derivati dalla fusione di peli m origine semplicemente accollati gli uni agli altri) può aversi jl trap? - so ai massicci tricomatosi. A tal uopo è sufficiente che la base comune | dei primi ingrossi e proliferi. Colla produzione dei massieei tricoma tosi e delle sete può aver luogo la riduzione del sistema pilifero 5 condario inserito sugli stessi ed allora si hanno i tricomi e le setè semplici. STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘f SAURAUIA ,, WILLD. 481 In conclusione adunque tutte le produzioni tricomatose della Sau- rauia possono ridursi filogeneticamente a un unico tipo ehe dotato di straordinaria plasticità si modifica ora in un senso, ora nell’ altro a se” conda della specie. L' enorme plasticità del sistema pilifero ei viene messa in evidenza da talune forme coltivate, le quali, avendo ridotto i tricomi, assumono spesso una fisonomia ben differente dalla forma origi” naria (S. villosa culta). Sotto questo punto di vista le Saurauia meri terebbero di richiamar più da vicino l’attenzione del botanico. Quale concetto adunque dobbiamo formarei del criterio tassonomico basato quasi sempre sulla costituzione dei tricomi ? Non vi ha dubbio, dopo quanto si è detto, che ad esso non debba aseriversi grande impor- tanza, per quanto la lunghezza delle sete, l'abbondanza o la scarsità di queste e dei massicci tricomatosi, la comparsa, in più o meno abbondanza, di peli stellati, di peli flagelli, di peli unicellulari, di otricoli e via di- cendo, possano offrire dei dati non del tutto trascurabili. Diremo di più: per qualche specie il criterio relativo alla struttura dei peli può aver un valore decisivo nella sua discriminazione da forme affini e noi ri- corderemo all’ uopo che la & Bomplandi può esser subito riconosciuta alla presenza degli speciali otricoli che ricoprono le foglie. Molte volte la forma dei tricomi è abbastanza uniforme in tipi fra loro strettamente congiunti, o per lo meno nelle così dette specie collet- tive, nella stirps e via dicendo. Non mancano però gli esempi in cui le specie, per determinati caratteri molto affini fra loro, differiscono note- volmente l'una dall'altra per il tipo di rivestimento pilifero, come più volte venne segnalato nella Monografia delle Saurauia. Sta intanto il fatto che noi assistiamo ad una graduale riduzione nel sistema tricomatoso, senza che il tipo del pelo abbia a mutare radi- calmente la sua costituzione, dalle forme di Saurauia appartenenti al gruppo delle Strigosae, per arrivare a quello delle Laevigatae e delle Scabrae. Solo qua e là si hanno delle forme un po’ aberranti, come è il caso per la S. floribundae e per la S. Bomplandii ricche di otricoli di varia forma, per la S. Maxoni ed altre forme quasi depilate. Qualunque sia il significato tassonomieo che si vuole aceordare ai tricomi nella discriminazione delle varie specie di Saurauia, non pos siamo tuttavia far a meno di aver presente la loro intima costituzione, 432 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO il loro sviluppo, la loro abbondanza, se vogliamo arrivare a un risultato pratico nel dominio della botanica sistematica: la sola lente è inv] ciente: nel più dei casi, occorre invece il microscopio. í Siamo tuttavia convinti che non sempre si potrà arrivare pel da i Saurauia a quelle conclusioni cui è arrivato il Prof. Correns colle sue ricerche sui Cerastium (Unters. ib d. Gattung Cerastium I Die Ver wertung d. Haarformen für die Unterscheidung der Arten, Oester. Bot. Zeitschrift 1909, N. 5) nelle quali ha potuto dimostrare che talune specie ritenute affini possono benissimo esser distinte in base allo studio dell'apparato trieomatoso di ognuna di esse. È notevole intanto che an- che nel Gen. Cerastium, come, del resto in molti altri, i peli emettono — o dalla base, o dall’apice, o dai fianchi delle curiose produzioni poni che ricordano quelle della Saurauia. V. Struttura del lembo fogliare. Il lembo fogliare delle Saurauia americane consta, in linea gene - rale, dei seguenti tessuti: : 1.) Epidermide della pagina superiore formata da cellule variamen- i te grandi, spesso segmentate tangenzialmente od irregolarmente per pe spesso appare sdoppiata. 2.) Palizzata in uno, o due, o più piani, a seconda della specie, © formato da cellule a tipo colonnare oppure a tipo invaginato Carp sad di Haberlandt, col qual nome noi intendiamo distinguere 4 cellule nelle quali la membrana, per lo più dal lato esterno, ma spesso anche dal lato interno si introflette in seno al protoplasma. 3.) Tessuto lacunoso, formato da elementi grandi o piccoli, più a meno ramosi e cireoseriventi dei menti intercellulari ora grandi, 07 - piccoli. pate d 4.) Epidermide inferiore a cellule per lo più meno sv da svilup- quelle della pagina superiore. Su questa epidermide noi troviamo i pati gli stomi, formati anch’essi da cellule piccole, poste allo stess0 vello delle compagne, o leggermente sollevate. 9.) Fasci vaseolari avvolti assai spesso da tessuti mece raggiungono quasi sempre la epidermide. anici che STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. * SAURAUIA ,, WILLD. 433 LI 6.) Tricomi ed emergenze, sui quali non è il caso quì di insistere essendo stati trattati nel precedente capitolo. 7.) Cristalli di ossalato calcico. Nell'ambito del palizzata e del la- eunoso si incontrano colossali cristalli di ossalato calcico i quali, sia allo stato di stiloidi, sia sotto la forma di pacchi di rafidi, stanno inclu- si in cellule per lo più gigantesche e piene di mucillaggine. Essi for- mano quasi una caratteristica del Genere che stiamo studiando. Data la loro enorme dimensione, i cristalli talora si estendono da un epider- mide all'altra, oppure attraversano con direzione più o meno obliqua gran parte dei tessuti verdi, o infine decorrono paralleli all'epidermide divarieando, per lungo tratto, gli elementi del mesofillo. Quando sono perpendieolari od obliqui all'epidermide, formano quasi una specie di impaleatura resistente in seno al lembo. La struttura delle cellule epidermiche e di quelle del palizzata, la eostituzione del laeunoso, lo sviluppo delle cellule eristalligere, la gran- dezza delle stesse, la loro direzione che può esser orizzontale se paral- lela all'epidermide, obliqua o perpendieolare, se più o meno inclinata à questo tessuto, costituiscono una somma di caratteri dei quali il botani- eo deve tener conto nella classificazione delle specie e perciò noi pas- seremo brevemente in rassegna i vari tessuti del lembo nelle difte o alle principali particolarità che in o- renti specie di Saurauia aecennand gnuna di esse si incontrano. Per ragioni di opportunità abbiamo ra quadri sinottiei i quali agevoleranno il compito degli studiosi. cecolto le osservazioni in PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Nome d. Specie Epidermide superiore Palizzata S. excelsa Cellule cubiche oret-| Due piani, l'esterno e Willd. bti rpg Se scretamen-|lule lunghe, l’ interno a te grandi, cuticola|cellule pinttosto EE. poco ispessita. Eee a|con Ps meati ad a divise in due ti per|lo s anchi. Le ATA setti rp e “piano ques si in- uano, spesso, alquant rm le cellule dello strato superficiale. S. orga Cellule un po’ più e o tre strati colle antho- sta di quelle della| stesse ejnt uie del- riche. pua ida genuina, non|la forma genuina. Le cel- s oppiate lule detto setto profondo però assai piccole. S. pycnotricha Turez. aerae rettangolari, ul ' schiacciate, sot- S Due strati di cellule a parete ondulata, sottile. trato esterno con elemen- i co ri, non eccessi- vamen unghi; strato inte lementi ret- molto ondulate, per cui si osea grandi meati in cintura. S. Lehmanii Hieron S. Prainiana B sc, Cellule piuttosto grandi, rettangolari, colla parete TA alquanto ispessi Due piani a membrane sottili. quartina colonna- re, l’interno a cellule lar- ghe e corte, a tipo inva- Cellule molto grandi, verse er ; non molto ispess Due piani a elementi pressochè — a u- iformi, a tipo invaginato e peser, larghi, con meati laterali ad anello. STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘t SAURAUIA ,, WILLD. 435 | Epidermide | inferiore Cellule piccole. Momi minuti. Cellule rafidiofore Cellule a stiloidi [ Osservazioni i] I Rare, nel lacu- noso. i Come nella forma enuina. Cellule piccole, Poco sviluppata. Rare, nellacuno- o e per lo più di- Grossi stiloidi, ma per- pen paoui all’ ridere od rado a i dell' epidermide superiore. rette in senso anti- clino. " Per lo più localiz- zate nel lacunoso e dirette in senso pe- riclin E Per lo piü diret- te in senso peri- clino Rare. Molto sviluppate, attraversanti talora in- superiore. od obliqua Grandi elementi ma non n mol- e noltanta quest’ultimo. Qualcuno etra nell’ epidermide su NNNM NNNM EL andi eec in sen- 80 antiolibo; o o periclino 0), numerosi. Tala occupa- tutto il parenchima no quasi verde, altei solo il palizzata. ——M— Abbondanti pe — in prts molto grandi. vm più abbondantemente fornito PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Nome d. Specie Epidermide superiore Palizzata S. Loeseneriana| Bu Cellulemolto grandi, n molto ispessi cubiche o rettangolari. d.S È Due piani a sagra ret- Le larghe, in spe- nato, lonnari nello strato supe- riore. S. Conzattii Busc Porra rettangolari, | ai lunghe, ma poco raté in senso verti- Da Due piani: l’ estern cellule molto grandi, più larghe che lunghe, a tipo menti però più piccoli. S. dsoxanthotri- cha Busc Cellule grandi, ret- e pia- ni si cellule. dd II fig. 25). -|poco lunghe, Due piani di cellule ret- tangolari, assai larghe e lunghe, colonnari. Il piano interno l i| menti più piccoli con mea- -|ti in cintura nte. S. ursina Tr. in PL. Cellule "can oret-| angolari mol on a Pini. sot- tili. S. Ruitziana Steud Gli elementi hanno a parete interna più ispessita delle altre; in Due strati a tipo colon terno e nan molto lunghe, ma in gi tg EN l'inter- con elem dotti e pe vane: poco diffe- ren m da quelli del lacu- no Uno o due piani a cel- lule iiie colonnari. Lo strato interno spesso non si acto ida bene da quelli in senso |aleuni punti: sono gran-| di, anc he i del lac o ali a cellule i nti molto ri-|ni ha ele-|to busto. STUDIO ANATOMO-BIOLOGiCO SUL GEN. ‘* SAURAÜIA ,, WILLD. Epidermide ASE m Cellule rafidiofore Cellule a stiloidi [Osservazioni || Blue rettango-| Di preferenza nel tte in vario senso e loca- relativamente|lacunoso e Ne ette ves di prefe nel paliz- iluppate. in vario senso. Mol-|zata, pur raggiungendo molte il te toccano "colle e-|lacunoso. P no le due stremità le due epi- epidermidi colla estre mità. Gran- ermidi. Quelle si-|di hae situ ges al limite tra tuate al limite tra|palizzata e lacunoso e dirette palizzata e lacuno-|in senso posait n o assai grandi. "pi Nel lacunoso, ra-| Mancano? Il mesenchi- "tomi piccoli. -|re, e dirette in va ma è poco ur soda iom -|rio senso. sviluppato. uperfi- raggiungono +." dell'epideriite estremi le due dermidi RI E re e en) Cellule iuttost mdi Stomi pie ue Tieng ton n distin id ati po l de, epider. — E Set tile a a [ ^? sporgen i pic- o-|t Nel palizzata e no od o e.|localizzate nel la- Rare e per lo più -|cunoso Cellule piccole disseminate C so. Al i pulita. ial lim ic il tessuto v TUUM DUIS rer TG on varia direzione. te tra 31 pales : sono diretti in pe^ periclino. — Abbondanti e con varia direzione, lo- calizzate di prefe Abbondanti e con varia dire- "og localizzati - E siese l lacunoso attraversano però gia tutto il siilo a spesso occupano a nel lacunoso, | m | 438 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Nome d. Specie Epidermide superiore Palizzata verticale, in altre più pisei, sempre però cubici o rettangolari. S. Ruitziana eud. var. Weber baueri Busc. S. Spragueana Busc. S. bullosa Wawre S. peduncularis Tr. é Pl. Struttura della for- genuina. Come nella forma tipica. cie E ny Eee sal-|. ariamente. Cellule n molto apici ndi, ret- tangolari o oes a parete sottil Cellule cubiche o ret- tangolari, di dimensio- ni discrete, sottili. Cellule sottili, ret-| Due Talora tangolari, pu o elevate Meere poco distinto dal verticalment lacunoso, in altri casi in- vece a cellule grandi cu- ene , rettangolari, Il pia- a cellule co- Tre piani: l’ estern ghe e poco lunghe, terno a elementi piccoli cubici. su eei un Due strato M wa lacunoso. Strato su ghe, qualche meato laterale. "Gli ares inter- i a cellule corte. bri: a talora anche & tipo invaginato. ill Cellule, mente 5Y STUDIO ANATOMO:BIOLOGICO SUL GEN. * SAURAUIÀ ,, WILLD. . Epidermide . inferiore Cellule rafidiofore Cellule a stiloidi | gran parte del dia- chima. | Come la forma Ipica. Come la forma tipica. Struttura della forma genuina. Cellule piccole. Cellule piccole e b un po! spor- nti Cellule tabulari 9n. molto e P fap icalmente, |valentemente antielina Localizzate di pre- ite tra nei pa ree p con varia dire- Raramente st trav cd tutto lo spessore del dia- chima. In discreta quan- tità, per lo più ae a uesto e Rin con geo direzione m e- n raggiungenti e ga epidermidi a Bp on v -| rado dini cn tutto il me- sofillo. > M lo piü localizzate Rar nel “balises , con Jovem ne pre- lit UNE A lizzata ERR URINE TENTI E n discreta quantità i in specie al limite tra il palizzata e il lacunoso, direzione, mai giungenti le an ei. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO | Nome d. Specie Epidermide superiore Palizzata S. Mors e PI. Po raniana Busc. Cellule rettangolari, i eleva- tile, convessa perci dal lato della cavità. Due o tre piani fra loro alternantisi, a cellule cu- iche o rettangolari, mol- esterne. Le cellule dello strato interno sono pi larghe che lunghe. Gli elementi sono a d in- rispondono a Sue elli velar delle cel- lule più profonde. le S. Selerorum Busc. var. 10° tig Buse S. Selerorum Buse. |t Cellule e e 7 a ispessita delle altre. Le cellu te ni elevate ver ticalmente. ellule sono — ri Due piani; l’ esterno a vedi larghi yen Vg nn né co eleva I dorm o non vunque pero presenti. Due piani ma poco dif- a|ferenziati: poco distinte, parimenti le — PA del strette ed emettono ei gavoccioli | laterali per cui isolano dei meati to sviluppate, in specie le|s Assai è i «A | "T ni pie 3 M STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. “f SAURAUIA ,. WILLD. 441 Epidermide inferiore Cellule rafidiofore Cellule a stiloidi | Osservazioni || ellule larghe, j E essi ellule schiac- molto lunghe Non moltoabbon-| Hanno direzione varia, maj For danti, disperse neilnon sono molto. abbondanti. trebbe essere due tessuti del me-|Presenti in "ato il mesofil-|una specie a fillo, ma un po'|lo, ma più numerose nel lacu-|se, ndi es- ù merose nel|noso, non raggiungono mai endo le dif lacunoso. Hanno di-|due epidermidi e quelle dirette ferenze ch rezione varia, malin senso periclino sono molto|presenta, ri- non raggiungono|grandi. tto mai le due epider forma genui- midi. Q oriz na, in speci zontali (pericline) per ciò che molto sviluppate. riguarda struttura del alizzata ell’ epider- mide su rio Abbo se arr Abbondantissime, perpendico-| 1l lembo è con varia direzio-|lari od "€ iz vend alla su-|molto ispes- ne ‘prevalentemente perficie e spes giun sito. Talun ne] bliqua colle estremità j^ due epidermi- articolari Bolsa, spesso rag- di Ic ristalli sono talora colos-|di struttura giungenti, . colle e -|sali non vennero stremità, le due epi- chiarite a dermidi. sufficienza a causa d leon tenuto cellu- are che re- siste all’ ac- qua di Ja- velle. Lei i ion liga lE Aim tini Non molto nume-| Scarse e localizzate di pur Prese «t se, e di preferen-|renza nel lacunoso. Hanno v n poc zanellacunoso, con|ria direzione € pen verius scopi ia direzione, ma|sono molto grandi e lun «da ies dp tipica. 442 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE. MUSCATELLO IN ome d. Specie Epidermide superiore S. Nelsoni Rose S. Subalpina D. Sm S. latipetalal Hemsl. |a S. Pringlei Rose Due o tre strati di deltule iet celis; Cellule grandi, ret- tangolari, di rado for- man i ani. Pa- rete esterna an ispes- sita delle altre. ad Cellule molto grandi| Ed premia ut germente ispessit meno qualle Stasi. li) ale ampie ret- Lo mente ispessit Palizzata At tipo per lo piùinva- ginato. Le cellule dispo-|piani ce iE in s o 3 strati presen- sso dei rs era on eccessivamente), le urine piccole. , Due strati di cellule a spec | go esterni hehe ri o cubic Due strati a tipo colon- nare. Cellule esterne col-|P le pareti robuste, salvo però dal lato internó ove|mea eato. -| mose recchi piani. 10 Cellule f in pile, £ a perpendico el | superficie. STUDIO ANATOMO- BIOLOGICO SUL GEN. * SAURAUIA ., WILLD, 443 | Epide A . inferiore Cellule rafidiofore Cellule a stiloidi | Osservazioni | PE \bbastanza svi- Cellule sviluppa- è anche .|ricline molto gran- di. Cellule sviluppa- cep anche in Cell ule svi u 4 pisa di forma ta “Pocoelevate - PRE SR SRE A EES “Non molto abbon- a anti e con ri direzione. Per 1l più localizzate nel lacunoso: quelle Abbon w-— e lo- calizzate prefe- renza nel pali izzata. Di rado le cellule raggiungon due epide saggi pericline to pe. desir a, manon to boade. Non molto abbon- le due e iderm “rent a|v olassai grandi. Per lo più localiz 080. o le E ow ad u mol- midi Di preferenza nel | assai | mità dr eade ov Non molto abbondanti e con aria resine quelle perieline Pres D alla vs zate nel lacunos Abbondanti e di preferenza localizzate nel palizzata. Le cel-|i lule son Do in specie quel- le ione periclina, ma quelle anticline non raggiungo- mpo le due epider- Grosse cellule ans limite tra il lacunoso, a dire- ce e quest’ul- ungenti le due bo epidermidi. Sono poc n- danti e localizzate di preferenza nel palizz Non molto abbondanti, Cape zio varia di ne, talor raggiungenti le due epid midi Elementi molte randi 2 - ano in palizza .|confine i. pibe eil mscr r. pseudo- hein Il lembo é ispessito. P nta imolta affinità colla S. sub- alpina. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Nome d. Specie |Epidermide superiore Palizzata Tessuto SS. Pringlei Rose var. micran- tha Busc. S. Oreophila Hemsl. S. Wildemani Bu S. pauciflora Rose. |assa Cellule A hoc convesse all' esterno, eem grandi, talu- e anche grandi rna leggermente i- ta. ————— M À——Ü€— Cellule molto gran- cubiche o rettau- olii; a pareti sottili. quasi rn tre pa- a ille. ; © l'e-|po Due piani: l'esterno con cellule a AS de SES pare ile molto grandi: l'interno vete Age "ele , quasi fog- gia calic „Due piani di cellule a sottili, arghi, co lunghi. Strato inter- no pressoché conformato come l'esterno, ma a cel- lule più piccole. Un solo strato a cellu- le vblettniasi, Larghi m - anello sui fianchi del- ce gree e ar 24 eni =) quest peene aera ‘Talora sidif- ara un secondo stra- to che pec ci. a paro pe- rò dal lac T | soratamente P meati | Viu Poco s : MS ellu Ape imens con meati alteri - moltosv pi cal to, mose se, ay è dei pe medi mol mose, de mil e|ampi meati. r- |brane callus tivamente r0" rmente ispes- PRE ME TRES Cellule rettangolari,| Due piani di cellule a| Ridotto. apoi . [assai a: ma col tipo bri corte, la de i : piste maggior diametro oriz-|gh fonde lu mè zontale. Pareti sottili, ml v cellule. Vila “de piccoli ad iconico dell'ester-|te a U, © á STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. * SAURAUIA ,, WILLD. Epidermide TEN ‘tile, schiac- In discreta quan- nel palizzata, Log tranti però nel la- o mai ty umerose, perl age mr a causa ità e con variadi-|di Calore Cellule rafidiofore Cellule a stiloidi [Osservazioni Cellulemolto pu Piü rare di quelle molto abbondanti e di| Differisce li: stomi poco o n e di send Pri uer nes nel paliz-|dalla s anto elevati enza localita nie ma penetranti più o meno|tipica per l hel palizzata, ma|nel lacunoso rare gendo perd |pareti cellu- ungenti anche|di rado le due epidermidi. Dire- fari iù so il lacunoso e più di|zione varia. tili nel paliz- rado le due epider- zata, yi l'e- irezione pi idermide va cellule q quasi la c costituzio- ne del 1 noso e perl e pidermide in feriore a cel- lule sottili. — 1 À ger rettango-| In discretonume-| In discreto numero nel paliz- 1 tili, LE e-|ro nel P zata o- "qp grosse, obli — a — E Stom al- bite anticline, |ne fitiolina a, ma di o rag- x po sul'grandi, ma di rado Biatigenti le due alii. E » dell ue rag; iungenti le due Y epidermidi. Piü scarse delle cellule rafi- ma ri n o, senza tutta va contatto dell’ or eh infe- riore Num , per lo più oblique, quelle è orizzontali molto gra andi, Affine, per ilstruttura, al- iz-la S. Prin- glei. Foglia sot- tile. to uelle rond ciam \raggiungono spesso le reggio ue epidermidi. gono talora » due epidermidi. 446 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Nome d. Specie |Epidermide superiore Palizzata sebrechti Buse. | S. PAVCHRATA e: Hose var. Ghi- O P ugs o tangol mpi in senso verticale. a tipo all RTE percio Ai quelle " lr s hs eer phos luppat nso perpendicolare al'epider. mide ed in pari tempo am pie. S. ee DE. var. scabrida he S. villosa DC. vav. Hahn g use. S. villosa DC.| Uno o c due strati a a ha uno solo gli elementi sono molto grandi. . Due strati di cellule a al- rispetto a quelle del lacu- Cellule molto gran di od anco gra ndissime, per lo più in un solo strato. Pareti non mol- to ispessite Due strati di cellule in- vaginate. Elementi molto larghi e poco eer in senso anticlin Cellule pory cubiche, pal a dini sottili. golari molt Uno o due strati di cel- tipo invaginato. t profondo istinto dal lacunoso. Cel- lule dello strato esterno reti ispessite. Due strati di cellule a poco|am , ramose mpatto; ur Due o tre di cellule mó pie, Tm". pareti relativa! te robuste. Tessuto lacune " Sottile, compi“ fatto da cellule 3] Co ni molto sviluppati; cellule Leve | EI spos oste ose, ! ET re me UE pe me. UD - 1! STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ,, WILLD. 441 Epidermide inferiore Cellule rafidiofore . Cellule rettango- ns ale. Sto-|c Een. a livello! altre cellule. Cellule piccole, e altre cellule. Eli À br rettango- Mme i I denso r,tità per lo pi nel balia ata. Dire. —_ | In res ei iù uh peo) eri- na. se più grosse ungono spesso ue epidermidi. ier le Cellule à stiloidi Più rare delle cellule rafidio- fore, Si t no di preferenza nel palizzata ed hanno varia i rado iun- cretamen Dis in sbbondasti e [d lizzate di preferen-| |za nel e con varia ma a dire q ray nel lacunos i preferenza eorr mw pulizia, in numero discreto con varia di Vea, non tag- ginngenti le due dee Poco abbondanti e localizzate di p Ancor icon varia direzione, |rafi .|lizzata, di ra d i midi. ue epidermi Voluminosissime eraggiungentis —Ó Oo|so le due epiderm di colle "redi: Abbondanti, per lo piü a di- rezione anticlina o poco wb -|quasi sempre REA le estremità le di ti col- In un sec ie epidermidi. si | Osservazioni Foglia sot- tile Struttura Foglia non molto spessa. 448 PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLO Nome d. Specie Epidermide superiore Palizzata S. Scabrida Hemsl sl.|tangolari, molto Cellule cubiche, ret- T: S. Midi La Hemsl. ————— S. tomentosa HBK. 8. Ragi karel, Bu regolari | 0——————————————— Hemsleyana Busc. l gate le, terna più ispessita del- le altr LI interno dei ipod spesso allun- ,Fellgle sente in nso vertica mi n-|lule invaginate, piuttosto| deg iù piani dicel- arghe e ES, a parete sottilissima Due o tre + ar di cel- lule o all’acqua di Javelle. a pa ateti S Lo dn esterno & Aids strette, l'inter- no a cellule larghe. | compatto. Ro busto sn ellul ramose, delimitantf | piccoli Aer D. | I Il | dl A H 3 E | ii Ridottissimo tf te, più strette di quelle li altri strati. ete esterna ispe e a tip colonnare c pt : pa: Seniga pure la Gut: meati ad anello sulle fac |sottostanti pi cie laterati, molto ben di-|dermid si stinti e numerosi nello|sono talora 1 ne strat io se aue nati. STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. ‘ SAURAUIA ,, WILLD. Epidermide |Cellule rafidiofore Cellule a stiloidi (Osservazioni | | Cellule abbastan- olossali, per lo| Colossali, per lo più dirette Foglia mol- à sviluppate in|piü dirette pericli-|in senso periclino al pn tra|to ispessita senso verticale, cu-|nicamente e situate|il palizzata ed il lac . Ta- une oblique nello pasa sota del piccolissimi, a |ranti la superfici spessor del palizza- ta. uelle a direzione anticlina o raggiungenti le due epidermidi. alizzata. Rare quelle dirette in senso anticlino, 0 raggiungenti le due epidermidi. ule a ettan Cell icubiche o lari. id alqu to ci sull’ epi- Più scarse delle cellule a stiloidi. Grandi, per lo più Meng re nel lacunoso a dire- zio os mai raggiungo le due 'epidermi di. Cellule sottili, le 9 di discrete nsioni. omm rilevati. Dae pcr A Pe Stomi|n Non molto nume- rose e localizza te due epidermidi. Più abbondanti nel lacunoso Rare. Grosse cellule raggiungenti talora le pe idermidi, per lo ep più a direzione obliqua od oriz- zontale. Foglia i- spessita. —— Foglia i- o|spessita. PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLÒ Nome d. Speciel Epidermide superiore Palizzata S. Costaricensis| . Sm.|o Grandi cellule cubi- senso periclino biche, a lume ampio. N. pseu S. NEM .Cellu Busc Calini o grandi, o cubiche rita à ule grandi, cu- iche o rettan ngolari, on pareti sottili. Due strati a cellule in- Ridotto a vagin MA ma l'interno po- strati di cellule ua e à sdoppiate tan-|co dist tinto dal lacunoso. |lungate nel s genzialm od obli-|Cellule sys A où pic- cole, cubiche. Cellule a tipo invagi- nato e spesso fornite di gavoccioli ei ps dispo p ste in 2 strati di cui l’in terno a TTE piccole, ap- a riconoscibili da quel- acunoso, l’esterno o quasi più larghi che ghi. periclino. STUDIO ANATOMO-BIOLOGICO SUL GEN. * SAURAUIA „ WILLD. 451 | Bpidermide —|conus rafdiofore Cellule a stiloidi Osservazioni inferiore | Cellule rettango- molto nume-| on Me gm mai wd re i- ri abbastanza svi-|rose e mai raggiun- |le Nes ad idea di. Mol di, | '|spees ita uf a ne in|genti le due epider-|le cellule orizzontali ad oblique ens e. Sto-|midi allorchè sono lg Do rilevati. rin in senso an iclin Sottile Presenti nel pa-| Nel palizzata e nel lacunoso, MS sot- lizzata e nel lacu-|ma non molto abbondanti. Di-|t In un rezione varia. pu esem- - E cn h EA e a stomi molto abbondanti. Grandissime eda re prevalen ricline, mas verticali od oblique, meno svi- luppate e non rag- lule non sono molto abbondanti, riti ili e Molto grandi se dirette in -|senso periclino, più piccole e|t non Regia le due epider- ec Py anticlino od obliquo. Noo mao ‘abbondanti. pie e lunghe, il lacunoso r cui tra- Di va alla S. Costari- js O ap- Foglie sot- tili. 452 . PROFF. LUIGI BUSCALIONI E GIUSEPPE MUSCATELLÓ Nome d. Specie| Epidermide superiore S. ru ha? y 0J Ormas Watche 8. pseudorubi - formis j^ Due ri di cellule p Palizzata Parecchi strati, l'ester- talo rettangolari a pareti|no a cellule ora inva- alquanto il . Lo|ginate, AE. olonnari, strato vage a ape e prime corte, le seconde menti per lo più mag-|allungate a lume p gio ai cho ms quasi sempre pio, e parete sottile. Le cellule degli strati interni rasso- doppiata, a cellule esterne rettangolar i: le erne cubiche ndi. strati hanno pareti robuste. Ii -| Cellule grandi, est parete esterna conves-|c IE o Si RENT 8. aspera Turez. vc o 4 .$ a |sa verso l'esterno o iter a dal lato inter o. Membrane sottili. Sca: pere. ia molto ssita. Par migliano a quelle del la- noso. e più cu rne trapassano DI 3 ipo proprie del lacu spesso Cellule peer l e fre- 0, molto allungate perii regolarmente divise ver- so il mezzo. Uno o due piani di cel- pareti sono sottili e elimitano. ampie, notevolmente P a Mec Lu ti Clar Em AI Discreta” meati. (conti Dorr. ARNOLFO ANDREUCCI LAUREATO IN MEDICINA ED IN SCIENZE NATURALI CONTRIBUTO ALLA FLORA DELLA TRIPOLITANIA (Piante della pianura Tripolina e del Garian) Le piante oggetto della presente memoria, fanno parte del mio er- bario particolare e furono raccolte da mio fratello Augusto Andreucci» Sottotenente nell'11. Regg. Bersaglieri, dal Novembre 1912 al Marzo 1913. Sbareato a Tripoli gli ultimi giorni del Sett, 1912 dopo un anno di permanenza come maresciallo ad Homs (ove raccolse un piccolo manipolo di specie che furono illustrate da A. Nannizzi, eccetto una che fa parte della collezione da me studiata (1), egli fu inviato a Gar- garesch, donde nel Dec. Gennaio avanzò verso l'interno per la costru- zione dello ferrovia T'ripoli-Aziziah. Raccolse, cosi oltre che a Garga- resch, a Fonduch El Maguz ed a Suani Beni Adem, i luoghi ove più si fermò. Di qui il suo reggimento avanzò ancora verso il Garian, oe- cupò Garian e Tebedùth. In quest’ ultima località potè raccogliere un disereto numero di specie, ma la bufera di neve ed acqua che nel Feb- braio si scatenò per due settimane sull’altipiano, gli impedì di estende- re le sue ricerche ed aumentare le raccolte. Dopo la battaglia di Assaba (23 Marzo 1913) cui egli prese parte, dovette sempre avanzare lungo l'altipiano spingendo avanti le sconfitte Mehalle di El-Baruni fino a Naluth, al eonfine Tunisino. Di qui, in parte lungo le Sebke, e poi at- traversando diagonalmente la pianura Tripolina, riguadagnò Aziziah e Tripoli dopo una faticosissima mareia di circa 800 Km., compiuta in poco più di un mese e mezzo. Ma, dopo la battaglia di Assaba, cessa- rono purtroppo le raccolte di mio tratello. il quale, costretto ad avan- pa SPE III (1) A. Nannizzi — Contributo alla flora della Libia. Siena — Tip. Cooper. 1912. 454 .DOTT, ARNOLFO ANDREUCCÌ zare sempre a lunghissime tappe e con brevissime soste, non ebbe più la possibilità di raccogliere e sopratutto di confezionare ed inviare le raccolte. s'e La zona che mio fratello attraversò, da Gargaresch al Garian, non mi risulta molto esplorata dai precedenti e successivi ricercatori. Ciò si spiega sapendo che il Governo Turco non permetteva esplo- razioni scientifiche all’infuori della costa, e che durante la guerra, nes suno botanico potè avventurarsi in questa regione occupata dai Turco- Arabi. D'altra parte dopo la pace di Losanna (18 ottobre 1912), le di- verse missioni che si sono recate in Libia hanno avuto di mira più che altro il Garian; ed hanno forse attraversato rapidamente la zona fra Tripoli ed il Garian stesso. La collezione di mio fratello, sebbene pie eola, é interessantissima; perche fatta in un periodo di intenso lavoro € di guerra; per aleune località che risultano nuove per la scienza, per aleune specie nuove per la Libia, e per altre che raccolte da altri ut fieiali quasi contemporaneamente a mio fratello nelle stesse regioni del Garian, furono da questi inviate in Italia ove risultarono nuove per " scienza. Gli esemplari che io posseggo di queste ultime specie differi Scono però in parte dalle diagnosi che gli autori ne hanno date, li ho quindi minutamente studiati e confrontati, come pure ho fatto oggetto speciale di studio alcune specie interessanti dal lato biologico per gli speciali adattamenti all’ ambiente che presentano. Più delle altre inte- ressanti sono sotto questo rapporto le piante della zona subdesertica: esse sono psammofile e xerofile, talora di dimensioni normali, talora sé dotte o nane, tutte con foglie piccolissime, o fornite oltre che di foglie; di spine, talora con radici sottilissime e ricoperte come da una crosta di sabbia; presentanti cioè svariati adattamenti all'ambiente e contro la evaporazione, che è il maggior nemico delle piante del deserto. Citerò tra queste, l Arthemisia Herba-alba Asso; la Calycotome intermedia Presk l'Ononis angustissima Lam; la Paronychia arabica DC; la Ta mari articulata Vahl etc. E : : i ; joni Prima di esporre l'eleneo sistematico delle specie con le osservazi CONTRIBUTO ALLA FLORA DELLA TRIPOLITANIA 455 biologiche e floristiche, necessita che io dia alcune notizie fitogeografiche sulle località ove mio fratello raccolse, notizie che ho tratte dalle nu- merose lettere che egli durante l’avanzata mi serisse. Da una lettera del 10 Novembre 1912 tolgo: « L'Oasi di Gargaresch si trova a cirea 5 Km ad W di quella di Tripoli, e si estende lungo la spiaggia per circa 1 Km !/,. È frastagliata da molte radure, nelle quali vivono diverse piante erbacee. Ho notato dei T'rifolium, dei Convolvulus attorcigliati ai vee- chi tronchi del Fico d'India, varie Graminacee spontanee, e qua e là i resti delle coltivazioni di Orzo e Frumento precedenti alla nostra oe- eupazione, (Gennaio 1912). Oltre la Palma da datteri, vi sono Olivi (di dimensioni piuttosto piccole) Melograni, Mori, Pomacee coltivate e spon- tanee, qualche pianta di Carrubo, e diversi Ficus carica, con fusto alto appena 1 mt e !/,, e cupula di foglie cadente quasi fino a terra. La vegetazione arborea non differisce in complesso gran che da quella delle altre oasi. | « L'aspetto generale del paesaggio attorno all'oasi e poi verso l’in- terno è il segueute : Dal mare il suolo va gradatamente salendo fino a raggiungere la carovaniera, parallela all’oasi. Oltre la carovaniera è una specie di ca- tena di piccole alture, sulle quali furono costruite le colossali trincee collegantesi a quelle di Tripoli ad E e di Zanzur a S. Al di fuori del- l'oasi il territorio è una desolante sconfinata pianura ondulata di colli- nette sabbiose, delle quali molte solidificate dallo Sparto; mentre a S. dell’oasi, oltre la linea delle trincee, seorgesi il gran mare delle vere dune mobili, la cui sabbia, di un giallo intenso, viene spinta dal vento del S fino al limitare dell’oasi. In questa pianura di dune solide e mo- bili manca affatto la vegetazione arborea, e si hanno solo cespugli di Sparto, di Scis e di Ethel (1). Nell'interno dell’oasi esistono circa 20 pozzi arabi profondi da 5 a mt. », —— * (1) Nomi arabi dell’Arthemisia herba-alba Asso, e della Tamarix articulata ahl, 456 DOTT. ARNOLFO ANDREUCCI Da una lettera del 15 Gennaio 1913 tolgo: « Fonduk-El-Maguz dista 10 Km. da Tripoli, e si trova lungo la carovaniera che da Tripoli porta a Suani-Bedi Adem. È un recinto qua drato formato di muri di terra e pietrisco impastati. Si trova nel centro di una forte depressione del terreno, tantochè non si scorge finchè non si penetri in quella conca. Il paesaggio circostante è il solito terreno composto di collinette sabbiose, in parte indurite e ricoperte dallo Sparto, in parte ancora mobili. Su queste dune mobili vivono molte piante per le più nane, e con sottili radici ricoperte di crosta sabbiosa intreecian- tesi fra di loro. Suani-Beni-Adem (giardino dei figli di Adamo) dista da Fonduk El Maguz circa 18 Km lungo la stessa carovaniera. Consta di due magre e poeo importanti oasi, nelle quali non si riseontra che la Palma dat- tilifera, qualehe magro Olivo e varie siepi di Opuntia ficus indica. L'ac- qua viene estratta da una potente pompa a vapore installata dai nostri soldati. Nel momento in cui serivo, l’oasi è ridotta in stato deplorevole per il passaggio dei nemici durante la guerra. Il terreno è nell'oasi e fuori un sabbione impalpabile, moltissime palme abbattute, le culture rase rate. La regione attorno all’oasi è deserta. senza vegetazione arborea, vi cresce lo Sparto, una specie di Asphodelus, (1) ed una Ginestra a spine acutissime e lunghe (2). Intorno all'oasi vi sono delle zone coltivate orzo ove questa pianta cresce rigogliosa, quantunque i nomadi che vk vono in questa regione sotto le tende non lavorino il terreno che st perfieialmente. Coltivata razionalmente questa zona potrebbe rendere molto ». Riassumo ora altre notizie fitogeografiche tolte dalle lettere succes” sive scrittemi fino al 23 Marzo, giorno della battaglia di Assaba: « Il paesaggio da Suani Beni Adem, ad Aziziah (35 Km. circa) È lo stesso dei tratti precedenti: piccole colline coperte di Sparto € wn (1) Asphodelus microcarpus Viv. (2) Calycotome intermedia Presl. CONTRIBUTO ALLA FLORA DELLA TRIPOLITANIA 457 mobili. Aziziah (o Chedua) è costruita sopra un’ unica collina rocciosa che si eleva d’un tratto sulla pianura circostante. Attorno il terreno è coltivato ad orzo e frumento. Pochissime pal- me. Dopo Aziziah il territorio si rifà per un poco pianeggiante, ma, sebbene non vi sieno notevoli elevazioni, pure ci si accorge che ci av- viciniamo ad un sistema orografico importante. Per 35 Km., cioè fino alie falde del Garian, si hanno vasti prati coperti di ranuncoli, qualche palma isolata qua è là, qualche Olivo, qualche fico, e poi di nuovo col- line ricoperte di sparto. La catena del Garian si eleva maestosa, pro- prio a picco sulla pianura che la costeggia dalle ultime propaggini dei monti di Homs fino a Naluth, confine con la Tunisia. Al piede della montagna s'incontra la minuscola ma verdeggiante oasi di Bu-Gheilam, ov’è una sorgente d’acqua potabile. Poi si comincia a salire fino alla cresta dell’altipiano, donde per una via pittoresca co- struita dai nostri soldati si giunge a Casr-Garian, castello moresco ap- pollaiato sopra una roccia. Il paesaggio geologico e botanico cambiano totalmente aspetto da quelli della pianura sottostante. Grandi, ampie vallate; pendici totalmente coperte di selve di olivi secolari, nerissimi; spoglie di vegetazione altre eolline, terminanti a punta od a terrazza, della collina arborea. Nelle valli rigogliosissimo eresce lOrzo. Ai piedi di Casr-Garian à un'oasi intricatissima in cui vivono oltre la Palma, Gelsi, Pomacee, fichi. Attorno a Casr Garian nessuna Palma, ma oiivi in gran copia e Carrubi. Acqua copiosissima per varie Bu (sorgenti). Campi ben tenuti e cintati da muretti a secco. Vi si coltiva tra l’altro una specie di Carota (forse la comune Daucus Carota) che qui assume grandi proporzioni. Dopo Casr-Garian la carovaniera fino a Th villaggi troglodotiei della regione), e poi à Bu-zaiam, bedùth, sale e scende attraverso colline e valli coperte di pi di trumento. La regione di Tebedùth è meglio col pochissime pendici rocciose sono incolte. Il re sa con orzo, frumento e cereali. Ovunque oli SARO sparto, caratteristico della pianura. L’ acqua, sca gione, viene estratta mediante pozzi arabi, profondi anche 80 mt. Po- resàth (uno dei tanti Megarba e Te- Olivi e di cam- tivata delle precedenti, solo sto è diviso in campi cin- veti; non palme, pochis- rsa in questa re- 458 DOTT. ARNOLFO ANDREUCCI chissime piante fruttifere eccetto il Fico, tenuto basso, quasi nano, con scrupolosa cura. i Quanto a vegetazione erbacea spontanea, nel Marzo questa regione è coperta di un numero stragrande di piante. In mezzo all’orzo oo: magnifici Tulipani e Ranuncoli che spiccano per il loro colore giallo sulle altre piante. Anche le rupi hanno una ricca vegetazione ». Ometto di parlare del paesaggio delle altre regioni del Gariak " traversate, ma non esplorate botanieamente da mio fratello per ragioni, come ho detto, indipendenti dalla sua volontà. sa Oltre Durand et Barratte (1), che rimane sempre la base per gi studi sulla flora Libica, ho consultato tutti i lavori seritti sulle piante della Tripolitania dal principio della guerra ad oggi. . E colgo qui l’occasione di porgere i miei ringraziamenti al Prot. L. Busealioni ehe ha accolto il mio lavoro nel suo periodico Malpighia; al Prof. P. Baccarini che mise a mia disposizione il ricco materiale dell’ Erbario Centrale di Firenze; all’amico carissimo Arturo Nann Conservatoro dell'Orto Botanico di Siena, per avermi fornito libri e schiarimenti, ed in special modo al Prof. Renato Pampanini del KE stituto Botanieo di Firenze, per avere controllato ed in buona parie determinato le piante del Garian, ove egli fu l'anno scorso con la mis- sione Franchetti per vari mesi. EMBRIOPHYTA SIPHONOGAMA ANGIOSPERMAE a) MONOCOTYLEDONES GRAMINACEAE 1) Stipa tenacissima L. Sp. 116. Presso Suani Beni Adem (L 1913). 2) Ammochloa palaestina Boiss. Ammoehloa subacaulis Coss et Dr. : stà Dune mobili presso il Fonduk El Maguz (13. I. 1913). Locali raisonné (D Durand et Barratte. Florae Libycae Prodromus ou Catalogue des plantes de Tripolitaine — Genève — 1910. e CONTRIBUTO ALLA FLORA DELLA TRIPOLITANIA 459 nuova per pianta citata da Durand et Barratte (1) per i dintorni di Tripoli, Ain Zara, Guirgaresch e Sokra. Cir. Bengasi e Giuliana. Marm. Badia. Citata da Beguinot e Vaccari a Bengasi nel Palmeto (2). — Da Raffaello Spigai (3) della , Menscia. | LILIACEAE | 3) Asphodelus microcarpus. Viv. fl. Cors. Diagn. 5 (exel. syn. Clus. 1824). Presso Suani Beni Adem (XI. 1912). | Vari esemplari tutti con le capsule lunghe 6-12 mm. Località nuo- va per pianta già conosciuta dei dintorni di Tripoli e di aleune loca- lità della Ciren&iea. (Durand et Barratte Op. cit.). 4) Tulipa fragrans Munby var. Scappuccii Vace. (in Boll. Soe, Tose. Artie. Anno XXXVIII Vol. XVIII della 3. Serie, 31 ott. 1913. Tebedüth (Garian) in mezzo a campi coltivati ad orzo. Tre esemplari con il solo fiore, ed uno completo, con fiore, foglie e bulbo. Il Prof. Pampanini, che ha determinato questa Tulipa, ritiene, che corrisponda a T. fragrans var Seappueeii; però anche egli conviene con me che due degli esemplari differiscono un poco, specialmente per la grandezza del fiore. Esporrò quindi i caratteri dei quattro esemplari che poi confronterò tra di loro. È noto che prima della scoperta di questa varietà nessuna Tulipa era conosciuta come propria della Tripolitania e Cirenaica. Non è detto nella nota del Vaccari in che data questa Tulipa fu trovata dal Capita- no Scappucci nè la località precisa del Garian. Infatti il Vaccari dice solamente : « Initio Martii 1913. Garian ». Essa fu dunque trovata per lo meno quasi contemporaneamente da mio fratello e del Capitano Scappucci, e forse anche prima da mio fratello che da quest’ultimo. I caratteri dei quattro esemplari s le misure sono state da me prese tutte sul secco : ono esposti nella seguente tabella; —_—rr————— ric (1) Durand et Barratte. Op. cit. - Annali (2) Beguinot e Vaccari — Terzo contributo alla flora della Libia — (Annali di Botanica del prof. R. Pirotta, Vol. XII. fase. 1. 1913). = (3) Raffaello Spigai — Elenco di piante spontanee della regione Tripolitana (Atti Soc. Tosc. Scienze Nat. Memorie, XIV, P: 386. Pisa 1895). 460 DOTT. ARNOLFO ANDREUCCI TULIPA fragrans Munby var. Scappucci Vatt. Tepali esterni Tepali interni Stami Ovario mL bo e — Lunghi 55 mm. arghi 19 ‘E » Del resto V. N. 3 Lunghi 53 mm. arghi 9 » Del resto V. N. 8. Subeguali al pistik lo-filamenti pee barbati alla bas A ntere lunghe i Lunghezza mm. 22 Lunghi 50 mm Larghi 14-15 "h Dorso percorso UE str verde- i pelli se alla bas Lungh. mm. 45 Largh. mm. 8-9. Lungamen. estret- altamente lanceolati verdastro sprl ti e ru- noci di sopra e all’apic Decisamente giù corti del pistillo. Lunghezza mm. 22 » Lungh. mm. 49; Largh. 12-14 glabrio ovunque,sen- ta peluria Lungh. mm Largh. li, lanceolato acu- minati con dab pa siece sul dor SPNA alla t 95; mente; base con fit- | 16. Gia. Dargh. anra Lar Lu ungam. und Lungh. mm. 49. h. 8- za pelurie alla base a-|mm. pe Subeguali al pistil- 10-1 alla vile. Antere |neari lunghe mm. 7, | pare e mm. 2 Los con Lungh. mm. 84-85. striati di rosso ver- so l’apice della ro cia dorsale. a picai nejAntere lunghe cap int al pistil- planes lunghi|mm 15, allá alquanto base. 6 mm. Larghe 3 mm. Lunghezza 4. Lar- e ghezza mm.2 CONTRIBUTO ALLA FLORA DELLA TRIPOLITANIA Caratteri morfologici dei quattro esemplari 461 Foglie Fusto | Bulbo Osservazioni Rimasto mm. 12. ni rage dal " 3; che altro per le sue maggiori Mi. mensioni. TT, RR Rimasto mm. 90. TS e ERE Plo Gr E E E EE -= Mestre, cur- | Giallastro, mac- h n tuori, lun- |chiato di rossiccio ghe, la sinistra 102 |s seras nel 3° mm. cire ungo la |super alla bi- YA d lar- x phat delle fo- glie all'attaccatura e us o é lungo 97. per Ovato, er to ne ella par iore, Le rosso fegato, lungo (um argo al Fener amichi brune, in- rnamente pelose all’apice. et ba DO Ta Differisce dai tre u- | precedenti, special- mente per le di- mensioni del fiore assai minori 462 DOTT, ARNOLFO ANDREUCCI I N.i 3 ed 1 hanno vari caratteri uguali, come la colorazione uni- formemente gialla dei tepali esterni, la lunghezza degli stami che è su beguale a quella dell'ovario, ed i filamenti peloso barbati alla base. Tut tavia differiscono per la lunghezza delle antere, e per le dimensioni del fiore che nel 3 è più piccolo. Mentre adunque il N. 1 è senza dubbio la Tulipa fragrans Munby var Scappucci Vaccari, non è così del N. 3 che forse è una forma. Il N. 2 corrisponde perfettamente alla diagnosi della T. fragrans var Scappucci; invece il N. 4, intiero con foglie e bulbo, differisce no tevolmente dagli altri tre esemplari, specialmente per le molto minori dimensioni del fiore. i Per la mancanza di materiale di confronto non posso assicurarlo con certezza, ma inclino a ritenere che i N.i 3 e 4sieno varietà oe me della T. fragrans. Mi riserbo di esaminare nuovamente il materiale appena ne avrò la possibilità. 5) Muscari maritimum Desf. fl. atl. 1. 308, (1798). Campi coltivati ad orzo presso il villaggio tragloditico di Tebedùth (Garian). (15, III, 1913). Località nnova per pianta già conosciuta dei dintorni di Tripoli 7 delle Cirenaica a Bengasi (Durand et Barratte op. cit. p. 235). L'habitat di questa specie verrebbe così ad estendersi verso il S. COLCHICACEAE 6) Colchicum Ritchii R. Br. in append. Denh et Clappert Nars. Eme p: 2l . Presso l’oasi di Gargaresch, nelle sabbie (XI. 1912). Località m va per pianta già conosciuta dei dintorni di Tripoli, e della Cirenaica senza disegnazione di località (Durand et Barratte Op. cit.). b DICOTYLEDONES URTICACEAE 1. Ficus carica L Oasi di Gargaresch — Colt. (AL 1912). CONTRIBUTO ALLA FLORA DELLA TRIPOLITANIA 463 POLYGONACEAE 8) Rumex tingitanus L. prob. var. lacerus Boiss. Dune mobili attorno al Fonduk El Maguz (18, I, 1913). Località nuova per pianta già conosciuta dell'Oasi di Tripoli e din- torni di Tripoli. (Durand et Barratte Op. cit.). Esemplare nano ed acaule, coperto da una erosta di sottilissima sabbia. CHENOPODIACEAE 9. Chenopodium album L. Oasi di Gargaresch (XI-1912). Conosciuta solo dell'Oasi di Tripoli. CACTEAE 10. Opuntia Ficus Indica Mill. Oasi di Gargaresch. (XI-1912). AIZOACEAE 11. Mesembrianthemum nodiflorum L. Oasi di Gargaresch (XI-1912). Conosciuta solo dell’ Oasi di Tripoli e del Gebel Soda (Durand et Barratte Op. cit.) e recentemente rinvenuta da Vaccari a Tripoli e a Bengasi (Beguinot e Vaccari 1. e 3. Contributo alla flora della Libia. PARONYCHIACEAE 12) Paronychia arabica DC. Catal. Monsp. p. 130, (13, I, 1913). | Bassure delle dune mobili intorno a Fonduk El Maguz. La Località nuova per pianta già conosciuta di diverse località di Tri- Politania e Cirenaica (Durand et Barratte. Op. cit.). ; Due esemplari nani e subacauli forniti di lunga radice filiforme Inerostata di sabbia. TAMARICACEAE 13) Tamarix articulata Vahl. Symb. 11, 40, tab. 32 (1791). 464 DOTT. ARNOLFO ANDREUCCI Presso l'Oasi di Gargaresch. (XI, 1912). CISTACEAE 14) Helianthemum ledifolium Mill.. Campi coltivati ad orzo presso il villaggio trogloditico di Tebedùth (Garian), (15, III, 1913), Località nuova per pianta conosciuta della Gran Sirte, di Cirenai- ca e Marmarica (Durand et Barratte Op. cit.), e recentemente scoperta dal D.r Vaccari a Misrata (Beguinot e Vaccari Op. cit.). 15). Helianthemum virgatum Pers var vesicarium Dur. et Bam. Campi coltivati ad orzo presso il villaggio trogloditico di Tebedùth (Garian) (15, III, 1913). : La pianta, della quale non sembra che il tipo (H. Virgatum Pers) sia stato trovato ancora in Libia) oltre che della zona di Tripoli e di qualche località della Cirenaica e Marmarica, era conosciuta anche del Garian (Durand et Barratte), op. cit. ma senza indicazione di località. CRUCIFERAE 16) Alyssum maritimum Lam. Presso Tebedùth. (Garian) (15, III, 1913). Rupi. Località nuova per pianta conosciuta solo di Homs (Beguinot © Vaccari. Primo contributo ete), ed interessante perchè a 100 Km. circa dalla costa, stazione abituale di questa specie, la cui area geografica viene così ad estendersi verso S. Esemplare acaule eon rami prostrati e striscianti a terra. Radice lunga 24 cent., con 6 mm. di spessore alla sua base. 17. Matthiola tristis (L). R. Br. Presso Tebedüth (Garian). 15. III, 1913). Rupi. Nuova per la Libia. 18) Sisymbrium nanum DC. Dune mobili attorno il Fonduk El Maguz (13, I, 1915). ; Località nuova per pianta conosciuta dei dintorni di Tripoli,e di Bengasi (Durand et Barratte Op. cit.). Tre esemplari con fiore e frutto, alti in media 4 cent. CONTRIBUTO ALLA FLORÀ DELLA TRIPOLITANIA 465 RANUNCULACEAE 19) Ranunculus garianicus Borzi e Maitei (in Boll. Soc. Bot. Ital. 1913 p. 142). Campi di orzo presso Tebedùth (Garian) (15, III, 1913). Specie nuova per la scienza, descritta da Borzi e Mattei ed inviata a loro dal Colonn. Abatino che la raccolse nel Garian ad Assaba ed al- trove nel Marzo-Aprile 1913, contemporaneamente cioè a mio fratello. Tebedüth è località nuova per la specie. Posseggo tre esemplari intieri in fiore, ed uno incompleto. Trattan- dosi di specie nuova e della quale non si conoscono per ora molti sag- gi, ho confrontato quelli da me posseduti con la descrizione che ne dan- no gli Autori (loc. cit.). In media i miei esemplari sono alti cent. 18. Le lacinie delle foglie radicali che la diagnosi diee « oblongo li- nearibus, angustis subottusis » sono nei miel esemplari talvolta lineari, più spesso 2-3 fide (somiglianti lontanamente le foglie della Saxifraga tridactylites). Peduncoli del fiore centrale nudi, dei fiori laterali foglio- 8i a foglie simili a quelli radicali, ma talora (com'è nell’ esemplare in- completo) a foglie intiere, strettamente lanceolate sunòbottuse, giallo-ver- dognole poco pelose, un pò falcate. L'esame delle foglie dei miei esemplari mostra quindi tutti i pas- saggi dalle foglie ternate decomposte, a lacinie oblungo lineari strette Sobottuse, come le descrivono Borzi e Mattei, alle foglie semplici. I fiori son grandi da 26 a 33 mm; in media 29; i petali che Bor- Z e Mattei descrivono come « obovato-rotundatis » sono in taluni dei miei fiori marginato bi o trilobi. Maneano i carpidi che per ora, com'è Noto, non si conoscono. b Queste differenze dalla descrizione che si trovano nei miei esem- Plari, mi farebbero pensare a qualche forma della specie, cum per ora Mi è impossibile pronunciarmi, per mancanza di materiale di confronto. 20) Ranunculus asiaticus L. Campi di orzo presso Tebedùth (Garian) (15. III. HE Tre esemplari in fiore, di cui uno completo con foglie e fibre ra- 466 DOTT. ARNOLFO ANDREUCCI dicali. Quest’ ultimo ha fiori lunghi cent, 2 !/ larghi mm. 51; l altro fiori larghi 50, lunghi 26. Specie diffusa dalla Persia all’ Algeria, trovata sul Garian ad As- saba dal Capitano Scappucci e dal Prof. Pampanini. Tebedùth è località nuova, 21) Adonis microcarpus DC. Campi coltivati ad orzo presso Tebedùth (Garian) (15. III. 1913, Vari esemplari bene sviluppati, con fiori che vanno dal rosso mi- niato al giallo zolfino. Località nuova per pianta conosciuta della Tripolitania e Cirenaica (Durand et Barratte Op. cit.) ROSACEAE 22) Pirus Malus L. Oasi di Gargareseh (XI 1913). Inselvatichito. 23) Pirus communis L. Oasi di Gargaresch (XI 1913). Inselvatichito. 24). Prunus Persica Stok. Oasi di Gargaresch. ( XL 1913) inselvatichito. LEGUMINOSAE 25) Ononis augustissima Lam. O. falcata Viv. fl. Lib. spec. p. 4 tab. 10 fig. 3. ; Località nuova per pianta già conosciuta dei dintorni di Tripo j (Durand et Barratte), di Cirenaicar e trovata recentemente dal Vaccari (Terzo contributo ete.) a Zuara e Macabez. 26) Calycotome intermedia Presl (Durand et Barratte Op. UE P 64 (f. p.). Calycotome villosa Lk. var. rigida Nob. Sparitum rigidum Viv. fl. Lib. Spec. p. 40, tab. 17, fig. 1. Sulle colline circostanti all'Oasi di Suani Beni Adem (18-X11-1912} Località nuova per pianta già conosciuta dei dintorni di Tripoli ° di luoghi meno lontani dalla costa, come Ain-Zara. (Durand et Barratte Op. eit). ” hu Astragalus sp. ? CONTRIBUTO ALLA FLORÀ DELLA TRIPOLITANIA 467 ‘Presso Tebedùth (Garian', (15, III, 1913). Questo Astragalus, secondo Pampanini, appartiene senza alcun dub- bio al cielo dell'A. lanigerus Desf. (fl. Atl), ma si avvicina anche al- l'alexandrinus Boiss, ed al libycus Borzi e Mattei n. spec. L'esame che ne ho fatto mi fa ritenere che si avvicini più che tutto a quest'ultima specie: per le foglioline sopra glabre e sotto parcamente pelose, per le stipole lungamente ciliate, e per i fiori flavescenti col calice più breve del tubo, subglabro, coi soli denti villosi, 4-5 volte più brevi del tubo. Disgraziatamente mancando i legumi non è possibile identificare la pianta. 28) Medicago sp. ? Dune mobili attorno al Fonduk El-Maguz (13, I. 1913). Piantina nana, ridotta in ogni sua parte, alta sopra terra circa 4 cent; con radice filiforme incrostata di sabbia. ZYGOPHYLLACEAE 29) Zygophyllum album L. Suani Beni Adem. (XI-1912). MALVACEAE 30) Malva silvestris L. — Campi di orzo presso Tebedüth (Garian) (15, III. 1913). | Località nuova per pianta già conosciuta di varie località di Tri- politania e Cirenaiea. EUPHORBIACEAE 31) Euphorbia serrata L. Campi di Orzo presso Tebedüth. (Garian) (15. III. 1915). Nuova per la Libia. OLEACEAE 32) Olea europaea L. sp. 11. 91 Oasi di Gargareseh (XI. 1912) e presso Tebedüth (Garian) (15-I1I, 3. 468 DOTT. ARNOLFO ANDREUCÜI L'esemplare del Garian ha foglie più piccole, più strette e di un verde più cupo nella pagina superiore. Quello di Gargaresch è attacca. to dal Bacillus oleae Trev. BORAGINEAE 33) Nonnea phaneranthera Viv. Campi di Orzo presso Tebedùth (Garian) (15, III, 1913). Località nuova per pianta già conosciuta dei dintorni di Tripoli e della Cirenaica senza designazione di località (Durand et Barratte op. cit.). 34) Echiochilon fruticosum Desf. flor. atl. 167. Sulle dune mobili di Suani Beni Adem (18. XII. 1912). Località nuova per pianta già conosciuta di varie località di Tri- politania, Cirenaica e Marmarica (Durand et Barratte op. cit.. Esem- plare con grossa radice legnosa e fittonosa. CONVOLVULACEAE 35). Convolvulus arvensis L. Oasi di Gargaresch (XI. 1912). SOLANACEAE 36) Solanum Sodomaeum L. Oasi di Gargaresch (XI. 1912). | Località nuova per pianta già conosciuta di varie località di Tri politania e Cirenaica (Durand et Barratte Op. cit.). COMPOSITAE 37) Artemisia Herba-alba Asso. A. pyromacha Viv. fl. Lib. Oasi di Gargaresch (Dintorni) (XI 1912). Sulle colline circostanti all'Oasi di Suani Beni Adem e sulle dune mobili (18, XII. 1912) is duk El Maguz (I. 1913). Fonduk El Maguz (13, I. 1913) Dune mob" Tutti gli esemplari presentano le caratteristiche galle tomentose ?' doperate come esca e che hanno fatto dare a questa pianta il nome pyromacha. CONTRIBUTO ALLA FLORA DELLA TRIPOLITANTA 469 Gli esemplari raccolti il 13, I. 1913 sulle dune mobili di Fonduk El Maguz sono stati ritenuti dal Prof. Pampanini per A. Herba-alba quantunque differiseano enormemente dagli altri ehe sono tutti svilup- pati normalmente. Essi maneano di eapolini, ma presentano qua e là dei punti den- samente lanosi che si potrebbero ritenere per galle atrofizzate. In ogni modo le foglie (gli uniei organi ehe i sette esemplari posseggono) mi risultano perfettamente uguali a quelle degli esemplari normali. I sette esemplari sono tutti nani ed hanno le dimensioni seguenti: (misure prese nel secco). unghezza Lunghezza ^: di della pianta della radice Osservazioni GL TE o Serna 1 jeent, 2 !/, cent. 8 2 » 1°* ` 4 1 ha 3 |rami distesiater. | » 6 4 cent, 4 » Ü ye 5 » 1 1 j^ M 2 6 |ramidistesi a ter. |» 2! ^ T |eent. 7 !/, x D Esemplare piü sviluppato Le radici sono sempre inerostate di sabbia. ul terreno; tutti presentano Due esemplari hanno i rami sdraiati $ eccetto il N. 7 che ha una radici lunghissime, sempre più della pianta, parvenza di caule e la radice più breve. i Si tratta di nanismo ed acaulismo occasional Mente polimorfa, prodotti dall'ambiente desertico. 38) Calendula aegyptiaca Desf. Campi di Orzo presso Tebedùth (Garian) (15, i in pianta eminente- III. 1913), 470 pini DOTT. ARNOLPO ANDREÙCCI Località nuova per pianta già conosciuta di Tripolitania e Cire naiea (Durand et Barratte Op. cit.). 39) Senecio coronopifolius Desf. Dune mobili di Fonduck El Maguz (13, I. 1913). Località nuova per pianta conosciuta di Tripolitania e Cirenaica.. (Durand et Barratte Op. cit.) i Quattro esemplari alti in media 7 cent. cirea, con radici sottili ed inerostate di sabbia. Foglie strettamente lineari. Capolini senza squame involuerali rinforzanti. 40) Chrysanthemum coronarium L. Campi di orzo presso Tebedüth (Garian) (15, III 1913). Località nuova per pianta conosciuta dell'Oasi di Tripoli e e di Ci- renaica (Durand et Barratte Op. eit.) e recentemente scoperta in vari punti del litorale e a Derna (V. Beguinot e Vaccari: 3° Contributo ete; Pampanini: Un manipolo di piante della Cirenaica). 41) Picridium Tingitanum Boiss var minus Boiss. Picridium © rientale DC. Sidi-Barku. Rovine di Leptis Magna presso Homs. al, V. 1912). Il tipo è conosciuto di varie località di Tripolitania e Cirenaica; (Durand e Barratte Op. cit.) la varietà è nuova per la Libia. Esemplare subaeaule, con radice fittinosa lunga 21 cent. Siena, Marzo 1914. Bibliografia consultata 1. Durand et Barratte. — Florae Libycae Prodromus on Catalogue rai- sonnè des plantes de Tripolitaine. Genève 1910. 2. Beguinot e Vaccari. — Contributo alla flora della Libia. 1° Contri- buto. Monografie e rapporti coloniali N. 16, 1912. Agosto. 3. Id. id. — Secondo contributo alla flora della Libia con notizie sulle piante utili osservate. Monografie e rapporti coloniali N. 7, febbraio 1913. 4. Id. id. — Terzo contributo alla flora della Libia. (Annali di Bota- nica Vol. XII. fase. 1. 1913. 5. Nannizzi Arturo. — Contributo alla flora della Libia. Siena, Tipogr. Cooper. 1913. 6. Spigai Raffaello — Elenco di piante spontanee della regione Tripo- I litana (Atti Soc. Tose. Se. Natur. Mem. XIV p. 386. Pisa, 1895). T. Pampanini R. — Un manipolo di piante della Cirenaica (Boll. Soc. Bot. Ital. 1912, N. 5, p. 115). i 8. Trotter A. — Addizioni alla flora Libica (Boll. Soc. Bot. Ital. A- dunanza sede di Napoli 5 Luglio 1912). ; + Chiovenda Emilio — Una piccola collezione di piante fatte in Li- bia da Ufficiali combattenti del R. Esercito (Annali di Botar nica del Prof. Pirotta. Anno XI. fase. 1.) 10. Vaccari Lino — Due piante della Tripolitania che meriterebbero di venire introdotte nei nostri giardini (Boll. Soe. Tose. di Ortieultura. Anno 38 Vol. 18 della 3* serie, 31 Ottobre — II Nannizzi Arturo - - Le piante coltivate ed utili della Libia. Siena Tipog. Coop. 1913. 12. Borzi e Mattei — Aggiunte alla flora Libie Anno 1913, N.i 7-8). 9 bic Boll. Soc. Bot. Ital. Nouvelles observations sur le Sedum heptapetalum Poiret PAR Mr. RAYMOND HAMET Dans le quatorzième volume de sa « Flore de France », M. G. Rouy (1) a inséré la note suivante: « Obs.-M. Raymond Hamet vient de publier (in Bull. Soc. bot. France, 1912, p. 612-17, fase. paru en janvier 1913) un artiele dans lequel il essaye de démontrer que le 8. heptapetalum Poir. (1789), qui constitue la même espèce que le S. ceruleum Vahl (1791) doit prendre le nom de S. ceruleum L. (1111). Cette interprétation ne parait pas fondée, l'ensemble des caracterès de la diagnose linnéenne du S. ceruleum (en laissant même de côté l'ha- bitat « Cap de Bonne Espérance », cité par Linné, ainsi que la figu- re publiée par Plukenet (Phyt., 223, f. 2) et visée par Linné, laquelle représente une plante à 5 pétales, originaire de Virginie, qui ne res- semble aucunement au S. heptapetalum) ne $' accordant pas du tout avec ceux de S. heptapetalum Poir., exception faite des fleurs bleues à 6-7 pétales. Linné précise, en effet, « racemis simplicibus... Simili- tudo Sedi albi. Racemi longissimi » Or le S. heptapetalum | Poir. (S. ceruleum Vahl!) est une plante annuelle, appartenant à la section Cepaea, qui n’a de commun que le caractère générique avee le S. ol- bum, plante vivace à souche rameuse émettant des tiges stériles, faisant partie de la section Eusedum. D’ autre part le S. heptapetalum Poir. présente des fleurs disposées en une large panicule; à cime bifide, la- quelle ne peut en aneune manière être exprimée par € Racemi lon- gissimi » ce que Willieh (Obs., p. 30)a dà lui méme reconnaître (...sed sed in ramis simplicibus, bra- & Willdenow, Parlatore, flores... non in ramis ramosis uti album, chiatis, prelongis. — Done, comme l'ont pens aruel, Arcangeli, etc. il ne saurait y avoir synonymie entre le S. ceruleum, de Linné, et le S. heptapetalum Poir., le premier étant un binóme tout à fait douteux, basó sur un texte des plus ambigus et OUR © (3) G. Rouy, Flore de France, t. XIV, P» 514 (avril 1913) 414 RAYMOND HAMET devant rester complètement négligé, ainsi que l'ont estimé avec raison depuis 142 ans, tous les auteurs: les uns adoptant, pour notre plante méditerranéenne, le binôme S. Aepiapetalum Poir. (antérieur), les au tres celui de S. ceruleum Vahl (postérieur). » Quelle que soit mon aversion pour la polémique, je erois devoir réfuter, en quelques mots, les assertions émises par M. G. Rouy: Les deux premiers arguments de ce botaniste sout insinuès p tòt qu’ exprimés: «(en laissant même de côté l'habitat «Cap de Bon- ne Espérance », cité par Linné, ainsi que la figure publiée par Plu- kenet (Phy'., 223, f. 2) et visée par Linné, laquelle représente une plante à 5 pétales, originaire de Virginie, qui ne ressemble aneme ment au S. heptape'alum)». Linné a répondu, d’ avance, à ces deus critiques en déclarant qu’ il ne connaissait le S. cæruleum que par ls diagnose de Willich (1). Ses assertions ne peuvent donc coutredire les affirmations de ce dernier. Or j'ai déja fait remarquer (2) que Willich et Haller n’ avaient jamais prétendu que leur plante etait origini du Cap de Bonne Espérance, mais avaient seulement mentionné quell eroissait en Afrique (3). Quant à la figure de Plukenet, Linné n'a po affirmé qu'elle se rapportait au S. ceruleum; il a seulement eng les botanistes à la comparer avec cette plante. C'est là la seule inter prétation possible de la phrase suivante du Mantissa : « confer. P hk phy'. 223. f. 2. sed ipse plantam non vidi... » Mais si M. G. Rouy n'a point osé baser son opinion sur les del arguments dont j'ai démontré I inanité, il en a déconvert quelgre autres qui lui semblent irréfutables. Pour ce botaniste, ` identificati? du S. heptapetalum Poir. et du S. ceruleum L. est injustifiée, €12" semble des caractères de la diagnose linnéenne du S. coeruleus. ™ S'aecordant pas du tout avec ceux de S. Aeptapetalum Poir» exceptio? (1) «.. sed ipse plantàm non vidi, verum fide illustr. Willichii assumpsi » Lin Mant. plant. alt, p. 241 et 242 (1771). ‘rant, (2) Raymond Hamet, Obs. s. le S. beptapetalum Poir., in Bull. Soc: Hos t. LIX, pp. 612-617 (1912). (3) « Sedum africanum.. » Haller ( 135 (1753) et Willich (C. L} De plant. : M. (ngo P A. de) Enum. plant. h. r. et Ms Gottillo quibusd. observ., p. 29 (1762). NOUVELLES OBSERVATIONS SUR LE SEDUM HEPTAPETALUM POIRET 415 faite des fleurs bleues à 6-7 pétales ». Je suis heureux que M. G. Rouy reconnaisse, avec moi, que ces deux importants caractères, qu'on nob- serve que chez le S. heplapetalum Poir., ont été mentionnés dans la description du botaniste suédois. Leur seule présence suffirait à prouver l' identité des deux plantes. Mais cette identité devient encore plus évidente si l'on veut bien remarquer, ce que M. G. Rouy a, bien en- tendu, passé sous silence, que Linné caractérise sa plante par « foliis o- blongis obtusis teretiusculis sessilibus patentibus » et que Vahl attri- bue à la sienne, identique comme on sait au &. heptapetalum, « Folia alterna; teretia, oblonga, obtusa... ». Mais M. G. Rouy ne s'est pas borné à soustraire du texte de la diagnose linnéenne ce qui infirmait sa théorie; il en a dénaturé scien- ment le sens indubitable: « Linné, explique l'auteur de la Flore de France, précise, en effet, «... Similitudo Sedi albi... ». Or le S. Řep- lapetalum Poir. (S. cœruleum Vahl !) est une plante annuelle, appar- tenant a la section Cepae2, qui n’a de commun que le caractère géné- rique avec le S. album, plante vivace à sonche rameuse émettant des tiges stériles, faisant partie de la section Eusedum. » Je ne reproche: rai point à M. G. Rouy de baser son argumentation sur une classi- fication scientifiquement inexistante, la distinction des Sedum vivaces et des orpins annuels étant absolument artificielle, mais je lui ferai remarquer qu’ il aurait évité une accusation fâcheuse de mauvaise foi, en citant la deseription de Willich dont la diagnose de Linné n’est qu' une reproduetion abrégée. Les lecteurs de la Flore de France au- Talent, ainsi, pu constater qu' en signalant la ressemblance du S. cæ- ruleum. L. et du S. album L., Linné n'avait point voulu dire que ces plantes avaient le même mode de végétation, mais seulement qu'elles possédaient des feuilles de forme identique. C'est ce qui résulte indu- bitablement du texte de Willich: « Folia ut in sedo albo Linn. spec. P. 432. n. 10. obtusa teretiuscula, sessilia, patentia, alterna », texte que Linné a transcrit presque intégralement: « Sedum foliis oblongis obtusis teretiuseulis sessilibus patentibus... Similitudo Sedi albi... » Il me reste à démontrer l’inanité du dernier argument invoqué par M. G. Rouy: «.. le S. heptapetalum Poir. présente des fleurs disposées en une large panicule à cime bifide, laquelle ne peut en aucune ma- 476 RAYMOND HAMET niere être exprimée par « Racemi longissimi », ce que Willich (Obs. p. 30) a dà lui méme reconnaitre (..sed flores... non in ramis ramosis uti album, sed in ramis simplicibus, brachiatis, prælongis) ». Tei M. G. Rouy n'a point péché par mauvaise foi, mais par ignorance des principes les plus élémentaires de la glossologie. En effet, on a toujours traduit « racemi longissimi » par « grappes trés longues » et nul n'a jamais contesté que la panicule ne soit une grappe composée dont les pé- doncules inférieurs sont allongés, écartés ou trés rameux. Done « pe nieule » peut trés bien s' exprimer par « racemi longissimi ». Mais M. G. Rouy ne s'est pas borné à nier résolument ce principe élemen- taire; il a prétendu que Willich avait reconnu, d'avanee, l'exactitude de cette négation, en attribuant à sa plante: «(...flores... non in ramis ramosis uti album, sed in ramis simplicibus, brachiatis, prælongis) >. Quoiqu' en pense l'anteur de la « Flore de France », ces caractères sont bien ceux du S. heptapetalum Poir. et M. G. Rouy en aurait été facilement convaincu s'il avait daigné comparer le texte de Willich avec la phrase suivante extraite de la diagnose de Poiret: « Les pé- doneules sont longs, filiformes, très simples, légèrement velus ». Je crois done avoir réfuté définitivement tous les arguments invo qués par M. G. Rouy pour justifier l’ assertion erronée émise par v dans sa « Flore de France ». J’ espére que, malgré son dogmatism® et sa pseudo-infaillibilité, celui que mon excellent ami M. Alfred Rey- nier a surnommé « le Pie de la Mirandole d' Asnières » ne répondra point à ma réfutation par un argument tiré de la différence de Pe âges. Sinon je serais contraint, à mon grand regret, de lui jouer un "T « d'orgue de Barbarea » et de lui rappeler les vers d' Athalie: Cet âge est innocent. Son ingénuité , * . è La n’altère point encor la simple vérité. Ulteriori ricerche morfologiche e biologiche sulle LABOULBENIACEE per CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI (continuazione) Occorreva dunque osservare il più da vicino possibile le parti racchiudenti l’incognita. A ciò non potevo meglio riuscire che impiegando tre mezzi: o sezionare il fungo, o sezionare l'elitra o sezionare entrambi in toto. Le sole sezioni fatte sottilissime il più che sia possibile assoggettate a for- tissimi ingrandimenti potevano dare ragione della struttura intima del fungo e dell’ospitatore e dei loro rapporti. Fu infatti il lavoro a cui mi dedicai alacremente e che mi portò a risultati concreti conferman- ti le opinioni mie che andrò esponendo. La tecnica per sezionare simili soggetti non è per vero così di- vertente e facile ad eseguirsi come a tutta prima si può imaginare. Sezionai per primo il parassita. Un discreto numero di funghi, rac- colti sopra i soliti Girini, e scelti tra i campioni meglio sviluppati li inelusi, con i soliti metodi, in paraffina. Feci delle sezioni trasversali e longitudinali, di ano spessore tale da poter avere un buon numero di fettoline per ogni soggetto. La natura e la delicatezza, di una massolina unica, di cinque o sei decimi di millimetro di lunghezza per due o tre di larghezza per- sa nella paraffina, come è quella di uno di questi funghi microscopici, non dà modo di poter riuscire sovente in sezioni soddisfacenti, tanto più che spesse volte il coltello del microtomo asporta dalla paraffina il fungo intero rendendo vano il lavoro; questo specialmente per se- zioni longitudinali. Pur tuttavia, tra i molti tentativi ho potuto otte- nere esemplari ove il parassita è nettamente tagliato ed il suo piede pure è sezionato in tre, quattro fettoline, Esaminate le sezioni il piede appare ancora sua tinta nera, ma frazionato così sottilmente parve no di quanto secondo me doveva esistere. Ció ehe peró credetti intra- he non mi soffermo on essere quello della caratteristica darmi un accen- vedere è in realtà in tali esemplari così incerto © s illustrarlo; tanto più che in seguito mi eonvinsi n rrato per riuscire allo scopo. dato da una forte buona poichè, come * u 4 7 "uo opportuno, ma anzi del tutto e esito fu anzi più per un incoraggiamento, volontà di vedere che non dalla vera realtà del trovato 478 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI ripeto, con questo metodo di manipolazione dei parassiti null’altro che un semplice caso dovrebbe corrispondere positivamente alle ricerche. . Tentai in seguito la sezione delle elitre. Il lavoro non è meno scabroso del precedente. La friabilità di tali organi si oppone all'in- tento di avere sezioni nette e ben fatte. In generale se l’ inclusione non è più che perfetta non si hanno che ammassi di brandelli, di bri- eiole la cui seonnessione non da più neanche l’idea dei tessuti che compongono l’elitra. Difficile poi è anche il poter precisare in quali sezioni fatte in serie si trovi l'attaeco del fungo. Anzi questo punto di attacco dopo una serie di passaggi per l'inelusione e per poco spostamento che su- bisca lo strato chitinoso esterno è praticamente impossibile il rintrae- ciarlo, data anche, la pochissima lesione che nella realtà deve cagio- nare il fungo. Abbandonai quindi questa via adottando senz’altro l’ultimo me- todo che mi rimaneva: la sezione in toto del fungo e dell’elitra. Memore delle difficoltà incontrate per la sezionatura della chitina pensai di ricorrere al solito metodo del rammollimento con potassh ma usando tale artifizio se vero é che l'attacco del parassita non vie- ne rimosso non è pur meno probabile che una certa azione, benchè leggera, snaturante la vera c stituzione, venga esercitata sul fungo, specialmente sull’esile parte di attacco. Ed infatti le osservazioni fat- te mi rivelarono che elitre parassitate incluse, previo rammollimento, erano soggette per opera del coltello del microtomo ad un più facile distacco del fungo dalla regione di attacco; per modo che fungo e" zione dell’elitra erano spesso estremamente spostati o perduti, alteran- do così al massimo le condizioni reali. Abbandonai pure le inclusioni in celloidina, benchè mi permet- tessero un leggero rammollimento per opera di soluzioni di acido n° trico; tale vantaggio è però cosi lieve che non vale la pena di usarlo. Il miglior risultato lo ebbi facendo molte sezioni con inelusion* diretta in paraffina usando però della più dura. Avendo cura di orientare convenientemente il pezzo e di coltello del mierotomo una conveniente direzione si possono ottener buonissime sezioni. La posizione del coltello ha una certa important dare al ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 419 sulla buona riuscita del lavoro poiché se si tiene inelinato in modo che la parte tagliente scorra per un minimo tratto o sul pezzo inelu- so o sulla fettolina che si origina con grande facilità, qualora vi sia parte del piede di un fungo, questa viene o asportata o rimossa. Con- viene far in modo dunque che il coltello non sia inclinato e che quin- di il taglio riesca rapido il più che sia possibile ed il contatto tra la- Ma e preparato sia parimenti istantaneo, Per la buona continuità e condizione delle sezioni, che potei spin- gere ad una.sottigliezza talvolta di quattro-cinque mieron, ebbi in fa- vore il fatto che usando elitre di Aulonogyrus concinnus i quali, co- me ho detto, hanno i lembi esterni colorati in giallo chiaro, trovai queste ultime parti molto più molli e nello stesso tempo più tenaci che non la parte bruna. La costante presenza del parassita su tale regione chiara non mi fece sentire il bisogno di sezionare la parte scura, molto più dura e friabile, ; Prese in esame le sezioni ottenute cou questo metódo, conservate in balsamo ed usando anche un disereto ingrandimento con obbiettivi a secco, non si ha modo di poter osservare gran cosa, eccettuato qualche caso di speciale evidenza in cui comincia a delinearsi ciò che sempre si vede, abbastanza distintamente usando un obbiettivo ad immersione. Osservando con un ingrandimento ad immersione, spinto a circa duemila diametri, una sezione od anche un piede intero di Laboulbe- Niacea ottenuto con sezioni non molto sottili ma mon meccanicamente stac- cato dall'ospitatore mi accorsi che il contorno nettamente delineato ed Uniforme de] piede, quale lo si era sempre osservato con altri metodi, qui appare diverso. Con altri metodi di osservazione la parte del pie- de toccante l’ospitatore era sempre intuita come un piccolo cono nero terminante in una punta unica acuminata che con mezzo ignoto stava fissa sull'animale. La condizione naturale del fungo osservata col mio metodo e con l'ingrandimento impiegato appare diversa e cioè il piccolo 2090 ansi- chè terminare con una punticina apicale urica prient diyorni i cemi triangolari dentiformi più o meno lunghi e di colore gister ! quali, focheggiando, sembrano disposti in cerchio od a corona. 1 480 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI fanno sorgere spontanea l’idea che siano organi caratteristici parago- nabili e forse anzi analoghi od omologhi coi predetti rizoidi. Altre volte la forma tende a variare e questo in genere quando il piede non è posto in posizione prettamente verticale sull’ospitatore ma vi aderisce con una certa inclinazione. Il cono pedale nero in ta- le caso presenta le sue parti variamente distanti dal tegumento o dal- l'elitra, dal che ne deriva uno sviluppo maggiore di quei rizoidi che sono posti a maggiore distanza ed un andamento loro vario uel rag- giungere l'ospitatore. Di più gli esemplari che si presentano fortemente inclinati sulla eute dell'ospitatore hanno sovente oltre che i rizoidi terminali anche un piccolo hitorzolino o radicicula che si stacca pure dal cono pedale nero e che sembra raggiungere con gli altri rizoidi terminali la cute dell’ospitatore. Naturalmente un preparato contenente una sezione in cui si BE sa vedere il completo andamento di tutti questi microscopici organ! è ‘direi, se non impossibile da ottenersi per lo meno assai difficile $ ca- suale. Sovente unà parte del piede è in una sezione ed un'altra rispet- tivamente in una seconda sezione; nulla di più facile che nu'organo così esile e microscopico quale può essere uno di tali rizoidi abbia 0° rigine in una fettolina, per esempio, e termini poi iu una seconda e forse in una terza e che in tal easo sia ridotto a dimensioni tali da non potersi rintracciare; e ciò specialmente poi per le parti che taglia- te non aderiscono più nè al fungo nè all’ospitatore e si trovano così maggiormente in balia dell’azione meccanica spostatrice del coltello od asportatrice dei reagenti usati per le ulteriori manipolazioni di teen ca microscopica. Questo succede in genere per le radicicule che si accennano late: ralmente, in un piede, le quali dovendo essere di ragione più ox sono anche le più soggette al maggior numero di sezioni. Tuttavia. da notare che la porzione basale di detti rizoidi laterali, quando 69" ste e quando l’orientamento del pezzo incluso lo permette, non Y? " distrutta. E di tale fatto nelle figure ehe qui riporto, (fig. 7-8-9) rie ‘vate dal vero, si ha una conferma. l preparati ottenuti con il mic processo d’indagine inducono dp ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 481 que ‘a concludere che anche le Laboulbeniacee di tipo semplicemente adesivo e con piede tipico non penetrante sono munite di organi che si possono considerare rizoidali. Questi sono invero assai piccoli e sem- plici, sia perchè primitivi e quasi embrionali, sia perchè rudimentali o degenerati. Comunque essi servono certamente come organi di attac- co delle Laboulbeniacee sui loro ospitatori. Questo loro ufficio di fissazione ed il loro internarsi più o meno profondamente nel tegumento dell’ospitatore, come lo si rileva da una mia figura (fig. 10) richiama l'attenzione sopra un’altro importantissimo ufficio loro. Vengono cioè a mettere un raggio di luce sulle oscure fun- zioni di nutrizione proprie a questo genere di parassiti. Se il loro internarsi nella cute dell'ospitatore coincide con la pre- senza in qnella di succhi o sostanze che possono essere assimilate dal parassita non vi è, io credo, ragione per non ammettero che secondo ufficio di questi rizoidi sia quello dell’assorbimento. Saremmo cioè nel caso identico di quelle altre specie di Laboulbeniacee che presentano apparato rizoidale molto sviluppato. Potrà a prima vista sembrare strana questa mia asserzione di am- mettere rizoidi anche nelle Laboulbeniacee con piede tipico semplice, considerando che fino ad oggi nessuno, anche con buone cure se ne era mai accorto. Faccio osservare però che strappando dal tegumento ün individuo di tali Laboulbeniacee le prime a frangersi devono es- sere la micruscopiche radieieule e che quindi è naturale che questa restando forse aderenti alla chitina, il cono pedale nero ne appaia sprovvisto. Analogamente avviene nelle specie a rizoidi sviluppati, co- me in Helminthophana p. es. della quale, quando la si strappa da una Nieteribia, si stacca solo la parte esterna del fungo, se non si opara con certa precauzione; avviene cioè per esse costantemente che i ri- zoidi essendo enormemente più delicati vanno sempre perduti. Mi si osserverà che nel caso citato si ha modo di trovare nell'o- spitatore gli avanzi dei rizoidi mentre nel caso delle. Laboulbeniacee * piede semplice nessuna traccia rimane. Rispondo facendo osservare che in quest di rizoidi estremamente sottili o solo sempli quali i primi possono internarsi nei pori della e o caso siamo in presenza cemente cortissimi, dei hitina e con colore i- - 482 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI dentico non lasciar traccie evidenti di loro presenza ed i secondi a- dattandosi in certo modo alla scultura dell'integumento si accontenta- no di una intrusione appena accennata in minimi solchi od allo sboc- co di ridottissimi pori. Riconfermerò ìl fatto parlando della nutrizione. Struttura del Peritecio In linea generale il peritecio ha forma allungata ricordante un cono con la base rivolta verso l’alto. L’apice smussato sta sempre sul ricettacolo od appoggiato immediatamente su di esso o con esso in re- lazione per mezzo di cellule-gambo o con una fila di cellule basali. So- vente è munito di una o due cellule-gambo le quali possono in certi ca- si produrre delle appendici sterili. Con un esame grossolano il peritecio si trova formato da un a- stuccio che viene costituito da due strati di cellule uno esterno ed t no interno, ognuno costituito da quattro file di cellule. Nell’ interno del peritecio, quando sia allo stato maturo, si osservano dei tubi nati da un tessuto ascogeno costituito da una o parecehie cellule. 1-2-48. l tubi sono lunghi e generalmente ordinati in due strati in mo- do che i terminali sono pronti, maturi quando i sottostanti ancor n scono dal tessuto ascogeno. Generalmente vi esistono in gran numero; e le spore che contengono (in genere quattro) sono sempre più 0 Me no lanceolate, quasi sempre bicellulari e circondate da un involuer? mucoso. Le membrane tubolari scompaiono in ultimo e la massa ü spore libere che rimane si apre la via d’uscita alla sommità del Pe tecio. Le cellule ascogene continuano a produrre tubi fino alla estit- zione della pianta. Una struttura più detiagliata di questa parte del tallo delle La- boulbeniacee la esporrò trattando dello sviluppo. Accenno qui soltanto che quando un peritecio è molto giovane è anche molto piccolo € ua sulta da un sepimento pluricellulare che racchiude tre cellule impor tanti: la cellula Carpogena, la Ttricofora ed il Tricogino. Questo 5 essere od una semplice cellula a mo’ di bolla, od una semplice an la allungata o filiforme la cui parte terminale è capace di concezion® PTE TER AM S UE OR EE PERI IRE ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 483 frequentemente è ramificato o setto (Compsomices). Ha un grande uffi- cio nella riproduzione poichè su di lui vengono a fissarsi gli antero- zoidi espulsi dal canaletto o collo dell’anteridio. Da ciò ne segue la vera fecondazione del vero elemento femminile che è la cellula car- pogena. Nel peritecio non si osservano altre parti fruttifere secondarie; eirea poi le varianti nelle diverse forme morfologiche esterne ed in- terne o l’estetica particolare offerta nei singoli generi e dalle singolo specie meglio si vede nella descrizione sistematica. Struttura delle Appendici Le appendici, organi filiformi, date da cellule molto allungate e sottili possono spuntare sulle cellule superiori del ricettacolo e posso- no pure essere semplici o ramificate. Il loro numero non è costante ma varia da specie a specie. In molte forme si distingue una sola ap- pendice, laterale o terminale, ed in altre stanno a mo’ di ciuffetto o nascono in fila verticale sopra susseguenti cellule del ricettacolo. i La loro varietà è molto grande per cui per definirle non v'ha di meglio, anche qui che la descrizione sistematica. i Sovente anche le cellule del peritecio producono delle appendici le quali come le altre aventi origine dal ricettacolo possono essere ste- rili Oppure portare anteridi. Gli anteridi stanno da prima chiusi, in seguito si aprono alla punta ed hanno forma di bossolo composto da una cellula a serbatoio la quale sorte da una regione a forma di collo più o meno allungata € perforata. Nell'interno vengono formati gli anterozoidi che sono gli elementi veri maschili i quali vengono espulsi dalla cellula-collo.. Nella maggior parte dei casi gli anteridi sono liberi gli uni da- gli altri e vengono anche evacuati isolatamente (Laboalbenia). Nel ge- nere Peyritschiellae però si trovano anteridi composti; in queto — sì formano perchè parecchi anteridi isolati vengono à trova accanto gli uni agli altri ed in fine rimangono fissamente legati. Può essere vario il luogo di formazione degli anteridi aan Sì trovano nel ricettacolo, (Enarthromyes). Generalmente nascono dal'e 484 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI appendici feconde; sovente sono tutte cellule distinte che producono anteridi in modo che si hanno dei piani ordinati gli uni sugli altri (Stigmatomyces). Alcune volte vengono emessi in file distinte, lateral- mente, dalle appendici, in altri casi sorgono con determinate disposi- zioni loro proprie ma non mai in fila; condizioni che meglio si pos- sono constatare presso le singole specie. Gli anterozoidi nella maggior parte delle specie vengono formati internamente negli anteridi e rappresentano corpi protoplasmatiei nt- di o quasi nudi. Si sogliono generalmente distinguere le appendici in primarie € secondarie. Le appendici primarie sono quelle che hanno costantemen- te origine dalla cellula superiore della spora, le appendici secondarie sono quelle che possono aver origine diversa. Non sempre però questa distinzione riesce chiaramente riconoscibile anzi alcune volte rimane oscura come per esempio in Teratomycese Symplectromyces in cui la de- rivazione, delle affastellate appendici della cellula superiore della spo- ra, rimane incerta. RIPRODUZIONE Organi sessuali maschili Gli organi sessuali maschili nelle Laboulbeniacee sono rappresen- tati dalle appendici, esili formazioni filiformi crescenti in varie post zioni del tallo. In una Laboulbeniacea, ancora attaccata all’ospitatore 0 stacca precauzione, sono le parti del fungo che più spiccano evidenti per la loro forma caratteristica di lunghe braeeia filiformi, sorgenti talvolta da una stessa, unica posizione del tallo, oppure da un tratto più este: so di superficie ed in altri casi lungo quasi tutta una parte del fan” go, ed in questo caso, mascheranti quasi totalmente gli altri orga?" Quando il loro numero è limitato hanno pure una certa jpg” za oltre una considerevole lunghezza; questa proprietà è loro data ss una maggiore sezione del corpo. in generale cilindroide, ma qu si presentano molto addossati, a mo’ di ciuffo o cespuglio fittissimo © a mo’ di folta criniera, lungo tutta una parte del corpo del fung® ta con al- 1 | RIT Bara ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 485 lora la delicatezza, la fragilità aumentano in generale enormemente in guisa che la loro resistenza agli agenti esterni è resa se non nulla quasi insignificante. Per questo motivo molte o molte specie che si os- servano nelle raccolte non presentano più che modestissimi tronchi di tali formazioni filamentose, talvolta è pur diffieile vederne gli avanzi dei loro attacchi come per esempio nella Laboulbenia girinidarum che parassita varie specie di Girini, Gyrinus bicolor, G. natator, Aulono- gyrus concinnus, ; In queste specie di Laboulbeniacee le abbondanti appendici cado- no prestissimamente e la loro assenza è una conferma della fragilità massima delle appendici più esili verso gli agenti esterni; i Girini nuotando sull’acqua in gruppi di centinaia, fittamente riuniti, si urta- no l’un l’altro facilmente e dal suecedersi continuo di ripetute scosse le apperdici cadono rendendo molto rara al collezionista la occasione di poterle avere intere od anche di averne soltanto dei tronchi. La costituzione loro nelle specie che li portano evidentemente in- teri, oltre che data da semplici filamenti, appare anche, più volte, da- ta da parecchie ramificazioni aventi origine da divisioni dieotomiche formanti un certo numero di rami il che da all'insieme delle appen- diei un aspetto arborescente dei piü eleganti. Quali organi di riproduzione maschili vanno considerate le appen- diei fertili. e non le sterili che stanno perifericamente alle prime. Sul- l'ufüeio delle appendiei sterili gli studiosi non sono d'accordo. Vi — in propesito due diverse interpretazioni. Aleuni arguendo dalla e zione delle stesse opinano che esse siano semplicemente NV p tori delle appendiei fertili. Altri invece eredono che esse me no alla nutrizione dell'individuo; e cioè col provocare su di se stesse la condensazione del vapore acqueo esistente negli ambienti aerei unm m cui vivono gli ospitatatori parassitati. Questo secondo modo di vedere già venn , "a è dubbioso che sia giusto. Infatti esistono specie diverse di La- boulbeniaceo (per es. una del genere Haplomyces, l’altro del genere itatore Cantharomyces) che sono parassite entrambe sopra lo stesso ospita : (Beo umida o fangosa, e che À tus) vivente in tane umide od in sabbia : i. "| trovano quindi costantemente in un'atmosfera ricca di vapore acqueo. e espresso dal Cavara; tut- 486 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI Ora una di esse (Cantharomyces) possiede appendici sterili bene svilup- pate, mentre l’altra (Haplomyces) neppure le possiede. Se questa vive bene come l’altra pur mancandole la presunta fun- zione condensatrice di vapore acqueo, vuol dire che nell'altra tale fan- | zione manca del pari e che quindi le appendici sterili non servono . al processo nutritivo, Delle due opinioni quindi la più probabile ritengo sia la prima,ri- guardante la protezione, il riparo delle appendici fertili. La loro po- sizione esterna darebbe infatti una ragione in favore della teoria che sostiene questo loro ufficio. Dagli urti, dalle azioni esterne, è con mol- ta maggior facilità danneggiata la periferia di un organo; nel nostro caso alla periferia troviamo appendici sterili, buona ragione dunque per credere all'uffieio loro seudante. Oltre a questa probabile loro missione le appendiei sterili credo abbiano incarico di compierne una seconda di effetto ancora aiutatifo ma di maggior valore fisiologico. Quando un’ appendice fertile, o parecchie anche sia per cause esterne ledenti. sia per degenerazione naturale delle parti, dovessero con un mancato prodotto fecondativo, venir meno alla loro funzione importante della riproduzione, non vi è nulla di più probabile che le ap- pendici sterili rimaste, assumano l’ufficio delle fertili appendici fallanti — " 1 o aol » Š . - d (4 e con processi protoplasmatiei interni atti allo scopo (cominciando da loi ssas s 1 LE appendici sterili interne verso le esterne) la loro missioue sostituent sia compiuta senza che le variazioni e le sostituzioni riescano gvideni!. Con questa concessione sfumerebbe anche la distinzione spiccatà che si è voluta fare tra appendici sterili ed appendici originanti 4P terozoidi. Trattando qui degli elementi maschili vanno considerate quelle aP pendici che evidentemente, a sviluppo completo, rispondono all’ " di produrre cellule spermatiche. La forma loro sta tra quella di unico filamento allungato e quella determinata da una ramificazion® dieopodiea o simpodiale. Le cellule spermatiche od anterozoidi possono aver origine modi: o si formano internamente a particolari cellule, prodott x do appendiei, e che sono gli anteridi (forme endogene) o che 500° pr 0 ficio i mo e dalle ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 487 ti esternamente, portati da peduncoli o segmenti di ramicelli brevi che li separano dall’appendice (forme esogene). i Gli anteridi constano in generale di una cellula che è isolata (an- teridio semplice) oppure parecchie celiule possono associarsi (anteridio composto). Gli anterozoidi sferici od a bastoncino nelle forme endoge- ne vengono evacuati dall'anteridio per mezzo di una particolare parte a forma di collo. Le varianti morfologiche offerte dalle appendici, il modo loro di produzione delle cellule spermatiche, la natura semplice o composta degli anteridi, sono questiori così diversemente associate od alternate tra loro che un tipo da potersi seguire, per una loro descrizione ge: nerica riesce difficile da stabilire. Sovente anzi si hanno casi di eccezione, o meglio di simulazione (nella produzione degli anteridi ed anterozoidi) delle forme endogene, esogene e degli anteridi semplici e composti. Non mancano nemmeno i casi in cui il carattere dell'anteridio è completamente sconosciuto, (Polyascomyces, Smeringomyces, Misgomyces. Euxodiomyces, Raniomyces) come pure sono dubbiosamente determinati i caratteri in alcuni altri generi. (Chifonomyces, Hydracomyces, Ceratomyces Antoicomyces, H ydrophilomyces). Tra i casi di simulazione o di ambiguità spiccano caratteristici vari esempi: Corcomyces ha cellule anteridiali le quali non sono che cellule in- differenziare delle appendici secondarie rizzantisi, come ramificazioni, sulla Speciale appendice primaria che è totalmente obliterata durante x sviluppo del peritecio; questo modo di origine, degli anterozoidi, da cellule indifferenziate farebbe pensare più ad una forma — Rbynhophoromyces rostratus non ha cellule anteridiali differen- » à vi si nota però lo sviluppo di un collo cilindrico e nitro attraverso il quale sono liberamente scaricate le cellule spermatiche ziate ‘anto quanto nelle forme endogene. me a ha cellule anteridiali m d tipo auteridio-composto ; in i p “a; n° SE atto si, ma scaricandosi ognuna In "i Proprio. Il loro sviluppo distrugge presto la cellula certamente originate co- erò si rendono libere in dipendentemente con inferiore ww 488 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI dalla quale ebbero origine ed attraverso. cui avrebbero dovuto sciri earsi normalmenté, per mezzo di un dotto unico comune, se con lì la loro metamorfosi invece non avessero simulato un anteridio composto. Tra le mohe variazioni dei tipi quelli che più di tutti si ripete no sono rappresentati dalla forma di anteridio semplice. Questo come si è visto, sussiste quando le cellule anteridiali, poste in modo inde- terminato o più o meno definito, associate o libere, hanno almeno i tubi afferente, o dotti, gli uni dagli altri indipendenti. Nella forma di anteridio semplice vi possono essere estese variazioni nei caratteri mi- nori, come p. es. la forma del ventre, la lunghezza e curvatura del colio e proporzioni diverse tra queste due parti ; spicca però il carat- tere saliente della disposizione in serie. Stigmatomyces però, quantunque abbia le cellule anteridiali alta- mente differenziate, non sempre, ed anzi più comunemente, tra le spè ci del genere suo, non presenta la disposizione in serie, in singola fila; | così S. virescens, S. purpurescens formano una serie simpodiale; casco | ramo anteridiale sviluppa una cellula basale che crescendo fuori " wa un secondo anteridio. Il gruppo più basso di rami può produrre più di due rami anteridiali come in S., constrictus. Non sono rare le associazioni di cellule anteridiali facenti fonio | di anteridio-composto altamente sviluppato; qui le cellule si rizzAn? come semplici anteridi, come ramoscelli i quali invece di crescere esternamente penetrano in una cellula adiacente scaricandosi entro È cavità, e le cellule spermatiche sortono da uno sbocco, variabilmer! | sviluppato, sovente tubolare, allungato, che può essere o una estensl0" | ne della cellula formante la cavità totale o fatto in modo da invole | re altre cellule, i Dall’ esposizione succinta di qualche esempio, non riesce pe sulla forma svariata che possono assumere le appendici e gli Se “ loro originati. Se qualche tipo accenna alla costanza è Fes insufficiente il numero molto ridotto dei casi per volerne fare uN" > se a eui ricondurre tutte le varie modificazioni presentate dalle sinë le speci. : ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 489 Organi sessuali femminili L’ apparato femminile, in un individuo maturo, è rappresentato dal peritecio. massa ovoide o piriforme, od anche a forma di conoide tronco. Al periodo della sua maturanza mostra contenere molti tubi che sono gli aschi contenenti le spore. Meglio si vedrà la formazione e la struttura del peritecio maturo trattando dello sviluppo e così pure me- glio si segue, in tale capitolo, la trasformazione del peritecio giovane dopo avvenuta la fecondazione. Va accennato qui che l'atto riproduttivo viene a cominciare quan- do un auterozoidio o parecchi vengono a cadere sopra il trieogino, fi- lamento quasi sempre molto tramezzato e ramificato, il quale è la par- te superiore di un peritecio giovane. Stando sotto al tricogino una cel- lula intermediaria, la cellula tricofora, l'anterozoidio può venire in contatto con la terza porzione del peritecio giovane che è la cellula ‘arpogena, il sostanziale elemento femminile. Solo quando la cellula spermatica ha raggiunto la cellula carpo- Sena, avviene il vero atto fecondativo e da qui hanno origine le ul- teriori trasformazioni di sviluppo dopo la fecondazione, trasformazioni il eai principio è svelato dalla successiva, immediata scomparsa del trieogino, Questo infatti appassisce tosto è scompare mentre la cellula ‘arpogena si divide per dar luogo alle due cellule ascogene le quali producono alla loro volta, segmentandosi abbondantemente, delle file di cellule che sono poi gli aschi. Così il peritecio si fa grosso e da trasparente quale lo si vede, dando è giovane, prende una tinta che tende al bruno e secondo l’e- tà sua può arrivare anche al nero opaco. Ogni asco origina quattro spore, dalla forma di fusi allungati, ‘omposte da due cellule ineguali e contornate da un inviluppo gela- tinoso, Al modo generico di origanale sviluppo del peritecio giocano (Procarpo) fanno contrasto aleune eccezioni e pure nella forma del tri- Ki gino si hanno varianti. Si ricorda, a proposito di guest milimo, E tipo di tricogino visto in Acompsomyces nel quale la estremità clavata 490 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI è contornata in modo caratteristico da vescicule che possono essere - scambiate per aggregazioni di anterozoidi. Il rapido sviluppo del peritecio, dopo la fecondazione, è comune — a tutti i generi, si accenna solo uno stravagante fenomeno dato da | forme del genere Polyascomyces ; in questo le cellule ascogene si molti- | plieano così grandemente da ricordare il peritecio di altri ascomiceti — poichè ben più di 30 cellule ascogene coprono un’ area basale da cui germogliano in grandissimo numero gli asebi. | La eostituzione degli as:hi e formazione delle spose, esaminata — dal Dr. Faull, corrisponde, nel fenomeno, con quello presentato da al- o tri ascomiceti, poichè le ascospore sono formate dal risultato della di- visione di fusione nucleare con un processo simile a quello che è nor male in questo tipo di formazione di spore. La struttura del peritecio maturo, data tipicamente da quattro file | di cellule esterne ed interne costituenti la parete, è la stessa per tutt? le specie se si accettua il caso di Coreomyces il quale presenta "m pseudosperiteeio. | Nel genere Dicomyces poi si hanno specie che, pur vivendo sull | stesso individuo ospitatore, presentano non solo una apparenza dine j esterna, nella forma del peritecio, ma anche una diversa disposizion* | delle appendici, porehé mentre in aleuni easi esse sono sviluppa la sommità a guisa di aureola, in altri non esistono neppure i La citologia del processo riproduttivo delle Laboulbeniacee vr diens. in queste piante, e che le funzioni che si attribuiscono agli pasó | agli anterozoidi, alla cellula carpogena ed al tricogino siano verame! te, da questi organi eseguite, ancora oscura; tuttavia si ammette per certa la condizion NM PR PIE MESS. MRI II Nes MEN ET INTO Qualche autore ha mostrato evidenti incredulità sulla na suale degli organi maschili e femminili determinati in questi fune Le ipotesi fatte però da tali oppositori cadono di fronte à certe d ragioni date da una accurata analisi morfologica. L’accuratezz® A differenziazione caratteristica e costante dei vari organi è la prine? | le ragione di sostegno della teoria sessuale delle Laboulbeniace? Se l'ufficio di tali organi non fosse loro specifieato, nessun tura 3% P RESTI A RES EAE ENS ETNA RM SERE PEDES ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 491 gno di perfezione, nel loro sviluppo, e di cura conservativa sarebbe addimostrato come così bene invece appare di essere. SVILUPPO. Sviluppo della spora. Come prodotto ultimo del fenomeno di fecon‘azione e riproduzio- ne si ha la spora espulsa dal peritecio. La fuorus.ita avviene per un'a- pertura che si trova all'estremità apicale del peritecio prolungata nel cosidetto collo. Le spore sortono in piccoli ammassi agglutinate insie- me. Sono costituite. in generale da due cellule delle quali se ne distin- gue una grande ed una piccola. La cellula grande della spora prece- de sempre la piccola sortendo dal collo del peritecio. Le spore per opera di agenti esterni possono con facilità venire à contatto col tegumento di un ospitatore loro adatto e per effetto della mucilaggine aderirvi. È dal contatto della spora coll’ospite che prin- cipia lo sviluppo della Laboulbeniacea figlia che sarà, a completo svi- luppo, simile ai genitori. Della spora la cellula maggiore è sempre quella che si fissa al tegumento deil’ospitatore. Il seguire le varie fasi di sviluppo di una sp adulta è una cosa facilitata dalle colture che si possono effettuare con ‘setti parassitati ed immuni. Con accurate e metodiche osservazioni fatte su individui infettati progressivamente, con uno 9 due giorni di intervallo l’uno dall'altro, si può giungere ad una descrizione esatta dell’andamento dello sviluppo di un fungo. Bastano in genere poche settimane, ed il numero di queste è un Pp vario secondo le specie, perché una Laboulbeniacea compia il suo Intero cielo. L’effettuazione artificiale però di una infenzione a scopo di studio presenta le sue difficoltà sia per le condizioni climatiche delle regioni che talvolta non permettono la sufficiente abbondanza di Insetti, sia anche per la critica delicatezza degli individui di prova ‘accolti i quali possono non resistere alla schiavitù. | & Rc tutto ciò però lo sviluppo di qualche as re un aeune, Io descrivo l'andamento dello sviluppo di Stigmatomy ora sino alla pianta 492 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI (peyr) preso dal Thaxter, del quale fungo ho potuto averne anche lil- lustrazione (Fig. 11). i L’ esempio è tipico per le forme semplici e vale anche per le al tre specie poichè qui presentono tutte, in molti punti, le stesse con- dizioni. Nella figura si vede una spora matura «A provvista di involucro mucoso e costituita da due cellule. In B la spora è già aderente al tegumento dell’ospitatore per mezzo della parte basale della cellu- la grande che inferiormente comincia già ad annerirsi; le due cellule della spora appaiono già più ingrossate. In C, D si vedono le sus seguenti divisioni della cellula superiore le quali daranno, in seguito, origine alle appendiei. La cellula basale, poi, comineia essa pure? segmentarsi ed in E si vede superiormente accennato il fenomeno della sua partizione. Le figure F, G, H mostrano gli stadi ulteriori della divisione continuata; e nelle appendiei che si sono formate si osser vano giá gli anteridi pronti e maturi. Pd La cellula basale in E si è divisa per mezzo di una parete obli - qua in prossimità dell'apice originando due cellule di cui la sottostal* te più grossa si è in F di nuovo bipartita, per formazione di due al- tre pareti, in tre cellule, la superiore delle quali è triangolare (a) LA cellula a cresce lateralmente molto infuori e dà origine, in seguito, totale peritecio. Avviene qui una nuova divisione della cellula 4 cd | origina cosi due cellule di cui la sottostante torna a dividersi pr | zo di una parete quasi verticale (d. cellula superiore e. c". cellule 19° feriori). | . Qui la &" comincia a crescere verso l'alto dividendosi in due cel lule (o', p, in J) poste una sull'altra delle quali la sottostante (p) ii origine ad una delle due cellule gambo; la c’ si divide in una boi inferiore (h), che è la seconda delle due cellule-gambo, ed in due i lule superiori (o n in J) entrambe le quali assumono forma annular! stanno una sopra laltra in K, La cellula d in H si è divisa in una cellula tarmin in una cellula basale f in J; quest’ultima giace tutta avvolta da ed 0, o, in K, La cellula G in J si divide mediante parete obliqua nelle nh due © | ÙLTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE ‘493 ed e" di K, delle quali la piccola e’ si trova vicina al vertricee pro- duce una eserescenza (t in K) che diverrà il tricogino e la e” rap- presenta la cellula tricofora, mentre la f rapprenta la cellula carpogena. A questo punto l’apparato femminile è pronto ed è capace di con- cezione. In K, L si vede che al tricogino si attaccano gli anterozoidi in grande numero ; tuttavia la fecondazione non avviene ancora per- chè la cellula carpogena non si è ancora evoluta nel sacco di fecon- dazione. Il trieogino si sfascia in seguito e scompare insieme con la cel- lula e’ senza lasciar traccia mentre nello stesso tempo comincia a de. linearsi l'ulteriore sviluppo del procarpo. La cellula carpogena fin L comincia in M a dividersi in tre cellule ss, am, is poste una sull'altra mentre la. e” scompare a poco, a poco (MN). Delle tre cellule la in- feriore (is) e la superiore (ss) sono i supporti inferiori e superiori ed entrambe più tardi scompaiono poi definitivamente mentre solo la cel- lula intermedia (am) si sviluppa ulteriormente e dà luogo all'aseogono. Sino a questo punto concordano tutte le Laboulbeniacee, nella loro divisione cellulare, mentre da qui in avanti, e cioè nello sviluppo ul- teriore dell'aseogono, si hanno generiche e specifiche divisioni. L'aseogono si divide ora in una cellula inferiore ai in 0. P. (essa e la cellula supporto secondaria che rimane parimenti sterile nelle Stigmatomyces) ed una cellula superiore la quale viene di nuovo divisa m quattro parti (as) delle quali in O. P. se ne vedono due. . Queste quattro cellule superiori, le vere cellule ascogene, ora la- Sciano germogliare i tubi (as in Q) con una più. o meno dalinoata doppia fila. Nello stadio della fecondazione il carpogono era rispetti- vamente circondato e portato da nove cellule: la cellula-gambo (p), la cellula-gambo secondaria (h), tre cellule basali (0) e quattro cellule- astuccio primarie (n). . Le tre cellule (0 in L) sviluppano poi quattro ce s crescono, sopra tra il carpoguno e le primarie x ° Precisamente in modo che sempre viene a trovarsi UP “a due cellule n° e così alternate. A tale punto HI pR ud pu cellule-astuccio esterne # e o frin L f cellule tanto di n? che di m" sono `VISIbII. llule (7") le qua- le-astuccio (n°) a cellula n” 494 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI cellule esterne n’ si sono già divise in quattro cellule superiori (w)ed ‘in quattro inferiori n°. In M le cellule astuccio primarie interne mo- strano le stesse divisioni (ne, po,). Le cellule superiori w tornano a dividersi da ambo le parti cosi- che nascono quattro doppie file di cellule ogniuna delle quali consta di tre cellule poste una sull’altra. Finalmente alla maturanza la cellula nltima superiore si divide ancora da ogni parte in due cellule poste anch'esse una sull'altra. Co sì si sono formate ora in tutto trentadue cellule che circondano il noe eiolo (cellule basali ed a gambo esterne); queste in R, sono disposte in due strati: le quattro cellule superiori dello strato esterno, sono le cellule labiali (Iz); le quattro cellule inferiori dello strato interno $0 no le cellule parietali (pz); le dodiei rimanenti sono le cellule tubo- lari od a canale (ez). I tubi maturi si separano tosto dalle cellule ascogene le quali giaciono nella cavità e producono illimitatamente dei tubi. La massa di spore nella cavità del peritecio distrugge in fine, con la pressione dell'aumento dei tubi, le cellule-tubo e si mette in li- bertà uscendo attraverso alle cellule-labro. In tutte le specie il tricoforo e la cellula carpogena si forma nello stesso modo, È variante, per tutte, la forma dell’ astuccio, grossezza e la disposizione delle cellule, del gambo, ece.; è cosi però il numero delle cellule în ogni fila di cellule astuccio e quell delle file stesse. i Sullo sviluppo delle Laboulbeniacee probalbilmente, nel prosegt re degli studi, dovranno trovarsi nuove modifieazionise non nella M cia principale dello sviluppo certamente in trasformazioni accessori? e secondarie. Questi sono però contributi di secondaria importa)? : che interessano più singole speci che non l’intera famiglia. no la NUTRIZIONE La Una parte riguardante lo sviluppo e l’esistenza stessa delle $ . 4 A 1 i n boulbaniacee e che è di somma importanza più che le particolati NT dalità che casualmente sono offerte dall’ analisi sistematica, è T7 fino ad oggi ancora oscura : la nutrizione ! ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 495 Eppure questa sia per il modo con cui viene effettuata e sia per la natura dell'alimento stesso che viene assimilato costituisce ancor og. gi una incognita. Se con una determinata precisione si sono definiti i più dei fenomeni biologici nella maggior parte delle Laboulbeniacee, per il loro modo di nutrizione e per il loro modo di attacco, come ho già accennato, sono regnatè sino ad oggi o le più svariate opinioni o le ineognite assolute. È più che naturale, io credo, il tratiare della nutrizione di questi funghi, nel capitolo dello sviluppo poichè, per il primo periodo vitale, i due fenomeni sono sempre conecmitanti e dato poi che lo sviluppo non puó certamente aver luogo senza una adeguata assimilazione di elementi nutritivi le cose appaiono intimamente cosi connesse da giu- giudiearsi logico il trattarle unite. i Ha dichiarato incognito il modo di assimilazione delle Laboulbe- niacee il Thaxter, quantunque affermi essere questi funghi veri e propri parassiti viventi a spese dell'ospitatore a eui si fissano. Sorvolo sulla teoria del Cavara, già accennata, ed ormai abbandonata per la sua insussistenza. Troppo chiaro appare dalla morfologia che le appendici sterili ed il tricogino non hanno funzione assimilatrice, come voleva sostenere questo autore. Alle pr me non può spettare sia perchè esse n talune specie mancano e sia perchè in altre specie, benchè esistano, non potrebbero funzionare stante l'ambiente in. cui vivono i loro o: Spitaturi (come più sopra si è osservato). Al trieogino poi neppure Può spettare perchè esso dopo avvenuta la fecondazione scompare ed allora l'individuo non potrebbe più essere nutrito. Chatton e Picard (1909) rilevano che intorno -al fenomeno della "M trizione delle Laboulbeniacee nulla si sa di positivo e che soltanto sì fecero sinora delle ipotesi; poi aggiungono che a risolvere Fincognita Si dovrà intrapprendere un preciso e dettagliato studio istologico ac- ‘ompagnato e sussidiato da opportune esperienze. Essi sono però del ra del Thaxter e della maggior parte degli autori, che le Laboul- beniacee siano veri parassiti. L'ipotesi da loro emessa è che la es "ne si eompirebbe a spese del tegumento dell'ospitatore e che l'azio- ne assimilatrice del fungo sarebbe lenta e regolare, di quisi che nipt 496 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI vi strati segregati continuamente al punto di attacco, ristabilirebbe l'integrità del rivestimento dell'animale. Questa opinione par loro sostenibile pel fatto che rimarrebbe così spiegato perchè una volta tolto il parassita non appaia traccia evidente di lesione alcuna. Questo modo di spiegare la funzione biologica dell’ assimilazione parve sino ad oggi essere molto probabile e per vero dire, se si vuole, ha infatti molto del verosimile. Però Chatton e Picard all’ epoea della loro concezione nulla sapevano circa i piccolissimi rizoide da me sco: perti e che fanno parte del piede di forse tutte le Laboulbeniacee di tipo semplicemente adesivo. Con la scoperta di tali minutissimi rizoidi viene a cadere la divisione che ripartiva le Laboulbeniacee nelle due nette categorie di Lab. rizoidali e Lab. arizoidali. E con essa viene eliminato pure i controsenso in cui si arrabottavano gli studiosi di ammettere che a facoltà di vivere a spese dell’ospitatore suggendone, o comunque assimi landone gli umori, fosse propria soltanto delle Laboulbeniacee rizol- dali e non delle Laboulbeniacee arizoidali. In altre parole il contr? senso di ammettere che quelle fossero parassite e queste fossero invece semplici saprofite od anche soltanto inquiline. Al presente si può dunque con quasi piena sicurezza asserire che le Laboulbeniacee sono tutte vere parassite e che quindi non soltanto trovano sul corpo degli artropodi il loro sostegno di attacco si bene anche traggono dal medesimo i suechi nutritizi. Le Laboulbeniacee per quanto fin ora venni esponendo sono 1 biamente funghi; esse quindi devono compiere le loro funzioni d trizione alla stessa guisa dei funghi; vale a dire che devono — da un substrato di materia organiea vivente (parasitismo) 0 -— (soprafitismo) il earbonio necessario a produrre il fenomeno endote! mico dell'energia vitale. Dei funghi si sa che taluni sono capaci di sdoppiare : grasse, di ossidare acidi grassi ed altri vari acidi organici tai doli in acqna ed anidridi carbonica; che taluni possono scioglier® - loro micelio anche la chitina degli artropodi, trasformandola fors? pà diante speciali diastasi in principi assimilabili. E’ assai verosimile ndub- i nt sostan?? ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 497 le Laboulbeniacee (quali epifiti dell’integumento degli artropodi) ab- biano la facoltà di questi ultimi e che possano del pari sciogliere la chitina in principii assimilabili. E quali sarebbero questi principi ? Mol- to probabilmente i glucosidi, come quelli che più costantemente appaio- no nell'analisi chimica delia chitina. dé La chitina si trova bene sviluppata specialmente nel tegumento degli insetti (in alto grado poi nei Coleotteri); il quale tegumento, co- me è noto, è costituito precipuamente da un grosso strato cuticolare ge- nerato dall’assisa cellulare dell’ipoderma che a sua volta è sostenuto da una membranella basale. Lo strato euticolare è nel suo complesso attraversato per lo più da minnti canalicoli che sono ortogonali alla Superficie; esso risulta da una prima membranella sottile esterna (im- propriamente detta epidermide) che è semplice ed anista, la quale è formata da pura chitina; e di una seconda membrana grossa interna (impropriamente chiamata derma) che è per lo più sfaldata in lamel- le tangenziali di struttura varia, e la quale invece € formata da una Sostanza chitinoide che ricorda però la cellulosa. L'analisi chimica della chitina lascia ancor molto a desiderare, così che una formola chimiea ben definita della medesima non si ha ancora, Secondo Sundwick sarebbe Cie H,oy Az, Oss +" H,O in eui # p Sere molto vario: sarebbe un derivato amido d'un idrato di carbonio Cs H,, O;) ma varia poi col variare degli animali. Lo Zander (1897) studiando le reazioni della chitina di diversi ar ttopodi ammise che la sostanza si avvicini molto al glicogene. Lo Stesso Sunduwick osserva che trattando la chitina con acidi minerali ‘oneentrati e riscaldando essa si scinde in glucosamina (Cs His NO;), " i LJ . = LI - acetico, acido butirrico e poco acido formico; scaldata con acido drato di carbonio non uò es- solforico da acido acetico, ammoniaca ed un i ‘ompletamente definito. (Glucosio ?) . Che si tratti di glueosio sembra dimostrato dalle di. Marcel Mirande (Ruvue Générale de Botanique) che ne belle ricerche ] 1905 498 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI richiamò l'attenzione dei botanici sopra risultati da lui ottenuti stu diando il tegumento degli artropodi. Egli mise in un pó di liquor cupro-potassico di Fehling delle larve di artropodo o degli individui perfetti morti o viventi. Dopo che furno rimasti qualche minuto li portó per qualehe istante all'ebullizione. Lavato in seguito, per bene, il soggetto dispose il tegumento per osservarlo al microscopio. Osser- vando allora la preparazione vide che nell'interno della cuticola chi- tinosa, nella sua parte superficiale si era effettuato il deposito, be noto, di ossido rameoso. Il precipitato si forma, dice l'autore, nei punti ove si trova il corpo che gli dà modo di formarsi e più ancora i granuli di ossido rameoso non si spandono nè fuori dall'animale, in seno al reattivo, nè dentro al tubo di assagio in cui si fa l’operazione. I granuli sono immobili al posto stesso ove si sono formati esi mettono difficilmente in movimento per pressioni su lamelle. Se poi per il tegumento di una stessa specie si ripete l’operazio ne un gran numero di volte, i granuli rameosi disegnano in es80 © sattamente sempre le stesse figure indicando in tal modo le localizza- zioni precise della loro formazione. Questo corpo riduttore esiste tal- volta in quantità così considerevoli che per azione dei liquore di Fr bling si può in certo modo metallizzare tutto un tegumento interno. Talvolta le fini granulazioni sono sparse nel tessuto in modo * niforme, tal'altra la deposizione & disposta in ammassi regolari simi | lanti cellule, Talvolta tanto la deposizione uniforme che la pseudo-cel | lulare si verificano su tutta intiera la superficie del corpo e ciò tanto p? | le larve che per gli insetti perfetti. i La deposizione poi non manca quasi mai nelle zon nelle quali si palesa o con un precipitato generale o con Ul pu pitato in placche sopra-muscolari. i L'esame mieroscopico di un tegumento così trattato permette rendersi conto che la sostanza riduttrice si trova in seno agli m | chitinosi superficiali, generalmente anzi molto vicino alla S! esterna; ed osservando bene ci si rende conto che il deposito F7. re generalmente tra i fini canalicoli sboccanti all’esterno con po"! i | stremamento piccoli, | e articola! perfici? e080 ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 499 Una sezione fatta attraverso il tegumento di un ragno per esem- pio è particolarmente istruttiva. La regione media della cuticula è percorsa da un stragrande numero di più fini canalicoli sboccanti al- l'esterno. Questi canalicoli sono pieni d'un fine precipitato di ossido rameoso ed è questo precipitato che disegnando in nero questi canali li fa apparire con parecchia più chiarezza. Parlando della natura del corpo riduttore il Mirande non accen- na ai metodi da lui impiegati allo scopo ma si limita soltanto a far conoscere la conclusione della sua analisi dicendo : « Il corpo riduttore contenuto nel tegumento chitinoso degli ar- tropodi e che dà sotto l’azione del liquore di Fehling le localizzazioni caratteristiche o generali di ossido rameoso è Glucosio. Io mi sono dato pel caso mio a ricerche di questa sostanza e quantunque esse non siano molto estese, i risultati ottenuti, credo sia- no più che convincienti. I soggetti a me più facili da avere sono stati, come dissi sopra, dei Girini. Su questi le Laboulbeniacee crescono generalmente sulle elitre, raramente sul torace, non ne ho mai trovato sull'addome. In generale sui Girini lo strato chitinoso delle elitre e del torace è nero ed opaco; cosa questa che si verifica per moltissimi altri co- leotteri ospitatori di Laboulbeniacee, che hanno pure chitina o perno intensamente colorata ma sempre opaca. In tale condizione di cose anche riducendo la chitina stessa in sottili sezioni non si perviene ad ottenere preparati che al microscopio lascino per rasparensa vedere qualche cosa. Per fortuna non tutte le specie hanno chitina cosi pese: Infatti la specie Aulonogyrus concinnus, di cui potei raccogliere e semplari in abbondanza, ha questa particolarità di avere sans parti di color paglierino chiaro; e precisamente quelle sulla quali di prefe- renza si attaccano le Laboulbeniacee (Lahoulbenia gyrinidarum) che di frequente le infestano. Le condizioni sono dunque c i à mio scopo. Ed è appunto su questa che feci le mie osservazi” di5 Ho spinto la sottigliezza delle mie sezioni al valore minimo 5 millesimi di m/m; le fettoline osservate al microscopio non € e Un amasso di cellule o frazioni di queste quasi perfettamente incolore. i iù voli al on questa specie le più favore oni. 500 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI Facendo agire su di esse il reattivo Fehling con le dovute precauzioni, a reazione fatta ebbi le fettoline tinte in un colore rosso mattone chiaro caratteristico dell'ossido rameoso. Non v'è dubbio quindi che anche sulle elitre di questi insetti vi è presenza del corpo riduttore. Per essere più convinto feci una seconda reazione; feci agire su altre sezioni una soluzione di nitrato di argento ammoniacale. Scaldando per qualche istante le fettoline, da trasparenti che era- n0, si tinsero di un color bruno-nerastro indicante il deposito avvenu- to di minutissimi granuli di argento metallico. Facendo in modo che la reazione sopra una sezione avvenga sol- tanto su una parte il fenomeno spicca ancor più evidente e la grada- zione della tinta seura che va scemando verso la regione chiara indi- ca i limiti a cui giunge il reattivo. La granulazione è sparsa unifor memente in tutto lo spessore delle sezioni e talvolta anche sul com torno. Questo fatto tende ad indicare che anche sulla superficie del- l’ala vi è presenza del corpo riduttore. sa Volli accertamene meglio con una prova più convinciente. Misi in una provetta contenente una soluzione di nitrato d’argento Ben niacale qualche elitra di Aulonogyrus, sealdai lentamente e dopo circà un quarto d’ora osservai le elitre in toto. La regione chiara delle eli- tre da quasi trasparente quale appare prima della reazione si fece opaca d’un colore quasi argenteo e la regione scura che comunemente alla superficie esterna è di color marrone scuro lucente, nel perdere in lucentezza si fece leggermente più chiara assumendo un carattere iridescente metallico. La superficie inferiore dell'elitra assume pure UP tinta grigiastra tendente al metallico. e Non v'é dubbio che eon tale reazioni qualche fenomeno chimie s'è formato ed i mutamenti caratteristici avvenuti probabilmente sono dati da un minimissimo deposito di argento metallico. Una pe di ciò la ebbi quando immergendo tali elitre in una soluzione p di acido nitrico che non altera per nulla la chitina, le elitra m! jé narono allo stato naturale e la parte chiara dell’ala tornò di m quasi trasparente come prima. gir Il corpo riduttore esiste dunque senza dubbio tanto intern? ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 501 te quanto esternamente al tegumento degli insetti; che esso sia, per vero, glucosio si può essere quasi certi. Feci per questo scopo ulteriori indagini : Usando la reazione del Moore per la ricerca del destrosio, presa dal trattato di chimica fisiologica del ‘Bottazzi, feci agire a caldo una soluzione di potassa su sezioni di elitre. Se vi fosse stata presenza di destrosio doveva formarsi prima una colorazione gialla e poi divenire bruna all’aria per la formazione di acido glucinico, melissico e levu- linico. Più volte ripetuta l’esperienza non ebbi mai alcun accenno a tali colorazioni. Usai pure la reazione Johnson. Resi alcaline le sezioni con KOH ed aggiunsi acido picrico in soluzione satura. Se vi fossse stata presenza di destrosio doveva formarsi a caldo una colorazione rosso bruna An- che questa volta l’esito ripetutamente negativo non dimostrò presenza alcuna di destrosio. Varie altre ricerche fatte riguardo a materie zuccherine diverse mi riuscirono vane; è mio parere quindi che la sostanza riduttrice non è altro che glucosio. Se si pensa del resto che il glucosio è spes- 80 utilizzato come mezzo artificiale di coltura, l’idea viene sempre più confermata. Può venir posta la domanda del perchè allora le Laboulbeniacee Non si sono potute fin ora allevare artificialmente. Rispondo innanzi tutto che fino ad oggi non si seppe nulla della natara dell’ alimento da loro assimilato, e qualora i tentativi usati abbiano posto a dispo- Sizione colture di glucosio faccio notare che l'estrema riduzione del- l'apparato rizoidale delle Laboulbeniacee non può certo trovare in un mezzo artificiale le disposizioni e la struttura morfologica dei sostegni Sì cui si fissano così ben adatta per un loro probabile sviluppo. Di più senza entrare in discussione sui vari metodi, più o OM rati, usati per le colture artificiali é opportuno ricordare che l' ap- Barato Suggente delle laboulbeniacee, e questo tanto piü quen: Mun Slovani, è così ridotto da non poter vagare più oltre che lo sviluppo id lo permetta, per rintracciare l’alimento necessario quando, nel punto di attacco di un sostegno meccanico qualunque, sense A MARANO: : Un Sostegno vitale invece, che oltre essere sensibile agli stimoli 502 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI o bisogni dell’ospite può in virtù delle funzioni fisiologiche proprie rimestare o rifornire nel punto voluto di attacco l’alimento che in se- guito all’assimilazione dell’ospite scarseggia, è evidentemente il più razionale mezzo nel quale questi funghi possono svilupparsi. Con la scoperta dei rizoidi e dell'elemento nutritizio eade la divi- sione profonda che mirava separare, nella famiglia delle Laboulbenia- cee, individui che per la loro struttura non avevano ragione di essere distinti. Tutte le Laboulbeniacee sono parassite e tutte si nntrono à spese di un alimento formato dall’ospitatore. Tutte sono munite di ap- parato rizoidale e solo alcuni generi lo possono avere pochissimo svi luppato e quasi invisibile in confronto di certi altri che lo tengono più evidentemente appariscente. Se si pensa che queste forme con rizoidi appariscenti sono solo sviluppate in regioni ove la cute è estremamente soffice e sottile e che per questa ragione anche i succhi tra gli strati debbono essere limi- tatissimi non si potrebbe sbagliare se si ammettesse che in questi g° neri lo sviluppo è richiamato dalle condizioni dell'ospitatore. Non tro- vando sufficientemente quantità di alimento nell’esile cuticola epider- moidale tali funghi entrerebbero con diramazioni varie in strati pro fondi nei quali l'alimento puó abbondare. Questo a difterenza di quei generi che, forse esigendo anche m quantità di alimento e vivendo su regioni più inspessite si accontel” tano dei soli umori prodotti e circolanti in quelle. ; Se qualcuno poi credesse vedere in queste ultime oss controsenso con le precedenti esposte, circa la condizione eritie ' prima fase di sviluppo delle Laboulbeniacee in mezzi artificiali, © credesse vedere una coincidenza di tale periodo nella prima fase €! sviluppo Sopra un animale, richiamo ]a sua attenzione sul fatto che la sostanza nuiriente à anche in questo caso subito presente sulla 5t perficie esterna del tegumento o perchè in minimo strato la ricopre ^ perchè vi sbocca a mezzo di piccoli canalicoli. Una volta iniziato * sviluppo eprineipiata l'intrusione dei microscopici rizoidi attraversi : cute in ogni strato è pur sempre presente e rinnovata la quantità lo succhi necessari in modo che se la natura dell'individuo parassita inor ervazioni un a della 1 ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 508 richiede o no può in quelli arrestarsil'intrusione o proseguire secondo il bisogno. E non si ha esempio di ciò anche in tutto il regno vegetale, nel- le piante superiori non vi sono casi in cui a parità di sviluppo del fusto l'apparato radicale è secondo le specie profondamente sviluppato o superficialmente ridotto quantunque viventi nello stesso terreno?! Tavola sinottica dei « Generi ». . Anterozoidi endogeni in serbatoi chiusi — ENDOGENE. Cellule anteridiali formanti un anteridio composto — Peyritschielleae. . Dioiche. Peritecio ed appendici appaiati à destra e a sinistra — Dimorphomyces. . Peritecio ed appendici in fila diritta. — Dimeromyces. Monoiche. Anteridio nascente da un'appendice e non dal ricettacolo. 1 . Anteridio laterale formato dalle cellule sub.-basali del- le appendici Cantaromyces, l’. Anteridi terminali diritti. 2 . Anteridio con una corta spina alla spunta — Haplomyces, 2’. Anteridio senza spina soltanto con un canale cellulare a forma di collo. 3 . Cellule anteridiali poste l le quali ognuna finisce, al di sterile; cellula-colletto lunga — da Anteridio parenchimatoso pluricellulare ; corta — una sull’altra in tre file, del- fuori, con una cellula Eucantharom yces. cellula-eolletto Camptomyces. . Anteridi posti sul ricettacolo. 4 . Periteci liberi. . Ricettacolo composto da una semplice fila di cellule po- omyces. ste una sull'altra — Enarthromy H' — . Anteridi disposti in fila sulle appendici. T . Anteridi formati direttamente nelle cellule delle appendici CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI Dori + Ricettacolo formato da quattro piani cellulari. e . Costruzione asimmetrica — Peyritschiella, v" . Costruzione bilaterale simmetrica talvolta simile. — Diplomyces. 4. Peritecio spuntato nella parte rovescia del ricettacolo, T. Parte basale del ricettacolo composta da due cellule poste l'una sull'altra — Chitonomyces. ©. Parte basale del ricettacolo formata da tre cellule po- ste l’una sull’altra — Hydracomyces. . Auteridi formati da semplici cellule separate con evaeuw zioni indipendenti — Laboulbeniae. Dioiche. Monoiche. che si seguono l’una all’altra. 8 . Appendici in numero unico, 9 . Anteridi in quattro file verticali — Heminthophant- 9'. Anteridi in una fila vertieale — Stigmatomyces . 8. Appendici esistenti in parecchio numero — Idi0omye& + Anteridi che stanno sui rami laterali delle appendici. 10 . Appendici formanti un ciuffetto — C'orethromyces 10°. Appendici semplici con rami laterali — Radinomyces. + Anteridi non su rami laterali delle appendici. a + Cellula basale del ricettacolo con rizoidi (2). Cellula 9! basale eon un’appendice che porta unilateralmente una x di rami eoi quali le cellule basali producono gli s Rhizomye®* si 3: ‘menti Senza rizoidi (eccettuato Moschomyces). Anteridi altrimen ordinati. 11 . Ricettacolo con più di due cellule. 12 . Ricettacolo non formato da cellule ordinate in fil* 13 . Appendici nate lateralmente al peritecio — | Laboulben® , ri nto call 13'. Le appendiei naseono numerose sopra un tessuto ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 505 ciforme e circondano il peritecio da ogni parte — Teratomyces. 12'. Ricettacolo formato da cellule ordinate in fila. 14 . Costruzione bilaterale simmetriea — Diplomyces. 14'. Costruzione asimmetrica, 15 . Ricettacolo formato da due sole file di cellule eresciu- te insieme e vicine. Peritecio pseudo-terminale — Rhachomyces. 15’. Ricettacolo formato da una sola fila unica laterale — Chaetomices. 11’. Ricettacolo bicellulare. 16 . Ricettacolo non sortito da un tessuto verrucoso suc- chiante. 17 . Appendici in numero unico — Sphaleromyces. 17° . Appendici numerose fatte a frullino — Compomyces. 16’ . Il ricettacolo sta sopra un tessuto verrucoso succhiante Moschomyces. A — . Anterozoidi esogeni, terminali o laterali formati in cellule delle appendici — ESOGENE — Zodiomyceteae. 18 . Ricettacolo parenchimatoso pluricellulare — Zodiomyces. 18°. Ricettacolo di poche cellule in fila unica — Ceratomyces. s 9 * + ra trovati; vi s0- sono ci- di sco» NB. Nella tavola non sono citati tutti i generi sin ss : no i più comuni ed i più facili a trovarsi e —"n i i ; i uelli tati quasi tutti i generi europel fatta eccezione per 4 Perta molto recente. Descrizione sommaria di comuni generi europei con enumerazione delle speci che vi appartengono. Cantharomyces — Thax. — Ricettacolo formato da due cellule po- ste una sull’altra delle quali la superiore porta uno o più periteci ed una o più appendici anteridiali. Peritecio con una cellula colletto e tre cellule basali; tricogino filiforme — Spore bicellulari — Appendici an teridiali composte di due cellule poste l'una sull’ altra sopra le quali seguono una o due cellule portanti parecchi filamenti semplici e sterili. La cellula sub-basale, delle appendici è divisa in due cellule per mer zo di una parete più o meno inclinata ; una di queste, l’ anteridio, è CF visa in molte piccole cellule per opera di numerose pareti. C. platystethi Thax. 1900. Su addome di Tlatystethus cornutus Graz (Inghilterra). piano basi Peyritschiella. Il ricettacolo consta di quattro piani; il : ordinate m le consta di una cellula; il sub-basale di una o più cellule, fila asimmetrica o traversale, delle quali una o più possono essere prov viste di appendici; il piano sub-terminale è simile al precedente : le cellule hanno appendici da una sola o da più parti con anteridio unico: il piano superiore, finalmente consta in ogni caso di molte cellule si o due centrali portano ognuna un peritecio mentre le esterne e le vice ne lle cellule interne periteciali emettono appendici.’ Appendici semplici unicellulari, separate dalla cellu mezzo di una parete divisoria generalmente annerita. Anteridio conico, composto, con puntine laterali dentellate. estremità. Spore la madre per Peritecio quasi simmetrico con quattro papille all "bieellulari. 7 P. protea Thax. — (Inghilterra ed Europa centrale) Dichomyces — Thax. -— Ricettacolo appianato quasi trian i composto da quattro piani di cellule; piano basale formato da una z ula ; la fila superiore di cellule porta un paio di periteci simmetri® (presso una specie ne abortisce uno) ed appendici sterili; la sub-termit* F porta due anteridi simmetrici e composti ed una o più appendici " rili da ogni parte. Anteridi ed appendiei eome nella Peyritsehiella. "m mil golare ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 507 tecio simmetrico. Spore bicellulari. Si distingue dalla Peyritschiella per la simmetria bilaterale. D. vulgatus Thax. — (Inghilterra e Madera) D. biformis Thax. — (Inghilterra e Madera) Chitonomyces — Peyr. — Il ricettacolo consta di una parte basale e di una terminale : la basale consta di due cellule poste una sull’altra 0 di tre o quattro più piccole sulle quali sta il peritecio: la parte ter- minale consta di quattro cellule che giaciono lateralmente al peritecio; le cellule interne sempre libere, generalmente più o meno campanulate portano un'appendice terminale. La cellula subterminale è cresciuta nella parte interna, insieme al peritecio o raramente libera, delle due cellule sottostanti la superiore separa una piccola cellula la quale pro- duee un piecolo anteridio nell'angolo che sta tra essa ed il peritecio Peritecio cresciuto più o meno insieme con le parti terminali del ricet- acolo: ogni fila di cellule tubolari è composta di non più di sei cellule delle quali una può portare appendici. Appendici filiformi generalmente multitramezzate, jaline, soggette a sparire e nere alla base. Spore bicel- lulari. C. paradoscus. Peyr. — (Europa 1813) C. melanurus. Peyr. — (Europa 1873) Helminthophana — Peyr. — Ricettacolo bicellulare.—Sulla cellula Superiore sta un peritecio peduncolato che viene circondato alla sommità * "à molle coroncina ; lateralmente, sulla stessa cellula, sta una sem- Plice appendice la quale porta gli anteridi, sulla sua punta, in quattro fle Verticali. Rizoidi sviluppati macroscopicamente. 4. o, H. Westrumbii. Kol. 1851? ^ Diesingü. Kol. 1857? > (Europa) H. nycteribiae. Peyr. 1873 Stigmatomyces. Karst. — Ricettacolo formato da due wes "^ Mna sull'altra : sulla cellula superiore sta, da una parte, il solo peritecio Waltra una sola appendice. Il peritecio varia nella forma; è seduto o Peduneolato (t appendice consta di una fila di cellule fila laterale; su ogni sin- Poste una 1 s niue 2x alvolta con appendici). L' gol una sull’altra formanti così uae à cellula si sviluppa un anteridio il quale è diviso CA 508 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI la appendice per mezzo di una parete divisoria o di una piccola cellula, Gli anteridi sono a forma di fiala, la loro parte ventrale si unisce più o meno in comune, la parte del collo è tutta libera. Tricogino filamen- toso, semplice, corto. — Spore bicellulari. S. baeri. Knock. 1867 | S. muscae. Karst. 1869 ( Europa) S. entomophila. Peck. 1885 | Idiomyces. Thax.—Ricettacolo formato da due cellule poste una sul- l’altra sulle quali si alzano altre due cellule una dietro ed una in avai- ti. La cellula posteriore porta una fila verticale di cellula che svilt- pano, al di fuori, appendici sterili e fertili. La cellula anteriore dà or gine ad uno o più periteci peduncolati e numerose appendici fertili. Peritecio simmetrico con quattro cellule ascogene. Appendici fertili for- mate da una fila verticale di cellule e portanti da una parte tre file verticali di anteridi fiaschiformi. I. peyritschii. Thax. — 1893 (Europa) Corethromyces. Thax. — Ricettacolo formato da parecchie cellule po ste una sull’altra, sulla cellula sub-basale viene formato il peritecio. Le cellule terminali producono parecchie appendici ramificate. Anteridi cor ti con rami provvisti di pareti divisorie oblique poste o intercalate unà all’altra con colli sporgenti sotto le pareti divisorie. Peritecio più o meno simmetrico con cellule-gambo bene sviluppate: ogni fila di cellule costituenti parete è formata da quattro cellule. Tr cogino filiforme semplice o ramificato. Spore bicellulari. C. stilici. Thax. — 1901 (Svizzera ed Europa in genere) Laboulbenia. Mont. e Robin. — Ricettacolo tipico formato da sette cellule, delle quali solo tre piccole vengono a formare la base del : ritecio. Il vero ricettacolo viene formato da due cellule poste una *" l'altra dalle quali si staecano le rimanenti, ordinate in una fila a re ed in una posteriore. La fila posteriore consta di due cellule pos una sull'altra delle quali la superiore ne produce una terza per pi^ di un tramezzo obbliquo. Sopra queste cellule si ergono nella mage parte, cellule inserzionali nere, su le appendiei. > La fila anteriore consta di una cellula sottostante e di un® supe I S us e i ite a ro RUNS ii ara e T ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 50D riore obliqua sulla quale stanno le tre cellule basali del peritecio con esso stesso. Appendici da poche a molte: tipicamente la cellula nera inserzione delle appendici porta due cellule, delle quali la esterna forma la base di un’unica appendice sterile ramificata o priva di rami, mentre linterna produce un ramo fertile e variamente ramificato, I rami interni portano uno o più anteridi irregolarmente aggruppati e fia- liformi. Peritecio unicellulare compresso, più o meno simmetrico raramente con appendici, seduto o perduncolato. File delle cellule-tubo composte da quattro cellule. Cellule ascogene due, unite lateralmente. Tricogino fili- forme o poco ramificato. Tubi di quattro spore. Spore bicellulari. rougeti — Mont. e Rob. — 1853. europea — Thax. — 1896. elongata — Thax. — 1890 (Manica) flagellata — Peyr. — 1873 auceps — Peyr. — 1873 (Austria) vulgaris — Peyr. — 1873 (Manica) nebriae — Peyr. — 1871. subterranea — Thax. — 1893 (Carinole) cristata — Thax. — 1893 (Austria) luxurians — Peyr. — 1873 fasciculata — Peyr. — 1873. (Austria) proliferans — Thax.. — (Italia-Francia) gyrinidarum — Thax. — 1892 (Italia-Francia) » dubia — Thax. — 1902 (Inghilterra) Cafii — Thax. — 1899 (Grande Brettagna) clivinalis — Thax. — 1899 (Inghilterra) italica — Thax. — 1899 (Italia) melanaria — Thax. — 1899 Slackensis — Cep. Pie. — 1907. (Francia) giardi — Cep. Pie. — notiophili — Cèp. Pie. — 1907. (Francia) argutoris — » ^» » » Mamps — o. 5 » » PrEMPPPPEENMRMUUPPHPIDEPEDBMBABBÀGMEHMDG gracilipes — » » » » 510 CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI L. marina — Picard. 1908. Francia. = Theratomyces — Thax. — Ricettacolo formato da tre cellule poste una sull'altra, sulle quali si alza un tessuto più o meno caliciforme e questo viene diviso, per mezzo di pareti diritte ed oblique, in un gran numero di cellule piccole ed ordinate perifericamente dalle quali si al zano numerose appendici che circondano il posto originale del peritecio. Periteei da 1-5 con una cellula-gambo. Appendici formate da uni corta fila di rami simpodiali portanti esternamente ramoscelli piatti à quali generalmente producono cellule terminali sterili, acute a forma di becco. — Anteridi fialiformi o a mo’ di becco, liberi tra di loro, Tri- cogino riccamente ramificato. Spore bicellulari. T. vulgaris — Thax. — 1900 (Gran Brettagna) T. philonthi — Thax. — 1900 (Europa) Rhachomyces. — Thax. — Ricettacolo formato da una cellula, sulla quale si trova un corpo cellulare più o meno esteso. Questo viene formato da una. parte, da una fila di cellule poste una sull’altra, quasi ugualmente grosse ed ampie, e dall'altra vicina, d una fila simile di cellule però piccole e numerose le quali portano © grandi quantità delle appendici setolose che cireondano più o meno " base del periteeio. Peritecio laterale nato all'estremità del ricettacolo allo stato maturo è peduncolato o quasi seduto, simmetrico. Anteridi unicellulari, terminali, su corti gambi. Spore di due cellule. R. pilosellus — Rob. — 1871. (Germania) R. furcatus — Thax. — 1893 ( > ) R. hypogeus — Thax. — 1893 (Francia) R. stipitatus — 'Thax. — 1900 (Grecia-Francia) R. aphaenopsis — Thax. — 1905. R. janneli — Cép-Pie. — 1908 (Erancia) Sphaleromyces. — Thax. — Ricettacolo formato da due cellule poste una sull'altra. La superiore porta lateralmente le appendici e nella a te terminale il peritecio. Peritecio asimmetrico. acuminato al ei ogni filo di cellule-tubo consta di cinque cellule. Appendici conii di una cellula basale e portanti parecchie cellule disposte una sull i tra, delle quali ognuna porta nell’interno un anteridio unico, corto ° CAU" NEUE ea ei > ES AR UE MEN RIT CE PATES METRICS Let Le ÙLTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE bili ramificato e setto. — Cellule ascogene in numéro unito. — Spore bi- cellulari. S. propinquus. — Thax. — 1900 (Europa) Compsomyces. — Thax.—Ricettacolo formato soltanto da due cellule presentantisi una sull’altra, delle quali la superiore porta terminalmente una appendice ed uno o più periteci peduncolati. Appendici sette, ste- rili o tertili, ramificate o no. Le fertili producono uno o più anteridi unicellulari. Peritecio simmetrico, conico, composto da due cellule poste una sull’altra, delle quali la sottostante porta una appendice semplice (raramente due) tricogino riccamente ramificato, e parte terminale av- volta a spira. Tubi di otto spore — Spore di due cellule. C. lestevae. Thax. — 1900 (Inghilterra). Rickia. Cavara. — É rimarchevole pel sno luogodi sviluppo. E uno dei generi sprovvisto di appendici sterili. R. Wasmanni. Cav. — 1899. Trenomyces. Chatton e Picard. — È rimarchevole per il suo appa- Tato suechiante molto sviluppato. È il solo genere dioieo europeo oono- seiuto per oggi. Il riattacolo e identico tanto nellindividuo 4 che nel- l'individuo ©. É formato da una fila rettilinea di quattro cellule dello quali si distingue una cellula basale da cui dipende il sistema rizoida- le; una cellula subbasale che da origine agli organi riproduttori ; dye cellule terminali sterili formanti al centro del mazzetto di anteridi. o di periteei un corpo di forma caratteristica, nella specie Matapana chiamato da Charton e Picard « organe en ciboire ». — Anteridi : a forma d’anfora e del tipo composto. Periteci à forma di fuso molto al- lungato. Spore a forma bilanceolata. T. histophtorus. Chat. e Picard. — 1908. Hon Misgomyces. Thax.— Si avvicina, per la disposizione del peritecio e delle appendici al genere laboulbenia. Presenta una stadio meno evoluto per il suo | carattere che ricettacolo formato da | ‘bll lo avvicinerebhe cellule SOVrapposte in numero variablle, iig p H o p IM Ceratomyces. Le affinità di questo genere pond g ite 1 i i eridi. nite quando si avrà buona conoscenza dei suoi ante M. Dyschirii. Thax. — 1900. (Inghilterra) Riassunto degli animali sino ad ora riscontrati infetti da < Laboulbeniacee ». OSPITATORI Ord: Architteri Menopon pallidum Goniocotes abdominalis Ord: Imenotteri. Myrmica laevinodis Nyl. Ord: Ditteri. egistopoda westwoodii Kol. Achrocholidia montagnei Kol. Musca domestica Agé zona funebris L. nigricornis Loew. | Nycteribia dufouri M. Ord: Coleotteri Fam. CARABIDAE Anophtalmus bilimeki Strm. | Mni Re e Lind | lespezi F dhiiisg cerberus Vlad: | » Jeanneli Abeille. | » bucephalus Dieck. | Brachynus crepitaus L. sclopeta F. » explodens Duft. Spies aeneocephalus Dey chrysocephalus Ross. Callistus lunatus F. Aptinus mutilatus F. Brachynus spe in Duft. osthenes cavicola Sch. Platinus mulleri Herbst. Platinus ruficornis Coeze. | PARASSITI Trenomyces histophtorus Thax. Rickia wasmanni Cavara. Arthrorhynchus westrumbii Kol. A, diesingii Kol. Helmintophana nycteribiae. Peyr. Stigmatomyces baeri Knock. Stigmatomyces entomophila Peck. Rhachomyces hypogeus Thax. Rhachomyces stipitatus Thax. aphaenopsis Thax. » jeanneli. Picard. » » » Laboulbenia rougeti Mon. Rob. » europea Thax. » elongata Thax. ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE Bembidium lunatum Duft. Platinus albipes F. » marginatus L. » viduus Pz. Bembidium littorale Pz. unatum Duft. fascio latum Duft. punctulatum Drap. obsoletum Dei. andreae Sch wow w- M Y decorum femoratum St. bipunctatum Duft. pallidipenne Illig. dorsuarium Bedel. harpaloides Serv. quadrimaculatum L. quadripustulatum Serv. quadriguttatum F. ustulatum L. biguttatum L. Nebria brunnea Duft. ^ villae Dej wo wo ww ww Ww wv w www yw V Ww Anophtalmus motschulskyi Schm. Bembidium varius Ol. » flammulatum Clair. > bipunctatum Duft. Chlaenius vestitus Payk. Patrobus Chlaenius Clivina fossor L, > collaris Hbst. Brachynus explodens Duft. ermanus L militaris Sar. eros Ophonus obscurus F. » brevicollis Dej 4 CArOMmuSs Msodactylus » x azureus F. Harpalus neglectus Dej flammulatum Clair. P 518 P flagellata Peyrh. » anceps Peyrh, » vulgaris Peyrh. | Laboulbenia nebriae Peyr. » subterranea Thax. luxurians Peyr. | ;* fasciculata Peyr. brachiata Thax. » | » proliferans Thax. | » clivinalis Thax. | » italica Thax. melanaria Thax. | : lst, ophoni Thax. 514 iis et: po oe Quen. wripes Germ. » iar us shore chalceus Marsh. luridipennis Germ. Bradicellus pubescens Notiophilus semipunctatus F. Pterostichus interstinctus Strum. Tachypus flavipes L. Bembidium minimus. F. » Aepus robini ed sien MM Hebt. Fam. DIryscIDAE — de — Dej. utus Strum. dr eo Haliplus fulvus. : Fam. GyRINIDAE Girimus urinator Illg. bicolor » natator Aulonogyrus concinnus ^ » caffer Fam. HYDROPHILIDAE Ochtebius marinus Payk. Fam. STAPHILINIDAE Homalota insecta Thoms. Trichophya policornis Cyl. TR cornutus Crav. FE up aureus Fol. Bledius bicornis Germ. Oxytelus rugosus F. Acroguathus "umen "is Gill. — — — — —— CLODOMIRO CARBONELLI TONGHINI » slackensis Cep. Pied. » gtardi P Un » notiophili » >» » argutoris >» > » thaxteri 5 lc » gracilipes > » » pedicellata » » » marina Picard. Misgomyces dyschirii Thax. Chitonomyces paradoxus Pey". » à melanurus Peyr. Hydracomyces halipli Thax. Laboulbenià gyrinidarum Thax. Hydrophilomyces digitatus Picard. Monoicomyces britannicus Thax: Polyascomyes trichophyae > » platystethi — ? Cantharomyces » Euhaplomyces ancyrophori » Peyritschiella protea Thax, ULTERIORI RICERCHE MORFOLOGICHE E BIOLOGICHE SULLE LABOULBENIACEE 515 Philonthus cruentatus Gmel. » varians Peck. » dimidiatus Er. » umbratilis Grv. Deleaster dichrous . Stiticus sp. ? > rufipes Quedius fulgidus. F. » runciculus Farim. » fuliginosus Grov. » cruentus Philonthus sp. ? Lathrobium fulvipenne Grav. Othius fulvipennis All. Lathrobium sp. ? Paederus ruficollis F. Philonthus politus Pr. Cafius sericeus Lesteva sicula Lathrobium filiforme. Grav. » punctatum Zett. > multipunctatum Grav. Dichomyces vulgatus Thax. » biformis Thax. Idiomyces peyritschii Thax. Corethromyces stilici Thax. Teratomyces vulgaris Thax. » philonthii Thax. Rhachomyces pilosellus Rob. » furcatus Thax. Sphalaeromyces propinquus Thax. Laboulbenia cristata » » dubia » » cafii » C'ompsomyces lestevae > Enzodiomyces lathrrobii » BIBLIOGRAFIA BerLESE — Rivista delle Laboulbeniacee e descrizione di una nuova specie di questa famiglia. Malpighia. Vol. III. p. 44. pl. II. Cavara F. — Di una nuova Laboulbeniacea « Rickia wassmanni n. g. n. sp. Malpighia 1899. 3 anno, vol. XIII. p. 173 Cérèpe C. et Picard F. — Contribution à la biologie et à la sy- stématique des Laboulbèniacées de la flore frangaise. 1908. Bulletin Seientifique de la France et de la Belgique. Prcarp F. — Sur une Laboulbéniacée marine « Laboulbenia ma- rina n. sp. » parasite d' Aepus robini Lab.—Extrait des Comptes ren- dus des séances de la Société de Biologie 1908 T. LXV. p. 484. Picarp F. — Les Laboulbéniaceés et leur parasitisme chez les insectes (avec una planche hors texte). 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Am. Ac. of. Arts and. Se., XIII p. 219-469. Pl XXVIILLXXI) BIBLIOGRAFIA 517 Cuarrow C. — La biologie, la specification et la position sistema- tique des Amoebidium (Arch. Zool. exp. et. gén. 4 V. N.et R, p. XVII-XX XT. i FauLL — A preliminary note ou Ascus and spore formation in the Laboulbeniaceae (Science XXIII. p. 134 et p. 152). STRASBURGER — Kriptogamen — 8 ordnung, Laboulbeniaceae.— Pag. 343-XI edizione 1911. Hepwira — Organ für Kryptogamenkunde. (Stigmatomyces mu- scae Krst.) Band XXVII. 137- 1883. Mrranpe M. M. — Contribution à la biologie des Entomophytes. Revue générale de Botanique dirigée par M. Gaston. Bonnier — Tome XVII année 1905 pag. 304. Grarp A — Nouvelles études sur le Laenidium acridiorum Gd. Champignon parasite du Criquet algérien, — Rev. gen. de Bot.que Tom. IV. 1892. Romm Ch — Histoire naturelle des vegetaux parasites qui crois- Sent sur l'homme et les hanimaux vivents. Paris. 1853. p. 270. Manone M. M. 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Fig. 1 — Piede di Coreomyces curvatus. (Imit. d. Thaxter). Fig. 2 — Dimeromyces rhizophorus. A8, BẸ. (Imit. d. Thax ter) Fig. 3 — Ceraiomyces dahlii. (Imit. d. Thaxter). Fig. 4 — Arthrorhynchus nycteribiae. (Imit. d. Thaxter). Fig. 5 — Trenomyces histophtorus. (Imit. d. Chatton e Picard). Fig. 6 — Laboulbenia hayeni. (d. Thax:) Porzione di integumento molle dell'addome di una formica bianca lacerando un paio di indivi- dui rovesciati così da mostrare l'attaeco del piede come esso appare se veduto dal disotto. Fig. 7 — Laboulbenia gyrinidarum Thax. Sezione di un piede portante un rizoide apicale tronco. — s. stipite ; p. piede ; r. rizoide api- cale. (Carbonelli-Tong.) Obb. 1,5 imm. omog. oc. 6 comp. Fig. 8 — Lab. gyrinidarum Thax. Sezione di un piede portante due rizoidi di origine quasi apicale. — Sotto di essi pare ne esista W terzo ma potrebbe anche essere l’apice del piede. (Carbonelli-Tong.) Obb. 1.5 imm. omog. oc. 6 comp. Fig. 9 — Lab. gyrinidarum Thax. Sezione di un piede mostrante rizoidi apieali e laterali. — ra, rizoidi apicali, disposti cireolarmente sul. lapice a mó di eorona e formanti un ciuffo; rl. rizoidi laterali. (Car bonelli-Tong.). Obb. 1-5 imm. omog. oe. 6 comp. Fig. 10 — Sezione di elitra di Aulonogyrus concinnus con ade- renti due piedi di L. girinidarum. Sono visibili i rizoidi laterali ed apicali come pure i minuti canalicoli della chitina nei quali i rizoidi s! internano. (Carbonelli-Tong.) Obb. 1.5 imm. omog. oe. 6 comp. Fig. 11 — Stigmatomyces Baeri Peyr. Sviluppo dell’ individuo dalla spora. (Spiegazione nel testo. L. Q. sviluppo del procarpo € del laseogonio; R. parte superiore di un peritecio prima dell’ evacuazione delle spore; S. tubo, (d. Thax). - Di nuovo sulle Querce di Sicilia dopo la comparsa dello Studio l del Prof. A. Borzi “ LE QUERCE DELLA FLORA ITALIANA „ O Nei miei studii sul Genere, allorquando pubblicai il vol. II pars 2 della Flora di Sicilia (ann. 1906-1907), mi decisi ad ammettere la Q. Dalechampi in Sicilia, per i seguenti motivi di logica e di fatto : 1. L’ esattezza dei non pochi saggi delle località classiche della specie Tenoreana, in mie mani, che sopperivano bene alla deficienza di saggi autentici pei debiti confronti colle piante Siciliane. 2. Le non dubbie citazioni di Autori che l’ aveano annunziata di Sicilia (Etna Biv.). 3. L' esistenza nei poderosi materiali a mani, di una forma ad ogni Passo ricorrente che con nessuna delle specie ammesse in Sicilia da Q i sone o da altri, poteva accomunarsi. 4. L'esistenza nei nostri Erbarii di certi saggi di una certa Q. EM : i è 1 ‘Bennina raccolta e schedata così, da Tineo e da Todaro, saggi che in ni i m. ; ro Di ee si Man modo corrispondono a specie riconosciute in Sicilia, ma corri DE, M ru Ai io tt Ri m l J Vorrebbe d: : 3 i be dire in contrario per demolirla, non Spondono invece, non solo ai saggi continentali (Italia meridion.) della M Dalecham pi ma aneo ai varii saggi da noi raccolti di quà e di là BONA ed ai tanti ricorrenti ad ogni istante, come dissi, nel materiale ell Orto, senza nome alcuno e che non potevano che rappresentare la m Dalechampi per come conchiusi nel vol. della Fl. Sie. sopra . Citato, $ L’ ineluttabile conclusione che tale specie descritta da Tenore e Bertoloni (2) deve esistere a qualche. parte e che tuttociò che si è che il risultato di un Tes (1) Borzi in Boll. R. O. Bot. Pan. ann. 1911. fase. 1. 2. à x Da ho mai dubitato che la Q. Aesculus Bert. sia sinonimo di Q. Da- pi, 520 M. LOJACONO POJERO idea aberrata e di un preconcetto fuori luogo, venuto su per ragioni speculative. 6. Che l'esistenza della Q. Dalechampi nell’ Italia meridionale e giù sino in Sicilia, in nessun miglior modo verrebbe provata, che dalli stessi inani sforzi, che ora l' autore delle Querce della Flora Italiana fa, per dimostrare che essa non ha ragione di essere, e questo che io dico, che parrebbe un paradosso, viene provato per quanto appresso andrò af- fermando. Ma a tutte questè ragioni di carattere forse troppo intuitivo ed al di sopra di esse, poi ce n'è una di un ordine positivo, per sostenere, non già l'esistenza della specie in Sicilia e nel continente, ma per provare il valore di essa, basato su caratteri organici che è curioso che in un genere talmente deficiente di caratteri differenziali di alto valore, possano essere trascurati. | Alludo a quei peduncoli fruttiferi di cui Alph. De Candolle, se ne notò l'esistenza e le differenze, credette speculare su di essi per sostenere un suo assunto: quello di provare che un transito esisteva tra il tipo della Q. pedunculata e della Q. sessiliflora, instituendo le sue due fa- mose varietà della stessa, le var. a e b che stabilivano questo transito presunto, eon soverchio preconcetto e con libertà tanto soverchia che potrei chiamare poetica. Eppure l Ill.mo monografo nel prendere di mira questi peduneoli, non ne notó solo l'esistenza, ma distinse anche i caratteri. Egli allorchè parla della var. apennina, nota: « peduncoli non crassi », ciò che — per farei pensare che egli allude a forme della Q.- pedunculata e dice poi peduncoli crassiores parlando ‘delle due sue varietà a. ambigua © b. Tenorei, nella quale con ogni ragione si deve riconoscere la nostra Q. Dalechampi che il DC. del resto vi porta come sinonimo: Con questo artifizio l Illmo monografo ha creduto stabilire il transito trà i due gruppi pedunculatae e sessiliflorae, della specie prototipa Q. Robur Linneana. Non è il posto qui di dilungarei su questa razza di peduncoli 25 sieme accomunati e che organicamente sono tanto differenti, rappresen” tando nel gruppo della Q. Dalechampi, direi l'estenuazione di assi ter” DI NUOVO SULLE QUERCE DI SICILIA ECC. 521 minali, mentre nelle Pedunculatae essi sono veri peduncoli laterali (1), Quel che importa per ora stabilire si è che DC. si guardò bene di | onoscere la specie italiana del Tenore, però ne fece una cosa a suo — Verso, | | Questo carattere costante, comune ad un certo numero di specie Q Dalechampi, Q. Minaae Lojac. Q. amplifolia e Q. pedemontana — Colla (?), con ragione, tanto più merita ogni considerazione, ed acquista na non dubbia importanza. E veramente è strano come DC. non si Mppe decidere ad appigliarsi ad un partito piü logieo e naturale, sin- - Kéüizzando in modo da estrarre questo gruppetto di Dalechampi ed affini, | dalla lunga serie delle sue Sessiliflorae, anzicchè prefiggersi di stabilire qul transito che tanto confonde le idee, massime in un genere tanto monotono quanto la Querce. Con tutta ragione io non feci alcun conto nel mio precedente studio di ciò che il Prof. Borzi avea scritto su alquante specie Siciliane (2); Prendendo di mira precisamente quelle tali apennine (Tin. T un E Shedulae) delle famose località di Caputo, Luogo di Vitale, Boceadifaleo, T Produrre la sua Q. Vulcanica, sorpassando su quanto Cl era da prendere in quelle pagine del Prodr. (DC. Prodr. v. XVI, post. J. 7), per riuscire ad una strana conclusione, quella di peeing la Pecie Tenoreana, accertata, incontestata in Italia ed anco in prc immettere l’esistenza di una cosa, nientemeno della Lycaoma —— °° in Asia Minore). be vtüdbito 2 fü'quésto suo nuovo studio, si comprende quanto sareb idi Toso al Borzi P atteggiarsi ad una certa tal quale pone da E Tcimento correggendosi, fare un nobile sacrificio alla Scienz la sua E Tiesto nobile slancio per disgrazia gli è mancato e ad geris á “si in quest'ultimo suo lavoro, egli si è visto obligato à rl si Todaro in Giorn. Bot. Ital. vol: I p. 316 pet il ei hi Ste e Sua memoria, constata la natura di wir a di averne saputo . ` Mostra con quell'acume che distingue 1 suoi scritti, ue R il vero valore, : Borzi in Boll. R. Orto Bot. ann. IV fase. I. mo e con termini più ann. 1905. 529 M. LÓjJACONO POJERO | certe meschine risorse, ad espedienti cosi strani e contrarii ad ogni ‘pratica sistematica, da destare il sospetto che lo scopo precipuo di questa sua publicazione che faceva seguire di poco alla comparsa del quarto vol. della mia Flora Sicula, non era quello di illuminare, colla sua au- torevole parola, quanto più, l'ingrato soggetto delle Querce, di eui a buon conto lo si tenea come valente specialista, ma piuttosto a mettere in cattiva luce, quanto appunto con un brevissimo lasso di precedenza, era Stato scritto da altri, venendo così senza saperlo, a lasciare l'argomento nella più disgraziata confusione. i Che. queste parole non sappiano di ostico all’ Ill.mo Professore, mà à dir vero non occorre che ‘io stesso mi curi di tar rilevare quanto anormale è il caso, che un monografo si accinga ad un simile lavoro, (fatto, notisi bene, sul precisissimo materiale studiato da me, tutto com- preso e nulla escluso,) facendo a meno di leggere quanto era stato scritto sulle specie di Sicilia con lieve precedenza, e dico francamente, da me stesso. Comprendo tutta la distanza che passa tra un modesto cultore ed un Illustre specialista, ma anco senza discendere dal suo alto seggio il Borzi, facendo a meno di onorare di una sua visione il mio libro, col semplice maneggio. dei materiali, non avrebbe potuto evitare di imbattersi con tutte le determinazione da me lasciate su tutti 1 fogli dell’. Erbario, ed era naturale, poichè le sue idee scaturivano nel più completo disaccordo colle mie, che di quanto scrisse egli avesse fatto una aspra o serena critica, a suo piacimento, pur di farla, come stretto obligo scientifico. Critica che avrei io accettato di tanto buon grado. : resta Ma poichè a ciò l’ Ill.mo Prof. non credette opportuno accingersi, ora a sapere, spetta al pubblieo ora dire, a chi la ragione, tra le due tanto stridenti versioni. Da canto mio dico, nel più perfetto candore che a restare, direi, sopraffatto in un modo che non è certamente cavalle resco, sotto il peso di un biasimo che appunto perchè non espresso, e venta più grave, acquistando il carattere di una sdegnosa trascuranZh lo sento di non sapermi adattare. A mia discolpa, tali ragioni, ™ Obligano oggi a scendere a dettagli che non posso omettere per la ar ra intelligenza, dolente di non aver potuto con ciò evitare quel p? carattere polemieoso che non può piacere a chi serive e à chi legg^ di ehe domando venia. DI NUOVO SULLE QUERCE DI SICILIA ECC. ' 523 Per riuscire a ciò mi si permetta un breve cenno storico dei fatti che sono la ragione di questo scritto. | Nel 1906 allorquando io ero occupato nello studio delle Querce, scrissi una non breve dissertazione sul Genere che restò inedita. Da questo studio io ne estrassi la parte descrittiva che vide la luce nel 1907 nel IV vol. Flora Sicula. Nello scorcio dell'anno scorso ebbi l’ oppor- tunità di leggere il nuovo studio del Borzi. Davvero ne rimasi stupefatto, dolentissimo poi, perchè sentiva che esso mi obligava ad una serie di incresciose contestazioni per dileguare la quantità di imbrogli di nomi, di sinonimi, di lacune, di erronee ci- . tazioni, di false località, cose tutte necessarie à rettificare trattandosi di Specie, (entità), critiche, locali, rare o nuove. Non ei era altro modo che riandare l’ erbario, allo scopo di trovare Un nesso, tra quanto avea seritto io e quanto ne serivea il Borzi, cosa non troppo difficile, pensando che io avea avuto cura di notare in tutte le mie schede appiccicate ad ogni ineartamento di specie e di varietà, nomi che confrontati con quelli che il Borzi, non potea aver trascurato di mettere agli stessi incartamenti a seconda delle sue vedute, sareb- : bero riusciti a stabilire questo nesso tanto necessario. e Fu grande la mia sorpresa, quando dovetti con un tal q constatare che di tutte le mie schede non nè esisteva più una ! Il Prof. , rzi perciò non solo non volle tener conto del lavoro mio, ma pare (non ei sarebbe altra versione) che con quell'atto abbia voluto distruggere um Vestigie di quanto io coscienziosamente e con grande lena avea * jin per le Querce e pel nostro Erbario ! D la cosa è tanto grave che ogni commento Ora fidando forse troppo sulla mia memoria, gue si t che io non debba restare sotto tale sopraffazione, che _ pren “ Manomissione di un Erbario fatto pel pubblico, dei risultati (quali 2 fossero), di uno studio il eui resoconto avea ricevuto la gan - rige e perciò reso di ragione publica, ET na spen à 2A e procurare di me pre esento. uale sdegno guasterebbe ! animato dal proposi- rS AE. Bosto Al nesso, reintegrare, supplire, F l H sit * r : In questa rapida revisione che qui appresso p AR ERE Eo 524 M. LOJACONO POTERÒ sa Mi si permetta che esponghi anzi tutto ciò che ho trovato, la nuo- va disposizione, la disposizione topografica data a quella mole di saggi che apprestarono lo studio a me ed a Borzi. (1). Credo che ci siano eirea un 40 pacchi (esili), composti di 5 sino a 30 incartamenti (camice), sui quali di pugno di Borzi è scritto il no- me specifico da lui attribuito al contenuto (gli inserti), senz’ altro, se non, quasi sempre appresso al nome, si legge l'affermazione “typica” raffor- zata daun segno ammirativo. In ognuno di questi incartamenti stanno 2-4, 8, 10, e più inserti, alle volte, sui quali stanno appiccicati i saggi, che portano, sia una scheda di mano di Tineo o di Todaro, o privi di sche- da indicante la specie e solo la località, o privi di qualsiasi scheda. E un caso eccezionale che qualche inserto (saggio) abbia la scheda di pugno di Borzi e che in tal caso essa corrisponda alla scheda posta sulla camicia. Sistema pericoloso, quello di non schedare gli inserti, che sfuggendo alle volte, col maneggio, presto si confondono; pericolosissimo poi in fatto di Querce, massime poi nel caso in fonte, che gli inserti s0- no cose eterogenee, cose diversissime tra di loro ed in niun modo ri- spondenti al cartellino esterno ! E questo lo stato preciso delle Querce del nostro Erbario. E siste- mazione? Chiunque giurerebbe nel caso, di trovarsi dinanzi ad un Er- bario ehe tuttora aspetta la sua sistemazione. Ma come mai si puó ammettere una tale ipotesi?! Come ammet- T dopo un lavoro finito, dopo una disposizione data a fascicoli, à incartamenti, a inserti, dopo etichette affisse e scritte di pugno dell'Au. tore, che tutto ciò rappresenti una determinazione, una classificazione provvisoria, e che tutto aspetti tuttora una revisione diffinitiva ?! Se così si volesse supporre, e se si volesse credere che dalla str dente accozzaglia di cose conservate dentro una stessa camicia e Cle non rispondono, quando invece debbono rispondere al nome specifico (1). Noto che una certa quantità, di saggi dell’ erbario di Firenze, qualche sù di qaei > Napoli e di Torino (?) erano allora immischiati colla mass® del- e Querce di Sicilia e che furono perció oggetto anco del mio esame. M. LOJACONO POJERO 525 che questa porta, nome tanto spesso rafforzato da una “typica” o con un segno!, allora si vedrebbe un caso parecchio ridicolo: che estratta tutta quella roba che non risponde alla etichetta di fuori, non resterebbe che il foglio bianco e un’etichetta che non trova più uso! E mi sì creda, non esagero, come qui appresso si potrà rilevare dai due specchietti portati alla fine di questo scritto. Per sommi capi, dò qui la revisione delle specie del lavoro del Borzi. E fatta, non già cioè col prendere il mio libro e determinare la massa di cose prive di nomi, sia perchè i miei nomi sparirono, sia per come si è detto, ai saggi (inserti) il Borzi non ne ha messo nessuno; lavoro improbo, bestiale, a eui mi è mancata la voglia di nuovamente dedi- carmi, ma è fatto per necessità di cose, a forza di memoria, di impres- sioni abbastanza saldamente serbate dal primiero studio, che posso assicurare che meritano ogni fiducia, nè potranno condurmi a pentimen- ti di sorta. - Osservazioni alle Querce Siciliane trattate dal Prof. Borzi nel recente suo studio, in confronto allo studio dello scrivente nel vol. Il part. 2. FI. Sic. ann. 1906-1907. + 0. pedunculata Æhrh. Avrebbesi dovuto accennare se questa m. n si trovi in Sieilia e.se i saggi di S. Lucia (del Mela ?) E reet del Messinese, come eredei io far rilevare, o se siano invece di Sarde- 5, raccolte dal Nicotra stesso. In vero tale dubbio permane, per la leimateriali del Messinese nell'Erbario delle Querce, accolte dal Borzi, da Nie., da un tal Di Leo e qualche altro. Di questa | “Pecie in Sicilia, poteva il Borzi farne rilevare l'esistenza, o la ma TUM trattandosi di specie tanto importante per l'estensione geogranica 9 Simo in Sicilia, se mai. + Intermedia Berang. in Herb. Borzi he s di ro^ oichè la specie restava in Herb., rappresenti? ilio quello già on, rebbesi dovuto dargli un nome che pero non pef : er" ad altre Querce da Don. Kotschy, Mart. p i ve iive he D di nomenclatura prescrivono. E poi, perchè il i i nali ; Nesta Q, lii (interm edia) è un ibrido abbastanza variabile, ? gli deplore val P un nome 526 DI NUOVO SULLE QUERCE DI SICILIA ECC. rendendone la significazione vieppiù oscura e pericolosa, dà per sinoni. mo, nientemeno che una Q. pedunculataXsessiliflorae quel che è più gra. ve di Auct Plur(!). Sarebbe stata cosa prudente come si ‘direbbe, met- terla in quarantena, o relegarla fra i supposti ibridi. La quistione non è di vedere se questa intermedia è un ibrido o non lo è, ma lascian- do la questione degli ¿bridi nelle Querce, vedere se essa avrebbesi po- tuto meritare una diversa appreziazione specifica. Il Borzì non avrebbe dovuto ignorare quanto ci è seritto nelle pa- gine del Prodr. Candoll. su questo problematico ed artificioso passaggio voluto da tanto illustre monografo, del tipo pedune. al tipo sessiliflora, mediante le sue famose varietà di quest'ultima a. b. ambigua e Teno- rei. Ha visto egli in quale rapporto sta questa sua Q. intermedia colle sudette entità, che non sono niente affatto degli ibridi, essendo state da Alph. D. C. stesso, riportate alla famosa specie di Tenore, la Q. Dalechampi ? Suscitare nel caso, idee di ibridismo, produrre nuove intermedie ed alludere a prodotti di Q. pedunc. XQ. sessilifl., mi sem- brano gesta audaci che toccano un tasto delieatissimo che non è giu- sto trattare così alla svelta. Nel lavoro del Prodr. questo è un punto debole che non ho dubbio che al pari di me, altri abbiano già dovuto criticare. Q. sessiliflora Salisb. Si omette. Nessuno ha mai trovato questa specie. Rammento che Todaro in una perizia di carattere commerciale affidatagli da una Soc. costruttrice, emise il parere che essa non esiste in Sicilia, sostituita in tutto e per tutto come si è creduto universal mente, dalla Q. Zanuginosa Thuill. Strobl che tanto perlustrò le Ne- brodi non ne parla. Fa pena che il Borzi che se non riusci a scopri” la nell'Erbario (vi era schedata da me!), l'ebbe in dono da me con ear tellino (ove financo era scritta l’altitudine ove fu da me scoverta) non credè parlarne. Questo magnifico albero fu scoverto, da me, assieme al P Egr. mio amico Prof. Frid. Cavara nel 1907, nei boschi piü elevati a Piano Costantino (Reg. Pomieri, Madonie), Esso cresce gregario © densamente formava un gran tratto di foresta. Avea tale abito proprio; che a. prima giunta, ad una distanza di cirea 300 m. essa attirò l mia attenzione. Ne fui proprio sorpreso tanto la forma era insolita. (continua) M. SAVELLI Prima contribuzione alla conoscenza della Flora micologica della Provincia di Forlì INTRODUZIONE sta alt : : Di: an E contribuzione il primo lavoro attorno ai mi- e 1 > Jib ` » 4 de, E. a Provineia di Forli, dello studio sistematico dei quali 0 sinora erasi occupato. In va È . . ge rie escursioni da me compiute avevo av n certo n 3 : è " li Scie di umero di mieromiceti; nel 1913 un appassionato cultore nze a To : . TF - mew üligent turali, il signor Rag. Pietro Zangheri di Forli ha iniziato diligente : mente la raccolta di un buon materiale. issimi ringraziamenti per avermi gliore delle uto modo di osserva- do E. niat e C per i e s classificazione di tula materiale e la mi BS . ssere in qualche modo utile, benchè lontano, alla nostra gna. " Le prima contribu TERN "i postata di dedicarmi alle raccolte dell orino. Er delle quali non ho ricorda Forli, le ES dallo Zangheri br ta; le altro E creduto superfluo ripetere ogni Bii di‘mia no saltuariamente. riem - mo Per Set e di gite m vari passi tribazioni su 0 RES la sistematica ho seguito e se Ta ecessive, I’ ordine delle Tabulae compara zione ne seguiranno altre man mano che o Zangheri spe- to il luogo ove furono segna” campi limitrofi alla città di volta il sito di raceol- e nel 1912 e 1913 in della Provincie. guirò nella con- tivae del Prof. darne una sue ografia dio gu* ara e la Flora importanti, di riguarda la bibli Briosi e Cav Ho cinta à creduto bene per le specie più * e S > Specie Eee ho eitato per quanto Italica i Sylloge del Saccardo, l'Essiceata ryptogama. Dal La i M. SAVELLI ile conedu di Fitopatologia di ecu Apri 528 M. SAVELLI BASIDIOMYCETAE Ord: Uredinales Fam. Uredinaceae Tribus Melampsoreae Sect: Amerosporae 1) Cronartium Asclepiadeum (Wild.) Fr. Syll. VII p. 597 ' su foglie di Cynanchum Vincetoxicum 2) Melampsora Ariae (Schleich. ?) Fuck. Syll. VII p. 592 su foglie di Sorbus domestica Osserv. Sori uredosporei minutissimi : uredospore ellittiche od ovali 28-30»18 p. echinulate, giallognole, teleutospore obblunghe o elavate 30-48 X9-6 u, brune. 3) Melampsora farinosa (Pers. Sehrot. Syll VII p. 587; Essice: Briosi et Cav. N. 32 : su foglie di Salix alba 4) Melampsora populina (Jaeq.) Lév. Syll. VII pag. 590; Essicc: Briosi et Cav. N. 5 su foglie di Populus nigra Ord. Uredinales Fam. Uredinaceae Tribus Puccinieae Sect. Amerosporae D) Uromyces Acetosae Sehrót. Sace. Syll. VII p. 537; Flora Ital. Cryptog: Fase. 4 pag. 72 su foglie di Rumex Acetosae Osserv. L'ó trovato diffuso nel 1913 nella località Rovere. 6) Uromyces Anthyllidis (Grev.) Sehroet. Syll VII pag. 551; dari Ital. Cryptog: Fas. 4 pag. 53 su Trigonella Foenum-graecum Osserv. Riseontrato nel 1913 nella località Massa. Si 1) Uromyees appendieulatus (Pers.) Link. Syll. VII p. 535: par Briosi et Cav. N. 3; Flora Ital. Cryptog: Fase. 4 p. 43 PRIMA CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DELLA FLORA MICOLOGICA 529 su Phaseolus vulgaris 8) Uromyces Astragali (Speg.) Saec. Syll: VII pag. 550 su Onobrychis viciaefolia 9) Uromyees Betae (Per. Kühn Syll. VII p. 536; Essice: Briosi et Cav. N. 353; Flora Ital. Crypt: Fas. 4 pag. 70. 10) Uromyees caryophyllinus (Sehrank) Sehroet. Syll; VII p. 545 Essice. Briosi et Cav. N. 30; Flora Ital. Cryptog. Fase. 4 pag. 66 su Dianthus Caryophyllus 11) Uromyees Coluteae (Arth.) Syll. XXI pag. 546 su foglie di Colutea arborescens 12) Uromyces Fabae (Pers) De By. Syll VII pag. 531; Essice. Briosi et Cav. N. 56; Flora Ital. Cryptog. Fase. 45 su Vicia Faba. 13) Uromyces Genistae-tinetoriae (Pers.) Fuck. Syll. VII pag. 550; Essice. Briosi et Cav. N. 156; Flora Ital. Cryptog. Fas. 4 p. 60 su Cytisus Laburnum, Cytisus nigrieans e Cytisus sessi- lifolius : j Osserv. Nella pag. inf. delle foglie si notano sparsi i sori cotanta polverulenti uredosporei; uredospore ellittiche od ovali 20-30X17-24 y, echinulate, brune. 14) Uromyces Rumicis (Schum.) Wint. Syll. VII pag. 544; Flora tal Crypt. Fase. 4 pag. 73 su Rumex crispus . Osserv, trovato presso la località Rovere n 15) Uromyces striatus Serót Syll VII pag. Cav. N, 4, Flora Ital. Cryptog. Fase. 4 pag. 56 su foglie di Medicago sativa 16) Uromyces Terebinthi (DC.) Wint. Syll. VII p Tulien Oryptog. Fase. 4 pag. 40 j su foglie di Rhus Cotinus. ; Osserv, Sori teleutosporei ipofilli, isolati, minuti; "^ pedicello jalino 29-30» 17-19 y. IP Agosto 1912. 549: Essiec. Briosi et ag. 552; Flora teleutospore bru- Sect. Didymosporae : Essiec. 17) Puccinia bullata (Pers) Schroet Syll. VIE pas: - 530 M. SAVELLI Briosi et Cav. N. 210; Flora Ital. Cryptog. Fase. 7 pag. 197 su Peucedanum Cervaria 18) Pueeinia Buxi (DC.) Syll VII pag. 688; Flora Ital. Crypt. Fas. 7 pag. 214 su fogliedi Buxus sempervirens presso Terra del Sole 1913. 19) Puccinia Cerasi (Bereng.) Cast. Syll VII pag. 640; Essice. Briosi et Cav. N. 35; Flora Ital. Cryptog. Fasc. 7 pag. 218 su Prunus Persica su Prunus Avium 20) Puccinia graminis (Pers.) Syll VII pag. 622; Essice. Briosi et Cav. N. 33 e 59; Flora Ital. Cryptog. Fase. 7 pag. 288 su Triticum aestivum 21) Puccinia Malvacearum (Mont.) Syll. VII pag. 686; Essic. Briosi et Cav. N. 38. Flora Ital. Cryptog. Fase. 7 pag. 215 su Malva silvestris su Althaea officinalis : 22) Puccinia Menthae (Pers.) Syll. VII pag. 617; Essice. Briosi s Cav. N. 58; Flora Ital. Cryptog. Fase. 7 pag. 159. Su Satureja Nepeta Osserv. Nella pag. inferiore delle foglie si trovano abbondanti i sori uredosporei; le uredospore sono rate ovali o ellittiche, leg germente brune 24-26 x 16-19 y. 23) Puccinia Pruni-spinosae (Pers.) Syll. VII pag. 648. Essice. Briosi et Cav. N. 6; Flora Ital. Cryptog. Fase. 7 pag. 219 su Prunus Armeniaca 24) Puccinia Sorghi Schwein. — P. Maydis (Bereng.) Syll VII d 659, Essice. Briosi et Cav. N. 7; Flora Ital. Cryptog; Fase. T pag: 3 su foglie di Zea Maydis 1915. Sect. Phragmosporae 25) Phragmidium Rubi (Pers. Wint. Syll. VII pag. 745; E Briosi et Cav. N. 164 su Rubus fruticosus 743 26) Phragmidium Sanguisorbae (DC.) Schrot, Syll. VII pag su Poterium Sanguisorba ss] cC. PRIMA CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DELLA FLORA MICOLOGICA 581 21) Phragmidium subeortieium (Schrank.) Wint. Syll. VII p. 746 Essice. Briosi et Cav. N. 8 e 63 su foglie di Rosa sp. 28) Phragmidium violaceum (Schultz. Wint. Syll. Essicc. Briosi et Cav. N. 287 su Rubus fruticosus VII pag. 144; Formae inferiores 29) Aecidium Clematidis (DC.) Syll. VII pag. 774 su Clematis Vitalba Osserv. Forma appartenente secondo Dietel alla specie Puccinia Agropyri (Ell. et Ev.) Oesterr. bot. Zeitsehr, 1892 Band. 42 p. 261. Ord. Ustilaginales Fam. Ustilaginaceae Tribus. Ustilagineae Sect. Amerosporae 30) Ustilago Maydis (DC.) Syll. VII pag. 472; Essice. Briosi et Cav. N. 2 In brattee di Zea Maydis presso località Rovere. 31) Conad Tritiei (Pers.) Jens. Syll. IX pag. 283 In spighe di Triticum aestivum. Ord. Ustilaginales Fam. Ustilaginaceae Tribus Tilletieae Sect. Amerosporae 32) Tilletia levis (Kuhm) Syll. VII pag. 485 su Triticum vulgare Osserv. trovato in località Burzano 1913. ASCOMYCETAE Ord. Pyreniales Fam, Perisporiacee 532 M..SAVELLI Tribus Erysipheae 33) Podosphaera tridactyla (Wallr.) De Bary Syll. I pag. 2 Essice. Briosi et Cav. N. 292 su foglie di Prunus domestica e P. Cerasus. Osservaz. Lo trovai nel 1913 in località Castiglione. 34) Sphaerotheca Humuli (DC.) Burr. Syll. I pag. 3 su foglie di Humulus Lupulus Osservaz. In ogni località della Provincia. 35) Sphaerotheca pannosa (Wallr.) Lév Syll. I pag. 3; Essic. Briosi et Cav. N. 10 su foglie di Rosa Osservaz. In ogni località della Provincia. re 36) Erysiphe graminis (DC.) Syll I pag. 19; Essice. Briosi et Cav. N. 174 su foglie di Avena e Poa Osservaz. trovato presso la località Rovere nel 1913. Tribus Capnodicae Sect. Phaeodictyae 37) Capnodium salicinum Mont. Syll. I pag. 73 su foglie e rami di Salix Alba Fam. Sphaeriaceae Tribus Sphaerelleae Sect. Hyalodidymae 38) Sphaerella Fragariae (Tul.) Syll. I pag. 505 su foglie di Fragaria vesca Osservaz. in orti presso Terra del Sole. 39) Sphaerella hedericola (Desm.) Cooke Syll. I pag. 481 su foglie di Hedera Helix | Osservaz. presso Terra del Sole estate 1913. xII 2 Sphaerella Oxyaeanthe (Jaap) Sace. et Trotter. Syll. 22 pag. 1 su foglie di Crataegus Oxyacanthe RR e 3708 2 dé ES Sd I OE To PRIMA CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DELLA FLORA MICOLOGICA 533 Osservaz. Determina macchie oeracee, irregolari sulle foglie; nella pagina inferiore si notano periteci, minuti, globosi 120-140 p.; aschi fusoidi, fasciculati, aparafisati, 40 X 18-20 y. ottospori; spore fusoidi 9 clavate, per lo più Lsettate, jaline 14-16 X 4,5-5. Quantunque le dimensioni degli aschi siano un pò differenti da quelle date nella Syll. {Vedi l. e.) ho creduto di riferire il fungo a questa specie per la perfetta coincidenza degli altri caratteri. Tribus Sphaerieae Sect. Phaeosporae ` 41) Rosellinia necatrix (Hartig. R.) Berl. Syll. XVII p. 595 su radici di Vitis vinifera i Osservaz. Lo riscontrai varie volte in molti luoghi della Provincia Fam. Ceratostomataceae Sect. Scolecosporae 42) Ophiobolus graminis Sace. Syll. IT pag. 349 Essice. Briosi et Cav. N. 306 su Triticum aestivum Fam. Dothideaceae Sect. Hyalosporae 43) Phyllachora Cynodontis (Sace.) Niessl. Syll. II pag. 602 Essice. Briosi et Cav. N. 74 su foglie di Cynodon Dactylon Osservaz. Lo notai presso Terra del Sole 1 44) Phyllachora graminis (Pers.) Fuck. Syll. IT pag. 602 su varie graminacee Osservaz. in località Massa Ord. Discales Fam. Phacidiaceae Sect. Hyalosporae 534 M. SAVELLI 45) Pseudopeziza Trifoli (Bernh.) Fuck. Syll. VIII pag. 725; Essiec. Briosi et Cav. N su Trifolium inearnatum su Trifolium medium Sect. Scolecosporae 46) Rhytisma acerinum (Pers.) Fr. Syll. VIII pag. 753: Essice. Briosi et Cav. N. 9 su foglie di Acer campestre Ord. Gymnoascales Fam. Exoascaceae 47) Exoaseus deformans (Berk.) Fuck. Syll. VIII pag. 816 Essiec. Briosi et Cav. 104 su foglie di Prunus Persica 48) Taphrina aurea (Pers.) Fr. Syll VIII pag. 812: Essice. Briosi et Cav. N. 168 su foglie di Populus nigra Osservaz. E’ diffusissimo da qualche anno sul Populus nigra in tutta la Romagna, determinando le caratteristiche bollosità sulle foglie con abbondante pruina giallo-oro nelle concavità della pagina inferiore. PHYCOMYCETAE Ord. Oomycales Fam. Cystopodaceae 49) Cystopus candidus (Pers) Lév. Syll VII pag. 234 Essiec. Briosi et Cav N. 901 su foglie di Capsella Bursa-pastoris, Brassica oleracea 90) Cystopus Tragopogonis (Pers) Schrôt Syll. VII pag. 234; Es Briosì et Cav. N. 276 su Scorzonera PRIMA CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DELLA FLORA MICOLOGICA 535 Fam. Peronosporaceae 51) Phytophthora infestans (Mont. De Bary Syll VII pag. 237; Essice. Briosi et Cav. N. 26 su foglie di Solanum Lycopersicum Osservaz. In ogni loealità della Provineia 52) Plasmopara nivea (Ung. Sehrót Syll. VII pag. 240; Essice. Briosi et Cav. N. 203 su Foenieulum offieinale i 53) Plasmopara viticola (Berk et Curt.) Berl. et De Toni Syll. VII pag. 239; Essiec. Briosi et Cav. N. 1 e 27 su foglie di Vitis vinifera 54) Bremia Lactucae Rege! Syll. VII pag. 244 Essice. Briosi et Cav. N. 51 su Centaurea jacea 55) Peronospora Fragariae (Roze et Cornu) Syll. VII pag. 260 su foglie di Fragaria vesca Osservaz. IL? ò trovato varie volte in orti presso Forli. MYXOMYCETAE | Ord. Myxomycales ! Fam. Myxomycetaceae E Tribus Didymieae . 56) Spumaria alba (Bull) DC. Syll. VII pag. 388 su foglie e rami putrescenti Osservaz. Lo notai in varie località (Rovere, orti di Forli, ece.). DEUTEROMYCETAE Ord. Sphaeropsidales Fam. Sphaerioidaceae Sect. Hyalosporae 91) Phyllosticta Brassitae (Curr.) West. Syll. III pag. 38 su foglie di Cavolo in orti presso Terra del Sole 536 M. SAVELLI 58) Phyllostieta osteospora Sace. Syll. III pag. 34 su Fraxinus Ornus Osservaz. Sulla pagina superiore delle foglie forma macchiette irre- golari, rossiccie, sulle quali si scorgono pienidi globosi 80-90 y, con- tenenti spore bacillari, jaline 5-6 x 0,8-1 vu. 59) Phyllostieta Paliuri (Lév.) Syll. X pag. 111 su Paliurus Australis 60) Phyllostieta Portulacae (Saec. e Speg.) Syll. III pag. 52 su Portulaca oleracea ^ 61) Phoma Amaranthi (Brun.) Syll. XI pag. 492 su Amarantus retroflexus Osservaz. Macchie ovali o ellittiche, isolate o confluenti di sec- chereccio, 3-4 mm. di diametro; pienidi epifilli, bruni; spore jaline, 1,20 x 3,50 y. ; 62) Placosphaeria Onobrychidis (DC.) Syll. III pag. 245 su Hedysarum eoronarium Osservaz. Nei fusti determina macchiette allungate, brune, sulle quali si trovano piccole masse stromatiche nere contenenti spore à forma di girino, jaline, 8-9 X 2-1, pu Sect. Phaeosporae 65) Sphaeropsis hedericola (Speg.) Syll. III pag. 295 su foglie di Hedera Helix Osservaz. Frequentissimo presso Terra del Sole Sect. Scolecosporae 64) Septoria Alismatis (Oudem.) Syll. III pag. 569 su Alisma Plantago Osservaz. Macchiette tondeggianti di 2-3 mm. di diametro in ambo le pagine delle foglie, brune specialmente agli orli; nella pagina infe- riore si notano pienidi minuti contenenti spore cilindriche, un pò strette all’ estremità, jaline, per lo più diritte, 1-settate, 18-20 X 5; DA p Su 65) Septoria castanicola (Desm.) Syll. III pag. 504; Essice. Brios! et Cav. N. 47 È PRIMA CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DELLA FLORA MICOLOGICA 537 su Castanea sativa Osservaz. Sulle foglie determina macchie irregolari prima isolate poi confluenti, brune: pienidi ipofilli, minuti, 70-80 p.; spore per lo più curve, jaline, trisettate, 30-35 X 44, 5 p. 66) Septoria cornicola (Desm.) Syll III pag. 492; Essiee. Briosi et Cav. N. 196 ; su Cornus sanguinea 67) Septoria Gardeniae n. sp. Sulle foglie esistono aree essiccate dalle quali nella pagina inferiore sporgono minuti cuscinetti bruni. Le sezioni di tali aree hanno messo in evidenza un micelio di ife sinuose, cilindriche, angolose, ramificate, larghe 5-7 p. jaline, settate, piene di goccioline oleose, che si insinuano fra gli elementi istologici; si vedono specialmente incuneate fra le cellule del tessuto a palizzata e fra le cellule epidermiche della pagina inferiore. Frequentemente tali ife convergono verso pienidi globosi, deiscenti, di dimensioni medie 80 X 96 u., subimmersi nei tessuti, bruni, a margine più scuro, eon basidi subeilindriei, numerosi, a spore filiformi, l-trisettate, jaline, ai lati un pò più strette, 16 24 X 2, 5-3 p. Era sorto in me il dubbio che il fungo parassita non fosse altro ehe la Stagonospora Gardeniae (F. Tassi); ma P habitat, la forma, le dimensioni e i setti delle spore costantemente rispondenti alla descri- zione data qui sopra, mi convinsero doversi riferire il fungillo al genere Septoria, Non eorrispondendo però esso ad alcuna delle specie finora deseritte, eredo opportuno indicarlo col nome di Septoria Gardeniae (1). 68) Septoria incondita (Desm.) Syll. III pag. 479 su foglie di Acer Opalus Osservaz. Determina macchie irregolari, isolate o confluenti, di color rosso mattone sovente a contorno giallo, sulle foglie. Nella pagina —— . (1) Septoria Gardeniae Savelli. Maculis pallidis foliorum subcircularibus, Confluentibus; pienidis hypophyllis, minutissimis, globosis, atris, pertusis, 80-96 p. diam; sporulis filiformibus, hyalinis, 1-treseptatis, utrinque attenuatis, 16-245 2,5-3. Hab. in foliis Gardeniae (Forlì Italia Boreale). 588 M. SAVELLI inferiore notansi pienidi bruni contenenti spore jaline, l-settate, per lo più faleate, 36-44 X 2, 40 y. 69) Septoria Petroselini (Desm.) Syll. III pag. 530; Essice. Briosi et Cav. N. 143 su foglie di Apium graveolens. 70) Septoria piricola (Desm.) Syll. III pag. 487; Essice. Briosi et Cav. N. 22 su foglie di Pirus communis 71) Septoria Populi (Desm.) Syll III pag. 502; Essice. Briosi et Cav. N. 46 su foglie di Populus nigra. 72) Septoria silvatica (Pass.) Syll. III pag. 563 su Brachypodium pinnatum Osservaz. Piecolissime macchie ellittiche a margine bruno sulle foglie: picuidi neri, rotondeggianti, 96 v. di diametro contenenti spore jaline, faleate l-settate, 21-94 X 2.5 y. Sect. Phaeophragmiae 73) Hendersonia grossulariae (Oud.) Syll. XIV pag. 954 su rami di Ribes uva-spinae Osservaz. Rametti aventi l epidermide lacerata longitudinalmente; nei tessuti messi a nudo vi sono pienidi bruni, 96 X 120 p., lentieolar! contenenti spore brune per lo più ellittiche raramente fusiformi, triset tate, 12-14 X 7.20 y. 14) Hendersonia sarmentorum West. Syll. III pag. 420 su sarmenti seechi Osservaz. Lo trovai in loealità Castiglione nel 1913. 75) Hendersonia torminalis (Sace.) Syll. III pag. 429 su Pirus torminalis Osservaz. Determina macchiette epifille, brune per lo più isolate, nelle quali si formano pienidi neri, lenticolari, sparsi, con spore plat oblunghe, 14-16 X 45 u., 3-4 settate, brune, più chiare agli "PP inserite su basidi filiformi lunghi 10-12 u., densamente riuniti. 16) Hendersonia Viciae-fabae n. sp. PRIMA CONTRIBUZIORE ALLA CONOSCENZA DELLA FLORA MICOLOGICA 539 Sulle foglie di varie piante di Fava ho notato delle macchie di secchereccio lunghe circa 1 em. 1 !/,, larghe 5-6 mm. orlate di una fascia di un bel color rosso pallido, sfumato verso il centro della macchia. L’ essiccamento completo della foglia non è frequente poichè quasi sempre il deperimento rimane circoscritto nelle zone o macchie predette. L’ osservazione di queste col microscopio binoculare mise in evi- denza nella pagina superiore delle sporgenze nere, carbonacee. Dalle diverse sezioni eseguite, si videro al microscopio numerose ife, serpeggianti fra le cellule, di colore olivaceo piuttosto chiaro, fre- quentemente settate, molto sinuose, larghe 3,60 - 4,80 p.; decorrono per lo più isolate, e quà e là si vedono convergere verso i puntini neri, costituiti da picnidi carbonacei, un pò depressi che disgregando le cellule epidermiche e la cuticola sporgono nella pagina superiore del lembo. Tali pienidi sono di dimensioni 120-130 p., rotondeggianti e con- tengono spore di colore fosco-olivaceo ben accentuato, trisettate di rado l-settate 12-19 X< 4.80 p. leggermente acute dal lato ove s'inseriscono sui basidi; questi sono esili, brevi, molto fitti, inseriti su tutta la superficie interna del picnidio. Il fungo parassita che risulta essere la causa del deperimento delle foglie di Fava appartiene indubbiamente al genere Hendersonia; dalle indagini eseguite per identificarne la specie non ho potuto riferirlo a nessuna delle specie finora descritte. L’ Hendersonia Lupini Cooke et Hark. (Saccardo Sylloge Vol. III Pag. 431) trovata su piante di Lupino in California, differisce dalla presente specialmente per il colore e le dimensioni delle spore; I’ Hen- dersonia sarmentorum Var. Genistae (Hollós) differisce per P habitat oltre che per le dimensioni delle spore, essendo stata trovata su rami secchi di Genista tinctoria; così dicasi per l Hendersonia genisticola (Hollós). Per eui indieo il nuovo parassita eol nome di Hendersonia Vieiae fabae Savelli (1). Tie (1) Hendersonia Viciae fabae Savelli. Maculis amphigenis, cia -applanatis, nigris, erum us, "phil, ÉD fs sor sg, spi e 1219 — 4.80 fa, Deeptatis üsco-olivaceis; basidiis rectis, brevibu b. in foliis Vicia Faba (Forli A Bor.). 540 M. SAVELLI Ord. Melanconiales Fam. Melanconiaceae Sect. Hyalodidymae * 11; Marsonia Fragarine (Sace.) Syll. XIV pag. 1031 su foglie di Fragaria Vesca Osservaz. in orto presso Terra del Sole Ord. Hyphales Fam. Mucedinaceae Sect. Hyalosporae 18) Monilia fructigena Pers. Syll. IV pag. 34; Essice. Briosi et Cav. N. 182; Flora Ital. Cryptog. Fasc. 10 pag. 580 su frutti di Pirus communis 79) Oidium erysiphoides Fr. Syll. IV pag. 41; Essice. Briosi et Cav. N. 41; Flora Ital. Cryptog. Fase. 10 pag. 594 su foglie di Trifoglio Osservaz. Lo trovai presso la località Villagrappa nel 1913 Oidium Evonymi-japonici (Arcang,) Sace. Syll XVIII pag. 506 Essice. Briosi et Cav. N. 412; Flora Ital. Cryptog. Fasc. 10 pag. 599 su foglie di Evonimo Osservaz. Frequente nelle siepi di Evonimo di ogni località della Provineia. Oidium quereinum Thüm Syll. IV pag. 44; Flora Ital. Cry pto£ Fase. 10 pag. 600 su foglie di Quereus peduneulata e sessiliflora Osservaz. Lo trovai diffuso nel 1913 in tutte le località della Provineia. 82) Oidium Tuckeri Berk. Syll. IV pag. 41; Essice. Briosi et Cav: N. 131; Flora Ital. Cryptog. Fase. 10 pag. 598 | su acini di uva. & 83) Penicillium erustaceum (L.)—P. glaucum Link. Syll. IV pue s Flora Ital. Cryptog. Fase. 10 pag. 645 su frutti marcescenti Osservaz. Trovato a Forli. PRIMA CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DELLA FLORA MICOLOGICA bai — 84) Botrytis acinorum Pers, Syll IV pag. 15 su acini mareescenti di uva Osservaz. Notata in loealità Castiglione. 85) Botrytis Bassiana Bals. Syll IV pag. 119 Flora Ital. Cryptog .Fase. 10 pag. 683 su larve di Bombyx mori 86) Botrytis vulgaris (Pers.) Fr. Syll. IV pag. 128; Essiec. Briosi Cav. et N. 183 e 185 su organi vegetali in via di decomposizione Osserv. presso Terra del Sole. 81) Ovularia Bistortae (Fuek.) Syll. IV pag. 145; Flora Ital. Cry- ptog. Fase. 10 pag. 702 su foglie di Polygonum Bistorta Osserv. in località Castiglione. Ord. Hyphales Fam. Tuberculariaceae Sect. Hyalosporae 88) Tubercularia dryophila (Pass.) Syll. IV pag. 646 su foglie di Quercus robur Osserv. Determina sulle foglie macchie ampi per lo più isolate, circondate da una zona fo- pagina inf. si no- e circolari di secche- reecio, a volte confluenti, sco-violacea: in corrispondenza di tali macchie nella tano puntini neri costituiti da ammassi di sporofori: le spore sono ja- line, rotonde, piccolissime. ; Ord. Hyphales Fam. Stilbaceae Tribus Hyalostilbeae Sect. Hyalophragmie Syll. IV pag. 630: Essice. Briosi et 89) Isariopsis griseola Sace. 193 Cav. N. 47; Flora Ital. Cayptog. Fase. 6 pag. su foglie di Phaseolus vulgaris Osserv. Trovato in orto presso Rovere nel 1913. 549 M. SAVELLI Ord. Hyphales Fam. Dematiaceae Sect. Amerosporae 90) Ellisiella Ari (Pass) Syll. X pag. 592; Flora Ital. Cryptog. Fase. 8 pag. 282 | : su Arum italicum Osserv. Sulle foglie determina macchie aride, tondeggianti, isolate o eonfluenti, orlate da una zona fulvo-bruna, cespitoli anfigeniei punti- formi, disposti a cercini concentrici alle macchie; ife sterili fosche, € ‘rette, pallide all'apiee, continue, lunghe 70-100 w; coindi jalini,. conti- nui 18-20X5 uw. basidi nulli. Sect. Phaeodidymae 91) Cladosporium fulvum Cooke Syll IV 363; Essice. Briosi et Cav. N. 351, Flora Ital. Cryptog. Fase. 8 p. 349 ^ su foglie di pomodoro Osserv. in orti di Forli e Rimini. 92) Cladosporium herbarum (Pers) Link Syll. IV pag. 350, Flora tal. Cryptog. Fase. 8 pag. 331 ru foglie di varie piante Osserv. in orto presso Terra del Sole. 93) Cladosporium Lycopersici Plow. Syll. X pag. 602; Flora Ital Cryptog. Fase. 8 pag. 350 su frutti di pomodoro Osserv. in orti di Forli e Rimini. 94) Fusieladium dendritieum (Wall) Fuck. Syll. IV pag: ei Essiec. Briosi et Cav. N. 140; Flora Ital. Cryptog. Fase. 8 pag. 31 | su foglie e frutti ài Pirus Malus NN A Osserv. Molto diffuso da qualche anno in ogni località della vincia. 95) Fusicladium pirinum (Lib.) Fuck. Syll. IV pag. 346; Esie Briosi et Cav. N. 43; Flora Ital. Cryptog. Fasc. 8 pag. 317 su foglie e rami di Pirus communis. PRIMA CONTRIBUZIONE ALLA CONOSCENZA DELLA FLORA MICOLOGICA 548 Sect. Phaeophragmiae 96) Heterosporium gracile (Wallr.) Saec. Syll. IV p. 480, Essice. Briosi et Cav. N. 115; Flora Ital. Cryptog. Fasc. 9 p. 448 su Iris germanica Osserv. Sulle foglie si notano macchie ellittiche di seechereccio, orlate da una zona bruna: da tali macchie spuntano ife settate, oliva- eee 65-70x 10 p, con spore oblunghe, olivacee, generalm. 3-settate, 50-55X 18-20 y. 97) Clasterosporium Amygdalearum (Pass.) Syll. IV pag. 391; Es- sice. Briosi et Cav. N. 113, 189; Flora Ital. Cryptog. Fase. 8 p. 369 sn rami di Prunus Persica Sect." Phaeodictyae 98) Maerosporium Lycopersici Plour. Syll. X pag. 676; Flora Ital, Cryptog. Fase. 8 pag. 505 su frutti di Solanum Lycopersicum Osserv. Lo riscontrai nel 1912 e 1913 in molti orti di Rimini, Forli, e presso Terra del Sole. Sect. Scolecosporae 99) Cercospora Beticola (Sace.) Syll. IV pag. 456; Essice. Briosi et Cav, N. 86; Flora Ital, Cryptog. Fase- 8 p. 412. su foglie di Beta vulgaris 100) Cercospora viticola (Ces.) Sace. Syll IV pag. 458; Essicc. Briosi et Cav. N. 114; Flora Ital. Cryptog. Fase. 8 p. 429 su foglie di Vitis vinifera Osserv. Sulle foglie determina maechie di secchereccio ocracee i- solate o confluenti, 7-9 mm. di diametro; nella pagina inf, si notano da fasciculate, settate, ocracee e conidi allungati 50-60X9-0 p, olivacei Fam. Mycelia Sterilía 101) Selerotium cepivorum (Berk) Syll. XIV pag. 1151 su piante di Allium sativum E Hood (OW. saverli 102) Rhizoetonia violacea Tul: Syll. XIV pag. 1175; Essice. Brio- si et Cav. N. 225 su radici di Bietola Osserv. in località Rovere, Villagrappa 1912 e 1913. E 1 SUPERSTITI DELLA PALEOFLORA MEDITERRANEA PER L. NICOTRA 0 L'aver trattato di già della disgiunzione floristica mediterranea, cioè d'un fatto splendidamente osservabile in questo dominio, e nello stesso per primo osservato (1), mi spinge ora a trattare quello, ond’esso è parte, o meglio avviamento, quello cioè delle reliquie ancora visibili del passato floristico di tale dominio. In questa nuova trattazione con- gruo posto troverà la considerazione comparativa, che mi proponevo fare fra la flora orientale con l'afrieana e l’ italica, e che adesso vedo toccata in uno scritto recentissimo (2); e ne troverà magari quella, cui appena ò accennato (3), relativa alle piante paleotirreniche. — Se a proposito delle disgiunzioni avevo invocato la paleogeografia, come sussidio precipuo a renderle razionali; adopererò ora le disgiun- zioni a ricostituire in parte la flora paleomediterranea, giovandomi così esse ad attingere lo scopo qui prefissomi, e ad un tempo pigliando il proprio posto in un tema piü generale, comparendo rivelatrici dei re- sidui di uno stato geografico trascorso, d'una più vasta area già oceu- pata. (4) Certamente non è sperabile la ricognizione di tutti i superstiti della paleoflora mediterranea; chè se ci saranno criterii, onde essa pos- . sa farsi, non sarà facile, nè talora possibile, la loro applicazione. Ma è d'altro canto una necessità, un dovere nostro l'aecingerei, come dice il Briquet (5), à degager la phytogéographie mediterraneenne du domaine purement descriptif et la faire entrer dans la place des recherches sur les origines et le developpement des flores. E, non ostante io ab- bia ragione di consultare, meglio che altri, più di me fortunato, quid DI 1 (1) Cfr. Boissier, Voy. bot. en Espagne. (2) A. Trotter. Gli elem. balcanico-orient. della fl. it. ( coragg. di Napoli, 1912). (3) Ad Aspromonte, (Bull. d. soc. bot. it. Anno 1910). (4) De Candolle, Geogr. bot. rais., ch. X (passim). (B) Recherch. s. 1. flore d. mont. d. la Corse (Genéve, 1901). Atti del R. Istit. d'in: 546 L. NICOTRA valeant humeri, quid ferre recusent, ò voluto affrontare l'argomento, meno respinto sentendomi dalle sue difficoltà, che attirato dalla sua bel- lezza e dall’importanza sua. Tale difficoltà, grande sempre, qualunque sia la flora, onde si trat- ta, è grandissima per la mediterranea; poichè, se la flora più omoge- nea, c'insegna il De Candolle, e la più limitata vuol riguardarsi come costituita da elementi di differente origine, qual non dev'essere la com- plieazione offertaci dalla storia genetica di quella del dominio mediter- raneo, determinata da una differenziazione marcatissima, da relazioni multeplici con altre flore, e da varie emigrazioni ed immigrazioni, da perdite svariate, da frammentazioni successe in diversi tempi, quindi da varii accantonamenti e da varie condizioni d'endemismo (1)? Pure, è quest’ intricato sistema di avvenimenti, ciò che ci porge qualche bandolo a risolvere il problema delle origini e dell’ evoluzione d'una flora: la fenomenologia floristica viene rischiarata la mercè di quel nesso, che unisce fitogeografia e filogenesi, di quell’ altro, che uni- sce fitogeografia e paleogeografia; e ciò che nuoce ad uno sguardo em- pirico, stante l'insufficienza di questo a cogliere i rapporti genetici, gio- va ad uno sguardo razionale; sicchè, dice benissimo l'Engler, lo scom- piglio delle forme (Formengewir), mentre spaventa il puro sistematico, produce la gioja del fitogeografo indagatore di storia genetica. Gli è, direi, come un esperimento andato e vóto, che scandalizza e sconforta il discepolo, mentre è suscettibile di aprire una via nuova di inchieste al maestro; poiché l’uno vorrebbe bearsi con la facilità d’ un metodo semplicistico, mentre l'altro à la virtù e la soddisfazione di scrutare, quanto è più possibile, davvicino il sintesismo dei fatti naturali. Dissi non esserci possibile di riconoscere tutti à superstiti; ma, posto ancora che arrivassimo a conoscerli tutti, non avremmo perciò che soltanto un’idea pallidissima della paleoflora mediterranea (2). Noi (1) La disgiunzione dipende da vicende paleogeografiche (De Cand., Géogr. bot. p. 1041). (2) Come pallidissima idea della flora delle età geologiche trascorse ci dànno le ricerche paleontologiche, magari se esse fossero appieno compiute. La decima- zione subita dal mondo vegetale nelle put» del globo è stata enorme as- sai; e solo uno studio condotto con criterii morfologici ce lo potrebhe rivelare. I SUPERSTITI DELLA PALEOFLORA MEDITERRANEA 547 consulteremo un archivio, che va perdendo i suoi vetusti documenti, mentre va arriechendosi di nuovi: siamo nel caso di chi vuol farsi idea d'un idioma morto, del quale restano però quà e là le tracce lessico- grafiche e grammaticali in vecchie scritture o in lingue tuttora parlate. Ci occorre analizzare una risultante nata da elementi di varia origine, di varia età; dacchè una flora è creazione del tempo e di una com- plessissima rete di azioni. Una volta era ereduta creazione operatasi in blocco, quindi risultante da elementi coetanei; come fattura simigliante | credevasi un vetusto documento letterario, prima che fosse nata la eri- tica. E allora non c’era luogo a inchiesta genetica. Ma quando la eri- ‘tica apparve; non fu più credibile che sia stato unico l’autore di quel . documento, unica l'epoca di sua composizione, inalterata nel corso dei tempi la redazione sua; e si cercò di mettere in rilievo Ja serie dei col- laboratori, le disposizioni intellettuali di essi, lo stile e l'idioma impie- gni particolare elaborazione, irimaneg- il posto, l'entità delle interpola- BEN Me e —- | gativi da ciascuno, l'epoca di o giamenti successivi, quindi il numero, = zioni, delle lacune, degli scambii, degli errori commessi, dei guasti pro- — dottivi dagli anni o da fortunose vicende, degli equivoci indotti da traduzioni scorrette o da oblique interpretazioni. Il florista, tentando anch'egli di scoprire i varii componenti entrati nella composizione di una flora, perviene al riconoscimento di alcuni, riguardabili come pre- ziosissimi indizii d'un'antiea fase floristica: egli trovasi nelle stesse con- dizioni del critico, che scopre i residui del documento originale, 1 trat- indici dello antichissimo stato, ito (1). E la floristica del rsyth-Major, di Herzog, di Briquet è già rrivata il Conspectus del Nyman) di puro - anche in qualche lavoro (come è adito a ricerche più estese, che, di intento descrittivo. E aperto così l (1) Tali residui, siano di flora o di fauna antica, si son detti fossili viventi, la mercè di un binomio, impressionante, pel contrasto che esprime, come es di statua parlante o di morto vivo. Essi potranno à bensi resentanti fos- sili, come ne ànno di viventi; ma potranno anche dirli fossili ? 548 L. NICOTRA una maniera splendida, sebbene ancor non compiutamente, si vedono consegnate nel prezioso Versuch di Adolfo Engler. Ed è altresì in que- sto libro del sommo botanico alemanno, ehe apparisce l'importanza della geniale idea paleogeografica del nostro Savi, di quell'idea cioè, che fa scindere la presente Italia in due provincie fitogeografiche differenti, e fa perciò conseguire alla geografia botanica del Mediterraneo forse il suo più notevole passo in avanti; poichè la provincia tirrenica non rap- presenta, che una reliquia geografica del primitivo asse tettonico italia» no, mentre l’adriatica rappresenta quella d’un continente di formazione posteriore a tale asse. L'opposizione tra questi due membri geografici, ‘che scindono Italia e Mediterraneo è poi accresciuta dal predominio di rocce silicee nell'uno, e di calcari nell’altro. $ 1. Conclusioni paleogeografiche Conviene dunque anzitutto accennare alle ragioni geologiche di que- sta fondamentale bipartizione della flora mediterranea. In sul termine del periodo eretaceo due grandi continenti esistono nel Mediterraneo; l iberotirrenico, che si lega alla Francia meridiona- le, alla Toscana e, con l'estremità occidentale, all'Africa (Algeria); € il taurodinarico, limitato a nord da una curva i cui punti estremi e me- dio sono la Bosnia settentrionale, Tiflis, il Mar di Marmara. La peniso- la italiana, come la Sicilia quasi tutta e la più gran parte dell’ Africa boreale, sta sotto le acque; ed un’insenatura marina inoltrasi fra siste- ma corsosardo e Spagna, arrivando fin dove oggi sta Maiorca (1), un brac- cio marino atlantico entra dal Guadalquirir, e un altro dal Marocco (2). (1) La quale isola creava allora formazioni di acqua dolce. (2) Ofr. Lapparent, Ann. d. geogr. XV. Che la cordigliera betica fosse allo- ra unita con le Alpi per via delle Baleari e del sistema corsosardo l’ afferma il Nolan (Bull. d. la Soc. geol. franc. XXII). Il cristallino dei Mauri è parte i una catena, oggi affondata a Lione, che si legava ai Pirenei, e si riattaccava (è È te, dice Lapparent) al sistema corsosardo. Le Hyères e le Baleari sono reliquato attestante lo sfasciamento d'essa catena. I risultati degli studii di I SUPERSTITI DELLA PALEOFLORA MEDITERRANEA 549 Ma forse l’integrità del continente occidentale à dovuto essere più evi- dente, prima ancora che il detto periodo volgesse alla sua fine; poichè, mentre il sopracretae:o manea in una parte soltanto delle Alpi marit- time e nelle Apuane, c’ è nella costa orientale della Sardegna; e. men- tre il cretaceo medio in Messina e in Calabria mostrasi indipendente dall'inferiore e dal superiore, questi Gue membri trovansi in Sicilia verso sud e verso ovest. (1) Elba e Corsiea esistono in quel tempo imperturbate, essendovi fra loro una lacuna dall infralias fimo al- F eoceno. La catastrofe, onde chiusesi l'éra secondaria e s' iniziò l invasione eocenica fu però quella, che modificò la geografia cretacica al nord d'occidente; ove eoceno poggia su cristallino, su paleozoico, su trias, infralias, creta, e per lo più in diseordanza, mentre nel resto del Me- diterraneo l eoceno, sviluppatissimo (libiano di Zittel\, concorda col eretaceo (2). Essa intanto non fu estesa, come lo fu la cretacica. Ba- sterebbe ricordare poi, che in questo periodo giganteggiassero i Pirenei, l' Apennino di già abbastanza figurasse, e le Alpi indi provassero un sollevamento definitivo, per convincersi che mano mano il mare ridu- Europa è quasi continentale cessesi e spostassesi verso sud. Tutta l ligniti finalmente annuneia nell’ oligoceno, e lo sviluppo di torba e di un predominio di terre, una flora assai più ricca dell’antecedente. L'A- e lo sono altresi quelli del Suess, del antiche fra Alpi marittime e Cor- la superficie del mare esiste nel ione fra Capo corso e Genova; Italia, attestati Hang, di Termier, sono in ciò concordanti; nostro Lotti e di altri. Le analogie geologiche Sica sono evidenti; una zona cristallina sotto — |. terre, 1897 pag. 294); Gorgona, tario si palesano anelli di congiunzione pregressa fra c | Sica. (1) Cfr. Seguenza, Studii geol. e pal. | Linc. XII), donde risulta che il mare cretaceo Sieilia all'Africa. (2) Corsica, Elba, Liguria, Baleari, te cosi, sul cret. med. dell It. mer. Memor. d. estendessesi dalla Calabria e dalla Spagna ei mostrano V eoceno poggian- 550 L. NICOTRA frica settentrionale offre anch'essa un regime continentale in qualche punto, oltre il sollevamento importantissimo dell’ Atlante (1). Da qui comincia una storia geologica peculiare pel dominio me- diterraneo, costituita dalla successione dei piani del Suess, storia che non e importa. neanche di venire sommariamente esponendo. Importa bensì cogliere solo quel tanto di paleogeografia, che ci fa bisogno, ad aver lume nel condurre lo studio impostoci; e, prima di questo, impor- taci rilevare il fatto della complicazione paleogeografiea occorsa allora per le emersioni posteoceniche, con che veniasi alterando la semplicità dei due sudetti continenti posteretacici, venendo essi a contrarre fra loro rapporti di contiguità specialmente verso sud. Ora si à un paleomediterraneo; e, meno che al loro inizio, i po piani mediterranei (2) in linea generale offrono un progressivo esten- dimento delle terre emerse; offrono talora indubbii segni di mari spi- ranti (Schlier); insomma preponderano i depositi estramarini; sicchè dalle profondità aquitaniane siamo via via condotti alla più notevole spinta alpina, cioè alla fortoniana. L’ invasione marina non è difatti così profonda come | eocenica, sebbene trasgredisse e sull’ eoceno e sul cristallino. In questo lasso di tempo il continente occidentale subisce vari frazionamenti: la Spagna sopratutto viene invasa da mare; l’area, oggi occupata dal Rodano, ne viene invasa del pari; incisa viene nel nel senso quasi dei meridiani la Sardegna; la Corsica resta assai allon- tanata dalle Alpi; l’Italia peninsulare subisce un abbassamento e $i (1) La comunicazione fra Linguadoca e Delfinato già ostruivasi; lagune eoceniche poterono costituirsi /ad Albenga, a Ventimiglia p. e.); si accumularono ligniti a Majorca p. e.); si stabili talora un regime d'estuario (p. e. al Colle di Tenda). Nella piccola Sirti un lehm sabbioso, gessifero, che ricopre la creta, indica assenza di mare dal cretaceo al pontico inclusivamente. Il sistema corso sardo, leso nelle sue relazioni continentali con altri membri della Tirrenide, S! mantiene in quelle, che aveva coi Pirenei, con la Spagna, con l’ Africa. (2) Di depositi mediterranei non si può parlare, se non ora che si à un vero Mediterraneo: la eui prima fase è marcata nel Bartoniano dalla chiusura ad oriente, alla quale fa seguito più tardi la betica. Il prof. De Stefani (nella sua elaboratissima e dotta memoria: Les terr. fert. sup. du bass. d. l. Medit.) fa vedere, che talora la distinzione dei detti piani sia meramente batimetrica. I SUPERSTITI DELLA PALEOFLORA MEDITERRANEA 551 fraziona in isole, quantunque il mare, che circonda Alpi marittime. ed Apennino, non arrivi a penetrare nel margine tirrenico di questa ca- tena (1). L’ orientale invece restava pressochè intatto al nord, mentre al sud il mare diventava estesissimo, dal Sinai e dall’ Egitto venendo sino alla Spagna, quindi passando su parte di Calabria, su Malta, Lampedusa, Lampione, sulla Sicilia quasi tutta, sul Sahara, sulla Libia, lasciando isole nell’ Egeo e nel Ionio, entrando da Gabes per andare a riuscire nell’ Atlantico. Dunque il Mediterraneo era come gettato verso mezzodi, e possedeva aeque più salse per la mancanza di fiumi (ad eccezione del Nilo); la temperatura subtropicale vi faceva vivere qualche animale dell’ oceano indopacifico, e faceva prosperare nell'Europa una fora africana. La linea che passa per Creta e Rodi segna il termine del detto continente, i cui strati a congerie si ripetono nelle isolette adriatiche e negli Apennini, dimostrando ancora qui la connessione già osservata fra esso e l’Italia orientale. Il regime stesso, che fu dominante in Oriente, sin dall’ inizio del periodo miocenico, e che è accusato dai depositi salmastri o d' aequa dolce, dalle steppe di Odessa, dal gesso, dalle ligniti, dal salgemma, dal tripoli, detto sarmatico, pontico, ara- locaspiano, pannonico, tenne poi anche la porzione occidentale dei paesi mediterranei in sulla fine, dando luogo alle maccalube di Sicilia, al gesso, alle ligniti, al tripoli, che in essi paesi trovano qua e là magari notevole sviluppo, e facendo accettare come tipico P equivalente piano messiniano (2). ; ^ —— (1) Seguenza nota che dal Langhiano o Elveziano in su un decrescimento di profondità marina si avveri in Calabria. Nota altresi, che ivi (come in Sardegna) manchi la zona gessifera; e il De Stefani, concordemente, riconosce sul versante tirrenico un mioceno superiore ma; marino, e, sebbene interrottamente, esteso dalla Liguria occidentale sino a Catanzaro; ciò che collima con l’ ammessione di terra emersa in Toscana; oltre che nella Tolfa e in Calabria, ove mostrasi inoltre abbastanza elevata. In Corsica frattanto, come a Nizza, si ànno depositi littoranei, d'acqua dolce; nel Rodano si à torba. (2) A me pare intanto, che la denominazione tunque trattasi dell’ applicazione d’ un nome anteriormente usato; l fu proposto in origine, a sostituire quello, che Seguenza aveva prima introdotto, e che parve classico al Meyer. E poi l’orizzonte, cui il nome Seguenziano rite- non sia appropriata, quan- poichè esso 552 L. NICOTRA " Vedesi così, che nell ultima fase del periodo miocenico l'emersione delle terre dovette manifestarsi, e spiccata, sulla porzione occidentale del Mediterraneo; emersione, della quale non ci taremmo idea adeguata, se il periodo seguente, iniziatosi con abbastanza estesa e profonda sommersione di una parte di esse terre, non ne avesse rispettata in guisa l’ altra parte, da potere esser additata magari oggi come spettante all’ insieme del continente emerso precedentemente, perchè priva di depositi altrove sovrappostisi durante la sommersione predetta. Questo sviluppo della superficie continentale, dovuto anche ai depositi profondi formatisi durante l’eocene, accompagnato dalle predette condizioni di clima e di suolo, dovette riuscire assai importante al progresso della flora paleomediterranea; e rieseon benissimo concordanti le eozseguenze, logicamente deducibili da tal dato paleogeografico, coi risultati dell'in- chiesta paleofitologica e fitogeografiea, dandoci così il bandolo per ispie- gare varii fatti, che dovranno oceuparei nel presente studio, e possibil- mente prevederne di novelli. Il progredire della eontinentalità manifestossi davvero assai erande nell’ ultima fase mioeeniea; ma il regresso del mare erasi iniziato già nell’ elveziano, e non fece che aecentuarsi sempre più nel forfoniano e nel messiniano, quando l'estremo della penisola italiana andava elevandosi all’ unisono con la Sicilia e il cireummediterraneo (1). (continua) riscesi, è tutt'altro. Del tripoli messiniano ò già io studiato le diatomee; intor- no al quale studio ó pubblicato una nota nel I. vol. del Boll. della soc. geol. ital. (1882). (1) Seguenza, Le formaz. terz. nella prov. di Reggio (Mem. Acc. Line. vol. VI, 1880). L' A. lagnasi qui che un emendamento illegittimo del Meyer; * quanto egli aveva proposto nel 1867, abbia avuto conseguenze dannose nella nomenclatura dei terreni terziarii. Questi lagni mi eran noti molti anni primés avendo allora inteso dalla bocca del mio venerato maestro, che Meyer um messiniano come sinonimo di zancleano; ma, poichè il primo di essi nomi viene impiegato a designare un terreno miocenizo, mentre il secondo designav® yi plioceno inferiore, e ancora lo designa, non mi riesce comprensibile | aver qui adottato Seguenza stesso l’ un nome e l’ altro, senza toccare della loro originale sinonimia menomamente. Gli ultimi studii di lui fanno, che il messiniano non sia un piano separa” RECENSIONI E. Küsrer. Riproduzione e sessualità nelle piante (Vermerung u. Sexualität in d. Pflanzen). | Questo interessante opuscolo, corredato di 38 figure, fa parte della collana di pubblicazioni edite, da Teubner di Lipsia, sotto il nome Aus Natur u. Geistewe!t. Essendo stato pubblicato alcuni anni or sono, il libro non appartiene alle novità librarie, ma non per questo ha per- duto il suo pregio, specialmente se si considera che deve servire più che altro a diffondere le cognizioni botaniche nel pubblico, anziche nell’ambito degli specialisti in materia. Introduzione. L'Autore dopo aver fatto rilevare che l’accreseimento si compie in modo differente negli animali e nelle piante, essendo nei primi temporaneo, continuo nelle seconde, fa rilevare che lo sviluppo implica la riproduzione, nel senso che alcune parti si staccano dal: ceppo materno per crescere indipendenti (riproduzione agamica), 0 si fondo- no a due a due prima di iniziare il nuovo cielo (riproduzione sessuale). I. Riproduzione agamica o vegetativa. Questo processo può avvenire a spese di qualsiasi parte della pianta, o solo di talune di esse. a) Nelle piante superiori. Varii sono i processi di moltiplicazione: ‘distacco di rami e di radici: separazione di membri o di germogli in Lemna: formazione di gemme avventizie nel callo, sia questo radicale, eaulinare, o fogliare: sviluppo di gemme per effetto dell'innesto: mol- tiplieazione per stoloni, rizomi, tuberi o squame gemmifere (Allium): trasformazione in gemme vegetative di infiorescenze: comparsa di gem- me sulle foglie nelle Felci, nei Sedum e via dicendo. b) Nelle piante inferiori. L'Autore ricorda il distacco accidentale: „di pezzi nelle alghe e funghi: la divisione dei bacteri e delle diapomoe, seguita, in queste ultime, da completamento del guscio stato dimenga- to: la proliferazione dei rami giovani nei Muschi: la formazione di 564 RECENSIONI propagoli nelle Marcantiacee: l’isolamento di talune cellule del proto- nema, o di foglioline ricche di sostanze nutritive (Muschi): lo sviluppo dei Soredi nei Licheni: la formazione frequente di spore di varia for- ma, mobili o immobili, isolate o unite, esogene o endogene che si formano su qualunque parte dell’ organismo o in particolari organi (Ecidi di Puccinia, imenio dei Basidiomiceti, et.). Le spore endogene nascono spesso in sporangi, per trasformazione di tutto o di parte il plasma di questo in elementi riproduttori. La riproduzione asessuale non è priva à’inconvenienti, determinando col tempo una diminuzione di vitalità nei discendenti. II. Riproduzione sessuale. L'argomento è trattato, innanzi tutto, dal punto di vista storico, a cominciare dall'epoca di Aristotele per venir giù, mano mano, alle concezioni di Teofrasto, Plinio e poi attraverso il medioevo, alle vedute di Mattioli, Cesalpino e Boek, dalle quali ri- sulta che la denominazione di piante maschili e femminili viene fatta più che altro in base a caratteri sistematici. Il seme è per Cesalpino una gemma, e lo stesso concetto ba il Mal- pighi. Un po’ meno oscura appare la sessualità al Grew, ma una intui- zione alquanto scientifica del processo incontrasi solo in Camerarius che dimostra la sterilità delle piante dioiche o monoiche private dagli stami. Col Kohlreuter la scienza progredisce notevolmente: per mezzo di incroci questi dimostra, fra l'altro, che il succo pollinico si fonde con quello delle cellule stimmatiche per arrivare alla cavità ovarica come sostanza fecondante. Osservatore ancor più acuto si mostra Amici che riesce a segui re il tubo pollinico lungo il suo tragitto all'ovario. Per quanto concer- ne le crittogame, osservazioni di un certo rigore si incontrano nei la- vori di Unger, Naegeli, Hofmeister et., che accennano o agli anterozoidi o alla natura dell’archegunio e dell’anteridio: vengono poi i lavori di Thuret e Pringsheim sulla fecondazione nelle Alghe. Solo tuttavia in tempi recenti si ha un vero edifizio scientifico coi classici lavori 9 Hertwig, Strarburger ed altri autori sulla fusione dei nuclei sessuali, sulla divisione di riduzione, sugli elementi diploidi ed aploidi, sul me mero dei cromosomi. AO ETES ati 6 TIENE Ce QE ET 7 Cl art CR EL SRE REV T o toi EE e |- vom LT ae RECENSIONI 555 a) Zigoficee e zigomiceti. Dalle forme più degradate isogamiche si passa per gradi alle eterogamiche: i gameti sono nudi, o eigliati, mo- bili od immobili: spesso in quest’ultimo caso la fecondazione ha luogo nelle cellule stesse che producono i gameti. Esempi di isogamia ci ven- gono offerti dalle Zigoficee ‘e dai Zigomiceti. La fecondazione ha spesso luogo per mezzo di rami di collegamento tra due individui e talora succede nello stesso ramo di unione (Debarya). Gameti mobili presentano le Cloroficee e le Feoficee : nell’ Ulothrix ogni cellula vegetativa può formare più gameti cigliati, mentre in molte Feoficee solo determinate cellule diventano gametangi. Talora prima dell'unione i plasmi abban- donano la loro membrana (Diatomee, Desmidiacee et.). Oltre alle zigo- spore compaiono spesso anche le zoospore. Un’esaltazione della sessua- lità si ha quando l’ unione non può avvenire fra cellule dello stesso micelio, ma solo fra rami di mieeli, o individui differenti (Mucorinee). Un accenno di eterogamia è reperibile nella Spirogyra, in cui per lu più il contenuto di uno dei filamenti percorre il canale di comunica- zione per fondersi con l'altro che resta immobile. Più accentuata è questa in Bryopisis, Sirogonium ete, poichè qui l elemento femmineo è più grande del maschile. Lo stesso dicasi per gli Ectocarpus, i cui ga- meti femminili si fissano al substrato e quivi vengono circondati dai maschili. b) Ooficee e Oomiceti. La fecondazione ha luogo per mezzo di sper- matozoi ed è eterogamica. Le cellule sessuali sono contenute in anteridi ed oogoni. Tutte le cellule del tallo possono diventar sessuali o sole talune. L'elemento maschile nasce accanto al femmiueo entro il quale versa il contenuto (Vaueheria, Peronospora et.) per addivenire ‘alla fecondazione che da luogo a una o più osporoe. Non mancano i casi in cui gli elementi maschili sono portati da individui differenti dai femminei, o in concettacoli più o meno nettamente separati. Nei Fucus i gameti maschili e femminili si spandono nelle acque prima di accoppiarsi mentre in altre forme dai gameti femminili ade- renti, la fecondazione da luogo allo sviluppo di apparati speciali peri- sporiali. e) Saccaromiceti. Riproduzione per gemme e per spore: in quest'ul- timo caso previa fusione degli individui a due a due. Nell’ Eremascus 556 RECENSIONI a bia m s t e , H x è ‘albus i miceli si avvolgono a spira l'uno sull'altro per fondersi all’ api- ee, dove compaiono 8 spore. Lo: stesso ha luogo iu Dipodascus, in cui però uno dei filamenti è ricettore e quindi femmineo. Talora alla fecondazione tiene dietro la formazione di un promicelio che poi si divide (Saccaromyces Ludwigi). d) «Ascomiceti e Floridee. Gli Ascomieeti sono caratterizzati dalla presenza di conidi e di aschi. Copulazione e formazione di spore sono per lo più fenomeni separati e appartenenti a stadi differenti. Due rami miceliali contigui si fondono in Sphaerotheca Castagnei funzionan do l’uno da maschio l’altro da femmina : questo ultimo si div.de e al- fine forma l’asco. L'oogonio di Pyronema confluens è fornito di tricogino che serve ad avviare l' elemento maschile verso il femmineo. Qui si ha fusione di più nuclei sessuali e l oogonio fecondato dà origine a più cellule ascogene septate. Alla fecondazione nei Penicillum, Eurotium ete. precede l'avvolgimento a spira dei filamenti sessuali. Abbastanza complessa è la fecondazione dei funghi associati alle alghe nei Licheni. Così in ‘Collema ed altre forme la porzione del tallo destinata a diventare ri: produttrice forma una specie di gomitolo sormontato dal tricogino ; ‘accanto ad essa nascono i ricettacoli maschili (spermogoni) i cui sper mazi procedono alla fecondazione abs del tricogino come organo di unione. Molto più complesso però è l'atto sessuale nelle Floridee, dove pure sonvi anteridi con spermazi e organi femminili muniti di tricogino. Dopo la feeondazione si formano speciali filamenti sporigeni che terminano con una o più spore. e) Cariogamia. L'autore illustra con parecchi esempi la successione degli stati di unicità e duplieità nucleare nei miceli e fa rilevare € me le cellule destinate a diventar aschi siano dapprima binucleate poi mononucleate per fusione di nuelei e restino tali fino al momento della divisione nucleare precedente la formazione delle spore. Alla -cariogamia o fusione nucleare sono stati assegnati significati differenti, -volendo alcuni riconoscere in essa un vero atto sessuale, altri solo un processo d’indole vegetativa. Nelle Ustilaginee la cariogamia si maui- festa pel fatto che in parecchi casi dalle spore nasce un promicelio sporidioforo i cui sporidi si uniscono per rami trasversali e fondono i RECENSIONI 551 nuclei à due a due. Già da tempo Dangeard aveva osservato che le giovani spore che si formano lungo il micelio di talune Ustilaginee sono dapprima binueleate e poi mononueleate per cariogamia, di guisa che la formazione delle spore è preceduta da duplice fusione nucleare come negli Ascomiceti. i Un po’ diversamente si comportano le Uredinee. La Puccinia gra- minis sviluppa, all'autunno, le teleutospore (nei grani) che in prima- vera danno un promicelio sporidioforo. Le spore sviluppano sulle foglie di Berberis un micelio cogli ecidi le cui ecidiospore ritornando sui grani producono uredospore e teleutospore. Ora queste ultime sono dap- prima binucleate poi mononucleate (per fusione nucleare). Colla for- mazione degli ecidi si hanno di nuovo cellule binucleate per emigra- zione dei nuclei di talune cellule in altre: le spore binucleate danno origine a un micelio pure tale al pari delle uredospore. Nei Basidio- miceti alla formazione delle spore sui basidi precede car;ogamia e di- visione nucleare. La cariogamia fu pure osservata nei conidi degli Ascomiceti e nelle Alghe. Così il nucleo della zigospora di Spirogyra crassa si divide due volte di segnito dopo di che due nuclei degenerano mentre gli altri si fondono. Analoghi fenomeni furono osservati nei Pro- tozoi e gli stessi accennano quasi ad un processo di divisione di riduzione. L’autore fa seguire a questi esempi di cariogamia alcuni altri che si manifestano in tipi forniti di macro e micronuclei (Parameci, Diato- nee ete.) facendo rilevare che la stessa può esser talora accompagnata da divisione del plasma susseguita da fusione delle cellule (Pedogamia di Polytoma). Egli poi conclude che la cariogamia essendo stata sc- gnalata in cellule prettamente vegetative non può sempre aver un si- gnifieato sessuale. f) Archegoniate omosporiee. Il gruppo comprende forme fornite di archegoni e anteridi: come tali le Felci ed i Muschi si collegano al- le Gimnosperme da un lat , alle Archegoniate eterosporee dall’ altro. Nei Muschi dall’ oogonio fecondato nasce lo sporogonio colla relativa capsula, sorretto dal peduncolo, per cui gran parte del materiale della cellula sessuale viene sottratto alla formazione delle spore. Lo sporo- gonio vive quasi parassita sulla pianta madre. I Muschi portano gli organi sessuali sulla pianta frondosa, le Epatiche su un tallo per lo 558 RECENSIONI più in speciali apparati, le Felci infine su un protallo cuoriforme ed effimero. In queste ultime dalla cellula femminea fecondata trae origi- ne.dapprima un embrione che si sviluppa spesso in una grande pian- ta frondosa portante, più o meno precocemente, le spore alla pagina in- feriore delle fronde, entro a speciali sporangi, per lo più aggruppati. Lo sporofito nelle Felci si separa dal gamofito, è molto più grande di questo e più durevole. Nelle Archegoniate omosporee si ha pertanto una vera genera- zione alternante, di cui già trovansi accenni in altre forme meno evo- lute. Ora le cellule di quella parte della pianta che porta le cellule sessuali contengono nuclei con un numero di cromosomi ridotto, quelle invece provenienti dalla cellula ovo fecondata hanno nuclei con nume- ro doppio di cromosomi. g) Archegoniate eterosporee. Sono caratterizzate dalla presenza di macro e mierosporangi dai quali nascono rispettivamente protalli ma- schili e femminei. i Lo sporofito però che ne deriva è uniforme. Accenno di queste condizioni si trova di già in talune Archegoniate omosporee à protalli ora maschili ora femminei, derivanti perciò da spore mor- fologicamente uguali, fisiologicamente differenziate (o divento unises- suali per condizioni di nutrizione). Nelle Archegoniate eterosporiche si ha una riduzione notevole del gametofito il quale resta incluso nella spora. Accenni di riduzione si hanno tuttavia già in talune Archegoniate omosporiche. h) Gimnosperme. Affini alle Archegoniate eterosporiche, sviluppano un embrione nella macrospora. La fecondazione avviene quasi sempre per mezzo di un tubetto pollinico. La riduzione della generazione al- 'ternante è ancor più accentuata che nelle Archegoniate eterosporee. L'o- vulo inserito sulia squama femminea non è altro che un grosso macro- sporangio contenente un’ unica macrospora (sacco embrionale) avo dalla nucella (parete dello sporangio). La spora si fa pluricellulare e il tessuto situato presso l’apice di essa dà origine agli arehegoni colla cellula ovo e con quelle del collo. Ogni archegonio sta adunque immerso in un tessuto analogo al protallo delle erittogame, cui viene dato il nome di endosperma. Nelle Gimnosperm? RECENSIONI 559 troviamo in più il tegumento. I microsporangi o sacchi pollinici, pure inseriti su squame, contengono i granuli polliniei (mierospore). L’impol- linazione è anemofila. Germinando la mierospora forma un protallo ru. dimentale e la cellula dell’ anteridio dopo essersi divisa si allunga in tubetto contenente due nuclei spermatici. Il tubetto giunto sull’archegonio mette in libertà il nucleo maschile che va a unirsi a quello feminineo. L'embrione che ne deriva si forma alla base dell'arehegonio e si affonda nell'endosperma. In Cycas e Ginkgo il tubetto pollinico porta ancora due spermatozoidi cigliati. Le Gimnosperme differiscono dalle archegoniate eterosporiche, sia per la formazione di un semo, sia perchè grazie a questo, lo sviluppo si arresta temporaneamente colla maturità dell'embrione, mentre nelle erittogame ció ha:luogo dopo la formazione delle spore. In aleune Gimnosperme vi ha poliembrionia. Le Gnetacee che ra p- presentano le Gimnosperme più elevate e più affini alle Angiosperme si differenziano dalle altre per la mancanza di Archegoni, sostituiti da una massa plasmica piena di nuclei femminei e portante alla base resti di cellule di protallo. I nuclei femminei possono esser fecondati in parecchi, per quanto al fine uno solo si sviluppi in embrione, men- ‘tre g'i altri formano l'endosperma. i) Angiosperme. Caratteristiche principali sono: ovuli racchiusi in ovario e circondati da uno o due tegumenti: riduzione notevolissima del protallo: formazione dell'endosperma. La cellula madre del sacco embrionale presenta un nucleo primario che si divide in8 per formare asma, le due sinergidi (archegoni rudimentali), la cellula col relativo pl (resti di protallo cvo, i due nuclei secondari del sacco e le antipodi sterile). I mierosporangi sono un po' differenti da quelli delle Gimno- sperme: in questo, fra l'altro, si formano ancora una o più cellule ste- rili accanto all'anteridio, mentre nelle Angiosperme vi ha sol più un nucleo avvolto da plasma quale rappresentante del protallo maschile. sua volta è pure soltanto avvolto da pro- toplasma, si divide nel tubetto pollinico per dar due nuclei sessuali. La fecondazione avviene per la via del canale stilare e del mieropilo, ‘0 attraverso i tessuti dell'ovulo (porogamia e calazogamia). Uno dei nuelei maschili si unisce a quello della cellula femminea, l’ altro con Il nucleo generativo, che a 560 RECENSIONI quello del sacco embrionale (doppia fecondazione). Si hanno quindi di- sposizioni ricordanti quelle, osservate nelle Gnetacee, e grazie le quali l'endosperma che ne deriva ha spesso carattere ibrido (Xenia). Occorre ‘però notare che l endosperma delle Angiosperme non è l’ omologo di quello delle Gimnosperme: in queste esso rappresenta il tessuto pro- tallico portante gli archegoni, in quelle è un complesso cellulare sui generis. Le Angiosperme si comportano del resto pure antiteticamente rispetto alle Grittogame per quanto concerne i processi evolutivi. In- fatti lo sporofito diventa in esse lo stadio evolutivo più importante, mentre il gametofito si riduce al sacco embrionale ed al tubo pollinico. Nulla è mutato per quanto invece concerne lo stadio aploida o diploi- da dei nuclei, a prescindere ben inteso da lievi divergenze. . N III. Problemi di indole generale. 1.) Affinità sessuale. Nel processo fecondativo solo cellule fra loro più o meno affini, ma con esponente sessuale diseguale si attirano. L’ attrazione è dovuta probabilmente a secrezione di sostanze speciali (chemotattismo) atte a determinare ta- lora la direzione del movimento delle zoospore. Il chemotattismo di- venta negativo quando provoca la repulsione di due cellule sessuali: esso forse vale ad impedire l’autofecondazione. Di questa tuttavia ab- biamo taluni esempi sia neile piante inferiori che superiori. Zigomiceti di Basidioholus, Distomee, Spirogyra, Graminacee, fiori Cleistogami ete.), ma in non pochi casi l'autogamia è o sterile o feconda, ma in questo caso dannosa, pei discendenti, Perciò noi troviamo spesso delle disposizioni atte a renderla difficile (fiori longistili e brevistili) o a limitarla all’ ultimo periodo della vita fiorale. Anche negli animali l autogamia è sterile 0 feconda, € pure spesso dà prodotti scadenti. Nella fusione sessuale che comprende tanto l’unione dei nuclei (cariotaxi) che dei plotoplasti (ci- totaxi) si ha quasi sempre soltanto copulazione di un unico elemento maschile con uno femmineo, dopo di che le affinità sono saturate e non può quindi, in generale, aver luogo una successiva fecondazione. In qualche. caso alla fusione dei plasmi non tiene subito dietro quella dei nuclei (Closterium, Cosmarium, Uredinee): Il fenomeno quasi opposto si ha nelle cariocinesi di riduzione in eui si ha una temporanea fusio- ne di cromosomi. i , E RT CHRON E TP S AR RECENSIONI 561 2. Ibridismo. Pochi sono i casi noti fra le piante inferiori, nume- rosi fra le superiori. L’inerocio riesce tanto più facilmente quanto più grande e l’affinità fra i parenti. Vi hanno però ineroci parziali, come è il caso per Mirabilis longiflora il cui polline può fecondare l’ ovulo di M. Jalapa, mentre il polline di questa è inattivo su l'ovulo della prima. Talora un elemento inadatto alla fusione può tuttavia eccitare l’al- tro individuo a sviluppare gli organi sessuali (Mucor a contatto di Rhizopus). Anche il mezzo esterno può influire sull’ibridazione, come l’at- testano le ricerche di Loeb sugli Echinodermi. Al Mendel spetta il me- rito diaver posto le basi veramente scientifiche della dottrina dell’ i- bridismo i cui problemi fissano oggigiorno l’attenzione di quasi tutti i biologi. 3. ‘Polispermia. Si conoscono insetti e vertebrati, le cui uova sono fecondate da più di un elemento maschile. Casi abnormi di feconda- zione furono pure segnalati nelle piante (fecondazione delle Antipodi, penetrazione di due elementi maschili in una sola cellula sessuale di Spirogyra et., fusione di tre gameti in Profosiphon). 4. ‘Partenogenesi. Non poche Crittogame hanno perduto la facoltà di riprodursi sessualmente. Così Mougeotia genuflexa sviluppa ancora i filamenti di congiunzione, ma spesso non copula più i plasmi, e così pure è frequente la formazione di spore senza precedente copulazione. Molti casi di formazione di embrioni, senza l’intervento della feconda- zione sono stati segnalati fra le piante superiori e questo avviene pressochè normalmente in Taraxacum, Thalictrum, Alchemilla ete, molte delle quali piante presentano persino un polline sterile. Tipico fra le piante infe- riori, è l'esempio della Cara crinita che si riproduce, in Europa, malgrado l'assenza degli elementi maschili: del resto casi abbastanza interessanti di partenogenesi furono pure descritti nelle Spirogyra, Empusa, Sapro- legnia, Licheni et. Sono pure noti esempi di partenogenesi più o meno accidentali. Il Protosiphon mantenuto a una certa temperatura dà dei gameti che si sviluppano ulteriormente: lo stesso dicasi pei Gameti di Ectocarpum e per quelli di Coutleria delle coste di Inghilterra dove gli elementi maschili sono piuttosto rari. Anche Marsilia sviluppa parte- nogenicamente la cellule ovo a temperature alquanto alte. Singolare è al riguardo Ulothrix, le cui partenospore, danno origine a due germogli 562 RECENSIONI mobili, mentre le zigospore ne fermano quattro. La comune Bryonia quando si moltiplica partenocarpicamente dà solo piante 5, colla fecondazione dà piante 5 e 9. Talora solo determinati elementi possono svilupparsi par- tenogenicamente; così in alcuni Ectocarpi hanno tale facoltà solo gli elementi maschili. Fra gli animali sono stati segnalati molti casi di partenogenesi sia normale (insetti) che accidentale: in quest’ultimo caso un’ influenza -viene esercitata dal mezzo nutritivo (Echinodermi). 5) ‘Partenocarpia. Fin dai tempi di Teofrasto era noto lo sviluppo dell’ovario senza che avesse avuto luogo la fecondazione, o per lo meno sen- za che si fosse sviluppato l'embrione. Molti easi vennero in tempi recenti segnalati (Aranci, Banane, Pesche, Zucche, Orchidee, Lunaria, Papaver, Peonia, Giglio, Rododendro et. (1). Talora basta la presenza del polline sullo stimma o nella cavità ova"iea per evitare lo sviluppo dell'ovario (Orchidee), ma uguale ufficio possono esercitare le larve di insetti insediate nella cavità ovarica (Li- pari). Talora non è neppure necessario l’intervento del polline (Zucca). 6. «Apogamia e aposporia. Nell’Apogamia si ha sviluppo di cellule vegetative in embrione, senza che abbia luogo riduzione dei eromoso: mi. Nelle Felei talune cellule del protallo, previa fusione del loro nu- cleo con quellodi una cellula contigua, si sviluppano in embrione: nelle Famerogame questo può trarre crigine dalle cellule della nucella o del (1). Secondo l’ autore della presente recensione la partenocarpia è frequente fra le piante che hanno ovari e frutti succulenti, quasi che a queste condizioni di cose sia legata la possibilità di crescere vegetativamente. Trattasi per lo più di ovari a contenuto zuccherino, dotati di proprietà osmotiche assai grandi, verdi, assimilanti, per cui non ci deve recar meraviglia se possono crescere anche sen- za che si formi l'embrione. Non mancano però i casi di frutti partenocarpici ca- psulari, o altrimerti secchi. Non infrequentemente poi la presenza di un ovulo fecondato in una porzione di un ovario a più ovuli, o in una loggia di un ovario pluriloculare provoca l’accrescimento del frutto, anche nella regione là dove gli ovuli o mancano o non subirono la fecondazione. Questa disposizione in taluni tipi è diventata quasi un carattere fisso, ereditario e persino biologico (frutti par- zialmente vuoti, adatti al trasporto per mezzo delle acque). La fecondazione non è sempre necessaria non solo perchè si fanno partenocarpi ovari che ricettano un polline rimasto allo stato di riposo, ma diventano tali ovari che sviluppano fino a un certo momento gli embrioni partenogenicamente. RECENSIONI 563 tegumento (Citrus, Allium et. per cui non infrequentemente in un seme si hanno più embrioni, oltre a quello proveniente dalla cellula ovo. Questi processi di moltiplicazione ricordano lo sviluppo in plantule delle foglie di Begonia, tagliate e coltivate. La formazione apogama di embrioni ci insegna che in date con- d'zioni cellule vegetative possono comportarsi come una cellula ovo fecondata. Intendiamo quì parlare degli ibridi da innesto i quali spes- so sviluppano rami colle caratteristiche dei due componenti (Laburnum Adami. Crataegus et.). In talune Felei è stato osservato persino lo sviluppo dello. sporofito e così pure degli sporangi dal protallo, senza la presenza di cellule sessuali (Pteris). L'aposporia ha luogo quando sulle fronde delle Felei si formano i protalli senza precedente organizzazione delle spore (Athyrium filix foemina). 7) Merogonia. Ha luogo quando gli spermatozoi si fondono con porzioni di cellula ovo prive del nucleo. Gli embrioni che ne risu'tano sono più piccoli ed hanno per lo più solo i caratteri paterni (ecce- zioni: Echinodermi). Fu osservata di preferenza negli animali, ma non manca nelle piante (Fucus). 8) Distribuzione e determinazione dei sessi. Le cellule maschili e fem- minili possono trovarsi sullo stesso individuo, o ir individui differenti e questo tanto nelle forme inferiori che superiori. Quando sono sullo stesso individuo tuttavia la fecondazione può esser incrociata per la posizione speciale delle due sorta di elementi,o per altre cause (Cara- ce, Fucacee). Le Archegoniate eterosporiche portano le cellule sessuali in pro- talli differenti per cui i gametofiti sono divisi, mentre gli sporofiti so- no monoici. E troppo noto che le piante fomerogame sono, a seconda dei casi, monoiche, dioiche, poligame, ermafrodite, perchè sia il caso di insistere. Molte disposizioni rendono tuttavia dioiehe o monoiche le piante ermafrodite, in quantochè esse impediscono la autogamia (eterostila dimorfa o trimorfa, dicogamia cte.), mentre facilitano gli ineroci (funzione vessillare dei pezzi fiorali (Leguminose ete.), o di fiori interi (Compo- siteete.). Non è ben chiaro se nelle piante dioiche il sesso ca prefor- mato nel seme, o non piuttosto si determini alla germinazione, come 564 RECENSIONI ` reazione al mezzo esterno. Questa nltima ipotesi è più probabile (al. meno perle piante), poichè i protalli denutriti di Felci e di Equiseti sviluppanc solo anteridi, mentre le Saprolegnie si compostono ugual- mente in mezzo privo di fosfati: così pure le Vaucherie diventano prevalentemente maschili in adatti ambienti e il mais infine sviluppa solo l’ infiorescenza 5 in substrati poveri. All'opposto i fiori è- di Ly- chnis dioica infestati da Ustilago antherarum diventano ermafroditi, com- portandosi così oppostamente als L. vespertina in cui ha luogo la ca- strazione parassitaria. CONCLUSIONI. A causa della sua grande diffusione la riproduzione sessuale, non sempre necessaria tuttavia, deve aver un significato speciale. Tende- rebbero appunto a mettere questo in evidenza le teorie che verremo già esponendo. Le Teorie sulla dead ario Aleuni ammettono che l'elemento ma- schile apporti unicamente l’eccitamento necessario per l'ulteriore svi- luppo delle cellule. Lo stimolo sarebbe di natura chimica ed invero i nuclei maschili assorbono i colori blea, quelli femminei i colori rossi (nuclei eianofili ed eritrofili. Winehler osserva che il sugo spremuto da elementi maschili provoca lo sviluppo dell’ embrione, mentre Loeb ottiene del pari l'evoluzione di questo mettendo le uova a contatto del Cloruro di Magnesio. Si avrebbero quì dei fenomeni di catalizza- zione. Altri autori danno maggior importanza al fenomeno istologico della fusione dei nuclei sessuali, la quale verrebbe aridare il caratte re ermafrodito all’elemento femmineo. Ma è noto che la divisione nelle cellule sessuali può avvenire senza tale fusione. Il Boveri ritiene che l'elemento maschile porti all'altro il centrosoma, senza del quale non potrebbero aver luogo le divisioni cellulari, tanto che nei casi di par- tenogenesi il centrosoma è fornito dallo stesso protoplasma delle cel- lule embrionali. Ma questa teoria non spiega l'isogamia e non s'aecorda col fatto che il centrosoma manca a molte piante. Teorie sulla sessualità. Alcuni vedono nell’atto sessuale un processo di ringiovanimento delle cellule che in seguito a ripetute divisioni ve- aa MG rat e Wm Ae RTT E os Ea a te Pd T E RE eR iid IER RECENSIONI 565 getative sono divenute senili, ma mal si accorda la teoria col fatto | che le piante utili c molti funghi si riproducono da secoli e secoli asessualmente. Torna invece in suo appoggio la constatazione fat- ta dal Maupas che gli Infusori, se non si coniugano di tempo in tem- po, finiscono per andar distrutti. La coniugazione è pure necessaria per ie Diatomee che per il processo di scissione ripetuta si fanno a poco a poco più piccole. In tempi più recenti infine la coniugazione fu con- siderata come un atto destinato a provocare la miscela dei caratteri materni e paterni, in rapporto alla variazione ed all'eredità. L'amphi- mixia però non porterebbe, forse, a questo risultato quando ba luogo fra cellule eontigue dello stesso individuo. In conclusione si può affermare che fino ad ora non si è acqui- stata una nozione ben chiara del processo sessuale. L. BUScALIONI N. Swart. L’ emigrazione delle sostanze dalle foglie in via di necro- biosi. (Die Stoffwanderung in ablebenden Blättern. Fischer (Iena) 1914. Inrropuzione. L’ autore riporta le antiche vedute dei fisiologi sulla emigrazione delle sostanze utili che ha luogo dalle foglie in via di ingiallimento e fa notare come eontro queste ipotesi si sia elevato il Wehmer, pel fatto che il sistema delle misure percentuali a cui si erano attenuti gli osservatori per calcolare la quantità di sostanze con- tenute nelle foglie è erroneo. Lo Swart aggiunge però ben tosto che, mal- grado le giuste obbiezioni, in tempi recenti il metodo di esperimentazio- ne, in base alle percentuali, non ha tuttavia perduto terreno, di guisa che me sono venute delle discrepanze circa il reale comportamento delle sostanze nelle foglie in via di necrobiosi. I. Caprroro. L'emigrazione delle sostanze in base all esperimento. Molte analisi si sono fatte sulle foglie nei differenti periodi di ve- getazione, o per lo meno durante l ingiallimento, ma quasi tutte man- cano di sufficiente rigore scientifico, o perchè si sono prese le foglie a casaccio, talora su alberi differenti, e senza tener conto del fatto che l asportazione di una grande massa di foglie eccita le altre a un più intenso lavoro, per cui traspirano (Soraner, o assimilano (Saposchni- koff) di più, e gli assimilati poi, per effetto della più forte traspirazione, sono più rapidamente asportati dalla foglia (Riw-sk). Zoller fu uno dei primi ad eseguire le analisi nei differenti periodi della vita delle foglie, arrestando tuttavia lo studio a un’epoca anterio- re all'ingiallimento. Dalle stesse risulta che nel Fagus vanno diminuen- do la potassa e il fosforo, mentre aumentano la calce, le ceneri e l a- cido silieieo a misura che la foglia invecchia. Il massimo della potassa si ha in Luglio. Il Rismuller analizza pure la stessa pianta, ma senza tuttavia te- ner conto della natura del terreno e delle età della pianta, il che deve aver portato l’autore a risultati un po’ erronei. Le conclusioni di questi collimano per altro con quelle di Zoller, anzi dimostrano una più alta perdita delle sostanze sopra citate. RECENSIONI 567 Singolare è per altro che il Rismuller, mentre per ogni sostanza esperimenta con 1000 gr. di foglie, trae poi le conclusioni in base a cal- coli percentuali, senza poi curarsi di metterle in correlazione collo stato di vegetazione delle foglie (se cioè ancora verdi o gialle). È g uopo far notare che molte delle foglie prese in esame erano morte, perciò soggette al lavaggio delia pioggia. Quì però bisogna aver presente che molti autori considerano le foglie gialle come morte, il che è erroneo (Tsvett), poichè è facile rilevare come i plasmi delle stesse siano ancor suscettibili di plasmolisi, per cui la morte e il conseguente lavaggio per effetto della pioggia hanno luogo solo assai dopo l’ingiallimento. Risulta frattanto dai dati di Rismuller che nelle foglie vecchie di- minuisee la potassa, il fosforo e le proteine, ed aumentano i grassi, mentre gli idrati di carbonio si comportano variamente. Anche sullo stesso genere eseguisce alcune analisi il Dulk, le cui esperienza essendo tuttavia riferibili a piante crescenti all’ ombra e in terreni di varia altra natura non possono esser paragonate a quelle degli autori sopra ricordati. Il Dulk prende in considerazione i pesi assoluti delle differenti sostanze per 1000 foglie, arrivando alla conelusione che la calce è in minor quantità di quanto abbia ammesso Rismuller (forse perchè le foglie erano più piccole ?). Egli trova inoltre che le sostanze esaminate (le proteine eccettuate) sì presentano con due massimi (Ago- sto e Ottobre), per poi diminuire continuamente, probabilmente a cansa dei freddi autunnali che rallentano i processi fisiologici. Il risultato delle ricerche del Dulk è un po’ incerto, avendo l'autore, fra l altro, prese in esame foglie già morte; a questo stato di cose devesi, forse, attribui- re la diminuzione, sia pure lieve, della calce e dell’ acido silicico nel- l'autunno. In tempi meno recenti già il Weber aveva sottoposto all' analisi chimica le foglie di Larice. I risultati, in base alla percentuale delle ceneri, ci danno un aumento autunnale della calce, una diminuzione dell'aeido fosforico e della potassa. L'esame, occorre notarlo, fu fatto su diversi individui, anzichè su uno solo. Alle foglie di Pinus rivolse in- vece la sua attenzione lo Schüder, in considerazione che le stesse ve- getano più anni. L'autore utilizza un'uniea pianta e ci dà i dati in base al peso assoluto di un dato numero di foglie, riportando poi la percen- 568 RECENSIONI tuale al peso di 1000 gr. di foglie del secondo anno. Le conclusioni ehe paiono attendibili, per quanto l'A. adoperi foglie di differente grandezza, dimostrano che il fosforo e la potassa diminuiscono, in specie negli ul- timi periodi di vita delle foglie. l Fliche e Grandeau studiarono quattro differenti piante legnose, in diversi stati di sviluppo, rilevando che l’acqua e l'azoto, dopo aver rag- giunto un massimo, diminuiscono, mentre per converso crescono le ce- neri, sebbene alcuni componenti di questi diminuiseano (acido solferico, a. fosforico, potassa) o si comportino variamente, (magnesia, sodio e manga- nese). Mancano i dati in cifre assolute. Secondo Hanamann il Lupulo presenta, all'autunno, una più forte emigrazione di sostanze minerali e di azoto dai vitieci rispetto alle fo- glie: in queste anzi aumenta la calce e l'acido silicico che diminuiscono pure in quelli. Si comprende qualeuno dei risultati ottenuti qualora si consideri che i viticci durano più a lungo in vita delle foglie, ma non taluni altri che vennero ottenuti indubbiamente su foglie morte. Püssler, per lo studio analitico di differenti piante di Quercia, ri- corre al principio dell'unità di superficie fogliare, dandoci la percentuale dei corpi e la loro quantità assoluta. A prescindere da alcuni risultati che per essere stati ottenuti in Novembre sono forse erronei essendo à quell’epoea le foglie già morte, appare assodato che si abbia diminuzio- ne nelle proteine grezze, nella potassa, nell’acido fosforico e nella ma- gnesia verso gli ultimi periodi vitali; contemporaneamente si ha aumento di proteine nel fusto il che si aeeorda colla teoria dell'emigrazione. Le foglie e i fusti di Castagno e di Noce sono oggetto di ricerche per parte di Staffel, il quale trova soltanto che non ha luogo una decisa emigrazione di sostanze dalle foglie. Anche poco importanti sono i ri- sultati di Nobbe, Hühnlein e Couneler sull’ Alnus incana coltivato in aequa, dai quali risulterebbe ehe all'autunno le toglie si impoverirebbe- ro di potassa, acido forforieo, mentre si arriechirebbero di calce e acido silicico. Pereentualmente le culture in acqua son più povere di potassa e acido fosforico rispetto alle piante coltivate in terra. Le osservazioni avrebbero maggior attendibilità se fossero state fatte in base a valori asso- luti. Sta intanto il fatto che gli autori notano delle grandi variazioni nella costituzione chimica non solo nelle foglie, ma anche in organi ab” te a re quali attestano una diminuzione della potassa, dell’ acido fosforico RECENSIONI 569 bastanza chimicamente stabili, quali sono i semi, a seconda dei terreni in cui crescono le piante. Analoghe cause di errore si notano in uno studio del Couneler ese- guito sulle foglie cadute di Acer Negundo coltivato in acqua. In base a confronti colle piante viventi in piena terra l’autore trova che le stesse sono meno ricche di calce e d’acido silicico, più rieche invece di potas- sa e acido fosforico. Data l’ intertezza dei risultati ottenuti sulle piante legnose ed ar- boree gli autori hanno cercato di affrontare il problema dell'emigrazione dei composti contenuti nelle foglie prendendo in esame le piante annue che non abbisognano di metter in riserva il materiale nutritivo. A questo riguardo abbiamo le ricerche di Arndt sull'Avena, quelle di Hornberger e Raumer sul Mais. I valori assoluti sono riportati a 1000 piante. Lo Arndt studia separatamente le foglie basali e quelle apicali dell’Avena arrivando alle seguenti conclusioni: l'aeido fosforieo diminuisce costan- temente, mentre l’ azoto decresce solo nelle foglie inferiori: nelle infio- rescenze si trova più fosforo ed azoto che altrove negli ultimi periodi evolutivi, il che indica un’ emigrazione corrispondente dalle foglie: la potassa resta dapprima immutata nelle foglie e nell'infiorescenza: il fusto si arricchisce di questo corpo, ma a spese del terreno. Vi ha quindi in questi dati qualche cosa di anomalo, dovuto, forse, al fatto che la calce non aumenta perchè le Graminacee abbisognano di sali alcalini e for- mano molto ossalato potassico. Le osservazioni sul Mais vennero estese a tutto il periodo vitale delle piante. Dalle stesse è stato assodato che all’ epoca della feconda- zione ha luogo la diminuzione della potassa nelle foglie forse perchè essa emigra verso i fiori o il fusto. Anche P acido fosforico e l’ azoto diminuiscono, almeno all’ultimo, nelle foglie, essendo le sostanze richia- mate alle infiorescenze. Lo Swart fa rilevare che tutti questi lavori sulle piante annuali be delle proteine nelle foglie adulte non sono privi di mende, per cui dubbio ehe l'emigrazione abbia realmente luogo. Dal punto di vista istologico la questione dell'emigrazione fu stu- diata dal Kraus il quale, avendo osservato che colla siceità non si forma 570 RECENSIONI il tessuto di separazione, ne conelude che l'amido può emigrare libera- mente, mentre il protoplasma col nucleo e gli altri inclusi cellulari re- stano in sito cadendo di poi colle foglie. Se la siccità colpisce le piante d'estate si ha una percentuale maggiore di ‘azoto e acido fosforico in confronto alle foglie divenute secche in autunno, le quali presentansi percentualmente più ricche in potassa. Queste ricerche, fatte sulla Syringa, sono poco attendibili perchè i valori sono in cifre percentuali e poi l’autore non ha tenuto conto della rapidità con cui avviene l'essiceamento fogliare e di altri fattori. Dai fatti esposti risulta che il problema della costituzione chimica delle foglie, per quanto concerne l’ emigrazione o la persistenza delle sostanze in esse contenute, è arduo. Tutto ben sommato, è dubbio, che l ipotesi della permanenza delle sostanze accarezzata dal Wehmer sia la più attendibile, tanto più che l'emigrazione è stata segnalata dal Wille anche nelle fronde eliminate di Laminaria e Alaria, almeno per quanto concerne l’ azoto, il cloro e il fosforo richiamati alle parti più giovani. Anche quì però si può rilevare l’ errore di non aver l autore considerato superfici uguali di fronda È d’ uopo poi aver presente che le foglie di Fagus, sulle quali e- sperimentarono di preferenza gli autori, si prestano poco ad una ricerca rigorosa offrendo esse netevoli differenze nella costituzione delle ceneri a seconda che stanno all'ombra o al sole. Il Ramann che ha fatto que- ste osservazioni cerca di rimediare all’ inconveniente determinando la superficie delle toglie studiate e riportando le cifre all’unità di questa. Le sue osservazioni rivelano che la potassa, l’ azoto e l'acido fosforico, raggiunto un massimo in Giugno, restano di poi costanti, di guisa che non vi ha emigrazione. Le ricerche si arrestano per altro al fine di Settembre. Lo stesso autore analizza anche foglie gialle di Fagus, Quer- cus, Corylus et. ma solo in base al peso: ora le stesse dimostrano di- minuzione di azoto e di acido fosforico rispetto alle verdi, mentre per quanto concerne la potassa si comportano variamente a seconda delle quantità di calce che contengono. Una causa d’ errore sta nella circostanza che l'esame delle foglie verdi e gialle venne fatto contemporaneamente, anzichè successivamente. Da ultimo il Ramann, sempre col solito metodo inesatto, eseguisee RECENSIONI pi nuove ricerche nella Quercia, Betulla, Acero e Robinia, deducendo che le foglie ingiallite sono più povere di azoto, di acido fosforico e di po- . tassa (non sempre però !), più ricche di Calcio e acido silicieo. Tollens e Tucker analizzano in vari stadi di sviluppo 500 foglie di Platano in piante tenute al riparo della pioggia. I risultati riportati a 5000 cmq. di superficie dimostrano che vi ha diminuzione dell'azoto, ‘dell’acido fosforico, della potassa, della calce, dell'aeido silieieo e della ‘magnesia, allorchè si avvicina l’epoca dell’ingiallimento. La potassa di- minuisce, di già, malgrado l'aumento della calce, in agosto. Pare un po” dubbio che taluni corpi emigrino realmente (calce e acido silicico). Le analisi si riferiscono alle foglie inferiori dei rami, ma da un confronto fatto con quelle più giovani apicali risulterebbe che queste sono più ricche di taluni corpi (a parità di superficie), il che però non giustifica un trasporto di sostanze dalle une alle altre. Fruhwirt e Zielstorff analizzarono le piante di Luppolo tenute al riparo dalla pioggia, rilevando che all’ epoca della raccolta le foglie e i grappoli sono più riechi di azoto, di acido fosforieo e di potassa ri- spetto alle piante esaminate in Ottobre. Il rizoma rispetto alle foglie è sempre più ricco di sostanze, per cui è evidente l’ emigrazione di queste. Lo Swart ritiene tuttavia il lavoro non immune da mende per la scarsa quantità di rizoma ed altre parti analizzate. Il Polygonum sachalinense fu oggetto di studi continuati per opera di Seissl il quale trova che l' azoto, l'acido fosforico e la potassa raggiun- gono il massimo in Giugno, poi diminuiscono, mentre la magnesia e l'aeido solforico restano pressocchè immutati, ed il Calcio infine aumenta. Il riassorbimento è dubbio, ma le ricerche sono basate, occorre notarlo, sulle percentuali. Mohr studia il Tabacco, lasciando la metà di ogni foglia aderente al fusto sradicato e riportando i valori al grammo per mq. di superficie fogliare. Ne risulta che la parte di foglia lasciata aderente al fusto azoto e ceneri di quella tagliata, mentre contiene meno sostanza secca, acido fosforico non presenta diffe- ‘per quanto concerne la magnesia e l ‘renze. Pare adunque che la pian foglie lasciate in sito (e in via di morire) ta estragga rapidamente dalle parti di certe sostanze, il che viene 572 RECENSIONI attestato anche dalla minor igroscopicità delle parti di fillomi lasciate in sito rispetto a quelle tagliate. L'autore non stabilisce dei confronti con quanto avviene nelle piante vive e perciò cade in errore affermando che i risultati sono dovuti alle condizioni abnormi provocate dai tagli i. quali renderebbero facile l'emigrazione delle sostanze contenute nelle foglie. Baur analizza le foglie perenni e annue delle Conifere. Dall'esame del Larice risulta che all’ epoca dell’ ingiallimento ha luogo perdita di azoto, acido fosforico e potassa, nelle foglie, aumento degli stessi corpi nel fusto e nelle radici. Quì vi ha indubbiamente emigrazione dalle foglie poichè nelle Conifere sempre verdi non si nota tale accumulo. Per quanto concerne le sostanze organiche siamo debitori a Sehultze e Sehütz di alcune ricerche sulle foglie di Acer Negundo. Gli autori eseguiscono le analisi su foglie raccolte al mattino ed alla sera per in- dagare l influenza della luce ‘sulla produzione ed emigrazione dei com- posti. Or bene risulta che di giorno le foglie aumentano in peso per at- cumulo di idrati di Carbonio, azoto e sostanze minerali. I valori medi ottenuti, sommando le osservazioni mattutine e serali, indicano poi una diminuzione dell’azoto totale e dell’acido fosforieo a misura dell’ invec- chiamento, mentre le altre sostanze restano costanti, o aumentano un poeo. Gli autori traggono la conclusione che non abbia luogo una vera emigrazione di risparmio, ma soltanto un richiamo di certe sostanze alle parti giovani, o diminuzione di produzione delle stesse. Allo Swart i risultati appaiono un po' dubbi perchè è discutibile se in Luglio, quan- do cioè comincerebbe la diminuzione dell’ azoto, le foglie abbiano già perduta ľ attitudine a produrre albuminoidi. Gli autori poi avrebbero fatto una cattiva scelta attenendosi all’ Acer Negundo che porta delle foglie di differente età, e utilizzando le foglie di differenti individui senza poi ricavare i dati in base alla snperficie fogliare, ma solo in rapporto al numero delle foglie. Lo Swart rileva poi che il richiamo da una parte dei materiali elaborati delle foglie e la produzione delle sostanze in questione entro i fillomi sono processi variabili ad ogni istante di guisa che ci hanno due condizioni di cose che possono influenzare note- volmente i risultati. Per quanto poi sia noto che molte piante si impo- veriscono precocemente di talune sostanze è dubbio che ciò abbia luo- RECENSIONI 518 go nell’ Acer, almeno per quanto concerne gli albuminoidi. Infine anche poco conforme al vero pare l'osservazione dei Sig. Schütz e Schulze che, eioó, aumenti coll' età l'amido nelle foglie. Risulta invero da molti sperimentatori ehe coll’ invecchiamento le foglie tendono a perdere gli itrati di carbonio insolubili e ad aumentare la dose di quelli solubili. Occorre tuttavia notare che le ricerche dirette a investigare questi fenomeni sono oltremodo complesse, variando la produzione degli itrati di Carbonio (e lo stesso dieasi per gii albuminoidi) ad ogni istante della vita dellembo fogliare. Lo André sarebbe tuttavia venuto, in parte, à conclusioni conformi a quelle di Sehütz e Schulze, avendo rilevato che oppostamente all'azoto totale e all'albumina gli acidi amminiei facilmen- te solubili si aecumulano nelle, foglie in via di ingiallimento. : Nelle rieerehe di Otto e Kooper l'azoto dapprima aumenta, percen- tualmente, e poi diminuisce coll'età delle foglie, come pure aumenta ` verso sera. La diminuzione autunnale è in relazione colla diminuita as- similazione. : Guignard e Treub studiarono il comportamento dell'aeido prussico che pel primo di questi autori rimarrebbe immutato coll’età delle foglie, mentre dimiuuirebbe pel secondo. Da tutti gli autori fu constatato un aumento nei grassi nelle foglie vecchie, e il fenomeno fu pure confermato dall'esame microscopico. Fra gli autori ricordati dallo Swart citeremo da ultimo Stahl che analizza le foglie di Evonymus, avendo cura di intagliare dalle stesse dei dischi di uguale superficie, allo scopo di dar maggior esattezza alle cifre delle analisi, dalle quali risulta che nelle foglie gialle havvi dimi- nuzione di azoto, potassa, acido fosforico, ferro, cloro e acido silicico, aumento invece di magnesia, acido solforico e calce. Le ricerche dello Swart sono condotte collo stesso processo. L’ au- tore infatti asporta dalle foglie dei dischi di eguale superficie, — sempre alla stessa ora e pratieando le analisi nello stesso tempo, poi ealeolando in base alle percentuali (1). (1) Dalle ricerche che l’A. della presente recensione ha in corso risulterebbe che il taglio dei dischi di uguali dimensioni, se attenua gli errori, non li sop- 574 RECENSIONI Dimostrano queste ricerche che nelle foglie in via di ingiallimen- to diminuiscono lo azoto, l’ amido (in parte forse per effetto della re- spirazione) e il fosforo, per cui è indubbia l'emigrazione. Non aumentano la calce, l'acido silicico, il ferro, il cloro, di guisa che negli ultimi pe- riodi di vita le foglie assorbono poche sostanze dal terreno. L/ esame di una pianta di Laserpitium ha dimostrato all'autore che la costituzione chimica delle foglie varia notevolmente da epoca ad epoca. Non si può pertanto, conclude lo Swart, generalizzare le conclusioni ottenute su una data pianta, essendo vario il comportamento delle specie e degli individui, per quanto certi risultati ottenuti dall’ analisi del fosforo e di altri corpi appaiono relativamente costanti. IL Carrroro. L'ingiallimento e lo scoloramento delle- foglie. Poi- chè il più delle volte l'emigrazione delle sostanze dalle foglie ha luogo in larga misura nell’ epoca dell'ingiallimento occorre studiare il feno- meno della senilità fogliare un po' aecuratamente. A seconda delle specie il processo di ingiallimento si compie più o meno rapidamente. Le foglie basali di un ramo (più vecchie) d’ ordi- nario ingialliscono prima delle apicali: nelle epoche di siccità o di ec- cessiva umidità l'ingiallimento si inizia prima dell'ordinario. Lo ingial- limento comincia dalle parti più lontane dei fasci vascolari per proce- dere in senso basipeto, accennando quasi ad un processo di emigrazione di determinate sostanze. Non mancano però i casi di ingiallimento simul- taneo, di tutta la foglia. Col cambiamento di tinta ha luogo la chiusu- ra degli stomi. Come si comporta la clorofilla durante il processo? Le osservazioni di Tswett e di Willstaetter dimostrano che essa innanzi tutto, consta di due elorofilline L. e B. associate a Mg, mentre difetta- no di Fe e Ph;in secondo luogo che accompagnano la clorofilla, la Ca- prime. Per esperimentare colle dovute cautele occorrerebbe tagliare i dischi e poscia caleolarne il volume avendo noi piü volte osservato che dischi di uguali dimensioni e presi in parti simmetriche di una foglia (più ancora se estratti da parti, sia pure simmetriche, di foglie differenti) hanno peso differente. E vero peró che le differenze si attenuano quando si abbia molto materiale, ma ció non toglie ‘che il calcolo in base ai volumi dei dischi non meriti la preferenza. RECENSIONI 575 rotina e le Xantofille «, æ e B. che sono in parte prodotti di ossidazio- ne, eristallizzabili, della prima, la quale a sua volta ha la costituzione di un idrocarburo non saturo (1). Le xantofille non avrebbero funzione clorofilliana, ma prenderebbero parte ai processi di respirazione, come già opinó Arnaud (e come più recentemente ebbe a rilevare l' autore del presente riassunto nel suo lavoro citato in nota). Non si può ammettere che la clorofilla seompaia dalle foglie gialle lasciando in sito i corpi gialli, poichè se ciò avvenisse il fusto dovrebbe arriechirsi di tale sostanza all'autunno, o al di sopra delle incisioni an- nulari, il che non venne osservato. È più probabile che la clorofilla venga distrutta in sito e poscia abbia luogo l'emigrazione dei prodotti che ne derivano. Lo Stahl ammette l'emigrazione pel fatto che isolando con opportuni tagli dei pezzi di foglia si ritarda l’ ingiallimento nella parte così isolata. Va però notato che il fenomeno non avviene nelle Monocotiledoni, o nelle foglie tagliate troppo precocemente. Il pigmento giallo delle foglie eziolate contiene Carotina e Xantofilla a. e B: secon- do lo Tswett tuttavia detto pigmento. sarebbe costituito da una so- stanza sui generis che egli denomina xantofilla autunnale (2). Da ciò ne deriva che nella foglia rimane CHO mentre emigrano N. e Mg. più utili. Non tutti però sono concordi nell'ammettere l'emigrazione del Magnesio. Coll'ingiallimento la clorofilla si distrugge, i cloroplasti si disorganizza- (1) Sulle sostanze che accompagnano la clorofilla, o per lo meno fanno par - te del corpo clorofilliano, variando in quantità a seconda dell’epoca e a seconda del tessuto in cui si trovano i granuli clorofilliani vedasi la recente nota pre- ventiva di Luigi Buscalioni « Ricerche sulla costituzione dei plastidi, in rapporto specialmente alla presenza dei lipoidi ed alla funzione fotosintetica dei cloropla- sti in Engler Jahrbucher für Systematik, Pflanzengeschichte u. Pflanzengeogra- phie 50 Bd. Suppl. Bd. Fest Band für A Engler 1914 ». (2) Secondo l’autore del presente riassunto i lipoidi contenuti nei cloroplasti emigrano da questi, o per lo meno rimangono nelle cellule delle foglie invec- chiate e prive di clorofilla, contribuendo non poco a formare la massa delle so- stanze che danno la colorazione gialla autunnale. Essi però non sono omologhi alla xantofilla e sotto questo punto di vista le osservazioni concordano con quelle dello Tswett. Forse trattasi di speciali fosfatidi, o lecitine et. più o meno ossidate le quali nei cloroplasti attivi sono incolore o perchè allo stato di cromogeni, o - perchè eccessivamente ossidate. 576 | RECENSIONI no e raceolgonsi in masse, l amido emigra dopo essersi trasformato in zucchero, ma questi differenti processi avvengono in ordine vario nelle differenti specie. Alla degenerazione dei plastidi tiene dietro la compar- sa di goecie oleose, gialliceie, per imbibizione di sostanza xantofilliana, le quali restano durevolmente in sito. Quando l'ingiallimento si compie rapidamente non si manifestano tutti i sopra citati fenomeni e inoltre lamido per lo più resta nelle cellule. Infine anche gli albuminoidi ab- bandonano la foglia, per quanto il plasma e i muelei vivi rimangano, si può dire, fino all'ultimo. A quanto pare non pochi dei processi testè notati si collegano colla formazione del tessuto di separazione, ed alla comparsa di tilli nei vasi, con che viene diminuita la potenza di aspirazione dell’ acqua per parte delle foglie. Ma anche a riguardo di questi processi si hanno molte incertezze avendo, ad esempio, lo Swart osservato che le foglie ingiallite possono benissimo aspirare una soluzione di carmino indico, il che non potrebbe avvenire se i tilli avessero otturato le vie di conduzione. Ne si può sempre affermare che l'ingiallimento o la caduta delle foglie siano la conseguenza della formazione del tessuto di separazione poichè è noto che burrasche forti, pioggie sopravenienti dopo un periodo secco, geli precoci, malattie delle radici, parassiti fogliari ed altre cause fanno cader le foglie ancora in buono stato. I tre fenomeni benchè fra loro colle- gati sono pur tuttavia indipenden:i l'uno dall’ altro, almeno entro certi limiti. Tra i processi che accennano alla senilità delle foglie merita di esser segnalata la comparsa dell’antocianina, la cui funzione non è stata ancora chiarita. Probabilmente questa sostanza facilita il trasporto di taluni corpi, in specie degli idrati di carbonio, o funziona da schermo protettore e termico. È singolare che nella Parrotia, la quale presenta dei rami a foglie verdi o gialle accanto ad altri a foglie antocianiche, sì può ottenere ad arte la colorazione di determinati punti del lembo ricoprendoli con stagnola, ciò che indica una certa relazione cogli seam- bi che avvengono nelle cellule (1). (D Sull’ antocianina vedasi il lavoro di L. Buscalioni e Œ. Pollacci (le anto- RECENSIONI 577 ConcLusioni. Il problema della caduta delle foglie si connette con quello del periodo di riposo cui secondo Klebs, Volkens, Schimper, Din- gler ed altri autori andrebbero soggette le piante. Da noi la caduta av- viene all’ inizio del periodo freddo e sotto l equatore all’inizio di quello secco. Ma ivi spesso la caduta è indipendente dalle condizioni di clima e può aver luogo più volte all'anno, quando non è collegata coll’ emis- sione di nuovi germogli. In generale il clima ha un’influenza sull’epoca della caduta, ma questa più che altro è collegata alle condizioni interne della pianta e più di tutto all’ età della foglia: invero cominciano a cader le foglie più vecchie dei rami. Se il clima intervenisse da solo in causa non si potrebbe spiegare come sotto i tropici le foglie cadano, a seconda delle specie, in epoche diverse e quelle di un ramo in tempi differenti rispetto a quelle di un altro ramo dello stesso individuo. Il Klebs per spiegare queste controversie ammette che possono intervenire cause che ci sfuggono, come variazione della provvista di sali nel ter- reno durante l’anno, ma egli non ci da la prova di un tal fatto. Da noi l'influenza del mezzo apparirebbe chiara poichè la maggior parte delle piante perde le foglie all'autunno, e lo Swart fa osservare che le stesse specie portate a Madera, dove il clima è assai uniforme durante l’anno, non mutano ritmo, o lo mutano di poco. Che l'età delle foglie abbia un'influenza sull’ epoca della caduta lo attesta il fatto che gli alberi i quali sviluppano a poco a poco il fogliame in primavera presentano all’autunno una miscela di foglie gialle e verdi, mentre quelli che emettono le fronde quasi di un tratto diventano completamente cianine e il loro significato biologico. Atti d. Ist. Bot. di Pavia 1913). L'autore della presente recensione ritiene che la comparsa dell’antocianina nelle parti state oscurate di Parrotia è forse collegata alla maggior quantità di zuccheri che ivi si formano per idrolisi dell'amido. L'antocianina quando appare sotto l'azione del freddo nelle foglie è collegata forse alla stessa causa, mentre se appare sotto l'azione del caldo (piante tropicali) la sua comparsa è in relazione coll'aumento della pressione osmotica, colla riduzione dell’ acqua e con altri fattori, che (V. Leundenghart) hanno il poter di discioglier 1’ amido e trasformarlo in zucchero dacui poi avrebbe origine il pigmento. In tutti i casi la presenza dell'antociani- na costituisce una difesa contro il gelo, o la perdita eccessiva d'acqua. 578 RECENSIONI gialli anche in breve tempo all’ autunno. Il Dingler poi ha osservato che se si eapitozza un albero in primavera, dopo lo sbocciamento delle prime foglie, i nuovi rami che si formano dal callo mantengono le fo- glie verdi più a lungo della norma. Lo stesso si osserva se i geli rovi- nando le prime foglie obbligano le piante ad emetterne delle nuove. Dunque il fattore più importante sia per l ingiallimento, sia per la ca- duta delle foglie è l’età di queste; subordinatamente interviene il clima il quale ta sì che nelle regioni meridionali le foglie durino e restino verdi più a lungo che nei climi nordici. Il Volkens ritiene che la ca- duta delle foglie sia motivata dall’ accumulo di sostanze di riserva nei rami, il quale impedirebbe l’ ulteriore apporto di nuovi prodotti, ma la ipotesi non regge perchè è manifesto che coll’ ingiallimento delle foglie l'emigrazione dei costituenti cellulari del lembo è pur sempre attiva: ag- giungasi ancora che muojono prima le foglie basali divenute meno atte delle apicali a fabbricare nuovi prodotti di riserva, ed infine che tale accumulo non si verifica nei rami delle piante tropicali. È più probabile adunque che l’ intima essenza della caduta vada ricercata nella stessa costituzione delle foglie che coli’ età si arricchiscono sempre più di pro- dotti ammidiei dovuti a scomposizione degli albuminoidi per cui diven- tano incapaci di assimilare mentre vanno incontro a un’ergica disassimila- zione. L'eredità può pure avere la sua parte ed anzi questaspiega il vario comportamento delle piante dei paesi freddi portate in climi più caldi. L. BUSCALIONI INDICE Lavori originali. ANDREUCCI ARNOLFO — Contributo alla Flora della Tripolitania (Piante della » 453 pianura Tripolina e del Garian) BuscaLionI LUIGI e MUSCATELLO Grin — Studio Mee sulle Specie Americane del Gen. ‘ Saurauia,, Willd (con- tinuazione, con tavole IX e X). Id Id. Id. à i | È ; Id. Id. i : i š à M ^ BuscaLioni LUIGI e MuscATELLO Giuseppe — Studio anatomobiolo- gico sul Gen. ‘ Saurauia ,, Willd. con speciale riguardo alle specie Americane (continuazione) id. Id. Id. Id. TU : 3 i s n Buscarioni LUIGI e MuscATELLO Giuseppe — Endemismi ed eso- demismi nella flora italiana Id. Id. Id. (continuazione e sos è con tav. doppia) CANNARELLA PrETRO — Osservazioni biometriche sull’ jd ens cla- dodico della Semele Androgyna Kunth : s Id. Id. (contin. e fine) Craveri Micueze — Catalogo délle Alghe italiane e finos del Museo ‘ Rosmini ,, di Domodossola . CARBONELLI TONGHINI CLODOMIRO -— Ulterio e biologiche sulle Laboulbeniacee (continuaz. e pe con tav. di più XII GUERRIERO TUNES = Studi filogenetici sul genere Salvia Cosav R. — Sulla variabilità del numero dei sepali e dei petali di Ranunculus ficaria lL. g typicus Fiori. Hamer Rarmonnp — Sur deux Sedum noveaux de 1 de Firenze > : > " ri tins ipiufologiche "Herbier Royal 480 i INDICE Hamer Raymonp — Nouvelles observations sur le Sedum Ed petalum Poiret LojAcowo Posero M.—Di Nuovo: ‘sullo Tem ài Sicilia abu a com- parsa dello Studio del Prof. Borzi : ‘* Le Querce della Flora Italiana ,, NICOTRA LEOPOLDO — I SR della tétons dia Rapra FRANCESCO — L'evoluzione della capsula dei Mesembrianthe- mum . à x : 1 : : à : i s : SAVELLI M. — Prima contribuzione alla conoscenza della flora mi- cologica della provincia di Forli Recensioni. BuscaLioni Lurer — Riproduzione e sessualità nelle piante Id. — L'emigrazione delle sostanze dalle P in via di necrobiosi . MassALoxGO C. — Die Pilze unserer li, She naturwiss. Atlanten, mit 130 farbingen Pin appas auf 116 Tafeln, Bd. I-II Vorlag von Quelle n. Meyer; Leipzig 1913 : Bibliografia. 418 ‘558. 566 387 277 sc XH Tav ighia — Vol. XXVI Malp «Al sh d eei rint SR : y AES vé . = D E S. unt t i oti cert ne * SU 2 DT re wr a TELA È bs . A A. uf) PX. M pul va Tar 2 Peau er A E u E: io 2 SS euri SU a TI tz me MT. > — Studio ou sulle Specie ame © VID gd PE.